Il sofista. Il politico [First ed.]

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PLATONE

IL

1

0 u--fJ,-14/

SO}j-,ISTA E

IL POLITICO TRADUZIONE DI

R. M:ARTINI

I

tJV.

6/2• 5 7 9 2 9 t

G. B. P.A.RAYl.A & C. 'J'ORlNO•:ilIILA-NO-J" IBENZ~>RO!l[A -N A.POLI -P ALERM:O I

I

PROPRl~TÀ

LETTERABTA

I

Torino - G. B.

PARAV1A

I 131 (B) • 1931 • 13067.

&. C.

A MONSIGNORE

(HOV ANNI MERCATI PRgFETTO 1

D~LLA

CON L \NTtOA

BIBLIOTECA DEPERENTB

VA'J'lCANA J..lll('IZIA

ARGOMENTO DEL"SOFISTA,, E DEL"POLITICO,, I. Accogliendo l'invito, cbe nel chfodere la, diseussione esposta nel 'Teeteto ', Socrate aveva rivolto al matematico Teodoro da Cirene, questi il giorno seguente non manca di recarsi nella medesima I)alesti·a, accompagnato però, o!Lrechè da taluni suoi scola.ri, tra cui erano Teeteto e il suo compagno di studi, Socrate il giova.ne, anche da un personaggio nuovo, da un Forestiero nativo d'Elea, che egli presenta a Socrate come u.n vero filosofo (1). Socrate ò lietissimo di questa conosClmza; e, fatt-a, appena qualche osservazione, d'un sapore piu o meno ironico; ~ubito, secondo la sua abitudine, interroga l'Ospite eleate sul concetto che laggiù, nella sua patria, s'avesse dèl sofista, del politico e del filosofo. Dopo alcune scuse di prammat-ica sulla difficoltà dell'argomento ed (1) • L'école de Plat.on réevait fréqncmment nlors de tels vls!teurs, venant, pru· exompk, d'Itnlle ou do la Sicilc: la comédle contumpornino nous rcnd pnrfois J'écbo moqueur dc oes ,•lsltes et dcs convorsatfons scien• tlflq11es dont oilcs sont l'occaslon, et Ics élè.cs de l'lnton devnleot g..Q genres: qnelle qne solt 1'1. du11llté 11a.r la.quelle on s'css1lle à défltlir la uat,irc dc l'ètr", l'li!r• est irré.d·,u:libleb. cetre dutùlté; il est toojours É:'n:p6v TL, -rpl-rov TL. • (D1ÈS, NoliC$ ecc. v. 274 ).

-6Non c'è, pare, altra 'ria che l'esame circa i rapporti dc' generi o specie o forme, ins0mma delle idee, tra loro. E qui non si possono formulare che tre ipotesi: 1° che i generi sieno tutti senza eccezione inassociabili tra loro; 2° che sieno tutti associabili; 3° che alcuni lo sieno ed altri no. Ove si ammettesse la prima ipotesi, ò evidente che non potrebbe esserci nè moto nò quiete, perchè essa appunto li esclude dall'essere; e ove invece s'ammettesse la seconda, il moto starebbe e la quiete si moverebbe; sicC"bènon rimane che accetta,rc la terza. Pei generi dunque o forme o idee conviene riconoscere che si verifichi ciò che accade per le lettere dPll'alfabeto, di cui alcune si combinano tra loro a formar le parole, alcune no; e alcune infine, come le vocali, entrano dappertatto per servire di legame tra le ::tltre. Orbene, se per rendersi conto di questa pos~ibilità d'accordo delle lettere, o anche delle note musicali, tra loro, occorre una scienza, che è la grammatica o la musica; del pari una scienza, che è la dialettica, è indispensabile per riconoscerE'quali generi o idee sieno conciliabili e quali inconciliabili tra loro. Chi è in grado di distinguere, classificare, ordinare le idee e scorgerne i nessi reciproci; chi sa servirsi come si conviene dell'analisi e della sintesi; costui è un dialettico, vale a dire un filosofo davvero; e così il filosofo ci s'è scoperto prima del sofista, giacc:hò, mentre quesl o si nasconde nella. tenebra del non essere, il filosofo si muove nella luce, anche se talora abbagliante, dell'essere (XXXVII-XXXIX). Seguitando dunqae su questa via, il Forestiero si propone d'indagare se ci sieno generi a cui un uomo si dà per semplice diletto,. , incmante degl'interessi domestici e cho si esprime in un linguaggio che non solletica punto il gusto de' più tra gli uditori; non possa, secondo il mio parnre, chiamarsi altrimenti che cicaleccio (2 ).

