Efeso, Ulpiano e il Senato: La contesa per il primato nella provincia Asia nel III sec. d.C. 3515121986, 9783515121989

Nell'Asia Minore romana di epoca imperiale (I–III sec. d.C.) le antiche città greche continuavano a combattere aspr

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Italian Pages 289 [294] Year 2019

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Table of contents :
Indice
Premessa
Avvertenze
I. IvEphesos 217: lettera di un alto dignitario sulla προεδρία di Efeso
II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista
Appendice
III. IvEphesos 212: tre lettere imperiali a proposito di Efeso e Artemide
IV. Un caso paradigmatico: la terza neokoria di Efeso da Severo a Elagabalo
V. Rivalità e contese tra città neokoroi e metropoleis: da Augusto
a Commodo
VI. Rivalità e contese tra città neokoroi e metropoleis: dai Severi ai Tetrarchi
VII. Πρώτη τῆς ἐπαρχείας e τὰ πρωτεῖα: titoli e privilegi del primato
provinciale
Appendice
VIII. IvEphesos 802: un anonimo notabile difende il primato di Efeso
IX. Προεδρία: la presidenza del koinon d’Asia tra Tarda Repubblica e
Alto Impero
X. Κατόρθωσις, διόρθωσις, ἐπανόρθωσις: un corrector per l’Asia dioclezianea
XI. T. Oppius Aelianus Asklepiodotos, proconsul et corrector Asiae
Appendice
Conclusioni
Bibliografia
Fig. 9. Mappa dei distretti giudiziari della provincia Asia
Indici
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Efeso, Ulpiano e il Senato: La contesa per il primato nella provincia Asia nel III sec. d.C.
 3515121986, 9783515121989

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Acta Senatus | B Band 5

Alister Filippini

Efeso, Ulpiano e il Senato La contesa per il primato nella provincia Asia nel III sec. d. C.

Franz Steiner Verlag

Acta Senatus

Alister Filippini Efeso, Ulpiano e il Senato

Acta Senatus B. Studien und Materialien Herausgegeben von Pierangelo Buongiorno und Sebastian Lohsse Band 5

Manuskripte, die bei Acta Senatus eingereicht werden, unterliegen einem anonymisierten Begutachtungsverfahren (double blind peer review), das über eine Aufnahme in die Reihe entscheidet.

Alister Filippini

Efeso, Ulpiano e il Senato La contesa per il primato nella provincia Asia nel III sec. d. C.

Franz Steiner Verlag

Gedruckt mit freundlicher Unterstützung der Forschungsstelle PAROS, Münster

Bibliografische Information der Deutschen Nationalbibliothek: Die Deutsche Nationalbibliothek verzeichnet diese Publikation in der Deutschen Nationalbibliografie; detaillierte bibliografische Daten sind im Internet über abruf bar. Dieses Werk einschließlich aller seiner Teile ist urheberrechtlich geschützt. Jede Verwertung außerhalb der engen Grenzen des Urheberrechtsgesetzes ist unzulässig und straf bar. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2019 Satz: DTP + TEXT Eva Burri, Stuttgart Druck: Offsetdruck Bokor, Bad Tölz Gedruckt auf säurefreiem, alterungsbeständigem Papier. Printed in Germany. ISBN 978-3-515-12198-9 (Print) ISBN 978-3-515-12321-1 (E-Book)

Indice

Premessa Avvertenze

7 10

I.

IvEphesos 217: lettera di un alto dignitario sulla προεδρία di Efeso

11

II.

Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista Appendice. Ulpiano e Modestino tra fonti letterarie ed epigrafiche: punti di contatto tra due carriere equestri

25

III.

IvEphesos 212: tre lettere imperiali a proposito di Efeso e Artemide

61

IV.

Un caso paradigmatico: la terza neokoria di Efeso da Severo a Elagabalo

77

V.

Rivalità e contese tra città neokoroi e metropoleis: da Augusto a Commodo

92

VI. Rivalità e contese tra città neokoroi e metropoleis: dai Severi ai Tetrarchi

55

111

VII. Πρώτη τῆς ἐπαρχείας e τὰ πρωτεῖα: titoli e privilegi del primato provinciale Appendice. Contese per il primato tra Alto Impero e Tarda Antichità: paleografia, contenuti e datazione di IvLaodikeia 10

160

VIII. IvEphesos 802: un anonimo notabile difende il primato di Efeso

165

IX.

X.

140

Προεδρία: la presidenza del koinon d’Asia tra Tarda Repubblica e Alto Impero

181

Κατόρθωσις, διόρθωσις, ἐπανόρθωσις: un corrector per l’Asia dioclezianea

195

6

Indice

XI.

T. Oppius Aelianus Asklepiodotos, proconsul et corrector Asiae Appendice. Alcune iscrizioni frammentarie di III e IV sec. relative a correttori

212 228

Conclusioni Le città del koinon d’Asia, il Senato e la corte imperiale. Dinamiche di competizione, intermediazione, resilienza tra Alto Impero e Tarda Antichità

235

Bibliografia

239

Fig. 9. Mappa dei distretti giudiziari della provincia Asia

250

Indici

251

Premessa

Q

uesto studio trae spunto dalla comunicazione presentata al seminario internazionale «Die Senatus consulta in den epigraphischen, papyrologischen und numismatischen Quellen: Texte und Bezeugungen» (Universität Münster, 24–26 novembre 2016), organizzato dai Proff. P. Buongiorno e S. Lohsse, e intende mostrare in quali circostanze l’autorità del Senato di Roma potesse essere chiamata in causa, a fianco di quella imperiale, dalle più importanti poleis della provincia Asia (Efeso, Pergamo, Smirne, Sardi, Cizico, Laodicea etc.) nella loro aspra contesa per il primato all’interno della federazione dei Greci d’Asia, tra l’epoca di Augusto e Diocleziano e soprattutto nel III sec., tra i Severi e i Tetrarchi. L’oggetto specifico dell’analisi storica è fornito da un variegato dossier epigrafico efesino: innanzi tutto la lettera di un governatore di epoca dioclezianea sulla presidenza (prohedria) assegnata alla metropolis di Efeso (IvEphesos 217: Cap. I), che cita il trattato ulpianeo de officio (proconsulis); quindi tre lettere imperiali sui privilegi civici dell’epoca di Caracalla (IvEphesos 212: Cap. III), che riguardano il culto di Artemide e la terza neokoria efesina; infine la carriera di un anonimo notabile, difensore civico e instancabile viaggiatore (IvEphesos 802: Cap. VIII), strenuamente impegnato a rappresentare le istanze di Efeso presso la corte imperiale, tra Occidente e Oriente, tra Settimio Severo e Macrino. Tale analisi storico-epigrafica fornisce l’occasione per presentare una rilettura prosopografica della carriera procuratoria di Ulpiano (Cap. II), con la proposta di datazione del suo incarico a libellis (c. a. 213–217/218?) e del trattato de officio proconsulis (c. a. 215–217). Si offre inoltre una ricostruzione complessiva, dettagliata e aggiornata, delle procedure di conferimento dei titoli di neokoros e metropolis alle città dell’Asia tra l’epoca di Augusto e Commodo (Cap. V) e tra i Severi e i Tetrarchi (Cap. VI), e delle relative implicazioni nella contesa per il primato, esemplificato dai titoli di prote e meter (Cap. VII). Un caso paradigmatico di tale ambizione per i titoli è fornito dalla terza neokoria di Efeso (Cap. IV), la cui complessa vicenda, tra l’epoca dei Severi e di Valeriano e Gallieno, è analizzata alla luce della ricca

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Premessa

documentazione epigrafica e numismatica della città. A proposito della prohedria efesina, si indagano le procedure di presidenza del koinon d’Asia tra l’epoca tardo-repubblicana e quella imperiale, sulla base di documenti già noti o di recentissima pubblicazione (Cap. IX). Si propone infine una datazione circoscritta (c. a. 293–294) della riforma dioclezianea della provincia Asia (Cap. X) e l’identificazione prosopografica del funzionario che, nel ruolo di proconsul et corrector Asiae, avrebbe sovrinteso a tale importante riordino giuridico-amministrativo, l’afrodisiense T. Oppius Aelianus Asklepiodotos (Cap. XI). * Sono felice di esprimere il mio più sentito ringraziamento alle persone che con la loro viva presenza hanno stimolato e arricchito, nel corso degli anni, le idee che trovano oggi spazio in questo lavoro: al mio maestro, il Prof. Mario Mazza, per avermi incoraggiato, in un tempo che pare lontano, a occuparmi delle città greche dell’Asia Minore romana; ai Proff. Francesco D’Andria, Tullia Ritti, Francesco Guizzi, Grazia Semeraro, che mi hanno accolto con liberale benevolenza nella Missione Archeologica Italiana di Hierapolis di Frigia, invitandomi a far parte dell’équipe epigrafica; ai Proff. Celal Șimşek e Bahadır Duman, per aver fatto altrettanto, con vera generosità, nelle missioni di Laodicea al Lykos e Tripolis al Meandro; al Prof. Gian Luca Gregori, per la condivisione entusiastica di molte ricerche storico-epigrafiche; ai Proff. John Thornton, Umberto Roberto, Ariel Lewin, Daniela Motta, Laura Mecella, per l’amicizia e lo sprone costante. Nella stesura del volume ho contratto un grande debito, scientifico e umano, nei confronti dei Proff. Denis Feissel, Tullia Ritti, Christopher Jones, Attilio Mastrocinque, Domitilla Campanile, che sono stati prodighi di consigli, osservazioni, critiche, dopo aver letto l’intero manoscritto o parti di esso: li ringrazio di cuore, riconoscendo l’apporto prezioso dell’esperienza di ciascuno, ma ben sapendo che gli errori residui sono dovuti esclusivamente alla mano (o all’ostinazione) di chi scrive. La stessa riconoscenza è dovuta ai referees anonimi per l’autentica cortesia delle loro puntuali segnalazioni. Un ringraziamento altrettanto sincero e non formale va ai Proff. Pierangelo Buongiorno e Sebastian Lohsse: questo lavoro nasce in seno al progetto internazionale di ricerca «PAROS. Palingenesie der römischen Senatsbeschlüsse (509 v. Chr. – 284 n. Chr.)», da loro diretto presso l’Institut für Rechtsgeschichte, Westfälische Wilhelms-Universität Münster, si è alimentato del loro incoraggiamento e per loro amicale disponibilità è stato accolto nella collana Acta Senatus. Desidero anche ricordare, con vera gratitudine, sia i colleghi del Dipartimento Culture e Società dell’Università di Palermo e in particolare la Prof.ssa Daniela Motta, sotto la cui supervisione ho avuto il privilegio di svolgere un progetto di ricerca (2013–2017) su «L’autorità imperiale, le comunità locali e i movimenti religiosi

Premessa

nella provincia d’Asia. Trasformazioni socio-economiche, culturali e religiose in Anatolia da Traiano a Costantino (98–337)», sia il Prof. Walter Ameling, per avermi accolto come Gastwissenschaftler (2013) e membro del progetto internazionale di ricerca «Zentrale Einheit und regionale Identität im Imperium Romanum», da lui diretto presso l’Abteilung Alte Geschichte, Universität zu Köln. Dalla feconda esperienza maturata tra il Mediterraneo e il Reno discendono molte delle idee qui esposte. Il pensiero più profondo, più radicale, è dedicato alla mia famiglia, a Marta e Anita, all’amore e al sostegno di cui mi circondano, ogni giorno. Terni, maggio 2018

Alister Filippini

9

Avvertenze Per la resa dei frequenti nomi antichi si mantiene la formulazione latina, salvo per i personaggi più noti (Ulpiano, Papiniano etc.); nei casi di nomi greci o grecanici si adotta la traslitterazione dal greco, anche quando tale nome (ossia il vero e proprio nome personale) costituisca il terzo o quarto elemento (assimilato a un cognomen) all’interno di una triplice formula onomastica latina (ad es. M. Aurelius Daphnos anziché Daphnus; Arrius Menandros invece di Menander; T. Oppius Aelianus Asklepiodotos invece di Asclepiodotus etc.); si fa tuttavia eccezione per le citazioni da autori moderni e da voci prosopografiche (quali le schede della PIR). Per i riferimenti numismatici, ogni rimando al volume dedicato alla Ionia nel catalogo del British Museum (BMC Ionia), seguito dal numero d’ordine della singola moneta, deve intendersi riferito alla sezione relativa a Efeso, a meno che non sia diversamente specificato (ad es. BMC Ionia Smyrna).

I. IvEphesos 217: lettera di un alto dignitario sulla προεδρία di Efeso

Il punto di partenza per la nostra indagine è rappresentato da un’iscrizione di Efeso, rinvenuta da Franz Miltner nel corso degli scavi austriaci del Ninfeo di Traiano (1955–1958), nella parte centrale dell’Embolos (cd. Kuretenstraße, lato NE). Poco tempo dopo la scomparsa di Miltner (1959), l’editio princeps, corredata da un brevissimo commento, fu curata dagli epigrafisti dell’Österreichische Archäologische Institut, Josef Keil e Gustav Maresch, che nel 1960 (ma il volume apparve effettivamente nel 1964) presentarono, in maniera rapida ed efficace, un corposo dossier di importanti documenti efesini. Il dato più significativo di tale iscrizione consiste nella menzione di un trattato del celebre giurista Ulpiano (l. 9), ma anche, più in generale, di costituzioni imperiali e decreti del Senato (ll. 3–4, 9–10: vd. infra). Il testo venne quindi ripreso dall’Année épigraphique (1966, nr. 436), senza particolari variazioni, e infine dal team di epigrafisti diretto da Reinhold Merkelbach, che lo ripubblicò nel volume II delle Inschriften von Ephesos (IK 12, 1979, nr. 217): quest’ultima può dunque considerarsi l’attuale edizione di riferimento. Come avviene per la maggior parte delle iscrizioni pubblicate nel vasto corpus epigrafico efesino (IK 11–17) – un’opera monumentale che merita la duratura gratitudine di generazioni di studiosi –, tale edizione manca purtroppo sia di fotografie che di disegni: sulla sola base di IvEphesos 217 non saremmo pertanto in grado di valutare a pieno il significato di questa epigrafe come monumento iscritto, inserito nel suo specifico contesto archeologico, né tantomeno di analizzarne gli aspetti paleografici, che avrebbero una certa importanza ai fini dello stabilimento di una cronologia.1 Sappiamo però che Keil e Maresch sottoposero il documento all’attenzione di William Seston, specialista dell’epoca di Diocleziano, il quale ragionevolmente pro1 Ed. pr. Keil – Maresch, Epigraphische Nachlese 1960 [1964], 82–83, nr. 8, da cui AE 1966, 436; IvEphesos II (IK 12, 1979), 217, da cui PH247926. Sulla mancanza di fotografie nell’editio princeps insisteva Robert, Sur des inscriptions d’Éphèse 1967, 46, n. 2.

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I. IvEphesos 217: lettera di un alto dignitario sulla προεδρία di Efeso

pose, per i motivi che si vedranno di seguito, una datazione all’epoca tetrarchica, ovvero tra la fine del III e l’inizio del IV sec. Dopo la morte di Keil (1963), altri studiosi insigni commentarono il testo basandosi sulle osservazioni e sulla cronologia suggerita da Seston, da un lato Ernst Schönbauer (1965), dall’altro, in maniera assai sintetica, Louis Robert (1967) e quindi Fergus Millar (1977). Tuttavia, almeno per quanto ci risulta, Seston (scomparso nel 1983) non arrivò a rendere noto il suo studio. E qui, salvo alcuni, sporadici riferimenti successivi, sembra sostanzialmente esaurirsi una prima fase nella storia degli studi su questo notevole documento.2 Più di recente esso è stato fatto oggetto di un’indagine approfondita da parte di Valerio Marotta (2000–2004), che ha dedicato un duplice studio monografico alla fortuna del trattato De officio proconsulis di Ulpiano: in questa sede (2004) l’autore ha presentato una buona fotografia dell’iscrizione (scattata in situ da Andrea Raggi), l’unica sinora pubblicata, e si è avvalso dei pareri storico-epigrafici di Denis Feissel, Cesare Letta e Giuseppe Camodeca. Sulla scorta delle loro osservazioni è stato opportunamente notato come la paleografia dell’iscrizione non permetta di restringere la forcella cronologica, che rimane aperta tra la fine dell’epoca severiana (235) e l’epoca dioclezianeo-costantiniana (per quanto una datazione sotto Diocleziano o i Tetrarchi sembri preferibile, per vari motivi inerenti al contenuto del documento, rispetto agli anni di Costantino: vd. infra, cap. X). Da ultimo Georgy Kantor ha stilato una sintetica messa a punto su IvEphesos 217 nella cornice di un contributo storico-giuridico dedicato alla conoscenza della legge romana nell’Asia Minore di epoca imperiale (presentato a un convegno monacense del 2006, pubblicato nel 2009).3 L’editio princeps Keil-Maresch (1960 [1964]) fornisce tuttora i fondamentali dati concreti sull’iscrizione in quanto monumento iscritto: della grande lastra (Platte) di marmo bianco (alt. max. 46 × larg. 120 × spess. 21 cm; lettere di alt. 3 cm), rotta su tre lati, si conserva integro il lato sinistro e una porzione intermedia del lato destro, in corrispondenza delle ll. 3–7 del testo epigrafico. La perdita delle parti superiore e inferiore del blocco non permette di stabilire quanto siano estese le lacune iniziali e finali. Il testo superstite, distribuito su 13 linee, risulta dunque frammentario, benché le linee 3–7 siano preservate nella loro interezza (l. 3: 47 lettere; l. 4: 59 lett.; l. 5: 54 lett.; l. 6: 53 lett.; l. 7: 52 lett.) e possano essere d’aiuto nella valutazione dell’entità delle altre lacune. Prima di affrontare il testo, desidero ringraziare Denis Feissel per la grande generosità con cui ha voluto offrirmi due fotografie inedite (1994) dell’iscrizione (fig. 1), nonché la sua personale lettura, che in vari punti migliora il testo dell’edizione 2 Schönbauer, Drei interessante Inschriften 1965, 108–115; Robert, Sur des inscriptions d’Éphèse 1967, 46; Millar, The Emperor 1977, 342, 392, n. 41; Millar, A New Approach 1986/2004, 433–434; Jones, Imperial Letters 2001, 44, n. 19 (sulla l. 9 dell’iscrizione); Meyer-Zwiffelhoffer, Πολιτικῶς ἄρχειν 2002, 64, n. 2. 3 Marotta, Ulpiano e l’impero, I 2000, 185–186; II 2004, 37–79, cfr. 80–100; Hurlet, Le proconsul et le prince 2006, 15, n. 12; Kantor, Knowledge of Law 2009, 250–256.

I. IvEphesos 217: lettera di un alto dignitario sulla προεδρία di Efeso

IvEphesos 217, e la cortese disponibilità a discutere insieme del testo. Dal punto di vista paleografico le foto permettono di notare la presenza di lettere lunate (epsilon, sigma, omega) e numerose legature (ll. 4–7, 10: N+K, H+T, T+H, M+H, N+Π, N+H, H+N, N+H+M). Di seguito si presenta pertanto il testo secondo la lettura autoptica di Feissel e la verifica dello scrivente; in apparato si riportano le precedenti letture e le varie proposte di integrazione per le lacune del margine destro (ll. 2, 8, 9, 11, 12), in particolare per il discusso titolo dell’opera ulpianea (l. 8), e si segnalano in grassetto le ipotesi accolte o formulate in questa sede:4

Fig. 1. Iscrizione tardoantica del Ninfeo di Traiano, Efeso (per gentile concessione di D. Feissel, negativo 1994; foto inedita).

Fig. 2. Iscrizione tardoantica del Ninfeo di Traiano, Efeso (per gentile concessione di A. Raggi, negativo 2003; foto già pubblicata in Marotta, Ulpiano e l’impero, II 2004, copertina interna). 4 Il testo qui presentato rispecchia la lettura di Feissel, da me controllata su tre foto (due scattate dallo stesso Feissel, tra cui quella qui riprodotta nella fig. 1, e quella di Raggi apud Marotta, qui fig. 2) e sull’apografo di Wickert (Skizzenbuch 3007), per il quale sono debitore

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I. IvEphesos 217: lettera di un alto dignitario sulla προεδρία di Efeso

-----ποια[- - -] ἵνα τῆς τε προσηκού¢σ¢η¢ς¢ διορθώσε¢ω¢ς¢ τ¢[ύ]χ¢ῃ τ¢ὰ¢ π¢αρ¢’ αὐ¢τ¢ῶν ἀ¢[- ca 6 -] καὶ νῦν φανερωθῇ ἥ τε ἐξ ἀρχῆς ἔκ τε τῶν νόμων καὶ τῶν θείων διατάξεων καὶ τῶν δογμάτων τῆς ἱερᾶς συν̬κλή̬του τ̬ῇ ὑμετέρᾳ μ̬ητροπόλει 5 προεδρία προσνενεμη̬μένη· ἐπειδὴ τοίνυν τὰ δικαιώματα σύν̬παντα τῆς πάντα ἀγαθῆς καὶ καθοσιωμέν̬ης μητροπόλεως Ἐφέσου δίκαιον γνωσθῆ̬ναι τῇ θειότητι τῶν δεσποτῶν ̬ἡ̬μῶν, φροντίσατε σύν̬παντα σ¢υντάξαντες τά τε ἐκ τῶν παλαιῶν νόμων ἐν τοῖς δη ὀφφι¢κ¢[ι- - ca 7 -] Οὐλπιανῷ εἰρημένα καὶ τὰ ἐκ τῶν διατάξεων ω[- ca 15/17-] 10 ἐκ τῶν δογμάτων τῆς ἱερᾶς συν̬κλήτου με¢[- ca 18/20 - ἀ]= ποστεῖλαι πρός με ἵν¢α¢ [- - -] τι τ¢ῶν εὐσεβε[στάτων ἡμῶν δεσποτῶν - - -] […]μ¢ι¢[- - -] -----l. 2:

διορθώσε[ως - - -] ed. pr., διορθώσε[ως τύχητε - - -] IK 12; διορθώσε¢ω¢ς¢ τ¢[ύ]χ¢ῃ τ¢ὰ¢ π¢αρ¢’ αὐ¢τ¢ῶν ἀ¢[…] Feissel, τ¢ὰ¢ π¢αρ¢’ αὐ¢τ¢ῶν ἀ¢[χθέντα?] Filippini l. 8: Δη ὀφφι[κιις παρ’] ed. pr., contra Seston (apud Robert), Δη ὀφφι[κ- παρ’] Robert, Δη ὀφφ´ [προκοσ´ (i. e. de off(icio) proco(n)s(ulis)) ἐπ’] Seston (apud Schönbauer), Schönbauer, Meyer-Zwiffelhoffer, δη ὀφφι[κίις - - -] IK 12, δη ὀφφι[κίῳ βιβλίοις ἐπ’] Marotta, δη ὀφφι[κίῳ βιβλίοις] Letta (apud Marotta), δη ὀφφι[κίῳ προκ´ (i. e. proc(onsulis)) sive ἀνθ(υπάτου) βιβλίοις] Camodeca (apud Marotta), δη ὀφφι¢κ¢[ι- …] Feissel, δη ὀφφι¢κ¢[ι-? βιβλίοις] Filippini l. 9: εἰρημένα ed. pr. etc., εἱρημένα Jones; ω¢[- - -] ed. pr., ω¢[- - - καὶ τὰ] IK 12, ὡ[ρισμένα? - - - καὶ τὰ] Filippini ll. 10–11: μ¢[- - -]|[ἀ]ποστεῖλαι ed. pr. etc., με¢[- - - ἀ]|ποστεῖλαι Feissel, με[μερισμένα? - - ἀ]|ποστεῖλαι Filippini ll. 11–12: ἵ[να - - -]|[․․] τῶν ed. pr. etc., ἵν¢α¢ [- - - τῇ ?θειότη]|τι τ¢ῶν Filippini l. 12: [..] τῶν εὐσεβε[στάτων - - -] ed. pr., [..] τῶν εὐσεβε[στάτων ἡμῶν δεσποτῶν - - -] IK 12 etc., τι τ¢ῶν εὐσεβε[στάτων ἡμῶν δεσποτῶν - - -] Feissel (TI ex apographo Wickert, Skizzenbuch 3007).

Prima di presentare una traduzione del testo, conviene riportare integralmente i brevi commenti introduttivi di Keil e Maresch e di Robert, che, pur nella loro estrema stringatezza, inquadrano chiaramente la questione posta dal nostro documento:

alla cortesia di Feissel. Dall’apografo si recuperano, al principio della l. 12, le lettere TI, incise su un frammento minore, in seguito disperso, e non pubblicate né nell’editio princeps, né in IvEphesos 217.

I. IvEphesos 217: lettera di un alto dignitario sulla προεδρία di Efeso

Keil – Maresch, Epigraphische Nachlese 1960 [1964], 83: «In den bis in das 4. Jh. nicht zur Ruhe gekommenen Rangstreitigkeiten der großen Städte der Provinz, …, hat sich Ephesos, vermutlich an den Statthalter, um Klärung der Prohedrie gewendet. Um den Streit endgültig zu erledigen, verlangt der Statthalter die Zusammenstellung und Vorlage aller dafür in Betracht kommenden Gesetze und Entscheidungen. Von besonderem Interesse ist, daß dabei auf die Schriften des Ulpian «De officiis» als auf ein wertvolles Hilfsmittel verwiesen wird». Robert, Sur des inscriptions d’Éphèse 1967, 46: «Comment étaient constitués de tels recueils [d’actes], nous le voyons bien par l’inscription n° 8, que l’on a retrouvée au Trajaneum. Un governeur y répond au sujet de la préséance de la ville d’Éphèse et énumère les documents sur lesquels elle se fonde, lois, constitutions impériales, sénatus-consultes (l. 3–5): … Or, les empereurs doivent connaître tout le dossier, tous les documents (δικαιώματα), l. 5–7: … Aussi les Éphésiens doivent-ils réunir la documentation des anciennes lois d’après un ouvrage du juriste Ulpien, des constitutions et des sénatus-consultes et l’envoyer au gouverneur (l. 7–11): … W. Seston datera justement ce document de l’époque de la tétrarchie».

Marotta, basandosi sull’edizione IvEphesos 217, ha proposto la seguente traduzione: Marotta, Ulpiano e l’impero, II 2004, 38–39: «Quale … (proedria)? … Onde dell’ordinatio attinente (che conviene – che spetta) (dei koina Asias?) … mirate a … e ora sia resa evidente la proedria attribuita alla vostra metropoli, fin dall’inizio, dai nomoi e dalle divine costituzioni e dai decreti del sacro senato; giacché è giusto far conoscere (al numen e) alla divinitas (maiestas) (numini maiestatique dominorum nostrorum) dei nostri signori (domini) tutti quanti i privilegi (o, meglio, i documenti dai quali questi privilegi risultano comprovati) della per sempre nobile e consacrata (devota) metropoli di Efeso, curate tutto quanto ordinando l’uno accanto all’altro quanto è stato esposto dagli antichi nomoi nei libri de officio da Ulpiano e ciò che dalle costituzioni … e dai decreti del sacro senato … sia inoltrato (oppure sia rivolto) a me, onde … dei piissimi nostri signori …».

Del testo, come stabilito da Feissel e verificato dallo scrivente, si offre qui un diverso tentativo di traduzione, che deriva, come è normale, da uno sforzo di comprensione, specialmente per le integrazioni delle parti lacunose (partic. ll. 2, 8–10): Filippini: «(1) ποια[- - -] | affinché le [azioni intentate?] da quelli (τ¢ὰ¢ π¢αρ¢’ αὐ¢τ¢ῶν ἀ¢[χθέντα?]) ottengano (τ¢[ύ]χ¢ῃ) la correzione che si conviene (τῆς τε προσηκού¢σ¢η¢ς¢ διορθώσε¢ω¢ς¢) | (3) e risulti ora evidente la presidenza (προεδρία) che fin dal principio (ἐξ ἀρχῆς) è stata assegnata alla vostra μητρόπολις | a partire dai νόμοι (leges? iura?) e dalle divine disposizioni (θεῖαι διατάξεις) e dai decreti del santo Senato (δόγματα τῆς ἱερᾶς συνκλήτου); | (5) poiché dunque (è) giusto che tutte le giuste pretese (δικαιώματα) | della μητρόπολις di Efeso, del tutto buona e consacrata, | (7) siano rese note (γνωσθῆναι) alla divinità

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I. IvEphesos 217: lettera di un alto dignitario sulla προεδρία di Efeso

dei nostri padroni (τῇ θειότητι τῶν δεσποτῶν ἡμῶν), provvedete a | raccogliere ordinatamente insieme tutte le cose, sia quelle enunciate (εἰρημένα) a partire dagli antichi νόμοι nei [libri] de offic[io] | (9) da Ulpiano, sia quelle [stabilite?] (ὡ[ρισμένα?]) a partire dalle (divine) disposizioni [- - -, sia quelle] | [assegnate?] (με[μερισμένα?]) a partire dai decreti del santo Senato [- - -] | (11) di inviare a me, affinché [- - - alla divinità?] ([- - - τῇ ?θειότη]|τι) | dei piissimi [nostri padroni - - -] | (13) […]μ¢ι¢[- - -]».

Nonostante la sua frammentarietà, in questo testo acefalo può riconoscersi una lettera inviata da un alto rappresentante del governo imperiale agli Efesini, la cui città è qui definita come μητρόπολις (l. 4); possiamo immaginare che nell’inscriptio del documento, ora perduta, i destinatari della lettera fossero pertanto i magistrati, il Consiglio e il Popolo di Efeso (e. g. Ἐφεσίων τοῖς ἄρχουσι καὶ τῇ βουλῇ καὶ τῷ δήμῳ), in maniera conforme alla consuetudine cancelleresca già tipica dell’epoca alto-imperiale. Il dignitario romano in questione, che fosse un magistrato senatorio oppure un funzionario imperiale, scriveva in prima persona (ll. 10–11: [ἀ]|ποστεῖλαι πρός με). Costui può probabilmente riconoscersi nel governatore di provincia, ovvero nel proconsul Asiae (vd. infra, cap. X), come hanno sinora inteso tutti gli studiosi. Ancora in epoca tardoantica, come nei secoli precedenti, il sommo promagistrato di rango consolare, avente sede a Efeso, era infatti il proconsole, la cui autorità era direttamente subordinata all’imperatore e non sottostava al controllo giuridico-fiscale dei più importanti tra i funzionari imperiali, il prefetto del pretorio e il vicario prefettizio. Quest’ultimo, il vicarius Asiae, era incaricato dell’amministrazione della diocesi Asiana, nella quale rientravano varie province dell’Asia Minore occidentale (Phrygia, Caria, Lydia, Hellespontus, Insulae, Lycia-Pamphylia, Pisidia; dal 371 anche la Lycaonia) ma non la provincia proconsolare d’Asia; il vicario aveva sede, con ogni probabilità, a Laodicea al Lykos nella Phrygia (poi Phrygia I o Pacatiana). Sebbene l’identificazione del mittente della lettera con il governatore provinciale sia sembrata la più verosimile nella storia degli studi e venga qui accettata, non bisogna però escludere del tutto la possibilità che il dignitario scrivente fosse invece il prefetto del pretorio.5 5 Il vicarius Asiae e il proconsul Asiae nel quadro dell’amministrazione tardoantica (IV–VI sec.): Feissel, Vicaires et proconsuls 1998. Ringrazio lo stesso Feissel per l’osservazione che il dignitario scrivente potesse eventualmente essere il prefetto del pretorio. Se la riforma dioclezianea della provincia Asia può datarsi all’epoca del primo collegio tetrarchico (c. a. 293– 305) e più precisamente al 293–294 (vd. infra, cap. X), non è altrettanto chiaro quando fosse stata istituita la diocesi Asiana, che risulta già attestata dal cd. Laterculus Veronensis (databile, per la parte relativa alle province orientali, c. a. 314–324): Zuckerman, Sur la liste de Vérone 2002, ha proposto la data del 314; in tal caso la lettera del dignitario, che qui si propone di riconoscere in un proconsul Asiae e, al contempo, corrector delle città libere (vd. infra, cap. X), in carica nel 293–294, sarebbe stata scritta assai prima dell’introduzione della figura del vicarius Asiae (314).

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Nella prima parte del testo superstite (l. 2) si riscontra il significativo accenno a un’opera di «correzione» (διόρθωσις), che compare all’interno di una proposizione finale introdotta dalla congiunzione ἵνα. Nella precedente proposizione principale, perduta in lacuna, il dignitario sollecitava verosimilmente gli Efesini a provvedere in modo tale che alcune cose o azioni, compiute (?) da «quelli» (τ¢ὰ¢ π¢αρ¢’ αὐ¢τῶ ¢ ν ἀ¢[- ca 6 -]) ricevessero la «dovuta correzione» (τῆς τε προσηκού¢ση¢ ς¢ ¢ διορθώσε¢ως¢ ¢ τ¢[ύ]χ¢ῃ) da parte di qualcuno (dovremmo pensare da egli stesso o dall’autorità imperiale). Il soggetto della proposizione finale, al neutro plurale (τ¢ὰ¢ … ἀ¢[- ca 6 -]), ovvero le presunte azioni «da correggere», era probabilmente espresso nella forma di un participio verbale passivo, cui si riferisce logicamente il complemento d’agente π¢αρ¢’ αὐ¢τῶ ¢ ν: vista l’estensione della lacuna (circa 6 lettere) si potrebbe forse pensare al participio perfetto passivo ἀ¢[χθέντα?] (da ἄγω), da intendersi – in maniera inconsueta – nel senso giuridico di «azioni intentate» (actiones). A fronte della durezza linguistica di questa ipotesi si potrebbe eventualmente richiamare un’osservazione di Feissel, riportata da Marotta: la lettera sembra il frutto di una traduzione greca da un testo originale latino, come lascerebbe intuire l’anomala costruzione (per il greco) della l. 5, laddove il participio προσνενεμημένη compare in coda all’intera frase. Se così fosse (τὰ ἀ¢[χθέντα?] in quanto actiones), potremmo pensare che, nella fattispecie del caso, alcuni soggetti giuridici («quelli»), non meglio specificati nella parte conservata dell’iscrizione ma certamente menzionati, in maniera esplicita o allusiva, nella parte introduttiva della lettera, avessero intentato un’azione legale (actio) a detrimento dei privilegi di Efeso. Tale azione sarebbe stata ora «corretta» dal dignitario scrivente, a condizione che gli Efesini provvedessero a reagire in maniera adeguata. Non è possibile chiarire, con certezza, chi fossero i misteriosi agenti, contrari alla posizione privilegiata di Efeso, ma si può facilmente intuire come altre città avessero fondati motivi di rivalità con la capitale provinciale: come risulterà dall’analisi dei capitoli successivi, le città avversarie dovranno essere cercate tra le poleis più influenti del koinon d’Asia tra II e III sec. Il termine diorthosis, ossia la «correzione» di presunte azioni malevole, assume evidentemente un ruolo-chiave per la comprensione del nostro documento: sul significato tecnico-giuridico di questo termine e sulla sua specifica connessione con il ruolo dello scrivente torneremo nel capitolo conclusivo (vd. infra, cap. X). Oltre alla dovuta correzione delle azioni di «quelli», la reazione degli Efesini avrebbe avuto, nella prospettiva del dignitario che la sollecitava, una seconda conseguenza positiva: sarebbe ora apparsa in tutta evidenza (l. 3: καὶ νῦν φανερωθῇ) la legittimità della προεδρία, la «presidenza» (o il «primo posto») di Efeso, ovvero della posizione di preminenza «assegnata sin dal principio alla vostra metropolis» (l. 3–5: ἥ τε ἐξ ἀρχῆς … τῇ ὑμετέρᾳ μητροπόλει προεδρία προσνενεμημένη). Era dunque questo, la prohedria di Efeso (vd. infra, cap. IX), l’oggetto nodale della questione e contro di essa sarebbero state intentate le cause da parte delle città rivali. In cosa consiste la προεδρία di Efeso? La natura di tale «presidenza, primo posto» non viene qui esplicitata nei suoi contenuti di carattere giuridico e/o sacrale

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e nei relativi criteri di attribuzione, ma il dignitario specifica, per ben due volte, da dove derivino i δικαιώματα (i documenti comprovanti la legittimità della giusta pretesa) che, «sin dal principio» (ἐξ ἀρχῆς), garantivano tale particolare forma di primato (ll. 3–4, 8–10): a) da νόμοι (leges oppure iura); b) da θεῖαι διατάξεις (constitutiones imperiali); c) da δόγματα τῆς ἱερᾶς συγκλήτου (senatusconsulta). Da un punto di vista grammaticale, non privo di rilevanza per l’interpretazione generale del discorso, si può osservare che il triplice costrutto ἔκ τε τῶν νόμων καὶ τῶν θείων διατάξεων καὶ τῶν δογμάτων τῆς ἱερᾶς συνκλήτου non sembra esprimere qui un complemento di causa efficiente (la prohedria assegnata a Efeso «dai nomoi e dalle divine disposizioni e dai decreti del santo Senato») quanto un complemento di origine (reso dalla preposizione ἐκ col genitivo), che indichi il necessario fondamento giuridico dal quale derivava il privilegio efesino («a partire da / sulla base di nomoi, diataxeis, dogmata»). Questa distinzione logica (compl. origine, non agente/ causa efficiente) tornerà utile per la comprensione delle ll. 8–10, dove ricorrono costrutti simili (vd. infra). Nel secondo periodo conservato del discorso (ll. 5 ss.), il dignitario asserisce in forma preliminare (ll. 5–7: ἐπειδὴ κτλ.) la liceità della procedura di sottoporre tutti i documenti giuridici probanti le giuste pretese (τὰ δικαιώματα σύνπαντα) della metropolis di Efeso alla conoscenza della «divinità dei nostri padroni» (l. 7: γνωσθῆναι τῇ θειότητι τῶν δεσποτῶν ἡμῶν), ossia del collegio imperiale. Quindi, dopo tale preambolo, richiede espressamente agli Efesini di raccogliere in buon ordine (ll. 7–8: φροντίσατε σύνπαντα | σ¢υντάξαντες κτλ.) tutta quella documentazione giuridica (opportunamente distinta in tre categorie di documenti: ll. 8–10), che a lui dovrebbe essere inviata (ll. 10–11: [ἀ]|ποστεῖλαι πρός με). Per quanto riguarda la prima categoria di documenti, quelli derivanti dagli «antichi nomoi», essi costituivano l’oggetto specifico di una trattazione ulpianea (ll. 8–9: τά τε ἐκ τῶν παλαιῶν νόμων ἐν τοῖς δη ὀφφι¢κ¢[ι- - ca 7 -] | Οὐλπιανῷ εἰρημένα), ovvero erano stati «detti, enunciati, citati» (εἰρημένα) da Ulpiano. Rispetto a questa prima categoria, Marotta ha acutamente osservato come il termine νόμοι (l. 3) o παλαιοὶ νόμοι (l. 8) potesse indicare tanto le leges vere e proprie, quanto i iura, ossia il diritto elaborato dai giuristi (tale duplice significato trova peraltro riscontro nell’opera de excusationibus di Modestino, allievo di Ulpiano, come aveva notato Edoardo Volterra). Nel primo caso si potrebbe pensare, sulla scia di Robert, alla lex o formula provinciae (τύπος τῆς ἐπαρχείας), se l’espressione ἐξ ἀρχῆς si dovesse riferire all’origine istituzionale della provincia Asia, ovvero all’ordinamento giuridico stabilito dal proconsole M’. Aquillius e dalla commissione decemvirale (c. a. 129–126 a. C.), poi riformato da Silla dopo la pace di Dardano (84). Ma non è affatto scontato che tale allusione al «principio» rimandasse effettivamente ai primordi della provincia (su questo punto, per una diversa interpretazione, cfr. infra, cap. X).6 6 Sull’ordinamento provinciale dell’Asia tra Aquillius e Silla (e Lucullo) vd. Campanile, L’infanzia della provincia d’Asia 2003; Campanile, L’assemblea provinciale d’Asia 2007.

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Nel secondo caso (che forse non esclude del tutto il primo), oltre ai pareri dei giuristi di epoca repubblicana e alto-imperiale, i iura avrebbero potuto includere anche pareri ben più recenti, ma ritenuti parimenti «antichi» per la loro autorevolezza: non è dunque illegittimo né inverosimile pensare ai giuristi severiani, attivi mezzo secolo prima della stesura della lettera.7 Nel consilium principis di Caracalla non mancavano peraltro consiliarii di salda dottrina giuridica, quali Arrius Menandros e M. Cn. Licinius Rufinus, ma soprattutto, come qui si ipotizzerà (vd. infra, cap. II), vi avrebbe figurato lo stesso Ulpiano. Pare inoltre che al consilium venisse sottoposta più volte, tra l’epoca di Severo e Macrino, la complessa questione dei privilegi di Efeso (e delle altre città concorrenti per il «primato» provinciale, specialmente Pergamo e Smirne: vd. infra, capp. VII–VII). La cosa che sorprende maggiormente lo studioso moderno, è che lo scrivente chiarisce come questi documenti (perlomeno quelli relativi agli antichi nomoi) fossero già stati «enunciati, citati» da Ulpiano nei libri de offic[i-? - - -] (ll. 8–9: τά τε … ἐν τοῖς δη ὀφφι¢κ¢[ι-? – ca 7 -] | Οὐλπιανῷ εἰρημένα): compariva qui infatti non solo la menzione del giurista, ma persino l’indicazione del titolo di una sua opera. Si noti inoltre come, sino agli anni Ottanta del secolo scorso, questa fosse stata l’unica attestazione epigrafica del celebre giurista di epoca severiana (vd. infra, cap. II). Sul riferimento a Ulpiano (ll. 8–9) si aprono problemi di diverso tipo: a) dal punto di vista strettamente epigrafico si può osservare che la lacuna di fine l. 8 (δη ὀφφι¢κ¢[ι-? - ca 7 -]), per come può essere ora misurata grazie alla foto qui riprodotta (fig. 1), consta complessivamente di circa 8 lettere (un iota e altre 7 lettere incerte), che corrispondono alla lunghezza della parola finale della linea soprastante (l. 7: σύν̬παντα, con nesso di N+Π); b) sotto il profilo filologico e grammaticale, la costruzione ἐν τοῖς sottintende o, meglio, comporta necessariamente il sostantivo βιβλίοις (8 lettere), che dovrà essere reintegrato nella lacuna: è questa una valida intuizione di Letta, che proposto di integrare ἐν τοῖς δη ὀφφι[κίῳ βιβλίοις] (secondo l’estensione della lacuna precedentemente indicata nell’edizione IvEphesos 217); c) ancora sotto il profilo grammaticale, non è necessario postulare (né sarebbe comunque possibile, per ragioni di spazio) una preposizione (ad es. ἐπὶ) che reggesse il dativo Οὐλπιανῷ, come hanno fatto alcuni studiosi (Seston, Marotta): in una costruzione verbale passiva di questo genere (con il participio perfetto: εἰρημένα) il complemento d’agente può infatti rendersi correntemente con il dativo semplice (cd. dativo d’agente: Οὐλπιανῷ);

7 Marotta, Ulpiano e l’impero, II 2004, 53–59, tende a escludere che il termine νόμοι debba riferirsi alla lex provinciae e preferisce l’interpretazione nel senso di iura. Sul concetto di vetus ius in epoca dioclezianeo-costantiniana e la sua applicabilità ai giuristi di epoca imperiale e anche severiana vd. Corcoran, The Empire of the Tetrarchs 2000, 69–73.

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d) in proposito bisogna ricordare un’ipotesi di Jones, secondo cui il participio ΕΙΡΗΜΕΝΑ (l. 9) dovrebbe leggersi εἱρημένα (con lo spirito aspro), ossia come una forma itacizzante del participio presente ᾑρημένα («raccolti, selezionati»), dal verbo αἱρέω, anziché εἰρημένα (con lo spirito dolce: «detti, enunciati»), participio perfetto del più banale εἴρω/λέγω, come è stato finora generalmente inteso.8 Tale lectio difficilior, pur suggestiva, sembra però sollevare un problema: la costruzione passiva con il participio presente (εἱρημένα/ᾑρημένα) richiederebbe, in teoria, un complemento d’agente espresso con la preposizione e il genitivo (e. g. ὑπὸ Οὐλπιανοῦ) anziché il dativo semplice. Si preferisce pertanto adottare la communis opinio εἰρημένα; e) per quanto concerne il titolo ulpianeo, secondo un’ottica storico-letteraria e giuridica, occorre chiarire a quale opera si facesse qui riferimento: il titolo lacunoso δη ὀφφι¢κ¢[ι-? - ca 7 -], ossia de offic[i-? - - -], rimanda a un trattato de officio o forse, come pensarono i primi editori, ai trattati de officiis (con un titolo al plurale, non altrimenti attestato), intesi in senso complessivo; f ) ancora sotto il profilo filologico e linguistico, dovremmo infine chiederci in quale maniera il titolo de offic[i-? - - -] / δη ὀφφι¢κ¢[ι-? - ca 7 -] sarebbe stato percepito, scritto (ΔΗ ΟΦΦΙΚ[ΙΟ sive -Ω sive -ΙΙC) e pronunciato (δη ὀφφίκ[ιο? sive ὀφφικ[ίω? sive ὀφφικ[ιις?) da un ellenofono; si noti bene infatti che il titolo, nella sua resa in greco, non è traduzione, ma traslitterazione o calco dal latino. Per quanto attiene alla questione storico-letteraria, è utile ricordare come gli otto trattati ulpianei sui compiti (de officio) di vari magistrati e funzionari (console, proconsul, prefetto urbano, prefetto dei vigili, questore, curator rei publicae, consularis, pretore tutelare) contassero, complessivamente, almeno 19 libri: quasi tutti consistevano di libri singoli, tranne i 3 libri de officio consulis e i 10 libri de officio proconsulis (in cui il termine proconsul indicava, in senso universale, il governatore di una qualsiasi categoria di provincia, sia il proconsole senatorio, sia il legato imperiale, che fossero di rango pretorio o consolare). Se si tiene conto dei contenuti specifici di tali trattati, può considerarsi certo che il rimando «bibliografico» dovesse riferirsi, in ultima istanza, ai libri de officio proconsulis, il solo trattato che potesse avere qualche attinenza alle vicende dell’amministrazione provinciale, sottese all’interpellanza efesina sulla prohedria – peraltro, come hanno osservato vari studiosi, nell’archivio dell’officium proconsolare in Efeso doveva essere depositata una copia dell’opera ulpianea (sarebbe questa un’importante testimonianza dell’impiego concreto dei trattati ulpianei da parte dei governatori provinciali nelle loro funzioni di iudices). Ma non si può essere altrettanto sicuri che il dignitario fosse così preciso, nella sua esortazione, da indicare puntualmente il titolo del singolo trattato: una considerazione integrata degli altri quesiti (epigrafico, filologico, grammaticale, lin8 Sulla forma itacizzante del participio εἱρημένα (l. 9) vd. Jones, Imperial Letters 2001, 44, n. 19.

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guistico) suggerisce di concludere che nello spazio disponibile in lacuna (circa 8 lettere) non può integrarsi altro che il sostantivo βιβλίοις (8 lettere) più una singola lettera quale desinenza del titolo incompleto δη ὀφφι¢κ¢[ι-? - ca 7 -], per un totale di 10 lettere (da immaginarsi peraltro assai assiepate, verosimilmente con qualche nesso). Per ragioni di spazio si preferisce pertanto riprendere la soluzione già intuita da Letta (δη ὀφφι[κίῳ βιβλίοις]), apportandovi qualche lieve variazione (δη ὀφφι¢κ¢[ι-? βιβλίοις]): resta infatti incerto se l’ultima lettera del titolo fosse omikron oppure omega (ΔΗ ΟΦΦΙΚ[ΙΟ sive -Ω βιβλίοις]); si esclude invece la soluzione alternativa ΔΗ ΟΦΦΙΚ[ΙIC (secondo Keil-Maresch) sia per ragioni di spazio, sia per mancanza di attestazione del presunto titolo al plurale (de officiis).9 Per tornare al discorso del dignitario scrivente, conviene notare come l’elenco dei documenti relativi alle tre categorie (nomoi; costituzioni imperiali; senatoconsulti), già anticipato alle ll. 3–4 e quindi ripreso, in maniera più ampia ed esplicativa, alle ll. 8–10, sia qui scandito, dal punto di vista sintattico e lessicale, dall’uso di tre sostantivi al neutro plurale (complementi oggetto di σ¢υντάξαντες), simmetricamente correlati a tre complementi di origine (non di causa efficiente: vd. supra): a) ll. 8–9: τά τε ἐκ τῶν παλαιῶν νόμων … | Οὐλπιανῷ εἱρημένα, «le cose selezionate dagli antichi nomoi (compl. orig.) … | da Ulpiano (compl. agente)»; b) l. 9: καὶ τὰ ἐκ τῶν διατάξεων ω[- ca 15/17-], «e le cose [- - -] dalle (divine) disposizioni (compl. orig.)»; 9 Per la ricostruzione del titolo dell’opera ulpianea citata dall’iscrizione (l. 8) vd. supra in apparato critico al testo epigrafico. Schönbauer, Drei interessante Inschriften 1965, 112, accoglieva un’ipotesi di Seston; Marotta, Ulpiano e l’impero, II 2004, 40–42, partic. n. 82, riporta le osservazioni di Letta e Camodeca e, riguardo all’ipotesi di Keil e Maresch, commenta (n. 82): «In tal modo il consiglio impartito dal governatore agli Efesii potrebbe riferirsi a tutti i libri de officio raccolti nel suo archivio in almeno quattro capsae». I primi editori (ἐν τοῖς Δη ὀφφι[κιις παρ’]) supposero giustamente che nelle lettere ΔΗΟΦΦΙ[- - -] si celasse un calco dal latino, da loro inteso nel senso di un titolo complessivo generico (de officiis). Seston e Schönbauer (ἐν τοῖς Δη ὀφφ´ [προκοσ´ ἐπ’]) immaginarono invece che il titolo latino, più specifico, de off(icio) proco(n)s(ulis), fosse stato abbreviato secondo la prassi delle fonti giuridiche (Fragm. Vat. 119: Ulp. l. II, de off. procos.), ma tale ipotesi urta con l’effettiva presenza di un iota (ὀφφι[- - -] secondo l’editio princeps, ὀφφι¢κ¢[ι- - - -] nell’attuale lettura migliorata di Feissel). Letta (ἐν τοῖς δη ὀφφι[κίῳ βιβλίοις]) ha proposto di restituire il titolo generico de officio e ha correttamente individuato il necessario sostantivo βιβλίοις, introdotto dall’articolo plurale τοῖς. Camodeca (ἐν τοῖς δη ὀφφι[κίῳ προκ´ (i. e. proc(onsulis)) sive ἀνθ(υπάτου) βιβλίοις]) ha inteso restituire, più puntualmente, il titolo de officio proconsulis, ma l’integrazione risulta eccedente rispetto allo spazio disponibile in lacuna. Anche l’ipotesi di Marotta (ἐν τοῖς δη ὀφφι[κίῳ βιβλίοις ἐπ’]) non pare compatibile con lo spazio della lacuna, come ha osservato pure Kantor, Knowledge of Law 2009, 252. Per le osservazioni sulla costruzione del dativo d’agente e sulla percezione del titolo latino da parte di un ascoltatore ellenofono e la sua resa greca in forma di calco sono sinceramente debitore nei confronti delle acute considerazioni di Feissel.

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c) ll. 9–10: [- - - καὶ τὰ] | ἐκ τῶν δογμάτων τῆς ἱερᾶς συν̬κλήτου με¢[- ca 18/20 -], «[- - - e le] | cose [- - -] dai decreti (compl. orig.) del santo Senato». La presenza di un participio verbale sostantivato nella prima categoria (τὰ εἰρημένα, participio perfetto da εἴρω/λέγω) lascia ragionevolmente supporre che anche per le altre due categorie si fossero impiegati analoghi participi di tempo storico (perfetto o, al limite, aoristo): nel secondo caso si può ipotizzare (Feissel) τὰ ἐκ τῶν διατάξεων ὡ[ρισμένα? - - -] (participio perfetto da ὀρίζω), «le cose [stabilite?] a partire dalle (divine) disposizioni»; nel terzo caso si potrebbe forse pensare (Filippini) τὰ] | ἐκ τῶν δογμάτων τῆς ἱερᾶς συν̬κλήτου με¢[μερισμένα? - - -] (participio perfetto da μερίζω), «le] | cose [assegnate?] a partire dai decreti del santo Senato». In ogni caso la triplice documentazione doveva innanzi tutto essere portata alla conoscenza della «divinità dei nostri padroni» (l. 7: τῇ θειότητι τῶν δεσποτῶν ἡμῶν): il riferimento ossequioso alla divinitas Dominorum Nostrorum ha fatto giustamente pensare (Seston) a un collegio imperiale dell’epoca del dominato, quindi a Diocleziano e ai Tetrarchi (cfr. infra, cap. X). Dalle ultime righe (ll. 11–13), assai frammentarie, si intuisce che il dignitario avrebbe richiesto alla città di raccogliere e inviargli l’intero dossier, affinché (ἵν¢α¢) egli potesse trasmetterlo (?) alla corte imperiale, ovvero «[- - - alla divinità?] | dei piissimi [nostri padroni - - -]» (ll. 10–12: ἀ]|ποστεῖλαι πρός με ἵν¢α¢ [- - - τῇ ?θειότη]|τι τ¢ῶν εὐσεβε[στάτων ἡμῶν δεσποτῶν - - -]). Si può supporre che, dopo aver ottenuto dagli imperatori la conferma preliminare dei privilegi «originari» di Efeso, già attestati dai succitati δικαιώματα, il dignitario avrebbe probabilmente assunto il dossier efesino agli atti di sua competenza, per procedere alla diorthosis delle azioni legali intentate contro la stessa Efeso. Da questo punto di vista procedurale, non apparirà strano che, in epoca tardoantica (a differenza dell’epoca alto-imperiale), un dignitario quale il governatore di provincia agisse come necessario intermediario (e filtro selettivo) delle richieste inviate dai sudditi provinciali all’imperatore.10 Si ricordi come varie, importanti decisioni imperiali riguardanti la città di Efeso, debitamente registrate dall’epigrafia pubblica di carattere monumentale, si configurassero come rescritti indirizzati ai proconsoli e da questi comunicati agli organismi civici, in forma di lettera imperiale o di editto proconsolare.11 10 Sui governatori tardoantichi si vedano i contributi di vari autori, raccolti in AnTard 6, 1998 (tra cui la sintesi introduttiva di Roueché, The Functions of the Governor 1998), e lo studio complessivo di Slootjes, The Governor and his Subjects 2006. Sul ruolo del governatore come intermediario in epoca tetrarchica vd. Corcoran, The Empire of the Tetrarchs 2000, 234–253; per l’epoca alto-imperiale cfr. Hurlet, Le proconsul et le prince 2006, 202–300. 11 Esempi di lettere inviate dagli imperatori (o dai più alti funzionari imperiali) ai proconsoli d’Asia e quindi «pubblicate» in Efeso sono forniti da IvEphesos 41 (lettera di Costanzo II al dignitario Marinus riguardo al prefetto del pretorio Fl. Philippus, c. a. 351–354: per la datazione di questo documento cfr. ora Ritti, Storia e istituzioni 2017, 645–650); IvEphesos 44 (lettera dei prefetti del pretorio Fl. Tauros Seleukos Kyros, Fl. Petronius Maximus e Fl. Valenti-

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Tra i casi più noti basti menzionare le due lettere di Valente ai proconsoli Eutropius e Festus (IvEphesos 42–43), che riguardavano rispettivamente le modalità di contribuzione imperiale alle spese per il restauro dei monumenti cittadini (a Eutropius: nr. 42) e il rango privilegiato di Efeso tra le quattro metropoleis della provincia Asia in occasione delle cerimonie festive legate all’asiarchia (a Festus: nr. 43, vd. infra, cap. VI).12 Le lettere imperiali, trasmesse alla città dai proconsoli, furono incise su grandi lastre marmoree ed esposte pubblicamente presso il cd. Ottagono, nella parte inferiore dell’Embolos (lato SW), non lontano dalla nostra iscrizione (Ninfeo di Traiano). La Kuretenstraße era infatti lo spazio più rappresentativo per la «pubblicazione» su pietra di documenti ufficiali che attenessero al rango, allo statuto e ai privilegi giuridico-fiscali della civitas efesina – la consapevolezza topografica dei luoghi di esposizione dei documenti giuridici è dunque di grande aiuto, anche in questo caso, per la piena comprensione del significato storico-politico di quei documenti agli occhi della comunità locale.13

nus Georgios Hippasios al proconsole Fl. Heliodoros, c. a. 439–442); IvEphesos 39 (mandata imperiali rivolti a un governatore, VI sec.); IvEphesos 40 (constitutio di Maurizio inviata a un governatore, 11 febbraio 585). Lettere imperiali tardoantiche, spesso assai frammentarie, sono trasmesse dalle iscrizioni IvEphesos 1325, 1326 (?), 1328, 1329, 1330, 1341, 1342 (?), alle quali si aggiungono tre celebri lettere di Giustiniano: IvEphesos 1353 (sul culto efesino dell’apostolo Giovanni, indirizzata probabilmente all’arcivescovo metropolita di Efeso e forse anche al proconsole d’Asia), 4133 A-B (due lettere all’arcivescovo Hypatios). Editti di alti dignitari tardoantichi sono conservati, in forma più o meno frammentaria, dalle iscrizioni IvEphesos 1323+1324 (il proconsole Fl. Marianus Michael Gabriel Ioannes Theodoros Iulianus Theodoros Marinus Athanasios, epoca giustinianea), 1333 (?), 1336 (il proconsole Fl. Ioannes), 1337 (un governatore?), 1339 (il proconsole Ioannes?), 1340 (un prefetto del pretorio?), 1345 (un prefetto del pretorio, tale Arkadios, e/o un proconsole?), 1352 (il proconsole Fl. A[x]ios Arkadios Phlegetios, V–VI sec.). 12 Lettera di Valentiniano, Valente e Graziano al proconsole Eutropius (a. 371/372): IvEphesos 42; vd. Chastagnol, Le législation sur les biens des villes 1986 [1994]. Lettera di Valentiniano, Valente e Graziano al proconsole Festus (c. a. 372–375, prob. 372): IvEphesos 43; vd. Cecconi, Governo imperiale 1994, 94–95; Filippini, Fossili e contraddizioni 2016, 439–442. Eutropius: PLRE I, E. 2. Festus: PLRE I, F. 3. Si noti come entrambi i personaggi ricoprirono dapprima l’incarico di magister memoriae per Valente, composero quindi un breviario di storia romana dedicato al medesimo imperatore (c. a. 369), ottennero infine, in diretta successione, il proconsolato d’Asia (Eutropius 371/372, Festus 372–378). 13 Embolos in epoca imperiale e tardoantica: Thür, The Processional Way in Ephesos 1995; Halfmann, Städtebau und Bauherren 2001, 27–32, 64–75, 87–90; Roueché, The Kuretenstraße 2009. Sulla topografia urbana come chiave di interpretazione di alcuni casi di pubblicazione epigrafica monumentale vd. Feissel, Épigraphie administrative 1999.

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I. IvEphesos 217: lettera di un alto dignitario sulla προεδρία di Efeso

Risultati La lettera del dignitario (IvEphesos 217), con ogni probabilità il governatore (proconsul Asiae), pur essendo acefala e lacunosa, offre quattro elementi di primaria importanza (la citazione di Ulpiano, la prohedria di Efeso e il suo rango di metropolis, la diorthosis), dai quali potrà proseguire l’indagine: a) il rimando al trattato de officio (proconsulis) di Ulpiano (vd. infra, cap. II), che rinvierà a sua volta ai rapporti tra Efeso e Caracalla (cap. III); b) la condizione giuridico-sacrale di Efeso in quanto μητρόπολις d’Asia (nonché, si aggiunga, città più volte νεωκόρος: capp. IV–VI), in competizione con altre metropoleis asianiche per il «primato» provinciale (τὰ πρωτεῖα: capp. VII–VIII); c) la «presidenza» (προεδρία) di Efeso all’interno del koinon d’Asia (cap. IX), che si dice essere stata assegnata «fin dal principio» (ἐξ ἀρχῆς) alla città (cap. X); d) l’opera di διόρθωσις, nella quale andrà attribuito un ruolo primario al dignitario scrivente, probabilmente un personaggio che, in epoca dioclezianea, cumulasse gli incarichi di corrector e proconsul Asiae (capp. X–XI).

II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

Schönbauer e Millar hanno opportunamente notato come il riferimento alla prohedria efesina trovi un significativo termine di paragone in un passo del libro I de officio proconsulis:14 D. 1.16.4: Idem (scil. Ulpianus) libro primo de officio proconsulis. 1.16.4.5: Ingressum etiam hoc eum observare oportet, ut per eam partem provinciam ingrediatur, per quam ingredi moris est, et quas Graeci ἐπιδημίας appellant sive κατάπλουν observare, in quam primum civitatem veniat vel applicet: magni enim facient provinciales servari sibi consuetudinem istam et huiusmodi praerogativas. quaedam provinciae etiam hoc habent, ut per mare in eam provinciam proconsul veniat, ut Asia, scilicet usque adeo, ut imperator noster Antoninus Augustus ad desideria Asianorum rescripsit proconsuli necessitatem impositam per mare Asiam applicare καὶ τῶν μητροπόλεων Ἔφεσον primam attingere. Trad. Watson, The Digest 1985, I, 33: «He [i. e. the proconsul] must observe this point in making his entry, that he enters by that part of the province where such entries are customarily made, and that he pays attention to what the Greeks call epidemiae (stopping-off places) or kataplous (port of entry), whatever be the civitas to which he first comes or at which he first lands. The provincials set a high value on fidelity to that custom and to prerogatives of this kind. Some provinces even have it that the proconsul should come by sea. For example, the province of Asia, indeed carries it to this length that the present Emperor Antoninus Augustus on the entreaties of the Asians gave out a rescript imposing a requirement on the proconsul that he proceed to Asia by sea and that he land at Ephesus first of all the metropolitan centers».

14 Schönbauer, Drei interessante Inschriften 1965, 111; Millar, The Emperor 1977, 392, n. 41.

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Trattando dell’ingresso del proconsul nella provincia a lui assegnata, ovvero dell’atto con cui un governatore designato entrava formalmente in carica, e delle modalità e dei luoghi particolari di tale ingresso, che i Greci chiamavano ἐπιδημία o κατάπλους (termini chiosati da Krüger come adventus e appulsum), Ulpiano riteneva che fosse necessario osservare le specifiche consuetudini locali, a cui i provinciali erano molto legati. Il governatore avrebbe dovuto innanzi tutto recarsi o sbarcare in una certa città piuttosto che nelle altre e, in alcune province, approdare per mare. Era questo, ad esempio, il caso dell’Asia, come risultava attestato da un rescritto dell’imperator noster Antoninus Augustus (Caracalla) ad desideria Asianorum, ovvero in risposta a una petizione del koinon dei Greci d’Asia (Asiani): secondo il rescritto imperiale il proconsole doveva necessariamente arrivare per mare e toccare, tra le metropoleis, per prima Efeso. Si osservi come Ulpiano qui sintetizzasse, facendone una parafrasi in latino (salvo però conservare un breve passaggio in greco: καὶ τῶν μητροπόλεων Ἔφεσον), un rescritto che era stato redatto originariamente in lingua greca (ovvero per mano del segretario ab epistulis Graecis: vd. infra) per essere inviato, sotto forma di lettera di risposta, al koinon d’Asia. Termine di paragone non significa identità: la «presidenza» (prohedria) di Efeso e il suo privilegio di essere la prima metropolis ad accogliere il proconsole erano due aspetti distinti ma derivanti dalla medesima posizione di preminenza (che definiremo «primato», in greco τὰ πρωτεῖα), esercitata dalla città in seno al koinon provinciale. Pare inoltre significativo che di entrambi questi aspetti rendesse conto Ulpiano nel de officio proconsulis, dimostrando uno spiccato interesse per le non facili relazioni tra autorità romana e città provinciali e tra le varie città all’interno di un koinon. Come è noto, Efeso fu sempre, ossia sin dalle origini della provincia Asia (cfr. l. 3: ἐξ ἀρχῆς), la capitale amministrativa provinciale (caput provinciae) – per questo ruolo non venne infatti prescelta Pergamo, l’antica capitale del regno attalide, ma il grande porto commerciale sull’Egeo. Da allora Efeso ospitava la sede del proconsole, il suo officium, e potrebbe dunque sembrare naturale che il governatore si insediasse ufficialmente nel caput provinciae, ma questa prerogativa efesina rispetto alle altre città non doveva essere un fatto scontato. Che il nuovo governatore mettesse piede in provincia sbarcando a Efeso anziché altrove, comportava il fatto che proprio in quella città egli avrebbe ricevuto il primo saluto ufficiale da parte delle autorità locali, non soltanto dai magistrati efesini, ma soprattutto dai dignitari federali che rappresentavano il koinon dei Greci d’Asia.15 L’arrivo del proconsole doveva quindi costituire un evento di primaria importanza nel calendario annuale del koinon ed è degno di nota che esso si svolgesse sempre a Efeso (perlomeno dall’epoca di Caracalla in poi), mentre una rotazione prestabilita determinava, di volta in volta, le sedi delle periodiche assemblee fe15 Efeso capitale provinciale d’Asia: Haensch, Capita provinciarum 1997, 298–321, partic. 312– 315. Accoglienza ufficiale del governatore: Marotta, Ulpiano e l’impero, II 2004, 71–78.

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derali, che erano almeno due all’anno. Quella estiva (agosto-settembre), la più prestigiosa, si teneva in stretto anticipo o in concomitanza con l’inizio dell’anno asianico (1° giorno del mese Kaisarios, ossia il 23 settembre, genetliaco di Augusto, a partire dalla riforma del calendario provinciale del 9 a. C.) e aveva sede, a turno, nelle sole «Tre Grandi» (Pergamo, Smirne, Efeso). L’assemblea invernale (gennaio-febbraio) si teneva invece, secondo un diverso ciclo periodico, in tutte le nove città aventi diritto (Pergamo, Smirne, Efeso, Sardi, Cizico, Laodicea, Mileto, Tralle, Philadelphia).16 Insomma, il koinon d’Asia si riuniva due volte l’anno in città sempre diverse, ma una volta l’anno, nella sola Efeso, omaggiava il nuovo proconsole inviato dal Senato di Roma. Il privilegio di accogliere ufficialmente il governatore doveva essere stato messo in discussione, in sede di koinon, da un’altra città, concorrente di Efeso, che fosse anch’essa attrezzata come un grande scalo portuale e soprattutto godesse del rango di metropolis d’Asia: all’epoca di Caracalla solo Smirne e Cizico, con i loro porti sull’Egeo e sulla Propontide, soddisfacevano entrambe le condizioni, ma le due avevano un peso politico (determinato da titoli, rango, privilegi) assai differente nella gerarchia interna del koinon – la metropolis che pretendeva di scalzare Efeso nella sua prerogativa non poteva essere che l’acerrima sua rivale, Smirne (vd. infra, cap. VI). Tuttavia il privilegio efesino fu sostenuto dal koinon stesso e confermato dal rescritto di Caracalla agli Asiani (τῶν μητροπόλεων Ἔφεσον primam attingere): esso rappresentava pertanto un aspetto fondamentale e assai evidente del «primato» efesino, ma non per questo lo esauriva del tutto. Il concetto complessivo di primato (τὰ πρωτεῖα: vd. infra, cap. VII), nel quale dovevano rientrare sia il privilegio di essere la prima metropolis visitata dal proconsole, sia la prohedria citata nella lettera del dignitario agli Efesini (e forse in un altro rescritto di Caracalla al medesimo koinon: vd. infra, cap. III), era ancora più ampio e variegato: il primato dipendeva infatti dall’interazione di vari fattori e la sua chiave d’interpretazione dovrà cercarsi nelle intricate dinamiche di competizione tra le diverse poleis o, meglio, tra le metropoleis d’Asia. Vorremmo inoltre poter datare e contestualizzare più precisamente questo rescritto di Caracalla e la relativa petizione del koinon d’Asia, che confermavano in termini incontrovertibili uno dei caposaldi del «primato» di Efeso e ponevano

16 Città sedi di assemblee del koinon d’Asia e giochi federali (κοινὰ Ἀσίας): Moretti, Κοινὰ Ἀσίας 1954/1990; Behr, Studies on the Biography 1994, 1213–1217; Guerber, Les cités grecques 2009, 144–148. Queste sintetiche osservazioni sulle due assemblee federali annuali della provincia Asia (a Behr si deve l’importante intuizione che esse fossero due anziché una sola, a Moretti l’analisi critica di quali città ospitassero i giochi federali connessi alle assemblee) preludono a uno studio più approfondito sull’argomento, che si spera di poter condurre prossimamente.

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l’accento sulla sua condizione di metropolis (come pure avrebbe fatto, in epoca successiva, la lettera del dignitario agli Efesini). In linea generale, come è a tutti noto, la vastissima gamma di trattati giuridici ulpianei fu composta sotto Caracalla: in essi si fa infatti costante riferimento ad Antoninus Augustus come all’imperator noster e anche il de officio proconsulis rientra in questa generica forcella (212–217).17 Nel caso specifico del rescritto ad desideria Asianorum Ulpiano non offre dati espliciti per una datazione più circostanziata e dovremo procedere per altri confronti paralleli, cercando elementi di riferimento cronologico nella storia delle titolature e delle contese tra le città asianiche: anticipiamo qui che un’analisi dettagliata su questa materia (vd. infra, cap. V) consentirà di porre il rescritto di Caracalla negli anni 215–217, probabilmente nel 216, quando Smirne ottenne finalmente il rango di metropolis. * D’altra parte, a latere della questione cronologica, sarebbe di importanza primaria chiarire che ruolo specifico avesse Ulpiano nel momento in cui componeva il de officio proconsulis (c. a. 212–217 o, meglio, 215–217) e citava tale rescritto imperiale: ripercorrere la carriera equestre del giurista nella sua fase procuratoria (da collocarsi all’interno della forcella 211–221), precedente alle grandi prefetture dell’annona e del pretorio (c. a. 222–223), può rivelarsi assai utile per inquadrare storicamente la controversia giuridica del primato di Efeso. In questa sede si ipotizzerà infine che lo stesso Ulpiano, negli anni cruciali del rescritto ad desideria Asianorum, si trovasse alla corte di Caracalla come segretario a libellis (c. a. 213–217: vd. infra). Innanzi tutto occorre porsi la domanda preliminare per qualsiasi tipo di ricostruzione prosopografica: quali fonti apportano dati utili sulla carriera del personaggio? Nel caso di Ulpiano (come pure di altri giuristi famosi, quali Papiniano e Paolo), in particolare per la fase procuratoria, il necessario punto di partenza sono e restano le fonti letterarie tardoantiche, specialmente quelle della seconda metà del IV sec. (o dell’inizio del V sec.), ossia i breviari di Aurelio Vittore, Eutropio e Festo e soprattutto l’Historia Augusta. Sono queste le uniche fonti a fornire un quadro biografico, più o meno organico, che vada al di là dei semplici accenni delle fonti precedenti (Cassio Dione, Modestino, forse Ateneo; ovviamente i pochi riferimenti autobiografici di Ulpiano stesso e le costituzioni di Severo Alessandro; Lat17 La datazione del de officio proconsulis deve porsi tra l’11 luglio 212 (almeno per quanto riguarda il libro III del trattato) e l’8 aprile 217 (morte di Caracalla). L’ipotesi di Honoré, Ulpian 20022, 189, che ha inteso restringere la forcella cronologica al solo anno 213 sulla base del confronto con il trattato ad edictum (ipotesi accolta dalla Heller, Titulatures de cités 2006, 285, con varie conseguenze sulla datazione dei documenti epigrafici: vd. infra, n. 47), dovrà essere respinta: cfr. le osservazioni in merito di Dario Mantovani e Marotta riportate da quest’ultimo, Ulpiano e l’impero, II 2004, 11–13, n. 1.

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tanzio); queste ultime aggiungono nondimeno importanti elementi ricostruttivi per la successiva fase prefettizia, al pari di alcune fonti seriori (Zosimo) e della documentazione papirologica ed epigrafica. Ancor oggi, come al tempo dei grandi maestri degli studi prosopografici, quali Arthur Stein (PIR2, D 169), Hans-Georg Pflaum (CPE 294) e Ronald Syme, lo studioso interessato agli inizi della carriera equestre di Ulpiano deve affrontare, innanzi tutto, l’Historia Augusta, con la serena consapevolezza dei vari problemi specifici posti da quest’opera sorprendente (un campo di studi che, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, ha goduto di un notevolissimo incremento: basti pensare alla lunga serie di HA Colloquia), ma senza lasciarsene scoraggiare in maniera pregiudiziale. Soltanto in un secondo momento, dopo aver vagliato le fonti primarie, dovrebbe passare a confrontarsi con le ingegnose proposte interpretative avanzate, dagli anni Settanta in poi, da un meritevole specialista dell’opera ulpianea, Tony Honoré. Proposte che, secondo il recente, autorevole parere di Michel Christol (2016), hanno segnato un vero e proprio spartiacque nella storia degli studi. Grazie all’Historia Augusta possiamo dunque asserire, come è ben noto, che l’attività giurisprudenziale di Domitius Ulpianus (o Cn. Domitius Annius Ulpianus, se si accetta di riconoscere il giurista nel personaggio registrato da una fistula plumbea) si colloca inizialmente sotto il regno di Settimio Severo e Caracalla, quando egli, insieme al collega Iulius Paulus, fu assessor del prefetto del pretorio Aemilius Papinianus.18 Quest’ultimo era il giurista più illustre della sua epoca: già discepolo di Cervidius Scaevola, era stato advocatus fisci sotto Marco Aurelio (forse dopo lo stesso Settimio Severo, suo parente, ma tale notizia è controversa), poi assessor dei prefetti del pretorio in epoca marciano-commodiana, quindi segretario a libellis nei primi anni di Severo (c. a. 194–199), infine divenne praefectus praetorio (205–211), insieme al collega Q. Maecius Laetus, dopo la caduta del potente prefetto C. Fulvius Plautianus (PPO 197–205). Tra il segretariato e la prefettura pretoriana (c. a. 199–205) è ve18 Aemilius Papinianus: PIR2, A 388; CPE 220; Kunkel, Herkunft 1952, 224–229, nr. 56; Giuffrè, Papiniano 1976; Crifò, Ulpiano 1976, 748–752; Magioncalda, Un giurista 2000; Carboni, La parola scritta 2017, 80–81. L’uccisione di Geta era stata posta, nella storia degli studi, tra il dicembre 211 e il febbraio 212, ma acquisizioni epigrafiche recenti hanno permesso di restringere la forcella al solo dicembre 211: cfr. Kienast, Eck, Heil, Römische Kaisertabelle 2017, 160. Domitius Ulpianus: PIR2, D 169; CPE 294; Kunkel, Herkunft 1952, 245–254, nr. 68; Crifò, Ulpiano 1976; Liebs, Zur Lauf bahn Ulpians 1987; Honoré, Ulpian 2002, partic. 7–36; Millar, Ulpian 2002; Carboni, La parola scritta 2017, 85–86. Cn. Domitius Annius Ulpianus: PIR2, D 132; cfr. la fistula della villa di Castrum Novum (Santa Marinella, Roma): CIL XI, 3587; EDR141282 (C. Slavich 2014). Iulius Paulus: PIR2, I 453; CPE 314; Kunkel, Herkunft 1952, 244–245, nr. 67; Maschi, Iulius Paulus 1976. Sulle carriere dei giuristi severiani vd. Syme, Three Jurists 1970; Marcone, La prosopografia 2004. In particolare sulle prefetture del pretorio dei giuristi vd. Howe, The Pretorian Prefect 1942, 71–72, nr. 22 (Papinianus); 75–76, nr. 36 (Ulpianus); 90, nr. 5 (?Paulus); 100–106 (morte di Ulpiano e presunta prefettura di Paolo).

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rosimile che Papiniano avesse ricoperto una prefettura di alto profilo, dell’annona o dei vigili, dalla quale solitamente i funzionari più fortunati assurgevano a quella del pretorio o d’Egitto. Si è anche supposto che, intorno al 200, avesse ricoperto l’incarico a memoria. Subito dopo l’uccisione di Geta, avvenuta nel dicembre 211, il prefetto Papiniano, riluttante a giustificare il delitto di Caracalla, venne destituito e mandato a morte, come molti altri personaggi di rilievo dell’entourage imperiale (tra cui il sofista e senatore Aelius Antipatros, già precettore dei figli di Severo e segretario ab epistulis Graecis, l’erudito Serenus Sammonicus etc.). Cosa avvenne allora dei giovani assessores prefettizii, Ulpiano e Paolo? A quanto pare, essi proseguirono con successo nella loro carriera equestre, forse dopo un breve intervallo di allontanamento dall’amministrazione imperiale. I due giuristi furono dunque coetanei e forse rivali (è parsa infatti curiosa la mancanza pressoché totale di citazioni reciproche nelle loro opere esegetiche, pur documentatissime). Non sembra casuale lo stretto parallelismo istituito tra le carriere di Ulpiano e Paolo dal redattore della Historia Augusta nelle biografie di Pescennio Nigro, Elagabalo e Severo Alessandro: tali notizie non andranno liquidate sbrigativamente ma considerate con la più grande attenzione, sebbene l’attendibilità delle tre biografie sia stata talora messa in discussione (specialmente per quanto riguarda la Vita Nigri [Hasebroek 1916, cfr. Mayer i Olivé 2017]). Le fonti meritano di essere analizzate da vicino: 1)

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HA, Nigr. 7.3–4 Hohl: Deinde ne novi ad regendam rem p. accederent praeter militares administrationes, intimavit (scil. Niger), ut assessores, in quibus provinciis adsedissent, in his administrarent. Quod postea Severus et deinceps multi tenuerunt, ut probant Pauli et Ulpiani praefecturae, qui Papiniano in consilio fuerunt ac postea, cum unus ad memoriam, alter ad libellos paruisset, statim praefecti facti sunt. HA, Hel. 16.4 Hohl: Removit (scil. Helagabalus) et Ulpianum iuris consultum ut bonum virum et Silvinum rhetorem, quem magistrum Caesaris (scil. Alexandri) fecerat. Et Silvinus quidem occisus est, Ulpianus vero reservatus. cfr. Aur. Vict. Caes. 24.6 Dufraigne: Adhuc Domitium Ulpianum, quem Heliogabalus praetorianis praefecerat, eodem honore retinens Paulloque inter exordia patriae reddito, iuris auctoribus, quantus erga optimos atque aequi studio esset, edocuit (scil. Alexander). HA, Alex. 26.5–6 Hohl: Paulum et Ulpianum in magno honore habuit (scil. Alexander), quos praefectos ab Heliogabalo alii dicunt factos, alii ab ipso – nam et consiliarius Alexandri et magister scrinii Ulpianus fuisse perhibetur –, qui tamen ambo assessores Papiniani fuisse dicuntur. cfr. Eutrop. 8.23 Hellegouarc’h: Adsessorem habuit (scil. Alexander) vel scrinii magistrum Ulpianum, iuris conditorem. cfr. Fest. 22.1 Arnaud-Lindet: Hic Alexander scriniorum magistrum habuit Ulpianum iuris consultorem.

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Nella Vita Nigri (testo 1) si attribuisce a Pescennio il proposito di mantenere alto il livello qualitativo dell’amministrazione imperiale e quindi la decisione di far procedere gli assessores nella carriera amministrativa soltanto nelle province in cui avessero già prestato servizio (ut assessores, in quibus provinciis adsedissent, in his administrarent). Si aggiunge che tale principio sarebbe stato conservato da Severo e dai suoi successori, come sarebbe dimostrato dal fatto che Paolo e Ulpiano, già in servizio presso il consilium di Papiniano, allora prefetto del pretorio, avrebbero tenuto in seguito, rispettivamente, le cariche di a memoria e di a libellis, quindi essi stessi sarebbero divenuti direttamente (statim, ossia subito dopo tali incarichi procuratorii, senza altre tappe intermedie) prefetti del pretorio. L’Historia Augusta prospetta pertanto tale progressione di carriera: Paolo e Ulpiano, da assessores (un incarico di salario sessagenario) del prefetto del pretorio, sarebbero divenuti direttori di due segretariati palatini (a memoria e a libellis, incarichi procuratorii di salario ducenario), infine prefetti del pretorio essi stessi. Sul fatto che Paolo fosse stato realmente assessor di Papiniano durante la prefettura pretoriana (databile precisamente agli anni 205–211) non paiono esservi dubbi: lo testimonia lo stesso giurista in due brani trasmessi dai Digesta (D. 12.1.40 e 29.2.97). E non si vedono seri motivi di dubitare che anche Ulpiano fosse stato parimenti assessor prefettizio in quegli stessi anni. La tappa successiva, ossia i segretariati palatini, dovrebbe datarsi dopo il dicembre 211 (rimozione di Papiniano) ed è chiaramente di cruciale importanza per comprendere lo sviluppo procuratorio, in senso stretto, delle carriere equestri dei due giuristi. Prima di valutare l’attendibilità della notizia, si ricordi come il segretario a memoria fosse incaricato della custodia dei documenti d’archivio riguardanti il principe, mentre l’a libellis partecipasse alle sedute del consilium principis in cui venivano discusse le richieste (libelli) di carattere tecnico-giuridico sottoposte all’imperatore da privati, e, tenendo conto dei pareri espressi dagli alti funzionari (in primis dai prefetti del pretorio), dai comites e dai consiliarii, redigesse le risposte ufficiali (responsa) a nome dell’imperatore. Erano dunque incarichi che, al pari dell’a cognitionibus (addetto all’istruzione dei processi del tribunale imperiale), si confacevano particolarmente alla formazione tecnica di un giurista, mentre altri segretariati, come l’a studiis (preparazione della documentazione d’archivio necessaria alle risposte imperiali), i due ab epistulis, Graecis e Latinis (cancelleria imperiale nelle due lingue), e i due a declamationibus, anch’essi Graecis e Latinis (stesura dei discorsi ufficiali), erano tendenzialmente assegnati a uomini di cultura letteraria, retori e litterati (basti pensare a Svetonio, che fu in sequenza a studiis, a bibliothecis, ab epistulis), sebbene non mancassero casi di personaggi versatili, passati agilmente da una categoria all’altra.19 19 Sui procuratori equestri incaricati dei segretariati palatini vd. Pflaum, Les procurateurs équestres 1950, passim; CPE, passim; cfr. Jacques, Scheid, Roma 1990/1992, 131–136; Eck, Die Verwaltung II, 1997, 67–106. In particolare sugli ab epistulis e a libellis di epoca adrianea, anto-

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Sulla (presunta) inattendibilità dell’HA in merito a questi dati prosopografici pare esemplificativa la posizione di scetticismo adottata cautamente da Pflaum (1960), la quale potrà essere utilmente messa a confronto con una puntuale, per quanto prudente, osservazione di Kunkel (1952): Pflaum, CPE II, 764–765: «Un texte tiré de la vita Nigri nous apprend ensuite qu’Ulpien aurait été a libellis sous Caracalla. Mais ce témoignage, pour plausible qu’il soit, ne saurait être retenu, car il est démontré [ J. Hasebroek 1916] que cette biographie n’est qu’un faux et n’a par conséquent aucune valeur historique. La fortune d’Ulpien ne date en vérité que de l’avènement de Sévère-Alexandre». Kunkel, Herkunft 1952, 246: «Vielleicht fällt das freilich nicht ganz sicher für ihn [scil. Ulpianus] bezeugte Amt a libellis noch in die Regierungszeit des Caracalla».

Ora, la notizia dell’HA può essere messa in dubbio per quanto riguarda l’attribuzione di alcuni intenti politici al controverso personaggio di Nigro (nel caso della Vita Nigri, come per le altre cosiddette Nebenviten, l’anonimo biografo non poteva peraltro basarsi, se non in maniera collaterale, sulla raccolta biografica di Marius Maximus), ma risulta credibile (plausible, a detta dello stesso Pflaum) per le note aggiuntive sui giuristi severiani, qui presentate come un dato di fatto probante. In realtà le circospette cautele di Pflaum (che, si ricordi, componeva le monumentali CPE negli anni Quaranta) e Kunkel derivavano dalla posizione ipercritica di primo Novecento (Hasebroek) e risentivano di un clima di tendenziale sfiducia nei confronti della HA, allora abbastanza diffuso. Quanto alla cronologia dell’eventuale incarico i due studiosi convergevano però significativamente sull’epoca di Caracalla. Entrando nel merito del problema, l’informazione incidentale del biografo sui giuristi si rivela imprecisa soltanto nell’ipotizzare una progressione diretta (statim) di carriera dai segretariati palatini alla prefettura pretoriana: nel caso di Ulpiano conosciamo infatti almeno una carica intermedia, la prefettura dell’annona; per Paolo non disponiamo invece di altri dati. E nondimeno l’HA registra alcune tappe, del tutto verosimili, di un cursus equestre compatibile con la carriera professionale di due giuristi insigni, che possono essere paragonati allo stesso Papiniano (anch’egli assessor prefettizio, segretario a libellis, prefetto del pretorio): sembra dunque assolutamente plausibile che essi avessero rivestito gli incarichi a memoria e a libellis nella prima epoca severiana.20 nina e severiana si veda il recente studio di Carboni, La parola scritta 2017 (con prosopografia dei segretari, analisi dei documenti e ricostruzione della procedura di lavoro degli officia), partic. 75–94 per i segretari dei Severi. Sugli a memoria vd. Peachin, The Office of the Memory 1989. Sugli a studiis vd. van’t Dack, A studiis 1963. 20 Si osservi come le notizie sui giuristi si innestino nella Vita Nigri come elementi esterni, provenienti da un’altra tradizione, che pare affidabile. Sul profilo storico-letterario del bio-

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In particolare, per le ragioni discusse di seguito, si preferirà porre il segretariato di Ulpiano, successivo al suo assessorato prefettizio (c. a. 205–211), sotto Caracalla unico Augusto (all’interno della forcella 212–217) piuttosto che in altre fasi (sotto il solo Severo, 193–197; Severo e Caracalla, 198–209; Severo, Caracalla e Geta, 209 –feb. 211; Caracalla e Geta, feb.-dic. 211; Elagabalo, 218–222; sotto il Cesare Alessandro, 221–222), come hanno talora sostenuto vari studiosi (cfr. supra, n. 18). Sebbene l’assessorato ulpianeo presso Papiniano potrebbe, in linea teorica, essersi concluso prima del dicembre 211 (ossia prima della fine della prefettura di Papiniano: sarebbe questa un’eventualità possibile, per quanto improbabile), vi è un elemento significativo a sostegno dell’idea che il segretariato a libellis di Ulpiano debba, in ogni caso, collocarsi dopo il 211 e anzi dopo l’inizio del regno di Caracalla (c. a. 212). Nel libro XI del trattato ad edictum, che sarebbe stato composto nel 213 (Honoré), il nostro autore ricordava infatti di aver operato precedentemente (ma pur sempre sotto l’imperator noster Caracalla) come assessor di un pretore: D. 4.2.9: Ulpianus libro undecimo ad edictum. D. 4.2.9.3: … sed ex facto scio, cum Campani metu cuidam illato extorsissent cautionem pollicitationis, rescriptum esse ab imperatore nostro posse eum a praetore in integrum postulare, et praetorem me adsidente interlocutum esse, ut sive actione vellet adversus Campanos experiri, esse propositam, sive exceptione adversus petentes, non deesse exceptionem.

L’assistenza legale (me adsidente) al pretore dovrebbe logicamente datarsi c. a. 212– 213, ovviamente dopo la caduta di Papiniano (dic. 211) e la conclusione del servizio quale assessor prefettizio. Essa sembra d’altra parte ascrivibile a una fase transitoria (un «intervallo» nella carriera amministrativa imperiale), che precede l’importante nomina procuratoria a segretario a libellis; non è invece possibile dire se egli tenesse già tale segretariato mentre scriveva il libro XI dell’ad edictum nel 213, ma questa eventualità non può escludersi. La promozione di Ulpiano a corte, al pari della chiamata, forse coeva, di Paolo al segretariato a memoria, sarebbe dunque avvenuta sotto Caracalla, in un momento successivo all’assessorato presso il pretore, momento che rimane tuttavia imprecisato (c. a. 213–217). Riconoscere la validità della notizia dell’HA sui segretariati di Ulpiano e Paolo induce pertanto a ritenere che i trattati ulpianei (o perlomeno alcuni di essi) fossero stati composti mentre il giurista era personalmente al fianco dell’imperatore quale responsabile del segretariato a libellis e quindi, a maggior ragione, come membro effettivo e permanente del consilium principis. Tale ricostruzione prosopografica prospetta delle conseguenze niente affatto secondarie: Ulpiano, in quanto segretario palatino, avrebbe avuto diretto accesso agli archivi imperiali e la puntuale conoscenza di molti rescritti, da lui citati nei grafo Marius Maximus vd. Birley, Marius Maximus 1997; cfr. infra, nn. 58, 93.

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trattati (come il rescritto ad desideria Asianorum nel de officio proconsulis), gli sarebbe derivata dalla continua vicinanza al princeps e ai suoi più stretti collaboratori (e nel caso delle risposte ai libelli, dal fatto di averle redatte lui stesso). Come si potrebbe circoscrivere la cronologia degli incarichi procuratorii dei due giuristi? Rispetto a Paolo si può richiamare a confronto l’incarico del liberto Marcius Festus, attestato come [a cubiculo?] et a memoria di Caracalla e morto a Ilio nell’autunno 214 (vd. infra): Paolo avrà dunque rivestito il segretariato a memoria prima di Festus (c. a. 212–214) oppure, più verosimilmente, dopo di lui (c. a. 214–217). Si noti peraltro il passaggio del segretariato da un fidato cortigiano di condizione libertina (un liberto «imperiale» in senso lato) a un giurista dell’ordine equestre.21 Per quanto riguarda Ulpiano, solo un altro personaggio è attestato espressamente come a libellis di Caracalla: si tratta di Ofellius Theodoros, sottoscrittore del rescritto imperiale agli abitanti di Takina, che può datarsi c. a. 212–213 (ossia nel periodo in cui, si ricordi, Ulpiano era probabilmente assessor del pretore). Costui è stato peraltro identificato con M. Ulpius Ofellius Theodoros, legato imperiale di Cappadocia sotto Elagabalo (c. a. 219–221): bisogna dunque suppore che il fortunato cavaliere fosse stato adlectus in Senatum tra il regno di Caracalla e quello di Elagabalo. Sembra invece assai incerto che il giurista Arrius Menandros, ricordato dallo stesso Ulpiano come consiliarius dell’imperatore, fosse stato segretario a libellis tra il 212 e il 213, come ha ipotizzato Honoré (vd. infra): in realtà non vi è alcun elemento a sostegno dell’idea che costui, oltre che membro del consilium principis quale esperto di diritto militare, fosse stato anche a libellis. Menandros andrà dunque escluso dalla lista dei segretari per mancanza di testimonianze esplicite in merito.22 Come è evidente, dopo aver esaminato le fonti letterarie, occorre toccare una questione che attiene all’interpretazione delle fonti giuridiche, ovvero il metodo di Tony Honoré: sulla base di un’analisi essenzialmente stilistica dei rescritti imperiali dell’epoca severiana, lo studioso ha proposto di individuare le mani di diversi estensori (e quindi di vari segretari a libellis), rimasti ovviamente anonimi, per i quali ha però suggerito alcune possibili identificazioni, compresa quella notoria di Ulpiano. Si noti subito una premessa basilare, che potrebbe sembrare scontata: Honoré ha assunto, di necessità, come affidabile la notizia dell’HA sul segretariato 21 Marcius Festus: Herodian. 4.8.4 (morto a Ilio); PIR2, M 234; CPE III, p. 1024. 22 Rescritto di Caracalla a Takina (c. a. 212–213): SEG 37, 1186; Hauken, Petition and Response 1998, 217–243, nr. 6. Il rescritto può datarsi sulla base della titolatura imperiale di Caracalla (ante Oct. 213: assenza del cognomen ex virtute di Germanicus) e della larga diffusione del gentilizio Aurelius (dipendente dalla Constitutio Antoniniana) tra i firmatari della petizione. M. Ulpius Ofellius Theodoros: PIR2, V 839; Carboni, La parola scritta 2017, 83–84; cfr. LP 29.40 (Cappadocia). Arrius Menandros: PIR2, A 1100; Kunkel, Herkunft 1952, 233–234, nr. 59; Carboni, La parola scritta 2017, 81–83.

II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

a libellis di Ulpiano, che costituisce una precondizione fondamentale dell’intera sua ricostruzione. Nondimeno lo studioso, riguardo ai tre differenti periodi da lui individuati entro la biografia ulpianea, formulava tali osservazioni sull’HA: Honoré, Ulpian 1982, 8: «The effect of closer investigation has therefore been to retain the broad picture of three periods but to open up gaps between the first and the second (209–212) and the second and the third (218–222). I have also become convinced that it is impossible to rely on the Historia Augusta to fill in the gaps. How to use this work undoubtedly presents a problem. It can neither be trusted nor wholly discounted. The best approach is probably to fix the course of events in the first instance without regard to what it says. Following Straub, I have assumed that, at least in certain instances, the author had access to legal sources or to reliable information about the law and lawyers. In dealing with such matters his method is often the deliberate distortion of the truth rather than pure invention. At times it would seem that the distortions have a serious purpose».

Per maggiore chiarezza si presenta uno schema della biografia di Ulpiano secondo Honoré (1962; 1982, 2002), recentemente adottato, nelle sue linee essenziali, anche da Millar (2002) e Christol (2016): Honoré, The Severan Lawyers 1962: cronologia

attività di Ulpiano

200–212

segretario a libellis

212–219/220

scrive trattati giuridici, lontano dalla carriera amministrativa

220–228

prefetture dell’annona e del pretorio (morte: 228)

Honoré, Ulpian 1982, 8–46, partic. 21–25 per l’a libellis; 2002, 8–36, partic. 18–22): cronologia

attività di Ulpiano

202–205

1982: segretario a libellis 2002: assistente del segretario a libellis Aelius Coeranus

205–209

segretario a libellis

209–222

lungo periodo di allontanamento dalla carriera amministrativa

209–211

?

212–217

scrive trattati giuridici, lontano dalla carriera amministrativa

218–222

?

222–223

prefetture dell’annona e del pretorio (morte: 223)

L’adozione della ricostruzione cronologica di Honoré – se ne presenterà qui una alternativa – ha indotto Christol a stilare tale bilancio dell’attività amministrativa e giurisprudenziale di Ulpiano:

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II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

Christol, Marius Maximus, Cassius Dion et Ulpien 2016, 459–460 (con evidenziazione in corsivo di alcuni passaggi-chiave): «La carrière d’Ulpien a été marquée par un éloignement de la vie politique, imposé par les détenteurs du pouvoir, même si l’on peut admettre que sous Caracalla son activité d’écriture n’était vraisemblablement pas dictée par de seuls intérêts personnels. La carrière antérieure est plus incertaine, pour les responsabilités assumées et pour la chronologie de leur exercice. Néanmoins, sans qu’il soit nécessaire de revenire sur les assertions des historiens latins tardifs, Aurélius Victor, Festus et Eutrope, puis sur l’Histoire Auguste, nous pouvons tenir pour assuré qu’Ulpien fut secrétaire aux requêts, mais à une date bien antérieure, sous Septime Sévère. Il succéda vraisemblablement à Papinien comme a libellis, vraisemblablement entre 202 et 209. Cette hypothèse de T. Honoré a été maintenue dans tous ses travaux. … Mais il faut admettre qu’un long intervalle sépare le secrétariat aux requêts de la préfecture de l’annone. Tout comme Cassius Dion, Ulpien a parcouru une carrière singulière, qui place lors de l’éloignement du pouvoir la rédaction de ses ouvrages. Ce phase de sa biographie s’achève avec le retour aux affaires en 222. C’est donc la carrière d’un homme de la cour, qui se développa d’abord dans l’ombre de Papinien … Et la fin de Papinien, au moment de l’élimination de Géta (en 211), coïncide avec l’effacement d’Ulpien, sauf si la compilation juridique qu’il rédige entrait dans des préoccupations officielles. Être éloigné des cercles du pouvoir sous Caracalla n’implique pas nécessairement une récupération par Macrin. D’abord parce que l’élévation de ce dernier se produisit en Orient où le nouveau prince dut organiser les cadres de son nouveau pouvoir avec les gens qui accompagnaient l’expédition de Caracalla. Mais pour Ulpien cet éloignement des affaires d’un peu plus de cinq ans [i. e. 212–217] est le moment de la rédaction des ouvrages qui font la réputation du juriste etc.».

Come si evince dagli incisi di Christol sulla possibilità che la vastissima produzione giurisprudenziale ulpianea (c. a. 212–217) avesse una qualche relazione, non di mero interesse privato, con la politica ufficiale di Caracalla, cronologia degli incarichi e alternanza degli eventuali periodi di vicinanza (Honoré: 202–209) o lontananza (Honoré: 209–222, compreso il quinquennio 212–217) dalla corte imperiale giocano un ruolo decisivo nella valutazione della figura del grande giurista. Risulta allora evidente la necessità di verificare la genesi della ricostruzione biografica presentata in Ulpian ed elaborata in stretta concomitanza con l’altro grande lavoro di Honoré, Emperors and Lawyers, in cui lo studioso ha proposto di tracciare la successione dei segretari a libellis grazie all’analisi stilistica dei rescritti imperiali. Si riporta pertanto, in forma ridotta e semplificata, una tabella riassuntiva dei risultati ottenuti, secondo le due edizioni dell’opera (19811, 19942), e si segnalano in grassetto i segretari di maggiore interesse in questa sede:23 23 Honoré, Emperors and Lawyers 1994, 73–114 (epoca severiana), partic. 81–86 (anonimo Nr. 2: Ulpianus?), 88–91 (Nr. 4: Arrius Menander?), 91–95 (Nr. 5: Ofellius Theodorus?). Sulla metodologia adottata da Honoré si vedano le meditate osservazioni di Millar, A New Approach

II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

a libellis

inizio dell’incarico

fine dell’incarico identificazione Honoré

Nr. 1

26 settembre 194

12 febbraio 202

lacuna 202–203

febbraio 202

marzo 203

Nr. 2

5 aprile 203

1 maggio 209

Ulpianus

Nr. 3

15 luglio 209

26 novembre 211

ignoto

Nr. 4

28 dicembre 211

28 luglio 213

Arrius Menander?

Nr. 5

30 luglio 213

22 febbraio 217

1981: ignoto (ma non Aelius Marcianus); 1994: Ofellius Theodorus?

lacuna 217–222

marzo 217

gennaio 222

Nr. 6

3 febbraio 222

1 ottobre 222

autore delle Ulpiani Pandectae?

Nr. 7

15 ottobre 222

27 ottobre 223

1981: autore delle Ulpiani Opiniones?; 1994: ignoto

Nr. 8

28 ottobre 223

1 ottobre 225

Modestinus?

Nr. 9

6 marzo 226

13 agosto 229

ignoto

Papinianus

Tali notevoli risultati suscitano alcune osservazioni: per prima cosa si notino le lacune intercorrenti tra gli anni 202–203 e soprattutto 217–222, che dipendono dall’effettiva carenza di documentazione disponibile (ovvero: non siamo in grado di valutare alcun rescritto di Macrino e quasi nessuno di Elagabalo, giacché non ci sarebbero pervenuti, salvo pochissime eccezioni, in particolare per il febbraio-marzo 222). Secondariamente, si potrebbero formulare alcune obiezioni (come pure è stato fatto da certi recensori) a fronte del metodo interpretativo adottato dallo studioso, in ragione dell’intrinseca soggettività delle valutazioni stilistiche e, ancora, dell’eventuale somiglianza di stile tra diversi autori – ad esempio tra autori ascrivibili a una medesima «scuola» o «corrente», letteraria, giuridica o poetica – e persino della diversità di stile riscontrabile all’interno della produzione letteraria di un singolo autore. Tali obiezioni toccherebbero, di conseguenza, anche la ricostruzione dei fasti dell’ufficio a libellis, che deriva dalla coerente applicazione del metodo stilistico. In terzo luogo però bisogna riconoscere l’utilità dell’intuizione di Honoré, originale, stimolante e feconda, a patto di considerare il criterio stilistico come uno strumento che permetta di affinare e talora correggere le ricostruzioni prosopo1986/2004 (recensione delle prime edizioni dei lavori di Honoré, Emperors and Lawyers 1981 e Ulpian 1982); Corcoran, The Empire of the Tetrarchs 2000, 75–78; cfr. anche Millar, Ulpian 2002, 81; Christol, Marius Maximus, Cassius Dion et Ulpien 2016, 457–460 (su Ulpiano). Riguardo al segretario Nr. 7, Millar, The Dossier of M. Cn. Licinius Rufinus 1999/2004, e Nasti, M. Cn. Licinnius Rufinus 2005, hanno proposto l’identificazione con il giurista M. Cn. Licinius Rufinus.

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II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

grafiche, che devono pur sempre basarsi, primariamente, su un approccio «tradizionale» alle fonti (compresa, senza alcun dubbio, l’Historia Augusta). Si potrà allora passare a considerare alcuni tra gli estensori di rescritti individuati da Honoré: da un lato tra il 5 aprile 203 e il 1 maggio 209 andrebbe collocato un personaggio (Nr. 2), che lo studioso ha inteso identificare col giovane Ulpiano; nella versione più recente della sua ipotesi (1994), ha immaginato che il giurista avesse operato dapprima come semplice assistente (c. a. 203–205) dell’a libellis già attestato per quel periodo, Aelius Koiranos (Coeranus, in carica c. a. 200–205: vd. infra), poi quale segretario a libellis in prima persona (c. a. 205–209). Dall’altro lato un diverso personaggio (Nr. 5) avrebbe ricoperto il segretariato tra il 30 luglio 213 e il 22 febbraio 217: alcuni studiosi hanno ipotizzato che l’anonimo Nr. 5 (c. a. 213–217) fosse Aelius Marcianus (Liebs, sulla base della documentazione giuridica) oppure Ofellius Theodoros (Leunissen, Mourgues, grazie al dossier epigrafico di Takina); questa seconda ipotesi è stata poi accolta dallo stesso Honoré. Si notino anche, a margine, alcune significative oscillazioni nelle valutazioni espresse dallo studioso, in particolare per il personaggio Nr. 7 (c. a. 222–223), dapprima identificato dubitativamente con l’anonimo autore delle Ulpiani Opiniones, quindi riclassificato come ignoto. Tali oscillazioni (si veda anche il caso del Nr. 5 e della sua problematica, seppure tempting, suggestiva identificazione con Aelius Marcianus) non paiono casuali, ma intimamente legate alle specifiche difficoltà di applicazione del metodo stilistico. Per lo stesso Nr. 7 è stata d’altra parte proposta (Millar, Nasti) l’acuta ipotesi di identificazione con il giurista M. Cn. Licinius Rufinus, basata su un fortunato ritrovamento epigrafico (AE 1997, 1425: vd. infra) e sulla sua rigorosa interpretazione in chiave prosopografica. Sul misterioso segretario Nr. 5 Honoré ha peraltro formulato alcune osservazioni che paiono di grande rilevanza: Honoré, Emperors and Lawyers 1994, 91–95: «(91) The next secretary, no.5, likes to invert the normal word-order and in this resembles no.2. … (92) No.5 has in common with no.2, Ulpian, who was at this period [213–217] engaged in composing his monumental survey of Roman law, their inversion of the normal order of main verb and object, predicate, or participle. … (93) Again like no.2 he assumes that the petitioner knows or should know the law that applies to his case, expressing this for example by intellegis or unde intellegis followed by the accusative and infinitive. … (94) No.5’s rescripts are of good quality but a little heavy and pedagogic. … It is tempting to seek to identify no.5 with Aelius Marcianus, a writer best known for his large-scale teaching-course (Institutiones) in sixteen books. Both are pedagogues, both like to invert the standard word-order, and both seem to stand in the shadow of Ulpian. … (95) The end of no.5’s tenure extends to 22 February 217, where a rescript has marks of his style including typical inversion … A rescript dated 27 July 218 is also in his manner (fuisse executus). If the date is right it was issued by Elagabal, who assumed power on 14 July 218, and who in that case either confirmed no.5 in office or reappointed him to it».

II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

Il Nr. 5 presenterebbe dunque uno stile per certi aspetti assai simile a quello del Nr. 2, il presunto Ulpiano; il suo incarico si concluderebbe verso la fine del febbraio 217, ma un singolo rescritto del 27 luglio 218 mostrerebbe affinità stilistiche tali da suggerire che Elagabalo lo avrebbe forse potuto mantenere (o richiamare) in servizio: questo significherebbe che il Nr. 5 potrebbe aver tenuto il segretariato in maniera continuativa tra il 213 e il 218, anche dopo la morte di Caracalla e la parentesi di Macrino (quindi fino alla prima fase della lacuna documentaria degli anni 217–222). Il Nr. 5 sarebbe stato inoltre il successore del personaggio Nr. 4 (c. a. 211/212– 213?), che Honoré ha voluto riconoscere nel già citato Arrius Menandros: si noti come questa identificazione si basi su sole considerazioni stilistiche. Ma è sufficiente il solo criterio stilistico per postulare un segretariato a libellis non altrimenti documentato? Diverso e assai più complesso è il caso del personaggio Nr. 8 (c. a. 223–225), identificato da Honoré col giurista Modestino (Herennius Modestinus), che è attestato come prefetto dei vigili tra la tarda epoca severiana e quella dei Gordiani (c. a. 226–244, prob. c. a. 226–239) da un famoso documento epigrafico (l’iscrizione cd. della lis fullonum: CIL VI, 266); sulla base di tale prefettura possiamo ragionevolmente immaginare che Modestino avesse in precedenza ricoperto alcuni incarichi procuratorii, come sembrerebbe peraltro risultare da un frammento epigrafico di non facile interpretazione (CIL VI, 41294: vd. infra, Appendice). Ora, proprio l’esclusione di Menandros dal novero dei segretari imperiali (vd. supra) può riaprire nuovamente la questione: Ofellius Theodoros, attestato in carica c. a. 212–213 (dossier di Takina), potrebbe aver tenuto il segretariato non c. a. 213–217 (Nr. 5), ma nei primi anni di Caracalla (c. a. 211/212–213) e quindi riconoscersi (se volessimo adottare lo schema ricostruttivo di Honoré) nell’anonimo segretario Nr. 4. Ulpiano invece potrebbe collocarsi, in termini generali, nella seconda parte del regno (c. a. 213–217): il nostro giurista sarebbe eventualmente identificabile con l’anonimo Nr. 5, caratterizzato, secondo lo stesso Honoré, da uno stile «ulpianeo» affine a quello del Nr. 2? L’ipotesi qui presentata, già fondata autonomamente su basi prosopografiche, troverebbe in tal caso un ulteriore riscontro su basi stilistiche e andrebbe mantenuta sul tavolo di lavoro, per quanto la questione non possa essere risolta, in maniera decisiva, dal solo criterio stilistico. In ogni caso pare discutibile e certamente non risolutiva l’ipotesi di identificare il Nr. 2 (che fosse Ulpiano o no) con un assistente dell’a libellis anziché con il reale segretario, Aelius Koiranos: si postulerebbe così, in maniera innecessaria e confusiva, un ghost-writer per quel segretario che era già, di per sé, uno dei ghost-writers dell’imperatore. Perché dovremmo ritenere che Koiranos non avrebbe potuto scrivere di sua mano?24 24 Aelius Coeranus (Koiranos): PIR2, A 161; CPE III, p. 1022; Carboni, La parola scritta 2017, 77–80. Koiranos sarebbe stato il successore di Papiniano (c. a. 194–199) nel segretariato a libellis; venne poi destituito e relegato in insulam alla caduta del prefetto del pretorio Plautianus (205), ma infine richiamato sette anni dopo (212), quando Caracalla proclamò l’amnistia dopo la morte di Geta, e persino adlectus in Senato: cfr. Cassius Dio 71.5.3–5. Per l’attesta-

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L’incarico a libellis di Ulpiano dovrebbe quindi collocarsi, secondo quanto si è qui ipotizzato, nella seconda parte del regno di Caracalla (c. a. 213–217), ossia nella forcella cronologica dell’anonimo Nr. 5 di Honoré e forse ancora sotto Macrino ed Elagabalo, perlomeno fino al luglio 218. Si può specificare quando si sarebbe concluso tale segretariato? Verso la fine di febbraio del 217, se si accettasse in modo restrittivo l’identificazione stilistica con l’anonimo Nr. 5; si osservi però l’ampia lacuna documentaria che intercorre tra il Nr. 5 e il Nr. 6 e corrisponde all’ultimo mese di Caracalla (marzo/aprile 217), al breve regno di Macrino (217–218) e a quasi tutto il regno di Elagabalo, sino al febbraio 222. Prima di procedere alla verifica di questo secondo quesito, si presenta uno schema degli anonimi (ipotetici) segretari di Honoré, cui si affianca come confronto una ricostruzione cronologica basata principalmente su criteri prosopografici (con nominativi in corsivo). Possono riscontrarsi sia divergenze, sia convergenze: a libellis

inizio dell’incarico

fine dell’incarico cronologia prosopografica

Nr. 1

26 settembre 194

12 febbraio 202

Papinianus (194–199), Aelius Koiranos (200–205)

lacuna 202–203

febbraio 202

marzo 203

Aelius Koiranos (200–205)

Nr. 2

5 aprile 203

1 maggio 209

Aelius Koiranos (200–205), lacuna (205–208?), Marcius Diogas? (208?-211)

Nr. 3

15 luglio 209

26 novembre 211

Marcius Diogas? (208?-211)

Nr. 4

28 dicembre 211

28 luglio 213

Ofellius Theodoros (212–213)

Nr. 5

30 luglio 213

22 febbraio 217

Ulpianus (213–217)

lacuna 217–222

marzo 217

gennaio 222

Ulpianus? (217–221)

Nr. 6

3 febbraio 222

1 ottobre 222

ignoto

Nr. 7

15 ottobre 222

27 ottobre 223

Millar 1999: Licinius Rufinus

Si potrebbe allora pensare, teoricamente, che Ulpiano fosse rimasto in carica sotto Macrino, ancora nei primi mesi di Elagabalo (luglio 2018) e forse sin quasi agli ultimi mesi dello stesso imperatore: in tal caso si potrebbe interpretare la notizia della Vita Helagabali sulla sua rimozione (vd. supra, testo 2: removit et Ulpianum iuris consultum … et Silvinum rhetorem) come un riferimento, seppur non esplicito, a questo segretariato. Se inoltre l’allontanamento del segretario-giurista fosse stato contestuale al licenziamento (e alla condanna a morte) del retore Silvinus, già nominato maestro del Cesare Alessandro, si dovrebbe dedurre che tali provvedimenti zione epigrafica (IvEphesos 2026) di Koiranos in carica come a libellis c. a. 200–201 vd. infra, n. 169. Arrius Menandros: vd. supra, n. 22. Herennius Modestinus: PIR2, H 112; Kunkel, Herkunft 1952, 259–261, nr. 72; Viarengo, Studi 2009.

