233 62 6MB
Italian Pages 613 [614] Year 2021
ISBN 978-3-515-12522-2
9 783515 125222
www.steiner-verlag.de
Alberto Cafaro
Governare l’impero La praefectura fabrum fra legami personali e azione politica (II sec. a. C. – III sec. d. C.)
Governare l’impero
matico la documentazione relativa alla prefettura dei fabri, dalla sua più antica attestazione, nel II sec. a. C., all’età severiana e ne esamina l’evoluzione e la funzione all’interno del mutevole sistema istituzionale e politico romano. Il volume è arricchito da un ampio catalogo prosopografico dedicato ai prefetti attestati. Ampio spazio è dedicato al ruolo dei prefetti nel contesto socio-politico ad essi contemporaneo e alla posizione della praefectura fabrum nella cultura e nella prassi politiche delle élites (urbane e non), evidenziandone l’importanza per il governo dell’Impero.
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Franz Steiner Verlag
Historia
Alte Geschichte
Franz Steiner Verlag
Cafaro
La praefectura fabrum era una posizione istituzionale affidata su base fiduciaria dai magistrati cum imperio, figure apicali della politica romana. Indipendentemente dalle mansioni dei prefetti, definite dai loro deleganti, l’incarico dimostrava l’esistenza di vincoli di lealtà personale e politica fra magistrati curuli e personalità dei municipi, delle colonie e delle province. Per profilo e funzioni, la prefettura era dunque uno strumento ideale per stringere e consolidare relazioni fra le classi proprietarie dell’Urbe e quelle della “periferia”. Questo libro affronta in modo siste-
Historia – Einzelschrift 262
historia
Zeitschrift für Alte Geschichte | Revue d’histoire ancienne |
Journal of Ancient History | Rivista di storia antica
einzelschriften
Herausgegeben von Kai Brodersen (federführend)
Christelle Fischer-Bovet | Mischa Meier | Sabine Panzram | Henriette van der Blom | Hans van Wees Band 262
Governare l’impero La praefectura fabrum fra legami personali e azione politica (II sec. a. C. – III sec. d. C.) Alberto Cafaro
Franz Steiner Verlag
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Umschlagabbildung: Inschrift von Q. Septimus Primus (CIL XI, 1600), Firenze, Museo Casa Buonarroti, inv. 170. Mit freundlicher Genehmigung der Fondazione Casa Buonarroti – Firenze (Bild: Autor). Bibliografische Information der Deutschen Nationalbibliothek: Die Deutsche Nationalbibliothek verzeichnet diese Publikation in der Deutschen Nationalbibliografie; detaillierte bibliografische Daten sind im Internet über abrufbar. Dieses Werk einschließlich aller seiner Teile ist urheberrechtlich geschützt. Jede Verwertung außerhalb der engen Grenzen des Urheberrechtsgesetzes ist unzulässig und strafbar. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2021 Layout und Herstellung durch den Verlag Druck: Memminger MedienCentrum, Memmingen Gedruckt auf säurefreiem, alterungsbeständigem Papier. Printed in Germany. ISBN 978-3-515-12522-2 (Print) ISBN 978-3-515-12523-9 (E-Book)
Sommario Ringraziamenti
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Introduzione
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Parte I
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La praefectura fabrum: documenti antichi e prospettive moderne I documenti antichi Le interpretazioni dei moderni Vegezio e la praefectura fabrum
Parte II 1 2 3 4 5 6 7
La praefectura fabrum: la Repubblica Una Repubblica dei nobiles? “The essence of decision”: stimoli allo studio della politica romana La Repubblica: la struttura della politica prima della Guerra Sociale Metello, Mario e la praefectura fabrum di T Turpilio Silano Dall’Italia dei socii all’Italia dei municipia Praefecti fabrum, magistrati e politica: da Silla ad Augusto (1) L. Cornelius L. f., prefetto dei fabri e architectus di Q. Lutatius Catulus (2) Marcius Libo e M. Terentius Varro: proprietà, relazioni e praefectura fabrum (3) Corruzione e politica: il prefetto dei fabri di L. Licinius Murena (4) (Vibius) Sicca, prefetto dei fabri di Cicerone (5) L. Cornelius Balbus, da prefetto dei fabri a console (6) Mamurra, un (ricco) praefectus fabrum (7) C. Velleius, tre volte prefetto dei fabri (8) L. Clodius, al servizio dei Claudii Pulchri?
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Sommario
(9) (10) (11) (12) (13) (14) (15)
Q. Paconius Lepta e Cicerone: una relazione particolare L. Vibullius Rufus, agente di Cn. Pompeius Magnus Numerius Magius, prefetto dei fabri di Cn. Pompeius Magnus Cn. Pompeius Theophanes, storico, politico, prefetto dei fabri P. Volumnius Eutrapelus, amicus e prefetto dei fabri di Antonio C. Flavius, prefetto dei fabri dopo le Idi di Marzo C. Cornelius Cn. f. Gallus, un prefetto “nuovo”
125 131 136 141 152 156 159
Parte III
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Continuità e rottura: la praefectura fabrum fra Augusto e Nerone 1 Un nuovo contesto, un incarico antico 2 Lo sviluppo della praefectura fabrum in età giulio-claudia 3 I praefecti fabrum: uomini, risorse, contesti 4 L’impatto del principato di Claudio sulla praefectura fabrum
165 165 174 182 203
“The province strikes back”? La praefectura fabrum al tempo dei Flavi 5 Crollo di una dinastia, stabilità di un sistema 6 I numeri della Penisola italica 7 Arcana imperii, province e praefectura fabrum
213 213 220 224
La praefectura fabrum nel II sec d C 8 Il II secolo d C : decadenza di un incarico? 9 Storia di una (lenta) decadenza
231 231 237
La fine di una dinastia, la fine di un incarico: la praefectura fabrum in età severiana 10 I numeri di una crisi
248 248
Conclusioni Dalla praefectura fabrum ai praefecti fabrum: uomini e risorse, fra istituzioni e politica
254
Cataloghi prosopografici
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Avvertenza 1 La praefectura fabrum in età giulio-claudia 2 La praefectura fabrum in età flavia 3 La praefectura fabrum fra Nerva e i Severi
264 265 383 423
Sommario
4 5 6
La praefectura fabrum in età severiana Catalogo dei praefecti fabrum di incerta datazione Catalogo dei praefecti fabrum anonimi
7 489 492 499
Indice dei cataloghi prosopografici
521
Praefecti fabrum anonimi Addendum: Indice delle iscrizioni in cui la menzione della praefectura fabrum è ipotetica
530
Bibliografia
533
Indici
575
1 2 3
575 587 611
Indice delle fonti antiche Indice dei nomi Indice delle posizioni locali, equestri e delle cose notevoli
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Ringraziamenti La stesura di questo volume ha preso avvio da una tesi di Dottorato discussa nel 2017, presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa Sono grato a Giovanni Salmeri, che – supervisore negli anni del dottorato – mi ha sempre accompagnato con i suoi competenti suggerimenti, il suo costante incoraggiamento e – non di rado – una certa pazienza Un ringraziamento particolare per la sua continua disponibilità va a Cesare Letta, anch’egli coinvolto nella supervisione del mio dottorato I membri della commissione esaminatrice hanno dato un contributo essenziale alla stesura di questo volume: le considerazioni di Arnaldo Marcone hanno orientato parte cospicua della rielaborazione della tesi; Federico Santangelo non mi ha fatto mai mancare la sua preziosa competenza e un incoraggiamento generoso e costante Ringrazio Anthony R Birley e Anselmo Baroni: hanno esaminato il manoscritto originale, suggerendomi preziose riflessioni e rilevanti correzioni Di quest’ultimo e di Elvira Migliario sono stato ospite a Trento: questo volume ha beneficiato anche delle loro indicazioni Sono grato ai revisori di Historia per i commenti alla versione che avevo sottoposto alla redazione delle Einzelschriften: il testo finale ha beneficiato dei loro competenti suggerimenti Durante gli anni del dottorato, ho avuto la fortuna di compiere le mie ricerche all’interno di ambienti scientificamente stimolanti (e di biblioteche straordinarimente fornite) La collazione del materiale documentale e la vera e propria scrittura sono avvenuti in larga misura nel Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, all’interno del Laboratorio di Topografia antica, diretto da Simonetta Menchelli Un ringraziamento particolare va a tutti i collaboratori del Laboratorio – amici di lunga data: mi limito a Paolo Sangriso e Francesca Bulzomì, che con pazienza hanno letto più volte le bozze di questo volume Nel 2015, ho avuto l’opportunità di trascorrere un periodo di ricerca a Strasburgo e un ringraziamento va a Cédric Brélaz, Lidia Cuccurullo, Micol Marcinnò e ai ricercatori della Maison Interuniversitaire des Sciences de l’Homme – Alsace Grazie anche ai colleghi e al corpo docente della School of History, Classics, and Archaeology della Newcastle University, che nel 2016 mi hanno accolto per alcuni mesi di intenso lavoro Fra questi, vorrei menzionare Micaela Langellotti, Roberto Ciucciové, Lauren Emslie, Gianluca Foschi, Chris Mowat, Emilio
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Ringraziamenti
Zucchetti: forse non sono del tutto consapevoli del contributo sostanziale che hanno dato a questo libro Infine, vorrei ringraziare alcune persone care: Alice, Lorenzo, Rocco e Silvia Tutti loro hanno fatto a meno di me per lunghi mesi e mi hanno sostenuto con affetto e pazienza Grazie a Francesca e Valerio, a Sonia e al piccolo Francesco Grazie infine ai miei genitori: questo volume è frutto anche delle loro fatiche, del loro amore e della loro pazienza
Introduzione “Holders of that post should never be lost from sight and scrutiny” Ronald Syme1
Attestata fra la Tarda Repubblica e l’età severiana, la praefectura fabrum era una posizione istituzionale offerta con nomina diretta da un magistrato cum imperio; le competenze del prefetto erano stabilite dal magistrato delegante, che poteva così disporre di un ufficiale fidato all’interno del proprio entourage Questa sintesi, che di fatto raccoglie larga parte di quanto noto relativamente all’incarico, lascia però irrisolta una vasta serie di problematiche – dalla durata del mandato alle deleghe associate alla posizione, dallo status equestre dei prefetti al ruolo della prefettura nel panorama istituzionale e politico romano Nonostante sia stata l’oggetto di importanti studi a partire dalla seconda metà del XIX secolo, la praefectura fabrum è dunque, per molti versi, un incarico ancora sfuggente Queste incertezze sono state determinate essenzialmente da due fattori Il primo è costituito dalla disorganica, seppur abbondante, documentazione disponibile: si tratta essenzialmente di testi letterari per l’età repubblicana e documenti epigrafici per i primi due secoli dell’Impero Il secondo è stato l’approccio parziale con cui, generalmente, la prefettura è stata esaminata: con l’eccezione dei primi lavori ad essa dedicati, l’incarico è stato infatti trattato privilegiando selettivamente singole fasi cronologiche o aree geografiche, o ancora trattando la prefettura esclusivamente in relazione alla formazione delle carriere equestri In effetti, è opportuno precisare che parte cospicua delle problematiche relative alla praefectura fabrum non sarà l’oggetto principale di questo studio Certo, in questa sede, si procederà ad una disamina complessiva del materiale disponibile, con l’intento di individuare e tratteggiare l’evoluzione della posizione a partire dalla tarda età repubblicana fino al III sec d C , in cui può essere individuato il definitivo abbandono dell’incarico Gli scopi di questo lavoro sono però sostanzialmente diversi Si è accennato al fatto che la praefectura fabrum fosse l’oggetto di una nomina diretta: questo aspetto doveva implicare significative conseguenze all’interno del contesto
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Syme 1961, p 26 = 1979, p 524
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Introduzione
politico romano, perché l’incarico era concesso da una figura apicale dell’ordinamento istituzionale sulla base di competenza e lealtà personale La principale implicazione era che, fra magistrato e prefetto, sussistesse quindi un rapporto di fides, spesso antecedente alla stessa nomina All’interno del contesto politico e sociale romano, tanto caratterizzato dal fenomeno patronale, la prefettura dei fabri poteva dunque rivelarsi uno strumento di valore, soprattutto nella disponibilità di importanti personalità urbane La concessione di questo incarico costituisce dunque un affidabile indicatore di un rapporto di tipo verticale fra un magistrato-patrono e un prefetto-cliente Uno dei principali scopi di questo lavoro consisterà appunto nel servirsi dell’esame dei praefecti fabrum attestati, per approfondire le complessità del sistema politico romano, in età repubblicana e, successivamente, imperiale D’altra parte, i meccanismi della clientela – il cui è esame è spesso sbilanciato a favore dei patroni – non devono oscurare l’appetibilità che l’incarico poteva rappresentare per i “candidati” alla prefettura E’ già stato notato come si trattasse sempre di individui benestanti e, in qualche modo, rilevanti all’interno delle rispettive comunità In parte oscurata dalla vasta bibliografia dedicata a definire i termini di un eventuale status equestre dei praefecti fabrum, la posizione di questi individui all’interno dei rispettivi contesti locali sarà invece un aspetto centrale di questo lavoro Si cercherà dunque di stabilire se e quanto visibile fosse il legame fra prefetti e comunità locali e quanto la concessione della praefectura fabrum potesse essere rilevante all’interno di municipia e colonie – d’Italia e delle province Come si è detto, la prefettura istituzionalizzava un legame fra membri dell’élite urbana ed esponenti delle élites locali In questo senso, questo studio costituisce anche una disamina del lungo dialogo fra “centro del potere” e “periferia”: sarà dunque necessario stabilire in che termini la praefectura fabrum possa essere stata utilizzata, al fianco di altri strumenti, in questo complesso processo Come si è accennato, nel corso di questo lavoro, sarà dunque affrontato per intero il complesso della documentazione disponibile sulla prefettura, optando per una suddivisione in tre parti Con la prima sezione si riordineranno sinteticamente le complesse problematiche emerse in quasi 150 anni di studi dedicati alla praefectura fabrum Si tratta di ricomporre i frammenti di un dibattito vasto e per molti versi disorganico, perché – come si è detto – della prefettura sono stati soprattutto esaminati singoli aspetti Uno spazio significativo sarà dedicato alla discussione di un importante contributo firmato da B Dobson nel 1966: alcune tesi lì contenute e spesso da quel testo desunte (con una certa arbitrarietà) hanno infatti segnato profondamente il successivo dibattito sull’incarico La seconda parte di questo lavoro è invece dedicata al complesso delle attestazioni repubblicane Si vedrà come, nelle trattazioni degli storici antichi – i documenti di gran lunga più abbondanti per questo periodo – i prefetti siano generalmente descritti al fianco di figure di prima grandezza della politica romana – da Q Cecilio Metello Numidico (cos 109 a C ) a Ottaviano Non è dunque sorprendente che R Syme suggerisse di prestare particolare attenzione ai detentori di una praefectura fabrum, in spe-
Introduzione
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cial modo durante l’ultimo secolo della Repubblica Syme aveva correttamente individuato il legame esistente fra importanti personalità della politica tardo-repubblicana e praefectura fabrum: l’incarico può dunque essere inteso come un indicatore di legami politicamente significativi All’interno di questo lavoro, per quanto possibile, si tracceranno le biografie dei singoli prefetti, in relazione alle strategie politiche e agli interessi documentati per (o attribuiti a) i loro deleganti Si cercherà così di stabilire quale ruolo potessero acquisire i praefecti fabrum all’interno del contesto politico del tempo e come le stesse esigenze della politica repubblicana potessero influire sull’evoluzione dell’incarico Anche se nei limiti di una posizione minore all’interno dell’ordinamento istituzionale romano, si vedranno infine quali elementi rendessero la praefectura fa brum un incarico in qualche modo peculiare e, per questo, organicamente funzionale alle esigenze della politica del tempo Il fatto che l’avvento dell’Impero avesse profondamente modificato la struttura politica romana determinò ovvie conseguenze per la prefettura stessa: l’incarico rimase comunque uno strumento importante a disposizione di una figura istituzionale di prima grandezza per stringere, rinsaldare o rendere manifesti legami di natura personale La terza parte di questo lavoro è dedicata alle attestazioni della praefectura fabrum in età imperiale: si tratta di un corpus di almeno 432 individui, pertinenti ai secoli compresi fra la nascita del Principato augusteo e la morte di Alessandro Severo Se l’approfondimento di alcune problematiche, già affrontate da altri studi dedicati alla praefectura fabrum, sarà limitato, si cercherà invece di determinare – per quanto possibile – il profilo economico e sociale di coloro a cui la prefettura era stata concessa Saranno esaminate proprietà, presenza sul territorio e posizioni ricoperte all’interno delle rispettive comunità, allo scopo di restituire, almeno in parte, la profondità dei contesti – civici, regionali e, talvolta, provinciali – di appartenenza Per questo, la disamina è suddivisa in quattro macro-sezioni cronologiche, che permettano di commentare il ruolo della prefettura dei fabri, in relazione al contesto istituzionale e politico del tempo: l’età giulio-claudia – caratterizzata da elementi di continuità e frattura con l’epoca repubblicana; l’età flavia – segnata dalla nomina di numerosi prefetti di origine provinciale; l’età antonina – ultima epoca relativamente ricca di attestazioni; l’età severiana – un periodo dopo il quale la prefettura non è più attestata Alle conclusioni, seguiranno i cataloghi prosopografici, che raccoglieranno le schede dei praefecti fabrum attestati: questa raccolta intende offrire un agile riferimento di quanto noto a proposito dei singoli individui che rivestirono la prefettura dei fabri Concludono il volume un ad dendum – dedicato a individui per i quali la prefettura è soltanto ipotetica – e gli indici, intesi a rendere la consultazione dei cataloghi quanto più agevole possibile E’ forse inutile (ma necessario) precisare alcune avvertenze Se infatti questo lavoro si propone di raccogliere il complesso delle attestazioni letterarie ed epigrafiche disponibili, la vasta mole di materiale non ancora pubblicato rappresenta un notevole ostacolo alla completezza dell’indagine Se a ciò si aggiunge la naturale scomparsa dei documenti, determinata da ragioni incidentali, sarà chiara la portata del dato mancan-
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Introduzione
te Per questo, nelle prossime pagine, non si ricorrerà in modo sistematico all’uso di statistiche, che del resto esulerebbero del tutto dagli scopi di questo studio In conclusione, questo lavoro è soprattutto dedicato a quella fitta rete di rapporti personali – orizzontali e verticali –, che tante conseguenze aveva sul contesto politico e sociale romano Era su questi legami che si dipanava larga parte dell’attività politica – prima e dopo l’avvento della monarchia – e la praefectura fabrum costituisce, in questo senso, uno strumento privilegiato per l’approfondimento di questi aspetti Ovviamente, la prefettura non era che uno fra i numerosi strumenti patronali a disposizione dell’élite Essa costituisce però uno strumento particolarmente efficace per la comprensione di importanti dinamiche strettamente connesse alla dimensione locale, a cui i prefetti appartenevano Con il dichiarato rapporto fiduciario fra prefetti e magistrati, sulla cui base essa veniva concessa, la praefectura fabrum costituisce soprattutto un importante mezzo per gettare luce sui meccanismi di funzionamento della struttura politica romana, nella sua relazione fra centro e periferia Per questa ragione, forse provocatoriamente, si può sostenere che questo non sia uno studio dedicato alla prefettura La disamina della praefectura fabrum sarà soprattutto l’occasione per uno studio sui rapporti esistenti fra élites locali e urbane e sul vantaggio di entrambe a stabilire relazioni personali, istituzionalmente (e politicamente) riconoscibili Si può dunque sostenere che il principale scopo di questo lavoro sia soprattutto di approfondire l’andamento di relazioni complesse e, in ultima analisi, offrire un contributo alla comprensione di un lungo processo di integrazione L’accordo fra le élites era prima di tutto frutto di un dialogo interno alle classi possidenti – di Roma, d’Italia e delle province Su questa alleanza dei “migliori”, fondata su interessi e – benché meno facilmente leggibili – convinzioni, si reggeva il governo dell’Impero, un accordo che può essere letto “in controluce” anche grazie alla praefectura fabrum: è proprio questo, in effetti, che la rende un soggetto tanto interessante ai fini di questo lavoro
Parte I 1. La praefectura fabrum: documenti antichi e prospettive moderne Un “vademecum”. Ben conosciuta per l’età repubblicana e attestata da numerose iscrizioni di epoca imperiale, la praefectura fabrum costituisce un incarico familiare per storici ed epigrafisti L’opinione – generalmente condivisa – che il praefectus fabrum fosse un ufficiale scelto da un magistrato cum imperio, alla guida del suo gabinetto, era stata compiutamente formulata già da A Bloch, nel 1905: un attendente, incaricato di compiti speciali e definiti dalla persona stessa del magistrato delegante1 Oggetto di un lungo dibattito, datato alla seconda metà dell’Ottocento, la praefectura fabrum costituisce una problematica ancora sorprendentemente complessa da affrontare Si tratta di una difficoltà determinata soprattutto dalla disomogeneità della pur abbondante documentazione disponibile e dal fatto che numerose problematiche diverse sembrano intrecciarsi al profilo e allo sviluppo dell’incarico stesso: dalla struttura della politica e delle istituzioni repubblicane e imperiali, ai meccanismi di inclusione nella pratica amministrativa e di governo Questo è tanto più chiaro se si pensi al rapporto strutturale fra prefettura dei fabri e magistrature cum imperio, esse stesse oggetto di un dibattito articolato e complesso2 Non è quindi del tutto sorprendente che, con queste premesse, sia tanto sacrificato o nullo lo spazio accordato alla praefectura fabrum nelle pubblicazioni recentemente dedicate alle magistrature cum imperio3 e all’esercito di età repubblicana e imperiale4 Come si trattasse di un “vademecum” attraverso tante e articolate problematiche, si traccerà qui una breve disamina dello stato della ricerca e soprattutto dei problemi da questa enucleati nel tempo
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Bloch 1905, pp 368–371 Sull’imperium, un potere dal carattere complesso, al contempo civile e militare (e, del resto, non privo di aspetti sacrali), è ancora essenziale la prospettiva d’insieme di Th Mommsen (RS I, pp 22–24; II, pp 89–95; 810–833) Importanti monografie recentemente dedicate al tema sono Vervaet 2014 (età repubblicana) e Drogula 2015 (Repubblica – Alto Impero) – entrambe con ampia bibliografia; dedicato all’imperium proconsolare è Dalla Rosa 2014 Brennan 2000 (pretura); Beck et al. 2011 e Pina Polo 2011a (consolato) A titolo puramente esemplificativo, si vedano: Le Bohec 1992, pp 56–57 – in cui il praefectus è semplicemente definito “capo di gabinetto di un magistrato”, una “carica puramente civile”; Goldsworthy 1998, 2003; Sage 2008
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Parte I
2. I documenti antichi La Repubblica: documenti e avvertenze. Non è possibile stabilire con certezza se alle origini della praefectura fabrum vi fosse un legame con le centurie di fabri che, secondo la tradizione, erano state aggregate all’esercito della Roma monarchica5 La più antica citazione della prefettura compare invece all’interno di un frammento dell’orazione pronunciata da M. Aemilius Scaurus (cos. 115 a C ), di ritorno dalla Cisalpina (Contra Brutum de pecuniis repetundis)6 Sfortunatamente, a causa dell’estrema frammentarietà del documento, si è conservata la sola menzione dell’incarico, del tutto priva del contesto Tuttavia, sembra significativo che Scauro abbia dovuto chiamare in causa un praefectus fabrum, all’atto di affrontare un’accusa di concussione, al termine del proprio mandato da governatore provinciale I dettagli di quel processo non sono noti, ma difficilmente si potrà ritenere che fosse del tutto scevro da obiettivi politici Le successive attestazioni di età repubblicana, oggetto degli studi di K Welch e E Badian7, sono generalmente contenute all’interno di documenti di natura letteraria e saranno oggetto del prossimo capitolo Fin d’ora è però necessario precisare due punti essenziali Innanzitutto, la menzione dei prefetti da parte degli autori antichi è quantomeno cursoria: l’interesse narrativo privilegiava infatti i magistrati cum imperio – personalità di spicco della scena politica romana Per questa ragione, molti dettagli relativi alle loro persone (e ai loro profili) restano invariabilmente ignoti In secondo luogo, la natura dei compiti dei prefetti non è mai chiaramente definita Nei documenti disponibili, non si specifica mai l’ambito operativo della prefettura: la descrizione è sempre funzionale alla narrazione Si tratta dunque di missioni contingenti, spesso di natura disparata Un legame personale. Fatte salve queste avvertenze, un aspetto è stato generalmente riconosciuto: la familiarità esistente fra prefetti e magistrati deleganti In effetti, come si vedrà, questo vincolo emerge anche quando non chiaramente specificato A questo proposito, K Welch ha parlato di un legame di “familiaritas”: sarebbe questa consuetudine consolidata fra due parti ad aver determinato l’importanza dell’incarico8 Invertendo questa argomentazione, M Cerva ha lucidamente individuato nell’importanza della prefettura la necessità di assegnarla ad individui fidati9 Nonostante Cerva sembri accettare per l’età tardo-repubblicana un poco convincente legame fra prefettura e settore dell’edilizia pubblica, la sua proposta di guardare all’incarico, come
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Liv I, 43, 3; Dion Hal IV, 17, 3; VII, 59, 4 ORF, p 166, 6 Welch 1995 Le critiche (per la verità, molto aspre) mosse da E Badian (1997) al lavoro di K Welch ne hanno migliorato l’accuratezza, senza però modificarne sostanzialmente le conclusioni Welch 1995, pp 144–145 Cerva 2000, p 181
2 I documenti antichi
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ad una posizione rilevante e delicata, mi pare molto persuasiva10 In questo senso, la pur evidente familiarità fra magistrati e prefetti non deve suggerire un ridimensionamento dell’incarico a poco più di un banale riconoscimento personale La concessione di una praefectura fabrum era un atto rilevante per le due parti – delegante e delegato – e costituiva un buon indicatore di vincoli stabili e interessi comuni Una legge municipale. Alla praefectura fabrum della tarda età repubblicana fa riferimento anche un notissimo documento di legislazione locale, la lex Coloniae Genetivae Iuliae11 Il testo – iscritto su bronzo in età flavia – descriveva l’ordinamento della colonia di Urso, in Baetica, al momento della sua deduzione, poco dopo la morte di Cesare Questa datazione è stata autorevolmente confermata da M Crawford, nonostante il testo sia stato in effetti rimaneggiato a più riprese12 Al suo interno, la posizione del praefectus fabrum è chiaramente rilevante In quanto rappresentante del governatore dell’Hispania Ulterior e della Baetica, al prefetto era riservato un posto speciale a teatro, all’interno dell’orchestra13 E’ ragionevole supporre che un analogo diritto fosse riconosciuto ai prefetti anche in altre città (e province) Si trattava di una concessione importante, che accordava al prefetto gli stessi privilegi riconosciuti al governatore, ai senatori e ai cavalieri, oltre che ai loro figli In questo senso, il testo chiarisce bene il ruolo del prefetto, perché dei molti funzionari e aiutanti al seguito del governatore provinciale, il solo assistente a cui la legge si riferisse in modo puntuale, in qualche modo attribuendogli una funzione di rappresentanza del promagistrato, era appunto il praefectus fabrum Prefetti e province. Nel suo contributo dedicato alla prefettura dei fabri nelle province iberiche, A Álvarez-Melero ha confrontato la legge di Urso con l’editto bilingue del legatus Ti. Caesaris Aug. pro pr. di Galatia, Sex. Sotidius Strabo Libuscidianus (circa 15 d C )14 Il documento, rinvenuto nella città portuale di Sagalassos, stabiliva chi aves-
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Cerva 2000, pp 180–182; sulla posizione di M Cerva in merito al rapporto fra praefectura fa brum ed edilizia pubblica, aveva forse influito una proposta avanzata in tal senso da M Verzár Bass (2000), all’interno di un contributo pubblicato nello stesso volume dei Mélanges de l’École française CIL II, 5439 = II2/5, 1022 = ILS 6087 = AE 1946, 123 = 163 = 1950, 50 = 1951, 32 = 1997, 826 = 1998, 742; per un’edizione critica del testo, si veda RS I, 25 RS I, pp 395–396 RS I, 25, c 127: Quicumque ludi scaenici c(oloniae) G(enetivae) I(uliae) fient ne quis in orchestram ludorum spectandor(um) causa praeter mag(istratum) prove mag(istratu) p(opuli) R(omani) qui ve i(ure) d(icundo) p(raerit) [e]t si quis senator p(opuli) R(omani) est erit fuerit et si quis senatoris f(ilius) p(opuli) R(omani) est erit fuerit et si quis praef(ectus) fabrum eius mag(istratus) prove magi strat qui provinc(iarum) Hispaniar(um) ulteriorem {Baeticae praerit} optinebit erunt L’espressione {Baeticae praerit} è frutto di un’aggiunta antica, che ha determinato un anacronismo e un anacoluto (RS I, p 395) SEG XXVI, 1392 = XXVIII, 1212 = XXXI, 1286 = XXXVI, 1208 = AE 1976, 653 = 1978, 789 = 1989, 727; la prima edizione del documento è in Mitchell 1976; per una revisione del documento e della sua datazione, si veda anche Coşkun 2009 A Álvarez-Melero (2013, pp 139–140) ritiene si trattasse del proconsole d’Asia
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Parte I
se diritto a servirsi (ad una tariffa agevolata) di beni e servizi forniti dai provinciali, nell’ambito del cursus publicus: la platea dei beneficiari era vasta, di fatto estesa a tutti coloro che erano impiegati al servizio dell’imperatore15 L’assenza dell’indicazione della praefectura fabrum ha suggerito allo studioso spagnolo che i prefetti figurassero fra coloro che il testo definisce militantes o qui diplomam habent o, ancora, qui sunt ex comitatu nostro (scil del legato) Quest’ultima opzione mi sembra la più convincente16, sebbene la mancata menzione di un praefectus fabrum possa essere spiegata altrimenti In effetti, essendo la Galatia governata da un legatus Augusti pro praetore, non è certo che l’imperium delegato dal Principe autorizzasse Strabo Libuscidianus a dotarsi di un prefetto dei fabri, come invece un proconsole delle province populi Romani, il cui imperium era direttamente concesso dal popolo A questo riguardo, Th Mommsen riteneva che ciò non fosse possibile, mentre di parere opposto erano H C Maué e H -G Pflaum17 B Dobson ha cautamente aperto a questa possibilità, sulla base del confronto con centurioni, prefetti di coorte e tribuni angusticlavi, nominati direttamente dai legati imperiali, in caso di necessità18 Quanto al problema dell’imperium delegato, lo storico inglese ha proposto di superarlo, ipotizzando la pratica di una nomina diretta dei prefetti da parte dell’imperatore, per conto dei governatori19 Indipendentemente dal carattere ipotetico di questa tesi e considerati i pochi dati disponibili, mi sembra che le argomentazioni di Dobson siano comunque soddisfacenti Del resto, non è possibile cogliere significative differenze fra province Caesaris e populi Romani: solo di rado è specificata la provincia in cui i praefecti fabrum servirono e l’areale di diffusione delle loro iscrizioni non sembra essere di maggiore aiuto Come si vedrà, il materiale epigrafico, concentrato soprattutto in Italia e nelle province di più antica conquista –
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Nel dettaglio, queste categorie comprendevano: i procuratores e i loro figli, militantes et ii qui diplo mam habent, così come quelli costretti a spostarsi da una provincia all’altra per ragioni di servizio, ma anche i senatori, quei cavalieri cuius officio princeps optimus utitur, i centurioni Inoltre, si stabiliva il principio che mansionem omnibus qui erunt ex comitatu nostro eṭ militantibus ex omnibus provincis (sic) et principis optimi libertis et servis et iumentis eorum gratuitam pṛ̣ ạẹṣṭari oportet. ̣ Descrivendo il personale a seguito dei proconsoli, A Dalla Rosa (2015, p 59) ha appunto ritenuto che il praefectus fabrum fosse un equestre messo a capo dell’officium del governatore Indipendentemente dalla proposta di Dalla Rosa (contenuta all’interno di un volume di sintesi), è in qualche modo sorprendente che nella dettagliata monografia di A Bérenger, dedicata ai governatori provinciali (2014, pp 103–151, sul personale alle dipendenze dei promagistrati), non si faccia alcuna menzione dei praefecti fabrum. Mommsen RS II, p 119; sembra che Maué (1887, p 85, n 6 su CIL X, 4862 = ILS 2690) e Pflaum (cfr una sua lettera del 24 agosto 1959, riportata in AE 1959, 284) considerassero scontata questa possibilità: ciascuno riteneva che due praefecti fabrum – P. Numisius Ligus e M. Vergilius Gallus Lusius – avessero servito rispettivamente sotto i legati della Moesia e della Dalmatia; su questi individui si vedano le schede 117 e 179 Dobson 1966, pp 66–67 = 1993, pp 223–224 (sulla base di considerazioni di E Birley – 1953, pp 141–142; 1957, pp 13–14) Dobson 1966, p 67 = 1993, p 224
2 I documenti antichi
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oltre che le più ricche e urbanizzate20 –, non ha infatti alcuna relazione con questo problema Sebbene non sia possibile dirimere il problema con certezza, è ragionevole supporre che, se non altro per analogia e comune cultura politica, i governatori delle province Caesaris potessero nominare prefetti dei fabri esattamente come quelli delle province populi Romani: tutti costoro appartenevano del resto al medesimo ordine ed erano stati sovente impiegati nelle une e nelle altre Un trattamento diverso a proposito di una nomina tanto tradizionale sarebbe, in effetti, difficilmente spiegabile21 I documenti di età imperiale. Parte di queste difficoltà interpretative è legata intrinsecamente alla natura della documentazione disponibile per l’età imperiale: nel periodo compreso fra il principato di Augusto e la dinastia severiana, la praefectura fabrum è infatti esclusivamente attestata su materiale epigrafico Si tratta di un corpus di oltre 500 iscrizioni, riferibili a cavalieri e domi nobiles, veterani e apparitores22 Manca invece qualsiasi riferimento alla prefettura all’interno di opere letterarie, come del resto all’interno di statuti locali assimilabili alla lex Ursonensis23. Un cambiamento tanto netto nella natura dei documenti è in certa misura sorprendente – soprattutto per le fonti letterarie – e merita una qualche spiegazione Se infatti opere di autori di epoca imperiale, come Velleio, Appiano e Plutarco, accennano a praefecti fabrum, si tratta sempre di digressioni dedicate alla sola età repubblicana Negli stessi decenni in cui si concentra la maggior parte delle iscrizioni dei prefetti, l’incarico sembra quindi perdere ogni interesse per gli autori antichi Un altro aspetto rilevante caratterizza le attestazioni di questo periodo: l’assenza pressoché totale di qualsiasi riferimento al magistrato delegante In altre parole, il legame che caratterizzava il rapporto fra prefetto e magistrato non sembra essere più percepito come un elemento qualificante da inserire nel testo iscritto, in chiara discontinuità con quanto noto per il periodo repubblicano24 M Cerva ha tentato di spiegare questo fenomeno con il preponderante potere del princeps, che infatti compare in numerose
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Questa diffusione caratteristica era già stata notata da M Cerva in una tesi di dottorato non pubblicata, consultabile presso la Biblioteca Nazionale di Firenze Ringrazio U Laffi (Pisa), col quale ho avuto la possibilità di discutere a questo riguardo Anche a suo avviso, la delega di imperium poteva comprendere la nomina di praefecti fabrum, dal momento che, per quanto delegato, il potere dei legati discendeva direttamente dal Principe, che dell’im perium magistratuale era ovviamente dotato Altra questione è invece stabilire quali competenze l’imperatore decidesse di affidare ai suoi legati, un punto – come si è detto – in parte già affrontato da E Birley Come si vedrà, questa diversificata “platea” di individui è stata all’origine di un aggrovigliato dibattito relativo al ruolo della praefectura fabrum nelle carriere (non solo) equestri Differenze sono del resto ben comprensibili: nonostante l’utilizzo di una cornice legale prestabilita e di un linguaggio di carattere formulare (Frederiksen 1965), l’ordinamento municipale (o coloniale) era disegnato sulle necessità del corpo civico (Crawford in RS I, p 397) Il testo era dunque spesso caratteristico di una realtà particolare Dobson 1966, p 67 = 1993, p 224: “under the Republic to talk of a praefectus fabrum without naming his patron would be meaningless”
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dediche curate dai prefetti25 Questa considerazione non mi pare del tutto convincente Innanzitutto, la natura letteraria della quasi totalità dei documenti disponibili per l’età repubblicana rende infatti più comune rispetto all’epigrafia – per ovvie ragioni – la trasmissione dei nomi di prefetto e magistrato delegante Inoltre, sebbene si debba concordare con Cerva che per la prefettura qualcosa di rilevante fosse cambiato dopo il 27 a C , ciò non è sufficiente a dimostrare che si fosse perso ogni legame fra magistrati cum imperio e prefetti In altre parole, il fatto che i prefetti non menzionassero (quasi) più il nome dei magistrati deleganti non vincolava la lealtà politica di questi individui al solo Principe, in opposizione ai membri dell’élite senatoria Una fitta rete di parentele, amicizie e clientele teneva insieme potere imperiale, classe dirigente urbana e notabilato italico e provinciale26 In questo senso, le dediche alla dinastia regnante potevano rappresentare uno strumento utile (soprattutto all’interno della dimensione politica locale), ma non sufficiente Altri (e più diretti) mezzi erano necessari al fine di raggiungere i componenti della corte imperiale e non si trattava di strumenti diversi rispetto a quelli della stagione politica precedente Di questo, si parlerà soprattutto nella sezione dedicata all’età imperiale: qui basti dire che la praefectura fabrum avrebbe rappresentato ancora a lungo uno strumento utile alla promozione personale e all’integrazione di uomini e competenze nella struttura amministrativa romana L’ultima comparsa. L’ultima menzione della praefectura fabrum in un documento antico è contenuta all’interno dell’Epitoma rei militaris di Flavio Vegezio, in cui, sebbene le più tarde iscrizioni di prefetti dei fabri si datino alla piena età severiana, è presente una sezione specificamente dedicata alle loro mansioni Come altri ufficiali di un esercito ormai scomparso, anche del prefetto dei fabri erano così descritte funzioni e ambito operativo Prima di discutere il testo di Vegezio, è però necessario passare in rassegna le numerose e complesse problematiche che, a partire dalla documentazione antica, sono state enucleate e discusse dai moderni intorno alla praefectura fabrum 3. Le interpretazioni dei moderni Problemi e proposte. La vasta – ma frammentaria e disomogenea – mole di dati disponibili sulla praefectura fabrum, ha stimolato soprattutto l’approfondimento di due temi: l’ambito operativo della prefettura e la posizione di coloro che l’avevano otte25 26
Cerva 2000, pp 183–184, n 14 Quando H -G Pflaum (1950; CP) propose di individuare la nascita, durante l’età imperiale, di una carriera equestre fondata (parzialmente) sul merito, sull’anzianità di servizio e sulla successione degli incarichi, F Millar (1963) criticò puntualmente questa impostazione, che tendeva ad escludere dall’analisi delle carriere la complessità delle relazioni personali R P Saller (1980; 1982; 2000) è tornato a più riprese sull’incidenza del patronato e dei rapporti interpersonali per la promozione dei singoli individui Per una recente contestualizzazione storica del fenomeno del patronato, si veda anche Garnsey 2010
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nuta Da questi soggetti discendevano infatti altre, più specifiche problematiche: se l’incarico fosse effettivamente operativo e/o avesse una qualche relazione con la sfera militare, o consistesse in una semplice sinecura; se fosse parte del cursus equestre, o se fosse funzionale alla concessione del cavallo pubblico; se avesse infine un ruolo nella vita dei municipia e delle colonie del mondo romano La mole di proposte e argomentazioni è tale che, nel tempo, la proposta di A Bloch di attribuire alla volontà del magistrato delegante la responsabilità di stabilire le funzioni del proprio prefetto dei fabri, è rimasta l’unica davvero soddisfacente27 I primi studi. Si è detto del parere di Bloch Tuttavia, nella sua monografia dedicata alla praefectura fabrum, H C Maué28 aveva già affrontato il problema di quali fossero effettivamente gli incarichi affidati ai prefetti Fondandosi sostanzialmente sul dato epigrafico, Maué riconobbe la natura istituzionale (e militare) dei praefecti fabrum, ufficiali al servizio di un magistrato cum imperio, ma suppose che, in età imperiale, questo stesso profilo fosse stato in parte modificato Le numerose iscrizioni in cui la prefettura compariva all’interno di carriere eminentemente locali e non militari gli aveva suggerito che, in questa fase, fosse loro assegnato dal potere centrale il controllo dei collegia fabrum, associazioni che raccoglievano artigiani e lavoratori manuali Duramente contestata da Bloch nel 1903 e nel 1905, la tesi di Maué influenzò lungamente il dibattito successivo, anche perché supportata dalla convinzione che i collegia fabrum avessero una funzione di pubblica utilità, in particolare nello spegnimento degli incendi29 Basti qui sottolineare che di un rapporto strutturale fra prefettura dei fabri e collegia fabrum non c’è traccia nella documentazione disponibile: pertinenti a realtà diverse – una istituzionale, l’altra essenzialmente privata –, prefetti e collegia non compaiono neppure nelle medesime iscrizioni con sufficiente frequenza da suggerire l’esistenza di obiettivi e interessi comuni30 Un incarico civile o militare? Indipendentemente dal supposto legame con i col legia, l’attribuzione della praefectura fabrum ad un ambito militare o civile (qualunque fosse, in questo caso, la sua effettività) è stata affrontata in modo ricorrente E Kornemann, C Jullian e W Liebenam31 erano convinti che l’incarico, pur connesso ad un magistrato cum imperio, fosse caratterizzato da un profilo solo relativamente militare,
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Bloch 1905, pp 368–371; giustamente, B Dobson (1966, p 64 = 1993, p 221) ne ha riconosciuto la duratura validità Maué 1887 L’ipotesi di un loro coinvolgimento diretto in questo servizio di pubblica utilità era stata il fulcro della tesi di O Hirschfeld (1884, pp 193–205), accolta dallo stesso A Bloch (1903, sopr p 111) La pubblica utilità dei fabri è del resto stata riconosciuta anche in altri ambiti: cfr Diosono 2007, p 62 Nel tempo, questa distanza è stata chiarita a più riprese: cfr Liebenam 1922, p 14; Sablayrolles 1984, pp 241–246; Cerva 2000, pp 191–194; Cafaro 2017 Kornemann RE VI 2 , sopr coll 1918–1925; Jullian 1918, pp 947–959; Liebenam 1922, pp 14–18
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tanto che A von Domaszewski decise di escludere la praefectura fabrum dalla sua Rang ordnung32 Altri, fra cui G Lopuszanski e E von Nischer, con diverse sfumature, riconobbero invece il carattere militare della prefettura33 Chiaramente, oltre alla presenza dell’incarico all’interno di carriere eminentemente civili, complicava il problema la natura complessa dell’imperium repubblicano: in altre parole, dal momento che la prefettura era strettamente associata alle magistrature cum imperio, il servizio al seguito di un console, un pretore o un promagistrato poteva essere definito “militare” o “civile” in relazione a quel che si riteneva fosse l’ambito operativo di quest’ultimo34 Logistica e produzione? Un serio tentativo di conciliare la natura complessa della prefettura alla documentazione disponibile fu tentato da E Sander nel 1962 Egli suppose che, accanto alla figura del “Generaladjutant” di età repubblicana e alto imperiale, si fosse aggiunto al tempo di Claudio un funzionario incaricato del controllo delle fa bricae legionarie35 Questa tesi si fondava su alcuni documenti antichi – fra cui il testo di Vegezio, a cui si è già accennato36 – e sulla notoria esistenza di strutture produttive all’interno degli accampamenti legionari37 Come sostenuto da Dobson, che discusse puntualmente questa proposta, Sander non disponeva però di sufficienti elementi per dimostrare che, al tempo di Claudio, fosse stato riqualificato un incarico antico (la prefettura, appunto) con nuove competenze38 Edilizia? In tempi più recenti, M Verzár Bass ha nuovamente affrontato questo tema, suggerendo che, almeno a partire dal I sec a C , le competenze dell’incarico fossero attinenti all’ambito dell’edilizia pubblica39 Questa tesi si fondava essenzialmente sulle poche iscrizioni disponibili per l’età repubblicana, in cui due prefetti sono associati a grandi costruzioni pubbliche e sullo studio di alcuni monumenti funerari riferibili a praefecti fabrum La ricchezza di questi apprestamenti aveva rafforzato il parere di Verzár Bass che i prefetti dovessero essere in qualche modo collegati all’edilizia Dopotutto, questa ipotesi non sembra però convincente Non è necessario escludere una qualunque relazione, ma – ad un esame della documentazione disponibile, soprat-
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Domaszewski 1908 Nischer 1928, p 512; Lopuszanski 1938, pp 144–147 In un recente studio dedicato alla natura e alla gestione dell’imperium fra età repubblicana e prima età imperiale, F K Drogula (2015) ha ribadito come a questi magistrati fosse in realtà concesso un potere al contempo civile e militare; allo stesso soggetto, ma in età repubblicana, ha dedicato una monografia anche F J Vervaet (2014) Le conclusioni di questi lavori suggeriscono di trattare con prudenza il profilo della praefectura fabrum stessa Sander 1962, pp 139–144 Veg II, 11 La proposta di Sander si fondava anche sul divieto per i legionari di esercitare fabrilia opera, contenuto in Dig XLIX, 16, 12, 1 Questo, a suo avviso, dimostrava l’esistenza di fabri specializzati nelle legioni Sander 1962, pp 145–151 Dobson 1966, pp 62–63 = 1993, pp 219–220 Verzár Bass 2000
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tutto per l’età repubblicana – pare che ai praefecti fabrum non fossero specificamente richieste le abilità di un tecnico propriamente detto, quale appunto un architectus Lo status. Un altro soggetto, come già accennato, ha costituito parte importante del dibattito sulla prefettura: in estrema sintesi, si è a lungo discusso se l’appartenenza all’ordine equestre fosse (o meno) un requisito per l’accesso all’incarico40 Dedicati essenzialmente allo studio delle carriere equestri e procuratorie, gli studi di H -G Pflaum descrivevano la prefettura dei fabri come parte integrante della carriera equestre, una posizione di grande rilievo nello staff di un governatore o di un comandante militare41 Questo era stato il profilo dei prefetti, almeno fin quando – a suo avviso – la carriera procuratoria non si era strutturata sulla base di criteri di merito, anzianità e consequenzialità delle posizioni42 Secondo Pflaum, nel II sec d C , essa aveva ormai assunto un’importanza molto relativa: un incarico prestigioso all’inizio della carriera di giovani equites Pur critico nei confronti di questo modello, sembra che F Millar avesse accettato il carattere equestre della prefettura dei fabri Egli era però convinto del fatto che essa non fosse che una semplice sinecura, una posizione svuotata di ogni operatività pratica43 Ad ogni modo, l’appartenenza all’ordine equestre è stata raramente messa in discussione ed è tuttora un elemento comunemente accettato44, uno sviluppo forse favorito dall’assenza di studi specificamente dedicati alla praefectura fabrum, successivi ai lavori di Dobson e Saddington, anch’egli interessato al periodo giulio-claudio e fondamentalmente convinto che l’incarico fosse riservato agli equites45 Una seria critica a questa impostazione è stata soprattutto il frutto di lavori specificamente dedicati alla prefettura, contributi che, talvolta, hanno privilegiato una prospettiva regionale46 ‘The praefectus fabrum in the early Principate’47. Quando, nel 1966, B Dobson pubblicò il suo contributo dedicato alla prefettura in età giulio-claudia, l’attenzione degli studiosi era dunque concentrata sulla definizione dell’ambito d’azione dei prefetti e sul loro rango sociale Alla base del lavoro di Dobson vi era una precisa convin40 41
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Il rango equestre dei prefetti è generalmente riconosciuto negli studi più antichi, quelli di Mommsen (RS), Maué (1887), Kornemann (RE), Jullian (1918) e Liebenam (1922) Pflaum 1961, p 958; 1958, p 4 B Dobson ha sottolineato come queste posizioni fossero state – quantomeno in parte – mutuate da E Birley e dallo stesso Dobson (1966, p 61 = 1993, p 218), entrambi da tempo convinti che il prefetto dei fabri fosse “a senior officer on the staff of an imperial governor or commander in the field”; cfr anche Pflaum 1950, pp 196–197; 218 – in cui la prefettura era stata associata a giovani equites Pflaum 1950, p 206; R P Saller (1980, p 45), pur chiaramente contrario alle posizioni di Pflaum, non si è puntualmente soffermato sulla praefectura fabrum Millar 1963, pp 196–197 A puro titolo esemplificativo, A De Carlo (2015, sopr pp 327–329) ha prudentemente inserito fra gli equites delle regiones meridionali d’Italia tutti gli individui che avevano rivestito una praefectura fabrum Saddington 1985, in cui – per quel periodo – si rilevava il “monopolio” esercitato sull’incarico dagli Italici – un elemento su cui si avrà modo di tornare nel corso di questo volume Cerva 2000; Rizakis 2003; Álvarez-Melero 2013 Dobson 1966 = 1993
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zione: “the title praefectus fabrum clearly is used to cover posts differing widely in their nature and importance, so that any sentence beginning ‘the praefectus fabrum is’ must be qualified, explicitly or implicitly, as referring to the type of praefectus fabrum under discussion”48 Scopi e criteri metodologici del lavoro di Dobson erano ben definiti: egli intendeva appurare se la prefettura richiedesse o meno una competenza militare A questo fine, egli esaminò esclusivamente le carriere di individui che avessero effettivamente servito – a vario titolo – nell’esercito, all’interno di un periodo ben definito, l’età giulio-claudia La selezione delle singole carriere fu realizzata sulla base di una “scale of probabilities”49: erano esclusi tutti coloro che – al di là delle magistrature municipali – avessero rivestito la sola prefettura, o il solo tribunato militare; erano invece comprese carriere equestri in cui comparissero due o tre militiae e quelle dei primipila res50, questi ultimi senz’altro militari Secondo Dobson, fino al principato di Claudio, la praefectura fabrum era concessa a individui dotati di attestata esperienza di comando e amministrazione, cavalieri ed ex-primipili (semplici o bis) Dopo il principato di Claudio, la prefettura compariva invece all’inizio della carriera dei giovani equites, mentre ai primipili era stata infine offerta una nuova possibile promozione, che escludeva prefettura e tribunato: si trattava della praefectura castrorum, un incarico già creato ai tempi di Augusto e, d’ora in avanti, loro riservato Da quel momento, secondo Dobson, la prefettura dei fabri poteva essere ritenuta una posizione puramente onorifica, una tesi supportata anche dalla concessione dell’incarico a giovani o giovanissimi, documentata da alcune iscrizioni51 Conseguenze … e confusioni. Anche se Dobson aveva chiarito i criteri e gli scopi del proprio studio, si erano create le condizioni per una notevole confusione Innanzitutto, i “suoi” prefetti, almeno fino al principato di Claudio, rappresentavano i soli casi in cui la prefettura potesse effettivamente essere considerata operativa e, soprattutto, erano pressoché tutti equites Almeno fino agli interventi di Claudio, era dunque (ritenuto) ragionevole considerare l’appartenenza all’ordine equestre come condizione essenziale per l’incarico Indipendentemente dagli intenti di Dobson, anche individui dalla carriera eminentemente locale sono stati dunque riconosciuti come cavalieri,
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Dobson 1966, p 62 = 1993, p 219 Già J Suolahti (1955, pp 205–209) aveva ritenuto che, in generale, la definizione praefectus indicasse un “collective title” Lo studioso finlandese riteneva inoltre che l’incarico fosse “the A D C of a commander-in-chief ”; si vedano però le sostanziali riserve di E Badian (1997, pp 11–12) sul lavoro di Suolahti Dobson 1966, p 64 = 1993, p 221 Creati fin dal tempo di Augusto, i primipilares furono scelti per delicate posizioni di comando e nell’amministrazione Noti per la loro ricchezza, ricoprivano una posizione importante per la stabilità del “nuovo corso” e godevano di prestigio e notorietà nelle rispettive comunità; su queste figure, si vedano i lavori essenziali di B Dobson (PP; 2000) e S Demougin (1988, pp 359–385) Non si deve comunque esagerare l’incidenza della prefettura dei fabri nelle carriere di questi individui: in età giulio-claudia, solo 13 su oltre 180 prefetti erano primipilari CIL III, 646; VI, 3512 = InscrIt IV 1, 155; CIL IX, 223; 2646; AE 1953, 56
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mentre, un poco sorprendentemente, dopo il 41 d C , carriere del tutto affini sono state considerate non equestri52 Una prima seria critica a questo impianto fu avanzata già da R Sablayrolles nel suo studio dedicato ai praefecti fabrum della Narbonensis: in quella sede, lo studioso francese ribadiva la tesi – che già era stata di A Bloch – che esistesse una sola prefettura dei fabri, un incarico istituzionale ben distinto dal cursus municipale Sablayrolles discuteva infine della possibilità che la prefettura non fosse riservata ai soli membri dell’ordine equestre53 Significativamente, queste conclusioni discendevano dalla disamina di tutte le carriere attestate nei limiti della Narbonensis Nonostante l’importante contributo di Sablayrolles, le tesi dell’appartenenza dei prefetti all’ordine equestre e dell’esistenza di diverse prefetture (coesistenti sotto lo stesso nome) caratterizzarono però numerosi lavori successivi54 L’ “introduzione” di M. Cerva. A questa serie di problemi, ha cercato di dare una risposta complessiva M Cerva, all’interno di un contributo apparso nel 2000, che egli aveva modestamente definito di “introduzione” alla prefettura dei fabri Il lavoro dello storico italiano – finalmente caratterizzato da una prospettiva d’insieme – ha avuto il pregio di mettere in discussione la diffusa convinzione che i prefetti dei fabri fossero necessariamente equites A suo avviso, la prefettura poteva invece offrire al notabilato, ai provinciali e ai figli dei liberti l’opportunità (non la sicurezza) di un accesso alla carriera equestre Del resto, se primipili e centurioni non ottenevano automaticamente il cavallo pubblico prima del principato di Claudio, non dovevano essere cavalieri nemmeno coloro che, fra questi, erano acceduti alla sola prefettura dei fabri, nello stesso periodo55 Cerva si è inoltre concentrato sui contesti cittadini, sulle comunità locali e, nel dettaglio, sul ruolo di tutti quegli individui che, in effetti, erano rimasti al di fuori del lavoro di Dobson, uno sviluppo atteso e che infine riprendeva l’approccio di Sablayrolles Una prospettiva di carattere regionale è del resto stata privilegiata anche al di fuori della Narbonensis, nelle province iberiche e in Macedonia e Achaia56 Se da una parte gli autori di questi contributi hanno prudentemente suggerito che l’appartenenza all’ordine equestre non costituisse un requisito per la praefectura fabrum, dall’altra hanno
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Ottima a questo riguardo è la sintesi contenuta in Cerva 2000, pp 184–191 (con bibliografia) Sablayrolles 1984, pp 246–247 Fra questi (si è già detto della monografia di A De Carlo 2015), si segnalano Caballeros Rufino 1995; Welch 1995; Badian 1997 (con cautela); Ricl 1997 Nel suo importante lavoro dedicato all’ordine equestre, anche S Demougin (1989, pp 682–685) considerava la prefettura come parte della carriera equestre: la studiosa ne era certa per i casi documentati prima dell’età di Claudio, mentre era più prudente per i successivi Cerva 2000, pp 187–188; per il rapporto fra rango equestre e primipilato, cfr Stein 1927, p 136, ripreso da Demougin 1988, p 381 Macedonia: Rizakis 2003; Frei-Stolba 2005; Spagna: Álvarez Melero 2013 (autore anche di un recentissimo contributo sui prefetti d’Africa – 2020); Achaia: Bitner 2015
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approfondito lo sviluppo delle carriere nella dimensione provinciale In questa sede, pur con scopi in parte diversi, si farà riferimento a questi lavori Domande, risposte e … ancora domande. Nonostante sia stata oggetto di studi tanto antichi, più volte ripresi e discussi, è significativo che la prefettura dei fabri costituisca ancora – come si è visto – un incarico tanto difficile da classificare Molte problematiche restano aperte, dalle funzioni effettivamente svolte dai prefetti, all’esistenza di prefetture prive di qualsiasi operatività, dalle carriere dei singoli allo sviluppo complessivo dell’incarico (dall’età repubblicana all’epoca severiana) Non tutti questi problemi saranno affrontati in questa sede e, soprattutto, non tutti potranno essere risolti – né questo è lo scopo principale di questo lavoro Ciò che spicca fra i documenti antichi e le interpretazioni date a questi dai moderni è l’estrema difficoltà di stabilire punti fermi condivisi In questo senso, la definizione di A Bloch resta valida proprio perché, nella sua genericità, è ancora adatta a descrivere il profilo di un incarico dinamico all’interno di un contesto politico e istituzionale in continua evoluzione Che il profilo della prefettura dei fabri resti sfuggente, un fatto senz’altro determinato dall’elasticità con cui potevano esserle attribuite competenze molto diverse, consente però di approfondirne altri aspetti Collegata alle più elevate magistrature, assegnata in modo diretto e su base fiduciaria, la prefettura dei fabri può infatti essere utilizzata come strumento per la comprensione di numerose e rilevanti dinamiche relative al funzionamento del sistema istituzionale romano: dal suo ruolo nella costruzione del consenso, all’integrazione di persone, risorse e competenze all’interno della struttura politica romana Pur distante dallo scopo di questo lavoro, un ultimo problema merita di essere brevemente discusso in questa sezione, ovvero se sia possibile definire i margini dell’ambito operativo della praefectura fabrum, a partire dalla testimonianza di Vegezio Ho trattato la questione più estesamente in altra sede57; qui mi limiterò dunque ad una disamina sintetica e ad alcune considerazioni, con l’ovvia avvertenza che difficilmente si potrà offrire una soluzione pienamente soddisfacente all’antico problema delle competenze originarie della praefectura fabrum 4. Vegezio e la praefectura fabrum Il documento. Come si è detto, il solo autore antico a dedicare una pur breve trattazione alle competenze dei praefecti fabrum è Vegezio Che il soggetto potesse essere interessante per il pubblico dell’epoca non è poi sorprendente, dal momento che il suo trattato, databile fra 383 e 450 d C , era stato scritto in un tempo in cui la prefettura era
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ormai scomparsa58 Come si è accennato, con l’eccezione di E Sander, a questa testimonianza è stata generalmente negata affidabilità, soprattutto sulla base della distanza cronologica esistente fra Vegezio e le ultime attestazioni dei prefetti Non priva di incongruenze, la sua sezione de officio praefecti fabrum – inserita all’interno di una serie dedicata alle mansioni degli ufficiali delle legioni – è tuttavia molto dettagliata: habet praeterea legio fabros tignarios structores carpentarios ferrarios, pictores reliquosque arti fices ad hibernorum aedificia fabricanda, ad machinas turres ligneas ceteraque, quibus uel expu gnantur aduersariorum ciuitates uel defenduntur propriae, praeparatos, qui arma uehicula ce teraque genera tormentorum uel noua facerent uel quassata repararent. habebant etiam fabricas scutarias loricarias arcuarias, in quibus sagittae missibilia cassides omniaque armorum genera formabantur. haec enim erat cura praecipua, ut quicquid exercitui necessarium uidebatur num quam deesset in castris, usque eo, ut etiam cunicularios haberent, qui ad morem Bessorum ducto sub terris cuniculo murisque intra fundamenta perfossis inprouisi emergerent ad urbes hostium capiendas. horum iudex proprius erat praefectus fabrum (Veg Epit II, 11; ed J M Reeve)
Al praefectus fabrum, Vegezio attribuiva dunque la cura e la supervisione (iudex59) di un numero imprecisato di fabri aggregati alle legioni, impegnati negli ambiti della logistica e della poliorcetica, una definizione che sembra suggerire un legame con le centurie dei fabri “serviane”, attestate in Livio e Dionigi60 Il fatto che, tuttavia, per i prefetti di età repubblicana e imperiale non siano documentati questi compiti, ha suggerito a Maué e Dobson una duplice critica al testo: Vegezio descriveva forse una prefettura molto antica, apprendendone il profilo e le competenze da un’anonima fonte cronologicamente più vicina all’incarico (la cui epoca non era comunque determinabile), o ancora quella stessa fonte o l’epitomatore erano stati ingannati dalla presenza del termine faber61 In quest’ultimo caso, la prefettura non avrebbe avuto alcuna attinenza con i settori di logistica, costruzioni e poliorcetica62 I problemi. Da molti punti di vista, la trattazione di Vegezio non è priva di difficoltà, innanzitutto perché la stessa esistenza di reparti di tecnici specializzati all’interno delle legioni – distinti dai veri e propri militari – è quantomeno discutibile63 Ovviamente, 58
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Il termine del 383 d C è fissato con certezza grazie ad un riferimento al tempus divi Gratiani (Veg Ep I 20 3) Per l’edizione e la datazione dell’Epitoma, si vedano Önnefors 1995 (ed Teub ; la prima edizione Teubneriana è stata curata da C Lang – 1885), sopr p V; Reeve 2004 (ed Ox ; a cui si fa riferimento in questo contributo), sopr p V; cfr anche Charles 2007, pp 16–22, in cui – con cautela – si propone di collocare il testo nella prima metà del V sec d C Per altre edizioni, si vedano Giuffrida Manmana 1997 e Formisano 2003 Su questa definizione, si veda Cafaro 2019, pp 125–126 Liv I, 43, 3; Dion Hal IV, 17, 3; VII, 59, 4 Maué 1887, pp 2–3; pp 18–21; Dobson 1966, pp 62–63 = 1993, pp 219–220 A questo proposito, condivido il parere di M Cerva (2000, pp 177–178): nonostante il suo dichiarato interesse per la poliorcetica (X, 10–15), manca in Vitruvio qualsiasi menzione di praefecti fabrum Il legame con questo ambito sembra dunque quantomeno evanescente Così anche Maué 1887, p 3
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Parte I
in un mondo in cui mancavano istituti finalizzati all’istruzione tecnica, l’esercito stesso offriva un efficace veicolo di formazione: individui dotati di competenze tecniche erano dunque senz’altro presenti nelle legioni64 L’esistenza di genieri sembra tuttavia una supposizione anacronistica, in parte determinata dall’aura di moderna efficienza che tuttora circonda l’esercito romano Un’altra difficoltà è rappresentata dal fatto che, come convincentemente suggerito da B Dobson, a partire dall’età giulio-claudia e almeno dal principato di Claudio, è ragionevole che tutto quanto concernesse l’ambito della logistica e dell’organizzazione delle legioni fosse stato attribuito alla cura del praefectus castrorum, un ex primus pilus e dunque un individuo che, per diretta esperienza, conosceva l’esercito e le sue esigenze (ad ogni modo, si sarebbe trattato di un militare, non di un tecnico)65 La praefectura castrorum era l’esito di numerosi sviluppi, il principale dei quali deve senz’altro essere individuato nel carattere ormai permanente dell’esercito66 Del resto, nella piena età imperiale, una sola iscrizione definisce architectus un praefectus fabrum67, mentre un solo prefetto fu investito della cura annonae di una spedizione militare68 Sempre che la prefettura dell’Epitoma sia mai esistita in quella forma, resta inoltre da comprendere quando le competenze della praefectura fabrum siano così drasticamente mutate – dall’incarico descritto da Vegezio a quanto attestato per l’età tardo-repubblicana e alto-imperiale Chiaramente, se i documenti a cui Vegezio (e/o la sua fonte) aveva attinto erano attendibili, dovevano risalire o fare riferimento ad un’epoca più antica della Tarda Repubblica, in cui queste competenze non sono affatto documentate Tutte queste considerazioni – specialmente quelle di carattere cronologico – non possono ovviamente trascurare l’approccio di Vegezio alla redazione dell’Epitoma: in essa, fonti e soggetti cronologicamente distanti sono infatti trattati contestualmente, all’interno di una dimensione indefinita, priva di chiari riferimenti temporali69 E’ bene chiarire dunque che l’Epitoma non può generalmente restituire un’immagine esatta dell’esercito romano in un determinato momento storico Segnalate queste criticità, mi sembra però rischioso rinunciare all’analisi di Vegezio, a causa di problemi di ordine cronologico o, più semplicemente, supponendo che 64 65 66 67 68 69
La rarità di queste competenze emerge chiaramente dalle vicende del librator Nonius Datus (CIL VII, 2728 + 18122 = ILS 5795); per il testo e per una discussione aggiornata, si veda Cuomo 2011 (con bibliografia) Dobson PP, p 68 Cerva (2000, p 179) ha giustamente segnalato il carattere originariamente temporaneo di ogni prefettura, che caratterizzava forse anche quella dei fabri di epoca repubblicana AE 1983, 380 da Fanum Fortunae (C. Cuppienus C. f. Pol. Terminalis – 277) In età repubblicana, L. Cornelius L. f., anch’egli attestato epigraficamente, vantò i propri ruoli di Q. Catuli co(n)s(ulis) praef(ectus) fabr(um) e censoris architectus (per una trattazione dettagliata, si veda infra) Si tratta della campagna partica del 114–117 d C : ILS 9471 = AE 1911, 161 = 1955, 276 da Herakleia ad Salbacum [L (?) A]burn[ius --- Tuscianus] – 247 Milner 1996, pp xvi–xvii; così, il materiale utilizzato da Vegezio diveniva “materia simultanea e sincronica” secondo la definizione di M Formisano (2003, pp 15–16)
4. Vegezio e la praefectura fabrum
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egli “interpretasse” le competenze della prefettura sulla sola base del genitivo fabrum, come – pur con cautela – suggerito dallo stesso Dobson70 Questo è tanto più vero perché le sezioni dedicate agli altri ufficiali della legione non sembrano prive di una certa coerenza interna In altre parole, non è opportuno limitarsi a derubricare come inattendibili Vegezio e la sua fonte (o le sue fonti) La datazione della fonte di Vegezio. La bibliografia a cui Vegezio aveva attinto è nota solo in parte, ma c’è ampio consenso nel ritenere che essa comprendesse anche autori della Media e Tarda Repubblica71 e non è inverosimile che, proprio in quell’epoca, un qualche tipo di legame fra prefettura, logistica e costruzioni ancora sussistesse E’ certo impossibile stabilire se la fonte di Vegezio descrivesse la prefettura ad essa contemporanea o un’ipotetica ricostruzione relativa ad un’epoca precedente Considerata la fortuna dell’incarico per i primi due secoli dell’Impero, questa ricostruzione doveva comunque attenersi a criteri di stretta verosimiglianza In questo senso, gli ambiti della logistica e dei vettovagliamenti erano indubbiamente caratterizzati da competenze che, almeno fino alla fine del II sec a C , potevano essere ricondotte ai fabri72 Come è noto, in età repubblicana, fondi e risorse per le campagne militari erano assegnati dal Senato e amministrati attraverso i questori73 Non priva di difficoltà, questa gestione era ancora possibile in un’epoca in cui l’organizzazione della macchina militare era temporanea e priva di strutture permanenti Un sistema così concepito richiedeva però che i responsabili agli approvvigionamenti disponessero personalmente di competenze (e risorse adeguate) a garantire che alle spedizioni militari non mancassero armi, materiali e vettovagliamenti ed è ragionevole che, in virtù del proprio ruolo, il magistrato incaricato delle operazioni potesse e dovesse intervenire in questo settore74 Altre difficoltà erano di tipo più specificamente politico: le ambizioni dei singoli questori (all’inizio del cursus honorum) potevano infatti determinare attriti con i magistrati al comando delle operazioni – episodi che potevano rivelarsi tanto più gravi nel corso di una campagna militare75 In questo con70 71
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Dobson 1966, p 63, n 11 = 1993, p 220, n 11 Altra questione – più probabile – è che la menzione dei fabri avesse comportato l’aggiunta di alcune mansioni ad un incarico che, per la fonte di Vegezio, doveva comunque essere in qualche misura collegato con costruzioni, logistica e poliorcetica Nella sua monografia dedicata alle fonti di Vegezio, D Schenk (1930, pp 8–26) aveva supposto che per il secondo libro, l’autore si fosse servito di Tarruttienus Paternus (sulle fonti di Vegezio, si veda la discussione e la bibliografia in Cafaro 2019, p 130 e n 62) Sulla base dei documenti letterari ed epigrafici disponibili per la prefettura dei fabri, B Dobson (1966, p 63 = 1993, p 220) ha tuttavia ipotizzato che per questo passaggio siano più probabili autori riferibili alla Tarda Repubblica o allo stesso periodo augusteo TLL , 8: “quilibet artifex qui materiem duram (velut metalla ligna lapides ebur) tractat” Fra questi spiccavano quindi numerose categorie di artigiani (per le diverse attestazioni di collegia dei fabri, si veda Waltzing 1899, pp 149–152) Su questo, si vedano: Polyb VI, 39; Tac Ann XI, 22; Roth 1999, pp 245–261; cfr anche Cafaro 2019, p 130–131 (con bibliografia) Roth 1999, pp 279–328 (con bibliografia) Su questo, si vedano: Plut Cato Mai 3, 5–6; Roth 1999, pp 258–259
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Parte I
testo, la figura del praefectus fabrum poteva offrire una soluzione efficace, senza mettere in discussione gli equilibri del modello politico repubblicano: il prefetto era nominato da un magistrato cum imperio; dal proprio delegante derivava tutta la propria autorità e grazie a questa poteva certamente confrontarsi con i questori (e, soprattutto, con i loro assistenti), in merito agli approvvigionamenti e ad altri aspetti logistici D’altra parte, il prefetto non era nelle condizioni di divenire un concorrente politico del proprio delegante Se la prefettura era funzionale alle necessità del sistema politico romano e dei magistrati cum imperio, una nomina così concepita poteva implicare significativi guadagni in termini di promozione personale (e, talvolta, di banale arricchimento) per i prefetti stessi Come si vedrà, nelle fonti della tarda età repubblicana – una stagione in cui l’incarico aveva già perso parte delle proprie competenze originarie (a vantaggio di altre) – la praefectura fabrum presentava queste caratteristiche e poteva rispondere a queste esigenze: una posizione ufficiale al seguito di un magistrato cum imperio, concessa sulla base di uno speciale rapporto fiduciario e dotata di un vasto ambito operativo E’ dunque possibile che Vegezio possa offrirci qualche spunto sulle competenze originarie della prefettura, forse collegata all’ambito degli approvvigionamenti e della logistica dell’esercito della Media Repubblica Come si vedrà, nonostante il successo della praefectura fabrum in età tardo-repubblicana e imperiale, si trattava di competenze che non sopravvissero al I sec a C Uno strumento prezioso. Incarico versatile e prestigioso, forse connesso con settori tecnici e amministrativi, la praefectura fabrum si sviluppò all’interno di un panorama istituzionale, economico e politico in evoluzione In particolare, i decenni compresi fra la fine del II sec a C e l’età augustea videro una significativa trasformazione non tanto delle competenze, quanto del ruolo della posizione all’interno di dinamiche politiche e sociali complesse Nel corso di questa lunga stagione, culminata con la Rivoluzione romana e la fine della Repubblica, la praefectura fabrum fu assegnata da figure politiche di primaria grandezza e fu parte dei grandi mutamenti istituzionali e politici di quei decenni Per questa ragione, indipendentemente dalle molte domande della ricerca storica (di cui qui si è dato brevemente conto) essa costituisce uno strumento prezioso per l’analisi della struttura politica e istituzionale romana oltre che per la comprensione dei processi di integrazione delle élites locali nell’infrastruttura imperiale
Parte II 1. La praefectura fabrum: la Repubblica1 Prefetti e liste. Redatta da K Welch – e criticamente rivista da E Badian2 –, la “lista” dei praefecti fabrum attestati in età repubblicana è ormai nota e sembrerà forse superfluo riproporla di nuovo3 Alla redazione delle biografie dei singoli individui, i due studiosi hanno però preferito non accostare un’analisi storica del contesto socio-politico ed istituzionale contemporaneo In questo senso, nel corso degli ultimi venti anni, nuovi elementi hanno arricchito il dibattito relativo alla storia politica della Repubblica e alla capacità operativa delle sue istituzioni Un approccio d’insieme, che prenda in esame i dati noti all’interno del più vasto contesto contemporaneo, mi pare dunque opportuno Un dato da recuperare. In effetti, in parte influenzati dalla persuasività delle conclusioni suggerite da B Dobson ormai cinquant’anni fa, i più recenti studi d’insieme sulla prefettura hanno trascurato un’analisi complessiva del dato repubblicano4 In realtà, come già accennato, lo studio di Dobson non aveva la pretesa di costituire la trattazione definitiva dei numerosi problemi inerenti alla prefettura dei fabri Limitata all’età giulio-claudia e, soprattutto, a coloro che Dobson considerava viri militares, la ricerca
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Nel corso della trattazione relativa all’età repubblicana, tutte le date a cui si farà riferimento devono essere intese come a C , salvo diversa precisazione Welch 1995; Badian 1997 Le conclusioni di Welch e Badian sono sostanzialmente assimilabili e l’analisi dei singoli praefecti non ha apportato significative modifiche all’impianto delle conoscenze acquisite sulla prefettura nel suo complesso Oltre che per la consueta competenza, E Badian (1997, p 16) si è distinto con una proposta suggestiva: la concessione della prefettura dei fabri avrebbe costituito uno strumento finanziario funzionale alle strategie clientelari dei magistrati (di fatto, corruzione) Sulla base dell’espressione delatus a consule (o consulibus) ad aerarium (su questo, si veda Frei-Stolba 2005), Badian scorgeva infatti nella prefettura un mezzo con cui arricchire amici e clientes, a spese dello Stato (in questo sembrava particolarmente significativo il confronto con un tribunato militare, a cui si fa riferimento in Cic Fam. VII, 8, 1) La proposta sembra valida, ma quantomeno riduttiva Come si vedrà, i prefetti attestati erano spesso individui molto ricchi e alcuni erano senz’altro cavalieri Membro di rilievo nello staff di un magistrato cum imperio, il prefetto aveva in realtà molte possibilità di arricchirsi, ma questo – com’è ovvio – è cosa ben diversa Cerva 2000; Verzár Bass 2000; Frei-Stolba 2005
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Parte II
aveva l’inestimabile merito di evidenziare uno sviluppo significativo della prefettura dei fabri, nei primi decenni dell’Impero5 La concentrazione di attestazioni negli ultimi decenni della Repubblica – certamente accidentale – ha singolarmente costituito un ulteriore ostacolo alla piena considerazione dei dati disponibili per quel periodo Considerata un periodo eccezionale, caratterizzato da scontri e violazioni dell’ordinamento costituito, la Tarda Repubblica non è parsa lo scenario ideale per comprendere pienamente il profilo di un incarico tanto sfuggente6 L’assoluta preminenza di documenti relativi all’età imperiale ha creato infine le condizioni perché la ricerca si concentrasse sulle conclusioni già raggiunte da B Dobson per il principato giulio-claudio La natura dei documenti. A partire dalla prima attestazione della prefettura dei fabri – alla fine del II sec a C – e fino all’avvento del Principato, sono noti 16 individui La natura dei documenti è esclusivamente letteraria (si tratta soprattutto di menzioni in Sallustio e Plutarco, ma anche Cesare e Cicerone), con alcune notevoli eccezioni7 Il fatto è tanto più sorprendente, perché, nonostante una tarda comparsa in Vegezio, la praefectura fabrum è del tutto assente nelle narrazioni di eventi successivi al principato augusteo, mentre è tanto frequentemente attestata sui documenti epigrafici di età imperiale8 Su questo, si tornerà successivamente, ma è evidente che, pur conservando per molto tempo un ruolo di rilievo nello stato maggiore dei magistrati cum imperio la praefectura fabrum perse progressivamente il carattere assunto nel panorama politico romano, durante gli ultimi cento anni della Repubblica Era il contesto ad essere irreversibilmente mutato, la natura dell’incarico, dinamica ed adattabile, non poteva che adeguarsi
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Dobson 1966, sopr pp 76–78 = 1993, pp 233–235: in cui emerge chiaramente come, soprattutto dopo l’intervento di Claudio, il requisito dell’esperienza fosse divenuto sempre meno necessario Questo doveva essere lo sviluppo di un processo ben più lungo, che soprattutto al tempo del principato augusteo doveva aver conosciuto una significativa accelerazione Suggerendo un utilizzo corruttivo e clientelare della praefectura fabrum, E Badian (1997, p 16) commentava: “needess to say (…) in the corrupt atmosphere of the late Republic personal favour could defraud the Treasury” Si tratta di L. Cornelius e C. Cornelius Gallus; di quest’ultimo tuttavia, il ruolo di prefetto dei fa bri è attestato anche dalla testimonianza di Plutarco Per quanto siano forse pertinenti all’età repubblicana, la datazione della prefettura di due individui attestati epigraficamente è dubbia: [L. Corne]lius Alexidis f. Menodor(us) (61; AE 1993, 1479) e T. Satanus T. f. Sabinus (151; CIL IX, 5191) sono pertanto stati trattati all’interno della sezione imperiale (età giulio-claudia) Si è già detto di Veg Ep. II, 11 In età flavia, benché all’interno di un testo riferibile all’età cesariana, la praefectura fabrum era menzionata nella lex coloniae Genetivae Iuliae; per l’edizione, si veda RS I, 25 (c 127)
2. Una Repubblica dei nobiles
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2. Una Repubblica dei nobiles9? La politica romana: Curia or Comitium?10 A più di settantacinque anni dalla prima edizione della Roman Revolution di Ronald Syme11, la bibliografia dedicata alla “struttura” della politica romana non ha fatto che accrescersi, continuamente alimentata da un appassionato dibattito, monopolizzato da due modelli, che per ragioni di pura comodità potremmo definire “oligarchico” e “democratico”12 Fu proprio Ronald Syme ad importare nel mondo accademico anglosassone13 le conclusioni raggiunte dagli studi di F Münzer14 e M Gelzer15 – e con essi una storiografia meno istituzionale – a supporto dell’idea di una Repubblica “controllata” – de facto – da grandi famiglie aristocratiche16, sostenute elettoralmente da numerosi e fedeli clientes nelle annuali elezioni per le magistrature Alleanze, siglate da matrimoni, e inimicitiae, alimentate da spettacolari cause giudiziarie, costituivano per i sostenitori di questo modello i principali elementi di un sistema, in cui il potere risiedeva sempre nelle “rassicuranti” mani di un’oligarchia, a discapito della volontà del corpo dei cittadini, di fatto esautorato nella continua lotta interna alle factiones senatorie17
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Prendo qui in prestito una definizione che H Flower (2010, sopr pp 26–28; 61–79) ha recentemente coniato per rappresentare alcune fasi dell’epoca repubblicana – comprese fra gli anni 180 e 88 –, a suo avviso dominate dalla cultura politica – oltre che dall’influenza personale – dei nobiles Quanto all’utilizzo del termine nobilis (e ovviamente nobilitas), si tratta dell’oggetto di un lungo dibattito, all’interno del quale non è qui opportuno entrare Benché condivida il parere espresso da E Badian (1990, pp 412–413), in questa sede, nobilis andrà inteso nel più vasto significato di aristocrazia interna all’ordine senatorio Si sta cioè facendo riferimento a quelle famiglie alle quali, per una partecipazione più o meno antica alle magistrature cum imperio, si riconosceva una preminenza e una autorevolezza fuori dell’ordinario Per una panoramica sul dibattito relativo a nobiles e nobilitas, si vedano: Gelzer 1912 = 1962 (questo testo fondamentale è stato tradotto in lingua inglese da R Seager – Gelzer 1969), Afzelius 1938; Hanell 1945; Wiseman 1971; Hellegouarc’h 1972, pp 224–27 e pp 430–439; Shatzman 1975; Brunt 1982; Shackleton Bailey 1986; Burckhardt 1990; Badian 1990; Hölkeskamp 2011a Millar 1989 Syme 1939 Espressioni simili in: Mouritsen 2001 (“clientela model”; “democratic model”) Come è noto, all’epoca, la ricerca era soprattutto concentrata sulla storia delle istituzioni, intesa come motore primo dell’evoluzione politica di Roma H Last, Camden Professor (1936–1949), fu senz’altro uno dei più strenui sostenitori di queste tesi ed è ben nota l’ostilità di questi a Syme (su questo si veda Traina 2014, p VIII) Soprattutto Münzer 1920 Gelzer 1912 = 1962 Come è noto, R Syme ne era convinto In Syme 1986, p 2, n 8, si cita a questo proposito un discorso attribuito a Livio Druso (trib. pl. 91): Vir. ill. 66, 2: Remmio collegae quaedam de utilitate rei publicae suggerenti, quid tibi, inquit, cum re publica nostra? I nobiles consideravano la Repubblica una proprietà personale Come più tardi ebbe a dire Cicerone (Leg III, 39): Quam ob rem lege nostra libertatis species datur, auctoritas bonorum retinetur, contentionis causa tollitur Tutto ciò che si poteva concede ai cives era una pur significativa sembianza di libertà “In all ages, whatever the form and name of government, be it monarchy, republic, or democracy, an oligarchy lurks behind the façade” (Syme 1939, p 7) Fra i sostenitori di queste tesi, si vedano so-
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Contro questa prospettiva si sono successivamente schierati autorevoli studiosi, come P A Brunt18 e soprattutto F Millar19, al quale si deve senz’altro la più compiuta teorizzazione del modello democratico I sostenitori di questa tesi hanno individuato una struttura sostanzialmente popolare e “democratica” nella politica romana, a cui i cittadini-elettori potevano prendere parte attiva, impedendo un controllo assoluto delle istituzioni da parte dell’aristocrazia senatoria20 Il vero potere decisionale risiedeva dunque effettivamente nelle mani del popolo romano e si esprimeva sovente contro gli stessi desiderata del Senato, nelle assemblee legislative ed elettorali Negando con forza l’esistenza di sterminate e leali clientelae, nonché di durevoli e stabili alleanze fra le gentes aristocratiche, questi accademici hanno soprattutto valorizzato l’importanza del dibattito pubblico, delle contiones e del valore effettivo della retorica all’interno del processo decisionale, ridimensionando l’importanza della competizione elettorale21, un ambito nel quale il predominio dei nobiles è sempre parso inattaccabile, agli antichi come ai moderni22 I limiti della contesa ed un cambio di prospettiva. Il dibattito – particolarmente vivace – si è quindi progressivamente spostato sull’impalcatura istituzionale, sui processi elettorali, sulla costruzione del consenso e su quelle definizioni – nobilis, patro nus, cliens, popularis, optimas –, che sono state chiamate alternativamente a rispondere all’una o all’altra tesi Se da una parte, si è dunque giunti ad una più precisa percezione della complessa realtà politica romana, è anche vero che la discussione ha ormai rag-
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prattutto Badian 1958; Scullard 1951; Meier 1966; Bleicken 1974; Gruen 1965 Come molti termini del gergo politico romano, anche factio è stato oggetto di un lungo dibattito Per una definizione e per un regesto delle attestazioni più significative, si veda Helleguarc’h 1963, pp 100–109 e 113–115 Rinunciando ad appiattire il concetto sulla dicotomia optimatespopulares, si potrebbe dire che, con questa definizione, nel tempo caricatasi di significati negativi (in modo simile al sostantivo pars), potevano essere definiti gruppi di individui, mossi da interessi comuni Discutibili dovevano essere la durata e la stabilità di questi “cartelli”, certo fondati su chiari interessi, ma anche su rapporti di natura personale Per una discussione critica dei postulati della prospettiva “oligarchica”, si veda Brunt 1988 A più riprese sul tema: Millar 1984, 1986, 1989, 1995a, 1995b e soprattutto 1998 Più precisamente, F Millar ha soprattutto sostenuto l’importanza della persuasione e dell’oratoria, all’interno di uno scenario di “popular” o “crowd politics” e non tanto di “democratic politics” (1995a, p 111) A sostegno di queste tesi – a titolo esemplificativo – si vedano inoltre Brunt 1988, WallaceHadrill 1989, Lintott 1987, Purcell 1994, Laser 1997, Pani 1997, Wiseman 1999 Su questo soprattutto Millar 1995a, pp 109–110: “the central focus of politics was not election to office, but conflict about laws” Questa almeno l’indicazione dei puri dati pubblicati da Gelzer (1969, pp 50–52: nel periodo compreso fra 366 e 63, questi contava soltanto 15 homines novi consoli, per un totale di 24 consolati – inclusi i 7 consolati di Mario) e, successivamente, da Badian (1990, pp 409–413) Significativi anche i commenti in Sall BI 63, 6 (etiam tum alios magistratus plebs, consulatum nobilitas inter se per manus tradebat) e Cic Leg. agr. II, 3 (me perlongo intervallo prope memoriae temporumque nostrorum primum hominem novum consulem fecistis et eum locum quem nobilitas praesidiis firmatum atque omni ratione obvallatum tenebat me duce rescidistis virtutique in posterum patere voluistis. Neque me tantum modo consulem, quod est ipsum per sese amplissimum, sed ita fecistis quo modo pauci nobiles in hac civitate consules facti sunt, novus ante me nemo)
3 “The essence of decision”: stimoli allo studio della politica romana
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giunto il proprio limite fisiologico, rendendo necessario un cambio di prospettiva e, soprattutto, l’approfondimento di singoli aspetti del sistema Da altre discipline sono del resto giunti stimoli ad una più articolata prospettiva d’insieme 3. “The essence of decision”23: stimoli allo studio della politica romana Un problema diffuso. L’analisi di scenari politici complessi non è evidentemente un problema della sola storiografia antica Alla fine degli anni ’60, gli studi di analisi politica e strategica erano sostanzialmente dominati da accademici di formazione economica Analisti e influenti uomini di governo sostenevano un modello intuitivo, razionale e meccanicistico dell’analisi dei processi decisionali, uno degli elementi qualificanti di qualsiasi studio politologico24 Essence of Decision. Pubblicato una prima volta nel 1971 e di fatto “riscritto” nel 1999 da G Allison e P Zelikow, Essence of Decision25 ha immediatamente rappresentato un classico per tutti gli studiosi di analisi politica e strategica Per la prima volta, attraverso l’esame di un singolo evento molto noto, la crisi dei missili sovietici a Cuba, gli autori mettevano a confronto i modelli di analisi razionalistica (derivati dagli studi di economia) e le altre possibili strategie analitiche, correntemente utilizzati per lo studio di contesti complessi In estrema sintesi, la scuola economica (ancora largamente prevalente) propone un modello denominato Rational Actor Model, o RAM, in cui gli attori (cioè i governi o gli Stati, intesi come singole entità personalizzate) agiscono secondo le opzioni disponibili, all’interno di una linea di comportamento razionale ed economica (vantaggiosa in termini di costi e benefici)26 Validi esempi dell’uso (inconsapevole) di questo modello nell’antichistica sono senz’altro individuabili nel sempre vivo dibattito sull’imperialismo romano27, sulla politica repubblicana come scontro fra consolidate realtà sociali o istituzionali (comune, in questa forma, il riferimento al Senato, ai Comitia, ai populares e agli optimates), o sulle politiche imperiali (gli imperatori
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“The essence of ultimate decision remains impenetrable to the observer – often, indeed, to the decider himself ” – J F Kennedy, 23 settembre 1963 Sostenuto da studiosi come T Schelling (1960) e M Friedman (1962), o da uomini delle istituzioni, come R McNamara (1987) e H Kissinger (1957), il RAM era utilizzato ad esempio per dimostrare che URSS e USA non potessero mai giungere ad una vera e propria guerra, perché entrambi “dissuasi” dal rischio del reciproco annichilimento nucleare (la c d teoria della deterrenza) Allison, Zelikow 1999 Zelikow, Allison 1999, p 27 Essenzialmente fondato sulla teoria dei giochi di J Nash e sulle sue evoluzioni successive, il RAM rappresenta uno strumento estremamente utile agli occhi di analisti e uomini di governo Nella sua monografia dedicata allo scenario mediterraneo all’avvento di Roma, A M Eckstein (2009) si riferisce esplicitamente ai paradigmi del Realismo (sopr pp 12–36), una linea di ricerca fortemente influenzata dal RAM Sul vasto tema dell’imperialismo romano, è ancora essenziale Harris 1979; cfr anche: Erskine 2010; Burton 2011
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Parte II
intesi come motore primo delle politiche e degli sviluppi dell’Impero) Il pregio del lavoro di Zelikow e Allison consiste nell’aver offerto una panoramica di sintesi su questo modello di successo, ma nell’averne contestualmente delineato le criticità, proponendo soluzioni alternative, un livello di analisi più complesso e articolato L’Organizational Behavior Model si concentra sulla centralità del ruolo assunto – all’interno del funzionamento degli Stati – dalle complesse dinamiche della burocrazia e delle infrastrutture statali e parastatali28 Chiaramente, l’estrema essenzialità degli apparati parastatali antichi rende questo modello poco adatto agli studi di antichistica29 Uno studio di dettaglio. Il Governmental Politics Model costituisce infine l’approccio più analitico fin qui individuato Presupposto essenziale è che ogni decisione governativa sia frutto di una complessa fase di negoziazione politica, contrattazioni e accordi, non semplicemente interni alla compagine statale, ma alla sua classe dirigente30 Fondamento del modello è che questa quotidiana competizione – interna al processo decisionale – interessi tutti gli Stati, indipendentemente dall’impalcatura costituzionale su cui sono organizzati In ultima analisi, la complessità dei processi decisionali sarebbe determinata da un numero notevole di variabili: interessi, convinzioni, influenza, ma anche carattere, carisma, arrendevolezza (o influenzabilità) dei membri della classe dirigente Si deve infine rilevare l’importanza rivestita in questo processo dalla costruzione del consenso e dalla comunicazione In uno scenario contemporaneo, i limiti di questo approccio sono fin troppo evidenti: innanzitutto, la quantità di dati da esaminare – potenzialmente vastissima31; in secondo luogo il carattere particolare delle conclusioni, difficilmente replicabili in contesti diversi E’ un fatto tuttavia che l’analisi dei processi decisionali di Roma antica e, in ultima istanza, della struttura politica romana potrebbe beneficiare di questa analisi dei dati disponibili per la Tarda Repubblica La Social Network Analysis e lo studio della politica romana. Con simili obiettivi, si è recentemente ricorsi al bagaglio delle scienze sociali, affrontando i principi della Social Network Analysis (o SNA), allo scopo di proporre un valido modello interpretativo delle relazioni sociali nella struttura politica romana E’ stato questo l’approccio che, pur limitatamente all’età delle Guerre Civili, hanno tentato K Lomas e B
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Allison, Zelikow 1999, pp 143–196 Alcuni approcci in questo senso sono tuttavia stati (inconsapevolmente) tentati Una prospettiva affine caratterizza ad esempio i lavori sull’annona (civile e/o militare) di M Corbier (1974), H Pavis d’Escurac (1976) e F Mitthof (2001) Da tempo ormai anche l’esercito di età imperiale è trattato alla stregua di un’organizzazione capace di sovrintendere autonomamente a processi complessi, producendo alterazioni significative nel quadro economico, sociale e culturale delle aree più fortemente militarizzate dell’Impero (su questo, sono disponibili molti studi: a titolo esemplificativo, si segnalano i contributi contenuti in Speidel 2009) Allison, Zelikow 1999, pp 255–324 La difficoltà di elaborare la mole di dati oggi disponibile favorisce questo modello per la disamina di eventi pregressi e non di scenari futuri
3 “The essence of decision”: stimoli allo studio della politica romana
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Augier32 Concentrata sul carattere strutturale delle relazioni interpersonali e associata ad una solida impostazione matematica, l’Analisi delle reti sociali (SNA) è intesa ad identificare l’influenza delle relazioni e dell’insieme delle interazioni sociali sul comportamento antropico e si presta dunque molto bene allo studio delle realtà umane, politiche ed economiche più complesse33 Uno degli assunti delle Foreign clientelae di E Badian era appunto che la stabilità della classe dirigente repubblicana fosse l’oggetto di una continua ed efficace creazione di solide clientele e stabili legami matrimoniali34 Prescindendo dalla revisione di questo impianto, proposta anche recentemente – e con qualche eccesso35 –, è indubbio che elementi essenziali della struttura politica repubblicana siano stati il dinamismo delle relazioni personali, la competizione e l’iniziativa individuale La politica romana non somigliava ad un ambiente stabile, in cui forze eguali e contrarie riuscivano a trovare sistematicamente un punto di equilibrio Cifra caratteristica del processo decisionale romano erano anzi instabili aggregazioni di famiglie e protagonisti, siglate con accordi e negoziazioni su singole questioni (e/o appuntamenti elettorali)36 A questo proposito, è opportuno menzionare le conclusioni di uno dei più noti teorizzatori della SNA, M S Granovetter, autore di un influente contributo dedicato all’intensità e alla “redditività” dei legami interpersonali37 La sua tesi si fondava sull’esistenza – facilmente riscontrabile – di legami “forti” e “deboli”, all’interno della società: i primi, tessuti su solide relazioni di parentela o amicizia e fondati su di un rapporto consuetudinario; i secondi, essenzialmente volatili e caratterizzati da una presenza episodica Secondo Granovetter, la maggiore elasticità dei vincoli deboli offriva lo spazio per una proliferazione dei contatti e delle possibilità, superiore ai solidi (e rigidi) legami forti38 A proposito della costruzione del consenso, K Lomas ha riconosciuto la forza di questo paradigma nell’abilità della classe dirigente della Media Repubblica di negoziare e strutturare relazioni politicamente significative e si è anzi spinta a consi32 33
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Lomas 2012 (cfr anche 2004); Augier 2014; per un’applicazione del modello su soggetti di storia sociale pre-contemporanea, si vedano inoltre i casi proposti in Wellman, Berkowitz 1997 Oggi utilizzati soprattutto per lo studio delle relazioni economiche, la SNA e i suoi metodi hanno costituito a lungo un elemento qualificante – più o meno consapevole – dei lavori di sociologi, economisti e storici Per un’introduzione al soggetto, si faccia riferimento a Scott 2000 (con ampia bibliografia) Badian 1958; questa, come si è detto, era la prospettiva privilegiata da coloro che nella struttura politica romana hanno sempre colto un carattere propriamente oligarchico (si veda supra) Un giudizio estremamente critico a questo approccio è contenuto, ad esempio, in Pina Polo 2011b, pp 189–192; 2011c, pp 335–338; 2015, pp 21–31 Significativamente, Gruen (1995, p 47) e Santangelo (2014) hanno parlato rispettivamente di “Alignments” e “Realignments” Granovetter 1973 Granovetter, che per i suoi studi dottorali aveva appunto analizzato la redditività dei due modelli nella ricerca di un lavoro, constatò come la temporaneità di un rapporto non costituisse un limite, ma un’opportunità per estendere le proprie conoscenze e così facilitare la ricerca di un impiego Su questo, si veda Granovetter 1973, pp 1373–1375
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derare la Guerra Sociale come l’insuccesso di un sistema di clientele chiuso, fazioso e autoreferenziale39 “C’è qualcosa di nuovo … anzi d’antico”40. L’utilità di questi stimoli non è ovviamente in discussione, a patto che si tenga presente che non si tratta di approcci nuovi I più approfonditi studi dedicati alla politica pre-contemporanea si sono serviti di un’impostazione simile, derivata però dalla prosopografia Questo è senz’altro vero per la trattazione magistralmente dedicata da L Bernstein Namier alla struttura della politica britannica all’ascesa al trono di Giorgio III41, così come per la Roman Revolution di R Syme42 L’approccio di dichiarata matrice prosopografica43, solidamente poggiato su basi documentarie – comune ad entrambi –, ma arricchito da una prospettiva strutturale di ampio respiro, seppe restituire immagini vitali e dinamiche di contesti politici complessi Non si trattava di premesse troppo diverse da quelle dei contemporanei analisti di politica interna o estera, ai quali è stato appunto dedicato lo studio di Zelikow ed Allison44 Ad ogni modo, questi approcci suggeriscono l’opportunità di una disamina complessiva della praefectura fabrum, che affronti l’incarico nel più vasto contesto della struttura politica romana Assegnata su base fiduciaria, la prefettura poteva divenire strumento della dinamica patronale – e pertanto soggetta alle forze e alle pratiche della politica romana – e caricarsi essa stessa di significati politicamente rilevanti In questo volume, la praefectura fabrum sarà esaminata in relazione al contesto politico tardo repubblicano e imperiale, un approccio assente nelle più recenti trattazioni dedicate al tema: si intende così affermarne l’importanza quale indicatore di relazioni politicamente rilevanti e strumento interpretativo della struttura stessa della politica romana
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Lomas 2012, sopr pp 211–213 Le conclusioni di Lomas non sono poi troppo distanti da quelle più volte proposte in passato da E Gabba (cfr ad esempio, 1954, sopr pp 41–114 = 1973, pp 193–264, in cui l’origine della Guerra Sociale era individuata in una profonda insoddisfazione politica di parte delle “classi alte” italiche – in particolare delle famiglie arricchitesi nel commercio con l’Oriente – e del completo distacco fra queste e la classe dirigente romana) Così G Pascoli ne L’Aquilone (Poemetti, 1897) Namier 1929 Syme 1939 Più volte sottolineata (ad es Momigliano 1962, pp X–XI), la consonanza fra i lavori dei due non era frutto di conoscenza personale, né di un apprezzamento indiretto Se è forse vero che lo studio di “Namier creò in Inghilterra un’atmosfera intellettuale in cui la Roman Revolution è diventata accettabile dieci anni dopo” (Momigliano 1962, p X), è senz’altro il metodo, frutto di un interesse per le ambizioni e le manovre dei singoli individui, ad aver originato una prospettiva in qualche modo accostabile fra i due Come è noto, Syme aveva derivato questo modello dagli studi di H Gelzer e F Münzer, il cui interesse per le forze alla base della politica romana poggiava appunto sull’approfondimento delle biografie dei singoli individui attestati Questo approccio di dettaglio era dunque funzionale ad una riflessione più ampia sulla stessa struttura politica romana Non è casuale che delle capacità di Syme e Namier si fosse servito il Foreign Office
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4. La Repubblica: la struttura della politica prima della Guerra Sociale Poteri e contrappesi dell’ordinamento repubblicano. Come è noto, a Polibio, che con gli occhi di un politico greco osservava la Repubblica, questa appariva equilibrata, in funzione di una costituzione mista, in cui l’imperium dei consoli, l’auctoritas del Senato e la libertas di cui godeva il popolo contribuivano alla direzione dello Stato45 Per quanto questa ripartizione apparisse equilibrata a Polibio – e ai suoi nobili ospiti46 –, la reale struttura dei processi decisionali percorreva dinamiche più complesse Non c’era in effetti un singolo potere prevalente, quanto invece una serie di soggetti politici, fra loro interdipendenti, ciascuno dotato di limiti e peculiarità propri All’effettivo – ma collegiale e temporaneo – potere “esecutivo” dei magistrati cum imperio, investiti dal mandato popolare47, si opponevano infatti il controllo del Senato – a cui consoli, pretori, promagistrati sarebbero infine tornati al termine del rispettivo mandato annuale – e la volontà dei cittadini nei comitia48 L’insieme di questi contrappesi costituiva un formidabile ostacolo all’indipendenza dei magistrati cum imperio, i quali godevano tuttavia di una posizione privilegiata nell’ordinamento, sia nell’esercizio del mandato, che, soprattutto, alla sua scadenza Ex pretori ed ex consoli entravano a buon diritto in quella nobilitas che, per sottolinearne il carattere dinamico e non ereditario, è stata giustamente definita “aristocracy of office”49 La ragione per cui questi individui avevano un ruolo essenziale nella gestione dello Stato risiedeva innanzitutto nell’assenza di luoghi alternativi per il dibattito e la sintesi politica, al di fuori dell’assemblea a cui gli ex magistrati prendevano parte50 Il Senato, l’antico consiglio dei re, con il suo carattere perpetuo e la sua auctoritas secolare – accresciuta da quella dei suoi membri più prestigiosi51 – acquisì progressivamente un controllo stringente su ampie materie e sull’ordinaria e straordi-
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Polyb VI, 11–18; su questo complesso soggetto, si vedano: Walbank 1972, pp 130–156; Nicolet 1974b Mouritsen 2001, pp 7–8 Lintott 1999, p 95 Alle complesse tematiche legate all’imperium (e alla sua gestione), sono state recentemente dedicate le monografie di F J Vervaet (2014) e di F K Drogula (2015); in parte dedicato allo stesso soggetto (ma principalmente concentrato sulla gestione del sistema provinciale) il lavoro di A Dalla Rosa (2014) Sul complesso rapporto fra poteri dei magistrati e altre istituzioni, si veda Lintott 1999, pp 95–113 Alla definizione nobilitas, si è fatto cenno (si veda supra); per una sintesi efficace si veda Höl keskamp 2010 – ed inglese di un testo già pubblicato in tedesco nel 2004 –, sopr pp 76–78; 91 Lo sviluppo della Curia come luogo del confronto e della sintesi all’interno della classe dirigente era evidente ai contemporanei, anche prima degli anni di Cicerone: al Senato ricorsero ad esempio due tribuni plebis nel 184, incapaci di trovare a propria volta un accordo (Liv XXXIX, 38) Sulla natura del Senato – in particolare post sillano – e sull’importanza acquisita al suo interno dagli “imperium holders”, si veda Steel 2014a Sull’auctoritas cumulata dai principes del Senato, si veda Jehne 2013, pp 55–56 Su questo, si veda anche Bonnefond-Coudry 1989, pp 683–686
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naria amministrazione dell’impero mediterraneo52 Controllando ed indirizzando l’attività dei magistrati in carica, il Senato era anche e soprattutto il luogo della discussione politicamente informata53 In assenza di qualsiasi struttura partitica, mancava infatti un veicolo istituzionale attraverso cui la cittadinanza potesse partecipare attivamente al dibattito, intervenendo così sui processi decisionali Ciò non deve tuttavia oscurare una caratteristica essenziale di questa classe dirigente: ciascuno dei suoi membri necessitava del riconoscimento attribuitole dal corpo civico, che, solo, poteva dispensare gli incarichi magistratuali (honores)54 I comitia erano dunque l’organismo in cui la volontà del popolo incontrava i magistrati e si esprimeva sulla legislazione, come del resto in occasione delle competizioni elettorali In effetti, l’immagine di una Repubblica solidamente controllata da un’oligarchia, sembrava scolorire, quando del popolo si chiedeva il favore: le campagne elettorali rappresentavano senz’altro un momento di grande tensione all’interno della classe dirigente, mossa dalla ricerca del consenso popolare55 L’estensione della partecipazione. Aperte a tutta la cittadinanza, le assemblee rappresentavano plasticamente la maiestas del popolo romano56 e, come si è detto, avevano un ruolo (non solo formalmente) essenziale, nei processi legislativi ed elettorali57 Quand’anche si sorvolasse sui meccanismi anti-democratici con cui esse erano 52
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Studio ancora imprescindibile sul Senato e sui suoi membri è quello di P Wiseman (1971); si veda anche il volume di F Ryan (1998) dedicato al rango dei singoli senatori, all’attività istituzionale della Curia e al livello di partecipazione alle sedute Per una trattazione di profilo istituzionale, si vedano invece Bonnefond-Coudry 1989 e Lintott 1999, pp 65–88 e pp 196–199 (con bibliografia); sul carattere dinamico dell’istituzione senatoria, si veda invece la recente introduzione di C Steel (2015) K -J Hölkeskamp (2010, p 77) ha collegato allo sviluppo dell’ “aristocracy of office” e della sua cultura del compromesso politico l’ascesa del Senato, centro del dibattito e “governing body” della Repubblica Secondo K -J Hölkeskamp (2010, pp 98–106), il mandato popolare costituiva la soluzione necessaria ad un sistema fondato sulla competizione interna alla classe dirigente Un gruppo di individui in reciproca competizione aveva cioè trovato in un “third party”, i cittadini appunto, il mezzo per poter regolare l’accesso agli honores Secondo Hölkeskamp, il consenso, di cui queste regole godevano, costituì la principale garanzia alla stabilità dell’impianto repubblicano Con buone ragioni, M Crawford (2011, sopr pp 111–114) ha messo in discussione la parte più fragile di questo impianto: il ruolo tutto sommato marginale della cittadinanza all’interno del modello e, soprattutto, la mancanza di elementi del contesto socio-economico contemporaneo In risposta alle critiche di Crawford, si veda Hölkeskamp 2011b A solo scopo esemplificativo, per un’epoca anteriore al meglio noto I sec a C , si pensi alla combattuta campagna per la censura del 189: Liv XXXVI, 57: Eodem anno censuram multi et clari viri petierunt. (…) In hunc maxime, quod multa congiara distribuerat, quibus magnam partem hominum obligarat, favor populi se inclinabat. Sulla maiestas populi Romani, al di fuori del diritto penale romano, si vedano Gundel 1963 e Gaudemet 1965 Su questo, estremamente lucida la disamina di E Flaig, che a più riprese (1994, 1995 e 2001) è tornato sulla struttura politica romana e sulla natura dei comitia: organi di consenso e non organismi decisionali Con questa considerazione Flaig non escludeva tuttavia il fatto che il consenso andasse conquistato: l’oratoria politica – soprattutto nello spazio della contio – era essenziale per raggiungere questo scopo
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regolate58, le assemblee non erano tuttavia sufficientemente frequentate per garantire una reale rappresentatività all’intero corpo civico59 Le ragioni di questa mancata partecipazione erano al contempo ideali e materiali, perché se da una parte l’agenda politica imposta dai magistrati (cioè da senatori o da futuri senatori) non interessava una parte cospicua della popolazione, è pur vero che questo stesso consistente segmento di cittadini non poteva rinunciare ad uno o più giorni di lavoro (e sostentamento) per partecipare attivamente alla politica60 A partire da una certa distanza dalla capitale, è anzi ovvio che soltanto i cittadini più ricchi potessero effettivamente abbandonare la propria quotidianità per recarsi a Roma ed esercitarvi i diritti di cives optimo iure Meno evidente è il fatto che, nella stessa capitale, i cittadini che potessero non soltanto seguire (e comprendere) il dibattito politico, ma addirittura recarsi a votare presso il Comitium o i Saepta, costituivano una minoranza61 Come convincentemente sostenuto da H Mouritsen, si trattava di un nodo che i ceti abbienti – più o meno consapevolmente – non intendevano sciogliere62 Anzi, si può convenire sul fatto che questa concentrazione della partecipazione politica garantisse loro una maggiore gestibilità delle assemblee stesse63 La notevole distinzione esistente fra il formale possesso dei diritti di cittadinanza e l’effettiva possibilità (o volontà) di esercitarli è stata ben sviluppata da Mouritsen64 Il dato archeologico conferma questa tendenza: l’incremento del numero dei cittadini, progressivo nel corso del tempo e dirompente dopo la Guerra Sociale ed il ripristino della censura nel 70, non era stato compensato da un corrispondente adeguamento degli spazi pubblici e delle strutture, in cui l’attività politica e la gestione della Repubblica avvenivano materialmente65
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Mouritsen 2001, p 33 Una stima univoca delle dimensioni della partecipazione all’attività politica non è disponibile: se A Yakobson (1999, sopr pp 43–54) ha immaginato una partecipazione relativamente alta ai comitia, R MacMullen (1980) e soprattutto H Mouritsen (2001, sopr pp 18–37) hanno convincentemente individuato un indicatore del contrario negli oggettivi limiti spaziali delle strutture dedicate alla politica (su questo, vedi infra) Puramente a titolo esemplificativo, si vedano su questo Brunt 1966 = 1974, 1980; Yavetz 1969; i contributi di Kolendo, Morel, Giardina e Whittaker in Giardina 1989; Purcell 1994 Si tornerà fra poco sul tema della composizione di questa minoranza, oggetto di un dibattito vivace Mouritsen 2001, pp 32–37 Mouritsen 2001, pp 64–65 (con relativa bibliografia) Mouritsen 2001, pp 16–17 Non è un caso che dai documenti disponibili non sia possibile desumere alcuna difficoltà logistica, determinata dall’accresciuto numero di cittadini (910 000 alla data del censimento del 70–69) Per offrire un’idea della scala a cui ci si sta riferendo, non sembra che il Comitium abbia mai potuto ospitare – nemmeno nella sua forma più ampia – più di 4 000 cittadini contemporaneamente (Mouritsen 2001, pp 18–19; per la complessa storia dell’area, si veda la voce curata da F Coarelli in LTUR, I, , pp 309–314, ma anche Coarelli 1983, pp 118–160; 1985, pp 11–21) Anche per i Saepta, che pure erano più vasti, non sono noti estensivi progetti di ampliamento (su questo, si vedano LTUR, IV, , pp 228–229; Coarelli 1997, pp 159–161; per una disamina della struttura, soprattutto in età augustea, si veda anche Carandini 2014, 23, pp 119–124 (Saepta Iu lia) e 24, pp 125–126 (Diribitorium) Non mi pare infine convincente la proposta di A Yakobson
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Un problema democratico? Come accennato, limitazioni di carattere regolatorio erano applicate alla pratica quotidiana delle istituzioni: ai comitia i cittadini potevano esclusivamente votare, un limite grave, soprattutto in occasione dei comitia tributa, nei quali mancava qualsiasi possibilità di discutere nel merito della legislazione proposta Nonostante i continui richiami alla generalità del populus Romanus, nessuna fonte a nostra disposizione ha del resto mai messo in discussione la legittimità di elezioni o leggi, sulla base di una scarsa partecipazione popolare, un elemento oggi considerato – generalmente – imprescindibile per le democrazie cd mature66 Il confronto con queste ultime è ovviamente inopportuno, come lo è del resto quello con la democrazia ateniese di V sec a C , in cui non soltanto ogni riunione dell’Ekklesia era introdotta dal τίς βοῦλει λέγειν dell’araldo, ma in cui si era anche cercato, con l’istituzione di un “gettone di presenza”, di garantire la più ampia partecipazione possibile67 Semplicemente, quel che ad Atene, certo in un contesto molto partcolare, era stato percepito come un problema da affrontare, a Roma non era mai stato avvertito come tale Conseguentemente, non è noto alcun tentativo “istituzionale”, mirato a stimolare la presenza e la partecipazione dei cittadini nel loro complesso, comprendendo così i meno abbienti68, le cui quotidiane necessità materiali impedivano una partecipazione informata al dibattito pubblico69 I cittadini in politica. La cittadinanza politicamente “attiva”, intendendo con questo termine coloro che al dibattito politico potevano effettivamente prendere parte, sarebbe dunque rimasta a lungo molto limitata Sulla composizione di questa minoranza, le tesi sono però molte e contraddittorie70 Generalmente appartenenti alle clas-
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(1999, p 49, n 78), secondo cui lo spazio massimo calcolabile vada comunque inteso per unità di voto: a suo avviso, tribù e centurie avrebbero ordinatamente atteso il proprio turno all’esterno dei Saepta, un’ipotesi di difficile applicazione pratica, oggi come ieri Mouritsen 2001, p 33 In sintesi, alle contiones o ai comitia, suddiviso per tribù o per centuriae, partecipava sempre e solo il populus Romanus, quale che fosse l’effettivo numero dei presenti In assenza dei membri di una tribù, i magistrati provvedevano anzi a spostare alcuni dei votanti dalle altre, di modo da dare formale rappresentanza a tutte e 35 le circoscrizioni elettorali Su questo, si veda Mouritsen 2001, pp 24 e 33 (con bibliografia) Su quel grande tema che è l’istituzione democratica ateniese di V sec a C , la bibliografia è semplicemente sterminata Per due recenti pubblicazioni, si vedano Canfora 2011 e Musti 2013 Sulla percezione democratica nella mentalità dell’epoca, si veda Walbank 1995 Mouritsen 2001, pp 128–148; contra Yakobson 1999, pp 48–54 Il problema del rapporto fra cittadinanza e pratica (e oratoria) politica alimenta tuttora un vivace dibattito, soprattutto in merito alle contiones Il pubblico di questi incontri formalizzati, anche se non legalmente rilevanti, non ha ancora un aspetto definito: si ignora cioè se esistesse una plebs contionalis in qualche misura ben distinguibile all’interno della plebs urbana, come supposto da C Meier nel 1966 e più tardi da P J J Vanderbroeck (1987) Secondo quest’ultimo, un gruppo di liberti attivi nel mondo del commercio e dell’artigianato – economicamente indipendenti e privi di obblighi sociali di tipo patronale – avrebbe seguito il dibattito con costanza e, in qualche modo, influito sugli stessi processi decisionali (sopr pp 161–165) Il lavoro di F Pina Polo (1996) – tuttora fondamentale per la comprensione della contio – non ha risolto il problema, concentrandosi invece sulla relazione fra contiones e retorica all’interno dell’evoluzione del sistema politico tardo-repubblicano Più recentemente, H Mouritsen (2001, pp 39–62 – con bibliografia – e 2017, pp 61–67 e 159–163) e M Jehne (2006 e 2013) si sono invece confrontati sul tema del pubblico
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si abbienti, questi cittadini avevano i mezzi e – probabilmente – l’interesse per poter dedicare parte del proprio tempo alla discussione politica Mezzi e tempo mancavano invece a piccoli artigiani e lavoratori a giornata, che soltanto con difficoltà potevano seguire il dibattito con costanza, o partecipare alle lunghe liturgie della politica romana Commercianti, finanzieri, proprietari terrieri erano invece dotati delle risorse (non soltanto economiche71) per sacrificare parte del proprio tempo al dibattito politico, una scelta impegnativa, che poteva però rivelarsi particolarmente vantaggiosa: questo gruppo sarebbe cresciuto progressivamente con l’espansione dell’impero mediterraneo Per coloro che lo desiderassero e avessero i requisiti patrimoniali necessari (HS 400 000), era anche possibile raggiungere il rango equestre, il trampolino per una carriera politica propriamente detta72 Non c’erano ragioni “strutturali” perché i magistrati ed il Senato dovessero operare in disaccordo con le “classi proprietarie”: tutti appartenevano allo stesso gruppo di interesse Era appunto nel dialogo fra questi individui, che per lungo tempo si era trovata una sintesi efficace per l’espansione e la difesa degli interessi di Roma73 Ciò non implicava tuttavia che una sintesi fosse sempre facile,
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delle contiones: se quest’ultimo ha di fatto riproposto l’esistenza di un ceto di piccoli commercianti ed artigiani in grado di lasciare la propria bottega sul Foro per assistere alle contiones e al dibattito politico in generale (una posizione affine è contenuta in un altro importante volume dedicato alla contio: Morstein-Marx 2004), lo studioso danese ha invece immaginato che ciascun politico organizzasse questi eventi coinvolgendovi deliberatamente persone di fiducia, a lui legate (di fatto, ogni oratore avrebbe parlato al proprio pubblico) Resta comunque evidente quanto limitata dovesse essere la frazione di cittadinanza interessata al dibattito politico: seppur in assenza di dati quantitativi sicuri, è infatti chiaro che larga parte del corpo civico era de facto esclusa dai processi decisionali Una risorsa preziosa, di cui non si tiene conto sufficientemente spesso, è l’informazione, con ciò intendendo l’accesso ad un’educazione – anche essenziale – durante l’infanzia e la gioventù e, più comunemente, a notizie di prima mano sul dibattito politico contemporaneo Non c’è dubbio che le contiones servissero esattamente a questo scopo, benché, come dimostra l’epistolario ciceroniano, informazioni più precise e riservate dovevano essere veicolate all’interno della classe dirigente attraverso canali più informali (e riservati) E’ lecito supporre che fosse soprattutto questa diffusa disinformazione e l’impossibilità pratica di approfondire pubblicamente i complessi temi del dibattito politico, a suggerire all’autore del Commentariolum petitionis di non parlare di politica durante la campagna elettorale (53) Contestando la tesi di una strategia soprattutto personale (e dunque non politica) delle campagne elettorali, A Yakobson (1999, pp 152–155) ha giustamente osservato che, con dichiarazioni politicamente troppo nette, il rischio maggiore per un candidato fosse piuttosto di inimicarsi una parte dell’elettorato E’ indubbio, tuttavia, che oggettive difficoltà di comunicazione con gli elettori avessero un ruolo nel determinare la strategia elettorale dei candidati La ricchezza personale rimaneva comunque un elemento essenziale per una carriera in politica, che non solo era svolta – almeno ufficialmente – a titolo gratuito, ma che comportava costi notevoli per essere effettivamente coronata dal successo (su questo, si veda Wiseman 1971, pp 116–118) Sull’or do equester, sul suo reclutamento, il cavallo pubblico ed il profilo dei suoi membri, la bibliografia è vasta e molti temi ancora discussi Imprescindibili per l’età repubblicana gli studi di C Nicolet (1966–1974), T P Wiseman (1970), E Badian (1972), P A Brunt (1988, pp 144–193) e C Davenport (2019, pp 27–153) Già nel 1975, J Bleicken (pp 242–244) aveva notato come nessuna proposta normativa fosse mai stata rifiutata dai comitia, sebbene, come giustamente desunto da E Flaig (2001, pp 16–17), ciò non implicasse un supporto sicuro e spontaneo a qualsiasi provvedimento Un accordo fra gli
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perché oltre a possibili divergenze interne al corpo dirigente74, la composizione della prima classe di voto – alla quale appartenevano i cittadini più ricchi – resta oggetto di discussione e non è inverosimile che di essa facessero parte anche individui dal patrimonio relativamente limitato75 Benché segni di fragilità fossero emersi anche in precedenza76, l’equilibrio di questo complesso sistema fu soprattutto incrinato dai Gracchi, membri della nobilitas, nonché i primi a percorrere nuove, aggressive, strategie del consenso, con l’intento di accrescere la partecipazione alle assemblee deliberative ed elettorali77 Nonostante la portata del risultato fosse stata limitata78, il tentativo dei Gracchi provocò una sanguinosa reazione di parte della nobilitas e la convinzione di molti autori successivi che l’inizio delle
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strati più agiati della cittadinanza fu più tardi auspicato – e non era pertanto considerato certo – dallo stesso Cicerone (su consensus bonorum e concordia ordinum: Cic Leg. agr. I, 22–27; II, 1–16; Cat. IV, 15, 22; Har. resp. 60; Pis. 4, 7; Mitchell 1979, pp 201–202) Secondo H Mouritsen (2001, pp 64–65 – con bibliografia), con un bacino “reale” di votanti sostanzialmente ristretto alle classi agiate, non è poi stupefacente che, fino al 133, i comitia ed il Senato fossero raramente in contrasto e che i provvedimenti sottoposti da quest’ultimo alle tribù fossero generalmente accolti Secondo E Flaig (2001, sopr pp 16–17), l’atteggiamento collaborativo dei comitia nei confronti dei magistrati era soprattutto il frutto di una meditata scelta politica della classe dirigente: i proponenti decidevano cioè di ritirare i provvedimenti per i quali non erano certi di poter catalizzare sufficiente consenso Evidentemente, ricevere un rifiuto doveva comportare significative conseguenze, in termini di popolarità ed autorevolezza, all’interno e all’esterno del Senato (ancora Flaig 2001, pp 17–19) Su questo, si veda la sintesi di A Yakobson (1999, pp 42–48), che ha supposto – forse un poco eccessivamente – una composizione estremamente varia della prima classe di voto, comprendente, a fianco di veri e propri ricchi, anche individui solo relativamente benestanti Mouritsen 2001, p 49 Ben nota la straordinaria partecipazione all’elezione di C Gracco nel 123, quando i votanti non riuscirono tutti ad entrare negli spazi dei Saepta (Plut C. Gracch. 3 1) L’introduzione delle distribuzioni di grano con la lex Sempronia frumentaria del 123 (LPPR 307–308 – prima di una lunga serie di provvedimenti) poteva in questo senso alleviare la quotidiana “lotta per la sopravvivenza” di parte della cittadinanza D’altra parte, C Virlouvet (1985; 1994) ha correttamente individuato nelle necessità pratiche di una metropoli in espansione la ragione dei numerosi provvedimenti in tema di legislazione frumentaria L Fezzi è intervenuto a più riprese su questo tema (1999, sopr pp 259–267; 2001) e, pur non mettendo in discussione la tesi di Virlouvet, ha comunque ribadito l’importanza politica della legislazione frumentaria, soprattutto in termini di acquisizione del consenso Ritengo tuttavia che non si debba escludere che – se non altro come effetto secondario – le distribuzioni di frumento (o il prezzo calmierato) potessero creare le condizioni per un’estensione della partecipazione alla politica, soprattutto nella seconda metà del II secolo a C , una fase – come si vedrà – segnata da sfide e problemi ai quali la tradizionale gestione della nobilitas non seppe offrire risposte adeguate La violenza a Roma, al tempo di Saturnino (trib. pl. 102–100) sembrava dar ragione a Cicerone (Sest. 48, 103), che successivamente avrebbe così commentato i provvedimenti frumentari di matrice graccana: repugnabant boni, quod et ab industria plebem ad desidiam avocari putabant et aerari exhauriri videbant Accanto a preoccupazioni di tipo economico, l’Arpinate rimproverava ai Gracchi di distrarre il popolo ab industria, cioè dalle proprie preoccupazioni quotidiane, per dedicarsi ai disordini, o peggio ancora alla partecipazione politica Del resto, che i commoda dell’Urbe e le distribuzioni di frumento fossero alla base dello spopolamento delle campagne era cosa ritenuta certa: Sall BC 37, 4–7; Suet Aug 42, 2; App BC II, 120 Mouritsen 2001 pp 81–83
4 La Repubblica: la struttura della politica prima della Guerra Sociale
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guerre civili e della dissoluzione della Repubblica fossero stati diretti effetti delle loro politiche “popolari”79 Capacità di sintesi e frammentazione. L’impressione che, fino alla “stagione” graccana, questo modello di governo – implicitamente oligarchico – riscontrasse un consenso monolitico non deve però ingannare sulla profonda frammentazione del sistema, comprensibilmente generata dagli interessi incompatibili dei singoli attori politici All’interno della classe dirigente, la competizione era alimentata dallo stesso carattere “aperto” del sistema, che – formalmente – non impediva ad alcun cittadino di candidarsi ad un incarico pubblico (dal vigintivirato alla pretura e al consolato80) Non sussistendo alcuna posizione ereditaria, era anzi possibile che note famiglie fossero prive di rappresentanti in Senato e nelle alte magistrature, per una o più generazioni81 Ai discendenti di coloro che già avevano partecipato alla gestione della Repubblica, si aggiungevano così uomini privi di antenati importanti – i primi, inevitabilmente più favoriti dei secondi, soprattutto per gli incarichi più prestigiosi (e meno numerosi), le magistrature cum imperio82. Questa preminenza degli ex consoli, pretori e promagistrati negli affari dello Stato, necessaria alla pratica del dibattito interno al Senato83, era stata forse resa più marcata da una serie di provvedimenti della prima metà del II secolo: l’allargamento del collegio dei pretori (da 4 a 6)84 e soprattutto, la lex Villia annalis (180), che aveva forse contribuito a rendere stabile il cursus honorum85 Ad ogni modo, il carattere aperto del sistema repubblicano permetteva un apprezzabile ricambio dei singoli membri della classe dirigente, che erano dunque ben consapevoli della
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Una efficace disamina sul periodo compreso fra il 133 ed il tribunato di L Appuleio Saturnino (102) è contenuta in Flower 2010, pp 80–88 Suggestivamente, fra gli optimates, quibus curia patet, Cicerone (Sest. 97) menzionava i cittadini di rango senatorio ed equestre, gli uomini dei municipia, ma anche gli uomini d’affari e addirittura i liberti Ovviamente, Cicerone non immaginava per tutti una carriera politica (del resto del tutto esclusa per i liberti) Per esempi di famiglie “di successo” (e non), si veda Hölkeskamp 2010, pp 78–87 Proprio lo scarso numero delle magistrature più prestigiose rendeva più aspra la contesa, sia interna a famiglie già politicamente consolidate, che fra queste e i novi Come efficacemente sintetizzato da K -J Hölkeskamp (2010, p 94): “The competition for the honores was regularly keen and sometimes downright fierce, as the senior offices at the end of the cursus honorum were only available in far lower numbers than the junior ones Statistically, only every third or fourth praetor could become consul, and by no means all quaestors or tribuni plebis went on to win a praetorship” Su questo, si veda Ryan 1998, sopr pp 126–134 (posizione dei senatori più giovani) e pp 259–276 (sui consolari) Liv XXXII, 27, 6; una scelta resa necessaria dalle accresciute esigenze dell’espansione mediterranea, aveva dato più spazio alle ambizioni di molti, ma anche creato più candidati potenziali per il consolato LPPR, pp 278–279; sulla lex Villia, si veda anche Evans, Kleijwegt 1992 H Flower (2010, pp 65–66) si è recentemente dichiarata convinta che la lex Villia definisse (anche) le tappe necessarie al cursus honorum E’ in questi anni che si andò costruendo l’idea di un cursus ordinato dalla questura al consolato (Beck 2005, sopr pp 51–60)
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necessità di un impegno costante (e un po’ di fortuna)86 per acquistare e soprattutto conservare alla propria famiglia uno spazio nella nobilitas87 Politica romana e analisi dei processi decisionali. Il quadro sin qui delineato è dunque quello di un sistema doppiamente competitivo, perché in competizione erano sia le istituzioni, che la classe dirigente da cui il Popolo romano sceglieva i propri magistrati (ed i membri del Senato) C’erano poi quei cittadini che – equites e non –, senza nutrire alcuna personale ambizione politica, avevano chiari interessi e nessun timore a tutelarli, servendosi delle istituzioni e, soprattutto, della stessa frammentazione dell’ordine senatorio88 Con il ridimensionamento della reale estensione della partecipazione attiva al dibattito politico – pur tuttora molto discusso – è ormai evidente come il conflitto fra i modelli “oligarchico” e “democratico” sia fuori dal tempo Praefectura fabrum e politica. Chiaramente, considerato lo stato frammentario della documentazione disponibile, la quantità di variabili interessate dai processi decisionali di un sistema tanto articolato costituiscono un ostacolo formidabile per chi si accinga alla creazione di modelli interpretativi complessi della struttura della politica repubblicana, mutuati (o meno) dalle scienze sociali In questo senso, la praefectura fabrum può offrire alla ricerca un importante contributo alla comprensione del sistema politico nel suo complesso Come si è detto, la prefettura era concessa direttamente, attraverso una nomina di carattere fiduciario, da parte di un magistrato cum imperio Per
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K -J Hölkeskamp (2010, p 87): “To sum up the underlying, rather inexorable general principle: the formal as well as the informal rules governing access to (the higher ranks of) this aristocracy required that in any given generation at least one (reasonably capable, well-trained, and publicly presentable) male had to live at least to the age of 40, which alone secured the position as well as the relative rank of a family in the ‘senatorial aristocracy,’ and especially in the inner circle of the nobilitas” Hölkeskamp 2010, p 82, in cui si nota tuttavia come il “tasso di ricambio” fosse più alto all’interno del settore plebeo della nobilitas In qualche modo, le famiglie dell’ancestrale patriziato beneficiavano cioè di una posizione istituzionale (o meglio elettorale) più sicura Un episodio molto significativo è testimoniato per il 169 (Liv XLIII, 16; LPPR pp 284–285; MRR I, pp 423–425 – con un regesto delle fonti): dopo una censura particolarmente severa del rango equestre (aspera censura fuit), i censori, C. Claudius Pulcher (cos 177) e Ti. Sempronius Gracchus (cos 177; 163), ingiunsero la fine di ogni concessione a tutti coloro che, cavalieri secondo il precedente censo, erano ora stati esclusi dall’ordine Più che la durezza di questo provvedimento, è sorprendente la forza della reazione di parte (?) degli equites: questi cercarono dapprima sostegno in Senato e, di fronte al rifiuto (della maggioranza) dei senatori di opporsi alle prerogative censorie, addirittura in un tribuno della plebe, P Rutilio, che aveva ragioni personali per un intervento La rogatio Rutilia – che doveva ripristinare le concessioni decadute – non giunse al voto per intervento dei censori, che furono tuttavia incriminati dal tribuno con l’accusa di perduellio Si sarebbero salvati solo con pochi voti, la solidarietà di una parte cospicua dei principes civitatis (Liv XLIII, 16, 14) e la popolarità di Gracco Successivamente, il testo di Livio riporta una riapertura del censo – severius quam ante (XLIV, 16, 8): Rutilio, da pochi giorni decaduto dal tribunato, fu privato del cavallo, ridotto ad aerarius e – fatto politicamente interessante – fu spostato in un’altra tribù (tribu quoque is motus) Ad ogni modo, un gruppo cospicuo di cavalieri era riuscito ad incunearsi in una frattura maturata fra segmenti del Senato e magistrati, col chiaro intento di tutelare i propri interessi nella gestione dell’Impero
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i prefetti di età repubblicana, generalmente legati a personalità eccezionali, è inoltre possibile riconoscere mansioni politicamente significative Chiaramente, l’eccezionalità dei magistrati deleganti induce ad una certa prudenza nella disamina degli incarichi affidati ai prefetti89 Questa considerazione è però quantomeno contraddittoria, perché tutti i magistrati cum imperio erano collocati al vertice della struttura politica repubblicana Per sé stessi e per le proprie famiglie avevano cioè costruito consenso, vinto una feroce competizione e ottenuto una posizione di rilievo assoluto In un contesto politico tanto competitivo, come quello sin qui delineato, la scelta di un individuo per svolgere il ruolo di praefectus fabrum e gli incarichi a questo affidati non potevano che rappresentare un atto politicamente rilevante Ovviamente, i limiti e le specificità della documentazione disponibile suggeriscono cautela, in particolare, per la concentrazione dei documenti disponibili negli anni seguenti al 6090 A questo proposito, la disamina del più antico praefectus fabrum, per il quale si possieda una documentazione relativamente ricca91, sarà però particolarmente utile Quanto noto su T Turpilio Silano appartiene ancora al II secolo e, sebbene si tratti di un caso isolato, mi sembra infatti già sufficiente a suggerire alcune rilevanti considerazioni sulla specificità della praefectura fabrum e sul ruolo che essa venne assumendo all’interno del quadro istituzionale e politico repubblicano, prima della stagione della Guerra Sociale e dei conflitti civili 5. Metello, Mario e la praefectura fabrum di T. Turpilio Silano Un caso prezioso. Il caso di T. Turpilius92 Silanus, praefectus fabrum di Q Cecilio Metello (più tardi detto Numidicus cos. 109, cens. 102), costituisce senz’altro una preziosa evidenza sul funzionamento della praefectura fabrum, in un contesto politico già duramente scosso dalle violenze del decennio graccano, ma non ancora irreversibilmente mutato da quello che R Syme definì l’“esempio” di Silla93 Le testimonianze pervenuteci sono naturalmente il Bellum Iugurthinum di Sallustio, la biografia di Mario di
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Cerva 2000, pp 180–181 Sono ancora pienamente valide le avvertenze di P A Brunt (1988, pp 81–92) Come si è detto, la più antica citazione della praefectura fabrum è compresa all’interno di un frammento dell’orazione pronunciata da M. Aemilius Scaurus (cos. 115), di ritorno dal governatorato in Cisalpina (Contra Brutum de pecuniis repetundis) In essa, sfortunatamente, si menziona esclusivamente l’incarico e lo stesso contesto ci è sconosciuto, considerata l’estrema frammentarietà della fonte Tuttavia è in qualche modo significativo che Scauro abbia dovuto chiamare in causa un prae fectus fabrum nel corso di un processo per concussione durante il proprio mandato da governatore provinciale, probabilmente carico di obiettivi politici (ORF, p 166, 6) Münzer RE VII A 2, coll 1430–1431, n 10 Syme 1939, p 7: “even Sulla could not abolish his own example and preclude a successor to his domination”
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Plutarco e alcuni frammenti dei Numidica di Appiano, ciascuno dei quali, non sorprendentemente, influenzato da fonti di volta in volta ostili a Mario o a Metello94 E’ difficile immaginare che il popolo dei comitia abbia accolto con stupore l’elezione di Metello al consolato per l’anno 109: tanti erano stati i consolati e le censure conquistati dai membri della famiglia negli anni compresi fra il 143 ed il 109 a C 95 Ciononostante, come si è detto, essi non costituivano la guida di una monolitica oligarchia senatoria – la guerra in Numidia lo avrebbe dimostrato La capacità dei Metelli di alimentare consenso e conservare la posizione della famiglia all’interno della classe dirigente della Repubblica resta però impressionante: tradizione, mezzi economici, consapevolezza, legami antichi erano i presupposti per questa appariscente presenza politica In qualche modo, i Metelli rappresentavano un modello di successo (non l’unico) con cui fare politica a Roma e si vedrà come la prefettura dei fabri trovasse posto fra gli strumenti a disposizione della famiglia per creare ed alimentare consenso, all’interno e all’esterno dell’Urbe Il contesto: una classe dirigente messa alla prova. La guerra contro il re Giugurta, intrapresa con scarsa convinzione dalla classe dirigente, ma sostenuta da una parte consistente degli equites (e non solo)96, fu affrontata in un momento di notevole difficoltà: attorno al 132 – cioè l’anno successivo al massacro sacrilego di Tiberio Gracco – era stata faticosamente soffocata la rivolta degli schiavi in Sicilia; fra 131 e 129 fu combattuta una guerra difficile per assicurare alla Repubblica il controllo del Regno di Pergamo; anche dopo la presa di Numantia (133), la Penisola iberica continuava ad essere percorsa da tensioni endemiche; nel 113, infine, si materializzò la prima grave sconfitta contro i Cimbri97 In questo stesso periodo, è stata individuata una diversa gestione delle vittorie e delle sconfitte, riportate dai magistrati cum imperio Nei decenni successivi alla guerra annibalica, la notizia di una sconfitta – subita da un membro della classe dirigente – era comunque iscritta all’interno di una rassicurante narrazione politica La carriera politica degli imperatores victi non era irrimediabilmente compromessa e la classe dirigente confermava la propria capacità attraverso una risolutiva vittoria finale98 A partire dalla seconda metà del II secolo, le difficoltà dell’impero mediterraneo, 94 95
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Sall BI 66–69; Plut Mar. 8, 1–5; App Num VIII, fr 3 Q. Caecilius Metellus Macedonicus – cos. 143, cens. 131; L. Caecilius Metellus Calvus – cos. 142; Q. Cae cilius Metellus Baliaricus – cos. 123, cens. 120; L. Caecilius Metellus Delmaticus – cos. 119; L. Caecilius Metellus Diadematus – cos. 117, cens. 115 (contra Badian 1984, pp 143–144, n 96, in cui si ritiene che Metello Delmatico sia il censore del 115); Q. Caecilius Metellus Caprarius – cos 113, cens 102; Q. Caecilius Metellus Numidicus – cos. 109, cens. 102 (MRR I, pp 471, 474, 500, 512, 523, 525, 531, 535, 545, 567) Gli studi di J -L Ferrary (2000; 2002) chiariscono bene quali opportunità di arricchimento l’impero mediterraneo avesse offerto ai Romani e, più in generale, agli Italici Per due recenti sintesi, dedicate alle criticità interne ed esterne alla Repubblica in questo periodo, si veda: Flower 2010, pp 105–106; Clark 2014, pp 172–207 Sugli imperatores victi, la trattazione classica è ancora Rosenstein 1990; per recenti prospettive complementari, si vedano Rich 2012; Clark 2014
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la competizione interna alla classe dirigente e la maggiore articolazione della comunità politica romana99 crearono condizioni particolarmente fortunate per individui che, per semplicità, potremmo definire homines novi In particolare, era finalmente dibattuta la capacità di una classe dirigente di gestire una politica estera coerente e vantaggiosa Guerra in Numidia. Soprattutto grazie a Sallustio, apprendiamo che la guerra in Numidia fu estremamente complessa Oggi la si definirebbe una guerra “di movimento”, come molti dei conflitti successivamente combattuti sui teatri nord-africani100 Il carattere poco urbanizzato della regione ha infatti sempre reso necessaria, ma non risolutiva, l’occupazione di città e piazzeforti (se non accompagnata da un sistematico controllo delle risorse) Il prolungarsi dei tempi e dei costi – umani ed economici – della guerra incideva ora profondamente all’interno di una classe dirigente divisa e di un contesto politico reso incandescente dalle ripetute crisi degli ultimi decenni, oltre che da contemporanee, dispendiose guerre, destinate a consolidare vittorie già ritenute definitive Conflitto a Roma. Il comportamento del re numida, amico di Scipione e – c’è da crederlo – di numerosi politici romani, dette inoltre adito ad un clima di sospetto e rancore nei confronti della gestione stessa della guerra101 Fra 110 e 109, Roma fu scossa dall’attività della quaestio promossa dal tribuno C. Mamilius Limetanus, ufficialmente chiamata ad individuare la corruzione e le responsabilità dei rappresentanti delle istituzioni nella cattiva gestione della guerra numidica Facendo leva sul diffuso scontento, provocato dall’impossibilità di porre rapidamente fine alla guerra, la quaestio Mamiliana intendeva colpire un’ampia parte dell’aristocrazia senatoria, soprattutto nelle persone dei consolari102 Non sembra privo di significato che tutti i condannati fossero stati, in qualche modo, oppositori dei Gracchi ed addirittura, come nel caso di Opimio – Gracchi interfector –, responsabili della strage del 121103 E’ facile immaginare Un noto passaggio di Cicerone (De re publ. IV, 2, 2), riferito al 129 (così, ad esempio, Gabba 1954, p 341 = 1973, p 341), sembra fare riferimento ad un plebiscito dalle conseguenze rilevanti: i senatori dovevano lasciare la condizione di cavalieri, giacché, per la sola partecipazione dei propri congiunti, avevano occupato tutti i posti disponibili nelle 18 centurie equestri Evidentemente, nuovi individui, economicamente affermati, intendevano accedere all’ordine equestre e, forse, acquisire nuovi strumenti per una partecipazione attiva alla vita politica Parallelamente all’arricchimento di parte della società, è dunque ragionevole registrare un’accresciuta complessità e articolazione del contesto politico stesso 100 Questo era ben chiaro ad E Rommel, i cui scritti furono raccolti, commentati e implementati da B Liddell Hart nel 1953 Sulla guerra in Nord Africa e nel Sahara, durante il secondo conflitto mondiale, si vedano Moorehead 1968 e Rainero 2009; sul conflitto in Algeria (1954–1962) Pervillé 2002 101 Sul duro scontro politico del periodo, si veda Badian 1984, pp 121–145 102 Cic Brut 127–128: nam invidiosa lege C. Galbam sacerdotem et quattuor consulares L. Bestiam C. Ca tonem Sp. Albinum civemque praestantissimum L. Opimium, Gracchi interfectorem, a populo abso lutum, cum is contra populi studium stetisset, Gracchani iudices sustulerant. Sulla quaestio si veda Alexander 1990, pp 26–29, nn 52–57 103 G D Farney (1997, pp 23–37) ha appunto suggerito – un po’ schematicamente – che l’intera operazione politica sarebbe stata orchestrata dai Gracchani iudices, con l’intenzione di colpire gli oppositori dei Gracchi più esposti
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come, alle spalle di questi processi, non si celassero solo i sostenitori delle politiche di Caio Gracco, datate a 10 o 20 anni prima e rimaste parzialmente inevase, ma anche una parte rappresentativa del sistema politico contemporaneo: non solo avversari in seno all’aristocrazia, ma anche equites e quella cospicua parte del corpo civico priva di solidi legami clientelari e politici con il gruppo dirigente104 In questo contesto, l’attività dei singoli imperatores non poteva che essere sotto stretta osservazione e anzi, come ben osservato da R Syme, sospetto e sfiducia erano indirizzati all’intera classe dirigente105 La posizione dei Metelli e l’opportunità di Mario. In un contesto tanto conflittuale, né i Metelli, né qualunque altra gens loro pari poteva davvero controllare la gestione della Repubblica Conseguentemente, il futuro Numidico poteva difficilmente pretendere di essere il rappresentante riconosciuto dell’intera dirigenza senatoria (come sostenuto a più riprese da Sallustio): Badian ha già efficacemente dimostrato come, ad esempio, i Postumii non avessero che risentimento nei confronti di Metello, le cui prime difficoltà in Africa erano state motivate appunto a spese dei fratelli Spu rius (cos. 110) e Aulus (cos. 99) Albini106 Secondo la testimonianza di Sallustio, era il momento giusto per un homo novus, che potesse vantare un’opportuna distanza da chi aveva, fino a quel momento, gestito la cosa pubblica107 Come è noto, quell’uomo sarebbe stato Mario, legato di Metello in Africa, un homo novus dalla carriera tutt’altro che esaltante, in parte svolta sotto gli auspici degli stessi Metelli108 Secondo la testimonianza di Sallustio fu esattamente la dichiarata aspirazione di Mario al consolato a dare vita ad uno scontro insanabile con Metello, tanto sorpreso109 da dichiararsi contrario e giungere infine all’ingiuria110 Che Mario fosse perfettamente al corrente delle
104 Come sottolineato da Z Yavetz nel 1969, “democracy did not exist in ancient Rome, but popular pressure did” 105 Syme 1964a, p 172 106 Sall BI 44, 1; 55, 1 (ex Albini socordia); Badian 1984, pp 124–125 La sconfitta che il fratello del console Albino, Aulo, aveva subito in sua assenza, gli costò qualsiasi successiva speranza di carriera, nonché l’esilio, decretato dai giudici della quaestio Mamiliana 107 Sall BI 65, 5: simul ea tempestate plebs, nobilitate fusa per legem Mamiliam, novos extollebat. Ita Ma rio cuncta procedere. Farney (1997, pp 37–38) è addirittura convinto che sia stato proprio l’arresto di Galba, un possibile candidato al consolato per il 107, a determinare la decisione di Mario 108 Proprio Metello avrebbe fatto presente a Mario, suo legato, l’inopportunità di un simile azzardo (Sall BI 64, 2 – quasi per amicitiam monere) Sulla “difficile” carriera di Mario, si vedano Syme 1964a, pp 160–161 e 172–174; Evans 1987, 1994 e 2003 Sulla vicinanza ai Metelli, si veda invece Plut Mar. 4, 1 (καὶ τυχεῖν δημαρχίας Καικιλίου Μετέλλου σπουδάσαντος, οὗ τὸν οἶκον ἐξ ἀρχῆς καὶ πατρόθεν ἐθεράπευεν) e Badian 1958, pp 194–196 Certo, se vera vicinanza ci fu, non mancarono scontri, come dimostrò l’aspro dissidio su di una legge a tutela della segretezza del voto fra Mario, tribunus plebis, e L Cecilio Metello Delmatico, console, nel 119 (Plut Mar. 4, 2–3; Val Max VI, 9, 14; sulla legge, si veda anche Cic leg. agr. III, 38) 109 Sall BI 64, 2: primum commotus insolita re mirari eius consilium Si può dubitare della reale sorpresa di Metello, ma non del suo studiato utilizzo da parte dello storico, che intendeva ribadire nel pur ottimo Metello i difetti dell’intera nobilitas 110 Ben noto, l’episodio che coinvolse il figlio di Metello, presentato in Sall BI 64, 4; Plut Mar. 8, 3–4
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“regole” del confronto politico lo dimostrò la sua linea spregiudicata, tesa a sabotare il comando del proprio generale con la diffamazione, soprattutto presso i finanzieri ed i commercianti romani della vicina Utica111 Questo era esattamente ciò che Metello poteva attendersi da un concorrente politico e altri dovevano far parte del suo stesso consilium – un organo dei cui contorni e della cui composizione molto poco è noto112 Il caso di Turpilio. In questo complesso scenario, si iscrive l’intera vicenda di Turpilio, legata ad un singolo – ma determinante – episodio: la perdita della città di Vaga, a lui affidata, per il tradimento dei suoi stessi abitanti, durante le operazioni militari in Numidia Le vicende, che come si è detto sono note attraverso tre fonti – parzialmente discordanti fra loro113 – furono in parte oscurate dalla rapida riconquista della città, ma non furono senz’altro prive di importanza Certo, non potevano esserlo negli anni della quaestio Mamiliana Il controllo della città di Vaga, civitas magna et opulens114 fu dunque affidato a T Turpilio Silano, appunto definito da Sallustio praefectus oppidi115 Si trattava senz’altro di un incarico di rilievo, considerata la scarsa presenza di insediamenti significativi sul teatro operativo, un fatto questo che – come si è detto – stava anzi determinando un necessario allungamento della campagna, indirizzata a stroncare un nemico mobile e sfuggente Dalla trattazione sallustiana, desumiamo che il compito del praefectus fosse reso più complesso dalla scarsa lealtà dei principes civitatis e del volgus, quest’ultimo sempre cupidum novarum rerum116 Senza ulteriori precisazioni, siamo dunque informati del fatto che, in occasione di una festa regionale, tutti gli ufficiali, compreso Turpilio (centuriones tribunosque militares et ipsum praefectum oppidi T. Turpilium Silanum)117, furono invitati a banchetti ed occasioni conviviali e, a tradimento, uccisi L’intera guarnigione incontrò lo stesso destino, dal momento che, priva di guide, fu facilmente sopraffatta Inutile dire che, in un tale sfacelo, il fatto che Turpilio fosse sopravvissuto doveva costituire la sua sicura rovina Sallustio utilizza toni aspri, caricaturali con il praefectus: malignamente, il nomen Turpilius è addirittura
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Sall BI 64, 5: ita cupidine atque ira, pessumis consultoribus, grassari neque facto ullo neque dicto ab stinere, quod modum ambitiosum foret, milites quibus in hibernis praeerat laxiore imperio quam antea habere, apud negotiatores, quorum magna multitudo Uticae erat, criminose simul et magnifice de bello loqui: dimidia pars exercitus si sibi permitteretur, paucis diebus Iugurtham in catenis habiturum; ab Imperatore consulto trahi, quod homo inanis et regiae superbiae imperio nimis gauderet. Secondo Cicerone, una delle ragioni della vittoria elettorale di Mario doveva essere individuata proprio in questa spregiudicatezza (a fide iustitiaque discessit – Cic De off. III, 79–82), benché la sua condotta fosse stata “certainly disloyal, and unworthy of a good politician” (Santangelo 2008, p 605) Per un primo approccio al consilium dei comandanti, si veda Johnston 2008 Sall BI 66, 3 – 69, 4; Plut Mar. 8, 1–5; App Num. VIII, fr 3 Sall BI 69, 3 Sall BI 66, 3 e 69, 4 Si veda anche App Num. VIII, fr 3: τόν φρουράρχον Τουρπίλιον La definizione non sembra avere alcuna connotazione speciale, indicando solo la posizione gerarchica di Turpilio a Vaga Sall BI 66, 2 Sall BI 66, 3
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associato alla scelta di turpis vita, preferita ad integra fama118 Così, a corollario della riconquista della città, si informa il lettore – senza particolari spiegazioni – della condanna alla fustigazione e alla morte per decapitazione di Turpilio119 Le origini di Turpilio. I documenti a disposizione, pur compatibili fra loro, non sono interamente concordanti ed un primo e discusso elemento attiene allo status giuridico di Turpilio Sallustio commenta infatti la pena precisando: nam is civis †ex Latio† erat, che, come indicato dalle cruces, non è tuttavia la sola forma attestata Generalmente, si ritiene che Turpilio potesse essere punito in modo infamante, in virtù del suo status ex iure latino E Badian ha dedicato uno studio puntuale a questo riguardo, dimostrando come l’interpretazione corrente, cioè che Turpilio fosse un cittadino di diritto latino, sia in ogni caso da scartare In effetti, per l’epoca di Sallustio, un’espressione come questa non è mai attestata, per la semplice ragione che con civis si indicava il membro di una comunità urbana e non di un ambito geografico (ex Latio, appunto)120 Senza troppa sorpresa, si dovrà dunque intendere che Turpilio fosse in effetti un cittadino romano (civis), ma nato in una comunità di diritto latino (ex La tio), verosimilmente dopo aver rivestito una magistratura locale121 Altri elementi suggeriscono una cittadinanza romana per Turpilio: la praefectura fabrum attestata da Plutarco (si tratterebbe del primo ed unico caso noto di praefectus fabrum privo dei diritti di cittadinanza), la chiara definizione di Appiano (ἄνδρα Ῥωμαίον)122 e, soprattutto, lo stesso contesto delineato da Sallustio A Turpilio è infatti concesso il comando della piazzaforte di Vaga, di una guarnigione dotata di centurioni e tribuni123 e, in ultima analisi, di una prefettura124 (che si tratti o meno di praefectura fabrum è, in questo caso, relativamente irrilevante)125 Si trattava di un incarico di grande responsabilità ed è difficile immaginare che fosse assegnato ad un Latino che non avesse nemmeno rive-
Sall BI 67, 3: illi in tanto malo turpis vita integra fama potior fuit, improbus intestabilisque videtur Sall BI 69, 4; App Num. VIII, fr 3: la tradizione appianea risente chiaramente di voci ostili a Metello Il frammento conservato non è infatti l’unico in cui si insiste sulla durezza del proconsole (frr 2–3), manifestata a più riprese sui propri uomini, su Turpilio, sulla popolazione di Vaga e sui disertori liguri e traci, riconsegnatigli da Giugurta 120 Badian 1997, pp 13–14 121 Paul 1984, pp 182–183; Badian 1997, p 14 (come documentato dalla lex Irnitana) Su questo, si veda inoltre Ascon 3 e Sherwin-White 1973, pp 111–112 In attesa di una più attenta analisi testuale, rimane suggestiva l’ipotesi di Badian (1997, p 15) di individuare in Collatia, una piccola comunità di diritto latino, citata da Cicerone (Leg. agr. II, 96) e più tardi da Plinio (NH III, 68), la città natale di Turpilio 122 App Num VIII, frr 2–3 123 Paul 1984, p 179; Badian 1997, p 14 124 Per una disamina sui praefecti in aree di recente conquista, poco o scarsamente urbanizzate, si veda Letta 2002, in cui tutti gli individui esaminati erano senz’altro cittadini romani 125 Badian 1997, p 14 La possibilità che, durante una lunga campagna, il magistrato cum imperio potesse nominare praefecti (anche, ma non solo fabrum), per svolgere incarichi limitati deve comunque essere contemplata Il comando di una piazzaforte mi pare tuttavia di carattere più temporaneo, anche se non meno formale, della prefettura dei fabri
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stito una magistratura nella propria comunità e che, a seguire, fosse dunque divenuto cittadino romano126 Di fatto, in favore di una cittadinanza latina, c’è soltanto il tipo di pena subita da Turpilio, inadatta ad un cittadino romano Il problema del diritto (e dei diritti) in tempo di guerra meriterebbe senz’altro un maggiore approfondimento, ma è senz’altro vero che sul campo, in territorio ostile, la legge non ha mai difeso i sospettati di tradimento127 In linea con i documenti disponibili, è dunque questa l’interpretazione più convincente128 Caduta la tesi della cittadinanza latina, resta tuttavia il nam scelto da Sallustio per introdurre l’origine di Turpilio Ritenendo che, agli occhi di Sallustio, la ragione della pena infamante fosse connessa alla principale manchevolezza di Metello129, la superbia tipica di tutti i nobiles130, E Badian ha giudicato il nam come una formula di passaggio, di fatto slegata dalla considerazione sulle origini di Turpilio Non si tratta di una spiegazione pienamente soddisfacente: non casualmente, quel “nesso” è stato utilizzato sempre a sostegno di uno status latino del prefetto E’ tuttavia probabile che un’altra soluzione possa spiegare in maniera convincente quello che rimane il punto più fragile delle considerazioni di Badian L’espressione utilizzata da Sallustio (iussus a Metello causam dicere) sembra infatti suggerire che a Turpilio fosse stata concessa la possibilità di giustificarsi, probabilmente in un regolare processo, per quanto sommario In tal caso, lo storico avrebbe inteso che, proprio in virtù dell’acquisizione della cittadinanza romana (probabilmente dopo avere rivestito una magistratura nella propria comunità – ex Latio), al prefetto era stato concesso un processo Solo una volta che questi non aveva saputo dimostrare la propria innocenza (postquam sese parum expurgat) e la condanna era stata emessa (condemnatus), era stato giustiziato (verbera tusque capite poenas solvit)131 Metello aveva potuto ben poco per il suo prefetto, ma un processo era pur sempre un’occasione per acclarare i fatti132
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Badian 1997, p 14 “As for the protection of Roman soldiers from capital punishment, the case of Turpilius shows that this existed in theory but might be weak in practice” (Lintott 1972, p 251) Pace Ramsey 2013 (pp 316 e 320–321), che ha ritenuto inaffidabile la testimonianza di Plutarco, per attribuire a Turpilio la cittadinanza latina e il solo titolo di praefectus oppidi (come se questo fosse effettivamente un incarico ufficiale e non piuttosto un comando temporaneo) Ramsey è stato forse ingannato dalla condanna subita dal prefetto, dovendo conseguentemente rigettare la testimonianza plutarchea, che attribuiva a Turpilio la praefectura fabrum, un incarico per il quale lo stesso Ramsey riteneva necessaria la cittadinanza romana Sall BI 64, 2: cui (scil. Metello) quamquam virtus, gloria atque alia optanda bonis superabant, tamen inerat contemptor animus et superbia, commune nobilitatis malum Badian 1997, p 14 Questa interpretazione si accorderebbe inoltre con una valutazione migliore della provenienza latina di Turpilio Come recentemente sostenuto da G D Farney (2007, sopr pp 39–77) nella sua monografia su identità etnica (più o meno autentica) e competizione politica, essere cittadini romani, ma ex Latio, poteva anzi rivelarsi un elemento di forza e vanto nella costruzione della propria persona politica; si trattava dunque di tutt’altro che una deminutio, tale da autorizzare un trattamento infamante, come quello supposto per Turpilio Ringrazio C Letta per alcune considerazioni di cui mi ha reso partecipe riguardo a questo soggetto
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Un altro punto di vista. Come si è visto, l’interesse di Sallustio per questa vicenda era estremamente limitato Ai fini di questa analisi, il testo di Plutarco è invece centrale, offrendoci informazioni assenti nella narrazione sallustiana133 Silano serviva allora nell’esercito di Metello come praefectus fabrum (τότε τὴν ἐπὶ τῶν τεκτόνων ἔχων ἀρχὴν συνεστράτευε) e gli era legato da vincoli familiari di clientela (ὁ ἀνὴρ ἦν μὲν ἐκ πατέρων ξένος τῷ Μετέλλῳ)134 Sempre da Plutarco, apprendiamo che Turpilio sarebbe stato sottratto al massacro dai cittadini di Vaga, in riconoscimento della sua condotta generosa ed umana nei confronti dalla comunità locale (πρᾴως καὶ φιλανθρώπως αὐτοῖς προσφέρεσθαι πιστεύων)135 Ultima e più notevole discrepanza è infine costituita dal processo a cui Silano sarebbe stato sottoposto con l’accusa di tradimento (ἔσχεν οὖν αἰτίαν προδοσίας), al quale Sallustio, come si è visto, dedica solo un accenno cursorio In quest’occasione, tutt’altro che inverosimile, il legato Mario avrebbe vigorosamente sostenuto il ruolo dell’accusatore, con una tale violenza da spingere l’intero consilium proconsulis (e forzare Metello) ad emettere una condanna a morte136 I piani di Mario. Apprendiamo da Plutarco (o meglio, dalla sua fonte, chiaramente ostile all’Arpinate) un altro episodio altrimenti ignoto, in cui Mario avrebbe schernito pubblicamente Metello: non solo egli vantava la condanna a morte di Turpilio come un proprio successo personale137, ma dichiarava di aver legato al nobilis uno spirito vendicatore (ἀλάστορα), che lo punisse per essere divenuto uno ξενοκτόνον138 Di tale importanza Plutarco giudicava questo episodio, da attribuirgli l’origine di una inimicitia aperta e palese fra i due139 Versioni a confronto. Come si è visto, i testi pervenutici presentano difformità rilevanti Pur dando voce a tradizioni diverse, esse non modificano tuttavia il senso generale dell’episodio140 Sallustio, che del resto non fa nemmeno menzione del trionfo di Metello e dell’acquisizione dell’agnomen Numidicus, giudicava evidentemente superfluo un ulteriore approfondimento di un episodio che considerava di minore importanza nell’economia generale della narrazione141 Del resto, della reticenza “selettiva” 133 134 135 136 137 138
Badian 1997, p 14 Plut Mar. 8, 1 Plut Mar. 8, 2 Plut Mar. 8, 4 Plut Mar. 8, 2: Μάριος δὲ χαίρων καὶ ποιούμενος ἴδιον τὸ ἔργον Plut Mar. 8, 5: nel resoconto di Plutarco, pare che l’accusa a Turpilio si fosse infine rivelata falsa (μετ᾿ ὀλίγον δὲ τῆς αἰτίας ψευδοῦς φανείσης) Si tratta comunque di una questione del tutto irrilevante ai nostri fini 139 Plut Mar. 8, 6 Più prosaicamente, Sallustio (BI 64) attribuisce questo allontanamento all’ambizione di Mario per il consolato, tanto che Mario non pare avere alcun ruolo nella vicenda di Turpilio Sul rilievo di questo dissidio in relazione all’inimicitia fra Metello e Mario, è tornata recentemente B Buszard (2005, pp 489–490) 140 Una tradizione più ostile a Metello è senz’altro riscontrabile in Appiano (o meglio, in quanto rimane dei Numidica – fr 3), mentre Plutarco, come si è visto, sembra attingere a fonti ostili all’Arpinate (così anche Parker 2001, p 116) 141 Dello stesso parere, Badian 1997, pp 14–15
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di Sallustio si è più volte scritto142: all’origine delle guerre civili, si dovevano collocare l’esclusiva gestione delle cariche pubbliche143 e l’amministrazione rapace dei frutti dell’impero da parte dei pauci (altrove meglio noti come optimates144), il conflitto con la plebs e le forze marginalizzate dagli aristocratici (gli homines novi) e, più in generale, la corruzione del sistema politico In questo contesto, le responsabilità dei singoli non potevano avere il ruolo centrale che rivestivano nella trattazione plutarchea Metello, uomo integro e valoroso, benché incapace di sfuggire agli stereotipi della nobilitas, rappresentava dunque per Sallustio il campione dei pauci, mentre Mario era l’homo novus e il vir militaris, capace di issarsi al consolato e di scardinare il predominio dell’aristocrazia145 con il sostegno del popolo e una pur pericolosa ambizione146 Naturalmente, su questa ricostruzione – di carattere sistemico – c’è di che dubitare T. Turpilius Silanus, un profilo. Quanto a Turpilio Silano, cittadino di qualche importanza nella propria comunità, nominato praefectus fabrum dal proconsole incaricato della guerra in Numidia, egli aveva con ogni probabilità già servito nell’esercito (considerata l’importanza degli incarichi affidatigli) e quasi certamente nella propria città di origine come magistrato A quanto apprendiamo da Plutarco, egli era in qualche modo congiunto a Metello o alla sua famiglia147 Gli fu assegnato un incarico di rilievo, nel contesto di una guerra difficile, in cui si era già rovinata più di una carriera148: la città, una delle poche realtà urbane di una certa grandezza in Numidia, conteneva una guarnigione corposa, considerato che il testo di Sallustio menziona centurioni e tribuni Il fatto che Turpilio fosse un praefectus fabrum non sembra direttamente funzionale all’incarico di governatore di Vaga: il suo profilo non sembra anzi diverso da quello dei numerosi ufficiali a disposizione di Metello, fatto con cui ritengo si possa spiegare l’omissione di questa ed altre informazioni da parte di Sallustio, come sem-
142 R Syme ha dedicato un intero capitolo della sua classica monografia su Sallustio alla politica nel Bellum Iugurthinum (1964, pp 157–177) ed essa vi ha, in effetti, uno spazio ampio e determinante ai fini della narrazione degli eventi 143 Sall BI 63, 6: etiam tum alios magistratus plebs, consulatum nobilitas inter se per manus tradebat 144 Già R Syme (1964, pp 18–19) notava che Sallustio aveva del tutto espunto dal proprio vocabolario il termine, tutto sommato positivo, di Optimates (e del resto pure quello di Populares), per servirsi delle espressioni potentia paucorum e factio (Sall BI 31, 1 e 41, 6) Syme segnalava inoltre come factio avesse un’applicazione del tutto negativa, seppure, in effetti, si trattasse di un elemento decisamente ricorrente nella politica contemporanea (Cic De re publ. III, 13: cum autem certi propter divitias aut genus aut aliquas opes rem publicam tenent, est factio, sed vocantur illi optimates) Sulla necessità di superare il dibattito su Optimates e Populares, si veda anche il recente studio di M A Robb (2010), che, partendo da una sistematica analisi lessicale, ha invece individuato nel termine seditiosus (dunque ben lontano da qualsiasi gruppo politico ideologicamente coerente) l’appellativo con cui si era soliti bollare gli avversari politici 145 Davvero di predominio si deve parlare se Badian (1990, pp 374–386 e pp 409–413) ha distinto con sicurezza un solo homo novus fra i consoli noti fra 179 e 108 (Q. Pompeius A. f.? n , cos. 141) 146 Sall BI 63, 2 e 6; Syme 1964a, p 176 147 Badian 1958, pp 196–197 148 Esemplare il caso di Sp. Postumius Albinus (cos. 110), per cui si veda supra
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pre intenzionato a preservare la speditezza narrativa del testo149 Sembra però di poter sottolineare una sostanziale differenza con gli altri ufficiali al seguito del proconsole: le informazioni fornite da Plutarco indicano un rapporto di speciale fiducia (come si è visto, altrimenti rara all’interno del consilium proconsulis) fra Turpilio e Metello, al quale questi era strettamente legato da vincoli ereditari In questo senso, la posizione della praefectura fabrum appare effettivamente eccentrica rispetto al sistema di checks and balances in cui erano chiamati ad operare magistrati e ufficiali (tipico di ogni buon sistema oligarchico) Se l’autonomia del tribunato militare era stata in parte ridimensionata con la pratica di una selezione diretta da parte del generale150, alcuni tribuni militum151 erano ancora scelti a comitiis con un’investitura che, ad ogni buon conto, li rendeva effettivamente dei magistrati Un altro incarico assegnato direttamente era la legatura: i legati avrebbero dovuto essere ufficiali fidati, ma l’esempio di Mario suggerisce il contrario Sfuggiva senz’altro al diretto controllo dei magistrati la questura152, cui spettava il controllo delle finanze messe a disposizione dal Senato e la stessa pratica del sorteggio rendeva ancor meno sicura una reale collaborazione fra i due Di fatto, l’accordo fra questori e magistrati (o promagistrati) era un compromesso negoziato fra due individui, entrambi investiti dai comitia153 Questa particolare posizione, che almeno dall’età sillana comportava l’ingresso in Senato154, era certo ben distante dalla praefectura fabrum, ma ci suggerisce alcune considerazioni finali La fragile posizione di Metello e il ruolo della prefettura. Come si è detto, gli ufficiali superiori, membri del consilium di guerra del magistrato, per nascita e aspirazioni erano in condizione di beneficiare di una vittoria del proprio comandante, ma anche di una sua eventuale posizione di debolezza155: così, Mario aveva approfittato 149 Badian 1997, p 15 150 Non è del tutto chiaro il rapporto con i c d tribuni militum rufuli, noti da un frammento di Festo Gloss Lat 151 Lengle RE, 2R , VI 2, coll 2439–2448, n 9 (a populo col 2442: fra di essi, in precedenza, era stato eletto lo stesso Mario – Sall BI 63, 4) 152 Sulla questura, si veda Lintott 1999, pp 133–137 153 Il fatto che Cicerone parli di governatore di provincia e questore come di padre e figlio non deve affatto confondere questo auspicio o consuetudine, con una regola (Cic Caec. 19, 61: praetorem quaestori suo parentis loco esse oportere) Cicerone stesso attesta il verificarsi di ex questori propostisi per il ruolo di accusatori dei propri governatori (ivi, 62–63) A questo proposito, è emblematico il caso del proconsole M. Aurelius Cotta (cos. 74) e del questore P. Oppius, rimosso dal proprio comandante con l’accusa di corruzione e cospirazione, probabilmente per allontanare da sé accuse di incompetenza durante la guerra mitridatica (un regesto delle fonti in MRR II, pp 111–112) 154 Tac Ann. XI, 22; lex Corn. XX quaest. (RS I, 14) 155 Il più noto esempio di opportunismo politico in seno al consilium di un comandante è senz’altro quello del tribunato militare di M Porcio Catone, a seguito di M’. Acilius Glabrio (cos. 191) Su questo: Liv XXXVII, 57–58 Glabrione non fu l’unica “vittima eccellente” di Catone, che, questore di P Scipione in Africa nel 204 (sono noti attriti fra i due, a seguito dei quali abbandonò l’incarico – fonti in MRR I, p 307), orchestrò abilmente un attacco a Lucio e Publio Scipioni negli anni ’80 del II secolo (sul “processo degli Scipioni”, Gagé 1953, Fraccaro 1956, Bandelli 1972 e, più recentemente, Barzanó 1996; Brizzi 2006; Etcheto 2012)
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delle difficoltà di Metello156 I documenti disponibili concordano nel rappresentare in termini di conflitto il rapporto fra i due, un attrito determinato soprattutto dall’aspirazione dell’Arpinate al consolato157 Sono ben noti il risultato di quelle elezioni e l’accorato discorso del console, che chiedeva ai comizi che gli affidassero la campagna numidica158 Metello non tollerò la sua vittoria e la concessione del comando delle operazioni in Africa, né attese l’arrivo (o meglio, il rientro) del suo successore da Roma159 L’accoglienza ricevuta in Italia dovette forse stemperare l’affronto; Sallustio precisava anzi che le voci diffuse da Mario erano state messe da parte con un’adunanza di popolo e Senato160 Il fatto però che la campagna elettorale di Mario fosse stata condotta nel segno di una generalizzata accusa di incompetenza all’aristocrazia doveva aver offuscato non poco l’immagine di Metello e non è difficile immaginare che, all’oscuro delle fonti disponibili, i suoi avversari – all’interno e all’esterno del Senato – abbiano cercato di trarne vantaggio161 Quanto al caso di Turpilio, le testimonianze disponibili non sembrano indicare che i fatti di Vaga avessero determinato un grave scacco ai danni del Numidico, ma la macabra ironia di Mario sul demone vendicatore di ospiti pare suggerire qualcos’altro162: Metello aveva “pagato in solido” l’immunità per quell’episodio con la vita del suo praefectus fabrum, un ufficiale di rilievo, ma soprattutto un cliens Mario avrebbe senz’altro potuto attaccare facilmente (e legittimamente) il proprio generale su questa debolezza ed è facile immaginare che la condanna di Turpilio sia stata decisa da ragioni di necessità politica, più che – come ventilato da Sallustio – dalla superbia
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Del resto, in seguito, Silla (questore di Mario dal 107) si accreditò il merito della cattura di Giugurta e della fine della guerra: su questo, si veda Plut Sull. 3, 3–4 e 6, 1–2; Mar. 10, 5–6 e 32, 2–3; Mor. 806 C; cfr anche Plin NH XXXVII, 8 e Val Max VIII, 14, 4 Per una disamina puntuale su Silla, i monumenti e la comunicazione politica si veda Mackay 2000, sopr pp 162–168 157 La discrepanza fra i documenti pervenutici è in effetti legata alla tempistica e alle ragioni della discordia: mentre in Sallustio (BI 64) il rapporto fra i due è già compromesso in ragione dell’ambizione di Mario al consolato, in Plutarco (Mar 8, 3) l’episodio di Turpilio è presentato come decisivo nell’accendere un odio duraturo, presto estesosi alla questione della candidatura 158 Sall BI 84–85 159 Sall BI 82, 2–3; 86, 5 160 Sall BI 88, 1 Ad ogni modo, lo storico non ritenne necessario riferire della concessione del trionfo e dell’agnomen Numidicus (per questo si vedano InscrIt XIII 1, p 85; Aur Vict De vir. ill LXII, 1; Eutr IV, 27, 4; Vell II, 11, 2) Su questa concessione, a guerra non ultimata, si veda Clark 2014, pp 193–194; anche sulla base di questo riconoscimento, M Holroyd (1928) suggerì la possibilità che fosse stato Metello – e non Mario – il vero vincitore della guerra giugurtina Cicerone (Att. I, 16, 4; Balb. 11) e Valerio Massimo (II, 10, 1) attestano però anche un processo de repetundis ai danni di Metello, benché non sia chiaro se questo sia avvenuto prima della partenza per la Numidia o al suo rientro (Alexander 1990, pp 25–26) 161 Sul contesto politico del momento, si veda Syme 1964a, pp 171–173 162 In effetti, Cicerone, che in pubblico aveva sempre professato la massima stima per il concittadino, ne dipingeva altrove ben altra immagine (Att. X, 8, 7 – vir callidissimus – e ND III, 8 – perfidio sissimus) Sul complesso rapporto fra Cicerone e la figura di Mario, si veda Santangelo 2008
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di un aristocratico orgoglioso163: ora amici e clientes sapevano cosa attendersi dai Metelli164 Il rilievo politico della praefectura fabrum. In uno scenario politico165 non ancora dominato da grandi generali, la praefectura fabrum sembra costituire un incarico eccentrico all’interno dello staff del magistrato cum imperio: essa non sembra semplicemente collegata agli special tasks166, una definizione che, del resto, manca di chiarezza Ambasciate, comandi minori erano appunto operazioni sovente affidate ai praefecti e, più generalmente, agli ufficiali a seguito di un magistrato a capo di forze armate La praefectura fabrum sembra invece fortemente caratterizzata dal rapporto di fiducia che legava superiore e subordinato e che nel caso di Metello e Turpilio era addirittura un vincolo personale Nel proprio praefectus fabrum ciascun magistrato poteva cioè individuare un ufficiale che, con lealtà personale e politica, lo assistesse nell’espletamento delle proprie funzioni in provincia, un elemento tanto più prezioso, perché in qualche modo eccezionale, all’interno di uno staff di uomini politici impegnati pro tempore al fronte Il praefectus fabrum Turpilio, persona di rilievo all’interno del proprio contesto locale, era vincolato a Metello da un rapporto ereditario Già E Badian aveva sostenuto come questa fosse una pratica consueta per le grandi famiglie e avrebbe continuato ad esserlo anche successivamente, nel corso del I sec a C : servirsi di persone legate da tempo al clan, di modo da amministrare il consenso, permettere ai propri consociati di acquisire una dimensione più alta nel rispettivo contesto e, nel complesso, accrescere così l’influenza della famiglia attraverso i propri legami sul territorio167 Più tardi, in un contesto di relativo accrescimento della partecipazione alla vita politica, Cicerone parlerà di questi contatti sui territori nei termini più chiari168 e non c’è ragione per 163 Badian 1958, pp 196–197 164 Classiche trattazioni al tema della clientela e agli obblighi dei patroni nei confronti dei clientes sono in Badian 1958, pp 249–251; Wallace-Hadrill 1989, pp 63–87; Verboven 2002, pp 49–62; Deniaux 2003, sopr pp 275–286 165 Su questo, si veda Badian 1984, pp 101–174 Gli anni seguenti avrebbero confermato la frammentarietà del sistema politico e della sua classe dirigente, duramente colpita dalle proprie cocenti sconfitte, prima che dalle vittoriose campagne di Mario La censura che il Numidico avrebbe rivestito col cugino, Q. Caecilius Metellus Caprarius (Vell II, 8, 2), rappresentò una nuova dimostrazione di forza da parte della famiglia, ma solo in parte: i due non riuscirono infatti ad allontanare dal Senato L. Appuleius Saturninus e C. Servilius Glaucia, all’epoca alleati di Mario L’esilio a Rodi del Numidico, prima volontario e poi imposto, il suo rientro a Roma e l’abbandono della vita pubblica testimoniano infine gli effetti di quegli anni convulsi, in cui la stessa supremazia di Mario andò infine perdendosi, succube delle troppe inimicitiae guadagnate sul campo dall’Arpinate 166 Cerva 2000, p 180 167 Sul rapporto di interessi e obblighi fra nobiles e clientes stranieri resta essenziale Badian 1958, pp 153–167; più recentemente, è tornato sul tema K Verboven 2002, pp 316–329 (importanza della commendatio) e 346–351 (sulle reti sociali); una revisione critica delle Foreign Clientelae di Badian è Pina Polo 2015 168 Cic Fam. IX, 13, in cui i beneficiari di una raccomandazione di Lepta a Cicerone sono così definiti: C. Subernius è meus (…) familiaris et Leptae nostri familiarissimi pernecessarius e M. Planius Heres è Leptae nostri familiarissimus
6. Dall’Italia dei socii all’Italia dei municipia
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pensare che, in precedenza, fosse altrimenti, almeno nei limiti del Latium Vetus, o nelle colonie di diritto romano In secondo luogo, il rango subordinato del prescelto (che comunque non era e non sarebbe divenuto – in condizioni “normali” – un membro del Senato) e i suoi vincoli col magistrato costituivano un insormontabile ostacolo alla sua ambizione personale in politica, tutta affidata alle sapienti mani del patronus Ad ogni modo, si trattava di un rapporto che offriva vantaggi ad entrambi e che, più che su di una subordinazione, si fondava su fides e convenienza reciproca Forse anche in virtù di una tradizionale competenza nel settore della logistica militare169, il praefectus fabrum era tenuto a confrontarsi con altri membri del consilium del magistrato (e con i loro aiutanti) ed aveva forse accesso al consilium stesso Il contatto con membri del Senato implicava senz’altro conseguenze rilevanti al ritorno del prefetto nella propria città d’origine Queste considerazioni rendono più chiara l’importanza politica del sacrificio di Silano per Metello170: la praefectura fabrum aveva acquisito un rilievo politico notevole, in parte dovuto alla riconoscibilità di un legame di fides con il magistrato cum imperio, un fatto che – come si è visto – poteva determinare significative conseguenze politiche L’importanza della prefettura non era tuttavia limitata al contesto politico urbano: essa rispondeva anche alle istanze di partecipazione dell’Italia dei municipia, o meglio, delle classi dirigenti di quelle stesse realtà La guerra annibalica aveva messo alla prova il sistema di alleanze di Roma in Italia, l’imminente Guerra Sociale avrebbe reso ancora più impellente l’integrazione degli Italici nella politica romana, soprattutto nel momento in cui la tradizionale gestione aristocratica della Repubblica si stava rivelando tanto inefficiente Il profilo della praefectura fabrum sarebbe stato inevitabilmente influenzato da questi sviluppi 6. Dall’Italia dei socii all’Italia dei municipia Un’introduzione. Numerosi fenomeni stavano dunque intervenendo sulla scena politica romana, destinati a modificarne la struttura e ad influire sul carattere ed il ruolo della prefettura dei fabri stessa Per la nobilitas si stavano accumulando segnali preoccupanti I numerosi consolati di Mario (soprattutto determinati dall’inefficiente gestione della guerra contro Cimbri e Teutoni), le agitazioni causate da Saturnino (trib.