(1) DI qul si vedo clic Platone prende ili mira ti pr1,ferenza gli eristici del suo tempo piuttosto chfl I sofisti ICillPBEwLI

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dapprima in esame una delle nostre precedenti definizioni intorno al sofi!;ta. giaccbè mi è parso che quest'una lo ritraesse meglio delle altre. Tee. E quale'l Ji'or. Dicevamo, credo, com'egli fosse un contradittore (1). Poe. Sl. For. E cbeY Non a.ltrosi com'egli di quest'arte si facesse maestro (2\ agli altriY Tee. Come dubit,arne? For. Vediamo dunquo intorno a, che cosa mai costoro anche dicano di rendere gli altri capaci di contra.dire. E il nostro esamo si faccia daccapo suppergiù a, que.sto modo. Orsù, intorno alle cose divine, quante o sieno oscure alla più parte degli uomini, son essi in grado di riuscirvi'l (3). Tee. Per lo meno è ciò che di loro si dice. For. E poi, intorno a tutte quelle cose, elle pur sono manifes~e, della terra, del cielo e d'altro taliT Tee. E come no! Ji'or. Ma dunque, anche nelle conversazioni priva.te, qualora si dica a.Lcunchèin generale intorno al divenire e all'essere, non vediamo forse come e sieno essi stessi abilissimi nel contradire e rendano gli altri capaci di faro ciò che essi stessi fanno? Tee. Senza dubbio. For. Ed inoltre, cosi nelle leggi come in tutte d quante le faccende politiche, non promettono forse di render gli altri abili a disputarnet Tee. Certo; gia.cchè nessuno, sto per dire, discorrerebbe con loro, se non promettessero questo. (ll mr. p. 225 b sgg. • Dol resto osserva giustamente Orote (Plato II 433) che, quando li soflstn vnntavn se stesso oome un m·teflco del contrndlre, con ciò appunto nmmetteva quello che egli 60onmentl,non controllata do una rigorosa 1l1Rripllno.loglcn, qcnera l'odio do' rn~onn.montl o lo Rcettlolsmo, che sono appunto lo dolorose conseguenze della coofutilziooo crll;tica. (21 Leggo, scguoncln l"Apelt, µup(v Invece dell'innC a, ciò che è, nemmeno attribuendolo a qualcosa, tmo lo attribuirebbe giuiitamente. Tee. È vero. For. E ci è, credo, altresì chiaro che anche questo d [vocabolo] qualcosa noi lo diciamo sempre di cosa che è. Giacchè il dirlo solo di per sè, come nudo e spoglio di tut,to l'essere, è inaJFilissibile (2).. O no! Tee. Inammissibile. For. Considerando il problema a questo modo, tu con-verrai con me che chi dice qualcosa, dica per lo meno una qualche cosa~ (1) Tutto questo giro di parole Jn sostanza significa: di che si può predl~ore ti non llSSerc t (2) Cfr. lo et,e$SOeoncetto più largamente esposto nel 'Teeteto • cap, XXXI p. 188 e-1S9 a. b.