II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

sarebbero occorsi tra il 26 giugno 221 (elevazione di Alessandro al rango di Caesar) e l’11 marzo 222 (morte di Elagabalo). Si noti come Silvinus fosse stato occisus, mentre Ulpiano reservatus (non soltanto «risparmiato», ma forse anche «riservato» per un altro incarico?). Una simile ipotesi era stata prospettata da Syme (1970), secondo cui il giurista potrebbe essere stato segretario a libellis del solo Cesare Alessandro, anziché dell’Augusto Elagabalo. Se così fosse, Ulpiano avrebbe svolto l’incarico a libellis sotto Caracalla (c. a. 213–217) e l’avrebbe mantenuto ancora sotto Macrino (217–218) ed Elagabalo (218–221), che lo avrebbe infine «rimosso» dal segretariato dopo il giugno del 221. Come riscontro di tale possibilità, si può osservare che, oltre a Ofellius Theodoros e Ulpiano, l’unico altro a libellis sinora attestato (sulla base della documentazione attualmente disponibile, questo è bene ricordarlo) per il periodo compreso tra Caracalla e Severo Alessandro sarebbe il giurista M. Cn. Licinius Rufinus, il cui incarico ἐπὶ τῶν ἀποκριμάτων, registrato da un’iscrizione onoraria di Thyateira in Lidia (AE 1997, 1425), sua patria, dovrebbe verosimilmente datarsi sotto quest’ultimo imperatore: in proposito Millar ha cautamente avanzato l’ipotesi, assai suggestiva, di identificare Rufinus con l’anonimo segretario Nr. 7 (c. a. 222–223); se si accetta tale cronologia per il segretariato di Rufinus, al precedente incarico di Ulpiano resterebbe disponibile, in linea di massima, l’intero periodo 217–222.25 Tuttavia è stata avanzata un’altra possibile interpretazione del brano dell’HA, secondo cui Elagabalo avrebbe «rimosso» Ulpiano dal ruolo stesso di iuris consultus, ossia di giureconsulto ufficialmente incaricato di emettere responsi a nome dell’imperatore (insignito del ius respondendi ex auctoritate principis): tale ipotesi (cui si è associato lo stesso Christol) pare, tutto sommato, più economica e persuasiva rispetto alla quella precedentemente esposta (rimozione dal segretariato a libellis), anche a fronte della chiara menzione ufficiale del titolo di iuris consultus in un’importante iscrizione onoraria di Tiro per Ulpiano stesso (IGLTyr 28, databile c. a. 222–223: vd. infra), la quale, d’altra parte, non registra l’incarico a libellis. Si può allora concludere che Ulpiano, già segretario sotto Caracalla (c. a. 213–217), sarebbe uscito di carica sotto Macrino o Elagabalo (forse dopo il luglio 218), ottenendo poi la prestigiosa nomina di iuris consultus (verosimilmente da Elagabalo); si esaurirebbe così la fase procuratoria (a libellis, c. a. 213–218?) della carriera equestre del giurista. Più tardi (forse dopo il giugno 221) l’imperatore lo avrebbe licenziato dal ruolo di iuris consultus, ma non ucciso (come accadde invece al retore Silvinus).

25 Silvinus: PIR2, S 739. M. Cn. Licin(n)ius Rufinus: PIR2, L 236; Kunkel, Herkunft 1952, 255– 256, nr. 69; cfr. Herrmann, Die Karriere 1997; Millar, The Dossier of M. Cn. Licinius Rufinus 1999/2004, partic. 452–459; Nasti, M. Cn. Licinnius Rufinus 2005, partic. 263–266; Jones, Juristes romains 2009, 1337. I giardinieri (kepouroi) di Thyateira onorano Rufinus (c. a. 238): AE 1997, 1425; SEG 47, 1656; PH348287. Millar ha proposto di datare il segretariato a libellis di Rufinus c. a. 222–223, Nasti invece, in termini più generici, c. a. 220–225.

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II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

L’allontanamento del giureconsulto Ulpiano da parte di Elagabalo sarebbe dunque avvenuto nella seconda metà del 221: in ogni caso, il periodo di lontananza dagli incarichi giuridico-amministrativi sarebbe durato meno di quanto non sembri dalle fonti (e molto meno di quanto non abbia ipotizzato Honoré). Poco tempo dopo, tra la fine del 221 e i primi mesi del 222, egli sarebbe infatti tornato a corte: la nomina alla prefettura dell’annona (se non l’assunzione effettiva della carica) potrebbe porsi sotto lo stesso Elagabalo, come lasciano intuire Vittore e l’HA (testo 3); quindi, grazie all’appoggio decisivo di Giulia Mamea, Ulpiano salì ai sommi vertici della carriera equestre sotto Severo Alessandro. Si apriva così la fase prefettizia (222–223), assai rapida nella sua ascesa ma destinata a una brusca interruzione. Già al 31 marzo 222 (C. 8.37.4), appena venti giorni dopo l’uccisione di Elagabalo, Ulpiano risulta in carica come prefetto dell’annona: in realtà le fonti letterarie paiono incerte sull’autore della sua nomina alla prefettura e oscillano tra Alessandro e il suo predecessore. Vittore (vd. supra: Ulpianum, quem Heliogabalus praetorianis praefecerat …) ritiene addirittura che sarebbe stato Elagabalo a innalzarlo alla prefettura pretoriana, ma questo dato incongruo pare derivare da una confusione tra le due funzioni prefettizie: sembrerebbe pertanto che, dopo un breve allontanamento dalla corte, lo stesso Elagabalo avesse richiamato Ulpiano, forse all’inizio del 222, per conferirgli la direzione dell’annona (non del pretorio), nella quale fu poi confermato da Alessandro. Da un accenno cursorio di Vittore parrebbe inoltre che Paolo, in maniera parallela, fosse stato esiliato da Elagabalo e richiamato dal suo successore (Paulloque inter exordia [scil. Alexandri] patriae reddito). In ogni caso Ulpiano venne presto promosso al pretorio, nella cui prefettura è attestato al 1° dicembre 222 (C. 4.65.4.1): in una prima fase, mentre era ancora prefetto dell’annona, egli avrebbe esercitato, per volere di Mamea, un controllo informale («extracostituzionale» secondo Mazza) ma pervasivo, quasi un’eminenza grigia, sui due prefetti del pretorio Iulius Flavianus e Geminius Chrestus, poi li avrebbe tolti di mezzo (222, estate?) per subentrare loro a tutti gli effetti.26 Così, in quanto prefetto unico (c. a. 222–223), Ulpiano divenne l’influente consigliere, plenipotenziario nonché parens del giovane imperatore: questo ruolo di supervisore generale e garante del regno di Alessandro, che va al di là della sola (pur potente e pervasiva) prefettura pretoriana e pare comprendere tutti i dicasteri palatini di carattere giuridico-amministrativo, sembra essere reso, dalle fonti legate alla Ennmansche Kaisergeschichte (Historia Augusta, Eutropio, Festo: vd. supra), col significativo binomio consiliarius (oppure adsessor) et magister scrinii (o scriniorum), nel quale il termine scrinium/scrinia indicherebbe l’intero apparato dei vari officia palatini nella sua complessa articolazione. Si noti peraltro come tali fonti, databili 26 Iulius Flavianus: PIR2, F 180; I 312. Geminius Chrestus: PIR2, G 144. Su entrambi vd. Howe, The Pretorian Prefect 1942, 75, nrr. 34–35. Sul contesto storico-politico in cui si iscrive la prefettura pretoriana di Ulpiano vd. Letta, La dinastia dei Severi 1991, 688–692; Mazza, La dinastia severiana 1996, 295–300.

II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

alla seconda metà del IV sec., fossero aduse al linguaggio burocratico di epoca post-costantiniana, che denominava col termine collettivo di magistri scriniorum i diversi dirigenti dei più importanti dicasteri (magister memoriae, mag. epistolarum, mag. libellorum, mag. epistolarum Graecarum, secondo l’elenco della Notitia Dignitatum Orientis). Da questo punto di vista il prefetto-giurista Ulpiano avrebbe dunque diretto tutta l’amministrazione imperiale, sovrintendendo ai direttori e segretari dei singoli dicasteri e acquisendo così una straordinaria posizione di illimitato potere, fino all’uccisione da parte degli stessi pretoriani nel 223. Questa data è stata generalmente preferita per la morte del prefetto-giurista dopo la pubblicazione (1966) di un papiro latino di Ossirinco (POxy 2565): tale importante documento, datato all’anno 224, registra infatti come prefetto d’Egitto quel M. Aurelius Epagathos, già liberto di Caracalla, il quale, secondo Cassio Dione, avrebbe ordito la rovina di Ulpiano e ne avrebbe ricevuto, in falsa ricompensa, la promozione prefettizia – promoveatur ut amoveatur –, presto seguita dalla condanna a morte. In alternativa si era pensato all’anno 228 (ipotesi recentemente ripresa da Bauman) sulla scorta di un’altra testimonianza dello stesso Dione, che in quegli anni era legato imperiale di Pannonia Superior (c. a. 226–228) e venne accusato dai pretoriani πρὸς τῷ Οὐλπιανῷ, «davanti a Ulpiano», ossia al cospetto del prefetto (ma di questa espressione, cronologicamente problematica e quindi assai discussa, si sono date anche altre possibili interpretazioni: «dopo Ulpiano, come un secondo Ulpiano»). Alla morte del giurista l’ex collega Paolo gli sarebbe forse subentrato al pretorio, come afferma l’HA (testo 1), ma di questa notizia si è dubitato (Howe); in ogni caso Domitius Honoratus, già prefetto d’Egitto nel 222, parrebbe essere stato nominato prefetto del pretorio c. a. 223–224, e parimenti M. Aedinius Iulianus, suo successore in Egitto nel 223, fu promosso al pretorio negli anni seguenti. La morte di Ulpiano (223) o comunque la fine del regno di Alessandro (235) rappresenta dunque il terminus post quem per la lettera del governatore a Efeso.27 Ecco infine uno schema riassuntivo dei dati prosopografici di Ulpiano, come sono emersi dalle ipotesi sopra esposte:

27 POxy XXXI, 2565 (a. 224): Crifò, Ulpiano 1976, 765. M. Aurelius Epagathos: PIR2, E 67; LP 37.97. L. Cassius Dio: PIR2, C 492; LP 18.49 (Pann. Sup.); cfr. Millar, A Study of Cassius Dio 1964, 23–24. Dione accusato dai pretoriani «davanti a Ulpiano»: Cassius Dio 80.4.2; per altre interpretazioni del controverso passo dioneo cfr. Marcone, La prosopografia 2004, 743–745; Viarengo, Studi 2009, 69–71; Molin, Biographie 2016, 443. Domitius Honoratus: PIR2, D 151; LP 37.94. Aedinius Iulianus: PIR2, A 113; LP 37.95. Su entrambi vd. Howe, The Pretorian Prefect 1942, 76, nrr. 37–38; 100–105.

43

44

II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

cronologia

attività di Ulpiano

c. a. 205–211

assessor del praefectus praetorio Papiniano (205–211)

c. a. 212–213

assessor di un pretore

c. a. 213–217

segretario a libellis (cfr. anonimo Nr. 5 Honoré): scrive trattati giuridici

c. a. 217–218?

ancora segretario a libellis?

c. a. 218?-221

iuris consultus

221, 2a metà

Elagabalo lo rimuove dall’incarico di iuris consultus (cfr. retore Silvinus)

222, inizio

Elagabalo lo richiama a corte e lo nomina praefectus annonae

222

praefectus annonae

222–223

praefectus praetorio (morte: 223)

* In conclusione, Ulpiano è uomo tra gli uomini: la sua carriera equestre può meglio comprendersi se viene non soltanto paragonata a quelle dei giuristi a lui propriamente affini, Papiniano e Paolo (e ancora Macrino e Licinius Rufinus), ma anche e soprattutto se inserita nella cornice amministrativa dei vari officia palatini dell’epoca severiana, al fianco dei colleghi a libellis (Papiniano, Aelius Koiranos, Marcius Diogas?, Ofellius Theodoros, Ulpiano*/**?, Licinius Rufinus), come pure degli altri segretari di carattere «giuridico», gli a memoria (Papiniano?, Marcius Festus, Paolo*, Aurelius Iulianus) e gli a cognitionibus (Aelius Peregrinus Rogatus, Cominius Vipsanius Salutaris, Marcius Claudius Agrippa, Didius Marinus*, [- - -]inianus**, Flavius Serenus). Lo stesso può dirsi per i segretari di carattere «letterario»: gli a studiis (Messius Saturninus, Messius Extricatus?, Herennius Victor), gli ab epistulis Graecis (Aelius Antipatros, Marcius Diogas?, Marcius Claudius Agrippa*, Valerius Titanianus*, Licinius Rufinus**, Aspasios di Ravenna), gli ab epistulis Latinis (Marcius Claudius Agrippa, [- - -]inianus**, Caecilius Athenaeus), gli a declamationibus Latinis (Messius Saturninus). In questa rassegna di personalità (e negli schemi seguenti) si segnalano, con uno o due asterischi, quei giuristi e/o segretari (compreso lo stesso Ulpiano) che potremmo ritenere coinvolti, in varia misura, nell’ardua difesa dei diritti di Efeso, patrocinata da un anonimo difensore civico (vd. infra, cap. VIII) e sostenuta in due occasioni dal koinon d’Asia, al tempo di Caracalla (c. a. 214–216:*) e sotto Macrino (**). Si riportano altresì tra parentesi tonde i numeri delle schede prosopografiche delle CPE di Pflaum (col relativo Supplément), su cui vanno tuttora basate le possibili ricostruzioni dei fasti degli officia palatini; la ricostruzione presentata di seguito differisce, in vari punti, da quella recentemente prospettata da Tiziana Carboni, che va considerata come la rassegna più aggiornata in materia di ab epistulis e a libellis.28 28 Cfr. Carboni, La parola scritta 2017, 75–94 (schema riassuntivo a p. 94).

II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

I tre grandi giuristi severiani cronologia

Aemilius Papinianus (CPE 220)

c. a. 168–173

advocatus fisci?

Domitius Ulpianus (CPE 294)

Iulius Paulus (CPE 314)

assessor PPO

assessor PPO

assessor PPO c. a. 194–199

a libellis

c. a. 200

a memoria?

c. a. 200–205

praef. (ann./vig.)?

c. a. 205-dic. 211

PPO

feb. 211

morte di Severo

dic. 211

uccisione di Geta

c. a. 212–213

assessor praetoris

c. a. 213–217

a libellis*

c. a. 214–217? apr. 217

a memoria* uccisione di Caracalla

c. a. 217–218? giu. 218

a libellis?** uccisione di Macrino

c. a. 218?-221 giu. 221

iuris consultus Alessandro Caesar

221

rimosso da Helag.

222

richiamato da Helag. richiamato da Alex. (o Alex.)

mar. 222

esiliato da Helag.

uccisione di Elagabalo

222

praef. ann.

consiliarius?

c. a. 222–223

PPO

consiliarius?

c. a. 223

PPO?

Altri due cavalieri-giuristi di epoca severiana cronologia

M. Opellius Macrinus (248)

c. a. 197–205 (C. Fulvius Plautianus PPO)

procurator Plautiani

c. a. 205–208

advocatus fisci

c. a. 205–208

praefectus vehiculorum per Flaminiam

c. a. 208–212?

procurator rationis privatae

212–217

PPO*

M. Cn. Licinius Rufinus

consiliarius*

sub Macr. Aug.

ab epistulis Graecis**

sub Helag. Aug.

a studiis

45

46

II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

cronologia

M. Opellius Macrinus (248)

M. Cn. Licinius Rufinus

sub Helag. Aug.

a rationibus

sub Alex. Aug. (c. a. 222–223?)

a libellis

sub Alex. Aug.

adlectus (inter aedilicios?)

Vi sono in particolare tre personaggi che meritano di essere considerati l’uno accanto agli altri: la carriera equestre di Q. Marcius Diogas, per come è stata abilmente ricostruita da Christol (che lo ha riconosciuto, in modo persuasivo, nell’anonimo procuratore CPE 271), rivela infatti l’ascesa di un cavaliere vicinissimo a Severo e quindi a Caracalla, il quale tra 205 e 211 ricoprì in sequenza i segretariati di ab epistulis (come segretario unico per entrambe le lingue, dopo Aelius Antipatros e prima di Marcius Claudius Agrippa) e a libellis (dopo Aelius Koiranos e prima di Ofellius Theodoros), prima di ascendere all’ufficio centrale della contabilità (a rationibus, c. a. 211–212) e alle grandi prefetture (dell’annona e, in via eccezionale, anche dei vigili, c. a. 212–217). Trattandosi di sequenza tra i due segretariati (e non di congiuntura, per la quale non si avrebbe alcun confronto), dovremmo immaginare per Diogas una scansione ipotetica del tipo ab epistulis c. a. 205–208?, a libellis c. a. 208?-211, salvo restando che uno degli incarichi avrebbe potuto essere più breve dell’altro. In ogni caso andrà però messa in conto una lacuna, più o meno estesa (c. a. 205–208?), nei fasti degli a libellis tra Koiranos (c. a. 200–205) e Diogas (c. a. 208?-211).29 Negli stessi anni due personaggi di origine servile – è interessante notare come recassero entrambi lo stesso gentilizio, Marcius, forse indicativo di un legame personale con Diogas – assursero a posizioni influenti, assai vicine a Caracalla: Marcius Claudius Agrippa, già liberto (e acconciatore per signora), quindi cavaliere e persino advocatus fisci sotto Severo (ma poi esiliato), fu richiamato da Caracalla nel 212 e divenne segretario a cognitionibus (c. a. 212–213?, prima di L. Didius Marinus), successivamente ab epistulis (anch’egli segretario unico, a quanto pare, c. a. 213?214/215, prima dell’ab epistulis Graecis M. Valerius Titanianus: vd. infra, cap. IV), per poi essere adlectus in Senato. Il liberto Marcius Festus risulta invece aver ricoperto il doppio incarico di a cubiculo e a memoria di Caracalla, fino all’autunno 214 (quando morì durante la visita imperiale in Troade: vd. infra, cap. VI).30 29 Q. Marcius Diogas: PIR2, M 231; cfr. Christol, Q. Marcius Dioga 1991, che ha proposto di riconoscere Diogas nell’anonimo procuratore (CPE 271) attestato dalle iscrizioni pressoché identiche di Ostia (AE 1960, 163; EDR074243) e di Roma (CIL VI, 41277; EDR074244), ipotizzando che il personaggio avesse ricoperto, in maniera inconsueta, dapprima la prefettura dell’annona, poi quella dei vigili. Su Diogas si vedano anche le osservazioni di Carboni, La parola scritta 2017, 92–93. 30 Marcius Claudius Agrippa: PIR2, M 224; CPE 287; cfr. Carboni, La parola scritta 2017, 90– 91, la quale ipotizza che Agrippa fosse stato contestualmente a cognitionibus e ab epistulis (Latinis) c. a. 215–216, in parallelo rispetto a M. Valerius Titanianus come ab epistulis Graecis

II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

Le carriere di tre Marcii: Diogas (secondo Christol), Agrippa, Festus cronologia

anonimo CPE 271 (AE 1960, 163): Q. Marcius Diogas?

ante a. 192

trib. mil. leg. XII Fulm.

c. a. 192–194

praef. classis Pann.

c. a. 195–197

proc. ad alimenta

c. a. 197–199

proc. ad census accipiendos …

c. a. 200–202

proc. ad dioecesin Alexandriae

c. a. 203–205

proc. patrim. Aug.

c. a. 205–211, forse 205–208?

ab epistulis Aug.

c. a. 205–211, forse 208?-211

a libellis Aug.

c. a. 211– 212/213?

a rationibus Aug.

Q. Marcius Diogas

212 c. a. 212–213 c. a. 214–217 a. 214/215 (c. a. 212?-214)

Marcius Claudius Agrippa (287)

Marcius Festus

a cognitionibus praef. annonae

praef. annonae praef. vigilum ab epistulis*

[a cubiculo?] et a memoria

(cfr. infra, n. 43); in proposito la Carboni richiama il caso di [- - -]inianus, a cognitionibus et ab epistulis Latinis di Macrino (cfr. infra, n. 168). Tuttavia né la congiuntura degli incarichi, né la specifica della sola corrispondenza in lingua latina traspare dalla testimonianza di Cassio Dione (78.13.3–4): lo storico suggerisce peraltro una diversa cronologia per la sequenza degli incarichi procuratorii (c. a. 212–215, subito dopo il richiamo da parte di Caracalla, in occasione dell’amnistia proclamata all’inizio del 212) e dell’adlectio inter praetorios (c. a. 215–217). Secondo lo stesso Dione (78.13.1–2) Macrino conferì ad Agrippa il rango consolare e lo nominò governatore dapprima di Pannonia (Inferior: LP 19.32), quindi delle Daciae (LP 21.57); a questi governatorati deve aggiungersi poi quello in Moesia Inferior (LP 20.115), documentato per via epigrafica e numismatica. Sulle nomine di Macrino vd. Davenport, The Provincial Appointments 2012, partic. 186–188 per Agrippa nelle province danubiane. Marcius Festus: vd. supra, n. 21.

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48

II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

Segretari a libellis e a memoria: cfr. CPE III, pp. 1021–1022 e 1024; Suppl. p. 111 cronologia

a libellis

c. a. 194–199

Aemilius Papinianus (220)

c. a. 200

a memoria Aemilius Papinianus? (220)

c. a. 200–205

Aelius Koiranos

c. a. 205–208?

lacuna nei fasti

c. a. 205–211, forse 208?-211

anonimo a libellis Aug. (271: AE 1960, 163): Marcius Diogas?

c. a. 212–213

Ofellius Theodoros

c. a. 213–217

Domitius Ulpianus* (294)

c. a. 214 (c. a. 212?-214)

Marcius Festus, [a cubiculo?] et a memoria

c. a. 214–217?

Iulius Paulus* (314)

c. a. 217–218?

Domitius Ulpianus?** (294)

c. a. 218?-222?

lacuna nei fasti

c. a. 222–223?

M. Cn. Licinius Rufinus

sub Alex. Aug.?

M. Aurelius Iulianus, a rationibus et a memoria (354)

Segretari a cognitionibus e a studiis: cfr. CPE III, pp. 1022–1023; Suppl. p. 111 cronologia

a cognitionibus

c. a. 193

a studiis P. Messius Saturninus, a studiis centenarius et sexagenarius (231)

c. a. 201

P. Aelius Peregrinus Rogatus (233)

c. a. 198–209

L. Cominius Vipsanius Salutaris (235)

c. a. 205–210

[- - -]atus (293: CIL VI, 41190): Q. Messius Extricatus?

c. a. 208

M. Herennius Victor, proc. ad studia (272)

212 (c. a. 212–213?)

Marcius Claudius Agrippa (287)

214/215 (c. a. 214–217?)

L. Didius Marinus* (295)

c. a. 217–218

[- - -]inianus, a cognitionibus et ab epistulis Latinis*

c. a. 218–223

T. Flavius Serenus (298)

II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

Segretari ab epistulis: cfr. CPE III, pp. 1020–1021; Suppl. p. 110 cronologia

ab epistulis Graecis

ab epistulis Latinis

c. a. 200–205

Aelius Antipatros (230)

-

c. a. 205–211, forse 205–208?

anonimo ab epistulis Aug. (271: AE 1960, 163): Marcius Diogas?

anonimo ab epistulis Aug. (271: AE 1960, 163): Marcius Diogas?

c. a. 208?-213/214





c. a. 214/215 (c. a. 213?-214/215)

Marcius Claudius Agrippa, ab epistulis* (287)

Marcius Claudius Agrippa, ab epistulis* (287)

c. a. 212–217 (c. a. 214/215?-217)

M. Valerius Titanianus* (Suppl. 321A)



c. a. 217–218

M. Cn. Licinius Rufinus

[- - -]inianus, a cognitionibus et ab epistulis Latinis

c. a. 218–222





c. a. 222–229/235?

Aspasios di Ravenna

L. Caecilius Athenaeus (319)

c. a. 235–238?

anonimo senatore (CIL VI, 41237): Aspasios Paternus?

a. 239



Numisius Quintianus

Per comodità di lettura si riporta uno schema riassuntivo sui fasti del segretariato a libellis tra Settimio Severo e Severo Alessandro (c. a. 194–225), contenente la relativa lista prosopografica (secondo le CPE di Pflaum e gli aggiornamenti successivi: si indicano in grassetto i nomi dei segretari databili con certezza grazie a esplicite testimonianze epigrafiche e/o letterarie, in tondo quelli databili per ragionevole approssimazione sulla base di deduzioni prosopografiche, interne ed esterne alla carriera del singolo personaggio), la sequenza di anonimi estensori di rescritti (Nrr. 1–8) con l’eventuale identificazione «stilistica» (secondo Honoré) e con le lacune documentarie, e, a confronto, la cronologia qui proposta per l’incarico di Ulpiano: imperatori

anni

a libellis (prosop.)

Nr. (Hon.)

a libellis (Honoré)

Sev.

194

Papinianus

1 (sett.)

Papinianus

Sev.

195

Papinianus

1

Papinianus

Sev.

196

Papinianus

1

Papinianus

Sev.

197

Papinianus

1

Papinianus

Sev. (gen.)/ Sev. e Car.

198

Papinianus

1

Papinianus

Sev. e Car.

199

Papinianus/Aelius Koiranos

1

Papinianus

Sev. e Car.

200

Aelius Koiranos

1

Papinianus

Sev. e Car.

201

Aelius Koiranos

1

Papinianus

Sev. e Car.

202

Aelius Koiranos

1 (feb.)/ lacuna

Ulpianus assistente di Koiranos

Filippini

49

50

II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

imperatori

anni

a libellis (prosop.)

Nr. (Hon.)

a libellis (Honoré)

Sev. e Car.

Filippini

203

Aelius Koiranos

lacuna/ 2 (apr.)

Ulpianus assistente di Koiranos

Sev. e Car.

204

Aelius Koiranos

2

Ulpianus assistente di Koiranos

Sev. e Car.

205

Aelius Koiranos

2

Ulpianus assistente di Koiranos

Sev. e Car.

206



2

Ulpianus

Sev. e Car.

207



2

Ulpianus

Sev. e Car.

208

CPE 271: Marcius Diogas?

2

Ulpianus

Sev. e Car. (sett.)/Sev. Car. e Geta

209

CPE 271: Marcius Diogas?

2 (mag.)/ 3 (lug.)

Ulpianus/ignoto

Sev., Car. e Geta

210

CPE 271: Marcius Diogas?

3

ignoto

Sev., Car. e Geta (feb.)/ Car. e Geta (dic.)

211

CPE 271: Marcius Diogas?

3 (nov.)/ 4 (dic.)

ignoto/Arrius Menandros

Car.

212

Ofellius Theodoros

4

Arrius Menandros

Car.

213

Ofellius Theodoros

4 (28 lug.)/ 5 (30 lug.)

Arrius Menandros/ Theodoros/ Theodoros Ulpianus

Car.

214



5

Theodoros

Ulpianus

Car.

215



5

Theodoros

Ulpianus

Car.

216



5

Theodoros

Ulpianus

Car. (mar.)/ Macr.

217



5 (feb.)/ lacuna

Theodoros/?

Ulpianus/ Ulpianus?

Macr. (giu.)/Hel.

218



lacuna (27 lug.: Nr.5?)

? (27 lug.: ancora Theodoros?)

Ulpianus?

Hel.

219



lacuna

?

Hel.

220



lacuna

?

Hel.

221



lacuna

?

Hel. (mar.)/ Alex.

222

Licinius Rufinus

6 (feb. – 1 ott.)/ 7 (15 ott.)

autore delle Ulpiani Pandectae?/ignoto

Alex.

223

Licinius Rufinus

7 (27 ott.)/ 8 (28 ott.)

ignoto/Herennius Modestinus?

Alex.

224



8

Modestinus?

Alex.

225



8 (1 ott.)

Modestinus?

Theodoros

II. Ulpiano: il de officio proconsulis e la carriera di un giurista

* Della successiva carriera prefettizia di Ulpiano abbiamo infine un riscontro «esterno» da una notevole iscrizione onoraria, dedicatagli dalla patria, la città di Tiro (IGLTyr 28):

Fig. 3. Iscrizione tardoantica in onore di Ulpiano, Tiro (fotografia del calco, da IGLTyr 28, p. 37).

Domitio Ulpiano praefecto praetori(i) eminentissimo viro iuris consulto item praefecto annonae sacrae Urbis Se{b=v}eria Felix Aug(usta) Tyrior(um) col(onia) metropol(is) patria.

Tiro, già metropolis del koinon fenicio in epoca domizianeo-traianea, aveva ottenuto da Settimio Severo lo statuto giuridico di colonia e capitale della provincia Syria Phoenice (una provincia di recente istituzione, creata dopo la vittoria su Pescennio Nigro e lo smembramento della grande provincia Syria). L’epiteto Severia risalirebbe invece ai primissimi anni di regno di Severo Alessandro (c. a. 222–223): il giovane imperatore avrebbe inoltre restituito alla città i titoli onorifici cancellati da Elagabalo per punire il presunto tradimento dei Tirii, forse coinvolti in un tentativo di ribellione (c. a. 218) da parte delle legioni dell’area siro-fenicio-palestinese (legio III Gallica e legio IV Scythica: cfr. Cassius Dio 79.7.1). Dal punto di vista paleografico – si noti in proposito la singolare commistione di elementi grafici di stile capitale e onciale (specialmente per le lettere a, b, d, l,

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m: cfr. fig. 3) – J.-P. Rey-Coquais ha potuto suggerire che questa iscrizione sia in realtà una copia ben più tarda, forse di età giustinianea (c. a. 533?), della dedica originale, risalente alla prefettura pretoriana di Ulpiano (c. a. 222–223). Una datazione più ampia all’epoca tardoantica (IV–VI sec.) è stata peraltro confermata da Feissel. Questo caso di reincisione testimonia della tenace vitalità della memoria del grande giurista presso la sua orgogliosa comunità di origine, forse negli stessi anni in cui i Digesta (pubblicati nel 533) vennero strutturati, per buona parte, sui trattati dell’autorevolissimo Ulpiano.31 Era d’altra parte, quello tra la città e il suo più illustre concittadino, un affetto corrisposto: lo stesso Ulpiano, nel libro I de censibus, celebrava infatti la sua Tiro, che Severo aveva gratificato del ius Italicum. D. 50.15.1pr.: Ulpian., I de censibus. Sciendum est esse quasdam colonias iuris Italici, ut est in Syria Phoenice splendidissima Tyriorum colonia, unde mihi origo est, nobilis regionibus, serie saeculorum antiquissima, armipotens, foederis quod cum Romanis percussit tenacissima: huic enim divus Severus et imperator noster ob egregiam in rem publicam imperiumque Romanum insignem fidem ius Italicum dedit: …

E del grande apprezzamento goduto dall’opera ulpianea già alla fine del III sec. rende testimonianza anche una costituzione di Diocleziano del 290, trasmessa dal libro IX del Codex nel capitolo 41 (de quaestionibus): il giurista vi è elogiato in quanto vir prudentissimus, che operò ad perennem scientiae memoriam. C. 9.41.11: Idem AA. [i. e. Impp. Diocletianus et Maximianus AA.] Boetho. Divo Marco placuit eminentissimorum quidem necnon etiam perfectissimorum virorum usque ad pronepotes liberos plebeiorum poenis vel quaestionibus non subici, si tamen propioris gradus liberos, per quos id privilegium ad ulteriorem gradum transgreditur, nulla violati pudoris macula adspergit. In decurionibus autem et filiis eorum hoc observari vir prudentissimus Domitius Ulpianus in publicarum disputationum libris ad perennem scientiae memoriam refert. PP. v k. Dec. ipsis IIII et III AA. conss. [a. 290].

Si noti come la datazione del rescritto a Boethus paia compatibile con la cronologia che è stata ipotizzata (Honoré) per l’incarico di magister libellorum (c. a. 290– 292) del giurista Aurelius Arcadius Charisius, che potrebbe dunque considerarsi 31 Tiro onora Ulpiano (incisione originaria c. a. 222–223, reincisione c. a. 533?): AE 1988, 1051; IGLTyr 28 ( J.-P. Rey-Coquais); EDH009587; cfr. Feissel, Les inscriptions latines 2006, 108 (con Tafel 96, fig. 1); BE 2007, 513 (D. Feissel). Severo istituisce le province Syria Coele (capitale Laodicea a mare) e Syria Phoenice (capitale Tiro) e degrada le città ribelli di Antiochia e Berito (194): Birley, Septimius Severus 19882, 114–115; Haensch, Capita provinciarum 1997, 258–261; Raggi, Siria e Giudea 2015, 225.

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l’estensore del testo. In ogni caso, come ha osservato Marotta, l’epoca dioclezianea può considerarsi l’inizio del recupero di Ulpiano e della sua fortuna nella Tarda Antichità, dopo un oblio di circa cinquant’anni.32

Risultati L’analisi del rescritto di Caracalla ad desideria Asianorum (D. 1.16.4), citato da Ulpiano nel libro I del de officio proconsulis, con il quale l’imperatore confermava il privilegio di Efeso di accogliere il proconsole entrante in provincia per prima tra le metropoleis, ha fornito un termine di paragone per la prohedria efesina menzionata dalla lettera del dignitario (IvEphesos 217: vd. supra, cap. I), che parimenti citava il de officio (proconsulis) ulpianeo. Per ragioni che risulteranno evidenti da un’indagine approfondita sui titoli delle città asianiche (vd. infra, cap. VI), il rescritto al koinon d’Asia può datarsi c. a. 215–217, probabilmente al 216: questo dato costituisce pertanto un importante terminus post quem per la composizione del trattato de officio proconsulis (perlomeno per il libro I). Tale inquadramento cronologico ha suggerito un riesame complessivo della carriera equestre di Ulpiano, in particolare della sua fase procuratoria (meno nota rispetto a quella prefettizia), nella quale si iscrive il segretariato a libellis: per questo incarico, successivo all’assessorato presso il prefetto del pretorio Papiniano (c. a. 205–211), si è qui proposta una datazione c. a. 213–217/218?, fondata sull’esame delle fonti letterarie (in primis l’Historia Augusta) e su considerazioni di carattere primariamente prosopografico. Tale datazione diverge sensibilmente da quella ipotizzata su basi stilistiche da Tony Honoré (c. a. 205–209, con una presunta fase preliminare come assistente del segretario Aelius Koiranos, c. a. 202–205). La discussione del problema e dell’eventuale applicazione del metodo stilistico ha portato a osservare come Ulpiano potrebbe riconoscersi nell’anonimo segretario Nr. 5 (c. a. 213–217) anziché nel Nr. 2 (c. a. 203–209), entrambi caratterizzati, secondo Honoré, da uno stile marcatamente «ulpianeo». Si è dunque considerato come il quinquennio di grande produzione giurisprudenziale (c. a. 212–217) coincidesse per Ulpiano col segretariato a libellis, che lo rendeva membro effettivo del consilium principis: questo ruolo ufficiale avrebbe inoltre permesso al giurista di accedere ai documenti conservati negli archivi imperiali, specialmente ai rescritti (compreso quella ad desideria Asianorum), da lui spesso citati nei suoi trattati. Si è d’altra parte 32 Su questa costituzione dioclezianea vd. Corcoran, The Empire of the Tetrarchs 2000, 63, che riporta l’ipotesi di Honoré, Emperors and Lawyers 1994, 156, 161, secondo cui l’estensore dell’elogio di Ulpiano sarebbe stato Aurelius Arcadius Charisius (vd. infra, cap. X). Sulla fortuna ulpianea, in particolare del de officio proconsulis, nell’epoca post-severiana e specialmente dioclezianeo-costantiniana vd. Marotta, Ulpiano e l’impero, II 2004, 19–37 (partic. 21–29 su Modestino), 80–100 (su Lattanzio e Costantino), 100–118 (sulla Collatio Mosaicarum et Romanarum legum).

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escluso che il giurista e consiliarius Arrius Menandros fosse stato segretario a libellis, come supposto da Honoré. La carriera di Ulpiano è stata infine messa a confronto con quelle degli altri giuristi suoi contemporanei (Papiniano, Paolo, Macrino, Licinius Rufinus) e il suo segretariato a libellis è stato inserito nella generale cornice prosopografica degli alti funzionariati equestri dell’intera epoca severiana: a memoria, a cognitionibus, a studiis, ab epistulis Graecis e Latinis. Di ciascuno di essi si è tentato di presentare la ricostruzione dei fasti, nella misura in cui essi sono documentati dalle fonti letterarie ed epigrafiche ad oggi disponibili.

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Appendice Ulpiano e Modestino tra fonti letterarie ed epigrafiche: punti di contatto tra due carriere equestri La datazione del segretariato ulpianeo a libellis che si è qui proposta (c. a. 213– 217/218?) contribuisce a mettere a fuoco, sotto il profilo tecnico-amministrativo, alcuni aspetti del rapporto tra Ulpiano e Modestino, che le fonti permettono di inquadrare, più genericamente, nella cornice di maestro e allievo. Si presenta qui una rapida disamina di alcune fonti, letterarie ed epigrafiche, rimandando per la ricostruzione complessiva alla recente e approfondita messa a punta di Gloria Viarengo (2009). Dallo stesso Ulpiano si apprende come Modestino lo avesse consultato per una causa che riguardava un presunto furto di cavalli (una temporanea sottrazione finalizzata alla monta) e lo vedeva impegnato, con un qualche ruolo non meglio specificato, nella provincia Dalmatia: D. 47.2.52.20: Ulpianus XXXVII ad edictum. Si quis asinum meum coegisset et in equas suas τῆς γονῆς dumtaxat χάριν admisisset, furti non tenetur, nisi furandi quoque animum habuit. quod et Herennio Modestino studioso meo de Dalmatia consulenti rescripsi circa equos, quibus eiusdem rei gratia subiecisse quis equas suas proponebatur, furti ita demum teneri, si furandi animo id fecisset, si minus, in factum agendum.

Le preziosi informazioni trasmesse da questa fonte possono sintetizzarsi così: a) la composizione del libro XXXVII del trattato ulpianeo ad edictum, che Honoré ha ipotizzato di collocare c. a. 214–217 e probabilmente nel 215, costituisce un terminus ante quem per la consultazione di Modestino, che potrebbe collocarsi c. a. 213–215. b) Ulpiano definisce Modestino studiosus meus, ovvero suo allievo; a questa prima interpretazione, la più immediata, può affiancarsene una seconda (Behrends), di carattere tecnico, che tuttavia non esclude la prima: Modestino avrebbe avuto in Dalmatia il ruolo di iuris studiosus, ossia di un giovane giurista che collaborasse con l’assessor presso l’officium del governatore, in questo caso del legatus Augusti pro praetore di Dalmatia. Si può inoltre notare come Modestino avesse scritto a Ulpiano in greco (forse anche l’allievo proveniva da una provincia ellenofona, come il maestro da Tiro?). c) si può aggiungere un’utile osservazione prosopografica, che pare essere sfuggita agli studi su Modestino: il governatore consolare di Dalmatia in quegli anni (c. a. 213–215) dovrebbe essere stato C. Iulius Avitus Alexianus (LP 17.46; PIR2, I 190 e 192), zio dell’imperatore Caracalla (marito di Giulia Mesa, sorella

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di Domna), attestato in carica nel 215 e destinato ad assumere, poco dopo, il proconsolato d’Asia (a. 215/216 o 216/217: vd. infra, cap. VIII). d) alcuni termini del rescritto ulpianeo (rescripsi, proponebatur), se interpretati in senso tecnico-giuridico e non generico, suggeriscono che la questione dei cavalli si configurasse come una causa vera e propria, che Modestino vi svolgesse un ruolo giudicante ufficiale e, soprattutto, che Ulpiano rispondesse alla consultazione (rescripsi) in termini altrettanto ufficiali, come funzionario imperiale e non come privato. Non si tratterebbe, in questo caso, di un allievo dubbioso che, in via privata, sollecitasse il parere, informale per quanto autorevole, dello stimato maestro, ma della puntuale comunicazione, effettuata secondo la necessaria procedurale formale, tra due funzionari, l’uno (di livello inferiore) aggregato all’officium di un governatore provinciale, l’altro (di altissimo livello) autorizzato a rispondere in vece dell’imperatore (perché investito del ius respondendi, in quanto iuris consultus) oppure a nome dell’imperatore (quale segretario a libellis). La cronologia del rescritto suggerirebbe di adottare la seconda soluzione e ipotizzare che Ulpiano, nell’ad edictum (libro XXXVII: c. a. 215), citasse come atto giuridico probante (non come risposta privata) un rescritto da lui emesso (c. a. 213–215) in seguito alla consultazione da parte del governatore di Dalmatia, effettuata per tramite del giovane studiosus Modestino. D’altra parte un famoso documento epigrafico, l’iscrizione urbana cd. della lis fullonum (CIL VI, 266; FIRA2, nr. 165; EDR077480), che riguarda una controversia per il canone d’affitto eventualmente dovuto dal collegio professionale dei lavandai di Roma (fullones) – controversia protrattasi a lungo tra il 226 e il 244 (l’iscrizione registra infatti le date consolari di inizio e fine della vertenza) – rivela l’intervento di tre prefetti dei vigili a favore dei lavandai, Aelius Florianus (c. a. 226), Herennius Modestinus e Faltonius Restitutianus (c. a. 244). La prefettura dei vigili di Modestino può pertanto datarsi, in termini generici, c. a. 226–244, ma considerazioni di carattere prosopografico inducono a restringere la forcella agli anni 226–239, dato che sono già noti vari prefetti degli anni 239–243 (Celsus, Cn. Domitius Philippos, Valerius Valens): il giurista fu dunque prefetto in un periodo incerto, compreso tra la seconda parte del regno di Severo Alessandro e i primi anni di Gordiano III. In proposito conviene versare nella discussione un rescritto dello stesso Gordiano III al miles Sabinianus (C. 3.42.5), datato al febbraio 239, nel quale viene espressamente citato, come autorevole, un responso del iuris consultus Modestino: dovremmo dunque pensare che prima del 239 il giurista avesse assunto il ruolo ufficiale di iuris consultus ed emesso quel parere contro cui Sabinianus si era appellato all’imperatore. Un’altra fonte, spesso messa in discussione per il carattere fittizio di alcuni suoi assunti, ossia la Vita Maximinorum duorum della Historia Augusta (HA Max. 27.5), ricorda il iuris peritus Modestino tra gli istitutori prescelti da Massimino il Trace per il figlio Massimo (nominato Cesare nel 236), insieme ad altri maestri,

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sia noti che sconosciuti. Se si vuole dar credito a questa informazione, in sé non inverosimile, il ruolo di Modestino come precettore del giovane principe in materia giuridica si potrà porre c. a. 236–238. Tra l’attività giovanile come iuris studiosus in Dalmatia (c. a. 213–215) e l’apice della carriera equestre, raggiunta con la prefettura dei vigili (c. a. 226–239) e seguita dagli incarichi di iuris consultus (ante a. 239) e precettore imperiale (c. a. 236–238), è ragionevole supporre che Modestino, già allievo di Ulpiano (forse raccomandato per una promozione nell’amministrazione imperiale dall’influente maestro, almeno sino alla tragica morte del prefetto del pretorio nel 223), avesse ricoperto alcuni incarichi procuratorii. In questo arco cronologico può rientrare il segretariato a libellis, che Honoré ha ipotizzato per Modestinus nel biennio 223–225, proponendo di identificarlo (su basi stilistiche, come si è già osservato supra) con l’anonimo segretario Nr. 8 (ott. 223 – ott. 225): tale ipotesi è compatibile con l’andamento generale delle carriere equestri in epoca antonina e severiana, per cui risulta plausibile che un giurista potesse essere nominato prefetto dei vigili (si pensi al celebre Q. Cervidius Scaevola, prefetto c. a. 175–177), anche a prescindere dall’eventuale identificazione col personaggio Nr. 8; bisogna d’altronde riconoscere che non si conoscono altri casi di segretari a libellis divenuti prefetti dei vigili, salvo quelli di Q. Marcius Diogas (un caso tuttavia eccezionale: vd. supra) e di un anonimo procuratore (CPE 338: vd. infra). All’interno dell’ampia forcella (c. a. 226–239) in cui si deve collocare la prefettura di Modestino, alcuni studiosi hanno preferito una datazione bassa (Sablayrolles: c. a. 235–238), sotto Massimino, altri invece una datazione alta (Honoré, Liebs, Viarengo: c. a. 226–228), subito dopo Aelius Florianus. In realtà tali proposte non prescindono dalla considerazione di un altro documento epigrafico, purtroppo assai lacunoso: il frammento in questione, proveniente dalla collezione Di Bagno (Geraci, La collezione 1975, 119–120, nr. 73), appartiene a un’iscrizione urbana (CIL VI, 1628; edizione migliorata in CIL VI, 41294; EDR093539), onoraria o funeraria. Esso riporta una porzione del cursus equestre di un altissimo funzionario, pervenuto alla prefettura dei vigili, ed è ascrivibile, per ragioni terminologiche (magister) e paleografiche, tra la tarda epoca severiana e la seconda metà del III sec. (vd. infra). -----[iur]is consu¢[lto - - -] [p]raef(ecto) vigil(um), +[- - -], flamini Vulc¢[anali - - -?], magistro a lib¢[ellis - - -?], [ma]g¢i¢stro a cen[sibus, - - -?], [- - -]+V+[- - -] ------

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Fig. 4. Iscrizione di Roma per un funzionario equestre (da Geraci, La collezione 1975, nr. 73, fig. 72, quindi CIL VI, 41294, p. 5040).

Le cariche attestate, secondo un ordine discendente, sono quelle di iuris consultus, praefectus vigilum, flamen Vulcanalis (un sacerdozio equestre), segretario a libellis e procuratore a censibus: si noti però come la titolatura di questi ultimi due incarichi sia formulata secondo la particolare dicitura magister a libellis, magister a censibus. D’altra parte l’ampiezza delle lacune sui lati destro e inferiore del frammento, gravemente mutili, è tale da non permettere di individuare quali e quanti altri incarichi siano perduti. Nondimeno il documento rivela lo stralcio della carriera di un anonimo giurista divenuto prefetto dei vigili, come Modestino. Pflaum (CPE 338), che conosceva il testo secondo l’edizione CIL VI, 1628 (ILS 1456), accoglieva la lettura della l. 1 come [- - -]ISCO S[- - -] (mancante della n tra o e s) e la interpretava come la parte finale della formula onomastica (due cognomi: [Pr]isco S[- - -]) di un funzionario equestre, tale Priscus, che avesse ricoperto almeno due procuratele tricenarie prima di essere promosso alla prefettura dei vigili. Lo studioso datava la carriera del presunto Priscus, magister a censibus e a libellis, a un’epoca al più presto coeva o, meglio, successiva a quella di Severo Alessandro: egli considerava infatti come il termine magister fosse divenuto, nella seconda metà del III sec., un preciso titolo di funzione, sostitutivo del termine generico procurator, e venisse impiegato per segnalare l’alto rango dei direttori dei dicasteri palatini (di salario tricenario), distinguendoli dai semplici procuratori imperiali di rango inferiore. Secondo Pflaum questa evoluzione del linguaggio burocratico non si sarebbe ancora del tutto compiuta nel 238, quando il termine magister non avrebbe as-

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sunto tale specifica funzione distintiva: si veda in merito l’analisi di un’iscrizione di Lugdunum (CIL XIII, 1807), dedicata in quell’anno al procuratore provinciale C. Furius Sabinius Aquila Timesitheos (CPE 317), che era stato, tra i molti incarichi precedenti, procurator in Urbe magister XX ibi logista thymelae. E nondimeno lo stesso Pflaum registrava vari magistri di officia a partire proprio dalla fine degli anni Trenta del III sec.: oltre a Priscus e a un certo Rufinus, v. p. mag. a censibus, entrambi databili genericamente sotto Alessandro o più tardi, figurano C. Attius Alcimus Felicianus (CPE 327), che fu mag. summar(um) rat(ionum) c. a. 239 (seguito da M. Iulius Serenius, parimenti mag. summ(arum) [rat(ionum)]) e quindi mag. rat(ionum) summae privatae c. a. 241; L. Vibius Fortunatus (CPE 339), mag. a studiis c. a. 212–268; Pontius Eglectus Iulianus, mag. a studiis Augg. c. a. 235–260; Q. Axilius Urbicus (CPE 340), v. p. magister sacrar(um) cognitionum nella seconda metà del III sec.; Cominius Pris[cianus], v. p. magister [studi]orum vel [libell]orum verso la fine del III sec. A questi funzionari può aggiungersi il giurista Aurelius Arcadius Charisius (PLRE I, Charisius 2), magister libellorum (D. 1.11.1) in epoca dioclezianea (vd. infra, cap. X); si vedano anche i fasti dei magistri scriniorum (nel senso di direttori degli scrinia o officia palatini) presentati nel volume I della PLRE (pp. 1068–1069). Il confronto con la cronologia degli altri magistri palatini lascia dunque supporre che anche l’anonimo CPE 338 avesse rivestito le procuratele a censibus e a libellis negli anni Quaranta o successivi, o perlomeno che la sua iscrizione fosse stata incisa (dopo la prefettura dei vigili) in quel periodo, quando il termine magister cominciava ormai ad assumere un preciso significato ufficiale; si tratterebbe, al più presto, dell’epoca dei Gordiani (c. a. 238–244). Un significativo passo in avanti è stato rappresentato dalla migliore lettura della l. 1, [iur]is cons[ulto], risalente a Geraci e poi accolta da Alföldy nella seconda edizione del testo in CIL VI (41294), che ha permesso di eliminare il fraintendimento del presunto Priscus e di caratterizzare l’anonimo prefetto come un vero e proprio giurista, nominato iuris consultus. Da questo progresso interpretativo è scaturita la suggestiva identificazione dell’anonimo con Modestino, proposta da Sablayrolles (su consiglio di Christol) e quindi accolta da altri studiosi (Magioncalda, Viarengo). Si osservi come l’ipotesi prosopografica di Sablayrolles (CPE 338 = Modestino) risulti compatibile, sulla base della cronologia prospettata per la carriera del giurista, con quella «stilistica» di Honoré (anonimo Nr. 8, c. a. 223–225 = Modestino): per quanto la datazione della prefettura dei vigili (CIL VI, 266), ascrivibile al periodo c. a. 226–239, rimanga di per sé incerta (Sablayrolles: c. a. 235–238; Honoré, Liebs, Viarengo: c. a. 226–228), la precedente fase procuratoria, comprensiva della procuratela a censibus, del segretariato a libellis e di altre cariche intermedie perdute (CIL VI, 41294: Alföldy ha prospettato la possibilità che nelle lacune fossero registrati gli incarichi ab epistulis e a rationibus), può comunque collocarsi, in senso restrittivo, nel decennio c. a. 215–226. Tale forcella potrebbe ulteriormente restringersi, a monte, di qualche anno (c. a. 217–226), se si tiene conto dell’incarico a censibus di Ulpius Iulianus (CPE 288), attestato per l’anno 217 (Cassius Dio 78[79].4.3: vd. infra, cap. III).

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La carriera procuratoria di Modestino, già giovane iuris studiosus in Dalmatia sotto il legato C. Iulius Avitus Alexianus (c. a. 213–215), sarebbe forse cominciata (con qualche eventuale tappa precedente l’incarico a censibus) mentre il suo maestro Ulpiano teneva il segretariato a libellis (c. a. 213–217/218?) e Alexianus, zio e comes di Caracalla, era assai vicino alla corte, si sarebbe dunque sviluppata in parallelo alla prefettura pretoriana di Ulpiano (c. a. 222–223) e sarebbe proseguita anche dopo la sua uccisione (223). Sembra questo un caso fortunato, in cui la ricostruzione prosopografica può armonizzare i dati biografici offerti dalle diverse fonti letterarie ed epigrafiche e integrarvi anche l’ipotesi stilistica di Honoré. attività di Ulpiano

attività di Modestino

c. a. 213–217: segretario a libellis (cfr. Nr. 5 Honoré): scrive trattati giuridici

c. a. 213–215: iuris studiosus presso un assessor dell’officium del legato di Dalmatia

c. a. 215: libro XXXVII ad edictum c. a. 217–218?: ancora segretario a libellis?

c. a. 215–217: primi incarichi procuratorii?

c. a. 218?-221: iuris consultus 221, 2a metà: Elagabalo lo rimuove dall’incarico di iuris consultus

c. a. 217–226: a censibus, a libellis, flamen Vulcanalis, altri eventuali incarichi procuratorii [CPE 338: CIL VI, 41294]

222, inizio: Elagabalo lo richiama a corte e lo nomina praefectus annonae 222: praefectus annonae 222–223: praefectus praetorio (morte: 223) c. a. 223–225: segretario a libellis (cfr. Nr. 8 Honoré e CPE 338) c. a. 226–239: praefectus vigilum (cfr. CPE 338) ante a. 239: iuris consultus (cfr. CPE 338) c. a. 237–238: iuris peritus e maestro del Cesare Massimo c. a. 238–244 (o più tardi): incisione dell’iscrizione CIL VI, 41294

Nota bibliografica. Per le questioni relative alla carriera di Modestino, qui affrontate, si rimanda alla recente, accurata discussione, corredata di esaustivi rimandi bibliografici, della Viarengo, Studi 2009, partic. 56–73 (sul rapporto con Ulpiano), 75–83 (su CIL VI, 41294), 74–90 (sul segretariato a libellis e l’ipotesi di Honoré), 157–177 (su CIL VI, 266 e la prefettura dei vigili), 177–181 (sull’HA e il ruolo di precettore del Cesare Massimo), 181–205 (su CI 3.42.5 e altri rescritti di Gordiano III), 205–215 (su Modestino e Arcadius Charisius), 215–217 (ricostruzione prosopografica conclusiva). In particolare si segnalano i contributi su Modestino, cui si è fatto sopra riferimento, di Sablayrolles, Libertinus miles 1996, 507–508 e Magioncalda, L’anonimo di CIL VI 1628 2009.

III. IvEphesos 212: tre lettere imperiali a proposito di Efeso e Artemide

Come termine di confronto sulla prohedria di Efeso, Keil e Robert richiamavano un importante dossier epigrafico efesino, costituito da tre lettere imperiali di epoca severiana, registrato da un’iscrizione di carattere pubblico, rinvenuta in condizioni di reimpiego nella pavimentazione del Ginnasio del Teatro. Si tratta di una lastra di marmo bianco (alt. max. 76 × larg. max. 76 × spess. 6,5 cm; lettere di alt. 1,8 cm), di cui si conservano i margini sinistro e inferiore. Il testo venne pubblicato dagli stessi Keil e Maresch, contestualmente alla lettera del dignitario, fu poi discusso da Robert e recepito dalle Inschriften von Ephesos e dalle Greek Constitutions di James Oliver. L’iscrizione è stata infine riedita e commentata da Christopher Jones, una prima volta nel 2001 e di nuovo, recentissimamente, nel 2017 (la sola terza lettera).33 Si presenta qui il testo come edito in IvEphesos 212 (edizione che ha assunto la maggior parte delle integrazioni formulate da Robert) e si indicano in apparato le varianti proposte da Oliver e Jones, segnalando in grassetto quelle accolte o formulate in questa sede. La segnalazione degli spazi non incisi (vacat), nelle parti conclusive e iniziali dei singoli documenti, dipende dall’edizione Jones (2017) e può essere verificata sull’eccellente foto di Hans Taeuber ivi pubblicata (qui fig. 4).

33 Edizioni: ed. pr. Keil – Maresch, Epigraphische Nachlese 1960, 80–82, nr. 7, da cui AE 1966, 430; BE 1968, 461; BE 1971, 580; IvEphesos II (IK 12, 1979), 212 + Addenda (IvEphesos VII.2, IK 17.2, 1981) p. 6; Oliver, Greek Constitutions 1989, 512–515, nrr. 264–266; PH247916; Jones, Imperial Letters 2001, da cui SEG 51, 1579; Jones, Epigraphica XIII 2017 (sulle ll. 15–22, con foto di H. Taeuber). Commenti: Robert, Sur des inscriptions d’Éphèse 1967, 44–64 (= OMS, V, 1989, 384– 404).

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Fig. 5. Iscrizione con tre lettere imperiali, Efeso (foto di Hans Taeuber, da ZPE 203, 2017, 93).

Il primo testo conservato (212.A) compare alle ll. 1–8 del triplice dossier:34

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-----[- - -] πανηγυριαρχίαι [- - - αὐ]= τῷ δόξαι τὸν νεὼ τὸν τῆς Ἀ[ρτέμιδος - - - ἐ]= πώνυμον τῶν ἀνθρωπίνω[ν - - -] νων. ἀλλὰ μὴν καὶ τὴν ἀτέλειαν [συγχωρῶ? - - -] τῶν Ἀρτεμεισίων εἰσελαστι[κῶν· προσῆκον γὰρ ἡγησά]= μην τῇ πολεμικωτάτῃ καὶ ἀνδρειοτ[άτῃ καὶ ἐνεργεστά]= τῃ τῶν θεῶν καὶ ἀγῶσιν ἐφεστηκέναι [- - -]. vac Εὐτυχεῖτε. vac

34 Prima lettera (IvEphesos 212.A): Oliver, Greek Constitutions 1989, 512–515, nr. 264; cfr. Robert, Sur des inscriptions d’Éphèse 1967, 62–64; Jones, Imperial Letters 2001.

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l. 1: l. 4: ll. 5–6: ll. 6–7: l. 7:

[- - -] πανηγυριαρχίαι [- - -] ed. pr. etc., [- ca. 10 -] . . . . . [- ca. 25 -] Jones ἀτέλειαν [- - -] ed. pr. εἰσελαστι[κῶν - - -]|μην ed. pr., εἰσελαστι[κῶν· προσῆκον γὰρ ἡγησά]|μην Robert ἀνδρειοτ[άτῃ - - -]|τῃ ed. pr., ἀνδρειοτ[άτῃ καὶ ἐναργεστά]|τῃ Robert, ἀνδρειοτ[άτῃ καὶ - - -]|τῃ Jones ἐφεστηκέναι π¢[εριμαχήτοις sive -εριβλέπτοις] Jones

Trad. Robert (ll. 5–7): «… car j’ai considéré comme convenant à la plus guerrière, à la plus courageuse et à la plus efficiente des déesses de présider aussi à des concours». Trad. Oliver: «[- - -] festivals [- - -] the temple of Artemis [- - -] patroness of human [- - -]. Yet truly the tax-free status [- - -] of the Artemisia contests celebrated by a triumphal entry. [For it behooves, I thought], the most martial and courageous [and effective] of the gods to preside over contests [which - - -]. Farewell». Trad. Jones: «[- - -] since it seems that the temple named after Artemis [- - -] of human [- - -] but also [I have conceded?] the exemption from dues [- - -] of the iselastic Artemisia [- - -] [for I thought it fitting] for the most warlike, most bold, [and most - - -] of gods also to preside over [- - -] contest». Trad. Filippini: «[- - -] le presidenze delle feste [- - -] sembrare che il tempio che reca il nome di Artemide [- - -] delle (cose?) umane [- - -]. Ma [concedo?] anche l’immunità [- - -] degli (agoni) iselastici di Artemide; [ritengo infatti che si addica] alla (dea) più battagliera e più coraggiosa e più [efficace?] tra gli dei anche (il privilegio) di presiedere ad agoni [così degni di ammirazione?]. State bene».

La prima lettera è mutila della parte iniziale, in cui sarebbero comparsi il mittente e il destinatario: pertanto, se il documento venisse considerato singolarmente, non sarebbe possibile stabilire con certezza quale imperatore ne fosse il mittente. Tuttavia il triplice dossier può interpretarsi complessivamente come una raccolta di documenti ufficiali, tra loro relativamente coerenti dal punto di vista tematico e pressoché coevi, effettuata dalla cancelleria efesina mentre l’imperatore regnante (kyrios) era Caracalla (212.C: vd. infra): tale interpretazione suggerisce che l’identificazione dello scrivente con quest’ultimo sia la più verosimile e che i destinatari fossero gli Efesini. La lettera riguarda alcune feste solenni connesse al tempio eponimo di Artemide Efesia, per le quali era previsto un incarico di presidenza (πανηγυριαρχία) e l’imperatore concedeva l’immunità fiscale temporanea alla città (ἀτέλεια). Tali feste culminavano in grandi agoni consacrati alla battagliera dea patrona, gli Ἀρτεμείσια εἰσελαστικά («concorsi in onore di Artemide con ingresso trionfale») – gli agoni cd. iselastici prevedevano, per il concorrente vincitore, il sommo onore di fare rientro nella propria patria su un carro trionfale, attraverso una breccia nelle mura, secondo un preciso rituale festivo (εἰσέλασις), nonché il privilegio straordinario di un vitalizio.35 35 Sugli agoni iselastici e l’eiselasis vd. BE 1961, 221; Slater, The Victor’s Return 2013.

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Per quanto nella lettera non compaiano allusioni esplicite al Senato, si ricordi come due importanti occasioni festive della provincia Asia avessero avessero richiesto la necessaria ratifica senatoria: in epoca traianea l’istituzione dell’agone εἰσελαστικός di Pergamo (i Traianeia Deiphileia in onore di Traiano e Zeus Philios), promosso da C. Antius A. Iulius Quadratus (c. a. 113–116, prob. 113–114), fu confermata dal cd. SC de postulatione Pergamenorum; sotto Marco Aurelio e Commodo (177) la riorganizzazione di un antico certamen di Mileto (probabilmente i Didymeia, allora divenuti Didymeia Kommodeia, consacrati ad Apollo Didimeo e Commodo) venne approvata dal SC de petitione Milesiorum. In maniera simile, in epoca adrianea, su sollecitazione imperiale, un senatoconsulto aveva concesso, tra le altre cose, il rango di agone sacro e l’ἀτέλεια alle festività federali del culto imperiale di Smirne (124).36 Si noti come nei casi di Pergamo e Smirne l’autorizzazione ad allestire feste più sontuose dipendesse dalla recente concessione di una seconda neokoria alle città (per i casi di Pergamo, Smirne, Mileto vd. infra, cap. V). Anche nel caso dei concorsi Artemeisia al tempo di Caracalla, potremmo dunque immaginare che l’innalzamento a livello «trionfale» (iselastico) di quegli agoni, già attestati per l’epoca precedente (cfr. IvEphesos 24, c. a. 162–164: vd. infra, cap. VII), avesse richiesto una ratifica senatoria e inoltre che esso derivasse dall’attribuzione di una nuova neokoria alla città (lo stesso potrebbe supporsi per i Didymeia di Mileto sotto Marco Aurelio: vd. infra, cap. V). Alle ll. 9–14 segue il secondo documento del dossier (212.B):37 vac Ἰουλία vac Σεβαστὴ vac Ἐφεσί[οις]. 10 Πάσαις μὲν πόλεσιν καὶ σύνπασι δήμοις ε[ὐεργεσιῶν] τυνχάνειν τοῦ γλυκυτάτου μου υἱοῦ τοῦ α[ὐτοκράτο]= ρος συνε[ύ]χομαι, μάλιστα δὲ τῇ ὑμετέρᾳ διὰ [τὸ μέγεθος] καὶ κάλλος καὶ τὴν λοιπὴν δόσιν? καὶ τὸ παιδ[ευτήριον] εἶναι τοῖς πανταχόθεν ε[ἰς τὸ] ἐργαστήριον (?) [ἥκουσιν?]. 36 Dossier bilingue (c. a. 113–116, prob. 113–114: lettera greca di un magistrato a Pergamo; senatoconsulto latino de postulatione Pergamenorum; estratto dei mandata latini di Traiano; lettera greca di Traiano a Pergamo) sulle feste Traianeia Deiphileia di Pergamo: CIL III, 7086; IGR IV, 336; IvPergamon II, 269; Oliver, Greek Constitutions 1989, 141–143, nr. 49 (solo la lettera di Traiano); PH301917. C. Antius A. Iulius Quadratus: PIR2, I 507. Dossier bilingue (a. 177: lettera di Marco Aurelio e Commodo a Mileto; relatio latina de petitione Milesiorum di Marco Aurelio al Senato) sull’agone di Mileto (i Didymeia Kommodeia?): AE 1977, 801; Oliver, Greek Constitutions 1989, 398–401, nr. 192; PH252174; a cui si aggiunga il frammento minore AE 1990, 941 (P. Herrmann). Iscrizione di Smirne con lista di donatori e privilegi concessi da Adriano e dal Senato alla città (c. a. 124–138, prob. 124): IGR IV, 1431; IvSmyrna (IK 24.1) 697; PH254946; cfr. Puech, Orateurs et sophistes 2002, 396–398, nr. 209. 37 Seconda lettera (IvEphesos 212.B): Oliver, Greek Constitutions 1989, 512–515, nr. 265; cfr. Robert, Sur des inscriptions d’Éphèse 1967, 58–62; Lifshitz, Notes d’épigraphie 1970, 57–60 (sulle ll. 13–14); Jones, Imperial Letters 2001.

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l. 10: l. 13:

l. 14:

ἐ[πιδημίας] ed. pr., ε[ὐεργεσιῶν] Robert, Oliver [δ]όσιν ed. pr., δόξαν? Robert, […]οσιν Lifshitz, δόσιν? IK 12, [ἅρμ]οσιν? IK 17.2, δόσιν Oliver, [ἀξί]ω¢σιν van den Hoek apud Jones; παιδ[αγωγεῖον] ed. pr., παιδ[ευτήριον] Robert etc. ε[ἰς τὸ] ed. pr., Oliver, ε[ἰς εἰρήνης] Lifshitz, ε[ἰς τοῦτο τὸ] IK 17.2, ἐ[λθοῦσιν ἢ?] ἐργαστήριον [vacat?] Jones

Trad. Robert (ll. 10–14): «A toutes les cités et à tous les peuples je souhaite moi aussi d’obtenir des bienfaits de mon très cher fils l’empereur, mais à votre cité surtout à cause de sa grandeur et de sa beauté, du reste de sa gloire (?) et parce qu’elle est l’école de ceux qui viennent de partout dans le [- - -]». Trad. Oliver: «Julia Augusta to the Ephesians. I join in the prayer of all cities and all peoples to receive [benefactions] from my dear son, the emperor, especially in the case of your city on account of [its magnificence] and beauty and the rest of its endowment and because of the fact that it is a school for those who come from anywhere to its seat of learning». Trad. Jones: «Julia Augusta to the Ephesians. I pray that all cities and peoples receive [benefits] from my most beloved son the [emperor], but particularly your (city) because of [its size], beauty and generale [esteem], and because it is a school for those [coming] from everywhere [or] a workshop (?)». Trad. Filippini: «Giulia Augusta agli Efesini. Mi associo alla preghiera che a tutte le città e a tutti i popoli spettino [le beneficenze] del mio dolcissimo figlio, l’imperatore, e soprattutto alla vostra (città) per la (sua) grandezza e bellezza e l’ulteriore reputazione e (per il fatto di) essere un luogo di istruzione [o di] lavoro [per coloro che (vi) giungono] da ogni dove».

La seconda lettera fu inviata da Ἰουλία Σεβαστή, ossia Giulia Domna, agli Efesini. L’imperatrice-madre si dichiarava favorevole a sollecitare la beneficenza dell’imperatore suo figlio verso tutte le città e in particolare verso Efeso, della cui grandezza e bellezza e del cui ruolo culturale di portata internazionale Giulia faceva un breve elogio. Il «dolcissimo figlio», non espressamente nominato, doveva essere, con ogni verosimiglianza, Caracalla – dopo il dicembre 211 sarebbe stato infatti gravemente inopportuno menzionare o anche soltanto alludere al fratello Geta. I contenuti della lettera sono altisonanti ma restano al contempo vaghi; in ogni caso pare significativo che fosse l’Augusta a rispondere (vd. infra) a una petizione civica che la pregava di ottenere qualche beneficio, non meglio chiarito, da parte del giovane imperatore. Se il contenuto di tale beneficio non emerge dal singolo documento, esso può però intuirsi grazie al confronto con la lettera seguente in tema di neokoria – o, quanto meno, la scelta operata a posteriori dagli organismi civici efesini che disposero la compilazione e l’incisione su pietra del triplice dossier, intendeva suggerire al pubblico tale connessione tematica.

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Il dossier è infatti concluso da un terzo documento (212.C, ll. 15–22):38 15 vac Ὁ κύριος · Ἀντων[ε]ῖνος vac τῇ [Ἀσίᾳ]. Ἀπεδεξάμην [τ]ῆς γνώμης ὑμᾶς μεθ’ ἧς προσ[- - - τῇ] λαμπροτάτῃ τῶν Ἐφεσίων πόλει· κρίσει γὰρ τὴν τ¢[ειμὴν καθήκει] προσνέμειν· διόπερ ἀξιώσασιν ὑμεῖν καὶ συναπο[δεξαμένοις τοῖς Ῥώ]= μης ἡγουμένοις τὴν ὑπὲρ Ἐφεσίων αἴ¢τ¢η¢σ¢ιν ἔδωκα κ[αὶ συνῄνε]= 20 σα τρὶς εἶναι νεωκόρους τὴν πόλιν, τὴν δὲ ἐπώνυμ[ον ἐμαυτοῦ] νεωκορίαν κατὰ τὴν ἐμὴν αἰδῶ ἀνατίθημι τῇ ἐνεργεστάτῃ θεῷ, ὡς μὴ ἐξ ἐμοῦ καρποῦσθαι τὴν τειμήν, ἀλλ’ ἐκ τῆς κατα[λογῆς τῆς θεοῦ?]. l. 15: l. 16: l. 17:

τῇ [Ἐφεσίων βουλῇ?] ed. pr., τῇ [Ἀσίᾳ] Robert etc. προσ[εδόθη? νεωκορία τῇ] Oliver, προσ[ετίθεσθε τῇ] Jones 2001–2017 τ¢[- - -] ed. pr., τ¢[ειμὴν καθήκει sive προσήκει] Robert, τ¢[ειμὴν πρέπει] Oliver, τ¢[ειμὴν χρὴ] Jones, π¢[ροεδρίαν? χρὴ] Filippini ll. 18–19: συναπο[δεξαμένοις τοῖς Ῥώ]|μης ed. pr., IK 12, συναπο[δεξαμένοις τοῖς ἐπὶ Ῥώ]|μης Robert, dubitanter accepit Jones 2001, συναπο[δοχῆς ἐπὶ Ῥώ]|μης Oliver, συναπο[δεξαμένοις τοῖς ἐκ Ῥώ]|μης Heller, συναπο[δοχῆς δεῖν ἐ]|μῆς Jones 2017 l. 19: κ[αὶ συνῄνε]= ed. pr., κ[αὶ συνῄνε]= aut συνεχώρη]= Robert, κ[αὶ συνεχώρη]= Oliver l. 20: [[τρὶς εἶναι νεωκόρ]]ους Jones 2001–2017; τὴν πόλιν, τὴν ἐπώνυμ[ον ἐμαυτοῦ] ed. pr. etc., τὴν πόλιν· ἥν ἐπώνυμ[όν μοι δίδοτε] Oliver l. 21: ἐνεργεστάτῃ pro ἐναργεστάτῃ Robert, Jones 2001; θεῷ ed. pr., IK 12, θεῷ [Ἀρτέμιδι] Oliver, Jones 2001–2017 l. 22: κατα[λογῆς τῆς θεοῦ?] ed. pr., IK 12, κατα[λογῆς] Oliver, κατὰ [πάντα ἀρίστης? sive θείας?] Jones 2001, κατὰ [πάντα θείας] Jones 2017 Trad. Robert (ll. 16–17, 20–22): «Je vous ai accueillis avec faveur à cause de votre proposition, avec laquelle vous avez attribué la néocorie à la très brillante cité des Éphésiens: il convient en effet d’attribuer cet honneur avec choix réfléchi … j’ai accordé que la ville soit trois fois néocore; mais la néocorie portant mon nom, dans ma reserve je la reporte en la consacrant à la déesse très puissante en ses manifestations, afin que ce ne soit pas de moi que vous jouissiez de l’honneur d’un temple, mais de la révérence envers la déesse». 38 Terza lettera (IvEphesos 212.C): Oliver, Greek Constitutions 1989, 512–515, nr. 266; cfr. Robert, Sur des inscriptions d’Éphèse 1967, 45–57; Jones, Imperial Letters 2001; Burrell, Neokoroi 2004, 71, Inscription 124; Heller, Titulatures de cités 2006, 282–284; Jones, Epigraphica XIII 2017. Nelle traduzioni si riportano in corsivo le varie interpretazioni date dagli studiosi al passaggio (ll. 18–19) di maggiore importanza per la comprensione del ruolo del Senato – si accoglie qui, nella sostanza, l’esegesi di Robert e Oliver.

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Trad. Oliver: «Our lord Antoninus to [(the Commonalty of the Hellenes of ) Asia]. I commend you for a draft of a decree by which [another neocory is accorded to the] most brilliant city of the Ephesians. Additional grants of this honour [should] always be made with circumspection. To you, therefore, who had asked for it and were initiators of a joint approval at Rome (συναπο[δοχῆς ἐπὶ Ῥώ]μης ἡγουμένοις), I have granted the petition in behalf of the Ephesians and [joined in permitting] the city to be thrice temple-warding, but the neocory title, [which you offer to me], I reassign in my modesty to the most effective goddess [Artemis], so that the city may harvest the honor of a temple not from me but from the respect shown to her». Trad. Jones 2001: «The lord Antoninus to [Asia]. I approve you for the decision whereby you [sided with] the most distinguished city of Ephesos, since [one should] attribute the [honor] with judgement. Therefore, since you (so) request and the leaders in Rome concur in approving (?) (συναπο[δεξαμένοις τοῖς ἐπὶ Ῥώ]μης ἡγουμένοις), I have granted your request on behalf of the Ephesians, and I have [permitted] the city to be three times temple-warden. But in accordance with my modesty, I transfer the neocorate named [after myself ] to the most energetic (?) goddess [Artemis], so that the honor not be enjoyed from a temple of myself, but of her (who is) in [all respects best?]». Trad. Burrell: «Lord Antoninus to Asia: I have seen with favor your proposition to grant (the neokoria) to the illustrious city of Ephesos; by (my) decision, it is suitable to grant the honor. Wherefore to your petitions and with the approval of the leading men at Rome (συναπο[δεξαμένοις τοῖς ἐπὶ Ῥώ]μης ἡγουμένοις), I have granted your claim on behalf of the Ephesians and have consented that the city should be three times neokoroi (sic). Due to modesty, however, I refer the neokoria in my name to the most manifest goddess, so that they may enjoy the honor not from me, but out of regard for the goddess …». Trad. Heller: «Le seigneur Antonin à l’Asie. Je vous ai accueillis favoreblement en raison de votre proposition, par laquelle vous avez attribué la néocorie à la très brillante cité des Éphésiens. Il convient en effet d’attribuer cet honneur par décision ferme. C’est pourquoi à vous qui avez présenté la requête et aux autorités romaines qui l’ont approuvée (συναπο[δεξαμένοις τοῖς ἐκ Ῥώ]μης ἡγουμένοις), j’ai accordé la faveur demandée à l’ègard des Éphésiens et j’ai consenti à ce que la cité soit trois fois néocore; mais la néocorie portant mon nom, dans ma réserve, je la reporte en la consacrant à la déesse très puissante en ses manifestations, afin que ce ne soit pas de moi que vous jouissiez de l’honneur d’un temple, mais de la révérence envers la déesse». Trad. Jones 2017: «The lord Antoninus to Asia. I have welcomed your decision whereby you sided with the brilliant city of the Ephesians, for one must assign the honor with discrimination. Therefore, as you made this request and thought my co-approval was needed (συναπο[δοχῆς δεῖν ἐ]μῆς ἡγουμένοις), I have given you the decision in favor of the Ephesians, and I have permitted the city to be thrice temple-wardens. But the temple-wardenship of myself [i. e. named after myself ] I dedicate in accordance with my reverence to the most active goddess Artemis, so that the honor be enjoyed not from a temple of myself but of her who is divine in every respect».

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Trad. Filippini: «Il Signore Antonino alla [Asia (i. e. al koinon dei Greci d’Asia)]. Ho accolto il vostro parere, con il quale [vi siete schierati al fianco] dell’illustrissima città degli Efesini: sulla base di un giudizio (krisis, scil. imperiale) [occorre] infatti che venga assegnata la p[rohedria]; per questo motivo a voi che ne avete fatto richiesta e a coloro che governano a Roma, i quali si sono associati nell’approvazione (συναπο[δεξαμένοις τοῖς ἐπὶ Ῥώ]μης ἡγουμένοις), ho concesso quanto richiesto per gli Efesini e [ho acconsentito] che la città sia tre volte neokoroi (sic), ma, secondo la mia reverenza, consacro la neokoria che reca il [mio stesso] nome alla dea più efficace, [Artemide], cosicché l’onore (di un tempio) sia goduto non in virtù mia, ma di (lei), in [tutto divina]».

La terza lettera, che maggiormente ci interessa, è indirizzata dal «Signore (kyrios) Antonino», cioè Caracalla, a un destinatario femminile (τῇ [- - -]) che acutamente Robert individuò nell’Asia (τῇ [Ἀσίᾳ]), ossia nel koinon dei Greci d’Asia, e non nel Consiglio di Efeso (τῇ [Ἐφεσίων βουλῇ?]), come avevano ipotizzato Keil e Maresch. Il koinon, con la sua influente opera di intermediazione, aveva dunque sottoposto all’imperatore una richiesta in favore della città di Efeso: Caracalla ribadiva che l’istanza efesina aveva già ottenuto il riconoscimento autorevole dei Greci d’Asia, cui si erano associati «coloro che governano a Roma» (ll. 18–19: συναπο[δεξαμένοις τοῖς ἐπὶ Ῥώ]|μης ἡγουμένοις: una perifrasi per indicare i membri del Senato), e acconsentiva perciò a concedere una terza neokoria alla città. Si sarebbe trattato, ovviamente, del grande privilegio di innalzare un terzo tempio federale del culto imperiale (sul concetto di neokoria vd. infra, cap. V) – un privilegio, si noti, che era già stato vagliato dal Senato e ratificato da un senatoconsulto –, ma Caracalla, in ultima istanza, disponeva che tale onore non fosse dedicato a lui medesimo, bensì alla divinità tutelare di Efeso, l’«efficacissima dea» Artemide. La petizione del koinon d’Asia a sostegno degli Efesini era dunque accolta, ma non in termini pieni: dal punto di vista formale Efeso restava una città «due volte neokoros degli Augusti», in quanto la terza neokoria veniva allora consacrata non al culto imperiale, bensì ad Artemide; in città non sarebbe stato edificato un terzo tempio federale, ma tale neokoria sarebbe stata attribuita al celeberrimo santuario suburbano, l’Artemision. Caracalla ammetteva tuttavia che questa neokoria di Artemide potesse essere conteggiata, a tutti gli effetti, quale terza neokoria di Efeso, come se non vi fosse alcuna differenza qualitativa tra le due precedenti neokoriai imperiali e quest’ultima – tale concessione non sembra affatto secondaria. Nella storia degli studi si è ritenuto che anche l’oggetto della richiesta sottoposta all’attenzione di Giulia Domna (212.B) fosse logicamente collegato alla terza neokoria (o coincidesse con essa). Il nodo problematico per la ricostruzione filologica del testo epigrafico consiste nella lacuna delle ll. 18–19 (συναπο[- - -]|μης ἡγουμένοις): sia Robert che Oliver, pur proponendo integrazioni differenti, concordavano sull’idea basilare che la richiesta dei Greci d’Asia (l. 18: ἀξιώσασιν ὑμεῖν) a favore di Efeso avesse dovuto incontrare la formale approvazione del Senato di Roma, oltre che ovviamente dell’imperatore.

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Secondo Robert l’integrazione συναπο[δεξαμένοις τοῖς Ῥώ]μης ἡγουμένοις proposta da Keil e Maresch avrebbe mancato, dal punto di vista sintattico, di una preposizione: vagliando due possibili alternative, lo studioso osservò che il participio sostantivato τοῖς ἡγουμένοις (inteso come «coloro che guidano, comandano») avrebbe dovuto essere specificato da un complemento di luogo e che la restituzione τοῖς ἐπὶ Ῥώ]μης (stato in luogo: «in Roma, presso Roma») sarebbe stata preferibile a τοῖς ἐκ Ῥώ]μης (moto da luogo/origine: «da Roma», ipotesi scartata da Robert ma ripresa dalla Heller: vd. infra). In tal caso il termine ἡγούμενοι («comandanti, governanti») avrebbe indicato la classe dirigente di Roma o, meglio, l’organismo istituzionale di governo avente sede nell’Urbe, ossia il Senato, che si sarebbe unito alla richiesta del koinon (συναπο[δεξαμένοις), avallandola con un senatoconsulto. Per Oliver (συναπο[δοχῆς ἐπὶ Ῥώ]μης ἡγουμένοις) invece il participio ἡγουμένοις sarebbe riferito ai Greci d’Asia (al pari di ἀξιώσασιν), nel senso che essi avrebbero «guidato, avviato» una procedura di co-approvazione (συναποδοχή, un hapax non inverosimile per la lingua greca) a Roma, ovvero da parte del Senato. Al di là del fatto che i senatori fossero menzionati in maniera diretta (Robert) o allusiva (Oliver), questa interpretazione mi pare tuttora la più verosimile, perché tiene conto dell’effettiva procedura di autorizzazione di una nuova neokoria e delle tre supreme autorità che vi svolgevano, in sequenza, un ruolo essenziale (il koinon, l’imperatore, il Senato), per come possiamo ricostruirla da varie fonti epigrafiche e letterarie (vd. infra, cap. V). Altre interpretazioni paiono invece meno pregnanti: la Heller, recuperando un’idea di Robert (συναπο[δεξαμένοις τοῖς ἐκ Ῥώ]μης ἡγουμένοις), ha ipotizzato che fossero state le autorità romane, ossia i magistrati inviati «da Roma» (ἐκ Ῥώ]μης: si tratterebbe dei proconsoli d’Asia, al plurale), a unirsi alla petizione del koinon, e ha riconosciuto a τοῖς ἡγουμένοις un significato attestato con frequenza nell’epigrafia provinciale greco-orientale, dove il termine indicava generalmente i «governanti» e poteva applicarsi tanto ai governatori provinciali quanto, in certi casi, ai procuratori imperiali – ma per l’epoca alto-imperiale non abbiamo notizia dell’eventualità che le istanze di un koinon dovessero essere ufficialmente approvate o sostenute dal governatore (benché quest’ultimo convalidasse, formalmente, l’esito delle elezioni annuali dei sommi sacerdoti federali). Infine Jones (συναπο[δοχῆς δεῖν ἐ]μῆς ἡγουμένοις), intendendo il significato del verbo ἡγεῖσθαι nel senso di «pensare, ritenere», ha proposto che i Greci d’Asia avessero considerato necessaria la co-approvazione (συναπο[δοχῆς) non di Roma, ma di Caracalla (ἐ]μῆς). Se da una parte è certamente vero che il sostegno imperiale era un elemento primario e imprescindibile nella procedura di concessione della neokoria, dall’altra risulterebbe però curioso che lo stesso imperatore delineasse il suo intervento quale un’azione quasi collaterale, ricercata dal koinon come se ciò fosse dipeso solo dall’iniziativa o dalla buona disposizione degli Asiani verso il potere centrale, piuttosto che una premessa necessaria e un preciso fondamento giuridico (la cui oggettiva necessità non dipendeva dalle considerazioni o dalle

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scelte soggettive del koinon). Ci troveremmo di fronte a un caso di understatement del ruolo imperiale teoricamente possibile (qualcosa di simile potrebbe forse trovarsi nella corrispondenza del garbatissimo Gordiano III), ma forse eccessivo per Caracalla. Un altro nodo è rappresentato dall’ultima lettera conservata, in misura parziale, sul margine di frattura della l. 17 (κρίσει γὰρ τὴν +[- - -]): a partire dall’editio princeps tale lettera è sempre stata indicata, dubitativamente, come un tau; su questa sola base (senza aver potuto visionare né l’iscrizione, né alcuna fotografia) Robert propose l’integrazione della lacuna come κρίσει γὰρ τὴν τ¢[ειμὴν καθήκει] | προσνέμειν, intendendo la presunta τειμή come l’«onore» della neokoria. Ora, a un esame accurato della fotografia pubblicata da Jones (2017: qui fig. 4), si può notare come di tale lettera si sia conservata la metà sinistra, consistente in un tratto verticale sormontato – ma solo sul lato destro – da un tratto orizzontale: non si tratta certamente di un tau (non compare infatti la presunta metà sinistra del tratto orizzontale superiore, né vi sarebbe in alcun modo lo spazio per esso sulla pietra), bensì di un gamma o, preferibilmente, un pi (la cui metà destra è comunque perduta). Il sostantivo femminile, cominciante con pi e retto dal verbo προσνέμειν, potrebbe dunque essere proprio la misteriosa prohedria che compare, associata al medesimo verbo, in IvEphesos 217 (ll. 3–5: … ἥ τε ἐξ ἀρχῆς … | τῇ ὑμετέρᾳ μητροπόλει | προεδρία προσνενεμημένη, «la presidenza assegnata fin dal principio alla vostra metropolis»): sulla scorta di tale confronto si propone pertanto di integrare la lacuna di IvEphesos 212.C (ll. 17–18) come κρίσει γὰρ τὴν π¢[ροεδρίαν? χρὴ] | προσνέμειν, «sulla base di una krisis infatti [si deve] assegnare la [presidenza]». Il termine krisis in questo caso – si ricordi come fosse l’imperatore in persona a parlare – non rivestirà tanto (o soltanto) il significato generico di «giudizio, discernimento, decisione» (per il quale si vedano comunque le traduzioni riportate supra), quanto quello, più circoscritto e pregnante, di «giudizio imperiale» (θεῖα κρίσις, come appare nell’iscrizione IvEphesos 740: cfr. infra, cap. IV), venendo a contrapporsi logicamente al semplice «parere» (γνώμη) del koinon, come notava Robert.39 Lo studioso segnalava inoltre un’altra questione di fondamentale importanza: le intestazioni delle lettere IvEphesos 212.B e C («Giulia Augusta agli Efesini», «Il Signore Antonino all’[Asia]») non riproducono le autentiche inscriptiones dei documenti originali, che avrebbero comportato necessariamente l’intera titolatura imperiale e altre formule ufficiali di indirizzo e saluto (ad es. per i destinatari: Ἐφεσίων τοῖς ἄρχουσι καὶ τῇ βουλῇ καὶ τῷ δήμῳ χαίρειν anziché il semplice Ἐφεσίοις nella lettera di Giulia Domna; τῷ κοινῷ τῶν ἐπὶ τῆς Ἀσίας Ἑλλήνων χαίρειν oppure, ancor meglio, τοῖς ἐπὶ τῆς Ἀσίας Ἕλλησι χαίρειν anziché τῇ Ἀσίᾳ nel rescritto di Caracalla, che nel testo si rivolge a destinatari apostrofati in seconda persona plurale). Esse

39 Robert, Sur des inscriptions d’Éphèse 1967, 56, n. 2.

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paiono nondimeno un’efficace sintesi, assai chiara nella sua concisione informale, prodotta dalla cancelleria efesina.40 Se questa osservazione di carattere formale coglieva certamente nel segno, una seconda considerazione di Robert, di carattere cronologico, sembra invece meno persuasiva: egli riteneva che l’uso del termine kyrios per designare Caracalla provasse che l’intestazione della lettera sarebbe stata riformulata in una fase posteriore alla morte dell’imperatore (8 aprile 217): in tal caso l’incisione su pietra del triplice dossier andrebbe datata perlomeno sotto Macrino o Elagabalo (217–222). Al contrario Jones ha chiarito come sia proprio il termine kyrios (anziché theos, ossia divus) a stabilire che l’imperatore era ancora vivente e regnante quando l’intestazione del rescritto venne riformulata e iscritta: l’aprile 217 costituisce pertanto un terminus ante quem per l’incisione del dossier in Efeso.41 Resta però aperta una domanda basilare: quando furono effettivamente composte le due lettere? Da un lato Keil e Maresch avevano prospettato una connessione stringente con il viaggio in Oriente di Caracalla, partito nell’autunno del 213 per l’Asia Minore in vista della campagna parthica, e accompagnato da Giulia Domna: gli studiosi avevano persino ipotizzato che Efeso avesse richiesto all’imperatore (e all’imperatrice-madre) di gratificare la città di una sua visita (ἐπιδημία, adventus), poi comunque non realizzata. Dall’altro lato Robert correggeva giustamente l’integrazione ἐ[πιδημίας] di Maresch in ε[ὐεργεσιῶν] (l. 10) e rigettava l’idea di un auspicato soggiorno efesino, ma accettava in buona sostanza l’inquadramento storico-cronologico agli anni 214–217. A proposito del viaggio in Oriente vanno ricordati due elementi di primaria importanza: Michel Christol, sulla scorta di un’osservazione di John Scheid sui Commentarii Fratrum Arvalium del dicembre 213, ha potuto stabilire che l’imperatore aveva soggiornato a Nicomedia già nell’inverno 213/214. Caracalla aveva combattuto i barbari sul limes della Raetia nella tarda estate del 213, quindi aveva attraversato rapidamente i Balcani (si colloca probabilmente in questo periodo la tappa imperiale presso il Medio Danubio, a Sirmium in Pannonia Inferior: vd. infra, cap. VII) per giungere in Thracia e quindi in Bithynia in inverno (213/214). Da Nicomedia era però tornato indietro, nella primavera del 214, per una perlustrazione delle province del Basso Danubio (Dacia, Moesia Inferior, Thracia); aveva poi visitato la provincia Asia (estate-autunno 214), soffermandosi nella Troade (Ilio) e a Pergamo, prima di rientrare in Bithynia per svernare nuovamente a Nicomedia tra la fine del 214 e il marzo 215; da qui sarebbe infine ripartito (primavera 215), marciando attraverso l’Anatolia (Bithynia, Galatia, Cappadocia, Cilicia), alla volta di Antiochia di Syria (estate 215) per predisporre la campagna parthica. 40 Robert, Sur des inscriptions d’Éphèse 1967, 46, 58. 41 Robert, Sur des inscriptions d’Éphèse 1967, 45: «Nous avons une désignation à la fois abrégée et (ὁ κύριος) inofficielle. Elle est aussi postérieure au règne de l’empereur»; cfr. invece Jones, Imperial Letters 2001, 44, n. 18.

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Questo secondo soggiorno invernale a Nicomedia (214/215) è ben documentato dalle fonti: il niceno Cassio Dione, che allora si recò in visita alla corte imperiale ivi residente, informa che in quel preciso periodo Giulia Domna avrebbe assunto personalmente la gestione della cancelleria imperiale (τὴν τῶν βιβλίων τῶν τε ἐπιστολῶν ἑκατέρων, πλὴν τῶν πάνυ ἀναγκαίων, διοίκησιν), ossia dei segretariati a libellis e ab epistulis (in entrambe le lingue), con l’eccezione dei casi più importanti, e in seguito aggiunge che l’Augusta avrebbe mantenuto tale sovrintendenza anche durante la permanenza ad Antiochia, mentre il figlio dirigeva le operazioni militari sul fronte orientale (215–217).42 Cassius Dio 77(78).18.1–3 Boissevain (Nicomedia, inverno 214/215): ταῦτά τε ἐν τῇ Νικομηδείᾳ χειμάσας ἔπραξε, … οὐδὲ ἐπείθετο οὔτε περὶ τούτων οὔτε περὶ τῶν ἄλλων τῇ μητρὶ πολλὰ καὶ χρηστὰ παραινούσῃ, καίτοι καὶ τὴν τῶν βιβλίων τῶν τε ἐπιστολῶν ἑκατέρων, πλὴν τῶν πάνυ ἀναγκαίων, διοίκησιν αὐτῇ ἐπιτρέψας, καὶ τὸ ὄνομα αὐτῆς ἐν ταῖς πρὸς τὴν βουλὴν ἐπιστολαῖς ὁμοίως τῷ τε ἰδίῳ καὶ τῷ τῶν στρατευμάτων, ὅτι σώζεται, μετ’ ἐπαίνων πολλῶν ἐγγράφων. τί γὰρ δεῖ λέγειν ὅτι καὶ ἠσπάζετο δημοσίᾳ πάντας τοὺς πρώτους καθάπερ καὶ ἐκεῖνος; Trad. A. Stroppa: «Questo fu quanto fece (scil. Caracalla) quando svernò a Nicomedia. … Né in merito a questi affari né tanto meno in altri prestava ascolto alla madre, che pure gli dava ottimi consigli: eppure le aveva affidato, tranne soltanto i casi che richiedevano il suo intervento, la cura dei documenti e della corrispondenza in entrambe le lingue, facendo scrivere, accompagnato da molte lodi, nelle lettere indirizzate al Senato, anche il nome di lei insieme al proprio e a quello delle legioni, con la formula che menzionava, inoltre, la buona salute della madre. Che bisogno ci sarebbe poi di dire che tutti i nobili le rivolgevano pubblicamente il saluto esattamente come facevano con l’imperatore?». cfr. Cassius Dio 78(79).4.2–3 Boissevain (Antiochia, a. 217): … καὶ ὃς τῷ Ἀντωνίνῳ παραχρῆμα ἐπέστειλεν, καὶ συνέβη ταῦτα μὲν τὰ γράμματα ἐς τὴν Ἀντιόχειαν πρὸς τὴν μητέρα τὴν Ἰουλίαν παραπεμφθῆναι, ἐπειδὴ ἐκεκέλευστο αὐτὴ πάντα τὰ ἀφικνούμενα διαλέγειν ἵνα μὴ μάτην οἱ ὄχλος γραμμάτων ἐν τῇ πολεμίᾳ ὄντι πέμπηται, ἕτερα δὲ ὑπὸ Οὐλπίου Ἰουλιανοῦ τοῦ τότε τὰς τιμήσεις ἐγκεχειρισμένου δι’ ἄλλων γραμματοφόρων ὀρθὴν πρὸς τὸν Μακρῖνον, δηλοῦντα τὰ γιγνόμενα, ἀφικέσθαι, κτλ.

42 Viaggi di Caracalla nei Balcani e soggiorni a Nicomedia (inverni 213/214 e 214/215): Christol, Caracalla en 214 2012. Sull’affidamento della corrispondenza imperiale ordinaria (c. a. 214/215–217) a Giulia Domna e talora al prefetto del pretorio Macrino (212–217) vd. Cassius Dio 77(78).18.2; 78(79).4.2–4; Herodian. 4.12.6–7; cfr. Carboni, La parola scritta 2017, 89–90 (Macrino), 93 (Giulia). Iulia Domna: PIR2, I 663; Levick, Julia Domna 2007, partic. 96–97. M. Opellius Macrinus: PIR2, O 108; CPE 248.

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Trad. A. Stroppa (con una modifica tra parentesi quadre): «… il quale (scil. Flavius Maternianus) a sua volta scrisse subito una lettera ad Antonino. Accadde però che questa lettera fosse recapitata ad Antiochia presso sua madre Giulia, la quale aveva ricevuto l’ordine di raccogliere tutta la corrispondenza in arrivo per evitare che gli giungesse un’enorme quantità di lettere inutili mentre si trovava nel territorio nemico; nel frattempo una seconda lettera, scritta dall’allora [incaricato a censibus] Ulpius Iulianus, giunse attraverso dei corrieri direttamente nelle mani di Macrino, informandolo di quanto stava accadendo; etc.».

Queste notizie dionee su Giulia mi paiono voler intendere che il segretario a libellis e i due segretari ab epistulis (Graecis e Latinis), già in carica, si sarebbero da allora (inverno 214/215) rivolti a lei, anziché a Caracalla, per il disbrigo della corrispondenza ordinaria, sia nella ricezione e valutazione delle missive in entrata (petizioni o lettere), sia nell’emissione dei rescritti in uscita – fatti salvi quei casi straordinari, che avessero richiesto l’esame personale dell’imperatore e forse l’inoltro della questione a un’altra autorità competente, quale il Senato, e quindi non potessero essere delegati. Secondo lo schema ricostruttivo degli officia imperiali di questi anni, qui proposto (vd. supra, cap. II), tali segretari potrebbero essere stati lo stesso Ulpiano come a libellis (c. a. 213–217/218?) e Marcius Claudius Agrippa come ab epistulis di un segretariato unitario (c. a. 212?–214/215), poi sostituito da M. Valerius Titanianus quale ab epistulis Graecis (c. a. 214/215?–217) e da un ignoto collega quale ab epistulis Latinis (c. a. 215–217). L’annotazione sull’amministrazione τῶν τε ἐπιστολῶν ἑκατέρων, ossia su due segretariati ab epistulis, paralleli e distinti, sembra inoltre comportare che, al più tardi nell’inverno 214/215, fosse già intervenuto l’avvicendamento tra il segretario unico Agrippa, sollevato dall’incarico per malversazione e «promosso» con l’adlectio in Senato inter praetorios, e i suoi due successori, dei quali è noto il solo Titanianus per la cancelleria greca.43 * La datazione delle due lettere imperiali (IvEphesos 212.B–C), incise su pietra entro l’aprile 217, sembrerebbe dunque potersi collocare saldamente negli anni 214–217: in linea teorica esse potrebbero dunque rientrare nel periodo (214/215–217) in cui l’amministrazione della cancelleria fu assegnata (con l’eccezione πλὴν τῶν πάνυ ἀναγκαίων) a Giulia Domna, oppure precederlo di poco (214). Bisogna tuttavia formulare due osservazioni sui contenuti specifici delle lettere: l’epistola al koinon d’Asia (212.C) affronta in maniera risolutiva una questione di importanza rilevante, 43 Marcius Claudius Agrippa: vd. supra, n. 30. Su Agrippa sollevato dall’incarico ab epistulis vd. Cassius Dio 78.13.3–4. M. Valerius Titanianus: PIR2, V 208; CPE Suppl. 321A; Carboni, La parola scritta 2017, 89–90.

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che si pone al di fuori e al di sopra dell’ordinario, al punto da farla ritenere scritta personalmente da Caracalla (si consideri l’originale decisione riguardo alla neokoria di Artemide), per mano del segretario ab epistulis Graecis (verosimilmente Titanianus). D’altra parte la lettera 212.B non fu inviata agli Efesini da Giulia Domna in quanto responsabile della cancelleria imperiale (in tal caso ella non avrebbe infatti risposto in prima persona, ma direttamente in nome del figlio), nondimeno è proprio la vicinanza e la stretta collaborazione tra l’Augusta e il giovane imperatore che pare aver motivato l’invio di una lettera a Giulia da parte degli Efesini, fiduciosi nella benevolenza dell’imperatrice-madre e nell’influenza da lei esercitata sul figlio. La collaborazione dell’Augusta nella gestione dello Stato pare infatti aver assunto, in questo periodo, quasi i tratti di una reale compartecipazione al potere imperiale: si noti l’enfasi di Dione sul fatto inusitato che ella ricevesse pubblicamente gli uomini più importanti, i πρῶτοι, tra i quali non sarà improbabile immaginare che vi fossero anche dei notabili municipali, inviati come ambasciatori dalle proprie città. I soggiorni imperiali a Nicomedia (quello dell’inverno 213/214 e, a maggior ragione, quello del 214/215) oppure, al più tardi, il periodo di residenza ad Antiochia (estate 215, poi primavera 216) sembrano dunque fornire il quadro più plausibile per questo contatto epistolare tra Efeso e Giulia Domna. Anche la prima lettera sugli agoni in onore di Artemide (212.A) rientra, con ogni probabilità, nella medesima cornice cronologica (c. a. 214–217): vista la tendenza a innalzare gli agoni sacri a un livello iselastico a seguito di una neokoria imperiale (vd. supra per i casi di Pergamo e Mileto), essa potrà considerarsi posteriore, anche se di poco (c. a. 215–217), alla concessione della neokoria di Artemide. Questa lettera, rivolta probabilmente agli Efesini anziché al koinon d’Asia, tratta di una questione meno importante rispetto alla neokoria, dalla quale logicamente consegue: essa potrebbe attribuirsi alla mano di Titanianus, in questo caso diretta dalla mente di Giulia Domna. Se così fosse, potremmo pensare che la sequenza relativa delle tre lettere sia tale: dapprima 212.C (Caracalla, c. a. 214–217), quindi 212.B (Giulia Domna, c. a. 215–217), infine 212.A (di nuovo Caracalla, c. a. 215–217) – i documenti sarebbero dunque stati presentati, su pietra, in ordine cronologico inverso, dal più recente (A) al meno recente (C). La cronologia delle tre lettere imperiali (c. a. 214–217) non può tuttavia stabilirsi con un maggior grado di sicurezza e precisione – come pure le dinamiche soggiacenti agli atti ufficiali non possono comprendersi a pieno – se si prescinde dall’intera vicenda, ovvero dalla concessione (e dalla successiva revoca e infine dalla rinnovata concessione) di una terza neokoria a Efeso (vd. infra, cap. IV), nel quadro di una serrata competizione con Pergamo e Smirne (vd. infra, capp. VI–VII).

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Risultati L’analisi storico-epigrafica del dossier efesino delle tre lettere imperiali dell’epoca di Caracalla (IvEphesos 212), con la traduzione e il commento di ciascuna, ha permesso di stabilire una cronologia relativa delle lettere, incise su pietra in ordine cronologico inverso mentre l’imperatore (definito kyrios, non theos) era ancora in vita, e di proporne un datazione orientativa c. a. 214–217, connessa ai viaggi imperiali tra i Balcani e l’Asia Minore e ai due soggiorni (si badi bene, non uno solo) a Nicomedia (inverni 213/214 e 214/215). In particolare: 1) la lettera 212.C (intestata «il Signore Antonino all’[Asia]») sarebbe la più antica: con essa Caracalla concedeva al koinon d’Asia e agli hegoumenoi (i governanti, ossia i senatori) di Roma, che si erano associati alla petizione del koinon, quanto era stato richiesto per Efeso (ll. 18–19: ἀξιώσασιν ὑμεῖν καὶ συναπο[δεξαμένοις τοῖς ἐπὶ Ῥώ]|μης ἡγουμένοις τὴν ὑπὲρ Ἐφεσίων αἴ¢τ¢η¢σ¢ιν ἔδωκα) e acconsentiva che la città diventasse tre volte neokoros; osservava peraltro che l’assegnazione della prohedria doveva dipendere da un giudizio (krisis) imperiale (ll. 17–18: κρίσει γὰρ τὴν π¢[ροεδρίαν? χρὴ] | προσνέμειν, come qui si è ipotizzato di integrare in lacuna), dimostrandosi consapevole che la concessione della terza neokoria avrebbe comportato una rimodulazione della gerarchia interna al koinon stesso in termini di «presidenza»; introduceva infine una significativa modifica alla concessione (si noti, già ratificata dal Senato), secondo cui questa terza neokoria non sarebbe stata consacrata a lui stesso, ma alla dea Artemide. La lettera sarebbe stata scritta c. a. 214–217 per mano del segretario ab epistulis (in entrambe le lingue) Marcius Claudius Agrippa (c. a. 212?-214/215) oppure del successivo segretario ab epistulis Graecis M. Valerius Titanianus (c. a. 214/215?217). 2) la lettera 212.B (intestata «Giulia Augusta agli Efesini») presenta una cortese quanto generica risposta a una sollecitazione da parte di Efeso: per quanto non sia esplicitato l’oggetto della richiesta, la ricerca del favore di Giulia Domna sembra potersi iscrivere nel periodo (c. a. 214/215–217) in cui l’imperatrice-madre, a partire dal secondo soggiorno invernale a Nicomedia, compartecipava attivamente della gestione del potere imperiale, al punto da essere incaricata della sovrintendenza alla cancelleria, sia del segretariato a libellis, sia dei due segretariati ab epistulis (Graecis e Latinis). La lettera sarebbe stata scritta da Giulia (a nome proprio, non del figlio) c. a. 214/215–217. 3) la lettera 212.A (frammentaria: un imperatore, certamente Caracalla, agli Efesini) concedeva l’immunità (ateleia) agli agoni iselastici in onore di Artemide. L’innalzamento di tali concorsi al rango «trionfale» (eiselastikos) dovrebbe ragionevolmente considerarsi successivo alla concessione della neokoria di Artemide: esso sarebbe intervenuto, in qualche momento, dopo la lettera 212.C e prima della 212.A, in cui risulta già attestato; la lettera A pertanto sarebbe

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stata scritta più tardi rispetto alla C, verosimilmente c. a. 215–217, per mano del segretario ab epistulis Graecis Valerius Titanianus (sotto la sovrintendenza di Giulia Domna). Tale cronologia potrà essere ulteriormente affinata da un’analisi approfondita delle concessioni di terze neokoriai alle città asianiche (Efeso, Pergamo, Smirne) da parte di Caracalla tra l’autunno 214 e la primavera 215 (vd. infra, capp. IV, VI, VII): in particolare si giungerà alla conclusione che Efeso avesse ricevuto una prima approvazione della terza neokoria (degli Augusti), sostenuta dal koinon d’Asia e ratificata dal Senato, in quanto tale, nell’estate 214 e poi, nell’autunno 214, dopo un ripensamento di Caracalla, avesse ricevuto invece una terza neokoria di Artemide (non strettamente imperiale), attestata dalla lettera 212.C al koinon d’Asia. Secondo tale ipotesi, la lettera C potrebbe pertanto datarsi più precisamente all’autunno 214, mentre le lettere B e A andranno considerate di poco successive (inverno 214/215).

IV. Un caso paradigmatico: la terza neokoria di Efeso da Severo a Elagabalo

La terza neokoria di Efeso (neokoria di Artemide e/o degli Augusti) rappresenta una questione assai complessa, che è stata affrontata, pur nell’apparente contraddittorietà delle molteplici fonti disponibili (innanzi tutto numismatiche ed epigrafiche), in origine da Keil, quindi da Barbara Burrell e infine da Anna Heller. Essa merita nondimeno un riesame complessivo, che potrà mettere a fuoco alcuni elementi utili per la comprensione del ruolo eminente di Efeso in seno al koinon d’Asia in epoca severiana.44 Come osservarono Keil e Robert, la decisione di Caracalla sulla terza neokoria da consacrarsi ad Artemide Efesia (IvEphesos 212.C) trova innanzi tutto riscontro in un’importante iscrizione onoraria della stessa Efeso (IvEphesos 300), relativa a un gruppo statuario dedicato dalla città proprio a Caracalla e Giulia Domna.45 Gli onori furono decretati dal Consiglio e dal Popolo di Efeso su proposta di un collegio di quattro magistrati civici (i segretari del Popolo? o gli strateghi?), tra i quali compare Ulpius Apollonius Plautus, a sua volta onorato da un’altra iscrizione più o meno coeva (IvEphesos 740: vd. infra). La titolatura imperiale (Caracalla è Parthicus maximus, Britannicus maximus, Germanicus maximus; Giulia Domna è mater castrorum) segnala una cronologia posteriore alla fine di settembre del 213 (Germanicus). La titolatura civica riporta una formula assai articolata, che risulta chiarificatrice: Efeso è infatti detta «la prima e grandissima metropolis d’Asia e per prima tre volte neokoros, due volte degli Augusti e una sola volta di Artemide» (ll.

44 Terza neokoria di Efeso: Keil, Die dritte Neokorie 1915; Burrell, Neokoroi 2004, 70–75; Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 274–281; Heller, Titulatures de cités 2006. Per la spiegazione delle origini della neokoria e della sua procedura di assegnazione vd. infra, cap. V. 45 Efeso onora Caracalla e Giulia Domna (c. a. 213–217, prob. 214–215): IvEphesos 300; PH248780.

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5–6: τῆς πρώτης καὶ μεγίστης μητροπόλεως τῆς Ἀσίας καὶ τρὶς νε|ωκόρου πρώτης, δὶς μὲν τν Σεβαστν, ἅπα δὲ τῆς Ἀρτέμιδος). Questa formula pare rispecchiare fedelmente la situazione efesina già emersa dalle tre lettere imperiali (vd. supra, cap. III): Caracalla, a seguito di una petizione del koinon d’Asia e dopo un senatoconsulto autorizzativo, concesse a Efeso l’auspicata terza neokoria (212.C), ma intervenne su quanto già avallato dal Senato; egli non volle infatti consacrare la neokoria al culto imperiale, ossia a se stesso, bensì ad Artemide Efesia. Si noti come l’imperatore, permettendo che gli Efesini divenissero τρὶς νεωκόροι (212.C, l. 20), ammettesse un’equazione qualitativa, sino ad allora inedita, che consentiva l’addizione complessiva delle diverse neokoriai. In virtù di questa originale soluzione, Efeso, benché non potesse definirsi propriamente tre volte neokoros degli Augusti (come avrebbe desiderato e il koinon stesso aveva richiesto), ritenne nondimeno di essere diventata la prima città asianica a cumulare complessivamente ben tre neokoriai (due imperiali e una di Artemide). In seguito a ciò si ebbe l’innalzamento dei concorsi Artemeisia al rango di agoni iselastici (cfr. IvEphesos 212.A), anche questo formalmente autorizzato, senza dubbio, dall’imperatore (e dal Senato). La titolatura civica di IvEphesos 300 rivela inoltre alcuni elementi che rimandano alla sfera semantica del «primato» (cfr. infra, cap. VII), ossia gli epiteti di «prima e grandissima metropolis d’Asia» (πρώτη in senso gerarchico, rispetto alle altre metropoleis asianiche) e «prima tre volte neokoros» (πρώτη in senso cronologico, rispetto alle altre città neokoroi). Il secondo termine di paragone, cui il vanto efesino allude non troppo velatamente, è rappresentato dalle altre due maggiori città della provincia, le «due volte neokoroi» Pergamo e Smirne (che tuttavia, come si vedrà, avrebbero reagito in maniera rapida ed efficace allo smacco subito: vd. infra, cap. VI). Tale titolatura civica è stata presa a modello per la reintegrazione testuale di altre due iscrizioni onorarie ascrivibili a quegli anni, di cui una (SEG 37, 886) fu colpita da rasure ben mirate, l’altra (IvEphesos 291) si presenta purtroppo assai frammentaria: in entrambi i casi si tratta però di dediche rivolte a Caracalla con i cognomina Parthicus maximus, Germanicus maximus (dopo il settembre 213) e Armeniacus maximus – quest’ultimo è un elemento singolare e pressoché inedito, che permette di stabilire una relazione con i progressi della coeva campagna armeno-parthica (c. a. 215) e quindi una datazione di massima c. a. 215–217. In queste iscrizioni la titolatura civica di Efeso ha subito delle scalpellature seriori, risultando trasformata (in senso riduttivo) da «la prima e grandissima metropolis d’Asia e per prima tre volte neokoros, due volte degli Augusti e una sola volta di Artemide» a «la prima e grandissima metropolis d’Asia e due volte neokoros degli Augusti», con la totale cancellazione della neokoria di Artemide. Tale cancellazione andrà forse collocata al tempo di Macrino (vd. infra).46 46 Il Consiglio di Efeso onora Caracalla Armeniacus maximus (c. a. 215–217) con una statua eretta a spese del boularchos Claudius Teimokrates: SEG 37, 886; PH248781. Il Consiglio di

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Per tornare alla duplice dedica IvEphesos 300, le statue di Caracalla (Germanicus ma non ancora Armeniacus) e Giulia Domna sarebbero state dedicate, intorno agli anni 214–215 (piuttosto che verso la fine del 213, come preferisce pensare la Heller), in riconoscenza per l’atto di benevolenza dei sovrani verso Efeso e la sua divinità tutelare (cfr. IvEphesos 212.B–C). Da questo punto di vista la datazione di IvEphesos 300, stabilita sulla base del confronto con le iscrizioni per Caracalla Armeniacus (c. a. 215–217), può contribuire a datare anche le lettere imperiali (212.B–C) intorno agli anni 214–215: tale forcella cronologica potrà ulteriormente mettersi a fuoco se si tiene conto delle contromosse diplomatiche allora adottate da Pergamo e Smirne (vd. infra, cap. VI).47 In alternativa rispetto alle ipotesi cronologiche di Keil-Maresch-Robert (c. a. 214–217) e della Heller (autunno 213), la Burrell, basandosi principalmente sulla documentazione numismatica fornita dalle coniazioni pseudo-autonome efesine, ha però preferito ascrivere le tre lettere imperiali (IvEphesos 212.A–C) al periodo di coreggenza di Caracalla e Geta come Augusti (febbraio-dicembre 211), quando alcune monete locali (BMC Ionia 292) definiscono i due giovani imperatori come «giovani Soli» (ΝΕΟΙ ΗΛΙΟΙ), raffigurati a cavallo nell’atto di omaggiare Artemide, e gli Efesini quali «tre volte neokoroi e anche di Artemide» (ΕΦΕCΙΩΝ ΤΡΙC ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΚΑΙ ΤΗC ΑΡΤΕΜΙΔΟC), con una formula che andrà intesa come tre volte neokoroi degli Augusti e neokoroi anche di Artemide. Resta invece sul tavolo di lavoro, ma a margine della questione, una moneta efesina (Gotha-München), coeva o precedente, sulla cui autenticità sono stati avanzati alcuni dubbi: al ritratto di Geta Augusto (209–211) farebbe da pendant la figura di Artemide, alla quale si associa la dicitura ΤΡΙC ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΕΦΕCΙΩΝ. Come termini di confronto la Burrell ha segnalato altre emissioni monetali, sia precedenti che successive alla coreggenza del 211: quelle coniate al tempo di Geta Cesare (197–209: SNGCop 425) e poi Augusto (209–211: BMC Ionia 281) definiscono gli Efesini soltanto come «due volte neokoroi» (ΔΙC ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΕΦΕCΙΩΝ), mentre alcune monete battute sotto Caracalla unico Augusto (212–217) riportano la legenda «due volte neokoroi e anche di Artemide» (BMC Ionia 269: ΕΦΕCΙΩΝ ΔΙC ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΚΑΙ ΤΗC ΑΡΤΕΜΙΔΟC) oppure semplicemente «tre volte neokoroi» (BMC Ionia 276: ΤΡΙC ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΕΦΕCΙΩΝ). In quest’ultimo caso si

Efeso onora Caracalla Armeniacus maximus (c. a. 215–217): IvEphesos 291; PH248711. Il cognomen non ufficiale di Armeniacus maximus compare in un miliario di Numidia (CIL VIII, 10236), datato alla tribunicia potestas XVIII di Caracalla (dic. 214-dic. 215). 47 Heller, Titulatures de cités 2006, 282, n. 14, ritiene che l’occasione della dedica IvEphesos 300 sia stata la visita di Caracalla e Giulia Domna nella provincia Asia, posta dalla studiosa subito prima del primo soggiorno a Nicomedia (inverno 213/214). Sembra invece preferibile pensare che il tour asianico di Caracalla si fosse svolto nell’estate-autunno 214, prima del secondo soggiorno a Nicomedia (inverno 214/215): vd. supra, cap. III; cfr. Christol, Caracalla en 214 2012, 161–162.