169 Turpilio Silano non sembra coinvolto in attività legate alla logistica, ma non è affatto necessario che questo legame si fosse già tanto attenuato, come pare per il secolo successivo 170 Così come più chiaro è anche l’obiettivo delle macabre invettive di Mario al Numidico (cfr supra)
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pl. 103, 102, 100)171, i disordini e le violenze all’interno della città di Roma172 avevano dimostrato plasticamente l’incapacità dei principes civitatis di controllare il contesto politico romano con il successo che aveva caratterizzato gran parte del secolo precedente e l’attiva e preoccupante partecipazione di molti cives a disordini e violenze contro l’ordine costituito173: ecco infine una crescita significativa della partecipazione Non sembra infine che fosse diffusa una piena consapevolezza della tensione crescente fra gli alleati – Latini e non Le strategie della nobilitas, al di fuori di Roma. La costruzione di intese con le aristocrazie delle comunità latine e alleate era in realtà da lungo tempo considerata una priorità dalla classe dirigente repubblicana174 L’impegno personale dei membri della nobilitas, soprattutto nel Lazio, comprendeva il controllo di estesi patrimoni fondiari e la dedica di costosi votivi (un buon indicatore di un dispendioso patronato) all’interno dei grandi santuari latini A questo riguardo, l’attenzione dimostrata dalla classe dirigente romana ad una rappresentazione materiale della propria influenza, anche e soprattutto in questi contesti “periferici”, mi pare senz’altro notevole175 Accanto a questi interventi, si dispiegavano strategie di patronato individuale, come dimostrava il caso di T Turpilio Silano176 Questo sistema non sarebbe facilmente sopravvissuto alle sfide mediterranee e ad una classe dirigente priva degli strumenti per affrontarle In particolare, sarebbe stato centrale il problema degli alleati e della loro integrazione, o per dire altrimenti, dell’estensione della struttura politica romana La centralità degli Italici divenne sempre più evidente nella Tarda Repubblica, ma sarebbe stata acquisita attraverso un processo lento e non privo di difficoltà, accelerato dalle grandi guerre del 91–89 e 83–82 Come dimostra l’origine italica attribuibile a buona parte dei prefetti attestati, la praefectura fabrum avrebbe rappresentato uno strumento particolarmente funzionale a questo scopo Considerato il ruolo della prefettura nella risoluzione della
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Come è noto, prima di intervenire a difesa dell’“ordine costituito”, Mario aveva coltivato una vicinanza politica con L. Appuleius Saturninus, che non solo gli aveva ottenuto concessioni terriere per i veterani, ma lo aveva dotato di una notevole influenza sulle masse popolari urbane Ancora una volta (dopo le guerre germaniche), Mario aveva ottenuto che i propri rivali nella nobilitas ricorressero a lui per liberarsi di un problema critico Sugli ultimi giorni di Saturnino e sul suo rapporto con Mario, si veda Badian 1984; cfr anche Twyman 1989; Lea Beness, Hillard 1990 Su questo tema, resta ancora essenziale Lintott 1968 Per una sintesi dedicata al periodo qui tratteggiato, specialmente in relazione alla reazione della classe dirigente nel suo complesso, si veda Flower 2010, sopr pp 106–114 Su questo, si veda Patterson 2012 (per una disamina relativa all’Italia prima della Guerra Sociale): le politiche della classe dirigente romana avevano pur sempre evitato che una parte cospicua degli Alleati si unisse agli insorti Per una disamina dedicata ai santuari ellenistici del Lazio resta essenziale la monografia di F Coarelli (1987); per una sintesi più recente, si veda Granino Cecere 2014 (con bibliografia) A Toynbee (1965) aveva definito amicitia, hospitium, patronatus e clientela “the Roman ‘Establishment’s’ Arcana Imperii” Per una prospettiva recente dedicata alla sostanziale tenuta del sistema di alleanze italico di fronte alla minaccia di Annibale, si veda Fronda 2010, sopr pp 13–52 Sul caso di T Turpilio Silano, si veda supra
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“questione italica”, mi pare anzi necessario tratteggiare (e prendere posizione su) alcuni dei grandi e discussi sviluppi di questo periodo La Guerra Sociale: vecchie e nuove idee. Le ragioni alla base della guerra fra Roma e i suoi alleati offrono da sempre ampio margine di discussione Th Mommsen propose un’interpretazione in qualche modo “nazionale” della guerra177: le élites italiche, desiderose di godere dei pieni diritti politici, avevano prima optato per una soluzione pacifica (confidando in M Livio Druso, tr. pl. 91178), per risolversi infine ad un’insurrezione armata, sfortunata nell’esito militare, ma soddisfacente nella conclusione Alla base di questa interpretazione non vi era (ed è) soltanto la convinzione che la guerra non potesse avere altro esito che la sconfitta degli insorti179, ma anche che il processo di unificazione della Penisola fosse un evento infallibilmente destinato a verificarsi180 Del resto, al di fuori d’Italia, le differenze fra cittadini optimo iure, Latini ed Italici sembrano scolorire A Cirta, dove sono descritti sugli spalti della città, intenti alla difesa contro le forze di Giugurta181, o nei grandi scali commerciali, come Delo e Rodi, gli Italici appaiono come un gruppo omogeneo di individui, i cui interessi e la cui presenza sono ben chiari nel panorama politico locale, con o senza la cittadinanza romana182 Il fatto che la concessione della cittadinanza avesse accompagnato la fine delle ostilità sembra del resto dimostrare che questa fosse almeno una delle ragioni alla base del conflitto
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Mommsen RG II, pp 218–250 La mole del “pacchetto” proposto da Druso – almeno secondo la tradizione – era impressionante: esso comprendeva un intervento sulla composizione delle giurie, l’immissione di 300 nuovi cavalieri in Senato, un intervento sull’ager publicus, una legge frumentaria, una agraria (o coloniaria) e la concessione della cittadinanza optimo iure ai socii Per un regesto delle fonti e del dibattito sollevato da Druso, MRR II, pp 21–22; cfr anche Dart 2014, pp 69–97 179 Su questo, E Gabba (1990, p 703) aveva espresso un giudizio chiarissimo: “era impossibile che gli insorti si illudessero veramente di «vincere» Roma o di creare un secondo stato in Italia contrapposto a Roma; troppo ovvia e conosciuta era la disparità delle forze e delle risorse fra i due contendenti” 180 Secondo E Gabba (1954, pp 59–61 e 78–82 = 1973, sopr pp 216–218 e 239–245; Id 1990, sopr pp 701–706), negli anni 90 del I secolo era ormai giunto il momento per una piena integrazione delle aristocrazie italiche nei processi decisionali della Repubblica In questo, il “ceto commerciale” avrebbe avuto un ruolo determinante e la condivisione degli obiettivi di politica estera sarebbe stata il principale obiettivo delle dirigenze italiche Seguendo i dati di J Hatzfeld (1919), Gabba (1954, pp 58–59 e p 59, n 1 = 1973, sopr pp 215–216 e n 56) individuava i principali interpreti di questa linea politica nelle grandi famiglie coinvolte nei traffici a Delo: i Granii di Puteoli, i Mesii di Capua, i Cluvii, attestati a Capua, Puteoli, Nola e Caudium (su questi ultimi e sulle loro connessioni, si veda Cébeillac-Gervasoni 1998, pp 44, 51, 88, 184, 236) Hatzfeld (1919, p 244) aveva già notato come le regioni più coinvolte dall’insurrezione fossero anche la patria dei maggiori negotia tores italici 181 Sall BI 21, 2; 26, 1 e 3; 41, 1 182 L’assimilazione fra Romani e Latini emerge del resto con sufficiente chiarezza nel testo della legge del 101–100 de provinciis praetoriis (RS I, 12, 1) Sulla posizione della comunità italica nell’Oriente greco e sul ruolo che essa ebbe nel creare una identità comune a cittadini e non, si vedano, con varie sfumature, Hatzfeld 1919, pp 379–380; Gabba 1954, pp 78–82 = 1973, pp 239–245; Càssola 1970–1971 = 1993, pp 197–212; Errington 1988; Santangelo 2007, pp 24–25
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All’interno di un lavoro ricco di spunti provocatori, H Mouritsen ha convincentemente proposto alcune rilevanti modifiche al modello di Mommsen, che, in parte, possono senz’altro essere recepite183 Secondo lo studioso danese, sarebbe stata la fine della guerra e la vittoria piena di Roma a creare le condizioni per un vero incentivo all’integrazione184 In altre parole, l’acquisizione della cittadinanza sarebbe stata un’aspirazione dei soli Latini, il cui status intermedio era ormai effettivamente fuori dal tempo, oltre che poco premiante185 Differenze culturali, linguistiche e politiche attraversavano invece l’Italia nella sua interezza e rendevano ancor più evidente la distanza dei Latini dal complesso dei socii Il fatto stesso che le colonie latine si fossero schierate compattamente con Roma – con la notevole eccezione di Venusia186 – conferma questa immagine articolata In secondo luogo, le proposte di M Livio Druso in materia di ager publicus – un capitolo che faceva a pieno titolo parte del programma del tribuno e che danneggiava tutti i possidenti (Romani e alleati, indistintamente) – avrebbero colpito in modo particolarmente grave coloro che formalmente non avevano neppure voce in capitolo per discuterne: i notabili delle città alleate, che negli anni avevano impropriamente esteso il proprio controllo economico su vasti appezzamenti, formalmente di proprietà del popolo romano187 Che la concessione della cittadinanza non fosse una priorità condivisa da tutti era stato denunciato dai notabili etruschi e umbri, giunti a Roma su invito dei consoli Sex. Iulius Caesar (cos. 91) e L. Marcius Philippus (cos 91; cens. 86)188, quest’ulti-
183 Mouritsen 1998 184 Mouritsen 1998, pp 84–86 185 Mouritsen 1998, sopr pp 125–127 e 149–150: il progetto di Druso sulla cittadinanza sarebbe stato esclusivamente rivolto agli alleati Latini Il fatto che, al termine della guerra, un dibattito fosse necessario ad alcune comunità magnogreche per stabilire se accettare o meno il nuovo status, rinunciando agli accordi precedenti, dimostra una volta di più la frammentarietà del contesto italico; su questo cfr anche Dart 2014, sopr pp 43–68, in cui sono ribadite l’elevata articolazione del panorama politico italico e le diverse aspirazioni delle singole realtà etniche della Penisola 186 App BC I, 39 187 Erano i loro interessi – minacciati dalla commissione agraria – che Scipione Emiliano si era impegnato a tutelare (Liv Per. LIX; App BC I, 19; Schol Bob 118) Il fatto che, privi del voto, i dirigenti delle comunità alleate non potessero incidere sul destino delle loro proprietà, aveva indotto gli Italici a cercare in Emiliano un patrono Già nel noto dibattito del 131, al suo rientro da Numantia, quando era stato chiamato da Carbone (trib. pl. 131; cos 120?) ad esprimersi sulla morte di Tiberio Gracco, il nobilis aveva dimostrato un sincero attaccamento alla classe dirigente d’Italia, essenziale per l’espansione di Roma (per un regesto dei documenti relativi a questo episodio, si veda Astin 1967, pp 264–266, nrr 50 e 51) Nel 130 (o nel 129), a Scipione è inoltre attribuito un provvedimento che avocava al console C. Sempronius Tuditanus (cos. 129 – il collega M’. Aquillius era impegnato in Asia contro Aristonico) la risoluzione delle controversie sorte durante i lavori della commissione agraria, di fatto ostacolandone l’attività (App BC I, 18) A questi due episodi è generalmente attribuita la rovina politica di Emiliano (Astin 1967, pp 232–237; sul tema della consanguinitas e su questo episodio in particolare, si veda Russo 2012, pp 29–42, sopr 40–42) 188 App BC I, 36 Secondo E Gabba (1994, p 112), essi sarebbero stati coinvolti in contiones appositamente convocate dai consoli e soprattutto da Filippo, che probabilmente beneficiava di solidi legami con loro Del resto, allo scoppio delle ostilità, Etruschi ed Umbri si astennero dal partecipare al conflitto contro Roma L Marcio Filippo era senza dubbio un politico capace e astuto: sconfitto
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mo un noto avversario del progetto di Druso189 La concessione della cittadinanza ai so cii, lungi dall’essere priva di oppositori, era del resto parte del più complesso pacchetto di proposte del tribuno: la questione – pur importante – non monopolizzava dunque il dibattito contemporaneo190 Quanto emerge chiaramente, soprattutto dalla trattazione appianea e dai riferimenti di Cicerone ai migliori oratori del tempo191, è la vastità del dibattito contemporaneo, agitato da grandi personalità, divise su molteplici temi e ben consapevoli degli interessi propri e di quelli attribuiti alla Repubblica192 Un’accelerazione inattesa? Nel corso del 91, probabilmente entro la primavera, il tribuno Druso denunciò in Senato un attentato concepito contro la vita dei consoli, durante la celebrazione delle Feriae Latinae193 L’intento politico dell’attentato resta tuttora poco chiaro194, tuttavia l’episodio suggerisce due distinte considerazioni La prima è che il legame personale e politico di Druso (e dei suoi alleati) con parte della dirigenalle elezioni del 94 per il consolato (ne dà notizia Cicerone, che tuttavia lo descrive in termini a dir poco entusiasti: Mur. 36 – summo ingenio, opera, gratia, nobilitate; Brut. 166 – summa nobilitate hominem, cognatione sodalitate conlegio, summa etiam eloquentia), non solo ottenne il consolato nel 91, ma sopravvisse alla guerra civile, sostenendo prima Cinna (ottenendo la censura dell’86 – la prima dopo la Guerra Sociale e, per questo, tanto più rilevante) e poi Silla (Cic Prov. cons. 21; Liv Per. LXXXV; App BC I, 80) Per un regesto delle fonti, si veda Münzer RE XIV 2, coll 1562–1568, n 75 189 Filippo si era sempre dimostrato contrario ai piani di Druso (Val Max IX, 5, 2) e fu su sua proposta che il Senato li dichiarò invalidi poco dopo la morte del tribuno (Cic Leg. II, 31) 190 In qualche modo, è sorprendente apprendere che, poco prima dello scoppio della guerra, politici della caratura di Mario e Silla dibattessero su di un tema squisitamente “romano” (ovvero di politica interna): il monumento dedicato a quest’ultimo da Bocco, re di Mauretania, sul Campidoglio, per commemorare la cattura di Giugurta (Plut Mar. 32, 2–3; Sull. 5, 1–2) Chiaramente, lo scoppio del conflitto ha poi oscurato le molte questioni su cui, a Roma, procedeva l’abituale confronto interno alla classe dirigente 191 Cic Or. I, 24–29; III, 1 192 Il migliore elemento a dimostrazione di un confronto politico acceso fra individui (e gruppi di interesse – senatori, cavalieri, alleati) è rappresentato dalle prestigiose personalità coinvolte nel dibattito contemporaneo: si è detto di Filippo, intervenuto a più riprese in opposizione a Druso; in favore del tribuno si era spesa invece l’oratoria e l’influenza di un altro consolare di prestigio, L. Licinius Crassus (cos. 95, cens. 92 – Münzer RE XIII 1, coll 252–268, n 55) In effetti, questi illustri oratori, entrambi espressione della nobilitas, dimostravano anche quanto “romano” fosse il dibattito “sugli” alleati (sul confronto fra i due consolari: Cic Or. III, 2; Val Max VI, 2, 2) 193 Flor II, 6, 8; Vir. ill. 66, 12; Cass Dio XXVIII, fr 96, 4 L’occasione per una congiura sarebbe stata molto significativa: le Feriae rappresentavano un momento essenziale per l’anno consolare L’im perium dei due magistrati alla guida della Repubblica e degli alleati latini veniva tradizionalmente legittimato da questa solenne celebrazione religiosa Sulle Feriae Latinae, si vedano Marco Simón 2011 (soprattutto in relazione al consolato) e Smith 2012 194 M Fronda (2010, p 125, n 106) sembra suggerire che Floro avesse erroneamente sovrapposto questo episodio con il programmato agguato dei Capuani ad Hamae, narrato da Livio (XXIII, 35, 4–19) e relativo alla guerra annibalica Quale potesse essere l’intento dei socii, una volta decapitata la dirigenza della Repubblica, mi pare una domanda di difficile soluzione Dart (2014, pp 81–83) suppone invece che, avvenuto prima della morte di Druso (e noto prima dell’inizio della guerra), l’episodio non possa essere stato “inventato” come parte di una tradizione ostile a Druso stesso Dart sostiene inoltre (un poco rischiosamente) che “assassinating the consuls at the festival may have been intended as a political statement about the disparity of civic status in Italy”
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za latina ed italica fosse solido e affidabile – solo in ragione di questo, il tribuno poteva essere informato di un piano tanto inquietante195 Il fatto che i nomi dei congiurati non emergessero accresceva tuttavia lo sconcerto ed i sospetti della nobilitas sulle vere mire di Druso196: è facile supporre che il console Filippo – una vittima (?) designata – abbia insistito su questo aspetto Del resto, i timori del console (e di molti altri politici) erano solidi: se il complesso delle riforme di Druso fosse stato approvato, la sua influenza sarebbe indubbiamente cresciuta, se non altro, in termini di puri numeri197 Molti nuovi elettori avrebbero riconosciuto in lui un riferimento politico chiaro a Roma198 Questo introduce una seconda considerazione: lo storico rapporto fra Roma e gli alleati latini (e non) era in effetti meno monolitico e solido di quanto fosse auspicabile Dalla metà del II secolo, cioè in corrispondenza con l’apice dell’espansione mediterranea della Repubblica, la città di Roma era stata meta di una massiccia migrazione di individui provenienti da tutta l’Italia e, soprattutto, dalle comunità del Lazio Diversi provvedimenti erano stati presi fin da quest’epoca per arginare questo flusso e punire i numerosi casi di appropriazione indebita della cittadinanza: decretare l’espulsione degli stranieri dalla città doveva certo servire in parte a non spopolare i centri alleati, ma soprattutto ad impedire che altri usufruissero dei diritti dei cittadini e cioè che beneficiassero dei commoda Urbis e soprattutto partecipassero impropriamente al processo politico o, più banalmente, causassero disordini a vantaggio di uno o più membri della nobilitas stessa199 L’esperienza degli ultimi trent’anni del II secolo era istruttiva a questo riguardo Pur rapidamente sintetizzato, il contesto generale dimostra una volta di più la fragilità della posizione della classe dirigente repubblicana e, più specificamente, della rete di clientele e amicizie a disposizione della nobilitas nelle città della Penisola: evidentemente, si trattava di una distanza sufficiente ad impedire al complesso di quella classe
195 Cass Dio XXVIII, fr 96, 4; Mouritsen 1998, pp 129–130 196 Gabba 1994, p 113 L’istituzione – dopo lo scoppio delle ostilità – di un’apposita quaestio con la lex Varia (90) voleva appunto appurare chi, fra gli alleati del tribuno ucciso, avesse continuato ad intrattenere rapporti con gli Italici, sobillandoli contro Roma; su questo, si veda Badian 1969 197 Anche le proposte di estensione della cittadinanza (e comunque di tutela dagli eccessi dei magistrati romani) formulate dal consolare M. Fulvius Flaccus (cos. 125) furono intese allo stesso modo dal complesso della classe dirigente repubblicana, decisa a stroncare il supporto sollevato da C Gracco Come è noto, il fallimento di Flacco ebbe un effetto diretto sulla sollevazione della latina Fregellae, poi distrutta dal pretore L Opimio (cos. 121; i documenti relativi a questo episodio sono raccolti in MRR I, p 510) A proposito delle frizioni esistenti fra alleati e classe dirigente romana, A Toynbee (1965, pp 608–645) aveva individuato, fra 211 e 123, 32 casi di atti comunemente ritenuti impropri dalla nobilitas, commessi da pubblici ufficiali ai danni di comunità alleate o amiche 198 Un noto passaggio in Diodoro menziona del resto un giuramento di fedeltà prestato dagli Italici a Roma e alla stessa persona di Druso (XXXVII, 11: πατρίδα ἡγήσομαι τὴν Ῥώμην καὶ μέγιστον εὐεργέτην Δροῦσον) 199 In questo senso erano orientati i provvedimenti portati all’approvazione dal tribuno M. Iunius Pen nus nel 126, dal console C. Fannius Strabo nel 122, dai consoli L. Licinius Crassus e Q. Mucius Scaevola nel 95 N Purcell (1994, pp 651–652) considerava anche le leges Aelia et Fufia (150) strumenti per limitare il flusso verso Roma degli stessi cittadini romani, durante il processo legislativo
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politica di cogliere appieno gli elementi della tempesta imminente La scoperta dello scambio di ostaggi e di arruolamenti fra gli Alleati non avrebbe altrimenti sorpreso i vertici della Repubblica200, che infatti subì l’iniziativa degli insorti nelle prime battute del conflitto Furono le città latine, che si schierarono generalmente al fianco di Roma, a sostenere il primo urto dei socii ribelli e a permettere infine di guadagnare il tempo necessario a vincere la guerra201 Un passaggio necessario. La difficoltà di avviare un esame dei processi decisionali all’interno delle comunità italiche rende impossibile una piena comprensione delle convinzioni e degli obiettivi di ciascuna Nella Penisola, erano rappresentate posizioni diverse, frutto di un confronto – anche serrato – all’interno delle singole realtà locali: così, se alcuni cercarono indubbiamente di mettere in discussione l’egemonia di Roma202, altri tentarono di forzare la mano alla politica romana, effettivamente interessati alla cittadinanza Comunque si voglia guardare alla Guerra Sociale e alle ragioni degli insorti, è evidente che gli interessi delle classi dirigenti romana e italiche non fossero più coincidenti203 Il conflitto evidenziava soprattutto la necessità di un nuovo passaggio politico: l’integrazione delle classi proprietarie della Penisola nella struttura politica repubblicana La tenuta dell’alleanza con le comunità latine era stata frutto di rapporti di lealtà personale e politica fra le grandi famiglie di Roma ed i primi viri di quelle stesse comunità – un legame ben illustrato dalla stessa praefectura fabrum di T Turpilio Silano204 Era ora necessario un più intenso processo di integrazione delle comunità della Penisola: in questo, lo stimolo determinato dall’esercito e dalle necessità della guerra è ben chiaro205, ma è certo opportuno riconoscere il carattere eminentemente politico di questo passaggio 200 L’invio di osservatori nelle città della Penisola non era stato sufficiente: il caso del pretore Q. Ser vilius e del suo legato Fonteius, uccisi ad Ascoli dopo aver scoperto lo scambio di ostaggi in atto, dimostra bene il grado di impreparazione della classe di governo contemporanea (per un regesto delle fonti su questo episodio, si veda MRR II, pp 20 e 23–24, nn 4 e 5) Anche altri senatori erano stati inviati nelle città della Penisola: fra questi, Ser. Sulpicius Galba (pr. 91), in missione in Lucania, avventurosamente sfuggito agli insorti (Liv Per. LXXII; MRR II, pp 21 e 24, n 6) 201 Per una recente disamina relativa all’andamento della guerra, si veda Dart 2014, sopr pp 125–148 (dedicate alla prima fase del conflitto); sulle operazioni militari cfr anche Kendall 2013, pp 223– 418 202 Di questo è convinto H Mouritsen (1998, sopr pp 149–150), che ha puntualizzato come, agli occhi dei socii, la morte di Druso e la denuncia della cospirazione contro i consoli (vedi supra) dovessero essere sembrati altrettanti segnali di debolezza, sul fronte interno e nella storica alleanza con la Lega latina 203 In questo senso, le argomentazioni di E Gabba (1954, pp 81–82 = 1973, sopr p 243), a proposito di un deficit di rappresentanza degli Italici nella politica romana, mi sembrano ancora valide: “un’influenza decisiva degli Italici nella vita politica romana non poteva essere ottenuta che in un modo solo: interferendo direttamente nella politica stessa” 204 A proposito di T Turpilio Silano, si veda supra 205 Di “military clientela” parlava E Badian (1958, p 272), a suo avviso sviluppatasi a seguito della riforma mariana dei capite censi (per una discussione critica della quale si veda Gabba 1949 = 1973, pp 1–45) e della Guerra Sociale
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La politica della Guerra. Già durante la Guerra Sociale, si hanno indicazioni di uno sviluppo in questa direzione, favorito dalla concessione di comandi molto estesi sul territorio italico Il paesaggio della Penisola e la stessa ubicazione delle città insorte frammentarono la guerra (e i comandi) in numerosi teatri operativi, ben distinguibili l’uno dall’altro206 In particolare, le operazioni in Piceno ed in Campania – sulle quali siamo comprensibilmente meglio informati – offrirono a Cn Pompeo Strabone (cos. 89)207 e L Cornelio Silla l’occasione di intrattenere, su posizioni di relativa forza, un dialogo con le città e le dirigenze locali, tanto necessario per entrambe le parti Nel Piceno, Cn Pompeo Strabone, che forse già conosceva la regione e vi esercitava la propria influenza208, approfittò dei mezzi e dell’autorità di legato e poi di console, per tessere una fitta rete clientelare, reclutandovi uomini competenti (e, senza dubbio, influenti)209 Il suo piano di acquisire una posizione dominante a Roma si fondava sulle legioni210 e sulla lealtà delle popolazioni del Piceno, presso le quali il figlio riuscì a trovare sicuro rifugio dopo la morte del padre211 Prima della sua “marcia su Roma” e della guerra contro i Mariani, anche Silla ebbe l’opportunità di approcciare le classi dirigenti italiche dall’alto di un comando forte e relativamente indipendente, in Campania212 Le sue operazioni, alla pari di quelle di Strabone, segnarono i successi romani più rilevanti del conflitto e, significativamente, l’intervento di Silla nella regione fu segnato da un utilizzo contenuto della violenza: la distruzione di Stabiae (unica nel corso della Guerra Sociale, accanto a Norba) fu forse
206 La barriera appenninica e le numerose città a controllo degli assi viari esigevano risposte militari e politiche specifiche Nonostante il conflitto fosse combattuto in Italia, a pochi giorni di marcia da Roma, le esigenze militari concedevano ai comandanti un’autonomia notevole, tanto più nel rapporto con le comunità italiche, utili nell’immediato per vettovagliamenti e uomini, ma anche per garantirsi apprezzabile supporto politico in futuro; su questo, cfr Dart 2014, pp 125–143 207 Miltner RE XXI 2, coll 2254–2262, n 45 208 Sulla base di potere picena dei Pompeii (probabilmente basata sulla proprietà fondiaria) si vedano Gelzer 1963, p 111; Badian 1958, pp 228–229; Seager 2002, p 20 209 Nel noto diploma con cui Strabone concedeva la cittadinanza romana agli ausiliari iberici della turma Salluitana sulla base della lex Iulia (CIL I2, 2, 709 = ILS 8888; per un commento, si veda anche RS pp 137–139 e 141) compariva per ben 12 volte la tribù Velina, tradizionalmente attribuita al Picenum Per un commento sulla composizione del consilium di Pompeo, si vedano Cichorius in RS, con le correzioni e le integrazioni di Criniti 1970 e Mattingly 1975 210 E’ ben noto il caso del console Q. Pompeius Rufus (cos. 88), ucciso dai soldati di Strabone (che qualche ruolo dovette avere nella vicenda), quando era andato nel Piceno per assumerne il comando: il controllo del Senato sui magistrati non era più sufficiente e, soprattutto, efficace (per un regesto delle fonti disponibili, si veda MRR II, p 40) 211 Per una sintesi delle manovre di Strabone, si veda Seager 2002, pp 20–24; sul tempo trascorso da Pompeo nel Piceno, sopr pp 25–26; sulla leva e la costruzione di clientele dei Pompei nel Piceno durante la Guerra Sociale, Borgognoni 2003, sopr pp 31–46; sulla discussa morte di Strabone, tradizionalmente attribuita ad un fulmine, si vedano Watkins 1988; Hillard 1996; Hillman 1996 212 Per una sintesi dedicata all’impatto delle operazioni militari di Silla in Campania (e per una completa bibliografia sul tema), si veda Santangelo 2007, sopr pp 68–71
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funzionale a dimostrare la determinazione del patrizio213 Evidentemente, un qualche tipo di accordo doveva essere stato trovato con i dirigenti locali più accomodanti nei confronti di Roma A Silla (così come a Pompeo e ad altri magistrati) gli interlocutori non mancavano Ai dirigenti schierati con gli insorti, si opponevano dunque, con minore o maggiore successo, avversari filo-romani per vocazione o per scelta strategica Così Aesernia e Pinna Vestinorum, nel Sannio, restarono fedeli alla Repubblica, trascinate senz’altro dai rispettivi primi viri, la cui posizione, dopo l’arrivo degli eserciti romani, non poté che rafforzarsi214 Nello scenario apparentemente anti-romano del Sannio, nella terra degli Hirpini, C. Minatius Magius di Aeclanum entrò attivamente nel conflitto215 Al comando di un gruppo armato di concittadini216, Magio assistette Silla sul campo e, in virtù dei suoi meriti, ottenne il prestigioso riconoscimento della concessione individuale della cittadinanza romana217 Una volta conquistata da Silla, Aeclanum fu saccheggiata e vide le sue mura in legno distrutte: fu sufficiente perché le altre città irpine si arrendessero218 Che Magius abbia avuto un ruolo nella trattativa con i concittadini assediati è suggestivo, ma non necessario In qualche modo, Magio aveva comunque congiunto il proprio interesse a quello della propria comunità, conquistando per la propria famiglia una posizione dominante nei nuovi equilibri politici locali219 Il fatto che i figli di Minatius Magius raggiunsero la pretura in anni dominati dai Mariani220, conferma la solidità della posizione raggiunta da un dirigente schieratosi con Roma nel corso della Guerra Sociale Dopo la definitiva vittoria di Silla, la fortuna della famiglia non sembrava del resto meno solida: M. Magius Surus, un figlio di Minatius Sulla distruzione di Stabiae, si veda Plin NH III, 5, 70; su Norba, App BC I, 94; a Pompei, nonostante la presa con la forza della città, avvenuta probabilmente poco dopo i fatti di Stabiae, non sono note estese distruzioni Su questo, si veda Santangelo 2007, sopr pp 69–70 214 Aesernia: App BC I, 41; Pinna: Herenn II, 28; Diod XXXVII, 19; Val Max V, 4, 7; Pinna, capoluogo dei Vestini, che si erano uniti ai socii ribelli, era rimasta fedele a Roma; cfr anche Dart 2014, p 102 215 Münzer RE XIV 1, coll 439–440, n 8 Le posizioni di Minatius Magius ripercorrevano forse un’antica tradizione familiare Velleio lo presenta come figlio di Decius Magius (II, 16, 1), princeps Cam panorum, forse il noto dirigente della fazione filo-romana a Capua, durante la guerra annibalica (Liv XXIII, 7–10; Silius XI, 225–384) 216 A giudizio di A Keaveney (2007, p 31) si tratterebbe del primo “esercito privato” storicamente documentato 217 Vell II, 16, 1–3 218 App BC I, 51; sui fatti di Aeclanum e le operazioni nel territorio degli Hirpini, si veda anche Keaveney 1981, 294–296 219 Anni dopo, Teofane di Mitilene (si veda infra) avrebbe in qualche modo percorso gli stessi passi di Minatius Magius Pompeo lo rese cittadino per i servigi resi – un impegno forse anche militare, esattamente come per il caso di Minatius Non solo Teofane ottenne buone condizioni per Mitilene, che pure aveva sostenuto il re del Ponto, ma divenne una vera forza della politica romana, uno dei più intimi consiglieri di Pompeo e suo praefectus fabrum 220 A proposito della pretura dei figli di Minatius Magius, si veda Vell II, 16, 3: essi sarebbero stati pretori cum seni adhuc crearentur, cioè prima della riforma sillana (dunque fra 88 e 82) – dimostrazione di una verosimile prossimità politica alla fazione mariana (su questo, Santangelo 2007, pp 71–72 e n 18 – con bibliografia)
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figurava fra i magistrati supremi del municipium all’atto di ricostruire in pietra le mura cittadine221 Se è vero che la Guerra Sociale aveva ufficialmente aperto la struttura politica romana agli Italici, più consistentemente aveva messo a disposizione della politica romana – in particolare, dei suoi esponenti più ambiziosi – le risorse umane e materiali della Penisola: Strabone e Silla compresero bene il valore di questi nuovi mezzi Nel Piceno e in Campania, come nel resto della Penisola, i prefetti dei fabri nominati durante questa delicata fase di conflitto e confronto fra Roma e le comunità italiche dovettero svolgere operazioni di notevole importanza: in questo senso, il fatto che non sia disponibile alcuna attestazione rappresenta una circostanza particolarmente sfortunata Un nuovo contesto … tutto da capire. Nonostante le esperienze di Strabone e Silla, i pochi anni che separano la fine della Guerra Sociale (88) dalla battaglia di Porta Collina (82) suggeriscono che una piena comprensione delle opportunità e dei problemi aperti dalla questione italica non si fosse ancora imposta Significativamente, l’improvviso crollo del sistema provinciale repubblicano in Oriente confermò l’assenza di un piano strutturale di integrazione delle élites locali222 L’aspro dibattito sulla ripartizione dei nuovi cittadini (censiti nell’86223) all’interno delle tribù elettorali dimostrava anzi quali fossero le priorità dei nobiles, consapevoli dell’influenza che un numero massiccio di nuovi elettori avrebbe rappresentato per le dimensioni relativamente ridotte della politica romana La partecipazione degli Italici alle assemblee di Roma doveva dunque essere regolata, in modo da ridurne il possibile impatto – una preoccupazione chiaramente legata alla mentalità e alle priorità della classe dirigente tradizionalmente al potere224 La Guerra Sociale non era tuttavia trascorsa invano: durante il predominio dei Mariani, ad alcuni dei nuovi cittadini, probabilmente ai notabili più “utili” durante il recente conflitto si aprirono interessanti prospettive di promozione: abbiamo visto come i figli di Minatius Magius ottennero la pretura in questa stagione e anche un certo Statius, Sannita, accedette al Senato225 In vista dello scontro con Silla, Cinna (cos. 87–84) e Carbone (cos. 85, 84, 82) raccolsero uomini, denaro e vettovaglie nelle città della Penisola: l’Italia dei municipia non si schierava più contro o a favore di Roma,
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CIL I, 1230 = IX, 1140 Come suggerito in Santangelo 2007, pp 72–73, la presenza di un personaggio strettamente connesso a Silla, come Quinctius Valgus, patronus municipii, accanto a Magius Surus, non poteva essere casuale Su Valgus, importante proprietario terriero e politico di prima grandezza nell’area campana e nel meridione della Penisola, si veda Santangelo 2007, pp 72, 161–162 e 187 222 Questa tesi è alla base della convincente analisi proposta da F Santangelo (2007, pp 50–66 e 100–102) 223 Per quell’anno, i censori furono L. Marcius Philippus (cos. 91 – vedi supra) e M. Perperna (cos. 92); sull’attività dei censori, si veda MRR II, p 54 (il numero dei cittadini toccò le 463 000 unità) 224 Mouritsen 1998, p 170: “the tribal question was all matter of the nobiles who sought to control these new – yet not integrated – citizens” 225 App BC IV, 25: πολλὰ Σαυνίταις ἐν τῷ συμμαχικῷ πολέμῳ κατειργασμένος
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ma stava prendendo posizione per l’una o l’altra parte politica226 L’atteggiamento dichiaratamente anti-Romano di alcuni degli alleati di Cinna dimostrava tuttavia che il processo di integrazione degli Italici non era ancora concluso227 La concessione della cittadinanza poteva ancora essere messa in discussione: in questo senso possono forse essere interpretate alcune dichiarazioni politiche di notevole rilievo, da parte di entrambi gli schieramenti Secondo Cinna e Carbone, a colloquio con i primi viri dei mu nicipia, la difesa dei diritti dei nuovi cittadini era una delle ragioni per cui ora i Mariani erano in conflitto con Silla228 La solenne promessa del patrizio di rispettare i diritti dei cittadini – vecchi e nuovi – pronunciata a più riprese, confermava che il timore di un ritorno al passato era ancora diffuso229 In verità, la linea di condotta di Silla dimostrava chiaramente l’avvenuta comprensione delle nuove possibilità offerte dal dialogo con le comunità d’Italia e l’irrealtà di un generale ritorno al passato Apprendiamo da Appiano che, ancora in Oriente, Silla si era rivolto alle città italiche per ottenere uomini e risorse attraverso amicizie, minacce, denaro, promesse – cioè servendosi di ogni possibile mezzo230 Durante la sua avanzata in Italia, egli evitò di alienarsi inutilmente i mu nicipia ed i loro dirigenti; molti di questi ultimi avevano del resto compreso e accettato la nuova situazione: gli anni dei Mariani stavano per terminare231 Il rapporto di Silla con l’Italia dei municipia non fu meno rilevante dopo Porta Collina Come è noto, la dominatio di Silla sarebbe sempre stata rammentata per l’uso indiscriminato della violenza232: le proscrizioni e le confische avevano offerto al Dittatore lo strumento con cui ricompensare soldati e alleati politici, apportando significative modifiche alla composizione della classe dirigente romana e italica233 Subito dopo la vittoria di Porta Collina, un uomo di nome Oppianico (il padre del cliente di Cicerone, Cluenzio) penetrò nella città di Larino con alcuni armati Con l’autorità di Silla mise a
226 Appiano è particolarmente istruttivo a questo riguardo; si veda ad esempio BC I 66, 1; 76, 1; 77; 81, 1; 82, 1 227 E’ fin troppo noto il discorso attribuito da Velleio (II, 27, 1–2) a Ponzio Telesino prima della battaglia di Porta Collina, nel 79 228 App BC I, 76 229 Silla aveva dimostrato sensibilità nei confronti degli Italici una prima volta, in una lettera destinata al Senato, scritta quando era ancora in Oriente (App BC I, 77) ed una seconda volta, ormai nei pressi di Roma (Liv Per. LXXXVI, 3) 230 App BC I, 86 231 Vell II, 25, 1; Santangelo 2007, pp 75–77 232 Durante tutta la carriera di Silla, come si è pure accennato, non erano mancati atti di clemenza, ma il suo “mito” nero era destinato a seguirlo (Laffi 1967) “By the end of the Republic Sulla’s name was synonimous with cruelty and the absence of clemency” (Thein 2014, p 185 – lo stesso studio raccoglie anche le attestazioni relative ad atti di continenza o vera e propria clemenza del Dittatore) 233 Sulla proscrizione sillana è ancora essenziale Hinard 1985, sopr pp 103–143 e pp 329–411 Con le proscrizioni fu aperta anche una questione di grande complessità: il destino dei figli dei proscritti, che erano essi stessi privati di patrimonio e diritti civili Significativamente, nel proprio insieme, la classe dirigente successiva al 79 non giudicò la posizione di questi individui una priorità; questo tema fu invece affrontato e risolto dal solo Cesare
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morte i quattuorviri, prendendo posto in un nuovo collegio234 Numerose città furono private di parte significativa delle proprie terre e nuovi coloni – fedeli veterani – furono insediati235 Sarebbe tuttavia riduttivo sostenere che la violenza di Silla fosse fine a se stessa236: essa era finalizzata alla punizione e al premio, alla distruzione (o al ridimensionamento) di una vecchia classe dirigente e alla creazione (o al rafforzamento) di una nuova Ironicamente, furono soprattutto i suoi provvedimenti più duri ad offrire un significativo stimolo alla costruzione di un nuovo rapporto fra élites locali e classe dirigente romana Silla, l’Etruria, gli uomini dei municipia a Roma. L’Etruria, in questa prospettiva, rappresenta lo scenario ideale per cogliere l’influenza della politica sillana sulle dirigenze locali237 Meta di quanto rimaneva dell’esercito dei Mariani dopo la battaglia di Porta Collina, fu teatro di impegnative operazioni militari238 Qui il “segno” lasciato dalla strategia di Silla fu senz’altro evidente Volterra e Arezzo in particolare furono private della cittadinanza optimo iure, acquisendo lo ius XII coloniarum239 E’ comprensibile che proprio l’Etruria dovesse essere a lungo una fonte di instabilità per la Repubblica, anche ben dopo la morte del Dittatore, prima mettendosi a disposizione di M Emilio Lepido (cos. 78), “console sovversivo”240 e più tardi assistendo L Sergio Catilina, entrambi a capo di forze eterogenee, raccolte contro l’“ordinamento costituito”241 L’autorevole giudizio di R Syme sembrava quanto mai giustificato in Etruria: “after a decade of war Italy was united, but only in name, not in sentiment (…) There could be 234 Cic Cluen. 8, 25 235 Nola, uno dei principali centri della resistenza anti-sillana, fu presa con la forza (81), saccheggiata ed il suo territorio utilizzato per la deduzione di veterani (Liv Per. LXXXIX, 11–12; Licin XXXVI, 9) La popolazione maschile di Praeneste fu passata per le armi ed una nuova colonia dedotta (App BC I, 94; Flor III, 21) Sugli interventi coloniari di Silla in Italia (molto discussi), si veda Santangelo 2007, pp 147–157 236 Su questo, si veda Santangelo 2007, sopr pp 133–146 237 Sul complesso rapporto fra Silla e l’Etruria e sulla reazione delle città etrusche ai provvedimenti sillani, si veda Santangelo 2007, sopr pp 172–191 (con bibliografia) 238 A Clusium, Populonia, Arretium e, soprattutto, a Volaterrae, la guerra ebbe significativi sviluppi (Santangelo 2007, pp 172–173) Soprattutto in quest’ultima, un lungo assedio fu concluso soltanto nel 79, quando il Dittatore stava per lasciare o aveva già lasciato il potere (Licin XXXVI, 8; Liv Per. LXVI; Krawczuk 2008 (1960), pp 16–17; Santangelo 2007, p 173) Indubbiamente, la posizione elevata della città e l’accesso all’acqua dovevano aver determinato un ostacolo insormontabile per gli assedianti Non sembra che la città sia stata saccheggiata e non è improbabile che anzi avesse infine trattato per una resa pacifica, come suggerito in Strab V, 2, 6 (per una sintesi dedicata alla topografia di Volterra, si veda Camporeale 2004, pp 372–380 – con bibliografia) 239 Cic Caec. 102 In Cic Dom. 30, 79, una lex fatta approvare ai comizi da Silla, lo aveva autorizzato a privare alcune città dei diritti di cittadinanza e di parte del loro territorio: apparentemente, altre comunità avevano dunque subito il trattamento di Volterra e Arezzo In verità, sembra che Silla fosse riuscito a confiscare la terra delle due città etrusche, ma non avesse potuto (o voluto) dividerla e assegnarla (Cic Att. I, 19, 4; Fam. XIII, 4 e 5) 240 Labruna 1975; su Lepido, sul suo conflitto con Lutazio Catulo, collega nel consolato del 78 e sul contesto politico contemporaneo, si veda infra 241 Su questo, si veda Santangelo 2007, pp 183–188
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no reconciliation until a long time had elapsed”242 Gli interventi di Silla avevano però messo in moto anche processi costruttivi La posizione di predominio assoluto del Dittatore aveva creato condizioni in qualche modo nuove, estremamente inique per una trattativa con le classi dirigenti locali I principes Etruschi e Umbri – invitati a Roma nel 91 – avevano un’influenza e una dignità ben riconoscibili Silla aveva ora profondamente modificato il panorama politico, proprietario e sociale della Penisola attraverso la confisca e la concessione di terre (e posizioni) nelle città che non lo avevano sostenuto Alle comunità toccate dai provvedimenti di Silla non restava che adeguarsi ad un nuovo contesto, in cui il rispettivo “peso” in rapporto con Roma era indiscutibilmente diminuito Un numero crescente di membri della classe dirigente etrusca (ed italica) si vide costretto a trovare patroni (non più alleati paritari) nella classe politica romana, che ne potessero sostenere le ragioni e rimediare ai guasti dei provvedimenti punitivi del Dittatore243 Cicerone, l’homo novus eletto console, desideroso di estendere la propria influenza politica, considerava Volterra parte integrante della propria clientela244 La ricerca di patroni a Roma aveva effetti significativi anche sulla dimensione politica locale L’orazione in difesa di Aulus Caecina, membro dell’aristocrazia volterrana, dimostrava come fosse ormai evidente la necessità di solide relazioni a Roma, per tutelare, anche localmente, i propri interessi245 Proprio i Caecinae conquistarono l’accesso alla Curia nello scorcio della Tarda Repubblica246 e raggiunsero il consolato al tempo di Augusto, lasciando un segno spettacolare sul paesaggio urbano, con la costruzione di un grande teatro247 Anche (e soprattutto) nelle sue forme più violente, l’intervento di Silla aveva dunque accelerato la piena integrazione delle élites italiche nella struttura politica romana, un processo che, avviato nell’88, avrebbe visto il proprio compimento nei decenni successivi Un percorso per l’accesso dei domi nobiles alle istituzioni della Repubblica era ora aperto e, a fianco di altri incarichi, la praefectura fabrum divenne uno strumento funzionale alla piena realizzazione di questo processo Un posto nella Repubblica? E’ stato giustamente notato come, fino agli anni della guerra fra Cesare e Pompeo, il percorso per gli Italici che ambissero alle più alte posizioni della Repubblica restasse estremamente arduo Si tornerà a breve su questo
242 Syme 1939, p 88 243 E’ certo significativo che queste comunità percepissero ormai la cittadinanza come uno status irrinunciabile (Santangelo 2007, pp 189–191) 244 Cic Fam. XIII, 4: Cum municipibus Volaterranis mihi summa necessitudo est Cicerone continuava spiegando: magno enim meo beneficio affecti cumulatissime mihi gratiam rettulerunt; nam nec in hono ribus meis nec in laboribus umquam defuerunt 245 Santangelo 2007, p 191 246 Per una trattazione ad ampio spettro dedicata alla famiglia Caecina, si veda Capdeville 1997 247 AE 1957, 220 = 1994, 610 = 1998, 440; nell’iscrizione, pertinente alla trabeazione del teatro, sono citati A. Caecina A. f. Severus (cos. 1 – PIR2 C 106) e C. Silius Caecina A. f. Largus (cos. 13 d C – PIR2 S 718 – adottato da P. Silius Nerva, cos 20)
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punto I vuoti aperti nel Senato da anni di guerre e proscrizioni avevano tuttavia creato le condizioni per un effettivo ingresso degli Italici al consesso più elevato della politica romana248 L’inclusione di circa 300 nuovi membri, in un corpo ormai ridotto a circa 150 individui, voluta da Silla249, doveva aver aperto il Senato ad un numero purtroppo indeterminabile di Italici, già nell’immediato dopoguerra250 Ad altri, l’opportunità di servire la Repubblica (e la persona di Silla) aveva comunque dischiuso prospettive nuove e inattese Le ricompense del Dittatore avevano dato a molte famiglie la possibilità di ascendere ad una vera e propria carriera politica nell’arco di appena una generazione Così pare per l’etrusca gens Ateia251: fra i membri più noti della famiglia, figuravano senz’altro C. Ateius Capito, tribuno della plebe nel 55 e fiero avversario di Crasso252 e C. Ateius L. f. L. n. Capito, consul suffectus nel 5 d C ed eminente giurista253 Tacito, nient’affatto impressionato dalla carriera del consolare254, ne rammentava però le umili origini: figlio del pretore L. Ateius255 L. f. An. Capito, Capitone era nipote di un L. Ateius An. Capito, centurione di Silla256 A Cn. Ateius, molto probabilmente un 248 Soltanto cinque consolari presero parte alla riapertura dei lavori del Senato nell’82: L. Valerius Flaccus (cos. 100), C. Valerius Flaccus (cos. 93), M. Perperna (cos 92), L. Marcius Philippus (cos 91) e L. Cornelius Sulla (cos 88) 249 Scelgo in questo senso la convincente argomentazione di F Santangelo (2006), a commento del testo di Appiano 250 Nella grande lectio seguita alla guerra e alle proscrizioni, Silla avrebbe accolto in Senato circa 300 nuovi individui (App BC I, 59 e 100) ex equestri ordine (Liv Per. LXXXIX), seppur forse da famiglie non senatorie (su questo cfr Steel 2014b, p 664) La tradizione nei confronti di questi senatori è molto sprezzante: Sallustio parla di milites gregarii (BC 37) e, a proposito di uno di essi, Fufidius, scrive ancilla turpis honorum omnium dehonestamentum (Hist. I, 48, 21 – ed McGushin) Sui senatori sillani, si veda Nicolet 1974a, pp 573–591; Spann 1987; Santangelo 2006, sopr pp 18–19; Steel 2014b, p 664, n 44 La composizione del Senato lasciato da Silla resta, ad ogni modo, molto oscura 251 TLL II, , col 1169; alcuni rinvenimenti epigrafici attestano la presenza della famiglia in Valdichiana (specificamente nei territori di Cortona e Chiusi) già prima della Guerra Sociale (si tratta di CIE I, 447 – ateinei – e CIE 350, 351, 629, 1108, 1635, 1781–2, 4680 – ataini, atainei, ataine) Per una discussione complessiva dedicata agli Ateii e ai loro ramificati interessi politici ed economici, si vedano Buongiorno 2011 e Sangriso 1998 252 Semper Caeasarem coluit et dilexit – Cic Fam. XIII, 29; Klebs RE II 2, coll 1903–1904, n 7 253 Jörs RE II, 2, n 3, coll 1902–1903 e n 8, coll 1904–1910; PIR2 A 1279 (I, p 260) 254 Tac Ann. III, 75: principem in civitate locum studiis civilibus adsecutus, sed avo centurione Sullano, patre praetorio. Consulatum ei adceleraverat Augustus ut Labeonem Antistium isdem artibus prae cellentem dignatione eius magistratus antiret. Namque illa aetas duo pacis decora simul tulit: sed Labeo incorrupta libertate et ob id fama celebratior, Capitonis obsequium dominantibus magis probabatur 255 Klebs RE II 2, col 1910, n 9; MRR II, pp 236 e 462 Secondo T P Wiseman (1971, p 215, n 53), la tribù Aniensis sarebbe un’indicazione del fatto che la famiglia ottenne la cittadinanza romana prima della Guerra Sociale 256 Klebs RE II 2, col 1903, n 4 Non è chiaro se si tratti del centurione M. Ateius, primo a salire sulle mura di Atene e di cui si ha notizia in Plut Sull. 14, 3 Sulla base del differente praenomen (Lucius in Tacito, Marcus in Plutarco) E Klebs (RE II 2, col 1903, n 5) aveva prudentemente distinto i due personaggi P Sangriso (2018) ha suggerito di risolvere questa incongruenza con l’esistenza di due fratelli – Marco e Lucio – entrambi centurioni nell’esercito sillano; non si può tuttavia escludere che si tratti, più banalmente, di una tradizione erronea
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altro membro della famiglia, sono state ricondotte attività economiche di primaria importanza, soprattutto a Pisa: si tratta di ateliers per la produzione di ceramica da mensa nota come terra sigillata italica257 Prodotta in Italia fra la metà del I sec a C e l’età flavia, soprattutto nei territori di Pisa e Arezzo, e rinvenuta abbondantemente lungo gli accampamenti legionari del Reno, la sigillata italica accompagnava altre merci più essenziali: vino, olio, granaglie La connessione con i bisogni dell’esercito deve aver determinato guadagni sicuri e cospicui e doveva presupporre un qualche tipo di contatto con l’amministrazione militare258 Nel corso del I secolo, gli Ateii erano dunque riusciti ad inserirsi nella struttura politica ed economica della Repubblica: il loro successo era frutto di un’oculata scelta politica e del controllo di ricche proprietà, forse, ottenute all’epoca delle proscrizioni sillane259 Il sostegno dimostrato alla causa di Ottaviano condusse gli eredi di un centurione al consolato Il caso degli Ateii, come del resto quello dei Caecinae, dimostra efficacemente quanto la stagione delle guerre in Italia avesse aperto numerose e proficue strade per una solida integrazione delle classi dirigenti locali nelle istituzioni di Roma, determinando parallelamente una maggiore articolazione del panorama politico della Repubblica Come si vedrà, in questo nuovo scenario, l’Italia dei municipia avrebbe rivestito un ruolo centrale Il panorama istituzionale della Repubblica post-sillana. Anche a Roma, Silla aveva messo in moto sviluppi importanti H Flower ha interpretato gli interventi sillani sulle istituzioni della Repubblica, come parte del programma di un “legislatore”, in questo modo sottolineando il carattere strutturale dell’azione del Dittatore260 Gli intenti di Silla e la sua eredità istituzionale e politica costituiscono un tema vasto e discusso Qualunque fosse l’idea che il Dittatore aveva del proprio progetto e della sua durata, l’assenza di una costituzione scritta doveva però rappresentare un serio ostacolo alla tenuta organica del “suo” sistema In effetti, il quadro istituzionale sarebbe stato modificato già nel decennio successivo alla sua morte261 Recentemente, C Steel si è soprattutto concentrata sulla struttura del Senato e sul ruolo delle magistrature 257 Sulla terra sigillata italica, si veda Rizzo 2003, pp 72–98; per lo studio delle forme ceramiche rinvenute e gli ateliers produttivi, cfr Conspectus; Kenrick 2002 258 In assenza di vere e proprie commissioni statali, è indubbio che i bisogni dell’esercito dovessero rappresentare un mercato eccezionale per i prodotti di consumo e che legami con la classe dirigente repubblicana e, successivamente, imperiale dovessero favorire l’arricchimento di singole personalità e di intere famiglie 259 E’ suggestivo, ma azzardato, immaginare che L. (o M.) Ateius fosse addirittura uno di quei gregarii milites promossi da Silla in Senato, secondo la tradizione – certo ostile – di Sallustio (BC 37) 260 Flower 2010, pp 120–134 261 F Santangelo (2014) ha esaminato il decennio successivo alla morte di Silla, con particolare attenzione ai grandi temi discussi nel dibattito politico del tempo Su questo punto, sembra che non solo non fosse stata consciamente perseguita una “demolizione” del sistema sillano, ma che ciascun provvedimento fosse, in realtà, stato discusso singolarmente, sulla base del dibattito del momento A prescindere dalla natura del suo intervento sulle istituzioni, che forse il Dittatore percepiva come unitario e organico, il carattere consuetudinario della politica romana non poteva che procedere ad un riesame e ad una riforma caso per caso (Ivi, p 22)
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nella Repubblica successiva alla guerra dell’83–82262 In effetti, al di là della semplice cooptazione dei sostenitori di Silla, l’ampliamento del Senato aveva determinato un’accresciuta rappresentanza delle classi dirigenti della Penisola In questo, aveva del resto influito anche l’apertura della Curia agli ex questori, il cui numero era stato portato a 20263 Se l’ingresso in Senato era divenuto più praticabile, l’influenza che un nuovo membro poteva godere nella Curia era tuttavia limitata Ai fini del dibattito politico, un ex questore, eletto dopo l’82, era anzi ancor meno rilevante che in precedenza264 Se il numero dei questori cresceva, le possibilità di ascendere alla pretura e al consolato non potevano infatti che ridursi, appunto perché a crescere erano gli aspiranti alle sole posizioni, dalle quali si potesse accedere alla nobilitas, o – più prosaicamente – al governatorato di una provincia265 L’influenza dei magistrati cum imperio, ai quali era stata tradizionalmente demandata la gestione dei lavori del Senato, non poteva che aumentare ed è anzi convincente la tesi di Steel che vede nella Curia sillana un organismo pletorico e frammentato266 In questa sintesi del sistema politico successivo all’82, due fenomeni mi sembrano di particolare rilievo: da una parte, l’assenza di solide formazioni ed alleanze interne ad una Curia nient’affatto “sillana”267, dall’altra, la capacità della nobi litas di conservare una posizione di predominio indiscussa, soprattutto in occasione delle competizioni per il consolato268 L’ascesa degli uomini nuovi alle magistrature cum imperio sarebbe aumentata significativamente soprattutto in corrispondenza della stagione di Pompeo, Crasso e Cesare e, successivamente, delle guerre civili269 Pur sen-
262 Steel 2014 263 Si trattava di un provvedimento necessario a soddisfare le esigenze delle quaestiones sillane, tutte affidate a magistrati e senatori; sugli effetti pratici nella composizione delle giurie, si veda Greenidge 1901, pp 433–442 264 Steel 2014, pp 325–331 265 In provincia, le possibilità di arricchirsi erano notevoli, ma c’era anche altro: come si vedrà per Ap. Claudius Pulcher (cos. 54), il proconsolato di Cilicia aveva rappresentato anche un’occasione per soddisfare importanti alleati politici e clientes, tutelando gli interessi dei primi e offrendo posizioni all’interno del proprio entourage ai secondi Una di queste posizioni era senz’altro la prae fectura fabrum (su questo, si veda infra) 266 Steel 2014, sopr pp 329–331 e 2015, pp 667–668: l’abulia del Senato post-sillano, vittima di veti incrociati e della frammentazione del corpo senatorio nel suo complesso doveva inoltre determinare un aumento degli episodi di corruzione, appunto perché era a questa, più che in altri tempi, cui si doveva ricorrere per controllare la Curia; contra Keaveney 2005, pp 140–155, in cui prevale invece la tesi del Senato come organo centrale della Repubblica restituta 267 Il carattere “sillano” del Senato si perse molto in fretta e certamente dopo la dura censura dell’anno 70, in cui 64 senatori furono espulsi (MRR II, 125) Sull’inconsistenza di solide alleanze all’interno della Curia, si veda soprattutto Santangelo 2014 (sull’accezione di sullanus, si veda Santangelo 2012); cfr anche Gruen 1974, sopr p 47 268 Dai tempi dell’elezione di Mario, le possibilità per gli homines novi non sembravano molto cresciute: su questo, cfr sopr Cic Leg. agr. II, 1–4 Sui consoli di questo periodo, si veda Badian 1990 269 Sarebbe errato ritenere si sia trattato di un fenomeno determinato da pura instabilità politica, quanto piuttosto dal completo stravolgimento della precedente struttura politica e della tradizionale costruzione del consenso Una nuova forma di partecipazione, democratica e rivoluzionaria,
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za una candidatura al consolato, molti Italici erano tuttavia divenuti essenziali per una campagna elettorale di successo, come del resto anche per altro270 Politica e consenso, capacità e risorse. Si è detto come le ridotte dimensioni della partecipazione politica a Roma avessero acuito le conseguenze dell’acquisizione della cittadinanza romana da parte degli Italici Benché il processo di integrazione non si fosse ancora concluso, la guerra civile fra Mariani e Sillani aveva però messo in luce tutte le opportunità offerte dall’inclusione politica delle comunità italiche, ricche di risorse e uomini Per converso, i municipia appresero appieno l’importanza di solidi legami con i membri della nobilitas Come si è visto, i viri municipales cominciarono presto ad inserirsi nella struttura politica repubblicana, coltivando relazioni patronali con eminenti personalità a Roma, e/o conquistando posizioni nell’esercito e nelle istituzioni Gli Italici del resto – e questo Silla lo aveva messo chiaramente in luce –, avevano ben altro da offrire che i propri voti Quantificare i benefici del favore dei domi nobiles è tuttavia un’operazione difficoltosa Senz’altro, il controllo di ingenti risorse e proprietà rappresentava la più immediata utilità di stabili legami con le élites italiche Pur con prospettive cronologiche e sensibilità diverse, i classici studi di Shatzman e Andermahr si sono concentrati su questo stesso aspetto, privilegiando però l’ordine senatorio271 In entrambi, emerge comunque con chiarezza l’importanza rappresentata dalla proprietà fondiaria nell’immaginario e nella quotidianità dei membri della classe dirigente antica La villa, in particolare, non era soltanto una residenza di rappresentanza, aggregata a strutture propriamente produttive272 Essa rappresentava un chiaro punto di riferimento, all’interno del paesaggio sociale e produttivo antico: il controllo di risorse e beni per il commercio concedeva infatti ai grandi proprietari la possibilità di incidere significativamente nella quotidianità delle comunità più prossime273 Il possesso della
si stava imponendo anche, ma non solo, attraverso i ranghi dell’esercito (sul rapporto fra magistrati cum imperio e soldati, si veda sopr Keaveney 2007, pp 93–99) 270 Al tempo di Cicerone, la loro importanza elettorale era comunemente riconosciuta: Q Cic Comm. pet. 30–31: postea totam Italiam fac ut in animo ac memoria tributim discriptam comprehensamque habeas, ne quod municipium, coloniam, praefecturam, locum denique Italiae ne quem esse patiare in quo non habeas firmamenti quod satis esse possit, perquiras et investiges homines ex omni regione, eos cogno scas, appetas, confirmes, cures ut in suis vicinitatibus tibi petant et tua causa quasi candidati sint. Volent te amicum si suam a te amicitiam expeti videbunt; id ut intellegant, oratione ea quae ad eam rationem pertinet habenda consequere. Homines municipales ac rusticani, si nomine nobis noti sunt, in amicitia se esse arbitrantur; si vero etiam praesidi se aliquid sibi constituere putant, non amittunt occasionem pro merendi) Cicerone si soffermò a lungo sull’importanza del sostegno degli uomini dei municipia, per le elezioni consolari, specialmente per gli homines novi quali Plancio e, in un certo senso, lo stesso Murena (si vedano ad es Planc. 22–23; Mur. 23) 271 Shatzman 1975; Andermahr 1998 272 Sul modello della villa, sulla sua origine e la sua struttura, si veda Gros 2001, pp 265–378; cfr anche Mielsch 1987 273 Si trattava di un carattere ben identificabile anche in età imperiale e tardo-imperiale Su questo, si veda lo stimolante contributo di N Purcell (1995), dedicato al rapporto ideale e materiale fra città e ville Il controllo di un surplus destinato al commercio era parte integrante dai valori della
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terra – la più riconoscibile forma di ricchezza – vincolava stabilmente gli interessi di un individuo a quelli della collettività civica più prossima, della quale il proprietario era spesso magistrato, patrono, evergete: sembra anzi che alcuni provvedimenti municipali mirassero esattamente ad assicurare una simile connessione274 Ubicate lungo i principali assi viari della Penisola, le ville offrivano la possibilità di esercitare un’efficace forma di controllo sulla libera circolazione di persone, mezzi ed informazioni275 Si trattava evidentemente di una circostanza determinata da esigenze di tipo economico: i prodotti delle grandi proprietà (soprattutto quelli di colture specializzate, come olio e vino, tanto diffuse nella Tarda Repubblica) potevano così raggiungere con relativa facilità i mercati a cui erano destinati276 L’influenza esercitata personalmente dai grandi proprietari, sulle comunità vicine alle rispettive villae, determinava tuttavia utilità più complesse della semplice disponibilità economica Questo fu particolarmente evidente durante gli anni delle guerre civili277, ma non doveva essere meno vero durante la “normale” competizione repubblicana278 Era questa una delle ragioni per cui numerosi nobiles e candidati investivano una parte dei propri averi acquistando (o conservando) proprietà distanti da Roma, ma vicine a territori ritenuti strategicamente importanti Ironicamente, la competizione per la conquista del favore dei municipia d’Italia non era inferiore a quella di Roma279 Le guerre Sociale e Civile – come si è visto – avevano
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classe dirigente antica: essa segnava in questo modo il “paesaggio della produzione” La villa rappresentava materialmente questo concetto Il possesso di proprietà fondiarie nel territorio di un municipium era considerato un requisito essenziale per avere accesso alle magistrature municipali (RS I, pp 301–312); su questo, Augier 2014, p 45, n 49 (con bibliografia) In un passaggio retorico non privo di una certa esagerazione, Cicerone (Phil. XII, 23) passava in rassegna le strade che avrebbe dovuto percorrere per raggiungere Mutina da Roma L’Arpinate lamentava la presenza dell’esercito di P. Ventidius Bassus (cos. suff. 43) sulla Flaminia, ma anche del cesariano Caesennius Lento (VIIvir agr. divid. 44) sulla Cassia Colpisce infine l’accenno all’impraticabilità dell’Aurelia, una via che attraversava anche il territorio di Volterra, intorno alla quale, tuttavia, sorgevano anche estese proprietà di Clodio, suo acerrimo nemico, ormai defunto Pur intenzionato a dimostrare l’impraticabilità di una sua legazione a Mutina, Cicerone doveva comunque contenersi entro un piano di verosimiglianza Il paesaggio politico e della clientela rappresentato da Cicerone a beneficio delle proprie argomentazioni è una preziosa testimonianza di quanto i proprietari terrieri (e i magistrati romani) potessero influire su di un territorio potenzialmente molto vasto Su questo, si veda Augier 2014, p 48 Cato Agr. I, 3: bonumque aquarium, oppidum validum prope siet; si aut mare aut amnis, qua naves ambulant, aut via bona celebrisque; Plinio il Giovane (Ep. II, 17) avrebbe più tardi vantato l’ottima posizione della sua villa di Laurentum, vicina a Roma, al mare, alla viabilità principale Sulle produzioni riconducibili a membri della classe dirigente in Italia, durante la Repubblica, si veda Nonnis 2015, sopr pp 655–693 E’ questa la tesi centrale del contributo di B Augier (2014, sopr pp 53–54): la conquista del favore dei viri municipales era oggetto di una notevole competizione fra i grandi della politica romana, evidenziata dalla quantità di individui legati a diversi protagonisti, su di uno stesso territorio R Syme (1939, p 286) sintetizzava le utilità offerte dai domi nobiles in voti, reclute e pressioni politiche Augier 2014, p 48
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evidenziato fratture profonde all’interno delle classi dirigenti locali Una competizione forte, certo meno nota che a Roma, doveva caratterizzare anche la realtà politica dei singoli municipia Era sulle aspirazioni di questi individui che le personalità più attive della Repubblica dispiegavano ora le proprie abilità e risorse, con il solo fine di assicurarsi il supporto di quegli stessi Italici, che pochi anni prima si erano sollevati contro Roma: un patronato giudiziario, la concessione di incarichi al seguito di un magistrato, o ancora un modesto supporto elettorale280 Aspirazioni e carriere. Il fatto che, come si è detto, la competizione per la pretura ed il consolato fosse cresciuta, non facilitava ovviamente l’accesso di nuove forze nella nobilitas e questo era tanto più vero per gli uomini dei municipia281 Come spesso notato, l’esplosione dei novi e degli Italici avvenne fra 47 e 33, effetto di un contesto politico profondamente mutato282 Sarebbe, tuttavia, in qualche misura riduttivo ritenere che tutto si riducesse all’arbitrio di Cesare e allo spopolamento della classe dirigente, determinato dalle lunghe stagioni delle guerre civili e delle proscrizioni La stagione compresa fra il 79 ed il 48 aveva anzi visto una sempre più evidente centralità politica della Penisola e non soltanto come bacino di voti e risorse283 Si è detto già degli Ateii d’Etruria, così come dei Minatii di Campania Le orazioni di Cicerone, altrettante prestazioni di un patronus ad un cliens, raccontano molto sulla notevole importanza locale dei Caecinae e dei Roscii Ad onta di numerosi candidati provenienti da Roma, dal suburbio o dal Latium, questi contesti periferici potevano addirittura rivelarsi più premianti per lanciare una carriera nella grande politica romana Per eleggere edile il novus Cn Plancio erano venuti a Roma gli uomini della “sua” Atina e quelli di tutto il circondario, inclusa Arpinum284 Al nobilis Laterensis doveva essere sembrato impossibile che Tusculum, che aveva dato tanti consoli alla Repubblica, non si fosse mossa per uno dei propri figli Atina e le città del circondario erano centri popolosi, ma poveri di ex magistrati: un comprensibile orgoglio ed un ovvio interessamento personale dovevano aver influito sulla campagna elettorale di Plancio Molti si aspettavano di poter beneficiare
280 Q Cic Comm. pet. 5: ad speciem, homines inlustres honore ac nomine (qui, etiam si suffragandi studia non navant, tamen adferunt petitori aliquid dignitatis); ad conficiendas centurias, homines excel lenti gratia 281 Nel quarantennio 89–49, G Farney (2007, p 190) ha identificato un solo console di sicura origine italica: il piceno L. Afranius (cos. 60 – MRR II, 182–183), per il quale si era impegnato personalmente Cn Pompeo Magno (Plut Pomp. 44, 3; una versione un po’ diversa è contenuta in Mor. 806 A–B) 282 Nelle parole di R Syme (1939, p 243): “the Senate presented a strange and alarming aspect In the forefront, in the post of traditional leadership of the State, stood an array of consulars impressive in number but not in dignity, recent creations almost all” 283 Sui viri municipales e sul loro successo nell’età delle Guerre Civili, si veda il contributo di F Santangelo in un volume curato da K -J Hölkeskamp, S Karataş, e R E Roth (2019) 284 Cic Planc. 22–23 La partecipazione di Arpinum all’elezione di Plancio deve essere in qualche misura connessa allo stesso impegno dichiarato da Cicerone presso ciascuna tribù (Ivi 24–26)
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di un patronus autoctono a Roma285 Cicerone rammentava anche l’importanza che un uomo come il padre di Plancio, un princeps publicanorum286, poteva aver rappresentato per il successo della campagna La vicenda, nel suo complesso, restituisce un’immagine della pratica ordinaria della politica romana, lontana dalle spettacolari contese fra i principes della Repubblica Come si è visto in questa lunga digressione, l’Italia lasciata da Silla aveva i mezzi per imporsi alla politica romana e l’importanza della Penisola a questo riguardo era ormai generalmente riconosciuta Alla vigilia delle guerre civili, la crescita prepotente di factiones attorno alle personalità “eversive” di singoli capiparte favorì questo processo Pompeo creò una fitta rete di amicizie e clientele in Italia, in Oriente, in Spagna: dall’alto di questa posizione, per primo, sfidò le istituzioni della Repubblica con una posizione “eccentrica” – per tanti anni investito di imperium senza neppure aver ricoperto la pretura287 Circa trent’anni dopo il primo consolato di Pompeo, i Cesaricidi (definitisi Liberatori) si rivolsero inutilmente all’Italia per una grande alleanza repubblicana con cui schiacciare la factio cesariana288 Nel decennio successivo l’ultimo princeps repubblicano chiese infine proprio alle comunità della Penisola di sanzionare la loro fedeltà personale in un solenne giuramento: iuravit (…) tota Italia289. Uno strumento chiaramente politico. La quasi totalità dei praefecti fabrum attestati per l’età repubblicana si concentra negli anni compresi fra la fine della dittatura sillana e l’instaurazione del Principato Note soprattutto grazie a documenti di natura letteraria, le biografie dei prefetti sono spesso soltanto sunteggiante all’interno di trattazioni più estesamente dedicate ai relativi (e ben più noti) magistrati cum imperio Di rado gli episodi che li vedono coinvolti sono però banali: le grandi vicende della politica romana – ed in particolare gli effetti della questione italica, sin qui tratteggiata – sono chiaramente riconoscibili290 Al di là del contesto e delle circostanze dei singoli episodi, alcuni caratteri emergono, infine, in modo netto dalla disamina di ciascuno degli individui noti Un numero notevole di prefetti è innanzitutto riconducibile
285 Yakobson 1999, p 97 286 Cic Planc. 23 287 Nel 70, l’elezione al consolato di Pompeo e Crasso pose fine all’eccezionalità di questa posizione Come giustamente evidenziato da C Steel (2014, sopr pp 332–334), con la concessione del consolato, Pompeo normalizzava la propria posizione ed entrava ufficialmente a far pare della classe dirigente sopravvissuta a Silla 288 Nep Att. 8, 4; si veda anche Syme 1939, p 102 289 Aug RG 25; anche Cicerone aveva invocato il consensus Italiae contro Antonio, durante i fatti di Mutina Il fatto che i Cesaricidi e Cicerone avessero fallito dimostra la capacità di visione delle classi proprietarie d’Italia, lontane dagli avventurismi politici dei nobiles, ma toccate dai guadagni e dalle minacce immediate, che il nuovo corso dell’erede di Cesare stava avviando Secondo Syme (1939, p 288): “the power conferred by the consent of tota Italia far surpassed any attempts of earlier politicians to build up a following amongst propertied classes of Italy” 290 La prudenza è ovviamente necessaria, soprattutto in ragione della notoria abbondanza di documenti disponibili per questo periodo
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all’Italia dei municipia Si tratta sempre di personalità dotate di patrimoni solidi, la cui carriera nota è generalmente, ma non sempre, limitata alla prefettura stessa Il fatto che, talvolta, ai prefetti siano attribuite villae ed estese proprietà fondiarie, autorizza chiaramente a riconoscere in ciascuno di essi un rispettabile dirigente municipale Si è detto come il loro supporto, in generale, fosse particolarmente ambito e la concessione di incarichi potesse rivelarsi essenziale per assicurarlo Sia che i viri municipales aspirassero ad una carriera politica propria, sia che si accontentassero di un limitato impegno (dalle conseguenze potenzialmente rilevanti), la praefectura fabrum poteva costituire un’invitante prospettiva di avanzamento Il rango equestre non è sempre attestato e mi pare che non ci siano elementi per ipotizzare che questo fosse un requisito necessario E’ piuttosto vero il contrario: le possibilità offerte dalla prefettura (sia in termini patronali, che nelle prospettive di carriera del prefetto stesso) erano tali che, soprattutto nel corso del I secolo a C – e per gli importanti personaggi coinvolti – era affidata a individui di rilievo e, spesso, di rango equestre Del resto, non ci sono elementi per supporre che la prefettura dei fabri avesse subìto cambiamenti di natura legale o istituzionale rispetto al secolo precedente e lo stesso Turpilio Silano, ai tempi della guerra in Numidia, non sembra essere stato un eques Il caso di Turpilio suggerisce inoltre quanto lo speciale meccanismo di nomina e le vaste competenze affidate ai prefetti potessero effettivamente caricarsi di significati politici e, nel corso del I secolo, la progressiva caratterizzazione politica dell’incarico subì addirittura un’accelerazione Gli eventi del I secolo non avevano stravolto la Repubblica, ma l’avevano irreversibilmente modificata Questa constatazione – ed il fatto che i prefetti dei fabri di questa stagione politica siano spesso associati a personalità di prima grandezza della politica urbana – ha costituito per lungo tempo un ostacolo ad una puntuale disamina del profilo di ciascuno di essi Sempre più spesso ascesero alla prefettura dei fabri personalità rilevanti dei municipia In questo senso, riferirsi alla prefettura dei fabri come strumento di promozione delle élites italiche291, mi sembra quantomeno riduttivo Si trattò invece di uno strumento funzionale all’integrazione degli Italici nella struttura politica romana Non trattandosi di una magistratura, essa aveva il pregio di non essere un incarico elettivo: la sua stessa assegnazione – una nomina diretta – era assicurata senza l’alea di una competizione elettorale e si qualificava come un eccellente strumento patronale per qualunque politico giungesse almeno alla pretura Nel proprio praefectus fabrum egli avrebbe trovato un agente leale e riconoscente, un collaboratore particolarmente utile e spesso necessario, nello scenario competitivo della politica romana D’altro canto, essa era anche una nomina di particolare prestigio per i primi viri d’Italia Al pari del tribunato militare, essa poteva prevedere mansioni effettive, o essere una semplice sinecura292 Generalmente, essa proiettava però gli uomini dei municipia sul palcosceni-
291 Cerva 2000 292 Come si suppone in Millar 1963, pp 196–197
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co della grande politica romana, a contatto con personaggi di alto rango e di notevole influenza In questo senso, il successo della prefettura – alla fine della Repubblica e nel corso dell’età giulio-claudia – non si esaurisce soltanto nel riconoscimento delle potenzialità dell’incarico; esso è anche un indicatore dell’importanza assunta dagli uomini dei municipia e loro attribuita dalla classe dirigente repubblicana ed imperiale Si vedrà come i profili dei prefetti, gli incarichi loro assegnati, i contesti in cui operarono autorizzino questa prospettiva In riferimento ai praefecti fabrum, R Syme ebbe a scrivere: “holders of that post should never be lost from sight and scrutiny”293 Nelle prossime pagine, spero emergerà quanto egli avesse ragione 7. Praefecti fabrum, magistrati e politica: da Silla ad Augusto (1) L. Cornelius L. f., prefetto dei fabri e architectus di Q. Lutatius Catulus Lucio Cornelio, prefetto o architetto? Il nome del praefectus fabrum di Q. Lutatius294 Catulus (cos. 78, cens. 65295) è conservato su di un’iscrizione funeraria rinvenuta lungo la Via Prenestina, oggi conservata a Roma sull’Isola Tiberina296 Già Molisani, che curò la prima edizione del documento, aveva sottolineato come la tribù elettorale di L. Cor nelius L. f., la Voturia, fosse poco attestata ad Ostia Trattandosi di una circostanza abbastanza comune all’interno di un contesto dinamico come il porto di Roma, Badian ha supposto che la famiglia si fosse trasferita in città per ragioni d’affari ed ha inoltre suggerito un possibile legame fra il nomen Cornelius e i 10 000 liberti di Silla (i Cornelii appunto297), che lascerebbe quantomeno supporre l’origine servile del padre del prefetto298 Il testo dell’iscrizione, per il vero molto breve, definisce l’individuo Q. Catuli co(n)s(ulis) praefectus fabrum e censoris architectus In relazione a queste definizioni, M Verzàr Bass299 ha proposto questa iscrizione – e alcune altre attestazioni300 – come altrettante dimostrazioni di un legame fra la praefectura fabrum e l’edilizia pubblica In
293 Syme 1961, p 26 = 1979, p 524 294 Münzer RE XIII 2, coll 2082–2094, n 8 295 Su questi mandati magistratuali e per un regesto dei documenti, si vedano MRR II, p 85 e p 157 e MRR III, p 131 296 Molisani RAL 26, 1971, 41–50, tav 1 (= AE 1971, 61): L(ucius) Cornelius L(uci) f(ilius) Vot(u ria tribu) / Q(uinti) Catuli co(n)s(ulis) praef(ectus) fabr(um) / censoris architectus 297 App BC I, 100 298 Badian 1997, p 3 Suggerisce prudenza l’altissima ricorrenza del nomen Cornelius, riconosciuta dallo stesso Cicerone (Ascon 67) e, più tardi, da R Syme (1979, p 50): “the serried ranks of his (cioè di Silla) freedmen exercise a baneful and perverse influence upon history” 299 Verzàr Bass 2000 300 Fra cui, ovviamente, quella sull’obelisco vaticano, in cui compare Cornelio Gallo, prefetto di Cesare (vedi infra)
7. Praefecti fabrum, magistrati e politica: da Silla ad Augusto
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verità, l’iscrizione indica separatamente gli incarichi (e, conseguentemente, le attività) di praefectus fabrum e di architectus Se per quest’ultimo non vi è alcun dubbio che si riferisse a una figura con competenze tecniche, è pur vero che la praefectura fabrum fosse invece un incarico istituzionale – politicamente rilevante Naturalmente, nulla esclude che una competenza tecnica – in questo caso, acquisita da L Cornelio – fosse utile all’attività di Catulo, console e poi censore Il consolato di Catulo. L’anno del consolato di M Emilio301 Lepido e Q Lutazio Catulo – il primo dopo la dittatura di Silla – fu espressione di un contesto politico polarizzato e frammentato I due consoli lo dimostrarono plasticamente e, in aperta discordia su quasi ogni questione a partire dall’organizzazione delle Feriae Latinae302, terminarono il proprio mandato con una guerra civile in piena regola Certo, se su quest’ultimo periodo possedessimo una documentazione più vasta, al momento essenzialmente limitata ai frammenti delle Storie di Sallustio, apprezzeremmo un quadro più articolato dell’Italia degli anni successivi alla Guerra Sociale e alla “rivoluzione” sillana303 Lutazio Catulo, un partigiano del sistema sillano? La posizione di Catulo pare però emergere chiaramente dalla documentazione disponibile: egli doveva apparire come un punto di riferimento per tutti coloro che nelle politiche di Silla si erano riconosciuti, come dimostrò l’organizzazione di funerali pubblici per il dittatore, orgogliosamente rivendicata contro l’ostruzionismo di Lepido Questa dichiarata prossimità a Silla ha, in qualche modo, indotto i moderni a marginalizzare e minimizzare l’importanza politica di Catulo A ciò hanno contribuito alternativamente l’eccezionalità della dittatura di Silla (contrapposta alla genericità con cui si è soliti parlare di oligarchia sillana), l’irrequietezza di Lepido, “console sovversivo”304 ed infine l’ascesa al consolato di Pompeo e Crasso – oltre che la generalizzata convinzione che gli anni 70 del I sec a C abbiano costituito lo scenario per un sistematico smantellamento del “sistema” sillano305 In realtà, indipendentemente dalle intenzioni del Dittatore e dalla cura che aveva dedicato alla ricostruzione dello Stato306, l’intervento sillano non aveva sistematicamente risolto le contraddizioni che da sempre animavano la politica romana – fazioni, clientele, ambizioni all’interno e all’esterno della nobilitas Anche le “novità” della guerra civile – soprattutto il rapporto rivoluzionario fra armate di cittadini ed
301 302 303 304 305 306
Klebs RE I, coll 554–556, n 72; MRR II, pp 85 e 89; MRR III, p 7; Criniti 1969; Gundel RE III, col 577, n 5; Labruna 1975; Weigel 1992, pp 14–19; Allély 2004 Le Feriae Latinae rappresentavano in qualche modo il principio del consolato, giacché in occasione delle celebrazioni sul Mons Albanus, “the new consuls received the divine sanction of their charismatic imperium from the divine patron of the state” (Marco Simón 2011, p 132) Su questo (e per una disamina dei frammenti delle Historiae, relativi a questi anni), si veda Santangelo 2014 Secondo la nota definizione di Labruna (1975) Santangelo 2014, sopr pp 1–5 Flower 2010, pp 133–134
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imperatores – erano tutte al loro posto, costrette da limitazioni legali deboli Il progressivo ridimensionamento dei provvedimenti del Dittatore avrebbe infine condotto ad un’eliminazione di tutti gli elementi necessari alla conservazione degli equilibri sillani Non è dunque possibile distinguere uno scenario bipartito, con l’aristocrazia “sillana” (gli optimates) da una parte e i riformatori (i populares) dall’altra307: quasi tutti coloro che erano sopravvissuti a Silla avevano tratto un guadagno materiale dalla prossimità al Dittatore308 e già è stata dimostrata l’insussistenza di una factio sullana negli anni immediatamente successivi la morte di Silla309 Le ambizioni di un nobilis. Catulo non era dunque a capo di quel variegato mondo che sulla vittoria di Silla aveva potuto (ri)costruire la propria posizione economica, sociale, politica E’ vero però che le occasioni in cui questi si espresse pubblicamente – forse per sincera convinzione – lo qualificarono inequivocabilmente come il sostenitore di una politica della conservazione310 La voce di questo autorevole consolare non poteva che orientare almeno una parte di coloro che, dentro e fuori dalla Curia (fra cui il novus Cicerone e, più in generale, i boni311), sostenevano la necessità di una politica limitata ai “migliori”, agli uomini di buon senso, tesa a limitare i politici più intraprendenti e disposti a percorrere vie nuove (e pericolose) del consenso organizzato312 Sarebbe riduttivo ritenere che Catulo potesse considerare con sufficienza questo riconoscimento, perché nulla gli assicurava la fortunata carriera che avrebbe pecorso313 Al momento dell’ascesa al consolato, lo stesso Silla non lo sostenne con la forza necessaria ad assicurarne l’elezione, tanto da essere superato da Lepido, che
307 Il primo a suggerire questa linea fu lo stesso Sallustio (Hist. I, 48 e I, 67 – ed McGushin), autorevolmente seguito da Mommsen RG III, pp 3–33 e Labruna 1975 Seppur non concentrata su questo specifico soggetto, è sensibile a questa impostazione Arena 2011, a cui si rinvia per una disamina degli eventi dell’anno consolare, così come del carattere e dell’origine familiare dei due consoli (ivi, pp 300–306) 308 Nel 73, fu soprattutto Cesare a mobilitarsi per ottenere il rientro dei proscritti (sulla lex Plotia: Sall Hist. IV, 52 ed McGushin; Suet Iul. 5, 1), un’operazione che, pur giovane, lo proiettò come erede della vecchia factio mariana 309 Su questo, si veda Santangelo 2012 310 Per una sintesi dedicata alla figura di Catulo nei documenti letterari, si veda Arena 2011, pp 304– 305 Qui si segnalano i seguenti passaggi tratti da Cicerone: Leg. Man 51 (vir clarissimus amantis simus rei publicae, vestris beneficiis amplissimis adfectus); Att I, 20, 3 (me hanc viam optimatem post Catuli mortem nec praesidio ullo nec comitatu tenere); Red. sen 9 (sapientissimus optimus civis et vir); Pis. 6 (me Q. Catulus, princeps huius ordinis et auctor publici consilii, frequentissimo senatu parentem patriae nominavit); Brut 222 (Q. etiam Catulum filium abducamus ex acie id est ab iudiciis et in prae sidiis rei publicae) 311 Bonus è una definizione essenzialmente patrimoniale, come dimostrato da W J Tatum (2010, pp 1–3) 312 Cic Tusc. III, 3: Est enim gloria solida quaedam res et expressa, non adumbrata; ea est consentiens laus bonorum, incorrupta vox bene iudicantium de eccellenti virtute, ea virtuti resonat tamquam imago; quae quia recte factorum plerumque comes est, non est bonis viris repudianda. 313 Secondo le parole di R Syme, egli sarebbe divenuto “the head and front of the Optimates” (1964a, p 197)
7. Praefecti fabrum, magistrati e politica: da Silla ad Augusto
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godeva del supporto di Pompeo – adulescentulus carnifex314, eppur dotato dei mezzi e dell’ambizione necessari alla costruzione di un potere personale di prima grandezza315 In effetti, Pompeo e Lucullo sembravano candidati migliori a raccogliere l’eredità politica di Silla316 ed un vecchio consolare rappresentava già lo spirito della conservazione: L. Marcius Philippus (cos. 91, cens. 86)317 Sembra dunque che, quando Catulo sostenne la celebrazione e si assunse l’onere dell’organizzazione del funerale pubblico di Silla, egli intendesse rivendicare l’esperienza e l’eredità sillane318 I veterani del Dittatore, affluiti da tutta l’Italia, dalle loro “nuove” proprietà319, dovevano costituire il grande pubblico popolare di questa dichiarazione politica Un programma edilizio, programmaticamente politico. Il consolato di Catulo fu poi interessato da un imponente progetto edilizio: la ricostruzione del Capitolium320, realizzata nel rispetto della struttura più antica, andata distrutta per colpa di ignoti, durante i combattimenti fra Sillani e Mariani nell’83321 Il carattere tradizionale e l’eminenza del culto, la scelta dei materiali322 e un ardito progetto (più tardi ridimensionato) erano elementi caratterizzanti di questa impresa323 Il Capitolium fu dedicato nel 69, a 9 anni di distanza dal consolato324 e Catulo, per l’occasione, finanziò la costruzione di un teatro provvisorio e l’organizzazione di spettacoli per il popolo325 Un altro grande
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Val Max VI, 2, 8 Ben prima degli imperia mediterranei di Pompeo, è a lui che il Senato affidò una propretura extra-ordinaria perché assistesse Catulo contro Lepido, dichiarato hostis publicus Lepido era stato sostenuto anche dai Caecilii Metelli così come dalla coppia consolare del 79 (Ap. Claudius Pulcher e P. Servilius Vatia; su questo Arena 2011, p 300) 316 Ad esempio, Silla riservò a Lucullo la tutela del figlio per via testamentaria (Plut Luc. 4) Sulla rivalità fra i due, a puro titolo esemplificativo, si veda Tröster 2008, pp 87–93 317 L’abilità oratoria di Filippo era ben nota (a titolo esemplificativo Cic Brut. 173; Hor Ep I, 7, 46– 47) Secondo Sallustio (Hist. I, 67 – ed McGushin), fu proprio grazie a Filippo, che si presero provvedimenti straordinari contro Lepido Come si è visto, Filippo aveva orientato i processi decisionali della Repubblica già al tempo del consolato (su questo e per un regesto delle fonti, si veda MRR II, pp 20–22; per una disamina di carattere politico sul contesto e sulla strategia di Filippo, si veda inoltre Millar 1986, sopr pp 10–11) 318 Santangelo (2014, p 1) avvia la propria disamina sulla politica negli anni 70 “defining the legacy of Sulla” e trattando appunto dei funerali del Dittatore Sulle esequie pubbliche di Silla, un evento politico di prima grandezza: App BC I, 105–107; Blasi 2012, pp 13–23 e 72–75 (con bibliografia) 319 Santangelo 2007, pp 147–157; Thein 2010 320 Gell II, 10: Catulus curator restituendi Capitolii 321 Tac Hist. III, 72, 2; Val Max IX, 3, 8; App BC I, 86, 4 322 Come è noto, a seguito del saccheggio di Atene, Silla aveva asportato le colonne dell’Olympieion, ancora incompleto, con l’intenzione di utilizzarle per il nuovo Capitolium a Roma (Plin NH XXXVI, 6, 45) 323 Per una recente disamina puntuale dei dati archeologici relativi al tempio capitolino, si veda Arata 2010 324 Il suo nome fu scolpito sulla facciata del grande tempio in stile tuscanico, di impostazione tradizionale, ma impreziosito da materiali di grande pregio, come colonne marmoree e tegole di bronzo dorato 325 Cic Verr II, 4, 69; Liv Per. XCVIII
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edificio, destinato a segnare il paesaggio del Foro fino alla fine dell’Impero, fu elevato da Catulo fra Capitolium e Arx, occupando la “sella” dell’Asylum: il Tabularium326 si presentava come una poderosa “quinta architettonica”, di fronte alla quale si stendevano l’area forense, gli spazi e le strutture della politica, della giustizia, della religione di Stato Questo grande edificio, elevato su tre livelli, adattandosi al terreno accidentato, offriva un’immagine solida e grandiosa, ispirata ai grandi complessi ellenistici di II sec a C , come Tibur e Praeneste327 Probabilmente destinato ad ospitare i documenti del vicino Aerarium Saturni (ma probabilmente anche molti altri, relativi alla città di Roma e ai municipia), si elevava quasi a costituire il simbolo tangibile dell’ordine e della legge, sui quali lo Stato poteva posare sicuro A conferma di ciò, al di sopra del Tabularium, trovavano spazio luoghi di culto di tradizione antica o di devozione più recente: accanto al tempio di Veiove e all’Atrium publicum, sorgevano ora i templi dedicati al Genius Publicus e alle “sillane” Venus Victrix e Fausta Felix328 Forse non è lecito parlare di un “programma sillano”, ma questi investimenti – non soltanto – economici dimostravano senz’altro che la morte del Dittatore non aveva affatto implicato la fine di un presunto sistema di potere Il programma di Catulo poteva dunque trovare consenso fra quei politici e cittadini, che avevano sostenuto Silla e non ne disconoscevano l’esperienza: si trattava senz’altro di un gruppo disomogeneo di individui e interessi diversi, ma genericamente vicini ad una sensibilità conservatrice329 Le battaglie politiche. Tempo dopo le grandi costruzioni, l’opposizione alle leggi Gabinia e Manilia (rispettivamente del 67 e 66) pose Catulo nuovamente in contrasto con Pompeo In discussione era l’assegnazione di poteri tanto vasti da porre un comandante al di sopra di tutti i propri colleghi330 Il fatto che si trattasse di un provvedimento necessario alla gestione dell’impero mediterraneo – del resto, non troppo diversamente dai ripetuti consolati di Mario – non scalfiva i timori del personale politico del tempo Al di là del ricordo della potentia dell’Arpinate, gli interventi sillani sulla struttura del Senato avevano definitivamente squilibrato il rapporto fra semplici senatori e detentori di imperium, con una evidente concentrazione dell’influenza politica su questi ultimi331 Benché non riuscisse a mobilitare numeri pari a quelli della 326 Due iscrizioni commemoravano questo incarico prestigioso: la prima (perduta, ma trascritta durante il Medioevo) faceva esplicito riferimento alla struttura – Q(uintus) Lutatius Q(uinti) f(ilius) Q(uinti) n(epos) Catulus co(n)s(ul) / substructionem et tabularium / de s(enatus) s(ententia) fa ciundum coeravit eidemque probavit Per una completa revisione dei dati relativi al Tabularium, si vedano: Coarelli 2010; Id 2019, pp 25–41; Tucci 2014 327 L’analisi di F Coarelli (1987) è ancora essenziale per lo studio di questo soggetto 328 Coarelli 2002, pp 51–53 329 Non dovevano essere pochi: “in the end they had all been waiting for Sulla” (Badian 1962, p 61) 330 Sui dibattiti per la rogatio Gabinia de uno imperatore contra praedones constituendo (come si desume da Cic Leg. Man. 52) e la legge Manilia, in relazione all’imperium, si veda la sintesi contenuta in Vervaet 2014, pp 216–223 331 Sull’importanza acquisita dagli “imperium holders” nel nuovo Senato sillano (oltre che sulle nuove dinamiche esistenti all’interno della Curia), si veda Steel 2014, sopr pp 325–328
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controparte, il gruppo rappresentato da Catulo si impegnò dunque realmente per il rispetto delle norme, delle consuetudini e dell’accesso di tutti i “migliori” alla gestione dell’imperium – sacrificando, in nome dell’interesse generale, la consapevolezza che le sfide di un impero mediterraneo esigevano ormai strumenti di portata mediterranea C’è da dubitare che gli stessi sostenitori degli ampi poteri concessi a Pompeo, comprendessero la necessità di un tale sviluppo, ma certo il sostegno politico all’iniziativa fu del massimo livello: Cesare e Cicerone si esposero personalmente per mobilitare un numero sorprendente di votanti332 Tuttavia, si è giustamente notato come un risultato (formale e sostanziale) fosse stato ottenuto equiparando l’imperium di Pompeo a quello degli altri promagistrati in servizio (imperium aequum in omnibus provinciis cum proconsulibus333): in altre parole, egli non aveva ottenuto un imperium maius334 Elezioni: successi e sconfitte. La rilevanza acquisita da Catulo all’interno della nobilitas emerse chiaramente in occasione del risultato conseguito all’elezione per la censura del 65 e, probabilmente, dallo stesso successo di Cicerone all’elezione consolare del 63: egli era un uomo nuovo, ma senz’altro riconosciuto come affidabile difensore della tradizione e degli interessi costituiti335 Durante la censura, Catulo ostacolò con successo i progetti del collega, Crasso, che sembrava intenzionato a concedere la cittadinanza ai Transpadani e a ridurre l’Egitto a provincia tributaria336 Non sorprendentemente, la loro censura si concluse anzitempo, senza che fosse portato a compimento il census337, come del resto nessuna delle successive, fino all’avvento al potere di Ottaviano338 Non si trattò comunque di un insuccesso, visto che, probabilmente, quel mandato garantì a Catulo l’autorevole posizione di princeps senatus339, che, almeno dopo il 209, era riconosciuta dai censori al princeps Romanae civitatis340 Sulla combattività dell’uomo e l’ambizione del politico è certo illuminante la partecipazione all’elezione
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Cic Leg. Man. 44 (sull’affluenza ad una contio informativa); Cass Dio XXXVI, 43–44 (sul sostegno di Cesare e Cicerone) Sul sostegno “interessato” di Cicerone a Pompeo, si veda Q Cic Comm. Pet. 5 e 51 Vell II, 31, 2 F V Vervaet (2014, pp 217–219) ha giustamente segnalato questo limite, seppur formale, all’ampiezza dei poteri concessi a Pompeo Syme 1939, p 24: “the oligarchy knew their man They admitted Cicero to shut out Catilina” Non per nulla, nonostante i suoi legami con Catilina (si veda infra), Catulo sostenne apertamente la repressione del console Cicerone, da lui definito pater patriae (Cic Red. sen. 9; Dom. 113; Sest. 121; Pis. 6; Phil. II, 12) Per un regesto dei documenti disponibili, si veda MRR II, p 157 Plut Crass 13, 1–2; Cass Dio XXXVII, 9, 3 Sulla tenuta della censura durante la Tarda Repubblica (e sui suoi malfunzionamenti) sono ancora fondamentali i lavori di Wiseman (1969) e Astin (1985) Sulla funzione di princeps senatus, si veda Ryan 1998, pp 137–168 Il principato di Catulo non è attestato nelle fonti disponibili, ma è tuttavia probabile (così Ryan 1998, pp 197–198, con bibliografia) Contra Steel 2014, p 331 Ryan 1998, p 232
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per il pontificato massimo: la sconfitta, subita contro il giovane e spregiudicato Cesare341, fu seguita dal tentativo (vano) di implicare l’avversario nei torbidi della congiura di Catilina342 Una sintesi. E’ comunque possibile individuare la stagione politicamente più fortunata per Catulo nel quindicennio compreso fra 78 e 63, anno in cui, nonostante la ripulsa elettorale, il princeps senatus rivestì un ruolo notevole nella corrispondenza di Catilina e nello stesso dibattito sui catilinari343 In sintesi, il suo profilo è quello di un nobilis di orientamenti conservatori, certo legato – come molti altri – a Silla, ma capace di portare avanti la propria carriera anche dopo la fine del Dittatore, acquisendo una auctoritas riconosciuta all’interno del Senato I suoi successi non furono determinati da condizioni eccezionali, ma da una strategia tradizionale, consapevolmente applicata a quello specifico contesto politico: Catulo scelse un messaggio chiaro, di moderata continuità con le politiche del Dittatore, diretto ai veterani (un gruppo che, in verità, sembrò politicamente abbastanza evanescente) e soprattutto alle classi possidenti (vecchie e nuove), a Roma e in Italia Il richiamo alla tradizione e alla conservazione fu sostenuto in occasione di discorsi pubblici (come per le leggi Manilia e Gabinia), di tornate elettorali (fra cui la lotta per il pontificato massimo, simbolo della tradizione) e all’interno del dibattito in Senato e fu tanto più efficace per la presenza di avversari chiari: prima Lepido, che egli riuscì ad isolare erodendone il consenso, poi Pompeo, Crasso e Cesare, la cui capacità eversiva divenne più tardi evidente a tutti Rispetto a questi ultimi, Catulo ebbe l’opportunità di proporre con successo un’alternativa344 E’ verosimile che il successo di Catulo sia stato influenzato anche dai prestigiosi programmi edilizi di cui fu incaricato e che ormai da molto tempo – a Roma e non solo – avevano acquisito il valore di un importante medium politico per i principes civi tatis345 Il messaggio era senz’altro chiaro: la stagione politica di Lutazio Catulo sarebbe durata ben oltre la fine di Sulla Felix
341 Vell II, 43; Plut Caes. 7; Suet Iul. 13 342 Sall BC 49: Sed isdem temporibus Q. Catulus et C. Piso neque precibus neque gratia neque pretio Cice ronem impellere potuere uti per Allobroges aut alium indicem C. Caesar falso nominaretur. Nam uterque cum illo gravis inimicitias exercebant: (…) Catulus ex petitione pontificatus odio incensus quod extrema aetate, maxumis honoribus usus, ab adulescentulo Caesare victus discesserat; Syme 1964a, p 104 343 Sall BC 34, 2–35, 6 Del resto, pochi anni prima Catulo stesso aveva difeso Catilina nello scandalo della vestale Fabia (Oros VI, 3: Catuli gratia fultus) Nel 63 è ben possibile che nessuno dei due amasse rammentarlo, ma il loro legame era stato pubblicamente cementato col sangue molti anni prima (81), quando un giovane Catilina aveva assassinato M Mario Gratidiano (praet. 87?, 85? e 84? MRR II, p 57, 60 e MRR III, pp 140–141), accanto al monumento funebre dei Lutatii (Val Max IX, 2; Sen Dial. III, 18, 1–3; Luc II, 173–193; Oros V, 21,7) Gratidiano aveva sostenuto il ruolo dell’accusatore nel processo intentato dai Mariani a danno del padre di Catulo (cos. 102; Münzer RE XIII 2, coll 2072–2082, n 7) 344 Dopotutto, la campagna per la censura fu vinta e Crasso – collega – fu politicamente limitato 345 Per una sintesi completa del rapporto fra politica e programmi figurativi ed edilizi in età repubblicana, si veda La Rocca 1990
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L. Cornelio, prefetto e architetto di Catulo. In questo progetto, il consolare non agiva da solo Con la propria iscrizione, L Cornelio segnalava anzi orgogliosamente la propria presenza all’inizio e alla fine di una stagione di successi, segnata dal consolato e dalla censura di Catulo ed è senz’altro significativo che egli si fosse servito delle competenze dello stesso individuo, in due momenti distanti fra loro ben 13 anni e per due incarichi diversi346 Contrariamente alla praefectura fabrum, le competenze di un architectus sono note, essenzialmente grazie alla testimonianza di Vitruvio347: questi doveva vantare competenze teoriche (litteris) e pratiche (manibus)348, oltre a conoscere i rudimenti di numerose discipline, fra le quali la letteratura, il disegno, la geometria, la storia, la filosofia, la musica, la giurisprudenza e l’astronomia Vitruvio valorizzava soprattutto l’importanza del talento e dell’apprendimento, perché neque enim ingenium sine disciplina aut disciplina sine ingenio perfectum artificem potest efficere349 Senz’altro, questo curriculum ideale doveva essere privilegio di pochi, in un’epoca in cui la formazione non poteva che essere il risultato di esperienza personale, cumulata prevalentemente nel mondo militare, dove queste cognizioni tecniche erano indispensabili350 Anche per questo, è ragionevole supporre che Cornelio abbia avuto un ruolo centrale nell’ambizioso programma edilizio di Catulo per il Capitolium ed il Tabularium, nell’anno del consolato e negli anni successivi, prima come praefectus fabrum consulis e poi come “esperto”351 Insomma, il servizio di Cornelio presso Lutazio Catulo non conobbe soluzione di continuità ed ebbe effetti riconoscibili (in parte anche determinanti) sui risultati di quest’ultimo352 La politicizzazione dell’attività di Cornelio. Quali che fossero le specifiche competenze di Cornelio, alcuni episodi dimostrano l’importanza del suo ruolo all’interno di un progetto dell’impegno e dell’importanza di quello capitolino, presto destinato a
346 Cfr infra il caso analogo (anche cronologicamente) di Cn. Pompeius Theophanes, prefetto dei fabri di Pompeo 347 Vitr I, 1–17; su questo soggetto si veda anche Anderson 1997, pp 3–15 348 Vitr I, 2 349 Vitr I, 3 350 Considerazioni simili sono state avanzate per i mensores: anch’essi erano funzionali alla logistica dell’esercito, ma le stesse comunità cittadine o i magistrati di Roma erano soliti servirsi delle loro competenze (su questa complessa tematica si vedano i contributi di M C Panerai – 1984a e 1984b) 351 Così anche Coarelli 2002, p 52 352 Sull’importanza di un rapporto consolidato di tipo clientelare fra architectus e patronus, si veda la buona sintesi di Anderson (2014, pp 127–139), dove tuttavia il caso di Cornelio è trattato in modo insoddisfacente (pp 129–130): in particolare, l’incarico di praefectus fabrum viene riconosciuto come militare e tradotto con “supervisor of the buildings”(?) Sempre secondo Anderson, Cornelio avrebbe appreso i principi dell’architettura durante il mandato da praefectus fabrum, forse al seguito dell’esercito di Silla Queste ipotesi non mi sembrano convincenti, considerati il rilievo istituzionale e la durata limitata dell’incarico (una trattazione più prudente in Anderson 1997, pp 26–32)
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diventare oggetto di polemica politica All’inizio della pretura di Cesare (65)353, questi cercò infatti (invano) di chiamare in causa Lutazio, censore nello stesso anno, per malversazioni nella ricostruzione del Capitolium Cesare si spinse addirittura a coinvolgere Pompeo in una nuova serie di interventi sul tempio354: una partecipazione del Magno avrebbe infatti dovuto oscurare i risultati di Catulo Il giovane patrizio non riuscì però nel proprio intento: iscritto sulla facciata, sarebbe rimasto il nome del vecchio avversario355 Benché questo attacco non avesse avuto successo, Cesare lo aveva azzardato: accusare un consolare, ora censore, coinvolgendo Pompeo, fu senza dubbio un’operazione rischiosa, ma, se dobbiamo prestare credito all’acume politico di Cesare, il materiale per sollevare uno scandalo doveva comunque essere sufficiente In questa sede, non è essenziale appurare la qualità dei lavori al Capitolium, ma senz’altro è rilevante che anche questo soggetto potesse essere manipolato per fini politici Si è detto dell’importanza politica di queste imprese per il successo dei principes civitatis; in questo caso, si rendeva visibile la dichiarata intenzione di Catulo di prolungare la propria stagione politica ben oltre la fine di Silla, ma certo si prestava anche il fianco ad una discussione tutta politica sulla gestione e la qualità dei lavori e dunque sull’onestà e la pietas del loro esecutore L. Cornelio, un uomo di fiducia. Cornelio sembra dunque un personaggio ben identificabile, un individuo dotato di competenze tecniche, il cui rango non poteva che essere inferiore a quello di un membro del Senato e, forse, anche di un eques Dal momento che abitava ad Ostia, non si trattava forse di un uomo dei municipia in senso stretto, ma era certo un individuo che aveva acquisito competenze che lo collocavano fra quei cittadini benestanti, che innervavano le realtà cittadine della Penisola Per meriti personali, o per relazione ereditaria, egli aveva guadagnato un riconoscimento importante a Roma, godendo della fiducia di un princeps civitatis, dotato di mezzi, posizione e soprattutto ambizioni, quale Q Lutazio Catulo Se il settore delle costruzioni avesse effettivamente costituito la principale attività di Cornelio, non c’è dubbio che questo legame fiduciario gli potesse essere di grande giovamento, soprattutto se egli
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Due noti episodi, connessi a Cesare, dimostrano la centralità politica del Campidoglio in questa fase e una significativa rivalità fra i due: durante l’edilità di Cesare e, probabilmente, in piena campagna elettorale per il pontificato massimo (65 a C ), Cesare fece erigere una porticus temporanea in Capitolio per esporre le opere d’arte della propria collezione (Suet Iul. 10, 1) ed è ben nota, nello stesso anno, la ricostruzione notturna dei tropaea Mariana rimossi da Silla (Cass Dio XXXVII, 44, 1–2); per gli interventi nell’area Capitolina cfr anche LTUR I, pp 114–117 354 Suet Iul. 15; Cass Dio XXXVII, 44, 1–2 355 Tac Hist. III, 72, 3 : Lutatii Catuli nomen inter tanta Caesarum opera usque ad Vitellium mansit In contraddizione è la notizia che, nel 46, Cesare dittatore abbia fatto cancellare il nome di Catulo per apporvi il proprio (Cass Dio XLIII, 14, 6) Secondo C Letta (2016, pp 250–251), Dione si sarebbe direttamente basato sul senatus consultum approvato nel 46 L’impossibilità di verificare la notizia per via autoptica – l’incendio del 69 d C aveva infatti distrutto il Capitolium e, con esso, l’iscrizione di Catulo – avrebbe indotto lo storico a prestare fede alle disposizioni dal Senato
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era attivo nella competitiva realtà ostiense356 Ovviamente, la distanza di censo tra prae fectus fabrum e consul rendeva questa relazione di tipo clientelare (cioè verticale), ma i compiti svolti dal prefetto ebbero importanti conseguenze sulla carriera politica del magistrato che lo aveva scelto Il consolare si servì delle competenze di Cornelio per un programma ambizioso, parte di una linea politica coerente Il fatto che un avversario della qualità di Cesare tentasse di ostacolare i progetti di Catulo ne testimonia il potenziale D’altra parte, la carriera di Cornelio, tutta svolta sotto gli auspici di Catulo, beneficiò dei successi del patrono Molti elementi restano sfortunatamente oscuri, come la rete di contatti cui apparteneva Cornelio all’interno del vivace contesto ostiense Senz’altro, il particolare status giuridico di Ostia e l’importanza infrastrutturale di questa città per Roma357, resero comune l’esistenza di stretti legami fra notabilato cittadino e membri dell’élite romana358 Nell’87, il saccheggio della città da parte di Mario sembra suggerire una significativa prossimità a Silla e, più in generale, ai nemici dell’Arpinate359 E’ possibile che un legame fra Cornelio e Catulo fosse dunque antecedente alla guerra civile, benché non sia possibile stabilire con certezza se il prefetto si fosse trasferito in città prima del conflitto Ad ogni modo, la relazione fra i due sembra fondata su di un tradizionale rapporto verticale di fides: all’interno di un contesto politico ancora sufficientemente stabile le competenze di Cornelio potevano favorire gli interessi di Catulo, che, a propria volta, poteva soddisfare le ambizioni del prefetto Nella normalità di questa relazione, la ri356 Anderson (1997, pp 31–32) ha avanzato l’ipotesi che la ricchezza e le competenze tecniche di L Cornelio si siano trasferite su altri tre Cornelii, noti da due iscrizioni da Roma e, apparentemente, riconducibili al mondo delle costruzioni: P. Cornelius Thallus – magister quinquennalis del colle gium dei fabri tignarii di Roma –, P. Cornelius Architectus (CIL VI, 148 = XIV, 5 = ILS 3776) e Publius Cornelius Architectianus – decurione, forse ad Ostia (CIL VI, 30703) L’ipotesi è senz’altro suggestiva (un confronto, particolarmente noto, è quello dei Cossutii – Anderson 1997, pp 19–26), ma priva di solidi elementi; suggerisce prudenza anche il fatto che il praenomen di Cornelius sia Lucius, mentre i suoi (supposti) successori sarebbero Publii 357 Il necessario controllo della città portuale comportava in effetti una significativa semplificazione del panorama istituzionale locale; per una sintesi efficace sulla città di Ostia, rimane valido il lavoro di C Pavolini (2005, pp 3–2 – archeologia e storia istituzionale – e pp 33–36 – notabilato) 358 Sull’importanza di Ostia per le forniture (non solo) granarie di Roma, è ancora essenziale Meiggs 1973, sopr pp 51–82; cfr anche Cébeillac-Gervasoni 1994 e i contributi contenuti in Descoeudres 2001 359 Liv Per. LXXIX; FGrHist 252 A 2; Plut Mar. 42, 1; Flor II, 9, 12; App BC I, 67; Gran Lic XXXV, 13–15; Oros V, 19, 17 Altri elementi sembrano suggerire un legame profondo fra Ostia e la classe dirigente della Roma post-sillana: la costruzione dei Quattro Tempietti, legata all’intervento dell’eminente cittadino ostiense P. Lucilius Gamala, attivo fra 75 e 35 (Pavolini 2006, p 76) e la costruzione delle mura – tradizionalmente attribuita a Silla – avviata per intervento di Cicerone, nel 63 (ironicamente, i lavori sarebbero stati terminati da Clodio Plucro, attorno al 58) Il fatto che un console intervenisse così vistosamente sul panorama urbanistico di Ostia, oltre a ribadirne il valore strategico e la subalternità agli interessi di Roma (il fatto che attorno al 67 la città avesse subito un attacco pirata doveva rendere ancor più urgente la costruzione di difese solide), suggerisce una vitale relazione fra le élites dell’Urbe e quella della colonia (su questo, si vedano Zevi 2004; Pavolini 2006, pp 24 e 49)
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levanza politica di un incarico – ancora potenzialmente tecnico – come la praefectura fabrum, è già ben identificabile: la nomina diretta da parte di un magistrato aveva rappresentato l’elemento decisivo per una politicizzazione dell’incarico e la feroce contesa politica per gli honores aveva costituito lo scenario ideale per il compimento di questo processo (2) Marcius Libo e M. Terentius Varro: proprietà, relazioni e praefectura fabrum Libone nel De re rustica. Il nome di Marcius360 Libo è menzionato in una breve citazione all’interno del De re rustica di Varrone, in occasione di un dialogo fra l’autore, C Fundanio, P Agrasio e C Agrio361 Il dibattito si concentrava principalmente sulla fertilità della terra italica e la conseguente ricchezza delle produzioni della Penisola, che, in alcune regioni, permettevano di ottenere ben 300 anfore di vino da una vigna delle dimensioni di un solo iugero (approssimativamente corrispondente ad ¼ di ettaro) Libone vantava appunto una simile resa, nelle sue terre dell’ager di Faenza362 La carriera di un proprietario terriero. Il cursus di M. Terentius363 Varro è solo parzialmente noto ed è stato oggetto di varie speculazioni364 Nonostante si tratti di una figura centrale per la cultura del suo tempo365, Varrone da Reate, nella Sabina, era più prosaicamente esponente di una nobiltà locale, solidamente fondata sul possesso della terra366 Egli era un ricco proprietario e i suoi amici appartenevano allo stesso 360 Münzer RE XIV 2, col 1561, n 69 361 Varr De re rust. I, 2, 7: Nonne item in agro Faventino, a quo ibi trecenariae appellantur vites, quod iugerum trecenas amphoras reddat? – Simul aspicit (scil. Fundanius) me: – Certe, inquit, Libo Marcius praefectus fabrum tuus, in fundo suo Faventiae hanc multitudinem dicebat suas reddere vites. Accanto a Varrone, C Fundanio sembra essere l’unico personaggio reale L’utilizzo di personaggi fittizi (dai nomi spesso evocativi) accanto personaggi reali, come C Licinio Stolone e Cn Tremelio Scrofa, è del resto ben documentato nel De re rustica 362 Riferimenti alla produzione vinicola nel territorio faentino non sono disponibili; apprendiamo invece da Plinio (NH XIX, 9) che la lavorazione del lino rappresentava un’eccellenza all’interno della Regio VIII e soprattutto a Faventia Ancora Plinio (NH XIX, 8) riferisce una curiosa informazione derivata da Varrone, che ne dimostra la notevole conoscenza del territorio a sud del fiume Padus: in Serranorum familia gentilicium esse foeminas lintea veste non uti Il cognomen Serranus (noto soprattutto in Italia) è attestato a Bologna su due iscrizioni molto frammentarie (CIL XI, 6695, 89 e 6700, 618) E’ possibile che vi fosse un legame con gli Atilii Serrani: in particolare, Sex. Atilius Ser ranus – cos. 136 – pose ex senatus consulto i cippi fra Atestini e Vicentini (CIL V, 2490 = ILS 5945) 363 Dahlmann Hellfried RE Suppl VI, coll 1172–1277; Sallmann DNP XV 2, coll 209–226 364 Discutendo i contributi di Cichorius (1922, pp 201–203) e Welch (1995, p 134), Badian (1997, pp 3–4) ha proposto di datare la questura di Varrone sotto Cinna (85), il tribunato militare all’83 (seguito da un periodo ad Atene durante la guerra in Italia), e la pretura fra 75 e 73; il tribunato plebeo si può forse datare al 70 (Gell XIII, 12, 6) 365 L’elenco dei commenti antichi, relativi alla vasta dottrina di Varrone, sarebbe troppo lungo (per questo si rinvia a Dahlmann Hellfried RE, Suppl VI, coll 1179–1180) 366 Syme 1939, p 31: “Pompeius (…) contracted ties of friendship with a number of great landowners of the class and rank of M. Terentius Varro from Reate, in the Sabine land”
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ambiente: possedeva terre nella Sabina anche sua moglie Fundania367, figlia di C. Fun danius368 Gallus (su cui si tornerà a breve) Leale (ma non troppo dotato) ufficiale di Pompeo durante le campagne in Spagna ed in Oriente, amico di Cicerone369 e di Attico370, M Terenzio Varrone si qualificava senz’altro fra i sostenitori di una politica attenta ai bisogni delle classi possidenti e alla preservazione dello status quo Il fatto che, nonostante il lungo rapporto con Pompeo371, Varrone denunciasse il cosiddetto Primo Triumvirato372 con il suo Trikaranos (59)373, non gli impedì comunque di prestare, nel 59, la propria attività di vigintivir agris dandis, in occasione della redistribuzione terriera orchestrata da Cesare per i veterani di Pompeo374 I vantaggi che l’esercizio di questa funzione poteva assicurare sono evidenti (anche solo in termini di tutela degli interessi dei proprietari, fra cui si contavano certo molti amici e altrettanti inimici di Varrone) ed è inverosimile che la scelta fosse ricaduta su di lui, in modo del tutto casuale L’incarico aveva forti ricadute politiche e la nomina dei “commissari” non poteva che essere altrettanto politica Una carriera fra Pompeo e Cesare. La partecipazione alla guerra civile avvenne sotto le insegne di Pompeo come legato e proquestore375, ma si concluse in fretta, senza gloria e – grazie alla clementia Caesaris – senza danno376 Varrone non tradì mai il proprio rispetto per Pompeo377, ma comprese presto la nuova situazione con grande chiarezza, come dimostrò la dedica delle Antiquitates rerum divinarum a Cesare, ormai da molti anni pontifex maximus La strategia del nuovo signore di Roma era del resto 367 368 369 370 371 372
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Varr De re rust I, 15 Münzer RE VII 1, coll 291–292, n 1 Sul rapporto personale ed intellettuale fra Cicerone e Varrone, si veda Corbeill 2013, pp 13–15 A titolo esemplificativo, si veda: Cic Fam. IX, 1 E’ ben noto il suo Eisagogikos, redatto in occasione del primo storico consolato di Pompeo (71; Gell XIV, 7) L’accordo stretto fra Cesare, Pompeo e Crasso aveva carattere extra-istituzionale e, anzi, addirittura eversivo Per questa ragione, le definizioni di Primo e Secondo Triumvirato sono quanto meno scorrette (sulla possibilità di parlare di Triumvirato – in riferimento all’accordo del 43 – si veda Badian 1991) Tali definizioni sono tuttavia ampiamente diffuse, soprattutto nella bibliografia in lingua italiana: in questa sede, si è dunque deciso – per praticità e immediatezza – di conservarle, riducendone la comparsa all’essenziale App BC II, 9, 33 Non credo sia opportuno leggere in questo una contraddizione Del resto, difficilmente Varrone (e i numerosi possidenti della Sabina) avrebbero sostenuto a cuor leggero uno stravolgimento rivoluzionario, che peraltro prevedeva l’assegnazione di terre ai veterani In questo senso, la nomina di Varrone a vigintivir agris dandis era forse un’assicurazione per le classi proprietarie, oltre che un riconoscimento ad una personalità politicamente rilevante Oltre a Varrone e Pompeo, facevano parte della commissione istituita dalla lex Iulia agraria M. Atius Balbus e Cn. Tremelius Scrofa (Varr De re rust I, 2, 10 – ad agros dividendos Campanos; Plin NH VII, 176) RRC 447, 1a Caes BC II, 19–20 Come dimostra il fatto che lo raggiunse a Dyrrachium, rientrando in Italia soltanto a seguito della sconfitta definitiva di Pharsalus (Cic De div. I, 68) Scrisse inoltre, ormai sine studio, un’opera a lui dedicata, ma non pervenutaci: i De Pompeio libri III (Sallmann DNP, XV col 221, n 2)
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tesa ad acquisire consenso, attingendo a piene mani nello schieramento avversario: Varrone fu quindi incaricato di provvedere alla creazione della prima grande biblioteca pubblica a Roma, un compito nel quale le capacità del letterato avrebbero senz’altro dato un frutto migliore di quelle del militare378 M. Terenzio Varrone, una sintesi. Pur priva del consolato, la carriera di Varrone fu senza dubbio punteggiata da risultati eccellenti, soprattutto in un contesto che, come si è visto, era caratterizzato da una notevole competizione per i (pochi) posti di reale importanza nelle istituzioni Negli anni, influenti amicitiae contribuirono a tutelarne interessi e ricchezze: quando infine si rese necessario un intervento presso Antonio379 da parte di Q Fufio380 Caleno (cos. 47381), per proteggere Varrone dalle proscrizioni, la conferma della ricchezza di questo proprietario fondiario venne dal fatto che egli controllava (e in quell’occasione perse) proprietà a Casinum, Cumae e sul Vesuvio382 La prefettura di Libone e gli strumenti della politica. Indipendentemente dai risultati elettorali di Varrone, proprio la prefettura dei fabri di Libone contribuisce a chiarire la complessa realtà della costruzione del consenso nella struttura politica repubblicana La scelta di Marcio Libone doveva infatti iscriversi in una tradizionale strategia di relazioni e amicitiae, costruite orizzontalmente e verticalmente attraverso i municipia italici Prima e dopo la costituzione del Principato, un simile aggregato – per quanto disomogeneo – poteva influire sui processi decisionali, tanto più sensibili alle influenze esterne, quanto più semplificata era la dinamica istituzionale in cui erano inseriti Un uomo dai municipia. Libone, a quanto riferito da Varrone, era (o divenne383) anch’egli un ricco proprietario terriero: per posizione e amicitiae, egli esercitava senz’altro una rispettabile influenza a Faventia, colonia ubicata all’incrocio fra le vie Ae milia e Salaria E’ del resto ragionevole che, indipendentemente dall’amicizia con Varrone e come tutti i proprietari terrieri, Libone facesse parte dell’élite di Faventia, la cui importanza economica era soprattutto connessa al ruolo di snodo commerciale fra Ravenna e Classe, porti coinvolti nel lucroso commercio con l’Oriente Numerose ville e fattorie circondavano l’insediamento, sfruttando, come si è visto, colture spe378 Come giustamente sintetizzato da L Canfora (2007, p 197, n 50), “mobilitare le forze migliori al di là dello schieramento di partito è l’architrave della prassi politica cesariana” 379 Cic Phil. VIII, 12 Per una completa disamina dei documenti relativi a Caleno e alla sua vicinanza ad Antonio, si veda Ferriès 2007, pp 403–405 380 Münzer RE VII 1, coll 204–207, n 10 381 App BC IV, 47 Per la carriera di Caleno, sostenitore di Cesare e del dialogo fra cesariani dopo il 44 e, infine, legato di Antonio, si veda MRR II, 286 e Wiseman 1971, p 233, n 185 Contrariamente a Varrone, il premio per la lealtà di Caleno, uomo di factio, fu il consolato 382 Cic Phil II, 103; Gell III, 10, 17; App BC IV, 47, 203; Hinard 1985, p 527, n 133 La ricchezza di Varrone è meglio spiegata dalla definizione di D Bruto: Varronis thensauros (Cic Fam XI, 10, 5); cfr anche Shatzman 1975, pp 400–401, nr 204 383 E’ comunque inverosimile che Varrone scegliesse per un ruolo tanto rilevante un individuo sprovvisto di mezzi Altra cosa è invece il suo rango, forse equestre (si veda infra)
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cializzate come la vite e il lino, un materiale del resto necessario alle attività dei grandi porti della Regio VIII384 Come notato da Münzer e Crawford, la rarità delle attestazioni di Marcii Libones suggerisce di identificare il praefectus fabrum in un discendente del monetalis del 148, Q. Marcius385 Libo, e di Q. Marcius, monetalis del 118–117386 Come è noto, l’incarico di monetalis richiedeva quantomeno il rango equestre e non sarebbe dunque inverosimile supporre il medesimo status per il praefectus fabrum di Varrone Ad ogni modo, per tradizione, risorse e relazioni, Libone era una figura politicamente rilevante nel contesto di Faventia Varrone-Libone: un rapporto duraturo? Un’iscrizione segnalata da Münzer, nella scheda dedicata a Marcius Libo387, sembra suggerire una continuità nei rapporti fra le familiae di Varrone e Libone, oltre che la presenza degli interessi di entrambi sul territorio faentino Si tratta della dedica di Q. Marcius Q. [f.] Pal(atina) Timo a sé stesso e a P. Varronius La datazione, secondo Münzer, dovrebbe riferirsi ai primi decenni del I sec d C Per quanto suggestiva, l’associazione fra i gentilizi Marcius e Varronius, entrambi forse riconducibili a liberti388, deve essere trattata con ovvia prudenza: il gentilizio di Varrone era infatti Terentius ed un collegamento fra i due resta quindi del tutto ipotetico389 E’ tuttavia verosimile (e sarebbe certo rilevante) la presenza di liberti di entrambe le famiglie su di uno stesso territorio, ad alcuni decenni dalla prefettura dei fabri di Libone Il legame con i Fundanii. La rete di relazioni e contatti potrebbe non esaurirsi in questi dati Si è detto come il suocero di Varrone, il padre di Fundania, possa essere riconosciuto in uno dei personaggi del De re rustica, C. Fundanius appunto Secondo Münzer390, questi sarebbe da riconoscere nel Fundanius questore nel 101391, senatore
384 Sui rinvenimenti di ville e strutture per lo sfruttamento agrario nel territorio di Faenza, si vedano Monti 1971; Gualandi Genito 1983; Marini Calvani 2000 Ostia è senz’altro il sito ideale per cogliere l’importanza esercitata dai collegia dei produttori di vele e canapa (centonarii e stuppato res) sull’economia dei grandi porti Pur in un’epoca molto successiva (III sec d C ), gli stuppatores ostiensi costruirono addirittura un “quartiere” autonomo, dotato di di una sede ufficiale (schola), un luogo di culto riservato e laboratori, magazzini e botteghe (Pavolini 2006, p 196) 385 Münzer RE XIV 2, col 1561, n 70; RRC 215; Badian 1997, p 3 386 RRC 283 387 CIL XI 650; forse per prudenza, Badian (1997) non discusse questo documento E’ stata forse una precauzione eccessiva: in effetti, l’iscrizione fu segnalata anche da Nicolet (1974a, p 942, n 221) e suggerisce quantomeno una presenza significativa dei Marcii sul territorio Ciò detto, in questa sede, si intende soprattutto discutere la congruità di un modello di carattere generale, ovvero dell’esistenza di clientele ramificate su territori pur distanti fra loro 388 Questo suggerisce almeno l’attestazione della tribù Palatina, in cui – insieme alla Collina e più in generale alle tribù urbane – erano generalmente concentrati i liberti (Taylor 1960, sopr pp 147– 149) 389 Uno status libertino potrebbe forse giustificare il passaggio del cognomen del padrone a nuovo gentilizio 390 Münzer RE VII 1, coll 291–292, n 1 391 RRC 326 (C FVNDAN Q)
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nell’81392 e tribuno della plebe nel 68393: una carriera decisamente troppo lunga per un solo individuo Per questo, già R Syme suppose la presenza di un figlio (ipoteticamente un fratello di Fundania), tribuno nel 68394 Più recentemente, Elvers ha invece identificato il padre di Fundania nel tribuno del 68395 – contemporaneamente impiegato nella cura viarum396 –, difeso da Cicerone fra 66 e 65397 e menzionato in una lettera a Quinto nel 59398 Tutto sommato, per banali ragioni di ordine anagrafico, mi pare che l’ipotesi più probabile resti quella di Syme Al di là di questo dibattito, è suggestivo e verosimile supporre che Varrone, la cui carriera si fermò alla pretura, abbia avuto un qualche ruolo nei pur limitati successi dei Fundanii, con cui i rapporti furono sempre buoni, come dimostra la presenza di Fundanio padre nel De re rustica La famiglia “allargata” di Varrone, con le sue estese proprietà ed una posizione solida, era dunque nelle condizioni di controllare ampi territori ed influenzarne le comunità locali In altre parole, gli strumenti e le pratiche del consenso urbane erano qui replicate ad un livello diverso Varrone faceva effettivamente parte di quella componente maggioritaria del personale politico, destinata a non raggiungere mai il consolato, ma comunque capace di influenzare il contesto politico dell’Urbe e, attraverso i propri contatti, quelli dei territori e dei municipia d’Italia Una ‘Gallic connection’? Alla personalità di C Fundanio è infine legato un ultimo aspetto, che merita un pur breve approfondimento Fra i Logistorici varroniani, pressoché perduti, figura infatti un Gallus Fundanius399, che è stato identificato nel Caius, suocero dell’antiquario400 In un recente studio di Y Lehmann, ribadendo l’identificazione di Gallo col suocero di Varrone, si puntualizza correttamente come questo sia l’unico documento, in cui, pur invertiti, compaiano il nomen (Fundanius) ed il cognomen (Gal lus) per uno stesso individuo401 Lo studio di Lehmann è del tutto concentrato sugli aspetti più strettamente letterari e filosofici del De admirandis, che, ai fini di questo
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OGIS 441 e n 19 (SC de Stratonicensibus) RS I, pp 331–340, n 19 (72 o 68) Syme 1963, p 58 e n 40 Elvers DNP V, col 586, n 1 Chiaramente, così facendo, si isola il questore del 101, divenuto incidentalmente il nonno di Fundania e per il quale l’unica magistratura nota sarebbe la questura (è favorevole a questa tesi, ma con prudenza, M Crawford nel suo commento alla relativa coniazione – RRC 326) CIL VI 1299 = 31590 = I 744 = ILS 5800 = ILLRP 465a (in forza di una lex Visellia, probabilmente promossa da C. Visellius Varro, cugino di Cicerone, questore prima del 73 e forse tribuno nel 70 o 69 – Syme 1963, p 57) Q Cic Comm. pet. 19 Cic Q. fr. I, 2, 10 Varr Log. Gallus Fundanius de admirandis fr 47 Semi = Charis GLK I, p 61, 9 = Prisc GLK II, p 331, 19 Già di questo avviso il pur prudente Münzer RE VII 1, col 292, n 1 Lehmann 2006 (con bibliografia), sopr p 553, n 1; Macrobio (Sat. III, 15, 8) parla di un Gallus, mentre Carisio (GLK I, 61, 8; 137, 14 Keil) e Prisciano (GLK II, 331, 19 Keil) citano esclusivamente il nomen Fundanius
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lavoro, hanno un’importanza necessariamente relativa Quanto si è visto a proposito del rapporto fra Varrone e Libone ispira tuttavia conclusioni più suggestive Il fatto che la figlia di Fundanio possedesse estese proprietà nella Sabina suggerisce infatti che pure il padre fosse il proprietario di praedia nella stessa area Tuttavia, ciò non implica che l’origine della famiglia dovesse essere sabina Proprio in virtù di questo cognomen “parlante”402, l’origine di C. Fundanius Gallus potrebbe invece essere riconosciuta in una delle numerose colonie della Gallia più vicina e romanizzata, la Cisalpina, che proprio nel corso della primo quarto del I sec a C aveva ormai superato lo status di provincia propriamente detta403 L’ipotesi di un legame con Marcius Libo, che, nella sua sola attestazione è associato al territorio di Faventia, nella Gallia Cisalpina, è quantomeno affascinante E’ un fatto che queste riflessioni discendano da pochi documenti, non perfettamente sovrapponibili tra loro, e tuttavia questa ricostruzione ha il merito di suggerire l’esistenza di un legame fra Varrone ed un uomo di Faenza, tanto fidato da meritare l’incarico di prefetto dei fabri Il fatto che questo individuo fosse noto al suocero di Varrone (che peraltro è chiamato ad introdurre Libone nel dialogo del De re rustica), non solo colmerebbe un vuoto, ma si inserirebbe all’interno di uno scenario del tutto plausibile Dunque, il matrimonio fra Varrone e Fundania non accrebbe soltanto di proprietà la famiglia, ma realizzò e cementò un’alleanza fra domi nobiles, in cui i legami e le risorse dei due potevano essere cumulati, al fine di garantire alle famiglie un’influenza maggiormente pervasiva nella politica e, probabilmente, nell’economia dei municipia italici Una rete pervasiva di interessi. Un’indagine strettamente prosopografica non rappresenta il fine di questo studio e, anche discutendo la validità di questa proposta, il caso di Libone, Fundanio e Varrone, dei legami di quest’ultimo con il mondo della proprietà fondiaria, è in grado di offrire utili elementi di riflessione In relazione ai principi della Social Network Analysis404, emerge così quella fitta tela di relazioni, influenze e consenso che, nelle mani di politici più o meno noti e fortunati, si diramava da Roma ai municipia d’Italia, attraverso legami più o meno istituzionalizzati405 Queste pratiche potevano essere condotte a vari livelli di pervasività e successo, ma erano alla portata della maggior parte dei membri dell’ordine senatorio, anche quando – come nel caso di Varrone – si trattava di figure politicamente importanti, ma non determinanti Abitualmente oscurati dalle manovre dei principes civitatis, questi rapporti, costruiti in senso orizzontale (Varrone – Fundanio) e verticale (Varrone/Fundanio – Libone), costituivano da sempre il tessuto connettivo della struttura politica romana In
402 Kajanto 1965, pp 45 e 195 403 Sull’evoluzione istituzionale della provincia Cisalpina, si vedano Laffi 1986 = 2001, pp 237–295 e 1992, pp 5–23 = 2001, 209–235 404 Cfr supra 405 Su questo, come si è detto, sembrano utili le riflessioni di M S Granovetter (sopr 1973 – cfr supra)
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seguito alla Guerra Sociale e alla concessione dei diritti di cittadinanza, quella che era sempre stata una consuetudine delle classi proprietarie – la creazione di una fitta rete di relazioni – acquisì una potenzialità politica nuova Voti, denaro, uomini: i municipia della Penisola disponevano di risorse che, negli anni della Rivoluzione Romana, sarebbero semplicemente divenute determinanti406 Pur all’interno di carriere ordinarie, come quelle sin qui illustrate, la scelta del praefectus fabrum si rivelava tuttavia politicamente rilevante, per stringere nuove relazioni, o istituzionalizzare legami esistenti (se non addirittura ereditari): anche per questa ragione, indipendentemente dalle sue funzioni, la prefettura sarebbe sopravvissuta alla fine della Repubblica e ai primi due secoli dell’Impero (3) Corruzione e politica: il prefetto dei fabri di L. Licinius Murena Un prefetto senza nome. Citato da Cicerone in un passaggio della Pro Murena407, il nome del praefectus fabrum del propretore L. Licinius Murena (cos. 62)408 è sfortunatamente compreso all’interno di una lacuna testuale ed è dunque ignoto409 L’occasione di questa citazione è senz’altro di notevole interesse, perché pare implicare il coinvolgimento di un praefectus fabrum all’interno di una campagna elettorale Più precisamente, la difesa di Cicerone sostenne che, in un’occasione (semel), il praefectus avesse donato un “pacchetto” di posti per assistere ai giochi ai tribules di Murena Non si tratta dell’unico episodio noto di quella campagna elettorale, che Cicerone giudicava condotta brillantemente fino alla fine: una non sorprendente vittoria del consolato410 406 Syme 1939, p 285: “Aid from Italy could be invoked for revolution, for reaction or for domination, even for all three ends at once” Alla morte di Cesare, i “Liberatori” si rivolsero (invano) ai muni cipia per raccogliere uomini e denaro, un tentativo che si sarebbe forse potuto concretizzare con l’aiuto di Attico, ma questi – come è noto – rifiutò (ivi, p 102) 407 Cic Mur. 73: praefectum fabrum semel locum tribulibus suis dedisse, quid statuent in viros primarios qui in circo totas tabernas tribulium causa compararunt? 408 MRR II, pp 163 e 169 (la promagistratura di Murena, praetor urbanus nel 65 – MRR II, p 158 –, ebbe durata almeno biennale per il 64 ed il 63, almeno fino al rientro per le elezioni consolari di quello stesso anno 409 Concordo con Badian (1997, pp 5–6) sul fatto che la lacuna, della lunghezza di una sola linea nel manoscritto Σ (Parisinus 14749, olim S Victoris 91) e di una linea e 14 lettere in A (Laurentianus XLVIII = Lagom 10) – cioè i manoscritti più antichi –, non potesse che contenere la fine del periodo precedente, il nome del praefectus e, in Σ, le lettere di praefectum; contra Welch (1995, p 134), che si dichiara convinta che lì fossero conservate anche indicazioni sugli incarichi del praefectus Piuttosto sorprendente è infine il commento di MacKendrick (1995, p 78): “Murena gave free seats only when he was chief engineer [before 74] and then only to his fellow-tribesmen” Non risulta che Murena sia mai stato praefectus fabrum, una posizione del resto inappropriata al figlio di un pretorio (già Broughton aveva corretto la relativa voce in MRR III, p 123) 410 Proprio questa era la ratio del processo: gli accusatori, lo sconfitto Ser. Sulpicius Rufus (cos. 51) e M. Porcius Cato (pr. 54), insistevano sul fatto che Murena non potesse sconfiggere lealmente un Sulpicio Rufo Accanto al Commentariolum petitionis e alla Pro Plancio, la Pro Murena è conside-
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La posizione di Murena. Come molti altri negli anni 80 del I sec a C , il padre di Murena, Lucius, doveva la propria carriera a Silla Per quest’ultimo, Murena era stato legato in Grecia411, probabilmente nell’anno successivo ad una pretura (88)412 e fra 84 e 81 fu posto dal Dittatore alla guida della provincia d’Asia, probabilmente in qualità di pro praetor413 Nonostante le sue operazioni contro il re del Ponto fossero di scarso successo, Murena spuntò addirittura la concessione di un trionfo (81)414 – erano pur sempre anni eccezionali per una carriera politica415 Fra 83 e 81, Murena senior aveva condotto con sé i due figli, Lucio e Gaio, che, pur percorrendo una carriera relativamente modesta416, meritò col padre onori speciali da parte degli abitanti di Kaunos417 Carriera e campagna elettorale di Lucio Murena. Questore nel 75, legato di Lucullo dal 73 al 69418, Lucio Murena prese parte a numerose operazioni della terza guerra mitridatica419 Nel 67, un’epistola ad Attico attestava la sua poco opportuna partecipazione ad una commissione agraria di decemviri sul teatro operativo orientale420 Cicerone era scandalizzato dalla dichiarata vicinanza politica (e di interessi) tra Lucullo e Murena (che infatti collaborò col fratello del consolare, Marco), all’interno di un contesto che ben conoscevano e nel quale dovevano aver coltivato interessi di natura (anche) personale Nel 65, ad un anno dalla creazione della provincia mediterranea di Pompeo421, la
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rata un testo esemplare per lo studio delle campagne elettorali tardo-repubblicane: su questo, si vedano, ad esempio, Taylor (1949 e 1960), Lintott (1990, soprattutto sul tema della corruzione elettorale), Yakobson (1999) e Mouritsen (2001) App Mithr. VII, 33; MRR II, p 50 MRR II, p 40; MRR III, p 123 MRR II, pp 61, 64 e 77 Cic Mur 15: et pater, cum amplissime atque honestissime ex praetura triumphasset Per un regesto di tutte le fonti relative al trionfo di Murena, si veda MRR II, p 77 Come apprese a proprie spese Lucretius Ofella, ucciso nell’81 perché imprudentemente candidatosi al consolato contro i desiderata di Silla e senza aver prima ricoperto questura e pretura (App BC I, 101; sulla “breve carriera” di Ofella o Afella, si veda Keaveney 2003) Senza dubbio, legato del fratello in Transalpina (MRR II, p 170 e MRR III, p 123), egli raggiunse forse anche l’edilità nel 59 (Vitr II, 8, 9; Plin NH XXXV, 173; MRR II, 130) Bernhardt 1972, pp 17–122; Marek in SEG XXXVIII, p 1048; MRR III, p 123 (con bibliografia) Ancora un uomo notoriamente legato a Silla (ad esempio, Plut Mor. 805 F), Lucullo era stato probabilmente il solo questore a seguire il futuro Dittatore nella “marcia su Roma” dell’88 (anonimo in App BC I, 253) Questa proposta, originariamente avanzata da E Badian (1962, pp 54–55 = 1964, p 220), è ormai comunemente accettata (ad es , Santangelo 2007, p 7) A Lucullo, Silla affidò inoltre la cura dei propri figli e dedicò le proprie Memorie (Plut Luc. 1, 3; 4, 4; Sull. 6, 6; su Lucullo, al di là di Gelzer – RE XIII 1, coll 376–414, n 104, si vedano Keaveney 1992 – con bibliografia; Tröster 2008 Plut Luc. 15, 1; 19, 8; 25, 6; 27, 2 Cic Att. XIII, 6A: Atque hoc etiam accepi, non solitos maiores nostros eos legare in decem qui essent imperatorum necessarii, ut nos ignari pulcherrimorum institutorum aut neglegentes potius M. Lucullum et L. Murenam et ceteros coniunctissimos ad L. Lucullum misimus. Illudque εὐλογώτατον, illum fratri in primis eius legatis fuisse. E’ innegabile, in questa fase, il declino di Lucullo, che, ostacolato da Pompeo e dai suoi sostenitori, attese addirittura il 63 per poter celebrare il trionfo (sull’episodio e per un regesto dei documenti disponibili, si veda MRR II, p 154)
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carriera di Murena non sembrò subire interruzioni Divenuto praetor urbanus, celebrò i Ludi Apollinares con dispendio di mezzi e risorse, tanto da meritare una menzione nell’elenco dedicato da Plinio alle più costose iniziative, celebrate in occasione di festività e trionfi422 Nell’anno 64 Murena rivestì la propretura in Gallia Transalpina, col fratello a seguito, in qualità di legato423 Come è noto, egli rientrò per partecipare alle elezioni consolari del 63: i giochi in occasione della pretura erano stati chiaramente funzionali a questa tornata elettorale, che seguiva alla tenuta di un imperium propretorio424 Fra le multae bonae gratiae di cui Murena fece tesoro da governatore di provincia, Cicerone annoverava infatti un dilectus in Umbria425 ed il riconoscimento di crediti ancora inevasi nelle province galliche, senz’altro a vantaggio di gruppi di finanzieri Basata su somme generosamente spese per l’organizzazione di ludi, su favori personali e sull’utilizzo, a fini di consenso, delle prerogative assicurate dagli incarichi pubblici, la campagna elettorale per il consolato era dunque ormai ben avviata e, in Roma, era portata avanti con l’ausilio di amici e consanguinei: Cicerone menzionava l’attività in equitum centuriis di L. Pinarius426 Natta, figlio adottivo di Murena, e la generosa donazione di locum suum gladiatorium da parte di una anonima Virgo Vestalis, huius (scil. L. Murenae) propinqua et necessaria427 La donazione di posti al circo, da parte del prae fectus fabrum di Murena, ai propri contribules era parte integrante di questa campagna, come del resto di quelle di coloro che Cicerone definiva i viros primarios428 Un praefectus fabrum nella competizione elettorale. Pur essendo ufficialmente al seguito di Murena, l’anonimo praefectus fabrum aveva dunque operato a Roma, nell’ambito di un’attività senz’altro extra-istituzionale Il fatto che il console Cicerone considerasse questa circostanza un elemento a discarico non implica ovviamente che queste attività costituissero l’incarico del praefectus; l’Arpinate intendeva invece dimostrare la normalità della strategia elettorale di Murena429 Il prefetto e gli amici del candidato non stavano cioè dando vita ad una campagna elettorale anomala, servendosi di risorse improprie o strategie troppo aggressive Nelle parole di Cicerone, l’atteg422 Plin NH XXXIII, 53; ma sui giochi anche Cic Mur 35–37 423 E Badian (1966) ha convincentemente dimostrato che si trattasse della Gallia Transalpina (e non dell’insieme delle Gallie, Cisalpina inclusa) 424 Sull’importanza di questo aspetto, si veda Cic Mur. 42: postremo tu in provinciam ire noluisti (…) L. Murenae provincia multas bonas gratias cum optima existimatione attulit. Habuit proficiscens di lectum in Umbria; dedit ei facultatem res publica liberalitatis, qua usus multas sibi tribus quae muni cipiis Umbriae conficiuntur adiunxit. Ipse autem in Gallia ut nostri nomine desperatas iam pecunias exigerent aequitate diligentiaque perfecit 425 L’arruolamento nell’esercito era dunque ormai riconosciuto come strumento per la creazione di consenso e supporto politico (sugli interessi di soldati e ufficiali, si veda Keaveney 2007, sopr pp 37–55) 426 Münzer RE XX 2, coll 1402–1403, n 19 427 Cic Mur. 73; sull’adozione da parte di Murena, si veda anche Cic Dom. 134 428 Cic Mur. 73: quid statuent in viros primarios qui in circo totas tabernas tribulium causa compararunt? 429 Sulla corruzione politica come forma tradizionale di patronato, si veda Lintott 1990, sopr pp 10–11
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giamento di Murena e dei suoi sostenitori era anzi orientato al rispetto delle strategie tradizionali430 E’ dunque possibile che il praefectus fabrum fosse stato inviato a Roma con la copertura di un incarico istituzionale, perché prendesse parte alla campagna elettorale di Murena Gli aspetti più rilevanti dell’episodio giacciono quindi al di fuori di un ambito strettamente istituzionale Da una parte, è evidente il legame fra Murena ed il prefetto, che appare pubblicamente fra i suoi più attivi sostenitori nella campagna per il consolato Dall’altra, si vede chiaramente a cosa corrispondesse effettivamente l’utilizzo di ampie risorse durante una competizione elettorale: i contribules del prefetto rappresentavano un bacino di votanti rilevante e offrivano un’occasione imperdibile431 Del resto, il fatto che il prefetto avesse donato posti al circo non significava che il denaro necessario allo scopo provenisse dalle sue sole sostanze Da questa liberalità discendeva comunque un legame diretto fra donatore e contribules e questa pratica poteva garantire la costruzione di una rete di consenso facente direttamente capo al prefetto Attraverso strategie tradizionali Murena poteva così assicurarsi un consenso mediato da una persona di sicura fiducia432 Il profilo di un prefetto anonimo. Nei limiti della documentazione disponibile, possiamo comunque inferire per l’anonimo prefetto di Murena una fortuna cospicua e una posizione riconosciuta nella propria tribù: elementi essenziali per raccogliere il consenso in quell’unità elettorale Non è chiaro – e non c’è ragione per supporre – che per questo profilo fosse necessario il rango di eques, che richiedeva non soltanto precisi requisiti patrimoniali, ma anche un riconoscimento politico significativo Seppur membro di una famiglia solo recentemente acceduta alla nobilitas (grazie alla pretura del padre), contatti, risorse e, non ultimi, honores rendevano Murena un membro effettivo della classe dirigente contemporanea La causa intentatagli da Servilio Rufo e Catone si spiegava tuttavia con la sorpresa per un risultato elettorale eccellente (ed evidentemente, non spiegabile in condizioni normali) Il praefectus fabrum di Licinio Murena prese parte attiva a questa campagna elettorale e c’è da credere che il ruolo di prefetto abbia rappresentato non soltanto un riconoscimento individuale, ma anche uno strumento funzionale ai fini di entrambi Al di là delle funzioni effettivamen430 Cic Mur. 72: Quod enim tempus fuit aut nostra aut patrum nostrorum memoria quo haec sive ambitio est sive liberalitas non fuerit ut locus et in circo et in foro daretur amicis et tribulibus? Haec homines tenuiores praemia commodaque a suis tribulibus vetere instituto adsequebantur Pur tollerato, l’utilizzo di denaro e regalie doveva contenersi entro precisi limiti, che non alterassero eccessivamente gli equilibri della competizione elettorale, incrementando la partecipazione dei cittadini più poveri (e più numerosi): queste erano appunto le critiche rivolte a più riprese alle bande organizzate (operae) di Clodio (Cic Sest. 38, 106, 127; Dom. 45, 79, 89; su questo, si veda la discussione in Mouritsen 2001, pp 60–61) 431 Sulla crescente importanza elettorale di vici, pagi e compagini tribali, si veda Q Cic Comm. pet 30; su questo, si vedano sopr Taylor 1966, p 69 e Mouritsen 2001, p 84 432 A questo proposito, l’utilizzo di organizzazioni associative poteva rappresentare un pericoloso strumento di consenso, facilmente attaccabile in una sede giudiziaria (sulla lex Licinia de sodalitati bus, si veda Mouritsen 2001, p 149–151)
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te svolte in carica, al termine di una vittoriosa campagna elettorale, il prefetto poteva vantare l’amicitia di un console designato e la partecipazione a rilevanti iniziative di consenso, con un accrescimento notevole della propria influenza Conseguendo un successo notevole e non scontato, Murena aveva vista riconosciuta la propria nobilitas ed una moltiplicazione delle risorse a sua disposizione433 Il praefectus fabrum, scelto fra persone di assoluta fiducia e dotate di capacità e mezzi, lo aveva assistito in questo progetto politico come sostenitore leale e affidabile, al pari di parenti ed amici di rango Negli anni successivi alla morte di Silla, la combattuta lotta per il consolato e le magistrature superiori aveva dato vita a campagne elettorali sempre più difficili e dispendiose La praefectura fabrum si era rivelata un incarico funzionale alla creazione di consenso e alla conduzione di una campagna elettorale efficace Alle personalità della politica urbana, uomini di cui si potesse avere fiducia erano sempre necessari e per costoro la praefectura sembrava un incarico del tutto adeguato (4) (Vibius) Sicca, prefetto dei fabri di Cicerone Sicca, exemplum di ingratitudine? (Vibius) Sicca434, praefectus fabrum di Cicerone nell’anno del consolato (63), è attestato saltuariamente all’interno della corrispondenza privata dell’Arpinate e, tuttavia, è protagonista di un controverso episodio della biografia plutarchea435 I fatti sono riferibili ai giorni immediatamente successivi alla condanna all’esilio (58)436, in cui furono approvati provvedimenti tesi ad intaccare in modo duraturo le risorse e la dignitas dell’Arpinate437 Secondo Plutarco, Sicca non dimostrò 433 Sembra che queste risorse non furono però sufficienti a conservare la posizione raggiunta dalla famiglia In effetti, null’altro è noto delle carriere di Lucio e Marco e questa è forse dimostrazione della pericolosità dei tempi e delle alterne fortune della lotta politica urbana Più tardi, il figlio adottivo di Murena, Natta, si avvicinò a Clodio e alle sue politiche radicali – un percorso quantomeno eccentrico per un membro della presunta “aristocrazia sillana” 434 In Cicerone, il prefetto compare sempre con il cognomen Sicca, mentre il nomen Vibius è attestato esclusivamente nella tradizione plutarchea; Münzer RE, 2R , II 2, col 3186; Welch 1995, p 134 (in cui si raccolgono tutte le attestazioni di Sicca nell’epistolario ciceroniano, oltre che in Plutarco); Badian 1997, p 5 435 Plut Cic. 32, 2 La tradizione manoscritta suggerisce due soluzioni, fatto che, singolarmente, pare ignorato da Badian (1997, p 5) e Welch (1995, p 134): (presente esclusivamente sul codex Matritensis, ma autorevolmente sostenuta da F Münzer nella RE) oppure (una lettura condivisa da D R Shackleton Bailey, nel commento a Cic Att. III, 2) Su questo si veda Ruoppolo 1988, sopr pp 194–195 436 In forza della lex Clodia de capite civis Romani e della lex Clodia de exilio Ciceronis (Cic Dom 19, 50; Vell II, 45, 1; Cass Dio XXXVIII, 14, 4–5; LPPR pp 394–395) Per una disamina degli aspetti giuridici, si veda Venturini 2009 437 Un episodio avvenuto anni dopo, nel 54, chiarisce gli effetti dell’esilio sul prestigio e la dignitas dei condannati: al ritorno dalla Siria di A Gabinio (cos. 58), l’ex magistrato aggredì verbalmente Cicerone, che – con altri – lo contestava, chiamandolo exsul (Cic Q. fr. III, 2, 2: homo (scil Gabinius) undique saucius et, cum a me maxime vulneraretur, non tulit et me trementi voce exsulem appellavit)
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alcuna gratitudine a Cicerone, grazie alla cui amicitia aveva guadagnato tanti favori (inclusa la praefectura fabrum, citata esplicitamente438): il consolare fu così ospitato in una tenuta fuori Vibo, la città in cui sorgeva invece la residenza ufficiale del prefetto Il giudizio di Cicerone. Chiaramente, Plutarco risentiva di un’eccessiva empatia per le ragioni di Cicerone, il cui giudizio su Sicca era invece più generoso439 Innanzitutto, l’Arpinate era consapevole delle conseguenze relative all’aqua et igni interdictio, che era in procinto di essergli comminata440 In quella particolare circostanza, c’erano poi da temere speciali provvedimenti: Clodio si era dimostrato avversario implacabile pur di ottenere l’esilio dell’Arpinate441 La scelta di tenersi al di fuori della città di Vibo era dunque senz’altro determinata da considerazioni di prudenza E’ lo stesso Cicerone a dimostrare notevole solerzia per il prefetto, lasciando le sue tenute ne et Sicca, apud quem eram, periret442 Del resto, un episodio simile capitò appena pochi giorni dopo: sulla via per Dyrrachium, Cicerone dovette attraversare numerosi municipia, compresi fra Vibo e Brindisi, che erano – a suo dire – tutti a lui legati (in fide mea)443 e che, apparentemente incuranti del rischio, lo accolsero con la massima deferenza444 Il fatto che a Brindisi, egli non alloggiasse nella grande città, preferendole le tenute suburbane di M Lenio Flacco445, giustificava però pienamente la prudenza di Sicca, che, del resto, lo aveva accompagnato fin lì Al contrario, furono altri a rifiutare ospitalità al consolare Anni dopo, nel corso del processo all’ex edile Cn Plancio (54)446, Cicerone riferì pubblicamente come la Sicilia fosse stata la prima meta a cui aveva pensato lasciando Roma, certo dell’esilio447 Da molto tempo, l’Arpinate vantava solide clientele sull’iso-
438 Plutarco lo definisce τεκτόνων ἔπαρχος (Cic. 32, 2) 439 Cic Att. III, 2: itinerarium nostri causa fuit quod non habebam locum ubi pro meo iure diutius possem quam fundum Siccae 440 I rischi corsi da chi ospitasse un esiliato erano noti a tutti (Cass Dio XXXVIII, 17, 7) Sull’aquae et igni interdictio e sulla legislazione relativa agli esiliati, si veda Kelly 2006, sopr pp 25–39; pp 110– 125 (sul caso di Cicerone) 441 In effetti, la notte precedente alla votazione sull’esilio, Cicerone lasciò Roma con numerosi amici, temendo che Clodio proponesse provvedimenti peggiori (per un regesto delle fonti relative alla partenza per l’esilio, si veda ancora Gelzer RE, 2R , VII 1, col 917) 442 Cic Att. III, 4 Nel luglio del 44, Cicerone dichiarava con soddisfazione: igitur ad Siccam. Ibi tam quam domi meae scilicet (Cic Att. XVI, 6, 1) 443 Era ovviamente una ragione d’orgoglio rivendicare l’amicitia di intere comunità Tuttavia, in circostanze eccezionali, la certezza di avere amici fidati lungo gli assi viari della Penisola poteva rivelarsi una preziosa garanzia, oltre che una comodità (su questo, illuminante il commento di B Augier 2014, sopr pp 47–50) 444 Cic Planc. 97 445 Amico di Orazio, noto sostenitore delle arti, Flacco era una personalità di rilievo anche al di fuori di Brindisi; nella città portuale, la gens Laenia apparteneva tuttavia all’élite locale (Cic Fam. XIV, 4; Att. III, 4 e 6 e IV, 1; Pis. 38; Planc. 97; un L(ucius) La[e]ni[us / -] f(ilius) Flaccus compare in CIL I2, 3173 = AE 1959, 272 – da Brindisi; sui Laenii, cfr anche De Carlo 2015, pp 391–392) 446 MRR II, p 223 e III, p 158 447 Cic Planc. 95
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la, ma C. Vergilius Balbus (praet. 62)448, propretore per la Sicilia dal 61 al 58, gli ingiunse tassativamente di non raggiungerlo449 Gli anni successivi all’esilio. Sicca mancò invece la promessa di raggiungere Cicerone in Grecia insieme ad altri individui – Clodius Philetaerus, Sallustius e Pescennius –, almeno il primo dei quali era forse un liberto450 Eppure, la consuetudine fra i due non ne risultò intaccata, tanto che, di ritorno dalla Grecia, a Brindisi, Cicerone raccomandò alla moglie Terentia di rivolgersi al vecchio prefetto come persona di fiducia e ben informata sui suoi movimenti451 Alcuni anni più tardi (45), il rapporto era ancora solido, tanto da coinvolgere Sicca nelle delicate trattative per l’acquisto di un terreno, destinato alla costruzione di un sacello in memoria della figlia Tullia, recentemente scomparsa452 L’assistenza di Sicca era tanto più utile a Cicerone, che in quel momento si trovava ad Astura: il prefetto dimostrava inoltre una notevole familiarità con L. Aurelius Cotta (cos. 65, cens. 64)453, oltre che con un membro della gens Silia454 Un uomo, molti legami. La documentazione disponibile permette di delineare un quadro d’insieme più complesso sulle relazioni sociali ed i legami personali di Sicca Si è visto come egli conoscesse bene due consolari (Cicerone e Cotta) Anche il ricco ed influente T Pomponio Attico conosceva il prefetto, tanto da suggerire a Cicerone di prestare attenzione alla sua sensibilità, in un passaggio delle Filippiche455: a suo avviso, denunciando troppo scopertamente il fatto che Antonio (cos. 44, 34456) si fosse sposato con la figlia del liberto (!) C. Fadius, Fadia457, l’Arpinate rischiava di offendere lo stesso 448 MRR II, pp 181 e 198 e III, p 218 449 Cic Planc 95–96: Siciliam petivi animo, quae et ipsa erat mihi sicut domus una coniuncta et obtineba tur a C. Vergilio, quocum me uno vel maxime cum vetustas tum amicitia, cum mei fratris conlegia tum rei publicae causa sociarat. Vide nunc caliginem temporum illorum. Cum ipsa paene insula mihi sese ob viam ferre vellet, praetor ille, eiusdem tribuni pl. contionibus propter eandem rei publicae causam saepe vexatus, nihil amplius dico nisi me in Siciliam venire noluit. “By declaring Sicily off-limits, Vergilius was taking an active role against Cicero No other Roman provincial magistrate would issue such a decree barring Cicero from his province” (Kelly 2006, p 114) In effetti, in Macedonia, il questore Cn Plancio aiutò attivamente Cicerone, offrendogli assistenza ed ospitalità nella propria stessa residenza, a Thessalonica (Cic Att. III, 8, 1; Red. Sen. 35; Planc. 28, 61, 71, 98–101) 450 Cic Fam. XIV, 4 e 6 451 Cic Fam. XIV, 15; del resto, Cicerone suggerì a Terenzia di rivolgersi anche ad un altro praefectus fabrum, Lepta (ivi, 17; cfr infra) 452 Cic Att. XII, 23; 25; 26; 27; 28; 30; 31 453 Cic Att. XII, 23: ad Siccam scripsi, quod utitur L. Cotta 454 In effetti, non è chiaro a quale Silius si riferisca Cicerone nella serie di lettere scritte da Astura nel marzo del 45 (Att. XII, 23–34) Una prima possibilità è che si tratti di P. Silius (praet. ante 57 o 52?, pr. praet. di Bithynia et Pontus 51 – MRR II, p 243; III, p 199), che Cicerone senz’altro conosceva (Cic Fam. XIII, 47) D R Shackleton Bailey (CLA) si è invece dichiarato convinto che si tratti di un poco noto Aulus Silius (così andrebbe interpretata la corruzione †asyllius† in Cic Att. XII, 24: bene facit A. Silius) 455 Cic. Att. XVI, 11, 1; Phil. II, 3: da questi testi risulta anche un non meglio precisato intervento di Cicerone a favore di Sicca, in una causa legale (Shackleton Bailey CP, p 33, n 1–2) 456 MRR II, pp 315–316, 410; MRR III, pp 19–20 457 Cic. Phil. XIII, 23; III, 17 (sui figli di Antonio e Fadia)
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Sicca, che dunque doveva aver stretto un legame parentelare con la famiglia del liberto, forse sposandone una figlia, Septimia458 L’attenzione per la sensibilità del prefetto conferma la solidità del rapporto fra Cicerone, Attico e Sicca Questo episodio suggerisce però anche l’esistenza di un legame indiretto (e ufficioso) del prefetto con Antonio E’ infine molto rilevante l’origine di Fadio, Arpino, città d’origine di Cicerone e, forse, dello stesso Sicca459 Il profilo di Sicca. Se è vero che si trattò di una carriera “normale”, è forse con eccessiva prudenza che E Badian ha ridotto i contatti di Sicca con i nobiles (documentati dall’epistolario di Cicerone) a “all a business deal”460 E’ invece ragionevole escludere che egli abbia avuto accesso al Senato: sembra anzi che Sicca non abbia raggiunto alcun altro incarico istituzionale461 Egli era tuttavia parte di un’estesa rete sociale, politicamente rilevante: l’amicitia con Cicerone e i contatti con altri nobiles dotavano Sicca di prestigio e influenza, che a propria volta si fondava su contatti e relazioni nella dimensione locale, purtroppo non sufficientemente nota462 Dai pochi dati disponibili, sembra che Vibius Sicca fosse un proprietario terriero, probabilmente un domi nobilis, che godeva senz’altro di contatti significativi all’interno dell’élite urbana (da Cicerone a Cotta) Un uomo distinto, leale, non estraneo alla politica e alle sue regole, capace di relazionarsi con importanti membri del Senato, doveva sembrare un buon praefectus fabrum a Cicerone, da sempre impegnato nella costruzione di ramificate clientele italiche463 e, viceversa, un ruolo istituzionale a seguito della massima magistratura repubblicana doveva accrescere la notorietà, il prestigio e, probabilmente, l’influenza dello stesso Sicca, all’interno (e forse anche all’esterno) della dimensione politica locale (5) L. Cornelius Balbus, da prefetto dei fabri a console Una fama duratura. “In the last decade of the Republic there can have been few intrigues conducted and compacts arranged without the knowledge – and the mediation –
458 D R Shackleton Bailey (CLA, p 299, n 5) recuperava l’ipotesi di F Münzer, secondo cui l’origo di Fadius era forse ad Arpino La provenienza arpinate della gens Fadia (non necessariamente connessa al liberto) è del resto ben nota: da qui proveniva il questore di Cicerone nel 63, T. Fadius (su questo, si vedano anche MRR II, p 168; MRR III, p 89; Ruoppolo 1988, p 196) 459 Shackleton Bailey CLA, p 299 460 Badian 1997, p 5 461 Significativamente, nella corrispondenza di Cicerone non compare alcuna menzione di Sicca, durante il periodo da governatore in Cilicia 462 Rimane incerto di che realtà locale si trattasse, perché se Cicerone lo segnalava a Vibo, non è escluso che possedesse altre proprietà nel resto della Penisola o a Roma, come indicato dai suoi contatti Come si è detto, pur senza sicuri appigli, F Münzer (RE, 2R , II 2, col 2186) ipotizzò una provenienza arpinate, le cui eventuali conseguenze sarebbero evidenti 463 Mouritsen 2001, pp 120–121
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of Balbus”: questo il giudizio di R Syme464 su L. Cornelius465 Balbus, Gaditano divenuto civis Romanus, praefectus fabrum di Cesare e, infine, console della Repubblica Balbo fu senza dubbio un personaggio di prima grandezza e – come tale – è stato spesso trattato466 Divenuto praefectus fabrum di Cesare per ben due volte – praticamente consecutive –, Balbo è il solo prefetto dei fabri repubblicano ad aver raggiunto il consolato (suffectus, nell’anno 40) Era la prima volta in cui giungeva alla massima magistratura un individuo di nascita peregrina467 Intraprendenza e abilità erano stati essenziali per una carriera tanto straordinaria, ma eccezionali circostanze istituzionali e politiche avevano creato le condizioni per questo sviluppo In questa sede, si dimostrerà come la prefettura dei fabri abbia rappresentato un momento qualificante per l’ascesa sociale e politica di Balbo Le origini di Balbo ed il contatto con Roma. Nato nella città peregrina di Gades468, divenuto cittadino romano nel 72, per intervento di Pompeo, durante il proconsolato di Spagna469, Balbo seppe costruire, all’interno delle istituzioni della Repubblica, un percorso di indubbio successo personale e familiare La famiglia di Balbo – della quale, in realtà, si sa ben poco – apparteneva senz’altro all’élite gaditana: un gruppo sociale ben identificabile, che, per interessi e convinzione, aveva guidato la città fuori dalla tradizionale alleanza con Cartagine, per schierarsi al fianco della Repubblica, durante la seconda guerra punica e, più tardi, contro il ribelle Sertorio470 Proprio nel 75, relic
464 Syme 1939, p 72 465 Münzer RE IV 1, coll 1260–1268, n 69 466 Non sorprendentemente, gli storici iberici hanno dimostrato un interesse peculiare per i Cornelii Balbi di Cadice: in questa sede, si segnalano Rubio 1949 e 1951 e Rodríguez Neila 1992 e 2006 Per una disamina sintetica dei documenti e della bibliografia disponibile, si vedano Des BoscsPlateaux 1994 e Granino Cecere 2008 Recentemente, sono tornati sul tema – soprattutto in relazione a clientele provinciali e politica romana – J Lamberty (2005) e F Pina Polo (2011b; 2011c; 2015) 467 Cic Bal. 63; Plin NH VII, 136 (maior consul … primus externorum atque etiam in oceano genitorum usus illo honore, quem maiores Latio quoque negaverint) 468 La città di Gades, fondata dai Fenici, era in realtà il contesto ideale per lo sviluppo di una élite capace di integrarsi nell’amministrazione, nella società e nell’economia romane Nel corso della guerra annibalica, le grandi famiglie gaditane avevano abbandonato i Cartaginesi per sostenere attivamente i Romani: quella era stata l’occasione per stringere legami con la classe dirigente romana e costruire una posizione privilegiata all’interno del nuovo assetto delle Spagne In questa direzione si deve intendere il trattato di hospitium stipulato fra la città e il pretore L Cornelio Lentulo (cos. 199) nel 206 L’economia di Gades sarebbe cresciuta di pari passo con quella della Baetica, divenendone lo scalo commerciale privilegiato: pesce, olio, metalli raggiungevano la città via fiume e lasciavano il porto alla volta di Roma Le grandi famiglie cittadine erano alla testa di una flotta commerciale imponente, ben riconoscibile negli scali del Mediterraneo occidentale (Strab III, 2, 6) A Gades c’erano dunque condizioni economiche e politiche ideali per famiglie intraprendenti come quella dei Balbi (sulla città, si veda la bella introduzione contenuta in Des Boscs-Plateaux 1994, pp 8–16) 469 Cic Balb. 2, 6 470 Des Boscs-Plateaux 1994, p 16
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tis rebus suis omnibus471, Balbo si mise al servizio dei comandanti romani, Memmio e Metello Pio (cos. 80)472, forse in compagnia (o alla testa) di altri Gaditani473 Cicerone, avvocato di parte, rivendicava il coraggio del suo assistito, che gli aveva fatto meritare l’ambito riconoscimento della cittadinanza474, peraltro elargita anche al fratello Publio e al figlio di questi, Lucio475 I Balbi, questioni onomastiche. All’origine dei tria nomina, scelti verosimilmente all’atto di concessione, è stato dedicato un lungo dibattito, del quale è opportuno limitarsi a dare, in questa sede, una rapida sintesi Il cognomen Balbus476, che senz’altro apparteneva alla famiglia prima delle imprese di Cornelio, è stato talvolta interpretato come lemma di origine semitica, pur in assenza di elementi seriamente probanti: questa tesi era naturalmente funzionale a legare la famiglia alla fenicia Gades Altri hanno invece supposto che il cognomen sia ricollegabile ad un vero e proprio difetto fisico o di pronuncia, un fenomeno in verità ben comprensibile per il latino di un provinciale477 In quest’ultima circostanza, si dovrebbe però immaginare che la famiglia portasse un altro nome, o avesse già assunto un’onomastica romana prima della concessione della cittadinanza stessa478 Ad ogni modo, i contemporanei erano ben consapevoli dell’origine iberica di Balbo e non vi sono elementi per supporre che egli appartenesse ad una famiglia di Italici emigrati a Gades Quanto al nomen Cornelius, si può ben dire che sia stato oggetto di un confronto plurisecolare479: Aldo Manuzio individuò in L. Cornelius Lentulus Crus (cos. 49)480 la personalità da cui Balbo avrebbe tratto il nomen, durante una supposta legatura iberica del Crure agli ordini di Pompeo Si tratta di una proposta che ha goduto di larga fortuna e che si fondava essenzialmente sull’identità onomastica fra i due e sul testo di due lettere indirizzate dal Gaditano a Cicerone481
471 Cic Balb. 2, 6 472 Cic Balb. 2, 5 Per le attività di Memmio (questore) e Metello (proconsole) in Spagna, si veda MRR II, pp 83, 86, 89, 93, 98, 104, 111, 117, 123, 473 Così suppone F Santangelo (2018) per Teofane di Mitilene, un personaggio dal percorso affine (cfr infra) 474 Cic Balb. 2, 5–6 475 Wiseman 1971, p 226 476 Per una disamina delle ipotesi relative all’origine del cognomen Balbus, si veda Rodríguez Neila 1992, pp 25–28 477 Kajanto 1965, pp 63–65 e 240 478 Rodríguez Neila 1992, pp 26–27 479 Così, nel tempo, sono stati chiamati in causa L. Cornelius Lentulus (cos. 199), i Cornelii Scipiones (Publio e Lucio come i fratelli Balbi), il dittatore Cornelius Sulla, che aveva forse concesso la cittadinanza ad alcuni Gaditani, o ancora i consoli del 72 – L. Gellius Publicola e Cn. Lentulus Clodia nus, autori della legge che riconosceva le concessioni di cittadinanza del proconsole Pompeo (Cic Balb. 19 e 32) Per un riepilogo aggiornato sul dibattito, si veda Pina Polo 2011b, pp 192–196 480 Münzer RE IV 1, coll 1381–1384, n 218 481 Cic Att. VIII, 15 A; IX, 7 B: Balbo ammetteva uno speciale vincolo di devozione con Lentulo Crure e Pompeo Lo stesso patto di hospitium del 206 metteva i Cornelii Lentuli in una posizione di formale patronato nei confronti dei Gaditani, avvalorando così l’ipotesi di un rapporto speciale fra Balbo
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Al momento, tuttavia, non sussistono elementi probanti che Lentulo avesse rivestito una legatura in Spagna sotto Pompeo e, dunque, questa tesi è quantomeno insoddisfacente482 Fra Pompeo e Cesare. Più semplicemente, la cittadinanza poteva essergli legalmente riconosciuta solo da Cn Pompeo, alla cui campagna iberica Balbo aveva fornito un prezioso supporto483: è dunque col Magno che, con ogni probabilità, egli aveva stretto un legame politicamente rilevante Contrariamente a quanto concordato con un altro illustre provinciale, Teofane di Mitilene484, sembra che Pompeo non abbia condotto con sé Balbo in Italia485 Forse, agli occhi del Magno, egli non era che uno dei suoi numerosi clientes e non era poi necessario che venisse a far parte del circolo dei suoi intimi o ne ricevesse particolari benefici486 L’incontro con Cesare, avvenuto a Roma alla fine degli anni 70, come proposto da E Badian487, o durante il proconsolato in Hispania Citerior (61)488, come supposto da K Welch489, costituì invece un momento di svolta Non è inverosimile che i due possano essersi incontrati durante la questura di Cesare in Spagna (69)490 A Gades, il questore si trattenne con certezza in entrambe le occasioni e in città sono tradizionalmente collocati alcuni episodi significativi: è lì che egli ebbe un noto sogno propiziatorio e fu all’interno del tempio di Herakles491 che, di fronte alla statua di Alessandro, si rammaricò dei pochi risultati raggiunti al confronto col Macedone492 Ad ogni modo, apprendiamo da Cicerone che il rapporto fra i due
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e Lentulo; sul progressivo sviluppo dell’hospitium, originariamente nato per designare un rapporto paritario, in clientela, si veda Badian 1958, pp 12 e 154–155 Questa tesi ha goduto di larga fortuna: fra gli altri, essa è stata autorevolmente seguita da F Münzer (RE IV 2, n 69, coll 1260 e ss ), R Syme (1939, sopr p 44, n 2), E Badian (1958, p 303), F des Boscs-Plateaux (1994, p 17) Nell’ambito di una critica sistematica dell’impianto teorico delle Foreign Clientelae di Badian, si è espresso contro questa tesi F Pina Polo (2011b, pp 194– 196 e 2011c, sopr pp 340–342) Sebbene quanto noto sulla carriera di Balbo sia essenzialmente connesso agli interessi di Cesare, si è visto come egli dichiarasse una speciale riconoscenza per Lentulo e Pompeo quorum beneficia maxima haberem (Cic Att. IX, 7, B) Avvicinatosi a Pompeo durante la guerra mitridatica e premiato con la cittadinanza, Teofane divenne praefectus fabrum del Magno e lo accompagnò a Roma, di ritorno dall’Oriente (su questo, si veda infra) Contra Badian (1997, p 5), convinto che “having become a Roman citizen, he would surely be eager to make his way into the society of the capital, not remain to cherish his new status in Punic Gades” Sullo scarso impegno di Pompeo nei confronti dei clientes (oltre che dei concittadini), si veda Plut Crass. 7, 3 Badian 1997, p 5 MRR II, p 173 Welch 1995, pp 135–136 MRR II, p 132 Il tempio di Eracle era senz’altro il più rappresentativo della città: significativamente, il rango di sacerdote era riservato alle famiglie più antiche e influenti, fra cui senz’altro figuravano i Balbi (des Boscs-Plateaux 1994, p 16) Suet Iul. 7; Plut Caes. 11, 6; Cass Dio XXXVII, 52, 2 e XLI, 24, 2
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ebbe inizio precocemente, segnato dalla stima e dalla reiterazione della praefectura fa brum493 Dell’utilità di un prefetto dei fabri. Il proconsolato di Cesare in Hispania Ulterior offrì l’occasione ideale per un avvicinamento fra i due494 Nella provincia iberica, Balbo avrebbe senz’altro potuto aiutarlo in molti frangenti, primo fra tutti quello finanziario495 Non solo egli stesso era molto ricco, ma poteva offrire a Cesare importanti contatti nell’abbiente élite gaditana (e non solo), i cui principali redditi derivavano dal commercio e dalle floride proprietà fondiarie496 Se Balbo era riuscito ad ottenere sufficiente influenza presso Cesare, tanto da riceverne la nomina a prefetto dei fabri, il suo rilievo politico non poteva che aumentare durante l’esperienza spagnola Nel corso del suo mandato, il proconsole reclutò infatti nuove truppe per una spedizione contro Callaeci e Lusitani, un’operazione il cui successo richiedeva il sostegno attivo delle aristocrazie locali Secondo Dione, Cesare aveva richiesto (e ottenuto) l’invio di navi da Gades497 In queste operazioni, il supporto dei proprietari, che corrispondevano in larga misura ai maggiorenti della città, era essenziale498 In virtù di questa collaborazione e huius (i e Balbi) rogatu, Cesare onorò grandemente la città499, sulla cui lealtà avrebbe potuto contare negli anni delle guerre civili: Gades, oppressa dai Pompeiani (fra cui Varrone), sarebbe stata presa da Cesare ad esempio per tutte le Spagne e, come tale, ricompensata500 Un salto qualitativo: dalla Spagna a Roma. Non è chiaro il momento in cui Balbo abbia raggiunto il rango equestre, ma è verosimile che, per quest’epoca, lo si possa considerare acquisito: per amicitiae prestigiose, posizione sociale e solide ricchezze, il traguardo era tutt’altro che irraggiungibile e, forse, la praefectura fabrum gli aveva infine assicurato il risultato501 Da Cicerone apprendiamo del coinvolgimento di Balbo nel fatto politico del momento: la costituzione di un’inattesa alleanza politica fra Pompeo e Crasso, favorita dallo stesso Cesare502 Sembra che, parallelamente all’ascesa di Cesa493 Cic Balb. 63: cognovit adulescens; placuit homini prudentissimo; in summa amicorum copia cum fami liarissimis eius est adaequatus. In praetura, in consulatu praefectum fabrum detulit; consilium hominis probavit, fidem est complexus, officia observantiamque dilexit. 494 Cic Balb. 43; Suet Iul. 54, 1 (in cui il titolo è infatti proconsul); per un regesto dei documenti relativi alla definizione dell’incarico di Cesare, MRR II, p 180 495 Come è noto, il proconsole, partito da Roma “inseguito” dai creditori, era stato salvato soltanto dall’intervento di Crasso (Suet Iul. 18 e 54,1; Plut Caes. 12, 4; Crass. 7, 6) 496 Un esplicito riferimento in Suet Iul. 54, 1: in Hispania pro consule et a sociis pecunias accepit emendi catas in auxilium aeris alieni Sulla straordinaria ricchezza dell’élite di Gades, si veda Strab III, 5, 3 497 Cass Dio XXXVII, 53, 4 498 E’ forse questo a cui si allude in Suet Iul. 54, 1, a proposito dei contributi degli alleati 499 Cic Balb. 43 500 Caes BC II, 18–21 501 Solo Tacito (Ann. XII, 60) pare confermare lo status equestre di Balbo, ma senza precisare il momento dell’accesso fra gli equites 502 “When Pollio set out to narrate the history of the Roman Revolution he began, not with the crossing of the Rubicon, but with the compact of 60 B C , devised by the political dynasts Pompeius,
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re e in un momento immediatamente successivo alla prefettura dei fabri, l’operatività politica di Balbo sia qualitativamente aumentata rispetto ai compiti svolti nelle Spagne In una lettera ad Attico, datata al dicembre del 60, Cicerone spiegava come fosse stato proprio Cornelio Balbo, Caesaris familiaris, a parlargli del tentativo di riconciliare Pompeo e Crasso503 Nella stessa occasione, pare che Balbo avesse ventilato numerosi vantaggi a Cicerone: la riconoscenza di Pompeo e Cesare, oltre alla riconciliazione con gli avversari dell’Arpinate e con la plebe, benefici tanto più graditi negli anni successivi al suo intervento contro Catilina e all’implacabile confronto con Clodio Di fronte ad un consolare, Balbo non si comportò come un semplice messaggero: secondo Cicerone, egli parlava a nome di Cesare e non sembrava sorpreso né offeso del fatto che un parvenu della politica romana gli prospettasse il favore di quelle personalità Il rapporto con Pompeo. La vecchia conoscenza con Pompeo doveva aver costituito un elemento prezioso nel cursus del personaggio, utile anche agli occhi di Cesare Anche se le ragioni effettive di una simile decisione restano oscure, fu certo questa affinità a rendere possibile l’adozione di Balbo da parte di Cn Pompeo Teofane, storico personale, confidente e vecchio prefetto dei fabri di Pompeo, un provinciale divenuto cittadino e, ormai, anche agente politico di prim’ordine504 Al Magno, del resto, doveva apparire particolarmente opportuno che Balbo, che egli ben conosceva, fosse così vicino a Cesare, un politico più giovane, che con buone ragioni considerava junior partner di un’alleanza in cui Crasso costituiva il vero, valido contrappeso505 Durante il processo più tardi intentato a Balbo, Cicerone giustificò l’adozione come un banale atto legale (una questione di eredità), ma non così con Attico, al quale parlò più liberamente: all’amico confidò che quello era uno dei molti assurdi a cui il disastro del sistema repubblicano aveva condotto, fra i quali i poteri e la possibilità di candidarsi in absentia per Cesare, la perdita dell’ager Campanus, l’adozione del patrizio Clodio da parte del plebeo P Fonteio, lo stesso esilio dell’Arpinate Al di là dello scandalo di Crassus and Caesar to control the State and secure the nomination of the most powerful of their number” (Syme 1939, p 8); così anche numerosi autori antichi: Hor Od. II, 1, 1–5; Luc I, 84; Flor II, 13, 8; Vell II, 44, 1 503 Cic Fam. II, 3, 3: Cornelius, hunc dico Balbum, Caesaris familiarem. Is adfirmabat illum omnibus in rebus meo et Pompei consilio usurum daturumque operam ut cum Pompeio Crassum coniungeret. 504 Cic Balb. 57; Att. VII, 7, 6: Cicerone, pur ribadendo pubblicamente la validità di quest’atto, teso unicamente a concedere a Balbo la proprietà di beni legittimi, non mancava di manifestare ad Attico l’assurdità della cosa Non c’è dubbio che per Cicerone, Balbo e Teofane dovessero rappresentare una grave perturbazione dell’ordinamento repubblicano: due provinciali, poi cittadini romani, trattavano con lui, un vecchio consularis, con la stessa disinvoltura con cui si servivano delle leggi romane per i propri interessi Su questo episodio, in verità piuttosto oscuro, si vedano Cic Balb. 57, Att. VII, 7, 6; Lindsay 2009, pp 172–173 505 Sulla rivalità e la fine dell’accordo fra i due, accelerate dai successi di Cesare e dalla morte di Crasso, è sempre eccellente la ricostruzione di R Syme (1939, pp 38 – “(Caesar) no longer an agent and minister, but a rival” – e 41 – “Caesar had risen to great power through Pompeius, helped by the lieutenants of Pompeius in peace and war, and now Caesar had become a rival political leader in his own right”)
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Cicerone, come si è detto, sappiamo troppo poco su questo sviluppo Come suggerito anche da H Lindsay e F Santangelo, non è necessario scorgervi uno dei sottoprodotti del cosiddetto Triumvirato506 In particolare, le personalità e le risorse di Teofane e Balbo giustificavano l’esistenza di strategie autonome Un legame fra i due, simili per molte ragioni, era pure coerente con la familiaritas di entrambi a Pompeo e la partecipazione ai benefici dell’accordo fra questi e Cesare Si rilevi infine che, se davvero fra i due c’erano interessi ereditari, un qualche legame – non altrimenti tramandato – dovrebbe essere supposto Senz’altro, è certo che la vicinanza fra i due neo-cittadini poteva rafforzarne la posizione e l’influenza La seconda praefectura: un incarico essenzialmente politico? Al consolato di Cesare, o più probabilmente al suo proconsolato in Gallia, si deve attribuire la seconda praefectura fabrum di Balbo Non è noto se l’incarico del Gaditano lo abbia costretto a tornare sul campo di battaglia, come ai tempi di Sertorio, ma una parte sostanziale del suo ambito operativo fu senz’altro rappresentata dalla politica Più volte egli fece la spola fra la Gallia e Roma507, dove nessuno metteva in dubbio che Balbo rappresentasse gli interessi e la visione politica di Cesare508 Egli controllava per il proprio patronus una realtà politica complessa, che non era stata semplificata dall’accordo dei tre potentes: questi ultimi avevano semmai eccitato l’insofferenza di una parte consistente della no bilitas509 Per contro, la partecipazione di Balbo alle operazioni in Gallia non compare nei Commentarii cesariani, del resto molto selettivi a proposito dei soggetti trattati: ad ogni modo, è ragionevole supporre che, nuovamente, l’incarico del praefectus fabrum fosse stato assorbito da attività essenzialmente politiche e non strettamente istituzionali510 Il processo ed il riconoscimento pubblico. Come si è detto, Balbo poteva ormai vantare una riconoscibilità politica chiara Ovviamente, Cesare non poteva immaginare che Cornelio avrebbe più tardi raggiunto il consolato: non sarebbe stata certo la praefectura fabrum a creare le condizioni per l’elezione di un ex peregrinus Principe nella sua Gades, divenuto sempre più indispensabile a Cesare, Pompeo e Crasso, divenne egli stesso l’obiettivo di un processo dalle conseguenze chiaramente politiche (56), con l’accusa di irregolarità nella concessione della cittadinanza, nei termini della
506 Lindsay 2009, p 172; Santangelo 2018, p 136 507 Cic Q. fr. III, 1, 12 508 Più volte, Cicerone scrisse indifferentemente a Cesare e Balbo, per ottenere benefici e riconoscimenti per il fratello Quinto o l’amico giurista Trebazio (Fam. VII, 6; 7; 16; Rodríguez Neila 1992, pp 83–93) 509 L’influenza esercitata da Clodio, gli scontri armati fra bande, la carestia a Roma e le stesse difficoltà di Pompeo a gestire il contesto politico sono fatti molto noti (in Cic Q. fr. II, 3, 2, l’azione delle bande di Clodio contro il Magno è evidente) In politica, coloro che sono chiamati ad esprimere proposte e idee altrui hanno una necessaria e ben maggiore autonomia di semplici messaggeri (su questo, è molto chiaro Canfora 2007, pp 107–108) 510 Così anche in Canfora 2007, p 107, pur senza alcun riferimento alla prefettura dei fabri
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lex Papia de civitate Romana (del 65)511 Qualunque fosse lo scopo di questa azione, il processo contro Balbo rappresentava anche un riconoscimento distorto della sua personalità politica512 Il nome del querelante, di provenienza iberica, non è stato tramandato, così come i nomi dei politici che, occultamente, lo sostennero L’operazione non era tuttavia destinata al successo, perché appena “ritrovatisi” nel recente accordo di Lucca, i Triumviri sostennero compattamente il loro uomo: il verdetto era già scritto e di questo – sia pure retoricamente – si dimostrava pubblicamente consapevole lo stesso Cicerone513 Benché forse i tre potentes considerassero il Gaditano poco più che un prezioso agente, con le sue capacità, le ingenti ricchezze e la costruzione di personali clientelae, Balbo aveva ormai irreversibilmente segnato il panorama politico contemporaneo: un provinciale di grande successo poteva ormai raggiungere il rango equestre e, soprattutto, lo scenario della grande politica Prima della guerra civile: fra politica e finanza. Come si è detto, nel 51 gli era ormai riconosciuta una piena agibilità politica: egli era ritenuto uomo di fiducia e amministratore dei beni di Cesare (a fianco di Oppio)514 Si è già detto del tentativo di Balbo di coinvolgere Cicerone nell’accordo fra Cesare, Pompeo e Crasso, ma i contatti fra l’Arpinate e il Gaditano furono molto frequenti, soprattutto per questioni finanziarie e, conseguentemente alla posizione di entrambi, anche politiche515 In particolare, l’attivismo di Balbo sembrò farsi tanto più evidente col progredire della crisi fra Cesare e Pompeo: così, quando nel settembre del 51, Q. Caecilius Metellus Pius Scipio (cos. 52) propose al Senato di mettere all’ordine del giorno la discussione sulle province galliche, Balbo non esitò a mostrare il proprio disappunto al consularis516 L’interesse di Cesare era in effetti quello di dilatare il più possibile il dibattito, di modo da mantenere la possibilità di candidarsi per il consolato del 49 in absentia, prolungando al contempo
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Sul processo, un tema più volte dibattuto, una buona sintesi è contenuta in Rodríguez Neila 1992, pp 95–121 Una parte essenziale dell’orazione di Cicerone era costituita dal continuo riferimento all’auctoritas degli amici di Balbo, confermando così la posizione “particolare” del Gaditano (su questo, si veda Barber 2004, pp 2–23) Cic Balb. 1: si auctoritates patronorum in iudiciis valent, ab amplissimis viris L. Corneli causa defensa est Così anche Tac Ann XII, 6 e Gell XVII, 9 Ancora nel settembre del 45, Cicerone supponeva che Cesare avesse trascorso un’intera mattina a discutere dei propri affari con Balbo (Cic Fam. XIII, 52) L’episodio del debito di Faberius è particolarmente istruttivo a questo riguardo: da una serie di lettere (Cic Att. XII, 12; 29; 47, 1; XIII, 2a, 33), emerge il forte indebitamento di un cliens di Cesare nei confronti di Cicerone Obbligato a raccogliere denaro per l’acquisto di un terreno destinato alla tomba di Tullia, l’Arpinate fu costretto a rivolgersi a Balbo e Oppio, per il tramite di Attico, pur di riottenere quanto dovuto Cicerone riottenne tutto, ma non prima che Balbo tentasse di ottenere le migliori condizioni possibili per l’assistito di Cesare (XII, 12, 1) Su questo, si veda des Boscs-Plateaux 1994, sopr pp 27–28 Sul rapporto fra denaro e amicitiae, è essenziale il lavoro di Verboven 2002 Cic Fam. VIII, 9 (così Celio riferiva a Cicerone)
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il comando dell’esercito gallico517 Che un cavaliere di origine provinciale, per giunta senza incarichi pubblici, potesse rivolgersi in toni sprezzanti ad un Metello, è già indicativo dell’eccezionalità del periodo e dell’influenza raggiunta da Balbo Infine, nel corso dell’anno 50, Caesare absente, si diffuse unanime la notizia della corruzione di un console – L. Aemilius Lepidus Paullus – e di un tribuno – C. Scribonius Curio – da parte del proconsole delle Gallie518 Che proprio Balbo fosse all’oscuro di transazioni tanto rilevanti – 1500 talenti al primo per il completamento della Basilica Aemilia e il completo saldo dei debiti del secondo – è impossibile; che il Gaditano partecipasse attivamente al piano è invece molto probabile519 Ormai, la posizione di Balbo era solida e l’amicitia con Cesare gli aveva assicurato un ruolo centrale all’interno del contesto politico romano Infine, il prefetto pareva aver raggiunto un’autorevolezza sufficiente a trattare con i cavalieri e i senatori più influenti della Penisola A fianco del Dittatore. La definitiva vittoria di Cesare pose Balbo in una posizione di eccezionale e imprevedibile preminenza Durante le campagne contro i Pompeiani in Africa e Spagna, era a Balbo che Cicerone si premurava di sottoporre il contenuto di scritti a cui stava lavorando520 Dal ritorno di Cesare a Roma (45) alle Idi di Marzo, Balbo ricoprì un ruolo fondamentale a fianco del Dittatore In effetti, la costituzione di un potere monarchico aveva conseguenze decisive: il ruolo degli intimi di Cesare e soprattutto di Balbo crebbe inevitabilmente, senza alcun riguardo per il rango o le magistrature conseguite Come si vedrà, è in occasione dei giochi per il ritorno di Cesare che il praefectus fabrum Paconius Lepta chiese a Cicerone di presentare i suoi servigi all’entourage del Dittatore: anche in quella vicenda erano coinvolti Balbo e Oppio521 Quando Cesare mancò di rispetto ad una delegazione di senatori, si pensò che Balbo fosse in qualche misura responsabile: Plutarco e Svetonio gli attribuiscono appunto il suggerimento di non alzarsi all’arrivo dei senatori522 Quel gesto non costituiva una banale mancanza di rispetto, ma una concezione nuova, riconoscibilmente monarchica del potere, ed è davvero significativo che, nei documenti sopravvissuti, la responsabi-
Il giorno 1 marzo del 50, Cesare e Pompeo avrebbero dovuto rinunciare ai rispettivi imperia e ai relativi eserciti, ma il patrizio aveva valide ragioni per dubitare della buona fede del Magno 518 Per un regesto delle fonti si vedano rispettivamente MRR II, p 247 e MRR III, p 9 (Paullus) e MRR II, p 249 (Curio); su Curio, cfr anche Rollinger 2009, pp 115 e 213 519 Così anche Des Boscs-Plateaux (1994, p 22) 520 E’ chiaramente insoddisfatto il tono in Cic Att. XIII, 27 (de epistula ad Caesarem nobis vero semper rectissime placuit ut isti ante legerent. Aliter enim fuissemus et in hos inofficiosi et in nosmet ipsos, si illum offensuri fuimus, paene periculosi. Isti autem ingenue; mihique gratum quod quid sentirent non reticuerunt, illud vero vel optime quod ita multa mutari volunt ut mihi de integro scribendi causa non sit) Evidentemente, Cicerone aveva ritenuto (a ragione) che, per scrivere a Cesare, fosse ormai necessario passare dal vaglio di Balbo Per una raccolta del materiale relativo a questo soggetto, si veda Des Boscs-Plateaux 1994, pp 28–29 521 Cic Fam VI, 19, 2 Per una disamina dell’episodio, si veda infra la trattazione relativa a Q. Paconius Lepta 522 Plut Caes 60; Suet Iul. 78 517
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lità di Balbo emerga così prepotentemente523 Il suo rapporto con Cesare era stato un requisito necessario, ma erano state le operazioni di alto profilo e l’impegno costante sulla scena politica a fare sì che un ex peregrinus divenisse il “cortigiano” di Roma524 Dopo le Idi di marzo. La morte del Dittatore sembrò determinare per Balbo il definitivo allontanamento dal potere, ma questo non mise in discussione una posizione ormai consolidata525 Il vecchio praefectus fabrum non si schierò apertamente con Antonio, ma lasciò Roma per la vicina Campania, dove si trovavano anche Irzio, Pansa (coss. 43) e Cicerone, con i quali si trattenne per alcuni giorni526 Varie ragioni portavano Balbo sulla costa campana: la presenza di personaggi influenti e, in arrivo dalla Grecia, il giovane Ottaviano, che egli incontrò personalmente527 In quell’occasione, il futuro signore di Roma chiarì una volta per tutte al Gaditano di accettare l’eredità di Cesare, una decisione che lo avrebbe fatalmente portato ad uno scontro con Antonio Nonostante un periodo di incertezza, Balbo decise infine di prestare la propria influenza per Ottaviano528 Il consolato e l’eredità di un’esperienza. Dopo anni di apparente inattività, Balbo raggiunse lo spettacolare traguardo del consolato suffetto (40)529: un risultato davvero straordinario, certo frutto di una negoziazione fra Ottaviano ed Antonio Questo non soltanto conferma l’importanza politica acquisita da Balbo, ma anche il ruolo riconosciutogli all’interno della vecchia factio cesariana Anni dopo, Balbo il Giovane, omonimo del prefetto530, raggiunse risultati non meno sorprendenti: come lo zio, partigiano di Cesare e poi di Ottaviano, questi ottenne la questura nel 43 e, successivamente, la dignità consolare531; da proconsole in Africa
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Molti segni di una nuova monarchia a Roma si erano moltiplicati negli ultimi mesi di vita di Cesare: per una disamina dei documenti disponibili, si raccomanda MRR II, p 318 In Plut Caes 60, si legge appunto κόλαξ Uno dei maggiori timori di Balbo era senza dubbio rappresentato dalla sua impopolarità (invidia), ma non dal timore di essere allontanato da una posizione consolidata all’interno della classe dirigente: Cic Att XIV, 21, 2 e XV, 2, 3 Cic Att XIV, 9–11; nell’epistola 9, Balbo sembra ancora ben informato sui temi della politica estera Cic Att XIV, 10, 3 Cic Att XIV, 21 MRR II, pp 378–379 L’omonimia fra i due è stata sempre fonte di equivoci In ben tre circostanze, non è infatti chiaro a chi siano riferibili i documenti conservati: così per una moneta dalla Gallia (RRC 518 1 – r C·CAESAR·III·VIR·R·P·C; v BALBVS PRO·PR), databile fra il 43 e il 42 e per due iscrizioni La prima, da Trebula Suffenas, nei pressi di Roma (AE 1995, 426), recita: L(ucio) Cornelio / Balbo, pr(aetori), / municipes e[i]us L’iscrizione – oltre ad inserire una pretura, funzionale alla propretura attestata in Gallia e, comunque, al consolato – sembra indicare un rapporto patronale con una comunità civica del Latium Vetus La seconda iscrizione è stata invece rinvenuta a Capua (CIL X, 3854 = ILS 888 = ILLRP 425): L(ucio) Cornelio L(ucii) [f(ilio)] / Balbo co(n)s(uli), patr[ono] / d(e) c(onscripto rum) d(ecreto) L Chioffi (2005, p 101, nr 99) ha convincentemente proposto che l’iscrizione capuana fosse stata dedicata a Balbo il Giovane Ad ogni modo, il monumento documenta un fatto notevole: la pervasività dei Balbi si era ormai estesa anche alla Penisola italica Vell II, 51, 3 (ex privato consularis)
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(21–20) ottenne lo straordinario onore di un trionfo, l’ultimo concesso al di fuori della casa imperiale Il suo stesso matrimonio con la figlia di C Norbano Flacco (cos. 24) dimostrava come ormai i Cornelii Balbi di Gades fossero a tutti gli effetti membri della classe dirigente della Repubblica e del “nuovo” ordinamento532 A Gades e Roma, i Balbi lasciarono impegnativi programmi monumentali, il segno visibile di una supremazia conquistata in anni di attività politica533 Combinando una consolidata posizione locale e abilità politiche non comuni, Balbo aveva saputo sfruttare per sé e per i propri familiari le opportunità offerte da una stagione politica eccezionale Domi nobilis a Gades, consularis a Roma: la praefectura fabrum era stato uno strumento politico essenziale per introdurre un provinciale, neo-cittadino, alla grande politica; le capacità personali di Balbo avevano fatto il resto La strada per l’integrazione delle élites provinciali d’Occidente era ormai aperta (6) Mamurra, un (ricco) praefectus fabrum Mamurra o Vitruvius? In un originale contributo del 1983, R Palmer non si è limitato a sintetizzare lo stato delle conoscenze su Vitruvius/Mamurra534, a lungo ritenuto un solo individuo535, ma ha convincentemente dimostrato l’esistenza di due distinte personalità fra loro collegate e connesse all’ambiente delle costruzioni536: uno, il noto scrittore di architettura di età augustea537, l’altro, il praefectus fabrum di Cesare538, probabilmente attivo negli anni della guerra gallica Secondo la tesi di Palmer, entrambi appartenevano ad una rete di individui originari dell’area centro-italica, legati da vincoli matrimoniali, amicizie e interessi: tutti membri del notabilato municipale, costoro avevano fondato le proprie fortune sulla ricchezza e avevano raggiunto una solida posizione con l’avvento al potere di Cesare e, successivamente, di Augusto, che, del resto, proveniva dalla stessa area geografica
Ne è dimostrazione anche il lascito testamentario di Balbo, che stabiliva la concessione di 25 dena rii (dracme nel testo dioneo) a ciascun cittadino (Cass Dio XLVIII, 32) 533 Il teatro costruito da Balbo, a Roma, inaugurato alla presenza di Tiberio, ne costituiva una dimostrazione inequivocabile (Cass Dio LIV, 25; Plin NH XXXVI, 60; LTUR, pp 30–31) Sul programma edilizio di Balbo il Giovane, si veda Rodríguez Neila 1992, pp 289–312 534 Münzer RE XIV 1, coll 966–967 535 Questa tesi, già in qualche modo suggerita da Münzer, fu compiutamente formulata da P Thielscher (RE IX A1, coll 427–489), indotto in errore da un chiaro fraintendimento del ruolo del praefectus fabrum 536 Palmer 1983, sopr pp 354–355 537 Su Vitruvio e la sua opera, si vedano a titolo esemplificativo Plommer 1973; Gros 2006, sopr pp 173–209, 311–326 538 Plin NH XXXIV, 48
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Un uomo molto ricco. Il profilo del prefetto è desumibile essenzialmente da un singolo passaggio di Plinio, basato sulla testimonianza di Cornelio Nepote539 Nato a Formia, Mamurra era senz’altro un eques ed era soprattutto molto ricco, come documentato dai numerosi attacchi polemici dei suoi contemporanei540 Cicerone trattava la ricchezza di Mamurra come un fatto notorio541 A Plinio si deve la menzione di una casa sul Celio – evidentemente una proprietà di notevole valore – decorata con colonne di serpentino (il marmor Carystium dell’Eubea) e di marmo bianco da Luni, un fatto questo ritenuto straordinario Ricordati dallo stesso Plinio, i velenosi versi di Catullo stigmatizzavano la rapacità del prefetto nella Gallia Comata, in cui aveva servito al seguito di Cesare Proprio questi versi offrono numerosi spunti di riflessione542: in particolare, al prefetto non era rimproverata tanto la ricchezza, quanto la rapacità con cui questi l’accumulava a scapito delle provinciae e dei teatri operativi in cui aveva servito, fra cui si annoveravano l’Asia, la Spagna, la Gallia e la Britannia Con Pompeo e Cesare. Non troppo diversamente da Balbo, Mamurra doveva essersi avvicinato a Cesare, dopo un primo incontro con Pompeo543 – un’ulteriore dimostrazione del dinamismo del contesto politico contemporaneo La prefettura dei fabri è attestata al seguito del solo Cesare544 e tuttavia è possibile che egli avesse servito anche sotto Pompeo545 Ad ogni modo, impegnato in numerose campagne, Mamurra ebbe non soltanto l’occasione di accrescere le proprie ricchezze, ma soprattutto di dimostrare le proprie capacità su teatri operativi complessi, soprattutto in Gallia e Britannia, dove le campagne cesariane furono combattute più duramente In mancanza di altri dati, l’ambito operativo della prefettura di Mamurra rimane sconosciuto, anche se, come si vedrà fra breve, qualche elemento suggerisce un rapporto con il mondo della logistica e delle costruzioni Quali che fossero i compiti attribuitigli, Mamurra fu senza dubbio apprezzato, come dimostra la lunga militanza al seguito di Cesare Anche per questo è assolutamente verosimile l’interpretazione data da R Palmer ad un noto passo di Marziale546, secondo 539 Plin NH XXXVI, 48: Primum Romae parietes crusta marmoris operuisse totos domus suae in Cae lio monte Cornelius Nepos tradit Mamurram, Formiis natum equitem Romanum, praefectum fabrum C. Caesaris in Gallia, ne quid indignati desit, tali auctore inventa re. Hic namque est Mamurra Catulli Veroniensis carminibus proscissus, quem, ut res est, domus ipsius clarius quam Catullus dixit habere quidquid habuisset Comata Gallia. Namque adicit idem Nepos primum totis aedibus nullam nisi e mar more columnam habuisse et omnes solidas e Carystio aut Luniensi 540 Catull 29; 57; Mart IX, 59, 1–3 541 Cic Att. VII, 7, 6 542 Catull 29; 57 543 Catull 29; Palmer 1983, p 344 544 Plin NH XXXIV, 48 545 Secondo la convincente ricostruzione di Palmer (1983, pp 344–345), Mamurra servì con Pompeo durante la guerra mitridatica (66–62) e con Cesare in Spagna (61–60), Gallia (dopo il 58) e Britannia (55–54) 546 Mart IX, 59, 1–3: in Saeptis Mamurra diu multumque vagatus / hic ubi Roma suas aurea vexat opes / inspexit molles pueros oculisque comedit
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cui Mamurra avrebbe sovrinteso alla costruzione dei Saepta Iulia, i nuovi recinti elettorali, completati successivamente alla morte di Cesare e, di fatto, utilizzati solo come mercato coperto per merci e prodotti di lusso547 Pur cogliendo una profonda distanza con L Cornelio, prefetto di Catulo, entrambi possedevano dunque competenze nel settore delle costruzioni e presero parte a programmi di edilizia monumentale dal valore e dalle finalità intrinsecamente politici548 Una posizione solida. Molti dati concorrono a confermare la solidità della posizione raggiunta da Mamurra Le risorse del prefetto non furono scalfite dalle guerre civili e, ancora nel 37, la sua famiglia era riconosciuta come la più influente e autorevole di Formiae549 Una loro villa presso Bovillae, lungo la Via Appia, entrò a far parte del demanio imperiale dopo i regni di Claudio e Nerone550, ulteriore dimostrazione della pervasività dei Mamurrae nel Latium Vetus et Adiectum551 In Africa, vicino a Cirta, a Thibilis (fondazione di età triumvirale), l’iscrizione su di un arco onorario commemorava la generosa donazione di un M. Vitruvius Mamurra552: si tratta di un documento doppiamente rilevante, innanzitutto perché è il solo in cui figurino insieme il nomen Vitruvius e il cognomen Mamurra553 Questa iscrizione attesta inoltre come parte dell’Africa – oggetto di nuove fondazioni coloniarie – fosse stata raggiunta dai membri (e dall’influenza) della famiglia554 Il collegamento con Vitruvio, architectus al servizio di Cesare e Augusto, suggeriva infine un’affinità familiare con competenze propriamente tecniche, un aspetto rilevante in un’epoca in cui non esisteva alcuna formazione specialistica: è verosimile che le campagne di Mamurra abbiano avuto un ruolo a questo riguardo Del resto, Vitruvio stesso vantava la propria esperienza nei settori della poliorcetica e, conseguentemente, della logistica militare555 Una sintesi. R Palmer intendeva dimostrare l’esistenza di due personalità diverse (e fra loro imparentate) e l’esistenza di una solida presenza dei Vitruvii nel Latium e in Africa L’epoca compresa fra Cesare e Augusto aveva segnato il successo di questa famiglia, in verità già ricca e influente, uno sviluppo simile a quello di altri clan, che be-
Palmer 1983, pp 347–348; sui Saepta, si veda LTUR, pp 228–229 Per la disamina relativa a L. Cornelius, si veda supra Hor Serm I, 5, 37–38 CIL XIV, 2431 = ILS 1586; Palmer 1983, p 346, per la Villa Mamurrana, si veda Granino Cecere 1995 551 R Palmer (1983, pp 346–347) ha individuato quattro MM. Vitruvii a Formiae e un Q. e un P. Ma murra a Gaeta Sulle conseguenze politiche del possesso di proprietà fondiarie lungo gli assi viari della Penisola, si veda soprattutto Augier 2014 (a questo riguardo, gli aspetti economici erano comunque prevalenti – su questo, Plin Iun Ep II, 17) 552 CIL VIII, 18913 = ILS 5566; Palmer 1983, p 346 553 Era questo il rinvenimento che – come notato da R Palmer (1983, p 346) – aveva indotto Thielscher in errore 554 Palmer 1983, pp 349–350 555 Vitr Arch. Praef , 2: itaque cum M. Aurelio et P. Mindio et Cn. Cornelio ad apparationem ballistarum et scorpionum reliquorumque tormentorum refectionem fui praesto et cum eis commoda accepi.
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neficiarono di un simile successo, godendo dei medesimi rapporti con i potenti signori di Roma556 Senz’altro, non erano stati soltanto i loro talenti ad assicurare questi risultati, quanto piuttosto l’eccezionale rango dei loro patroni e la solidità e la convenienza del rapporto di fides che ad essi li legava La prefettura dei fabri, forse ancora connessa agli ambiti operativi della logistica e delle costruzioni, aveva costituito un elemento essenziale nell’ascesa di Mamurra Un domi nobilis e un cavaliere estremamente ricco, egli era già una figura rilevante, ma solo la prefettura dei fabri gli aveva concesso la possibilità di partecipare all’amministrazione dell’Impero e alla sua stessa conquista Collegando in modo politicamente visibile e riconosciuto la propria persona a Pompeo e Cesare, egli aveva raggiunto una posizione istituzionalmente formalizzata I suoi successori, per i quali non sono attestate carriere magistratuali a Roma, seppero comunque distinguersi al servizio dell’Impero, come tanta parte dei notabili italici e provinciali Come per i progetti edilizi descritti da Vitruvio nel proprio trattato, la famiglia di Mamurra aveva lasciato un segno tangibile557 Meno evidente, ma non meno importante fu invece il contributo di questo e altri clan alla stabilizzazione politica dell’Italia e dell’Impero fra la morte di Cesare e l’insediamento del regime augusteo (7) C. Velleius, tre volte prefetto dei fabri Un caso unico. Rivestendo almeno tre volte la praefectura fabrum – per Cn. Pompeius Magnus, M. Iunius Brutus (procos. 43) e Ti. Claudius Nero (pr. 42) – C. Velleius558 rappresenta un caso unico all’interno del materiale pervenutoci per l’età repubblicana Tutta la documentazione disponibile si esaurisce tuttavia in un unico passo di Velleio Patercolo, discendente del praefectus stesso559 La rivendicazione orgogliosa delle capacità dell’antenato ne ha tramandato la carriera in modo relativamente dettagliato, un cur sus solennemente culminato col suicidio, di fronte all’impossibilità di accompagnare
556 Palmer (1983) ha soprattutto indagato le famiglie dei Mescinii, dei Mindii e degli Atii, domi nobiles dediti al commercio e all’accumulo di ricchezze, non troppo diversamente dagli antenati di Ottaviano, a Velitrae 557 Entro il 19, secondo quanto vantava Vitruvio (V, I, 6), egli stesso aveva diretto la costruzione di una basilica sulla piazza forense di Fanum Fortunae (odierna Fano) Mancano molti dettagli, ma è ragionevole supporre un legame con la città, quantomeno a seguito di questa prestigiosa iniziativa edilizia; su questo si veda anche Gros 2006, pp 217–237 558 Ziegler RE VIII A 2, col 635 n 2; Diehle RE VIII A 2, col 637, n 5 559 Vell II, 76, 1; lo storico dichiarava orgogliosamente: honoratissimo inter illos trecentos et sexaginta iudices loco a Cn. Pompeio lectus, eiusdem Marcique Bruti ac Ti. Neronis praefectus fabrum Su Velleio Patercolo, “voluble and unscrupulous” (Syme 1958, p 367), si può ancora fare riferimento al contributo di G V Sumner (1970) e al commento alle edizioni curate da A J Woodman (1977 e 1983) Per una disamina aggiornata (comprensiva di bibliografia), ma prevalentemente dedicata al rapporto con Tiberio, si veda Balmaceda 2014, sopr pp 340–344
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Nerone in Grecia, a seguito del disastroso bellum Perusinum560 Quanto finora emerso sulla prefettura rende alquanto inverosimile che la triplice nomina di Velleio sia legata esclusivamente ad una riconosciuta competenza tecnica: essa era più probabilmente il frutto di un buon compromesso fra capacità organizzative e dialettiche e solida lealtà personale e forse politica Il profilo di Velleio. Discendente – per parte di madre – del principe irpino Minatius Magius da Aeclanum e – per parte di padre – di una famiglia installatasi da tempo in Campania e, in qualche misura, connessa ai Vinicii di Cales561, Velleio sembra un buon esponente del notabilato italico del tardo I sec a C , solidamente fondato su di una ricchezza fondiaria (generalmente ereditaria) e su di una fitta rete di clientele e amicitiae interne ed esterne alle rispettive comunità locali Il sostegno a Roma durante il Bellum Italicum doveva essersi rivelato una scelta vincente per il successo della famiglia, ma furono i princi pes della Repubblica post-sillana a riconoscere a Velleio incarichi istituzionali rilevanti Una carriera “normale”. Il momento in cui Pompeo concesse a Velleio la prefettura dei fabri è ignoto (forse durante il primo consolato, nel 70, o in occasione del secondo, nel 55), ma è probabilmente precedente alla nomina a iudex, anch’essa riconosciutagli dal Magno nel 52562 Entro questa data, Velleio aveva dunque avuto accesso fra gli equi tes (o almeno fra i tribuni aerarii563), attestandone una solida ricchezza e confermandone le potenti amicizie564 E’ evidente che la promozione a iudex rappresentasse un traguardo rilevante, che inseriva “plasticamente” Velleio fra i sostenitori di Pompeo in una stagione politicamente difficile565: un ex prefetto era senza dubbio persona di fiducia e la nomina a giudice ne rappresentava certo il giusto riconoscimento Le guerre civili e la mentalità di una classe dirigente. Non è nota una partecipazione attiva di Velleio alla guerra fra Cesare e Pompeo, ma quanto si è detto lascerebbe supporre un sostegno – più o meno attivo – alla causa del Magno Il servizio a seguito
560 Ad avviso di F Hinard (1985, p 541, n 146), l’inserimento – non documentato – nelle liste di proscrizione costituirebbe una giustificazione più convincente per il suicidio di Velleio 561 Sui Vinicii, si vedano Tac Ann. VI, 15; Syme 1939, pp 383–384 e n 3; Nicolet 1974a, 2, p 1065, n 377; Demougin 1992, pp 30–31, n 14; Camodeca 2008, p 22; De Carlo 2015, p 258 A M. Vi nicius (cos. 30 d C , cos. iterum 45), Velleio dedicò la propria opera storiografica 562 E’ questa la data della lex Pompeia de vi: secondo Nicolet (1974a, 2, p 1065), la scelta dei 360 fu realizzata dallo stesso Pompeo all’interno del più vasto gruppo (circa 1 500 individui) degli iu dices previsti dalla lex Aurelia del 70 (per un regesto delle fonti relative alla legge di Aurelio Cotta (cos. 65), si veda MRR II, p 127) Correttamente, Nicolet constatava la portata politica di questa selezione, che, secondo la sua valutazione – forse – un po’ eccessiva, delineava “un véritable parti” all’interno dell’organo giudiziario 563 Come giustamente sottolineato da B Santalucia (1994, p 200, n 156), la differenza fra equites e tribuni aerarii era essenzialmente patrimoniale – a questi ultimi si richiedevano 300–400 000 sesterzi di patrimonio In tema di composizione delle giurie, gli stessi autori antichi trascuravano la categoria, come gruppo essenzialmente assimilabile agli equites (Cic Font. 16, Cluent. 43 e 47, Flacc. 38, Rab. Post. 6; Vell II, 32, 3) 564 Demougin 1992, p 31; Welch 1995, p 137 565 Su questo, come si è detto, è illuminante Cic Q. fr. II, 3, 2
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di Bruto e Nerone, negli anni successivi alla morte di Cesare, suggerisce invece una credibile continuità politica Nei mesi successivi alla morte del Dittatore, gli uomini che, come Velleio, appartenevano alle classi possidenti della Penisola, avrebbero potuto offrire un aiuto sostanziale alla causa dei Liberatori566 Il fatto che i congiurati non fossero riusciti a raccogliere questo supporto, non esclude però che una parte delle aristocrazie italiche fosse favorevole al loro progetto politico – di fatto, un ritorno al passato A questo riguardo, il fatto che Velleio, prefetto e iudex grazie alle nomine di Pompeo, abbia servito anche sotto il comando di Bruto e Nerone potrebbe essere significativo Uomini politici dai percorsi distanti avevano individuato nella medesima persona il proprio prefetto dei fabri567 Indipendentemente da ragioni di puro vantaggio personale e dall’esistenza di vincoli precedentemente maturati – possibili, ma non attestati –, l’attività di Velleio sembra politicamente impegnata al fianco di coloro che avevano diffuso l’immagine di campioni della tradizionale gestione aristocratica della res publica Il servizio al seguito dei tre principes civitatis sembra dunque restituire dignità alle convinzioni e alle strategie politiche dei domi nobiles italici: benché destinata al fallimento, negli anni successivi al 44 era ancora possibile concepire una visione politica fondata sulla gestione tradizionale della cosa pubblica e del consenso I successori e l’eredità di Velleio. La Rivoluzione Romana stava infine cambiando in modo definitivo e irreversibile la struttura della politica repubblicana e, semplicemente, non c’erano più opzioni alternative per i possidenti d’Italia, ai quali Ottaviano avrebbe riservato peso e spazio, all’interno del restaurato – nuovo – ordinamento568 Significativamente, riferendosi ai successi dei suoi discendenti (fra cui M. Magius Ma ximus praef. Aegypti durante il principato di Augusto569), Ronald Syme commentò il suicidio di Velleio con la consueta lapidarietà: “the next generation was Caesarian” L’importanza di Velleio è essenzialmente legata alla natura ordinaria del suo cursus, illuminante per l’assetto politico dell’Italia del I sec a C : come numerosi principes dai municipia, spesso cavalieri, Velleio fu attivamente coinvolto nella struttura della politica romana da Pompeo e, successivamente, da altri esponenti della nobilitas La prefettura dei fabri era stata un riconoscimento pubblico rilevante (come più tardi rivendicato dallo stesso Velleio Patercolo) e, al contempo, uno strumento essenziale per 566 Come è noto, nei mesi seguenti le Idi di Marzo, i Cesaricidi e i loro simpatizzanti cercarono – senza successo – supporto fra i ceti possidenti dei municipia Su questo, si veda ancora Syme 1939, pp 101–102; per un approccio più recente al periodo successivo alla morte di Cesare, si veda anche Osgood 2006 567 Sulle convinzioni politiche di Bruto, cesaricida, non c’è niente da aggiungere Nerone, questore di Cesare nel 48, propose di tributare onori straordinari ai Liberatori nella seduta del 17 marzo; raggiunse la pretura nel 42, supportando le posizioni di Sesto Pompeo prima e di Antonio poi, contro la nuova (e davvero rivoluzionaria) minaccia, costituita da Ottaviano (Syme 1939, pp 69, 98 e 210; MRR II, pp 274 e 359) 568 Syme 1939, p 293 – significativamente, nel capitolo Tota Italia: “they followed him from conviction, interest or fear” 569 CIL IX, 1125 = ILS 1335; Syme 1939, p 384
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consentire alle élites locali di prendere parte alla politica romana570 La permanenza della famiglia di Velleio al servizio dell’ordine e delle istituzioni (cioè sempre e comunque dell’oligarchia alla guida dell’Impero) – prima e dopo Azio – è istruttiva sulla profondità e sulla stabilità delle risorse – quando non dell’influenza – delle élites locali e sulla loro importanza per l’infrastruttura repubblicana e imperiale Una conclusione. Il fatto che Velleio rivendichi la fedeltà repubblicana del prae fectus Velleio, capace di preferire la morte al tradimento del magistrato che lo aveva nominato, completa questo convincente quadro di continuità familiare e certo non esisteva alcuna contraddizione fra l’antenato prefetto e lo storico legato a Tiberio Quest’ultimo poteva vantare il perpetuarsi di uno speciale legame con i Claudii Ne rones571, mentre si impegnava per l’esaltazione di un ordinamento che, per molti versi nuovo, conservava così tanto dell’antico Il caso di Velleio non dimostra soltanto l’alto valore attribuito alla praefectura fabrum e al rapporto di fides ad essa correlato, ma anche l’utilità immediata che, con il sostanziale cambiamento del quadro politico contemporaneo, essa pareva offrire Se, in età tiberiana, una prefettura dei fabri a seguito di famosi personaggi repubblicani costituiva ancora una distinzione da rivendicare con orgoglio, durante il tardo I sec a C , una praefectura fabrum non era soltanto funzionale alla costruzione o alla conferma di un rapporto antico o recente, ma anche all’ingresso – entro forme controllate – di membri delle élites extra-urbane all’interno del confronto politico, delle istituzioni e della stessa gestione dell’Impero Decenni dopo la prefettura di Velleio, fu forse un altro legame, quello con i Vinicii, ad assicurare ai discendenti del prefetto l’accesso a funzioni prima equestri e, infine, senatorie572 (8) L. Clodius, al servizio dei Claudii Pulchri? Al centro di un conflitto. Il praefectus fabrum di Ap. Claudius Pulcher (cos. 54, cens. 50) è conosciuto per aver preso parte ad un episodio abbastanza noto del proconsolato di Cicerone in Cilicia (51–50)573 Pulcro, che aveva preceduto l’Arpinate al governo della 570 Vari elementi rendevano le prefetture strumenti particolarmente adatti alle aristocrazie locali: come si è detto, il carattere fiduciario della nomina aveva implicazioni chiaramente politiche, mentre, sotto il profilo pratico, l’impegno richiesto poteva variare grandemente, come illustrato dal caso di Attico (Nep Att 6, 4) Le possibilità di guadagno erano, infine, quantomeno probabili 571 Il legame è ben chiarito in Vell II, 75, 1 572 Come si è visto (vedi supra) per le relazioni familiari e politiche di Varrone, sembra di distinguere una fitta trama del consenso, costruita su legami di varia intensità e natura (fondati cioè su convinzioni politiche, ma anche su solidi interessi) fra principes Urbis, domi nobiles, amici e clientes 573 Si tratta di un periodo ben documentato dall’epistolario ciceroniano – 109 epistole (delle quali 94 scritte da Cicerone) nel periodo febbraio/marzo 51 – novembre 50 – e perciò trattato a più riprese Tematiche meno note – fra cui quelle discusse in questa sede – sono state affrontate da D Campanile (2001, sopr pp 252–260, a cui si rinvia anche per un regesto della bibliografia disponibile sul proconsolato di Cicerone in Cilicia)
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provincia anatolica, aveva scelto come praefectus fabrum L Clodio574, un personaggio da identificare, con ogni verosimiglianza, con un discendente di un liberto dei Claudii Pulchri, un elemento questo che pare tanto più interessante, perché apparentemente legato ad una pratica clientelare tradizionale575 Ad ogni modo, un legame fra Pulcro e Clodio sembra emergere con chiarezza, al momento del tormentato avvicendamento con Cicerone, al proconsolato di Cilicia576 Le premesse di un incidente. L’avvicendamento alla guida di una provincia era spesso un momento delicato577 In questo caso, c’erano poi alcune speciali avvertenze: prima fra tutte, l’avversione fra Cicerone e il fratello di Pulcro, Clodio, il cui assassino era stato recentemente difeso dall’Arpinate578 Pulcro era inoltre atteso a Roma da processi per i reati di ambitus e maiestas, dai quali sarebbe stato infine scagionato579: indipendentemente dalle sentenze, Cicerone avrebbe avuto prova della rapacità dell’amministrazione di Pulcro in Cilicia580 Dall’epistolario dell’Arpinate, apprendiamo che era stato lo stesso Pulcro a chiedere che il passaggio di consegne avvenisse personalmente in provincia581: era un’attenzione che aveva piacevolmente sorpreso Cicerone, lusingato dalle attenzioni di un nobilis al quale stava andando a sottrarre un incarico di rilievo582 Come è noto, questo incontro non avvenne mai e c’è da dubitare del fatto che Pulcro intendesse abbandonare la provincia nei tempi previsti e, nel contempo, rendere omaggio al novus Cicerone Tutta la carriera di Pulcro testimoniava ben altra inclinazione583 Pretore nel 57, Ap. Claudius Pulcher era stato il solo ad astenersi dal richiedere il
574 Münzer RE IV 1, col 65, n 9 575 Così già Shackleton Bailey CEF, I, pp 362 e 368; si vedano anche Welch 1995, p 138 e Badian 1997, p 6 576 Cic Fam. III, 6, 2: hominem (…) ita tibi coniunctum ut mihi cum illo cum loquerer tecum loqui vide rer; cfr anche III, 4, 1; 5, 3; 8, 5 577 Cic Scaur 33: successori decessor invidit, voluit eum quam maxime offensum quo magis ipsius memoria excelleret 578 Sulla personalità di Clodio, si rinvia alle monografie di W J Tatum (1999) e L Fezzi (2008) Parlare di avversione fra i due è riduttivo: conflitti erano sorti ben prima della condanna all’esilio di Cicerone e della tragica fine di Clodio, forse già dal 63 e senz’altro al tempo dello scandalo della Bona Dea (gennaio 61 – Tatum 1990 e 1999, pp 62–86) 579 Cic Fam. III, 11, 1–3 e II, 21, 1; MRR II, p 221 (con bibliografia); contra Vir. ill. 82, 4, secondo cui il capo d’imputazione era invece de repetundis Il fatto che l’accusa fosse sostenuta da P Cornelio Dolabella, in procinto di divenire genero di Cicerone, costituiva per l’Arpinate un ulteriore motivo di difficoltà e imbarazzo (Cic Att. VI, 6, 1; Fam. II, 13, 2, III, 10; XI, 1–3) 580 Cic Fam. III, 8, 7 e sopr Att. V, 16, 2; V, 17 e VI, 1, 2 581 Cic Fam. III, 4, 2 582 Al contrario, Cicerone si dichiarava insoddisfatto della partenza per la provincia (già in Planc. 66), impostogli dalla recente lex Pompeia de provinciis (del 52 – sulla legge, Cass Dio XL, 30; 46; 56; Rotondi LPPR, pp 410–412; fra i numerosi contributi ad essa dedicati, si segnalano Marshall 1972, pp 887–921; Gruen 1974, pp 457–460; Mitchell 1979, p 204; più recentemente, Dalla Rosa 2014, sopr pp 83–85) 583 Syme 1939, p 45: “the enigmatic Appius Claudius Pulcher, proud, corrupt and superstitious” In effetti, non stupisce che, come per molti membri di quella classe dirigente, la sua carriera fosse
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rientro di Cicerone584 Console nel 54 con L. Domitius Ahenobarbus585 – marito di Porcia e feroce nemico del Triumvirato (e di Cesare, in particolare) –, Pulcro si stava già da tempo adoperando per creare una fitta rete di relazioni politicamente rilevanti, avvicinandosi progressivamente a Pompeo586 e legandosi con un accordo matrimoniale a Bruto e ai Servilii Caepiones In quello stesso anno, egli aveva inoltre portato a termine il colpo di mano (concordato col pretore Ser. Sulpicius Galba) per la concessione di un trionfo al pretorio C. Pomptinus, vincitore degli Allobrogi in Transalpina, provincia da questi governata fra 62 e 61587 La dichiarata avversione per gli amici di Enobarbo era probabilmente speciosa: entrambi i consoli furono coinvolti nel grave scandalo elettorale, su cui fu chiamato ad indagare Catone, pretore a capo della quaestio de repetundis588 Il processo non impedì comunque che Pulcro divenisse proconsul in Cilicia, secondo i suoi stessi desiderata589: una carriera non sorprendente per un nobilis e patrizio, forse più spregiudicato di altri, ma mosso soprattutto dall’interesse personale e familiare590 Con la tacita intenzione di avvicinarsi al fratello del suo vecchio nemico, Cicerone aveva intrattenuto una lunga relazione epistolare per stabilire i termini e i tempi del passaggio di consegne in provincia Ne rimase deluso, perché sembra che, contrariamente agli auspici dell’Arpinate, Pulcro intendesse scientemente differire la propria partenza il più a lungo possibile, servendosi di astuzie e agenti, tesi ad ingannare il suo successore Un tormentato scambio epistolare (e politico). Un quadro di azioni coordinate sembra emergere dall’epistolario ciceroniano, all’approssimarsi del passaggio di conse-
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iniziata durante la Guerra mitridatica, al seguito di Lucullo (Memn FGrHist 434, 31, 2; Plut Luc. 19, 1 e 21, 1–5) Cic Att. III, 17, 1; MRR II, p 200 MRR II, p 221; MRR III, p 57 e pp 83–84 Di questo prudente avvicinamento, è prova l’atteggiamento ondivago e infine apertamente contrario ad A Gabinio, personaggio comunque vicino a Pompeo ed ex proconsole di Siria per il biennio 56–55 (MRR II, p 221; III, p 57) Ad anni di distanza, alla vigilia delle operazioni di Grecia, Pompeo gli concesse un comando in Achaia, a testimonianza della totale fiducia ormai instauratasi fra i due politici (Val Max I, 8, 10: viribus imperii, namque praeerat; altri riferimenti in MRR II, p 261) Pulcro non conobbe tuttavia l’esito della guerra: morì poco prima della battaglia di Farsalo (MRR II, p 276) Cic Prov. cons. 32; Cass Dio XXXVII, 47–48 e XXXIX, 65 1–2; Liv Per. CIII; Schol. Bob. 149–150 Stangl; MRR II, p 176 Sullo scandalo, in cui i candidati per il consolato comprarono “letteralmente” il supporto elettorale dei consoli in carica, si veda MRR II, pp 221–222 MRR II, p 224 Su questo, è illuminante la lettera a P. Lentulus Spinther (cos 57) del dicembre 53 (Cic Fam I, 9, 25), all’epoca proconsole in Cilicia, già acclamato imperator Cicerone vi descriveva con chiarezza le manovre del console Pulcro per ottenere quella stessa provincia, o con una lex curiata o con un accordo con il collega Ironicamente, Cicerone suggeriva a Lentulo di lasciare la provincia per tempo, di modo da non suscitare sospetti di cupiditas nel neo-governatore: di fatto, Lentulo doveva cedere alla cupiditas del collega in arrivo In effetti, nonostante la carriera turbolenta del fratello, Pulcro ne aveva sempre sostenuto la linea politica
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gne in Cilicia Innanzitutto, Pulcro si era mostrato desideroso di un riavvicinamento, complimentandosi con benevola stima per l’augurato di Cicerone Erano intervenuti anche Pompeo e Bruto, rispettivamente suocero della figlia e genero di Pulcro591 Successivamente, il legato di Pulcro, Q. Fabius Vergilianus, giunse a Brindisi con la notizia che fossero necessari nuovi arruolamenti, un procedimento che, se avviato, avrebbe richiesto molto tempo e che fu evitato solo per l’opposizione del console Ser. Sulpicius Rufus (51)592 Nonostante tutto, sembrava dunque che Pulcro intendesse lasciare amichevolmente la provincia al proprio successore Ancora a Brindisi, Phanias, un liberto di Pulcro593, informò Cicerone che il suo patrono avrebbe atteso l’Arpinate a Side594 e, con una lettera spedita a Brindisi, Pulcro lo avvertì che avrebbe incontrato il suo prae fectus fabrum, L. Clodius, ma senza precisare alcun dettaglio595 A quanto apprendiamo, l’incontro avvenne sull’isola di Corcyra: lì, Clodio informò Cicerone che Pulcro lo avrebbe atteso a Laodicea, una città che lo stesso neo-governatore trovava più consona ad un arrivo dignitoso (oltre che più vicina)596 Apprendiamo questi fatti da una lettera scritta da Tralles, in cui Cicerone si mostrava finalmente irritato In città, L. Lucillius, evidentemente un amico di Pulcro, informò l’Arpinate che, non potendo più attenderlo, Pulcro aveva infine lasciato la provincia, nominando temporaneamente in sua vece Scaevola597, che tuttavia smentì il fatto durante i tre giorni trascorsi ad Efeso, in compagnia dell’Arpinate598 A Iconium – giunto infine nella provincia Cilicia – Cicerone scoprì che non soltanto Pulcro non se n’era andato, ma che addirittura si era allontanato ulteriormente spostandosi a Tarso, esercitandovi la giustizia599 Il tono di Cicerone è cortese, ma fermo e dietro la maschera dell’ipocrisia rivela la grave inadempienza di Pulcro (che si stava esponendo scientemente all’incriminazione per maiestas, non abbandonando entro il termine di 30 giorni la provincia all’arrivo del suo successore600) 591 Cic Fam III, 1; 2; 4, 1 592 Cic Fam III, 3, 1 Si registra qui una prima incongruenza, perché se è vero che Vergilianus presentò una situazione critica sul versante militare – ex tuis mandatis (i e di Claudius) –, Pulcro aveva scritto una missiva al Senato e a Cicerone, in cui riferiva di una progressiva riduzione delle forze a sua disposizione (in Campanile 2001, p 253, si suppone che Vergilianus abbia smentito Pulcro “casualmente”, ma questo non trova conferma in Cicerone che non pare affatto evidenziare la possibilità di un fraintendimento, tale da spiegare la discrepanza fra le dichiarazioni del legato e i mandata del proconsole) 593 Cic Fam III, 5, 3: Phania, liberto tuo 594 Cic Fam III, 6, 1. 595 Cic Fam III, 4, 1 Cicerone ignorava che cosa Clodio dovesse riferirgli (prid. Non. Iun. – il 4 giugno –, cum essem Brundisi, litteras tuas accepi, quibus erat scriptum te L. Clodio mandasse quae illum mecum loqui velles. Eum sane exspectabam, ut ea quae a te adferret quam primum cognoscerem) 596 Cic Fam III, 5 597 Probabilmente si trattava di Q. Mucius Scaevola (trib pleb 54), forse legato di Pulcro 598 Cic Fam. III, 5, 5 599 L’ironia di Cicerone è tutta di maniera (Cic Fam. III, 6: ex annua provincia, quae mihi longa videre tur, prope iam undecim mensuum provinciam factam esse gaudebam, si absenti mihi unius mensis labor detractus esset; simili considerazioni in Att. V, 17, 6) 600 Questo era il termine stabilito dalle leggi Iulia de repetundis e Cornelia (LPPR, pp 353 e 389–391)
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Cicerone non mancava inoltre di chiedere dove fossero le coorti a disposizione del proconsole, delle quali tanto si era parlato a Roma e Brindisi In conclusione, l’Arpinate aveva finalmente compreso il senso delle mire di Pulcro e gli eventi successivi avrebbero dimostrato i suoi sospetti E’ evidente che Appio intendesse trattenersi in provincia per dirimervi personalmente questioni ritenute della massima importanza, nelle quali il neo-governatore avrebbe potuto interferire601 Nella loro conversazione a Corcyra, già Clodio aveva parlato di voci malevole nei confronti di Pulcro, diffuse alio rum improbitate602 Era forse questo il soggetto del quale il nobilis aveva solo fatto cenno a Cicerone, senza ulteriori spiegazioni603 Il proconsole uscente aveva dunque inviato il proprio praefectus ad anticipare al successore che, in provincia, avrebbe potuto sentire lamentele “ingiustificate” sulla sua amministrazione Il fatto che Pulcro avesse deciso di non scrivere – lasciando traccia di questi timori ad un potenziale avversario politico –, ma di inviare una persona di fiducia dice molto sulla mentalità del patrizio e sulla sua fiducia nel prefetto604 Ad ogni modo, una volta insediato in provincia, all’Arpinate dovevano essere rimasti pochi dubbi sulla condotta di Pulcro In una serie di insistenti lettere, questi addirittura lo redarguiva perché aveva impedito alle città cilicie di inviargli legazioni celebrative a Roma, oltre alla costruzione di edifici onorari, anch’essi probabilmente legati al suo nome605: si trattava di espedienti politici tradizionali per sostenere in tribunale l’immagine di un governatore apprezzato dagli stessi provinciali606 Cicerone si mostrò inflessibile, come del resto nel caso dei crediti dei Salaminii, in cui dietro all’utilizzo di risorse pubbliche per la riscossione di esorbitanti crediti privati, aveva scoperto la partecipazione dell’ex questore e parente di Pulcro, l’amico Bruto (che, a rendere tutto ancor più opaco, era formalmente il patronus degli isolani)607 Il ruolo di un prefetto dei fabri. Clodio fu quindi parte – più o meno consapevole – di una riuscita macchinazione politica Pare significativo che tutti i personaggi coinvolti nella vicenda, fossero connessi a Pulcro da legami forti (personali e/o politici), tanto da garantire a Cicerone di dialogare sempre con lo stesso Pulcro608 In parti601 602 603 604 605 606 607 608
Così anche Campanile 2001, p 257 Cic Fam. III, 8, 7 Così come emerge in Cic Fam III, 4, 1 Dai documenti disponibili, pare che nessun altro dei molteplici inviati di Pulcro abbia fatto cenno a queste voci, che pure dovevano preoccupare molto il proconsole Non per nulla, nella provincia si registrava la presenza della città di Appia (su questo, Jones 2001 – con bibliografia) Si trattava degli stessi onori tributati (senz’altro con maggiore sincerità) al giurista Q. Mucius Scae vola (cos. 95 – Kübler RE XVI 1, coll 437–446, n 22), propretore della provincia d’Asia fra 98 e 97, divenuto per i Greci modello del governatore ideale (su questo, Ferriès, Delrieux 2011) Su questa nota vicenda, che metteva in luce le connivenze fra politica e interessi privati nell’amministrazione provinciale, è disponibile una vastissima bibliografia, per la quale si rinvia a Campanile 2001, pp 263–272 e sopr pp 266–267, n 91 Cic Fam III, 8, 5: ego, si in provincia de tua fama detrahere umquam cogitassem, non ad generum tuum neque ad libertum Brundisii neque ad praefectum fabrum Corcyrae, quem in locum me venire velles, rettulissem Sulla familiarità attribuita a Clodio, cfr anche Fam. III, 4, 1
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colare, Clodio è accostato ad un liberto (legato dunque da clientela) e ad un parente – o per meglio dire un importante alleato politico (quale era appunto Bruto) In sintesi, da una sintetica disamina di questo episodio, sembra che Ap. Claudius Pulcher abbia chiesto al praefectus fabrum L Clodio di rappresentarne gli interessi presso Cicerone, un politico ormai affermato, i cui rapporti con Pulcro erano a dir poco tesi Si trattava evidentemente di un uomo di fiducia, strettamente congiunto da vincoli solidi e dotato di una qualche “formazione politica”, seppur nelle forme che questa poteva assumere in età repubblicana, come indicato dal dialogo con Cicerone: in effetti, seppur nei termini del linguaggio di una lettera formale, l’Arpinate fa sempre riferimento al prefetto come a persona rispettabile e affidabile Soprattutto, Cicerone non ha alcuna ragione per dubitare della sua buona fede Seppur meno autorevole dei protagonisti dell’intera vicenda, sarebbe riduttivo ritenere che Clodio fosse un semplice sottoposto: dopotutto, egli aveva autorevolmente rappresentato gli interessi e la posizione di un consolare L. Clodio, un profilo. Clodio era partito dall’Italia insieme ai collaboratori che il nobilis Pulcro aveva condotto con sé in Cilicia609 un nucleo organizzato di congiunti (fra cui Bruto, quaestor per interesse610), clienti e liberti Per esperienza diretta di Cicerone, molti di loro tornarono più ricchi, dimostrando una volta di più che, indipendentemente dal rango e dall’incarico rivestito, essere selezionati dal governatore di una provincia poteva rivelarsi un commodum notevole ed un elemento sostanziale per la gestione politica del consenso611 In assenza di altri elementi, il nomen Clodius sembra comunque indicativo di un rapporto particolare con Pulcro Egli era forse il membro di una famiglia da lungo tempo vincolata ai Claudii Pulchri: si trattava forse di antichi liberti In questo caso, si tratterebbe dunque dell’esemplificazione di una comune strategia del consenso: le famiglie dei nobiles, impegnate nella gestione della Repubblica, potevano ricorrere a numerose risorse umane, fra le quali individui, spesso di ascendenza libertina, o ancora rappresentanti del notabilato locale italico, con i quali sussistevano legami più o meno formalizzati, ma di tipo ereditario In effetti, è più probabile (e inoltre significativo) che Clodio fosse uomo dei municipia, un individuo che, come si è visto, doveva condividere mentalità e cultura delle élites urbane, pur appartenendo ad un rango inferiore In questo senso, è opportuno escludere l’ipotesi, pur molto dibattuta, che vi si debba riconoscere il tribunus plebis designato per il 42, di cui
609 Un gruppo che, come si è visto, era costituito da cittadini autorevoli, come Q. Fabius Vergilianus (certamente un legatus), C. Flaccus L. f. (il cui padre era stato forse difeso anni prima da Cicerone) e M. Octavius Cn. f. (Cic Fam. III, 4, 1; Shackleton Bailey CEF, p 362) 610 Su questa vicenda: Cic Att. VI, 1, 5–7 611 Cic Fam. III, 8, 7: unum genus excipio sermonis in quo persaepe aliquid dicitur quod te (i e Pulcro) putem nolle dici, si aut legatorum tuorum quoipiam aut praefectorum aut tribunorum militum male dicitur
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si ha notizia nell’epistolario di Cicerone612 Come giustamente notato613, si tratterebbe del secondo (e unico) caso di praefectus fabrum pervenuto alle magistrature senatorie, dopo il caso ben più noto di Cornelio Balbo, questo sì, un personaggio in qualche modo eccezionale Manca pure qualsiasi indizio di un’eventuale appartenenza all’ordine equestre, l’anticamera di una carriera curule propriamente detta614 L’importanza di Clodio. Parte di un’operazione più vasta, in cui individui ben più noti erano coinvolti, L Clodio resta ad oggi un personaggio piuttosto oscuro L’operazione a cui prese parte – l’incontro con un consolare allo scopo di “dirigerne” il percorso e, al contempo, vagliarne le reazioni alle accuse di cattiva amministrazione indirizzate al magistrato che rappresentava – richiedeva comunque sensibilità politica e l’esistenza di un vincolo di fides Elementi ben distinguibili sono dunque il legame fiduciario (forse addirittura una clientela) con i Claudii Pulchri, una delle famiglie politicamente più attive del tempo615 e, forse, un cursus non estraneo a quello dell’élite italica, per posizione e formazione Non sorprendentemente, entrambi gli elementi ricorrono con frequenza nelle carriere dei prefetti sin qui presentati, fin dal caso di T Turpilio Silano (9) Q. Paconius Lepta e Cicerone: una relazione particolare Un prefetto da Cales? Praefectus fabrum di Cicerone durante l’anno da proconsole in Cilicia (51), Lepta era probabilmente originario di Cales, come sembra indicare il rinvenimento di un’iscrizione onoraria, in cui i decurioni della città concedevano al quattuorvir quinquennalis Q. Paconius Q. f. Lepta il diritto di connettere la propria dimora al sistema idrico della città616 All’interno dell’iscrizione, si specifica chiaramente che
Cic Ad Brut. I, 1; favorevoli all’identificazione fra i due: Münzer RE IV 1, col 65, n 9; Welch 1995, p 138 (con precauzione); Badian 1997, p 6 (“the combination of names is not common in the Republican upper class”) Contrario è stato invece D R Shackleton Bailey (CQFB, p 238): condivido quest’ultima posizione, benché un’identificazione fra i due rappresenti una possibilità affascinante Nella lettera, Bruto precisava infatti che Clodius, pur avendo raggiunto la designazione al tribunato con l’aiuto di Antonio (e Cicerone), aveva infine scelto di schierarsi con i Cesaricidi, avendo compreso che utrique salvi esse non possint 613 Welch 1995, p 138; Badian 1997, p 6 614 A questo riguardo Livio (XLII, 61, 5) parlava di seminarium senatus Su questo, era già stato chiarissimo nel 1912 M Gelzer (1969, pp 4–18) A dimostrazione della sua tesi, Badian (1997, p 6) ipotizzava un avvicinamento non meglio documentato fra il prefetto e Antonio 615 I Claudii Pulchri continuarono a far sentire il proprio peso nella Repubblica, strappando un altro consolato per l’anno 38, il segno di una notevole capacità di adattamento alle mutate condizioni politiche (MRR II, p 390 e MRR III, p 57) 616 CIL X, 4654 = I2, 3118 = ILS 5779 Per un primo collegamento al prefetto di Cicerone, si vedano il commento di Dessau al Corpus e Münzer RE XII 2, col 2070–2071; più recentemente, è tornato su questo punto E Badian (1997, p 6) Sulle attestazioni dei Paconii – principalmente nel Lazio meridionale e in Campania – si veda Harvey 1990, pp 326–327
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questo era un onore concesso in virtù dei suoi meriti nei confronti della res publica617 Indipendentemente dal fatto che possa trattarsi del figlio del praefectus, l’iscrizione suggerisce l’esistenza di un legame con questo insediamento dell’Italia centro-meridionale618 Confermano questa tesi le raccomandazioni di Cicerone per due personaggi caleni, connessi a Lepta, in una nota epistola a Dolabella, sulla quale si tornerà tra poco619 Ad ogni modo, i Paconii erano attivi a Delo dalla fine del II sec a C 620 e questa presenza nel grande emporio egeo è particolarmente significativa: come molti Italici, anche i Paconii godevano dunque di una posizione privilegiata nel commercio con l’Oriente e, più in generale, dei vantaggi dell’Impero621 E’ possibile che, col tempo, questi interessi si fossero estesi: la produzione di vasellame in sigillata gallica di L. Pa conius Lepta, individuata per l’età augustea nell’oppidum gallico di Montans, sembra indicare che almeno una parte della famiglia fosse attiva in questa lucrosa attività622 Al servizio di Cicerone. La prima citazione di un Lepta nell’epistolario ciceroniano risale comunque al 54 ed è importante sottolineare che il prefetto sembra già in contatto con membri eminenti della nobilitas All’interno di un estratto di una lettera inviata da Cesare, il patrizio menzionava espressamente Lepta, in relazione a dinamiche patronali623 Secondo quanto indicato in una lettera del febbraio 50, il praefectus Lepta fu senz’altro impiegato per una missione ufficiale presso Pulcro624, all’interno di un confronto epistolare e istituzionale piuttosto serrato, di cui si è già dato sinteticamente conto: in particolare, Cicerone aveva inviato Lepta per portare i suoi saluti a Pulcro e trattenerlo presso la città di Iconium, di modo da poterlo raggiungere625 Per maggiore sicurezza, Lepta era accompagnato da A. Varro, familiarissimus dello stesso Pulcro Lepta è menzionato col proprio titolo di praefectus fabrum e pare che l’incarico in sé possa rendere ufficiale l’azione di Cicerone (che altrimenti si sarebbe potuto affidare al solo Varrone), omaggiando al contempo la dignitas di Pulcro Lepta pareva inoltre godere di una notevole familiaritas presso l’Arpinate: scrivendo da Leucade al fedele Tirone, ormai sulla via del ritorno dalla provincia (7 novembre 50), Cicerone gli inviava i propri affettuosi saluti e quelli di Lepta, che dunque
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CIL X, 4654, 6–8: quod / is de r(e) p(ublica) saepe numero bene / meritus esset merereturq(ue) Di questo parere è Deniaux 1993, p 163; più prudente è De Carlo 2015, p 396 Cic Fam. IX, 13 Ferrary et al 2002, pp 207–208 Deniaux 1993, p 199, n 454 A De Carlo (2015, p 396) ha – con prudenza – suggerito un legame con i Paconii, produttori di ceramica a vernice nera calena di III sec a C Martin 1986, p 7; De Carlo 2015, p 396 Cic Fam. VII, 5, 2; Münzer RE XII 2, col 2071; Badian 1997, p 6 Cic Fam. III, 7, 4 Cfr supra
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Tirone ben conosceva626 Egli era evidentemente parte di quel ristretto nucleo di amici e collaboratori ai quali Cicerone poteva affidarsi serenamente Dopo la prefettura, la prova della guerra civile. Preziosi elementi sulla figura di Lepta derivano dagli anni successivi al proconsolato in Cilicia, dal momento che l’epistolario di Cicerone lo mostra impegnato in attività rilevanti e qualificate E’ di Lepta che l’Arpinate si servì – fra gennaio e febbraio del 49 – per comunicare con Pompeo allo scoppio della guerra civile627 e per raccogliere informazioni sui movimenti di Cesare, nei concitati momenti che precedettero l’evacuazione della Penisola da parte di Pompeo628 Lontano da Roma, in viaggio fra le città della Campania settentrionale, che gli era stata formalmente affidata dal Senato e da Pompeo per raccogliere forze e controllare la stabilità del contesto politico629, Cicerone era combattuto fra le opposte possibilità di trattenersi in Italia, accettando di fatto il predominio di Cesare, o partire con Pompeo, per sostenere l’oligarchia tradizionale, nella quale aveva trovato posto con tanta fatica630 In quei giorni, l’Arpinate si servì a più riprese di Lepta, che, da Capua, si incaricò di portare almeno una missiva a Pompeo e soprattutto raccoglieva le notizie che correvano lungo la via Appia631 Non sempre queste informazioni erano confermate dalla realtà dei fatti, ma sempre erano ritenute verosimili, a riprova dell’affidabilità e della credibilità riconosciute al vecchio prefetto632 La posizione di Capua sulla via Appia, in un’area densa di città (e dei rispettivi domi nobiles), rendeva centrale il ruolo di Lepta, ben radicato in quei territori, come suggerito dalle succitate iscrizioni calene Analizzando il rapporto fra proprietà fondiarie e influenza locale durante le guerre civili, B Augier ha notato come l’occupazione capillare – da parte delle élites urbane e locali – delle aree urbane e peri-urbane, lungo i principali assi viari della Penisola, soprattutto nel Piceno e in Campania settentrionale633 aveva determinato una rilevante frammentazione dell’influenza politica interna alle realtà cittadine italiche Le élites locali – da tempo legate ai principes dell’Urbe – erano parte di un’intricata realtà in cui difficilmente si stabilivano posizioni dominanti Quella di Lepta non poteva dunque assumere carattere egemonico, tanto più perché legato al novus Cicerone Il consolare
Cic Fam. XVI, 4, 4 Cic Att. VIII, 3, 7 Cic Att. IX, 12, 1; 14, 3; 15, 1 Cic Att. VII, 11, 5; 14, 1; 21, 1 Cicerone, che parlava di negotio (…) non turbolento (Att. VII, 11, 5), non immaginava la reazione dei cittadini dei municipia alla discesa di Cesare nella Penisola Si sarebbe presto accorto che parum prolixe respondent Campani (Cic Att. VII, 14, 2), molti dei quali dovevano infatti al consolato di Cesare (59) la terra promessagli da Pompeo (un ironico riferimento a questo in: Caes BC I, 14, 4) Sulla partecipazione (soprattutto ideale) di Cicerone alla guerra e sulla definizione del proprio officium, è ancora ottimo Brunt 1986, sopr pp 17–24 630 Cic Att. VII, 20, 2 631 Cic Att. VIII, 3, 7 632 Cic Att. IX, 13, 1 633 Augier 2014, sopr pp 47–50; per una sintesi sul rapporto fra viabilità e società nel mondo romano, si veda Laurence 1999 (con bibliografia)
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poteva però fare affidamento sul vecchio, leale prefetto per un supporto discreto, in un momento in cui le clientele e le amicitiae dei nobiles erano messe a così dura prova Il caso del Piceno, in cui il sostegno a Pompeo (e a personaggi importanti, come Labieno di Cingulum) era fragorosamente collassato nel giro di poche settimane, lo dimostrava chiaramente634 Una posizione radicata. Alcune missive redatte ad anni di distanza dalla guerra, dimostrano la ramificazione dei legami di Lepta (e Cicerone) e la loro presenza sul territorio campano: alcune chiamavano in causa gli interessi di conoscenti635, altre quelli del prefetto stesso636 Si tratta di documenti di grande importanza, perché suggeriscono numerose informazioni in merito al rapporto fra i due637 In una epistula a Dolabella, del febbraio 45, in cui raccomandava gli interessi di due cittadini caleni638, Cicerone precisava che cum municipio Caleno, quocum mihi necessitudo est, tum Leptae, quem omnibus antepono La missiva, indipendentemente dalla sua importanza per una definizione del linguaggio della clientela, ha il pregio di identificare gli interessi di Cicerone con quelli di Lepta e di individuarli a Cales, nella quale, come si è detto, è probabile che questi (o suo figlio) abbia rivestito il massimo honos municipale, il quattuorvirato quinquennale Un profilo definito. Nell’epistolario ciceroniano, Lepta sembra un individuo dotato di riconoscibilità politica e di un rispettabile patrimonio, mentre non vi sono elementi certi di un avvenuto ingresso fra gli equites639 Secondo quanto convincentemente suggerito da K Welch, egli vantava inoltre una preziosa amicizia con Attico, alla cui commendatio doveva forse l’incarico da praefectus al seguito di Cicerone640 Considerata nel proprio insieme, la carriera di Lepta non differiva in modo significativo da quella della piccola aristocrazia dei municipia, che, anche grazie a vincoli di amicitia con i politici di Roma, accresceva la propria influenza localmente e raggiungeva posizioni e incarichi qualificanti all’interno dell’ordinamento repubblicano
Su questo si tornerà fra breve, trattando di Vibullio Rufo (cfr infra) Cic Fam. IX, 13; VI, 18 Cic Fam. VI, 19; Att. XIII, 48 La solidità del loro rapporto è del resto dimostrata dal fatto che Cicerone raccomandasse a Terenzia di ricorrere a Lepta per avere sue notizie (Fam XIV, 17); per un caso affine, cfr supra, la trattazione dedicata a Sicca (ivi, 15) 638 Cic Fam. IX, 13, in cui peraltro i beneficiari della raccomandazione vengono così definiti: C. Suber nius è meus (…) familiaris et Leptae, nostri familiarissimi, pernecessarius e M. Planius Heres è Leptae nostri familiarissimus Sui due personaggi, si veda Deniaux 1993, p 339 639 Come emerge pure in Cic Fam. VI, 19, 1 D R Shackleton Bailey CEF (II, p 431) suppose che il terreno ereditato da Lepta fosse stato infine davvero acquistato come deversorium Sinuessanum da Cicerone (Fam. XII, 20 e Att. XIV, 8, 1) 640 Welch 1995, p 138; pur trattandosi di semplice ipotesi, questa avrebbe almeno il pregio di dare conto del rapporto di familiarità tra Attico (e la sua familia) e Lepta, quale emerge in Cic Att. V, 17, 2 e VI, 8, 2, ma soprattutto in VI, 1, 2 – Lepta tua epistula gaudio exsultat; etenim scripta belle est meque apud eum magna in gratia posuit –, una considerazione difficilmente spiegabile se la familiaritas fra Cicerone e Lepta fosse stata di più antica data 634 635 636 637
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Il successo di legami deboli e forti: un modello. Come si è detto, l’intervento di Attico potrebbe aver avvicinato Lepta ad un consolare, seppur non di antica famiglia, come Cicerone ed è grazie a questo legame “debole”641, che questi ebbe l’opportunità di farsi apprezzare in provincia, costruire un vincolo “forte” con l’Arpinate e, opportunamente, entrare in contatto con interpreti di primo piano della politica romana, come Pulcro e Pompeo La praefectura fabrum condusse Lepta al di fuori di un contesto essenzialmente locale, ma produsse effetti anche nella realtà territoriale a cui egli apparteneva A questo proposito, la frammentazione del panorama politico locale implicava una conseguenza di notevole rilievo: secondo una metafora “sindacale”, le élites dei municipia acquisivano infatti un peso contrattuale sempre maggiore, man mano che aumentava la loro influenza, all’interno di uno scenario politico estremamente parcellizzato Non necessariamente congiunti da vincoli ereditari alle grandi casate del passato, essi erano liberi di scegliere chi sostenere con le proprie risorse, un’opportunità tanto più rilevante nella stagione delle guerre civili, che Ottaviano avrebbe infine saputo sfruttare a pieno Uno scenario fluido. Proprio l’accresciuta importanza acquisita da Lepta determinò forse un allontanamento da Cicerone, riscontrabile in due distinte epistulae In una lettera ad Attico, datata il 2 luglio del 44, Lepta è citato come parte in causa in un affare poco chiaro di debiti, che il figlio di Quinto avrebbe contratto senza l’autorità necessaria642 La lettera tace ogni dettaglio, ma pare significativo il fatto che il coinvolgimento del vecchio prefetto non sembri rappresentasse un sollievo alla soluzione del problema Datata a poche settimane prima, una lettera al fedele Tirone descriveva la visita di Lepta e di un personaggio, il cui nome non si è conservato, come un contrattempo quantomeno fastidioso643 Non sembra privo di significato il fatto che, appena un anno prima, Lepta si fosse informato presso il patronus Cicerone, in merito all’opportunità di avvicinare Cesare e guadagnarne il favore con quella che l’Arpinate descriveva sprezzantemente come una curatio aliqua munerum regiorum644 Cicerone tentò addirittura di dissuadere Lepta, dimostrandogli come questi, di fronte a tanti intimi di Cesare, sarebbe stato solo l’ultimo accolito, un parvenu che, per di più, nihil adferat praeter operam645 Trattandosi dell’organizzazione di giochi, si potrebbe aggiun-
641 Sui legami “deboli” e “forti”, in relazione alle conclusioni di M S Granovetter (sopr 1973), vedi supra 642 Cfr Cic Att. XV, 26; cfr Rollinger 2009, pp 160–161 643 Cic Fam. XVI, 23 (datata alla fine di maggio 44); Welch (1995, p 138) non solo ignora il possibile legame con Cic Att. XV, 26, ma specifica – non è chiaro su quale base – che “the friendship may have soured temporarily in 44” 644 Cic Fam. VI, 19, 2 (de curatione aliqua nel testo) Per una definizione di Cesare come rex, cfr Cic Att. XIII, 37, 2 645 Datata al 12 agosto 45, una lettera ad Attico (XIII, 46, 1) descrive Lepta come de sua munerum cura tione laborans: si deve forse intendere che si trattasse di un primo approccio, presso la residenza di Balbo a Lanuvio, per ottenere un incarico che, pur privo di prestigio, poteva rappresentare un me-
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gere opes, oltre che operam, confermando una volta di più la solida ricchezza del prefetto Pur senza dilungarsi sul tema – già trattato – della datazione di lettere fra loro distanti appena pochi giorni, il quadro d’insieme sembra chiaro: sembra di assistere ad un progressivo avvicinamento di Lepta ad un altro patrono Il prefetto conosceva Cesare646; ora cercava però di poterne ottenere il favore, in qualche modo allontanandosi da Cicerone La condotta del vecchio praefectus fabrum sembra dunque improntarsi ad una lealtà contemperata da scelte politiche e interessi personali Lontano da modelli rigidi, questo caso dimostra la fluidità raggiunta dal sistema clientelare e dalle strategie del consenso interne alle élites italiche negli ultimi convulsi decenni della Repubblica La prefettura dei fabri all’interno del sistema clientelare. Questa prospettiva sul mondo delle clientele esistenti fra aristocrazia urbana e oligarchie locali costituisce un aspetto essenziale per approfondire l’effettivo rilievo della praefectura fabrum Essa era parte di un più complesso accordo politico fra almeno due parti Naturalmente, dalla forza e autorevolezza del magistrato, oltre che dalla sua tradizione familiare (un aspetto questo fondamentale nei legami fra individui di censo diverso), dipendeva l’intensità dell’attrazione esercitabile sul praefectus, che, talvolta (come sembra per Lepta), tendeva però a sfuggire al tradizionale ruolo di cliens, col fine di avvantaggiarsi di una relazione più promettente Questa risposta del “territorio” era forse impossibile fino al pieno I sec a C – quando cioè le maglie della nobilitas tesero ad allargarsi in modo via via più scomposto – ed era senz’altro ancora improbabile per quelle famiglie che potevano scegliere i propri fiduciari presso congiunti o clienti da numerose generazioni La prefettura dei fabri aveva creato le condizioni perché la dimensione politica di Lepta, un cittadino rispettabile, di solida posizione, ma non necessariamente di rango equestre, potesse emergere da un ambito strettamente locale Più tardi, da questa posizione, egli si spinse addirittura a contravvenire alle indicazioni del proprio patrono, perseguendo interessi e linea politica ora davvero autonomi
rito agli occhi di Cesare In Fam. VI, 19, 2, datata al 25 di agosto, Cicerone tornò ad occuparsi della questione: non solo riparlandone con Oppio, ma tentando appunto di far recedere il proprio (?) protetto da questo proposito Se, come invece altri sostengono, la lettera Fam. VI, 19 fosse datata alla fine di luglio, precedendo così la lettera ad Attico del 12 agosto, dovremmo interpretare il participio laborans con la constatazione che Lepta avesse ormai raggiunto il suo scopo e fosse all’opera per i giochi di Cesare Sulla base di una lettura diversa (Lepta enim de sua vini curatione laborans), A De Carlo (2015, pp 396–397) ha supposto che la proposta di Lepta fosse specificamente collegata alla fornitura di vino in occasione dei ludi Questa possibilità non modifica quanto detto sin qui, se non per il fatto che permetterebbe di collegare l’interesse di Lepta con le sue proprietà terriere Per quanto concerne la datazione delle missive, cfr Shackleton Bailey CLA, II, p 430 646 Cic Fam. V, 5, 2
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(10) L. Vibullius Rufus, agente di Cn. Pompeius Magnus Un ruolo riconosciuto. L. Vibullius647 Rufus, le cui origini sono sostanzialmente oscure, fu uno dei tre praefecti fabrum attribuibili a Pompeo per l’anno 49648 All’epoca, il Magno rivestiva dall’Italia (!) un imperium proconsolare sulle Spagne649 Il rapporto fra i due sembra essere ben noto ai contemporanei e politicamente riconosciuto Vibullio compare in una lettera a Q Cicerone650, datata al settembre 54, come la persona più adatta a conferire fra Cesare e Pompeo In una nota lettera al consularis P. Lentulus Spin ther 651, datata al dicembre 54, Cicerone confessò una sensazione di prepotente disagio per le pressioni ricevute da Cesare, Pompeo e da altre personalità, intenzionate a ridimensionare la posizione dell’Arpinate contraria al Triumvirato, favorendo così Clodio, inimicum (…) vero legum, iudiciorum, otii, patriae, bonorum omnium652 E’ appunto di Vibullio che Pompeo si servì per suggerire cum mandatis a Cicerone di astenersi dal dibattito sull’ager Campanus, almeno fino al suo rientro in città653 A Vibullio non era stato affidato un incarico semplicemente prestigioso, rappresentando un tanto illustre “cartello” di potentes, ma soprattutto delicato Egli doveva suggerire ad un consolare una condotta più consona ai tempi nuovi e rammentargli i favori ricevuti da Pompeo e Cesare La concessione della prefettura – nel 49 – non fu dunque un semplice riconoscimento, ma la scelta ponderata di una persona fidata e politicamente competente In missione nel Piceno. La sua prefettura dei fabri, rivestita durante la guerra civi654 le , fu dunque caratterizzata da un effettivo impiego sul campo: a Vibullio, Pompeo affidò delicate funzioni militari e politiche, un fatto ben riconosciuto da Cesare655 Nei Commentarii, del praefectus fabrum si precisa che era stato inviato in agrum Picenum confirmandorum hominum causa656: una missione molto complessa, al contempo militare e politica Il Piceno significava molto per Pompeo, le cui ramificate clientele mediterranee avevano avuto origine in questa popolosa regione adriatica Il padre, Pom647 Gundel RE VIII A 2, coll 2010–2012, n 1 648 Così anche Welch 1995, p 139; è questo un fatto a cui – singolarmente – non si è fin qui data particolare attenzione Di due prefetti dà conto lo stesso Cesare, in una lettera a Oppio e Balbo (Cic Att. 9, 7c, 2) 649 MRR II, p 263 Come è noto, attraverso un rispetto formale delle consuetudini, Pompeo amministrava le province assegnategli per il tramite dei suoi legati: significativamente, l’attività di questi praefecti fabrum è però attestata esclusivamente in Italia e non nella penisola iberica (sulla posizione di Pompeo, si veda Vervaet 2014, pp 222–223) 650 Cic Q. fr. III, 1, 18 651 Cic Fam. I, 9, 10 652 Secondo Shackleton Bailey (2001, I, p 126, n 10), si tratterebbe di Ortensio, Bibulo e Domizio Enobarbo 653 Lo stesso messaggio gli era stato “recapitato” per il tramite del fratello Quinto 654 Caes BC III, 8, 1 655 Caes BC III, 10 e 18 656 Caes BC I, 15; Syme (1939, p 90): “Pompeius knew better then did his allies the oligarchs the true condition of Italy”
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peo Strabone (cos. 89), aveva infatti guidato la repressione dell’ager ascolano (91)657 e, approfittando del comando, vi aveva acquisito terreni e insediato veterani: da quelle clientele partì l’avventura politica del figlio658 Secondo la tradizione, allo sbarco di Silla dall’Oriente (83), Pompeo era riuscito a raccogliervi tre legioni, prevalentemente nel territorio di Fermo: si trattò di un’operazione complessa659, seguita ad un intervento politicamente determinante, la cacciata delle famiglie anti-pompeiane660 Altri clan, assenti nei documenti pervenutici, rimasero comunque nell’ombra: fra questi figuravano probabilmente i Labieni di Cingoli, uno dei quali divenne strenuo sostenitore di Pompeo661 Come è noto, dopo la morte di Silla, la carriera del figlio di Strabone seguì una traiettoria del tutto autonoma ed ebbe inizio l’età d’oro delle vittorie in Oriente: le clientele di Pompeo crebbero a dismisura ed è sempre stato difficile immaginare che altri potessero insinuarsi nel tessuto socio-politico del Piceno Così non stupisce il rinvenimento di un’epigrafe dedicata a Pompeo dalla città di Auximum, in cui egli era definito patronus662 La straordinaria rapidità della discesa cesariana attraverso il Piceno non sembra tuttavia compatibile con questo quadro di generale stabilità: la regione si dimostrò non soltanto opportunisticamente schierata dalla parte del nuovo imperator, ma addirittura pronta a sostenerlo nelle sue necessità più immediate di uomini e vettovaglie663 L’invio di Vibullio nel Piceno appare dunque ancor più significativo Pompeo, ad esempio, lo preferì a Labieno, che senz’altro del Piceno era originario e che doveva godere di solidi legami nella natia Cingoli L’intenzione del Magno, che nel frattempo si stava rapidamente spostando a Brindisi, doveva essere duplice: reclutare uomini per le proprie legioni e rinsaldare i vincoli di clientela con le comunità locali, elementi complementari di una strategia tesa ad intralciare Cesare nel suo cammino verso Roma
657 Sull’operazione politica di Strabone nel Piceno, si veda Borgognoni 2002, pp 15–74, in cui si delinea il significativo passaggio delle clientele picene da Mario (e pochi altri interpreti della politica romana) alla gens Pompeia 658 Plut Pomp. 6, 1 (τότε οὖν ὁ Πομπηῒος ἐν τῃ Πικηνίδι τῆς Ἰταλίας διέτριβεν, ἔχων μὲν αὐτόθι καὶ χωρία, τὸ δε πλέον ταῖς πόλεσιν ἡδόμενος οἰκείως καὶ φιλικὸς πατρόθεν ἐχούσαις πρὸς αὐτὸν); Vell II, 29, 1 (ager Picenus (…) totus paternis clientelis refertus erat); App BC I, 80 (κατὰ κλέος τοῦ πατρὸς); Cass Dio XXXIII, fr 107 (διὰ τοῦ πατρὸς ἡγεμονία); su questo, si veda Borgognoni 2003, pp 29–30 659 Le stime sugli uomini reclutati si aggirano fra 12 000 e 15 000 unità, o, più prudentemente, fra 9 000 e 10 000 (Harmand 1967, p 30, n 33) 660 Plut Pomp. 6, 1; Vell II, 29, 1; Borgognoni 2003, pp 29–40 661 Borgognoni 2002, p 55, n 101 Una tale dimostrazione di forza non poteva essere trascurata dallo stesso Silla, che riconobbe legittimità e autorevolezza al giovane figlio di Strabone e fu a questi che infatti assegnò l’incarico di affrontare le forze mariane di Carbone, in Africa (Seager 2002, pp 26–28) 662 CIL IX, 5837; Borgognoni 2003, p 30; l’iscrizione si data probabilmente al 52, in corrispondenza del terzo consolato di Pompeo 663 La fulminea conquista dell’Italia era ancora motivo di sorpresa per Plutarco (Pomp. 63, 2) Per una disamina delle operazioni militari, si veda Le Bohec 2001, pp 322–329, in cui lo storico francese ha parlato di una vera e propria Blitzkrieg
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Guerra e politica. L’importanza strategica del Piceno era evidente a tutti: un vero e proprio antemurale fra la Cisalpina e il cuore di Roma Molte operazioni politiche vi furono tentate – da una parte e dall’altra – nei primi giorni della guerra civile Senza alcun mandato ufficiale, si portò ad Asculum il consolare P. Cornelius Lentulus Spinther (cos. 57), che da tempo aveva legato le proprie sorti a Pompeo664 e il Senato aveva inviato altrove alcuni dei propri membri, con l’ordine di reclutare truppe, un’operazione la cui riuscita richiedeva la tenuta dei legami con i primi viri dei municipia Seppur non esplicitato nei documenti disponibili, il ruolo ufficiale di Lentulo e degli altri doveva corrispondere ad una legatura: reclutare e condurre truppe richiedeva pur sempre una copertura istituzionale Tuttavia, non è imputabile a ragioni strettamente istituzionali il fatto (sorprendente) che P. Lentulus Spinther cedesse a Vibullius le forze rimastegli fedeli, dopo il primo sfortunato confronto con l’avanzata di Cesare665 Nello scenario ora del tutto destabilizzato del Piceno, Pompeo aveva dunque deciso di inviare il proprio prefetto, insignito di un’autorità politica (e non solo formale), derivatagli dal manda tum personale del Magno L’aggregazione delle forze di Lentulo con quelle raccolte dal praefectus fabrum fruttò a Vibullio 14 coorti e la stima indiscussa di Cicerone e Pompeo666 La simpatia di quest’ultimo era ben meritata: ormai impegnato a convincere quanti più uomini di governo a sostenerlo e a raggiungerlo con le proprie clientele e le proprie forze, il Magno era ben determinato a condurre quanti più armati possibile a Brindisi, da cui già intendeva lasciare l’Italia: una dilatazione dei tempi della guerra gli doveva infatti permettere di raccogliere i frutti di anni di intensa attività patronale attraverso tutto il bacino mediterraneo667 Con la sua operazione nel Piceno e il ricongiungimento a Lentulo, il praefectus fabrum Vibullio era riuscito a farsi rappresentante riconosciuto di Pompeo, soprattutto nei confronti delle comunità locali (certo, più di quanto non fosse riuscito a Lentulo) e ad assestare un duro colpo al bacino di reclutamento a cui presto avrebbe potuto attingere Cesare
664 MRR II, p 210: notoriamente, egli partecipò attivamente alla restaurazione di Tolemeo XII Aulete sul trono d’Egitto, un’operazione fortemente caldeggiata da Pompeo, che da questo favore contava di guadagnare altro potere in Oriente 665 Non si trattò di un fatto di poca importanza, soprattutto considerata l’alterigia ereditaria che Cicerone (Fam III, 7, 5) attribuiva a Lentulo: ullam Appietatem aut Lentulitatem valere apud me plus quam ornamenta virtutis existimas? 666 Cic Att. VIII, 1 e soprattutto 2, 4 In essa, si faceva riferimento ad una lettera di Pompeo a Cicerone, con gli accadimenti più recenti dal Piceno, da cui emergeva anche il parere di Vibullio nei confronti del Magno (videbis de Cnaeo nostro ipse Vibullius quid existimet) Non stupisce che, benché all’interno di un documento di Pompeo, l’uomo lo debba aver definito nei termini più elogiativi, come sembra confermare il fatto che, subito dopo, Cicerone cerchi di trovare una sintesi al proprio pensiero e concluda: non ita uno in eo iudico spem de salute rei publicae 667 Cicerone (Att. VII, 24) era appunto convinto che Vibullio intendesse portare le proprie reclute a Pompeo Per le strategie di Pompeo nelle varie fasi della guerra, si veda Le Bohec 2001 (soprattutto pp 325–336)
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Una sconfitta politica e una disfatta militare. I fatti di Corfinium avrebbero infine determinato l’irrilevanza dell’impegno di Vibullio: l’orgoglioso consularis, proconsole – sulla carta – della Cisalpina, L. Domitius Ahenobarbus (cos. 54)668, non solo non cedette le proprie truppe a Vibullio, che forse non aveva un mandato preciso in tal senso, ma aggregò quelle raccolte da quest’ultimo alle proprie, in base a un piano strategico difforme (e autonomo), rispetto a quello di Pompeo669 Dopo la caduta di Cor finium, dove Enobarbo aveva deciso di attendere i rinforzi – non promessi e mai pervenuti – di Pompeo, Cesare ebbe modo di dare sfoggio della propria clementia670, con visibile soddisfazione671 Ad una prima lettura, sembra che l’obiettivo di Cesare fosse di trovare un accordo con Pompeo, capace di salvare la Repubblica, ma, più concretamente, questi si stava servendo di argomentazioni abbastanza allarmanti per la factio di Catone672 Fra i molti illustri cittadini catturati, in primis senatori e cavalieri, figuravano anche Lentulus Spinther673, Vibullius Rufus e Numerius Magius – entrambi, questi ultimi, praefecti fabrum di Pompeo674 E’ ragionevole supporre che Lentulo e Vibullio si fossero trattenuti presso Enobarbo con la speranza (vana) di indirizzare in qualche modo le decisioni del testardo consolare675 Ad ogni modo, che non si tratti di una “preda” di poco conto, ma della cattura di un ufficiale di rilievo, sembra testimoniato nella stessa lettera di Cesare a Oppio e Balbo676 L’Arpinate, ancora indeciso in Campania, apprese
668 MRR II, p 261; secondo la felice descrizione di R Syme (1939, p 61): “Ap Claudius and Ahenobarbus, diverse in character but equally a joy and comfort to their enemies” 669 E’ anzi verosimile che, più di una reale convinzione, avesse sospinto Enobarbo a questa decisione l’implacabile conflittualità personale col Magno Lentulo aveva fatto una scelta ben diversa, di cui E Badian (1997, p 7) aveva colto l’importanza: mettendo da parte la propria Lentulitas, egli aveva dimostrato responsabilità politica e strategica, un gesto che a Enobarbo, semplicemente, non era riuscito 670 Su Corfinio e la clementia Caesaris, oltre a Caes BC I, 22 e 23, si vedano anche Vell II, 50, 1, Plut Caes. 34, 7–8, Oros VI, 15, 4 Sull’episodio all’interno della campagna d’Italia, cfr Le Bohec 2001, pp 329–330; per la strategia di comunicazione politica di Cesare all’esordio e nel corso della guerra civile, ancora valido Collins 1972, pp 922–966; un’efficace sintesi politica è invece in Canfora 2007, sopr pp 166–175 e 183–204 671 E’ chiaro il tono utilizzato in una lettera dei primi di marzo 49 e destinata a Oppio e Balbo (Cic Att. IX, 7 c: gaudeo mehercule; consilio vestro utar lubenter, et hoc lubentius, quod mea sponte facere constitueram, ut quam laenissimum me praeberem) 672 Far giungere la lettera a Cicerone doveva essere sembrato a Cesare e ai suoi agenti un buon modo per comunicare le proprie intenzioni agli avversari Quanto al contenuto della missiva, in Cic Att. IX, 7 c, 1 la negazione dell’esempio sillano era chiaramente di maniera, ma il riferimento ad una nova (…) ratio vincendi dimostrava senza dubbio una volontà di dominio appena mascherata e anzi rafforzata (victoriam diutius tenere) dalla moderazione nei confronti dei nemici 673 Spinther aveva avviato una trattativa riservata con Cesare, in questo senso “scavalcando” l’autorità di Enobarbo e promettendo addirittura di intervenire per ottenere la resa della guarnigione Anche per questa ragione, dopo Corfinio, egli abbandonò ogni proposito bellicoso (Caes BC I, 22) 674 Su Numerius Magius, si veda infra 675 Caes BC I, 34 676 Cic Att. IX, 7 c
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proprio allora che, con la cattura di N. Magius, erano ben due i praefecti fabrum di Pompeo, caduti nelle mani del proconsole ribelle (un dettaglio ribadito con studiata cura) Di nuovo in azione. Tutti i prigionieri di Cesare furono rilasciati, naturalmente dopo affettati ed umilianti rimproveri Come molti, anche Vibullio tornò al campo di Pompeo e, a questo punto non sorprendentemente, fu nuovamente destinato ad una missione rischiosa e delicata: attraversare territori ormai sotto il controllo di Cesare, per raggiungere le Spagne e portare ordini ad Afranio, Petreio e Varrone, legati di Pompeo (proconsul di quelle province) al comando di numerosi eserciti677 L’intenzione del Magno era evidente: con la partenza degli oligarchi alla volta della Grecia, il teatro di operazioni principale si sarebbe fatalmente spostato a est e ad ovest d’Italia, nella penisola iberica, dove urgeva quindi un coordinamento immediato delle forze pompeiane Queste sono le ultime notizie disponibili sul praefectus, che del resto non era stato inviato in Spagna per comandare truppe o gestire i legati, ma per informarli e permettere loro di coordinarsi in una comune strategia, precedentemente decisa da Pompeo Naturalmente non si trattò di una semplice ambasceria Nel testo di Cesare non compare alcun riferimento all’invio di lettere, che del resto altri uomini – meno conosciuti – avrebbero potuto portare in Spagna in maggior sicurezza Le difficoltà incontrate (anche da Vibullio) a coordinarsi con gli scomodi alleati della nobilitas dovevano aver indotto Pompeo a destinare al teatro operativo iberico un uomo che aveva già dimostrato lealtà politica e abilità logistica e strategica Non è dunque possibile derubricare il ruolo del prefetto ad ambasciatore o aiutante di campo Vibullio agiva e operava nel rispetto della sua funzione e del mandato ricevuto, ma coordinandosi autonomamente con legati e magistrati, politici di rango senatorio e funzionari equestri: sembra cioè che egli fosse dotato di una pur limitata autonomia, certo definita dai mandata del magistrato cum imperio (ma anche da ragioni di opportunità politica) In missione per Cesare? Che la missione in Spagna fosse, prima di tutto, rischiosa è dimostrato dal fatto che Vibullio cadde nuovamente prigioniero di Cesare678 Questi, contravvenendo alla tradizionale politica di liberare i propri avversari romani una volta, ma non due, lasciò però libero il prefetto, confidando nella sua gratitudine Vibullio, che presso Pompeo beneficiava di notevole influenza, avrebbe dovuto presentargli, nel modo migliore possibile, le condizioni per un accomodamento fra i due Cesare, ormai giunto nei Balcani, era ben informato degli spostamenti di Vibullio, che, senza sosta, stava cercando di raggiungere Pompeo prima dell’inevitabile scontro fra le parti Non è chiaro quanto Cesare potesse sapere dell’incontro fra i due, ma la sua narrazione presentò un avversario irremovibile dalle più ostili posizioni679 In questa occasione,
677 Caes BC I, 38 La decisione di servirsi di legati seguì immediatamente alla nomina di Pompeo nel 55 (su questo, si veda MRR II, p 220) 678 Caes BC III, 18 679 Caes BC III, 1
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emerse chiaramente la composizione dell’inner circle680 di Pompeo: Vibullio parlò senza remore di fronte a Libone, Lucceio e Teofane681, ma senza successo Questo episodio rappresenta l’ultima attestazione disponibile sul praefectus Vibullio, un breve profilo. Non vi sono elementi per ritenere con sicurezza che Vibullio Rufo avesse raggiunto il rango equestre Durante la guerra, l’attività militare e l’agibilità politica dell’individuo richiedevano però un riconoscimento formale, che giunse con la nomina a praefectus fabrum La (ri)conquista del consenso nel Piceno (legata peraltro al dilectus di soldati) o il confronto con personaggi di rango non solo senatorio, ma consolare – come Lentulus Spinther, Domitius Ahenobarbus e i legati spagnoli di Pompeo (fra cui L. Afranius, cos 60) – testimoniavano certamente la fiducia in lui riposta dal Magno, ma anche la notevole vitalità di un incarico che, pur distaccato dal comando di una specifica unità, assegnava al suo titolare un ambito d’azione vasto e una riconoscibilità politica di portata anche e, soprattutto, extra-istituzionale Sotto molti aspetti, Vibullio fu un individuo di grandi e notevoli capacità e la sua praefectura fabrum fu senza dubbio influenzata dalla sua abilità, valicando cioè gli aspetti puramente formali dell’incarico Il riconoscimento istituzionale che essa fornì a Vibullio costituì tuttavia la fondamentale premessa giuridica all’espletamento di un’attività eminentemente politica e militare, in qualche modo indipendente e autonoma dalla gerarchizzazione – più o meno rigida – dello scenario costituzionale contemporaneo (11) Numerius Magius, prefetto dei fabri di Cn. Pompeius Magnus Un prefetto poco noto. La figura di Numerius Magius682, anch’egli praefectus fabrum di Pompeo per l’anno 49, non ha ricevuto, nel tempo, una trattazione organica, senza dubbio perché le informazioni disponibili sono effettivamente poche e parzialmente incoerenti La disamina di Münzer683, caratterizzata dalla consueta acribìa, è ancora fondamentale Innanzitutto, secondo lo studioso tedesco, Magius sarebbe una latinizzazione di derivazione osca, particolarmente attestata nel territorio di Capua L’ori go del praefectus Magio va tuttavia senz’altro cercata nella Cisalpina: Cesare, sintetico come di consueto, lo definisce infatti Cremonese684 Il rinvenimento dell’iscrizione frammentaria di un Magius N(umerii) f(ilius) []nthanus, da Brescia, pare confermare
680 Santangelo 2018 681 Caes BC III, 18: Vibullius sedato tumultu, quem repentinus adventus Caesaris concitaverat, ubi pri mum e re visum est, adhibito Libone et L. Lucceio et Theophane, quibuscum communicare de maximis rebus Pompeius consueverat, de mandatis Caesaris agere instituit. 682 Münzer RE XIV 1, col 440, n 9 683 Münzer RE XIV 1, col 438 684 Caes BC I, 24: reducitur ad eum (scil. ad Caesarem) deprensus ex itinere N. Magius Cremona, prae fectus fabrum Cn. Pompeii
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la presenza della famiglia del praefectus in Nord-Italia685 Il fatto che l’iscrizione sia oggi perduta non ne riduce l’importanza, nonostante la sfortunata lacuna relativa al cogno men Il profilo sociale di Numerio è ignoto e mancano elementi sufficienti a dimostrarne il rango equestre A Cremona, l’amicitia con un personaggio dell’importanza di Pompeo686 doveva comunque avere un peso decisivo: per questo, egli era senz’altro uno dei primi viri del municipium, che, dall’81, era forse divenuto capitale della provincia Cisalpina687 Prigioniero di Cesare. I dati disponibili sono relativi al momento in cui Numerio fu catturato da Cesare, nei giorni immediatamente successivi alla presa di Corfinio Come molti altri, anch’egli fu rilasciato immediatamente e, anche in questa circostanza, pare che Cesare se ne sia servito per favorire l’apertura di una trattativa privata con il vecchio alleato688 Il gesto di Cesare era parte integrante di una politica aristocratica689, dichiarata apertamente dopo i fatti di Corfinio690 La strategia della clementia Caesaris non era che uno fra i molti espedienti691, utili a superare una situazione di conflitto assoluto, a ben vedere incongrua per un membro di quella stessa aristocrazia, con la quale stava ora combattendo Quanto si è detto per Vibullio Rufo692, potrebbe essere ripetuto per Numerio Magio, che fu dunque rilasciato dopo la cattura: con studiata soddisfazione, Cesare commentava che questi era il secondo praefectus fabrum di Pompeo a cadere nelle sue mani e ad essere liberato (evidentemente, il primo era stato Vibullio Rufo)693 Cesare chiosava che, se essi gli avessero voluto essere grati, avrebbero dovuto esortare Pompeo a rinverdire la loro vecchia alleanza, abbandonando i comuni nemici I toni sono quelli della massima soddisfazione ed è evidente che questo doves-
685 CIL V, 4641 = InscrIt X 5, 441 L’iscrizione è stata studiata più volte; si vedano soprattutto Salomies 1987, p 40; SupplIt 8, p 172; Solin 1998, p 569; Garzetti, Valvo 1999, p 17 Sorprendentemente, soltanto O Salomies ha ipotizzato un collegamento fra l’iscrizione da Brescia e il praefectus fabrum di Pompeo: la sua trattazione, tuttavia, menziona Numerio Magio col solo fine di confermare la presenza della famiglia in Italia settentrionale 686 Plut Pomp. 63, 2: Νυμέριον Πομπηίου φίλον Sulla base del legame esistente fra Velleii e Magii e del comune servizio da praefecti fabrum per Pompeo, G V Sumner (1970, p 262), ripreso da A J Wood man (1983, p 185), ha proposto una possibile parentela fra Numerius Magius e C. Vel leius (per la cui trattazione, cfr supra) Se corretta, questa tesi dimostrerebbe l’esistenza di legami orizzontali fra i clientes di Pompeo La stabile presenza in Campania dei Magii citati da Velleio non pare tuttavia coerente con l’origine cremonese del prefetto N. Magius 687 Pontiroli 1969, pp 163–165; per un quadro istituzionale della provincia, si veda Laffi 1992 = 2001, pp 209–234 688 Caes BC I, 24 e 26; Cic Att. IX, 7 c, 13 e 13 a; Plut Pomp. 63, 2 689 Syme 1939, p 51: “to the survivors of the defeated faction he behaved with public and ostentatious clemency They were members of his own class: he had not wished to make war upon them or to exterminate the Roman aristocracy” 690 Su questo, si veda supra 691 Multa in: Cic Att. IX, 7 c 692 Si veda supra 693 La soddisfazione di Cesare conferma una volta di più l’importanza e la riconoscibilità politica dell’incarico
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se essere il sentimento dominante dopo la presa di Corfinio e la liberazione di numerosi cavalieri e senatori, fra cui Lentulo e Domizio Enobarbo694 Stava inoltre diventando sempre più apprezzabile lo scarto fra la sicurezza dei proclami di Pompeo ai membri del Senato e l’incertezza dei suoi piani strategici La “caduta” della Penisola, che i fatti di Corfinio avevano certificato con la dispersione delle forze di Enobarbo, era stata un fatto inatteso e irresistibile: di colpo, l’alleanza fra Pompeo e la factio agglutinatasi attorno a Catone, fino a poco prima artefice della rovina politica del Magno, non doveva poi sembrare così solida695 Una posizione “particolare”. Cesare stesso pare riconoscere a Vibullio e Numerio una posizione “particolare” Contrariamente agli illustri politici presenti a Corfinio, essi non erano ritenuti tanto autonomi da poter slegare (e in qualche modo dover slegare, come si è visto per Lentulo) le proprie sorti da quelle del Magno Proprio quando Cesare redigeva un “manifesto” per la pace, come quello indirizzato a Oppio e Balbo (che infatti ebbe cura di recapitarlo a Cicerone)696, egli auspicava che fossero proprio i due praefecti fabrum a esortare alla risoluzione migliore il Magno: nessuno poteva dubitare della loro lealtà Cesare, che da un lato sottolineava dunque il ruolo istituzionale, dall’altro ne qualificava la pertinenza non già al comando di Pompeo, ma alla sua personale clientela politica, se non addirittura al suo inner circle Come si vede, l’importanza della praefectura fabrum risiedeva dunque in una caratterizzazione ben più che semplicemente istituzionale: è suggestivo e verosimile supporre che, a partire dal secondo quarto del I sec a C , essa costituisse soprattutto un riconoscimento politico Dopo la cattura: al centro di un’operazione politica? I documenti disponibili sui fatti successivi a Corfinio sono discordi Si apprende da Cesare – con ostentato stupore – che Numerio, inviato a discutere della pace, non gli recò alcuna risposta da parte di Pompeo697 Per questa ragione, Cesare fu costretto a rivolgersi a L Scribonio Libone (cos. 34)698, che, come si è detto, era senz’altro membro dell’inner circle di Pom-
694 Quest’atteggiamento “generoso” stava dando i propri frutti se Lentulo beneficio Caesaris movetur (Cic Att. IX, 13) 695 Cicerone dette voce ai propri dubbi con Attico (Att. IX, 11: Quam vero μικροψυχίαν Cnaei nostri esse? Nuntiant Aegyptum et Arabiam εὐδαίμονα et Μεσοποταμίαν cogitare, iam Hispaniam abiecisse. Monstra narrant; quae falsa esse possunt sed certe et haec perdita sunt et illa non salutaria); Plutarco (Pomp. 63) condivideva il giudizio negativo di Cicerone, secondo il quale Pompeo, che si trovava nella situazione di Pericle (cioè protetto dalle mura di Brindisi e signore dei mari), aveva preferito la strategia di Temistocle 696 Su questo, si veda anche Canfora 2007, p 171 697 Caes BC I, 26 Alla stessa notizia, su cui torneremo fra poco, dava fede anche Plutarco (Pomp. 63, 2), che, nell’occasione, definisce Numerio Πομπηΐου φίλον 698 Münzer RE II A 1, coll 881–885, n 20 Di Libone è nota la consuetudine con Pompeo, così come la spregiudicatezza politica: fedele a Pompeo, poi a Sesto, promosse la pace di questi con i triumviri, attraverso il matrimonio della sorella Scribonia con Ottaviano – anno 40 Il consolato fu il pegno dei triumviri per l’abbandono definitivo di Sesto
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peo, per il tramite del suo legato C Caninio Rebilo (cos. suff. 45)699, a propria volta congiunto a Libone – un tipico esempio della ramificazione delle relazioni interne alla classe dirigente romana La trattativa non era destinata ad un buon risultato e, come Cicerone constatava realisticamente, della volontà di addivenire ad un accordo pacifico non v’erano in Cesare altro che le dichiarazioni700, opportunamente presentate dal sempre abile Balbo701 La testimonianza diretta di Cicerone offre però alcuni spunti di riflessione L’Arpinate non era del tutto favorevole ad un accordo fra i vecchi alleati e, soprattutto, contraddiceva la versione di Cesare Con comprensibile disappunto, l’Arpinate era stato infatti informato del fatto che Pompeo aveva inviato Numerio Magio a trattare la pace702 Cicerone protestava incredulità rispetto alla notizia, ma lo avrebbe presto smentito un messaggio di Cesare ad Oppio e Balbo, di cui quest’ultimo aveva accluso il testo in un’accorata lettera al vecchio consolare703 Il testo non lasciava dubbi: misit ad me N. Magium de pace Cicerone si era servito delle stesse pochissime parole Nella lettera non compariva alcun riferimento all’incarico di Magio: evidentemente non potevano esservi dubbi su chi egli fosse Cesare concludeva sibillinamente il proprio messaggio specificando che avrebbe contattato i fidi Oppio e Balbo, cum in spem venero de compositione704 Da una parte Cesare protestava di non ricevere alcuna risposta e, in Plutarco, Numerio Magio è descritto in fuga presso Pompeo, dall’altra pare invece che il prefetto fosse tornato con proposte di pace, che Cesare aveva opportunamente mancato di citare Ritengo che all’origine di questa discordanza si debba scorgere l’intervento dello stesso Cesare, alla cui mano sono infatti riferibili tutti i documenti relativi all’episodio Se è vero che, nella narrazione degli eventi della guerra civile, poteva rivelarsi vantaggioso mostrarsi desideroso di una composizione pacifica con Pompeo – nel superiore interesse della Repubblica705 –, scrivendo a Cicerone di un possibile accomodamento, egli raggiungeva invece un doppio risultato Già dapprima, Cesare aveva cercato di avvicinare Cicerone, blandendolo e mostrandosi conciliante con Pompeo, in fin dei conti, un comune amicus706 Tuttavia, è senz’altro vero che un
699 Münzer RE III 2, coll 1478–1479, n 9 Rebilus, legato di Cesare fin dalla guerra in Gallia, è personaggio abbastanza noto per un curioso episodio: un consolato suffectus della durata di un singolo giorno (Cic Fam.VII, 30, 1–2; Plut Caes. 58, 3; Suet Iul. 76, 5; Cass Dio XLIII, 46, 2; Macr Sat. II, 2, 13 e 3, 6) 700 Cic Att. IX, 13 (spem autem pacis habeo nullam) e soprattutto 14 (ubi est illa pax, de qua Balbus scripserat torqueri se?) 701 Cic Att. IX, 7 a, 7 b e 13 a (nunc exspectatione crucior – ! –) 702 Cic Att. IX, 13: omnia misera, sed hoc nihil miserius. Pompeius N. Magium de pace misit. 703 Cic Att. IX, 13 a 704 Nello stesso brevissimo passaggio, rientrava la risposta data da Cesare a Numerio Magio, quanto mai aleatoria e vaga: quae visa sunt, respondi 705 E’ questa la tesi di L Canfora (2007, pp 172–175), che per primo ha esaminato questa discrepanza, all’interno di una più compiuta proposta di comunicazione politica 706 Proprio durante questi primi infuocati giorni di guerra civile (il 20 marzo), Cicerone mostrò a Mazio, comune amico (Cic Att. IX, 11), una lettera ricevuta da Cesare nei primi giorni di marzo
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accordo fra i due, pur evitando la guerra civile, avrebbe rappresentato un rinnovo del patto di Lucca, stavolta senza Crasso, e la definitiva sconfitta di Catone e di una parte della vecchia classe dirigente, ancora forte, ma in evidente affanno rispetto all’inarrivabile influenza politica accumulata da Cesare e Pompeo Sul momento dunque (e non alla più tarda diffusione del De bello civili), Cesare avrebbe senza dubbio tratto vantaggio dalla diffusione, nel fronte avverso, dell’immagine di un Pompeo talmente disperato, da giungere a trattare col vecchio alleato contro la Repubblica I nuovi alleati di Pompeo non erano del resto che i suoi più vecchi nemici e a lui, in effetti, non avevano alcuna seria ragione di prestare fede707: già una volta Cesare e Pompeo erano stati portati sull’orlo del conflitto, poi era venuta Lucca e il rinnovo del loro accordo708 Cicerone, con la sua posizione attendista e il fitto scambio epistolare con Cesare, Pompeo e i sostenitori delle due parti, era senz’altro l’uomo ideale per veicolare informazioni, non necessariamente esatte Vero o no che Pompeo volesse trattare con Cesare – un fatto che, come si è detto, il vincitore smentì –, il praefectus fabrum Numerio Magio poteva essere citato, con verosimiglianza, come parte di una trattativa segreta fra i due rivali, contro i sedicenti difensori dell’ordinamento costituito Con i consoli già a Durazzo, quale momento sarebbe stato migliore per inviare un agente politico, come il praefectus fabrum Magio, a discutere di quanto Cesare chiedeva da tempo: un incontro dal vivo, per chiarire ogni cosa fra i due vecchi alleati? Una sintesi. Indipendentemente dalla possibilità che Cesare realizzasse un vero e proprio atto di sabotaggio politico del fronte pompeiano, la verosimiglianza che una simile trattativa fosse svolta per il tramite di un praefectus fabrum è estremamente interessante Con la prefettura dei fabri, Numerio Magio, sul cui profilo nulla è noto, se non che fosse originario di una vecchia provincia, aveva ottenuto da Pompeo un riconoscimento indiscutibile alla propria lealtà e, cosa più importante, una riconoscibilità politica, che lo proiettava a buon titolo nell’agone della politica contemporanea709 (Cic Att. IX, 6 a), in cui ci si attendeva di poter beneficiare a Roma di tuo consilio, gratia, dignitate, ope omnium rerum 707 Il quadro politico tratteggiato da Cicerone in Att. IX, 13, 4 è, a dir poco, sconfortante: adde confiden tiam hominis (scil. Caesaris), adde imbecillitatem bonorum virorum, qui quidem, quod illum sibi merito iratum putant, oderunt, ut tu scribis, ludum. 708 A questa evenienza alludeva Cicerone in Att. VII, 26, 2 e VIII, 1, 4 (cum omnes Caesarem metueba mus, ipse (scil. Pompeo) eum diligebat; postquam ipse metuere coepit, putat omnis hostis illi esse opor tere) Come sempre memorabile il giudizio di R Syme 1939, p 47: “Had Pompeius listened and consented to an interview, their old amicitia might have been repaired With the nominal primacy of Pompeius recognized, Caesar and his adherents would capture the government – and perhaps reform the State Caesar’s enemies were afraid of that – and so was Pompeius After long wavering Pompeius chose at last to save the oligarchy” 709 Nonostante l’esiguità dei documenti disponibili, quanto noto su Magio dimostra il carattere operativo e il rilievo essenzialmente politico della prefettura e ridimensiona senz’altro l’esigua ricostruzione di K Welch (1995, p 140): “his duties, as far as we know them, involved acting as ambassador in the negotiations for peace in which both Pompeius and Caesar were engaged in the first part of the war” Come si è visto, a Numerio si riconosceva una capacità operativa ben più complessa
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(12) Cn. Pompeius Theophanes, storico, politico, prefetto dei fabri Notabile a Mitilene. Come Vibullio Rufo e Numerio Magio praefectus fabrum di Pompeo per il biennio 49–48710, il mitilenese Cn. Pompeius Theophanes711 è noto soprattutto per l’attività di storico712 e politico a fianco del Magno713 L’impegno politico di Theophanes fu però, prima di tutto, civico Un’iscrizione onoraria a Theophanes, figlio di Hieroitas, pritano a Mitilene714 (probabilmente precedente all’incontro con Pompeo) ha ormai acclarato la partecipazione della famiglia di Teofane alla politica civica, secondo una dinamica ereditaria estremamente diffusa all’interno delle comunità greche contemporanee715 Non è invece nota la posizione dei familiari di Teofane in occasione del conflitto fra Mitridate e Roma, un momento determinante nella storia delle comunità e delle élites greche716 Certo, i notabili mitilenesi decisero di sostenere le rivendicazioni del re del Ponto717, una scelta che la città avrebbe scontato con la guerra e la privazione della “libertà”, al termine di un assedio prolungato e combattuto (80)718 Considerato l’effetto detonante della guerra mitridatica sul clima di ordinaria frammentazione interna all’élite locale, non è dunque inverosimile che un moderato supporto agli interessi di Roma e degli Italici, da parte della famiglia di Teofane, abbia giocato un ruolo importante nel successivo incontro fra Pompeo e il Mitilenese719 Ciò
710 In realtà, la data dell’incarico non è nota con certezza (Badian 1997, p 7), tuttavia, il passo di Plutarco, da cui è possibile estrapolare la notizia (Cic. 38, 4), si colloca all’interno di una serie di episodi tutti pertinenti al periodo compreso fra il 49 e il 48 711 Laqueur RE V A, coll 2090–2127, n 1 712 I frammenti attribuiti a Teofane sono raccolti in FGrHist (e BNJ, n 188) e, più recentemente, sono stati oggetto di traduzione e commento in lingua italiana (Santangelo 2015) 713 Si vedano in particolare Robert 1969, pp 42–64; Gold 1985, pp 312–327; Anastasiadis – Souris 1992, pp 377–383; la bibliografia essenziale su Theophanes è presentata in Welch 1995, p 140 714 SEG XLII, 755, pubblicata in Anastasiadis – Souris 1992, pp 377–383 Quanto alla famiglia di Teofane, si veda Tac Ann. VI, 18, 2, secondo cui, gli eredi del prefetto, colpiti dalle condanne successive alla fine di Seiano, discendevano anche dagli Euriclidi di Laconia e primoribus Achaeorum 715 Sulla prestigiosa posizione di Theophanes a Mitilene, si vedano Gold 1985, pp 319–320 e pp 322– 324 (in confronto con L Cornelio Balbo) e Robert 1969, pp 44–46; sul controllo esercitato sulla pritania dalle aristocrazie locali, si veda invece Sherk 1990, p 274 716 Sulla politica di Mitridate e le sue ripercussioni sul mondo greco, si vedano Gatzke 2013 e Niebergall 2011 (con bibliografia) 717 Liv Per. LXXXIX E’ ben nota la consegna al re del Ponto del legato Manius Aquilius (cos. 101; Vell II, 18, 3) 718 La città, conquistata dagli eserciti di Lucullo, subì il saccheggio e circa 6000 cittadini furono venduti in schiavitù Secondo la tradizione, la presa di Mitilene avvenne con l’inganno, a conferma della sua importanza strategica (per una raccolta dei documenti disponibili, si veda Magie 1950, pp 245–246 e 1124, n 41) Sulla partecipazione di Cesare: Suet Iul 1, 2 719 Sulla frammentazione delle élites greche, in particolare ad Atene, durante il passaggio di Silla, si veda Santangelo 2007, pp 33–49
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detto, è senz’altro eccessivo supporre che, in questa fase, l’intera famiglia avesse abbandonato Mitilene per farvi ritorno solo più tardi, durante le campagne di Pompeo720 L’incontro con Pompeo. Non è possibile determinare con esattezza il momento dell’incontro fra Teofane e Pompeo, ma – come attestato da Plutarco – i due si conoscevano già prima del passaggio del Magno da Lesbo721 E’ molto verosimile che egli fosse già impegnato nella redazione delle res gestae di Pompeo in Oriente ed è possibile che egli avesse pure prestato al condottiero romano le proprie abilità militari, in proprio o, nella veste di aristos, alla guida di un contingente di Mitilenesi filo-romani, come già probabilmente era avvenuto altrove al tempo di Silla722 E’ invece certo che Pompeo scelse di sostare a Lesbo, durante le battute finali della campagna mitridatica, in occasione della competizione poetica annualmente tenuta sull’isola e, per l’occasione, dedicata ai suoi allori723 L’influenza di Teofane presso Pompeo fu presto rivelata: questi concesse infatti l’annullamento delle misure imposte alla città da Lucullo724 Il coinvolgimento di Teofane, storico e politico, non deve tuttavia oscurare l’importanza strategica della stessa Mitilene, che, in virtù di una posizione centrale nel teatro operativo egeo, aveva rappresentato un obiettivo primario per Lucullo (che ne aveva schiacciato la dirigenza filo-mitridatica) e poteva costituire per Pompeo (che vi stava costruendo consenso) un importante tassello nella nuova sistemazione dell’Oriente pacificato Pompeo in Oriente. In effetti, a partire dal 67, i comandi straordinari offrirono a Pompeo un’autorità pressoché illimitata su di un teatro operativo vastissimo e, con essa, l’opportunità di tessere relazioni e legami clientelari con il mosaico di autonomie e interessi contrastanti, rappresentato dalle realtà statuali ellenistiche725 Il dissidio con Q Cecilio726 Metello (cos. 69, più tardi detto Cretico727), nel corso dello stesso 67, impegnato contro i pirati basati a Creta, aveva da subito dimostrato le criticità determinate sull’ordinamento repubblicano da una concessione tanto ampia ad un uomo tanto influente728 In aperta opposizione con altri magistrati impiegati su quel teatro opera720 Questa la proposta del primo savant dedicatosi a Teofane, F Sévin (1743, pp 143–144), definitivamente confutata dai lavori di Anastasiadis – Souris (1992) Recentemente, è tornato sul tema F Santangelo (2018) 721 Plut Pomp. 42, 4 722 Questa è la convincente interpretazione del passaggio straboniano – Strab XIII, 2, 3 – proposta da F Santangelo (2018) 723 Plut Pomp. 42, 4 724 Plut Pomp. 42, 4: καὶ γὰρ εἰς Μιτυλήνην ἀφικόμενος τήν τε πόλιν ἠλευθέρωσε διὰ Θεοφάνη 725 Cic Leg Man. 52; Liv Per. XCIX; Cass Dio XXXVI–XXXVII Sulla portata e la rilevanza dei comandi stabiliti dalle leggi Gabinia e Manilia, oltre che sul dibattito ad esse relativo, si è già detto riferendosi alla posizione ostile di Catulo e parte della nobilitas (vedi supra) 726 MRR II, p 131; MRR III, p 38 Sull’episodio in relazione agli imperia di Pompeo e Metello, si veda la trattazione contenuta in Dalla Rosa 2014, pp 72–81 727 MRR II, pp 139 e 145 728 Per banale morfologia territoriale, l’isola di Creta ricadeva integralmente nella provincia di Pompeo, determinando questa sovrapposizione istituzionale di due imperatores con la medesima pro-
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tivo, Pompeo era messo nelle condizioni di indirizzare all’Egeo un manifesto politico basato sulle proprie auctoritas e clementia729, del quale è ancora possibile cogliere l’eco nell’intervento di Cicerone, in occasione della discussione sulla legge Manilia730 Facendo appello a precedenti recenti, Pompeo si era servito dei bella piraticum ac Mithri daticum come altrettante occasioni per creare e alimentare di nuove competenze un grande comando in Oriente731 La forza dell’opposizione alle leggi Gabinia e Manilia732 era stata un riflesso dell’abnorme influenza politica conquistata da Pompeo, in anni di successi militari nel bacino mediterraneo Almeno in Oriente, Pompeo poteva vantare un potere stabile e indiscusso, nei fatti superiore a quello goduto dagli imperatores del passato, da Flaminino a Lucullo Naturalmente, il contesto politico urbano era più combattuto ed equilibrato di quanto Pompeo auspicasse, come avrebbe dimostrato il dibattito sull’approvazione delle sue misure in Oriente (60)733, ma, all’interno della sua grande provincia, il Magno aveva beneficiato di una posizione unica Il mondo politico e culturale greco, o meglio la sua variegata rappresentanza – pensatori, élites cittadine, Stati – aveva sempre cercato un legame con gli imperatores di Roma734 L’impegno degli intellettuali greci nel mondo romano era stato esemplificato al meglio dal rapporto di Polibio e Panezio con gli Scipioni: l’effetto sistemico di questi legami era
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vincia (Vell II, 31, 2: ei imperium aequum in omnibus provinciis cum proconsulibus usque ad quin quagesimum miliarium a mari) Ad ogni modo, ridotti allo stremo dalle operazioni di Metello, gli isolani ritennero più vantaggioso arrendersi al Magno, che – invano – suggerì al collega di adeguarsi (App Sic. VI, 2 ) Metello rifiutò e i Cretesi non ottennero condizioni migliori per la propria resa, come forse lo stesso Pompeo aveva immaginato Si trattava del resto di una strategia tradizionale, in linea con quella tenuta da Lucullo in Asia Cic Leg Man 44: itaque ut plura non dicam neque aliorum exemplis confirmem quantum auctoritas valeat in bello, ab eodem Cn. Pompeio omnium rerum egregiarum exempla sumantur; ivi 46: age vero illa res quantam declarat eiusdem hominis apud hostis populi Romani auctoritatem, quod ex locis tam longinquis tamque diversis tam brevi tempore omnes huic se uni dediderunt! Quod communi Cre tensium legati, cum in eorum insula noster imperator exercitusque esset, ad Cn. Pompeium in ultimas prope terras venerunt eique se omnis Cretensium civitates dedere velle dixerunt! Quid? Idem iste Mithri dates nonne ad eundem Cn. Pompeium legatum usque in Hispaniam misit? (…) Potestis igitur iam con stituere, Quirites, hanc auctoritatem multis postea rebus gestis magnisque vestris iudiciis amplificatam quantum apud illos reges, quantum apud exteras nationes valituram esse existimetis M Antonio – poi detto Cretico – (pr. 74) aveva infatti beneficiato di un potere del tutto analogo, almeno fino alla data della sua morte, avvenuta a Creta fra 71 e 70: un imperium proconsolare su tutte le coste del Mediterraneo, al fine di stroncare la pirateria, garantire flussi costanti di rifornimenti per Roma e, verosimilmente, evitare di dover nuovamente chiamare in causa Pompeo, all’epoca già impegnato in Spagna contro Sertorio (76–71) Opposizione che, come si è detta, era stata guidata con forza dai consolari Catulo e Ortensio Ortalo (cfr supra) “Everything went wrong The consul Celer turned against Pompeius (…) The Optimates were exultant Catulus and Hortensius had led the opposition to the laws of Manilius and Gabinius Catulus was now dead, Hortensius enfolded in luxurious torpor But Lucullus emerged, alert and vindictive, to contest the dispositions made by Pompeius in the East (…) He (i e Lucullus) prevailed, supported by Crassus, by Cato and by the Metelli” (Syme 1939, p 33) Il tema vanta una formidabile bibliografia; fra gli studi più influenti si segnalano Badian 1958, pp 55–83; Gruen 1974, sopr pp 13–95 e 158–249; Ferrary 1988
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stato però limitato dalla pratica istituzionale dell’ordinamento repubblicano, che, fra III e II secolo, proprio gli Scipioni avevano pericolosamente perturbato L’alternanza dei magistrati cum imperio sulle provinciae e la gestione collettiva dell’Impero avevano sistematicamente assecondato il carattere multipolare del mondo greco e, conseguentemente, mancava qualsiasi pretesa programmatica nell’insieme dei rapporti fra le éli tes romane e greche Dall’alto di una posizione apparentemente insuperabile, Pompeo si presentava ora come l’interlocutore privilegiato delle classi dirigenti filo-romane dell’oikoumene greca e il contributo di Teofane poteva essere determinante in una simile contingenza politica La posizione di Teofane, intellettuale e politico. Per decreto di Pompeo, il Mitilenese ottenne la cittadinanza romana entro il 62 (anno della Pro Archia) come Cn. Pom peius Theophanes La concessione ebbe luogo durante una cerimonia pubblica solenne, un’adunata militare, di fronte a cives in armi acclamanti735 In un’iscrizione onorifica da Mitilene, Teofane fu dunque celebrato con il nuovo nome e lo status di civis Ro manus736 Si tratta della più antica attestazione di concessione della cittadinanza ad un Greco e fu – senza dubbio – un atto in qualche modo eccezionale737 Innanzitutto, la concessione della cittadinanza era un riconoscimento delle benemerenze di Teofane e della stima di Pompeo; in secondo luogo, essa presupponeva che, al contrario degli altri Greci vicini al Magno, il Mitilenese desiderasse davvero ottenere la civitas optimo iure Essa era del resto un requisito essenziale per l’impegno politico, più tardi messo a disposizione di Pompeo738 Ovviamente, Mitilene fu la prima beneficiaria di questo speciale rapporto fra Teofane e il grande Romano, come dimostrano le numerose iscrizioni in onore di Pompeo, assurto egli stesso a vero e proprio patronus dell’isola739 Tuttavia, fu soprattutto l’impegno politico di Teofane nel sistema repubblicano, reso tecnicamente possibile dall’acquisizione della cittadinanza romana, a fare del Mitilenese un personaggio difficilmente semplificabile: storico personale, consigliere di Pompeo, politico a (e per) Mitilene, soprattutto nelle relazioni con Roma740 E’ fuori discussione la sua appartenenza a quel mondo di intellettuali, che seppe inserirsi attivamente
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Cic Pro Arch. 24: ovviamente, nel contesto specifico della Pro Archia, Cicerone valorizzava soprattutto il lavoro di storico del condottiero (scriptorem rerum suarum), funzionale agli interessi del suo assistito La cerimonia in armi poteva però essere anche un riconoscimento della virtus del Mitilenese IG XII, 2, 150 = IGR IV, 56 = SIG3 755 Raggi 2010, p 85 (con bibliografia); Santangelo 2018, p 132; significativo il fatto che la cittadinanza romana non abbia in alcun modo pregiudicato la relazione fra Teofane e la patria Mitilene A questo proposito, F Santangelo (2018) ha citato il caso di Demetrio di Gadara, liberto di Pompeo, notevole per fortune e influenza personale (Plut Pomp 40; Cato Min 13, 2–3) Plut. Pomp. 42, 4 Significativamente, il δάμος di Mitilene onorò a più riprese la memoria del Magno, anche dopo la sua morte e l’avvento del principato giulio-claudio (qualche esempio, tratto da IG XII, 2: 140–149, 163–165, 202) Già Syme (1939, p 76) aveva sciolto questo nodo, descrivendolo appunto come “friend, domestic historian and political agent”
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nel dialogo fra Roma e il mondo greco, declinato nelle rispettive, piccole patrie741, un confronto che, con alterne vicende, avrebbe coinvolto generazioni di pensatori742 Del resto, filosofi, storici e intellettuali greci condividevano un profilo simile: uno status familiare di alto livello e una formazione e un’influenza pubblica riconosciute: in effetti, Teofane era prima di tutto un membro dell’élite mitilenese743 Educazione, formazione e tradizione ne facevano a tutti gli effetti una figura di rilievo politico, per varie ragioni utile a Pompeo744 Contraddicendo una tradizione consolidata, F Santangelo ha constatato come il viaggio di Pompeo a Mitilene avesse avuto un significato più rilevante di un riconoscimento puramente onorifico745: l’importanza politica di Teofane, quale emerse dai successivi incarichi assegnatigli, getta infatti una luce significativa sulle celebrazioni a Mitilene Una proposta politica. In effetti, Teofane poteva offrire un contributo sostanziale agli interessi di Pompeo: la fitta rete di legami personali e clientele, che questi intendeva istituire in un Oriente destabilizzato dalle guerre mitridatiche746, richiedeva infatti impegno costante e conoscenze non comuni Del resto, a Teofane non mancavano precedenti: come già Polibio un secolo prima con gli Scipioni747, altri pensatori avevano “dialogato” con gli imperatores di Roma Ad essere eccezionale era invece il suo interlocutore – influente, benché non privo di nemici, a Roma e titolare di una provincia abnorme in Oriente La personalità politica di Pompeo e le sue ambizioni costituivano un elemento nuovo e dirompente all’interno di rapporti già ampiamente sperimentati tra i conquistatori – filelleni – del mondo greco e il mondo intellettuale delle poleis In
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Senza abbandonare Mitilene, altro esempio di illustre intellettuale impegnato nella rappresentanza della propria patria presso gli imperatori fu il retore Potamon, figlio del filosofo Lesbonax (Stegemann RE XXII, coll 1023–1027; FGrH 147; PIR 2 P 675), significativamente onorato insieme a Pompeo e Teofane (vedi infra) Potamon apparteneva allo stesso corpo sociale di Teofane, alla medesima aristocrazia del pensiero Non per nulla, questo personaggio, vissuto secondo Luciano (Macr. 23) ben 90 anni, fra la metà del I sec a C e l’età tiberiana, avrebbe rappresentato gli interessi di Mitilene per due volte presso Cesare (nel 47 e nel 45) e per una volta presso Augusto, avvicinandosi persino alla carica di educatore di Tiberio Salmeri 2007, sopr pp 149–150 (all’interno di un contributo dedicato alla politica nelle città greche dell’Impero); un lavoro di sintesi storica originale è Swain 1996, in cui l’esame di Plutarco, Dione di Prusa, Elio Aristide, Arriano, Appiano, Luciano, Pausania, Galeno, Filostrato e Cassio Dione è funzionale alla ricostruzione del panorama poltico e sociale delle poleis dei primi secoli dell’Impero Gli intellettuali erano – e sarebbero rimasti a lungo – prima di tutto personalità civiche apprezzate, ascoltate e politicamente rilevanti; per una trattazione “politica” del ruolo dell’intellettuale, si suggeriscono i lavori dedicati da G Salmeri a Dione di Prusa (1982 e 2000) Del resto, Strabone (XIII, 2, 3) lo definisce συγγραφεὺς e πολιτικὸς ἀνὴρ Così anche Gold 1985, p 320 e sopr 1987, pp 95–96 Santangelo 2018, p 130 Solo a titolo esemplificativo, si veda Cic Verr. III, 207 e Leg Man. 65 – quanto in odio simus apud exteras nationes Il soggetto, come è noto, vanta una ricchissima bibliografia Per una disamina recente (e bibliograficamente aggiornata) su Polibio e il rapporto fra gli intellettuali greci e l’imperialismo romano, si veda Baronowski 2011
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modo forse inconsapevole, quei rapporti fiduciari fra aristocrazie romana ed ellenica, su cui fino alla guerra mitridatica si era retto il dominio di Roma in Oriente, stavano diventando ora meno episodici, creando le premesse per un processo che Bowersock ha compiutamente individuato in età augustea748 Ad ogni modo, il fatto che Pompeo non potesse immaginare il futuro “Impero greco-romano” (secondo la felice espressione di P Veyne749), compiutamente realizzato nel II sec d C , non toglie importanza ad un processo che, da tempo in atto, acquisiva allora una significativa accelerazione: la dignitas e l’influenza politica di Pompeo, la sua fama riconosciuta di condottiero, i suoi comandi in Oriente e l’opera complessiva di riordino di quelle province erano tutti elementi di questa evoluzione750 I gravi episodi che avevano messo in discussione il controllo romano sulle province orientali – e, incidentalmente, avevano messo definitivamente a nudo l’inefficiente gestione della politica estera da parte della nobilitas – erano destinati a non ripetersi Il ruolo di Teofane. Indipendentemente dagli sviluppi determinati dall’agenda di Pompeo sul sistema imperiale, l’obiettivo del Magno era senz’altro più limitato e concentrato sulla costruzione di una rete di amicitiae e clientelae personali751 A questo scopo, le competenze e le relazioni di Teofane potevano offrire un contributo rilevante, senz’altro quantitativamente e qualitativamente superiore a quello di gran parte dei pensatori (e politici) greci in contatto con Pompeo La concessione della cittadinanza rese possibile e visibile questo impegno, perché questo atto ufficiale, come si è detto, creava un precedente raro per il mondo greco e costituiva un riconoscimento per un impegno politico precedente, ma anche – e aggiungerei soprattutto – il frutto di una decisione ponderata Teofane era uno studioso di Storia ed esperto di questioni orientali, ma si era forse dimostrato un valido agente nella tessitura di relazioni con le aristocrazie delle altre poleis, una pratica antica fra gli esponenti delle élites locali greche752 A Roma con Pompeo. Un passaggio rilevante del percorso di Teofane fu il suo arrivo a Roma, al seguito del vir triumphalis753 Ora egli muoveva i primi passi sullo scenario 748 Bowersock 1965, p 1: “mutual interests between men of the East and West were the solid and genuine foundation of Rome’s eastern empire, and Augustus was well aware of that fact” 749 Veyne 2007 750 Ad ogni modo, Pompeo comprese bene l’importanza di un confronto con gli intellettuali del mondo greco, come dimostra il rapporto fortemente voluto e accuratamente alimentato con Posidonio di Apamea, di cui a Rodi si riconosceva non soltanto la sapienza, ma anche l’influenza (Strab XIV, 2, 13; Suid SIG3 725a); sui rapporti di Posidonio con l’aristocrazia romana e, in particolare, con Pompeo, si veda Kidd 1999, pp 38–41 (i frammenti di Posidonio sono raccolti in FGrHist 2A, 87, in Kidd, Edelstein 1989 e in Kidd 1988–1999) 751 Seager 2002, pp 60–62 752 Il lavoro di G Herman (1987), seppur dedicato all’“età della polis”, è un punto di riferimento imprescindibile sul tema delle amicizie ritualizzate delle aristocrazie greche, così come sulla loro pervasività e durata; sugli strumenti della diplomazia nel mondo greco (e sul suo carattere amatoriale), si veda Adcock, Mosley 1975 (sopr pp 155–164) 753 Considerato il fatto che Balbo fu lasciato in provincia, sembra significativo che Pompeo abbia condotto Teofane a Roma
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politico romano, dove gli era comunemente riconosciuta (non senza una certa ostilità) una forte influenza su Pompeo754 Cesare lo considerava parte integrante di un consiglio ristretto, formato da coloro quibuscum communicare de maximis rebus Pompeius consueverat, cioè Libone, Lucceio e, appunto, Teofane755 Cicerone non accennò mai con simpatia a Teofane e, in corrispondenza di periodi di difficoltà con Pompeo, i toni nei confronti del Mitilenese divennero addirittura sprezzanti756 Considerato uomo del Magno, era da lui che Cicerone si attendeva la proposta di una legatura ad Alessandria, grazie alla quale l’Arpinate si sarebbe potuto dignitosamente allontanare da Roma, nel momento in cui Clodio preparava il suo attacco757 Ancora più interessante è il fatto che Cicerone si attendesse che questa proposta fosse formulata da Teofane all’amico Attico758 e che i due avessero un buon rapporto è pure dimostrato dal fatto che, nel 59, Attico si fosse servito di Teofane e Q Terenzio Culleone (tr. pl. 58) per avvertire Cicerone del pericolo imminente759 L’Arpinate era senz’altro a conoscenza di questa consuetudine, tanto da richiedere ad Attico di consultare Teofane, in merito agli umori di Pompeo nei suoi confronti760 Teofane era dunque ritenuto un confidente affidabile, a conoscenza dei piani e degli umori di Pompeo, ma anche ben addentro ai meccanismi e alle regole della politica romana Un’integrazione ben riuscita? Quando si trattava della linea politica del Magno, anche Attico riconosceva dunque l’attendibilità di Teofane e, fatto ancor più rilevante, quel famoso cavaliere, notoriamente sopra le parti761 (e comunque non etichettabile come pompeiano), intratteneva un rapporto autonomo con il Mitilenese Evidente754 Cic Att. II, 5, 1; 12, 2; 17, 3 e V, 11, 3 (ergo Graecus – scil. Theophanes – incumbet. Valet autem auctoritas eius apud illum – scil. Pompeium – plurimum); Plut Pomp. 49, 7; Strab XIII, 2, 3 755 Caes BC III, 18 Lucceio (pr. 67 – MRR II, p 143) era forse uno dei più antichi sostenitori di Pompeo (come sembra suggerire il suo impegno per l’elezione di Cesare al consolato del 59 – Suet Iul 19, 1) Ad ogni modo, come notato da F Santangelo (2018, p 137), il rilievo di Teofane era comparabile a quello di Lucceio, un ex pretore dotato di notevoli sostanze 756 Ad es Cic Att. IX, 11, 3: in quest’occasione, si può solo evincere una minacciosa comunicazione da parte di Pompeo, che avrebbe fatto sinistri riferimenti ai metodi sillani (illa vero omnes in quibus etiam Crassipes qui (pro) prudentia potuit attendere, sermones minacis, inimicos optimatium, munici piorum hostis, meras proscriptiones, meros Sullas; quae Lucceium loqui, quae totam Graeciam, quae vero Theophanem!) 757 Cic Att. II, 5 Questa proposta, per qualche tempo accarezzata da Cicerone, era caldeggiata soprattutto da Pompeo e Cesare, che avrebbero avuto influenza e auctoritas sufficienti a portarla in approvazione Una proposta analoga (un’ambasceria presso il re Tigrane di Armenia) per allontanare Clodio era già stata da questi rifiutata (Cic Att. II, 4, 2 e 7, 2) Per la ricostruzione della vicenda, si veda Seager 2002 (pp 92–93) 758 Si direbbe un buon esempio di rete sociale e strategia negoziale: prima che Pompeo e Cesare avanzassero una proposta a Cicerone (una proposta evidentemente già ventilata in qualche modo, perché questi ne era a conoscenza), il terreno doveva essere preparato da due congiunti delle due parti, che, con una certa autonomia, avrebbero dato segnali per una futura negoziazione 759 Su questo, Shackleton Bailey CLA, pp 17–18; su Q, Terentius Culleo, si veda MRR II, p 197 760 Cic Att. II, 17: si tratta di una lettera ben nota, in cui Cicerone accusava Pompeo di aspirare al potere assoluto e gli si rivolgeva come ad un principe orientale (Sampsiceramus, Arabarches) 761 Aveva cioè un sano concetto di quali fossero i propri interessi
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mente, Teofane si era ben integrato nell’élite romana, superando i limiti impostigli dalla condizione di neo-cittadino, certamente in virtù del suo legame con Pompeo I velenosi riferimenti di Cicerone alle sue origini greche (rivolti del resto a tutto il gruppo di amici e clienti orientali di Pompeo)762 erano determinati da altre motivazioni: come già notato da Badian in relazione al caso di Balbo – a cui non sembra fosse rinfacciata una origo Gaditana –, si trattava soprattutto di polemica politica763 In generale, ritengo comunque che le solide relazioni costruite a Roma da Teofane dimostrino una volta di più come egli non subisse alcun reale ostracismo per le proprie origini Anzi, un evento curioso lo aveva dimostrato: l’adozione di Cornelio Balbo, nativo di Gades, anch’egli premiato con la cittadinanza da Pompeo764 Nell’inner circle di Pompeo. Se Teofane aveva dunque rapidamente acquisito una posizione riconosciuta a Roma, che gli consentiva di dialogare con i protagonisti della politica contemporanea, a lui si attribuiva anche la capacità di influire sulle scelte di Pompeo765 Teofane era insomma parte integrante dell’inner circle766 di Pompeo, un gruppo informale, costituito da uomini di fiducia, entro il quale si prendevano decisioni di indubbia importanza politica Indipendente dall’infrastruttura istituzionale, questa struttura si fondava sull’interesse e la condivisione di visione e progetti politici767 Come detto, Cesare vi collocava stabilmente Libone, Lucceio e Teofane Naturalmente, l’immagine offerta dall’epistolario ciceroniano è profondamente negativa768: nonostante la loro ricchezza, nessuno dei tre era un consolare, né poteva vantare successi, precedenti all’ascesa di Pompeo Come membro di questo ristretto gruppo, l’influenza esercitata da Teofane era tale, che gli veniva addirittura attribuita la responsabilità di iniziative politiche autonome e spregiudicate Fra queste spicca senz’altro il dibattito sorto attorno al trono d’Egitto
762 Cic Att. V, 11, 3 e IX, 11, 3; Plut Cic 38, 4 763 Limitandone la portata, E Badian (1997, p 7) ha scorto in questi attacchi di tipo “etnico” una reazione di “new men like Cicero more than socially secure nobiles” Secondo F Santangelo (2018, p 137) non mancavano anche aspetti psicologici: Cicerone, un consolare ben consapevole dello status raggiunto, accettava con difficoltà che l’uomo più potente di Roma preferisse ricorrere ai consigli di un neo-cittadino – oltre che di veri e propri peregrini; sul ruolo di mentore ambito da Cicerone, una splendida (e ironica) sintesi in Syme 1939, p 143 764 Si è già fatto riferimento a questo episodio, trattando le prefetture di L Cornelio Balbo, su cui si veda supra 765 Pur con disappunto, Cicerone (Att. XI, 3) ammetteva che era soprattutto grazie a Teofane che Pompeo aveva deciso di non abbandonare Roma per la Spagna 766 Santangelo 2018 767 Come si è detto (vedi supra), un simile sviluppo nella politica romana era soprattutto figlio dell’emergere di personalità dotate di influenza e risorse eccezionali Si spiega così la possibilità che, al di là di relazioni temporanee con singoli individui, potesse effettivamente costituirsi il nucleo di una vera e propria factio 768 Così, ad esempio, in Cic Att IX, 11, in cui l’Arpinate ammetteva, con rammarico, che la sola speranza di salvezza della Repubblica risiedeva ormai in Pompeo e nei suoi indegni consiglieri (tamen omnis spes salutis in illis est).