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e

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Tee. 0osl è. Far. Giacchè ammetterai che con questo qualcosa s'indica una cosa, mentre dicendo alcune cose se ne indicherebbero due o più. Tee. E come no! Far. E chl non dica qualche cosa, è, pare, affatto necessario che non dica proprio nulla. Tee. Certo, affatto necessario. Fur. Nè si può dunque concedere neppur questo: che costui dica, ma non dica nulla; e si dovrà anzi affermare che neppur dica, chi si provasse ad enunciare ciò che non è. Tee. 0osi dunque il ragionamento sarebbe venuto a capo della difficoltà. For. Non dirlo ancor tant'alto! (1); pe1·chè, benedetto figliuolo, c'è dell'altro; c'è anzi la moggi.ore delle difficoltà. e la prima di tntt.e. Difatti la. si trov-a d'essere proprio sul principio. Tee. flome diei t Pa1fa senza esitare. For. All'essere si può, credo, att1·ibuire qualche altra delle cose che son o . Tee. 0ome noi For. Ma al non essere dire.mo noi che si possa att,ribuir mai un essere qualsiasH Tee. E come? For. Ora, il numero, nella sua totalità, lo poniamo certo come un essere. Tee. Se altro mai, questo senza dubbio è da porre come un essere. For. Siechè del numero non dohbiamo neppur tentare di riferire al non esserenè la pluralità nè l'unità. Tee. Non potremmo, pare, giustamente tenta,rlo, come attesta il ragionamento. For. In che modo allora qualcuno o enuncierebbe a parole, o anche addirittura concepirebbe con la mente, le cose che non sono o quello che non è, senza il numero!

238 XX\ll.

b

(1)

C'è per eoherzo un tono tragico In questa di cosa che non è, non gli attribuiamo invece l'unitM Tee. Evidentemente. For. E tuttavia afTermiruno che non è nè giusto nè corretto tentar d'applicare l'essere al non essere. l'ee. È verissimo ciò che dici. For. Intendi perciò come a rigore non sia possibile nè ennnciai·e nè dire nè concepire in sè e per sè il non essere; ma come questo sia inconcepibile, inesprimibile, inemmciabile e inesplicabile1 TM. In tutto e per t,1tto. For. Ebbene, m'ingannavo io forse dicendo poc'anzi d che ero per espone :m questo punto la, pit't grave delle difficoltà, E dobbiamo poi formularne un'altra anche più grave! Tee. O quale'? For. Mjrabile amico, e non indovini già come, proprio per quel che si è detto, anche chi confuta è posto in impacoio da questo non essere, cosicchè, qualora uno prenda a confuta,rlo, ò costTetto su di esso a mettersi in contradizione con se stesso1 Tee. Come dici? Spiegati con più chiarezza. For. Non occorre cercare una maggior chiarezza nelle mie parole, percbè io medesimo dopo di aver e premesso che il non essere non debba partecipare nè dell'uno nè dei molti; dianzi, ed anclie ora, l'ho detto con ciò stesso un o, giacchè lo dico ciò clt e non è. Tu c01·to m'mtendi. Tee. Sì. For. E, daccapo, anche poco fa dicevo che esso è (1) inenunciabile, inesprimibile ed inesplicabile. Mi seguiT (1 l , Intende il verbo essere nel eigni.llcnto di C$!Stere, anzi obe come ijCnlpllce copula, e questo è ll pn.nto contestabile deli'argoruent&.2.ione. • ("FRACCA.ROLI)

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PUTONE,

Il So{lsta, ecc.