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possono intendere le tre volte complessivamente, in senso cumulativo, senza che vi sia distinzione tra le due neokoriai imperiali e la neokoria di Artemide.48 Se Robert aveva immaginato che Caracalla, dopo l’uccisione di Geta (dic. 211), avesse trasformato quella terza neokoria imperiale che era stata inizialmente consacrata a entrambi i fratelli (211) in una neokoria di Artemide (IvEphesos 212.C: c. a. 214–217, o meglio 214–215),49 la Burrell ha invece proposto che fin dal principio, già durante la coreggenza (211), Caracalla avesse preferito dedicare a una divinità assai veneranda quel culto che veniva offerto a lui stesso, ostentando così una modestia di sofisticato stile giulio-claudio – con questa scelta originale egli si sarebbe volutamente contrapposto all’odiato fratello, che aveva accettato per sé l’onore della neokoria.50 In realtà entrambe le spiegazioni urtano con i dati presentati da altri documenti epigrafici, come si vedrà; in ogni caso, contro la datazione Burrell (coreggenza del 211) delle due lettere imperiali si può subito osservare come da un lato la lettera dell’imperatrice-madre (IvEphesos 212.B) faccia riferimento a un solo imperatore, suo «dolcissimo figlio» (l. 11), seppur non nominato, e dall’altro le legende monetali della coreggenza (Caracalla e Geta Neoi Helioi) registrino tre neokoriai imperiali e una di Artemide, non due imperiali e una di Artemide (tre in tutto), come risulta invece dal rescritto di Caracalla (IvEphesos 212.C) e dalle legende seriori (c. a. 212–217). Nondimeno la Burrell ha giustamente versato nella discussione tre documenti importanti, di cui occorre tener conto: un’iscrizione onoraria bilingue (IvEphesos 647) per Ti. Claudius Serenus, procurator rationis privatae per la provincia Asia e i distretti interni di Phrygia e Caria, posta dall’exactor alle sue dipendenze, Severus, verna Aug(ustorum duorum) n(ostrorum) (AVGG NN), ovvero schiavo di due imperatori. La statua fu eretta con il voto autorizzativo degli organismi civici di Efeso, «la prima (città) di tutte e grandissima e gloriosissima nonché metropolis d’Asia e neokoros di [[Artemide e tre volte neokoros degli Augusti]]» (ll. 4–7: τῆς πρώτης πασῶν καὶ μεγίστης | καὶ ἐνδοξοτάτης καὶ μητροπόλε|ως τῆς Ἀσίας καὶ νεωκόρου τῆς 48 Burrell, Neokoroi 2004, 70–73. Monete efesine dell’epoca di Geta e Caracalla (c. a. 197–217): a) ΔΙC ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΕΦΕCΙΩΝ con Geta Cesare (197–209): SNGCop 425 etc.; b) idem con Geta Augusto (209–211): BMC Ionia 281 etc.; c) ΤΡΙC ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΕΦΕCΙΩΝ con Geta Augusto (209–211): Gotha, poi München (autentica?); d) ΕΦΕCΙΩΝ ΤΡΙC ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΚΑΙ ΤΗC ΑΡΤΕΜΙΔΟC con Caracalla e Geta NEOI HΛΙΟΙ (feb.-dic. 211): BMC Ionia 292 etc.; e) ΕΦΕCΙΩΝ ΔΙC ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΚΑΙ ΤΗC ΑΡΤΕΜΙΔΟC con Caracalla Augusto (212– 217): BMC Ionia 269 – sulla presunta non autenticità di questa moneta, che sarebbe un falso moderno, si è tuttavia espressa la Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 275; Heller, Titulatures de cités 2006, 286–287; f ) ΤΡΙC ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΕΦΕCΙΩΝ con Caracalla Augusto (212–217): BMC Ionia 276 etc. Per la lista completa delle monete efesine che citano le varie neokoriai cittadine vd. Burrell, Neokoroi 2004, 84–85. 49 Robert, Sur des inscriptions d’Éphèse 1967, 50, n. 5. 50 Burrell, Neokoroi 2004, 72.

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| [[Ἀρτέμιδος καὶ τρὶς νεωκόρου τῶν Σεβαστῶν]]) – si osservi come la registrazione della neokoria di Artemide e delle tre neokoriai imperiali (l. 7) fosse stata successivamente erasa, pur salvaguardando il titolo generico di neokoros (l. 6). Dal punto di vista amministrativo e prosopografico Pflaum poneva la procuratela di Serenus verso la fine del II sec., nella prima epoca severiana: l’analisi della titolatura civica di Efeso permette tuttavia di riconoscere i due Augusti non tanto in Severo e Caracalla (198–209), quanto in Caracalla e Geta (feb.-dic. 211), e quindi di datare l’iscrizione al 211.51 Un’altra iscrizione onoraria (IvEphesos 740) di epoca severiana fu invece erasa nella sua interezza: essa era stata dedicata dal Consiglio cittadino a un grande notabile efesino, Ulpius Apollonius Plautus, philosebastos, che era asiarca designato e aveva ricoperto gli incarichi di segretario (grammateus) del Consiglio e del Popolo, rappresentante legale (ekdikos) del Consiglio e presidente del Consiglio (boularchos), nonché altri perduti in lacuna. Questo documento presenta la titolatura civica di Efeso come «la prima di tutte e grandissima e gloriosissima metropolis d’Asia e neokoros della santissima Artemide e tre volte neokoros degli Augusti secondo i decreti del santo Senato e la decisione divina» (ll. 2–11: τῆς πρώτης πασῶν καὶ | μεγίστης καὶ ἐνδοξοτά|της μητροπόλεως τῆς | Ἀσίας καὶ νεωκόρου | τῆς ἱερωτάτης Ἀρτέμιδος | καὶ τρὶς νεωκόρου τῶν | Σεβαστῶν κατὰ τὰ δό|γματα τῆς ἱερᾶς συνκλή|του καὶ τὴν θείαν | κρίσιν κτλ.). Tale formula pare simile alla precedente (IvEphesos 647) ma aggiunge la notazione specifica – importantissima – sui senatoconsulti e su una decisione imperiale (theia krisis), ossia su due elementi giuridici che sono già emersi dall’esame della lettera di Caracalla al koinon d’Asia (IvEphesos 212.C: cfr. supra, cap. III). Sulla base della titolatura civica è stata suggerita una datazione dell’iscrizione al 211, ovvero alla coreggenza di Caracalla e Geta: si noti soprattutto come in entrambi i documenti le neokoriai di Artemide e degli Augusti vengano registrate in maniera separata e distinta e non si effettui un conteggio complessivo di esse (del tipo Efeso «quattro volte neokoros»), che sarebbe stato possibile solo se le diverse neokoriai fossero state tra di loro equiparate (come avviene con le tre neokoriai di IvEphesos 300 e, più tardi, con le quattro neokoriai dell’epoca di Elagabalo: vd. infra).52 Per le due iscrizioni di Serenus e Plautus la Heller ha però ipotizzato una cronologia più tarda, nell’epoca di Elagabalo (218–222), quando Efeso ottenne effettivamente una terza neokoria imperiale in aggiunta alla neokoria di Artemide (per un totale di quattro neokoriai). Nel caso di Plautus, sebbene IvEphesos 740 registri non 51 Severus verna Augg. nn. onora il procuratore Ti. Claudius Serenus (211): IvEphesos 647; PH249028. L’iscrizione riporta in greco l’autorizzazione all’erezione della statua, decretata dal Consiglio di Efeso, quindi in latino la dedica onoraria a Serenus. Ti. Claudius Serenus: PIR2, C 1017; CPE 283. 52 Il Consiglio di Efeso onora Ulpius Apollonius Plautus (c. a. 211 o 218–222?): IvEphesos 740; PH249135. Sul personaggio vd. Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 141–142, nr. 167 (che accetta la datazione di IvEphesos 740 al 211 e pone l’asiarchia di Plautus al 211/212).

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quattro neokoriai ma tre neokoriai degli Augusti più una di Artemide, questa datazione sarebbe teoricamente possibile e converebbe lasciare aperta la questione, non essendo peraltro chiaro il rapporto cronologico tra questa iscrizione (IvEphesos 740: c. a. 211 o 218–222?) e IvEphesos 300 (databile c. a. 214–215), in cui il medesimo personaggio risulta membro di un collegio magistratuale (vd. supra). In ogni caso Plautus deve essere successivamente caduto in disgrazia, come suggerisce l’erasione completa dell’iscrizione onoraria. La datazione dell’incarico procuratorio di Serenus sotto due Augusti (211) pare invece indiscutibile e non persuade l’ipotesi Heller che si trattasse in realtà di un Augustus e un Caesar, ovvero Elagabalo e Alessandro (c. a. 221–222).53 Infine un’iscrizione onoraria (IvEphesos 297) per Caracalla Augusto, posta dall’ex procuratore M. Antonius Moschianos Ulpianus e certamente databile tra il 212 e il settembre 213 (non vi compare infatti il cognomen Germanicus maximus), mostra come Efeso si dichiarasse soltanto «due volte neokoros» (l. 10: δὶς νεωκόρου), senza alcuna menzione di Artemide. Si era insomma tornati indietro alla situazione degli ultimi anni di Settimio Severo, quando un’iscrizione onoraria (IvEphesos 294) databile al 210–211 (Severo è Britannicus maximus) definiva la città «due volte neokoros degli [Augusti]» (l. 11: δὶς νεωκόρου τῶ[ν Σεβαστῶν]).54 La situazione oscillante delle neokoriai efesine in epoca severiana appare dunque alquanto ingarbugliata, dal momento che si intreccia e si confonde con l’orgogliosa pretesa di considerare l’antichissimo culto civico di Artemide Efesia come equiparabile (e de facto, se non propriamente de iure, equiparato) a una neokoria imperiale. Da ultima la Heller ha proposto in merito una soluzione persuasiva, che prende le mosse da un’acuta osservazione: la titolatura di Efeso quale «la prima e grandissima metropolis d’Asia e due volte neokoros degli Augusti secondo i decreti del santo Senato e neokoros di Artemide e philosebastos» (ll. 1–6: [ἡ πρώτη καὶ] μ¢εγ¢ί¢[σ]τ¢η μητρ[ό]πολ[ις] | [τῆς Ἀσίας κ]αὶ δὶς νεοκόρ¢ο¢[ς] τῶ¢ν [Σε]|[βαστ]ῶν κατὰ τὰ δόγματα τῆ[ς ἱ]|[ερᾶς] σ¢υ¢γκλήτου καὶ νεωκόρος¢ | [τῆ]ς Ἀρτέμιδος καὶ φιλοσέβα|σ¢τος κτλ.), ovvero l’attestazione di due neokoriai imperiali (espressamente ratificate da due senatoconsulti) e un’altra, presunta neokoria di Artemide (per la quale non si richiamano invece autorizzazioni senatorie né decisioni imperiali), compare già in due iscrizioni (IvEphesos 2040) relative al restauro del petasos (velarium) del teatro di Efeso, datate sotto il proconsolato di Q. Tineius Sacerdos (cos. suff. 192).55 53 Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 276, n. 98; Heller, Titulatures de cités 2006, 289–291. 54 M. Antonius Moschianos Ulpianus: PIR2, A 852; CPE Suppl. 229A. Moschianos onora Caracalla (c. a. 212–213): IvEphesos 297; PH248776. Efeso onora Settimio Severo Britannicus (c. a. 210–211): IvEphesos 294; PH248772. Quest’ultima iscrizione può confrontarsi con il complesso statuario dedicato dal Consiglio e dal Popolo di Efeso a Severo, Giulia Domna, Caracalla e Geta (c. a. 198–210), in cui la città risulta parimenti due volte neokoros degli Augusti: IvEphesos 4109; PH248774. 55 Iscrizioni del petasos del teatro di Efeso (c. a. 206–208): IvEphesos 2040; PH248119–248120. Q. Tineius Sacerdos: PIR2, T 229; LP 26.175. Aelius Aglaos: PIR2, A 133; CPE III, p. 1072; LP

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Grazie al confronto con la grande iscrizione dedicatoria della frontescena del teatro di Hierapolis di Frigia, pubblicata da Tullia Ritti, anch’essa incisa sotto il medesimo proconsole e inoltre sotto il procuratore d’Asia Aelius Aglaos (c. a. 204– 207), sappiamo che Sacerdos fu in carica nell’anno proconsolare 206/207 (o, al limite, nel 207/208), ossia negli ultimi anni di regno di Settimio Severo, ancor prima della coreggenza di Caracalla e Geta.56 La Heller è giunta alla conclusione che Efeso avrebbe preteso di equiparare il culto di Artemide alle neokoriai imperiali già sotto Severo, ma che lo avrebbe fatto abusivamente, in quanto non godeva allora dell’avallo ufficiale delle uniche autorità competenti in materia, ossia l’imperatore e il Senato. Tale presunta neokoria di Artemide non compare infatti nell’iscrizione onoraria per lo stesso Severo del 210–211 (IvEphesos 294) e potrebbe darsi che la città fosse stata redarguita dall’attribuirsi unilateralmente titoli onorifici non certificati dall’autorità romana.57 Tenendo conto della complessità del materiale documentario e delle varie ipotesi sinora formulate (specialmente da parte di Robert, Burrell, Heller), si può a questo punto formulare un’ipotesi di sintesi. Al tempo di Settimio Severo si verificò il tentativo malriuscito di Efeso di arrogarsi una neokoria aggiuntiva per Artemide (IvEphesos 2040, c. a. 206–208): tale pretesa unilaterale non fu avallata dall’imperatore, per il quale la città era e restava solo «due volte neokoros» (IvEphesos 4109, c. a. 198–210; IvEphesos 294, c. a. 210–211), come era stata sin dall’epoca adrianea. In seguito però l’Augusto Geta avrebbe potuto concedere a Efeso (ovviamente su richiesta della città e forse del koinon d’Asia) una terza neokoria imperiale (Gotha-München: ΤΡΙC ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΕΦΕCΙΩΝ, c. a. 209–211, prob. 211, poco dopo la morte di Severo), ovvero il giovane imperatore avrebbe forse avallato un’istanza che proponesse di attribuire alla città una neokoria consacrata congiuntamente ai due fratelli (non al solo Geta). Quindi, a distanza di poco tempo, lo stesso Geta, di propria iniziativa, avrebbe fatto un’ulteriore gratificazione, assegnando a Efeso una neokoria specifica per Artemide (BMC Ionia 292: ΕΦΕCΙΩΝ ΤΡΙC ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΚΑΙ ΤΗC ΑΡΤΕΜΙΔΟC, a. 211; cfr. IvEphesos 647, c. a. 211): con questo atto notevole si sarebbe riconosciuta l’eccezionalità del culto ancestrale della dea patrona, ma questa neokoria sarebbe rimasta comunque distinta e collaterale rispetto a quelle imperiali e non avrebbe potuto sommarsi a esse come un addendo qualitativamente omogeneo. Da questo punto di vista Efeso non avrebbe potuto dirsi «quattro volte neokoros» (come sarebbe invece accaduto all’epoca di Elagabalo: vd. infra), ma in realtà non se ne sarebbe sentito il bisogno: la terza neokoria imperiale sarebbe già stata di per sé sufficiente a consentire alla città di 26.171. 56 Iscrizione della frontescena del teatro di Hierapolis (c. a. 206–208): Ritti, Fonti 1985, 108– 113, da cui AE 1985, 804; Ritti, Guida 2006, 119–124, nr. 24; Ritti, Storia e istituzioni 2017, 498– 506. 57 Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 274–281.

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surclassare le sue rivali, Pergamo e Smirne, rimaste da lungo tempo ferme a due neokoriai imperiali (vd. infra, cap. VVI). Se così fosse, nel 211 Geta sarebbe stato particolarmente largo di concessioni nei confronti di Efeso, permettendole, in due riprese, di compiere un decisivo balzo in avanti nella contesa con le altre città. Dopo la sua uccisione (dic. 211), quando la conseguente damnatio memoriae, decretata dal Senato su richiesta di Caracalla (dic. 211-genn. 212), comportò la formale cancellazione (rescissio) dei suoi atti, la città sarebbe invece andata incontro a una progressiva dequalificazione. Sotto il nuovo imperatore essa avrebbe subito perduto la terza neokoria imperiale (BMC Ionia 269: ΕΦΕCΙΩΝ ΔΙC ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΚΑΙ ΤΗC ΑΡΤΕΜΙΔΟC, c. a. 212–217, prob. 212) e, poco dopo (c. a. 212–214, prob. 212–213), anche la neokoria di Artemide (cfr. la più tarda IvEphesos 212.C, in cui la neokoria della dea appare concessa ex novo). A causa dell’ostilità di Caracalla (probabilmente fomentata dalle città rivali) Efeso avrebbe così finito per regredire alla precedente condizione di semplice «due volte neokoros»: questa grave retrocessione non è registrata, comprensibilmente, dalle monete locali (espressioni primarie dell’orgoglio civico), ma risulta in effetti dalle iscrizioni (IvEphesos 297, c. a. 212–213). La città avrebbe faticosamente recuperato terreno, qualche anno più tardi, grazie al sostegno del koinon d’Asia: il rescritto favorevole di Caracalla a tale petizione (IvEphesos 212.C, c. a. 214–215) concesse effettivamente una terza neokoria, ma questa dovette consacrarsi (di nuovo) ad Artemide anziché a lui stesso. Gli Efesini potevano così tornare finalmente a proclamarsi «tre volte neokoroi» (BMC Ionia 276: ΤΡΙC ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΕΦΕCΙΩΝ, c. a. 212–217, prob. 214–215), effettuando legittimamente un conteggio complessivo tra le due neokoriai imperiali e la rinnovata neokoria della dea patrona, allora equiparata a quelle imperiali. Pare inoltre che Efeso si considerasse in quel momento la prima città ad aver ottenuto una terza neokoria (SEG 37, 886 e IvEphesos 291, c. a. 215–217, prob. 215) e potesse sentirsi, tutto sommato, soddisfatta. Bisogna però sottolineare come l’imperatore, col rescritto al koinon d’Asia, avesse accolto volutamente in maniera solo parziale l’istanza efesina di recuperare la terza neokoria (imperiale) – un’istanza che era stata sostenuta dal koinon stesso e aveva già ricevuto l’autorizzazione del Senato, intervenuta senza dubbio dietro una proposta preliminare, si noti bene, dello stesso imperatore. Ma Caracalla revocò quella terza neokoria degli Augusti, già ratificata, per introdurre in extremis una significativa modifica: egli decise di sua iniziativa, da un lato, di consacrare ad Artemide tale neokoria e, dall’altro, di equiparare finalmente l’onore cultuale reso alla dea con le vere e proprie neokoriai imperiali – questa equiparazione risultava davvero innovativa e costituiva probabilmente la concessione più significativa per la città. Dopo le varie oscillazioni susseguitesi negli anni di Severo e Geta, l’imperatore avrebbe così inteso regolare, in maniera ufficiale e definitiva, la precedente situazione abusiva di Efeso rispetto al rango onorifico del culto di Artemide. Si noti come Caracalla, nella lettera al koinon, si dimostrasse consapevole del fatto che la

IV. Un caso paradigmatico: la terza neokoria di Efeso da Severo a Elagabalo

sua krisis, attribuendo una terza neokoria a Efeso, le avrebbe anche assegnato, di conseguenza, la prohedria ossia la «presidenza» rispetto alle città concorrenti (per questa interpretazione di IvEphesos 212.C, ll. 17–18, con l’integrazione κρίσει γὰρ τὴν π¢[ροεδρίαν? χρὴ] | προσνέμειν vd. supra, cap. III). Con tale decisione (krisis), vorrei osservare in aggiunta all’esegesi della Heller, egli avrebbe forse ripristinato uno dei due privilegi (la neokoria di Artemide, ma non quella imperiale) già sanciti, qualche anno prima (211), dallo sfortunato e ormai obliato fratello. * In questo quadro generale andrà infine inserita anche l’altra petizione del koinon, cui Caracalla replicò favorevolmente col rescritto ad desideria Asianorum (D. 1.16.4: vd. supra, cap. II): Efeso veniva confermata nell’antico privilegio di essere la prima, tra le metropoleis, a ricevere la visita del proconsole d’Asia all’atto ufficiale della sua entrata in carica – ne consegue che in quella città i dignitari federali d’Asia si sarebbero riuniti per rendere solenne omaggio al nuovo governatore. Tale privilegio efesino era stato verosimilmente messo in discussione dalle pretese di altre metropoleis asianiche, che avessero un porto tale da accogliere il proconsole – si può dunque pensare a Cizico oppure, meglio, a Smirne. La cronologia di tale rescritto resta, per adesso, ancora generica (c. a. 212–217), ma potrà forse precisarsi (c. a. 215–217) grazie al confronto con altri documenti storico-epigrafici (vd. infra, capp. VI–VII). A margine di tale ipotesi ricostruttiva resta l’iscrizione IvEphesos 740 per via della sua incerta cronologia (Burrell c. a. 211; Heller c. a. 218–222): come si è visto, essa registra la neokoria di Artemide e tre neokoriai imperiali come privilegi garantiti da senatoconsulti e da una decisione imperiale (κατὰ τὰ δόγματα τῆς ἱερᾶς συνκλήτου καὶ τὴν θείαν κρίσιν). I senatoconsulti si riferiscono senza dubbio alle ratifiche delle tre neokoriai imperiali: la prima neokoria consacrata al divus Vespasianus, la seconda ad Adriano (sulle prime due vd. infra, cap. V), la terza a Geta, se si accoglie (come qui si fa) la datazione Burrell dell’iscrizione, oppure a Elagabalo secondo la datazione Heller. La theia krisis dovrebbe invece applicarsi alla concessione della neokoria aggiuntiva per Artemide e risalirebbe quindi allo stesso Geta (c. a. 211, secondo la datazione Burrell) oppure a Caracalla (c. a. 214–215, secondo la datazione Heller). Pur nell’incertezza tra le due ipotesi cronologiche, la datazione al 211 potrebbe forse trovare una conferma indiretta grazie al confronto con un’iscrizione onoraria (IvEphesos 3030), pur frammentaria, che può certamente porsi sotto il regno di Macrino. Si tratta della dedica rivolta dagli organismi civici efesini al senatore L. Marius Maximus Perpetuus Aurelianus, il notevolissimo uomo d’arme di epoca severiana (vd. infra, cap. VI), allora appena assurto alla prefettura urbana (217/218), ma già in precedenza proconsole d’Asia (per un doppio mandato: c. a. 213/214– 214/215) nonché d’Africa (216/217). La parte superiore dell’iscrizione è purtroppo perduta e quindi la titolatura civica di Efeso non può ricostruirsi se non per via in-

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IV. Un caso paradigmatico: la terza neokoria di Efeso da Severo a Elagabalo

diziaria (ll. 1–8: [τῆς πρώτης πασῶν καὶ μεγίστης] | καὶ ἐ[νδοξοτάτης καὶ μητροπόλεως] | τῆ[ς Ἀσίας καὶ νεωκόρου τῆς] | [Ἀρτέμιδος καὶ δὶς νεωκόρου] | 5 [τῶν Σεβαστῶν κατὰ τὰ δόγμα]|[τα τῆς ἱερωτάτη]ς συνκλήτου | [Ἐφεσί]ων πόλεως | [ἡ βουλὴ καὶ] ὁ δ[ῆ]μος ἐτείμησ[α]ν κτλ.).58 Sulla pietra rimane tuttavia traccia della menzione dei senatoconsulti (l. 6) su cui erano fondati i privilegi efesini (le neokoriai, sia degli Augusti che di Artemide), ma non appare registrata alcuna theia krisis. Questo dato pare suggerire che, al tempo di Macrino, si ritenesse ormai sufficiente il rimando ai soli senatoconsulti: il «giudizio divino» di Caracalla (sull’attribuzione della terza neokoria efesina ad Artemide) non era ricordato o perché temporaneamente decaduto (ma sarebbe stato a breve ripristinato: cfr. infra, cap. VIII) oppure perché non era sembrato necessario citare, in maniera disgiunta dai senatoconsulti, una singola decisione presa da un imperatore precedente, ormai defunto. Si può supporre che una citazione di quel genere (κατὰ τὰ δόγματα τῆς ἱερᾶς συνκλήτου καὶ τὴν θείαν κρίσιν) sarebbe apparsa superflua anche nell’epoca di Elagabalo, alla quale la Heller intenderebbe invece datare IvEphesos 740. Da una notevolissima iscrizione efesina (IvEphesos 802: vd. infra, cap. VIII) apprendiamo inoltre che la città corse il rischio di perdere i suoi privilegi sotto Macrino, come in effetti avvenne per Pergamo, punita con la totale cancellazione dei titoli onorifici, e forse anche per Smirne (cfr. infra, cap. VI), ma riuscì strenuamente a difenderli e li vide infine riconfermati. La temporanea perdita della terza neokoria (di Artemide) pare attestata dalle erasioni che colpirono, in maniera mirata, le già ricordate iscrizioni per Caracalla Armeniacus, andando a correggerne la titolatura civica in senso riduttivo (SEG 37, 886 e IvEphesos 291: vd. supra). * Se dunque al tempo di Macrino Efeso dovette difendere e potè recuperare il suo status di tre volte neokoros (due volte degli Augusti e una di Artemide), il «grande sorpasso» fu compiuto sotto Elagabalo, che concesse il privilegio vertiginoso di una terza neokoria imperiale, conteggiata complessivamente come quarta neokoria della città. Tale straordinaria gratifica occorse intorno agli anni 218–220, come mostrano le emissioni efesine che riportano tale titolo in associazione col ritratto di Iulia Cornelia Paula, la prima (220) delle tre mogli effimere del giovane imperatore. Le legende monetali proclamano vari elementi attinenti all’ideologia del «primato» (vd. infra, cap. VII), collegati alla quarta neokoria: gli Efesini sono infatti definiti «i soli, primi fra tutti, quattro volte neokoroi» (Paris 895: ΕΦΕCΙΩΝ ΜΟΝΩΝ 58 Il Consiglio e il Popolo di Efeso onorano L. Marius Maximus Perpetuus Aurelianus (c. a. 217–218): IvEphesos 3030; PH249074. Su Marius Maximus vd. PIR2, M 308; LP 26.178 (Asia); Christol, Le proconsulat 2014; cfr. infra, n. 93. Per la proroga del suo mandato proconsolare vd. Hurlet, Le proconsul et le prince 2006, 120.

IV. Un caso paradigmatico: la terza neokoria di Efeso da Severo a Elagabalo

Α ΠΑCΩΝ ΤΕΤΡΑΚΙ ΝΕΩΚΟΡΩΝ) e «i primi dell’Asia, quattro volte neokoroi» (BMC Ionia 305: ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC Δ ΝΕΩΚ ΕΦΕCΙΩΝ), mentre Efeso è detta «la prima (città) di tutte e grandissima; (moneta) degli Efesini, quattro volte neokoroi» (Paris 899: ΕΦΕCΙΩΝ Δ ΝΕΩΚΟΡ Η ΠΡΩΤΗ ΠΑCΩΝ ΚΑΙ ΜΕΓΙC). Infine una moneta efesina (BMC Ionia 306) mostra significativamente al rovescio la raffigurazione dei quattro templi federali (si riconoscono l’Artemision e i tre templi del culto imperiale, per il divus Vespasianus, Adriano ed Elagabalo), accompagnata dalla didascalia ΔΟΓΜΑΤΙ CΥΝΚΛΗΤΟΥ ΕΦΕCΙΩΝ ΟΥΤΟΙ ΝΑΟΙ, «questi templi degli Efesini per senatoconsulto». La quarta neokoria, concessa da Elagabalo e ratificata anche in questo caso dal Senato, dovette quindi assicurare a Efeso una posizione di schiacciante superiorità rispetto alle sue concorrenti, Pergamo e Smirne, andando a confermare quel primato già conseguito, almeno in parte, sotto Caracalla e faticosamente difeso sotto Macrino (vd. infra, capp. VI–VII).59 In questo clima di esaltazione campanilistica, all’inizio di un’iscrizione onoraria (IvEphesos 625) dedicata poco tempo prima (c. a. 215–217) al sommo sacerdote federale M. Aurelius Herculanus – un documento in cui gli Efesini si autocelebravano già iperbolicamente come «i primi in tutto» (ll. 7–9: … ὁ ἱερώτατος | τῶν πάντα πρώτων | Ἐφεσίων δῆμος) – si sarebbe aggiunta (c. a. 218–220) un’orgogliosa intestazione, che registrava i privilegi garantiti dal Senato (ll. 2–4: κατὰ τὰ δόγμ[α]τ[α τῆς ἱερωτάτης σ]υνκλήτο[υ] | τῆς [[τετράκις]] | νεωκόρου). Tuttavia questo riferimento alla quarta neokoria sarebbe stato presto scalpellato.60 L’entusiastica celebrazione di tale privilegio infatti continuò ancora, con altre emissioni monetali, all’inizio del regno di Severo Alessandro, finché la quarta neokoria efesina (come le neokoriai concesse da Elagabalo ad altre città) venne cancellata dal nuovo imperatore in conseguenza della damnatio memoriae e della rescissio actorum del suo stravagante predecessore (222). Efeso tornò per alcuni decenni a essere semplicemente tre volte neokoros (due volte degli Augusti e una di Artemide), come al tempo di Caracalla, e cessò di proclamare il suo status sulle emissioni locali. La quarta neokoria (terza degli Augusti) venne infine restituita, oltre un trentennio più tardi, da Valeriano e Gallieno intorno agli anni 255–258 (cfr. infra, cap. VII).61

59 Quarta neokoria di Efeso (c. a. 218–220): Burrell, Neokoroi 2004, 76–77. Selezione di monete efesine dell’epoca di Elagabalo (218–222): a) Δ ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΕΦΕCΙΩΝ con Cornelia Paula Augusta (220): Oxford 9.95; b) ΕΦΕCΙΩΝ ΜΟΝΩΝ Α ΠΑCΩΝ ΤΕΤΡΑΚΙ ΝΕΩΚΟΡΩΝ: Paris 895 etc.; c) ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC Δ ΝΕΩΚ ΕΦΕCΙΩΝ: BMC Ionia 305 etc.; d) ΕΦΕCΙΩΝ Δ ΝΕΩΚΟΡ Η ΠΡΩΤΗ ΠΑCΩΝ ΚΑΙ ΜΕΓΙC: Paris 899 etc.; e) ΔΟΓΜΑΤΙ CΥΝΚΛΗΤΟΥ ΕΦΕCΙΩΝ ΟΥΤΟΙ ΝΑΟΙ: BMC Ionia 306 etc. 60 Il Consiglio e il Popolo di Efeso onorano M. Aurelius Herculanus (c. a. 215–217): IvEphesos 625; PH248858. M. Aurelius Herculanus: Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 125–126, nr. 136. 61 Revoca (222) e nuova concessione (c. a. 255–258) della quarta neokoria di Efeso: Burrell, Neokoroi 2004, 77–79.

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IV. Un caso paradigmatico: la terza neokoria di Efeso da Severo a Elagabalo

L’evoluzione della titolatura efesina tra l’epoca di Settimio Severo (due volte neokoros) ed Elagabalo (quattro volte neokoros, ovvero tre volte degli Augusti e una di Artemide), attestata dalla documentazione numismatica ed epigrafica, può dunque riassumersi nel modo seguente: documento

cronologia assoluta

cronologia relativa

neokoriai imperiali

neokoria Artemide

SNGCop 425

197–209

II



IvE 4109

198–210

II



IvE 2040

206–208

II

X

BMC 281

209–211

II



IvE 294

210–211

München

209–211

BMC 292

neokoriai totali

ex SC e/o theia krisis



ex SC (riferito alle neokoriai)

II



III





211

III

X



IvE 647

211

III

X



IvE 740

211? (o 218–222?)

III

X



BMC 269

212–217

II

X



IvE 297

212–213

lettera IvE 212.C

212–217

214–215

lettera IvE 212.A

212–217

215–216? (dopo IvE 212.C)

BMC 276

212–217

214–215





III

IvE 300

213–217

214–215

II

X

III (tris neokoros prote)

SEG 37, 886

215–217

215

II

X

III (tris neokoros prote)

IvE 291

215–217

215

II

X

III (tris neokoros prote)

SEG 37, 886 (correzioni successive)

217–218

II





IvE 291 (correzioni successive)

217–218

II





IvE 3030

217–218

[II?]

[X?]



211

212

II



II

X (assente c. a. 212–214)

III

ex SC, theia krisis

ex SC, (theia) krisis

[agoni Artemeisia iselastici]

ex SC

IV. Un caso paradigmatico: la terza neokoria di Efeso da Severo a Elagabalo

documento

cronologia assoluta

cronologia relativa

neokoriai imperiali

neokoria Artemide

neokoriai totali

Oxford 9.95

220





IV

Paris 895 e 899, BMC 305

218–222





IV

BMC 306

218–222





IvE 625 (intestazione aggiuntiva)

218–222





218–220

quattro templi IV

ex SC e/o theia krisis

ex SC ex SC

* Tale complessa ricostruzione degli eventi sembra nuovamente orientare verso gli anni 214–217 per quanto riguarda la decisione finale di Caracalla (IvEphesos 212.C), ma le alterne fortune di Efeso vanno inquadrate nella dinamica di competizione triangolare con le sue due acerrime rivali, Pergamo e Smirne, che negli stessi anni godettero parallelamente di promozioni di rango – e ancora con Sardi.62 Il problema della terza neokoria efesina, per come esso è attestato dal rescritto epigrafico di Caracalla al koinon d’Asia, si sviluppa dunque perlomeno tra l’epoca di Settimio Severo e quella di Elagabalo e rientra a pieno titolo nella definizione del «primato» di Efeso rispetto alle altre metropoleis d’Asia – tale concetto di «primato» è peraltro parzialmente delineato, ma non spiegato in dettaglio, dall’altro rescritto di Caracalla al medesimo koinon (ad desideria Asianorum), citato da Ulpiano. Per chiarire in cosa consistesse il primato di Efeso (in particolare la προεδρία cui accenna il proconsole di epoca tetrarchica nella lettera IvEphesos 217) – una città più volte neokoros, che ambiva al ruolo-guida di «prima e grandissima metropolis dell’Asia» all’interno del koinon – e quanta parte potessero avere le neokoriai e il rango metropolitano nella configurazione di quello stesso primato (e ancora che ruolo avesse avuto il Senato nella concessione di tali privilegi giuridico-sacrali), è necessario rivolgere uno sguardo retrospettivo allo sviluppo del culto imperiale e alle aspre rivalità insorte tra le città asianiche tra l’epoca augustea e quella severiana.

62 Sul «triangolo rivale» vd. Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 272–274. Sarebbe tuttavia preferibile concepire questa forma di competizione come un quadrilatero: Sardi appare infatti come una concorrente di primo piano.

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IV. Un caso paradigmatico: la terza neokoria di Efeso da Severo a Elagabalo

Risultati L’analisi dettagliata di vari documenti efesini, epigrafici e numismatici, unita al confronto con le ricostruzioni proposte da Robert, Burrell e Heller, ha permesso di individuare diverse fasi di variazione nella titolatura civica di Efeso per quanto concerne la terza neokoria. Si è avanzata tale ipotesi di ricostruzione complessiva: 1) sotto Settimio Severo la città, già due volte neokoros sin dall’epoca adrianea (vd. infra, cap. V), avrebbe preteso di arrogarsi una speciale neokoria per il culto ancestrale di Artemide (IvEphesos 2040, c. a. 206–208), senza però ottenere il necessario riconoscimento dell’autorità imperiale (IvEphesos 294, c. a. 210–211; BMC Ionia 281, c. a. 209–211; cfr. IvEphesos 4109, c. a. 198–210; SNGCop 425, c. a. 197–209). 2) durante la coreggenza di Caracalla e Geta (feb.-dic. 211) Efeso sembrerebbe aver ottenuto importanti concessioni per iniziativa primaria di Geta: dapprima una terza neokoria imperiale (ossia consacrata a entrambi gli Augusti fratelli, non al solo Geta) (moneta Gotha-München), quindi una neokoria di Artemide, sommata alle tre neokoriai imperiali come un addendo distinto e non omogeneo (BMC Ionia 292; IvEphesos 647 e forse 740: quest’ultima iscrizione, la cui datazione comporta alcuni problemi interpretativi, menziona anche i senatoconsulti e un giudizio imperiale, theia krisis). 3) sotto Caracalla unico Augusto (212–217) possono distinguersi due fasi: a) la prima (c. a. 212–213) prospetta la rapida dequalificazione di Efeso, che avrebbe perso subito la terza neokoria imperiale (BMC Ionia 269), quindi anche quella di Artemide (IvEphesos 297); b) nella seconda fase (c. a. 214–215) invece, grazie al decisivo sostegno del koinon d’Asia, la città recuperò per concessione di Caracalla la neokoria di Artemide, che venne finalmente conteggiata, in maniera ufficiale, come terza neokoria civica (IvEphesos 212.C; BMC Ionia 276); di lì a poco gli agoni in onore di Artemide ottennero inoltre l’innalzamento al rango iselastico (cfr. IvEphesos 212.A). In questa fase di ripresa Efeso potè proclamarsi «tre volte neokoros per prima, due volte degli Augusti e una volta di Artemide» (IvEphesos 300; SEG 37, 886; IvEphesos 291), mettendo in rilievo un primato cronologico nell’acquisizione della terza neokoria rispetto a Pergamo e Smirne. 4) sotto Macrino (217–218) sembra essersi prodotta una temporanea cancellazione dei privilegi concessi da Caracalla (ossia della neokoria di Artemide equiparata a una terza neokoria), che risulta dalle scalpellature mirate a ridurre la titolatura civica a «due volte neokoros degli Augusti» (cfr. SEG 37, 886; IvEphesos 291); in questi stessi anni però un anonimo difensore civico di Efeso riuscì infine a ottenere la piena restituzione dei privilegi (IvEphesos 802: vd. infra, cap. VIII). 5) Elagabalo (c. a. 218–220) concesse il vertiginoso beneficio di una terza neokoria degli Augusti, vera e propria, conteggiata ufficialmente come quarta neokoria

IV. Un caso paradigmatico: la terza neokoria di Efeso da Severo a Elagabalo

civica (Oxford 9.95; Paris 895 e 899; BMC Ionia 305 e 306: quest’ultima moneta registra il senatoconsulto di autorizzazione del quarto tempio del culto imperiale; cfr. l’aggiunta seriore in IvEphesos 625, con menzione dei senatoconsulti), che permise a Efeso di sorpassare nettamente le concorrenti Pergamo e Smirne. 6) La quarta neokoria di Efeso venne cancellata da Severo Alessandro (c. a. 222) a seguito della damnatio memoriae di Elagabalo, ma infine ripristinata da Valeriano e Gallieno (c. a. 255–258): vd. infra, cap. VI.

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V. Rivalità e contese tra città neokoroi e metropoleis: da Augusto a Commodo

La sintetica rassegna che seguirà non potrà affrontare nel dettaglio le modalità, i problemi e la cronologia delle singole concessioni per ciascuna città, come si è fatto per la terza neokoria di Efeso, ma farà riferimento ai lavori fondamentali di Simon Price, Domitilla Campanile, Barbara Burrell, Anna Heller ed Éric Guerber.63 Prima di ripercorrere le principali tappe della rivalità tra le maggiori città asianiche nella loro corsa al «primato», conviene chiarire quali fossero i tre termini che maggiormente caratterizzavano tali dinamiche di competizione: innanzi tutto, a partire dall’epoca augustea, la neokoria, ovvero il privilegio di custodire un tempio federale (ossia finanziato e costruito dal koinon d’Asia) che fosse consacrato al culto imperiale, rappresentò il primo termine di concorrenza. Dall’epoca domizianea invalse l’uso ufficiale del titolo di νεωκόρος per indicare le città privilegiate; dall’epoca traianea tali città avrebbero inoltre potuto ospitare più di un tempio federale, diventando, tra II e III sec., neokoros per due, tre, persino quattro volte. Come secondo termine, dall’epoca adrianea fu introdotto in Asia il rango (ἀξίωμα) di μητρόπολις (questo titolo, a differenza della neokoria, non poteva essere iterato), che, a detta di Antonino Pio, contraddistingueva esclusivamente «le più grandi città». Infine, come terzo termine, si riscontra dall’epoca antonina il titolo di πρώτη, ossia di «prima città» della provincia, che atteneva alla sfera semantica del primato in senso gerarchico e resta forse il più difficile da definire (vd. infra, cap. VII). Per quanto il koinon d’Asia avesse già sperimentato delle forme di celebrazione cultuale dei governanti e benefattori romani nella fase tardo-repubblicana (ad esempio con le feste Moukieia in onore del proconsole Q. Mucius Scaevola), l’epoca augustea costituisce l’evidente punto di partenza per una rassegna sul culto 63 Price, Rituals and Power 1984; Campanile, I sommi sacerdoti 1994a; Burrell, Neokoroi 2004; Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006; Guerber, Les cités grecques 2009.

V. Rivalità e contese tra città neokoroi e metropoleis: da Augusto a Commodo

imperiale (Kaiserkult). Secondo Cassio Dione nel 29 a. C. Ottaviano aveva fatto una duplice concessione alle richieste dei provinciali d’Asia e Bithynia, ossia che i Romani ivi residenti potessero dedicare un tempio alla dea Roma e al divus Iulius, da costruirsi rispettivamente nelle città di Efeso e Nicea (ossia nelle capitali amministrative, dove era più consistente la presenza di cives Romani), ma soprattutto che i Greci d’Asia e Bithynia consacrassero un tempio federale a lui stesso e alla dea Roma, gli uni a Pergamo, gli altri a Nicomedia (le città che ospitavano le assemblee dei due koina).64 Pergamo ottenne così la prima neokoria, ossia il privilegio di custodire un tempio presso il quale un sommo sacerdote federale avrebbe officiato il culto imperiale in rappresentanza del koinon d’Asia. Tale sommo sacerdote assunse in epoca giulio-claudia il titolo di ἀρχιερεὺς τῆς Ἀσίας, ma poteva essere indicato anche come ἀσιάρχης: si è infatti giunti ormai alla conclusione che i due termini siano sostanzialmente equivalenti, pur riferendosi specificamente il primo al ruolo sacerdotale e il secondo alla presidenza dell’assemblea federale – entrambe le funzioni erano svolte dal medesimo dignitario. Questa prima neokoria di Pergamo non sarebbe stata l’unica, né per la città né per l’Asia in senso generale: iniziava così una lunga e complessa dinamica di competizione tra le maggiori città della provincia (e quindi di moltiplicazione dei templi federali e dei sommi sacerdoti incaricati di essi), che si sarebbe protratta fino al III sec. inoltrato.65 Già nel 23 d. C., secondo il resoconto di Tacito, Tiberio acconsentiva infatti a una nuova richiesta del koinon d’Asia di poter innalzare un secondo tempio federale, da dedicarsi allo stesso Tiberio, a Livia e al Senato. L’assemblea federale non riuscì però a individuare una città da presentare come candidata unica al privilegio sulla base di un consenso unanime: nel 26 d. C. arrivarono così a Roma le delegazioni di ben undici città asianiche (Hypaipa, Tralle, Laodicea al Lykos, Magnesia 64 Sul rescritto di Antonino Pio, citato da Modestino (D. 27.1.6.2) vd. infra, cap. VII. Q. Mucius Scaevola il Pontefice, proconsole d’Asia (97 a. C.): MRR II, 7. Ottaviano, i Greci d’Asia e Bithynia e i primi templi federali del culto imperiale (29 a. C.): Cassius Dio 51.20.6–9; cfr. Deininger, Die Provinziallandtage 1965, 16–19; Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 25; Madsen, Who Introduced the Imperial Cult 2016 (che presenta un’ipotesi eterodossa rispetto alla communis opinio, ma poco persuasiva). Prima neokoria di Pergamo: Burrell, Neokoroi 2004, 17–22. Prima neokoria di Nicomedia: Burrell, Neokoroi 2004, 147–152. Su Nicea come probabile capitale provinciale di Bithynia-Pontus vd. Haensch, Capita provinciarum 1997, 282–290. 65 Sui sommi sacerdoti d’Asia e gli asiarchi vd. Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 18–22; Campanile, I sommi sacerdoti 1994b; Campanile, Asiarchi e Archiereis d’Asia 2004; Campanile, Sommi sacerdoti, asiarchi 2006. Gli eventuali dubbi residui sull’identità delle due funzioni sono ora fugati da Ritti, Storia e istituzioni 2017, 463–471, sulla base di nuove acquisizioni epigrafiche di epoca adrianea e antonina da Hierapolis di Frigia (cfr. infra, n. 72). In generale sull’identità tra sommi sacerdoti federali e presidenti delle assemblee federali nelle province greco-orientali vd. Vitale, Il sommo sacerdozio federale 2014; Edelmann-Singer, Koina und Concilia 2015, 153–179.

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al Meandro, Ilio, Alicarnasso, Pergamo, Efeso, Mileto, Sardi, Smirne), che vennero lungamente ascoltate in Senato.66 Dopo vari scrutini fu proprio il Senato a selezionare Sardi e Smirne: entrambe le ambascerie fondarono le proprie richieste sul criterio legittimante dell’antiquitas, la prima vantò l’ancestrale parentela tra i Lidi, i Tirreni e i primi abitanti del Peloponneso, mentre la seconda rievocò le diverse leggende di fondazione da parte di Tantalo, Teseo e delle Amazzoni, ma soprattutto ricordò la lealtà di Smirne verso Roma, dimostrata in campo diplomatico e militare tra II e I sec. a. C., e il fatto singolare di essere stata la prima città a votare un tempio alla dea Roma (forse addirittura nel 195 a. C., se il ricordato console Marcus Porcius era il famoso Censore). Quest’ultima riuscì infine vincitrice: ottenne la sua prima neokoria (la seconda per l’Asia), col relativo tempio e sommo sacerdote federale, e venne elevata sullo stesso piano di Pergamo. Le competenze del Senato non si limitarono però alla selezione della città ritenuta più meritevole: dato che la costruzione di un grande tempio federale comportava l’investimento di ingenti risorse economiche, che rientravano a vario titolo nella fiscalità di una provincia senatoria quale l’Asia (si pensi da una parte alla cassa provinciale, di competenza proconsolare, dall’altra alla cassa propria del koinon), il Senato decretò la nomina di un legato proconsolare sovrannumerario, di rango pretorio, da assegnare al proconsole già sorteggiato, M. Aemilius Lepidus; tale legato avrebbe dovuto specificamente sorvegliare l’avvio dei lavori edilizi a Smirne – tra i pretorii fu infine estratto a sorte Valerius Naso.67 Tale procedura può essere messa a confronto con i provvedimenti economico-fiscali presi da Tiberio e ratificati dal Senato pochi anni prima, nel 17, a seguito del tremendo sisma che aveva colpito l’Asia, devastando Sardi, Magnesia al Sipilo e altre dieci città e comunità minori: furono allora stanziati dieci milioni di sesterzi per la ricostruzione

66 Tiberio, il Senato e il secondo tempio federale in Asia (23–26 d. C.): Tac. ann. 4.55–56; cfr. Campanile, Tiberio e la prima neokoria 1997. Prima neokoria di Smirne (26): Burrell, Neokoroi 2004, 38–42. 67 Sulle motivazioni addotte da Sardi vd. Tac. ann. 4.55.3–4 (cit. infra, n. 69), su quelle di Smirne e la decisione del Senato vd. ann. 4.56: At Zmyrnaei repetita vetustate, seu Tantalus Iove ortus illos, sive Theseus divina et ipse stirpe, sive una Amazonum condidisset, transcendere ad ea, quis maxime fidebant, in populum Romanum officiis, missa navali copia non modo externa ad bella sed quae in Italia tolerabantur; seque primos templum urbis Romae statuisse, M. Porcio consule, magnis quidem iam populi Romani rebus, nondum tamen ad summum elatis, stante adhuc Punica urbe et validis per Asiam regibus. simul L. Sullam testem adferebant, gravissimo in discrimine exercitus ob asperitatem hiemis et penuriam vestis, cum id Zmyrnam in contionem nuntiatum foret, omnis qui adstabant detraxisse corpori tegmina nostrisque legionibus misisse. Ita rogati sententiam patres Zmyrnaeos praetulere. Censuitque Vibius Marsus ut M. Lepido, cui ea provincia obvenerat, super numerum legaretur qui templi curam susciperet. Et quia Lepidus ipse deligere per modestiam abnuebat, Valerius Naso e praetoriis sorte missus est. M. Aemilius Lepidus: PIR2, A 369; LP 26.33. Valerius Naso: PIR2, V 151. In generale sul ruolo del Senato rispetto al culto imperiale e alla consecratio dei divi vd. Eck, Der Senat 2016.

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della sola Sardi e si decretò la remissione o la riduzione delle tasse dovute all’erario e al fisco per i prossimi cinque anni. Si decise inoltre di nominare un senatore come sovrintendente alle procedure di finanziamento e ricostruzione e venne prescelto appositamente un personaggio di rango pretorio, che fosse gerarchicamente inferiore (quinquefascalis) al consolare destinato a governare la provincia come proconsole (sexfascalis). Il nome del senatore allora delectus e praetoriis è trasmesso in forma erronea dalla tradizione manoscritta tacitiana (M. Aletus): a fronte dell’interpretazione vulgata (Borghesi, Mommsen), che ha suggerito di riconoscervi un altrimenti ignoto M. Ateius, sembra preferibile l’identificazione (Syme, Camodeca) col senatore campano M. Aedius Ba[lbus?], originario di Allifae, attestato come legatus Ti. Caesaris Augusti iterum (CIL IX, 2342). Sardi aveva dunque ottenuto molto dal Senato nel 17: può così meglio comprendersi perché nel 26 le venisse preferita Smirne per la nuova grande opera edilizia; si è d’altronde osservato (Traina) come la ricostruzione post-terremoto, già avviata nel 17, si fosse verosimilmente protratta per vari anni, forse sino al 30.68 Da Tiberio ad Adriano sembra che si consolidasse la prassi secondo cui ogni imperatore avrebbe concesso una (e soltanto una) nuova neokoria al koinon d’Asia: al tempo di Caligola (40) la città prescelta fu Mileto; l’antico santuario apollineo di Didyma avrebbe dovuto accogliere il culto imperiale, ma l’annullamento degli atti (rescissio actorum) che seguì l’uccisione del giovane imperatore (41) comportò la perdita di tale privilegio. La sfortunata Mileto avrebbe recuperato la neokoria molto più tardi, in un’epoca difficile da definire, ma comunque prima di Elagabalo, che concesse alla città una seconda neokoria (anch’essa effimera: vd. infra). Sotto Claudio non è attestato quale città avesse ricevuto la neokoria, ma sembra verosimile che essa fosse stata Sardi, che nel 26 era arrivata, al pari di Smirne, alla fase finale della selezione del Senato e nel 124 (o comunque c. a. 114–124) avrebbe contato già due templi federali. Si noti come le ragioni mitistoriche allora (26) addotte da Sardi a sostegno della sua causa, ovvero il richiamo a un antico decreto etrusco che avrebbe dimostrato l’originaria consanguineità tra i capostipiti dei Lidi d’Asia e dei Tirreni (Etruschi) d’Italia, avrebbero potuto trovare una favorevole accoglienza da parte di un imperatore erudito come Claudio, appassionato studioso 68 Terremoto d’Asia (17): Guidoboni, Catalogue 1994, 180–185, nr. 79; Traina, Terremoti e misure amministrative 2002, 754–757 (con ipotesi di prolungamento dei lavori di ricostruzione sino al 30). Tac. ann. 2.47.4: … mittique ex senatu placuit, qui praesentia spectaret refoveretque. Delectus est M. †aletus† e praetoriis, ne consulari obtinente Asiam aemulatio inter pares et ex eo impedimentum oreretur; per il rango di quinquefascalis cfr. Cassius Dio 57.17.7. «M. Ateius»: PIR2, A 1278. Su M. Aedius M. f. Ba[lbus?] e la relativa iscrizione allifana (CIL IX, 2342; ILS 944; EDR123808 [G. Camodeca 2012]); cfr. CIL IX, 2341 e 2343) vd. Camodeca, I ceti dirigenti 2008, 103, che per l’incarico pretorio in Asia ha persuasivamente ipotizzato una titolatura specifica del tipo legatus pro praetore ex SC et ex auctoritate Ti. Caesaris sulla base del confronto con il cursus coevo di C. Pontius Paelignus, documentato da un’iscrizione bresciana (CIL V, 4348; AE 1995, 604; EDR090138 [G. Migliorati 2006]).

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di antichità etrusche (scrisse infatti Tyrrhenika in 20 libri). D’altra parte un’iscrizione onoraria di Magnesia al Meandro (IvMagnesia 157b), dedicata al giovane Nerone, già adottato da Claudio (c. a. 50–54), da parte di due sommi sacerdoti federali designati (οἱ ἀποδεδιγμένοι τῆς Ἀσίας ἀρχιερεῖς), suggerisce che in quel periodo il koinon d’Asia avesse ancora soltanto due asiarchi (quelli di Pergamo e Smirne): se così fosse, potremmo forse pensare che la concessione claudiana a Sardi, qui ipotizzata, fosse occorsa negli ultimi anni di regno (c. a. 51–54); il tempio eventualmente assegnato da Claudio sarebbe stato completato, con ogni probabilità, sotto Nerone.69 In epoca giulio-claudia Efeso arrivò dunque soltanto per quarta (dopo Pergamo, Smirne e probabilmente Sardi): la città, che già custodiva il tempio della dea Roma e del divus Iulius (29 a. C.), sarebbe diventata per la prima volta neokoros al tempo di Nerone (c. a. 65–66), come suggeriscono le monete efesine (Paris 626: ΕΦ ΝΕΩΚΟΡΩΝ) battute sotto il proconsole M’. Acilius Aviola (65/66), ma avrebbe poi perduto questo privilegio nel 68, a causa della damnatio memoriae e quindi della rescissio degli atti neroniani. Si è discusso se Nerone avesse accettato tale onore per sé o piuttosto per Artemide Efesia (Keil), in maniera analoga a quanto avrebbe fatto Caracalla (IvEphesos 212.C). In ogni caso Efeso riuscì a recuperare la sua neokoria (nella forma di una vera e propria neokoria imperiale) in epoca flavia, forse sotto lo stesso Vespasiano, anche se i lavori edilizi si protrassero a lungo e non vennero completati prima del regno di Domiziano, quando il «tempio dei Sebastoi» (al plurale: si tratta verosimilmente di Vespasiano, Tito e Domiziano) fu consacrato sotto il proconsole L. Mestrius Florus (prob. 88/89). Pare ragionevole pensare che in epoca domizianea si fosse preferito attendere la compiuta realizzazione del tempio federale di Efeso prima di fare ulteriori concessioni al koinon d’Asia. D’altra parte non è chiaro, per mancanza di documentazione, se anche Nerva avesse elargito una nuova neokoria, ma forse non ne ebbe il tempo. Si noti come vennero a prodursi, nel 41 (Caligola) e nel 68 (Nerone), situazioni analoghe a quanto sopra prospettato per il 211 (Geta): la rescissio degli atti di un imperatore (che solo in certi casi derivava da una precedente damnatio memoriae) determinava la cancellazione di una neokoria imperiale (o forse anche di Artemide). Qualche 69 Prima neokoria di Mileto (40): Burrell, Neokoroi 2004, 55–57. Prima neokoria di Sardi (I sec. d. C.): Burrell, Neokoroi 2004, 100–103. Tac. ann. 4.55.3: Ita Sardianos inter Zmyrnaeosque deliberatum. Sardiani decretum Etruriae recitavere ut consanguinei: nam Tyrrhenum Lydumque Atye rege genitos ob multitudinem divisisse gentem; Lydum patriis in terris resedisse, Tyrrheno datum novas ut conderet sedes; et ducum e nominibus indita vocabula illis per Asiam, his in Italia; auctamque adhuc Lydorum opulentiam missis in Graeciam populis cui mox a Pelope nomen. Sulla cultura storico-antiquaria di Claudio cfr. Filippini, Gregori, Lo scriptor historiarum Sideropogon 2013 (con rimandi bibliografici). I sommi sacerdoti federali designati Ti. Claudius Demokrates e Ti. Claudius Timon onorano Nero Claudius Caesar Drusus Germanicus (c. a. 50–54): IvMagnesia 157b; PH260639. Sui personaggi (forse padre e figlio adottivo) vd. Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 39–40, nr. 14 e 44, nr. 19.

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anno più tardi, dopo la damnatio dello stesso Domiziano (96), la neokoria efesina non fu tuttavia cancellata, ma rimase attribuita al divus Vespasianus (oppure venne riassegnata, da Nerva, al solo Vespasiano).70 In epoca domizianeo-traianea sembrerebbe che la situazione si fosse (temporaneamente) stabilizzata: quattro città asianiche tra le più grandi (Pergamo, Smirne, Sardi, Efeso) erano state parificate per rango e titolatura (neokoroi), ma questo equilibrio non sarebbe durato a lungo. A Pergamo, che già poteva definirsi prima neokoros d’Asia (in senso cronologico: 29 a. C.), Traiano concesse infatti l’onore eccezionale di una seconda neokoria (c. a. 113–116, prob. 113–114: cfr. supra, cap. III per gli agoni iselastici Traianeia Deiphileia), per cui essa, in epoca adrianea, potè cominciare a fregiarsi del titolo di «due volte neokoros per prima» (δὶς νεωκόρος πρώτη) – si noti la specifica «per prima», che lascia intuire come la città difendesse gelosamente il suo primato da Sardi e Smirne, promosse alla seconda neokoria dopo Pergamo. Da allora, con la costruzione dell’imponente Traianeum, il sommo sacerdote federale di Pergamo fu incaricato della cura di due templi federali (una seconda neokoria non comportò pertanto l’istituzione di un secondo sommo sacerdozio per la medesima città). Questa rivoluzionaria decisione di Traiano aprì il varco alla rivendicazione di neokoriai multiple da parte di varie città in competizione – un fenomeno che esplose in epoca adrianea.71 Il grande boom delle neokoriai avvenne infatti sotto Adriano, che abbandonò il principio di una sola neokoria per ciascun imperatore: Sardi ottenne il suo secondo tempio federale all’inizio dell’epoca adrianea (se non prima, forse già sotto Traiano, c. a. 114–117); ciò non sarebbe avvenuto al tempo di Antonino Pio, come si era finora ritenuto, ma dopo la seconda neokoria di Pergamo e comunque entro il 124, come ha recentissimamente rivelato un nuovo documento epigrafico di Hierapolis di Frigia (un decreto del koinon d’Asia in onore di Adriano, databile al 124).72 70 Prima neokoria di Efeso (c. a. 65–66), suo ripristino in epoca flavia (c. a. 69–88/89) e successiva ridedicazione al divus Vespasianus (post a. 96?): Burrell, Neokoroi 2004, 60–66, partic. 60 per le monete battute sotto il proconsole Aviola (Paris 626 etc.). M’. Acilius Aviola: PIR2, A 49; LP 26.59. Efeso neokoros di Artemide in epoca neroniana: Keil, Die erste Kaiserneokorie 1919. L. Mestrius Florus: PIR2, M 531; LP 26.75. 71 Seconda neokoria di Pergamo (c. a. 113–116, prob. 113–114): Burrell, Neokoroi 2004, 22–30. Le seconde neokoriai di Pergamo, Smirne, Efeso: Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 217–221. 72 Seconda neokoria di Sardi: Burrell, Neokoroi 2004, 103–110 (con datazione approssimativa all’epoca di Antonino Pio); per la datazione di tale neokoria c. a. 114–124 si veda il decreto del koinon d’Asia che menziona un imperatore allora in visita nella provincia (Adriano, a. 124), iscritto a Hierapolis di Frigia e ora pubblicato da Ritti, Storia e istituzioni 2017, 371–382. Nel prescritto del decreto (riportato infra, cap. IX) sono menzionati quattro asiarchi, tra cui un sommo sacerdote del tempio (al singolare) di Smirne, tale [- - -]letos (da identificare verosimilmente con Ti. Claudius Meil[etos]) – questo dettaglio sull’unico tempio di Smirne consente di datare il decreto stesso al 124 piuttosto che al 129 o 131 (al secondo o terzo viaggio di Adriano in Asia). Ti. Claudius Meil[etos] di Sardi: Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 145,

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Tra le prime città a essere gratificate compare inoltre Cizico, divenuta neokoros per la prima volta intorno al 121–123, probabilmente in occasione del primo viaggio imperiale in Asia Minore (123–124). Il capoluogo dell’Ellesponto era stato colpito da un grave terremoto nel 121 e la concessione della neokoria dovette rientrare in un pacchetto di provvedimenti economici, finalizzati a sostenere la ricostruzione per mezzo di contributi sia federali (la cassa del koinon d’Asia) sia statali (l’erario e il fisco). Durante lo stesso viaggio Adriano conferì il privilegio di una seconda neokoria a Smirne (124: vd. infra). Nel medesimo periodo un’altra città fu ammessa nel gruppo delle neokoroi: si tratta di Laodicea al Lykos (c. a. 124–129, prob. 129), visitata da Adriano nel 129, durante il secondo viaggio in Anatolia. Tale neokoria risulta attestata da un rinvenimento epigrafico ancora inedito e sembra confermare l’ipotesi di una particolare èra laodicena, il cui computo risalirebbe all’epoca adrianea (c. a. 124–129), come è suggerito da alcune emissioni monetali dell’epoca di Caracalla (vd. infra, cap. VI).73 Si può notare che tra le due città promosse da Adriano alla neokoria, Cizico (prob. 123) e Laodicea (prob. 129), soltanto la prima ottenne un proprio sommo sacerdote federale: la documentazione epigrafica (perlomeno quella attualmente disponibile) attesta infatti, per il II sec. e tutta l’epoca successiva, soltanto cinque archiereis d’Asia specificamente addetti ai grandi templi federali, quelli di Pergamo, Smirne, Sardi, Efeso e Cizico (con la titolatura: [ἀρχιερεὺς τῆς Ἀσίας / ἀσιάρχης] + [ναοῦ τοῦ / ναῶν τῶν] + [ἐν Περγάμῳ / Ζμύρνῃ / Σάρδεσιν / Ἐφέσῳ / Κυζίκῳ]). Come spiegare tale difformità? Una ragione di tipo economico potrebbe trovarsi nell’eventualità che, di fronte a un sensibile allargamento del numero delle città neokoroi, il tempio federale di Cizico fosse stato l’ultimo a essere sovvenzionato dalla cassa del koinon d’Asia (come risulta espressamente dalla documentazione epigrafica; Cizico nr. 174 (con datazione generica tra 23 e 123/124). Per quanto riguarda Sardi, un altro dei quattro asiarchi è L. Iulius Libonianus, già noto come stratego di Sardi (moneta di epoca traianea: BMC Lydia Sardis 75) e come sommo sacerdote federale dei (due) templi di Sardi e due volte primo stratego di Sardi (iscrizione di epoca traianea o successiva: Sardis VII.1, 47); cfr. Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 101–102, nr. 99 (con datazione all’epoca traianea). L’asiarchia di Libonianus può ora datarsi al 124, mentre la concessione della seconda neokoria a Sardi deve essere avvenuta nell’epoca tardo-traianea (c. a. 114–117) o, più probabilmente, nei primi anni di regno di Adriano (c. a. 117–124). 73 Prima neokoria di Cizico (c. a. 121–123, prob. 123): Burrell, Neokoroi 2004, 86–94. Seconda neokoria di Smirne (124): vd. infra, n. 76. Prima neokoria di Laodicea: Burrell, Neokoroi 2004, 119–124 (con datazione approssimativa all’epoca di Commodo e suo ripristino sotto Caracalla); per la datazione di tale neokoria all’epoca adrianea (c. a. 124–129, prob. 129) si fa riferimento a un’iscrizione inedita di Laodicea in onore di Adriano Olympios (epiteto assunto c. a. 128–129): a C. Șimşek e F. Guizzi vanno i miei più sentiti ringraziamenti per la conoscenza diretta di questo importante documento, sul quale cfr. le notizie preliminari di Șimşek, Laodikeia 2013, 57; Șimşek, 10. Yılında Laodikeia 2014, 41; Kaçar, Laodikeia’li Polemon 2014, 202; Ritti, Storia e istituzioni 2017, 88, n. 297. Per l’èra laodicena attestata dalle emissioni dell’epoca di Caracalla vd. infra, n. 90.

V. Rivalità e contese tra città neokoroi e metropoleis: da Augusto a Commodo

ebbe pertanto un sommo sacerdote federale), mentre le città progressivamente gratificate della neokoria, da Laodicea in avanti (si mettano in conto Mileto, Philadelphia, Tralle, Hierapolis, Antandro: vd. infra, cap. VI), avessero dovuto provvedere con le proprie risorse alla costruzione dei nuovi templi.74 Infine anche Efeso ricevette una seconda neokoria in epoca adrianea (c. a. 131– 132), in seguito alla seconda (129) o alla terza (131) visita imperiale in Asia. In particolare le vicende delle seconde neokoriai di Smirne ed Efeso permettono di mettere a fuoco quale fosse il ruolo specifico del Senato, che già sotto Tiberio aveva decretato il conferimento della prima neokoria di Smirne (26) e regolamentato gli aspetti amministrativi conseguenti.75 Una notevolissima iscrizione smirnea (IvSmyrna 697), databile poco dopo il 124, elenca infatti le donazioni di vari evergeti e mostra quali e quanti privilegi la città avesse ricevuto dall’imperatore Adriano per intercessione del sofista Polemone, ovvero «il secondo senatoconsulto in virtù del quale siamo diventati due volte neokoroi» (δεύτερον δόγμα συνκλήτου, καθ’ ὃ δὶς νεωκόροι γεγόναμεν), e ancora un agone sacro, l’immunità fiscale (ateleia) temporanea e il personale addetto al concorso stesso (theologoi e hymnodoi), nonché la cospicua somma di 1.500.000 denarii, destinati verosimilmente al nuovo tempio federale.76 IvSmyrna 697, ll. 33–40: … καὶ ὅσα ἐπετύ|χομεν παρὰ τοῦ κυρίου Καίσαρος | Ἁδριανοῦ διὰ Ἀντωνίου Πολέμω|νος· δεύτερον δόγμα συνκλήτου, | καθ’ ὃ δὶς νεωκόροι γεγόναμεν· | ἀγῶνα¢ ἱ¢ε¢ρόν, ἀτέλειαν, θεολόγους, | ὑ¢μνῳδούς, μυ¢ρι¢άδας ἐκατὸν | πεντήκοντα, κτλ.

Come peraltro riferisce Filostrato, durante il primo viaggio in Asia Minore (123–124), l’influente amico Polemone, che era un grande notabile di Laodicea e

74 Titolatura e numero dei sommi sacerdoti federali: Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 18–22; Campanile, I sommi sacerdoti 1994b; Kirbihler, Les Grands-Prêtres 2008, 107–119. Il fatto che il privilegio di avere un archiereus tes Asias, specificamente addetto al tempio (o ai templi) del koinon, rimanesse riservato a sole cinque città (Pergamo, Smirne, Sardi, Efeso, Cizico), risulta confermato dalla notevole iscrizione efesina (IvEphesos 3072; PH247102) per la sacerdotessa [Vedia - - -], figlia del cavaliere Vedius Serv(ilius) Caius, appartenente al potente clan dei Vedii: il documento passa in rassegna i membri più illustri del casato tra II e III sec. e afferma che la famiglia ricoprì il sommo sacerdozio federale «nelle cinque metropoleis» (ll. 23–26: γένους … ἐν ταῖς εʹ μητροπόλεσιν ἀρχιερασαμένου κτλ.), ossia nelle cinque città succitate, che in epoca severiana erano ormai tutte giunte a ottenere il rango di metropolis d’Asia (Sardi e Cizico al più tardi sotto Severo, Smirne sotto Caracalla: vd. infra, cap. VI). Per la datazione dell’iscrizione di Vedia c. a. 245–260 vd. Kirbihler, Les Grands-Prêtres 2008, 113, 115. 75 Seconda neokoria di Efeso (c. a. 131–132): vd. infra, n. 78. 76 Seconda neokoria di Smirne (124): Burrell, Neokoroi 2004, 42–48. La datazione di tale neokoria è confermata dall’iscrizione IvSmyrna 594, che registra un documento ufficiale attinente al privilegio, datato dalla coppia consolare dell’anno 124 (M’. Acilius Glabrio, C. Bellicius Torquatus Tebanianus).

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Smirne, nonché il più celebre sofista del suo tempo, era riuscito a dirottare il favore di Adriano da Efeso a Smirne; l’imperatore avrebbe inoltre elargito un ingente finanziamento per la costruzione del tempio federale e altri sontuosi edifici pubblici. Dobbiamo dunque pensare che Adriano avesse presentato al Senato la candidatura di Smirne per la seconda neokoria e il Senato avesse ratificato (124); è verosimile che anche la prima neokoria di Laodicea venisse poi concessa (prob. 129) per intermediazione del sofista.77 Per tornare a Efeso, anche in epoca adrianea, dal punto di vista della seconda neokoria, la città arrivò per quarta (dopo Pergamo, Sardi, Smirne): come si rileva da un dossier epigrafico efesino-ateniese, essa ricevette finalmente il suo secondo tempio federale tra il 130/131 (IvEphesos 430) e il 132 (IG II2, 3297; IvEphesos 278). In particolare un’iscrizione onoraria (IvEphesos 428) mostra come tale privilegio fosse stato ottenuto da Ti. Claudius Piso Diophantos, che per primo ne aveva fatto richiesta ad Adriano e in seguito era diventato sommo sacerdote dei due templi di Efeso, consacrandone il secondo all’imperatore (l’Hadrianeion). IvEphesos 428: [δὶς νεωκόρου τῶν Σεβαστῶν Ἐφεσίων] | [πόλε]ως ἡ βουλὴ καὶ ὁ δῆμος ἐτείμ[ησαν] | [Τι(βέριον) Κλ]αύδιον Πείσωνα Διόφαντον | [τὸ]ν ἀρχιερασάμενον τῶν δύο ναῶ[ν] | [ἐ]ν Ἐφέσῳ, ἐφ’ οὗ καθιερώθη ὁ θεοῦ | Ἁδριανοῦ νεώς, ὃς πρῶτος ᾐτήσατο | παρὰ θεοῦ Ἁδριανοῦ καὶ ἐπέτυχεν.

Sulla base di altri documenti sappiamo che il tempio di Adriano Olympios risultava ancora incompleto nel 134/135, ma sarebbe stato concluso e consacrato negli ultimi anni del regno adrianeo, entro il luglio 138. La richiesta di Diophantos fu dunque accolta da Adriano intorno al 131: anche in questa circostanza, come nel caso di Smirne (124) e in tutta la casistica relativa alla neokoria, dall’epoca augusteo-tiberiana sino a quella severiana e ancora oltre, è necessario supporre un senatoconsulto di ratifica. Questi senatoconsulti andranno necessariamente presupposti an-

77 Per l’iscrizione IvSmyrna 697 vd. supra, n. 36; il medesimo documento registra anche il nome dell’asiarca Chersiphron, che sarebbe stato uno dei primi sommi sacerdoti federali di Smirne due volte neokoros: Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 71, nr. 55. M. Antonius Polemon di Laodicea: Philostr. VS 1.25; PIR2, A 862; Puech, Orateurs et sophistes 2002, 396–413; PGRS 860; cfr. Fein, Die Beziehungen 1994, 237–241; Campanile, La costruzione del sofista 1999; Quet, Le sophiste M. Antonius Polémon 2003; Kaçar, Laodikeia’li Polemon 2014. Polemone distrae il favore di Adriano da Efeso a Smirne (124): Philostr. VS 1.25.2 (p. 531 Kayser). Sulla neokoria di Laodicea vd. la bibliografia cit. supra, n. 73, partic. Kaçar, Laodikeia’li Polemon 2014, 202. Sui viaggi di Adriano e le gratificazioni imperiali alle città d’Asia Minore vd. Guerber, Princes itinérants 2012; in particolare su alcune città cfr. Pont, Hadrien 2008 (Cizico); Bowie, Hadrien 2012a (Smirne); Bowie, Hadrien 2012b (Efeso); Bru, Filippini, La lettera di Adriano 2016 (Alicarnasso); Ritti, Storia e istituzioni 2017, 371–397 (Hierapolis).

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che laddove non siano esplicitamente dichiarati dalle fonti disponibili (epigrafiche, numismatiche o letterarie).78 * L’epoca adrianea introdusse però un secondo titolo onorifico, che, al pari della neokoria imperiale, suscitò immediatamente le ambizioni delle città greche e si rivela come un elemento-guida per l’interpretazione del «primato» tra II e III sec.: il rango di μητρόπολις, che non è attestato in Asia per l’epoca precedente ma compariva già in Bithynia, in Cilicia e in altre province d’Asia Minore. Esso è stato variamente inteso dagli studiosi, da Glen Bowersock (in senso amministrativo) a Bernadette Puech (in senso religioso), Anna Heller e ultimamente Éric Guerber. Senza entrare, in questa sede, nel merito specifico di una questione complessa e nel suo sviluppo storico, si può affermare genericamente che in epoca imperiale e tardoantica una metropolis costituiva un centro di adunanza religiosa e festiva per le comunità limitrofe, in particolare (ma non esclusivamente) per quanto riguardava il culto imperiale.79 Non a caso, tra l’epoca adrianea e quella severiana, le nove città che costituivano le sedi tradizionali delle assemblee federali del koinon d’Asia (Pergamo, Smirne, Efeso, Sardi, Laodicea, Cizico, Tralle, Philadelphia, Mileto) ottennero, quasi tutte (tranne Mileto), il riconoscimento del rango metropolitano federale. Il caso delle metropoleis d’Asia è pertanto di estrema importanza, ancor più degli esempi di singole città che si proclamassero metropolis di qualche antica regione storica, come la Ionia (la cui antichissima lega delle tredici città era presieduta da Mileto), la Lidia (Sardi) e la Caria (Stratonicea, Aphrodisias).80 Adriano conferì il rango di metropolis d’Asia sia a Pergamo che a Efeso, ma la cronologia relativa di tali concessioni (e soprattutto di queste rispetto a quelle, pure coeve, delle seconde neokoriai di Smirne ed Efeso) resta oggetto di discussione. Pare tuttavia verosimile, come ha acutamente osservato la Heller, che le due città avessero ottenuto il rango metropolitano in momenti diversi, tra il 124 (ossia dopo la seconda neokoria di Smirne) e il 132 (quando il titolo è attestato per Efeso), e inoltre che Pergamo avesse preceduto (c. a. 123–124 secondo Habicht oppure c. a. 129 o 131 secondo la Heller), seppure di poco, la rivale Efeso (c. a. 131–132: il rango 78 Seconda neokoria di Efeso (c. a. 131–132): Burrell, Neokoroi 2004, 66–70. Ti. Claudius Piso Diophantos di Efeso, sommo sacerdote federale post a. 132 (c. a. 134/135–138): Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 87–88, nr. 77. Efeso onora Diophantos (post a. 138): IvEphesos 428; PH248045. Hadrianeion e/o Olympieion di Efeso: Barresi, Province dell’Asia Minore 2003, 400– 401. 79 Bowersock, Hadrian 1985; Puech, Des cités-mères 2004; Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 197–210; Guerber, Les cités grecques 2009, 116–143; cfr. anche Haensch, Provinzialhaupstädte 2006, 128–133. 80 Città sedi di assemblee federali del koinon d’Asia: vd. supra, n. 16. Metropoleis «regionali»: Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 206–209, 297–305.

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metropolitano deve essere stato ottenuto in concomitanza con la seconda neokoria o subito dopo di essa, non prima). Da questo punto di vista, a partire dagli ultimi anni di Adriano, Pergamo si sarebbe proclamata «la prima metropolis d’Asia» (ἡ πρώτη μητρόπολις τῆς Ἀσίας) in senso cronologico, mentre Efeso avrebbe più tardi vantato di essere «la prima e grandissima metropolis» (ἡ πρώτη καὶ μεγίστη μητρόπολις τῆς Ἀσίας: cfr. IvEphesos 24, c. a. 162–164) in senso gerarchico. Smirne invece arrivò molto più tardi a ottenere questo titolo, soltanto novant’anni dopo, sotto Caracalla (c. a. 214–215, prob. 215: vd. infra, cap. VI).81 viaggi di Adriano in Asia

neokoros I

neokoros II

metropolis d’Asia

1° (123–124)

Cizico (123)

Sardi (124 o c. a. 114–124), Smirne (124)



2° (129)

Laodicea (129)



Pergamo (c. a. 124–132, forse 129 o 131)

3° (131)



Efeso (131–132)

Efeso (c. a. 124–132, prob. 131–132)

Nel II e III sec. le poleis della provincia Asia erano dunque in lotta per ottenere maggiore riconoscimento e prestigio, titoli, onorificenze giuridico-religiose, sommi sacerdozi, ma soprattutto privilegi fiscali, vantaggi economici e un maggior peso politico all’interno del koinon. * L’esempio forse più rappresentativo di questo alto livello di conflittualità intercivica, reso celebre da uno studio magistrale di Louis Robert, è quello di Nicomedia e Nicea nel koinon di Bithynia (provincia Bithynia-Pontus). Nicea, la probabile capitale provinciale, ricevette il rango di metropolis da Adriano (c. a. 123–131), ma successivamente questo titolo non compare affatto nella documentazione numismatica di epoca antonina (dopo un’interruzione nell’epoca traianeo-adrianea la città ricominciò infatti a battere moneta sotto Antonino Pio) e severiana e dobbiamo ipotizzare che, in qualche momento, fosse stato revocato. Robert ritenne che il responsabile della cancellazione fosse stato Settimio Severo (cfr. infra, cap. VI), mentre, più di recente, la Puech (seguita dalla Heller) ha pensato che la disgrazia di Nicea fosse intercorsa assai prima, già in epoca tardo-adrianea o antonina – questa seconda ipotesi, benché rimanga priva di una motivazione precisa (chi avrebbe declassato Nicea e perché?), appare ben fondata sulla documentazione numismatica 81 Problemi di cronologia relativa tra le concessioni di rango metropolitano e le seconde neokoriai in epoca adrianea: Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 258–269.

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ed epigrafica disponibile e dovrà in ultima analisi preferirsi a quella tradizionale, facente capo a Robert. Si potrebbe, in aggiunta, osservare che il declassamento di Nicea non dovrebbe però essersi verificato in epoca tardo-adrianea, ma forse nella prima epoca commodiana, quando il cubiculario Saoteros di Nicomedia esercitava una grande influenza a corte (c. a. 180–182: vd. infra).82 In ogni caso la duplice iscrizione di dedica del Lef ke Kapı di Nicea (IvIznik 29–30), realizzata in piena epoca adrianea (c. a. 123–131), mostra come la città avesse ricevuto i titoli di neokoros, di «prima (prote) di Bitinia e Ponto» e metropolis, che derivavano espressamente dalle concessioni (i «giudizi», τὰ κρίματα) degli imperatori e del Senato. Tali titoli furono in seguito perduti (e scalpellati dalle iscrizioni) e Nicea potè conservare soltanto il riferimento alla leggenda di fondazione da parte di Dioniso ed Herakles. Questo documento attesta peraltro, in termini chiari, come anche il titolo di metropolis, al pari della neokoria, dipendesse da una precisa decisione imperiale, suffragata dalla necessaria delibera senatoria. IvIznik 29–30 (c. a. 123–131, con successive rasure)

ἡ εὐσεβεστάτη [[νεωκόρος τῶν Σεβαστῶν]], ἀπὸ Διονύσου καὶ Ἡρακλέους [[πρώτη Βιθυνίας καὶ Πόντου, ἡ μητρόπολις δὲ κατὰ τὰ κρίματα τῶν αὐτοκρατόρων καὶ τῆς ἱερᾶς συνκλήτου]]: «la piissima [[neokoros degli Augusti]], (discendente) da Dioniso ed Herakles, [[prima della Bithynia e del Pontus, nonché la metropolis secondo i giudizi degli Imperatori e del santo Senato]]»

A questo stato di permanente conflittualità si potrebbe aggiungere che l’istituzione adrianea del Panhellenion (c. a. 132), anziché acquietare gli animi nella concordia e nel lealismo filo-imperiale, pare aver scatenato la più sfrenata competizione tra le poleis della Grecia vera e propria e di tutti i territori ellenofoni (Balcani orien82 Competizione tra Nicomedia e Nicea e suoi riflessi nelle titolature civiche: Robert, La titulature 1977; Puech, Des cités-mères 2004, 364–365; cfr. Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 177–179, 291–297, 314–324; Guerber, Les cités grecques 2009, 154–165. Il fatto che Nicea, a differenza di Nicomedia, non possedesse più il rango di metropolis in epoca antonina (o perlomeno in quella commodiana) è chiaramente provato dall’iscrizione onoraria di Efeso (IvEphesos 627; PH248863), la cui datazione rimanda genericamente all’epoca commodiana, per il notabile M. Aurelius Mindius Mattidianus Pollio, procuratore imperiale di Commodo, che nella sua lunga carriera equestre era stato curator civitatis di tre città bitiniche, l’illustrissima metropolis Nicomedia, Nicea e Prusa (ll. 20–22): … λογιστὴν πόλεων τριῶν ἐν | Βειθυνίᾳ κατὰ τὸ αὐτὸ τῆς λαμπροτάτης | μητροπόλεως Νεικομηδείας, Νεικέας, Προύσης; cfr. Puech, Des cités-mères 2004, 365; Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 293–294. Sul personaggio vd. PIR2, A 1559; CPE 193; Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 67–68, nr. 52; Guerber, Curateurs de cités 2017, 313–314, nr. 34. Un argumentum ex silentio, che sembra poter escludere una datazione del declassamento di Nicea negli ultimi anni di Adriano, potrebbe trarsi dall’alta considerazione che il niceno Cassio Dione (Dio 69.14.4) dimostra nei confronti del governatorato di C. Iulius Severus (vd. infra, n. 191), il quale, in quanto legato imperiale e al contempo corrector delle città libere di Bithynia (c. a. 134–136), avrebbe avuto pieni poteri per disporre la cancellazione dei privilegi di una qualsiasi città.

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tali, Asia Minore, Vicino Oriente, Africa settentrionale), impegnate a dimostrare le proprie genuine radici elleniche per essere ammesse nella prestigiosa lega sacra, presieduta da Atene. Un importante decreto onorario di Thyateira di Lidia per l’imperatore, inciso ad Atene (AE 1997, 1394), lascia intuire come la fondazione stessa del Panhellenion e forse l’accreditamento delle città greche presso di esso fossero stati soggetti a una conferma ufficiale da parte del Senato. Nell’elenco di poleis esplicitamente attestate come membri della lega compaiono varie città asianiche, sia grandi che piccole, di fondazione sia antica che più recente (Mileto, Sardi, Samo, Rodi, Magnesia al Meandro, Apamea Kibotos, Tralle, Thyateira, Philadelphia, Aizani, Kibyra, Synnada, Thymbrias), mentre rimane finora incerta l’ammissione delle «Tre Grandi» (Pergamo, Smirne, Efeso) e di altre città organizzatrici di agoni panellenici (Cizico etc.), per quanto alcuni indizi non secondari sembrino deporre a favore della loro inclusione. In ogni caso la portata internazionale del Panhellenion (e i problemi interpretativi da esso sollevati) andava ben al di là della dimensione provinciale del koinon d’Asia.83 Per quanto riguarda l’Asia, da un punto di vista complessivo, che tenga conto sia delle neokoriai sia del rango di metropolis, la situazione appare variegata e ben più complessa rispetto alla Bithynia. Nella tarda epoca adrianea Pergamo manteneva il primo posto nella gerarchia interna del koinon, essendo «due volte neokoros per prima» (lo era divenuta c. a. 113–116, prob. 113–114) nonché «prima metropolis» (c. a. 124–132, forse 129 o 131). Efeso era riuscita, in corner, a guadagnare posizioni e affiancare Pergamo, diventando anch’essa metropolis (c. a. 124–132, prob. 131–132), seppure per seconda, nonché «due volte neokoros» (c. a. 131–132). Seguivano Smirne e Sardi, che erano diventate «due volte neokoros» prima di Efeso (Smirne nel 124, Sardi nello stesso anno se non ancora prima, c. a. 114–124), ma erano state scavalcate in extremis, dal momento che non avevano ottenuto il rango metropolitano (lo avrebbero ricevuto molto più tardi, in epoca severiana: vd. infra, cap. VI). Le posizioni delle sei città asianiche più eminenti (Pergamo, Efeso, Smirne, Sardi, Cizico, Laodicea), per rango e titoli, verso la fine dell’epoca adrianea possono schematizzarsi così: città

neokoros I

neokoros II

metropolis d’Asia

Pergamo

29 a. C.

c. a. 113–116, prob. 113–114

c. a. 124–132, forse 129 o 131

Efeso

c. a. 65–66, titolo c. a. 131–132 cancellato nel 68, poi restituito in epoca flavia

c. a. 124–132, prob. 131–132

83 La bibliografia sul Panhellenion è assai vasta: per una sintesi recente e ben documentata sulla composizione della lega sacra vd. Gordillo Hervás, Il Panhellenion e i suoi membri 2013 (con rimandi bibliografici). Decreto di Thyateira per Adriano (da Atene): AE 1997, 1394; cfr. Marotta, Il Senato e il Panhellenion 1995; Jones, A Decree of Thyatira 1999.

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città

neokoros I

neokoros II

metropolis d’Asia

Smirne

26 d. C.

124

c. a. 214–215

Sardi

sotto Claudio? (c. a. 51–54?)

124 o c. a. 114–124

al più tardi sotto Severo

Cizico

c. a. 121–123, prob. 123

sotto Caracalla

al più tardi sotto Severo

Laodicea

c. a. 124–129, prob. 129

sotto Commodo?, poi cancellata da Severo

prima metà del III sec., prob. sotto Caracalla

Per l’epoca successiva, allo stato attuale della documentazione disponibile, non risulta se Antonino Pio avesse concesso nuove neokoriai al koinon d’Asia: la seconda neokoria di Sardi, che si era ritenuto di poter datare sotto il suo regno (Burrell), deve infatti essere ascritta, al più tardi, all’epoca adrianea (c. a. 114–124: vd. supra). D’altra parte il tempio federale di Cizico, autorizzato (c. a. 121–123) e quindi cofinanziato da Adriano, non fu portato a compimento se non dopo molti anni e alterne vicissitudini: per quanto l’attestazione di tre sommi sacerdoti federali del tempio ciziceno, databili tra la tarda epoca adrianea (C. Orfius Flavianus Philographos e P. Aebutius Flaccus di Hierapolis) e quella antonina (Alfenus [- - -]lius, c. a. 151–156), lasci pensare che esso fosse stato consacrato all’imperatore ancora vivente, il cantiere edilizio non si era certamente concluso. In ogni caso il tempio fu distrutto da un rovinoso terremoto al tempo di Antonino (c. a. 142–147/148? o 160/161?) e dovette essere ricostruito: tali lavori sarebbero stati ultimati sotto Marco Aurelio e Lucio Vero, stando al Panegirico a Cizico per il tempio di P. Aelius Aristides (or. 27, databile c. a. 161–169, prob. 166: cfr. infra, cap. VII). Sembra pertanto verosimile che, in attesa del completamento delle opere edilizie già da tempo avviate, non vi fossero ulteriori concessioni da parte degli imperatori, perlomeno fino al 166.84 Parimenti è difficile dire se in seguito, al tempo di Marco Aurelio, venissero eretti altri templi in Asia: da un lato la grave congiuntura economica degli anni 60– 84 Hadrianeion di Cizico: Barresi, Province dell’Asia Minore 2003, 481–493; cfr. Burrell, Neokoroi 2004, 86–94. C. Orfius Flavianus Philographos: Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 104, nr. 103. P. Aebutius Flaccus di Hierapolis (databile almeno quattro anni dopo Philographos): Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 51, nr. 29; per la datazione in epoca tardo-adrianea cfr. anche M. Flavius Valerianus Terentullianus di Eumeneia: Campanile, Sommi sacerdoti, asiarchi 2006, 531–532, nr. 204a = 20c. Alfenus [- - -]lius è attestato dal decreto del koinon d’Asia in onore di T. Flavius Meniskos Philadelphos di Hierapolis (vd. infra, cap. IX), databile c. a. 151–156 (prob. 154), iscritto a Hierapolis di Frigia e ora pubblicato da Ritti, Storia e istituzioni 2017, 437–448. Terremoti nell’Asia Minore occidentale (Asia, Bithynia, Lycia) al tempo di Antonino Pio: Guidoboni, Catalogue 1994, 235–237, nrr. 114 (c. a. 142–144) e 116 (c. a. 149 o 160/161); una nuova attestazione epigrafica di un terremoto nella provincia Asia proviene dalla lettera di Antonino Pio alla città di Efeso, databile c. a. 157–161 (prob. 160–161), recentemente pubblicata da Taeuber, Ein Kaiserbrief des Antoninus Pius 2015.

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70 del II sec., condizionata dalla continua emergenza militare sui fronti parthico (161–166) e danubiano (166/167–180) e nella stessa Asia Minore (170–171), nonché dalla crisi demografica innescata dalla peste antonina (dal 165 in poi), non sembrerebbe aver consentito l’investimento di ingenti risorse per i monumenti sacri del koinon.85 Dall’altro lato però il riordino dell’antico certamen di Mileto (forse le feste in onore di Apollo, tenute presso il santuario extraurbano di Didyma) venne sollecitato dagli Augusti Marco Aurelio e Commodo (177) e ratificato dall’approvazione senatoria (SC de petitione Milesiorum: vd. supra, cap. III). Tale riorganizzazione comportò verosimilmente l’innalzamento del concorso a livello iselastico e forse l’associazione di Commodo al culto apollineo (gli agoni Didymeia Kommodeia): questo fatto suggerisce che Mileto potrebbe aver ricevuto una neokoria dall’imperatore Marco (prima del 177, prob. c. a. 171–177, forse in occasione della visita di Marco e Commodo in Asia nell’estate del 176), neokoria che sarebbe stata eventualmente conferita al medesimo tempio di Apollo Didimeo. Si ricordi come in epoca tiberiana (26) il Senato avesse riconosciuto alla città il merito di custodire il culto di Apollo, come Efeso faceva con quello di Artemide, e poi essa avesse guadagnato (e subito perso) l’effimero privilegio della prima neokoria, accordato da Caligola (40) con un riguardo specifico per il santuario apollineo. Successivamente Macrino avrebbe dimostrato una speciale venerazione per il dio patrono di Mileto ed Elagabalo avrebbe concesso infine una seconda neokoria alla città (vd. infra). La prima neokoria milesia dovette quindi essere rinnovata in qualche momento, non facile a precisarsi, ma comunque compreso tra l’epoca giulio-claudia e quella severiana – un’iscrizione di Didyma (Didyma 164), in cui Mileto compare come νεωκόρος τῶν Σεβαστῶν, sembra potersi datare dopo la Constitutio Antoniniana. Non può pertanto escludersi che la prima neokoria fosse stata conferita all’epoca di Marco Aurelio: questa soluzione pare anzi preferibile ad altre (sotto Adriano o Antonino Pio).86 Per quanto riguarda il regno di Commodo come solo Augusto, una preziosa notizia di Cassio Dione, riferita alla Bithynia, aiuta a comprendere quali dinamiche potessero soggiacere alla concessione (e alla revoca) di una neokoria imperiale: grazie all’intercessione di Saoteros, il potente cubiculario e favorito dell’imperatore (c. a. 180–182), la sua patria, Nicomedia, ottenne infatti la seconda neokoria. 85 Guerra parthica di Lucio Vero e crisi alimentare in Asia Minore: Kirbihler, Les émissions des monnaies 2006. Emergenza militare in Asia Minore e in area danubiana al tempo di Marco Aurelio: Filippini, Gregori, Adversus rebelles 2009; Filippini, Anomalie dell’evergetismo 2011. «Peste antonina»: Lo Cascio, L’impatto della «peste» 2012. 86 Prima neokoria di Mileto (tra l’epoca di Claudio e Settimio Severo): Burrell, Neokoroi 2004, 57. Tac. ann. 4.55.2 (a. 26): Ephesii Milesiique, hi Apollinis, illi Dianae caerimonia occupavisse civitates visi. Il Consiglio e il Popolo di Mileto, metropolis di Ionia e neokoros degli Augusti, onorano l’atleta Aur(elius) Antiochos, mentre ricopre il ruolo di profeta Aur(elius) Chairemon (c. a. 212–222): Didyma II, 164; PH247235.

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Cassius Dio 72(73).12.1–2 Boissevain: … ὁ δὲ δὴ Κλέανδρος ὁ μετὰ τὸν Περέννιον μέγιστον δυνηθεὶς καὶ ἐπράθη μετὰ τῶν ὁμοδούλων, μεθ’ ὧν καὶ ἀχθοφορήσων ἐς τὴν Ῥώμην ἐκεκόμιστο, χρόνου δὲ προϊόντος οὕτως ηὐξήθη ὥστε καὶ τοῦ Κομμόδου προκοιτῆσαι, τήν τε παλλακίδα αὐτοῦ Δαμοστρατίαν γῆμαι, καὶ τὸν Σαώτερον τὸν Νικομηδέα τὸν πρὸ αὐτοῦ τὴν τιμὴν ἔχοντα ταύτην ἀποκτεῖναι πρὸς πολλοῖς καὶ ἄλλοις· καίτοι καὶ ἐκεῖνος μέγιστον ἠδυνήθη, καὶ διὰ τοῦτο καὶ οἱ Νικομηδεῖς καὶ ἀγῶνα ἄγειν καὶ νεὼν τοῦ Κομμόδου ποιήσασθαι παρὰ τῆς βουλῆς ἔλαβον. Trad. A. Stroppa (con una modifica tra parentesi quadre): «… invece Cleandro, che assunse un grandissimo potere dopo Perenne ed era stato venduto insieme a degli schiavi con i quali era stato condotto a Roma per servire come uomo di fatica, col passare del tempo accrebbe a tal punto la sua influenza che divenne cubiculario di Commodo, sposò la sua concubina Damostrazia e uccise, insieme a molti altri, Saotero di Nicomedia, che aveva rivestito quell’incarico prima di lui; anche quest’ultimo aveva assunto un potere notevole, tanto che gli abitanti di Nicomedia avevano ottenuto dal Senato l’autorizzazione di celebrare [un agone] e di erigere un tempio in onore di Commodo».

Si noti come il niceno Dione, che in quegli anni era già un giovane senatore, osservi appropriatamente che, anche in questo caso, la concessione di un agone sacro (verosimilmente intitolato Kommodeia) e di un tempio federale del culto imperiale era stata formalmente autorizzata dal Senato. D’altra parte le emissioni monetali di Nicomedia attestano nei primi anni di Commodo una seconda neokoria che in seguito scompare dalla titolatura civica – la caduta di Saoteros (182), ordita dal liberto imperiale M. Aurelius Kleandros, aveva dunque causato la cancellazione del privilegio di Nicomedia (c. a. 182–183) e suscitato, al contrario, l’entusiasmo giubilante di Nicea. Quest’ultimo ero uno schiavo originario della Frigia: divenne a sua volta cubiculario e avrebbe infine raggiunto il culmine dei poteri dopo la condanna del prefetto del pretorio Sex. Tigidius Perennis, negli anni 185–189.87 Se dunque il bitinico Saoteros era riuscito a favorire la sua patria, non sembra un caso che, al tempo di Commodo e probabilmente sotto il crescente influsso del frigio Kleandros, due città di Frigia avessero ottenuto gratifiche più o meno analoghe. In epoca commodiana, su monete coniate a partire dal 182 circa, Aizani (città-capoluogo di un conventus in epoca antonina, ma che non risulta essere stata sede di assemblea federale del koinon d’Asia) si proclama infatti neokoros di Zeus, esibendo un titolo che, pur avendo necessitato di una conferma ufficiale da parte delle autorità romane, non sembra tuttavia riferirsi al culto imperiale. Tale neokoria 87 Seconda neokoria di Nicomedia e sua revoca (c. a. 180–182): Burrell, Neokoroi 2004, 152– 154. Saoteros: PIR2, S 181. M. Aurelius Kleandros: PIR2, A 1481; CPE 180bis. Su entrambi vd. Grosso, La lotta politica 1964, 113–125.

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di Zeus (Aizani ne ospitava un santuario assai antico e rinomato), sebbene non paia aver goduto di un riconoscimento a livello federale da parte del koinon d’Asia e non debba considerarsi di per sé equiparabile a una vera e propria neokoria imperiale, potrebbe nondimeno rappresentare un interessante precedente per la neokoria di Artemide, insistentemente richiesta da Efeso in epoca severiana (se non addirittura in epoca neroniana: vd. supra per l’ipotesi Keil) e infine autorizzata da Caracalla (IvEphesos 212.C). Magnesia al Meandro offre peraltro un caso simile a quello di Aizani: l’antica colonia greca venne ufficialmente riconosciuta come neokoros di Artemide Leukophryene (ma non del culto imperiale) sotto Severo Alessandro.88

Risultati Il riesame dell’intera parabola di concessioni dei titoli di neokoros e metropolis alle città asianiche tra Augusto e Commodo ha permesso di mettere a fuoco alcuni punti fondamentali e avanzare nuove ipotesi interpretative, confortate da documenti epigrafici di pubblicazione assai recente (2017) o ancora inediti: –



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come necessaria premessa si può rilevare la generale tendenza degli imperatori, tra Augusto e Traiano, a concedere una (e soltanto una) nuova neokoria al koinon d’Asia per ciascun regnante e, in caso di lavori edilizi in corso, ad attendere la conclusione della costruzione di un tempio federale, già avviata sotto il sovrano predecente. la rescissio actorum di un imperatore, talora preceduta da una damnatio memoriae (come nei casi di Nerone e Domiziano) oppure indipendente da essa (casi di Caligola e Caracalla, non colpiti da quel provvedimento postumo), poteva comportare per una città (ad es. Mileto ed Efeso) la grave perdita del privilegio, già acquisito, della neokoria (specialmente nel caso in cui il relativo tempio federale non fosse stato ultimato). per la prima volta in epoca traianea una città potè iterare il titolo di neokoros (seconda neokoria di Pergamo, c. a. 113–114). la seconda neokoria di Sardi può datarsi c. a. 114–124 grazie a una nuova iscrizione di Hierapolis di Frigia (edita da Tullia Ritti nel 2017), che riproduce il decreto federale del koinon d’Asia riguardo alla visita di Adriano in provincia (124), e alle pregresse conoscenze prosopografiche (il sommo sacerdote federale dei templi di Sardi L. Iulius Libonianus); in particolare, una datazione della seconda neokoria all’inizio del regno adrianeo (c. a. 117–124), probabilmente allo stesso anno 124, sembra preferibile rispetto agli ultimi anni di Traiano (c. a. 114–117).

88 Neokoria di Zeus di Aizani (c. a. 182–192, prob. 182): Burrell, Neokoroi 2004, 116–118. Neokoria di Artemide di Magnesia al Meandro (c. a. 222–235): Burrell, Neokoroi 2004, 142–144.

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la prima neokoria di Sardi, genericamente databile tra l’epoca giulio-claudia (post a. 26) e quella adrianea (ante a. 124), potrebbe ragionevolmente collocarsi al tempo di Claudio (forse c. a. 51–54): il recupero antiquario delle (presunte) comuni radici lidio-etrusche in chiave di legittimazione politica sarebbe infatti ben compatibile con l’orizzonte culturale dell’epoca claudiana; non è d’altra parte nota la città che avrebbe ricevuto il privilegio della neokoria da Claudio né vi è ragione di dubitare che l’imperatore l’avesse potuta concedere a una comunità asianica. a partire dal regno di Adriano, che concedette la prima neokoria a Cizico (c. a. 123) e Laodicea (c. a. 129) e la seconda neokoria a Sardi (c. a. 124?), Smirne (124) ed Efeso (c. a. 131–132), si assiste a un sensibile allargamento del numero delle città neokoroi per via di plurime concessioni; al contrario il regno di Antonino Pio parrebbe segnare una chiara battuta d’arresto in materia. sembrerebbe che il tempio federale di Cizico fosse stato l’ultimo a ottenere un finanziamento da parte del koinon d’Asia, mentre le successive nuove città neokoroi (da Laodicea in avanti) avessero dovuto far fronte alle spese di costruzione con le proprie risorse civiche: di questa difformità di carattere economico potrebbe trovarsi riscontro nel fatto che solo le prime cinque città neokoroi (Pergamo, Smirne, Sardi, Efeso, Cizico) ebbero diritto ad avere un sommo sacerdote federale, specificamente assegnato alla cura del proprio tempio (o dei templi) e attestato dalla documentazione epigrafica, mentre le altre città che seguirono tra II e III sec., non ebbero più tale privilegio. come risulta da un’iscrizione onoraria inedita di Laodicea per Adriano Olympios, di cui ha dato notizia Celal Șimşek, la città divenne neokoros per la prima volta in epoca adrianea (c. a. 129) anziché in epoca commodiana, come si è finora ritenuto; pare questa una significativa conferma della nuova èra locale laodicena, che risale appunto all’epoca adrianea (vd. infra, cap. VI). sembra verosimile che Mileto, attestata come città due volte neokoros al tempo di Elagabalo, riottenesse la prima neokoria (dopo la prima concessione di Caligola e la successiva cancellazione) al tempo di Marco Aurelio (prob. c. a. 171– 177, forse nel 176): non pare infatti un caso che nel 177, su richiesta di Marco e Commodo, un importante certamen civico (verosimilmente l’agone in onore di Apollo Didimeo, quindi attestato come Didymeia Kommodeia) ottenesse l’innalzamento al rango iselastico, col dovuto senatoconsulto di ratifica (SC de petitione Milesiorum: cfr. AE 1977, 801). la perdita dei titoli di neokoros e metropolis, già attestati in epoca adrianea (IvIznik 29–30, c. a. 123–131) per la città di Nicea (Bithynia), è stata finora posta tra l’epoca tardo-adrianea e quella commodiana (Puech) oppure sotto Settimio Severo (Robert): vari indizi suggeriscono di escludere gli ultimi anni di Adriano (c. a. 134–136: correttorato di Iulius Severus in Bithynia) e puntare invece sui primi anni di Commodo (c. a. 180–182), quando il cubiculario Saoteros esercitava una decisiva influenza a corte; si ipotizza qui che il declassamento di

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Nicea sarebbe dipeso dall’ostilità del potente liberto imperiale, originario di Nicomedia, la tradizionale rivale di Nicea all’interno del koinon di Bithynia, nello stesso modo in cui la concessione di una seconda neokoria (effimera) a Nicomedia avvenne negli stessi anni per sua intercessione, come afferma esplicitamente il niceno Cassio Dione; in maniera analoga la concessione di una speciale neokoria di Zeus alla città di Aizani in Frigia, attestata in epoca commodiana, sembra potersi attribuire al favore del frigio M. Aurelius Kleandros, che sostituì Saoteros quale cubiculario e favorito di Commodo; tale neokoria, consacrata a una divinità ancestrale e non all’imperatore, pare costituire un significativo precedente per la neokoria di Artemide, finalmente concessa a Efeso da Caracalla (vd. supra, cap. III).

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La città frigia, ben più importante di Aizani, che mostra di avere avuto un significativo e controverso rapporto con il culto imperiale di Commodo, è Laodicea, situata nella valle del Lykos, al confine tra Frigia e Caria: la recente scoperta di una prima neokoria risalente all’epoca adrianea (prob. 129: vd. supra, cap. V) non inficia le osservazioni di Robert, basate su un nutrito dossier di documenti numismatici ed epigrafici di epoca commodiano-severiana. Tale dossier rivela l’esistenza, da una parte, di un agone sacro iselastico, di portata ecumenica, in onore di Zeus Laodiceno e Commodo (le feste Deia Kommodeia: IvLaodikeia 59) e, dall’altra, di una neokoria specificamente riferita a Commodo. Questa neokoria di Laodicea (seconda neokoria imperiale o forse neokoria di Zeus?) venne però cancellata verso la fine dell’epoca commodiana oppure nella prima età severiana, come indica la puntuale rasura di un’iscrizione (IvLaodikeia 45), ma fu poi ripristinata da Caracalla e associata ufficialmente a quest’ultimo imperatore (con le relative feste Antonineia), quando i Laodiceni (probabilmente nel 215/216) tornarono a proclamarsi semplicemente neokoroi (non due volte tali).89 89 Prima neokoria di Laodicea in epoca adrianea: vd. supra, n. 73. Neokoria effimera di Laodicea in epoca commodiana, poi restituita da Caracalla: Robert, Les inscriptions 1969, 281–289; Burrell, Neokoroi 2004, 119–124. Iscrizione onoraria per Sex[tius - - -], sommo sacerdote civico e agonoteta degli agoni sacri iselastici Deia Kommodeia di portata ecumenica (epoca commodiano-severiana): IvLaodikeia I, 59; PH272044. Sull’eventuale associazione tra neokoria imperiale e innalzamento di agoni sacri a livello iselastico si vedano le osservazioni formulate supra (cap. III) a proposito degli agoni iselastici di Pergamo (Traianeia Deiphileia), Mileto (Didymeia Kommodeia) ed Efeso (Artemeisia). In generale sulle feste Kommodeia vd. Miranda, Testimonianze 1992–1993. Iscrizione onoraria per un anonimo buleuta di Laodicea, nominato curator civitatis di Mylasa dal theiotatos imperatore Commodo (epoca commodiana): Robert, Les inscriptions 1969, 281–289, nr. 5; IvLaodikeia I, 45; PH272030. In un momento successivo all’incisione originaria un preciso elemento della titolatura civica riportata da quest’ultima iscri-

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Tra i documenti più significativi del dossier compare un gruppo di emissioni monetali dell’epoca di Caracalla, che definisce i Laodiceni come neokoroi «nell’(anno) 88°» (SNGvA 3858: ΛΑΟΔΙΚΕΩΝ ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΤΟ ΠΗ), secondo il computo di un’èra locale verosimilmente risalente alla prima gratifica adrianea (a. 128/129 + 87 = 215/216); una moneta di questo gruppo associa tale legenda all’immagine di tre templi (Adriano, Commodo, Caracalla?). Nello stesso anno vennero peraltro coniate tre serie monetali di homonoia tra Laodicea e le «Tre Grandi», contrassegnate dalla legenda ΤΟ ΠΗ.90 Un altro gruppo seriore, coniato sotto Elagabalo, chiarisce inoltre come la neokoria (unificata?) di Commodo e Caracalla fosse garantita da un senatoconsulto (Paris 1693: ΛΑΟΔΙΚΕΩΝ ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΚΟΜΟΔΟΥ ΚΕ ΑΝΤΩΝΕΙΝΟΥ ΔΟΓΜΑΤΙ CΥΝΚΛΗΤΟΥ), al pari dei templi del culto imperiale e degli agoni oikoumenikoi a essi correlati (SNGvA 8414: ΝΑΟΙ ΑΓΩΝΕC ΟΙΚΟΥΜΕΝΙΚΟΙ ΛΑΟΔΙΚΕΩΝ ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΔΟΓΜΑΤΙ CΥΝΚΛΗΤΟΥ). L’intero dossier andrà tuttavia reinterpretato, a oggi, alla luce di nuovi documenti epigrafici, rinvenuti di recente negli scavi di Laodicea condotti da Celal Șimşek e attualmente in corso di studio da parte del team epigrafico coordinato da Francesco Guizzi.91 In linea generale si era finora pensato (Robert) che la cancellazione della neokoria commodiana di Laodicea fosse dipesa dalla damnatio memoriae dello stesso Commodo, comminata dal Senato nel gennaio 193 (salvo poi essere revocata nel 197 per zione venne eraso e corretto (ll. 4–5): il titolo onorifico [- - - ἡ φι]|λοσέβαστος Λα[οδικέων πό]|λις fu allora soprascritto alla rasura per sostituire il precedente [- - - ἡ] | [[νεωκόρος]] Λα[οδικέων πό]|λις (Robert) o forse, si potrebbe supporre, [- - - ἡ δὶς] | [[νεωκόρος]]. 90 Monete laodicene dell’epoca di Caracalla unico Augusto (c. a. 212–217, prob. 215/216) riferite «all’(anno) 88°» (ΛΑΟΔΙΚΕΩΝ ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΤΟ ΠΗ): SNGvA 3858; Paris 1611 etc.; cfr. Burrell, Neokoroi 2004, 120. Il collegamento tra queste emissioni e una visita di Adriano a Laodicea era stato già intuito e discusso da Imhoof-Blumer (che fissava l’anno 1° dell’èra al 123) e Kubitschek (anno 1° c. a. 125–129): vd. Ramsay, Cities and Bishoprics I.1 1895, 47–48, 60, che optava per l’anno asianico 123/124 e un intervento di Caracalla a favore di Laodicea nel 211; per la messa a punto della questione vd. Leschhorn, Antike Ären 1993, 382–385, che sulla base della visita adrianea del 129, attestata da varie fonti epigrafiche (partic. la quarta lettera di Adriano ad Astypalaia, inviata il 27 giugno 129 da Laodicea al Lykos: IG XII.3, 177; Oliver, Greek Constitutions 1989, 165–166, nr. 68), ha stabilito l’anno asianico 128/129 come caposaldo del nuovo computo e ha quindi posto nel 215/216 il provvedimento di Caracalla che restituì felicia tempora ai Laodiceni (cfr. infra, n. 95). Monete di homonoia di Laodicea dell’anno 88° (BMC Phrygia Laodicea 279, con Pergamo; 281, con Efeso; 282–283, con Smirne): cfr. Hostein, La visite de Caracalla 2012, 211. 91 Monete laodicene dell’epoca di Elagabalo: a) ΛΑΟΔΙΚΕΩΝ ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΚΟΜΟΔΟΥ ΚΕ ΑΝΤΩΝΕΙΝΟΥ ΔΟΓΜΑΤΙ CΥΝΚΛΗΤΟΥ con ritratto di Elagabalo: Paris 1693; b) ΝΑΟΙ ΑΓΩΝΕC ΟΙΚΟΥΜΕΝΙΚΟΙ ΛΑΟΔΙΚΕΩΝ ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΔΟΓΜΑΤΙ CΥΝΚΛΗΤΟΥ con personificazione del Popolo di Laodicea: SNGvA 8414; cfr. Burrell, Neokoroi 2004, 122–123. I dati forniti dalle nuove iscrizioni laodicene, ancora inedite, paiono compatibili, in linea generale, con la ricostruzione qui presentata.