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Secondo Timagene, Tolomeo XII Auletes – a Roma nel tentativo di rientrare in possesso del proprio Regno – sarebbe stato attirato fuori da Alessandria (di fatto, perdendo il controllo della città e della corona) dallo stesso Pompeo769 Il piano sarebbe stato orchestrato da Teofane, che intendeva procurare un nuovo comando (stavolta “egiziano”) a Pompeo: il Mitilenese avrebbe cioè creato una crisi, con l’intenzione di offrire lo “strumento” per poterla risolvere E’ irrilevante il fatto che Plutarco stesso non credesse a questa voce: il fatto che essa fosse in qualche misura circolata, la qualificava quantomeno come verosimile Ancora più gravemente, a Teofane, Lucceio e, più in generale, ai consiglieri greci, Cicerone attribuì il piano di abbandonare l’Italia, in modo da raccogliere uomini e risorse fra le clientele pompeiane, per poi invadere la Penisola con il massimo potenziale disponibile770 L’Arpinate e i vecchi nemici di Pompeo, suoi inediti alleati, non gli perdonarono mai l’abbandono di Roma e dell’Italia, ceduta senza resistenza nelle mani di Cesare771 Anche l’ultima decisione di Pompeo – il ripiegamento in Egitto dopo Farsalo – fu in qualche modo attribuita all’influenza e al parere qualificato di Teofane, convinto che, se non altro per gratitudine, i Tolomei avrebbero accolto Pompeo772 Il profilo di Teofane – sin qui rapidamente tratteggiato – non sembra ridursi a quello di consigliere sulle “questioni orientali”773 La complessità di operazioni e piani attribuitigli richiedeva una conoscenza accurata della situazione politica dell’Oriente greco, ma anche la capacità di tessere relazioni e corrispondenze con dinasti e comunità cittadine: Teofane, riconosciuto politicamente in Oriente e a Roma, vantava senz’altro un profilo ideale a questo scopo Un elemento essenziale distingueva però Teofane da molti dei suoi influenti contatti: non sembra che egli abbia mai preso parte alle competizioni elettorali Non troppo diversamente dagli altri praefecti sin qui esaminati, una parte sostanziale della sua influenza derivava dunque dal rapporto “speciale” intrattenuto con Pompeo La carriera di Balbo sarebbe rimasta un caso unico per l’età repubblicana 769 Plut Pomp. 49, 7 770 Cic Att. IX, 1, 3 e 11, 3; Seager 2002, p 161; si trattava del resto dello stesso piano che, trent’anni prima, aveva arriso a Silla (sulla strategia di Pompeo, Syme 1939, p 49 – in n 4 il riferimento a Meyer, che già aveva proposto questo confronto) 771 Cic Phil. II, 54; Syme 1952, p 49 772 Plut Pomp. 76, 5; Luc VIII, 331–453; Vell II, 53, 1; App BC II, 83 In effetti, versioni diverse attribuivano l’infausto piano ad altrettante personalità: P. Lentulus Spinther secondo Lucano, lo stesso Pompeo secondo Velleio, i consiglieri nel loro complesso, secondo Appiano Per una disamina delle discrepanze, presenti nelle fonti, si veda Gold 1985, pp 325–327 In estrema sintesi, all’interno di una discussione avvenuta significativamente a Mitilene, a Pompeo fu prospettata la possibilità di una fuga presso i regnanti d’Egitto, il re Giuba di Numidia, o presso i Parti Ignorando le reazioni di questi ultimi, si decise infine di rivolgersi a sovrani greci, che tanto dovevano al Magno: una dimostrazione suppletiva dell’impegno profuso da Pompeo (e Teofane) sul mondo politico greco Per una disamina dei piani di Pompeo e dei “pompeiani” dopo Farsalo, si veda Loreto 1994, pp 33–34 773 Welch 1995, pp 140–141, con bibliografia su imperatores e “consiglieri orientali”
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La praefectura fabrum, un momento poco noto. Ignoriamo con esattezza l’attività di Teofane, in qualità di praefectus fabrum, perché, come si è visto, egli è sempre presentato come uno dei philoi più intimi di Pompeo – e per un tempo ben più lungo del mandato di un praefectus –, ma è davvero significativo che un dirigente di tale statura politica rivestisse la praefectura fabrum E’ indubitabile che l’incarico di prefetto dei fabri gli fosse servito come riconoscimento ufficiale ad un ruolo già informalmente ricoperto774 Pompeo intendeva così dotarlo di un incarico istituzionale e legittimante agli occhi dei Romani (soprattutto dei suoi nobili alleati, che – come Cicerone – malsopportavano l’influenza di un Greco sui piani del Magno), delle comunità greche e dei dinasti ellenistici Più che ad accrescerne l’influenza, la praefectura fabrum aveva fornito a Teofane la necessaria legittimazione politica e istituzionale per rappresentare Pompeo e portarne avanti la linea politica a Roma e in Oriente Soprattutto in quest’ultimo scenario, egli poteva infine servirsi della sua nuova posizione, a fianco dei tradizionali canali utilizzati dalle aristocrazie greche Il destino di Teofane, a Roma e a Mitilene. Come suggerito da Welch e Badian, è lecito supporre che, con la vittoria di Pompeo, Teofane avrebbe varcato le soglie della curia senatus, esattamente come invece avvenne per Balbo, contribuendo così all’avvio di un processo di integrazione delle élites orientali nelle istituzioni di Roma775 E’ però opportuno ribadire che la fine di Pompeo non implicò quella del suo consigliere Come notato da E Badian776, la sicurezza di Teofane non dipendeva infatti dal Magno: egli poté anzi rientrare a Roma e contattare Cicerone senza timore di subire alcuna conseguenza777 Pur lontano dall’attività politica, egli continuò a beneficiare della posizione acquisita all’interno della società romana A Mitilene, egli conservò invece una posizione di indubbio prestigio778 Un’iscrizione, oggi conservata al British Museum e parte di una serie di tre epigrafi, significativamente congiunte in un unico basamento onorario, conferma questa conclusione: vi si celebrava la memoria dell’imperator Cn Pompeo Magno, del retore Potamon e, al centro, di Teofane, ormai divinizzato779 Secondo la testimonianza di Strabone – che in effetti sembra servirsi del testo di un’iscrizione onoraria780 –, Teofane è ricordato per aver adornato la patria (τήν τε πατρίδα ἐκόσμησε) con l’aiuto di Pompeo e con il suo
774 In effetti, questo non costituirebbe una ragione sufficiente: innanzitutto, non tutti i membri dell’in ner circle di Pompeo ne divennero ovviamente praefecti fabrum; inoltre questo era un incarico pro tempore e non può dunque coprire l’intera l’attività di Teofane per Pompeo 775 Welch 1995, p 142; Badian 1997, p 7 776 Badian 1997, p 8 777 Cic Att. XV, 19, 1 778 Su questo, pur con accenti diversi, concordano le conclusioni di K Welch (1995, p 142) e E Badian (1997, p 7) 779 IG XII, 2, 163 = IGR IV, 55 = SIG3 753 (Θεῷ Διί Ἐλευθερέῳ Φιλοπατρίδι Θεοφάνῃ); citata nella sua interezza nel lavoro di L Robert (1969 pp 49–52) 780 Strab XIII, 2, 3
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proprio intervento, rendendosi al contempo il più illustre di tutti i Greci (πάντων τῶν Ἐλλήνων ἐπιφανέστατον) Sempre secondo Strabone, suo figlio, Cn (?) Pompeius Ma cer781 raggiunse l’incarico di procurator della provincia d’Asia (τῆς Ἀσίας ἐπίτροπον), entrando infine a far parte degli intimi di Tiberio (ἐν τοῖς πρώτοις τῶν Τιβερίου φίλων)782 Come chiarito da Strabone, i successori di Cn Pompeo Teofane si impegnarono dunque per capitalizzare l’esperienza politica dell’illustre amicus di Pompeo sugli scenari della politica locale, provinciale e centrale fino almeno al II sec d C 783 e un nipote di Teofane raggiunse addirittura la pretura nel 15 d C 784 La prefettura di Teofane, una sintesi. Con Teofane, la praefectura fabrum era stata concessa ad un notabile di Mitilene e, più in generale, del mondo greco e ad un eccezionale neo-cittadino, politicamente già molto influente, seppur privo delle prerogative della dignitas tradizionale Il rango di prefetto dei fabri dimostrava ancora una volta un intrinseco dinamismo ed una plasmabilità estremamente utili, all’interno del rigido contesto istituzionale repubblicano, in ciò confermando la sua importanza e potenzialità politica Nel corso di quel complesso anno 49, Pompeo, circondato da alleati inaffidabili (e spesso incapaci), si rivolse a Vibullio Rufo, Numerio Magio e Teofane di Mitilene, per intervenire sui teatri operativi più critici della guerra civile Nei giorni che precedettero la guerra e durante il conflitto stesso, molti contatti dovevano essere mantenuti, sullo scenario romano, così come all’interno delle clientele orientali e la possibilità che la praefectura fabrum avesse garantito a Teofane un ruolo ufficiale presso i dinasti e le comunità orientali è quantomeno affascinante785 Sfortunatamente, proprio da una cattiva interpretazione del contesto politico della corte tolemaica, attribuita a Teofane, venne la definitiva rovina di Pompeo Spenta la sua stella, non vi era però alcuna ragione per cui Teofane dovesse cercare riparo e mezzi presso Sesto786 o addirittura lasciasse Roma Nell’Urbe, egli era ormai un cittadino distinto, parte degli ambienti più elevati, come del resto dimostrano le carriere dei suoi discendenti, mentre la sua influenza a Mitilene e in Oriente, con cui aveva contribuito alla stabilizzazione dello scacchiere orientale, rimase sostanzialmente immutata
781 Il cui praenomen, secondo il geografo, sarebbe Μάρκον 782 Sull’identificazione di Macer quale figlio naturale o adottivo di Theophanes, si veda ora PIR2 P 625 783 Sulla famiglia di Theophanes e le sue ramificazioni, si vedano Syme 1939, pp 748–749; Bowersock 1965, p 41; Buraselis 2001; Ferrary 2005, 56; Bowie 2011, 182–83 784 Tac Ann. I, 72 e VI, 18; cfr anche CIL VI, 37836 = ILS 9349 = AE 1907, 144; Bowersock 1961, pp 116–117 785 Pur nella consapevolezza dei rischi di parallelismi affrettati, ritengo che l’attenzione a questo aspetto – strategicamente essenziale – sia stata ben dimostrata nel caso di Vibullio Rufo 786 Come proposto da Welch 1995, p 141, che in realtà sottovaluta grandemente la posizione e le possibilità di un membro dell’aristocrazia greca (“a change in fortune for Sextus Pompeius was the only way Theophanes could hope to return in good standing”) La fine di Pompeo rappresentava la fine di una fase politica vissuta ai massimi livelli, mentre non esistono tracce di una partecipazione di Teofane al progetto di Sesto (così anche Badian 1997, pp 7–8)
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(13) P. Volumnius Eutrapelus, amicus e prefetto dei fabri di Antonio Una cattiva fama. P. Volumnius787 è il nome con cui è tradizionalmente riconosciuto il praefectus fabrum di Marco Antonio, probabilmente in occasione del consolato (44) e/o nei successivi anni da proconsole di Gallia788 L’unica fonte che faccia esplicito riferimento alla praefectura fabrum di P. Volumnius è Nepote789, in un contesto estremamente negativo La fonte di Nepote gli attribuiva infatti l’inserimento del poeta L. Iu lius Calidus790 nelle liste di proscrizione, stilate nel 42 dai Triumviri791 A questo riguardo, il testo sembra chiaro792: Calidus fu inserito nelle liste propter magnas eius Africanas possessiones, per intervento di P. Volumnius, praefectus fabrum Antonii793 Celebrando la fedeltà sempre dimostrata da Attico agli amici, Nepote precisava che soltanto l’intervento del facoltoso eques aveva salvato il vecchio poeta794 E Badian era convinto che si dovesse riconoscere ad Antonio il merito di aver salvato Calidus795: l’influenza di Vo lumnius sul Triumviro era comunque stata chiarita dal suo ruolo nella redazione delle liste di proscrizione (e forse nella stessa grazia accordata al poeta) Un altro episodio, stavolta di segno positivo, lo dimostra chiaramente Il rapporto con Attico. I contatti fra Attico e Volumnio non si limitarono al caso di Calidus Interessi consolidati e pratiche sociali creavano i presupposti per un rapporto consolidato fra i due, talvolta più forte delle circostanze: Attico, a cui la praefectura fa brum era forse stata offerta più volte796, non recise i suoi rapporti col prefetto e ciascuno dei Triumviri, neppure dopo la morte di Cicerone, di cui Antonio era il principale responsabile797 Non è quindi sorprendente il riferimento a favori di grande importanza,
787 Gundel RE IX A 1, coll 875–876, n 7 e 878–879, n 11; MRR II, p 356 788 Condivido il parere di Badian (1997, p 8) su questa datazione; contra Gundel RE IX A 1, col 879, n 11 (che propose l’anno 43) e Welch 1995, p 142 (che ha invece suggerito l’anno 42) 789 Nep Att. 12, 4 790 Hinard 1985, p 479, n 67 791 Su questa proscrizione, si veda Hinard 1985, pp 227–318 792 Nep Att. 12, 4 793 Quanto sostenuto da Nepote è fin troppo verosimile: per il gruppo politico raccoltosi attorno ai Triumviri, le proscrizioni potevano rivelarsi una straordinaria fonte di guadagno (su questo, Hinard 1985, pp 255–257) 794 T. Pomponius Atticus era senz’altro in grado di esercitare una tale influenza: ottimo rappresentante di quei cavalieri che “preferred comfort, secret power and solid profit, to the burdens, the dangers and the extravagant display of a senator’s life”, egli vantava a Roma un’influenza superiore a quella di molti senatori (Syme 1939, p 13); cfr anche Nep Att. 19 La complessa figura di Attico è stata magistralmente trattata da F Millar 1988; cfr anche Marshall 1986; Shackleton Bailey CLA; Welch 1996 795 Badian 1997, p 8 796 Fra i numerosi incarichi offertigli – propter vel gratiam vel dignitatem – da consoli e pretori, Attico era solito accettare solo quelli che potessero permettergli di trattenersi in Italia (Nep Att. 6, 2–4) E Badian (1997, p 8) ha appunto suggerito una simile interpretazione 797 Nep Att. 20; Attico aveva mostrato una simile equidistanza nei mesi successivi alle Idi di Marzo (Syme 1939, p 102)
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dispensati dal noto cavaliere a favore di P. Volumnius, all’interno della biografia curata da Nepote798 E’ anzi nella dimora del prefetto che Attico si rifugiò durante le proscrizioni triumvirali799 Fu in quella stessa casa, che egli ricevette una lettera di Antonio, che lo rassicurava del destino suo e di Q. Gellius Canus, suo amico, recentemente proscritto800 Come per il caso di Calidus, l’influenza di Volumnio in queste decisioni è resa palese dal suo coinvolgimento Un’identificazione discussa. Recentemente, E Badian ha duramente criticato K Welch sulla possibile identificazione – per la verità, supposta da molto tempo – di P. Volumnius con il più noto P. Volumnius Eutrapelus801, amicus di Antonio Ritengo che non sussistano fondati elementi per negare questa proposta Il profilo di P. Volumnius Eutrapelus sembra anzi coerente con quello del praefectus fabrum di Antonio, a questi personalmente e politicamente legato Senza dubbio un cavaliere, forse originario di Perugia802, Eutrapelo acquisì questo inusuale cognomen greco in virtù del carattere spiritoso e faceto Al suo profilo appartenevano senz’altro elevata educazione803, relazioni prestigiose804 e, naturalmente, ricchezza805 Lo legava ad Antonio un legame solido, che l’affaire VolumniaCytheris data ad un momento precedente alla morte di Cesare806 Nel momento del bisogno. A questo riguardo, l’assassinio del Dittatore costituì un momento fondamentale: la centralità assunta da Antonio – console nel 44 – de798 799 800 801
802 803 804 805
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Nep Att. 9, 4: P. vero Volumnio ea tribuit, ut plura a parente proficisci non potuerint Sull’inserimento di Attico nelle liste di proscrizione, si veda Hinard 1985, p 508, n 108 Nep Att. 10; Hinard 1985, p 470, n 59 Una poco attenta lettura della RE da parte di Welch (1995, pp 142–143), evidenziata da Badian (1997, p 8), non mi pare metta in discussione il fatto che un accostamento fra i due personaggi sia quantomeno ragionevole (così Syme 1961, p 26 = 1979, p 524; Nicolet 1974a, pp 1082–1083, n 401; Hinard 1985, n 159, pp 549–550; Ferriès 2007, p 491, n 143) Non credo che l’abituale prudenza, dimostrata a questo riguardo dal Gundel (RE IX A 1, n 11, col 879), possa costituire realmente un ostacolo (contra Badian 1997, p 8), suggerendo egli stesso questa identificazione come “sehr wahrscheinlich” (sulla scorta di quanto già proposto da Orelli-Baiter e Münzer) Ancora Gundel (RE IX A 1, col 879, n 11), pur dedicandogli una trattazione a parte (col 874, n 1), sembra suggerire come verosimile un’ulteriore possibile identificazione con un oratore del I sec a C Hinard 1985, p 550; Ferriès 2007, p 491 Come testimoniato dal tema letterario e dal tono alto, benché confidenziale, di due epistulae di Cicerone (Fam. VII, 32 – del 51 – e VII, 33 – del 46 – in cui l’Arpinate auspicava di potersi dedicare interamente agli ozi letterari con Volumnio e ceteris studiosis) Sempre al 46, si data una lettera a L. Papirius Paetus (Cic Fam. IX, 26), al quale si raccontava di un piacevole banchetto a casa di Eutrapelus, del quale Cicerone – e lo stesso Attico – furono ospiti Testimonianza di un patrimonio significativo è anche la presenza di una famosa cortigiana al suo fianco, la Cytheris da lui “amichevolmente” ceduta ad Antonio (46–45) e che, proprio in virtù di questo legame, sarebbe stata anche ribattezzata Volumnia (Cic Fam. IX, 26 e Phil. II, 24); cfr anche Hor Ep. I, 18, 31–36, in cui, spiegando all’amico Lollio – con una certa ironia – il giusto atteggiamento da tenere nei confronti di un patronus, il poeta citava appunto il comportamento di Eutra pelus Come accennato, la cortigiana era stata letteralmente “ceduta” da Eutrapelo ad Antonio; più tardi si sarebbe infine avvicinata a Cornelio Gallo Su Lycoris-Volumnia-Cytheris e le sue relazioni, si veda Keith 2011
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terminò infatti un’accresciuta importanza della sua persona e, conseguentemente, dei suoi più stretti congiunti In particolare, la morte di Cesare – il solo referente di coloro che in un qualche modo si potevano definire Cesariani – e il consolato di Antonio offrivano a quest’ultimo la possibilità di rivendicare con successo la guida politica della factio cesariana807 Alla fine di un anno lungo e complesso808, quel che inizialmente sembrava un primato indiscusso e stabile era però stato incrinato dall’arrivo sulla scena del giovane Iulius Caesar In quel 44 (e per gli anni a seguire), l’accresciuta posizione di Antonio (e con lui di Eutrapelo) era comunque ormai un dato di fatto, riconosciuto da tutti A questo risultato, aveva senz’altro contribuito la politica di pacificazione di Antonio, successiva alle Idi di Marzo, nei confronti dei Liberatori809 Così, intenzionato a lasciare Roma onorevolmente, Cicerone chiese ad Antonio che gli fosse concessa una legatio votiva e si servì di Eutrapelo per contattare il console, evidentemente molto impegnato810 Anche altri erano senz’altro ricorsi a Eutrapelo, ben conosciuto e stimato da senatori e cavalieri D’altra parte, il fatto che Antonio non fosse stato nominato nel testamento del Dittatore e che l’erede di Cesare intendesse reclamarne l’eredità politica, se appannò non poco l’immagine del console capoparte811, rese la scelta di un vecchio amico come prefetto dei fabri un’esigenza irrinunciabile Troppi dei vecchi cesariani erano infatti inaffidabili: tanto i generali (da Lepido a Planco), quanto i consiglieri più stretti (in primis Balbo) Anche se più noto per il suo stile di vita che per l’attività istituzionale, Eutrapelus poteva diventare politicamente più rilevante che in passato Coniata da Cicerone per la XIII Filippica, la suggestiva immagine del naufragio del gruppo dirigente cesariano (illa naufragia Caesaris amicorum), comprendeva numerosi nomi: fra gli altri, M e L Antonio, Ventidio Basso, Planco, Pollione, ma anche Eutrapelus (citato fra i
807 Per Cesare, la concessione del consolato ad Antonio rispondeva alla necessità di lasciare un uomo fidato alla guida delle istituzioni, in vista dell’imminente campagna partica Una decisione simile era stata presa da Cesare al tempo della guerra contro Pompeo, in partenza per la Spagna (Cic Att. X, 8a e X, 10, 2) Ad ogni modo, il consolato aveva concesso ad Antonio strumenti di patronato tanto più utili alla morte del Dittatore 808 Su questo, si veda soprattutto Ferriès 2007, pp 80–98; per un regesto delle fonti disponibili, si veda MRR II, pp 315–316 809 Al consolato di Antonio, R Syme (1939, pp 97–111) ha dedicato un intero capitolo della sua Roman Revolution 810 Apprendiamo di questa richiesta da una lettera ad Attico di fine maggio 44 (Cic Att. XV, 8, 1) E’ opportuno notare che Cicerone considerava Antonio più affidabile e moderato di Dolabella (ironicamente, fu tuttavia quest’ultimo a concedere la legatio all’Arpinate nel giugno 44 – Cic Att. XV, 11, 4) Del resto, erano state le conseguenze della morte di Cesare a creare i presupposti per un allontanamento, ma fra Cicerone e Antonio (e così, Eutrapelo), non c’era mai stato motivo di seria inimicizia (Syme 1939, pp 140–141 – in nota, le epistulae intercorse fra i due, improntate al rispetto e alla deferenza nei riguardi dell’anziano statista) 811 Syme 1939, pp 114–115
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conlusores et sodales Antoni)812 Comitatum relinquo, duces nomino: citandolo per nome fra i compagni di Antonio, Cicerone considerava dunque Eutrapelus un dirigente politico e non un semplice aiutante813 Come si è detto più volte per altri prefetti, il fatto che Volumnio non avesse cercato di ottenere una magistratura, non ne determinava una marginalità politica effettiva Come per Attico, gli mancava forse l’ambizione, ma non i mezzi e la centralità politica raggiunta da Antonio assicurava anzi un’accresciuta influenza allo stesso Eutrapelo La praefectura fabrum sembrò forse ad Antonio la posizione migliore per mettere in valore le risorse e le competenze di un buon amico Volumnius Eutrapelus, un profilo. Ricchezza, notorietà, influenza, vicinanza personale e politica ad Antonio sembrano elementi convincenti per identificare P. Volum nius Eutrapelus con il P. Volumnius, praefectus fabrum di Antonio Il rapporto con Attico e lo scambio di favori e cortesie fra i due (evidenti durante il momento drammatico delle proscrizioni) sembrano confermare l’esistenza di un legame speciale fra Volum nius e Antonio Il carattere ramificato delle relazioni interne alla classe dirigente romana rendeva un personaggio come Eutrapelus estremamente utile al nuovo capoparte: come dimostrano gli episodi rapidamente passati in rassegna in questa sede, la prefettura permise di mettere a disposizione del console i mezzi e le competenze di un amico fidato, tanto più utile per affrontare gli imprevedibili sviluppi di quegli anni concitati Per tornare all’origine di questa disamina, Attico – al quale tutti si rivolgevano sempre con estrema deferenza – aveva significativamente deciso di trovare rifugio presso Volumnio Eutrapelo, uomo che considerava vicino per ricchezza, formazione, interessi Il rapporto che li legava da tempo doveva garantirgli sicurezza per sé e i suoi congiunti nell’incerto momento delle proscrizioni Naturalmente, l’influenza di Volumnio derivava essenzialmente dal suo rapporto con Antonio – una costante per tutti i prefetti dei fabri attestati –, ma non può sfuggire il rilievo politico raggiunto da un individuo, che mai risultava attestato in contesti istituzionali prima del consolato di Antonio e, soprattutto, della morte di Cesare Pochi, decisivi anni avevano reso Eutrapelo l’importante membro di una nuova, pretesa factio Il fatto che Nepote abbia specificato il ruolo di praefectus fabrum di P Volumnio (unica attestazione della prefettura nell’intera biografia814) dimostra inoltre l’importanza attribuita all’incarico, almeno in questa specifica circostanza In altre parole, agli occhi di Nepote (o della sua fonte), la portata dell’impegno di Eutrapelo non era semplicemente descrivibile nei termini del lessico politico contemporaneo (amicus, sodalis …); era invece la menzione della praefectura fabrum a chiarire a sufficienza il ruolo di Volumnio, al fianco di Antonio
Cic Phil. XIII, 3 Naturalmente, alcuni nomi mancavano all’appello: fra questi Balbo, Oppio e, più in generale, i sostenitori di Ottaviano 813 Stesso parere in Gundel RE IX A 1, col 879, n 11 814 Infatti, Volumnio non è definito prefetto dei fabri in Nep Att. 9, 4 e 10, 2
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(14) C. Flavius, prefetto dei fabri dopo le Idi di Marzo Necessarius meus L’attività di C. Flavius815, praefectus fabrum di M. Iunius Brutus, proconsole di Macedonia (42), è nota per alcuni episodi, documentati fra 44 e 42 Dall’epistolario ciceroniano, si apprende che si trattava di un cavaliere (dunque dotato di un considerevole patrimonio816) ed informazioni più puntuali sul personaggio sono contenute nella biografia plutarchea di Bruto817, per la quale il biografo di Cheronea si serviva probabilmente di una narrazione dedicata agli anni compresi fra il Trimvirato e Filippi, scritta da un P. Volumnius, amico di Bruto, di rango senatorio818 In un’epistola di Bruto a Cicerone, datata al maggio del 43819, in un clima politicamente teso820, Flavius (che è definito noster e necessarius meus) compariva in una veste puramente privata: un amicus a cui era necessario aiuto Nel dettaglio, un importante credito con le casse cittadine di Dyrrachium era stato lasciato in eredità a Flavio da un ricco cittadino: il debito era stato tuttavia condonato alla città da Cesare e la somma, nel generale clima di caos politico contemporaneo, pareva ormai a rischio A Cicerone, che a Dyrrachium vantava amicizie e clientele, Bruto chiedeva dunque di spendere influenza e autorevolezza a vantaggio di Flavio821 Evidentemente, nonostante il fatto che, ai nostri occhi, le priorità del momento dovessero essere altre, Flavio aveva sollecitato l’intervento del proprio patronus per uno degli interessi più ovvi, quello pecuniario Un’eredità contesa con un’intera comunità sembra infine suggerire una posizione privilegiata per la famiglia del prefetto, che, evidentemente, intratteneva rapporti sulle due sponde dell’Adriatico, un elemento di indubbia utilità per il mandato in Macedonia di Bruto822 Un prefetto “molto politico”. E’ all’interno della biografia dedicata da Nepote ad Attico, che compare tuttavia la testimonianza più significativa sull’attività di Flavio823 L’episodio rientrava nella fase di incertezza politica seguita all’assassinio di Cesare, un 815
Münzer RE VI 2, col 2526, n 11 e n 13 Si deve alla lucida analisi di E Badian (1997, pp 8–10 e 17–19, in Addendum) un importante chiarimento in merito all’identificazione del prefetto: si deve infatti distinguere il praefectus fabrum – discusso in questa sede – da C. Flavius Hemic(adus?), di rango senatorio, ucciso dopo la caduta di Perusia 816 Cic Fam. XIII, 31, 1: C. Flavio honesto et ornato equite Romano utor valde familiariter 817 Plut Brut. 51, 2 818 Gundel RE IX A 1, coll 876 e 879, n 8 = n 12 Si tratta chiaramente di un altro individuo rispetto al P. Volumnius Eutrapelus, praefectus fabrum di Antonio (cfr supra) 819 Cic Brut. I, 6, 4 820 L’inevitabile sospetto fra Cesariani e Liberatori, le lotte interne alla factio cesariana e la guerra di Decimo Bruto (praet 45, MRR II, p 307) a Mutina contro il sistema costituito erano elementi sufficientemente gravi 821 Cic Att. III, 22, 4: quod mei studiosos habeo Dyrrachinos, ad eos perrexi 822 La possibilità che il denaro servisse alla causa dei Liberatori non è affatto inverosimile, tuttavia manca di qualsiasi prova o indizio 823 Nep Att. 8, 3–4 Non condivido la scarsa attenzione dimostrata da parte di K Welch (1995, p 143) per questa rilevante notizia, che addirittura non compare in Badian 1997
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momento che, come si è detto, fu reso più delicato dalla pretesa leadership di Antonio sulla factio cesariana La ricerca di un compromesso in Senato offrì infatti ai Liberatori una “finestra” temporale di pace istituzionale, in cui muoversi alla ricerca di sostenitori in Italia La reazione del popolo a Roma era stata fredda, quando non apertamente ostile All’oscuro del complotto, gli statisti anziani sopravvissuti a Farsalo (fra cui lo stesso Cicerone) non potevano rivendicarne la valenza politica, né difenderne apertamente gli autori e gli scopi Fuori Roma, l’Italia dei municipia e delle colonie non sembrava guardare con soddisfazione alla fine del dictator, mentre i veterani di Cesare si agitavano per il timore di perdere le concessioni appena ottenute o promesse – ed entrambe le reazioni erano forse collegate La libertas, per cui Bruto, Cassio e gli altri avevano agito, era un concetto troppo legato alla tradizionale competizione politica della nobi litas senatoria, perché davvero potesse essere percepito come un valore condiviso da tutta la comunità italica824 Due strumenti servivano quindi alla bisogna dei Cesaricidi: supporto e consenso politico dalle città d’Italia (e soprattutto dai principes civitatium) e molto denaro, necessario a procurarsi in solido il supporto degli eserciti825 Nonostante il piano dovesse rimanere occulto, la testimonianza di Nepote è estremamente chiara: excogitatum est a quibusdam, ut privatum aerarium Caesaris interfectoribus ab equitibus Romanis constitueretur. Id facile effici posse arbitrati sunt, si principes eius ordinis pecunias contulissent Non troppo sorprendentemente, si era pensato che alla testa di una “cordata” di ricchi cavalieri e notabili dovesse porsi nientemeno che Attico, al quale per anni Bruto aveva dedicato attenzioni e lusinghe Più sorprendente è che, per svolgere il delicato compito di avvicinare l’ambito cavaliere, fosse stato scelto proprio C. Flavius, Bruti familiaris. L’incarico assegnatogli, ben lungi da quello di semplice messaggero, era infatti di estrema difficoltà e delicatezza Troppo recente la morte di Cesare, la situazione politica a Roma si manteneva tesa fra uno specioso spirito di pacificazione e la volontà di raccogliere gli amici e i clientes del Dittatore per spazzare via la controparte Fedele alla propria politica di equidistanza (nonché alla propria serena esistenza), Attico rifiutò l’offerta, ma non prima di aver promesso un supporto pecuniario all’amicus Bruto, ben precisando che egli era sempre felice di aiutare gli amici – beninteso, sine factione826 Che il peso e l’importanza di Attico fossero così determinanti lo dimostrò la repentina dissoluzione di quel globus consensionis, per il suo solo diniego827 Più rilevante, ai fini di questo studio, è il fatto che un incarico così specificamente politico, per il cui svolgimento la fiducia incondizionata costituiva un elemento essenziale, sia appunto stato affidato al praefectus fabrum di Bruto Questi doveva aver riconosciuto in
824 Syme 1939, pp 97–100; sul complesso concetto di libertas, in connessione alla pratica politica repubblicana, il lavoro di riferimento è Arena 2012 825 L’Oriente greco fu costretto a sostenere gli eserciti di Bruto e Cassio (su questo, si veda Kirbihler 2013) 826 Syme 1939, p 102 827 Nep Att. 8, 4
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Flavio la persona più qualificata per dialogare con cavalieri e domi nobiles: un membro dell’ordine equestre, un individuo addentro alle regole della finanza828 e della politica, un interlocutore istituzionalmente riconosciuto, perché incaricato da un magistrato cum imperio Un prefetto sul campo di battaglia. Flavio era lo stesso uomo che, definito fami liaris, aveva trovato in Bruto un patronus per la tutela dei propri interessi personali, un amicus per il quale aveva tentato un infruttoso abboccamento con Attico e un patrono per il quale infine combatté Secondo Plutarco, dopo la decisiva battaglia di Philippi, circondato dagli ultimi fedeli amici, Bruto si sarebbe abbandonato alla commozione, in memoria di due compagni speciali, morti in battaglia per difenderlo (gli altri – e certo non erano pochi – non furono nominati): si trattava del legato Labeone e di Flavio, ἔπαρχος τῶν τεχνιτῶν829 Abbiamo dunque conferma del fatto che Flavio seguì Bruto in Macedonia, durante il proprio mandato Il fatto che egli sia caduto, combattendo a fianco del proconsole, non presuppone che ne costituisse in qualche modo la guardia del corpo o un militare in senso stretto, ma che – per legami di fides o legittima convinzione – egli ritenesse che quello fosse il suo compito830 Il fatto che Plutarco menzioni la prefettura è però estremamente significativo: per il biografo di Cheronea (o meglio, per la sua fonte) era opportuno specificare il rango dei compagni caduti, sicuro che se ne capisse l’importanza e il ruolo Evidentemente, chiamare in causa un prefetto dei fabri aveva un preciso significato: una chiara riconoscibilità personale e politica Una prospettiva di sintesi. Noto attraverso episodi cronologicamente vicini, ma fra loro indipendenti, quanto sappiamo su Flavius sembra ben esemplificare la natura dei rapporti e degli interessi necessari alla concessione della prefettura dei fabri: il candidato si confermava un uomo fidato, dotato di risorse, competenze, relazioni, valide capacità dialettiche e che, sempre, poteva vantare un solido legame con un membro della classe dirigente contemporanea Flavio era un cavaliere, rango per il quale erano richieste ingenti ricchezze e solide amicitiae Per quest’uomo, strettamente connesso a Bruto da vincoli di familiaritas, oltre che da solidi interessi economici e politici, la praefectura fabrum rappresentò un riconoscimento istituzionale di valore e la possibilità di partecipare alla grande questione politica del suo tempo, a fianco di un amicus e politico di prima grandezza A Bruto, la nomina di Flavio valse invece l’ingresso di un uomo di totale fiducia all’interno del proprio staff: al prefetto avrebbe chiesto di creare le condizioni per raccogliere il sostegno e il denaro delle aristocrazie d’Italia e, infine,
828 R Syme (1939, p 102), forse un poco eccessivamente, lo definì appunto “financier” 829 Plut Brut. 51, 2 830 Si tratta dello stesso spirito di servizio che pareva aver animato l’estremo sacrificio di Velleio (vedi supra)
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di seguirlo in Grecia per affrontare l’ultima sfida della vecchia classe dirigente della Repubblica831 (15) C. Cornelius Cn. f. Gallus, un prefetto “nuovo” Dalla praefectura fabrum alla praefectura Aegypti. C. Cornelius832 Cn. f. Gallus è un personaggio estremamente noto: poeta elegiaco833, primo prefetto d’Egitto, Gallo è stato anche praefectus fabrum di Ottaviano (attorno all’anno 30)834 La prefettura dei fabri è attestata da una nota iscrizione, incisa sull’obelisco Vaticano: essa completa in qualche modo il quadro sulla storia di Gallo, prima della prefettura d’Egitto, cioè nella sua fase più oscura835 Gallo vi figurava come praef. fabr. Caesaris divi f. e responsabile della costruzione del forum Iulium ad Alessandria Pur non escludendo la supervisione ad attività di logistica o costruzioni, si è sin qui constatato come i principali ambiti operativi dei praefecti fossero quelli della politica, della finanza e della gestione delle risorse: il caso di Cornelio Gallo non sembra fare eccezione, senza per questo presupporre specifiche cognizioni tecniche836 Il profilo e il cursus del prefetto e poeta furono invece notevoli sotto molti altri aspetti837, tanto da delineare un’evoluzione sostanziale dell’incarico stesso Gallus, un uomo, molti amici. Nato attorno al 70 a Forum Iulii838, egli era parte di quelle aristocrazie locali che, aderendo molto presto al modello romano (e acquisendo la cittadinanza attraverso stabili legami con gli imperatores romani839), contribuirono a stabilizzare la Provincia Narbonensis840 Nonostante lo sprezzante commento di Sveto831 832 833 834 835 836
837 838 839 840
Sulla base del succitato episodio dei crediti ereditati a Dyrrachium, non è del resto escluso che il prefetto conoscesse la Grecia, ben prima di seguirvi Bruto Stein RE IV 1, col 1342–1350, n 164 I frammenti delle elegie di Gallo, letteralmente raccolti dalla sabbia, sono ora raccolti in Hollis 2007 Sulla complessa figura di Gallo, si veda Rohr Vio 2009 (con bibliografia); in un tempo in cui la prefettura di Gallo era ancora ignota, Syme (1939, p 355, n 2) l’aveva proposta come ipotetica (con quella di Gallo, Syme ipotizzava anche le prefetture di Ventidio e Salvidieno Rufo) AE 1964, 255; sull’ iscrizione si vedano: Magi 1963a; Id 1963b, Volkmann 1965; Boucher 1966, pp 33–36; Guadagno 1968 Sulla base delle iscrizioni di Gallo e L Cornelio, praefectus fabrum di Catulo, e ipotizzando un’identificazione fra Vitruvio e Mamurra, M Verzàr Bass (2000) ha individuato un legame fra la prefettura dei fabri e il mondo dell’edilizia Come si è detto nella Parte I di questo lavoro (cfr supra), l’ipotesi non sembra convincente E’ ancora di rilevante interesse Syme 1938 = 1979, pp pp 47–54 Demougin 1992, p 55 Sulle origini di Gallo e sulla cittadinanza, ottenuta già dal padre, si veda Syme 1938, pp 41–42 = 1979, pp 49–50 Fra le molte citazioni possibili, la migliore a questo scopo è forse Plin NH III, 31: agrorum cultu, virorum morumque dignatione, amplitudine opum nulli provinciarum postferenda breviterque Italia ve rius quam provincia.
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nio sulle sue origini (ex infima fortuna provexerat)841, questi era un eques e, come tale, un individuo ricco, oltre che inserito in una rete di proficue amicizie842 Non è chiaro se Gallo, che si sarebbe confermato fra i più affermati sostenitori di Ottaviano, avesse investito le proprie risorse e influenza per altri, ma una suggestiva ipotesi di Syme lo immaginava nello staff di C. Asinius Pollio (cos 40), durante il suo mandato in Cisalpi na, fra 41 e 40, sotto gli auspici di Antonio843 Con Pollione, Gallo – uomo dalle molte risorse e dalle numerose amicitiae – condivideva interessi letterari e personali844 Con l’erede di Cesare. Senz’altro, Ottaviano comprese ben presto le sue molteplici qualità e Gallo, per parte sua, seppe ottenerne assoluta fiducia, senza la quale non avrebbe ovviamente potuto ottenere la praefectura fabrum La nomina fu senz’altro assegnata attorno al 30, forse addirittura nel 31, prima della battaglia di Azio845 La sua presenza a Roma fu tuttavia limitata dalle esigenze del campo: mentre Ottaviano doveva sovrintendere (con l’indispensabile assistenza di Agrippa) al bellum iustum contro l’ultima dei Lagidi, Gallo doveva infatti raggiungere l’Egitto da ovest, per prenderne il controllo Dopo la battaglia di Azio, un momento di particolare importanza fu infatti quell’operazione – solo in parte militare –, che mirava a minimizzare le possibilità di Antonio di prolungare la guerra L’Egitto era ricco e facile da difendere: per entrambi i contendenti era vitale controllarlo e lì Ottaviano e Antonio misero alla prova la rispettiva influenza politica In missione in Egitto. Il governatore della Cirenaica, L. Pinarius846 Scarpus, non era semplicemente un senatore, ma un patrizio della gens Pinaria E’ difficile comprendere come Antonio potesse averlo scelto per un compito tanto importante: imparentato tanto con Cesare che con Ottaviano847, egli lasciò a quest’ultimo la propria parte di eredità, ricevuta nel testamento redatto dal Dittatore848 La sua amicitia con Antonio si datava invece agli anni del Triumvirato e della guerra contro i Cesaricidi849 e deve essere stata “acquistata” con un onorevole compenso, quale fu probabilmente un governa841 Suet Aug. 66, 1: in effetti, il commento di Svetonio era determinato da due distinte circostanze, la scarsa presenza nelle istituzioni e la straordinaria posizione raggiunta con l’incarico in Egitto, eccezionale, perché mai esistita 842 Anello di congiunzione fra molti uomini di potere (come si è detto anche Eutrapelo e Antonio), CytherisVolumnia fu celebrata con il nome Lycoris anche da Gallo, nelle sue elegie (cfr anche Serv Buc. X, 1–6) Su Lycoris-Volumnia-Cytheris, si veda Keith 2011 843 Syme 1939, pp 252, n 4 e 253: in nota, Syme suggeriva proprio un incarico da praefectus fabrum, valutandone tutta l’importanza Su Pollione, si veda la sintesi di G Zecchini (1982) 844 Entrambi – si riteneva – avevano prestato aiuto a Virgilio, in occasione delle requisizioni di terre nel mantovano; a sostegno di questa ipotesi e per una completa rassegna delle fonti a suo supporto (tutte di epoca post-classica), si vedano PIR2 C 1369 e Bayet 1928 845 Badian 1997, p 10 846 Münzer RE XX 2, coll 1404–1406, n 24 847 Così propose F Münzer (1936, pp 226–230) 848 App BC II, 23, 89; Suet Iul. 83, 2: questa decisione, presa da lui, come dall’altro beneficiario, Q. Pedius, fu senz’altro una scelta politica, di supporto al giovane erede di Cesare 849 Münzer RE XX 2, col 1405, n 24
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torato di provincia La Cyrenaica non era senz’altro la provincia più ambita d’Oriente, ma – come si è detto – beneficiava di una strategica prossimità all’Egitto, divenuto improvvisamente centrale per la politica romana Scarpus compare dunque nelle serie monetali della zecca di Cyrene a fianco di Antonio850, che gli aveva conferito il comando di quattro legioni, raccolte nella Cirenaica, a difesa del territorio egiziano851 A conferma dell’importanza dei compiti di cui era stato investito, apprendiamo da Cassio Dione che, dopo la battaglia di Azio, Antonio cercò appunto di raggiungere Scarpo, ma significativamente decise di non farlo di persona (già Pompeo aveva beneficiato dell’“ospitalità” riservata ai vinti) In effetti, i suoi inviati furono uccisi e presto si diffuse la notizia che le legioni di Scarpo erano state cedute a Cornelio Gallo852: il prefetto le aveva già utilizzate per occupare Paraetonion, ovviamente dopo aver concordato con Scarpus sull’opportunità di cambiare campo In realtà, “passaggi di campo” come quello di Scarpo costituivano una cifra caratteristica e difficilmente rinunciabile della politica romana, soprattutto fra i membri del Senato e specialmente in questo periodo853 Evidentemente, Antonio si era dovuto affidare a Scarpus per ragioni operative e di opportunità politica: del resto, erano pur sempre i membri dell’ordine senatorio a governare le province e a guidare gli eserciti Gli interessi di Scarpo potevano sopravvivere alla scomparsa di Antonio e fu su questi interessi che il plenipotenziario di Ottaviano poté fare leva854 Il comportamento di Gallo in questa circostanza fu assolutamente esemplare Ottaviano gli concesse addirittura il comando di legioni – un riconoscimento di assoluta fiducia, considerata la delicatezza del momento In azione, il prefetto dei fabri si dimostrò un comandante capace, resistendo ad un attacco di Antonio – le cui competenze militari erano riconosciute – e, soprattutto, impedendo a quest’ultimo di appellarsi ai propri vecchi soldati, prima della battaglia855 Questa fondamentale operazione in Cyrenaica e il progressivo avvicinamento di Ottaviano, da Est, determinarono la fine di qualsiasi possibilità di resistenza per Antonio Non sorprendentemente, un prefetto dei fabri, pur ambizioso, si era dimostrato più affidabile di un membro della Curia Il carattere fiduciario della prefettura dei fabri ne usciva del
850 RRC 546 1–3 851 Cass Dio LI, 5, 6; Plut. Ant. 69, 2 852 Cass Dio LI, 9, 1: Κορνήλιος Γάλλος τό τε τοῦ Σκάρπου στράτευμα παρείληφε; sull’episodio, si vedano anche Plut Ant. 69, 2; Oros VI, 19, 15 853 Scarpus stava solo traendo le conseguenze dell’esito della battaglia di Azio Una volta che l’Egitto fosse caduto, la guerra sarebbe terminata Egli era infine in buona compagnia: sul comportamento degli “antoniani”, si veda Ferriès 2007, pp 285–287 854 A questo proposito, Scarpus avrebbe conservato la propria posizione, seppure in uno scenario istituzionale e politico molto ridimensionato: compare infatti sulle emissioni della zecca di Cyrene insieme ad Ottaviano, non diversamente dai tempi in cui governava col favore di Antonio (RRC 546 4–8) 855 Secondo Cassio Dione (LI, 9, 3), il tentativo di Antonio fu astutamente stroncato da Gallo, che ordinò di suonare le trombe, impedendo così la comunicazione fra il Triumviro e i soldati
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tutto confermato, così come la vastità delle competenze che essa poteva implicare – in questo caso, davvero eccezionali: Gallo comandò eserciti, condusse trattative politiche riservate con un patrizio al comando di una provincia (ottenendo il comando delle sue truppe856) e ridimensionò la fama militare di Antonio presso i soldati Primo prefetto d’Egitto. La costruzione del Forum Iulium, vantata sull’iscrizione dell’Obelisco Vaticano, confermava non solo la presa di possesso di Alessandria, ma la volontà del nuovo regnante di investire e promuovere la vecchia capitale dei Lagidi857 La citazione della prefettura dei fabri, vantata da Gallo, costituisce forse la testimonianza di un temporaneo, ma riconosciuto, governo sulla città del Delta e dimostra nuovamente la riconoscibilità dell’incarico Nell’iscrizione manca qualsiasi altro riferimento, a eccezione della menzione del generoso artefice, Caesar divi filius, che aveva operato per il tramite del suo fiduciario, Gallo Con simili dimostrazioni di lealtà e abilità, non sorprende che Ottaviano abbia scelto proprio il suo praefectus fabrum per guidare l’Egitto858 Si trattava di una sistemazione straordinaria nel panorama provinciale859 e Gallo doveva sembrare l’uomo ideale per la posizione di primo governatore860: egli aveva dimostrato abilità e lealtà; da praefectus fabrum aveva sovrinteso ad un imponente progetto edilizio ad Alessandria e forse aveva contribuito all’amministrazione della città stessa; ora Gallo poteva accedere ad un nuovo incarico economicamente, amministrativamente e politicamente più rilevante Secondo la testimonianza dionea e la stessa stele di Philae (dunque secondo le stesse dichiarazioni di Gallo), il suo mandato fu caratterizzato da una notevole attività, edilizia e militare861 Un praefectus “nuovo”. Già prima di rivestire la prefettura dei fabri, Gallo aveva potuto vantare il rango equestre e uno status sociale rispettabile: quando Ottaviano lo aveva scelto, doveva essere consapevole che stava concedendo un riconoscimento importante, seppur formalmente inferiore ad altri, ad un uomo già politicamente e socialmente influente (un amicus piuttosto che un cliens) La prefettura creò per Gallo le condizioni essenziali per partecipare – senza ricorrere ad un cursus senatorio – alla
856 Non troppo diversamente dal caso di Vibullio Rufo, prefetto di Pompeo (vedi supra) 857 Della moderazione di Ottaviano nei confronti dell’Egitto, erano consci anche gli antichi: si veda ad es Cass Dio LI, 16, 3–17, 3 858 ILS 8995 (da Philae): C. Cornelius Cn. f. Gallu[s eq]ues Romanus post rege[s] / a Caesare Deivi(!) f(ilio) devictos pr(a)efect[us Alex]andreae(!) et Aegypti primus Relativa alla campagna di pacificazione della Tebaide, la stele deve essere datata al 29 Sulla notissima iscrizione trilingue da Philae (per la cui edizione si veda Hoffmann, Minas-Nerpel, Pfeiffer 2009), si veda il contributo di sintesi di P Gagliardi (2012, con bibliografia) Il carattere poetico dell’iscrizione – soprattutto nei testi latino e greco – racconta molto sulla “visione” che Gallo aveva di sé e del proprio incarico 859 Sull’originale scelta di Augusto e per un profilo dei prefetti d’Egitto, si veda Brunt 1975 = 1990 Sull’ordinamento dato all’Egitto, si vedano anche Jördens 2009; Herklotz 2012, pp 11–21 (con abbondante bibliografia) 860 Dello stesso avviso è Badian 1997, p 10 861 Cass Dio LIII, 23, 6
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gestione dell’Impero e alla vittoria di Ottaviano862 Durante il suo mandato, Gallo aveva esercitato funzioni affini a quelle dei suoi predecessori più noti, certo in un contesto eccezionale, che aveva visto una guerra civile e l’avvento di un potere monarchico Lo status sociale di Gallo e l’autonomia di cui questi aveva goduto durante il mandato in Cyrenaica ebbero senz’altro notevoli conseguenze quando giunse la promozione a prefetto d’Egitto In effetti, Gallo, che per primo rivestì l’incarico, fu fedele allo spirito di servizio e all’autonomia di cui aveva goduto negli anni precedenti al 27863, in parte in continuità con la stessa prassi repubblicana Indipendentemente dalle cause ancora molto discusse della sua condanna864, l’ambizione gli era stata fatale soprattutto perché si era in presenza di un contesto politico e istituzionale in via di definizione e in cerca di stabilità La disgrazia presso l’amicus, ormai proclamato Augusto, precipitò Gallo come mai era parso possibile con i prefetti dei fabri attestati sino a lui865 In ciascuno dei casi esaminati in questa sede, il legame di fides fra magistrato e prefetto si era dimostrato sempre solido, tanto che, terminato l’incarico, si conservava stabile un rapporto di clientela, entro i cui limiti si realizzavano successi in ambito locale o si estendevano rapporti di amicitia e sostegno politico a Roma Ora, non solo Gallo aveva raggiunto un’importanza politica superiore a quella di molti senatori, ma aveva ottenuto un incarico caratterizzato da prestigio e autorevolezza nuovi Il tempo trascorso in Egitto, dal 31/30 al 26, era stato segnato soprattutto da una notevole autonomia, di cui Gallo aveva pienamente goduto, pur nel rispetto degli interessi della Res publica restituta e di Ottaviano In ciò, egli si era però spinto ben oltre i traguardi stabiliti dalle precedenti consuetudini repubblicane, alle quali il nuovo potere si ispirava In sintesi, il prefetto era stato la vittima di molti processi giunti a maturazione e, non ultima, della propria ambizione Una sintesi. Come si vedrà nella sezione successiva, il mutamento istituzionale e politico conseguente all’annientamento degli avversari di Ottaviano aveva drasticamente modificato la gestione dell’Impero Non si trattava soltanto delle conseguenze dell’avvento di un potere fondamentalmente monocratico Si era allargato il bacino entro cui raccogliere la classe dirigente del nuovo ordinamento e ben presto cambiò in parte la stessa struttura della politica romana A questo riguardo, la prefettura dei fabri, da sempre uno strumento utile all’integrazione delle élites dei municipia e delle
862 Così deve essere forse intesa la succitata testimonianza di Svetonio (Aug. 66, 1): un nuovo modo di raggiungere la grandezza prescindeva ora dalla carriera senatoria, precedentemente scandita dalle competizioni elettorali 863 A questa data, o al più tardi al 26, sembra ormai di poter attribuire la condanna del prefetto (Gagliardi 2012, p 99) 864 Fra queste, figuravano senz’altro ambizione ed eccesso di autonomia, ma era stata determinante l’influenza di un contesto politico mutato drasticamente (Eck 2007, pp 59–60) 865 Per una disamina aggiornata sul processo a Gallo, si veda Gagliardi 2011 (con bibliografia) Sul complesso rapporto fra Ottaviano ed il Senato dopo Azio, del quale Gallo fu forse vittima, si vedano anche Rohr Vio 2000, pp 156–157 e Eck 2000, pp 67–75
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Parte II
province nell’amministrazione dell’Impero, non perse la propria importanza Come il caso di Cornelio Gallo lasciava in parte presagire, la prefettura si avviava però ad un significativo mutamento In particolare, la caratterizzazione dell’incarico in termini di autonomia e agibilità politica, sviluppata a partire dal secondo quarto del I sec a C , era non soltanto meno utile, ma anche meno desiderabile Come si vedrà, la partecipazione alla politica urbana da parte dei prefetti si sarebbe progressivamente ridotta, generalmente limitata alla dimensione locale Si trattò di un passaggio prevedibilmente graduale, reso senz’altro più appariscente dalla scomparsa della praefectura fabrum nelle fonti letterarie riferibili all’età imperiale Ad ogni modo, come si vedrà, la relazione strutturale fra la praefectura fabrum e le esigenze del contesto istituzionale, sociale e politico contemporaneo non si perse in età imperiale Appunto per questa ragione, questa posizione costituisce uno strumento di analisi ideale per lo studio delle dinamiche di promozione e integrazione delle élites, all’interno della struttura politica e amministrativa del nascente Impero A queste problematiche, è dunque dedicata la prossima parte di questo lavoro
Parte III Continuità e rottura: la praefectura fabrum fra Augusto e Nerone 1. Un nuovo contesto, un incarico antico Un contesto nuovo (?), un incarico antico. Come si è visto, due fattori avevano determinato l’importanza della praefectura fabrum nel contesto politico repubblicano: la nomina diretta, su base fiduciaria, di un magistrato provvisto di imperium e la vastità delle competenze attribuibili ai prefetti stessi La nomina di praefecti fabrum era stata funzionale al progressivo coinvolgimento dei nuovi cittadini – soprattutto italici – nella struttura politica e amministrativa della Repubblica – un processo, che, come si è visto, aveva radici e ragioni lontane nel tempo Più specificamente, la prefettura si era rivelata un importante strumento patronale e un veicolo per stringere o formalizzare legami fra notabilato italico (e, in parte, provinciale), élites urbane e istituzioni repubblicane In alcuni casi, la prefettura aveva offerto un ruolo e autorevolezza a figure poi divenute determinanti per la politica romana Il consolato di un provinciale e neocittadino come Cornelio Balbo non sarebbe stato pensabile prima dell’epoca triumvirale1: nella sua ascesa aveva però avuto un ruolo essenziale anche la praefectura fabrum concessagli da Cesare Con questo pregresso, il fatto che non sia individuabile alcun riferimento alla prefettura dei fabri di epoca imperiale all’interno delle trattazioni storiche sopravvissute – le risorse documentarie di gran lunga più abbondanti per l’età repubblicana – è quantomeno sorprendente E’ opportuno soffermarsi su questo aspetto, perché il numero di attestazioni epigrafiche pertinenti a questo periodo è invece assolutamente rilevante2 Un altro aspetto in parte sorprendente è che, all’interno di questo cospicuo corpus, i 1 2
Sull’epoca triumvirale come stagione essenziale per la comprensione del Principato augusteo, si veda Osgood 2006 Per la sola età giulio-claudia, si tratta di circa 200 individui (20 dei quali rimasti anonimi) per i quali si veda il catalogo prosopografico al termine di questa sezione
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Parte III
magistrati deleganti siano menzionati dai prefetti soltanto in rare eccezioni In altri termini, il rapporto di fiducia fra prefetti e magistrati non è più reso esplicito, come invece sembrava usuale in epoca repubblicana3 Ad una parte degli studiosi, queste due assenze – dei prefetti nei testi letterari e dei magistrati nelle loro numerose iscrizioni – sono sembrate connesse: si è così individuata nell’avvento di un potere monarchico la fine dei tradizionali meccanismi di patronato e di affiliazione politica4 E’ perciò necessario stabilire se, a proposito delle dinamiche relative alla nomina di praefecti fabrum e al loro stesso ambito operativo, vi fu vera discontinuità fra Repubblica e Principato Patrono di tutti? Come si è visto, già durante il mandato di Cornelio Gallo, molti elementi del contesto politico erano irrimediabilmente mutati: era stata l’amicitia del Principe a garantire al praefectus fabrum Gallo la sua rapida carriera e la fine di quel rapporto fiduciario ne aveva determinato la repentina caduta Il suo caso doveva essere stato istruttivo per molti5 Altri segni inconfondibili di una nuova stagione politica emersero poco dopo Non soltanto nessuno dei nati post Actiacam victoriam poteva rammentare una Repubblica funzionante6, ma entro la fine del I sec a C , la progressiva cessazione d’uso di molti tradizionali strumenti del consenso si era di fatto compiuta Presto, si comprese che combattute campagne elettorali non erano più coerenti con il nuovo regime7 La durata dei consolati fu definitivamente ridotta: almeno a partire dall’anno 5 a C , la consuetudine di nominare consoli suffecti estendeva certo le possibilità di accedere alla magistratura più ambita, ma ne riduceva al contempo il prestigio8 L’ultimo trionfo celebrato da qualcuno che non fosse membro della famiglia imperiale si data al 19 a C 9 e il concetto stesso di virtus divenne monopolio del solo
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Dobson 1966, p 67 = 1993, p 224 Si segnala in particolare Cerva 2000, p 183 Eck 2007, pp 59–60 Tac Ann I, 3. Tra 23 e 19 a C , in assenza di Augusto (che aveva finalmente rinunciato al consolato), l’amministrazione “del popolo” si rivelò del tutto inefficace (Cass Dio LIV, 6, 1–6; Gabba 1991, p 24 ; Levick 2010, pp 87–89; cfr anche Eck 2007, p 82), tanto da spingere il Principe ad intervenire contro la corruzione elettorale nel 18 e a proporre infine una riforma completa del sistema di voto (forse nel 5 d C ); su quest’ultima, si vedano le disposizioni contenute nella Tabula Hebana (ed Oliver, Palmer 1954); cfr anche Suet Aug 46; Marcone 2015, p 160 Sul sistema elettorale al tempo di Augusto, si veda ora Russo 2018 Marcone 2015, p 154 Consapevole dell’importanza del prestigio assicurato dal consolato e dagli insignia ad esso tradizionalmente associati (in particolare dai fasces e dalla sella curulis), Augusto aveva rinunciato ad occupare sistematicamente questa magistratura, a partire dal 23 a C (sull’importanza attribuita in età repubblicana alla rotazione dei fasces, si veda Vervaet 2014, pp 30–53); sulla pratica del consolato suffectus, datata ad epoca triumvirale, ma consolidatasi nella piena età augustea, si veda Phillips 1997 La riduzione del mandato effettivo doveva avere effetti sensibili anche sulla praefectura fabrum, la cui durata non poteva certo superare quella del consolato stesso Si tratta del trionfo del gaditano L. Cornelius Balbus (PIR2 C 1331), nipote del praefectus fabrum di Cesare, celebrato in occasione della sua vittoria contro i Garamanti; per una recente disamina dei cambiamenti intervenuti, in età augustea, a proposito del trionfo, si veda Itgenshorst 2017, sopr pp 64–70
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Principe10 Per costruire e conservare estese clientele ereditarie al di fuori della Penisola era necessario governare e trattenersi a lungo nelle province – c’erano ora limiti precisi a questa possibilità11 L’imperatore era ormai il principale depositario degli strumenti del patronato12: princeps senatus13, patrono della plebs14, figura apicale della religione di Stato, comandante di forze armate ormai stabili e professionalizzate15 Dopo la morte di Augusto, quando in Senato si discusse dei poteri del padre adottivo, che presto gli sarebbero stati riservati, Tiberio si espresse al loro riguardo in termini molto chiari, parlando di tanta et tam libera potestas16 Augusto poteva pure affermare con orgoglio di non avere preteso poteri superiori a quelli di nessun magistrato, godendo però di un’autorevolezza superiore17; il suo imperium non era tuttavia sottoposto – come per gli altri – a vincoli di spazio e tempo18 Per molte e solide ragioni, egli sovrastava tutti e ciò è tanto più vero perché la carriera di ciascuno dipendeva ormai soprattutto dalla sua personale relazione con il Principe19
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Aug RG 34 2 (per il testo delle Res gestae, si veda l’edizione curata da A Cooley – 2009 – cfr anche Arena 2014) Già nei primi anni del Principato, sembra comunque che la virtus fosse divenuta prerogativa del princeps: secondo la ricostruzione di M McDonnell (2006, sopr pp 235–236), la carriera di M. Licinius Crassus (cos 30 a C ), vincitore delle campagne balcaniche del 29–28 a C , sarebbe infatti stata stroncata dalla sua richiesta di celebrare un trionfo e depositare spolia opima nel tempio di Giove Feretrio Augusto si limitò a concedere il trionfo, negando il titolo di impe rator e le spoglie che Crasso aveva conquistato sul campo (Cass Dio LI, 24, 4; 25, 3; Syme 1986, p 32; Rich 1996; Levick 2010, p 79; Radaelli 2018; sulla tradizione degli spolia opima, cfr anche Flower 2000; sul controllo degli auspicia nel corso delle campagne militari e sulle sue conseguenze nel rapporto fra Principe e magistrati cum imperio, si veda anche Dalla Rosa 2011 Non solo larga parte delle province era stata affidata al controllo diretto del Principe, Augusto aveva anche limitato l’accesso dei senatori a tutti i territori provinciali – con l’eccezione della Sicilia e, a partire da Claudio, della Narbonensis (Cass Dio LII, 42, 6; cfr Syme 1939, p 405) A Marcone (2012) ha recentemente evidenziato il rapporto fra relazioni patronali (soprattutto fra soggetti di rango diseguale) e perturbazioni del contesto politico tardo-repubblicano: Augusto aveva chiaramente compreso l’importanza del controllo dei principali strumenti del patronato per assicurare la stabilità del nuovo sistema Aug RG 7 2; cfr anche Cass Dio LIII, 1, 3 La tribunicia potestas e la lunga serie di donativi menzionati nelle Res gestae ne erano le incarnazioni istituzionali e materiali (Aug RG 15) Per gli interventi augustei sull’esercito, si veda la recente disamina di P Cosme (2012, con bibliografia) Il patronato delle legioni era uno dei pilastri del nuovo ordine: i legionari, dedotti in Italia o in colonie di nuova fondazione nelle province, sapevano che solo al Principe dovevano le proprie fortune (Aug RG 16; 28) La paga ed il denaro loro accordato al momento del congedo sancivano definitivamente la loro dipendenza dal Principe, che allo scopo aveva istituito l’aerarium militare (6 d C ) Suet Tib 29; cfr Aug RG 34 1: per consensum universorum [po]tens re[rum] om[n]ium (prima di “rimettere” i suoi poteri all’autorità del Senato) Aug RG 34 3 Cass Dio LIII, 32, 5; sul progressivo passaggio dall’imperium aequum all’imperium maius del Principe, si veda Dalla Rosa 2014, pp 231–252 Augusto non poteva dichiararlo programmaticamente, ma nelle stesse Res gestae si soffermava sul suo ruolo di generoso capo-fazione Dei più di settecento senatori che avevano militato sotto le sue insegne, 83 erano stati o erano successivamente divenuti consoli e circa 170 avevano ottenuto dei
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Eadem magistratuum vocabula20 In apertura ai suoi Annales, Tacito lamentava la speciosa normalità con cui era stata stravolta la struttura politica romana: nascosta dai nomi delle antiche magistrature e dalla parata di sacerdozi tradizionali, si celava la fine della Repubblica e l’inizio di una tirannide21 Significativamente, accingendosi a raccontare la nascita del gabinetto del Principe come nuova sede del processo decisionale, R Syme si era servito di quelle stesse parole22 A suo avviso, la vecchia nobilitas era stata definitivamente rimossa, o alternativamente tacitata con denaro e promozioni23 In relazione al “silenzio” dei documenti letterari a proposito della praefectura fabrum, si potrebbe dunque concludere che, se il patronato del Principe annichiliva le possibilità delle élites di costruire, conservare, accrescere estese reti clientelari e, d’altra parte, il Senato e le istituzioni erano svuotate di ogni potere, la dimensione politica non avesse più bisogno dei prefetti dei fabri E’ però lecito dubitare che il contesto politico romano si fosse tanto semplificato Nella sua tendenza a preservare il quadro istituzionale esistente, non sembra infatti che Augusto fosse intervenuto su quella che, comunque, restava una posizione minore nell’arco istituzionale24 Del resto, come si vedrà, il profilo sociale dei prefetti non cambiò in modo significativo rispetto all’età repubblicana: equites, uomini dei municipia, piccoli funzionari e, talvolta, figli di liberti Secondo M Cerva, il distacco fra prefetti e magistrati deleganti – a cui si è già accennato – sarebbe stato determinato da una concentrazione della lealtà di ciascuno sul solo Principe25 A supporto di questa ipotesi, Cerva ha menzionato le numerose dediche alla casa imperiale da parte di individui che
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sacerdozi (Aug RG 34 3 ) In appendice al testo augusteo, erano state successivamente aggiunte alcune linee, in cui si citavano innumerevoli donazioni in denaro ad amici e senatori quorum census explevit Augusto (e con lui i suoi successori) erano ormai ben più ricchi dell’erario: potevano ben permettersi di aiutare (e legare a sé) molti senatori a raggiungere un livello di ricchezza sufficiente per i requisiti patrimoniali che lo stesso Principe aveva definito (su questo, cfr Eck 2007, pp 78–79) Tac Ann I, 3 Sul contrasto fra continuità istituzionale e frattura politica e sul presunto contrasto fra le prospettive di Th Mommsen e R Syme, si veda Linderski 1990 Syme 1939, p 406 Syme 1986, p 10: “it is a pleasing notion that birth and breeding are largely indifferent to money and profit If an aristocracy cannot retain military prowess and ‘bonae artes’ it risks becoming a plutocracy with a past”; cfr Tac Ann I, 2 Del resto, in molti casi, solo l’aiuto finanziario del Principe consentì di rispettare i nuovi requisiti di censo per la permanenza nell’ordine senatorio (Marcone 2015, pp 158–159) La personalità politica di Augusto costituisce un tema semplicemente vastissimo; in questa sede, si rinvia ad alcuni studi recentemente dedicati a questo soggetto e caratterizzati da prospettive molto diverse: Eder 1990; Eck 1998 (cfr anche Id 2007, seconda ed in inglese con aggiornamenti); Kienast 1999; i contributi raccolti in Edmondson 2009; Dahlheim 2010; Levick 2010; i contributi contenuti nel volume curato da Y Rivière (2012); la recente monografia di A Marcone (2015); i contributi nel volume curato da S Segenni (2018); cfr anche Hurlet, Dalla Rosa 2009 (per un regesto bibliografico) Cerva 2000, pp 183–184, n 14
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avevano ottenuto una prefettura dei fabri Ritengo che questa tesi poggi soprattutto sulla diffusa – seppur non dichiarata – convinzione che la partecipazione alla politica in età imperiale fosse inferiore a quella in età repubblicana Syme aveva sostenuto che la direzione degli affari della Repubblica, o quantomeno la definizione di un’agenda politica omogenea non fossero mai state definite da più di 25 consolari, spesso reciprocamente legati da alleanze di natura personale26 Se qualche dubbio sulla consistenza numerica della classe di governo proposta da Syme è legittimo, una certa prudenza in merito alla (pretesa) mancata partecipazione alla politica in età imperiale è necessaria Del resto, soprattutto nei primi decenni del Principato, lo stesso Augusto era privo degli strumenti necessari a modificare il carattere multipolare (in un certo senso, corale) della struttura politica romana e dei suoi processi decisionali, che tanta parte aveva avuto nello sviluppo e nel successo della praefectura fabrum Un potere assoluto? Era certo finita l’epoca di quella libertas, che costituiva un elemento essenziale della cultura politica della nobilitas27, ma questo non comportava che il princeps godesse di un potere assoluto28 All’interno dell’ordinamento politico augusteo, la continuità dell’istituzione senatoria aveva anzi un ruolo essenziale, benché essa stessa soffrisse da tempo di scarsa partecipazione29, tanto che il Principe si vide costretto ad emanare normative stringenti sulla presenza alle riunioni della Curia30 Non sembra che questi provvedimenti abbiano del tutto invertito questa tendenza, come suggerisce il fatto che, parallelamente, si registrasse una ricorrente mancanza di candidati all’elezione di magistrature poco ambite, benché saldamente integrate nella carriera senatoria (vigintivirato, tribunato della plebe, edilità, questura)31: fu Augusto
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Syme 1939, pp 20–22; Id 1986, p 25; cfr le obiezioni di Meier 1966, pp 183–185 Si è già dato ampiamente conto del dibattito successivamente dedicato a questo soggetto, con particolare riferimento alla mutevolezza delle alleanze politiche e al carattere competitivo e corale della politica romana (su questo, cfr supra) Sulla libertas repubblicana – intesa come indipendenza dall’arbitrio di una forza straniera o dalla potentia di un singolo (un concetto vasto e largamente condiviso, ma declinato e discusso da diverse prospettive politiche) – si veda Arena 2012 Resta poi da dimostrare che questa fosse effettivamente l’ambizione di un uomo la cui cultura politica si era formata al tempo della Repubblica Nel II sec d C , pur riconoscendo l’indiscussa supremazia del Principe nella direzione degli affari di Stato, Cassio Dione (LII, 19, 3) lasciava a Mecenate il compito di descrivere i senatori come συνεργοῖ dell’imperatore Il fatto che questi collaboratori potessero rivelarsi tanto recalcitranti dimostra efficacemente quanto i poteri del Principe fossero, in effetti, limitati Ryan 1998, pp 45–51; Marcone 2015, p 159; sul complesso (e spesso conflittuale) rapporto fra Augusto e il Senato, cfr anche Millar 1977, pp 341–355 Per la partecipazione alle riunioni del Senato in età augustea e per la lex Iulia de senatu habendo, si veda Talbert 1984, pp 134–139; sul consiglio del princeps (costituito da Augusto, Agrippa, i due consoli, un pretore, un tribuno della plebe, un edile, un questore e altri 15 senatori, scelti a rotazione), si veda Eck 2007, p 84 – quest’ultimo organismo fu del resto abolito già in età tiberiana Del resto, è pur vero che si trattava delle magistrature a cui l’avvento del Principato aveva sottratto maggiore appetibilità e più significative competenze (Marcone 2015, p 155)
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stesso a doversi caricare dell’onere di stimolare candidature individuali ed è discutibile che questa fosse una dimostrazione del suo potere assoluto32 Del resto, i senatori e la più vasta platea delle classi possidenti non mancarono di mostrare addirittura aperta ostilità alla promulgazione di provvedimenti proposti dal Principe, soprattutto in materie di natura fiscale o di regolamentazione dei costumi33 Alcuni contrasti con singole personalità politicamente rilevanti sono anch’essi illuminanti Quando, in corrispondenza con la sua partenza per le province occidentali (26 a C ), Augusto dette vita ad una nuova prefettura, di fatto a controllo dell’ordine pubblico nella città di Roma, nominò praefectus Urbi un consolare fidato, M. Valerius Messalla Corvinus (cos 31 a C )34 Tuttavia, appena pochi giorni dopo l’entrata in carica, egli si dimise – quasi nescius exercendi35 E’ possibile che nel gesto di Messalla Corvino ci fosse un innocuo, ma simbolico rifiuto di un incarico privo di fondamento giuridico (incivilis potestas) e agibilità effettiva36 Anche il destino della censura del 22 a C è istruttivo a questo riguardo: gli ultimi a rivestire questa magistratura al di fuori della famiglia imperiale, Paullus Aemilius Lepidus (cos. suff. 34 a C ) e L. Munatius Plancus (cos 42 a C ), decisero concordi (forse solo in questo) di dimettersi entro la fine dell’anno Planco aveva una certa competenza in termini di opportunità politica ed è possibile che, nonostante gli sprezzanti commenti di Velleio a questo riguardo37, i due avessero compreso quali onerosi compiti sarebbero stati loro affidati38
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Eck 2007, p 82; Levick 2010, p 171 e n 25 (per un regesto delle fonti antiche) Su questo, si veda soprattutto Eck 2007, pp 100–113; sull’opposizione ad Augusto (in Senato e non solo) si veda anche Levick 2010, pp 164–201 La praefectura urbi, istituzionalizzata da Augusto, rispondeva ad esigenze già avvertite da Cesare nel 49: l’incarico, per molti versi rivoluzionario, riconosceva le eccezionali necessità – pratiche e politiche – di Roma, a cui si doveva trovare risposta specifica, al fianco delle (meno efficaci) magistrature tradizionali (su questo, si veda Chillet 2012) Tac Ann VI, 11, 3 Secondo Gerolamo (Chron 164 H), Messalla aveva rinunciato incivilem esse potestatem conte stans; cfr Marcone 2015, pp 168–169 In effetti, non solo a Roma c’era ancora un console (T. Sta tilius Taurus), ma la presenza congiunta di Agrippa e Mecenate poneva il neo-nominato prefetto in una posizione di evidente subalternità rispetto ai consiglieri del Principe Sulla base della testimonianza gerolimitana, R Syme (1986, pp 211–212) aveva supposto che, ben presto accortosi della difficile situazione in cui la prefettura lo poneva, il consolare avesse optato per le dimissioni e la possibilità di sfoggiare un innocuo beau geste Vell II, 95: ante quae tempora censura Planci et Pauli acta inter discordiam neque ipsis honori neque rei publicae usui fuerat, cum alteri vis censoria, alteri vita deesset, Paulus vix posset implere censorem, Plancus timere deberet, nec quidquam obiicere posset adulescentibus aut obiicientes audire, quod non agnosceret senex Syme (1986, pp 211–212) ha convincentemente suggerito che fosse stata loro affidata la riduzione del numero dei senatori, un ingrato compito del quale fu costretto a farsi carico lo stesso Augusto, nell’arco di tre distinte censure; sulle lectiones Senatus di Augusto (nel 18, 11 e 4 a C ), si veda Cass Dio LII, 42, 1–2; LIV, 26, 8; 35, 1 (secondo il quale, il numero dei senatori fu ridotto in quattro censure da 1000 a 600 unità); Suet Aug 35; in Aug RG 8 2 sono menzionate tuttavia tre censure; cfr anche Talbert 1984, pp 131–132
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Chiaramente, lungi dal valutare in termini troppo rigidi il tema dell’opposizione interna39, è nell’applicazione dei singoli provvedimenti che emergono i limiti dell’autorità imperiale Per ragioni di carattere eminentemente politico, Augusto affidò infatti larga parte dell’attività di governo alle stesse classi possidenti, a cui si era fatto ricorso nella stagione politica precedente40 – in particolare agli ordini senatorio41 ed equestre42 L’implementazione delle decisioni del gabinetto non poteva che passare attraverso questi numerosi magistrati e funzionari, la cui assistenza era semplicemente fondamentale e a cui lo stesso Principe apparteneva Come si è detto a proposito dell’utilizzo di strumenti analitici tratti dalla sociologia politica – e, in particolare, del Rational Actor Model43 – un aspetto essenziale di ogni processo decisionale è la fase successiva alla definizione delle scelte strategiche, ovvero l’implementazione delle decisioni stesse Ai membri del Senato erano ancora demandate la guida degli eserciti, l’amministrazione delle province e una serie di nuovi incarichi della massima importanza, quale appunto la stessa prefettura urbana: i poteri del princeps non potevano che coesistere con questa realtà Molti e solidi interessi materiali facilitavano del resto l’accordo fra istituzioni ed éli tes, a Roma e nelle realtà locali: al prezzo della fine della competizione elettorale fra poche famiglie, il nuovo regime poteva infatti garantire pace e sicurezza, valori essenziali soprattutto per i possidenti, che maggiormente avevano sofferto gli anni delle guerre civili e delle proscrizioni e che continuavano ora a controllare la pratica amministrativa e il funzionamento delle istituzioni44 La rivoluzione si era perfezionata e infine compiuta non perché fosse radicalmente cambiata la composizione della classe dirigente Famiglie solo talvolta diverse e interessi in larga misura sovrapponibili al passato avevano ancora un ruolo determinante nell’agenda della politica imperiale, sebbene fosse cambiata la natura dell’impegno politico di ciascuno Un percorso lungo (e non privo
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Non si fa qui riferimento ad una vera e propria storia delle congiure, come delineata in Raaflaub, Samons 1990 L’importanza del (tradizionale) supporto dei possidenti – in Italia e al di fuori della Penisola – suggerì ad A Schiavone (1996, p 198) che gli interventi augustei avessero determinato una “grandiosa stabilizzazione neoaristocratica”; su questo, cfr anche Hurlet 2012, pp 30–32 Eck 2007, pp 86–88; Marcone 2015, p 175, sopr pp 151–160 (sul rapporto fra Senato e magistrature nella strategia augustea) Cass Dio LIII, 15; il ruolo degli equites nell’amministrazione imperiale è stato più volte riconosciuto (a puro titolo esemplificativo, si vedano Brunt 1983 e, recentemente, Davenport 2019, sopr pp 179–192) Benché i senatori occupassero una posizione essenziale nelle istituzioni del Principato e, in particolar modo, nell’amministrazione delle province (Eck 2007, pp 86–88; Marcone 2015, pp 154–155 e 175), Augusto e i suoi successori dimostrarono di apprezzare il numero e la qualità delle competenze messe a disposizione dall’ordine equestre, che assunse “la funzione di serbatoio, di riserva dei collaboratori del Principe” (Marcone 2015, p 165) Cfr supra Sono celebri le dieci ragioni enucleate da R Syme nella sua Apologia for the Principate (1986, pp 439–454)
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di incertezze)45 portò infine il Senato a quello che Syme definì “a body of civil servants”46 E’ questo stesso sviluppo ad aver suggerito a H -G Pflaum di individuare nei primi due secoli dell’Impero la progressiva strutturazione di stabili “carriere” equestri, fondate sulla successione ordinata e l’anzianità47 Il nuovo ordine poneva anzi le condizioni per il superamento di alcuni limiti della struttura politica repubblicana: a quel tempo infatti “many able men lacking birth, protection or desperate ambition stood aloof from politics They could hardly be blamed”48 L’Impero sembrava invece offrire maggiori opportunità a coloro che erano al di fuori del gruppo di individui a vario titolo definiti nobilitas, in particolare a quegli stessi uomini dei municipia, che, come si è visto, erano ormai divenuti essenziali alle meccaniche della stagione politica precedente e che ad esse erano stati avvicinati anche per il tramite della praefectura fabrum Si trattava degli stessi individui che non avevano sostenuto i Cesaricidi e che avevano invece solennemente giurato fedeltà ad Ottaviano, alla vigilia della guerra contro Antonio e la Regina d’Egitto Il Principe era chiaramente interessato ad implementarne la partecipazione e, così, a beneficiare delle risorse umane ed economiche offerte dalle comunità italiche e provinciali49 Gli strumenti e le dinamiche della clientela e la stessa praefectura fabrum (ad esse tanto strettamente associata) erano ancora necessari in questo nuovo contesto, comunque si consideri l’estensione dei poteri del princeps50 Altra questione è se questi strumenti fossero esclusivo appannaggio del Principe stesso La carriera amministrativa fra prassi e clientela. Secondo Tacito, alla morte di Nerone, con Galba ancora lontano, le famiglie senatorie sperimentarono un’inusuale sensazione di libertà (priva peraltro di qualsiasi conseguenza pratica)51 Secondo questa testimonianza, ancora nel 69 d C , ci sarebbero dunque stati esponenti dell’ordine senatorio convinti di poter incidere sul contesto politico del tempo Più utile ai fini di questo lavoro è che, in quell’occasione, una pars populi integra et magnis domibus ad nexa avesse preso parte al sollievo delle élites52 L’episodio legittima l’impressione che, 45 46 47 48 49
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Gli elementi di continuità fra la pratica amministrativa repubblicana e augustea erano senz’altro superiori a quelli di frattura; per un approfondimento a questo riguardo, soprattutto in relazione alle province, si veda Eck 2012 Syme 1939, p 387 Pflaum 1950; Id CP Syme 1939, p 387 L’introduzione di nuovi incarichi – senatori ed equestri – da parte di Augusto era una chiara manifestazione dell’interesse del Principe a stimolare una maggiore partecipazione delle élites, oltre che a dare vita ad un sistema amministrativo funzionale alle molteplici esigenze dell’impero (Marcone 2015, p 156) Sono ben note le considerazioni di R P Saller (1982, pp 139–143) in parte mutuate da N M Fustel de Coulanges (1890, p 225): l’avvento del Principato non poteva porre fine ad una dinamica tanto radicata nella società come quella fra patroni e clientes Tac Hist I, 4 Mancano elementi probanti a sostegno di questa ricostruzione, ma sembra si debba prestare fede a Tacito, che, generalmente poco incline ad illusioni velleitarie, proprio in quella circostanza aveva definito i noti contorni di uno degli arcana imperii: gli imperatori potevano essere “creati” anche
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all’epoca, la costruzione (e la perpetuazione) di significative clientele a Roma e nella Penisola fosse correntemente praticata da parte dell’élite urbana E’ chiaro come questi legami non intaccassero la posizione di indubbia supremazia del Principe, patrono del popolo romano nel suo complesso e, soprattutto, dei suoi eserciti Ciò non deve tuttavia indurre a sottostimare il valore dei legami fra élite senatoria e cittadini-soldati Al tempo di Claudio, a settant’anni da Azio, l’imperatore si preoccupava infatti di proibire per legge la partecipazione di soldati in servizio alla salutatio celebrata quotidianamente negli atria delle domus senatorie53 Il provvedimento di Claudio dimostra come – terminata la competizione elettorale della tarda Repubblica e finito il tempo degli imperatores di epoca triumvirale – non avesse avuto fine l’abitudine di intrecciare relazioni patronali ad ogni livello, anche nell’esercito, da parte dei membri dell’ordine senatorio54 Come dimostrato dalle numerose attestazioni riferibili a questo periodo, la nomina diretta di un praefectus fabrum figurava senz’altro fra gli strumenti patronali a disposizione delle grandi famiglie, una pratica che il potere imperiale non aveva i mezzi (e forse l’interesse) per impedire55 Certo, nella nuova realtà dell’Impero sembra che la caratterizzazione politica acquisita dalla praefectura fabrum e determinata dalle esigenze del contesto repubblicano si fosse attenuata e questo non poteva che essere un esito del progressivo indebolimento delle magistrature tradizionali56 Non è dunque sorprendente che, agli occhi degli storici di epoca imperiale, la nomina di un praefectus fabrum potesse interessare solo relativamente: ad essere mutato era infatti il significato dell’impegno politico dei deleganti e questo era tanto più vero per le magistrature cum imperio, a cui era tanto strettamente legata la praefectura fabrum Al disinteresse degli storici non conseguiva però che, in un contesto ancora influenzato dalle strutture tradizionali della clientela e delle amicitiae fra élites urbana e periferiche, la prefettura (o, come si vedrà, soluzioni ad essa assimilabili) non potesse dimostrarsi uno strumento ancora soddisfacente e, in qualche misura, coerente con il nuovo contesto politico istituito col Principato
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al di fuori di Roma Lo storico romano era dunque ben consapevole che, se anche fossero riusciti a concepire una linea politica comune, i senatori non avrebbero potuto rappresentare un serio scacco al Principe, acclamato dalle legioni (Tac Hist I, 4: evulgato imperii arcano posse principem alibi quam Romae fieri) Sul ruolo istituzionale o eversivo delle legioni (si potrebbe dire di “king-makers”) per la scelta ed il supporto al principe, si veda Birley 2007, sopr pp 384–385 Suet Claud 25, 1: milites domus senatorias salutandi causa ingredi etiam patrum decreto prohibuit (scil Claudius) Sulla persistenza della salutatio matutina fino almeno al III sec d C , si veda Saller 1982, pp 128–129 Von Premerstein 1937, pp 13–25; 112–116; contrari a queste posizioni sono stati soprattutto A Wallace-Hadrill e R P Saller (i rispettivi contributi sono contenuti nella raccolta Pa tronage and Ancient Society – 1989) Per una discussione aggiornata su questi contributi, si veda Winterling 2009, sopr pp 39–48 Saller 1982, pp 131–132 Cfr l’equilibrato giudizio di A Marcone (2015, p 154) su questo processo
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2. Lo sviluppo della praefectura fabrum in età giulio-claudia Confronti. Si è detto come il Principato non avesse posto fine alla pratica patronale e che, anzi, la nomina di un praefectus fabrum potesse rivelarsi uno strumento ancora utile per le classi politiche e per lo stesso Principe L’opportunità di garantirsi risorse finanziarie e supporto elettorale aveva motivato i principes civitatis repubblicani, spinti dalla competizione per le magistrature Il Principe era motivato da interessi non troppo dissimili e la sua posizione nelle istituzioni gli permetteva di disporre con una certa libertà della prefettura e di altri strumenti affini Così, in questo periodo, sono comunemente attestati altri incarichi funzionali alla costruzione di consenso e all’integrazione di personalità e risorse nelle istituzioni e, meno formalmente, nella rete di amicitiae e clientele del tempo Una sintetica disamina di queste posizioni contribuirà a chiarire la relativa importanza della prefettura in questo periodo Il tribunato a populo. Negli ultimi decenni della Repubblica, la concessione del tribunato poteva avvenire per nomina diretta di un magistrato cum imperio e, forse, ancora per elezione comiziale57 Già dalla metà del I sec a C , il tribunato non implicava però il servizio attivo nelle legioni ed era talvolta un incarico puramente formale, seppur retribuito58 Ad ogni modo, questa posizione richiedeva (e spesso segnava) l’accesso all’ordine equestre, un gruppo numericamente limitato, per il quale erano necessari solidi requisiti patrimoniali e importanti legami con i membri della classe dirigente urbana In età augustea, il Principe stesso si curò di definire il profilo dei nuovi equites, ai quali – come si è detto – Augusto e i suoi successori destinarono importanti posizioni nella nascente struttura amministrativa dell’impero59 In particolare, il tribunato divenne presto una milizia rappresentativa del rango equestre nel suo complesso, in qualche modo necessaria per una carriera propriamente detta60 In età augustea, l’attenzione dedicata all’ordine equestre dall’autorità imperiale è forse alla base del recupero del tribunato militare a populo, una posizione che, in questa forma, trovava alcuni possibili precedenti in età cesariana61 Analizzati da C Nicolet, i tribuni militum a populo sono attestati in Italia centrale e settentrionale esclusivamente per l’età augustea62 Riprendendo una proposta felicemente avanzata da R Syme e
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In quest’epoca, il tribunato elettivo era ormai un “relitto” delle antiche istituzioni repubblicane (Keppie 1984, p 40; 178) Cic Fam VII, 8, 1 Davenport 2019, pp 157–203 Queste considerazioni vanno in parte mitigate, perché sarebbero serviti ancora molti anni prima della definitiva strutturazione di un cursus equestre; per una disamina dedicata al rapporto fra tribunato e ordine equestre, si veda ancora Demougin 1988, pp 323–336 Nicolet 1967, p 72 Nicolet 1967, pp 52–58
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fondata su Svetonio63, Nicolet aveva concluso che si trattasse di cittadini dei municipia, dotati dei requisiti patrimoniali necessari e raccomandati al princeps dalle rispettive comunità di provenienza In altre parole, si tratterebbe di tribuni militum a populo (com mendati)64 Il tribunato a populo aveva il vantaggio di rifarsi alla tradizionale nomina dei tribuni da parte dei comitia e trovava legittimazione presso le stesse comunità locali: con questa soluzione, Augusto concesse dunque ad un gruppo di selezionati domi nobiles l’accesso all’ordine equestre Il fatto che le comunità di provenienza fossero espressamente coinvolte nella nomina, che pure doveva essere attentamente orchestrata in accordo con Roma, non poteva che valorizzare il legame fra candidati, città e autorità imperiale Chiaramente, l’intervento di Augusto intendeva garantire l’accesso fra i cavalieri a quelle stesse élites locali, che, alla vigilia di Azio, si erano rivelate tanto importanti per il successo finale contro Antonio L’intervento attivo delle comunità locali non deve però essere sottostimato La concessione del Principe era infatti prima di tutto il riconoscimento di una posizione eminente, guadagnata nelle rispettive comunità dai domi nobiles, grazie alle proprie risorse65 Nonostante si trattasse di una promozione assicurata dal Principe, il tribunato a populo non era garanzia di una successiva carriera equestre Dei 23 individui schedati da Nicolet, solo cinque raggiunsero incarichi riservati agli equites66 E’ possibile che Augusto non intendesse assicurare loro questi avanzamenti, ma più probabilmente questi neo-cavalieri si ritenevano in larga misura soddisfatti dal solo accesso all’ordine equestre e da una carriera limitata all’ambito municipale, che del resto era stato tanto importante per la loro promozione Questo disinteresse per incarichi più prestigiosi, all’esterno della dimensione locale, è del resto documentato anche per molti praefecti fabrum, che addirittura non ottennero alcun tribunato militare67 A questo riguardo, è anzi opportuno precisare che ben 10 dei 23 tribuni a populo attestati avevano ottenuto una praefectura fabrum – prima o dopo la conquista del cavallo pubblico68 Evidentemente, profilo e interessi di coloro che ricoprivano entrambi dovevano essere sostanzialmente assimilabili In questo senso, è in qualche modo sorprendente che il tribunato a populo sia sopravvissuto per un tempo molto più breve della prefettura 63 64 65 66 67 68
Suet Aug 46: ac necubi aut honestorum deficeret copia aut multitudinis suboles, equestrem militiam petentis etiam ex commendatione publica cuiusque oppidi ordinabat; Syme 1939, p 364, n 1; cfr Nicolet 1967, p 75 Nicolet 1967, p 76 Con buone ragioni, A Dalla Rosa (2014, p 134) ha considerato il tribunato a populo come una nomina non completamente sottoposta al controllo del Principe Nicolet 1967, pp 50–51 Si vedano, all’interno del catalogo dedicato all’età giulio-claudia, le schede 3; 6; 9; 14; 16; 17; 19; 21; 23; 29 (?); 31; 35; 37; 46; 50; 66; 76; 77; 78 (?); 79; 80; 82; 87; 88 (?); 90; 101; 103; 111; 114; 115; 116 (?); 118; 120; 124; 129; 130; 133; 135; 138; 146; 147; 148; 150; 151; 152; 156; 159; 163; 167 (?); 185 Per questi individui, si vedano, all’interno del catalogo, le schede 11; 30 (non compare nell’elenco di C Nicolet – 1967, pp 50–51); 40; 81; 105; 109; 122; 134; 140; Inc. 23 Nicolet (ivi, pp 48–49) ha ritenuto di poter integrare in una praefectura fabrum la prefettura indicata in AE 1960, 258
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In effetti, il fatto che, dopo il principato di Augusto, non siano attestati altri tribuni militum a populo dimostra come, al più tardi, questa soluzione fosse stata ormai abbandonata al tempo di Tiberio Le limitate attestazioni del tribunato a populo indicano il carattere sperimentale e circostanziale di questo strumento69 Al tempo della guerra contro Antonio, il giuramento totius Italiae aveva già dimostrato con quanta attenzione Augusto guardasse al supporto delle comunità della Penisola Con un destino diverso, prefettura dei fabri e tribunato a populo erano stati dunque impiegati con il comune intento di dare un seguito a quel giuramento In altre parole, con queste nomine, Augusto non intendeva creare nuovi funzionari, bensì costruire e alimentare una fitta rete clientelare attraverso municipia e colonie d’Italia, all’indomani della guerra Non è questa la sede per approfondire le ragioni del Principe70 e le cause per le quali, infine, questi e/o i suoi successori rinunciarono al tribunato a populo E’ chiaro però che, con quello strumento, Augusto intendesse integrare personalmente le élites dei municipia negli ordini ridefiniti dai suoi stessi interventi e dare così rappresentanza alle comunità cittadine della Penisola Con queste premesse, non è sorprendente che, in quella stessa stagione politica, si sia diffuso l’utilizzo di altri incarichi e posizioni L’intento con cui questi diversi strumenti furono concepiti e impiegati era in effetti assimilabile: servirsi di reti e strumenti del patronato tradizionali per accogliere uomini e mezzi nella “nuova” amministrazione dell’impero I beneficiarii. In questo senso, uno strumento di grande successo era rappresentato dalla concessione di beneficia Lo studio dedicato ai beneficiarii da J Nelis-Clément ha evidenziato l’importanza esercitata da questi riconoscimenti per le carriere di singoli individui e per lo sviluppo di relazioni (in)formali all’interno della gerarchia militare e amministrativa imperiale71 Come nel caso della praefectura fabrum, si trattava di una posizione concessa discrezionalmente, su base fiduciaria, che per funzione legava il beneficiarius al proprio delegante Molti erano coloro che avevano il diritto di essere assistiti da beneficiarii – dai tribuni equestri ai governatori di rango consolare72 Origi-
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E’ possibile che questa fosse anche una risposta alla drastica riduzione (a 28) del numero delle legioni, esploso negli anni delle guerre civili oltre le 60 unità (Keppie 1984, pp 145–146) Formalmente, ognuna di esse poteva ospitare fino a sei tribuni (un laticlavio di rango senatorio e cinque angusticlavi equestri) La possibilità di nominare nuovi tribuni, al di fuori del numero degli ufficiali legionari, dovette sembrare ad Augusto uno strumento utile In età repubblicana, i tribunati erano riservati a coloro che facevano già parte dell’ordine equestre o erano figli di senatori Con questo tribunato era possibile accogliere municipales al di fuori dell’ordine, senza forse ridursi a sottrarre posizioni all’interno delle legioni; sull’attenzione dedicata da Augusto ai tribuni, si veda Cass Dio LIII, 15, 2 Augusto e i suoi successori avevano infatti la possibilità (e la consuetudine) di concedere personalmente i tribunati (Pani 1992, p 150, n 21) Nelis-Clément 2000; su questo soggetto, cfr anche Rankov 1986; 1997 Pur essendo abbastanza antico, il rango di beneficiarius è associato ai governatori di provincia solo a partire dal regno di Traiano; sui beneficiarii all’interno degli officia dei governatori, si veda NelisClément 2000, pp 103–106 e 113–126
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nariamente concepiti per l’ambito militare, i beneficia comportavano un aumento della paga e l’esenzione dalle corvées più faticose: lo scopo era di mettere un uomo fidato a disposizione del comandante di un’unità militare e, più tardi, di procuratores e governatori provinciali73 In molti casi, essi erano impiegati come segretari e assistenti nelle materie civili e amministrative I beneficiarii erano inoltre coinvolti in attività di polizia e spesso erano posti a capo di distaccamenti militari e territori di importanza strategica74 Come nel caso dei praefecti fabrum, anche i beneficiarii potevano dunque operare a distanza dal loro delegante, una possibilità che – per entrambe le funzioni – doveva rappresentare una delle più rilevanti utilità a disposizione dei deleganti75 Attestati per la prima volta al tempo di Cesare76 e documentati fino al VI sec d C , i beneficia costituivano un utile strumento per creare e alimentare vincoli clientelari77 In effetti, il legame associato alla concessione del beneficium sembra assimilabile a quello esistente fra magistrato delegante e praefectus fabrum78 C’era dunque (e nel caso dei beneficia sarebbe sopravvissuto a lungo) spazio per l’utilizzo di questi strumenti complessi: incarichi istituzionali che cementavano o davano vita a legami informali fra individui di rango diverso In questa sede, alcune significative differenze devono però essere segnalate Nelle file dei beneficiarii, spesso discendenti di militari, non trovavano generalmente posto esponenti delle élites italiche e provinciali, come sembra invece documentato per gran parte dei prefetti dei fabri79: l’incidenza politica di questi individui non poteva dunque che essere molto relativa D’altra parte, pur variando a seconda del rango del delegante, il beneficium stesso non era sufficiente a promuovere la carriera di questi sottufficiali al di fuori della dimensione locale: raramente questi ebbero accesso all’ordine equestre, mai a quello senatorio80 Del resto, non sembra che i loro figli godessero di una posizione migliore di quella dei padri, come invece si vedrà nel caso della prefettura Uno stipendio, il rigido inquadramento militare e la durata del servizio (assimilabile a quella degli altri soldati)81 costituiscono altrettanti elementi distintivi rispetto alla praefectura
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Fest Gloss. Lat : beneficiari dicebantur milites qui vacabant muneris beneficio; cfr Rankov 1997, p 835; Nelis-Clément 2000, pp 61–62 Sulle funzioni dei beneficiarii, si veda Nelis-Clément 2000, pp 211–268 Indicava forse questa speciale autorità la lancia con la quale sono spesso rappresentati nelle dediche e nelle iscrizioni funerarie (sulla “Benefiziarierlanze”, si veda Eibl 1994; cfr Rankov 1997, p 837) Caes BC I, 75; III, 88 Nelis-Clément 2000, p 63 Fin dalle sue prime attestazioni, al termine beneficiarius “est associée la notion d’une relation personnelle établie entre un subordonné et son supérieur militaire” (Nelis-Clément 2000, p 59) Nelis-Clément 2000, pp 299–305 Nelis-Clément 2000, pp 98–101 (ordine equestre) e 305–312 (magistrature municipali) La durata media del servizio si attesta sui 25/26 anni (Nelis-Clément 2000, pp 87–89)
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fabrum82 Come per la prefettura, la concessione del rango di beneficiarius costituiva però un importante strumento patronale per i deleganti e di promozione individuale per i delegati In questo rapporto, il Principe non influiva in modo determinante e lasciava anzi spazio ad altri soggetti perché stabilissero, attraverso questa concessione, significativi legami con il vasto universo dei soldati e dei figli dei veterani83 In sintesi, l’uso dei beneficia non era una prassi banalmente funzionale alle esigenze di un esercito stabile e professionalizzato, ma dimostrava la diffusa volontà di perseguire strategie patronali tradizionali, attraverso uno strumento in qualche misura assimilabile alla stessa praefectura fabrum Un contesto ancora favorevole. L’avvento del Principato non aveva dunque posto fine alla pratica patronale e all’attività politica: attraverso concessioni e raccomandazioni, legami – deboli e forti – erano creati ed alimentati Lo stesso potere imperiale aveva in buona misura rispettato queste pratiche, permettendo ai membri degli ordini privilegiati di accedere a nomine istituzionali e sviluppare complesse reti sociali84 Così, mutata la natura dell’impegno politico, ormai avviato verso una caratterizzazione più propriamente amministrativa, non era stata intaccata l’importanza sociale del patronato e delle reti sociali che esso determinava Estese clientele e reti di relazioni erano del resto ancora essenziali, perché la competizione per conquistare vecchie e, soprattutto, nuove posizioni nell’amministrazione dell’impero non era in questo senso inferiore al passato Che questi aspetti fossero di minore interesse per le esigenze narrative degli storici antichi è per la verità molto comprensibile Questo non significava però che il nuovo contesto istituzionale avesse reso obsoleta la praefectura fabrum, né che l’avvento di una monarchia avesse posto fine al rapporto esistente fra magistrati deleganti e prefetti, all’interno delle tradizionali strategie patronali Il numero delle attestazioni per l’età giulio-claudia lo dimostra con chiarezza: degli oltre 450 prefetti attestati nel complesso dell’età imperiale, ben 202 individui sono infatti riferibili con certezza a questo periodo Si tratta di quasi la metà del totale e non è irrilevante che ben 53 di costoro siano con buona sicurezza riferibili alla sola età augustea85 Questo non conferma soltanto l’assenza di profonde cesure con la fase politica precedente, ma
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Il premio concesso al termine del mandato da praefectus fabrum non è in alcun modo assimilabile ad un vero e proprio stipendio: così come la gerarchia militare e la durata del servizio, si trattava di parte di una carriera propriamente militare Per le iscrizioni in cui è documentato anche il nome del superiore – comunque una minoranza del totale – si veda Nelis-Clément 2000, p 427–436 Questo era tanto più vero per coloro che raggiungevano ambiti governi provinciali, corredati da importanti opportunità di patronato (Saller 1982, pp 131–132) Per i prefetti probabilmente pertinenti ad età augustea, si vedano le schede 2; 3; 4; 6; 11; 12; 13; 14; 21; 23; 25; 30; 58; 61; 69; 73; 74; 76; 80; 81; 83; 87; 96; 97; 101; 104; 105; 109; 112; 122; 132; 134; 136; 139; 140; 144; 145; 151; 159; 160; 167; 169; 178; 182; 183; 184; 185; Inc. 15?; Inc. 16; Inc. 22?; Inc. 23; Inc. 33; Inc. 39
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documenta la vitalità dell’incarico e delle funzioni a cui esso era destinato, anche dopo l’esito decisivo della battaglia di Azio La praefectura fabrum in età giulio-claudia: continuità o frattura. Altro problema è quello di stabilire se e quanto l’incarico potesse essere considerato effettivo Secondo B Dobson, almeno fino al regno di Claudio, la praefectura fabrum al seguito di magistrati al comando di legioni comportava senz’altro un servizio attivo Si deve qui rammentare che Dobson aveva limitato la propria analisi alle carriere dei primipilari e degli equites attivi in ambito militare: tutti costoro potevano vantare una lunga e significativa esperienza, che li qualificava come “senior officers” all’interno dello stato maggiore di un magistrato cum imperio86 Solo successivamente agli interventi di Claudio avrebbe invece avuto inizio il declino dell’incarico, sempre più spesso affidato ad individui giovani e privi di vera esperienza militare: la prefettura era cioè stata privata di delicate responsabilità ed era ormai una “junior position”87 Con questa impostazione, Dobson intendeva accertare se la praefectura implicasse responsabilità militari nell’Alto Impero, un approccio che, necessariamente, contribuiva a spiegare soltanto in parte l’evoluzione dell’incarico Alla luce di una disamina estesa anche alle carriere tralasciate da Dobson, alcune delle conclusioni di quel fondamentale contributo devono perciò essere riviste Innanzitutto, è opportuno precisare che le principali conclusioni di Dobson sono tuttora valide: la praefectura fabrum poteva implicare competenze militari, ancora in età imperiale E’ vero inoltre che, almeno fino al tempo di Claudio, essa era spesso associata a personale che già poteva vantare una solida esperienza fra gli ufficiali delle legioni In questa sede, si esaminerà tuttavia anche la vasta casistica tralasciata da Dobson, da cui emergerà come l’assenza di esperienza militare non possa essere intesa quale indicatore di una posizione puramente onorifica e priva di qualsiasi competenza operativa Già durante l’epoca repubblicana, l’incarico non era del resto caratterizzato da competenze esclusivamente militari: ai praefecti fabrum, sempre membri delle classi possidenti, erano state richieste lealtà, competenza amministrativa e sensibilità politica Come si vedrà, non c’è ragione per sospettare che in età imperiale si sia registrato un significativo scarto rispetto all’epoca precedente, né per giudicare l’operatività dell’incarico sulla sola esperienza militare accumulata A ben vedere, non c’è anzi alcuna ragione per distinguere diverse prefetture sulla base di un supposto ambito operativo88 Sulle vaste e generiche funzioni dell’incarico incidevano soprattutto il rapporto strutturale fra praefectura fabrum e necessità dei magistrati cum imperio, le cui competenze erano semplicemente troppo vaste, per permettere una netta categorizzazione operativa Attraverso un’analisi del complesso della documentazione disponibile, si vedrà come, con l’avvento del Principato, gli elementi di continuità prevalsero 86 87 88
Dobson 1966, pp 71–72 = 1993, pp 228–229 Suohlati 1955, pp 205–209; Dobson 1966, pp 76–78 = 1993, pp 233–235 Era questo uno degli assunti iniziali fatti propri da B Dobson (1966, p 62 = 1993, p 219)
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su quelli di frattura, anche dopo il principato di Claudio L’attenuazione e, infine, la perdita del rilievo politico acquisito durante la tarda età repubblicana erano certo le più immediate conseguenze del nuovo ordine istituito da Augusto Servirono tuttavia più di duecento anni perché questo e altri fattori determinassero infine l’abbandono della praefectura fabrum come posizione istituzionale e strumento patronale Un po’ di metodo. Si è ormai più volte fatto riferimento alla natura epigrafica dei documenti disponibili per l’età imperiale Dal momento che manca ancora un’analisi sistematica di questi dati, si procederà dunque ad una disamina del materiale raccolto, sostanzialmente strutturata in quattro capitoli, distinti su base cronologica: l’età giulioclaudia; il regno dei Flavi; il II secolo d C ; il periodo severiano – l’ultima stagione in cui la prefettura dei fabri è ancora attestata Ogni capitolo conterrà alcune sezioni di commento, con il riferimento numerico (in grassetto) alle schede del catalogo prosopografico89 Con questa struttura, si intende stabilire lo sviluppo dell’incarico all’interno di un contesto politico in evoluzione, in Italia e nelle province Particolare attenzione sarà dedicata soprattutto al profilo dei prefetti e alla loro posizione nelle città d’origine e nell’ambito dell’amministrazione imperiale In questo primo capitolo sarà dunque affrontato il passaggio della prefettura dalla Repubblica all’Impero e si quantificherà il reale impatto che su questa ebbero gli interventi attribuiti a Claudio All’interno dei capitoli dedicati alla dinastia flavia e al II sec d C si evidenzierà la relativa appetibilità della praefectura fabrum quale strumento preferenziale per l’integrazione delle élites locali, in un’epoca già marcata da un evidente decremento delle attestazioni L’ultimo capitolo esaminerà infine l’età severiana: in quel tempo, una carriera ormai stabile e funzionale era a disposizione del notabilato e non comprendeva più la prae fectura fabrum Prima di avviare questa analisi, alcune avvertenze si rendono necessarie – la prima, banalmente numerica Il fatto che i documenti antichi si conservino in modo (e in numero) del tutto casuale affligge pressoché ogni analisi quantitativa relativa alle società antiche Nel caso della praefectura fabrum, questo problema è tanto più grave, perché si ignora del tutto il numero di individui che ottennero l’incarico Non ci sono stime verosimili, perché se si ha ragione nel ritenere che la prefettura potesse essere assegnata più volte da un magistrato cum imperio ad uno stesso individuo, anche nel corso di un unico mandato, il numero dei praefecti fabrum non documentati salirebbe ben al di là dell’insieme dei corrispondenti magistrati deleganti Ad ogni modo, se anche vi fosse una corrispondenza numerica fra i magistrati cum imperio eletti o sorteggiati ogni anno e i prefetti da essi nominati, le attestazioni disponibili sarebbero comunque una modesta frazione del totale Per questa ragione, con alcune eccezioni, l’analisi qui proposta si servirà solo marginalmente di criteri di tipo statistico
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Il catalogo (suddiviso secondo la periodizzazione qui presentata) chiude il volume ed è preceduto da una nota di avvertenze al suo utilizzo
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Quanto alla posizione occupata dalla praefectura fabrum all’interno dei cursus attestati, si è già detto che questo è stato uno degli elementi maggiormente esaminati dagli studi precedenti A questo proposito, ritengo che il giudizio più equilibrato sia stato espresso da C Nicolet trattando dei tribuni militum a populo Soffermandosi brevemente sulla praefectura fabrum, lo studioso francese aveva notato come, generalmente, essa fosse menzionata fra le magistrature locali e l’eventuale carriera equestre Con ciò, egli intendeva sottolineare l’estraneità della prefettura all’ambito propriamente locale, mettendo solo tangenzialmente in discussione le conclusioni di B Dobson90 In particolare, Nicolet accettava di riconoscere nel regno di Claudio il momento in cui la praefectura fabrum si avviò verso la perdita di ogni competenza (non solo) militare Del resto, non è intenzione del presente lavoro confutare quest’ultima considerazione: sebbene non se ne debba minimizzare l’importanza, è quantomeno ragionevole che un incarico d’inizio carriera possa essere meno complesso di uno di chiusura91 Tuttavia, è bene precisare come non sia sempre possibile distinguere con certezza la successione degli incarichi ottenuti da un individuo92 In particolare, non è possibile chiarire se la prefettura dei fabri sia stata assegnata prima o dopo la conquista delle più elevate magistrature municipali e soprattutto del duovirato In altri termini, non è generalmente possibile stabilire quanto la prefettura abbia realmente influito sulle carriere locali, un quesito generalmente adombrato dall’interesse per il rapporto fra prefettura e carriere equestri All’interno di questo lavoro, la successione degli incarichi (in parte rinviata alle schede prosopografiche) non sarà dunque privilegiata: questo e i prossimi capitoli si sforzeranno invece di evidenziare elementi di continuità e di rottura nello sviluppo della posizione e nel profilo sociale dei prefetti, attraverso i primi due secoli dell’Impero Coerentemente con la prima parte di questo lavoro, la prefettura sarà soprattutto uno strumento, una lente attraverso cui esaminare individui e comunità, strategia politica e patronato, costruzione del consenso e integrazione della “periferia” nella struttura istituzionale e amministrativa dell’Impero
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Nicolet 1967, pp 60–63; cfr Dobson 1966, pp 74–75 e 78 = 1993, pp 231–232 e 235 Si rammenti però l’avvertenza di A Birley (2000, pp 116–117, n 67) a proposito del ruolo formativo del tribunato militare: la giovane età non può giustificare l’impressione che il tribunato (e si potrebbe forse aggiungere la prefettura) fosse una pura formalità Un accorgimento a questo riguardo è stato suggerito da S Demougin (ad es 1988, p 294, n 104): l’ordine di presentazione della carriera municipale può essere utilizzato quale indicatore per l’intero cursus iscritto Considerato che, frequentemente, gli incarichi sono presentati per ambito operativo, questa convincente argomentazione non permette però di stabilire in quale momento della carriera municipale fosse stata ottenuta la prefettura stessa – un aspetto che sarebbe di grande interesse determinare (cfr Dobson 1966, p 68 = 1993, p 225) e che finora ha ricevuto poca attenzione
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3. I praefecti fabrum: uomini, risorse, contesti Qualche considerazione preliminare. Fin d’ora, è opportuno precisare come, a proposito del profilo sociale dei prefetti, non si riscontrino per l’età giulio-claudia significative differenze rispetto all’età repubblicana I magistrati cum imperio e il princeps scelsero generalmente uomini delle comunità locali italiche: ben 124 dei 185 prefetti attestati in questa fase erano originari della Penisola93 e, per giunta, molti dei 55 individui attestati nelle province erano veterani o discendenti di veterani italici stanziati nelle colonie di fondazione augustea94 I provinciali di nascita (figli di peregrini o di neo-cittadini), come si vedrà, sono invece concentrati in Occidente, principalmente (e non sorprendentemente) nella Provincia Narbonensis95 Una prima, appariscente conseguenza a questo fatto è che, con poche eccezioni, il materiale iscritto è tutto redatto in lingua latina96 Questa preponderanza dell’elemento italico sembra un carattere rilevante, perché, considerato il rapporto fra praefectura fabrum e patronato, conferma la centralità politica riconosciuta all’Italia già nel corso del I sec a C Le risorse della Penisola erano politiche e, al contempo, economiche, come da tempo hanno dimostrato le indagini archeologiche: la vitalità economica d’Italia in età augustea e giulio-claudia è chiaramente dimostrata dalla capillare diffusione di anfore vinarie Dressel 2–4 e di ceramiche fini da mensa, prodotte nelle grandi tenute o nel suburbio delle città italiche (e della stessa Roma)97 Chiaramente, questo sviluppo era favorito dalla stabilità garantita dal principato augusteo, che giustificava pienamente il supporto offerto dai possidenti (piccoli e grandi) al nuovo ordine Risorse economiche. Non c’è dubbio che i praefecti fabrum fossero scelti fra questi ultimi, sebbene solo raramente le risorse economiche a loro disposizione siano determinabili sulla base della documentazione disponibile In effetti, coinvolti nel commercio o nelle attività produttive, tutti i prefetti – anche coloro che erano privi dell’anello d’oro dei cavalieri e dei loro requisiti patrimoniali98 – 93 94 95 96 97
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Da questa somma sono esclusi i prefetti rimasti anonimi, per i quali si vedano le schede: Inc. 7; Inc. 8; Inc. 10; Inc. 15; Inc. 16; Inc. 19; Inc. 20; Inc. 25; Inc. 27; Inc. 29; Inc. 34; Inc. 35; Inc. 39; Inc. 40; Inc. 50; Inc. 57 Questo è particolarmente evidente nelle città fondate (e rifondate) in Oriente, come Corinto (19; 55?; 85; 124), Philippi (37), Antiochia di Pisidia (32; 44; 48), Alexandria Troas (74; 98; 102) – in questi casi, significativamente, la lingua utilizzata è il latino Plin NH III, 31: per l’età augustea, sono attestati in Narbonensis ben 20 individui: 3; 17; 21; 28; 35; 46; 47; 59; 71; 79; 88; 94; 111; 131; 141; 146; 148; 154; 173; 174; cfr anche 49? Le iscrizioni in lingua greca o redatte in forma bilingue sono appena 13 sul totale dei praefecti fa brum attestati e di queste solo 3 sono con sicurezza riferibili all’età giulio-claudia Una trattazione ancora fondamentale a questo riguardo è Peacock 1977; per una disamina relativa a produzioni ceramiche e sviluppo delle aree produttive fra I e II sec d C , si vedano Rizzo 2003, pp 141–231 (con l’esame di alcuni contesti da Roma); Id 2014 (sulle anfore rinvenute all’interno delle Terme del Nuotatore a Ostia) Per l’età augustea, il patrimonio dei cavalieri doveva assommare ad almeno 400 000 sesterzi (Demougin 1988, pp 76–79; Davenport 2019, pp 34–38)
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dovevano comunque essere dotati di significativi patrimoni e godevano senz’altro di rilevanti interessi nella più diffusa e tradizionale forma di ricchezza: la proprietà della terra Nelle grandi tenute, ubicate lungo importanti vie di comunicazione – sul mare, o vicino a strade e fiumi – sorgevano gli impianti produttivi delle villae In queste proprietà erano raccolti e lavorati i prodotti della terra e, soprattutto, delle colture specializzate della vite e dell’olivo Fornaci producevano anfore per il trasporto di vino, olio e salse di pesce, oltre che merci di accompagno, fra cui laterizi e ceramiche da mensa, da cucina, o da dispensa99 Alla villa – intesa come struttura economica – affluivano inoltre canoni di affitto in denaro o natura Non stupisce dunque che i proprietari di queste strutture avessero un notevole ascendente sui fittavoli e sulle comunità più prossime alle loro tenute, fossero esse semplici contrade o città propriamente dette Non diversamente da quanto documentato per l’età repubblicana per Vibius Sicca, Paconius Lepta e Fundanius, alcuni prefetti dei fabri di età giulio-claudia possono essere con buona probabilità definiti grandi proprietari terrieri Ad Auximum, la ricchezza fondiaria di un prefetto rimasto anonimo può essere inferita con certezza: oltre a 50 000 sesterzi, egli aveva infatti donato alla propria comunità un fundus Hermedianus e proprietà definite Herenniana, dai cui canoni e dal cui sfruttamento si dovevano trarre sufficienti risorse per celebrare annualmente la Fides Augusta100 A Castrimoenium, L. Cornelius Pupillus era invece stato costretto a cedere alcuni terreni suburbani ad un certo Moni mus, liberto di M. Iunius Silanus (cos. suff. 15 d C vel cos. 19 d C )101: prossimo alle mura e alla viabilità principale, questo lotto doveva comunque essere di notevole valore L’eventuale proprietà di terre e fondi non è generalmente esplicitata, sebbene dovesse costituire una parte significativa del patrimonio di (pressoché) tutti coloro che, in momenti diversi del rispettivo cursus, ottennero una praefectura fabrum D’altra parte, è probabile che in questa tradizionale forma di ricchezza avessero investito le proprie risorse anche uomini attivi in altri settori Anche in questo caso, le informazioni concernenti specifiche attività economiche dei prefetti sono estremamente rare Ad Aquinum, M. Barronius Sura fu forse attivo nella lavorazione e tintura delle stoffe102,
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La quantità e la varietà delle produzioni esportate fra I sec a C e I sec d C è ben esemplificata dai carichi dei numerosi relitti indagati nel corso degli ultimi decenni (su questo, si vedano Panella 2003; Cibecchini 2011 – area tirrenica; per una riflessione su produzioni (soprattutto legate a beni alimentari) e commerci marittimi, si vedano i contributi contenuti in Bernal-Casasola, Bonifay, Pecci 2015) 100 Scheda Inc. 27; cfr anche scheda 25: uno degli esecutori testamentari del prefetto P. Aufidius da Placentia fu C. Annisidus Rufus, membro di una famiglia che aveva forse dato il nome ai fundi Anni sidiani (…) in agro Placentino della Tavola di Veleia – CIL XI, 1147 = ILS 6675, 5, 77 101 Scheda 64: locum qui est extra portam Medianam ab eo loco in quo schola fuit long(um) p(edes) LXVII ad rivom (sic) aquae Albanae et a via intro(r)sus in quo antea columnar publicum fuit lat(um) p(edes) X Generalmente, i terreni più vicini alla città erano anche i migliori, perché più prossimi alle infrastrutture e ai mercati urbani 102 E’ questa un’ipotesi trattata nella relativa scheda prosopografica (36); le vasche su cui figura il nome del prefetto potrebbero però essere intese anche come apprestamenti per fontane
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attività per cui la città aveva acquisito una certa fama103 Con buona sicurezza, si può invece sostenere che C. Rasinius Tettianus da Assisi fosse membro di una delle famiglie più note per la produzione di sigillata italica, la ceramica fine da mensa più diffusa nel I sec d C 104 Talvolta, sembra infine possibile individuare un collegamento con il mondo mercantile: Q. Granius Bassus, stabilitosi a Corinto, apparteneva ad una nota famiglia di negotiatores italici attivi a Delo105 e, secondo J D’Arms, un certo Musculus era forse membro degli Hordeonii di Puteoli, anch’essi attivi in ambito commerciale106 A Superaequum, infine, T. Pompullius L. f. Lappa aveva fatto costruire a proprie spese un atrium auctionarum e un sacrum a Mercurio, divinità tradizionalmente associata al commercio107: la possibilità che anche Lappa avesse significativi interessi in quell’ambito sembra dunque molto probabile Evergetismo e città: uomini venuti dal nulla? Del resto, numerosi atti di evergetismo a beneficio delle rispettive comunità d’origine dimostrano chiaramente la ricchezza di questi individui In tali occasioni, non diversamente dagli altri maggiorenti e notabili, anche coloro che avevano rivestito una prefettura dei fabri erano disposti a distribuire denaro ai decurioni e, più in generale, ai rappresentanti delle istituzioni locali, così come cibo – tradizionalmente, torte e vino dolce (crustulum et mulsum) – ai cittadini108 Talvolta, a queste iniziative più immediate, erano affiancate costose opere architettoniche destinate a preservare nel tempo il nome dei generosi benefattori – un chiaro portato della strategia politica delle élites urbane E’ significativo che fra gli oggetti di queste donazioni spiccassero gli edifici per spettacoli, ovviamente molto apprezzati dalle collettività109 C’era infine chi, come L. Octavius L. f. Rufus, patrono del municipium di Suasa, aveva stanziato fondi sufficienti per una donazione a tutti, cittadini e schiavi, dell’accesso perpetuo alle terme110, un gesto che dovette restituirgli immediata e duratura popolarità presso i concittadini Del resto, il rango di patronus, concesso da municipia o colonie ad alcuni di questi individui, documenta non soltanto la ricchezza dei prefetti, ma anche la capacità di tessere relazioni stabili con rilevanti personalità politiche del tempo111
Hor Ep I, 10, 27 Su questo (e sulla diffusione della terra sigillata italica), si veda la scheda 145 Scheda 85 Scheda 116; contra Camodeca 1996, p 95, n 11; cfr De Carlo 2015, pp 231 e, per gli Hordeonii, p 387 107 Scheda 140 108 Per questi esempi di evergetismo, si vedano le schede 38; 62; 157; 165; 184; 185 109 Donazioni di somme per la costruzione o il restauro di edifici pubblici sono menzionate nelle schede 39; 73; 86; 89; 91; 122; 133; 137; 140; 149; 154; 170; Inc. 20; Inc. 34; Inc. 52; edifici per spettacoli sono finanziati da prefetti alle schede 146 e 178 110 Scheda 121 111 Per questo, si vedano le schede 43; 64; 69; 73; 91; 98; 110; 121; 123; 139; 149; 161; 168; Inc. 35 Non aveva raggiunto il patronato cittadino Sex. Satrius Iustus da Arretium (152), per cui era stata però 103 104 105 106
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Ciò detto, è significativo che larga parte di coloro che avevano ottenuto una prefettura dei fabri non raggiungesse il patronato, che indicava in effetti una posizione di indubbia preminenza E’ vero però che molti ottennero il duovirato, talvolta rivestito in più occasioni112 Non è chiaro quanto i duoviri potessero influire sulla vita di una comunità cittadina ma, ad ogni modo, ricoprivano la massima magistratura locale, modellata sul consolato a Roma: essa rappresentava il vertice di una carriera percorsa nella dimensione più propriamente locale113 Non è privo di significato il fatto che una sostanziale spesa si accompagnasse all’elezione a magistrato: il legame fra denaro, evergetismo e politica locale non potrebbe essere più chiaro Sfortunatamente, non è sempre possibile comprendere con sicurezza l’incidenza della praefectura fabrum sull’accesso al duovirato In altre parole, il materiale iscritto non permette con certezza di stabilire se la prefettura fosse stata funzionale alla conquista del duovirato o se invece fosse stata concessa ad un ex-duoviro, quale riconoscimento della posizione ormai acquisita In effetti, come già notato da C Nicolet a proposito della prefettura e del tribunato militare a populo, la menzione dell’incarico compare generalmente al di fuori della serie delle posizioni locali114 La possibilità di individuare in quale momento della carriera locale la prefettura fu rivestita è dunque estremamente ridotta L’importanza del rapporto fra carriera cittadina e incarichi extra-locali – fra cui la prefettura dei fabri stessa – è comunque un aspetto rilevante, perché, come si è visto per l’età repubblicana, la scelta dei magistrati cum imperio era generalmente motivata da relazioni consolidate e disponibilità di mezzi e risorse da parte dei delegati In particolare, sono significative a questo riguardo alcune dediche curate da comunità periferiche, relative a centri urbani propriamente detti: in questi casi, è infatti possibile localizzare gli interessi (e talvolta l’influenza) dei prefetti stessi115 Seppure lo status di questi individui non debba essere sovrastimato, la comune appartenenza ad un gruppo economicamente ben definito, l’attenzione alla dimensione locale attraverso dediche e atti di evergetismo, lo stesso interesse per le posizioni apicali della carriera municipale dimostrano che i prefetti erano generalmente selezionati fra quei domi nobiles, a cui già i principes tardo-repubblicani avevano guardato con interesse I più avvertiti politici della Repubblica e del Principato avevano ben riconosciuto
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decisa una dedica da parte della plebs urbana pecunia sua La menzione della plebs suggerisce una notorietà estesa a tutta la cittadinanza In età giulio-claudia, la praefectura fabrum compare in associazione al duovirato in almeno 72 casi (trattandosi di un dato fondamentalmente statistico, in questo elenco non sono dunque contemplati i quattuorvirati, che pure in alcune realtà sostituivano il duovirato): 2; 4; 6; 10; 12; 13; 16; 18; 19; 25; 26; 28; 31; 36; 38; 44; 45; 48; 50; 51; 55; 56; 57; 59; 60; 62; 65; 68; 69; 72; 73; 74; 75; 76; 86; 87; 91; 100; 102; 105; 106; 107; 111; 113; 115; 116; 117; 118; 119; 121; 122;123; 127; 130; 134; 137; 138; 139; 140; 149; 152; 153; 160; 163; 168; 169; 175; 176; 178; 179; 180; 185 Demougin 1988, pp 691–692 Nicolet 1967, pp 59–63 Vici e pagi sono menzionati nelle dediche relative a: 3; 65; 91; 122; 154; 184
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il valore di questi individui, come dimostrava la concessione della stessa praefectura fabrum Sembra che, con l’età imperiale, il bacino di reclutamento dei praefecti fabrum si sia addirittura esteso: come si vedrà a breve, i magistrati cum imperio non ricorsero cioè soltanto ai cosiddetti municipales I militari. Si è accennato in precedenza all’importanza riconosciuta da Augusto all’esercito La stabilizzazione delle legioni implicò alcuni significativi sviluppi Innanzitutto, i ranghi e l’ufficialità legionaria non erano più suscettibili del periodico scioglimento delle legioni repubblicane e l’istituzione di fondi destinati a pagare una buonuscita ai veterani avevano reso il servizio negli eserciti una professione stabile e attraente116 In particolare, queste riforme avevano dato vita ad una comunità di veterani, che, lasciate le armi, costituiva una solida base di consenso per il nuovo ordine politico Membri dei consigli decurionali delle città dell’Impero, i veterani erano ricchi a sufficienza per offrire ai propri discendenti un avvenire all’interno del notabilato o della stessa amministrazione imperiale117 Questo è tanto più vero per coloro che raggiungevano il primipilato Nella catena di comando, è probabile che i primipili fossero secondi solo ai legati di legione e, forse, ai tribuni laticlavi118 La ricchezza di questi individui era proverbiale e, al termine del servizio, la loro posizione nelle comunità d’origine era migliore di quella di molti notabili locali119 I primipili delle coorti pretoriane e urbane godevano poi della relativa vicinanza al Principe, tanto importante nella struttura politica del nuovo regime120 Si è detto come B Dobson fosse convinto che il fatto che alcuni primipili fossero stati nominati praefecti fabrum dovesse essere inteso come un indicatore dell’operatività dell’incarico, almeno fino all’età di Claudio121 Tuttavia, il loro numero non è sufficientemente elevato per associare tanto strettamente gli ambiti operativi del primipilato e della prefettura dei fabri122 In realtà, il confronto con la generalità dei praefecti fabrum di età giulio-claudia suggerisce che la proposta di Dobson debba essere invertita: in altre parole, non era l’importanza dell’incarico a determinare la scelta dei primipili, quanto piuttosto il rilievo, la ricchezza e la noLa creazione dell’aerarium militare era stata fondamentale a questo riguardo (Suet Aug 49, 2; Tac Ann I, 78; cfr Keppie 1984, p 148) 117 Sul ruolo dei veterani nelle istituzioni delle comunità locali, si veda Ricci 2010a, pp 92–98; in effetti, il Principato aveva accresciuto la dignità dei militari anche al di là dell’ambito rango di primipilo: una praefectura fabrum era perciò stata concessa anche al nocerino M. Virtius Ceraunus (185), che con ogni probabilità era il figlio di un veterano della XIX legione e al centurione Sex. Maesius Celsus (107) 118 Per il primipilato sono ancora essenziali gli studi di B Dobson (PP; 2000); cfr anche Castillo 1995 119 Dobson PP, pp 115–121; i figli dei primipili avevano significative possibilità di accedere all’ordine equestre, anche quando i loro padri non lo ottenevano direttamente (Breeze, Dobson 1993, p 204) 120 Per il ruolo dei primipilari a Roma, cfr Dobson 2000, p 152 121 Dobson 1966, p 74 = 1993, p 231 122 Si tratta di appena 16 casi; per questo, si vedano le schede 28; 33; 51; 67; 68; 84; 113; 119; 128; 142; 174; 179; 184; Inc. 3; Inc. 22?; Inc. 34
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torietà di questi veterani a determinarne la scelta come praefecti fabrum Quando un console, un pretore o un promagistrato doveva scegliere il proprio praefectus fabrum, la sua scelta ricadeva generalmente su persone in qualche misura rilevanti, talvolta legate da vincoli più o meno diretti e più o meno antichi – fra questi, potevano ben comparire dei primipili Beninteso, la loro esperienza nel comando e nell’amministrazione poteva senz’altro essere considerata come un elemento di valore, tanto più perché generalmente, almeno fino al regno di Claudio, i praefecti fabrum di rango equestre rivestirono questa posizione dopo tribunati o prefetture di coorti o di ali di cavalleria Il valore dell’esperienza doveva dunque essere ben presente ai deleganti, ma, in fin dei conti, non essenziale: l’incarico non aveva una connotazione necessariamente militare e l’esperienza dei candidati non era la sola condizione per la nomina, come del resto dimostrato dal confronto con altre posizioni, la cui pertinenza alla sfera militare è indubbia, come nel caso del tribunato laticlavio, generalmente concesso in giovane età In questo senso, la scelta di militari di comprovata esperienza non sembra un elemento di frattura con l’età repubblicana, quanto invece di continuità: beneficiati dal nuovo sistema politico, questi individui erano ormai parte integrante delle élites locali: dopo il loro servizio sotto le armi, la praefectura fabrum poteva rivelarsi l’incarico più adeguato per procedere alla loro integrazione nella struttura amministrativa e politica dell’Impero, attraverso una strategia patronale ben sperimentata Due esempi chiariscono bene questo sviluppo Al tempo di Augusto e Tiberio, A. Virgius L. f. Marsus, primus pilus bis e praefectus fabrum, fu tribuno in praetorio divi Aug(usti) et Ti(berii) Caesaris Aug(u sti)123 Ufficiale legato alla famiglia imperiale da una personale vicinanza, Marsus rivestì il quattuorvirato quinquennale nella colonia di veterani di Alessandria di Troade124 così come nella sua piccola patria, a Marruvium La sua posizione in città e in particolare in uno dei vici ad essa pertinenti – il vicus Anninus – è dimostrata da un’importante donazione relativa al culto della casa imperiale Anche Sex. Aulienus Sex. f., originario di Forum Iulii nella Narbonensis, ottenne il primipilato per due volte e alcuni importanti riconoscimenti, fra cui l’ambita praefectura castrorum125 Stabilitosi a Venafrum, colonia di veterani in età augustea, vi rivestì il duovirato, una magistratura che poteva vantare anche nella natia Forum Iulii Entrambi cavalieri, i due primipili avevano raggiunto una posizione eminente nelle comunità locali: questa spiegava – quantomeno in parte – la volontà di impiegarli come prefetti dei fabri, da parte di esponenti della corte e, più in generale, della politica urbana E libertino patre. Altro problema è invece rappresentato dai figli di liberti, che per l’età repubblicana sembrano talvolta gravati dal peso della macula servitutis paterna126 Scheda 184; originario di Marruvium era anche un altro primipilo divenuto praefectus fabrum, L. Octavius N. f. Balbus (scheda 119) 124 Sull’organizzazione istituzionale di Alexandria Troas, si veda ora Laffi 2007, pp 175–198 125 Scheda 28 126 Per l’espressione latina si veda Mouritsen 2011, p 10 123
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Sotto un profilo puramente legale, non sembra che costoro potessero attendersi maggiori opportunità di promozione dall’avvento dell’Impero La politica augustea di definizione degli ordini superiori sembrava anzi incidere sulle loro possibilità di carriera, perché, almeno in teoria, per il rango equestre era ormai richiesta l’ingenuitas nelle due generazioni precedenti a quella del candidato eques127 La realtà non era però tanto netta quanto i provvedimenti imperiali sembrano suggerire128 e la mobilità sociale di questo periodo è stata più volte riaffermata Come convincentemente suggerito da H Mouritsen, la questione dei nati e libertino patre non può però essere risolta limitandosi ad alcune carriere di grande successo129 Riprendendo le definizioni della sociologia moderna, Mouritsen ha infatti immaginato che le possibilità dei figli dei liberti fossero comunque determinate da un contesto di “sponsored mobility” e non di “contest mobility”: essi avrebbero cioè beneficiato della raccomandazione e dell’assistenza dei loro patroni130 Il sistema della familia, imperniato sul patronato, non aveva perso la propria vitalità e poteva ben accordarsi con la praefectura fabrum, che, del resto, doveva loro sembrare un incarico molto attraente, perché il rango equestre non era una precondizione per ottenerla Sebbene soltanto pochi prefetti dei fabri di età giulio-claudia possano essere riconosciuti con certezza come figli di liberti, il fenomeno è comunque attestato, come nei casi di Ti Claudius Ti. f. Rufinus da Capua e di Ti. Iulius Iulianus, Ti. Quaestorius Ti. f. Secundus e M. Stlaccius C. f. Coranus da Roma131 In questo, la prefettura era in parte assimilabile agli incarichi degli apparitores, secondo una dinamica ben riconosciuta da S Demougin, che è qui opportuno discutere brevemente132 Gli apparitores. Innanzitutto, la posizione di apparitor dava accesso a un ordo vero e proprio, organizzato in decurie133 e strutturato gerarchicamente in una serie di posizioni, che spaziavano dai praecones, ai lictores, agli scribae134 In questo caso, l’accesso all’incarico non era determinato direttamente da dinamiche patronali, perché non era frutto di un’indicazione o di una nomina diretta Una posizione apparitoria poteva essere ereditata o acquistata e dava diritto ad uno stipendio versato dall’erario Agiati, 127 128 129 130 131 132 133 134
Per gli interventi di Augusto sulla composizione degli ordini superiori, si vedano: Demougin 1988, pp 135–175; Davenport 2019, pp 206–220; per i limiti alla carriera dei figli dei liberti, si veda Mouritsen 2011, pp 261–278 Dell’aspettativa di accedere all’ordine equestre da parte dei liberti e dei loro figli sono testimoni gli episodi di usurpazione degli ornamenta equestri, senz’altro più diffusi delle relativamente scarse attestazioni disponibili (su questo si veda Demougin 1988, pp 812–819) Mouritsen 2011, pp 261–278, in cui si presenta una dichiarata critica al modello di mobilità sociale proposto per il mondo romano in Wallace-Hadrill 1994, p 61, Woolf 1996, p 34, Herrmann-Otto 2005, p 76; cfr Mouritsen 2011, p 277, n 119 Mouritsen 2011, p 278 Per costoro, si vedano rispettivamente le schede 56, 92, 143 e 162 Demougin 1988, pp 708–712 Lex Cornelia de XX quaestoribus I, 9; 32 (per il testo si veda RS I, pp 293–300, nr 14); cfr Demougin 1988, p 706 Sulle numerose posizioni apparitorie ordinate gerarchicamente, si vedano Purcell 1983, p 54; David 2012
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dotati di buoni contatti all’interno delle file degli ordini senatorio ed equestre, con cui collaboravano al buon funzionamento delle istituzioni, gli apparitores potevano godere di relativa importanza anche nelle rispettive comunità di provenienza, una considerazione che ha portato N Purcell a suggerire che il rango apparitorio avesse giocato un ruolo essenziale nella creazione di una “omogeneità culturale e sociale” dell’area centrale d’Italia135 Per queste ragioni, non è sorprendente che queste posizioni fossero sovente acquisite dagli equites, che in effetti ne detenevano il controllo in età repubblicana Secondo S Demougin, gli apparitores di rango equestre erano forse i membri più umili dell’ordine equestre, ma costituivano un gruppo privilegiato all’interno dell’ordine apparitorio La possibilità di acquistare l’accesso a queste posizioni da parte dei non cavalieri e addirittura da parte dei liberti – datata al tempo del Principato – doveva aver stimolato un notevole interesse Molti individui, impossibilitati ad ottenere il rango equestre, potevano infatti raggiungere una posizione identica a quella di molti equites136, attratti dallo stipendio e, per alcuni, dalla preziosa frequentazione con i magistrati curuli, ovvero con personalità politiche di prima grandezza In questo, è possibile ravvisare una significativa similarità con la praefectura fabrum: anch’essa era stata spesso (ma non necessariamente) rivestita da equites, implicava una qualche forma di pagamento da parte dell’erario e un rapporto di familiarità con eminenti figure politiche Non è poi troppo sorprendente che alcuni magistrati cum imperio avessero scelto i propri praefecti fabrum fra gli apparitores, individui a loro già noti e dotati di competenze amministrative e perciò tanto più utili per l’espletamento dei rispettivi mandati Pur in un contesto che sembrava negare loro legittime aspirazioni di carriera, i figli di liberti potevano dunque ambire all’ingresso fra gli apparitores e alla prefettura dei fabri, come in effetti attestato per T. Culciscius T. f., M. Gavius M. f. Sabinus e, soprattutto, il summenzionato Ti. Quaestorius Ti. f. Secundus, che era con ogni probabilità il figlio di un servus publicus emancipato137 Questi incarichi confermavano l’importante valore di posizioni intermedie, distinte dalle carriere equestri, ma funzionali ad un eventuale ingresso nelle stesse per coloro che ne avessero l’interesse e le possibilità Quando questo non era possibile, era forse la generazione successiva a poter godere di miglior fortuna: C. Furius Tiro da Carsulae, figlio di uno scriba, ottenne prima una praefectura fabrum e, successivamente, l’accesso all’ordine equestre138 Per gli altri (fra questi anche i figli dei liberti), queste posizioni intermedie erano uno strumento di auto-promozione: le loro origini umili non gli avevano infatti impedito di ascendere agli stessi incarichi cui anche alcuni cavalieri ambivano139 Il successo della praefectura fabrum in
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Purcell 1983, pp 167–170 (per il virgolettato cfr p 171) Demougin 1988, sopr pp 711–712 Si tratta rispettivamente delle schede 66, 82 e 143 Scheda 77 E’ diverso il caso del cursus di L. Arrius Salanus (scheda 20), che ottenne l’accesso all’ordine equestre con il sacerdozio di tubicen sacrorum, un incarico non apparitorio, come precisato da S De-
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questo periodo e, come si vedrà, dopo lo stesso principato di Claudio, è nei numeri e deve senz’altro essere connesso anche a queste opportunità Il confronto e, pur raramente attestata, l’associazione fra posizioni apparitorie e praefectura fabrum suggerisce un’immagina attiva di molti clientes: individui, talvolta di umili natali, addirittura figli di liberti, potevano infatti impegnarsi attivamente per affermarsi in posizioni aperte ai non cavalieri, ma che – attrattiva di non poco conto – spesso erano ricoperte dagli stessi membri dell’ordine equestre Non tutti potevano divenire equites, ma molti potevano avvicinarsi al loro rango, ricoprendo posizioni affini, godendo di privilegi in parte assimilabili e prendendo parte alla medesima rete di relazioni sociali e amicitiae140 Deleganti, delegati, deleghe. Si è visto come, in età repubblicana, sia possibile ovviare alla carenza di informazioni relative a questo genere di reti sociali attraverso una disamina delle relazioni dei magistrati deleganti Per l’età imperiale, è significativa la ricorrente formula praefectus fabrum consulis o delatus a consule o a consulibus con o senza l’espressione ad aerarium141 Si è già accennato in questo lavoro al possibile significato di questa definizione: secondo la convincente proposta di E Badian, con essa era indicato un premio in denaro concesso ai prefetti, al termine del mandato142 In altre parole, dietro indicazione del magistrato delegante, l’erario provvedeva al versamento di una somma di denaro al prefetto, che stava lasciando l’incarico Ad ogni modo, questa espressione collegava direttamente la prefettura con il magistrato che aveva provveduto alla nomina, benché questi non fosse specificamente nominato e spesso resti tuttora sostanzialmente sconosciuto La menzione del console è comunque significativa, perché dimostra l’interesse dei prefetti a vantare uno speciale legame con una delle figure più influenti del panorama istituzionale e politico del tempo Ciò detto, come già accennato, i documenti disponibili per l’età imperiale menzionano solo raramente il nome del magistrato delegante Relativamente limitate, queste attestazioni rivelano tuttavia l’importanza dell’incarico quale strumento patronale ancora con l’avvento del Principato, oltre a gettare qualche luce sulla rete di parentele, amicitiae e clientele da cui i prefetti erano selezionati, non meno solida e capillare di quella di epoca repubblicana Un cliente degli Aemilii Lepidi. La più antica attestazione di epoca giulio-claudia è forse costituita da una dedica in onore di M’. Aemilius Proculus dalla civitas Pergamena143 mougin (1988, p 712) Ciò precisato, è ragionevole supporre che, in questa carriera, possa avere avuto un ruolo anche la praefectura fabrum 140 Sulla complessa rete sociale costruita dalle aristocrazie dell’Impero, sviluppata in senso orizzontale (attraverso parentele) e verticale (attraverso clientele e beneficia patronali), è ancora essenziale Saller 1982, pp 119–139 141 Per il complesso dell’età giulio-claudia, si vedano le schede 2; 23; 39; 75; 133; sulla praefectura fa brum a consule, si veda anche il contributo di R Frei-Stolba (2005) L’indicazione Romae, accanto alla menzione della prefettura, è generalmente intesa alla stregua di una praefectura fabrum a consule o a praetore – per la verità, il riferimento a Roma potrebbe anche essere motivato dal prestigio di un’esperienza istituzionale nell’Urbe (si veda per questa fase la scheda 69; cfr anche 53) 142 Badian 1997, pp 16–17 143 Scheda 5
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Nel testo, egli è definito praefectus fabrum di M’. Aemilius Lepidus (cos 11 d C ), proconsole d’Asia fra 21 e 22 d C Nonostante l’attiva partecipazione alla politica contemporanea, Manius non godeva del favore e dei mezzi di Marcus Lepidus, un congiunto, forse un cugino, attivo nello stesso periodo144 Nel 19 d C , egli tentò invano di difendere la sorella Lepida145 dalle accuse dell’ex marito, il consolare P. Sulpicius Quirinius (cos 12 a C ), fra cui compariva anche un tentato avvelenamento Forse più delle parole del fratello, l’amicizia di altre clares foeminae gli valse una pena mitigata, seppur durissima – l’esilio, proposto (e ottenuto) dal consolare C. Rubellius Blandus (cos. suff. 18 d C )146 Quando nel 21, su proposta di Tiberio, in Senato fu discussa l’opportunità di inviare in Africa un consolare dotato di esperienza militare, capace di contrastare Tacfari nas, Manius fu aspramente attaccato da Sex. Pompeius (cos 14 d C )147 In particolare, quest’ultimo accusava Manius di essere socors, inops et maioribus suis dedecus: egli non era pertanto degno neppure di essere sorteggiato per la provincia d’Asia Sembra che il Senato nel suo complesso – adverso Senatu – abbia rifiutato queste argomentazioni: Lepido era mitis magis quam ignavus e il suo nome, portato con onore, sarebbe stato sufficiente148 Pur dotato di limitate risorse economiche e pari ambizione, Manius Lepi dus godeva dunque di sufficiente supporto in Senato La praefectura fabrum, concessa a Proculus dal membro di un’antica e nobile famiglia, getta qualche luce sulle dinamiche politiche nell’età del Principato Per il praenomen, il nomen e l’ascrizione alla tribù Palatina, Proculus era senz’altro il figlio (o comunque un discendente) di un liberto degli Aemilii Lepidi, in particolare di Manius o di suo padre In continuità con una poli-
144 L’identificazione di Manius all’interno della trattazione di Tacito è stata – a dir poco – controversa Negli stessi anni, l’attiva presenza a Roma del quasi omonimo congiunto, M. Aemilius Lepidus (cos 6 d C ), ha infatti creato non poche difficoltà interpretative In questa sede, si è scelto di seguire le convincenti proposte di R Syme (1986, pp 128–140) che individuava in Marcus un uomo di notevole statura politica: vir triumphalis delle campagne illiriche (8–9 d C ), capax imperii secondo Augusto (Tac Ann I, 13) e vir nomini ac fortunae Caesarum proximus secondo Velleio (II, 114), patronus di Cn. Calpurnius Piso (cos 7 a C ) durante il processo per la morte di Germanico (20 d C – Tac Ann III, 11), apprezzato da Tiberio per la sua moderazione nel processo a Clutorius Priscus (ivi, 50–51) e, senz’altro, per l’accortezza con cui aveva evitato di entrare in conflitto con Q. Iunius Blaesus (cos. suff 10 d C ), zio di Seiano, per il proconsolato d’Africa (ivi, 35) 145 Nonostante l’ascendenza della donna fosse di assoluta preminenza (Tac Ann III, 22: Lepida, cui super Aemiliorum decus L. Sulla et Cn. Pompeius proavi erant), al tempo del processo fu il fratello a dover intervenire per lei E’ dunque possibile che all’epoca ella non fosse sposata (cfr Woodman, Martin 1996, p 213) 146 Tac Ann III, 23 147 Tac Ann III, 32 148 Questo episodio offre qualche spunto sul funzionamento del Senato tiberiano L’assemblea avrebbe infatti dovuto soprattutto discutere dell’Africa e le sue conclusioni furono che de Africa decre tum ut Caesar legeret cui mandanda foret (Tac Ann III, 32) Finito il tempo in cui, all’interno di un contesto fondato sulla competizione, il supporto elettorale era stato l’elemento decisivo per stabilire il successo individuale o familiare, era ora necessario affidarsi al giudizio di un altro soggetto – il Principe
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tica tradizionale di gestione del consenso149, il proconsole in partenza per l’Asia scelse dunque di portare con sé un cliente, un membro della propria familia, un individuo affidabile a cui concedere un prestigioso riconoscimento150 Quanto noto su Proculus si esaurisce nella dedica di una statua decretata dalla cittadinanza di Pergamum Pur intrinsecamente sintetico, questo documento suggerisce però alcuni elementi alla base del successo dell’incarico in questo periodo Innanzitutto, il fatto che la dedica menzionasse esplicitamente le funzioni di praefectus fabrum indica che, proprio durante quel mandato, Proculus era stato coinvolto in attività significative in relazione alla civitas Pergamena Forse, da Efeso, egli era stato inviato in città con funzioni giudiziarie o amministrative, comunque rilevanti, tanto da meritargli una dedica onorifica Indipendentemente dal compenso che al prefetto dovette forse essere riconosciuto a Roma, con la nomina a praefectus fabrum, a Proculus era stato consentito di ricevere onori in una grande, antica e ricca città d’Asia Al termine della sua permanenza in provincia, è quantomeno possibile che a Pergamo il prefetto potesse ormai intrattenere proficui legami di amicitia e hospitium, indipendentemente dagli stessi Aemilii Lepidi, per cui aveva servito151 Di ritorno in Italia, Proculus poteva dunque vantare una posizione politicamente (e forse economicamente) più forte – un risultato che, con riconoscenza, doveva unicamente al patrono della sua famiglia Un uomo degli Iunii Silani? Anche il tiburtino C. Maenius Bassus aveva vantato una praefectura fabrum al seguito di un nobilis152: si tratta di M. Iunius Silanus Torquatus (cos. 19 d C ), proconsole d’Africa fra 36 e 39 d C 153 Torquatus era uno degli uomini più eminenti di Roma in età tiberiana, come del resto dimostra anche il suo matrimonio con Aemilia Lepida, proneptis Augusti154 C. Maenius Bassus aveva operato per questo magistrato sexto Carthaginis, ovvero per sei volte, nella capitale della provin149 Al più antico esempio di T. Turpilius Silanus, cliens dei Metelli, è accostabile anche il caso di L. Clo dius, legato ai Claudii Pulchri (si veda supra) 150 Fra coloro che i Lepidi avevano condotto con sé in Asia, c’era anche un anonimo notabile mauretano, patronus dei Rusgunienses, scelto come legato (CIL VIII, 9247) Amicus o cliens degli Aemilii Lepidi egli era stato nominato da Manius o da Marcus (cos 6 d C ), che ottenne lo stesso proconsolato fra 26 e 28 d C (cfr PIR2 A 363, p 58 – a supporto dell’identificazione con Manius) Sembra del resto che i Lepidi trattassero con delicatezza le nomine di rilievo politico: Manius o Marcus aveva infatti rinunciato – per modestiam – a proporre il nome del legato che il Senato aveva stabilito lo dovesse accompagnare in Asia, per sovrintendere alla costruzione di un tempio del culto imperiale a Smyrna (Tac Ann IV, 56; senza entrare nel dettaglio della questione, è più verosimile si tratti di Marcus – gli avvenimenti narrati da Tacito si collocano infatti meglio negli anni 26–28, quando l’Asia era governata da quest’ultimo e non da Manius) In quella circostanza, il Senato optò per il pretorio Valerius Naso 151 In età augustea, il praefectus fabrum lunense L. Titinius (167) fu onorato con una dedica da parte di un κοινὸν di Greci nella sua città natale: è possibile che egli avesse servito in Asia come Proculus In tal caso, potrebbe trattarsi del genere di contatti che un prefetto poteva guadagnare al termine di un mandato in provincia 152 Su questo, si veda la scheda 106 153 PIR2 I 839 154 Suet Claud 26
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cia155 Il fatto che Bassus avesse servito anche come tribuno nella legione III Augusta, dislocata in Africa, sembra significativo, perché entrambe le nomine potrebbero essere frutto dell’intervento diretto del consolare156 In effetti, almeno fin quando il proconsole controllò la legione, è ragionevole che potesse nominare prefetto dei fabri un tribuno (o un altro ufficiale) già operante nella provincia In questo caso, le praefecturae fabrum di Bassus potrebbero configurarsi come risposte a cogenti necessità all’interno della provincia affidata a Silano e più precisamente a Cartagine, come specificato nel testo iscritto Di nuovo, l’impressione è che la praefectura fabrum rimanesse uno strumento di estrema utilità per consentire ai magistrati cum imperio di operare con una certa discrezionalità nell’ambito dei propri mandati e per cementare legami esistenti (o crearne di nuovi) con individui dotati di risorse e competenze Membro dell’ordine equestre, Bassus apparteneva con buona probabilità ad una rete di contatti e amicizie di rilievo (anche politico), facente capo agli stessi Iunii Silani Altri prefetti, altre famiglie. Per questo periodo, non sono note altre iscrizioni, che menzionino i magistrati deleganti dei prefetti, tuttavia, in alcuni casi, è ragionevole riconoscere questi individui, quantomeno su base indiziaria E’ questo il caso di L. Cornelius Pupillus, praefectus fabrum e patrono di Castrimoenium in età tiberiana157 La formula onomastica di Pupillus e gli interventi di Silla nell’ager di Castrimoenium sembrano supportare un legame fra il prefetto e i Cornelii Sullae, forse con lo stesso console del 31 d C , Faustus Cornelius Sulla. La posizione di Pupillus in città, per quanto eminente, non gli impedì di cedere alcuni terreni a Monimus, un liberto del consolare M. Iunius Silanus (cos 15 vel 19 d C ) E’ impossibile stabilire se Pupillus fosse del tutto favorevole a questa cessione In questa sede, basti dire che da questo episodio la profondità e il dinamismo della dimensione politica locale emergono con chiarezza E’ infatti evidente l’utilità per i domi nobiles di intrattenere solidi legami con eminenti personalità dell’élite urbana: come si è detto più volte, la natura dell’impegno politico era in parte cambiata, ma, al fondo, la gestione del consenso e delle risorse, concentrate nelle città d’Italia e delle province, rimase una cifra caratterizzante della struttura politica romana
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Non sembra del tutto soddisfacente l’ipotesi che Silanus Torquatus potesse conservare il proconsolato d’Africa, tanto ambito con quello d’Asia, per la ragguardevole durata di sei anni A questa tesi, autorevolmente proposta anche da E Groag e (PIR2 I 839, p 357) e R Syme (1955, p 30; 1986, pp 191–192) e fondata su Cassio Dione (LVIII, 23, 5), si deve preferire la scansione proposta da B E Thomasson (1960, pp 28–29) Se è vero che Caligola sottrasse in quegli anni il comando di quell’unità al governatore, è possibile che questa sia stata una delle ultime nomine nella legione, da parte del proconsole d’Africa: secondo Tacito (Hist IV, 48, 1), l’imperatore prese questa decisione Marcum Silanum obtinentem Afri cam metuens; Cassio Dione (LIX, 20, 7) data questo provvedimento al proconsolato di L. Piso (cos 27 d C ) – propende per quest’ultima soluzione Syme 1986, p 192 Per una discussione più dettagliata, si veda la scheda 64
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Attraverso l’esame dell’onomastica, sono individuabili possibili accostamenti in altri contesti locali A J D’Arms, il legame fra i Cassii di Roma e Puteoli sembrava la ragione più plausibile per l’invio in città di C. Cassius Longinus (cos. suff. 30 d C ), in un momento politicamente critico (58 d C ) In effetti, nella città campana, il consolare poteva forse fare affidamento sui genitori di [L.] Cassius Cere[alis], praefectus fabrum La possibilità che Cerealis avesse mantenuto un legame con i Cassii Longini è quantomeno ragionevole158 Sulle stesse basi, è possibile supporre che M. Granius Cordo da Allifae fosse stato nominato praefectus fabrum da un altro membro dei Granii, che dalla città campana erano giunti in Senato fin dall’età augustea159 A Brixia, il padre o il nonno di C. Silius Aviola, praefectus fabrum di età tiberiana e patrono dei Trumplini, era con ogni probabilità legato a P. Silius Nerva (cos 20 a C ), che nel 16 a C aveva mosso guerra a quelle stesse popolazioni alpine160 Con buona sicurezza, si può supporre che la praefectura fabrum fosse stata concessa ad Aviola da uno dei Silii o da qualcuno coinvolto nella loro rete di amicitiae urbane Ancora al tempo di Claudio, C. Iulius Aquila poteva vantare di essere stato praefectus fabrum bis in aerar(io) delatus a co(n)s(ulibus) A. Gabin[io Secundo, Ta]uro Statilio Corvino161: un avvertimento circa l’aleatorietà del metodo onomastico e, al contempo, una significativa dimostrazione dell’attenzione dimostrata da alcuni prefetti a rivendicare una relazione privilegiata con i magistrati deleganti162 Un caso, infine, sembra offrire una prospettiva inversa al tema delle iscrizioni menzionanti i magistrati deleganti Dopo il principato di Claudio, il pretorio [Ma]mius Murrius Umber curò infatti ad Uxama, in Spagna, una dedica a M. Magius Antiquus, originario di quella piccola città, che probabilmente aveva servito in qualità di praefectus fabrum163 In quella realtà locale, il riconoscimento di una tale personalità doveva essere ampiamente apprezzato ed è significativo notare come le strategie attraverso cui si dipanavano patronato, amicitiae, clientele potessero configurarsi in modo tanto complesso: così, non era stato Antiquus a rammentare il servizio presso Umber, ma viceversa Ultimi di questo breve riepilogo delle attestazioni dei magistrati deleganti sono gli stessi imperatori, che, in ragione dell’imperium loro riconosciuto, potevano ovviamente concedere ad alcuni individui la praefectura fabrum164 Tralascio i ben noti prefetti di Scheda 50 Scheda 86 Scheda 158 Il primo fu console suffetto nel 43 d C , il secondo fu console ordinario nel 45; su questo, si veda la scheda 89 162 D’altronde, C. Aufustius C. f. Gal. Macrinus (27) fu prefetto del proconsole d’Africa nel 65 d C : è possibile si trattasse di Vespasiano, ma nessun elemento – onomastico o d’altro genere – permette di stabilirlo con ragionevole certezza 163 Scheda 108 164 Per completezza, si segnala una proposta avanzata da H -G Pflaum (in AE 1959, p 72), secondo il quale il legato di Moesia, C. Poppaeus Sabinus (cos. 9 d C ), sarebbe stato il delegante di P. Numisius Ligus, prefetto dei fabri XV La legatura di Sabinus, durata ben 23 anni, sembrava autorizzare questa 158 159 160 161
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Claudio, che mi ripropongo di affrontare nella prossima sezione, e segnalo invece due Marcii Tarquitii, Priscus ed Etruscus, rispettivamente padre e figlio165 Entrambi furono haruspices dell’imperatore Tiberio, da cui ottennero il riconoscimento di una praefectu ra fabrum al servizio del Principe Considerato che agli aruspici dell’imperatore non poteva certo mancare la possibilità di intrattenersi in sua compagnia, è pur possibile che Tiberio intendesse al contempo concedere un riconoscimento e impiegarli in una qualche attività istituzionale, della quale non è però sopravvissuta menzione A questo proposito, M Torelli ha convincentemente suggerito che Tarquitius Priscus avesse avuto un ruolo nella caduta del potente Seiano: la praefectura fabrum, forse rivestita fra 4 e 13 d C , costituisce un buon indicatore del rapporto fiduciario pluriennale che legava il Principe all’aruspice166 La praefectura fabrum e i provinciali. A questo punto, occorre trattenersi sul profilo e sui contatti dei praefecti fabrum di ambito provinciale Si è già accennato alla ripartizione del materiale pervenuto dall’Italia e dalle province in età giulio-claudia, così come alla netta preponderanza dell’uso del latino La distribuzione dei 55 individui attestati per questa fase nelle province privilegia significativamente la Narbonensis: si tratta di ben 20 casi167 e, significativamente, il cursus di 11 fra questi individui non comprendeva il tribunato o una chiara menzione dell’ordine equestre168 Non differentemente dalle città della Penisola, tutti questi individui appartenevano alle élites locali La ricchezza della Narbonensis, unita da legami antichi alla nobilitas, rendeva del resto particolarmente conveniente la selezione di praefecti fabrum fra i maggiorenti delle sue città Per molte e buone ragioni, non solo Plinio poteva considerare quella provincia quasi Italia, ma lo stesso Claudio finì col riconoscere ai senatori il diritto di trattenervisi senza alcun permesso imperiale, come già Augusto aveva stabilito nel caso della Sici lia169 Questa specificità è evidente se confrontata con la vicina Aquitania, in cui solo tre casi di praefecti fabrum giulio-claudi sembrano al momento attestati: i patronimici celtici di questi individui, tanto diversi da quelli della Narbonensis, dimostrano chiaramente la recente acquisizione della cittadinanza optimo iure170
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proposta, per la quale tuttavia non ci sono elementi probanti Come si è accennato e si spiegherà meglio fra breve, non c’è alcun legame evidente fra iterazioni dell’incarico e anni di servizio (per una discussione più estesa, si veda la scheda 117) Per una discussione più ampia, che comprenda anche il dibattito relativo alla restituzione del no men, si vedano le schede 165 e 166 Torelli 2011, pp 153–157 A questi, si aggiungano le prefetture rivestite da individui rimasti anonimi: Inc. 12; Inc. 42 Emerge dunque nuovamente l’assenza di qualsiasi rapporto di stretta necessità fra praefectura fa brum e rango equestre; per questi casi, si vedano le schede 3; 17; 21; 35; 46; 59; 79; 88; 111; 148; 154 Cass Dio LII, 42, 6 Per questa fase, si veda la scheda Inc 33 (dalla Sicilia) Si tratta di C. Iulius C. Iulii Otuanenni f. Rufus C. Iulii Gedemonis n. Epotsorovidi pron. (96); C. Iulius Congonnetodubni f. Acedomopatis n. Victor (97); A. Pomp(eius) Dumnom[otuli f ] (Tertullus?) (137) Nella Lugdunensis è del resto attestato un T. Iulius Couribocalus (90) Al di là delle province galliche (per la Lugdunensis, cfr anche la scheda Inc. 9), l’Occidente è solo in parte rappresentato dalla Spa-
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Quanto detto a proposito della Narbonensis ha un suo contrappeso significativo nelle province d’Oriente, seppure questa sia senz’altro una definizione “di comodo”, certamente insoddisfacente Un numero significativo di attestazioni è infatti concentrato nelle colonie di diritto romano, realtà giuridicamente estranee alle province Ovviamente, non si intende qui sostenere che si trattasse di contesti isolati, privi di interazione con il restante tessuto provinciale Tuttavia, non può che essere significativa la constatazione che la praefectura fabrum fosse stata soprattutto concessa ad abitanti di Corinto, Filippi, Antiochia di Pisidia, Alessandria Troade In questo senso, non è poi troppo sorprendente che le iscrizioni fossero generalmente redatte in latino171 La prudenza è necessaria, considerato che queste conclusioni sono frutto di una disamina relativa al materiale ad oggi pubblicato, tuttavia mi sembra evidente un legame fra la prefettura e la cultura politica più propriamente romana Ad ogni modo, in ambito provinciale, la nomina permetteva di stringere o di coltivare importanti relazioni con il centro del potere Specularmente a quanto avvenuto in Italia nel corso del I sec a C , le élites provinciali furono integrate nella struttura del consenso e nell’amministrazione romane attraverso nomine di secondaria importanza, come appunto la prefettura dei fabri Nelle province, in particolare, questa posizione poteva rivelarsi ancor più appetibile La lex Ursonensis definiva chiaramente il genere di onori che, nelle città delle province, spettavano al praefectus fabrum del governatore172 Non pochi dovettero dunque essere allettati da queste opportunità Questo è certamente il caso dei succitati prefetti d’Aquitania, come del resto di L. Cornelius Me nodorus, che aveva raggiunto il rango di eques e la cittadinanza primus ex qui in Asia habitant173 Originario di Ephesus, egli era chiaramente il primo della propria famiglia ad ottenere la cittadinanza optimo iure e forse il primo della provincia a diventare cavaliere Un membro della gens Cornelia doveva avere facilitato Menodorus in questa rapida ascesa: W Eck174 ha ipotizzato che vi potesse essere stato un legame fra Menodorus e Silla o come è in effetti più probabile che il nomen del prefetto possa essere connesso con altri Cornelii, attivi in Asia in età augustea175 Ad ogni modo, un legame di questo tenore sembra coerente con alcuni precedenti di età repubblicana: Teofane e Balbo erano stati resi cittadini e, successivamente, praefecti fabrum da Pompeo e Cesare Un’altra
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gna (1; 78; 108; 120; Inc. 52), con particolare riferimento alla Lusitania (schede 31; 60; 65; 110; 115; 138; Inc. 14; Inc. 17), mentre, per questa fase, l’Africa presenta una sola attestazione (scheda 91) Per una disamina relativa al territorio di Filippi, in larga misura fondata sull’uso del latino nel materiale iscritto, si veda Rizakis 2006 Per le colonie romane in area microasiatica è ancora essenziale Levick 1967; su Alessandria di Troade, si veda anche Laffi 2004 = 2007, pp 175–186 Si veda supra Scheda 61 Eck 1997, p 113 Potrebbe trattarsi di P. Cornelius Scipio (cos 16 a C ) e Cn. Cornelius Lentulus (cos 14 a C ), proconsoli d’Asia rispettivamente fra 10 e 3 e nel 2/1 a C (su questi nobiles, si vedano PIR2 C 1438 e 1379)
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personalità della politica urbana aveva promosso Menodorus, la cui presenza ad Efeso doveva del resto rivelarsi di grande utilità per il proconsole d’Asia La scelta di praefecti fabrum fra gli individui insediati nelle province – Italici e, in misura minore, peregrini – sembra comunque coerente con quanto visto per l’Italia I prefetti, cittadini di qualche importanza nelle rispettive colonie, erano scelti dai magistrati cum imperio sulla base di precedenti e più antichi legami fra delegante e delegato (un caso ben documentato, seppure non sempre dimostrabile) e dell’interesse reciproco Si cercherà ora di definire quali funzioni fossero loro assegnate Funzioni (?). Contrariamente all’età tardo-repubblicana, la documentazione disponibile per l’età imperiale non permette di definire nel dettaglio le funzioni attribuite ai praefecti fabrum: significative differenze con la stagione precedente non devono comunque essere esagerate Come si è detto, la competizione per le magistrature e le posizioni amministrative era mutata ed è dunque ragionevole che i prefetti avessero un ruolo meno attivo nelle strategie politiche dei rispettivi deleganti Non c’è ragione per ritenere che i compiti loro assegnati dovessero però essersi semplificati, perché il profilo della praefectura fabrum si adattava al meglio alle missioni meno prevedibili e, per questo, più delicate Senz’altro, tentando di identificare le funzioni dei prefetti, non è possibile trascurare gli effetti del declino dell’istituzione consolare Sotto un profilo puramente operativo, il consolato era senz’altro una delle vittime più illustri del Principato La pratica del consolato suffectus, in particolare, ridusse il tempo a disposizione dei consoli e, con esso, inferse un duro colpo alla stessa effettività dei loro poteri176 Al governo delle province, i praefecti fabrum potevano dare un contributo forse più tangibile L’aquinate Q. Decius Saturninus, che era stato per tre volte praefectus fabrum, ricoprì una quarta volta l’incarico in Asia: all’interno di tre dediche rinvenute nella sua città d’origine egli vantava di essere stato praef(ectus) fabr(um) i(ure) d(icundo) et sortiend(is) iudicibus in Asia177 In altre parole, un proconsole d’Asia – forse lo stesso individuo per cui era stato prefetto in una o più delle tre occasioni precedenti – lo aveva nominato prefetto dei fabri, allo scopo di servirsi delle sue competenze (non solo) giuridiche Si è detto in apertura a questo lavoro del ruolo del praefectus fabrum in ambito provinciale, quale emerge dalla lex Ursonensis: il prefetto era un delegato e rappresentante del governatore178 L’iscrizione di Saturninus conferma questo riconoscimento, dal momento che il prefetto era stato incaricato della delicata funzione iure dicundo Si deve inoltre notare che la sortitio degli iudices non poteva essere un semplice atto dovuto all’interno del processo legale La scelta degli iudices aveva sempre avuto delle conseguenze politiche e non c’è ragione per ritenere che queste fossero meno ri-
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Per l’importanza riconosciuta al consolato ordinario (collegata alla sua eponimia) in confronto a quello suffectus, si veda Eck 1991 (anche per una sintesi su questo soggetto) Scheda 69 Si veda supra
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levanti nelle comunità locali di età imperiale179 Ancora al tempo di Augusto e Tiberio, un praefectus fabrum doveva dunque districarsi fra le maglie di interessi concorrenti in un contesto complesso, in questo caso provinciale180 Come doveva essere avvenuto in Asia, nel caso di Saturninus, peregrini e cittadini dovevano essere ben consapevoli del rilievo dei praefecti fabrum nella dimensione politica delle loro comunità o di un più vasto contesto regionale Alcune iscrizioni bresciane lo dimostrano chiaramente e, al contempo, gettano qualche luce sulle competenze di un praefectus fabrum proconsulis Si tratta del summenzionato C. Silius Aviola da Brixia, che servì in Africa come tribuno nella legione III Augusta e probabilmente anche come praefectus fabrum – i due incarichi non sembrano del resto incompatibili: durante questi mandati egli strinse un patto di hospitium per sé e i propri discendenti con i decurioni e i loro discendenti della civitas Themetrensis, dei Thimiligenses, della civitas Apisa Maius e dei Siagitani181 Questo rapporto con le comunità locali potrebbe essere stato al centro del mandato di Aviola ed è significativo che fosse celebrato in quattro iscrizioni su lamina bronzea, dedicate nel 27 e nel 28 d C a Brescia E’ evidente che a questo riconoscimento Aviola e i suoi hospites dovettero dare grande importanza ed è probabile che egli avesse intrattenuto relazioni con quelle comunità non soltanto come tribuno, ma anche come prefetto dei fabri per il proconsole d’Africa Originario di Alessandria di Troade, anche Q. Lollius Fronto operò a lungo in Africa, come tribuno nella III legione Augusta e come prefetto dell’ala Numidica182 Prefetto dei fabri per tre volte, forse – almeno una volta – nella medesima provincia, egli curò il censimento di 44 comunità – sub eo civitates XXXXIIII ex provinc(ia) Africa censae sunt Sebbene questo compito possa essere stato portato a termine anche da tribuno183, non può essere escluso che Fronto avesse operato il censimento, un’attività amministrativa, ma politicamente rilevante, da praefectus fabrum184 Fatta salva la capacità del delegante di determinare gli incarichi del proprio prefetto dei fabri, questi pochi casi sembrano suggerire che, in età giulio-claudia, gli sforzi dei prefetti fossero orientati sui settori amministrativo e giudiziario Iterazioni. Si è già accennato in precedenza al fatto che alcuni individui fossero stati nominati prefetti più di una volta Uno dei criteri che B Dobson aveva suggerito
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Sul funzionamento delle corti giudiziarie nelle province, fra Repubblica e Impero, si veda la recente sintesi di J Richardson (2015, sopr p 54, a proposito degli iudices) 180 Ad avviso di B Dobson, i compiti richiesti a Saturninus “seem to be abnormal ones, perhaps carried out in place of a legate of the proconsul” Non solo non ci sono solidi elementi a supporto di questa tesi, ma, come si è visto, la stessa lex Ursonensis suggerisce un’immagine molto più impegnata della praefectura di quanto Dobson sembrasse disposto a concedere 181 Scheda 158 182 Scheda 102 183 Del fatto che i census fossero curati dai tribuni era convinto H -G Pflaum (CP, p 121) 184 Prefetti impegnati in censimenti (sebbene in altri momenti della loro carriera) sono alle schede 1 e 2
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per stabilire l’operatività di una praefectura fabrum era appunto la sua ripetizione185 In altre parole, in quella prospettiva, era certo più probabile che un prefetto dei fabri avesse davvero delle competenze, se la prefettura era stata ripetutamente concessa allo stesso individuo in più occasioni, possibilmente all’interno di una carriera non soltanto municipale In età repubblicana, una simile circostanza è testimoniata soltanto per C. Velleius, praefectus fabrum per tre volte, con diversi deleganti In effetti, si tratta di una constatazione tanto più rilevante, considerata la notevole diffusione di iterazioni della prefettura dei fabri in età giulio-claudia186 Quando alla praefectura fabrum è associata l’indicazione di un numerale – più frequentemente bis (o II, o iterum) e ter (III) – è infatti necessario stabilire se si tratti della semplice ripetizione dell’incarico o della menzione degli anni di servizio Quest’ultima ipotesi, come si è visto, autorevolmente sostenuta nel caso di C. Maenius Bassus, non sembra del tutto convincente per alcune importanti ragioni187 Ad ogni modo, all’interno dei termini del mandato del delegante, la durata di una praefectura fabrum non doveva essere stabilita con esattezza e, già in età repubblicana, essa non è mai chiaramente esplicitata Generalmente, le altre prefetture avevano del resto un mandato di durata variabile, deciso sulla base delle esigenze del delegante188 Che la durata del mandato corrispondesse ad un anno, un termine ovviamente derivato dalla tradizionale scansione dell’imperium consolare e pretorio, è tuttavia una pura deduzione Già nella Tarda Repubblica il ricorso a comandi straordinari aveva modificato sensibilmente la durata delle magistrature cum imperio Con il Principato, la pratica dei consolati suffecti aveva invece progressivamente ridotto la durata della magistratura suprema, senza che peraltro mancassero eccezioni alla lunghezza dei proconsolati e, soprattutto, delle legature propretorie Anche a questo riguardo, è dunque opportuno riferirsi alle conclusioni desumibili dai documenti della tarda età repubblicana: la praefectura fabrum poteva essere assegnata con piena discrezionalità da un magistrato cum imperio e avere una durata variabile, il cui solo limite temporale era fissato nei termini del comando magistratuale In altre parole, si poteva essere prae fecti fabrum per pochi giorni, per alcuni mesi o addirittura per più anni consecutivi, in distinte occasioni o all’interno di un unico mandato, purché ovviamente lo consentisse la scadenza dell’imperium del delegante189 Con il lessico dell’epigrafia, si potrebbe dunque affermare che C. Velleius era stato praefectus fabrum III, agli ordini di tre magistrati diversi, per un tempo difficile da 185 186 187 188 189
Dobson 1966, p 64 = 1993, p 221 Su questi casi, si vedano le schede: 1; 32; 40; 48; 55; 59; 60; 62; 63; 69; 74; 89; 94; 102; 106; 107; 117; 121; 131; 133; 135; 139; 144; 145; 166; 171; 179 Scheda 106 TLL X, 2, 609 Ancora negli anni delle guerre civili, era forse di questo genere di mandati che si era servito Pompeo Durante il suo proconsolato delle Spagne (54–49 a C ) – rivestito dalla sua residenza nel suburbio di Roma –, egli aveva infatti nominato ben tre praefecti fabrum: non ci sono elementi per affermare o negare che costoro fossero stati nominati prefetti nello stesso lasso di tempo
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definire Analogamente, in età imperiale, le iterazioni della prefettura potevano corrispondere ad altrettanti momenti, riferibili ai mandati di uno o più magistrati Se questa interpretazione è corretta, il sorprendente numerale XV, associato alla praefectura fa brum di P. Numisius P. f. Ligus da Saepinum, non si riferirebbe a quindici anni di servizio da praefectus fabrum, ma a quindici diverse nomine, da parte di uno o più magistrati, nel corso di uno o più mandati190 Opportunità di carriera. Avendo più volte affermato che la praefectura fabrum si era rivelata fin dalla Repubblica uno strumento utile per l’integrazione di personale politico e amministrativo dalle città d’Italia e delle province, è infine opportuno esaminare le opportunità di carriera che la prefettura poteva dischiudere Senz’altro, per molti individui, la praefectura fabrum costituì il solo incarico ricoperto al di fuori della dimensione più propriamente locale E’ impossibile stabilire con certezza quanto su questo dato influissero risorse oggettivamente limitate o le stesse ambizioni di quegli uomini191 Certo, a molti doveva sembrare sufficiente la possibilità di guadagnare una posizione prestigiosa nella propria realtà cittadina, dopo avere operato per qualche tempo a fianco di una personalità politica di spicco, a Roma o nelle province Lo stesso rango equestre poteva essere considerato un risultato soddisfacente, seppur non seguito da alcun incarico nell’amministrazione imperiale Sembrano dunque prevalere – anche a questo riguardo – gli elementi di continuità con l’età repubblicana: come allora, la carriera successiva alla prefettura poteva rivelarsi lunga e prestigiosa (come per Teofane di Mitilene e, soprattutto, per Cornelio Balbo) o sostanzialmente conclusa (come per Velleio) In quest’ultimo caso, è opportuno rilevare che una carriera fondamentalmente limitata all’ambito municipale non era però priva di significato politico Il controllo delle risorse umane ed economiche delle città d’Italia e delle province passava infatti da questi individui, che già al tempo di Cicerone erano più spesso attenti alla propria tranquillità che ad una più diretta partecipazione al dibattito politico del tempo – un problema che, come si è detto, lo stesso Augusto aveva cercato di affrontare192 In questo senso, la praefectura fabrum poteva certo rivelarsi uno strumento ancora utile per tentare di attrarre queste personalità a Roma, coinvolgendole nell’amministrazione dell’impero (così come nelle più tradizionali reti clientelari che lo percorrevano) Ovviamente, a molti l’ambizione ad una carriera propriamente detta non mancava Nominati prefetti dei fabri, alcuni ebbero mezzi e contatti sufficienti per raggiungere più lucrose posizioni, a partire dall’accesso all’ordine equestre, generalmente indicato
190 Scheda 117; per altri esempi di prefetture dei fabri rivestite per più di tre volte, si vedano: 59, 74, 139, 145 (quattro volte); 60 (cinque volte); 48, 106 (sei volte) 191 A proposito delle possibilità di carriera dei praefecti fabrum, R P Saller (1982, pp 132–133) aveva notato che costoro erano “hardly more successful in proceeding to higher offices than the whole group of equestrian officers” 192 Syme 1939, pp 13–14
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con la menzione del tribunato militare193 Ne è un buon esempio la carriera di Q. Decius Saturninus da Aquinum, prefetto dei fabri per tre consoli Saturninus godeva senz’altro del favore imperiale, come suggerito dalle tre prefetture quinquennali in sostituzione di Tiberio, Druso e Nerone, oltre che dal patronato della città di Aquinum, ottenuto ex auctor(itate) Ti(berii) Caesaris Augusti et permissu [e]ius194 Q. Octavius Sagitta da Supe raequum era invece uno di quei notabili a cui Augusto aveva garantito l’accesso all’ordine equestre con un tribunato a populo Dopo la prefettura dei fabri, Sagitta fu avviato ad una importante carriera procuratoria, trascorrendo quattro anni in Vindelicia, Raetia e Alpes Poeninae, dieci in Hispania e due in Syria195 Quando non testimoniato dalle mili tiae equestri, è spesso la cooptazione nelle decurie degli iudices a testimoniare il nuovo status acquisito dai prefetti: in età augustea, vantavano questa posizione L. Quinctius Babilianus da Tolentinum196, M. Stlaccius Coranus da Roma197, P. Vergilius Laurea e suo fratello P. Vergilius Paullinus da Hasta198 Si trattava di un riconoscimento che, come si è visto in età repubblicana per Velleio, era reso possibile da importanti amicizie a Roma Infine, come già alla fine della Repubblica, l’accesso degli ex-prefetti in Senato non era un fenomeno comune, ma senz’altro possibile In età augustea e tiberiana aveva avuto accesso alle magistrature curuli M’. Vibius Balbinus da Trea: egli fu quaestor, ae dilis plebis, praetor aerari(i), legato di Augusto e di Tiberio e proconsole della provincia Narbonensis, una carriera a dir poco sorprendente199 Per raggiungere questi ragguardevoli risultati, Balbinus aveva senz’altro accumulato sufficienti risorse economiche, che tuttavia non sarebbero probabilmente bastate se egli non avesse stretto solidi legami di amicitia a corte e in Senato Del resto, se pure questa carriera resta in qualche misura eccezionale, non si devono sottovalutare le possibilità di individui che erano comunque riusciti ad attrarre le attenzioni e le risorse dei magistrati cum imperio: la praefectura fabrum non procurava alcun sicuro avanzamento immediato, ma sembra aver significativamente migliorato le opportunità dei discendenti dei prefetti Il consolare D. Valerius Asiaticus (cos 35; 46 d C ) era forse il figlio o il nipote di un praefectus fabrum viennese di età augustea200; T. Iunius Montanus (cos 81 d C ) era il nipote di
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194 195 196 197 198 199 200
Non si fa qui riferimento al solo requisito economico di 400 000 sesterzi I criteri di selezione, introdotti da Augusto per l’accesso agli ordini senatorio ed equestre, comprendevano anche dignità e ascendenza familiare I poteri censori del Principe erano a questo riguardo determinanti: l’ingresso negli ordini superiori non poteva dunque avvenire senza relazioni importanti presso la corte e, comunque, nelle classi politiche urbane (a questo proposito, si vedano le considerazioni in Demougin 1988, pp 140–175) La sua carriera del resto ebbe un seguito anche a Verona, dove fu quattuorviro in absentia ed extra ordinem; su questo si veda la scheda 69 Scheda 122 Scheda 144 Scheda 162 Schede 180 e 181 Scheda 183 Scheda 21
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un prefetto di età tiberiana201 M’. Octavius Novatus fu accolto inter praetorios da Vespasiano, ma un suo antenato di epoca giulio-claudia era stato praefectus fabrum202 Il nipote del già menzionato Q. Octavius Sagitta raggiunse infine il tribunato della plebe nel 58 d C 203 Il fatto che alcune di queste funzioni, come appunto il tribunato plebeo, avessero perso molte competenze con l’avvento del Principato, non impedisce di apprezzare i progressi di queste carriere Come nelle intenzioni di Augusto, la periferia stava anzi contribuendo al funzionamento dello Stato, anche in quelle magistrature minori per cui l’élite urbana aveva smesso di competere In conclusione. A più riprese, si è qui sostenuto come, con l’avvento del Principato, nonostante un ridimensionamento della sua caratterizzazione politica e l’assenza di qualsiasi riferimento nei documenti letterari, la praefectura fabrum costituisse uno strumento ancora utile alla costruzione del consenso e alla promozione e all’integrazione di uomini e risorse Mutati i termini della competizione per le magistrature della Repubblica, l’impegno in politica non era cessato Reti di conoscenze e risorse erano ancora funzionali alla conquista di una posizione preminente: a questo riguardo, la struttura politica imperiale assicurava anzi maggiore stabilità degli ultimi decenni della Repubblica Più che in passato, la politica stava progressivamente caratterizzandosi come partecipazione all’amministrazione delle risorse (e dei problemi) dell’impero In questo contesto, la praefectura fabrum aveva perso parte delle funzioni acquisite nei decenni delle guerre civili, soprattutto come conseguenza della mutata natura dell’impegno politico delle élites e delle strategie di promozione personale Non desta dunque stupore il fatto che gli storici antichi trascurassero l’incarico nelle loro trattazioni: essi ormai vedevano nella corte la sede delle decisioni politicamente informate e negli imperatori le figure cardine di un’epoca – gli eredi dei grandi principes civitatis repubblicani L’interesse dimostrato da molte personalità delle città d’Italia e – poco per volta – delle province a raggiungere gli ordini equestre e senatorio, ad ottenere un consolato o l’amministrazione di una ricca provincia dimostravano tuttavia che l’interesse per l’attività politica non era cessato e che le reti di amicitiae e clientele e le strategie patronali tradizionali continuavano ad essere centrali per questi scopi Contrariamente agli scrittori di storia, coloro che ottennero una praefectura fabrum la trattarono come un riconoscimento di valore: così, a Ruscino, nella Narbonensis, L. Valerius L. f. Paetus poteva affermare con orgoglio di essere stato primus inter suos a divenire prefetto dei fabri di un magistrato cum imperio204 Nei decenni compresi fra l’avvento al potere di Augusto e il principato di Claudio, la praefectura fabrum fu assegnata soprattutto agli esponenti del notabilato italico e, in 201 Scheda 98 (il prefetto T. Iunius Montanus era originario di Alessandria Troade) 202 Si tratta di M’. Octavius T. f. Novatus da Segobriga (120) 203 Scheda 119; non può essere dimostrato un legame fra L. Octavius Balbus da Marruvium e gli Octavii Laenates, che, notabili della stessa città, giunsero infine in Senato 204 Scheda 174
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misura minore, delle province di più antica romanizzazione, come la Narbonensis Si trattava di uomini abbienti, spesso rilevanti nei rispettivi municipia, parte di una rete patronale che legava famiglie di rango equestre e senatorio a più umili concittadini e discendenti di liberti Se è vero che le funzioni politiche dei praefecti fabrum, quali sembrano emergere alla fine della Repubblica, erano definitivamente tramontate con l’avvento del Principato, altri aspetti, più intimamente legati al profilo della posizione non erano sostanzialmente cambiati: i praefecti fabrum non erano più agenti politici dotati di un significativo grado di autonomia, ma erano ancora personalità di rilievo dei mu nicipia e delle colonie (soprattutto d’Italia), scelti da figure apicali dell’ordinamento istituzionale E’ inoltre ragionevole che questa nomina diretta fosse ancora decisa su base fiduciaria Le linee di continuità con l’epoca precedente sono dunque prevalenti e non sembrano evidenti significative fratture, come del resto aveva in parte sostenuto lo stesso B Dobson Nella prossima sezione, si stabilirà se – come sostenuto da Dobson (e altri)205 – il principato di Claudio abbia davvero determinato un significativo mutamento nella natura dell’incarico e nel profilo di coloro che lo rivestirono 4. L’impatto del principato di Claudio sulla praefectura fabrum Claudio e le sue riforme L’influenza del principato di Claudio sul mondo militare e, in particolare, sulle carriere equestri è un fatto generalmente riconosciuto Troppo chiara è, a questo riguardo, la testimonianza di Svetonio, secondo il quale non soltanto il Principe alterò l’ordine degli incarichi equestri, ma creò nuove posizioni, alcune puramente formali – militiae imaginariae, non una novità, considerato il carattere spesso non operativo dello stesso tribunato militare206 Evidentemente, al tempo di Claudio, la necessità di gestire molteplici strumenti di patronato e promozione era ancora chiaramente avvertita Generalmente, si ritiene che gli interventi del Principe avessero segnato un momento importante nella definizione di carriere militari propriamente dette e nella parallela strutturazione di un cursus regolare per gli equites – di fatto, un percorso che, dopo le tres
205 Dobson 1966, pp 77–78 = 1993, pp 234–235; Demougin 1988, pp 383–385; Cerva 2000, pp 184– 187 206 Suet Claud 25, 1: equestris militias ita ordinavit, ut post cohortem alam, post alam tribunatum legionis daret; stipendiaque instituit et imaginariae militiae genus, quod vocatur supra numerum quo absentes et titulo tenus fungerentur. La possibilità che alcuni tribunati fossero puramente formali, come sostenuto soprattutto per gli equites anche in Demougin 1988, sopr pp 297–298, deve essere considerata con prudenza: specialmente nel caso dei giovani senatori, A R Birley (2000, pp 116–117) ha in effetti suggerito che il tribunato laticlavio debba essere considerato una reale esperienza formativa, all’interno di un ambiente in cui scarseggiavano le occasioni di apprendere direttamente i rudimenti dell’arte militare
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militiae, li conducesse al servizio dell’amministrazione imperiale207 Secondo B Dobson, anche la praefectura fabrum sarebbe stata interessata dagli interventi di Claudio: a quel tempo, il principe avrebbe sostanzialmente privato l’incarico di competenze operative, ovvero militari In effetti, in quel tempo, l’attenzione programmaticamente dedicata dall’imperatore all’esercito208 aveva determinato uno sviluppo importante Per i primipili era stata concepita una nuova posizione: la praefectura castrorum, probabilmente connessa con l’organizzazione e l’approvvigionamento degli accampamenti legionari, rappresentava il vertice di una carriera propriamente militare La praefectura castrorum parificava questi individui agli ufficiali di rango equestre e senatorio delle legioni Sembra un fatto significativo che una posizione forse inferiore soltanto a quella del legato di legione fosse concessa ad individui, che, per servizio e interessi, erano tanto legati all’imperatore209 Il fatto che, dopo Claudio – con poche eccezioni210 – non siano attestati primipili fra i praefecti fabrum non può che essere collegato con l’intervento imperiale Non sembra però immediatamente conseguente che questo fenomeno possa essere spiegato con la sottrazione di qualsiasi funzione operativa alla prefettura stessa Non è possibile stabilire se per i primipili essa non fosse più percepita come una posizione appetibile, ma senz’altro alcune considerazioni sconsigliavano di nominare prefetti i primipilari Da quel momento, la prefettura dei fabri rimase totale appannaggio dei cavalieri e dei domi nobiles, e non è improbabile che il fine di questo (supposto) provvedimento claudiano fosse appunto questo: delimitare la platea dei possibili beneficiari, fino a questo momento molto vasta Ai primipili erano del resto destinate altre opportunità Dal momento che, potenzialmente, al primipilato potevano aspirare tutti i centurioni e, dunque, tutti i legionari, è chiaro che i primipilares costituivano un segmento molto particolare della società Ricchi a sufficienza per garantirsi l’accesso all’ordine equestre, è raro che vi giungessero effettivamente, soprattutto dopo le riforme di Claudio Essi erano parte di un gruppo in qualche modo a sé stante, leale all’imperatore, al cui servizio essi dovevano tutto Non è anzi escluso che con questi provvedimenti si intendesse limitare le possibilità patronali di terzi a beneficio di questi individui D’altra parte, avendo strutturato una (più) ordinata carriera militare, il principe aveva in qualche modo fatto spazio per nuove nomine Si è già fatto cenno all’attenzione dedicata da Claudio a questo problema, nel passo di Svetonio citato in apertura a questo capitolo
207 Demougin 1988, pp 293–294 208 Sull’interesse di Claudio per il mondo militare, oltre che per una sintesi sui suoi interventi, si veda Thomas 2004 209 B Dobson (PP, p 117–20; 2000, p 151) ha messo bene in luce le ragioni del successo dei primipilari nella società, tutto determinato dal servizio all’imperatore, per il quale essi nutrivano un rapporto di solida lealtà personale 210 Schede 189, 191?, 219 (età flavia); 279 (prima metà II sec d C )
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Dal momento che, ad avviso di Dobson, le competenze della prefettura dei fabri “militare” erano le più autenticamente pratiche211, occorre a questo punto precisare uno sviluppo a cui la praefectura fabrum dovette progressivamente andare incontro Se quanto si è fin qui sostenuto è corretto e se Claudio aveva effettivamente tracciato una linea di demarcazione più precisa fra carriere propriamente militari e altre fondamentalmente amministrative, la praefectura fabrum – pur connessa in modo significativo all’imperium dei magistrati deleganti (un potere anche militare) – doveva però appartenere alle seconde Questa progressiva “civilizzazione” era del resto uno sviluppo coerente con le stesse magistrature cum imperio Trascurando pretura e consolato, da tempo ormai prive di significative competenze militari, e tenendo a mente che il legame fra ordine senatorio e comando delle legioni fu reciso solo molto più tardi, al tempo di Gallieno, il rapporto fra magistrature e promagistrature tradizionali e mondo militare divenne infatti progressivamente più labile In effetti, nonostante gli importanti comandi a disposizione dei legati propretorii, è evidente la sempre più diffusa presenza di individui insigniti di rilevanti forze militari e incaricati di operazioni militari su vasta scala, indipendentemente dalla funzione promagistratuale rivestita: Aulo Plauzio (cos. suff. 29 d C ), alla testa della campagna britannica di Claudio, Corbulone (cos 39 d C ) e Vespasiano (cos. suff. 51 d C ), inviati in Oriente da Nerone Comunque membri dell’ordine senatorio, essi erano stati posti a capo di importanti teatri operativi per capacità e opportunità politica212 Per quanto riguarda i governatori delle province del Principe e del popolo, dopo le campagne germaniche e pannoniche di età augustea e tiberiana, operazioni di conquista di vasta portata divennero sempre meno loro competenza Ovviamente, gli incarichi cum imperio e, in special modo, le promagistrature non perdevano le proprie responsabilità militari, ma a ridursi era la possibilità che i governatori potessero muovere guerra sulla base di iniziative personali, in qualche modo piegando la politica estera imperiale In un certo senso, per i membri dell’ordine senatorio, l’interesse o la possibilità di intraprendere un’attiva carriera militare non era venuta meno213, si erano invece ridotte le possibilità che il governatore di una
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Si è già accennato alla convinzione di Dobson che esistessero più prefetture e l’interesse che egli dedicava a “quella rivestita dai militari” sembrava attribuire ad essa un carattere di effettività, assente nelle “altre”, rivestite da domi nobiles o cavalieri all’inizio della propria carriera (cfr Dobson 1966, sopr pp 62 e 65 = 1993, pp 219 e 222; obiezioni a questo approccio in Cafaro 2017) Non c’è bisogno di un’analisi di dettaglio Basti qui rammentare che Nerone aveva assegnato a Vespasiano il comando di ben tre legioni sulla base di competenze militari riconosciute, natali in qualche modo oscuri se confrontati a quelli della nobilitas tradizionale e influenti amicizie (Suet Vesp 4; cfr Levick 1999, pp 24–29) Il suo rapporto con C. Licinius Mucianus (cos 65, 70, 72 d C ), legatus Augusti per la provincia di Syria, forse congiunto a Corbulone, ebbe senz’altro un ruolo essenziale nell’ascesa al trono di Vespasiano (sul ruolo di Mucianus nella provincia – marginale sotto un profilo strettamente militare – e la sua relazione con Vespasiano, si veda Levick 1999, pp 43–64) Sull’impegno dei senatori e dei loro figli nell’ambito militare, si veda Birley 2000
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provincia riuscisse a guadagnare fama militare sulla base di iniziative personali214 La praefectura fabrum non poteva che seguire lo sviluppo di quelle stesse magistrature a cui era tanto strettamente collegata, benché ciò non implicasse affatto il completo svuotamento delle sue competenze In particolare, un impegno nella sfera giudiziaria e amministrativa, talvolta attestato nel materiale documentario215, non era strettamente collegato all’ambito militare ed è discutibile che potesse essere sottratto ai prefetti in seguito agli interventi di Claudio Claudio e l’ordine equestre. Ribadita l’effettività della prefettura dei fabri al di fuori dell’ambito militare, è vero che un mutamento nel profilo di coloro che rivestirono l’incarico è stato sovente connesso agli interventi promossi dall’imperatore sulle carriere equestri216 Benché l’ordine degli incarichi introdotto da Claudio – prefettura di coorte-prefettura d’ala-tribunato militare – fosse già stravolto in età neroniana, l’inserimento della prefettura di coorte all’interno di una serie stabile di militiae e la strutturazione della carriera dei primipilari costituirono, in questo ambito, il lascito più importante del Principe217 Quale fosse l’effetto di questi interventi sulla praefectura fabrum è meno chiaro L’osservazione di B Dobson che, a partire da quest’epoca, la praefectura fabrum fu assegnata a giovani cavalieri, al principio della propria carriera, o a uomini dei municipia, privi di vera e propria esperienza militare, può essere solo in parte accettata S Demougin ha seguito la tesi di Dobson, datando anzi alcune iscrizioni proprio sulla base della posizione occupata dalla praefectura fabrum all’interno dei cursus iscritti Si è già detto dei limiti e dei rischi di questo approccio E’ più corretto sostenere che la posizione fosse tendenzialmente ricoperta prima degli incarichi equestri – generalmente prima delle militiae Sostanzialmente, non è possibile invece stabilire significative differenze fra cavalieri e domi nobiles, né sostenere che i secondi,