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Tee. Ti seguo; e come no'! For. Sicchè io, tentando convenire che c'è dne nomi, non ponendo aJtro cbe una cosa sola, è ridicolo. Tee. Come no? For. Ed anche l'ammettere senz'altro che uno dica d che un nome qualsiasi esiste, non è ragionevole (2). J..'ee.PerchM l!'or. , ponendo il nome come diverso dalla cosa, dice, credo, che le cose son dùe. Tee. Sì. l!'ur. E ove ponga che il nome sia identico a,Jla cosa, o sarà costrntto a dire che è nome di nulla, o, se lo dirà di qnalcbe cosa, accadrà che il nome sia soltanto nome di nome e di null'altro. Tee. Cosi è. l!'or. Ed altr-esl che l'essere non sia che nome

(1) Se ru dire degli ~:le.'\tl l'c,ssero è uno. essere ed uno sono lo ste.~sol ?llit so sono lo stesso, non ~ in tnl (''1.'10 ridicolo chiamare la ~tesaa cosa con due nomi (lll'OISi! (2) • Non che due nomi ;Il F.IPntl non possono ammetter t•e.~~creJ1ennehe rl.i uno: 11olohè o Il nome è clii orso clnll,i cosa, e Pllorn sndue; o ò lo st,.sso, e allora li nome o ò nome di niente o ò nomo di aè steMo, cioè nome di nome. • (l•'rtAOGAROLl)

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7G-

dell'uno, e questo, l'uno, non sia, a sua volta, che nome dell'essere (1). Tee. Necessariamente. For. E chef l'int,ero (2) lo diranno diverso dall'uno che è, o identico con questo! Tee. E come non lo diranno e non lo dicono ! For. Se dunque l'intero è, come lo stesso Pannénide dice, Di sfera da ogni lato rotonda simile al volume, dal mezzo equilibrata in tutto, poichò nè più grave nè più lieve conviene che sia nè quinci nè quindi (3);

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I>

essendo cosi fatto, l'essere avrà e mezzo ed estremi; e per ciò stesso dovrà avere di necessità anche parti; o come dici.Y Tee. Cosl. For. Ma che però quello che consta di parti possa nel complesso di tutte le sue parti partecipare dell'un o, nulla certo lo vieta; e per ta,l modo, esseni,1.oun tutto e un intero, essere uno. Tee. E perchè no, For. Però quello che si trova in queste condizioni uon è forse impossibile che sia, proprio esso, 1' uno in sèY Tee. PerchM For. il veramente uno bisogna dirlo addirittura senza parti, se si vuol definirlo in modo corretto. Tee. Bisogna infatti. For. E codesto invece, constando di molte parti, non si accorderà con [tutta 1 la definizione (4 ). (1) In querto luogo, ve.riamonte modllkat,o e interpretato

dai dotti.

St,t;'UOIn loziouo acco\tlt

dnl nostro Fraocaroli, cbo ml 1iare la pltl nbln_ra; xod -tò llv y~ évòç ISvoµoeav xoet -tou-to llvoµoe8v-toç oeo, -tò cv, llv. (2) Sulle. Identità tre. tutto ed intero cfr. Il • Te et o t, o ' CJlpp. XL· XLI p. 21111, ~gg. (3) Ofr. n,&i.a, (4) Pnrm6nide,

cioè l'uni verso,

Vori;okratik~r

I' 8,

~

:•.

mcntrn da tto lato a,lf,,,m,. r;ho il tutto o l'fnl.nro, e l'uno sono !dentici, dall'altro rapn1·esenta. c;uest'unl·