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ordine di Settimio Severo, che volle consacrare il contestato figlio dell’imperatore Marco e autoproclamarsi fratello del divus Commodus). Ma si potrebbe parimenti immaginare che, ancor prima, essa fosse seguita alla caduta del personaggio che si era fatto promotore del privilegio, verosimilmente Kleandros (condannato nel 189), come già era accaduto con Saoteros e Nicomedia (182: vd. supra, cap. V). Un’ulteriore possibilità, che non esclude quelle già accennate, è tuttavia che Severo (che pure restituì a Nicomedia quella seconda neokoria perduta), in maniera determinata, avesse rifiutato di riabilitare Laodicea per un qualche motivo di personale risentimento nei confronti della città – come è evidente, l’ostilità di un sovrano verso una comunità ingrata o ribelle poteva, in certi casi, produrre gravi forme di declassamento. Per vagliare questa ipotesi conviene richiamare l’interpretazione data dallo stesso Robert all’annullamento dei titoli di Nicea: per quanto essa si sia dimostrata erronea sotto il profilo cronologico (Nicea in realtà avrebbe perso i suoi titoli onorifici già nella prima epoca commodiana, c. a. 180–182, come si è qui ipotizzato: vd. supra, cap. V), tale esegesi presenta comunque il merito di aver evidenziato i possibili motivi storico-politici di un eclatante fenomeno di declassamento. Nicea, come Bisanzio, aveva infatti sostenuto Pescennio Nigro nelle guerre civili (193), fornendogli vettovagliamento e sostegno logistico, mentre la sua grande rivale Nicomedia (come pure la minore Kios) si era poi schierata, più accortamente, con Severo (inverno 193/194). L’esercito nigriano fu battuto dapprima a Cizico (dic. 193), quindi venne messo gravemente in rotta dopo l’assedio di Nicea (dic. 193 o genn. 194) e dovette ritirarsi, marciando attraverso la Galatia e la Cappadocia, verso il Tauro e la Cilicia. Si aggiunga il fatto che, in quella guerra sanguinosa, quasi tutte le città d’Asia Minore e del Vicino Oriente si erano contrapposte tra di loro, scegliendo di appoggiare l’uno o l’altro pretendente al trono sulla base delle loro profonde inimicizie reciproche: come osserva Erodiano, le rivalità campanilistiche aveva allora orientato le scelte di campo, dando adito a massacri fratricidi tra Greci.92 In quelle dure circostanze il proconsole d’Asia, Asellius Aemilianus, aveva aderito alla fazione di Nigro (193), diventandone il luogotenente negli scontri con i generali severiani nella Propontide, L. Marius Maximus Perpetuus Aurelianus (dux exercitus Moesiaci apud Byzantium et apud Lugdunum, incaricato del lungo assedio di Bisanzio, c. a. 193–196) e Ti. Claudius Candidus (dux exercitus Illyrici expeditione Asiana, vincitore di Cizico e Nicea). E se la ribelle Nicea subì in questa circostanza una pesante penalizzazione, al contrario la fedele Nicomedia ottenne da Severo la concessione (o il ripristino) della seconda neokoria (cfr. supra, cap. V).93 92 Rivalità tra Nicea e Nicomedia: vd. supra, n. 82. Le due città nella lotta tra Nigro e Severo: Birley, Septimius Severus 19882, 109–110. Le città greche d’Asia Minore e d’Oriente si combattono a vicenda durante le guerre civili tra Nigro e Severo: Herodian. 3.2.7–10 (Nicea contro Nicomedia in Bitinia); 3.3.3–5 (Laodicea a mare contro Antiochia in Siria, Tiro contro Berito in Fenicia); cfr. supra, n. 31. 93 Asellius Aemilianus: PIR2, A 1211; LP 26.165. L. Marius Maximus Perpetuus Aurelianus:

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La vicenda di Nicea può dunque illuminare, per confronto, quella di Efeso (e forse anche di Laodicea): è infatti presumibile che la capitale della provincia retta da Aemilianus avesse fornito il necessario supporto alle truppe nigriane, perlomeno fino alla sconfitta di Cizico (dove il proconsole d’Asia fu catturato e ucciso da Candidus) e al conseguente ripiegamento in Bithynia, mentre Nigro era ancora tenuto sotto assedio da Marius Maximus a Bisanzio. In tal caso si può immaginare che l’atteggiamento di Severo nei confronti di Efeso non fosse stato troppo indulgente, ma che la sorte della città potesse comunque essere stata mitigata dalla successiva nomina di Candidus a legato imperiale d’Asia, con il preciso mandato della repressione militare dei nemici di Severo (c. a. 194–195) – costui era stato, in precedenza, legato proconsolare d’Asia e curator civitatis (λογιστής) della stessa Efeso, come pure di Nicomedia. Dei gravi rischi corsi dalle città che avevano appoggiato Nigro, dopo la sconfitta definitiva di Isso (mar./apr. 194), dà ora testimonianza un notevole rescritto di Severo a Syedra in Pamphylia, recentemente pubblicato da Mustafa Sayar e commentato da Christopher Jones.94 In maniera simile a quanto sopra osservato per Nicea ed Efeso, si può dunque pensare che una piazzaforte ben munita come Laodicea, posta al crocevia tra Frigia, Caria e Lidia, avesse offerto, di sua spontanea iniziativa o suo malgrado, mezzi e rifornimenti utili alle truppe di Aemilianus, attirandosi poi il sospetto e il disfavore di Severo. Se così fosse, l’imperatore avrebbe potuto non soltanto rifiutare di restituire a Laodicea la (seconda?) neokoria di Commodo, ma anche decidere di punire la città, cancellandone la prima neokoria adrianea: sotto Caracalla infatti i Laodiceni avrebbero recuperato non due, ma una sola neokoria (dedicata a Commodo e Caracalla, in maniera congiunta; non è più menzionato Adriano). L’ostilità di Severo era stata già ipotizzata, in nuce, da Eckhel (seguito da Ramsay) sulla base della totale e inspiegabile assenza di coniazioni a Laodicea sotto quell’imperatore: la città sarebbe stata allora privata dell’importante diritto di battere moneta. Le emissioni riprendono poi regolarmente sotto Caracalla con la significativa legenda ΕΥΤΥΧΕΙC ΚΑΙΡΟΙ ΛΑΟΔΙΚΕΩΝ ΝΕΩΚΟΡΩΝ («felicia tempora; (moneta) dei Laodiceni neokoroi»).95 * PIR2, M 308; il personaggio è stato identificato con lo scrittore Marius Maximus, autore di biografie imperiale (da Nerva a Elagabalo) in stile svetoniano e fonte della HA: vd. Birley, Marius Maximus 1997. Ti. Claudius Candidus: PIR2, C 823; CPE 203. 94 Sui curatores civitatis in Oriente vd. da ultimo Guerber, Curateurs des cités 2017. Rescritto di Severo a Syedra (194): Sayar, Brief des Septimius Severus 2014 (da cui AE 2014, 1331); Jones, A Letter of Septimius Severus 2015. 95 Sul problema della numerazione delle neokoriai di Laodicea cfr. Burrell, Neokoroi 2004, 123. Felicia tempora di Laodicea sotto Caracalla: Ramsay, Cities and Bishoprics I.1 1895, 59; Leschhorn, Antike Ären 1993, 382–385. Della gratitudine di Laodicea nei confronti di Caracalla sembra dare conferma un’iscrizione onoraria, pur frammentaria, dedicata dalla «città neokoros dei Laodiceni presso il Lykos» all’imperatore nell’Urbe (post a. 213, c. a. 215–216?), a cura dei fratelli Aelius Rhodon ed Aelius Collega, figli di Antipatros: IGUR I, 37; PH187670.

VI. Rivalità e contese tra città neokoroi e metropoleis: dai Severi ai Tetrarchi

La prima epoca severiana non sembra aver apportato particolari novità in tema di neokoria per l’Asia: Severo pare anzi aver respinto la pretesa di Efeso di equiparare il culto ancestrale di Artemide a una neokoria imperiale, come può desumersi dalle iscrizioni IvEphesos 2040 e 294 (vd. supra, cap. IV). D’altra parte due importanti città asianiche, Sardi e Cizico, al tempo di Severo risultano detenere il rango di metropolis, ma non è possibile chiarire se lo avessero ricevuto da questo imperatore o da un suo predecessore. Si noti come Sardi fosse già due volte neokoros, al pari delle altre metropoleis (Pergamo ed Efeso), mentre Cizico avesse ottenuto il rango metropolitano ancor prima di una seconda neokoria (poi concessa da Caracalla).96 Caracalla si è rivelato come un interlocutore attivo e dinamico per il koinon d’Asia, volutamente intenzionato a modificare i pregressi equilibri tra le città con l’introduzione di novità significative, specialmente le terze neokoriai: a questo imperatore va dunque riconosciuta la determinazione di rivoluzionare un assetto generale che si era, in apparenza, cristallizzato dall’epoca adrianea (l’epoca della larga diffusione delle seconde neokoriai). Uno sguardo alle magniloquenti titolature di Efeso, Smirne, Sardi e Tralle nell’epoca di Caracalla (si tratta qui di un campione minimo, selezionato sulla base della menzione esplicita delle ratifiche senatorie) lascia intuire quanto si fosse ormai complicata la competizione per il rango cittadino nel secolo intercorso tra l’epoca traianea e quella severiana: documento

titolatura civica

IvEphesos 740 (c. a. 211 o 218–222? cfr. supra, cap. IV): metropolis d’Asia, neokoros di Artemide, neokoros III degli Augusti

τῆς πρώτης πασῶν καὶ μεγίστης καὶ ἐνδοξοτάτης μητροπόλεως τῆς Ἀσίας καὶ νεωκόρου τῆς ἱερωτάτης Ἀρτέμιδος καὶ τρὶς νεωκόρου τῶν Σεβαστῶν κατὰ τὰ δόγματα τῆς ἱερᾶς συνκλήτου καὶ τὴν θείαν κρίσιν: «la prima di tutte e grandissima e gloriosissima metropolis d’Asia e neokoros della santissima Artemide e tre volte neokoros degli Augusti secondo i decreti del santo Senato e la decisione divina»

IvSmyrna 640 (post a. 214/215): metropolis d’Asia, neokoros III degli Augusti

τῆς πρώτης τῆς Ἀσίας κάλλει καὶ μεγέθει καὶ λαμπροτάτης καὶ μητροπόλεως τῆς Ἀσίας καὶ τρὶς νεωκόρου τῶν Σεβαστῶν κατὰ τὰ δόγματα τῆς ἱερωτάτης συνκλήτου καὶ κόσμου τῆς Ἰωνίας: «la prima dell’Asia per bellezza e grandezza e la più illustre e metropolis d’Asia e tre volte neokoros degli Augusti secondo i decreti del santissimo Senato e ornamento della Ionia»

Sardis VII.1, 63 (c. a. 214–218): metropolis d’Asia e di Lidia, neokoros II degli Augusti

τῆς αὐτόχθονος καὶ ἱερᾶς τῶν θεῶν πρώτης Ἑλλάδος καὶ μητροπόλεως τῆς Ἀσίας καὶ Λυδίας ἁπάσης καὶ δὶς νεωκόρου τῶν Σεβαστῶν κατὰ τὰ δόγματα τῆς ἱερᾶς συνκλήτου, φίλης καὶ συμμάχου Ῥωμαίων: «l’originaria e sacra agli dei, prima dell’Ellade e metropolis d’Asia e di tutta la Lidia e due volte neokoros degli Augusti secondo i decreti del santo Senato, amica et socia dei Romani»

IvTralleis 81 (c. a. 214–217): metropolis d’Asia, neokoros degli Augusti

τῆς λαμπροτάτης μητροπόλεως τῆς Ἀσίας καὶ νεωκόρου τῶν Σεβαστῶν καὶ ἱερᾶς τοῦ Διὸς τοῦ Λαρασίου κατὰ τὰ δόγματα τῆς ἱερωτάτης συγκλήτου: «l’illustrissima metropolis d’Asia e neokoros degli Augusti e sacra a Zeus Larasios secondo i decreti del santissimo Senato»

96 Sardi e Cizico metropoleis sotto Severo: Puech, Des cités-mères 2004, 367.

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VI. Rivalità e contese tra città neokoroi e metropoleis: dai Severi ai Tetrarchi

Dopo il rientro dalla perlustrazione del limes danubiano (primavera 214), Caracalla effettuò il suo grand tour della provincia Asia tra l’estate e l’autunno del 214, mentre il proconsole Marius Maximus, uomo assai vicino alla dinastia regnante, otteneva il prolungamento del suo incarico per un secondo anno (213/214–214/215). L’imperatore, ispirato dalle suggestioni mitistoriche di Achille e Alessandro Magno, visitò allora la Troade (Ilio), dove seppellì l’amato segretario a memoria Marcius Festus (vd. supra, cap. II) e concesse una neokoria alla piccola Antandro, e soprattutto Pergamo, dove porse un sentito omaggio cultuale al celebre santuario di Asclepio – l’adventus imperiale è celebrato, con particolare ricchezza di dettagli iconografici, da una serie monetale pergamena, coniata sotto lo stratego M. Caerellius Attalos.97 Spostandosi dalla Misia alla Lidia, visitò Thyateira, patria del giurista M. Cn. Licinius Rufinus, suo consiliarius (vd. infra, cap. VIII), e forse persino Philadelphia. Sulla base di alcune emissioni monetali di Laodicea (coniate sotto P. Aelius Pigres, asiarca per la terza volta), per certi aspetti assai simili a quelle pergamene (vd. infra), Antony Hostein ha recentemente ipotizzato una sosta di Caracalla anche in quella città. In ogni caso, per quanto le visite imperiali fornissero alle comunità locali un’impareggiabile occasione per accogliere fastosamente il principe e ottenerne in cambio favori e privilegi, la concessione di benefici poteva essere sollecitata anche e soprattutto da lontano, tramite l’invio di petizioni e ambascerie – e Caracalla si dimostrò prodigo di generose concessioni, anche soltanto per lettera.98 Al periodo del viaggio dell’imperatore in Asia e del suo soggiorno invernale nella limitrofa Bithynia (214–215) è dunque sembrato verosimile, nella storia degli studi, attribuire l’ampio ventaglio di privilegi da lui conferiti alle città asianiche: Efeso, su richiesta del koinon d’Asia, ottenne una terza neokoria (la neokoria di Arte97 Visita di Caracalla in Asia: Halfmann, Itinera principum 1986, 227–229; Christol, Caracalla en 214 2012, 162–163. Marius Maximus: vd. supra, nn. 58 e 93. Marcius Festus: vd. supra, n. 21. Neokoria di Antandro: Burrell, Neokoroi 2004, 133–134. Serie monetale pergamena dello stratego M. Caerellius Attalos (c. a. 214–215): Hostein, La visite de Caracalla 2012, 208. Per il triplice saluto del devoto Caracalla alla sacerdotessa del tempio di Athena Nikephoros e Polias a Pergamo vd. infra, n. 107. 98 Serie monetale laodicena dell’asiarca ter P. Aelius Pigres (c. a. 215–216): BMC Phrygia Laodicea 221, 225, 226 etc.; cfr. Hostein, La visite de Caracalla 2012, 210. P. Aelius Pigres: Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 117, nr. 117; Campanile, Sommi sacerdoti, asiarchi 2006, 546; il personaggio è attestato, durante la sua seconda asiarchia o dopo di essa (ma comunque prima della terza), da un’iscrizione inedita di Tripolis al Meandro: cfr. Guizzi, Filippini, Tripolis on the Maeander 2017, 66, C.4.4. Oltre a Laodicea Caracalla avrebbe forse visitato anche Hierapolis: cfr. Ritti, Storia e istituzioni 2017, 522–523. Lettera di Caracalla ad Aurelius M[arcian]us di Philadelphia (18 novembre 214): Bartels, Petzl, Caracallas Brief 2000; TAM V.3, 1420. Nella lettera l’imperatore attestava di concedere volentieri un favore al sacerdote Iulianus di Philadelphia in virtù dell’intercessione di Marcianus, per mezzo del quale aveva già concesso la neokoria alla sua patria; della lettera imperiale si diede pubblica lettura nel teatro di Philadelphia, probabilmente in occasione di un’assemblea popolare.

VI. Rivalità e contese tra città neokoroi e metropoleis: dai Severi ai Tetrarchi

mide), come pure Pergamo e Smirne divennero tre volte neokoroi; Cizico ricevette la seconda neokoria; Laodicea la prima neokoria (restituita dopo la revoca punitiva di Severo e consacrata, in maniera congiunta, a Commodo e Caracalla). Anche Hierapolis, Tralle, Philadelphia e Antandro divennero per la prima volta neokoroi. Smirne e Tralle (e probabilmente anche Laodicea e Hierapolis) furono inoltre gratificate del rango di metropolis d’Asia, mentre Thyateira divenne capoluogo di un proprio distretto giudiziario.99 A un primo sguardo si possono osservare almeno tre fenomeni macroscopici, che esulano dagli schemi procedurali consolidati in epoca adrianea e sviluppano forse alcuni predecenti di epoca antonina: a) l’equiparazione del culto ancestrale di una divinità poliade (Artemide Efesia) a una vera e propria neokoria imperiale (IvEphesos 212.C), per la quale può richiamarsi, benché soltanto in parte, il confronto con la neokoria di Zeus ad Aizani (epoca commodiana). b) la dirompente innovazione rappresentata dall’introduzione delle terze neokoriai per le città più grandi (Efeso, Pergamo, Smirne), tra le quali tuttavia non figura, sorprendentemente, Sardi, che rimase indietro rispetto alle rivali e dovette attendere tale gratifica da Elagabalo (c. a. 221). c) la concessione, probabilmente contestuale, di una neokoria e del rango metropolitano, ripetuta più volte (Smirne, Tralle, Laodicea, Hierapolis) – in questo caso un precedente sarebbe stato forse costituito da Efeso (c. a. 131–132). Dopo le gratifiche di Caracalla, tra le dieci principali città asianiche possono individuarsi tre gruppi concentrici di importanza relativa: 1. le «Tre Grandi» tre volte neokoroi: Efeso, Pergamo, Smirne; 2. le città due volte neokoroi: Sardi, Cizico, Laodicea; 3. le nuove città neokoroi: Hierapolis, Tralle, Philadelphia (a queste nove si aggiungano l’importante Mileto e la piccola Antandro). La situazione generale può schematizzarsi nel modo seguente:

99 Per le date e le modalità delle varie concessioni si vedano le schede relative alle singole città in Burrell, Neokoroi 2004, passim, da confrontarsi con Puech, Des cités-mères 2004, 367– 368, e con le tavole riassuntive di Guerber, Les cités grecques 2009, 144–147. Per quanto riguarda Hierapolis, nuovi dati sono ora apportati dalle iscrizioni recentemente pubblicate da Tullia Ritti: la neokoria non deve porsi sotto Elagabalo bensì sotto Severo o Caracalla (c. a. 207–217, prob. 215–217), cfr. Ritti, La neocoria di Hierapolis 2003; Ritti, Storia e istituzioni 2017, 520–522; la città ottenne inoltre il rango di metropolis, in concomitanza o in seguito alla neokoria, come risulta dall’iscrizione onoraria per il retore T. Aelius Rufinus Antiochianos, vd. Ritti, Storia e istituzioni 2017, 542–546.

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VI. Rivalità e contese tra città neokoroi e metropoleis: dai Severi ai Tetrarchi

città

neokoros I

neokoros II

metropolis d’Asia

neokoros III

Pergamo

29 a. C.

c. a. 113–116, prob. 113–114

c. a. 124–132, forse 129 o 131

c. a. 214–215

Efeso

c. a. 65–66, titolo cancellato nel 68, poi restituito in epoca flavia

c. a. 131–132

c. a. 124–132, forse 131–132

neokoria di Artemide come terza neokoria, c. a. 214–215

Smirne

26 d. C.

124

c. a. 214–215

c. a. 214–215

Sardi

sotto Claudio? (c. a. 51–54?)

124 o c. a. 114–124

al più tardi sotto Severo

sotto Elagabalo, c. a. 221

Cizico

c. a. 121–123, prob. 123

c. a. 214–217

al più tardi sotto Severo

Laodicea

c. a. 124–129, prob. 129, revocato da Severo, restituito da Caracalla a. 215/216

sotto Commodo, revocato da Commodo stesso o Severo

prima metà del III sec., prob. sotto Caracalla (215/216?)

Hierapolis

c. a. 207–217, prob. 215–217



prima metà del III sec., prob. sotto Caracalla (215–217?)

Tralle

c. a. 214–217



c. a. 214–217

Philadelphia

c. a. 214–217



sotto Elagabalo

Antandro

c. a. 214–217

Mileto

tra Caligola ed Elagabalo, forse sotto Marco Aur. (c. a. 176?)

sotto Elagabalo

La maggiore attenzione è ovviamente richiesta dal primo cerchio, che comprende le grandi città tre volte neokoroi: stabilire la cronologia relativa delle promozioni di Efeso, Pergamo e Smirne è di primaria importanza per la messa a fuoco del contesto storico-politico microasiatico degli anni 214–217 e può farsi (seguendo l’esempio della Heller) grazie a un’analisi delle titolature allora sbandierate dalle città. Come si è già notato (vd. supra, cap. IV), dopo la krisis di Caracalla in loro favore gli Efesini si proclamarono tout court «tre volte neokoroi» (BMC Ionia 276, c. a. 214–215), quindi definirono la città, in maniera più dettagliata, come «tre volte neokoros per prima», sottolineando enfaticamente il primato cronologico del loro privilegio e aggiungendo la specificazione analitica delle due neokoriai degli Augusti e di quella unica di Artemide (IvEphesos 300, c. a. 214–215; SEG 37, 886 e IvEphesos 291, prob. 215).

VI. Rivalità e contese tra città neokoroi e metropoleis: dai Severi ai Tetrarchi

Tra queste due differenti modalità (sintetica e analitica) di registrazione della terza neokoria di Efeso può verosimilmente inserirsi il proclama dei Pergameni, che, nella prima serie monetale (dello stratego M. Caerellius Attalos, c. a. 214–215) celebrativa dell’adventus di Caracalla, si definirono «primi tre volte neokoroi» (SNGvA 7513: ΠΕΡΓΑΜΗΝΩΝ ΠΡΩΤΩΝ Γ ΝΕΩΚΟΡΩΝ) con una legenda associata alla raffigurazione dei tre templi federali di Augusto (AY), Traiano (TPA) e Antonino-Caracalla (AN) – tale dicitura appare volutamente provocatoria nei confronti di Efeso. E se la rivale reagì, puntualizzando la sua posizione con la formula analitica «tre volte neokoros per prima, due volte degli Augusti e una di Artemide», Pergamo tornò a insistere, tenacemente, con la seconda serie monetale (dello stratego Iulius Anthimos, c. a. 215–216), proponendo un manifesto di assoluto primato, sia cronologico che gerarchico: «la prima dell’Asia e metropolis per prima e tre volte neokoros per prima degli Augusti, la città dei Pergameni» (BMC Mysia Pergamum 318: Η ΠΡΩΤΗ ΤΗC ΑCΙΑC ΚΑΙ ΜΗΤΡΟΠΟΛΙC ΠΡΩΤΗ ΚΑΙ ΤΡΙC ΝΕΩΚΟΡΟC ΠΡΩΤΗ ΤΩΝ CΕΒΑCΤΩΝ ΠΕΡΓΑΜΗΝΩΝ ΠΟΛΙC).100 Pergamo, che per prima aveva ottenuto una terza neokoria imperiale in senso stretto (ossia degli Augusti), riteneva dunque che le sue tre neokoriai, tutte e tre imperiali, la elevassero a un rango superiore rispetto a Efeso, che poteva sì vantare di essere tre volte neokoros, ma in realtà contava solo due neokoriai imperiali e vi sommava una terza neokoria di Artemide (equiparata a quelle degli Augusti ma diversa nella sua sostanza qualitativa – almeno dal punto di vista pergameno). Pur non potendo mettere in discussione la krisis imperiale che garantiva tale equiparazione quantitativa tra le diverse neokoriai efesine, Pergamo considerava che il privilegio riconosciutole da Caracalla, ossia la sua terza neokoria degli Augusti, avesse un maggior valore qualitativo rispetto a quanto concesso in precedenza a Efeso. E in questa considerazione probabilmente Pergamo non sbagliava, perché la precisa intenzione di diminuire, almeno in parte, il supremo onore richiesto dal koinon d’Asia per Efeso traspare chiaramente dalla lettera di Caracalla all’Asia (IvEphesos 212.C): l’imperatore era consapevole che la propria autorizzazione avrebbe comportato una rimodulazione della gerarchia relativa interna al koinon, espressa in una qualche forma di primato (in particolare la prohedria: vd. infra, cap. IX). In questa competizione triadica Smirne ricevette moltissimo da Caracalla: la terza neokoria imperiale e il rango di metropolis permisero alla città di tornare finalmente a concorrere con le sue rivali su un piano di effettiva parità giuridica; in particolare il rango metropolitano la innalzò dalla categoria di città «maggiore» (μείζων πόλις) a quella di città «grandissima» (μεγίστη πόλις: su queste categorie vd. infra, cap. VII), al pari di Pergamo, Efeso, Sardi e Cizico. Ciò nondimeno Smirne 100 Sulle serie monetali pergamene degli strateghi Attalos (c. a. 214–215), Anthimos (c. a. 215–216) e M. Aurelius Alexandros (c. a. 216–217), commemorative dell’adventus di Caracalla e della terza neokoria di Pergamo, vd. Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 270–272; Hostein, La visite de Caracalla 2012, 207–209.

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VI. Rivalità e contese tra città neokoroi e metropoleis: dai Severi ai Tetrarchi

giunse per terza (cronologicamente) alla terza neokoria, dopo Efeso e Smirne: sulle monete coniate dallo stratego Aurelius Charidemos (c. a. 214–215) gli Smirnei figurano come «primi dell’Asia, tre volte neokoroi degli Augusti» (BMC Ionia Smyrna 403: CΜΥΡΝΑΙΩΝ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC Γ ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΤΩΝ CΕΒ); a differenza dei Pergameni, non si dichiararono esplicitamente «primi tre volte neokoroi», ma vollero raffigurare tre templi (di Roma, Tiberio e Adriano, contrassegnati rispettivamente dalle legende ΡΩ, ΤΙ, ΑΔ). La scelta del tempio di Roma risulta assai significativa: sembrerebbe che Caracalla, certamente su richiesta della stessa Smirne, avesse concesso la propria neokoria a quell’antico tempio smirneo, che ospitava il culto della dea Roma sin dal lontano 195 a. C. (molto prima dei templi federali di Pergamo ed Efeso: vd. supra, cap. V). Questa concessione avrebbe forse permesso alla città di risolvere l’imbarazzante problema della precedenza cronologica e addirittura di vantare (a posteriori) il più antico tempio federale. In ogni caso gli Smirnei non rinunciarono a pretendere un primato gerarchico («primi dell’Asia»: vd. infra, cap. VII) per la propria città, le cui tre «genuine» neokoriai imperiali erano considerate (come nel caso di Pergamo) prevalenti rispetto alle tre neokoriai «miste» di Efeso – tale pretesa produsse, con ogni probabilità, la querelle relativa a quale metropolis dovesse accogliere, per prima, il proconsole d’Asia all’atto del suo sbarco in provincia (vd. supra, cap. II). Il titolo di metropolis, che rendeva finalmente «grandissima» la città, non compare nelle coniazioni civiche di Smirne, bensì nella titolatura epigrafica (sempre in associazione con la terza neokoria), la quale assunse, nel corso della prima metà del III sec., la forma standard de «la prima dell’Asia per bellezza e grandezza e la più illustre e metropolis d’Asia e tre volte neokoros degli Augusti secondo i decreti del santissimo Senato» (con l’eventuale aggiunta di un’appendice conclusiva di forte gusto retorico, «ornamento della Ionia»: IvSmyrna 637, 640 etc., vd. supra).101 I dati emersi dall’analisi delle coniazioni (e di alcune iscrizioni) di Efeso, Pergamo, Smirne e Laodicea dell’epoca di Caracalla (c. a. 214–217) possono mettersi a sistema secondo tale ricostruzione cronologica: città

documento

cronologia assoluta

cronologia relativa

titolatura civica

Efeso

IvEphesos 212.C

c. a. 214–215

autunno 214

Caracalla concede la terza neokoria a Efeso, ma la consacra ad Artemide

Efeso

BMC Ionia 276

c. a. 214–215

prima o dopo IvEphesos 212.C: 214, estate o autunno

Efesini tre volte neokoroi

101 Emissioni monetali e titolature di Smirne: Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 269–272.

VI. Rivalità e contese tra città neokoroi e metropoleis: dai Severi ai Tetrarchi

città

documento

cronologia assoluta

cronologia relativa

titolatura civica

Pergamo

SNGvA 7513 (str. Attalos)

c. a. 214–215

214, autunno

Pergameni primi tre volte neokoroi

Efeso

IvEphesos 300

c. a. 214–215

autunno 214 o inverno 214/215

Efeso tre volte neokoros per prima, due volte degli Augusti e una volta di Artemide

Efeso

SEG 37, 886 e IvEphesos 291

c. a. 215–217

215, prima metà

come sopra

Smirne

BMC Ionia Smyrna c. a. 214–215 403 (str. Charidemos)

215, prima metà

Smirnei primi dell’Asia, tre volte neokoroi degli Augusti

Pergamo

BMC Mysia Pergamum 318 (str. Anthimos)

c. a. 215–216

215, seconda metà

la prima dell’Asia e metropolis per prima e tre volte neokoros per prima degli Augusti, la città dei Pergameni

Laodicea

BMC Phrygia Laod. 221, 225, 226 (asiarc. ter Pigres)

a. 215/216 (anno 88°)

216, primavera

Laodiceni neokoroi

Laodicea

BMC Phrygia Laod. 279–284

a. 215/216 (anno 88°)

216

[homonoia tra Laodicea e Pergamo, Smirne, Efeso]

La sequenza cronologica dei privilegi concessi da Caracalla alle «Tre Grandi» può infine riassumersi in questi termini: innanzi tutto l’imperatore riconobbe a Efeso la neokoria di Artemide e autorizzò la città a conteggiarla come terza delle proprie neokoriai imperiali (IvEphesos 212.C, c. a. 214–215, prob. autunno 214), quindi concesse una terza neokoria imperiale, vera e propria, a Pergamo (c. a. 214–215, prob. autunno 214), infine elargì a Smirne sia la terza neokoria, sia il rango di metropolis (c. a. 215, prob. nella prima metà dell’anno). Peraltro, nell’anno asianico 215/216 (l’anno 88° secondo il computo locale laodiceno), Laodicea ottenne da Caracalla l’agognata neokoria (di Commodo e Caracalla): essa fu prontamente celebrata dalla serie monetale dell’asiarca per la terza volta Pigres (primavera 216), che rispecchia da vicino le coeve (di poco anteriori) emissioni pergamene dello stratego Anthimos (seconda metà del 215); a questa serie seguirono coniazioni di homonoia tra Laodicea e le «Tre Grandi» (216). *

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Il fatto che a Smirne fosse conferito il rango di metropolis non prima del 215 permette di trarre due importanti deduzioni: a) il rescritto dell’imperator noster Antoninus Augustus ad desideria Asianorum, che confermava il privilegio efesino di dare la prima accoglienza ufficiale al proconsole entrante in Asia (vd. supra, cap. II) – un antico privilegio allora messo in discussione da un’altra grande metropolis portuale, ovvero Smirne –, finora datato in maniera generica c. a. 212–217, dovrà porsi più precisamente c. a. 215–217, con ogni probabilità nel 216 (anche in questo caso si può ipotizzare che il segretario ab epistulis Graecis, Titanianus, fosse stato l’estensore del rescritto). Nella controversia tra le due metropoleis il koinon doveva essersi espresso, a maggioranza, in difesa di Efeso, tuttavia non aveva potuto evitare di rivolgersi all’imperatore perché dirimesse la questione. Smirne, ottenuti intorno al 215 la terza neokoria e il rango metropolitano, avrebbe potuto avanzare le sue pretese in occasione di un’assemblea federale, al più presto in quella del settembre 215; la successiva petizione del koinon e la replica di Caracalla sarebbero giunte a distanza di alcuni mesi, certo non prima del 216. Si esclude, per due motivi concreti, che la rivale di Efeso in tale contesa potesse essere Cizico: pur avendo un notevole porto nella Propontide (un eccellente scalo per le rotte commerciali tra il Mar Nero e il Mar Egeo), essa non offriva un approdo rapido ed efficace per un governatore che dall’Italia dovesse giungere in Asia via mare (i porti della costa ionica, tanto Efeso quanto Smirne, erano assai più facilmente raggiungibili dalle Cicladi o da Creta), per poi recarsi comunque nel caput provinciae, a Efeso. Si tenga presente che lo stesso Plinio, navigando dall’Italia verso l’Asia Minore per assumere il governatorato di Bithynia-Pontus (c. a. 109–113), era approdato innanzi tutto a Efeso (non a Cizico, pur prossima al confine con la Bitinia) per proseguire via terra fino a Pergamo e poi, di nuovo per mare, arrivare finalmente nella sua provincia. Ma soprattutto Cizico non aveva, all’interno del koinon d’Asia, un peso politico tale da minacciare il primato efesino. In ogni caso, se anche, per assurdo, ipotizzassimo che la metropolis concorrente di Efeso fosse proprio Cizico, dovremmo comunque considerare che essa non avrebbe avuto modo di consolidare la sua posizione gerarchica prima del 214–215, quando ottenne da Caracalla la seconda neokoria.102 b) il libro I del de officio proconsulis di Ulpiano, in cui tale rescritto (in greco) di Caracalla venne parafrasato e tradotto (D. 1.16.4), deve essere stato composto a distanza di pochissimo tempo (mentre l’imperator noster Antoninus Augustus era ancora regnante), c. a. 215–217, verosimilmente nello stesso anno 216; come già esposto supra (cap. II), sembra plausibile che allora Ulpiano ricoprisse l’incarico di segretario a libellis (c. a. 213–217/218?), facesse quindi parte del consilium principis come membro effettivo e pertanto avesse una conoscenza diretta delle questioni 102 C. Plinius Caecilius Secundus: PIR2, P 490; LP 27.31; cfr. infra, n. 191. Viaggio di Plinio dall’Italia all’Asia Minore: Plin. ep. 10.15 e 17A.

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giuridico-amministrative che l’imperatore (o Giulia Domna) sottoponeva, di volta in volta, ai suoi consiglieri. * Se la straordinaria generosità di Caracalla nei confronti delle città asianiche pare dunque aver travalicato i limiti e gli equilibri abituali dell’epoca adrianeo-antonina, potrà meglio comprendersi il difficile tentativo operato da Macrino per riportare la situazione sotto controllo, decretando il puntuale annullamento di varie decisioni del suo predecessore. Subito dopo Carrhae (8 aprile 217) l’imperatore-cavaliere, già giurista, procuratore imperiale e prefetto del pretorio, intese porre un freno alla forte tassazione richiesta per sostenere le aumentate spese militari, mentre la guerra parthica era peraltro ancora aperta. Adottò una politica deflattiva e cercò di riequilibrare l’onere fiscale, alleviando i tributi ai provinciali, e ridurre le spese statali, revocando molteplici, esose largizioni del φιλαναλωτής Caracalla; effettuò quindi una rescissio selettiva di certi atti, indipendente da alcuna forma di damnatio memoriae (che non ci fu: in seguito Caracalla venne infatti consacrato, sotto Elagabalo se non sotto lo stesso Macrino, come divus Antoninus Magnus). Tali manovre di contenimento e rientro si rivelarono presto odiose, come è comprensibile, soprattutto all’esercito, ma anche a vari gruppi sociali (la plebe urbana) e comunità locali, e alienarono le simpatie del precario Macrino.103 La revoca delle neokoriai, tanto ambite dai sudditi del mondo greco-orientale, poteva forse arginare la profusione di denaro pubblico (federale/provinciale, fiscale, talora anche erariale) che a quei benefici normalmente si accompagnava – la documentazione epigrafica e numismatica di molte città neokoroi conferma, con le sue studiate reticenze e omissioni, che l’imperatore procedette in tal senso, abolendo vari privilegi (in certi casi persino il diritto di battere moneta), perlomeno i più recenti (mentre volle dimostrare, al contrario, grande rispetto per il dio Apollo, venerato nell’antichissimo santuario di Didyma).104 In questa cornice rientra anche il famigerato contrasto insorto tra Macrino e la città di Pergamo, insolente nei suoi confronti, che scaturì dalla cancellazione dei

103 Sulla prodigalità di Caracalla vd. Cassius Dio 77(78).9.1. Revoca di alcuni suoi provvedimenti fiscali da parte di Macrino: 78(79).12.2; 18.5–19.2; cfr. Mazzarino, L’impero romano 1962/1973, 440–444. Al principio del regno Macrino non osa dichiarare Caracalla né divus né hostis publicus: 78(79).17.2–18.4. 104 Lettera di Macrino e Diadumeniano ai [Milesii] (a. 217), in cui l’imperatore ricorda di aver omaggiato con la proskynesis la statua di Apollo Didimeo, inviata a capo dell’ambasceria (di Mileto) per porgere le congratulazioni per la sua ascesa al trono, insieme all’aurum coronarium: Milet I.7, 274; Oliver, Greek Constitutions 1989, 525–527, nr. 273; PH252176. Per l’invio di una statua cultuale di divinità come guida solenne di un’ambasceria vd. il caso di Artemide Efesia presso il giovane Caracalla (c. a. 200–201), infra, n. 169.

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benefici rilasciati da Tarautas (Caracalla) e si concluse con una misura di estrema severità, il totale azzeramento degli onori civici (ἀτιμία): Cassius Dio 78(79).20.4 Boissevain (a. 217): … ὅθεν οὐχ ἥκιστα καὶ οἱ στρατιῶται κατεφρόνησαν αὐτοῦ, ἐν οὐδενὶ λόγῳ τὰ ἐπὶ τῇ θεραπείᾳ σφῶν πραχθέντα θέμενοι, καὶ μάλισθ’ ὅτι οἱ Περγαμηνοί, στερηθέντες ὧν παρὰ τοῦ Ταραύτου πρότερον εἰλήφεσαν, πολλὰ καὶ ἄτοπα ἐς αὐτὸν ἐξύβρισαν, ἐφ’ ᾧ δὴ καὶ δημοσίᾳ ἀτιμίαν ὑπ’ αὐτοῦ ὦφλον. Trad. A. Stroppa: «… questo fu un motivo non irrilevante per i quale i soldati cominciarono a disprezzarlo (scil. Macrino), non tenendo più in alcun conto quanto egli aveva fatto per guadagnare il loro appoggio; tuttavia il motivo principale fu che i Pergameni, privati degli onori che in precedenza avevano ricevuto da Tarautas, lo oltraggiarono con molte e indecenti ingiurie, cosa per la quale furono da lui colpiti con la pubblica infamia». Cfr. 79(80)7.4 Boissevain (a. 218): … καὶ μηδεὶς ἀπιστήσῃ τῷ λεχθέντι· τὰ μὲν γὰρ λοιπὰ τὰ τῶν ἰδιωτῶν παρ’ ἀνδρῶν ἀξιοπίστων πυθόμενος, τὸ δὲ δὴ κατὰ τὸν στόλον αὐτὸς ἐγγύθεν ἐκ τῆς Περγάμου ἀκριβώσας ἔγραψα, ἧς, ὥσπερ καὶ τῆς Σμύρνης ταχθεὶς ὑπὸ τοῦ Μακρίνου ἐπεστάτησα κτλ. Trad. A. Stroppa: «… né alcuno pensi che quanto ho detto non meriti credibilità: infatti, tutti gli altri tentativi di ribellione (scil. contro Elagabalo) da parte di semplici cittadini li ho appresi da uomini degni di credito, mentre la notizia della flotta (stanziata a Cizico) l’ho riferita dopo aver controllato di persona da vicino, cioè da Pergamo, a capo della quale, come anche nel caso di Smirne, ero stato collocato da Macrino …».

La testimonianza di Dione assume un valore eccezionale se si considera che proprio il consolare di Nicea era stato nominato da Macrino come sovrintendente (ossia curator civitatis, λογιστής) di Pergamo e Smirne, in maniera congiunta, e restò in carica anche sotto Elagabalo (c. a. 218–221): egli quindi dovette conoscere da vicino la situazione giuridico-amministrativa delle due metropoleis d’Asia.105 Forse anche Smirne fu penalizzata dall’imperatore, ma non è possibile chiarire se allora essa perse alcuni privilegi e persino la terza neokoria, dato che questa città (come Pergamo e altre ancora) smise di battere moneta sotto Macrino. Ma cosa avveniva intanto a Efeso, mentre le sue rivali perdevano, in parte o in toto, i privilegi faticosamente accumulati negli anni ed erano sottoposte al controllo di un commissario imperiale nella veste di revisore dei conti? Le difficoltà incontrate dalla città nella 105 L. Cassius Dio: vd. supra, n. 27. Dione curator civitatis di Pergamo e Smirne: Millar, A Study of Cassius Dio 1964, 23. Non sembrano esservi elementi sufficienti nelle fonti per ipotizzare che il logistes Dione avesse avuto anche il ruolo di correttore (epanorthotes) delle città d’Asia, come ipotizzato da Guerber, La mission 2004 (da cui Molin, Biographie 2016, 441).

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difesa dei suoi privilegi emergono dall’iscrizione che ripercorre la carriera di un suo grande notabile e difensore, infine vittorioso al tempo di Macrino (IvEphesos 802: vd. infra, cap. VIII). Se questo imperatore aveva tentato di contenere le spese derivanti dagli onori, il suo giovane successore tornò programmaticamente allo stile magnanimo di Caracalla: Elagabalo restituì infatti molti privilegi aboliti (la terza neokoria a Pergamo e forse anche a Smirne; forse le prime neokoriai a Philadelphia, Tralle e Hierapolis) e ne concesse ancora di nuovi (la terza neokoria a Sardi, la seconda neokoria a Mileto, il rango di metropolis a Philadelphia), specialmente l’eclatante quarta neokoria (terza neokoria degli Augusti) a Efeso.106 Si noti come un’interessante emissione monetale dello stratego Aelius Apollonios di Smirne, con cui gli abitanti si proclamavano orgogliosamente «tre volte neokoroi, primi dell’Asia» (Paris 2689: CΜΥΡΝΑΙΩΝ Γ ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC), si dati sotto Elagabalo, verosimilmente prima (c. a. 218) della concessione della quarta neokoria a Efeso, che autorizzò gli Efesini a replicare con la schiacciante self-definition «i soli, primi fra tutti, quattro volte neokoroi» (c. a. 218–220: vd. supra, cap. IV). All’incirca nello stesso periodo (c. a. 218) sembra potersi collocare un’iscrizione onoraria di Pergamo (IvPergamon III, 525), dedicata dagli organismi civici alla sacerdotessa di Athena Nikephoros e Polias, Aurelia Claudia Apollonia, in cui la città, ormai recuperati i propri titoli, compare come «la prima metropolis d’Asia e tre volte neokoros degli Augusti» (ll. 2–5: ἡ βουλὴ καὶ ὁ δῆμος τῆς πρώτης | μητροπόλεως τῆς Ἀσίας καὶ τρὶς | νεωκόρου τῶν Σεβ(αστῶν) Περγμηνῶν | πόλεως κτλ.).107 Tuttavia, pochi anni dopo (222), tali generosi riconoscimenti (perlomeno le nuove concessioni) decaddero con la damnatio memoriae e la rescissio actorum di Elagabalo: suo cugino Alessandro (o, meglio, il governo filosenatorio da lui ide-

106 Terza neokoria di Efeso (di Artemide: concessa forse da Geta e quindi da Caracalla, revocata ma poi restituita da Macrino): Burrell, Neokoroi 2004, 70–75. Quarta neokoria di Efeso (terza degli Augusti: concessa da Elagabalo, revocata da Alessandro, restituita da Valeriano e Gallieno): ibid. 76–79. Terza neokoria di Pergamo (concessa da Caracalla, revocata da Macrino, restituita da Elagabalo): ibid. 30–35. Terza neokoria di Smirne (concessa da Caracalla; revocata da Macrino e restituita da Elagabalo?): ibid. 48–53. Terza neokoria di Sardi (concessa da Elagabalo, revocata da Alessandro, restituita da Valeriano e Gallieno): ibid. 110–114. Seconda neokoria di Mileto (concessa da Elagabalo, revocata da Alessandro): ibid. 57–58. Neokoria di Tralle (concessa da Caracalla; revocata da Macrino e restituita da Elagabalo?): ibid. 126–128. Neokoria di Philadelphia (concessa da Caracalla; revocata da Macrino e restituita da Elagabalo o Alessandro?): ibid. 130–132. Tralle metropolis (rango concesso da Caracalla, revocato da Macrino) e Philadelphia metropolis (rango concesso da Elagabalo, revocato da Alessandro): Puech, Des cités-mères 2004, 368; cfr. Guerber, Les cités grecques 2009, 150–154. 107 Pergamo onora la sacerdotessa Aur(elia) Cl(audia) Apollonia (post a. 215, c. a. 218–222, prob. 218): IvPergamon III, 525; PH302191; cfr. Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 285. L’iscrizione sottolinea come Apollonia, per ben tre volte, avesse ricevuto l’omaggio personale del divus Antonino Caracalla.

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almente rappresentato e guidato all’inizio dal prefetto Ulpiano) fu assai parco nell’elargizione di privilegi e quelle poche concessioni (ad es. la restituzione della seconda neokoria a Cizico) furono a loro volta abrogate dalla successiva damnatio sotto Massimino il Trace (235).108 Tra l’epoca di Alessandro e la metà del III sec. si venne pertanto a creare una particolare situazione di apparente «livellamento» degli onori tra le «Tre Grandi»: Pergamo e Smirne riuscirono infatti a mantenere le terze neokoriai già conferite da Caracalla (poi cancellate da Macrino e restituite da Elagabalo), mentre Efeso perse la sua quarta neokoria (terza degli Augusti), che era una concessione originale – e davvero straordinaria – di Elagabalo, regredendo alla precedente condizione ibrida di tre volte neokoros (due volte neokoros degli Augusti e una volta di Artemide). Questa situazione lascia comprendere i fondamenti giuridici delle rinnovate pretese di Smirne al primato: sotto Alessandro gli Smirnei tornarono infatti a dichiararsi «tre volte neokoroi, primi dell’Asia» (Paris 2725: CΜΥΡΝΑΙΩΝ Γ ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC), come avevano già fatto sotto Caracalla (c. a. 215) ed Elagabalo (c. a. 218), quando avevano superato (ma solo temporaneamente) la posizione preminente di Efeso. Questa volta però Smirne sembra aver mantenuto il primato assai più a lungo, inaugurando un trentennio di predominio all’interno del koinon (c. a. 222–255): la stretta associazione ideologica tra la terza neokoria e il primato provinciale compare costantemente, con grande enfasi, sulle monete smirnee del tempo di Massimino (Paris 2737: CΜΥΡΝΑΙΩΝ Γ ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC) e soprattutto di Gordiano III (Paris 2741: CΜΥΡΝΑΙΩΝ Γ ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC; cfr. Paris 2739: ΑCΙΑ CΜΥΡΝΑ ΟΜΟΝΟΙΑ, con la raffigurazione di una scena di homonoia tra l’Asia e l’Amazzone di Smirne) e Filippo l’Arabo (Paris 2767, recto: CΜΥΡΝΑΙΩΝ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC con la personificazione dell’Asia; verso: CΜΥΡΝΑΙΩΝ Γ ΝΕΩ con l’Amazzone di Smirne). Pare significativo il fatto che, negli stessi decenni, la monetazione pergamena ricordasse ancora il primato cronologico della città nell’ottenimento della terza neokoria (ΠΕΡΓΑΜΗΝΩΝ ΠΡΩΤΩΝ Γ ΝΕΩΚΟΡΩΝ), ma non osasse vantare un primato gerarchico rispetto all’Asia – sembrerebbe che Pergamo avesse ormai rinunciato alla lotta per τὰ πρωτεῖα. * Il ruolo-guida assunto da Smirne in seno alla federazione dei Greci d’Asia – un ruolo politico e al contempo culturale – a partire dalla tarda epoca severiana (c. a. 222) è fedelmente rispecchiato dall’immagine altamente celebrativa della città, che emerge non solo dalla sua titolatura epigrafica («la prima dell’Asia per bellezza 108 Seconda neokoria di Cizico (concessa da Caracalla, revocata da Macrino, restituita da Alessandro, revocata da Massimino, restituita da Valeriano e Gallieno): Burrell, Neokoroi 2004, 94–98.

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e grandezza e la più illustre e metropolis d’Asia e tre volte neokoros degli Augusti secondo i decreti del santissimo Senato e ornamento della Ionia»: vd. supra), ma anche da una fonte letteraria di primaria importanza, le Vitae Sophistarum di Filostrato, ascrivibili al quarto di secolo intercorrente tra Alessandro e i Gordiani (c. a. 222–244). Il colto biografo riservava infatti a Smirne un rimarchevole posto d’onore («Di tutta la Ionia infatti Smirne, edificata come luogo sacro alle Muse, occupa il posto più illustre, come la magade fra gli strumenti musicali»), quando dedicava la sua raccolta a un clarissimus consul di nome Antonius Gordianus, altrimenti apostrofato come «il migliore tra i proconsoli» (ἄριστε ἀνθυπάτων).109 Per quanto riguarda la datazione dell’opera, il dedicatario è stato variamente identificato con Gordiano Seniore, durante il proconsolato di rango consolare in Africa (237, secondo l’esegesi di Dittenberger) o già, in precedenza, il consolato suffetto (c. a. 220–222), ricoperto poco dopo un eventuale proconsolato di rango pretorio in Achaia (c. a. 220, secondo Groag), o forse col figlio Gordiano II oppure – e pare quest’ultima, formulata da Jones, la soluzione più persuasiva – con il nipote Gordiano III, al tempo in cui il giovane imperatore si trovava in Oriente per la campagna persiana (c. a. 242–244), lontano da Roma, e recava pertanto il titolo ufficiale di proconsul.110 La preminenza di Smirne nel secondo quarto del III sec. pare confermata dal vanto di essere stata la prima città a indire i grandi giochi federali (koina Asias), un proclama già attestato in epoca post-commodiana (cfr. TAM II, 587 da Tlos) e nuovamente registrato, con grande enfasi, dal dossier epigrafico dell’asiarca Quintilius Eumenes (AE 2003, 1670–1672), in particolare dalle due iscrizioni onorarie da questi dedicate al proconsole d’Asia L. Egnatius Victor Lollianus (in carica per ben tre mandati consecutivi: aa. 242/243–244/245), celebrato come «il primo tra i retori». La prima iscrizione (AE 2003, 1671) venne posta quando Lollianus fu designato al terzo mandato da Gordiano III (ossia nei primi mesi del 244, in vista dell’anno proconsolare 244/245); in questo testo Eumenes compare quale «nonno di senatori e asiarca» (tale asiarchia potrebbe datarsi proprio all’anno 243/244): egli onorava il proconsole in quanto suo «difensore (synegoros) e benefattore». La seconda (AE 2003, 1670) fu posta qualche mese più tardi, al principio del terzo proconsolato, mentre Lollianus era anche agonoteta dei «primi agoni comuni dell’Asia» (i koina Asias di Smirne, agosto-settembre 244) ed Eumenes lo affiancava come synagonothetes (per la sua prima agonotesia, evidentemente). Eumenes specificava inoltre di aver dedicato la seconda iscrizione a Lollianus per assolvere a una promessa

109 Smirne come magade della Ionia: Philostr. VS 1.21.3, p. 516 Kayser: … πάσης γὰρ τῆς Ἰωνίας οἷον μουσείου πεπολισμένης ἀρτιωτάτην ἐπέχει τάξιν ἡ Σμύρνα, καθάπερ ἐν τοῖς ὀργάνοις ἡ μαγάς. 110 Sul Gordianus dedicatario delle biografie filostratee vd. Jones, Philostratus and the Gordiani 2002.

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ufficiale nei confronti del Consiglio di Smirne, da lui formulata in occasione di un’assemblea federale d’Asia. Questo particolare fornisce un indizio per ricostruire l’intera vicenda: il notabile di Smirne, capostipite di una famiglia già ammessa in Senato, nell’assemblea federale «delle magistrature» (gennaio-febbraio) del 243 era stato eletto asiarca per l’anno asianico 243/244, ma doveva aver incontrato una certa opposizione, forse interna alla sua stessa patria oppure animata da una città rivale (Efeso?), ed era riuscito a superare tale ostacolo grazie all’influente appoggio del proconsole (per il primo mandato) Lollianus. Al principio del 244 Eumenes dedicava pertanto una statua al suo «difensore» (AE 2003, 1671), allora di nuovo in carica per il secondo mandato (243/244) e già designato al terzo (244/245), e contestualmente, durante l’ekklesia archairetike (gennaio-febbraio 244) tenutasi a Smirne, forte della sua posizione di sommo sacerdote federale della città ospitante nonché detentrice del primato, proponeva al koinon di conferire al proconsole l’agonotesia (onoraria) dei prossimi koina Asias; al contempo prometteva di collaborare attivamente (a sue spese) all’organizzazione di quegli agoni (e forse anche dei successivi, per un quinquennio). Infine nell’estate 244 Lollianus, proconsul Asiae ter, era agonoteta dei «primi koina Asias» di Smirne e riceveva due iscrizioni onorarie da parte dell’ex asiarca Eumenes, suo synagonothetes (AE 2003, 1670), e dell’allora asiarca di Smirne (244/245), L. Pescennius Gessius (IvSmyrna 635), in carica per la terza volta. Tra il 244 e il 248 Eumenes avrebbe allestito i koina Asias per ben cinque volte consecutive (vd. infra, cap. VIII): pare questa una misura significativa della sua potenza di magnate cittadino e del ruolo di rappresentante della metropolis più prestigiosa del koinon.111 * Sotto Valeriano e Gallieno intervenne un mutamento decisivo: la terza neokoria permane sulle monete di Smirne, ma il primato non viene più menzionato; tale omissione sarebbe misteriosa, se non fossero questi gli anni (c. a. 255–258) in cui Efeso ottenne, finalmente, dai due imperatori la restituzione della sua terza neokoria degli Augusti, la quarta del computo complessivo, che le permise di strappare nuovamente il primato a Smirne e quindi di mantenerlo sino alla fine del secolo (vd. supra, cap. IV). Intorno alla metà del III sec. non tutte le città ebbero la forza di difendere e recuperare i privilegi perduti: soltanto le più fortunate (e influenti), tra cui Efeso, Sardi e Cizico, riuscirono a ottenerne la restituzione nei tempi difficili di Vale111 Quintilius Eumenes: Campanile, Sommi sacerdoti, asiarchi 2006, 539–540, nr. 212. Triplice dossier epigrafico di Smirne riguardante Eumenes: AE 2003, 1670–1672; sul nr. 1672 (Eumenes onora il procuratore Appius Alexandros): vd. infra, cap. XI. L. Egnatius Victor Lollianus: PIR2, E 36; LP 26.191. L. Pescennius Gessius: Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 139, nr. 162.

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riano e Gallieno (253–260, 260–268), quando lo Stato imperiale, posto di fronte alla tremenda emergenza militare, tornò a gratificare gli alleati fedeli con maggiore larghezza. Nel mentre però lo scenario della stessa provincia d’Asia era profondamente mutato: intorno al 249–250 essa aveva infatti subito una drastica riduzione, derivante dal distacco delle regioni di Frigia e Caria, allora organizzate nella forma di una doppia provincia autonoma (Phrygia-Caria: vd. infra); i Goti avevano inoltre già colpito l’Asia Minore con le loro prime incursioni (c. a. 252–253) e negli anni seguenti avrebbero sferrato nuovi e gravissimi assalti alle città microasiatiche (nel 262 alla stessa Efeso, con l’incendio dell’Artemision).112 L’evoluzione delle concessioni imperiali alle città del koinon d’Asia, in termini di neokoriai, rango metropolitano e status di capoluogo di un distretto giudiziario (conventus, διοίκησις), tra l’epoca augustea e la metà del III sec., può riassumersi in questi termini: imperatori

neokoros I

Ottaviano

Pergamo 29

Tiberio

Smirne 26

Caligola

Mileto* 40

Claudio

Sardi?

Nerone

Efeso* 65/66

neokoros II

neokoros III

metropolis

dioikesis Alicarnasso

Vespasiano Efeso? Tito



Domiziano

Efeso? 88/89

Nerva

?

Traiano



Pergamo 114



Sardi?

Cizico c. a. 121–123, prob. 123

Sardi 124 o c. a. 114–124

Laodicea c. a. 124–129, prob. 129

Smirne 124



Efeso c. a. 131–132

Efeso c. a. 124–132, prob. 131–132







Adriano

Antonino

Pergamo c. a. 124–132, forse 129 o 131

Philadelphia

112 I Goti saccheggiano Efeso (c. a. 252–253): Zos. 1.28.1. I Goti incendiano l’Artemision (a. 262): Iordan. Get. 20.

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imperatori

neokoros I

neokoros II

– –

neokoros III

metropolis

dioikesis





Aizani





Hierapolis Laodicea?

M. Aurelio

Mileto?





Commodo



Laodicea?*



Severo





Sardi?





Cizico?

Philadelphia

Cizico*

Efeso II + Artemide*

Smirne

Tralle



Pergamo*

Tralle*

Laodicea



Smirne*

Laodicea?

Hierapolis





Hierapolis?

Caracalla

Antandro







Macrino





Efeso II + Artemide?



Elagabalo



Mileto*

Smirne

Philadelphia*





Pergamo







Sardi*



Efeso III* + Artemide



Cizico*







Cizico

Efeso III + Artemide







Sardi



Alessandro

Thyateira

… Valeriano e Gallieno

* Cosa sappiamo, più nello specifico, del ruolo del Senato nelle vicende legate alla concessione (o alla revoca) di privilegi alle città asianiche, nel tormentato cinquantennio intercorso tra i Severi ai Tetrarchi? Un caso sorprendente è fornito da Synnada, città importante della Frigia centrale, prossima alle grandi cave imperiali di marmo di Dokimeion, sede del procurator Augusti Phrygiae (un procuratore imperiale di rango libertino, incaricato della regione frigia all’interno della provincia Asia) e capoluogo di un distretto giudiziario sin dall’epoca tardo-repubblicana. In epoca tetrarchica (c. a. 293–305), sotto il primo arconte cittadino, Flavius Aurelius Achilles, Synnada dedicò una statua onoraria (MAMA IV, 59) al Cesare Costanzo Cloro, definendosi metropolis e «due volte neokoros degli Augusti» (ll. 3–6: … ἡ λαμπρὰ | τῶν Συνναδέων μητρό|πολις

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καὶ δὶς νεωκόρος | τῶν Σεβ(αστῶν) κτλ.): non è chiaro in quale momento (o diversi momenti) essa avesse ottenuto il rango metropolitano e le due neokoriai imperiali, che non compaiono nelle iscrizioni locali di epoca severiana (post a. 212), ma non si dovrebbe dubitare del fatto che il Senato, secondo la prassi consueta, avesse puntualmente ratificato i privilegi riconosciutile dai sovrani, come era avvenuto nel caso di Perge (vd. infra). Tali privilegi potrebbero essere stati concessi, volta per volta, da diversi imperatori del III sec. inoltrato – Decio, Valeriano, Gallieno e i loro successori sarebbero dei candidati più che plausibili.113 Si è anche messa in dubbio l’appartenenza di Synnada al koinon d’Asia nella seconda metà del III sec., dal momento che intorno al 249–250 un imperatore, Filippo l’Arabo o Decio, decretò una riorganizzazione del territorio provinciale, distaccando le regioni sud-orientali dell’Asia e dando loro l’assetto autonomo di una doppia provincia, la Phrygia-Caria (la cui capitale sarebbe stata, verosimilmente, Laodicea al Lykos). Sembra tuttavia che tale riordino giuridico-amministrativo non avesse comportato la ridefinizione del koinon d’Asia e lo stesso può affermarsi anche per la ben più importante riorganizzazione avvenuta in epoca tetrarchica, tra la fine del III e l’inizio del IV sec., quando si ebbe, da un lato, un’ulteriore parcellizzazione della provincia Asia, allora suddivisa (c. a. 293–294: vd. infra, cap. X) in varie unità amministrative (un’Asia ridotta essenzialmente alla Ionia e le nuove province tardoantiche di Lydia, Hellespontus, Insulae), e, dall’altro, la separazione di Phrygia e Caria (rese indipendenti l’una dall’altra, c. a. 301/302–305).114 In altra sede 113 Synnada onora il Cesare Costanzo Cloro (c. a. 293–305): IGR IV, 700; MAMA IV, 59; PH269487. Flavius Aurelius Achilles, vir egregius e ducenarius, primo arconte per la terza volta: PLRE I, Achilles. Neokoria di Synnada (seconda metà del III sec.): Burrell, Neokoroi 2004, 145–146. 114 Istituzione della provincia Phrygia-Caria (c. a. 249–250, tra la fine del regno di Filippo e l’inizio di quello di Decio): Roueché, Rome, Asia and Aphrodisias 1981; Roueché, Governors of Phrygia and Caria 1982; Roueché, Aphrodisias in Late Antiquity 2004, 1–4; cfr. Barnes, The New Empire 1982, 215; Vitale, Eparchie und Koinon 2012, 85–88. La riforma amministrativa potrebbe essere stata decretata da Filippo (249) e quindi realizzata da Decio (250). Sulla più tarda separazione di Phrygia e Caria (databile tra l’inverno 301/302 e il 305 sulla base dei fasti dei governatori) e soprattutto sulla questione di quale città fosse stata prescelta come capitale della Phrygia-Caria (c. a. 249–250) vd. i lavori citt. supra della Roueché (che propende per Aphrodisias, ma cfr. Haensch, Capita provinciarum 1997, 297, n. 199). Contro l’ipotesi Roueché si può richiamare una lettera di Decio ed Erennio Etrusco (a. 250) ad Aphrodisias (MAMA VIII, 424; Reynolds, Aphrodisias and Rome 1982, 140–143, nr. 25; Oliver, Greek Constitutions 1989, 552–553, nr. 284; PH256939; IAph2007 8.114), che confermava, ancora una volta, l’antico privilegio della libertà: questo fatto depone contro l’ipotesi di una trasformazione della civitas libera in capitale amministrativa, ovvero sede del nuovo governatore. D’altra parte alcune emissioni monetali laodicene dell’epoca di Filippo l’Arabo (cfr. Vitale, Eparchie und Koinon 2012, 88) favoriscono l’idea che Laodicea fosse stata prescelta come capitale della Phrygia-Caria (in tal senso sembrano deporre anche nuovi documenti epigrafici di Laodicea, ancora inediti e attualmente in corso di studio).

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si è già ipotizzato che, in entrambe le circostanze, l’antica e influente federazione dei Greci d’Asia continuasse a comprendere (con una sorta di «prolungamento di funzione») comunità ormai appartenenti ad altre province, perlomeno sino alla metà del IV sec. – soltanto c. a. 360–370 (probabilmente sotto Giuliano, c. a. 362) l’autorità imperiale avrebbe deciso finalmente di riformare il koinon, adattandolo all’estensione ridotta dell’Asia dioclezianea, e istituire nuovi koina dei Cari, dei Frigi, dei Lidi etc. per le singole province. Da questo punto di vista Synnada, anche dopo la svolta del 249–250, pur rientrando nella regione frigia della provincia Phrygia-Caria, avrebbe continuato a far parte del koinon d’Asia, perlomeno sino al 362.115 Un caso simile è rappresentato da Sagalassos, città-fortezza della Pisidia, arroccata sul Tauro, afferente al koinon di Pamphylia nella provincia Lycia-Pamphylia – tra I e III sec. gli ethne dei Panfili (variamente ascritti alle province Asia, Cilicia e infine Galatia) e dei Lici (annessi nel 43 con la redazione claudiana della provincia Lycia) avevano infatti mantenuto koina distinti, risalenti a epoche precedenti alla formazione della doppia provincia (avvenuta sotto Vespasiano, c. a. 70–71); i due koina si sarebbero unificati soltanto in epoca tetrarchica, al più tardi nel 312. In una dedica onoraria (SEG 2, 735) agli imperatori del primo collegio tetrarchico (c. a. 293–305) Sagalassos appare come «sacra e illustre e gloriosa due volte neokoros» nonché «prima (città) della Pisidia, amica e alleata dei Romani» (ll. 7–11: … ἡ ἱερὰ | κὲ λαμπρὰ κὲ ἔνδοξος βʹ νεωκόρο[ς] | Σαγαλασσέων πόλις, πρώ(τη) τῆς Πι|σιδίας, φίλη κὲ σύμμαχος [Ῥω]|μέων). I medesimi titoli ricompaiono, alcuni decenni più tardi, in una dedica a Costantino e ai suoi figli (c. a. 333–337); se però il primato all’interno della Pisidia e l’alleanza con Roma erano registrati già dalle iscrizioni d’epoca antonina, la doppia neokoria risulta un elemento inedito, assente nella monetazione locale dell’epoca di Claudio il Gotico (268–270). Queste due neokoriai potrebbero essere state concesse da Aureliano (270–275), Tacito (275–276) e/o Probo (276–282) per ricompensare Sagalassos del lealismo mostrato verso l’autorità romana, allora messa a dura prova dal brigantaggio delle fiere popolazioni montane del Tauro (la repressione condotta dalle truppe imperiali culminò nel famoso assedio di Cremna, vicina a Sagalassos).116 Si noti come la quarta neokoria di Perge (vd. infra) fosse stata probabilmente concessa da Aureliano e ratificata da un senatoconsulto; anche la neokoria di Oi115 «Prolungamento di funzione» del koinon d’Asia rispetto alla provincia Asia tra gli anni 249–250 e 360–370: Filippini, Fossili e contraddizioni 2016. 116 Province Lycia (43) e Lycia-Pamphylia (c. a. 70–71) e koina dei Lici e dei Panfili: Campanile, Licia e Panfilia 2015; cfr. Filippini, Fossili e contraddizioni 2016, 442–444 (con ulteriori rimandi bibliografici). Neokoria di Sagalassos (seconda metà del III sec.): Burrell, Neokoroi 2004, 266– 269. Sagalassos onora i primi Tetrarchi (c. a. 293–305): SEG 2, 735; PH282219. Miliario bilingue con cui Sagalassos onora Costantino e i figli Costantino II, Costanzo II e Costante (forse anche il nipote Dalmazio: c. a. 333–337, forse c. a. 335–337): AE 1997, 1493a-b. Brigantaggio degli Isauri e assedio di Cremna (c. a. 278–283): Mitchell, The Siege of Cremna 1989; Mitchell, Native rebellion 1999; Brélaz, La sécurité publique 2005, 291–292, 308–319.

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noanda (appartenente al koinon di Lycia della medesima Lycia-Pamphylia), che è stata recentemente rivelata da un’iscrizione onoraria per l’imperatore Costanzo II, secondo l’editore Nicholas Milner dovrebbe essere stata concessa, con ogni probabilità, nella seconda metà del III sec. – il titolo di neokoros non compare infatti nell’iscrizione onoraria di Oinoanda (ILS 8870) per il praepositus vexillationum Valerius Statilius Castus, dedicata sotto gli imperatori Valeriano, Gallieno e Valeriano il Giovane, verosimilmente negli ultimi mesi del 256.117 Ci sono elementi di confronto a sostegno dell’ipotesi che le neokoriai sfoggiate da queste città «periferiche» dei koina d’Asia (Synnada), Pamphylia (Sagalassos) e Lycia (Oinoanda) nella seconda metà del III sec. fossero state ufficialmente ratificate dal Senato? Una conferma in tal senso può trarsi da un notevolissimo dossier epigrafico di Perge in Pamphylia: in particolare due iscrizioni (IvPerge 331), incise sui pilastri della cd. Tacitusstraße, registrano dettagliatamente, sotto forma di epigrammi formulati in prima persona (e attribuiti alla stessa città quale persona loquens: 331, col. I) oppure di acclamazioni celebrative (rivolte a Perge: 331, col. II), la lunga serie di titoli, privilegi e ruoli di cui la città era stata gratificata tra l’epoca alto-imperiale e il regno di Tacito (275–276) – quest’ultimo le aveva infine concesso il rango di metropolis, nonché un grande concorso festivo (denominato Takitios Metropoleitios Isokapetolios).118 L’elenco comprende i seguenti onori: Perge era caput provinciae della Pamphylia (κεφαλὴ Παμφυλίδος αἴης); città insignita da un imperatore precedente, non meglio specificato (perché colpito da damnatio memoriae?), dei titoli di «fastigio del koinon di Pamphylia» (κορυφὴ πόλεων, κορυφὴ τῆς Παμφυλίας) e praecipua (πραικίπουα); riconosciuta da Caracalla come amica et socia (φίλη καὶ σύμμαχος); sede di adunanza dell’intero koinon di Pamphylia in occasione dei sacrifici federali (θύουσιν παρ’ἐμοὶ οὐώτοις Πάνφυλοι ἅπαντες); sola città dotata di asylia (μόνη ἄσυλος), probabilmente per il santuario di Diana Pergense; riconosciuta neokoros (per la prima volta) da Vespasiano e ormai divenuta quattro volte neokoros (sotto Aureliano, come risulta dalla monetazione locale); insignita del diritto di custodire il vexillum imperiale (ἡ ἱερῷ οὐιξίλλῳ τετειμημένη) e coniare moneta argentea (ἡ ἀργυρῷ νομίσματι τετειμημένη); 117 Neokoria di Oinoanda (attestata c. a. 337–361): Milner, A new statue base 2015. Oinoanda onora Valerius Statilius Castus, socius Augustorum e praepositus vexillationum (c. a. 256–257, post Nov. 256): ILS 8870; PH283612. Valerius Statilius Castus: PIR2, V 202. 118 Iscrizioni di Perge relative ai privilegi civici (c. a. 275–276): IvPerge 331–337, partic. nr. 331 (coll. I-II); cfr. SGO 18/13/01; Roueché, Floreat Perge 1989; Weiß, Auxe Perge 1991; Guerber, Les cités grecques 2009, 170–174. Per l’agone Takitios Metropoleitios Isokapetolios, derivante dalla concessione del rango metropolitano e assimilato ai Capitolia di Roma, vd. le iscrizioni nrr. 333–337. Neokoriai di Perge (la prima sotto Vespasiano, la seconda e la terza dopo Gallieno, la quarta sotto Aureliano, la quinta e la sesta verosimilmente in epoca tetrarchica): Burrell, Neokoroi 2004, 175–180. Perge metropolis: Puech, Des cités-mères 2004, 369; cfr. Guerber, Les cités grecques 2009, 165–176. Sull’imperatore Tacito, la sua carriera e la questione dell’eventuale appartenenza al Senato vd. recentemente Migliorati, Origine 2013; Davenport, M. Claudius Tacitus 2014.

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città custode del tesoro imperiale (θησαυρὸς τοῦ Κυρίου), ovvero della cassa dei tributi fiscali relativi alla Pamphylia; prima città del distretto giudiziario (πρώτη τῶν ἀγορέων); città nella quale i consulares (i proconsoli di Lycia-Pamphylia? O forse dei notabili municipali già membri del Senato e pervenuti al consolato?) ambivano alla fama (del buon governo) e organizzavano gli agoni (ὑπατικοὶ φιλοδοξοῦσιν, ὑπατικοὶ ἀγωνοθετοῦσιν). A fronte di tanti onori pregressi, si aggiungeva che allora, per volontà di Tacito-Zeus, Perge diventava inoltre metropolis (Ζηνὸς δ’ἐκ Τακίτου μητρόπολις γέγονα … μητρόπολις δ’ἐφάνην νεύμασι τοῖς Τακίτου) e avrebbe avuto sommi sacerdoti specificamente addetti al deus Tacito (νὺν δὲ καὶ ἀρχιερεῖς εἰσὶν Θεοῦ Τακίτου): essa diveniva così madre (della Pamphylia) come Efeso lo era dell’Asia (νὺν δ’ἐφάνην μήτηρ ὡς Ἀσίης Ἔφεσος) e le due divinità omonime, patrone delle rispettive città, erano acclamate l’una a fianco all’altra (Διάνε Ἐφεσίᾳ Διάνῃ Περγησίᾳ). Infine, a salvaguardia della piena veridicità dei suoi proclami, Perge dichiarava orgogliosamente: «tutti questi diritti (sono stati ratificati) da un decreto del Senato» (col. II, ll. 25–26: πάντα τὰ δίκαια δόγμα|τι Συνκλήτου). Tale documento si rivela pertanto di straordinaria importanza non soltanto per la chiara affermazione che, ancora al tempo di Tacito (un imperatore che la HA dipinge come filo-senatorio per eccellenza), ossia pochi anni prima dell’epoca tetrarchica in cui si ritiene di poter collocare la lettera del dignitario a Efeso (IvEphesos 217), un decreto senatorio era formalmente richiesto a conferma delle concessioni imperiali, ma soprattutto per il forte richiamo ideologico alla stessa Efeso come modello di città preminente all’interno di una federazione – agli occhi di Perge, «fastigio del koinon di Pamphylia» nonché «madre della Pamphylia», Efeso non era solo una μητρόπολις τῆς Ἀσίας (come pure lo erano altre città, Pergamo, Smirne etc.), ma appariva come la vera e propria μήτηρ del koinon d’Asia. * L’epoca ancora successiva, ovvero quella inaugurata da Costantino nel solco delle grandi riforme tetrarchiche (la cd. «èra costantiniana»), avrebbe conosciuto sviluppi inediti e problematici, direttamente legati alle profonde trasformazioni socio-religiose introdotte dalla dinastia dei Costantinidi: in questa «nuova èra» (nella quale erano in corso vari e diversi processi di «cristianizzazione») il culto imperiale sarebbe sopravvissuto tenacemente ancora per qualche secolo, come un notevole fossile giuridico-sacrale, suscitando significative contraddizioni ideologiche. Al contrario l’importanza della neokoria imperiale, in quanto custodia di un rituale propriamente religioso, celebrato presso un tempio pagano e fondato sull’atto sacrificale cruento (un atto ormai bandito dalla legislazione degli imperatori cristiani: si ricordino il timore di contagiosa superstitio nel rescritto costantiniano di Spello [ILS 705] e l’emblematico proclama di Costante cesset superstitio, sacrificiorum aboleatur insania [CTh. 16.10.2, a. 341]), sarebbe diminuita progressivamente

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nel corso del IV sec., come può desumersi dal suo rapido scomparire dalle titolature civiche, sia epigrafiche che numismatiche – risultano particolarmente tardi i casi delle neokoroi Sagalassos (AE 1997, 1493) e Oinoanda (Milner 2015), come pure quello celeberrimo di Spello (custode di una aedes gentis Flaviae) nella regione umbra della provincia Tuscia et Umbria. Il Kaiserkult sarebbe rimasto legato soprattutto alle solenni festività federali, caratterizzate dalle processioni e dai grandi giochi in onore degli imperatori.119 Avrebbe invece mantenuto un prestigio altissimo il rango metropolitano, cui le città continuarono strenuamente ad ambire: non a caso, in occasione delle riforme amministrative dioclezianee (e poi costantiniane), quando vennero istituite le nuove province tardoantiche e si dovettero prescegliere i rispettivi capita provinciarum, le città metropoleis ebbero quasi sempre la precedenza sulle altre. Ad esempio, per quanto riguarda le province afferenti alla sola diocesi Asiana, furono selezionate Sardi (Lydia), Cizico (Hellespontus), Laodicea (Phrygia), Aphrodisias (Caria), Myra (Lycia), Perge (Pamphylia); quindi, quando la Phrygia venne ulteriormente suddivisa (c. a. 324–325), Laodicea (Phrygia I o Pacatiana) e Synnada (Phrygia II o Salutaris).120 In epoca dioclezianea, come è noto, Efeso venne confermata nel suo ruolo di caput provinciae della nuova, ridotta Asia proconsolare (vd. infra, cap. X). E vari decenni più tardi, sotto Valente, alla città sarebbe stato riconosciuto un grande privilegio, attestato dal già citato rescritto al proconsole Festus (IvEphesos 43, c. a. 372–375, prob. 372): tra le quattro metropoleis allora appartenenti alla provincia Asia (le altre tre non sono menzionate, ma si trattava di Pergamo, Smirne e verosimilmente Tralle) essa avrebbe goduto di una prerogativa eccezionale, per cui soltanto a Efeso si sarebbero svolti gli spettacoli connessi all’asiarchia, quando essi fossero allestiti da sommi sacerdoti federali (asiarchi) originari delle città minori (non esse stesse metropoleis). L’iscrizione efesina che registra il rescritto di Valente riporta non solo il testo latino originale, ma anche una traduzione greca integrale – con una piccola, ma significativa aggiunta: laddove il rescritto latino afferma che i giochi organizzati dagli asiarchi nati in minoribus municipis (l. 6), si sarebbero tenuti in metropoli Efesena (l. 7), la corrispondente versione greca aggiunge «nella sola metropolis degli Efesini» (l. 22: ἐν τῇ Ἐφεσίων μητροπόλει μόνῃ), accentuando il carattere esclusivo del privilegio efesino rispetto alle altre tre metropoleis. Il monumento 119 Sull’«èra costantiniana» (termine adottato da S. Mazzarino, Antico tardoantico 1974–1980, passim, partic. 1974, 11–50) vd. Giardina, L’«epoca» di Costantino 2012; Giardina, L’‘epoca’ di Costantino e il Tardoantico 2013. Sul culto imperiale nella Tarda Antichità sia consentito rinviare a Filippini, Fossili e contraddizioni 2016 (con impostazione del problema e ulteriori rimandi bibliografici); cfr. anche Raschle, Bis wann bleibt 2016. Sui processi di «cristianizzazione» nell’Asia Minore tardoantica si vedano ora i contributi di vari studiosi, raccolti in Ameling, Die Christianisierung Kleinasiens 2017. 120 Riforma dioclezianea della provincia Asia (c. a. 293–294): Barnes, The New Empire 1982, 215; cfr. Feissel, Vicaires et proconsuls 1998, 92–95.

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iscritto testimonia pertanto la straordinaria importanza del riconoscimento giuridico-religioso per l’identità civica e la memoria collettiva degli Efesini.121 A partire dall’epoca costantiniana sembra inoltre che il rango metropolitano della città costituisse un necessario presupposto giuridico affinché l’episcopato locale potesse a sua volta essere riconosciuto come metropolitano e quindi dotato di una maggiore autorità rispetto agli altri episcopati della provincia, a esso subordinati in quanto suffraganei. Un esempio chiarificatore è fornito, ancora una volta, da Nicea, sempre in lotta con Nicomedia (e soprattutto con l’episcopato metropolitano di quest’ultima città, prima metropolis di Bithynia): sotto Valentiniano e Valente la seconda città della provincia avrebbe nuovamente richiesto agli imperatori il riconoscimento ufficiale del suo status di metropolis (perduto nella lontana epoca commodiana: vd. supra, cap. V) e lo avrebbe finalmente ottenuto (prob. c. a. 364–367), servendosene poi per rinsaldare l’autorità del proprio seggio episcopale contro la cattedra di Nicomedia, come risulta dai documenti ufficiali allegati agli atti del Concilio di Calcedone (451).122 * Per tornare ai prodromi dell’epoca dioclezianea, il dossier epigrafico della Tacitusstraße di Perge sintetizza efficacemente alcuni elementi già emersi nell’analisi diacronica (IIII sec.) delle titolature civiche autorizzate dall’imperatore e dal Senato: l’accumulo progressivo di titoli e privilegi permetteva alle città più eminenti di consolidare, sulla base di un fondamento giuridico, la propria posizione nella gerarchia interna del koinon, a scapito delle concorrenti – il baldanzoso proclama di Perge era infatti rivolto, innanzi tutto, contro la sua rivale storica entro il koinon di Pamphylia, Side. E la stessa Side, che aveva ricevuto le sue prime tre neokoriai relativamente tardi, tra l’epoca di Valeriano e Gallieno (la prima) e di Aureliano (la terza), si sarebbe presto adoperata per ottenere il rango metropolitano da Probo, successore di Tacito – di lì a poco, in epoca tetrarchica, la sfrenata competizione

121 Lettera di Valentiniano, Valente e Graziano al proconsole Festus (c. a. 372–375, prob. 372): IvEphesos 43; vd. supra, n. 12. La quarta metropolis d’Asia in quegli anni era, con ogni probabilità, Tralle (Moretti) anziché Sardi (Schulten): cfr. Moretti, Κοινὰ Ἀσίας 1954/1990, 153; Filippini, Fossili e contraddizioni 2016, 441–442, n. 79. 122 Lettera di Valentiniano e Valente (c. a. 364–375, prob. 364–367 per l’assenza di Graziano come coreggente) a Nicea sullo statuto di metropolis e successiva lettera di Valentiniano (c. a. 364–375) a Nicomedia sul rango di prima metropolis, riportate nella Actio XIV (contesa tra i vescovi Eunomio di Nicomedia e Anastasio di Nicea) del Concilio Ecumenico IV di Calcedone (451): ACO II, 1.3.61 [420]; cfr. Millar, A Greek Roman Empire 2006, 135; Millar, Tyre and Berytus 2012; Filippini, Councillors, Heretics 2018, 265–267.

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tra le due maggiori città di Pamphylia avrebbe innalzato entrambe alla cifra senza eguali di ben sei neokoriai imperiali.123 Il primato di una città rispetto alle altre risultava dunque, volta per volta, dall’accumulo di molteplici fattori (titoli, privilegi di vario ordine e rango, onori reali o immaginativi), tra loro eterogenei ma concepiti come addendi di una somma in crescendo, che si traduceva in prestigio e quindi in potere reale (politico, economico). Gli elementi che assunsero un maggiore peso in questa spirale vertiginosa paiono essere costituiti dalle neokoriai, che divennero iterabili senza un limite prestabilito, e dal rango di metropolis. Un simile concetto di «primato per accumulo» appare quanto mai precario, instabile e suscettibile di cambiamenti dinamici: ogni singola aggiunta poteva infatti modificare il risultato complessivo e quindi decretare il «sorpasso» di una città sulle altre; ogni onore poteva, in particolari circostanze, essere revocato dalle medesime autorità che lo avevano decretato. Ma in cosa consisteva realmente tale primato?

Risultati Il riesame complessivo delle varie concessioni dei titoli di neokoros e metropolis alle città asianiche tra l’epoca commodiana (cfr. supra, cap. V) e severiana e quella dei Tetrarchi ha permesso di inquadrare meglio alcune situazioni locali: –



il caso di Laodicea è particolarmente complesso: dopo aver ricevuto una prima neokoria da Adriano c. a. 129 (vd. supra, cap. V), la documentazione numismatica ed epigrafica dell’epoca di Caracalla mostra una ripresa del computo secondo l’èra locale adrianea «nell’anno 88°» (TO ΠH), ovvero nella primavera 216 (sotto la terza asiarchia di Aelius Pigres), quando la città ottiene la restituzione di una neokoria di Commodo, cui è associato lo stesso Caracalla (in maniera congiunta, ma con feste distinte), e celebra il ritorno di felicia tempora (ΕΥΤΥΧΕΙC ΚΑΙΡΟΙ). La turbolenta fase precedente, compresa tra l’epoca di Commodo e di Settimio Severo presenta vari problemi interpretativi: secondo l’ipotesi qui proposta, Laodicea avrebbe ottenuto una seconda neokoria in epoca commodiana (quando sono attestati degli agoni iselastici ecumenici in onore di Zeus Laodiceno e Commodo, Deia Kommodeia) per intercessione del potente cubiculario imperiale, il frigio M. Aurelius Kleandros (c. a. 182–189), ma l’avrebbe poi persa alla sua rovina (189), in maniera analoga alla cancellazione della seconda ne-

123 Neokoriai di Side (la prima sotto Valeriano e Gallieno, la terza sotto Aureliano, la sesta verosimilmente in epoca tetrarchica): Burrell, Neokoroi 2004, 181–188. Side metropolis: Puech, Des cités-mères 2004, 369; cfr. Guerber, Les cités grecques 2009, 165–176. Rivalità tra Perge e Side: Nollé, Die feindlichen Schwestern 1993; cfr. Levick, How different from us! 2004.

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okoria di Nicomedia (182), seguita alla condanna del precedente cubiculario, il nicomediense Saoteros (cfr. supra, cap. V). In ogni caso Severo non volle restituire a Laodicea il privilegio già concesso e poi abrogato da Commodo (come invece fece con Nicomedia): il motivo di tale diniego può trovarsi nel fatto che, a differenza di Nicomedia, la città al crocevia strategico tra Frigia e Caria si sarebbe verosimilmente schierata (193) col rivale di Severo, Pescennio Nigro, come pure fecero Nicea (Robert) e, con ogni probabilità, anche Efeso. Questa eventualità, ossia il disfavore del nuovo imperatore nei confronti di una città «ribelle», spiegherebbe anche la totale scomparsa del titolo di neokoros nella prima epoca severiana (prima del 216), documentata dall’erasione mirata di alcune iscrizioni (IvLaodikeia 45), e la temporanea cessazione delle coniazioni locali. Caracalla avrebbe infine restituito a Laodicea una neokoria (una sola, non più due). D’altra parte la cronologia relativa delle concessioni della terze neokoriai alle più grandi città dell’Asia da parte di Caracalla è stata ricostruita, grazie all’analisi delle fonti epigrafiche e numismatiche, in questo modo: Efeso sarebbe divenuta tre volte neokoros (grazie alla speciale neokoria di Artemide, equiparata a quelle degli Augusti: cfr. supra, capp. III–IV) nell’autunno 214, in seguito al tour dell’imperatore in Asia; anche Pergamo avrebbe ricevuto una terza neokoria (degli Augusti, vera e propria neokoria imperiale) nello stesso autunno, ma dopo Efeso; Smirne avrebbe infine ottenuto la terza neokoria e il rango metropolitano nella primavera 215. La datazione dell’innalzamento di Smirne al rango di metropolis d’Asia (e quindi di μεγίστη πόλις, secondo la tripartizione gerarchica introdotta da Antonino Pio: cfr. infra, cap. VII) alla prima metà del 215 consente di collocare tra la fine del 215 e l’inizio del 216 la pretesa smirnea di scalzare Efeso nel privilegio di accogliere, per prima tra le metropoleis, il proconsole entrante in provincia – una pretesa formalmente avanzata, senza successo, in un’assemblea federale del koinon d’Asia – e quindi di datare il rescritto di Caracalla ad desideria Asianorum, citato da Ulpiano, nell’anno 216 (cfr. supra, cap. II). Per l’epoca successiva, compresa tra i Severi e i Tetrarchi, si sono riscontrate tre diverse fasi di predominio all’interno del koinon: a) una prima fase, assai breve (c. a. 216/218–222), caratterizzata dal primato (ancora precario) di Efeso, tre volte neokoros per prima e poi persino quattro volte neokoros grazie a Elagabalo; b) una seconda fase, successiva alla cancellazione di vari privilegi da parte di Severo Alessandro (222), tra cui la quarta neokoria efesina, che si configurerebbe come un lungo trentennio (c. a. 222–255) di preminenza di Smirne, rispecchiato sia dalle fonti letterarie (in particolare dalle Vitae Sophistarum di Filostrato, databili c. a. 242–244), sia da quelle epigrafiche (il dossier dell’asiarca smirneo Quintilius Eumenes: AE 2003, 1670–1672, c. a. 244–249, cfr. infra, cap. X); c) infine il ritorno definitivo di Efeso alla testa del koinon, garantito dal ripristino della quarta neokoria per concessione di Valeriano e Gallieno (c. a.

VI. Rivalità e contese tra città neokoroi e metropoleis: dai Severi ai Tetrarchi





255–258), che inaugura una terza fase (c. a. 255–293/294), destinata a durare sino all’epoca dioclezianea e oltre. Il ruolo esercitato da Efeso, in questa terza fase, come «madre dell’Asia» (cfr. infra, cap. IX), ossia città assisa al vertice del koinon asianico, è rispecchiato esplicitamente da un importante dossier epigrafico di Perge (IvPerge II, 331, I– II), datato all’epoca dell’imperatore Tacito (275–276): questa città, celebrando il riconoscimento del rango metropolitano e proclamandosi «fastigio del koinon di Pamphylia» (κορυφὴ πόλεων, κορυφὴ τῆς Παμφυλίας), considerava di avere infatti un ruolo di «madre», in seno al proprio koinon, analogo a quello di Efeso (νὺν δ’ἐφάνην [scil. Perge] μήτηρ ὡς Ἀσίης Ἔφεσος). Per la seconda metà del III sec. si sono analizzati anche i casi, di particolare rilievo, delle neokoriai di Synnada (nella regione frigia della nuova provincia Phrygia-Caria, istituita c. a. 249–250), Sagalassos (in Pisidia, nella regione panfilia della provincia Lycia-Pamphylia) e Oinoanda (nella regione licia della Lycia-Pamphylia).

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VII. Πρώτη τῆς ἐπαρχείας e τὰ πρωτεῖα: titoli e privilegi del primato provinciale

Alla questione del primato sarebbe suggestivo rispondere in maniera tranchante con l’immagine argutamente evocata da Dione Crisostomo nel Secondo discorso a Tarso (or. 34, databile prob. c. a. 107–109): le contese tra Ege e Tarso (Cilicia), come pure tra Apamea e Antiochia (Syria) e tra Smirne ed Efeso (Asia), non riguardavano altro che «l’ombra di un asino» (περὶ ὄνου σκιᾶς), dato che in realtà il primato e il potere appartenevano ormai da tempo ad altri (τὸ γὰρ προεστάναι τε καὶ κρατεῖν ἄλλων ἐστίν), ossia ai Romani. E il tema della vanità del sogno e dell’ombra, riferito alla contesa tra le «Tre Grandi» d’Asia, ritornava in un celebre passo di P. Aelius Aristides (or. 23.63: ὀνειρώττομεν καὶ περὶ τῆς σκιᾶς μαχόμεθα, vd. infra).124 Ma sarebbe una fuorviante sottovalutazione pensare che lo scaltro sofista di Prusa ritenesse vani tutti i titoli per i quali si battevano aspramente le città: in altre occasioni egli aveva riconosciuto, in termini molto realistici, la grande importanza economica della promozione di una città a capoluogo di un distretto giudiziario, che si trattasse della sua città natale (or. 40), rivale di Apamea di Bithynia, oppure di Kelainai (Apamea Kibotos di Frigia, nella provincia Asia: or. 35).125 124 Dio Chrys. or. 34.48 Arnim: … καὶ εἴτε Αἰγαῖοι πρὸς ὑμᾶς εἴτε Ἀπαμεῖς πρὸς Ἀντιοχεῖς εἴτε ἐπὶ τῶν πορρωτέρω Σμυρναῖοι πρὸς Ἐφεσίους ἐρίζουσι, περὶ ὄνου σκιᾶς, φασί, διαφέρονται. τὸ γὰρ προεστάναι τε καὶ κρατεῖν ἄλλων ἐστίν; cfr. il commento di Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 219–220 (partic. 220 per la datazione dell’orazione). Sulle due orazioni dionee che riguardano Tarso (orr. 33–34) vd. Jones, The Roman World 1978, 71–82, cfr. 136–137 (per la datazione). In generale su Dion Cocceianus di Prusa detto Crisostomo, oltre alla voce PIR2, D 93 (A. Stein) e a Jones, vd. Desideri, Dione di Prusa 1978; Salmeri, La politica e il potere 1982; Swain, Dio Chrysostom 2000; Bekker-Nielsen, Urban Life 2008. 125 Per le orazioni su Kelainai/Apamea (or. 35) e sulla concordia tra Nicomedia e Nicea (orr. 38–39) e tra Prusa e Apamea (orr. 40–41) vd. Jones, The Roman World 1978, risp. 65–70 e 83–94, cfr. 135–138 (per la datazione). Sulle or. 35 e 40 e soprattutto sullo status di capoluogo di un conventus vd. Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 129–162; Guerber, Les cités grecques 2009,

VII. Πρώτη τῆς ἐπαρχείας e τὰ πρωτεῖα: titoli e privilegi del primato provinciale

In particolare, in epoca domizianea, Dione aveva esortato Nicomedia alla concordia (homonoia) con Nicea (or. 38): i rappresentanti dell’una intendevano infatti strappare a quelli dell’altra il titolo di «primi» della provincia, di cui i Niceni già godevano da tempo (perlomeno dall’epoca claudiana). Quei politici locali che spingevano irresponsabilmente Nicomedia allo scontro (stasis) con Nicea, affermavano che la contesa verteva intorno al «primato» (ὑπὲρ πρωτείων ἀγωνιζόμεθα), ma il sofista replicava che tale battaglia si era ridotta ad avere come palio soltanto un nome (περὶ ὀνόματος αὐτὸ μόνον ἐστὶν ὑμῖν ἡ μάχη) e suggeriva un paragone: la celebre guerra tra Atene e Sparta si era combattuta, in epoca classica, per il vero dominio (arche), ma Ateniesi e Spartani, nell’epoca contemporanea, si erano ormai ridotti a contendere per l’effimero diritto di precedenza nella processione festiva (ossia per la προπομπεία [or. 38.38]: sarebbe questa un’allusione alle feste Eleutheria di Platea, celebrative dell’antica homonoia panellenica in funzione antipersiana).126 Questo irragionevole scivolamento della conflittualità dal piano pragmatico (le vere guerre antiche) a quello meramente ideologico (le vacue contese odierne) risultava ridicolo agli osservatori esterni, specialmente ai Romani, che ritenevano che tali deliri fossero sciocchezze tipicamente greche (Ἑλληνικὰ ἁμαρτήματα). Ma che cos’era in realtà tale primato? La definizione del vero primato – τὸ πρωτεῖον (o τὸ πρωτεύειν, il «primeggiare») o anche, al plurale, τὰ πρωτεῖα: ecco le parole-chiave del discorso – richiedeva una necessaria distinzione tra i fatti reali (τὰ πράγματα) e i meri titoli (τὰ ὀνόματα), che celebravano onori vuoti (κενόδοξα, κενοδοξεῖν).127 Dione si prefiggeva dunque il preciso obiettivo di svalutare l’importanza di quel titolo (πρῶτοι) per salvaguardare la concordia intercivica: egli lasciava intendere, con un certo eccesso di minimizzazione, che esso non avrebbe comportato altro vantaggio se non la propompeia, mentre altri privilegi, già posseduti da Nicomedia (il rango di metropolis, il distretto giudiziario), di gran lunga preferibili, avevano risvolti assai più concreti. Il sofista sconsigliava pertanto ai suoi uditori di aprire in seno al koinon di Bithynia una querelle rischiosa quanto innecessaria: la 303–323; sulle orr. 40–41 cfr. anche Bekker-Nielsen, Urban Life 2008, 127–131, 177–179. Sulle orr. 38–39 e l’intera questione del primato tra Nicomedia e Nicea vd. Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 291–297, 305–310, 314–324 (partic. 317–319 per la datazione delle due orazioni in epoca domizianea, ossia anteriore all’esilio di Dione, anziché traianea, come ha ritenuto Jones). 126 Dio Chrys. or. 38.24 Arnim: … οἱ γὰρ παρακαλοῦντες ὑμᾶς ἐπὶ τὴν στάσιν· δι’ ἃς δὲ αἰτίας οὐκ ἐμὸν ἴσως ἐξελέγχειν· ἀλλ’ οἵ γε χαίροντες αὐτῇ τοῦτο μόνον λαλοῦσιν· Ὑπὲρ πρωτείων ἀγωνιζόμεθα. τούτους οὖν αὐτοὺς ἐρήσομαι πάλιν ἐγώ· Τίνων πρωτείων; καὶ πότερον ἔργῳ καὶ πράγματι δοθησομένων ἢ περὶ ὀνόματος αὐτὸ μόνον ἐστὶν ὑμῖν ἡ μάχη; καὶ πρότερον γὰρ δήποτε ἀκούω τὸ αὐτὸ τοῦτο γενέσθαι στάσεως Ἑλληνικῆς αἴτιον, καὶ πολεμῆσαι περὶ τῶν πρωτείων τοὺς Ἀθηναίους καὶ τοὺς Λακεδαιμονίους. 127 Dio Chrys. or. 38.28–29 Arnim: … τοὺς μὲν οὖν τοιούτους οὐδὲν κωλύσει καὶ μαινομένους δοκεῖν, ἡμεῖς δὲ οἰόμεθα, ἐὰν ἐπιγραφῶμέν που πρῶτοι, τὸ πρωτεῖον ἕξειν; ποῖον, ἄνδρες Νικομηδεῖς, πρωτεῖον; καὶ γὰρ δεύτερον ὑμᾶς ἐρήσομαι καὶ τρίτον· οὗ τί τὸ ὄφελός ἐστιν; οὗ τί τὸ ἔργον; ἀφ’ οὗ πότερον πλουσιώτεροι γενησόμεθα ἢ μείζονες ἢ δυνατώτεροι;

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VII. Πρώτη τῆς ἐπαρχείας e τὰ πρωτεῖα: titoli e privilegi del primato provinciale

città, già metropolis della provincia, poteva rinunciare, senza incorrere in effettivi svantaggi, all’ambìto titolo di «prima città» o, al limite, accettare di condividerlo con Nicea (come sarebbe poi effettivamente accaduto in epoca traianea), poiché i contenuti reali del suo primato andavano ben al di là di un mero titolo: «i nomi infatti non hanno la stessa forza dei fatti» (or. 38.30: οὐ γὰρ τὰ ὀνόματα δύναμιν ἔχει τὴν τῶν πραγμάτων); «non sono i nomi a garantire i fatti, ma i fatti garantiscono i nomi» (or. 38.40: οὐ τὰ ὀνόματα πίστεις τῶν πραγμάτων εἰσί, τὰ δὲ πράγματα καὶ τῶν ὀνομάτων).128 Anna Heller ha dunque il merito di aver chiarito, grazie al confronto serrato con la realtà storica del koinon di Bithynia, un punto di fondamentale importanza: il titolo onorifico di «primi dell’Asia» o «prima (città) dell’Asia» (πρῶτοι / πρώτη τῆς Ἀσίας) è un segnale indicativo del raggiungimento di una posizione di preminenza da parte di una città del koinon d’Asia, ma non esaurisce, in se stesso, tutti i contenuti, reali e/o immaginativi, di quella preminenza – il titolo dà la misura del primato e lo esemplifica, ma non è, di per sé, il primato stesso. Il primato fattuale (τὸ πρωτεῖον / τὰ πρωτεῖα) e il titolo onorifico da esso derivante, pur essendo tra loro logicamente correlati, vanno dunque distinti.129 Innanzi tutto va detto che, in Bithynia come in Asia, il titolo di «prima città della provincia» (πρώτη πόλις τῆς ἐπαρχείας) era conferito ufficialmente da un decreto del koinon (ossia dal voto dei delegati federali a maggioranza) e poteva eventualmente – ma non necessariamente – essere confermato dalle autorità romane: esso derivava insomma dal riconoscimento reciproco delle città, che potevano dare il proprio sostegno, di volta in volta (ogni volta che il primato fosse nuovamente messo in discussione), a una candidata o all’altra nella contesa per il primo posto. Si 128 Dio Chrys. or. 38.30–31 Arnim: … καθόλου δ’ εἴ τις ὑμᾶς ἔροιτο, Ἄνδρες Νικομηδεῖς, τί βούλεσθε, πότερον εἶναι πρῶτοι ταῖς ἀληθείαις ἢ καλεῖσθαι μὴ ὄντες; ὁμολογήσαιτε ἂν δήπουθεν εἶναι πρῶτοι μᾶλλον ἐθέλειν ἢ καλεῖσθαι μάτην. οὐ γὰρ τὰ ὀνόματα δύναμιν ἔχει τὴν τῶν πραγμάτων· ὅσα δὲ ταῖς ἀληθείαις ἐστὶ τοιαῦτα, οὕτω καὶ ἐξ ἀνάγκης ὀνομάζεται. πειρᾶσθε τοίνυν πρωτεύειν τῶν πόλεων τὸ μὲν πρῶτον ἐκ τῆς ἐπιμελείας τῆς περὶ αὐτάς· τοῦτο μὲν , καθὸ μητρόπολίς ἐστε, ἐξαίρετόν ἐστιν ἔργον ὑμέτερον· εἶτα τῷ παρέχειν αὑτοὺς δικαίους ἅπασι καὶ μετρίους καὶ μὴ πλεονεκτεῖν ἐν μηδενὶ μηδὲ βιάζεσθαι. Or. 38.38–39 Arnim: … τὰ γὰρ τοιαῦτα, ἐφ’ οἷς μέγα φρονεῖτε, παρὰ πᾶσι μὲν τοῖς ὀρθῶς ἐννοουμένοις διαπτύεται, μάλιστα δὲ παρὰ τοῖς Ῥωμαίοις γέλωτα κινεῖ καὶ καλεῖται τὸ ἔτι ὑβριστικώτερον Ἑλληνικὰ ἁμαρτήματα. καὶ γὰρ ἔστιν ἁμαρτήματα, ἄνδρες Νικομηδεῖς, ἀληθῶς, ἀλλ’ οὐχ Ἑλληνικά, εἰ μὴ κατ’ αὐτὸ τοῦτο Ἑλληνικὰ φήσει τις αὐτὰ εἶναι, καθ’ ὅσον ἐκεῖνοι δόξης ἀντεποιήσαντό ποτε καὶ Ἀθηναῖοι καὶ Λακεδαιμόνιοι. τὰ δὲ ἐκείνων εἶπον ἤδη που καὶ πρότερον ὅτι μὴ κενόδοξα ἦν, ἀλλ’ ὑπὲρ ἀρχῆς ἀληθοῦς ἀγών· εἰ μή τι νῦν δοκεῖτε αὐτοὺς ὑπὲρ τῆς προπομπείας καλῶς ἀγωνίζεσθαι, καθάπερ ἐν μυστηρίῳ τινὶ παίζοντας ὑπὲρ ἀλλοτρίου πράγματος. ἂν δὲ τὸ μὲν τῆς μητροπόλεως ὑμῖν ὄνομα ἐξαίρετον ᾖ, τὸ δὲ τῶν πρωτείων κοινὸν ᾖ, τί κατὰ τοῦτο ἐλαττοῦσθε; ἐγὼ μὲν γὰρ τολμήσαιμι ἂν εἰπεῖν ὅτι κἂν πάντων ἐκστῆτε τῶν ὀνομάτων, οὐδενὸς ἐξίστασθε πράγματος. 129 La studiosa giunge a tale conclusione sulla base dell’interpretazione congiunta delle orazioni di Dione e Aristide: Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 305–319 (Dione), 332–338 (Aristide).

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creavano così, in seno al koinon, correnti interne, consorterie e schieramenti contrapposti, che, secondo Dione, rendevano le città ancor più vulnerabili di fronte al soverchiante potere romano, rappresentato dal governatore provinciale.130 Per tornare più specificamente all’Asia, è interessante notare come nel Secondo discorso a Tarso, scritto in epoca traianea (prob. c. a. 107–109), il binomio Smirne-Efeso fosse presentato come il più chiaro esempio di rivalità all’interno della federazione: se le due città si contendevano allora il primato, le loro ambizioni sarebbero state presto deluse dalla concessione di una seconda neokoria alla terza concorrente, Pergamo (c. a. 113–114). Quest’ultima fu così la prima città a potersi dichiarare due volte neokoros e pochi anni dopo, in epoca adrianea (c. a. 124–132, forse 129 o 131: vd. supra, cap. V), divenne anche metropolis d’Asia per prima. Negli stessi anni però anche Efeso ottenne una seconda neokoria e il rango metropolitano (c. a. 124–132, prob. c. a. 131–132), riscuotendo quei privilegi che l’avrebbero elevata sullo stesso piano di Pergamo: accadde così che, poco tempo dopo, all’avvento di Antonino Pio, gli Efesini si proclamarono tout court πρῶτοι τῆς Ἀσίας. Nella seconda metà del 138, poco dopo il completamento del secondo tempio federale (l’Hadrianeion), fu infatti votato un decreto del Consiglio e del Popolo sull’indizione di festeggiamenti pubblici per il genetliaco del nuovo imperatore (IvEphesos 21): nel prescritto appare la sorprendente definizione degli Efesini come «i primi dell’Asia e due volte neokoroi e philosebastoi» (ll. 1–5: [ἔδ]οξεν τῶν πρώ[των] | τῆς Ἀσίας καὶ δὶ[ς] | νεωκόρων καὶ φι[λοσε]|βάστων Ἐφεσίων τῆ[ι] | βουλῆι καὶ τῷ δήμῳ).131 Efeso riteneva nel 138 che i suoi molti titoli e privilegi, considerati complessivamente, la ponessero ormai legittimamente al di sopra di Pergamo (e, a maggior ragione, di Smirne); tra questi privilegi basti pensare alla custodia di un tempio consacrato alla dea Roma e al divus Iulius per i cives Romani residenti in Asia (29 a. C.), ma anche dell’antichissimo santuario di Artemide; alle due neokoriai imperiali (del divus Vespasianus e di Adriano); al rango di metropolis d’Asia; al privilegio di essere la «tesoreria comune» (ταμιεῖον κοινόν), ossia di ospitare la cassa federale del koinon (come attesta Aristide: or. 23.24) – non si dimentichino poi quelli legati più propriamente all’amministrazione provinciale, ovvero il ruolo stesso di caput provinciae, oltre che, ovviamente, di capoluogo del conventus efesino. Nel 138 il guanto di sfida era stato lanciato, innanzi tutto, contro l’altra metropolis d’Asia, l’antica capitale degli Attalidi: il «primato» dipendeva infatti da una combinazione instabile e dinamica di elementi onorifici soggetti a mutamenti, accrescimenti o cancellazioni, e ciascun pretendente poteva aspirare a strappare, una volta o l’altra, la palma all’avversario. In questo caso, tra il 132 e il 138, Efeso doveva aver ottenuto, 130 Sul titolo di πρώτη πόλις vd. Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 305–310; Guerber, Les cités grecques 2009, 325–341. 131 Decreto di Efeso sulle feste per il genetliaco di Antonino Pio e lettera di conferma del proconsole d’Asia Venuleius Apronianus (138): IvEphesos 21; PH247869. L. Venuleius Montanus Apronianus Octavius Priscus: PIR2, V 377; LP 26.124.

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con una mossa ardita, un voto favorevole del koinon d’Asia per il riconoscimento di tale primato e, probabilmente, anche una conferma di esso dall’autorità imperiale. A tale contesto storico sembra fare riferimento l’allusione di Aristide (or. 23.73) a un imperatore suo contemporaneo, eccellente e colto, che, al principio del proprio regno, aveva indirizzato una lettera al koinon d’Asia, esortando le città alla reciproca concordia (ὁμόνοια): per ragioni cronologiche (il sofista, nato nel 117, aveva un ricordo personale di tale lettera, purtroppo perduta) questo sovrano dovrebbe infatti identificarsi con Antonino Pio piuttosto che Adriano o, ancor meno, Marco Aurelio; la lettera al koinon andrà pertanto datata alla seconda metà del 138.132 Nonostante l’invito imperiale alla concordia, le risentite reazioni alla manovra di Efeso (138) non si sarebbero fatte attendere a lungo: sorprende però che fosse Smirne, anziché Pergamo, a prendere l’iniziativa, come può desumersi da una lettera inviata da Antonino Pio agli Efesini intorno agli anni 140–144 (IvEphesos 1489– 1490). L’imperatore tentava di ricomporre un dissidio insorto in occasione di una riunione del koinon d’Asia: egli osservava, da un lato, come i Pergameni, in un documento ufficiale, si fossero rivolti appropriatamente agli Efesini, usando quei titoli che spettavano alla città e lui stesso le aveva riconosciuto; dall’altro notava invece come gli Smirnei, in un decreto riguardante il sacrificio comune (synthysia) – ossia l’atto più solenne del culto imperiale officiato dal koinon –, li avessero omessi, forse per errore, ma auspicava che essi sarebbero tornati a impiegarli correttamente e che pure gli Efesini lo avrebbero fatto, come si conveniva, nei confronti di quelli. Sebbene non sia specificato quali fossero quei titoli (onomata), autorizzati dallo stesso Pio, che Smirne rifiutava di riconoscere a Efeso, sembra plausibile ipotizzare che si trattasse proprio di quello di «primi dell’Asia», piuttosto che il rango metropolitano (come ha pensato Oliver). Pare inoltre che il successo di Efeso fosse dovuto all’azione di uno dei membri più influenti della classe dirigente cittadina di quegli anni (nonché senatore romano di rango questorio), P. Vedius Antoninus Sabinianus, il cosiddetto Bauherr, un uomo assai caro all’imperatore: mentre costui era segretario (grammateus) era stato infatti votato il decreto civico che, per tramite del procuratore imperiale Sulpicius Iulianus, aveva sollecitato l’arbitrato di Pio.133 D’altra parte una reazione pergamena al proclama efesino potrebbe riscontrarsi in un’iscrizione onoraria dell’Asklepieion (IvPergamon III, 34), che, per quanto 132 Aristid. or. 23.73 Keil: … ὥς γ’ ἐγὼ μέμνημαι, καὶ τοῦ κρατίστου τῶν βασιλέων καὶ πάντας παιδείᾳ παρελθόντος αὐτοῦ διαρρήδην περὶ τούτων ἐπιστείλαντος τὸ κατ’ ἀρχὰς εὐθὺς καὶ ὑποσχομένου τούτους βελτίστους καὶ ἀρίστους κρινεῖν, οἵτινες ἂν τῆς ὁμονοίας ἄρχωσιν ἑκόντες εἶναι. Sull’identificazione dell’imperatore qui menzionato con Pio vd. Buraselis, Arroganza e servilismo 2013, 110; Kuhn, Der Rangstreit 2013, 202. Sull’or. 23 (Alle città sulla concordia) vd. infra. 133 Lettera di Antonino Pio a Efeso sulla questione dei titoli (databile c. a. 140–144 per la menzione del terzo consolato di Pio), trasmessa da tre copie epigrafiche: IvEphesos 1489, 1489A, 1490; Oliver, Greek Constitutions 1989, 293–295, nrr. 135A-B; PH247902–247904; cfr. Collas-Heddeland, Le culte impérial 1995; Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 192–194. P. Vedius Antoninus Sabinianus: vd. infra, n. 142. Sulpicius Iulianus: PIR2, S 1007.

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frammentaria, fornisce dati assai preziosi: la città, definita «metropolis d’Asia e due volte neokoros per prima», celebrava il philosophos L. Flavius Hermokrates, sommo sacerdote federale dei templi di Pergamo, «il quale, con grande energia e devozione, aveva operato [come syndikos?] e si era battuto [per la città] intorno al primato [e aveva vinto?]» (ll. 7–11: … μετὰ π[άσης] | προθυμίας καὶ εὐνοίας [συνδι]|[κή] σ¢αντα καὶ προαγωνισάμ[ε]|[νον τῆς πόλεως (?) περὶ] τῶν πρω|[τείων καὶ νεικήσαντα (?)] – si noti come l’integrazione di alcune lacune sia stata ipotizzata sulla base del confronto con IvEphesos 802: vd. infra, cap. VIII). La titolatura civica di Pergamo consente di collocare l’iscrizione genericamente c. a. 124–215, dopo l’ottenimento del rango metropolitano (c. a. 124–132: vd. supra, cap. V) e comunque prima della terza neokoria (c. a. 214–215: vd. supra, cap. VI), ma l’insistenza sul primato cronologico della seconda neokoria («due volte neokoros per prima») sembrerebbe ricondurre alla tarda epoca adrianea o al tempo di Antonino Pio, quando anche Efeso ottenne la sua seconda neokoria (c. a. 131–132) e vantò una pretesa di primato in Asia (cfr. IvEphesos 21, a. 138). Un notevole progresso nella datazione del documento può dipendere dall’identificazione del philosophos Hermokrates: non si tratterebbe del sofista Hermokrates di Focea, come proposto da Stein e Habicht, ma di un suo parente più anziano, anch’egli focese (probabilmente il nonno paterno: vd. infra, cap. VIII), come suggerito dalla Puech e Jones. Questa ipotesi, assai persuasiva, concorrerebbe a datare la vittoriosa difesa del primato pergameno, sostenuta dall’asiarca e philosophos Hermokrates, al tempo di Pio (c. a. 138–140?).134 Un riflesso della pacificazione promossa dall’imperatore (cfr. IvEphesos 1489– 1490) potrebbe cogliersi nelle emissioni battute congiuntamente da Efesini e Pergameni, sotto il sommo sacerdote M. Claudius Fronto al tempo di Antonino, per il koinon delle tredici città di Ionia, nelle quali entrambi risultano «primi dell’Asia» (ΑCΙΑC ΠΡOΤΩΝ ΕΦΕCΙΩΝ ΠΕΡΓΑΜΗΝΩΝ). Tale sorprendente legenda sembra attestare una sorta di primato condiviso tra le due città, si direbbe a pari merito, secondo un’equiparazione analoga a quella verificatasi in Bithynia, tra Nicea e Nicomedia, in epoca traianea – se così fosse, Pergamo avrebbe da un lato difeso con successo il proprio primato (grazie a Hermokrates, c. a. 138–140?), ma 134 Pergamo onora L. Flavius Hermokrates philosophos (epoca di Pio, forse c. a. 138–140?): IvPergamon III, 34; PH303035; cfr. Puech, Orateurs et sophistes 2002, 298–303, nr. 138. Il philosophos Flavius Hermokrates, notabile di Focea e asiarca di Pergamo: Jones, Epigraphica IV 2003, 127–130; cfr. Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 56, nr. 34c (in cui si identificano i due Hermokrates, il philosophos e asiarca con il sofista). Per la datazione del personaggio Jones (p. 129) propende per l’epoca di Marco Aurelio (quando le «Tre Grandi» erano in aperta competizione: si veda l’or. 23 di Aristide, infra), ma si potrebbe, forse meglio, pensare al regno di Pio: si noti come il sofista Hermokrates di Focea, verosimilmente nipote dell’omonimo philosophos, sarebbe nato c. a. 180 (vd. infra, cap. VIII); a sua volta il consolare Rusonianus (cfr. PIR2, R 137), padre del sofista e probabile figlio del philosophos, sarebbe nato c. a. 140; intorno alla stessa data potrebbe porsi anche il floruit di Hermokrates, philosophos e sommo sacerdote dei templi di Pergamo, nato forse c. a. 100.