214 La gestione delle operazioni di Cornelio Gallo nell’Alto Egitto e in Nubia, in parte senz’altro concordate con Roma, concorsero con ogni probabilità ad accrescere il risentimento dei senatori nei suoi confronti e, forse, a minarne il favore presso il Principe stesso 215 Su questo, si veda sopr scheda 69 216 M Cerva (2000, pp 184–191) ha sostenuto che questa riforma delle carriere equestri abbia avuto importanti effetti sulla prefettura: a suo parere, se Dobson aveva dimostrato che Claudio aveva estromesso la praefectura fabrum dalla serie degli incarichi equestri (ivi, p 187), non è lecito supporre che, anche in precedenza, in assenza del tribunato o di altre militiae, si possa con certezza affermare che il rango equestre fosse un prerequisito per essere nominati prefetti dei fabri Per la verità, Dobson (1966, pp 78–78 – per le sue conclusioni) non aveva affatto incluso la prefettura fra le militiae equestri Ad ogni modo, non ci sono sufficienti elementi per ritenere che, anche prima di Claudio, la prefettura fosse considerata assimilabile alle militiae equestri o fosse riservata agli equites 217 In generale, uno dei principali limiti della carriera equestre è che ad essa mancava una scansione garantita dalla successione di precisi incarichi, assimilabile a quella del cursus senatorio (Marcone 2015, p 165) Più specificamente, prima del principato di Claudio, la prefettura di coorte, pur molto diffusa, non è attestata sistematicamente in apertura ad una serie prevedibile di milizie equestri A partire dal principato di Nerone, la prefettura d’ala tornò ad essere l’ultimo degli incarichi di questa serie, come già era avvenuto prima di Claudio (Demougin 1988, pp 293–298, sopr p 294)
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al contrario dei primi, fossero per qualche ragione militarmente incompetenti Ad ogni modo, sulla base di queste tesi è stato generalmente concluso che, con Claudio, il declino della praefectura fabrum fosse ufficialmente cominciato, come sembrava dimostrare la giovane età a cui alcuni individui avevano ottenuto la prefettura fra la fine dell’età giulio-claudia e il II secolo d C 218 Si è più volte ribadito che lo scopo di questo studio non sia di determinare le funzioni e il grado di operatività della praefectura fabrum, quanto piuttosto di individuarne il ruolo nel contesto politico, sociale ed economico in cui è attestata In questa prospettiva, la presenza dell’incarico per tutto il II sec d C e fino all’età severiana non sembra però restituire l’immagine di un relitto istituzionale In altre parole, la praefectura fabrum aveva ancora una sua riconosciuta utilità, indipendentemente dalle competenze che ad essa erano affidate e che, tuttavia, dipendenti dal volere dei magistrati deleganti, non possono essere definite con certezza Del resto, altri elementi dimostrano la vitalità dell’incarico e la sua funzionalità durante il regno degli ultimi imperatori giulio-claudi e saranno qui rapidamente esaminati: l’utilizzo che lo stesso Claudio fece della prefettura e il profilo degli individui che giunsero all’incarico durante il suo principato e quello di Nerone Le deleghe di Claudio. Nonostante Claudio fosse noto per i suoi interessi antiquari e per una formidabile conoscenza della cultura storica e istituzionale di Roma, servendosi della praefectura fabrum egli stava dunque utilizzando uno strumento ancora molto comune Fra i suoi predecessori, anche Augusto e Tiberio vi avevano del resto fatto ricorso Rispetto al passato, si può anzi affermare che i quattro prefetti nominati da Claudio abbiano goduto di una certa notorietà, in antico e presso la ricerca moderna Si tratta di Ti. Claudius Balbillus, Glitius Barbarus, M. Obultronius Cultellus e C. Stertinius Xenophon219 Secondo B Dobson, essi sarebbero stati tutti nominati prae fecti fabrum in occasione della campagna britannica dell’imperatore, che per Claudio durò in effetti appena due settimane e, con l’eccezione di Barbarus, si sarebbe trattato per tutti di una semplice sinecura220 S Demougin ha invece proposto di riferire la nomina di ciascun prefetto a quattro momenti diversi: in occasione di tre consolati del principe e della campagna britannica221 Quest’ultima tesi dipende forse eccessivamente dall’idea che un solo praefectus fabrum fosse nominato nel corso di un mandato magistratuale e per una durata pari a quella del mandato stesso – un’argomentazione
In età giulio-claudia, Burrenus Firmus (37), scomparso ad appena vent’anni, aveva già rivestito una praefectura fabrum (CIL III, 646) e non doveva essere molto più vecchio T. Iulius T. Iuli f. Lentinus (93; AE 1953, 56) Il fenomeno sembra più evidente nel corso del II sec d C : il praefectus fabrum L. Clodius L. f. Pius Marian(us) (273) morì all’età di otto anni (CIL IX, 223 – fine I–II sec d C ); quando scomparve a sedici anni, Ti. Claudius Liberalis Aebutianus (271) era già cavaliere e prae fectus fabrum (CIL VI, 3512 = InscrIt IV 1, 155 – II sec d C ); alla stessa età, anche C. Decrius C. f. C. n. Crispus (278) aveva ottenuto una prefettura dei fabri (CIL IX, 2646 – II sec d C ) 219 Su costoro, si vedano rispettivamente le schede 53; 84; 118; 161 220 Dobson 1966, pp 72–73 = 1993, pp 229–230 221 Demougin 1988, pp 382–385
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che, come si è già visto, non trova solidi supporti222 La proposta di Demougin ha tuttavia il pregio di tentare di contestualizzare le singole nomine dell’imperatore E’ in effetti probabile che Claudio avesse nominato Cultellus in occasione di uno dei suoi consolati (nel 43, nel 47, o nel 51 d C ), dal momento che nessun riferimento all’ambito militare o alla stessa campagna britannica compare nelle iscrizioni che ne attestano il cursus Il duovirato di Cultellus a Casinum suggerisce una solida posizione in città, ma, come già in passato, i suoi discendenti disposero di maggiori opportunità se a lui può essere collegato il quaestor aerarii Obultronius, ucciso a Roma nel 68 d C 223 Più noti e ragionevolmente coinvolti nella spedizione in Britannia sono: Balbillus, figlio di Thrasyllus, filosofo e astrologo di Tiberio, nominato tribuno nella legione XX Valeria Victrix224; Xenophon, uomo forte di Cos, medico personale dell’imperatore (e di buona parte dell’élite urbana); il primipilare Barbarus, la cui esperienza militare dovette essere utile al Principe, che poteva così fare affidamento su di un collaboratore competente, al di fuori dell’ambiente senatorio225 Balbillus e Barbarus erano indubbiamente validi candidati per il ruolo di praefecti fabrum, ma anche il medico Xenophon aveva ottimi requisiti per essere considerato un uomo di fiducia del Principe226 Il profilo di ciascuno dei quattro sembra coerente con quello di altri prefetti attestati: uomini talvolta di rango equestre, eminenti nelle loro città d’origine, congiunti al delegante da una relazione fiduciaria, che – considerata la posizione di Claudio – non poteva che essere anche patronale La prefettura dava a tutti costoro un riconoscimento ufficiale, forse finalizzato ad un unico compito o all’intera campagna britannica227 Ad ogni modo, mi pare significativo che Claudio – al quale certo non difettavano le risorse per concedere incarichi ufficiali, né ragioni per accogliere confidenti all’interno del proprio consilium, senza alcuna copertura istituzionale – utilizzò questo strumento per servirsi delle compe222 I tre prefetti dei fabri nominati da Pompeo, proconsole delle Spagne, dimostrano chiaramente come non vi fossero chiari vincoli a questo proposito (cfr supra) 223 La conoscenza diretta del principe lo rendeva ovviamente qualcosa di più che un semplice domi nobilis 224 La legione fu impiegata in Britannia, durante l’invasione; Balbillus avrebbe potuto essere nominato prefetto nell’anno precedente, durante la preparazione dell’attacco, o nel corso della campagna stessa Che suo padre Thrasyllus avesse ottenuto la cittadinanza da Tiberio è una buona dimostrazione del legame esistente fra la famiglia del prefetto e la gens Claudia 225 Per una recente prospettiva dedicata al principato di Claudio si veda Osgood 2011, sopr pp 256– 259 226 E’ senz’altro significativo (e in qualche misura ironico) che sulla lealtà del medico dell’imperatore si possa ancora discutere, come al tempo della sua stessa morte; su Xenophon e sui sospetti che aleggiarono sulla sua persona, si veda Osgood 2011, pp 242–245 227 La ricompensa per ciascuno implicò senz’altro un’accresciuta posizione personale A questo riguardo, sembra significativo che il nipote del primipilare Barbarus, Q. Glitius Atilius Agricola, raggiunse il consolato nel 97 e nel 103 e, successivamente, la praefectura Urbi In altre parole, il nipote di un soldato di professione aveva raggiunto i vertici della struttura politica imperiale In questo, il ruolo della prefettura di Barbarus non deve essere sovrastimato e, tuttavia, la familiarità con Claudio, assicurata dall’incarico, non poteva che giovare alle possibilità della famiglia (nel dettaglio, si veda la scheda 84)
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tenze e delle risorse di figure che egli riteneva lealmente devote Se dunque davvero gli interventi di Claudio determinarono l’inizio della decadenza per la praefectura fabrum, questo sviluppo non fu certo previsto dall’imperatore, che si servì di quella nomina come i suoi predecessori e il complesso dell’élite senatoria E’ probabile che lo stesso Nerone si sia servito del resto della prefettura dei fabri Anche l’eques romano M. Ofasius Firmus Marus Cornelius Cossinus, amico del Principe, ottenne infatti una praefectura fabrum: fatta eccezione per un periodo da tribuno in Britannia, egli si accontentò tuttavia di una carriera a Velitrae, poco distante da Roma e dal suo potente patrono228 In questo caso, l’incarico era stato soprattutto un riconoscimento di carattere personale: non sembra infatti che Cossinus avesse preso parte all’attività di governo E’ però significativo che Nerone ancora si servisse di questa nomina per fini che, in effetti, erano già ben attestati fin dalla piena Repubblica Ad ogni modo, il successo dell’incarico in questa fase non è dimostrato solo dalle deleghe degli imperatori: esclusi Cossinus e i quattro prefetti di Claudio, non meno di 32 attestazioni sono con buona sicurezza riferibili ai principati di Claudio e Nerone229 Il profilo dei prefetti: continuità o rottura? Come prevedibile, fra questi individui non è possibile individuare alcun primipilare o soldato di professione Ben 18 fra costoro rivestirono una o più militiae equestri, segno di un accesso all’ordine equestre230, ma per 12 l’acquisizione del rango di eques non è verificabile In questo non sembra dunque vi sia stato uno scarto significativo rispetto all’epoca precedente al principato di Claudio: il rango equestre non costituiva un requisito per la nomina, né un compenso assicurato al termine dell’incarico Più rilevanti ai fini di questo lavoro sono invece le magistrature municipali Quando presenti, queste posizioni comprendono quasi sempre la menzione della magistratura suprema (spesso iure dicundo)231 e l’aspetto locale non è in questo caso di poca importanza Si è visto come il rilievo dato alla dimensione locale fosse sempre stato uno degli elementi più ricorrenti fra i prefetti dei fabri Così, a Sulmo, il cavaliere P. Ovidius Ventrio celebrava i funerali pubblici che gli erano stati ufficialmente decretati: era la prima volta che questo onore era assicurato ad un cittadino di quella comunità232 Ancora, due iscrizioni dimostrano come esperienze vissute al di fuori delle città d’origine potessero inserirsi all’interno di veri e propri programmi di auto-promozione locale: ad Uxama, come si è visto, era stato addirittura un pretorio, [Ma]mius Murrius Umber, ad onorare quello che forse era stato il suo praefectus fabrum, M. Magius Anti
228 Per l’identificazione di Cossinus con il cavaliere amico di Nerone, si veda la scheda 123 229 Cfr schede 1; 16; 22; 27; 34; 39; 42; 43; 50; 52; 54; 55; 56; 57; 82?; 86; 89; 94; 95; 103; 110; 123?; 130; 138; 143; 150?; 161; 162; 168; 170; 171; 177 230 Cfr schede 1; 22; 34; 42; 43; 55; 57; 86; 89; 94; 95; 110; 112; 162; 164; 168; 171; 177; si veda anche scheda 56, in cui è fatto esplicito riferimento all’equus publicus 231 Per questo si rinvia alle schede 16; 39; 42; 43; 45; 50; 55; 56; 57; 86; 130; 138; 168 232 Scheda 127
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quus233; a Mantua, Sex. Caecilius Senecio fu l’oggetto di una dedica da parte di cavalieri ausiliari iberici, che aveva comandato da prefetto d’ala234 Un fenomeno simile non era nuovo ed è già riscontrabile, prima del principato di Claudio, a Brixia, dove C. Meffius Saxo fu onorato dalla cohors Carietum et Veniesum, di cui era probabilmente stato il prefetto235 Anche per questo, la menzione di una praefectura fabrum consulis o Romae, pur se priva dell’indicazione onomastica del magistrato, deve essere intesa come il vanto di un’esperienza nelle istituzioni centrali, a vantaggio della posizione goduta nella dimensione locale236 Quest’ultima era del resto, per molti, la sede naturale delle proprie aspirazioni, anche quando i mezzi per una carriera più estesa non mancavano: a Comum, L. Calpurnius L. f. Fabatus si limitò alle militiae equestri, preferendo una posizione di assoluta preminenza nella sua città natale237 Quanto alla sua ricchezza, non sorprende il fatto che le proprietà di Fabatus, documentate dall’epistolario di Plinio, che ne aveva sposato la nipote, comprendessero importanti beni fondiari ad Ameria e in Campania La concessione di una praefectura fabrum non assicurava dunque l’accesso a posizioni eminenti dell’amministrazione imperiale o allo stesso rango equestre, ma poteva favorire questi avanzamenti Quando questo accadeva, si deve chiaramente supporre l’intervento di rilevanti amicitiae presso l’élite urbana o la stessa corte238, ma è significativo che, generalmente, queste carriere fossero iscritte su monumenti eretti nelle città d’origine o in corrispondenza di località ad esse collegate Del resto, la menzione di incarichi equestri e/o dell’amministrazione imperiale non aveva mai oscurato la presentazione delle posizioni locali Negli anni compresi fra i regni di Tiberio e Claudio, Sp. Turranius L. f. Sp. n. Proculus, membro dell’ordine equestre e prefetto dei curato res alvei Tiberis, non mancò di vantare le importanti funzioni rivestite a Lavinium in due distinte iscrizioni, una laviniate e l’altra pompeiana239 In età neroniana, L. Titinius L. f. Glaucus Lucretianus poté vantare una praefectura fabrum consulis, due tribunati, una prefettura pro legato alle Isole Baleari, ma non dimenticò di menzionare tutti gli incarichi rivestiti nella natia Luni, fra cui si contavano quattro duovirati e la quinquennalità,
Scheda 108 Scheda 42 Scheda 113 Per questi casi in età claudia, si vedano le schede 52; 75; 168 Scheda 43 Come si è visto, al tempo di Nerone, C. Iulius C. f. Montanus (95) ascese dal rango equestre e dalla praefectura fabrum all’ordine senatorio Montanus riuscì addirittura a vincere le elezioni per la questura del 57 d C : la sua carriera dimostra chiaramente l’esistenza di importanti risorse e vincoli all’interno dell’élite urbana Negli stessi anni, il messinese L. Baebius L. f. Iuncinus (34) passò dalla prefettura dei fabri all’ordine equestre e, successivamente, dalla praefectura vehiculorum al rango di iuridicus d’Egitto 239 Il ruolo di mediazione ricoperto da Turranius nel rapporto fra la comunità di Lavinium e Roma è chiaramente specificato nell’iscrizione; per i dettagli, si veda la scheda 171
233 234 235 236 237 238
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eccezionalmente concessa per intervento dell’imperatore – primus creatus beneficio divi Claudii240 Una sintesi. In conclusione, se è vero che gli interventi di Claudio implicarono una serie di tangibili mutamenti nelle carriere equestri e in quelle militari, le conseguenze per la praefectura fabrum furono in effetti limitate Di fatto, la principale e più duratura di queste fu l’esclusione dalla prefettura di coloro che, con qualche forzatura, potrebbero essere definiti militari di professione Le ragioni di questo sviluppo non sono chiaramente identificabili, ma sembrano collegate agli interventi che Claudio e la sua corte operarono sulle carriere dei primipili: a costoro, che già offrivano un contributo importante alla stabilità dell’impero erano destinate posizioni più specifiche (e forse adeguate) della praefectura fabrum Del resto, non sussistono elementi per supporre che questo implicasse la cessazione di qualsiasi funzionalità pratica dell’incarico L’operatività della praefectura fabrum non era necessariamente correlata all’ambito propriamente militare, quanto più alle molteplici competenze relative all’imperium dei magistrati deleganti Anche la successione ordinata delle tre militiae equestri è stata da tempo attribuita al principato di Claudio Sembra che, almeno per quel che concerneva gli equites, la praefectura fabrum fosse ora generalmente considerata una posizione di apertura del cursus, da ricoprire prima dei comandi militari Questo sviluppo sembra abbastanza comprensibile, in linea con quello che era del resto l’intento di Claudio: sistematizzare la progressione individuale attraverso una serie ragionevolmente prevedibile di incarichi In questo senso, la praefectura fabrum poteva senz’altro trovare collocazione all’inizio di una carriera Da sempre affidata sulla base delle esigenze dei magistrati cum imperio a individui di loro fiducia, indipendentemente dal fatto che possedessero il rango equestre, questa posizione aveva rivelato un carattere fortemente dinamico e adattabile Importante posizione della scena politica tardo-repubblicana, essa conservò in età giulio-claudia la funzione di strumento patronale, politicamente rilevante – quantomeno nelle comunità locali La prefettura aveva svolto una funzione essenziale nell’integrazione delle migliori forze d’Italia alla struttura politica e amministrativa dello Stato centrale Durante il regno degli ultimi eredi di Augusto, la praefectura fa brum non aveva perso questa sua funzione essenziale e sembra sia anzi stata utilizzata per attrarre personalità dalle province – non più cittadini di origine italica, ma figli di peregrini, talvolta solo recentemente romanizzati241 Un esempio fra gli altri è quello di Ti. Claudius P. f. Fab. Dinippus da Corinto, probabilmente figlio di un Greco a cui la cittadinanza era stata concessa al tempo (e forse per intervento) di Claudio242 Dinippo
240 Scheda 168 241 Per queste biografie, si vedano le schede: 52; 54; 55; 90; 110; 137; 161 (per altri provinciali, per i quali non è possibile definire la data di acquisizione della cittadinanza, cfr anche le schede 1; 34) 242 Scheda 55
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rivestì in città tutte le magistrature e i sacerdozi, limitando ad un mandato da tribuno in Spagna la sua carriera nelle istituzioni centrali E’ dunque ancor più significativo che egli avesse ottenuto per tre volte la praefectura fabrum: in provincia o a Roma, di uomini come Dinippo si avvertiva senz’altro l’utilità Gli interventi di Claudio non avevano dunque modificato sostanzialmente la natura dell’incarico e certo non ne era stata ridimensionata l’importanza, considerato che lo stesso imperatore se ne era servito alla vigilia della campagna britannica, un momento fondamentale nella strategia politica e comunicativa di un Principe insediatosi in maniera non propriamente ortodossa Soprattutto, il profilo dei prefetti dei fabri attestati dimostra come, a questo riguardo, la politica imperiale non avesse apportato alcun significativo mutamento Come constatato da S Demougin a proposito delle posizioni apparitorie, si trattava di incarichi a cui potevano accedere cavalieri e non: con una solida gerarchia interna, tutti coloro che erano dotati di sufficienti risorse – economiche e patronali – avevano la possibilità di raggiungere una posizione remunerata, rivestita nel centro del potere politico Un notevole incentivo doveva essere costituito però dalla possibilità di far parte di un gruppo in cui erano ben presenti anche gli equi tes In altre parole, pur non permettendo l’appropriazione degli ornamenta equestri, la posizione consentiva loro di vantare una posizione comune ad altri equites e, in un certo senso, all’ordine nel suo complesso Pur priva dell’organizzazione complessa e delle mansioni specifiche degli apparitores, la praefectura fabrum poteva rappresentare un indicatore di competenza, ricchezza, posizione Spesso privi dell’anello d’oro e del cavallo pubblico, i domi nobiles ottenevano grazie alla nomina a praefecti fabrum il riconoscimento di un’autorità politica di prima grandezza, un’esperienza (anche breve) al di fuori della propria comunità, probabilmente un compenso economico e, soprattutto, una posizione che in qualche modo li poneva a fianco dei cavalieri Importanti amicizie potevano poi effettivamente procurare l’accesso nell’ordine equestre, ma non si trattava di una prospettiva certa A molti era del resto sufficiente lo status di cui godevano nelle rispettive comunità: figli e nipoti avrebbero avuto maggiori opportunità In tutto ciò, gli interventi di Claudio non avevano in alcun modo segnato una netta discontinuità col passato
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“The province strikes back”243? La praefectura fabrum al tempo dei Flavi 5. Crollo di una dinastia, stabilità di un sistema La fine di una dinastia, l’inizio di un’altra. Accingendosi a trattare l’epoca degli imperatori “creati al di fuori di Roma”, C Wells menzionava un episodio notevole della vita di Nerone, noto grazie alla trattazione (più o meno attendibile) di Tacito: al Principe che gli ordinava di inviare un manipolo di pretoriani ad uccidere la madre Agrippina, sembra che Burro avesse risposto di non poter garantire che i propri soldati avrebbero obbedito, perché la loro devozione era estesa all’intera dinastia dei Cesari244 Indipendentemente dalla possibilità che si tratti di una finzione letteraria, si direbbe che fosse dunque stato necessario “un Nerone” per determinare il definitivo distacco fra l’esercito e l’imperatore, consumatosi nel 68 d C 245 Più pragmaticamente, nel biennio 68–69, molte delle contraddizioni della struttura istituzionale del Principato erano venute alla luce Non solo gli imperatori potevano essere acclamati al di fuori di Roma, ma – per le note vicissitudini della famiglia imperiale (pressoché estinta) – dovevano essere scelti al di fuori della linea dinastica di Cesare e Augusto Se già non era avvenuto prima, i quattro imperatori e, soprattutto, la nuova dinastia flavia determinarono immediatamente un significativo passaggio rispetto alla prassi amministrativa precedente: le ricchezze private dei Cesari – il loro patrimonium – passavano a pieno titolo al loro successore e si legavano ora alla funzione imperiale246 In un certo senso, questo sviluppo astraeva e istituzionalizzava la stessa persona del Principe, un passaggio meno appariscente, ma forse più significativo della stessa lex de imperio, con cui a Vespasiano erano stati concessi tutti i poteri dei suoi predecessori247 Come in passato, la solidità del potere imperiale poggiava però soprattutto su quella rete di amicitiae e clientele che si dimostrarono più resistenti della stessa dinastia giulio-claudia Gli elementi di crisi, evidenziati nel corso del biennio 68–69, sono ben noti 243 Forsén, Salmeri 2008 244 Tac Ann XIV, 7: ille praetorianos toti Caesarum domui obstrictos memoresque Germanici nihil adver sus progeniem eius atrox ausuros respondit; cfr Wells 1984, p 165 245 M Pani (1991, pp 248–252) individuò in un’involuzione della corte neroniana e del “principato gentilizio” gli elementi all’origine della “fronda” contro Nerone, che coinvolse esercito, senatori – italici e provinciali – e cavalieri Indipendentemente da questo giudizio, forse eccessivamente assertivo, il distacco fra corte neroniana e classi di governo deve aver determinato le condizioni ideali per gli eventi del 68 d C 246 Lo Cascio 2009, p 324 247 Tac Hist IV, 3, 3: Romae senatus cuncta principibus solita Vespasiano decernit; sulla lex de imperio Vespasiani, si vedano Mantovani 2009 e i contributi contenuti in Capogrossi Colognesi, Tassi Scandone 2009
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e non c’è ragione per riprenderli nel dettaglio in questa sede248; una breve trattazione di alcuni episodi sarà però funzionale alla ricostruzione di parte del contesto e al commento delle attestazioni della stessa praefectura fabrum in quella delicata fase politica Un contesto stabile? Avendo più volte ribadito la solidità della struttura politica imperiale, è innanzitutto lecito interrogarsi sull’effettiva stabilità di quel contesto, soprattutto in relazione ai rapporti esistenti fra élites italiche e provinciali Non è troppo sorprendente che il grande protagonista dell’anno 68 fosse stato un Italico, nonché membro dell’ordine senatorio: Galba (cos 33 d C ), governatore della Tarraconensis, membro di una antica e prestigiosa famiglia urbana, doveva essere sembrato il più degno candidato alla successione249 Meno prevedibile (?) era il fatto che fosse stata la Gallia ad aver dato dimostrazione di un’inattesa pericolosità250 Ad appena tre anni dalla congiura pisoniana, Nerone, padrone dei più rilevanti strumenti del patronato e signore delle legioni, aveva visto sollevarsi province da tempo pacificate, le cui élites erano ormai pienamente integrate nella struttura politica e amministrativa dell’impero C. Iulius Vindex era membro di un’importante famiglia aquitana, ascesa all’ordine senatorio al tempo di Claudio251 Legatus Augusti pro praetore della Gallia Lugdunen sis, dette inizio alla rivolta dalla provincia che gli era stata affidata252 La convocazione delle élites gallo-romane nella sede dell’Altare delle Tre Gallie, che tanta parte aveva avuto nel processo di provincializzazione di quelle terre, non fu senz’altro casuale Il giuramento e l’invito a prendere il potere, rivolto a Galba, non furono senz’altro proposte estemporanee: troppo lavoro era richiesto perché quell’importante operazione politica si realizzasse con successo Certo, il fatto che i ribelli si servissero di un linguaggio e di strumenti tipicamente romani documenta il più che soddisfacente livello di integrazione delle élites provinciali: dopotutto, Vindex era un Aquitano e un senatore L’operazione che si intestò è tuttavia di grande rilievo, perché, se da una parte dimostrava la solidità del legame che Vindex aveva continuato ad alimentare con le élites aquitane e, più in generale, galliche, dall’altra metteva in luce alcuni foschi avvertimenti per il “centro del potere” a Roma Amato dalla plebs urbana, Nerone non era evidentemente riuscito a conservare la stima del notabilato delle province, di quei 248 All’interno dell’ampia bibliografia dedicata alla dinastia flavia, si segnalano in questa sede Levick 1999 e i contributi contenuti in Boyle, Dominik 2003; Coarelli 2009; Capogrossi Colognesi, Tassi Scandone 2012 249 Suet Galb 2: Neroni Galba successit nullo gradu contingens Caesarum domum, sed haud dubie nobi lissimus magnaque et vetere prosapia, ut qui statuarum titulis pronepotem se Quinti Catuli Capitolini semper ascripserit, imperator vero etiam stemma in atrio proposuerit, quo paternam originem ad Iovem, maternam ad Pasiphaam Minonis uxorem referret. 250 Per la verità, l’estensione, la ricchezza e la complessità sociale delle province galliche erano state alla base di numerose sollevazioni contro il centro del potere; su questo, si veda Urban 1999, sopr pp 49–65, dedicate alla sollevazione promossa da Vindex contro Nerone 251 PIR2 I 628 La rivolta di Vindex creò forse le condizioni per la successiva, ben peggiore sollevazione dei Batavi, guidati da un altro notabile provinciale romanizzato, C. Iulius Civilis (PIR2 I 43) 252 Ios BI IV, 8, 1; Cass Dio Epit LXIII, 22–23
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primores253 su cui del resto gravava larga parte della struttura amministrativa imperiale Il governo dell’Italia, “che non era Roma e non era (non era ancora) provincia”254, non si fondava del resto su basi troppo diverse Individui caratterizzati da status, patrimoni e interessi assimilabili, ricoprivano le magistrature e assicuravano la solidità delle casse delle città, garantendo all’Impero entrate fiscali prevedibili, arruolamenti – se necessari – e consenso politico all’impalcatura imperiale Come si è visto, era su questo accordo che Augusto aveva compiutamente realizzato la Rivoluzione romana e fondato una monarchia Vespasiano conquistò e, fatto più rilevante dopo l’esperienza dei suoi effimeri predecessori, conservò il potere sulla base di una politica moderata: l’attenzione da questi dedicata ai sostenitori che aveva raccolto dalle comunità d’Italia e delle province dimostra quanto profondamente egli avesse compreso i limiti dei propri poteri Ad ogni modo, era dalla dimensione politica italica che veniva il nuovo imperatore Descrivendo Vespasiano come “a New Man in Roman Politics” e “parvenu”255, B Levick non ha che ripetuto un giudizio antico quanto quello di Svetonio, che della sua famiglia diceva: gens Flavia, obscura illa quidem ac sine ullis maiorum imaginibus256 Questa prospettiva, profondamente segnata dal pregiudizio delle élites dell’Urbe e delle grandi famiglie consolari, non rappresenta efficacemente le origini del primo Principe flavio A quanto sembra, il nonno paterno di Vespasiano, T. Flavius Petro, era un centurione che aveva combattuto a Pharsalus per i Pompeiani, più precisamente un evocatus257 L’evocatio era un richiamo sotto le armi, per alcuni anni di servizio suppletivo: essa comportava una paga migliore, soprattutto al momento del congedo definitivo e non sorprende che, con questi denari, la famiglia di Vespasiano abbia potuto costruire una posizione di rilievo a Reate258 e, di qui, tentare addirittura una carriera a Roma Non ci sono elementi per supporre che il padre di Vespasiano, T. Flavius Sabinus, si sia lasciato coinvolgere nella politica dei primi decenni del Principato, sebbene, sulla base di quanto si è visto sin qui, il profilo suo e di suo padre sia particolarmente adatto ad una praefectura fabrum259 Sua moglie, Vespasia Polla, era anch’ella figlia di un militare, il praefectus castrorum Vespasius Pollio Non è del tutto sorprendente che l’importanza di quest’ultimo incarico avesse offerto al fratello della donna la possibilità di ascendere al Senato e alla pretura: già a quel tempo, la famiglia flavia aveva dunque maturato 253 Di primores Galliarum parla Y Burnand (2005–2010) 254 Lo Cascio 2009, p 323 255 Levick 1999, p 4 – “A New Man in Roman Politics” è il nome del primo capitolo dedicato dall’autrice al fondatore della dinastia flavia (ivi, pp 4–13) 256 Suet Vesp 1, 1 257 Secondo B Levick (1999, p 4) egli aveva forse servito per Pompeo durante le campagne d’Oriente Un legame fra il Magno e Petro potrebbe comunque datarsi anche alle guerre in Spagna 258 Il fatto che Petro avesse ottenuto il perdono dei Cesariani e una honesta missio gli aveva permesso di avviare una proficua attività finanziaria, continuata dal figlio, attivo in Asia: missione impetrata coactiones argentarias factitavit (Suet Vesp 1, 2) 259 Sabinus era senz’altro un uomo dotato di mezzi, seppur – sembra – privo del rango equestre La carriera dei figli suggerisce che questi dovesse già godere di rilevanti contatti con l’élite urbana
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importanti legami con la politica urbana Prima della guerra giudaica, la carriera stessa di Vespasiano e del fratello, pur rallentata da alcuni episodi sfortunati, non era stata affatto oscura260 T. Flavius Sabinus servì in Britannia col fratello Vespasiano, durante la spedizione di Claudio, e raggiunse il consolato suffectus nel 47 d C Fu praefectus Urbi per molti anni, fino al 69 d C , quando fu ucciso dai Vitelliani, alla vigilia del trionfo del fratello Suo figlio ottenne un consolato per concessione di Nerone, previsto (ma non ricoperto) per l’anno 69 Vespasiano raggiunse invece il consolato per la prima volta nel 51 d C e, pur molti anni dopo il tempo in cui sarebbe stato naturale, ottenne nel 63 il prestigioso proconsolato della provincia d’Africa Nonostante questa lenta progressione, il cursus di Vespasiano poteva essere considerato di successo, tanto più perché il Reatino era passato indenne attraverso i regni di Caligola e Nerone E’ anzi ragionevole supporre che, priva di accelerazioni e di una fine drammatica, quella carriera fosse essenzialmente la stessa di larga parte dell’ordine senatorio Probabilmente, a Vespasiano (e a molti altri) mancavano gli strumenti per un avanzamento più rapido – non solo l’appartenenza al patriziato, ma soprattutto legami solidi all’interno della corte imperiale261 Il fatto veramente notevole di quel complesso anno 69 fu che, ben diversamente da Galba, Vespasiano, un uomo dei municipia, un Italico dotato di mezzi e legami politici tutt’altro che eccezionali, potesse ora aspirare all’eredità di Cesare Non c’è dubbio che l’ascesa di Vespasiano (e dei suoi stessi sostenitori) costituisca la migliore dimostrazione del successo di un processo di integrazione politica, di cui si sono visti gli sviluppi soprattutto a partire dalla Guerra Sociale Dopo l’omicidio di Domiziano, il fatto che, con una saggezza che era mancata a Galba, Nerva annunciasse di aver adottato uno dei più brillanti generali dell’Impero, il provinciale Traiano, dimostra come, trent’anni dopo l’ascesa di Vespasiano, anche gli uomini delle province fossero ormai definitivamente integrati nella struttura amministrativa e politica dell’Impero Anche la prefettura dei fabri aveva avuto un ruolo importante in questo processo, il cui perfezionamento, come si vedrà nel prossimo capitolo, contribuì forse alla decadenza e al successivo abbandono della stessa praefectura fabrum L’ascesa di Vespasiano e la “nuova aristocrazia”. Si è spesso sostenuto che, sconfitti i Vitelliani, una delle prime preoccupazioni di Vespasiano fosse stata quella di dare vita ad una nuova aristocrazia, in larga parte tratta delle province, col duplice intento di ricompensare coloro che lo avevano sostenuto e dare vita ad una nuova, solida base del consenso262 Questa prospettiva, generica e del resto condivisibile, non può oscu260 Di Vespasiano si dice spesso che egli fu un perfetto cortigiano, capace di sopportare le insolenze di Caligola e di ringraziarlo cerimoniosamente nella Curia per la generosità di un invito a cena (Suet Vesp 2, 3; 5, 3; Wallace-Hadrill 2009, p 305) 261 Del resto, fu proprio questa “normalità” a spingere Nerone e il suo entourage ad optare per Vespasiano, in occasione della campagna di Giudea (Suet Vesp 4; cfr Levick 1999, pp 24–29) 262 Di “new aristocracy of power”, parla R Mellor (2003) nel suo contributo dedicato alla strategia politica della dinastia flavia Ad avviso di Mellor, “the creation of that new aristocracy of power was the most important and longlasting contribution of the Flavian era” (p 101)
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rare il fatto che il processo di integrazione dei provinciali nella politica romana fosse in atto da tempo e non fosse determinato da una particolare sensibilità del Principe Tutt’al più, esso era stato accelerato dalla necessità di Vespasiano di restituire unità all’impero263 In effetti, la guerra era stata breve, ma non priva di drammatiche conseguenze: legioni, province, alleati si erano schierati per l’uno o l’altro dei candidati; a Roma, i danni erano particolarmente evidenti sul Capitolium; l’Italia settentrionale aveva sofferto il trauma della distruzione di Cremona e altri danni erano forse stati evitati dagli ufficiali italici all’interno delle legioni264 Terminata la guerra, l’accordo fra autorità imperiale ed élites locali doveva essere rinnovato Come si avrà modo di evidenziare, l’attenzione accordata dall’imperatore ad una serie di importanti progetti infrastrutturali della Penisola, oltre che alla promozione di singoli individui, dimostra la piena consapevolezza di quanto questi provvedimenti fossero necessari ed è significativo che proprio un uomo dei municipia fosse ora chiamato a riannodare le maglie del patronato e delle alleanze politiche attraverso le città d’Italia e delle province In questo senso, non sembra che l’aristocrazia flavia fosse in netta discontinuità con il passato: l’imperatore e le élites a cui si appoggiò non erano dunque “nuovi”, all’interno del paesaggio politico della Penisola e dell’impero265 Molte promozioni furono concesse a uomini che erano già impegnati in carriere equestri o senatorie, uomini spesso accostabili per origini e mezzi allo stesso Vespasiano Altre personalità, meno appariscenti, ottennero promozioni e incarichi: erano i possidenti, i primi viri di municipia e colonie – individui solo talvolta acceduti al rango equestre, senza il cui supporto il controllo di vasti territori e risorse sarebbe stato arduo e, senz’altro, inefficiente Ormai da molto tempo, la praefectura fabrum era loro destinata ed è significativo il fatto che sia ancora ben attestata in questo periodo: contrariamente a parte delle sue funzioni, il suo valore non era venuto meno agli occhi di coloro che aspiravano all’incarico Attraverso questa concessione si istituivano o consolidavano legami con il centro del potere e si accresceva la posizione di singoli individui all’interno della dimensione politica locale
263 Un’analisi del rapporto fra élites italiche e centro del potere nell’età dei Flavi è contenuta in Santangelo 2016: il rapporto fra Principe e notabilato italico fu essenziale nella stabilizzazione dell’Italia post 69 Alcuni interventi imperiali e promozioni individuali, segnalati da Santangelo, dimostrano efficacemente la solidità di questa ipotesi 264 Tac Hist IV, 13; 27; cfr Santangelo 2016, pp 65–66 Secondo Giuseppe (BI IV, 8, 1), alla notizia della sollevazione di Vindex, Vespasiano accelerò le operazioni in Giudea per favorire una distensione delle prevedibili pressioni sull’Italia 265 La sovrapposizione ideale fra Vespasiano e aristocrazia flavia – “an aristocracy of service” secondo Rostovtzeff (1957, p 197) – trae forse origine dallo stesso Tacito (Ann III, 55, 4; per una sintesi della discussione a questo riguardo, si veda Santangelo 2016, pp 58–59) Che i nuovi tempi avessero davvero premiato “uomini nuovi, maturati in un lungo servizio senza favori e privilegi” (Garzetti 1960, p 256) è però poco credibile Come si vedrà, è impensabile che l’influenza esercitata da patronato e relazioni sociali cessasse con l’avvento al potere di Vespasiano (cfr Wallace-Hadrill 2009, pp 305–307, secondo cui le pratiche correnti nella vita di corte e nelle promozioni individuali furono sostanzialmente in continuità con l’epoca giulio-claudia)
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Talvolta essa poneva le basi per altri avanzamenti – a vantaggio dei singoli prefetti o dei loro diretti discendenti I numeri. A questo punto, è però necessario stabilire quanti casi siano documentati per questo periodo e, in un certo senso, apprezzare il successo della praefectura fabrum durante il principato dei Flavi, esaminando i dati disponibili per la Penisola italica e per le province Dei 61 casi genericamente riferibili alla seconda metà del I secolo d C , 37 sono con certezza pertinenti all’età flavia A confronto con l’età giulio-claudia, è dunque opportuno notare che, pur ben lontani dalle attestazioni dell’età augustea, si tratti di un corpus numericamente significativo per l’ultimo trentennio del secolo Ancora alla fine del I sec d C , l’incarico era utilizzato come importante strumento patronale: un veicolo per costruire consenso per i magistrati deleganti e un riconoscimento istituzionale di notevole valore per i beneficiari, soprattutto in ambito locale Qualche dato. Due elementi di cui si è riconosciuta l’importanza per l’analisi dell’incarico in età giulio-claudia sono stati l’eventuale iterazione della prefettura e la menzione (o meno) del magistrato delegante Riguardo al primo punto, si è detto che ripetute nomine da praefectus fabrum possono costituire un buon indicatore dell’operatività della posizione o, quantomeno, del valore ad essa accordata In età flavia, si registrano nove casi su 37266 T. Iulius Valerianus da Nyon, un elemento dell’élite locale acceduto al rango equestre, fu praefectus fabrum per ben cinque volte: è chiaro che Valerianus doveva godere di legami significativi con rilevanti esponenti dell’ordine senatorio267 Non diverso è il caso di C. Caecilius Gallus, eminente cittadino di Rusicade, un insediamento portuale a nord di Cirta: accanto ad una importante carriera percorsa fra Rusicade e Cirta, Gallus ottenne prestigiosi riconoscimenti a Roma – membro degli iudices e prefetto dei fabri per due consoli e due pretori268 Nessuno di questi equites, come del resto nessuno degli altri prefetti attestati in età flavia, menzionava il nome del magistrato delegante presso cui aveva operato Si tratta di una prassi già riscontrata per l’età precedente Come in età giulio-claudia, è ragionevole supporre che, sia per comprensibili ragioni di spazio, sia per una diffusa e accettata consuetudine, si fosse deciso di valorizzare soprattutto la persona del prefetto e non tanto quella del suo delegante Questo doveva essere tanto più vero all’interno di contesti politici locali – civici e provinciali – alla cui attenzione le iscrizioni erano generalmente dedicate In altre parole, la menzione della praefectura fabrum era senz’altro compresa per quel che era: un riconoscimento da parte di un’importante figura della politica imperiale, un magistrato cum imperio, la cui identità – pur nota – poteva essere quantomeno omessa nel limitato spazio del campo epigrafico
266 Si tratta delle schede 194; 215; 216; 223; 226; 232; 233; 243; 246 267 Scheda 226 268 Scheda 199
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A questo riguardo, il caso di Sex. Attius Suburanus Aemilianus (cos. suff. 101 d C ; cos 104), eminente figura politica di epoca traianea, faceva forse eccezione269 Prima della prefettura del pretorio (98 d C ) e dell’ingresso in Senato, la sua carriera comprese infatti rilevanti posizioni procuratorie, ottenute al tempo di Domiziano In un’iscrizione pertinente a quest’epoca e rinvenuta in Syria, presso Heliopolis, Suburanus Aemilianus menzionava in modo cursorio una praefectura fabrum, ma descriveva accuratamente alcune funzioni successive: adiutor di Vibius Crispus, leg(atus) Aug(usti) pro pr(aeto re) in censibus accipiendis Hispaniae citerioris e di Iulius Ursus, prefetto dell’annona e, successivamente, d’Egitto In questo caso, la mancata menzione del magistrato per cui Suburanus Aemilianus servì da prefetto richiede una spiegazione, considerato il fatto che le funzioni di aiutante comprendevano i nomi dei magistrati che lo avevano nominato E’ senz’altro possibile che egli avesse deciso di lasciare in disparte il patrono che era stato l’artefice della prima nomina istituzionale della sua lunga carriera, perché ormai non più influente Può esserci però un’altra spiegazione Gli ultimi anni del regno di Domiziano, il suo omicidio e la damnatio memoriae costituirono un periodo complesso ed è possibile che quest’omissione debba essere connessa con una cosciente obliterazione di un patrono troppo legato al vecchio Principe D’altra parte, è possibile (e forse probabile) che la prefettura gli fosse stata concessa dallo stesso L. Iunius Quin tus Vibius Crispus (cos. suff. 61 d C ; cos 74; cos. suff. 83), personalità “inossidabile” della politica romana negli anni di Nerone, Vitellio e Vespasiano270 Quest’ultima ragione potrebbe essere alla base della mancata menzione del magistrato delegante anche da parte di L. Vibius Lentulus, importante funzionario dell’epoca di Traiano (impiegato presso gli officia a loricata e a rationibus): la sua carriera era iniziata con la posizione di adiutor di L. Pompeius Vopiscus C. Arruntius Catellius Celer (cos. suff. 77 d C ) e con una prefettura dei fabri271 Che gli ex-prefetti raggiungessero importanti officia palatini, posizioni procuratorie e magistrature senatorie, o che ancora limitassero il proprio impegno alla dimensione politica locale, il mandato da praefecti fabrum concedeva loro l’opportunità di elevare la propria posizione e, probabilmente, creare le condizioni per futuri avanzamenti Un incarico non (necessariamente) equestre. Un ultimo elemento deve essere qui sottolineato: come in passato, l’ordine equestre non sembra essere stato un prerequisito per la nomina, come dimostra il fatto che, all’interno di alcuni cursus, non compaia alcuna posizione riservata agli equites272 Talvolta, si è anzi chiaramente in
269 270 271 272
Scheda 196 Wallace-Hadrill 2009, pp 306–307 Scheda 245 Certamente pertinenti all’età flavia e privi di ogni incarico equestre sono gli individui alle schede 201; 216; 218; altri casi, riferibili soprattutto alla seconda metà del I sec d C , sono alle schede 186; 202; 214; 217; 219; 220; 224; 227; 235; 236; 238; 239; 241
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presenza di scribae o di figli di liberti273, individui spesso dotati di mezzi e notorietà, ma – generalmente – non appartenenti alle file degli equites Un elemento comune a tutti, senz’altro in continuità con l’età giulio-claudia, è costituito dalla solidità della loro posizione nelle realtà d’origine A Telesia, C. Acellius Vemens aveva ricoperto tutte le magistrature cittadine e, infine, una praefectura fabrum274 Vemens morì anzitempo e a curarne una dedica onoraria fu il padre, C. Acellius C. et L. l. Syneros, un liberto che praticava l’attività di mercator suarius275 Era con questi mezzi che egli aveva accumulato abbastanza risorse per assicurare una posizione al figlio Gli Acellii, di cui egli era liberto, ebbero senz’altro un ruolo nella promozione di questa famiglia che, a Telesia, godeva ormai di una posizione rispettabile Non c’è dunque alcuna ragione per riconoscere significative differenze con il bacino di selezione dei prefetti, rispetto all’epoca precedente Il profilo di questi individui continuava ad essere generalmente sovrapponibile a quello delle classi possidenti, impegnate in carriere politiche eminentemente locali e, talvolta, equestri Per molti, non (ancora) accolti fra gli equites, la concessione della praefectura fabrum doveva anzi godere di una certa popolarità: come si è detto, quella posizione, spesso rivestita dai cavalieri, li avvicinava ad un rango che non avevano i mezzi o l’intenzione di raggiungere Ad ogni modo, un elemento accomunava i prefetti dei fabri di rango equestre e non: si tratta di un rilevante interesse per la dimensione politica delle comunità d’origine, con cui, indipendentemente dalle carriere percorse, i legami erano sempre ben riconoscibili Stabilito dunque che il profilo dei prefetti non era sostanzialmente mutato e che i numeri per l’ultimo trentennio del I sec d C non erano sostanzialmente diminuiti, è opportuno approfondire se la diffusione della praefectura fabrum – in Italia e nelle province – permetta di cogliere gli effetti determinati dall’avvento di una nuova dinastia (e dagli interventi da questa messi in campo) sulla struttura politica delle città e dell’impero 6. I numeri della Penisola italica I numeri della Penisola. E’ certo rilevante tentare di quantificare l’appetibilità della prefettura presso gli Italici, considerata l’indiscutibile concentrazione delle attestazioni di età giulio-claudia nella Penisola
273 Per figli o discendenti di liberti, si vedano le schede 186 e 205; schede riferibili a scribae sono 206 e 224 274 Scheda 186 275 Le notizie relative alle risorse economiche dei prefetti sono esigue: si segnala il caso del tarraconese M. Clodius Martia[lis], asceso dalla praefectura fabrum alla prefettura delle Isole Baleari Le fortune della sua famiglia erano forse connesse alla produzione e alla commercializzazione di vino (scheda 210)
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Delle 37 iscrizioni collocabili con certezza in età flavia, solo nove appartenevano a individui di sicura origine italica276, ma sul totale dei 60 monumenti più genericamente riferibili alla seconda metà del I sec d C , il totale delle iscrizioni riferibili agli Italici sale forse a 29277 Più che ad una contrazione del dato italico, è tuttavia opportuno soffermarsi sull’evidente incremento delle attestazioni dalle province, all’interno del cui vasto ambito alcuni territori sembrano chiaramente privilegiati A questi documenti sarà dedicata la sezione successiva Per quanto riguarda la Penisola, l’attenzione dimostrata all’Italia da Vespasiano fu essenziale per la normalizzazione post-bellica Con l’eccezione della sfortunata Cre mona, le città schieratesi con Vitellio non subirono infatti vere e proprie rappresaglie Vespasiano e i suoi collaboratori – in particolare, C. Licinius Mucianus (cos 65 d C ; 70; 72) – riuscirono anzi a ridimensionare e marginalizzare figure discusse, come il tolosano M. Antonius Primus – acerrimus belli concitator278 – che pure aveva conquistato l’Italia ai Flavi279 Le aree comprese fra l’Appennino e la costa adriatica, così come la Regio X e la Dalmatia, da cui erano passati gli eserciti di Vespasiano e che si erano da tempo schierate con i Flavi, furono invece ricompensate con alcuni importanti interventi280 Le élites di queste regioni avevano assicurato alle legioni fedeli ai Flavi un passaggio sicuro e preziosi rifornimenti, tanto più necessari, considerata la stabile presenza di Vitellio sul versante occidentale della Penisola Lungo l’Appennino, la comunità di Hispellum aveva senz’altro tratto vantaggio dall’avanzamento di C. Vecilius Modestus, noto grazie ad un’iscrizione dedicata dalla coorte I Thracum Syriaca e rinvenuta in Moesia Superior La sua carriera, percorsa al tempo di Vespasiano, comprendeva tutte le cariche della propria colonia281 A Modes tus, amicizie importanti avevano procurato l’accesso all’ordine equestre e alle decurie degli iudices, una p. f. e le militiae, fra cui un tribunato nella legione VI Ferrata, in Syria E’ quantomeno verosimile che costui avesse costruito un rapporto di vantaggio con eminenti personalità del nuovo regime: era senz’altro su uomini come Modestus, che i Flavi (e i loro predecessori) dovevano fare assegnamento Persuasi dal supporto offerto a Vespasiano dalla flotta, si erano schierati con i Flavi anche i decurioni di Puteoli e Misenum282 Il timore di ritorsioni non fu forse la sola causa di questa decisione: Puteoli, in particolare, era una città notoriamente attiva nel commercio con l’Oriente e non è improbabile che parte dei rifornimenti diretti alle legioni Schede 192; 194; 195; 198; 201; 232; 233; 244; 246; cfr anche 205? Schede 186; 193; 209?; 211; 213?; 214; 217; 220?; 221; 222; 224; 228; 229?; 235; 236; 237; 238; 239; 241 Tac Hist III, 2 PIR2 A 866; Mellor 2003, p 99 F Santangelo (2016, pp 84–86) ha convincentemente riconosciuto nella costruzione della via Flavia (fra Tergeste e Pola) un importante investimento per una regione i cui notabili si erano dimostrati leali alla causa di Vespasiano 281 Scheda 244 282 Santangelo 2016, pp 64–65
276 277 278 279 280
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impegnate in Giudea e Syria transitasse anche da qui E’ dunque possibile che sulle decisioni dell’élite cittadina abbiano influito motivazioni economiche e politiche, così come gli interessi di singoli eminenti cittadini Così, secondo J D’Arms, il sostegno offerto dal consolare M. Hordeonius Flaccus (cos suff 47 d C ) a Vespasiano influenzò l’atteggiamento di Puteoli, di cui egli stesso era originario283 La carriera del puteolano L. Bovius Celer, percorsa al tempo di Domiziano, era forse legata in qualche modo al supporto garantito dalla città ai Flavi A Puteoli, egli aveva servito come augure, questore e duoviro: l’accesso all’ordine equestre, segnalato da un tribunato nella legione III Cyrenaica, in Egitto, era senz’altro stato preceduto da una praefectura fabrum284 In quella stessa provincia, Celer era diventato procurator della familia gladiatoria del Principe ad Alessandria, una posizione che gli era valsa l’adlectio fra gli iudices selecti – ab Imp(eratore) Caes(are) Aug(usto), probabilmente Domiziano Ancora in Campania, a Nola, Q. Caesius Fistulanus aveva ricoperto le posizioni di edile, questore e duoviro Una praefectura fabrum, menzionata a conclusione delle magistrature locali, gli era stata verosimilmente concessa da un console o un pretore a Roma E’ ragionevole supporre che Fistulanus abbia avuto un ruolo nella decisione dei Nolani di sostenere i Flavi: Vespasiano stesso gli concesse l’incarico di curator oper(um) publicor(um) – dato a divo Aug(usto) Vespasian(o)285 – una posizione che, nella città campana, dovette assicurargli notevole visibilità e influenza286 L’incarico di curator delle opere pubbliche a Nola suggerisce un genere più immediato di intervento imperiale sul panorama politico ed economico locale La nuova dinastia promosse importanti investimenti infrastrutturali, progetti che convogliarono sui territori di rispettiva pertinenza un flusso di ricchezza significativo287 Sono ben noti gli interventi nel cuore monumentale dell’Urbe – dal grande anfiteatro ai monumenti insistenti sul Foro288 Meno noti, ma egualmente essenziali furono gli investimenti nelle città e nei territori della Penisola, in alcuni dei quali F Santangelo ha correttamente riconosciuto interventi a favore di comunità (ed élites) che avevano sostenuto la causa dei Flavi289 La via Domitiana, il grande asse viario che congiungeva Puteoli a Sinuessa, offrì un’alternativa economicamente più conveniente alla deviazione verso la via Appia e Capua, che così aveva forse pagato il proprio sostegno alla pars Vitelliana290 A proposito della 283 D’Arms 1975, p 498–501; cfr Tac Hist IV, 13; Santangelo 2016, p 65; contra Camodeca 1996, p 95, n 11 284 Scheda 198 285 Su questo incarico, si vedano Kornemann RE IV 2, coll 1802–1803 e, più recentemente, Jaschke 2006 (con bibliografia) 286 Per una possibile relazione fra Fistulanus e le assegnazioni terriere nei territori di Nola e Abella, si veda Santangelo 2016, p 68 287 Per l’attenzione destinata dai Flavi alle opere infrastrutturali e agli amministratori a queste preposti, si veda Lo Cascio 2009, pp 323–324 288 Sulla Roma dei Flavi, si veda Gros 2009 289 Santangelo 2016, pp 81–86 290 D’Arms 1970, p 105; cfr Santangelo 2016, p 85
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Regio X, si è già accennato alla costruzione della via Flavia, ma anche un acquedotto, l’Aqua Augusta, che conduceva acqua a Pola, in superiorem partem coloniae et in inferio rem, fu forse elevato in questo stesso periodo Aveva avuto un ruolo centrale in questo progetto L. Menacius Priscus, praefectus fabrum originario di Pola, che per la manutenzione dell’acquedotto aveva destinato la ragguardevole somma di quattrocentomila sesterzi291 Membro dell’ordine equestre, il suo cursus fu tutto condotto nella colonia, della quale divenne infine patrono Non necessariamente la nuova dinastia ebbe un ruolo diretto in queste nomine, ma la selezione di praefecti fabrum fra i membri delle élites di comunità che avevano supportato i Flavi sembra quantomeno significativa Si avrà modo di tornare su questo punto, trattando delle attestazioni della prefettura in ambito provinciale Prefetti e dimensione locale. Indipendentemente dall’eventuale intervento della famiglia imperiale, una solida posizione – patrimoniale e politica – all’interno della dimensione locale costituiva senz’altro un elemento importante nella selezione dei prae fecti fabrum292 A questo proposito, il valore della prefettura non deve dunque essere sottostimato neppure all’interno di carriere eminentemente cittadine: si trattava infatti di una scelta consapevole, diffusa fra gli stessi equites, a cui – ovviamente – le risorse non mancavano Un buon esempio è a Comum, in cui concentrò i suoi sforzi e i suoi mezzi [L ] Minucius Exoratus293 In un’iscrizione rinvenuta nel territorio controllato dalla città (forse all’interno di un terreno di sua proprietà294), Exoratus menzionava l’acquisizione di un tribunato militare (indicatore del rango equestre295) all’interno di una serie di posizioni di carattere locale: flamen divi Titi Aug(usti) Vespasiani con sensu decurion(um), duoviro i(ure) d(icundo), pontefice Il riferimento al consensus dei decurioni è una chiara dimostrazione dell’attenzione dimostrata da Exoratus alla dimensione politica di Comum Egli poteva inoltre vantare ripetuti mandati da prae fectus fabrum – a pr(aetoribus) bis et co(n)s(ule delatus), una lampante dimostrazione di significativi contatti a Roma Limitata a Comum, la carriera di Exoratus era dunque il frutto di una meditata scelta personale, indipendente dalle risorse materiali e politiche del prefetto Non c’è ragione per ritenere che, inserita in una carriera locale, la prefettura fosse poco più che una sinecura296 Questa nomina era al tempo stesso un ri-
291 Scheda 231 292 S Demougin (1994, p 376) ha individuato un cospicuo numero di equites impegnati nel solo ambito locale: si tratterebbe a suo avviso di uomini privi dei mezzi e dell’ambizione per una carriera più articolata, soddisfatti del solo riconoscimento assicurato dal rango equestre 293 Scheda 232 294 Il rinvenimento all’esterno del contesto cittadino, ma all’interno di territori di competenza della città, potrebbe infatti essere connesso con la presenza di una villa, necessaria allo sfruttamento di una vasta proprietà fondiaria 295 Si trattava forse davvero di una semplice indicazione, considerato che non era specificata la legione, né la località presso cui fu chiamato a servire 296 Come suggerito in Millar 1963, pp 196–197
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conoscimento importante e un mezzo per futuri avanzamenti – a vantaggio degli stessi prefetti o dei loro discendenti A questo proposito, è forse significativo che all’interno della carriera essenzialmente locale del patavino C. Asconius Sardus comparisse una praefectura fabrum, mentre pochi anni più tardi un Q. Asconiu[s] Gabinius Modestu[s] – anch’egli attestato su di un’iscrizione rinvenuta a Patavium – avesse avuto accesso al Senato e ottenuto una pretura, un proconsolato e una prefettura aerari(i) Saturn(i)297 In conclusione. Nel corso dell’età flavia, la praefectura fabrum è dunque ancora relativamente ben attestata in Italia Soprattutto, essa sembra essere stata ancora funzionale al potere imperiale, dal momento che figurava all’interno delle carriere di alcuni individui promossi (o premiati) dai Flavi Quanto è desumibile del profilo dei prefetti sembra coerente con la stagione politica precedente: con l’eccezione di alcuni figli di liberti, tutti gli individui attestati appartenevano alle classi possidenti delle realtà municipali e coloniali della Penisola Sovente, le loro carriere erano coronate dall’accesso all’ordine equestre, mentre, in rari casi, potevano essere ottenute posizioni ancora più prestigiose Ad ogni modo, la prefettura non assicurava alcun avanzamento per se: era la prospettiva di guadagnare una posizione istituzionalmente riconosciuta al di fuori della città d’origine (e al seguito di importanti figure politiche) ad attrarre candidati In questo, l’intenzione di acquisire influenza – o quantomeno notorietà – sul panorama locale aveva senz’altro un ruolo decisivo 7. Arcana imperii, province e praefectura fabrum Il dato delle province. Si è detto che di 36 individui certamente pertinenti all’età flavia, ben 19 sono attestati da iscrizioni rinvenute in ambito provinciale Sebbene – per le avvertenze a cui si è già fatto riferimento nel capitolo precedente – non sia possibile redigere su questi dati un’indagine statisticamente affidabile, il fatto che una parte numericamente tanto significativa delle attestazioni sia pertinente alle province è senz’altro notevole Ciò è tanto più vero perché, in età giulio-claudia, soltanto pochi individui di origine provinciale raggiunsero la praefectura fabrum, soprattutto concentrati nella Narbonensis In età flavia, quest’ultima provincia continua ad essere uno dei più rilevanti bacini di reclutamento dei prefetti298 La contiguità geografica e politica con l’Italia sembra giustificare pienamente questa pratica e, d’altra parte, il profilo dei prefetti narbonesi coincide con quello dei contemporanei prefetti italici: ricchi possidenti, eminenti all’interno (e talvolta all’esterno) delle rispettive comunità299 La carriera di L. Iulius 297 Scheda 192; su questa famiglia patavina si veda Guadagnucci 2018, p 203 298 Schede 187; 203; 223; 225; 226; 230 299 Per una sintesi dedicata al progressivo avvicinamento fra Italia e Narbonensis, si veda Christol 2012, sopr pp 131–132
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Brocchus Valerius Bassus, importante cittadino di Vienna, ne è un buon esempio300 Nella sua città natale, Bassus fu duoviro i. d., triumviro loc(orum) p(ublicorum) p(er sequandorum), augure e pontefice; un tribunato militare ne assicura il rango equestre Presso Genava, un vicus sotto la giurisdizione di Vienna, egli donò strutture legate al fabbisogno idrico (lacus – da intendersi, probabilmente, come fontane): è probabile che, in quel territorio, la sua famiglia possedesse estese proprietà fondiarie Infine, nella Colonia Equestris Noviodunum (Nyon), egli fu duoviro e flamine Anche il figlio di Bassus, D. Iulius L. f. Ripanus Capito Bassianus rivestì importanti funzioni locali e fu praefectus fabrum301 Si trattava di una famiglia non soltanto ricca a sufficienza per una brillante carriera equestre, ma anche (con ogni probabilità) senatoria, in particolare se fosse confermato un legame con T. Iulius Sex. f. Vol. Maximus Ma[nlianus] Brocchus Servilian(us) A. Quadron[ius Verus] L. Servilius Vatia Cassius Cam[ars], pretore in età traianea302 Anche T. Iulius Valerianus, forse originario di Nyon e patrono di Vienna, ricoprì tutte le magistrature di quest’ultima città e godeva di solidi interessi a Genava303 Non diversamente da molti prefetti italici, Bassus e Valerianus scelsero coscientemente di limitare il proprio impegno ad un ambito propriamente civico Forse ancor più che in Italia, è significativo che questi provinciali aspirassero ad una praefectura fabrum al seguito di un magistrato cum imperio, verosimilmente dello stesso governatore della Narbonensis La prefettura era intesa come un riconoscimento prestigioso e doveva essere ancor più appetibile per un provinciale nominato dal governatore inviato ad amministrarne la provincia d’origine La penisola iberica. In età flavia, si assiste anche ad un significativo aumento delle attestazioni dalle province iberiche: undici individui, soprattutto concentrati nell’Hi spania citerior, rivestirono la praefectura fabrum304 Non si trattava di Italici insediati nelle province, ma di esponenti di facoltose famiglie provinciali, spesso riconosciute anche al di fuori delle rispettive comunità Ragioni storiche, economiche e geografiche avevano accelerato l’integrazione delle élites della Narbonensis nella struttura politica imperiale Per le province iberiche, sembra che il tempo dei Flavi avesse impresso una significativa accelerazione a questo processo di integrazione, in particolare attraverso la concessione alle comunità iberiche del ius Latii – universae Hispaniae Vespasianus Imperator Augustus iactatum procellis rei publicae Latium tribuit305 Rivestite le somme magistrature locali, tutti i notabili delle città iberiche, avevano ora sistematicamente accesso alla cittadinanza romana: uno statuto che implicava significativi vantaggi in materia fiscale e giudiziaria Il dialogo con i governatori inviati da Roma, da sempre 300 301 302 303 304 305
Scheda 223 Scheda 225 CIL XII, 3167 = ILS 1016 = AE 1982, 679; PIR2 I 426 Scheda 226 Schede 188; 189; 190; 191; 197; 200; 210; 243 (Hispania citerior); 212; 215 (Baetica); 216 (Lusitania) Plin NH III, 30; sulla concessione del Latium alle comunità iberiche, si veda Bravo Bosch 2012, sopr pp 250, 260–262
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proficuo, soprattutto nelle regioni di più antica conquista, acquisì così mezzi di promozione e integrazione più stabili e definiti La praefectura fabrum era già stata utile al tempo della Repubblica per un esponente dell’élite provinciale come Cornelio Balbo, ora anche altri potevano servirsene per costruire legami politicamente rilevanti e ottenere opportunità di carriera nell’amministrazione imperiale Così, il cursus di L. Aemilius Paternus e M. Aemilius Fraternus, originari di Aeso, era cominciata al tempo di Domiziano con una praefectura fabrum306 E’ possibile che i due fossero i figli di L. Aemilius Paternus, duoviro in quella città Prima della morte, sopraggiunta anzitempo, Marcus ottenne una prefettura dei fabri e l’accesso fra gli equites, segnalato da un tribunato militare; Lucius raggiunse invece il primipilato e una praefectura fabrum, oltre ad una sorprendente serie di centurionati, culminati a Roma nel servizio nelle coorti urbane e pretoriane307 E’ rilevante notare che i tre documenti iscritti dedicati da Lucius erano stati tutti elevati ad Aeso: l’interesse per la sua piccola patria non era dunque stato scalfito da tanti anni in servizio in terre lontane Gli Aemilii non erano i soli A Tarraco, L. Caecina Severus godeva senz’altro di una posizione assimilabile: egli aveva infatti ricoperto le magistrature locali, una praefectura fabrum, la prefettura di una coorte e la praefectura orae maritimae, una posizione di notevole rilievo in quell’ambito provinciale308 Anche M. Clodius Martia[lis] operò a Tarraco: in città, egli rivestì il duovirato e, come Severus, poteva vantare un incarico di rilievo all’interno delle province iberiche, la prefettura delle Isole Baleari309 E’ ragionevole supporre che la praefectura fabrum avesse rappresentato un momento fondamentale per la carriera di entrambi, funzionale al passaggio dagli incarichi di rilievo locale a posizioni più specificamente provinciali Anche al di fuori dell’Hispania citerior, sembra che la praefectura fabrum sia un valido indicatore di ricchezza, notorietà e, talvolta, vera e propria influenza Così, M. Fidius [Macer] da Capera, in Lusitania310, fu magistrato a più riprese nella propria città e prefetto dei fabri – egli ottenne il permesso di elevare nel cuore monumentale del centro urbano un costoso arco quadrifronte in omaggio alla sua famiglia Sembra invece che M. Cornelius Nova[tus?] Baebius [---] Balbus da Igabrum, in Baetica, abbia raggiunto l’ordine equestre e il prestigioso flaminato della provincia dell’Hispania citerior dopo una praefectura fabrum311 I Flavi e le Spagne. E’ lecito chiedersi che ruolo abbiano avuto le politiche dei Flavi in questa accelerazione – di cui la prefettura dei fabri non è del resto che un indicatore 306 Schede 188 e 189 307 L. Aemilius Paternus dimostra come, ancora in età flavia, seppur più raramente, i primipilari potessero (e talvolta volessero) ancora accedere alla praefectura fabrum; cfr supra, in relazione alla praefectura fabrum nelle carriere dei militari 308 Scheda 200 309 Scheda 210 310 Scheda 216 311 Scheda 212
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In alcuni casi, in effetti, l’intervento diretto della famiglia imperiale (o di eminenti personalità della corte) sembra evidente Un buon esempio è offerto dal cursus del cavaliere saguntino L. Baebius Avitus, che profittò brillantemente dei conflitti degli anni 68–69, durante i quali era stato tribuno della legione X Gemina, in Tarraconensis312 Questo incarico era menzionato accanto ad una praefectura fabrum ed è possibile che questi ruoli fossero in qualche modo combinati, quando Avitus partecipò alle operazioni contro il governatore otoniano Luc ceius Albinus313 Senz’altro, egli attrasse l’attenzione di Vespasiano, che gli concesse la procuratela della Lusitania – una posizione ancor più attraente per un Iberico – e, più tardi, l’accesso fra i pretorii Un altro Tarraconese, L. Antonius Silo, era forse riuscito a segnalarsi agli occhi del Principe, durante la guerra giudaica, nella quale aveva servito da prefetto d’ala o da primipilare I suoi meriti gli assicurarono una praefectura fabrum e l’accesso all’ordine equestre314 Pochi anni più tardi, un altro imperatore flavio premiò un ispanico Originario di Liria Edetanorum, M. Valerius Propinquus Grattius Cerealis aveva ricoperto tutte le funzioni pubbliche della propria città e il flaminato dell’Hispania citerior315 Egli fu accolto da Tito fra i cavalieri, un riconoscimento a cui, nella dedica che ne attesta il cursus, seguivano due praefecturae fabrum e una serie di tribunati Indubbiamente, la praefectura fabrum non fu che un mezzo – certo, non il più diffuso – per procedere all’integrazione delle élites iberiche La penisola iberica e, in special modo, Tarraco e l’Hispania citerior avevano sostenuto Galba e poi Vespasiano – mentre in effetti erano state trascurate da Otone e Vitellio316 Che la nuova dinastia potesse ripagare quel supporto con importanti concessioni politiche è un fatto noto e generalmente accettato La testimonianza di Plinio, a proposito della concessione del La tium – procellis rei publicae – potrebbe appunto fare riferimento allo sconvolgimento della guerra civile e al riconoscimento della lealtà dimostrata dalle province iberiche317 Che la praefectura fabrum potesse avere un ruolo in questi sviluppi è un fatto senz’altro significativo Erano finiti i tempi della Repubblica e cambiati i modi della politica urbana, ma la prefettura poteva ancora essere assegnata sulla base di considerazioni eminentemente politiche La Dalmatia. Se quanto detto per la Spagna è valido, anche altre province possono offrire attestazioni significative La Dalmatia, in particolare, fu strategicamente essenziale nei mesi che precedettero la discesa delle legioni di Antonius Primus in Italia e la battaglia di Bedriaco (69 d C ) Per questa ragione, la comparsa della prefettura dei fa 312 313 314 315 316 317
Scheda 197 PIR2 L 354 Scheda 191 Scheda 243 Per la progressione degli Iberici al tempo dei Flavi, si veda Bravo Bosch 2012 Su questo, si veda Bravo Bosch 2012, sopr pp 256–258, a cui si rinvia per una sintesi del dibattito relativo alla concessione del Latium
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bri all’interno di alcuni cursus iscritti da questa provincia, deve forse essere considerata come parte di un coerente processo di promozione di alcuni elementi del notabilato locale In effetti, un rapporto di affinità con i Flavi è evidente per almeno un esponente dell’élite dalmata: M. Flavius Fronto da Doclea, che, al tempo di Domiziano, rivestì nella sua città natale tutte le magistrature cittadine, nonché il sacerdozio del divo Tito; egli fu anche sacerdos in coloni(i)s Naron(a) et Epidauro, duoviro i(ure) d(icundo) a Iulium Risin(i)um, duoviro quinquennale e pontefice in colonia Scodra A Doclea, Fronto, che era anche un munifico evergete, ricevette un funerale pubblico e ogni genere di onore, quale era lecito concedergli318 Il nome dei Flavi era ampiamente diffuso nell’onomastica della sua famiglia ed è quantomeno verosimile che quando gli eserciti di Vespasiano si approssimarono all’Italia, il padre di Fronto figurò fra coloro che sostennero una linea di collaborazione con quel pretendente Ad ogni modo, il fatto che Narona, Epidauro, Iulium Risinium e Scodra gli riconoscessero onori magistratuali e sacerdozi suggerisce che Fronto potesse godere di un legame speciale con la famiglia imperiale Per le benemerenze compiute e per le notevoli risorse personali di cui era dotato, era dunque stato riconosciuto come l’uomo ideale per rappresentare (in)formalmente gli interessi di quei territori a Roma La praefectura fabrum costituiva senz’altro il riconoscimento ufficiale di questa preminenza Se potessero essere attribuite con certezza all’età flavia, anche le carriere dei Saloni tani D. Campanius Varus e Q. Cassius Constans potrebbero essere accostate a quella di Fronto319: come molti prefetti italici, anche costoro avevano sostanzialmente limitato il proprio impegno politico all’ambito cittadino, con la sola eccezione della praefectura fabrum320 In Gallia Narbonensis, Hispania citerior e Dalmatia, la relativa diffusione della prae fectura fabrum potrebbe essere un semplice indicatore – fra molti – del progressivo successo della provincializzazione Sembra però significativo che cittadini originari di province fedeli alla causa flavia nel 69 – uomini dotati di risorse e contatti all’interno delle rispettive comunità – fossero scelti come prefetti dei fabri al tempo della nuova dinastia In linea con quanto proposto per l’Italia, sembra dunque ragionevole supporre che queste promozioni fossero parte di una più vasta azione politica, tesa ad elevare i sostenitori dei Flavi a posizioni di rilievo provinciale o, quantomeno, regionale L’Oriente. Come in età giulio-claudia, non sembra che le élites delle province ellenofone optassero con frequenza per questo strumento321 Due casi – i soli attestati per questa fase nelle province orientali – suggeriscono però il valore di questo strumento per i magistrati deleganti e per gli stessi prefetti
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Scheda 218 Si vedano rispettivamente le schede 202 e 204 Di questi, soltanto Constans ottenne un tribunato di coorte Peraltro, le iscrizioni di praefecti fabrum certamente riferibili all’età flavia, redatte in lingua greca, sono appena quattro: 205; 207; 208; 245
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A Sagalassos, Ti. Claudius Piso, figlio di un peregrinus, investì grandi risorse per conquistare una posizione di indubbia preminenza nel panorama civico: così egli rivestì le magistrature municipali e fu un munifico agonotheta322 Organizzatore (e finanziatore) perpetuo dei Klareia, competizioni di atletica connesse al culto imperiale, Piso si premurò di acquisire meriti e notorietà anche presso l’amministrazione provinciale Membro dell’ordine equestre, il suo interesse per la dimensione politica imperiale è dimostrato da alcune funzioni più tipicamente romane, rivestite all’interno del suo cursus: le milizie equestri, tutte ricoperte in Oriente, e una praefectura fabrum, forse rivestita al seguito del governatore di una delle province microasiatiche Ti. Claudius Oenophilus, neo-cittadino e primo eques romano attestato ad Atene, era membro di una famiglia nota fin dal IV sec a C 323 In città, Oenophilus rivestì ogni genere di magistratura e sacerdozio, ma ottenne pure una praefectura fabrum e la prefettura di una coorte in Germania inferior o in Galatia La prefettura dei fabri e il suo soggiorno nell’Urbe furono chiaramente proficui, perché egli prese contatto con L. Nonius Aspre nas Calpurnius Torquatus (cos 94 d C ; 128), di cui adottò la figlia, Calpurnia Arria, moglie del consolare viennese C. Bellicus Natalis Tebanianus (cos. suff. 87 d C ) Questi contatti dimostrano chiaramente l’utilità di una prefettura per un individuo dotato di mezzi e ambizioni, ancora in età flavia Ancor più rilevante è che i legami costruiti (o rafforzati), in occasione di un mandato da prefetto dei fabri, fossero utili anche alle comunità locali – a cui, come si è visto, i prefetti restavano generalmente legati Il caso di Oenophilus è chiarissimo a questo riguardo: le grandi famiglie di Atene lo scelsero più volte come ambasciatore (πρεσβεύσας πολλάκις) L’élite ateniese ne aveva evidentemente riconosciute capacità oratorie e relazioni politiche Un persistente carattere politico. Come notato molto tempo fa da R P Saller a proposito delle opportunità di carriera dei prefetti dei fabri in Africa, questo incarico non assicurava promozioni sicure, né avanzamenti certi324 Ancora al tempo dei Flavi, la possibilità di costruire rilevanti relazioni nell’Urbe doveva tuttavia costituire uno degli elementi di maggiore attrazione della praefectura fabrum Indipendentemente dagli interessi dei magistrati deleganti, si trattava di un vantaggio ben chiaro a coloro che aspiravano alla posizione A Roma, i prefetti erano riconosciuti come eminenti rappresentanti delle rispettive comunità cittadine e, come tali, avevano l’opportunità di intrattenersi presso la corte e i membri dell’ordine senatorio L’importanza della praefectura fabrum nel contesto politico urbano si era certo molto attenuata, ma era ancora ben riconoscibile nella dimensione politica locale, un aspetto che – come si è visto – era già chiaramente identificabile in età repubblicana I dati da alcune province, in qualche misura assimilabili a quelli visti per alcune aree d’Italia in età repubblicana, dimostrano come, con accelerazioni e rallentamenti, il processo di integrazione delle 322 Scheda 208 323 Scheda 207 324 Saller 1982, pp 132–133; contra Jarrett 1963, p 222
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élites nelle strutture della politica e dell’amministrazione imperiali procedesse attraverso la concessione della cittadinanza e, con essa, di posizioni istituzionali, equestri e non: è rilevante (e forse inatteso) notare come la praefectura fabrum potesse ancora figurare fra queste ultime Solo in seguito alla Guerra Sociale e alle guerre civili le élites italiche si integrarono pienamente in quella struttura e, prima che i notabili d’Italia accedessero stabilmente e in numeri cospicui al Senato, la prefettura aveva avuto un ruolo rilevante a questo riguardo Trent’anni dopo l’ascesa al trono di Vespasiano e le sue concessioni alle comunità della Penisola iberica, un uomo di quelle stesse province ascese al trono dei Cesari: ancora in età flavia, la praefectura fabrum aveva dato un contribuito sensibile all’integrazione delle risorse delle province e al governo dell’impero
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La praefectura fabrum nel II sec d C 8. Il II secolo d. C.: decadenza di un incarico? La fine di una dinastia: responsabilità individuale ed elementi strutturali. L’immagine pubblica di Domiziano – dominus et deus –, la sua politica, le grandi iniziative architettoniche325 e, infine, la sua caduta non possono essere trattate in questa sede326; del resto, come si è visto, le biografie dei Principi hanno influito in modo estremamente limitato sulle dinamiche legate alla praefectura fabrum Il fatto che gli storici antichi (e non solo) individuassero nella personalità di Domiziano le ragioni della fine violenta della dinastia flavia merita tuttavia un breve approfondimento327, perché si è talvolta rinvenuto nell’omicidio del secondogenito di Vespasiano una diretta conseguenza di un suo maniacale controllo sulla struttura imperiale328 Secondo questa prospettiva, Domiziano avrebbe controllato personalmente nomine istituzionali, imposizione fiscale e attività giudiziaria329 Egli si sarebbe inoltre alienato le simpatie dell’ordine senatorio, implementando una consapevole politica di promozione degli equites negli officia palatina330, un processo per la verità già in atto da tempo, consolidatosi durante il suo principato331 Non è necessario confutare questa prospettiva fondata sulle responsabilità individuali del Principe, facendo riferimento alle pur discusse tesi di F Millar sul ruolo dell’imperatore come agente “reattivo”332 Un episodio notissimo e ampiamente di-
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L’impegno di Domiziano nel settore dell’edilizia pubblica, in particolare sul Palatino e nell’area dei Fori, ha attratto l’attenzione di numerosi studiosi; tutti dedicati a questo soggetto sono i contributi di R Mar, J -C Grenier e A Viscogliosi nel volume Divus Vespasianus (2009) Su Domiziano e il suo regno, si vedano: Jones 1992; i contributi contenuti nel volume curato da J -M Pailler e R Sablayrolles e dedicato a Les années Domitien (1994); Southern 1997 Suet Dom 1, 1: honorem praeturae urbanae consulari potestate suscepit titulo tenus, nam iuris dictio nem ad collegam proximum transtulit, ceterum omnem vim dominationis tam licenter exercuit, ut iam tum qualis futurus esset ostenderet; Syme 1958, p 43: “the Flavian dynasty developed like the Julii and Claudii, degenerate and intolerable” Le parole utilizzate da B Levick (2009, p 23) sono indicative di questa posizione: “voleva controllare (scil Domiziano) lo Stato e guidarlo nella direzione scelta da lui, sia dal punto di vista economico che da quello morale” Come si vedrà, non mi pare si tratti di una posizione convincente B Levick (2009, p 23) ha proposto di individuare nella censura perpetua (Cass Dio LXVII, 4, 3) un elemento fondamentale di rottura con l’élite senatoria: il Principe avrebbe formalmente avocato a sé la promozione delle carriere individuali Non sembra che i predecessori di Domiziano avessero dovuto ricorrere ad uno strumento tanto estremo per ottenere i propri scopi E’ forse più prudente riconoscere che il Principe esplicitò formalmente l’indiscutibile preminenza degli strumenti patronali a sua disposizione Jones 1992, pp 169–170 Lo Cascio 2009, pp 324–325 Millar 1977
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battuto – l’editto sulla viticoltura333 – suggerisce infatti quali limiti caratterizzassero i poteri del Principe alla fine del I sec d C e come la fine del modello di successione dinastica – abbandonato per i successivi ottant’anni – fosse in effetti la più evidente dimostrazione della solidità di un sistema sostanzialmente fondato su fitte reti sociali L’imperatore poteva terrorizzare i membri della corte e del Senato334, ma non poteva sovvertire il fatto che il sistema politico romano poggiasse (da sempre) sulle relazioni reciproche e gli interessi delle classi possidenti335 La dimensione politica locale: amministrazione delle disuguaglianze ed eutaxia. L’importanza sistemica di questa classe di governo diffusa sul territorio era fondata sul radicato attaccamento alla dimensione politica ed economica locale A questo fenomeno, si è già accennato a proposito dei prefetti dei fabri sin qui esaminati, tutti interessati all’affermazione della propria immagine nelle città d’origine o d’adozione Era all’interno dell’ambito locale che si dispiegava una parte cospicua dell’impegno politico delle élites Non si trattava soltanto di finanziare costruzioni, restauri e festività locali Nelle città del II sec d C , la politica era ancora viva, modellata sulla quotidiana pratica amministrativa e, soprattutto, sull’impegno ad armonizzare gli interessi dei
Suet Dom 7, 2; 14, 2 E’ possibile che fossero state ragioni legate agli approvvigionamenti granari a spingere Domiziano a promulgare un editto in cui si impediva l’apprestamento di nuove viti in Italia e la rimozione di metà delle viti piantate nelle province In altre parole, il Principe avrebbe tentato di stimolare direttamente la coltivazione di cereali, necessaria all’Impero, ma economicamente meno allettante per i possidenti Non è possibile stabilire con certezza se la forma del provvedimento fosse quella tramandata, anche perché fu presto abbandonato (Jones 1992, pp 77–78) Lungi dal dimostrare il carattere autocratico del Principe, questa riforma abortita definiva con chiarezza l’insipienza del personale politico di cui Domiziano si era circondato, oltre che i limiti materiali dei suoi poteri – Millar 1977, p 392: “the order (…) was thereby inherently incapable of being enforced” Sull’editto, si vedano anche Millar 1977, pp 391–392; Levick 1982, pp 66–73 e n 71 (con ampia bibliografia) 334 Plin Pan 48: remoramur, resistimus, ut in communi domo, quam nuper immanissima bellua plurimo terrore munierat; cfr anche Id Ep VIII, 14, 8; Pan 49; 62; 68; 76 335 L’abortito intervento sulla viticoltura avrebbe colpito soprattutto questa classe, da sempre attiva nella produzione e nell’esportazione dei frutti delle colture specializzate, fra i quali appunto la vite Gli studi dedicati alla classificazione delle anfore, i contenitori da trasporto vinari per eccellenza, hanno del resto ampiamente dimostrato come, fra II sec a C e II sec d C (e ben oltre), la produzione di vino indirizzata alla vendita (a breve e a lungo raggio) fosse caratteristica di tutto il bacino del Mediterraneo: dall’Italia (anfore greco-italiche; Dressel 1; Dressel 2–4) alla Gallia (Dressel 1B similis; Gauloise 4, prodotta soprattutto nella Narbonensis), dalla Spagna (Pascual 1 e Dressel 2–4, entrambe prodotte nella Hispania Tarraconensis, zona molto famosa per la produzione di vino – Tchernia 1986 pp 142–145, 174–176) all’Oriente greco (Cretoise 1; Cretoise 2; Cretoise 3; anfora di Beirut); per le anfore vinarie, si vedano Hesnard et al. 1989; Desbat 2003, pp 45–49; Laubenheimer 2001; Id 2004; Lund 2000, pp 77–99; Rizzo 2003, pp 144–184 In anni recenti, l’imposizione di soglie di produttività comuni all’area UE, fra cui le c d quote-latte, non ha trovato applicazione all’interno di alcune realtà nazionali, con particolare riferimento all’Italia Ovviamente, le ragioni di questa inefficiente implementazione sono tutte politiche (su questo fenomeno, si veda l’analisi di S Boccoli – 2004) Che l’imperatore potesse disporre di strumenti di controllo dell’economia più efficaci di quelli degli Stati moderni e delle istituzioni transnazionali contemporanee è chiaramente insostenibile
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più ricchi e a gestire lo scontento di coloro che il sistema di sfruttamento delle risorse lasciava ai margini Questi ultimi, necessariamente attratti dai cambiamenti, non avevano nulla da perdere dal fomentare disordini336 Di fatto, si trattava di costringere l’autorità centrale (un pretore in Italia, il governatore in provincia) ad intervenire nei ridotti (ma vitali) margini di autonomia locale, imponendo una soluzione ai problemi che il notabilato non aveva saputo risolvere Non è dunque sorprendente che, per i possidenti (e i loro interessi), la preservazione dei margini di autonomia amministrativa accordati da Roma fosse di essenziale importanza Fatti salvi questi solidi interessi materiali, non mancavano elementi di carattere più propriamente culturale: nella metà orientale dell’Impero, le comunità cittadine vantavano del resto una tradizione politica molto antica Efficace esempio di questo civismo è offerto da Dione di Prusa che, perseguitato al tempo di Domiziano, si eresse a patrono della Grecità presso Traiano e sostenne a più riprese la necessità di risolvere, all’interno delle stesse città, le criticità determinate dall’ineguale distribuzione delle risorse, proprio allo scopo di evitare il coinvolgimento delle autorità romane337 Si trattava di un complesso confronto, che solo talvolta assumeva l’aspetto di un vero e proprio scontro: su questo, si misurava l’efficienza del notabilato locale Il glossario politico del tempo lo dimostra con efficacia Nel corso del II sec d C , il termine eutaxia, originariamente legato all’ambito militare, fece il proprio ingresso nella “mentalità collettiva”338, come rilevante qualità individuale e vero paradigma politico: l’eutaxia rappresentava l’impegno alla preservazione della stabilità della struttura economica e sociale e lo stimolo alla concordia interna alle élites cittadine339 Un sistema diffuso. Il fatto che questa dinamica sia particolarmente evidente per l’Oriente, le cui tradizioni politiche sono note anche grazie a documenti di eccezionale importanza, non deve suggerire che si trattasse di un fenomeno esclusivamente greco Nei municipia d’Italia e nelle colonie romane (nella Penisola e nelle province), gli interessi delle classi possidenti non erano meno radicati Sembra dimostrarlo l’editto di L. Antistius Rusticus, governatore di Galazia e Cappadocia340, a proposito della colonia romana di Antiochia di Pisidia nell’82–83 d C : il provvedimento intendeva porre rimedio ad una temuta carestia di cereali, attraverso l’imposizione forzosa ai possidenti della 336 Salmeri 1999, pp 236–239; Id 2000, pp 71–76 337 Nella stessa prospettiva, Dione contestava del resto la rivalità fra città, molto comune in tutto l’Impero e, in particolare, nel mondo greco: il retore individuava in questi dissidi il rischio di un intervento delle autorità romane, che avrebbe fatalmente determinato una limitazione alle prerogative delle città stesse (Salmeri 1999, pp 239–243) 338 Su questo, si veda Salmeri 2008 339 Nelle orazioni dei retori della fine del I e del II sec d C , l’eutaxia era associata a termini antichi, anch’essi oggetto di una reinterpretazione semantica: homonoia (divenuta concordia e attenzione alle leggi), praotês (mitezza), kosmos politeias (ordine civico); su questo sviluppo culturale, ideale e politico, si veda Salmeri 2008, pp 147–151 340 Su questo, si vedano Ramsey 1924, pp 79–184; Wiemer 1997; Baroni 2004; su L. Antistius Rusti cus, Syme 1983a = 1988, pp 347–365; Rémy 1989, pp 194–195, nr 159
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vendita di cereali, in quantità eccedente lo stretto necessario per la semina successiva e per i bisogni delle rispettive familiae341 Secondo A Baroni, la comunità era stata costretta a richiedere l’intervento del governatore, per supplire ad una carenza oggettiva: in altre parole, sebbene la città potesse vantare equites e senatori, nessun possidente aveva accumulato un numero sufficiente di scorte, per risolvere autonomamente il problema342 Non è però possibile escludere che l’intervento del governatore fosse stato reso necessario da un dissidio interno al notabilato locale, i cui membri non avevano saputo individuare una soluzione condivisa Inutile aggiungere che nessun possidente potesse apprezzare l’intervento dell’autorità provinciale nella sfera dei propri interessi economici Se intendevano evitare l’intromissione del potere centrale e tutelare i propri interessi, i notabili delle città d’Oriente e d’Occidente dovevano impegnarsi nella politica locale e, al contempo, stringere e alimentare legami con personalità dell’élite urbana Elementi vecchi e nuovi. Non c’è dunque ragione per ritenere che il confronto politico all’interno delle città e fra élites locali e autorità centrali fosse mutato Gli Antonini optarono anzi per una linea di governo relativamente tradizionale, caratterizzata da paternalismo, autoritarismo e rispetto (più o meno formale) del ruolo e degli equilibri interni al Senato343 In qualche misura, fu nuova l’abitudine di individuare un successore al trono all’interno della classe dirigente – una prassi determinata dal fatto (casuale) che, fra Nerva e Marco Aurelio, nessuno dei Principi avesse avuto un figlio naturale a cui ricorrere come erede Gli elementi di continuità sembrano comunque ampiamente prevalenti, come dimostra il fatto che alcune delle misure già introdotte al tempo di Domiziano, in particolare in merito alle carriere equestri, fossero state ormai stabilmente accolte in età adrianea: a quel tempo, quegli stessi cursus erano ormai definiti e gerarchizzati sulla base delle remunerazioni ad essi associate344 Il cambiamento più significativo è solo in parte riconducibile alle politiche dei singoli regnanti: l’Impero era in quel periodo culturalmente, istituzionalmente e politicamente più omogeneo che in passato Nel corso del II secolo d C , tutti gli interpreti della politica locale (italica e provinciale) erano infatti parte (o stavano rapidamente entrando a far parte) di una fitta e complessa rete di relazioni, il cui centro giaceva nella stessa Roma, a corte e nella Curia345 In altre parole, le regole della promozione personale e del confronto politicamente informato erano ormai riconosciute in tutto
341 Sulla colonia, si veda Mitchell, Waelkens 1998; ancora essenziale Levick 1967 342 Baroni 2004, pp 14–17 343 Su quella che Gibbon definì l’“età dell’oro” dell’Impero, la letteratura è vastissima; in questa sede, si propongono i contributi di M Pani e G Clemente in Storia di Roma (1991); Grant 1994; Birley 1997a–b (dedicati al contesto politico del regno di Adriano); Griffin 2000 344 A questo riguardo, come si è già accennato, sono essenziali i lavori di H -G Pflaum (1950; CP) e, più recentemente, di S Demougin (1988; 1992) e C Davenport (2019) 345 Salmeri 1991, pp 561–565; Id 2000, pp 53–54
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l’Impero346 A Roma, con frequenza, circolavano ormai provinciali con i simboli degli ordini più prestigiosi e i mezzi del patronato non giacevano più nelle rassicuranti mani delle grandi dinastie della tarda Repubblica e dell’età augustea347 Fra la fine del I e il pieno II sec d C , questo processo di integrazione aveva pienamente raggiunto anche le città dell’Oriente greco Gli studi di H Halfmann, B Rémy e A R Birley348 hanno dimostrato come, nel corso dei principati di Traiano, Adriano e degli Antonini, il “reclutamento” di senatori all’interno delle élites orientali si fece più comune e si estese anche a famiglie di origine propriamente greca, a lungo rimaste ai margini delle istituzioni politiche romane e della stessa prefettura dei fabri349 Al contrario di Plutarco e Dione350, che si dichiaravano soddisfatti di un impegno limitato nella struttura politica romana, alla fine del I e, soprattutto, nell’avanzato II sec d C , sempre più Greci percorsero invece un cursus honorum propriamente romano351 e si vedrà come questo fenomeno fosse stato preceduto e accompagnato da una generazione in cui la praefectura fabrum era infine comparsa nelle carriere dei notabili d’Oriente Quale spazio per la praefectura fabrum? Se le province costituivano ormai un vasto bacino di reclutamento per i funzionari dell’Impero, sembra che il II sec d C abbia assistito ad ulteriori sviluppi, specialmente in relazione alla posizione dell’Italia Non soltanto i provinciali potevano ormai raggiungere il trono imperiale ma, come dimostrato dall’esempio di Traiano, si preoccupavano delle condizioni economiche della Penisola, investendovi risorse significative: dall’istituzione alimentaria (a cui aveva dato vita lo stesso Nerva)352 all’obbligo imposto ai senatori di possedere un terzo del proprio patrimonio in Italia353 E’ ragionevole supporre che questi provvedimenti si fossero resi ormai necessari e che non fossero il frutto di un generico attaccamento sentimentale alla culla dell’Impero354 Ad ogni modo, a fondamento di questa politi346 Questo riconoscimento è alla base dei lavori di Pflaum (CP) e Saller (1982), estesi all’intera compagine imperiale 347 Sui pregiudizi riservati ai provinciali nell’Urbe, almeno fino almeno al tempo di Claudio, si veda Syme 1999, pp 39–44 348 Halfmann 1979; Rémy 1989; Birley 1997a 349 Sul progressivo avvicinamento (e sulle sue ripercussioni culturali) delle élites greche alla struttura politica romana di età imperiale, si vedano Salmeri 1991, pp 569–575; Id 1999, pp 214–220 350 Ancora nel I secolo d C , Plutarco di Cheronea aveva criticato quei Greci che, non paghi della cittadinanza romana e di una posizione di assoluta preminenza nelle rispettive poleis, tentavano di percorrere una carriera in Senato e aspiravano al consolato (De tranq. 470C; Salmeri 1999, pp 221–222) Al tempo di Domiziano e Traiano, Dione limitò il proprio impegno politico alle città dell’area egea e microasiatica – a partire dalla “sua” Prusa – auspicando per sé il ruolo di consigliere del Principe e patrono degli interessi greci a corte (Salmeri 1999, pp 223, 253–256) 351 Per la diffusione degli equites in Asia, si veda Demougin 1999; per i senatori, si vedano Halfmann 1979; Rémy 1989 352 Eck 1999, pp 151–185 353 Plin Iun Ep VI, 19, 1–6 354 Culturalmente ed economicamente, l’Italia manteneva una posizione centrale, garantita anche dal fatto che essa ospitava i luoghi della politica e delle istituzioni imperiali Sulle ben fondate preoccupazioni di Traiano circa le difficili condizioni economiche e demografiche della Penisola al
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ca, è forse corretto individuare un importante presupposto: perché le élites provinciali potessero investire risorse in Italia, era necessario che questi individui concepissero la possibilità di estendervi i propri interessi e tesservi relazioni stabili Nuovi ricchi proprietari insediati presso le comunità d’Italia implicavano infatti l’allargamento del bacino a cui attingere per individuare magistrati cittadini e – meglio – patroni e benefattori Nell’Impero greco-romano descritto da P Veyne355, c’erano ormai prassi condivise per avanzare attraverso i ranghi dell’amministrazione, accedere agli ordini equestre e senatorio, comunicare con il centro del potere I contorni di quest’ultima espressione, più volte evocata in questo stesso lavoro, assunsero anzi maggiore chiarezza nel corso del II sec d C , attraverso la relativa efficienza raggiunta dagli officia palatina Soprattutto i settori a rationibus e ab epistulis furono impiegati in un dialogo costante fra le comunità d’Italia e delle province e il Principe Eppure, nonostante la relativa efficienza raggiunta da queste strutture, era ancora fondamentale l’esistenza di una rete di relazioni, amicizie, clientele e patronati, non meno complessa che in passato356 Le reti sociali – più volte evocate in questa sede – conservarono dunque un ruolo centrale nella stabilità dell’Impero e nell’implementazione delle politiche proposte dalla corte e dalla classe dirigente urbana La particolare posizione della praefectura fabrum nel panorama istituzionale romano la collocava naturalmente all’interno di queste reti e del fenomeno patronale nel suo complesso La relativa fortuna di cui l’incarico senz’altro godeva, almeno nella prima metà del II sec d C , dipendeva senz’altro dal fatto che esso era ancora strumentale al contesto qui brevemente tracciato In questo capitolo, si esamineranno le attestazioni della prefettura dei fabri, pertinenti al II sec d C ; si cercherà di stabilire quali funzioni ne caratterizzassero ancora il profilo; si traccerà infine la parabola che essa conobbe negli ultimi cento anni in cui ancora risulta attestata
principio del II sec d C (già note al tempo di Domiziano), si veda Eck 1999, pp 151–160 E’ forse eccessivo ritenere come D Whittaker (1994) che i possidenti non prendessero parte alla vita politica delle città d’Italia, a causa dell’assenza di un sistema di esazione fiscale ad essi conveniente In particolare, a suo avviso, “the real problem lay in the city’s inability to have control of its own riches” (p 143) E’ vero che i proprietari terrieri non erano obbligati ad investire risorse nelle rispettive città; non si deve però sottostimare l’esistenza di una cultura civica e pratiche di evergetismo consolidate 355 Veyne 2007 356 Per alimentare questi legami, era necessario un impegno costante di carattere personale, economico e politico E’ a questa faticosa attività che allude Plinio (Ep I, 18, 4) dichiarando a Svetonio: nam mihi patria, et si quid carius patria, fides videbatur Alla fides era poi associata la dignitas, ovvero il credito di cui il patronus poteva disporre in favore dei propri protetti (sul significato della dignitas in Plinio, si veda Saller 1982, p 138)
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9. Storia di una (lenta) decadenza Numeri e … considerazioni. Sotto un profilo puramente quantitativo, la praefectura fabrum compare nel cursus di 104 individui357 riferibili al II sec d C 358 Si tratta di un dato significativo, che dimostra come, nel lasso di tempo compreso fra il regno di Nerva e quello di Settimio Severo, l’incarico fosse ancora appetibile per una vasta platea di individui A questo riguardo – come si è accennato – la maggioranza di queste attestazioni (56 su 104) si concentra con buona verosimiglianza nella prima metà del secolo Dei 47 casi restanti, appena 17 sembrano con sicurezza riferibili alla seconda metà del II sec d C 359: si tratta di dati che, al netto di ogni velleità statistica, suggeriscono un processo di progressiva decadenza della posizione In presenza di documenti di natura esclusivamente epigrafica, non resta che supporre che le funzioni della prefettura si stessero infine esaurendo Il progressivo e costante decremento delle attestazioni – dal principato di Augusto ai Severi – suggerisce in effetti che, se da una parte essa era ancora funzionale ad un contesto politico fondato sulle relazioni personali, l’integrazione di individui e risorse alla politica romana potesse ora essere perseguita attraverso nuove posizioni Del resto, come si è accennato, la distanza fra l’Italia e le province si stava sempre più assottigliando, un dato che le stesse attestazioni della praefectura fabrum sembrano confermare In effetti, il rapporto numerico fra prefetti di origine italica e provinciale si attesta su numeri pressoché eguali, un dato del resto in linea con quanto osservato per l’età flavia E’ questa una conferma ulteriore di quel processo di armonizzazione fra Italia e province, già riconosciuto per gli ordini equestre e senatorio, sempre più spesso popolati da provinciali a partire dal regno di Claudio360 Questo fatto è tanto più rilevante, se confrontato con il coincidente allargamento del bacino di selezione dei prefetti Se infatti nel I sec d C le attestazioni di praefecti fabrum provinciali erano concentrate soprattutto in Gallia Narbonensis e nelle province iberiche, il II sec d C sembra caratterizzato da una diffusione più estesa e sporadica361 In altre parole, nessuna provincia sembra “privilegiata” rispetto alle altre Ciò detto, è significativo che, in questa fase, personalità originarie delle province africane e di alcune importanti realtà d’Oriente avessero ottenuto una prefettura In effetti, all’interno del panorama provinciale, sem-
Ai quali si devono aggiungere alcuni prefetti rimasti anonimi: Inc 18; Inc. 19?; Inc. 24; Inc. 30; Inc. 45; Inc. 58? 358 Alcuni casi possono forse essere pertinenti alla fine del I o agli inizi del II sec d C Opportunamente segnalati, sono comunque stati collocati in questa serie per non “inquinare” le attestazioni certamente riferibili al I sec d C 359 Le restanti 30 attestazioni non sono databili con sufficiente esattezza 360 Per questa ragione, in questo capitolo, la trattazione delle attestazioni dall’Italia e dalle province procederà in modo contestuale 361 Attestazioni sporadiche sono documentate in Sicilia (257), Sardinia (261) e Caria (247)
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brano confermarsi attestazioni dalla Penisola iberica362 e dalle Gallie363, ma spiccano soprattutto realtà fino a quel momento quasi del tutto prive di prefetti, come Africa364, Macedonia365, Asia366 e Lycia et Pamphylia367 Accanto a queste, si registrano attestazioni anche in Syria, una provincia in cui, fino al II sec d C , mancano del tutto riferimenti alla praefectura fabrum368 La conferma di dati ormai acquisiti. Come in passato, non è possibile stabilire con certezza un legame fra prefettura e ordine equestre, perché soltanto 47 individui su 104 ottennero posizioni riservate agli equites, fra cui – soprattutto – il tribunato militare369 Del resto, la praefectura fabrum era sempre stata una posizione aperta anche ai figli o ai discendenti dei liberti, individui che all’ordine equestre non potevano formalmente accedere – con qualche eccezione, s’intende Così, a Puteoli, il cavaliere C. Aelius Quiri nus Domitianus Gaurus era con ogni verosimiglianza il figlio di un liberto dell’imperatore Adriano370 e anche Ti. Claudius Bithynicus da Aeclanum era forse il nipote di un liberto imperiale (forse di Claudio)371; infine, nel tardo II sec d C , Cn. Iulius Pertinax, eminente cittadino di Alba Pompeia, era senz’altro il figlio di un liberto, Cn. Didius Hermes372 I membri dei collegi degli scribae e, più in generale, degli apparitores non appartenevano necessariamente all’ordine equestre; ancora nel II sec d C , la praefectura fabrum era una posizione loro aperta e senz’altro appetibile I contatti con figure apicali delle istituzioni, connessi alla nomina, potevano procurare loro altri significativi avanzamenti, fra cui appunto l’accesso fra gli equites Poteva tuttavia accadere il contrario, ovvero che un prefetto, entrato nell’ordine equestre, si procurasse una posizione istituzionale remunerata fra gli apparitores373: è questo il caso del mauretano Ti. Claudius Helvius Secundus da Caesarea, che concluse il proprio cursus da scriba nelle decurie dei questori e degli edili curuli, a Roma374
362 Schede 272, 310, 322, 339 (Hispania citerior; cfr anche 301?); 248, 274, 340 (Baetica) 363 Schede 269, 338 (Lugdunensis); 298, 323 (Narbonensis) 364 Schede 251, 252, 260, 262, 319, 320, 331, 346; per altre attestazioni “africane”, al di fuori della Procon sularis, si vedano le schede 270, 275, 297 (dalle Mauretaniae) 365 Schede 264, 337, 341; cfr 294? 366 Schede 284; 286; 291; 326 367 Schede 267, 292, 305, 306, 321 368 Schede 300; 303; 307 369 Schede 247; 250; 251; 253 (?); 258; 260; 263; 266; 267; 270; 271; 275; 276; 277; 278; 279; 284; 286; 288; 289; 291; 292; 293; 295; 296; 297; 298; 300; 301; 304; 309; 311; 312; 316; 317; 318; 323; 324; 326; 330; 332; 333; 338; 339; 344; 346; 348 370 Scheda 250 371 Scheda 268 372 Scheda 299; per altri probabili discendenti di liberti, giunti alla prefettura dei fabri, cfr schede 251; 252; 296; 304; 345 373 Per gli scribi giunti alla prefettura dei fabri, si vedano le schede 249; 250; 255; 270; 271; 329 374 Scheda 270
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Ambizione e scelte personali. Ai molti rimasti ai margini di una carriera equestre era forse mancato l’intervento di contatti attivi a corte o, più semplicemente, l’interesse ad emergere al di fuori di una dimensione civica, in cui godevano già di sufficiente preminenza o notorietà: la praefectura fabrum era allora sufficiente ad accreditarne lo status in città e ad accumulare risorse per le eventuali ambizioni dei successori Oltre alla prefettura, T. Flavius Cimber ricoprì tutte le magistrature di Urvinum Metaurense, ma non sembra sia mai divenuto eques; le risorse economiche certo non gli mancavano, dal momento che la sua famiglia era proprietaria di alcuni fondi su quello stesso territorio – i praedia Flavi Apri375 L’ex-scriba P. Aelius Agathoclianus, forse figlio di un liberto e praefectus fabrum per tre volte, fu nominato patrono di Forum Clodii in occasione della donazione di marmi e colonne per la costruzione delle terme pubbliche Sebbene potesse senz’altro soddisfare i requisiti economici, Agathoclianus non raggiunse mai il rango equestre e le ricche procuratele che ad esso si accompagnavano376 Altri facoltosi e munifici evergeti limitarono impegno e risorse alle sole realtà locali, come M. Fabius Maximus, patrono a Falerio377, A. Quinctilius Priscus, patrono a Ferentinum378, M. Quinc [tius?] Runco a Brixia379, [ S]alvius Fusc[us], autore di un’importante dedica al Principe a Hippo Regius380, A. Vinicius Lucanus, patrono di Paestum e finanziatore di costosi giochi gladiatori e venationes381 Nessuno di costoro era privo di significative risorse economiche e la stessa prefettura dei fabri costituisce un buon indicatore di contatti politici a Roma: è dunque probabile che essi avessero consapevolmente optato per una carriera eminentemente locale Come si è visto a più riprese nel corso di questo lavoro, coloro che avevano ottenuto la prefettura dei fabri avevano sempre investito una parte apprezzabile del proprio patrimonio nelle rispettive città, in qualità di evergeti e patro ni382 Ovviamente, la diffusione e la continuità di questa pratica avevano radici culturali e personali profonde Non c’è però ragione di sottostimare l’importanza attribuita allo scenario politico locale da questi individui (e non solo da costoro), che evidentemente giustificava quell’investimento di risorse Così, ancora nel II sec d C , dediche e monumenti funerari documentano l’attenzione riservata dai praefecti fabrum alle strutture politiche cittadine (e al loro patronato)383, alle comunità periferiche (in cui forse dete-
Scheda 283 Scheda 249 Scheda 281 (la dedica è forse legata al finanziamento di lavori o spettacoli all’interno dell’anfiteatro) Per l’importante investimento finanziario di Priscus a vantaggio della sua comunità, si veda la scheda 325 379 Scheda 327 380 Scheda 331 381 Scheda 349 382 Per altri prefetti impegnati in questo periodo in atti di evergetismo nei confronti delle rispettive comunità, si vedano le schede 249; 277; 280; 289; 297; 309; 317; 348 383 Schede 257; 258; 260; 275; 281; 288; 291; 296; 307; 308; 314; 316; 319; 329; 330; 348
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nevano proprietà – come vici e pagi)384 e, infine, ai collegia, associazioni attive (e, spesso, influenti) nell’economia e nella società locali385 Prima cittadini, poi prefetti. L’attenzione al favore di cittadini e decurioni era un elemento essenziale della cultura politica dei possidenti, ovvero di tutti coloro che si rappresentavano come classe di governo, quantomeno a livello locale Non è dunque sorprendente che L. Clodius Ingenuus da Palma vantasse, pur sinteticamente, omnibus honoribus in re publica sua perfunctus386 Ancor più rilevante è l’espressione scelta dal prefetto catanese Q. Atilius Severus, che vantava la posizione di duoviro suf(fragii) popul(i) creatus387 Indipendentemente dal metodo elettorale con cui aveva raggiunto il duovirato388, Severus intendeva sottolineare il supporto di cui godeva presso tutta la cittadinanza A Libarna, vantava una simile notorietà il cavaliere Q. Attius Priscus, che, decorato da Nerva, era stato onorato dalla pleps (sic) urbana389, mentre al tiburtino T. Sabidius Maximus era stato concesso uno spazio per la sepoltura voluntate populi decreto senatus Tiburtium390 Ti. Claudius Helvius Secundus, pur impegnato a Roma, poteva vantare una posizione eminente a Caesarea di Mauretania: cives sui omnibus magistrat[u]um honori bus publico decreto exornaverunt391 Anche quando si trattava di segnalare un risultato ritenuto straordinario, il termine di paragone era spesso individuato nella dimensione civica In età traianea, a Simitthus, C. Otidius Iovinus vantava il sacerdozio provinciae Africae aggiungendo primus ex colo nia sua hunc honorem gessit392 L’importanza attribuita al contesto locale dai prefetti è però dimostrata soprattutto dal luogo di erezione delle iscrizioni loro dedicate, generalmente corrispondente alle rispettive città d’origine A titolo esemplificativo, si può menzionare qualche caso in particolare Ti. Claudius Aurelianus Ptolemaeus e sua moglie Claudia Antonina si erano forse trasferiti a Roma (dove furono in effetti seppelliti), ma decisero di farsi elevare un cenotafio nella natia Neapolis393 Pur impegnato in Oriente, Sex. Cornelius Dexter curò una dedica a Neptunus Augustus nella lontana Saldae, sua città natale394 Talvolta, come già si è visto nel secolo precedente, erano addirittura soggetti esterni a curare l’erezione di dediche nelle piccole patrie dei prefetti Così, il centurione P. Blaesius 384 Scheda 262 (Q. Calpurnius Rogatianus era patrono di pagus et civitas Thuggensium); 326 (Sex. Quinc tilius Valerius Maximus da Alexandreia Troas fu onorato dal vicus X) 385 Schede 254 – praef(ectus) fabr(um) ti[gn(uariorum)] Ostiensium; 296 – collegium fabrum Tibur tium; 334 – patronus scamillariorum operae veteres a scaena; 338 – patronus omnium corpor(um) 386 Scheda 272 387 Scheda 257 388 Per questo, si veda la scheda dedicata a Severus (257) 389 Scheda 258; per altre dediche da parte della plebs urbana, cfr schede 276; 330 390 Scheda 329 391 Scheda 270 392 Scheda 319 393 Scheda 266 394 Scheda 275
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Felix, impegnato in Egitto, dedicò un’iscrizione allo stesso Sex. Cornelius Dexter nella città di Saldae e fu senz’altro D. Iulius Capito a scegliere di essere onorato nella sua città d’origine, Vienna, dal conventus Asturum395 Un incarico operativo? Per quanto concerne l’operatività della praefectura fabrum, sembra di poter individuare elementi in qualche misura contrastanti Se infatti non mancano casi di iterazione dell’incarico396, in questa fase sono ben note le nomine di individui giovani o giovanissimi, senz’altro puramente onorifiche E’ questo il caso di L. Clodius Pius Marianus da Uria, pertinente alla prima metà del II sec d C e deceduto all’età di appena otto anni Perché un magistrato cum imperio lo scegliesse in qualità di prefetto dei fabri è evidente che l’incarico potesse essere inteso come una semplice sinecura397 Non doveva trattarsi di una novità del II sec d C , se, come si è visto, prefetture fittizie erano state correntemente concesse, fin dalla fine della Repubblica Il padre di Marianus doveva comunque godere di significativi legami a Roma, come dimostra il fatto che riuscì ad assicurare al figlio in tenera età una posizione istituzionale Per questa fase, manca qualsiasi riferimento alle mansioni svolte dai praefecti fabrum ed è dunque impossibile stabilire con certezza l’effettiva operatività dell’incarico Alcuni elementi suggeriscono che non si fosse perso del tutto l’antico legame con i settori della logistica e degli approvvigionamenti Indipendentemente dal mandato da prefetto dei fabri, le carriere di alcuni individui presentano infatti mansioni e competenze assimilabili a quegli ambiti Così, L. Aburnius Tuscianus, originario di Herakleia ad Sal bacum e prefetto dei fabri a Roma, fu più tardi scelto per la curatela dei rifornimenti necessari alla campagna partica di Traiano (114–117 d C )398 e C. Graecinius Firminus, forse originario di Philippi, vantava le posizioni di praefectus fabrum et frumenti mancipalis provinc(iae) (Macedoniae?)399 Infine, pur successivamente alla sua prefettura, Publilius Memorialis da Forum Clodii fu dilictat(or) (sic) [tir]onum ex Numidar(um) lecto[r(um)] della legione III Augusta in Africa400: in una società che non conosceva la coscrizione obbligatoria, il dilectus richiedeva capacità organizzative notevoli, non del tutto dissociabili dagli stessi approvvigionamenti E’ tuttavia necessario constatare come, con l’eccezione del caso di Firminus, queste mansioni non sembrino connesse funzionalmente con la praefectura fabrum ed è anzi più probabile che simili competenze amministrative fossero relativamente diffuse fra i possidenti, nelle cui file i prefetti erano nominati Il ruolo della prefettura nello scenario politico del tempo. Ad ogni modo, l’importanza (e la vitalità) della posizione non erano strettamente legate alle mansioni ad 395 Scheda 298 396 Schede 284, 309, 323 (2 ripetizioni); 249, 275 (3 ripetizioni); 263 (4 ripetizioni) 397 Scheda 273; a sedici anni, C. Decrius Crispus da Aesernia era entrato a far parte degli equites, era stato onorato come patrono della città ed era stato nominato prefetto dei fabri (278); ancora giovanissimo doveva essere anche un [Licinius] Rufus da Attaleia (306) 398 Scheda 247 399 Scheda 294 400 Scheda 324
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essa associate Innanzitutto, in questo periodo, compaiono ancora praefecti fabrum Ro mae o a co(n)sule (delati)401 Come si è detto, si tratta di locuzioni ben attestate, che, inserite nel testo sintetico di un’iscrizione, intendevano offrire un’informazione suppletiva: gli individui onorati erano stati scelti da un console o da un pretore e si erano recati a Roma per ricevere il riconoscimento tangibile del proprio servizio nelle istituzioni centrali A questo riguardo, i limiti oggettivi del contesto politico locale offrivano un contributo decisivo al successo della prefettura, una nomina che rendeva plasticamente visibili legami stretti con rilevanti personalità della politica urbana Nel corso del II sec d C , un solo caso menziona direttamente il delegante e si tratta chiaramente di una circostanza eccezionale: C. Manlius Felix, accolto da Tito fra gli equites, fu per due volte prefetto dei fabri di Traiano, durante le campagne daciche402 Più spesso, questi legami possono solo essere supposti: C. Cornelius Minicianus da Bergomum fu raccomandato da Plinio presso Q. Roscius Murena Coelius Pompeius Falco (cos 108 d C ) per il comando di un’unità in Palestina e non è inverosimile che lo stesso Plinio gli avesse procurato una prefettura dei fabri all’inizio della sua carriera403 Nella seconda metà del II sec d C , Ti. Claudius Liberalis Aebutianus curò una dedica ad Herennia M. f. Helvidia Aemiliana, moglie di L. Claudius Proculus Cornelianus (cos 139 d C ), per il quale forse aveva servito da prefetto Il consolare e sua moglie (definita dal prefetto regina sua) avevano senz’altro avuto un ruolo nella promozione di Liberalis Aebutia nus fra gli equites404 In età antonina, C. Dissenius Fuscus da Castrimoenium e M. Oppius Capito Quintus Tamudius Milasius Aninius Severus da Auximum godevano senz’altro di importanti amicizie a corte, considerato che un imperatore aveva nominato entrambi curatores, rispettivamente, delle città di Bovillae e Trea405: è verosimile che la carriera dei due avesse subito un’accelerazione con la nomina a praefecti fabrum Prefetti dei fabri e città: civismo e cultura politica. Contrariamente a quanto implicitamente sostenuto da B Dobson, il fatto che, dopo il principato di Claudio, il cursus di numerosi prefetti dei fabri fosse limitato (o fosse caratterizzato in modo preponderante) da posizioni cittadine non implicava dunque che l’incarico si fosse ridotto ad una posizione attraente per giovani notabili o cavalieri all’inizio della carriera, ma altrimenti priva di utilità Ancora nel pieno II sec d C , una prefettura dei fabri poteva costituire un buon indicatore di risorse e interesse per una carriera politicamente significativa, se non altro all’interno della dimensione civica Che fossero 401 Per l’espressione Romae, si vedano le schede 247, 317, 334, 338; per a co(n)s(ule), schede 264, 341; cfr scheda 343 – praefectus fabrum Romae et Tergeste Per queste espressioni formulari si vedano: in età giulio-claudia, le schede 2; 23; 39; 52; 75; 133; in età flavia, 232 – p. f. a pr(aetoribus) bis et co(n)s(ule delatus); cfr anche Inc. 5; Inc. 32 402 Scheda 311 403 Scheda 276 404 Scheda 271 405 Schede 280 e 318; per un possibile legame fra un prefetto dei fabri e un membro dell’élite urbana, si veda la scheda 332
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chiamati o meno ad esercitare altre funzioni nell’amministrazione centrale, questi individui potevano divenire punti di riferimento per le rispettive comunità, un riconoscimento che spesso si estendeva ai loro stessi discendenti Questo risultato avevano conseguito, ad esempio, i Nasennii a Ostia: trenta o quarant’anni dopo che C. Nasennius Marcellus, prefetto dei fabri e patrono, era stato nominato curator operum publicorum perpetuo, un suo omonimo successore ottenne a propria volta l’oneroso incarico di curator dei monumenti pubblici ostiensi406 Il radicamento locale dei prefetti non era dunque esclusivamente determinato da limitate risorse e aspirazioni: la cultura civica e il rapporto fra individuo e comunità politica avevano un’importanza notevole e forse determinante, benché difficilmente quantificabile Si è visto poi come i prefetti potessero efficacemente ricoprire un ruolo di intermediazione fra comunità locale e potere centrale: è possibile individuare questa dinamica ancora nel III sec d C E’ questo il caso di Sex. Vagirius Martianus di Lugdunum, patrono di tutte le associazioni cittadine e, soprattutto, curator di tutti i cittadini romani residenti nella provincia di Aquitania: in questo caso, si trattava di una funzione ufficiale, in qualche misura assimilabile al patronato, estesa però all’intera comunità dei cives Romani407 Pur privo di un incarico ufficiale come quello di Martianus, M. Gavius Gallicus da Attaleia divenne il patrono e rappresentò presso le autorità romane gli interessi di molte città (ovvero delle rispettive élites) di Lycia, Pamphylia e Asia408 Dunque, per quanto fosse forse stata svuotata di competenze, la praefectura fabrum poteva ancora creare le condizioni per la costruzione di legami con le autorità centrali e provinciali, una possibilità che, da più parti, poteva essere vista con interesse e che era senz’altro funzionale al panorama politico del II sec d C , in cui, come si è accennato, era forte l’esigenza delle comunità locali di conservare spazi di autonomia all’interno della compagine imperiale Opportunità di carriera. Si è vista sin qui la forza del legame dei prefetti con i rispettivi contesti locali Non si deve tuttavia trascurare il fatto che, pur non essendo un esito certo, l’ingresso nell’ordine equestre (corredato dalla possibilità di una carriera amministrativa) non era affatto raro per i praefecti fabrum Forse originario della provincia d’Asia, il prefetto P. Gavius Balbus entrò nell’ordine equestre e percorse una prestigiosa carriera procuratoria in Galatia, Paphlagonia, nel Chersonesos e come curatore delle viae Cornelia e Triumphalis409 Ancora nella prima metà del II sec d C , L. Sempro nius Senecio ottenne dopo la prefettura importanti procuratele: proc(urator) Aug(usti) a censib(us) provinc(iarum) Thraciae et Aquitan(icae), proc(urator) monetae e proc(ura tor) provinc(iae) Iudaeae410 A Vienna, dopo la prefettura, D. Iulius Capito ottenne un tribunato di legione, la censura delle città foederatae dei Remi e il rango di proc(urator)
406 407 408 409 410
Scheda 316 Scheda 338 Scheda 292 Scheda 291 Scheda 332
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Parte III
Imp(eratoris) Nervae Traian(i) Caes(aris) Aug(usti) Germ(anici) Dacici Optimi pro vinc(iae) Astur(iae) et Callec(iae)411 Si è già accennato a Sex. Cornelius Dexter, che in età adrianea divenne eques e, dopo le militiae, ottenne le importanti posizioni di iuridicus Alexandrae (centenario), curator Neaspoleos et Mausolei (ancora ad Alessandria, sessagenario) e di prefetto della classis Syr(iaca)412 Negli stessi anni, C. Hosidius Severus, da Sala, passò dalla prefettura dei fabri all’ordine equestre (con le relative militiae) e alla posizione di procurator ad census in Britannia413 Come già in passato, dopo una prefettura, un’esigua minoranza poteva addirittura fare il proprio ingresso in Senato, sebbene l’accesso alle magistrature curuli fosse senz’altro più agevole per le generazioni successive Se dunque Sex. Quinctilius Valerius Maximus da Alexandreia Troas fu addirittura onorato del latus clavus da Nerva, due suoi congiunti – Sextus Quintilius Valerius Maximus e Sextus Quintilius Valerius Condia nus – divennero consoli nell’anno 151 d C 414 Meno sorprendentemente, Q. Camurius Numisius Iunior, un discendente del prefetto C. Camurius Clemens da Treia (forse un nipote), raggiunse il consolato nel 161 d C 415 e un successore del prefetto L. Valerius Verus da Poetovio – M. Valerius Maximianus – fu accolto inter praetorios da Marco Aurelio416 In conclusione, a quanto è possibile osservare per il II sec d C , la praefectura fa brum non aveva subito significativi mutamenti Essa non offriva prospettive certe di avanzamento e, indipendentemente dalle risorse lasciate a eredi e successori, tendeva a risolversi in due percorsi ben distinguibili: una carriera fondamentalmente concentrata nell’ambito politico locale e un cursus equestre, con moderate possibilità di accesso a posizioni procuratorie417 Per i cittadini delle provinciae, era pure possibile che una carriera fondamentalmente locale acquisisse un respiro più vasto: a individui, che spesso avevano servito alle dipendenze degli stessi governatori, erano infatti aperte posizioni sacrali di ambito provinciale, come il flaminato della provincia Hispaniae citerioris418 e i massimi sacerdozi delle province microasiatiche419 e africane420 Si trattava di riconoscimenti prestigiosi, che dovevano risultare senz’altro appetibili agli occhi di personalità tanto attente alla dimensione politica delle rispettive città e province La praefectura fabrum nel II sec. d. C.: due contesti e un bilancio. I dati sin qui esaminati dimostrano come ormai, nel corso del II sec d C , la praefectura fabrum fos-
Scheda 298 Scheda 275 Scheda 297; per un altro censitor in Britannia, si veda la scheda 314 Scheda 326 Scheda 263 Scheda 342; cfr anche scheda 346 Si menzionano qui le procuratele per la riscossione della XX hereditatium ottenuta da C. Lepidius Secundus (304) e quella alimentorum viae Flaminiae rivestita da M. Veserius Iucundianus (345) 418 Schede 272; 274; 301; 322 419 Scheda 286 420 Scheda 319
411 412 413 414 415 416 417
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se concessa su basi affini e con simili prospettive di carriera in Italia e nelle province Tuttavia, una breve sintesi dedicata a due contesti provinciali – Africa e Lycia et Pam phylia – potrà offrire alcune riflessioni conclusive Le attestazioni dalla Lycia, formalmente provincializzata al tempo di Claudio (43 d C )421, e soprattutto dalla Pamphylia422 confermano tendenze già notate altrove Ti. Claudius Agrippinus da Patara era stato accolto fra gli equites, dopo la prefettura dei fabri; con l’eccezione delle militiae, non rivestì altre posizioni equestri, ma divenne ἀρχιερέυς τῶν Σεβαστῶν καὶ γραμματέυς Λυκίων τοῦ κοινοῦ Al tempo di Adriano, Ti Claudius Agrippinus [---] L[---]nus, forse un congiunto del prefetto, fu cooptato in Senato per intervento del Principe423 Ad Attaleia, C. Licinius Flamma e suo figlio Rufus avevano entrambi ottenuto una prefettura dei fabri: Rufus morì anzitempo, mentre il padre poteva vantare una posizione solo relativamente rilevante, come sacerdote perpetuo in città424 Ancora ad Attaleia, M. Petronius Firmus Calpurnius Saecularis aveva rivestito magistrature, sacerdozi e la prestigiosa agonothesia; all’interno del suo cursus iscritto, la praefectura fabrum era il solo incarico estraneo alla dimensione politica locale Si è già accennato al cursus di M. Gavius Gallicus, anch’egli originario di Attaleia: prefetto dei fabri, aveva stretto relazioni di rilievo, che gli procurarono l’ingresso fra gli equites e il titolo di iudex a Roma Uomo ricco a sufficienza per sostenere i costi di rilevanti sacerdozi e, soprattutto, dell’agonothesia, Gallicus aveva ottenuto la posizione riconosciuta di intermediario fra città microasiatiche e autorità romane425 E’ significativo che, nel corso del II sec d C , alcuni importanti cittadini giunsero in Senato proprio da queste regioni426: si trattava di una scelta consapevole, come dimostra il fatto che il ricchissimo licio Opramoas, che pure avrebbe potuto percorrere un’importante carriera curule, non ottenne mai la cittadinanza romana427 Gli individui qui brevemente esaminati non avevano soltanto accettato la civitas optimo iure, ma avevano percorso – con alterni successi – carriere nell’amministrazione romana, stringendo legami rilevanti con esponenti dell’élite urbana, un risultato conseguito anche attraverso la concessione della praefectura fabrum Le attestazioni dalla Proconsularis, provincia ben integrata nella struttura imperiale428, in cui prefetti dei fabri avevano indubbiamente operato, suggeriscono considera-
421 Suet Claud 25, 3; Cass Dio LX, 17, 3 422 L’accorpamento di Lycia e Pamphylia si data al regno di Vespasiano (Syme 1937, pp 230–231 = 1979, pp 44–46) 423 Scheda 267 424 Schede 305 e 306 425 Scheda 292 426 Halfmann 1982, pp 639–643; cfr Salmeri 2000, pp 58 e 59 (in particolare, sulla Lycia) 427 La lista delle dispendiose donazioni di questo ricchissimo evergete è contenuta in TAM II, 3, 905 428 Dati quantitativi sul reclutamento di equites nelle province africane sono contenuti in Jarrett 1963, sopr pp 219–220; per i senatori dalla Proconsularis, si veda Corbier 1982, pp 687–699 e 750–752
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zioni non dissimili A Leptis Minus, i fratelli M. Aemilius Super e M. Aemilius Respectus avevano entrambi ottenuto una prefettura dei fabri: Super era scomparso prematuramente e la sua carriera si era fermata al flaminato perpetuo; oltre a ottenere il flaminato, Respectus era invece entrato nell’ordine equestre e aveva servito in Africa come tribuno nella legione III Augusta429 A Simitthus, altri due fratelli, C. Otidius Iovinus e Q. Oti dius Praenestinus, rivestirono la praefectura fabrum: del sacerdozio provinciae Africae di Iovinus si è già detto; al momento della dedica al fratello, la carriera di Praenestinus si era fermata alla prefettura430 A Hippo Regius, [S]alvius Fusc[us] aveva ottenuto tutte le principali magistrature cittadine: la praefectura fabrum era il solo incarico rivestito al di fuori della dimensione locale431 In età adrianea, la lunga e fortunata carriera di M. Vettius Latro, coronata dalle procuratele dell’annona a Ostia e Portus (sessagenaria), della provincia di Sicilia e delle Alpi Cozie (centenarie) e della Mauretania Cesariensis (ducenaria), era partita da un sacerdozio provinciale, dall’ingresso nell’ordine equestre e nelle file degli iudices e da una prefettura dei fabri Un successore di Latro, C. Vettius Sabinianus Iulius Hospes, giunse al consolato suffectus nel 176 d C 432 A Q. Calpurnius Rogatianus, originario di Thugga, la prefettura dei fabri aveva dischiuso le porte dell’ordine equestre, per concessione di Marco Aurelio e Lucio Vero433 Sex. Caecilius Crescens Volusianus, originario del piccolo municipium di Avitta Bibba, raggiunse in età antonina l’accesso all’ordine equestre, il sacerdozio di curio sacris faciundis, le posizioni di ad vocatus fisci Romae, di procurator per la XX hereditatium e, soprattutto, di ab epistulis negli officia imperiali: inutile dire che, per la piccola comunità di Avitta Bibba, doveva trattarsi di uno straordinario patrono e, come tale, era stato ufficialmente riconosciuto E’ significativo che a Thuburbo Maius sia attestata una nipote di un Sex. Caecilius Volu sianus, consularis e patronus coloniae, probabilmente figlio o nipote del prefetto434 Sembra a questo punto possibile proporre un sintetico bilancio della praefectura fabrum nel II sec d C , che, in assenza di significativi mutamenti relativi al contesto italico, sarà soprattutto dedicato all’ambito provinciale In particolare, il caso di Sex. Caecilius Volusianus, appena trattato, dimostra efficacemente quanto ancora la prae fectura fabrum potesse rivelarsi utile per costruire legami nella capitale provinciale e, in ultima analisi, nella stessa Roma L’impegno politico del licio M. Gavius Gallicus, difensore degli interessi di Attaleia e di altre città microasiatiche, esemplifica i vantaggi che questi legami potevano offrire alle città d’origine e ad altre, senz’altro desiderose di procurarsi un patrono presso il governatore, o nell’Urbe stessa Indipendentemente dalle carriere di ciascuno, tutti gli individui esaminati avevano conservato un legame
429 430 431 432 433 434
Schede 251 e 252 Schede 319 e 320 Scheda 331 Scheda 346 Scheda 262 Scheda 260
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con le rispettive città d’origine ed è facile immaginare come, in assenza di ulteriori incarichi, la prefettura implicasse quantomeno il riconoscimento di un ruolo attivo nella rappresentanza degli interessi cittadini Dopotutto, pur senza implicare un servizio attivo, la nomina a praefectus fabrum richiedeva senz’altro il disbrigo di alcune formalità e, probabilmente, il ritiro di un premio in denaro presso l’erario di Saturno, a Roma Il valore di questi riconoscimenti non deve essere sottostimato, soprattutto all’interno di piccole comunità: i risultati eccellenti raggiunti da Volusianus dovevano essere riconosciuti in tutta la loro importanza in un piccolo municipium come Avitta Bibba, in Africa Fin dal I sec a C , la praefectura fabrum era stata utilizzata per attrarre uomini e risorse nella rete di relazioni alla base della struttura politica romana: questi individui erano stati selezionati prima in Italia e, soprattutto a partire dall’età imperiale, anche nelle province Col tempo, l’operatività dell’incarico si era andata perdendo: prima era venuta meno l’agibilità politica dei prefetti, poi l’organizzazione permanente dell’esercito e degli officia palatina aveva forse privato di ulteriori funzioni un incarico dalle competenze imprecisate, quale appunto la praefectura fabrum Essa rimaneva però un utile strumento per i deleganti e ancor più per i prefetti – per le opportunità di carriera che poteva offrire loro e, soprattutto, per la notorietà che garantiva loro nel contesto politico delle rispettive città d’origine Nel corso di questo lavoro, si è notato come una concentrazione significativa di praefecti fabrum all’interno di un territorio possa costituire un indicatore della progressiva integrazione di parte del notabilato locale alla struttura politica romana Spesso, all’interno della generazione successiva a quella dei prefetti, si annoveravano magistrati curuli e, come si è visto per la Spagna in età flavia, addirittura imperatori Del resto, anche l’Africa, che nella prima metà del II sec d C presentava finalmente un numero cospicuo di prefetti dei fabri, avrebbe presto potuto vantare importanti personalità a Roma e addirittura una dinastia sul trono435 Il fatto che, quantomeno nella prima metà del II sec d C , queste dinamiche siano ancora ben documentate dimostra la vitalità dell’incarico e la sua funzionalità all’interno dei meccanismi di patronato e promozione personale della politica imperiale D’altra parte, il calo abbastanza evidente di attestazioni nella seconda metà del secolo suggerisce che nuovi mezzi fossero ormai ritenuti più funzionali Come si vedrà nel capitolo successivo, a fronte di alcune attestazioni, l’età severiana costituì l’ultimo periodo in cui la praefectura fabrum è ancora documentata Dopo un lento declino, la prefettura fu abbandonata in modo definitivo – le sue prerogative e funzioni dimenticate Le ragioni di questa fine, benché oggetto di ipotesi, saranno il soggetto del prossimo e ultimo capitolo
435 Sulla dinastia severiana, si vedano Birley (A R ) 1988; Letta 1991; Grant 1996
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La fine di una dinastia, la fine di un incarico: la praefectura fabrum in età severiana 10. I numeri di una crisi Un bilancio chiaro. Come si è detto, il tramonto della praefectura fabrum deve essere senz’altro individuato negli anni della dinastia severiana In effetti, non sono note attestazioni successive a quest’epoca, mentre, fra la fine del II sec d C e il primo quarto del III sec d C , sono documentate le carriere di appena cinque prefetti436 E’ dunque in questa fase che possono essere individuate le ragioni del suo definitivo abbandono e sarà questo il fine ultimo di quest’ultimo capitolo Prima di esaminare la scarna documentazione disponibile, è opportuno evidenziare un aspetto metodologicamente rilevante: il fatto che la fine della praefectura fabrum debba essere individuata in età severiana ha spesso indotto a collocare alcune iscrizioni entro questa soglia cronologica, senza l’ausilio di altri elementi datanti437 Chiaramente, si tratta di un approccio non privo di rischi, tanto più perché, come si vedrà, le carriere degli ultimi prefetti attestati sono generalmente indistinguibili da quelle dei decenni precedenti Trent’anni, cinque prefetti. Con l’eccezione di un individuo chiamato ad operare in Sardinia, Q. Cosconius Fronto438, tutti i prefetti attestati erano senz’altro personalità attive in Italia settentrionale e a Poetovio, in Pannonia inferior Con un numero tanto scarso di attestazioni, non è tuttavia possibile evidenziare alcun dato statisticamente rilevante Se confrontate con i cursus dei decenni precedenti, si tratta di carriere abbastanza comuni, concentrate sulla dimensione locale e, forse, regionale Dopo la prefettura dei fabri, M. Carsius Secundus da Alba Pompeia ebbe accesso all’ordine equestre: a seguito dell’ingresso fra gli iudices selecti, la sua carriera non conobbe ulteriori progressi439 La praefectura fabrum (ἔπαρχος χιροτεχ[νῶν]) di Acilius Hierax, figlio di Ptolemaios, era il solo incarico menzionato in un’iscrizione rinvenuta ad Aquileia440 In Pannonia, a
436 A questo dato, è forse possibile aggiungere le carriere di altri due individui rimasti anonimi: schede Inc. 50; Inc. 59 437 A titolo esemplificativo, si veda per questo approccio De Carlo 2015, p 334, nr 28; il rischio di questo ragionamento circolare mi pare evidente ed è per questo che, in questa sede, si è dunque deciso di raccogliere in una sezione a parte le schede databili con maggiore difficoltà: si tratta di casi in cui la datazione è sembrata incerta agli occhi degli editori (e del sottoscritto stesso); per queste schede, si veda infra 438 Scheda 353 439 Scheda 352 440 Scheda 351
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Poetovio, C. Tiberinus Faventinus aveva percorso una carriera di rilievo prevalentemente locale: dec(urio) col(oniae) Poet(ovionis), prefetto dei fabri, questore, prefetto pro IIvi ris441 Nella stessa città, C. Valerius Tettius Fuscus fu dec(urio) c(oloniae) U(lpiae) T(ra ianae) P(oetovionensis), questore, edile, prefetto dei fabri, duoviro i(ure) d(icundo) e augure442 Una donazione ad un collegium costituito per la devozione della famiglia imperiale attesta la ricchezza di Tettius Fuscus: il prefetto aveva così dimostrato l’esistenza di un legame con un’importante associazione cittadina e investito risorse significative in onore della dinastia regnante Una notevole eccezione. La praefectura fabrum compare anche all’interno di un percorso di notevole rilievo: si tratta del cursus di Q. Cosconius Fronto, protagonista di una lunga e fortunata carriera nei ranghi dell’ordine equestre, soprattutto attivo in Oriente, nell’esazione della XX hereditatium per Pontum et Bithyniam et Pontum Medi terraneum et Paphlagoniam e poi per Asiam Lyciam Phrygiam Galatiam insulas Cycla des443 Egli era stato infine subpraef(ectus) annonae Urbis e procurator alla riscossione del vectigal delle ferrariae galliche444, entrambe posizioni centenarie, per le quali erano essenziali competenze amministrative (e forse politiche) L’ultimo incarico noto fu una prefettura presidiale, alla guida della provincia di Sardinia (posizione ducenaria) All’inizio della sua carriera, Fronto era stato però prefetto dei fabri a co(n)s(ule) ad lectus Quest’ultima è un’espressione unica, non altrimenti attestata, in luogo della più tradizionale a co(n)s(ule) delatus ad aerarium445 E’ possibile che si tratti di un errore del lapicida – forse determinato dalla rarità dell’incarico stesso –, ma è pur ragionevole supporre che questa formula indicasse rilevanti sviluppi nelle caratteristiche della prefettura In altre parole, sebbene la praefectura fabrum fosse ancora assegnata da un magistrato cum imperio, è possibile che non fosse più riconosciuto alcun legame (o più prosaicamente alcun compenso) presso l’erario urbano In questo senso, la prefettura aveva forse perso un’altra delle sue attrattive: il premio in denaro che delati a consulibus ad aerarium i prefetti potevano probabilmente ottenere al termine del mandato Una sintesi. Ad ogni modo, le attestazioni disponibili non alterano significativamente il profilo dell’incarico, quale è stato tracciato sin qui La praefectura fabrum non era una posizione equestre, né assicurava l’accesso a quell’ordine e tantomeno a una proficua carriera successiva Anzi, in questo lavoro, si è più volte riconosciuto come una delle principali attrazioni della prefettura per individui di rango non equestre fosScheda 354 Scheda 355 Scheda 353 La presenza di importanti giacimenti – noti e sfruttati da prima dell’avvento di Roma in Gallia – è ben nota (Caes BC VII, 22; Strab IV, 191) Meno chiara è l’organizzazione che regolava lo sfruttamento delle ferrariae galliche; su questo e sui procuratores ferrariarum delle Gallie, si veda la discussione contenuta in Hirt 2010, pp 140–145 (con bibliografia; il caso di M. Cosconius Fronto è trattato a p 142) 445 Su questo, si veda Frei-Stolba 2005
441 442 443 444
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se che spesso era detenuta da equites A questo riguardo, non è chiaro quali possano essere state le conseguenze della diffusione, a partire dalla metà del II sec d C , della definizione di honestiores fra le classi possidenti446 Quale che fosse la reazione di quegli individui a questi nuovi sviluppi, altri e più immediati effetti, derivati dalle politiche applicate dalla nuova dinastia regnante, avevano senz’altro influito sulle ambizioni dei possidenti, fra cui erano da sempre selezionati i prefetti e, forse, sullo stesso destino della praefectura fabrum “The military monarchy”447. In effetti, all’interno della struttura politica romana, le contraddizioni di un sistema tanto suscettibile alle iniziative delle forze militari stavano emergendo con prepotenza: Settimio Severo non era il primo Principe a dovere il trono alle legioni, ma più di altri seppe ricompensarle e riconoscerne il ruolo per la tenuta della dinastia che egli intendeva fondare448 L’imperatore accrebbe gli stipendi dei militari, riconobbe formalmente le unioni more uxorio intrecciate durante il servizio, istituì un’annona militare, dedicata alle necessità delle legioni, e promosse una serie di importanti campagne militari in Oriente e in Britannia449 Uno sviluppo importante per l’Italia fu lo stanziamento di una nuova legione ad Albanum, a breve distanza da Roma: insieme alle coorti pretoriae e urbanae, queste forze militari costituivano una estrema linea di difesa per la Penisola italica, la cui sicurezza era stata messa in pericolo appena pochi decenni prima, al tempo di Marco Aurelio In realtà, queste forze costituivano soprattutto un formidabile puntello per la dinastia regnante450 La decisione di Settimio Severo implicò un ulteriore avvicinamento dell’Italia, fino a quel momento rimasta pressoché indifesa, alle province e nella stessa direzione si orientava la scelta dell’imperatore di aprire i ranghi dei pretoriani, fino a quel momento sempre di origine italica, ai provinciali e, in particolare, agli Illirici451 Quella che M Grant definì una “monarchia militare” sembrava fondata su basi diverse rispetto al recente passato Non soltanto questo assetto impegnava un ammontare significativo del bilancio, a carico soprattutto delle classi possidenti, ma il peso specifico che i militari potevano esercitare era nettamente superiore rispetto al passato – uno sviluppo le cui conseguenze furono evidenti, negli anni successivi alla morte dell’ultimo dei Severi Götterdämmerung. Nel 235 d C , in seguito al fallimento delle operazioni sui fronti orientale e settentrionale, Alessandro Severo fu ucciso da una congiura ordita dai suoi
446 Sul riconoscimento e sulle prerogative degli honestiores, è ancora essenziale Garnsey 1970 447 Grant 1996, p 34 448 Sono note le ultime raccomandazioni che, secondo la tradizione, l’imperatore morente avrebbe lasciato ai figli: ὁμονοεῖτε, τοὺς στρατιώτας πλουτίζετε, τῶν ἄλλων πάντων καταφρονεῖτε (Cass Dio LXXVII, 15, 2) 449 Grant 1996, pp 34–36 450 Per l’effetto che queste forze potevano determinare nel rapporto fra Settimio Severo e il Senato, si veda Grant 1996, p 35; sul rapporto conflittuale fra l’imperatore e l’ordine senatorio, si veda ora Letta 2014 451 Grant 1996, p 15
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stessi uomini452: si apriva un cinquantennio di caos politico e guerra civile pressoché permanente, in cui la solidità del trono dei Cesari fu definitivamente compromessa Era infine arrivata una stagione di novità e disordini, che i possidenti avevano tanto temuto e che, in queste dimensioni, difficilmente avevano potuto immaginare E’ legittimo interrogarsi su quali possibilità vi fossero che la praefectura fabrum, un incarico tanto antico (la cui importanza era ormai declinante) potesse sopravvivere a questa stagione di sconvolgimenti politici Che la politica fosse ormai irreversibilmente mutata è un fatto indiscutibile A questo proposito, è anzi significativo che quegli stessi militari illirici, che Settimio Severo aveva promosso nelle cohortes praetoriae, potessero ora competere per il trono453 Fu anzi uno di essi, Diocleziano, a porre infine termine all’anarchia in cui l’Impero era sprofondato454 L’avvicendamento di viri militares sul trono dimostrava che, in una stagione dominata dal conflitto, le regole della promozione individuale e dell’integrazione erano cambiate: le soluzioni proposte da Diocleziano aprirono un’epoca nuova e trasformarono definitivamente l’Impero, ma per quest’epoca, la prefettura era forse già scomparsa da almeno un cinquantennio Un contributo difficile da quantificare. Come si è visto, nel corso del tempo, il profilo e le caratteristiche della praefectura fabrum non erano sostanzialmente cambiati A fronte di una progressiva (probabile) riduzione delle competenze, erano soprattutto origine dei prefetti e numeri assoluti ad essere cambiati Dopo gli interventi di età augustea e, più in generale, giulio-claudia, l’impalcatura istituzionale e le posizioni magistratuali non subirono sostanziali modifiche – la prefettura non aveva fatto eccezione All’inizio del III sec d C , una serie di profondi cambiamenti interessarono il contesto politico e le stesse istituzioni romane: la praefectura fabrum non sarebbe sopravvissuta A questo riguardo, un notissimo evento ebbe forse importanti conseguenze sistemiche: si tratta dell’editto di Caracalla (212 d C )455 A seguito di quella che forse era stata un’iniziativa personale dell’imperatore456, tutti gli individui nati liberi avevano infine acquisito la cittadinanza romana ed erano sottoposti ai medesimi obblighi fiscali457, sebbene non si potesse dire che godessero degli stessi diritti di fronte alla legge In effetti, quale che fosse l’intento dell’imperatore, i cittadini più poveri non comin452 Letta 1991, pp 698–700; Grant 1996, p 27 453 Su questo, si veda Brizzi 2004 454 A Diocleziano ha recentemente dedicato una monografia U Roberto (2014; con abbondante bibliografia) 455 Nonostante la vasta fama, questo provvedimento è attestato esclusivamente da Cassio Dione (LXXVII, 9, 5), da un frammento papiraceo (P Giessen 40) e da un excerptum al commento di Ulpiano (Dig I, 5 17) Sulla Constitutio, si vedano, fra gli altri, Sherwin-White 1973, pp 280– 286; Williams 1979, pp 69–72; Desideri 1991, pp 621–626; Garnsey 2006; dedicati all’editto e alle sue conseguenze su sovranità e territorialità in un impero dal respiro universale, si vedano i contributi al volume curato da C Ando (2016) 456 Williams 1979, pp 71–72 457 E’ questa la ragione che Cassio Dione attribuì alla decisione di Caracalla (LXXVII, 9, 5)
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ciarono a godere di condizioni di vita migliori rispetto al passato e questo fatto era particolarmente evidente nei tribunali Se, da una parte, molti continuavano a preferire l’uso del diritto locale tradizionale, comunemente accettato nella pratica giudiziaria imperiale, dall’altra, la cittadinanza romana non pareva più assicurare le garanzie ad essa solitamente associate e neppure la possibilità di ricorrere presso l’imperatore458 Al contrario, la dicotomia honestiores-humiliores, basata su criteri strettamente patrimoniali, ritraeva plasticamente i caratteri del conflitto sociale esistente attraverso le comunità dell’Impero459 In estrema sintesi, ai possidenti erano riservati quei diritti e quelle garanzie a tutela dell’accusato, che un tempo erano prerogativa dei cittadini romani A loro, infine, era riservato l’accesso ad una carriera propriamente detta all’interno delle istituzioni Certo, questi rilievi non devono indurre a ritenere che non esistessero più differenze fra schiavi, peregrini e cittadini romani: non era la cittadinanza ad essersi svuotata di significato, quanto più le possibilità ad essa tradizionalmente associate ad essersi modificate In relazione alle possibilità offerte dalla cittadinanza, P Garnsey ha recentemente notato come, anche in passato, l’opportunità di fare ricorso a procedimenti giudiziari certi e, potenzialmente, a percorrere una carriera nelle istituzioni e nella politica fosse stata a disposizione soltanto di coloro che erano coinvolti nella vita pubblica e nell’attività di governo – “for those who had resources to protect or increase, for those who most obviously had a stake in society”460 Una delle principali conseguenze della con stitutio di Caracalla fu dunque l’ufficiale riconoscimento di eguali diritti fra i membri delle classi possidenti – indipendentemente dal fatto che alla nascita fossero cives Romani o peregrini Certo, c’è da dubitare che questo riconoscimento fosse davvero necessario: lo ius Latii, che prevedeva la concessione della cittadinanza romana a tutti coloro che avessero rivestito le magistrature civiche, era molto diffuso, soprattutto nelle province occidentali e, ormai da tempo, i provinciali avevano raggiunto i più alti livelli dell’amministrazione imperiale461 Come si è detto, i decenni compresi fra il principato di Nerva e quello di Settimio Severo avevano visto il progressivo azzeramento della distanza esistente fra l’Italia e le province, soprattutto per quel che concerneva le rispettive élites462 Del resto, almeno fino alla metà del II sec d C , la stessa praefectura fabrum aveva contribuito a questo processo di integrazione Ciò che in questa sede preme sottolineare è che, indipendentemente dall’impatto della constitutio Antoninia 458 459 460 461 462
Garnsey 2006, pp 138–140 Sui privilegi degli honestiores, si vedano Rilinger 1988; Duncan-Jones 2016, pp 124–125 Garnsey 2006, p 155 Allo ius Latii è dedicata una recente monografia di D Kremer (2006) La dinastia severiana, i cui esponenti erano di origine africana e siriana, offriva a questo riguardo un esempio lampante Ogni affermazione a questo riguardo deve comunque essere trattata con prudenza A proposito della comunità di Ghirza, nell’area del pre-deserto libico, D Mattingly (2011, pp 246–268) ha notato come, pur parte della compagine imperiale, essa avesse conservato elementi culturalmente ben riconoscibili e tradizioni locali
La fine di una dinastia, la fine di un incarico: la praefectura fabrum in età severiana
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na, questo provvedimento era intervenuto in un contesto in cui l’integrazione fra élites urbane e periferiche era ormai ampiamente progredita ed è certo che la sua applicazione avesse ulteriormente favorito questo processo Se, come si è più volte sostenuto in questo volume, il successo e la longevità della praefectura fabrum erano legati alla sua efficacia quale strumento di integrazione delle élites italiche e provinciali nel sistema imperiale romano, una importante funzione strutturale era stata definitivamente perduta In effetti, nel tempo, il profilo e le caratteristiche dell’incarico erano rimaste sostanzialmente immutate Come si è visto, fin dall’età repubblicana e per tutta l’età imperiale, la posizione era stata assegnata con nomina diretta di un magistrato cum imperio a individui benestanti, generalmente provenienti dai municipia e dalle colonie d’Italia e delle province Anche quando non chiaramente espresso, un legame fra prefetto e magistrato delegante era condizione essenziale alla nomina Se essa era stata utile all’interno di una struttura politica complessa, la cui articolazione e estensione crebbero in parallelo ad un impero in espansione, la sua importanza intrinseca e le sue funzioni pratiche mutarono sulla base delle esigenze politiche del momento Una conclusione. In chiusura a questo lavoro, non è possibile stabilire con certezza le ragioni della decadenza della praefectura fabrum, ma non è azzardato ritenere che una posizione (quantomeno in parte) ormai priva delle originarie competenze e forse non più retribuita, avesse innanzitutto perso parte cospicua della propria attrattiva Il definitivo abbandono fu senz’altro favorito dal caos istituzionale succeduto alla caduta dell’ultimo dei Severi, che senz’altro contribuì a scoraggiare una nomina che – ormai tutt’altro che necessaria – richiedeva ordine e istituzioni centrali solide Soprattutto però, in una prospettiva strutturale, il ruolo della prefettura nel contesto politico e istituzionale romano aveva perso il significato assunto nel corso dei secoli: uno strumento per accostare e integrare alla struttura politica romana personalità delle élites locali Processi attivi da lungo tempo e provvedimenti immediati, come le disposizioni di Settimio Severo e l’editto di Caracalla, avevano reso meno necessario l’utilizzo di quella nomina Altri incarichi si erano ormai da tempo resi disponibili, prestigiosi e remunerati – dalle posizioni apparitorie alle procuratele equestri: un cursus ordinato e relativamente regolare sembrava ora la norma, per gli Italici e i provinciali Senatori affluivano stabilmente a Roma da ogni provincia e non era più necessario trovare fra i praefecti fabrum patroni che difendessero nell’Urbe gli interessi delle comunità locali Il volto dell’Impero cambiò profondamente nel corso del III sec d C e, con ogni probabilità, fu proprio l’irreversibile mutamento della politica romana ad aver determinato il definitivo abbandono della praefectura fabrum, un incarico divenuto a tutti gli effetti un relitto istituzionale, le cui reali mansioni erano ormai state dimenticate Non rimanevano che vetuste iscrizioni e antichi trattati ed è a questi documenti che – con maggiore o minore fedeltà – Vegezio poté infine attingere per la sua Epitoma
Conclusioni Dalla praefectura fabrum ai praefecti fabrum: uomini e risorse, fra istituzioni e politica Le origini della praefectura fabrum restano avvolte nell’ombra e non è possibile chiarire se essa fosse stata davvero introdotta nell’ambito delle centuriae fabrum, descritte da Livio a proposito dell’esercito “serviano” Se si deve prestare fede – seppure con cautela – all’Epitoma rei militaris di Flavio Renato Vegezio, che forse poteva attingere a documenti della metà del II sec a C , il praefectus fabrum sarebbe stato iudex di una vasta serie di attività e competenze, genericamente riferibili al settore della poliorcetica e della logistica Come si è visto, è probabile che l’incarico fosse originariamente connesso al delicato settore degli approvvigionamenti – un ambito che potrebbe giustificare il profilo e le caratteristiche della prefettura dei fabri: nomina diretta, su base fiduciaria, da parte di un magistrato cum imperio Certo, nelle attestazioni più antiche dell’incarico, generalmente datate all’età tardo-repubblicana, una relazione con l’ambito della logistica sembra quantomeno evanescente Incidentalmente, si può notare come si tratti di casi contemporanei allo sviluppo di un esercito in via di professionalizzazione, che si stava progressivamente dotando di strutture dedicate alle necessità materiali delle legioni Quanto all’età repubblicana, essa rappresentò il momento di massimo successo dell’incarico Nei complessi decenni compresi fra la fine violenta dei Gracchi (e dei Graccani) e la guerra fra Mario e Silla, la praefectura fabrum era chiaramente divenuta un fattore significativo all’interno del dibattito politico del tempo I prefetti erano riconosciuti come uomini di fiducia dei magistrati che li avevano nominati, ad essi legati da vincoli personali (e patronali), comunque politicamente rilevanti In effetti, più che di uno sfortunato rovescio militare, la triste sorte di T Turpilio Silano era stata frutto dell’amicizia di un Metello e dell’incipiente campagna elettorale per il consolato del 107 Mario seppe approfittare delle mancanze dell’uno per colpire l’altro: una strategia aggressiva, possibile solo se, con la praefectura fabrum, fosse stato chiaramente individuabile un legame politicamente rilevante fra i due Senz’altro, anche per questo il successivo sviluppo dell’incarico sembra tanto spiccatamente legato all’attività politica Il fatto che i documenti disponibili per questo periodo siano tutti riferibili a personalità di prima grandezza – da Q Lutazio Catulo
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a Pompeo, da Antonio a Ottaviano – non deve ridimensionare questa considerazione Ovviamente, il fatto che questi individui collaborassero con personalità di notevole (o eccezionale) statura politica li rendeva in varia misura significativi per gli storici antichi Sarebbe però quantomeno riduttivo limitarsi ad affermare che l’attività di quei praefecti fabrum fosse connotata politicamente, perché i magistrati che li avevano nominati erano figure eminenti della politica del tempo In altre parole, sembra che la partecipazione dei prefetti ad attività politicamente significative di età tardo-repubblicana fosse parte qualificante del loro stesso ruolo, in quel particolare contesto Con ciò, non si intende sostenere che la posizione avesse perso del tutto il proprio legame con ambiti più propriamente tecnici: a questo riguardo è notevole il caso di L Cornelio, praefectus fabrum e architectus di Q Lutazio Catulo E’ vero però che, quando aveva nominato praefecti fabrum Teofane di Mitilene, Vibullio Rufo e Numerio Magio, Pompeo aveva affidato loro compiti dalle finalità politicamente rilevanti La loro nomina non fu un riconoscimento privo di conseguenze pratiche, perché tutti costoro furono attivamente impegnati a condurre delicate contrattazioni, reclutare uomini, o coordinare sul campo le forze pompeiane A propria volta, Pompeo dimostrò di fare pieno affidamento sulla lealtà e le competenze di ciascuno dei suoi prefetti Non si trattava di casi episodici: come si è visto, considerazioni simili sono possibili per tutti i prefetti di epoca repubblicana Scelti da un magistrato cum imperio, essi erano stati impiegati in operazioni politicamente delicate, quantomeno per la carriera del loro delegante Per questa ragione, si può ragionevolmente affermare che, almeno a partire dagli anni 60 del I sec a C , non soltanto la concessione della praefectura fabrum rappresentasse un legame politicamente riconoscibile, ma che lo stesso incarico fosse caratterizzato da un rilevante coinvolgimento nell’attività politica I documenti di epoca repubblicana suggeriscono alcune altre considerazioni Innanzitutto, laddove disponibili, i dati relativi allo status dei praefecti fabrum escludono che la prefettura fosse riservata ai soli membri dell’ordine equestre Non ci sono inoltre elementi a supporto del fatto che l’anello d’oro degli equites fosse garantito al termine del mandato ed è anzi più probabile che il più immediato guadagno legato alla prefettura fosse un riconoscimento di tipo monetario, concesso presso l’erario, a Roma Certo, è probabile che, quantomeno nel I sec a C , questa forma di guadagno non costituisse l’attrattiva principale della posizione Generalmente, i prefetti attestati erano infatti individui già ricchi, appartenenti alla classe dei possidenti – uomini che forse non necessitavano di un premio in denaro Il successo dei loro deleganti era in effetti la migliore assicurazione di più allettanti guadagni – che si trattasse di consoli o, meglio, di governatori di provincia Ad ogni modo, la ricchezza personale dei prefetti non alterava il fatto che, in relazione ai rispettivi deleganti, questi ultimi conservassero una posizione di assoluta preminenza sui praefecti fabrum: del resto, i prefetti erano al servizio di figure apicali della classe dirigente repubblicana Il fatto che, a Roma, questi individui potessero essere trattati con relativa sufficienza – come i neo-cittadini Teofane e Balbo avevano
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senz’altro sperimentato – non implicava che si trattasse di nullità Indipendentemente dall’origine dei prefetti, che spesso era extra-urbana, si trattava infatti di individui che godevano di notorietà e talvolta influenza presso le rispettive comunità, in cui avevano rivestito magistrature civiche e posizioni onorarie Indubbiamente, la praefectura fa brum rappresentava per loro un riconoscimento importante: all’interno delle piccole patrie da cui provenivano, l’incarico rappresentava infatti l’esistenza di un legame con un pretorio o con un consolare Si è visto come perfino i più eminenti cittadini dei municipia italici temessero e riverissero i membri del Senato, anche quando si trattava di figure politicamente meno rilevanti dei consolari Un legame qualificato con queste personalità non poteva che accrescere la notorietà e, talvolta, la posizione di coloro che erano stati nominati prefetti Sebbene non siano noti dettagli al riguardo, la stessa partenza dei prefetti per Roma, a seguito della nomina, doveva rappresentare un momento importante nell’immaginario di quelle comunità Il dettato della lex Ursonen sis sembra confermarlo, con disposizioni che riconoscevano ai praefecti fabrum i posti usualmente occupati dal governatore provinciale, dai senatori e dai cavalieri alle rappresentazioni teatrali: il valore di questo riconoscimento nell’immaginario del tempo si misura facilmente, se solo si pensi al fatto che i prefetti non appartenevano necessariamente ad alcuno di quegli ordini Certo, questa relativa preminenza era generalmente momentanea, perché legata ai mandati (e alle fortune) di consoli e governatori La politica repubblicana non assicurava in effetti alcuna continuità dinastica: le più note famiglie della nobilitas potevano mancare dal consolato per molti anni e i discendenti degli homines novi non godevano di migliori opportunità Dopo la praefectura fabrum non era dunque assicurato alcun avanzamento: sempre che non si trattasse di personalità in qualche modo eccezionali, come nei casi di Cornelio Balbo e Teofane di Mitilene, i praefecti fabrum potevano continuare a prestare la propria opera per i rispettivi patroni (L Cornelio per Q Lutazio Catulo) o mantenervi un rapporto di distaccata familiarità (Vibio Sicca per Cicerone) In almeno un caso, è attestata una fattispecie molto diversa: si tratta di Q Paconio Lepta, che chiese al magistrato che lo aveva nominato, Cicerone, l’occasione di un contatto con un altro patrono, Cesare Questa circostanza documenta un aspetto trascurato dagli storici antichi: i prefetti avevano ambizioni proprie, non perfettamente sovrapponibili e talvolta non coerenti con quelle dei rispettivi magistrati Ad ogni modo, la cifra caratterizzante di questo periodo è rappresentata dalla funzione che la praefectura fabrum sembrò acquisire all’interno della struttura politica tardo-repubblicana Fin dalla stagione dei conflitti graccani, il problema del rapporto fra élite urbana e notabilato locale era stato un elemento critico del dibattito interno alle classi possidenti della Penisola La Guerra Sociale e la guerra civile – lato sensu terminate entrambe a Porta Collina – avevano – se possibile – reso più evidenti problemi antichi, soprattutto in relazione al ruolo delle élites locali nel dibattito politicamente informato e nei processi decisionali della Repubblica Decisioni prese a Roma potevano infatti determinare conseguenze di notevole importanza per le classi possidenti di
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tutta la Penisola e dello stesso impero mediterraneo Gli stessi interventi di Silla, per quanto distruttivi, avevano definitivamente indotto i cittadini italici e i provinciali a ricercare i propri patroni nell’Urbe Si trattava di uno sviluppo a cui erano interessati gli stessi protagonisti della politica romana: membri di antiche famiglie della nobilitas e homines novi erano parimenti interessati a costruire legami attraverso le città d’Italia, alle cui risorse – umane ed economiche – dovevano avere accesso, per godere di qualche influenza nello scenario competitivo della politica tardo-repubblicana Questi sviluppi avevano dunque determinato un aumento significativo della partecipazione degli Italici alle istituzioni e alla pratica politica della Repubblica, un percorso che li avrebbe infine condotti ai fasti consolari E’ dunque significativo che tanti Italici avessero ottenuto una praefectura fabrum da personalità politicamente tanto importanti, nei decenni centrali del I sec a C In questo senso, la prefettura fu senza dubbio uno degli strumenti attraverso cui fu progressivamente realizzata l’integrazione di uomini e mezzi delle città d’Italia alla struttura istituzionale, amministrativa e politica della Repubblica e, più tardi, dell’Impero In effetti, questa funzione – in qualche modo – strutturale della praefectura fabrum dovette forse rappresentarne uno dei punti di forza in età imperiale – certo più delle funzioni ad essa storicamente associate Anche qualora l’ipotesi di un collegamento fra incarico e logistica delle legioni fosse corretta, parte cospicua delle originarie funzioni della prefettura doveva infatti essersi quantomeno ridimensionata, con l’avvento di forze militari stabili e in rapida professionalizzazione Sebbene l’annona militare fosse stata creata al tempo di Settimio Severo, la presenza di accampamenti permanenti lungo i confini dell’impero aveva determinato, fin dall’età augustea, un flusso costante di vettovaglie e merci, necessarie alla sopravvivenza (e agli agi) delle legioni Ormai erano forse gli stessi praefecti castrorum, ufficiali attestati fin dal tempo di Cesare e giunti a quella importante posizione dai ranghi dei primipilari, a occuparsi del livello delle scorte e della costanza degli approvvigionamenti Soldati di professione, essi potevano senz’altro occuparsi di queste incombenze con maggiore competenza e continuità di un funzionario dotato di limitata esperienza militare, nominato per un periodo di tempo indefinito, la cui durata massima non poteva comunque superare quella del mandato del magistrato delegante Il fatto che, a partire dal principato augusteo, il materiale documentario si limiti esclusivamente ad iscrizioni non sembra però collegato a questi sviluppi, quanto invece alla trasformazione del contesto politico romano Il Principe e, soprattutto, le risorse di cui egli poteva disporre avevano completamente sbilanciato gli equilibri del sistema politico repubblicano, i meccanismi della promozione individuale e, in larga parte, gli stessi processi decisionali E’ dunque comprensibile che gli storici antichi non attribuissero ad alcuno dei praefecti fabrum di età imperiale la facoltà di intervenire in modo incisivo nelle dinamiche del nuovo corso Il fatto che intrighi e manovre di corte catalizzassero il loro interesse non implica però che la praefectura fabrum fosse divenuta un incarico fondamentalmente privo di competenze, di fatto una sinecura, benché dotata
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di un qualche prestigio In effetti, la disamina della prefettura in età imperiale ha restituito un’immagine più diversificata Il fatto che la caratterizzazione politica della posizione, documentata per l’età repubblicana, si fosse rapidamente persa non era stato un passaggio necessario né indolore, come sembra dimostrare la drammatica vicenda di C Cornelio Gallo Praefectus fabrum di Ottaviano, dopo aver occupato l’Egitto per conto dell’erede di Cesare, egli raggiunse una posizione impensabile per i suoi predecessori: a Gallo fu infatti assegnata la prefettura di quella provincia – appena creata e già divenuta una posizione di prestigio e influenza eccezionali Come in passato, la prefettura dei fabri era stata indicatore di un legame personale, politicamente significativo L’eques Gallo, che già apparteneva all’ambiente della politica urbana, fraintese forse la propria posizione all’interno del nuovo contesto: trascurando ogni possibile legame di fides, Augusto dichiarò infatti che Gallo non figurava più fra i suoi amici In precedenza, nessuno dei prefetti dei fabri attestati era stato accusato di condurre strategie politiche autonome e pericolose per il rispettivo delegante Fu la fine dell’ultimo prefetto di età repubblicana e un buon insegnamento di quali spazi fossero ancora aperti all’autonomia e alla promozione individuali Nessuno dei praefecti fabrum attestati per l’età imperiale commise lo stesso errore Eppure, non è possibile dire che la prefettura fosse del tutto cambiata Non soltanto essa era concessa nel rispetto delle forme repubblicane, ma lo stesso profilo sociale dei prefetti non era cambiato: si trattava sempre di personalità dotate di patrimoni significativi, individui noti e talvolta influenti all’interno di piccole e grandi comunità cittadine In continuità con l’età repubblicana, nel corso dell’età giulio-claudia, le comunità d’origine dei prefetti furono soprattutto italiche e, anche quando i magistrati cum im perio selezionavano un cittadino dalle province, si trattava soprattutto di veterani della Penisola (o dei loro discendenti), trasferiti in quelle realtà a seguito della deduzione di colonie, successivamente alle guerre civili Il numero dei prefetti attestati in età giulio-claudia è, infine, assolutamente rilevante: si tratta di ben 202 individui (su 432 attestati), soprattutto pertinenti all’età augustea e, più in generale, agli anni precedenti al regno di Claudio I loro incarichi, quando documentati – come per l’aquinate Q Decio Saturnino, prae fectus fabrum sortiendis iudicibus in Asia – suggeriscono che ancora la prefettura fosse impiegata in attività istituzionalmente e amministrativamente delicate Con l’eccezione di un minore (o meno appariscente) coinvolgimento nella politica urbana, si può dunque ritenere che la praefectura fabrum fosse sostanzialmente rimasta immutata Il fatto che, generalmente, nelle iscrizioni conservate, i prefetti non facciano riferimento al magistrato delegante non implica dunque che il legame che la prefettura aveva sempre evidenziato si fosse perso, a favore di un generico supporto alla dinastia regnante Come evidenziato da B Dobson molti anni fa, il principato di Claudio rappresentò un primo momento di significativo cambiamento In particolare, secondo lo storico inglese, dopo quel tempo la praefectura fabrum cessò di essere una posizione affidata a ufficiali dotati di un’esperienza militare propriamente detta Al termine di questo
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lavoro, quanto proposto da Dobson deve quantomeno essere integrato Se infatti la praefectura fabrum cessò quasi del tutto di comparire all’interno delle carriere dei primipilari successivi all’età di Claudio e che essa era sovente menzionata come posizione di apertura delle carriere equestri, è pur vero che la posizione rimase aperta anche a molti che non potevano vantare il rango equestre, come figli di liberti, veterani, alcuni degli apparitores e molti esponenti del notabilato italico e provinciale La disamina di Dobson escludeva consapevolmente l’analisi di questi cursus Quanto alla vitalità dell’incarico, Claudio stesso si servì della praefectura fabrum per alcune nomine di rilievo, all’interno del proprio entourage, soprattutto alla vigilia della campagna britannica In effetti, indipendentemente dalla posizione della prefettura dei fabri nelle carriere equestri (uno degli elementi dominanti del dibattito – che, in questa sede, si è invece intenzionalmente trascurato), il più chiaro elemento di discontinuità con i decenni precedenti al principato di Claudio consiste nella scomparsa quasi definitiva della praefectura fabrum dalle carriere dei primipilari A costoro erano ormai destinate posizioni ben definite (fra cui soprattutto la praefectura castrorum) Un altro e più importante sviluppo fu invece la progressiva diffusione della prefettura dei fabri in ambito provinciale Questo fenomeno si intensificò e divenne infine evidente soprattutto al tempo dei Flavi: in quel trentennio, circa metà delle attestazioni dei praefecti fabrum è riconducibile alle province Personalità di ascendenza peregrina, soprattutto dalla pars occidentalis, giungevano infine numerosi alla prefettura Ancora una volta, la prefettura dei fabri si dimostrava utile all’integrazione delle élites locali nella struttura istituzionale (e politica) centrale Si è già accennato a questa funzione strumentale della prefettura, che indubbiamente ne determinò – in buona misura – la duratura fortuna La nomina diretta, con cui era concessa la praefectura fabrum, si accordava infatti al carattere della società e della politica romane, dominati da relazioni di tipo personale (verticali e orizzontali), spesso cariche di conseguenze politiche In un contesto in cui le possibilità di avanzamento personale erano ormai decise a corte, la concessione della prefettura dei fabri conservava dunque ampia parte dell’autonomia originaria: i magistrati cum imperio potevano ancora garantirla attraverso una nomina diretta a personalità con cui da tempo intrattenevano contatti o con cui intendevano costruire significative relazioni, forse all’interno delle rispettive regioni di influenza I vantaggi legati alla costruzione di legami e, in ultima analisi, di consenso dovevano essere vari Seppur difficilmente determinabili, essi comprendevano senz’altro l’accesso a risorse economiche significative (anche nei termini di prestiti a tassi agevolati) e a uomini di fiducia Soprattutto, doveva sembrare particolarmente significativa la possibilità di influenzare intere comunità, attraverso un legame diretto con alcuni dei decurioni e dei magistrati cittadini Il possesso di estese proprietà aveva sempre implicato l’intervento di senatori e cavalieri nella vita politica e nell’amministrazione delle comunità ad essi più prossime Una relazione stabile col notabilato di quelle realtà si fondava su una consolidata cultura del patronato, ma anche e soprattutto su interessi comuni a tutti i possidenti Si è visto come, in ultima analisi, l’amministrazione delle città dipendesse
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dall’accordo fra questi ultimi e come una proposta politica comune, improntata alla conservazione, offrisse loro una sicura perpetuazione dei rispettivi interessi La prae fectura fabrum era senz’altro uno strumento funzionale alla costruzione e all’alimentazione di questi legami personali, che spesso – come si è visto – erano caratterizzati da rilievo politico Così, gli stessi imperatori non disdegnarono questa concessione, come pare dimostrare la caratteristica diffusione della prefettura in aree notoriamente favorite al tempo della dinastia flavia, come la Regio X, la Dalmatia e le province iberiche Esponenti di realtà periferiche, questi individui erano comunque essenziali; senza il favore e il supporto di questi membri delle classi possidenti – qualunque fosse la loro origine – l’impero non poteva infatti essere amministrato in modo funzionale Era questa una lezione appresa da Augusto e – si direbbe – dimenticata da Nerone Nella prospettiva dei prefetti, questa nomina conservava l’antica appetibilità di un incarico concesso su base fiduciaria da un’importante personalità della politica urbana Questa posizione, che spesso era stata rivestita dagli equites, era aperta a tutti quei possidenti – decurioni, apparitores e, fino al tempo di Claudio, veterani – che avessero interesse a vantare legami personali con esponenti dell’élite urbana Con la praefectura fabrum, molti di questi notabili esaurivano la propria carriera nelle istituzioni centrali, ma continuavano il proprio impegno nell’amministrazione delle rispettive città, uno sforzo economico e personale, che era parte integrante della cultura politica delle élites Talvolta, la prefettura dei fabri aveva determinato lo sviluppo di legami politicamente significativi nell’Urbe: a questi ex-prefetti, i consigli decurionali o le assemblee cittadine potevano dunque rivolgersi per tutelare gli interessi della comunità e, soprattutto, la sicurezza delle loro proprietà Questa attenzione al contesto politico locale costituisce del resto uno degli elementi più ricorrenti nelle iscrizioni dei praefecti fabrum, quasi sempre dedicate nelle rispettive città d’origine Era questa una conseguenza in parte determinata dal fatto che l’incarico non garantiva in alcun caso una carriera di successo (o anche soltanto più spedita) nell’amministrazione imperiale Pochi erano coloro che riuscivano a percorrere carriere, che li conducessero alle più elevate prefetture equestri o alle magistrature curuli Erano più numerosi i prefetti che riuscivano semplicemente ad accedere all’ordine equestre, un riconoscimento che era frutto di requisiti patrimoniali e contatti nell’Urbe Anche in questo caso, la praefectura fabrum non poteva però assicurare una carriera che si protraesse oltre le militiae equestri Erano maggiori le possibilità di figli e nipoti – se dotati di patrimoni sufficienti e legami presso l’élite urbana: per costoro erano aperte le porte del Senato Non è tuttavia sorprendente che si tratti di una minoranza, nel novero complessivo dei prefetti attestati Il successo incontrato dall’incarico, ancora nella prima metà del II sec d C , deve dunque essere spiegato con l’importanza ad esso accordata soprattutto nell’ambito della dimensione politica locale, tutt’altro che decaduta, ma ricalibrata, con l’avvento del Principato Questo è tanto più evidente presso le comunità dell’Oriente greco, in cui la tradizione politica era antica e ancora molto vivace Coloro che erano stati nomi-
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nati praefecti fabrum potevano rivelarsi validi candidati per rappresentare gli interessi di città o intere regioni presso il governo provinciale, come nel caso di M Gavio Gallico da Attaleia, che aveva sostenuto le ragioni delle città di Lycia, Pamphylia e Asia Ovviamente, alcuni casi pertinenti al II sec d C dimostrano come la prefettura potesse essere considerata una semplice posizione onoraria, priva di conseguenze pratiche, e, come tale, essere concessa anche a individui giovani o giovanissimi – è questo il caso di L. Clodius Pius Marianus da Uria, morto all’età di appena otto anni, eppure già praefectus fabrum Anche così si confermava però un aspetto essenziale: la prefettura rimaneva una posizione ambita e concessa sulla base di legami ben riconoscibili fra personalità della politica urbana e membri delle élites locali Si trattava di una nomina di relativa importanza, se confrontata con le posizioni equestri o con le magistrature curuli, ma che, quantomeno nei contesti delle città d’origine, doveva essere apprezzata in tutto il suo valore Per queste ragioni, la residua operatività dell’incarico rappresenta in qualche misura un aspetto marginale nella successiva evoluzione della prefettura Benché si trattasse di una posizione di relativa importanza, la fortuna dell’incarico deve infatti essere connessa all’utilità da esso rappresentata all’interno del panorama istituzionale romano: la praefectura fabrum non aveva cessato di essere un valido strumento per l’integrazione di uomini e risorse nella struttura imperiale Come si è visto, l’attestazione di praefecti fabrum all’interno di un territorio sembra in qualche modo accompagnare e precedere la comparsa di senatori originari di quelle stesse aree Sebbene spesso non siano disponibili informazioni sui loro antenati e non sia dunque possibile stabilire se avessero ottenuto una prefettura dei fabri, il loro profilo era chiaramente assimilabile a quello dei prefetti attestati: agiati possidenti, attivi nella politica e nelle istituzioni locali La praefectura fabrum era stata senz’altro utilizzata per avvicinare e integrare personalità originarie di quei territori nella rete di relazioni e patronati, che stava alla base della struttura politica romana Generalmente riconosciuto in relazione all’ingresso dei provinciali in Senato, questo sviluppo era senz’altro più complesso e articolato Evidente per la Penisola italica, nei decenni compresi fra la Guerra Sociale e le guerre civili, il processo è avvertibile anche per le province, in età imperiale: dalla Gallie alle Spagne, dall’Oriente greco alle province africane Che la praefectura fabrum avesse avuto un ruolo rilevante (seppur secondario) in questo lungo percorso di integrazione è dunque particolarmente significativo Il carattere dinamico della prefettura, posizione concessa con nomina diretta e dotata di un vasto ambito operativo, deciso dagli stessi deleganti, era stato senz’altro alla base del relativo successo dell’incarico e, forse, fu al contempo fra le cause del progressivo declino che essa subì, a partire dalla metà del II sec d C La definitiva scomparsa della praefectura fabrum in età severiana fu in effetti il frutto di fenomeni diversi e, in parte, contemporanei Innanzitutto, come si è più volte ribadito, quali che fossero le competenze tradizionalmente associate all’incarico, queste si erano progressivamente perse, mentre si sviluppavano nuove strutture amministrative
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all’interno delle legioni e delle istituzioni Al tempo della dinastia severiana, erano poi drasticamente mutati contesto politico e percorsi di promozione individuale L’esercito, in particolare, aveva assunto un peso indiscusso nell’organizzazione e nel funzionamento della macchina statale Le magistrature curuli, che da sempre rappresentavano il bacino da cui trarre la classe dirigente, erano ora meno rilevanti e furono definitivamente scosse dopo la caduta di Alessandro Severo Un cinquantennio di anarchia militare restituì un mondo completamente diverso, in cui difficilmente poteva trovare posto la praefectura fabrum, un incarico privo di competenze definite e tanto legato alle magistrature cum imperio tradizionali In una prospettiva più strutturale, è però lecito concludere che non siano stati questi aspetti a determinare il definitivo abbandono di un incarico attestato per più di 300 anni La praefectura fabrum era stata uno strumento funzionale alle aspirazioni politiche dei principes civitatis repubblicani, desiderosi di accrescere e alimentare le rispettive clientele e, più tardi, di reclutare agenti e consiglieri – di fatto, personale politico In età imperiale, le strategie individuali erano state in parte assorbite dalle necessità del nuovo ordine, non meno interessato all’integrazione delle élites locali nella struttura istituzionale e amministrativa imperiale Così, la prefettura aveva conservato appetibilità e successo per i primi due secoli della nostra era Alla metà del II sec d C , l’impero aveva però raggiunto un grado di integrazione notevole, ben riconoscibile in Occidente e in Oriente La praefectura fabrum non era più strettamente necessaria, perché agli honestiores da tutto l’impero erano ormai dischiuse le porte di carriere retribuite, stabili e relativamente regolamentate Il contatto fra le province e il centro del potere era gestito formalmente dagli officia palatina e, meno formalmente, dai servizi offerti dai discendenti di importanti famiglie locali, ormai acceduti al Senato Lo stesso editto di Caracalla aveva stabilito eguali diritti (e doveri) fra i possidenti originari di tutto l’impero Non è dunque stupefacente che, infine, la prefettura fosse stata progressivamente abbandonata, perché non più necessaria Divenuta un relitto istituzionale, la praefectura fabrum non sopravvisse al cinquantennio di anarchia che seguì alla fine della dinastia severiana Altre posizioni furono allora utilizzate per soddisfare le funzioni che, un tempo, erano state della prefettura, ma questo esula dagli scopi di questo lavoro Come suggerito nell’introduzione, lo scopo principale di questo studio non era una disamina della praefectura fabrum, fine a sé stessa Per le sue caratteristiche, la prefettura è stata invece uno strumento analitico sorprendentemente funzionale al tentativo – non semplice – di individuare alcuni aspetti fondamentali della struttura politica romana – repubblicana e imperiale – e, in particolare, di restituire profondità alle realtà politiche locali I praefecti fabrum godevano di mezzi e interessi (economici e politici) nelle città e nei municipia: erano le risorse di queste realtà ad aver attratto l’interesse della politica repubblicana e, più tardi, dell’infrastruttura imperiale In questo senso, non è eccessivo sostenere che, a fianco di altri strumenti, la praefectura fabrum ha rappresentato uno strumento fondamentale per il governo dell’Impero, assicurando la
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partecipazione delle élites d’Italia e delle province alla politica urbana e all’amministrazione dei territori e delle risorse imperiali Per queste ragioni, laddove attestata, la praefectura fabrum costituisce uno strumento di notevole utilità per stabilire la presenza e la consistenza di legami fra esponenti dell’élite urbana e locale e gettare luce sulla struttura sociale e sulla pratica politica delle città d’Italia e dell’impero Con questo studio si è tentato di offrire un contributo all’articolazione di quel lungo processo che, nel tempo, condusse persone, risorse e territori all’interno di un’infrastruttura imperiale ricca di diversità, ma divenuta infine socialmente, culturalmente e politicamente omogenea La praefectura fabrum è stata una lente; le dinamiche di funzionamento delle istituzioni, della società e della politica in età repubblicana e imperiale l’oggetto
Cataloghi prosopografici Avvertenza Con questo catalogo, si intende offrire uno strumento funzionale e di agile consultazione Una prima avvertenza è che non si tratta di un catalogo epigrafico: manca, per questa ragione, il testo integrale delle iscrizioni in cui è attestata la praefectura fabrum Il catalogo è stato suddiviso in quattro sezioni, distinte su base cronologica (età giulio-claudia, flavia, antonina, severiana), in parallelo alla trattazione seguita nel testo I prefetti di età repubblicana, estesamente trattati nella Parte II di questo volume, non figurano in questi cataloghi Le schede dei prefetti di età imperiale sono state inserite all’interno di sezioni corrispondenti al periodo in cui è probabile che la praefectura fabrum sia stata rivestita In caso di incertezza fra due fasi contigue (ad es fra l’età giulio-claudia e l’età flavia), si è deciso di inserire queste schede all’interno della sezione più tarda La cronologia di ciascun individuo trattato è stata definita a partire da quanto suggerito dagli editori dei testi iscritti e dalla bibliografia successiva La scheda di ciascun prefetto ha un numero identificativo unico, sempre in grassetto nel testo I nominativi dei prefetti sono ordinati in un indice alfabetico (stilato per gentilizio e, quando non conservato, per cognomen) in conclusione al volume: accanto a ciascun individuo è indicato il numero identificativo della scheda corrispondente Una quinta sezione ospita le schede di praefecti fabrum, per i quali non siano state – a mia conoscenza – formulate convincenti proposte di datazione La sesta (e ultima) sezione contiene le schede di praefecti fabrum anonimi Per distinguerle nel testo, queste ultime presentano una numerazione propria, ma preceduta dalla sigla Inc. (Incertus; ad es , la prima scheda di quel catalogo è definita Inc. 1) Ciascuna scheda è costituita da due sezioni: la prima contiene riferimenti e dati essenziali, mentre la seconda è costituita da un sintetico commento di quanto noto a proposito del prefetto esaminato La prima sezione è organizzata nelle seguenti voci: • un numero identificativo unico, a cui segue il nome dell’individuo come attestato nei documenti disponibili – compaiono dunque lacune, integrazioni e abbreviazioni Qualora il nominativo sia attestato e/o conservato in misura diversa all’interno di più documenti, sarà fornita – per praticità – la versione più completa;
1. La praefectura fabrum in età giulio-claudia
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alla voce Rif. epigr. (Riferimenti epigrafici) seguono i riferimenti alle edizioni del/dei testo/i Se nota, tra parentesi quadra è indicata la località moderna in cui è avvenuto il rinvenimento dell’iscrizione Qualora disponibile, al di sotto di questo campo, compaiono anche eventuali riferimenti a testi letterari o ad altro materiale documentario, utile per la disamina dell’individuo; con Origo si intende – dove sia certa, o ragionevolmente ipotizzabile – la città d’origine dell’individuo; il campo Cronologia rappresenta l’arco cronologico in cui è verosimile individuare l’attività del prefetto; alla voce Bibliografia compaiono i testi di riferimento essenziali Per testi che dispongano di cataloghi ordinati alfanumericamente, l’identificativo dell’individuo è indicato fra parentesi: es Demougin 1992 (709) Altri testi, se ritenuti necessari, sono menzionati nel commento alla scheda; in presenza di elementi notevoli in relazione al supporto iscritto, in chiusura a questa sezione è presente una breve descrizione dello stesso
Si avverte infine che in questo catalogo prefettura e prefetti dei fabri sono abbreviati nella sigla p. f. 1. La praefectura fabrum in età giulio-claudia 1
C Aemilius C f Gal Fratern[us]1 Rif. epigr.: CIL II, 4188 = ILS 1393 = RIT 252 [Tarragona, Spagna] Origo: Aeso, Hispania citerior Cronologia: fra Nerone e Vespasiano2 Bibliografia: Pflaum CP, p 1055; Suppl (32 A); Devijver ME (A 77); Demougin 1992 (709); Fasolini 2012, pp 116–121 C. Aemilius Fraternus, membro dell’ordine equestre, era senz’altro originario di Aeso3: in quella città, gli Aemilii sono ben attestati e alcuni ottennero l’accesso fra gli equites4 Ad ogni modo, non sono noti incarichi locali e l’unica iscrizione atte-
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La lastra iscritta è frammentata proprio in corrispondenza della N, ancora leggibile Nell’impossibilità di distinguere una I, suggerisco di attenersi al più prudente cognomen Fraternus, in linea con la tradizione onomastica di questa famiglia (vedi infra schede 188 e 189) Demougin 1992, p 608 Benché vi sia ben attestata anche la tribù Galeria, sembra che, almeno a partire dall’età flavia, gli abitanti di Aeso fossero stabilmente ascritti alla tribù Quirina (Kubitschek IRTD, p 188; Fasolini 2012, p 114, con discussione) Ad Aeso sono noti L. Aemilius Paternus, duoviro (con sua moglie Fabia Fusca e la figlia Aemilia Ma terna – CIL II, 4458 = IRC II, 19) e, probabilmente i suoi figli, M. Aemilius Fraternus, p. f. e tribuno
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stante il cursus di Fraternus proviene dalla capitale del conventus, Tarraco, anch’essa iscritta nella tribù Galeria5 Da quest’unica iscrizione, si apprende che Fraternus iterò la p. f. (II), fu tribuno militare nella legione V Alaudae6 e, rientrato in provincia, ottenne il prestigioso flaminato della Hispania Citerior, creato al tempo di Vespasiano7 Durante uno dei suoi incarichi, forse una p. f., fu messo a capo del censimento nella provincia d’Aquitania8 2
Q Aemilius Q f Pal Secundus Rif. epigr.: CIL III, 6687 = Pais 475 = ILS 2683 [Beirut, Libano] Origo: incerta Cronologia: età augustea Bibliografia: PIR2 (A 406); von Rohden RE I, col 590, nr 143; Pflaum CP, p 108L; Demougin 1992 (107) Q. Aemilius Secundus, membro dell’ordine equestre, fu attivo nella colonia di Berytus in Syria9, una provincia in cui aveva operato a lungo e in cui forse si era trasferito al termine del servizio attivo nell’esercito Il cursus distingue nettamente gli incarichi militari da quelli civili Ante militiam fu p. f. delatus a duobus co(n)s(ulibus) ad aerarium10 Si trattava dunque di due distinti incarichi, tenuti a Roma Secundus ottenne imprecisate decorazioni militari e due prefetture in Syria, la prima della coorte I Augusta11, la seconda della coorte II Classica12, in entrambi i casi s[u]b P. Sulpi[c]io Quirinio le[gato] C[a]esaris Syriae (forse a partire dal
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militare (CIL II, 4460; scheda 188), L. Aemilius Paternus, centurione, primipilo e p. f. (CIL II, 4460; 4461 = ILS 2661; HEp I, 437; scheda 189), Aemilia Paterna (AE 1972, 314), flaminica perpetua della provincia e Aemilia Materna (CIL II, 4458); sul complesso caso di P. Aemilius Paternus, primipilo (AE 1987, 728 = HEp II, 455), si veda Fasolini 2012, pp 119–120 Kubitschek IRTD, p 199; Fasolini 2012, pp 442–445 In età neroniana, la legione era stanziata a Vetera, in Germania (Ritterling RE XII 2, coll 1564– 1571; Franke 2000a) Sembra anzi che Fraternus sia stato uno dei primi flamini della provincia, in funzione fra 70 e 80 d C (Alföldy 1973, p 61) Generalmente, si ritiene si trattasse del tribunato militare, ma non ci sono elementi certi per escludere la p. f. E’ invece convincente la proposta di individuare il census nell’anno 60 d C , come proposto da Ritterling (RE XII 2, col 1570) e più tardi da Alföldy (1973, p 61), Pflaum (CP Suppl , p 13) e Demougin (1992, p 608), o nel 61 (Fasolini 2012, p 117) In effetti, se la carriera di Fraternus si svolse al tempo di Nerone e Vespasiano, l’anno 60 sembra una soluzione compatibile anche con la testimonianza di Tacito (Ann XIV, 46: census per Gallias (…) acti sunt) La colonia fu dedotta nel 14 a C (Strab XVI, 756) e iscritta nella tribù Fabia; cfr Demougin 1992, p 111 Frei-Stolba 2005 Cichorius RE IV, col 248 Cichorius RE IV, col 273; Spaul 2000, p 485
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6 d C )13 Per ordine di Quirinio (iussu), celebrò anche il censimento della città di Apamea e, successivamente, conquistò il castellum degli Ituraei sul Mons Libanus, ancora una volta inviato da Quirinio (missu) E’ verosimile che solo dopo questa serie di incarichi, tanto impegnativi quanto prestigiosi, Secundus abbia rivestito – in colonia – la questura, l’edilità per due volte, il duovirato per due volte e il pontificato In città, il prefetto costruì una tomba di famiglia per sé, il figlio omonimo e la liberta Aemilia Chia, entrambi non altrimenti attestati 3
L Aemilius M feil Vol Tutor Rif. epigr.: CIL XII, 2600 [Genève, Svizzera] Origo: Vienna, Provincia Narbonensis Cronologia: età augustea14 Bibliografia: Demougin 1992 (133); Burnand 2001 (8 E 6) L. Aemilius Tutor, notabile originario della Colonia Iulia Viennensis15, rivestì in città il prestigioso flaminato di Marte, quello di Roma e Augusto e, infine, il quattuorvirato Apparentemente, prima di questo riconoscimento, raggiunse la p. f. L’iscrizione è stata rinvenuta a Genava, un vicus sottoposto alla giurisdizione di Vienne16: lì, Tutor godeva forse di interessi e influenza consolidati Il dedicante dell’iscrizione è il figlio, omonimo e non altrimenti attestato
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[---] Aescionius C [f ?] Capella Rif. epigr.: CIL XI, 3798 = ILS 6581 [Veio, Italia] Origo: Veii, Regio VII Cronologia: fra Augusto e Tiberio17 Bibliografia: Demougin 1992 (716); Traverso 2006 (VII 34) A [---] Aescionius Capella, probabilmente originario di Veii18, era stata dedicata un’iscrizione ex aere conlato dai [mu]nicipes extramuran[i] e dagli Augustales, forse all’interno dell’anfiteatro19 Non è chiaro con quale successione, ma egli rivestì
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L’inizio del mandato di Quirinio (cos 12 d C ; PIR2 1018) è ovviamente molto discusso: il 6 d C (rimozione dell’etnarca Erode Archelao) sembra tuttavia una soluzione generalmente accettata (cfr Ios Ant XVIII, 1) Demougin 1992, p 132 (sulla base del flaminato di Roma e Augusto e dell’ortografia arcaizzante della dedica – feilius al posto di filius) Demougin 1992, p 132 A Genava è attestato anche Ae(milius) Alex(ander) – CIL XII, 5683, 21b (cfr CIL XII, 5683, 21a, identica, ma da Vienne; qui è infine noto un M. Aemil(ius) Plac[idus]) Demougin 1992, p 132 Demougin 1992, p 615 (sulla base dell’assenza del nome dell’unità militare, in cui Capella servì da tribuno) Demougin 1992, p 616 Su questo, cfr Chamberland 2006, sopr p 291
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il duovirato, un tribunato militare e la p. f. Oltre al prefetto, il nomen Aescionius, abbastanza raro, è attestato almeno due volte in Etruria, a Falerii Novi e a Caere20 5