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77 -

Tee. Ho capito. For. Ora, per ciò solo che l'essere è affetto d'un carattere d'unità, sarà egli per questo uno ed intero, non è punto 0 dobbiamo addfrittura diro che l'essere un intero'f (1). Tee. Una difficile scelta è questa che mi hai proposta. Jflor. E dici benissimo; giacchè, se l'essere è solo in certo modo affetto del cru-a.tt~re d'unità, ci risulterà che non è identico con l'uno; e cosi la totalità sarà maggiore dell'unità. Tee. Si. For. Eppure, se l'essere, perchè affetto di questo e carattere d'unità, non è un intero, e l'intero di per sè è; l'essere risulta deficiente di se stesso (2). Tee. Senza dubbio. For. E così, i,econdo questo ragionamento, divenuto manchevole di se stesso, l'essere risulterà non essere. Tee. Precisamente. For. E, a sua volta, il totale diventa maggiore dell'uno, se l'essere e l'intero hanno ciascuno una loro propria natura. Tee. Sì. Jl'or. Se invece l'intero addirittura non è, altrettanto accade all'essere; e, oltrechè non è, di non potere, questo essere, divenirlo mai. d Tee. E perchèY Jl'or. il divenuto è divenuto sempre come un intero; sicchò non deve predica,re come verao come una sfera . .\Ja vo!obè lo erem i, Mvls!hUe In porLI, non può essere l'un o elle, rlgorosrunento inteso, non ammetto dh·lsloni, e può tutt'al ph) noi suo complesso partecipare dell'unità. (l) 11 Forest.lero tionova per I' e• se r e la domanda gl~ rivolta a pro•

pos!to del ~utto, e ne conclude che, se l'essere è l'uno, non può essere Il tutto, che è l'lnRleme delle parti; o so dell'uno partecipa sol· tanto, si ricadrà nella µlurnlltà degli elementi. l 1 Fénelon, Existence de Die11, II cap. ITT ('R,!/ulnli@ du Spinos;,me) clt. dnl nrn~ dicé: , un ru;sem• blagc dc partics réellcment distlnctes ne peut polnt etre cette unité souve· raine dont )'ai l'irlée. • (2) • Porchè resterebbe esclusa da esso quello J>arte dell'essere che al ammette esser uel tutto.• (FRACOAJ,

li Sofl..t«. ecc,

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sia pure una sola volta; tutto ciò in realtà è. Pongo perciò questa definizione: gli enti altro non sono che potenza (1). Tee. Ma poicbè essi, in questo momento almeno, non banno di meglio a dire, accettano questa definizione. , For. Benissimo; quantunque forse in seguito, a noi e a loro, potrà sembrru·e altrimenti. Per ora intanto resti fermo che con costoro siamo d'accordo su questo punto. Tee. Sta bene.

X..~"'X\T. - For. Andiamo dunque incontro agli altri, agli amici delle forme; e tu facci da interprete di ciò che essi ci diranno. Tee. Sa.rà fatto. For. li divenire e l'essere sono, voi dite, credo, due cose affatto distinto; non è cosiY Tee. Sl. For. E col corpo noi per via della sensazione comunichiamo col divenire, ma con l'anima per via del ragionamento con quel vero essere cbe, come voi affermate, è sempre nelle stesse condizioni e allo stesso modo, mentre il divenire è ora ad un modo, ora ad un altro. b 1'ee. Cosi difatti affermfamo. For. Ma a codesto comunicare (2), o i ph't valenti tra• gJi uomini, che senso diremo che da voi si dia ne' due casH Non forse quello espresso or ora da noH Tee. E qnaJe1 For. "C"npatire o un fare -per effetto d'una potenzialità nascente dall'incontrarsi delle cose tra lo:ro. Ebbene, Teeteto, la loro risposta a questa domanda tu forse non la intendi, ma io, probabilmente per l'abitudine che ne ho, sì. (l) Quellto vocabolo po•enza (Mv(l(µtç) è qnl odopcrato nel senso larghissimo di capaclLà o attitudine naturale cosi ad agire corno a sollilro. (2) , L"lutrudu,loue di qnest,a p91•oh1,ohe rn1mrcsentn una parte importante, nel seguito ( clel ragionamento ), merita d'~ber rilovutn, corno l'upp~ri?.lone cl'un clemeutv nu:>vo nell'cvolo?.lonc del pensiero. • , ci sarebbe pure talvolta a.nelle tra i diversi un di verso che non si riferireblle ad nn di verso (1), mentre ora invece c'è risuJt ato in modo assoluto cho ciò che sia diverso è di necessità quello che è, , rispetto ad un altro diverso. Tee. Tu dici proprio vero. For. Come una quinta, dunque, tra le forme che prescegliamo è da indicare la natura del diverso. Tee. Si. For. Ed affermeremo che essa è tale da penetrare attraverso tutte le altre. Giacchè ciascuna di esse è, diremo, diversa, do,lle altre, non già per la propria natura, ma perchò partecipa dell'idea ùel di ver110. Tee. IndiscutibilrnenLe.