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dall’altro avrebbe infine accettato di condividerlo con Efeso. Questo accordo efesino-pergameno sui titoli onorifici pare intuirsi, in filigrana, nei comportamenti di reciproco rispetto mostrati dalle due città e attestati dalla lettera di Pio agli Efesini (c. a. 140–144): esso avrebbe escluso, non a caso, la terza concorrente, Smirne.135 Un’idea della gerarchia relativa tra le città asianiche ci viene offerta da un documento ufficiale di straordinaria rilevanza: nel trattato de excusationibus Modestino (D. 27.1.6.2) citava un’importante lettera di Pio al koinon d’Asia, con la quale l’imperatore aveva stabilito una precisa distinzione giuridica tra le città minori (αἱ ἐλάττους πόλεις), le città maggiori (αἱ μείζους πόλεις) e le città grandissime (αἱ μέγισται πόλεις) della provincia – ciascuna categoria avrebbe avuto diritto a un diverso numero di medici, retori e grammatici cui potesse concedersi l’immunità dalle liturgie (in proporzione alla dimensione gerarchica delle varie città: rispettivamente 5 medici, 3 retori e 3 grammatici per le città minori; 7, 4 e 4 per le maggiori; 10, 5 e 5 per le massime). Il giurista chiariva inoltre lo specifico profilo giuridico delle tre categorie: le grandissime erano le metropoleis federali, le maggiori erano i capoluoghi dei distretti giudiziari, le minori infine le altre città (εἰκὸς δὲ τῷ μὲν μεγίστῳ ἀριθμῷ χρήσασθαι τὰς μητροπόλεις τῶν ἐθνῶν, τῷ δὲ δευτέρῳ τὰς ἐχούσας ἀγορὰς δικῶν, τῷ δὲ τρίτῳ τὰς λοιπάς). La spiegazione di Modestino non dovrà considerarsi un’innovazione o una sovrainterpretazione di epoca severiana: essa discendeva, con ogni probabilità, dal principio ispiratore di Pio e può considerarsi originaria. D’altra parte lo stesso imperatore non aveva voluto imporre un numero prestabilito ai rari filosofi, pur lasciando capire che ai filosofi di condizione benestante non si sarebbe convenuto sottrarsi ai servizi per la patria (D. 27.1.6.7). In linea generale egli interveniva a riformulare, in termini restrittivi, un precedente ordinamento di Adriano (c. a. 117) sulle immunità previste per filosofi, retori, grammatici e medici: il riordino di Antonino ebbe successo e venne incorporato dalla normativa di Commodo (D. 27.1.6.8), ancora vigente in epoca severiana. Sarebbe peraltro interessante capire (ma non può desumersi dalle fonti disponibili) se questa tripartizione gerarchica avesse un riflesso corrispondente nel peso politico di ciascuna città all’interno del koinon, come avveniva nell’antico koinon dei Licii, le cui città parimenti si dividevano in megistai, mesai e le altre e avevano, rispettivamente, tre, due e un solo voto in sede di assemblea federale.136 135 Emissioni congiunte di Efesini e Pergameni, «primi dell’Asia», per il koinon di Ionia: Herrmann, Das κοινὸν τῶν Ἰώνων 2002, 229–230; Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 324, n. 140. Tali monete furono battute sotto l’autorità di M. Claudius Fronto, asiarca e sommo sacerdote del koinon di Ionia: vd. Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 80, nr. 67 (l’asiarchia di Fronto si data genericamente sotto Pio); cfr. PIR2, C 874 (sull’omonimo senatore, suff. prob. a. 165, verosimilmente figlio dell’asiarca). 136 Lettera di Antonino Pio al koinon d’Asia sulle immunità di varie categorie professionali, riportata e commentata da Modestino nel libro II de excusationibus: D. 27.1.6.2 e 7–8; Oliver, Greek Constitutions 1989, 588–590, App. nrr. 8–9; cfr. Marotta, Ulpiano e l’impero, II 2004, 21– 29, 48; Marotta, Le strutture dell’amministrazione 2013, 157–159. Sui differenti voti delle 23 città

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Il rescritto imperiale, sollecitato dal koinon d’Asia per dirimere le questioni specificamente legate alle immunità, stabiliva pertanto un efficace elemento di distinzione gerarchica: il rango metropolitano conferiva alle città l’innalzamento alla categoria suprema, quella maggiormente privilegiata; seguiva, a caratterizzare la categoria intermedia, lo status di capoluogo di conventus. Lo stesso criterio poteva però essere assunto e rifunzionalizzato, dalle stesse città asianiche, per ridisegnare la propria gerarchia relativa: al tempo di Pio solo Pergamo ed Efeso godevano del rango di metropolis d’Asia e quindi potevano prevalere, d’autorità, su tutte le altre città, compresa Smirne. Per quanto l’imperatore non avesse menzionato il privilegio della neokoria (o, meglio, delle neokoriai multiple), non c’è però dubbio che, agli occhi degli Asianici, esso costituisse un secondo criterio indicatore, che interagiva (in subordine) col criterio del rango metropolitano per definire a quale città spettasse il primato all’interno del koinon. Si ricordi che Antonino Pio non pare aver fatto nuove concessioni alle città asianiche in tema di neokoria, né tantomeno di rango metropolitano: egli si sarebbe limitato a conservare fedelmente la situazione già determinata da Adriano (vd. supra, cap. V). Ma proprio sotto il suo regno sembra invece doversi datare l’istituzione di almeno tre nuovi distretti giudiziari, attribuiti rispettivamente alle città di Philadelphia (Lidia), Aizani (Frigia) e Hierapolis (Frigia), città che venivano pertanto accreditate come μείζους πόλεις. Nel primo caso sono attestate assise giudiziarie per l’anno 151/152 (sotto il proconsole d’Asia T. Vitrasius Pollio, il cui legato fece tappa a Philadelphia, come narra Aristide); nel secondo caso la visita di Cornelius Latinianus (legato proconsolare piuttosto che proconsole) ad Aizani, dove venne accolto dal notabile M. Ulpius Appuleianus Flavianus, può porsi prima dell’anno 156/157;137 nel terzo caso l’accoglienza dei provinciali asianici affluiti a del koinon dei Licii si veda la notizia di Artemidoro di Efeso riportata da Strabone: 14.3.3 (C 664–665): Εἰσὶ δὲ τρεῖς καὶ εἴκοσι πόλεις αἱ τῆς ψήφου μετέχουσαι· συνέρχονται δὲ ἐξ ἑκάστης πόλεως εἰς κοινὸν συνέδριον, ἣν ἂν δοκιμάσωσι πόλιν ἑλόμενοι· τῶν δὲ πόλεων αἱ μέγισται μὲν τριῶν ψήφων ἐστὶν ἑκάστη κυρία, αἱ δὲ μέσαι δυεῖν, αἱ δ’ ἄλλαι μιᾶς. 137 Il legato del proconsole Pollio tiene le assise a Philadelphia (a. 151/152): Aristid. or. 50.95– 99, partic. 96. (T. Vitrasius) Pollio: PIR2 VI p. 239; PIR2, V 768; LP 26.133. M. Ulpius Appuleius Eurykles onora il padre M. Ulpius Appuleianus Flavianus (figlio di M. Ulpius Appuleius Flavianus, sommo sacerdote d’Asia dei templi di Pergamo), che aveva accolto Cornelius Latinianus in occasione delle assise giudiziarie ad Aizani: SEG 35, 1365; PH272818. L’iscrizione può datarsi ante a. 156/157 sulla base del confronto con l’intero dossier epigrafico di M. Ulpius Appuleius Eurykles, magnate di Aizani tra l’epoca di Pio e Commodo, membro assai onorato del Panhellenion (c. a. 156/157), quindi asiarca per due volte (la prima c. a. 161– 163, la seconda a Smirne c. a. 180–181), curator della gerousia di Efeso (c. a. 163–164) e curator civitatis di Aphrodisias (c. a. 180–181). Su Eurykles (PIR1, V 551, non incluso in PIR2 VIII.2) e la sua famiglia vd. Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 108–110, nr. 110. Cornelius Latinianus: LP 26.212a. Questo personaggio, verosimilmente legato proconsolare d’Asia all’epoca di Pio (ante a. 156/157), pare essere figlio di L. Cornelius Latinianus (PIR2, C 1375), attestato come procuratore equestre in epoca traianea e quindi governatore dell’ordine senatorio in epoca

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Hierapolis per l’ἀγορὰ δικῶν fu organizzata dal primo arconte T. Flavius Meniskos Philadelphos. Come ha acutamente osservato Tullia Ritti, pubblicando il decreto onorario del koinon d’Asias per Meniskos (c. a. 151–156) e vagliando l’intero dossier dei nuovi conventus, si può ragionevolmente supporre che appartenga all’epoca di Pio (se non, al limite, a quella di Adriano) anche il distretto assegnato specificamente a Laodicea al Lykos (denominato διοίκησις Λαδικηνή in un’iscrizione laodicena ancora inedita, genericamente databile tra II e III sec., ma comunque dopo la neokoria di epoca adrianea), tra Frigia e Caria; peraltro il proconsole Servilius Paullus (prob. a. 168/169) sostò a Laodicea quando giudicò e condannò a morte il vescovo locale Sagaris. L’importante riforma amministrativa di Pio, se intesa come il riordino complessivo del sistema dei conventus asianici, che avesse comportato l’istituzione contestuale di quattro nuovi distretti nell’area compresa tra Lidia, Frigia e Caria, pare dunque collocarsi, al più tardi, c. a. 150–151 – non è chiaro se la riforma stessa possa rappresentare una premessa (e quindi un terminus post quem) per il rescritto imperiale al koinon d’Asia in materia di immunità. Il quadro dei distretti rimase immutato sino alla promozione di Thyateira, avvenuta sotto Caracalla (c. a. 214–215: vd. infra, cap. VIII).138 Se dunque nei primi anni 140 Efeso aveva ottenuto il sostegno di Pio (IvEphesos 1489–1490), la situazione sembra mutare intorno alla metà del decennio, secondo quanto narra Filostrato: in una controversia che riguardava i templi e i diritti a essi correlati (ὑπὲρ τῶν ναῶν καὶ τῶν ἐπ’αὐτοῖς δικαίων), Smirne aveva nominato Polemone come proprio rappresentante legale (syndikos), ma egli non fece in tempo a presentarsi davanti al tribunale imperiale, giacché morì subito prima di partire. Aveva allora circa 56 anni: se si considera la cronologia relativa della sua carriera di retore, onorato già da Traiano, e il fatto che il giovane Cesare Marco Aurelio aveva potuto ascoltare una sua declamazione (verosimilmente una delle ultime), tenuta in Italia nell’estate del 142 (durante il consolato di Frontone, suo precettore), dobbiamo pensare che Polemone fosse nato c. a. 87–89 e morto c. a. 143–145 – la controversia sui templi di Smirne pare dunque successiva, anche se di poco, alla succitata lettera di Pio a Efeso (c. a. 140–144). In quella circostanza l’imperatore sollecitò gli avvocati smirnei, giunti a Roma, a sottoporgli comunque il testo dell’orazione preparata dal grande sofista e alla fine, grazie a quello, la città risultò vittoriosa, adrianea: costui fu forse procuratore di Moesia Inferior c. a. 105 (PIR2, L 122; CPE III, p. 1068; cfr. L. Fabius Iustus, LP 20.70), quindi procuratore di Raetia a. 116 (LP 15.09a [1]), adlectus (inter praetorios?) c. a. 116–119, legato di Pannonia Inferior a. 119 (LP 19.08), cos. suff. c. a. 119– 126, legato di Pannonia Superior a. 126 (LP 18.28a). 138 Sul decreto onorario del koinon d’Asia per Meniskos (c. a. 151–156, prob. 154) vd. infra, cap. IX. L’intera questione dell’appartenenza di Hierapolis e Laodicea ai conventus asianici e dell’istituzione di nuovi distretti a loro specificamente attribuiti è messa a punto da Ritti, Storia e istituzioni 2017, 472–494. Per l’identificazione prosopografica del proconsole Servilius Paullus (non Sergius Paullus) e la datazione del suo governatorato (prob. a. 168/169) vd. Filippini, Su alcuni proconsoli d’Asia 2014, 760–764.

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conquistando il primato (ἀπῆλθεν ἡ Σμύρνα τὰ πρωτεῖα νικῶσα) – Polemone era dunque tornato in vita, in soccorso della sua seconda patria.139 Non meraviglia il fatto che la difesa dei privilegi legati alla custodia dei due templi federali (di Tiberio e Adriano) fosse affidata proprio a colui che nel 124 aveva ottenuto la concessione del secondo di essi; Polemone apparteneva peraltro a una famiglia assai eminente in Asia Minore, che contava già qualche membro del Senato, ancor più dei Vedii di Efeso, e inoltre vantava sangue reale.140 Innanzi tutto potremmo pensare che il sofista, nella sua difesa dei diritti smirnei, avesse forse recuperato – ma si tratta qui di una semplice supposizione – un argomento già addotto dagli ambasciatori cittadini nel 26 (vd. supra, cap. V): nel lontano 195 a. C. (prima che l’egemonia romana prevalesse, in Asia Minore, su Antioco III di Siria) Smirne era stata la prima città a consacrare, coraggiosamente, un tempio alla dea Roma; non sappiamo tuttavia di quale statuto godesse tale tempio in epoca antonina (ma esso venne poi elevato al rango di tempio federale con la terza neokoria di Caracalla: vd. supra, cap. VI). Questo antico primato (cronologico) poteva tuttavia contribuire, insieme alle due più recenti neokoriai imperiali, a confortare la pretesa di un primato (gerarchico) di Smirne nei confronti di Efeso. Va anche ricordato come Polemone godesse di buone relazioni con Pergamo, dove frequentava il santuario di Asclepio, e questo legame potesse favorire un’intesa smirneo-pergamena. Se si accettasse la testimonianza filostratea, così come essa appare, dovremmo pensare che Smirne avesse allora strappato il primato alle sue due grandi rivali: questa conclusione andrà però respinta, se si tiene conto del fatto che la città non godeva allora del rango metropolitano, pre139 Philostr. VS 1.25.8 (pp. 539–540 Kayser): Κἀκεῖνα τῶν Πολέμωνι τιμὴν ἐχόντων ἤριζεν ἡ Σμύρνα ὑπὲρ τῶν ναῶν καὶ τῶν ἐπ’ αὐτοῖς δικαίων, ξύνδικον πεποιημένη τὸν Πολέμωνα ἐς τέρμα ἤδη τοῦ βίου ἥκοντα. ἐπεὶ δὲ ἐν ὁρμῇ τῆς ὑπὲρ τῶν δικαίων ἀποδημίας ἐτελεύτησεν, ἐγένετο μὲν ἐπ’ ἄλλοις ξυνδίκοις ἡ πόλις, πονηρῶς δὲ αὐτῶν ἐν τῷ βασιλείῳ δικαστηρίῳ διατιθεμένων τὸν λόγον βλέψας ὁ αὐτοκράτωρ ἐς τοὺς τῶν Σμυρναίων ξυνηγόρους «οὐ Πολέμων» εἶπεν «τουτουὶ τοῦ ἀγῶνος ξύνδικος ὑμῖν ἀπεδέδεικτο;» «ναί,» ἔφασαν «εἴ γε τὸν σοφιστὴν λέγεις.» καὶ ὁ αὐτοκράτωρ «ἴσως οὖν» ἔφη «καὶ λόγον τινὰ ξυνέγραψεν ὑπὲρ τῶν δικαίων, οἷα δὴ ἐπ’ ἐμοῦ τε ἀγωνιούμενος καὶ ὑπὲρ τηλικούτων.» «ἴσως,» ἔφασαν, ὦ βασιλεῦ, «οὐ μὴν ἡμῖν γε εἰδέναι.» καὶ ἔδωκεν ἀναβολὰς ὁ αὐτοκράτωρ τῇ δίκῃ, ἔστ’ ἂν διακομισθῇ ὁ λόγος, ἀναγνωσθέντος δὲ ἐν τῷ δικαστηρίῳ κατ’ αὐτὸν ἐψηφίσατο ὁ βασιλεύς, καὶ ἀπῆλθεν ἡ Σμύρνα τὰ πρωτεῖα νικῶσα καὶ τὸν Πολέμωνα αὐτοῖς ἀναβεβιωκέναι φάσκοντες. M. Antonius Polemon: vd. supra, n. 77. Sul ruolo dei syndikoi vd. Fournier, Les syndikoi 2007. La datazione approssimativa di nascita e morte di Polemone dipende essenzialmente dal dato sui 56 anni di vita (Philostr. VS 1.25.11) e dalla cronologia del consolato di M. Cornelius Fronto (PIR2, C 1364), suffetto nel 142 (luglio-agosto) anziché nel 143, come comunemente si era ritenuto: cfr. Eck, Die Fasti Consulares des Antoninus Pius 2013, 73. La lettera di Marco Aurelio a Frontone (Fronto, ad M. Caes. et inv. 2.5), in cui si narra la recente performance retorica di Polemone, fu inviata, tre giorni dopo, consuli amplissimo magistro suo: essa andrà pertanto datata all’estate 142 (agosto) e costituisce il terminus post quem per la morte del sofista. 140 Sulla famiglia di Polemone e i suoi legami con la dinastia regale degli Zenonidi, oltre alla bibliografia cit. supra, n. 77, vd. Ceylan, Ritti, L. Antonius Zenon 1987.

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rogativa necessaria perché essa fosse considerata una delle μέγισται πόλεις. Piuttosto si potrebbe ipotizzare che Smirne, pur non essendo metropolis d’Asia ma soltanto un capoluogo di conventus (e quindi una delle città «maggiori», non delle «grandissime»), fosse stata eccezionalmente equiparata, in virtù dell’antichità del culto consacrato a Roma (195 a. C.), alle megistai Efeso e Pergamo. Se si adottasse tale ricostruzione dello sviluppo delle contese asianiche nell’epoca di Antonino Pio, si potrebbe ritenere che il primato in seno al koinon d’Asia fosse passato dalla sola Pergamo (dal 29 a. C. agli anni 132–138 d. C.) alle due metropoleis, Pergamo ed Efeso (gli Efesini si proclamavano infatti protoi Asias nel 138), che lo avrebbero detenuto in maniera congiunta, e pochi anni più tardi alle «Tre Grandi», Pergamo Efeso e Smirne (c. a. 143–145), poste su un piano di parità. La salomonica inclusione di Smirne, promossa a pari merito tra le città che godevano del titolo di prote polis, avrebbe temporaneamente smorzato la contesa, pur senza risolverla a fondo. L’ipotesi secondo cui anche Smirne sarebbe stata riconosciuta come «prima città dell’Asia» (e ciò sarebbe avvenuto precisamente sotto Pio, quando morì Polemone), può trovare sufficiente riscontro, nonostante la perplessità della Heller, in quelle pur scarse attestazioni del titolo ἡ λαμπροτάτη καὶ πρώτη πόλεων τῆς Ἀσίας («la più illustre e prima tra le città d’Asia») che compaiono tra le iscrizioni di Smirne, secondo l’edizione di Georg Petzl (IvSmyrna 672, 814, 815, forse anche la frammentaria nr. 628: tali documenti risalgono all’epoca antonina e/o severiana).141 La questione del primato, forse sedata dalla promozione di Smirne, non si era comunque esaurita: tre lettere di Antonino Pio a proposito del già ricordato Vedius Antoninus Sabinianus, datate tra il 145 e il 150 e incise presso il bouleuterion di Efeso (IvEphesos 1491–1493), mostrano come il Bauherr, nonostante l’opposizione di alcuni notabili suoi rivali, portasse avanti un grandioso progetto urbanistico di monumentalizzazione della città, avallato e cofinanziato dallo stesso imperatore. La prima lettera (nr. 1491, a. 145), inviata agli organismi civici di Efeso, elogiava gli sforzi di Vedius per rendere la città ancor più maestosa (semnotera); la terza (nr. 1493, a. 150), indirizzata al koinon d’Asia, celebrava espressamente l’evergetismo civico di Vedius, che aveva accresciuto la bellezza della città e al contempo l’ornamento dell’Asia. Come è noto, egli donò alla città le terme-ginnasio presso il Koressos (il Ginnasio cd. di Vedius, c. a. 146–147 o 160–161) e il bouleuterion dell’Agorà Civile (c. a. 148–150).142 141 In particolare IvSmyrna 672 (in cui la città risulta essere due volte neokoros) è databile c. a. 124–215, mentre i due miliari IvSmyrna 814 e 815 possono collocarsi più precisamente nell’anno proconsolare 201/202 grazie alla menzione del proconsole Q. Hedius Rufus Lollianus Gentianus: PIR2, H 42; LP 26.166. L’eccessiva cautela della Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 328–329 riguardo all’edizione Petzl pare derivare, in via pregiudiziale, dallo scetticismo della studiosa sul fatto che anche Smirne potesse aver ricevuto il titolo di prote polis. 142 Tre lettere di Antonino Pio su P. Vedius Antoninus Sabinianus: IvEphesos 1491 (a. 145), 1492 (a. 150), 1493 (a. 150); Oliver, Greek Constitutions 1989, 300–306, nrr. 138–140; PH247905– 247907. M. Claudius P. Vedius Antoninus Phaidros Sabinianus: PIR2, V 317; Campanile, I

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Gli effetti di tale sontuoso investimento edilizio paiono trovare riscontro, circa un quindicennio più tardi, in un importante documento efesino: durante il proconsolato di C. Popillius Carus Pedo (c. a. 162–164), il Consiglio e il Popolo di Efeso votarono un decreto che rendeva sacro l’intero mese di Artemisione, dedicato alla dea patrona. Nel prescritto di tale decreto, riportato da un dossier epigrafico relativo all’agonoteta T. Aelius Marcianus Priscus (IvEphesos 24), compare per la prima volta una titolatura civica che sarebbe divenuta tipica tra l’epoca antonina e quella severiana: «la prima e grandissima metropolis d’Asia e due volte neokoros degli Augusti e philosebastos» (testo B, ll. 1–4: [ἔδ]οξεν τῆς πρώτης καὶ με[γίστης] | [μητρ]οπόλεως τῆς Ἀσίας καὶ δὶς νεωκ¢[όρου τῶν] | [Σεβα]σ¢τῶν καὶ φιλοσεβάστου Ἐφε¢[σίων πόλεως] | [τῇ βο]υλῇ καὶ τῷ δήμῳ κτλ.). La formula di «prima e grandissima metropolis d’Asia» – si preferisce qui tradurre μεγίστη come «grandissima» anziché «la più grande», in quanto preciso riferimento tecnico-giuridico alla categoria delle μέγισται πόλεις – riecheggiava significativamente il titolo già sfoggiato dagli Efesini nel 138 (πρῶτοι τῆς Ἀσίας), ma aggiungeva due elementi caratterizzanti alla condizione di prote, ovvero il rango di metropolis e la dimensione gerarchica di megiste. Tale complessa costruzione di titoli (assemblati per accumulo e intreccio) sembra voler esprimere un primato di Efeso (città prote e metropolis d’Asia, appartenente alla cerchia elitaria delle megistai poleis) all’interno del koinon, pur senza dichiararlo ufficialmente in termini chiari e incisivi (come era avvenuto nel 138).143 Questa titolatura, così superba nella sua magniloquente grandeur, era forse il frutto dell’ambizione urbanistica e politica del principale magnate ed evergete efesino, il senatore Vedius Antoninus Sabinianus, il quale – si noti bene – venne pubblicamente elogiato (IvEphesos 728), in epoca marciana, per aver compiuto numerosissime benemerenze verso la patria, tra cui quella di «essere stato ambasciatore presso il Senato e gli imperatori riguardo a questioni di grandissima importanza ed essere sempre risultato vincitore» (ll. 18–21: πρεσβεύσαντα πρός τε τὴν | σύγκλητον καὶ τοὺς αὐτο|κράτορας περὶ τῶν μεγίστων | καὶ ἀεὶ νικήσαντα, κτλ.). Ci si potrebbe

sommi sacerdoti 1994a, 113–116, nr. 115c; cfr. Campanile, Contese civiche 1992, 217–222; Kokkinia, Letters of Roman Authorities 2003. M. Claudius Sabinus e suo figlio M. Claudius Phaidros erano stati adottati (dopo il 128) da P. Vedius Antoninus, assumendo rispettivamente l’onomastica di M. Claudius P. Vedius Antoninus Sabinus e M. Claudius P. Vedius Antoninus Phaidros Sabinianus: il nonno (adottivo) e il padre di Sabinianus erano membri dell’ordine equestre; tutti e tre ricoprirono importanti magistrature civiche a Efeso nonché il sommo sacerdozio d’Asia. Opere finanziate da Vedius Antoninus Sabinianus (der Bauherr) a Efeso: Barresi, Province dell’Asia Minore 2003, 385–391. Per una nuova datazione del completamento del Ginnasio di Vedius (c. a. 160–161) vd. ora Taeuber, Ein Kaiserbrief des Antoninus Pius 2015. 143 Dossier di T. Aelius Marcianus Priscus (editto del proconsole d’Asia C. Popillius Carus Pedo, c. a. 162/163 o 163/164; decreto civico di Efeso sul mese Artemisione; iscrizione onoraria per l’agonoteta Priscus): IvEphesos 24A-C; PH247943 (A), PH247870 (B), PH248804 (C). C. Popillius Carus Pedo: PIR2, P 838; LP 26.146.

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peraltro chiedere se il riferimento περὶ τῶν μεγίστων non volesse alludere all’inclusione ufficiale di Efeso tra le megistai poleis d’Asia.144 Nel medesimo periodo il peso politico di Efeso si sarebbe notevolmente accresciuto in virtù di un particolare legame con Lucio Vero: l’imperatore, personalmente impegnato nella campagna parthica (c. a. 162–166), soggiornò infatti nella capitale provinciale d’Asia, insieme alle truppe, in occasione dei viaggi sia di andata (estate 162), sia di ritorno dall’Oriente (estate 166), ricevendo la sontuosa accoglienza del clan dei Vedii, in particolare di Vedius Antoninus Sabinianus e del suo genero, il sofista T. Flavius Damianos, marito di Vedia Phaedrina. Peraltro nel 164, su insistente pressione di Marco Aurelio, Lucio dovette rompere la sua relazione con la bellissima maîtresse Panthea di Smirne e lasciare Antiochia di Syria per tornare a Efeso e celebrarvi il matrimonio con Lucilla Augusta, figlia di Marco e Faustina Minore – anche la «storia sentimentale» di Lucio, oscillante tra due donne, potrebbe leggersi, almeno in parte, nella prospettiva politica della competizione tra le città asianiche. Non sembrerà allora un caso che, proprio sotto Lucio Vero, le emissioni monetali efesine fossero tornate a esibire il titolo di «primi dell’Asia» (BMC Ionia 247: ΕΦΕCΙΩΝ ΔΙC ΝΕΩΚΟ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC), già comparso nella serie congiunta con Pergamo per il koinon di Ionia, e che una lettera dello stesso imperatore alla città (SEG 34, 1089, databile c. a. 167–169), purtroppo assai frammentaria, menzionasse la «contesa» (l. 7: [- - -]ου φιλονεικία τ[- - -]), forse quella allora in atto tra le città-rivali.145 Negli anni di Marco Aurelio e Lucio Vero (161–169) la contesa tra le «Tre Grandi», equiparate da Antonino Pio come protai poleis d’Asia (al pari di Nicea e Nicomedia in Bithynia), era dunque ancora aperta e accesissima: due celebri orazioni di Aelius Aristides possono essere richiamate per illuminare tali dinamiche. Come ha recentemente osservato Kostas Buraselis, nel Panegirico a Cizico per il tempio (or. 27, prob. settembre del 166), dedicato alla celebrazione del capoluogo ellespontino e soprattutto dell’armonico governo congiunto dei due imperatori-fratelli quale supremo paradigma di ὁμόνοια, si intravedeva già, in filigrana, un’incrinatura nell’apparente coesione tra le città asianiche (or. 27.40–46), radunate a Cizico per i solenni festeggiamenti del tempio federale del culto imperiale, finalmente portato a termine dopo lunghi restauri (vd. supra, cap. V).146 144 I commercianti di generi alimentari di Efeso onorano P. Vedius Antoninus (Sabinianus), figlio di P. Vedius Antoninus (Sabinus) (c. a. 166–180): IvEphesos 728; PH249108. Alle ll. 10–12 si ricorda che anche il padre Sabinus era stato ambasciatore presso il Senato e gli imperatori. 145 P. Vedius Antoninus Sabinianus: vd. supra, n. 142. Vedia Phaedrina: PIR2, V 327. T. Flavius Damianos di Efeso: PIR2, F 253; Puech, Orateurs et sophistes 2002, 190–200; PGRS 245. Panthea di Smirne: PIR2, P 94. Lucio Vero tra Panthea e Lucilla, tra Antiochia ed Efeso: Birley, Marcus Aurelius 1987, 129–131. Monete degli Efesini «primi dell’Asia» sotto Lucio Vero (c. a. 161–169): BMC Ionia 247; cfr. Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 324, n. 140. Lettera di Lucio Vero a Efeso (c. a. 167–169): SEG 34, 1089; PH247909. 146 Sulla competizione tra le città asianiche nell’or. 27 di Aristide vd. Buraselis, Arroganza e servilismo 2013, 93–100; Bowie, I discorsi civici 2013, 83–85; più in generale sull’or. 27 cfr.

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Poco tempo dopo, l’orazione Alle città sulla concordia (Περὶ ὁμονοίας ταῖς πόλεσιν, or. 23), tenuta a Pergamo in occasione di un’assemblea del koinon d’Asia (nel 167 o, al limite, nel 168, forse all’inizio di gennaio), testimoniava del clima di aperta tensione tra le acerrime rivali, Pergamo, Smirne, Efeso, che concorrevano aspramente per il primato (or. 23.12: … τὰς πόλεις … τὰς περὶ τοῦ πρωτείου νῦν ἁμιλλωμένας καὶ παρ’ὧν ἡ πλείστη τῆς ἔριδος ἀρχὴ συμβαίνει; 23.27: … ταῖς πόλεσι ταῖς τοῦ πρωτείου ἀντιποιουμέναις). I poli tra cui oscilla il discorso aristideo sono dunque l’auspicata concordia (ὁμόνοια) e la più realistica contesa (ἔρις, φιλονικία), che produceva un feroce scontro intestino (στάσις), peggiore della stessa guerra (πόλεμος).147 Alla concordia avrebbero dovuto ispirarsi le tre città preminenti (23.53: πόλεσι προεστώσαις), cui spettava una sorta di prerogativa (probouleuein) nelle deliberazioni del koinon (23.34: … τὰς πόλεις αἷς τὸ προβουλεύειν ἀνακείται): esse avevano infatti una maggiore autorità rispetto alle altre città, al pari dei generali nei confronti dei propri soldati (23.34).148 «Se infatti le città contendono per il primato, ciò non rende migliore lo scontro» (23.32: οὐ γὰρ εἰ τοῦ πρωτεύειν ἀντιποιούνται, τοῦτο βελτίω τι τὴν στάσιν ποιεῖ). Al contrario, Smirnei, Efesini e Pergameni si combattevano violentemente con cieca ambizione (23.60: στασιάζετε καὶ φιλονεικεῖτε καὶ ταράττεσθε καὶ τετύφωσθε): tale contesa verteva in modo particolare sui templi e sugli agoni «comuni» ed esplodeva durante le assemblee federali (23.66: κοινὰ τὰ βουλευτήρια), ossia nelle sedi ufficiali di dibattito e confronto tra le città del koinon.149 Heinze, Festrede in Kyzikos 1995; Quet, Éloge par Aelius Aristide 2002. P. Aelius Aristides Theodoros di Hadrianoi: PIR2, A 145; Puech, Orateurs et sophistes 2002, 138–145; PGRS 153; cfr. Boulanger, Aelius Aristide 1923; Nicosia, Elio Aristide 1979; Behr, Studies on the Biography 1994; Cortés Copete, Elio Aristide 1995; Franco, Elio Aristide e Smirne 2005; si vedano anche i saggi raccolti in Harris, Holmes, Aelius Aristides 2008; Desideri, Fontanella, Elio Aristide 2013. 147 Sull’or. 23 di Aristide vd. Merkelbach, Der Rangstreit 1978, 292–296; Buraselis, Arroganza e servilismo 2013, 100–115; Bowie, I discorsi civici 2013, 81–83; Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 332–338. 148 Aristid. or. 23.34 Keil: οἶμαι δ’ ὥσπερ τοὺς στρατηγοὺς πᾶς τις ἂν ἀξιώσειε μάλιστα μὲν βελτίους εἶναι τῶν στρατιωτῶν, πάντως δὲ μὴ χείρους, οὕτω καὶ τὰς πόλεις αἷς τὸ προβουλεύειν ἀνάκειται μὴ χεῖρον τῶν φαυλοτέρων καὶ τῶν πολλῶν φρονεῖν. ὥσπερ τοίνυν εὐταξία καὶ κόσμος οὐ τοῖς μὲν στρατιώταις ἐπιτήδειον, στρατηγοῖς δὲ ἄτιμον οὐδὲ ἄχρηστον ὑπάρχει, ἀλλ’ εἴπερ οἱ πολλοὶ παρέξουσιν ἑαυτοὺς ἐν τῷ τεταγμένῳ, δεῖ τοὺς ἡγουμένους αὐτοῦ τούτου πρῶτον αὐτὸ ἡγεῖσθαι, ὡς ἐκεῖνό γε ἀμήχανον, στρατηγῶν στασιαζόντων καὶ τεταραγμένων πρὸς ἀλλήλους στράτευμα μιᾶς γνώμης γενέσθαι, οὕτω καὶ τῶν πόλεων χρὴ νομίζειν μάλιστα προσήκειν σωφρονεῖν αἵτινες ἀντὶ τοῦ κοινοῦ σχήματός εἰσιν ἅπασι τοῖς ἐν τῷ γένει. Or. 23.53 Keil: Οὕτω καὶ ἔθνει κοινῇ καὶ πόλεσι ταῖς προεστώσαις καὶ καθ’ ἑαυτὴν ἑκάστῃ πόλει μεγάλων ἀγαθῶν ἡ πρὸς ἀλλήλους φιλία καὶ ὁμόνοια, καὶ τοὐναντίον ἡ στάσις κακῶν τῶν ἐσχάτων αἰτία πέφυκε γίγνεσθαι. 149 Aristid. or. 23.60 Keil: ὑμεῖς δὲ, ὦ ἄνδρες Ἴωνες, καὶ ὑμεῖς, ὦ ἄνδρες εἴτε αὐτόχθονες εἴτε Ἀρκάδες, χαίρετε ἀκούοντες, εἴ τις ἔροιθ’ ὑμᾶς ἀντὶ τοῦ στασιάζετε καὶ φιλονεικεῖτε καὶ ταράττεσθε καὶ τετύφωσθε, τί πρὸς θεῶν ἀποκρινεῖσθε; Or. 23.65 Keil: θαυμάζω δ’ ὅτι σεμνύνεσθε μὲν οὐχ ἥκιστα τοῖς ναοῖς καὶ τοῖς ἀγῶσιν, οὓς κοινοὺς νομίζετε, ὑπὲρ δὲ αὐτῶν τούτων διεστήκατε. καίτοι

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Questa orazione di Aristide rappresenta, insieme ai discorsi dionei, il testo-chiave per la comprensione del primato e delle sue implicazioni, fattuali e ideologiche: come Dione, il sofista tornava a proporre l’immagine del sogno e dell’ombra (23.63: ὀνειρώττομεν καὶ περὶ τῆς σκιᾶς μαχόμεθα), emblematica della vanità della contesa; soprattutto richiamava severamente i suoi uditori, specialmente i delegati delle «Tre Grandi», alla consapevolezza che una sola città, davvero la prima e la più grande (μία μὲν πόλις ἡ πρώτη καὶ μεγίστη), teneva sotto controllo tutta la terra, mentre un unico casato governava ogni cosa e, ogni anno, inviava i governatori alla provincia d’Asia (23.62). Aristide alludeva qui chiaramente ai titoli di prote e megiste, intorno ai quali si accendeva l’effimera rivalità tra Pergamo Efeso (protai e megistai) e Smirne (prote ma non megiste), e ammoniva, con un’amarezza disincantata, che il reale primato e la vera grandezza spettavano ormai a Roma e alla dinastia degli Antonini.150 Se Merkelbach, richiamandosi ai sopra ricordati passi dionei (or. 38), ha ritenuto che tale primato coincidesse col titolo onorifico di πρώτη τῆς Ἀσίας e consistesse sostanzialmente nel diritto di precedenza (propompeia: or. 38.38) durante la processione festiva (pompe) del culto imperiale – un privilegio del tutto vano, secondo Dione –, la Heller ha proposto invece di intendere, in maniera più ampia e complessa, il concetto di primato (τὸ πρωτεῖον / τὸ πρωτεύειν) nel senso di una molteplicità di privilegi di primato (τὰ πρωτεῖα): in questa pluralità sarebbero rientrati sia il titolo di prote, sia la propompeia, come pure varie altre prerogative. Questa seconda interpretazione sembra persuasiva e ha il vantaggio di aprire l’analisi storica a una varietà di primati, con un passaggio concettuale dal singolare (to proteion) al plurale (ta proteia) che riflette un’oscillazione semantica già presente nelle stesse fonti documentarie (specialmente in quelle epigrafiche: vd. infra, cap. VIII).151 Coerentemente con questa «prospettiva plurale», si suggerisce qui che il primato di una città in seno al koinon (primato che, all’epoca di Aristide, era condiviso – malvolentieri – dalle «Tre Grandi», ma che in altri periodi storici era già stato o sarebbe divenuto monopolio di una sola città) implicasse, tra le varie prerogative, non solo la propompeia, ma anche il privilegio di accogliere ufficialmente il proconsole entrante in Asia (un privilegio che sarebbe stato confermato da Caracalla col rescritto ὅταν οἷς ὡς κοινοῖς ἀγάλλεσθε, ὑπὲρ τούτων ἐρίζητε, ὑπὲρ τοῦ λοιπὸν ταὐτὰ φρονήσετε; Or. 23.66 Keil: Ὑμεῖς τοίνυν ὥσπερ ἐλέγχους ταύτας κατὰ τῆς στάσεως τὰς ἐπωνυμίας ποιούμενοι κοινὰ μὲν τὰ βουλευτήρια, κοινοὺς δὲ τοὺς νεὼς καὶ τοὺς ἀγῶνας, κοινὰ δὲ πάνθ’ ὡς εἰπεῖν τὰ μέγιστα προσειρήκατε. καίτοι πῶς οὐκ ἀνάγκη θάτερα ἁμαρτάνειν; εἰ μὲν γὰρ ὀρθῶς ἐπὶ τούτοις φιλοτιμεῖσθε κοινοῖς οὖσι, πῶς οὐκ αἰσχύνεσθαι χρὴ διὰ ταῦτ’ ἐρίζοντας; 150 Aristid. or. 23.62 Keil: ἀλλὰ μὴν τά γε νυνὶ πράγματα καὶ τὸν καθεστηκότα ἀγαθῇ τύχῃ θεσμὸν τίς οὕτω παῖς ἐστιν ἢ πρεσβύτης ἔξω τοῦ φρονεῖν, ὅστις οὐκ οἶδεν ὡς μία μὲν πόλις ἡ πρώτη καὶ μεγίστη πᾶσαν ὑφ’ αὑτῇ τὴν γῆν ἔχει, εἷς δ’ οἶκος ἅπαντα ἐξηγεῖται, ἡγεμόνες δ’ ἡμῖν ἐκ νόμου φοιτῶσι καθ’ ἕκαστον ἔτος, τούτοις δ’ ἅπαντα ἐπιτέτραπται καὶ μείζω καὶ ἐλάττω πράττειν, ὅπη ποτ’ ἂν αὐτοῖς δοκῇ βέλτιστον εἶναι; 151 Vd. supra, n. 141.

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ad desideria Asianorum), nonché due privilegi eminentemente «politici» in senso federale: una prerogativa deliberativa (τὸ προβουλεύειν), cui pure alludeva Aristide (or. 23.34), e la prohedria, di cui tratta la lettera del dignitario di epoca tetrarchica (IvEphesos 217) e forse anche il rescritto di Caracalla all’Asia (IvEphesos 212.C: vd. supra, cap. II). * Nell’epoca marciano-commodiana la situazione sembrerebbe essersi temporaneamente assestata, ma sotto i Severi emergono nuovamente segnali di una recrudescenza della contesa (per l’evoluzione dei titoli civici in questi anni vd. supra, capp. IV–V): sotto Severo (BMC Ionia 261) e Geta (BMC Ionia 291) le emissioni monetali di Efeso registrano il titolo di «primi dell’Asia» (ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC), ma sotto Caracalla le emissioni di Pergamo mostrano la città come «la prima dell’Asia e metropolis per prima e tre volte neokoros per prima degli Augusti» (BMC Mysia Pergamum 318: Η ΠΡΩΤΗ ΤΗC ΑCΙΑC ΚΑΙ ΜΗΤΡΟΠΟΛΙC ΠΡΩΤΗ ΚΑΙ ΤΡΙC ΝΕΩΚΟΡΟC ΠΡΩΤΗ ΤΩΝ CΕΒΑCΤΩΝ ΠΕΡΓΑΜΗΝΩΝ ΠΟΛΙC). Sotto lo stesso imperatore gli Smirnei, subito dopo aver ottenuto la terza neokoria e il rango metropolitano (215), iniziavano a battere monete con la titolatura di «primi dell’Asia, tre volte neokoroi degli Augusti» (BMC Ionia Smyrna 403: CΜΥΡΝΑΙΩΝ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC Γ ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΤΩΝ CΕΒ, sotto lo stratego Aurelius Charidemos: vd. supra, cap. VI) e proseguivano con quella ampliata di «primi dell’Asia, tre volte neokoroi degli Augusti, per bellezza e grandezza» (BMC Ionia Smyrna 404: CΜΥΡΝΑΙΩΝ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC Γ ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΤΩΝ CΕΒΑCΤΩΝ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC ΚΑΛΛΕΙ ΚΑΙ ΜΕΓΕΘΙ, sotto lo stratego Tiberius Claudius Kretarios). Non si tratterebbe di un meditato stravolgimento del significato giuridico del primato, come ha inteso la Heller, ma dell’aggiunta di uno specifico criterio esplicativo, di carattere sia estetico-culturale (la bellezza delle Muse, per la cui celebrazione ideologica nell’epoca di Filostrato, tra i Severi e i Gordiani, vd. supra, cap. VI) sia gerarchico (la grandezza, indice della recente promozione alla cerchia delle megistai poleis, vd. supra), al primato di Smirne, già attestato su basi prettamente giuridiche.152 Al contempo gli Efesini giunsero all’iperbole di proclamarsi «i primi in tutto» (IvEphesos 625, ll. 7–9: … ὁ ἱερώτατος | τῶν πάντα πρώτων | Ἐφεσίων δῆμος, c. a. 215– 217: vd. supra, cap. IV); infine, sotto Macrino, dopo il declassamento delle città rivali, tornarono a dichiararsi «primi dell’Asia» (BMC Ionia 293: ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC) e persino i «soli primi dell’Asia» (Paris 865: ΜΟΝΩΝ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC). Era un susseguirsi di colpi di scena: l’ira di Macrino aveva determinato la rovina di Pergamo (e forse di Smirne), poi Elagabalo offriva a Efeso il privilegio eccelso di una quarta 152 Non paiono convincenti le ipotesi della Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 329–331 sulla presunta perdita del titolo di prote polis da parte di Smirne in epoca severiana.

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neokoria (terza degli Augusti) e il primato indiscusso, esemplificato dalla legenda «i primi dell’Asia, quattro volte neokoroi» (BMC Ionia 305: ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC Δ ΝΕΩΚ ΕΦΕCΙΩΝ). Efeso riuscì dunque per pochi anni a detenere il primato (c. a. 214–222, di cui 214–217 in stretta competizione con Pergamo e Smirne e 217–222 senza rivali), difendendolo dalle rinnovate pretese delle sue avversarie, specialmente di Smirne. Ancora al principio del regno di Severo Alessandro gli Efesini potevano vantarsi di essere addirittura i «soli primi dell’Asia» (BMC Ionia 319: ΜΟΝΩΝ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC).153 Sotto Alessandro però, quando la quarta neokoria di Efeso venne revocata (222), Smirne riuscì a conquistare la posizione di preminenza e poi mantenne il primato per un lungo trentennio (c. a. 222–255: vd. supra, cap. V), finché Efeso tornò alla guida della federazione – questa volta in maniera definitiva – grazie alle nuove concessioni di Valeriano e Gallieno (c. a. 255–258: vd. supra, cap. IV). Il successo della sua «scalata al vertice» risulta confermato dall’immagine di Efeso quale «madre dell’Asia», proposta dal dossier epigrafico di Perge (c. a. 275–276: vd. supra, cap. V), e dal suo ruolo di riconosciuta eminenza in epoca dioclezianea (vd. infra, cap. IX). cronologia

città

documenti

titolatura

29 a. C.– 138 d. C.

Pergamo

supra, cap. V

138

Efeso

IvEphesos 21

τῶν πρώτων τῆς Ἀσίας καὶ δὶς νεωκόρων καὶ φιλοσεβάστων Ἐφεσίων

c. a. 138–140?

Pergamo

IvPergamon III, 34

τῆς μητροπόλεως τῆς Ἀσίας καὶ δὶς νεωκόρου πρώτης; cfr. Hermokrates προαγωνισάμενον τῆς πόλεως περὶ τῶν πρωτείων

sotto Pio

Efeso e Pergamo

emissioni del koinon di Ionia

ΑCΙΑC ΠΡOΤΩΝ ΕΦΕCΙΩΝ ΠΕΡΓΑΜΗΝΩΝ

c. a. 143–145

Smirne (sullo stesso piano di Efeso e Pergamo)

Philostr. VS 1.25.8

cfr. ἡ Σμύρνα τὰ πρωτεῖα νικῶσα

c. a. 161–169

Efeso

BMC Ionia 247

ΕΦΕCΙΩΝ ΔΙC ΝΕΩΚΟ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC

c. a. 162–164

Efeso

IvEphesos 24

ἡ πρώτη καὶ μεγίστη μητρόπολις τῆς Ἀσίας

c. a. 167

le «Tre Grandi» in competizione su piano paritario

Aristid. or. 23

23.12: τὰς πόλεις … τὰς περὶ τοῦ πρωτείου νῦν ἁμιλλωμένας; 23.27: ταῖς πόλεσι ταῖς τοῦ πρωτείου ἀντιποιουμέναις

153 Su queste oscillazioni delle titolature civiche, registrate soprattutto dalla documentazione numismatica, vd. Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 324–331.

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cronologia

città

documenti

titolatura

c. a. 200–214

Efeso cerca di superare le rivali

supra, capp. IV e VI

c. a. 214–217

le «Tre Grandi» tre volte neokoroi

supra, capp. IV e VI

c. a. 217–218

Efeso

Paris 865

ΜΟΝΩΝ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC

c. a. 218–222

Efeso

BMC Ionia 305

ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC Δ ΝΕΩΚ ΕΦΕCΙΩΝ

c. a. 222

Efeso

BMC Ionia 319

ΜΟΝΩΝ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC

c. a. 222–255

Smirne

Paris 2725 etc.

CΜΥΡΝΑΙΩΝ Γ ΝΕΩΚΟΡΩΝ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC

c. a. 255–258, fino a fine III sec. (293/294)

Efeso

BMC Ionia

367: ΕΦΕCΙΩΝ ΠΡΩΤΩΝ ΑCΙΑC; 383: ΕΦΕCΙΩΝ ΜΟΝΩΝ Δ ΝΕΩΚΟΡΩΝ

* Gli anni di Severo e Caracalla (c. a. 200–217) costituiscono pertanto il periodo di scontro più duro e dinamico tra le «Tre Grandi», ingegnatesi nella ricerca delle più scaltre soluzioni diplomatiche: erano gli anni decisivi in cui Efeso cercava di guadagnare il riconoscimento sia della neokoria di Artemide, inizialmente senza successo (sotto Severo, c. a. 206–211), sia di una terza neokoria degli Augusti, e otteneva infine una duplice concessione (effimera) da Geta (211: vd. supra, cap. IV). In seguito, dopo la rescissio degli atti del fratello, Caracalla, sollecitato dal koinon d’Asia (l’imperatore era in visita in provincia nell’estate-autunno 214), accettava di conferire (o meglio, restituire), pur con riluttanza, una terza neokoria a Efeso, ma decideva infine, con un sensibile ripensamento, di consacrarla ad Artemide (autunno 214). Di lì a poco gratificava sia Pergamo (autunno 214) che Smirne (prima metà del 215) di una terza neokoria imperiale (degli Augusti, non di una divinità locale), e concedeva a Smirne anche l’ambitissimo rango metropolitano (vd. supra, cap. VI), che la innalzava finalmente nell’Olimpo delle «grandissime città» d’Asia, al pari di Pergamo ed Efeso. Al contempo Caracalla emetteva però il secondo, importante rescritto al koinon d’Asia (trasmesso da Ulpiano, allora probabilmente segretario a libellis: vd. supra, cap. II), con il quale confermava il privilegio efesino di accogliere il proconsole (c. a. 215–217, prob. 216), minacciato dalla nuova metropolis Smirne. Macrino interveniva poi a sovvertire la situazione, cancellando d’autorità molti privilegi cittadini e penalizzando gravemente le rivali di Efeso. Altri rivolgimenti sarebbero infine seguiti tra l’epoca di Elagabalo (apogeo del primato efesino in epoca severiana), Severo Alessandro (inizio del predominio trentennale di Smirne) e Valeriano e Gallieno (ritorno definitivo di Efeso al vertice del koinon d’Asia). In quegli anni (c. a. 200–217), contrassegnati dai continui avvicendamenti nella corsa per il primato, come riuscì Efeso a difendere i propri privilegi e prevalere

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sulle concorrenti? Alcune risposte sono fornite da un’eccezionale iscrizione efesina (IvEphesos 802).

Risultati Come premessa generale si è accolta l’acuta intuizione di Anna Heller, fondata sull’analisi dei testi-guida in tema di primato tra città concorrenti (in primis Dione Crisostomo ed Aelius Aristides): il concetto di «primato» (τὸ πρωτεῖον, τὰ πρωτεῖα) va distinto dal titolo di «prima città» della provincia (ἡ πρώτη τῆς ἐπαρχείας), che, pur costituendone un importante elemento segnaletico, non ne esaurisce, di per sé, l’intero ventaglio di implicazioni; il primato va piuttosto inteso, in termini più complessi, come una posizione di preminenza, ufficialmente riconosciuta dallo stesso koinon, dalla quale deriva una pluralità di privilegi. Tra questi figura certamente la propompeia (il diritto di precedenza nelle grandi processioni festive), ma anche la prohedria e il probouleuein (la presidenza delle assemblee federali e la prerogativa di sottoporre mozioni al voto dell’assemblea: cfr. infra, cap. IX) e ancora altri (compreso il privilegio di accogliere il proconsole entrante in provincia: cfr. supra, cap. II). A partire da tale assunto, si sono individuati due elementi determinanti per il riconoscimento del primato, ovvero la neokoria e il rango di metropolis d’Asia, e si è proposto di individuare varie fasi nella strutturazione e variazione di posizioni di predominio all’interno del koinon d’Asia, specialmente dall’epoca adrianea (quando venne introdotto il rango metropolitano) in poi: a) una lunga fase preliminare di primato pergameno (29 a. C. – 138 d. C.), culminante nel periodo in cui Pergamo fu l’unica città asianica due volte neokoros (c. a. 113/114–124); nella seconda parte del regno adrianeo (c. a. 124–138) la moltiplicazione delle neokoriai (Cizico I, Sardi II, Smirne II, Laodicea I, Efeso II) e l’introduzione del rango di metropolis (Pergamo ed Efeso) contribuirono a ridinamizzare la situazione, mettendo in discussione la supremazia pergamena. b) una fase di aspra competizione tra le due metropoleis Pergamo ed Efeso (c. a. 138–140), cui si aggiunse Smirne (c. a. 140–144): Antonino Pio sarebbe intervenuto a più riprese, dapprima (138) esortando le città del koinon d’Asia alla concordia (homonoia: cfr. Aristid. or. 23.73), quindi tentando di dirimere un’eclatante contesa, insorta tra Efeso e Smirne in sede di koinon (cfr. IvEphesos 1489–1490). A questa fase (c. a. 138–140?) si è proposto di ascrivere, sulla scia di alcuni studiosi (Puech, Jones), l’attività del focese L. Flavius Hermokrates (il philosophos, non l’omonimo sofista, suo nipote) in difesa del primato di Pergamo. Infine Smirne sarebbe riuscita, grazie al prestigio del suo defunto difensore Polemone (c. a. 145), a farsi equiparare alle due rivali: in tal modo si sarebbe costituito il «triangolo rivale» (Heller) delle «Tre Grandi», tempora-

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c)

d)

e)

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neamente poste sullo stesso piano, secondo un’ottica, quanto mai precaria, di «primato condiviso». la competizione triadica si sarebbe protratta ulteriormente tra l’epoca antonina e quella marciana (c. a. 145–167): Efeso avrebbe consolidato la propria posizione grazie all’influenza politica di un suo magnate, il senatore Vedius Antoninus der Bauherr, apprezzato da Antonino Pio (c. a. 145–150), e ai successivi legami tra il clan dei Vedii e Lucio Vero al tempo della guerra parthica (162–166). Parallelamente Pio avrebbe predisposto un importante riordino giuridico-amministrativo della provincia Asia che vide l’istituzione di tre nuovi conventus (c. a. 150–151), attribuiti a Philadelphia, Aizani e Hierapolis: agli stessi anni sembrerebbe potersi datare la lettera imperiale al koinon d’Asia (trasmessa da Modestino: D. 27.16.2 e 7–8) che stabiliva una gerarchia relativa di tre categorie di città (le «grandissime», ossia le metropoleis; le «maggiori», i capoluoghi di conventus; le «minori», tutte le altre). Il manifesto più espressivo del clima di alta tensione tra le «Tre Grandi», concorrenti περὶ τοῦ πρωτείου, è rappresentato dall’orazione di Aristide Sulla concordia (or. 23), databile al 167. una fase di relativa rarefazione della documentazione disponibile, relativamente all’epoca marciano-commodiana (c. a. 167–192), per la quale si può comunque presupporre una situazione ancor fluida, non strutturata, di competizione, più o meno latente, tra le «Tre Grandi», solo temporaneamente parificate dal punto di vista del prestigio. una più aspra ripresa della contesa nella prima epoca severiana (c. a. 193–211), contrassegnata dai reiterati tentativi, frustrati, di Efeso di farsi riconoscere una speciale neokoria per Artemide, quale strumento di prevalenza sulle città rivali. per gli ulteriori sviluppi dell’epoca severiana (c. a. 211–235) e di quella successiva sino a Diocleziano si vedano i Risultati del cap. VI.

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VII. Πρώτη τῆς ἐπαρχείας e τὰ πρωτεῖα: titoli e privilegi del primato provinciale

Appendice Contese per il primato tra Alto Impero e Tarda Antichità: paleografia, contenuti e datazione di IvLaodikeia 10 A margine di un capitolo dedicato alla contesa tra le città asianiche per il primato (περὶ τῶν πρωτείων) sembra necessario riservare alcune osservazioni preliminari a un’iscrizione notevole, per quanto frammentaria (si conserva il solo lato inferiore della lastra marmorea: alt. max. 43 × larg. max. 72 × spess. 30 cm; lettere di alt. 2–3 cm), ritrovata presso le rovine di Laodicea al Lykos e pubblicata da Walter Judeich (1890), quindi discussa da studiosi ed epigrafisti insigni. Se ne danno qui due immagini (apografo e calco: figg. 6–7), seguite dal testo secondo l’edizione recente di Thomas Corsten (IvLaodikeia 10):154

Fig. 6. Iscrizione tardoantica di Laodicea (apografo di J. G. C. Anderson, da IvLaodikeia I, 10, p. 42).

154 Lettera di un imperatore o governatore sulla contesa per il primato: Ramsay, Cities and Bishoprics I.2 1897, 543, nr. 410 (da W. Judeich); MAMA VI, 6 (Plate 3, con foto del calco); Robert, Inscriptions 1969, 287–288; IvLaodikeia I, 10 (con disegno di J. G. C. Anderson); PH271994; cfr. Mazzarino, Laodicea 1946, 377. Le considerazioni paleografiche qui formulate dipendono dall’apografo e dal calco già pubblicati (figg. 6–7): non è stato infatti possibile rintracciare la pietra presso lo scavo odierno di Laodicea per effettuare un controllo autoptico.

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Fig. 7. Iscrizione tardoantica di Laodicea (calco da MAMA VI, Plate 3, nr. 6).

-----[- - πρ]ο¢σ¢π¢οιουμεν[- - -] [- - -] εἰ δέ τινές εἰσιν καινῇ δόξῃ τρέφ¢[οντες ? - - -] [- - -] τούτους ὡς χρὴ περὶ πρωτίων τ[- - -] [- - -]εσθαι, καταλυέτωσαν τὴν ἀμφισβήτη[σιν, μὴ τοῦ νείκους ?] 5 [? προ]ι¢όντος ἡ ματαία φιλονικεία [τ]ὴν ἡ[μετερ- ? - - -] [- - -]Κ¢Ι¢Σ¢Π¢ΕΝ[- - -] καὶ θυμ¢ηδίαι ει¢[- - -] [- - -]ν τούτους καὶ προκαταρχέτωσαν τ[ῆς πομπῆς ? - - -] [- - -]ορμωμένους, σεμνοτέρους γὰρ ἑαυτο¢[ὺς - - -] [- - - ? ἐκφα]ίνουσιν τοὺς πρὸς ἀξίαν τιμῆς εἰ μηδ[- - -] 10 [- - -]ες φαίνοιντο. vacat Trad. Corsten: «- - - sich anstellen als ob - - -; wenn es aber irgendwelche gibt, die durch den neuen Ruhm - - - [die sagen], daß es nötig sei, über den ersten Rang - - - [zu kämpfen], sollen mit der Streiterei auf hören, [damit nicht, wenn der Streit weiter]geht, dieses sinnlose Begehren nach dem Sieg [unseren inneren Frieden stört] - - - Freude - - - und sie sollen als erste damit beginnen - - - denn sie werden sich als würdiger und eher der Ehre wert zeigen, wenn [auch nicht die kleinsten Beschwerden] eintreffen sollten (?)».

Il testo mostra immediatamente una seria di concetti che rimandano al panorama, sopra descritto, delle rivalità interciviche di epoca imperiale: una gloria (se non un’opinione, doxa) nuova o recente (l. 2: καινῇ δόξῃ), una vertenza intorno al primato (l. 3: περὶ πρωτίων), la necessità di risolvere una controversia (l. 4: καταλυέτωσαν τὴν ἀμφισβήτη[σιν - - -]), la folle contesa (l. 5: ἡ ματαία φιλονικεία), l’azione di dare inizio a qualcosa, forse (ma è assai incerto) a una processione (l. 6: προκαταρχέτωσαν τ[ῆς πομπῆς ? - - -]), l’invito a mostrarsi degni di un onore (l. 9: πρὸς ἀξίαν τιμῆς).

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I primi studiosi che si erano occupati del testo ( Judeich, W. M. Ramsay, J. G. C. Anderson) avevano pensato a una contrapposizione di carattere religioso tra gli assertori di una «nuova fede» (kaine doxa) e i difensori di quella tradizionale, ossia tra cristiani e pagani oppure tra cristiani di diversa confessione. In proposito non sembra inutile riportare il giudizio espresso dal giovane Santo Mazzarino sul cristianesimo locale nella voce del Dizionario Epigrafico dedicata a Laodicea (1946): Mazzarino, Laodicea 1946, 377: «… a nostro parere, noi possiamo riferire con sicurezza ai contrasti che la nuova religione trovava l’epigrafe … L’iscrizione è veramente, come diceva il Ramsay, «tantalizing»; ma troppo evidente è in essa la menzione che τινές εἰσιν καινῇ δόξῃ τρε[φόμενοι ?], perché si possa dubitare del suo riferimento al Cristianesimo laodiceno, ricordiamo, per un confronto, la formula σκαιᾷ τινι και[νῇ θρησκείᾳ], ugualmente riferita al Cristianesimo, della nota iscrizione d’Arikanda, contenente la cosiddetta «supplica» del 312 [Mazzarino si riferisce qui alla petizione del koinon di Lycia-Pamphylia e al rescritto latino di Massimino Daia, trasmessi dall’iscrizione di Arykanda: TAM II.3, 785; IvArykanda 12; PH284675] … L’importanza dell’iscrizione laodicena sta in ciò, che essa, pur nella sua oscurità, ci fa assistere ad una ἀμφισβήτη[σιν] (l. 4) fra Cristiani e pagani περὶ πρωτίων; tanto che alla l. 4 [sic, per l. 5] sembra naturale la lettura φιλον[ι]κεία. Dunque – tanto più se si accetta questa lezione – Cristiani e pagani concorrono insieme alle cariche più notevoli; è un contrasto che non ha poca importanza per la storia del Cristianesimo in genere».

Mazzarino, sulla scia di Ramsay, interpretava l’espressione περὶ πρωτίων come allusiva alle massime magistrature civiche, per le quali cristiani e pagani sarebbero stati in accesa competizione (una competizione tra singoli individui, presumibilmente tra notabili municipali). Tuttavia W. H. Buckler e W. M. Calder (MAMA VI, 1939), seguiti poi da Robert (1969), riconobbero nel documento un decreto, probabilmente imperiale, che intendesse porre fine a una deplorevole situazione di contesa tra le città (le intere comunità cittadine, non i singoli notabili della sola Laodicea), come era frequente nella provincia Asia di età alto-imperiale, e richiamarono come termine di paragone il discorso aristideo Sulla concordia (or. 23). L’interpretazione dei contenuti dell’iscrizione si intreccia dunque strettamente con la questione del contesto storico-amministrativo (o storico-religioso) di riferimento e quindi con la datazione stessa del documento. Charlotte Roueché, accogliendo l’esegesi storico-amministrativa di Buckler, Calder e Robert, ha proposto di ricondurre il decreto al clima di competizione che si sarebbe acceso intorno al 250 tra Aphrodisias e Laodicea, allora in lizza per il ruolo di caput provinciae della nuova provincia Phrygia-Caria (vd. supra): secondo la studiosa, Aphrodisias sarebbe risultata vincitrice e Laodicea se ne sarebbe lamentata con l’autorità imperiale, ricevendone in risposta tale lettera – in tal caso l’iscrizione si dovrebbe collocare nella seconda metà del III sec. Tale ipotesi si presta

VII. Πρώτη τῆς ἐπαρχείας e τὰ πρωτεῖα: titoli e privilegi del primato provinciale

tuttavia a varie obiezioni (vd. supra), tra cui questa: perché a Laodicea si sarebbe deciso di esporre pubblicamente una lettera imperiale che attestasse l’avvenuta sconfitta della città nella lotta per il primato in Phrygia-Caria?155 Se Corsten non ha adottato una posizione netta sulla questione, proponendo una datazione generica dell’iscrizione all’epoca imperiale (forse al III sec.), più recentemente Christina Kuhn, recuperando la suggestione di Buckler e Calder, ha suggerito di ricollegare direttamente, in maniera stringente, il testo laodiceno alla contesa che si svolse tra le «Tre Grandi» negli anni di Antonino Pio: l’iscrizione potrebbe in questo caso addirittura rappresentare una copia epigrafica della lettera che, secondo Aristide, l’«eccellente imperatore» Antonino aveva mandato (c. a. 138) al koinon d’Asia, invitando le città alla concordia (or. 23.73: vd. supra).156 A questa pur suggestiva ipotesi sembrano doversi opporre due argomenti di diverso genere: il primo, un argomento di ordine «tecnico», riguarda la paleografia dell’iscrizione, che può verificarsi sull’accurato disegno di Anderson (riprodotto da Corsten, ma non dalla Kuhn: qui fig. 6) nonché sulla foto del calco di Buckler e Calder (MAMA VI, Plate 3, nr. 6: qui fig. 7); essa risulta caratterizzata dalla presenza di lettere cd. lunate (in particolare sigma quadrato e omega in forma aperta: cfr. fig. 6). Questo dato permette di escludere, in via preliminare, che l’iscrizione risalga sia all’epoca alto-imperiale (II sec.), come la Kuhn ritiene verosimile, sia all’inoltrato III sec. (Roueché): i documenti epigrafici pubblici di Laodicea dei secoli I–III (sino all’epoca tetrarchica compresa, ovvero sino ai primi anni del IV sec.), sia quelli già editi (Buckler-Calder, Robert, Corsten) sia quelli ancora inediti, non conoscono infatti l’uso delle lettere quadrate/lunate, che si affermano, con una diffusione pressoché totale, nel corso del IV sec.; a prima vista l’iscrizione dovrebbe pertanto porsi nel IV o V sec. Si potrebbe tuttavia restringere la datazione al solo IV sec. se si volesse considerare un ulteriore elemento indiziario: la lettera ksi (una delle lettere-guida più significative), incisa nella forma con corpo centrale a ricciolo (ll. 2 e 9: cfr. fig. 6) anziché a zig-zag, suggerirebbe forse una cronologia relativamente più alta (come termine di confronto paleografico si vedano le imponenti iscrizioni pubbliche hierapolitane dell’epoca di Costanzo II, ora pubblicate da Ritti, Storia e istituzioni 2017, 586–640). Un secondo argomento è di ordine storico-politico: se l’iscrizione, per assurdo, fosse dell’epoca di Antonino Pio e riproducesse la lettera imperiale sulla concordia tra le città asianiche, mal si comprenderebbe la pubblicazione della lettera stessa (col suo esplicito riferimento alla contesa per il primato provinciale: l. 2, περὶ πρωτίων) a Laodicea, una città che, pur essendo ricca e celebre sin dall’epoca tardo-repubblicana, al tempo di Pio deteneva un’unica neokoria (concessa da Adriano, prob. c. a. 129: vd. supra, cap. V), da lungo tempo aveva svolto funzione (ma, a quanto sembra, in maniera intermittente) di sede di assise giudiziarie per il di155 Roueché, Aphrodisias in Late Antiquity 2004, 5 (già nella prima edizione, 1989, 2). 156 Kuhn, Der Rangstreit 2013.

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stretto di Kibyra (dioikesis Kibyratike) e solo negli anni successivi (forse c. a. 150–151: vd. supra) sarebbe divenuta capoluogo ufficiale di un proprio distretto giudiziario (dioikesis Laodikene). Intorno alla metà del II sec. Laodicea apparteneva pertanto, di diritto, alla categoria delle città «maggiori» (i capoluoghi di conventus), secondo l’ordinamento gerarchico tripartito stabilito dello stesso Pio (D. 27.1.6.2: vd. supra), ma era ben lontana dalle megistai poleis, le due volte neokoroi nonché metropoleis d’Asia Pergamo ed Efeso, che contendevano, insieme a Smirne, per il vero primato all’interno del koinon. Nondimeno IvLaodikeia 10 attesta, senza dubbio, un’effettiva dinamica di contesa per il primato provinciale, che dovrà collocarsi in epoca tardoantica (post-tetrarchica, al più presto in epoca costantiniana): nel IV sec. Laodicea era la capitale provinciale nonché la metropolis (e pertanto la sede episcopale metropolitana) della Phrygia I (istituita probabilmente c. a. 324–325), ospitava inoltre la sede del vicario della diocesi Asiana, ma all’interno della sua stessa provincia figurava anche un’altra metropolis, la vicinissima Hierapolis, i cui vescovi cercarono a più riprese, tra IV e V sec., di farsi riconoscere il rango di metropoliti, autonomi dal vescovo di Laodicea, e divennero infine titolari di una diocesi metropolitana dotata di propri vescovi suffraganei (VI sec., prob. in epoca giustinianea). La competizione intercivica in cui Laodicea ottenne un responso positivo dall’autorità imperiale (ossia dall’imperatore stesso o tramite il governatore provinciale), subito inciso su pietra ed esposto pubblicamente in città, non riguarderà pertanto né le «Tre Grandi» (II sec.: Kuhn), né Aphrodisias (III sec.: Roueché), ma verosimilmente la sua acerrima rivale Hierapolis (IV–V sec.). L’orizzonte in cui iscrivere tale documento sembra pertanto la storia dell’amministrazione provinciale tardoantica, con i suoi significativi riflessi «geo-ecclesiologici» (Blaudeau) sulla storia delle chiese locali.157

157 Sulla rivalità tra Laodicea e Hierapolis tra IV e VI sec. vd. Filippini, Councillors, Heretics 2018, passim, partic. 273–283 (con ulteriori rimandi alle fonti antiche e alla bibliografia moderna); cfr. Huttner, Early Christianity 2013, 273–329. Sul concetto di geo-ecclesiologia si veda la recente sintesi di Blaudeau, What is Geo-Ecclesiology 2017.

VIII. IvEphesos 802: un anonimo notabile difende il primato di Efeso

Un’iscrizione onoraria di Efeso, rinvenuta in condizioni di reimpiego nelle Terme di Scholastikia, ci permette di conoscere in dettaglio la carriera di un grande notabile di epoca severiana, che ebbe, a più riprese, un ruolo-chiave nella difesa dei diritti cittadini tra l’epoca di Settimio Severo e Macrino. L’iscrizione è purtroppo mutila delle parti superiore e inferiore: resta pertanto ignota l’identità dell’onorato, come pure del dedicante, ma può senza dubbio ipotizzarsi che l’anonimo fosse stato onorato dalla città stessa di Efeso, sua patria. In ogni caso il testo conservato consente di datare la dedica precisamente al 217–218, sotto il breve regno di Macrino. Questo documento fu oggetto di studio da parte di Josef Keil, che ne diede l’editio princeps nel 1956; se ne presenta qui il testo secondo l’edizione IvEphesos 802:158 -----ἐ¢π¢ὶ¢ τ¢ὸν¢ [κύ]ριον [ἡ]μ¢ῶ[ν] Αὐτοκράτορα Μ(ᾶρκον) [[Ὀπέλλιον]] Σεουῆρο[ν] [[Μακρεῖνον]] Εὐσεβῆ Σεβαστὸ[ν] 5 καὶ τὸν ἱερώτατον Καίσαρα [[Διαδουμενιανόν]], ὑὸν το[ῦ] Σεβαστοῦ, περὶ τῶν πρωτείων καὶ τῶν λο[ι]πῶν δικαίων καὶ νεικήσαντα, πρεσ[βεύ]10 σαντα δὲ καὶ συνδικήσαντα ἐπὶ θεοὺς [Σε]ουῆρον καὶ Ἀντωνῖνον εἴς τε τὴν βασιλ[ίδα] 158 Efeso onora un anonimo notabile (c. a. 217–218): Keil, Ein ephesischer Anwalt 1956, da cui BE 1957, 422; SEG 17, 505; AE 1971, 455; IvEphesos 802, da cui PH249504.

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Ῥώμην πλεονάκις καὶ εἰς Βρετανίαν κα[ὶ Γερ]μανίαν τὴν ἄνω, καὶ γενόμενον καὶ μέχ[ρι] τοῦ Γρανίου Ἀπόλλωνος διὰ τὴν πατρ[ίδα] 15 [κα]ὶ ἐν Σιρμίῳ καὶ ἐν Νεικομηδείᾳ [κ]α¢ὶ ἐν Ἀντιοχείᾳ, γενόμενον δ[ὲ] [κ]α¢ὶ μέχρις Μεσοποταμίας πλεον[ά]κις διὰ συνδικίας, καὶ πάντα κατο[ρ]θώσαντα, στρατηγόν, παραφύ[λα]20 κα, δεκάπρωτον, λιμενάρχ[ην], εἰρήναρχον μόνον γενόμεν[ον] [τ]ῆς χώρας, συνδικήσαντα δὲ καὶ ὑπ[ὲρ] [το]ῦ κοινοῦ τῆς Ἀσίας ἔθνους κ[αὶ - - -] ------

Nell’iscrizione si ripercorre la carriera dell’anonimo a partire dall’incarico più recente (ll. 1–9), che si svolse al cospetto degli imperatori Macrino e Diadumeniano (i cui nomi furono poi erasi a causa della damnatio memoriae nel 218). Tale incarico, la cui dicitura è perduta nella lacuna iniziale, concerneva «i privilegi del primato e gli altri diritti» (ll. 8–9: περὶ τῶν πρωτείων καὶ τῶν λο[ι]|πῶν δικαίων) – si trattava evidentemente dei privilegi di Efeso – e consisteva, con ogni probabilità, nell’azione di ambasciatore (presbeutes) e/o rappresentante legale (syndikos) della città presso la corte imperiale, come può desumersi dal confronto con la sezione seguente (ll. 9–19: … πρεσ[βεύ]|σαντα δὲ καὶ συνδικήσαντα κτλ.). In questa circostanza cruciale l’anonimo ebbe successo: egli vinse la causa presso Macrino (l. 9: καὶ νεικήσαντα), il primato efesino (ta proteia) venne dunque salvaguardato, come pure gli «altri diritti». Dobbiamo immaginare che altre città asianiche, forse Pergamo e/o Smirne, avessero tentato di insidiare tale primato oppure, ancor meglio, che anche Efeso, come le sue due rivali, avesse rischiato di perdere, in toto o in parte, i vari privilegi (non solo quelli «primari», ma anche gli «altri») sino ad allora accumulati, in particolare la terza neokoria di Artemide (cfr. SEG 37, 886: vd. supra, cap. III), quando Macrino procedeva alla revoca di molti tra i privilegi concessi da Caracalla (cfr. supra, cap. VI). Negli anni precedenti l’anonimo si era già recato molte volte, sia nel ruolo di ambasciatore sia in quello di syndikos, presso gli imperatori severiani, compiendo lunghi viaggi tra Oriente e Occidente per patrocinare la causa di Efeso davanti ai divi Severo e Antonino (Caracalla). Nelle ll. 9–19 vengono fornite, in un blocco unitario, preziose informazioni sui vari spostamenti dell’anonimo: come notò subito Keil, tali dati vanno messi a confronto serrato con i viaggi imperiali del venticinquennio a cavallo tra la fine del II e l’inizio del III sec. (c. a. 193–217), nella misura in cui questi ultimi sono ricostruibili grazie a varie fonti, letterarie ed epigrafiche (compresa, per alcuni tratti, la stessa IvEphesos 802).159 159 Sui viaggi di Severo e Caracalla vd. Halfmann, Itinera principum 1986, 216–230.

VIII. IvEphesos 802: un anonimo notabile difende il primato di Efeso

La formulazione delle ll. 9–11 (πρεσ[βεύ]|σαντα δὲ καὶ συνδικήσαντα ἐπὶ θεοὺς [Σε]|ουῆρον καὶ Ἀντωνῖνον) comprende, in maniera sintetica, due incarichi differenti nella sostanza e nella cronologia: come risulta chiaro dalle linee seguenti, in cui compare una netta distinzione tra i viaggi effettuati «in nome della patria» (ll. 11–14: … διὰ τὴν πατρ[ίδα]) e quelli «in virtù della syndikia» (ll. 15–18: … διὰ συνδικίας), l’anonimo operò dapprima come semplice ambasciatore (πρεσβεύσαντα), quindi come rappresentante legale di Efeso (συνδικήσαντα); quanto alla cronologia relativa, la scansione interna dei viaggi lascia intuire che il primo incarico si sarebbe svolto presso Severo e Caracalla (c. a. 196–211), il secondo sotto il solo Caracalla (c. a. 211–217). Nella sequenza di viaggi presentata dall’iscrizione bisognerà avere però l’accortezza di individuare non solo i punti fermi, grazie ai quali la cronologia relativa possa tradursi in cronologia assoluta, ma anche le omissioni, ossia quelle «pause» nascoste, in cui l’anonimo rimase molto probabilmente a Efeso. In quelle «soste» andranno ricollocate alcune di quelle supreme magistrature civiche (stratego, paraphylax, decaproto, limenarca, irenarca della chora – quest’ultimo un incarico straordinario, conferito a lui solo) che l’iscrizione registra successivamente (ll. 19–22), al di fuori dello schema unitario dei viaggi, presentandole, forse in progressione gerarchica, come un gruppo selezionato in maniera coerente (non compaiono qui magistrature minori).160 Dopo di esse è registrato un ulteriore incarico come syndikos, questa volta non in rappresentanza della sola Efeso bensì anche del koinon della provincia d’Asia (ll. 22–23: … συνδικήσαντα δὲ καὶ ὑπ[ὲρ] | [το]ῦ κοινοῦ τῆς Ἀσίας ἔθνους κ[αὶ - - -]): pure questo incarico è riportato al di fuori dello schema dei viaggi, ma non dobbiamo affatto escludere che esso si fosse svolto in qualche pausa intermedia, tra un viaggio e l’altro, oppure nel corso di un viaggio, sommandosi alla syndikia civica. La lacuna finale non permette di individuare il motivo preciso di tale syndikia federale – e sul contenuto di tale controversia legale occorre ragionare (vd. infra) –, ma si può supporre che anche questo incarico avesse prodotto risultati vantaggiosi per Efeso e fosse stato coronato da successo (l. 23: κ[αὶ νεικήσαντα?]). Nel ruolo di ambasciatore l’anonimo si recò più volte (pleonakis) a Roma, quindi in Britannia e in Germania Superior, fino al santuario di Apollo Grannus; come syndikos giunse invece a Sirmium (Pannonia Inferior), Nicomedia (Bithynia) e Antiochia (Syria Coele), infine dovette recarsi più volte (pleonakis) in Mesopotamia (Mesopotamia e/o Osrhoene). I risultati di questa lunga sequenza di incarichi e viaggi, considerati complessivamente, furono tali che egli ottenne il ristabilimento di ogni diritto (ll. 18–19: … καὶ πάντα κατο[ρ]|θώσαντα), ossia che, a fronte del rischio reale di cancellazione dei privilegi di Efeso, l’anonimo riuscì a farli riconfermare. 160 In particolare per la syndikia vd. Fournier, Les syndikoi 2007, partic. 34, nr. 24; per le magistrature legate alla «sicurezza pubblica» della città vd. Brélaz, La sécurité publique 2005, 72–74 (limenarchi), 74–75 (strateghi), 90–122 (irenarchi), 123–145 (paraphylakes), partic. per l’anonimo efesino: 362, B 48 (irenarca della chora) e 387, C 25 (paraphylax).

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Le ripetute visite alla «città-regina» di Roma potrebbero collocarsi già nei primi anni di Severo, quando l’imperatore era impegnato contro i suoi rivali (Didio Giuliano, Pescennio Nigro, Clodio Albino) su diversi fronti di guerra (c. a. 193–197): in occasione del secondo soggiorno romano di Severo (196) l’anonimo avrebbe forse discolpato Efeso dall’adesione, più o meno forzata, alla causa di Nigro e del proconsole d’Asia Asellius Aemilianus (c. a. 193–194: vd. supra, cap. VI). L’imperatore fu nuovamente a Roma (da questo momento in poi accompagnato dai figli) nel 198, nel 202 e negli anni 204–208: in questo periodo l’anonimo dovette tornare, forse più di una volta, nell’Urbe e possiamo immaginare che cercasse allora di ottenere da Severo – ma senza successo – il riconoscimento ufficiale di quella neokoria di Artemide di cui Efeso mostrava di farsi vanto (abusivamente, dal punto di vista strettamente giuridico) intorno al 206–208 (cfr. IvEphesos 2040: vd. supra, cap. IV). Nel pleonakis dei vari viaggi a Roma potrebbe includersi anche un’eventuale ambasceria di felicitazioni a Caracalla al principio del 212, per lo scampato pericolo dalla (presunta) congiura di Geta (dic. 211). Il viaggio nella remota Britannia dovette coincidere certamente con le campagne militari di Severo (208–211), che proprio in quel periodo pare aver negato la neokoria di Artemide (cfr. l’iscrizione onoraria per Severo Britannicus: IvEphesos 294, vd. supra, cap. IV), mentre la tappa in Germania Superior dovrebbe porsi dopo la morte dell’imperatore (4 febbraio 211), quando Caracalla e Geta percorsero il limes germanico diretti in Italia (211) oppure più tardi, quando il solo Caracalla, dopo essersi sbarazzato del fratello, ripartì da Roma per condurre sul fronte germanico-retico la campagna contro gli Alamanni (databile all’estate 213 grazie ai Commentarii Fratrum Arvalium). Una notizia dionea registra il santuario di Apollo Grannus tra quelli allora visitati da Caracalla, insieme all’Asklepieion (di Pergamo, autunno 214) e al Serapeion (di Alessandria, inverno 215/216): si tratterebbe probabilmente del tempio della divinità solare celtica che si trovava presso Faimingen in Raetia (non quello delle Aquae Granni, odierna Aachen, in Germania Inferior) e la visita si sarebbe svolta nell’autunno del 213, poco dopo la vittoria germanica (sett. 213). Perché l’anonimo veniva allora nuovamente inviato da Efeso presso l’imperatore? Può ben darsi che egli impetrasse di ripristinare i grandi onori concessi alla città dallo sfortunato Geta (vd. supra, cap. IV), ossia una terza neokoria imperiale e persino l’agognata neokoria di Artemide – a quanto risulta dallo sviluppo successivo della vicenda, il tentativo non avrebbe avuto, in quel momento, esito positivo.161 Da questo punto in avanti l’anonimo avrebbe assunto formalmente l’incarico di rappresentante legale di Efeso: in quanto syndikos egli avrebbe incontrato l’imperatore dapprima in Pannonia Inferior a Sirmium (questa tappa dei viaggi di Caracalla è attestata dalla sola IvEphesos 802), quindi a Nicomedia. Secondo Keil queste due tappe si collocherebbero rispettivamente nel 214 e nell’inverno 214/215, ma, dal momento che Christol ha individuato non uno solo, bensì due soggiorni imperiali 161 Caracalla visita i santuari di varie divinità: Cassius Dio 77(78).15.6.

VIII. IvEphesos 802: un anonimo notabile difende il primato di Efeso

nella metropolis di Bithynia (inverni 213/214 e 214/215: vd. supra, cap. III), diventa virtualmente impossibile stabilire, con assoluta certezza, in quale inverno l’anonimo avesse raggiunto la corte a Nicomedia.162 Innanzi tutto però la tappa di Sirmium (Sremska Mitrovica, Serb.), piazzaforte pannonica sulla Sava, non lontana dal Medio Danubio, sembra doversi collocare nell’autunno 213 (quando l’imperatore attraversava rapidamente i Balcani da Nord-Ovest a Sud-Est, dalla Raetia alla Thracia, diretto alla Propontide e infine a Nicomedia) anziché nella primavera del 214 (quando perlustrava le province del Basso Danubio: Daciae, Moesia Inferior, Thracia). Questa datazione pare confermata dall’iscrizione votiva pro salute di Caracalla (AE 1973, 437), dedicata nel 213 a Gorsium (Székesfehérvár, Ung.), località della Pannonia Inferior posta sulla direttrice tra Arrabona (Raab, Austr., in Pannonia Superior) e Sirmium, da due magistrati municipali, incaricati dei rifornimenti annonari dell’esercito (praepositi annonae). Si ritiene generalmente che, durante l’attraversamento delle due Pannoniae, l’imperatore avesse deciso il trasferimento del settore militare di Brigetio (Szőny, Komárom, Ung.), sede della legio I Adiutrix, dalla Pannonia Superior a quella Inferior.163 D’altro canto la cronologia relativa delle concessioni di Caracalla alle «Tre Grandi» (vd. supra, cap. V) induce a supporre che l’anonimo si fosse recato a Nicomedia nell’inverno 213/214, pochi mesi dopo il viaggio a Sirmium. Cosa avrebbe richiesto il syndikos per Efeso in questi due incontri ravvicinati con l’imperatore? Si potrebbe supporre che la questione affrontata in quel frangente fosse duplice e riguardasse la restituzione di uno dei due privilegi concessi nel 211 da Geta (se non di entrambi), ossia la neokoria di Artemide e/o la terza neokoria degli Augusti. Era evidentemente una questione assai delicata e, a giudicare dallo sviluppo degli eventi, l’anonimo non deve aver avuto successo, né a Sirmium né a Nicomedia. Tra la tappa di Nicomedia (inverno 213/214) e quella successiva di Antiochia di Syria (estate 215) interviene una «pausa» di quasi un anno e mezzo: proprio in questo periodo Caracalla visitò la provincia d’Asia (estate-autunno 214), mentre era proconsole Marius Maximus per il secondo mandato (a. 214/215), e poi tornò a svernare a Nicomedia (214/215). In quell’intervallo (214–215) possiamo immaginare che anche l’anonimo fosse rimasto in Asia, probabilmente nella sua Efeso: oltre a ricoprire alcune magistrature civiche, egli avrebbe potuto svolgere quella syndikia per conto del koinon d’Asia, che è registrata in maniera lacunosa dall’iscrizione (ll. 22–23). Se così fosse (ma ci sarebbe anche un’altra possibilità, vd. infra), la causa da lui patroci162 Per la ricostruzione di Christol vd. supra, nn. 42, 47. 163 I praepositi annonae M. Ulpius Quintianus, decurione e duoviro designato di Aquincum, e T. Flavius Aprilis, decurione di Sirmium (Fitz) o Aquincum (Alföldy), sciolgono un voto pro salute di Caracalla (213): AE 1973, 437b (da J. Fitz); EDH011384; cfr. Alföldy, Die Großen Götter 1997, 239, nr. 7. L’iscrizione, rinvenuta a Gorsium (Székesfehérvár), sarebbe originaria della stessa località (Fitz) oppure vi sarebbe stata trasportata da Aquincum (Budapest: Alföldy), capitale della Pannonia Inferior.

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nata (estate? 214) potrebbe essere stata proprio la richiesta di una terza neokoria per Efeso: a tale petizione federale Caracalla avrebbe dapprima risposto positivamente (ossia autorizzando una terza neokoria vera e propria, degli Augusti, con l’avallo del Senato), salvo poi rettificare la sua decisione con la lettera all’Asia (IvEphesos 212.C, c. a. 214–215, prob. autunno 214), che concedeva, come terza neokoria di Efeso, la neokoria di Artemide, seppur parificata a quelle imperiali. Era quella efesina soltanto la prima delle terze neokoriai che l’imperatore avrebbe riconosciuto alle città asianiche (tra l’estate-autunno 214 e l’inverno 214–215: vd. supra, capp. III–IV). Due iscrizioni onorarie di Efeso (databili c. a. 214–215) sembrano dimostrare la riconoscenza di alcuni notabili municipali verso due cavalieri eminenti, che facevano parte dell’entourage dell’imperatore e avevano forse potuto favorire il buon esito della petizione federale per Efeso. Rivestirono entrambi, in diretta successione, la procuratela della provincia Asia: si ricordi come l’importante procurator Augusti Asiae, di livello stipendiario ducenario, avesse il proprio officium in Efeso, al pari del proconsole. T. Flavius Damianos (il consolare, figlio dell’omonimo sofista), rappresentante del clan dei Vedii, onorava L. Didius Marinus (IvEphesos 3051), già procuratore, allora promosso come segretario a cognitionibus (vd. supra, cap. II) di Caracalla e pertanto membro del consilium principis. L’advocatus fisci C. Laberius Paulus celebrava invece il nuovo procuratore, L. Lucilius Pansa Priscillianus, come «dispensatore di buoni consigli e ottimo in tutto» (IvEphesos 3053, ll. 4–5: τὸν εὔβουλον καὶ | πάντα ἄριστον): era forse anch’egli consiliarius (εὔβουλος) imperiale.164 cronologia c. a. 211–212

procurator Aug. Asiae Claudius Dionysios

c. a. 212–214/215 c. a. 214/215–216

L. Didius Marinus L. Lucilius Pansa Priscillianus Vipsanius Caecilianus Axios Calpurnius Verus

c. a. 216–217 c. a. 217–222 c. a. 222–235

onorato da [iscrizione dell’aleipterion di Sardi, non onoraria] T. Flavius Damianos C. Laberius Paulus, advocatus fisci M. Fulvius Publicianus Nikephoros, asiarca M. Fulvius Publicianus Nikephoros, advocatus fisci

documento SEG 36, 1094 IvEphesos 3051 IvEphesos 3053 IvEphesos 739 IvEphesos 632

164 T. Flavius Damianos onora il procuratore e segretario L. Didius Marinus (c. a. 214–215): IvEphesos 3051; PH248892. T. Flavius Damianos il consolare (figlio di T. Flavios Damianos il sofista e Vedia Phaedrina): PIR2, F 252; sui genitori vd. supra, n. 145. L. Didius Marinus: PIR2, D 71; CPE 295; cfr. anche IvEphesos 660E (dedica latina dei cornicularii et beneficiarii a Marinus, c. a. 214–215). L’advocatus fisci C. Laberius Paulus onora il procuratore d’Asia L. Lucilius Pansa Priscillianus (c. a. 215): IvEphesos 3053; PH249071. C. Laberius Paulus: PIR2, L 11; CPE III, p. 1073. L. Lucilius Pansa Priscillianus: PIR2, L 391; CPE 249. Per la datazione delle procuratele di Marinus (c. a. 212–214/215) e Priscillianus (c. a. 214/215–216) e dei loro predecessori (Claudius Dionysios, c. a. 211–212) e successori (Vipsanius Caecilianus Axios, c. a. 216–217) vd. Christol, Les procurateurs d’Asie 2008.

VIII. IvEphesos 802: un anonimo notabile difende il primato di Efeso

Di lì a poco sarebbe però seguita la visita del devotissimo Caracalla (vd. supra, cap. VI) all’Asklepieion pergameno (estate 214) e quindi la concessione della terza neokoria degli Augusti all’amata Pergamo (prob. autunno 214), infine della terza neokoria e del rango di metropolis a Smirne (prob. primavera 215). L’anonimo, come syndikos di Efeso, giunse quindi in Syria Coele durante uno dei due soggiorni antiocheni di Caracalla, il primo (estate 215) o il secondo (primavera 216), ovvero prima o dopo la visita imperiale in Egitto (inverno 215/216), e poi tornò più volte (pleonakis) a visitare la corte in Mesopotamia, tra l’estate del 216 e i primi mesi del 217: era allora in corso la campagna parthica e Caracalla, insieme al suo prefetto del pretorio Macrino, si trovava nelle province più esposte, la Mesopotamia (capitale Nisibi) e l’Osrhoene (Edessa, dove svernò nel 216/217). Per quali pressanti motivi il syndikos dovette recarsi ripetutamente sul fronte di guerra? Per prima cosa sembra verosimile che il riconoscimento degli Artemeisia efesini come agoni sacri di livello iselastico, seguito alla neokoria di Artemide, necessitasse di un’esplicita autorizzazione imperiale, attestata dalla lettera IvEphesos 212.A (c. a. 215–216). Soprattutto però dovremmo pensare che la concessione delle terze neokoriai a Pergamo (autunno 214) e Smirne (primavera 215) avesse riaperto la grave questione del primato all’interno del koinon d’Asia (come suggeriscono varie emissioni monetali di quegli anni: vd. supra, cap. VI) e che le «Tre Grandi» avessero più volte sollecitato l’arbitrato di Caracalla con l’invio di ambascerie: l’anonimo si sarebbe dunque trovato nella condizione di dover rintuzzare le incalzanti pretese dei suoi avversari e difendere, sempre più faticosamente, la posizione preminente di Efeso. In questo difficile frangente la città avrebbe ricevuto il sostegno decisivo del koinon d’Asia, come risulta dal rescritto di Caracalla ad desideria Asianorum (c. a. 215–217, prob. 216) che confermava il privilegio efesino di accogliere, per prima tra le metropoleis, il proconsole – veniva così verosimilmente respinta la pretesa di Smirne, da poco riconosciuta come metropolis d’Asia (c. a. 215). E se l’incarico dell’anonimo quale syndikos per conto del koinon non dovesse porsi nell’estate del 214, come si è sopra ipotizzato, non sarebbe affatto improbabile che si riferisse a questa seconda petizione federale in sostegno di Efeso. Conviene a questo punto richiamare un’ipotesi ingegnosa di Keil, che qui tuttavia non si accoglierà: lo studioso riteneva che la syndikia per il koinon si dovesse collocare più tardi, sotto Macrino anziché Caracalla, e riguardasse la questione, assai spinosa, della sostituzione del proconsole d’Asia già incaricato, C. Iulius Asper. La vicenda è complessa e merita di essere chiarita riportando per esteso il brano relativo di Cassio Dione, ricco di preziosi dettagli politici e storico-amministrativi: Cassius Dio 78(79).22.2–5 Boissevain: … ὅ τε Φαῦστος ὁ Ἀνίκιος ἐς τὴν (3) Ἀσίαν ἀντὶ τοῦ Ἄσπρου ἄρξων ἐπέμφθη. ἐκεῖνος [μὲν] γὰρ τὸ μὲν πρῶτον καὶ πάνυ πολλῆς παρὰ τοῦ Μακρίνου τιμῆς, ὡς καὶ καταστῆσαι τὰ ἐν τῇ Ἀσίᾳ δυνησόμενος, ἔτυχεν· ἔπειτ’ ἐν ὁδῷ ὄντα αὐτὸν ἤδη καὶ πλησιάζοντα τῷ ἔθνει (τὴν γὰρ παραίτησιν, ᾗ παρὰ τοῦ Καρακάλλου παρῄτητο, ἐς αὑτὸν

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ἐλθοῦσαν οὐκ ἐδέξατο) δεινῶς περιύβρισεν ἀπωσάμενος (καὶ γάρ τινα καὶ διηγγέλλετο αὐτῷ λελαληκὼς οὐκ ἐπιτήδεια), (4) καὶ δῆτα, ὡς καὶ αὖθις αὐτοῦ παρεμένου διά τε γῆρας καὶ νόσον, τῷ Φαύστῳ τὴν Ἀσίαν, καίπερ παροφθέντι τὴν τοῦ κλήρου τάξιν ὑπὸ τοῦ Σεουήρου, ἐνεχείρισεν· καὶ ἐπειδή γε βραχὺς ὁ χρόνος τῆς ἡγεμονίας αὐτῷ ἐγίγνετο, καὶ ἐς τὸ ἐπιὸν ἔτος ἄρξαι αὐτὸν ἀντ’ Αὐφιδίου Φρόντωνος ἐκέλευσε. (5) τούτῳ γὰρ οὔτε τὴν Ἀφρικὴν κατακληρωσαμένῳ ἐπέτρεψεν τῶν Ἄφρων αὐτὸν παραιτησαμένων, οὔτε τὴν Ἀσίαν, καίτοι μεταθεὶς αὐτὸν ἐκεῖσε πρότερον. τό γε μὴν ἱκνούμενον γέρας καὶ οἴκοι μείναντι αὐτῷ, τὰς πέντε καὶ εἴκοσι μυριάδας, δοθῆναι ἐσηγήσατο. οὐ μέντοι καὶ ἐκεῖνος αὐτὰς ἔλαβεν, εἰπὼν οὐκ ἀργυρίου ἀλλ’ ἡγεμονίας δεῖσθαι, καὶ διὰ τοῦθ’ ὕστερον παρὰ τοῦ Σαρδαναπάλλου τὸ ἔθνος ἀπέλαβεν. Trad. A. Stroppa: «… Anicio Fausto, poi, fu inviato a governare l’Asia al posto di Aspro: (3) costui, infatti, inizialmente aveva ottenuto grandi onorificenze da Macrino perché si pensava che avrebbe ripristinato l’ordine in Asia; tuttavia in seguito, mentre già si trovava in viaggio ed era nei pressi della provincia (dato che Macrino non aveva accolto la richiesta prima fatta a Caracalla e poi giunta a lui), l’imperatore lo umiliò rimuovendolo dall’incarico (poiché gli era stato riferito che aveva fatto delle dichiarazioni inopportune); (4) così, come se Aspro avesse presentato una nuova istanza [di ritiro] a causa dell’età avanzata e della cattiva salute, egli assegnò l’Asia a Fausto, sebbene nell’ordine di assegnazione questi fosse stato escluso da Severo. Poiché rimaneva un breve lasso di tempo alla scadenza del governatorato assegnatogli, Macrino ordinò che mantenesse la carica anche per l’anno seguente in sostituzione di Aufidio Frontone. (5) A quest’ultimo non affidò né l’Africa, a lui già assegnata per sorteggio, perché gli Africani lo avevano ricusato, né l’Asia, sebbene inizialmente lo avesse destinato a quella provincia. Nonostante poi egli restasse a casa, [Macrino] propose che gli venisse rimborsato il compenso dovuto, che ammontava a un milione di sesterzi. Tuttavia [Frontone] non lo accettò, affermando di non aver bisogno di denaro, bensì del governo di una provincia e, perciò, la ricevette in seguito da Sardanapalo [i. e. Elagabalo]».

L’eminente consolare C. Iulius Asper, già suffetto in epoca commodiana, proconsole d’Africa sotto Severo (c. a. 200–210) e console ordinario per la seconda volta nel 212 (insieme al figlio C. Iulius Galerius Asper), nonché prefetto urbano (c. a. 211– 212), dopo un temporaneo allontanamento dalla ribalta politica, nei primi mesi del 217 (marzo?) era stato nominato proconsole d’Asia da Caracalla per l’anno 217/218 (per prendere servizio nell’estate 217): la sua richiesta di esonero dall’incarico, per ragioni di età e salute, già presentata a Caracalla, non era stata accolta (dopo l’8 aprile 217) da Macrino (τὴν γὰρ παραίτησιν, ᾗ παρὰ τοῦ Καρακάλλου παρῄτητο, ἐς αὑτὸν ἐλθοῦσαν οὐκ ἐδέξατο). Egli sarebbe pertanto dovuto subentrare a C. Iulius Avitus Alexianus (procos. a. 215/216 o 216/217), lo zio dell’imperatore (era infatti il marito di Giulia Mamea, sorella di Domna).165 165 C. Iulius Asper: PIR2, I 182; LP 39.119 (Africa); LP 26.180 (Asia). Umiliato gravemente da Caracalla e allontanato dalla scena politica insieme ai figli: Cassius Dio 77(78).5.3. Esonerato

VIII. IvEphesos 802: un anonimo notabile difende il primato di Efeso

Una tale nomina extra sortem era motivata dalla particolare situazione in cui versava la provincia: ci si attendeva che un uomo esperto come Asper, già proconsole e due volte console, fosse capace di ristabilire l’ordine in Asia (ὡς καὶ καταστῆσαι τὰ ἐν τῇ Ἀσίᾳ δυνησόμενος), un ordine turbato da qualche evento straordinario. Dione non chiarisce le cause specifiche della preoccupazione di Caracalla, ma l’aperta conflittualità tra le maggiori città asianiche poteva giocare un ruolo significativo nel fomentare il disordine generale: si ricordi come lo stesso storico, poco tempo dopo, sarebbe stato nominato da Macrino curator civitatis di Pergamo e Smirne (c. a. 218–221: vd. supra, cap. VI), colpite dalla collera imperiale. Tuttavia, quando Asper era già in viaggio e ormai prossimo a sbarcare in Asia (ἐν ὁδῷ ὄντα αὐτὸν ἤδη καὶ πλησιάζοντα τῷ ἔθνει), Macrino, sospettoso nei suoi confronti, lo sollevò all’improvviso dall’incarico, come se una nuova istanza di esonero fosse stata da lui presentata (ὡς καὶ αὖθις αὐτοῦ παρεμένου διά τε γῆρας καὶ νόσον) e infine benevolmente accolta, e provvide a nominare in sua vece Q. Anicius Faustus – un senatore, già console (suff. a. 199) e legato di Moesia Superior (c. a. 202–207), che peraltro Severo aveva precedentemente escluso dalla lista dei candidati approvati per la sortitio dei grandi proconsolati (Asia e Africa). La nomina di Faustus era certamente irrituale e il tempo era inoltre trascorso tra le lungaggini procedurali: il mandato proconsolare d’Asia per il 217/218, revocato ad Asper e quindi assegnato per nomina diretta a Faustus (non senza una ratifica senatoria), volgeva ormai alla scadenza, per cui l’imperatore decise di rinnovare l’incarico a Faustus per l’anno seguente (218/219), senza tener conto del fatto che la provincia era stata già attribuita a M. Aufidius Fronto.166 In origine costui, già console ordinario nel 199, aveva ricevuto, per sorteggio, la provincia Africa, ma il concilium Africae aveva avanzato un’istanza di ricusazione (τῶν Ἄφρων αὐτὸν παραιτησαμένων) che aveva avuto buon esito presso Macrino: come compensazione lo stesso imperatore gli aveva dunque concesso l’Asia. Alla fine però Fronto fu scalzato da Faustus e dovette rimanere a casa: egli rinunciò sdegnosamente al notevole rimborso, previsto di norma per i proconsoli, che Macrino avrebbe voluto comunque assegnargli – pretendeva infatti il governo di una provincia, cosa che ottenne più tardi da Elagabalo. Non sappiamo se Faustus, dopo la caduta di Macrino (8 giugno 218), avesse effettivamente conservato il proconsolato d’Asia per l’anno proconsolare venturo (218/219), come era stato previsto. da Macrino (78[79].22.2–5), ma infine richiamato da Elagabalo: 79(80).4.4. C. Iulius Galerius Asper: PIR2, I 334. C. Iulius Avitus Alexianus: PIR2, I 190 e 192; LP 26.179; cfr. Birley, Septimius Severus 1988, 223, nr. 45. 166 Q. Anicius Faustus: PIR2, A 595; LP 20.50 (Moesia Sup.); LP 26.181 (Asia). M. Aufidius Fronto: PIR2, A 1385; LP 26.182. Sulle vicende di Asper, Faustus e Fronto cfr. Davenport, The Provincial Appointments 2012, 193–196. Sulle procedure di assegnazione dei grandi proconsolati (sortitio ed extra sortem) vd. Hurlet, Le proconsul et le prince 2006, passim, partic. 72–73, 120 per il caso di Iulius Asper e Anicius Faustus e la facoltà dell’imperatore (in epoca severiana) di intervenire nella selezione preventiva dei candidati al sorteggio.

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La questione appare complicata dalle diverse procedure in atto (elezione dei proconsoli d’Asia o Africa per sortitio, secondo tradizione, oppure extra sortem, per diretta nomina imperiale) e dalle ambigue oscillazioni tra le varie decisioni degli imperatori e le contraddittorie richieste (παραιτήσεις) dei subalterni, sia di quei proconsoli, già nominati, che richiedevano di essere esonerati (l’anziano Asper rispetto all’Asia), sia delle federazioni provinciali che intendevano rifiutare la nomina di proconsoli sgraditi (il concilium d’Africa contro Fronto). A fronte di ciò sembra necessario stabilire un punto fermo: nella frase τὴν γὰρ παραίτησιν, ᾗ παρὰ τοῦ Καρακάλλου παρῄτητο, ἐς αὑτὸν ἐλθοῦσαν οὐκ ἐδέξατο dovrà riconoscersi una richiesta di esonero da parte di Asper (rivolta senza successo a Caracalla e quindi a Macrino), non un’ipotetica richiesta di ricusazione del koinon d’Asia contro lo stesso Asper, della quale si sarebbe eventualmente fatto portavoce il syndikos di Efeso in nome del koinon (συνδικήσαντα δὲ καὶ ὑπ[ὲρ] | [το]ῦ κοινοῦ τῆς Ἀσίας ἔθνους κ[αὶ - - -]), come Keil sembrerebbe aver forse pensato. In ogni caso il brano dioneo rende fedelmente l’immagine del grave disordine prodotto in Asia, alla fine del regno di Caracalla, dalla contesa tra le «Tre Grandi», riaccesa e amplificata dalle nuove concessioni imperiali (c. a. 214–217), e quindi dall’instabilità del governo romano, contrassegnato da frequenti nomine e revoche degli incarichi (c. a. 217–218). In questo clima turbolento, tra 216 e 217, il syndikos riuscì tuttavia a «rimettere ogni cosa a posto» (καὶ πάντα κατορθώσαντα), ossia a ottenere da Caracalla il pieno ristabilimento dei privilegi minacciati. Si noti, a proposito dei procuratori d’Asia come eventuali intermediari di favori imperiali nei confronti di Efeso (vd. supra), che in questi stessi anni l’asiarca M. Fulvius Publicianus Nikephoros, un grande notabile efesino, onorò Vipsanius Caecilianus Axios (IvEphesos 739), procuratore ducenario (in carica c. a. 216–217, successore di Priscillianus in Asia), definendolo benefattore della patria e di se stesso.167 Infine, quando Macrino procedette alla cancellazione della terza neokoria di Artemide (cfr. SEG 37, 886: vd. supra, cap. III), l’anonimo partì per la sua ultima missione (c. a. 217–218): quando giunse a corte, forse ad Antiochia, l’ex prefetto, ora divenuto imperatore, nel vederlo dovette riconoscere un volto ormai familiare; il successo finale non sorprende più di tanto. Sembra altrettanto significativo che, in quegli anni, fossero onorati a Efeso due importanti personaggi dell’entourage di Macrino, che ebbero forse qualche ruolo nel favorire il ripristino dei privilegi efesini: il potente senatore Marius Maximus (IvEphesos 3030: vd. supra, cap. IV), già 167 L’asiarca M. Fulvius Publicianus Nikephoros onora il procuratore ducenario Vipsanius Caecilianus Axios (c. a. 216–217): IvEphesos 739; PH249131. M. Fulvius Publicianus Nikephoros: Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 134–135, nr. 155. Vipsanius Caecilianus Axios: PIR2, V 675; CPE Suppl. p. 127. Si noti come Nikephoros divenne in seguito advocatus fisci (forse come successore di C. Laberius Paulus), quando onorò come proprio benefattore (non della patria) Calpurnius Verus, procuratore ducenario (d’Asia) di Severo Alessandro: IvEphesos 632; PH248974; cfr. CPE Suppl. p. 127.

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proconsole d’Asia per due mandati (213/214–214/215), allora assurto alla prefettura urbana (217/218), e il segretario a cognitionibus et ab epistulis Latinis, tale [- - -]inianus (IvEphesos 813), successore di Marinus nella carica ἐπὶ τῶν διαγνώσεων e collega dell’ab epistulis Graecis Cn. Licinius Rufinus (vd. supra, cap. II).168 Possiamo dunque ritenere che il nutrito dossier di documenti giuridico-amministrativi attestanti i diritti di Efeso (dikaiomata), che venne recepito, almeno per la parte relativa ai νόμοι (iura), nei libri de officio da Ulpiano (allora verosimilmente in carica come a libellis: vd. supra, cap. II), fosse stato raccolto innanzi tutto dall’anonimo syndikos. La ricostruzione complessiva degli incarichi dell’anonimo efesino e la sua scansione interna, con le possibili varianti cronologiche, può presentarsi come segue: Anonimo efesino: funzioni e viaggi

luoghi e province

imperatore/i

cronologia

a) πρεσβεύσαντα … διὰ τὴν πατρίδα

Roma, Britannia, limes germanico-retico

ἐπὶ Σεουῆρον καὶ Ἀντωνῖνον

c. a. 196?-213

εἴς Ῥώμην πλεονάκις (a)

Roma

Severo

193, 196

εἴς Ῥώμην πλεονάκις (b)

Roma

Severo (e figli)

198, 202, 204–208

εἰς Βρετανίαν

Britannia

Severo (e figli)

208–211

εἰς Γερμανίαν τὴν ἄνω (a)

Germ. Sup.

Caracalla e Geta 211



Roma

Caracalla

212

εἰς Γερμανίαν τὴν ἄνω (b)

Germ. Sup.

Caracalla

est. 213

μέχρι τοῦ Γρανίου Ἀπόλλωνος

Raetia (Faimingen)

Caracalla

aut. 213

b) συνδικήσαντα … διὰ συνδικίας

Balcani, Anatolia, Oriente

ἐπὶ (Σεουῆρον καὶ) Ἀντωνῖνον

c. a. 213–217

ἐν Σιρμίῳ (a: Christol)

Pann. Inf.

Caracalla

aut. 213?

ἐν Νεικομηδείᾳ (a)

Bithynia

Caracalla

inv. 213/214?



limes danubiano: Daciae, Moesia Inf. (e Sup.?), Thracia

Caracalla

prim./est. 214

ἐν Σιρμίῳ (b: Keil)

Pann. Inf.

Caracalla

prim./est. 214?

*)? syndikos d’Asia per Efeso neokoros III

Asia

Caracalla

est. 214

168 IvEphesos 3030: vd. supra, n. 58. Iscrizione onoraria frammentaria per [- - -]inianus (c. a. 217–218): IvEphesos 813 (in cui si propone dubitativamente di integrare, alla l. 10, il cognome [- - - ? Λικ]ινιανόν); PH249505. Sul personaggio vd. CPE Suppl. pp. 110–111; cfr. Carboni, La parola scritta 2017, 91. Si tenga presente che il procuratore ducenario d’Asia Appius Alexandros, tradizionalmente datato all’epoca di Macrino e Diadumeniano (cfr. IvEphesos 616), deve invece collocarsi sotto il regno dei Filippi: vd. infra, cap. XI.

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VIII. IvEphesos 802: un anonimo notabile difende il primato di Efeso

Anonimo efesino: funzioni e viaggi

luoghi e province

imperatore/i

cronologia

ἐν Νεικομηδείᾳ (b)

Bithynia

Caracalla

inv. 214/215?