M’ Aimilius M’ f Pal Proculus Rif. epigr.: CIL III, 398 = 7089 [Bergoma, Turchia] Origo: Roma? Cronologia: età tiberiana Bibliografia: PIR2 A p 59; Demougin 1992 (242) A M’. Aimilius Proculus, la Civitas Pergamena aveva votato una statua onoraria durante il suo mandato da p. f. di M’ Aemilius Lepidus, aug(ur) e proc[o(n)s(ul)] Il proconsolato di Lepido si data fra 21 e 22 d C 21 Sulla base della similitudine di nome e prenome, S Demougin ha suggerito di riconoscere in Proculus il figlio di un liberto di Lepido22 Si trattava in verità di una proposta già avanzata da E Groag23 Anche il fatto che il prefetto fosse iscritto in una delle tribù urbane, a cui tradizionalmente erano destinati i liberti sembra avvalorare questa ipotesi Ad ogni modo, un rapporto clientelare fra Lepido e il p. f. Proculo sarebbe quantomeno probabile e confermerebbe una pratica tradizionalmente ben attestata presso gli esponenti della nobilitas di età repubblicana
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L Alfius Quietus Rif. epigr.: CIL XI, 2116 = ILS 6610 [Chiusi, Italia] Origo: Clusium, Regio VII Cronologia: età augustea24 Bibliografia: Pack, Paolucci 1987 L. Alfius Quietus, probabilmente originario di Clusium25, rivestì in quella città il duovirato quinquennale, il flaminato di Augusto e l’aedilitas Etruriae, un incarico
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Caere: Aescionia l(iberta) [Hi]lara (AE 1991, 682b); Falerii Novi: P. Aescionius P. f. Aem. Numisius (AE 1979, 213) Vogel-Weidemann 1982, p 236, nr 33; Syme 1983a, p 191 = 1988, pp 347–348 Demougin 1992, p 211–212 PIR2 A p 59: filius liberti eius fuisse videtur Secondo Groag, il padre del prefetto avrebbe potuto essere il M’. Aemilius Lepi[di l.] Strato rogator di CIL VI, 9859 E Pack e G Paolucci (1987, p 167) erano convinti che la lettura corretta della magistratura giusdicente fosse IIIIVIR e non IIVIR Su questa sola base, datavano l’iscrizione entro il 20 a C La piena età augustea mi sembra tuttavia una soluzione più soddisfacente A Clusium, la gens Alfia è ben attestata ed è noto anche un L. Alfius L. f. (CIL XI, 2259); altri membri noti sono: C. Alfius A. f. Cainnia (un cognomen etrusco – CIL XI, 2260 = ILLRP 904); Q. Alfius Optatus (CIL XI, 2261); Alfia Hospita (CIL XI, 2262); Alfia Q. l. Prima (CIL XI, 2263); Alfia C. f. Secunda (CIL XI, 2264); T. Alfius Hilarus (CIL XI, 2266); L. Alfius (mulieris) l. Philotimus e L. Alfius L. l. Suavis (CIL XI, 7118); Alfia C. f. Galla (CIL XI, 7192)
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onorario tipicamente etrusco, ben attestato in età imperiale26 Al di fuori di Clu sium, Quietus ottenne a due riprese la p. f., apparentemente (ovvero, secondo la sequenza iscritta), prima dell’aedilitas Etruriae 7
M’ Allenius M’ f Fab Crassus Caesonius Rif. epigr.: CIL V, 2828 [Padova, Italia] Origo: Patavium, Regio X Cronologia: età giulio-claudia27 Bibliografia: Devijver ME (A 104); Demougin 1992 (337); Traverso 2006 (X 34) M’. Allenius M’ f. Fab. Crassus Caesonius, membro di una delle più note famiglie di Patavium28, rivestì in città il quattuorvirato Al di fuori dell’ambito più propriamente locale, Allenius Crassus Caesonius ottenne la p. f., un tribunato militare e, con esso, l’accesso all’ordine equestre E’ forse possibile ipotizzare un legame fra questa gens e Sex. Papinius Q. f. Allenius, cavaliere patavino entrato in Senato e asceso al consolato nel 36 d C 29
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Q Allidius M f N(umerii) n pater Volsci Rif. epigr.: CIL X, 6228 [Fondi, Italia] Origo: Fundi, Regio I Cronologia: età giulio-claudia Bibliografia: Devijver ME (A 106); Demougin 1992 (339); Traverso 2006 (I 40) Q. Allidius, forse originario di Fundi, rivestì in città la massima magistratura locale: l’edilità Al di fuori della dimensione locale, Allidius, membro dell’ordine equestre, rivestì il tribunato militare e la p. f. Sulla base della sua carriera, generalmente ritenuta giulio-claudia, il prefetto dovrebbe essere vissuto fra i principati di
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Pallottino 1984, p 257; Aigner-Foresti 2008, sopr pp 100–102; sul personaggio, cfr Pack, Paolucci 1987, p 167 e n 36 Demougin 1992, p 285 Generalmente, gli abitanti di Patavium erano infatti ascritti alla tribù Fabia (Taylor 1960, p 164; Boscolo 2010, pp 268–269) A Patavium sono attestati: [- Al]lenius (?) C. f. Strabo, prefetto i. d., tribunus militum p(opuli) s(uffragio) e curator aerarii (AE 1953, 33); T. All[enius] Abasc[antus], Alle nia[---] e T. Alleni[us] (AE 1991, 809); Allenia Hedyle e Ti. Allenius Chrysanthus, Alleniae Synerosae e Allenius Hecatoni (Pais 1246; un’iscrizione identica proviene da Vicetia – Pais 613 = 1247) Nella Regio X, sono noti altri Allenii: L. Allenius L. f. Rom. Vespa da Ateste (CIL V, 2538 = ILS 7556b) e Ti. Allenius Florus, Allenia Murra e Ti. Allenius Tyrannus da Vicetia (CIL V, 3162); M’. Allenius Capito da Aquileia (Pais 206) CIL V, 2823 = ILS 945; così Demougin 1992, p 286; su Sex. Papinius Q. f. Allenius, cfr Plin NH XV, 47 (?); PIR P 76; Helm RE XVIII, 3 col 982, nr 6; Devijver ME P 11; Demougin 1992 (236)
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Augusto e Claudio30 Apprendiamo dall’iscrizione la composizione della famiglia di Q. Allidius, figlio di Marco e nipote di Numerio, sposo di Flavia M. f. e padre di (Allidius) Volscus: al momento, nessuno di essi è altrimenti attestato 9
A Allienus A f Gal Laetus Rif. epigr.: a RAL 1969, p 38, nr 1 = AE 1969–1970, 165 [Bovino, Italia] b AE 1980, 273 [Bovino, Italia] Origo: Vibinum, Regio II Cronologia: età giulio-claudia31 Bibliografia: Silvestrini 1994 (192); De Carlo 2015, p 241 L’iscrizione [b ], molto danneggiata, sembra presentare lo stesso testo di [a ] Originario di Vibinum32, A. Allienus Laetus sembra aver rivestito esclusivamente la p. f. La concessione di questo incarico era stata forse determinata dalla lealtà a più riprese dimostrata al principato augusteo dagli Allieni: il padre di Laetus, A. Primus, Augustalis quinquennale per due volte (iterum) – secondo il testo di [a ] – figurava infatti fra i primi Augustales quinquennales di Vibinum33 La formula onomastica di questi sacerdoti, priva del patronimico e associata all’augustalità, suggerisce si tratti di liberti In questo senso, la p. f. di Laetus rappresentava per la famiglia un risultato ancora più soddisfacente Da Brundisium sono note altre attestazioni della gens: un altro Alli[enus ---], in particolare, figurava fra gli Augustales in una dedica a Tiberio34
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A?]llius C f [R]ufus Rif. epigr.: CIL X, 1131 [Atripalda, Italia] Origo: Abellinum, Regio I Cronologia: età giulio-claudia Bibliografia: CIL sub numero Noto da un’iscrizione conservata soltanto per la metà destra, A?]llius [R]ufus era forse congiunto di un omonimo p. f. avellinese (11)35 Secondo l’integrazione proposta da Th Mommsen al CIL (sub numero), questi fu [aedilis], duoviro quinquennale e [pr(o) IIvi]r(o) cens(or) ad Abellinum, che doveva essere la città natale
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Demougin 1992, p 287 Silvestrini 1994, p 142 Gli abitanti di Vibinum erano comunemente ascritti alla tribù Galeria (Taylor 1960, p 161; Silvestrini 2010, p 186) AE 1992, 302: egli vi compariva al fianco di Q. Rasti[c]anus Varus, C. Pontidius Amerimnus, M. Vibius Achoristus AE 1965, 113 Un altro A. Allienus Charito è infine attestato a Brindisi (EE VIII 1, 8) Il legame fra i due sarebbe certo secondo C Nicolet (1967, p 64)
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degli Allii Al di fuori degli incarichi più propriamente locali, egli ottenne invece una p. f., un tribunato nella legione XXI [Rapax], di stanza lungo il limes renano, e la prefettura di un’ala di cavalleria L’iscrizione, dedicata per decreto decurionale, e i numerosi incarichi rivestiti localmente testimoniano la solida posizione raggiunta da [R]ufus e, più in generale, dalla sua gens, ad Abellinum 11
M Allius M f Men Ru[fus] Rif. epigr.: CIL X, 1132 = ILS 6447 [Avellino, Italia] Origo: Nola (?), Regio I Cronologia: età augustea Bibliografia: Devijver ME (A 109); Demougin 1992 (134); De Carlo 2015, pp 52–53 M. Allius Ru[fus] era un influente notabile di Abellinum, benché le sue origini debbano essere individuate altrove, forse a Nola36 Egli si era comunque ben integrato nell’élite municipale, come dimostra la cooptazione fra i decurioni e nel duumvi ralium numerus, senza che per questi onori egli fosse costretto al pagamento di alcuna summa honoraria Questo riconoscimento non aveva esaurito la carriera di Rufus, che fu p. f., CEN(sor?)37, Q(uaestor vel uinquennalis), tribuno a populo38, equo publico
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Q Allius Q f Vel Rufus Rif. epigr.: CIL IX, 5441 [Falerone, Italia] Origo: Falerio Picenus, Regio V Cronologia: età augustea39 Bibliografia: Devijver ME (A 110); Demougin 1992 (135); Traverso 2006 (V 11)
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Gli abitanti di Abellinum erano infatti sovente ascritti alla tribù Galeria (Taylor 1960, p 161; Camodeca 2010, p 179) Ad ogni modo, molte città campane erano ascitte alla Menenia, per cui M. Allius poteva ben essere originario di una di queste (cfr Demougin 1992, pp 133–134, n 9); G Camodeca (2008, p 198) ha convincentemente proposto Nuceria (dove la gens Allia è attestata), come migliore candidata Un altro [- A]llius C. f. [R]ufus, p. f. ed eques romano, è attestato in città (CIL X, 1131–10) E’ questa la proposta di Th Mommsen (CIL sub numero) C Nicolet (1967, p 43) ha tuttavia notato come ad Abellinum la menzione della censura – quando abbreviata – fosse sempre espressa con la formula CENS (CIL X, 1134; 1135) e, riconoscendo un errore del lapicida, ha proposto p. f. CONS(ulis) Contraria a questa proposta, S Demougin (1992, p 133) ha invece suggerito lo scioglimento p. f. quinquiens (contra De Carlo 2015, p 53) Pur con qualche limite, la proposta di Mommsen mi pare ancora la più soddisfacente Nicolet 1967 Demougin 1992, p 134 (sulla base della carriera e del flaminato Augusti)
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Q. Allius Rufus, originario di Falerio40, rivestì in città il duovirato quinquennale per due volte e il flaminato Augusti Membro dell’ordine equestre, servì come tribuno militare in una legione non specificata, divenne p. f. ed infine prefetto di coorte o di una flotta41 Gli Allii noti da un’altra iscrizione da Falerio non possono corrispondere alla famiglia del prefetto, dal momento che l’indicazione della tribù non è Velina42 Un qualche tipo di legame o rapporto di parentela fra i diversi nuclei familiari della gens Allia non può comunque essere escluso 13
L Ancharius C f Ro[m ] Rif. epigr.: NSA 1905, p 221 = AE 1906, 76 = SupplIt 15, pp 160–161, nr 16 [Este, Italia] Origo: Ateste, Regio X Cronologia: età augustea43 Bibliografia: Devijver ME (A 114); Demougin 1992 (340); Traverso 2006 (X 18) L. Ancharius, notabile originario della città di Ateste44, fu augure e duoviro Al di fuori della dimensione propriamente locale, ottenne una p. f. e due tribunati militari La notorietà di cui godeva in città è dimostrata dalla concessione honoris caussa (sic) di un luogo di sepoltura per Ancharius stesso e la sua famiglia La sepoltura del prefetto fu curata dalla moglie, Vicellia T. f.45
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Gli abitanti di Falerio erano generalmente ascritti alla tribù Velina (Taylor 1960, p 162; Antolini, Marengo 2010, p 210) Th Mommsen (CIL sub numero) aveva proposto di leggere l’iscrizione frammentaria PRAEFECTO C[ohortis]; H Devijver (ME, p 95 – seguendo un’indicazione di E Birley) ha invece proposto l’integrazione C[lassis] CIL IX, 5463; sono conservate soltanto due lettere relative alla tribù –]AL: da cui si desume un’iscrizione nella Galeria, nella Falerna, o nella Palatina Demougin 1992, p 641 (sulla base dell’assenza dell’agnomen della legione e del cursus); nella sua Prosopographie, Demougin ha riportato il praenomen Publius: si tratta di un’inesattezza, dal momento che il testo ha chiaramente conservato il prenome L(ucius) Generalmente, la popolazione di Ateste era ascritta alla tribù Romilia (Taylor 1960, p 164; Boscolo 2010, pp 266–268) Gli Ancharii sono attestati in città anche da un’altra iscrizione: CIL V, 2559 (C. Ancharius C. f. Picens) Alcuni Ancharii sono attestati anche ad Amiternum, come segnalato da S Segenni (1992, p 102): è probabile che la famiglia si fosse anzi trasferita ad Ateste soltanto al momento della deduzione dei veterani, successiva alla vittoria di Azio La moglie di Ancharius è attestata in un’altra iscrizione atestina: Pais 554
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14 L Anicius C f Paetinas Rif. epigr.: CIL III, 14713 = AE 1902, 61 [Solin, Croazia] Origo: Salona, Dalmatia Cronologia: fra Augusto e Tiberio Bibliografia: Demougin 1992 (226) L. Anicius Paetinas, originario di Salona, membro di una famiglia di origine italica46, ottenne il quattuorvirato i(ure) d(icundo), quello quinquennale e la p. f. (compresa nel testo fra le due magistrature municipali) In città e nello stesso periodo, è attestato un altro L. Anicius Paetinas, un congiunto (15), forse un cugino – evidentemente, a Salona la famiglia godeva di una posizione solida e di una certa notorietà 15 L Anicius L f Paetinas Rif. epigr.: CIL III, 14712 = ILS 7160 = AE 1902, 60 [Solin, Croazia] Origo: Salona, Dalmatia Cronologia: età giulio-claudia Bibliografia: Demougin 1992 (225) L. Anicius Paetinas, originario di Salona, era membro di una famiglia di Italici stanziata nella città dalmata47 Lì, egli ottenne il quattuorvirato i(ure) d(icundo) e la quinquennalità Successivamente, Paetinas rivestì la prefettura in sostituzione di Druso (14–15 d C ?)48 e quella in sostituzione di Dolabella (20 d C ?)49 Fu inoltre pontefice, flamine di Iulia Augusta (cioè di Livia, deceduta nel 29 d C , ma divinizzata soltanto al tempo di Claudio, nel 4250), p. f. e prefetto di Pharos Salonitanus, forse una piccola comunità municipale, in qualche modo sotto la tutela della più grande Salona51 In città e nello stesso periodo, è attestato un altro L. Anicius Paeti nas, senz’altro un congiunto (14)
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Alföldy 1969, p 57 Alföldy 1969, p 57 Druso soggiornò in città fra 17 e 20 d C (Tac Ann II, 44; 53; III, 7) P. Cornelius Dolabella governò la Dalmatia fra 14 e 20 d C (PIR2 C 1348) Le date ipotizzate per queste prefetture sono state proposte da S Demougin (1992, pp 196–197 – con ampia discussione), che ha giustamente ricordato come la presenza fisica di un principe della casa imperiale non fosse necessaria per un’elezione onoraria al duovirato Suet Claud 11, 4 Per questa soluzione e per il dibattito relativo a questa discussa interpretazione, si veda Demougin 1992, pp 197–198
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Cataloghi prosopografici
C Antistius P f Pol Pansa Rif. epigr.: AE 1980, 489 [Imola, Italia] Origo: Forum Cornelii, Regio VIII Cronologia: fra Claudio e Nerone Bibliografia: Demougin 1992 (623) C. Antistius Pansa, originario di Forum Cornelii52, ricoprì tutti gli incarichi municipali – edile, questore, duoviro – e fu uno dei primi membri del collegio dei trium viri Augustales – ex d(ecreto) d(ecurionum) inter primos creatus53 Egli raggiunse infine il duovirato quinquennale, mentre, al di fuori della dimensione locale, il suo impegno si limitò ad una p. f
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[ ] An[t]onius L f Vol[t ] Pater[nu]s Rif. epigr.: AE 1992, 1217 [St Vincent de Gaujac, Francia] Origo: Nemausus, Provincia Narbonensis Cronologia: prima metà del I sec d C 54 Bibliografia: Christol, Charmasson 1987; Burnand 2006 (59 E 48) An[t]onius Pater[nu]s, esponente dell’élite provinciale, era senz’altro originario di Nemausus, dove il gentilizio Antonius è ben attestato (anche fra i liberti)55 In città, Antonius Paternus rivestì l’edilità e il quattuorvirato ad aerar(ium) Sulla base del testo iscritto, sembra che egli abbia ottenuto una p. f. nell’intervallo fra questi incarichi prestigiosi (e onerosi) L’iscrizione dedicata da Pater[nu]s ad Apollo è stata rinvenuta presso l’oppidum di St Vincent de Gaujac: è possibile che, presso questo insediamento, il prefetto godesse di notorietà e influenza (e possedesse forse delle proprietà fondiarie Un legame con Antonia Titulla, moglie del quasi contemporaneo C. Cascellius Pompeianus, notabile di Nemausus e p. f.56, non può essere escluso57
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I cittadini di Forum Cornelii erano generalmente ascritti alla tribù Pollia (Taylor 1960, p 163; Rigato 2010, p 238) Il collegio dei triumviri Augustales è attestato ad Amiternum e a Peltuinum; cfr Duthoy 1976, pp 157 e 159 EDH: HD053530 A Nemausus (i cui abitanti erano sovente ascritti alla tribù Voltinia – Kubitschek IRTD, pp 214– 215) sono attestati: Antonius Secundus Vassedo (AE 1982, 686; CIL XII, 3410); [A]ntonius [Eut]y ches, seviro augustale (CIL XII, 3197); Antonia Servata, moglie del seviro augustale M. Nemonius Titus (CIL XII, 3258); Antonia Servata, moglie di Calicatius Niger (CIL XII, 3500); Antonia Fica (CIL XII, 3412); C. Anton[ius Q]ui[etus] (CIL XII, 5683, 28e); M. Antonius (CIL XII, 5695, 15) CIL XII, 3210; cfr infra scheda 203 In altre parole, è possibile che, dall’oppidum di cui forse erano originari, gli Antonii fossero riusciti ad impostare una politica matrimoniale di successo, imparentandosi con una famiglia della capitale provinciale
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M Arrecinus M f Clemens Rif. epigr.: AE 1976, 200 = 1978, 333 [Rimini, Italia] Origo: Ariminum, Regio VIII? Cronologia: età tiberiana58 Bibliografia: Devijver ME (A 159 bis); Demougin 1992 (289); Traverso 2006 (VIII 1) M. Arrecinus Clemens, forse originario di Ariminum, rivestì in città l’augurato, il triumvirato (un incarico specificamente locale), il duovirato Ritengo che la p. f. sia giunta a seguito e non prima di questi incarichi59 Non può essere stabilito con certezza quando egli ebbe accesso all’ordine equestre, testimoniato dal lungo servizio in Egitto come tribuno militare, prima nella legione III Cyrenaica60 e poi nella XXII Deiotariana61 L’assenza della tribù non permette di istituire alcun legame con il consolare M. Arrecinus Clemens (cos 73, 75 d C ) da Pisaurum, primo prefetto del pretorio di Caligola62
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A Arrius [---] f Aem Proc[u]lus Rif. epigr.: Corinth VIII 3, 156 [Korinthos, Grecia] Origo: Corinthus, Achaia Cronologia: fra Tiberio e Claudio Bibliografia: Demougin 1992 (329) A. Arrius Proculus, originario di Corinto, rivestì numerose magistrature e incarichi locali: augure, edile, duoviro, sacerdote di Neptunus Augustus63 Dopo l’augurato, il testo menziona la p. f. Sostenne inoltre i costi di due prestigiose liturgie: fu infatti [isagogeus] dei Tiberea Augustea Caesarea e ag[onotheta] Isthmion et Caesaron64 La dedica, ad opera degli hieromnemo[nes] Caesareon, un collegio dalle funzioni apparentemente religiose, potrebbe suggerire che alla sua presidenza sedesse lo stesso Proculus Qusti ultimi incarichi – in particolare la prestigiosa agonothesia
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Demougin 1992, p 249 (sulla base del cursus) Mi pare che una crescita personale all’interno del panorama politico locale giustifichi meglio sia la concessione della p. f., che l’andamento del cursus stesso; contra Demougin 1992, p 249; cfr anche Id 1978 Ritterling RE XII 2, coll 1506–1517; Wolff 2000 Ritterling RE XII 2, coll 1791–1797; Daris 2000b S Demougin ha prudentemente disgiunto i due personaggi e un’altra iscrizione di M. Arrecinus Clemens da Ariminum (CIL XI, 428) sembra darle ragione, collocando stabilmente il personaggio in quella città Si tratta della prima menzione di questo incarico: in effetti, potrebbe trattarsi di un sacerdozio all’interno dello stesso santuario istmico (Corinth VIII 3, p 74) Corinth VIII 3, p 74
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dei Giochi Istmici – garantivano notorietà non soltanto nel contesto locale, ma nel più vasto scenario provinciale 20 L Arrius Salanus Rif. epigr.: CIL X, 6101 = ILS 6285 [Formia, Italia] Origo: Formiae, Regio I Cronologia: età tiberiana65 Bibliografia: Devijver ME (A 163); Dobson PP (16); Demougin 1992 (268); Traverso 2006 (I 35) L’iscrizione è stata incisa su di una grande base marmorea L. Arrius Salanus, originario di Formiae66, vi rivestì l’edilità per tre volte, l’augurato e l’interregno Un riconoscimento dal potere imperiale fu la prefettura quinquennale per Tiberio (prima dell’avvento al trono) e la designazione al medesimo incarico per Nerone e Druso Cesari67: nell’iscrizione, dedicata dalla moglie Op pia, questi incarichi occupano il primo posto, benché almeno il secondo preceda di poco la morte di Arrius Salanus68 A Roma, egli prestò la propria opera come tubicen sacrorum fra gli apparitores69, mentre al di fuori della Penisola, ottenne il tribunato militare nelle legioni III Augusta (in Africa) e X Gemina (in Spagna)70, una prefettura d’ala e quella castrorum71 Non è chiaro quando Arrius Salanus abbia ottenuto la p. f. (menzionata in chiusura dell’iscrizione) in una carriera tanto articolata e, più in generale, l’ordine degli incarichi resta controverso72
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Gli incarichi di praefectus Caesarum sono riferibili al periodo compreso fra 23 e 29 d C (Dobson PP, p 174; Demougin 1992, pp 229–230) A Formiae, gli Arrii risultano ben attestati Si tratta essenzialmente dei liberti della famiglia: AE 1914, 224; 1978, 93; CIL X, 6122; X, 6136 Demougin 1992, pp 229–230; cfr le prefetture quinquennali per i principi di Q. Decius Saturninus (69) Così si spiegherebbe la sola designazione a praefectus di Nerone e Druso (Demougin 1992, p 229) Purcell 1983 Ritterling RE XII 2, coll 1678–1690; Le Bohec 2000a; Gómez-Pantoja 2000b Generalmente concessa ai primipilares, la praefectura castrorum, in età augustea, era aperta anche agli equites (Demougin 1988, p 359) Sulla base di Dobson 1966, 72–73 = 1993, pp 229–230, Demougin (1992, p 230, per una discussione sul tema) ha supposto che l’ordine della carriera fosse diretto: la p. f. sarebbe cioè stata assegnata ad un individuo competente e sperimentato In questo, come in altri casi, non ci sono elementi per stabilire con certezza l’ordine di una carriera tanto complessa
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[---] Asia[ti]cus Rif. epigr.: ILGN 269 = ILN V, 1, 86 = AE 1897, 26 = 1997, 1058 [Vienne, Francia] Origo: Vienna, Provincia Narbonensis Cronologia: età augustea73 Bibliografia: Pflaum 1978, p 256, nr 18; Burnand 2006 (21 E 19) Attestato da un’iscrizione molto frammentaria, Asia[ti]cus era senz’altro originario di Vienna, in cui fu forse quattuorviro (I[IIIvi]r?) Per vincoli familiari, o nell’occasione di incarichi rimasti ignoti, aveva però ottenuto una p. f. Non è certo, ma verosimile un legame con il viennese D. Valerius Asiaticus, console per due volte (35; 46 d C ), coinvolto in una congiura contro Claudio e costretto al suicidio (47 d C )74: il prefetto potrebbe senz’altro essere un congiunto del consolare, forse addirittura il padre75
22 [Q ] Atatinus P f Quir Modestus Rif. epigr.: CIL IX, 3610 = ILS 2707 [Fossa, Italia] Origo: Aveia Vestina, Regio IV Cronologia: fra Claudio e Nerone76 Bibliografia: PIR2 (A 1275); Devijver ME (A 172); Demougin 1992 (509) [Q.] Atatinus Modestus, originario di Aveia (piccolo centro nei pressi dell’odierna L’Aquila)77, membro dell’ordine equestre, fu tribuno militare della legione X Ge mina78 di stanza in Spagna, per ben 16 anni Egli conseguì poi – in eadem provin cia – la prefettura della II ala Gallor(um)79 e, infine, la p. f. – si potrebbe suggestivamente supporre, ancora nella penisola iberica, che Modestus doveva conoscere bene La dedica dell’iscrizione fu curata dal figlio P. Atatinus Flaccus Un omonimo di Modestus, forse un figlio, fratello di Flaccus80, raggiunse anch’egli la p. f. e ottenne prestigiose posizioni a Roma e in provincia, in età flavia
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EDH: HD022616 Weynand RE VII A 2, coll 2341–2345, nr 106; PIR2 V 44, pp 16–20; cfr anche Burnand 2006, pp 108–113 (con ampia bibliografia) Contra Pflaum 1978, p 256, secondo cui l’appartenenza del prefetto al rango equestre (in realtà probabile, ma non certa) e la relativa frequenza del cognomen Asiaticus in Narbonensis (ma non a Vienne) escluderebbero qualsiasi rapporto Il rango equestre e una p. f. ottenuti dal padre avrebbero invece potuto offrire eccellenti opportunità di carriera per il figlio Demougin 1992, p 422 (sulla base del cursus e del confronto con la carriera del p. f. alla scheda 194) La popolazione di Aveia era generalmente ascritta alla tribù Quirina (Taylor 1960, p 162; Buonocore 2010, p 35) Ritterling RE XII 2, coll 1678–1690; Gómez-Pantoja 2000b Cichorius RE I 1–2, col 1246 Demougin 1992, p 422
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C Atilius A f Glabrio Rif. epigr.: CIL XI, 1934 = ILS 2685 = ILLRP 638 = AE 1979, 245 = 1983, 393 = 2011, 365 = 2012, 495 [Perugia, Italia] Origo: Perusia, Regio VII Cronologia: età augustea81 Bibliografia: Devijver ME (A 176); Demougin 1992 (69); Traverso 2006 (VII 21); Letta 2012, pp 137–154 Almeno fra la fine della Repubblica e la prima età imperiale, la famiglia di C. Ati lius Glabrio apparteneva all’élite di Perusia82 A. Atilius C. f. Glabrio, forse il padre del prefetto, era stato quattuorviro in città nella seconda metà del I secolo a C ed era stato onorato da municipes et incolae83 Glabrione ricoprì in città la magistratura quinquennale, che a Perusia era, ancora in età augustea, un quattuorvirato Successivamente fu p. f. delat(us) a co(n)s(ule) – dunque a Roma – e prefetto della coorte degli arcieri [---]corum84
24 Q Atinius M f Ouf Murra Rif. epigr.: CIL X, 6325 [Terracina, Italia] Origo: Tarracina, Regio I Cronologia: età giulio-claudia (?)85 Bibliografia: Devijver ME (A 181); Demougin 1992 (340) La carriera di Q. Atinius Murra, membro dell’ordine equestre e originario di Tar racina86, è nota grazie ad un unico documento iscritto, peraltro molto sintetico
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Letta 2012, pp 147–149 Sulla datazione della carriera di Glabrione si è discusso a lungo, perché il quattuorvirato quinquennale, che egli vantava in apertura al suo cursus, è stato usato per datare l’iscrizione al periodo immediatamente precedente al bellum Perusinum e ad una supposta rifondazione augustea Le convincenti argomentazioni di D Saddington (1983, sopr pp 264–266), recentemente riprese e ampliate da C Letta (2012, sopr pp 142–153), suggeriscono invece di datare personaggio e carriera alla piena età augustea Letta 2012, p 148; cfr anche Demougin 1992, p 79, in cui, attribuendo questa iscrizione all’età augustea, si ritiene A. Glabrio un cugino del prefetto Secondo D Saddington (1983, p 265), si sarebbe trattato dei Tyrii sagittar(ii), una lettura recentemente confermata da C Letta (2012, p 147) La denominazione etnica delle unità militari non è comunque precedente all’età augustea e, in questo caso, si deve forse propendere per quella tiberiana (cfr Spaul 2000, p 454) Demougin 1992, p 289, in cui l’iscrizione è considerata molto antica e, in ragione del cursus, precedente agli interventi di Claudio In effetti, gli abitanti di Tarracina erano ascritti alla tribù Oufentina (Taylor 1960, p 161; Buchholz 2010, p 175) In città è attestata una Atinia M. f. Tertulla (CIL X, 6392) e una famiglia di liberti della gens: [C. A]tinius Ɔ L. Priamus e i suoi figli [ A]tinius C. f. Rufus e [ A]tinius C. f. Proculus (Demougin 1992, p 290 e n 3)
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Sembra che egli abbia rivestito soltanto un tribunato militare e la p. f., sicuri indicatori di solida ricchezza e significativi contatti con l’élite urbana 25
P Aufidius L f Rif. epigr.: CIL XI, 1217 [Piacenza, Italia] Origo: Placentia, Regio VIII Cronologia: età augustea87 Bibliografia: Devijver ME (A 195); Demougin 1992 (58); Traverso 2006 (VIII 14) Il cursus di P. Aufidius L. f., originario di Placentia88, si data alla prima età augustea Egli rivestì il quattuorvirato – forse aedilicia potestate89 – e il duovirato, ma ottenne anche un tribunato militare e una p. f. L’iscrizione di Publius era esposta sulla tomba di famiglia degli Aufidii, che il prefetto si era assunto l’onere di costruire: nel sepolcro furono sepolti anche il padre, L. Aufidius Cn. f., sua madre, Fadiena P. f., suo fratello, L. Aufidius L. f., sua moglie, Salvia Cila, e una cugina dal lato materno, Liburnia L. f., che sembra appartenere alla stessa gens che aveva dato un duoviro ad Ariminum90 Anche l’esecutore testamentario di Aufidius era un individuo di rilievo, C. Annisidius C. f. Rufus Gli Annisidii erano noti proprietari terrieri, come attestato dalla Tavola di Veleia – fundi (…) Annisidiani in agro Placentino91
26 L Aufidius L f Aem Vinicianus Epagatinus Rif. epigr.: CIL XII, 4357 = AE 1997, 1078 [Narbonne, Francia] Origo: Fundi, Regio I Cronologia: età giulio-claudia (augustea o post 41 d C ?)92 Bibliografia: Wierschowski 2001 (266) Non è chiaro quando L. Aufidius Vinicianus Epagatinus, eques romano, originario di Fundi, si sia trasferito a Narbo93 Il fatto che abbia rivestito per due volte l’edilità 87 88 89 90 91 92 93
Demougin 1992, p 70 (sulla base dell’assenza del cognomen del prefetto e del nome della legione in cui servì da tribuno) Un’altra iscrizione da Placentia è infatti riferibile alla gens: EAGLE: EDR132685 ([ Au]fidius C. f. Verus) Manni 1947, p 184 CIL XI, 402 = I, 3393 CIL XI 1147 = ILS 6675, 5, 77; sulla Tavola di Veleia, si vedano: Criniti 2010; Id 2013, pp 86–94 (con bibliografia) EDH: HD044750 (età augustea); Burnand 2006, p 174 (età claudio-neroniana) Sembrano dimostrarlo il testo dell’iscrizione, che menziona incarichi a Fundi, e l’ascrizione alla tribù Aemilia, ben attestata in città (cfr Liv XXXVIII, 36, 9; Taylor 1960, p 161; Buchholz 2010, p 174) A Fundi, è forse possibile rintracciare qualche contatto, soprattutto fra i liberti: Aufidia L. l. Salv[ia?] (AE 1978, 83); [Au]fidia Ɔ l. Sal[via?] e [Au]fidius M. [l ? ---]; Vinicius Coetaeus (CIL
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e per altrettante volte la quinquennalità a Fundi, lascia supporre che fossero state la p. f. e/o il tribunato militare ad estendere gli interessi del prefetto, al di fuori della sua città d’origine Il fatto che l’iscrizione funeraria per sé e la moglie, Ollia Nice, sua liberta, fosse stata dedicata a Narbo conferma una nuova stabile posizione in città A Narbo è del resto noto anche un altro dei suoi liberti, M. Vinicius Epagatini l. Astragalus94 27 C Aufustius C f Gal Macrinus Rif. epigr.: CIL VIII, 69 [Gurza, Tunisia] Origo: incerta Cronologia: età claudia95 Bibliografia: Demougin 1992 (565) C. Aufustius Macrinus, forse di origini italiche96, fu p. f. al seguito del proconsole d’Africa nel 65 d C – A(ulo) Licinio Nerva Siliano co(n)s(ule): si trattava forse del futuro imperatore Vespasiano Nella provincia si era chiaramente confrontato con le comunità locali, disponendo di un’influenza notevole, tanto da essere scelto per un accordo di hospitium e da essere cooptato come patrono dalla civitas Gurzen sis97 Il prefetto non è altrimenti attestato 28 Sex Aulienus Sex f Ani Rif. epigr.: CIL X, 4868 = ILS 2688 [Venafro, Italia] Origo: Provincia Narbonensis Cronologia: età tiberiana Bibliografia: PIR2 (A 1422); von Rohden RE III 1, col 2409; Pflaum CP, p 1042; Devijver ME (A 201); Dobson PP (5); Demougin 1992 (311); Burnand 2006 (13 E 11); Traverso 2006 (I 99); De Carlo 2015, pp 166–167 L’iscrizione è stata incisa su di un basamento marmoreo, forse pertinente ad un monumento “a tamburo”, decorato con modanatura a triglifi e rosette
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X, 6227 = ILS 4975) Secondo L Wierschowski (2001, p 204), il collegamento di Vinicianus Epagatinus con la Gallia sarebbe stato rappresentato dalla sua famiglia adottiva: un Sex. Vinic[ius] Iulianus e una Vinicia Vera sono infatti noti a Grenoble (CIL XII, 2298) – l’ipotesi mi pare quantomeno azzardata La presenza di Aufidii a Narbo (CIL XII, 4645–4649) e Arelate (CIL XII, 5815) – citata da Wierschowski – non mi pare dirimente CIL XII, 5238 Pur con prudenza, può essere forse collegato al prefetto anche L. Aufidius L. l. Marsus (CIL XII, 4648); cfr Wierschowski 2001, p 204, n 444 Demougin 1992, p 426 Questo parrebbe suggerito dall’appartenenza alla tribù Galeria, molto diffusa in Italia, ma anche nelle province spagnole (Kubitschek IRTD, p 270; cfr Demougin 1992, p 470) Si tratta di un patto del tutto affine – e stilato nello stesso linguaggio formulare – a quello attestato fra alcune comunità africane e C. Silius C. f. Fab. Aviola (158), anch’egli p. f. in Africa
1. La praefectura fabrum in età giulio-claudia
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Ufficiale “di carriera”, Sextus Aulienus era originario della Narbonensis, come dimostrano l’appartenenza alla tribù Aniensis e il riferimento a Forum Iulii98 Della città narbonese egli fu anche duoviro, come del resto lo fu a Venafrum, dove probabilmente si era stabilito dopo il congedo e, forse, la fondazione della colonia augustea99 La sua lunga carriera nell’esercito incluse l’iterazione del primipilato (e l’accesso all’ordine equestre), il tribunato militare, la praefectura levis armatu rae, la praefectura castrorum per Augusto e Tiberio, la praefectura classis e, infine, la p. f. Al termine del cursus militare, egli era anche divenuto flamen Augustalis100 L’iscrizione gli fu dedicata dai liberti Nedymus e Gamus, il primo dei quali fu forse il padrone di uno schiavo e magistrato di un collegio venafrino nel 32 d C 101 29 L Aur[elius – f ] Co[tta?] Rif. epigr.: CIL X, 4869 [Venafro – Isernia, Italia] Origo: Venafrum, Regio I Cronologia: età giulio-claudia Bibliografia: Capini 1999 (32) Attestato da un’iscrizione estremamente danneggiata, L. Aur[elius] Co[tta?] era con ogni probabilità originario di Venafrum, ove infatti raggiunse edilità e questura Non ci sono elementi per individuare altrove la città d’origine del prefetto Sulla base dei tria nomina (così integrati), un legame antico con la famiglia consolare di epoca repubblicana degli Aurelii Cottae non può essere escluso 30 [L ?] Aurelius Sex f Rif. epigr.: AE 1969–1970, 188 [Tarquinia, Italia] Origo: Tarquinii, Regio VII (?) Cronologia: età augustea Bibliografia: Devijver ME (A 203); Demougin 1992 (138); Traverso 2006 (VII 30); Kaimio 2010 (297) L’iscrizione è stata incisa sul fusto di un cippo a colonnetta (h 29 cm) L.102 Aurelius era probabilmente originario di Tarquinii, come dimostrano gli incarichi di flamen e quattuorviro i. d. in città103 Egli ottenne inoltre la p. f. e – sembra –
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Demougin 1992, p 265 Cfr De Carlo 2015, p 166 Contra Devijver ME, p 139, in cui si supponeva che il flaminato fosse stato raggiunto ante militias CIL X, 4847; cfr De Carlo 2015, p 167, in cui si segnalano anche Sex. Aulieni Sex. l. L’integrazione del praenomen Lucius è stata proposta in Torelli 1975, p 188, n 1 Secondo S Demougin (1992, p 136), “notre chevalier est sans doute originaire de Tarquinia” Più prudentemente direi che è molto verosimile che Aurelius fosse originario di Tarquinii
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soltanto in seguito il tribunato militare a populo104, una posizione concessa in età augustea per assicurare ai domi nobiles l’accesso all’ordine equestre 31
M Aurelius C f Gal Rif. epigr.: CIL II, 49 = HEp XIV, 414 = AE 2013, 772 [Beja, Portogallo] Origo: Pax Iulia, Lusitania Cronologia: età tiberiana Bibliografia: d’Encarnação 1984 (236); González Herrero 2004 (1); d’Encarnação, Feio 2012; Álvarez-Melero 2013, p 152, nr 1 M. Aurelius era con ogni probabilità originario di Pax Iulia105 Noto da un’unica iscrizione, egli rivestì il duovirato, il flaminato di Tiberio Augusto e, al di fuori del contesto più propriamente locale, la p. f. Il nome del dedicante non si è conservato
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[--- Aus]picatus Rif. epigr.: AE 1927, 172 [Yalvaç, Turchia] Origo: Antiochia Pisidiae, Galatia Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C 106) Bibliografia: Demougin 1999 (28) [Aus]picatus, i cui praenomen e nomen giacciono in lacuna, membro dell’ordine equestre, discendeva con ogni probabilità da una delle famiglie di veterani insediati ad Antiochia di Pisidia In città, egli fu duovi[r quinq(uennalis)] e augure, mentre, al di fuori dal contesto più propriamente locale, ottenne un tribunato militare nella legione X Fretensis (a lungo stanziata a Cyrrhus, in Syria107), la p. f. – ricoperta per due volte (II) – e almeno due prefetture (una di coorte, l’altra senz’altro equitum) Auspicatus fu inoltre prefetto di P. Corne[lius Sulla] Felix (cos 52 d C ), nipote di Augusto e imparentato con Claudio108
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Cn Baebius T f Celsus Rif. epigr.: CIL XI, 5274 [Spello, Italia] Origo: Hispellum, Regio VI (?) Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C )109 Bibliografia: Dobson PP (37); Demougin 1992 (346); Traverso 2006 (VI 20)
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Nicolet 1967 Kubitschek IRTD, p 186 Demougin 1999, p 599 Ritterling RE XII 2, coll 1671–1678; Dabrowa 2000b PIR2 C 1459 Demougin 1992, p 326
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Cn. Baebius Celsus, soldato d’esperienza, ottenne l’ambito primipilato: questa posizione gli assicurò senza dubbio le risorse patrimoniali e i contatti personali necessari ad ottenere una p. f. e il pontificato a Hispellum Non sono attestati altri incarichi o magistrature in città Ad Hispellum è attestato anche un T. Baebius Cn. f. Rufus110 34 L Baebius L f Gal Iuncinus Rif. epigr.: CIL X, 6976 = ILS 1434 [Messina, Italia] Cfr P Fouad I, 21 Origo: Messana, Sicilia Cronologia: fra Nerone e Vespasiano111 Bibliografia: PIR2 (B 18); von Rohden RE II 2, col 2730, nr 29; Pflaum CP; Suppl (121); Devijver ME (I 86); Robert 1959 = 1969; Demougin 1992 (696) Del cursus di L. Baebius Iuncinus, eques originario di Messana – oppidum (…) ci vium Romanorum, secondo Plinio112 – sono noti soltanto incarichi estranei all’ambito locale Egli fu p. f., prefetto della IV coorte dei Raeti113, tribuno militare della XXII legione Deiotariana, di stanza in Egitto114, prefetto dell’ala degli Asturi Dopo gli anni trascorsi in servizio attivo nell’esercito, Iuncinus fece il proprio ingresso nella carriera procuratoria con l’incarico ducenario di praefectus vehiculorum115 e quello paritetico di iuridicus in Egitto, una provincia alla quale non era estraneo e in cui aveva forse stretto legami al tempo del suo tribunato In questo senso, è ragionevole riconoscere Iuncinus in un omonimo tribuno militare, presente ad Alessandria ad una riunione del 4 settembre 63 d C 116 Se si accetta questa identificazione, la carriera del prefetto deve essere collocata negli anni compresi fra Nerone e Vespasiano Secondo S Demougin, può essere supposto un sicuro legame di parentela col cavaliere L. Baebius Aurelius Iuncinus, prefetto d’Egitto fra 211 e 213 d C – la distanza temporale mi pare tuttavia suggerire maggiore prudenza117
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Questo pare suggerire che i Baebii fossero originari della città umbra (Demougin 1992, p 292) EDH: HD054511; S Demougin (1992, p 533) ha invece datato la carriera all’epoca di Claudio e Nerone Plin NH III, 8 La coorte fu stanziata in Moesia al tempo di Domiziano, ma la posizione precedente è ignota (Spaul 2000, p 282) Ritterling RE XII 2, coll 1791–1797; Daris 2000b Su questo incarico del cursus publicus, si veda Eck 1999, pp 95–115 (con ampia bibliografia), sopr pp 95–97 (con particolare riferimento a Iuncinus) P Fouad I, 21; cfr Demougin 1992, p 590 PIR2 B 13; Pflaum CP, p 678, nr 251; cfr Demougin 1992, p 590
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L Baebius L f Pap Niger Rif. epigr.: CIL XII, 4358 [Narbonne, Francia] Origo: Narbo, Provincia Narbonensis Cronologia: età giulio-claudia (post 41 d C ?)118 Bibliografia: Pflaum 1978 (11); Burnand 2006 (62 E 51) La p. f. è il solo incarico menzionato in un’iscrizione dedicata a L. Baebus Niger – quando questi era ancora in vita – dal proprio liberto L. Baebius Auctus Originario di Narbo119, dove del resto i Baebii sono ben attestati, egli aveva forse un legame col nummularius L. Baebius Lepidus120
36 M Barronius M f Ouf Sura Rif. epigr.: CIL X, 5401 = ILS 6291 [Aquino, Italia] Cfr anche CIL X, 5400, 1, 2, 3; Virno-Bugno 1971, p 686; Giannetti, Pantoni 1971, p 437, nr 22; Kajava 1996, pp 197–198, nr 29; si tratta di vasche monolitiche in calcare rinvenute ad Aqui num, o nei pressi della città Su ciascuna, era stato inciso il nome: M BARRONIVS M F SVRA Origo: Aquinum, Regio I Cronologia: età giulio-claudia121 Bibliografia: Devijver ME (B 15); Demougin 1992 (347); Traverso 2006 (I 8) M. Barronius Sura, membro dell’ordine equestre, era originario di Aquinum122 In città, rivestì il duovirato quinquennale e l’augurato, mentre, al di fuori del contesto locale, fu tribuno militare e p. f. A riconoscimento della notorietà di cui godeva in città, gli fu votata – post mortem – una statua decreto decurionum publice Si è supposto che Barronius fosse anche il titolare di una florida attività economica: otto bacini in pietra, forse utilizzati per la tintura delle stoffe, riportano il nome M. Barronius M. f. Sura La città stessa era nota per questo genere di produzioni,
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Burnand 2006, p 166; più genericamente al I sec d C , secondo Pflaum 1978, p 254 I cittadini di Narbo erano generalmente ascritti alla tribù Papiria (Kubitschek IRTD, pp 210–211; Bonsangue 2010) 120 CIL XII, 4497 = XIII, 1982a 121 Demougin 1992, p 289, in cui l’iscrizione è considerata molto antica e, in ragione del cursus, precedente agli interventi di Claudio 122 La popolazione di Aquinum era generalmente ascritta alla tribù Oufentina (Taylor 1960, p 161; Buchholz 2010, pp 171 e 176) In città è nota anche la liberta Baronia D. l. Prima (CIL X, 5449) Demougin (1992, p 293) ha suggerito inoltre possibili legami con M. Barronius [---], prefetto quinquennale in vece di Domiziano (73 d C ) a Interamna Lirenas (CIL X, 5405, col 2, l 9 = ILS 6125) e M. Barronius L. f. Ter. da Rufrae (CIL X, 4836)
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di fatto imitazioni della più costosa porpora dall’Oriente123 Si deve tuttavia ammettere che è più probabile si trattasse di vasche per fontane: in tal caso, Barronius si fece carico di un grande intervento in relazione all’approvvigionamento idrico della città, probabilmente durante il suo duovirato124 Non è possibile escludere un legame con P. Barronius Barba, edile curule alla fine della Repubblica o nella prima età augustea125 37
[ ] Burrenus Ti f Vol Firmus Rif. epigr.: CIL III, 646 = Pilhofer 2000, 46 = CIPh II, 1, 48 [Filippoi – Kavala, Grecia] Origo: Philippi, Macedonia Cronologia: età giulio-claudia (post 41 d C ?)126 Bibliografia: Devijver ME (B 34); Brélaz in CIPh sub numero Burrenus Firmus era scomparso all’età di appena vent’anni, quando il padre, [ ] Burrenus Ti. f. Um[mi]d[i]us (?)127, membro dell’ordine equestre, dedicò questa lastra, parte probabilmente di un sarcofago marmoreo Al momento della sua scomparsa, sembra che Firmus avesse rivestito la sola p. f. Nell’iscrizione era citata anche Burrena Firmina, anch’essa deceduta precocemente, forse sorella del prefetto Il nomen Burrenus, ben attestato a Philippi, suggerisce che gli antenati del prefetto figurassero fra i primi coloni venuti dalla Penisola nel 30 a C 128 La presenza in città di altri Burreni Firmi di rango equestre conferma si trattasse di una gens ricca e influente129
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Hor Ep I, 10, 27; su questo, cfr anche Virno-Bugno 1971, p 621 Su questo, si veda Kajava 1996, p 198; Molle 2009, pp 94–97 (con bibliografia) CIL I2, 817 = VI, 31602 = ILS 5562 = ILLRP 437; PIR2 B 56; Wiseman 1971, p 217, nr 65 Il fatto che la p. f. sia il solo incarico attestato per Firmus sembra suggerire una datazione successiva agli interventi di Claudio Brélaz 2014, p 159 Demougin 1992, p 619 [ Burrenus Q. f.] Firmus, tribuno militare e praefectus nationum, e suo padre Q. Burren[us] T[i. f. Fir]mus (AE 1934, 50 = Pilhofer 2000, 221 = CIPh II, 1, 49); M. Burrenus M. f. Firminus, onorato ad otto anni con gli ornamenta decurionalia, e sua sorella Burrena Firmilla (CIPh II, 1, 114); Bur rena Nice, chiaramente una liberta e moglie di un liberto (CIL III, 7341 = 14206, 7 = Pilhofer 2000, 463 = CIPh II, 1, 200) Un altro Burrenus compariva infine su di un’iscrizione rimasta inedita (Pilhofer 2000, p 280)
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38 M Cacius C f Cerna Rif. epigr.: CIL X, 4736 [Mondragone, Italia] Origo: Sinuessa, Regio I Cronologia: fra Augusto e Claudio Bibliografia: Devijver ME (C 4); Demougin 1992 (351); Traverso 2006 (I 87); De Carlo 2015, p 154 Non altrimenti attestato, M. Cacius Cerna rivestì il duovirato a Sinuessa Il tribunato militare, forse ricoperto prima della p. f., ne attesta invece il rango equestre L’impegno di Cerna nell’ambito politico di Sinuessa è dimostrato da un notevole atto di evergetismo (e auto-celebrazione) nei confronti dei concittadini: natali suo cenam publice populo Sinues(sano) dare instituit Il gentilizio Cacius è estremamente raro, non altrimenti attestato nel complesso dell’Italia meridionale130 39 L Cae[cilius] C f Ouf Secundus Rif. epigr.: AE 1983, 443b = Pais 745 [Como, Italia] Cfr anche AE 1983, 443a = Pais 745 [Como, Italia]: il testo iscritto sembra identico al precedente, ma è molto danneggiato Origo: Comum, Regio IX Cronologia: fra Claudio e Nerone Bibliografia: PIR2 (C 80); Groag RE III 1, col 1233, nr 115; Demougin 1992 (626) L. Caecilius Secundus, originario di Comum131, rivestì la p. f. a consule a Roma In città, egli ottenne invece il quattuorvirato i. d. e il pontificato Egli era inoltre un generoso evergete: aveva iniziato (inchoavit), a nome della figlia [Caeci]lia, la costruzione di un tem[plum] Aeternitati Romae et Augu[st(orum?)] [c]um porticibus et ornamentis I lavori furono terminati dal figlio [--- Caeci]lius Secundus (dedica vit): evidentemente, il prefetto era morto prima che i lavori fossero conclusi Ad ogni modo, la famiglia aveva dato prova di notevole ricchezza e influenza in città, tanto che i Plinii, di rango equestre, decisero di unirsi ai Caecilii Secundi, con l’adozione di uno dei loro membri, C. Plinius Caecilius Secundus, da alcuni identificato nel figlio del prefetto, vissuto negli anni compresi fra Claudio e Nerone132 130 131
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De Carlo 2015, p 154 A Forum Cornelii, la tribù più diffusa era la Pollia (Taylor 1960, p 163; cfr Mennella 2010) A Comum, un altro notabile appartenenva alla gens Caecilia: L. Caecilius L. f. Cilo, quattuorviro aedili cia potestate, che lasciò in eredità ai Comenses 40 000 nummi e una rendita annuale per l’acquisto di olio, da utilizzare nelle strutture pubbliche della città (CIL V, 5279 = ILS 6728 = AE 1995, 611) Altri Caecilii sono: Caecilia T[h]is[be] (CIL V, 5285); M. Caecilius Quintus (CIL V, 5385); Sex. Caecilius Sex. l. Aggaeus (sevir) e sua moglie Caecilia Sex. l. Flora (AE 2003, 760); [Cae]cilius L[ (Pais 763) Demougin 1992, p 525 (con bibliografia)
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40 Q Caecilius L f Rif. epigr.: CIL XI, 6940 = AE 1983, 420 [Piacenza, Italia] Origo: Placentia, Regio VIII Cronologia: età augustea Bibliografia: Devijver ME (C 5); Demougin 1992 (142); Traverso 2006 (VIII 13) L’iscrizione è stata incisa su di una superficie curva, parte di un monumento a “tamburo”, originariamente collocato lungo una delle vie di accesso alla città Il cursus di Q. Caecilius L. f., originario di Placentia, e quello dei suoi congiunti è noto grazie all’iscrizione originariamente posta sul monumento funebre della famiglia Secondo la ricostruzione di S Demougin, Q. Caecilius fu decurione, augure, tribuno militare a populo133 (un incarico che permette di collocare la carriera in età augustea e che dava accesso all’ordine equestre134) e p. f. III Alla carriera eminentemente locale del figlio corrispondevano del resto i cursus del padre, L. Caecilius L. f. Flaccus (questore, tribuno135, augure e curatore alla costruzione del tempio di Giove a Piacenza) e del fratello, L. Caecilius L. f. Flaccus (quattuorviro i. d., augure) La madre, Petronia C. f., apparteneva a una famiglia piacentina di pari rango, considerata la presenza in città di Sex. Petronius Lupus Marianus, p. f.136, e di M. Petronius, decurione137 41 Q Caecilius Q f A[nien ] Rif. epigr.: AE 1967, 55 [Tellene, Italia] Origo: Tellenae, Regio I Cronologia: prima età augustea Bibliografia: Demougin 1992 (52) Il profilo di Q. Caecilius Q. f. è più chiaro se confrontato con quello di un omonimo menzionato sul medesimo blocco, forse un cugino (per comodità, qui lo si 133
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S Demougin (1992, p 140); contra A Calbi (1981, p 253), che ha invece restituito la serie de cur(io) a populo, praef(ectus) f[a]b(rum), aug(ur), tr(ibunus) milit(um) III Se le ragioni di Calbi poggiano sul testo iscritto e su ipotesi di politica locale difficilmente spiegabili (soprattutto in merito alla figura del decurio a populo), quelle di Demougin – più convincenti, mi pare – spiegano più semplicemente la strana carriera di Caecilius con un errore del lapicida In questa forma, in effetti, il cursus assume un aspetto molto più familiare Benché non si tratti di un decurione, ma di un duoviro, anche in Sicilia, a Catania, Q. Atilius Q. f. Cla. Severus rivendicava il supporto popolare affermando: IIvir suf(fragiis) popul(i) creatus (CIL X, 7023 = ILS 677) Nicolet 1967 Demougin (1992, p 140, nn 5 e 6) ha suggestivamente proposto si trattasse di una posizione di comando all’interno di un’unità di cittadini in armi, durante la stagione delle guerre civili CIL XI, 1219 (133) AE 1959, 36
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definirà bis)138 Quintus Caecilius bis fu tribuno militare e XXVIvir139: queste due posizioni dimostrano non soltanto la sua appartenenza all’ordine equestre, ma anche la sua aspirazione ad una carriera politica a Roma Il cursus di Q. Caecilius è invece limitato alla p. f. La presenza della tomba di famiglia dei Caecilii e dei loro liberti a Tellenae140, oltre che le carriere diversificate dei Quinti suggeriscono una solida posizione familiare sul territorio S Demougin ha supposto un legame con il Q. Caecilius Q. f. Ani. (cos 143 a C ), citato nel SC de Pergameno agro141, ma – in questo caso – gli stessi Caecilii Metelli potrebbero essere stati connessi al prefetto 42 Sex Caecilius Sex f Sab Senecio Rif. epigr.: CIL V, 4058 [Mantova, Italia] Origo: Mantua, Regio X Cronologia: età claudia142 Bibliografia: Devijver ME (C 25); Demougin 1992 (493); Traverso 2006 (X 31) Sex. Caecilius Senecio, notabile originario di Mantua143, sembra aver intrapreso il proprio cursus al momento degli interventi di Claudio sulle carriere equestri144 In ambito municipale, Caecilius Senecio fu quattuorviro per due volte e pontefice Fu poi p. f., mentre nell’esercito ottenne la prefettura di una coorte e quella dell’ala Hispanorum Il fatto che quest’ultima unità abbia curato la dedica al proprio prefetto nella sua città natale, Mantua, è estremamente significativo, in particolare in relazione all’interazione fra sfera militare e ambito civico: la dedica di questi ausiliari contribuiva infatti ad accrescere sostanzialmente la posizione e il prestigio goduti da Senecio in un contesto eminentemente civile, quale quello cittadino
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Demougin 1992, p 64 Il vigintisexviratus, voce sotto cui erano raccolti distinti collegi di magistrati minori, fu ridotto ad un vigintivirato attorno al 20 a C (Cass Dio LIV, 6; cfr Demougin 1992, p 64) 140 Demougin 1992, p 64 A Tellenae, è nota una Caecilia, moglie di C. Iulius C. f., sevir Augustalis (AE 1967, 60) 141 Demougin 1992, p 64; cfr anche Taylor 1960, p 198 142 Demougin 1992, p 405 143 I cittadini di Mantua erano sovente ascritti alla tribù Sabatina (Taylor 1960, p 164; Bertolazzi, La Monaca 2010, p 282) Inoltre, altri Caecilii sono attestati in città all’inizio dell’Impero: M. Caecilius M. f. e sua zia Caecilia M. f. (CIL V, 4068) 144 Secondo S Demougin (1988, p 294), si tratterebbe anzi del primo esempio in cui è attestata la successione prefettura di coorte-prefettura d’ala, più tardi modificata durante il principato di Nerone
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43 L Calpurnius L f Ouf Fabatus Rif. epigr.: CIL V, 5267 = ILS 2721 [Como, Italia] Cfr anche Tac Ann XVI, 8, 3; Plin Iun Ep. IV, 1; V, 11; VI, 12; 30; VII, 11; 16; 23; 32; VIII, 10; 20 Origo: Comum, Regio XI Cronologia: fra Nerone e Vepasiano145 Bibliografia: PIR2 (C 263); Stein RE III, col 1371, nr 34; Devijver ME (C 53); Demougin 1992 (713); Traverso 2006 (XI 12); Faoro 2011 (20) L. Calpurnius Fabatus, individuo ricco ed influente nella natìa Comum146, è un personaggio noto non soltanto grazie all’epigrafia, ma alla sua comparsa negli Annales di Tacito e nell’epistolario di Plinio Quest’ultimo, che aveva sposato la nipote di Calpurnius Fabatus, intrattenne col vecchio notabile un fitto scambio epistolare147: da Plinio apprendiamo la notevole ricchezza di Fabatus, che possedeva terre anche ad Ameria148 e nella fertile Campania149 e che, a Comum, aveva fatto ricche donazioni a proprio nome e per il figlio scomparso prematuramente150 Nel suo municipium, Fabatus rivestì il sevirato, il quattuorvirato i. d., il flaminato divi Au gusti e, apparentemente al termine della carriera, il patronato della città Fu anche p. f., tribuno per due volte (iterum) della legione XXI Rapax, in Germania151, prefetto della coorte VII Lusitan(orum) e delle sei nationes Gaetulicae quae sunt in Numidia152 Quest’ultimo incarico, politico oltre che militare, è forse databile ai disordini scoppiati al tempo del proconsolato in Africa di Galba153 E’ verosimile che larga parte della sua carriera sia stata coperta al tempo di Nerone154 Durante il suo regno, Fabatus fu coinvolto nel caso criminale di Iunia Lepida, moglie di C Cassius, accusata di pratiche magiche e incesto (65 d C ) Secondo la testimonianza di Tacito, Calpurnius Fabatus, già eques Romanus, chiese ed ottenne il perdono del princeps insieme ai senatori Volcacius Tullinus e Marcellus Cornelius, accusati con lui155
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Questa forbice rappresenta la carriera attiva di Fabatus: da Plinio apprendiamo che questi era venuto a mancare proprio durante il suo proconsolato in Bithynia, attorno al 112 d C (Ep X, 120) La popolazione di Comum era generalmente iscritta nella tribù Oufentina (Taylor 1960, p 164; Sartori 2010, p 304) Plin Iun Ep IV, 1; VI, 12; VII, 11; 16; 23; 32; VIII, 10; 20 Plin Iun Ep VIII, 20, 3 Plin Iun Ep VI, 30, 2 Plin Iun Ep V, 11 Ritterling RE XII 2, coll 1781–1791; Bérard 2000 Cichorius RE IV, coll 313–314; Spaul 2000, pp 67–68 (con bibliografia) Suet Galb 7–8; Leveau 1973, p 175, nr 38 Demougin 1992, p 614 Tac Ann XVI, 8, 3
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44 L Calpurnius L f Ser Frugi Rif. epigr.: a CIL III, 6821 = ILS 2708 [Yalvaç, Turchia] b CIL III, 6831 [Yalvaç, Turchia] c IK 67, 163 [Yalvaç, Turchia] d AE 1941, 145 [Yalvaç, Turchia] Cfr IK 67, 210; 214 Origo: Antiochia Pisidiae, Galatia Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C ) Bibliografia: Devijver ME (C 54); Demougin 1992 (723); Byrne, Labarre 2006 (IK 67), sub numero L’iscrizione [d ], molto frammentaria, è una dedica a Tiberio e Livia, forse databile al 15 d C L. Calpurnius Frugi, originario di Antiochia di Pisidia e membro dell’ordine equestre, era senz’altro il discendente di uno dei veterani italici, dedotti nella colonia in età augustea156 Egli ottenne ad Antiochia il duovirato e un sacerdozio [b ], ma fu anche p. f. e prefetto dell’ala Augusta Germaniciana, che prima dei Flavi era stanziata in città157 Non è escluso che anche la p. f. fosse stata rivestita in Galatia158 Se l’iscrizione [d ], che non conserva che parte del nomen Calpurnius – del resto ben attestato in colonia159 – fosse riferibile al prefetto, sarebbe possibile datarne parte del cursus al principio dell’età tiberiana E’ tuttavia più probabile che si tratti del padre, omonimo: in tal caso, la carriera del prefetto sarebbe di poco successiva, comunque anteriore al principato di Claudio L’iscrizione [a ] era stata dedicata al prefetto da uno dei suoi liberti, Philippus, non altrimenti attestato E’ infine possibile supporre un legame con L. Calpurnius Longus, figlio di L. Calpurnius Pau[llus], ricco evergete e pontefice nella stessa Antiochia160 45 L Campanius L f Flaccus Rif. epigr.: CIL X, 474*161 = AE 1980, 218 [Capua, Italia] Origo: Capua, Regio I Cronologia: Fra Caligola e Nerone Bibliografia: Devijver ME (C 69); Demougin 1992 (621); Traverso 2006 (I 20); De Carlo 2015, pp 71–72 156 157 158
Levick 1967, p 76 Cichorius RE IV, col 1247 Ad ogni modo, un altro dei più influenti notabili antiocheni raggiunse la p. f. in età giulio-claudia, C. Caristanius Fronto Caesianus Iullus (48) 159 IK 67, 210; 214 160 CIL III, 6832 = AE 1926, 78 161 L’autenticità dell’iscrizione di Flacco, in precedenza pubblicata in CIL X fra le falsae da Th Mommsen, è stata riconosciuta da G F Gamurrini (1901, p 84)
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Tribuno di una XV legione162, L. Campanius Flaccus rivestì a Capua, di cui era originario163, tutte le magistrature municipali: edilità, questura bis, pontificato, duovirato (nel testo presentate in ordine discendente) Flaccus fu anche p. f., benché non sia chiaro in quale momento della propria carriera164 Nell’iscrizione, era menzionata anche la moglie di Flaccus, Vera 46 [- Ca]piton[ius ---] Rif. epigr.: CIL XII, 3207 [Nîmes, Francia] Origo: Nemausus, Provincia Narbonensis Cronologia: fra Tiberio e Nerone165 Bibliografia: Pflaum 1978 (8); Demougin 1992 (725); Burnand 2006 (65 E 53) Originario di Nemausus, [Ca]piton[ius] ottenne prestigiosi sacerdozi: flamine di Roma e di Augusto divinizzato, flamine dei Cesari Druso e Germanico, pontefice L’unica iscrizione, che ne attesti il cursus, è tuttavia molto frammentaria e non si è conservata la menzione di altri incarichi, con l’eccezione della p. f. L’iscrizione al prefetto fu dedicata dal figlio Messor, non altrimenti attestato A Nemausus è più tardi attestato un Q. Capitonius Messor, probabilmente un successore del prefetto166 47 M Carisius Sex f Vol Alpinus Rif. epigr.: ILN V 1, 59 bis = AE 2003, 1128 [Sainte-Colombe, Francia] Origo: Vienna (Nemausus?), Provincia Narbonensis Cronologia: età giulio-claudia (augustea o post 41 d C ?)167 Bibliografia: Burnand 2006 (66 E 54)
E’ probabile si tratti della legione XV Primigenia, attestata fra 39 e 70 d C , perché sempre citata senza l’agnomen (Ritterling RE XII 2, coll 1758–1760; Le Bohec 2000b; De Carlo 2015, p 72 e n 167); sulla XV Apollinaris, cfr Ritterling RE XII 2, coll 1747–1758; Wheeler 2000 163 I Campanii sono ben attestati in città e non sorprende che si tratti soprattutto di liberti o di individui di ascendenza libertina (De Carlo 2015, p 72 e n 171), forse con l’eccezione di Flaccus e di un Marcellus, procurator a Cipro Il nomen Campanius era del resto molto comune fra gli ex servi publici di Capua Nella città campana, sono noti L. Campanius Sosimenes (CIL X, 3944: augustalis), C. Campanius Ursulus (CIL X, 3940 = ILS 6318: coloniae libertus), Campania Phronime (CIL X, 4334), Campania Felicissima (CIL X, 4273 = ILS 8459) e, al tempo di Marco Aurelio, M. Campanius M. f. M. n. Fal. Marcellus (CIL X, 3847 = ILS 1398: a Cipro, Marcello aveva servito come prefetto di coorte) 164 S Demougin (1992, p 520) sembra convinta che l’incarico fosse stato rivestito all’inizio della carriera 165 Demougin 1992, p 623; fra Claudio e Nerone in Pflaum 1978, p 253 e Burnand 2006, p 173 166 CIL XII, 3504; cfr Pflaum 1978, p 253; Demougin 1992, p 623 167 EDH: HD044750 (età augustea); Burnand 2006, p 174 (età claudio-neroniana)
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M. Carisius Alpinus è noto da un’unica iscrizione dedicatagli dal consiglio decurionale di Vienna Il fatto che il nomen Carisius non sia altrimenti attestato in città, ma ben noto in Narbonensis, soprattutto a Nemausus168, suggerisce la possibilità di un’origine diversa, che rientra in un comprensibile quadro di mobilità provinciale Al momento in cui i decurioni di Vienne gli dedicarono un monumento, forse in occasione di un atto di evergetismo, Alpinus aveva ottenuto esclusivamente una p. f. e un tribunato militare nella legione XXI, di stanza a Vindonissa, nella Germania Superior169 Membro dell’ordine equestre, egli godeva senz’altro di una posizione preminente a Vienna 48 C Caristanius C f Ser Fronto Caesianus Iullus Rif. epigr.: a ILS 9502 = AE 1913, 235 = 2001, 1919 [Yalvaç, Turchia] b ILS 9503 = AE 1914, 260 [Yalvaç, Turchia] c AE 2001, 1918 [Yalvaç, Turchia] Origo: Antiochia Pisidiae, Galatia Cronologia: età giulio-claudia Bibliografia: PIR2 (C 245); Devijver ME (C 81); Demougin 1992 (118); Christol, Drew-Bear, Taşlialan 2001 L’iscrizione [c ] si data al 45–46 d C sulla base della titolatura imperatoria C. Caristanius Fronto Caesianus Iullus, originario di Antiochia di Pisidia, membro dell’ordine equestre, era forse il figlio di uno dei primi coloni – ufficiali e legionari veterani insediati in città nel 25 a C 170 La lunga carriera di Iullus – ancora in corso nel 45–46 d C [c ] – incluse incarichi municipali ed equestri – oltre alla p. f., rivestita in sei occasioni Quest’ultima posizione fu ottenuta almeno una volta, prima del tribunato nella legione XII Fulminata, forse già di stanza in Syria171 e la prefettura di una coorte di Bosporani, reclutati nell’attuale Crimea, attorno al 49172 Fino alla pubblicazione di [c ], gli incarichi attestati ad Antiochia comprendevano il pontificato e un sacerdozio, ma soprattutto la prefettura in sostituzione di importanti personaggi eletti al duovirato: P. Sulpicius Quirinius (cos 12 a C )173,
Si veda in particolare Sextia Sex. f. Carisia (CIL XII, 3957); cfr anche [C]aris(ius) Lasus (ILGN 414); Carisia L. f. Servata (ILGN 450) 169 Ritterling RE XII 2, coll 1781–1791; Bérard 2000 – il fatto che manchi l’agnomen della legione non è soltanto un indicatore di relativa antichità: l’unità fu infatti definita Rapax solo a partire dall’età flavia 170 Questa è la proposta avanzata da B Levick (1965, p 111), che supponeva per il padre del prefetto un’origine etrusca 171 Ritterling RE XII 2, coll 1705–1710; Bertrandy, Rémy 2000; cfr Demougin 1992, p 122 172 Cichorius RE IV, col 255; Spaul 2000, p 343 173 PIR2 S 1018
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M. Servilius (cos 3 d C )174 e un altro individuo, il cui nome non si è conservato Secondo B Levick, la prefettura in sostituzione di Quirinio deve essere collocata al tempo della guerra contro gli Homonadenses (4–3 a C )175 M. Servilius fu invece impegnato in Galatia, poco prima del suo consolato Secondo S Demougin, la carriera di Iullus si svolse dunque fra 10 a C e 10 d C 176 All’interno di [c ], una dedica del prefetto datata al 45–46 d C , in occasione della vittoria Britannica177, Iullus vantava inoltre gli incarichi rivestiti negli anni compresi fra i principati di Augusto e Claudio: i poteri duovirali, ottenuti per tre volte e l’iterazione per ben sei volte della p. f. (VI) Alla famiglia lasciò risorse considerevoli, grande prestigio e significativa influenza: Caristania Frontina Iulia, senz’altro figlia di Iullus, sposò un eques romano, T. Volumnius Varro178; C. Caristanius Fronto, suo nipote, raggiunse invece il consolato nel 90 d C 179 49 Q Cascellius Q f Vol Labeo Rif. epigr.: CIL VI, 3510 [Roma, Italia] Origo: Italia vel Provincia Narbonensis Cronologia: età giulio-claudia Bibliografia: Demougin 1992 (726) L’unico incarico noto per Q. Cascellius Labeo è la p. f., forse rivestita a Roma, al seguito di un pretore o di un console L’iscrizione funeraria gli fu dedicata dalla moglie, Neronia C. f. Nerulla S Demougin ha suggerito per Labeo un’ascendenza narbonese, sulla base dell’ascrizione alla tribù Voltinia e della diffusione della gens Cascellia nella provincia180 Un altro Cascellius, ascritto alla tribù Voltinia, è tuttavia
174 175 176 177
PIR2 S 589 Levick 1967, p 213 Demougin 1992, p 122 Non c’è rischio di omonimia, dal momento che, pur essendo l’iscrizione danneggiata, sono chiaramente conservati il tribunato nella legione XII, la prefettura della coorte dei Bosporani e il pontificato 178 AE 1941, 142 179 Alla Curia ebbero accesso anche C. Caristanius Paullinus e C. Caristanius Iulianus; sui Caristanii in Senato, si veda Halfmann 1979, p 109, nr 13; p 129, nrr 32, 33, 34; cfr Demougin 1992, p 123 CIL III, 6852 conserva i nomi di numerosi liberti dei Caristanii, tutti Caii (Hamyrus, Agapetus, Haptus, Faustus, Valens, Pothus, Flaccus, Felix) La gens è inoltre attestata nella dedica ex mandatu Caristanior(um) di T. Claudius Epinicius, sevir a Cesarea, ma soprattutto procurator et praegustator et a secretis Augusti (ILS 9504 = AE 1914, 261) E’ possibile ipotizzare un qualche interesse nella penisola iberica, in cui sono attestati C(aii) Caristan(ii) Caes(ianus) et Rufus (HEp IX, 636) 180 Demougin 1992, p 624 e n 2; i Cascellii in Narbonensis sono: Cascellia (CIL XII, 2689, da Alba Helviorum); C. Cascellius Pompeianus, un p. f. (CIL XII, 3210, da Nemausus – 203); Cascellius (ILGN 436, da Nemausus); Cascellia Olympias (CIL XII, 4194, da Mauguio, presso Montpellier); Cascellia Secunda (CIL XII, 4334, da Narbo Martius)
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attestato a Forum Clodii181, mentre il noto giurista A. Cascellius, attivo fra la fine dell’età repubblicana e la prima età imperiale, era invece originario di Sora182 La possibilità che la gens fosse di origine italica non è quindi trascurabile 50 [L ] Cassius L f Pal Cere[alis] Rif. epigr.: AE 1974, 266 = 1980, 236 = 1983, 193 = EAOR VIII 1, 9 [Pozzuoli, Italia] Origo: Puteoli, Regio I Cronologia: età neroniana Bibliografia: Demougin 1992 (605); De Carlo 2015, pp 140–141 Di [L ] Cassius Cere[alis], originario di Pozzuoli183, si vantava la p. f. in testa al solo testo iscritto che ne menzionasse il cursus184 E’ tuttavia in città che egli ottenne numerosi incarichi: augure, questore, curator o[perum] publicor(um) et locorum prim[o creato vel aedilis?185], duoviro Q(-uinquiens186 vel -uaestor187) quin(quenna lis), curator a[quarum] L’iscrizione, molto danneggiata, menzionava anche un’acclamazione popolare (universa pleps – sic) in occasione di giochi gladiatori in onore dell’imperatore Nerone, tenuti in un anfiteatro, che forse Cerealis stesso aveva contribuito a costruire188 L’iscrizione era stata dedicata dalla madre del prefetto, la liberta Cassia Cale189 L’influenza goduta in città da Cassius Cerealis e l’alto numero di Cassii attestati potrebbe suggerire interessi locali anche da parte del ramo romano della gens: J H D’Arms ha anzi suggerito che l’invio in città di C. Cassius Longinus (cos. suff. 30 d C ) per sedare dissidi e disordini nel 58 d C , possa essere stato determinato dalla presenza, a Puteoli, di clientele personali del nobilis190
Si tratta di L. Cascellius L. f. Probus (CIL XI, 7556 = ILS 6584); sempre da Forum Clodii, cfr CIL XI 3303 = ILS 154 (Q. Cascellius Labeo) 182 Quest’ultimo era iscritto nella tribù Romilia, ben attestata in quella città (Jörs RE III 2, col 1634, n 4; Buchholz 2010, p 175) 183 In età neroniana, la tribù meglio attestata a Puteoli era la Palatina (Taylor 1960, p 161; Camodeca 2010, p 180) La gens Cassia è inoltre ben attestata in città: Cassia Fortunata (CIL X, 1978); Cassia Theon (CIL X, 1997), Cassius Victor (CIL X, 2205); C. Cassius Buccio (CIL X, 2234); L. Cassius Maximus (CIL X, 2235); Cassius Primigenius (CIL X, 2236); L. Cassius Serapion (CIL X, 2237); Cn. Cassius Zosimus (CIL X, 2238); Cassia Lucilla e Procula e Cassius Proculus (CIL X, 2239); Cassia Rufina (CIL X, 2240 = VI, 14533); C. Cassius C. l. Gaur[us] (CIL X, 2492 = AE 1986, 158); Cassia Charis (CIL X, 2526 = CIL XI, 250*) 184 S Demougin (1992, p 504) ritiene che questo fosse il primo incarico conseguito dal prefetto; non vi sono sufficienti prove a sostegno di questa tesi, soprattutto considerato che i successivi incarichi – tutti municipali – sono presentati senza rispettare un andamento diretto o inverso 185 D’Arms 1975, pp 157–158; Demougin 1992, pp 504–505 186 D’Arms 1975, p 158 187 Demougin 1992, p 504 188 Le Glay 1977, pp 106–109 189 Demougin 1992, p 505 190 Tac Ann XIII, 48; PIR2 C 501; D’Arms 1975, pp 160–162 181
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M Cestius P f Cla Rif. epigr.: CIL X, 7348 [Termini Imerese, Italia] Origo: Italia Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C ) Bibliografia: Dobson PP (24); Devijver (ME C 107); Demougin 1992 (354); Bivona 1994 (12) M. Cestius, ufficiale di “carriera”, si era probabilmente insediato a Thermae Hime rae in occasione della deduzione della colonia191, benché forse le origini della gens debbano essere cercate nell’Italia settentrionale, o a Praeneste192 Fu primipilo in una legione sconosciuta e, successivamente, p. f. e tribuno militare Rientrato in Sicilia e forte della prestigiosa posizione di eques romano, M. Cestius rivestì il duovirato Un legame con la senatoria gens Cestia, attestata durante la tarda Repubblica e l’età augustea, non può essere escluso193, mentre i Cestii erano senz’altro legati con gli omonimi Cestii d’Africa e con la locale gens Grania194
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Ti Claudius Apollonii f Quirina Apollonius Rif. epigr.: IGR III, 796 [Antalya, Turchia] Origo: Perge, Pamphylia Cronologia: età claudia Bibliografia: Demougin 1992 (494a) La città d’origine di Ti. Claudius Apollonius era Perge195 Sulla base della formula onomastica, sembra che Apollonius sia stato il primo della sua famiglia ad ottenere la cittadinanza romana, al tempo (e forse per intervento) di Tiberio o di Claudio Il suo cursus si svolse soprattutto in provincia: sacerdote di Artemide e della Concor dia Augusta, flamine degli imperatori e flamine provinciale per tre volte, sostenne il costo di prestigiose liturgie, divenendo per cinque volte demiurgo e per tre agonoteta Al di fuori di Perge egli rivestì la p. f. a Roma (nominato dunque da un console o da un pretore) e fu scelto per ben tre volte come ambasciatore nell’Urbe: un notabile influente, senz’altro dotato di buone capacità oratorie, scelto per rappre-
Gli abitanti di Thermae Himerae erano generalmente ascritti alle tribù Quirina e Claudia (Kubitschek IRTD, p 133; Prag 2010, p 307; cfr Bivona 1994, p 124 – con bibliografia) Inoltre, in città la gens Cestia è ben attestata: P. Cestius (CIL X, 7383); T. Cesti[us Ru]fus (CIL X, 7384); P. Cestius Catullus e suo padre, omonimo (CIL X, 7385; cfr anche CIL X, 7386); Cestia Catulla (CIL X, 7837); Cestia Pulchella (CIL X, 7407) 192 Bivona 1986, pp 98–99; Id 1994, p 73 193 PIR2 C 686; 687; 688; Wiseman 1971, pp 223–224, nrr 116; 117; 118; cfr Bivona 1986; Demougin 1992, p 297 194 Bivona 1986; Id 1994, p 73 e nn 59 e 60 195 Demougin 1992, p 408 191
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sentare gli interessi della propria città La sua ricchezza e la cura da questi dedicata al contesto civico sono ben esemplificate dalla costruzione di una porticus per il tempio di Artemide e dalla distribuzione ai concittadini di denaro e frumento 53
Ti Claudius Ti Claudii Thrasylli f Quir Balbillus Rif. epigr.: a FiE III,42 = AE 1924, 78 [Efes, Turchia] b FiE III, 41 [Efes, Turchia] c IDelos 1861 [Delos, Grecia] d CIL III, 6707 = IGR IV, 1392 [Izmir, Turchia] Cfr IFayoum I, 99; Tac Ann XIII, 22, 1; Plin NH XIX, 3; Sen NQ IV, 2, 13 Origo: Asia Cronologia: età claudia Bibliografia: PIR2 (C 813); Stein RE III 2, col 1679, nr 82; Kroll RE Suppl III, col 59; Pflaum CP (15); Devijver ME (C 124); Demougin 1992 (538); Faoro 2016 Come giustamente suggerito da S Demougin196, Ti. Claudius Balbillus non deve essere confuso con uno degli ambasciatori alessandrini, giunti presso Claudio nel 41 d C 197, né, forse, con un noto astrologo dell’epoca di Nerone198 Il padre di Balbillus, Thrasillus, noto filosofo e astrologo, aveva conosciuto Tiberio durante il suo esilio autoimposto a Rodi199 L’amicizia col futuro Principe portò notevole fortuna all’astrologo e ai suoi discendenti, oltre alla concessione della cittadinanza romana, certamente decisa da Tiberio200 L’origine di Thrasyllus è meno chiara: egli potrebbe essere stato un Greco d’Egitto o, più probabilmente, d’Asia, come parrebbe suggerire il rinvenimento di quattro iscrizioni, a lui riferibili, all’interno del territorio della provincia [a -d ] Ad ogni modo, Balbillus fece fortuna durante il principato di Claudio, del quale era riuscito senz’altro a garantirsi stima e fiducia, tanto da ottenere la concessione della p. f., probabilmente nel 42 d C L’incarico poteva essere correlato all’organizzazione della campagna britannica, come del resto ad aspetti più politici dell’operazione: il Principe aveva senz’altro bisogno di uomini fidati per verificare l’organizzazione di una guerra che doveva rafforzarne la posizione a Roma, ad appena due anni dall’omicidio di
196 Demougin 1992, p 449 197 P Lond 1912; per l’epoca, in effetti, Balbillus doveva essere già a Roma, a seguito del padre, Thrasyllus 198 Suet Ner 36, 2; Cass Dio LXVI, 9, 2 199 Tac Ann VI, 20; Suet Aug 98; Tib 14; Cass Dio LV, 11 200 Per una delle figlie, Thrasyllus aveva ottenuto un matrimonio con il cavaliere L. Ennius: da questa unione nacque Ennia Thrasylla, moglie del prefetto del pretorio di Tiberio, Naevius Sutorius Macro (su questo e sullo sviluppo di questa famiglia, si veda Demougin 1992, p 449)
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Caligola201 Ad un anno di distanza, Balbillus ottenne un tribunato militare in una delle legioni impegnate in Britannia, la XX Valeria Victrix202 Dopo il trionfo del 44, Balbillus fu generosamente ricompensato [corona --- et hasta] pura [et vexillo], per la propria partecipazione alla campagna britannica Ad ogni modo, Claudio doveva essere soddisfatto del suo operato, tanto da promuoverlo ad legationes et resp[onsa Graeca Ca]esaris Aug(usti) divi Claud[i], una posizione che testimonia l’esistenza di solidi legami fra Balbillus e le realtà politiche d’Oriente Si trattava di una progressione affine a quella di un altro p. f. di Claudio, C. Stertinius Xenophon (161), impiegato negli stessi anni alla corrispondenza con le comunità greche: evidentemente Claudio aveva giudicato si trattasse di un settore particolarmente delicato per decidere di impiegarvi due uomini di assoluta fiducia Egli fu successivamente inviato ad Alessandria, come sacerdote e come custode dei templi e dei boschi sacri della capitale provinciale e dell’Egitto nel suo complesso203 Durante questo mandato, egli fu impiegato anche presso il Museo e la Biblioteca Pur non essendo prefetto d’Egitto, sembra che Balbillus fosse stato elevato ad una posizione di prima grandezza nella provincia Del resto, pare che la nomina alla prefettura d’Egitto vera e propria sia infine giunta fra 54 e 59 d C 204 54 Claudius Claudii Philostrati f Chionis Rif. epigr.: OGIS 494 = ILS 8860 [Didim, Turchia] Origo: Miletus, Asia Cronologia: età neroniana Bibliografia: PIR2 (C 832); Devijver ME (C 130); Robert 1959 = 1969; Demougin 1992 (604) Claudius Chionis, esponente di una delle più note famiglie di Mileto e membro dell’ordine equestre, percorse una carriera densa di risultati Come i suoi antenati (προφητῶν καὶ ἀρχιπρυτανίδων ἔκγονο[ς]205), fu accolto fra i sacerdoti di Didyma e divenne al tempo stesso προφήτης e ἀρχιπρύτανις, un onore eccezionale Sostenne il costo di onerose liturgie: la prossenia degli artisti dionisiaci, la presidenza delle coregie e dei giochi Fu inoltre flamine degli imperatori In Asia, egli rivestì anche un incarico nell’amministrazione provinciale: comes del proconsole Messala206, 201 Sul particolare rapporto fra Claudio e il mondo militare, figlio anche dell’ingombrante eredità di Tiberio e, soprattutto, di Germanico, si veda Thomas 2004, pp 425–427 202 Keppie 2000b 203 Per la successione degli incarichi, si veda Pflaum CP, p 34 204 IFayoum I, 99; Tac Ann XIII, 22, 1; Plin NH XIX, 3; Sen NQ IV, 2, 13 205 In effetti, anche il padre e il nonno del prefetto, Claudius Philostratus e Chionis, furono προφήται e ἀρχιπρύτανες (IDidyma 284 e 410) 206 Si tratta probabilmente di L. Vipstanus Publicola Messala (cos 48 d C ), proconsole nel 58–59 d C (AE 1928, 98); cfr Vogel-Weidemann 1982, p 423, nr 58
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attivo nella cancelleria del governatore, ma anche nella selezione dei giudici, un incarico eseguito in un’altra stagione da un altro p. f.: Q. Decius Saturninus (69) Al di fuori del contesto più propriamente locale e provinciale, Claudius Chionis fu p. f. di un magistrato a Roma e tribuno militare in una delle due legioni di stanza in Egitto: la III Cyrenaica o la XXII Deiotariana207 La notorietà, la ricchezza e l’influenza di Claudius Chionis erano comunemente riconosciute, tanto che fu più volte (πολλά[κις]) inviato a Roma, per rappresentare gli interessi di Mileto di fronte agli imperatori208 55
Ti Claudius P f Fab Dinippus Rif. epigr.: a Corinth VIII 2, 86 = AE 1917/1918, 1 [Korinthos, Grecia] b Corinth VIII 2, 87 = AE 1917/1918, 2 [Korinthos, Grecia] c Corinth VIII 2, 88 = AE 1917/1918, 3 [Korinthos, Grecia] d CIL III, 539 = Corinth VIII 2, 89 [Korinthos, Grecia] e Corinth VIII 2, 90 [Korinthos, Grecia] f Corinth VIII 3, 158 [Korinthos, Grecia] g Corinth VIII 3, 159 [Korinthos, Grecia] h Corinth VIII 3, 160 [Korinthos, Grecia] i Corinth VIII 3, 161 [Korinthos, Grecia] j Corinth VIII 3, 162 [Korinthos, Grecia] k Corinth VIII 3, 163 [Korinthos, Grecia] Origo: Corinthus, Achaia? Cronologia: fra Claudio e Nerone Bibliografia: Devijver ME (C 139); Demougin 1992 (607) Le iscrizioni comprese fra [b ] e [k ] (le sole in cui figuri la p. f.) presentano tutte lo stesso testo Ti. Claudius Dinippus, membro dell’ordine equestre, fu soprattutto attivo a Corinto, benché forse non ne fosse originario209 Il suo cognomen greco, a fianco del nomen Claudius e del patronimico Publius, suggeriscono un’acquisizione della cittadinanza abbastanza recente: il padre di Dinippus aveva forse ottenuto la cittadinanza nei primi anni del principato di Claudio Nella colonia, Dinippus fu augure [a ], duoviro e quinquennale, sacerdote della Victoria Britannica (post 43 d C – un incarico significativo se fu proprio Claudio a concedere la cittadinan-
207 Ritterling RE XII 2, coll 1506–1517 e 1791–1797; Wolff 2000; Daris 2000b 208 Il fatto che il nome dei Principi non sia specificato, suggerisce forse la presenza dello stesso Nerone; cfr Demougin 1992, p 502 209 A partire dall’età augustea, i cittadini di Corinto erano infatti generalmente ascritti alla tribù Aemi lia (Kubitschek IRTD, p 245; Rizakis 2010, p 361); contra Demougin 1992, p 508 (sulla base del cursus, percorso soprattutto a Corinto)
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za a P. Claudius Dinippus) e curator degli approvvigionamenti della città (curator annonae), probabilmente in occasione di un periodo di carestia A Corinto, egli rivestì l’onerosa agonothesia per i Neronia (dunque ante 68 d C ) e per altri giochi imperiali, ma soprattutto per i prestigiosi Giochi Istmici Al di fuori degli incarichi più propriamente locali, Dinippus ottenne il tribunato militare nella VI legione Hispana ([b ] – [k ]), di stanza nella penisola iberica fino al 70 d C 210 Infine, Di nippus ottenne per tre volte la p. f. (III) Le iscrizioni [a ] e [b ] sono state dedicate dai tribules tribus Atiae 56 Ti Claudius Ti f Pal Rufinus Rif. epigr.: CIL X, 3909 [presso Capua, Italia] Origo: incerta Cronologia: età neroniana Bibliografia: Chioffi 2005 (105) Membro dell’ordine equestre, Ti. Claudius Rufinus, era forse originario di Casili num (dedotta colonia da Cesare e poi ridedotta da Antonio211), o della vicina Ca pua212 L’unica iscrizione, che attesti la carriera di Rufinus, menziona infatti il duovirato quinquennale L’iscrizione fu dedicata dagli iuvenes Augustales (dei quali il prefetto era patrono), in occasione dell’elezione a questa magistratura, mentre lo spazio era stato concesso per decreto dei decurioni Prima del duovirato (e in testa all’iscrizione), si menzionavano inoltre il cavallo pubblico e la p. f. La tribù Pa latina, generalmente non attestata a Capua prima dell’età traianea213, il nomen e il praenomen parrebbero suggerire che il padre di Rufinus fosse un liberto della casa imperiale La famiglia si sarebbe dunque stanziata – e con notevole successo – a Casilinum o Capua nell’età di Claudio, o, più probabilmente, Nerone 57
M Clodius M f Fab Ma[cer?] Rif. epigr.: a CIL V, 4326 = InscrIt X 5, 113 [Brescia, Italia] b InscrIt X 5, 737 [Nave – Brescia, Italia] Origo: Brixia, Regio X Cronologia: fra Claudio e Nerone214 Bibliografia: Devijver ME (C 202); Demougin 1992 (627); Traverso 2006 (X 21)
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Ritterling RE XII 2, col 1597–1598 Su questa rideduzione, molto discussa, si veda Cic Phil II, 40 Chioffi 2005, pp 105–106 Camodeca 2010, p 179 Demougin 1992, p 528 (sulla base delle legioni, attive in Moesia fra 41 e 56/57 d C ); Traverso 2006, p 227
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Le due iscrizioni presentavano senz’altro lo stesso testo, tuttavia [a ] è conservata solo in minima parte Il cursus di M. Clodius Ma[cer?] comprendeva numerose posizioni militari e incarichi municipali215 L’esperienza di M. Clodius nelle legioni fu rilevante: una prefettura della coorte dei Cantabri, il tribunato militare nella legione IV Scythica e la prefettura di una vexillatio della legione V Macedonica Entro il regno di Nerone, entrambe le legioni erano di stanza in Moesia216, mentre la V fu coinvolta nelle campagne di Domitius Corbulo in Oriente217 Solo due coorti dei Cantabri sono attualmente attestate, la prima è in Moesia nel 78, la seconda in Iudaea nell’86: è evidente che M. Clodius non aveva bisogno di specificare il numerale della coorte (come aveva fatto con le legioni), perché, all’epoca, doveva essere stata creata una sola unità218 Ad ogni modo, sembra che competenze e interessi avessero a lungo trattenuto il prefetto in Moesia, sebbene questo non avesse affatto determinato l’abbandono della sua città d’origine, Brixia219 Lì egli fu edile, duoviro i. d., pontefice e duoviro quinquennale La p. f. sembra essere stata rivestita prima del duovirato, ma dopo gli incarichi militari 58
T Clodius C [f C n ] Pro[culus] Rif. epigr.: CIL X, 680 [Sorrento, Italia] Origo: Surrentum, Regio I Cronologia: età augustea Bibliografia: Devijver ME (C 204); Demougin 1992 (145), Magalhaes 2003 (13); De Carlo 2015, p 160 L’iscrizione era incisa su di un monumento a clipeo, con il busto del defunto probabilmente scolpito all’interno di quest’ultimo Si conservano parte dell’iscrizione e del clipeo T. Clodius Proculus doveva godere di considerevole notorietà a Surrentum, benché l’iscrizione – molto frammentaria – non permetta di stabilirne con sicurezza la città d’origine220 Ad ogni modo, la lastra commemorava altri due individui, forse congiunti del prefetto: [---]a L. f. Magna, sacerdotessa di Venere e Cerere, e M. Sit
Per una disamina sintetica relativa alla storia dei frammenti iscritti e delle notizie sul prefetto Clo dius, si veda Demougin 1992, pp 525–526 216 Ritterling RE XII 2, coll 1556–1564 e 1572–1586; Speidel 2000 217 Devijver ME, p 2074 218 Demougin 1992, pp 527–528; la studiosa francese non sembra aver trovato troppo significativo l’addensarsi di riferimenti alla Moesia Sulla I coorte si veda Spaul 2000, p 99 219 A Brixia è attestata soprattutto la tribù Fabia (Taylor 1960, p 163) 220 Su di un possibile legame con l’oratore capuano T. Clodius Eprius Marcellus, vedi Salomies 1992, p 93; cfr De Carlo 2015, p 160, in cui si suggerisce inoltre un legame con la produzione del vino
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tius C. f. Fal. Fronto Saufeius Proculus221, morto prematuramente, a cui i decurioni avevano concesso un luogo pubblico per la sepoltura e un contributo di 5000 sesterzi La carriera municipale di Clodius Proculus non si è conservata (anche se egli raggiunse forse il duovirato quinquennale222), ma, al di fuori della città di Surren tum, egli ottenne una p. f., un tribunato nella legione IV Scythica in Moesia223 e uno in un’altra legione (il cui nome giace in lacuna) e fu inviato da Augusto [pro] cen sore ad Lus[itanos] Come proposto da S Demougin (sulla scorta di Mommsen e Devijver), la censura in Lusitania sarebbe in qualche misura connessa al secondo tribunato, svolto presso una legione di stanza nell’area, forse la VI Victrix224 59 M Coelius Cn f Volt Lectus Rif. epigr.: CIL XII, 1867 [Vienne, Francia] Origo: Vienna, Provincia Narbonensis Cronologia: fra Caligola e Nerone225 Bibliografia: Devijver ME (C 215); Demougin 1992 (729); Burnand 2006 (25 E 23) M. Coelius Lectus, originario di Vienna226, ottenne nella città narbonese l’edilità, il pontificato, il duovirato aerarii (presentate in ordine inverso nell’iscrizione) La sua posizione e una solida ricchezza gli avevano garantito l’accesso all’ordine equestre e il tribunato nella legione III Gallica, al tempo, di stanza in Oriente227 Ottenne la p. f. per ben quattro volte (IIII), consecutive o meno La gens Coelia è ben attestata nella Narbonensis228, soprattutto presso le comunità dei Vocontii229, a cui deve quindi essere riferita L’onomastica del prefetto, indiscutibilmente romana, suggerisce un’acquisizione ormai consolidata della cittadinanza
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Surr(entinum) Clod(ianum) noto dai tituli picti (su questo, cfr anche e più estesamente Magalahes 2003, pp 159–160) Su questi personaggi, che confermano l’appartenenza del prefetto al notabilato locale, si veda Magalhaes 2003, pp 153–156 Un altro Sittius è attestato a Surrentum: M. Sittius Sp. f. Onomastus (CIL X, 747) E’ questa l’integrazione proposta da M M Magalhaes (2003, pp 144–145) Ritterling RE XII 2, coll 1556–1564; Speidel 2000 Demougin 1992, p 142 Nell’area sono tuttavia attestate in questo periodo anche la IV Macedonica e la X Gemina (Magalhaes 2003, pp 145–146 – in cui si propone prima il servizio nella X Gemina e poi quello nella VI Victrix; cfr anche Gómez-Pantoja 2000a e 2000b) Burnand 2006, p 75 I cittadini di Vienna erano generalmente ascritti alla tribù Voltinia (Kubitschek IRTD, p 212) Ritterling RE XII 2, coll 1517–1532; Dabrowa 2000a Demougin 1992, p 625 Si vedano ad es : Sextus Coelius Sigeru[s] (AE 1976, 404 = ILN VII, 110); C. Coelius Hermagora (CIL XII, 1563 = ILN VII, 7); Coelia Marcel[lina?] (CIL XII, 1610 = ILN VII, 88); T. Coelius Asiaticus (CIL XII, 1613 = ILN VII, 56); Sabinu(s) Coelius (CIL XII, 1699); C. Coelius Catus e L. Coel(ius) Apella (ILGN 223)
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60 L Cornelius C f Bocchus Rif. epigr.: a CIL II, 2479 = 5617 [Alcácer do Sal, Portogallo] b AE 1999, 857 [Lisbona, Portogallo] c CIL II, 35 = ILS 2920 [Alcácer do Sal, Portogallo] d AE 2010, 662 = 2011, 479 = 480 = 2013, 783? [Mérida, Spagna] Cfr Plin NH XVI, 216; XXXVII, 24, 97, 127; Solin I, 92; II, 11; 18 Origo: Salacia, Lusitania Cronologia: età giulio-claudia Bibliografia: PIR2 (C 1333); Stein RE IV 1, col 1973, nr 77; Devijver ME (C 29); Demougin 1992 (512); González Herrero 2002a, pp 33–57; Id 2004 (2); Álvarez-Melero 2013, p 152, nr 3 Con certezza, la p. f. compare esclusivamente nelle iscrizioni [a ] e [b ] L. Cornelius Bocchus, esponente dell’élite lusitana, aveva rivestito numerosi incarichi a Salacia, di cui era senz’altro originario (è definito Salaciensis in [b ]), ma estendeva la propria influenza anche ad Osilipo [b ], a Scallabis [c ] e all’intero conventus provinciale (come pare dimostrare anche [d ]) A Salacia, fu probabilmente duoviro ed edile per due volte, pontefice perpetuo e flamine perpetuo, così come pr(aefectus) Caesarum per due volte (forse per conto di Druso e Germanico) [a ] In ambito provinciale, ottenne inoltre la prestigiosa carica di flamen provinciae Fu p. f. V, cioè per ben cinque volte, almeno una delle quali potrebbe essere stata nella stessa Lusitania Membro dell’ordine equestre, fu tribuno nella legione VIII Augusta, di stanza sul Danubio230 Bocchus era membro di una famiglia estremamente influente e ben attestata in Lusitania231, soprattutto a Salacia Da qui, una serie di iscrizioni ha da tempo permesso di distinguere un fratello di nome Gaius, tribuno nella legione III Augusta e anch’esso flamine della provincia232 E’ ancora discussa la possibile identificazione di Lucius o Caius con il Cornelius Bocchus noto in Plinio e Solino233 61
[L Corne]lius Alexidis f Menodor(us) Rif. epigr.: AE 1993, 1479 = 1997, 1436 [Efes, Turchia] Origo: Ephesus, Asia Cronologia: 80–20 a C Bibliografia: Eck 1997 (3)
230 Ritterling RE XII 2, coll 1642–1664 231 Ad es: da Visaeum, Sunua Bocchi filia (CIL II, 410); da Pax Iulia, Hispallus Bocchi servus (AE 1984, 462) 232 Per una disamina della questione, si vedano González Herrero 2002; Id 2004, pp 368–370 233 Sul materiale documentario disponibile (con discussione), si veda da Silva Fernándes 2002, sopr pp 165–171
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L’iscrizione si sviluppava su di una lunghezza complessiva di 5 m: era dunque parte di un grande monumento funerario Il cursus di Menodorus, importante personaggio della provincia d’Asia, è noto grazie al grande monumento dedicatogli dalla moglie Cornelia Namne Il nome celtico della donna suggerisce per questa un’origine servile e non è anzi escluso che questa fosse stata prima schiava e poi liberta e moglie dello stesso Menodorus, da cui avrebbe mutuato il nomen Menodorus, figlio di un Alexidis non altrimenti attestato, era evidentemente il primo della propria famiglia ad ottenere la cittadinanza optimo iure Egli ottenne tuttavia anche una p. f. e un tribunato militare – un riconoscimento questo che ne documenta l’accesso all’ordine equestre Menodorus vantava poi: primus ex qui in Asia habitant [et civitate Romana? don]ati sunt, una precisazione senz’altro riferita al tribunato militare Il vanto della p. f. e del tribunato, come del resto quello dell’acquisizione della cittadinanza e, al contempo, del rango equestre, primus in Asia, suggerisce una notevole antichità del documento, che – prudentemente – W Eck ha collocato negli anni compresi fra l’età triumvirale e i primi anni del principato augusteo234 62 L Cornelius L f Men M[---] Rif. epigr.: CIL X, 688 [Sorrento, Italia] Origo: Surrentum, Regio I Cronologia: età tiberiana Bibliografia: Demougin 1992 (292); Magalhaes 2003 (14); De Carlo 2015, p 161 Come già per 58, l’iscrizione era incisa su di un monumento a clipeo, in cui forse era scolpito il busto del defunto (il blocco è stato poi riutilizzato nel portico della Basilica di Sant’Antonino) L. Cornelius, originario di Surrentum235, percorse la quasi totalità della propria carriera nella città campana Flamine di Tiberio a Roma – un incarico che segnalava in apertura del testo iscritto –, fu augure, edile, duoviro e duoviro quinquennale Egli fu inoltre p. f. per due volte (bis) Si trattava di un uomo ricco, che infatti è ricordato per numerosi atti di evergetismo: nel giorno in cui assunse la toga virile, donò crustulum et mulsum al popolo; per l’edilità, organizzò uno specta culum gladia[tor(um) et] circensium; forse, nell’occasione del duovirato, offrì un grande banchetto ai decurioni; infine, per la sua quinquennalità, organizzò ludos 234 Eck 1997, p 113 Soprattutto sulla base del nomen, A Raggi (2017, p 253) ha recentemente suggerito di individuare in Silla l’autore della concessione; in questa sede si privilegia però la più prudente datazione di W Eck 235 A Surrentum è soprattutto attestata la tribù Menenia (Taylor 1960, p 161; Camodeca 2010, p 180)
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spl[end(idos)] La sua notorietà è dimostrata dal fatto che a lui i decurioni concessero un luogo di sepoltura pubblico, un contributo di 5 000 sesterzi per il funerale e una statua236 L’iscrizione sembra condivisa con un’altra persona, una donna, probabilmente la moglie o la madre del prefetto, sacerdotessa di Venere e Cerere: anche per lei i decurioni votarono un luogo di sepoltura pubblico, un contributo economico (in lacuna) e una statua237 63 [ Cor]nelius C f Tro N[---] Rif. epigr.: CIL III, 2018 [Solin, Croazia] Origo: Salona, Dalmatia Cronologia: età tiberiana Bibliografia: Devijver ME (C 241); Demougin 1992 (293) [Cor]nelius N[---], originario di Salona238, fu membro dell’ordine equestre Il suo cursus, noto attraverso un’iscrizione molto frammentaria, non comprendeva che incarichi esterni alla colonia: fu p. f. per due volte (bis)239, tribuno militare per due volte, nella stessa o in diverse legioni Una [corona] aurea e una hasta pura gli furono riconosciute da Tiberio divi f., forse al termine di uno dei suoi mandati da tribuno 64 L Cornelius A f Fal Pupillus Rif. epigr.: a CIL XIV, 2468 = IX, 373* [Marino, Italia] b CIL XIV, 2466 [Marino, Italia] Origo: Castrimoenium, Regio I Cronologia: età tiberiana Bibliografia: CIL sub numero Il cursus di L. Cornelius Pupillus è attestato da due iscrizioni rinvenute a Marino, antica Castrimoenium, di cui senz’altro era originario240 La dedica ex testamento comprendeva una p. f., il flaminato quinquennale e il patronato Castrimoen(i)e(n)sium In una dedica ex testamento [a ], sono menzionati anche C. Iulius Sp. f. Pal. Carus, L. Cornelius L. f. Fal. Albanus, L. Cornelius Athictus e L. Cornelius Eutychus Per l’assenza del patronimico e per i loro cognomina, Athictus e Eutychus erano 236 La cifra, consistente per una piccola comunità quale Surrentum, non era comunque eccezionale (su questo, si veda Magalhaes 2003, p 149, n 152) 237 Magalhaes 2003, pp 156–160 238 I cittadini di Salona erano per lo più ascritti alla tribù Tromentina (Kubitschek IRTD, p 236) 239 Della praefectura fabrum restano solo le lettere [---]R BIS Per l’iterazione della posizione e per la stessa posizione nel cursus, condivido però l’opinione di H Devijver e S Demougin che la restituzione della prefettura sia certa 240 Del resto, la tribù Falerna è ben attestata in città (Taylor 1960, p 76 n 26; Ricci 2010b, p 155)
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senza dubbio liberti di Pupillus Albanus era forse il figlio del prefetto, mentre Ca rus, iscritto in una tribù urbana con il nomen Iulius indurrebbe a ipotizzare uno status libertino, quantomeno nella generazione precedente La comparsa di Pupil lus all’interno di un accordo con M. Iunius Silani l. Monimus, datato al 31 d C , permette di collocare il prefetto in età tiberiana All’interno di questo importante documento, si stabiliva che a Monimus, un liberto di un M. Iunius Silanus (il console suffectus del 15 d C , o il console ordinario del 19 d C 241), dovesse essere concesso uno spazio honoris causa, cum M. Iunius Silani l. Monimus ita amet municipium et rei p(ublicae) sit utilis et munificus ad munera ornatus municipi(i) facienda Secondo il Liber coloniarum, prima che Nerone ne assegnasse le terre ai veterani, l’oppidum di Castrimoenium era stato dotato di fortificazioni con un provvedimento sillano242 Se si presta fede a questa testimonianza, Silla era intervenuto a Castrimoenium (come del resto in altre località laziali menzionate nel Liber) fortificando insediamenti e città e, probabilmente, deducendovi coloni: si trattava chiaramente di parte di una strategia politica più vasta, seguita alla vittoria di Porta Collina (82 a C ) e alla fine della guerra civile243 Considerata la cronologia relativamente alta del documento, la famiglia di L. Cornelius Pupillus potrebbe essere stata insediata in città dal Dittatore stesso: la formula onomastica sembra in effetti indicare un vincolo clientelare più o meno antico: potrebbe trattarsi del discendente di uno dei liberti dei Cornelii Sullae o addirittura di uno dei diecimila liberti Cornelii, manomessi da Silla, secondo la tradizione appianea244 Non è chiaro se nei termini dell’accordo (che non sembra favorire Pupillus) possa avere avuto parte uno dei consoli dell’anno 31 d C , citato nella stessa datazione del documento: Faustus Con[e]lius S[ull]a245, pronipote del Dittatore Proprio a quest’ultimo, è forse possibile che Pupillus dovesse la nomina a p. f. 65 [C]n Cornelius C f Pap Sev(erus) Rif. epigr.: ERAEmerita 95 = AE 1915, 95 [Mérida, Spagna] Origo: Emerita Augusta, Lusitania Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C ) Bibliografia: González Herrero 2004 (3); Álvarez-Melero 2013, p 152, nr 4
241 PIR2 I 832 o 839 242 Lib colon I, 10, 27: Castrimonium. Oppidum. Lege Sullana est munitum. Iter populo non debetur. Ager eius ex occupatione tenebatur; postea Nero Caesar tribunis et militibus eum adsignavit 243 Sull’importanza di espropriazioni e assegnazioni terriere nella strategia politica di Silla, si veda Santangelo 2007, sopr pp 147–157, 156 (Castrimoenium) 244 App BC I, 100; sull’incidenza politica di questa decisione, si veda il commento in Santangelo 2007, pp 95–96 245 PIR2 C 1459
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Cn. Cornelius Severus, originario di Emerita Augusta246, aveva rivestito importanti magistrature nella capitale della provincia Egli fu edile, duoviro e [fl]amen Iuliae Augustae247 Al di fuori della dimensione più propriamente locale, ma forse all’interno della provincia, Severus ottenne una p. f. L’iscrizione gli era stata dedicata dal X pagus Augustus248: evidentemente, in questa comunità, il prefetto coltivava interessi di natura economica e politica, godendo di una certa notorietà, se non di vera e propria influenza 66 T Culciscius T f Vol Rif. epigr.: CIL VI, 1841 [Roma, Italia] Origo: incerta Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C )249 Bibliografia: Demougin 1992 (358) T. Culciscius, funzionario dell’amministrazione imperiale, fu scriba degli edili curuli La p. f., che S Demougin ritiene il primo incarico della sua carriera, potrebbe invece essere un riconoscimento conseguito dopo il prestigioso incarico di scriba250 Il nomen Culciscius è estremamente raro, altrimenti noto soltanto all’interno del più tardo album dell’ordo corporatorum lenuncularior(um) tabulariorum axiliar(iorum) Ostiens(ium) (152 d C )251 Sulla sola base dell’appartenenza alla tribù Voltinia, S Demougin ha suggerito di individuare l’origine di Culciscius nella Gallia Narbonensis252 67 C Curiatius L f Rif. epigr.: CIL X, 1262 [Nola, Italia] Origo: Nola, Regio I Cronologia: età tiberiana253 Bibliografia: Devijver ME (C 258); Dobson PP (27); Demougin 1992 (294); Traverso 2006 (I 53); De Carlo 2015, p 119
246 La tribù Papiria è la più comunemente attestata ad Emerita Augusta (Kubitschek IRTD, p 185) 247 L’Augusta non era dunque ancora divinizzata; la divinizzazione si data al tempo di Claudio (Suet Claud. 11, 4) 248 González Herrero 2004, pp 370–371: lo scioglimento [e]x pago Augusto proposto in AE (sub numero) mi pare effettivamente meno convincente 249 Demougin 1992, p 300 (sulla base dell’assenza del cognomen) 250 Sul prestigio raggiunto dagli scribae e dagli apparitores in generale, si veda Purcell 1983 251 Si tratta di T. Culciscius Eubulianus, un membro ordinario del collegio dei traghettatori e trasportatori al porto di Ostia (CIL XIV, 250 = ILS 6174; sull’importanza di questi professionisti dei trasporti a Ostia, si veda De Salvo 1990) 252 Demougin 1992, p 300 253 Demougin 1992, p 252
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C. Curiatius, primipilare e membro dell’ordine equestre, di età tiberiana, rivestì due tribunati militari e la praefectura castrorum La p. f. sembra l’ultimo incarico ricoperto da questo ufficiale d’esperienza A Nola, il nomen del personaggio non è altrimenti attestato e solo una precoce acquisizione del flaminato divi Augusti suggerisce una posizione eminente nella comunità cittadina, senz’altro conseguita in virtù del primipilato Secondo A De Carlo, la rarità del gentilizio in tutta la Campania, suggerirebbe un insediamento del veterano al tempo della colonia augustea254 68 [ Cu]rtilius C f Aim Rif. epigr.: CIL X, 5583 [San Giovanni in Carico, Italia] Origo: Fabrateria Nova, Regio I Cronologia: età giulio-claudia (41–54 d C ?)255 Bibliografia: Devijver ME (C 259); Dobson PP (28); Demougin 1992 (359); Traverso 2006 (I 31) Curtilius C. f., forse originario di Fundi256, fu primipilo in una VI legione257 e, successivamente, membro dell’ordine equestre Nell’iscrizione, egli citava tres mili tiae (prefettura di coorte, tribunato militare, prefettura d’ala), che lo impegnarono a lungo (forse per nove anni) e in seguito alle quali ottenne la p. f. Le risorse e le proprietà di Curtilius erano concentrate a Fabrateria Nova, dove questi ricoprì il duovirato, la questura258 e l’augurato In città fu infine posta la sua iscrizione, arbitratu [A]nterotis et Cosmae libert(orum) Curtilius godeva tuttavia di una certa notorietà anche ad Aquinum, dove i decurioni gli decretarono funerali pubblici259
254 De Carlo 2015, p 119 255 Il carattere frammentario dell’iscrizione ostacola una datazione più puntuale Secondo S Demougin (1992, pp 300–301) la carriera parebbe essere precedente al tentativo di standardizzazione di Claudio La forma Aimilia per la tribus Aemilia suggerisce tuttavia una datazione al pieno regno di Claudio, al quale infatti si può riferire quell’effimera riforma ortografica (di questa considerazione sono debitore a C Letta; ogni inesattezza deve invece essere addebitata al sottoscritto) 256 Demougin 1992, p 301: a Fundi è in effetti attestato un Curtilius Curtorius (CIL X, 6254) della tribù Aemilia, ben attestata in città (Taylor 1960, p 161; Buchholz 2010, p 174) e assente a Fa brateria e Aquinum 257 Sfortunatamente, non ci sono elementi per stabilire se si tratti della Ferrata o della Victrix 258 Seguo in questo caso l’interpretazione di S Demougin (1992, p 301): Q sembra doversi sciogliere in quaestor e non in quinquennalis 259 Funus / [p]ublice ex d(ecreto) d(ecurionum) Aquinatium (ll 4–5)
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69 Q Decius Q f M n Saturninus Rif. epigr.: a CIL X, 5392 [Aquino, Italia] b CIL X, 5393 = ILS 6286 [Aquino, Italia] c CIL X, 5394 [Aquino, Italia] Origo: Aquinum, Regio I Cronologia: fra Augusto e Tiberio (ante 30 d C 260) Bibliografia: PIR2 (D 27); Devijver ME (D 4); Demougin 1992 (269); Traverso 2006 (I 10) Membro dell’ordine equestre, senz’altro originario di Aquinum261, Q. Decius Satur ninus ricoprì numerose posizioni all’interno di una carriera lunga e diversificata, nota da tre iscrizioni – soprattutto, dalla più completa di queste [b ] Ad Aquinum, dove forse ebbe inizio la sua carriera, Saturninus rivestì la questura bis, il duovirato i. d., il duovirato quinquennale (iterum), il pontificato e il flaminato perpetuo di Roma e Augusto Nella sua città, Saturninus rivestì anche la prefettura quinquennale in sostituzione di Tiberio, poi di Druso (figlio del Principe) e, infine, di Nerone, figlio di Germanico Il favore imperiale, di cui Saturninus evidentemente godeva, gli fruttò il patronato della stessa Aquinum – ex auctor(itate) Ti(berii) Caesaris Augusti et permissu [e]ius cooptatus coloniae patronus A dimostrazione della sua influenza, fu anche quattuorviro a Verona, in absentia ed extra ordinem [b] Come causa o effetto di questo speciale rapporto col potere imperiale, rivestì la p. f. per tre diversi consoli, prestando dunque la propria opera per importanti membri della nobilitas, a Roma Grazie a queste relazioni, egli rivestì pure i prestigiosi sacerdozi di pontifex minor e tubicen sacrorum populi Romani262 e la curatela delle vie Labicana e Latina, un incarico fino a questo momento riservato a praetorii263 Decius Saturninus ottenne anche il tribunato militare e la p. f. una quarta volta, impegnato stavolta in funzioni giudiziarie (fra cui il sorteggio dei giudici) a seguito di un proconsole d’Asia264, verosimilmente, uno dei consoli per i quali era stato prefetto a Roma265 Impegnato in politica e nelle istituzioni a partire dal principato di Augusto, fino almeno al 30 d C (data della caduta in disgrazia di Nerone,
260 Traverso 2006, p 25 261 La carriera di Saturninus si svolse in larga parte ad Aquinum e in città è attestato un Q. Decius M. f. C. n. Helu[---] (CIL X, 5412) 262 Purcell 1983 263 Demougin 1992, p 231; cfr anche Eck 1979, pp 37–44 Al momento di questa nomina, Saturnino doveva dunque già essere membro dell’ordine equestre 264 Pur raro, il riferimento all’ambito operativo del praefectus non è unico: con le stesse competenze e nella medesima provincia, si veda il caso di Claudius Claudii Philostrati f. Chionis da Dydima (OGIS 494; 54) 265 Demougin 1992, p 231
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figlio di Germanico), Saturninus ebbe una lunga e complessa carriera, per la quale solo in parte può essere desunto l’ordine degli incarichi266 70 [---ni?]us M f Cor Dext(er) Rif. epigr.: CIL IX, 1133 [Mirabella Eclano, Italia] Origo: Aeclanum, Regio II Cronologia: età giulio-claudia267 Bibliografia: Devijver ME (D 40); Demougin 1992 (731); Traverso 2006 (II 2); De Carlo 2015, pp 182–183 Dexter, notabile attivo ad Aeclanum, visse probabilmente in età giulio-claudia Nella città irpina fu edile, quattuorviro i. d., questore268 Al di fuori della città, la sua carriera si limitò al tribunato militare e alla p. f. La notorietà e la ricchezza della famiglia possono essere inferite anche dal fatto che sulla medesima iscrizione compariva un altro individuo, [---]nius Q. f. Cor. N(epos), forse il figlio (o il nipote) del prefetto, che fu edile e quattuorviro ad Aeclanum269 71
D Domitius L f Volt Celer Rif. epigr.: AE 1961, 167 = 1969–1970, 340 [Rognes, Francia] Origo: Aquae Sextiae, Provincia Narbonensis Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C ?)270 Bibliografia: Devijver ME (D 18); Pflaum 1978, p 200, nr 9; Demougin 1992 (360); Burnand 2006 (28 E 25) Il cursus di L. Domitius Celer, membro dell’ordine equestre, è noto grazie all’iscrizione posta sul grande mausoleo dei Domitii, che Celer stesso aveva fatto elevare271 Questi, in particolare, fu tribuno militare e p. f. L. Domitius L. f. Macer, probabilmente suo fratello, faceva anch’egli parte dell’ordine equestre: fu tribuno militare e pontefice ad Aquae Sextiae E’ probabile che L. Domitius L. f. Maguntius e Domitia
266 Per un tentativo in questo senso, si veda Demougin 1992, pp 251–252 267 Demougin 1992, p 626 (sulla base dell’assenza del nome della legione in cui servì da tribuno) 268 Devijver (ME sub numero) ha suggerito lo scioglimento q(uinquennalis); resta tuttavia più convincente (anche perché più comune) quaestor (così Demougin 1992, p 626; De Carlo 2015, p 182) 269 Contra De Carlo 2015, pp 182–183, in cui si propone lo scioglimento [---]nius Q. f. Corn(elia tribu), per la verità non molto comune, dal momento che la tribù Cornelia era generalmente abbreviata in COR 270 Demougin 1992, p 302; Burnand 2006, p 85 271 I cittadini di Aquae Sextiae erano per lo più ascritti alla tribù Voltinia (Kubitschek IRTD, p 206; su questo, cfr anche Bérard 2010)
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Sex f. (entrambi citati nell’iscrizione sul monumento) fossero i genitori di Celer e Macer272 72 C Egnatius C f Hor Marus Rif. epigr.: CIL IX, 652 = ILS 6481 = SupplIt 20, p 103, sub numero [Lavello, Italia] Origo: Venusia, Regio II Cronologia: età tiberiana Bibliografia: Demougin 1992 (296); De Carlo 2015, pp 237–238 C. Egnatius Marus, originario di Venusia273, rivestì per ben tre volte il duovirato quinquennale e fu pontefice e flamine di Tiberio Sembra che egli abbia rivestito la p. f. al termine della propria carriera L’iscrizione fu dedicata a Marus dalla figlia (o sorella) Egnatia C. f. Marulla, non altrimenti attestata 73 C Ennius C f Vol Marsus Rif. epigr.: a NSA 1929, 219 = AE 1930, 121 [Sepino, Italia] b AE 1959, 282 [Sepino, Italia] c AE 1959, 281 [Sepino, Italia] Origo: Saepinum, Regio IV Cronologia: età augustea Bibliografia: Traverso 2006 (IV 35) [a ] L’iscrizione era inserita in un monumentale mausoleo del tipo “a tamburo”; poco sotto erano state scolpite una sella curulis con suppedaneus e una capsa [b ] L’iscrizione era stata incisa su di una fontana decorata con una protome di fauno [c ] L’iscrizione era stata incisa su di una fontana decorata con un grifo Originario di Saepinum274, C. Ennius Marsus fu patrono del municipium, un risultato rivendicato in testa all’iscrizione incisa su di un grande mausoleo, decorato con le insegne magistratuali, poco fuori dalla città [a ] Marsus fu questore per tre volte, quattuorviro, prefetto i. d. bis, duoviro i. d. per quattro volte, duoviro quin272 Demougin 1992, p 303; questa si è convincentemente opposta all’identificazione del prefetto di Aix con il Domitius Celer, amico di Pisone e noto dagli Annales di Tacito (II, 76–79) – non ci sono sufficienti indizi in tal senso; contra Devijver ME, p 328 273 I cittadini di Venusia erano generalmente ascritti alla tribù Horatia (Taylor 1960, p 161; Silvestrini 2010, p 186) A Venusia sono attestati altri membri della gens Egnatia: C. Egnatius Entimus, medicus, suo figlio omonimo e sua moglie Egnatia Firma (CIL IX, 470); Egnatia Ɔ l Egloge (CIL IX, 509 = SupplIt 20, pp 203–204, nr 112 = AE 2003, 433); Egnat[ia] (CIL IX 534); C. Egnatius Pudens (CIL IX, 580); C. Egnatius Catullus, pretoriano (CIL IX, 650) 274 Taylor 1960, p 162; Buonocore 2010, p 38
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quennale275 Al di fuori della dimensione locale, egli ottenne la p. f. e il tribunato militare La ricchezza del prefetto e della sua famiglia è documentata anche dalla costruzione di almeno due fontane pubbliche (lacus), a nome di C. Ennius C. f. Marsus e L. Ennius C. f. Marsus, molto probabilmente fratelli [b ; c ] 74 C Fabricius C f Ani Tuscus Rif. epigr.: AE 1973, 501 = 1975, 806 = 1978, 790 [Turkmenli, Turchia] Origo: Alexandria Troas, Asia Cronologia: età augustea Bibliografia: Eck RE Suppl. XV, col 98, nr 13; Devijver ME (F 18); Demougin 1992 (216); Laffi 2004, pp 159–160 = 2007, p 185 C. Fabricius Tuscus, originario di Alexandria Troas276 e membro dell’ordine equestre, ottenne numerosi incarichi, all’interno e, soprattutto, all’esterno della colonia In città, Tuscus rivestì il duovirato e l’augurato, ma anche una praefectura operum quae in colonia iussu Augusti facta sunt277 Al di fuori della dimensione più propriamente locale, questi ottenne una prefettura della coorte degli Apuli, di stanza in Oriente, forse in Galatia278 e un tribunato militare in Egitto, nella legione III Cyrenaica279 per una durata di otto anni (VIII) Tuscus doveva già godere di stima e influenza se fu scelto come tribuno per il dilectus ingenuorum quem Romae habuit Augustus et Tiberius Caesar280 Fu p. f. IIII281, prefetto dell’ala praetoria per quattro anni (IIII), al seguito degli eserciti guidati da Germanico in Germania; quest’ultimo è definito imperator, un’acclamazione avvenuta prima della morte di
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A Saepinum, il municipium era retto da duoviri; come spesso riscontrato, gli edili potevano però essere definiti quattuorviri, una definizione mai attestata per i magistrati iure dicundo (ringrazio C Letta per avermi messo a disposizione il testo di una relazione da lui presentata all’Istituto Olandese di Roma nel 2016 – § 6 e n 56; contra Buonocore 2009, pp 344–350, ancora della convinzione che in città convivessero magistrature quattuorvirali e duovirali fino ad età traianea) Ad Alexandria Troas è soprattutto attestata la tribù Aniensis (Kubitschek IRTD, p 247; Camia 2010, p 368); il cognomen Tuscus non è sorprendente all’interno di una colonia di veterani italici, dedotti in Asia In una posizione affine era stato impiegato anche M. Sufenas Proculus a Cyrene (cfr Demougin 1992, p 129) Secondo U Laffi (2004, p 159 = 2007, p 185), l’uso della congiunzione et – prae f(ectus) cohort(is) Apulae et operum quae in colonia iussu Augusti facta sunt – indicherebbe che le due posizioni erano state rivestite nello stesso momento Cichorius RE IV, col 241; Spaul 2000, p 21 Ritterling RE XII 2, col 1506–1517; Wolff 2000 Si trattava probabilmente di reclutamenti straordinari in occasione della rivolta delle legioni in Pannonia (6–9 d C ; Brunt 1974, p 183; Letta 2008, p 1138) Nel contesto di questa iscrizione, i numerali sono sempre utilizzati per rappresentare la durata degli incarichi: è dunque opportuno suporrre che la p. f. sia stata rivestita per quattro anni – meno chiaro è al servizio di quale magistrato o promagistrato cum imperio
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Augusto E’ durante queste campagne che Tuscus fu ricompensato con una hasta pura e una corona aurea 75
L Fufidius L f Ouf Proculus Rif. epigr.: CIL X, 5399 [Aquino, Italia] Origo: Aquinum, Regio I Cronologia: età giulio-claudia (post 41 d C ?282) Bibliografia: Devijver ME (F 88) Curatore di una dedica a sé stesso e al nipote C. Avidius C. f. Clemens, L. Fufidius L. f. Proculus, originario di Aquinum283, fu membro dell’ordine equestre La carriera di Clemens (non altrimenti attestato) comprendeva solo l’edilità e il duovirato Il cursus di Proculus sembra redatto in ordine inverso e comprende la questura, ripetuta per quattro volte, l’edilità, il duovirato Seguivano la p. f. co(n)[s(ulis)] (rivestita dunque a Roma) e un tribunato nella legione VII Claud(ia) P(ia) f(idelis), forse in Dalmatia284 La famiglia era forse legata ai Fufidii di Arpinum e all’omonima gens senatoria di Teanum285
76 L Furius Clemens Rif. epigr.: inedita [Carsoli, Italia] Origo: Carsulae, Regio VI Cronologia: età augustea286 Bibliografia: Ciotti 1976, p 19; Demougin 1992 (155) Sembra ancora inedita l’unica iscrizione attestante la carriera di L. Furius Clemens, di cui U Ciotti dette brevemente notizia nel 1976287 Ad ogni modo, sembra che Clemens fosse una figura importante del municipium di Carsulae, dove rivestì i ranghi di duoviro i. d. e quinquennale, questore e augure Al di fuori del contesto più propriamente locale, egli raggiunse esclusivamente la p. f. Non è escluso un qualche tipo di legame – anche solo gentilizio – con un altro prefetto da Carsulae, C. Furius Tiro (77)
282 Devijver ME, p 386 283 I cittadini di Aquinum erano generalmente ascritti alla tribù Oufentina (Taylor 1960, p 161; Buchholz 2010, pp 171 e 176) 284 Ritterling RE XII 2, coll 1629–1642; Le Roux 2000; Devijver ME, p 386 285 Camodeca 2013, pp 41–45 286 Ciotti 1976, p 19; Demougin 1992, p 147 287 Ciotti 1976
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77 C Furius C f Clu Tiro f Rif. epigr.: CIL XI, 4572 [Carsoli, Italia] Origo: Carsulae, Regio VI Cronologia: fra Augusto e Claudio (ante 41 d C )288 Bibliografia: Devijver ME (F 96); Demougin 1992 (363); Traverso 2006 (VI 10) Membro della gens Furia, originario di Carsulae289, Tiro raggiunse il quattuorvirato quinquennale, massima magistratura locale (attestata a partire dall’ultimo decennio del I secolo a C ) e il pontificato Al di là degli incarichi locali, egli fu p. f. e prefetto d’ala La sola iscrizione in cui è attestato fa menzione anche dell’intera famiglia di Furius Tiro Il padre omonimo era stato scriba (forse a Roma), questore, quattuorviro quinquennale per ben tre volte e pontefice a Carsulae Nel testo sono citate anche Furia C. f. Secunda e Furia C. f. Polla, probabilmente sorelle di Tiro filius Il quattuorviro L. Nonius L. f. Asprenas, quasi certamente marito di una delle figlie di Tiro pater, sembra in qualche modo riconducibile all’omonima famiglia consolare, le cui origini o i cui interessi vanno quindi ricondotti a Carsulae290 Un collegamento con un altro p. f. di Carsulae, L. Furius Clemens è, infine, altamente probabile291 78 [---]ius L f Gallus Rif. epigr.: CIL II, 5442 = II2/5, 1031 [Osuna, Spagna] Origo: Urso, Baetica Cronologia: età giulio-claudia292 Bibliografia: Gräf in EDH: HD031559; Álvarez-Melero 2013, p 151, nr 1 Gallus, iscritto nella tribù Galeria doveva essere originario di Urso e nella città betica aveva probabilmente rivestito incarichi di rilievo locale293 Come il nomen del personaggio, anch’essi sono tuttavia persi in una lacuna Ad ogni modo, Gallus godeva di sufficienti risorse per assicurarsi una p. f. – [pr]aefecto fabro(rum) L’iscrizione gli era stata dedicata da un nipote e comprendeva anche la moglie Rufa
288 Secondo S Demougin (1992, p 305), Tiro “appertenait vraisemblement à l’ordre équestre”, data la carriera del prefetto, che ella collocava fra il 15 a C e il principato di Claudio (a questa datazione ricondurrebbe la presenza del duovirato, che a Carsulae si data per la prima volta in quegli anni, e l’assenza del nome dell’unità militare in cui Furius Tiro servì da prefetto) 289 La tribù Clustumina era la più diffusa a Carsulae (Taylor 1960, p 162; Asdrubali Pentiti, Spadoni, Zuddas 2010, p 218) 290 Demougin 1992, p 306 (sulla base della nomenclatura dei consolari, come in Syme 1939, p 524, n 80 e Wiseman 1971, p 244, nr 273) 291 Scheda 76 292 EDH: HD031559; più genericamente al I sec d C , secondo A Álvarez-Melero (2013, p 151) 293 Cfr Álvarez-Melero 2013, p 151, in cui si ipotizza il duovirato
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79 [---] Gallus Rif. epigr.: ILGN 635 = AE 1980, 615 = 1987, 750 [Narbonne, Francia] Origo: Narbo, Provincia Narbonensis Cronologia: età tiberiana294 Bibliografia: Pflaum 1978, p 251, nr 3; Wierschowski 2001 (267); Burnand 2006 (47 E 38) Il fatto che la sezione sinistra di questa grande iscrizione – probabilmente pertinente ad una tomba familiare – sia perduta ha implicato la perdita di praenomen e gentilizio di Gallus Ad ogni modo, l’intera famiglia aveva acquisito una posizione preminente a Narbo Gallus, in particolare, ottenne l’edilità, forse la curatela degli approvvigionamenti – f(rumenti) c(uratori)295 – e il flaminato di Germanico296 Al di fuori di Narbo, Gallus ottenne infine una p. f., forse all’interno della stessa pro vincia Narbonensis297 L’iscrizione menzionava anche altri personaggi: l’anonimo padre di Gallus, edile ad Aquae Iulis (cioè ad Aquae Sextiae)298, di cui era forse originario, Messia Quarta, moglie, figlia o sorella del prefetto e il fratello, Senecio, anch’egli edile e f(rumenti) c(urator) Nel caso di quest’ultimo, forse deceduto precocemente, si è conservata la menzione della tribù Voltinia, ben attestata non soltanto a Narbo e Aquae Sextiae, ma in altre città della Narbonensis299 E’ possibile che – in un momento imprecisato – il padre di Gallus avesse lasciato Aix per Narbo, o che, in una normale dinamica di mobilità all’interno della provincia, una parte della famiglia si fosse semplicemente trasferita: la solidità della loro posizione – anche politica – non era comunque stata compromessa 80 C Gavi[us ---] Rif. epigr.: CIL XI, 3010 [Viterbo, Italia] Origo: Musarna, Regio VII Cronologia: età augustea?300 Bibliografia: Rovidotti 2007 (2)
294 Burnand 2006, p 123 295 Se lo scioglimento è corretto, la funzione sembra aver richiesto competenze, ma anche risorse personali notevoli Ad ogni modo, la funzione è stata considerata come parte dell’edilità da H -G Pflaum (1978, p 251) e distinta da quest’ultima da J Gascou (1997, p 77) e Y Burnand (2006, p 122) 296 L’integrazione al testo è [flam(ini) Germanici Caes]ARIS, secondo la convincente ricostruzione di O Hirschfeld (CIL sub numero) 297 Cfr Burnand 2006, p 122 298 Cfr ad es CIL XII, 705 = AE 1959, 137 da Arles 299 Kubitschek IRTD, pp 204 e 206; cfr anche Bérard 2010 300 Rovidotti 2007, p 382 (su base paleografica)
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C. Gavi[us], noto grazie ad un’iscrizione da Musarna – conservata per metà –, sembra aver rivestito esclusivamente la p. f. L’iscrizione, posta ex decreto decurionum, era stata votata con C. Cafa[tius ---], in bal[neis?] Sorri[nensibus?]301 In effetti, la dedica, più tardi reimpiegata nel centro di Viterbo, potrebbe essere connessa con la città etrusca di Surrina Nova, una località ben attestata, ma ancora non identificata302 81
Q Gavius T f Cla Pedo Rif. epigr.: CIL IX, 4519 = ILS 6545 [Barete, Italia] Origo: Amiternum, Regio IV Cronologia: età augustea Bibliografia: Devijver ME (G 10); Demougin 1992 (157); Traverso 2006 (IV 12) Q. Gavius Pedo, notabile attivo ad Amiternum, ebbe accesso all’ordine equestre con la concessione di un tribunato militare a populo, un incarico tipicamente augusteo303 Egli ottenne anche una p. f. e una prefettura d’ala Il rilievo locale di Ga vius Pedo è dimostrato dai numerosi incarichi ottenuti ad Amiternum: membro del collegio degli octoviri (al governo della città), fu forse c(urator) f(rumenti) p(ub lici), q(uaestor), p(raefectus) pro octoviro304. Nonostante godessero di solida preminenza, i Gavii – della tribù Claudia – non erano forse originari di Amiternum, la cui popolazione era generalmente ascritta alla Quirina305: si è anzi proposto che Q. Gavius Q. f. Cla. Quintio da Aequiculi306 possa essere un congiunto del prefetto e che quest’ultima debba essere identificata con la città d’origine dei Gavii307
82 M Gavius M f Palat Sabinus Rif. epigr.: CIL IX, 1646 = ILS 6498 [Benevento, Italia] Origo: Beneventum, Regio II Cronologia: età giulio-claudia (fra Claudio e Nerone?)308 Bibliografia: De Carlo in EAGLE: EDR102326 301 Questa è quantomeno la lettura proposta da T Rovidotti (2007, p 382) 302 Altre attestazioni: CIL XI, 3009; 3010; 3012; 3014; 3017; cfr anche Honigmann RE IV A 1, col 971; per una sintesi dedicata alla documentazione disponibile, si veda Rovidotti 2007 (con bibliografia) 303 Su questo, si veda Nicolet 1967 (per il caso di Gavius Pedo, sopr p 37, nr 7) 304 Per un diverso scioglimento (e per una discussione sull’octovirato), si veda Sisani 2010, p 202: c(urator) f(rumenti) p(ublici) q(uaestoria) p(otestate) pro octoviro Ad ogni modo, la raccolta e la distribuzione di frumento richiedevano una posizione economica solida, che può dunque essere postulata per il prefetto 305 Taylor 1960, p 162 306 La tribù Claudia era diffusa nel territorio degli Aequi e ad Aequiculi, da cui proviene l’iscrizione di Q. Gavius Quintio (CIL IX, 4145; cfr anche Taylor 1960, p 162) 307 Demougin 1992, p 149 308 A De Carlo ha proposto il periodo 31–70 d C , su base paleografica e per il formulario utilizzato
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Sebbene fosse stato attivo a Beneventum, non sembra che M. Gavius Sabinus fosse originario della città309 Egli fu scriba e poi edile i. d.; infine, si vantava una p. f. Sabino, che era l’autore di questa dedica, vi menzionava anche la moglie, Nasennia M. f. Iusta 83
C Geminus Priscus Rif. epigr.: CIL V, 6478 [Lomello, Italia] Cfr AE 1987, 463 = 1992, 776 [Gambolò, Italia] Origo: Laumellum, Regio XI Cronologia: età augustea310 Bibliografia: Devijver ME (G 16); Id ME Suppl I, p 2118; SupplIt 9, pp 248– 249, sub numero Il cursus di C. Geminus Priscus, membro dell’ordine equestre, è noto grazie ad un sacrum a Marte, dedicato a suo nome dai liberti Piarus e Martialis All’interno della dedica spiccano, non troppo sorprendentemente, incarichi essenzialmente militari Geminus fu prefetto di un’ala Aug(usta) e della coorte dei Breu[c(i)], godendo poi di un periodo di libertà dal servizio, riconosciuto ufficialmente (libero commeatu)311 Limitandosi a seguire la sequenza iscritta, sembra sia stato allora che Priscus rivestì la p. f. e, infine, un tribunato nella II coorte pretoria312 Mi pare che il periodo di liber commeatus si possa accordare bene con un incarico di prestigio a servizio di un magistrato cum imperio La p. f. non interrompeva affatto la serie degli incarichi militari, ma in qualche misura li integrava E’ possibile identificare Priscus e il suo liberto [Ma]rtialis in una dedica a Vittoria (molto frammentaria), da Gambolò, una località – in effetti – molto vicina a Lomello313
309 A Beneventum era diffusa soprattutto la tribù Stellatina (Taylor 1960, p 161; Silvestrini 2010, p 185): in questa tribù figurava anche un M. Gavius M. f. Bassus, edile a Beneventum, col quale non può comunque essere escluso un rapporto 310 Paci 1993, p 67 311 Sul liber commeatus, si veda la disamina di G Wesch-Klein 2000 (sopr pp 468–469, in cui è tratteggiato il caso di Priscus) 312 L’ordine delle milizie nella carriera del prefetto – in effetti abbastanza eccentrico – era definito da B Dobson (1966, p 76 = 1993, p 233) “completely without parallel”, che concludeva: “I have no explanation to offer” 313 AE 1987, 463 = 1992, 776
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84 [ Gli]tius T f Stel Barbarus Rif. epigr.: CIL V, 6969 [Torino, Italia] Origo: Augusta Taurinorum, Regio XI Cronologia: età claudia (ante 49 d C ) Bibliografia: PIR2 (G 182); Groag RE Suppl. III, col 787; Devijver ME (G 20); Dobson PP (54); Demougin 1992 (465) [Gli]tius Barbarus, senz’altro originario di Augusta Taurinorum314, rientrò in città al termine di una carriera propriamente militare Fu primipilare e prefetto – non è chiaro se d’ala o di coorte, secondo la tesi di Th Mommsen315, o castrorum, come suggerito da B Dobson316 Ottenne anche un tribunato militare e, soprattutto, la p. f. al seguito dell’imperatore Claudio, probabilmente in occasione della campagna britannica317 Rientrato a Torino, Barbarus votò una statua all’imperatore (databile al 49 d C , sulla base della titolatura imperatoria) La posizione di rilievo ottenuta da Barbarus aprì numerose opportunità ai suoi familiari: suo nipote, Q. Glitius Atilius Agricola, fu console nel 97 e nel 103 e, successivamente, praefectus Urbi318 85
Q Granius Q f Bassus Rif. epigr.: a Corinth VIII 3, 130 [Korinthos, Grecia] b Corinth VIII 3, 131 [Korinthos, Grecia] Origo: Corinthus, Achaia Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C )319 Bibliografia: PIR2 (G 208); Pflaum CP, p 1070; Demougin 1992 (501); Bitner 2015, pp 178–180 L’indicazione della p. f. compare solo nell’iscrizione [b ]
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I cittadini di Augusta Taurinorum erano per lo più ascritti alla tribù Stellatina (Taylor 1960, p 164; Giorcelli Bersani, Balbo 2010, p 297) A Torino, la gens Glitia è attestata anche in CIL V, 7087 (Q. Glitius Agathopus) e CIL V, 7088 (L. Glitius Verus) Mommsen CIL V, sub numero Dobson PP, p 189, nr 54 Secondo S Demougin, Barbarus costituisce l’ultimo caso di primipi laris giunto alla p. f., prima delle riforme di Claudio (Suet Claud 14, 1; Demougin 1988, pp 382– 385; cfr anche Id 1992, p 381) Dobson 1966, p 73 = 1993, p 230 PIR2 G 181 (secondo l’identificazione di S Demougin – 1992, p 381) Fra le varie attestazioni di Q. Glitius Atilius Agricola, quelle da Augusta Taurinorum sono: CIL V, 6974 = ILS 1021; CIL V 6975; 6976; 6977 = ILS 1021a; CIL V, 6978; 6979; 6980; 6983; cfr anche CIL V, 6981; 6982; 6983 (queste ultime in stato frammentario) Questa concentrazione dimostra – una volta di più – l’importanza attribuita alla dimensione municipale da parte dei membri del Senato S Demougin (1992, p 414) ha suggerito una datazione al regno di Claudio; B Bitner (2015, pp 79–180) ha invece suggerito una datazione augustea o tiberiana
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Q. Granius Bassus era forse membro di una nota famiglia di mercanti italici, attivi a Delo320 Col tempo, Bassus si era comunque stabilito a Corinto o vi doveva intrattenere significativi interessi (forse, non digiunti dall’incarico di p. f.)321 I suoi incarichi non hanno carattere strettamente locale: si tratta delle posizioni di p[roc(urator) Aug(usti), ei]usdem comes e di p. f. La procuratela non era stata necessariamente ricoperta nella provincia Achaia e il suo ambito operativo resta sfuggente Ad ogni modo, le due dediche suggeriscono ricchezza e notorietà: il testo [a ] menziona una donazione alla città s(ua) p(ecunia) d(ecreto) d(ecurio num), mentre [b ] celebrava forse la costruzione o il restauro di un balineum 86 M Granius M f M n Cordus Rif. epigr.: a CIL IX, 2353 = ILS 6513 [Sant’Angelo di Allife, Italia] b AE 1990, 223b [Sant’Angelo di Allife, Italia] Origo: Allifae, Regio IV Cronologia: età claudia322 Bibliografia: Devijver ME (G 23); Demougin 1992 (502); Traverso 2006 (IV 11); Camodeca 2008 (108); De Carlo 2015, pp 60–61 M. Granius Cordus, eques romano originario di Allifae, rivestì in città numerosi incarichi: si occupò del rifornimento idrico – cur(ator) aquae ducendae Allifis – e fu questore, edile, duoviro per tre volte e quinquennale323 Al di fuori di Allifae, egli ottenne invece la p. f., la prefettura d’ala e il tribunato militare Dall’iscrizione [b] apprendiamo il nome della moglie del prefetto Flavonia L. f. Polla Non è possibile stabilire (né tuttavia escludere) un legame con una delle grandi famiglie di Alli fae: i Granii vantavano senatori fin dall’età augustea ed erano imparentati con gli Aedii, famiglia di spicco nella dimensione locale, anch’essa entrata nella Curia324
320 Hatzfeld 1919, pp 392–393 321 A Corinto, sono attestati altri Granii: Grania Quinta (Corinth VIII 3, 131) e Grania Homonoia e Clodius Euphemus Clodius Granianus (Corinth VIII 3, 302) Lipsius aveva proposto di riconoscere in Granius Bassus l’accusatore di L. Calpurnius Piso nel 24 d C (Tac Ann IV, 21; PIR2 G 207, 208); così anche Kent (Corinth VIII 3, p 61; più recentemente, la tesi è stata ripresa in Bitner 2015, pp 179–180); contra Demougin 1992, p 414 Un’identificazione, su queste basi, è forse rischiosa; l’omonimia potrebbe invece suggerire di individuare nel prefetto un congiunto del delatore 322 Demougin 1992, p 415 (sulla base della carriera, che pare influenzata dagli interventi di Claudio e dall’assenza di alcune informazioni – il nome delle unità militari e pure quello della tribù elettorale) 323 La carriera di M. Granius Cordus è nota da due iscrizioni pressoché identiche [a ; b ] 324 Camodeca 2006 (con ampia bibliografia precedente), in cui tuttavia un legame fra i MM. Granii senatori e i MM. Granii equites non è discusso (sopr p 34, n 37)
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E’ possibile che la città d’origine della famiglia fosse Arpinum: alcuni congiunti di C Mario erano in effetti dei Granii325 87 N(umerius?) Herennius N f Men Celsus Rif. epigr.: NSA 1910, 390 = AE 1911, 71 [Pompei, Italia] Origo: Pompeii, Regio I Cronologia: età augustea326 Bibliografia: Demougin 1992 (160); De Carlo 2015, p 130 N. Herennius Celsus era senz’altro originario di Pompeii327, città in cui ricoprì il duovirato i(ure) d(icundo) iterum Al di fuori della dimensione locale, egli ottenne una p. f. come – nello stesso periodo – i concittadini M. Lucretius Decidianus Rufus e T. Sornius328 L’iscrizione era stata dedicata alla moglie Aesquilia C. f. Polla, scomparsa a 22 anni, non altrimenti attestata Celsus e la sua famiglia godevano di una certa notorietà: alla moglie i decurioni offrirono un luogo per la sepoltura, mentre un monumento a schola fu costruito da Celsus fuori da Porta Nola Gli He rennii vantavano una posizione preminente anche in età flavia: dopo il disastroso terremoto del 62 d C , un Herennius Celsus si candidò all’edilità e la sua campagna fu promossa da numerosi graffiti elettorali329 88 Sex Iu[lius Rif. epigr.: CIL XII, 5386 [Toulouse, Francia] Origo: Tolosa, Provincia Narbonensis Cronologia: metà del I sec d C 330 Bibliografia: Pflaum 1978 (13); Burnand 2006 (73 E 60)
325 326 327
328 329 330
Plut Mar 35; 37, 2; 40; cfr App BC I, 271; su questo, si vedano i suggeriment di G Camodeca in De Carlo 2015, p 61 Demougin 1992, p 150 Innanzitutto, gli Herennii vantavano in città un interrex già nell’89–80 a C (De Carlo 2015, p 130, n 622) Inoltre, come Celsus, i cittadini di Pompeii erano generalmente ascritti alla tribù Menenia (Taylor 1960, p 161; Camodeca 2010, p 180) Su Celsus, si veda anche Castrén 1975, p 174, nr 191 Un membro della gens, M. Herennius A. f. Epidianus, evidentemente adottato dall’importante famiglia degli Epidii, raggiunse il duovirato durante il principato augusteo (CIL X, 802; 831; 939; Castrén 1975, p 97) Anche un N. Herennius Verus ottenne il duovirato a Pompeii (CIL X, 899 = ILS 6395; CIL X, 900 = EE VIII, 853), mentre alcuni Herennii compaiono sulle tavolette dei Sulpicii (TPSulp 25 = AE 1973, 146) e di L. Caecilius Iucundus (CIL IV, 3340, 5; 12; 37; 60; 68; 91) Si vedano rispettivamente le schede 105 e 159 AE 1913, 85; CIL IV, 28; 122 = ILS 6432; CIL IV, 131; 299; 312; 360; 379; 478; 501; 507; 634 = ILS 6421a; CIL IV, 767; 833; 3274 = 3639; 3292 = 3676; 3683; 3719; 3730; 3732; 3771 = ILS 6421b; CIL IV 3835; 3841; 7587; 7809 Burnand 2006, p 183
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Di Sex. Iulius, noto da un’iscrizione molto danneggiata dedicatagli da un omonimo (senz’altro il figlio), si sa soltanto che egli raggiunse la p. f.331 All’interno del testo iscritto, si menzionano statuas, alla cui erezione doveva aver provveduto Sex. Iulius figlio, che nel testo compare infatti al nominativo 89 C Iulius Aquila Rif. epigr.: a CIL III, 6983 = ILS 5883 = IGR III, 83 [vicino Sankaïa, Turchia] b CIL III, 346 = IGR III, 15 [vicino Sankaïa, Tuchia] – 58 d C Cfr Tac Ann XII, 15, 1 (49 d C ) e 21 Origo: Pontus Cronologia: fra Claudio e Nerone332 Bibliografia: PIR2 (I 166); Stein RE X 1, col 167, nr 21; Pflaum CP (21); Demougin 1992 (533) La p. f. è menzionata esclusivamente nell’iscrizione [a ], datata al 45 d C L’iscrizione [b ] è datata al 58 d C C. Iulius Aquila, membro dell’ordine equestre e rappresentante dell’élite provinciale, era forse discendente di coloni italici insediati nel Ponto in età augustea333 La sua carriera, seppur solo in parte, è nota grazie a due iscrizioni, una dedicata a Claudio [a ] e l’altra pertinente al regno di Nerone [b ]; vi sono poi alcuni riferimenti negli Annales di Tacito Aquila fu p. f. bis in aerar(io) delatus a cos. A. Gabin[io Secundo, Ta]uro Statilio Corvino – il primo console suffetto nel 43334, il secondo console ordinario nel 45 d C 335 I suoi contatti con membri della corte e dell’élite senatoria gli procurarono il comando di unità ausiliarie coinvolte nella guerra contro Mitridate III (49 d C ), in Crimea Egli partecipò alla cattura del rex Bosporanus, una prodezza che gli valse i praetoria ornamenta336 Nel 58 d C , si occupò per l’imperatore di ingenti lavori alla strada che collegava Apamaea a Nicaea, [collapsa]m in vetustate: per quella data, Aquila era procurator Augusti nel Ponto [b ] Ad Amastris, egli si occupò ancora di importanti lavori alle vicine arterie stradali, stavolta in proprio: montem cecidit et [viam et s]essionem d(e) s(ua) p(ecunia) f(ecit) In città egli fu insignito del flaminato perpetuo di Augusto [a ]
Sebbene la parola praef(ectus) non sia conservata, si deve senz’altro concordare con Y Burnand (2006, p 183) sul fatto che la redazione del testo non permettesse la menzione di alcun collegium fabrum 332 Demougin 1992, p 426 333 Demougin 1992, p 444: le sue attività e i suoi interessi ad Amastris – e più in generale nel Ponto – nonché il testo bilingue dell’iscrizione [a ] sembrano suggerire questa conclusione 334 PIR2 G 8 335 PIR2 S 822 336 Su questo, cfr Tac Ann XII, 15, 1 e 21 331
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90 T Iulius C f Vol Couribocalus Rif. epigr.: AE 1953, 56 [Roma, Italia] Origo: ex civitate Tricassium, Lugdunensis Cronologia: età giulio-claudia (fra Tiberio e Caligola?)337 Bibliografia: Demougin 1992 (415); Wierschowski 2001 (4); Burnand 2006 (34 E 29) T. Iulius Couribocalus, notabile del popolo dei Tricassii (ex civitate Tricassium – stanziati nella regione dell’odierna Troyes), fu quaestor del suo popolo, poi sacer dos Augustalis, forse nel santuario delle Tre Gallie a Lione338 Fu infine p. f., molto probabilmente a seguito di un pretore o di un console, come suggerisce il luogo di rinvenimento dell’iscrizione: è questa la più chiara dimostrazione dell’avvenuta integrazione nella struttura politica dell’Impero Suo figlio, anch’egli p. f., scomparso precocemente a 18 anni, è attestato sul medesimo monumento (93): la sua parte di testo iscritto è stata prima scalpellata e poi incisa nuovamente, per far posto al nome e ai titoli del padre, scomparso successivamente Il cognomen del padre, non altrimenti attestato, è chiaramente celtico, benché il patronimico Caius suggerisca come, già nella generazione precedente, la famiglia avesse ottenuto la cittadinanza romana Il nomen Iulius rinvia infine a Cesare o, più probabilmente, ad Augusto: il cursus di Couribocalus si sarebbe dunque svolto al tempo di Tiberio e Caligola339 91
L Iulius L f Cor Crassus Rif. epigr.: a CIL VIII, 26475 = 15519 [Dougga, Tunisia] b CIL VIII, 26519 = 1478 [Dougga, Tunisi] – 42 d C Origo: Mustis, Africa Proconsularis? Cronologia: fra Tiberio e Claudio340 Bibliografia: PIR2 (I 279); Devijver ME (I 50); Demougin 1992 (427) Entrambe le iscrizioni conservano il medesimo cursus, ma, in testa a [b ], è presentata la titolatura dell’imperatore Claudio L. Iulius Crassus, esponente dell’élite della provincia d’Africa Proconsularis, era forse originario di Mustis, ma si era senza dubbio trasferito a Cartagine per percorrervi una carriera politica più significativa341 Successivamente, egli estese i propri
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Burnand 2006, pp 95–96 Demougin 1992, p 341 Cfr anche Demougin 1992, p 341 Per una discussione relativa alla datazione e alla sequenza degli incarichi, si veda Demougin 1992, p 352 Mustis era la sola comunità della provincia d’Africa i cui cittadini erano comunemente ascritti alla tribù Cornelia (Kubitschek IRTD, p 152), mentre a Cartagine è meglio attestata la Arnensis (ivi, p 147)
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interessi a Thugga, acquisendo il patronato della città Al di fuori della dimensione più propriamente locale, Crassus ottenne un tribunato nella legione XXI Rapax, di stanza in Germania342 e la p. f. Nella capitale dell’Africa Proconsolare, Crassus aveva rivestito il duovirato, l’augurato, il duovirato quinquennale e gli aedilicia ornamenta (citati in apertura del cursus) L’iscrizione [a ] fu dedicata da C. Pom ponius L. f. Restitutus, non altrimenti attestato Significativamente, sulla sua dedica all’imperatore Claudio [b ], fu ricavata in un secondo momento (nel rispetto del testo già inciso) un’iscrizione per la costruzione di un’area monumentale (arcum cum gradus) da parte di un C. Caesetiu[s] C. f. Arn Perpetuus343, sacerdote, edile, prefetto i. d. a Cartagine e patrono del pagus Thuggensis, come in precedenza era stato lo stesso Crassus Un legame fra questi individui (forse esteso alla loro stessa eredità politica) non può essere escluso 92 Ti Iulius Iulianus Rif. epigr.: NSA 1912, 379 = AE 1913, 194 [Roma, Italia] Origo: Roma? Cronologia: fra Tiberio e Claudio344 Bibliografia: Devijver ME (I 74); Demougin 1992 (514) Ti. Iulius Iulianus, figlio di un liberto dell’imperatore e membro dell’ordine equestre345, fu p. f. e tribuno della coorte VIII Voluntariorum quae est in Dalmatia346 Un’unica iscrizione attesta il cursus di Iulianus e il nome dei suoi familiari: i genitori erano Nymphodotus – Aug. lib. tabularius – e Statoria Nephele; seguivano al prefetto altri tre Iulii – Iustus, Probus, Pius – e una sorella Iulia Statorina Era infine presentato anche il figlio di Iulianus, Iulius Primianus Il ricorrente riferimento ai Giulii e addirittura a Tiberio, sembra suggerire che Nymphodotus fosse stato un tabularius di quest’ultimo347
342 Ritterling RE XII 2, coll 1781–1791; Bérard 2000 343 L’iscrizione menziona anche i figli di Perpetuus: C. Caesetius Honoratus (quest’ultimo compare sempre a Thugga in CIL VIII, 15536 = 26757) e Perpetuus 344 Demougin 1992, p 426 345 Si trattava di un’eccezione alle norme previste per la promozione all’ordine, ribadite da Augusto e Tiberio fino al 23 d C (Demougin 1988, pp 650–651) Il patronato imperiale poteva evidentemente superare restrizioni di tipo legale 346 Cichorius RE IV, col 352; Spaul 2000, p 516 347 Cfr Demougin 1992, p 426
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93 T Iulius T f Vol Lentinus Rif. epigr.: AE 1953, 56 [Roma, Italia] Origo: ex civitate Tricassium, Lugdunensis Cronologia: età giulio-claudia (fra Tiberio e Caligola?)348 Bibliografia: Demougin 1992 (416); Wierschowski 2001 (4); Burnand 2006 (38 E 31) T. Iulius Lentinus, figlio di Couribocalus (90), morì troppo precocemente perché potesse avere una lunga carriera Le risorse e i contatti del padre gli avevano comunque assicurato una p. f. al seguito di un magistrato cum imperio, verosimilmente a Roma, dove i due si dovevano essere trattenuti, tessendo proficue relazioni Il cognomen Lentinus, latino349 e tanto diverso da quello celtico del padre, è molto significativo: la famiglia si era integrata con successo nella struttura politica romana 94 Sex Iulius Sex f Vol Max[imus Rif. epigr.: CIL XII, 3180 = AE 2005, 1005 [Nîmes, Francia] Origo: Nemausus, Provincia Narbonensis Cronologia: fra Claudio e Nerone350 Bibliografia: Devijver ME (I 86); Robert 1959 = 1969; Demougin 1992 (630); Burnand 2006 (77 E 64) Sex. Iulius Maximus, originario di Nemausus351, ottenne nella sua città natale i flaminati di Roma, di Augusto divinizzato e dei Cesari Druso (probabilmente l’erede di Tiberio)352 e Germanico, così come il quattuorvirato i. d.353 Membro dell’ordine equestre, egli fu inoltre tribuno militare in una legione sconosciuta Al di fuori di Nemausus, egli ottenne per tre volte la p. f. (III) Il patronimico Sextus suggerisce l’accesso alla cittadinanza da parte del padre del prefetto; il nomen Iulius sembra fissare questo momento all’epoca delle guerre galliche
348 349 350 351 352 353
Burnand 2006, p 100 Kajanto 1965, p 249 Demougin 1992, p 533; Burnand 2006, p 191 La tribù Voltinia era del resto diffusa in tutta la Narbonensis (Kubitschek IRTD, p 214; Bérard 2010) Pflaum 1978, p 109, nr 7; contra Demougin 1992, p 533 Il dibattito sull’andamento ascendente (Pflaum CP) o discendente (Demougin 1992) del cursus non influisce sul dato che qui più interessa: Maximus era senza dubbio un influente notabile narbonese
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95 C Iulius C f Cla Montanus Rif. epigr.: CIL XI, 3884 = ILS 978 [presso Roma, Italia] Cfr Tac Ann XIII, 25, 2; Suet Ner 26; Cass Dio LXI, 9, 4 Origo: Capena, Regio VII Cronologia: età neroniana Bibliografia: PIR2 (I 435); Groag RE X 1, col 682, nr 365; Devijver ME (I 90); Demougin 1992 (524) C. Iulius Montanus, membro dell’ordine equestre asceso al Senato, non era originario di Capena354, ma nella città etrusca doveva godere di contatti e influenza: lo dimostra l’iscrizione capenate dedicatagli dalla figlia, Iulia Nobilis Non sono noti incarichi municipali per Montanus, la cui ascesa nella politica romana fu troncata dal suicidio, impostogli da Nerone dopo uno sfortunato incidente Ad ogni modo, l’iscrizione di Capena attesta un tribunato nella legione V Macedonica, di stanza in Moesia355 , e la p. f. Successivamente, pronto per la carriera senatoria, Montano ebbe accesso al vigintivirato, come Xvir stlitibus iudicandis356 A dimostrazione delle risorse di cui disponeva e del favore di cui godeva a corte, la sua candidatura alle elezioni per la questura del 57 d C ebbe successo Quando ancora non era entrato in carica (quaestor destinatus), Montano ebbe tuttavia la sfortuna di incrociare Nerone durante una delle sue note scorribande notturne: una rissa col Principe in incognito costò la vita (e quella che si annunciava come una soddifacente carriera) allo sfortunato ex prefetto 96 C Iulius C Iulii Otuanenni f Rufus C Iulii Gedemonis n Epotsorovidi pron Rif. epigr.: a AE 1959, 81 [Lyon, Francia] b CIL XIII, 1036 [Saintes, Francia] Origo: Mediolanum Santonum, Aquitania Cronologia: fra Augusto e Tiberio357 Bibliografia: Demougin 1992 (219); Burnand 2006 (17 E 15) L’iscrizione [b ] è stata incisa sull’arco onorario di Saintes
354 I cittadini di Capena erano infatti sovente ascritti alla tribù Stellatina (Taylor 1960, p 163; Arnaldi, Gasperini 2010, p 226) 355 Ritterling RE XII 2, col 1572–1586 356 Tacito definiva Montanus senatorii ordinis, sed qui nondum honorem capessisset (Ann XIII, 25, 2); cfr anche Suet Ner 26 (laticlauius); Cass Dio LXI, 9, 4 (βουλευτής) 357 Burnand 2006, pp 58–60; S Demougin (1992, p 158) ha proposto la piena età augustea; la concessione della cittadinanza, probabilmente datata alle guerre cesariane e vantata per il nonno e per il padre di Rufus, mi pare invece suggerire una datazione più tarda, quantomeno alla tarda età augustea o alla prima età tiberiana
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E’ probabile che la famiglia di C. Iulius Rufus avesse ottenuto la cittadinanza op timo iure, schierandosi al fianco di Roma (e soprattutto di Cesare) al tempo delle guerre in Gallia Rufus era senza dubbio un esponente dell’élite provinciale: ottenne il sacerdozio di Roma e Augusto a Lione (incarico creato nel 12 a C ) – ad aram quae est ad Confluentem [b ] e, successivamente, la p. f. [b ] Il grado di influenza, ricchezza e integrazione di Rufus e degli Iulii di Saintes è plasticamente rappresentato dal grande arco onorario, dedicato a Tiberio, Germanico e Druso nel 18 d C Successivamente, Rufus, i suoi figli e i suoi nipoti sovvenzionarono la costruzione dell’anfiteatro delle Tre Gallie a Lione: una dimostrazione di ricchezza e di attenzione alla costruzione della propria persona pubblica, all’interno della vasta provincia Lugdunensis358 97 C Iulius Congonnetodubni f Acedomopatis n Volt Victor Rif. epigr.: a CIL XIII, 1042 = AE 1888, 170a [Saintes, Francia] b CIL XIII, 1043 = AE 1888, 170b [Saintes, Francia] c CIL XIII, 1044 = AE 1888, 170c [Saintes, Francia] d CIL XIII, 1045 = AE 1888, 170d [Saintes, Francia] Cfr CIL XIII, 1040 [Saintes, Francia] Origo: Mediolanum Santonum, Aquitania Cronologia: principato di Augusto / principato di Tiberio359 Bibliografia: Devijver ME (I 141); Demougin 1992 (221); Burnand 2006 (18 E 16) Con diversi gradi di integrità, le iscrizioni [a –d ] presentano lo stesso testo C. Iulius Victor, esponente dell’élite celtica, fu il primo della sua famiglia ad ottenere la cittadinanza romana, forse in ragione dell’assistenza prestata a Cesare – durante le campagne galliche – o ad Augusto – durante il suo soggiorno in Gallia (16–13 a C ) Egli ottenne la p. f. e la prefettura della I coorte dei Belgae, di stanza in Germania o in Dalmatia360; gli fu infine riconosciuto il sacerdozio di Roma e Augusto ad Confluentem Le iscrizioni qui discusse, tutte rinvenute a Saintes (proba-
358 Seston 1962 = 1980 359 S Demougin (1992, p 194) ha proposto per Victor una datazione alla tarda età augustea o all’inizio del regno di Tiberio Una dedica mutila a [Dr]usus Germanicus (morto nel 33 d C ) potrebbe indurre ad una datazione al terzo decennio del I sec d C Il nome del prefetto non è chiaramente leggibile, ma secondo Y Burnand (2006, pp 63–64), la presenza del patronimico celtico Con con[neto]dubnus rende l’identificazione certa e il rischio si tratti di un altro figlio del tutto residuale La creazione del culto provinciale a Lione nel 12 a C e la recenziorità della cittadinanza (suggerita proprio dal patronimico) mi sembrano però suggerire una datazione più alta, quantomeno al tardo principato augusteo, come originariamente suggerito da Demougin 360 Cichorius RE IV, coll 253–254; Spaul 2000, pp 190–192
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bile città d’origine della famiglia), furono dedicate dal figlio di Victor, omonimo Un’altra, più tarda, fu dedicata all’imperatore Claudio da un altro C. Iulius Victor, figlio o, più probabilmente, nipote del prefetto361 La famiglia doveva dunque godere di una posizione solida e interessi cospicui in città, dove poteva probabilmente esercitare significativa influenza 98 T Iunius D f Ani Montanus Rif. epigr.: AE 1938, 173 = 1992, 687 [Ljubljana, Slovenia] Origo: Alexandreia Troas, Asia Cronologia: età tiberiana Bibliografia: PIR2 (I 780); Saria RE Suppl VII, col 313, nr 105a; Eck RE Suppl XV, col 125, nr 105; Devijver ME (I 148); Demougin 1992 (266); Ricl 1997, pp 241–242 Il cursus di T. Iunius Montanus, membro dell’ordine equestre, originario di Alexan dria Troas, è noto grazie ad un’iscrizione rinvenuta in Pannonia Non è chiaro quale funzione lo avesse condotto ad Emona Il testo iscritto sembra presentare, a fianco di ciascun incarico, l’indicazione della sua durata: fu tribuno militare per sei anni, prefetto d’ala per altri sei, p. f. per due anni e pro legato per altri due Un nipote di Montanus, figlio di Caius, raggiunse il consolato suffectus nell’81 d C , dopo aver cominciato la propria carriera dal triumvirato monetale362 In questo caso, è probabile che già suo padre avesse avuto accesso al Senato, anche grazie al successo della carriera di Montanus prefetto, il cui percorso va dunque fissato all’età tiberiana363 Il fatto che a Montanus console fosse stato riconosciuto il patronato della colonia di Alessandria è significativo: evidentemente, fra la città d’origine e la famiglia esisteva un legame solido e duraturo 99 M Iunius C f Gal Proculus Rif. epigr.: CIL X, 6309 [Terracina, Italia] Origo: Tarracina, Regio I? Cronologia: età tiberiana? Bibliografia: Devijver ME (I 100); Demougin 1992 (261); Traverso 2006 (I 89)
S Demougin (1992, p 194) ha identificato senza incertezze questo Victor col figlio, senz’altro fondandosi su di una datazione in età tiberiana del prefetto 362 AE 1973, 500; Halfmann 1979, p 103, nr 6; Ricl 1997, pp 241–242 363 Demougin 1992, pp 227–228; contra Ragolic in EAGLE: EDR073370, che data l’iscrizione all’età augustea
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Forse vissuto in età tiberiana364, M. Iunius Proculus, praefectus equitum divi Augusti e p. f., era ascritto alla tribù Galeria, mentre gli abitanti di Tarracina erano generalmente ascritti alla Oufentina365 Che fosse o meno la sua città d’origine, i suoi successori conservarono a Tarracina una posizione rilevante: il monumento dedicato dal prefetto a Tiberio e a Livia fu infatti restaurato e modificato grazie al lascito testamentario – testamento (…) refici iussit – di Pompeia Q. f. Trebulla, durante (o dopo) il principato di Claudio – una datazione suggerita dal fatto che Livia vi compariva come diva Augusta366 100 L Laetilius L f Stel Rufus Rif. epigr.: CIL IX, 1614 [Benevento, Italia] Origo: Beneventum, Regio II Cronologia: età giulio-claudia (ante 39/41 d C )367 Bibliografia: Devijver ME (L 2); Demougin 1992 (368); Traverso 2006 (II 8); De Carlo 2015, pp 189–190 Si tratta di un’ara marmorea con patera scolpita sulla faccia destra L. Laetilius Rufus, originario di Benevento368, fu eques e tribuno militare della legione XXII in età giulio-claudia Qualora si tratti della Deiotariana, egli avrebbe quindi servito in Egitto369 e sembra evidente che, durante quel mandato, egli abbia ottenuto l’hasta pura e la corona vallaris, riconosciuta a coloro che per primi raggiungevano la sommità delle fortificazioni nemiche370 Se così fu, è ragionevole che egli abbia servito nell’esercito in giovane età, benché non sia chiaro in quali operazioni possa essere stato coinvolto371 Ad ogni modo, di ritorno a Beneven tum, Laetilius Rufus rivestì le più importanti magistrature locali: edilità, questu-
364 Propendo per una datazione alta della carriera di Proculus, benché Di Brino (in EAGLE: EDR156635) suggerisca una datazione dell’iscrizione agli anni compresi fra 42 e 69 d C 365 Taylor 1960, p 161; Buchholz 2010, p 175 La tribù Galeria, peraltro, è poco presente anche in Italia 366 Livia Drusilla (divenuta Augusta dopo la morte di Augusto) ottenne onori divini soltanto al tempo di Claudio, nel 42 d C (Suet Claud. 11, 4) 367 Sulla base dell’assenza dell’agnomen della legione XXII Fino al 39 d C o al principato di Claudio, vi era solo una XXII, la Deiotariana, successivamente affiancata dalla Primigenia; su questo, si veda Ritterling RE XII 2, coll 1797–1820 A De Carlo (2015, p 190) limita la datazione al secondo quarto del I sec d C , sulla base dell’esame autoptico dell’ara funeraria 368 I cittadini di Beneventum erano generalmente ascritti alla tribù Stellatina (Taylor 1960, p 161; Silvestrini 2010, p 185) Pur essendo di questo stesso avviso, S Demougin (1992, p 309) ha segnalato la presenza di alcune Laetiliae Rufinae in Italia settentrionale 369 Daris 2000a 370 Maxfield 1981, pp 160–161 371 Per quanto noto, la legione XXII Deiotariana fu impiegata contro i Parti soltanto al tempo delle campagne di Corbulone, in età neroniana, mentre la XXII Primigenia, di stanza a Mogontiacum, fu sovente coinvolta negli scontri lungo il limes
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ra e duovirato i. d. Egli divenne infine p. f. – un riconoscimento ufficiale per un importante Beneventano, con un prestigioso passato nell’esercito L’iscrizione in oggetto gli fu dedicata dalla moglie, Atteia Q. f. Prisca 101 Q Latinius P f Q n Pob Musculus Rif. epigr.: AE 1990, 412 [Verona, Italia] Origo: Verona, Regio X Cronologia: età augustea372 Bibliografia: Buonopane 1990 (2) Noto grazie ad un’iscrizione rinvenuta a Verona, il cursus di Q. Latinius Musculus includeva – al momento della dedica – la sola p. f. Il monumento era stato dedicato a questo cittadino veronese373 dal liberto Gyas Nessuno dei due è altrimenti attestato in città o nel complesso della Regio X 102 Q Lollius Q f Ani Fronto Rif. epigr.: CIL III, 388 = ILS 1395 = IK 53, 35 [Kemally (dal mercato antiquario), Turchia] Origo: Alexandreia Troas, Asia Cronologia: età giulio-claudia Bibliografia: Pflaum CP, p 1093; Devijver ME (L 26); Demougin 1992 (742); Ricl 1997 (IK 53), sub numero Q. Lollius Fronto, eques romano originario di Alexandreia Troas374, rivestì in città il duovirato e il pontificato Al di fuori della dimensione propriamente locale, Fron to operò a lungo in Africa, con incarichi qualificati: fu tribuno nella legione III Augusta375, p. f. per tre volte (ter[t(ium)]), forse ancora nella Proconsularis376, prefetto dell’ala (Flavia) Numidica, anch’essa di stanza in Africa377 Nella medesima provincia, egli curò il censimento di 44 comunità (sub eo civitates XXXXIIII ex
372 Buonopane 1990, pp 161–163 373 In effetti, la tribù più attestata in città era la Poblilia (Taylor 1960, p 164; Bertolazzi, La Monaca 2010, pp 286–287) Il nomen sembra però suggerire che la famiglia avesse origine nel Latium Vetus – il padre di Musculus era forse stato dedotto a Verona (o nella Regio X) in occasione delle concessioni ai veterani, successive alle guerre civili 374 Gli abitanti della colonia erano sovente ascritti alla tribù Aniensis (Kubitschek IRTD, p 247; Camia 2010, p 368) 375 Ritterling RE XII 2, coll 1493–1505; Le Bohec 2000a 376 Cfr Demougin 1992, p 633 377 L’ala era stata creata in età flavia, come ausiliaria della legione III Augusta: Cichorius RE IV, col 1293; Le Bohec 1989a, pp 28–33
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provinc(ia) Africa censae sunt) – un’operazione probabilmente svolta in occasione del tribunato o di uno dei suoi mandati da p. f.378 103 L Lollius L f Suavis Rif. epigr.: CIL IX, 1648 = ILS 6499 [Benevento, Italia] Cfr CIL IX, 1694 [Benevento, Italia] Origo: Beneventum, Regio II Cronologia: età claudia Bibliografia: Corazza in EAGLE: EDR102201; De Carlo 2015, p 191 Originario di Beneventum, L. Lollius Suavis apparteneva ad una famiglia ben attestata in città Nell’iscrizione che L. Lollius Orio, Augustalis Claudialis, e sua moglie Hirria Tertulla dedicarono al figlio L. Lollius Suavis (probabilmente deceduto), la p. f. è l’unico incarico menzionato Il legame fra le gentes Lollia e Hirria è documentato anche da un’altra iscrizione, in cui un L. Lollius S[u]av[is] curava una dedica a sé stesso e alla moglie, Hirria Aegial[e] L’iscrizione, in parte danneggiata, conservava i nomi della madre del dedicante, Pomponia Cale, di due Lollii, Suavis e Aegialus – forse figli del dedicante – entrambi Augustales per due volte (iterum), e di una Hirria Cai[---] L’assenza di patronimici e il cognomen di Pomponia suggeriscono si tratti di una famiglia di liberti, ma in altre iscrizioni i liberti della famiglia sono chiaramente riconoscibili ed espressamente indicati (non vi compare inoltre alcun membro della gens Hirria)379 I Lollii avevano infine stretto un legame con la gens Trebonia: L. Trebonius Beneventanus, morto trentaseienne, era infatti figlio di una Lollia Euphrosine380 104 M Lucilius M f Sca Paetus Rif. epigr.: CIL VI, 32932 [Roma, Italia] Origo: incerta Cronologia: età augustea381 Bibliografia: Devijver ME (L 34); Demougin 1992 (370); Montanari 2014 L’iscrizione era parte di un grande tumulo familiare, costruito lungo la via Salaria382
378 Per altri casi di ufficiali e funzionari di stanza nelle province, impiegati per attività di censimento, si veda Pflaum CP, p 121; Birley 1961, p 151 379 CIL IX, 1695; 1700 = AE 2013, 355; CIL IX, 1797; 1863; 1864; 1865; è forse una liberta anche Lollia Ithaces (CIL IX, 1998) 380 CIL IX, 1998 381 Demougin 1992, p 310; Montanari 2014, pp 47–49 382 Sul monumento dei Lucilii, si veda Montanari 2014 (con ampia bibliografia, sopr pp 22–39 e 102–106)
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M. Lucilius M. f. Paetus, membro dell’ordine equestre, non era forse originario di Roma383 Nell’Urbe, all’interno di un grande monumento familiare, è stato tuttavia rinvenuto l’unico testo iscritto che ne attesti il cursus Paetus fu tribuno militare, p. f. e prefetto d’ala Ignoriamo tutte le unità in cui fu impiegato L’iscrizione dedicata dal prefetto menzionava anche la sorella, Lucilia M. f. Polla 105 M Lucretius L f Decidianus Rufus Rif. epigr.: a NSA 1898, p 171 = AE 1898, 143 = ILS 6363a [Pompei, Italia] b CIL X, 788 = ILS 6363b [Pompei, Italia] c CIL X, 789 = ILS 6363c [Pompei, Italia] d CIL X, 851 = ILS 6363d [Pompei, Italia] Cfr anche CIL X, 815, 868, 952, 953, 954 (prive di qualsiasi riferimento al cursus) Origo: Pompeii, Regio I Cronologia: età augustea384 Bibliografia: Devijver ME (L 36); Demougin 1992 (164); Traverso 2006 (I 72); De Carlo 2015, pp 131–132 [a ] è senza dubbio l’iscrizione più antica385 L’iscrizione [b ] è stata incisa su di un basamento marmoreo, decorato con modanatura a triglifi e rosette M. Lucretius Decidianus Rufus è il più antico membro attestato della gens Lucretia, ben radicata nell’élite pompeiana386 Adottato da uno dei Decidii387, egli ottenne una praefectura fabrum dopo il tribunato militare a populo, incarico attestato unicamente in età augustea, con il quale aveva avuto accesso all’ordine equestre388 A Pompei, ricoprì per tre volte il duovirato, la quinquennalità [c ]389 e, infine, il pontificato [b , c , d ], riservato – secondo P Castrén – ai “sostenitori di Augusto”, insediati in città390 Nel complesso, l’ipotesi di Castrén è poco plausibile, soprattut-
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Ovviamente, la tribù Scaptia non era urbana (Kubitschek IRTD, p 272): a Roma, tuttavia, questo genere di considerazioni è meno significativo (contra Demougin 1992, p 310, certa di un’origine non urbana) Demougin 1992, pp 152–153 De Carlo 2015, p 132 Castrén 1975, p 185; Camodeca 2008, pp 314–315 Castrén 1975, p 162 Su questo, si veda Nicolet 1967 Cfr De Carlo 2015, p 132 – a cui si rinvia per una definizione delle tappe del cursus Castrén 1975, p 70, in cui si individua in M. Lucretius la figura di spicco dei partigiani di Augusto a Pompei Poco oltre (ivi, pp 95–96) Castrén suggerisce che M. Lucretius sia stato addirittura inviato a Pompei da Augusto, col compito di praefectus fabrum, che egli considera “not unlike gauleiters” – un individuo fidato, inviato nella colonia per alimentare consenso e supporto nei confronti del nuovo regime
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to considerata l’origine pompeiana della famiglia Il prefetto lasciò in eredità alla città erme e ritratti391 e il legame fra i Decidii e la città di Pompeii continuò anche dopo il terremoto del 62 d C : M. Decidius Pilonius Rufus curò infatti l’opera di ricollocamento delle statue onorarie del suo prestigioso antenato [b ; d ]392 106 C Maenius C f Cam Bassus Rif. epigr.: CIL XIV, 3665 = ILS 6236 = InscrIt IV 1, 193 [presso Tivoli, Italia] Origo: Tibur, Regio I Cronologia: fra Augusto e Claudio Bibliografia: Devijver ME (M 6); Demougin 1992 (425); Traverso 2006 (I 91) L’iscrizione è stata incisa su di una lastra, parte di un monumento sepolcrale lungo la via Tiburtina/Valeria, a 6 km da Tivoli (presso Vicovaro) P. f. del nobilis M. Iunius Silanus Torquatus (cos. 19 d C )393, durante il proconsolato in Africa (fra 36 e 39394), C. Maenius Bassus era probabilmente originario di Tivoli, i cui cittadini erano generalmente ascritti alla tribù Camilia395 Nella città latina questi rivestì del resto tutte le magistrature municipali: edile, duoviro, ma gister dei collegia religiosi degli Herculanei396 e degli Augustales, Bassus concluse la sua carriera in città con il duovirato quinquennale Il grande monumento sulla via Valeria – in cui era inquadrata l’iscrizione – dimostra l’esistenza di un forte legame fra il prefetto e la città Al di fuori di Tivoli, C. Maenius fu p. f. M. Silani M. f. sexto Carthaginis397 e tribunus militum della legione III Augusta398 – posizione che, nell’iscrizione, è menzionata prima della quinquennalità All’espressione sexto sono state associate due distinte interpretazioni: secondo alcuni, C. Maenius avrebbe rivestito in sei occasioni la p. f. – l’ultima volta, per conto di M. Iunius Silanus; secondo altri, egli sarebbe stato invece prefetto in Africa per sei anni399 391 Pesando 2000, sopr 163–171 392 G Camodeca (2004 = 2008, p 315) ha escluso ogni rapporto con il cavaliere D. Lucretius Valens Prudenza è necessaria anche per un accostamento ai numerosi MM. Lucretii, magistrati cittadini (De Carlo 2015, p 132 e n 640) 393 PIR2 I 839 394 Thomasson 1960 p 23 395 Taylor 1960, p 162; Ricci 2010b, pp 154–155 396 Sul culto di Ercole a Tivoli, sede di un noto santuario di epoca ellenistica, si vedano Strab V, 3, 11; Coarelli 1987, pp 85–97; Giuliani 2004 397 Con l’eccezione delle prefetture a seguito dei membri della casa imperiale, si tratta di una delle rarissime iscrizioni in cui un prefetto menzioni il magistrato presso cui servì (a fianco di M’. Aimilius M’. f. Pal. Proculus – 5 – e Claudius Claudii Philostrati f. Chionis – 54) 398 Ritterling RE XII 2, coll 1493–1505; Le Bohec 2000a 399 Sui termini di questa discussione, si veda Demougin 1992, p 349; per quest’ultima interpretazione, fondata su di un passaggio in Cassio Dione (LVIII, 23, 5), cfr Groag PIR2 I 839, p 357; Syme 1955, p 30; Id 1986, pp 191–192; Vogel-Weidemann 1982
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Come più volte affermato in questo lavoro, non è noto alcun limite temporale per il mandato da praefectus fabrum: certo, è probabile che un incarico con nomina diretta potesse essere ritirato in ogni momento e, senz’altro, il prefetto decadeva al termine dell’imperium del magistrato delegante Sembra anche che non ci fossero ostacoli formali alla selezione di praefecti fabrum fra coloro che già rivestivano una funzione amministrativa e/o militare, come ad esempio il tribunato militare E’ dunque possibile e verosimile che Silano si fosse servito per sei volte – quale prefetto dei fabri – di un tribuno della legione III Augusta, un uomo che già conosceva e al quale forse aveva procurato quella posizione equestre E’ possibile che egli abbia sempre esercitato la prefettura a Cartagine, come sembra suggerire la stessa iscrizione A questo proposito, c’è un ultimo dettaglio da considerare: secondo Tacito – Marcum Silanum obtinentem Africam metuens – Caligola sottrasse al governatore della Proconsolare il comando della legione III Augusta affidata da allora in poi ad un legato Si parcellizzavano così comando e strumenti patronali, tradizionalmente messi a disposizione del proconsole (aequatus inter duos beneficiorum numerus)400 Il tribunato nella legione III Augusta sembra dunque più significativo di un semplice indicatore del rango equestre, perché la nomina potrebbe essere stata l’ultimo atto di Silano da governatore con competenze militari401 Questi elementi suggeriscono l’esistenza di un conflitto di influenze nella provincia Per questo non è escluso che, nell’orgogliosa rivendicazione di lealtà a Silano, C. Maenius Bassus intendesse lanciare un consapevole messaggio politico a Tibur, sua comunità natale 107 Sex Maesius Sex f Rom Celsus Rif. epigr.: CIL XIV, 2989 = ILS 6254 [Palestrina, Italia] Origo: Praeneste, Regio I? Cronologia: fra Tiberio e Nerone Bibliografia: Demougin 1992 (619); Traverso 2006 (I 77) E’ possibile che Sex Maesius della tribù Romilia non fosse originario di Prae neste402 La sua carriera si è però svolta soprattutto in città, dove questi rivestì la questura, l’edilità, il duovirato, i sacerdozi di flamen divi Augusti e sortilegus nel notissimo santuario di Fortuna Primigenia Quest’ultimo incarico era di notevole 400 Tac Hist. IV, 48; per una tradizione diversa, cfr Cass Dio LIX, 20, in cui questo provvedimento è riferito al proconsolato di L. Piso (cos 27 d C ; a favore di questa soluzione è Syme 1986, p 192) 401 Il passaggio da p. f. in Africa a tribunus militum della legione III Augusta è attestato anche per C. Silius Aviola (158) e C. Aufustius Macrinus (27), entrambi in età giulio-claudia: questi paralleli suggeriscono l’esistenza di una pratica patronale relativamente comune, da parte dei governatori d’Africa; cfr anche Demougin 1992, p 349 402 In effetti, a Praeneste è attestata soprattutto la tribù Menenia (Taylor 1960, p 160; Ricci 2010b, pp 153 e 155)
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rilievo (non solo locale) e dimostra la riconosciuta competenza di Celsus nell’ambito della divinazione403. Al di fuori della realtà municipale, Sex. Maesius rivestì la p. f. III – non è chiaro se in occasioni distinte o consecutivamente – e il centurionato nella legione V Macedonica, all’epoca di stanza in Moesia404 Sebbene siano noti equites anche fra gli ufficiali subalterni405, non è necessario supporre si tratti del primo caso attestato epigraficamente di un cavaliere divenuto centurione406: come si è detto più volte, la p. f. non era una posizione necessariamente equestre 108 M Magius M f Gal Antiquus Rif. epigr.: EE VIII, 144 = ILS 8968 [Uxama, Spagna] Origo: Uxama, Hispania citerior Cronologia: età giulio-claudia (post 41 d C ?407) Bibliografia: Devijver ME (M 9); Demougin 1992 (743); Álvarez-Melero 2013, p 148, nr 6 Benchè il cursus di M. Magius Antiquus lo avesse condotto lontano da Uxama, la sua città natale deve essere identificata in questo piccolo oppidum degli Arevaci, nel conventus Cluniensis408: qui sono del resto attestati altri Magii409 Egli fu prefetto della coorte dei Cil(ices), di stanza in Moesia fino al termine del I sec d C 410, e p. f. La sola iscrizione, che ne attesti il cursus, gli era stata dedicata dal pretore di probabile origine centro-italica [Ma]mius Murrius Umber411, che aveva servito da tribuno militare presso la legione IV Scythica, in Moesia fra 14 e 58 d C 412 H Devijver ha suggerito che l’incontro fra i due sia appunto avvenuto durante il tribunato di Umber in quella provincia413. Dal momento che si ignorano gli ambiti operativi in cui quest’ultimo fu impegnato durante la questura propretoria e la legatura propretoria, l’ipotesi di Devijver resta – a mio avviso – convincente E’ 403 Sul santuario di Fortuna Primigenia e sul suo funzionamento, è ancora essenziale Coarelli 1987, pp 35–84; si veda anche il più recente contributo di W E Klingshirn (2006, sopr pp 158–160 – con un riferimento a Celsus a p 188; sui sortilegi (e il loro prestigio), anche al di fuori di Praeneste, cfr Santangelo 2013, pp 73–80) 404 Ritterling RE XII 2, coll 1572–1586 405 Birley 1953, p 114 406 Questa è l’interpretazione suggerita in Demougin 1992, p 519 407 Demougin 1992, p 633 408 Plin NH III, 27 409 Cfr ad es Magia Atia, Clun(iensis vel –es) (CIL II, 5855); Magia (CIL II, 5787); C. Magius L. f. Silo, legato di Clunia per la stipula di un accordo di hospitium (CIL II, 5792 = ILS 6102) 410 Cichorius RE IV, col 270; Spaul 2000, pp 397–398 411 Groag RE XVI 1, col 670, nr 2 ; PIR2 M 749; Devijver ME M 75 bis; è possibile che Umber fosse in qualche modo legato ai Murrii, noti produttori di terra sigillata italica e tardo-italica ad Arezzo e poi a Pisa (su questo, si veda Sangriso 2013) 412 Ritterling RE XII, coll 1556–1564; Speidel 2000; cfr Demougin 1992, p 633 413 Devijver ME, p 554
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infine verosimile che M. Magius Antiquus avesse servito da p. f. per Umber al tempo della pretura Il fatto che Umber avesse elevato questa dedica ad Uxama dimostra non soltanto la forza del rapporto fra i due, ma anche l’importanza di una p. f. per la carriera di singoli notabili e nell’ambito della stessa politica locale 109 C Manlius C f Pollio Rif. epigr.: CIL XI, 3617 = ILS 6578 [Cerveteri, Italia] Origo: Caere, Regio VII Cronologia: età augustea Bibliografia: Devijver ME (M 23); Demougin 1992 (166); Traverso 2006 (VII 2a) C. Manlius Pollio, notabile originario di Caere, ottenne l’ingresso all’ordine equestre con un tribunato militare a populo – incarico di epoca augustea414 La preminenza locale della famiglia è suggerita dal fatto che, con ogni probabilità, il padre di Pollio fu C. Manlius C. f., censor perpetuus a Caere415 Si trattava probabilmente di una gens di origine Caeretana, come suggerito dalla presenza di altri Manlii416 e dei loro numerosi liberti in città417 Pollio fu p. f. e, senza apparentemente rivestire altri incarichi, censor perpetuus, magistratura già rivestita dal padre 110 L Marci[us] Fusci f Qui Avit[us] Rif. epigr.: AE 1961, 358 = 1967, 145 [Idanha-a-Vehla, Portogallo] Origo: Civitas Igaeditanorum, Lusitania Cronologia: età neroniana418 Bibliografia: Devijver ME (M 26); Gil García 1994 (28); González Herrero 2004 (5); Álvarez-Melero 2013, p 153, nr 8 L. Marci[us] Avit[us], membro dell’ordine equestre e prefetto di un’ala di cavalleria, è noto grazie ad un’iscrizione dedicatagli da uno dei cavalieri ai suoi ordini Le origini di Avitus, che si precisa essere Fusci f(ilius), erano certamente iberiche,
414 Nicolet 1967 415 CIL XI, 3616 = ILS 6577 (iscrizione dedicata da non meglio precisati clientes al loro patronus) Il testo è inciso su di un altare decorato a rilievo con bucrani – a lato del campo epigrafico – e scene di sacrificio – al di sotto –, di adorazione di divinità femminile in trono (Cibele?) – sul lato posteriore – e di rhyta inghirlandati sulle facce laterali 416 C. Manlius A. f. (CIL XI, 3666 = I, 1962); L. Manlius A. f. (CIL XI, 3667 = I, 1963); M. (?) M]anlius (CIL XI, 3617a); C. Manlius C. f. I[---] (CIL XI, 7627 = I, 2598) 417 L. Manlius L. l. Aristo (CIL I, 2749); C. Manlius C. l. Artimido[rus] (CIL I, 2750); L. Manlius L. l. Sal vi(us) (CIL I, 2751); cfr anche Ranthu(s) Manli M. s(ervus?) (CIL XI, 7652) 418 González Herrero 2004, p 376
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molto probabilmente della stessa civitas Igaeditanorum419 Il suo cursus è scandito da incarichi estranei alla dimensione più propriamente locale Egli fu p. f., prefetto della coorte I S[y]ror(um) sagitta[r(iorum)], tribuno militare della legione X Fre tensis420, prefetto dell’ala I sing[u]lar(ium) c(ivium) R(omanorum); egli fu inoltre premiato con onorificenze militari (donis donatus) Il suo sottoposto, L. Marcius Tangini f. Maternus, decurione dell’ala I c. R.421, dedicò un’iscrizione praefe[cto] optumo ob meri[ta] Il fatto che questo dedicante portasse il praenomen e il nomen del prefetto ha suggerito in effetti che Maternus fosse legato ad Avitus da un vincolo patronale, o che gli serbasse particolare riconoscenza nell’occasione di una concessione collettiva della cittadinanza, che aveva interessato l’intera unità (ala civium Romanorum)422 Ad ogni modo la prima soluzione mi pare la più probabile: Avitus, eques dotato di mezzi adeguati e legami con personalità di rango senatorio – tanto più notevoli nella piccola civitas Igaeditanorum – poteva senz’altro essere considerato un eccellente patronus 111 C Marius D [f Vol ] Rif. epigr.: ILN V 3, 786 = ILGN 348 = AE 1904, 141 [Seyssel, Francia] Origo: Vienna, Provincia Narbonensis Cronologia: età giulio-claudia (37–54 d C ?)423 Bibliografia: Pflaum 1978 (7); Demougin 1992 (504); Burnand 2006 (83 E 69) C. Marius, originario di Vienna424, ottenne in città il duovirato e il triumvirato [l]ocor(um) pub[l(icorum) pers(equendorum)], la più elevata magistratura locale A giudicare dalla sequenza iscritta, sembra che egli abbia rivestito la p. f. fra questi due incarichi425
419 I cittadini della civitas erano anch’essi ascritti alla tribù Quirina (Kubitschek IRTD, p 185); Fu scus è inoltre un cognomen molto diffuso nelle Spagne (González Herrero 2004, p 373) 420 La legione fu a lungo stanziata a Cyrrhus, in Siria (Ritterling RE XII 2, coll 1671–1678; Dabrowa 2000b) 421 I tria nomina e il grado di Maternus sono noti da un’altra iscrizione, anch’essa dalla civitas Igaedita norum: AE 1961, 359 422 Per una disamina di entrambe le tesi, si veda González Herrero 2004, pp 373–374 423 Demougin 1992, p 417 424 Al di là della tribù Voltinia, diffusa in tutta la Provincia Narbonensis, a Vienna, la gens Maria è ben attestata: Sex. Marius Navus, edile, e D. Marius Martinus (CIL XII, 1895 = ILN V 1, 75); T. Marius Tiro (CIL XII, 2022 = ILN V 1, 207); Marius Saturnin[us] (ILN V 1, 201 = AE 1995, 1042) 425 Solo un frammento della lastra iscritta è conservato (angolo superiore sinistro); la menzione della p. f., seppure in parte frutto di integrazione – [praef(ectus)] fabrum – è tuttavia sicura, perché inserita all’interno di una sequenza di incarichi istituzionali In altre parole, non è possibile che in lacuna fosse menzionato un collegium fabrum
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112 [---] Tro Maximus Rif. epigr.: CIL IX, 2648 = ILS 2228 [Isernia, Italia] Origo: Aesernia, Regio IV Cronologia: età augustea Bibliografia: Devijver ME (M 82); Demougin 1992 (167); Buonocore 2003, pp 58–59, nr 25; Traverso 2006 (IV 4) Maximus, iscritto nella tribù Tromentina di Aesernia426 e membro dell’ordine equestre, fu quatturoviro i. d., quattuorviro quinquennale bis, flamen Augustalis, augure e questore Nel corso di una carriera eminentemente locale, egli raggiunse inoltre il tribunato militare nella legione VI Gemella, un’unità poco nota, parte dell’esercito di Pompeo Magno nel 49 a C e sopravvissuta fino all’età di Augusto427 Forse, subito dopo il tribunato, Maximus ottenne la p. f. e concluse infine la propria carriera ad Aesernia 113 C Meffius C f Cla Saxo Rif. epigr.: CIL V, 4373 = ILS 2694 = InscrIt X 5, 162 = SupplIt 8, p 167, sub nu mero [Brescia, Italia] Origo: Brixia, Regio X Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C ) Bibliografia: Devijver ME (M 38); Dobson PP (39); Demougin 1992 (374); Traverso 2006 (X 20) C. Meffius Saxo, un militare, raggiunse una posizione di prestigio e probabilmente l’ingresso nell’ordine equestre con la conquista del primipilato Il nomen tipicamente celtico del prefetto lo colloca stabilmente nella Cisalpina428 Il passaggio dai ranghi all’ordine equestre è generalmente inteso come precedente agli interventi di Claudio429 Prefetto di coorte, ottenne anche una p. f. e, a Brixia, il pontificato e il duovirato Il rapporto di Meffius Saxo con l’esercito non era stato episodico, come dimostrato dal fatto che l’iscrizione gli era stata dedicata dalla cohors Carie tum et Veniesum430, della quale era forse stato prefetto
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Taylor 1960, p 162; Buonocore 2010, p 33 Caes BC III, 4; Ritterling RE XII 2, col 1596; cfr anche Keppie 1983, p 32 Dobson PP, p 183 Demougin 1992, p 312 Cichorius RE IV, col 267; Spaul 2000, p 101
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114 [---]nicius L f L n L pron Gal Mento Man[---] Rif. epigr.: CIL II, 2149a = II2/7, 125 [Porcuna, Spagna] Origo: Obulco, Baetica Cronologia: prima metà del I sec d C 431 Bibliografia: Álvarez- Melero 2013, p 151, nr 3 Membro di una famiglia rimasta anonima, Mento Man[---] era originario di Obul co432: rivestì in città l’edilità, il duovirato per tre volte ed una prefettura duovir(ali) potest(ate)433 Egli aveva poi ottenuto una p. f., mentre l’ultima posizione menzionata era un sacerdozio, il pontificato Aug(usti) L’ordine di presentazione sembra diretto, ma non è escluso che sia stato stilato per ambiti operativi (municipale, statale, religioso)434 L’iscrizione era stata dedicata a Mento d(ecreto) d(ecurionum) 115 [---] M f Ser Modestus Rif. epigr.: ERAEmerita 108 [Mérida, Spagna] Origo: Scallabis, Lusitania? Cronologia: età giulio-claudia435 Bibliografia: Gil García 1994 (43); González Herrero 2002a, pp 322–325; Id 2004 (7); Álvarez-Melero 2013, p 153, nr 9 Modestus (il nomen non si è conservato) era stato sepolto e onorato a Emerita, capitale di provincia, in cui aveva rivestito importanti incarichi: flamen divi Aug(u sti) e duoviro, ma sono perdute altre posizioni, menzionate (e forse rivestite) negli anni compresi fra le due conservate Modestus fu anche p. f. e [flamen p]rovinc(iae) Lusitan(iae), un sacerdozio prestigioso per l’ambito provinciale L’appartenenza alla tribù Sergia mi pare suggerire che il prefetto non fosse originario di Emerita e, del resto, in Lusitania, questa tribù è attestata solo a Scallabis436 E’ dunque possibile che Modestus si fosse trasferito stabilmente nella capitale provinciale, forse con l’intento di percorrervi una carriera politica di più ampio respiro
431 432 433 434 435 436
Feraudi Gruenais in EDH: HD027782 (71–130 d C ); A Álvarez-Melero (2013, p 151) ha datato il prefetto alla prima metà del I sec d C , ma la lunga serie di antenati dotati dei diritti di cittadinanza suggerisce una datazione compresa fra la fine del I sec d C e il II sec d C La cittadinanza di Obulco era generalmente ascritta alla tribù Galeria (Kubitschek IRTD, p 179) Da duoviro o da prefetto in sostituzione dei duoviri, Mento era dunque stato coinvolto per molti anni nella gestione della città A Álvarez-Melero (2013, p 131) sembra convinto che la p. f. sia stata rivestita al termine della carriera González Herrero 2004, pp 374–375 I cittadini di Emerita Augusta erano ascritti alla tribù Papiria (Kubitschek IRTD, p 185; cfr p 169 – per le attestazioni della tribù Sergia, nella Penisola iberica)
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116 [---]onius Fal S[ex f ] Musculus Rif. epigr.: CIL X, 1806 [Pozzuoli, Italia] Origo: Puteoli, Regio I Cronologia: età giulio-claudia (età tiberiana-claudia)437 Bibliografia: D’Arms 1974a, p 123; Camodeca 1996, p 95, n 11; De Carlo 2015, p 148 Musculus, iscritto nella tribù Falerna di Puteoli438, aveva rivestito in città il flaminato divi Aug(usti), la questura, il duovirato e la quinquennalità per ben tre volte Al di fuori di una carriera di ambito propriamente locale, Musculus aveva apparentemente rivestito la sola p. f. (citata fra il flaminato e la questura) L’iscrizione, decretatagli per decisione dei decurioni, gli era stata dedicata – a fianco del suocero (?), il cui nome non è conservato – dalla moglie Bruttia Secondo la convincente proposta di J D’Arms, Musculus sarebbe un membro dell’importante famiglia degli Hordeonii, una gens campana (apparentemente legata a Capua e Puteoli), affermatasi soprattutto grazie al commercio439 Secondo la lettura autoptica di G Camodeca, una lettera R sarebbe visibile in frattura e permetterebbe di escludere il gentilizio Hordeonius440 117 P Numisius P f Vol Ligus Rif. epigr.: AE 1959, 284 [Sepino, Italia] Origo: Saepinum, Regio IV Cronologia: età giulio-claudia Bibliografia: Devijver ME (N 19); Demougin 1992 (305); Traverso 2006 (IV 38) L’iscrizione era inquadrata all’interno di un grande monumento ‘ad altare’, poco fuori Porta Boiano P. Numisius Ligus, eques romano, è al momento attestato da un’unica iscrizione, al cui interno si menzionavano anche la moglie Vannia M. f. Quarta e un figlio, omonimo e morto precocemente Numisius Ligus era senz’altro originario di Sae
437 D’Arms 1974a, p 123; De Carlo 2015, p 148 438 Taylor 1960, p 161; Camodeca 2010, p 180 439 D’Arms 1974a, pp 108; 123 Un T. Hordeonius è menzionato da Cicerone in Att XIII, 46, 3 e XVI, 2, 1 A Puteoli erano del resto note una ara Augusti Hordioniana (nel 44 d C ) e un chalcidicum Hordionianum (55 d C ): su questo, cfr D’Arms 1974a, n 34 (con bibliografia) A questa famiglia, apparteneva il legato della Germania Superior, Hordeonius Flaccus, consul suffectus nel 47 d C : secondo Tacito, era stato scelto da Galba perché – sine constantia, sine auctoritate – non sembrava rappresentare un pericolo alla sua posizione (Tac Hist I, 9, 1; cfr anche: ivi, 56–57 1; Plut Galb 10; sulle origini municipali di Flacco, si veda D’Arms 1974b) 440 Camodeca 1996, p 95, n 11 (in cui si propone il gentilizio Petronius)
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pinum441 e in quella città percorse un cursus completo: edile, duoviro i. d. per due volte, duoviro quinquennale, questore per tre volte e patrono del municipio442 Il grande monumento, formalmente dedicato in occasione della scomparsa del figlioletto deceduto era, al contempo, un segno della posizione goduta in città e un consapevole strumento di auto-rappresentazione443 Al di fuori di Saepinum, Numisius Ligus ottenne anche il tribunato militare nella legione III Augusta in Africa444 e una p. f. XV Secondo H -G Pflaum, che ha commentato l’iscrizione per l’Année Epigraphique, potrebbe trattarsi di un caso tiberiano, perché durante quel regno era comune trattenere i funzionari in provincia per un tempo tanto lungo Un proconsolato dalla durata tanto eccessiva mi pare tuttavia inverosimile, tanto più in Africa, dove pure Numisius Ligus aveva servito da tribuno445 Questa scansione potrebbe forse adattarsi meglio ad una legatura propretoria in una provincia amministrata direttamente dai legati del princeps: Pflaum ha proposto la Moesia, dove C. Poppaeus Sabinus sembra sia stato legato per ben 23 anni446 Anche la carriera di Munatius Plancus Paulinus (cos 13 d C ) sembra essere stata caratterizzata dall’inusuale durata di una magistratura presidiale: praeses Pann. per ann. XVII447 In tal caso, sarebbe dimostrata la possibilità per un legatus Augusti pro praetore di nominare egli stesso un p. f., nonostante il suo imperium fosse puramente delegato dal princeps Tuttavia, l’ipotesi più lineare è che forse a Ligus fosse stata assegnata per quindici volte la p. f. stessa, una posizione reiterabile e dalla durata indefinita: in questo senso, lo stesso magistrato avrebbe potuto affidargli più volte l’incarico, con deleghe di breve durata, all’interno di un unico mandato 118 M Obultronius M f Cultellus Rif. epigr.: a NSA 1939, p 126 = AE 1946, 175 [Cassino, Italia] b CIL X, 5188 [Cassino, Italia] c Giannetti, Pantoni 1971, p 425, nr 2 [Cassino, Italia] d Giannetti, Pantoni 1971, p 439, nr 34 [Cassino, Italia] Origo: Casinum, Regio I 441 I cittadini di Saepinum erano generalmente ascritti alla tribù Voltinia (Taylor 1960, p 162) 442 Ho riportato gli incarichi nell’ordine in cui S Demougin (1992, p 260) ha proposto – indicativamente – di restituirli 443 In questo, il fatto che i decurioni e gli oppidani avessero stabilito di costruire l’altare in un luogo pubblico e a spese della collettività, doveva avere un significato particolare, così come, del resto, la decisione del padre di pagare personalmente per un allargamento del monumento, da destinare a tutti i familiari: huic decuriones decreverunt monimentum faciundum publica pecunia loco publico et oppidani contulerunt; pater fecit sua pecunia 444 Ritterling RE XII, coll 1493–1505; Le Bohec 2000a 445 Un incarico tanto prolungato non è del resto attestato nella provincia d’Africa Proconsolare (su questo, cfr la successione suggerita in Thomasson 1960, sopr pp 28–29) 446 Lettera di H -G Pflaum in AE 1959, p 72 447 Morris 1965; ringrazio A Birley per avermi segnalato questo importante confronto
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Cronologia: fra Tiberio e Claudio Bibliografia: Hoffmann RE XVII 1, col 1752; Demougin 1992 (523) L’iscrizione [d ] conserva soltanto parte del nome di M. Obultronius Cultellus M. Obultronius Cultellus, originario di Casinum, discendeva forse da una gens etrusca448 Noto da quattro iscrizioni, egli raggiunse il duovirato a Casinum e, in compagnia del collega L. Sonteius L. f. [Fl?]orus, fu autore di una dedica ad Augusto divinizzato [a ] Egli raggiunse successivamente una prestigiosa p. f. per l’imperatore Claudio – [b ] e [c ] –, probabilmente in corrispondenza di uno dei suoi consolati (nel 43, nel 47, o nel 51 d C )449 S Demougin ha proposto si trattasse del 51, dal momento che le iscrizioni sarebbero tutte successive alla morte di Claudio: [b ] e [c ] definiscono Claudio divus e [b ] fu redatta iussu Caesaris, cioè per ordine di Nerone450 Un legame con Obultronia Prisca, madre del duoviro di Casinum, L. Staldius [---] f. Priscus451 è certo Non è possibile escludere un vincolo con il quaestor aerarii del 56 d C Obultronius Sabinus, ucciso nel 68 d C 452 119 L Octavius N f Ser Balbus Rif. epigr.: CIL IX, 3669 [San Benedetto dei Marsi, Italia] Origo: Marruvium, Regio IV Cronologia: fra Augusto e Claudio453 Bibliografia: Dobson PP (41); Demougin 1992 (466); Traverso 2006 (IV 27) Militare d’esperienza, L. Octavius Balbus fu duoviro a Marruvium, sua città d’origine454, probabilmente dopo aver concluso la propria carriera nell’esercito455 Primipilo e praefectus castrorum (un incarico dal quale ebbe accesso all’ordine equestre), raggiunse anche la p. f. Non è chiaro se vi fossero dei legami familiari 448 Alföldy 1966, pp 145–152: ciò detto, la gens è sporadicamente attestata nella Penisola e ben nota soprattutto in Dalmatia A Salona, sono noti: A. Obultronius Grat(us?) – sevir magister Mercurialis (CIL III, 1801 = 8421); A. Obultronius Beryllus (CIL III, 1939); Obultron(ia) Nicia (CIL III, 1976); Obultronia Corinthia (CIL III, 2294); Obultronius Hermes e A. Obultronius Hermias (CIL III, 2444); Obultronia Fortunata (CIL III, 9003); L. Sep(timius) Ob(ultronianus) e suo figlio, omonimo (CIL III, 9334); [O]bultronia M. l. Romana (CIL III, 14278, 1) 449 In effetti, non c’è traccia di alcun riferimento alla spedizione in Britannia, o ancora a onorificenze militari 450 Demougin 1992, p 435, n 1 451 CIL X, 5205 452 Tac Ann XIII, 28; Hist I, 37; Hoffmann RE XVII 2, col 1752 453 Dobson PP, p 184; Demougin 1992, pp 381–382 454 La tribù a cui era generalmente ascritta la popolazione di Marruvium era appunto la Sergia (Taylor 1960, p 162; Buonocore 2010, pp 36–37); cfr anche: Letta, D’Amato 1975, pp 65–68; Letta 1982, p 198; contra Torelli 1982, pp 198–199, in cui si individuava l’origine del prefetto a Tibur 455 Dello stesso avviso è anche S Demougin (1992, p 382)
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fra il prefetto e la famiglia degli Octavii Laenates di Marruvium, notabili locali e, successivamente, senatori456 120 M’ Octavius T f Novatus Rif. epigr.: ERPS 162 [Saelices, Spagna] Origo: Segobriga, Hispania citerior Cronologia: prima metà del I sec d C 457 Bibliografia: Álvarez-Melero 2013, p 147, nr 1 Del cursus di M’. Octavius Novatus, originario di Segobriga, è nota soltanto una p. f. L’iscrizione a Novatus era stata dedicata da Q. Valerius Argaelus Duitiq(um), non altrimenti attestato Nonostante le scarse informazioni disponibili su Novatus, le fortune degli Octavii sono dimostrate dall’accesso di alcuni membri in Senato, come emerge da una nota dedica dal teatro di Segobriga: si tratta dell’iscrizione di M’. Octavius M’. f. Gal. Novatus, adlec[t(us) inter prae]to[rios] al tempo di Vespasiano Nello stesso testo era citato un anonimo di pari rango, nonno di Octavia M’. f. Novata e di Octavius Maximus, anch’egli senatore458 121 L Octavius L f Cam Rufus Rif. epigr.: CIL XI, 6167 = ILS 5673 [Castellone di Suasa, Italia] Origo: Suasa, Regio VI Cronologia: età augustea?459 Bibliografia: Devijver ME (O 10); Demougin 1992 (171); Traverso 2006 (VI 53) L. Octavius Rufus, membro dell’ordine equestre, originario di Suasa460, fu tribuno della legione IV Scythica, di stanza in Moesia461 e p. f. in due distinte occasioni (bis) A Suasa, rivestì il duovirato quinquennale ex s(enatus) c(onsulto) et d(ecreto) d(ecu rionum), l’augurato ex d(ecreto) d(ecurionum) e il rango di patronus municipii Octavius Rufus aveva finanziato uno straordinario atto di evergetismo: l’ingresso gratuito e perpetuo alle terme per tutti – municipib(us), incoleis, hospiti(bus) et adventorib(us), uxsorib(us) serveis anceillisque eorum 456 CIL IX, 3688 = ILS 5364 Sugli Octavii Laenates di Marruvium, di cui il prefetto era forse capostipite, e sui loro legami familiari, si veda: Letta, D’Amato 1975, pp 65–68 e 84–92; Letta 1982, p 198 457 Álvarez-Melero 2013, p 147, nr 1 458 Su questa famiglia, si veda Alföldy 2011, pp 363–381 459 Demougin 1992, p 158 (in ragione della successione tribunato-prefettura e dell’uso di espressioni arcaiche) 460 A Suasa, i cittadini erano per lo più ascritti alla tribù Camilia (Taylor 1960, p 163; Antolini, Marengo 2010, p 212) 461 La legione era di stanza in Moesia ancora in età neroniana (Ritterling RE XII, col 1556–1564)
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122 Q Octavius L f C n T pron Ser Sagitta Rif. epigr.: a CIL IX, 7387 = AE 1902, 189 = 1912, 219 = ILS 9007 = SupplIt 5, p 111, nr 7 [Castelvecchio Subequo, Italia] b CIL IX, 3311 = ILS 6352 [Castelvecchio Subequo, Italia] c CIL IX, 7388 =AE 1898, 79 = 1984, 282 = SupplIt 5, pp 112–113, nr 8 [Castelvecchio Subequo, Italia] Origo: Superaequum, Regio IV Cronologia: fra Augusto e Tiberio Bibliografia: PIR2 (O 39); Stein RE XVIII 1, col 1855, nr 85; Pflaum CP (1); Laffi 1977; Id 1978; Dobson PP (333); Devijver ME (O 11); Demougin 1992 (281); Traverso 2006 (IV 41); Faoro 2011, pp 121–122 Q. Octavius Sagitta, originario di Superaequum462, fu eminente magistrato locale, membro dell’ordine equestre e, per molti anni, funzionario procuratorio Nella città d’origine rivestì per due volte il duovirato quinquennale [b ; c ?]463 Sagit ta ebbe accesso all’ordine equestre con la concessione di un tribunato militare a populo464; rivestì poi una prefettura d’ala e la p. f., ma non è chiaro l’ordine con cui questi incarichi furono conseguiti465 Fu un capace funzionario nei settori amministrativo e finanziario, come dimostrato dalla nomina a procurator Caesaris Augusti in Vindelicia, Raetia e Alpes Poeninae per quattro anni466, in Hispania per dieci e, infine, in Syria per due467 La solidità della sua posizione a Superaequum è dimostrata dall’iterazione del duovirato, concesso per la seconda volta, dopo le procuratele [cfr a con b e c (?)] La costruzione ed il restauro di sacras basilicas e del foro [c ] suggerisce un dispendioso e prestigioso programma di ristrutturazione del cuore monumentale della città, a cui Octavius Sagitta intendeva associare la propria persona L’iscrizione dedicata al prefetto da uno dei distretti di Superaequum, il pagus Boedinus [c ] conferma questa tesi468 Le risorse e i contatti
462 A Superaequum, la tribù più diffusa è la Sergia (Taylor 1960, p 162) In città, è attestato anche uno dei suoi liberti, Q. Octa[vi]us Sagitt[ae] l. Scaripus (CIL IX, 3035) 463 [a ] sembra l’iscrizione più antica, dal momento che attesta un solo duovirato quinquennale, al contrario di [b ] e, forse, anche di [c ] (in quest’ultima, il duovirato quinquennale iterum è solo ipoteticamente restituito – Demougin 1992, p 242) 464 Nicolet 1967 465 Demougin 1992, p 243 (“le cursus est mal rédigé”); cfr Dobson PP, p 170 466 Si trattava degli anni immediatamente successivi alla conquista romana (Laffi 1977, pp 376–377) 467 Seguo la convincente scansione temporale di S Demougin (1992, pp 243–244 – con discussione): il prefetto avrebbe raggiunto la prima procuratela in età augustea (fra 10 e 14 d C ), per poi operare in Spagna durante il regno di Tiberio (non nuovo a mandati tanto lunghi) 468 Cfr Tarpin 2003, p 393 (IV 8 22); cfr anche il legame fra A. Virgius Marsus (184) ed il vicus Anni nus, a Marruvium
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cumulati dalla famiglia condussero infine gli Octavii Sagittae in Senato: il nipote del prefetto raggiunse infatti il tribunato della plebe nell’anno 58 d C 469 123 M Ofasius Firmus Marus Cornelius Mari f Clu Cossinus Rif. epigr.: CIL X, 6555 = ILS 3697 = SupplIt 2, pp 31–32, sub numero [Velletri, Italia] Cfr SupplIt 2, pp 46–47, nr 9 (?); CIL XV, 7490 Origo: Velitrae, Regio I Cronologia: età neroniana? Bibliografia: PIR2 (C 1538); Stein RE IV 2, col 1672; Devijver ME (O 15); Demougin 1992 (609); Traverso 2006 (I 96) M. Ofasius Firmus Marus Cossinus fu eques originario della colonia di Velitrae470 Noto forse da due iscrizioni, soltanto una ne conserva la carriera completa471 Secondo A Stein, si tratterebbe del Cossinus, eques Romanus e amico di Nerone, ucciso dalle cure di un medico egiziano472 La menzione delle Fortunae Antiates nell’iscrizione si accorderebbe bene con la predilezione dell’imperatore per An tium473 E’ pur possibile che si trattasse di un congiunto (un figlio o un nipote dello sfortunato amico di Nerone)474 Dopo aver rivestito una p. f. e un tribunato militare nella legione XIV Gemina (Martia) Victrix, di stanza in Britannia475, Cos sinus si contentò di svolgere larga parte del proprio cursus non lontano da Roma, a Velitrae, dove fu curator lusus iuven(um), duoviro e patrono E’ possibile che una fistula plumbea, rinvenuta presso il Ponte di Ripetta a Roma, possa indicare la presenza nella zona di una proprietà dello stesso individuo476
469 Accusato dell’omicidio della propria amante, Octavius Sagitta fu esiliato per due volte; rientrato a Roma dopo la morte di Nerone, si tolse la vita (sulla parabola del tribuno, si veda Tac Ann IV, 21 e XIII, 44; Hist IV, 44) 470 Benché Taylor (1960, p 161) abbia proposto di individuarvi la tribù Scaptia, non sembra ancora possibile stabilire con certezza a quale tribù gli abitanti di Velitrae fossero generalmente ascritti (Buchholz 2010, p 175); contra Korhonen (2a ed a CIL X – non ancora pubblicata), secondo cui si tratterebbe di un individuo di origine umbra 471 L’iscrizione SupplIt 2, pp 46–47, nr 9 è molto danneggiata, sebbene sia stata convincentemente integrata sulla scorta di CIL X, 6555 = ILS 3697 = SupplIt 2, pp 31–32, sub numero 472 Cfr anche Plin NH XXIX, 93; Stein RE IV 2, col 1672 473 Demougin 1992, p 510, in cui si esprime parere favorevole al suggerimento di A Stein 474 Solin, Volpe 1983, pp 31–32; Gregori 2009, p 504 475 Ritterling RE XII 2, coll 1727–1747; Franke 2000b; si noti che l’unità acquisì l’agnomen Vic trix soltanto nel 61 d C 476 CIL XV, 7490