XLI. - For. Di queste cinque forme, ripigliandole ad una ad una, diremo dunque cosi... Tee, Comet For. Che, in primo luogo, H moto è affatto diverso dalla quiete. O come diciamo! Tee. Cosi. For. Non è per conseguenza quiete. (l) Tn altro pnN>lc, polcbè l'os•oro tolvoltu è n néant.a, le~ nénnts de tou1. ce qu'elle n'est polllt. • M.U.EBRANCllE, Erdrelien dal Dlll:s.

avec un phi/osophe chituns. clt.

-99-

forma a sè, mentre, daccapo, infinite di numero sono le altre cose che esso non è. Tee. Proprio cosi. Far. Dunque anche su ciò non c'è da torcere il muso, poichè la comunan7.a reciproca è insita nella natura de' generi. E se qualcuno non ammette questa conclusione, cominci dal convincer d'errore le nostro premesse, e così ci convinca qhe sono false le conseguenze. Tee. È giustissimo ciò che hai detto. Far. Ed ora vediamo anche questo... b Tee. Che cosa? Far. Quando noi enunciamo il non essere, non intendiamo, pare, d'enunciare il contrario dell'essere, ma soltanto un diverso. Tee. Come1 Far . .Allorchè, per esempio, diciamo di qualche cosa che non è grande, pare a te che allora con questa espressione vogliamo indìcare piuttosto il piccolo che l'eguale'f Tee. E comeT Far. Qualora dunque si dica che la negazione importi contrarietà, noi non ne converremo, ma soltanto questo: che il non significa un che e di diverso da' nomi che lo seguono, o, per meglio dire, da qualcuna delle cose a cui s'applicano i nomi che succedono alla negazione. Tee. Senz'alcun dubbio.

XLII. - Far. E ii.flettiamo anche ad un altro particolare, se anche a te sembra. Tee. A qua,leY Far. La natura del diverso pare a me frazionata come la scienza. Tee . .In che modo? Far. Unica certo è, credo, anche questa; ma ciascuna parte di essa, :poichè si restringe d'un obietto speciale, assume una propria denominazione; e perciò si parla di molte arti e scienze. d Tee. Appunto.

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For. Ebbene, anche alle pM'ti di quella unità che è la natura del diverso, accade lo stesso. Tee. Probabilmente. Ma vogliamo dire in che modo'/ For. Al bello non c'è forse una qualche parte del diverso che gli si contrappone'I Tee. Sicuro. For. E diremo che questa non abbia nomé, o ne abbia uno"l Tee. Ohe lo abbia. Perchè ciò che volta per volta diciamo non bello, questo non è diverso da altro, se non dalla natura del bello. For. Ed ora, su, dimmi anche questo ... Tee. Ohe cosa, For. Qnalche altro essere ben determinato d'un dato genere dell'essere (1) e che a sua volta si contrappone a qualcuna. delle cose che sono, questo non ci risulta forse che sia appunto il non belloi Tee. Questo appunto. For. Cioè, come pare, una contrapposizione di essere ad essere, ci risulta che sfa il non bello. Tee. Perfettamente. For. E che dunque'/ Stando a questo ragionamento, il bello è forse per noi più essere, e meno, il non bello'/ Tee. Niente affatto. For. Bisognerà dunque allo stesso titolo dire essere cosi il non grande come il grande'/ Tee. Allo stesso titolo. For. E dunque anche il non giusto s'ha da porre sullo stesso piede del giusto, in quanto che l'uno non è punto più essere dell'altro, Tee. E perchè no'l 1!'01-. E cosi diremo anche delle altre cose, dacchè