Anatolia: Galatia, Cappadocia, Cilicia

Caracalla

prim. 215

ἐν Ἀντιοχείᾳ (a)

Syria Coele

Caracalla

est. 215

*)? syndikos d’Asia per Efeso 1a tra le metropoleis

Syria Coele

Caracalla

est./aut. 215



Aegyptus

Caracalla

inv. 215/216 (Alessandria)

ἐν Ἀντιοχείᾳ (b)

Syria Coele

Caracalla

prim. 216

*)? syndikos d’Asia per Efeso 1a tra le metropoleis

Syria, Mesopotamia o Osrhoene

Caracalla

prim./aut. 216

μέχρις Μεσοποταμίας πλεονάκις

Mesopotamia, Osrhoene

Caracalla

est./aut. 216, inv. 216/217 (Edessa), apr. 217 (Carrhae)

Caracalla

c. a. 216–217

Asia (214) oppure Syria o Osrhoene (215–216)

Caracalla

c. a. 214 oppure 215–216?

ipotesi Keil: Syria

Macrino

c. a. 217

ἐπὶ Μακρεῖνον καὶ Διαδουμενιανόν

c. a. 217–218

… καὶ πάντα κατορθώσαντα *) συνδικήσαντα δὲ καὶ ὑπὲρ τοῦ κοινοῦ τῆς Ἀσίας ἔθνους κ[αὶ νεικήσαντα?] c) [συνδικήσαντα?] … περὶ τῶν πρωτείων καὶ τῶν λοιπῶν δικαίων καὶ νεικήσαντα

La dedica IvEphesos 802, in quanto espressione ufficiale di una prospettiva prettamente efesina, si rivela dunque un documento estremamente prezioso per comprendere i conflitti intorno al primato (περὶ τῶν πρωτείων) tra le città asianiche: sarebbe assai utile poterle affiancare analoghe testimonianze di parte pergamena o smirnea. In realtà un’altra iscrizione efesina (IvEphesos 2026), per quanto frammentaria, sembrerebbe fornire un indizio utile, da leggersi in filigrana: essa riproduce una lettera inviata dal giovane Caracalla alla città di Efeso, intorno al 200–201, come cortese risposta a un’ambasceria di felicitazioni rivolta a lui stesso e al padre. Tale delegazione efesina era stata guidata dalla stessa dea Artemide (ovvero da un suo simulacro) – si ricordi come, nel primo decennio del III sec., Efeso tentasse di far riconoscere il culto ancestrale di Artemide come una vera e propria neokoria, ma non ottenesse in merito il consenso di Severo (vd. supra, cap. IV). L’iscrizione registra in calce (ll. 15–20) i nomi di alcuni membri del consilium principis: vi compaiono due kratistoi philoi di rango senatorio, Antonius Iuvenis e forse Septimius Aper (il

VIII. IvEphesos 802: un anonimo notabile difende il primato di Efeso

cui nome venne poi eraso), quindi Aelius Antipatros, philos, precettore di Caracalla e segretario ab epistulis Graecis, ed Aelius Koiranos, philos e segretario a libellis (entrambi i segretari risultano in carica c. a. 200–205: vd. supra, cap. II); infine, nella parte più lacunosa (l. 20), si scorge il nome di un certo [- - -]s Hermokra[tes - - -].169 Quest’ultimo è stato correttamente identificato con l’omonimo sofista di Focea (città ascritta al conventus di Smirne), la cui biografia è inserita nella raccolta filostratea: [L. Flaviu?]s Hermokrates era figlio del senatore di rango consolare (L. Flavius?) Rusonianus di Focea e pronipote (per linea materna) del grande Polemone di Laodicea – la madre di Hermokrates, Antonia Kallisto, era infatti figlia di Antonius Attalos, il figlio di M. Antonius Polemon, attestato a sua volta come notabile e sofista tanto a Laodicea e Smirne, quanto a Focea. Questo Hermokrates, il sofista, era forse nipote (per linea paterna) di L. Flavius Hermokrates, il philosophos (difensore del primato di Pergamo in epoca antonina: vd. supra, cap. VI), ma soprattutto era diventato genero, suo malgrado, del sofista Antipatros di Hierapolis, il potente segretario ab epistulis Graecis di Severo: lo stesso imperatore, che si trovava allora in Oriente, non gli aveva infatti lasciato scelta quanto al matrimonio con la bruttissima figlia di Antipatros (c. a. 200–202). A detta di Filostrato, Hermokrates divorziò presto ma morì ancor giovane, intorno ai 25 o 28 anni: gli studiosi hanno generalmente datato la sua morte c. a. 205–208. Se i due Hermokrates, il consiliarius di Caracalla (IvEphesos 2026) e il sofista di Focea e Smirne, genero di Antipatros, sono davvero la stessa persona, è lecito individuare, all’interno del consilium principis (c. a. 200–208), un influente sostenitore dei diritti di Smirne (e forse anche di Pergamo) e potenziale avversario dei tentativi di rivalsa di Efeso.170 Un’altra iscrizione (IvPergamon III, 44), più tarda, sembra poi rivelare un possibile intercessore delle istanze pergamene presso la corte di Caracalla: Aurelius Caius, asiarca dei templi di Pergamo, onorava come proprio philos il liberto imperiale [Aurelius] Saturninus, procuratore (libertino, non equestre) a cognitionibus dei rationales. Verosimilmente Saturninus accompagnava allora l’imperatore nel suo viaggio in Asia Minore e nell’autunno 214 faceva tappa a Pergamo; in precedenza, all’inizio della propria carriera procuratoria (c. a. 184–185), aveva amministrato in Troade il patrimonio della ricchissima famiglia senatoria dei Quintilii (confiscato

169 Lettera di Caracalla a Efeso, sottoscritta dai suoi philoi (c. a. 200–201): IvEphesos 2026; Oliver, Greek Constitutions 1989, 469–474, nr. 244; PH247912; Puech, Orateurs et sophistes 2002, 298–303, nr. 138. Aelius Antipatros di Hierapolis: Philostr. VS 2.24; PIR2, A 137; CPE 230; Ritti, Il sofista Antipatros 1988; Puech, Orateurs et sophistes 2002, 88–94; PGRS 87; Ritti, Storia e istituzioni 2017, 511–514; Carboni, La parola scritta 2017, 88–89. Aelius Koiranos: vd. supra, n. 24. 170 L. Flavius Hermokrates di Focea: Philostr. VS 2.25; PIR2, F 285; Puech, Orateurs et sophistes 2002, 297–307; PGRS 483; cfr. Jones, Epigraphica IV 2003, 127–130; per il nonno omonimo, philosophos e asiarca di Pergamo, cfr. supra, n. 134; per il ramo materno della famiglia, risalente al sofista Polemone, cfr. supra, nn. 77, 139.

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VIII. IvEphesos 802: un anonimo notabile difende il primato di Efeso

da Commodo nel 182); era poi stato trasferito, con importanti incarichi giuridico-amministrativi, a Roma, in Egitto e quindi in Spagna.171 * Infine, a proposito dell’influenza esercitata da un membro del consilium principis a favore di una comunità locale, si può ricordare il caso di Thyateira in Lidia (una città già ascritta al conventus di Pergamo). Innanzi tutto un’iscrizione onoraria per un anonimo notabile tiatireno (TAM V.2, 943) registra l’adventus di Caracalla e la sua gratifica con l’istituzione di un nuovo distretto giudiziario a essa specificamente attribuito (ll. 7–9: … ὁπότε ἐδω|ρήσατο τῆι πατρίδι ἡμῶν | τὴν ἀγορὰν τῶν δικῶν), al tempo del proconsole Marius Maximus (ossia nel suo secondo mandato, a. 214/215), mentre un’altra iscrizione celebra il sommo sacerdote civico [M. Iulius] Menelaos (TAM V.2, 969), figlio dell’asiarca di Pergamo Iulius Dionysios, per aver accolto in città l’imperatore Caracalla ed essere stato per ben tre volte ambasciatore presso gli imperatori (al plurale) a sue spese. La concessione di un proprio distretto giudiziario era un enorme privilegio per Thyateira; si ricordi peraltro come il sistema dei conventus asianici fosse rimasto invariato dall’epoca di Antonino Pio, quando erano stati probabilmente istituiti i distretti di Philadelphia, Aizani, Hierapolis e Laodicea (vd. supra, cap. VII).172 Ma l’uomo di maggiore spicco tra tutti risulta essere, senza dubbio, il cavaliere e giurista M. Cn. Licinius Rufinus, la cui carriera equestre è stata rivelata da una notevole iscrizione tiatirena (AE 1997, 1425, c. a. 238). Rufinus fu consiliarius (sotto Caracalla), quindi segretario ab epistulis Graecis (sotto Macrino), a studiis e a rationibus (sotto Elagabalo), infine a libellis (sotto Severo Alessandro, c. a. 222–223?: vd. supra, cap. II), prima di essere adlectus in Senato e svolgere brillantemente il cursus honorum sino alla grande crisi del 238. Egli «era stato più volte ambasciatore presso gli imperatori e aveva ristabilito tutti i diritti per la patria» (ll. 11–13: πρεσβεύσαντα πολλάκις πρὸς τοὺς | αὐτοκράτορας καὶ πάντα τὰ δίκαια | τῆι πατρίδι κατορθώσαντα). Le ambascerie guidate da Rufinus, in più di una occasione, a difesa dei diritti di Thyateira possono essere messe in relazione con quanto attesta un’altra iscrizione 171 L’asiarca Aurelius Caius onora il procuratore libertino [Aurelius] Saturninus (c. a. 212– 217, prob. 214–215): AE 1933, 273; IvPergamon III, 44; PH303045; cfr. AE 1990, 939. Aurelius Caius: Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 123, nr. 132. (M.? Aurelius) Saturninus: PIR2, S 221; sulla sua carriera vd. Pflaum, La carrière 1970; Christol, Demougin, De Lugo à Pergame 1990. 172 Iscrizione onoraria frammentaria per un anonimo notabile di Thyateira, padre di Aur(elia) Alkipilla Laeliana (c. a. 215–222): OGIS 517; TAM V.2, 943; PH264373. L’iscrizione sembra essere stata dedicata sotto Elagabalo: l’anonimo era stato agonoteta mentre Elagabalo avrebbe accompagnato Caracalla nel suo viaggio in Asia Minore. Thyateira onora il sommo sacerdote civico [M. Iulius] Menelaos (c. a. 214–217): OGIS 516; TAM V.2, 969; PH264399. M. Iulius Menelaos: Frija, Les Prêtres 2012, 250, nr. 234. Iulius Dionysios: Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 135–136, nr. 156.

VIII. IvEphesos 802: un anonimo notabile difende il primato di Efeso

locale (TAM V.2, 966), in cui si elogia come «fondatore (oikistes) della città» l’asiarca C. Iulius Iulianus Tatianos, a sua volta figlio degli asiarchi C. Iulius Hippianos e Cornelia Secunda: costui, tra le molte benemerenze verso la città, «era stato ambasciatore presso l’imperatore a sue spese e aveva ristabilito i più grandi (privilegi) per la patria» (ll. 9–12: … πρεσβεύσαντα πρὸς | τὸν αὐτοκράτορα προῖκα καὶ κα|τορθωσάμενον τὰ μέγιστα τῇ | πατρίδι, κτλ.).173 Si riscontra pertanto il concorso di sforzi di vari personaggi importanti, sia a livello cittadino (archiereis civici) che federale (asiarchi), dapprima per ottenere nuovi privilegi per Thyateira (il conventus sotto Caracalla) e successivamente per difenderli e ristabilirli (sotto Macrino o un imperatore successivo, forse Severo Alessandro?): l’obiettivo delle ambascerie tiatirene condotte dal consiliarius Rufinus (tra il 215 e il 238) e dal magnate Tatianos presso vari imperatori risulta dunque essere stato il ristabilimento (κατόρθωσις: vd. infra, cap. VIII) di molti importanti privilegi civici (τὰ δίκαια), in maniera analoga a quanto aveva fatto l’anonimo syndikos di Efeso al tempo di Caracalla e specialmente di Macrino, a difesa del primato efesino all’interno del koinon d’Asia (IvEphesos 802: περὶ τῶν πρωτείων καὶ τῶν λοιπῶν δικαίων). Il primato (τὰ πρωτεῖα: vd. supra, cap. VI) era stato inizialmente detenuto da Pergamo (sino all’epoca traianeo-adrianea), quindi proclamato da Efeso (c. a. 138), eventualmente sottratto o acquisito su base paritaria da Smirne (grazie al «redivivo» Polemone, c. a. 143–145), poi condiviso e insieme conteso, senza tregua, tra le «Tre Grandi» (al tempo delle orazioni di Aristide, c. a. 166–167); tra 214 e 215 era stato finalmente strappato da Efeso con l’appoggio del koinon stesso e col consenso, pur riluttante, di Caracalla (IvEphesos 212.C), ma subito veniva insidiato dalle rivali. Tale primato comportava vari diritti caratteristici, tra i quali si sono ricordati la propompeia e il privilegio di accogliere il proconsole entrante, ma resta infine da chiarire la prohedria.

Risultati Un riesame approfondito dell’iscrizione onoraria (IvEphesos 802) per un anonimo ambasciatore e difensore civico (syndikos) efesino, condotto alla luce delle più aggiornate ricostruzioni dei viaggi di Caracalla (Christol) e soprattutto delle con173 M. Cn. Licinius Rufinus: vd. supra, n. 25. I panettieri di Thyateria onorano l’asiarca C. Iulius Iulianus Tatianos (c. a. 225–250?): TAM V.2, 966; PH264396. C. Iulius Iulianus Tatianos e i suoi genitori: Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 136–137, nr. 157. In particolare il padre di Tatianos, C. Iulius Hippianos, anch’egli asiarca, pare essere figlio del sommo sacerdote civico Flavius Moschios, attestato dalle monete locali dell’epoca di Severo, Caracalla e Geta: Frija, Les Prêtres 2012, 250, nr. 232; cfr. Heller, «Les bêtises des Grecs» 2006, 128, n. 14. L’attività politica di Tatianos potrebbe pertanto collocarsi nel secondo quarto del III sec.

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cessioni imperiali a Efeso e alle altre città asianiche (vd. supra, capp. IV e VI), ha permesso di formulare datazioni più circostanziate per varie missioni diplomatiche svolte dall’anonimo, in particolare per la duplice syndikia a nome della città e inoltre del koinon d’Asia, che si è ipotizzato di porre nell’estate 214 (in tal caso essa avrebbe avuto come oggetto la richiesta della terza neokoria per Efeso: cfr. il rescritto di Caracalla all’Asia, IvEphesos 212.C, supra, cap. III) oppure tra 215 e 216 (in difesa del privilegio efesino di accogliere il proconsole entrante: cfr. il rescritto di Caracalla ad desideria Asianorum, citato da Ulpiano [D. 1.16.4], supra, cap. II). Si è dunque considerato come l’anonimo syndikos, che riuscì a difendere e ristabilire tutti i diritti di Efeso (πάντα κατορθώσαντα) negli anni di Severo e Caracalla e a confermare vittoriosamente la sua condizione giuridica di primato (περὶ τῶν πρωτείων καὶ τῶν λοιπῶν δικαίων καὶ νεικήσαντα) sotto Macrino, fosse stato il primo ordinatore del dossier di dikaiomata a sostegno dei privilegi efesini, noto a Ulpiano e poi menzionato nella lettera del dignitario agli Efesini (IvEphesos 217). Si sono inoltre individuati altri notabili di rilievo che si impegnarono a difesa di Efeso (il consolare T. Flavius Damianos, figlio dell’omonimo sofista, membro del clan dei Vedii; gli advocati fisci e/o asiarchi C. Laberius Paulus e M. Fulvius Publicianus Nikephoros) oppure di Pergamo e/o Smirne (il senatore e sofista L. Flavius Hermokrates, philos di Caracalla e nipote dell’omonimo asiarca pergameno; l’asiarca Aurelius Caius) e parallelamente, all’interno dell’entourage di Caracalla e Macrino, alcuni consiglieri o cortigiani che parrebbero aver accolto e sostenuto la posizione di Efeso (nei casi dei procuratori d’Asia L. Didius Marinus, L. Lucilius Pansa Priscillianus e Vipsianus Caecilianus Axios; dell’ex proconsole d’Asia Marius Maximus; del segretario a cognitionibus et ab epistulis Latinis [- - -]inianus) o forse quella di Pergamo (il procuratore libertino Saturninus). Un caso di particolare interesse è rappresentato dal giurista M. Cn. Licinius Rufinus, difensore dei diritti della sua patria, Thyateira, e consiliarius di Caracalla, che alla città concesse il privilegio di diventare capoluogo di un nuovo distretto giudiziaro; l’influente Rufinus divenne poi segretario ab epistulis Graecis (sotto Macrino), a studiis e a rationibus (sotto Elagabalo), infine a libellis (sotto Severo Alessandro: cfr. supra, cap. II), prima di essere ammesso nell’ordine senatorio.

IX. Προεδρία: la presidenza del koinon d’Asia tra Tarda Repubblica e Alto Impero

Tra i privilegi attinenti al primato provinciale (τὰ πρωτεῖα) Merkelbach ha giustamente individuato il diritto della «precedenza» (προπομπεία), ossia di marciare innanzi e condurre la processione festiva del culto imperiale (pompe): il sommo sacerdote federale procedeva in testa al corteo (πρόοδος) e poteva talora indossare, in via straordinaria, la corona d’oro e la porpora, come attestano alcune fonti letterarie (Dione Crisostomo) ed epigrafiche (tra cui IvEphesos 3070: vd. infra, cap. XI).174 Questo notevole privilegio trovava la sua più vivida rappresentazione performativa, di grande impatto visivo e simbolico, nella dimensione propriamente festiva, che era parte integrante delle periodiche occasioni di assemblea per il koinon. A fianco del privilegio «simbolico» della propompeia si suggerisce qui di aggiungerne altri, parimenti derivanti dal primato, ma di carattere più «politico», in particolare la «presidenza» (προεδρία) esplicitamente menzionata dalla lettera del dignitario agli Efesini (IvEphesos 217, ll. 3–5: … ἥ τε ἐξ ἀρχῆς … | τῇ ὑμετέρᾳ μητροπόλει | προεδρία προσνενεμημένη, «la presidenza assegnata fin dal principio alla vostra metropolis»). Questo diritto di «sedere in prima fila, al primo posto» non dovrebbe essere interpretato in un senso restrittivo, ricondotto alla sola dimensione ludica (il posto d’onore, in prima fila, nel teatro, durante gli spettacoli connessi ai grandi agoni federali) – sarebbe questo un privilegio essenzialmente onorifico (e, di per sé, effimero), come la propompeia –, ma in un senso più integrale, pienamente politico, ossia come la presidenza delle assemblee federali del koinon d’Asia. Si ricordi peraltro come il teatro, in quanto luogo «politico» per eccellenza della città greca, tipicamente deputato all’adunanza del corpo civico, potesse infatti servire ad accogliere tanto gli spettacoli, quanto – a maggior ragione – le assemblee popolari. Le assemblee del Consiglio cittadino, come pure quelle del koinon federale, si tenevano invece, di preferenza, in strutture più piccole ed elita174 Merkelbach, Der Rangstreit 1978, partic. 290–291 sulla processione festiva.

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IX. Προεδρία: la presidenza del koinon d’Asia tra Tarda Repubblica e Alto Impero

rie, di forma simile al teatro (o meglio a un odeion), ossia nei bouleuteria. Si ricordi inoltre l’allusione di Aristide (or. 23.34: … τὰς πόλεις αἷς τὸ προβουλεύειν ἀνακείται: vd. supra, cap. VII) a una sorta di prerogativa (probouleuein) nelle deliberazioni del koinon, che spettava alle città che detenevano il primato (vd. infra). Ma, seguendo questa linea interpretativa, dovremmo comunque chiederci cosa si intendesse, concretamente, per presidenza delle assemblee federali, assegnata a Efeso: innanzi tutto, come erano organizzate quelle assemblee e da chi erano presiedute? * Uno sguardo retrospettivo rivela come l’assemblea federale avesse il compito di rappresentare «i popoli (residenti) nella (provincia) Asia e le nazioni e gli uomini prescelti singolarmente nell’amicitia verso i Romani» (OGIS 439, c. a. 98–97 a. C.: Οἱ ἐν τῆι Ἀσίαι δῆμοι καὶ τὰ ἔθνη καὶ οἱ κατ’ἄνδρα κεκριμένοι ἐν τῆι πρὸς Ῥωμαίους φιλίαι) e, in epoca successiva (ormai scomparsi gli individui prescelti), «le città nella (provincia) Asia e i popoli e le nazioni» (IvEphesos 251, 48 a. C.: Aἱ πόλεις ἐν τῆι Ἀσίαι καὶ οἱ δῆμοι καὶ τὰ ἔθνη). L’assemblea era ufficialmente denominata synhedrion nei primi decenni del I sec. a. C. (OGIS 438, ll. 11–12) – il termine rimase in uso anche in epoca seriore (ricompare infatti in Aristide) –, mentre la federazione stessa era detta koinon, perlomeno dall’epoca sillana in avanti (τὸ κοινὸν τῶν ἐπὶ τῆς Ἀσίας Ἑλλήνων): l’assemblea del koinon dei Greci d’Asia accoglieva pertanto i delegati delle «cinquecento città» della provincia.175 Come si è ricordato supra (cap. II), il koinon si riuniva almeno due volte l’anno per le sue periodiche assemblee, che si svolgevano a turno nelle città aventi diritto di ospitarle, rispettivamente in settembre (quando si tenevano i grandi giochi federali, κοινὰ Ἀσίας τὰ μεγάλα, e cominciava ufficialmente l’anno asianico dal 23 settembre, genetliaco di Augusto) e in gennaio-febbraio (per l’assemblea «delle magistrature», ἐκκλησία ἀρχαιρετικὴ, in cui si sarebbero eletti i sommi sacerdoti federali per l’anno venturo). Una terza volta però, durante l’estate, i delegati si radunavano a Efeso – sempre e solo a Efeso –, secondo la prassi di una cerimonia di ἀπάντησις, per dare l’accoglienza solenne al proconsole d’Asia, appena giunto per 175 La federazione d’Asia onora l’ex proconsole Q. Mucius P. f. Scaevola a Olimpia (c. a. 98–97 a. C.): IvOlympia 327; OGIS II, 439; PH214132. L’intestazione dell’iscrizione (ll. 1–2) venne restituita da Dittenberger sulla base del confronto con l’analogo decreto onorario federale per Herostratos figlio di Dorkalion, iscritto anch’esso a Olimpia (primi decenni del I sec. a. C.): OGIS II, 438; PH289359. Su questi documenti vd. Campanile, L’assemblea provinciale 2007, 129–130. Sulla formula οἱ κατ’ἄνδρα κεκριμένοι vd. Raggi, La scomparsa 2010. Il termine koinon compare più volte nel decreto onorario federale per i fratelli Dionysios e Hierokles, figli di Iason, da Aphrodisias (c. a. 80–48 a. C., prob. 80–71): Reynolds, Aphrodisias and Rome 1982, 26–32, nr. 5; PH256880; IAph2007 2.503. Le «cinquecento città» (πεντακόσιοι πόλεις) dell’Asia: Ios. BJ 2.16.365; Philostr. VS 2.1.3 (p. 548 Kayser).

IX. Προεδρία: la presidenza del koinon d’Asia tra Tarda Repubblica e Alto Impero

mare dall’Italia (vd. supra, cap. II), e verosimilmente gli rivolgevano un discorso ufficiale di benvenuto (il cd. προσφωνητικὸς λόγος), tenuto nell’appropriata sede assembleare, il bouleuterion.176 Questa terza assemblea potrebbe essere definita «cerimoniale» per distinguerla dalle due assemblee ordinarie («festive», sì, ma soprattutto «politiche»), che trattavano le questioni interne al koinon. Una prima ipotesi sull’ambito formale di esercizio della prohedria efesina può essere dunque che Efeso, forte del privilegio di accogliere, per prima tra le metropoleis, il proconsole entrante, detenesse altresì la prerogativa di presiedere l’assemblea federale «cerimoniale», in cui i delegati asianici porgevano formalmente l’omaggio al nuovo governatore: in questo caso tale assemblea sarebbe stata presieduta dal sommo sacerdote federale dei templi di Efeso (ἀρχιερεὺς τῆς Ἀσίας ναῶν τῶν ἐν Ἐφέσῳ), che avrebbe forse tenuto il discorso prosphonetikos come portavoce dell’intero koinon. Come termini di confronto esterni sul presunto ruolo dell’asiarca di Efeso quale presidente e portavoce dell’assemblea federale «cerimoniale» d’Asia, si possono richiamare gli incarichi svolti da alcuni dignitari federali in Bithynia e in Pamphylia: nel primo caso il magnate Ti. Claudius Piso, in un’iscrizione onoraria di Prusias ad Hypium (IvPrusias 47), databile verso la fine del II sec., risulta essere stato «primo della provincia per decreto dell’assemblea federale e portavoce dell’ethnos … e arconte della patria e della provincia … e bithyniarches etc.» (ll. 2–10: πρῶτον ἐπαρχείας δόγματι κοινοβουλίου καὶ προήγορον τοῦ ἔθνους … καὶ ἄρχοντα τῆς πατρίδος καὶ τῆς ἐπαρχείας … καὶ Βειθυνιάρχην κτλ.). Piso non fu soltanto sommo sacerdote di Bithynia (bithyniarches), ma anche e soprattutto portavoce (προήγορος) e presidente dello stesso koinon provinciale (ἄρχων τῆς ἐπαρχείας, come ha osservato l’editore Walter Ameling), ossia dell’assemblea bitinica (koinoboulion) – si noti come la federazione sia definita con i termini, in questo caso sostanzialmente equivalenti, di ethnos ed eparcheia.177 176 Sull’importanza del rituale di accoglienza del governatore e dei discorsi ufficiali pronunciati in quell’occasione dai rappresentanti delle città (descritti da Menandro Retore) ha opportunamente richiamato l’attenzione Marotta, Ulpiano e l’impero, II 2004, 70–78; sul cerimoniale di ἀπάντησις cfr. recentemente Pont, Rituels civiques 2009; Bérenger, L’Adventus 2009. Il fatto che tale cerimoniale fosse celebrato già in epoca repubblicana, proprio a Efeso, per l’avvento del governatore d’Asia, può desumersi da una lettera di Cicerone, accolto in città quasi Ephesio praetori (ad Att. 5.13.1, 26 luglio 51 a. C.): de concursu legationum, privatorum et de incredibili multitudine quae mihi iam Sami sed mirabilem in modum Ephesi praesto fuit aut audisse te puto aut quid ad te attinet? verum tamen decumani venissem cum imperio, Graeci quasi Ephesio praetori, se alacres obtulerunt. etc. Ringrazio vivamente Domitilla Campanile per aver attirato la mia attenzione su questo passo ciceroniano. 177 T. Ulpius Papianos onora il magnate Ti. Claudius Piso di Prusias da Hypium (ultimo quarto del II sec.): IvPrusias 47. Ti. Claudius Piso: PIR2, C 961. Sulla terminologia giuridico-amministrativa impiegata per indicare le province (o le sub-province) e le federazioni provinciali vd. Vitale, Eparchie und Koinon 2012, passim.

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Nel secondo caso due iscrizioni di Perge, ascrivibili alla prima metà del III sec., mostrano i ruoli di «presidente e portavoce e adunatore del koinon dei Panfili / della Pamphylia» (ἐπὶ ἄρχοντος καὶ προηγόρου καὶ συναγωγέως τοῦ Παμφύλων ἔθνους / τῆς Παμφυλίας), ricoperti da Aurelius Silanus Neonianos Stasias (IvPerge 294) e Marcianus Kallippos Longinus (IvPerge 321), due dignitari federali che rivestivano la pamphyliarchia. Il termine di «adunatore» (synagogeus) dell’assemblea panfilica sembrerebbe equivalente, nella funzione, a quello di «arconte, presidente» (archon) dell’assemblea bitinica. Sia nell’esempio del dignitario federale di Bithynia, sia in quelli di Pamphylia, si intuisce tuttavia come tale privilegio di rappresentanza (προηγορία) non dovesse essere ristretto al solo ambito «cerimoniale», ma avesse una portata pienamente politica: il presidente dell’assemblea federale esprimeva la voce collettiva del koinon e si faceva portavoce e garante delle istanze provinciali presso le autorità esterne (il governatore, il Senato, l’imperatore). Passando dai singoli dignitari alle città che li eleggevano, si ricordi come proprio il dossier della Tacitusstraße di Perge (IvPerge II, 331, c. a. 275–276: vd. supra, cap. VI) istituisse un paragone molto significativo tra la città che rappresentava il «fastigio del koinon di Pamphylia» (κορυφὴ πόλεων, κορυφὴ τῆς Παμφυλίας), ossia che deteneva una posizione di preminenza (se non di effettiva presidenza) all’interno dell’assemblea panfilica, e l’asianica Efeso: entrambe erano infatti considerate le «madri» dei rispettivi koina (νὺν δ’ἐφάνην [scil. Perge] μήτηρ ὡς Ἀσίης Ἔφεσος). Un confronto altrettanto chiarificatore può farsi con un’altra città che godeva di una posizione di preminenza in seno a un koinon greco-orientale: Tarso, capitale della provincia Cilicia, tra la fine del II e il III sec. si fregiava del titolo di «città presidente» (prokathezomene) delle tre eparcheiai (ossia dei tre koina) di Cilicia, Isauria e Lycaonia, inserito all’interno di una titolatura civica assai complessa, che all’epoca di Severo Alessandro si era sviluppata nella forma di «la prima e grandissima e bellissima metropolis, città presidente delle tre eparcheiai di Cilicia, Isauria e Lycaonia, e due volte neokoros, la sola tra le (città) provinciali a essere insignita delle demiourgiai e delle kilikarchiai e di un libero consiglio federale e di moltissime altre grandissime e straordinarie donazioni» (ἡ πρώτη καὶ μεγίστη καὶ καλλίστη μητρόπολις, τῶν γ´ ἐπαρχειῶν Κιλικίας Ἰσαυρίας Λυκαονίας προκαθεζομένη καὶ β´ νεωκόρος, τετειμημένη μόνη δημιουργίαις τε καὶ κιλικαρχίαις ἐπαρχικῶν καὶ ἐλευθέρῳ κοινοβουλίῳ καὶ ἑτέραις πλείσταις καὶ μεγίσταις καὶ ἐξαιρέτοις δωρεαῖς). Sia nel caso di Perge che in quello di Tarso, possiamo considerare che l’accumulo di una serie di titoli onorifici, ottenuti dalle autorità romane nell’arco di un paio di secoli, garantisse a queste città una posizione di vertice all’interno delle rispettive federazioni, ovvero un primato esemplificato dalla prerogativa di «presidenza», al pari di Efeso. Come ulteriore termine di paragone si può ricordare, per un’epoca pur successiva (ormai largamente cristianizzata), il caso di Tiro, capitale della Syria Phoenice e metropolis del koinon fenicio (vd. supra, cap. II): quando Teodosio II volle concedere (c. a. 449–450) il rango metropolitano (onorario) a Berito, l’antica rivale di Tiro, l’imperatore non mancò di chiarire che in nulla sarebbe stato diminuito il

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privilegio della prima metropolis, che rimaneva la vera e propria mater provinciae. La «madre della provincia» era dunque una condizione unica ed impareggiabile, tale da collocarsi al di sopra delle pur prestigiose «città-madri», le metropoleis (che potevano anche essere più d’una per ogni koinon o provincia).178 * A questa ipotesi «cerimoniale» può affiancarsene inoltre una seconda, che non esclude (ma anzi integra, in senso più ampio) la prima: Efeso potrebbe aver goduto di un qualche privilegio di «presidenza» (προεδρία) anche nelle due assemblee federali ordinarie («politiche») del koinon d’Asia, che erano presiedute, per l’appunto, da un collegio di πρόεδροι. La denominazione di tali magistrati-presidenti, tra i quali compare un segretario (grammateus), è riportata da un documento di primaria importanza (IAph2007 2.503), il decreto onorario del koinon d’Asia per i fratelli Dionysios e Hierokles, rinvenuto ad Aphrodisias, loro città natale, e databile all’epoca post-sillana (c. a. 80–48, prob. 80–71): il prescritto del decreto registra «[È stato deciso dal koinon, su proposta] dei presidenti e del segretario: poiché etc.» (l. 1: [ἔδοξεν τῷ κοινῷ vacat γνώμη π]ροέδρων καὶ γραματέως vacat ἐπεὶ κτλ.). E la presenza di prohedroi in seno al koinon, in una posizione apicale, risulta anche dalla lettera di Marco Antonio riguardo ai privilegi del synhedrion degli artisti dionisiaci (c. a. 41–40 o 33–32 a. C.), indirizzata dal triumviro al koinon d’Asia e ai prohedroi (RDGE 57, app. crit. ll. 3–4: τῶι κοινῶι τῶν ἀπὸ τῆς Ἀσίας Ἑλλήνων καὶ τοῖς προέ[δροις - - -]).179 178 Restauro del ninfeo della via colonnata di Perge, sotto l’arconte federale Aurelius Silanus Neonianos Stasias (III sec.): IvPerge II, 294; PH314028. L’ethnos dei Panfili onora un anonimo personaggio, sotto l’arconte federale Marcianus Kallippos Longinus (prima metà del III sec.): IvPerge II, 321; PH314056. Per un’analisi comparata delle funzioni svolte dai dignitari federali Piso in Bithynia e Stasias e Longinus in Pamphylia vd. Vitale, Il sommo sacerdozio federale 2014, 281–283. Iscrizione onoraria di Tarso (con titolatura completa) per Severo Alessandro, dedicata sotto il legato Ostorius Euhodianos (PIR2, O 159–160; LP 31.26): Laflı, Bru, Inscriptions IV 2015, 220–223, nr. 4; Sayar, Tarsos 2016; Vitale, Hächler, Anmerkungen 2016. Per il ruolo di Tarso all’interno del triplice koinon vd. Guerber, Les cités grecques 2009, 180–191; Vitale, Eparchie und Koinon 2012, 313–319. In particolare sul rapporto tra Caracalla e Tarso vd. ora Mastrocinque, Cracking Antiochus’ Riddle 2018. Teodosio II eleva Berito al rango onorario di seconda metropolis di Phoenice: C. 11.22.1 (c. a. 449–450): Propter multas iustasque causas metropolitano nomine ac dignitate Berytum decernimus exornandum iam suis virtutibus coronatam. igitur haec quoque metropolitanam habeat dignitatem. Tyro nihil de iure suo derogatur. sit illa mater provinciae maiorum nostrorum beneficio, haec nostro, et utraque dignitate simili perfruatur; cfr. Millar, A Greek Roman Empire 2006, 135–136; Filippini, Councillors, Heretics 2018, 265–266. 179 Vd. supra, n. 175. Un utile termine di paragone è fornito dalla formulazione del decreto civico di Efeso riguardo alla guerra mitridatica (IvEphesos 8, ll. 20–21: ἔδοξεν τῶι δήμωι, γνώμη προέδρων καὶ τοῦ γραμματέως τοῦ δήμου … εἰσαγ[γ]ειλαμένων τῶν στρατηγῶν): «È stato deciso dal Popolo, su proposta (gnome) dei presidenti e del segretario del Popolo … su relazione introduttiva (eisangelia) degli strateghi».

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Per l’epoca successiva un eccezionale dossier epigrafico di Sardi (Sardis VII.1, 8), databile all’età augustea (iscritto c. a. 1 a. C.), che riporta i decreti onorari votati dal koinon d’Asia e dalla città di Sardi (c. a. 5–1 a. C.) per il notabile sardiano Menogenes figlio di Isidoros, mostra che il ruolo più eminente, in seno all’assemblea federale, era rivestito dal sommo sacerdote del culto imperiale (della dea Roma e di Augusto) di Pergamo (allora prima e unica città neokoros in Asia), il quale sottoponeva la propria proposta (γνώμη) al voto assembleare: Sardis VII.1, 8: testo IX, ll. 89–90: ἔδοξεν τοῖς ἐπὶ τῆς Ἀσας Ἕλλησιν γνώμη τοῦ ἀρχιερέως θεᾶς Ῥώμης καὶ Αὐτοκράτορος Καίσαρος | θεοῦ ὑοῦ Σεβαστοῦ Φιλιστήους τοῦ Ἀπολλοδώρου τοῦ Ἀπολλοδώρου φιλοπάτριδος Σμυρναίου· ἐπεὶ κτλ. cfr. testo X, ll. 99–102: ἔδοξεν τοῖς ἐπὶ τῆς Ἀσίας Ἕλλησιν γνώμη Μάρκου Ἀντωνίου Λεπίδου Θυατιρηνοῦ, τοῦ ἀρχιερέως καὶ | ἀγωνοθέτου διὰ βίου τῶν μεγάλων Σεβαστῶν Καισαρήων θεᾶς Ῥώμης καὶ Αὐτοκράτορος Καίσαρος | θεοῦ υἱοῦ Σεβαστοῦ, ἀρχιερέως μεγίστου καὶ πατρὸς τῆς πατρίδος καὶ τοῦ σύνπαντος τῶν ἀνθρώπων | γένους· ἐπεὶ κτλ.

L’archiereus del tempio pergameno (Philistes figlio di Apollodoros di Smirne nel testo IX [a. 3/2 a. C.]; M. Antonius Lepidus di Thyateira nel testo X [a. 2/1 a. C.]) sembra aver sostituito i prohedroi (forse ancora presenti, sebbene non fossero menzionati) nella funzione di presidenza dell’assemblea; egli comunicava inoltre ufficialmente le decisioni del koinon riguardo a Menogenes agli organismi civici di Sardi (lettere di due archiereis: Charinos figlio di Charinos di Pergamo nel testo VII [a. 5/4 a. C.], ll. 75–82; Demetrios figlio di Herakleides di Mastaura nel testo VIII [a. 4/3 a. C.], ll. 83–88), facendosi portavoce di tutti i Greci d’Asia. In maniera analoga l’archiereus pergameno Apollonios figlio di Menophilos di Aizani aveva formulato le gnomai che diedero adito ai due decreti federali votati nel gennaio del 9 a. C. (IvPriene 6, ll. 30–31: ἔδοξεν τοῖς ἐπὶ τῆς Ἀσίας | Ἕλλησιν, γνώμῃ τοῦ ἀρχιερέως Ἀπολλωνίου τοῦ Μηνοφίλου Ἀζανίτου | ἐπε[ιδὴ κτλ.; IvPriene 7, ll. 78–79: ἔδοξεν τοῖς ἐπὶ τῆς Ἀσίας Ἕλλησιν, γνώμῃ τοῦ ἀρχιερέως Ἀπολλωνίου τοῦ | Μηνοφίλου Ἀζεανείτου· ἐπεὶ κτλ.): si trattava allora della celebre riforma del calendario asianico in onore di Augusto, suggerita al koinon stesso dal proconsole Paullus Fabius Maximus.180 180 Dossier di Sardi, costituito da dodici testi (databili c. a. 5–1 a. C.) riguardanti Menogenes figlio di Isidoros di Sardi: Sardis VII.1, 8; PH263119. Dossier epigrafico della riforma del calendario asianico (9 a. C.): Laffi, Le iscrizioni 1967. Paullus Fabius Maximus (procos. a. 10/9 a. C.): PIR2, F 47; LP 26.08. Sui sommi sacerdoti menzionati in questi due dossier vd. Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 29–32, risp. nrr. 1 (Lepidus), 2 (Apollonios), 3 (Charinos), 4 (Demetrios), 6 (Philistes).

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I documenti di Aphrodisias, Sardi e del calendario asianico hanno finora rappresentato le testimonianze più preziose – quanto isolate – per la comprensione del funzionamento interno delle assemblee federali (perlomeno in epoca repubblicana e augustea), ma la recentissima pubblicazione (2017) di due decreti del koinon d’Asia, rispettivamente di epoca adrianea e antonina, rinvenuti a Hierapolis di Frigia da Francesco D’Andria, editi e commentati da Tullia Ritti, offre adesso un adeguato termine di paragone, per quanto successivo di circa due secoli. Ecco i prescritti dei decreti federali:181 Decreto del koinon d’Asia riguardo alle feste decretate da Adriano (a. 124), ll. 1–4 (testo reintegrato dall’editrice sulla base del confronto con il decreto successivo): Εἰσανγείλαντος Κλαυδίου Ζηνοδότο[υ γραμματέως, ἐπεψηφισάντων Τιβερίου Κλαυδίου Μει]|λήτου, Λουκίου ᾿Ιουλίου Λιβωνιανοῦ, Οὐλπίο[υ Δαμᾶ Κατουλλίνου?, ἀσιαρχῶν], | ἔδοξεν τοῖς ἐπὶ τῆς Ἀσίας Ἕλλησιν, γ[νώμη Τιβερίου Κλαυδίου Μειλήτου, ἀρχιερέως τῆς] | Ἀσίας ναοῦ τοῦ ἐν Ζμύρνῃ· ἐπεὶ κτλ.; l. 11: … ἔδοξεν τε τοῖς ἐπὶ τῆς Ἀσίας [Ἕλλησιν - - -]. Trad. T. Ritti: «Su relazione di Claudius Zenodotos [segretario?; mettevano ai voti gli asiarchi Tiberius Claudius Mei]letos, Lucius Iulius Libonianus, Ulpius [Damas Catullinus?]; è stato deciso dai Greci d’Asia, [su proposta di Tiberius Claudius Meiletos, sommo sacedote] d’Asia del tempio (che si trova) in Smirne: poiché etc.; (l. 11) è stato deciso dai [Greci] d’Asia [che - - -]». In questo decreto la Ritti ha riconosciuto il ruolo di segretario a Claudius Zenodotos e ha identificato due personaggi già noti, entrambi originari di Sardi e attestati come asiarchi/sommi sacerdoti federali, L. Iulius Libonianus per i templi della stessa Sardi e Ti. Claudius Meiletos per il tempio di Smirne, rispettivamente nell’asiarca omonimo (l. 2) e nell’asiarca [- - -]letos (ll. 1–2), che sarebbe anche menzionato come sommo sacerdote di Smirne (ll. 3–4). Ha inoltre ipotizzato di riconoscere l’asiarca Ulpius [- - -] in M. Ulpius Damas Catullinus di Thyateira oppure in Ulpius Aristokrates di Keramos, entrambi attestati come asiarchi/sommi sacerdoti federali dei templi di Efeso in epoca adrianea. (Ti.?) Claudius Zenodotos doveva quindi essere, per esclusione, asiarca di Pergamo o Cizico; un’iscrizione onoraria di Hierapolis di recente pubblicazione ha inoltre rivelato che Zenodotos era già stato asiarca nel 108/109: ne consegue che nel 124 egli rivestiva perlomeno la sua seconda asiarchia.182 181 Dossier di Hierapolis relativo a T. Flavius Meniskos Philadelphos il Giovane (lettera di Antonino Pio a Meniskos, a. 151; decreto del koinon d’Asia in onore di Meniskos, c. a. 151–156; lettera di Antonino Pio al koinon d’Asia, datata 13 agosto 156): Ritti, Storia e istituzioni 2017, 429–452, partic. 437–448 per il decreto federale. Decreto del koinon d’Asia che menziona un imperatore allora in visita nella provincia (Adriano, a. 124): ibid. 371–382; cfr. supra, n. 72. 182 Su Ti. Claudius Meiletos e L. Iulius Libonianus vd. supra, n. 72. M. Ulpius Damas Catullinus di Thyateira e Ulpius Aristokrates di Keramos: Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 110–112, nrr. 111–112. L’asiarca (Ti.?) Claudius Zenodotos è menzionato come esecutore di un’iscrizione onoraria di Hierapolis, decretata dal koinon d’Asia per il defunto M. Valerius

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IX. Προεδρία: la presidenza del koinon d’Asia tra Tarda Repubblica e Alto Impero

Decreto del koinon d’Asia in onore di T. Flavius Meniskos Philadelphos di Hierapolis (c. a. 151–156, prob. 154), ll. 1–3: [Eἰσ]ανγεί[λ]α¢ντος Ἀλφ[η]ν¢οῦ [..]λίου, ἀρχιερέως Ἀσίας ναοῦ τοῦ ἐν τῇ νεωκόρῳ Κυζικηνῶν π¢όλει, | ἐπι[ψ]ηφισαμένων Αἰλίου Ζευξιδήμου, Ἰουλίου Λούππου – τοῦ καὶ ἀργυροταμίου τῆς Ἀ|σίας – Οὐλπίο[υ] Φλάκκου, ἀσιαρχῶν. Ἐπεὶ κτλ. Trad. T. Ritti: «Su relazione di Alfenus [..]ilios, sommo sacerdote d’Asia del tempio (che si trova) nella città neokoros dei Ciziceni; mettevano ai voti gli asiarchi Aelius Zeuxidemos, Iulius Lupus – il quale era anche tesoriere d’Asia –, Ulpius Flaccus. Poiché etc.». In questo decreto la Ritti ha riconosciuto il ruolo di segretario ad Alfenus [..]ilios, asiarca di Cizico, e ha proposto di identificarlo con il probabile padre dell’asiarca di epoca severiana Alfenus Modestus, esponente di una famiglia di Thyateira. Risulta difficile attribuire le sedi specifiche agli altri asiarchi: Aelius Zeuxidemos, Iulius Lupus e Ulpius Flaccus potrebbero aver svolto la propria asiarchia a Pergamo, Smirne, Sardi o Efeso. Tuttavia il fatto che Lupus svolgesse anche il compito di tesoriere (argyrotamias) dell’Asia suggerisce che egli fosse l’asiarca di Efeso, dato che quella città aveva il privilegio di custodire la cassa federale (ταμιεῖον κοινόν: Aristid. or. 23.24). La Ritti ha inoltre identificato Aelius Zeuxidemos con P. Aelius Zeuxidemos Cassianus di Hierapolis, già noto come asiarca (ma di sede incerta) e, non a caso, concittadino dell’onorato T. Flavius Meniskos.183

Si sintetizzano qui i caposaldi che emergono dalla lettura critica dei decreti e sono stati messi a fuoco dell’ampia e accurata analisi della Ritti: a) in epoca adrianeo-antonina l’assemblea federale risulta essere presieduta da un collegio di magistrati, che svolgevano per l’appunto funzione di prohedroi: costoro, in numero di quattro, erano gli asiarchi. b) uno di essi doveva svolgere la funzione specifica di segretario (grammateus: cfr. IAph2007 2.503): a lui spettava di formulare la relazione introduttiva (εἰσαγγελία) che gli altri tre colleghi sottoponevano al voto dell’assemblea (azione espressa dal verbo tecnico ἐπιψηφίζειν), da cui risultava infine il decreto stesso; l’eisangelia del segretario poteva eventualmente accogliere una proposta (gnome) avanzata da un prohedros diverso dal segretario stesso (così nel decreto del 124).

Asiaticus Catullus Messalinus, figlio del proconsole d’Asia M. Valerius Asiaticus (a. 108/109): Filippini, Base di statua 2017. 183 Alfenus Modestus (padre del procuratore imperiale T. Antonius Claudius Alfenus Arignotos di Thyateira): Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 57–58, nr. 37. P. Aelius Zeuxidemos Cassianus di Hierapolis (padre dell’advocatus fisci P. Aelius Zeuxidemos Aristos Zenon, nonno del sofista e segretario ab epistulis Graecis Aelius Antipatros): Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 54–55, nr. 34; cfr. Ritti, Storia e istituzioni 2017, 453–455.

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c) uno dei prohedroi (che poteva svolgere funzione di segretario [a. 154] oppure no [a. 124]) era denominato ἀρχιερεὺς τῆς Ἀσίας del tempio della tale città, con una formula ufficiale e solenne che sembra voler indicare una preminenza relativa (temporanea, in quanto dettata dall’occasione) di tale magistrato rispetto ai colleghi: probabilmente costui era infatti il sommo sacerdote federale della città che, in quel turno, ospitava l’assemblea; egli aveva forse il privilegio onorifico della presidenza generale del koinon ivi riunito. d) i quattro asiarchi/prohedroi erano sommi sacerdoti d’Asia (ἀρχιερεῖς τῆς Ἀσίας) specificamente assegnati ai templi federali delle cinque città (Pergamo, Smirne, Sardi, Efeso, Cizico: vd. supra, cap. V) che, allora e per tutta l’epoca successiva (II–III sec.), condividevano il privilegio elitario di avere un proprio archiereus federale. A latere di quanto già osservato dalla Ritti, si deve ricordare che le altre città neokoroi, a partire da Laodicea, erano invece escluse da tale privilegio; appare inoltre notevole il fatto che, in entrambi i decreti, gli asiarchi fossero soltanto quattro, non cinque, ossia che non tutte le cinque città avessero, in contemporanea, facoltà di inserire il proprio asiarca nel collegio di presidenza dell’assemblea. Dalla documentazione epigrafica di epoca alto-imperiale (II–III sec.) osserviamo infine come i sommi sacerdoti federali delle cinque città potessero, in diverse occasioni, assumere le funzioni di segretario (grammateus), tesoriere (argyrotamias) e panegiriarca (panegyriarches) in nome del koinon stesso. e) l’analisi dei nuovi decreti di Hierapolis, affiancata al riesame del vasto dossier epigrafico sui supremi magistrati federali d’Asia, ha permesso di risolvere, in via definitiva, l’annosa questione dell’identità tra asiarchi e sommi sacerdoti d’Asia: come già avevano intuito vari studiosi, i due titoli coincidevano nella funzione.184 Decreto onorario sulle feste decretate da Adriano, a. 124 (assemblea tenuta a Smirne) asiarchi come proedri

città di origine

città in cui archiereus è asiarca tes Asias

altre funzioni

azione

(Ti.?) Claudius Zenodotos

Hierapolis

Pergamo o Cizico

[grammateus]

eisangellein

Tiberius Claudius Meiletos

Sardi

Smirne

Lucius Iulius Libonianus

Sardi

Sardi

epipsephizein

(M.) Ulpius [Damas Catullinus] o Ulpius [Aristokrates]

Thyateira o Keramos

Efeso

epipsephizein

X

epipsephizein, gnome

184 Sul punto finale si veda l’approfondita disamina della questione in Ritti, Storia e istituzioni 2017, 463–471 (con esaurienti rimandi bibliografici).

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Decreto onorario per Meniskos, c. a. 151–156, prob. 154 (assemblea tenuta a Cizico) asiarchi come proedri

città di origine

città in cui archiereus è asiarca tes Asias

altre funzioni

azione

Alphenus [..] ilios

(Thyateira?)

Cizico

(grammateus)

eisangellein, (gnome?)

(P.) Aelius Zeuxidemos (Cassianus)

Hierapolis

Pergamo, Smirne o Sardi

Iulius Lupus

?

(Efeso)

Ulpius Flaccus

?

Pergamo, Smirne o Sardi

X

epipsephizein

argyrotamias tes Asias

epipsephizein epipsephizein

I quattro asiarchi (incluso il loro segretario) paiono dunque aver svolto, nel II sec. d. C., il medesimo compito assegnato, nel I sec. a. C., ai prohedroi e al loro segretario, ovvero formulare le proposte e sottoporle all’approvazione dell’assemblea – un ruolo che in epoca augustea sembrerebbe essere stato monopolizzato dall’archiereus di Pergamo (cfr. IvPriene 6–7; Sardis VII.1, 8). E tale ruolo non andrà assolutamente sottovalutato, dato che consentiva ai presidenti della seduta di esercitare un’influenza molto significativa sulle decisioni della federazione: essi redigevano infatti l’ordine del giorno delle assemblee, selezionavano le materie oggetto di discussione e davano loro una precisa formalizzazione ai fini della votazione. Se il koinon in sede assembleare era dunque presieduto, anche in epoca imperiale, da un collegio di prohedroi (nella fattispecie gli asiarchi) con il rispettivo segretario, potremmo ipotizzare che proprio all’interno di quel collegio il sommo sacerdote attribuito alla città che deteneva il primato (che fosse Efeso o un’altra città o più di una città in contemporanea) godesse di un qualche privilegio particolare, di carattere «politico», legato all’esercizio della funzione stessa della presidenza (prohedria) – un privilegio di rappresentanza politica (quale presidente e portavoce del koinon), forse analogo a quello esercitato, in epoca augustea, dal solo sommo sacerdote di Pergamo (cfr. Sardis VII.1, 8). Negli anni di Marco Aurelio e Lucio Vero, quando Aristide componeva il discorso Sulla concordia (c. a. 167), il primato era condiviso «a pari merito» dalle «Tre Grandi»: a esse spettava allora una forma di prerogativa (τὸ προβουλεύειν) che potrebbe forse coincidere con tale privilegio di presidenza e rappresentanza. In proposito si può ricordare come in epoca classica e ancora in quella imperiale, all’interno della vita politica delle città greche, il Consiglio avesse la prerogativa di sottoporre alla votazione dell’assemblea popolare una delibera preliminare (προβούλευμα), che poteva essere accolta, respinta o eventualmente modificata dal Popolo: esempi di tale procedura sono offerti dalle orazioni di Aristide e riguardano la dimensione civica di Smirne in epoca antonina (cfr. La Rocca, Elio Aristide 2009). In modo simile, se volessimo interpretare il termine aristideo probouleuein

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come un riferimento tecnico preciso ai probouleumata consiliari, si potrebbe forse pensare che, all’epoca di Aristide (perlomeno negli anni Sessanta del II sec.), i dignitari federali che rappresentavano quelle città che allora, in maniera condivisa, godevano del primato all’interno del koinon d’Asia, ossia gli asiarchi di Pergamo, Smirne ed Efeso, avessero il privilegio esclusivo di formulare quei decreti preliminari che il segretario federale avrebbe poi sottoposto all’assemblea. Essi avrebbero in tal caso costituito una sorta di «direttorio» in seno al koinon, un circolo ristretto nel quale non sarebbero stati ammessi, su un piano di parità, gli asiarchi di Sardi e Cizico. Sembra tuttavia preferibile una certa prudenza nell’interpretazione in chiave analogica: del brano aristideo si possono dare letture più generiche e fluide, meno vincolanti a schemi teorici rigidi, per i quali manca tuttora la prova di un riscontro oggettivo. I decreti federali di Hierapolis lasciano infatti intuire il quadro istituzionale in cui poteva iscriversi – in epoca adrianeo-antonina, si ricordi – tale privilegio di presidenza (prohedria), ma non possono rivelarlo in atto: le iscrizioni riproducono, in maniera selettiva, soltanto alcuni, singoli decreti emessi dalle assemblee del koinon, che accoglievano svariati dibattiti tra i delegati ed effettuavano numerose votazioni, sui temi più diversi, nell’arco di alcuni giorni – nel decreto del 124, ad esempio, il sommo sacerdote di Smirne faceva esplicito riferimento a un precedente decreto in onore di Adriano, già votato dalla medesima assemblea in qualche momento precedente (ma sempre nell’arco della stessa sessione, svoltasi a Smirne, con ogni probabilità nel gennaio-febbraio del 124). I singoli decreti (quasi fossero singoli scatti fotografici) non possono quindi fornirci gli elementi d’insieme che avremmo desunto dalle registrazioni archivistiche delle intere sessioni assembleari – si tengano presente, come termini di confronto, i voluminosi atti dei concili episcopali, che contengono le registrazioni integrali delle sedute sinodali, tenutesi nell’arco di varie settimane o persino mesi, comprese le liste dei vescovi che parteciparono alle singole votazioni. I decreti hierapolitani, per la tipologia formale e la specifica epoca a cui appartengono, illuminano alcune singole procedure di voto, ma non rivelano dinamiche di competizione per il primato o marcate asimmetrie gerarchiche: essi non sembrano rivelare particolari disparità di rango tra i prohedroi, se non il titolo onorifico di ἀρχιερεὺς τῆς Ἀσίας, verosimilmente riservato al sommo sacerdote della città che ospitava l’assemblea. Al tempo del primo decreto (a. 124), quando l’assemblea si sarebbe dunque tenuta a Smirne sotto l’alta presidenza dell’asiarca di quella città, Ti. Claudius Meiletos, il primato provinciale doveva essere ancora saldamente nelle mani di Pergamo (e vi sarebbe rimasto perlomeno fino agli anni 132–138): questo primato pergameno non traspare tuttavia dal decreto stesso; peraltro non è chiaro se l’asiarca Claudius Zenodotos fosse assegnato a Pergamo o Cizico. Nella prima metà degli anni 150, quando fu emesso il secondo decreto (c. a. 151–156, prob. 154) dall’assemblea riunita a Cizico sotto la presidenza del sommo sacerdote Alphenus [..]ilios, è ben noto quanto fosse vivace la contesa tra le «Tre Grandi», che dete-

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nevano il primato «a pari merito» (vd. supra, cap. VI): dal decreto non emergono particolari indizi rivelatori in questo senso, se non il fatto che il tesoriere federale fosse, con ogni probabilità, l’asiarca di Efeso. In entrambi i casi sarebbe comunque anacronistico pensare che il primato fosse già divenuto un monopolio esclusivo di Efeso, come nel I sec. lo era stato di Pergamo: tale «conquista» efesina sarebbe avvenuta molto più tardi, nell’epoca di Caracalla (seppure in via non ancora definitiva) e soprattutto di Valeriano e Gallieno, e sarebbe stata infine riconosciuta, soltanto in epoca dioclezianea, come una «presidenza assegnata sin dal principio alla vostra metropolis» (IvEphesos 217: ll. 3–5: … ἐξ ἀρχῆς … τ̬ῇ ὑμετέρᾳ μ̬ητροπόλει προεδρία προσνενεμη̬μένη; sul valore di ἐξ ἀρχῆς cfr. infra, cap. X). In ogni caso l’eventuale prerogativa di «presidenza», riservata all’asiarca della città che detenesse il primato in provincia, non poteva consistere nell’occupare, in maniera fissa, il ruolo di segretario, che doveva essere assunto dalle varie città (come pare risultare dai decreti) per elezione o sorteggio (nello stesso momento in cui gli asiarchi venivano eletti, durante l’assemblea di gennaio-febbraio?). Forse quell’asiarca sarebbe stato riconosciuto come il decano dei prohedroi (o comunque il prohedros più autorevole) e avrebbe avuto la prerogativa di formulare per primo la sua gnome, come potrebbe suggerire il termine aristideo probouleuein? In tal senso conviene osservare, da una parte, come agisse in epoca augustea l’archiereus pergameno (vd. supra) e, dall’altra, come alcuni autori di IV sec. descrivano il ruolo del princeps Senatus, ossia del decano dei senatori, investito del ius primae relationis, in termini di προεδρία (Temistio) o alludano al decano dei senatori romani di origini cappadoci quale loro πρόθρονος, «presidente» (Gregorio di Nazianzo). Oppure, ragionando in termini quantitativi anziché qualitativi, quell’asiarca avrebbe forse avuto il diritto di esercitare un voto di maggiore peso rispetto ai colleghi, ad esempio un voto doppio – e quindi eventualmente discriminante – all’interno di un collegio composto da un numero pari di membri, che poteva venire a trovarsi in situazioni di stallo (due asiarchi contro altri due)? Si ricordi come le città del koinon dei Licii disponessero di tre, due o un solo voto in base alla loro importanza. O ancora sarebbe stato sempre ammesso, a ogni turno di assemblea, in un collegio che contava meno membri degli aventi diritto (quattro anziché cinque)? Bisogna però subito riconoscere che, in mancanza di dati più precisi sulle procedure interne al koinon, sul funzionamento delle sue strutture, sul calendario delle sessioni e sulle concrete modalità di voto (e nell’attesa di ottenere in futuro nuove informazioni dai rinvenimenti epigrafici), queste ipotesi restano, per ora, mere supposizioni.185 185 Secondo Temistio i senatori Arriano di Nicomedia (L. Flavius Arrianus: PIR2, F 219) e Q. Iunius Rusticus (PIR2, I 814) «presiedettero l’antico consesso (senatorio)» (Themist. or. 34.8: προήδρευον τῆς ἀρχαίας βουλῆς). Gregorio allude al senatore cappadoce e prefetto urbano Martiniano (PLRE I, M. 5; cfr. Filippini, Epigramma onorario 2018) quale «presidente dei nobili Cappadoci di Roma» (Greg. Naz. epitaph. 52: Καππαδοκῶν Ῥώμης πρόθρονον εὐγενέων). Sui differenti voti delle città del koinon dei Licii vd. supra, n. 136.

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Risultati Il concetto di prohedria, «presidenza», è stato interpretato come un privilegio di carattere eminentemente «politico», derivante dalla posizione ufficiale di preminenza (il primato, ta proteia) di una città in seno al koinon, al pari della propompeia, la precedenza nella processione religiosa, un privilegio «simbolico», di per sé effimero ma di notevole impatto visivo, che si esplicava, sotto forma di rappresentazione performativa, in occasione della grandi festività federali. La procedura formale di presidenza del koinon d’Asia è stata ricostruita, sulla base delle fonti disponibili (essenzialmente epigrafiche: nella fattispecie si tratta di decreti federali, emessi dal koinon stesso), secondo una scansione in diverse fasi: in epoca tardo-repubblicana l’assemblea federale era presieduta da un collegio di prohedroi insieme a un loro segretario (grammateus), come mostrano alcuni documenti di epoca sillano-luculliana (IAph2007 2.503, c. a. 80–71) e triumvirale (RDGE 57, c. a. 41– 32). In epoca augustea diveniva invece preminente, rispetto ai prohedroi (forse ancora esistenti, ma relegati in secondo piano), la figura dell’archiereus pergameno della dea Roma e di Augusto (IvPriene 6–7, a. 9 a. C.; Sardis VII.1, 8, c. a. 5–1 a. C.), quale effettivo presidente e relatore dell’assemblea, nonché portavoce del koinon. Nuovi, importanti documenti epigrafici di recentissima pubblicazione (Ritti, Storia e istituzioni 2017), ossia i due decreti federali da Hierapolis di Frigia, l’uno ascrivibile all’anno 124, l’altro c. a. 151–156 (prob. 154), hanno inoltre mostrato come, anche in epoca alto-imperiale (perlomeno in quella adrianeo-antonina), il koinon fosse presieduto da un collegio di dignitari, gli asiarchi, con funzione di prohedroi, in numero di quattro (compreso un grammateus, cui spettava formulare la relazione introduttiva, eisangelia); tali documenti hanno peraltro fugato gli ultimi dubbi residui sull’effettiva coincidenza tra i ruoli di asiarca e di sommo sacerdote d’Asia (quest’ultimo titolo era forse riservato all’asiarca della città che, a turno, ospitava l’assemblea federale). Rispetto agli ambiti di esercizio della prohedria da parte del sommo sacerdote federale della città che deteneva il primato, si sono avanzate due ipotesi, che non si escludono tra loro ma paiono anzi integrabili: a) in occasione dell’assemblea «cerimoniale», tenutasi in estate a Efeso in concomitanza con lo sbarco del proconsole entrante (vd. supra, cap. II), quel sommo sacerdote avrebbe potuto guidare la cerimonia di apantesis al porto, quindi presiedere i delegati federali, riuniti nel bouleuterion, e farsi portavoce del koinon, pronunciando il discorso ufficiale di benvenuto al proconsole (prosphonetikos logos). b) durante le due assemblee «politiche» (agosto-settembre e gennaio-febbraio) avrebbe invece ricoperto un ruolo di maggiore prestigio all’interno del collegio degli asiarchi (prohedroi), diverso da quello del grammateus (relatore dell’eisangelia), che gli consentisse di esercitare una sorta di «prerogativa» (probouleuein, secondo l’espressione di Aristide, or. 23.34: vd. supra, cap. VII), di valore

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forse analogo a un decreto preliminare (probouleuma) o comunque assimilabile a un parere (gnome), particolarmente autorevole, da sottoporre (prima di quelli dei suoi colleghi) al voto dell’assemblea ai fini dell’emissione di un decreto federale. La gnome del sommo sacerdote che detenesse il primato potrebbe forse paragonarsi alla prima sententia del princeps Senatus, il decano dei senatori romani, la cui prohedria è peraltro attestata da fonti greche tardoantiche (Temistio, Gregorio di Nazianzo). Del privilegio di rappresentanza del koinon e delle sue istanze (prohegoria) si è trovato riscontro nel titolo di prohegoros, «portavoce», attribuito ad alcuni sommi sacerdoti e presidenti dei koina di Bithynia (IvPrusias 47) e Pamphylia (IvPerge 294 e 321). Parimenti si sono riscontrati due termini di confronto per il ruolo di Efeso quale città di rango metropolitano che, nella seconda metà del III sec., godesse stabilmente del primato – e quindi della prohedria – in seno al koinon d’Asia: da un lato Tarso, «città presidente» (προκαθεζομένη) del triplice koinon di Cilicia, Isauria e Lycaonia nella tarda epoca severiana; dall’altro Perge (IvPerge 331: vd. supra, par. VI), città assurta al «vertice» del koinon di Pamphylia (κορυφὴ πόλεων, κορυφὴ τῆς Παμφυλίας) grazie alla concessione del rango di metropolis da parte dell’imperatore Tacito (c. a. 275–276), la quale richiamava espressamente il paradigma efesino, proclamando di essere «madre» della Pamphylia come Efeso lo era dell’Asia (νὺν δ’ἐφάνην [scil. Perge] μήτηρ ὡς Ἀσίης Ἔφεσος). Il titolo di «madre del koinon / della provincia» viene infine qui interpretato come cifra caratteristica della duplice condizione di privilegio di quelle città di rango metropolitano (metropoleis federali, «città-madri») che fossero, al contempo, capitali provinciali (capita provinciarum): si richiama in proposito la condizione giuridica di Tiro, patria di Ulpiano (vd. supra, par. II), già metropolis del koinon fenicio e capitale della provincia Syria Phoenice in epoca severiana, che all’epoca di Teodosio II (c. a. 449–450: C. 11.22.1) veniva espressamente indicata come mater provinciae della Phoenice.

X. Κατόρθωσις, διόρθωσις, ἐπανόρθωσις: un corrector per l’Asia dioclezianea

Come si è notato supra (cap. VIII), il termine κατόρθωσις, «raddrizzamento, ristabilimento», è la parola-chiave per comprendere l’azione (il verbo κατορθόω) svolta da quei notabili, sia cittadini che federali, impegnati a patrocinare la causa delle proprie città natali (Efeso, Pergamo, Thyateira etc.), difendendone i diritti e riuscendo a farli riconfermare, a fronte di un reale rischio di cancellazione. In questi casi si tratta di un’azione che partiva «dal basso» e si indirizzava alle autorità romane (governatore, imperatore e/o Senato) per ottenere una riconferma «dall’alto» dei privilegi minacciati. Tali termini non sono esclusivi dell’epoca severiana né tantomeno di quella imperiale, ma risalgono a un lessico politico già ampiamente sperimentato e diffuso in epoca ellenistica: per richiamare due esempi, più vicini nel tempo e nelle circostanze, si pensi ai già citati decreti federali da Aphrodisias e Sardi (vd. supra, cap. IX). Nel primo caso il koinon d’Asia aveva deciso di onorare i fratelli Dionysios e Hierokles di Aphrodisias, inviati come ambasciatori a Roma in nome dei provinciali oppressi dall’esosità dei publicani, per il valore da loro dimostrato «nell’aver ristabilito i più grandi (diritti)» (IAph2007 2.503, ll. 28–29: … οἱ ἐν τῇ Ἀσίᾳ δῆμοι καὶ τὰ ἔθνη ἐτίμησαν Διονύσιον καὶ Ἱεροκλῆν | [τοὺς Ἰάσονο]ς τοῦ Σκύμνου κατορθωσαμένους τὰ μέιστα ἀρετῆς ἕνεκεν¢). Nel secondo caso l’onorato Menogenes di Sardi «si era recato come ambasciatore presso Augusto, in nome del koinon dei Greci e della patria, e aveva ristabilito tutti (i diritti?) … rivestendo per la terza volta il ruolo di difensore legale (ekdikos) dell’Asia» (Sardis VII.1, 8: testo X, ll. 103–106: … πρεσβεύ|σας τε καὶ πρὸς τὸν Σεβαστὸν Καίσαρα ὑπέρ τε τοῦ κοινοῦ τῶν Ἑλλήνων καὶ τῆς πατρίδος, καὶ πάντα | {καὶ πάντα} κατορθωσάμενος προσηκόντως καθὼς τὰ ἀποκρίματα περιέχι, γενόμενος δὲ καὶ τῆς | Ἀσίας τὸ τρίτον ἔκδικος, κτλ.). L’opera di κατόρθωσις condotta dagli ambasciatori e difensori delle città asianiche suggerisce anche una valida chiave interpretativa per il termine διόρθωσις, che condivide la stessa radice linguistica e compare (l. 2) nella lettera del dignitario

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agli Efesini come un’imminente opera di «correzione» (IvEphesos 217, ll. 2–5, con le correzioni di Feissel alla l. 2): ἵνα τῆς τε προσηκού¢σ¢η¢ς¢ διορθώσε¢ω¢ς¢ τ¢[ύ]χ¢ῃ τ¢ὰ¢ π¢αρ¢’ αὐ¢τ¢ῶν ἀ¢[- ca 6 -] | (3) καὶ νῦν φανερωθῇ ἥ τε ἐξ ἀρχῆς ἔκ τε τῶν νόμων καὶ τῶν θείων | διατάξεων καὶ τῶν δογμάτων τῆς ἱερᾶς συν̬κλή̬του τ̬ῇ ὑμετέρᾳ μ̬ητροπόλει | (5) προεδρία προσνενεμη̬μένη· κτλ. Trad. Filippini (vd. supra, cap. I): «affinché le [azioni intentate?] da quelli (τ¢ὰ¢ π¢αρ¢’ αὐ¢τ¢ῶν ἀ¢[χθέντα?]) ottengano (τ¢[ύ]χ¢ῃ) la correzione che si conviene (τῆς τε προσηκού¢σ¢η¢ς¢ διορθώσε¢ω¢ς¢) | (3) e risulti ora evidente la presidenza (προεδρία) che fin dal principio (ἐξ ἀρχῆς) è stata assegnata alla vostra μητρόπολις | a partire dai νόμοι (leges? iura?) e dalle divine disposizioni (θεῖαι διατάξεις) e dai decreti del santo Senato (δόγματα τῆς ἱερᾶς συνκλήτου); etc.».

Anche διόρθωσις esprime l’azione di «raddrizzare, rettificare, riordinare, correggere» (διορθόω): nel lessico giuridico di epoca classica ed ellenistica tale opera di «correzione», intesa nel senso di un provvedimento correttivo, poteva applicarsi tanto alle leggi e ai comportamenti morali, quanto alle modalità di tassazione o di ripagamento dei debiti, e risultava dipendere dall’autorità dei magistrati, civici o federali, oppure dei sovrani. Nel caso di IvEphesos 217 tale «correzione» sembra però un compito specificamente attribuito al dignitario scrivente e si configura pertanto come un atto ufficiale che partiva «dall’alto», dall’autorità giuridico-amministrativa romana, per riguardare i sudditi provinciali (nella fattispecie gli Efesini e i loro avversari). Dare un significato preciso, di carattere tecnico-giuridico, alla diorthosis in questione permetterebbe altresì di individuare l’incarico assegnato al dignitario imperiale. Innanzi tutto al sostantivo che esprime l’azione (διόρθωσις) può affiancarsi quello che denomina l’attore, ossia il διορθωτής, termine usato in epoca imperiale, al pari del sinonimo ἐπανορθωτής, per indicare il «correttore, riordinatore», ovvero un funzionario incaricato di una specifica missione. Questa titolatura, derivante anch’essa dal lessico politico di epoca ellenistica, trova un’ulteriore spiegazione nella formula analitica πρεσβευτὴς καὶ ἀντιστράτηγος τοῦ Σεβαστοῦ (resa greca di legatus Augusti pro praetore), che in certi casi, laddove compare impiegata come alternativa, interviene a chiarire il termine διορθωτής/ἐπανορθωτής, illuminando la modalità di conferimento dell’incarico dal punto di vista giuridico: il «correttore» era dunque un personaggio nominato dall’imperatore (legatus Augusti) tra i membri dell’ordine senatorio (pro praetore), normalmente di rango pretorio (quinquefascalis) ma talora consolare, e investito della missione straordinaria di «correggere, rettificare, ristabilire» qualcosa; il conferimento della missione, con ogni probabilità, avveniva formalmente tramite ratifica senatoria.186 186 La varietà di applicazioni del termine diorthosis risulta evidente a un primo spoglio del

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La denominazione latina dell’incarico può risultare ancor più esplicativa: all’origine di questo istituto giuridico (ossia, al più tardi, nell’epoca traianea, quando è attestato il primo correttore a noi noto nella persona di Maximus, διορθωτὴς τῶν ἐλευθέρων πόλεων in Achaia) si dovrebbe postulare una titolatura analitica composita, non attestata nella sua completezza ma ricostruibile, grazie a varie fonti (epigrafiche e letterarie), nei termini di legatus Augusti pro praetore missus in provinciam ad ordinandum statum liberarum civitatum. La titolatura analitica in lingua latina sarebbe stata affiancata e sostituita, nel corso del III sec., da un termine sintetico quanto efficace, corrector, che ricalcava evidentemente l’originale greco (διορθωτής/ἐπανορθωτής) e avrebbe avuto una più ampia diffusione nella seconda metà del III e soprattutto nel IV sec., a partire dall’epoca dioclezianea.187 L’oggetto di tale missione è talora specificato, nella documentazione epigrafica greca, da una formula complementare che accompagna il titolo di funzione e ne delimita il campo di applicazione: si tratta in genere del riferimento alle città libere (διορθωτὴς / ἐπανορθωτὴς τῶν ἐλευθέρων πόλεων) oppure del nome di una provincia (ad es. ἐπανορθωτὴς τῆς Ἀχαΐας sive Ἀσίας). Se nella storia degli studi tale variante nella titolatura è stata spesso interpretata (Guerber, Fournier) in senso funzionale, distinguendo due presunte categorie di correttori (incaricati delle sole città libere oppure di un’intera provincia), l’apparente dilemma dovrebbe invece interpretarsi, meglio, sul piano della semplice resa lessicale: l’ambito di competenza del correttore erano in realtà le città libere (ἐλευθεραὶ πόλεις e/o ἐλευθεροὶ δῆμοι, civitates liberae) ricadenti nel raggio di un’intera provincia. Ambiti ristretti sono invece assai rari: sono noti solo due casi, ascrivibili entrambi all’epoca di Marco Aurelio e Lucio Vero, di legati proconsolari d’Asia che erano contestualmente legati Augustorum pro praetore ad ordinandos status insularum Cycladum (le isole Cicladi rientravano infatti nella giurisdizione della provincia Asia). D’altra parte sembra doversi rifiutare l’ipotesi (derivante dall’incerta integradatabase epigrafico di riferimento generale, il PHI. Per quanto riguarda la diorthosis nel senso tecnico pregnante di «correttura», incarico di un corrector, si veda la generale messa a punto di Guerber, Les correctores 1997 (con raccolta e discussione dei documenti, soprattutto epigrafici, in chiave tipologica e prosopografica); cfr. Thomasson, Legatus 1991, 80–84; Fournier, Entre tutelle romaine 2010, 479–487 (correctores in Achaia e Asia fino al 212 d. C.). 187 Il caso paradigmatico è fornito dall’incarico di Maximus (PIR2, M 299), definito διορθωτὴς τῶν ἐλευθέρων πόλεων (Arrian. Epict. 3.7.1) e identificabile con Sex. Quinctilius Valerius Maximus (PIR2, Q 26), nonno dei Quintilii fratres, che venne inviato da Traiano come legato di rango pretorio in Achaia (c. a. 103–111, prob. 107–108) con il titolo di legatus Augusti pro praetore missus ad ordinandum statum liberarum civitatum in provinciam (titolo ricostruibile da alcuni brani di Plin. ep. 8.24.2: Cogita te missum in provinciam Achaiam … missum ad ordinandum statum liberarum civitatum; 24.7: Te vero etiam atque etiam (repetam enim) meminisse oportet officii tui titulum ac tibi ipsum interpretari, quale quantumque sit ordinare statum liberarum civitatum; 24.8: … onerat te quaesturae tuae fama … onerat testimonium principis, onerat tribunatus, praetura atque haec ipsa legatio quasi praemium data).

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zione di iscrizioni variamente frammentarie) di correttori assegnati a specifiche dioikeseis della provincia d’Asia: i personaggi incaricati di tali distretti andranno preferibilmente riconosciuti come legati proconsolari (di rango pretorio o, eccezionalmente, consolare).188 L’incarico di «correttore» autorizzava pertanto tali legati imperiali a occuparsi delle questioni giuridico-economiche inerenti a tutte le città libere poste all’interno dei confini di una provincia ma non incluse nella formula provinciae (ragione per cui i governatori erano, di norma, esclusi dagli affari delle città libere). In maniera simile l’imperatore poteva nominare un suo fiduciario, cavaliere o senatore, col titolo di curator civitatis (sive rei publicae, in greco λογιστής) o, in certi rari casi, di legatus Augusti, e incaricarlo di sovrintendere alla rendicontazione delle finanze municipali di una sola o di alcune città (che fossero libere o meno). Le province per le quali sono maggiormente attestati i correttori sono, comprensibilmente, quelle in cui erano più numerose le città gratificate del privilegio della libertà: innanzi tutto l’Achaia e, in misura minore, l’Asia, entrambe province tradizionalmente di competenza senatoria, ma anche la Bithynia-Pontus, la Galatia, la Lycia-Pamphylia. A queste si aggiunse significativamente, nella seconda metà del III sec., l’Italia.189 Uno dei temi di maggiore interesse riguarda l’eventuale interazione tra correttori e governatori provinciali: in certi casi il correttore veniva ad affiancare il governatore già in carica; gli ambiti di competenza di ciascun dignitario coesistevano, l’uno (le città libere, giuridicamente esterne alla provincia) accanto all’altro (le comunità provinciali), teoricamente senza sovrapporsi, ma erano comunque necessari concordia e rispetto reciproco, dato che potevano insorgere occasioni di conflitto istituzionale – lo dimostra il dissidio insorto nel 135/136 tra il pretorio Erode Attico e il consolare Antonino (il futuro Pio), allora in carica rispettivamente come 188 I legati proconsolari d’Asia C. Vettius Sabinianus Iulius Hospes (PIR2, V 485) e L. Saevinius Proculus (PIR2, S 63) furono incaricati della legazione delle isole Cicladi, probabilmente in diretta successione, intorno alla metà degli anni 160 (c. a. 163–166: non sembrerà forse un caso che tali incarichi eccezionali coincidano con gli anni della campagna parthica di Lucio Vero). I due casi di senatori, forse di rango consolare, incaricati di particolari distretti asianici, da un lato la dioikesis Ephesiake (IvEphesos 805; PH249506), dall’altro la dioikesis Pergamene (Kassaba in Lidia: SEG 41, 1034; PH277548; Thyateira: TAM V.2, 923; PH264353), rientrano meglio nella categoria di legati proconsolari o, al limite, di curatores civitatum, come hanno considerato gli stessi autori delle edizioni più recenti di questi testi, peraltro assai frammentari. 189 Sul privilegio della libertà in epoca imperiale si veda la documentata sintesi di Guerber, Les cités grecques 2009, 33–77. Il caso più eclatante di città libera, non inclusa (giuridicamente) nella provincia in cui si trovava (geograficamente) e perciò esentata dalle ingerenze del proconsole, è rappresentato da Aphrodisias di Caria rispetto all’Asia (cfr. infra, n. 194), ma si può ugualmente pensare ad Atene, Sparta e a molte altre comunità libere all’interno dell’Achaia: cfr. Fournier, Entre tutelle romaine 2010, 469–479. In particolare sui correctores e il processo di provincializzazione dell’Italia tardoantica (pre- e post-dioclezianea) vd. Giardina, L’Italia romana 1997, 265–321; cfr. Cecconi, Governo imperiale 1994, 17–82.

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diorthotes delle città libere e proconsole d’Asia. Il proconsole (sexfascalis) sarebbe stato più autorevole, dal punto di vista gerarchico, rispetto al correttore di rango pretorio (quinquefascalis), ma la differenza era sottile e comunque i correttori di rango consolare si trovavano effettivamente su un piede di parità giuridica.190 In altri casi, qualora l’imperatore intendesse avocare al suo controllo una provincia che normalmente fosse stata di competenza senatoria, il correttore era inviato in provincia in sostituzione del proconsole e pertanto veniva investito di poteri eccezionali (necessariamente ratificati dal Senato), ancor più ampi in quanto comprendevano la proconsularis potestas: il caso meglio documentato è quello della Bithynia-Pontus in epoca traianea, assegnata al legato imperiale Plinio il Giovane.191 Infine – ed è questo il caso che suscita il più grande interesse ai fini della presente ricerca – l’incarico di correttore poteva essere assegnato al governatore stesso, che cumulava così pieni poteri di intervento nelle questioni giuridico-amministrative dell’intera sua provincia (incluse le città libere).192 I termini διόρθωσις ed ἐπανόρθωσις indicavano pertanto l’incarico straordinario (correctio, correctura) assegnato dall’imperatore a un διορθωτής/ἐπανορθωτής (corrector), che talora poteva svolgere, in parallelo, funzione di governatore pro-

190 L. Vibullius Hipparchos Ti. Claudius Atticus Herodes (cos. ord. a. 143): PIR2, C 802. T. Aurelius Fulvus Boionius Arrius Antoninus (cos. ord. 120): PIR2, A 1513; LP 26.121. Sul loro contrasto presso il monte Ida vd. Philostr. VS 2.1.8. Al contrario i Quintilii fratres (coss. ordd. a. 151), Sex. Quintilius Valerius Maximus (PIR2, Q 27) e Sex. Quintilius Condianus (PIR2, Q 21), vennero considerati dalla storiografia di epoca severiana (cfr. Cassius Dio 72[73].5.3–4) come un luminoso esempio di concordia (anche nell’esercizio congiunto delle magistrature): essi furono insigniti da Marco Aurelio, in via straordinaria, di un duplice incarico di governo in Grecia (c. a. 171–175: LP 24.41), che può verosimilmente interpretarsi (Premerstein) come quello di un proconsole d’Achaia affiancato da un correttore delle città libere, entrambi di rango consolare. 191 C. Plinius Caecilius Secundus (suff. a. 100): PIR2, P 490; LP 27.31. Plinio, in quanto inviato da Traiano e al contempo dal Senato, governò la Bithynia-Pontus per meno di un biennio (c. a. 109–113): il suo titolo, attestato dalla documentazione epigrafica, è stato ricostruito (Alföldy) come legatus pro praetore provinciae Ponti et Bithyniae proconsulari potestate in eam provinciam ex senatus consulto ab imp. Caesare Nerva Traiano Aug. Germanico Dacico p. p. missus (cfr. AE 1999, 92, 612, 747). Un incarico analogo sembra essere stato conferito anche al successore di Plinio, il legato imperiale C. Iulius [Plancius Varus?] Cornutus Tertullus (suff. a. 100): PIR2, I 273; LP 26.32. Alcuni anni più tardi, in epoca adrianea (c. a. 134–136), il pretorio C. Iulius Severus (suff. c. a. 138–139: PIR2, I 573; LP 27.33) fu inviato in Bithynia quale diorthotes e logistes di rango quinquefascalis (OGIS II, 543, ll. 18–21: πρὸς εʹ ῥάβδους πεμφθέντα εἰς Βειθυνίαν διορθωτὴν καὶ λογιστὴν ὑπὸ θεοῦ Ἁδριανοῦ): il confronto con il brano dioneo (Cassius Dio 69.14.4) che ricorda in termini elogiativi Severus col binomio di ἄρχων ed ἐπιστάτης («governante» e «sovrintendente»), permette di asserire che il senatore svolgesse al contempo funzione di governatore provinciale (legatus Augusti pro praetore) e di corrector, oltre che di curator civitatis. 192 Vd. Guerber, Les correctores 1997, 238, cap. IV.

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X. Κατόρθωσις, διόρθωσις, ἐπανόρθωσις: un corrector per l’Asia dioclezianea

vinciale. Si può richiamare in merito un esempio chiarificatore: nel 189 Commodo inviava una lettera agli Afrodisiensi (IAph2007 8.35), rispondendo alla loro richiesta che il proconsole d’Asia potesse visitare per alcuni giorni la città per esaminarne i pubblici affari, i quali necessitavano di un’opera di «correzione, riordino» di maggiore autorità (l. 8: μείζονος τῆς ἐπανορθώσεως) rispetto a quella già svolta dal curator civitatis (λογιστής).193 IAph2007 8.35, ll. 6–8: ἐνέτυχον τῷ ψηφίσματι δι’ οὗ ἠξιοῦτε τ¢[ὸ]ν τῆς Ἀσίας ἀνθύπατον ἐπιδημε[ῖν ἐν τῇ πόλει τ]ῇ ὑμ[ετέρᾳ κα]ὶ δι¢[α]τρ¢ε¢ί¢|βειν ἡμερῶν τινῶν ἐπισκοποῦντα [καὶ ἐξε]τ[ά]ζοντα τὰ δημόσια πράγματα ὡς π[άνυ κατη]μ¢ελη[μένα] κ¢α¢ὶ¢δεόμεν¢α | μείζονος τῆς ἐπανορθώσεως ὑπ[ὲρ? τοῦ πάσας? τ]ὰ¢ς κρ¢[ί]σ¢ε¢ι¢ς¢ τοῦ λογιστοῦ βεβαίας δύνασθαι μένειν. Trad. J. Reynolds: «I (scil. Commodus) received the decree in which you asked that the proconsul of Asia should visit your [city] and spend some days looking into [and examining] your public affairs on the grounds that they are [quite neglected?] and in need of a greater reconstruction [to enable?] the decisions of the curator to stand confirmed».

L’imperatore assicurava dunque (ll. 9–12) la propria intenzione di salvaguardare i privilegi della città, la quale, in quanto civitas libera (l. 12: … τὰ τῆς ἐλευθερίας δίκαια [- - -]), era notoriamente esentata dalla periodica visita del governatore, perché era esclusa dalla formula provinciae (τύπος τῆς ἐπαρχείας).194 Commodo garantiva infine di aver assegnato tale incarico al suo philos Ulpius Marcellus (l. 13: πράγματα ἐπέστειλα τῷ φίλῳ μου Οὐλ[πί]ῳ Μαρκ[έλλῳ ? - - -]): quest’ultimo è identificabile con l’omonimo governatore consolare di Britannia (c. a. 177– 185), forse figlio del giurista, anch’egli omonimo, di epoca antonino-marciana. Sul ruolo svolto dal consolare ad Aphrodisias, Joyce Reynolds, pur avendo intuito la soluzione della questione, aveva tuttavia dimostrato un’esitazione che pare aver dissuaso sia Thomasson che Guerber dall’inserire il personaggio nelle loro rassegne, rispettivamente dei governatori e dei correttori. In realtà è altamente verosimile, come hanno osservato Oliver, Wachtel e Heil, che Marcellus, console suffetto c. a. 174–175, ricoprisse allora il proconsolato d’Asia (188/189 o 189/190), incarico che in epoca antonina veniva assegnato, normalmente, dopo 14/15 anni dal consolato. Si può inoltre aggiungere che, con ogni probabilità, egli venne investito dall’impera193 Lettera di Commodo ad Aphrodisias (a. 189): Reynolds, Aphrodisias and Roma 1982, 118– 124, nr. 16; Oliver, Greek Constitutions 1989, 426–428, nr. 211; PH256931; IAph2007 8.35. 194 Sull’esclusione di Aphrodisias dalla formula provinciae si veda innanzi tutto il rescritto di Traiano agli Smirnei, riprodotto dall’iscrizione afrodisiense edita in Reynolds, Aphrodisias and Roma 1982, 113–115, nr. 14, partic. l. 3: … ἐξ Ἀφροδεισιάδος ἐξῃρημένης τῆς πόλεως καὶ τοῦ τύπου τῆς ἐπαρχείας κτλ.; cfr. anche la lettera di Adriano ad Aphrodisias sull’esenzione dalla tassa dei chiodi (a. 119): ibid., 115–118, nr. 15 e vari altri documenti del ricchissimo dossier epigrafico del cd. Archive-Wall.

X. Κατόρθωσις, διόρθωσις, ἐπανόρθωσις: un corrector per l’Asia dioclezianea

tore di un’autorità straordinaria, superiore sia a quella proconsolare sia a quella del curator civitatis, tale da consentirgli l’ingresso in una città libera e la revisione (epanorthosis) dei conti pubblici – questa autorità pare assimilabile, in tutto e per tutto, a quella di un corrector. Se così fosse, Commodo avrebbe pienamente soddisfatto la richiesta degli Afrodisiensi, che invocavano per l’appunto la visita del proconsole, e avrebbe conferito al suo amicus (un termine onorifico, frequentemente usato per indicare i governatori o i procuratori nella corrispondenza imperiale) i poteri giuridici necessari per operare la revisione dei conti. Si propone pertanto di riconoscere in Marcellus l’ἀνθύπατος Ἀσίας ed ἐπανορθωτὴς τῶν ἐλευθέρων πόλεων e di inserire il suo proconsolato tra quelli di C. Arrius Antoninus (187/188 o 188/189) e T. Flavius Sulpicianus (c. a. 187–191).195 In conclusione, si ipotizza qui che il dignitario scrivente agli Efesini fosse un corrector delle città libere (διορθωτὴς / ἐπανορθωτὴς τῶν ἐλευθέρων πόλεων) della provincia Asia o, ancor meglio, che egli cumulasse contestualmente le funzioni di corrector e proconsul Asiae (vd. infra), al pari di Ulpius Marcellus. Sulla base di tale interpretazione sarà infine possibile circoscrivere la cronologia della lettera del correttore e/o proconsole, suggerendo un’occasione specifica che richiedesse l’intervento straordinario di un corrector e ipotizzando un’identificazione prosopografica per l’anonimo dignitario. * Per prima cosa conviene però riportare e discutere un’ipotesi interpretativa già formulata da Schönbauer e messa ulteriormente a punto da Marotta: Schönbauer, Drei interessante Inschriften 1965, 108–109: «Da die kaiserlichen Konstitutionen darin schon als solche ‘der Götter’ bezeichnet werden, der römische Senat als ‘heilig’, und von der Gottheit der Domini gesprochen wird, stammt sie nach Inhalt und Schrift aus der Zeit um 300 n. Chr., wohl schon aus dem Beginn des vierten Jahrhunderts. Es handelt sich um den Vorsitz, die Prohedrie, offenbar innerhalb eines Kon195 Ulpius Marcellus: LP 14.30 (Britannia); PIR2, V 828 (scheda di K. Wachtel e M. Heil); sul suo ruolo di proconsole d’Asia cfr. anche Oliver, Greek Constitutions 1989, 428. Ulpius Marcellus il giurista: PIR2, V 831; Kunkel, Herkunft 1952, 213–214, nr. 49. C. Arrius Antoninus: PIR2, A 1088; LP 26.162. T. Flavius Sulpicianus: PIR2, F 373; LP 26.163. In epoca commodiana (c. a. 180–181 e forse ancora nel 189) era curator civitatis di Aphrodisias il magnate M. Ulpius Appuleius Eurykles: vd. Reynolds, Aphrodisias and Roma 1982, 185–189, nr. 57–58; cfr. supra, n. 137. L’incarico di Marcellus era strettamente legato alla revisione dei conti cittadini; in altri contesti l’azione di epanorthosis attribuita a un governatore (e intesa in senso generale, non tecnico-giuridico) riguardava invece la correzione (morale/disciplinare) dei comportamenti illeciti e violenti, tenuti dai soldati imperiali nei confronti delle popolazioni locali: cfr. i dossier epigrafici di Tabala di Lidia (a. 193) e Takina di Pisidia (c. a. 214–216) in Hauken, Petition and Response 1998, risp. 203–214, nr. 4 (l. 10) e 217–243, nr. 6 (testo nr. 6, ll. 52–53).

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ziliums der Poleis. Am ehesten dürfen wir an den Vorsitz bei grossen Kult-Feierlichkeiten zu Ehren des Kaiserhauses oder im κοινόν denken. Ephesos hat sich anscheinend an den Praeses der Provinz Asia oder den Regenten der Diözese mit der Bitte gewandt, offiziell ihr Vorsitzrecht anzuerkennen. Es ist möglich, dass sich die διόρθωσις (Z. 2) auf die Ordinatio, die Neuordnung unter Diocletian, bezieht. … Durch die Verwaltungsreform waren aber keineswegs die grossen Kultfeste aufgehoben»; 112: «Nach meiner Auffassung handelt es sich bei der fälligen ‘Diorthosis’ nicht um eine einfache correctio, emendatio, recensio, sondern um eine ordinatio, eine regulatio aus Anlass der neugeschaffenen Regierungsdistrikte». Marotta, Ulpiano e l’impero, II 2004, 39–40: «Il principale consiglio impartito dal proconsole agli Efesii, che, probabilmente, intendevano rivendicare o difendere la prohedria, vale a dire il diritto di precedenza della propria città in occasione, può presumersi, delle periodiche riunioni dei koina Asias – diritto forse rimesso in discussione, secondo E. Schönbauer, dopo le riforme dell’amministrazione periferica d’epoca dioclezianea, che avevano ridisegnato confini e dimensioni delle province asiane –, è di redigere un dossier da inviare alla cancelleria imperiale etc.»; 45–46: «A cosa si riferisce il termine διόρθωσις? È possibile (Schönbauer) che esso alluda all’ordinatio, ossia alla nuova sistemazione territoriale d’età dioclezianea? Come è noto, queste riforme hanno interessato molteplici aspetti dell’organizzazione e dell’amministrazione periferica dell’Impero … Nonostante questa profonda riarticolazione del sistema provinciale, le grandi celebrazioni festive, che avevano caratterizzato la vita politica e religiosa dell’Asia, non furono cancellate. Si può presumere, viceversa, che alcune città, una volta appartenenti alla stessa provincia, pur collocandosi ora, come Efeso e Cyzico per esempio, in differenti entità amministrative, continuassero a competere per primeggiare nelle occasioni rituali e cultuali coincidenti con le riunioni dei koina Asias. La parola diorthosis potrebbe anche riferirsi, più semplicemente, al riordinamento dei koina Asias».

Schönbauer evidenziava alcuni elementi lessicali che contribuiscono a perfezionare la datazione della lettera, per la quale la menzione di Ulpiano rappresenta già di per sé un chiaro terminus post quem (223 o, meglio, 235: vd. supra, cap. II). Alcuni epiteti possono in realtà collocarsi variabilmente tra il II e l’intero III sec. (se non oltre) e sono pertanto relativamente indifferenti: sono questi i casi di θεῖαι (l. 3) per le διατάξεις, ossia le sacrae constitutiones imperiali (al pari di θεῖος o θειότατος, sacratissimus, per l’imperatore stesso); di ἱερά (ll. 4, 10) o ἱερωτάτη per la Σύγκλητος, ovvero il sanctus / sanctissimus Senatus; di καθοσιωμένη (l. 6) per la città di Efeso, «consacrata» o devota all’autorità imperiale (come devotus numini maiestatique Dominorum Nostrorum si dichiarava normalmente ogni funzionario imperiale di epoca tetrarchica e ancora successiva). Il riferimento alla «divinità dei nostri padroni» (l. 7: τῇ θειότητι τῶν δεσποτῶν ἡμῶν) e «dei piissimi [nostri padroni]» (ll. 11–12: [- - - τῇ ?θειότη]|τι τ¢ῶν εὐσεβε[στάτων ἡμῶν δεσποτῶν - - -]) fornisce invece due informazioni determinanti: in quest’epoca

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(post-severiana) vi era un collegio di imperatori; costoro devono essere anteriori a Costantino, dato che i principes della dinastia costantiniana (c. a. 324–361), come anche gli imperatori cristiani loro successori, pur conservando l’epiteto «divino» θεῖος/θειότατος (ad es. θειότατοι βασιλεῖς), evitarono volutamente di usare il concetto astratto di θειότης in riferimento alle persone degli imperatori stessi, come risultava invece normale tra l’epoca alto-imperiale e quella tetrarchica (secondo un uso che sarebbe riemerso, molto più tardi, sotto Giustiniano).196 I casi più significativi, per cronologia e contesto ideologico di riferimento, paiono quelli rivelati dall’editto (inverno 301/302) del governatore di Phrygia-Caria Fulvius Asticus (da Aizani in Frigia: SEG 26, 1353), in cui si fa riferimento alla theiotes degli imperatori (ll. 10–11: τῇ θειότητι | αὐτῶν), altrimenti esaltati come «gli invitti e sempre vincitori nostri padroni, i re e i Cesari» (ll. 2–4: … λ¢εγόντων ἀηττήτων | καὶ πάντα ν¢εικών¢τω ¢ ν¢ δε¢σπ¢ ό¢ τω¢ν ἡμῶν βα¢σι¢ λ¢ έ¢ ω ¢ ν¢ ¢ τ¢ε¢ | καὶ Καισάρων κτλ.), e dall’iscrizione commemorativa dei fratelli e sacerdoti M. Sempronius Auruncius Theodotos e Sempronia Auruncia Arriana di Stratonicea di Caria, incisa (c. a. 312) presso il santuario federale di Zeus a Panamara (IvStratonikeia I, 310), nella quale si ricorda l’adventus della «divinità dell’invitto Augusto Iovius Massimino (Daia)» in città (ll. 23–26: ἡ θειότης τοῦ δεσπότου | ἡμῶν τοῦ ἀηττήτου Σεβαστοῦ | Ἰοβίου Μαξιμίνου ἐν τῇ πα[τρ]ίδι | ἐπέλαμψεν κτλ.), nonché la lettera di Sabinus, il prefetto del pretorio di Massimino.197 Il lessico ufficiale suggerisce pertanto di datare la lettera del correttore e/o proconsole al periodo intercorrente tra la morte di Severo Alessandro (o di Ulpiano) e la conquista totale del potere da parte di Costantino (c. a. 223/235–324): in quel secolo ci furono varie esperienze, più o meno brevi, di collegialità del potere imperiale tra più Augusti o, più spesso, tra gli Augusti e i loro giovani figli, nominati Cesari, tuttavia è proprio quanto sappiamo della fortuna di Ulpiano a orientare decisamente verso l’epoca dioclezianea (in senso esteso: 283–313), quando l’opera ulpianea riemerse dopo un cinquantennio di eclissi (cfr. supra, cap. II).198 196 Il concetto di theiotes risulta applicato dai sudditi ai sovrani (II-III sec.) in occasioni di solenne ringraziamento o, ancor più, di supplica: si possono elencare i casi di Adriano (Delfi: FD III 4.3.308, l. 4) e soprattutto delle petizioni rivolte a Severo e Caracalla (Ağa Bey Köyü presso Philadelphia in Lidia: Hauken, Petition and Response 1998, 35–57, nr. 3; TAM V.3, 1418, l. 40), a Gordiano III (Skaptopara in Thracia: Hauken, Petition and Response 1998, 74–139, nr. 5, l. 19) e ai Filippi (Aragua in Frigia: Hauken, Petition and Response 1998, 140–161, nr. 6, l. 25). 197 Editto di Fulvius Asticus riguardo all’introduzione dell’editto dioclezianeo de pretiis (Aizani, inv. 301/302): SEG 26, 1353; MAMA IX, List p. 179, P25; PH272641; cfr. Corcoran, The Empire of the Tetrarchs 2000, 245–246. Fulvius Asticus: PLRE I, Asticus. Iscrizione dei fratelli Sempronii Auruncii da Panamara (c. a. 312): IvStratonikeia 310; PH261930; cfr. Filippini, Fossili e contraddizioni 2016, 438–439. Lettera del prefetto Sabinus (a. 311): Eus. h. e. 9.1.3 e 5. 198 Collegi imperiali tra il 235 e il 324: Massimino il Trace* col figlio Massimo* (236–238); Gordiano I e II (238); Pupieno, Balbino e Gordiano III (238); Filippo l’Arabo* col figlio Filippo* (244–249); Decio coi figli Erennio Etrusco e Ostiliano (250–251); Treboniano Gallo* col figlio Volusiano* (251–253); Valeriano col figlio Gallieno (253–260); Gallieno* coi figli

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Se il trentennio dioclezianeo risulta dunque il periodo in cui meglio si iscrive, per vari motivi (lessicali, storico-politici e storico-letterari), la lettera sulla prohedria di Efeso, come aveva ipotizzato Seston e notava Schönbauer, assume allora un significato pregnante anche la conseguente ipotesi di Schönbauer: l’opera di diorthosis sarebbe intervenuta in occasione del riordino della provincia Asia, nel quadro generale delle grandi riforme amministrative di Diocleziano, che si datano agli anni del primo collegio tetrarchico (Diocleziano e Massimiano Augusti, Galerio e Costanzo Cloro Cesari: 293–305). Lattanzio enfatizzava, non a caso, la concomitanza tra l’istituzione della tetrarchia (1° marzo 293) e la frammentazione delle province, con la conseguente moltiplicazione dei governatori, funzionari ed esattori imperiali – e condannava, senza attenuanti, entrambe le innovazioni dioclezianee. Lact. mort. 7.2–4: (2) Hic orbem terrae simul et avaritia et timiditate subvertit. Tres enim participes regni sui fecit (scil. Diocletianus) in quattuor partes orbe diviso et multiplicatis exercitibus, cum singuli eorum longe maiorem numerum militum habere contenderent, quam priores principes habuerant, cum soli rem publicam gererent. (3) Adeo maior esse coeperat numerus accipientium quam dantium, ut enormitate indictionum consumptis viribus colonorum desererentur agri et culturae verterentur in silvam. (4) Et ut omnia terrore complerentur, provinciae quoque in frusta concisae; multi praesides et plura officia singulis regionibus ac paene iam civitatibus incubare, item rationales multi et magistri et vicarii praefectorum, quibus omnibus civiles actus admodum rari, sed condemnationes tantum et proscriptiones frequentes, exactiones rerum innumerabilium non dicam crebrae, sed perpetuae, et in exactionibus iniuriae non ferendae.

Si tenga presente come Lattanzio, ben informato su queste vicende, prima della Grande Persecuzione (303) fosse stato chiamato dallo stesso Diocleziano a Nicomedia (durante uno dei soggiorni imperiali, c. a. 294–296 oppure 302–303) come Valeriano* (256–257) e Salonino* (258–260); Macriano Iuniore e Quieto (260–261); Caro*, Carino* e Numeriano (282–283); Carino* e Numeriano (283–284); Diocleziano e Massimiano* (285–293); i quattro collegi tetrarchici (Diocleziano, Massimiano*, Galerio, Costanzo: 293–305; Costanzo, Galerio, Severo, Massimino*: 305–306; Galerio, Severo, Massimino*, Costantino: 306–308; Galerio, Licinio*, Massimino*, Costantino: 308–311); Costantino, Licinio* e Massimino* (311–313); Costantino e Licinio* (313–324), dal 317 affiancati dai rispettivi figli (Crispo*, Costantino II*, Licinio II*). I nomi degli imperatori colpiti da damnatio memoriae (anche solo temporanea, seguita da una riabilitazione ufficiale) sono contrassegnati da un asterisco (cfr. Kienast, Eck, Heil, Römische Kaisertabelle 2017). Sulla data di morte di Diocleziano, da porsi nel marzo/aprile 313 sulla base di varie fonti e soprattutto della recente pubblicazione di un’iscrizione sacra proveniente dal territorio di Hierapolis di Frigia (AE 2013, 1548 [E. Miranda De Martino]), vd. Roberto, Diocleziano 2014, 252–257, partic. 255. Sulla fortuna di Ulpiano nella seconda metà del III sec. vd. supra, n. 32.

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professore della cattedra cittadina di retorica latina e avesse risieduto alcuni anni nella capitale di Bithynia.199 D’altra parte la riforma amministrativa produsse il sensibile ridimensionamento dell’antica provincia d’Asia (la nuova provincia proconsolare si ridusse pressoché alla sola fascia costiera dell’Egeo, ovvero la Ionia) e la redazione di tre province minori (Lydia, Hellespontus, Insulae) in quei territori che, nella seconda metà del III sec. (dopo la separazione della Phrygia-Caria c. a. 249–250), ancora appartenevano all’Asia: essa può datarsi più strettamente al 293–294. Il primo tra i governatori attestati per le nuove province, il vir perfectissimus e praeses Insularum Diogenes, risulta infatti in carica nell’agosto di un anno che, molto probabilmente, doveva essere il 294. Tale datazione acquista particolare rilievo se si considera anche il contenuto specifico della lettera di Diocleziano e Massimiano a Diogenes: gli Augusti chiarivano al praeses gli ambiti di competenza giuridica del governatore e degli alti funzionari del fisco (il rationalis e il magister rei privatae) in materia di conflitti tra privati e il fisco imperiale in provincia; siffatto chiarimento sembra particolarmente necessario nel momento della strutturazione (anche giuridica) di una nuova provincia, le Insulae.200 In quel frangente di grandi trasformazioni dobbiamo tuttavia ritenere che, pur frazionando la provincia d’Asia (c. a. 293–294), Diocleziano lasciasse intatta la struttura e la composizione interna dell’organismo federale di rappresentanza dei Greci d’Asia: come si è discusso in dettaglio in altra sede, il prestigioso (e influente) koinon d’Asia sarebbe stata modificato solo vari decenni più tardi (c. a. 360–370), verosimilmente da Giuliano (c. a. 362), che lo avrebbe infine ridimensionato sulla taglia della «piccola» Asia dioclezianea e parallelamente avrebbe istituito nuovi koina separati per i Cari, i Frigi, i Lidi etc. Questo aspetto amministrativo, niente affatto secondario, è stato comunemente trascurato nella storia degli studi sulla riforma «religiosa» di Giuliano (e su quella precedente di Massimino

199 Schönbauer, Drei interessante Inschriften 1965, 108–109, 112 (cit. supra). Riforma dioclezianea dell’amministrazione provinciale (c. a. 293), articolata in diverse fasi progressive per la varie province, con successivi aggiustamenti (c. a. 293–305): Barnes, The New Empire 1982, 196–197; Roberto, Diocleziano 2014, 129–134. Sulla concomitanza cronologica tra l’istituzione della tetrarchia (293) e la riforma dell’amministrazione provinciale vd. Lact. mort. 7.2–4. Sui viaggi di Diocleziano e i suoi soggiorni a Nicomedia (c. a. 294–296 e 302–305) vd. Barnes, The New Empire 1982, 49–56. Sulla carriera di Lattanzio come retore e precettore di Costantino vd. Barnes, Constantine 2011, 176–178 (che ipotizza un lungo soggiorno lattanziano a Nicomedia c. a. 295–305); cfr. De Palma Digeser, The Education of Constantine 2014, 140–141; Marcone, Lattanzio e Costantino 2015, 15–17. 200 Riforma dioclezianea della provincia Asia (c. a. 293–294): vd. supra, n. 114. Diogenes praeses Insularum (294): PLRE I, Diogenes 1, attestato dalla costituzione C. 3.22.5, datata al 2 agosto dell’anno in cui furono consoli Diocl. et Maxim. AA. et CC. (294), cfr. Corcoran, The Empire of the Tetrarchs 2000, 131, nr. 26.

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Daia, c. a. 312–313).201 Esso comporta il fatto che accanto a Efeso, riconfermata nel suo ruolo tradizionale di caput provinciae Asiae (c. a. 293–294), avrebbero continuato a far parte del koinon d’Asia, sino al 360 circa, le sue antiche rivali, anch’esse metropoleis d’Asia (Pergamo, Smirne, Sardi, Cizico, Laodicea etc.), e inoltre che alcune di queste avrebbero aggiunto al rango metropolitano il privilegio di diventare capitali delle nuove province (c. a. 293–294), guadagnando di riflesso un maggiore peso politico entro il koinon stesso. Si pensi a Sardi come capitale della Lydia e Cizico dell’Hellespontus (Pergamo e Smirne invece, essendo rimaste nella provincia Asia, non ebbero tale privilegio). La scacchiera delle città afferenti al koinon d’Asia tra l’epoca di Decio, Diocleziano e Giuliano (prima della riforma giulianea del koinon, c. a. 362) può schematizzarsi in tal modo: città

neokoriai

metropolis tes Asias

provincia (caput*)

Efeso

IV

X

Asia*

Pergamo

III

X

Asia

Smirne

III

X

Asia

Tralle

I

X

Asia

Sardi

III

Cizico

II

X

Hellespontus*

Laodicea

I (II?)

X

Phrygia-Caria*, poi Phrygia*, poi Phrygia I*

Hierapolis

I

X

Phrygia-Caria, poi Phrygia, poi Phrygia I

Synnada

II

X

Phrygia-Caria, poi Phrygia, poi Phrygia II*

Aphrodisias

-

- (solo metropolis tes Karias)

Phrygia-Caria, poi Caria*

(I?)

- (solo metropolis tes Ionias)

Asia (c. a. 250–286/293), poi Caria (dal 293/294?)

Mileto

X (anche metropolis tes Lydias)

Lydia*

Queste trasformazioni amministrative produssero certamente contraccolpi importanti (e forse rivoluzionari, in certi casi) sugli equilibri interni al koinon e quindi sulla gerarchia relativa tra le città: da un lato, mentre il governo dioclezianeo, secondo un programma di centralizzazione uniformante dei poteri, procedeva con determinazione alla soppressione delle varie forme di autonomia locale e quindi dei privilegi speciali delle civitates liberae, gli statuti giuridici e in particolare i diritti delle comunità asianiche, sia cittadine che rurali, dovettero essere sottoposti 201 Riforme «religiose» di Massimino e Giuliano: Filippini, Fossili e contraddizioni 2016 (con ulteriori rimandi bibliografici).

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al riesame di un commissario imperiale, il corrector incaricato del riordino giuridico-amministrativo. Sembra plausibile che allora molti antichi privilegi (specialmente quello della libertà) venissero revocati, ma non tutti: si pensi, ad esempio, alla tutela (anche sotto il profilo delle esenzione fiscali) dei grandi santuari e in particolare di quello apollineo di Didyma presso Mileto, dove si erano da poco effettuati importanti restauri (vd. infra) e dedicate nuove statue di culto (c. a. 286–293).202 Dall’altro lato, col nuovo assetto dell’Asia, si riaprì verosimilmente la questione del primato (ta proteia) tra le maggiori città e quindi della presidenza (prohedria) del koinon. Questa interpretazione, riconoscendo al termine prohedria il significato di vera e propria presidenza dell’assemblea federale e quindi di rappresentanza dei suoi delegati (vd. supra, cap. IX), privilegia gli aspetti politici della riforma provinciale – e dei rinnovati equilibri del koinon – rispetto agli aspetti cerimoniali e ludici (che pure conseguirono, in qualche misura, dal medesimo riassetto). Questi ultimi sono preferiti dall’esegesi di Marotta, che nella sostanza assimila il concetto di prohedria alla propompeia (vd. supra, cap. IX) e tende a iscriverlo principalmente nella cornice degli agoni federali (κοινὰ Ἀσίας: vd. supra, cap. II). Dal nostro punto di vista la riorganizzazione delle festività federali non si ebbe però sotto Diocleziano ma, a quanto pare, al tempo di Valente (ossia una decina d’anni dopo la riforma giulianea del koinon d’Asia, c. a. 362: cfr. infra, cap. XI), come è dimostrato dal rescritto imperiale al proconsole Festus (IvEphesos 43, c. a. 372–375, prob. 372) in tema di asiarchia: tale rescritto riconosceva un primato relativo di Efeso tra le quattro metropoleis allora ascritte all’Asia, con riferimento ai grandi giochi allestiti dai sommi sacerdoti federali, gli asiarchi (vd. supra, cap. V). In particolare si potrebbe ipotizzare che i misteriosi promotori delle azioni legali intentate contro Efeso (IvEphesos 217, I. 2: τ¢ὰ¢ π¢αρ¢’ αὐ¢τ¢ῶν ἀ¢[χθέντα?], come si è qui proposto di integrare la lacuna) fossero delle città di rango metropolitano, ancora afferenti al koinon d’Asia, che avessero ricevuto un decisivo accrescimento di prestigio dalla riforma provinciale dioclezianea, perché diventate capita di nuove province: conviene pertanto pensare, in questo caso specifico, a Sardi (Lydia) e Cizico (Hellespontus) anziché a Pergamo o Smirne. Si ricordi come la congiuntura dei privilegi propri della metropolis e del caput provinciae pare aver conferito, già nella seconda metà del III sec., a città quali Efeso (Asia) e Perge (Pamphylia) la condizione

202 Riforme dioclezianee e soppressione delle libertà locali: Roberto, Diocleziano 2014, 134– 135. Presso il santuario di Apollo a Didyma Diocleziano e Massimiano dedicarono statue di Zeus e Leto (c. a. 286–293), sotto la curatela del proconsole d’Asia T. Flavius Festus: Didyma II, 89–90; AE 1938, 127; PH247163–247164. Lo stesso proconsole Festus (PIR2, F 267; PLRE I, Festus 7) promosse il restauro della fonte sacra del tempio, danneggiata durante la «guerra scitica» (l’incursione dei Goti in Asia Minore, c. a. 262–263); il restauro è attestato da quattro epigrammi onorari: Didyma II, 159; Robert, Épigrammes du Bas-Empire 1948, 68–75; SGO 01/19/37; PH247560.