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124 Sex O[lius L f ] Aem Secu[ndus] Rif. epigr.: Corinth VIII 3, 152 [Korinthos, Grecia] Origo: Corinthus, Achaia Cronologia: età augustea477 Bibliografia: Demougin 1992 (172) Sex. O[lius] Secu[ndus], originario di Corinto, fu p. f., ma rivestì soprattutto incarichi di respiro locale: theocolus di Giove Capitolino, onorato con gli ornamenta aedilicia e ag[ono]t[heti]c(a)478 per decreto dei decurioni La moglie del prefetto, Cornelia M. f [---], apparteneva ad una gens ben attestata a Corinto, espressione del notabilato locale di età augustea479 125 P Opsidius P f Rufus Rif. epigr.: CIL V, 2791 [Padova, Italia] Origo: Patavium, Regio X Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C )480 Bibliografia: Devijver ME (A 104); Demougin 1992 (746); Traverso 2006 (X 36) P. Opsidius Rufus, originario di Patavium481, è noto grazie alla dedica di un sacrum alla Fortuna Il suo cursus comprendeva il quattuorvirato in città, il tribunato militare nella legione IV Scythica, di stanza in Moesia482, e la p. f. 126 Q Orfius Q f Qui Flaccus Caesius Rif. epigr.: a CIL IX, 4197 [San Vittorino, Italia] b CIL XIV, 3906 = InscrIt IV 1, 152= ILS 6544 = AE 1974, 151 [Lunghezza, Italia] Origo: Amiternum, Regio IV Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C ) Bibliografia: Devijver ME (O 25); Demougin 1992 (380); Traverso 2006 (IV 13)
477 Demougin 1992, p 158 478 E’ probabile che non si trattasse dell’agonothesia dei giochi Istmici, ma dei giochi locali (Demougin 1992, p 158) 479 Un Q. Cornelius Secundus è noto per la costruzione di macellum et piscarium (Corinth VIII 2, 124 = 3, 321; 2, 125) 480 Demougin 1992, p 635 (sulla base dell’assenza della tribù nella formula onomastica) 481 La gens Opsidia è nota a Patavium: Opsidia C. f. Maxsuma (CIL V, 2920) 482 Ritterling RE XII 2, coll 1556–1564; Speidel 2000
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Q. Orfius Flaccus Caesius, originario di Amiternum483, membro dell’ordine equestre, fu tribuno militare, p. f. e, nella sua città, edile per due volte [a ] Ad Amiter num, un Q. Orfius Fulcinius fu edile: è possibile si trattasse del padre di Flaccus Caesius484 Il prefetto visse in età giulio-claudia, ma prima del regno di Claudio, come dimostra la sua attestazione quale esecutore testamentario nell’iscrizione di un primipilare rinvenuta a Collatia: C. Apidius P. f. Qui. Bassus, che servì nella legione XI (non ancora Claudia) e fu anch’egli octovir ad Amiternum [b ]485 127 P Ovidius L f Ser Ventrio Rif. epigr.: CIL IX, 3082 [presso Sulmona, Italia] Origo: Sulmo, Regio IV Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C )486 Bibliografia: Devijver ME (O 26); Demougin 1992 (381); Traverso 2006 (IV 39) P. Ovidius Ventrio, generalmente considerato un congiunto della famiglia del poeta P. Ovidius Naso, era anch’egli originario di Sulmo e membro dell’ordine equestre487 Ventrio raggiunse il tribunato militare e la p. f., mentre a Sulmo rivestì il quattuorvirato i. d. e quello quinquennale La posizione di Ventrio nel contesto civico doveva essere di indubbia preminenza se a lui, per primo, l’ordo decurionum decretò una tomba e funerali a spese della cittadinanza 128 L Ovinius L f Ter Rufus Rif. epigr.: CIL X, 4872 = ILS 2021 [Venafro, Italia] Origo: Venafrum, Regio I Cronologia: età tiberiana Bibliografia: Dobson PP (15); Demougin 1992 (265); Traverso 2006 (I 102); De Carlo 2015, pp 169–170
483 La tribù Quirina era la più diffusa ad Amiternum (Taylor 1960, p 162; Buonocore 2010, pp 34–35) 484 CIL IX, 4182 = ILS 3701; su questo, si veda Demougin 1992, p 317; nel territorio della città, S Demougin ha inoltre individuato una Orfia Attice (CIL IX, 4322) 485 Su C. Apidius Bassus, si veda Dobson PP, p 16 486 Demougin 1992, p 318 (sulla base dell’assenza del nome dell’unità militare in cui servì e della presenza della p. f. dopo il tribunato) 487 I cittadini di Sulmo erano del resto generalmente ascritti alla tribù Sergia (Taylor 1960, p 162) Sull’appartenenza della famiglia del poeta all’ordine equestre, si veda Ovid Trist II, 89–96; IV, 10; cfr anche Demougin 1992, pp 57, 191–192, 317–318; il nomen Ovidius gode a lungo di ampia fortuna nel territorio sulmonese (Sironen 1995, p 345)
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Veterano dell’epoca di Augusto, L. Ovinius della tribù Teretina era forse originario di Venafrum488 Centurione (primus ordo) richiamato presso le coorti pretoriane durante il principato di Augusto, fu primipilo della legione XIV Gemina, in quel momento di stanza a Mogontiacum489, probabilmente sotto Tiberio490 A Roma, L. Ovinius ottenne il tribunato militare nell’XI coorte urbana e, successivamente, della III (o VIII491) praetoria La p. f. sembra l’ultimo incarico rivestito al termine di una carriera nelle unità militari più prestigiose492 A Venafrum egli rivestì il duovirato, forse attorno al 30 d C 493 A proposito della famiglia di L. Ovinius Rufus, l’iscrizione cita i genitori L. Ovinius M. f. Ter. e Allidia L. f. Rufa, sua moglie Pullia Prima e il fratello M. Ovinius L. f. Ter. Vopiscus, tutti non altrimenti attestati 129 T Paccius T f Priscus Rif. epigr.: CIL V, 8279 = IAquil II, 2862 [Aquileia, Italia] Origo: Aquileia, Regio X Cronologia: età giulio-claudia494 Bibliografia: Demougin 1992 (747) T. Paccius Priscus, originario di Aquileia, ottenne il quattuorvirato e la p. f. L’iscrizione di Priscus ha conservato anche i nomi dei genitori T. Paccius M. f. e Minucia L. f. e della moglie Trosia M. f. Char[is?] Tutte e tre le gentes attestate in questa iscrizione – Paccia, Minucia, Trosia – sono note ad Aquileia495 130 P Papirius P f Pastor Rif. epigr.: CIL V, 4374 = InscrIt X 5, 164 = AE 1992, 744 [Brescia, Italia] Origo: Brixia, Regio X Cronologia: età claudia (51–54 d C )496 Bibliografia: Demougin 1992 (482); Garzetti, Valvo 1999, p 14
488 489 490 491 492 493 494 495
496
Taylor 1960, p 161; Camodeca 2010, p 180 Ritterling RE XII 2, col 1727–1747; Franke 2000b Demougin 1992, p 226 Si tratta di una lettura autoptica eseguita da G Camodeca (EDR113166), in sostituzione di [---]III del CIL; cfr De Carlo 2015, p 169, n 886 Demougin (1992, p 226) ha ritenuto questa nomina “inhabituelle”; questo parere mi sembra fondamentalmente ingiustificato Demougin 1992, p 226 Demougin 1992, p 636 (sulla base dell’assenza del cognomen per i genitori di Priscus, presenti nell’iscrizione) Per i Paccii: Paccia Vara (CIL V, 8430); C. Paccius C. l. Calamus, seviro (IAquil I, 610); T. Paccius T. f. Rufus e T. Paccius Q. f. (IAquil III, 3444) Per le gentes Minucia e Trosia, si veda Calderini 1930, pp 523–524 e 556 Il Minucius più noto è senza dubbio il traianeo C. Minucius C. f. Val. Italus, prefetto d’Egitto (CIL V, 875 = ILS 1374) Demougin 1992, p 392
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P. Papirius Pastor, originario di Brixia497, rivestì incarichi di ambito soprattutto municipale Fu augure, duoviro e, al di fuori di Brixia, p. f. In città, egli ricoprì tuttavia un ultimo incarico: la prefettura in sostituzione di Nerone, giovane principe, eletto al duovirato quinquennale Dalla stessa iscrizione, si apprendono i nomi del fratello, Cn. Papirius Fuscus, duoviro, e di due figli, Cn. Papirius Cursor e Cn. Pa pirius Fuscus, pontefice S Demougin ha suggerito un legame col Papirius Pastor, tribunus militum in Egitto nel 63 d C 498 131 C Passerius P f Vol Afer Rif. epigr.: a CIL XII, 1872 [Vienne, Francia] b CIL XII, 1873 [Vienne, Francia] c CIL XII, 2566 [Frangy, Francia] d ILGN 268 = ILN V, 1, 69 ? [Vienne, Francia] Origo: Vienna, Provincia Narbonensis Cronologia: fra Tiberio e Caligola499 Bibliografia: Devijver ME (P 15); Pflaum 1978, p 200, nr 10; Demougin 1992 (300); Burnand 2006 (41 E 34) La p. f. compariva soltanto nelle iscrizioni [a ] e [b ]; [c ] non conserva per intero il nome del prefetto [d ], segnalata da S Demougin (1992, p 256) e ripresa da Y Burnand (2006, II, p 102), conserva soltanto poche lettere C. Passerius Afer, membro dell’ordine equestre, forse originario di Vienne500, è attestato da alcune iscrizioni narbonesi Dalla più estesa e meglio conservata [a ], si apprende che Afer fu tribuno nella legione XXII Deiotariana, di stanza in Egitto501, mentre a Vienne ottenne il quattuorvirato, il flaminato di Augusto e quello di Ger-
497 Al di là delle carriere di Pastor e dei suoi familiari a Brixia (cfr infra), numerosi Papirii (soprattutto liberti) sono attestati in città: Papir[ius] Syncl[eticus?] (CIL V, 4207 = InscrIt X 5, 13 = AE 1954, 76); P. Papirius Eutropus (CIL V, 4232 = InscrIt X 5, 945); P. Papirius Onesiphorus (CIL V, 4450 = InscrIt X 5, 738); Papiria Ɔ l. Cytheris (CIL V, 4667 = InscrIt X 5, 470) e la sua liberta, Papiria Cytheridis l. Regilla (CIL V, 4668 = InscrIt X 5, 471); P. Papirius P. l. Optatus, Papiria P. l. Prima, Papiria Satulla, P. Papirius P. l. Aequalis (InscrIt X 5, 355); P. Papirius P. l. Vicarius (InscrIt X 5, 469) 498 Devijver ME P 14; Demougin 1992, pp 463–464, nr 557 499 Pflaum 1978, p 200, nr 10; Burnand 2006, p 104; S Demougin (1992, p 256) propende tuttavia per la piena età tiberiana 500 Gli abitanti di Vienne, come del resto di molte altre città della Narbonensis nel suo complesso, erano ascritti alla tribù Voltinia (Kubitschek IRTD, p 212; Bérard 2010, p 25) 501 Ritterling RE XII 2, coll 1791–1797; Daris 2000b
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manico Afer iterò la carica di p. f. per tre volte Gli interessi dei Passerii superavano i confini di Vienne: la gens è infatti attestata anche a Vasio502 132 Cn Petronius Cn f Pom Asellio Rif. epigr.: CIL XIII, 6816 [Mainz, Germania] Origo: Arretium, Regio VII Cronologia: età augustea503 Bibliografia: Devijver ME (P 21); Devijver 1991; Demougin 1992 (126) L’iscrizione è stata incisa su di una stele funeraria ‘a edicola’ Cn. Petronius Asellio, membro dell’ordine equestre, con ogni probabilità originario di Arretium504, visse almeno per qualche tempo a Mogontiacum, città principale del distretto militare della Germania Superior Egli ottenne un tribunato militare e la prefettura di una coorte In una data successiva all’adozione di Tiberio (4 d C ), ottenne la p. f. per il principe, del quale evidentemente aveva ottenuto la fiducia (p. f. Ti. Caesaris): l’occasione per questa nomina fu forse offerta dalla spedizione contro le tribù germaniche nel 4505, o – più probabilmente – nell’11 d C 506 133 Sex Petronius T f Lupus Marianus Rif. epigr.: CIL XI, 1219 [Piacenza, Italia] Origo: Placentia, Regio VIII Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C 507) Bibliografia: Calbi 1981; Marini Calvani, Tozzi 1990 (1 1 122) La città d’origine di Sex Petronius Lupus Marianus era probabilmente Placentia, dove la gens Petronia è ben attestata508 Il cognomen lascerebbe tuttavia pensare che il personaggio, alla nascita, fosse un Marius, adottato dai Petronii509 Membro del consiglio dei decurioni, egli fu quattuorviro i. d. e augure, mentre, al di fuori del-
502 A Vasio, sono attestati Q. Passerius Tertius sevir Augustalis e i suoi liberti, Q. Passerius Valentinus e Q. Passerius Fortunatus (CIL XII, 1370) 503 Demougin 1992, p 128 504 Demougin 1992, p 128; in effetti, Arretium era iscritta nella tribù Pomptina (Taylor 1992, p 163; Arnaldi, Gasperini 2010, pp 225–226) e nella città etrusca è attestato un altro Cn. Petronius Cn. f. Asellio, un congiunto omonimo – o, forse, il prefetto stesso (CIL XI, 1856 – non conserva alcun incarico, perché troppo frammentaria; la moglie di questo Asellio era Ciartia L. f. Procula) 505 Vell II, 105 506 Vell II, 123; Cass Dio LVI, 23–25; di questo avviso è S Demougin (1992, p 128) 507 Sulla base del cursus, apparentemente precedente agli interventi di Claudio 508 Calbi 1981, p 254; a Placentia, sono attestati: Sex. Petronius Sex. l. Iucundus (CIL XI 1264); Q. Petro nius (NSA 1961, 42); Petronia M. f. Secunda (CIL XI, 1218) 509 A Placentia, il nomen Marius non è tuttavia altrimenti attestato
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la città, egli fu p. f. cons(ularis vel -ulis) bis In almeno due circostanze egli aveva dunque prestato servizio alle dipendenze di uno o due consoli, a Roma A questo punto della sua carriera, Lupus Marianus fu autore di un importante atto di evergetismo nei confronti della propria comunità, sostenendo le spese per uno xystum cu[m st]atuis – una struttura coperta funzionale all’attività fisica In assenza di altri dettagli, a causa della perdita di una parte cospicua della porzione inferiore dell’iscrizione, il nuovo portico poteva essere stato elevato nell’ambito di un impianto termale pubblico o di una vera e propria palestra-ginnasio L’esistenza a Placentia di una Petronia C. f., moglie di L. Caecilius Flaccus, questore, tribuno, augure, curatore alla costruzione del tempio di Giove in età augustea, suggerisce l’esistenza di un accordo fra queste due famiglie del notabilato piacentino510 134 [- Po]llio [ Rif. epigr.: CIL XI, 6352 [Pesaro, Italia] Origo: Pisaurum, Regio VI Cronologia: età augustea Bibliografia: Devijver ME (P 126); Traverso 2006 (VI 36) [Po]llio, attestato da quest’unica iscrizione, godeva senz’altro di una certa notorietà a Pisaurum, sua città d’origine511: augure e duoviro, ottenne – al di là degli incarichi più propriamente locali – la p. f. e il tribunato militare a populo, un riconoscimento concesso tipicamente in età augustea512 135 Sex Pompeius Sex f Rif. epigr.: CIL V, 2836 [Padova, Italia] Origo: Patavium, Regio X? Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C )513 Bibliografia: Demougin 1992 (382) Sex. Pompeius, forse originario di Patavium, fu prefetto i. d. e augure Apparentemente, fra questi due incarichi, ebbe modo di rivestire per due volte la p. f. (bis)
510 511 512 513
CIL XI, 6940 = AE 1983, 240; questo grande monumento funerario “a tamburo”, caratteristico dell’età augustea, era stato dedicato da uno dei figli di Flaccus e Petronia, Q. Caecilius L. f. (Flaccus), decurio, augure, tribuno a populo e p. f. per tre volte (40) Il cognomen Pollio non è altrimenti attestato in città, ma l’iscrizione è troppo frammentaria per poterne desumere dati significativi sulla provenienza del prefetto Nicolet 1967 Demougin 1992, p 318, in cui l’iscrizione è considerata molto antica e, in ragione del cursus, precedente agli interventi di Claudio
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Tullia Sex. f. Severa e Severa, rispettivamente moglie e figlia del prefetto, compaiono nella medesima iscrizione514 136 C Pompeius C f Ter Proculus Rif. epigr.: CIL VI, 3530 = ILS 1314 [Roma, Italia] Origo: Roma Cronologia: età augustea515 Bibliografia: Hanslik RE XXI 1, col 2286, nr 108; Devijver ME (P 66); Demougin 1992 (112); Di Brino in EAGLE: EDR106339 C. Pompeius Proculus, eques romano, poteva vantare il prestigioso sevirato delle centurie equestri, normalmente riservate ai figli dei senatori516 Ottenne inoltre il tribunato militare nella legione XVIII (Lybica), di stanza a Vetera517 (una delle unità distrutte a Teutourgo e non più ricostituite) Non è chiaro il momento in cui Proculus ebbe accesso alla p. f.518 La tribù del prefetto ha suggerito un’origine urbana a H Devijver519 Ad ogni modo, il sevirato nelle centurie dei cavalieri indica che questi godeva di una solida posizione nella città di Roma 137 A Pomp(eius) Dumnom[otuli f ] (Tertullus?) Rif. epigr.: CIL XIII, 962 = 11045 = AE 1910, 123 = 158 [Perigueux, Francia] Origo: Petrucorii – Vesunna, Aquitania Cronologia: fra Tiberio e Claudio520 Bibliografia: Devijver ME (P 56); Demougin 1992 (515); Burnand 2006 (42 E 35) A. Pompeius, originario di Vesunna521 e membro dell’ordine equestre, ottenne un tribunato militare (in una legione il cui nome non si è conservato) e una p. f. Sulla
La gens Tullia è attestata a Patavium su due altre iscrizioni, probabilmente di epoca giulio-claudia: Tullia Ursina (CIL V, 3052) e Tullia Q. f. Secunda, moglie del veterano T. Saufeius Fab. (CIL V, 2838) 515 Demougin 1992, p 116 516 S Demougin (1992, pp 115–116) ha sostenuto si tratti di un cavaliere propriamente detto e non del figlio di un senatore; cfr anche Id 1988, p 243 517 Ritterling RE XII 2, coll 1767–1768; Wiegels 2000 518 L’ordine suggerito da S Demougin (1992, p 116) è tribunato-prefettura-sevirato 519 Devijver ME, p 657; S Demougin (1992, p 116) si è limitata a proporre una generica origine italica 520 Demougin 1992, p 427 521 La gens Pompeia doveva essere ben radicata a Vesunna: L. Pompeius Cassionus (AE 2004, 918); M. Pompeius Libo, figlio di C. Pompeius Sanctus, entrambi sacerdotes Arenses (CIL XIII, 939 = ILS 4638); C. Pompeius Sextus (CIL XIII, 943); A. Pomp(eius) Antiq[uus], benefattore (CIL XIII, 952 = 953; 954); Pomp(eius) Paternu[s] (CIL XIII, 996); C. Pompeius C. f. (CIL XIII, 1006) 514
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base del patronimico celtico, sembra che Pompeius sia stato il primo membro della famiglia ad ottenere la cittadinanza romana La sua iscrizione di dedica dell’anfiteatro di Perigueux – [cum] ornament[is omnibu]s d(e) s(ua) p(ecunia) – attesta ricchezza e influenza notevoli La costruzione del grande edificio fu ultimata fra i regni di Tiberio e Claudio dal figlio A. Pomp(eius) A. Pomp(ei) Ter[tulli f.?], da cui forse è possibile estrapolare il cognomen paterno522 138 [L Po?]mponius M f [C]apito Rif. epigr.: AE 1966, 177 [Santarém, Portogallo] Origo: Scallabis, Lusitania Cronologia: età claudia523 Bibliografia: Demougin 1992 (463); González Herrero 2004 (6); Álvarez-Melero 2013, p 153, nr 6 Nonostante l’iscrizione elevata d(ecreto) d(ecurionum) a [L. Po]mponius [C]api to524 sia stata rinvenuta a Scallabis, è evidente che egli vantasse una posizione solida anche nella più importante Emerita525 Qui Capito conseguì infatti il duovirato e il flaminato A livello provinciale, egli ottenne anche il prestigioso flaminato divi Augusti et divae Aug(ustae)526 Egli ottenne infine una p. f., forse a seguito del governatore della provincia (menzionata fra duovirato e flaminato) 139 T Pomponius T f Pol Petra Rif. epigr.: CIL XI, 969 [Reggio Emilia, Italia] Origo: Regium Lepidi, Regio VIII Cronologia: fra Augusto e Tiberio Bibliografia: Hanslik RE XXI 2, col 2343; Devijver ME (P 79); Demougin 1992 (247); Traverso 2006 (VIII 17)
522 Cfr schede 90 e 93; contra Demougin 1992, pp 427–428 523 Per una discussione complessiva sul dibattito relativo a datazione e cursus, si veda Demougin 1992, p 379 524 Per il gentilizio, S Demougin (1992, p 379) ha proposto l’integrazione Pomponius; González Herrero (2004, p 375) e Álvarez-Melero 2013, p 137 hanno invece suggerito Aponius. 525 Se la lettura Pomponius è corretta, il prefetto era forse originario di Emerita, dal momento che in città la gens Pomponia è comunque ben attestata: cfr ad es Pomponia L[---] (CIL II, 588); P. Pom ponius Diophanes (CIL II, 589); [Pom]ponius P. l. [---]stus e P. Po[mponius] Lu[---] (EE IX, 77) 526 Suet Claud 11, 4
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T. Pomponius Petra era forse originario di Regium Lepidi527, ove del resto percorse larga parte della propria carriera Egli fu edile e duoviro, rivestì una p. f. IIII528 e, successivamente, un tribunato militare nella legione X Gemina529 (segno dell’avvenuto ingresso nell’ordine equestre) e una prefettura d’ala Rientrato a Regium, fu prefetto al posto di Germanico (dunque in un arco temporale compreso fra il 4530 e il 19 d C ) All’interno della città, Pomponius Petra godeva senz’altro di significativa influenza, come suggerito dal fatto che fu ancora duoviro, stavolta quinquennale, questore e patrono (menzionati in questa sequenza, nel testo iscritto) 140 T Pompullius L f Lappa Rif. epigr.: CIL IX, 3307 = ILS 5599 [Gagliano – Catelvecchio Subequo, Italia] Origo: Superaequum, Regio IV Cronologia: età augustea Bibliografia: Devijver ME (P 84); Demougin 1992 (175); Traverso 2006 (IV 42) T. Pompullius Lappa, molto probabilmente originario di Superaequum531, fu duoviro quinquennale in città In età augustea, ottenne l’ingresso all’ordine equestre, attraverso la concessione di un tribunato militare a populo532 e, infine, la p. f. Nel suo lascito testamentario, destinò le risorse necessarie alla costruzione di un atrium auctionarium e di un sacrum a Mercurius Augustus, probabilmente ubicato all’interno dello stesso edificio commerciale533 La cura dell’operazione fu affidata al liberto Epaphra
527 In effetti, a Regium Lepidi è soprattutto attestata la tribù Pollia (Taylor 1960, p 163; Rigato 2010, p 238) 528 Come spesso accade in presenza di numerali a seguito della p. f., è più probabile si tratti di un’iterazione dell’incarico 529 La legione, all’epoca, era di stanza in Spagna; cfr Ritterling RE XII 2, coll 1678–1690; GómezPantoja 2000b 530 Germanico fu adottato da Augusto nel 4 d C Demougin (1992, p 215), ha forse individuato, con ragione, un buon terminus nell’anno 11, all’inizio dei comandi in Germania 531 Demougin 1992, p 160 Numerosi LL. Pompullii sono attestati in tutta la Regio IV, al di fuori di Superaequum: T. Pompullius L. f. da Aufidena (CIL I, 3269); L. Pompullius L. l. Primus e Pompullia l. da Corfinium (CIL IX, 3254 e 3255); un L. Pompullius L. f. da Amiternum (CIL IX, 4288) e uno da Sulmo (SuppIt IV, 81 = AE 1984, 322); da Marruvium, C. Pompullius Faustus (Letta, D’Amato 1975–44) e Pompulla Nemaesis (CIL IX, 3730) 532 Nicolet 1967 533 Un legame con il mondo del commercio mi pare quindi molto probabile
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141 P Proper[tius ---] Ter Pater[culus] Rif. epigr.: AE 2002, 922 [Arles, Francia] Origo: Arelate, Provincia Narbonensis Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C )534 Bibliografia: Christol, Heijmans 2002; Burnand 2006 (19 E 17); Christol et al. 2014 (2) P. Proper[tius] Pater[culus], originario di Arles535 e membro dell’ordine equestre, aveva rivestito in città il duovirato e forse un sacerdozio quale l’augurato o il pontificato, secondo la ricostruzione proposta da M Christol e M Heijmans536 Al di fuori degli incarichi propriamente locali, Pater[culus] ottenne una p. f. e, forse, un tribunato militare (in lacuna) E’ stato avanzato un collegamento con un P. Pro pertius Paterculus, attestato a Roma fra I e II sec d C , grazie ad un’iscrizione del suo dispensator Ingenuus537 I Propertii Paterculi di Arelate avrebbero cioè ottenuto l’accesso ad incarichi procuratori di alto livello e si sarebbero – in parte – trasferiti nella stessa Roma: si tratta di un’ipotesi suggestiva e plausibile, per la quale mancano tuttavia elementi probanti 142 C Purtisius C f Stel Atinas Rif. epigr.: CIL XI, 624 [Forlì, Italia] Origo: Forum Livii, Regio VIII Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C )538 Bibliografia: Devijver ME (P 116); Dobson PP (42); Demougin 1992 (479); Traverso 2006 (VIII 8) L’iscrizione era stata incisa su di un’ara marmorea conservata solo nella metà superiore Decorata a girali di acanto, presenta sulle facce laterali elementi scolpiti a rilievo, di soggetto militare – torques, armillae, hastae e coronae539 Militare di “carriera”, C. Purtisius Atinas era senz’altro originario di Forum Livii540, benché il cognomen suggerisca una pur lontana origine atinate della famiglia541
534 Burnand 2006, p 166; più genericamente al I sec d C , secondo H -G Pflaum (1978, p 254) 535 Come il prefetto, anche gli abitanti di Arelate erano generalmente ascritti alla tribù Teretina (Kubitschek IRTD, p 206; Bérard 2010, p 21) 536 Christol, Heijmans 2002, pp 98–99 537 NSA 1923, 376; Christol, Hejmans 2002, pp 101–102 538 Demougin 1992, p 390 (essenzialmente sulla base di un cursus non ancora influenzato dagli interventi di Claudio) 539 Susini 1969, sopr pp 351–353; cfr anche Id 1983 540 Forum Livii era iscritta nella tribù Stellatina (Taylor 1960, p 163; Rigato 2010, p 238) 541 Demougin 1992, p 390 Del resto, a proposito di mobilità personale, un’altra Purtisia è attestata a Mutina: Purtisia Primigenia (AE 1978, 339)
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Primipilo presso una legione sconosciuta, Atinas ottenne la p. f., una prefettura d’ala e, infine, il quattuorvirato quinquennale a Forum Iulii542 Un L. Purtisius Ati nas, trib(unus) coh(ortis) VI Vol(untariorum), attestato ad Epidaurum, in Dalma tia, fra 14 e 16 d C 543, è stato variamente interpretato come padre544, fratello maggiore, zio545, o infine cugino546 del prefetto547 143 Ti Quaestorius Ti f Col Secundus Rif. epigr.: CIL VI, 3532 [Roma, Italia] Origo: Roma, Regio I Cronologia: età neroniana Bibliografia: Ferraro in EAGLE: EDR030657 Due volte p. f., Ti. Quaestorius Secundus è attestato da un’unica, semplice iscrizione funeraria, in compagnia della moglie, morta ventenne, Claudia Anthemis L’onomastica di quest’ultima suggerisce si tratti di una liberta della casa imperiale, forse manomessa negli anni successivi al principato di Claudio Il praenomen di Secun dus, Tiberius, parrebbe avvalorare questa ipotesi Al di là di questo monumento, il nomen Quaestorius è infine molto raro, attestato solo da due iscrizioni rinvenute a Roma: la prima dedicata da M. Quaestorius Symphorus ai genitori C. Quaestorius Fortunatus e Iulia Saturnina548 e la seconda da Ti. Quaestorius Corinthus alla propria estesa familia549 Associati al nomen Quaestorius, i cognomina di tutti questi individui (privi del patronimico) sono chiaramente riconducibili a servi publici. Secundus era chiaramente un uomo libero, ma è verosimile che suo padre fosse uno schiavo pubblico, presso uno dei magistrati curuli – l’ipotesi più banale è che si tratti appunto dei questori Quanto al suo incarico, quello di scriba mi sembra il più probabile: come dimostrato da N Purcell, gli scribae godevano di notevole prestigio ed erano animati da un vero e proprio “spirito di corpo”550 Ad ogni
542 Sull’iscrizione, il cursus è tuttavia presentato in ordine inverso: l’importanza riconosciuta al quattuorvirato è, in tal caso, evidente 543 AE 1964, 227 = 1966, 280 = 1989, 608 Egli era al seguito di P. Cornelius Dolabella, legatus pro pr(aeto re) in Dalmatia, in quello stesso periodo 544 Alföldy 1969, p 113 545 Susini 1969, pp 356–357 546 Demougin 1992, pp 390–391 547 Una consuetudine di questa gens con l’esercito è dimostrata anche dall’iscrizione dedicata da T. Purtisius Firmus a Purtisia Firmina, scomparsa a pochi giorni dalla nascita (CIL VIII, 4011) La provenienza del documento – Lambaesis – sede di importanti strutture militari, suggerisce un profilo da militare per il dedicante 548 CIL VI, 2527 549 CIL VI, 25484; l’uso del latino non è improprio, dal momento che vengono menzionati congiunti, vernae e liberti 550 Purcell 1983, pp 154–160
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modo, il rango della famiglia di Secundus era ormai sufficiente ad assicurare una p. f. al seguito di uno dei magistrati cum imperio, probabilmente nella stessa Roma 144 L Quinctius L f Vel Babilianus Rif. epigr.: CIL IX, 5567 [Tolentino, Italia] Origo: Tolentinum, Regio V551 Cronologia: età augustea Bibliografia: Paci 1980, pp 507–508, n 3; SupplIt 11, p 67, sub numero L. Quinctius Babilianus, membro dell’ordine equestre, raggiunse per due volte (bis) la p. f. e il rango di iudex nella prima decuria Il suo cursus è noto grazie ad un unico [mo]numentum factum et [prob]atum (…) arbitratu [---] f. Quir. Torqua tus – quest’ultimo, non altrimenti attestato a Tolentinum L’iscrizione in una diversa tribù elettorale dimostra quantomeno che non si tratti del figlio del prefetto All’interno del testo iscritto è menzionata anche Quinctia L. l. Iconium, schiava che Babilianus aveva manomesso e poi sposato 145 C Rasinius C f Ser Tettianus Rif. epigr.: CIL XI, 5387 [Assisi, Italia] Origo: Asisium, Regio VI Cronologia: età augustea552 Bibliografia: Devijver ME (R 4); Demougin 1992 (751); Traverso 2006 (VI 6) C. Rasinius Tettianus, iscritto nella tribù Sergia di Asisium, era senz’altro originario di questo municipium553 Fu p. f. IIII – sembra dunque per quattro volte – e prefetto di una coorte di ausiliari rèti554 Non sono noti gli incarichi municipali, ma egli raggiunse tuttavia il patronato di Asisium S Demougin ha proposto un collegamento con C. Rasinius Silo, procurator in Noricum durante la prima metà del II secolo Essendo vissuto in età giulio-claudia, mi pare invece più stringente un accostamento con i coevi Rasinii di Pisae, che nella città etrusca erano a capo di una serie di ateliers per la lucrosa produzione della ceramica nota come terra sigillata italica555
551 552 553 554 555
Taylor 1960, p 162; Antolini, Marengo 2010, p 210 Sangriso 2006, pp 219–220 Taylor 1960, p 162; Asdrubali Pentiti, Spadoni, Zuddas 2010, pp 217–218 Spaul 2000, pp 276–278 Sui Rasinii, le loro ramificazioni e le produzioni ad essi attribuite, si veda Sangriso 2006
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146 [---]ius Rufus Rif. epigr.: CIL XII, 1375 = ILGN 208 [Vaison-la-Romaine, Francia] Origo: Vasio, Provincia Narbonensis Cronologia: età tiberiana556 Bibliografia: Pflaum 1978, p 253, nr 9; Burnand 2006 (49 E 40) Incarichi caratteristici del popolo dei Vocontii qualificano Rufus (il gentilizio non è conservato) come originario di Vasio L’unica posizione extra-cittadina fu la p. f., ma a Vasio Rufus fu praef(ectus) [Va]siens(ium) II e aed(ilis) Voc(ontiorum) – incarichi tipici di questa città, inserita in una rete di piccoli centri – amministrati separatamente da prefetti (fra i quali quello di Vasio stessa) – posti a propria volta sotto il controllo di alcuni magistrati a capo dell’intera civitas Vocontiorum557 Emergendo dalla competizione a questi due livelli, Rufus aveva ottenuto per due volte la prefettura della comunità cittadina (senz’altro il nucleo abitativo più rilevante) e l’edilità per la civitas dei Vocontii Il testo iscritto attesta la notevole ricchezza di Rufus, che lasciava in eredità sufficienti fondi per [p]roscaenium marmorib(us) or nari Forse al principio del II sec d C 558, la famiglia del prefetto godeva ancora di una posizione preminente, se il monumento funerario – vetustate consumpt(um) – fu restaurato dalla comunità – r(es) p(ublica) rest(ituit) 147 [---] Qui Rufus Rif. epigr.: AE 1964, 22 [Monteleone Sabino, Italia] Origo: Trebula Mutuesca, Regio IV Cronologia: età giulio-claudia559 Bibliografia: Torelli 1963, p 263, nr 12; Demougin 1992 (753) Rufus, originario di Trebula Mutuesca560, ottenne in città numerosi incarichi e magistrature Fu mag(ister) [iuvent]utis e, successivamente, edile, [VIIIvir vel IIvir it]er(um)561, quinquennale e augure Al di fuori di Trebula Mutuesca, sembra aver rivestito esclusivamente una p. f. Nell’iscrizione, si fa menzione di una Crito[nia], generalmente identificata con la madre562
556 557 558 559 560 561
Burnand 2006, p 120 Burnand 2006, p 120; cfr Gascou 1997, pp 132–133 Cfr Pflaum 1978, p 253; Burnand 2006, p 120 Demougin 1992, p 640 A Trebula è attestata soprattutto la tribù Quirina (Taylor 1960, p 162; Buonocore 2010, p 39) Demougin 1992, p 640 (per la verità Demougin ha infine proposto il duovirato, al posto dell’ottovirato, attestato a Trebula Mutuesca) 562 La gens Critonia è attestata in città grazie ad uno dei suoi liberti, C. Critonius Archelaus (CIL IX, 4916)
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148 [---] C f Pap Rufus [Vi]nuleianus563 Rif. epigr.: CIL XII, 4401 [Narbonne, Francia] Origo: Narbo Martius, Provincia Narbonensis Cronologia: età giulio-claudia564 Bibliografia: Pflaum 1978, p 251, nr 4; Burnand 2006 (20 E 18) L’iscrizione è stata incisa su di un cippo del quale si sono persi lato sinistro e porzione inferiore Rufus [Vi]nuleianus, ascritto alla tribù Papiria, largamente attestata a Narbo Mar tius, era senz’altro originario di quella città565 Lì si era svolta parte cospicua della sua carriera, che in parte è stata conservata da un cippo molto danneggiato: egli fu edile, prefetto [pro IIvir]o et duovir In apertura al cursus egli menzionava anche una p. f., forse ricoperta nella stessa provincia Narbonensis 149 C [---]s L f Sabinus Rif. epigr.: a CIL XI, 1185 [loc Veleia Romana – Lugagnano Val d’Arda, Italia] b CIL XI, 1186 [loc Veleia Romana – Lugagnano Val d’Arda, Italia] c CIL XI, 1187 [loc Veleia Romana – Lugagnano Val d’Arda, Italia] Cfr CIL XI, 1188566 Origo: Veleia, Regio VIII Cronologia: età giulio-claudia567 Bibliografia: Devijver ME (S 90); Demougin 1992 (754); Traverso 2006 (VIII 18a, b, c), Criniti 2013, pp 129–134 L’iscrizione [b ] è in stato estremamente frammentario: il nome del prefetto non è conservato C. [---] Sabinus568, originario di Veleia, è attestato da tre distinte iscrizioni rinvenute in città, per la verità molto frammentarie Prima di raggiungere il rango di patro nus, Sabinus fu pontefice e duoviro i. d., ma, al di fuori di Veleia, ottenne anche un 563 Per la restituzione del cognomen e sulla possibile integrazione della formula onomastica in [C. Manlius] Rufus [Vi]nuleianus, si veda Burnand 2006, pp 65–66 564 Y Burnand (2006, p 66) ha supposto la pertinenza al primo quarto del I sec d C su base paleografica 565 I cittadinani di Narbo erano generalmente ascritti alla tribù Papiria (Kubitschek IRTD, pp 210– 211; Bonsangue 2010, pp 47–50) 566 L’iscrizione è stata ipoteticamente attribuita a Sabinus da N Criniti (2013, p 132) La menzione del duovirato è qui accompagnata dal numerale ter(tium) Per prudenza, a questa iscrizione si è comunque associato un p. f. rimasto anonimo (Inc. 35) 567 Demougin 1992, p 641 (sulla base dell’assenza dell’agnomen della legione e del cursus) 568 In base alla frequente ricorrenza sulla “Tavola di Veleia”, il gentilizio di Sabinus potrebbe essere integrato in [Antoniu]s o [Petroniu]s (su questo, si vedano tuttavia le obiezioni in Criniti 1991, p 284; Id 2013, pp 131)
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tribunato nella legione XXI Rapax569, di stanza in Germania, una prefettura di una coorte o di un’ala570 e infine una p. f. Allo stato attuale, Sabinus è l’unico eques romano attestato a Veleia571 Il complesso delle tre iscrizioni documenta due distinti interventi sul cuore monumentale della città: [a ] e [b ] attestano la costruzione di una basilica, mentre [c ] documenta la donazione di un horologium, in associazione con [---] Serranus, collega nel duovirato L’iscrizione [a ] menziona una seconda volta gli incarichi di duoviro (in questo caso, senza la menzione i. d.) e di pontefice: potrebbe trattarsi di un’iterazione degli incarichi da parte dello stesso individuo572 o, più probabilmente, di un altro personaggio, perso nella lacuna, forse il figlio del prefetto573 150 C Sallustius C f Ser 574 Hostianus Rif. epigr.: NSA 1976, 324 = AE 1977, 181 [Fidene – Roma, Italia] Origo: Fidenae, Regio I Cronologia: età giulio-claudia (età di Claudio?575) Bibliografia: Quilici 1976 (3); Solin 1981, p 168 Ara marmorea riccamente decorata con motivi a girali e rosette; sulle facce laterali, erano stati scolpiti a rilievo nastri intrecciati a rami di olivo A C. Sallustius Hostianus era mancato il tempo per una lunga carriera politica Attestato esclusivamente da un monumento funerario dedicato dal padre C. Sal lustius Primus Hostian(us), rinvenuto nei pressi di Fidenae, Hostianus figlio sembra aver ricoperto esclusivamente una p. f. L’età in cui questi venne a mancare – 26 anni – consolida senz’altro questa impressione Evidentemente, ad assicurargli l’incarico era stata la relativa notorietà del padre, noto anch’egli grazie a questa sola iscrizione Al contrario della relativa frequenza del nomen Sallustius, il cogno men Hostianus non mi sembra altrimenti attestato La presenza di numerose ville e proprietà di equites e senatori in quest’area vicina a Roma576, così come l’assenza di un contesto politico locale in cui Hostianus potesse percorrere una carriera politica propriamente detta, potrebbero indicare che i Sallustii Hostiani, forse dell’area
569 Ritterling RE XII 2, coll 1781–1791; Bérard 2000 570 In favore di una prefettura d’ala sono Devijver ME, p 179; Demougin 1992, p 641; Criniti 2013, p 131 571 Criniti 2013, p 131 572 Criniti 2013, p 131 573 Demougin 1992, p 641 574 La popolazione di Fidenae era generalmente ascritta alle tribù Claudia e Cornelia (Taylor 1960, p 37 n 7; Ricci 2010b, pp 152 e 155) 575 Quilici 1976, pp 324–325; Solin 1981, p 168 576 Per una recente indagine topografica dell’area fidenate, si vedano i contributi contenuti in Di Gennaro et al. 2005
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fidenate, fossero parte attiva della rete clientelare e del contesto politico urbano Di questa partecipazione potrebbe appunto essere un indicatore la concessione di una p. f. al giovane Hostianus Più che per la sua competenza, il magistrato cum imperio aveva cioè concesso questa p. f., sulla base di un interesse di ordine clientelare, cioè politico 151 T Satanus T f Sabinus Rif. epigr.: CIL IX, 5191 = I2, 1911 = ILLRP 549 = AE 1991, 609 = 2000, 468 [Ascoli Piceno, Italia] Cfr anche CIL I2, 1912 = IX, 5195 Origo: Asculum, Regio V Cronologia: età triumvirale (?) – età augustea577 Bibliografia: Demougin 1992 (30) T. Satanus Sabinus, forse originario di Asculum578, ottenne per ben cinque volte il duovirato e, in un momento difficile da definire, fu duovir c(urator?) a(gri?) p(ub lici?)579 Al di fuori di Asculum, egli ottenne la p. f.: non è chiaro se la prefettura o il duovirato CAP siano stati rivestiti in età triumvirale580 152 Sex Satrius Sex f Pal Iustus Rif. epigr.: CIL XI, 1841 [Arezzo, Italia] Origo: Arretium, Regio VII Cronologia: età giulio-claudia Bibliografia: CIL sub numero Sex. Satrius Iustus fu un’importante personalità ad Arretium581, come dimostrato dalla successione di incarichi civici – duovirato, questura, edilità – e dalla stessa dedica della plebs urbana – pecunia sua Al di fuori di Arretium, Iustus ottenne la p. f. per il Principe (Augusti) 577 Demougin 1992, p 44 (sulla base della mancata menzione della tribù elettorale e del duovirato CAP) 578 In effetti, in città, è attestata la presenza di liberti dei Satani: T. Satanus T. l. Amelintus (CIL IX, 5236); C. Satanus C. l. Matogenes (CIL IX, 5237) 579 La proposta, originariamente avanzata da Garrucci e Degrassi (ILLRP, sub numero), è stata ampliata da S Demougin (1992, pp 43–44), che ha anzi proposto di riconoscere Satanus Sabinus nell’anonimo p. f. di CIL I2, 1912 = IX, 5195: [T(itus) Satanus T(iti) f(ilius) Sabi]nus, duovir / [quin to?, duovi]r cur(ator) agr(i) / [p(ublici), praefect]us fabrum (cfr Inc. 16) 580 Questa è la proposta di S Demougin (1992, p 44), forse un poco azzardata, considerata la natura frammentaria dei documenti disponibili 581 Ad Arretium, un P. Satrius è attestato in CIL XI, 1887 I cittadini non erano tuttavia generalmente ascritti alla tribù Palatina, ma alla Pomptina (Taylor 1960, p 163; Arnaldi, Gasperini 2010, p 225)
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153 [Q ?] Selic[ius Q f ] Albinus Rif. epigr.: CIL V, 49 = InscrIt X 1, 71 [Pula, Croazia] Origo: Pola, Regio X Cronologia: età giulio-claudia582 Bibliografia: Devijver ME (S 15); Traverso 2006 (X 37) [Q. ?] Selic[ius] Albinus, originario di Pola583 e attivo in età giulio-claudia584, ottenne in città l’edilità e il duovirato quinquennale, nonché la concessione di un cippo iscritto d(ecreto) d(ecurionum) Egli ottenne anche la p. f. (citata in apertura del cursus) e, successivamente, un tribunato militare e una prefettura d’ala Albinus non è altrimenti attestato 154 C Sennius C f Vol Sabinus Rif. epigr.: a CIL XII, 2493 = ILN V 3, 721 [Marigny-Saint-Marcel, Francia] b CIL XII, 2494 = ILN V 3, 722 [Marigny-Saint-Marcel, Francia] c CIL XII, 2495 = ILN V 3, 724 [Marigny-Saint-Marcel, Francia] Cfr CIL XII, 2439 = ILN V 3, 634 [Saint-Pierre de Curtille, Francia] Origo: Vienna, Provincia Narbonensis Cronologia: fra Tiberio e Claudio585 Bibliografia: Pflaum 1978, pp 251–252, nr 5; Burnand 2006 (43 E 36) Le iscrizioni [a ] e [b ] presentano testi apparentemente identici: l’uno permette dunque di integrare le lacune dell’altro A partire dalla seconda linea, il testo di [c ] non pare integrabile; la menzione di un balineum già noto da [a ] e [b ] e il fatto che si sia conservata la parola TVTELA sembrano suggerire un donativo a copertura delle spese della struttura [a ; b; c] sono le sole iscrizioni a conservare menzione della p. f. C. Sennius Sabinus, originario di Vienna586, è noto grazie a tre o forse quattro iscrizioni, rinvenute nell’attuale Savoia Evidentemente, in questa regione – dipendente da Vienna – si concentravano gli interessi e l’influenza del prefetto I testi di [a ; b ; c ] esauriscono il cursus di Sabinus con la sola p. f. ed è possibile che, all’epoca dell’incisione, questo fosse l’unico incarico di rilievo rivestito dal personaggio E’ significativo il fatto che le medesime iscrizioni (soprattutto [a ] e [b ] – meglio 582 Traverso 2006, p 237 583 La gens Selicia è ben attestata a Pola: L. Selic[ius] (CIL V, 73b = InscrIt X 1, 378); L. Selicius Gemi nus (CIL V, 93 = InscrIt X 1, 169; InscrIt X 1, 584); Selicia C. f. Postuma (InscrIt X 1, 136) 584 La mancata precisazione delle unità in cui servì parrebbe suggerire una datazione alta, quantomeno precedente al principato di Claudio 585 EDH: HD044750 (età augustea); Burnand 2006, pp 107–108 (età claudio-neroniana) 586 La tribù Voltinia era la più diffusa a Vienna e a gran parte della Narbonensis (Kubitschek IRTD, pp 212–213; Bérard 2010, p 25)
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conservate) rammentassero balineum, campum, porticus, aquas iusque earum aqua rum tubo ducendarum ita ut recte perfluere possint, vicanis Albinnensibus Nel Vicus Albinus, Sabinus aveva dunque investito molte risorse per un complesso intervento di edilizia monumentale, col chiaro intento di promuovere la propria immagine e accrescere la propria influenza su di un territorio di cui era forse originario e in cui è ragionevole supporre che possedesse estese proprietà Una quarta iscrizione dalla vicina Saint-Pierre de Curtille, molto danneggiata – ha conservato esclusivamente il patronimico e il cognomen – è ragionevolmente attribuibile a C. Sennius Sabinus587 155 T Septumius C f Ser Tinia Rif. epigr.: CIL VI, 3537 [Roma, Italia] Origo: incerta Cronologia: età giulio-claudia588 Bibliografia: Devijver ME (S 39); Demougin 1992 (755) Quanto noto sulla carriera di T. Septumius Tinia, membro dell’ordine equestre, si riduce al tribunato militare e alla p. f. L’iscrizione gli fu dedicata da tre liberti: Eumenes, Cossyphus e Philargyrus589 La tribù Sergia ha spinto S Demougin a proporre un’origine umbra o peligna590, senz’altro centro-italica 156 [ Ser]torius Q f Pob [Hi]strianus Rif. epigr.: NSA 1965, 45 [Verona, Italia] Origo: Verona, Regio X Cronologia: età giulio-claudia591 Bibliografia: Demougin 1992 (756) Sertorius Histrianus, originario di Verona592, fu attivo soprattutto in ambito municipale In città, rivestì il quattuorvirato i(ure) d(icundo), la questura aerarii e 587 Burnand 2006, p 107 588 Demougin 1992, p 642 (sulla base dell’assenza dell’unità in cui servì da tribuno e della successione della p. f. al tribunato) 589 Demougin 1992, p 642; contra Devijver ME, p 736, che propendeva per un solo liberto 590 Demougin 1992, p 642 591 Demougin 1992, p 643 (essenzialmente su base paleografica) 592 Il cognomen Histrianus potrebbe suggerire una diversa origine degli antenati, ma Verona resta la soluzione più semplice e convincente Iscritta nella tribù Poblilia (Taylor 1992, p 164; Bertolazzi, La Monaca 2010, pp 286–287), la città ospitava numerosi Sertorii: Rufius Sertorius (CIL I, 917 = ILLRP 1033); Sex. Sertorius C. f. (CIL V, 3746); L. Sertorius L. f. Pob. Sisenna (CIL V, 3747); Sertorius (CIL V, 8110, 334); P. Sertorius P. l. Optatus (CIL V, 8866) Nei pressi di Verona, cfr Q. Ser torius Pyramus (CIL V, 4013 = Pais 663 – nei pressi di Benacum); Q. Sertorius Callistus (Pais 667 – da Arilica)
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il flaminato, mentre, al di fuori del contesto più propriamente locale, ottenne esclusivamente una p. f. A dimostrazione della ricchezza del prefetto, Histrianus sostenne le spese per la statua che gli era stata decretata dai seviri: la collocazione dell’iscrizione era stata del resto disposta l. d. d. d. Non può essere esclusa una parentela con due veterani veronesi593: Q. Sertorius L. f. Pob. Festus594 – centurione della legione XI Pia Fidelis – e L. Sertorius L. f. Pob. Firmus595 – signifer aquilifer nella medesima legione e curat(or) leg(ionis) veter(anorum), una posizione importante non solo fra i propri commilitoni, ma anche nel rapporto fra questi e le comunità locali596 157 [---]us C f Stel Severus Rif. epigr.: CIL XI, 3013 [Celleno, Italia] Origo: Musarna, Regio VII? Cronologia: età giulio-claudia597 Bibliografia: CIL sub numero. Severus, forse originario di Musarna598, ottenne per due volte il quattuorvirato i. d. quinquennale Al di fuori dell’ambito più propriamente locale, Severus ottenne una p. f. e poteva vantare l’ingresso nell’ordine equestre (equo publico) In riconoscimento della sua distinzione e ob abstinentiam singularem, i decurioni gli decretarono l’erezione di statue – consentientibus Augustalibus et plebe Non solo Severus sostenne i costi dell’operazione, ma, alla sua morte, stabilì che i suoi eredi donassero a ciascun decurione quattro denarii, tre agli Augustales, due ai membri della plebs che intra muros habitant Ai figli di ogni cittadino fu infine destinata la metà della somma disposta per i padri
593 Demougin 1992, p 643: vi si suppone che Festus potesse essere il padre del prefetto e vi si propone la datazione di entrambe le iscrizioni post 42 d C 594 CIL V, 3374 595 CIL V, 3375 = ILS 2339 596 Per alcune considerazioni sul rapporto fra veterani e città, si veda Ricci 2010a, pp 92–98 597 La datazione mi pare suggerita dall’andamento del cursus: la p. f., in particolare non sembra aprire la carriera 598 La tribù elettorale a cui erano ascritti gli abitanti di Musarna non è nota; a poca distanza, sia gli abitanti di Tuscana che quelli di Ferentium erano però generalmente ascritti alla Stellatina (Taylor 1960, p 163; Arnaldi, Gasperini 2010, pp 227, 230)
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158 C Silius C f Fab Aviola Rif. epigr.: a CIL V, 4919 = InscrIt X 5, 1144 = ILS 6100 [Zanano – Sarezzo, Italia] b CIL V, 4920= InscrIt X 5, 1145 = AE 1942/1943, 34 [Zanano – Sarezzo, Italia] c CIL V, 4921 = InscrIt X 5, 1146 = ILS 6099a [Zanano – Sarezzo, Italia] d CIL V, 4922 = InscrIt X 5, 1147 = ILS 6099 [Zanano – Sarezzo, Italia] Origo: Trumplini, Brixia, Regio X Cronologia: età tiberiana Bibliografia: Devijver ME (S 51–52); Gregori 1991; Demougin 1992 (257) Tutti i testi sono stati incisi su tavolette bronzee Il testo di [a ] è datato dalla coppia consolare al 3 febbrio 27 d C Il testo di [b ] è datato dalla coppia consolare al 27 d C Il testo di [c ] è datato dalla coppia consolare al 4 dicembre 28 d C Il testo di [d ] è datato dalla coppia consolare al 5 dicembre 28 d C C. Silius Aviola, uomo illustre presso i Trumplini, una comunità sotto la giurisdizione di Brixia599, è noto attraverso quattro tavole iscritte, a lui dedicate fra 27 e 28 d C I dedicanti erano alcune comunità africane – la civitas Themetrensis [a ]; i Thimiligenses [b ]; la civitas Apisa Maius [c ]; i Siagitani [d ] – che, con linguaggio formulare affine, cooptaverunt il prefetto e i suoi successori, mentre i membri dei senati di quelle città e i loro successori accettarono Aviola in fidem clientelamque suam La carriera di Aviola – nota solo in parte – comprese la p. f., senza dubbio al seguito del proconsole d’Africa e il tribunato militare nella legione III Augusta [c ] e [d ]600 E’ ragionevole supporre un legame fra C. Silius Aviola (o suo padre) e P. Silius Nerva (cos 20 a C ), che, da prosonsole dell’Illirico nel 16 a C , condusse una campagna militare contro i popoli alpini (senz’altro Camunni, Vennonetes, Trumplini e, forse, anche Venostes)601 In questo senso, la presenza di un Silius Avio la fra i Trumplini potrebbe essere ricondotta alle stesse campagne del 16 a C
599 Aviola era originario di Brixia, in cui era ampiamente diffusa la tribù Fabia (Taylor 1960, p 164); sui Trumplini, si veda Laffi 1966, pp 27–29 A Brixia, sono noti anche M. Silius Cornelianus (CIL V, 4296 = InscrIT X 5, 14) e Silia Prisca, sposa del sevir Augustalis C. Calventius Calvent(iae?) l. Herma (CIL V, 4401 = InscrIt X 5, 196) 600 Ritterling RE XII 2, coll 1493–1505; Le Bohec 2000a 601 Cass Dio LIV, 20, 1; PIR2 S 726; cfr Letta 2015, p 49; Dalla Rosa 2015b; contra Demougin 1992, pp 221–222, in cui si propone un legame con C. Silius A. Caecina Largus (cos 13 d C ) – PIR2 S 718
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159 T Sornius T f Vel Rif. epigr.: CIL X, 960 [Pompei, Italia] Origo: Pompeii, Regio I? Cronologia: prima età augustea Bibliografia: Demougin 1992 (93); De Carlo 2015, p 135 Il p. f. T. Sornius non era forse originario di Pompeii602 Nella città vesuviana, egli aveva tuttavia stretto importanti legami personali e politici L’iscrizione è infatti stata dedicata da A. Clodius Flaccus, eminente notabile pompeiano, prima del 2 a C 603 Un T. Sornius Eutyches, forse un liberto, figurava infine nella corrispondenza del banchiere Caecilius Iucundus604 160 Q Statius Q f Pom G[allus] Rif. epigr.: CIL X, 337 = XII, 261c* = InscrIt III 1, 153 [Atena Lucana, Italia] Origo: Atina, Regio III Cronologia: età augustea605 Bibliografia: Demougin 1992 (758); Traverso 2006 (III 1); De Carlo 2015, p 245 Il cursus di Q. Statius G[allus] è conservato, accanto a quello del padre – omonimo –, da una sola iscrizione Il padre, due volte tribuno militare, fu tre volte duoviro ad Atina, o secondo alcuni – meno convincentemente – a Tegianum606 Ad ogni modo, in entrambe le città era molto diffusa l’ascrizione alla tribù Pompti 602 I cittadini di Pompeii erano generalmente ascritti alla tribù Menenia (Taylor 1960, p 161; Camodeca 2010, p 180) P Castrén (1975, p 223) ha supposto che si trattasse di un immigrato dalla Cisalpina, giunto in città col supporto di Augusto stesso; mentre S Demougin (1992, p 98) ha proposto un’origine picena sulla base dell’appartenenza alla tribù Velina (cfr Taylor 1960, p 162) 603 Sull’iscrizione di T. Sornius, Flaccus è ricordato come duovir bis quinquennalis, il suo terzo duovirato si data invece al 2 a C (Castrén 1975, p 155; Demougin 1992, p 99) 604 CIL IV, 3340, 5; 13; 14; 17; 49; 61; 66; 69; 73; 85; 90; 91; 101; 106; 110; 113; 116 Cfr Andreau 1974, p 45 605 Demougin 1992, pp 643–644 (sulla base dell’assenza dell’agnomen della legione e per la redazione al nominativo dell’epitaffio di famiglia); su base paleografica e per la tipologia del monumento, concorda De Carlo 2015, p 245 606 Nel commento alle Inscriptiones Italiae, U Bracco ha infatti escluso che un municipium come Atina potesse essere guidato da duoviri (cfr anche Degrassi 1950, p 334 = 1962, p 164) La vicina Tegianum costituirebbe in tal caso l’alternativa migliore Bracco ha inoltre proposto di identificare il padre con [---] Q. f. Pom. Gallus – duoviro bis, flamen di[vi ---], impegnato nella ricostruzione di un tempio di Giove (CIL X, 8095 = InscrIt III 1, 89, da Tegianum) S Demougin (1992, p 644) ha correttamente notato come Statius pater non potesse essere riconosciuto nel magistrato da Te gianum, non essendo mai stato flamen C Letta (2015, p 10) ha convincentemente proposto di riconoscere in Atina un municipium duovirale, risalente forse a Cinna: questo toglie qualsiasi ostacolo a riconoscere in Atina la patria di Statius G[allus] Cfr De Carlo 2105, p 245, in cui un legame con Tegianum è del tutto escluso, sulla base della datazione neroniana di quest’ultima colonia
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na607 e altri Statii sono attestati nel territorio di Atina608 Al momento in cui l’iscrizione era stata incisa, il figlio aveva già ottenuto il duovirato – come il padre – ed inoltre la p. f.609 Anche la madre del prefetto figurava nell’iscrizione, Melen(i)ceia Sex f. Posilla 161 C Stertinius Heraclitis f Cornelia Xenophon Rif. epigr.: a IscrCos, EV 219 [Calymnos – Kos, Grecia] b IscrCos, EV 241 [Calymnos – Kos, Grecia] c Syll 3 804 [Calymnos – Kos, Grecia] d Herzog 1922, p 136, nr 1 [Calymnos – Kos, Grecia] Cfr AE 1994, 1643; SIG III 368; 804; IGR 1086 Origo: Kos, Achaia Cronologia: età claudia Bibliografia: PIR2 (S 666); Kind RE III A 2, col 2450, nr 3; Pflaum CP (16); Devijver ME (S 79); Demougin 1992 (487) Le iscrizioni [a ] e [b ] non fanno menzione degli onori divini a Claudio e sono pertanto le più antiche Le iscrizioni [c ] e [d ] menzionano gli onori divini per Claudio e presentano l’espressione – erasa – φιλονέρων: si tratta dunque di dediche redatte negli anni successivi al ritorno di Xenophon a Kos, dopo la morte di Claudio Originario di Kos, C. Stertinius Xenophon raggiunse fama e ricchezza attraverso il suo ruolo di medico della casa imperiale Suo padre Heraclites era stato anch’egli medico, rispetto al figlio, non aveva però ottenuto (o ritenuto necessario ottenere) la concessione della cittadinanza romana Heraclites era sposato con la figlia di uno Xenophon ed è dal lato materno che il medico di Claudio mutuò il nome: si trattava di una famiglia molto antica610, ma di fatto in ombra fino ai successivi sviluppi della carriera di Xenophon611 L’acquisizione della cittadinanza fu senz’altro dovuta a C. Stertinius Maximus (cos 23 d C )612, che forse Xenophon aveva conosciuto praticando la professione medica a Roma, o durante un’ambasciata dei suoi con-
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Taylor 1960, p 161; Forte 2010, p 193 CIL X, 402 = InscrIt III 1, 73; cfr anche Demougin 1992, p 644 Sulla presenza del quatturovirato ad Atina, si veda De Carlo 2015, p 245 e n 13 Su Xenophon, medico a Kos nel IV–III sec a C e allievo di Praxagoras, cfr Kudlien RE IX A 2, coll 2089–2092 Buraselis 2000, pp 76–77; in effetti, è significativo che, mentre il medico aveva mutuato la formula onomastica dal console Stertinius Maximus, gli altri membri della famiglia fossero tutti Tiberii Claudii: sua madre Claudia, suo fratello Ti. Claudius Cleonimus, sua moglie Claudia Phoibe, suo zio materno Ti. Claudius Xenophon e il figlio di quest’ultimo, Ti. Claudius Ti. f. Xenophon Per uno stemma della famiglia di Xenophon, si veda ivi, p 92 Herzog 1922, pp 221–222
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cittadini presso il Senato613 Ad ogni modo, fu la fama di abile medico a trattenere C. Stertinius Xenophon nell’Urbe, al servizio di Tiberio, Caligola e, infine, Claudio, beneficiando di un onorario elevato e di una conveniente prossimità al centro del potere614 Questo gli valse senza dubbio l’ingresso nell’ordine equestre e la carica di tribuno militare, al tempo della campagna di Britannia Non è certo che l’incarico avesse un carattere esclusivamente formale, come si è spesso supposto615 L’iscrizione [b ], pur danneggiata, menziona infatti il numerale della legione in cui Xenophon servì da tribuno, la VIII Augusta, di stanza in Pannonia – approssimativamente fino al 45 d C – e che già E Ritterling supponeva avesse preso parte alla spedizione britannica616 Fondandosi su questo esempio e sul caso parallelo di Ti. Claudius Balbillus (53), tribuno nella legione XX Valeria Victrix e p. f. di Claudio, K Buraselis ha proposto di riconoscere una partecipazione operativa di Xenophon alla campagna dell’imperatore e, in qualche misura, del merito alla base delle onorificenze militari che gli erano state offerte617 Senz’altro, era stata la familiarità con il Principe a permettere a Xenophon di accedere al tribunato e – successivamente o contemporaneamente – alla p. f. a Roma – come risulta in [d ] Potevano essere molte le ragioni di questa scelta, ma è significativo che, successivamente alla prefettura, il medico fosse stato chiamato ad un incarico amministrativo e politico, quale la direzione della corrispondenza in greco E’ evidente che si trattasse di una posizione per la quale erano essenziali la padronanza della lingua e della cultura del dialogo propri del mondo greco Nella nativa Kos, Xenophon era del resto divenuto il patrono per eccellenza: non solo la ricchezza e il nuovo rango equestre, ma soprattutto la familiarità con l’imperatore avevano offerto eccezionali possibilità al medico di corte618 In un passaggio che, in parte, ricorda il favore accordato da Pompeo a Mitilene, per l’interessamento di Teofane619, Tacito ricorda che – precibus eius (scil di Xenophon) – l’isola aveva ottenuto l’immunitas da ogni forma di tassazione (omni tributo vacui)620 Di Kos egli divenne benefattore e difensore, facendosi tramite fra potere centrale e realtà politica locale, un aspetto
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Tac Ann IV, 14: l’ambasciata da Kos competeva con gli inviati da Samos, perché entrambe le città chiedevano rispettivamente il rinnovo del diritto di asilo presso i templi di Asclepios e Hera Demougin 1992, p 397 E. g. Herzog 1922, p 226; Pflaum CP, pp 43–44; Millar 1963, pp 196–197; Dobson 1966, p 73 = 1993, p 230; Demougin 1992, p 397 Ritterling RE XII 2, sopr col 1647 Buraselis 2000, pp 67–75 La familiarità col princeps è continuamente evocata nelle iscrizioni dedicate sull’isola di Kos a Xenophon: φιλορώμαιος, φιλοσέβαστος, φιλόκαισαρ, φιλοκλαύδιος (su questo, si veda Buraselis 2000, pp 100–110) Plut Pomp. 42, 4 (διὰ Θεοφάνη) Tac Ann XII, 61, 2
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che, meglio noto per Xenophon, interessava certamente altri p. f.621 L’interesse del medico per la posizione sua e della propria famiglia a Kos è dimostrato dalle numerose iscrizioni a lui dedicate622 e dal fatto che non rinunciò a rivestirvi i flaminati perpetui di Augusto, dei Cesari, di Claudio, di Apollo Karneios, di Agrippina e della triade di divinità locali – Asclepios, Hygiea, Epione [a ; b ] Sembra che, dopo la morte di Claudio (una circostanza in cui la buona fede del medico di corte non poteva che essere messa in discussione) e il suo ritorno a Kos, questo interesse per i sacerdozi locali fosse addirittura aumentato: Xenophon aveva ricoperto funzioni (e costi) relativi a numerosi culti, alcuni dei quali forse da tempo abbandonati e recuperati per questo eccezionale patrono [c ; d ]623 162 M Stlaccius C f Col Coranus Rif. epigr.: CIL VI, 3539 = ILS 2730 [Roma, Italia] Origo: incerta Cronologia: fra Claudio e Nerone Bibliografia: Devijver ME (S 81); Demougin 1992 (635) M. Stlaccius Coranus ottenne la p. f. e, successivamente, l’ingresso nell’ordine equestre Contatti all’interno dell’élite urbana gli valsero l’accesso alle cinque decurie dei giudici624 e alle tre milizie equestri Fu prefetto della V coorte dei Bracaraugu stani in Germania625, tribuno nella legione II Augusta626 e prefetto dell’ala degli Hi spani in Britannia627 Nel corso degli anni in servizio, ottenne una hasta pura e una corona muralis, concessa a colui che per primo avesse scalato le mura di una città nemica628 Sulla base del cognomen del prefetto, H Devijver ha suggerito che la
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K Buraselis (2000, sopr pp 137–139) ha individuato nello statuto di città libera di Kos una delle ragioni della sua “irrequietezza” politica La posizione acquisita da Xenophon avrebbe favorito la mediazione fra le posizioni dei suoi concittadini e le esigenze del potere imperiale K Buraselis (2000, pp 156–159) ha schedato 58 iscrizioni in cui si pregavano gli dei per la salute di Xenophon Buraselis 2000, pp 99–100 (con bibliografia), in cui si sostiene – convincentemente – che questo accumulo di sacerdozi fosse funzionale a dare una più piena rappresentazione (e, in qualche misura, una riconferma) della preminenza politica di Xenophon sull’isola, più urgente dopo la morte di Claudio e il suo ritiro a Kos Demougin 1988, p 461 Spaul 2000, pp 96–97 Ritterling RE XII 2, coll 1457–1466; Keppie 2000b: proprio negli anni del regno di Claudio, la legione II Augusta fu stanziata dalla Germania alla Britannia Tutti questi incarichi sono menzionati accanto alla provincia di pertinenza Gli onori militari potrebbero essere stati acquisiti in Britannia, o, più probabilmente, in Germania, dal momento che non compare alcun riferimento all’imperatore Claudio (cfr Demougin 1992, p 537, n 5)
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città d’origine della sua famiglia fosse Cora629 Sulla base dell’ascrizione alla tribù Collina, S Demougin ha invece proposto un’origine urbana e ha anzi immaginato che i genitori di Coranus fossero dei liberti Lo stemma familiare, noto dall’iscrizione di dedica posta sulla tomba degli Stlaccii, sembra confermare questa ipotesi: vi sono menzionati il padre C. Stlaccius Capito, i fratelli C. Stlaccius C. f. Col. Capito e L. Stlaccius C. f. Col. Fronto e la moglie Claudia Secunda S Demougin ha suggerito per Capito pater un’ascendenza libertina, proprio sulla base dell’assenza del patronimico e della tribù elettorale630 Anche la tribù Collina, cui tradizionalmente erano ascritti i liberti, pare avvalorare questa soluzione Non può essere escluso, ma neppure confermato, un legame con M. Stlaccius Trebellius Sallustius, senatore e patrono di un collegium ad Ostia nel 140 d C 631 163 M Surinus M f Marcellus Rif. epigr.: CIL V, 544 = InscrIt X 4, 61 [Trieste, Italia] Origo: Tergeste, Regio X Cronologia: età giulio-claudia632 Bibliografia: SupplIt 10, p 221, sub numero; Spadoni 2004 (182) M. Surinus Marcellus rivestì una lunga serie di incarichi a Tergeste Pur essendo un ingenuus, egli ricoprì il sevirato; fu poi edile, prefetto i. d. (chiaramente, durante una fase di vacanza dei duoviri)633, duoviro, pontefice e, infine, quinquennale Nella serie degli incarichi menzionati, la p. f. compariva prima della quinquennalità L’iscrizione di dedica, votata con decreto decurionale, fu eretta dal figlio, omonimo La gens Surina non è altrimenti attestata a Tergeste 164 [M Tarquitius M f ] Etruscus Rif. epigr.: AE 2008, 524 [Tarquinia, Italia] Origo: Tarquinii, Regio VII Cronologia: età tiberiana (iscrizione datata al 35 d C ) Bibliografia: Torelli 2006 L’iscrizione è stata incisa su di una base marmorea modanata, più tardi riutilizzata per una nuova dedica (504 d C )
629 A Cora, la gens Stlaccia non è tuttavia attestata; è convincente l’ipotesi di S Demougin (1992, p 537), che suppone però la presenza di estese proprietà in città 630 Demougin 1992, p 537 631 CIL XIV, 246; Demougin 1992, p 537 632 Spadoni 2004, p 144 633 Spadoni 2004, p 144
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Per Etruscus, il padre Priscus (165), aruspice dell’imperatore Tiberio e conoscitore della disciplina Etrusca, aveva scelto un cognomen significativo, tanto più perché le competenze di aruspicina erano spesso trasferite da padre a figlio634 Anche grazie ai prestigiosi legami con la casa imperiale, la famiglia di Etruscus aveva raggiunto una posizione di indubbio rilievo Il figlio di Priscus fu perciò quattuorviro i. d. a Tarquinii, tribuno militare (e dunque membro dell’ordine equestre) e p. f. 165 [M Tarquitius – f ] Priscus Rif. epigr.: AE 2008, 524 [Tarquinia, Italia] Origo: Tarquinii, Regio VII Cronologia: età giulio-claudia (iscrizione datata al 35 d C )635 Bibliografia: Torelli 2006 Per i dettagli relativi al supporto epigrafico, cfr supra 164 [M. Tarquitius] Priscus636 fu aruspice presso l’imperatore Tiberio637, quattuorviro i. d. a Tarquinia e p. f. L’iscrizione era stata redatta allo scopo di commemorare lo scioglimento di un voto a Giove Ottimo Massimo e Giunone Regina per la salvezza dell’imperatore Tiberio e dei nipoti Caligola638 e Tiberio Gemello, attorno al 35 d C 639 L’offerta consisteva nella donazione di una corona di quercia ex auri p(ondo) X et sellam auratam cum ornament(is) Il voto era stato sciolto con il figlio di Priscus, Etruscus (anch’egli p. f. – 164), ed era stato accompagnato dalla generosa offerta ai decurioni di un banchetto (epulum) e [plebei? crustu]lum et mulsum Secondo la convincente ipotesi di M Torelli, il nome di Priscus (e con esso quello di Etruscus) potrebbe essere connesso all’autore del trattato noto come Etrusca disciplina, come attestato dai cd elogia Tarquinensia (AE 1899, 62)640
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Torelli 2006, p 264 Torelli 2006, p 267 La prima integrazione permetterebbe di rivalutare e correggere la lettura di AE 1899, 62 Sugli haruspices, si veda la recente raccolta prosopografica di M -L Haack (2006), sopr pp 44, 141–142 638 Il nome di Caligola è stato poi scalpellato 639 La data – per l’esattezza compresa fra 26 giugno 35 e 25 giugno 36 – è desunta dalla titolatura imperiale: [pro sal(ute) Ti(beri) Caes]aris dìvi Augusti f(ili) dìvi Iuli n(epotis) Augusti, pont(ificis) [ma x(imi), co(n)s(ulis) V], imp(eratoris) VIII, tribunic(ia) potest(ate) XXXVII. 640 Torelli 2006, sopr pp 262–267; Id 2011, sopr pp 146–157 (sul ruolo – politicamente rilevante – svolto da questi alla corte di Tiberio, in opposizione a Seiano e al potere dell’esercito); per l’autore del trattato, si veda Rüpke FS, p 1313 (); sugli elogia, Torelli 1975
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166 [---] Titiedius Flaccus Rif. epigr.: CIL VI, 33029 = IX, 4059 [Civita di Oricola, Italia] Origo: Carsioli, Regio IV Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C ) Bibliografia: Devijver ME (T 23); Demougin 1992 (760); Traverso 2006 (IV 18) Titiedius Flaccus era probabilmente originario di Carsioli o del suo circondario: nella vicina Alba Fucens, sono infatti attestati alcuni Titiedii641 Flaccus rivestì per due volte il tribunato militare nella legione X Gemina642 e divenne p. f. bis – sembra – in due distinte occasioni A Carsioli, il prefetto rivestì il quattuorvirato i. d., trascurando le cariche intermedie (almeno all’interno di questa iscrizione) 167 L Titinius T vel P [f ---] Rif. epigr.: AE 2006, 431 [Luni, Italia] Origo: Luna, Regio VII Cronologia: età augustea643 Bibliografia: Mennella 2006, pp 414–416 e 419 L. Titinius, noto grazie ad un’iscrizione frammentaria – con testo in latino e greco –, apparteneva alla stessa gens di un altro p. f., il cavaliere claudio-neroniano L. Titinius L. f. Glaucus Lucretianus (168), importante esponente del notabilato lunense e, più in generale, nord-etrusco644 La dedica, opera di una comunità greca (τὸ κοινὸν), ne menzionava la p. f., verosimilmente rivestita al seguito di un promagistrato inviato in Oriente, anche se non è del tutto esclusa una relazione con un’associazione di Greci (forse commercianti) attivi o residenti nell’area lunense
641 Si tratta di L. Titiedius Valentinus (sevir augustalis), Titiedia Venusta, L. Titiedius Valentinus e Titiedia Fucentia (CIL IX, 3948); Titiedius Augurius (CIL IX, 3950); Titiedia Faustina (CIL VI, 859 – dell’anno 168 d C ) Un L. Titiedius sembra comparire anche in CIL IX 4054, da Carsioli Dal territorio dei Marsi provengono anche attestazioni di varianti: L. Titedius L. l. Primigenius e L. Titedius L. l. Mar tialis (CIL IX, 3877, da Trasacco); Titidia L. f. Boclo (CIL IX, 3654 = I2, 1767, da Marruvium); N. Tet tidius (CIL IX, 3762, da Marruvium); Tettidia Faventina, madre di L. Mindius Primitivus, decur(io) Mar(si) (CIL IX, 3687, da Marruvium); T. Tettiedius T. f. Tiro (Letta, D’Amato 1975, p 257, nr 154, da Collelongo); T. Tettiedius N. f. (Letta, D’Amato 1975, pp 260–261, nr 156, da Collelongo); Libo Tetdius Ɔ T l (CIL IX, 3827) S Demougin (1992, p 646) ha infine segnalato la presenza di alcuni Titiedii Flacci su di un’urna funeraria da Roma, oggi conservata ad Urbino (CIL VI, 32469): il fatto che vi sia menzionato un L. Titiedius Flaccus Petronianus suggerisce anzi l’esistenza di legami di adozione con altre famiglie, forse urbane 642 La legione era di stanza in Spagna fino ad epoca neroniana, quando venne trasferita a Carnuntum in Pannonia; su questo, si veda Ritterling RE XII 2, coll 1678–1690; Gómez-Pantoja 2000b 643 Buonopane 1990, pp 161–163 644 I Titinii sono inoltre ben attestati anche a Cosa; cfr Gregori 2000; Mennella 2006, pp 414–416
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168 L Titinius L f Gal Glaucus Lucretianus Rif. epigr.: a CIL XI, 1331 = ILS 233 [Luni, Italia] b CIL XI, 6955 = ILS 8902 = AE 1904, 227 = 1989, 312 = 1991, 652 [Luni, Italia] c CIL XI, 1332 [Luni, Italia] d CIL XI, 1349a [Luni, Italia] e CIL XI, 6689, 240 [Roma, Italia] Origo: Luna, Regio VII Cronologia: età claudio-neroniana Bibliografia: PIR (T 451); Stein RE VI A 2, col 1551, nr 23; Devijver ME (T 25); Demougin 1992 (589); Zucca 1998 (69); Bandelli 2000; Faoro 2011 (15) L’iscrizione [d ], molto danneggiata, ha conservato soltanto parte del nome e del cursus di L. Titinius Glaucus Lucretianus [a ] è una dedica a Poppaea divinizzata e a Nerone – 66 d C [b ] è una dedica a Poppaea Augusta e a Nerone, datata al 63 d C [c ] è una dedica a Nerone, datata al 65 d C ? [d ] si data al periodo 55–63 d C [e ] è un bollo su tegola e ha pertanto conservato solo il nome del prefetto645 L. Titinius Glaucus Lucretianus, importante notabile lunense e membro dell’ordine equestre, era certamente originario di Luna646 Beneficiò del favore degli imperatori Claudio e Nerone, come dimostrato dalla sua complessa carriera (nota soprattutto dalle iscrizioni [a ] e [b ]647) e dalle dediche all’ultimo dei principi giulio-claudi – ovvero [a ], [b ] e [c ] Lucretianus fu duoviro per ben quattro volte, quinquennalis per l’intervento dell’imperatore Claudio (primus creatus beneficio divi Claudii), prefetto di Nerone a Luna e patrono della colonia A Roma, egli ottenne il prestigioso incarico di sevir equitum Romanorum – fino ad allora destinato ai figli di senatori648 – e l’ingresso nei collegia religiosi dei curiones sacrorum faciundorum e dei flamini di Roma e di Augusto – nuovamente, per intervento imperiale (beneficio Caesaris creatus649) Lucretianus ottenne inoltre una p. f. con 645 Per altri bolli, si veda Bandelli 2000, p 159 Una serie di iscrizioni da Cosa (AE 2003, 632-637) menziona un L. Titinius Lucretianus; secondo gli editori si tratterebbe appunto del prefetto, inviato in città da Claudio per sovrintendere alla ricostruzione successiva al terremoto del 51 – cfr Frasson in EAGLE: EDR152003 646 Generalmente, gli abitanti di Luna erano ascritti alla tribù Galeria (Taylor 1960, p 163; Arnaldi, Gasperini 2010, p 228) 647 Sulla carriera del prefetto, si veda l’analisi contenuta in Bandelli 2000, sopr p 159 648 Demougin 1988, p 227; Id 1992, p 491 (sopr n 3 per la bibliografia precedente) 649 Condivido il parere di S Demougin (1992, pp 490–491), secondo cui il beneficium Caesaris fu dispensato per il duovirato a Luni e per i sacerdozi L’espressione creatus – presente solo in [b ] – presuppone infatti un’elezione e non è adatta al tribunato militare nella legione XXII; contra Devijver ME, pp 786–787
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sulis [a ] – dunque a Roma –, un tribunato presso la legione XXII Primigenia, di stanza a Mogontiacum650, e una prefettura pro legato alle Baleari (almeno fino al 65 d C [a ])651 – isole sotto il controllo formale del governatore della Tarraconen sis, in cui erano correntemente confinati gli esiliati652 Lucretianus ricoprì successivamente un tribunato di legione nella VI Victrix [b ], di stanza in Spagna653, fino al 66 d C , quando lasciò il servizio attivo E’ questo l’anno in cui egli fece erigere a Luna (forse in absentia) un monumento a Nerone e alla sua consorte, ormai deceduta, ad un anno dalla formulazione del voto alle Baleari654 A Luna, l’influenza esercitata da L. Titinius Glaucus Lucretianus era certamente notevole, come lo era forse quella dei suoi antenati, né si può escludere un legame con L. Titinius L. f. Pe trinianus, duovir iterum a Luna655 169 M Trebellius C f Sextanus Rif. epigr.: CIL X, 5581 [San Giovanni in Carico, Italia] Origo: Fabrateria Nova, Regio I Cronologia: età giulio-claudia (età augustea?656) Bibliografia: Devijver ME (T 33); Demougin 1992 (761); Chioffi 2005 (27); Traverso 2006 (I 29) L’iscrizione era parte di un monumento funerario rotondo, in marmo M. Trebellius Sextanus, membro dell’ordine equestre, ricoprì il duovirato e il duovirato quinquennale a Fabrateria Nova negli anni compresi fra Augusto e Tiberio657 La sua famiglia era senz’altro originaria della città, o vi si era comunque trasferita da tempo, come dimostrano – nello stesso arco cronologico – le attestazioni di numerosi liberti della gens Trebellia658 Egli fu tribunus militum legionis
650 Ritterling RE XII 2, coll 1797–1820; Franke 2000c 651 Secondo S Demougin (1992, p 492, n 8), il voto fu tanto più significativo perché coincidente con la scoperta della congiura di Pisone 652 Zucca1998, pp 135–139 653 Ritterling RE XII 2, coll 1598–1614; Keppie 2000b 654 Zucca 1998, p 138 655 CIL I2, 2094 = XI, 1347 = ILS 6602 = ILLRP 626; CIL XI, 6959 = ILS 5437; AE 1984, 391; CIL XI 1348; 1349 (qui compare anche la figlia del duoviro, Titinia L [f ]); cfr Demougin 1992, p 491 I Titinii sono attestati in altre iscrizioni da Luna: L. Titinius L. et Q. l. Memnus (CIL XI, 1321); [Ti]tiniu[s] (CIL XI, 1350); Lepida Iulia Titinia Crispina (CIL XI, 1355b); Titinia L. f. (CIL XI, 6960 = I, 3371); Titinia P. [f ] (AE 1990, 349); L. Titinius (AE 1978, 330 = 1999, 619); su Titinius e la gens Titinia cfr anche Gregori 2000; Frasson 2013, pp 87–98 (con bibliografia) 656 La datazione in epoca giulio-claudia è stata ipotizzata sulla base dell’assenza dell’agnomen della legione, tipica di questo periodo, del cursus del personaggio e dell’onomastica familiare (Demougin 1992, p 646) M Abignente (in EAGLE: EDR103858) ha invece limitato la datazione all’età augustea, su basi soprattutto testuali e paleografiche 657 Chioffi 2005, pp 202–203 658 AE 1974, 247; 1988, 281; CIL X, 5593; CIL X, 5627
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e p. f., anche se non è chiaro l’ordine in cui ricoprì i due incarichi H Devijver ha convincentemente proposto che la formula AVG (l 3), successiva all’indicazione della prefettura (e di incarichi comunque estranei all’ambito locale), debba essere interpretata come praefectus fabrum Augusti, scioglimento che dimostrerebbe l’esistenza di relazioni significative con la casa imperiale659 L’iscrizione, incisa su di un monumento marmoreo, menzionava i genitori, C. Trebellius Sex. f. Sextanus e Purpurnia L. f., e i nonni, Sex. Trebellius Sex. f. Sextanus e Gennia M. f. 170 L Tuccius P f Col Ma[ximus] Rif. epigr.: CIL IX, 4968 = ILS 5543 [Passo Corese, Italia] Origo: Cures Sabini, Regio IV Cronologia: età neroniana Bibliografia: Devijver ME (T 40); Demougin 1992 (611); Traverso 2006 (IV 20) L. Tuccius Maximus era forse di origine urbana, come suggerito dalla tribù Collina a cui era ascritto660 Membro dell’ordine equestre, raggiunse il tribunato militare nella legione XV Apollinaris, di stanza in Pannonia661, e la p. f. Quale che fosse la sua origo, gli interessi di Tuccius Maximus dovevano essere concentrati a Cures, dove ottenne il quattuorvirato e divenne prefetto in sostituzione di Nerone A dimostrazione della posizione preminente di cui godeva in città (e della sua rilevante ricchezza), Maximus costruì a proprie spese (sua pecunia) una porticus 171 Sp Turranius L f Sp n Fab Proculus Gellianus Rif. epigr.: a CIL XIV, 4176 [Lavinio – Anzio, Italia] b CIL X, 797 = ILS 5004 [Pompei, Italia] Origo: incerta Cronologia: età claudia Bibliografia: PIR2 (T 414), Stein RE VII A2, col 1443, n 12; Devijver ME (T 44); Demougin 1992 (488); Rüpke FS (3304); Traverso 2006 (I 75 A) L’iscrizione [a ] era una dedica ex voto a Giunone, datata da J Rüpke al 36– 37 d C 662 La carriera di Sp. Turranius Proculus Gellianus è nota grazie a due iscrizioni, una molto frammentaria da Lavinium [a ], l’altra da Pompeii [b ] Cavaliere di origine 659 In questo, H Devijver seguiva Dobson 1966, p 69, nr 42; contra Demougin 1992, p 646, in cui AVG è sciolto in augur; dello stesso avviso di S Demougin è M Abignente in EAGLE: EDR103858 660 La tribù più attestata a Cures era in effetti la Sergia (Taylor 1960, p 162) 661 Ritterling RE XII 2, coll 1747–1758; Wheeler 2000 662 Rüpke FS, p 1331
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italica663, visse fra il regno di Tiberio664 e quello di Claudio665 L’iscrizione pompeiana sembra contenere tutti i passaggi del cursus honorum di Sp. Turranius Fu due volte p. f., forse a Roma, dove fu nominato prefetto dei curatores alvei Tiberis666 A Lavinio fu chiamato in veste di praefectus pro praetor i. d., ma una serie di prestigiosi incarichi religiosi, rivestiti in quella stessa città, documenta una presenza consolidata in quella comunità Fu pater patratus populi Laurentis, incaricato di rinnovare l’alleanza rituale con Roma, flamen Dialis, flamen Martialis, salius praesul, augure, pontefice In linea con la lunga serie di sacerdozi del tradizionale culto latino, Sp. Turranius sembra privilegiare formule volutamente arcaizzanti, secondo quello che sembra un consapevole programma di costruzione di una individualità politica ben identificabile Fuori della Penisola, fu prefetto della coorte dei Gae tuli, stanziata a Cemenelum (Cimiez) nella Narbonensis667, e tribuno militare della X legione (forse Fretensis668) Ad ogni modo, gli interessi del prefetto lo legavano stabilmente all’Italia – a Lavinium e, considerata la provenienza di [b ], a Pompeii 172 P Valerius Bassus (vel PP Valerii Bassi?) Rif. epigr.: a CIL VI, 135 = ILS 3254 [Roma, Italia] b CIL XIV, 2579 = ILS 3066 [Frascati, Italia] Origo: Tusculum, Regio I (?) Cronologia: età giulio-claudia669 Bibliografia: Demougin 1992 (764); Di Giacomo in EAGLE: EDR160809 P. Valerius Bassus, forse originario di Tusculum, fu l’autore – a fianco della moglie Caecilia Procne670 – di un’iscrizione di dedica alla dea Diana Valeriana, rinvenuta
663 Così pare suggerire la menzione della tribù Fabia, molto comune in Italia (Demougin 1992, p 400) ed il cospicuo numero di incarichi a Lavinium, dove tuttavia i Turranii non son altrimenti attestati 664 La dedica di [a ] si data fra 1 luglio 36 e 16 marzo 37 d C: la data è desunta sulla base della trentottesima tribunicia potestas di Tiberio 665 La dedica di [b ] si data fra 47/48 e 54 d C : questa è la valutazione di S Demougin (1992, pp 398–399), che ha considerato arcaismi quelle che sono più probabilmente formule determinate dalla riforma ortografica del principato di Claudio (ad es PRAIF(ectus) – l 2; SIBULLINIS – l 5) e del digamma inversum 666 Lonardi 2013, pp 57–59, nr 1 667 Cichorius RE IV, col 286; Spaul 2000, p 467 668 Se si trattasse della legione X Fretensis, Sp. Turranius sarebbe stato inviato a Cyrrhus, in Siria (Ritterling RE XII 2, coll 1671–1678; Dabrowa 2000b); tuttavia, non sussistono elementi sicuri per un’interpretazione in questo senso 669 Demougin 1992, p 648 (sulla base della posizione del nome della dea Diana Valeriana, in chiusura alla dedica) 670 Anche i Caecilii sono noti a Tusculum: Q. Caecilius Hilarius e Caecilia Nicopolis (AE 2012, 314); C[a]eci lia Secund(a) (CIL XIV, 2685); Caecilia Secunda (CIL XIV, 2734); Sex. Caecilius Processus (CIL XIV, 4091, 24f e 24 g) A Tusculum è riconducibile anche Q. Caecilius Q. f. Arn. Marcellus, pretorio,
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a Roma [a ] In questa circostanza, egli compariva semplicemente come p. f. Con ogni verosimiglianza, si tratta tuttavia dello stesso individuo (o di uno stretto congiunto), attestato in una dedica Iovi Libertati, da Tusculum, in cui P. Valerius Bassus è edile e p. f.671 173 L Valerius P f Vol Optatus Rif. epigr.: CIL XII, 2676 = ILN VI, 8 [Alba-la-Romaine, Francia] Origo: Alba Helviorum, Provincia Narbonensis Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C ?)672 Bibliografia: Pflaum 1978, pp 207–208, nr 4; Burnand 2006 (46 E 37) Membro dell’ordine equestre, L. Valerius Optatus era originario di Alba Helvio rum673, dove il nomen Valerius è del resto ben attestato674 All’interno del contesto propriamente locale, egli rivestì il quattuorvirato e il flaminato di Augusto Al di fuori della città narbonese, Optatus servì invece da tribuno nella legione III Galli ca, di stanza in Syria675, e da p. f. 174 C Valerius L f Paetus Rif. epigr.: ILGN 635 = AE 1980, 615 = 1987, 750 [Perpignan, Francia] Origo: Ruscino, Provincia Narbonensis Cronologia: età giulio-claudia (fra Tiberio e Claudio?)676 Bibliografia: Burnand 2006 (47 E 38) Noto da un’iscrizione molto frammentaria, il cursus di C. Valerius Paetus è stato a lungo oggetto di discussione677 Passato attraverso i ranghi dell’esercito con un primipilato, Paetus ottenne in città il pontificato (il vertice del cursus a Ruscino) e il flaminato, nella prima occasione in cui il sacerdozio era stato creato (primus)678
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tribuno plebeo e governatore di Narbonensis, Baetica e Sicilia in età traianea (CIL XIV, 2498 = ILS 1045) Trattando del medesimo personaggio, S Demougin (1992, p 648) non ha mancato di citare entrambe le iscrizioni Convinta di una recenziorità dell’iscrizione tuscolana, ha comunque lasciato aperta l’ipotesi di un rapporto familiare fra due distinti individui Burnand 2006, p 115 I cittadini di Alba Helviorum erano per lo più ascritti alla tribù Voltinia (Kubitschek IRTD, p 205; cfr anche Bérard 2010) Si vedano ad es : L. Valerius [Te]rtius (?) (ILGN 373 =ILN VI, 68); C. Valerius Daedalus e sua figlia Valeria Ingenua (CIL XII, 2960 = ILN VI, 27); L. Valerius Rufinus (CIL XII, 2677 = ILS 7328 = ILN VI, 9) Nessuno di questi individui può essere convincentemente ricondotto ad Optatus Ritterling RE XII 2, coll 1517–1532; Dabrowa 2000a EDH: HD053530; Burnand 2006, p 117 Per una sintesi sul dibattito, si veda Burnand 2006, p 116 Gascou 1997, pp 119–120
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Infine, sembra che egli vantasse [in col(onia) sua omnib(us)] honor[ib(us) func tus]679 Senz’altro, quando questi raggiunse la p. f. era la prima volta che ciò avveniva – primo [inter s]uos: è forse in questa occasione che il consiglio dei decurioni gli decretò il monumento pubblico, menzionato nell’iscrizione680 175 L Valerius L f Fal Pollio Rif. epigr.: Camodeca 2012, pp 320–322 [Nola, Italia] Origo: Nola, Regio I Cronologia: fra Augusto e Tiberio Bibliografia: Camodeca 2012, pp 320–322; De Carlo 2015, pp 122–123 Recentemente pubblicata da G Camodeca, un’iscrizione frammentaria da Nola ha restituito una delle più antiche carriere documentate nella città campana Si tratta del cursus di L. Valerius Pollio, Nolano681 e membro dell’ordine equestre Gli incarichi presentati sono – in quest’ordine: tribunato, p. f., pontificato, questura, duovirato quinquennale, prefettura i(ure) d(icundo) ex [d(ecreto) d(ecurionum)] Il fatto che la prefettura in sostituzione dei duoviri fosse stata decisa dai decurioni (forse in virtù della lex Petronia) è un fatto inusuale682 In città, Pollio godeva di una certa notorietà: a questo individuo, forse in qualche modo congiunto al duoviro del 32 d C , M. Valerius Postumus, fu probabilmente concesso un loc[us sepult(urae) d(atus) d(ecreto) d(ecurionum)]683 176 L Varenus L f Lucullus Rif. epigr.: a CIL XI, 5220a [Foligno, Italia] b CIL XI, 5220b [Foligno, Italia] Origo: Fulginiae, Regio VI Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C ?)684 Bibliografia: Devijver ME (V 50); Demougin 1992 (394); Traverso 2006 (VI 15) L’iscrizione [b ] è identica ad [a ], ma più frammentaria
679 Burnand 2006, pp 116–117; si tenga conto che, posizionando diversamente i frammenti superstiti, L Wierschowski (1986) ha integrato le poche lettere conservate come segue: P[ont(ifici) fl] AM[in]I HONOR[is causa] 680 Burnand 2006, p 116 681 L’ascrizione alla tribù più attestata in città – Fal(erna) – non lascia alcun dubbio al riguardo (Taylor 1960, p 161; Camodeca 2010, p 180) 682 Si registrano solo 4 attestazioni in Italia (su queste, si veda Camodeca 2012, pp 320–321, n 143) Sulla lex Petronia, vedi Sartori 1982 683 Camodeca 2012, pp 320 e 322 684 Demougin 1992, p 326
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L. Varenus Lucullus fu eletto alle più alte cariche municipali di Fulginiae, sua città d’origine685: duoviro i. d., per due volte duoviro quinquennale, pontefice Membro dell’ordine equestre, ottenne un tribunato militare e una p. f. 177 [---]tius P f Ani Varus Rif. epigr.: CIL XIV, 2960 = ILS 2681 [Palestrina, Italia] Origo: Capitulum Hernicorum, Regio I Cronologia: età di Claudio686 Bibliografia: Devijver ME (V 137); Demougin 1992 (509) Di Varus, membro dell’ordine equestre ed esponente di un’importante famiglia del Capitulum Hernicorum687, sono noti solo gli incarichi extra-municipali Egli ottenne la p. f., la prefettura di una coorte di Germani, reclutata e forse acquartierata in Germania688, la prefettura d’ala e il tribunato nella legione V Alaudae, di stanza a Xanten689 Dalla stessa iscrizione, si apprende parte del nome e la carriera di un congiunto, molto probabilmente il figlio690: questi raggiunse localmente la questura, la pretura, il pontificato e la pretura quinquennale L’iscrizione, decisa dal Capitulum Hernicorum, rafforza l’impressione che la famiglia godesse localmente di mezzi considerevoli Né l’uno, né l’altro sono altrimenti attestati 178 M Vecilius M f L n Campus Rif. epigr.: a AE 1937, 64 [Lucera, Italia] b AE 1938, 110 [Lucera, Italia] Origo: Luceria, Regio II Cronologia: età augustea Bibliografia: Hanslik RE VIII A 1, col 559, n 3; Devijver ME (V 58); Buonocore 1992 (73); Demougin 1992 (188); Traverso 2006 (II 18); De Carlo 2015, p 230 M. Vecilius Campus, membro dell’ordine equestre, fu senz’altro uno degli uomini più facoltosi di Luceria La gens Vecilia è ben attestata nel territorio di Luceria, a
685 In città, sono attestati altri membri della gens: L. Varenus Venustus e i suoi figli L. Varenus Severus, miles della XI coorte urbana, e Varena Prima (CIL XI, 5219) 686 Demougin 1992, p 420 (sulla base del cursus, che presenta la successione degli incarichi tipica del principato di Claudio) 687 I cittadini del Capitulum Hernicorum erano soprattutto ascritti alla tribù Aniensis (Taylor 1960, p 161; Buchholz 2010, pp 172–173 e 176) 688 Cichorius RE IV, col 293; Spaul 2000, pp 254–255 689 Ritterling RE XII 2, coll 1564–1571; Franke 2000a 690 Di questo si è dichiarata certa S Demougin (1992, p 420)
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Volturara, dove un’iscrizione cita un L. Vecillius, quattuorviro691 M. Vecilius Cam pus è noto da due iscrizioni gemelle, la seconda delle quali [b] – meglio conservata – contiene l’intero cursus del prefetto Al di fuori di Luceria, egli fu p. f. e tribuno militare, mentre in città fu duoviro i. d. e pontefice La sua notorietà e ricchezza sono indubbie In entrambe le iscrizioni, M. Vecilius Campus vantava: amphithea trum loco privato suo et maceriam circumit sua pec(unia) Il grandioso progetto era stato realizzato in honor(em) Imp(eratoris) Caesaris Augusti [b] e della colonia di Luceria 179 M Vergilius M f Ter Gallus Lusius Rif. epigr.: CIL X, 4862 = ILS 2690 [Venafro, Italia] Origo: Venafrum, Regio I Cronologia: età tiberiana Bibliografia: PIR (V 278); Miltner RE XIII 2, col 1890, n 16; Pflaum CP, p 23, n 7 e p 958; Devijver ME (V 66); Dobson PP (9); Demougin 1992 (301); Traverso 2006 (I 101); De Carlo 2015, p 168 Probabilmente originario di Venafrum692, Gallus Lusius fu primipilo della XI legione Claudia, di stanza in Dalmatia693, prefetto della coorte mista (peditum et equi tum) degli Ubii in Germania Inferior fra 10 e 14 d C 694, premiato con due hastae purae e corone auree da Augusto e Tiberio695 La p. f. è stata rivestita in tre occasioni (p. f. III) ed è rammentata fra le onorificenze militari e il successivo incarico di tribuno militare della prima coorte praetoria696 Apparentemente chiusa la carriera militare, la nomina alla posizione ducenaria di idiologus ad Aegyptum697 dimostra l’acquisizione di solide competenze nell’amministrazione A Venafrum, gli fu riconosciuta due volte la carica di duoviro, oltre al pontificato L’iscrizione dedicata dalla figlia Lusia Paullina, onorava anche il figlio adottivo di M. Vergilius, A. Lusius Gallus A. f.698, tribuno militare della legione XXII Cyrenaica (sic – in real-
691 CIL IX, 936; cfr anche Demougin 1992, p 169, in cui si suggerisce si tratti del Lucius, nonno del prefetto; De Carlo 2015, p 230 692 La tribù più diffusa a Venafrum era appunto la Teretina (Taylor 1960, p 161; Camodeca 2010, p 180) In città non sono tuttavia attestati altri membri della gens Vergilia, che aveva adottato il prefetto (Demougin 1992, p 257) 693 Ritterling RE XII 2, coll 1690–1705; Fellmann 2000 694 Devijver ME, p 848; Spaul 2000, pp 252–253 695 Devijver ME, p 848: si tratta forse di un premio per la partecipazione alla spedizione di Tiberio del 10 o 11 d C 696 Si tratta dell’integrazione convincentemente proposta da Th Mommsen in CIL sub numero: i precedenti incarichi e la successiva carriera di M. Vergilius giustificano questa interpretazione; più prudente Demougin 1992, p 257 697 Pflaum CP, p 23 nr 7 e p 1084 698 Devijver 1975, p 74, n 9; De Carlo 2015, p 168
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tà Deiotariana) in Egitto699 e praefectus equitum La figlia Lusia era infine sposata a Sex. Vettulenus Cerialis – di rango senatorio – i cui figli raggiunsero il consolato700 180 P Vergilius P f P n Pol Laurea Rif. epigr.: CIL V, 7567 = ILS 6747 [Asti, Italia] Origo: Hasta, Regio IX Cronologia: età tiberiana Bibliografia: Demougin 1992 (263) P. Vergilius Laurea, membro dell’ordine equestre, era originario di Hasta701 In città egli rivestì il duovirato i(ure) d(icundo) e, alla fine del proprio cursus, la prefettura in sostituzione del duovirato quinquennale di Druso, secondo figlio di Germanico, un incarico necessariamente ricoperto prima della caduta in disgrazia di quest’ultimo (30 d C ) Fuori da Hasta, Laurea aveva ottenuto la p. f. ed era stato scelto come iudex nelle quattro decurie dei cavalieri L’iscrizione era stata dedicata a P. Vergilius Laurea e al fratello di lui, anch’egli p. f., P. Vergilius Paullinus (181) 181 P Vergilius P f P n Pol Paullinus Rif. epigr.: CIL V, 7567 = ILS 6747 [Asti, Italia] Origo: Hasta, Regio IX Cronologia: età tiberiana Bibliografia: Devijver ME (V 67); Demougin 1992 (264) P. Vergilius Paullinus, membro dell’ordine equestre originario di Hasta, era onorato con il fratello P. Vergilius Laurea (180), anch’egli p. f. Non sembra aver rivestito incarichi municipali, ma la parte inferiore dell’iscrizione, non conservata, poteva forse contenerne traccia Al di fuori di Hasta, Paullinus, che vantava il rango equestre – equo publico –, era stato scelto come iudex nelle quattro decurie dei cavalieri e aveva ottenuto la p. f. (entrambi gli incarichi erano stati rivestiti pure dal fratello) Infine, Laurea era stato prefetto della II coorte veterana di un’unità ausiliaria – il nome del popolo arruolato non si è tuttavia conservato702
699 Daris 2000b 700 Demougin 1992, pp 257–258; contra Devijver ME, p 848 Cfr Syme 1957 = 1979, pp 325–332 701 I cittadini di Hasta erano generalmente ascritti alla tribù Pollia (Taylor 1960, p 164; cfr Mennella 2010) 702 Demougin 1992, p 226
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182 Q Veturius Q f Pom Pexsus Rif. epigr.: CIL XI, 3205 = ILS 4948 [Nepi, Italia] Origo: Regio VII Cronologia: età augustea703 Bibliografia: Devijver ME (V 86); Demougin 1992 (190); Lapini in EAGLE: EDR137354 Q. Veturius Pexsus non era forse originario di Nepet704, ma in quella città doveva godere di una certa notorietà: egli vi aveva infatti ottenuto l’ingresso fra i Luperci Fabiani705 e quello nel collegium Virtutis, l’associazione che raccoglieva i veterani di Nepet Al di fuori della città, aveva inoltre ottenuto per due volte il tribunato militare e una p. f. Nell’iscrizione compaiono anche la madre del prefetto, Fidustia L. f.706, la cui origine è invece ragionevolmente riconoscibile a Nepet707 Fidustia fu anche madre, in seconde nozze, di Raecia M. f., sorellastra di Pexsus708 183 M’ Vibius M’ f Vel Balbinus Rif. epigr.: CIL IX, 5645 = ILS 937 = SupplIt 18, p 165, sub numero [Treia, Italia] Origo: Trea, Regio V Cronologia: fra Augusto e Tiberio Bibliografia: PIR (V 377); Hanslik RE VIII A 2, col 1967, nr 24; Devijver ME (V 91); Demougin 1992 (105) M’. Vibius Balbinus, originario del municipium di Trea709, fu membro degli ordini equestre e, più tardi, senatorio Nell’unica iscrizione in cui è attestato, non sembra che egli avesse conseguito incarichi municipali Ottenne tuttavia un tribunato militare, una p. f. e una prefettura d’ala Dopo le milizie e la prefettura, fece addirittura il 703 Demougin 1992, p 170 (sulla base dell’assenza del cognomen per gli altri membri della famiglia, per il cursus e per la carica di lupercus Fabianus) 704 Mentre gli abitanti di Nepet erano generalmente ascritti alla tribù Stellatina (Taylor 1960, p 163; Arnaldi, Gasperini 2010, pp 228–229), Pexsus apparteneva alla Pomptina, attestata ad Arretium e Volsinii (Id 1960, p 163), dalle quali forse il prefetto proveniva 705 La distinzione dei Luperci scomparì dopo il principato di Augusto, un fatto che garantisce un approssimativo terminus alla carriera di Pexsus (Demougin 1992, p 170) 706 Due liberti della gens Fidustia sono attestati a Nepet: P. Fidustius Antigonus (CIL XI, 3200 = ILS 89 – magister Augustalis nel 13–12 a C ) e Fidustia Ɔ. l. Prepusa (CIL XI, 3233) 707 In città, in età augustea, è attestato il liberto Fidustius Antigonus (AE 1981, 360), membro del colle gium dei magistri Augustales (CIL XI, 3200 = ILS 89) 708 Agrilia L. f., zia di Raecia, lasciò la somma di 20 000 sesterzi per la costruzione di una grande tomba di famiglia; a proposito degli Agrilii, C. Agrilius Ɔ Agriliae l Ponticus è attestato nei pressi di Nepet, a Forum Cassii (CIL XI, 3326) 709 Di Trea, ove era molto diffusa la tribù Velina, Balbinus doveva essere originario (Taylor 1960, p 162; Antolini, Marengo 2010, p 211) In città è anche attestato un M’ Vibius [---], forse sevir Augustalis (CIL IX, 5655)
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suo ingresso nell’ordine senatorio: quaestor, aedilis plebis, praetor aerari(i) Legato di Augusto e di Tiberio – prima e dopo l’ascesa di questi al principato – raggiunse anche la ragguardevole posizione di proconsole della provincia Narbonensis 184 A Virgius L f Marsus Rif. epigr.: AE 1978, 286 = 1996, 513 [loc Santa Lucia – Lecce dei Marsi, Italia] Origo: Vicus Anninus – Marruvium, Regio IV Cronologia: fra Augusto e Tiberio Bibliografia: Letta 1978; Dobson 1982; Demougin 1992 (318); Ricl 1997 (IK 53), p 227 (T 120); Traverso 2006 (IV 24) E’ probabile che A. Virgius Marsus, membro dell’ordine equestre, fosse originario di Marruvium In città, egli rivestì il quattuorvirato quinquennale, probabilmente al termine di una lunga carriera Larga parte del suo cursus fu tuttavia esercitato al di fuori della dimensione più propriamente locale Primipilo per due volte nella legione III Gallica di stanza in Syria710 e praefectus castrorum Aegypti711, raggiunse la p. f. – forse – prima del tribunato militare nelle coorti XI e IV in praetorio divi Aug(usti) et Ti(berii) Caesaris Aug(usti)712 Dopo anni di provata esperienza nelle unità più prestigiose dell’Impero, Virgius Marsus raggiunse il quattuorvirato quinquennale nella colonia di Alexandria Troas e, come si è detto, a Marruvium713 C Letta ha convincentemente connesso il suo ruolo in Asia con una deduzione coloniaria di veterani della legione III Gallica714, di cui Marsus avrebbe potuto occuparsi durante il suo secondo primipilato in quella legione o mentre era p. f. La ricchezza del prefetto è ben esemplificata dal lascito testamentario agli abitanti di un vicus di Marruvium, il vicus Anninus: Marsus donò 10 000 sesterzi e cinque imagines Caesarum argentiae (sic)715 Questo ricco lascito suggerisce la presenza di proprietà (e/o l’esistenza di significativi interessi) del prefetto presso quella comunità
710 Ritterling RE XII 2, coll 1517–1532; Dabrowa 2000a 711 Su questo, si vedano Letta 1978 e 1986, in cui convincentemente si proponeva che Marsus fosse stato il prefetto di una sola delle legioni dislocate in Egitto; contra Dobson 1982, che riteneva che la prefettura di Marsus comprendesse tutte le legioni d’Egitto; si vedano i contributi di entrambi anche per quanto riguarda la successione degli incarichi del cursus di Marsus 712 Su questo passaggio della carriera di Marsus, sono state avanzate due distinte interpretazioni: C Letta (1978, p 12) ha suggerito che entrambe le coorti fossero pretorie e i tribunati fossero separati da un arco di alcuni anni, mentre S Demougin (1992, pp 269–271) ha distinto nella XI una coorte urbana e nella IV una pretoriana, essenzialmente sulla scorta dell’ordine diretto del cursus stesso Rinvio alla lettura dei due testi per un’analisi di dettaglio 713 Su questa attestazione del quattuorvirato ad Alessandria – colonia retta da duoviri –, si veda Laffi 2002, pp 256–257 = 2007, pp 144–145 (con bibliografia) 714 Letta 1978, p 13; contra Demougin 1992, p 271 715 In questo caso, un legame personale (e patronale) fra prefetto e comunità del vicus è evidente
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185 M Virtius M f Men Ceraunus Rif. epigr.: CIL X, 1081 = ILS 6446 = AE 1974, 284 [Castellamare di Stabia, Italia] Origo: Nuceria, Regio I Cronologia: età augustea716 Bibliografia: Magalhaes 2006 (7); De Carlo 2015, p 125 L’iscrizione è stata incisa all’interno di una tabula, al centro di una ricca decorazione figurata Ai lati sono rappresentati due littori; al centro, una sella magistratuale è affiancata da due piccoli telamoni in abito frigio M. Virtius Ceraunus rivestì a Nuceria numerose magistrature locali: edile, duoviro i. d., Vvir Prima di quest’ultimo incarico, il testo menzionava una p. f., la sola posizione rivestita al di fuori dell’ambito più propriamente locale La dedica celebrava la concessione di un duumviratum gratuitum a Nocera: una cooptazione e non un’elezione, che si era accompagnata all’erezione di una grande statua equestre (equom magnum) e ad una donazione in denaro al popolo da parte dello stesso Ceraunus Gli incarichi, a quanto pare tutti rivestiti a Nuceria, suggeriscono di individuare l’origine di Ceraunus in quella città, anche in virtù della comune appartenenza alla tribù Menenia717 La presenza nella vicina Nuceria Alfaterna, più prossima a Stabiae, del monumento funerario della gens Virtia – da cui proviene l’iscrizione di Ceraunus – suggerisce che la famiglia si fosse insediata in questi territori, a seguito delle deduzioni di veterani del 41 a C 718 Al medesimo monumento apparteneva l’iscrizione funeraria del padre del prefetto: si tratta di M. Virtius L. f., veterano della legione XIX (annientata a Teutoburgo nel 9 d C )719
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M M Magalhaes (2006, pp 88–89) ha datato ad età augustea l’iscrizione, precedentemente considerata – su base stilistica – tardo giulio-claudia o flavia da J M Reynolds e E Fabbricotti (1972, pp 130–132) o, ancora, neroniana da Th Schäfer (1989, pp 282–284) – a partire da questa datazione, De Carlo (2015, p 125) propone di collocare l’iscrizione entro il 50 d C Alla valutazione prosopografica di Magalhaes, vorrei aggiungere che la toga exigua dei due littori del rilievo non mi pare accordarsi con alcuna datazione successiva alla prima età augustea Taylor 1960, p 161; Camodeca 2010, p 179 Nuceria figura in effetti fra le 18 città citate da Appiano in BC IV, 3; di questo si è dichiarato certo L J F Keppie (1983, pp 151–152 e 2000a, p 163, nr 1) AE 1948, 157c = 1974, 283 Era pertinente al monumento anche l’iscrizione di dedica ad uno zio o prozio materno (avonculus), M. Virtius M. f.; suggestiva e convincente la tesi di Keppie (2000a, p 163, nr 1), che vede nella costruzione del monumento un’operazione successiva ai due Virtii qui citati, probabilmente realizzata dallo stesso Ceraunus, interessato a proiettare nel passato la consolidata posizione raggiunta dalla propria famiglia
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2. La praefectura fabrum in età flavia720 186 C Acellius C f Fal Vemens Rif. epigr.: CIL IX, 2128 [Vitolano, Italia] Origo: Telesia, Regio IV Cronologia: I sec d C (seconda metà?)721 Bibliografia: Buonocore 2014, pp 9, 11–12 Originario di Telesia, come indicato dal nomen e dall’ascrizione alla tribù Faler na722, C. Acellius Vemens (sic) era mancato prima dei genitori – C. Acellius C. et L. l. Syneros e Calpurnia Sp. f. Phyllis L’iscrizione funeraria dedicata da costoro citava in ordine diretto l’intero cursus di Acellius: edile, praetor IIvir, q(uinquenna lis)723 e, infine, p. f. Il documento attesta anche la professione del padre, che, come si è detto, era un liberto (e aveva ottenuto l’augustalità)724: mercator suarius Il testo iscritto si chiudeva con un distico, in cui era menzionato un tumulum, su cui senz’altro era stata posta la dedica725 Gli Acellii, di cui Syneros si definiva liberto, avevano certamente contribuito alla promozione di questa famiglia 187 Sex Adgennius Macrinus Rif. epigr.: CIL XII, 3175 [Nîmes, Francia] Cfr CIL XII, 3368 Origo: Nemausus, Provincia Narbonensis Cronologia: età flavia (post 80 d C ) Bibliografia: Devijver ME (A 14); Pflaum 1978, pp 237–238, nr 11; Sablayrolles 1984 (7); Picard 1985; Burnand 2006, pp 259–261 L’iscrizione è stata incisa su di un monumento costituito da due elementi: 1 una nicchia absidata con i busti a rilievo di un uomo e di una donna (la nicchia è decorata da delfini e, ai lati, rispettivamente dai fasces e da un’asta terminante in una spiga), sotto la quale campeggiava la dedica, iscritta in una tabula; 2 un basamento con iscritti i nomi di due individui, senz’altro i figli della coppia L’acconciatura
720 Come precisato nell’Avvertenza (cfr supra), questo catalogo comprende anche attestazioni di datazione incerta, ma genericamente riferibile agli anni compresi fra il principato neroniano e l’età flavia – ciascuna scheda sarà comunque datata alla voce “Cronologia” 721 Buonocore 2014, p 11 722 Taylor 1960, p 162; Buonocore 2014, p 11 723 Lo scioglimento non può che intendere la quinquennalità: la questura avrebbe infatti dovuto precedere la pretura duovirale, un incarico ben attestato a Telesia (Buonocore 2014) 724 Il cognomen grecanico della madre, figlia di un cittadino, suggerisce ancora un’ascendenza libertina 725 Il testo recita: homo es resiste et tumulum contempla meum / iu(v)enis tetendi ut haberem quod uterer / iniuriam feci nulli officia feci pluribus / bene vivier opera hoc est veniundum tibi
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della donna è caratteristica dell’età flavia726; la figura maschile è invece ritratta in un’armatura riccamente decorata Il cursus di Sex. Adgennius Macrinus, membro dell’ordine equestre, è attestato da un monumento funerario dedicato a lui e alla moglie Licinia L. f. Flavilla dai figli, Sex. Adgennius Solutus e Adgennia Licinilla Macrinus fu – secondo la sequenza iscritta – tribuno nella legione VI (Claudia) Victrix (dal 71 all’89 d C , di stanza a Neuss, in Germania Inferior727), quattuorviro i. d., pontefice e p. f. E’ verosimile, ma non certo, che l’ordine di presentazione degli incarichi sia inverso e, in tal caso, la p. f. sarebbe il primo incarico della carriera di Macrinus Pur in assenza di un patronimico e in presenza di un nomen estremamente raro728, la p. f. suggerisce che Macrinus intrattenesse proficue relazioni con l’élite urbana e godesse di una certa notorietà, quantomeno a livello locale e provinciale – soprattutto nel caso l’incarico fosse stato svolto a seguito del governatore della Narbonensis 188 M Aemilius L fil Gal Fraternus Rif. epigr.: CIL II, 4460 = IRC II, 49 = V, p 68 [Covet – Isona, Spagna] Origo: Aeso, Hispania citerior Cronologia: età flavia (fra Domiziano e Traiano729) Bibliografia: Dobson PP (111); Demougin 1992, p 608; Richier 2004 (257); Platz in EDH: HD056448; Fasolini 2012, pp 116–121; Álvarez-Melero 2013 p 148, nr 8 Membro della gens Aemilia di Aeso730 ed eques romano, M. Aemilius Fraternus è attestato da un’iscrizione incisa sulla base marmorea dedicatagli dal fratello, Aemilius
726 Fra gli altri, sono dello stesso avviso Hatt 1951, p 125; cfr anche: Devijver 1989, p 434; Burnand 2006, p 744 727 La legione fu definita Pia Fidelis soltanto a partire dall’89 d C (su questo, cfr Ritterling RE XII 2, col 1613; Keppie 2000b) Per altri Allobrogi divenuti tribuni di quella legione – che aveva sposato la causa flavia – e p. f., cfr i casi di T. Iulius Valerianus – 226 – e di T. Marcius Taurinus – 230 –, entrambi di età flavia; cfr il caso di un altro provinciale, tribuno della VI e p. f.: M. Cornelius No va[tus?] Baebius Balbus – 212) 728 Il nomen Adgennius è attestato a Nemausus per il seviro augustale Sex. Adgennius Hermes, probabilmente un liberto o il figlio di un liberto della famiglia (CIL XII, 3188) 729 La cronologia del prefetto è desumibile dal dedicante: attestato anche all’interno di altre iscrizioni, L. Aemilius Paternus (189) era infatti senz’altro vissuto in questo periodo 730 Gli abitanti di Aeso erano probabilmente ascritti alla tribù Quirina (Kubitschek IRTD, p 188; Fasolini 2012; pp 125–128), ma in città era comunque attestata anche la tribù Galeria. Ad Aeso sono noti: P. Aemilius Paternus, primipilo (AE 1987, 728 = HEp II, 455), Aemilia Paterna (AE 1972, 314), flaminica perpetua della provincia Pur attestato a Tarraco, apparteneva alla famiglia anche C. Aemilius C. f. Gal. Fratern[us], p. f. e flamine della provincia, di età neroniana o flavia (CIL II, 4188 = II2/14, 1110 = ILS 1393 = RIT 252; 1)
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Paternus, p(rimi)p(ilaris) e anch’egli p. f.731 Gli unici incarichi menzionati nel testo sono una p. f. e un tribunato militare; è possibile che egli fosse scomparso prima di poter ricoprire altre posizioni istituzionali E’ probabile un legame col duoviro L. Aemilius Paternus e sua moglie Fabia Fusca: si trattava forse dei genitori degli Aemilii Fraternus e Paternus, qui trattati732 189 L Aemilius L fil Gal Paternus Rif. epigr.: a CIL II, 4461 = ILS 2661 = IRC II, 54 [Perolet – Isona, Spagna] b CIL II, 4460 = IRC II, 49 [Covet – Isona, Spagna] c HEp I, 439 = IRC II, 23 [Isona, Spagna] Origo: Aeso, Hispania citerior Cronologia: età flavia (fra Domiziano e Traiano) Bibliografia: Dobson PP (111); Demougin 1992, p 608; Richier 2004 (257); Platz in EDH: HD056448; Id in HD056452; Id in HD056403; ÁlvarezMelero 2013 p 148, nr 9 L’iscrizione [a ] (che ha conservato l’intera carriera del prefetto) è senz’altro databile entro la morte di Traiano e dopo l’avvio della campagna partica (114– 117 d C ) Il testo dell’iscrizione [c ], molto danneggiato, sembra databile agli anni compresi fra le guerre daciche e la campagna partica (106–114 d C )733 L. Aemilius Paternus, fratello di M. Aemilius Fraternus, eques romano e anch’egli p. f. (188; noto dal testo [b ])734, è attestato da tre distinte iscrizioni rinvenute ad Aeso, sua città natale735 L’iscrizione [a ] menzionava il primipilato, la p. f. e una lunga serie di centurionati: nelle legioni VII G(emina)736, I M(inervia), VII C(laudia), XIV G(emina), nella X coorte urbana737, nella IV coorte pretoria e nella legione II Au(gusta)738 Il testo si chiudeva con il rango di primipilo per ben tre volte (ter) e le onorificenze militari concesse da Traiano – torquibus armillis phaleris corona 731 CIL II, 4460; 4461 = ILS 2661; HEp I, 437 732 CIL II, 4458 = IRC II, 19 (questa iscrizione era stata dedicata dalla figlia Aemilia Materna) – così Demougin 1992, p 608; Fasolini 2012, p 118 a cui si rinvia per una trattazione aggiornata dedicata alla famiglia, di cui faceva parte anche Aemilia Paterna (CIL II, 4190), sorella dei due p. f. 733 Platz in EDH: HD056403 734 CIL II, 4460 = IRC II, 49 735 In città, sono del resto attestati: P. Aemilius Paternus, primipilo (AE 1987, 728 = HEp II, 455), Aemi lia Paterna (AE 1972, 314), flaminica perpetua della provincia e deve essere considerato parte della gens anche C. Aemilius C. f. Gal. Fratern[us], p. f. e flamine della provincia, di età neroniana o flavia (CIL II, 4188 = II2/14, 1110 = ILS 1393 = RIT 252 – da Tarraco; 1) 736 La legione fu impiegata durante la guerra in Dacia e, al tempo di Adriano, fu acquartierata in Spagna (cfr Ritterling RE XII 2, coll 1629–1642; Le Roux 2000) 737 Secondo la restituzione di P Le Roux (1972, pp 122–123, nr 5), secondo cui la legione XIV Gemina sarebbe invece Gemina Martia Victrix 738 La formula CCC (l 7) non poteva riferirsi allo stipendio da centurione della IV coorte pretoria, quanto piuttosto ad un’altra formula, difficilmente determinabile In questa sede, mi limito a se-
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vallaris bis in Dacia semel in Parthia: Paternus e la sua unità avevano cioè penetrato per primi le fortificazioni di due accampamenti nemici Questa iscrizione, che, come si è detto, ha conservato l’intera carriera di Paternus, gli era stata dedicata da Atilia Vera, probabilmente sua moglie739 Per il possibile legame con L. Aemi lius Paternus, duoviro, e sua moglie Fabia Fusca, si veda la trattazione dedicata ad Aemilius Fraternus (188) 190 L Antonius L f Gal Numida Rif. epigr.: a CIL II, 3845 [Sagunt, Spagna] b CIL II, 3850 [Sagunt, Spagna] Origo: Saguntum, Hispania citerior Cronologia: età flavia (seconda metà del I sec d C 740) Bibliografia: Devijver ME (A 141) Noto da due iscrizioni onorarie pressoché identiche, ma con dedicanti diversi, il cursus di L. Antonius Numida sembra limitato ad una p. f. e ad un tribunato nella legione I Italica741 Nonostante il cognomen del personaggio rinvii all’Africa settentrionale, la tribù Galeria, in cui era iscritto, suggerisce che fosse originario della stessa Saguntum742 La dedica dell’iscrizione [a ] era opera di M. Sergius T[---], Serg[ia] e, forse, una Sergilla743, mentre quella di [b ] da L. Rubrius Polybius, che definiva Numida amicus744 Una figlia di Numida va forse identificata con Antonia L. f. Sergilla, adfinis di L. Terentius Fraternus745
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gnalare la proposta suggeritami da C Letta, con il seguente scioglimento: (centurio) c(enturiarum trium) leg(ionis) II Aug(ustae) La gens Atilia è ben attestata ad Aeso: CIL II, 4462 = AE 1985, 635 (Atilia Paterna Aesonensis, figlia di L. Atilius Maternus e forse moglie di L. Licin(ius) Oppidanus) Padre o nonno di Vera era forse il centurione L. Atilius Verus (Tac Hist III, 22, 8; Le Roux 1972, p 119; Fasolini 2012, p 117, con bibliografia) Devijver ME, sub numero Ritterling RE XII 2, coll 1407–1417; Absil 2000 Kubitschek IRTD, p 198; Fasolini 2012, p 409 I Sergii sono ben attestati a Sagunto: Sergia M. f. Peregrina (CIL II2/14, 1, 339 = II, 3962; II2/14, 1, 340 = II, 3844; CIL II2/14, 1, 344 = II, 3848; CIL II2/14, 1, 345 = II, 3849; cfr anche CIL II2/14, 1, 700 = II, 6061); Sergia Prote (CIL II2/14, 1, 519); M. S[ergius] e Serg[ia] (CIL II2/14, 1, 595 = II, 3934 = 6045); Sergius Ursio (CIL II2/14, 1, 649 = II, 3972) In un caso, il cognomen Numida è infine associato ad un Sergius: M. Sergius Numida, che dedica un’iscrizione a sé stesso e al suo liberto M. Sergius [Ma?]ternus La gens Rubria è attestata a Saguntum col solo [M. R]ubrius M. l. Firmanus (CIL II2/14, 1, 601 = II, 3962) CIL II2/14, 1, 338 = II, 3842; Antonia Sergilla compare anche nell’iscrizione di dedica del liberto Vegetus (CIL II2/14, 1, 342 = II, 3846) e in quella di Valeria Propinqua (CIL II2/14, 1, 343 = II, 3847)
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191 L Antonius T f Gal Silo Rif. epigr.: CIL II, 4138 = II2/14 2, 1010 = RIT 162 = ILS 2715 [Tarragona, Spagna] Origo: Tarraco, Hispania citerior Cronologia: età flavia (fra i Flavi e Traiano746) Bibliografia: RIT, sub numero; Devijver ME (A 145); Álvarez-Melero 2013, p 148, nr 10 Oggetto della dedica del conventus Tarraconensis, L. Antonius Silo era forse originario della stessa Tarraco, come pare attestare la relativa frequenza con cui in città è attestato il cognomen Silo747 E’ ragionevole riconoscere in Silo il figlio di Antonius Silo, prefetto d’ala o, più probabilmente, primipilare – secondo una convincente proposta di E Birley –, segnalatosi all’attenzione di Vespasiano durante la guerra giudaica748 Il cursus presentato nel testo sembra giustificare questa interpretazione, con la concessione di una p. f. all’inizio della carriera Seguirono la prefettura delle coorti IIII Thrac(um) (equitata; di stanza in Germana inferior)749 e nova ti ronum Quest’ultimo incarico, che senz’altro gli valse la dedica da parte del con ventus, deve senz’altro essere collegato con la prefettura orae maritumae (sic), una posizione ben attestata fra i cittadini della Tarraconensis fra l’età flavia e il regno di Adriano750 Questo membro dell’ordine equestre era in qualche modo legato a [L. Baeb?]ius L. f. Gal. Hispanus [---] Pompeius Marcell[us --- A]ntonius Silo Pau li[nus], senatore di origine saguntina – seppur poco conosciuto – la cui carriera è collocabile all’inizio del II sec d C 751 192 C Asconius C f Fab Sardus Rif. epigr.: CIL V, 2829 = ILS 6692 [Padova, Italia] Origo: Patavium, Regio X Cronologia: età flavia (età di Domiziano) Bibliografia: Bassignano 1987, p 350; Guadagnucci 2018, p 203
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RIT, sub numero Kajanto 1965, p 237 (22 dei 63 casi attestati in CIL II); cfr Devijver ME, p 113 Ios BI III, 10, 3; contra PIR2 A 877 (dux sagittariorum) Spaul 2000, pp 137–138 Sembra che questo imperatore abbia posto fine all’incarico, che è presentato a fianco alla prefettura della coorte nova tironum in Spaul 2000, pp 137–138 H Devijver (1972) era convinto che quest’ultima prefettura facesse a pieno titolo parte delle milizie equestri e avesse il grado di una normale prefettura di coorte, sebbene in realtà fosse soprattutto connessa agli arruolamenti Sul praefectus orae maritimae, è ancora essenziale Barbieri 1941 PIR2 B 15; Des Boscs-Plateaux 2005, p 529 (con bibliografia); come si è già detto in questo lavoro, il senatore saguntino potrebbe essere figlio di L. Baebius L. f. Gal. Avitus (197)
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Un’unica iscrizione ha conservato il cursus di C. Asconius Sardus, dedicatagli insieme alla madre, Cusinia M. f., dalla sorella Asconia Augurini (sic), sacerdos divae Domitillae752 Sembra che, al momento della dedica (senz’altro funeraria), Sardus avesse rivestito esclusivamente un quattuorvirato i. d. e una p. f., al seguito di un magistrato cum imperio Egli apparteneva ad una famiglia patavina753, attiva nella politica urbana: un Q. Asconiu[s] Gabinius Modestu[s] – attestato su di un’iscrizione rinvenuta a Patavium – era infatti entrato in Senato e aveva percorso le tappe del cursus honorum curule – pretore, proconsole e praef(ectus) aerari(i) Saturn(i), nella seconda metà del I sec d C 754, forse poco dopo la morte di Sardus755 193 Q Asinius Acilianus Rif. epigr.: MNR I 8, p 334 nr VII, 4 [Roma, Italia] Origo: Acilia, Regio I? Cronologia: seconda metà del I sec d C 756 Bibliografia: Bertinetti in MNR I 8, sub numero; Foglia in EAGLE: EDR005039 Attestato da un’iscrizione funeraria rinvenuta a Roma, Q. Asinius Acilianus, membro dell’ordine equestre, sembra aver rivestito esclusivamente una p. f. e la prefettura della coorte II Raetorum757 Il cognomen Acilianus suggerisce di riconoscere la madrepatria del prefetto (o della sua famiglia) nella vicina località di Acilia, comunque nelle vicinanze di Roma 194 Q Atatinus P f Quir Modestus Rif. epigr.: CIL IX, 3609 = ILS 2707a [Fossa, Italia] Origo: Aveia Vestina, Regio IV Cronologia: età flavia (età di Vespasiano) Bibliografia: PIR2 (A 1276); Pflaum CP, p 1068
752 Come convincentemente proposto da S Wood (2010), in Domitilla – oggetto di culto, spesso menzionata e rappresentata su iscrizioni e monete – deve essere riconosciuta Domitilla seniore, madre di Tito e Domiziano, che le decretò onori divini; contra Kienast 1989 e Hahn 1994, in cui si suppone un’identificazione con Giulia, figlia di Tito, divinizzata dopo la morte 753 I cittadini di Patavium erano generalmente ascritti alla tribù Fabia (Taylor 1960, p 164; Boscolo 2010, pp 268–269) 754 CIL V, 2820; = V, 429*, 224; PIR A 1204; per la datazione, cfr Modonesi 1995, pp 69–70, nr 72 (base paleografica) 755 Altri Asconii sono attestati a Patavium: Q. Satrius Asconius Pastor (CIL V, 2825); Asconia Sabina (CIL V, 2899); Asconia Amabilis e Asconia Flora (CIL V, 2937); cfr anche AE 2014, 288 e CIL V, 2824, forse attribuibili ad un C. Asconius C. f. Sardus (su questo, Salomies 2014, sopr pp 323– 324) 756 L’indicazione D(is) M(anibus) induce ad una datazione più vicina alla fine del I sec d C 757 Spaul 2000, p 279
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Forse figlio omonimo del p. f. [Q.] Atatinus Modestus da Aveia758, questo individuo fu onorato dal fratello P. Atatinus Modestus Le posizioni menzionate nel testo iscritto ne attestano il rango equestre: egli fu p. f. per due volte (bis), tubicen sa crorum, flamen Romae e praefectus classis Moesic(ae), un comando ottenuto forse durante il regno di Vespasiano, o durante il regno di Domiziano759 La posizione di questa famiglia doveva comunque essere solida, soprattutto all’interno della piccola comunità di Aveia 195 L Atatius Cn f Cn n L pronepos L abnepos Memor Aponius Firmus Rif. epigr.: CIL XI, 5033 [Bevagna, Italia] Origo: Mevania, Regio VI Cronologia: età flavia (fine del I secolo d C 760) Bibliografia: Devijver ME (A 173); Traverso 2006 (VI 34) L’iscrizione è stata incisa su di un cippo marmoreo decorato con i rilievi di un urceus e di una patera, rinvenuto poco fuori Mevania, lungo la Via Flaminia Nella sola iscrizione che attesti il cursus di L. Atatius Memor Aponius Firmus, membro dell’ordine equestre e patrono di Mevania, il primo incarico menzionato è il tribunato nella legione VII Gemina Felix, creata da Vespasiano e di stanza prima in Pannonia e Germania Superior e, successivamente, in Spagna761 Nella sequenza iscritta, seguivano la p. f. e una serie di posizioni civiche: il quattuorvirato quinquennale, il pontificato e il patronato del municipium Mevanatium, di cui Firmus era del resto originario762 196 Sex Attius L filius Vol Suburanus Aemilianus Rif. epigr.: AE 1939, 60 = 1940, 128 [Baalbek, Siria] Cfr CIL VI, 2074 = 32371 = ILS 5035 (Annales fratrium Arvalium); Wood 1877, 1, col 6, 74; Plin Iun Ep VI, 33; VII, 6, 10–11; Vict Caes 13; Cass Dio LXVIII, 16; Zonar XI, 21; Acta Ignatii 1 Origo: incerta Cronologia: età flavia (fra i Flavi e Traiano763)
758 Cfr supra scheda 22 759 Per la datazione “alta” di questo incarico si veda Demougin 1992, p 422; C G Starr (1960, p 213) e H -G Pflaum (CP, p 1068) propendevano invece per una datazione agli anni 80–100 d C 760 Devijver ME, p 127 761 Ritterling RE XII 2, coll 1629–1642; Le Roux 2000 762 Gli abitanti di Mevania erano generalmente ascritti alla tribù Aemilia (Taylor 1960, p 163; Asdrubali Pentiti, Spadoni, Zuddas 2010, p 218) e in città sono noti altri Atatii (CIL XI, 5082; 7937) 763 Faoro 2011, pp 239–240
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Bibliografia: PIR2 (A 1366); Pflaum CP (56, 1); Devijver ME (A 189); Stauner 2004 (391); Burnand 2006 (148 E 29); Faoro 2011, pp 239–240 Rinvenuta nella città-santuario di Heliopolis, l’iscrizione per Sex. Attius L. f. Vol. Suburanus Aemilianus era stata forse dedicata col contributo del corni(cularius?) Marius (vel Marcus?) Cethegus Aemilianus, figura politica di primaria importanza in età traianea, era senz’altro giunto in Syria per ragioni di servizio e la sua origine resta tuttora incerta: l’assenza di ogni riferimento ad incarichi di ambito locale è in qualche modo determinante764 Il cursus di Aemilianus, secondo l’ordine di presentazione, comprendeva una p. f., la prefettura alae Taurianae torquatae, la posizione di adiutor di Vibius Crispus, leg(atus) Aug(usti) pro pr(aetore) in censibus accipiendis Hispaniae citerioris765, di Iulius Ursus, prefetto dell’annona e, successivamente, d’Egitto766 Questi importanti contatti avevano poi avviato Aemilianus alla carriera procuratoria: proc(urator) Aug(usti) ad Mercurium (centenario) ad Alessandria d’Egitto – città in cui aveva già operato –, proc(urator) Aug(usti) Alpium Cottianarum et Pedatium Tyriorum et Camuntiorum et Lepontiorum (centenario), proc(urator) provinc(iae) Iudaeae (centenario), proc(urator) provinc(iae) Belgicae (ducenario) Benché l’iscrizione taccia gli sviluppi della carriera di Aemilianus negli anni successivi all’assassinio di Domiziano, il suo sostegno al “nuovo” ordine e un legame personale con Traiano (maturato senz’altro nel corso delle rispettive carriere) gli fruttò addirittura la prefettura del pretorio (98 d C )767, l’ingresso in senato, il consolato suffectus nel 101768, il pontificato nel 102 e il consolato ordinario nel 104 d C 769 In un momento difficilmente precisabile, forse prima del consolato770, Traiano gli aveva concesso anche l’ingresso fra gli iudices771 All’interno del testo iscritto, redatto quando ancora Aemilianus era impegnato nella carriera procuratoria, è in qualche modo sorprendente che la p. f. sia l’unico incarico da lui svolto al seguito di un magistrato, per il quale non si precisi il nome del magistrato stesso
764 L’iscrizione alla tribù Voltinia non mi pare sufficiente ad individuare l’origo del prefetto nella Pro vincia Narbonensis (contra Devijver ME, p 134 – “e Gallia Narbonensi oriundus videtur”) 765 Si tratta di L. Iunius Quintus Vibius Crispus (cos. suff. 61 d C ; cos 74; cos. suff. 83) 766 Sull’iberico L. Iulius Ursus Servianus si veda PIR2 I 631 767 Vict Caes 13; Cass Dio LXVIII, 16; Zonar XI, 21 768 CIL VI, 2074 = 32371 = ILS 5035 769 Wood 1877, 1, col 6, 74 (da Efeso); Acta Ignatii 1 770 Mi pare l’ipotesi più convincente, come sostenuto anche da A N Sherwin-White nel suo commento a Plinio (1966, p 410); contra Groag RE Suppl I, col 225, nr 28 771 Plin Iun Ep VII, 6, 10–11
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197 L Baebius L f Gal Avitus Rif. epigr.: CIL VI, 1359 = IX, 287* = ILS 1378 [Roma, Italia] Origo: Saguntum, Hispania citerior Cronologia: età flavia (69–79 d C ) Bibliografia: PIR2 (B 12); von Rohden RE II 1, col 2730, nr 22; Pflaum CP (42); Devijver ME (B 8); Álvarez-Melero 2013, p 147, nr 5 Al cursus di L. Baebius Avitus, eques romano originario di Saguntum772, acceduto all’ordine senatorio durante le guerre civili del 69–70 d C , mancano posizioni di ambito specificamente locale – verosimilmente ricoperti nella sua città natale L. Baebius Avitus, attestato su di un’unica iscrizione, rinvenuta a Roma, menzionava la p. f. in apertura al proprio cursus, seguita dal tribunato nella legione X Gemi na, di stanza nella Tarraconensis773 Durante questo mandato, Avitus prese verosimilmente parte alle operazioni militari contro Lucceius Albinus774, procurator delle Mauretaniae, che nel 69 tentò di prendere il controllo delle Spagne, a sostegno di Otone775 Significativamente, Avitus fu ricompensato con un incarico ducenario: proc(urator) Imp(eratoris) Caesaris Vespasiani Aug(usti) provinciae Lusitaniae Vespasiano doveva aver apprezzato il servizio e la lealtà personale e politica di Avitus, tanto da promuoverlo fra i praetorii (adlectus inter praetorios) Si è supposto che egli possa essere il padre di [L. Baeb?]ius L. f. Gal. Hispanus [---] Pompeius Marcel l[us --- A]ntonius Silo Pauli[nus], senatore di origine saguntina – per il vero poco conosciuto – la cui carriera è collocabile all’inizio del II sec d C 776 198 L Bovius L f L n Fal Celer Rif. epigr.: CIL X, 1685 = XI, 95*, 3 = ILS 1397 [Pozzuoli, Italia] Cfr CIL X, 1686 = XI, 95*, 4 [Pozzuoli, Italia] Origo: Puteoli, Regio I Cronologia: età flavia (età di Domiziano) Bibliografia: D’Arms 1974a, sopr pp 114–115; Demougin 1975 (5); Devijver ME (B 27); Traverso 2006 (I 80); De Carlo 2015, p 154
772 Sui Baebii di Saguntum, una famiglia appartenente al notabilato di quella città – molto ben attestata – si veda Le Roux 1984, p 458 773 Ritterling RE XII 2, coll 1678–1690; Gómez-Pantoja 2000b 774 Pflaum CP, p 76, nr 33; PIR2 L 354 775 Tac Hist II, 58–59 Del resto, la X Gemina si schierò con Vespasiano (ivi, III, 44, 1) 776 PIR2 B 15; Des Boscs-Plateaux 2005, p 529 (con bibliografia); Álvarez-Melero 2013, p 141
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L. Bovius Celer, notabile originario di Puteoli777, ottenne numerosi incarichi nella città campana: duoviro, questore e augure (secondo l’ordine iscritto) Al di fuori dell’ambito più propriamente locale, Celer ottenne una p. f. e un tribunato nella legione III Cyr(enaica), di stanza in Egitto778, un incarico che ne contrassegnava l’avvenuto ingresso nell’ordine equestre Egli ottenne infine le posizioni di pro cur(ator) ludi famil(iae) glad(iatoriae) Caesaris Alexandeae (sic) ad Aegyptum e adlectus inter selectos ab Imp(eratore) Caes(are) Aug(usto), una formula con cui si intendeva chiaramente l’accesso fra gli iudices selecti L’iscrizione, dedicata da Ce ler stesso, menzionava anche la moglie, morta trentunenne, Sextia L. f. Nerula779 Entrambi compaiono in un’iscrizione dedicata alla figlia Lucilla, morta giovanissima – vix(it) a(nnos) VIII m(enses) III d(ies) XXIII780 199 C Caecilius Q f Gallus Rif. epigr.: a CIL VIII, 7986 = ILS 6862 [Skikda, Algeria] b CIL VIII, 7987 [Skikda, Algeria] Origo: Rusicade, Numidia – Africa proconsularis Cronologia: seconda metà del I sec d C (età flavia – età traianea?) Bibliografia: Fishwick 1964, pp 359–360; Pflaum 1968 (2) Il testo [a ] è stato inciso su di una lamina bronzea Attestato da due iscrizioni, entrambe rinvenute nell’antica Rusicade781, città portuale a nord di Cirta, il cursus di C. Caecilius Gallus comprendeva incarichi rivestiti a livello locale, provinciale o nella stessa Roma782 Il testo dell’iscrizione [a ] comprende la quasi totalità del cursus: eques romano – hab(ens) equum pub(licum) –, aed(ilis) hab(ens) iur(is) dic(tionem) q(uaestoris) pro praet(ore), prefetto pro IIIvir
777 I cittadini di Puteoli erano infatti generalmente ascritti alla tribù Falerna (Taylor 1960, p 161; Camodeca 2010, p 180) Altri Bovii sono attestati a Puteoli e il ricorrere del praenomen Lucius indica un probabile legame con Celer: Bovia L. l. Arbuscula (CIL X, 2171, probabilmente una liberta di Celer); Bovia L. f. Procula (CIL X, 2172); Bovia Ɔ l. Salvia 778 Ritterling RE XII 2, coll 1506–1517; Wolff 2000 779 Sextia Nerula apparteneva probabilmente ad una ricca famiglia attiva a Puteoli, come suggerito dalla presenza in città di una porticus Sextiana nel 51 d C (D’Arms 1974, p 114, n 84; Demma 2007, p 171) 780 CIL X, 1686 = XI, 95*, 4 781 La gens Caecilia è ben attestata a Rusicade, anche al di là dei testi qui esaminati: M. Caecilius M. f. Q. Africanus (CIL VIII, 8024); C. Caecilius Maximus (CIL VIII, 8025); C. Caecilius Felicianus (ILAlg II 1, 124); Caecilia Urbana (ILAlg II 1, 126); Caecilia (ILAlg II 1, 127) Non ritengo ci siano sufficienti elementi per sostenere un’origine gallica – per la precisione lugdunense – di Gallus (così in Pflaum 1968, p 154, in ragione della tribù Quirina e dell’espressione hab(ens) equum pub(li cum), comune in Narbonensis, ma soprattutto a Nemausus, come precisato dallo stesso Pflaum), tanto più che la tribù Quirina è ben attestata anche a Rusicade (Kubitschek IRTD, p 143) 782 Il cursus di Gallus è stato convincentemente ricostruito da H -G Pflaum (1968, pp 154–155), alle cui conclusioni si fa qui riferimento
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per quattro volte (al comando di alcuni dei castella sotto il controllo di Cirta)783, Gallus aveva lasciato l’Africa per Roma, dove aveva ottenuto per quattro volte una p. f., con consoli e pretori – co(n)s(ulis) II et praet(oriis) II –, non necessariamente consecutive Di ritorno a Cirta, l’ordine decurionale lo aveva insignito degli orn(amenta) quinq(uennalicia) e – sembra – solo successivamente era stato inserito nella terza delle cinque decurie dei giudici – ex V decuriis dec(uria tertia) Gal lus ottenne poi la quinquennalità e la prefettura i. d. a Rusicade L’ultimo incarico menzionato dall’iscrizione [a ] è il flaminato divi Iulii Da questo stesso testo si apprende il nome dei familiari di Gallus, tutti accomunati nella dedica di tribu nal et rostra s(ua) p(ecunia): la moglie Proxinia M. f. Procula e i figli Galla, Gallus, Coruncania e Nigellina Un’iscrizione funeraria da Rusicade (il testo [b ]) era stata dedicata a Caecilia Nigellina Caecili(i) Galli flamin(i) provinciae filia: Gallus aveva dunque ottenuto anche il prestigioso flaminato provinciale, probabilmente al principio del II sec d C 784 200 L Caecina L f Gal Severus Rif. epigr.: a CIL II2/14, 1011 = RIT 166 = AE 1929, 234 = 1938, 16 [Tarragona, Spagna] b CIL II2/14, 1012 = RIT 164 = AE 1929, 230 = 1938, 15 [Tarragona, Spagna] c CIL II, 4264 = II2/14, 1013 = ILS 2716 = RIT 165 [Tarragona, Spagna] Origo: Tarraco, Hispania citerior Cronologia: età flavia (fra i Flavi e Traiano785) Bibliografia: Devijver ME (C 29); Álvarez-Melero 2013, p 149, nr 11 Le tre iscrizioni presentano un testo identico, con l’eccezione di [a ], in cui non compare il flaminato Nonostante il nomen di L. Caecina Severus suggerisca un legame con la nota famiglia volterrana dei Caecinae786, Severus era senz’altro originario di Tarraco787, dove aveva percorso parte della propria carriera Secondo l’ordine di presentazione
783 Pflaum 1968, p 155 784 H -G Pflaum (1968, p 155) ha datato l’ingresso nelle decurie dei giudici al regno di Domiziano ed il flaminato agli anni precedenti al 109–11, per i quali, è attestata la titolatura sacerdos provinc(iae) Afric(ae) – CIL VIII, 14611 = ILS 6811 = AE 1888, 57 (si tratta del p. f. C. Otidius P. f. Iovinus – 319) 785 Álvarez-Melero 2013, p 147, nr 5 786 Sui Caecinae, la trattazione standard è Capdeville 1997 787 Del resto, la popolazione di Tarraco era in larga parte ascritta alla tribù Galeria (Kubitschek IRTD, pp 199–200; Fasolini 2012, pp 442–445) Cfr anche CIL II, 4281 = II2/14, 1494 = RIT 529 (L. Caecina – da Tarraco); del fatto che non vi fosse alcuna relazione con i Caecinae volterrani era certo G Alföldy (RIT sub 164) – per i termini di questo dibattito, si veda Devijver ME, p 201
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iscritto nel testo [a ], egli era stato duoviro, questore, p. f. e praef(ectus) cohort(is) I et orae maritim(ae)788 Al tempo della dedica delle iscrizioni [b ] e [c ], Severus aveva rivestito a Tarraco anche il flaminato789 Le tre dediche erano state curate da diversi soggetti: [a ] da L. Bennius Hermes790; [b ] da Lucius Valerius Latinus – Barcinonen(sis)791; [c ] dai magistrati dei locali Augustales (decuriones Larum)792 201 Q Caesius Q f Fal Fistulanus Rif. epigr.: CIL X, 1266 [Nola, Italia] Origo: Nola, Regio I Cronologia: età flavia Bibliografia: Camodeca 2012, p 312; De Carlo 2015, p 118 Q. Caesius Fistulanus, esponente del notabilato di Nola793, aveva ottenuto da Vespasiano l’incarico di curator oper(um) publicor(um) – dato a divo Aug(usto) Ve spasian(o)794 In città, Fistulanus aveva inoltre ricoperto le posizioni di edile, questore, duoviro Se, come pare, l’incarico di curator apriva il cursus per assicurargli maggiore visibilità, la p. f. è menzionata a conclusione delle magistrature locali In mancanza di altri elementi, è possibile che la p. f. fosse stata esercitata a Roma, a seguito di un console o pretore, senza comunque lasciare l’Italia L’iscrizione funeraria per Fistulanus era stata dedicata dalla moglie Cisonia L. f. Firmilla, in uno spazio concessole dai decurioni Il costo era stato sostenuto pecunia sua et Q. Caesi Optandi, figlio della coppia, non altrimenti attestato
788 Sul praefectus orae maritimae, è ancora essenziale Barbieri 1941 789 A questo proposito, è giusto notare che il flaminato era menzionato fra questura e p. f. Evidentemente, esso era percepito come l’ultima tappa della carriera locale Questa circostanza esemplifica (una volta di più) il rischio insito nel ritenere che la sequenza iscritta ripercorra cronologicamente le varie tappe del cursus 790 A Tarraco sono attestati anche un L. [Bennius], ark(arius) (sic) p(rovinciae) H(ispaniae) c(iterioris) e sua moglie Bennia Venustina (CIL II, 4186 = II2/14, 1098 = ILS 1868 = RIT 235) e L. Bennius Pri migenius (CIL II2/14, 2290) 791 E’ possibile che la dedica di un abitante di Barcino debba essere connessa alla praefectura orae ma ritimae, rivestita da Severus Il nomen Valerius, generalmente molto attestato, è ovviamente molto diffuso anche a Barcino 792 Arrayás Morales 2006, p 91 793 Fistulanus, ascritto alla Falerna, era senz’altro originario di Nola (Taylor 1960, p 161; Camodeca 2010, p 180) In città sono anche attestati Caesia Archeni concub(ina) (CIL X, 1267); Caesius C[---] e C. Caesius C. f. [---] (CIL X, 1291a); cfr CIL X, 1275 (M. St[at]ius (?) M. f. Pal. P[---]cus Fisius Serenus Rutilius Caesianus, duoviro e augure) 794 Su questo incarico, si vedano Kornemann RE IV 2, coll 1802–1803 e, più recentemente, Jaschke 2006 (con bibliografia precedente)
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202 D Campanius L f Tro Varus Rif. epigr.: CIL III, 8787 [Solin, Croazia] Origo: Salona, Dalmatia Cronologia: I sec d C (seconda metà?)795 Bibliografia: Feraudi-Gruenais in EDH: HD062648 Attestato da una sola dedica decretata publice, D. Campanius Varus aveva percorso il proprio intero cursus a Salona Il nomen di Varus sembra indicare un’origine campana, se non capuana796, ma la tribù Tromentina, in cui era iscritto, lo colloca stabilmente a Salona797 E’ possibile che uno dei Campanii figurasse tra i veterani che Cesare aveva insediato nella nuova colonia Martia Iulia Salona, dopo la fine della guerra civile798 L’iscrizione menzionava – in quest’ordine – edilità, quattuorvirato i. d., quattuorvirato i. d. quinquennale, augurato e flaminato La p. f., indicata al termine del cursus, era forse stata rivestita nella stessa Salona, al seguito del governatore provinciale 203 C Cascellius Vol Pompeianus Rif. epigr.: CIL XII, 3210 [Nîmes, Francia] Origo: Nemausus, Provincia Narbonensis Cronologia: età flavia (fine del I sec d C 799) Bibliografia: Pflaum 1978 (17); Sablayrolles 1984 (7); Burnand 2006 (177 E 138) C. Cascellius Pompeianus apparteneva ad una famiglia non altrimenti attestata a Nemausus800 Il suo cursus, noto grazie ad un’iscrizione funeraria dedicata dalla moglie Antonia Titulla, menzionava la p. f., il quattuorvirato i. d. e la praefectura vig(ilum) et arm(orum), un incarico tradizionale di Nemausus, generalmente rivestito all’inizio della carriera dei magistrati locali801 Per questa ragione, è verosimile che gli incarichi siano stati presentati in ordine inverso e che un individuo ormai affermato in città avesse infine ottenuto la p. f.802 E’ inoltre possibile che la
795 Gräf in EDH: HD062648 796 Campanius era il nomen comunemente acquisito dai liberti publici di Capua (Weiss 2004, pp 194 e 236) 797 Kubitschek IRTD, p 236 798 Plin NH III 141 799 Y Burnand (2006, p 414) propende invece per una datazione alla prima metà del II sec d C 800 L’unico altro Cascellius attestato a Nemausus è infatti un gladiatore, sodalis del m(urmillo) (contra) r(etiarius) Ursio Lug(dunensis) (ILGN 436 = EAOR V, 14) 801 Su questo, cfr Fuhrmann 2012, p 50 802 Contra Sablayrolles 1978, p 242, che riteneva (senza solide argomentazioni) si trattasse di un cursus diretto
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moglie di Pompeianus fosse in qualche modo legata ad An[t]onius Pater[nu]s (17), p. f. originario di Nemausus attivo nel corso della prima metà del I sec d C 204 Q Cassius Q f Tro Constans Rif. epigr.: CIL III, 8737 [Solin, Croazia] Origo: Salona, Dalmatia Cronologia: età flavia (seconda metà del I sec d C 803) Bibliografia: Devijver ME (C 94) Originario di Salona804, Q. Cassius Constans fu membro dell’ordine equestre Il suo cursus, noto da un’iscrizione dedicatagli dal liberto – et heres – Q. Cassius Cerdo805, comprendeva edilità, quattuorvirato i(ure) d(icundo) e augurato Al di fuori degli incarichi più propriamente locali, Constans aveva ottenuto una p. f. e il tribunato della coorte IIII vol(untariorum) civium Romanorum, in Pannonia superior806 205 Ti Claudius Clemens Rif. epigr.: a SEG XLIV (1994), 891 = AE 1994, 1719 [Kaunos, Turchia] b CIL X, 8038 = AE 1993, 855 [loc Erbalunga – Bastia, Corsica] c CIL XVI, 32 [Luxor, Egitto] Origo: Roma? Cronologia: età flavia Bibliografia: Pflaum CP (48); Devijver ME, p 248; Marek 1993, pp 93–94 Solo l’iscrizione [c ] menziona la p. f. L’iscrizione [b ] (una tabula aenea oggi perduta) è un rescritto di Vespasiano ai decurioni e ai magistrati dei Vanacini, una comunità della Corsica (12 ottobre 77 d C ) L’iscrizione [c ], una dedica a Domiziano, si data all’86 d C , sulla base della titolatura imperatoria Ti. Claudius Clemens, membro dell’ordine equestre, era forse il discendente di un liberto di Claudio o Nerone, come sembrano suggerire l’onomastica e l’ascrizione alla tribù Collina, tradizionalmente associata agli schiavi liberati L’iscrizione di dedica [a ] da parte del δῆμος Καυνίων menziona la quasi totalità degli incarichi di Clemens: p. f. (ἔπαρχος τεκτόνων), prefetto di una III coorte (τρίς), tribuno di una
803 Devijver ME, p 230 804 Oltre all’ascrizione alla tribù Tromentina, ben attestata a Salona, in città sono noti numerosi esponenti della gens Cassia, con una cinquantina di iscrizioni E’ probabile che uno dei liberti di Con stans fosse Q. Cassius Q. l. Eumenes, oggetto di una dedica funeraria da parte dai figli Q. Cassius Firmus, Cassia Mecenatia e Cassia Constantilla 805 A questa precisazione, segue la formula h(oc) m(onumentum) h(eredem) n(on) s(equetur) 806 Spaul 2000, p 32
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legione II (δίς)807, prefetto d’ala, procuratore della provincia di Corsica (ἐπίτροπος τῶν Σεβαστῶν ἐπαρχείας Κορσικῆς)808 – incarico durante il quale fu coinvolto nella contesa confinaria fra Vanacini e Mariani, con l’intervento di Vespasiano [b ] – e idiologos in Egitto, un incarico procuratorio di rango ducenario Prima di accedere a quest’ultima posizione, Clemens fu tuttavia nominato praefectus classis Alexan driae (incarico sessagenario) come emerge dal testo [c ], un diploma militare da Thebae, datato all’86 d C Evidentemente, il prefetto vantava una significativa conoscenza del contesto egiziano, tradizionalmente (ed economicamente) connesso con la stessa Caunos, in Caria809 206 Ti Claudius Ti f Quir Hispanus Rif. epigr.: AE 1920, 19 [Mdaourouch, Algeria] Origo: Roma? Hispania? Cronologia: I sec d C (seconda metà?)810 Bibliografia: Jarrett 1967, p 169, nr 49; Devijver ME (C 145); Feraudi Gruenais in EDH: HD027325 L’iscrizione funeraria di Ti. Claudius Hispanus è stata rinvenuta presso Madauros, nell’attuale Algeria L’appartenenza alla tribù urbana Quirina, la formula onomastica e un incarico fra gli apparitores sembrano però suggerire un’origine libertina nella stessa Roma Il cognomen, d’altra parte, sembra un inequivocabile riferimento ad un’origine iberica Il cursus di Hispanus comprendeva – secondo l’ordine iscritto – un tribunato nella legione III Aug(usta) in Africa811, la posizione di scr(iba) [q(uaestorius)], una p. f. e un flaminato perpetuo Si tratta di quattro incarichi operativamente e istituzionalmente distanti fra loro, ma se l’origine urbana di Hispanus fosse confermata, egli cominciò senz’altro da scriba, per poi ottenere una p. f.812 In
807 Sia per la coorte, che per la legione, mi pare che i numerali definiscano l’unità e non un’iterazione, una possibilità questa che comporterebbe una permanenza nelle milizie equestri ben più lunga del normale, con tre prefetture di coorte, due tribunati di legione e una prefettura d’ala (contra SEG sub numero) 808 La Corsica fu probabilmente una provincia autonoma dalla Sardinia, retta da un procurator presidiale equestre (non necessariamente di rango centenario) fra l’età claudio-neroniana e l’inizio del II sec d C (Faoro 2011, pp 75–80) 809 Commento a AE 1994 [1997], 1719 La città, conquistata dal fondatore della dinastia tolemaica nel 309 a C (Diod XX, 27, 2), non era sempre stata sotto il controllo del Regno d’Egitto Importanti legami di natura economica sono però ben documentati per l’età ellenistica dai papiri contenuti nell’archivio di Zenone (P Cair Zen ; P Col Zen ), datato agli anni 267–229 a C 810 Datato da M G Jarrett (1972, p 169) alla fine del I – inizi del II sec d C , il personaggio è stato successivamente datato da H Devijver (ME, p 253) al II–III sec d C ; in questo caso, ho preferito la datazione di Jarrett 811 Ritterling RE XII 2, coll 1493–1505; Le Bohec 1989b 812 Su questo sviluppo a proposito degli apparitores, si veda Purcell 1983, pp 156–159
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Africa, Hispanus arrivò forse soltanto dopo aver ottenuto l’accesso all’ordine equestre e il tribunato nella legione di stanza nella Proconsularis Il flaminato, rivestito localmente, potrebbe essere stato l’ultimo incarico ottenuto 207 Ti Claudius Trikorisius Kallikratidae filius Quirina Oenophilus Rif. epigr.: a IG II2, 3546 = AE 1896, 5 [Elefsina, Grecia] b IG II2, 3548a [Athina, Grecia] Cfr SEG XXVIII (1978), 164 Origo: Athenae, Achaia Cronologia: età flavia (ultimo quarto del I sec d C 813) Bibliografia: Wilhelm 1935; Oliver 1951; Devijver ME (C 189); Byrne 2003, pp 133–135; Schmalz 2009, pp 294–296 Con l’eccezione della posizione di hierophantes, il cursus di Oenophilus è riportato dalla sola iscrizione [a ] Gli studi di A Wilhelm e J H Oliver e il confronto fra due iscrizioni – una da Eleusi, l’altra da Atene – hanno permesso di restituire per intero il nome di Ti. Claudius Oenophilus, notabile di origine ateniese (dal demo di Trikorynthos) e primo eques romano attestato ad Atene, nonché l’unico ad aver servito nell’esercito814 Primo membro di una famiglia nota fin dal IV sec a C ad ottenere la cittadinanza, probabilmente al tempo degli imperatori della dinastia flavia815, Oenophilos rivestì la p. f. (ἔπαρχος ἀρχιτεκτόνων δήμου Ῥωμαίων γενόμενος) e la prefettura della coorte II Hispanorum (ἔπαρχος σπείρης Ἱσπανῶν δευτέρας) in Germania in ferior816 o, secondo alcuni, in Galatia817. In quegli stessi anni, come dimostrato da quest’ultima posizione, egli aveva ottenuto l’accesso all’ordine equestre Probabilmente durante il suo soggiorno a Roma, Oenophilus si legò ad Asprenas Calpurnius Torquatus, governatore della Galatia nel 69 d C 818, di cui avrebbe adottato la figlia, Calpurnia Arria, forse come parte di un accordo testamentario819 E’ possibile che
813 Schmalz 2009, pp 294–296 814 Wilhelm 1935; Oliver 1951, p 347; in particolare, il testo [b ] riporta l’indicazione della tribù Quirina e del cognomen Oenophilus (ll 2–3) E’ possibile identificare nel prefetto l’araldo della Boulé Oenophilus di SEG XXVIII, 164 (cfr Schmalz 2009, pp 40–41); cfr Byrne 2003, pp 133–135 815 Gli editori concordano sulla datazione dell’iscrizione all’ultimo quarto del I sec d C ; H Devijver (ME, p 274) ha commentato: “cfr Quirina, est tribus Claudiorum et Flaviorum”; G C R Schmalz (2009, p 295) data l’acquisizione del rango equestre all’età neroniana 816 Cichorius RE IV, col 301; Spaul 2000, p 131 817 Woloch 1973, pp 193–194; cfr Schmalz 2009, p 295 818 Schmalz 2009, p 296 819 PIR2 A 118a; Byrne 2003, p 134; così in Oliver 1951, p 348 – questo spiegherebbe il fatto che Arria non avesse modificato il nomen in Claudia, mantenendo quello di Calpurnia (per questo genere di adozioni, Plin NH XXXV, 2)
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questa adozione abbia contribuito significativamente alla carriera di Oenophilus e non si può escludere che il mandato da p. f. gli sia stato concesso dallo stesso Torquatus, nell’anno del suo consolato o del governatorato Gli incarichi rivestiti da Oenophilus ad Atene comprendevano – secondo l’ordine di presentazione – l’arcontato eponimo, le posizioni di araldo τῆς ἐξ Ἀρείου πάγο[υ β]ουλῆς, κήρυξ βουλῆς καὶ δήμου, ἐπιμελέτης τῆς πόλεως, agonoteta, gimnasiarca, στρατηγός e, in più occasioni (πολλάκις), ambasciatore per conto della città (l’ordine del cursus sembra inverso) La posizione di assoluta preminenza goduta da queste famiglie è resa evidente dall’iscrizione [b ], che Calpurnia Ar[ria] aveva dedicato al padre adottivo Oenophilus, all’epoca ἱεροφάντης (con la menzione di questo sacerdozio, la carriera del personaggio è infine completa e rivela un legame, forse matrimoniale, con gli Eumolpidi820): la donna si definiva figlia di Torquatus e moglie di un consolare, C. Bellicus Natalis Tebanianus, originario di Vienna (cos suff 87 d C )821 208 Ti Claudius Ti Claudii Ilagoou f Quirina Piso Rif. epigr.: a Sagalassos V, 2 [Sagalassos, Turchia] b Sagalassos V, 6 [Sagalassos, Turchia] c Sagalassos V, 3 [Sagalassos, Turchia] d Sagalassos V, 4 [Sagalassos, Turchia] e SEG XLVII, 1768 = Sagalassos V, 5 [Sagalassos, Turchia] Origo: Sagalassos, Pisidia Cronologia: età flavia Bibliografia: Devijver 1996, pp 132–135, nr 1; SEG XLVII, sub numero Una serie di iscrizioni rinvenute a Sagalassos ha conservato la carriera di Ti. Clau dius Piso, un eminente cittadino di quella comunità Figlio di Ti. Claudius Ilagoas, che aveva probabilmente ottenuto la cittadinanza optimo iure al tempo di Claudio, Piso ricoprì numerosi sacerdozi di rilievo locale e ascese al rango equestre Uno speciale rapporto di questa famiglia con i Flavi sembra documentato dalla dedica a Vespasiano che, per esecuzione delle volontà paterne, curarono Piso e suo fratello Varus (non altrimenti attestato; testo [a ]) Il documento [b ] ha conservato quasi integralmente la carriera di Piso: ἀρχιερέυς del culto imperiale, [ἀγωνοθ]έτης e, in particolare, [ἀγων]οθέτης δὲ καὶ τῶν εἰση[γηθέντ]ων ὑπ’ αὐτοῦ Κλαρείων ἀ[γώνω]ν, organizzatore perpetuo dei Klareia822 A questo riguardo, i vantaggi offerti da simili posizioni, in termini di promozione personale, sono confermati
820 Il sacerdozio di hierophantes era infatti prerogativa degli Eumolpidi (Schmalz 2009, p 296) 821 PIR2 B 102; cfr Schmalz 2009, p 296; sui Bellici Natales, cfr Rémy, Kayser 2005, pp 33–34 822 Questi giochi e il culto ad essi collegato erano vitali per la religione imperiale in età traianea, come suggerito dal restauro del tempio di Apollo Klarios e degli Augusti divinizzati nel 103/104 (Devijver 1996, p 126)
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dalle dediche curate da Piso per la celebrazione dei campioni di quelle manifestazioni, fra i quali Attalos, figlio di Neon [c ]823 e Arnestes, figlio di Admon [d ; e ]824 Al di fuori della dimensione locale, Piso aveva prestato servizio per l’imperatore soprattutto nelle milizie equestri, tutte rivestite in Oriente, secondo Devijver, prima delle posizioni municipali e al tempo degli imperatori flavi: prefetto della coorte III dei Bracarugustani (ἔπαρ[χος] σπείρης γ Βρακάτης – in Giudea), tribuno nella legione IIII Scythica (in Syria) e prefetto dell’ala VII Phrygum (ancora in Syria) Le milizie erano state precedute però da una p. f. – ἔπαρχος τεχνειτῶν –, forse al seguito del governatore della provincia di Galatia o nella stessa Syria 209 [L ? Cl]audius L f Clu Rif. epigr.: CIL X, 6099 [Formia, Italia] Origo: Italia? Cronologia: I sec d C Bibliografia: CIL sub numero; Mrozek 1968, p 165 L’unico incarico conservato dalla dedica del liberto [Claud?]ius per [L ? Cl]au dius era quello di p. f. In città, solo pochi Claudii sono attestati e tutti riferibili all’ambiente dei liberti imperiali825 L’ascrizione alla tribù Clustumina non è la più comune a Formiae826 210 M Clodius M [f ] Gal Martia[lis] Rif. epigr.: CIL II2/14, 1015 = RIT 168 [Tarragona, Italia] Origo: Tarraco, Hispania citerior Cronologia: età flavia (fra i Flavi e Traiano) Bibliografia: RIT 168; Zucca 1998 (60); Faoro 2011 (18); Álvarez-Melero 2013, p 149, nr 12 Secondo l’ordine di presentazione, iscritto sulla base che gli era stata dedicata, il cursus di M. Clodius Martia[lis] comprendeva il duovirato, la questura e il flaminato di Augusto, incarichi senz’altro rivestiti a Tarraco Originario della città
823 L’iscrizione è molto danneggiata, ma questa ricostruzione, convincentemente proposta da H Devijver (1996, p 133), è quantomeno probabile 824 Del resto, lo spazio accordato agli atleti è significativamente sacrificato a quello destinato alla presentazione degli incarichi di Piso Il testo [b ], una dedica in onore dello stesso Piso, menzionava inoltre la generosa donazione delle statue dei vincitori delle gare di lotta (ll 12–16): τὰς εἰκόνας καὶ τοὺς ἀνδριάντας τῆς πάλης τοῖς ἀγωνισταῖς ἀνατιθέντα ἐκ τῶν ἰδίων εἰς τὸν αἰῶνα 825 CIL X, 6112 (Ti. Claudius Thrasyllus, augustale); CIL X, 6144 = AE 1978, 91 (Ti. Claudius Aug. l. Era stus, sua moglie Claudia Nereis, Ti. Claudius Hyacinthus loro liberto e Ti. Claudius Euplutis liberto di Hyacinthus) 826 In città, sembra più diffusa la tribù Aemilia (Taylor 1960, p 161; Buchholz 2010, pp 173–174)
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capitale della Tarraconensis827, fu forse al seguito di un governatore provinciale che egli ottenne una p. f., anche perché il successivo (e ultimo) incarico menzionato era stato – con ogni probabilità – rivestito ancora in Spagna: praef(ectus) ins[ular(um)] / [Baliarum]828 E’ ragionevole supporre un legame, o addirittura un’identificazione, con il Cl(odius) Mar(tialis) presente in due bolli, impressi su anfore vinarie Dressel 2–4, di produzione locale829 In questo caso, la famiglia del personaggio sarebbe stata attivamente coinvolta nel settore commerciale 211 C Cornelius C f Cam Germanus Rif. epigr.: CIL V, 7605 [Alba, Italia] Origo: Alba Pompeia, Regio IX Cronologia: seconda metà del I sec d C Bibliografia: Mennella, Barbieri 1997 (14); SupplIt 17, p 68, sub numero; Lastrico in EAGLE: EDR010706 L’iscrizione è stata incisa su di un basamento di statua modanato, in marmo La cornice al testo presenta una ricca decorazione a motivi vegetali – in parte stilizzati – e geometrici Il cursus di C. Cornelius Germanus, originario di Alba Pompeia830, comprendeva l’edilità, la questura, il duovirato, seguiti nell’iscrizione dalla p. f., dalla posizione di iudex ex (quinque) dec(uriis) e dal flaminato divi Aug(usti)831 L’iscrizione, dedicata da Germanus stesso – s(uo) l(oco) v(ivus) i(pse) p(osuit?)832 –, onorava anche la moglie Valeria M. f. Marcella, non altrimenti attestata833
827 I cittadini di Tarraco erano infatti generalmente ascritti alla tribù Galeria (Kubitschek IRTD, p 199; Fasolini 2012, pp 442–445) 828 Zucca 1998, p 269; Faoro 2011, p 97 829 IRAT 138 (da Reus); 170 (da Riudoms) 830 In effetti, i cittadini di Alba Pompeia erano generalmente ascritti alla tribù Camilia (Taylor 1960, p 163; cfr Mennella 2010) In città sono inoltre attestati altri membri della stessa gens: Cor]neli Camuria (AE 1997, 548 = 1999, 666) e Cornelia T. f. Prepusa (AE 1980, 494 = 1999, 670) 831 L’ordine degli incarichi sembra diretto e la posizione della p. f., a seguito degli incarichi municipali, potrebbe suggerire una datazione di età quantomeno claudia 832 Per questo scioglimento, si veda Lastrico in EAGLE: EDR010706 833 E’ riferibile al pieno II sec d C l’iscrizione di una Valeria Marcella, anch’essa rinvenuta ad Alba; in città, la gens Valeria è del resto ben attestata (qui ci si limita a segnalare un M. Valerius C. f. Cam , miles – AE 1991, 732)
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212 M Cornelius A f Nova[tus?834] Baebius [---] Balbus Rif. epigr.: CIL II, 1614 = II2/5, 316 = AE 2013, 829 [Cabra, Spagna] Origo: Igabrum, Baetica Cronologia: età flavia Bibliografia: Devijver ME (C 243); Gil García 1994 (16); Caballos Rufino 1995 (19); Fishwick 2002, p 242, nr 3; Álvarez-Melero 2013, p 151, nr 5 Membro dell’ordine equestre, M. Cornelius Nova[tus?] Baebius [---] Balbus è attestato su di un’iscrizione che egli stesso aveva posto, in occasione di un atto di evergetismo a favore del municipium di Igabrum, nei pressi di Córdoba: aquam Augustam (…) perducendam d(e) s(ua) p(ecunia) curavit Il suo cursus, secondo l’ordine di presentazione, menzionava la p. f., un tribunato leg(ionis) VI Victricis [Pi]ae [---]ELICIS835 (scil. Fidelis)836 e, infine, l’incarico di rilievo provinciale di flamen provinc(iae) Baeticae837 213 C Coruncanius C f Pol Oricula Rif. epigr.: CIL VI, 3515 [Roma, Italia] Origo: Italia? Cronologia: I sec d C (seconda metà?)838 Bibliografia: Devijver ME (C 252) Membro dell’ordine equestre, C. Coruncanius Oricula fu p. f. e tribuno della legione XXI Rapax, di stanza lungo il Reno839 La sola iscrizione ad attestarne il cursus gli fu dedicata ex testamento eius dalla moglie Iulia Pia L’ascrizione alla tribù Pollia non si accorda ad un’origine urbana Il cognomen Oricula – di matrice italica – è
834 Supponendo che il cognomen del personaggio fosse Nova[nus], H G Pflaum (1965, p 93, n 37), seguito da H Devijver (ME, p 300), aveva riconosciuto un’origine celtica 835 L’iscrizione è dispersa, ma ad un esame della sola fotografia disponibile, prima della lettera – ben visibile in apertura di linea 8 –, si scorgono con sufficiente nitidezza i caratteri , forse preceduti da una Non resta alcuno spazio per i caratteri proposti dagli editori Ritengo che l’errore del lapicida non sia stato di sostituire la lettera C alla L (come comunemente proposto) in linea 8, quanto piuttosto di sostituire la parola a : l’eguale numero dei caratteri mi pare confermare questa ipotesi 836 L’appellativo Pia Fidelis fu assegnato alla VI solo al tempo di Vespasiano, per il quale questa si era schierata (Ritterling RE XII 2, coll 1598–1614; Keppie 2000b: dal 71 all’89 d C , di stanza a Neuss, in Germania inferior) Ancora una volta per l’età flavia, un provinciale aveva ottenuto un tribunato nella legione VI e – difficile stabilire se prima o dopo – una p. f. (cfr 187; 226; 230) 837 Sui flamines provinciae Baeticae, si veda Castillo García 1998 (p 448, con particolare riferimento a questo caso) 838 Devijver ME, p 305 839 Ritterling RE XII 2, coll 1781–1791; Bérard 2000
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del resto molto raro e non offre indicazioni sufficienti per proporre una località alternativa840 214 [ C]ulcius L f Rif. epigr.: CIL V, 2852 [Padova, Italia] Origo: Patavium, Regio X? Cronologia: I sec d C (seconda metà?)841 Bibliografia: CIL V, sub numero L’iscrizione, incisa su di un monumento rotondo, è stata segata su entrambi i lati, determinando la perdita di parte del testo A [-]ulcius, più probabilmente Culcius842, i decurioni concessero uno spazio pubblico per ospitarne la sepoltura Il suo cursus iscritto, secondo l’ordine di presentazione, citava il quattuorvirato, una p. f. e una prefettura i(ure) d(icundo), evidentemente in sostituzione dei duoviri L’espressione ex d(ecreto) d(ecurionum) – in chiusura al testo – era riferita alla concessione di quest’ultima prefettura o, più probabilmente, alla dedica nel suo complesso 215 P Fabius [---] C Clodius [---] Rif. epigr.: CIL II2/7, 281 [Córdoba, Spagna] Origo: Corduba, Baetica Cronologia: età flavia (fra i Flavi e Traiano843) Bibliografia: Feraudi-Gruenais EDH: HD028214; Álvarez-Melero 2013, p 151, nr 6 Attestato da un’iscrizione funeraria molto frammentaria, P. Fabius [---] C. Clodius sembra aver rivestito esclusivamente la p. f., ripetuta per due volte (bis), e la prefettura della coorte VII voluntari[orum ---] La formula h(ic) s(itus) e(st) conferma si trattasse di un solo individuo, nonostante la particolare formula onomastica del personaggio In altri termini, si trattava forse di un C. Clodius adottato da un P. Fa bius – i vecchi tria nomina avevano dunque preso il posto del cognomen844
840 Devijver ME C, p 305: “certe Italicus” Lo si trova in Narbonensis (CAG LXXXIV, 3, p 304) e in Egitto (CIL III, 74 = ILS 8758) – in questo caso si tratta comunque di un cittadino italico: L. Trebo nius Oricula, presente a Philae con C. Numonius Vala, nel 25 d C – Imp. Caesare XIII c(on)s(ule) 841 CIL V, sub numero: “litteris optimis” 842 Propongo questa integrazione, sulla base della presenza a Patavium di una Culcia R[---]reni (CIL V, 2968) Il nomen Patulcius non è invece mai attestato in città 843 Álvarez-Melero 2013, p 151 844 Entrambe le gentes – Fabia e Clodia – sono del resto ben attestate a Corduba: C. Fabius Nigellio (CIL II, 2193 = II2/7, 230; CIL II, 2194 = II2/7, 231); Fabia Helpis, moglie del sevir L. Vibius Polyanthus (CIL II2/7, 329); M. Fabius Themison Asidone(n)sis e Fabia Modesta Themisonis f. (CIL II2/7, 388);
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216 M Fidius Fidi f Quir [Macer] Rif. epigr.: AE 1967, 197 = 1987, 616j = 2002, 705 [Oliva de Plasencia – Caparra, Spagna] Cfr anche CIL II, 834; 835 Origo: Capera, Lusitania Cronologia: età flavia Bibliografia: Caballos Rufino 1998 (7); González Herrero 2002 (4); Álvarez-Melero 2013, p 153, nr 7 L’iscrizione in tabula ansata è priva della porzione destra e pertanto non ha conservato il cognomen del personaggio, comunque desumibile da CIL II, 834 e 835 Il supporto epigrafico era senz’altro un elemento architettonico, pertinente ad un piccolo sacello o ad una fontana845 M. Fidius Macer apparteneva senz’altro al notabilato della piccola Capera, l’odierna Caparra, nei pressi di Plasencia L’unica iscrizione che ne attesti il cursus è una dedica a Trebar[uni vel une vel una], divinità locale forse connessa con le acque846 Il testo definiva Macer mag(istratus) per tre volte, duoviro in due occasioni e p. f., forse al seguito del governatore della provincia847 L’influenza esercitata dai Fidii sul municipium di Capera848 è esemplificata dall’arco quadrifronte (decorato con statue), elevato da Macer stesso a poca distanza dal foro (al di sopra della strada che congiungeva Salmantica ed Emerita Augusta) e dedicato ai suoi genitori: Bolosea Pelli f e Fidius Macri f. La costruzione era stata realizzata in ottemperanza ad un legato testamentario849 e aveva indubbiamente richiesto l’autorizzazione del consiglio decurionale: che ai Fidii fosse concesso il privilegio di elevare un monumento dichiaratamente familiare nel cuore della città è un fatto di indubbia rilevanza politica Della famiglia del prefetto – da Macer, a Fidius, a Fidius Ma cer – si intendeva datare l’influenza ad un tempo precedente all’acquisizione della
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Fabia Cn. f. Prisca Asidonensis e Fabius Seneca (CIL II, 2249 = II2/7, 371); M. Fab[i(us?) ---] Epor[en si(s)?] (CIL II, 2251 = II2/7, 387); Sex. Fabius Phaeder (CIL II2/7, 454 = 455 = AE 1978, 409); P. Fa biu[s ---] (CIL II2/7, 453); [ C]lodius C. f. S[erg. Sat]urninus e Clodius Setuleiu[s] (CIL II2/7, 292 = HEp IV, 282); [ Clo]dius? L. f. [---] Cinna (CIL II, 5525 = II2/7, 304); cfr anche CIL II, 2211 = II2/7, 332 = ILS 7222 (Clodius Augendus, rector, datata al 349 d C ) González Herrero 2002, pp 427–429 González Herrero 2002, pp 426–427 M González Herrero (2002, p 431) considera la p. f. una dimostrazione dell’ingresso nell’ordine equestre – un fatto non dimostrato La studiosa non si sbilancia sull’effettività dell’incarico, che, a suo avviso, era forse al seguito di un magistrato cum imperio o alla guida (“patrono”, Ibid , p 431, n 38) di un collegio di fabri, non altrimenti attestato Come detto altrove, il legame fra p. f. e collegia, avanzato in passato, è privo di ogni fondamento (Cafaro 2017) Capera è definita municipium in AE 1941, 133 = 1986, 307 = HEp I, 158 CIL II, 834; González Herrero 2002, pp 417–423; per una disamina dedicata all’arco, cfr Nünnerich-Asmus 1996
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cittadinanza La condizione di civis, vantata con i tria nomina da M. Fidius Macer, era forse stata ottenuta col duovirato, secondo le disposizioni contenute nella lex Irnitana850 Da un’iscrizione dedicatale da Macer stesso, si apprende infine il nome della moglie: Iulia Luperci f. Luperca, non altrimenti attestata851 217 M Flavius [---]II[---] Fimbria Rif. epigr.: CIL X, 5922 [Anagni, Italia] Origo: Anagnia, Regio I? Cronologia: I sec d C (seconda metà?)852 Bibliografia: Gabrielli in EAGLE: EDR032642 Il notabile M. Flavius Fimbria rivestì numerosi incarichi ad Anagnia, probabilmente sua città natale853 Secondo l’ordine di presentazione, il suo cursus comprendeva l’edilità, la questura, la p. f. (ottenuta a quattro riprese – IIII), l’augustalità e il pontificato La serie di incarichi locali, tutti rivestiti ad Anagni, potrebbe indicare che la stessa p. f. sia stata rivestita nella Penisola, ovvero a Roma 218 M Flavius T f Quir Fronto Rif. epigr.: a CIL III, 8287a-d = 12692 = 13819 [Duklja – Podgorica, Montenegro] b CIL III, 12695 = ILS 7159 = AE 1893, 78 [Duklja – Podgorica, Montenegro] Cfr CIL III, 12693 = 12694 = 13820 = 18321 = AE 1897, 7 = 8 Origo: Doclea, Dalmatia Cronologia: età flavia (fra i Flavi e Traiano854) Bibliografia: Wesch-Klein 1993, pp 203–204 I nomi di M. Flavius Fronto e dei suoi familiari comparivano sull’architrave della basilica di Doclea, oltre che su frammenti della pavimentazione e di un basamento onorario, rinvenuti nei pressi dello stesso edificio basilicale (testo [a ]) Le spese per la sua costruzione erano state senz’altro sostenute da Fronto, il cui cursus è attestato dal documento [b ], una dedica della pleps (sic): sacerdos in coloni(i)s Naron(a) et Epidauro, duoviro i(ure) d(icundo) a Iulium Risin(i)um, duoviro quinquennale e pontefice in colonia Scodra, duoviro quinquennale (senz’altro a Doclea, visto che non è menzionata la località), p. f. (parzialmente Lex Irnitana 21 – per l’edizione del testo, si veda González 1986 CIL II, 835 Gabrielli in EAGLE: EDR032642 Nello stesso periodo, ad Anagni, sono in effetti attestati T. Flavius Karus, ricco evergete locale (CIL X, 5923 = ILS 6262a; CIL X, 5924 = ILS 6262b), e sua figlia, Flavia Kara Gentia (CIL X, 5924 = ILS 6262b): un legame col prefetto è possibile, ma non certo 854 La datazione è proposta essenzialmente su base paleografica
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leggibile nel testo [a ]855), pontefice, flamine divi [Titi] (nel solo testo [a ]) Da questo complesso di iscrizioni, emergono i nomi della moglie di Fronto, Flavia Tertulla, e del figlio, M. Flavius M. f. Quir. Balbinus, morto prematuramente A riconoscimento dell’influenza paterna, a lui l’ordo Docl(eatium) aveva decretato tutti gli onori e l’erezione di una statua equestre Un’altra iscrizione dedicata a Balbinus aggiungeva alcuni dettagli856: oltre alla statua equestre di cui si è detto, al ragazzo, morto quindicenne, l’ord(o) mun(icipii) Docl(eatium) aveva decretato funus public(um) e[t] statuam [ped]estre[m] e forse [primo Docl(eatium)] hono res / qua[n]tos per [l]eges carper[e] / [licuit et statuam] equest[r(em)] Le spese per l’erezione di queste statue erano tutte a carico dei genitori La posizione paterna in città e nel complesso della provincia spiegava bene l’ampiezza di queste concessioni857 Il ricorrere di riferimenti onomastici ai Flavi è significativo: in particolare, Tertulla era il nome della prima moglie di Tito ed è forse a questo principe che la famiglia doveva la concessione della cittadinanza 219 C Gavius C f L n Ste Flaccus Rif. epigr.: CIL VI, 29704 [Roma, Italia] Origo: incerta Cronologia: seconda metà del I sec d C (post 60 d C ?) Bibliografia: Barbera 2002, pp 286–287 Il cursus di C. Gavius Flaccus è attestato da un’iscrizione rinvenuta a Roma Dedicata dallo stesso Flaccus, essa menzionava il triumvirato i(ure) d(icundo), rivestito per due volte (bis), la quinquennalità (per tre volte o, più probabilmente, in occasione del terzo duovirato – te[r(tium)]) e, infine, una p. f. Il cursus di Flaccus, caratterizzato da incarichi di ambito propriamente locale, sembra quello dei tanti notabili attivi nelle città dell’impero Il rinvenimento dell’iscrizione a Roma (dove forse Flaccus aveva servito da p. f.) e l’assenza di qualsiasi riferimento specifico, impediscono di proporne – anche approssimativamente – l’origine Sulla base della formula onomastica è però probabile un legame con un ufficiale equestre attestato ad Augusta Taurinorum: C. Gavius L. f. Stel. Silvanus, primipilare, eques romano, tribuno di coorte pretoriana, decorato da Claudio dopo la campagna britannica, coinvolto nella congiura pisoniana e morto suicida858
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L’iscrizione è frammentaria, ma la presenza di una lettera F – dopo l’indicazione della prefettura – rende certa la prefettura dei fabri 856 CIL III, 12693 = 12694 = 13820 = 18321 = AE 1897, 7 = 8 857 Sugli onori funebri decretati a Balbinus, si veda Wesch-Klein 1993, pp 203–204 858 CIL V 7003 = ILS 2701 (da Torino); per il ruolo di Silvanus nella congiura, si vedano: Tac Ann XV, 50, 3; 60–61; 71, 2; Stein RE VII 1, col 870, nr 23; PIR2 G 112; Dobson PP, p 200; Barbera 2002, p 286
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220 Q Graius Q f Quir Iamus Rif. epigr.: CIL X, 6576 [Velletri, Italia] Origo: Velitrae/Antium, Regio I? Cronologia: I sec d C (seconda metà?)859 Bibliografia: Gregori 2009, pp 502, 516 Forse originario di Antium, unica comunità del Latium i cui cittadini erano generalmente ascritti alla tribù Quirina860, Q. Graius861 Iamus aveva ottenuta una p. f. e il duovirato, senz’altro rivestito a Velitrae L’iscrizione era stata dedicata dal liberto Atticus a Iamus e alla moglie Volusia Maxima Nessuna delle due famiglie è altrimenti attestata in città 221 T Iestinius T f Augurinus Rif. epigr.: AE 1997, 718 [Albignasego – Padova, Italia] Origo: Patavium, Regio X? Cronologia: I sec d C (seconda metà?)862 Bibliografia: AE sub numero; Sartori 1997 La lastra iscritta è stata segata obliquamente ed è conservata solo per metà Non è certo che la città d’origine di T. Iestinius Augurinus fosse Patavium, benché la sola iscrizione che ne attesti il cursus sia stata rinvenuta a poca distanza Il no men Iestinius è molto raro, attestato solo in altre due circostanze: ad Aquileia863 e ad Apulum, in Dacia864 Il testo – perso per metà – conserva ancora la menzione di una magistratura i. d. (forse un quattuorvirato, comunemente attestato a Pata vium) e una curatela aerarii L’ultimo incarico leggibile è una p. f. 222 M Iulius M f Vol Atticus Rif. epigr.: CIL VI, 3522 = AE 1925, 18 [Roma, Italia] Origo: Roma Cronologia: seconda metà del I sec d C Bibliografia: Tedeschi Grisanti 1983 (43d); Crimi in EAGLE: EDR072947
859 Gregori 2009, p 502 860 Gregori 2009, p 513; Gregori ha considerato Iamus un eques sulla sola base della p. f. 861 Per il nomen Graius si vedano: Q. Graiu[s], Graiae Q. l. Be[renice], Q. Graius Q. f. Pap. Pri[mus?] (da Narnia, CIL XI, 4136); L. Grai(us) Pe(tronis) f (da Nursia, AE 1983, 301); C. Graius Abinneus (da Neapolis, CIL X, 8059, 185) 862 La datazione mi sembra probabile, quantomeno su base paleografica 863 CIL V, 8399 = IAquil II, 2363 (C. Iestinius) 864 CIL III, 121 (Iestinius Super)
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Nell’iscrizione dedicata da Iulia Atticilla al figlio M. Iulius Atticus, morto a cinquant’anni, il solo incarico menzionato è la p. f. Altri familiari sono citati nel testo – fra cui indubbiamente figuravano altri figli di Atticilla: Iulia Moschis, M. Iulius Aper, M. Iulius Nicostratus Non è chiaro – e non ci sono elementi per stabilire – se uno di questi Marci fosse il padre di Atticus e il marito di Atticilla Il nomen Iulius e i cognomina dei personaggi inducono a riconoscere nel padre di Atticus – o in un suo avo – un liberto della casa imperiale 223 L Iulius P f Vol Brocchus Valerius Bassus Rif. epigr.: a CIL XII, 2606 = ILS 7004 = ILN V 3, 843 [Genève, Svizzera] b CIL XII, 2607 = ILN V 3, 844 [Bellerive – Genève, Svizzera] c CIL XIII, 5007 [Nyon, Svizzera] Origo: Vienna, Provincia Narbonensis Cronologia: età flavia (regno di Vespasiano?865) Bibliografia: PIR2 (I 212); Devijver ME (I 36); Pflaum 1978, pp 211–212; Sablayrolles 1984 (15); Frei-Stolba 2004, pp 358–365; Burnand 2006 (124 E 101) Il testo delle iscrizioni [a ] e [b ] è pressoché identico – con alcune differenze (ad esempio, vikanis in [a ] – l 5, penultima linea del testo – e vicanis in [b ] – l 5, ultima linea del testo) Come convincentemente proposto da R Frei-Stolba, è ragionevole identificare nel prefetto un Valerius Bassus, figlio adottivo di un L. Iulius Brocchus866 Bassus è attestato da tre iscrizioni: due – quasi identiche – commemoravano la donazione di lacuus (sic) – termine con cui si devono intendere dei bacini, forse decorati – vicanis Genavensibus – testi [a ] e [b ] Genava era in effetti un vicus sotto la giurisdizione della colonia di Vienna, città nella quale Bassus fu duoviro iur(e) d(icun do), triumviro loc(orum) p(ublicorum) p(ersequandorum)867, augure e pontefice In col(onia) Equestre (la vicina Nyon) egli fu inoltre duoviro e flamen L’iscrizione [c ], rinvenuta a Nyon, era stata dedicata da Bassus al figlio D. Iulius L. f. Ripanus Capito Bassianus, eques, p. f. e tribuno militare (225) La presenza di Bassus e del figlio a Nyon e sul territorio di Vienna dimostra l’esistenza di solidi interessi e legami in entrambe le città Al di fuori dell’ambito locale, Bassus ottenne la p. f. 865 Devijver ME, p 444; contra Frei-Stolba 2004, p 363, in cui la carriera è datata negli anni compresi fra il principato di Claudio (cursus misto) e quello di Nerone (incarichi militari) Pur condividendo l’impressione che manchi un vero e proprio ordine nella presentazione del cursus, non mi sembra che questo costituisca un elemento a sostegno di una datazione in età neroniana (ivi, p 362) 866 Frei-Stolba 2004, pp 363–364 867 Il triumvirato l. p. p., creato dopo il principato di Caligola, era l’incarico più prestigioso di Vienna (Pelletier 1982, pp 84–89; Gascou 1997, pp 95–96)
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in due occasioni e un tribunato nella legione VIII Aug(usta)868 La posizione della famiglia sul territorio occidentale della Narbonensis era senz’altro preminente, soprattutto a Vienna: il nipote di Bassus è infatti D. Iulius Capito, notabile della colonia in età traianea, anch’egli p. f. (298)869 La p. f. e il rapporto che essa implicava con i magistrati cum imperio è un buon indicatore del rilievo, quantomeno locale, di questa famiglia E’ infine verosimile un legame con T. Iulius Sex. f. Vol. Maximus Ma[nlianus] Brocchus Servilian(us) A. Quadron[ius Verus] L. Servilius Vatia Cas sius Cam[ars], membro dell’ordine senatorio e console suffeto in età traianea870 224 C Iulius C f Priscus Rif. epigr.: CIL VI, 1817 [Roma, Italia] Origo: Roma Cronologia: I sec d C (seconda metà del I sec d C )871 Bibliografia: De Angelis D’Ossat 2011, p 83; Ferro in EAGLE: EDR127068 L’iscrizione è stata incisa su di un’ara marmorea, decorata da cornici modanate Figlio di C. Iulius Secundus e di Cassia L. f. Priscilla, C. Iulius Priscus è ricordato da un’iscrizione dedicatagli dai genitori, a cui non era sopravvissuto Sembra che gli unici incarichi rivestiti fossero la posizione di scriba quaest(orius) e la p. f., ottenuta in due occasioni (II) L’onomastica familiare e l’ascrizione alla tribù urbana Quir(ina) suggeriscono un’origine libertina di Secundus: si trattava probabilmente di uno schiavo della familia Caesaris La posizione di scriba di Priscus non contraddice questa ipotesi 225 D Iul(ius) Ripanus Capito Bassianus Rif. epigr.: CIL XIII, 5007 [Nyon, Svizzera] Origo: colonia Equestris Noviodunum, Provincia Narbonensis Cronologia: età flavia (regno di Domiziano?872) Bibliografia: PIR2 (I 518); Stein RE X 1, col 788, nr 433; Devijver ME (I 106); Pflaum 1978, pp 215–216, nr 8; Wierschowski 2001 (550), Burnand 2006 (126 E 103)
868 La legione era stanziata in Moesia fra 45 e 70 d C Schieratasi con Vespasiano, la legione fu spostata in Gallia presso l’attuale Mirabeau e, negli anni 90, ad Argentoratae in Germania Superior (Ritterling RE XII 2, coll 1642–1664; Reddé 2000) 869 Da Vienna: CIL XII, 1855 = ILS 1380; CIL XII, 1869 = ILS 6997; CIL XII, 1870; da Genava: CIL XII, 2613 = ILS 6996; PIR2 I 244 870 CIL XII, 3167 = ILS 1016 = AE 1982, 679; PIR2 I 426 871 Ferro in EAGLE: EDR127068 872 Burnand 2006, p 301
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Oggetto di una dedica del padre L. Iulius Brocchus Val(erius) Bassus (223), D. Iul(ius) Ripanus Capito Bassianus era forse deceduto prima di percorrere una carriera completa Egli aveva però ottenuto l’accesso all’ordine equestre – equo pu blico honoratus Come il padre, era stato p. f., mentre l’unica milizia che era riuscito a rivestire era stata un tribunato della coorte I Gal[l(ica) in Hi]sp(ania) Il rinvenimento del testo a Nyon documenta l’origine locale della famiglia o l’esistenza di significativi interessi in città 226 T Iulius T f Corn Valerianus Rif. epigr.: CIL XII, 2608 = ILN V 3, 846 [Genève, Svizzera] Origo: colonia Equestris Noviodunum, Provincia Narbonensis Cronologia: età flavia (regno di Vespasiano?873) Bibliografia: Stein RE X 1, col 849, nr 519; Devijver ME (I 134); Pflaum 1978 (8); Maier 1983 (25); Sablayrolles 1984 (19); Burnand 2006 (127 E 104) T. Iulius Valerianus, membro dell’ordine equestre, ricoprì tutti gli incarichi disponibili a Vienna, città di cui divenne infine patrono (posizione significativamente vantata in apertura all’iscrizione) La sua tribù elettorale suggerisce tuttavia che Valerianus fosse originario della colonia Equestris Noviodunum, una fondazione cesariana874, da cui doveva aver esteso impegno e interessi alla vicina Vienna Secondo l’ordine di presentazione degli incarichi, Valerianus fu duoviro aerarii, triumvir l(ocorum) p(ublicorum) p(ersequendorum)875, tribuno della legione VI Victrix876, p. f. per cinque volte (V)877, flamine di Augusto e pontefice Magistrature, posizioni e sacerdozi sono apparentemente suddivisi per ambito operativo e non è pertanto ipotizzabile alcun ordine cronologico di presentazione L’iscrizione fu dedicata a Valerianus dalla figlia Iulia Vera Il fatto che il luogo di rinvenimento sia
873 H Devijver (ME, p 491) suggerisce in realtà una datazione all’età augusteo-tiberiana 874 Kubitschek IRTD, p 221; a Vienna la tribù più attestata è invece la Voltinia (ivi, p 212) Il nomen Iulius pare tanto più significativo in una colonia cesariana, perché uno degli antenati di Valerianus potrebbe avere ottenuto la cittadinanza proprio per intervento di Cesare ed essere stato insediato nella nuova colonia Equestris 875 Si trattava dell’incarico più prestigioso di Vienna, successivo al duovirato (Pelletier 1982, pp 84–89; Gascou 1997, pp 95–96) 876 La legione fu di stanza in Spagna fino al 70 d C e trasferita in Germania Inferior fino al 119, anno dopo il quale fu impiegata in Britannia (Ritterling RE XII 2, coll 1598–1614) Per altri Allobrogi divenuti tribuni di quella legione – schieratasi con Vespasiano – e p. f., cfr i casi di Sex. Adgennius Macrinus – 187 – e T. Marcius Taurinus – 230 – entrambi di età flavia; cfr il caso di un altro provinciale, tribuno della VI e p. f.: M. Cornelius Nova[tus?] Baebius Balbus – 212) 877 H Devijver era certo si trattasse di incarichi al seguito del proconsole della Narbonensis (ME p 492 “sc proconsulum”): si tratta quantomeno di una eventualità possibile e forse probabile
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Genava, un vicus sotto la giurisdizione di Vienna, suggerisce che anche lì Valeria nus dovesse godere di interessi significativi878 227 [ ] Iunius Bassus Milonianus Rif. epigr.: CIL II, 2222 = II2/7, 283 [Córdoba, Spagna] Origo: Corduba, Baetica Cronologia: I sec d C (post 31 d C 879) Bibliografia: Álvarez-Melero 2013, p 151, nr 4 Noto grazie ad un’iscrizione dedicatagli da coloni et incolae di Corduba, [ ] Iunius Bassus Milonianus doveva essere originario della città betica880: lì aveva del resto rivestito il duovirato Il solo altro incarico menzionato nell’iscrizione era la p. f. Bassus Milonianus non è altrimenti attestato 228 L Lucilius L f Ste Lupus Rif. epigr.: De Carlo in EAGLE: EDR103569 [Benevento, Italia] Origo: Beneventum, Regio II Cronologia: seconda metà del I sec d C (1–70 d C ?881) Bibliografia: De Carlo in EAGLE: EDR103569; Id 2013, pp 292–293; Id 2015, p 191 Originario di Beneventum882, L. Lucilius Lupus rivestì l’edilità nella sua città e una p. f. Lupus curò la dedica dell’iscrizione in onore suo, della madre [Lu]cilia Faustil la e di [C]n. Rustius Nedymus
878 In PIR2 I 612 (seguito da Devijver ME, p 492), il personaggio è collegato con un omonimo “civem nobilem Viennae” amico di Plinio il Giovane (Ep II, 15; V, 4; 13) I dati desumibili dall’epistolario pliniano sono pochi e non mi pare sia anzi possibile individuare alcun riferimento a Vienna Questa incongruenza è facilmente spiegabile, dal momento che, nella scheda dedicata all’amico di Plinio, E Stein (RE X 1, col 846, nr 519) aveva già proposto un accostamento fra Iulius Valerianus (che egli non aveva affatto definito viennese) e il p. f. qui preso in esame 879 Per questa datazione, si veda Feraudi-Gruénais in EDH: HD028220 880 In assenza dell’indicazione della tribù, inducono a questa conclusione i numerosi Iunii attestati a Corduba: L. Iunius (CIL II, 5523 = II2/7, 244); Iunia T. l. (CIL II2/7, 388); Iunia Delicata, figlia della liberta Cornelia C. l. Quarta (CIL II, 2271 = II2/7, 445); L. Iunius Platon e sua figlia, Iunia Lycias (CIL II2/7, 475 = ILS 9271 = AE 1908, 148); Iunius Ursus (CIL II2/7, 476); Iunia Genice (CIL II2/7, 477); M. Iunus Ultimus (CIL II, 4976, 14 = II2/7, 627); L. Iunius P. f. Paulinus, patrono di Corduba e flamen della provincia Baetica nel III sec d C (CIL II, 5523 = II2/7, 221 = ILS 5079) Uno Iunius Germanus era attivo a Corduba ancora alla metà del IV sec d C (CIL II, 2211 = II2/7, 332 = ILS 7222) 881 De Carlo in EAGLE: EDR103569 882 La popolazione di Beneventum era generalmente ascritta alla tribù Stellatina (Taylor 1960, p 161; Silvestrini 2010, p 185; De Carlo 2015, p 192)
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229 N Lusius N f Cornelia Nomentanus Rif. epigr.: IGR III, 905 [Bodrum Kalesi, Turchia] Origo: Italia? Cronologia: I sec d C (seconda metà?)883 Bibliografia: Syme 1964b, p 105; Demougin 1999, p 601; Ricci 2010b, p 153 Forse originario di Nomentum884, N. Lusius Nomentanus è attestato da un’iscrizione dedicatagli da ὁ δῆμος ὁ Ἱεροπολιτῶν, ovvero dal corpo civico di Hierapolis Castabala, in Cilicia, dove è verosimile che Nomentanus stesse operando da p. f. (ἔπαρχος τεχνειτῶν) E’ questo infatti l’unico incarico conservato dal supporto iscritto, perduto nella sua porzione inferiore Le poche linee conservate di seguito non menzionavano comunque alcun incarico, ma commemoravano la pia generosità di Nomentanus, nei confronti di un tempio o di un santuario, forse dedicato ad Atena: εὐσεβῆς καὶ φιλότειμος πρὸς τὴν Ἀθη[ναν(?)] καὶ τὰ ἀναθήματα885 230 T Marcius Taurinus Rif. epigr.: CIL XII, 2456 = ILN V 2, 530 [Grésy-sur-Isère, Francia] Cfr CIL XII, 2337 = ILN V 2, 529 [Fontaine, Francia] Origo: Grésy-sur-Isère – Vienna, Gallia Narbonensis (?) Cronologia: età flavia (ante 89 d C 886) Bibliografia: Devijver ME (M 32); Pflaum 1978, p 217, nr 10; Devijver ME Suppl I, p 1642; Id Suppl II, p 2170; Burnand 2006 (29 E 106) L’iscrizione, incisa su di una lastra modellata “a edicola”, è stata reimpiegata in una fontana Attestato da un’iscrizione rinvenuta a Grésy-sur-Isère, nel dipartimento della Savoia, T. Marcius Taurinus fu p. f. per due volte (II), prefetto della coorte III Gal(lo rum) e tribuno nella legione VI Victrix, di stanza in Germania inferior fra 70 e 119 d C 887 Taurinus, che aveva posto personalmente l’iscrizione – vivos (sic) – aveva dunque occupato posizioni essenzialmente militari o – quantomeno – questa 883 S Demougin (1999, p 601), che considerava Nomentanus un eques sulla sola base della p. f., ne datava il cursus al I sec d C ; C Ricci (2010b, p 153) ha genericamente proposto una datazione al I–II sec d C 884 Taylor 1960, p 272; Ricci 2010b, p 153; l’origine è stata stabilita sulla base del cognomen e dell’appartenenza alla tribù Cornelia, a cui erano generalmente ascritti gli abitanti di Nomentum; cfr Syme 1964b, p 105 885 Per una panoramica relativa al culto di Atena in Anatolia (Cilicia inclusa), si veda Parker 2016 886 Devijver ME, p 564 887 Ritterling RE XII 2, coll 1598–1614; Keppie 2000b Per altri Allobrogi divenuti tribuni di quella legione e p. f., cfr i casi di Sex. Adgennius Macrinus – 187 – e T. Iulius Valerianus – 226 – entrambi di età flavia; cfr il caso di un altro provinciale, tribuno della VI e p. f.: M. Cornelius Nova[tus?] Baebius Balbus – 212)
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era l’immagine che di sé voleva lasciare A pochi chilometri da Grésy, nella località di Fontaine, un’altra iscrizione, più frammentaria, potrebbe fare riferimento a Taurinus888 Più danneggiata della precedente, apparteneva comunque ad un [T]aurinus, di cui si ignorano tuttavia praenomen e nomen L’iscrizione menziona certamente il duovirato i. d. e il triumvirato l(ocorum) p(ublicorum) p(ersequan dorum)889, oltre che, probabilmente, un pontificato Il triumvirato l. p. p. è un incarico tipico di Vienna e, nel caso di un’identificazione fra i due personaggi890, sarebbe ragionevole supporne un’origine viennese Sempre da Grésy-sur-Isère, si segnala infine un ex voto ad Apollo, dedicato dal liberto Epificius pro salute Marciae T. f. Taurinae, senz’altro la figlia del prefetto891 231 L Menacius L f Priscus Rif. epigr.: CIL V, 47 = InscrIt X 1, 70 = ILS 5755 [Pula, Croazia] Origo: Pola, Regio X Cronologia: I sec d C (seconda metà?)892 Bibliografia: Devijver ME (M 43); Traverso 2006 (X 38); Zovic in EAGLE: EDR135369 Il cursus di L. Menacius Priscus, originario di Pola893, è noto grazie ad un’iscrizione da lui stesso dedicata, in occasione della costruzione di un acquedotto – Aqua Aug(usta) – che conduceva acqua a Pola – in superiorem partem coloniae et in infe riorem Egli aveva anche donato la cospicua somma di quattrocentomila sesterzi per la sua manutenzione – in tutelam eius dedit Nel suo cursus, Priscus menzionava prima di tutto l’ingresso nell’ordine equestre – equo pub(lico) – e la p. f. Seguivano l’edilità, il flaminato Augustor(um)894 e il titolo di patronus coloniae
888 CIL XII, 2337 = ILN V 2, 529 889 La coesistenza, nello stesso cursus, di duovirato e triumvirato l. p. p. è abbastanza rara: di 12 triumviri, solo tre furono anche duoviri (fra questi, [T]aurinus) Questa circostanza potrebbe indicare un’influenza notevole all’interno del contesto cittadino (su questo, si veda Bèal, Carrara 1997, p 216; sul triumvirato cfr Pelletier 1982, pp 84–89; Gascou 1997, pp 95–96) 890 Questa proposta era stata originariamente avanzata da A Allmer, nel volume dedicato con A de Terrebasse alle iscrizioni antiche e medievali dal territorio di Vienne (1875, pp 227–228, nr 157) 891 Wuilleumier 1936, p 195 892 Zovic in EAGLE: EDR135369 (in relazione alla costruzione dell’acquedotto di Pola – I sec d C ) 893 In città, è attestato un altro membro della gens: L. Menacius P. f., oggetto della dedica della figlia Menacia Quarta (InscrIt X 1, 631) 894 Considerando – a mio avviso impropriamente – questi Augusti come imperatori viventi, M Traverso (2006, p 237) ha proposto una datazione al regno di Marco Aurelio e Lucio Vero (161– 169 d C )
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232 [L ] Minicius L f Ouf Exoratus Rif. epigr.: CIL V, 5239 = ILS 6727 [Santa Maria Rezzonico, Italia] Origo: Comum, Regio XI Cronologia: età flavia (post 79 d C ) Bibliografia: Traverso 2006 (XI 8) Il cursus di [L ] Minicius Exoratus, eques romano ed esponente del notabilato di Comum895, è noto grazie ad un’iscrizione proveniente dall’odierna Santa Maria Rezzonico, centro ubicato sulla sponda occidentale del Lago di Como Secondo l’ordine di presentazione, Exoratus fu flamen divi Titi Aug(usti) Vespasiani consensu decurion(um), tribuno di una legione non meglio specificata, quattuorviro a(edili cia) p(otestate), duoviro i(ure) d(icundo), p. f. a pr(aetore vel ibus) bis et co(n)s(ule delatus) e, infine, pontefice Gli incarichi non sono stati suddivisi per ambito operativo e sembrano menzionati in ordine diretto; i mandati da p. f., ripetuti per tre volte (due volte agli ordini di uno o più pretori e una al seguito di un console), non erano tuttavia necessariamente consecutivi L’iscrizione era stata dedicata da Exoratus, ancora in vita, alla moglie Geminia C. f. Prisca896 e alla figlia Minicia Bisia 233 [C ] Mulvius C f [P]om Ofillius Rest[it]utus Rif. epigr.: AE 1972, 148 [Grumento Nova, Italia] Origo: Grumentum, Regio III Cronologia: età flavia Bibliografia: Donati 1971, p 71; Traverso 2006 (III 4) [C ] Mulvius Ofillius Rest[it]utus, membro dell’ordine equestre e notabile originario di Grumentum897, aveva rivestito in città l’edilità, la pretura, il duovirato quinquennale e la questura Al di fuori della città, Restitutus era stato prefetto della coorte I [M]orinor(um) et Cersiacor(um) – un’unità ausiliaria, probabilmente costituita al tempo di Vespasiano e reclutata in Gallia Belgica898 –, tribuno nella legione II Adiutrix Pia Fidelis899 e, infine, prefetto dell’ala I Vespasiana Dardanor(um)900
895 L’area di rinvenimento dell’iscrizione era compresa all’interno del territorio di Comum, i cui abitanti erano generalmente ascritti alla tribù Oufentina (Taylor 1960, p 164; Sartori 2010, p 304) In città è attestato un L. Minicius Exoratus, seviro e Augustalis, senz’altro un liberto del prefetto (CIL V, 5298) 896 A Comum è pure attestato il seviro C. Geminius Niger, forse un liberto (CIL V, 5244 – l’assenza del patronimico potrebbe essere un indicatore dello status libertino); cfr anche CIL V, 5383 897 Grumentum era in effetti iscritta nella tribù Pomptina (Taylor 1960, p 161; Forte 2010, p 193) In città e nel resto della Regio III, la gens Mulvia non è tuttavia altrimenti attestata 898 Gayet 2006, p 94 899 Ritterling RE XII 2, coll 1437–1456; Lőrincz 2000 900 Cichorius RE I, col 1240
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I due cursus – locale ed equestre – sono ben distinti nel testo iscritto, che si chiude con la menzione della p. f., rivestita in due distinte occasioni L’iscrizione era stata dedicata dagli Aug(ustales) Herc(ulani) al prefetto, loro patrono 234 T Nummius T f Hor Augustalis Rif. epigr.: CIL XI, 3099 [Civita Castellana, Italia] Origo: Falerii, Regio VII901 Cronologia: età flavia (fra Domiziano e Traiano) Bibliografia: CIL sub numero Il cursus di T. Nummius Augustalis è attestato da un’unica iscrizione, dedicata da C. Nummius Verus Quest’ultimo era senz’altro il figlio o – in considerazione del diverso praenomen – il fratello del prefetto Il cursus menzionava il tribunato nella legione V Maced(onica), stanziata in Moesia inferior902, l’accesso all’ordine equestre – equo publico – e una p. f. L’ordine di presentazione era evidentemente inverso La datazione di entrambi i personaggi è desumibile da un’altra iscrizione rinvenuta a Falerii, in cui sembra nuovamente attestato C. Nummius Verus903 (senz’altro databile in età traianea) In questo documento, Verus è definito patronus rei p(ublicae) ed è celebrato per un atto di evergetismo nei confronti della comunità: la costruzione di una cella caldari[a], una struttura pertinente ad un impianto termale Nella medesima iscrizione erano citati un incarico provinciale – ]m provinciae –, il rango di [praefectus?] di un’unità ausiliaria – D[acorum]904 –, una prefettura [T]hr(acum), un tribunato nella legione I Itali[ca] (ancora in Mo esia inferior)905, onorificenze militari – riconosciute da Traiano Ge[rmanicus Dac(icus)] – e il pontificato sacr(um) Iun(onis) Cu[rritis], sacerdozio di un culto tipicamente falisco906 235 L Papirius P f Stel Cognitus Rif. epigr.: CIL XI, 3379 [Corneto – Tarquinia, Italia] Origo: Tarquinii, Regio VII Cronologia: I sec d C 907 Bibliografia: Torelli 1975 (10); Slavich in EAGLE: EDR132264 901 902 903 904
Taylor 1960, p 163; Arnaldi, Gasperini 2010, pp 226–227 Ritterling RE XII 2, coll 1572–1586 CIL XI, 31000; si tratta di una restituzione ragionevolmente attendibile: [C. Nu]mmius Hor. V[erus] Si trattava probabilmente della coorte I Ulpia Dacorum, creata da Traiano in occasione della campagna partica e dislocata in Syria (Spaul 2000, p 348) 905 Ritterling RE XII 2, coll 1407–1417; Absil 2000 906 Su questo, si veda il recente contributo di G Ferri (2011), sopr pp 146–151 907 Slavich nel commento a EDR132264 (su base paleografica); Torelli (1975, p 188) ha invece esteso la datazione al periodo I sec a C – I sec d C (sulla base della tipologia del monumento)
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Originario di Tarquinii908, L. Papirius Cognitus compare su di un’iscrizione che ne commemorava le esequie pubbliche, decretate dai decurioni – ex dec(urionum) dec(reto) funere publico elatus Il cursus di Cognitus, morto quarantunenne, menzionava esclusivamente la p. f. e il quattuorvirato iur(e) dic(undo) 236 C Raius M f Capito Rif. epigr.: CIL IX, 736 [Larino, Italia] Origo: Larinum, Regio II Cronologia: I sec d C (seconda metà?)909 Bibliografia: CIL sub numero Membro di una famiglia attiva a Larinum910, C. Raius Capito fu onorato da muni cip(es) et incol(ae) La loro dedica menzionava – in quest’ordine – una p. f., l’edilità, il quattuorvirato i(ure) d(icundo) iterum e il quattuorvirato quin(quennalis) Argynnus C. Rai Capitonis servus e Raia C. l., attestati da una dedica in città, appartenevano senz’altro alla familia di Capito911 237 T Sellusius C f Cla Certus Rif. epigr.: CIL IX, 4169 = ILS 6542 [Capradosso – Rieti, Italia] Origo: Cliternia, Regio IV Cronologia: I sec d C (seconda metà?)912 Bibliografia: CIL sub numero T. Sellusius Certus, originario della piccola comunità di Cliternia fu membro dell’ordine equestre La sua carriera è attestata da un’iscrizione D(is) M(ani bus) dedicata sine aere alieno Certus fu edile Reat(a)e, questore per quattro volte (senz’altro nella stessa città) e duoviro Cliterniae Originario di quest’ultima (sulla base dell’appartenenza alla tribù Claudia913), egli aveva senz’altro interessi anche a Reate914 Al di fuori della dimensione propriamente locale, Certus era stato 908 I cittadini di Tarquinia erano generalmente ascritti alla tribù Stellatina (Taylor 1960, p 163; Arnaldi, Gasperini 2010, p 230); in città è inoltre attestato un L. Papirius L. f. Celsus, forse un congiunto di Cognitus (CIL XI, 3465) 909 Questa ipotesi è fondata soprattutto su base paleografica 910 L. Raius Felix, sacerdos Matris deum (CIL IX, 734 = ILS 4071); Raia Fortunata (CIL IX, 765) 911 Lo status libertino di Raia, confrontato con quello servile di Argynnus, suggerisce che questa lo avesse dato alla luce prima di essere liberata (AE 1997, 342) 912 La proposta si fonda sulla presenza della formula D. M. (su questo, cfr Tantimonaco 2013, pp 264–266) e su base paleografica 913 Taylor 1960, p 162; Buonocore 2010, p 35: i cittadini di Reate erano invece generalmente ascritti alla tribù Quirina 914 Altri Sellusii erano del resto attestati presso la vicina Aequiculi: [ ] Sellusius C. f. Cla. Secundus e [ Sel]lusius Secundus (AE 2004, 497); St. Selusius Pe(?) f. (CIL IX, 4104 = I, 1827 = ILLRP 148) La
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p. f. co(n)s(ulis) II (a Roma, in due occasioni) Questi contatti gli valsero infine la nomina a iudex ex V decuriis e, con essa, l’accesso nell’ordine equestre Una fistula plumbea ha conservato il nome di T. Selusius Certus, forse lo stesso prefetto, o un suo congiunto; il reperto è tuttavia di provenienza incerta (comprensibilmente, nel commento al CIL si è proposta Cliternia) 238 Q Septimius Q f Sca Primus Rif. epigr.: CIL XI, 1600 [Firenze, Italia] Origo: Florentia, Regio VII Cronologia: I sec d C (seconda metà?)915 Bibliografia: Corsi 1997, pp 109–110; Gabrielli in EAGLE: EDR103461 Attestato da un’unica iscrizione, dedicata in occasione della concessione di un funerale pubblico e di un luogo di sepoltura d(ecreto) d(ecurionum), Q. Septimius Primus percorse le tappe di una carriera eminentemente locale Egli fu edile, duoviro e pontefice, ma in testa al cursus poteva anche vantare una p. f., probabilmente rivestita a Roma o, comunque, in Italia Pur originario di Florentia916, Primus non è altrimenti attestato in città, ove del resto mancano notizie relative ad altri membri della gens Septimia917 239 Sex Sextilius Sex f Papiria Fuscus Rif. epigr.: CIL V, 6431 = ILS 6743 [Pavia, Italia] Origo: Ticinum, Regio XI Cronologia: seconda metà del I sec d C (post 55 d C )918 Bibliografia: SupplIt 9, p 238, sub numero; Scuderi in EAGLE: EDR070632 Sex. Sextilius Fuscus, notabile originario di Ticinum919, ricoprì numerosi incarichi in città, soprattutto in ambito religioso: flamine di Roma e di Claudio divinizzato, quattuorviro i(ure) d(icundo), pontefice, augure, salius grat(uitus) d(ecreto) d(ecurionum) Il decreto decurionale, che aveva concesso la posizione di salius senza il versamento di alcuna summa honoraria, non può essere confuso con l’abi-
tribù Claudia era molto diffusa anche in queste città (Taylor 1960, p 162) 915 Gabrielli in EAGLE: EDR103461 (su base paleografica) 916 Generalmente, anche i cittadini di Florentia erano infatti ascritti alla tribù Scaptia (Taylor 1960, p 163; Arnaldi, Gasperini 2010, p 227) 917 A Pisae, i cui cittadini erano generalmente ascritti alla tribù Galeria, sono attestati alcuni Septimii: il duoviro [L. Septimiu]s Sex. f., suo padre Sex [Septimius], il fratello (?) C. Septim[ius Sex. f ] (AE 1985, 388); T. Sep[timius?] (CIL XI, 1488) 918 Scuderi in EAGLE: EDR070632 919 Pur in assenza di altri Sextilii a Ticinum, in città la tribù Papiria era senz’altro la più diffusa (Taylor 1960, p 164; Sartori 2010, p 304)
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tuale autorizzazione alla dedica (generalmente posta in chiusura al testo) L’ultimo incarico menzionato è una p. f. 240 Q Sulpicius Q f Quir Celsus Rif. epigr.: CIL VI, 32934 [Roma, Italia] Origo: incerta Cronologia: età flavia (69–79 d C 920) Bibliografia: Devijver ME (S 85); Crimi in EAGLE: EDR121476 L’iscrizione è stata incisa su di un’ara marmorea; ogni faccia è incorniciata e, ai lati delle cornici, sono stati scolpiti a rilievo motivi vegetali (privi di coerenza) Sulle facce laterali dell’altare, sono stati realizzati a rilievo alcuni elementi di ambito militare: una corazza con gladio, armilla e una corona muralis innestata su di una hasta (faccia destra); le insegne di una legione (con aquila e corona muralis) e un vexillum di coorte (faccia sinistra) Il cursus di Q. Sulpicius Celsus, membro dell’ordine equestre, comprendeva la p. f., la prefettura della coorte VII Lusitanorum921 e un’altra prefettura, dopo la cui menzione il testo è sfortunatamente illeggibile 241 C Trebius C f Lem Maxim[us ---] Rif. epigr.: AE 1976, 207 [San Pietro in Casale – Bologna, Italia] Origo: Bononia, Regio VIII Cronologia: I sec d C (seconda metà?)922 Bibliografia: Demougin 1988 (2); Gräf in EDH: HD00003701 Illustre cittadino di Bononia923, C. Trebius Maxim[us ---] vi rivestì numerosi incarichi: questore, triumvir Aug(ustalis), duoviro, pontefice La prima posizione ad essere menzionata è tuttavia una p. f. L’iscrizione citava anche un altro Trebius: C. Trebius Maximus SE[---], forse figlio del prefetto
920 Crimi in EAGLE: EDR121476, sulla base di elementi prosopografici, archeologici e paleografici; più prudentemente, B Dobson (1966, p 75, n 52 = 1993, p 232 – seguito da H Devijver ME, p 763) si limitava a datarne la carriera agli anni successivi al 69 d C 921 Cichorius RE IV, coll 313–314; Spaul 2000, pp 67–68 922 Gräf in EDH: HD00003701 923 Non soltanto il prefetto era iscritto nella tribù Lemonia, la più attestata a Bononia (Taylor 1960, p 163; Rigato 2010, p 238), ma in città sono anche noti il pretoriano C. Trebius L. f. Longus (CIL XI, 708) e T. Visulanius Aufidius Trebius Clemens, onorato dal figlio T. Visulanius Crescens, eques romano e p. f. (CIL XI, 709 = ILS 1394–246)