(1) • La penséc est clalre: lo non-lieau est détnché d'un genre dt!tenniné (·nvòc; tvòç yévouc;), et nou pas de n'imiiol'tc ouel oe11re (ab uno ,;ucpiam uencre, Apelt), puii,qu'll est, on vient de le dire, une espèce détachée nu genre a11/re, comme le$ scierwes, sont des espèces de la sciencc. Le t.e:rte est saln, et toute correctlon seralt uno taute. ~ (Dnts)

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la natura del diverso c'è apparsa una delle forme del• l'essere; e poicbè quella è, è pur necessario porre che anche le parti di essa sieno, non meno d'ogni altra cosa,. Tee. E come noi For. A quanto pare, dunque, la contrapposizione (1) d'una parte della natura del diverso e d'una di b quella dell'essere, messe a fronte l'una dell'altra, non è punto, se è lecito dirlo, meno essere dello stesso essere, giacchè non significa cosa contraria all'essere, ma solamente cosa diversa da esso. Tee. È chiarissimo. Por. E allora, come la chiameremot Tee. Evidentemente è proprio il non essere, ciò appunto et.le cercavamo a proposito del sofista. For. E codesto dunque, come hai detto, non è forse tale da non cederla a nient'altro quanto all'essere1 E non s'ha a dire con fiducia che il non essere ha sicuramente una sua, _propria na-• tma-; e, come il grande era grande, il bello bollo, e il o non grande e il non bello ; così anche allo stesso tit-olo il non essere era ed è non essere, annoverabile, come una forma tra le molte che sono1 O rispetto a ciò, Teeteto, abbiamo tuttora qualche diffidenza! Tee. Oh! nessuna. XLIII. - For. Ma sai dunque che abbiamo disobbedito a Parménide al di là del suo divieto, 'l.'ee. E percllt"f For. Perchè, proceduj;j con la nostra indagine anche oltre, noi gli abbiamo dimostrato più di quello ohe egli ci aveva interdetto di esaminare. Tee. E come1 Ii'or. Difatti egli, se non erro, dice: d Che sia quel che non è, niun giammai ad ammetter ti pieghi, ma tu da questa via di ricerca rattieni la mente.

----~

M1ìP~lt

(1) • La contra.pposlzione qui equivale a cli) ohe è contrapposto.

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• 11 "8nao è In altre pa.rolc cbo la negazione al pru1 dell'rul'.01· ~~

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Tee. Cosl difatti egli dic1:1. For. E noi invece non solo abbiamo dimostrato che il non essere è, ma del non essere abbiamo chiarit,o anche la forma che lo eost:ituisce, perchè dopo di aver dimostrato che la natura del diverso è. e si trova sminuzzata. per tutti quanti gli esseri ne' rapporti reciproci; di ciascuna particella di essa., che si cont,rapponga ali' essere abhiamo avuto l'audacia di dire che questa per l'appunto è realmente il non essere. T,ic. E mi pare, ospite, che si sia detto proprio il vero. For. Nessuno dunque ci obietti che noi, pur dichiarando il non essere come il contrario dell'essere, osiamo dire che è. Giaccbè noi ad un contrario dell'essere abbiamo gi~ detto addio da un pezzo, ci sia esso o non ci sia, si possa o anche non si possa punto darne ragioM (1). Quant,o alla definizione or ora data. del non essere, o qualcuno, dopo averci convinti di falso, ure. For. Ti dirò dunque tm discorso, collegando una cosa con un'azione per mezzo d'nn nome e d'un verbo; su che poi sia il discorso, tocca a te di spiegarlo. 263 Tee. Farò del mio meglio. For. Teeteto siede. Che sia forse un lungo discorso! Tee. No; è però quanto basta. For. Tocca ora a te di dfre su che e a chi si riferisca.