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giuridica suprema ed esclusiva (ossia non condivisibile con altre metropoleis) di μήτηρ, la sola e unica «madre del koinon / della provincia» (vd. supra, capp. VI e IX). Da questo punto di vista si potrebbe meglio comprendere la vaga indicazione temporale «dal principio» (l. 3: ἐξ ἀρχῆς) nella frase del dignitario «la presidenza che fin dal principio è stata assegnata alla vostra metropolis»: tale punto di origine (giuridica piuttosto che meramente cronologica) non può coincidere con l’istituzione della provincia Asia e la redazione della sua formula provinciae (cfr. supra, cap. I), troppo remota, ma potrebbe riferirsi al momento in cui Efeso, già caput provinciae, ottenne da Adriano il rango metropolitano (c. a. 131–132: vd. supra, cap. V) e quindi, dalla prospettiva a posteriori del proconsole-correttore (e delle altre città rivali), assommò entrambi i requisiti giuridici ritenuti necessari (non ancora in epoca adrianea, ma già nella seconda metà del III sec. e, a maggior ragione, in epoca dioclezianea) per reclamare legittimamente il primato (e quindi la prohedria) all’interno del koinon. Si ricordi infatti come il più antico proclama degli Efesini quali «primi dell’Asia» fosse di poco successivo all’ottenimento dello status di metropolis (IvEphesos 21, a. 138: vd. supra, cap. VII): quel proclama, all’inizio dell’epoca antonina, avrebbe aperto una lunga e incerta querelle tra le «Tre Grandi» (cfr. supra, cap. V), destinata a concludersi definitivamente solo con Valeriano e Gallieno (cfr. supra, cap. VI). Se così fosse, secondo l’ottica retrospettiva del dignitario di epoca dioclezianea, i criteri fondanti del primato sarebbero stati le condizioni di metropolis (opportunamente richiamata, con particolare enfasi, nella lettera) e di caput provinciae e il momento «originario» in cui Efeso avrebbe assolto tali requisiti sarebbe stata la tarda epoca adrianea (non tanto la reale epoca adrianea, quando la competizione intercivica era giocata principalmente sulle molteplici neokoriai e sul rango metropolitano, quanto l’epoca adrianea «immaginata» o reinterpretata dal legislatore tardoantico). Parimenti, nel rescritto di Valente al proconsole Festus (IvEphesos 43, c. a. 372–375: vd. supra, cap. VI), successivo alla riforma giulianea del koinon d’Asia (c. a. 362), la condizione privilegiata di Efeso tra le quattro metropoleis allora afferenti al koinon (con Pergamo, Smirne, Tralle) dipendeva dall’essere l’unica metropolis che godesse, al contempo, del ruolo di caput provinciae. Possiamo pertanto immaginare che il correttore e/o proconsole, incaricato del riordino dell’Asia (c. a. 293–294), ricevette dagli Efesini il dossier di dikaiomata già richiesto e lo trasmise alla corte imperiale, la quale confermò la validità dei privilegi efesini (dai quali dipendeva la prohedria della metropolis di Efeso in seno al koinon) e infine rimise la questione al corrector per l’attuazione concreta di tali decisioni. Dell’esito positivo di tale procedura possiamo infatti considerare come un riscontro affidabile la stessa pubblicazione su pietra della lettera del dignitario, che divenne motivo di orgoglio per gli Efesini. A tale lettera era forse era associata anche una lettera o una adnotatio (per noi, in ogni caso, perduta) degli imperatori, ovvero dello stesso Diocleziano, che rispondeva al corrector in nome dell’intero collegio imperiale – si ricordi, come termine di paragone, il celebre dossier costantiniano (c. a. 324–331: MAMA VII, 305; AE 1999, 1577) di Orkistos (Phrygia II) e il ruolo di interme-

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diario svolto dal potente Flavius Ablabius, dapprima vicario della diocesi Asiana (c. a. 324–326), quindi prefetto al pretorio d’Oriente e console ordinario (331). Tra 293 e 294 l’Augusto d’Oriente conduceva una serie di campagne militari contro i Sarmati lungo il limes del Medio Danubio, avendo come base logistica Sirmium (Pannonia Inferior); pare che in quel periodo lo accompagnassero, come segretari e consiliarii, alcuni giuristi tra i più eminenti, Aurelius Arcadius Charisius nel ruolo di magister epistularum (c. a. 292–294, già magister libellorum negli anni precedenti, c. a. 290–292) ed Hermogenianus quale magister libellorum (c. a. 293–294), forse persino Gregorius come magister memoriae (c. a. 291–295?). Se la datazione della lettera del correttore (c. a. 293–294) coglie nel segno, dovremmo pensare che la risposta dell’imperatore in favore di Efeso fosse stata discussa ed elaborata da questi celebri giuristi.203

Risultati L’analisi storico-linguistica di due termini-chiave del linguaggio politico e giuridico-amministrativo di epoca ellenistica e imperiale, κατόρθωσις e διόρθωσις (o ἐπανόρθωσις), ha consentito di caratterizzare il primo come un’azione originata dal «basso», ossia dalla dimensione locale della singola città (o del koinon), e tesa a sollecitare una procedura di «ristabilimento» dei diritti civici minacciati; il secondo come il corrispondente intervento dall’«alto», da parte delle autorità romane (il governatore, l’imperatore e/o il Senato), finalizzato a «correggere» una situazione o degli atti non conformi alla normativa vigente. Se gli attori del «ristabilimento» dei diritti (katorthosis) sono stati variamente individuati in singoli notabili (nei ruoli di ambasciatori, difensori legali e sommi sacerdoti federali, in particolare nell’anonimo efesino di epoca severiana: cfr. supra, par. VIII), l’«azione correttiva» (diorthosis, epanorthosis) delle storture rientra normalmente nelle competenze giuridico-amministrative del governatore provinciale oppure, in alcuni casi straordinari, nelle missioni appositamente assegnate, su nomina imperiale e dietro ratifica senatoria, a varie figure di commissari, generalmente denominati legati Augusti pro praetore. Tra questi commissari figura in particolar modo la categoria di legatus Augusti pro praetore missus in provinciam ad ordinandum statum liberarum civitatum, la cui titolatura (documentata per Maximus, inviato in Achaia in epoca traianea) risulta tradotta in greco con la formula, più sintetica e incisiva, di διορθωτὴς (o ἐπανορθωτὴς) τῶν ἐλευθέρων πόλεων, «correttore delle città libere» (di una data provincia, spe203 Sui ruoli avuti dai giuristi Hermogenianus (PLRE I, H. 2), Gregorius (PLRE I, G. 1) e Charisius (PLRE I, Ch. 2) alla corte di Diocleziano e la loro plausibile identificazione con i magistri libellorum già individuati da Honoré, Emperors and Lawyers 1994, 191 (rispettivamente con i nrr. 20, 17/18 e 19) vd. Corcoran, The Empire of the Tetrarchs 2000, 75–92.

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cialmente Achaia e Asia), formula a sua volta ripresa dal latino corrector. Si sono dunque vagliate diverse tipologie di correttori, prestando una specifica attenzione a quei casi di correttori cui fosse conferito, contestualmente, il governatorato della provincia stessa, assommando così i pieni poteri giuridici di intervento nelle vicende amministrative delle città a loro sottoposte, sia libere (correttore) che stipendiarie (governatore). A questa tipologia sono stati avvicinati tre casi relativi alla provincia Bithynia-Pontus: in epoca traianea il consolare Plinio il Giovane (la cui titolatura è stata ricostruita da Alföldy nella forma legatus pro praetore provinciae Ponti et Bithyniae proconsulari potestate in eam provinciam ex senatus consulto ab imp. Caesare Nerva Traiano Aug. Germanico Dacico p. p. missus) e il suo successore, C. Iulius Cornutus Tertullus; ancor più attinente, nella tarda epoca adrianea (c. a. 134–136), il governatore-correttore di rango pretorio, nonché curator civitatis, C. Iulius Severus. Si è inoltre indagato il caso di Ulpius Marcellus, attestato da un’importante iscrizione afrodisiense (IAph2007 8.35) che riproduce una lettera di Commodo (a. 189) alla città, in risposta alla richiesta di invio del proconsole d’Asia per un incarico straordinario di «riordino» (epanorthosis) amministrativo dei conti cittadini (si ricordi come Aphrodisias fosse una civitas libera, estranea alla formula provinciae). Diversamente dalle soluzioni sinora presentate (Reynolds, Thomasson, Guerber), si è qui ipotizzato di riconoscere in Marcellus (console suffetto c. a. 174–175) il proconsole dell’anno asianico 188/189 o 189/190, investito da Commodo dei poteri propri di un correttore. Si è infine proposto di riconoscere anche nell’anonimo dignitario della lettera IvEphesos 217, che allude a una procedura di diorthosis (l. 2), un correttore della provincia Asia o, meglio, un proconsole investito contestualmente della correttura. La datazione della lettera stessa è stata circoscritta all’epoca dioclezianea (a conferma dell’ipotesi di Seston), nel senso del lungo trentennio c. a. 283–313, in ragione di tre ordini di motivi: a) la menzione della θειότης τῶν δεσποτῶν ἡμῶν (l. 7), ossia della divinitas Dominorum Nostrorum, che presuppone un collegio imperiale, trova notevoli riscontri in epoca tetrarchica (IvStratonikeia 310, c. a. 312; editto del governatore Fulvius Asticus da Aizani, inverno 301/302: SEG 26, 1353; lettera del prefetto del pretorio Sabinus, a. 311: Eus. h. e. 9.1.3 e 5) e consente parimenti di escludere l’epoca costantiniana e post-costantiniana; b) la rinnovata fortuna di Ulpiano a partire dall’epoca dioclezianea (Marotta); c) la probabile connessione (Schönbauer) tra la diorthosis e il grande riordino giuridico-amministrativo della provincia Asia, avvenuto in epoca tetrarchica. Per questo fondamentale riassetto della struttura provinciale (da cui dipese la riduzione dell’Asia tardoantica alla sola Ionia e l’istituzione di nuove province: Lydia, Hellespontus, Insulae) si è qui ipotizzata una datazione circostanziata agli anni 293–294 (ossia al principio dell’epoca tetrarchica), basata sul confronto tra le fonti

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letterarie (Lattanzio) e giuridiche (CI 3.22.5, che attesta per l’anno 294 il primo governatore equestre delle Insulae, Diogenes). In conclusione, si è prospettata tale ricostruzione degli eventi: in concomitanza con la riforma provinciale dioclezianea, che toccò, in vari momenti, quasi tutte le province e riorganizzò l’Asia, più precisamente, tra 293 e 294, essendone in quel caso demandata l’attuazione alla competenza giuridico-amministrativa di un proconsole-correttore, la metropolis di Efeso intese difendere i privilegi del proprio primato e in particolare la prohedria del koinon d’Asia, allora minacciati dalle azioni legali intentate da altre città rivali, e si rivolse al proconsole-correttore. Costui replicò alla richiesta con la lettera IvEphesos 217, consigliando agli Efesini di raccogliere l’intero dossier di dikaiomata relativi alla questione (nomoi citati da Ulpiano, costituzioni imperiali, senatoconsulti), affinché fosse sottoposto al vaglio del collegio imperiale (si noti come il responsabile della cancelleria per la questione efesina fosse allora probabilmente il giurista Aurelius Arcadius Charisius, magister epistularum c. a. 293–294) ed egli stesso potesse infine procedere alla correzione (diorthosis) delle azioni avverse a Efeso. Le promotrici di tali actiones sarebbero forse state le antiche metropoleis, appena divenute capitali provinciali, Sardi (Lydia) e/o Cizico (Hellespontus), che avrebbero ormai preteso di essere considerate «madri del koinon» (cfr. supra, cap. IX) e detentrici del primato, al pari di Efeso. Il risultato finale di tale intervento regolatore dovrebbe essere stato, verosimilmente, il ristabilimento di Efeso, «madre dell’Asia», alla testa del koinon: possiamo dunque presumere che il sommo sacerdote federale di Efeso continuasse a presiedere (prohedria) di diritto l’assemblea dei Greci d’Asia e a farsene portavoce (prohegoria), prevalendo per prestigio sugli altri asiarchi suoi colleghi, come già faceva nella seconda metà del III sec. (a partire dal 255–258) e, assai prima di lui, aveva fatto l’archiereus pergameno nella lontana epoca alto-imperiale, tra Augusto e Adriano.

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XI. T. Oppius Aelianus Asklepiodotos, proconsul et corrector Asiae

Resta ancora aperta un’ultima questione: è possibile avanzare una proposta di identificazione prosopografica per il correttore e/o proconsole del 293–294? Nessuno tra i proconsoli schedati nella Prosopography of the Later Roman Empire (PLRE I, 1971) pare soddisfare il requisito necessario, ossia l’incarico aggiuntivo di corrector, ma alcuni di essi possono comunque essere disposti in un ordine cronologico relativo, prima o dopo il riordino della provincia. La ricostruzione di una sequenza nei fasti proconsolari non sarà affatto inutile; innanzi tutto può applicarsi un criterio di geografia amministrativa: quei proconsoli di datazione incerta, che risultino attivi in località certamente situate al di fuori dei confini dell’Asia dioclezianea, potranno datarsi con ogni probabilità prima del riordino provinciale. Le cronologie di due proconsoli, entrambi attestati a Ilio (in Troade, nella futura provincia di Hellespontus), potranno pertanto restringersi entro il 293–294: si tratta di Aurelius Hermogenes, che effettuò una dedica pro salute di un imperatore, Diocleziano o Massimiano (IvIlion 98, c. a. 286–305), e di An[nius? Epi?]phanios, sotto il quale gli Augusti Diocleziano e Massimiano, insieme ai loro Cesari, dedicarono una statua di Zeus presso il tempio di Atena Iliaca (IvIlion 96, c. a. 293–305); la cronologia di questi proconsoli dovrebbe ridursi rispettivamente agli anni 286–293 e al solo 293 (ossia all’anno proconsolare 292/293, subito prima della creazione dell’Hellespontus). La dedica di un’altra statua (di Asclepio) risulta invece effettuata, presso lo stesso tempio, dall’Augusto Diocleziano e dal Cesare Galerio (IvIlion 97, c. a. 293–305), sotto il vir perfectissimus Iulius Cassius, praeses Hellesponti: è questi il primo tra i governatori finora noti per la nuova provincia ellespontina.204 204 Aurelius Hermogenes procos. Asiae (c. a. 286–305, prob. 286–293): PLRE I, Hermogenes 8. An[nius? Epi?]phanios procos. Asiae (c. a. 293–305, prob. 292/293): PLRE I, Epiphanius 5. Iulius Cassius praeses Hellesponti (c. a. 293–305): PLRE I, Cassius 1. Alla metà del V sec. Ilio risulta invece attribuita alla provincia Asia: cfr. Pol. Silv. laterc. 7.2 (p. 258 Seeck). Per una di-

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Il criterio geografico non è invece dirimente nel caso del proconsole L. Artorius Pius Maximus, che venne onorato come benefattore di Efeso dagli organismi civici (IvEphesos 621) per aver promosso grandi opere edilizie di abbellimento della città, in particolare il restauro del gymnasion Sebaston: dal concorso di altre fonti sappiamo che egli tenne il proconsolato c. a. 287–298, ma non è possibile chiarire se ciò fosse avvenuto prima o dopo il 293–294.205 A un diverso criterio (primariamente cronologico) rispondono invece i casi dei proconsoli Iunius Tiberianus, attestato in carica da varie fonti tra 293 e 303 (dopo il riordino dell’Asia), e T. Flavius Festus, che è databile agli anni 286–293 (prima del riordino) per aver curato le dediche sacre di due statue (Didyma 89–90) in nome degli imperatori Diocleziano e Massimiano. Il caso di Festus risulta di estremo interesse dal momento che tali statue furono collocate nel santuario di Apollo a Didyma, ossia nel territorio di Mileto: prima del riordino questa città, metropolis di Ionia (non d’Asia) ovvero dell’antichissimo koinon delle tredici città ioniche, doveva quindi ancora rientrare nella provincia Asia e non, come sarebbe stato forse istintivo pensare, nella regione caria della limitrofa doppia provincia Phrygia-Caria (creata c. a. 249–250); in epoca costantiniana (Concilio di Nicea, 325) Mileto compare infatti tra le sedi episcopali della provincia Caria (già distaccata dalla Phrygia sin dal principio del IV sec., c. a. 301/302–305).206 L’esempio di Mileto, così sorprendente, lascia intuire come fosse necessariamente avvenuta una significativa risistemazione dei confini provinciali tra l’Asia e la Caria (o, meglio, la Phrygia-Caria) nell’epoca compresa tra Flavius Festus e Costantino: il riordino del 293–294 sembra l’occasione più adatta per tale revisione confinaria, che comportò il trasferimento di una città importante da una provincia all’altra – un cambiamento di notevole portata «politica» per la storia della provincia (e del suo koinon), per il quale non sarebbero forse bastati i consueti poteri di un «normale» proconsole. E nondimeno, pur avendo mutato la propria attribuzione provinciale, Mileto continuò a far parte del koinon d’Asia per quasi sessant’anni, fino all’epoca giulianea (un asiarca, tale Makarios, è infatti attestato in carica a Mileto al tempo di Costanzo II).207 versa lettura (e cronologia) delle iscrizioni IvIlion 96 e 97 vd. Zuckerman, Sur la liste de Vérone 2002, 617–620. 205 L. Artorius Pius Maximus procos. Asiae (c. a. 287–298): PIR2, A 1187; PLRE I, Maximus 43; cfr. anche IGLTyr 22–23. Il «ginnasio Augusto» restaurato da Maximus può identificarsi con le cd. Terme-Ginnasio del Porto o «degli Augusti»: cfr. Barresi, Province dell’Asia Minore 2003, 414–415. 206 Iunius Tiberianus procos. Asiae (c. a. 293–303): PLRE I, Tiberianus 7. T. Flavius Festus procos. Asiae (c. a. 286–293): vd. supra, n. 202. Ringrazio vivamente Anne-Valérie Pont per aver attirato la mia attenzione sulla significativa posizione giuridico-amministrativa di Mileto tra 250 e 325, che induce a riformulare alcune osservazioni avanzate in Filippini, Fossili e contraddizioni 2016, 452 (senza che cambi però la sostanza dell’ipotesi generale ivi presentata). 207 L’asiarca Makarios di Mileto: Milet I.9, 339; SGO 01/20/16; PH252540; cfr. Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 137–138, nr. 139 (che propone una datazione generica circa III–IV sec.);

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Ai proconsoli d’Asia registrati dalla PLRE va tuttavia aggiunto un personaggio eccezionale: il vir clarissimus e consularis T. Oppius Aelianus Asklepiodotos, originario di Aphrodisias, venne onorato nella sua patria (IAph2007 4.309) come «proconsole e correttore (epanorthotes) d’Asia, fondatore e salvatore anche della sua stessa patria» (si noti l’anche, che sottintende come egli avesse largamente beneficato l’Asia e inoltre la sua città natale):208 vac. ἡ πατρὶς vac. vac. Ἀγαθῇ Τύχῃ vac. Τ(ίτον) Ὄππ(ιον) Αἰλιανὸν vac. Ἀσκληπιόδοτον 5 τὸν λαμπρότατον ὑπατικὸν, ἡγεμόνα Καρίας καὶ Φρυγίας, ἀνθύπατον καὶ ἐπα= ορθωτήν Ἀσίας, κτί= 10 στην καὶ σωτῆρα καὶ τῆς ἑαυτοῦ πατρίδος, Τιβ(έριος) Κλ(αύδιος) Μαρκιανὸς ὁ πρῶτος ἄρχων.

L’iscrizione onoraria per Asklepiodotos non presenta chiari elementi datanti, se non l’onomastica dei due personaggi menzionati, il senatore e il primo arconte cittadino Ti. Claudius Marcianus, e la paleografia (questi due criteri, messi a sistema, suggerirebbero una datazione generica entro il III sec.).209 L’onorato rivestì conper la datazione dell’asiarchia di Makarios all’epoca di Costanzo II (ante aa. 362–363, forse c. a. 359–360) vd. Filippini, Fossili e contraddizioni 2016, 449–455. 208 La patria Aphrodisias onora il consolare T. Opp(ius) Aelianus Asklepiodotos (c. a. 250– 305, prob. c. a. 283–305): Roueché, Rome, Asia and Aphrodisias 1981, 108–113, nr. 6; SEG 31, 910; AE 1981, 770 (cfr. AE 1982, 893); PH257190; ALA2004 nr. 7; IAph2007 4.309. T. Oppius Aelianus Asklepiodotos: PIR2, O 115; LP 26.250 (Phrygia-Caria). 209 Si è suggerita (Roueché: cfr. AE 1981, 770) una relazione parentelare tra il primo arconte Ti. Claudius Marcianus e l’asiarca Ti. Claudius Apollonios Marcianus, attestato da un’iscrizione afrodisiense (IAph2007 11.60; PH265178), frammentaria e attualmente perduta, nella quale risulta essere stato agonoteta della 20a edizione dei giochi Aphrodisieia Philemoneia (c. a. 241), allestita mentre era archineopoios il figlio Ti. Claudius Iulius Candidus Hegemoneus. Più tardi quest’ultimo, in qualità di primo arconte, a nome della città eresse una statua (IAph2007 11.414) al proconsole d’Asia L. Egnatius Victor Lollianus (vd. supra, n. 111), che svolse tre mandati proconsolari consecutivi negli anni 242/243–244/245. Su Hegemoneus e il padre Apollonios Marcianus cfr. ora Campanile, Sommi sacerdoti, asiarchi 2006, 540. In ogni caso Ti. Claudius Marcianus non è necessariamente identificabile con Ti. Claudius Apollonios Marcianos: egli può considerarsi, senza problemi, come un discendente di questa importante famiglia di magistrati e sommi sacerdoti di Aphrodisias.

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giuntamente il proconsolato e il correttorato in Asia: non si dovrebbe infatti dubitare della congiuntura tra i due incarichi, che è chiaramente suggerita sul piano espressivo dal ricorso allo zeugma (il genitivo Asias si applica sia ad anthypatos che a epanorthotes) e dalla congiunzione kai, all’interno di una sequenza di cariche elencate per asindeto. Soprattutto Asklepiodotos, prima del duplice incarico come proconsole-correttore, era stato governatore di Phrygia-Caria (ἡγεμόνα Καρίας καὶ Φρυγίας): questa circostanza permette di fissare due punti fermi. Innanzi tutto di inquadrare tale incarico nel cinquantennio di esistenza della doppia provincia, ossia tra il 249–250 e il 301/302–305, e inoltre di identificare Asklepiodotos con un suo omonimo, attestato come vir perfectissimus e praeses (evidentemente di Phrygia-Caria) da un miliario (AE 1986, 677) rinvenuto lungo la strada Laodicea-Apamea Kibotos, a Tekin (a quattro miglia da Apamea, nella regione frigia della doppia provincia). Il miliario di Tekin è dedicato agli imperatori Caro, Carino e Numeriano (c. a. 282–283): se si accetta l’identità tra i due governatori omonimi, come hanno fatto vari studiosi (French, Roueché, contra Christol), si può supporre che Asklepiodotos, ancora di rango equestre al tempo di Caro, fosse stato promosso in Senato da Diocleziano, forse perché si era mostrato favorevole alla sua ascesa al potere e l’aveva attivamente sostenuta. Dopo il 283 il personaggio sarebbe infine giunto al proconsolato d’Asia e all’importantissimo incarico di correttore (epanorthotes): il conferimento straordinario di tali mandati, tra loro congiunti, può collocarsi, in termini generali, c. a. 283–305.210 Non sembrerà pertanto affatto inverosimile riferire il doppio mandato di Asklepiodotos al riordino dell’Asia fin qui ipotizzato – un evento davvero straordinario, che poteva richiedere di affidare contestualmente a un unico personaggio il proconsolato e il correttorato, ossia i pieni poteri giuridico-amministrativi – e quindi datarlo all’anno proconsolare 293/294. Si propone allora di ricostruire i fasti proconsolari d’Asia di quegli anni (286–313) in questi termini: proconsoli d’Asia (PLRE I)

cronologia assoluta

cronologia relativa

testo, luogo (provincia)

Aurelius Hermogenes 8

c. a. 286–305

c. a. 286–293

IvIlion 98: Ilio (Troade, fut. Hellespontus)

T. Flavius Festus 7

c. a. 286–293

a) L. Artorius Pius Maximus 43

c. a. 287–298

A. Prima del riordino

Didyma 89, 90, 159: Didyma (Mileto, fut. Caria) c. a. 287–293? IvEphesos 307 e 621: Efeso

210 Il governatore di rango perfectissimus Asklepiodotos (sulla pietra il nome è inciso erroneamente come Asklemiodotos) dedica un miliario a Caro, Carino e Numeriano (Tekin, c. a. 282–283): SEG 31, 1101 (testo III); PH272867; AE 1986, 677. L’identificazione tra i due governatori di nome Asklepiodotos è accolta in PIR2, O 115; LP 26.199; LP 26.250.

215

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XI. T. Oppius Aelianus Asklepiodotos, proconsul et corrector Asiae

An[nius? Epi?]phanios 5

c. a. 293–305

a. 292/293

IvIlion 96: Ilio (Troade, fut. Hellespontus)

B. Riordino c. a. 293–294 T. Oppius Aelianus Asklepiodotos, proconsul et corrector Asiae

c. a. 283–305? a. 293/294

[IAph2007 4.309: Aphrodisias (Caria), città natale]

C. Dopo il riordino b) L. Artorius Pius Maximus 43 c. a. 287–298 Iunius Tiberianus 7

c. a. 293–303

lacuna nei fasti proconsolari

c. a. 303–324

Peucetius?

c. a. 311–313

c. a. 293–298?

IvEphesos 307 e 621: Efeso IvEphesos 305: Efeso vd. PLRE I, Peucetius

L’eccezionalità della riforma provinciale avrebbe pertanto comportato un cumulo straordinario di poteri nelle mani di un proconsole-correttore, T. Oppius Aelianus Asklepiodotos, che venne considerato «fondatore e salvatore» dell’Asia come pure della sua patria, Aphrodisias. A confronto e sostegno di tale interpretazione, già ben fondata su base cronologica (Asklepiodotos praeses Phrygiae-Cariae c. a. 282–283, quindi proconsul et corrector Asiae c. a. 283–305, prob. 293/294), dovremmo però apportare alcuni dati che riguardano due questioni generali: vi sono casi, più o meno simili, di congiuntura dei mandati di governatore e correttore nella storia dell’Asia o di altre province, in particolare nel III sec.? E, più nello specifico, sono noti altri esempi di correttorato conferito in occasione di grandi riforme amministrative? * La prima domanda appare problematica: la storia amministrativa della provincia Asia non conosce infatti, stando alla documentazione sinora disponibile, altri esempi di cumulo di proconsolato e correttorato. Oltre ad Asklepiodotos vi sono soltanto due personaggi attestati come correttori d’Asia (διορθωτής / ἐπανορθωτής τῆς Ἀσίας), Erode Attico (diorthotes c. a. 135–136) e Aurelius Appius Sabinus (epanorthotes c. a. 250–251: vd. infra), ma costoro non rivestirono il proconsolato. La disamina della lettera di Commodo ad Aphrodisias (IAph2007 8.35: vd. supra, cap. X) ha tuttavia suggerito che nel 189 Ulpius Marcellus dovesse essere il proconsole in carica e ricevesse inoltre il mandato straordinario di correttore: sarebbe questo un precedente significativo per il doppio mandato di Asklepiodotos.211 In Achaia, ossia nella provincia che presenta in assoluto il maggior numero di correctores, compaiono vari casi congiunti di proconsolato e correttorato, che risultano concentrati nei primi o negli ultimi decenni del III sec.: sotto Settimio 211 Erode Attico: vd. supra, n. 190. Ulpius Marcellus: vd. supra, n. 195. Aurelius Appius Sabinus: vd. infra, n. 214.

XI. T. Oppius Aelianus Asklepiodotos, proconsul et corrector Asiae

Severo possono datarsi M. Claudius Demetrios (c. a. 193–198) e Ti. Claudius Kallipianos Italicus (c. a. 205–211); più generalmente in epoca severiana si colloca Cn. Claudius Leontikos, mentre rimane incerto se [Iuli]us Paulinus, hegemon kai diorthotes, debba ascriversi alla prima metà del III sec. oppure all’epoca dioclezianea.212 Sotto Diocleziano (c. a. 293–305), dopo la riforma amministrativa che intorno al 293 sostituì il proconsole di rango pretorio con un praeses dell’ordine equestre, può invece porsi l’anonimo praeses et corrector attestato da un’iscrizione di Sparta (LSA 910), mentre il vir clarissimus L. Turranius Gratianus, corrector dell’ordine senatorio (ma non proconsole) e successivamente praefectus Urbi (290–291), deve aver operato prima di quella riforma (c. a. 284–290, forse 285–286). Proprio l’anonimo governatore-correttore di Sparta sembra poter fornire un termine di paragone appropriato per il proconsole e correttore d’Asia (IvEphesos 217) che si è qui ipotizzato di riconoscere nel proconsole-correttore Asklepiodotos (IAph2007 4.309): se il doppio mandato dell’anonimo di Sparta potesse datarsi, più specificamente, agli anni 293–294, si comprenderebbe ancor meglio l’utilità di conferire pieni poteri giuridico-amministrativi al primo governatore equestre della provincia Achaia, allora appena riorganizzata da Diocleziano.213 * Alla seconda domanda, relativa all’eventuale nomina di un correttore in occasione di una grande riforma amministrativa, sembra rispondere adeguatamente il profilo di Appius Sabinus, correttore (ma non proconsole) d’Asia intorno alla metà del III sec. Costui venne onorato pubblicamente sulla Via Sacra di Didyma (Didyma 156), in quanto praefectus Aegypti e quindi corrector Asiae di rango clarissimo (ll. 2–4: … ἔπαρχον Αἰγύπτου καὶ | τῆς Ἀσίας ἐπανορθωτήν, τὸν λαμπρότα|τον, κτλ.), da parte del Consiglio di Mileto, che lo volle celebrare come benefattore proprio e della città. Il medesimo personaggio risulta onorato, come vir clarissimus e consularis (ma senza menzione del correttorato), anche nella vicina Iasos, in quanto benefattore della città (o forse, meglio, del Consiglio: IvIasos 86), e nella lontana Olimpia (per la sua personale arete: IvOlympia 355). Costui potrebbe forse essere identificato nell’anonimo correttore menzionato da un frammento epigrafico di 212 Su questi personaggi vd. Guerber, Les correctores 1997, 215–216; Fournier, Entre tutelle romaine 2010, 481. M. Claudius Demetrios: PIR2, C 845, cfr. 846; LP 24.45. Ti. Claudius Kallipianos Italicus: PIR2, C 821. Cn. Claudius Leontikos: PIR2, C 909; LP 24.64; cfr. anche LP 24.51 (Claudius Illyrios). [Iuli]us Paulinus: CPE 337; PIR2 VI, p. 61; LP 24.79. 213 Iscrizione onoraria, assai frammentaria, di Sparta, dedicata a un imperatore ignoto da un anonimo [- - - p]raes(es) et corr(ector) pr[ovinciae Achaiae?]: SEG 11, 887; EDH057724; LSA 910. Anonimo di Sparta: LP 24.96; PLRE I, Anonymus 115; cfr. Barnes, The New Empire 1982, 160, n. 53. L. Turranius Gratianus: PLRE I, Gratianus 3; cfr. LSA 97. Sui governatori d’Achaia in epoca dioclezianeo-costantiniana vd. Davenport, The Governors of Achaia 2013, partic. 226–228 per Gratianus e l’anonimo.

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Sebastopolis di Caria (Robert, Études anatoliennes 1937/1970, 351, nr. 5), mentre dovrà rigettarsi l’attribuzione a Sabinus (A. Stein, contra Pflaum) di un frammento onorario per un anonimo epanorthotes (d’Asia?) proveniente dalla stessa Mileto (Milet I.7, 266: su entrambi i frammenti vd. infra, Appendice). In ogni caso Appius Sabinus è stato identificato (Stein) con Aurelius Appius Sabinus, attestato nel 249–250 come prefetto d’Egitto, dove si sarebbe segnalato come zelante esecutore della persecuzione anticristiana di Decio.214 Didyma II, 156

IvIasos I, 86

IvOlympia 355

vac. ἀγαθῆι τύχηι.

ἀ¢γ¢α¢θ¢ῆι¢ τύχηι·

ἀγαθῇ τύχῃ.

ππιον Σαβεῖνον ἔπαρχον Αἰγύπτου,

[Ἄππ]ιον Σαβεῖνον τὸν

τὸν λαμπρό=

τῆς Ἀσίας ἐπανορθωτήν, τὸν λαμπρότα=

[λαμ]πρότατον ὑπατικ[ὸν]

τατον ὑπατι-

τον, ἡ κρατίστη καὶ φιλοσέβαστος βου=

[ἡ Ἰασ]έων κρατίστη

κὸν Ἄππιον

λὴ τὸν ἑαυτῆς καὶ τῆς πόλεως εὐεργέ=

[πόλις] τὸν ἑαυτῆ[ς εὐ]=

Σαβεῖνον ἡ Ὀ=

την· ἐπιμελησαμένου τοῦ ἀξιολογω=

[εργέ]την· βου¢[ λ- - - -]

λυμπικὴ βουλὴ

τάτου βουλάρχου· Μ(ᾶρκου) Αὐρ(ηλίου) Ὀφελλίου Διαδου=

ἀρετῆς ἕνεκα.

μενοῦ τοῦ Ὀφελλίου, ταμίου τοῦ Διδυμέ=

ψ(ηφίσματι) Ὀλ(υμπικῆς) β(ουλῆς).

ως Ἀπόλλωνος καὶ ἀγνοθέτου τῶν Με= γάλων Διδυμείων Κομμοδείων. IvIasos I, 86, l. 5: [πόλις] Pugliese Carratelli, Blümel, [βουλὴ] Filippini

Si può dunque datare l’adlectio di Sabinus in Senato (inter consulares, come ha opportunamente osservato Christol) e la sua nomina a corrector Asiae intorno al 250–251 (Roueché): in questo caso l’imperatore avrebbe inviato il suo fidato collaboratore in Asia a dirimere le questioni giuridico-amministrative sollevate dal distacco della nuova provincia Phrygia-Caria, creata appena un anno prima, nel 249–250, dallo stesso Decio (se non da Filippo l’Arabo). Se così fosse, il correttorato avrebbe seguito di pochissimo la riforma amministrativa, appena entrata in vigore, e si sarebbe svolto in parallelo rispetto al mandato del proconsole d’Asia. Per gli anni 249–251 214 Aurelius Appius Sabinus: PIR2, A 1455; CPE 331ter; cfr. Christol, Pont, Autour des Appii d’Asie 2017, 79–85. Il Consiglio di Mileto onora il corrector di rango clarissimus Sabinus, sotto la curatela del boularchos M. Aur(elius) Ofellius Diadoumenos, tesoriere di Apollo Didimeo (c. a. 250): Didyma II, 156; ILS 9467; PH247208. La κρατίστη [πόλις] (o, forse meglio, la κρατίστη [βουλή]) di Iasos onora il clarissimus consularis Sabinus (c. a. 250–255): AE 1974, 627; AE 1979, 609; IvIasos I, 86; PH259086. Il Consiglio di Olympia onora il clarissimus consularis Sabinus per la sua arete (c. a. 250–255): IvOlympia 355; PH214160.

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sono peraltro noti entrambi i proconsoli, parimenti impegnati nella persecuzione: C. Iulius Flavius Proculus Quintillianus (a. 249/250), attestato sia dalle fonti letterarie (Martyrium Pionii) che da quelle epigrafiche, avrebbe decretato la condanna a morte del presbitero Pionio a Smirne; gli atti di vari martiri asianici (di Karpos, Papylos e Agathonike, cd. Acta Carpi; di Maximus; di Petros, Andreas, Paulos e Dionysia, cd. Acta Petri) concorrono a porre di seguito, come proconsole, un certo (Flavius?) Optimus (a. 250/251). Il correttore Sabinus avrebbe potuto, anche in Asia, farsi promotore della politica religiosa di Decio, come già aveva fatto in Egitto.215 Nel 249–250 (ma il mandato dovrebbe essere durato più a lungo: vd. infra) compare inoltre il primo dei governatori di Phrygia-Caria sinora conosciuti: si tratta del vir clarissimus e consularis Q. Fabius Clodius Agrippianus Celsinus, legato imperiale di Decio e governatore della doppia provincia, definito da un’iscrizione onoraria di Alia in Frigia (AE 1991, 1513) come «salvatore degli ethne (scil. dei Frigi e dei Cari) e delle province circostanti» (ll. 8–11: … τὸν [σω]|τῆρα τῶν ἐθνῶ[ν]| καὶ τῶν πέριξ ἐπ[αρ]|χείων κτλ.). ἀγαθῇ τύχ¢[ῃ]. τὸν λαμπρότατο¢[ν] ὑ¢πατικὸν Κυ[ίν]= τον Φάβιον Κλώ¢= 5 διον Ἀγριππιανὸ[ν] vac. Κελσεῖνον, ἡγεμόνα Φρυγία¢[ς] καὶ Καρίας, τὸν [σω]= τῆρα τῶν ἐθνῶ¢[ν] 10 καὶ τῶν πέριξ ἐπ[αρ]= χειῶν, τὸν ἁγνὸν καὶ δίκαιον vac. ἡ λα[μ]= προτάτη [Ἀλι]ηνῶν¢ vac. πόλ¢[ις]. vac. 15 vac. ἐπὶ τῶν περὶ Αὐρ(ήλιον) Α¢ἴλιον Καλλιστια¢νὸν ἄρχοντα πρῶ¢= τον ἀρχό¢[ντων], 20 ἐπιμελη¢[θέντος] Αὐρ(ηλίου) Μι¢θ¢[- - -].

215 C. Iulius Flavius Proculus Quintillianus: PIR2, I 502; LP 26.192. (Flavius?) Optimus: PIR2, O 129; LP 26.193. Su questi proconsoli e sugli Acta Carpi e altri atti correlati (Acta Maximi, Acta Petri) cfr. Jones, Notes on the Acts of Carpus 2012, partic. 263–268.

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Questo interessante (e inusuale) epiteto pare indicare che l’opera di buon governo di Celsinus avesse riguardato non solo gli ethne della Phrygia-Caria, ma anche le province limitrofe – si può pensare, in primis, proprio all’Asia e alla questione sensibile della definizione dei confini interprovinciali. Si ricordi come Appius Sabinus fosse stato celebrato, in quanto benefattore, sia da Mileto (che lo definiva corrector Asiae), città allora rimasta entro i confini dell’Asia (vd. supra), sia dalla non lontana Iasos (che lo indicava più semplicemente come consularis).216 Questa iscrizione onoraria iasea per Sabinus (IvIasos 86) è di particolare interesse, giacché l’autorità del governatore di Phrygia-Caria Celsinus risulta attestata nella regione caria da tre miliari, di cui i primi due sono stati rinvenuti nelle vicinanze di Keramos (AE 1991, 1508–1509a, databili c. a. 250), il terzo alla distanza di un solo miglio da Iasos (IvIasos 18), lungo la strada tra Iasos e Mylasa. Nella regione frigia Celsinus compare invece su altri due miliari, a Dorylaion (AE 1986, 678a, databile c. a. 250) e Laodicea al Lykos (inedito, databile poco più tardi, c. a. 250–251). Sembrerebbe pertanto che Iasos, pur rendendo grazie, per qualche ragione, al consularis Sabinus, fosse entrata a far parte della nuova doppia provincia o comunque si situasse proprio su quella linea di confine, che dovette essere stabilita di comune accordo, forse in più fasi, tra il proconsul Asiae Quintillianus (a. 249/250), il corrector Asiae Sabinus (c. a. 250–251) e il governatore di Phrygia-Caria Celsinus (c. a. 249–251). * In concomitanza con la riforma del 249–250 sembrerebbe porsi anche il dossier epigrafico che documenta gli onori tributati (c. a. 248–249) a un cavaliere eminente, Appius Alexandros, celebrato come «più volte ducenarius» e philosophos da ben due sommi sacerdoti federali. L’asiarca M. Aurelius Daphnos di Efeso gli eresse infatti una statua onoraria (IvEphesos 616), in quanto «eccellentissimo procuratore» (kratistos epitropos, l. 2), benefattore proprio e della patria, mentre Alexandros svolgeva una procuratela, non meglio specificata, per conto di due imperatori il cui nome venne successivamente eraso (l. 4). Egli era senza dubbio il procuratore d’Asia, il cui livello salariale era appunto ducenario (vd. supra, cap. VIII): il suo incarico dovrebbe porsi nella forcella degli anni 240–249 (dopo C. Domitius Philippos, attestato c. a. 240). Parallelamente (IvEphesos 617) la moglie di Daphnos, Iulia Atticilla, 216 Q. Fabius Clodius Agrippianus Celsinus: PIR2, C 1161; PLRE I, Celsinus 5; LP 26.244. La città di Alia onora Celsinus quale «salvatore degli ethne e delle province circostanti» (c. a. 249–250): SEG 41, 1174; AE 1991, 1513; PH273082; cfr. Mitchell, Anatolia 1993, I, 228. Si trattava dell’unica iscrizione onoraria per Celsinus di cui si avesse conoscenza; a questa possono oggi aggiungersi un’iscrizione onoraria frammentaria di Nysa al Meandro (Akdoğu Arca, Iulius Iulianus 2016, 67–68) e forse un’altra di Hierapolis (AvHierapolis 43; IGR IV, 814; PH271658) per un anonimo governatore di Phrygia-Caria (il cui nome è stato eraso), che Tullia Ritti ha ipotizzato di riconoscere nel nostro personaggio: cfr. Ritti, Storia e istituzioni 2017, 553–555.

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archiereia d’Asia dei templi di Efeso e sacerdotessa di Artemide, omaggiava Desidiena Cincia, consorte di Alexandros, τοῦ κρατίστου | ἐπιτρόπου τῶν Σεββ(αστῶν) (ll. 5–6).217 A Smirne invece l’ex asiarca Quintilius Eumenes dedicò un’altra statua ad Alexandros (AE 2003, 1672), «eccellentissimo filosofo e più volte ducenarius», definendolo suo personale benefattore (non della città): tale iscrizione fu posta in ottemperanza di una promessa formulata dal magnate smirneo all’atto di assumere l’agonotesia dei koina Asias per la quinta volta. Il testo attribuisce ad Alexandros i medesimi titoli onorifici (kratistos, philosophos, ducenarius) dell’iscrizione efesina di Daphnos, ma inoltre registra il governatorato di Gallia Lugdunensis, che Alexandros aveva appena assunto, probabilmente nel 249. Tale datazione risulta dal confronto con altre due iscrizioni onorarie, dedicate in precedenza dallo stesso Eumenes al proconsole d’Asia L. Egnatius Victor Lollianus (vd. supra, cap. V) – confronto che permette di porre la quinta agonotesia dell’ex asiarca all’agosto-settembre 248 (verso l’inizio dell’anno asianico 248/249).218 Efeso: IvEphesos 616

Smirne: AE 2003, 1672 ἀγαθῆι τύχηι.

Ἄππιον Ἀλέξανδρον

Ἄππιον Ἀλέξανδρον

τὸν κράτιστον ἐπίτροπον

τὸν κράτιστον φιλόσοφον

τῶ[ν] κυρίω[ν ἡ]μῶν

καὶ πολλάκις δουκηνάριον

[[- - -]]

καὶ ἡγεμόνα

τὸν πολλάκις δουκηνάριον,

ἐπαρχίου Λουδγουνησίας,

τὸν φιλόσοφον,

Κυιντίλιος Εὐμένης,

τὸν ἁγνὸν καὶ δίκαιον

πάππος συγκλητικοῦ

καὶ πάσῃ ἀρετῇ κεκοσμημένον,

καὶ ἀσιάρχης,

Μ(ᾶρκος) Αὐρ(ήλιος) Δάφνος φιλοσέβ(αστος)

τὸν ἴδιον εὐεργέτην,

217 Appius Alexandros: PIR2, A 945; CPE III, p. 1101; LP 08.19a (Lugd.); sul personaggio e la sua famiglia cfr. Christol, Drew-Bear, Taşlialan, Appius Alexander 2005; Boulay, Pont, Chalkètôr en Carie 2014, 115–122; Christol, Pont, Autour des Appii d’Asie 2017. C. Domitius Philippos: PIR2, D 157; questo personaggio, prima di diventare praefectus vigilum (a. 241), fu procuratore d’Asia, come risulta sia da un’iscrizione onoraria di Nysa al Meandro (Caria), recentemente pubblicata da Akdoğu-Arca, The Procurator Domitius Philippus 2016, sia da un’iscrizione, di poco successiva, di Tripolis al Meandro (Lidia), rinvenuta da B. Duman (2014) e attualmente in corso di studio, di cui si è data notizia in Guizzi, Filippini, Tripolis on the Maeander 2017, 65, C.2.1. M. Aurelius Daphnos e Iulia Atticilla di Efeso: Campanile, I sommi sacerdoti 1994a, 124, nr. 134 (con datazione all’epoca di Macrino e Diadumeniano, ora rettificata in Campanile, Sommi sacerdoti, asiarchi 2006, 540). Daphnos onora il procuratore Alexandros (c. a. 247–249): AE 1982, 869 (H. Engelmann / D. Knibbe); IvEphesos 616; PH248889. Atticilla onora Desidiena Cincia, moglie di Alexandros (c. a. 247–249): AE 1982, 870 (H. E./D. K.); IvEphesos 617; PH248890. 218 Quintilius Eumenes di Smirne: vd. supra, n. 111.

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Efeso: IvEphesos 616

Smirne: AE 2003, 1672

ἀσιάρχης ὑμνῳδός,

καθ’ἃ ἀγωνοθετῶν

πολλάκις ἀγωνοθέτης,

τῶν πρώτων Κοινῶν

τὸν ἐν πᾶσιν τῆς πατρίδος

τῆς Ἀσίας

καὶ ἑαυτοῦ εὐεργέτην.

ἀγώνων τὸ πέμπτον ὑπέσχετο. Ἀλφοκρατίων ἐπέγραψα.

IvEphesos 616, l. 4: [[Ὀπελλίου καὶ Διαδουμενιανοῦ]] Keil (a quo Engelmann – Knibbe)

La datazione delle iscrizioni smirnee per Lollianus e Alexandros (AE 2003, 1670– 1672) ha permesso di rettificare anche quella delle iscrizioni efesine riguardanti il medesimo procuratore (IvEphesos 616–617): i due «nostri Signori» (616) ovvero i due Sebastoi (617) ivi menzionati, colpiti dalla damnatio memoriae, non sarebbero stati Macrino e Diadumeniano (come aveva ritenuto Keil, seguito da Engelmann e Knibbe), bensì i due Filippi. Alexandros avrebbe allora svolto il suo incarico in Asia verso la fine del loro regno congiunto (c. a. 248–249): in quel periodo già si preparava, con ogni probabilità, la separazione della Phrygia-Caria dall’Asia, che sarebbe stata poi effettuata tra 249 e 250; sembra ragionevole pensare che, in quella circostanza, il procuratore provinciale fosse coinvolto nella pianificazione degli aspetti amministrativi della riforma. Si noti infine come l’asiarca Daphnos appaia a sua volta onorato da altre due notevoli dediche efesine: la prima (IvEphesos 4343), posta durante la sua (prima) asiarchia, registra tra i suoi titoli di merito il fatto che «era stato tre volte ambasciatore a sue spese e aveva ristabilito (i diritti? la situazione?)» (ll. 6–8: … πρεσ|βεύσαντα τρὶς προῖκα καὶ κατο[ρ]|θώσαντα), con un’espressione analoga a quanto affermato per vari ambasciatori e difensori dei privilegi civici in epoca severiana (vd. supra, cap. VII). Intorno al 249 Efeso aveva forse dovuto nuovamente difendere i propri diritti, nel momento in cui la provincia subiva un notevole riassetto e perdeva le sue regioni sud-orientali: la città era riuscita a «ristabilire» la sua posizione grazie all’impegno personale di Daphnos, nonché alla magnanima intercessione del procuratore ducenario Appius Alexandros. Anche l’ex asiarca smirneo Eumenes, uomo già vicino al potente proconsole Lollianus (242–245), aveva omaggiato in maniera simile il procuratore-philosophos, ma lo sforzo di Daphnos per la sua patria preparava forse il terreno per il rinnovato slancio prodotto da Efeso negli anni seguenti, quando Valeriano e Gallieno (c. a. 255–258) le avrebbero finalmente concesso la quarta neokoria, consentendole di strappare il primato a Smirne (vd. supra, capp. V–VI). Di quest’ultima situazione, caratterizzata dalla preminenza schiacciante di Efeso, sembra rendere testimonianza la seconda iscrizione onoraria per Daphnos

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(IvEphesos 3070), che lo mostra ormai all’apogeo della sua fortuna: dopo il 248–249 il notabile era riuscito a raggiungere l’asiarchia per altre due volte e aveva inoltre ottenuto privilegi straordinari dagli imperatori, non solo la facoltà di organizzare giochi eccezionalmente sontuosi, ma anche di indossare la corona d’oro e la porpora in occasione della sua πρώτη πρόοδος (ll. 14–16: … ἐπὶ τῇ | πρώτῃ προόδῳ τὸν χρυσοῦν στέφανον | ἅμα τῇ πορφύρᾳ), ossia della prima volta in cui esercitò il privilegio della propompeia, conducendo la processione festiva del koinon (vd. supra, cap. IX).219 Questi simboli regali attestano il favore imperiale goduto da Daphnos e la grande influenza politica del magnate efesino, e parimenti riflettono la posizione conquistata dalla sua patria, ormai giunta, negli anni ’50 del III sec., al culmine del koinon d’Asia (come Perge era considerata il «fastigio della Pamphylia») e alla guida della sontuosa pompe. * Agli enfatici elogi del proconsole-correttore d’Asia Asklepiodotos (c. a. 293–294), del legato di Phrygia-Caria Celsinus (c. a. 249–251) e del correttore d’Asia Sabinus (c. a. 250–251), celebrati pubblicamente come fondatori, salvatori e/o benefattori delle comunità provinciali a loro sottoposte, può affiancarsi l’iscrizione onoraria (IvEphesos 1312) dedicata dal koinon d’Asia al proconsole Aelius Claudius Dulcitius (c. a. 361–363/364), definito parimenti salvatore e benefattore:220

5

ἀγαθῆι [τύχηι·] Αἴλ(ιον) Κλαύδ(ιον) Δουλκίτιον τὸν λαμπρότατον ἀνθύπατον, τὸ κοινὸν τῆς Ἀσίας τὸν ἑαυτῶν σωτῆρα, τὸν ἁγνότατον καὶ ἐν πᾶ= σιν εὐεργέτην· εὐτυχ[ῶς.]

219 Il collegio dei philobedioi philoploi onora Daphnos (c. a. 250–260): IvEphesos 3070; PH248855. 220 Il koinon d’Asia onora il proconsole Ael(ius) Claud(ius) Dulcitius (c. a. 361–363/364, prob. 362/363): IvEphesos 1312; PH250730; LSA 733. Aelius Claudius Dulcitius: PLRE I, Dulcitius 5. Il proconsole Dulcitius dedica tre statue a Giuliano (c. a. 361–363, prob. 362/363) con iscrizioni onorarie in latino, di cui due a Efeso: IvEphesos 3021 (Conti, Die Inschriften 2004, 78, nr. 27; LSA 713) e 313A (Conti, Die Inschriften 2004, 77, nr. 26; LSA 748); la terza a Pergamo: IvPergamon II, 633 (Conti, Die Inschriften 2004, 79, nr. 28; LSA 517); su queste dediche, che esaltano Giuliano per la sua philosophia, cfr. Pagliara, Giuliano ad Atene 2014, 194–195. Il proconsole Dulcitius dedica a Gioviano (c. a. 363–364) un miliario, rinvenuto lungo la strada tra Efeso e Smirne: IvEphesos 3605.

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Si noti come l’erezione della base iscritta (rinvenuta lungo l’Embolos) dovesse essere stata disposta da un decreto onorario federale, votato dal koinon dei Greci d’Asia (τὸ κοινὸν τῶν ἐπὶ τῆς Ἀσίας Ἑλλήνων: il titolo ufficiale è stato qui riformulato, in termini più sintetici, come τὸ κοινὸν τῆς Ἀσίας; cfr. supra, cap. IX) per il «loro salvatore» (al plurale: l. 5, τὸν ἑαυτῶν σωτῆρα). Il titolo di soter è particolarmente significativo: esso era comunemente riservato alle divinità o agli imperatori e solo in casi eccezionali veniva conferito a governatori o alti funzionari, per qualche azione meritoria specifica, che fosse andata al di là della normale amministrazione. Un nutrito dossier epigrafico e letterario (Libanio) permette di conoscere in dettaglio la carriera di Dulcitius, originario della Frigia, dapprima funzionario imperiale (notarius), quindi senatore di Costantinopoli e governatore di varie province (Phoenice, Thraciae) sotto Costanzo II. In particolare il proconsolato d’Asia può collocarsi tra i regni di Giuliano e Gioviano, ossia, in linea di massima, tra gli anni proconsolari 360/361 e 363/364 (probabilmente nell’anno 362/363). Perché Dulcitius in epoca giulianea (o poco dopo) venne onorato dal koinon quale suo salvatore, in virtù dell’esercizio irreprensibile (τὸν ἁγνότατον, «purissimo») del suo mandato proconsolare? Si propone qui di riferire tale ringraziamento da parte del koinon alla riorganizzazione della stessa federazione asianica, che sarebbe stata prodotta dalla cosiddetta riforma «religiosa» di Giuliano (c. a. 362), come si è già osservato (cfr. supra, capp. VI e X), e soprattutto al ruolo che Dulcitius avrebbe allora eventualmente assunto, in quanto governatore, nell’applicazione della riforma in Asia. Se così fosse, si potrebbe forse osservare come, nell’epoca post-costantiniana e in particolare giulianea, non fosse più un proconsole-correttore (come era stato Asklepiodotos, c. a. 293–294), ma un semplice proconsole a sovrintendere a un grande riordino giuridico-amministrativo: non sarebbe stato più necessario istituire un mandato straordinario nella forma di un correttorato sulle città libere, dato che la sopravvivenza delle libertà civiche si era ormai pressoché esaurita con le riforme dell’epoca dioclezianea. E nondimeno può versarsi in quest’ultima discussione un notevole documento epigrafico, di grande importanza benché di datazione relativamente incerta: un’iscrizione onoraria frammentaria di Aphrodisias (IAph2007 5.215) venne dedicata, verosimilmente dagli organismi civici, a un vir clarissimus, definito comes e amicus dei sovrani, nonché «salvatore degli ethne, fondatore ed epanorthotes anche di questa città» (ll. 3–7: σωτῆ|ρα τῶν ἐθνῶν, κτί|στην καὶ ἐπανορθω|τὴν καὶ τῆσδε τῆς | πόλεως).221 Questo correttore di rango consolare, per vari motivi epigrafici e

221 Iscrizione onoraria frammentaria di Aphrodisias per un anonimo comes et amicus degli imperatori ed epanorthotes (prob. IV sec.): ALA2004 nr. 14 (con il relativo commento di Ch. Roueché); IAph2007 5.215; PH257547; cfr. anche ALA2004 nr. 15; IAph2007 8.261 (frammento minore di un’altra iscrizione, relativa al medesimo personaggio); cfr. Mitchell, Anatolia 1993, I, 228.

XI. T. Oppius Aelianus Asklepiodotos, proconsul et corrector Asiae

storici (vd. infra, Appendice), sembra potersi collocare nel corso del IV sec., forse in concomitanza con la riforma giulianea del 362.

Risultati Il riesame dei fasti proconsolari della provincia Asia tra le fine del III e l’inizio del IV sec. ha permesso di collocare, con maggiore chiarezza, alcuni governatori (Aurelius Hermogenes, T. Flavius Festus, An[nius? Epi?]phanios) prima del riordino amministrativo dioclezianeo, che ridusse l’Asia pressoché alla sola Ionia e si è proposto di datare precisamente c. a. 293–294 (vd. supra, cap. X), altri invece (Iunius Tiberianus) dopo tale riforma. In concomitanza col medesimo riordino si è proposto di datare il passaggio della città di Mileto, situata sulla costa caria, dalla provincia Asia (in cui ancora rientrava sotto Flavius Festus, c. a. 286–293) alla Phrygia-Caria, passaggio comunque avvenuto entro il 325 (quando l’episcopato milesio è elencato, nelle liste del Concilio di Nicea, tra quelli della provincia Caria). Si è dunque analizzata la carriera del senatore T. Oppius Aelianus Asklepiodotos, attestato da un’iscrizione onoraria afrodisiense (IAph2007 4.309) come consolare, proconsole d’Asia e al contempo correttore (epanorthotes), e in precedenza governatore (hegemon) della provincia Phrygia-Caria. Costui è inoltre celebrato come fondatore e salvatore (ktistes e soter) dell’Asia e anche della sua stessa patria. L’identificazione del personaggio con l’omonimo Asklepiodotos, governatore di rango equestre di Phrygia-Caria al tempo di Caro, Carino e Numeriano (c. a. 282–283: AE 1986, 677), ha suggerito di datare il successivo proconsolato-correttorato d’Asia in epoca dioclezianea (c. a. 284–305). Si è dunque proposto di riconoscere Asklepiodotos nell’anonimo dignitario, con ogni probabilità un proconsole-correttore (vd. supra, cap. X), che scrisse la lettera agli Efesini (IvEphesos 217) al tempo del grande riordino amministrativo della provincia Asia (c. a. 293–294). Un termine di confronto si è trovato nell’incarico di praeses et corrector provinciae Achaiae, assegnato a un anonimo governatore equestre di epoca dioclezianea, attestato a Sparta (LSA 910), forse nello stesso periodo c. a. 293–294. Si sono altresì cercati casi analoghi di proconsoli-correttori: al di là di vari esempi dell’Achaia, databili tra l’epoca severiana e tetrarchica, non è stato possibile rintracciare esempi del tutto simili per l’Asia, salvo quello di Ulpius Marcellus, proconsole investito del correttorato in epoca commodiana (vd. supra, cap. X). Un interessante caso di correttore (ma non proconsole) d’Asia, nominato in seguito a un’importante riforma amministrativa, è stato però fornito da Aurelius Appius Sabinus, onorato presso il santuario milesio di Apollo (Didyma 156) quale correttore (epanorthotes) d’Asia di rango clarissimo, già prefetto d’Aegyptus (c. a. 249–250): il suo correttorato (c. a. 250–251) risulta essere immediatamente successivo al riordino (c. a. 249–250) che, sotto Filippo l’Arabo o Decio, predispose la separazione della nuova provincia Phrygia-Caria dall’Asia. Il suo ruolo come super-

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visore e garante dei diritti civici nel processo giuridico-amministrativo di distacco delle comunità frigie e carie dal territorio asianico parrebbe avergli meritato la riconoscenza della città caria di Iasos (IvIasos 86). Un ruolo concomitante nel riassetto dei confini e dei diritti territoriali sembra essere stato giocato dal primo governatore della Phrygia-Caria (c. a. 249–251), il legato Q. Fabius Clodius Agrippianus Celsinus (celebrato come «salvatore degli ethne e delle province circostanti»: AE 1991, 1513), e forse anche dal procurator ducenarius d’Asia, Appius Alexandros (parente dello stesso Sabinus, secondo Christol e Pont), che proprio alla vigilia del riordino (c. a. 248–249) venne pubblicamente onorato da due grandi notabili di città tra loro rivali, da un lato l’asiarca M. Aurelius Daphnos di Efeso (IvEphesos 616: un documento da datarsi all’epoca dei Filippi anziché di Macrino e Diadumeniano, come recentemente dimostrato da Christol), dall’altro l’ex asiarca Quintilius Eumenes di Smirne (AE 2003, 1672: cfr. supra, cap. V). Le notevolissime carriere, municipali e federali, dei due magnati sono parimenti esemplificative del prestigio delle loro città di origine e delle fasi di primato che spettarono, in successione, a ciascuna delle due: al lungo predominio smirneo (c. a. 222–255), perdurato tra l’epoca tardo-severiana e quella dei Gordiani, di Filippo e Decio, seguì infatti, a partire dagli anni di Valeriano e Gallieno (c. a. 255–258), la definitiva preminenza di Efeso, illustrata dalle tre sontuose asiarchie di Daphnos (cfr. IvEphesos 3070) e dalla sua triplice missione diplomatica (IvEphesos 4343), che garantì finalmente il ristabilimento (katorthosis: vd. supra, cap. X) dei diritti civici. Si è anche osservato, sulla scorta di precedenti studi (Filippini, Fossili e contraddizioni 2016), come le due riforme provinciali di Filippo e/o Decio (c. a. 249–250) e di Diocleziano (c. a. 293–294), pur intaccando l’unità dell’antica provincia Asia e ridisegnandone i confini giuridico-geografici, non fossero intervenute a rimodellare il prestigioso e influente koinon d’Asia: ancora dopo tali riforme varie città, pur essendo ormai dislocate nelle nuove province (Phrygia-Caria, Lydia, Hellespontus, Insulae), continuarono infatti a far parte della federazione asianica, come pare dimostrato dall’attività di due asiarchi attestati al di fuori dei confini della provincia Asia (Euethios a Laodikeia tra la fine del III e la prima metà del IV sec.; Makarios a Mileto, probabilmente nell’epoca di Costanzo II) e confermato dall’assenza di testimonianze sugli eventuali sommi sacerdoti federali (archiereis) dei nuovi koina provinciali, perlomeno sino all’epoca di Giuliano (che nominò Chrysanthios di Sardi ἀρχιερεὺς τῆς Λυδίας). Si è pertanto ipotizzato un «prolungamento di funzione» del koinon d’Asia tra la metà del III sec. e l’epoca giulianea, sin quando l’Apostata nel 362, con la sua riforma «religiosa» (in realtà una riforma giuridico-amministrativa dei koina e dei loro supremi dignitari, incentrata sul rilancio dei culti e, in particolare, del culto imperiale), ispirata a quella già tentata da Massimino Daia (c. a. 312–313, quando il proconsole era forse il «due volte hypatos e tre volte hypatos (?)» Peucetius: cfr. Barnes, The New Empire 1982, 158), avrebbe provveduto finalmente a ridurre il koinon d’Asia alle effettive dimensioni della provincia Asia (come risulta essere ormai

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avvenuto al tempo di Valentiniano e Valente, secondo l’iscrizione IvEphesos 43: vd. supra, cap. VI) e, in parallelo, a istituire nuovi koina per le altre province tardoantiche. Nell’ambito della riforma giulianea si è infine ipotizzato di attribuire un ruolo di supervisione al proconsole (ma non correttore) d’Asia Aelius Claudius Dulcitius (attestato in carica c. a. 361–363/364), celebrato quale salvatore (soter) del koinon da un’iscrizione onoraria efesina (IvEphesos 1312), e forse anche all’anonimo corrector (epanorthotes), onorato quale «salvatore degli ethne» da un’iscrizione afrodisiense mutila (IAph2007 5.215) di incerta datazione (IV sec.). Per quanto riguarda infine le grandi festività federali (koina Asias), pare che una coerente riorganizzazione degli agoni non si ebbe sotto Diocleziano e neppure sotto Giuliano, ma, a quanto pare, al tempo di Valente (ossia una decina d’anni dopo la riforma giulianea), forse dopo un periodo di relativa confusione (c. a. 362– 372), come si può evincere dal già ricordato rescritto imperiale al proconsole Festus (IvEphesos 43, c. a. 372–375, prob. 372).

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Appendice Alcune iscrizioni frammentarie di III e IV sec. relative a correttori Si riportano in questa appendice alcuni casi di correttori o altri magistrati attestati da iscrizioni di area asianica, purtroppo frammentarie, di datazione incerta e di non facile interpretazione; se ne propone infine una rilettura complessiva. A. Si è sopra menzionata un’iscrizione onoraria di Aphrodisias (IAph2007 5.215) dedicata a un vir clarissimus, definito comes e amicus dei sovrani, nonché «salvatore degli ethne, fondatore ed epanorthotes anche di questa città».222

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-----τὸν λαμπρ[ότατον] κόμιτα, vac. φίλον τῶ[ν] βασιλέων, σωτῆ= ρα τῶν ἐθνῶν, κτί= στην καὶ ἐπανορθω= τὴν καὶ τῆσδε τῆς πόλεως vac.

L’iscrizione è mutila della parte superiore, in cui doveva essere registrato il dedicante (o i dedicanti) dell’onore: si può ragionevolmente pensare al Consiglio (ed eventualmente anche al Popolo) della città di Aphrodisias (cfr. ll. 6–7). Sarebbe importante conoscere l’identità dell’anonimo senatore o perlomeno circoscrivere la cronologia del suo incarico come epanorthotes, che pare aver coinvolto più province o koina (ethne, l. 4), come ha notato Mitchell, richiamando opportunamente l’esempio del legato di Phrygia-Caria Celsinus (τὸν [σω]|τῆρα τῶν ἐθνῶ[ν]| καὶ τῶν πέριξ ἐπ[αρ]|χείων: vd. supra). Come si potrebbe formulare un’ipotesi di datazione? In termini generali la menzione di basileis (l. 3), al plurale, suggerirebbe un periodo di governo imperiale collegiale, preferibilmente di epoca tardoantica (dioclezianea o successiva), quando l’epiteto di basileus (al pari del latino dominus) cominciava a sostituire sempre più di frequente il titolo di imperator. La terminologia risulta tuttavia ambigua: come osservato dalla Roueché, il titolo di comes si presta infatti a diverse interpretazioni, che possono oscillare tra il significato più generico di amico intimo e compagno dell’imperatore (titolo già risalente all’epoca alto-imperiale, che non escluderebbe il III sec.), a quello più specifico e ufficiale di membro di uno dei tre ordines (bathmoi) del comitatus imperiale, secondo la riforma costantiniana di tale organismo. La cronologia proposta dalla Roueché all’epoca di Costantino o meglio dei Costantinidi (c. a. 337–350) non prescinde tuttavia da una valutazione dei contenuti 222 Per i rimandi bibliografici vd. supra, n. 221.

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sottesi agli epiteti di soter ed epanorthotes. «Salvatore degli ethne» è stato riferito a una pluralità di province, sottoposte a tale anonimo consolare non in quanto corrector ma quale comes, che, secondo la studiosa, sarebbe qui usato quale sinonimo di vicarius diocesano (come avviene nel caso dell’istituto costantiniano del comes Orientis, sostitutivo del precedente vicarius Orientis). Parallelamente si è data un’interpretazione generica (elogiativa, non tecnico-giuridica) del termine epanorthotes. Si possono però aggiungere alcune osservazioni: innanzi tutto un elemento di carattere paleografico sembra spostare l’ago della bilancia verso il IV sec.; si tratta della presenza sistematica di lettere lunate (epsilon, omega, sigma, da confrontarsi col sigma «classico», di forma spezzata, dell’iscrizione afrodisiense per Asklepiodotos: IAph2007 4.309, vd. supra – tale confronto paleografico permetterebbe di datare IAph2007 5.215 dopo il 293/294). Inoltre il fatto significativo che il titolo di comes non fosse stato tradotto in greco (ad es. come συναπόδημος: cfr. le iscrizioni di Argo AE 1958, 15 e di Efeso IvEphesos 3029, dedicate a due comites, M. Vettulenus Civica Barbarus e M. Nonius Macrinus, rispettivamente di Lucio Vero e Marco Aurelio), ma reso con il calco κόμης, sembra rimandare a un concetto già cristallizzato, anche nel lessico ufficiale, dalla triplice gerarchizzazione costantiniana del comitatus e dalla concessione «onoraria» del titolo (perlomeno di quello di grado inferiore, comes tertii ordinis). Anche l’aggiunta esplicativa φίλος τῶν βασιλέων (amicus principum) potrebbe meglio comprendersi in un’epoca (post-costantiniana) in cui, diversamente dall’Alto Impero, non qualsiasi comes fosse necessariamente anche un amico personale del sovrano. In conclusione si presenta qui la possibilità che l’incarico di epanorthotes, inteso in senso pregnante, tecnico-giuridico (corrector), anziché vagamente onorifico (Roueché), si riferisca a una congiuntura straordinaria di riorganizzazione amministrativa di quelle province – o meglio di quei koina (si ricordi l’ambivalenza del termine ethnos) – di cui l’anonimo senatore, già comes et amicus di vari imperatori (nel corso del tempo, anche quello trascorso, e non necessariamente di più sovrani in carica al momento stesso della dedica), si sarebbe fatto «salvatore», in quanto «fondatore» (ktistes) e correttore. Sembrerebbe che il correttorato fosse dunque connesso a un’opera di «(ri)fondazione», che avrebbe riguardato anche la stessa Aphrodisias e potrà essere intesa in senso giuridico-amministrativo. Per ragioni cronologiche (derivanti dalla paleografia prima ancora che dalla terminologia giuridica, apparentemente più ambigua) si preferisce pensare alla riforma giulianea (c. a. 362), che rimodellò il koinon d’Asia e dispose la fondazione di nuovi koina/ethne provinciali (compreso il koinon dei Cari, che – si noti bene – aveva sede proprio ad Aphrodisias), anziché a quella dioclezianea (c. a. 301/302– 305), che determinò la scissione della doppia provincia Phrygia-Caria nelle due province indipendenti di Phrygia (capitale Laodicea) e Caria (Aphrodisias), ma non creò nuovi koina. Se così fosse, potremmo considerare il correttorato dell’anonimo, «salvatore degli ethne» (Cari, Frigi, Lidi, etc.) istituiti dalla riforma giulianea del koinon d’Asia, come un incarico contemporaneo e coordinato al proconsolato

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(362/363) di Aelius Claudius Dulcitius (IvEphesos 1312: vd. supra), il «salvatore» dei Greci d’Asia. B. L’esiguo frammento di un’iscrizione onoraria di Sebastopolis nella Caria nord-orientale (Robert, Études anatoliennes 1937/1970, 351, nr. 5, Planche XXVIII, nr. 2) rivela l’incarico di correttore, rivestito da un anonimo personaggio di rango consolare:223

Fig. 8. Frammento di Sebastopolis (da Robert, Études anatoliennes 1937/1970, 351, nr. 5, Planche XXVIII, nr. 2). Robert, Études anatoliennes 1937, 351, nr. 5

integrazioni Robert 1937 e 1954

integrazioni Filippini

vacat?

vacat

- - - - - -?

[- - -]NTON

[nome]N τὸν

[10]N τὸν

[- - -]ΟΝΥΠΑ

[λαμπρότατ]ον ὑπα=

[λαμπρότατ]ον ὑπα=

[- - -]ΟΡΘΩ

[τικὸν καὶ ἐπαν]ορθω= sive δι]ορθω=

[τικόν, ἐπαν]ορθω=

[- - -]ΠΡΑΤΩΝ

[τὴν - - -]ΠΡΑΤΩΝ

[τὴν καὶ σωτ]ῆρα τῶν

[- - -]ΑΝΤΑΔΙ

[funzione -σ]άντα δι=

[ἐθνῶν καὶ π]άντα δί=

223 Sebastopolis onora un anonimo consolare e correttore (prob. 2a metà del III sec.): Robert, Études anatoliennes 1937/1970, 351, nr. 5, Planche XXVIII, nr. 2; L. et J. Robert, La Carie II 1954, nr. 174; PH262385.

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Robert, Études anatoliennes 1937, 351, nr. 5

integrazioni Robert 1937 e 1954

integrazioni Filippini

[- - -]ΕΒΑΣΤΟΥ

[ὰ βίου sive -καίως - - - Σ] εβαστοῦ

[καια θείᾳ? Σ]εβαστοῦ

[- - -]ΡΟΝΟΙ

[- - -]ΡΟΝΟΙ

[κυρίου ἡμῶν? π]ρονοί=

[- - -]ΑΜΕΝΟΝ

[- - -]αμενον

[ᾳ κατορθωσ?]άμενον,

[- - -]ΛΕΙ

[ὁ Σεβαστοπο]λει=

[ἡ Σεβαστοπο]λει=

vacat?

[τῶν δῆμος]. vacat

[τῶν βουλή]. vacat?

l. 4: [- - -]+Π̬ΡΑΤΩΝ, fortasse [- - -]Η̬Π̬ΡΑΤΩΝ Robert, [- - -]ΗΡΑΤΩΝ Filippini l. 8: [- - -]ΑΜ̬ΕΝΟΝ Robert

Robert, in maniera del tutto convincente, restituiva al principio della l. 2 il titolo di λαμπρότατος (clarissimus), correlato a hypatikos (consularis); quindi riconosceva nei frustuli della l. 3 (ΟΡΘΩ) la funzione di correttore, resa in greco come epanorthotes o diorthotes. Queste preziose intuizioni sembrano doversi senz’altro accettare e anzi mettere a sistema: l’integrazione della lacuna della l. 2 (9 lettere: [λαμπρότατ]) permette di calcolare la lunghezza totale della linea in circa 14 lettere; nell’analoga lacuna della l. 3 (anche qui 9 lettere) potrà reintegrarsi con relativa sicurezza il termine epanorthotes ([τικόν, ἐπαν]), senza la congiunzione kai, anziché il più breve diorthotes (con o senza kai). Per altri aspetti pare invece doversi discostare dalla lettura dell’autorevole studioso: se la legatura tra M e E (l. 8) è certa, quella tra un presunto Π e P (l. 4) non risulta affatto chiara dalla foto del frammento, mentre pare plausibile la lettura di H sul margine sinistro di frattura della stessa linea. A giudicare dalla foto, abbastanza nitida, non si tratterebbe di un Π in doppia legatura con H e P, ma più semplicemente di una H con un apice superiore destro particolarmente accentuato; si dovrebbe leggere pertanto HΡΑΤΩΝ anziché Η̬Π̬ΡΑΤΩΝ (l. 4): si recuperebbe così un epiteto elogiativo, σωτ]ῆρα τῶν | [- - -] – pur espressamente scartato da Robert –, per il quale verrebbe naturale l’integrazione τῶν | [ἐθνῶν]. Il nostro correttore sarebbe dunque stato celebrato come «salvatore degli ethne», secondo una formula che trova vari riscontri utili tra III e IV sec. (vd. supra). L’economia dell’integrazione suggerisce di restituire, nella lacuna (9 lettere), un kai tra epanorthotes e soter. Per lo stesso motivo non pare accettabile l’ipotesi di riconoscere in ANTA (l. 5) la desinenza di un participio verbale aoristo esprimente una funzione, seguito (ll. 5–6) da una determinazione temporale (δι|[ὰ βίου) o modale (δι|[καίως). Pur nell’incertezza dell’integrazione, si propone piuttosto di restituire un’azione di «ristabilimento» (l. 8: κατορθωσ?]άμενον) di «tutti i diritti» (ll. 5–6: π]άντα δί|[καια), che può trovare paralleli in altri documenti epigrafici attestanti la katorthosis dei dikaia (cfr. supra, cap. X). Questa azione «salvifica» sarebbe stata eventualmente svolta in conformità con la «divina provvidenza dell’Augusto nostro Signore» (ll. 6–8: θείᾳ?

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XI. T. Oppius Aelianus Asklepiodotos, proconsul et corrector Asiae

Σ]εβαστοῦ | [κυρίου ἡμῶν? π]ρονοί|ᾳ), secondo una formula attestata nell’epoca di Diocleziano Augusto e Massimiano Cesare (IvIlion 97, ll. 5–6: … θείᾳ | προνοίᾳ τν αὐ[τῶ]ν¢ δεσποτῶν ἡμῶν). In tal caso l’anonimo correttore, agendo su mandato imperiale (si noti, di un solo Augusto), avrebbe ristabilito tutti i diritti degli ethne a lui sottoposti (o perlomeno della città di Sebastopolis), facendosene «salvatore» e guadagnandosi la riconoscenza del Popolo (Robert) oppure del Consiglio (Filippini) di Sebastopolis. Come datare questa notevole iscrizione? In mancanza di fattori chiaramente probanti, possono valutarsi due elementi che suggerirebbero un inquadramento generico nel III sec.: l’uso della titolatura di lamprotatos hypatikos come caratteristica del rango dell’anonimo senatore; un indizio paleografico (sigma di forma spezzata anziché lunata: cfr. supra) tende inoltre a far escludere il IV sec. Robert concludeva il suo breve commento con un auspicio (1937/1970, 351): «J’espère que les érudits bien informés de la prosopographie romaine de l’époque impériale pourront interpréter le texte et identifier le personnage». Per quanto l’identificazione prosopografica dell’anonimo resti tuttora aleatoria, si possono nondimeno formulare due osservazioni: l’utilità di nominare un correttore delle città libere nelle contingenze di riforma giuridico-amministrativa dei territori provinciali (e talora anche dei koina a essi relativi), già analizzata sopra, spinge a individuare due circostanze confacenti al caso, da un lato la riforma di Filippo e/o Decio, che produsse la nascita della provincia Phrygia-Caria (c. a. 249/250), dall’altro la riforma dioclezianea che, a distanza di circa un cinquantennio (c. a. 301/302–305), separò Phrygia e Caria (pur senza istituire nuovi koina per le due province). Il nostro anonimo correttore potrebbe aver operato in ciascuno dei due riordini, garantendo la tutela dei diritti degli ethne e delle rispettive città – si ricordi che Sebastopolis rientrò dapprima nella Phrygia-Caria, quindi nella sola Caria. L’attestazione dell’epiteto di «salvatore degli ethne», documentato per il primo governatore della Phrygia-Caria (c. a. 249–251), Q. Fabius Clodius Agrippianus Celsinus (AE 1991, 1513: vd. supra), farebbe forse propendere per la prima soluzione (pur senza poter escludere del tutto la seconda): se così fosse, l’anonimo correttore di rango consolare celebrato a Sebastopolis andrebbe identificato con il consolare Aurelius Appius Sabinus, corrector Asiae c. a. 250–251, sebbene le iscrizioni onorarie a lui dedicate a Didyma, Iasos e Olimpia (vd. supra) non riportino tale epiteto salvifico. C. L’identificazione dell’anonimo correttore di Sebastopolis con Appius Sabinus sarebbe pertanto teoricamente possibile; un’analoga soluzione prosopografica, già prospettata da Arthur Stein, dovrà invece escludersi nel caso di un altissimo funzionario equestre onorato da un’iscrizione frammentaria di Mileto (Milet I.7, 266):224 224 Iscrizione onoraria per un alto funzionario equestre: Milet I.7, 266 (A. Rehm); SEG 4, 425; PH252503.

XI. T. Oppius Aelianus Asklepiodotos, proconsul et corrector Asiae

Rehm: Milet I.7, 266

integrazioni di Stein

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[- - - Ἑ]λληνικὸν [- - -]

[- - - Ἑ]λληνικὸν [- - -]

[- - -]τ¢άτην κήνσων γεν[- - -]

[- - - ἐπι- sive προσ]τ¢άτην κήνσων γεν[ομένων? - - -]

[- - -]ήσαντα τοὺς καθόλ¢[- - -]

[- - - διοικ]ήσαντα τοὺς καθόλ¢[ου λόγους, ἐπὶ]=

[- - -] τῆς π¢ρειβάτ¢ης ἐπι[- - -]

[τροπον] τῆς π¢ρειβάτ¢ης, ἐπί[τροπον - - -]

[- - -]ων ἐπαν¢[ο]ρ¢θωτὴν [- - -]

[- - -]ων, ἐπαν¢[ο]ρ¢θωτὴν [τῆς Ἀσίας? - - -]

[- - -]τα τοῦ ἒθνους τῆς [Ἀσίας - - -]

[- - -]τα τοῦ ἒθνους τῆς [Ἀσίας? - - -]

[- - - ἐπαρ]χον Αἰγύ¢π¢τ¢ο¢[υ - - -]

[- - - ἐπαρ]χον Αἰγύ¢π¢τ¢ο¢[υ - - -]

[- - - Ἀυτοκράτ]ορας¢ [- - -]

[- - - Ἀυτοκράτ]ορας¢ [- - -]

[- - -]τ[- - -]

[- - -]τ[- - -]

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Secondo la ricostruzione di Stein l’anonimo cavaliere avrebbe ricoperto in sequenza ascendente gli incarichi di segretario ab epistulis Graecis, procuratore a censibus, a rationibus, procuratore della res privata, procuratore di un altro dicastero, corrector (seguito dalla menzione di un particolare ethnos), praefectus Aegypti. Si proponeva infine, dubitativamente, di identificare l’anonimo con Aurelius Appius Sabinus, già noto come prefetto d’Egitto (c. a. 249–250) e quindi corrector Asiae (c. a. 250–251), e pertanto di integrare la menzione τῆς Ἀσίας nelle lacune sul margine destro (ll. 5 e 6). Pflaum (CPE 331ter), vagliando accuratamente l’ipotesi Stein, giunse a respingere l’identificazione, notando come l’anonimo di Mileto, pur essendo stato corrector e avendo poi raggiunto il fastigio della prefettura egiziana, fosse rimasto all’interno dell’ordine equestre, mentre il clarissimus Appius Sabinus fosse stato dapprima prefetto d’Egitto, quindi fosse stato adlectus in Senatus e nominato corrector Asiae. Lo studioso si concentrava dunque sulla non facile questione dello specifico incarico di epanorthotes/corrector e sui vari significati assunti da tale termine tra l’epoca alto-imperiale e quella tardoantica (quando, a partire dall’epoca dioclezianeo-costantiniana, alcuni governatori di province italiciane recarono il titolo caratteristico di corrector quale sostitutivo di praeses). Pflaum suggeriva di avvicinare il cursus dell’anonimo di Mileto a quello di C. Caelius Saturninus signo Dogmatius (PLRE I, Saturninus 9; cfr. ILS 1214; LSA 1266; EDR127936 [S. Orlandi 2013] con rimandi bibliografici aggiornati al 2017), che fu alto funzionario imperiale e poi senatore tra l’epoca di Diocleziano e Costantino. In questa discussione erudita (CPE III, p. 868) Pflaum toccava en passant un personaggio che pare strettamente attinente al caso di Milet I.7, 266: Claudius Firmus (PIR2, C 866) è attestato come praefectus Aegypti (a. 264: LP 37.116) e parimenti, se è lecita l’identificazione con un suo omonimo (PIR2, C 867: tale ipotesi venne lasciata in sospeso da Stein, ma poi accolta dagli editori della PLRE I, Firmus 7), anche

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XI. T. Oppius Aelianus Asklepiodotos, proconsul et corrector Asiae

come corrector nello stesso Egitto (a. 274); costui, prefetto e correttore in Egitto, potrebbe essere pertanto un candidato all’identificazione con il nostro anonimo di Mileto, procuratore, correttore (d’Egitto piuttosto che d’Asia?) e prefetto d’Egitto. Sarebbe questa identificazione un’eventuale alternativa a quella, già prospettata da S. Mitchell e adottata infine dallo stesso Pflaum (CPE Suppl. 277), tra Claudius Firmus e C. Cl(audius) Firmus (PIR2, C 868: anche in questo caso Stein esprimeva però perplessità sull’ipotesi identificativa), il cui cursus equestre (curatore di diverse strade in Italia, procurator Minuciae, praefectus vehiculorum nelle Galliae, procurator XX hereditatium in Baetica e Lusitania, procurator Augustorum Galatiae nell’epoca dei Filippi o di Valeriano e Gallieno) è documentato da un’iscrizione onoraria di Ankyra (IGR III, 181; SEG 27, 1977, 846; PH266957). D. Per i due senatori di rango consolare, attestati dalle iscrizioni frammentarie di Efeso (IvEphesos 805), Kassaba (SEG 41, 1034) e Thyateira (TAM V.2, 923), nelle quali non è purtroppo conservato il loro titolo di funzione, e incaricati rispettivamente della dioikesis Ephesiake e della dioikesis Pergamene, vd. supra, n. 188 (sembra preferibile considerarli come legati proconsolari d’Asia anziché correttori delle città libere d’Asia).

Conclusioni Le città del koinon d’Asia, il Senato e la corte imperiale. Dinamiche di competizione, intermediazione, resilienza tra Alto Impero e Tarda Antichità Il percorso di indagine condotto a partire dal caso-studio dell’iscrizione tardoantica IvEphesos 217 ha portato a osservare in dettaglio le complesse dinamiche di interazione biunivoca, articolate su più livelli (municipale, federale/provinciale, imperiale), tra diversi attori politici: le singole città asianiche, il koinon dei Greci d’Asia, il Senato di Roma, la corte imperiale, i governatori provinciali. Alle città asianiche e in particolare alle loro classi dirigenti può riconoscersi un alto grado di iniziativa politica all’interno della cornice giuridico-amministrativa della provincia romana: Efeso, Pergamo, Smirne, impegnate nella loro strenua competizione per guadagnare una posizione di preminenza (il «primato» provinciale: ta proteia) in seno al koinon d’Asia, hanno cercato frequentemente l’appoggio esterno delle autorità romane, in particolare degli imperatori, per tramite dei loro più influenti notabili, incaricati di delicate missioni diplomatiche per la difesa dei privilegi della patria. Alcuni tra questi magnati, quasi sempre già cives Romani, sono peraltro assurti alla condizione di supremi dignitari federali (asiarchi ovvero sommi sacerdoti d’Asia); altri erano membri di spicco dell’ordine equestre e senatorio o persino comites et amici dell’imperatore. Si pensi alla famiglia del philosophos L. Flavius Hermokrates di Focea, sostenitore del primato di Pergamo, e del suo omonimo nipote, il sofista; a quella del celebre sofista M. Antonius Polemon, cittadino di Laodicea e difensore di Smirne; al potente clan dei Vedii di Efeso, cui apparteneva peraltro il sofista Flavius Damianos. Pare notevole come, nell’epoca cosiddetta della Seconda Sofistica, la paideia e in particolare la cultura retorica (e giuridica) di questi notabili fosse messa al servizio della propria città (e a tutela degli interessi politici delle classi dominanti). Il koinon dei Greci d’Asia, un’istituzione prestigiosa e veneranda agli occhi degli stessi Romani, è sembrato attraversato da correnti interne, assai fluide e varia-

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Conclusioni

bili, e diviso in consorterie avversarie, pronte a sostenere, volta per volta, la causa di questa o quella città, in concorrenza per il primato. Si è ipotizzato di cogliere il riflesso di tali dinamiche politiche nelle variazioni subite dalla procedura istituzionale di presidenza (prohedria) dell’assemblea federale, sulla base dei documenti disponibili (decreti federali di trasmissione epigrafica) tra l’epoca tardo-repubblicana e quella adrianeo-antonina; in tal senso hanno fornito nuovi, importanti dati i decreti provenienti da Hierapolis di Frigia, recentissimamente pubblicati da Tullia Ritti (2017). Si è anche notato come il koinon tentasse di esercitare un ruolo di intermediazione tra le istanze delle singole città (con i loro aspri conflitti) e le autorità romane, in certi casi riuscendovi (per la richiesta della prima neokoria d’Asia, da destinare a Pergamo, in epoca augustea), in altri invece rinunciando alla soluzione interna delle contese (per la seconda neokoria d’Asia, in epoca tiberiana). I notevoli successi ottenuti da Efeso all’epoca di Caracalla, per la conquista e la salvaguardia dei propri privilegi (dapprima la terza neokoria, quindi l’accoglienza del proconsole entrante), furono favoriti, in maniera determinante, dal sostegno ufficiale del koinon. È infine parso un indice assai significativo della grande vitalità e capacità di resilienza (in senso dinamico, niente affatto passivo) del koinon il fatto che esso continuò, con una sorta di «prolungamento di funzione», a includere e rappresentare comunità asianiche non più afferenti alla provincia Asia anche dopo le riforme giuridico-amministrative che ne ridussero progressivamente l’estensione, dando vita a nuove province indipendenti (riforma di Filippo e/o Decio, c. a. 249–250: istituzione della Phrygia-Caria, poi suddivisa ulteriormente in Phrygia e Caria, c. a. 301/302–305; riforma di Diocleziano, c. a. 293–294: Lydia, Hellespontus, Insulae). Tale prolungamento si sarebbe infine concluso con la riforma «religiosa» di Giuliano (c. a. 362), che sancì la nascita di nuovi koina (dei Cari, dei Frigi, dei Lidi etc.) per le singole province tardoantiche. Al Senato di Roma si deve riconoscere, ancora in epoca imperiale, il mantenimento (non meramente formale) della prerogativa di sovrintendere alle relazioni ufficiali tra lo Stato romano e le comunità interne (provinciali) e soprattutto esterne (quali le civitates liberae, ad esempio Aphrodisias), per quanto tale sanzione, dal punto di vista della Realpolitik, costituisse sostanzialmente una ratifica delle autorevoli proposte dell’imperatore. Tale gelosa conservazione di un ruolo giuridico primario nell’ambito della «politica estera» è confermata dal necessario coinvolgimento del Senato nelle procedure di conferimento di privilegi (immunità, esenzioni dal tributo, stanziamento straordinario di fondi post-terremoto, allestimento di agoni sacri) e titoli giuridico-sacrali (neokoros, metropolis) alle città greco-orientali, attestati dalla documentazione epigrafica e numismatica locale, che ne segnala i relativi senatoconsulti di autorizzazione. Parimenti è sembrata soggetta alla delibera senatoria l’assegnazione di mandati straordinari a senatori prescelti dal princeps come commissari, legati e, in particolare, correttori delle città libere. Non solo l’imperatore, ma la corte imperiale nel suo complesso, quale variegato organismo composto da familiari, cortigiani e funzionari di Palazzo, ha

Conclusioni

rappresentato un imprescindibile polo di attrazione per le richieste dei provinciali e per la soluzione autorevole di questioni giuridiche e contese politiche: oltre ai singoli imperatori, hanno esercitato ruoli influenti, a livello più o meno ufficiale, come intermediari o sostenitori di questa o quella comunità sia le grandi dame di famiglia (in primis Giulia Domna, incaricata da Caracalla di sovrintendere alla cancelleria) e i liberti imperiali (ad esempio i cubiculari di Commodo, Saoteros e Kleandros), sia i funzionari palatini e i membri del consilium principis. In quest’ultima categoria rientrano diversi personaggi che sembrano aver avuto a che fare, a vario titolo, con la competizione tra le città asianiche rivali: i philoi di Severo e Caracalla, Flavius Hermokrates, Aelius Antipatros, Aelius Koiranos; i consiliarii di Caracalla e/o Macrino, tra cui il giurista Licinius Rufinus, i procuratori d’Asia Didius Marinus e Lucilius Pansa Priscillianus, il segretario a cognitionibus et ab epistulis Latinis [- - -]inianus e forse lo stesso Ulpiano nel ruolo di segretario a libellis (c. a. 213–217/218?), che avrebbe permesso al celeberrimo trattatista il diretto accesso ai documenti degli archivi imperiali. Infine, quale fondamentale filtro e anello di congiunzione tra la dimensione provinciale e il centro del potere, specialmente per l’epoca tardoantica, è emerso il ruolo intermediario del governatore, supremo rappresentante dell’autorità romana in provincia, ed eventualmente del correttore (diorthotes, epanorthotes) delle città libere. La possibilità di cumulo dei due incarichi nella stessa persona, chiaramente attestata per la provincia Achaia, è stata ragionevolmente ipotizzata per l’Asia nel caso del senatore Ulpius Marcellus, documentato da una lettera di Commodo ad Aphrodisias (a. 189). In particolare si è evidenziato il ruolo giuridico svolto da alcuni proconsoli e/o correttori d’Asia in quelle fasi nodali di accelerata trasformazione amministrativa, che coinvolsero le città del koinon asianico tra la metà del III e il terzo quarto del IV sec.: l’epanorthotes Aurelius Appius Sabinus (e parallelamente il primo legato imperiale di Phrygia-Caria, Q. Fabius Clodius Agrippianus Celsinus), c. a. 250; il proconsole-correttore T. Oppius Aelianus Asklepiodotos (che si è proposto di riconoscere nel dignitario scrivente agli Efesini, attestato dalla lettera IvEphesos 217), c. a. 293–294; il proconsole Aelius Claudius Dulcitius (e forse un anonimo epanorthotes, già comes et amicus degli imperatori), c. a. 362; infine il proconsole Festus, destinatario del rescritto di Valente in tema di asiarchia (IvEphesos 43), c. a. 372. In conclusione, da questa complessa ragnatela di relazioni giuridiche e diplomatiche, è emersa in maniera vivida, nelle sue istanze e contraddizioni, la grande capacità di dialogo, tensione e influenza reciproca, in senso dinamico e biunivoco, tra i tre organismi di maggiore autorità e rappresentanza politica: il koinon d’Asia, il Senato di Roma, la corte dell’imperatore.

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249

250

Byzantium

Prusias Nicomedia

Hadrianopolis Claudiopolis

Iulia Parium Lampsacus

Coela

Cyzicus

Nicaea

Apollonia ad Rhyndacum

Dascyleum Ilium

Eresus

Hadrianoutherae

Dorylaeum Hadrianea

Midaeum Trocna

Tiberiopolis

Perperene

Cotiaeum

Nacolea

Pessinus Aezani Stratonicaea Hadrianopolis Metropolis Phrygiae Attalea Nacrasa Synaus Cadi Appia Amorium Hermocapelia Elaea Pitane Iulia Gordos Iulia Ipsus Thyatira Myrna Aegae Apollonis Docimium Saettae Hierocaesarea Silaundus Temenothryae Prymnessus Cyma Daldis Hyrcanis Phocaea Acmonia Satala Maeonia Tabala Bagis Temnus Magnesia ad Sip. Collyda Sebaste Synnada Sardes Trocetta Erythrae Philomelium Stectorium Smyrna Philadelphia Blaundus Antiochia Pisidiae Eumeneia Tyriaeum Clazomenae Hypaepa Metropolis Dioshieron Teos Dionysopolis Thymbrium Metropolis Laodicea Combusta Clarus Apollonia Pisidiae Apamea Tripolis ad Maeand. Notium Colophon Aulutrene Hierapolis Ephesus Nysa Antiochia ad Maeandrum Magnesia ad Maeand. Iconium Tralles Harpasa Laodicea ad Lycum Samus Euhippe Aphrodisias Sagalassus Alabanda Bargasa Priene Amyzon Heraclea ad Salb. Tacina Tymbrianassus Alinda Miletus Ceretapa Heraclea ad Lat. Apollonia ad S. Sebastopolis Tabae Didyma Labraunda Cys Patmus Cidrama Iasus Mylasa Stratonicea Bargylia Cibyra Halicarnassus Myndus Ceramus Perge Cos Side Cnidus

Mytilene

Chius

Pionia Adramyttium

Assus

Ancyra

Hadriani

Scepsis Alexandria Troas

Pergamum

Astypalaea

Rhodus

Sidyma

Städte und Diözesen der Provinz Asia am Ende des 1. Jh.

Ephesus Konventstadt Aezani Städte mit Konventsrecht nach dem 1. Jh. Konventsgrenzen nach IEphesos 13 rekonstuierbar Hypothetische Konventsgrenzen Gebiet an Lykien unter Claudius (?) zugewiesen

Fig. 9. Mappa dei distretti giudiziari della provincia Asia (elaborazione grafica di Alberto Dalla Rosa, da ZPE 183, 2012, 274).

Indici 1) Fonti A. Fonti di tradizione manoscritta B. Fonti epigrafiche e papirologiche C. Fonti numismatiche 2) Senatusconsulta 3) Lettere e rescritti imperiali 4) Nomi di persona: personaggi antichi 4.a. Imperatori 4.b. Senatori, consoli, proconsoli, legati 4.c. Cavalieri, funzionari, presidi equestri, cortigiani 4.d. Dignitari federali, notabili municipali, sofisti 4.e. Altri (giuristi, retori, vescovi etc.) 5) Nomi di persona: studiosi moderni 6) Nomi di città (koina di Asia, Bithynia, Lycia, Pamphylia; città della Pisidia) 7) Indice delle figure nrr. 1–9

1.

Fonti

A.

Fonti di tradizione manoscritta

ACO = sChWARZ E. (ed.), Acta Conciliorum Oecumenicorum, I.1–5, II.1–6, Berlin 1914–1940. II, 1.3.61 [420] (Concilio di Calcedone, Actio XIV): 136 n. 122. AELIUs ARIsTIDEs, orationes: 23 (Discorso alle città sulla concordia): 23.12: 153, 156. 23.24: 143, 188. 23.27: 153, 156. 23.32: 153. 23.34: 153, 155, 181, 190, 194. 23.53: 153. 23.60: 153. 23.62: 154. 23.63: 140, 154.

23.65–66: 153. 23.73: 144, 158, 163. 27 (Panegirico a Cizico per il tempio): 27.40–46: 152. 50 (Quarto Discorso Sacro): 50.95–99: 147 n. 137. ARCADIUs ChARIsIUs: vd. Digesta. ARRIANUs, Epicteti dissertationes 3.7.1: 197 n. 187. AURELIUs VICTOR, Liber de Caesaribus 24.6: 30, 42. CAssIUs DIO, Historiae Romanae: 51.20.6–9: 92.

252

Indici

57.17.7: 95 n. 68. 69.14.4: 103 n. 82, 199 n. 191. 71.5.3–5: 39 n. 24. 72.12.1–2: 107. 77.5.3: 172 n. 165. 77.15.6: 168. 77.18.1–3: 72–74. 78.4.2–3: 59, 72, 73. 78.12.2: 123 n. 103. 78.13.1–4: 47 n. 30, 73 n. 43. 78.17.2–19.2: 123 n. 103. 78.20.4: 124. 78.22.2–5: 171–174. 79.7.1: 51. 79.7.4: 124. 79.4.4: 173 n. 165. 80.4.2: 43. CICERO, Epistulae ad Atticum 5.13.1: 183 n. 176. CTh = Codex Theodosianus: 16.10.2 (Costanzo II [e Costante], a. 341): 134. DIO ChRysOsTOMUs, orationes: 34 (Secondo discorso a Tarso): 34.48: 140. 35 (Discorso tenuto a Kelainai di Frigia): 140 n. 125. 38 (Discorso ai Nicomediensi sulla concordia con i Niceni): 140 n. 125; 38.24: 141 n. 126. 38.28–29: 141 n. 127. 38.30–31: 142 n. 128. 38.38–39: 141, 142 n. 128, 154. 38.40: 142. 39 (Discorso sulla concordia tenuto a Nicea riguardo alla cessazione della contesa): 140 n. 125. EUsEBIUs, Historia Ecclesiastica 9.1.3–5: 203, 210. EUTROPIUs, Epitome 8.23: 30. fEsTUs, Epitome 22.1: 30.

Fragmenta Vaticana 119: 21 n. 9. fRONTO, Epistulae ad Marcum Caesarem et inv. 2.5: 149 n. 139. GREGORIUs NAZIANZENUs, Epitaphia 52: 192. hERODIANUs, Historia post Marcum: 3.2.7–10: 113. 3.3.3–5: 113. 4.8.4: 34 n. 21; 4.12.6–7: 72 n. 42. Historia Augusta: Alex. 26.5–6: 30, 42. Hel. 16.4: 30, 40–42. Nigr. 7.3–4: 30, 31, 43. Max. 27.5: 56. IORDANEs, Getica 20: 129 n. 112. IOsEPhUs, Bellum Judaicum 2.16.365: 182 n. 175. IUsTINIANUs, Corpus Iuris Civilis: C. = Codex Iustinianus: 3.22.5 (Diocleziano e Massimiano, a. 294, 2 ag.): 205, 210. 4.65.4.1 (Severo Alessandro, a. 222, 1 dic.): 42. 8.37.4 (Severo Alessandro, a. 222, 31 mar.): 42. 9.41.11 (Diocleziano e Massimiano, a. 290, 28 nov.): 52. 11.22.1 (Teodosio II e Valentiniano III, c.a. 448–450): 185 n. 178, 194. D. = Digesta: 1.11.1 (Arcadius de off. praef. pr.): 59. 1.16.4.5 (Ulpianus I de off. procons.): 25, 53, 85, 89, 122, 138, 155, 157, 171, 180. 4.2.9.3 (Ulpianus XI ad ed.): 33. 12.1.40 (Paulus III quaest.): 31. 27.1.6.2 e 7–8 (Modestinus II excus.) (OLIVER, Greek Constitutions 1989, Appendix, nr. 8): 146, 158, 164.

Indici

29.2.97 (Paulus III decr.): 31. 47.2.52.20 (Ulpianus XXXVII ad ed.): 55. 50.15.1 (Ulpianus I de cens.): 52. LACTANTIUs, De mortibus persecutorum 7.2–4: 204. MODEsTINUs: vd. Digesta. PAULUs: vd. Digesta. PhILOsTRATUs, Vitae Sophistarum: 1.21 (Scopeliano di Clazomene): 21.3: 127. 1.25 (Polemone di Laodicea): 25.2: 100 n. 77; 25.8: 149 n. 139; 25.11: 149 n. 139. 2.1 (Erode Attico): 1.3: 182 n. 175; 1.8: 199 n. 190.

B.

PLINIUs MINOR, Epistulae 8.24: 197 n. 187. POLEMIUs sILVIUs, Laterculus 7.2 (p. 258 Seeck): 212 n. 204. sTRABO, Geographica 14.3.3: 147. TACITUs, Annales: 2.47.4 (17 d.C.): 95; 4.55–56 (26 d.C.): 94, 96, 106, ThEMIsTIUs, oratio 34.8: 192. ULPIANUs: vd. Digesta. ZOsIMUs, Historia Nova 1.28.1: 129 n. 112.

Fonti epigrafiche e papirologiche

Laddove possibile si dà il rimando ai principali regesti (AE, BE, SEG) e database (ALA2004, EDCS, EDH, EDR, IAph2007, LSA, PHI). Per i riferimenti bibliografici secondo il sistema autore, titolo abbreviato, anno vd. la Bibliografia. AE = Année épigraphique, Paris. 1938, 127 (Didyma): vd. Didyma 89–90. 1958, 15 (Argo): 229. 1960, 163 (Ostia): 46 n. 29. 1966: 430 (Efeso): vd. IvEphesos 212. 436 (Efeso): vd. IvEphesos 217. 1971, 455 (Efeso): vd. IvEphesos 802. 1973, 437 (Gorsium): 169. 1974, 627 (Iasos): vd. IvIasos 86. 1977, 801 (Mileto): 64, 109. 1979, 609 (Iasos): vd. IvIasos 86. 1981, 770 (Aphrodisias): vd. IAph2007 4.309. 1982: 869 (Efeso): vd. IvEphesos 616. 870 (Efeso): vd. IvEphesos 617. 1985, 804 (Hierapolis): 83. 1986: 677 (Tekin): 215, 225. 678a (Dorylaion): 220. 1988, 1051 (Tiro): vd. IGLTyr 28.

1990, 941 (Mileto): 64. 1991: 1508 (Keramos): 220. 1509a (Keramos): 220. 1513 (Alia): 219, 220, 226, 231. 1997: 1425 (Thyateira): 38, 41 n. 25, 178. 1493a–b (Sagalassos): 132 n. 116, 135. 1999: 92 (G. Alföldy): 199 n. 190. 612 (Hispellum): 199 n. 190. 747 (Comum): 199 n. 190. 1577 (Orkistos): vd. MAMA VII, 305. 2003: 1670 (Smirne): 127, 128, 138, 222. 1671 (Smirne): 127, 128, 138, 222. 1672 (Smirne): 127, 138, 221, 222, 226. 2013, 1548 (Dağmarmara presso Hierapolis): 204 n. 198. 2014, 1331 (Syedra): 114.

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Indici

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Indici

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705 (Hispellum): 133. 1214 (Roma: LSA 1266): 233. II.2 (1906): 8870 (Oinoanda): 133. III.2 (1916): 9467 (Didyma): vd. Didyma 156. IvArykanda (IK 48, 1994) = şAhIN s., Die Inschriften von Arykanda, Bonn 1994: 12: 162. IvEphesos Ia (IK 11, 1979) = WANKEL h., Die Inschriften von Ephesos, Ia, Bonn 1979: 8: 185 n. 178. 21: 143, 145, 156, 208. 24: 64, 102, 151, 156. 39: 23 n. 11. 40: 23 n. 11. 41: 22 n. 11. 42: 23. 43: 23, 135, 207, 208, 227. 44: 22 n. 11. IvEphesos II (IK 12, 1979) = BÖRKER ChR., MERKELBACh R., Die Inschriften von Ephesos, II, Bonn 1979: 212.A–C: 61–81, 84, 85, 88–90, 96, 108, 117, 119–121, 155, 171. 217: 11–24, 70, 89, 134, 155, 180, 181, 192, 196, 207, 208, 210, 211, 225, 235, 237. 251: 182. 278: 100. 291: 78, 84, 86, 88, 90, 118, 121. 294: 82, 83, 88, 90, 115, 168. 297: 82, 84, 88, 90. 300: 77–79, 81, 82, 88, 90, 118, 121. 305: 216. 307: 215, 216. 313A (LSA 748): 223 n. 220. 428: 100. 430: 100. IvEphesos III (IK 13, 1980) = ENGELMANN h., KNIBBE D., MERKELBACh R., Die Inschriften von Ephesos, III, Bonn 1980: 616: 175 n. 168, 220–222, 226. 617: 220, 222. 621: 213, 215, 216. 625: 87, 89, 91, 155.

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627: 103 n. 82. 632: 170, 174 n. 167. 647: 80, 81, 83, 88, 90. 660E: 170. 728: 151. 739: 170, 174 n. 167, 174. 740: 70, 77, 81, 82, 85, 86, 88, 90. 802: 86, 90, 124, 145, 158, 165–180. 805: 198 n. 188, 234. IvEphesos IV (IK 14, 1980) = ENGELMANN h., KNIBBE D., MERKELBACh R., Die Inschriften von Ephesos, IV, Bonn 1980: 1312 (LSA 733): 223, 224, 227, 229. 1325, 1326, 1328, 1329, 1330, 1333, 1336, 1337, 1339, 1340, 1341, 1342, 1345, 1352, 1353: 23 n. 11. 1489, 1489A, 1490: 144, 145, 148, 158. 1491, 1492, 1493: 150. IvEphesos VI (IK 16, 1980) = MERKELBACh R., NOLLé J., Die Inschriften von Ephesos, VI, Bonn 1980: 2026: 40 n. 24, 176, 177. 2040: 82, 83, 88, 90, 115, 168. IvEphesos VII.1 (IK 17.1, 1981) = MERIç R., MERKELBACh R., NOLLé J., şAhIN s., Die Inschriften von Ephesos, VII.1, Bonn 1981: 3021 (LSA 713): 223 n. 220. 3029: 229. 3030: 85, 86, 88, 174. 3051: 170. 3053: 170. 3070: 181, 222, 223, 226. 3072: 99 n. 74. IvEphesos VII.2 (IK 17.2, 1981) = MERIç R., MERKELBACh R., NOLLé J., şAhIN s., Die Inschriften von Ephesos, VII.2, Bonn 1981: 3605: 223 n. 220. 4109: 82 n. 54, 83, 88, 90. 4133 A–B: 23 n. 11. 4343: 222, 226. IvHierapolis = JUDEICh W., Inschriften, in hUMANN C., CIChORIUs C., JUDEICh W.,

WINTER fR., Altertümer von Hierapolis, Berlin 1898, 67–180: 43: vd. RITTI, Storia e istituzioni 2017, 553–555. IvIasos I (IK 28.1, 1985) = BLüMEL W., Die Inschriften von Iasos, I, Bonn 1975: 18: 220. 86: 212, 216. IvIlion (IK 3, 1975) = fRIsCh P., Die Inschriften von Ilion, Bonn 1975: 96: 212, 216. 97: 212, 216, 231. 98: 212, 215. IvIznik I (IK 9, 1979) = şAhIN s., Katalog der antiken Inschriften des Museums von Iznik (Nikaia), I, Bonn 1979: 29: 103, 109. 30: 103, 109. IvLaodikeia I (IK 49, 1997) = CORsTEN Th., Die Inschriften von Laodikeia am Lykos, I, Bonn 1997: 10: 160–164. 45: 111, 138. 59: 111. IvMagnesia = KERN O., Die Inschriften von Magnesia am Mäander, Berlin 1967: 157b: 96. IvOlympia = DITTENBERGER W., PURGOLD K., Die Inschriften von Olympia, Berlin 1896: 327: vd. OGIS 439. 355: 217, 218. IvPergamon II = fRäNKEL M., Altertümer von Pergamon, VIII, 2. Die Inschriften von Pergamon. Römische Zeit, Berlin 1895: 269: 64. 633 (LSA 517): 223 n. 220. IvPergamon III = hABIChT ChR., Altertümer von Pergamon, VIII, 3. Die Inschriften des Asklepieions, Berlin 1969:

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MAMA IV = BUCKLER W.h., CALDER W.M., GUThRIE W.K.C., Monumenta Asiae Minoris Antiqua, IV. Monuments and Documents from Eastern Asia and Western Galatia, Manchester 1933: 59 (Synnada): 130. MAMA VI = BUCKLER W.h., CALDER W.M., Monumenta Asiae Minoris Antiqua, VI. Monuments and Documents from Phrygia and Caria, Manchester 1939: 6 (Laodicea): vd. IvLaodikeia 10. MAMA VII = CALDER W.M., Monumenta Asiae Minoris Antiqua, VII. Monuments from Eastern Phrygia, Manchester 1956: 305 (Orkistos): 208, 209. MAMA VIII = CALDER W.M., CORMACK J.M.R., Monumenta Asiae Minoris Antiqua, VIII. Monuments from Lycaonia, the Pisido-Phrygian Borderland, Aphrodisias, Manchester 1962: 424 (Aphrodisias): vd. IAph2007 8.114. Milet I.7 = REhM A., Die Inschriften, in KNACKfUss h. (Hg.), Milet, I.7. Der Südmarkt und die benachbarten Bauanlagen, Berlin 1924: 266: 218, 232–234. 274: 123. Milet I.9 = REhM A., Die Inschriften, in GERKAN A., KRIsChEN fR. (Hgg.), Milet, I.9. Thermen und Palaestren, Berlin 1928: 339: vd. SGO 01/20/16. MILNER, A new statue base 2015 (Oinoanda): 133, 135. OGIS II = DITTENBERGER W., Orientis Graeci Inscriptiones Selectae, II, Leipzig 1905: 438 (Poemanenion): 182. 439 (Olympia): 182. 516 (Thyateira): vd. TAM V.2, 969. 517 (Thyateira): vd. TAM V.2, 943. 543 (Ankyra): 199 n. 191.

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OLIVER, Greek Constitutions 1989: 48 (Aphrodisias: Traiano a Smirne, c.a. 99–102): 200 n. 94. 49 (Pergamo: Traiano a Pergamo, c.a. 113–114): 64. 68 (Astypalaia: Adriano ad Astypalaia, 27.06.129 da Laodicea al Lykos): 112 n. 90. 135 A–B (Efeso: Antonino Pio a Efeso, c.a. 140–144): 144–146, 148, 158. 192 (Mileto: Marco Aurelio e Commodo a Mileto, a. 177 da Roma): 64, 106, 109. 211 (Aphrodisias: Commodo ad Aphrodisias, a. 189): 200, 201, 210, 216, 237. 244 (Efeso: Caracalla a Efeso, c.a. 200–201): 176, 177. 263 (Philadelphia: Caracalla ad Aurelius M[arcian]us (non Iulianus), 18.11.214): 116 n. 98. 264 (Efeso: [Caracalla a Efeso], c.a. 215–217 [inverno 214/215?]): 62–64, 74–76, 171. 265 (Efeso: Giulia Domna a Efeso, c.a. 214–217 [inverno 214/215?]): 64, 65, 70, 73, 74–76. 266 (Efeso: Caracalla al koinon d’Asia, c.a. 214): 66–81, 84, 85, 88–90, 96, 108, 117, 119–121, 155. 273 (Mileto: Macrino e Diadumeniano a Mileto, a. 217): 123. 284 (Aphrodisias: Decio ed Erennio Etrusco ad Aphrodisias, a. 250): 205. PHI = Packard Humanities Institute, Searchable Greek Inscriptions, Cornell University / Ohio State University: http://inscriptions.packhum.org/ POxy XXXI = BARNs J.W.B. et al., The Oxyrhynchus Papyri, XXXI, London 1966: 2565: 43. RDGE = shERK R.K., Roman Documents from the Greek East. Senatus consulta and epistulae to the Age of Augustus, Baltimore 1969: 57: 185, 193.

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47, 1997, 1656 (Thyateira): 38, 41 n. 25. SGO I = MERKELBACh R., sTAUBER J., Steinepigramme aus dem griechischen Osten, I. Die Westküste Kleinasiens von Knidos bis Ilion, Stuttgart-Leipzig 1998: 01/19/37 (Didyma): 207 n. 202, 215. 01/20/16 (Mileto): 213 n. 207.

TAM V.2 = hERRMANN P., Tituli Asiae Minoris, V. Tituli Lydiae, 2. Regio septentrionalis ad Occidentem vergens, Wien 1989: 923 (Thyateira): 198 n. 188, 234. 943 (Thyateira): 178. 966 (Thyateira): 179. 969 (Thyateira): 178.

SGO IV = MERKELBACh R., sTAUBER J., Steinepigramme aus dem griechischen Osten, IV. Die Sudtküste Kleinasiens, Syria und Palaestina, München-Leipzig 2002: 18/13/01 (Perge): vd. IvPerge 331.

TAM V.3 = PETZL G., Tituli Asiae Minoris, V. Tituli Lydiae, 3. Philadelpheia et ager Philadelphenus, Wien 2007: 1418 (Ağa Bey Köyü): 203 n. 196. 1420 (Philadelphia): 116 n. 98.

TAEUBER, Ein Kaiserbrief des Antoninus Pius 2015: 105 n. 84.

C.