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242 L Valerius Priscus Rif. epigr.: CIL V, 2841 [Padova, Italia] Origo: Vienna, Provincia Narbonensis Cronologia: età flavia924 Bibliografia: Devijver ME (V 27); Pflaum 1978, pp 224–225, nr 22; Spaul 2000, p 377, nr 1 L’origine di L. Valerius Priscus era chiaramente indicata nel testo: Viennensis A Patavium, dove si era forse stabilito, gli fu però destinato un luogo di sepoltura – d(ecreto) d(ecurionum) publice datus Membro dell’ordine equestre, non sembra abbia rivestito alcuna magistratura cittadina: egli fu prefetto per due volte (II) di due coorti di Traci – tertia Thracum et secunda equitata925 – tribuno della legione X Fretensis di stanza in Oriente926, prefetto dell’ala Flaviana927 e, infine, p. f. (il cursus sembra – in effetti – redatto in ordine diretto) 243 M Valerius M f Gal Propinquus Grattius Cerealis Rif. epigr.: CIL II, 4251 = II2/14, 1171 = ILS 2711 = RIT 311 [Tarragona, Spagna] Origo: Liria Edetanorum, Hispania citerior Cronologia: età flavia (fra Tito e Domiziano) Bibliografia: Alföldy 1973 (68); Devijver ME (V 30); Álvarez-Melero 2013, p 148, nr 7 Attestato da un’iscrizione rinvenuta a Tarraco, M. Valerius Propinquus Grattius Cerealis era però originario di Liria Edetanorum, nella Tarraconensis, come egli stesso specificava dopo la formula onomastica (Edetanus) Dopo la menzione del prestigioso flaminato p(rovinciae) H(ispaniae) C(iterioris) e senza precisarle chiaramente, Cerealis vantava tutte le magistrature della propria città (honores civi tatis suae sit?928) E’ notevole il successivo riferimento all’ingresso nell’ordine equestre, probabilmente deciso da Tito – adlectus in equite – sic – a T(ito) Imp(eratore) Il cursus presentato a seguito di questi incarichi comprendeva la p. f.,
924 Ritengo che questa datazione sia più adatta ad un cursus che presenta ancora la p. f. al termine delle militiae equestri 925 Secondo J Spaul (2000, p 377), si tratterebbe della cohors III Thracum Syriaca, di stanza in Cap padocia e di una II equitata (non discussa); contra Devijver ME, pp 823–824, in cui si suppone si tratti della III Thracum in Raetia e della II Thracum equitata in Syria (cfr Cichorius RE IV, coll 339–340 e 284, rispettivamente) 926 Ritterling RE XII 2, coll 1671–1678; Dabrowa 2000b 927 A partire dal 132–133 d C , l’unità era ormai in Moesia superior (RMD V, 247) 928 Alföldy in RIT sub numero
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rivestita bis, la prefettura della coorte II Asturum in Germania (inferior)929, un tribunato nella legione V Mac(edonica) in Moesia930, la prefettura dell’ala Prhygum (sic) in Syr[ia]931 e quella dell’ala Thracum in Syr[ia]932 Secondo G Alföldy, egli sarebbe stato il padre del console del 126 d C , il cui nome restituiva con [M ? Va lerius M ? f. G]al [Propinquus?] Grani[us Fabianus?] Grattius [Cerealis?] Gemi nius R[estitutus?]933 Un legame familiare con [L.] Valerius L. f. Gal. Propinquus934, anch’egli flamen provinciale, attestato a Dianium, presso Valencia, mi pare convincente935 244 L Vecilius C f Lemon Modestus Rif. epigr.: CIL III, 8261 = ILS 2733 = ILJug III, 1288 [Ravna, Serbia] Origo: Hispellum, Regio VI Cronologia: età flavia (regno di Vespasiano?) Bibliografia: Devijver ME (V 59); AE 2011, 1112 Il cursus di C. Vecilius Modestus è conservato da un’iscrizione rinvenuta a Tima cum Minus (presso l’odierna Ravna, un piccolo centro a nord di Niŝ), in Moesia Superior L’origine di Modestus deve tuttavia essere identificata ad Hispellum (i cui abitanti erano generalmente ascritti alla tribù Lemonia936), in cui il personaggio servì come seviro, edile, duoviro iure dic(undo) coloniae Hispellatium, quaestor per due volte (II), augure In testa a questi incarichi, era menzionata l’appartenenza all’ordine equestre – equo pub(lico) – e alle decurie degli iudices – de quinq(ue) dec(uriis) Al di fuori di Hispellum, Modestus aveva invece ottenuto una p. f. e le mi litiae equestres: un tribunato nella legione VI Ferrata in Syria937 e la prefettura della coorte I Thracum Syr(iaca) in Moesia eq(uitata)938 Proprio quest’unità aveva reso omaggio a Modestus – praef(ecto) suo – con la dedica di un monumento (forse una statua) in un centro in cui evidentemente la coorte operava e in cui il prefetto aveva interesse ad essere rappresentato
929 L’ala è tuttavia meglio meglio attestata in Britannia (Cichorius RE I, coll 1231; Spaul 2000, pp 75–76 – senza la menzione del prefetto) 930 Ritterling RE XII 2, coll 1572–1586 931 Cichorius RE I, col 1257 932 Cichorius RE I, coll 1266–1267 933 Alföldy RIT 149; cfr Birley 2005, pp 244–246, nr 18 934 CIL II, 4250 = RIT 310; CIL II, 3584; 3585 935 Cfr Devijver ME, p 827 936 Taylor 1960, p 163; Asdrubali Pentiti, Spadoni, Zuddas 2010, p 218; la gens Vecilia non è tuttavia attestata ad Hispellum 937 Ritterling RE XII 2, coll 1587–1596; Cotton 2000 938 Spaul 2000, p 366
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245 L Vibius C f Aem Lentulus Rif. epigr.: a AE 1913, 143a = IK 11, 2061 [Efes, Turchia] b AE 1924, 81 = IK 11, 736 [Efes, Turchia] c SEG XXVI, 1246 = IK 11, 3046 [Efes, Turchia] Origo: Italia? Cronologia: età flavia (fra i Flavi e Traiano939) Bibliografia: Pflaum CP (66); Engelmann 1977, p 204, nr 5; Devijver ME (V 97); Peachin 1986 (1) Il cursus presentato nelle tre iscrizioni è identico, con l’eccezione della titolatura imperatoria: Traiano è definito Germanicus Dacicus soltanto in [a ] e [b ], che sono dunque databili fra 102 e 116 d C ; [c ] è meno precisa a questo riguardo, ma senz’altro per ragioni contingenti – la datazione è senza dubbio la stessa delle precedenti, dal momento che non si menziona la divinizzazione dell’imperatore Originario della penisola italica o della Macedonia940, L. Vibius Lentulus percorse una lunga carriera equestre e procuratoria, approdata infine in Asia, dove il personaggio fu oggetto di alcune dediche onorarie Il cursus era senz’altro presentato in ordine inverso: la posizione più antica fu quella di βοηθὸς Λ Πομπείου Οὐοπείσκου Κατελλίου Κέλερος ἐπιμελητοῦ ὁδῶν ναῶν ἱερῶν τόπων δημοσίων L. Pompeius Vopiscus C. Arruntius Catellius Celer fu consul suffectus nel 77 d C e forse curator operum publicorum nell’82–83 d C 941 Seguivano nel cursus una p. f. (forse, al seguito dello stesso consolare per cui aveva già servito) e due militiae equestri: tribuno della legione VII Gemina Pia fidelis (dislocata in Spagna942) e prefetto dell’ala II Flavia civium Romanorum, stanziata in Germania superior943 La carriera procuratoria di Lentulus cominciò a Roma come ἐπίτροπος μονήτης (centenario); seguirono procuratele ducenarie nelle province: ἐπίτροπος Παννονίας, Δαλματίας, Ἀσίας Di ritorno a Roma, ottenne le importanti posizioni di procu rator a loricata (λωρεικάτης)944 e a rationibus (ἀπὸ τῶν λόγων) per l’imperatore Traiano Le iscrizioni di Efeso avevano diversi dedicanti: [a ] era stata decisa dalla 939 Devijver ME, p 864 940 H Devijver (ME, p 865) fondava questa ipotesi sull’appartenenza alla tribù Aemilia, ben attestata in Macedonia (Kubitschek IRTD, p 270; Rizakis 2010) 941 PIR2 I 661; questa datazione – proposta nella scheda della Prosopographia da K Wachtel – differisce da quella avanzata da H Devijver in ME, p 864 (78–80 d C ) L’ipotesi di Wachtel mi sembra più probabile alla luce delle sue proposte di datazione per l’intero cursus 942 Pflaum CP, pp 359–360; Le Roux 2000 943 Devijver ME, p 864 944 Si trattava di un incarico presso il fiscus A loricata sembra essere un riferimento ad una statua loricata eretta al di fuori del tempio del divo Giulio, nei cui pressi doveva appunto trovarsi la sede del fiscus (cfr Plin Ep VIII, 6; Maiuro 2010, pp 200–205 – in cui si suppone che la procuratela a rationibus abbia sostituito quella a loricata, originariamente riservata ai liberti – uno sviluppo avvenuto al tempo di Traiano, di cui lo stesso Lentulus sarebbe stato testimone)
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città di Efeso (ἡ βουλή καὶ ὁ δῆμος) e vedeva Lentulus associato a T. Flavius Monta nus, ben noto in città per la sua donazione destinata al teatro – anch’egli p. f. (284); [b ] fu dedicata τόν ἰδίον εὐεργήτην da Claudius Strymon, Claudius Epigonus, Clau dius Euhemerus, figlio di Claudius Strymon, liberto di Claudius Aristion (forse un gruppo di liberti publici che con Lentulus avevano collaborato); [c ] fu infine curata da un Τιβέριος Ἰου[---], sul quale, ovviamente, nulla è possibile aggiungere 246 T Visulanius Crescens Rif. epigr.: CIL XI, 709 = ILS 1394 [Bologna, Italia] Cfr CIL XVI, 44 = ILS 2000 = AE 1888, 10 Origo: Bononia, Regio VIII Cronologia: età flavia (fra Domiziano e Traiano) Bibliografia: Devijver ME (V 120); Spaul 2000, p 157 L’iscrizione è stata incisa all’interno di una cornice, al di sopra della quale erano stati scolpiti un frontone e due rosette stilizzate Attestati da due iscrizioni, i Visulanii erano indubbiamente originari di Bononia945 La carriera di Crescens, in particolare, è attestata da un’epigrafe dedicata al padre T. Visulanius Aufidius Trebius946 Clemens Il cursus non comprendeva alcun incarico municipale: p. f. bis, prefetto della coorte I(I) Gallor(um) (in Moesia inferior947), tribuno della coorte I civium Romanor(um)948, prefetto dell’ala Moesica (in Germa nia inferior)949 e, infine, censor Germaniae inferioris Un diploma militare, rinvenuto ad Oltina, in Romania, e databile al 99 d C , menziona una coorte II Gallorum cui prae(e)st Visulanius Crescens H Devijver ha identificato in questo individuo il Crescens bolognese e, considerata la rarità del nomen, l’ipotesi deve essere senz’altro accettata Il ruolo di censitor potrebbe essere stato ricoperto durante una delle due p. f. o, più probabilmente, nel corso del mandato da prefetto d’ala
945 Oltre a quella di Crescens, in città è infatti attestata una dedica a Furfana C. f. Paulina, da parte del marito T. Visulanius T. l. Apollonius (CIL XI, 759) 946 In città sono attestati altri due Trebii: C. Trebius C. f. Lem. Maxim[us] (duoviro e p. f. – 241), menzionato accanto ad un omonimo forse definito se[nior?] (AE 1976, 207) e C. Trebius L. f. Longus, veterano delle coorti pretoriane (CIL XI, 708) Un legame fra Visulanius seniore e uno dei Trebii mi sembra probabile 947 Spaul 2000, pp 157–158 948 Secondo H Devijver (ME p 878) e J Spaul (2000, p 24), si tratterebbe della coorte I civium Romanorum ingenuorum, di stanza in Germania superior 949 Devijver ME, p 879
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3. La praefectura fabrum fra Nerva e i Severi950 247 [L (?) A]burn[ius --- Tuscianus] Rif. epigr.: ILS 9471 = AE 1911, 161 = 1955, 276 [Araphisar, Turchia] Origo: Herakleia Salbace, Caria, Asia Cronologia: età traianea951 Bibliografia: PIR2 (A 20); La Carie II, pp 180–181, nr 78; Devijver ME (A 5); Demougin 1999 (143) Attestato da un’iscrizione dedicatagli dal figlio L. Aburnius Torquatus, [L. A]burn[i us Tuscianus]952 era originario di Herakleia ad Salbacum953 P. f. al seguito di un console o di un pretore (ἐπὶ Ῥώμης), aveva poi ottenuto un tribunato nella legione III Augusta, di stanza in Africa954 Egli era stato inoltre prefetto della coorte III equitata Augusta Thracum955 e della coorte III Thracum Syriaca equitata956, entrambe dislocate in Syria Nella medesima provincia, aveva ottenuto la posizione di ἐπιμελητής della coorte I Ulpia Petraea957 Forse in ragione dell’esperienza e dei contatti maturati in Syria, era stato incaricato della curatela dell’annona per la campagna partica fino al fiume Eufrate – ἐπιμελ[η]τής εὐθηνίας ἐν τῷ πολέμῳ τῷ Παρθικ[ῷ] τῆς ὄχθης τοῦ Εὐφράτου – 114–117 d C E’ senz’altro durante questa campagna che – da tribuno della legione VI Ferrata958 – fu decorato da Traiano con vexillum, hasta pura, corona aurea e corona vallaris L’attività militare di Tuscia nus si concluse con la prefettura dell’ala I Ulpia Singularium, anch’essa in Syria A Herakleia, la sua competenza e serietà erano riconosciute: negli ultimi anni del regno di Traiano gli fu infatti affidato l’accertamento dei confini cittadini – ἔγδικος ὑπέρ τῆς πατρίδος περὶ τῆς τῶν ὅρων ἀποκαταστάσεως959 Gratitudine era
950 Come per il catalogo relativo all’età flavia, in questa raccolta sono state inserite schede prosopografiche di datazione incerta, in questo caso compresa fra la fine della dinastia flavia e l’età traianeoadrianea 951 Demougin 1999, p 605 952 Il cognomen Tuscianus è stato restituito sulla base di La Carie II, 78 = ILS 9471 (cfr Thonemann 2011, p 226, n 88) 953 Devijver ME, p 47; contra La Carie II, pp 180–181, nr 78, in cui era stata proposta Alabanda; il nomen, poco attestato al di fuori d’Italia, suggerisce che gli Aburnii fossero una famiglia di origini italiche, stanziata ad Herakleia (cfr Thonemann 2011, p 226) Della città era pure originario L. Aburnius Severus, prefetto d’ala in Pannonia superior nel 146 d C , senz’altro un discendente del prefetto (probabilmente il nipote – AE 1947, 135) Si segnalano infine due Aburnii di rango senatorio da Thugga, in Africa (CIL VIII, 26447c e 26458) 954 Ritterling RE XII 2, coll 1493–1505; Le Bohec 1989b; Id 2000a 955 Cichorius RE IV, col 340; Spaul 2000, p 374 956 Cichorius RE IV, col 340; Spaul 2000, p 377 957 Cichorius RE IV, col 324; Spaul 2000, p 449 958 Ritterling RE XII 2, coll 1587–1596; Cotton 2000 959 La Carie II, pp 180–181 e 224–225
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stata infine espressa a Tuscianus da un numero imprecisato di province (ἔχων δὲ καὶ ψηφίσματα μαρτυρητικὰ καὶ τε[ι]μητικὰ παρὰ πολλῶ[ν] ἐπαρχειῶν): il prestigio e i contatti di Tuscianus avevano dunque valicato i confini della provincia d’Asia960 248 M’ Acil(ius) Quir Fronto Rif. epigr.: CIL II, 2016 = II2/5, 784 [Cerro del Castillon, Spagna] Origo: Singilia Barba, Baetica Cronologia: ultimo quarto del II sec d C 961 Bibliografia: Gräf in EDH: HD031097; Álvarez-Melero 2013, p 151, nr 8 Originario di Singilia Barbensis, in Baetica962, M’. Acilius Fronto è attestato da un’iscrizione dedicata d(ecreto) d(ecurionum) dal municipium stesso La spesa era stata a carico della moglie, una liberta di Fronto, Acil(ia) Plecusa – patrono et marito honore accep(to) imp(ensam) remis(it) Il testo menzionava la sola p. f. (probabilmente rivestita in Spagna), ma i mezzi economici e le relazioni di Fronto dovevano essere significativi, considerata la notorietà successivamente goduta da Acilia Plecusa, che poteva vantare l’amicizia di P. Magnius Rufus Magonianus, pro curator Augusti in Baetica e Lusitania, e di sua moglie Carvilia Censonilla963 249 P Aelius P f Pal Agathoclianus Rif. epigr.: CIL XI, 7555 = ILS 1886 = AE 1889, 99 [Bracciano, Italia] Origo: Forum Clodii, Regio VII? Cronologia: metà del II sec d C (ante 173 d C ) Bibliografia: Rüpke FS (456); Ottavianelli in EAGLE: EDR154220 Sul lato destro del basamento iscritto è indicata la datazione della dedica: 7 agosto 173 d C Attestato da un’iscrizione per la dedica di una statua onoraria in bronzo (non conservata) da parte della cittadinanza di Forum Clodii, il cursus di P. Aelius Aga thoclianus comprendeva il pontificato e la pretura Laurentium Lavinatium (citati enfaticamente in apertura al testo) e una lunga carriera fra gli apparitores: scrib(a) tribunicius maior, scrib(a) q(uaestorius), sexprimus (a capo delle decurie degli scri 960 Secondo A von Premerstein (1910, p 200) e L Robert (La Carie II, p 181, n 1), potrebbe trattarsi degli stessi luoghi in cui Tuscianus aveva operato: Numidia, Syria, Iudaea 961 Gräf in EDH: HD031097 962 In l 1, accanto al nome, il testo recita: Sing(ilianus) Barb(ensis) 963 L’iscrizione funeraria di Acilia Plecusa, posta nella tomba di famiglia, è CIL II2/5, 830 = HEp V, 574 = VI, 649 = AE 1993, 1014 Le iscrizioni relative a Rufus Magonianus e a sua moglie Carvilia Censonilla sono: CIL II2/5, 780 = II, 2029 = ILS 1405 = HEp V, 580 = AE 1950, 139 = 1994, 922a; CIL II2/5, 781 = HEp V, 575 = AE 1994, 922b; CIL II2/5, 782 = AE 1978, 400; sulla persona pubblica di Acilia Plecusa e sulle sue attestazioni epigrafiche, si veda Pérez, Dolores 2005
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bae), scriba aedilium curulium Seguivano poi le posizioni di decurialis (probabilmente a Forum Clodii), pullarius maior964, p. f. per tre volte (III) e il sacerdozio di accensus velatus965. La carriera di Agathoclianus, il suo cognomen e l’ascrizione ad una tribù urbana suggeriscono che suo padre fosse un liberto Il nomen Aelius sembra indicare un’appartenenza alla familia Caesaris al tempo di Adriano La dedica, decisa d(ecreto) d(ecurionum) al momento della sua elevazione a patrono, era motivata ob merita eius et quod primus ad thermas publicas marmora et columnas [de]derit Al momento di questo costoso atto di evergetismo, Agathoclianus aveva inoltre curato una donazione (sportulas) a decurioni e – forse – seviri augustali (l 13 [IIIIII]viris) 250 C Aelius P fil Cl Quirin(us) Domitianus Gaurus Rif. epigr.: ILS 2748 = AE 1888, 125 [Pozzuoli, Italia] Origo: Puteoli, Regio I Cronologia: fra Adriano e Caracalla (180–218 d C 966) Bibliografia: Devijver ME (A 31); Rüpke FS (463); Traverso 2006 (I 83); De Carlo 2015, p 109 Probabilmente figlio di un liberto dell’imperatore Adriano, C. Aelius Quirinus Domitianus Gaurus fu protagonista di una carriera di grande successo, coronata dall’ingresso nell’ordine equestre al tempo di Antonino Pio967 Il suo cursus è attestato da un’iscrizione rinvenuta a Puteoli, dove evidentemente il personaggio si era stabilito ed era stato accolto fra i decurioni – adlecto in ordin(e) decret(o) d(ecu rionum) remissis omnibus muneribus Quirinus Domitianus Gaurus menzionava in apertura al cursus la concessione del cavallo pubblico – equo publico orn(ato) – da parte di Antonino Pio Secondo l’ordine di presentazione degli incarichi, seguivano una p. f., la prefettura della coorte III Aug(usta) Cyrenaica, il tribunato nella legione XII Ful(minata) Certa Constans, entrambe di stanza in Cappadocia968 Erano poi citati i ranghi di scriba aedilium curulium, di scriba librarius quaestorius trium decuriar(um) Alcuni sacerdozi chiudevano il cursus: sacerdos aput (sic) Lau
964 Sui pullarii, si veda Cic De div II, 72–74; cfr Foti 2011 965 Mi pare rilevante che anche queste ultime tre posizioni comportassero una stretta collaborazione (e conseguentemente una familiarità) con i magistrati curuli a Roma Sugli accensi e, in particolare, sugli accensi velati, si veda Di Stefano Manzella 2000, sopr pp 226–227 966 Traverso 2006, p 68 967 Lo status libertino è confermato dal nomen, dal ruolo di scriba e dalla stessa tribù Claudia, una “pseudo tribù” secondo la definizione di G Forni (1985, p 41, n 89) L’uso di indicare tribù fittizie all’interno della formula onomastica (in sostituzione della tribù a cui si era stati ascritti) è soprattutto attestato fra 145 e 250 d C (circa trecento casi; ivi, pp 27–28) 968 Per la coorte, cfr Spaul 2000, p 388; per la legione, cfr invece Ritterling RE XII 2, coll 1705– 1710; Wolff 2000; Bertrandy, Rémy 2000
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rentes Lavinates, calator dei Sodales Marciani Antoniniani, forse al tempo di Commodo969 Il ruolo di calator – spesso associato alle carriere degli scribi970 – era uno degli incarichi più antichi della carriera di Quirinus Domitianus Gaurus: è difficile individuare un criterio cronologico nella stesura del testo iscritto, che forse si apriva e chiudeva con gli elementi più prestigiosi del cursus – accesso all’ordine equestre con relative militiae e sacerdozi – racchiudendo la più umile carriera fra gli apparitores971 251 M Aemilius L f Pal Respectus Rif. epigr.: CIL VIII, 58 = 11114 [Lamtah, Tunisia] Origo: Leptis Minus, Africa Proconsularis Cronologia: prima metà del II sec d C 972 Bibliografia: Jarrett 1963, p 221; Id 1972 (12); Devijver ME (A 87); Le Bohec 1989b, p 137 Fratello di M. Super, p. f. e flamine perpetuo (252), M. Aemilius Respectus aveva dedicato un’iscrizione fratri suo piissimo post mortem Nel testo, egli vantava di aver ottenuto una p. f., un flaminato perpetuo divi Aug(usti) e un tribunato nella legione III Augusta973, di stanza in Africa (e con esso, l’ingresso nell’ordine equestre) Considerato che tutte le altre posizioni furono ricoperte in Africa, è possibile che la p. f. sia stata rivestita a seguito del governatore della Proconsolare L’ascrizione alla tribù urbana Palatina all’interno di una libera civitas et immunis974 potrebbe essere il segno di un’antica origine libertina In questo senso, non è escluso che gli Aemilii africani potessero essere connessi con le clientele del triumviro M. Aemi lius Lepidus, che aveva governato la Proconsolare dal 40 al 36 a C 975
969 Sui sacerdoti detti Marciani, si veda Clauss 1999, pp 390–392 970 Su questo, si veda la discussione in Rüpke FS I, p 1054, n 2 971 Sono debitore di questa convincente interpretazione a C Letta; cfr Traverso 2006, p 68, per le difficoltà legate alla scansione del cursus 972 Jarrett 1963, p 221; Devijver ME, p 85; Le Bohec 1989b, p 137 In Jarrett 1967, p 154, l’iscrizione è tuttavia datata fra l’età flavia e l’inizio del II sec d C 973 Ritterling RE XII 2, coll 1493–1505; Le Bohec 1989b; Id 2000a 974 Plin NH V, 25 975 Altri Aemilii sono attestati a Leptis Minus: M. Aemiliu[s] Rusticus M[a]gonianu[s] (AE 968, 631); L. Aemilius Adiutor (CIL VIII, 22900 = ILS 3371 = AE 1895, 184 = 1896, 33) e E Badian (1958, pp 309–311) aveva individuato 77 Aemilii nel contesto dell’intera Proconsolare Lo stesso Badian menzionava, oltre al triumviro, M. Aemilius Scaurus (cos 115 a C ), prima ambasciatore e poi legato, al tempo della guerra giugurtina
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252 M Aemilius L f Pal Super Rif. epigr.: CIL VIII, 58 = 11114 [Lamtah, Tunisia] Origo: Leptis Minus, Africa Proconsularis Cronologia: inizi II sec d C 976 Bibliografia: Jarrett 1963, p 221; Devijver ME, p 85 Il cursus di M. Aemilius Super, forse originario di Leptis Minus, è ricordato da un’unica iscrizione, dedicatagli alla morte dal fratello M. Aemilius Respectus, eques romano e anch’egli p. f. (251) I soli incarichi menzionati nel testo sono una p. f. e il flaminato divi Aug(usti) perpetuus Come si è detto per Respectus, l’ascrizione alla tribù urbana Palatina potrebbe indicare un’origine libertina; non è infine escluso che il nomen Aemilius possa essere riconnesso alle clientele africane degli Aemilii Lepidi (cfr supra 251) 253 L Antonius L f Tro Firmus Rif. epigr.: CIL III, 2075 [Solin, Croazia] Origo: Salona, Dalmatia Cronologia: I – metà II sec d C 977 Bibliografia: Gräf in EDH: HD063259 Nell’iscrizione che un individuo rimasto anonimo aveva dedicato a sé, ai propri congiunti – una Tertulla morta diciottenne, la madre Antonia Primigenia, il figlio L. Antonius Firmus e il fratello L. Antonius Expectatus – si faceva menzione di alcuni incarichi, tutti riferibili alla carriera di Firmus Egli aveva rivestito l’edilità e il quattuorvirato i. d., senz’altro a Salona, e aveva inoltre ottenuto una p. f. e una procuratela Aug(usti), quest’ultima non meglio precisata Esponente del notabilato salonitano978, Firmus aveva dunque ottenuto l’accesso all’ordine equestre e alla carriera procuratoria 254 M Antonius M f Men Severus Rif. epigr.: CIL XIV, 298 [Fiumicino, Italia] Origo: Ostia, Regio I? Cronologia: II sec d C Bibliografia: Marchesini in EAGLE: EDR150120
976 Jarrett 1963, p 221; Devijver ME, p 85 In Jarrett 1967, p 154, l’iscrizione è tuttavia datata fra l’età flavia e l’inizio del II sec d C 977 Gräf in EDH: HD063259 978 Il nomen Antonius, certo molto diffuso, è ben attestato anche a Salona; più utile al fine di identificare l’origo del personaggio è l’ascrizione alla Tromentina, la tribù elettorale più attestata in quella città (Kubitschek IRTD, p 236)
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M. Antonius Severus svolse larga parte della propria carriera a Ostia In testa al cursus, Severus menzionava una p. f.; seguivano il duovirato, l’onerosa questura aer(arii), la questura alim(entorum) e il flaminato div[i] Vesp(asiani) In città, egli era anche stato nominato praef(ectus) fabr(um) ti[gn(uariorum)] Ostiensium, un incarico collegiale, che non era in alcun modo collegato alla posizione istituzionale di p. f. 255 C Apidius Proculus Rif. epigr.: CIL VI, 1837 [Roma, Italia] Origo: Roma? Cronologia: fine I–II sec d C 979 Bibliografia: CIL sub numero; Santolini Giordani 1989, pp 164–165, nr 138 Attestato da un’iscrizione funeraria D(is) M(anibus) da lui stesso dedicata, C. Api dius Proculus vi menzionava le posizioni di scriba aed(ilium) curul(ium) e p. f., senz’altro rivestite in quest’ordine Un altro apparitor era citato nel testo: L. Cas sius Priscus, anch’egli scrib(a) aed(ilium) cur(ulium)980 Si trattava del fratello di Cassia Prisca, moglie di Proculus La relativa frequenza del nomen Apidius a Roma suggerisce che Proculus fosse originario dell’Urbe981 256 T Arruntius Iulianus Rif. epigr.: CIL XIV, 2260 [Albano Laziale, Italia] Origo: Albanum, Regio I? Cronologia: metà I – metà II sec d C 982 Bibliografia: Di Giacomo in EAGLE: EDR137896 L’unico incarico attestato per T. Arruntius Iulianus è la p. f., menzionata all’interno di un’iscrizione rinvenuta ad Albanum983 Nel testo è citata anche la figlia Iulia Arruntiana Un legame – pur antico e forse “sbiadito” – con la famiglia senatoria degli Arruntii non può essere escluso984 979 Una datazione ipotetica a fine I – prima metà del II sec d C è suggerita dal passaggio, caratteristico per questa fase, dagli apparitores alla prefettura (Purcell 1983, pp 157–159) e dalla dedica D. M. (su questo, si vedano le considerazioni in Tantimonaco 2013, pp 264–266, pur dedicato alla Regio X) 980 Sugli apparitores come gruppo riconosciuto e privilegiato, si veda Purcell 1983 981 Qui si segnala soltanto A. Apidius Maior, tabularius (CIL VI, 9921) Gli altri Apidii (circa trenta) appartengono soprattutto all’ambiente libertino 982 Di Giacomo in EAGLE: EDR137896 983 Non è chiaro se Albanum fosse la città natale di Iulianus, che del resto non è altrimenti attestato 984 E’ ben noto il console del 6 d C , L. Arruntius, capax imperii secondo Augusto in Tac Ann I, 13, costretto al suicidio al tempo di Tiberio (ivi VI, 48; Cass Dio LVIII, 27, 4; PIR2 A 1130) Sulle connessioni fra gli Arruntii e la famiglia di Pompeo, oltre che sulla loro posizione preminente fra Tarda Repubblica e Principato, si veda ancora Syme 1939, sopr pp 425, 433–434; Id 1986, sopr
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257 Q Atilius Q f Cla Severus Rif. epigr.: CIL X, 7023 = ILS 6771 [Catania, Italia] Origo: Catina, Sicilia Cronologia: I–II sec d C Bibliografia: Korhonen 2004 (17) L’iscrizione figura all’interno di una tabula scolpita su di una grande base marmorea “a pulvino”, decorata sulle quattro facce da bucrani, festoni, ghirlande; sulle facce laterali, compaiono inoltre un urceus (a sinistra) e una patera (a destra) Nel solo documento iscritto che ne attesti il cursus, Q. Atilius Severus, notabile di Catina985, vantava una p. f. e l’elezione a duoviro suf(fragii) popul(i) creatus Questa formula particolare sembra fare riferimento ad un’elezione diretta da parte dei concittadini e, forse, ad una apprezzabile base di consenso locale986 258 Q Attius T f Maec Priscus Rif. epigr.: CIL V, 7425 = ILS 2720 [Serravalle Scrivia, Italia] Origo: Libarna, Regio IX Cronologia: età di Nerva987 Bibliografia: Devijver ME (A 187); Traverso 2006 (IX 8); Valentini in EAGLE: EDR010392 Attestato da un’iscrizione dedicata dalla pleps (sic) urbana di Libarna, il cursus di Q. Attius Priscus comprendeva numerosi incarichi locali e sembra caratterizzato da una significativa esperienza militare Secondo l’ordine di presentazione, erano prima menzionati gli incarichi rivestiti a Libarna988: edilità, duovirato quinquennale, flaminato Aug(usti) e pontificato Seguivano una p. f., le prefetture delle coorti I Hispanorum989, I Montanorum990, I Lusitanor(um)991 (probabilmente queste
985 986 987 988 989 990 991
pp 260–269 In età flavia, la famiglia era ancora ben inserita nella struttura politica dell’Impero: in particolare, L. Pompeius Vopiscus C. Arruntius Catellius Celer (cos 77) fu legato propretore della Lusitania al tempo di Domiziano (CIL II, 5264; PIR2 P 662) A Catina, la pseudo-tribù Claudia (Forni 1985, p 41, n 89) è ben attestata (Kubitschek IRTD, p 130; Prag 2010, pp 307–308); in città è inoltre noto un Atilius Onesimus (CIL VI, 12622 = X, 1088, 51*); cfr anche CIL X, 7061 – T. Clod[ius?] Atili[anus] Korhonen 2004, pp 161–162; per l’uso di formule affini, cfr ad es Corinth VIII 2, 103 – [suffra]gio ite[r(um) creato]; CIL XIII, 1921 = ILS 7024 – ex postul(atione) populi; cfr anche Mommsen RS III 1, p 350, n 1; Manganaro 1988, p 53 Traverso 2006, p 216; contra Valentini in EAGLE: EDR010392, in cui si suggerisce una datazione compresa fra 98 e 117 d C Pur non essendo attestati in città altri Attii, la tribù Maecia è la più comunemente attestata fra gli abitanti di Libarna (Taylor 1960, p 164; cfr Mennella 2010) Spaul 2000, pp 109–110 Spaul 2000, pp 292–293 Spaul 2000, pp 61–62
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unità erano tutte dislocate in Moesia superior992) e il tribunato nella legione I Adiu trix, di stanza in Pannonia Inferior993, durante il quale prese parte ad una campagna militare, meritandosi coron(a) aurea hasta pura vexilli concessi dall’imperatore Nerva bello Suebico (96–97 d C ) L’ultima posizione ad essere menzionata era una prefettura dell’ala I Aug(usta) Thracum, di stanza in Raetia o in Noricum994 259 M Aufatius M f Arn Firmus Novius Probus Rif. epigr.: AE 1893, 50 = 1990, 229 [Montenerodomo – Chieti, Italia] Cfr AE 1990, 228 [Montenerodomo – Chieti, Italia] Origo: Iuvanum, Regio IV995 Cronologia: prima metà del II sec d C 996 Bibliografia: Petraccia Lucernoni 1988 (239); Devijver ME (Add II A 192); Porena in EAGLE: EDR081774 Attestato da un’iscrizione rinvenuta nel territorio di Iuvanum, il cursus di M. Aufa tius Firmus Novius Probus menzionava l’edilità, il quattuorvirato i. d., la questura, la quinquennalità per due volte e la p. f. L’iscrizione era stata dedicata a Firmus No vius Probus da M. Aufatius P. f. Vindex Novius Probus, prefetto di cavalleria (e quindi eques romano), figlio di suo fratello A proposito del complesso cognomen del p. f., un’altra iscrizione, rinvenuta nello stesso luogo, menzionava un personaggio con un cursus molto simile, con l’eccezione dell’edilità e della p. f.997: il suo nome è M. Novius M. f. Arn. Probus A questi – definito amicus optimus – aveva curato una dedica M. Novius M. f. Arn. Probus Aufatius TRMVS (l 8: Firmus?) Queste dediche suggeriscono l’esistenza di un solido legame fra Novii e Aufatii, risalente alla seconda metà del I sec d C 998 260 Sex Caecilius Q f Quir Crescens Volusianus Rif. epigr.: CIL VIII, 1174 = ILS 1451 [Bou-Ftis, Tunisia] Origo: Avitta Bibba – Thuburbo Minus, Africa Proconsularis Cronologia: età antonina (ante 169 d C ) Bibliografia: Pflaum CP (142); Jarrett 1963, p 213
992 993 994 995 996 997 998
Spaul 2000, p 62, n 3 Ritterling RE XII 2, col 1380–1403; Lörincz 2000a Cichorius RE I 1–2, col 1263 Taylor 1960, p 162; Buonocore 2010, p 36 Petraccia Lucernoni 1988, p 162; Porena in EAGLE: EDR081774 AE 1990, 228 Petraccia Lucernoni 1988, pp 161–162, nr 238; Porena in EAGLE: EDR081773
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Sex. Caecilius Crescens Volusianus, eminente notabile del municipium di Avitta Bibba999 ed eques romano, aveva rivestito ruoli di rilievo a Roma, qualificandosi come patrono della comunità cittadina Nell’unica iscrizione che ne attesti il cursus, una dedica d(ecreto) d(ecurionum) p(ecunia) p(ublica), in occasione della nomina a patronus municipii, erano menzionate le posizioni di p. f., sacerd(os) curio sacris faciendis (sic), advocatus fisci Romae1000, proc(urator) [X]X her(editatium), ab epistu[l(is) di]vi Antonini, ab [ep]istu[l(is)] Augustorum – questi ultimi, incarichi delicati e di notevole rilievo politico E’ probabile che anche la p. f. fosse stata rivestita a Roma, come probabilmente parte consistente del cursus Da p. f. egli aveva avuto accesso a personalità della corte negli anni di Antonino Pio e – dopo il 161 d C e la divinizzazione del sovrano – degli Augusti Marco Aurelio e Lucio Vero L’assenza di qualsiasi riferimento alla divinizzazione di Lucio Vero data l’iscrizione entro la morte di quest’ultimo, nel 169 d C Figlio di un Volusius, adottato dai Caecilii, Volusianus doveva godere di consistenti interessi anche a Thubur bo Minus, dove è attestata la nipote di un Sex(tus) Caecilius Volusianus, consularis e patronus coloniae1001 Quest’ultimo, forse figlio o nipote del Volusianus di Avitta Bibba, aveva potuto tentare una carriera politica a Roma 261 [ ] Calpurnius [ f]il Quir Paulin[us] Honoratia[nus] Rif. epigr.: AE 2004, 671 [Cagliari, Italia] Origo: Caralis, Sardinia Cronologia: prima metà del II sec d C 1002 Bibliografia: Zucca 2004, pp 360–364 Il cursus di [ ] Calpurnius Paulin[us] Honoratia[nus], attestato da una frammentaria base di statua rinvenuta in deposizione secondaria, ha conservato esclusivamente la menzione del quattuorvirato i. d. quinquennale e della p. f.1003. Il nomen Calpurnius, ben attestato in Sardinia1004 e l’ascrizione alla tribù Quirina suggeri-
999 Al tempo di Adriano, l’oppidum Avittense (Plin NH V, 30) era ormai divenuto un municipium (CIL VIII, 800 = 1177 = 12267 = ILT 672 = 1313 = AE 1942/43, 85) 1000 Sugli advocati fisci, si veda Davenport 2019, pp 304–305 1001 ILT 1162 = AE 1931, 42: la nipote è [Caecilia Sex. f.] Petroni[ana] Aemiliana; cfr anche ILT 1163 – [C]aecilia Lydia 1002 Zucca 2004, p 362 (su base paleografica e onomastica, oltre che per la stessa menzione della p. f.) 1003 R Zucca (2004, p 362) ha distinto due diverse p. f.: una “prestigiosa praefectura fabrum urbana” e una più modesta prefettura provinciale o municipale”, supponendo che quest’ultima fosse quella conseguita da Paulinus Honoratianus (cfr anche AE 2004, p 227: “a obtenu la dignité de praefectus fabrum dans le cadre municipal”) La proposta di Zucca era motivata dal fatto che non sembrava che Paulin[us] Honoratia[nus] avesse mai lasciato l’isola: sebbene potesse essere rivestito ovunque, l’incarico non aveva però alcun legame dichiarato con l’ambito locale 1004 Zucca 2004, p 361
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scono di individuarne l’origine a Caralis1005 Paulinus Honoratianus è l’unico p. f. di origini sarde, finora attestato1006 262 Q Calpurnius Papiria Rogatianus Rif. epigr.: CIL VIII, 26594 = AE 1893, 102 [Dougga, Tunisia] Origo: Thugga, Africa Proconsularis Cronologia: età antonina (161–169 d C ) Bibliografia: Jarrett 1963, p 222; Khanoussi, Maurin 2000, pp 156, 192 Attestato da un’iscrizione frammentaria, incisa in occasione della dedica – ob merit[a] – di una statua, Q. Calpurnius Rogatianus fu membro dell’ordine equestre e patrono pagi et civitatis Thuggensium L’iscrizione menzionava una p. f. e la concessione del cavallo pubblico – equo publi[co ex]ornato –, decretata da Marco Aurelio e Lucio Vero, definiti Arme[niaci Medic]i Parthici max(imi)1007 Le spese per il monumento, posto d(ecreto) d(ecurionum), erano state sostenute dal padre, M. Cal[purnius ---]or I Calpurnii, di origine peregrina1008, sono ben attestati a Thugga, della quale erano forse originari1009 263 C Camurius Lem Clemens Rif. epigr.: CIL XI, 5669 [Attiggio – Fabriano, Italia] Cfr AE 1994, 592 = 1987, 354 = SupplIt 12, pp 26–27, nr 4 Origo: Attidium, Regio VI Cronologia: età traianea (106–117 d C 1010) Bibliografia: Pflaum CP (87); Devijver ME (C 72); Traverso 2006 (VI 7) Noto da un’iscrizione dedicata ad Attidium dagli abitanti di Treia, C. Camurius Cle mens era senz’altro originario della prima P. f. per quattro volte, fu prefetto i(ure) d(icundo) per Traiano (forse a Treia), prefetto della coorte VII Raet(orum) equi t(ata) (di stanza in Germania Superior1011) e tribuno della coorte II Ulpia Petrae
1005 Kubitschek IRTD, pp 126–127; Meloni 1990, p 235; Floris, Ibba, Zucca 2010, pp 314–315 1006 Q. Cosconius Fronto (CIL X, 7583; cfr infra scheda 353) fu infatti prefetto della provincia Sardinia, sebbene non avesse origini sarde (cfr Zucca 2004, p 361, n 4) 1007 L’iscrizione si data quindi fra le campane d’Oriente di Lucio Vero e la sua morte (161–169 d C ) 1008 Così suggerisce il cognomen di Calpurnius Faustinus Sidiatho di CIL VIII, 27369; cfr Khanoussi, Maurin 2000, p 192 1009 Su questo si vedano Aounallah, Ben Abdallah 1997; Khanoussi, Maurin 2000, sopr pp 192–194; alla tribù Papiria erano inoltre ascritti molti abitanti della città, soprattutto dall’epoca antonina (ivi, p 157) Un L. Calpurnius fu infine impegnato nella costruzione di un santuario in città, in località Dar Lachhab (Aounallah, Ben Abdallah 1997, pp 77–78, 81–82) 1010 Traverso 2006, p 143 1011 Spaul 2000, pp 285–286
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or(um) milliar(ia) c(ivium) R(omanorum) bis torquata (di stanza in Oriente1012) La carriera procuratoria di Clemens si articolò nelle posizioni di proc(urator) Aug(usti) ad Miniciam (a Roma, nell’ambito annonario) e proc(urator) Aug(usti) epistrategiae septem nomor(um) et Arsinoitae in Egitto (entrambi sessagenari) I Treienses avevano riconosciuto a Clemens il ruolo di patronus e avevano curato una dedica ob merita eius decr(eto) dec(urionum) publice, in uno spazio concesso loro dai decurioni di Attidium – l. d. d. d. Un’altra iscrizione, molto danneggiata e conservata limitatamente a parte del margine destro, era stata dedicata ad Atti dium1013 Le risorse dei Camurii crebbero nel tempo: un successore del prefetto – Q. Camurius Numisius Iunior – raggiunse infatti l’ordine senatorio e, nel 161 d C , il consolato1014 264 M’ Cassius M’ f Vol Valens Rif. epigr.: AE 2005, 1402 = Pilhofer 2000, 385a = CIPh II 1, 50 [Kavala, Grecia] Origo: Philippi, Macedonia Cronologia: I–II sec d C 1015 Bibliografia: Frei-Stolba 2005; Brélaz in CIPh II 1, sub numero M’. Cassius Valens, notabile di Philippi1016, aveva iscritto le tappe del proprio cursus sul sarcofago della moglie Sertoria Optata: vi sono menzionati tutti gli incarichi ricoperti fino alla morte di quest’ultima, avvenuta a ventisette anni In apertura del testo, in posizione chiaramente enfatica, figurava la p. f. a co(n)s(ule), senz’altro rivestita a Roma Seguiva l’indicazione degli incarichi di ambito locale: duoviro i(ure) d(icundo) e questore Non si può escludere un legame con M. Cassius Va lens, membro di un collegium che aveva curato una dedica ad Apollo, nella località di Drama, nel territorio di Philippi1017
1012 1013 1014 1015 1016
Spaul 2000, pp 449; 451 AE 1987, 354 = 1994, 592 = SupplIt 12, p 26–27, nr 4 CIL XI, 5670; PIR C 382; Birley 2005, pp 256–257; cfr CIL XI, 5671 Brélaz in CIPh II 1, sub numero La tribù più diffusa a Philippi – la Voltinia (Kubitschek IRTD, pp 243–244; Rizakis 2010, p 363) – non è il solo indicatore disponibile: i Cassii sono infatti ben attestati in città e, in generale, in Macedonia – Cassius Ocraterus, membro di un collegium (CIL III, 633, 3 = Pilhofer 2000, 165 – da una località presso Philippi); Cassius Coronu[s] (CIL III, 635 = AE 1923, 90 = Pilhofer 2000, 181 – da Philippi); Cassius Ch[---] (Pilhofer 2000, 427); L. Cassius Primus, edile e duoviro a Dium (EDCS 00128 – Clauss) 1017 Pilhofer 2000, 509b = AE 2000, 1326 = 2006, 1339
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265 T Cassius Verinus Rif. epigr.: AE 1986, 568 [Ptuj, Slovenia] Origo: Poetovio, Pannonia superior Cronologia: seconda metà del II sec d C 1018 Bibliografia: Šašel Kos 1993, p 239 L’iscrizione era stata incisa su di una lastra ex voto, decorata a rilievo All’interno di una cornice modanata e al di sopra del testo, erano scolpite tre figure femminili – due stanti e una seduta – e un cippo o un altare In braccio alla figura seduta, era infine scolpito un infante Originario di Poetovio1019, T. Cassius Verinus fu dec(urio) col(oniae) Poet(ovien sium) Il suo cursus è attestato dalla dedica che egli stesso aveva curato con la moglie Donnia Maximilla, perché le Nutrices Aug(ustae) ne salvassero il figlio T. Cas sius Severus Dopo la menzione del rango decurionale, Verinus vantava una p. f. e una prefettura pro IIvir(is) 266 Ti Claudius Quirina Aurelianus Ptolemaeus Rif. epigr.: a IG XIV, 791 = IGR I, 454 [Napoli, Italia] b CIL VI, 329301020 + Epigraphica 27 (1965), p 132, nr 9 = AE 1993, 122 [Roma, Italia] Origo: Neapolis, Regio I Cronologia: fine del II sec d C (ante 193 d C )1021 Bibliografia: Speidel 1993, pp 99–101; Devijver ME Suppl II (C 123); De Carlo 2015, pp 112–113 L’iscrizione [b ] è stata ricomposta da M P Speidel accostando un disegno della porzione destra della lastra iscritta (CIL VI, 32930) e un frammento parzialmente conservato della parte sinistra (Epigraphica 27, p 132, nr 9) Ti. Claudius Aurelianus Ptolemaeus e la moglie Claudia Antonina, originari di Nea polis1022, sono noti grazie a due iscrizioni funerarie – la prima, composta in lingua
1018 Šašel Kos 1993, p 239 1019 In città sono attestati altri Cassii Trattandosi di Claudii Cassii, è possibile discendessero dal veterano cremonese di epoca giulio-claudia, C. Cassius C. f. Celer (CIL III, 10878): C. Cassius Silvester vet(eranus) (CIL III, 4056; ILJug I, 340); C. Cassiu(s) Marcus (AE 2010, 1241) 1020 L’iscrizione è stata pubblicata due volte: cfr CIL VI, 9416 1021 Ad A Ferrua (1965, p 132), il testo iscritto sembrava databile al III sec d C , su base paleografica L’assenza dell’agnomen Pia, acquisito al tempo di Settimio Severo dalla legione VII Gemina, suggerisce tuttavia una datazione più alta (Speidel 1993, p 100): la fine del II sec d C mi sembra più probabile 1022 Luogo di rinvenimento, lingua del testo [a ] e onomastica (greca) del prefetto suggeriscono un’origine napoletana
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greca, rinvenuta pressoché integra a Napoli e forse pertinente ad un cenotafio1023; la seconda, in latino, ancora visibile nelle catacombe di Pietro e Marcellino a Roma Il testo [b ] completa il testo greco [a ], menzionando una p. f. prima del tribunato nella legione VII Gemina, di stanza in Spagna1024 Speidel ha proposto di riconoscere nell’imperatore Commodo il patrono e magistrato cum imperio del p. f. Aurelianus Ptolemaeus Un contatto personale con l’imperatore avrebbe facilmente offerto al prefetto l’accesso all’ordine equestre e motiverebbe il trasferimento della coppia da Neapolis a Roma1025; la tesi di un legame con la casa imperiale non mi pare però dimostrabile Il nome Claudia Antonina sembra suggerire che la donna fosse una liberta dello stesso Aurelianus Ptolemaeus 267 Ti Claudius Claudii Iasonis f Quirina Agrippinus Rif. epigr.: a TAM II 2, 422 = IGR III, 671 [Gelemiş, Turchia] b TAM II 2, 423 = IGR III, 670 [Gelemiş, Turchia] c TAM II 2, 424 = IGR III, 672 [Gelemiş, Turchia] d TAM II 2, 425 = IGR III, 1522 [Gelemiş, Turchia] e TAM II 2, 495 = IGR III, 603 [Gelemiş, Turchia] f IGR III, 673 [Gelemiş, Turchia] Origo: Patara, Lycia et Pamphylia Cronologia: II sec d C Bibliografia: Devijver ME (C 116) Sembra che tutte le iscrizioni presentino il medesimo testo, sebbene la meglio conservata sia [a ] Originario di Patara, ma eminente presso tutte le città della Licia – Παταρέα καὶ Μυρέα, πολειτευόμενον δὲ καὶ ἐν ταῖς κατὰ Λυκίαν πόλεσι πάσαις – Ti. Claudius Agrippinus era membro dell’ordine equestre La tribù Quirina e il cognomen grecanico del padre sembrano suggerire una relativamente recente acquisizione della cittadinanza, forse al tempo della provincializzazione della Lycia (43 d C , sotto il regno di Claudio) o durante il principato di Nerone Secondo l’ordine di presentazione, il cursus di Agrippinus comprendeva una p. f. (ἔπαρχος τεχνειτῶν – unico caso finora noto a Patara), un tribunato nella legione III Gallica (dislocata in Oriente, forse in Syria, nel II sec d C 1026), un tribunato nella legione I Italica (di stanza in Moesia inferior1027) e la prefettura di un’ala Phrygum (senz’altro la VII,
1023 1024 1025 1026 1027
Speidel 1993, p 99; Devijver ME Suppl , p 2433 Ritterling RE XII 2, coll 1629–1642; Le Roux 2000 Speidel 1993, p 100 Ritterling RE XII 2, coll 1517–1532; Dabrowa 2000a Ritterling RE XII 2, coll 1407–1417; Absil 2000
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in Syria)1028 Gli ultimi incarichi menzionati appartengono all’ambito tipicamente provinciale: ἀρχιερέυς τῶν Σεβαστῶν καὶ γραμματέυς Λυκίων τοῦ κοινοῦ La dedica fu posta da Ti. Claudius Eude[mos], forse un congiunto o, ancora, un liberto di Agrippinus E’ ragionevole supporre un legame con Ti Claudius Agrippinus [---] L[---]nus, adlectus in Senato da Adriano1029 268 Ti Claudius Ti f Cor Bithynicus Rif. epigr.: CIL IX, 1414 = ILS 5877 [Flumeri – Mirabella Eclano, Italia] Origo: Aeclanum, Regio II Cronologia: età adrianea Bibliografia: Groag RE III 2, col 2679, nr 85; Petraccia Lucernoni 1988 (171); Evangelisti (Lorusso) in EAGLE: EDR133920 Notabile originario di Aeclanum, Ti. Claudius Bithynicus era forse il discendente di un liberto dell’imperatore Claudio1030 In città, egli fu questore, duoviro, edile, duoviro i(ure) d(icundo) e duoviro quinquennale L’ultima posizione menzionata era una p. f., forse rivestita a Roma L’iscrizione dava conto di un intervento sulla via per passuum duum milium euntibus in Apuliam [---]: un’operazione costosa, probabilmente realizzata in prossimità (o addirittura all’interno) delle proprietà di Bithynicus – permissu Imp(eratoris) Caes(aris) Traiani Hadriani Aug(usti)1031 269 Ti Claud(ius) Quir(ina) Coinnagus Atticus Agrippianus Rif. epigr.: CIL XIII, 2449 [Meximieux, Francia] Origo: Gallia Lugdunensis Cronologia: II sec d C 1032 Bibliografia: Wierschowski 2001 (510); Burnand 2006 (180 E 140) Originario del popolo degli Ambarri, Ti. Claud(ius) Coinnagus Atticus Agrippianus è noto grazie ad una singola iscrizione funeraria, dedicatagli con la figlia Claudia Atticilla L’unico incarico menzionato è una p. f., forse al seguito del governatore
1028 Devijver ME, p 240 1029 PIR2 C 776; cfr Devijver ME, p 240; Halfmann 1982, p 640 1030 I cittadini di Aeclanum erano in effetti generalmente ascritti alla tribù Cornelia (Taylor 1960, p 161; Silvestrini 2010, p 185) Alcuni Claudii sono inoltre attestati in città: C. Claudius C. l. Op tatus, Claudia Zosima e Claudia Amar[y]llis (CIL IX, 2713) Il cognomen Bythinicus è in questo senso un poco sorprendente ed è verosimile fosse desunto dal liberto di Claudio e fondatore della famiglia 1031 Sul sistema di ripartizione di costi e competenze relativi alla manutenzione della rete viaria – fra attori pubblici e proprietari privati (spesso economicamente impegnati in misura paritaria) – si veda Eck 1999, pp 76–80 1032 Burnand 2006, p 419
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della Lugdunensis La complessa onomastica del prefetto sembra collocare l’acquisizione della cittadinanza, da parte di uno dei suoi antenati, all’epoca del principato di Claudio Figlio di un Agrippa, fu più tardi adottato da un Claudius Coinnagus Atticus Si può forse supporre che il cognomen celtico Coinnagus fosse in realtà il nome del padre o del nonno di Attico, più tardi integrato nel cognomen 270 Ti Claudius L f Helvius Secundus Rif. epigr.: AE 1925, 44 [Cherchell, Algeria] Origo: Caesarea, Mauretania Caesariensis Cronologia: fra Nerva e Traiano1033 Bibliografia: Jarrett 1963, pp 212 e 221; Ricci 1994 p 205; Scheithauer in EDH: HD025672 Originario di Caesarea, l’eques romano Ti. Claudius Helvius Secundus operò a lungo al di fuori della propria comunità, in parte nella stessa Roma Il suo cursus iscritto si apriva con la p. f., che era stata senz’altro funzionale alla costruzione di relazioni politicamente significative nell’Urbe, grazie alle quali Secundus aveva ottenuto l’accesso nelle cinque decurie degli iudices – adlectus a divo Nerva Helvius Secundus fu poi impegnato in numerose militiae: prefetto della coorte equitata II Bracar(rum) Augustanorum iterum di stanza in Moesia1034, prefetto della coorte I Flavia c(ivium) R(omanorum) equitata in Oriente1035, tribuno della legione IIII Scythica iterum in Syria1036, tribuno della legione XII Fulminata in Cappadocia1037, prefetto dell’ala Phrygum iterum (anch’essa di stanza nelle province orientali1038) e prefetto dell’ala II Gallorum1039. Al termine di questo lungo periodo nell’esercito, egli divenne scriba nelle decurie dei questori e degli edili curuli, a Roma Pur fisicamente lontano da Caesarea, Helvius Secundus e la sua famiglia godevano in città di indubbia preminenza, come dimostrato dal fatto che cives sui omnibus magi strat[u]um honoribus publico decreto exornaverunt La dedica stessa era stata decisa dai Caesarienses d(ecreto) d(ecurionum)
1033 Ricci 1994, p 205 1034 Spaul 2000, p 91 Secondo M Jarrett (1963, p 212), il magistrato per il quale Helvius Secundus servì da p. f. fu Q. Pomponius Rufus, che era stato console nel 95 d C ed era stato nominato legato di Moesia nel 98 o 99 d C Pur in assenza di altri elementi, questa ipotesi mi sembra comunque valida 1035 Spaul 2000, p 26–27 1036 Ritterling RE XII 2, coll 1556–1564; Speidel 2000 1037 Ritterling RE XII 2, coll 1705–1710; Bertrandy, Rémy 2000 1038 Cichorius RE I 1–2, col 1257 1039 In quest’epoca, l’unità era stata dislocata in Germania, o – forse più probabilmente – in Oriente (Cichorius RE I 1–2, col 1247)
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271 Ti Claudius Ti f Qui Liberalis Aebutianus Rif. epigr.: CIL XIV, 4239 = ILS 1013 = InscrIt IV 1, 105 [Tivoli, Italia] Origo: Tibur, Regio I? Cronologia: 151–175 d C 1040 Bibliografia: Devijver ME (C 151); Ricci in EAGLE: EDR129872 L’iscrizione era stata incisa su di un basamento marmoreo modanato, privo di particolari elementi decorativi Autore di una dedica ad Herennia M. f. Helvidia Aemiliana1041, moglie di L. Clau dius Proculus Cornelianus co(n)sul (139 d C )1042, Ti. Claudius Liberalis Aebutia nus – membro dell’ordine equestre – definiva la donna regina sua, riconoscendole una funzione patronale Il suo cursus comprendeva l’ingresso fra gli equites – equo publico –, la p. f., il tribunato nella legione III Cyrenaica (di stanza in Arabia e Syria1043) Liberalis Aebutianus si definiva infine dec(urialis) Caes(arum) co(n)s(ulum) pr(aetorum) – membro delle decurie di aiutanti e collaboratori a disposizione dei magistrati cum imperio1044. E’ possibile che Liberalis Aebutianus avesse conosciuto Cornelianus in questa fase del proprio cursus e che poi avesse ottenuto dal consolare una nomina a p. f. e, forse, l’accesso all’ordine equestre Il ricorrere del gentilizio Claudius per il console e il prefetto potrebbe suggerire l’esistenza di un legame più antico, ma il diverso praenomen e il cognomen Aebutianus, riferibile all’adozione di un Aebutius, mi pare costituire un ostacolo a questa conclusione E’ suggestivo pensare che, in questa progressione, potesse avere avuto un ruolo decisivo la moglie del consolare – attiva benefattrice e come tale riconosciuta non solo dal prefetto, ma anche dall’[or]do Karalitanorum1045 In chiusura del testo, compare anche la moglie di Liberalis Aebutianus, [C]laudia Nectarea, forse una liberta del prefetto stesso La relativa prossimità a Roma – dove Liberalis Aebutianus aveva percorso larga parte della propria carriera – e l’ascrizione alla tribù urbana Quirina suggeriscono di individuare nell’Urbe l’origine del prefetto o della sua famiglia, che si era forse trasferita a Tibur solo successivamente
1040 1041 1042 1043 1044 1045
Ricci in EAGLE: EDR129872 (su base prosopografica) PIR2 H 137 PIR2 C 980 Ritterling RE XII 2, coll 1506–1517; Gatier 2000 Sugli apparitores, si veda Purcell 1983 CIL X, 7828
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272 L Clodius M f Vel Ingenuus Rif. epigr.: CIL II, 4205 = II2/14, 1127 = ILS 6929 = RIT 267 [Tarragona, Spagna] Origo: Palma, Hispania citerior Cronologia: II sec d C 1046 Bibliografia: Zucca 1998 (62); Alföldy 1973 (16); Álvarez-Melero 2013 (17); Garcia in EDH: HD042245 Attestato da un’iscrizione rinvenuta a Tarraco, L. Clodius Ingenuus è definito Pal mensis (l 3)1047 La statua e l’iscrizione incisa sul suo basamento erano state dedicate ad Ingenuus dalla P(rovincia) H(ispania) C(iterioris) Dopo aver ricoperto tutti gli incarichi locali a Palma – omnibus honoribus in re publica sua perfunct(o) –, L. Clodius Ingenuus aveva ottenuto una p. f. (forse al seguito del governatore) e il prestigioso flaminato della provincia – flamen Romae divor(um) et August(orum) P(rovinciae) H(ispaniae) C(iterioris) 273 L Clodius L f Pius Marian(us) Rif. epigr.: CIL IX, 223 [Oria, Italia] Origo: Uria, Regio II Cronologia: prima metà del II sec d C 1048 Bibliografia: Silvestrini in EAGLE: EDR142813 Alla sua morte, sopraggiunta all’età di otto anni, L. Clodius Pius Marianus aveva già ottenuto una p. f., un incarico in tal caso chiaramente onorifico Il fatto che l’ordine dei decurioni gli avesse decretato l’erezione di una statua e la celebrazione di un funerale a spese pubbliche avvalora il fatto che la famiglia di Marianus godesse di una posizione preminente a Uria1049 e di relazioni con personalità dell’ordine senatorio a Roma I genitori di Marianus comparivano in chiusura al testo: Marianus e Pia, che avevano combinato i propri nomi nella formula onomastica del figlio
1046 Alföldy 1973, p 68 (120–180 d C ); Zucca 1998, p 271; Álvarez-Melero 2013, p 150 1047 A Palma è attestato però un unico membro dei Claudii: Claudia Cucuma (CIL II, 3681) 1048 M Silvestrini (in EAGLE: EDR142813) ha datato l’iscrizione al periodo 50–120 d C , su base paleografica e formulare Ritengo tuttavia più probabile che la concessione di una prefettura dal profilo chiaramente onorifico sia pertinente al pieno II sec d C (quantomeno, dopo l’età traianea) 1049 In CIL IX, 218, rinvenuta a Mesagne, presso Uria, è attestato un Clodius Iustus, che aveva dedicato un’iscrizione funeraria a Cerdippus, definito alumnus
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274 C Cludius Recti f An Rectus Rif. epigr.: CIL II, 4206 = II2/14, 128 = RIT 268 [Tarragona, Spagna] Origo: Caesaraugusta, Baetica Cronologia: II sec d C 1050 Bibliografia: Alföldy 1973 (17); Álvarez-Melero 2013, p 148, nr 10 Il cursus di C. Cludius (o Cl[a]udius)1051 Rectus, figlio di Rectus e originario di Cae saraugusta1052, è noto grazie ad un’iscrizione di dedica rinvenuta a Tarraco Nella capitale provinciale, egli era stato flamine provinciae Hispaniae citer(ioris), incarico preceduto nel testo da una p. f. e da una procuratela monetae (centenaria)1053 275 Sex Cornelius Sex f Dexter Rif. epigr.: a CIL VIII, 8934 = ILS 1400 [Bejaia, Algeria] b CIL VIII, 8925 [Bejaia, Algeria] Origo: Saldae, Mauretania Caesariensis Cronologia: età adrianea Bibliografia: Pflaum CP (137); Jarrett 1963, p 212 Il testo [b ], una dedica dello stesso Dexter, menziona il solo incarico di iuridicus Alexandreae Il cursus di Sex. Cornelius Dexter è noto soprattutto grazie ad un’iscrizione dedicata a Saldae, sua città d’origine1054, da P. Blaesius Felix, centurione della legione II Traiana Fort(is), di stanza in Egitto1055 E’ probabile che Felix, che definiva Dexter adfinis piissimus, fosse anch’egli originario di Saldae1056 In tal caso, non si potrebbe escludere che il cavaliere avesse aiutato Felix a raggiungere il rango di centurione in Egitto Dopo la posizione centenaria di procurator Asiae, erano infatti menzionati gli incarichi di iuridicus Alexandrae (centenario), di curator Neaspoleos et Mau solei (sempre ad Alessandria, sessagenario) e di prefetto della classis Syr(iaca) Dexter aveva percorso le militiae equestri con una prefettura dell’ala I Aug(usta) Gem(ina) Colonorum (in Armenia)1057, un tribunato della legione VIII Aug(usta) 1050 Álvarez-Melero 2013, p 147, nr 5 1051 E’ questa una seconda lettura proposta da G Alföldy (1973, p 68) 1052 Questa ipotesi è fondata essenzialmente sull’ascrizione alla tribù Aniensis, molto diffusa a Caesar augusta (Kubitschek IRTD, p 200; Alföldy 1973, p 68; Fasolini 2012, pp 211–212) 1053 Sul procurator monetae, si veda Peachin 1986 1054 Oltre alla presenza (dirimente) di altri membri della famiglia (si veda infra all’interno di questa scheda), anche l’iscrizione alla tribù Arnensis, ben attestata a Saldae, è un buon indicatore dell’origine del prefetto (Kubitschek IRTD, p 162) 1055 Ritterling RE XII 2, coll 1484–1493; Daris 2000a 1056 In città sono del resto attestati altri Blaesii: Blaesius Naiades (AE 1976, 754); Blaesius Ianuarius (CIL VIII, 8944); Blaesius P. f. Arnens. Vitalis (CIL VIII, 20688); Bl(a)esius Satiara (CIL VIII, 20689) 1057 Cichorius RE I 1–2, col 1238
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(in Germania superior)1058 e la prefettura della coorte V Raetorum (in Britannia)1059 La carriera, che – almeno per quanto concerne gli incarichi equestri – sembra iscritta in ordine inverso, menzionava anche la concessione di hasta pura et vexil lum da parte di Adriano, in occasione della soppressione della sollevazione giudaica – ob bellum Iudaicum (132–135 d C ) Concludevano il cursus la menzione di una p. f., ottenuta per tre volte (III), e il patronato della colonia Una dedica a Neptunus Augustus, rinvenuta a Saldae [b ] e relativa al tempo in cui Dexter era iuridicus Aegypti, era forse legata all’esperienza di prefetto della flotta e testimonia senz’altro l’attenzione da questi dedicata al contesto locale La famiglia di Dexter era senz’altro dotata di un patrimonio significativo, come dimostra il fatto che Sex. Cornelius L. f. Arn. Dexter Maximus – eq(ues) R(omanus) omnib(us) patriae hono ribus functus – e Sex. Cornelius Sex. f. Arn. Dexter Petronianus avessero risollevato a proprie spese le statue del foro e altre ne avessero elevate per decorare un tempio (forse dedicato a Roma e Augusto)1060. 276 C Cornelius C f Vot Minicianus Rif. epigr.: CIL V, 5126 = ILS 2722 [Bergamo, Italia] Cfr Plin Iun Ep VII, 22 Origo: Bergomum, Regio XI Cronologia: età adrianea1061 Bibliografia: Devijver ME (C 240); Jacques 1983, pp 251–254; Vavassori 1993, p 153, nr 17; Traverso 2006 (XI 11); Vavassori in EAGLE: EDR092035; Guadagnucci 2018, pp 180–181 C. Cornelius Minicianus fu eques romano ed esponente del notabilato cisalpino Rectissimus iudex, fortissimus advocatus, raggiunse senz’altro il comando di un’unità operante in Palestina, per l’intervento di Plinio presso Q. Roscius Murena Coe lius Pompeius Falco (cos 108 d C ), all’epoca legato di Giudea1062 Egli divenne così prefetto della coorte prim(a) Damasc(enorum), dislocata in Syria Palaestina1063 Tribuno nella legione III August(a), di stanza in Africa1064, ottenne anche una p. f.,
1058 Ritterling RE XII 2, coll 1642–1664 1059 Spaul 2000, p 283 1060 CIL VIII, 8935 = ILS 5484; è possibile che si trattasse rispettivamente del nipote e del figlio di Dexter 1061 Traverso 2006, p 250 1062 Plin Iun Ep VII, 22; PIR2 P 602; per una disamina aggiornata su Falco, governatore della Britan nia fra 118 (?) e 122, si veda anche Birley 2005, pp 114–119, nr 17 1063 Spaul 2000, p 432; per l’accostamento dell’incarico con il documento pliniano, cfr Traverso 2006, p 250 1064 Ritterling RE XII 2, coll 1493–1505; Le Bohec 1989b; Id 2000a
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dopo la cui menzione erano presentati incarichi di ambito eminentemente locale: Minicianus fu curator rei p(ublicae) Otesinorum1065 e, a Bergomum, sua città natale1066, fu quattuorviro i(ure) d(icundo), pontefice, flamine divi Claudii e patrono Nell’importante città di Mediolanum, egli fu infine flamine divi Traiani L’iscrizione, dedicata dalla plebs urban(a), non sembra rispettare un ordine di presentazione chiaramente riconoscibile 277 C Cuppienus C f Pol Terminalis Rif. epigr.: AE 1983, 380 [Fano, Italia] Cfr CIL XI, 6142 = VI, 16613 Origo: Forum Sempronii, Regio VI Cronologia: età antonina (131–170 d C 1067) Bibliografia: Devijver ME Suppl I (C 257b); Bernardelli Calavalle 1981, pp 42–45; Scheithauer in EDH: HD000839; Branchesi in EAGLE: EDR079073 Il testo, molto danneggiato, conserva a l 1 solo le lettere IENUS C F POL ed è stato integrato in [C(aius) Cupp]ienus C(ai) f(ilius) Pol(lia) / [Terminalis] sulla base del confronto con un’iscrizione (frammentaria) rinvenuta a Fossombrone, ma erroneamente attribuita a Roma, anch’essa dedicata da Octavia Polla (CIL XI, 6142 = VI, 16613)1068 Secondo l’integrazione proposta dagli editori e comunemente accettata, si trattava di un membro della gens Cuppiena, ben attestata a Forum Sempronii1069. Nonostante il rinvenimento a Fano, è dunque probabile che Cuppienus fosse originario di quella città1070 e si fosse successivamente trasferito a Fanum Fortunae Membro dell’ordine equestre, Terminalis fu prefetto della coorte III Bracarum (Augusta norum) [in Syr(ia) Pal]aes(tina)1071 e p. f. Il personaggio si definiva poi architectus, una competenza tecnica propriamente detta, che anche nella formula iscritta era ben distinta dalla p. f. L’iscrizione era pertinente alla dedica di un signum1072 per vo-
1065 Jacques 1983, p 254 1066 La popolazione di Bergomum era, in effetti, generalmente ascritta alla tribù Voturia (Taylor 1960, p 163; Sartori 2010, p 304) 1067 Branchesi in EAGLE: EDR079073 1068 Taylor 1960, p 162; Buonocore 2010, pp 33–34; Branchesi in EAGLE: EDR108124 1069 A Forum Sempronii, sono attestati il primipilo C. Cuppienus Q. f. Rom (CIL XI, 6121), i seviri augustali e liberti C. Cuppienus C. l. Successor (CIL XI, 6126) e C. Cuppienus C. l. Faustus (CIL XI, 6130) 1070 I cittadini di Forum Sempronii erano generalmente ascritti alla tribù Pollia (Taylor 1960, p 163; Antolini, Marengo 2010, p 211) 1071 Spaul 2000, pp 92–93 1072 A l 4, accanto alla parola signum, figura la lettera M: è possibile si tratti di un’offerta a Mercurio o Minerva (cfr Branchesi in EAGLE: EDR079073)
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lontà testamentaria, a nome proprio e della moglie Octavia Cn. f. Pol[la] Quest’ultima decorò lo spazio concesso dai decurioni con il suo stesso denaro – scol(ptis) marmor(ibus) et lacun(aribus) ceteroq(ue) opere adorn(avit)1073 La frequente attestazione dei Tiberii Claudii in Mauretania (formalmente provincializzata al tempo di Claudio, nel 42 d C ) va senz’altro ricondotta alla presenza di numerosi liberti imperiali, impegnati nella cura e nella gestione delle proprietà del Principe 278 C Decrius C f C n Tro Crispus Rif. epigr.: CIL IX, 2646 [Isernia, Italia] Origo: Aesernia, Regio IV Cronologia: II sec d C 1074 Bibliografia: Buonocore 2003, pp 54–55, nr 22; Di Mauro in EAGLE: EDR128009 Scomparso ad appena sedici anni di età, C. Decrius Crispus, originario di Aeser nia1075, aveva già ottenuto la posizione di p. f., l’ingresso nell’ordine equestre – equo pub[l]ic(o) – e il patronato del municipium Si trattava senza dubbio di riconoscimenti onorifici – in parte postumi (per il patronato mi pare questa una circostanza molto verosimile) – in omaggio alla posizione paterna Il padre non è tuttavia altrimenti attestato 279 L Decrius L f Ser Longinus Rif. epigr.: NSA 1913, 22 = AE 1913, 215 [Agnano – Pozzuoli, Italia] Origo: Puteoli, Regio I? Cronologia: prima metà del II sec d C 1076 Bibliografia: Dobson PP (112); Camodeca in EAGLE: EDR072643 L’iscrizione era stata scolpita su di un altare con coronamento a pulvino; sul lato sinistro, era stato realizzato a rilievo un urceus, su quello destro una patera Il cursus di L. Decrius Longinus – forse originario di Puteoli1077 – fu essenzialmente militare Secondo l’ordine di presentazione, egli fu p. f., centurione delle legioni II
1073 Si tratta della suddetta dedica di Octavia Polla al marito, rinvenuta a Fossombrone (CIL XI, 6142 = VI, 16613) 1074 DI Mauro in EAGLE: EDR128009 (su base formulare) 1075 Pur in assenza di altre attestazioni della gens Decria, la cittadinanza di Aesernia era generalmente ascritta alla stessa tribù Tromentina (Taylor 1960, p 162) 1076 Camodeca in EAGLE: EDR072643 1077 Il nomen Decrius è attestato a Neapolis, ma non a Puteoli: P. Decrius Statius e P. Decrius Saturus (28 a C – AE 1905, 190) Pur attestata nel II sec d C , la tribù Sergia non era la più comune a Puteoli (Taylor 1960, p 161; Camodeca 2010, p 180)
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Aug(usta) in Britannia1078, VII Gemin(a) per due volte (bis) in Spagna1079, XXII Deiotariana in Egitto1080 e primipilo della medesima legione Concludeva il cursus la prefettura castrorum della legione IX Hispana, in Germania inferior1081 L’iscrizione gli era stata dedicata dal figlio L. Decrius Iulianus (qui et Numisianus) come parte delle volontà testamentarie La carriera paterna offrì al figlio le risorse per conquistare la ragguardevole posizione di primipilo – princeps leg(ionis) XI Cl(au diae) p(iae) f(idelis) in Moesia inferior1082 280 C Dissenius C f Quir Fuscus Rif. epigr.: CIL XIV, 2409 = ILS 6189 [Marino, Italia] Cfr AE 1927, 115 (147 d C ); CIL XIV, 2410 = ILS 6190 (158 d C ) Origo: Roma? Cronologia: età antonina (ante 158 d C ) Bibliografia: Jacques 1983, pp 266–271; Vermaseren CCCA (III 464); Eck 1999, pp 213–215 C. Dissenius Fuscus, originario di Castrimoenium, è attestato da tre iscrizioni, tutte rinvenute a Marino (località prossima anche al sito dell’antica Bovillae)1083: un’iscrizione soltanto era dedicata a lui e ad alcuni familiari e ne menzionava la carriera Il suo cursus sembra comprendere esclusivamente una p. f. e le posizioni di curator e patronus Albani Longani Bovillensis Nella medesima iscrizione, erano onorati altri congiunti di Fuscus: il padre C. Dissenius C. f. Quir. Fuscus Hadrianus e il figlio C. Dissenius C. f. Quir. Fusc[us] Sabinianus Il fatto che fosse celebrata l’erezione di statuae oblatae dimostra la fama della famiglia a Castrimoenium e/o Bovil lae A Bovillae, nella sua posizione di curator munici[pii], Fuscus aveva autorizzato la concessione al collegium salutare den[drophorum] di spazi destinati ad un’area sacra alla Magna Mater (pinus ponere)1084 Fuscus era inoltre in possesso di una “lettera” dell’imperatore secus epistula(m) imp. Antonini Aug(usti): non è chiaro se questo documento servisse ad autorizzare l’operazione, a supportare l’autorevolezza del curatore o semplicemente a rassicurarlo nel suo operato1085 Undici anni dopo, con le medesime competenze, da curator rei publicae Bovillensium, egli aveva
1078 1079 1080 1081 1082 1083
Ritterling RE XII 2, coll 1457–1466; Keppie 2000b Ritterling RE XII 2, coll 1629–1642 (in cui si proponeva la Mauretania); Le Roux 2000 Ritterling RE XII 2, coll 1791–1797; Daris 2000b Ritterling RE XII 2, coll 1664–1670; Keppie 2000b Ritterling RE XII 2, coll 1690–1705 Dal momento che Fuscus fu curator a Bovillae e i curatores erano generalmente scelti fra i notabili di città e comunità vicine, è probabile che la sua città d’origine fosse Castrimoenium 1084 AE 1927, 115 (datata al 147 d C ) 1085 Su questo, si vedano: Jacques 1983, pp 266–272; Id 1984, pp 276–277; Eck 1999, pp 214–215 (con bibliografia)
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inoltre destinato lo spazio per l’erezione di una statua ad un eminente personaggio anonimo1086, che aveva posto di fronte ad un templum nov(u)m un clipeo con l’immagine della defunta sorella, Ma[nlia?] Severina, vergine vestale1087 Il nomen Dissenius è molto raro e, al di fuori di questi casi, attestato solo a Roma1088, dove forse va individuata l’origine della famiglia, iscritta in una tribù urbana 281 M Fabius M f V[el ] Maximus Rif. epigr.: CIL IX, 5445 = ILS 6570 [Falerone, Italia] Origo: Falerio Picenus, Regio V Cronologia: fine I – metà II sec d C 1089 Bibliografia: Pupilli 1990 (364); Maraldi 2002, p 16; Squadroni in EAGLE: EDR105107 La sola iscrizione che attesti il cursus di M. Fabius Maximus, esponente del notabilato di Falerio1090, menziona una rinuncia all’edilità (aedilitate remissa), il duovirato, la p. f. e il titolo di patr(onus) col(oniae) La lastra iscritta era stata dedicata dalla pleps (sic) R(ei?) P(ublicae?) R(emissum impensum?)1091 Il luogo di rinvenimento – uno dei vomitoria del teatro – suggerisce che la dedica fosse legata ad un atto di evergetismo, forse all’organizzazione di giochi o spettacoli 282 [Sp ---]rrinius Sp [f ---]umuleius Firm[us?] Rif. epigr.: CIL V, 7515 [Acqui Terme, Italia] Origo: Aquae Statiellae, Regio IX? Cronologia: II sec d C 1092 Bibliografia: Pistarino in EAGLE: EDR010287 Figlio di uno Spurius, è possibile che questo fosse anche il praenomen di [---]rri nius [---]umuleius Firm[us?] L’iscrizione, incisa su di una lastra marmorea oggi frammentaria, conserva la menzione dell’augurato, del pontificato e della p. f. Ad
1086 E’ possibile si tratti di L. Manlius L. f. Pal. Severus, rex sacrorum, fictor pontificum populi Romani e quattuorviro di Bovillae (CIL XIV, 2413 = VI, 2125); cfr Granino Cecere 2015, p 71 A questo stesso individuo si deve riferire quanto indicato nell’iscrizione di Fuscus: [hic] primus comitia ma gistratuum [creandorum] causa instituit 1087 CIL XIV, 2410 = ILS 6190 (Dissinius; datata al 158 d C ); cfr Granino Cecere 2015, p 70 1088 CIL VI, 16898 (Dissenia Athenais e sua madre Dissenia Epictesis) 1089 Squadroni in EAGLE: EDR105107 1090 A Falerio, la tribù più attestata è appunto la Velina (Taylor 1960, p 162; Antolini, Marengo 2010, p 210); in città, sono infine noti Fabia Prisca e Fabius Dexter (NSA 1958, p 75, nr 9) 1091 La proposta di scioglimento per questa formula – ricorrente a Falerio (cfr CIL IX, 5444; 5453) – è stata suggerita da L Pupilli (1990, p 105) 1092 Pistarino in EAGLE: EDR010287
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Aquae Statiellae e nell’intera Regio IX, non sono note altre attestazioni di questa formula onomastica 283 T Flavius L f [St]e Cimber Rif. epigr.: CIL XI, 6062 [Urbino, Italia] Origo: Urvinum Mataurense, Regio VI Cronologia: fine I – inizio II sec d C 1093 Bibliografia: Branchesi in EAGLE: EDR016432 Notabile originario di Urvinum Metaurense1094, T. Flavius Cimber aveva ricoperto in città le funzioni di pontefice, edile per due volte, quattuorviro i(ure) d(icun do) quinquennale Al momento della dedica – d(ecreto) d(ecurionum) – il solo incarico di ambito non locale era stata una p. f., menzionata in chiusura del cursus La presenza di Flavi Apri, attestati da bolli su dolia da Urvinum1095, documenta gli interessi fondiari (e, più in generale, economici) della gens Flavia sul territorio 284 T Flavius Hieronis f Quirina Montanus Rif. epigr.: a AE 1913, 143b = IK 11, 2061 [Efes, Turchia] b IK 11, 854 [Efes, Turchia] c IK 11, 2037 [Efes, Turchia] d IK 11, 2062 [Efes, Turchia] e IK 11, 2063 [Efes, Turchia] f IGR IV, 643 + 1696 [Akmoneia, Turchia] Origo: Kybira, Asia Cronologia: età traianea Bibliografia: PIR2 F 323 1979 (138b); Kearsley 1988; Harland 2014, pp 56– 159, nr 114 Il cursus di Montanus è noto soprattutto grazie ai testi [a ] ed [e ], conservati per la quasi totalità L’iscrizione [c ] è una dedica ad Artemide efesina e all’imperatore Traiano, definito Γερμα[νικός Δακικός] Questa restituzione è fondata sulla sicura datazione del personaggio: a Montanus era infatti stata dedicata una statua ad Efeso, insieme a L. Vibius Lentulus, cavaliere impegnato in una carriera procuratoria e p. f. (245)
1093 F Branchesi ha suggerito la scansione 71–130 d C , nel suo commento a EDR016432 1094 A Urvinum, la tribù Stellatina è infatti la meglio attestata (Taylor 1960, p 163; Antolini, Marengo 2010, p 213) 1095 CIL XV, 1146, 16; cfr i più tardi praedia Fl(avii) Titani, sempre attestati da bolli su dolia da Urvinum (CIL XV, 526, 21)
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Membro di un’importante famiglia di Kybira, T. Flavius Montanus, figlio del peregrino Hieron, era ben attestato anche ad Efeso, dove i buleuti e la cittadinanza tutta (ἡ βουλή καὶ ὁ δῆμος) gli avevano dedicato almeno tre statue – testi [a ], [d ], [e ] E’ probabile che Montanus avesse ottenuto la cittadinanza al tempo di Domiziano, per poi avviare la propria carriera soprattutto al tempo di Nerva e Traiano Il cursus di Montanus comprendeva l’iterazione della p. f. (δὶς ἔπαρχος τεχνειτῶν), i sacerdozi di ἀρχιερεύς Ἀσίας ναοῦ τοῦ ἐν Ἐφέσῳ κοινοῦ τῆς Ἀσίας e di σηβαστοφάντης e, infine, l’agonothesia a vita (διὰ βίου) L’iscrizione [a ] menzionava ingenti spese per il teatro di Efeso, nonché per giochi e donazioni alle autorità cittadine In essa compariva anche L. Vibius Lentulus, a rationibus di Traiano e già p. f. (245) L’iscrizione [f ], rinvenuta ad Akmoneia, era stata dedicata dalla locale associazione dei fullones (ἡ τῶν γναφέων συνεργασία) che sembra lo avesse eletto a patrono (ὁ ἐαυτῶν εὐεργέτης) A testimonianza dell’importanza della famiglia a livello quantomeno provinciale, la sorella di Montanus, Flavia Lycia, aveva sposato il figlio del famoso retore Ti. Claudius Polemon, membro dell’ordine equestre e asiarca, a propria volta onorato dall’associazione dei conciatori di Kybira1096 L’aspirazione ad una carriera nella capitale provinciale (e il dispendio di molte risorse ad Efeso e nel resto della provincia) non implicavano l’abbandono di Kybira, in cui gli interessi della famiglia rimanevano solidi E’ possibile che entrambe le p. f. di Monta nus siano state rivestite nella provincia d’Asia, al seguito di uno o due proconsoli 285 T Flavius T f Quir(i)n Severus Gogaenus Rif. epigr.: CIL III, 3685 = 10249 [n/a] Origo: Sirmium, Pannonia inferior Cronologia: II sec d C (seconda metà?)1097 Bibliografia: CIL sub numero T. Flavius Severus Gogaenus era, con ogni probabilità, originario di Sirmium1098 Dec(urio) colon(iae) Sirm(i), egli fu questore, duoviro e, infine, p. f. La presenza di un cognomen chiaramente peregrino può essere forse ricondotta ad un’origine celtica: il nome del padre o di uno degli avi di Gogaenus sarebbe cioè stato integrato nel cognomen del prefetto
1096 IGR IV, 791; cfr anche ivi, 883; 909 Per Polemon, si veda PIR2 C 963 1097 La datazione mi sembra la più probabile, su base paleografica (si vedano il tratto e le legature che caratterizzano il documento, disponibile su EDCS: EDCS-286000093) 1098 Di Sirmium, come si dirà, egli era stato senz’altro decurione La popolazione della città era generalmente ascritta alla tribù Quirina (Kubitschek IRTD, p 229)
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286 T Flavius Varus Calvisianus Stratonici f Quirina Hermocrates Rif. epigr.: OGIS 489 = IGR IV, 1323 = ILS 8864 [Foça, Turchia] Origo: Phokaia, Asia Cronologia: prima metà del II sec d C 1099 Bibliografia: Devijver ME (F 82); Halfmann 1979 (138b); Jones 2003 Originario di Phokaia, Hermocrates, figlio di un peregrinus, aveva ottenuto la cittadinanza e l’accesso all’ordine equestre, probabilmente grazie al patronato di uno dei Calvisii1100 Già prima che Hermocrates acquisisse la cittadinanza optimo iure, la sua famiglia doveva però vantare ricchezze e preminenza Egli fu infatti anche ἀρχιερεὺς Ἁσίας ναοῦ τοῦ ἐν Ἐφέσῳ, πρύτανις, στεφανοφόρος, ἰερεὺς τῆς Μασσαλίας, ἀγονοθέτης βασιλεὺς Ἰώνων, sacerdozi tradizionali, come testimonia il legame con Massalia, colonia focea In testa al cursus, erano significativamente menzionati gli incarichi di tradizione tipicamente romana, una p. f., una prefettura della coorte I Bosporanorum e un tribunato nella legione XII Fulminata, entrambe dispiegate in Cappadocia1101 Alla luce dell’ambito operativo delle milizie di Her mocrates, un rapporto con P. Calvisius Ruso Iulius Frontinus (cos 84 d C ), governatore di CappadociaGalatia1102, mi sembra probabile Alla medesima famiglia, apparteneva probabilmente P. Flavius Hermocrates, φιλόσοφος di epoca severiana, forse identico al Flavius Hermocrates φιλόσοφος e στεφανηφόρος di CIG 3414b = IGR IV, 13241103 287 T Flaviu[s] Verecundu[s] Thamaria[n(us)] Rif. epigr.: CIL III, 8287e = 12678 [Duklja, Montenegro] Origo: Doclea, Dalmatia Cronologia: II sec d C 1104 Bibliografia: Feraudi Gruenais in EDH: HD054809 Attestato da un’iscrizione frammentaria, dedicata in adempimento di volontà testamentarie, il cursus di T. Flaviu[s] Verecundu[s] Thamaria[n(us)] comprendeva esclusivamente un duovirato i(ure) d(icundo) e una p. f. Considerate la paleografia
1099 Devijver ME, p 383 1100 Su questa famiglia, si veda Syme 1984 = 1988, pp 397–417, in cui sono distinti il console del 79 d C (e proconsole d’Asia), P. Calvisius Ruso, dal console dell’84 (e governatore di CappadociaGalatia), P. Calvisius Ruso Iulius Frontinus, e si individua nella Narbonensis l’origo della famiglia 1101 Per la coorte, Cichorius RE IV, col 255; per la legione Ritterling RE XII 2, coll 1705–1710; Bertrandy, Rémy 2000 1102 PIR2 C 350 1103 CIG 3414 = IGR IV, 1325; cfr Halfmann 1979, p 202 1104 Su base paleografica
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(come desumibile dalla trascrizione disponibile) e la presenza della p. f., non mi pare possibile suggerire una datazione successiva alla fine del II sec d C 1105 288 P Fulcinius Vergilius Marcellus Rif. epigr.: AE 1894, 158 = InscrIt IV 1, 49 = ILS 9010 [Tivoli, Italia] Origo: incerta Cronologia: prima metà del II sec d C 1106 Bibliografia: Rüpke FS (1753); Ricci in EAGLE: EDR129321 Autore di una dedica nel santuario di Ercole Vincitore a Tivoli, P. Fulcinius Vergilius Marcellus vantava una serie di incarichi rivestiti al di fuori del contesto tiburtino Secondo l’ordine di presentazione, egli fu p. f., tribuno della legione VII Gem(ina) Felix in Spagna1107, prefetto dell’ala Parthorum in Mauretania1108, subcurator aedium sacrarum et operum locorumque publicor(um) – forse a Tivoli –, subpraef(ectus) classis praet(oriae) Misenensis e, infine, curio p(opuli) R(omani) sacris faciundis Il cursus sembra presentato in ordine diretto, con la p. f. all’inizio e le posizioni di subpraefectus di Miseno e curio a Roma, in chiusura al testo A Tivoli non sono al momento attestati altri Fulcinii 289 Q Gagilius Q f Pal Modestus Rif. epigr.: De Carlo 2015, pp 188–189 [Benevento, Italia] Origo: Aequum Tuticum – Beneventum, Regio II Cronologia: seconda metà II sec d C 1109 Bibliografia: Camodeca in EAGLE: EDR171328 Attestato da un’iscrizione solo recentemente pubblicata da A De Carlo, il cursus dell’eques Q. Gagilius Modestus comprendeva soprattutto posizioni di rilievo locale1110: edile, p. f., questore, pontefice, duoviro e tribuno della legione IIII Scythica di stanza in Syria1111 L’iscrizione commemorava un importante atto di evergetismo: la donazione di un fondo di 400 000 sesterzi il cui interesse del 5 % avrebbe fruttato ben 20 000 sesterzi di reddito annuo con cui celebrare il giorno del compleanno del figlio, morto prematuramente Ogni 20 aprile, tutti i cittadini di Beneventum e i vicani Aequi Tutici dovevano ricevere una sportula del valore di un denario a 1105 Contra Feraudi Gruenais in EDH: HD054809, in cui de facto non si propone alcuna datazione (100–300 d C ) 1106 Rüpke FS, p 1004 1107 Ritterling RE XII 2, coll 1629–1642; Le Roux 2000 1108 Cichorius RE I 1–2, col 1255 1109 De Carlo 2015, p 188 1110 Per il nomen Gagilius, abbastanza raro, cfr CIL IX, 2000, da Beneventum; cfr anche CIL XV, 8236 1111 Speidel 2000, pp 327–337
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testa Aequum Tuticum sorgeva nel territorio di Benevento e doveva essere un luogo importante per la famiglia, che forse vi possedeva estese proprietà I vicani, del resto, dedicarono a Gagilius, loro patrono, una statua ex aere coll[at]o 290 [Q ? Ga]rgennius? Q f Fab Sagitta Rif. epigr.: CIL V, 4212 = InscrIt X 5, 18 = ILS 6714 [Brescia, Italia] Origo: Brixia, Regio X Cronologia: II sec d C Bibliografia: Zajac 1985, p 204; SupplIt 8, p 162, sub numero; Migliorati in EAGLE: EDR090018 L’integrazione della formula onomastica di Sagitta è suggerita dal rinvenimento, presso Brescia, dell’iscrizione funeraria di Q. Gargennius Primigenius (non altrimenti attestato)1112 La rarità del nomen e l’ascrizione alla tribù Fabia suggeriscono che la città d’origine di Sagitta fosse proprio Brixia 1113 Il documento che ne attesta la carriera è una dedica dello stesso Sagitta al Genius [col]oniae Civicae Aug(ustae) Brixiae (…) [de] s(ua) p(ecunia) Il cursus, caratterizzato da una serie di incarichi locali, comprendeva – in quest’ordine – il sevirato augustale, il decurionato, una p. f., una prefettura i(ure) d(icundo), la questura e il duovirato quinquennale La sequenza sembra presentata in ordine diretto e secondo un criterio cronologico: la p. f. avrebbe dunque seguito l’ingresso fra i decurioni 291 P Gavius P f Pal Balbus Rif. epigr.: FiE III, 48 = IK 11, 3048 [Efes, Turchia] Origo: Ephesus, Asia Cronologia: 123–148 d C 1114 Bibliografia: PIR2 (G 94); Pflaum CP (145); Devijver ME (G 7) Membro dell’ordine equestre (ἵππον δημόσιον ἔχων), P. Gavius Balbus era probabilmente originario della provincia d’Asia, forse della stessa Efeso1115 Fu accolto nelle decurie dei giudici – ἐν τοῖς ἀπολέκτοις κρείνων – e divenne p. f. – ἔπαρχος τεχνειτῶν Le milizie di Balbus comprendevano la prefettura della coorte II Lu censium, dislocata in Moesia inferior, il tribunato della legione II Augusta in Britan
1112 AE 1991, 840 1113 I cittadini di Brixia erano prevalentemente ascritti a questa tribù (Taylor 1960, p 164); ciò detto, due fratelli Gargennnii sono attestati a Faesulae (Etruria) in una dedica a Osiride e a Iside Taposiride (CIL XI, 1543 = ILS 4351): [C.?] Gargennius Sp. f. Sca. Maximus e M. Gargennius Sp. f. Sca. Macrinus 1114 Devijver ME, p 403 1115 Contra H -G Pflaum (CP, p 345)
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nia1116 e la prefettura dell’ala I Canninefatium in Pannonia superior Da qui, egli aveva percorso un’importante carriera procuratoria nei territori dell’Impero: ἐπίτροπος Σεβαστοῦ ἐπὶ τῶν κήνσων Γαλατίας καὶ Παφλαγονίας (sessagenario), ἐπιμελητὴς ὁδῶν Κορνηλίας καὶ τριουμφαλίας (sessagenario) e, infine, il rango centenario di ἐπίτροπος τοῦ Σεβαστοῦ ἐπαρχείας Χερσονήσου Grazie a quest’ultima posizione, egli fu onorato ad Ephesus dai decurioni del municipium di Aelios Coelanorum nel Chersoneso – Χερσονησῖται οἱ παρὰ τὸν Ἑλλήσποντον ψηφίσματι βουλῆς Αἰλίου μουνικιπίου Κοίλων 292 M Gavius L f Gallicus Rif. epigr.: IGR III, 778 = OGIS 567 [Antalya, Turchia] Origo: Attaleia, Lycia et Pamphylia Cronologia: II sec d C (138 d C ) Bibliografia: IGR III, sub numero Il cursus di M. Gavius Gallicus, membro dell’ordine equestre, è noto da una dedica rinvenuta ad Attaleia Discendente di uno dei coloni insediati in città, fu sacerdote perpetuo della Vittoria Augusta – ἱερέυς διὰ βίου Σεβαστῆς Νείκης Egli aveva anche ottenuto altre rilevanti posizioni civiche: ἀρχιερέυς τῶν τριῶν πενταετηρ[ι]κῶν ἀγώνων καὶ ἀγωνοθέτην τῶν πενταετηρικῶν ἐκ τῶν ἰδίων L’agonotesia, oltre a documentare una posizione preminente, documenta anche una notevole ricchezza In un momento difficilmente definibile, Gallicus si recò a Roma, dove importanti amicizie gli procurarono la concessione del cavallo pubblico e l’accesso nelle decurie degli iudices selecti – ἵππῳ δημοσίῳ ἐν Ῥώμῃ ἐπίλεκτος κριτὴς ἐκ τῶν ἐν Ῥώμῃ δεκουριῶν Questi legami lo investirono di una riconosciuta funzione di intermediario con l’autorità imperiale: difensore e patrono di Attaleia, egli era onorato in tutta la Pamphylia, la Lycia e l’Asia – τετειμημένον πολειτε̣ίαις καὶ ἀνδριᾶσιν καὶ προεδρίαις ὑπό τε τῶν ἐν Παμφυλίᾳ πόλεων καὶ τῶν ἐν Λυκίᾳ καὶ τῶν ἐν Ἀσίᾳ Ultimo incarico menzionato era una p. f. (ἔπαρχον τεχνειτῶν), forse rivestita in provincia, al seguito del magistrato che gli procurò quegli importanti riconoscimenti a Roma L’iscrizione gli era stata dedicata da un cliente, senz’altro un liberto o il discendente di un liberto: M. Gavius Irenaeos Gallicus era certamente collegato per parentela o per amicizia al primipilare L. Gavius Fronto1117 Il figlio di quest’ultimo, L. Gavius Aelianus, ottenne la questura a Roma1118
1116 Ritterling RE XII 2, coll 1457–1466; Keppie 2000b 1117 Il primo membro attestato dei Gavii di Attaleia è L. Gavius Fronto, primipilare della legione III Cyrenaica e praefectus castrorum della legione XV Apollinaris (AE 1972, 617) 1118 Halfmann 1979, p 160 nr 71; il figlio di Aelianus, Proculus, raggiunse la pretura (ivi, pp 183–184 nr 106)
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293 L Gossius [---] Oriens Rif. epigr.: CIL V, 7369 [Tortona, Italia] Origo: Iulia Dertona, Regio IX? Cronologia: I–II sec d C 1119 Bibliografia: Pettirossi in EAGLE: EDR107043 Il testo era stato inciso su di una stele lapidea coronata da una cornice a motivi vegetali Le porzioni inferiore e laterale destra dell’iscrizione sono molto danneggiate e illeggibili L. Gossius [---] Oriens, forse originario di Dertona, aveva esercitato in città le funzioni di I[Ivir] e decurione, unici incarichi locali ancora leggibili Il cursus si apriva tuttavia con posizioni estranee all’ambito più propriamente municipale: eq(ues) [Rom(anus) eq(uo) p(ublico) iudex] ex quinque [decuriis ---] e p. f., indicatori di grande ricchezza e importanti legami nell’Urbe 294 C Graecinius C f Vol Firminus Rif. epigr.: AE 1952, 225 = 2010, 1472; Pilhofer 2000 (718) = CIPh II, 1, 56 [Thessaloniki, Grecia] Origo: Philippi, Macedonia? Cronologia: II sec d C (seconda metà?)1120 Bibliografia: Pilhofer 2000, sub numero; CIPh sub numero Rinvenuta a Thessalonica, capitale provinciale, l’iscrizione di C. Graecinius Firmi nus gli era stata dedicata dal figlio C. Graecinius Romulus Venustus – Firmini [f ] La sua carriera comprendeva, secondo l’ordine di presentazione, una p. f. et frumen ti mancipalis provinc(iae) Africae1121 e le posizioni locali di dec(urio) e quaest(or) col(oniae) Philipp(iensium)1122 Come Firminus, morto a 58 anni, anche sua moglie Graecinia Veneria era già scomparsa al momento dell’iscrizione della dedica (a 47 anni) Il nomen della donna sembra suggerire che si trattasse di una liberta di Firminus stesso Più in generale, il nomen Graecinius è ben attestato in Macedonia
1119 V Pettirossi (in EAGLE: EDR107043) ha attribuito il testo ai primi due secoli dell’impero, sulla base del testo, delle formule utilizzate e della paleografia 1120 Cowey in EDH: HD019253 1121 Pur distinte, queste prefetture erano citate insieme: sembra che questi incarichi fossero dunque stati rivestiti contemporaneamente o quantomeno in diretta contiguità (su questo, cfr Rizakis 2003, p 164 e n 33) Sulla gestione della produzione granaria in Africa e sulla prefettura frumenti mancipalis, si vedano Nicolet 1991, sopr pp 123–124 1122 Philippi: C. Graecinius (CIPh II, 1, 168); Amphipolis: Γ(άϊος) Γρεκίνιος Ῥοῦφος (SEG LI, 789 = AE 2001, 1781)
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e non solo a Philippi, sua città d’origine o d’adozione1123 La presenza epigrafica di Firminus a Thessalonica sembra indicare che il suo mandato da p. f. fosse stato esercitato alle dipendenze del governatore di Macedonia: è possibile che egli si fosse trasferito nella capitale o, comunque, vi avesse coltivato importanti interessi1124 295 C Hirpidius C f Memor Rif. epigr.: CIL V, 7458 = SupplIt 10, p 72, sub numero [Casasco – Alessandria, Italia] Origo: Vardacate, Regio IX? Cronologia: fra Traiano e Adriano Bibliografia: Devijver ME (H 19); Traverso 2006 (IX 6); Pistarino in EAGLE: EDR010448 C. Hirpidius Memor, eques romano, ottenne le nomine a p. f. e a iud(ex) ex V dec(u riis), apparentemente seguite da un tribunato nella legione III Aug(usta) di stanza in Africa1125 e da una prefettura i(ure) d(icundo) Imper(atoris) Nervae Traiani Caes(aris) Aug(usti) Ger(manici) Dac(ici) Pur essendo perduta parte cospicua della porzione inferiore del supporto lapideo, è ben identificabile un flaminato perpetuo [divi Vesp]asiani divi Nervae [divi] Traiani [Parthici ---]1126 Considerata la vicinanza del luogo di rinvenimento a Casale Monferrato, è possibile che la città natale del prefetto possa essere riconosciuta nella vicina Vardacate1127
1123 A Rizakis (2003, p 164) sembra persuaso che la prefettura frumenti mancipalis in Africa escluda Philippi come città d’origine del prefetto Trasferitosi a Philippi, egli vi avrebbe percorso una carriera breve e limitata (senza ottenere il duovirato) L’attestazione del nomen in Macedonia e l’iscrizione nella tribù Voltinia, molto diffusa a Philippi, sembrano però contraddire questa tesi (Kubitschek IRTD, pp 243–244; Rizakis 2010, p 363) 1124 Rizakis 2003, pp 162–165 1125 Ritterling RE XII 2, coll 1493–1505; Le Bohec 1989b; Id 2000a 1126 Se, come pare, questa restituzione è affidabile (per questo cfr Pistarino in EAGLE: EDR010448; contra Traverso 2006, p 214), l’iscrizione va datata dopo la morte di Traiano, sotto il quale Me mor aveva tuttavia servito 1127 Contra Traverso 2006, p 214, in cui si propone invece – seppur con prudenza – Hasta In assenza dell’indicazione della tribù, si deve qui specificare che non sono attestati altri Hirpidii nel complesso della Regio IX Il nomen è del resto meglio attestato in area centro-italica (Spadoni 2004, p 115)
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296 Q Hortensius Q f Col Faustinus Rif. epigr.: CIL XIV, 3643 = XI, 123d* = 621, 4* = ILS 6235 = InscrIt IV 1, 149 [Tivoli, Italia] Origo: Tibur, Regio I? Cronologia: seconda metà del II sec d C (ante 172 d C )1128 Bibliografia: PIR2 (H 208); Ricci in EAGLE: EDR129874 Attestato da un’iscrizione dedicata dal collegio dei fabri di Tibur, Q. Hortensius Faustinus aveva ricoperto – almeno fino a quel momento – le posizioni di advo catus fisci, p. f. e patrono del municipium La dedica del collegium, che non aveva alcuna relazione con la prefettura, suggerisce che egli fosse patrono della stessa associazione Faustinus era forse originario di Tivoli1129; in questo caso, la tribù urbana Collina potrebbe suggerire un’origine libertina, quantomeno nella generazione precedente a quella del prefetto Sulle facce laterali del basamento iscritto, erano stati incisi la data e i nomi dei collegiati incaricati della dedica: C. Allianus Tiburtinus e M. Helvius Exspectatus, non altrimenti attestati 297 C Hosidius Cn f Cla Severus Rif. epigr.: a IAM II Suppl , 859 = MEFRA 1990, p 227 = AE 1991, 1749 [Chellah, Marocco] b Boube 1990, p 239 [Chellah, Marocco] c IAM II Suppl , 860 [Chellah, Marocco] d IAM II Suppl , 861 = AE 1991, 1750 [Chellah, Marocco] Origo: Sala, Mauretania Tingitana Cronologia: fra Traiano e Adriano1130 Bibliografia: Boube 1990; Devijver ME Suppl II (H 21a); Birley 2005, pp 324–325, nr 4 Il testo delle iscrizioni [c ] e [d ], in stato molto frammentario, è stato restituito sulla base di [a ], meglio conservata, da J Boube (1990) C. Hosidius Severus, eques romano originario di Sala, era forse il discendente di un liberto di Cn. Hosidius Geta (cos. suff 45 d C )1131, legato della legione IX Hispana, impiegata contro i Mauri nel 42 d C 1132 Secondo l’ordine di presentazione, il cursus di Severus comprendeva una p. f., la prefettura della coorte I Bosp{h}oranorum, di stan1128 L’iscrizione è datata al 13 maggio 172 d C 1129 In città sono infatti attestati anche Hortensius Macariu[s] (AE 1995, 420) e Hortensia A. l. Anthis (CIL XIV, 3810 = InscrIt IV 1, 404) 1130 Boube 1990, p 234 1131 Groag RE VIII, coll 2489–2491; Hanslik RE Suppl XII, col 498 1132 Boube 1990, p 228; Birley 2005, p 325 A Sala è inoltre attestata una Cn(aea) Hosid[ia] Rufilla (ILAfr 644, 1 = IAM II, 316 = IAM II Suppl 316 = AE 1920, 39)
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za in Cappadocia, quella della coorte IIII Raetorum – di stanza in Moesia Superior fra 94 e 100 d C e in Cappadocia al tempo di Adriano –, un tribunato nella legione VII Cl(audia) P(ia) F(idelis) e la prefettura dell’ala Claudia nova – probabilmente entrambe le unità erano dislocate in Oriente1133 Sembra che l’ultimo incarico ricoperto da Severus sia stata una procuratela ad census in Brit{t}annia, probabilmente in piena età adrianea (la posizione pare assente nel testo [b ])1134 L’iscrizione [a ], incisa sul basamento di una statua onoraria, gli era stata dedicata dal cugino L. Ma rius L. f. Claud. Rufus Severianus Il testo [b ] era invece inciso su dodici lastre marmoree, originariamente accostate fra loro, per una lunghezza complessiva di 8 m Secondo la convincente restituzione di J Boube, si trattava della dedica di Capi[to lium] n[ovum cum] p[orticu a so]lo sua p[ecunia]1135, un costoso intervento nel cuore monumentale della città, realizzato alla fine del regno di Traiano o al principio di quello di Adriano, probabilmente prima di avviare la carriera procuratoria1136 298 D Iul(ius) D f Vo[l ] Capito Rif. epigr.: a CIL XII, 1869 = ILS 6997 = ILN V 1, 62 [Vienne, Francia] b CIL XII, 1870 = ILN V 1, 63 [Vienne, Francia] c CIL XII, 1855 = ILS 1380 = ILN V 1, 64 [Vienne, Francia] Origo: Vienna, Provincia Narbonensis Cronologia: età traianea Bibliografia: PIR2 (I 242); Mocsy RE IX Suppl , col 616; Pflaum CP 79; Devijver ME (I 40); Pflaum 1978 (23); Sablayrolles 1984 (16); Burnand 2006 (150 E 119) L’iscrizione [c ] (databile fra 114 e 116 d C ), danneggiata nella sezione superiore, non ha conservato il nome dell’onorato, ma è senz’altro riferibile a D. Iulius Capi to, per cui ricorrono gli stessi incarichi menzionati in [a ] e [b ] Il cursus di D. Iulius Capito è attestato da tre distinte iscrizioni rinvenute a Vienne I testi [a ] e [b ], fra loro complementari, documentano tutti gli incarichi rivestiti da Capito, suddivisi per ambito operativo Il personaggio – di sicura origine viennese1137 – fu flam(en) i(u)vent(utis), triumviro [l]oc(orum) public(orum)
1133 Per una disamina relativa all’ambito operativo di queste unità, in relazione alla carriera di Severus, si vedano Boube 1990, pp 230–234; Birley 2005, pp 324–325 1134 Birley 2005, p 325 1135 Boube 1990, p 239 1136 Questa ipotesi dimostra l’esistenza di una precedente struttura: si tratterebbe di un indicatore del rango municipale, da tempo raggiunto da Sala La città aveva forse avuto un ruolo al tempo della rivolta di Aedemon e della riduzione della Mauretania a provincia, durante il regno di Claudio (per queste considerazioni, si veda Boube 1990, pp 241–243) 1137 Il prefetto era infatti iscritto nella tribù Voltinia, cui erano ascritti gli abitanti della stessa Vienna (Kubitschek IRTD, p 212; cfr anche Bérard 2010, p 25)
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per[seq(uendorum)]1138, duoviro aera[r(ii)] e augure – testo [b ] Al di fuori del contesto più propriamente locale, egli ottenne una p. f., un tribunato nella legione II Adiutrix, di stanza in Pannonia inferior dopo l’86 d C 1139, e l’incarico di censor civitatis Remor(um) foeder(atae)1140 – posizione conservata per intero sul solo testo [c ] Capito ottenne infine l’accesso alla carriera procuratoria, con la procuratela Imp(eratoris) Nervae Traian(i) Caes(aris) Aug(usti) Germ(anici) Dacici Optimi provinc(iae) Astur(iae) et Callec(iae)1141 Quest’ultima posizione era menzionata solo dall’iscrizione [c ], dedica del conventus Asturum, eretta nella stessa Vienna per concessione del consiglio decurionale Un legame di parentela con l’omonimo D. Iulius D. f. Vol. Capito, duoviro ed eques romano attivo a Genava, mi pare quantomeno probabile1142 299 Cn Iulius (Cn f ) Pertinax Rif. epigr.: CIL V, 7608 [Alba, Italia] Origo: Alba Pompeia, Regio IX Cronologia: seconda metà del II sec d C (fine del II sec d C )1143 Bibliografia: Mennella, Barbieri 1997, p 579, nr 17; SupplIt 17, p 69, sub numero; Lastrico in EAGLE: EDR010709 Figlio di Cn. Didius Hermes, senz’altro un liberto della gens Didia (come indicato dall’uso di un cognomen ellenizzante1144), Cn. Iulius Pertinax fu edile e questore ad Alba A seguito di questi incarichi, sembra avesse ottenuto una p. f. La dedica a cura del padre era stata posta l. d. d. d. Il cognomen del prefetto, come del resto il nomen Iulius – tanto diverso da quello paterno – può forse suggerire una datazione
1138 Il triumvirato l. p. p., creato dopo il principato di Caligola, era l’incarico più prestigioso di Vienna (Pelletier 1982, pp 84–89; Gascou 1997, pp 95–96) 1139 Ritterling RE XII 2, coll 1437–1456; Lörincz 2000b 1140 Sembra che questo incarico (sessagenario) sia stato svolto agli ordini di un legatus senatorio, forse in occasione del censimento di Domiziano (92 d C ) o di quello di Traiano (110 d C ); su questo, cfr Burnand 2006, pp 364–365 (con bibliografia) 1141 La datazione di questo incarico ducenario si colloca fra l’attribuzione a Traiano del cognomen Op timus, alla fine di agosto 114, e quella dell’agnomen Parthicus, il 20 febbraio 116 d C 1142 CIL XII, 2580 = ILN V 3, 809; CIL XII, 2613 = ILS 6996 = ILN V 3, 845; cfr Burnand 2006, p 365 Condivido infine lo scetticismo di Y Burnand (ibidem, con bibliografia precedente) in merito ad una parentela con due personaggi da Vienna: L. Iulius Brocchus Valerius Bassus (223) e D. Iulius Ripanus Capito Bassianus 1143 Lastrico in EAGLE: EDR010709 1144 I Didii sono ben attestati ad Alba: L. Didius Primus, duoviro (CIL V, 7606); Didia Prima, moglie di un duoviro e [p]atronus coll[egii] (SupplIt 17, pp 77–78, nr 7 = AE 1997, 537); Didia C. f. Prisca, patrona, C. Didius Ɔ l. Vicarius e sua figlia Didia Ɔ l. Restituta (SupplIt 17, pp 88–89, nr 21 = AE 1997, 542)
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all’ultimo decennio del II secolo, quando ormai il noto concittadino Elvio Pertinace aveva raggiunto la porpora imperiale (193 d C )1145 300 M Iulius M f Fabia Pisonianus (Dion) Rif. epigr.: AE 1927, 95 [Işikli, Turchia] Origo: Tyrus, Phoenicia et Coele Syria Cronologia: età adrianea Bibliografia: Gräf in EDH: HD024967; Birley 2016, pp 69–70 M. Iulius Pisonianus, eques romano, dedicò un’iscrizione all’imperatore Adriano, alla sua casata – domus eius –, al Senato e al popolo di Roma e alla coorte I Cl(au dia) Sugambrum veterana equitata1146, presso Eumeneia in Asia Minore Al comando della coorte dei Sigambri, egli era stato incaricato di condurre in Oriente parte dell’unità (numerus) da Montan(a)1147 in Moesia inferior, forse in coincidenza con la sollevazione giudaica del 132–135 d C 1148 Prima di citare il proprio rango di prefetto di coorte, l’iscrizione di Pisonianus menzionava una p. f. A proposito della sua origine, non sussistono dubbi, giacché Pisonianus stesso la esplicitava – domo Tyro metropolis Phoenices et Coeles Syriae Il prefetto era del resto chiamato anche Dion – qui et Dion – un nome greco forse legato al padre o al nonno; è possibile che quest’ultimo avesse ottenuto per primo la cittadinanza optimo iure 301 C Iulius C f Ani Seneca Licinianus Rif. epigr.: CIL II, 6150 = IRC IV, 41 [Barcelona, Spagna] Origo: Caesaraugusta, Hispania citerior? Cronologia: prima metà del II sec d C 1149 Bibliografia: Alföldy 1973 (34); Álvarez-Melero 2013, p 150, nr 16 Il cursus di C. Iulius Seneca Licinianus è attestato dalla dedica di una statua eretta d(ecreto) d(ecurionum) a Barcino. Sulla base dell’appartenenza alla tribù Aniensis, G Alföldy ha suggerito di individuare in Caesaraugusta la città d’origine del prefetto1150 Se la famiglia di Seneca Licinianus fosse effettivamente stata originaria di Caesaraugusta, è verosimile che si fosse da tempo stabilita a Barcino, dove si svolse 1145 Cfr Mennella, Barbieri 1997, p 579; contra Giorcelli Berselli in SupplIt 17, p 69, in cui si attribuisce questa onomastica ad una tradizione indigena 1146 Spaul 2000, pp 245–246 1147 Sull’insediamento di Montana, si veda Ivanov, Krassimira 2015 1148 E’ questa la tesi convincentemente suggerita da A R Birley (2016, p 69), all’interno di un contributo recentemente dedicato allo spostamento di individui e unità militari dalle province occidentali all’Oriente, in coincidenza di determinati momenti di crisi 1149 Álvarez-Melero 2013, p 150 1150 Alföldy 1973, p 74; cfr Kubitschek IRTD, p 190 e Fasolini 2012, pp 211–212
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parte cospicua della carriera del prefetto L’iscrizione menzionava il flaminato p(ro vinciae) H(ispaniae) c(iterioris) – senza dubbio rivestito a Tarraco, capitale provinciale –, l’edilità, il duovirato, il flaminato – ricoperti a Barcino, dal momento che nel testo non compare l’indicazione di altre località Al di fuori del contesto più propriamente locale, Seneca Licinianus aveva ottenuto una p. f., un tribunato nella legione VI Vic(trix) p(ia) f(idelis) (a quest’epoca di stanza in Britannia1151) e, ancora, tribunato della legione XV Apollin(aris) – dal regno di Adriano, dislocata in Cappadocia1152 302 C Iulius Silvanus C Minucius A f Quirina Herennulaius Iulianus Rif. epigr.: CIL VI, 3527 [Roma, Italia] Origo: Roma Cronologia: II sec d C (seconda metà)?1153 Bibliografia: CIL sub numero; EDCS: EDCS-19700223 Attestato da un’iscrizione dedicata da C. Rupilius Mena1154 a sé stesso e ai suoi familiari, C. Iulius Silvanus C. Minucius Herennulaius Iulianus era senza dubbio originario di Roma, come testimoniato dall’ascrizione alla tribù Quirina1155 Il solo incarico menzionato dall’iscrione è la p. f. di Iulianus Nel testo comparivano anche A. Herennulaius Hypatus, forse il padre adottivo del prefetto, che alla nascita era uno Iulius Nessuno di questi individui sembra altrimenti attestato 303 [---] Iustus Rif. epigr.: AE 1950, 236 [Bayrūt, Libano] Origo: Berytus, Syria? Cronologia: II sec d C 1156 Bibliografia: Niquet in EDH: HD022129 Di Iustus si ignorano praenomen e nomen Dall’iscrizione che gli era stata dedicata, è comunque possibile comprenderne ampia parte della carriera Egli era stato p. f., duoviro [quinq(uennalis)], flam(en) Mart(ialis) La dedica era stata decisa da un’altra città, forse Tarso, dove è possibile che Iustus godesse di una certa notorietà: [Tarse?]nsium metro[polis] poni constituit
Ritterling RE XII 2, coll 1598–1614 (in cui si proponeva la Germania inferior); Keppie 2000b Ritterling RE XII 2, coll 1747–1758; Wheeler 2000 Si tratta di un’ipotesi fondata sulla complessa polionomia del prefetto Un legame con la famiglia senatoria dei Rupilii è possibile, ma indimostrabile; per il loro albero genealogico, culminato con Marco Aurelio, si veda PIR2 R, p 125 1155 Al di fuori di questa iscrizione, il nomen Herennulaius, in questa forma, non ha altre attestazioni Ovviamente è ben più comune la forma Herennuleius 1156 AE 1950, sub numero
1151 1152 1153 1154
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304 C Lepidius C f Pal Secundus Rif. epigr.: CIL XI, 1326 = ILS 1416 [Luni, Italia] Origo: Luna, Regio VII Cronologia: prima metà del II sec d C 1157 Bibliografia: Pflaum CP 128; Devijver ME (L 5); Traverso 2006 (VII 18); Frasson 2013, pp 27–29 Membro dell’ordine equestre, C. Lepidius Secundus aveva rivestito una p. f., una prefettura di coorte e un tribunato militare Aveva inoltre ottenuto un incarico procuratorio sessagenario di promag(ister) XX heredit(atium) e un augurato a Luni L’iscrizione commemorava un donativo alla dea Luna e sanciva un forte legame con la città, di cui Secundus era certo originario1158 La tribù urbana Palatina suggerisce infine un’origine libertina, quantomeno del padre del prefetto 305 C Licinius Flamma Rif. epigr.: CIG 4346 f-g = IGR III, 779 [Antalya, Turchia] Origo: Attaleia, Lycia et Pamphylia Cronologia: II sec d C Bibliografia: CIG, sub numero Il cursus di C. Licinius Flamma, originario di Attaleia, è noto da una dedica in memoria del figlio Rufus (μνήμης χάριν), morto precocemente e anch’egli p. f. (306): sembra che egli sia stato esclusivamente p. f. (ἔπαρχος τεχνειτῶν) e sacerdote perpetuo – ἱερέυς διὰ βίου Διὸς Τροπαιούχου E’ ragionevole supporre che la prefettura sia stata rivestita a seguito del governatore provinciale 306 [ Licinius] Rufus Rif. epigr.: CIG 4346 f-g = IGR III, 779 [Antalya, Turchia] Origo: Attaleia, Lycia et Pamphylia Cronologia: II sec d C Bibliografia: CIG, sub numero Noto da un’iscrizione di dedica a cura del padre, il p. f. C. Licinius Flamma (305), Rufus – definito νεανίας κόσμιος καὶ σώφρων – era trapassato precocemente Le risorse dei Licinii gli avevano però assicurato una p. f.
1157 Pflaum CP, p 314; Traverso 2006, p 186 1158 Per altri Lepidii a Luni, si vedano: C. Lepidius Fortis e Lepidia Iulia, membri del collegium dei den drophorii (CIL XI, 1326 = ILS 1416); Lepidiana e Lepidius (CIL XI, 6682a e b)
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307 C Licinius C f Fab Valens Rif. epigr.: AE 2007, 1611 [Bayrūt, Libano] Origo: Berytus, Syria Cronologia: II sec d C 1159 Bibliografia: Rey-Coquais 2007, pp 1195–1196, nr 6; AE sub numero Una delle iscrizioni relative alla famiglia dei Licinii di Berytus ha conservato il cur sus di C. Licinius C. f. Valens, morto a ventotto anni A quest’età, Valens poteva vantare di essere hon(oratus) dec[u]rionalib(us) ornam(entis) dec(reto) dec(urionum), p. f. e decurio Evidentemente, il rango di decurione rendeva superflui gli ornamen ta decurionalia, che erano stati forse concessi al principio della carriera di Valens (o addirittura nella sua infanzia) I Licinii dovevano godere di una posizione eminente in città, se questo onore era stato precocemente accordato anche ad altri membri, tutti – come lo stesso Valens – menzionati su basi di colonne marmoree (delle stesse dimensioni e della stessa tipologia) rinvenute all’ingresso nord-orientale della città (si trattava, evidentemente, di una serie di dediche): C. Licinius C. f. Fab. Priscus, morto a diciotto anni, P. Licinius Fronto Fab. Mammaianus (per il quale non si è conservata la menzione dell’età) e Licinia Q. f. Posilla Prisca (morta a sei anni)1160 308 M Maesius M f Vot Maximus1161 Rif. epigr.: CIL V, 5138 [Bergamo, Italia] Origo: Bergomum, Regio XI Cronologia: 90–120 d C 1162 Bibliografia: SupplIt 16, p 321, sub numero; Vavassori in EAGLE: EDR092048 Attestato da un’iscrizione rinvenuta a Bergamo, M. Maesius Maximus fu p. f., quattuorviro i(ure) d(icundo) q(uinquennalis vel –uaestor) e patrono Notabile originario di Bergomum1163, era stato oggetto di una dedica d(ecreto) d(ecurionum), forse in occasione della nomina a patrono
1159 Rey-Coquais 2007, pp 1195–1196 1160 AE 2007, 1611 1161 Praenomen, nomen e filiazione sono identificabili con certezza, nonostante la prima linea dell’iscrizione sia stata quasi del tutto scalpellata con l’intenzione di riutilizzare la lastra 1162 Vavassori in EAGLE: EDR092048 1163 A Bergomum, la tribù più attestata è la Stellatina (Taylor 1960, p 164; Sartori 2010, p 304) e, in città, è probabilmente attestato un altro Maesius (in quello che sembra l’album di un collegium: L. Maesi[us?] – CIL V, 5161)
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309 L Maesius L f Pol Rufus Rif. epigr.: CIL XI, 6117 [Fossombrone, Italia] Origo: Forum Sempronii, Regio VI Cronologia: fra i Flavi ed il II sec d C Bibliografia: PIR2 (M 79); Pflaum CP (117 ter); Devijver ME (M 7); Traverso 2006 (VI 14) L. Maesius Rufus, membro dell’ordine equestre, era senz’altro originario di Forum Sempronii1164 Rufus fu proc(urator) Aug(usti), tribuno della legione XV Apollina ris1165, tribuno della coorte (II) Italic(a) volunt(ariorum) quae est in Syria1166 e p. f. per due volte (bis) Al momento della dedica, non sembra che Rufus avesse ricoperto alcun incarico locale; l’iscrizione gli era stata tuttavia dedicata da municipes et incolae ob merita eius: nello specifico, questi meriti comprendevano il prestito di denaro per l’acquisto di frumento per il mercato pubblico (annona) e la donazione, in occasione della dedica, di trenta sesterzi decurionib(us) singul(is), di dodici sexviris et Augustalib(us) sing(ulis) e di quattro plebi sing(ulis) All’interno dell’iscrizione, erano nominate anche la moglie e la figlia, rispettivamente Maria Casta e Maesia Domitilla 310 [ ] Mandulius L f Ter [Cr]escens Rif. epigr.: CIL II, 4516 = 6147 [Barcelona, Spagna] Origo: Barcino, Hispania citerior? Cronologia: I–II sec d C 1167 Bibliografia: Mariner Bigorra 1973 (38) L’iscrizione era incisa sul basamento di una statua, conservato per metà Mandulius [Cr]escens, attestato da un’iscrizione molto danneggiata, aveva rivestito alcune magistrature a Barcino Non è certo che il prefetto fosse originario di questa città, come suggerito dall’appartenenza alla tribù Teretina1168 e dall’assenza di altri Mandulii a Barcino1169. Secondo la restituzione dell’editore, [Cr]escens fu [aed(ilis) IIvi]r, flamine [Roma]e et Aug(ustorum) Altri incarichi, verosimilmen-
1164 I cittadini di Forum Sempronii erano generalmente ascritti alla tribù Pollia (Taylor 1960, p 163; Antolini, Marengo 2010, p 211); in città si registra la presenza anche di altri Maesii: Maesius [---] Faustus (AE 2013, 489); L. Maesius Eutychianus (padre e figlio) e (Maesia) Secunda (CIL XI, 6147 = IX, 631, 4*) 1165 La legione era di stanza a Satala, in Cappadocia, o a Carnuntum, in Pannonia Superior (Ritterling XII 2, coll 1747–1758; Wheeler 2000) 1166 Cichorius RE IV, col 304; Spaul 2000, p 29 1167 Mariner Bigorra 1973, p 32 1168 A Barcino, la tribù più attestata era la Galeria (Kubitschek IRTD, p 189; Fasolini 2012, p 167) 1169 A mia conoscenza, questa è anzi l’unica attestazione del nomen Mandulius
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te estranei all’ambito più propriamente locale, non si sono conservati, con l’eccezione della p. f., forse rivestita all’interno della Hispania citerior 311 C Manlius [ ] f Q Felix Rif. epigr.: CIL III, 726 = ILS 1419 = IK 19, 45 [Burneri, Turchia] Origo: incerta Cronologia: fra il regno di Tito e quello di Traiano1170 Bibliografia: Pflaum CP (64); Devijver ME (M 22); Kraus 1980 (IK 19), sub numero; PIR2 (M 155) Membro dell’ordine equestre, C. Manlius Felix fu tribuno nella legione VI[I] C(laudia) P(ia) F(idelis)1171 e componente delle decurie dei giudici, scelto dallo stesso imperatore Tito – adlect(o) in decur(ias) iudic(um) selector(um) a divo Tito Il suo rapporto con la casa imperiale non fu episodico: Felix fu infatti p. f. Imp(eratoris) Caesaris Nervae Trai(ani) Germ(anici) Dacici II, cioè in due distinti momenti, forse in occasione delle campagne daciche (101–102 e 105–106 d C ) Egli fu successivamente prefetto della class(is) Pann(oniae) et Germ(aniae), un incarico che ancora pare collegato alle operazioni in Dacia A Felix fu infine aperta la carriera procuratoria, con gli incarichi di proc(urator) Aug(usti) reg(ionis) Chers(onesi) (centenario) e proc(urator) Aug(usti) XX hered(itatium) (ducenario) L’iscrizione gli era stata dedicata d(ecreto) d(ecurionum) Il suo ruolo ufficiale in Thracia (luogo di rinvenimento dell’iscrizione) e l’assenza di incarichi municipali suggeriscono che Felix si trovasse su quel territorio per ragioni di servizio e non ne fosse quindi originario La sua posizione aveva comunque giustificato una dedica da parte di un consiglio decurionale locale Il fatto che non siano menzionati incarichi durante il regno di Domiziano è in qualche modo sorprendente, perché se è vero che la damnatio memoriae aveva colpito l’imperatore1172, non si vede perché Felix non dovesse vantare le posizioni conseguite in quel quindicennio La posizione di p. f. per Traiano, mi pare, in questo senso, significativa: forse i due erano uniti da una conoscenza di antica data, da una comune origine iberica o, ancora, avevano avuto occasione di entrare in contatto nel corso delle rispettive carriere
1170 L’iscrizione si data invece fra 110 e 114 d C , sulla base della procuratela XX hereditatium e della titolatura di Traiano 1171 “Viminacii tendentis sub Vespasiano” (PIR2 M 155); Ritterling RE XII 2, coll 1614–1629 1172 Suet Dom 23; Plin Iun Paneg LII, 4–5
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312 C Marius Aelianus Rif. epigr.: CIL V, 7373 [Tortona, Italia] Origo: Dertona, Regio IX Cronologia: II sec d C 1173 Bibliografia: Pettirossi in EAGLE: EDR107046 C. Marius Aelianus, notabile ed eques romano, è attestato dall’iscrizione da lui stesso dedicata al figlio, C. Marius Iulianus, morto ventiquattrenne Il giovane aveva comunque ottenuto l’accesso all’ordine equestre e il flaminato Dert(onae) E’ dunque chiaro che la famiglia dovesse essere originaria di questa città1174 Il cursus del padre menzionava la posizione equestre di iudex inter selec(tos) ex V dec(uriis) e una p. f. Seguivano il quattuorvirato i(ure) d(icundo) e il flaminato Vercel(lis), il duovirato e il flaminato Dert(onae), il pontificato, il decurionato e il flaminato Genuae Il testo illustra chiaramente la solidità della posizione di Aelianus, notoria in tre importanti centri della Regio IX L’iscrizione menzionava in chiusura anche la moglie del prefetto, Iulia Thetis, senz’altro una liberta della famiglia 313 C Mettius M f Rufinus Rif. epigr.: CIL X, 413 = InscrIt III 1, 75 [Buccino, Italia] Origo: Volcei, Regio III Cronologia: fine I – metà II sec d C 1175 Bibliografia: Bassignano 1996 (21); De Carlo 2015, p 272; Soldovieri in EAGLE: EDR118174 Attestato da un’iscrizione rinvenuta presso l’antica Volcei, C. Mettius Rufinus fu flamen divi Vesp(asiani), p. f. e curator r(ei) – vel p(ecuniae) – p(ublicae) Vol(ceia norum)1176 Né Rufinus, né il figlio C. Mettius Aper, dedicante dell’iscrizione, sono però altrimenti attestati
1173 Pettirossi in EAGLE: EDR107046 1174 A Dertona sono inoltre attestati [M. M]arius M. f. Libertus trib(unus) cohor(tis), sua sorella Maria M. f. Pupa e suo figlio [ ] Marius M. f. (SupplIt 26, pp 123–124, nr 3) 1175 Soldovieri in EAGLE: EDR118174 1176 Per una trattazione della bibliografia precedente e del dibattito relativo alla lettura del testo, si veda De Carlo 2015, p 272 (favorevole alla curatela pecuniae publicae; contra ad es Bassignano 1992, p 64)
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314 Cn Munatius M f Pal Aurelius Bassus Rif. epigr.: CIL XIV, 3955 = ILS 2740 [Mentana, Italia] Origo: Nomentum, Regio I Cronologia: prima metà del II sec d C 1177 Bibliografia: Pflaum CP 83; Devijver ME (M 72); Birley 2005, pp 325–326; Pettirossi in EAGLE: EDR132814 Il cursus di Cn. Munatius Aurelius Bassus, eques romano di Nomentum, comprendeva numerosi incarichi, ricoperti in città e nelle province L’ascrizione alla tribù Palatina, tradizionalmente associata ai liberti, potrebbe indicare un’origine libertina del padre naturale del prefetto Un Aurelius Bassus sarebbe quindi stato adottato da un Cn Munatius1178 L’iscrizione si apriva con una procuratela Augusti (non meglio precisata)1179; seguivano le posizioni di p. f., prefetto della coorte III Sagittariorum (dislocata in Germania fino al proprio scioglimento1180), prefetto per due volte (iterum) della II coorte Asturum (di stanza in Germania e poi in Britannia)1181, censitor civium Romanorum coloniae Victricensis quae est in Brittannia (sic) Camaloduni (sic), curator della via Nomentana Seguivano posizioni di carattere propriamente locale: patrono del municipium, flamine perpetuo, edile duumvirali potestate, dictator per quattro volte1182 Secondo A R Birley, è probabile che ad Au relius Bassus sia stato affidato il compito di censire la comunità di Camulodunum, mentre si trovava già impegnato in Britannia1183. In tal caso, l’ipotesi più probabile è che fosse al comando della II coorte degli Asturi, ma anche la posizione di p. f. non può essere esclusa1184
1177 Una datazione all’età traianea è stata suggerita in Pflaum CP, p 1051 e Devijver ME, M 72, p 584; supponendo che il padre del prefetto fosse un liberto della casa imperiale di epoca antonina o severiana, A Birley (2005, pp 325–326) ha proposto invece una datazione più tarda, alla fine del II sec d C 1178 A Nomentum è del resto attestato un Cn. Munatius Bassus (CIL XIV, 3951); cfr anche AE 1976, 113 = 1978, 63 (L. Munatius Trophimus), probabilmente un altro liberto dei Munatii 1179 Cfr Birley 2005, p 326; contra Pflaum CP, p 1051, in cui si suggerisce di identificare la procuratela con la posizione di curator viae Nomentanae 1180 Si tratta di un’unità raramente attestata, forse di stanza in Germania superior (Cichorius RE IV, col 330; Spaul 2000, p 487; Birley 2005, p 326) 1181 Spaul 2000, pp 75–76 1182 A Nomentum, come del resto in altre realtà del Latium vetus divenute municipia prima della Guerra Sociale, la dittatura era la suprema magistratura ordinaria (Campanile, Letta 1979, p 35) 1183 Birley 2005, p 326 1184 Per altri prefetti coinvolti in operazioni di census, si vedano le schede 1; 2; 58; 102; 246; Inc. 24; cfr anche 196
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315 T Mutius T f Cracilis Rif. epigr.: CIL V, 2835 [Padova, Italia] Origo: Patavium, Regio X? Cronologia: II sec d C ?1185 Bibliografia: CIL V, sub numero Rinvenuta a Padova, l’iscrizione dedicata d(ecreto) d(ecurionum) publice a T. Mu tius Cracilis menzionava una p. f. e il duovirato i(ure) d(icundo) In città non sono attestati altri Mutii 316 C Nasennius C f Marcellus Rif. epigr.: a CIL XIV, 171 = ILS 2741 [Ostia Antica, Italia] b Fasti Ostienses – 111 d C Cfr CIL XIV, 446 = 4457 Origo: Nomentum, Regio I Cronologia: prima metà del II sec d C Bibliografia: Meiggs 1973, pp 185, 509, 560, nr 9; Marchesini in EAGLE: EDR143610; Id EDR106560 L’iscrizione [a ], meglio conservata, ma priva della porzione inferiore, contiene l’intero cursus di Marcellus Nel testo, il personaggio è definito senior: il figlio, attivo negli stessi anni del padre, doveva essere omonimo Attestato da un’iscrizione dedicata dalla liberta Nasennia Helpis, il cursus di C Na sennius Marcellus lo qualifica come esponente del notabilato ostiense1186 ed eques romano Secondo l’ordine di presentazione del cursus, egli fu prefetto della coorte I Apamenorum (in Syria o in Egitto)1187, tribuno della coorte I Italica civium Romanorum voluntariorum (probabilmente dislocata in Syria)1188, prefetto dell’ala Phrygum (anch’essa di stanza nelle province orientali)1189 Fra le tres militiae – in apparenza, tutte ricoperte in Oriente – e gli incarichi locali, si menzionava una p. f. Seguivano l’edilità, la questura, il duovirato per due volte e la quinquennalità in una terza occasione1190, la costosa curatela perpetua operum publicorum et aqua
1185 Così devono essere intese le litterae bonae del commento nel CIL 1186 A Ostia, la gens Nasennia è ben attestata e godeva di una posizione preminente (Meiggs 1973, pp 185, 509 e 560) 1187 Spaul 2000, pp 425–426 1188 Spaul 2000, pp 26–27 1189 Cichorius RE I 1–2, col 1257 1190 Così ritengo si debba intendere la formula a ll 3–4 duumvi/ro quinquennali III
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rum, la pretura e il pontificato dei Laurentes Lavinates1191 Di Ostia egli era infine divenuto patrono Nell’iscrizione era menzionato anche un Nasennius Saturninus, marito di Nasennia, senz’altro un altro liberto dei Nasennii Nominato anche sui Fasti Ostienses per l’anno 111 d C , Marcellus è ben distinguibile da uno dei suoi omonimi discendenti, curator operum publicorum nell’anno 184 d C 1192 Il testo di una terza iscrizione – molto danneggiata e rinvenuta nell’area del Piazzale delle Corporazioni – è stato attribuito a Nasennius Marcellus1193 317 C Oclatius C f Pal Modestus Rif. epigr.: CIL IX, 1619 = ILS 5502 = AE 1995, 363 [Benevento, Italia] Origo: Beneventum, Regio II Cronologia: età adrianea Bibliografia: Jacques 1983, pp 261–263; Devijver ME (O 3); Traverso 2006 (II 86); De Carlo 2015, p 196; Camodeca in EAGLE: EDR137714 Forse originario di Beneventum1194, C. Oclatius Modestus rivestì in città il sacerdozio di augure e le magistrature di duoviro i(ure) d(icundo) e questore per due volte Secondo la sequenza presentata nel cursus, avrebbe poi ottenuto una p. f. Romae, senz’altro al seguito di un pretore o di un console Le militiae, segno di un acquisito rango equestre, includevano una prefettura della coorte II Pannonior(um) in Britannia (o forse in Oriente1195), una della coorte III Ityraeor(um) in Egitto1196 e un tribunato nella legione IIII Scythic(a), all’epoca di stanza in Syria1197 Personaggio eminente anche al di fuori di Beneventum, Modestus fu curat(or) rei p(ubli cae) Aecanor(um) e curatore kalendari rei p(ublicae) Canusinor(um) per volere di Traiano – definito divus – e Adriano In ossequio a quest’ultimo, Modestus curò la dedica di quadriga cum effigie Imp(eratoris) Hadriani Aug(usti), spendendo più di quanto era stato originariamente programmato e distribuendo denaro al popolo – viritim populo (denariis) sing(ulis) distributis
1191 Sui collegi religiosi riorganizzati al tempo di Augusto (fra i quali gli stessi Laurentes Lavinates), in rapporto all’autonomia religiosa cittadina, si veda la sintesi contenuta in Frateantonio 2003, pp 64–77 1192 CIL XIV, 172 = ILS 1429 1193 CIL XIV, 446 = 4457; cfr Marchesini in EAGLE: EDR106560 1194 Jacques 1983, p 262; l’ascrizione alla tribù urbana Palatina, a cui erano generalmente ascritti i liberti, non esclude un’origine beneventana 1195 Birley (E ) 1988, p 152 1196 Spaul 2000, p 446–447 1197 Ritterling RE XII 2, coll 1556–1564; Speidel 2000
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318 M Oppius Capito Quintus Tamudius Q f T n T pron Vel Milasius Aninius Severus Rif. epigr.: a CIL IX, 5831 = ILS 6572 [Osimo, Italia] b CIL IX, 5832 = ILS 6573 [Osimo, Italia] Origo: Auximum, Regio V Cronologia: II sec d C (131–170 d C )1198 Bibliografia: Devijver ME (O 21); Jacques 1983, pp 272–276; Traverso 2006 (V 6); Branchesi in EAGLE: EDR015302; EDR015303 La complessa onomastica di M. Oppius Capito Quintus Tamudius Milasius Aninius Severus suggerisce una complessa serie di relazioni familiari, orgogliosamente rivendicate anche nella menzione del padre e degli avi Rinvenute nella sua città d’origine, Auximum1199, due iscrizioni di dedica a Severus erano state curate da diverse comunità: [a ] da parte degli Auximates, [b ] da parte dei Treienses Da quest’ultimo testo, più tardo, si apprende l’interezza del cursus del personaggio1200: membro dell’ordine equestre – equo publico –, iudex selectu(s) ex V decur(iis), tribuno della legione VIII Aug(usta) (a quest’epoca di stanza in Dalmatia1201) e p. f. Egli era inoltre patrono delle colonie di Auximum e Aesis e dei municipia di Numana e Treia A questa città, egli era stato del resto assegnato come curator ab Imp(eratore) Antonino Aug(usto) – Caracalla secondo W Eck, Antonino Pio secondo M Traverso1202 Ad Auximum, egli era stato anche pontefice, quinquennale per due volte e questore per quattro volte – tutti dati desumibili dal solo testo [a ] 319 C Otidius P f Quir Iovinus Rif. epigr.: CIL VIII, 14611 = ILS 6811 = AE 1888, 57 [Chemtou, Tunisia] Origo: Simitthus, Africa Proconsularis Cronologia: primo quarto del II sec d C (età traianea?) Bibliografia: Fishwick 1964, pp 342, 346; Id 2002, pp 128–130 Oggetto della dedica di una statua pecunia publ(ica) da parte della comunità di Simitthus, C. Otidius Iovinus era ricordato per posizioni rivestite al di fuori del-
1198 Branchesi in EAGLE: EDR015303 1199 La famiglia, ben attestata in città (Gasperini, Paci 1982, pp 236–237), era originaria di Auximum, la cui popolazione era, in larga misura, ascritta alla tribù Velina (Taylor 1960, p 162; Antolini, Marengo 2010, p 209) 1200 Come osservato da M Traverso (2006, p 129), il testo è privo di un chiaro ordine di presentazione degli incarichi, forse genericamente menzionati per ambito operativo 1201 Ritterling RE XII 2, coll 1642–1664; Reddé 2000 1202 Eck 1999, p 238; Traverso 2006, p 129
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la sua città d’origine1203: p. f. e sacerdos provinc(iae) Afric(ae) anni XXXVIIII, un incarico mai ottenuto dai suoi concittadini – primus ex colonia sua hunc honorem gessit D Fishwick è tornato a più riprese sulla datazione del sacerdozio provinciale, senz’altro rivestito a Cartagine Le sue conclusioni di una datazione all’età flavia, in particolare al 70–72 d C , sembrano ancora valide1204 Il trentanovesimo anno del sacerdozio1205 doveva dunque corrispondere ad uno dei primi anni del II sec d C , Traiano imperatore Honore contentus, Iovinus aveva sostenuto le spese per l’erezione della statua L’iscrizione era stata dedicata dal fratello, Q Otidius Praenestinus, anch’egli p. f. (320) Il nomen Otidius non sembra altrimenti attestato 320 Q Otidius P f Quir Praenestinus Rif. epigr.: CIL VIII, 14611 = ILS 6811 = AE 1888, 57 [Chemtou, Tunisia] Origo: Simitthus, Africa Proconsularis Cronologia: primo quarto del II sec d C (età traianea?) Bibliografia: Fishwick 1964, pp 342, 346; Id 2002, pp 128–130 Per la cronologia relativa a Q. Otidius Praenestinus, si deve fare riferimento al flaminato provinciale del fratello Iovinus, anch’egli p. f. (319) e pertinente ad età traianea Praenestinus, che aveva curato la dedica di una statua decretata dalla comunità di Simitthus al fratello, menzionava esclusivamente una p. f. – non è chiaro se rivestita al momento della dedica o in un momento precedente Nonostante l’ascrizione alla tribù Quirina, condivisa con la maggior parte degli abitanti di Si mitthus1206, il cognomen Praenestinus sembra indicare un’origine italica 321 M Petronius Firmus Calpurnius Saecularis Rif. epigr.: IGR III, 781 [Antalya, Turchia] Origo: Attaleia, Lycia et Pamphylia Cronologia: II sec d C Bibliografia: IGR III, sub numero
1203 Per lo più, la popolazione di Simitthus era ascritta alla tribù Quirina (Kubitschek IRTD, p 154) 1204 Fishwick 1964, in part pp 362–363; Id 2002, pp 130–132; per un simile intervento da parte della dinastia flavia, si veda Fishwick 1999, dedicato al santuario delle Tre Gallie 1205 Sacerdoti degli anni precedenti non sono al momento noti Si conoscono tuttavia L. Iulius L. f. Quir. Cerealis, per l’anno quarantesimo (ILAfr 458 + AE 1964, 177 – da Bulla Regia); P. Mummius L. f. Pa pir. Saturninus, per l’anno centotredicesimo (CIL VIII, 12039 = ILS 6812 – da Furnos Maius); cfr anche Felix Blaesianus da Utica, per il quale non si è tuttavia conservato il numerale del sacerdozio (CIL VIII, 25385 = AE 1906, 120) 1206 Kubitschek IRTD, p 154
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Noto da un’iscrizione rinvenuta ad Attaleia, di cui era con ogni probabilità originario, M. Petronius Firmus Calpurnius Saecularis rivestì importanti posizioni civiche, a partire da due sacerdozi: quello perpetuo di Apollo Archegetas – ἱε[ρ]έυς διὰ βίου θεοῦ Ἀπόλλωνος [Ἀ]ρχηγέτου – e quello degli Augusti – ἀρχιερέυς τῶν Σεβαστῶν Collegato a quest’ultimo sacerdozio era l’agonotesia [με]γάλων πενταετηρικῶν [Καισα]ρήων ἀγώνων Dopo quest’ultima posizione, compariva una p. f. – ἔπαρχος τ[ε]χνειτῶν – forse rivestita nella provincia In chiusura al cursus, la posizione preminente del prefetto era così sancita: υἱὸς βουλῆς δή[μου] γερουσίας, στρατηγήσας [καὶ] εἰρηναρχήσας 322 M Porcius M f Aniens Aper Rif. epigr.: CIL II, 4238 = CIL II2/14, 1160 = RIT 300 [Tarragona, Spagna] Origo: Caesaraugusta (Tarraco?) Hispania citerior Cronologia: prima metà del II sec d C 1207 Bibliografia: Pflaum CP 187; Alföldy 1973 (54); Devijver ME (P 94); Álvarez-Melero 2013, p 150, nr 15 Dedicata dalla P(rovincia) H(ispaniae) C(iterioris), l’iscrizione onoraria di M. Por cius Aper menzionava il duovirato (senz’altro a Tarraco1208), una p. f., il tribunato nella legione VI Ferrata (di stanza in Syria1209), la procuratela sessagenaria August(i) ab alimentis e il flaminato della P(rovincia) H(ispaniae) C(iterioris) Nonostante l’ascrizione alla tribù Aniensis abbia suggerito di riconoscere in Caesaraugusta la città d’origine del prefetto1210, la presenza di numerosi Porcii nella capitale della provincia potrebbe indicare che la famiglia si fosse ormai stabilita (o si sarebbe a breve stabilita) a Tarraco1211
1207 Álvarez-Melero 2013, p 150 1208 L’assenza di qualsiasi altra indicazione deve essere interpretata in questo senso (cfr anche Devijver ME, p 672) 1209 Ritterling RE XII 2, coll 1587–1596; Cotton 2000 1210 Pflaum CP, pp 509–510; Alföldy 1973, p 84 In effetti, i cittadini di Tarraco erano ascritti alla tribù Galeria (Kubitschek IRTD, pp 99–200; Fasolini 2012, pp 442–445) 1211 In città, sono attestati: Porc(ius) Paris (CIL II, 4163 = II, 6071 = II2/14, 3, 1293 = RIT 370); Porcius Felix, seviro e magister augustalis (CIL II, 4303 = II2/14, 3, 1259 = RIT 423); Porcius Longinus (CIL II 4393 = II2/14, 3, 1338 = RIT 464); L. Porcius Arb(?) (CIL II, 4966, 8); L. Porcius [---] (CIL II2/14, 3, 1275 = RIT 486); M. Porcius Thallus (CIL II2/14, 3, 1538 = RIT 568); Porcius Pollux (CIL II2/14, 3, 1648 = RIT 648); Porcia, moglie di Hieron (CIL II, 4291 = II2/14, 3, 1244); Lucia, figlia di Porcius (CIL II, 4386 = I, 3458 = II2/14, 3, 1607 = RIT 11); Porc(ia) Flaminina (CIL II2/14, 3, 1539 = RIT 569); Porc(ia) Corinthis (CIL II2/14, 3, 1646 = RIT 646); Porcia Procula (CIL II, 4397 = II2/14, 3, 1341 = RIT 466); Porcia Eucheria (CIL II, 4396 = II2/14, 3, 1647 = RIT 647)
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323 L Porcius T f Vol[t ] Latinus Rif. epigr.: CIL XII, 1897 = ILN V 1, 68 [Vienne, Francia] Origo: Vienna, Provincia Narbonensis Cronologia: seconda metà del II sec d C 1212 Bibliografia: Pflaum 1978, p 256, nr 19; Sablayrolles 1984 (17); Burnand 2006 (191 E 148) Eques romano, L. Porcius Latinus era senz’altro originario di Vienna1213 In testa al suo cursus, era menzionato l’accesso all’ordine equestre – equo public(o) ornatus Seguivano la p. f., ottenuta due volte – I(I) – il duovirato aer(arii) e il triumvirato loc(orum) publ(icorum) perseq(uendorum)1214 Gli incarichi sembrano suddivisi per ambito operativo e non mi pare possibile individuare l’andamento del cur sus1215 L’iscrizione era una dedica posta dalla sorella Porcia T. f. Tutel[a], attestata nel territorio di Vienna anche da un’altra dedica funeraria, in cui figura accanto al duovir aerarii C. Terentius C. f. Voltinia Viator1216 324 [L ?] Publilius L f Fa[l ] Memorialis Rif. epigr.: CIL XI, 7554 = ILS 9195 = AE 1896, 10 = 1952, 34 [San Liberato – Bracciano, Italia] Origo: Forum Clodii, Regio VII? Cronologia: età traianea Bibliografia: Pflaum CP (35a, 1); Ottavianelli in EAGLE: EDR071641 Non è chiaro se Publilius Memorialis, eques romano, fosse effettivamente originario di Forum Clodii, dove del resto non sono attestati altri Publilii1217 Il cursus di Memorialis è inoltre caratterizzato da incarichi estranei alla dimensione più propriamente locale La prima posizione menzionata è la p. f.; seguivano la prefettura della coorte III [C]yrenaica sagittariorum1218, il tribunato nella legione X Freten sis (di stanza in Oriente1219), la prefettura gentis Numidar(um), l’incarico di dilic tat(or) (sic) [tir]onum ex Numidar(um) lecto[r(um)] della legione III Augusta in 1212 Burnand 2006, p 435, in cui si propende per una datazione più vicina alla fine del II sec d C 1213 La cittadinanza di Vienna era infatti comunemente ascritta alla tribù Voltinia (Kubitschek IRTD, p 212; cfr Bérard 2010) 1214 Il triumvirato l. p. p., creato dopo la deduzione della colonia, al tempo del principato di Caligola, costituiva l’incarico più prestigioso di Vienna (Pelletier 1982, pp 84–89; Gascou 1997, pp 95–96) 1215 Contra Burnand 2006, pp 434–435, in cui si riconosce un ordine di presentazione diretto 1216 CIL XII, 1901 = ILN V 1, 102 (da Estrablin – nel testo la donna figura come Portia T. f. Tutela) 1217 Anche la tribù Falerna, a cui apparteneva Memorialis suggerisce prudenza: in effetti, la cittadinanza era generalmente ascritta alla tribù Arnensis (Taylor 1960, p 163; Arnaldi, Gasperini 2010, p 227) 1218 Spaul 2000, p 388 1219 Ritterling RE XII 2, coll 1671–1678; Dabrowa 2000b
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Africa1220. In assenza della menzione di un tribunato o di una prefettura nella legione III Augusta, questi ultimi incarichi nella Proconsolare erano stati senz’altro svolti alle dipendenze del governatore1221, che Memorialis aveva forse conosciuto nella propria carriera precedente, o da p. f. L’iscrizione, danneggiata nella parte inferiore, menzionava un incarico non conservato e una posizione nelle ferrariae – forse Gallicae, che, secondo la ricostruzione di Pflaum, sarebbero state istituite da Traiano1222 325 A Quinctilius A f Pal Priscus Rif. epigr.: a CIL X, 5852 [Ferentino, Italia] b CIL X, 5853 = XI, 248, 2* = ILS 6271 = AE 1992, 252 [Ferentino, Italia] Origo: Ferentinum, Regio I / Roma? Cronologia: inizi II sec d C Bibliografia: CIL sub numero; Duncan-Jones 1974, p 296 e n 3 Il testo [a ] menziona anche il patronato, senz’altro ottenuto dopo la stesura del testo [b ], redatto in occasione di un importante atto di evergetismo e inciso su di un grande monumento ricavato nella roccia, poco fuori dalle mura urbiche, sulla strada per Frusino; al di sopra di un frontone, era senz’altro stata eretta una statua di Priscus, non conservata Figura eminente a Ferentinum, A. Quinctilius Priscus era forse originario di Roma, come suggerisce l’ascrizione alla tribù urbana Palatina E’ del resto possibile che egli discendesse da un liberto della gens senatoria dei Quinctilii Quattuorviro aed(ilicia) pot(estate), quattuorviro i(ure) d(icundo), quattuorviro quinq(uenna lis) adlec(tus) ex s(enatus) c(onsulto), pontefice, p. f. e patronus municipii Il cursus è senz’altro redatto in ordine diretto Il complesso testo [b ] menzionava l’acquisto di alcuni terreni di proprietà della città per 70 000 sesterzi – fundi Ceponian(um) et Roianum et Mamian(um) et pratum Exosco Priscus li aveva poi restituiti alla città, stabilendo un prelievo annuo di 4 200 sesterzi (il 6 % del valore totale delle proprietà1223), destinato a finanziare la distribuzione di denaro e crustulum et mul sum a decurioni e cittadini, in occasione del suo dies natalis, VI Id(us) Mai(as) 1220 Ritterling RE XII 2, coll 1493–1505; Le Bohec 1989b; Id 2000a 1221 E’ suggestivo immaginare che Memorialis avesse accompagnato il governatore da p. f., ma non ci sono – in effetti – elementi sufficienti a sostenerlo 1222 H -G Pflaum (CP, p 1053; Suppl , p 119) individuava queste ferrariae a Lione A l 9 si sono conservate le lettere [---]E ITEM FERRAR[iar(um) ---]; per questa restituzione, si veda Ottavianelli in EAGLE: EDR071641 Sulle ferrariae, cfr anche Hirt 2010, pp 140–145, in cui – opportunamente – si suggerisce maggiore prudenza nell’individuazione di questo centro estrattivo, anche in riferimento alla stele di Memorialis 1223 Duncan-Jones 1974, p 296 e n 3
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326 Sex Quinctilius Sex f Ani Valerius Maximus Rif. epigr.: CIL III, 384 = ILS 1018 = IK 53, 39 [Kemally, Turchia] Cfr AE 1914, 203 = IK 53, 40; IG V, 1; SEG VI, 650 Origo: Alexandreia Troas, Asia Cronologia: età traianea Bibliografia: Halfmann 1979 (75); Ricl 1997 (IK 53), sub numero; Feraudi Gruenais in EDH: HD036199 Ascritto alla tribù Aniensis di Alexandreia Troas1224, Sex. Quinctilius Valerius Maxi mus discendeva forse da uno dei veterani insediati nella colonia in età augustea1225 Il suo cursus è attestato da una sola iscrizione, dedicata dal vic(us) X, probabilmente in occasione della concessione d(ecreto) d(ecurionum) di IIviralib(us) et sacerd(otalibus) ornam(enta)1226 La sua carriera lo aveva condotto nell’ordine senatorio – lato clavo exornato a divo Aug(usto) Nerva –, un riconoscimento dopo il quale aveva ottenuto la questura Pont[i] et Bithyniae1227 La sua carriera aveva già incluso una p. f., il duovirato, il pontificato e il patronato della colonia (citati nel testo, in ordine inverso) Un legame col console ordinario dell’anno 151 d C e proconsole d’Asia fra 169 e 170 d C , Sex. Quintilius Valerius Maximus, pare probabile1228, tanto più che – sulla base di una proposta di W H Waddington – lo stesso prefetto è stato generalmente identificato con un Maximus, incaricato da Traiano ad ordinandum statum liberarum civitatium in Achaia e attestato dall’epistolario pliniano1229 Secondo Th Mommsen, si trattava dello stesso διορθωτὴς τῶν ἐλευθέρων πόλεων andato in Epiro in visita da Epitteto1230 Ancora, E Groag suggerì di identificarlo con l’anonimo questore, proposto da Traiano alla guida delle finanze di una grande città (anch’essa non menzionata) nel 100 d C 1231 Sulla base di queste ipotesi, M Ricl ha suggerito che Valerius Maximus avesse ottenuto il tribunato nel 100–101 d C e la pretura nel 103 o poco dopo, seguiti dall’incarico
1224 Si tratta della tribù più comunemente attestata in città (Kubitschek IRTD, p 247; Camia 2010, p 368); cfr anche Ricl 1997, p 73 1225 Sulle ipotesi relative alla data di fondazione della città, si veda Laffi 2004 = 2007, pp 175–186 1226 Secondo M Ricl (1997, p 74), tutti i vici di Alexandreia Troas avevano curato una dedica analoga al prefetto 1227 Su questo passaggio dall’ordine equestre a quello senatorio e sulla possibile relazione con competenze militari o amministrative, si vedano le considerazioni proposte in Birley 2000, sopr pp 109–110 1228 PIR Q 24; Halfmann 1979, p 163; M Ricl (1997, p 260) ha proposto che il console fosse il figlio del prefetto: pur con prudenza, l’ipotesi mi pare valida Per una rassegna dei dati relativi alla famiglia senatoria dei Quintilii, originari della Troade, si veda ivi, pp 259–265, T 175; cfr anche IK 53, 40 (Alexandreia Troas), iscrizione frammentaria pertinente ad un Quintilius 1229 Plin Ep VIII, 24; Le Bas, Waddington 1870, p 1037 1230 Arr Diss. Epict III, 7; Mommsen in CIL III, 6103 1231 Groag 1924, col 435
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di corrector delle civitates liberae in Achaia1232 Considerata la solidità della posizione guadagnata nel tempo dai Quintilii, tutte queste proposte restano possibili, ma l’assenza di solidi elementi suggerisce una certa prudenza Pare dunque più corretto limitarsi a riaffermare l’esistenza di un legame familiare con il consolare Valerius Maximus 327 M Quinc[tius?] Fab Runco Rif. epigr.: Pais 682 = 1269 = InscrIt X 5, 46 [Brescia, Italia] Origo: Brixia, Regio X Cronologia: II sec d C ? Bibliografia: Fasolini in EAGLE: EDR090046 Senz’altro originario di Brixia, Runco apparteneva con ogni probabilità alla famiglia dei Quinctii, ben attestati in città1233 Il solo incarico rivestito al di fuori della dimensione locale fu una p. f., menzionata in testa al cursus Prima del duovirato, citato in chiusura all’iscrizione, Runco vantava la donazione di 150 000 sesterzi – res(tituenda) int[roit(um)] et aedem Mer[curi] Se l’integrazione int[roit(um)] è corretta, si trattava forse di una struttura antistante la cella propriamente detta (aedes): il pronao, un cortile o, ancora, le scale del podio 328 [ Rago?]nius [ f Pap Res]titutus Rif. epigr.: CIL V, 8782 [Oderzo, Italia] Origo: Opitergium, Regio X Cronologia: seconda metà II sec d C 1234 Bibliografia: Alföldy 1984, p 114, nr 144; Nicolini in EAGLE: EDR093762 L’iscrizione era stata incisa su di una base marmorea, all’interno di una cornice modanata; la base è conservata soltanto per metà I soli incarichi attestati per [Res]titutus sono il quatturovirato [i]ur(e) d(icundo) e una p. f. L’iscrizione fu dedicata d(ecreto) d(ecurionum); il nome del curatore non si è conservato
1232 Ricl 1997, pp 73–74, a cui si rinvia anche per l’abbondante bibliografia dedicata alle ipotesi di Waddington, Mommsen e Groag La studiosa ha suggerito che anche le iscrizioni IG V, 1 (Cythera) e SEG VI, 650 (Attaleia) possano essere ricondotte al prefetto 1233 A supporto dell’origine bresciana, cfr l’ascrizione alla tribù Fabia (Taylor 1960, p 164); i Quin ctii di Brixia: il seviro augustale T. Quinctius T. l. Daphnus (CIL V, 4461 = InscrIt X 5, 250); il duoviro L. Quinctius P. f. Fab. Grullus e i suoi figli Labeo, Scipio, Quinctia, L. Quinctius L. f. Ursulus (CIL V, 4462 = InscrIt X 5, 251; P. Cornelius P. f. Scipio, nella stessa iscrizione – cfr CIL V, 4694 = InscrIt X 5, 505; CIL V, 4587 = InscrIt X 5, 383; InscrIt X, 252 = AE 1972, 207); Quinctia Sex. f. Prisca, suo padre Sex. Quinctius, sua madre Aemilia Paulla e Quinctia Procula, forse la sorella (CIL V, 4701 = InscrIt X 5, 512) 1234 Nicolini in EAGLE: EDR093762
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329 T Sabidius T f Pal Maximus Rif. epigr.: CIL XIV, 3674 = ILS 1889 = InscrIt IV 1, 197 [Tivoli, Italia] Origo: Tibur, Regio I / Roma? Cronologia: fine I – II sec d C 1235 Bibliografia: Ricci in EAGLE: EDR127753 T. Sabidius Maximus, esponente del notabilato tiburtino1236, ottenne in città i sacerdozi di pontefice, salius e curator del tempio di Ercole Vincitore Egli fu anche tribunus aquarum1237, q(uin)q(uennalis) e patronus municipii In testa al cursus, Ma ximus vantava alcune funzioni, ricoperte al di fuori del contesto tiburtino: scriba q(uaestorius), sexprim(us) bis (responsabile – per due volte – delle decurie degli scribae)1238 e p. f. Nell’iscrizione, si specificava che il luogo per la sepoltura era stato concesso voluntate populi decreto senatus Tiburtium La posizione della gens Sabidia a Tibur era senz’altro preminente: in città, un T. Sabidius [---] fu augure, salius, nonché cu[rator fani H(erculei) V(ictoris)]1239 Egli raggiunse anche l’ordine equestre, avendo ottenuto una prefettura di coorte1240. In città, sono ben attestati i liberti Dionysius, Helico e Hermes, posti a capo di figlinae destinate alla lavorazione del piombo – numerose fistulae acquarie sono infatti state rinvenute in città, come del resto a Roma e nella vicina Trebula Suffenas1241 Altri Sabidii, verosimilmente liberti, raggiunsero posizioni di rilievo: T. Sabidius Phoebus, curator del tempio di Ercole e questore1242 e T. Sabidius Victor, scriba r(ei) p(ublicae)1243
1235 Ricci in EAGLE: EDR127753 1236 L’origine dei Sabidii va forse cercata nella stessa Roma, dove del resto Maximus aveva operato Al contrario della tribù urbana Palatina, cui il prefetto era ascritto, a Tibur era infatti maggiormente diffusa la Camilia (Taylor 1960, p 162; Ricci 2010b, pp 154–155) 1237 Il tribunato aquarum non è altrimenti attestato 1238 Cic ND III, 30; David 2012, p 277 1239 CIL XIV, 3673 = InscrIt IV 1, 217 1240 A parere di H Devijver (ME, p 717, S 2), si tratterebbe di un individuo “eiusdem stirpis, filius vel nepos (?)” In mancanza di solidi elementi datanti, potrebbe anche trattarsi del figlio del prefetto, tanto più che T. Sabidius [---] riuscì a raggiungere il rango equestre 1241 P. Sabidius Dionysius: CIL XIV, 3532 = 3705a-b = XV, 7904, 1 = InscrIt IV 1, 621 (Tibur); CIL XIV, 3705a = XV, 7904, 2 (Roma); T. Sabidius Helico: CIL XIV, 3706a-g = XV, 7905, 1–7 = InscrIt IV 1, 622a–g (Tibur); P. Sabidius Hermes: CIL XIV, 3704 = XV, 7908 = InscrIt IV 1, 624; CIL XIV 3707 = InscrIt IV 1, 623; CIL XV, 7907b (Tibur); cfr CIL XV, 7906 Per la fistula di P. Sabidius Dionysius da Trebula Suffenas, si veda Marino 2014, p 101, fig 14 3 1242 CIL XIV, 3675 = InscrIt IV 1, 216 1243 CIL XIV, 3699 = XV, 7892 = InscrIt IV 1, 625
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330 C Sagurus C f Clu Priscus Rif. epigr.: CIL XI, 5959 [Acqualagna – Pesaro-Urbino, Italia] Origo: Pitinum Mergens, Regio VI Cronologia: prima metà del II sec d C 1244 Bibliografia: PIR2 (S 47); Devijver ME (S 5); Traverso 2006 (VI 41) C. Sagurus Priscus, attestato da un’iscrizione di dedica rinvenuta a Pitinum Mer gens, aveva percorso parte del cursus nella propria città natale1245, ma aveva anche avviato una carriera di successo a Roma Dall’iscrizione dedicata da decuriones e plebs urbana di Pitinum Mergens, si apprende che Priscus era stato praetor designa tus1246, trib(unus) pl(e)b(is), quaestor urbanus Prima di avere accesso alle cariche curuli, Priscus aveva ottenuto il rango equestre, come indicato dalle militiae: la prefettura dell’ala prim(a) Flavia civium R(omanorum) – forse, in Raetia1247 –, un tribunato nella legione XXX Ulpia Victrix in Dacia e in Pannonia1248 e la prefettura della coorte III Lingon(um) equitata in Britannia1249 Prima degli incarichi di ambito più propriamente locale, era menzionata una p. f. A Pitinum Mergens, Priscus era stato quattuorviro quinquennale, pontefice e patronus municipi(i) L’assenza di altre attestazioni in città potrebbe anche indicare che – dopo la fortunata carriera di Priscus – gli interessi della famiglia si fossero spostati a Roma 331 [ S]alvius L f Quir Fusc[us] Rif. epigr.: CIL VIII, 17408 = ILS 5474 = ILAlg I, 10 [Bouna, Tunisia] Origo: Hippo Regius, Africa Proconsularis Cronologia: età adrianea Bibliografia: CIL sub numero Il solo incarico rivestito da [S]alvius Fusc[us] al di fuori di Hippo Regius, sua città natale1250 – fu la p. f. In città, egli fu però edile, duoviro e duoviro quinquennale La dedica di Fusc[us] era stata curata a nome suo e del figlio C. Salvius Restitu tus Accanto ad una corona aurea, il prefetto aveva dedicato [st]atuam argenteam ex HS LI CCCXXXV e una quantità sufficiente di argento per imagines argenteas
1244 Traverso 2006, p 162, sulla base del tribunato militare nella legione Ulpia 1245 La popolazione di Pitinum Mergens era generalmente ascritta alla tribù Clustumina (Taylor 1960, p 163; Antolini, Marengo 2010, p 212) 1246 La dedica era evidentemente stata curata prima dell’effettivo ingresso in carica di Priscus 1247 Devijver ME, p 718 1248 Si noti tuttavia che, al tempo di Adriano, la legione fu anche impiegata in Oriente (Ritterling RE XII 2, coll 1821–1829; Le Bohec 2000c) 1249 Spaul 2000, p 179 1250 Come suggerito dall’ascrizione alla tribù Quirina (Kubitschek IRTD, p 146–147)
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Imp(eratoris) Caes(aris) Traiani Hadriani Aug(usti) Né Fusc[us], né Restitutus sembrano altrimenti attestati 332 L Sempronius L f Q Senecio Rif. epigr.: AE 1975, 849 [Saïda, Siria] Cfr CIL II, 3661; Plin Iun Ep VI, 31 Origo: incerta Cronologia: prima metà del II sec d C Bibliografia: Pflaum CP Suppl (103a); Álvarez-Melero 2013, p 149, nr 13 Attestato da un’unica iscrizione rinvenuta a Sidon, L. Sempronius Senecio non aveva origini orientali, né forse italiche, sebbene a Roma sia stata rinvenuta l’iscrizione di un Sempronius Senecio, evocatus della VII coorte pretoria1251 Il suo cursus sembra presentato in ordine diretto: p. f., proc(urator) Aug(usti) a censib(us) pro vinc(iarum) Thraciae et Aquitan(icae), proc(urator) monetae e proc(urator) pro vinc(iae) Iudaeae L’iscrizione gli era stata dedicata dal figlio L. Sempronius Tiro, non altrimenti attestato E’ possibile individuare una relazione (se non addirittura un’identificazione) con l’eques da Ebusus L. Sempronius Quir. Senecio, autore in età traianea di una dedica al pretorio C. Iulius C. f. Gal. Tiro Gaetulicus1252 E’ forse azzardato supporre un legame col proconsole d’Asia di età severiana, Sempronius Senecio1253 333 P Senecius P f Fab Garrulus Rif. epigr.: CIL V, 4471 = InscrIt X 5, 260 [Brescia, Italia] Cfr CIL V, 4470 = InscrIt X 5, 259 Origo: Brixia, Regio X Cronologia: II sec d C 1254 Bibliografia: SupplIt 8, p 159, sub numero; Migliorati in EAGLE: EDR090260 Attestato da un’iscrizione funeraria incisa su di un basamento lapideo, P. Sene cius Garrulus è definito filius Gli heredes che – ex testamento – ne avevano curato
1251 CIL VI, 2656; il veterano era stato onorato quale patronus da Sempronius Sabinianus e da Sem pronius Glycon, forse suoi liberti; G Crimi (in EAGLE: EDR102940) ha datato questa dedica al III sec d C 1252 CIL II, 3661; è possibile che entrambi compaiano in Plin Ep VI, 31, 7 (Zucca 1998, pp 265–266, nr 54) 1253 IK 67, 148 1254 In assenza di elementi datanti, mi limito a suggerire un’ipotetica datazione al II sec d C , su base paleografica
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la dedica volevano distinguerlo dal padre, omonimo prefetto [i(ure) d(icundo)] a Brixia, secondo un uso attestato nella stessa famiglia1255 Garrulus era membro dell’ordine equestre, come rivendicato in apertura al cursus – equo publico I soli incarichi menzionati sono una p. f. e la questura, ricoperta a Brixia L’ordine di presentazione del cursus potrebbe essere inverso Un’altra iscrizione, senz’altro riferibile a Garrulus filius, ma priva di riferimenti alla sua carriera, era stata da questi dedicata a Caecilia L. f. Macrina: se l’uomo figurava fra gli eredi ne era forse stato il marito, sebbene una Caecilia Macrina compaia in un’iscrizione dedicata – a fianco del marito Firmus Val(erius) Saturnin(us) – alla figlia Valeria Saturnina, morta sedicenne Associato ad un’ampia varietà di cognomina, il nomen Caecilius è ben attestato in città1256 334 M Septimius M f Hor Septimianus Rif. epigr.: CIL XI, 4813 = ILS 5272 = AE 2002, 438 [Spoleto, Italia] Origo: Spoletium, Regio VI Cronologia: prima metà del II sec d C 1257 Bibliografia: Peyras 2002; Ribecco in EAGLE: EDR123467 Oggetto di una dedica, da parte delle quattro decurie degli scamillarii operae ve teres a scaena – un’associazione di musici1258 – M. Septimius Septimianus fu eques romano e notabile originario della colonia di Spoletium1259 In testa al cursus si menzionava l’ingresso nell’ordine equestre – equo publ(ico) Seguivano il quattuorvirato i(ure) d(icundo) e la p. f. Romae, al seguito di un pretore o di un console Septimianus, patrono degli scamillarii, era stato onorato ob merita, in uno spazio decretato dai decurioni – l. d. d. d.
1255 CIL V, 4469 = InscrIt X 5, 258; cfr anche InscrIt X 5, 1005 in cui la parte conservata menziona solo il padre La famiglia era chiaramente stanziata a Brixia da molto tempo, come dimostra l’ascrizione alla tribù Fabia, molto diffusa in città (Taylor 1960, p 164) 1256 Qui si segnalano il seviro augustale M. Caecilius Fuscus (CIL V, 4398 = InscrIt X 5, 191); il seviro Flavialis – a Cremona – e minerari(ius) Q. Caecilius Telesphor(us) (CIL V, 4399 = InscrIt X 5, 192 = ILS 6702); Caecilia Procula, sacerdos XVviralis, e L. Acutius Caecilianus, alumnus (CIL V, 4400 = InscrIt X 5, 193) 1257 Peyras 2002, p 169 1258 Lo scioglimento della l 6 – DEC IIII SCAMILLAR – deve essere infatti: decuriae IIII scamil lar(iorum) (cfr Ribecco in EAGLE: EDR123467); contra Peyras 2002, pp 161–162 (cfr anche, pp 166–167) 1259 Non solo la popolazione di Spoletium era generalmente ascritta alla tribù Horatia (Taylor 1960 p 163; Asdrubali Pentiti, Spadoni, Zuddas 2010, p 219), in città sono inoltre attestati T. Sep timius T. [f. vel l ] (CIL XI, 4920) e C. Septimius Honoratus (CIL XI, 7895)
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335 Q Sirtius L f Vel Fidiclanius Apronianus Rif. epigr.: AE 1980, 499 = 1995, 554 [Pula, Croazia] Origo: Pola, Regio X Cronologia: II sec d C 1260 Bibliografia: Matijasic in EAGLE: EDR077906 L’iscrizione funeraria, incisa su di un altare lapideo, all’interno di una tabula incorniciata, non è conservata per parte cospicua delle porzioni sinistra ed inferiore Attestato da un’iscrizione dedicatagli da un liberto il cui nome non si è conservato, il cursus di Q. Sirtius L. f. Fidiclanius Apronianus menzionava soprattutto incarichi rivestiti a Pola1261: edile, duoviro, duoviro quinquennale e p. f. A partire dalla lettura recentemente verificata da R Matijasic1262, non sembra che Fidiclanius Apronia nus avesse rivestito un tribunato militare e non è dunque possibile stabilire se egli avesse ottenuto l’ingresso nell’ordine equestre 336 C Trebius C f Rom Iunianus Rif. epigr.: CIL VI, 3540 [Roma, Italia] Origo: incerta Cronologia: fine del I – metà del II sec d C 1263 Bibliografia: CIL sub numero; EDCS: EDCS-19700227 Membro dell’ordine equestre, C. Trebius Iunianus aveva ottenuto una p. f., una prefettura della coorte I Pan(noniorum)1264 e un tribunato nella legione III Cyrenai ca1265 La dedica D(is) M(anibus) era opera della moglie Trebia Tertulla, forse una liberta dei Trebii, famiglia in cui il prefetto, originariamente uno Iunius, era stato adottato
1260 L’indicazione D(is) M(anibus) sulla cornice, suggerisce una datazione successiva al I sec d C ; in AE 1995, sub numero, si suggerisce di datare l’iscrizione fra età antonina e severiana Su base paleografica, non ritengo si possa andare oltre il II sec d C 1261 E’ possibile che il prefetto fosse originario di Pola, in cui è in effetti attestato anche un Q. Sirtius Callistus, seviro augustale (CIL V, 74 = 582, 17* = InscrIt X 1, 122); cfr anche CIL V, 86, 67 = InscrIt X 1, 145, 51 – Q. Sir(tius) Ter(---) R(---) Secondo gli editori di AE 1995, sub numero, si trattava di un L (?) Fidiclanius L. f. (questo nomen è ben attestato in Italia settentrionale e in Pannonia), adottato da un Q. Sirtius 1262 Matijasic in EAGLE: EDR077906 Il primo editore, V Jurkić (1978) aveva dato una lettura diversa anche del nome: Q. Sirtius Fidiclaestus Apronianus 1263 La datazione è qui proposta sulla base della presenza della formula DM: su questo, Tantimonaco 2013, pp 264–266 1264 Spaul 2000, p 335 1265 Ritterling RE XII 2, coll 1506–1517; Wolff 2000; Gatier 2000
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337 P Turpilius P f Volt Valens Rif. epigr.: AE 1952, 224 = Pilhofer 2000 (717) = CIPh II, 1, 61 [Thessaloniki, Grecia] Origo: Philippi, Macedonia Cronologia: II sec d C 1266 Bibliografia: Pilhofer 2000, sub numero; CIPh sub numero P. Turpilius Valens, senz’altro discendente di uno dei veterani dedotti a Philippi nel 27 a C 1267, fu oggetto di una dedica da parte del figlio, Pup(us) Turpilius Va lens (non altrimenti attestato) nella capitale provinciale, Thessalonica1268 Il cursus citato nel testo comprendeva, in quest’ordine, l’edilità, una p. f., il duovirato i(ure) d(icundo) Phil(ippis) In testa all’iscrizione campeggia la formula loco publice dato d(ecreto) d(ecurionum) Secondo la convincente proposta di A Rizakis, Valens era stato p. f. del governatore di Macedonia, guadagnando una posizione di rilievo (o rafforzando precedenti interessi) a Thessalonica1269 338 Sex Vagirius Gal Martianus Rif. epigr.: CIL XIII, 1900 = ILS 7025 [Lyon, Francia] Origo: Lugdunum, Gallia Lugdunensis Cronologia: seconda metà del II sec d C 1270 Bibliografia: Devijver ME (V 1); Wierschowski 2001 (440); Burnand 2006 (221 E 168) Sex. Vagirius Martianus, eques romano e notabile originario di Lugdunum1271, rivestì in città la questura, l’edilità e il duovirato Martianus era inoltre divenuto patrono di tutte le associazioni cittadine – patronus omnium corpor(um) Al di fuori della dimensione più propriamente locale, egli era stato curat(or) c(ivium) R(omanorum) provinc(iae) Aqui[t(anicae)], un incarico in parte ricoperto nella stessa Lione1272 Forse la conoscenza col governatore della Lugdunensis o dell’Aqui tania fruttò a Martianus una p. f. Rom(ae), a seguito di un pretore o, più proba-
1266 La datazione mi sembra la più probabile, considerata anche la possibile vicinanza cronologica a Pupus Turpilis Valens, figlio di C. Valerius Ulpianus (341) 1267 La tribù Voltinia è la più diffusa in città (Kubitschek IRTD, pp 243–244; Rizakis 2010, p 363) 1268 Il nomen Turpilius compare un’altra volta a Philippi: il duoviro quinq(uennalis) Philipp(iensium) Turpilius (CIL III, 7342 = ILS 5710 = Pilhofer 2000 (26) = CIPh II, 1, 149) 1269 Rizakis 2003, pp 162–165 1270 Burnand 2006, p 494 1271 A Lugdunum, la tribù Galeria era in effetti la più attestata (Kubitschek IRTD, pp 217–218) 1272 Cfr Burnand 2006, p 493 e n 53 (con bibliografia)
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bilmente, di un console1273 L’ultimo incarico menzionato era un tribunato nella legione XX V(aleria) V(ictrix)1274 L’ordine dei decurioni – ordo sanctissim(us) – aveva decretato la dedica di una statua per le benemerenze di Martianus verso la comunità lugdunense: ob eius erga rem p(ublicam) suam eximiam operam et insi gnem abstinentiam ex aerario [p]ublico Il fratello [S]extus Vagirius Gratus sostenne ogni spesa – impendio remisso [p]ecunia sua 339 P Valerius P f Gal Priscus Rif. epigr.: CIL VI, 3654 = AE 1974, 226 = 1977, 183 [Roma, Italia] Origo: Urci, Hispania citerior Cronologia: prima metà del II sec d C 1275 Bibliografia: Degrassi 1967–1968, pp 15–25 = 1967, pp 106–119; Devijver ME (V 28); Suppl I, p 1755; Álvarez-Melero 2013, p 149, nr 14; Grossi in EAGLE: EDR076721 Riconosciuti da A Degrassi come pertinenti ad un’unica iscrizione1276, due frammenti marmorei da Roma (uno dalla via Labicana, l’altro da una località ignota dell’Urbe) attestano il cursus di P. Valerius Priscus, eques romano, morto all’età di 65 anni Priscus era definito Urc[it]anus ex Hisp(ania) citer(iore) (l 1) Il suo cur sus comprendeva una p. f., la prefettura della coorte I Asturum et Callaec(orum) in Maur(etania)1277, la prefettura della coorte I Apamen(orum) sa(gittariorum) in Cappad(ocia)1278, il tribunato della coorte I Ital(ica) volunt(ariorum) c(ivium) R(omanorum) in Cappad(ocia)1279, la prefettura dell’ala I Flavia Numidic(a) in Africa1280 e, infine, la prefettura dell’ala I Hispan(orum) Auriana in Raetia 1281 La presenza del prefetto a Roma – si direbbe senza alcun incarico ufficiale – suggerisce che nell’Urbe il prefetto sia morto e sia stato sepolto
1273 In caso si trattasse dell’ex governatore della Lugdunensis, è verosimile si trattasse di un console; cfr Burnand 2006, p 494 e n 56 1274 La legione era di stanza nei castra Devana (Chester), in Britannia (Ritterling RE XII 2, coll 1769–1781; Keppie 2000b) 1275 Pflaum 1976, pp 36–37 = 1981, pp 183–184; Grossi in EAGLE: EDR076721 1276 Degrassi 1967–1968, pp 18–19 = 1967, pp 109–112 1277 Spaul 2000, p 79 1278 J Spaul (2000, p 426, n 3) ha trattato solo uno dei due frammenti 1279 Spaul 2000, pp 26–27 1280 Le Bohec 1978–1979 1281 Cichorius RE I 1–2, col 1248
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340 M Valerius M f M n Q pro Gal Pullinus Rif. epigr.: CIL II, 2132 = II2/7, 100 = ILS 6908 [Porcuna, Spagna] Origo: Obulco, Baetica Cronologia: fra i Flavi e il II sec d C 1282 Bibliografia: Feraudi-Gruenais in EDH: HD027719; Álvarez-Melero 2013, p 151, nr 2 Notabile originario del municipium Obulco1283, M. Valerius Pullinus è attestato da un’unica iscrizione, dedicatagli da municipes et incolae In città, Pullinus fu duoviro, leg(atus) perpetuus munic(ipii) Pontif(icensis), flamine e pontefice del culto di Augusto All’interno della sequenza iscritta, questi sacerdozi erano preceduti dalla menzione della p. f. La lunga formula onomastica scelta da Pullinus, con la menzione delle tre generazioni precedenti, costituiva senz’altro l’orgogliosa rivendicazione di una antica acquisizione della cittadinanza 341 C Valerius Valens Ulpianus Rif. epigr.: CIPh II 1, 62 = AE 1952, 226 [Kavala, Grecia] Origo: Philippi, Macedonia Cronologia: 111–129 d C 1284 Bibliografia: Pilhofer 2000 (719); Brélaz in CIPh (62); Cowey in EDH: HD019256 Originario di Philippi1285, C. Valerius Valens Ulpianus aveva servito nelle coorti urbane con la posizione di b(ene)f(iciarius) Il suo cursus, secondo l’ordine di presentazione, comprendeva anche il duovirato i(ure) d(icundo) Phil(ippis), una p. f. a co(n)s(ule) e il flaminato divi Ve[spasiani] Il ruolo al seguito di un console aveva comportato per Valens Ulpianus un nuovo soggiorno a Roma, dove comunque doveva godere di legami con membri dell’élite urbana Non è escluso che colui che gli aveva procurato il rango di beneficiarius nelle prestigiose coorti urbane e il
1282 Nel commento a EDH: HD027719, Feraudi-Gruenais ha proposto la scansione 71–130 d C , che mi sembra preferibile alla prima metà del I sec d C , proposta in Álvarez-Melero 2013, p 151 1283 I cittadini di Obulco erano infatti generalmente ascritti alla tribù Galeria (Kubitschek IRTD, p 179); in città erano inoltre attestati M. Valerius M. f. Cerialis e il suo liberto M. Valerius Tertullus – sevir Augustalis (CIL II, 2136 = II2/7, 101); Valeria L. f. Cornelia[na] (CIL II2/7, 133 = HEp V, 502); cfr CIL II, 2141 = II 2/7, 111 – P. Cor(nelius) Valerianus 1284 Cowey in EDH: HD019256 1285 L’origine del personaggio è assicurata dall’appartenenza alla tribù Voltinia, comunemente attestata a Philippi (Kubitschek IRTD, pp 243–244; Rizakis 2010, p 363) e dalla presenza di numerosi Valerii in città (cfr Brélaz in CIPh, p 183)
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console che lo aveva scelto quale p. f. fossero la stessa persona Un rapporto patronale tanto rilevante potrebbe pure giustificare la presenza di Ulpianus Valens nella capitale della provincia, dove lo colloca stabilmente la base di statua dedicatagli dal figlio Pup(us) Turpilius Valens 342 L Valerius Verus Rif. epigr.: AIJ 288 [Ptuj, Slovenia] Origo: Poetovio, Pannonia superior Cronologia: prima metà del II sec d C 1286 Bibliografia: Alföldy 1964–1965, p 138, nr 3; Gräf in EDH: HD068770 L’iscrizione era stata incisa su di un altare marmoreo, all’interno di una cornice modanata Autore di una dedica a Libero e Libera, L. Valerius Verus apparteneva ad una famiglia ben attestata a Poetovio, forse originaria dell’Italia settentrionale1287 Nel testo iscritto, erano menzionati il rango di dec(urio) col(oniae) Poet(oviensis), una p. f., la questura, l’edilità, il pontificato e il duovirato i(ure) d(icundo) Se, come sembra, l’ordine del cursus fosse diretto, la p. f. sarebbe stata concessa dopo l’accesso tra i decurioni e all’inizio della carriera locale Molti Valerii accedettero al duovirato a Poetovio nel I e nel II secolo d C 1288 Al tempo delle guerre marcomanniche, dopo una lunga carriera equestre, Marco Aurelio concesse a M. Valerius Maximianus l’accesso all’ordine senatorio – in amplissimum ordinem inter praetorios adlectus1289 Un altro membro della stessa famiglia, C. Val[erius ---] Scr[bonianus], noto grazie ad un’iscrizione molto frammentaria (integrata da G Alföldy)1290, ottenne nella prima metà del II sec d C il decurionato, il cavallo pubblico, una prefettura, forse fabrum, il quattuorvirato aedilicia potestate quinquennale e la magistratura giusdicente quinquennale1291
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Gräf in EDH: HD068770 Sui Valerii di Poetovio, si veda Alföldy 1964–1965 Šašel Kos 1993, p 238 e n 21 AE 1956, 124 = 1959, 183 = 1962, 390 = 1976, 359 (da Diana Veteranorum, in Numidia); su Maximia nus, si veda Alföldy 1974 = 1987 1290 CIL III, 4028 = AE 1966, 296 = AIJ 280; Alföldy 1964–1965, p 138, nr 4 1291 La prefettura è menzionata dopo il cavallo pubblico: l 6 eq(uo) p(ublico) pr[aef(ectus) fabrum?] La ricostruzione di G Alföldy è convincente e indicherebbe un interesse all’incarico da parte della famiglia
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343 L Varius Papirius Papirianus Rif. epigr.: a CIL V, 545 = InscrIt X 4, 59 [Trieste, Italia] b CIL V, 546 = InscrIt X 4, 55 [Trieste, Italia] Origo: Tergeste, Regio X Cronologia: età adrianea1292 Bibliografia: Alföldy 1984 (37; 40); Cerva 2000, pp 191–194; Gomezel in EAGLE: EDR093873; Ibid , EDR093712; Cafaro 2017 L’iscrizione [a ] è integra e permette di completare il cursus iscritto in [b ] Due basi marmoree, rinvenute nella cattedrale di San Giusto a Trieste, documentano la carriera di L. Varius Papirius Papirianus: duoviro iure dicundo, duoviro quinquennale, p. f. Romae et Tergeste, flamine di Adriano, pontefice, augure Una delle due – meglio conservata – fu destinata allo stesso Papiriano dal collegio dei fabri di Tergeste, che lo avevano riconosciuto come patrono Nel suo commento al CIL, Th Mommsen suppose che Papirianus avesse ricoperto la p. f. per un magistrato a Roma e fosse poi stato prefetto del collegio dei fabri a Trieste Questa tesi, generalmente accettata, mi pare inammissibile alla luce del profilo istituzionale dell’incarico, ancora in età adrianea1293 Ritengo dunque sia più probabile che Pa pirianus avesse rivestito una p. f. a Roma e gli fosse stato concesso di servire con lo stesso incarico – in quell’occasione o successivamente – anche a Tergeste 344 L Veianius C f Mamulla Rif. epigr.: CIL IX, 5452 [Falerone, Italia] Origo: Falerio Picenus, Regio V? Cronologia: I – II sec d C 1294 Bibliografia: Squadroni in EAGLE: EDR105120 All’interno del cursus di L. Veianius Mamulla, membro dell’ordine equestre e notabile a Falerio1295, si menzionavano l’acquisizione del cavallo pubblico – equo pu blic(o) –, la p. f. e il duovirato iterum quinq(uennalis)1296 Rinvenuta nell’area del teatro, l’iscrizione gli era stata dedicata d(ecurionum) c(onsulto) publice
1292 Gomezel in EAGLE: EDR093873; EDR093712 1293 Si consideri inoltre che nessun legame è attestato fra p. f. e collegia fabrum – o collegia in genere (cfr anche Cerva 2000, pp 191–194, Cafaro 2017) 1294 Squadroni in EAGLE: EDR105120 1295 L’origo di Mamulla non è del tutto certa, considerate l’assenza di altri Veianii in città e l’indicazione della tribù elettorale 1296 Ritengo che l’iterazione valesse per il solo rango duovirale: in altri termini, la quinquennalità era stata rivestita soltanto in occasione del secondo mandato
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345 M Veserius M f Pal Iucundianus Rif. epigr.: CIL X, 3865 = XIV, 418* = ILS 1424 [Capua, Italia] Origo: Casilinum, Regio I Cronologia: II sec d C 1297 Bibliografia: Chioffi 2005, p 107, nr 108 L’iscrizione è stata incisa su di una stele lapidea coronata da un pulvino Alla morte di M. Veserius Iucundianus, eques romano, la sua carriera comprendeva una p. f., il sacerdozio di adcensus velatus1298, la procuratela alim(entorum) viae Fl(a)m(iniae)1299 e la designazione a duoviro, magistratura che non aveva potuto effettivamente rivestire L’iscrizione era stata dedicata D(is) M(anibus) dalla madre Sacria Iucunda Il cognomen di quest’ultima, tanto simile a quello del figlio, probabilmente un Iucundus adottato da un M. Veserius, suggerisce per entrambi un’origine libertina L’ipotesi è confermata anche dall’ascrizione alla tribù urbana Palatina, tanto comune per i liberti1300 346 M Vettius C f Quir Latro Rif. epigr.: a ILT 720 = AE 1939, 81a [El Fahs, Tunisia] b ILT 721 = AE 1939, 81b [El Fahs, Tunisia] c CIL VIII, 8369 = ILS 5961 [Djidjelli, Algeria] d Eck, Pangerl 2005, pp 188–190 = AE 2005, 1724 [n/a] e RMD V, 377 = AE 2002, 1753 [n/a] f Eck, Pangerl 2005, pp 194–196 = AE 2005, 1725 [n/a] g Eck, Pangerl 2007, pp 235–236 = AE 2007, 1773 [n/a] h AE 1951, 52 [El Fahs, Tunisia] Origo: Thuburbo Maius, Africa Proconsularis Cronologia: età adrianea Bibliografia: PIR (V 332); Pflaum CP (104) e Add., p 160; Devijver ME (V 76) e Suppl , p 2277; Birley 1981, pp 149–150; Eck, Pangerl 2005; Faoro 2011, pp 241–242 Le iscrizioni [a ; b ; h ], in cui è menzionata la p. f., sono tutte dediche rinvenute a Thuburbo Maius I testi [d ; e ; f ; g ] sono diplomi militari tutti databili fra 128 e 131 d C ([d ] è datato al 30 luglio o aprile del 131 d C )
1297 Chioffi 2005, p 107 1298 Per gli accensi velati, si veda Di Stefano Manzella 2000, sopr pp 226–227 1299 Su questo incarico equestre, sottoposto al controllo di prefetti senatorii, si veda Eck 1999, pp 176– 180 1300 A Capua sono attestati altri Veserii: Cn. Veserius Cn. l. Antiochus Arabus (CIL X, 3865 = ILS 1424) e Veseria Marciane (CIL X, 4399)
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M. Vettius Latro, eques romano attestato da numerose iscrizioni, era senz’altro originario di Thuburbo Maius: in città i suoi liberti lo onorarono in almeno tre occasioni1301 Flamen divi Aug(usti), sacerdote delle Cereres cartaginesi an(ni) CXXXVII (99 d C )1302, era entrato nell’ordine equestre ed era stato inserito nelle decurie dei giudici – equo publico et in quinq(ue) dec(urias) adl(ectus) Ottenne allora la posizione di p. f. e successivamente quella di prefetto della coorte I Al pin(orum) equitata (forse in Pannonia inferior)1303 Era stato onorato hasta pura corona murali vexillo arg(enteo) per la propria partecipazione alla guerra dacica Latro aveva poi ottenuto un tribunato nella legione II Adiutrix Pia Fidelis, di stanza in Pannonia Inferior1304, e la prefettura dell’ala Siliana civium R(omanorum) torquata armillata, anch’essa di stanza in Pannonia1305 Terminate le militiae equestri, egli aveva poi ottenuto la procuratela annonae Ostiae et in Portu, un incarico collegiale solo allora creato da Traiano in relazione ai grandi lavori relativi al bacino di Portus (112 d C )1306 Proseguì come procurator delle province di Sicilia, Alpes Cottiae e Mauretania Caesariensis, incarichi ducenari In Mauretania, Latro fu senz’altro attivo negli anni 128 e 131 d C , quest’ultima data corrispondente al viaggio di Adriano in Africa Proprio l’imperatore era stato il legato della legione II Adiutrix, al tempo del tribunato di Latro1307 Il suo discendente C. Vettius Sabi nianus Iulius Hospes (cos. suff. 176 d C ) non ottenne soltanto l’accesso all’ordine equestre, ma fu accolto in quello senatorio, percorrendo una carriera di grande successo a Roma e nelle province1308
1301 L’iscrizione [a ] era stata dedicata patrono opt(imo) dai liberti M. Vettius Myrinus, [h ] da M. Vettius Euthychides e [b ] da un individuo il cui nome e la cui posizione non si sono conservati, ma il cui testo può essere puntualmente confrontato con gli altri, meno conservati 1302 Faoro 2011, p 242 e n 108 (con bibliografia) 1303 Spaul 2000, p 259–261 1304 Ritterling RE XII 2, coll 1437–1456; Lörincz 2000b 1305 Cichorius RE I 1–2, coll 1260–1261 1306 Su questo incarico nella struttura annonaria e sul suo legame con la provincia d’Africa, essenziale per l’approvvigionamento granario, si veda Cébeillac-Gervasoni 1994, sopr pp 56–57; cfr Fao ro 2011, p 242 1307 A R Birley (1997, p 189) aveva supposto che il viaggio di Adriano in Africa avesse consentito ai due di incontrarsi di nuovo, dopo quasi vent’anni, accelerando la carriera di Latro con l’acquisizione della prefettura delle Alpes Cottiae Il rinvenimento dei diplomi militari ha in parte modificato questa datazione, ma non il fatto che i due potessero conoscersi e che l’attività del prefetto potesse aver beneficiato della conoscenza con un membro della corte e futuro imperatore 1308 Cfr ILAfr 281 = AE 1920, 45; PIR2 V 339; Devijver ME V 80, in cui si suppone si tratti del figlio adottivo di Latro: la distanza temporale fra i due mi pare suggerire si tratti invece di un nipote
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347 A Vibbius A f Pal Proc[ulus] Rif. epigr.: CIL IX, 1657 = AE 2013, 340 [Benevento, Italia] Origo: Beneventum, Regio II Cronologia: II sec d C 1309 Bibliografia: De Carlo 2015, p 103; Id in EAGLE: EDR103531 L’iscrizione è stata incisa su di un’ara funeraria marmorea, all’interno di una cornice modanata Ritenuto da Garnsey il discendente di un liberto in ragione dell’ascrizione alla tribù Palatina1310, A. Vibbius Proc[ulus] apparteneva al notabilato beneventano1311 Impegnato soprattutto in ambito locale, egli fu edile, p. f., duoviro i(ure) d(icun do), questore e pontefice L’ara funeraria, su cui il testo era stato iscritto, fu dedicata dai liberti Ursio, Daphine, Hermes, Sabina 348 L Villius C f Tro Atilianus Rif. epigr.: CIL X, 6090 = XIV, 410* = ILS 6295 = EAOR IV, 20 [Formia, Italia] Origo: Formiae, Regio I? Cronologia: prima metà II sec d C 1312 Bibliografia: Pflaum CP (130); Devijver ME (V 113); Traverso 2006 (I 37) L. Villius Atilianus, forse originario di Formiae1313, visse fra i regni di Traiano e Adriano Secondo l’ordine di presentazione del cursus, fu p. f., prefetto di coorte e tribuno (al comando di unità non specificate), procurator Augusti e patronus coloniae In occasione del duovirato di Adriano in città – eo anno quo et Optimus Imperator Hadrianus Augustus etiam duumviratus honorem suscepit –, Atilianus sostenne spese ingenti per giochi gladiatori e festeggiamenti Il personaggio è noto unicamente da questa iscrizione, dedicata da un liberto che lo definiva amicus in comparabilis, L. Stertinius L. lib. Parthenopaeus l. d. d. d.
1309 De Carlo 2015, p 103 1310 Garnsey 1975, p 171 e 177; contra De Carlo 2013, in cui si nota come il notevole numero di cavalieri e senatori beneventani iscritti alla tribù Palatina non possa essere connesso alla promozione di soli discendenti di liberti 1311 Per altri Vibbii a Beneventum, si vedano A. Vibbius Ianuarius, Augustalis Claudialis, e suo figlio Iusti nus Iustianus Ianuarius (CIL IX, 1705); A. Vibbius Egnatianus (CIL IX, 1838); Vibbia L. f. (CIL IX, 1960); Vibbius et A. l. Hilarus (CIL IX, 2026); A. Vibbius Optatus (CIL IX, 2027); Vibbia A. f. Cypris (CIL IX, 2030); Vibbia Marcella (CIL IX, 2039); Vibbia Sophia (CIL IX, 6290) 1312 Traverso 2006, p 40 1313 A Formiae, in effetti, la tribù Aemilia è più diffusa rispetto alla Tromentina (Taylor 1960, p 160; Buchholz 2010, pp 173–174)
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349 A Vinicius Lucanus Rif. epigr.: a ILP 92 = EAOR III, 38 [Paestum, Italia] b ILP 90 [Paestum, Italia] c AE 2006, 358 [Paestum, Italia] Origo: Beneventum, Regio II Cronologia: seconda metà II sec d C 1314 Bibliografia: De Carlo 2015, pp 257–258; Camodeca in EAGLE: EDR076090; Ibid , EDR076088; Ibid , EDR127629 Attestato da tre iscrizioni frammentarie, integrate da G Camodeca, A. Vinicius Lucanus era membro di una ricca e importante famiglia beneventana Erano ricordati gli antenati fino al bisnonno – definito IIvir II q(uin)q(uennalis) e patrono della colonia – nell’iscrizione di dedica di una statua da parte dell’ordine decurionale propter [eximiam liberali]tatem [a ] Nello stesso documento, si menzionano le posizioni di flamine perpetuo di Marco Aurelio divinizzato, [curat(or) r(ei) publi]cae municipi(i) Eburinorum, sacerdote dei Laurentes Lavinates e p. f. La generosità celebrata dai decurioni si riferiva senz’altro al finanziamento di giochi gladiatori – con viginti pa[ria gladiatorum] – e venationes Nella stessa occasione 20 nummi erano stati donati a ciascun decurione e altre somme erano forse state destinate agli Augustales Il costo della dedica di questa statua – [remissa pecunia] a republica conlata – era stato sostenuto dalla figlia, Vinicia Lucana Il suo legame con un altro esponente del notabilato pestano, C. Plaetorius C. f. Crescens, duoviro e munifico evergete, è evidenziato dal fatto che Lucanus era stato scelto come erede e curatore testamentario [b ]1315 Un ultimo documento iscritto, rinvenuto anch’esso presso Paestum, è una dedica posta dallo stesso Lucanus in qualità di curator del municipio degli Eburini, in occasione del rifacimento di una statua di C[ybeles vel –eres] incendio co[rru]pta [c ] Fu membro di questa famiglia anche il pestano [A ?] Vinicius Rufus, duoviro quinquennale e patrono della colonia, morto prima del padre1316
1314 De Carlo 2015, p 188 1315 E’ interessante notare che le sole posizioni menzionate siano quella di Laurens Lavinas e di p. f. 1316 CIL X, 484 = ILP 197
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350 L Volusius L f Pal Maecianus Rif. epigr.: a CIL XIV, 5347 = NSA 1930, p 203 [Ostia, Italia] b CIL XIV, 5348 [Ostia, Italia] c NSA 1953, p 270 = AE 1955, 179 [Ostia, Italia] Cfr CIL XIV, 250 = ILS 6174; Hist Aug Pius 12; Marc 3 Origo: Roma Cronologia: fra Adriano e Antonino Pio1317 Bibliografia: PIR2 (V 657); Kunkel 1952, pp 174–175; Pflaum CP (141); Devijver ME (V 133); Traverso 2006 (I 61) L’iscrizione [c ] è molto danneggiata ed è stata pertanto integrata sulla base delle iscrizioni [a ] e [b ], il cui testo è per larga parte sovrapponibile Sembra che L. Volusius Maecianus, noto giurista di epoca antonina e precettore di Marco Aurelio1318, avesse ottenuto una p. f. all’inizio della propria carriera La sua esperienza nell’esercito sembra essersi esaurita con la prefettura della coorte I Aelia classica, al tempo dislocata in Britannia1319 Maecianus ebbe subito accesso alla carriera procuratoria con la posizione sessagenaria di adiutor (scil. curatoris) o(perum) p(ublicorum) a Ostia o, forse, nella stessa Roma A questi incarichi, tutti riferibili al regno di Adriano, si aggiunse una posizione a palazzo come a libellis Antonini Aug(usti) Pii (138 d C 1320) Seguirono una prefettura vehiculorum (centenaria)1321 e, nuovamente a corte, le posizioni ducenarie di a studiis et proc(urator) bibliothecarum, a libellis et censibus Imp(eratoris) Antonini Aug(usti) Pii Questi incarichi dimostrano una solida posizione a corte, oltre che una valida competenza negli ambiti giuridico, amministrativo e politico Maecianus ottenne poi il sacerdozio di pontefice minore e, soprattutto, le prestigiose (e strategicamente essenziali) prefetture dell’annona e d’Egitto (160 d C )1322 I suoi legami con la casa imperiale assicurarono infine a Maecianus l’ingresso in Senato, dimostrato dalla prefettura aer(arii) Satur[n(i)] (di rango pretorio) e dal consolato – nel testo [b ] egli è definito co(n)s(uli) desig(nato) Forse prima del consolato, Maecianus, che era stato precettore di Marco Aurelio, divenne [iuris cons]ultus dell’imperatore, come desumibile dal testo [c ] L’ascrizione alla tribù urbana Palatina sembra indicare un’origine romana La posizione raggiunta da Maecianus giustificava comunque la
1317 Traverso 2006, p 68 1318 Hist Aug Pius 12, 1; Marc 3, 6 Per le attestazioni di Maecianus nel Digesto, si veda Kunkel 1952, pp 174–175 1319 Cichorius RE IV, col 272; Spaul 2000, pp 477–478 1320 Devijver ME, p 886 1321 Su questo incarico del cursus publicus, si veda Eck 1999, pp 95–115 (con ampia bibliografia) 1322 Traverso 2006, p 54
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presenza di tre iscrizioni celebrative ad Ostia, di cui egli era patrono1323 Ulteriore dimostrazione di legami con la città portuale e con le sue realtà economiche e sociali è offerta dall’iscrizione onoraria eretta dal collegium dei lenuncularii tabularii nel 152 d C : Maecianus era citato fra i patroni dell’associazione1324 Recentemente, P Jarvis ha suggerito di riconoscere in Maecianus l’omonimo sostenitore di Avi dius Cassius, governatore ribelle della Syria contro Marco Aurelio (generalmente questo Maecianus è identificato piuttosto col figlio del giurista)1325: cursus e posizione sembrano tuttavia smentire questa ipotesi 4. La praefectura fabrum in età severiana 351 [A]cilius Hierax Ptolemai[os] f Rif. epigr.: IAquil I, 370 = SEG XLIII, 641 (n 370) [Aquileia, Italia] Origo: Aquileia, Regio X? Cronologia: età severiana1326 Bibliografia: IAquil, sub numero L’iscrizione è stata incisa su di un piccolo altare marmoreo Sembra che [A]cilius Hierax, figlio di Tolemeo, un peregrino di origini greche, abbia ottenuto esclusivamente una p. f. – ἔπαρχος χιροτεχ[νῶν] Non è chiaro se la famiglia fosse stabilmente stanziata ad Aquileia, dove non è altrimenti attestata 352 M Carsius Ma(nii) [f ] Cam Secundus Rif. epigr.: CIL V, 7603 [Alba, Italia] Origo: Alba Pompeia, Regio IX Cronologia: età severiana1327 Bibliografia: Jacques 1983, pp 308–309; Mennella, Barbieri 1997, p 576, nr 13; SupplIt 17, p 66, sub numero; Lastrico in EAGLE: EDR010705 La lastra marmorea, più tardi reimpiegata, è stata segata: il testo è conseguentemente incompleto
1323 L’iscrizione [a ] gli era stata dedicata decreto decurionum publice Il testo [b ] gli era stato invece dedicato da un L. V[olusi]us Mar[---], un congiunto o un liberto di Maecianus 1324 CIL XIV, 250 = ILS 6174 1325 Hist Aug Marc 25, 4; Av. Cass 7, 4; Jarvis 2015 1326 Brusin in IAquil sub numero 1327 L Lastrico (in EAGLE: EDR010705) ha suggerito la scansione 201–250 d C , ma, considerata la presenza della p. f., il termine può essere fissato all’età severiana; contra Eck 1999, p 248, in cui il testo è ipoteticamente datato alla seconda metà del II sec d C
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Originario di Alba Pompeia1328, M. Carsius Secundus percorse un cursus solo in parte noto: p. f., iudex ex V dec(uriis) – egli era dunque entrato nell’ordine equestre –, fu anche curator [r(ei)? p(ublicae)?] A quanto sembra, il cursus era stato redatto in ordine diretto 353 Q Cosconius M f Poll Fronto Rif. epigr.: a CIL X, 7583 [Cagliari, Italia] b CIL X, 7584 = ILS 1359 [Cagliari, Italia] Cfr CIL X, 7860 [Fordongianus, Italia] Origo: incerta Cronologia: età severiana Bibliografia: PIR2 (C 1525); Stein RE IV, col 1670; Pflaum CP 264; Devijver ME (C 253); Suppl I, p 1530; Suppl II, p 2084; Faoro 2011, pp 312–313, nr 18 Pur trattandosi di dediche diverse, le iscrizioni [a ] e [b ] presentano un testo del tutto assimilabile La carriera di Q. Cosconius Fronto è nota grazie ad alcune iscrizioni rinvenute in Sardegna, dove questi aveva rivestito la prefettura provinciale Il suo cursus, senza dubbio presentato in ordine diretto, si apriva con p. f. a co(n)s(ule) adlectus Si tratta di un’espressione insolita, non altrimenti attestata L’uso del participio passato di adlego, in sostituzione di defero, può forse essere spiegato con un definitivo distacco dalla pratica tradizionale dell’incarico, che prevedeva che i prefetti fossero delati a consule (o a consulibus) ad aerarium Successivamente, egli era stato prefetto della coorte I [An]ti(ochensium) e tribuno della legione I Ital(ica)1329 La carriera procuratoria si era aperta con la posizione di proc(urator) Augg(ustorum) ad vectig(al) XX her(editatium) per Pontum et Bithyniam et Pontum Mediterraneum et Paphlagoniam; Fronto era poi stato proc(urator) Augg(ustorum) duorum item ad vectig(al) XX her(editatium) per Asiam Lyciam Phrygiam Galatiam insulas Cycla des, subpraef(ectus) annonae Urbis (centenario) proc(urator) Augg(ustorum) ad vectig(al) ferr(ariarum) Gallic(arum) (centenario)1330, proc(urator) Augg(ustorum
1328 In assenza di altre attestazioni dei Carsii (e dei Cassii) ad Alba, ci si deve fondare sulla sola ascrizione alla tribù Camilia, comunemente attestata in città (Taylor 1960, p 163; cfr Mennella 2010) 1329 Questa è la forma che compare nel testo [a ], che conserva le lettere TI, mentre il testo [b ] conserva esclusivamente una I Lo scioglimento Antiochensium sembra più soddisfacente di Celtiberum, perché la prima era dislocata in Moesia superior, non distante dalla legione I Italica, di cui Fronto era stato tribuno (per la coorte, Spaul 2000, p 424; per la legione, dislocata in Moesia inferior, cfr Ritterling RE XII 2, coll 1407–1417, in cui si proponeva Moesia superior; Absil 2000; cfr anche Devijver ME, p 305; Faoro 2011, p 313) 1330 Si tratta dell’unica iscrizione a menzionare per intero le ferrariae Gallicae, ubicate – secondo la tesi di H -G Pflaum – a Lione (CP, p 1053; Suppl , p 119) Su questo, si veda il commento di A M Hirt (2010, pp 140–145), che ha appunto messo in discussione questa proposta
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duorum) et praef(ectus) prov(inciae) Sardiniae (ducenario) L’iscrizione [a ] fu dedicata a Fronto da P. Sempronius Victor, optio praetori(i), mentre [b ] da Lucre tius, [A]ugg(ustorum) tabul(arius) prov(inciae) Sard(iniae) – si trattava dunque di due sottoposti Una terza iscrizione, dedicata da Fronto stesso alle Nymphae Sanc tiss(imae), menzionava esclusivamente le posizioni di [p]roc(urator) Augg(usto rum) e pr[aef(ectus)] prov(inciae) Sard(iniae), che egli rivestiva a quel tempo Non è possibile localizzare la città d’origine del prefetto La datazione al tempo di Severo e Caracalla definisce Fronto come uno dei più tardi p. f. attestati, se non addirittura il più tardo 354 C Tiberin(ius) Faventinus Rif. epigr.: CIL III, 4111 [Ptuj, Slovenia] Origo: Poetovio, Pannonia inferior Cronologia: II – inizi del III sec d C ?1331 Bibliografia: Cirjan 2004, p 31 Noto grazie ad una dedica a I(uppiter) O(ptimus) M(aximus) Dep(ulsator) pro sa lute sua suorumq(ue) omnium, C. Tiberin(ius) Faventinus aveva ricoperto numerosi incarichi a Poetovio Egli era stato dec(urio) col(oniae) Poet(ovionis), p. f., questore e prefetto pro IIviris E’ quasi certa la presenza di un altro membro della famiglia di Faventinus a Poetovio: si tratta forse di una donna, Tiber(ina?) Favent[ina?] Un personaggio maschile, Lupercus, forse il marito, era stato onorato con gli ornamen ta decurionalia ad Aquincum1332 355 C Valerius Tettius Fuscus Rif. epigr.: CIL III, 4038 = ILS 7120 = AIJ 287 = AE 1998, 1045 [Ptuj, Slovenia] Origo: Poetovio, Pannonia inferior Cronologia: età severiana1333 Bibliografia: Alföldy 1964–1965, p 139, nr 10; Devijver 1996, pp 61–65, nr 2; Schäfer 1989 (82); Gräf in EDH: HD068766 L’iscrizione è stata incisa sui due lati di un blocco rilavorato1334
1331 1332 1333 1334
Cirjan 2004, p 31, in cui non sono però specificate le ragioni alla base di questa proposta CIL III, 15186 Alföldy 1964–965, p 139, nr 10 Il blocco, tagliato nella porzione inferiore a formare un arco è stato reimpiegato in una porta Si è suggerito che facesse parte dello stesso monumento sepolcrale di un altro blocco da Ptuj, decorato con sella curulis, armi e parti di armatura (CIL III, 4509 = AIJ 387; cfr Gräf in EDH: HD068766) Secondo T Schäfer (1989, pp 359–361) era appunto la p. f. ad aver avvicinato Tettius Fuscus ai magistrati dotati di sella curulis
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C. Valerius Tettius Fuscus, membro di un’importante famiglia di Poetovio, probabilmente originaria dell’Italia settentrionale1335, aveva percorso per intero la carriera municipale Il suo cursus, menzionava – in quest’ordine – dec(urio) c(oloniae) U(lpiae) T(raianae) P(oetovionensis), questore, edile, p. f., duoviro i(ure) d(icun do), augure Tettius Fuscus godeva del supporto del colleg(ium) magnum Larum et imaginum domini n(ostri) Caes(aris) (un collegio dedito al culto della dinastia imperiale), a cui aveva donato dei loca ob honor(em) trib(unatus) L’iscrizione di Tettius Fuscus è stata datata da G Alföldy al regno di Settimio Severo 5. Catalogo dei praefecti fabrum di incerta datazione 356 Sex Aufidianus Sex f Arn Celer Rif. epigr.: CIL XIV, 3581 = XI, 4081 = InscrIt IV 1, 39 = AE 1968, 162 [Otricoli, Italia] Origo: Ocriculum, Regio VI Cronologia: incerta Bibliografia: Canciani 1961; Raoss 1968, pp 102–103; Mathieu 1999 (45) Sex. Aufidianus Celer, originario di Ocriculum1336, aveva percorso la maggior parte della propria carriera in città; faceva eccezione la p. f., menzionata in apertura al cursus Secondo l’ordine di presentazione degli incarichi, seguivano le magistrature di IIIIvir aedilis, IIIIvir iur(e) dic(undo), IIIIvir quinq(uennalis) e quaestor IIII In occasione di una dedica l. d. d. d., Celer aveva offerto alla cittadinanza mulsum et crustulum 357 L Curtius [---] Rif. epigr.: CIL III, 10770 [Ljubljana, Slovenia] Origo: Emona, Regio X Cronologia: incerta Bibliografia: CIL III, sub numero; EDCS: EDCS-29900753 Un’unica iscrizione attesta il cursus di L. Curtius Molto danneggiato, il supporto iscritto ha conservato esclusivamente la menzione della p. f. Le lettere AVG, leggibili a l 3, potrebbero essere sciolte in Augustalis L’assenza di altri riferimenti suggerisce però prudenza
1335 Sui Valerii di Poetovio, si veda Alföldy 1964–1965 1336 I cittadini di Ocriculum erano generalmente ascritti alla tribù Arnensis (Taylor 1960, p 163; Asdrubali Pentiti, Spadoni, Zuddas 2010, p 219)
5. Catalogo dei praefecti fabrum di incerta datazione
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358 [---] Gracchus Rif. epigr.: CIL X, 5795 [Veroli, Italia] Origo: Verulae, Regio I Cronologia: incerta Bibliografia: Panciera 1962, p 89 L’iscrizione di Gracchus, molto danneggiata, ha conservato esclusivamente il co gnomen e la menzione di una p. f. Il cognomen Gracchus non è altrimenti attestato a Veroli 359 Q Minatius Q [f T]er Saturninus Rif. epigr.: CIL X, 5072 [Atina, Italia] Origo: Atina, Regio I Cronologia: incerta Bibliografia: CIL sub numero Originario di Atina, Q. Minatius Saturninus vi aveva percorso gran parte della propria carriera1337 Il suo cursus includeva, secondo l’ordine di presentazione, edilità, duovirato, questura, quinquennalità L’ultimo incarico menzionato (e probabilmente rivestito) fu una p. f. L’iscrizione fu dedicata dalla madre Seia L. f.1338 E’ possibile che Q. Minatius Q. l. fosse un liberto di Saturninus1339 360 L Pacuvius L f Pol Severus Rif. epigr.: CIL X, 5844 = ILS 6270 [Ferentino, Italia] Origo: Ferentinum, Regio I? Cronologia: incerta Bibliografia: CIL sub numero; Mrozek 1968, p 165 L’iscrizione è stata incisa su di un basamento marmoreo modanato Il lato frontale di un basamento onorario ha conservato il cursus di L. Pacuvius Se verus, quattuorviro aed(ilicia) pot(estate), quattuorviro [i(ure) d(icundo)], quattuorviro quinquennale censor(ia) [potest(ate)] e pontefice Nel testo iscritto, seguivano una p. f. e forse alcuni incarichi equestri: accanto ad un’ampia lacuna sono infatti leggibili le parole [pe]regrini (l 8) e decur(iarum?) (l 9) Sul lato destro del basamento era menzionato un atto di evergetismo nei confronti della comunità
1337 L’origine del nomen Minatius/Minatus è tipicamente osca Inoltre, ad Atina, i cittadini erano generalmente ascritti alla tribù Teretina (Taylor 1960, p 275; Buchholz 2010, pp 172 e 176) 1338 Uno Cn. Seius è attestato ad Atina (CIL X, 5072) 1339 AE 2009, 199
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Cataloghi prosopografici
di Ferentinum, di cui era forse originario1340: mulsum crustulum municeps petenti in sextam tibi di[v]identur hora[m] [de] te tardior au[t] piger quereri[s] 361 Philargyrus Rif. epigr.: CIL VI, 9101 [Roma, Italia] Origo: incerta Cronologia: incerta Bibliografia: CIL sub numero; EDCS: EDCS-1890008 Il solo incarico noto per Philargyros è una prestigiosa p. f. Aug(usti) L’iscrizione da questi dedicata ex te[s]tamento non ha conservato per intero la formula onomastica Il cognomen di Philargyros suggerisce un’ascendenza libertina 362 C Pomponius Augurinianus Rif. epigr.: CIL VI, 3531 [Roma, Italia] Origo: incerta Cronologia: incerta Bibliografia: CIL sub numero; EDCS: EDCS-19700227 Oggetto della dedica del fratello [Po]mponius, C. Pomponius Augurinianus sembra aver ottenuto esclusivamente una p. f. – o questo era stato quantomeno l’incarico più importante che aveva ottenuto e che si era deciso di celebrare Adottato dai Pomponii, egli era in origine un Augurinus 363 M Pon[tius ---]tius Rif. epigr.: CIL XI, 3101 [Civita Castellana, Italia] Origo: Falerii, Regio VII? Cronologia: incerta Bibliografia: CIL sub numero La carriera di M. Pon[tius], membro dell’ordine equestre, aveva avuto inizio a Roma nelle fila degli scribi: scrib(a) aed(ilium) cur(ulium) ho[nore usus s]crib(a) libr(arius) aed(ilium) cur(ulium) II1341. Il cursus era senz’altro presentato in ordine inverso; dopo queste posizioni amministrative, Pon[tius] ottenne per due volte la p. f., probabilmente ancora a Roma, al seguito di consoli o pretori Le militiae
1340 Gli abitanti di Ferentinum erano generalmente ascritti alla tribù Poblilia (Taylor 1960, p 161; Buch holz 2010, pp 173 e 176), ma i suoi interventi in città suggeriscono un legame e interessi ormai stabili in quel contesto 1341 Sulla posizione di scriba fra gli apparitores e sulle possibilità che questa apriva, si veda Purcell 1983
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equestri dimostravano l’ingresso in quest’ordine, senz’altro favorito dalla familiarità con rilevanti personalità dell’élite urbana Questa porzione del testo è molto danneggiata (ll 2–3): trib(unus) milit(um) leg(ionis) III C[yren(aicae)1342 praef(ectus) coh(ortis) VII? R]aetor(um) equitatae1343 / praef(ectus) cohor(tis) II It[uraeor(um)1344?] Non è possibile stabilire se Pon[tius] fosse originario di Falerii o vi si fosse trasferito al termine della carriera Pur con diversi praenomina, il gentilizio Pontius è comunque attestato in città: a Falerii sono noti infatti una Pontia A. f. Modesta e il suo liberto A. Pontius Heraclida1345 364 A Popillius A f Vel Rufus Rif. epigr.: AE 1976, 138 [Guidonia Montecelio, Italia] Origo: incerta Cronologia: incerta Bibliografia: Polverini 1976, p 145, nr 2 L’iscrizione funeraria di A. Popillius Rufus, rinvenuta nel territorio di Tibur, menzionava esclusivamente una p. f. Il testo iscritto, che nelle ll 4–7 era stato redatto secondo un “tema metrico”1346, era stato dedicato da Popillia Charis, moglie (e senz’altro liberta) di Rufus e, probabilmente, sorella di un terzo individuo citato nel testo, lo scriba librarius A. Popillius Helenus, anch’egli un liberto del prefetto Rufus e i suoi liberti non sembrano altrimenti attestati La presenza di alcuni Po pillii a Tibur (con praenomina diversi)1347 non è sufficiente ad individuarvi la città d’origine della famiglia Allo stesso modo, mi sembra azzardato un legame con il consolare C. Popilius C. f. Quir. Carus Pedo, attivo fra l’età adrianea e quella antonina, patrono e curator di Tibur1348. 365 Sex Ro(s)cius M f Hor Bassus Rif. epigr.: AE 1946, 55 [Hughrissi, Tunisia] Origo: Africa Cronologia: incerta Bibliografia: Scheithauer in EDH: HD022357
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Ritterling RE XII 2, coll 1506–1517; Wolff 2000; Gatier 2000 Le coorti equitate dei Raeti erano appunto la VII e la VIII – Spaul 2000, p 285–287 Spaul 2000, p 441–447 CIL XI, 3180 L Polverini (1976) aveva individuato quel che egli definiva “tema metrico” anche in alcune iscrizioni da Roma (CIL VI, 30111) e dalla Transpadana (CIL V, 4656; 7047; 3415; 6842; 2986) 1347 M’. Popillius M’. f , quaestor (CIL XIV, 3686 = I, 1498 = ILS 5577 = ILLRP 685 = InscrIt IV 1, 17); Popillia T. [f ] Optata (CIL XIV, 3807 = InscrIt IV 1, 399); M. Popilli[us ---] Rufus (CIL XIV, 3822 = 3823 = I, 3096 = InscrIt IV 1, 421) 1348 CIL XIV, 3610 = InscrIt IV 1, 127 = ILS 1071; PIR2 P 838
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Cataloghi prosopografici
La carriera di Sex Ro(s)cius era stata eminentemente locale: edile, duoviro, duoviro quinquennale, flamine perpetuo e p. f., forse al seguito del proconsole d’Africa L’iscrizione, di carattere funerario, fissa a 75 anni la morte di Bassus La tribù Hora tia potrebbe indicare in Assuras o Uthinam la comunità d’origine del prefetto1349 366 [---]s P f Ser Rufus Rif. epigr.: CIL IX, 4889 [Monteleone Sabino, Italia] Origo: Trebula Mutuesca, Regio IV Cronologia: incerta Bibliografia: CIL sub numero Rufus, ascritto alla tribù Sergia di Trebula Mutuesca1350, aveva rivestito in città le posizioni di mag(ister) iu(v)ent(utis) bis, [quin]q(uennalis), VIIIvir bis Il solo incarico estraneo alla dimensione propriamente locale fu la p. f., ottenuta per tre volte (ter), probabilmente a Roma o, comunque, in Italia 367 [---] C f Ser Saturninus Rif. epigr.: CIL III, 6844 = ILS 7202 [Yalvaç, Turchia] Origo: Antiochia Pisidiae, Galatia Cronologia: incerta Bibliografia: CIL III, sub numero Saturninus, originario di Antiochia di Pisidia1351, percorse un cursus eminentemente locale: questore e IIvir universo postulante populo ob aequam et integram iuris dictionem1352 La prima posizione menzionata nel cursus era tuttavia una p. f. 368 C Valerius C f Ser Gall[us] Rif. epigr.: a AE 1967, 504 [Yalvaç, Turchia] b AE 1967, 503 [Yalvaç, Turchia] Origo: Antiochia Pisidiae, Galatia Cronologia: incerta Bibliografia: Levick 1967, pp 107–108; Scheithauer in EDH: HD015091; HD015094
1349 Kubitschek IRTD, p 135 1350 Taylor 1960, p 162; Buonocore 2010, p 39 1351 La tribù Sergia è di gran lunga la più attestata in città (Kubitschek IRTD, p 253; Camia 2010, p 368) 1352 Un’altra iscrizione antiochena – seppur frammentaria (IK 67, 164) – presentava forse la medesima espressione formulare; il nome del personaggio non è conservato: questa circostanza non dimostra comunque un’identificazione fra i due
5. Catalogo dei praefecti fabrum di incerta datazione
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Il testo [b ], privo della porzione inferiore, conserva la sola menzione della p. f.; il testo [a ] cita la p. f. dopo il flaminato e il duovirato Sembra dunque che i due cursus fossero stati redatti in modo differente1353 Iscritto alla tribù Sergia di Antiochia di Pisidia1354, C. Valerius Gallus era forse il discendente di uno dei veterani dedotti nella colonia in età augustea1355 In città egli aveva raggiunto importanti posizioni: f(lamen) e duoviro Al di fuori del contesto più propriamente locale, Gallus aveva ottenuto anche una p. f. L’eminente posizione goduta in città da questa famiglia emerge anche dalla carriera di C. Vale rius Galli f Niger, senz’altro figlio del prefetto, per cui la figlia Valeria Paula aveva curato una dedica – d(ecreto) d(ecurionum)1356 Niger aveva percorso un cursus essenzialmente locale: questore, edile, duoviro e irenarco1357 369 P Vettius P [f ---] Rif. epigr.: CIL XI, 1220 [Piacenza, Italia] Origo: Placentia, Regio VIII Cronologia: incerta Bibliografia: Gabrielli in EAGLE: EDR134222 Probabilmente originario di Placentia1358, P. Vettius è noto grazie ad un’unica iscrizione molto danneggiata Il solo incarico distintamente leggibile è una p. f. ripetuta per due volte – bi[s] L’iscrizione menziona anche il figlio di Vettius, Paullinus, e una Amanda, forse figlia o moglie del prefetto 370 C Antestius C f Vet Seve[rus?] Rif. epigr.: CIL XIII, 6812 [Mainz, Germania] Origo: Mogontiacum, Germania Superior Cronologia: incerta Bibliografia: Devijver ME (A 125) Oggetto di una dedica curata dagli Antestii Fortunatus e Caecilius e scomparso a 46 anni, C. Antestius Seve[rus?] aveva forse aperto la propria carriera con una p. f.