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Tee. Evidentemente su me ed a me. For. E quest'altro poi1 Tee. QualeY For. Teeteto, con cui io ora discorro, vola. Tee . .Anche questo nessuno potrà negare che sia. detto di me e su me. For. Però noi affermiamo pure che ciascun discorso deve necessariamente avere una sua qualità. Tee. Si. lJ'or. Ebbene, ciascuno di questi due discorsi che b qualità s'ha a dire che abbiaY Tee. L'uno lo direi falso, l'altro vero. For. E di essi il vero dice ciò che è, com'è, di te. Tee. Certo. For. Mentre il falso dice altro da ciò che è. Tee. Sì. For. Ciò che non è lo dice dunque come se fosse. Tee. Press'a poco. lJ'or. E di te qualcosa che è, diversamente da ciò che è. Perchè afferma'\"'amo, credo, che circa ciascun obietto c'è molte cose che sono e molte che non sono. Tee. Perfettamente. lJ'or. Ora il discorso, che su te ho detto dopo, e anzitutto, giusta. la definizione da noi data, di ciò che è un discorso, non può non essere uno dei più brevi. Tee. Ne abbiamo convenuto proprio or ora. lJ'or. E poi qualcuno. Tee. Appunto. For. E se non riguarda te, non riguarderà nessun altro. Tee. E come potrebbe1 lJ'or. Che se non riguardasse nulla, non sarebbe neanche addirittlll'a un discorso. Abbiamo difatti messo in chiaro che un discorso, il quale sia discorso, ma discorso di nulla, è tra le cose impossibili. Tee. Giustissimo. lJ'or. Ora, l'essersi detto di te, ma il d diverso come se fosse l'identico e il non essere

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llO-

come essere; questa combinazione, , risultante da verbi e da nomi, sembra per ogni t'ispetto costituire realmente e veramente un discorso falso. Tee. È verissimo.

F'or. E che dunque, Pensiero, opinione, immaginazione, non è già chiaro che queste cose tutte s'ingenerano nelle anime nostre e false e vere-1 Tee. E come? F'or. Lo intenderai più facilmente a questo modo qui, se prima affeni che cosa mai sieno e in che ciascuna clifierisca dalle altrn. Tee. Fammi sentire. F'or. Pensiero e discorso non son forse la stessa cosa, salvo ebe il dialogo interiore dell'anima con se stessa, senza voce, questo appunto fu da noi denominato pensieroi (1). Tee. Certamente. F'or. Laddove la corrente, che dall'anima attraverso la bocca fluisce con un suono, è stata jnvece chlamata discorso! Tee. È vero. F'or. Però nei discorsi sappiamo che c'è pure ... Tee. Che cosa? F'or. Affermazione e negazione. Tee. Lo sappiamo. F'or. Quando dunque questo avvenga in silenzio nell'anima mediante il pensiero, puoi tu chiamarlo altrimenti che opinionei Tee. E come potrei 1 For. E quando poi non da sè, ma mediante il senso (2) alcunchè di simile si presenti a chi che sia, una condizione siffatta è possibile chiamarla a buon diritto altrimenti che immaginazione! Tee. Non certo altrimenti.

XLVII. -

e

264

(1) C.Jrcn questa

deftnizlono ctr. anche il 'Tooteto

p. 189 e-190 a. (2) • Cf. la descrlptlon

• cap. XXXII

vlvanto d11 Philèbe (38 b-39 e). Quelqu'uu volt, do loia, une statue gro•sièro (sen~tlon), s'lnterroge là•dessus (uplnion), et s'ima{line voir un bomme. • (DrÈS)

-

lll-

For. Dtmque, poichè c'è, , discorso vero e discorso falso, e il pensiero, da. questi, c'è parso un dialogo