1353 Levick 1967, p 108 1354 Kubitschek IRTD, p 253; Camia 2010, p 368 1355 B Levick (1967b, p 108, n 58) ha proposto, con una certa prudenza (il gentilizio era in effetti molto comune), di identificare un legame familiare fra i numerosi Valerii attestati in città 1356 AE 1988, 1032; ad Antiochia, cfr anche la dedica ex voto di L. Valerius Niger (CMRDM I, 205) 1357 Per quest’ultimo incarico, legato al tema della sicurezza pubblica, si vedano: Zamai 2001; Brélaz 2005, pp 90–122 1358 In effetti, anche un Q. Vettius Q. l. Finitim[us] è attestato a Placentia (CIL XI, 1280)
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Cataloghi prosopografici
Acceduto all’ordine equestre, egli aveva ottenuto la prefettura della coorte II Bi turicum (!) e della I Cyren(aica) e il tribunato della legione IV M[ac(edonica)]1359 371 C Iulius [---]tus Rif. epigr.: IGR IV, 1422 = CIG 3192 [Izmir, Turchia] Origo: Smyrna, Asia Cronologia: incerta Bibliografia: Devijver ME (I 11) Un’iscrizione dedicata dalla città di Smyrna e curata da Ti. Claudius Menodorus Menecles, menzionava gli incarichi rivestiti da C. Iulius − p. f. (ἔπαρχος τεχν[ιτῶν]) e tribuno della legione VI Ferrata1360 Il prefetto aveva lasciato alla cittadinanza le risorse per il restauro di una grande struttura monumentale (si menzionano un propylon e un portico coperto) 372 P Statilius C f Fab Iustus Sentianus Rif. epigr.: a ILGS VI, 2793 [Baalbek, Siria] b ILGS VI, 2794 [Baalbek, Siria] Origo: Heliopolis, Syria Cronologia: incerta (II sec d C ?) Bibliografia: Devijver 1974, p 482, nr 16 Oggetto di due dediche da parte del liberto P. Statilius Acilia[nus] e del seviro M. Iulius P. f. Fab. Macer (rispettivamente [a ] e [b ]), P. Statilius Iustus Sentianus era stato p. f. e decurione Il testo dedicato da Macer, forse più recente, commemorava l’accesso all’ordine equestre menzionando anche un tribunato nella legione II Traiana1361 373 T Statilius Taurus Rif. epigr.: CIL XIII, 6817 [Mainz, Germania] Origo: Mogontiacum, Germania superior1362? Cronologia: incerta Bibliografia: Devijver ME (S 70) Nota da un’incisione del XVII secolo, un’iscrizione dedicata dal liberto Statilius Fortunatus a T. Statilius Taurus, ne commemorava il cursus: p. f., prefetto della co1359 1360 1361 1362
Ritterling RE XII 2, coll 1549–1556 Ritterling RE XII 2, coll 1587–1596; Cotton 2000 Ritterling RE XII 2, coll 1484–1493; Daris 2000a Nel II sec d C , in città, è in effetti attestata una Statilia Tatto (AE 1941, 109)
6. Catalogo dei praefecti fabrum anonimi
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orte I Aug(usta) Itur(a)eor(um) e della coorte VI Thracum e, infine, tribuno nella legione XXII Pr(imigenia) P(ia) F(idelis) Il prefetto morì a trentasei anni In età giulio-claudia, la legione era stanziata a Mogontiacum, luogo di rinvenimento dell’iscrizione, ma per tutta la sua esistenza fu impiegata lungo il limes renano1363, da cui forse proveniva la famiglia del prefetto 6. Catalogo dei praefecti fabrum anonimi N B : Nel testo, la menzione del numero identificativo di ciascuna delle schede dei praefecti fabrum anonimi, è preceduta dall’abbreviazione Inc. (es : Inc. 1 indica la scheda 1 di questo catalogo) Per agevolare la consultazione, l’ordine di presentazione è per corpus epigrafico (AE, CIL, ecc ) 1
[---] Rif. epigr.: AE 1903, 344 = NSA 1903, p 106, nr 2 [Falerone – Ascoli Piceno, Italia] Origo: Falerio Picenus, Regio V? Cronologia: incerta Bibliografia: Brizio 1903, p 106 nr 2 = 1995 p 156; Squadroni in EAGLE: EDR116246 Pochi incarichi sono desumibili da un frammento iscritto rinvenuto presso l’antica Falerio Picenus: una p. f., forse una prefettura di una coorte o di un’ala [civium Rom]anorum e, infine, un incarico collegato ai vigiles
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[---] Rif. epigr.: AE 1935, 133 [Milano, Italia] Origo: Mediolanum, Regio XI? Cronologia: fine I sec d C 1364 Bibliografia: Bassignano 1991, p 532, nr 2; Zoia in EAGLE: EDR073293 Il cursus di un individuo rimasto anonimo è noto grazie ad un’iscrizione frammentaria da Milano: quattuorviro e prefetto i(ure) d(icundo), egli fu anche p. f. Forse successivamente, ebbe accesso all’ordine equestre con la nomina a iudex – ex quinq(ue) decuriis iudici selecto La dedica fu opera del liberto Atiatus
1363 Ritterling RE XII 2, coll 1797–1820; Franke 2000c 1364 Bassignano 1991, p 532
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Cataloghi prosopografici
[---]us T f Ter 1365 Rif. epigr.: AE 1952, 169 = 1954, 104 = 1996, 1008 = 1999, 1020 [Arles, Francia] Origo: Arelate, Provincia Narbonensis? Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C ) Bibliografia: Devijver ME (I 13); Dobson PP, p 172, nr 1; Demougin 1992 (70); Burnand 2006 (12 E 10); Faoro 2011, pp 312–313, nr 18 Il testo era stato iscritto su di una lastra di marmo, conservata in stato molto frammentario Il cursus di un individuo rimasto anonimo è stato convincentemente ricostruito da S Demougin Probabilmente originario di Arelate1366, egli era forse tornato alla propria città natale al termine di una lunga carriera [Prim]us pilus bis, egli poteva senz’altro vantare una notevole esperienza militare Entrato nell’ordine equestre, aveva ottenuto il tribunato militare per due volte e la prefettura equitum per due volte L’anonimo fu inoltre [praef(ectus) ca]strorum, p. f. e praefectus navium Secondo la ricostruzione proposta da M Christol e S Demougin, egli entrò nella locale associazione dei veterani di Arles – ex collegio honoris et virtutis – e in città rivestì il duovirato bis, l’augurato e il flaminato Romae et [divi] Caes[aris] Secondo Demougin, si tratta del primo primipilare imperiale per il quale si possegga un cursus iscritto in ordine diretto
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[---] Rif. epigr.: AE 1954, 140 [Bouna, Algeria] Origo: Hippo Regius, Africa Proconsularis? Cronologia: incerta Bibliografia: Feraudi Gruenais in EDH: HD017996 L’anonimo, forse originario di Hippo Regius, luogo di rinvenimento dell’iscrizione che ne attesta il cursus, fu membro dell’ordine equestre Amicizie importanti gli avevano forse assicurato l’ingresso fra gli iudices – in [quinque decuriis] –, una p. f. a Roma – delat[o a co(n)s(ule/ibus)], un tribunato per una legione il cui numerale non si è conservato e una procuratela Aug(usti)
1365 La restituzione [T. Iuli]us T. f., proposta dal primo editore e seguita da H Devijver, mi pare oggettivamente troppo azzardata; dello stesso avviso Demougin 1992, p 81 1366 L’appartenenza alla tribù Teretina – alla quale erano generalmente ascritti gli abitanti di Arles – sembra confermare questa supposizione (Kubitschek IRTD, p 206; Bérard 2010, p 21; cfr Demougin 1992, p 81)
6. Catalogo dei praefecti fabrum anonimi
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[---] Papir[ia ---] Rif. epigr.: AE 1955, 50 [Maktar, Tunisia] Origo: Mactaris, Africa Proconsularis Cronologia: incerta Bibliografia: Scheithauer in EDH: HD019170 Oggetto di una dedica p(ecunia) p(ublica), questo individuo rimasto anonimo era senz’altro originario di Mactaris In apertura al testo, si dichiarava infatti omni[bus honoribus in colonia sua Mac]tarita[na functus] Personaggio eminente a livello locale e forse regionale, era stato sacerdote della provincia d’Africa – la menzione dell’anno non si è conservata –, aveva ricevuto il cavallo pubblico, ottenuto il flaminato perpetuo di Augusto1367 e la p. f. [ad aerarium a co](n)s(ule vel ibus) delat[us] Egli era dunque stato a Roma, al seguito di un console, e sembra in effetti che questa sia stata la sola posizione rivestita al di fuori della provincia d’Africa
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[---] Rif. epigr.: AE 1964, 273 = ILJug II, 537 [Skopje, Repubblica di Macedonia] Origo: Scupi, Moesia superior? Cronologia: incerta Bibliografia: Gräf in EDH: HD016288 Noto da un frammentario documento rinvenuto presso l’antica Scupi, questo anonimo percorse larga parte della propria carriera nella dimensione più propriamente locale: egli fu questore, duoviro, pontefice e quinquennale In apertura a quanto si è conservato del cursus egli menzionava però una p. f. La carriera sembra redatta in ordine diretto Questo individuo morì all’età di 59 anni, 8 mesi e 23 giorni
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[---] Rif. epigr.: AE 1969/70, 144 = 2003, 368 = SupplIt 20, 14 [Venosa, Italia] Origo: Venusia, Regio II? Cronologia: età giulio-claudia?1368 Bibliografia: SupplIt 20, pp 131–132, sub numero; Rossano in EAGLE: EDR075005; De Carlo 2015, p 240
1367 Per questi ultimi riconoscimenti, il testo è ampiamente integrato – ll 4–5: [equo] / [publico or n(ato)] flam[ini Aug(usti) perp(etuo)] 1368 De Carlo 2015, p 240
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Cataloghi prosopografici
Il cursus di un individuo rimasto anonimo è attestato da un’iscrizione frammentaria da Venosa, città della quale l’uomo era forse originario Il testo menzionava – in quest’ordine – il duovirato [i(ure) d(icundo)], il duovirato [qui]nq(uennalis), il pontificato e, in chiusura, una p. f. 8
[---]mus M[---] Rif. epigr.: AE 1980, 201a [Fondi, Italia] Origo: Fundi, Regio I? Cronologia: incerta Bibliografia: Giovagnoli in EAGLE: EDR077643 Il solo incarico leggibile, all’interno di un’iscrizione molto danneggiata rinvenuta a Fondi, è la p. f.
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[---] Rif. epigr.: AE 1980, 639 = 2000, 948 [Lyon, Francia] Origo: Lugdunum, Lugdunensis? Cronologia: età neroniana Bibliografia: Burnand 2006 (102 E 82); Feraudi Gruenais in EDH: HD004153 Autore di una dedica a Nerone e forse originario di Lione, un individuo rimasto anonimo menzionava la p. f. in apertura al suo cursus1369, quasi del tutto percorso nella dimensione locale1370: egli fu questore, edile, IIvir[alibus ornamentis honora tus] e [curator civium Roma]noru(m) Secondo gli editori J Lasfargues e M Le Glay, l’anonimo fu anche [IIvir designatus]1371 L’iscrizione, molto danneggiata, fu dedicata con un altro personaggio, il cui nome è in parte conservato: M. Epu[la nius?] L’anonimo aveva forse servito da p. f. nella stessa Lione, al seguito del governatore provinciale
1369 Le uniche lettere superstiti sono BR – tuttavia, sembra che lo spazio non sia sufficiente per un [praef(ectus) coll(egii) fa]BR(um) (Burnand 2006, pp 239–240) 1370 Dal momento che Lugdunum era capitale provinciale, sarebbe possibile che l’anonimo vi avesse solo esercitato una parte delle proprie funzioni, magari da praefectus fabrum Il fatto che la carriera presentata nel testo sia essenzialmente locale suggerisce però che il dedicante fosse originario della stessa Lione 1371 Lasfargues, Le Glay 1980, pp 410–414, nr 3
6. Catalogo dei praefecti fabrum anonimi
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[---]tuneius T f [---]stia Rif. epigr.: AE 1988, 502 [Foligno, Italia] Origo: Fulginiae vel Hispellum, Regio VI? Cronologia: I sec d C 1372 Bibliografia: AE sub numero; Gräf in EDH: HD003709 E’ possibile che questo anonimo eques romano fosse originario di Fulginiae, luogo di rinvenimento dell’iscrizione, o Hispellum Il testo conserva la menzione del duovirato i(ure) d(icundo), di un tribunato e della p. f., presentati in quest’ordine
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[---] Rif. epigr.: AE 1993, 595 [Urbisaglia, Italia] Origo: incerta Cronologia: I–II sec d C Bibliografia: Cristofori 2004, pp 545–550; Marengo in EAGLE: EDR106687 E’ impossibile accertare se l’anonimo fosse originario di Urbs Salvia, luogo di rinvenimento dell’iscrizione, che menzionava – in quest’ordine – un quattuorvirato, una questura (verosimilmente ricoperti in città) e una p. f. Il testo non menzionava altre posizioni e si chiudeva con una dedica alla moglie del prefetto, il cui nome non si è tuttavia conservato
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[---] Voltin Rif. epigr.: AE 1993, 1106 = 1998, 886 [Arles, Francia] Origo: Arelate?, Provincia Narbonensis? Cronologia: I sec d C (prima metà?)1373 Bibliografia: Demougin 1998, pp 338–339; Burnand 2006 (54 E 45); Platz in EDH: HD048997 L’iscrizione, molto danneggiata, ha conservato poche lettere I soli incarichi integrabili sono il flaminato – [---]MINI – e la p. f. – BRV L’ascrizione alla tribù Voltinia, ben attestata nella Narbonensis – benché ad Arles prevalga la Teretina – suggerisce comunque un’origine in quella provincia1374
1372 Gräf in EDH: HD003709 1373 Burnand 2006, p 129 1374 Kubitschek IRTD, pp 204–205; Bérard 2010, p 21
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Cataloghi prosopografici
[---] Rif. epigr.: AE 2010, 525 [Pola, Croazia] Origo: Pola, Regio X? Cronologia: I sec d C 1375 Bibliografia: Matijasic in EAGLE: EDR135593 Un’iscrizione frammentaria da Pola conserva parte cospicua del cursus di un individuo rimasto anonimo e menzione della moglie Perelia Grata (non altrimenti attestata in città) Si è conservata menzione dell’edilità, del duovirato, del duovirato quinquennale e della p. f.
14 [---] C f [---]ntia[nus?] Rif. epigr.: AE 2010, 664 [Mérida, Spagna] Origo: Augusta Emerita, Lusitania? Cronologia: prima metà del I sec d C 1376 Bibliografia: Álvarez-Melero 2013, p 152, nr 5 Una dedica da Emerita – molto danneggiata – conserva parzialmente la carriera di un individuo anonimo: egli fu forse [flamen do]mus Aug[ustae]1377 e p. f. In chiusura erano menzionate le spese a copertura della dedica e[x aere] conlat[o] 15
[---] Rif. epigr.: AE 2011, 350 [Bettona, Italia] Origo: Vettona, Regio VI? Cronologia: età augustea? Bibliografia: Sensi 2011, p 362 Non è noto il nome del cittadino a cui era stata dedicata un’iscrizione nel territorio dell’antica Vettona La sua carriera, relativamente ben conservata, è tuttavia notevole: egli fu p. f., [h]aruspex, [q]uinque[nnalis], [curat]or ope[rum public(orum)] e ricoprì una posizione al servizio del Principe – [Aug]usti Ca[esaris] – forse, una procuratela
1375 Matijasic in EAGLE: EDR135593 1376 Álvarez-Melero 2013, p 153 1377 Álvarez-Melero 2013, p 153
6. Catalogo dei praefecti fabrum anonimi
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[---] Rif. epigr.: CIL I, 1912 = IX, 5195 = AE 2000, 478 = 2011, 332 [Ascoli Piceno, Italia] Origo: Asculum, Regio V? Cronologia: età augustea? Bibliografia: Marengo 2011; Id in EAGLE: EDR155427 Un individuo rimasto anonimo è attestato da un’iscrizione frammentaria rinvenuta presso l’antica Asculum Il testo ha conservato alcuni incarichi: duoviro [ite]r(um), cur(ator) agr(orum), una posizione che, secondo S Marengo era stata rivestita nell’ambito della divisio agrorum della stessa Asculum1378 L’ultima posizione conservata, dopo una lacuna, è una p. f.
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[---] Rif. epigr.: CIL II, 56 [Beja, Portogallo] Origo: Pax Iulia, Lusitania? Cronologia: prima metà I sec d C 1379 Bibliografia: Álvarez-Melero 2013, p 152, nr 2 Molto danneggiata, questa iscrizione rinvenuta presso l’antica Pax Iulia conserva esclusivamente la menzione di una prefettura equit(um) (dunque una posizione equestre) e di una p. f.
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[---] Rif. epigr.: CIL II, 1979 = HEp II, 22 = VII, 17 = IX, 64 [Adra, Spagna] Origo: Abdera, Baetica Cronologia: prima metà del II sec d C 1380 Bibliografia: Devijver ME (Incerti 4); Gil García 1993, p 763, nr 2; ÁlvarezMelero 2013, p 151, nr 7 Curata da [---]lia L. f. Anulla, in occasione della costruzione di una [b]as[ili]ca cum hypa[ethro] e dell’offerta di un banchetto – epulo dato d(e) [s(ua) p(ecunia) d(edit) d(edicavit)] – una lastra marmorea commemorava anche la carriera di un figlio rimasto anonimo Egli fu [flam]en divorum Aug(ustorum) pr[ovinciae Bae ticae] e p. f. per due volte (II), forse all’interno di quella stessa provincia Nonostante l’ingente spesa sostenuta da Anulla, la donna non è, al momento, altrimenti attestata
1378 Marengo 2011 1379 Álvarez-Melero 2013, p 152, nr 2 (probabilmente su base paleografica) 1380 Álvarez-Melero 2013, p 151
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Cataloghi prosopografici
[---] Rif. epigr.: CIL V, 5651 [N/A] Origo: Regio XI? Cronologia: II sec d C ? Bibliografia: CIL V, sub numero; ECDS: ECDS-05100805; Zoia in EAGLE: EDR165312 Rinvenuta nell’ager di Mediolanum, un’iscrizione frammentaria ha conservato la menzione della p. f. di un individuo anonimo Sembra che egli avesse destinato ai cittadini una cospicua somma per coprire i costi del rifornimento granario – [leg]avit municipib(us) [ad annona]m levand(am) La dedica era opera di una donna, forse la figlia: [---]cia L. f.
20 [---]lis ? [---]anus Rif. epigr.: CIL V, 7370 [Tortona, Italia] Origo: Dertona, Regio IX? Cronologia: età giulio-claudia1381 Bibliografia: Devijver ME (Incerti 88); Demougin 1992 (766) Probabilmente originario di Dertona, un individuo rimasto anonimo occupava in città una posizione preminente, come testimoniato dal fatto che, in chiusura al cursus, si menzionavano un duovirato, un augurato e la dedica di [por]ticus tres testamen[to] Al di fuori del contesto più propriamente locale, l’anonimo aveva ottenuto anche un tribunato in una legione non specificata, una p. f. e un incarico associato ad una prolegatura non conservato – [---] et pro legato1382 21
L C[---] L f Pal Sab[---] Rif. epigr.: CIL VI, 3508 [Roma, Italia] Origo: Roma Cronologia: incerta Bibliografia: CIL sub numero L’ascrizione alla tribù Palatina e il rinvenimento del testo iscritto a Roma, suggeriscono che l’origine di L. C[--] Sab[---], eques romano, fosse urbana Il suo cursus ha conservato esclusivamente la menzione della p. f. e del tribunato c(o)ho(rtis)
1381 Demougin 1992, p 649 (sulla base dell’assenza dell’agnomen della legione e della sequenza degli incarichi) 1382 Secondo Th Mommsen (CIL sub numero), si trattava di una procuratela, mentre A von Domaszewski riteneva si trattasse di una prefettura di cavalleria (cfr anche Šašel 1974, pp 469–470)
6. Catalogo dei praefecti fabrum anonimi
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III Aug(ustae) La dedica era opera della moglie Claudia Ti. f. Iunilla La tribù urbana dell’uomo e l’onomastica della donna sembrano indicare una lontana ascendenza libertina 22 [---] Pap [---]s Rif. epigr.: CIL VI, 32935 [Roma, Italia] Origo: incerta Cronologia: età augustea?1383 Bibliografia: Fedi in EAGLE: EDR102538 L’iscrizione, molto danneggiata, era stata reimpiegata presso le torri di Porta del Popolo a Roma, abbattute nel 1877 Datato essenzialmente su base paleografica all’ultimo decennio della Repubblica, questo anonimo servì senz’altro nelle legioni [V Mac]edonica e [VI Ge]mella, forse con i ruoli di primipilo e tribuno, come proposto dagli editori In questo caso, si tratterebbe di una carriera tanto più interessante, perché percorsa negli anni dell’ultimo conflitto civile; forse ottenuta all’inizio del principato augusteo, la p. f. ne costituì la degna chiusura 23
[---] Rif. epigr.: CIL VI, 32936 [Roma, Italia] Origo: incerta Cronologia: età augustea Bibliografia: Fedi in EAGLE: EDR102539 Il testo è stato iscritto su di una lastra marmorea; la cornice era decorata con un motivo a girali di acanto e rosette L’iscrizione, molto danneggiata, fu reimpiegata presso le torri di Porta del Popolo a Roma, abbattute nel 1877 Gli unici incarichi conservati dall’iscrizione sono un tribunato [a p]opulo – una posizione attestata solo per l’età augustea – e, nonostante il cattivo stato di conservazione, una p. f.1384
1383 41–30 a C , secondo Fedi in EAGLE: EDR102538 1384 L’unica lettera presente è una R, ma per la posizione occupata nel campo epigrafico e per l’incarico a cui l’anonimo potrebbe essere stato destinato, la p. f. sembra la posizione più ragionevole
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Cataloghi prosopografici
24 [---]ionius Rif. epigr.: CIL VIII, 7070 = 19428 = AE 2011, 1775 = ILAlg II 1, 669 [Constantine, Algeria] Origo: Cirta, Numidia Cronologia: II sec d C Bibliografia: Castillo 2011 Oggetto di una dedica (molto frammentaria) ex tes[tamento] di Q. Pacilius, mag(i ster) p[agi ---], in uno spazio concesso per decreto decurionale, questo anonimo fu forse [praepositus vexillationi]bus legio[num--- et IIII] Flavia F[e]li[x], di stanza sul Danubio1385 Censitor [c(ivium) R(omanorum) conve]ntus Ca[esaraugustani], era stato impiegato anche per attività di “polizia” [contra] rebelles pro[vinc(iae)], forse in Numidia, che per la particolare posizione geografica poteva essere maggiormente soggetta a fenomeni insurrezionali o di banditismo L’ultimo incarico menzionato era una p. f., forse in una delle province africane: il luogo di rinvenimento suggerisce in effetti di individuare la città d’origine del prefetto a Cirta 25
[---] Rif. epigr.: CIL XI, 4790 [Spoleto, Italia] Origo: Spoletium, Regio VI? Cronologia: incerta Bibliografia: Devijver ME (Incerti 205); Traverso 2006 (VI 47) Oggetto della dedica del figlio, tribuno militare (anch’egli anonimo), questo individuo fu augure e quattuorviro a Spoletium, prefetto d’ala e p. f.1386
26 [---] Rif. epigr.: CIL IX, 4890 [Monteleone Sabino, Italia] Origo: Trebula Mutuesca, Regio IV? Cronologia: incerta Bibliografia: CIL IX sub numero; EDCS: ECDS-15100781
1385 Creata da Vespasiano con elementi della V Macedonica, l’unità fu impiegata nelle guerre daciche, trattenuta in seguito in Dacia e poi stanziata in Moesia superior (Ritterling RE XII 2, coll 1540– 1549; Piso 2000, pp 208–211) 1386 Sebbene parzialmente perduta, la menzione della prefettura rappresenta la sola integrazione possibile: [au]guri IIII vir(o) [praef(ecto)] equitum / [praef(ecto)] fabr(um) / [---]us f(ilius) trib(unus) milit(um), hoc P(---) D(---)
6. Catalogo dei praefecti fabrum anonimi
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Noto grazie ad un frammento iscritto da Trebula Mutuesca, il cursus di questo anonimo comprendeva – in quest’ordine – le magistrature di duoviro quinquennale1387 e [octov]ir ter Una terza posizione, rivestita per due volte (bis), non si è conservata Sembrava chiudere il cursus una p. f. 27 ]nus Rif. epigr.: CIL IX, 5845 = ILS 3775 [Osimo, Italia] Origo: Auximum, Regio V? Cronologia: età giulio-claudia (ante 41)1388 Bibliografia: Branchesi in EAGLE: EDR015316; Traverso 2006 (V 3) Un individuo rimasto anonimo, forse originario di Auximum, membro dell’ordine equestre in età giulio-claudia, fu tribuno militare per due volte e p. f. Ottenne inoltre la magistratura locale di praetor Si trattava di un ricco proprietario terriero, come suggerito dal lascito testamentario alla comunità cittadina di 50 000 sesterzi, di un fundus Hermedianum e di almeno altre due proprietà definite Herenniana, da cui trarre ogni anno vittime sacrificali e offerte per il culto della Fides Augusta 28 [---] Rif. epigr.: CIL X, 56 [Vibo Valentia, Italia] Origo: Vibo, Regio III? Cronologia: fine I–II sec d C ?1389 Bibliografia: De Carlo 2015, p 269 Il solo incarico leggibile con sicurezza su di un frammento iscritto, rinvenuto presso l’antica Vibo, è la p. f. L’iscrizione, posta [decurio]num decreto, menzionava forse anche la posizione di q(uaestor) 29 [---] Rif. epigr.: CIL X, 1274 = AE 2008, 348 = 354 [Nola, Italia] Origo: Nola, Regio I? Cronologia: età giulio-claudia (fra Tiberio e Claudio)1390 Bibliografia: Camodeca 2012, p 306; De Carlo 2015, p 331
1387 Le uniche lettere conservate attestano la quinquennalità – [---]INQUENNALIS – senz’altro associata al duovirato 1388 Traverso 2006 (sulla base di una carriera apparentemente pre-claudia) 1389 De Carlo 2015, p 269 1390 Camodeca 2012, p 306
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A lungo associato a L. Sirtius M. f. Fal. Modestus1391, questo frammento iscritto ha conservato in realtà la carriera di un anonimo, forse originario di Nola1392 I soli incarichi conservati sono l’edilità e una p. f. L’ordine dei decurioni aveva concesso a lui e ai suoi genitori (anch’essi anonimi) uno spazio di 50 piedi (circa 15 m), destinato alla loro sepoltura 30 [---]s Rif. epigr.: CIL X, 3830 [Casapulla – Caserta, Italia] Origo: Capua, Regio I? Cronologia: età traianea (102–116 d C ) Bibliografia: Chioffi 2007, p 28, nr 15; Id in EAGLE: EDR005668 L’anonimo, forse originario di Capua, aveva curato una dedica a Traiano, definito G[erm(anicus)] Dacicus, ma non Parthicus Il documento si data dunque fra 102 e 116 d C Il documento ha conservato esclusivamente la menzione di una p. f. bis e dell’edilità 31
[---] Rif. epigr.: CIL X, 5189 [Cassino, Italia] Origo: Casinum, Regio I? Cronologia: incerta Bibliografia: CIL X, sub numero Un’iscrizione molto danneggiata da Cassino contiene la menzione della p. f. Null’altro è leggibile
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[---] Rif. epigr.: CIL X, 5404 [Aquino, Italia] Origo: Aquinum, Regio I? Cronologia: incerta Bibliografia: CIL X, sub numero Alla lastra iscritta manca del tutto la porzione sinistra Il cursus di un individuo rimasto anonimo è stato conservato da un’iscrizione rinvenuta presso l’antica Aquinum Le prime due lettere conservate – XV – sembrano un numerale; seguiva una p. f. consul(is) e un’altra prefettura (mancano ulteriori precisazioni) Lo stesso individuo aveva forse ottenuto una questura Aug(usti),
1391 Su questa confusione e sulla corretta identificazione dei frammenti iscritti, si veda Camodeca 2012, p 306 e n 64 1392 In città, la tribù più attestata è appunto la Falerna (Taylor 1960, p 161; Camodeca 2010, p 180)
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probabilmente rivestita ad Aquinum per conto del Principe, la cui indicazione segue una lacuna Se, come sembra, quest’ultima non conteneva l’indicazione di un altro individuo, il prefetto sarebbe fratello del dedicante (anch’egli anonimo) e, elemento più importante, sarebbe scomparso a soli diciassette anni Altri individui erano onorati dal dedicante: un figlio morto a sedici anni e un altro congiunto (l’indicazione non si è conservata) deceduto a ventiquattro 33
[---]ius Sex[---] Rif. epigr.: CIL X, 7351 [Termini Imerese, Sicilia] Origo: Thermae Himerae, Sicilia? Cronologia: 27–22 a C Bibliografia: Pflaum CP p 7, n 1; Devijver ME (S 106); Demougin 1992 (46); Bivona 1994, pp 130–131, nr 16 Un’iscrizione dedicata ad un individuo rimasto anonimo e a una Iulia (senz’altro sua moglie) da parte di un M. Livius Macedonicus era stata posta per decreto dei decurioni di Thermae Himerae, di cui forse il prefetto era originario1393 Si trattava comunque di un cavaliere, come precisato al principio del cursus iscritto – [equo public]o1394 Erano poi menzionate una p. f., un tribunato nella legione XII [Ful]mi nata1395, una prolegatura per Augusto a Cipro – pro [legato] Caesari[s] Cypri – e la prefettura di una coorte equitata La prolegatura è ben databile, perché Cipro era stata posta sotto il controllo di Augusto fra 27 e 22 a C Il M Livio Macedonico citato nel testo potrebbe essere membro di una famiglia legata a quell’importante gens repubblicana
34 [---] Rif. epigr.: CIL XI, 712 [Bologna, Italia] Origo: Bononia, Regio VIII? Cronologia: età giulio-claudia (ante 41 d C ) Bibliografia: Devijver ME (Incerti 191); Dobson PP (48); Demougin 1992 (406); Traverso 2006 (VIII 6) Un’iscrizione bolognese, in parte danneggiata, ha conservato la dedica di una [port]icus p(ecunia) s(ua) da parte di due primipilari Un solo cognomen sembra
1393 Non ci sono elementi a sufficienza per confermarlo, ma neppure per escluderlo Senz’altro la città fu elevata al rango di colonia soltanto nel 21 a C (cfr Demougin 1992, p 59) – è dunque possibile che questo individuo si fosse trasferito in città al termine del servizio 1394 Secondo H -G Pflaum (CP, p 7) e S Demougin (1992, p 59), si trattava della prima attestazione dell’espressione equo publico 1395 Ritterling RE XII 2, coll 1705–1710; Bertrandy, Rémy 2000
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riconoscibile – [D]enticol[us] –, ma non è chiaro a chi possa essere riferito Il prefetto rimasto anonimo era un primipilare bis, una posizione che, prima degli interventi di Claudio, conduceva spesso all’ordine equestre Egli raggiunse il tribunato e una prefettura (di coorte o d’ala) A Bononia, l’anonimo fu infine eletto duoviro [q]uinq(uennlicia) potest(ate) Il militare di “carriera”, divenuto notabile, fece dono di una porticus sua pecunia, a dimostrazione di un nuovo status e di una ricchezza ormai acquisiti E’ significativo che, allo stesso atto di evergetismo, contribuisse un altro primus pilus, anch’esso anonimo, prefetto d’ala e duoviro i(ure) d(icundo)1396 35
[---] Rif. epigr.: CIL XI, 1188 [Piacenza, Italia] Origo: Veleia, Regio VIII? Cronologia: 1–50 d C 1397 Bibliografia: Criniti 2013, pp 134–135; Possidoni in EAGLE: EDR122721 Il cursus di un individuo, forse originario di Veleia, è stato conservato da un’iscrizione purtroppo frammentaria: duoviro per tre volte – ter(tium) – e pontefice, fu anche p. f. (incarico indicato dopo una lacuna) e patronus della propria comunità In chiusura al testo, compare un’ultima menzione del duovirato, accompagnata dal numerale II: considerata la precedente menzione del duovirato ter, è possibile si tratti di un altro individuo il cui nome non si è però conservato
36 [---] Rif. epigr.: CIL XI, 1601 [Firenze, Italia] Origo: Florentia, Regio VII? Cronologia: I–II sec d C Bibliografia: Demougin 1975, p 171, nr 40; Cecconi in EAGLE: EDR103514 Nota da una copia manoscritta di XV secolo, un’iscrizione frammentaria da Firenze ha conservato parte cospicua della carriera di un individuo rimasto anonimo L’ordine di presentazione degli incarichi sembra ricalcare quello effettivo: p. f., edile, duoviro, augure, eq(uo) pub(lico) ex V dec(uriis) Un incarico in città comprendeva senza dubbio un’impresa nell’edilizia pubblica, la cui menzione non si è però conservata per intero: faciundam quae est inter porticus Lurc[---] HS C̅ E’ in quell’occasione che furono concessi 100 sesterzi ai decurioni e fu redatta l’iscrizione stessa 1396 Dobson PP, p 186, nr 47; Demougin 1992, p 332 (nr 405) E’ soprattutto a B Dobson che si deve l’identificazione di due distinti individui 1397 Possidoni in EAGLE: EDR122721 (cfr scheda 149)
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[---] Rif. epigr.: CIL XI, 3113 [Civita Castellana, Italia] Origo: Falerii Novi, Regio VII? Cronologia: incerta (I sec d C ?) Bibliografia: CIL sub numero; Devijver ME (Incerti 195); ECDS: EDCS22300277 Il cursus di un individuo rimasto anonimo è stato conservato da un’iscrizione frammentaria, rinvenuta a Falerii Novi: esso includeva il quattuorvirato, il tribunato (indicatore del rango equestre) e la p. f. Il cursus potrebbe essere stato redatto in ordine indiretto
38 [---] Rif. epigr.: CIL XI, 3546 [Civitavecchia, Italia] Origo: Regio I? Cronologia: I sec d C ? Bibliografia: CIL XI, sub numero; Slavich in EAGLE: EDR127614 Un frammento iscritto da Civitavecchia ha conservato la menzione isolata di una p. f.1398 E’ possibile si trattasse di un’iscrizione dedicata nell’occasione di una spesa rilevante, forse di un atto di evergetismo, dal momento che è possibile distinguere l’espressione ex ea p[ecunia] Secondo C Slavich, se si accetta una datazione su base paleografica al I sec d C – prima cioè della fondazione traianea di Cen tumcellae – le località a cui riferire il frammento potrebbero essere Aquae Tauri, Castrum Novum, Caere, Tarquinii e Blera1399 39 [---] Rif. epigr.: CIL XI, 4377 [Amelia, Italia] Origo: Ameria, Regio VI? Cronologia: età augustea Bibliografia: SupplIt 18, p 227, sub numero Rinvenuta ad Amelia, un’iscrizione documenta la p. f. di un individuo rimasto anonimo Egli fu, con qualche veste (forse procuratoria), al servizio del Principe – [--- Caesa]ris Aug(usti)
1398 Su questo scioglimento C Slavich (in EAGLE: EDR127614) ha suggerito prudenza: in effetti, le lettere conservate sono ]EF FABR Nell’impossibilità di inserire la menzione dei collegia fabrum, è però obbligata l’integrazione [---pra]EF(ectus) FABR(um) 1399 Slavich in EAGLE: EDR127614
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40 [---] Rif. epigr.: CIL XI, 6967 = AE 2014, 434 = 2016, 400 [Luni, Italia] Origo: Luna, Regio VII? Cronologia: 51–130 d C 1400 Bibliografia: CIL XI, sub numero; Frasson 2013, pp 313–314; Id in EAGLE: EDR105445 Il frammento di un’iscrizione da Luni ha conservato parte della carriera di un individuo rimasto anonimo: p. f. II – ovvero per due volte – e d[uovir?] La dedica fu forse posta [d(ecreto) d(ecurionum)? pub]lic(e) 41 [---] Rif. epigr.: CIL XII, 1027 [Avignon, Francia] Origo: Avennio, Provincia Narbonensis? Cronologia: incerta Bibliografia: Devijver ME (Incerti 221); Pflaum 1978, pp 234–235, nr 6; Devijver ME Suppl I, p 1820; Id ME Suppl II, p 2318; Burnand 2006 (207 E 158) I soli incarichi conservati dall’iscrizione di un anonimo membro dell’ordine equestre sono una p. f. e un tribunato mil(itum) c(o)hor[tis] Sulla base del luogo di rinvenimento dell’iscrizione, è ragionevole supporre che si trattasse di un individuo originario di Avennio 42 [---] Rif. epigr.: CIL XII, 1373 [Vaison-la-Romaine, Francia] Origo: Vasio, Provincia Narbonensis? Cronologia: metà del I sec d C 1401 Bibliografia: Pflaum 1978, p 25, nr 15; Burnand 2006 (98 E 79) Un’iscrizione molto danneggiata rinvenuta presso l’antica Vasio ha conservato alcuni incarichi di un individuo rimasto anonimo: p. f., fla[men] divi Aug(usti) e pontefice In chiusura al testo compare parte del nome di una donna, forse la moglie del prefetto – [---Tul?]llia Pompullina
1400 Frasson in EAGLE: EDR105445 (su base paleografica) 1401 Burnand 2006, p 236
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43 [---] Rif. epigr.: CIL XII, 2458 = ILN V 3, 696 [Brison-Saint-Innocent – Francia] Origo: incerta Cronologia: fra Nerone e Vespasiano1402 Bibliografia: Pflaum 1978, 254–255, nr 14; Burnand 2006 (99 E 80) L’anonimo benefattore, che curò la costosa costruzione (o il restauro) di un tem plum c[um] om[nib]us ornamentis, menzionava nella dedica una p. f. e due flaminati, uno dei quali per il culto di Marte E’ possibile che il tempio fosse dedicato a quest’ultima divinità Non è determinabile con certezza la città d’origine del prefetto, probabilmente corrispondente a quella in cui aveva curato la dedica del tempio 44 [---] Rif. epigr.: CIL XII, 3187 a-b e add p 836 [Nîmes, Francia] Origo: Nemausus, Provincia Narbonensis? Cronologia: I–II sec d C Bibliografia: Devijver ME (Incerti 226); Id ME Suppl I, p 1820; Id ME Suppl II, p 2318; Burnand 2006 (143 E 116) Forse originario di Nemausus, questo anonimo vantava in testa al cursus l’accesso all’ordine equestre – [equo publico hono]ratus – e una p. f. Specificava poi che [om nibus] hono[ribus] [in coloni]a sua f[unctus] Al di fuori della realtà locale, egli fu tribuno della legione XIIII (Gemina) in G[ermania et leg(ionis) III A]ug(ustae) in Afr[ica] Il cursus potrebbe essere diretto, ma, considerata l’omissione degli incarichi locali e la menzione dei due tribunati in un’unica formula, è difficile affermarlo con certezza L’iscrizione fu dedicata [l(ocus) d(atus)? d(ecreto)] d(ecurionum) 45 [---] Rif. epigr.: CIL XII, 4373 [Narbonne, Francia] Origo: Narbo, Provincia Narbonensis? Cronologia: II sec d C 1403 Bibliografia: Pflaum 1978, p 257, nr 21a; Burnand 2006 (289 E 221) Le uniche parole integrabili su di un frammento iscritto rinvenuto a Narbonne resituiscono l’indicazione di una p. f.
1402 Burnand 2006, p 237 1403 Burnand 2006, p 615
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46 [---]ttius Cn f Tro […]ns? Rif. epigr.: CIL XIV, 2961 [Palestrina, Italia] Origo: Vienna, Provincia Narbonensis Cronologia: I sec d C 1404 Bibliografia: Wierschowski 2001, p 418 (594); Burnand 2006 (96 E 77); Di Giacomo in EAGLE: EDR120538 Sebbene l’iscrizione ex [testam]ento di un individuo rimasto anonimo sia stata rinvenuta a Palestrina, sembra che l’indicazione Vienne(n)sis ne fissi stabilmente l’origine nella Narbonensis Il testo iscritto menziona solo la p. f., rivestita per due volte (bis) Sulla base dell’assenza di incarichi pertinenti alla dimensione locale, si può supporre che, morto a Praeneste, questo anonimo si trovasse in Italia per ragioni di servizio, forse al seguito di un console o di un pretore 47 [---] Rif. epigr.: CIL XIV, 3021 [Palestrina, Italia] Origo: Praeneste, Regio I? Cronologia: incerta Bibliografia: Granino Cecere 1997, pp 175–176, nr 97; Di Giacomo in EAGLE: EDR121451 Rinvenuta a Palestrina, un’iscrizione incisa su di una lastra di marmo molto danneggiata ha conservato parte della carriera di un individuo rimasto anonimo Egli fu senz’altro p. f., edile e sevir [Augustalis] Queste ultime posizioni suggeriscono che l’iscrizione fosse stata elevata dove gli incarichi erano stati ricoperti, ovvero nella stessa Praeneste Nell’ultima linea superstite (l 3) sono conservate alcune lettere, che probabilmente devono essere integrate in [cal]darium, [tepi]darium o [frigi]darium1405: evidentemente, l’iscrizione celebrava un atto di evergetismo collegato ad un impianto termale pubblico 48 [---] Rif. epigr.: CIL XIV, 4677 [Ostia, Italia] Origo: incerta Cronologia: incerta Bibliografia: Marchesini in EAGLE: EDR106900
1404 Di Giacomo in EAGLE: EDR120538 1405 Di Giacomo in EAGLE: EDR121451
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Un’iscrizione molto danneggiata da Ostia ha conservato il cursus di un individuo rimasto anonimo: il testo includeva senz’altro una p. f. e un’altra prefettura, forse equestre Secondo R Marchesini, nella lacuna precedente la p. f., erano forse presentati una questura dell’erario e un flaminato di Roma e Augusto1406 49 [---] Rif. epigr.: Corinth VIII 3, 234 [Korinthos, Grecia] Origo: incerta Cronologia: incerta Bibliografia: Corinth VIII 3 sub numero; Cowey in EDH: HD060564 Un’iscrizione molto danneggiata da Corinto ha conservato esclusivamente la menzione di una p. f. e della curatela dell’annona, senz’altro all’interno della capitale provinciale E’ possibile che anche la p. f. fosse stata rivestita all’interno della provincia di Achaia 50 [---] Rif. epigr.: EAOR III, 61 [Paestum, Italia] Origo: Paestum, Regio II? Cronologia: fine II – inizi III sec d C ?1407 Bibliografia: Buonocore in EAOR III, sub numero Sembra che questo anonimo pestano avesse ottenuto il sacerdozio di flamine perpetuo e una p. f. Nel testo erano menzionati un cavaliere romano, il cui nome non si è conservato, e il [m]unicipium Ebur[inorum], di cui forse il prefetto era stato curator o patronus: il fatto che egli avesse sostenuto il costo di combattimenti gladiatori sembra supportare questa seconda soluzione e, senz’altro, dimostra la ricchezza di questo individuo 51
[---] M f [---] Rif. epigr.: ERAEmerita 486 = HEp XII, 14 [Mérida, Spagna] Origo: Augusta Emerita, Lusitania Cronologia: incerta Bibliografia: HEp XII, sub numero Probabilmente originario di Emerita, come suggerito dall’ascrizione alla tribù Pa piria1408, comunemente attestata in città, l’anonimo figlio di un Marcus era stato –
1406 Marchesini in EAGLE: EDR106900 1407 Buonocore in EAOR III, sub numero 1408 Kubitschek IRTD, p 185
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secondo l’ordine di presentazione – [II]vir, p. f. e [pon]tife[x] Inserita fra posizioni di rilievo soprattutto locale, questa p. f. era forse stata ricoperta a seguito del governatore di Lusitania 52
[---] Rif. epigr.: HEp V, 416 = XVIII, 168 [Kastilo, Spagna] Origo: Castulo, Hispania citerior? Cronologia: prima metà del I sec d C 1409 Bibliografia: Álvarez-Melero 2013, p 147, nr 2 Il cursus di un individuo rimasto anonimo, forse originario di Castulo, includeva il flaminato di Roma e Augusto e una prefettura – segue una lacuna Egli aveva poi preso parte alla costruzione di una [porticus cu]m statuis gentis (l 2), era stato edile, duoviro e p. f. per tre volte, forse all’interno della stessa Hispania citerior
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[---] Rif. epigr.: IAquil II, 2863 [Verona, Italia] Origo: Aquileia, Regio X? Cronologia: incerta Bibliografia: IAquil II, sub numero; ECDS: EDCS-01404458 Secondo la lettura di G Brusin, un frammento iscritto da Aquileia conterrebbe le parole prafec]t(us) fabrum e [--- cu]ltusque1410
54 [---] Rif. epigr.: IGLAlexa 182 [n/a] Origo: incerta Cronologia: incerta Bibliografia: IGLAlexa, sub numero Una delle rare attestazioni di p. f. dall’Egitto è un’iscrizione molto frammentaria dal Museo di Alessandria Si trattava con ogni verosimiglianza di un eques romano, dal momento che, accanto ad una p. f. Imp(eratoris), è menzionata una procuratela – una lacuna impedisce di comprendere a cosa fosse effettivamente destinata Il servizio da p. f. per l’imperatore aveva probabilmente determinato le condizioni per un incarico nel ricco Egitto
1409 Álvarez-Melero 2013, p 147 1410 IAquil II, sub numero
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[---]redii M[ Rif. epigr.: IK 13, 782 [Efes, Turchia] Origo: Ephesus, Asia? Cronologia: incerta Bibliografia: Engelmann, Knibbe, Merkelbach 1980 (IK 13), sub numero Non è possibile stabilire con certezza se questo anonimo membro dell’ordine equestre fosse originario di Efeso o vi avesse soltanto prestato servizio Il suo cursus, noto attraverso un’unica iscrizione molto danneggiata, includeva incarichi estranei al contesto locale: tribuno, praef(ectus) classium [Germanic(ae) e]t Pannonic(ae) e p. f.
56 [---] Rif. epigr.: IK 67, 162 [Yalvaç, Turchia] Origo: incerta Cronologia: incerta Bibliografia: Byrne, Labarre 2006 (IK 67), sub numero Rinvenuta presso l’antica Antiochia di Pisidia, l’iscrizione (molto danneggiata) di un anonimo membro dell’ordine equestre, menzionava una p. f. e un tribunato nella legione V [Ma]cedonica 57
[---]us L f L n [---]nus Rif. epigr.: NSA 1926, p 326 [Formia, Italia] Origo: Formiae, Regio I? Cronologia: incerta Bibliografia: Aurigemma 1926, p 326 Il solo incarico chiaramente leggibile in questa iscrizione riferibile ad un individuo rimasto anonimo è la p. f.
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[---] Rif. epigr.: SEG XLVIII, 2036 [n/a] Origo: incerta Cronologia: seconda metà del II sec d C Bibliografia: Kayser 1998, pp 229–231 Un’iscrizione in greco e latino, conservata presso il museo archeologico di Alessandria d’Egitto, reca il cursus di un p. f. rimasto anonimo La sua origine è incerta ed è possibile che il testo sia stato rinvenuto in Egitto, perché in quella provincia il prefetto aveva prestato servizio Il primo incarico menzionato, conservato esclu-
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Cataloghi prosopografici
sivamente nel testo in greco, era la p. f. – ἐπ]άρχωι τεχνειτῶν Seguivano forse tre tribunati nei prestigiosi corpi dell’Urbe – uno senz’altro fu la coorte XI urb(ana) Prefettura e servizio nelle coorti pretorie fruttarono all’anonimo le procuratele della provincia dell’Hispania citerior e del regnum [Noricum?]1411 – entrambe ducenarie Un’altra procuratela menzionata nel testo non ha conservato specifiche, ma l’ultima posizione sicuramente rivestita da questo individuo fu comunque la prefettura dei vigiles a Roma Secondo F Kayser, il luogo di rinvenimento dell’iscrizione parrebbe suggerire che, dopo la praefectura vigilum, l’anonimo sarebbe infine riuscito a raggiungere la prestigiosa prefettura d’Egitto Per quanto ipotetica, la proposta di Kayser può forse essere accettata, soprattutto in considerazione dell’importanza attribuita alla praefectura vigilum, incarico senz’altro ricoperto1412 Ad ogni modo, tutta la carriera del prefetto sembra caratterizzata da rilevanti legami presso l’élite urbana e la stessa corte imperiale 59 [---] Rif. epigr.: TPSSR 37 [Podunajske Biskupice – Bratislava, Slovacchia] Origo: Pannonia superior? Cronologia: fine II sec d C – inizi III sec d C ?1413 Bibliografia: Osnabrügge in EDH: HD074840 Non è possibile stabilire con certezza l’origine di questo anonimo, ma è probabile che appartenesse al notabilato di una delle città della Pannonia superior L’iscrizione menzionava, in quest’ordine: il quattuorvirato i(ure) d(icundo), una p. f. e le competenze degli edili, forse ottenute per quattro volte – [aed]ilici(i)s p(ote statibus) II[II]
1411 Su questo, si veda Kayser 1998 1412 Kayser 1998, p 231, in cui si propone un’identificazione con uno dei seguenti prefetti d’Egitto: Q. Rammius Martialis (età traianea e adrianea); Haterius Nepos (età adrianea); M. Bassaeus Rufus (età antonina); L. Valerius Datus (età severiana) 1413 Il rinvenimento in Pannonia suggerisce una datazione più tarda, forse severiana: a quest’epoca si datano infatti altre attestazioni della p. f. in quella provincia
Indice dei cataloghi prosopografici [A]burn[ius --- Tuscianus], [L ?] Acellius Vemens, C Acil(ius) Fronto, M’ [A]cilius Hierax Adgennius Macrinus, Sex Aelius Agathoclianus, P Aelius Quirinus Domitianus Gaurus, C Aemilius Fratern[us], C Aemilius Fraternus, M Aemilius Paternus, L Aemilius Respectus, M Aemilius Secundus, Q Aemilius Super, M Aemilius Tutor, L Aescionius Capella Aimilius Proculus, M’ Alfius Quietus, L Allenius Crassus Caesonius, M’ Allidius, Q Allienus Laetus, A [A]llius [R]ufus Allius Ru[fus], M Allius Rufus, Q Ancharius, L Anicius Paetinas, L (C f ) Anicius Paetinas, L (L f ) Antestius Seve[rus?], C Antistius Pansa, C Antonius Firmus, L Antonius Numida, L An[t]onius Pater[nu]s Antonius Severus, M
247 186 248 351 187 249 250 1 188 189 251 2 252 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 370 16 253 190 17 254
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Indice dei cataloghi prosopografici
Antonius Silo, L Apidius Proculus, C Arrecinus Clemens, M Arrius Proc[u]lus, A Arrius Salanus, L Arruntius Iulianus, T Asconius Sardus, C Asia[ti]cus Asinius Acilianus, Q Atatinus Modestus, [Q ] Atatinus Modestus, Q Atatius Memor Aponius Firmus, L Atilius Glabrio, C Atilius Severus, Q Atinius Murra, Q Attius Priscus, Q Attius Suburanus Aemilianus, Sex Aufatius Firmus Novius Probus, M Aufidianus Celer, Sex Aufidius, P Aufidius Vinucianus Epagatinus, L Aufustius Macrinus, C Aulienus, Sex Aurelius, [L ?] Aurelius, M Aur[elius] Co[tta?], L [Aus]picatus Baebius Avitus, L Baebius Celsus, Cn Baebius Iuncinus, L Baebius Niger, L Barronius Sura, M Bovius Celer, L Burrenus Firmus Cacius Cerna, M Caecilius, Q Caecilius A[nien, Q Caecilius Crescen[s] Volusianus, Sex Caecilius Gallus, C Cae[cilius] Secundus, L Caecilius Senecio, Sex
191 255 18 19 20 256 192 21 193 22 194 195 23 257 24 258 196 259 356 25 26 27 28 30 31 29 32 197 33 34 35 36 198 37 38 40 41 260 199 39 42
Indice dei cataloghi prosopografici
Caecina Severus, L Caesius Fistulanus, Q Calpurnius Fabatus, L Calpurnius Frugi, L Calpurnius Paulin[us] Honoratia[nus] Calpurnius Rogatianus, Q Campanius Flaccus, L Campanius Varo, D Camurius Clemens, C [Ca]piton[ius] Carisius Alpinus, M Carista[nius] Fronto Caesianus Iul[lus, C Carsius Secundus, M Cascellius Labeo, Q Cascellius Pompeianus, C Cassius Cere[alis], [L ] Cassius Constans, Q Cassius Valens, M’ Cassius Verinus, T Cestius, M [Cl]audius, [L ?] Claudius Agrippinus, Ti Claudius Apollonius, Ti Claudiu[s Au]relianus Ptolemaeus, Ti [Claud]ius [Ba]lbillus, Ti Claudius Bithynicus, Ti Claudius Chionis Claudius Clemens, Ti Claudius Coinnagus Atticus Agrippianus, Ti Claudius Dinippus, Ti Claudius Helvius Secundus, Ti Claudius Hispanus, Ti Claudius Liberalis Aebutianus, Ti Claudius Oenophilus, Ti Claudius Piso, Ti Claudius Rufinus, Ti Clodius Ingenuus, L Clodius Ma[cer?], M Clodius Martia[lis, M Clodius Pius Marian(us), L Clodius Pro[culus], T
200 201 43 44 261 262 45 202 263 46 47 48 352 49 203 50 204 264 265 51 209 267 52 266 53 268 54 205 269 55 270 206 271 207 208 56 272 57 210 273 58
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Indice dei cataloghi prosopografici
Cludius Rectus, C Coelius Lectus, M Cornelius Bocchus, L Cornelius Dexter, Sex Cornelius Germanus, C Cornelius Menodor(us), [L ] Cornelius Minicianus, C Cornelius M[---], L Cornelius Nova[tus?] Baebius [---] Balbus, M [Cor]nelius N[---] Cornelius Pupillus, L Cornelius Sev(erus), [C]n Coruncanius Oricula, C Cosconius Fronto, Q Culciscius, T [C]ulcius Cuppienus Terminalis, C Curiatius, L [Cu]rtilius Curtius, L Decius Saturnin(us), Q Decrius Crispus, C Decrius Longinus, L Dext(er) Dissenius Fuscus, C Domitius Celer, D Egnatius Marus, C Ennius Marsus, C Fabius [---] C Clodius, P Fabius Maximus, M Fabricius Tuscus, C Fidius Macer, M Flavius Cimber, T Flavius Fimbria, M Flavius Fronto, M Flavius Montanus, T Flavius Severus Gogaenus, T Flavius Varus Calvisianus Hermocrates, T Flaviu[s] Verecundu[s] Thamaria[n(us)], T Fufidius Proculus, L Fulcinius Vergilius Marcellus, P
274 59 60 275 211 61 276 62 212 63 64 65 213 353 66 214 277 67 68 357 69 278 279 70 280 71 72 73 215 281 74 216 283 217 218 284 285 286 287 75 288
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Furius Clemens, L Furius Tiro, C Gagilius Modestus, Q [---]ius Gallus [---] Gallus [Ga]rgennius? Sagitta, [Q ?] Gavius Balbus, P Gavius Flaccus, C Gavius Gallicus, M Gavius Pedo, Q Gavius Sabinus, M Gavi[us ---], C Geminus Priscus, C [Gli]tius Barbarus Gossius Oriens, L [---] Gracchus Graecinius Firminus, C Graius Iamus, Q Granius Bassus, Q Granius Cordus, M Herennius Celsus, N(umerius?) Hirpidius Memor, C Hortensius Faustinus, Q Hosidius Severus, C Iestinius Augurinus, T Iulius Aquila, C Iulius Atticus, M Iulius Brocchus Valerius Bassus, L Iul(ius) Capito, D Iulius Couribocalus, T Iulius Crassus, L Iulius Iulianus, Ti Iulius Lentinus, T Iulius Max[imus, Sex Iulius Montanus, C Iulius Pertinax, Cn Iulius Pisonianus, M Iulius Priscus, C Iul(ius) Ripanus Capito Bassianus, D Iulius Rufus, C Iulius Seneca Licinianus, C
76 77 289 78 79 290 291 219 292 81 82 80 83 84 293 358 294 220 85 86 87 295 296 297 221 89 222 223 298 90 91 92 93 94 95 299 300 224 225 96 301
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Iulius Silvanus C Minucius Herennulaius Iulianus, C Iulius Valerianus, T Iulius Victor, C Iulius [---]tus, C Iu[lius, Sex Iunius Bassus Milonianus Iunius Montanus, T Iunius Proculus, M [---] Iustus Laetilius Rufus, L Latinius Musculus, Q Lepidius Secundus, C Licinius Flamma, C [Licinius] Rufus Licinius Valens, C Lollius Fronto, Q Lollius Suavis, L Lucilius Lupus, L Lucilius Paetus, M Lucretius Decidianus Rufus, M Lusius Nomentanus, N Maenius Bassus, C Maesius Celsus, Sex Maesius Maximus, M Maesius Rufus, L Magius Antiquus, M Mandulius [Cr]escens Manlius Felix, C Manlius Pollio, M Marci[us] Avit[us], L Marcius Taurinus, T Marius, C Marius Aelianus, C [---] Maximus Meffius Saxo, C Menacius Priscus, L Mento Man[---] Mettius Rufinus, C Minatius Saturninus, Q Minicius Exoratus, [L ] [---] Modestus
302 226 97 371 88 227 98 99 303 100 101 304 305 306 307 102 103 228 104 105 229 106 107 308 309 108 310 311 109 110 230 111 312 112 113 231 114 313 359 232 115
Indice dei cataloghi prosopografici
Mulvius Ofillius Rest[it]utus, [C ] Munatius Aurelius Bassus, Cn [---]onius Musculus Mutius Cracilis, T Nasennius Marcellus Senior, C Numisius Ligus, P Nummius Augustalis, T Obultronius Cultellus, M Oclatius Modestus, C Octavius Balbus, L Octavius Novatus, M’ Octavius Rufus, L Octavius Sagitta, Q Ofasius Firmus Marus Cornelius Cossinus, M O[lius] Secu[ndus], Sex Oppius Capito Quintus Tamudius, M Opsidius Rufus, P Orfius Flaccus Caesius, Q Otidius Iovinus, C Otidius Praenestinus Ovidius Ventrio, P Ovinius Rufus, L Paccius Priscus, T Pacuvius Severus, L Papirius Cognitus, L Papirius Pastor, P Passerius Afer, C Petronius Asellio, Cn Petronius Firmus Calpurnius Saecularis, M Petronius Lupus Marianus, Sex [---] Philargyrus [Po]llio Pompeius, Sex Pompeius Proculus, C Pomp(eius) (Tertullus?), A Pomponius Augurinianus, C [Po?]mponius Capito, L Pomponius Petra, T Pompullius Lappa, T Pon[tius ---]tius, M Popillius Rufus
233 314 116 315 316 117 234 118 317 119 120 121 122 123 124 318 125 126 319 320 127 128 129 360 235 130 131 132 321 133 361 134 135 136 137 362 138 139 140 363 364
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Porcius Aper, M Porcius Latinus, L Prope[rtius] Pater[culus], P Publilius Memorialis, [L ] Purtisius Atinas, C Quaestorius Secundus, T Quinctilius Priscus, A Quinctilius Valerius Maximus, Sex Quinctius Babilianus, L Quinc[tius?] Runco, M [ Rago?]nius [Res]titutus Raius Capito, C Rasinius Tettianus, C Ro(s)cius Bassus, Sex [---]ius Rufus [---]s Rufus [---] Rufus Rufus [Ve]nuleianus Sabidius Maximus, T [---]s Sabinus, C Sagurus Priscus, C Sallustius Hostianus, C [ S]alvius Fusc[us] Satanus Sabinus, T Satrius Iustus, Sex [---] Saturninus Selic[ius] Albinus, [Q ?] Sellusius Certus, T Sempronius Senecio, L Senecius Garrulus, P Sennius Sabinus, C Septimius Primus, Q Septimius Septimianus, M Septumius Tinia, T [Ser]torius [Hi]strianus [---]us Severus Sextilius Fuscus, Sex Silius Aviola, C Sirtius Fidiclanius Apronianus, Q Sornius, T Statilius Iustus Sentianus, P
322 323 141 324 142 143 325 326 144 327 328 236 145 365 146 366 147 148 329 149 330 150 331 151 152 367 153 237 332 333 154 238 334 155 156 157 239 158 335 159 372
Indice dei cataloghi prosopografici
Statilius Taurus, T Statius G[allus], Q Stertinius Xenophon, C Stlaccius Coranus, M Sulpicius Celsus, Q Surinus Marcellus, M Tarquitius Priscus, [M ] Tarquitius Priscus Etruscus, [M ] Tiberin(ius) Faventinus, C Titiedius Flaccus Titinius, L Titinius Glaucus Lucretianus, L Trebellius Sextanus, M Trebius Iunianus, C Trebius Maxim[us ---], C Tuccius Ma[ximus], L Turpilius Valens, P Turranius Proculus Gellianus, Sp Vagirius Martianus, Sex Valerius Bassus, P Valerius Gallus, C Valerius Optatus, L Valerius Paetus, C Valerius Pollio, L Valerius Priscus, L Valerius Priscus, P Valerius Propinquus Grattius Cerealis, M Valerius Pullinus, M Valerius Tettius Fuscus, C Valerius Valens Ulpianus, C Valerius Verus, L Varenus Lucullus, L Varius Papirius Papirianus, L [---]tius Varus Vecilius Campus, M Vecilius Modestus, L Veianius Mamulla, L Vergilius Gallus Lusius, M Vergilius Laurea, P Vergilius Paullinus, P Veserius Iucundianus, M
373 160 161 162 240 163 165 164 354 166 167 168 169 336 241 170 337 171 338 172 368 173 174 175 242 339 243 340 355 341 342 176 343 177 178 244 344 179 180 181 345
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Indice dei cataloghi prosopografici
369 346 182 347 183 245 348 349 184 185 246 350
Vettius, P Vettius Latro, M Veturius Pexsus, Q Vibbius Proc[ulus], L Vibius Balbinus, M’ Vibius Lentulus, L Villius Atilianus, L Vinicius Lucanus, A Virgius Marsus, A Virtius Ceraunus, M Visulanius Crescens, T Volusius Maecianus, L Praefecti fabrum anonimi [---] // AE 1903, 344 = NSA 1903, p 106, nr 2 [---] // AE 1935, 133 [---]us T f Ter // AE 1952, 169 = 1954, 104 = 1996, 1008 = 1999, 1020 [---] // AE 1954, 140 [---] Papir[ia ---] // AE 1955, 50 [---] // AE 1964, 273 = ILJug II, 537 [---] // AE 1969–70, 144 = 2003, 368 = SupplIt 20, 14 [---]mus M[---] //AE 1980, 201a [---] // AE 1980, 639 = 2000, 948 [---]tuneius T f [---]stia // AE 1988, 502 [---] // AE 1993, 595 [---] Voltin // AE 1993, 1106 = 1998, 886 [---] // AE 2010, 525 [---] C f [---]ntia[nus?] // AE 2010, 664 [---] // AE 2011, 350 [---] // CIL I, 1912 = IX, 5195 = AE 2000, 478 = 2011, 332 [---] // CIL II, 56 [---] // CIL II, 1979 = HEp II, 22 = VII, 17 = IX, 64 [---] // CIL V, 5651 [---]lis ? [---]anus // CIL V, 7370 L C[---] L f Pal Sab[---] // CIL VI, 3508 [---] Pap [---]s // CIL VI, 32935 [---] // CIL VI, 32936 [---]ionius // CIL VIII, 7070 = 19428 = AE 2011, 1775
Inc. 1 Inc. 2 Inc. 3 Inc. 4 Inc. 5 Inc. 6 Inc. 7 Inc. 8 Inc. 9 Inc. 10 Inc. 11 Inc. 12 Inc. 13 Inc. 14 Inc. 15 Inc. 16 Inc. 17 Inc. 18 Inc. 19 Inc. 20 Inc. 21 Inc. 22 Inc. 23 Inc. 24
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Praefecti fabrum anonimi
= ILAlg II 1, 669 [---] // CIL IX, 4790 [---] // CIL IX, 4890 [---]nus // CIL IX, 5845 = ILS 3775 [---] // CIL X, 56 [---] // CIL X, 1274 = AE 2008, 348 = 354 [---]s // CIL X, 3830 [---] // CIL X, 5189 [---] // CIL X, 5404 [---]ius Sex[---] // CIL X, 7351 [---] // CIL XI, 712 [---] // CIL XI, 1188 [---] // CIL XI, 1601 [---] // CIL XI, 3113 [---] // CIL XI, 3546 [---] // CIL XI, 4377 [---] // CIL XI, 6967 [---] // CIL XII, 1027 [---] // CIL XII, 1373 [---] // CIL XII, 2458 = ILN V 3, 696 [---] // CIL XII, 3187 a-b e add p 836 [---] // CIL XII, 4373 [---]ttius Cn f Tro […]ns? // CIL XIV, 2961 [---] // CIL XIV, 3021 [---] // CIL XIV, 4677 [---] // Corinth VIII 3, 234 [---] // EAOR III, 61 [---] M f [---] // ERAEmerita 486 = HEp XII, 14 [---] // HEp V, 416 = XVIII, 168 [---] // IAquil II, 2863 [---] // IGLAlexa 182 [---]redii M[// IK 13, 782 [---] // IK 67, 162 [---]us L f L n [---]nus // NSA 1926, p 326 [---] // SEG XLVIII, 2036 [---] // TPSSR 37
Inc. 25 Inc. 26 Inc. 27 Inc. 28 Inc. 29 Inc. 30 Inc. 31 Inc. 32 Inc. 33 Inc. 34 Inc. 35 Inc. 36 Inc. 37 Inc. 38 Inc. 39 Inc. 40 Inc. 41 Inc. 42 Inc. 43 Inc. 44 Inc. 45 Inc. 46 Inc. 47 Inc. 48 Inc. 49 Inc. 50 Inc. 51 Inc. 52 Inc. 53 Inc. 54 Inc. 55 Inc. 56 Inc. 57 Inc. 58 Inc. 59
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Indice dei cataloghi prosopografici
Addendum: Indice delle iscrizioni in cui la menzione della praefectura fabrum è ipotetica AE 1960, 258 [Falerone]: M Minucius T f [---] AE 1961, 160 = ILN V 1, 317 [Mauves – Provincia Narbonensis]: [---] AE 1968, 321 [Mayence]: [Ti Iulius Conted]dius Tiber[inus] AE 1979, 1171 Castrimoenium, Regio I [Marino]: [---] AE 1982, 632 = 1987, 616 l = 1998, 727 [Villaricos – Hispania citerior]: [---] AE 1983, 626 = IRC I, 102 = IRC V, p 23, 24 [Mataro – Hispania citerior]: [---] AE 2000, 529 [Carsoli]: [---] AE 2001, 256 [Roma]: T Man[---] AE 2005, 622 = CIL V, 3450 [Verona]: [---] CIL III, 4028 = AE 1966, 296 [Ptuj]: C(aius) Val[erius] Scri[bonianus] CIL V, 2509 [Este]: [---] CIL V, 2842 [Padova]: [---] CIL V, 2868 [Padova]: P Mulv[ius] Fronto CIL VI, 29715 [n/a]: [---] f Postum[us?] CIL XI, 2954 [Toscanella]: [---] CIL XI, 7304 [Bolsena]: [---] CIL XIII, 2537a = ILN V, 3, 750 [Annecy]: [---] CIL XIII, 5414 [Mandeure – Germania superior] [---] ILGN 559 = AE 1999, 1034 [Béziers]: [C Gres]ius Domitus InscrIt X 1, 568 [Pola]: [---]ius M f Vel [---] Pais 970 [Asti]: [---]
1
Contra Incelli 2017, pp 45–52, in cui alla lettura [--- prae]f(ectus) fab(rum) si preferisce [---] f(ilius) Fab(ia tribu).
Bibliografia AE: L’Année Épigraphique, Paris 1888AIJ: V Hoffiller, B Saria (edd ), Antike Inschriften aus Jugoslawien, Zagreb 1938 ANRW: H Temporini, W Haase (edd ), Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt, Berlin – New York 1972 BNJ: I Worthington et al (ed ), Brill’s New Jacoby, Leiden-Boston 2006CAG: Carte archéologique de la Gaule, Paris 1931 CIE I: Corpus Inscriptionum Etruscarum, I, Leipzig 1893 CIG: Corpus Inscriptionum Graecarum, Berlin 1828–1877 CIL: Corpus Inscriptionum Latinarum, Berlin 1863CIPh II, 1: C Brélaz, Corpus des inscriptions grecques et latines de Philippes, II La colonie romaine, 1 La vie publique de la colonie (Études Épigraphiques, 6), Paris 2014 CMRDM I: E N Lane (ed ), Corpus monumentorum religionis dei Menis (Études préliminaires aux religions orientales dans l’Empire romain, 19 1), I, Leiden 1971 Conspectus: Conspectus formarum terrae sigillatae italico modo confectae, Bonn 1990 Corinth VIII 2: A B West (ed ), Corinth, VIII 2 The Latin Inscriptions 1896–1926, Princeton 1931 Corinth VIII 3: J H Kent (ed ), Corinth, VIII 3. The Inscriptions 1926–1950, Princeton 1966 Devijver ME: H Devijver, Prosopographia militiarum equestrium quae fuerunt ab Augusto ad Gallienum, I–III, Leuven 1976–1980 Devijver ME Suppl : Id , Prosopographia militiarum equestrium quae fuerunt ab Augusto ad Gallienum Supplementum, I–II, Leuven 1987–1993 DNP: H Cancik et al. (edd ), Der Neue Pauly. Enzyklopädie der Antike, Stuttgart-Weimar 1996 Dobson PP: B Dobson, Die Primipilares. Entwicklung und Bedeutung, Laufbahnen und Persönlich keiten eines römischen Offiziersranges, Bonn 1978 EAGLE: Electronic Archive of Greek and Latin Epigraphy (EDR Epigraphic Database Roma) [http://www edr-edr it/] EAOR: Epigrafia anfiteatrale dell’Occidente Romano, Roma 1988 EDCS: Epigraphik Datenbank ClaussSlaby [http://www manfredclauss de/] EDH: Epigraphische Datenbank Heidelberg [https://edh-www adw uni-heidelberg de/] EE: Ephemeris Epigraphica Corporis Inscriptionum latinarum supplementum, Berlin 1872–1913 ERAEmerita: L García Iglesias (ed ), Epigrafía Romana de Augusta Emerita, Madrid 1973 ERPS: A Jimeno (ed ), Epigrafía romana de la provincia de Soria, Soria, 1980 Fasti Ostienses: L Vidman (ed ), Fasti ostienses Post A Degrassi edendos atque illustrandos curavit, Praha 1957 FGrH: F Jacoby et al. (edd ), Die Fragmente der griechischen Historiker, Leiden 1923–1960 FiE III: Reisch et al. (edd ), Forschungen in Ephesos, III, Wien 1923 HEp: Hispania Epigraphica, Madrid 1989
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Indici 1. Indice delle fonti antiche I presenti indici includono tutte le fonti antiche menzionate nel volume Fanno eccezione i documenti antichi menzionati nel catalogo prosopografico, alle cui schede si rinvia puntualmente – ove necessario – all’interno del volume Fonti letterarie Anonimo Herenn II, 28
67 n 214
Anonimo Vir. ill. 66, 2 66, 12 82, 4
33 n 16 63 n 193 120 n 579
Appiano (App.) BC I, 18 62 n 187 I, 19 62 n 187 I, 36 62 n 188 I, 39 62 n 186 I, 41 67 n 214 I, 51 67 n 218 I, 59 72 n 250 I, 66 69 n 226 I, 67 89 n 359 I, 76 69 nn 226 e 228 I, 77 69 n 226 e 229 I, 80 63 n 188; 132 n 658 I, 81 69 n 226
I, 82 I, 86 I, 94 I, 100 I, 101 I, 105–107 I, 253 II, 9 II, 23 II, 83 II, 120 IV, 25 IV, 47
69 n 226 69 n 230; 83 n 321 67 n 213; 70 n 235 72 n 250; 80 n 297 97 n 415 83 n 318 97 n 418 91 n 373 160 n 848 149 n 772 44 n 77 68 n 225 92 nn 381–382
Mithr VII, 33
97 n 411
Num VIII, frr 2–3 VIII, fr 3 Sic. VI, 2
52 n 119 e 122 48 n 94; 51 nn 113 e 115; 52 n 119; 54 n 140 143 n 728
Asconio (Ascon.) 3 52 n 121 67 80 n 298
576
Indici
Augusto (Aug.) RG 7, 2 8, 2 15 16 25 28 34, 2 34, 3
167 n 13 170 n 38 167 n 14 167 n 15 78 n 289 167 n 15 167 n 10 167 n 17; 168 n 19
Aulo Gellio (Gell.) II, 10 III, 10, 17 XIII, 12, 6 XIV, 7 XVII, 9
83 n 320 92 n 382 90 n 364 91 n 371 110 n 514
Aurelio Vittore (Aur. Vict.) De vir. ill. LXII, 1 57 n 160 Carisio GLK I, 61, 8 GLK I, 137, 14
94 n 401 94 n 401
Cassio Dione (Cass. Dio) XXVIII, fr 96, 4 63 n 193 XXXIII, fr 107 132 n 658 XXXVI, 43–44 85 n 332 XXXVI–XXXVII 142 n 725 XXXVII, 9, 3 85 n 337 XXXVII, 44, 1–2 88 nn 353 e 354 XXXVII, 52, 2 106 n 492 XXXVII, 53, 4 107 n 497 XXXVIII, 47–48 121 n 587 XXXVIII, 14, 4–5 100 n 436 XXXVIII, 17, 7 101 n 440 XXXIX, 65, 1–2 121 n 587 XL, 30 120 n 582 XL, 46 120 n 582 XL, 56 120 n 582 XLI, 24, 2 106 n 492 XLIII, 14, 6 88 n 355 XLIII, 46, 2 139 n 699 XLIV, 25 113 n 533 XLVIII, 32 113 n 532
LI, 5, 6 LI, 9, 1 LI, 9, 3 LI, 16, 3–17, 3 LI, 24, 4 LI, 25, 3 LII, 19, 3 LII, 42, 1–2 LII, 42, 6 LIII, 1, 3 LIII, 15 LIII, 15, 2 LIII, 23, 6 LIII, 32, 5 LIV, 6, 1–6 LIV, 26, 8 LIV, 35, 1 LVIII, 23, 5 LIX, 20, 7 LX, 17, 3 Epit LXIII, 22–23 Epit LXVII, 4, 3 Epit LXXVII, 9, 5 Epit LXXVII, 15, 2
161 n 851 161 n 852 161 n 855 162 n 857 167 n 10 167 n 10 169 n 28 170 n 38 167 n 11; 195 n 169 167 n 13 171 n 42 176 n 69 162 n 861 167 n 18 166 n 7 170 n 38 170 n 38 193 n 155 193 n 156 245 n 421 214 n 252 231 n 329 251 nn 455 e 457 250 n 448
Catone (Cato) Agr I, 3
76 n 276
Catullo (Catull.) 29 57
114 nn 540 e 542–543 114 nn 540 e 542
Cesare (Caes.) BC I, 14, 4 I, 15 I, 22 I, 23 I, 24 I, 26 I, 34 I, 38 I, 75 II, 18–21 II, 19–20 III, 1
127 n 629 131 n 656 134 nn 670 e 673 134 n 670 136 n 684; 137 n 688 137 n 688; 138 n 697 134 n 675 135 n 677 177 n 76 107 n 500 91 n 376 135 n 679
577
1 Indice delle fonti antiche
III, 8, 1 III, 10 III, 18 III, 88 VII, 22
131 n 654 131 n 655 131 n 655; 135 n 678; 136 n 681; 147 n 755 177 n 76 249 n 444
Cicerone, M. (Cic.) Ad Brut. I, 1 125 n 612 I, 6, 4 156 n 819 Att I, 16, 4 I, 19, 4 I, 20, 3 II, 4, 2 II, 5 II, 5, 1 II, 7, 2 II, 12, 2 II, 17 II, 17, 3 III, 2 III, 4 III, 6 III, 8, 1 III, 17, 1 III, 22, 4 IV, 1 V, 11, 3 V, 16, 2 V, 17 V, 17, 2 V, 17, 6 VI, 1, 2 VI, 1, 5–7 VI, 6, 1 VI, 8, 2 VII, 7, 6 VII, 11, 5 VII, 14, 1 VII, 14, 2 VII, 20, 2 VII, 21, 1 VII, 24
57 n 160 70 n 239 82 n 310 147 n 757 147 n 757 147 n 754 147 n 757 147 n 754 147 n 760 147 n 754 100 n 435; 101 n 439 101 nn 442 e 445 101 n 445 102 n 449 121 n 584 156 n 821 101 n 445 147 n 754; 148 nn 762 e 765 120 n 580 120 n 580 128 n 640 122 n 599 120 n 580; 128 n 640 124 n 610 120 n 579 128 n 640 114 n 541 127 n 629 127 n 629 127 n 629 127 n 630 127 n 629 133 n 667
VII, 26, 2 VIII, 1 VIII, 1, 4 VIII, 2, 4 VIII, 3, 7 VIII, 15 A IX, 1, 3 IX, 6 A IX, 7 A IX, 7 B IX, 7 C IX, 7 C, 1 IX, 7 C, 2 IX, 11 IX, 11, 3 IX, 12, 1 IX, 13 IX, 13, 1 IX, 13, 4 IX, 13 A IX, 14, 3 IX, 15, 1 X, 8 A X, 8, 7 X, 10, 2 XI, 3 XII, 12 XII, 23 XII, 23–24 XII, 24 XII, 25 XII, 26 XII, 27 XII, 28 XII, 29 XII, 30 XII, 31 XII, 47, 1 XIII, 2 A, 33 XIII, 6 A XIII, 27
140 n 708 133 n 666 140 n 708 133 n 666 127 nn 627 e 631 105 n 481 149 n 770 140 n 706 139 n 701 105 n 481; 106 n 483; 139 n 701 134 nn 671 e 676; 137 nn 688 e 691 134 n 672 131 n 648 138 n 695; 139 n 706; 148 n 768 147 n 756; 148 nn 762; 149 n 770 127 n 628 137 n 688; 138 n 694; 139 nn 700 e 702 127 n 632 140 n 707 137 n 688; 139 nn 701 e 703 127 n 628 127 n 628 154 n 807 57 n 162 154 n 807 148 n 765 110 n 515 102 nn 452 e 453 102 n 454 102 n 454 102 n 452 102 n 452 102 n 452 102 n 452 110 n 515 102 n 452 102 n 452 110 n 515 110 n 515 97 n 420 111 n 520
578
Indici
XIII, 46, 1 XIII, 48 XIV, 8, 1 XIV, 9–11 XIV, 10, 3 XIV, 21 XIV, 21, 2 XV, 2, 3 XV, 8, 1 XV, 11, 4 XV, 19, 1 XV, 26 XVI, 6, 1 XVI, 11, 1
129 n 645 128 n 636 128 n 639 112 n 526 112 n 527 112 n 528 112 n 525 112 n 525 154 n 810 154 n 810 150 n 777 129 nn 642–643 101 n 442 102 n 455
De off. III, 79–82
51 n 111
De re publ. III, 13 IV, 2, 2
55 n 144 49 n 99
Balb 1 2, 5 2, 5–6 2, 6 11 19 32 43 57 63
Dom 19, 50 30, 79 45 79 89 113 134
100 n 436 70 n 239 99 n 430 99 n 430 99 n 430 85 n 335 98 n 427
110 n 513 105 n 472 105 n 474 104 n 469; 105 n 471 57 n 160 105 n 479 105 n 479 107 nn 494 e 499 108 n 504 104 n 467; 107 n 493
Fam I, 9, 10 I, 9, 25 II, 3, 3 II, 13, 2 II, 21, 1 III, 1 III, 2 III, 3, 1 III, 4, 1
Brut 166 173 222
63 n 188 83 n 317 82 n 310
Caec. 19, 61 19, 62–63 102
56 n 153 56 n 153 70 n 239
Cat IV, 15, 22
44 n 73
III, 4, 2 III, 5 III, 5, 3 III, 5, 5 III, 6 III, 6, 1 III, 6, 2 III, 7, 4 III, 7, 5 III, 8, 5 III, 8, 7
Cluen 8, 25 43 47
70 n 234 117 n 563 117 n 563
De div. I, 68
91 n 377
III, 10 III, 11, 1–3 V, 5, 2 VI, 18 VI, 19 VI, 19, 1
131 n 651 121 n 589 108 n 503 120 n 579 120 n 579 122 n 591 122 n 591 122 n 592 120 n 576; 122 nn 591 e 595; 123 nn 603 e 608; 124 n 609 120 n 581 122 n 596 120 n 576; 122 n 593 122 n 598 122 n 599 122 n 594 120 n 576 126 n 624 133 n 665 120 n 576; 123 n 608 120 n 580; 123 n 602; 124 n 611 120 n 579 120 n 579 130 n 646 128 n 635 128 n 636 128 n 639
579
1 Indice delle fonti antiche
VI, 19, 2
IX, 26 XI, 1–3 XI, 10, 5 XII, 20 XIII, 4 XIII, 5 XIII, 29 XIII, 31, 1 XIII, 47 XIII, 52 XIV, 4 XIV, 6 XIV, 15 XIV, 17 XVI, 4, 4 XVI, 23
111 n 521; 129 n 644; 130 n 645 126 n 623 109 n 508 109 n 508 108 n 504 31 n 3; 174 n 58 109 n 508 139 n 699 153 n 803 153 n 803 124 n 611 110 n 516 91 n 370 58 n 168; 126 n 619; 128 nn 635 e 638 153 nn 804–805 120 n 579 92 n 382 128 n 639 70 n 239; 71 n 244 70 n 239 72 n 252 156 n 816 102 n 454 110 n 514 101 n 445; 102 n 450 102 n 450 102 n 451 128 n 637 127 n 626 129 n 643
Flacc 38
117 n 563
Font. 16
117 n 563
Har. resp. 60
44 n 73
Leg II, 31 III, 39
63 n 189 33 n 16
VII, 5, 2 VII, 6 VII, 7 VII, 7, 6 VII, 8, 1 VII, 16 VII, 30, 1–2 VII, 32 VII, 33 VIII, 7 VIII, 9 IX, 1 IX, 13
Leg. agr. I, 22–27 II, 1–4 II, 1–16 II, 3 II, 96 III, 38
44 n 73 74 n 268 44 n 73 34 n 22 52 n 121 50 n 108
Leg. Man. 44 46 51 52 65
85 n 332; 143 n 730 143 n 730 82 n 310 84 n 330; 142 n 725 145 n 746
Mur 15 23 35–37 36 42 72 73
97 n 414 75 n 270 98 n 422 63 n 188 98 n 424 99 n 430 96 n 407; 98 nn 427 e 428
ND III, 8
57 n 162
Or I, 24–29 III, 1 III, 2
63 n 191 63 n 191 63 n 192
Phil II, 3 II, 12 II, 24 II, 54 II, 103 III, 17 VIII, 12 XII, 23 XIII, 3 XIII, 23
102 n 455 85 n 335 153 n 805 149 n 771 92 n 382 102 n 457 92 n 379 76 n 275 155 n 812 102 n 457
Pis 4, 7
44 n 73
580
Indici
Tusc III, 3
82 n 312
Verr II, 4, 69 III, 207
84 n 325 145 n 746
6 38
82 n 310; 85 n 335 101 n 445
Planc 22–23 23 24–26 28 61 66 71 95 95–96 97 98–101
75 n 270; 77 n 284 78 n 286 77 n 284 102 n 449 102 n 449 120 n 582 102 n 449 101 n 447 102 n 449 101 nn 444 e 445 102 n 449
Pro Arch. 24
144 n 735
Prov. cons. 21 32
63 n 188 121 n 587
Q. fr. I, 2, 10 II, 3, 2 III, 1, 12 III, 1, 18 III, 2, 2
94 n 398 109 n 509; 117 n 565 109 n 507 131 n 650 100 n 437
Rab. Post. 6
117 n 563
Diodoro Siculo (Diod.) XXXVII, 11 64 n 198 XXXVII, 19 67 n 214
Red. Sen. 9 35
82 n 310; 85 n 335 102 n 449
Dionigi di Alicarnasso (Dion. Hal.) IV, 17, 3 16 n 5; 27 n 60 VII, 59, 4 16 n 5; 27 n 60
Scaur. 33
120 n 577
Sest 38 48, 103 97 106 121 127
99 n 430 44 n 77 45 n 80 99 n 430 85 n 335 99 n 430
Cicerone, Q. (Q. Cic.) Comm. pet. 5 77 n 280; 85 n 332 19 94 n 397 30 99 n 431 30–31 75 n 270 51 85 n 332 53 43 n 71 Cornelio Nepote (Nep.) Att. 6, 2–4 152 n 796 6, 4 119 n 570 8, 3–4 156 n 823 8, 4 78 n 288; 157 n 827 9, 4 153 n 798; 155 n 814 10 153 n 800 10, 2 155 n 814 12, 4 152 nn 789 e 792 19 152 n 794 20 152 n 797
Emilio Scauro, M. (in ORF) Contra Brutum de pecuniis repetundis 166, 6 16 n 6; 47 n 91 Eutropio (Eutr.) IV, 27, 4 57 n 160 Festo (Fest.) Gloss. Lat. beneficiarii
177 n 73
581
1 Indice delle fonti antiche
rufuli
56 n 150
FGrHist 252 A 2
89 n 359
Flavio Giuseppe (Ios.) BI IV, 8, 1 214 n 252; 217 n 264 Floro (Flor.) II, 6, 8 II, 9, 12 II, 13, 8 III, 21
63 n 193 89 n 359 108 n 502 70 n 235
Gerolamo Chron. 164 H
170 n 36
Granio Liciniano (Licin.) XXXV, 13–15 89 n 359 XXXVI, 8 70 n 238 XXXVI, 9 70 n 235 Livio (Liv.) I, 43, 3 XXIII, 7–10 XXIII, 35, 4–19 XXXII, 27, 6 XXXVI, 57 XXXVII, 57–58 XXXIX, 38 XLII, 61, 5 XLIII, 16 XLIII, 16, 14 XLIV, 16, 8 Per LIX Per LXVI Per LXXII Per LXXIX Per LXXXV Per LXXXVI, 3 Per LXXXIX Per LXXXIX, 11–12 Per XCVIII Per XCIX Per CIII
16 n 5; 27 n 60 67 n 215 63 n 194 45 n 84 40 n 55 56 n 155 39 n 50 125 n 614 46 n 88 46 n 88 46 n 88 62 n 187 70 n 238 65 n 200 89 n 359 63 n 188 69 n 229 72 n 250; 141 n 717 70 n 235 84 n 325 142 n 725 121 n 587
Lucano (Luc.) I, 84 II, 173–193 VIII, 331–453
108 n 502 86 n 343 149 n 772
Luciano (Lucian.) Macr 23 145 n 741 Macrobio Sat. II, 2, 13 II, 3, 6 III, 15, 8
139 n 699 139 n 699 94 n 401
Marziale (Mart.) IX, 59, 1–3
114 nn 540 e 546
Memnone (Memn.) FGrHist 434, 31, 2 121 n 583 Orazio (Hor.) Ep I, 7, 46–47 I, 10, 27 I, 18, 31–36
83 n 317 184 n 103 153 n 805
Od. II, 1, 1–5
108 n 502
Serm I, 5, 37–38
115 n 549
Orosio (Oros.) V, 21, 7 V, 19, 17 VI, 3 VI, 15, 4 VI, 19, 15
86 n 343 89 n 359 86 n 343 134 n 670 161 n 852
Plinio (Plin.) NH III, 5, 70 III, 30 III, 31 III, 68
67 n 213 225 n 305 159 n 840 52 n 121
582 VII, 136 VII, 176 XIX, 8 XIX, 9 XXXIII, 53 XXXV, 173 XXXVI, 6, 45 XXXVI, 48 XXXVI, 60 XXXVII, 8
Indici
104 n 467 91 n 374 90 n 362 90 n 362 98 n 422 97 n 416 83 n 322 113 n 538; 114 nn 539 e 544 113 n 533 57 n 156
Plinio il Giovane (Plin. Iun.) Ep I, 18, 4 236 n 356 II, 17 76 n 276; 115 n 551 VI, 19, 1–6 235 n 353 VIII, 14, 8 232 n 334 Pan 48 49 62 68 76
232 n 334 232 n 334 232 n 334 232 n 334 232 n 334
Plutarco (Plut.) Ant. 69, 2 161 nn 851–852 Brut. 51, 2
156 n 817; 158 n 829
Caes. 7 11, 6 12, 4 34, 7–8 58, 3 60
86 n 341 106 n 492 107 n 495 134 n 670 139 n 699 111 n 522; 112 n 524
Cato Mai. 3, 5–6
29 n 75
Cato Min. 13, 2–3
144 n 738
C. Gracch. 3, 1
44 n 77
Cic. 32, 2 38, 4
100 n 435; 101 n 438 141 n 710; 148 n 762
Crass 7, 3 7, 6 13, 1–2
106 n 486 107 n 495 85 n 337
De tranq. 470 C
235 n 350
Luc 1, 3 4 4, 4 15, 1 19, 1 19, 8 21, 1–5 25, 6 27, 2
97 n 418 83 n 316 97 n 418 97 n 419 121 n 583 97 n 419 121 n 583 97 n 419 97 n 419
Mar 4, 1 4, 2–3 8, 1 8, 1–5 8, 2 8, 3 8, 3–4 8, 4 8, 5 8, 6 10, 5–6 32, 2–3 42, 1
50 n 108 50 n 108 54 n 134 48 n 94; 51 n 113 54 n 135 e 137 57 n 157 50 n 110 54 n 136 54 n 138 54 n 139 57, 156 57 n 156; 63 n 190 89 n 359
Mor 805F 806AB 806C
97 n 418 77 n 281 57 n 156
583
1 Indice delle fonti antiche
Pomp 6, 1 40 42, 4
76, 5
132 nn 658 e 660 144 n 738 142 nn 721 e 723–724; 144 n 739 77 n 281 147 n 754; 149 n 769 132 n 663; 137 nn 686 e 688; 138 n 697 149 n 772
Sull 3, 3–4 5, 1–2 6, 1–2 6, 6 14, 3
57 n 156 63 n 190 57 n 156 97 n 418 72 n 256
44, 3 49, 7 63, 2
Polibio (Polyb.) VI, 11, 18 39 n 45 VI, 39 29 n 73 Posidonio FGrHist 2 A, 87
146 n 750
Prisciano GLK II, 331, 19
94 n 401
Sallustio (Sall.) BC 34, 2–35,6 37 37, 4–7 49
86 n 343 72 n 250; 73 n 259 44 n 77 86 n 342
BI 21, 2 26, 1 26, 3 31, 1 41, 1 41, 6 44, 1 55, 1 63, 2 63, 6 63, 4
61 n 181 61 n 181 61 n 181 55 n 144 61 n 181 55 n 144 50 n 106 50 n 106 55 n 146 34 n 22; 55 nn 143 e 146 56 n 151
64 64, 2 64, 4 64, 5 65, 5 66–69 66, 2 66, 3 66, 3–69, 4 67, 3 69, 3 69, 4 82, 2–3 84–85 86, 5 88, 1
57 n 157 50 nn 108–109; 53 n 129 50 n 110 51 n 111 50 n 107 48 n 94 51 n 116 51 nn 115 e 117 51 n 113 52 n 118 51 n 114 51 n 115; 52 n 119 57 n 159 57 n 158 57 n 159 57 n 160
Hist (ed McGushin) I, 48 82 n 307 I, 48, 21 72 n 250 I, 67 82 n 307; 83 n 317 IV, 52 82 n 308 Scholia Bobiensia (Schol. Bob.) 118 62 n 187 149–150 121 n 587 Seneca (Sen.) Dial. III, 18, 1–3
86 n 343
Servio (Serv.) Buc. X, 1–6
160 n 842
Silio Italico (Silius) XI, 225–384 67 n 215 Strabone (Strab.) III, 2, 6 III, 5, 3 IV, 191 V, 2, 6 XIII, 2, 3 XIV, 2, 13
104 n 468 107 n 496 249 n 444 70 n 238 142 n 722; 145 n 743; 147 n 754; 150 n 780 146 n 750
584
Indici
Suida (Suid.) SIG3 725 A
146 n 750
Svetonio (Suet.) Iul 1, 2 5, 1 7 13 15 18 19, 1 54, 1 76, 5 78 83, 2
141 n 718 82 n 308 106 n 492 86 n 341 88 n 354 107 n 495 147 n 755 107 nn 494–496 e 498 139 n 699 111 n 522 160 n 848
Aug 35 42, 2 46 49, 2 66, 1
170 n 38 44 n 77 166 n 7; 175 n 63 186 n 116 160 n 841; 163 n 862
Tib. 29
167 n 16
Claud. 25, 1 25, 3 26
173 n 53; 203 n 206 245 n 421 192 n 154
Dom. 1, 1 7, 2 14, 2
231 n 327 232 n 333 232 n 333
Galb 2
214 n 249
Vesp. 1, 1 1, 2 2, 3 4 5, 3
215 n 256 215 n 258 216 n 260 205 n 212; 216 n 261 216 n 260
Tacito (Tac.) Ann I, 2 I, 3 I, 13 I, 72 I, 78 II, 36 III, 11 III, 22 III, 23 III, 32 III, 35 III, 50–51 III, 55, 4 III, 75 IV, 56 VI, 15 VI, 11, 3 VI, 18 VI, 18, 2 XI, 22 XII, 6 XII, 60 XIV, 7
168 n 23 166 n 6; 168 n 20 191 n 144 151 n 784 186 n 116 173 n 52 191 n 144 191 n 145 191 n 146 191 nn 147–148 191 n 144 191 n 144 217 n 265 72 n 254 192 n 150 117 n 561 170 n 35 151 n 784 141 n 714 29 n 73; 56 n 154 110 n 514 107 n 501 213 n 244
Hist I, 4 III, 2 III, 72, 2 III, 72, 3 IV, 3, 3 IV, 13 IV, 27 IV, 48, 1
172 n 51; 173 n 52 221 n 278 83 n 321 88 n 355 213 n 247 217 n 264; 222 n 283 217 n 264 193 n 156
Valerio Massimo (Val. Max.) I, 8, 10 121 n 586 II, 10, 1 57 n 160 V, 4, 7 67 n 214 VI, 2, 2 63 n 192 VI, 2, 8 83 n 314 VI, 9, 14 50 n 108 VIII, 14, 4 57 n 156 IX, 2 86 n 343 IX, 3, 8 83 n 321 IX, 5, 2 63 n 189
1 Indice delle fonti antiche
Varrone (Varr.) De admir. fr 47 94 n 399 De re rust. I, 2, 7 I, 2, 10 I, 15
90 n 360 91 n 374 91 n 367
Vegezio (Veg.) Ep I, 20, 3 II, 11
27 n 58 22 n 36; 27; 32 n 8
Velleio (Vell.) II, 8, 2 II, 11, 2 II, 16, 1 II, 16, 1–3 II, 16, 3 II, 25, 1 II, 27, 1–2 II, 29, 1 II, 31, 2 II, 32, 3 II, 43 II, 44, 1 II, 45, 1 II, 50, 1 II, 51, 3 II, 53, 1 II, 75, 1 II, 76, 1 II, 95 II, 114
58 n 165 57 n 160 67 n 215 67 n 217 67 n 220 69 n 231 69 n 227 132 nn 658 e 660 85 n 333; 143 n 728 117 n 563 86 n 341 108 n 502 100 n 436 134 n 670 112 n 531 149 n 772 119 n 571 116 n 559 170 n 37 191 n 144
Vitruvio (Vitr.) Praef 2 I, 1–17 I, 2 I, 3 II, 8–9 V, 6 X, 10–15
115 n 555 87 n 347 87 n 348 87 n 349 97 n 416 116 n 557 27 n 62
Raccolte epigrafiche L’Année Epigraphique (AE) 1911, 161 28 n 68 1946, 123 17 n 11 1950, 50 17 n 11 1951, 32 17 n 11 1953, 56 24 n 51; 207 n 218 1955, 276 28 n 68 1957, 220 71 n 247 1959, 272 101 n 445 1959, 284 18 n 17 1960, 258 175 n 68 1964, 255 159 n 835 1971, 61 80 n 296 1976, 653 17 n 14 1978, 789 17 n 14 1982, 679 225 n 302 1989, 727 17 n 14 1994, 610 71 n 247 1997, 826 17 n 11 1998, 440 71 n 247 1998, 742 17 n 11 Corpus Inscriptionum Etruscarum (CIE) I, 350 72 n 251 I, 351 72 n 251 I, 447 72 n 251 I, 629 72 n 251 I, 1108 72 n 251 I, 1635 72 n 251 I, 1781 72 n 251 I, 1782 72 n 251 I, 4680 72 n 251 Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL) I, 744 94 n 396 I, 1230 68 n 221 I2, 3118 125 n 616 I2, 3173 101 n 445 II, 4539 17 n 11 II2/5, 1022 17 n 11 III, 646 24 n 51; 207 n 218 V, 2490 90 n 362 V, 4641 137 n 685 VI, 148 89 n 356
585
586 VI, 1299 VI, 3512 VI, 30703 VI, 31590 VI, 37836 VII, 2728+18122 VIII, 9247 VIII, 18913 IX, 223 IX, 1125 IX, 1140 IX, 2646 IX, 5837 X, 3854 X, 4654 X, 4862 XI, 650 XI, 1147 XI, 6695, 89 XI, 6700, 618 XII, 3167 XIV, 5 XIV, 2431
Indici
94 n 396 24 n 51; 207 n 218 89 n 356 94 n 396 151 n 784 28 n 64 192 n 150 115 n 552 24 n 51; 207 n 218 118 n 569 68 n 221 207 n 218 132 n 662 112 n 530 125 n 616; 126 n 617 18 n 17 93 n 387 183 n 100 90 n 362 90 n 362 225 n 302 89 n 356 115 n 550
Inscriptiones Graecae (IG) XII, 2, 140 144 n 739 XII, 2, 141 144 n 739 XII, 2, 142 144 n 739 XII, 2, 143 144 n 739 XII, 2, 144 144 n 739 XII, 2, 145 144 n 739 XII, 2, 146 144 n 739 XII, 2, 147 144 n 739 XII, 2, 148 144 n 739 XII, 2, 149 144 n 739 XII, 2, 150 144 n 736 e 739 XII, 2, 163 144 n 739; 150 n 779 XII, 2, 164 144 n 739 XII, 2, 165 144 n 739 XII, 2, 202 144 n 739 Inscriptiones Graecae ad res Romanas pertinentes (IGR) IV, 55 150 n 779 IV, 56 144 n 736
Inscriptiones Latinae Liberae Rei Publicae (ILLRP) 425 112 n 530 465 A 94 n 396 Inscriptiones Latinae Selectae (ILS) 888 112 n 530 1016 225 n 302 1335 118 n 569 1586 115 n 550 2690 18 n 17 3776 89 n 356 5566 115 n 552 5779 125 n 616 5795 28 n 64 5800 94 n 396 5945 90 n 362 6087 17 n 11 6675, 5, 77 183 n 100 8995 162 n 858 9471 28 n 68 Inscriptiones Italiae (InscrIt) IV 1, 155 24 n 51; 207 n 218 X 5, 441 137 n 685 Rendiconti dell’Accademia dei Lincei (RAL) 26, 1971, 41–50, 80 n 296 tav 1 Supplementum Epigraphicum Graecum (SEG) XXVI, 1392 17 n 14 XXVIII, 1212 17 n 14 XXXI, 1286 17 n 14 XXXVI, 1208 17 n 14 XLII, 755 141 n 714 Sylloge Inscriptionum Graecarum (SIG3) 753 150 n 779 755 144 n 736 Tituli Asiae Minoris (TAM) II, 3, 905 245 n 427
2 Indice dei nomi
Fonti giuridiche Digesto (Dig.) I, 5, 17 XLIX, 16, 12, 1
251 n 455 22 n 36
Leges publicae Populi Romani (LPPR) pp 307–309 (lex 44 n 77 Sempronia frumentaria) p 353 (lex Iulia de 122 n 600 repetundis) pp 389–391 (lex 122 n 600 Cornelia de repetundis) pp 394–395 (leges 100 n 436 Clodiae de capite civis Romani et de exilio Ciceronis) pp 410–412 (lex 120 n 582 Pompeia de provinciis)
587
Roman Statutes (RS) I, 12, 1 (lex de 61 n 182 provinciis praetoribus I, 14 (lex Cornelia 56 n 154 de XX quaestoribus) II, 25 (lex Coloniae 17 nn 11–13; 32 n 8 Genetivae Iuliae)
Fonti numismatiche Roman Republican Coinage (RRC) 215 93 n 385 283 93 n 386 326 93 n 391; 94 n 395 447 1a 91 n 375 518 1 112 n 530 546 1–3 161 n 850 546 4–8 161 n 854
Orientis Graeci Inscriptiones Selectae (OGIS) 441 (SC de Stratonicensibus) 94 n 392
2. Indice dei nomi Nei seguenti indici, il lettore potrà trovare tutti i nomi di persona o luogo menzionati nel testo (ma non nei cataloghi prosopografici), ove possibile nella versione latina Per quanto concerne i nomi dei praefecti fabrum, accanto a ciascuno è riportato fra parentesi in grassetto il numero della scheda prosopografica corrispondente I nomi degli autori moderni sono inclusi nell’indice solo laddove siano menzionati nel testo principale Per quanto concerne i luoghi, accanto al toponimo antico è indicato fra parentesi quello moderno; il simbolo ‘-’ fra parentesi indica che toponimo antico e moderno sono omografi – ad es : Blera (-); Sora (-) I lemmi ‘Italia’ e ‘Roma’ non sono stati inseriti negli indici: troppo frequente è la loro menzione nel testo perché la loro indicizzazione possa essere di qualche utilità per il lettore Il lemma ‘Roma’ fa eccezione laddove questo sia indicato quale città d’origine dei prefetti nelle rispettive schede prosopografiche Si segnala un’eccezione in relazione ai nomi di praefecti fabrum e di luogo: in questi indici sono infatti riportate anche le rispettive menzioni contenute nei cataloghi prosopografici, in modo da agevolare la consultazione dell’opera attraverso queste informazioni fondamentali
588
Indici
Indice dei nomi Acellius Syneros, C. (liberto di C. e L. Acellii): 220 Acilius Glabrio, M’. (cos 191 a C ): 56 n 155 Aelius Seianus, L. (eq. R.): 141 n 714; 191 n 144; 195 Aemilia Lepida: 192 Aemilius Lepidus, M. (cos 78 a C ): 70; 81; 83; 86 Aemilius Lepidus, M. (cos 46 a C , 42): 154 Aemilius Lepidus, M. (cos. 6 d C ): 191 Aemilius Lepidus, M’. (cos. 11 d C ): 191 Aemilius Lepidus Paullus, L. (cos 50 a C ): 111 Aemilius Lepidus Paullus, L. (cos. suff. 34 a C ): 170 Aemilius Paternus, L. (duovir): 226 Aemilius Scaurus, M. (cos 115 a C ): 16; 47 n 91 Afranius, L. (cos 60 a C ): 77 n 281; 135–136 Afranius Burrus, Sex. (eq. R.): 213 Agrasius, P.: 90 Agrius, C.: 90 Albinus, A. (cos 99 a C ): 50 Albinus, Sp. (cos 110 a C ): 49 n 102; 50; 55 n 148 Allison, G : 35–36; 38 Álvarez-Melero, A : 17 Andermahr, A M : 75 Antistius Labeo, M. (pr. – età augustea): 72 n 254 Antistius Labeo, Q. (leg 42 a C ): 158 Antistius Rusticus, L. (cos. suff. 90 d C ): 233 Antonius Primus, M. (leg. leg. 68–69 d C ): 221; 227 Antonius, L. (cos 41 a C ): 154 Antonius, M. (cos. 44, 34 a C ): 78 n 289; 92; 102–103; 112; 118 n 567; 125 nn 612 e 614; 152–155; 156 n 818; 157; 160–162; 175–176; 255 Antonius Creticus, M. (pr 74 a C ): 143 n 731 Appiano: 19; 48; 52; 69 Appuleius Saturninus, L. (tr. pl. 102–100 a C ): 44 n 77; 45 n 79; 58 n 165; 59; 60 n 171 Aquillius, M’. (cos 129 a C ): 62 n 187 Aquillius, M’. (cos. 101 a C ): 141 n 717 Aristonico: 62 n 187
Asconius Gabinius Modestus, Q. (pr ): 224 Asinius Pollio, C. (cos 40 a C ): 107 n 502; 154; 160 Ateius, Cn.: 72 Ateius Capito, C. (cos. suff. 5 d C ): 72 Ateius Capito, C. (tr. pl 55 a C ): 72 Ateius Capito, L. (pr post 51 a C ): 72 Ateius Capito, L. vel M. (centurio): 72 Atilius Serranus, Sex. (cos. 136 a C ): 90 n 362 Atius Balbus, M. (XXvir agr. dandis): 91 n 374 Augier, B : 37; 127 Aurelius Cotta, L. (cos. 65, cens. 64 a C ): 102–103; 117 n 562 Aurelius Cotta, M. (cos 74 a C ): 56 n 153 Badian, E : 16; 31; 37; 50; 52–53; 58; 80; 103; 106; 148; 150; 152–153; 190 Baroni, A : 234 Bellicus Natalis Tebanianus, C. (cos. suff. 87 d C ): 229 Birley, A R : 235 Blaesius Felix, P. (centurio): 240–241 Bloch, A : 15; 21; 25–26 Bocco (re di Mauretania): 63 n 190 Bowersock, G : 146 Brunt, P A : 34 Caecilius Metellus Baliaricus, Q. (cos 123 a C , cens 120): 48 n 95 Caecilius Metellus Calvus, L. (cos 142 a C ): 48 n 95 Caecilius Metellus Caprarius, Q. (cos 113 a C , cens 102): 48 n 95; 58 n 165 Caecilius Metellus Celer, Q. (cos 60 a C ): 143 n 733 Caecilius Metellus Creticus, Q. (cos 69 a C ): 142 Caecilius Metellus Delmaticus, L. (cos 119 a C ): 48 n 95; 50 n 108 Caecilius Metellus Diadematus, L. (cos 117 a C , cens 115): 48 n 95 Caecilius Metellus Macedonicus, Q. (cos 143 a C , cens 131): 48 n 95 Caecilius Metellus Numidicus, Q. (cos 109 a C , cens 102): 12; 47–51; 52 n 119; 53–59 Caecilius Metellus Pius, Q. (cos. 80 a C ): 105 Caecilius Metellus Pius Scipio, Q. (cos. 52 a C ): 110
2 Indice dei nomi
Caecilius Volusianus, Sex. (cos – seconda metà del II sec d C ): 246 Caecina, A : 71 Caecina Severus, A. (cos 1 a C ): 71 n 247 Caesennius Lento (VIIvir agr. divid 44 a C ): 76 n 275 Calpurnia Arria: 229 Calpurnius Bestia, L. (cos 111 a C ): 49 n 102 Calpurnius Bibulus, M. (cos 59 a C ): 131 n 652; 139 n 652 Calpurnius Piso, C. (cos 67 a C ): 86 n 342 Calpurnius Piso, Cn. (cos 7 a C ): 191 n 144 Calpurnius Piso, L. (cos 27 d C ): 193 n 156 Camurius Numisius Iunior, Q. (cos 161 d C ): 244 Caninius Rebilus, C. (cos. suff. 45 a C ): 139 Cassius Dio, L.: 161 Cassius Longinus, C. (q. 44 a C ): 157 Cassius Longinus, C. (cos. suff. 30 d C ): 194 Cerva, M : 16; 19–20; 25; 168 Cilnius Maecenas, C. (eq. R.): 169 n 28 Claudia Antonina: 240 Claudius Agrippinus [---] L[---]nus, Ti. (senator): 245 Claudius Nero, Ti. (pr 42 a C ): 116–119 Claudius Proculus Cornelianus, L. (cos. 139 d C ): 242 Claudius Pulcher, Ap. (cos. 79 a C ): 83 n 315 Claudius Pulcher, Ap. (cos. 54 a C , cens. 50): 74 n 265; 83 n 315; 119–124; 126; 129 Claudius Pulcher, C. (cos 177 a C ): 46 n 88 Claudius Thrasyllus, Ti.: 208 Cleopatra (VII, regina d’Egitto): 160; 172 Clodius Philetaerus (liberto di M. Tullius Cicero): 102 Clodius Pulcher, P. (tr. pl. 58 a C ): 76 n 275; 89 n 359; 99 n 430; 100 n 431; 101; 108; 109 n 509; 120; 131; 147 Cluentius Habitus, A.: 69 Clutorius Priscus (cos 20 d C ): 191 n 144 Cornelius Architectianus, P.: 89 n 356 Cornelius Architectus, P.: 89 n 356 Cornelius Balbus, L. (procos 21 a C ): 166 n 9; 112–113 Cornelius Balbus, P.: 105 Cornelius Cinna, L. (cos 87–84 a C ): 63 n 188; 68–69; 90 n 364
589
Cornelius Dolabella, P. (cos. suff. 44 a C ): 120 n 579; 126; 128; 154 n 810 Cornelius Lentulus, Cn. (cos 14 a C ): 196 n 175 Cornelius Lentulus, L. (cos. 199 a C ): 104 n 468; 105 n 479 Cornelius Lentulus Clodianus, Cn. (cos 72 a C ): 105 n 479 Cornelius Lentulus Crus, L. (cos. 49 a C ): 105 Cornelius Lentulus Spinther, P. (cos 57): 121 n 589; 131; 133–134; 136; 149 Cornelius Nepos: 114; 152–153; 155–157 Cornelius Scipio, P. (cos 16 a C ): 196 n 175 Cornelius Scipio Aemilianus, P. (cos 147 a C , 134): 49; 62 n 187 Cornelius Scipio Africanus, P. (cos 205 a C , 194): 49; 56 n 155; 105 n 479; 143–145 Cornelius Scipio Asiaticus, L. (cos 190 a C ): 56 n 155; 105 n 479; 143–145 Cornelius Sulla Felix, L. (cos 88 a C , 80; dict 82): 39 n 50; 47; 56; 57 n 156; 63 nn 188 e 190; 66–75; 78; 80–89; 97; 100; 105 n 479; 117; 132; 134 n 672; 141 n 719; 142; 147 n 756; 149 n 770; 193; 196; 254; 257 Cornelius Sulla, Faustus (q. 54 a C ): 83 n 316 Cornelius Sulla, Faustus (cos 31 d C ): 193 Cornelius Tacitus, P. (cos. suff 97 d C ): 72; 168; 172; 213 Cornelius Thallus, P.: 89 n 356 Crawford, M : 17; 93 Cytheris: s v Volumnia D’Arms, J H : 184; 194; 222 Decius Magius: 67 n 215 Degrassi, A : 480 Demetrio di Gadara (liberto di Cn. Pompeius Magnus): 144 n 738 Demougin, S : 188–189; 206; 208; 212 Didius Hermes, Cn.: 238 Dione di Prusa (Chrysostomos): 233; 235 Dobson, B : 12; 18; 22–25; 27–29; 31–32; 179; 181; 186; 198; 203–207; 242; 258–259 von Domaszewski, A : 22 Domitius Ahenobarbus, L. (cos 54 a C ): 121; 131 n 652; 134; 136; 138 Domitius Corbulo, Cn. (cos. 39 d C ): 205 Drusus Iulius Caesar (cos 15 d C ; 21): 201
590 Eck, W : 196 Faberius: 110 n 515 Fabia (vestalis): 86 n 343 Fabius Vergilianus, Q. (leg 51 a C ): 122; 124 n 609 Fadia: 102 Fadius, T. (q. 63 a C ): 103 n 458 Fadius, C.: 102; 103 n 458 Fannius Strabo, C. (cos 122 a C ): 64 n 199 Flaccus, C.: 124 n 609 Flavius Hemic(adus?), C. (senator): 156 n 815 Flavius Petro, T. (centurio): 215 Flavius Sabinus, T.: 215 Flavius Sabinus, T. (cos. suff. 47 d C ): 216 Flavius Sabinus, T (cos. suff. 69 d C ): 216 Flavius Vegetius Renatus, P.: 20; 22; 26–30; 32; 253–254 Flower, H : 73 Fonteius Capito, P.: 108 Fufidius: 72 n 250 Fufius Calenus, Q. (cos 47 a C ): 92 Fulvius Flaccus, M. (cos 125 a C ): 64 n 197 Fundania: 91; 93–95 Fundanius, C. (tr. pl. 68 a C ?): 98 Fundanius Gallus, C. (q. 101 a C ): 90–91; 93–95; 183 Gabinius A. (cos 58 a C ): 100 n 437; 121 n 586; 143 n 733 Gabinius Secundus, A. (cos. suff. 43 d C ): 194 Gellius Canus, Q.: 153 Gellius Publicola, L. (cos 72 a C ): 105 n 479 Gelzer, H : 33 Germanicus Iulius Caesar: 191 n 144; 213 n 244 Glitius Atilius Agricola, Q. (cos. suff 97 d C ; 103): 208 n 227 Granovetter, M S : 37 Halfmann, H : 235 Herennia Helvidia Aemiliana: 242 Hieroitas: 141 Hirtius, A. (cos 43 a C ): 112 Hordeonius Flaccus, M. (cos. suff. 47 d C ): 222 Hortensius Ortalus, Q. (cos 69 a C ): 131 n 652; 143 nn 732–733 Giuba (re di Numidia): 149 n 772 Giugurta (re di Numidia): 48; 52 n 119; 57 n 156; 63 n 190
Indici
Iulia Agrippina (minor): 213 Iulius Caesar, C. (cos 59 a C , 48, 46, 44; dict 49–44): 17; 32; 69 n 233; 71; 74; 77; 78 n 289; 81 n 300; 82 n 308; 85–86; 88– 89; 91; 92 n 381; 96 n 406; 104; 106–118; 121; 126–127; 129–140; 141 n 718; 145 n 741; 147–149; 153–157; 160; 165; 166 n 9; 170 n 34; 177; 197; 213; 216; 256–258 Iulius Caesar, Sex. (cos 91 a C ): 62 Iulius Calidus, L. (eq. R.): 152–153 Iulius Civilis, C.: 214 n 251 Iulius Maximus Ma[nlianus] Brocchus Servilianus A. Quadron[ius Verus] L. Servilius Vatia Cassius Cam[ars], T. (cos. suff. 112 d C ): 225 Iulius Ursus, L.: 219 Iulius Vindex, C.: 214; 217 n 264 Iunius Blaesus, Q. (cos. suff. 10 d C ): 191 n 144 Iunius Brutus, D. (pr 45 a C , 44): 92 n 382 Iunius Brutus, M. (procos. 43 a C ): 116; 118; 121–124; 125 n 612; 156–158; 159 n 831 Iunius Montanus, T. (cos. suff. 81 d C ): 201 Iunius Pennus, M. (tr. pl. 126 a C ): 64 n 199 Iunius Quintus Vibius Crispus, L. (cos. suff. 61 d C ; cos. 74; cos. suff. 83): 219 Iunius Silanus, M. (cos. suff. 15 d C ): 183 Iunius Silanus Torquatus, M. (cos 19 d C ): 183; 192; 193 n 155 Iuventius Laterensis, M. (pr 51 a C ): 77 Jullian, C : 21 Kennedy, J F : 35 n 23 Labienus, T. (pr ante 58 a C ): 128; 132 Lenius Flaccus, L.: 101 n 445 Lenius Flaccus, M. (eq. R.): 101 Levick, B : 215 Licinius Crassus, L. (cos 95 a C , cens 92 a C ): 63 n 192; 64 n 199 Licinius Crassus, M. (cos 70 a C , 55; cens 65): 72; 74; 78 n 287; 81; 85–86; 91 n 372; 107–110; 140 Licinius Crassus, M. (cos 30 a C ): 167 n 10 Licinius Lucullus, L. (cos 74 a C ): 83; 97; 121 n 583; 141 n 718; 142–143 Licinius Mucianus, C. (cos. 65 d C , 70, 72): 205 n 212; 221 Licinius Murena, L. (pr. 88 a C ): 96
2 Indice dei nomi
Licinius Murena, L. (cos. 62 a C ): 75 n 270; 96–100 Licinius Murena, C. (leg 63; aed. 59 a C ?): 96; 98 Licinius Stolo, C. (cos 364 a C ?, 361?): 90 n 360 Liebenam, W : 21 Lindsay, H : 109 Livius Drusus, M. (tr. pl. 91 a C ): 33 n 16; 61–63 Lollius, M. (cos. suff 13 a C ): 153 Lomas, K : 36–37 Lopuszanski, G : 22 Lucceius, L. (pr 62 a C ?): 136; 147–149 Lucceius Albinus (eq. R.): 227 Lucillius, L.: 122 Lucilius Gamala, P.: 89 n 359 Lucretius Ofella (Afella): 97 n 415 Lutatius Catulus, Q. (cos 102 a C ): 86 n 343 Lutatius Catulus, Q. (cos 78 a C ; cens 65): 70 n 240; 80–81; 84 n 326; 86–88; 254–256 Lycoris: s v Volumnia Magius Maximus, M.: 118 Magius Surus, M.: 67; 68 n 221 Magius [---]nthanus: 136 Mamilius Limetanus, C. (tr. pl. 109 a C ): 49 [Ma]mius Murrius Umber (pr. – metà del I sec d C ): 194; 209 Mamurra, P.: 115 n 551 Mamurra, Q.: 115 n 551 Marcius Libo, Q. (monet 148 a C ): 93 Marcius Libo, Q. (monet 118–117 a C ): 93 Marcius Philippus, L. (cos 91 a C ; cens 86): 62; 68 n 223; 72 n 248; 83 Marcius Timo, Q.: 93 Marius Gratidianus, M. (pr 87 a C ?, 85?, 84?): 86 n 343 Matius, C. (eq. R.): 139 n 706 Maué, H C : 18; 21; 27 Memmius, C. (q 76 a C ): 105 Millar, F : 23; 34; 231 Minatius Magius, C.: 67–68; 117 Mitridate (VI, re del Ponto): 141; 143 n 730 Molisani, G : 80 Mommsen, Th : 18; 61; 62 Monimus (liberto di M. Iunius Silanus) 183; 193
591
Mouritsen, H : 41; 62; 188 Mucius Scaevola, Q. (tr pl 54 a C ): 122 n 597 Mucius Scaevola Pontifex, M. (cos. 95 a C ): 64 n 199; 123 n 606 Munatius Plancus, L. (cos 42 a C , cens 22): 154; 170 Münzer, F : 33; 93; 136 Namier, L B : 38 Nash, J : 35 n 26 Nasennius Marcellus, C.: 243 Nelis-Clément, J : 176 Nicolet, C : 174–175; 181; 185 von Nischer, E : 22 Nonius Asprenas Calpurnius Torquatus, L. (cos. 94 d C ; 128): 229 Nonius Datus: 28 n 64 Norbanus Flaccus, C. (cos. 24 a C ): 113 Obultronius Sabinus (q. aer. 56 d C ): 208 Octavius, M.: 124 n 609 Octavius Novatus, M’. (adl. inter pr. – tempo di Vespasiano): 202 Octavius Sagitta (tr. pl 58 d C ): 202 Opimius, L. (cos 121 a C ): 49; 64 n 197 Oppius, C. (eq. R.): 110–111; 130 n 645; 131 n 648; 134; 138–139; 155 n 812 Oppius, P. (q. 74 a C ): 56 n 153 Opramoas: 245 Paconius Lepta, Q. (IVvir qq.): 125 Pacuvius Antistius Labeo (leg 42 a C ): 158 Panezio: 143 Papirius Carbo, C. (tr. pl 131 a C , cos 120?): 62 n 187 Papirius Carbo, Cn. (cos 85 a C , 84, 82): 68–69; 132 n 661 Papirius Paetus, L. (eq. R.): 153 n 804 Pascoli, G : 38 n 40 Pedius, Q. (cos 43 a C ): 160 n 848 Perperna, M. (cos 92 a C ): 68 n 223; 72 n 248 Pescennius: 202 Petreius, M. (pr ante 63 a C ): 135 Pflaum, H -G : 18; 23; 172 Phanias (liberto di Ap. Claudius Pulcher): 122 Pinarius Natta, L. (eq. R.): 98; 100 n 433 Pinarius Scarpus, L. (leg 31–30 a C ): 160–161 Plancius, Cn. (aed 54 a C ): 75 n 270; 77–78; 101; 102 n 449
592
Indici
Plautius, A. (cos. suff. 29 d C ): 205 Plinius Caecilius Secundus, C. (cos. suff. 100 d C ): 210; 242; 289; 441; 472 Plinius Secundus, C. (eq. R.): 98; 114; 195; 227 Plutarco: 19; 42; 48; 52; 54–56; 100–111; 139; 142; 149; 158; 235 Polibio: 39; 143; 145 Pompeius, Sex. (cos 14 d C ): 191 Pompeius Magnus, Cn. (cos 70 a C ; 55; 52): 71; 74; 77 n 281; 78; 81; 83–86; 87 n 346; 88; 90 n 366; 91; 97; 104–110; 111 n 517; 114; 116–118; 121–122; 127–129; 131–151; 154; 161; 162 n 856; 196; 199; 208 n 222; 215 n 257; 255 Pompeius Magnus Pius, Sex.: 118 n 567; 138 n 698 Pompeius Macer, Cn vel M : 151 Pompeius Rufus, Q. (cos 88 a C ): 66 n 210 Pompeius Strabo, Cn. (cos 89 a C ): 66; 68; 132 Pompeius Theophanes, M. (pr 15 d C ): 151 Pompeius Vopiscus C. Arruntius Catellius Celer, L. (cos. suff. 77 d C ): 219 Pomponius Atticus, T. (eq. R.): 91: 96 n 406; 97; 102–103; 108; 110 n 515; 119; 128–129; 130 n 645; 138 n 695; 147; 152–153; 154 n 810; 155–158 Pomptinus, C. (pr 63 a C ): 121 Pontius (Telesinus): 69 n 227 Poppaeus Sabinus, C. (cos 9 d C ): 194 n 164 Porcia: 121 Porcius Cato, C. (cos 114 a C ): 49 n 102 Porcius Cato, M. (cos 195 a C ; cens 184): 56 n 155 Porcius Cato, M. (pr. 54 a C ): 96 n 410; 99; 121; 134; 138; 140; 143 n 733; 160 n 842 Posidonio: 146 n 750 Potamon: 145 n 741; 150 Tolemeo Auletes (XII, re d’Egitto): 133 n 664; 149 Purcell, N : 189 Quinctius Flamininus, T. (cos 198 a C ): 143 Quinctius Valgus, C.: 68 n 221 Quintilius Valerius Condianus, Sex (cos 151 d C ): 244 Quintilius Valerius Maximus, Sex. (cos 151 d C ): 244 Remmius (aed 94 a C ): 33 n 16
Rémy, B: 235 Roscius Murena Coelius Pompeius Falco, Q. (cos. 108 d C ): 242 Rubellius Blandus, C. (cos. suff. 18 d C ): 191 Rutilius, P. (tr. pl. 177 a C ?): 46 n 88 Sablayrolles, R : 25 Saddington, D B : 23 Saller, R P : 229 Sallustius: 102 Sallustius Crispus, C. (pr 47 a C ): 32; 47; 49–55; 57; 81 Salvidienus Rufus Salvius, Q. (pro mag 40 a C ): 159 n 834 Sander, E : 22; 27 Santangelo, F : 109 Scribonia: 138 n 698 Scribonius Curio, C (tr. pl. suff. 50 a C ): 111 Scribonius Libo, L. (cos. 34 a C ): 138 Sempronius Gracchus, C. (tr. pl. 123 a C , 122): 44 n 77; 50; 64 n 197 Sempronius Gracchus, Ti. (cos 177 a C ; 163): 46 n 88 Sempronius Gracchus, Ti. (tr. pl. 133 a C ): 48; 62 n 187 Sempronius Tuditanus, C. (cos 129 a C ): 62 n 187 Septimia: 103 Sergius Catilina, L. (pr 68 a C ): 70; 85 n 335; 86; 108 Sertorius, Q. (pr. ante 83 a C ): 104; 109 Servilius, Q. (pr 91 a C ): 65 n 200 Servilius Glaucia, C. (pr 100 a C ): 58 n 165 Servilius Vatia, P. (cos 79 a C ): 83 n 315 Shatzman, I : 75 Silius, A : 102 n 454 Silius, P. (pr. ante 57 a C vel 52): 102 n 454 Silius Caecina Largus, C. (cos 13 d C ): 71 n 247 Silius Nerva, P. (cos 20 a C ): 71 n 247 Sotidius Strabo Libuscidianus, Sex.: 17–18 Statilius Taurus, T. (cos 26 a C ): 170 n 36 Statius (senator): 68 Statius Abbius Oppianicus: 69 Steel, C : 73–74 Suetonius Tranquillus, C.: 111; 175; 203–204; 215; 236 n 356
2 Indice dei nomi
Sulpicius Galba, C. (pr. ante 109 a C ): 49 n 102; 50 n 107 Sulpicius Galba, Ser. (pr 91 a C ): 65 n 200 Sulpicius Galba, Ser. (pr 54 a C ): 121 Sulpicius Galba, Ser. (cos. 33 d C ): 214 Sulpicius Quirinius, P. (cos 12 a C ): 96 n 410; 122; 191 Sulpicius Rufus, Ser. (cos. 51 a C ): 96 n 410; 122 Syme, R : 12–13; 33; 47; 50; 70; 80; 94; 118; 160; 168–169; 172; 175 Tacfarinas: 191 Tarruttienus Paternus, P.: 229 n 71 Taurus Statilius Corvinus (cos 45 d C ): 194 Terentia: 102; 128 n 637 Terentius Culleo, Q. (tr. pl. 58 a C ): 147 Terentius Varro, M.: 90–95; 107; 119 n 572; 135 Tigrane (re di Armenia): 147 n 757 Timagene: 149 Torelli, M : 195 Trebatius Testa, C. (eq. R.): 109 n 508 Tremellius Scrofa, Cn. (pr 77 a C ?, 72?): 90 n 361; 91 n 374 Tullia: 102; 110 n 515 Tullius Cicero, M. (cos 63 a C ): 32; 39 n 50; 58; 63; 69; 71; 77–78; 82; 85–86; 89 n 359; 91; 94; 96–98; 100–103; 105–112; 114; 119– 131; 138–140; 143–144; 147–150; 152–157; 200; 256 Tullius Cicero, Q. (pr 62 a C ): 131 Tullius Tiro, M. (liberto di M. Tullius Cicero): 126–127 Valerius Asiaticus, D. (cos 35; 46 d C ): 201 Valerius Catullus, C.: 114 Valerius Flaccus, C. (cos 93 a C ): 72 n 248 Valerius Flaccus, L. (cos 100 a C ): 72 n 248 Valerius Maximianus, M. (adl inter pr aet. M. Aurelii): 244 Valerius Messalla Corvinus, M. (cos 31 a C ): 170 Valerius Naso (pr. ante 26 d C ): 192 n 150 Varro, A.: 126 Varronius, P.: 93 Velleius Paterculus, M. (eq. R.): 19; 116–119; 170 Ventidius Bassus, P. (cos suff 43 a C ): 76 n 275; 154; 159 n 834 Vergilius Balbus, C. (pr. 62 a C ): 102
593
Verzàr Bass, M : 22; 80 Vespasia Polla: 215 Vespasius Pollio: 215 Vettius Sabinianus Iulius Hospes, C. (cos. suff. 176 d C ): 246 Veyne, P : 146; 236 Vibius Pansa, C. (cos 43 a C ): 112 Vinicius, M. (cos. 30 d C ; 45): 117 n 561 Vipsanius Agrippa, M. (cos 37 a C ; 28; 27): 160; 169 n 30; 170 n 36 Visellius Varro, C. (eq. R.): 94 n 396 Vitruvius Mamurra, M.: 115 Volumnia: 153; 160 n 842 Volumnius, P. (senator): 156 Welch, K : 16; 31; 106; 128; 150; 153 Wells, C M : 213 Zelikow, P: 35–36; 38 Imperatori (in ordine cronologico) Augusto: 13; 19; 24; 29 n 71; 30; 32; 41 n 65; 71; 72 n 254; 80; 113; 115–116; 118; 126; 145 n 741; 146; 162 n 859; 163; 165; 166 nn 7–9; 167–171; 172 nn 45 e 49; 174–176; 178; 180; 182; 186–188; 191 n 144; 192–195; 196; 198; 200–202; 205; 207; 211; 213; 215; 218; 235; 237; 251; 257–258; 260 Ottaviano: 12; 73; 112; 116 n 556; 118; 129; 138 n 698; 154–155; 812; 159–163; 172; 255; 258 Tiberio: 113 n 533; 116 n 559; 119; 145 n 741; 151; 167; 169 n 30; 176; 187; 191–195; 198; 201–202; 205; 207–208; 210 Caligola: 193 n 156; 216 Claudio: 22; 24–25; 28; 32 n 5; 115; 167 n 11; 173; 179–181; 186–187; 190; 194–195; 202– 212; 214; 216; 235 n 347; 237–238; 242; 245; 258–260 Nerone: 115; 165; 172; 201; 205; 206 n 217; 207; 209; 210 n 238; 213–214; 216; 219; 260 Galba: 172; 214; 216; 227 Otone: 227 Vitellio: 88 n 355; 219; 221–222; 227 Vespasiano: 194 n 162; 202; 205; 213; 215–217; 219; 221–223; 225; 227–228; 230–231; 245 n 422 Tito: 227–228; 242
594
Indici
Domiziano: 216; 219; 222; 226;228; 231; 232 n 333; 233–234; 235 n 350; 236 n 354 Nerva: 216; 234–235; 237; 240; 244; 252 Traiano: 177 n 72; 216; 219; 225; 233; 235; 240–242; 244 Adriano: 234–235; 238; 244–246 Marco Aurelio: 234; 244; 246; 250 Lucio Vero: 246 Settimio Severo: 237; 250–253; 257 Caracalla: 251–253; 262 Severo Alessandro: 13; 250; 262 Gallieno: 205 Praefecti fabrum [A]burn[ius --- Tuscianus], [L.?] (eq. R. – 247): 28 n 68; 237 n 361; 238 n 369; 241; 242 n 401; 423–424 Acellius Vemens, C. (186): 219 n 272; 220; 221 n 277; 383 Acil(ius) Fronto, M’. (248): 238 n 362; 424 [A]cilius Hierax (351): 248; 489 Adgennius Macrinus, Sex. (eq. R. – 187): 224 n 298; 383–384; 402 n 836; 410 n 876; 412 n 887 Aelius Agathoclianus, P. (249): 238 n 373; 240 n 382; 241 n 396; 424–425 Aelius Quirinus Domitianus Gaurus, C. (eq. R. – 250): 238; 425–426 Aemilius Fratern[us], C. (eq. R. – 1): 196 n 170; 199 n 186; 209 nn 229–230; 211 n 241; 265–266; 384 n 730; 385 n 735 Aemilius Fraternus, M. (eq. R. – 188): 225 n 304; 226; 265 nn 1 e 4; 384–385; 386 Aemilius Paternus, L. (eq. R. – 189): 204 n 210; 225 n 304; 226; 266 nn 1 e 4; 384 n 729; 385–386 Aemilius Respectus, M. (eq. R. – 251): 238 nn 363, 369 e 372; 246; 426; 427 Aemilius Secundus, Q. (2): 178 n 85; 185 n 112; 190 n 141; 242 n 401; 266–267 Aemilius Super, M. (eq. R. – 252): 238 nn 363 e 372; 246; 427 Aemilius Tutor, L. (3): 175 n 67; 178 n 85; 182 n 95; 185 n 115; 195 n 168; 267 Aescionius Capella (eq. R. – 4): 178 n 85; 185 n 112; 267–268
Aimilius Proculus, M’. (5): 190–192; 331 n 397; 268 Alfius Quietus, L. (6): 175 n 67; 178 n 85; 185 n 112; 268–269 Allenius Crassus Caesonius, M’. (eq. R. – 7): 269 Allidius, Q. (eq. R. – 8): 269–270 Allienus Laetus, A. (9): 175 n 67; 270 [A]llius [R]ufus (eq. R. – 10): 185 n 112; 270–271 Allius Ru[fus], M. (eq. R. – 11): 176 n 68; 178 n 85; 270–271 Allius Rufus, Q. (eq. R. – 12): 178 n 85; 185 n 112; 271–272 Ancharius, L. (eq. R. – 13): 178 n 85; 185 n 112; 272 Anicius Paetinas, L. (C. f.) (14): 175 n 67; 178 n 85; 273 Anicius Paetinas, L. (L. f.) (15): 273 Antestius Seve[rus?], C. (eq. R. – 370): 497– 498 Antistius Pansa, C. (16): 175 n 67; 185 n 112; 209 nn 229–231; 274 Antonius Firmus, L. (eq. R. – 253): 238 n 369; 427 Antonius Numida, L. (eq. R. – 190): 225 n 304; 386 An[t]onius Pater[nu]s (17): 175 n 67; 182 n 95; 195 n 168; 274; 396 Antonius Severus, M. (254): 427–428 Antonius Silo, L. (adl. inter pr. – 191): 204 n 210; 225 n 304; 227; 387 Apidius Proculus, C. (255): 238 n 373; 428 Arrecinus Clemens, M. (eq. R. – 18): 185 n 112; 275 Arrius Proc[u]lus, A. (19): 175 n 67; 182 n 94; 185 n 112; 275–276 Arrius Salanus, L. (eq. R. – 20): 189; 276 Arruntius Iulianus, T. (256): 428 Asconius Sardus, C. (192): 221 n 276; 225; 387–388 Asia[ti]cus (21): 175 n 67; 178 n 85; 182 n 95; 195 n 168; 201; 277 Asinius Acilianus, Q. (eq. R. – 193): 221 n 277; 388 Atatinus Modestus, [Q.] (eq. R. – 22): 209 nn 229–230; 277
2 Indice dei nomi
Atatinus Modestus, Q. (eq. R. – 194): 218 n 266; 221 n 276; 277 n 76; 388–389 Atatius Memor Aponius Firmus, L. (eq. R. – 195): 221 n 276; 389 Atilius Glabrio, C. (eq. R. – 23): 175 n 67; 178 n 85; 190 n 141; 242 n 401; 278 Atilius Severus, Q. (257): 237 n 361; 240 n 383; 287 n 133; 429 Atinius Murra, Q. (eq. R. – 24): 278–279 Attius Priscus, Q. (eq. R. – 258): 238 n 369; 240; 429–430 Attius Suburanus Aemilianus, Sex. (cos. suff. 101 d C ; cos 104; 196): 219; 389–390 Aufatius Firmus Novius Probus, M. (259): 430 Aufidianus Celer, Sex. (356): 492 Aufidius, P. (eq. R. – 25): 178 n 85; 183 n 100; 185 n 112; 188 n 100; 279 Aufidius Vinucianus Epagatinus, L (eq. R. – 26): 185 n 112; 279–280 Aufustius Macrinus, C. (27): 194 n 162; 209 nn 229–230; 280; 332 n 401 Aulienus, Sex. (eq. R. – 28): 182 n 95; 185 n 112; 186 n 122; 187; 280–281 Aurelius, [L.?] (eq. R. – 30): 176 n 68; 178 n 85; 281–282 Aurelius, M. (31): 175 n 67; 185 n 112; 196 n 170; 282 Aur[elius] Co[tta?], L. (29): 175 n 67; 281 [Aus]picatus (eq. R. – 32): 182 n 94; 199 n 186; 282 Baebius Avitus, L. (adlectus inter pr.; 197): 225 n 304; 227; 387 n 751; 391 Baebius Celsus, Cn. (p. p.; eq. R. – 33): 186 n 122; 282–283 Baebius Iuncinus, L. (eq. R. – 34): 209 nn 229–230; 210; 283 Baebius Niger, L. (35): 175 n 67; 182 n 95; 195 n 168; 284 Barronius Sura, M. (eq. R. – 36): 183; 185 n 112; 284–285 Bovius Celer, L. (eq. R. – 198): 221 n 276; 222; 391–392 Burrenus Firmus (37): 175 n 67; 182 n 94; 207 n 218; 285 Cacius Cerna, M. (eq. R. – 38): 184 n 108; 185 n 112; 286
595
Caecilius, Q. (eq. R. – 40): 176 n 68; 199 n 186; 287 Caecilius A[nien, Q. (41): 287–288 Caecilius Crescen[s] Volusianus, Sex. (eq. R. – 260): 238 nn 363 e 369; 240 n 383; 246–247; 430–431 Caecilius Gallus, C. (eq. R. – 199): 392–393 Cae[cilius] Secundus, L. (39): 184 n 109; 190 n 141; 209 nn 229 e 230; 242 n 401; 286 Caecilius Senecio, Sex. (eq. R. – 42): 209 nn 229–231; 210; 288 Caecina Severus, L. (eq. R. – 200): 225 n 304; 226; 393–394 Caesius Fistulanus, Q. (201): 219 n 272; 221 n 276; 222; 394 Calpurnius Fabatus, L. (eq. R. – 43): 184 n 111; 209 nn 229–231; 210; 289 Calpurnius Frugi, L. (eq. R. – 44): 182 n 94; 185 n 112; 290 Calpurnius Paulin[us] Honoratia[nus] (261): 237 n 361; 431–432 Calpurnius Rogatianus, Q. (eq. R. – 262): 238 n 363; 240; 246; 432 Campanius Flaccus, L. (eq. R. – 45): 185 n 112; 290–291 Campanius Varo, D. (202): 228; 395 Camurius Clemens, C. (eq. R. – 263): 238 n 369; 241 n 396; 244; 432–433 [Ca]piton[ius] (46): 175 n 67; 182 n 95; 195 n 168; 291 Carisius Alpinus, M. (eq. R. – 47): 182 n 95; 291–292 Carista[nius] Fronto Caesianus Iul[lus, C. (eq. R. – 48): 182 n 94; 185 n 112; 199 n 186; 200 n 190; 290 n 158; 292–293 Carsius Secundus, M. (eq. R. – 352): 248; 489–490 Cascellius Labeo, Q. (49): 182 n 95; 293–294 Cascellius Pompeianus, C. (203): 224 n 298; 274; 293 n 180; 395–396 Cassius Cere[alis], [L.] (50): 175 n 67; 185 n 112; 194; 209 n 229; 294 Cassius Constans, Q. (eq. R. – 204): 228; 396 Cassius Valens, M’. (264): 238 n 365; 242 n 401; 433 Cassius Verinus, T. (265): 434
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Indici
Cestius, M. (eq. R. – 51): 185 n 112; 186 n 122; 295 [Cl]audius, [L.?] (209): 221 n 277; 400 Claudius Agrippinus, Ti. (eq. R. – 267): 238 nn 367 e 369; 245; 435–436 Claudius Apollonius, Ti. (eq. R.? – 52): 209 n 229; 210 n 236; 211 n 241; 242 n 401; 295–296 Claudius Aurelianus Ptolemaeus, Ti. (eq. R. – 266): 238 n 369; 240; 434–435 [Claud]ius [Ba]lbillus, Ti. (eq. R. – 53): 190 n 141; 207–208; 296–297; 366 Claudius Bithynicus, Ti. (268): 238; 436 Claudius Chionis (eq. R. – 54): 209 n 229; 211 n 241; 297–298; 308 n 264; 331 n 397 Claudius Clemens, Ti. (eq. R. – 205): 220 n 273; 221 n 276; 228 n 321; 396–397 Claudius Coinnagus Atticus Agrippianus, Ti. (269): 238 n 363; 436–437 Claudius Dinippus, Ti. (eq. R. – 55): 182 n 94; 185 n 112; 199 n 186; 209 nn 229–231; 211 n 241; 211–212; 298–299 Claudius Helvius Secundus, Ti. (eq. R. – 270): 238; 240; 437 Claudius Hispanus, Ti. (eq. R. – 206): 220 n 273; 397–398 Claudius Liberalis Aebutianus, Ti. (eq. R. – 271): 207 n 218; 238 n 373; 242; 438 Claudius Oenophilus, Ti. (eq. R. – 207): 229; 398–399 Claudius Piso, Ti (eq. R. – 208): 228 n 321; 229; 299–400 Claudius Rufinus, Ti. (eq. R. – 56): 185 n 112; 188; 209 nn 229–230; 299 Clodius, L.: 119–125; 192 n 149 Clodius Ingenuus, L. (eq. R.? – 272): 238 n 362; 240; 244 n 418; 439 Clodius Ma[cer?], M. (eq. R. – 57): 185 n 112; 209 nn 229–231; 299–300 Clodius Martia[lis, M. (eq. R. – 210): 220 n 275; 225 n 304; 226; 400–401 Clodius Pius Marian(us), L (273): 207 n 218; 241; 261; 439 Clodius Pro[culus], T. (eq. R. – 58): 178 n 85; 300–301 Cludius Rectus, C. (eq. R. – 274): 238 n 362; 244 n 418; 440
Coelius Lectus, M. (eq. R. – 59): 182 n 95; 185 n 112; 195 n 168; 199 n 186; 200 n 190; 301 Cornelius, L.: 28 n 67; 32 n 7; 80–90; 115; 159 n 836; 255–256 Cornelius Balbus, L. (cos. 40 a C ): 103–113; 114; 125; 129 n 645; 131 n 648; 134; 138–139; 141 n 715; 146 n 753; 148–150; 154; 155 n 812; 165; 166 n 9; 196; 200; 226; 255–256 Cornelius Bocchus, L. (eq. R. – 60): 185 n 112; 196 n 170; 199 n 186; 200 n 190; 302 Cornelius Dexter, Sex. (eq. R. – 275): 238 nn 363 e 369; 240 n 383; 241 n 396; 440–441 Cornelius Gallus, C. (eq. R.): 32 n 7; 81 n 300; 159–164; 166; 206 n 214; 258 Cornelius Germanus, C. (eq. R. – 211): 221 n 277; 401 Cornelius Menodor(us), [L.] (eq. R. – 61): 32 n 7; 178 n 85; 196–197; 302–303 Cornelius Minicianus, C. (eq. R. – 276): 238 n 369; 240 n 389; 242; 441–442 Cornelius M[---], L. (62): 184 n 108; 185 n 112; 199 n 186; 303–304 Cornelius Nova[tus?] Baebius [---] Balbus, M. (eq. R. – 212): 225 n 304; 226; 384 n 727; 402; 410 n 876; 412 n 887 [Cor]nelius N[---] (eq. R. – 63): 199 n 186; 304 Cornelius Pupillus, L. (64): 183; 184 n 111; 193; 304–305 Cornelius Sev(erus), [C]n. (65): 185 n 112; 196 n 170; 305–306 Coruncanius Oricula, C. (eq. R. – 213): 221 n 277; 402–403 Cosconius Fronto, Q. (eq. R. – 353): 248–249; 432 n 1006; 490–491 Culciscius, T. (66): 175 n 67; 189; 306 [C]ulcius (214): 221 n 277; 403 Cuppienus Terminalis, C. (eq. R. – 277): 28 n 67; 238 n 369; 240 n 382; 442–443 Curiatius, L. (eq. R. – 67): 186 n 122; 306–307 [Cu]rtilius (eq. R. – 68): 185 n 112; 186 n 122; 307 Curtius, L. (357): 492 Decius Saturnin(us), Q. (eq. R. – 69): 178 n 85; 184 n 111; 185 n 112; 190 n 141;
2 Indice dei nomi
197–198; 199 n 186; 201; 258; 276 n 67; 298; 308–309 Decrius Crispus, C. (eq. R. – 278): 207 n 218; 238 n 369; 241 n 397; 443 Decrius Longinus, L. (p. p.; eq. R.): 279): 204 n 210; 238 n 369; 443–444 Dext(er) (eq. R. – 70): 309 Dissenius Fuscus, C. (280): 240 n 382; 242; 444–445 Domitius Celer, D. (eq. R. – 71): 182 n 95; 309–310 Egnatius Marus, C. (72): 185 n 112; 310 Ennius Marsus, C. (eq. R. – 73): 178 n 85; 184 nn 109 e 111; 185 n 112; 310–311 Fabius [---] C. Clodius, P. (eq. R. – 215): 218 n 266; 225 n 304; 403 Fabius Maximus, M. (281): 239; 240 n 383; 445 Fabricius Tuscus, C. (eq. R. – 74): 178 n 85; 182 n 94; 185 n 112; 199 n 186; 200 n 190; 311–312 Fidius Macer, M. (216): 219 n 272; 225 n 304; 226; 404–405 Flavius, C. (eq. R.): 156–159 Flavius Cimber, T. (283): 239; 446 Flavius Fimbria, M. (217): 221 n 277; 405 Flavius Fronto, M. (eq. R.? – 218): 219 n 272; 228; 405–406 Flavius Montanus, T. (eq. R.? – 284): 238 nn 366 e 369; 241 n 396; 422; 446–447 Flavius Severus Gogaenus, T. (285): 447 Flavius Varus Calvisianus Hermocrates, T. (eq. R. – 286): 238 nn 366 e 369; 244 n 419; 448 Flaviu[s] Verecundu[s] Thamaria[n(us)], T. (287): 448–449 Fufidius Proculus, L. (eq. R. – 75): 185 n 112; 190 n 141; 210 n 236; 242 n 401; 312 Fulcinius Vergilius Marcellus, P. (eq. R. – 288): 238 n 369; 240 n 383; 449 Furius Clemens, L. (76): 175 n 67; 178 n 85; 185 n 112; 312–313 Furius Tiro, C. (eq. R. – 77): 175 n 67; 189; 312–313 Gagilius Modestus, Q. (eq. R. – 289): 238 n 369; 240 n 382; 449–450 [---]ius Gallus (78): 175 n 67; 196 n 170; 313
597
[---] Gallus (79): 175 n 67; 182 n 95; 195 n 168; 314 [Ga]rgennius? Sagitta, [Q.?] (290): 450 Gavi[us ---], C. (80): 175 n 67; 178 n 85; 314–315 Gavius Balbus, P. (eq. R. – 291): 238 nn 366 e 369; 240 n 383; 243; 450–451 Gavius Flaccus, C. (219): 204 n 210; 219 n 272; 404 Gavius Gallicus, M. (eq. R. – 292): 238 nn 367 e 369; 243; 245–246; 451 Gavius Pedo, Q. (eq. R. – 81): 176 n 68; 178 n 85; 315 Gavius Sabinus, M. (82): 175 n 67; 189; 209 n 229; 315–316 Geminus Priscus, C. (eq. R. – 83): 178 n 85; 316 [Gli]tius Barbarus (eq. R. – 84): 186 n 122; 207–208; 317 Gossius Oriens, L. (eq. R. – 293): 238 n 369; 452 [---] Gracchus (358): 493 Graecinius Firminus, C. (eq. R. – 294): 238 n 365; 241; 452–453 Graius Iamus, Q. (220): 219 n 272; 221 n 277; 407 Granius Bassus, Q. (eq. R. – 85): 182 n 94; 184; 317–318 Granius Cordus, M. (eq. R. – 86): 184 n 109; 185 n 112; 194; 209 nn 229–231; 318–319 Herennius Celsus, N(umerius?) (87): 175 n 67; 178 n 85; 319 Hirpidius Memor, C. (eq. R. – 295): 238 n 369; 453 Hortensius Faustinus, Q. (eq. R. – 296): 238 nn 369 e 372; 240 n 383; 454 Hosidius Severus, C. (eq. R. – 297): 238 nn 363 e 369; 240 n 382; 244; 454–455 Iestinius Augurinus, T. (221): 221 n 277; 407 Iulius Aquila, C. (eq. R. – 89): 184 nn 109 e 111; 194; 199 n 186; 209 nn 229–230; 320 Iulius Atticus, M. (222): 221 n 277; 407–408 Iulius Brocchus Valerius Bassus, L. (eq. R. – 223): 225; 408–409; 410; 456 n 1142 Iul(ius) Capito, D. (eq. R. – 298): 238 nn 363 e 369; 409; 455–456 Iulius Couribocalus, T. (90): 175 n 67; 195 n 170; 211 n 241; 321; 323
598 Iulius Crassus, L. (eq. R. – 91): 184 nn 109 e 111; 185 n 115; 196 n 170; 321–322 Iulius Iulianus, Ti. (eq. R. – 92): 188; 322 Iulius Lentinus, T. (93): 207 n 218; 321; 323 Iulius Max[imus, Sex. (eq. R. – 94): 182 n 95; 199 n 186; 209 nn 229–230; 323 Iulius Montanus, C. (q. des. 57 d C ; 95): 209 nn 229–230; 210 n 238; 324 Iulius Pertinax, Cn. (299): 238; 456–457 Iulius Pisonianus, M. (eq. R. – 300): 238 nn 368–369; 457 Iulius Priscus, C. (224): 218 n 266; 219 n 272; 220 n 273; 221 n 277; 409 Iul(ius) Ripanus Capito Bassianus, D. (eq. R. – 225): 224 n 298; 225; 408; 409– 410; 456 n 1142 Iulius Rufus, C. (96): 178 n 85; 195 n 170; 324–325 Iulius Seneca Licinianus, C. (eq. R. – 301): 238 nn 362 e 369; 244 n 418; 457–458 Iulius Silvanus C. Minucius Herennulaius Iulianus, C. (302): 458 Iulius Valerianus, T. (eq. R. – 226): 218; 224 n 298; 225; 384 n 727; 402 n 836; 410–411; 412 n 887 Iulius Victor, C. (eq. R. – 97): 178 n 85; 195 n 170; 325–326 Iulius [---]tus, C. (eq. R. – 371): 498 Iu[lius, Sex. (88): 175 n 67; 182 n 95; 195 n 168; 319–320 Iunius Bassus Milonianus (227): 219 n 272; 411 Iunius Montanus, T. (eq. R. – 98): 182 n 94; 184 n 111; 200; 202 n 201; 326 Iunius Proculus, M. (eq. R. – 99): 326–327 [---] Iustus (303): 238 n 368; 458 Laetilius Rufus, L. (eq. R. – 100): 327–328 Latinius Musculus, Q. (101): 175 n 67; 178 n 85; 328 Lepidius Secundus, C. (eq. R. – 304): 238 nn 369 e 372; 459 Licinius Flamma, C. (305): 238 n 367; 245; 459 Licinii Murenae, L. p. f.: 96–100 [Licinius] Rufus (306): 238 n 367; 241 n 397; 459 Licinius Valens, C. (307): 238 n 368; 240 n 383; 460
Indici
Lollius Fronto, Q. (eq. R. – 102): 182 n 94; 198; 199 n 186; 328–329 Lollius Suavis, L. (103): 175 n 67; 209 n 229; 329 Lucilius Lupus, L. (228): 221 n 277; 411 Lucilius Paetus, M. (eq. R. – 104): 178 n 85; 329–330 Lucretius Decidianus Rufus, M. (eq. R. – 105): 176 n 68; 178 n 85; 319; 330–331 Lusius Nomentanus, N. (229): 221 n 277; 412 Maenius Bassus, C. (eq. R. – 106): 192; 199; 200 n 190; 331–332 Maesius Celsus, Sex. (107): 186 n 117; 199 n 186; 332–333 Maesius Maximus, M. (308): 240 n 383; 460 Maesius Rufus, L. (eq. R. – 309): 238 n 369; 240 n 382; 241 n 396; 461 Magius Antiquus, M. (eq. R. – 108): 196 n 170; 333–334 Mandulius [Cr]escens (310): 238 n 362; 461–462 Manlius Felix, C. (eq. R. – 311): 238 n 369; 242; 460 Manlius Pollio, M. (eq. R. – 109): 176 n 68; 178 n 85; 461 Marci[us] Avit[us], L (eq. R. – 110): 184 n 111; 196 n 170; 209 nn 229–230; 211 n 241; 334–335 Marcius Libo, Q.: 90–96 Marcius Taurinus, T. (eq. R. – 230): 218 n 266; 224 n 298; 384 n 727; 402 n 836; 410 n 876; 412–413 Marius, C. (111): 175 n 67; 182 n 95; 195 n 168; 335 Marius Aelianus, C. (eq. R. – 312): 238 n 369; 463 [---] Maximus (eq. R. – 112): 178 n 85; 209 n 230; 336 Meffius Saxo, C. (113): 186 n 122; 210; 336 Menacius Priscus, L. (eq. R. – 231): 223; 413 Mento Man[---] (114): 175 n 67; 337 Mettius Rufinus, C. (eq. R. – 313): 463 Minatius Saturninus, Q. (359): 493 Minicius Exoratus, [L.] (eq. R. – 232): 221 n 276; 223; 242 n 401; 414 [---] Modestus (eq. R.? – 115): 175 n 67; 196 n 170; 337
2 Indice dei nomi
Mulvius Ofillius Rest[it]utus, [C.] (eq. R. – 233): 221 n 276; 414 Munatius Aurelius Bassus, Cn. (eq. R. – 314): 240 n 383; 464 [---]onius Musculus (116): 175 n 67; 184; 338 Mutius Cracilis, T. (315): 465 Nasennius Marcellus Senior, C. (eq. R. – 316): 238 n 369; 240 n 383; 243; 465–466 Numerius Magius: 134; 136–140; 141; 151; 255 Numisius Ligus, P. (eq. R. – 117): 18 n 17; 194 n 164; 199 n 186; 200; 338–339 Nummius Augustalis, T. (eq. R. – 234): 415 Obultronius Cultellus, M. (118): 175 n 67; 207–208; 339–340 Oclatius Modestus, C. (eq. R. – 317): 238 n 369; 240 n 382; 242 n 401; 466 Octavius Balbus, L. (eq. R. – 119): 186 n 122; 187 n 123; 340–341 Octavius Novatus, M’ (120): 196 n 170; 202; 341 Octavius Rufus, L. (eq. R. – 121): 184; 199 n 186; 341 Octavius Sagitta, Q. (eq. R. – 122): 176 n 68; 178 n 85; 184 n 109; 185 n 115; 201–202; 342–343 Ofasius Firmus Marus Cornelius Cossinus, M. (eq. R. – 123): 184 n 111; 209; 343 O[lius] Secu[ndus], Sex. (124): 175 n 67; 182 n 94; 344 Oppius Capito Quintus Tamudius, M. (eq. R. – 318): 238 n 369; 242; 467 Opsidius Rufus, P. (eq. R. – 125): 344 Orfius Flaccus Caesius, Q. (eq. R. – 126): 344–345 Otidius Iovinus, C. (eq. R.? – 319): 238 n 363; 240; 244 n 420; 246; 393 n 784; 467–468 Otidius Praenestinus (320): 238 n 363; 246; 468 Ovidius Ventrio, P. (eq. R. – 127): 209; 345 Ovinius Rufus, L. (eq. R. – 128): 186 n 122; 345–346 Paccius Priscus, T. (129): 175 n 67; 346 Paconius Lepta, Q : 58 n 168; 102 n 451; 111; 125–130; 183; 256 Pacuvius Severus, L. (eq. R.? – 360): 493–494 Papirius Cognitus, L. (235): 219 n 272; 221 n 277; 415–416
599
Papirius Pastor, P. (130): 175 n 67; 209 nn 229 e 231; 346–347 Passerius Afer, C. (eq. R. – 131): 182 n 95; 199 n 186; 347–348 Petronius Asellio, Cn. (eq. R. – 132): 178 n 85; 348 Petronius Firmus Calpurnius Saecularis, M. (321): 238 n 367; 245; 468–469 Petronius Lupus Marianus, Sex. (133): 175 n 67; 184 n 109; 190 n 141; 199 n 186; 242 n 401; 287; 348–349 [---] Philargyrus (361): 494 [Po]llio (eq. R. – 134): 176 n 68; 178 n 85; 349 Pompeius, Sex. (135): 175 n 67; 199 n 186; 349–350 Pompeius Proculus, C. (eq. R. – 136): 178 n 85; 350 Pomp(eius) (Tertullus?), A (eq. R. – 137): 184 n 109; 195 n 170; 211 n 241; 350–351 Pompeius Theophanes, Cn.: 67 n 219; 87 n 346; 105 n 473; 106; 108–109; 136; 141–151; 196; 200; 255–256; 366 Pomponius Augurinianus, C. (362): 494 [Po?]mponius Capito, L. (138): 175 n 67; 196 n 170; 209 nn 229 e 231; 351 Pomponius Petra, T. (eq. R. – 139): 178 n 85; 184 n 111; 199 n 186; 200 n 190; 351–352 Pompullius Lappa, T. (eq. R. – 140): 178 n 85; 176 n 68; 184; 185 n 112; 352 Pon[tius ---]tius, M. (eq. R. – 363): 494–495 Popillius Rufus (364): 495 Porcius Aper, M. (eq. R. – 322): 238 n 362; 244 n 418; 469 Porcius Latinus, L. (eq. R. – 323): 238 nn 363 e 369; 241 n 396; 470 Prope[rtius] Pater[culus], P. (eq. R. – 141): 182 n 95; 353 Publilius Memorialis, [L.] (eq. R. – 324): 238 n 369; 241; 470–471 Purtisius Atinas, C. (eq. R. – 142): 186 n 122; 353–354 Quaestorius Secundus, T. (143): 188–189; 209 n 229; 354–355 Quinctilius Priscus, A. (325): 239; 471 Quinctilius Valerius Maximus, Sex. (adl. in Sen. – 326): 238 nn 366 e 369; 240 n 384; 244; 472–473
600
Indici
Quinctius Babilianus, L. (eq. R. – 144): 178 n 85; 201; 199 n 186; 355 Quinc[tius?] Runco, M. (327): 473 [ Rago?]nius [Res]titutus (328): 473 Raius Capito, C. (236): 219 n 272; 221 n 277; 473–474 Rasinius Tettianus, C. (eq. R. – 145): 178 n 85; 184; 199 n 186; 200 n 190; 355 Ro(s)cius Bassus, Sex. (365): 495–496 [---]ius Rufus (146): 175 n 67; 182 n 95; 184 n 109; 356 [---]s Rufus (366): 496 [---] Rufus (147): 175 n 67; 356 Rufus [Ve]nuleianus (148): 175 n 67; 182 n 95; 195 n 168; 356 Sabidius Maximus, T. (eq. R. – 329): 238 n 373; 240; 474 [---]s Sabinus, C. (eq. R. – 149): 184 nn 109 e 111; 185 n 112; 357–358 Sagurus Priscus, C. (pr. des.; 330): 238 n 369; 240 nn 383 e 389; 475 Sallustius Hostianus, C. (150): 175 n 67; 209 n 229; 358–359 [ S]alvius Fusc[us] (331): 238 n 363; 239; 246; 475–476 Satanus Sabinus, T. (151): 32 n 7; 175 n 67; 178 n 85; 359 Satrius Iustus, S. (152): 175 n 67; 184 n 111; 185 n 112; 359 [---] Saturninus (367): 496 Selic[ius] Albinus, [Q.?] (eq. R. – 153): 185 n 112; 360 Sellusius Certus, T. (eq. R. – 237): 221 n 277; 416 Sempronius Senecio, L. (eq. R. – 332): 238 n 369; 242 n 401; 243; 476 Senecius Garrulus, P. (eq. R. – 333): 238 n 369; 476–477 Sennius Sabinus, C. (154): 182 n 95; 184 n 109; 185 n 115; 195 n 168; 360–361 Septimius Primus, Q. (238): 219 n 272; 221 n 277; 417 Septimius Septimianus, M. (eq. R. – 334): 242 n 401; 477 Septumius Tinia, T. (eq. R. – 155): 361 [Ser]torius [Hi]strianus (156): 175 n 67; 361–362
[---]us Severus (eq. R. – 157): 184 n 108; 362 Sextilius Fuscus, Sex. (239): 219 n 272; 221 n 277; 417 Sicca (Vibius): 100–103; 128 n 637; 183; 256 Silius Aviola, C. (eq. R. – 158): 194; 198; 280 n 97; 332 n 401; 363 Sirtius Fidiclanius Apronianus, Q. (335): 478 Sornius, T. (159): 175 n 67; 178 n 85; 319; 364 Statilius Iustus Sentianus, P. (eq. R. – 372): 498 Statilius Taurus, T. (eq. R. – 373): 498–499 Statius G[allus], Q. (160): 178 n 85; 185 n 112; 364–365 Stertinius Xenophon, C. (eq. R. – 161): 184 n 111; 207–208; 209 n 229; 211 n 241; 297; 365–367 Stlaccius Coranus, M. (eq. R. – 162): 188; 201; 209 nn 229–230; 367–368 Sulpicius Celsus, Q. (eq. R. – 240): 418 Surinus Marcellus, M. (163): 175 n 67; 185 n 112; 368 Tarquitius Priscus, [M.] (165): 184 n 108; 195; 369 Tarquitius Priscus Etruscus, [M.] (eq. R. – 164): 195; 209 n 230; 368–369 Tiberin(ius) Faventinus, C. (354): 249; 491 Titiedius Flaccus (eq. R. – 166): 199 n 186; 370 Titinius, L. (167): 175 n 67; 178 n 85; 192 n 151; 370 Titinus Glaucus Lucretianus, L. (eq. R. – 168): 184 n 111; 185 n 112; 209 nn 229–231; 210; 370; 371–372 Trebellius Sextanus, M. (eq. R. – 169): 178 n 85; 185 n 112; 372–373 Trebius Iunianus, C. (eq. R. – 336): 478 Trebius Maxim[us ---], C. (241): 219 n 272; 221 n 277; 418; 422 n 946 Tuccius Ma[ximus], L. (eq. R. – 170): 184 n 109; 209 n 229; 373 Turpilius Silanus, T.: 47–59; 60; 65; 79; 125; 192 n 149; 254 Turpilius Valens, P. (337): 238 n 365; 479 Turranius Proculus Gellianus, Sp. (eq. R. – 171): 199 n 186; 209 nn 229–230; 373–374 Vagirius Martianus, Sex. (eq. R. – 338): 238 nn 363 e 369; 242 n 401; 243; 479–480 Valerius Bassus, P. (172): 374–375 Valerius Gallus, C. (368): 496–497
2 Indice dei nomi
Valerius Optatus, L. (eq. R. – 173): 182 n 95; 375 Valerius Paetus, C. (p. p.; eq. R. – 174): 182 n 95; 186 n 122; 202; 375 Valerius Pollio, L. (eq. R. – 175): 185 n 112; 376 Valerius Priscus, L. (eq. R. – 242): 419 Valerius Priscus, P. (eq. R. – 339): 238 nn 362 e 369; 480 Valerius Propinquus Grattius Cerealis, M. (eq. R. – 243): 225 n 304; 227; 419–420 Valerius Pullinus, M. (340): 238 n 362; 481 Valerius Tettius Fuscus, C. (355): 249; 491–492 Valerius Valens Ulpianus, C. (341): 238 n 365; 242 n 401; 481–482 Valerius Verus, L. (342): 244; 482 Varenus Lucullus, L. (eq. R. – 176): 185 n 112; 376–377 Varius Papirius Papirianus, L. (343): 242 n 401; 483 [---]tius Varus (eq. R. – 177): 209 nn 229–230; 377 Vecilius Campus, M. (eq. R. – 178): 178 n 85; 184 n 109; 185 n 112; 377–378 Vecilius Modestus, L. (eq. R. – 244): 221; 420 Veianius Mamulla, L. (eq. R. – 344): 238 n 369; 483 Velleius, C.: 116–119; 137 n 686; 158 n 830; 199–201 Vergilius Gallus Lusius, M. (eq. R. – 179): 18 n 17; 185 n 112; 186 n 122; 199 n 186; 378–379 Vergilius Laurea, P. (eq. R. – 180): 185 n 112; 201; 379 Vergilius Paullinus, P. (eq. R. – 181): 201; 379 Veserius Iucundianus, M. (eq. R. – 345): 238 n 372; 244 n 417; 484 Vettius, P. (369): 497 Vettius Latro, M. (eq. R. – 346): 238 nn 363 e 369; 244 n 416; 246; 484–485 Veturius Pexsus, Q. (eq. R. – 182): 178 n 85; 380 Vibbius Proc[ulus], L. (347): 486 Vibius Balbinus, M’. (pr.; 183): 178 n 85; 201; 380–381 Vibius Lentulus, L. (eq. R. – 245): 219; 421; 446–447; 457 Vibullius Rufus, L.: 128 n 634; 131–136; 137– 138; 141; 151; 162 n 856; 255
601
Villius Atilianus, L. (eq. R. – 348): 238 n 369; 240 nn 382–383; 486 Vinicius Lucanus, A. (eq. R. – 349): 239; 487 Virgius Marsus, A. (eq. R. – 184): 178 n 85; 184 n 108; 185 n 115; 186 n 122; 187; 342 n 468; 381 Virtius Ceraunus, M. (eq. R. ? – 185): 175 n 67; 178 n 85; 184 n 108; 185 n 112; 186 n 117; 382 Visulanius Crescens, T. (246): 218 n 266; 221 n 276; 418 n 923; 422 Vitruvius Mamurra (eq. R.): 113–116; 159 n 836 Volumnius Eutrapelus, P. (eq. R.): 152–155; 156 n 818 Volusius Maecianus, L. (cos. suff. circa 166 d C ; 350): 488–489 Praefecti fabrum anonimi Inc. 1 (eq. R. – AE 1903, 344 = NSA 1903, p 106, nr 2): 499 Inc. 2 (eq. R. – AE 1935, 133): 499 Inc. 3 (eq. R. – AE 1952, 169 = 1954, 104 = 1996, 1008 = 1999, 1020): 186 n 122; 500 Inc. 4 (eq. R. – AE 1954, 140): 500 Inc. 5 (eq. R. – AE 1955, 50): 242 n 401; 501 Inc. 6 (AE 1964, 273 = ILJug II, 537): 501 Inc. 7 (AE 1969/70, 144 = 2003, 368 = SupplIt 20, 14): 182 n 93; 501–502 Inc. 8 (AE 1980, 201a): 182 n 93; 502 Inc. 9 (AE 1980, 639 = 2000, 948): 195 n 170; 502 Inc. 10 [---]tuneius [---]stia (eq. R. – AE 1988, 502): 182 n 93; 503 Inc. 11 (AE 1993, 595): 503 Inc. 12 (AE 1993, 1106 = 1998, 886): 195 n 167; 503 Inc. 13 (AE 2010, 525): 504 Inc. 14 [---]ntia[nus?] (AE 2010, 664): 196 n 170; 504 Inc. 15 (eq. R.? – AE 2011, 350): 182 n 93; 504 Inc. 16 (CIL I, 1912 = IX, 5195 = AE 2000, 478 = 2011, 332): 182 n 93; 505 Inc. 17 (eq. R. – CIL II, 56): 196 n 170; 505 Inc. 18 (eq. R. – CIL II, 1979 = HEp II, 22 = VII, 17 = IX, 64): 237 n 357; 505 Inc. 19 (CIL V, 5651): 182 n 93; 237 n 357; 506
602
Indici
Inc. 20 [---]lis? [---]anus (eq. R. – CIL V, 7370): 182 n 93; 184 n 109; 506 Inc. 21 C[---] Sab[---], L. (eq. R. – CIL VI, 3508): 506–507 Inc. 22 (eq. R. – CIL VI, 32935): 178 n 85; 186 n 122; 507 Inc. 23 (eq. R. – CIL VI, 32936): 176 n 68; 178 n 85; 507 Inc. 24 [---]ionius (eq. R.? – CIL VIII, 7070 = 19428 = AE 2011, 1775 = ILAlg II 1, 669): 237 n 357; 508 Inc. 25 (eq. R. – CIL XI, 4790): 182 n 93; 508 Inc. 26 (CIL IX, 4890): 508–509 Inc. 27]nus (eq. R. – CIL IX, 5845 = ILS 3775): 182 n 93; 183 n 100; 509 Inc. 28 (CIL X, 56): 182 n 93; 509 Inc. 29 (CIL X, 1274 = AE 2008, 348 = 354): 509–510 Inc. 30 (CIL X, 3830): 182 n 93; 237 n 357; 510 Inc. 31 (CIL X, 5189): 510 Inc. 32 (eq. R.? – CIL X, 5404)): 242 n 401; 510–511 Inc. 33 [---]ius Sex[---] (eq. R. – CIL X, 7351): 178 n 85; 195 n 169; 511 Inc. 34 (eq. R. – CIL XI, 712): 184 n 109; 186 n 122; 511–512 Inc. 35 (CIL XI, 1188): 184 n 111; 512 Inc. 36 (eq. R. – CIL XI, 1601): 512 Inc. 37 (eq. R. – CIL XI, 3113): 513 Inc. 38 (CIL XI, 3546): 513 Inc. 39 (eq. R.? – CIL XI, 4377): 178 n 85; 513 Inc. 40 (CIL XI, 6967): 182 n 93; 514 Inc. 41 (eq. R. – CIL XII, 1027): 514 Inc. 42 (CIL XII, 1373): 195 n 167; 514 Inc. 43 (CIL XII, 2458 = ILN V 3, 696): 515 Inc. 44 (eq. R. – CIL XII, 3187 a-b e add p 836): 515 Inc. 45 (CIL XII, 4373): 237 n 357; 515 Inc. 46 [---]ttius [---]ns? (CIL XIV, 2961): 516 Inc. 47 (CIL XIV, 3021): 516 Inc. 48 (eq. R.? – CIL XIV, 4677): 516–517 Inc. 49 (Corinth VIII 3, 234): 517 Inc. 50 (EAOR III, 61): 182 n 93; 248 n 436; 517 Inc. 51 (ERAEmerita 486 = HEp XII, 14): 517–518
Inc. 52 eq. R.? – (HEp V, 416 = XVIII, 168): 184 n 109; 196 n 170; 518 Inc. 53 (IAquil II, 2863): 518 Inc. 54 (eq. R.? – IGLAlexa 182): 518 Inc. 55 [---]redii M[(eq. R. – IK 13, 782): 519 Inc. 56 (eq. R. – IK 67, 162): 519 Inc. 57 [---]us [---]nus (NSA 1926, p 326): 182 n 93; 519 Inc. 58 (eq. R. – SEG XLVIII, 2036): 519–520 Inc. 59 (TPSSR 37): 237 n 357; 248 n 436; 520
Indice dei luoghi Città, villaggi, comunità Abdera (Adra): 505 Abella (Avella): 222 n 286 Abellinum (Avellino): 270–271 Acilia (-): 388 Aeclanum (Mirabella Eclano): 67; 117; 238; 309; 436 Aelios Coelanorum: 451 Aequi: 315 n 306 Aequiculi: 315 n 306; 416 n 914 Aequum Tuticum (vicus): 449–450 Aesernia (Isernia): 67; 241 n 397; 336; 443 Aesis ( Jesi): 467 Aeso (Isona): 226; 265; 384–385; 386 n 739 Akmoneia (Ahat Köyü): 446–447 Alba Fucens: 370 Alba Helviorum (Alba-la-Romaine): 293; 375 Alba Longa: 444 Alba Pompeia (Alba): 238; 248; 401; 456; 489–490 Albanum (Albano Laziale): 250; 428 Albinus, vicus: 361 Alexandreia Troas (Kemalli): 182 n 94; 187; 196; 198; 202 n 201; 240 n 384; 244; 311; 326; 328; 381; 472; vicus X: 240 n 384; 472 Alexandria (al-Iskandariyya): 147; 149; 159; 162; 222; 244; 283; 296–297; 326; 390; 397; 440; 518–519 Allifae (Sant’Angelo di Allife): 194; 318 Allobroges: 86 n 342, 121, 384 n 727, 410 n 876, 412 n 887 Amastris (Amasra): 320
2 Indice dei nomi
Ambarri: 436 Ameria (Amelia): 210; 289; 513 Amiternum: 272 n 44; 274 n 53; 315; 344–345; 352 Amphipolis (Anfipoli): 452 n 1122 Anagnia (Anagni): 405 Anninus, vicus: 187; 381; 342 n 468 Antiochia Pisidiae (Yalvaç): 182 n 94; 196; 233; 282; 290; 292; 399–400; 496–497; 519 Antium (Anzio): 343; 407; 373 Apamea: 146 n 750; 267 Apisa Maius, civitas: 198; 363 Appia: 123 n 605 Apulum (Alba Iulia): 407 Aquae Sextiae (Aix en Provence): 309; 310 n 272; Aquae Iulis: 314 Aquae Statiellae (Acqui Terme): 445–446 Aquae Tauri: 513 Aquileia (-): 248; 269 n 28; 346; 407; 489; 518 Aquincum (Budapest): 491 Aquinum (Aquino): 183; 197; 201; 258; 284; 307–308; 312; 510–511 Arelate (Arles): 280; 314 n 298; 353; 500; 503 Arevaci: 333 Argentoratae (Strasburgo): 409 n 868 Arilica (Peschiera del Garda): 361 n 592 Ariminum (Rimini): 275 n 62 Arpinum (Arpino): 77; 103; 312; 319 Arretium (Arezzo): 70; 184 n 111, 348; 359; 380 n 704 Asculum (Ascoli): 133; 359; 505 Asisium (Assisi): 355 Assuras: 496 Astura (-): 102 Ateste (Este): 269 n 28; 272 Athenae (Athina): 42; 72 n 256; 83 n 322; 90 n 364; 141 n 719; 229; 398–399 Atiae, tribus: 299 Atina (Atena Lucana): 77; 353–354; 364–365; 493 Attaleia (Antalya): 241 n 397; 243; 245–246; 261; 451; 459; 468–469; 473 n 1232 Attidium (Attiggio): 432–433 Aufidena: 352 n 531 Augusta Taurinorum (Torino): 317; 406 Auximum (Osimo): 132; 183; 242; 467; 509 Aveia (Fossa): 277
603
Avennio (Avignon): 514 Avitta Bibba (Bou-Ftis): 246–247; 430–431; oppidum Avittense: 431 n 999 Barcino (Barcelona): 394; 457–458; 461 Batavi: 214 n 251 Bedriacum (Calvatone): 227 Benacum (Beinasco): 361 n 592 Beneventum (Benevento): 315–316; 327–329; 411; 449–450; 466; 486–487 Bergomum (Bergamo): 242; 441–442; 460 Berytus (Beirut): 266; 458; 460 Blera (-): 513 Boedinus, pagus: 342 Bononia (Bologna): 418; 422; 511–512 Bosporani: 320 Bovillae: 115; 242; 444; 445 n 1086 Brixia (Brescia): 194; 198; 210; 239; 299–300; 336; 346–347; 363 n 599; 450; 473; 476– 477 Brundisium (Brindisi): 101–102; 122–123; 270; 132–133; 138 n 695 Bulla Regia: 468 n 1205 Caere: 268; 334; 513 Caesaraugusta (Zaragoza): 440; 457; 469 Caesarea (Cherchell): 238; 240; 437 Caesarea ad mare (Caesarea): 293 n 179 Cales: 117; 125–128 Camulodunum: 464 Camunni: 363; 390 Capena: 324 Capera (Caparra): 226; 404 Capua (Santa Maria Capua Vetere): 61 n 180; 63 n 194; 67 n 215; 112 n 530; 127; 136; 188; 222; 290–291; 299; 300 n 220; 338; 395; 484; 510 Caralis (Cagliari): 431–432; 438; 490 Carnuntum: 370 n 642; 461 n 1165 Carsioli (Carseoli): 370 Carsulae (Carsoli): 189; 312–313 Carthago: 104; 192–193; 321–322; 332; 468; 485 Casilinum: 299; 484 Casinum (Cassino): 92; 208; 339–340; 510 Castrimoenium: 183; 193; 242; 304–305; 444 Castrum Novum (Santa Marinella): 513 Castulo (Kastilo): 518 Catina (Catania): 287 n 133; 429 Caudium: 61 n 180
604 Caunos: 97; 396–397 Cemenelum (Cimiez): 374 Centumcellae (Centocelle): 513 Cingulum (Cingoli): 128; 132 Cirta (Costantine): 61; 115; 218; 392–393; 508 Classe (-): 92 Cliternia (Campomarino): 416–417 Clusium (Chiusi): 70 n 238; 268–269 Collatia: 52 n 121; 345 Comum (Como): 210; 223; 286; 289; 414 Cora: 368 Corduba (Córdoba): 403; 411 Corfinium (Corfinio): 134; 352 n 531 Corinthus (Korinthos): 182; 184; 196; 211; 275; 298–299; 317–318; 344; 517 Cos (Kos): 208; 365–367 Cosa (Ansedonia): 370 n 644 Cremona (-): 136–137; 217; 221; 477 n 1256 Cures Sabini (Fara Sabina): 373 Cyrene: 161; 311 n 277 Cyrrhus: 282; 335 n 420; 374 n 668 Dertona (Tortona): 452; 466; 506 Dianium: 420 Doclea (Duklja): 228; 405; 448 Drama: 433 Dydima (Didim): 308 n 264 Dyrrachium (Durrës): 91 n 377; 101; 156; 159 n 831 Eburinorum, municipium: 487;517 Ebusus: 476 Eleusis: 398 Emerita, Augusta (Mérida): 305–306; 337; 351; 404; 504; 517; pagus X, Augustus: 306 Emona (Ljubljana): 326; 492 Ephesus (Efes): 122; 192; 196–197; 302; 390 n 769; 421–422; 446–447; 450–451; 519 Epidaurum (Epidaurus): 228; 354; 405 Eumeneia: 457 Fabrateria Nova (San Giovanni in Carico): 307; 371 Faesulae (Fiesole): 450 n 1113 Falerii Novi (Civita Castellana): 268; 272; 415; 494–495; 513 Falerio Picenus (Falerone): 239; 271–272; 445; 483; 499
Indici
Fanum Fortunae (Fano): 28 n 67; 116 n 557; 442 Faventia (Faenza): 90; 92–93; 95 Ferentinum: 239; 471; 493–494 Ferentium: 362 n 598 Fidenae (Fidene): 358–359 Florentia (Firenze): 417; 512 Formiae (Formia): 114–115; 276; 400; 486; 519 Forum Clodii (San Liberato – Bracciano): 239; 241; 294; 424–425; 470 Forum Cornelii (Imola): 274 Forum Iulii (Frejus): 159; 187; 281; 354 Forum Livii (Forlì): 353 Forum Sempronii (Fossombrone): 442; 443 n 1073; 461 Fregellae: 64 n 197 Frusino (Frosinone): 471 Fulginiae (Foligno): 376–377; 503 Fundi (Fondi): 269; 279–280; 307; 502 Furnos Maius: 468 n 1205 Gades (Cadice): 104–107; 109; 113; 148 Gaetulicae, nationes: 289 Genava (Genève): 225; 267; 408; 409 n 869; 411; 456 Genua (Genova): 463 Grumentum (Grumento Nova): 414 Gurzensis, civitas (Ghirza): 252 n 462; 280 Hamae: 63 n 194 Hasta (Asti): 201; 379; 453 n 1127 Heliopolis (Baalbek): 219; 390; 498 Herakleia ad Salbacum: 28 n 68; 241; 423 Hernicorum, capitulum: 377 Hierapolis Castabala: 412 Hippo Regius (Bouna): 246; 475; 500 Hispellum (Spello): 221; 282–283; 420; 503 Homonadenses: 293 Iconium (Konya): 122; 126 Igabrum (Cabra): 226; 402 Igaeditanorum, civitas: 334–335 Ituraeorum, castellum: 267 Iuvanum (Montenerodomo): 430 Kybira: 446–447 Lambaesis: 354 n 547 Lanuvium (Lanuvio): 129 n 645 Laodicea (Latakia): 122 Larinum (Larino): 69; 416 Laumellum (Lomello): 316
2 Indice dei nomi
Laurentum: 76 n 276; 374 Lavinium: 210; 373–374 Lepontii: 390 Leptis Minus (Lamtah): 246; 252; 426 Libarna: 240; 429 Liria Edetanorum (Llíria): 227; 419 Luca (Lucca): 110; 140 Luceria (Lucera): 377–378 Lugdunum (Lyon): 243; 321; 324–325; 471 n 1222; 479; 490 n 1330; 502; ad Confluentem: 325 Luna (Luni): 370–372; 459; 514 Mactaris: 501 Madauros (Mdaourouch): 397 Mantua (Mantova): 160 n 844; 210; 288 Mariana (-): 397 Marruvium (San Benedetto dei Marsi): 187; 202 n 203; 340–341; 342 n 468; 352 n 531; 370 n 641; 381 Marsi: 370 n 641 Mauri: 454 Mediolanum (Milano): 442, 499, 506 Mediolanum Santonum (Saintes): 324–325 Messana (Messina): 283 Mevania (Bevagna): 389 Miletus: 297–298 Misenum (Bacoli): 221; 449 Mogontiacum (Mainz): 327 n 371; 346; 348; 372; 497–499 Montana: 457 Musarna: 314–315; 362 Mustis: 321 Mutina (Modena): 76 n 275; 78 n 289; 156 n 820; 353 n 541 Myra: 435 Mytilene (Mitilini): 67 n 219; 105 n 473; 141– 142, 718; 144–145; 145 n 741; 149 n 772; 150–151; 200; 255–256; 366 Narbo (Narbonne): 279–280; 284; 293 n 180; 314; 357; 515 Narnia (Narni): 407 n 861 Narona (Vid): 228; 405 Neapolis (Napoli): 240; 407 n 861; 434–435; 443 n 1077 Nemausus (Nîmes): 274; 291–292; 293 n 180; 323; 383; 384 n 728; 392 n 781; 395–396; 515 Nepet (Nepi): 380, 706, 708
605
Nicaea (Iznik): 320 Nola (-): 61 n 180; 70 n 235; 222; 271; 306– 307; 319; 376; 394 Nomentum (Mentana): 412; 464–465, 1182 Norba: 66; 67 n 213 Novaesium (Neuss): 384; 402 n 836 Noviodunum, Colonia Equestris (Nyon): 218; 225; 408–410 Nubia: 206 n 214 Nuceria (Nocera): 271 n 36; 382 Numana (-): 467 Numidi: 470 (Numidarum gentes) Nursia (Norcia): 407 n 861 Obulco (Porcuna): 337; 481 Ocriculum: 492 Opitergium (Oderzo): 473 Osilipo (Lisboa): 302 Ostia (-): 80; 88–89; 93 n 384; 182 n 97; 243; 246; 306 n 251; 368; 427–428; 465; 466; 485; 488–489; 516–517 Otesinorum, res publica: 442 Paestum (-): 239; 487; 517 Palma (-): 240; 439 Paraetonion: 161 Patavium (Padova): 224; 269; 344; 349; 350 n 514; 387–388; 403; 407; 419; 465 Pax Iulia (Beja): 282; 302 n 231; 505 Peligni: 361 Peltuinum: 274 n 53 Pergamum (Bergoma): 48; 190; 192; 268; 288 Perge: 295 Perusia (Perugia): 153; 156 n 815; 278 Petrucorii – Vesunna (Periguex): 350–351 Pharos Salonitanus: 273 Pharsalus (Farsala): 91 n 377; 121 n 586; 149; 157; 215 Philae: 162; 403 n 840 Philippi (Kavala): 156; 158; 182 n 94; 196; 241; 285; 433; 452–453; 479; 481 Phokaia (Foça): 448 Pinna Vestinorum (Penne): 67 Pisae (Pisa): 73; 333 n 411; 355; 417 n 917 Pisaurum (Pesaro): 275; 349 Pitinum Mergens: 475 Placentia (Piacenza): 183; 279; 287; 348–349; 497; 512
606
Indici
Poetovio (Ptuj): 244; 248–249; 434; 482; 491–492 Pola (Pula): 221 n 280; 223; 360; 413; 478; 504 Pompeii (Pompei): 66 n 208; 67 n 213; 210; 319; 330–331; 364; 373–374 Populonia (-): 70 n 238 Portus: 246; 485 Praeneste (Palestrina): 70 n 235; 84; 295; 332–333 e nn 402–403; 516 Prusa: 145 n 742; 233; 235 n 350 Puteoli (Pozzuoli): 61 n 180; 184; 194; 221– 222; 238; 294 e n 183; 338 e n 439; 391–392 e n 777, 779; 425; 433 e n 1077 Ravenna (-): 92 Reate (Rieti): 90 e n 364; 416 n 913 Regium Lepidi (Reggio Emilia): 351–352 n 527 Remi: 244 (civitates foederatae Remorum) Remorum, civitas: 456 Risinium, Iulium (Risan): 228; 405 Roma: 268; 322; 350; 407; 409; 428; 444; 458; 471; 474; 488; 506 Ruscino (Perpignan): 202; 375 Rusgunienses: 192 n 150 Rusicade (Skikda): 218; 392–393 Saepinum (Sepino): 200; 310–311; 338–339 Sagalassos: 17; 229; 399 Saguntum (Sagunt): 386; 391 Sala (Chellah): 454–455 Salacia (Alcácer do Sal): 244; 302 Salamina (di Cipro): 123 Saldae (Bejaia): 240–241; 440–441 Salmantica (Salamanca): 404 Salona (Solin): 273; 304; 340; 395–396; 427 Satala (Sadak): 461 n 1165 Scallabis (Santarém): 302; 337; 351 Scodra (Scutari): 228; 405 Scupi (Skopje): 501 Segobriga (Saelices): 202 n 202 Siagitani: 198; 363 Side: 122 Sidon (Saïda): 476 Simitthus (Chemtou): 240; 246; 467–468 Singilia Barba: 424 Sinuessa: 128 n 639; 222; 286 Sirmium (Sremska Mitrovica): 447 Smyrna (Izmir): 192 n 150; 498 Sora (-): 294
Spoletium (Spoleto): 477; 508 Stabiae (Castellamare di Stabia): 66; 67 n 213; 382 Suasa (Castellone di Suasa): 184; 341 Sulmo (Sulmona): 209; 345; 352 n 531 Superaequum (Castelvecchio Subequo): 184; 201; 342; 352 Surrentum (Sorrento): 300–301; 303; 304 n 236 Surrina Nova (Sorrina?): 315 Tarquinii (Tarquinia): 281; 368–369; 415–416; 513 Tarracina (Terracina): 278; 326–327 Tarraco (Tarragona): 226–227; 265–266; 384 n 730; 385 n 735; 387; 393–394; 400– 401; 419; 439–440; 458; 469 Tarsus (-): 122; 458 Teanum (Teano): 312 Tegianum (Teggiano): 364 n 606 Telesia (Vitolano): 220; 383 Tellenae (Tellene): 287–288 Tergeste (Trieste): 221 n 280; 242 n 401; 368; 483 Themetrensis, civitas: 198; 363 Thermae Himerae (Termini Imerese): 295; 511 Thessalonica (Thessaloniki): 102 n 449; 452–453; 479 Thibilis: 115 Thimiligenses: 198; 363 Thuburbo Maius: 246;484–485 Thuburbo Minus: 430–431 Thugga (Dougga): 246; 322; 423 n 953; 432; civitas Thuggensium: 240 n 384; pagus Thuggensis: 322; pagus et civitas Thuggensium: 432 Tibur (Tivoli): 84; 192; 240; 331–332; 340 n 454; 438; 449; 454; 474; 495 Ticinum (Pavia): 417 Tolentinum (Tolentino): 201; 355 Tolosa (Toulouse): 221; 319 Tralles: 122 Trea (Treia): 201; 242; 244; 380; 432; 467 Trebula Mutuesca (Monteleone Sabino): 356; 496; 508–509 Tricassium, civitas: 321; 323 Trikorynthos: 398 Trumplini: 194; 363
2 Indice dei nomi
Tuscana (Tuscania): 362 n 598 Tusculum (Tuscolo): 77; 374–375 Tyrus (-): 457 Urbs Salvia (Urbisaglia): 503 Urci: 480 Uria (Oria): 241; 261; 439 Urso (Osuna): 17; 313; lex Ursonensis: 19; 196; 198 n 180; 256 Urvinum Mataurense (Urbino): 239; 370 n 641; 446 Uthinam: 496 Utica (-): 51; 468 n 1205 Vaga: 51–52; 54–55; 57 Vanacini: 396–397 Vardacate: 453 Vasio (Vaison-la-Romaine): 348; 356; 514 Veii (Veio): 267; Veleia (loc Veleia Romana – Lugagnano Val d’Arda): 183 n 100; 279; 357–358; 512 Velitrae (Velletri): 116 n 556; 209; 343; 407 Venafrum (Venafro): 187; 280–281¸345–346; 378 Vennonetes: 363 Venostes: 363 Venusia (Venosa): 62; 310; 501–502 Vercelli (-): 463 Verona (-): 518 Verulae (Veroli): 493 Vetera Castra (Xanten): 266 n 6; 350; 377 Vettona (Bettona): 504 Vibinum (Bovino): 270 Vibo (Vibo Valentia): 101; 103; 509 Vicetia (Vicenza): 269 n 28 Vienna (Vienne): 201; 225; 229; 241; 243; 267; 277; 291–292; 301; 335; 347–348; 360; 399; 408–413; 419; 455–456; 470; 516; Colonia Iulia Viennensis: 267 Viminacium (Kostolac): 462 n 1171 Vindonissa (Windisch): 292 Visaeum: 302 n 231 Vocontii: 301; 356 Volaterrae (Volterra): 70; 71; 76 n 275 Volcei (Buccino): 463 Province, territori, isole Achaia: 25, 121, 275, 298, 317–318, 344, 365, 378, 472–473, 517
607
Aegyptum: 85; 118; 133 n 664; 138 n 695; 148–149; 159–163; 162 n 858; 172; 206; 210; 219; 222; 241; 258; 275; 283; 296–298; 311; 327; 346 n 495; 347; 377; 378; 381; 390; 392; 396–397; 403; 433; 440–441; 444; 465–466; 488; 518–520; Aemilia (Regio VIII): 90 n 362; 274–275; 279; 287; 348; 351; 353; 357; 418; 422; 497; 511–512 Africa: 49–50; 111; 115; 132 n 661; 196 n 170; 229; 237–238; 244; 245 n 428; 252 n 462; 261; 423 n 953; 508; – Proconsularis: 56–57; 112; 152; 191–194; 198; 216; 238; 240–241; 245–247; 276; 280; 289; 295; 321–322; 328–329; 331–332; 339; 363; 386; 392–393; 397–398; 423; 426–427; 430; 432; 441; 452–453; 467–468; 471; 475; 480; 484–485; 495–496; 500–501; 515 Alpes Cottiae: 246; 390; 485 Alpes Poeninae: 201; 342 Apulia et Calabria (Regio II): 270; 309–310; 315; 327; 329; 377; 411; 416; 436; 439; 449; 466; 486–487; 501; 517; Aquitania: s v Gallia Arabia: 138 n 695; 438 Armenia: 147 n 757; 432; 440 Arsinoites: 433 Asia: 18 n 14; 62 n 187; 97; 114; 123 n 606; 143 n 729; 151; 191–194; 196–198; 201–202; 205; 215 n 258; 229; 235 nn 350–351; 328; 243–246; 249; 258; 261; 265–266; 296–297; 301–303; 308; 311; 326; 328; 381; 387; 421; 423–424; 440; 446–448; 450–451; 453; 457; 472; 476; 490; 494; 519 Asturia: s v Hispania Baetica: s v Hispania Baleares insulae: 210; 220 n 275; 226; 372; 401 Britannia: 114; 205; 207–209; 212; 216; 244; 250; 259; 293; 296–298; 317; 340; 343; 366–367; 406; 410 n 876; 420; 441; 444; 450; 458; 464; 466; 480 n 1274; 488; Bythinia: 102 n 454; 249; 289 n 145; 472; 489 Callaecia: s v Hispania Cappadocia: 233; 419 n 925; 425; 437; 448; 455; 458; 461 n 1165; 480 Chersonesos: 243; 451; 462 Cilicia: 74 n 265; 103 n 461; 119–125; 127; 412
608
Indici
Cluniensis, conventus: 333 Coele Syria: 457 Corcyra: 122–123 Corsica: 396–397 Creta: 142; 143 n 731 Cyprus: 291 n 163; 511 Cyrenaica: 160–161; 163 Dacia: 385 n 735; 386; 407; 462; 475; 485; 508 n 1385 Dalmatia: 18 n 17; 221; 227–228; 260; 273; 304; 340 n 448; 354; 395–396; 405; 421; 427; 448 Delos: 61; 126; 184; 296; 318 Epirus: 472 Etruria (Regio VII): 62; 70–72; 77; 267–269; 278; 281; 292 n 170; 314–315; 324; 334; 340; 348; 355; 359; 362; 368–371; 380; 415; 417; 424; 450; 459; 470; 494; 512–514 Euboea: 114 Galatia: 17–18; 229; 233; 243; 249; 282; 290; 292–293; 311; 398–400; 448; 490; 496 Gallia: 95; 109–111; 112 n 530; 113–114; 126; 139; 152; 214; 232; 249; 261; 266 n 8; 280; 325; 409 n 868; 471; 468 n 1204; 490; Aquitania: 195–196; 214; 243; 266; 324–325; 350; 476; 479; – Belgica: 390; 414; – Cisalpina: 16; 47 n 91; 95; 98 n 423; 133– 134; 136–137; 160; 336; 364 n 602; 441; – Comata: 114; – Lugdunensis: 195 n 170; 214; 238 n 363; 243; 321; 323; 325; 392 n 781; 436–437; 479–480; 502; – Narbonensis: 25; 159; 167; 182; 187; 195–196; 201–203; 224– 225; 228; 232 n 335; 237; 238 n 363; 267; 274; 277; 280–281; 284; 291–293; 301; 306; 309; 314; 319; 323; 335; 347; 353; 356–357; 360; 374–375; 381; 383–384; 390 n 764; 392 n 781; 395; 403; 408–410; 412; 419; 448 n 1100; 455; 470; 500; 503; 514–516; – Transalpina: 97 n 416; 98; 121 Germania: 60; 205; 266; 289; 311; 322; 325; 348; 352 n 530; 358; 367; 377; 437; 464; 497; 515; 519; – inferior: 229; 266; 378; 384; 387; 398; 402 n 836; 410 n 876; 412; 420; 422; 444; 458; – superior: 292; 338 n 439; 348; 389; 409 n 868; 421; 424 n 948; 432; 441; 464 n 1180; 497–498 Hirpinia: 67
Hispania: 25 n 56; 78; 91; 104; 105 n 472; 106–107; 107 n 496; 111; 114; 135; 138 n 695; 143 nn 730–731; 148 n 765; 154 n 807; 194; 201; 212; 215 n 257; 225; 227; 232 n 235; 247; 260–261; 276–277; 322; 342 n 467; 352 n 529; 370 n 642; 372; 385 n 736; 389; 397; 401; 410 n 876; 421; 424; 435; 444; 449; 244; Asturum, conventus: 241; 456; Baetica: 17; 104 n 468; 225 n 304; 226; 238 n 326; 313; 337; 375 n 670; 402–403; 411; 424; 440; 481; 505; Callaecia: 107; 244; 456; Hispania citerior: 106; 219; 225–228; 238 n 362; 244; 266; 333; 341; 384–387; 387 (conventus Tarraconensis); 390–391; 393; 400; 439–440; 457; 461–462; 480; 518; 520; – Tarraconensis: 214; 220 n 275; 227; 232 n 335; 372; 387; 391; 401; 419; – Ulterior: 17; 107; Lusitania: 107; 196 n 170; 225 n 304; 226–227; 282; 301–302; 305; 334; 337; 351; 391; 404; 424; 429 n 984; 504–505; 517–518 Illyria: 191 n 144; 250–251; 363 Iudaea: 216 n 261; 217 n 264; 222; 227; 243; 300; 387; 390; 400; 424 n 960; 441; 457; 476; Palaestina: 242; 441 Latium et Campania (Regio I): 59; 60; 64; 269–271; 276; 278–279; 281; 284; 286–287; 290; 294; 300; 303–304; 306–308; 312; 319; 326; 330–332; 338–339; 343; 345; 354; 358; 364; 372; 374; 376–378; 382; 388; 391; 394; 405; 407; 425; 427–428; 434; 443; 454; 464–465; 471; 474; 484; 486; 493; 502; 509–510; 513; 516; 519; Campania: 66; 68; 77; 112; 117; 125 n 616; 127; 134; 137; 210; 222; 289; 307; Latium: 59; 77; 112 n 530; 115; 328 n 373; 407; 464 n 1182 Lesbos: 142 Leucas: 126 Liguria (Regio IX): 52 n 119; 286; 379; 401; 429; 445–446; 452–453; 456; 463; 489; 506 Lucania et Bruttii (Regio III): 65 n 200; 364; 414; 463; 509 Lusitania: s v Hispania Lycia: 238; 243; 245; 249; 261; 435; 451; 459; 468; 490 Macedonia: 25; 102 n 449; 156; 158; 285; 421; 433; 452–453; 479; 481; 501
2 Indice dei nomi
Mauretania: 63 n 190; 192 n 152; 238; 240; 391; 443; 444 n 1079; 449; 455 n 1136; – Caesariensis: 246; 437; 440; 485; M Tingitana: 454 Moesia: 18 n 17; 194 n 164; 283 n 113; 299 n 214; 300–301; 324; 333; 339; 341; 344; 409 n 868; 420; 437; – inferior: 415; 422; 435; 444; 450; 457; 490 n 1329; – superior: 221; 419 n 927; 430; 455; 490 n 1329; 501; 508 Noricum: 355; 430; 520 Numidia: 48–49; 51; 53; 57 n 160; 79; 149 n 772; 289; 392; 424 n 960; 482 n 1289; 508 Palaestina: s v Iudaea Pamphilia: 238; 243; 245; 261; 295; 435; 451; 459; 468 Pannonia: 205; 248; 311 n 280; 326; 366; 370 n 642; 373; 389; 421; 475; 478 n 1261; 485; 519; – inferior: 248; 430; 456; 485; 491; – superior: 396; 423 n 953; 434; 447; 451; 461 n 1165; 482; 520 Paphlagonia: 243; 249; 490 Parthia: 386 Phoenicia: 457 Phrygia: 249; 490 Picenum (Regio V): 66; 68; 77 n 281; 127–128; 131–133; 136; 364 n 602; 271; 355; 359; 380; 445; 467; 483; 499; 505; 509 Pisidia: 399–400 Pontus: 67; 97; 102 n 454; 141; 249; 320; 472; 490; – Mediterraneus: 249; 490 Raetia: 201; 324; 419 n 925; 430; 475; 480 Rhodos: 58 n 165; 61; 146 n 750; 296 Sabina: 90–91; 95 Samnium (Regio IV): 67–68; 277; 310; 315; 318; 336; 338; 340; 342; 344–345; 352; 356; 370; 373; 381; 383; 388; 416; 443; 496; 508 Samos: 366 n 613 Sardinia: 237 n 361; 248–249; 397; 431–432; 490–491 Sicilia: 48; 101–102; 167 n 11; 195; 237 n 361; 246; 283; 287 n 133; 295; 375 n 670; 429; 485; 511 Syria: 100 n 437; 121 n 586; 201; 205 n 212; 219; 221–222; 238; 252 n 462; 266; 282; 292; 335 n 419; 342; 374 n 668; 375; 381;
609
389–390; 400; 415 n 904; 419 n 925; 420; 423–424; 435–438; 441; 449; 457–458; 460–461; 465–466; 469; 476; 489; 498 Thracia: 119; 243; 462; 476 Transpadana (Regio XI): 85; 495 n 1346; 289; 316–317; 414; 417; 441; 460; 499; 506 Umbria (Regio VI): 62; 71; 98; 282; 312; 313; 341; 349; 355; 376; 389; 420; 432; 442; 446; 461; 475; 477; 492; 503–504; 508; 513 Venetia et Histria (Regio X): 221; 223; 260; 269; 272; 288; 299; 328; 336; 344; 346; 349; 360–361; 363; 368; 387; 403; 407; 413; 428 n 979; 450; 465; 473; 476; 478; 483; 489; 492; 504; 518 Vesuvius, mons: 92 Vindelicia: 201; 342 Toponimi moderni Acqualagna: 475 Agnano (Pozzuoli): 443 Albignasego (Padova): 407 Alcácer do Sal: 302 Algeria: 49 n 100; 397 Araphisar: 423 Atripalda: 270 Attiggio – Fabriano: 432 Bellerive – Genève: 223 Bodrum Kalesi: 229 Bracciano: 424; 470 Brison-Saint-Innocent: 515 Burneri: 462 Cabra – Córdoba: 402 Capradosso – Rieti: 416 Casale Monferrato: 453 Casapulla – Caserta: 510 Castellammare di Stabia: 382 Celleno: 362 Cerro del Castillon: 424 Civitavecchia: 513 Collelongo: 370 n 641 Corneto – Tarquinia: 415 Cortona: 72 Covet – Isona: 384 Crimea: 292; 320 Cuba: 35 Djidjelli: 484 Dougga: 321
610 El Fahs: 484 Fiumicino: 427 Flumeri – Mirabella Eclano: 436 Fontaine: 412 Fordongianus: 490 Frangy: 347 Frascati: 374 Gaeta: 115 n 551 Gagliano – Castelvecchio Subequo: 352 Gambolò: 316 Gelemiş: 435 Grenoble: 280 n 93 Grésy-sur-Isère: 412–413 Guidonia Montecelio: 495 Hughrissi: 495 Işikli: 457 Izmir: 296 Kemalli: 328; 472 Lavello: 310 loc Erbalunga – Bastia: 396 Lunghezza: 344 Luxor: 396 Marigny-Saint-Marcel: 360 Marino: 304; 444 Mauguio – Montepellier: 293 n 180 Mérida: 302; 337 Mesagne: 439 n 1049 Meximieux: 436 Mirabeau: 409 Montans: 126 Montenerodomo – Chieti: 430
Indici
Niŝ: 420 Oliva de Plasencia – Caparra: 404 Oltina: 422 Palestrina: 377, 516 Passo Corese: 373 Perolet – Isona: 385 Perpignan: 375 Podunajske Biskupice – Bratislava: 520 Ravna: 420 Reus: 401 n 829 Riudoms: 401 n 829 Rognes: 309 Sahara: 49 n 100 Saint Vincent de Gaujac: 274 Saint-Pierre de Curtille: 360–361 San Benedetto dei Marsi: 340 San Pietro in Casale – Bologna: 418 San Vittorino: 344 Sankaïa: 320 Santa Maria Rezzonico: 414 Savoia: 360; 412 Seyssel: 335 Trasacco: 370 n 641 Troyes: 321 Uxama: 194; 209; 333–334 Valdichiana: 72 n 251 Valencia: 420 Vicovaro: 331 Volturara: 378 Zanano – Sarezzo: 363
3 Indice delle posizioni locali, equestri e delle cose notevoli
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3. Indice delle posizioni locali, equestri e delle cose notevoli I seguenti indici contengono l’indicazione delle posizioni locali e provinciali (magistrature e sacerdozi), degli incarichi riservati agli equites e una selezione di notabilia, contenuti nel volume Come negli altri indici, è escluso il catalogo prosopografico, alle cui schede comunque si rinvia nel testo Quando si parla di posizioni riservate agli equites, si tratta chiaramente di un’approssimazione con un certo grado di arbitrarietà: nel tempo, il rango per accedere a determinate posizioni ha subito rilevanti cambiamenti Sotto le voci ‘Altre posizioni’ e ‘Notabilia’, il lettore troverà posizioni, funzioni e altre cose notevoli (fra cui caratteristiche menzioni della praefectura fabrum) Anche in questo caso, si tratta di una scelta arbitraria, che però confido possa essere di qualche utilità al lettore Posizioni e sacerdozi locali e provinciali aedilis: 222; 249 ἀγωνοθέτης: 229; 245 ἀρχιερέυς τῶν Σεβαστῶν καὶ γραμματέυς Λυκίων τοῦ κοινοῦ: 245 augur: 122; 222; 225; 249 curator operum publicorum: 222 (- dato a divo Aug(usto) Vespasian(o); 243 (- perpetuus) decurio: 89 n 356; 125; 184; 186; 198; 221; 223; 240; 249; 259–260 duovir: 181; 185; 187; 208; 210; 222; 225–226; 240; d. iure dicundo: 223; 225; 228; 249; d quinquennalis: 210; 228 flamen: 225; 226; 246 (- divi Aug(usti) perpetuus); 223 (- divi Titi Aug(usti) Vespasiani); – Hispaniae citerioris: 227; 244 patronus: 60; 68 n 221; 76; 78; 105 n 481; 112 n 530; 123; 132; 144; 184–185; 192 n 150; 193–194; 201; 223; 225; 236; 239; 240 n 384; 241 n 397; 243; 246; 253; 257 pontifex: 223; 225; 228 praefectus pro duoviris: 249 praefectus quinquennalis: 201 πρύτανις: 141 quattuorvir: 70; 201 (- in absentia et extra ordinem); – quinquennalis: 125; 128; 185 n 112; 187 quaestor: 222; 249 sacerdos: 106 n 491; 212; 228–229; 244–245; 228 (- divi Titi); 245 (ἱερέυς διὰ βίου Διὸς Τροπαιούχου)
sacerdozi provinciali: Africa: 240; 244; 246; Asia Minore: 244 triumvir loc(orum) p(ublicorum) p(ersequan dorum): 225 Statuto equestre e posizioni riservate agli equites equites: 19; 23–24; 31 n 3; 43; 46 n 88; 48; 49 n 99; 50; 61 n 178; 63 n 192; 79; 88; 98–99; 107; 110–111; 114; 116; 118; 128; 130; 135–137; 138; 152–153; 157–160; 162; 168; 171–172; 174–175; 177; 179; 182; 187–190; 193; 195–196; 200–204; 205 n 211; 206; 208–212; 213 n 245; 217–220; 221–227; 229; 231; 234; 235 n 351; 238–239; 241 n 397; 242–246; 248–250; 255–256; 258–261 iudex: – ex quinque decuriis: 117–118; 201; 218; 221–222; 245–246; 248; – in Asia: 197; 198 n 179; 258 iuridicus: – Aegypti: 210 n 238; – Alexandrae: 244 militiae equestri: 209–211; 221; 229; 242; 244–245; 260 praefectus Aegypti: 118; 159; 162–163; 219; 258 praefectus alae: 187; 198; 203 n 206; 206; 210; 227? praefectus annonae: 219 praefectus classis Syr(iaca): 244 praefectus cohortis: 18; 187; 203 n 206; 206; 210; 221; 226; 229
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Indici
praefectus frumenti mancipalis provinc(iae) (Macedoniae?): 241 praefectus orae maritimae: 226 praefectus praetorio: 213; 219 praefectus Urbi: 170; 208 n 227; 216 praefectus vehiculorum: 210 n 238 procurator: 18 n 15; 177; 201; 219; 222 (- ludi famil(iae) glad(iatoriae) Caesaris Alexandrae ad Aegyptum); 239; 243 (- monetae); 244 (- alimentorum viae Flaminiae); 244 n 417 (- XX hereditatium); 246 (- annonae Ostiae et Portus); 249 (- ad vectig(al) ferr(ariarum) Gallic(arum); 253 procurator ad census: Aquitania: 243; Britannia: 244; Thracia: 243 procuratele presidiali: Alpes Cottiae: 246; Alpes Poeninae: 201; Asia: 151; Asturia et Callecia: 244; Baliares insulae: 210; 220 n 275; 226; Chersonesos: 243; Galatia: 243; Hispania: 201; Iudaea: 243; Lusitania: 227; Mauretania Caesariensis: 246; Paphlagonia: 243; Raetia: 201; Sardiniae: 249; Sicilia: 246; Syria: 201; Vindelicia: 201 subpraef(ectus) annonae Urbis: 249 tribunus militum: 18; 24; 31 n 3; 51–52; 55–56; 79; 90 n 364; 175; 176 n 69; 177; 181 n 91; 187; 193; 195; 198; 201; 203; 206; 208–210; 212; 221–223; 225–227; 228 n 320; 238; 243; 246; – a populo: 56 n 151; 174–176; 181; 185; 201; – rufuli: 56 n 150 tubicen sacrorum: 189 n 139 Altre posizioni ab epistulis: 236; 246 adiutor: 219 advocatus fisci: 246 a loricata: 219 apparitor: 19; 188–190; 212; 238; 253; 259–260 a rationibus: 219; 236 beneficiarius: 176–178 centurio: 18; 25; 51–52; 55; 72–73; 186 n 117; 204; 215 (evocatus); 226; 240 curator: – alvei Tiberis: 210; – civitatis: 242; – civium Romanorum: 243; – Neospoleos et Mausolei: 244; – viae Corneliae: 243; –
viae Trimphalis: 243; ἐπιμελ[η]τής εὐθηνίας: 241 curio p(opuli) R(omani) sacris faciundis: 246 dilictat(or) [tir]onum: 241 haruspex: 195 legati: 50; 54; 56; 65; 66; 91–92; 97; 105–106; 122; 124 nn 609 e 611; 131 n 649; 133; 135–136; 139; 141 n 717; 143 n 730; 147; 158; 192 n 150 legati Augusti pro praetore: 17–18; 19 n 21; 194 n 164; 199; 201; 205; 214; 219 legati legionum: 186; 204 lictor: 188 monetalis: 93 praeco: 188 praefectus castrorum: 24; 28; 187; 204; 215; 257; 259 praefectus oppidi: 53 n 128 praefectus pro legato: 210 primipilaris: 24–25; 28; 179; 186–187; 204; 206; 208–209; 211; 226; 227; 257; 259; 187 (bis) princeps senatus: 85; 167 pro quaestor: 91 scriba: 188–189; 219; 238 tribunus aerarii: 117 tribunus laticlavius: 176 n 69; 186–187; 203 n 206 Notabilia aerarium: 31 n 3; 84; 157; 168 n 19; 188–190; 247; 249; 255; a militare: 167; 186 n 116 aerarius: 46 n 88 Azio (battaglia di): 119; 160–161; 163 n 865; 166; 173; 175; 179; 273 n 44 astrologus: 208 censimento: 198; 219; 243–244 collegia: 240; 243; 249 consilium: 51; 54; 56; 59; 66 n 209; 208 coorti pretoriane: 186–187; 213; 226; 250–251 coorti urbane: 226; 250 cursus civici: 24; 76 n 274; 177; n 80; 181; 209–210; 212; 215; 220–226; 228–229; 239–240; 245–246; 252; 256 e libertino patre: 187–188; 191; 203; 220; 224; 238–239; 259 evergetismo: 68; 71; 76; 184–185; 223; 226; 228–229; 236; 239; 245 n 427
3 Indice delle posizioni locali, equestri e delle cose notevoli
funus publicum: 209; 228 governatore provinciale: 16–19; 23; 47 n 91; 55; 56 n 153; 74; 98; 103 n 461; 121 n 589; 122–124; 160–162; 177; 193 n 156; 196–197; 205; 214; 225; 227; 229; 233–234; 244; 246; 255–256 homo novus: 49–50; 55; 77; 82; 120; 127; 256–257 hospitium: 198 iterazioni della praefectura fabrum: 107; 109; 116–119; 194; 198–200; 218–219; 241; II: 242; III: 116–119; 199; 201; 211; 223; 239; IV: 197; 218; V: 218; XV: 200 latus clavus: 244 libertus: 124; 187–189; 191; 193; 220 nobilis: 33–34; 39; 44; 45 n 80; 46; 50 nn 107– 109; 53–55; 58 n 167; 59–60; 64; 68; 74–77; 81–82; 85; 99–100; 103; 109; 118; 120–121; 123–124; 126; 128; 130; 135; 142 n 725; 146; 148 n 763; 150; 157; 168–169; 172; 192; 195; 196 n 175; 205 n 212; 256–257
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patricius: 121; 123; 126; 160; 216 plebs vel populus: 157 (globus consensionis); 185 n 111; 240; 144 n 739 (δάμος); 240 praefectus fabrum: – a co(n)s(ule) adlectus: 249; – a consule delatus: 190; 242; – bis: 194; – ter: 201; – a pr(aetoribus) bis et a co(n)s(ule delatus): 223; 242 n 401; – consulis: 210; – consulis bis et praetoribus bis: 218; – iure dicundo et sortiendis iudicibus in Asia: 197; 258; – Romae: 210; 242; – Romae et Tergeste: 242 n 401 proprietà fondiarie: 183 (fundus Hermedianus; Herenniana); 183 n 100 (fundi Annisidiani); 239 (praedia Flavi Apri) Teutoburgo (battaglia di): 382 veterani: 19; 60 n 171; 70; 83; 86; 91; 132; 157; 178; 182; 186–187; 258–260 servi publici: 189