Fonti numismatiche

Laddove possibile si dà il rimando al database RPCOnline con i volumi attualmente disponibili: III, IV, VI, VII.1, IX (vd. infra). Si tenga presente, in particolare, la mancanza del vol. V, dedicato a Settimio Severo e Caracalla. BMC = British Museum, Department of Coins and Medals. Catalogue of the Greek Coins, London. BMC Ionia = hEAD B.V., Catalogue of the Greek Coins of Ionia, 1892: Ephesus: 247 (Lucio Vero: RPCOnline IV, 1139): 152, 156. 261 (Settimio Severo): 155. 269 (Caracalla Aug.): 79, 84, 88, 90. 276 (Caracalla Aug.): 79, 84, 88, 90, 118, 120. 281 (Geta Aug.): 79, 88, 90. 291 (Geta Aug.): 155. 292 (Caracalla e Geta Augg., neoi Helioi): 79, 83, 88, 90. 293 (Macrino): 155. 305 (Elagabalo: RPCOnline VI, 4875): 87, 89, 156, 157.

306 (Elagabalo: RPCOnline VI, 4867): 87, 89. 319 (Severo Alessandro: RPCOnline VI, 4959): 156, 157. 367 (Valeriano): 157. 383 (Gallieno): 157. Smyrna: 403 (Caracalla Aug.): 120, 121, 155. 404 (Caracalla Aug.): 155. BMC Lydia = hEAD B.V., Catalogue of the Greek Coins of Lydia, 1901: Sardis 75 (Traiano: cfr. RPCOnline III, 2392): 98 n. 72. BMC Mysia = WROTh W., Catalogue of the Greek Coins of Mysia, 1892: Pergamum 318 (Caracalla Aug.): 119, 121, 155. BMC Phrygia = hEAD B.V., Catalogue of the Greek Coins of Phrygia, 1906:

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Laodicea: 221 (Giulia Domna): 116, 121. 225 (Caracalla Aug.): 116, 121. 226 (Caracalla Aug.): 116, 121. 279 (Caracalla Aug., homonoia con Pergamo, anno 88°): 112, 121. 281 (Caracalla Aug., homonoia con Efeso, anno 88°): 112, 121. 282–283 (Caracalla Aug., homonoia con Smirne, anno 88°): 112, 121. München (ex Gotha) coll. priv., moneta di Efeso (Geta Aug.): 79, 83, 88, 90. Oxford University, Ashmolean Museum, Heberden Coin Room: http://hcr. ashmus.ox.ac.uk/ 9.95 (Efeso, Cornelia Paula Aug.: cfr. RPCOnline VI, 4901): 87 n. 59, 89, 91. Paris, Cabinet des Médailles, Bibliothèque Nationale de France: http://medaillesetantiques.bnf.fr/ 626 (Efeso, Nerone, Acilius Aviola procos.): 96. 865 (Efeso, Macrino): 155, 157. 895 (Efeso, Elagabalo: RPCOnline VI, 4874): 86, 87, 89, 91. 899 (Efeso, Elagabalo: RPCOnline VI, 4868): 87, 89, 91. 1611 (Laodicea, Caracalla Aug., anno 88°): 112 n. 90. 1693 (Laodicea, Elagabalo: RPCOnline VI, 5498, cfr. 5502): 112. 2689 (Smirne, Elagabalo: RPCOnline VI, 4664): 125. 2725 (Smirne, Severo Alessandro: RPCOnline VI, 4675): 126. 2737 (Smirne, Massimino il Trace: RPCOnline VI, 4686): 126, 157. 2739 (Smirne, Gordiano III, homonoia con l’Asia: RPCOnline VII.1, 330): 126. 2741 (Smirne, Gordiano III: RPCOnline VII.1, 308.1): 126. 2767 (Smirne, Filippo l’Arabo): 126.

RPCOnline = BURNETT A., AMANDRy M., hOWGEGO ChR., MARAIT J., hEUChERT V. (dir.), Roman Provincial Coinage Online, British Museum (London) / Bibliothèque Nationale de France (Paris) / Heberden Coin Room, Ashmolean Museum (Oxford): http://rpc.ashmus. ox.ac.uk/ RPCOnline III = AMANDRy M., BURNETT A., III. Nerva Pius to Hadrian, aggiornato aprile 2017. RPCOnline IV = hOWGEGO ChR., hEUChERT V., IV. Antoninus Pius to Commodus, online 2006 (numerazione temporanea): 1139 (BMC Ionia Ephesus 247, Lucio Vero): 152, 156. RPCOnline VI = CALOMINO D., BURNETT A., VI. Elagabalus to Maximinus, online giugno 2017 (numerazione temporanea): 4664 (Paris 2689: Smirne, Elagabalo): 125. 4675 (Paris 2725: Smirne, Severo Alessandro): 126. 4686 (Paris 2737: Smirne, Massimino il Trace): 126, 157. 4867 (BMC Ionia Ephesus 306: Elagabalo): 87, 89. 4868 (Paris 899: Efeso, Elagabalo): 87, 89, 91. 4874 (Paris 895: Efeso, Elagabalo): 86, 87, 89, 91. 4875 (BMC Ionia Ephesus 305: Elagabalo): 87, 89, 156, 157. 4901 (cfr. Oxford 9.95: Efeso, Cornelia Paula Aug.): 87 n. 59, 89, 91. 4959 (BMC Ionia Ephesus 319: Severo Alessandro): 156, 157. 5498 (Paris 1693: Laodicea, Elagabalo): 112. 5502 (cfr. Paris 1693: Laodicea, Elagabalo): 112. 5519 (SNGvA 8414: Laodicea, Elagabalo): 112.

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RPCOnline VII.1 = sPOERRI M., VII.1. Gordian I to Gordian III, province Asia, aggiornato aprile 2017. 330 (Paris 2739: Smirne, Gordiano III, homonoia con l’Asia): 126. 308.1 (Paris 2741: Smirne, Gordiano III): 126. RPCOnline IX = hOsTEIN A., IX. Trajan Decius to Uranius Antoninus, aggiornato aprile 2017. SNGCop = Sylloge Nummorum Graecorum. The Royal Collection of Coins and Medals. Danish National Museum, Copenhagen:

XXII.–XXIV. Ionia, 1946: 425 (Efeso, Geta Caes.): 79, 88, 90. SNGvA = Sylloge Nummorum Graecorum. Deutschland. Sammlung von Aulock, Berlin: IX. Phrygien, 1964: 3858 (Laodicea, Caracalla Aug., anno 88°): 112. XVI. Nachträge II. Mysien etc., 1967: 7513 (Pergamo, Caracalla Aug.): 119, 121. XVIII. Nachträge IV. Phrygien etc., 1968: 8414 (Laodicea, Elagabalo: RPCOnline VI, 5519): 112.

2. Senatusconsulta Si fornisce qui l’elenco dei senatoconsulti esplicitamente attestati dalle fonti (manoscritte, epigrafiche, numismatiche: indicate tra parentesi quadre), dei quali si discute nel testo. Il solo SC c.d. de postulatione Pergamenorum è registrato dalla rassegna di VOLTERRA, Senatusconsulta 1969/2017, ma altri erano stati schedati nel Repertorio dello studioso, recentemente pubblicato a cura di A. Terrinoni e P. Buongiorno (VOLTERRA, Materiali 2018). a. 26: SC sulla seconda neokoria d’Asia, assegnata a Smirne (prima neokoria cittadina) [Tac. ann. 4.55–56; VOLTERRA 2018, 507]: 93–95. c. a. 109–111: SC sull’incarico di Plinio il Giovane leg. pro praet. Ponti et Bithyniae proconsulari potestate in eam provinciam ex SC a Traiano missus [AE 1999, 92, 612, 747; VOLTERRA 2018, 524 (a. 111 o 112 o 113)]: 199, 210. c. a. 113–114: SC c.d. de postulatione Pergamenorum sugli agoni iselastici Traianeia Diphileia [IvPergamon II, 269; VOLTERRA 1969/2017, nr. 136; VOLTERRA 2018, 523 (c. a. 103–114)]: 64, 97. a. 124: SC sulla seconda neokoria di Smirne e l’agone sacro [IvSmyrna 697]: 99, 100. a. 177: SC c.d. de petitione Milesiorum sulla riorganizzazione dell’antico agone (Didymeia Kommodeia?) [AE 1977, 801 + AE 1990, 941]: 64, 106, 109. c. a. 180–182: SC sull’agone (Kommodeia?) e la neokoria di Commodo (seconda neokoria) concessi a Nicomedia [Cassius Dio 72.12.2; VOLTERRA 2018, 531 (a. 186?)]: 106, 107. a. 211? (o c. a. 218–222?): SC sulla terza neokoria degli Augusti di Efeso [IvEphesos 740]: 81, 82, 85, 86, 88, 90. a. 214: SC sulla terza neokoria (degli Augusti) di Efeso [cfr. IvEphesos 212.C, ll. 18–19]: 66–70, 170, 179. c. a. 214–217: SC sulla neokoria e il rango metropolitano di Tralle [IvTralleis 81]: 115. a. 215: SC sulla terza neokoria e il rango metropolitano di Smirne [IvSmyrna 637, 640 etc.]: 115, 120.

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c. a. 215–216: SC sulla neokoria di Commodo e Caracalla di Laodicea [Paris 1693; SNGvA 8414]: 112. c. a. 218–220: SC sulla quarta neokoria di Efeso [BMC Ionia 306; IvEphesos 625, intestazione aggiuntiva]: 87. c. a. 275–276: SC sul rango metropolitano di Perge [IvPerge 331]: 134.

3. Lettere e rescritti imperiali Si fornisce qui l’elenco in ordine cronologico delle lettere e dei rescritti imperiali (le fonti relative sono indicate tra parentesi quadre) dei quali si discute nel testo. Per il periodo compreso tra l’epoca di Augusto e Diocleziano (escluso) si dà il rimando, laddove possibile, alla rassegna di OLIVER, Greek Constitutions 1989. c. a. 99–102: Traiano a Smirne (e al proconsole d’Asia Q. Iulius Balbus) sull’esenzione di Aphrodisias dalle liturgie federali [REyNOLDs, Aphrodisias and Rome 1982, nr. 14; OLIVER nr. 48]: 200 n. 194. c. a. 113–114: Traiano a Pergamo sugli agoni iselastici Traianeia Diphileia [IvPergamon II, 269; OLIVER nr. 49]: 64. 27.06.129, Laodicea al Lykos: Adriano ad Astypalaia [IG XII.3, 177; OLIVER nr. 68]: 112 n. 90. a. 138: Antonino Pio al koinon d’Asia sulla concordia intercivica [Ael. Aristid. or. 23.73]: 144, 163. c. a. 140–144: Antonino Pio a Efeso sulla questione dei titoli efesini non riconosciuti da Smirne [IvEphesos 1489–1490; OLIVER nr. 135 A–B]: 144–146, 148, 158. c. a. 150–151?: Antonino Pio al koinon d’Asia sulle tre categorie di città in relazione alle immunità dalle liturgie [D. 27.1.6.2 e 7–8: Modest. II excus.; OLIVER Appendix nr. 8]: 146–148, 164. c. a. 157–161: Antonino Pio a Efeso su un terremoto [TAEUBER, Ein Kaiserbrief des Antoninus Pius 2015]: 105 n. 84. c. a. 167–169: Lucio Vero a Efeso sulla contesa(?) [SEG 34, 1089]: 152. a. 177, Roma: Marco Aurelio e Commodo a Mileto sulla riorganizzazione dell’antico agone (Didymeia Kommodeia?) [AE 1977, 801 + AE 1990, 941; OLIVER nr. 192]: 64, 106, 109. a. 189: Commodo ad Aphrodisias sull’invio del proconsole d’Asia Ulpius Marc[ellus] come corrector [IAph2007 8.35; OLIVER nr. 211]: 200, 201, 210, 216, 237. c. a. 200–201: Caracalla a Efeso con sottoscrizione dei philoi [IvEphesos 2026; OLIVER nr. 244]: 176, 177. ante 18.11.214: Caracalla ad Aurelius M[arcian]us (non Iulianus) di Philadelphia [TAM V.3, 1420; OLIVER nr. 263]: 116 n. 98. c. a. 214 (autunno): Caracalla al koinon d’Asia sulla terza neokoria di Efeso [IvEphesos 212.C; OLIVER nr. 266]: 66–81, 84, 85, 88–90, 96, 108, 117, 119–121, 155. c. a. 214–217 (inverno 214/215?): Giulia Domna a Efeso sui benefici concessi dal figlio [IvEphesos 212.B; OLIVER nr. 265]: 64, 65, 70, 73, 74–76. c. a. 215–217 (inverno 214/215?): [Caracalla a Efeso] sull’immunità degli agoni iselastici Artemeisia [IvEphesos 212.A; OLIVER nr. 264]: 62–64, 74–76, 171. c. a. 216: Caracalla al koinon d’Asia (ad desideria Asianorum) sul privilegio di Efeso di accogliere il proconsole entrante in Asia [D. 1.16.4: Ulpian. I de off. procons.]: 25–28, 34, 53, 54, 85, 89, 122, 138, 155, 157, 171, 180.

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a. 217: Macrino e Diadumeniano [a Mileto] [Milet I.7, 274; OLIVER nr. 273]: 123. a. 250: Decio ed Erennio Etrusco ad Aphrodisias [IAph2007 8.114; OLIVER nr. 284]: 131 n. 139. a. 294: Diocleziano e Massimiano al praeses Insularum Diogenes [C. 3.22.5]: 205. 06.04.312, Sardi: Massimino Daia a Kolbasa sulla questione dei cristiani [AE 1988, 1046]; cfr. Massimino ad Arykanda [AE 1988, 1047; IvArykanda 12] e Tiro [Eus. h.e. 9.7.11–14]: 162. c. a. 324–326: Costantino al vicarius Asiae Flavius Ablabius sullo statuto civico di Orkistos [MAMA VII, 305]: 208–209. 30.06.331, Costantinopoli: Costantino a Orkistos sullo statuto civico e i contributi a Nakoleia [MAMA VII, 305]: 208–209. c. a. 351–354: Costanzo II a Marinus sul prefetto del pretorio Flavius Philippus [IvEphesos 41]: 22 n. 11. c. a. 364–367: Valentiniano I e Valente a Nicea sul rango di metropolis [ACO II, 1.3.61]: 136. c. a. 364–375: Valentiniano I a Nicomedia sul rango di prima metropolis [ACO II, 1.3.61]: 136. c. a. 371–372: Valentiniano I, Valente e Graziano al proconsole d’Asia Eutropius sul restauro dei monumenti cittadini [IvEphesos 42]: 23. a. 372?: Valentiniano I, Valente e Graziano al proconsole d’Asia Festus sulle cerimonie festive legate all’asiarchia [IvEphesos 43]: 23, 135, 207, 208, 227, 237. c. a. 448–450: Teodosio II e Valentiniano III al prefetto del pretorio Hormisda sul rango metropolitano di Berito [C. 11.22.1]: 184–185. c. a. 527–541: Giustiniano all’arcivescovo Hypatios di Efeso sul culto di San Giovanni [IvEphesos 4133 A–B]; cfr. Giustiniano all’arcivescovo di Efeso (e forse al proconsole d’Asia) [IvEphesos 1353]: 23 n. 11. 11.02.585: Maurizio a un governatore [IvEphesos 40]: 23 n. 11.

4. Nomi di persona: personaggi antichi Oltre agli imperatori (sez. a), ordinati cronologicamente (cfr. KIENAsT, ECK, hEIL, Römische Kaisertabelle 2017), degli altri personaggi (sezioni b. Senatori; c. Cavalieri; d. Notabili locali; e. Altri) si danno elenchi in ordine alfabetico sulla base del nomen gentilicium romano oppure, laddove il gentilizio non sia noto, del cognomen (o del nome greco), come avviene nella PIR. Lo stesso criterio è applicato anche ai personaggi di epoca tardoantica (schedati nella PLRE sulla base del cognome, anziché del gentilizio). Nei casi di nomi greci o grecanici si adotta la traslitterazione dal greco, anche quando tale nome (ossia il vero e proprio nome personale) costituisca il terzo o quarto elemento (assimilato a un cognomen) all’interno di una triplice formula onomastica latina. Per i senatori e i funzionari equestri si forniscono brevi indicazioni sulle tappe salienti della carriera, almeno per quanto interessa alla presente trattazione. I casi di carriere miste (senatorie/equestri) o di personaggi che siano stati membri di un ordine romano, senatorio e/o equestre, e al contempo di un ordine decurionale locale, sono riportati più volte nelle rispettive sezioni. Per i notabili locali si registra la città di origine, se nota. Per facilità di lettura sono riportati in grassetto i nomi dei personaggi ascrivibili all’epoca tardoantica, per la quale si stabilisce convenzionalmente un punto di partenza dagli anni 249–250 (probabile data di fondazione della provincia Phrygia-Caria e del primo ridimensionamento della provincia Asia, che qui maggiormente interessa) anziché dal 260, come avviene nella PLRE I.

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Oltre ai repertori prosopografici fondamentali (PIR2, PLRE), i governatori provinciali sono schedati secondo i MRR (per l’epoca repubblicana) e i LP (per l’epoca imperiale sino al 284), i procuratori equestri secondo le CPE, i sommi sacerdoti d’Asia (asiarchi) secondo i SKA, i sofisti secondo la PGRS, i vescovi della diocesi Asiana secondo la PCBE III. Per i personaggi non schedati dai repertori si dà il riferimento della fonte epigrafica. Sigle di repertori prosopografici e fasti di magistrati e governatori: CPE = PfLAUM h.-G., Les carrières procuratoriennes équestres sous le Haut-Empire romain, I–IV, Paris 1960–1961; Supplément, Paris 1982. LP = ThOMAssON B.E., Laterculi Praesidum, I–III, Göteborg 1984–1990 + Addenda et Corrigenda, series II–IV, 1996–2005 + I ex parte retractatum, Göteborg 2009. MRR = BROUGhTON T.R.s., The Magistrates of the Roman Republic, I–III, New York 1951– 1986. PCBE III = DEsTEPhEN s., Prosopographie chrétienne du Bas-Empire, III. Prosopographie du diocèse d’Asie (325–641), Paris 2008. PGRS = JANIsZEWsKI P., sTEBNICKA K., sZABAT E., Prosopography of Greek Rhetors and Sophists of the Roman Empire, Oxford 2015. PIR1 = Prosopographia Imperii Romani, (editio prima), I–III, Berolini 1897–1898. PIR2 = Prosopographia Imperii Romani, editio altera, I–VIII.1–2, Berolini-Lipsiae-Novi Eboraci 1933–2015. PLRE I = JONEs A.h.M., MARTINDALE J.R., MORRIs J., The Prosopography of the Later Roman Empire, I. A.D. 260–395, Cambridge 1971. PLRE II = MARTINDALE J.R., The Prosopography of the Later Roman Empire, II. A.D. 395–527, Cambridge 1980. PLRE III = MARTINDALE J.R., The Prosopography of the Later Roman Empire, III.A–B. A.D. 527–641, Cambridge 1992. SKA = CAMPANILE M.D., I sacerdoti del koinon d’Asia (I sec. a.C. – III sec. d.C.) (Studi Ellenistici VII), Pisa 1994; cfr. anche CAMPANILE, Sommi sacerdoti, asiarchi 2006.

4.a. Imperatori Ottaviano / Augusto: 93. Tiberio: 93–95. Caligola: 95. Claudio: 95, 96. Nerone: 96. Vespasiano: 96. Domiziano: 96. Nerva: 96. Traiano: 97. Adriano: 97–102, 137, 146, 147, 158, 163. Antonino Pio: 92, 105, 138, 144, 146–148, 150, 158, 159, 163, 164. Marco Aurelio: 105, 106, 148, 152, 190, 197, 229. Lucio Vero: 105, 152, 159, 190, 197, 229. Lucilla: 152.

Commodo: 106, 107, 111, 137, 146, 200, 201, 210, 216, 237. Pescennio Nigro: 31, 51, 113, 114, 138, 168. Settimio Severo: 51, 83, 90, 113–115, 138, 155, 157, 166, 168, 173, 177. Giulia Domna: 65, 72–76, 123. Caracalla: 63, 65, 67, 68, 72–76, 78, 80, 84, 85, 90, 108, 112, 115, 116, 119–121, 137, 138, 154, 155, 157, 166, 168, 169, 171–173, 177–179. Geta: 83, 84, 90, 155, 157, 168. Macrino: 86, 90, 106, 123, 124, 155, 157, 166, 172–174, 222. Diadumeniano: 123, 166, 222. Elagabalo: 40–42, 51, 86, 87, 90, 106, 112, 125, 138, 155, 157, 172, 173.

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Iulia Cornelia Paula: 86. Severo Alessandro: 87, 91, 125, 126, 138, 156, 157. Massimino il Trace: 56, 126. Gordiano I: 127. Gordiano II: 127. Gordiano III: 56, 127. Filippo l’Arabo: 131, 218, 222, 225, 235. Decio: 131, 218, 225, 235. Erennio Etrusco: 131 n. 139. Valeriano: 87, 90, 128, 131, 133, 136, 138, 156, 157, 208, 222, 226. Gallieno: 87, 90, 128, 131, 133, 136, 138, 156, 157, 208, 222, 226. Aureliano: 132, 136. Tacito: 132–134, 138, 194.

Probo: 132, 136. Caro, Carino, Numeriano: 215. Diocleziano: 52, 204, 205, 207–209, 215, 217, 226, 227, 235. Massimiano: 205. Massimino Daia: 203, 205, 226. Costantino I: 134, 208. Costanzo II: 22 n. 11. Costante: 134. Giuliano: 132, 205, 224, 226, 227, 235. Valentiniano I: 136, 226. Valente: 23, 135, 136, 207, 208, 226, 227, 237. Graziano: 136 nn. 121–122. Teodosio II: 184, 194. Giustiniano: 23 n. 11. Maurizio: 23 n. 11.

4.b. Senatori, consoli, proconsoli, legati La dicitura cos. indica sia i senatori che abbiano effettivamente rivestito il consolato (ordinario o suffetto), sia i personaggi insigniti del rango consolare. La congiunzione et indica il cumulo di incarichi rivestiti contestualmente dal personaggio: e.g. proconsul Asiae et corrector Asiae. M’. Acilius Aviola procos. Asiae (PIR2, A 49; LP 26.59): 96. M. Aedius Ba[lbus?] leg. Ti. Caesaris Aug. iterum (CIL IX, 2341–2343): 95. Aelius Antipatros di Hierapolis ab epistulis Graecis / adlect. in Sen., leg. Aug. pro praet. Ponti et Bithyniae / sofista (PIR2, A 137; CPE 230; LP 27.51; PGRS 87): 30, 44, 46, 49, 177, 237. Aelius Claudius Dulcitius procos. Asiae (PLRE I, D. 5): 223, 224, 227, 229, 237. Aelius Koiranos a libellis / adlect. in Sen. (PIR2, A 161): 38, 39, 44, 46, 53, 177, 237. M. Aemilius Lepidus procos. Asiae (PIR2, A 369; LP 26.33): 94. Q. Anicius Faustus procos. Asiae (PIR2, A 595; LP 26.181): 172, 173. An[nius? Epi?]phanios procos. Asiae (PLRE I, E. 5): 212, 215, 225. C. Antius A. Iulius Quadratus: vd. A. Iulius Quadratus. Antonia (non Claudia) Kallisto di Laodicea e Focea c.f. (PIR2, C 230): 177. (M.) Antonius (non P. Claudius) Attalos di Laodicea, Smirne e Focea v.c. / sofista (cfr. PIR2, C 797; PGRS 198): 177. M. Antonius Iuvenis v.c. (PIR2, A 847): 176. Appius Alexandros proc. Aug. Asiae / adlect. in Sen., leg. Aug. pro praet. Gall. Lugd. (PIR2, A 945; LP 08.19a): 175 n. 168, 220–222, 226. Appius Sabinus praef. Aeg. / adlect. in Sen., corrector Asiae: vd. Aurelius Appius Sabinus. M’. Aquillius M’.f. M’.n. cos., procos. in Asia (MRR I, 504–509, aa. 129–126 a.C.): 18. Arkadios PPO (et procos. Asiae?) (cfr. PLRE II, A. 5, 6): 23 n. 11. Arriano di Nicomedia (vd. L. Flavius Arrianus): 192 n. 185. C. Arrius Antoninus procos. Asiae (PIR2, A 1088; LP 26.162): 201.

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L. Artorius Pius Maximus procos. Asiae, PVR (PIR2, A 1187; PLRE I, M. 43): 213, 215, 216. Asellius Aemilianus procos. Asiae (PIR2, A 1211; LP 26.165): 113, 114, 168. Aspasios Paternus cos. (PIR2, A 1263; cfr. PLRE I, P. 1, 3): 49. «M. Ateius» (M. †aletus† codd.) praet. (PIR2, A 1278): vd. M. Aedius Ba[lbus?]. M. Aufidius Fronto procos. Asiae des. (PIR2, A 1385; LP 26.182): 172–174. Aurelius Appius Sabinus praef. Aeg. / adlect. in Sen., corrector Asiae (PIR2, A 1455; CPE 331 ter; LP 37.107): 216, 223, 225, 231, 237. T. Aurelius Fulvus Boionius Arrius Antoninus procos. Asiae (PIR2, A 1513; LP 26.121): 199 n. 190. Aurelius Hermogenes procos. Asiae (PLRE I, H. 8): 212, 215, 225. C. Bellicius Fla[ccus?] Torquatus Tebanianus cos. (PIR2, B 99): 99 n. 76. C. Caelius Saturninus signo Dogmatius mag. libellorum, mag. studiorum, …, mag. censum, praef. ann., …, vices agens PPO in Urbe Roma, …, vices agens PVR, comes di Costantino / adlect. in Sen. (PLRE I, S. 9): 233. Cassio Dione di Nicea (vd. L. Cassius Dio): 43, 72, 107, 109, 110, 124, 173. L. Cassius Dio cos., curator civitatis di Pergamo e Smirne, leg. Aug. pro praet. Pann. Sup. (PIR2, C 492; LP 18.49): vd. Cassio Dione di Nicea. Ti. Claudius Atticus Herodes corrector Asiae, cos. (PIR2, C 802): vd. Herodes Atticus. Ti. Claudius Candidus adlect. in Sen., leg. procos. Asiae, curator civitatis di Nicomedia ed Efeso, dux exercitus Illyrici expeditione Asiana, leg. Augg. pro praet. Asiae et in ea dux terra marique adversus rebelles hostes publicos (PIR2, C 823; CPE 203): 113, 114. M. Claudius Demetrios procos. Achaiae et leg. Aug. pro praet. et corrector liberarum civitatum (PIR2, C 823, cfr. 846; LP 24.45): 217. Claudius Illyrios procos. Achaiae (PIR2, C 909; LP 24.51): 217 n. 212. Ti. Claudius Kallipianos Italicus procos. Achaiae et leg. Augg. pro praet. et curator et corrector liberarum civitatum (PIR2, C 821): 217. Cn. Claudius Leontikos cos., procos. Achaiae et corrector Achaiae (PIR2, C 909; LP 24.64): 217. M. Claudius P. Vedius Antoninus Phaidros Sabinianus: vd. P. Vedius Antoninus Sabinianus. Q. Clodius Fabius Agrippianus Celsinus cos., leg. Aug. pro praet. (sive praeses) Phrygiae-Cariae (PIR2, C 1161; PLRE I, Celsinus 5; LP 26.244): 219, 220, 223, 226, 228, 231, 237. M. Cornelius Fronto cos. (PIR2, C 1364): 148. Cornelius Latinianus leg. procos. Asiae (LP 26.212a): 147. L. Cornelius Latinianus proc. Aug. Moes. Inf., proc. Aug. Raetiae / adlect. in Sen., leg. Aug. pro praet. Pann. Inf., cos., leg. Aug. pro praet. Pann. Sup. (PIR2, C 1375, L 122; LP 20.70, 15.09a [1], 19.08, 18.28a): 147–148 n. 137. L. Cornelius L.f. C.n. Sulla Felix: vd. Silla. C. Domitius Philippos proc. Aug. Asiae, praef. vig., praef. Aeg. (sive / adlect. in Sen., dux in Aegypto) (PIR2, D 157; LP 37.104; cfr. CPE Suppl. 249A): 56, 220. L. Egnatius Victor Lollianus procos. Asiae III (PIR2, E 36; LP 26.191): 127, 128, 214 n. 209, 221, 222. Eutropius mag. epistularum, mag. memoriae / procos. Asiae (PLRE I, E. 2): 23. Paullus Fabius Maximus procos. Asiae (PIR2, F 47; LP 26.08): 186. Festus cons. Syriae, mag. memoriae, procos. Asiae (PLRE I, F. 3): 23, 135, 235, 237. Flavius Ablabius vic. Italiae, vic. Asiae, PPO, cos. (PLRE I, A. 4; cfr. PORENA, Ancora sulla carriera 2014): 209. L. Flavius Arrianus cos. (PIR2, F 219): vd. Arriano di Nicomedia. Flavius A(x)ios Arkadios Phlegetios comes domesticorum et procos. Asiae (PLRE II, Ph. 2): 23 n. 11. T. Flavius Damianos di Efeso cos. (PIR2, F 252): 170, 180, 235.

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T. Flavius Festus procos. Asiae (PIR2, F 267; PLRE I, Festus 7): 207 n. 202, 213, 215, 225. Flavius Heliodoros procos. Asiae (PLRE II, H. 9): 23 n. 11. L. Flavius Hermokrates di Focea v.c. / sofista (PIR2, F 285; PGRS 483; cfr. SKA 34c): 145 n. 134, 158, 177, 180, 235, 237. Flavius Ioannes comes domesticorum et procos. Asiae (PLRE IIIA, I. 118): 23 n. 11. Flavius Marianus Michael Gabriel Ioannes Theodoros Iulianus Theodoros Athanasios chartularius et procos. Asiae (PLRE IIIA, A. 8): 23 n. 11. (Flavius?) Optimus procos. Asiae (PIR2, O 129; LP 26.193): 219. Flavius Petronius Maximus PVR, cos., PPO (PLRE II, M. 22): 22 n. 11. Flavius Philippus cos., PPO (PLRE I, Ph. 7; cfr. RITTI, Storia e istituzioni 2017, 645–650): 22 n. 11. (L. Flavius?) Rusonianus (non Rufinianus) di Focea cos. (cfr. PIR2, R 137): 145 n. 134, 177. T. Flavius Sulpicianus procos. Asiae (PIR2, F 373; LP 26.163): 201. Flavius Tauros Seleukos Kyros PVC, PPO (PLRE II, Cyrus 7): 22 n. 11. Flavius Valentinus Georgios Hippasios (non Hippasias) PPO (PLRE II, H.): 23 n. 11. Q. Hedius Rufus Lollianus Gentianus procos. Asiae (PIR2, H 42; LP 26.166): 150 n. 141. [- - -]s Hermokra[tes - - -] (IvEphesos 2026): vd. L. Flavius Hermokrates. Herodes Atticus (vd. L. Vibullius Hipparchos Ti. Claudius Atticus Herodes): 199 n. 190, 216. C. Iulius Asper procos. Asiae (PIR2, I 182; LP 26.180): 171–174. C. Iulius Avitus Alexianus cos., leg. Aug. pro praet. Dalmatiae, procos. Asiae (PIR2, I 190, 192; LP 17.56, 26.179): 55, 60, 172. C. Iulius Cornutus Tertullus: vd. C. Iulius [Plancius Varus?] Cornutus Tertullus. C. Iulius Flavius Proculus Quintillianus procos. Asiae (PIR2, I 502; LP 26.192): 219. C. Iulius Galerius Asper cos. (PIR2, I 334): 172. [Iuli]us Paulinus vices agens PPO, vices agens PVR, praeses Achaiae (aut / adlect. in Sen., procos. Achaiae) et corrector Achaiae (CPE 337; PIR2 VI, p. 61; LP 24.79): 217. C. Iulius [Plancius Varus?] Cornutus Tertullus cos., leg. Aug. pro praet. Ponti et Bithyniae (PIR2, I 273): 199 n. 191, 210. A. Iulius Quadratus di Ankyra e Pergamo cos. (C. Antius A. Iulius Quadratus: PIR2, I 507): 64. C. Iulius Severus praet., leg. Aug. pro praet. Ponti et Bithyniae, corrector quinquefascalis et curator civitatum in Bithyniam a divo Hadriano missus (PIR2, I 573): 103 n. 82, 109, 199 n. 191, 210. Q. Iunius Rusticus cos. (PIR2, I 814): 192 n. 185. Iunius Tiberianus procos. Asiae, PVR (PLRE I, T. 7): 213, 216, 225. M. Cn. Licinius Rufinus di Thyateira ab epistulis Graecis, a studiis, a rationibus, a libellis / adlect. in Sen. (PIR2, L 236): 19, 37 n. 23, 38, 41, 44, 116, 175, 178, 180, 237. M. Lollius Paullinus D. Valerius Asiaticus Saturninus procos. Asiae (PIR2, L 320; LP 26.94; cfr. fILIPPINI, Base di statua 2017): vd. M. Valerius Asiaticus. Marcius Claudius Agrippa a cognitionibus, ab epistulis / adlect. in Sen., leg. Aug. pro praet. Pann. Inf., Dac., Moes. Inf. (PIR2, M 224; CPE 287; LP 19.32, 21.57, 20.115): 44, 46–49, 73, 75. Marinus, alto dignitario (procos. Asiae e/o vic. Asiae: PLRE I, M. 1): 22 n. 11. Marius Maximus biografo: vd. L. Marius Maximus Perpetuus Aurelianus. L. Marius Maximus Perpetuus Aurelianus dux exercitus Moesiaci apud Byzantium … cos. … procos. Asiae II, procos. Africae, PVR (PIR2, M 308; LP 26.178): 32, 85, 113, 114, 116, 169, 174, 178, 180. Martinianus PVR (PLRE I, M. 5; cfr. fILIPPINI, Epigramma onorario 2018): 192 n. 185. Maximus praet., leg. Aug. pro praet. missus in provinciam Achaiam ad ordinandum statum liberarum civitatum (i.e. corrector Achaiae) (PIR2, M 299; cfr. Sex. Quinctilius Valerius Maximus): 197 n. 187, 209.

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Q. Messius Extricatus (a studiis), praef. ann., (praef. praet.) / adlect. in Sen., (leg. leg.), cos. (PIR2, M 518; cfr. CPE 293 + Suppl.): 44, 48. L. Mestrius Florus procos. Asiae (PIR2, M 531; LP 26.75): 96. Q. Mucius P.f. P.n. Scaevola praet., procos. in Asia (MRR II, 4–7, aa. 98–97 a.C.): 92, 182 n. 175. M. Nonius Macrinus cos., comes di Marco Aurelio (PIR2, N 140): 229. Ofellius Theodoros (vd. M. Ulpius Ofellius Theodoros): 34, 39, 44, 46. T. Oppius Aelianus Asklepiodotos praeses Phrygiae-Cariae / adlect. in Sen., procos. Asiae et corrector Asiae (PIR2, O 115; LP 26.199, 26.250; vd. Asklepiodotos praeses Phrygiae-Cariae): 214–217, 223, 225, 237. (Flavius?) Optimus procos. Asiae (PIR2, O 129; LP 26.193): 219. Ostorius Euhodianos cos., leg. Aug. pro praet. Ciliciae (PIR2, O 159, 160): 185 n. 178. Peucetius cos. II?, procos. Asiae III?, praef. summar. rat. (PLRE I, P.; cfr. BARNEs, The New Empire 1982, 158): 216, 226. Plinio il Giovane (vd. C. Plinius Caecilius Secundus): 122, 199, 210. C. Plinius Caecilius Secundus cos., leg. pro praet. provinciae Ponti et Bithyniae proconsulari potestate in eam provinciam ex SC ab Imp. Caes. Traiano Aug. missus (PIR2, P 490): vd. Plinio il Giovane. C. Pontius Paelignus leg. pro praet. iterum ex SC et ex auctoritate Ti. Caesaris (PIR2, P 813): 95 n. 68. C. Popillius Carus Pedo procos. Asiae (PIR2, P 838; LP 26.146): 151. Sex. Quinctilius Valerius Maximus praet., leg. Achaiae (PIR2, Q 26): vd. Maximus. Quintilii fratres coss. (vd. Sex. Quintilius Valerius Maximus e Sex. Quintilius Condianus): 197 n. 187, 199 n. 190. Sex. Quintilius Valerius Maximus cos., procos. Achaiae (PIR2, Q 27): vd. Quintilii fratres. Sex. Quintilius Condianus cos., corrector Achaiae (PIR2, Q 21): vd. Quintilii fratres. (L. Flavius?) Rusonianus (non Rufinianus) di Focea cos. (cfr. PIR2, R 137): 145 n. 134, 177. L. Saevinius Proculus leg. procos. Asiae, leg. Augg. pro praet. ad ordinandos status insularum Cycladum (PIR2, S 63): 198 n. 188. Septimius Aper (C. Septimius Severus Aper cos.) (IvEphesos 2026; cfr. PIR2, S 430, 489): 176. Servilius (non Sergius) Paullus procos. Asiae (PIR2, S 592; LP 26.149): 148. Silla (vd. L. Cornelius Sulla Felix): 18. Q. Tineius Sacerdos procos. Asiae (PIR2, T 229; LP 26.175): 82, 83. L. Turranius Gratianus corrector Achaiae, PVR (PLRE I, G. 3; LSA 97): 217. Ulpius Marc[ellus] procos. Asiae et corrector Asiae (IAph2007 8.35; cfr. PIR2, V 828): 200, 201, 210, 216, 225, 237. Ulpius Marcellus cos. (PIR2, V 828): vd. Ulpius Marc[ellus]. M. Ulpius Ofellius Theodoros a libellis / adlect. in Sen., leg. Aug. pro praet. Cappad. (PIR2, V 839; LP 29.40): vd. Ofellius Theodoros. M. Valerius Asiaticus procos. Asiae (vd. M. Lollius Paullinus D. Valerius Asiaticus Saturninus): 188 n. 183. Valerius Naso praet. (PIR2, V 151): 94. M. Valerius Taurus Asiaticus Catullus Messalinus c.p. (PIR2, V 204; cfr. fILIPPINI, Base di statua 2017): 188 n. 183. Vedia Phaedrina di Efeso c.f. (PIR2, V 327): 152, 235. P. Vedius Antoninus Sabinianus di Efeso asiarca / quaest. Cypri des. (M. Claudius P. Vedius Antoninus Phaidros Sabinianus: PIR2, V 317; SKA 115c): 144, 150–152, 159, 235. L. Venuleius Montanus Apronianus Octavius Priscus procos. Asiae (PIR2, V 377; LP 26.124): 143 n. 131.

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C. Vettius Sabinianus Iulius Hospes leg. procos. Asiae, leg. Augg. pro praet. ad ordinandos status insularum Cycladum (PIR2, V 485): 198 n. 188. M. Vettulenus Civica Barbarus cos., comes di Lucio Vero (PIR2, V 501): 229. L. Vibullius Hipparchos Ti. Claudius Atticus Herodes corrector Asiae, cos. (PIR2, C 802): vd. Herodes Atticus. T. Vitrasius Pollio procos. Asiae (PIR2, V 768; LP 26.133): 147.

4.b.1. Nomi acefali [- - -]atus a studiis, praef. ann., praef. praet. / adlect. in Sen., leg. leg., cos. (CIL VI, 41190; cfr. CPE 293+ Suppl.): vd. Q. Messius Extricatus.

4.b.2. Anonimi anonimo cos., corrector Asiae (ROBERT, Études anatoliennes 1937/1970, 351, nr. 5; forse Aurelius Appius Sabinus): 230–232. anonimo dignitario (procos. Asiae e/o corrector Asiae) scrivente agli Efesini (IvEphesos 217): 11–24, 134, 180, 195, 196, 208, 210, 211, 212, 217, 225, 237. anonimo leg. procos. Asiae della dioikesis Ephesiake (IvEphesos 805): 198 n. 188, 234. anonimo leg. procos. Asiae della dioikesis Pergamene (SEG 41, 1034; TAM V.2, 923): 198 n. 188, 234. anonimo praet., ab epistulis Graecis, cos. (CIL VI, 41237): vd. Aspasios Paternus. anonimo v.c., comes et amicus Augg., corrector Asiae (IAph2007 5.215): 224, 227–229, 237.

4.c. Cavalieri, funzionari, presidi equestri, cortigiani La congiunzione et indica il cumulo di incarichi rivestiti contestualmente dal personaggio: e.g. a cognitionibus et ab epistulis Latinis. M. Aedinius Iulianus praef. Aeg., PPO (PIR2, A 113; LP 37.95): 43. Aelius Aglaos proc. Augg. Asiae, vices agens procos. Asiae (PIR2, A 133; LP 26.171): 83. Aelius Antipatros di Hierapolis ab epistulis Graecis / adlect. in Sen., leg. Aug. pro praet. Ponti et Bithyniae / sofista (PIR2, A 137; CPE 230; LP 27.51; PGRS 87): 30, 44, 46, 49, 177, 237. Aelius Florianus praef. vig. (PIR2, A 176): 56. Aelius Koiranos a libellis / adlect. in Sen. (PIR2, A 161): 38, 39, 44, 46, 53, 177, 237. P. Aelius Peregrinus Rogatus a cognitionibus (PIR2, A 231; CPE 233): 44, 48. P. Aelius Zeuxidemos Aristos Zenon di Hierapolis advoc. fisci in Phrygia, advoc. fisci in Asia (PIR2, A 281): 188 n. 183. Aemilius Papinianus a libellis, PPO (PIR2, A 388; CPE 220): vd. Papiniano. T. Antonius Claudius Alfenus Arignotos di Thyateira proc. arcae Livianae (PIR2, A 821; CPE 218 ter): 188 n. 183. M. Antonius Moschianos Ulpianus di Efeso proc. Aug. (PIR2, A 852): 82. Appius Alexandros proc. Aug. Asiae / adlect. in Sen., leg. Aug. pro praet. Gall. Lugd. (PIR2, A 945; LP 08.19a): 175 n. 168, 220–222, 226. Appius Sabinus praef. Aeg. / adlect. in Sen., corrector Asiae: vd. Aurelius Appius Sabinus.

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Asklepiodotos praeses Phrygiae-Cariae (AE 1986, 677; LP 26.199, 26.250; vd. T. Oppius Aelianus Asklepiodotos): 215, 225. Aspasios di Ravenna ab epistulis Graecis (PIR2, A 1262): 44, 49. C. Attius Alcimus Felicianus mag. summar. rat., mag. rat. summae privatae (PIR2, A 1349; CPE 327): 59. Aurelius Appius Sabinus praef. Aeg. / adlect. in Sen., corrector Asiae (PIR2, A 1455; CPE 331 ter; LP 37.107): 216, 223, 225, 231, 237. Aurelius Arcadius Charisius mag. libellorum, mag. epistularum (PLRE I, Ch. 2): 52, 209, 211. M. Aurelius Epagathos Aug. lib. / praef. Aeg. (PIR2, E 67; LP 37.97): 43. M. Aurelius Iulianus a rationibus et a memoria (PIR2, A 1537; CPE 354): 44, 48. M. Aurelius Kleandros Aug. lib., a cubiculo, a pugione, PPO (PIR2, A 1481; CPE 180bis): 107, 110, 113, 137. M. Aurelius Mindius Mattidianus Pollio proc. XX hered. Romae, curator civitatis di Nicomedia, Nicea e Prusa / asiarca, bitiniarca (PIR2, A 1559; CPE 193; SKA 52): 103 n. 82. (M.? Aurelius) Saturninus Aug. lib., proc. a cognitionibus rationalium (PIR2, S 221): 177, 180. Q. Axilius Urbicus a studiis et a consiliis Augg., mag. sacrar. cognitionum (PIR2, A 1685; PLRE I, U. 3): 59. L. Caecilius Athenaeus ab epistulis Latinis (PIR2, C 23; CPE 319): 44, 49. C. Caelius Saturninus signo Dogmatius mag. libellorum, mag. studiorum, …, mag. censum, praef. ann., …, vices agens PPO in Urbe Roma, …, vices agens PVR, comes di Costantino / adlect. in Sen. (PLRE I, S. 9): 233. Calpurnius Verus proc. Aug. Asiae (IvEphesos 632): 170, 174 n. 167. Celsus praef. vig.: 56. Q. Cervidius Scaevola praef. vig. (PIR2, C 681): 29, 57. Claudius Dionysios proc. Aug. Asiae (SEG 36, 1094): 170. Claudius Firmus praef. Aeg. (PIR2, C 866; LP 37.116; PLRE I, F. 7): 233, 234. Claudius Firmus corrector Aegypti (PIR2, C 867; PLRE I, F. 7): 233, 234. C. Claudius Firmus proc. Augg. Galatiae (PIR2, C 868; CPE Suppl. 277): 234. Ti. Claudius Piso di Prusias iudex ex quinque decuriis eq.R. / bitiniarca (PIR2, C 961): 183. Ti. Claudius Serenus proc. rat. priv. prov. Asiae et Phrygiae et Cariae (PIR2, C 1017; CPE 283): 80–82. Cominius Pris[cianus] mag. [studi]orum vel [libell]orum (PIR2, C 1269; PLRE I, P. 6): 59. L. Cominius Vipsanius Salutaris a cognitionibus (PIR2, C 1272; CPE 235): 44, 48. L. Cornelius Latinianus proc. Aug. Moes. Inf., proc. Aug. Raet. / adlect. in Sen., leg. Aug. pro praet. Pann. Inf., cos., leg. Aug. pro praet. Pann. Sup. (PIR2, C 1375, L 122; LP 20.70, 15.09a [1], 19.08, 18.28a): 147–148 n. 137. Desidiena Cincia, moglie di Appius Alexandros (PIR2, D 51): 221. L. Didius Marinus proc. Aug. Asiae, a cognitionibus (PIR2, D 71; CPE 295): 44, 46, 48, 170, 175, 180, 237. Diogenes praeses Insularum (PLRE I, D. 1): 205, 211. Cn. Domitius Annius Ulpianus (PIR2, D 132; cfr. Domitius Ulpianus): 29 n. 18. L. Domitius Honoratus praef. Aeg., PPO (PIR2, D 151; LP 37.94): 43. C. Domitius Philippos proc. Aug. Asiae, praef. vig., praef. Aeg. (sive / adlect. in Sen., dux in Aegypto) (PIR2, D 157; LP 37.104; cfr. CPE Suppl. 249A): 56, 220. Domitius Ulpianus a libellis, iuris consultus, praef. ann., PPO (PIR2, D 169; CPE 294; cfr. Cn. Domitius Annius Ulpianus): vd. Ulpiano. Eutropius mag. epistularum, mag. memoriae / procos. Asiae (PLRE I, E. 2): 23.

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Faltonius Restitutianus praef. vig. (PIR2, F 109; CPE Suppl. 322): 56. Flavius Aurelius Achilles di Synnada proc. Aug. ducen. (PLRE I, Ach.): 130. Flavius Maternianus Romae vices agens praefectorum praetorio et Urbi (PIR2, F 317; cfr. BUONGIORNO, Erodiano 4.12.4 2014): 72, 73. T. Flavius Serenus a cognitionibus (PIR2, F 366; CPE 298): 44, 48. Ti. Fulvius Asticus praeses Phrygiae-Cariae (PLRE I, A.): 203, 210. C. Fulvius Plautianus PPO (PIR2, F 554): 29. M. Fulvius Publicianus Nikephoros di Efeso asiarca / advoc. fisci (SKA 155): 170, 174, 180. C. Furius Sabinus Aquila Timesitheos procurator in Urbe magister XX ibi logista thymelae, proc. Aug. Gall. Lugd., PPO (PIR2, F 581; CPE 317): 59. Geminius Chrestus praef. Aeg., PPO (PIR2, G 144; LP 37.93): 42 n. 26. Gregorius mag. memoriae? (PLRE I, G. 1): 209. Herennius Modestinus a libellis, praef. vig., iuris consultus (PIR2, H 112; cfr. CPE 338): vd. Modestino. M. Herennius Victor proc. ad studia (PIR2, H 135; CPE 272): 44, 48. Hermogenianus mag. libellorum, PPO? (PLRE I, H. 2): 209. Iulius Cassius praeses Hellesponti (PLRE I, C. 1): 212. Iulius Flavianus PPO (PIR2, F 180, I 312): 42 n. 26. [Iuli]us Paulinus vices agens PPO, vices agens PVR, praeses Achaiae (aut / adlect. in Sen., procos. Achaiae) et corrector Achaiae (CPE 337; PIR2 VI, p. 61; LP 24.79): 217. Iulius Paulus a memoria, PPO? (PIR2, I 453; CPE 314): vd. Paolo. M. Iulius Serenius mag. summ. rat. (PIR2, I 568): 59. C. Laberius Paulus di Efeso advoc. fisci (PIR2, L 11): 170, 174 n. 167, 180. M. Cn. Licinius Rufinus di Thyateira ab epistulis Graecis, a studiis, a rationibus, a libellis / adlect. in Sen. (PIR2, L 236): 19, 37 n. 23, 38, 41, 44, 116, 175, 178, 180, 237. L. Lucilius Pansa Priscillianus proc. Aug. Asiae (PIR2, L 391; CPE 249): 170, 180, 237. Q. Maecius Laetus PPO (PIR2, M 54): 29. Marcius Claudius Agrippa a cognitionibus, ab epistulis / adlect. in Sen., leg. Aug. pro praet. Pann. Inf., Dac., Moes. Inf. (PIR2, M 224; CPE 287; LP 19.32, 21.57, 20.115): 44, 46–49, 73, 75. Q. Marcius Diogas praef. ann., praef. vig. (PIR2, M 231; cfr. CPE 271): 44, 46–50, 57. Marcius Festus Aug. lib., a cubiculo et a memoria (PIR2, M 234): 34, 44, 46–48, 116. Q. Messius Extricatus (a studiis), praef. ann., (praef. praet.) / adlect. in Sen., (leg. leg.), cos. (PIR2, M 518; cfr. CPE 293 + Suppl.): 44, 48. P. Messius Saturninus a studiis sexagenarius et centenarius, advoc. fisci sacri auditorii, trecenarius a declamationibus Latinis (PIR2, M 527; CPE 231): 44, 48. Modestino giurista (vd. Herennius Modestinus): 18, 39, 55–60, 146. Numisius Quintianus ab epistulis Latinis (PIR2, N 212): 49. Ofellius Theodoros (vd. M. Ulpius Ofellius Theodoros): 34, 39, 44, 46. M. Opellius Macrinus proc. rat. priv., PPO (PIR2, O 108; CPE 248): 44, 45, 72, 73, 171. T. Oppius Aelianus Asklepiodotos praeses Phrygiae-Cariae / adlect. in Sen., procos. Asiae et corrector Asiae (PIR2, O 115; LP 26.199, 26.250; vd. Asklepiodotos praeses Phrygiae-Cariae): 214–216, 223, 225, 237. Paolo giurista (vd. Iulius Paulus): 28–34, 42–44. Papiniano giurista (vd. Aemilius Papinianus): 28–30, 32, 44, 53. Pontius Eglectus Iulianus mag. a studiis Augg. (PIR2, P 797): 59. Rufinus mag. a censibus (ILAfr 147): 59. Sabinus PPO (PLRE I, S. 3): 203, 210.

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Saoteros Aug. lib., a cubiculo (PIR2, S 181): 103, 106, 107, 109, 113, 138. (M.? Aurelius) Saturninus Aug. lib., proc. a cognitionibus rationalium (PIR2, S 221): 177, 180. C. Suetonius Tranquillus a studiis, a bibliothecis, ab epistulis (PIR2, S 959; CPE 96): vd. Svetonio. Sulpicius Iulianus proc. Aug. in Asia (PIR2, S 1007): 144. Svetonio (vd. C. Suetonius Tranquillus): 31. Sex. Tigidius Perennis PPO (PIR2, T 203): 107. Ulpiano giurista (vd. Domitius Ulpianus; cfr. Cn. Domitius Annius Ulpianus): 11, 14, 18, 19, 20, 28–60, 122, 138, 175, 180, 210, 211, 237. Ulpius Iulianus a censibus (PIR2, V 821; CPE 288): 59, 72, 73. M. Ulpius Ofellius Theodoros a libellis / adlect. in Sen., leg. Aug. pro praet. Cappad. (PIR2, V 839; LP 29.40): vd. Ofellius Theodoros. M. Valerius Titanianus membro del Museo di Alessandria, ab epistulis Graecis, praef. vig. (PIR2, V 208; CPE Suppl. 321A): 44, 46, 49, 73–76, 122. Valerius Valens praef. vig. (PIR2, V 214): 56. P. Vedius Antoninus di Efeso eq.R. / asiarca (PIR2, V 316; SKA 115): 151 n. 142. L. Vibius Fortunatus mag. a studiis (PIR2, V 544; CPE 339): 59. Vipsanius Caecilianus Axios proc. Aug. Asiae (PIR2, V 675): 170, 174, 180.

4.c.1. Nomi acefali [- - -]atus a studiis, praef. ann., praef. praet. / adlect. in Sen., leg. leg., cos. (CIL VI, 41190; cfr. CPE 293+ Suppl.): vd. Q. Messius Extricatus. [- - -]inianus a cognitionibus et ab epistulis Latinis (IvEphesos 813): 44, 8, 49, 175, 180, 237.

4.c.2. Anonimi anonimo ab epistulis, a libellis, a rationibus, praef. ann. (CPE 271): vd. Q. Marcius Diogas. anonimo ab epistulis Graecis, a censibus, a rationibus, proc. rei priv., proc. [- - -], corrector [Asiae? sive Aegypti?], praef. Aeg. (Milet I.7, 266; CPE 331 ter; forse Claudius Firmus praef. Aeg., corrector Aegypti: cfr. PIR2, C 866, 867): 232–234. anonimo magister a censibus, magister a libellis, praef. vig., iuris consultus (CPE 338): vd. Herennius Modestinus. anonimo praeses Achaiae et corrector Achaiae (PLRE I, Anonymus 115; LP 24.96; LSA 910): 217, 225.

4.d. Dignitari federali, notabili municipali, sofisti P. Aebutius Flaccus di Hierapolis asiarca (SKA 29): 105. Aelius Antipatros di Hierapolis ab epistulis Graecis / adlect. in Sen., leg. Aug. pro praet. Ponti et Bithyniae / sofista (PIR2, A 137; CPE 230; LP 27.51; PGRS 87): 30, 44, 46, 49, 177, 237. Aelius Apollonios il Giovane di Smirne (Paris 2689): 125. P. Aelius Aristides Theodoros di Hadrianoi e Smirne sofista (PIR2, A 145; PGRS 153): 105, 140, 144, 152, 158, 163, 179, 182. Aelius Collega di Laodicea (IGUR I, 37): 114 n. 95. T. Aelius Marcianus Priscus di Efeso (IvEphesos 24): 151.

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P. Aelius Pigres di Laodicea asiarca / sofista? (SKA 117; cfr. PGRS 807: Periges/Pigres): 116, 121. Aelius Rhodon di Laodicea (IGUR I, 37): 114 n. 95. T. Aelius Rufinus Antiochianos di Hierapolis retore (RITTI, Storia e istituzioni 2017): 117 n. 99. Aelius Zeuxidemos di Hierapolis asiarca (RITTI, Storia e istituzioni 2017): 188–191. P. Aelius Zeuxidemos Aristos Zenon di Hierapolis advoc. fisci in Phrygia, advoc. fisci in Asia (PIR2, A 281): 188 n. 183. P. Aelius Zeuxidemos Cassianus di Hierapolis asiarca (PIR2, A 282; SKA 34): vd. Aelius Zeuxidemos di Hierapolis. Alfenus Modestus di Thyateira asiarca (SKA 37): 188. Alfenus [..]ilios di (Thyateira?) asiarca (RITTI, Storia e istituzioni 2017): 105, 188–191. C. Antius A. Iulius Quadratus di Ankyra e Pergamo: vd. A. Iulius Quadratus. Antonia (non Claudia) Kallisto di Laodicea e Focea c.f. (PIR2, C 230): 177. (M.) Antonius (non P. Claudius) Attalos di Laodicea, Smirne e Focea v.c. / sofista (cfr. PIR2, C 797; PGRS 198): 177. T. Antonius Claudius Alfenus Arignotos di Thyateira proc. arcae Livianae (PIR2, A 821; CPE 218 ter): 188 n. 183. M. Antonius Lepidus di Thyateira asiarca (SKA 1): 186. M. Antonius Moschianos Ulpianus di Efeso proc. Aug. (PIR2, A 852): 82. M. Antonius Polemon (PIR2, A 862; PGRS 860): vd. Polemone di Laodicea. Apollonios f. di Menophilos di Aizani asiarca (SKA 2): 186. Aurelia Alkipilla Laeliana di Thyateira (TAM V.2, 943): 178 n. 172. Aurelia Claudia Apollonia di Pergamo (IvPergamon III, 525): 125. Aurelius Aelius Kallistianos di Alia (AE 1991, 1513): 219. M. Aurelius Alexandros di Pergamo (SNGFrance Mysie 2226): 119. Aurelius Antiochos di Mileto (Didyma II, 164): 106 n. 86. Aurelius Caius asiarca (SKA 132): 177, 180. Aurelius Chairemon di Mileto (Didyma II, 164): 106 n. 86. Aurelius Charidemos di Smirne (BMC Ionia Smyrna 403): 120, 121. M. Aurelius Daphnos di Efeso asiarca (SKA 134): 220–223, 226. M. Aurelius Herculanus di Efeso asiarca (SKA 136): 87. Aurelius M[arcian]us di Philadelphia (TAM V.3, 1420): 116 n. 98. M. Aurelius Mindius Mattidianus Pollio proc. XX hered. Romae, curator civitatis di Nicomedia, Nicea e Prusa / asiarca, bitiniarca (PIR2, A 1559; CPE 193; SKA 52): 103 n. 82. Aurelius Mith[- - -] di Alia (AE 1991, 1513): 219. M. Aurelius Ofellius Diadoumenos di Mileto (Didyma II, 156): 218 n. 214. Aurelius Silanus Neonianos Stasias panfiliarca (IvPerge 294): 184. M. Caerellius Attalos di Pergamo (SNGvA 7513): 116, 119, 121. Charinos f. di Charinos di Pergamo asiarca (SKA 3): 186. Chersiphron di Smirne asiarca (SKA 55): 100 n. 77. Chrysanthios di Sardi archiereus di Lydia (PLRE I, Chr.; cfr. fILIPPINI, Fossili e contraddizioni 2016, 462–464): 226. Ti. Claudius Apollonios Marcianus di Aphrodisias asiarca (IAph2007 11.60): 214 n. 209. Ti. Claudius Demokrates di Magnesia al Meandro asiarca (SKA 14): 96 n. 69. M. Claudius Fronto asiarca, archiereus del koinon di Ionia (SKA 67): 145. Ti. Claudius Iulius Candidus Hegemoneus di Aphrodisias (IAph2007 11.60, 11.414): 214 n. 209. Ti. Claudius Kretarios di Smirne (BMC Ionia Smyrna 404): 155.

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Ti. Claudius Marcianus di Aphrodisias (IAph2007 4.309): 214. Ti. Claudius Meil[etos] di Sardi asiarca (SKA 174; cfr. RITTI, Storia e istituzioni 2017): 97 n. 71, 187, 189–191. Ti. Claudius Piso di Prusias iudex ex quinque decuriis eq.R. / bitiniarca (PIR2, C 961): 183. Ti. Claudius Piso Diophantos di Efeso asiarca (SKA 77): 100. Claudius Teimokrates di Efeso (SEG 37, 886): 78 n. 46. Ti. Claudius Timon di Magnesia al Meandro asiarca (SKA 19): 96 n. 69. M. Claudius P. Vedius Antoninus Sabinus di Efeso: vd. P. Vedius Antoninus Sabinus. (Ti.?) Claudius Zenodotos di Hierapolis asiarca (RITTI, Storia e istituzioni 2017; fILIPPINI, Base di statua 2017): 187, 189–191. Cornelia Secunda di Thyateira archiereia d’Asia (SKA 157a): 179. Demetrios f. di Herakleides di Mastaura asiarca (SKA 4): 186. Dion Cocceianus di Prusa (PIR2, D 93; PGRS 280): vd. Dione Crisostomo. Dione Crisostomo di Prusa sofista (Dion Cocceianus): 140, 141, 154, 158, 181. Dionysios f. di Iason f. di Skymnos di Aphrodisias (IAph2007 2.503): 182 n. 175, 185, 195. Euethios f. di Pyrrhon di Laodicea asiarca (SKA 211; cfr. fILIPPINI, Fossili e contraddizioni 2016, 449–455): 226. T. Flavius Aprilis di Sirmium o Aquincum (AE 1973, 437): 169 n. 163. Flavius Aurelius Achilles di Synnada proc. Aug. ducen. (PLRE I, Ach.): 130. T. Flavius Damianos di Efeso sofista (PIR2, F 253; PGRS 245): 152, 180, 235. T. Flavius Damianos di Efeso cos. (PIR2, F 252): 170, 180, 235. L. Flavius Hermokrates di Focea asiarca / philosophos (SKA 34c): 145, 158, 180, 235. L. Flavius Hermokrates di Focea v.c. / sofista (PIR2, F 285; PGRS 483; cfr. SKA 34c): 145 n. 134, 158, 177, 180, 235, 237. T. Flavius Meniskos Philadelphos il Giovane di Hierapolis (RITTI, Storia e istituzioni 2017): 105 n. 84, 148, 187 n. 181, 188. Flavius Moschios (o Moschos) di Thyateira (TAM V.2, 966): 179 n. 173. (L. Flavius?) Rusonianus (non Rufinianus) di Focea cos. (cfr. PIR2, R 137): 145 n. 134, 177. M. Flavius Valerianus Terentullianus di Eumeneia asiarca (SKA 204a = 20c): 105 n. 84. M. Fulvius Publicianus Nikephoros di Efeso asiarca / advoc. fisci (SKA 155): 170, 174, 180. Herostratos f. di Dorkalion (OGIS 438): 182 n. 175. Hierokles f. di Iason f. di Skymnos di Aphrodisias (IAph2007 2.503): 182 n. 175, 185, 195. Iulia Atticilla di Efeso archiereia d’Asia (SKA 134): 220. Iulianus di Philadelpheia (TAM V.3, 1420): 116 n. 98. Iulius Anthimos di Pergamo (BMC Ionia Pergamum 318): 119, 121. Iulius Dionysios di Thyateira asiarca (SKA 156): 178. C. Iulius Hippianos di Thyateira asiarca (SKA 157): 179. C. Iulius Iulianus Tatianos di Thyateira asiarca (SKA 157b): 179. L. Iulius Libonianus di Sardi asiarca (SKA 99; cfr. RITTI, Storia e istituzioni 2017): 98 n. 72, 187, 189–191. Iulius Lupus asiarca, argyrotamias d’Asia (RITTI, Storia e istituzioni 2017): 188–191. M. Iulius Menelaos di Thyateira (TAM V.2, 969): 178. A. Iulius Quadratus di Ankyra e Pergamo cos. (C. Antius A. Iulius Quadratus: PIR2, I 507): 64. Makarios di Mileto asiarca (SKA 139; cfr. fILIPPINI, Fossili e contraddizioni 2016, 449–455): 213, 226. Marcianus Kallippos Longinus panfiliarca (IvPerge 321): 184. Menogenes f. di Isidoros di Sardi (Sardis VII.1, 8): 186.

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C. Orfius Flavianus Philographos asiarca (SKA 103): 105. L. Pescennius Gessius asiarca (SKA 162): 128. Philistes f. di Apollodoros di Smirne asiarca (SKA 6): 186. Polemone di Laodicea e Smirne sofista (M. Antonius Polemon): 99, 100, 148, 149, 158, 179, 235. Quintilius Eumenes di Smirne asiarca (SKA 212): 127, 128, 138, 221, 222, 226. (L. Flavius?) Rusonianus (non Rufinianus) di Focea cos. (cfr. PIR2, R 137): 145 n. 134, 177. Sempronia Auruncia Arriana di Stratonicea (IvStratonikeia 310): 203. M. Sempronius Auruncius Theodotos di Stratonicea (IvStratonikeia 310): 203. Sex[tius - - -] di Laodicea (IvLaodikeia 59): 111 n. 89. Ulpius [- - -] asiarca (RITTI, Storia e istituzioni 2017): 187, 189–191. Ulpius Apollonius Plautus di Efeso asiarca (SKA 167): 77, 81, 82. M. Ulpius Appuleianus Flavianus di Aizani (cfr. SKA 110): 147. M. Ulpius Appuleius Eurykles di Aizani asiarca, curator della gerousia di Efeso, curator civitatis di Aphrodisias (SKA 110a): 147 n. 137, 201 n. 195. M. Ulpius Appuleius Flavianus di Aizani asiarca (SKA 110): 147 n. 137 Ulpius Aristokrates di Keramos asiarca (SKA 111): vd. Ulpius [- - -]. M. Ulpius Damas Catullinus di Thyateira asiarca (SKA 112): vd. Ulpius [- - -]. Ulpius Flaccus asiarca (RITTI, Storia e istituzioni 2017): 188–191. T. Ulpius Papianos di Prusias (IvPrusias 47): 183 n. 177. M. Ulpius Quintianus di Aquincum (AE 1973, 437): 169 n. 163. Vedia Phaedrina di Efeso c.f. (PIR2, V 327): 152, 235. [Vedia - - -] sacerdotessa di Efeso (IvEphesos 3072): 99 n. 74, 235. P. Vedius Antoninus di Efeso eq.R. / asiarca (PIR2, V 316; SKA 115): 151 n. 142, 235. P. Vedius Antoninus Sabinianus di Efeso asiarca / quaest. Cypri des. (M. Claudius P. Vedius Antoninus Phaidros Sabinianus: PIR2, V 317; SKA 115c): 144, 150–152, 159, 235. P. Vedius Antoninus Sabinus di Efeso asiarca (M. Claudius P. Vedius Antoninus Sabinus: PIR2, V 318; SKA 115b): 151 n. 142, 235. Vedius Servilius Caius di Efeso eq.R.(IvEphesos 3072): 99 n. 74, 235.

4.d.1. Nomi acefali [- - -]letos asiarca (RITTI, Storia e istituzioni 2017): vd. Ti. Claudius Meil[etos] di Sardi.

4.d.2. Anonimi anonima sacerdotessa [Vedia - - -] di Efeso (IvEphesos 3072): 99 n. 74, 235. anonimo agonoteta di Thyateira (TAM V.2, 943): 178. anonimo buleuta di Laodicea (IvLaodikeia 45): 111 n. 89. anonimo difensore civico (syndikos) di Efeso (IvEphesos 802): 90, 165–180, 209.

4.e. Altri (giuristi, retori, vescovi etc.) Aelius Marcianus giurista (PIR2, A 215): 38. Anastasios vescovo di Nicea (ACO II, 1.3.61): 136 n. 122. Arrius Menandros giurista, consiliarius (PIR2, A 1100): 19, 34, 39, 54.

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L. Caecilius Firmianus Lactantius (PLRE I, F. 2): vd. Lattanzio. Q. Cervidius Scaevola giurista, praef. vig. (PIR2, C 681): 29, 57. Hypatios arcivescovo di Efeso (PCBE III, H. 4): 23 n. 11. Eunomios vescovo di Nicomedia (ACO II, 1.3.61): 136 n. 122. Lattanzio retore (L. Caecilius Firmianus Lactantius): 204, 210. Panthea di Smirne (PIR2, P 94): 152. Sagaris vescovo di Laodicea (Eus. h.e. 4.26.3, cfr. Servilius Paullus: PIR2, S 592): 148. Serenus Sammonicus letterato (PIR2, S 164): 30. Severus verna Augg. nn., exactor rat. priv. (IvEphesos 647): 80, 81. Silvinus retore (PIR2, S 739): 40, 41. Ulpius Marcellus giurista (PIR2, V 831): 201 n. 195. Per i giuristi di rango equestre Papiniano, Ulpiano, Paolo, Modestino e M. Cn. Licinius Rufinus vd. supra, par. 4.c.

5. Nomi di persona: studiosi moderni Akdoğu Arca, Ebru N.: 220, n. 216; 221 n. 217. Alföldy, Géza: 59, 169 n. 163, 199 n. 191, 210. Ameling, Walter: 135 n. 119, 183. Anderson, John G.C.: 160, 162, 163. Barnes, Timothy D.: 135 n. 120, 205 n. 199, 217 n. 213, 226. Behr, Charles A.: 27 n. 16. Blaudeau, Philippe: 164. Bowersock, Glen W.: 101. Brélaz, Cédric: 167 n. 160. Buckler, William H.: 162, 163. Buraselis, Kostas: 152. Burrell, Barbara: 67, 77, 79, 80, 85, 90, 92, 97 n. 72, 98 n. 73, 105. Calder, William M.: 162, 163. Camodeca, Giuseppe: 12, 14, 21 n. 9. Campanile, Domitilla: 92, 93 n. 65, 182 n. 175, 183 n. 176. Carboni, Tiziana: 32 n. 19, 44, 46 n. 30. Cecconi, Giovanni A.: 23 n. 12, 198 n. 189. Christol, Michel: 29, 35, 36, 37 n. 23, 41, 46, 59, 71, 79 n. 47, 168, 170 n. 164, 178 n. 171, 179, 215, 218, 221 n. 217. Corcoran, Simon: 22 n. 10, 37 n. 23, 53 n. 32, 203 n. 197, 205 n. 200, 209 n. 203. Corsten, Thomas: 160, 161, 163. D’Andria, Francesco: 187.

Davenport, Caillan: 47 n. 30, 173 n. 166, 217 n. 213. Demougin, Ségolène: 178 n. 171. De Palma Digeser, Elizabeth: 205 n. 199. Dittenberger, Wilhelm: 127. Drew-Bear, Thomas: 221 n. 217. Duman, Bahadır: 221 n. 217. Eck, Werner: 29 n. 18, 149 n. 139, 204 n. 198. Eckhel, Joseph H.: 114. Edelmann-Singer, Babett: 93 n. 65. Engelmann, Helmut: 222. Feissel, Denis: 12, 14, 16 n. 5, 17, 21 n. 9, 22, 52, 135 n. 120, 196. Filippini, Alister: 23 n. 12, 116 n. 98, 132 n. 115, 135 n. 119, 136 n. 122, 148 n. 138, 164 n. 157, 185 n. 178, 188 n. 182, 203 n. 197, 206 n. 201, 221 n. 217, 226. Fitz, Jeno: 169 n. 163. Fournier, Julien: 149 n. 139, 167 n. 160, 197, 198 n. 189, 217 n. 212. French, David H.: 215. Frija, Gabrielle: 178–179, nn. 172–173. Geraci, Giovanni: 59. Giardina, Andrea: 135 n. 119, 198 n. 189. Groag, Edmund: 127. Guerber, Éric: 92, 100, 124 n. 105, 185 n. 178, 197, 198 n. 189, 200, 210, 217 n. 212. Guizzi, Francesco: 98 n. 73, 112.

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Habicht, Christian: 101, 145. Haensch, Rudolf: 101 n. 79. Hasebroek, Johannes: 30, 32. Heil, Matthäus: 29 n. 18, 200, 204 n. 198. Heller, Anna: 28 n. 17, 67, 69, 77, 79, 80 n. 48, 81–83, 85, 86, 89 n. 62, 90, 92, 100, 102, 118, 119 n. 100, 140–141 nn. 124–125, 142, 150, 154, 155, 158. Honoré, Tony: 28 n. 17, 29, 34–42, 49, 50, 53, 55, 57, 59, 60, 209 n. 203. Hostein, Antony: 112 n. 90, 116, 119 n. 100. Howe, Laurence L.: 29 n. 18, 43. Hurlet, Frédéric: 86 n. 58, 173 n. 166. Imhoof-Blumer, Friedrich: 112 n. 90. Jones, Christopher P.: 14, 20, 61, 63, 65, 67, 69–71, 114, 127, 145, 158, 219 n. 215. Judeich, Walter: 160, 162. Kantor, Georgy: 12, 21 n. 9. Keil, Josef: 11, 14, 15, 21, 61, 68, 69, 71, 77, 96, 108, 165, 166, 168, 171, 174, 222. Kienast, Dietmar: 29 n. 18, 204 n. 198. Kirbihler, François: 99 n. 74. Knibbe, Dieter: 222. Krüger, Paul: 26. Kubitschek, Wihelm: 112 n. 90. Kuhn, Christina T.: 163, 164. Kunkel, Wolfgang: 32. La Rocca, Adolfo: 190. Laffi, Umberto: 186 n. 180. Letta, Cesare: 12, 14, 19, 21. Leschhorn, Wolfgang: 112 n. 90, 114 n. 95. Leunissen, Paul M.M.: 38. Liebs, Detlef: 38, 57, 59. Lifshitz, Baruch: 65. Magioncalda, Andreina: 59, 60. Mantovani, Dario: 28 n. 17. Marcone, Arnaldo: 29 n. 18, 43 n. 27, 205 n. 199. Maresch, Gustav: 11, 14, 15, 21, 61, 68, 69, 71. Marotta, Valerio: 12, 14, 15, 18, 19, 21 n. 9, 28 n. 17, 52, 183, 201, 202, 207, 210. Mastrocinque, Attilio: 185 n. 178. Mayer i Olivé, Marc: 30. Mazza, Mario: 42. Mazzarino, Santo: 123 n. 103, 135 n. 119, 162. Merkelbach, Reinhold: 11, 154, 181.

Millar, Fergus: 12, 25, 29 n. 18, 36 n. 23, 38, 41 n. 25, 136 n. 122, 185 n. 178. Milner, Nicholas P.: 133. Miltner, Franz: 11. Miranda De Martino, Elena: 204 n. 198. Mitchell, Stephen: 220 n. 216, 224 n. 221, 228, 234. Moretti, Luigi: 27 n. 16, 136 n. 121. Nasti, Fara: 37 n. 23, 38, 41 n. 25. Oliver, James H.: 61, 63, 65, 67–69, 200. Orlandi, Silvia: 233. Petzl, Georg: 150. Pflaum, Hans-Georg: 29, 32, 44, 58, 81, 218, 234. Pont, Anne-Valérie: 183 n. 176, 213 n. 206, 218 n. 214, 221 n. 217. Premerstein, Anton von: 199 n. 190. Price, Simon R.F.: 92. Puech, Bernadette: 100, 102, 109, 145, 158. Pugliese Carratelli, Giovanni: 218. Raggi, Andrea: 182 n. 175. Ramsay, William M.: 112 n. 90, 114, 160, 162. Rey-Coquais, Jean-Paul: 51. Reynolds, Joyce: 200, 210. Ritti, Tullia: 83, 93 n. 65, 105 n. 84, 108, 117 n. 99, 148, 163, 187–189, 220 n. 216, 235. Robert, Louis: 12, 14, 15, 18, 61, 63, 65, 66, 68–71, 77, 80, 90, 102, 109, 111–113, 162, 163, 218, 230–232. Roberto, Umberto: 204 n. 198, 205 n. 199, 207 n. 202. Roueché, Charlotte: 131 n. 114, 162–164, 215, 218, 228, 229. Sablayrolles, Robert: 57, 59, 60. Sayar, Mustafa H.: 114, 185 n. 178. Scheid, John: 71. Schönbauer, Ernst: 12, 14, 21 n. 9, 25, 201, 202, 204, 210. Schulten, Adolf: 136 n. 121. Seston, William: 11, 12, 14, 19, 21 n. 9, 22, 204, 210. Şimşek, Celal: 98 n. 73, 109, 112. Stein, Arthur: 29, 145, 218, 233, 234. Syme, Ronald: 29, 41. Taeuber, Hans: 105 n. 84, 151 n. 142. Thomasson, Bengt E.: 197 n. 186, 200, 210. Traina, Giusto: 95.

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Viarengo, Gloria: 29 n. 18, 55, 57, 59, 60. Vitale, Marco: 93 n. 65, 131 n. 114, 183 n. 177, 185 n. 178. Volterra, Edoardo: 18.

Wachtel, Klaus: 200. Wickert, Lothar: 13 n. 4. Zuckerman, Constantin: 16 n. 5, 212 n. 204.

6. Nomi di città (koina di Asia, Bithynia, Lycia, Pamphylia; città della Pisidia) 6.a. Koinon d’Asia Le città del koinon d’Asia sono qui presentate secondo l’ordinamento gerarchico tripartito stabilito dal rescritto di Antonino Pio al koinon stesso (c. a. 150–151?), trasmesso e commentato da Modestino (II excus. = D. 27.1.6.2 e 7–8). Le tre categorie di città “grandissime” (megistai poleis), “maggiori” (meizous poleis) e “minori” (elattous poleis) sono interpretate dal giurista severiano – probabilmente sulla base dei criteri ispiratori dello stesso Pio – rispettivamente come le metropoleis, i capoluoghi di distretti giudiziari e le altre città. L’attribuzione delle città a ciascuna categoria rispecchia l’evoluzione ormai raggiunta all’epoca dello stesso Modestino, ovvero sotto Gordiano III. Per ogni città si registrano gli eventi storico-politici e le promozioni onorifiche più significative, dall’epoca di fondazione della provincia Asia sino al IV sec., e si registra tra parentesi l’imperatore di riferimento. L’asterisco segnala una gratifica effimera, revocata dal medesimo imperatore che la concesse o da un suo successore. Per la fase repubblicana dell’amministrazione provinciale e in particolare per il sistema dei distretti giudiziari si rimanda ai contributi di Domitilla Campanile (2003, 2004, 2007: vd. la Bibliografia).

6.a.1. Città “grandissime” (metropoleis) Cizico (Misia): 105, 113, 114, 117, 122, 152, 187–191. città ascritta al conventus di Adramittio? (II–I sec. a.C.). capoluogo di conventus (c. a. 51–50 a.C.). una delle nove città sede di assemblea del koinon d’Asia: 27, 101. colpita da un grave terremoto (121 d.C.): 98. neokoros I (Adriano): 98, 102, 105, 109, 118, 129, 158. una delle cinque città neokoroi dotate di un sommo sacerdote federale addetto al proprio tempio: 98, 109, 189. forse membro del Panhellenion (Adriano): 104. colpita da un grave terremoto (Antonino Pio, c. a. 142–147/148? o 160–161?): 105. assediata da Settimio Severo nella guerra contro Pescennio Nigro: 113, 114. metropolis d’Asia (al più tardi Settimio Severo): 27, 85, 99 n. 74, 105, 115, 118, 119, 122, 130, 206. neokoros II (Caracalla*): 105, 115, 117, 118, 122, 126 n. 106, 130. neokoros II (Severo Alessandro*): 126, 130. neokoros II (Valeriano e Gallieno): 126 n. 106, 128, 130. capitale dell’Hellespontus (Diocleziano): 130, 135, 206, 207, 211.

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Efeso (Ionia): capitale d’Asia (M’. Aquillius): 18. capoluogo di conventus (M’. Aquillius): 18. una delle nove città sede di assemblea del koinon d’Asia: 27, 101. sede della cassa del koinon d’Asia: 143, 188. una delle undici città che richiedono di accogliere il secondo tempio federale del culto imperiale del koinon d’Asia (23–26 d.C.): 93, 94. colpita da un grave terremoto (47 d.C.). neokoros I (Nerone*): 96, 104, 118, 129. una delle cinque città neokoroi dotate di un sommo sacerdote federale addetto al proprio tempio: 98, 109, 189. neokoros I (Flavi): 96, 97, 104, 118, 129. neokoros II (Adriano): 99, 100, 102, 104, 109, 118, 129. metropolis d’Asia (Adriano): 101, 102, 104, 118, 129, 206. forse membro del Panhellenion (Adriano): 104. Efesini “primi dell’Asia” (Antonino Pio, a. 138): 143, 156. Antonino Pio riconosce la legittimità dei titoli civici di Efeso, riconosciuti da Pergamo ma messi in discussione da Smirne (c. a. 140–144): 144, 158. Efesini e Pergameni “primi dell’Asia” (Antonino Pio): 145, 156. Antonino Pio elogia gli sforzi di Vedius Antoninus Sabinianus, magnate e benefattore di Efeso (c. a. 145–150): 150, 159. colpita da un grave terremoto (Antonino Pio, c. a. 157–161): 105. Efesini “primi dell’Asia” (Marco Aurelio e Lucio Vero): 152, 156. Efeso prote kai megiste metropolis dell’Asia (Marco Aurelio e Lucio Vero, c. a. 162–164): 151, 156. riceve M. Ulpius Appuleius Eurykles come curator della gerousia (Marco Aurelio e Lucio Vero, c. a. 163–164): 147 n. 137. Efeso, Pergamo e Smirne si battono per il primato in Asia (Marco Aurelio e Lucio Vero, c. a. 167): 153, 154, 156, 159. riceve Ti. Claudius Candidus come curator civitatis (Commodo): 114. forse sostiene Pescennio Nigro contro Settimio Severo: 113, 114. Settimio Severo non riconosce la pretesa efesina di essere neokoros di Artemide: 82, 83, 90, 115. neokoros III* (degli Augusti) (Geta* e Caracalla): 79, 80, 83, 90. neokoros III* (degli Augusti) e anche di Artemide* (Geta* e Caracalla): 79–81, 83, 90. neokoros II (degli Augusti) e anche di Artemide* (Caracalla): 79, 90. neokoros II (degli Augusti) (Caracalla): 82, 90. neokoros III (II degli Augusti + Artemide*) (Caracalla): 66–80, 84, 90, 117–121, 130, 138. neokoros III (II degli Augusti + Artemide) (Macrino): 78, 86, 90, 130. Efesini “soli primi dell’Asia” (Macrino): 156. neokoros IV (III* degli Augusti + Artemide) (Elagabalo): 86, 87, 90, 91, 125, 126, 130, 138. Efesini “primi dell’Asia” (Elagabalo): 156. Efesini “soli primi dell’Asia” (Severo Alessandro, c. a. 222): 156. neokoros III (II degli Augusti + Artemide) (Severo Alessandro): 87, 91, 126, 130, 138. neokoros IV (III degli Augusti + Artemide) (Valeriano e Gallieno): 87, 91, 128, 130, 138. Efesini “primi dell’Asia” e “soli primi dell’Asia” (Valeriano e Gallieno): 156. mater Asiae (Valeriano e Gallieno?): 134, 139, 207, 208, 211.

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saccheggiata dai Goti (c. a. 252–253 e/o 262 d.C): 129. capitale d’Asia (Diocleziano): 135, 206. una delle quattro metropoleis dell’Asia dioclezianea (Valente): 135, 206. Hierapolis (Frigia): 83, 93 n. 65, 97, 105, 108, 116 n. 98, 164, 177, 187–191, 193, 204 n. 198, 220 n. 216, 236. città ascritta al conventus di Kibyra (I sec. a.C. – II sec. d.C.). colpita da un grave terremoto (60 d.C.). capoluogo di conventus (Antonino Pio): 130, 147, 148, 159, 130, 178. riceve il leg. procos. Asiae et quaest. Asiae M. Ulpius Domitius Aristaios Arabianos come curator civitatis (Settimio Severo, c. a. 206–208). neokoros I (Caracalla, forse cancellata da Macrino e restituita da Elagabalo): 99, 117, 118, 125, 130. metropolis d’Asia (Caracalla?): 117, 118, 130, 206. passa dall’Asia alla Phrygia-Caria (Filippo/Decio), poi Phrygia (Diocleziano), poi Phrygia I Pacatiana (Costantino): 164, 206. Laodicea al Lykos (Caria/Frigia): 16, 104, 111–114, 116, 117, 121, 160–165, 177, 189, 215, 220, 235. città ascritta al conventus di Kibyra (I sec. a.C. – II sec. d.C.). capoluogo di conventus in sostituzione di Kibyra (I sec. a.C.): 163, 164. una delle nove città sede di assemblea del koinon d’Asia: 27, 101. colpita da un grave terremoto (26 a.C.). una delle undici città che richiedono di accogliere il secondo tempio federale del culto imperiale del koinon d’Asia (23–26 d.C.): 93, 94. colpita da un grave terremoto (60 d.C.). neokoros I (Adriano): 98–100, 102, 105, 109, 111, 118, 129, 130, 137, 163. nuova èra laodicena (Adriano): 98, 112. capoluogo di un proprio conventus (Antonino Pio?): 130, 148, 164, 178. forse neokoros II (Commodo*): 105, 111, 114, 118, 130, 137. forse favorita dal cubiculario frigio M. Aurelius Kleandros (Commodo): 113, 137. forse sostiene Pescennio Nigro contro Settimio Severo: 113, 114, 138. forse punita da Settimio Severo con la cancellazione della neokoria: 113, 114, 118, 138. neokoros I (Caracalla): 112, 117, 118, 121, 130, 138, 158. “felicia tempora” per i Laodiceni neokoroi (Caracalla): 114, 137. metropolis d’Asia (Caracalla?): 105, 117, 118, 130, 206. capitale di Phrygia-Caria (Filippo/Decio): 131, 162, 206. capitale di Phrygia (Diocleziano): 16, 135, 206, 229. sede del vicarius Asiae (Diocleziano/Licinio): 16, 164. capitale di Phrygia I Pacatiana (Costantino): 16, 135, 164, 206. Pergamo (Misia): capitale del regno attalide (fino al 133 a.C.): 26. capoluogo di conventus (M’. Aquillius): 18. una delle nove città sede di assemblea del koinon d’Asia: 27, 101. neokoros I (Ottaviano): 93, 104, 118, 129. detiene il primato tra le città del koinon d’Asia (29 a.C. – 138 d.C.): 143, 158, 186, 193.

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una delle undici città che richiedono di accogliere il secondo tempio federale del culto imperiale del koinon d’Asia (23–26 d.C.): 93, 94. una delle cinque città neokoroi dotate di un sommo sacerdote federale addetto al proprio tempio: 98, 109, 189. neokoros II (Traiano): 97, 104, 108, 118, 129. metropolis d’Asia (Adriano): 101, 102, 104, 118, 129, 206. forse membro del Panhellenion (Adriano): 104. Pergamo si batte per il primato in Asia (Antonino Pio, c. a. 138–140?): 144, 145, 156, 158. Antonino Pio riconosce la legittimità dei titoli civici di Efeso, riconosciuti da Pergamo ma messi in discussione da Smirne (c. a. 140–144): 144, 158. Pergameni ed Efesini “primi dell’Asia” (Antonino Pio): 145, 156. Pergamo, Efeso e Smirne si battono per il primato in Asia (Marco Aurelio e Lucio Vero, c. a. 167): 153, 154, 156, 159. neokoros III (Caracalla*): 117–119, 121, 138. Pergamo “prote polis dell’Asia” (Caracalla, c. a. 215–216): 119, 121. punita da Macrino con la cancellazione degli onori civici: 123, 124. riceve L. Cassius Dio come curator civitatis (Macrino): 124. neokoros III (Elagabalo): 125, 126, 130. resta nella provincia Asia (Diocleziano): 206. una delle quattro metropoleis dell’Asia dioclezianea (Valente): 135, 206. Philadelphia (Lidia): città ascritta al conventus di Sardi (II sec. a.C. – II sec. d.C.). una delle nove città sede di assemblea del koinon d’Asia: 27, 101. colpita da un grave terremoto (17 d.C.): 94, 95. membro del Panhellenion (Adriano): 104. capoluogo di conventus (Antonino Pio): 129, 147, 159, 178. neokoros I (Caracalla, forse cancellata da Macrino e restituita da Elagabalo): 117, 118, 125, 130. metropolis d’Asia (Elagabalo*): 118, 125, 130. passa dall’Asia alla Lydia (Diocleziano). Sardi (Lidia): capoluogo di conventus (M’. Aquillius): 18. una delle nove città sede di assemblea del koinon d’Asia: 27, 101. colpita da un grave terremoto (17 d.C.): 94, 95. una delle undici città che richiedono di accogliere il secondo tempio federale del culto imperiale del koinon d’Asia (23–26 d.C.): 93, 94. neokoros I (Claudio?): 95, 96, 105, 109, 118, 129. una delle cinque città neokoroi dotate di un sommo sacerdote federale addetto al proprio tempio: 98, 109, 189. neokoros II (Traiano o Adriano): 97, 102, 105, 108, 109, 118, 129. membro del Panhellenion (Adriano): 104. metropolis d’Asia (al più tardi Settimio Severo): 99 n. 74, 105, 115, 118, 130, 206. metropolis di Lidia (III sec.): 101, 206. neokoros III (Elagabalo*): 117, 118, 125, 130. neokoros III (Valeriano e Gallieno): 128, 130. capitale di Lydia (Diocleziano): 135, 206, 207, 211.

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Smirne (Ionia): consacra un tempio al culto della dea Roma (195 a.C.): 94, 120, 149, 150. capoluogo di conventus (M’. Aquillius): 18. una delle nove città sede di assemblea del koinon d’Asia: 27, 101. una delle undici città che richiedono di accogliere il secondo tempio federale del culto imperiale del koinon d’Asia (23–26 d.C.): 93, 94. neokoros I (Tiberio): 93, 94, 105, 118, 129. una delle cinque città neokoroi dotate di un sommo sacerdote federale addetto al proprio tempio: 98, 109, 189. colpita da un grave terremoto (47 d.C.). neokoros II (Adriano): 98, 99, 102, 105, 109, 118, 129. forse membro del Panhellenion (Adriano): 104. Antonino Pio riconosce la legittimità dei titoli civici di Efeso, riconosciuti da Pergamo ma messi in discussione da Smirne (c. a. 140–144): 144, 158. Smirne si batte per il primato in Asia (Antonino Pio, c. a. 143–145?): 148–150, 156, 158. Smirne, Efeso e Pergamo si battono per il primato in Asia (Marco Aurelio e Lucio Vero, c. a. 167): 153, 154, 156, 159. colpita da un grave terremoto (178 d.C.). neokoros III (Caracalla*): 117–122, 130, 138. Smirnei “primi dell’Asia” (Caracalla, c. a. 214–215): 120, 121. metropolis d’Asia (Caracalla): 27, 85, 99 n. 74, 105, 118–120, 122, 130, 138, 206. riceve L. Cassius Dio come curator civitatis (Macrino): 124. neokoros III (Elagabalo): 125, 126, 130. Smirnei “primi dell’Asia” (Elagabalo): 125, 157. Smirnei “primi dell’Asia” (da Severo Alessandro a Filippo l’Arabo): 126, 138, 157. resta nella provincia Asia (Diocleziano): 206. una delle quattro metropoleis dell’Asia dioclezianea (Valente): 135, 206. Synnada (Frigia): capoluogo di conventus (M’. Aquillius): 18. membro del Panhellenion (Adriano): 104. neokoros I (c. a. 250–293): 130, 131. neokoros II (c. a. 250–293): 130, 131. metropolis d’Asia (c. a. 250–293): 130, 131, 206. passa dall’Asia alla Phrygia-Caria (Filippo/Decio), poi Phrygia (Diocleziano): 131, 132, 206. capitale di Phrygia II Salutaris (Costantino): 135, 206. Tralle (Caria): capoluogo di conventus (M’. Aquillius, fino al 26 a.C.): 18. una delle nove città sede di assemblea del koinon d’Asia: 27, 101. colpita da un grave terremoto (26 a.C.). una delle undici città che richiedono di accogliere il secondo tempio federale del culto imperiale del koinon d’Asia (23–26 d.C.): 93, 94. membro del Panhellenion (Adriano): 104. forse capoluogo di conventus (epoca adrianea). neokoros I (Caracalla, forse cancellata da Macrino e restituita da Elagabalo): 118, 125, 130. metropolis d’Asia (Caracalla*): 118, 130, 206.

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resta nella provincia Asia (Filippo/Decio). resta nella provincia Asia (Diocleziano). una delle quattro metropoleis dell’Asia dioclezianea (Valente): 135, 206.

6.a.2. Città “maggiori” (capoluoghi di conventus) Aizani (Frigia): città ascritta al conventus di Sardi o Synnada (II sec. a.C. – II sec. d.C.). membro del Panhellenion (Adriano): 104. capoluogo di conventus (Antonino Pio): 129, 147, 159, 178. neokoros di Zeus (Commodo): 107, 108, 110, 117. forse favorita dal cubiculario frigio M. Aurelius Kleandros (Commodo): 107, 108. passa dall’Asia alla Phrygia-Caria (Filippo/Decio), poi Phrygia (Diocleziano), poi Phrygia I Pacatiana (Costantino). Alicarnasso (Caria): città ascritta al conventus di Alabanda? (II–I sec. a.C.). capoluogo di conventus (Augusto): 129. una delle undici città che richiedono di accogliere il secondo tempio federale del culto imperiale del koinon d’Asia (23–26 d.C.): 93, 94. passa dall’Asia alla Phrygia-Caria (Filippo/Decio), poi Caria (Diocleziano). Apamea Kibotos (Kelainai, Frigia): 215. capoluogo di conventus (M’. Aquillius): 18, 140. colpita da un grave terremoto (53 d.C.). membro del Panhellenion (Adriano): 104. passa dall’Asia alla Phrygia-Caria (Filippo/Decio), poi Phrygia (Diocleziano), poi Pisidia (Galerio). Kibyra (Frigia/Caria): annessa alla provincia Asia (L. Licinius Murena). capoluogo di conventus (L. Licinius Murena): 18. sostituita da Laodicea come capoluogo del proprio conventus (I sec. a.C.): 163, 164. colpita da un grave terremoto (23 d.C.). membro del Panhellenion (Adriano): 104. passa dall’Asia alla Phrygia-Caria (Filippo/Decio), poi Caria (Diocleziano). Mileto (Ionia): metropolis di Ionia (epoca classica): 101, 206. capoluogo di conventus (M’. Aquillius): 18. una delle nove città sede di assemblea del koinon d’Asia: 27, 101. una delle undici città che richiedono di accogliere il secondo tempio federale del culto imperiale del koinon d’Asia (23–26 d.C.): 93, 94. neokoros I (Caligola*): 95, 106, 129. colpita da un grave terremoto (47 d.C.).

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membro del Panhellenion (Adriano): 104. neokoros I (Marco Aurelio?): 106, 109, 118, 129. neokoros II (Elagabalo*): 106, 109, 118, 125, 130. resta nella provincia Asia (Filippo/Decio): 213. passa dall’Asia alla Phrygia-Caria (Diocleziano): 213. passa dalla Phrygia-Caria alla Caria (Diocleziano): 213. Thyateira (Lidia): città ascritta al conventus di Pergamo (II sec. a.C. – III sec. d.C.). colpita da un grave terremoto (26 a.C.). membro del Panhellenion (Adriano): 104. capoluogo di conventus (Caracalla): 117, 130. passa dall’Asia alla Lydia (Diocleziano).

6.a.3. Città “minori” (le altre) Antandro (Troade): città ascritta al conventus di Adramittio, poi Cizico. neokoros I (Caracalla): 116–118, 130. passa dall’Asia all’Hellespontus (Diocleziano). Aphrodisias (Caria): città ascritta al conventus di Alabanda. civitas libera (esclusa dalla formula provinciae) (SC de Aphrodisiensibus su proposta dei triumviri Ottaviano e Antonio, c. a. 39–38 a.C.: IAph2007 8.27). metropolis di Caria (II sec.): 101, 206. riceve M. Ulpius Appuleius Eurykles come curator civitatis (Commodo, c. a. 180–181): 147 n. 137, 201 n. 195. richiede l’invio del proconsole d’Asia Ulpius Marc[ellus] come corrector (Commodo, 189): 200, 201, 210, 216, 225, 237. passa dall’Asia alla Phrygia-Caria (Filippo/Decio): 206. capitale di Caria (Diocleziano): 135, 206, 229. Didyma (Ionia): 95, 106, 123, 207, 213, 215, 217, 218, 225, 232. santuario di Apollo nel territorio di Mileto. resta nella provincia Asia (Filippo/Decio): 213. passa dall’Asia alla Phrygia-Caria (Diocleziano): 213. passa dalla Phrygia-Caria alla Caria (Diocleziano): 213. Hypaipa (Lidia): città ascritta al conventus di Efeso. una delle undici città che richiedono di accogliere il secondo tempio federale del culto imperiale del koinon d’Asia (23–26 d.C.): 93, 94. resta nella provincia Asia (Diocleziano).

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Iasos (Caria): città ascritta al conventus di Mylasa (fino al 40 a.C.), poi Alabanda. passa dall’Asia alla Phrygia-Caria (Filippo/Decio): 217, 220. passa dalla Phrygia-Caria alla Caria (Diocleziano). Ilio (Troade): città ascritta al conventus di Adramittio, poi Cizico. una delle undici città che richiedono di accogliere il secondo tempio federale del culto imperiale del koinon d’Asia (23–26 d.C.): 93, 94. passa dall’Asia all’Hellespontus (Diocleziano): 212. passa dall’Hellespontus all’Asia (prima metà del V sec.): 221 n. 204. passa dall’Asia all’Hellespontus (seconda metà del V sec.). Magnesia al Meandro (Ionia): città ascritta al conventus di Mileto. una delle undici città che richiedono di accogliere il secondo tempio federale del culto imperiale del koinon d’Asia (23–26 d.C.): 93, 94. membro del Panhellenion (Adriano): 104. neokoros di Artemide Leukophryene (Severo Alessandro): 108. resta nella provincia Asia (Diocleziano). Magnesia al Sipilo (Lidia): città ascritta al conventus di Smirne. colpita da un grave terremoto (17 d.C.): 94, 95. resta nella provincia Asia (Diocleziano). Nysa al Meandro (Caria): città ascritta al conventus di Tralle (fino al 26 a.C.), poi Efeso, forse poi Tralle (epoca adrianea). passa dall’Asia alla Phrygia-Caria (Filippo/Decio): 220 n. 215. passa dalla Phrygia-Caria all’Asia (Diocleziano). Rodi (Sporadi meridionali): civitas libera (Silla). colpita da un grave terremoto (c. a. 128 d.C.?). membro del Panhellenion (Adriano): 104. colpita da un grave terremoto (Antonino Pio, c. a. 142–147/148?). capitale delle Insulae (Diocleziano): 135. Samo (Sporadi meridionali): civitas libera (Silla, Augusto). colpita da un grave terremoto (47 d.C.). membro del Panhellenion (Adriano): 104. passa dall’Asia alle Insulae (Diocleziano). Sebastopolis (Caria): città ascritta al conventus di Alabanda o Kibyra.

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passa dall’Asia alla Phrygia-Caria (Filippo/Decio): 217, 232. passa dalla Phrygia-Caria alla Caria (Diocleziano). Stratonicea (Caria): città ascritta al conventus di Alabanda. civitas libera (Silla). metropolis di Caria (II sec.): 101. passa dall’Asia alla Phrygia-Caria (Filippo/Decio), poi Caria (Diocleziano). Tripolis al Meandro (Lidia): città ascritta al conventus di Sardi (II–I sec. a.C.), poi Apamea (I sec. d.C.), poi Philadelphia o Laodicea o Hierapolis (epoca antonina). passa dall’Asia alla Phrygia-Caria (Filippo/Decio), poi alla Lydia (Diocleziano) oppure dall’Asia alla Lydia (Diocleziano).

6.b. Koinon di Bithynia Kios (Bitinia): sostiene Settimio Severo contro Pescennio Nigro: 113. Nicea (Bitinia): forse capitale di Bithynia-Pontus (Pompeo): 93, 102. colpita da un grave terremoto (121 d.C.). neokoros I (Adriano*): 102, 103, 109, 110. metropolis di Bithynia (Adriano*): 102, 103, 109, 110. forse penalizzata dal cubiculario Saoteros di Nicomedia (Commodo): 107, 109, 110. riceve M. Aurelius Mindius Mattidianus Pollio come curator civitatis (Commodo): 103 n. 82. sostiene Pescennio Nigro contro Settimio Severo: 113. metropolis di Bithynia (Valentiniano I e Valente): 136. Nicomedia (Bitinia): neokoros I (Ottaviano): 93. sede di assemblea del koinon di Bithynia: 93. colpita da un grave terremoto (121 d.C.). colpita da un grave terremoto (128 d.C.). favorita dal cubiculario Saoteros di Nicomedia (Commodo): 16, 107. neokoros II (Commodo*): 106, 107, 110. riceve M. Aurelius Mindius Mattidianus Pollio come curator civitatis (Commodo): 103 n. 82. forse penalizzata dal cubiculario M. Aurelius Kleandros (Commodo): 107. riceve Ti. Claudius Candidus come curator civitatis (Commodo): 114. sostiene Settimio Severo contro Pescennio Nigro: 113. neokoros II (Settimio Severo): 113. capitale di Bithynia (Diocleziano). prima metropolis di Bithynia (Valentiniano I): 136.

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Prusa (Bitinia): riceve M. Aurelius Mindius Mattidianus Pollio come curator civitatis (Commodo): 103 n. 82.

6.c. Koinon di Lycia Arykanda (Licia): riceve un rescritto di Massimino Daia sulla questione dei cristiani: 162. resta nella provincia Lycia-Pamphylia (Diocleziano). passa dalla Lycia-Pamphylia alla Lycia (circa metà del IV sec.). Myra (Licia): capitale della “sub-provincia” Lycia all’interno della provincia Lycia-Pamphylia (Diocleziano): 135. capitale della provincia Lycia (circa metà IV sec.). Oinoanda (Licia): neokoros I (c. a. 256–300): 133, 135. resta nella provincia Lycia-Pamphylia (Diocleziano). passa dalla Lycia-Pamphylia alla Lycia (circa metà del IV sec.).

6.d. Koinon di Pamphylia e città della Pisidia Kolbasa (Panfilia): riceve un rescritto di Massimino Daia sulla questione dei cristiani: 162. resta nella provincia Lycia-Pamphylia (Diocleziano). passa dalla Lycia-Pamphylia alla Pamphylia (circa metà del IV sec.). Perge (Panfilia): capitale della “sub-provincia” Pamphylia all’interno di varie province (in sequenza: Asia, Cilicia, Asia, Galatia, II sec. a.C. – I sec. d.C.), infine della Lycia-Pamphylia (Vespasiano): 133. prote polis del distretto giudiziario: 134. sede di assemblea del koinon di Pamphylia: 133. “fastigio” del koinon di Pamphylia (un imperatore damnatus?): 133. praecipua (un imperatore damnatus?): 133. asylos (santuario di Diana Pergense): 133. custode del vexillum imperiale: 133. insignita del privilegio di coniare moneta argentea: 133. sede della cassa imperiale: 134. neokoros I (Vespasiano): 133. amica et socia dei Romani (Caracalla): 133. neokoros II (c. a. 260–270): 133 n. 118. neokoros III (c. a. 260–270): 133 n. 118. neokoros IV (Aureliano): 132, 133. metropolis di Pamphylia (Tacito): 134.

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mater Pamphylia (Tacito): 134, 139, 207, 208. neokoros V (c. a. 276–324): 137. neokoros VI (c. a. 276–324): 137. capitale della “sub-provincia” Pamphylia all’interno della provincia Lycia-Pamphylia (Diocleziano): 135. capitale della provincia Pamphylia (circa metà del IV sec.). Side (Panfilia): neokoros I (Valeriano e Gallieno): 136. neokoros II (c. a. 260–270): 136. neokoros III (Aureliano): 136. metropolis di Pamphylia (Probo): 136. neokoros IV (c. a. 282–324): 137. neokoros V (c. a. 282–324): 137. neokoros VI (c. a. 282–324): 137. resta nella provincia Lycia-Pamphylia (Diocleziano). passa dalla Lycia-Pamphylia alla Pamphylia (circa metà del IV sec.). Syedra (Panfilia): sostiene Pescennio Nigro contro Settimio Severo: 114. resta nella provincia Lycia-Pamphylia (Diocleziano). passa dalla Lycia-Pamphylia alla Pamphylia (circa metà del IV sec.). Sagalassos (Pisidia): prote polis di Pisidia (Adriano): 132. neokoros I (c. a. 270–293): 132, 135. neokoros II (c. a. 270–293): 132, 135. passa dalla Galatia alla Lycia-Pamphylia (Vespasiano) o all’Asia (?). passa dalla Lycia-Pamphylia alla Pisidia (Galerio).

7. Indice delle figure nrr. 1–9 p. 13: p. 13:

p. 51: p. 58: p. 62:

Fig. 1. Iscrizione tardoantica del Ninfeo di Traiano, Efeso (IvEphesos 217). Fonte: gentile concessione di Denis Feissel, negativo 1994; foto inedita. Fig. 2. Iscrizione tardoantica del Ninfeo di Traiano, Efeso (IvEphesos 217). Fonte: gentile concessione di Andrea Raggi, negativo 2003; foto già pubblicata in Marotta, Ulpiano e l’impero, II, 2004, copertina interna. Fig. 3. Iscrizione tardoantica in onore di Ulpiano, Tiro (IGLTyr 28). Fonte: fotografia del calco, da IGLTyr 28, p. 37. Fig. 4. Iscrizione per un funzionario equestre, Roma (CIL VI, 41294). Fonte: Geraci, La collezione 1975, nr. 73, fig. 72, quindi CIL VI, 41294, p. 5040. Fig. 5. Iscrizione con tre lettere imperiali, Efeso (IvEphesos 212.A–C). Fonte: foto di Hans Taeuber, da C.P. Jones, Epigraphica XIII, in ZPE 203, 2017, 92–99, partic. p. 93.

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p. 160: Fig. 6. Iscrizione tardoantica di Laodicea (MAMA VI, 6 = IvLaodikeia 10). Fonte: apografo di J.G.C. Anderson, da IvLaodikeia I, 10, p. 42. p. 161: Fig. 7. Iscrizione tardoantica di Laodicea (MAMA VI, 6 = IvLaodikeia 10). Fonte: calco, da MAMA VI, Plate 3, nr. 6. p. 230: Fig. 8. Frammento di Sebastopolis (Caria). Fonte: Robert, Études anatoliennes 1937/1970, 351, nr. 5, Planche XXVIII, nr. 2. p. 250: Fig. 9. Mappa dei distretti giudiziari della provincia Asia (epoca flavia, secondo IvEphesos 13). Fonte: elaborazione grafica di Alberto Dalla Rosa, da A. Dalla Rosa, Praktische Lösungen für praktische Probleme: Die Gruppierung von conventus in der Provinz Asia und die Bewegungen des Prokonsuls C. Iulius Severus (procos. 152/53), in ZPE 183, 2012, 259–286, partic. p. 274.

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Sebastian Lohsse / Salvatore Marino / Pierangelo Buongiorno (Hg.)

Texte wiederherstellen, Kontexte rekonstruieren Internationale Tagung über Methoden zur Erstellung einer Palingenesie, Münster, 23.–24. April 2015

acta senatus | b – band 2 die herausgeber Sebastian Lohsse ist Professor für Römisches Recht und Vergleichende Rechtsgeschichte, Bürgerliches Recht und Europäisches Privatrecht an der Universität Münster. Salvatore Marino ist wissenschaftlicher Mitarbeiter an der Universität Münster und Mitglied in der Nachwuchsgruppe „Palingenesie der römischen Senatsbeschlüsse“. Pierangelo Buongiorno ist Professor für Römisches Recht an der Universität Salento (Lecce) und Nachwuchsgruppenleiter des Projektes „Palingenesie der römischen Senatsbeschlüsse“ an der Universität Münster

Zu den unabdingbaren Voraussetzungen historischer Forschung zählt die Kenntnis der Quellen – ihre Erschließung gehört daher zu den vornehmsten Aufgaben des Historikers. In den meisten Fällen sieht sich der Rechtshistoriker jedoch mit einer Fülle weit verstreuten Materials konfrontiert. Dass die Zusammenstellung dieser Zeugnisse und sodann auch Versuche zur Rekonstruktion der Rechtsquellen seit längerem zu den Kernanliegen rechtshistorischer Forschung gehören, nimmt deshalb kaum wunder. Die Abteilung B der Reihe Acta Senatus macht die in Abteilung A veröffentlichten Materialien zugänglich: Dieser Band widmet sich den dabei auftretenden grundsätzlichen methodischen Herausforderungen. Die Beiträge führen in Plan und Methode des Gesamtvorhabens ein und befassen sich mit den einzelnen methodischen Herausforderungen, die mit der Erarbeitung einer Palingenesie in der frühen Republik einerseits und im 2. und 3. Jahrhundert andererseits verbunden sind. Des Weiteren erörtern sie die Herangehensweisen, die für die Erarbeitung vergleichbarer Zusammenstellungen anderer Rechtsquellen in jüngerer Zeit gewählt worden sind. mit beiträgen von Sebastian Lohsse, Pierangelo Buongiorno, Thibaud Lanfranchi, Aliénor Lardy, Jean-Louis Ferrary, Étienne Famerie, Francesca Lamberti, Luigi Capogrossi Colognesi, Simon Corcoran, JeanPierre Coriat, Dario Mantovani

2017 192 Seiten mit 4 Dokumenten und 7 s/w-Abbildungen 978-3-515-11725-8 leinen 978-3-515-11727-2 e-book

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Andrea Balbo / Pierangelo Buongiorno / Ermanno Malaspina (ed.)

Rappresentazione e uso dei senatus consulta nelle fonti letterarie della repubblica e del primo principato

acta SenatuS | b – vol. 3 gli editori Andrea Balbo è professore aggregato di Lingua e Letteratura Latina all’Università di Torino; insegna anche all’Università della Svizzera Italiana a Lugano. Pierangelo Buongiorno è professore associato di Diritto romano all’Università del Salento; dirige all’Universität Münster il progetto “Palingenesie der römischen Senatsbeschlüsse”. Ermanno Malaspina è professore associato di Lingua e Letteratura Latina all’Università di Torino; è presidente del Consiglio scientifico della SIAC (Société Internationale des Amis de Cicéron).

Si pubblicano, con alcuni innesti, i frutti di un seminario interdisciplinare organizzato presso l’Institut für Rechtsgeschichte dell’Università di Münster nel dicembre 2015. Lo scopo, imprescindibile per l’obiettivo finale della palingenesi dei senatus consulta, è quello non solo di avviare l’esame sistematico delle fonti letterarie greche e latine alla ricerca di testi utili all’analisi dell’attività senatoriale romana e ancora fragmenta e, soprattutto, testimonia dei senatus consulta, ma soprattutto di tracciare linee di indirizzo per l’interpretazione di tali fonti. Non a caso, già dal titolo il volume si richiama alle nozioni di ‘rappresentazione’ (Darstellung) e ‘uso’ (Gebrauch), ritenendosi opportuno insistere sui due principali aspetti delle diverse forme di impiego (in chiave argomentativa, documentaria, etc.) delle deliberazioni senatorie nei vari generi letterari. L’attenzione è centrata sugli autori di età repubblicana e del primo principato; un’epoca, quest’ultima, in cui era peraltro ancora forte l’ideologia della res publica restituta. contributori Maria Teresa Schettttino, Gesine Manuwald, Christine LehneGstreinthaler, Andrea Balbo, Luca Fezzi, Lisa Piazzi, Alfredina Storchi, Francesca Cavaggioni, Salvatatore Marino, Eleanor Cowan, Ermanno Malaspina, Cosimo Cascione

2018 530 pagine 978-3-515-11944-3 rilegato 978-3-515-11948-1 e-book

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Pierangelo Buongiorno / Sebastian Lohsse / Francesco Verrico (ed.)

Miscellanea senatoria

acta SenatuS | b – vol. 4 gli editori Pierangelo Buongiorno è professore associato di Diritto romano all’Università del Salento e dirige all’Universität Münster il progetto “Palingenesie der römischen Senatsbeschlüsse”. Sebastian Lohsse è professore ordinario di Römisches Recht und Vergleichende Rechtsgeschichte, Bürgerliches Recht und Europäisches Privatrecht alla Westfälische WilhelmsUniversität di Münster. Francesco Verrico è dottorando alla Westfälische WilhelmsUniversität di Münster nell’ambito del progetto “Palingenesie der römischen Senatsbeschlüsse”.

Le attività di ricerca e seminariali avviate nell’ambito del progetto PAROS (Palingenesie der römischen Senatsbeschlüsse [509 v.Chr. – 284 n.Chr.]) stanno portando alla pubblicazione di scritti di vario genere ed estensione, apparsi in prevalenza (ma non esclusivamente) nella collana Acta Senatus e tutti in qualche modo propedeutici al lavoro di palingenesi che verrà accolto nell’Abteilung A della collana. A integrare questo insieme di scritti giunge adesso un volume che raccoglie ricerche più brevi, condotte nel corso dell’ultimo biennio da studiosi variamente collegati al progetto PAROS e alcune delle quali presentate in occasione di conferenze svolte a Münster. Denominatore comune di questi studi sono l’attività e i meccanismi di funzionamento del senato romano, sin dai suoi esordi. Di qui il titolo del presente volume, Miscellanea senatoria, che se da un lato intende trasmettere l’idea della varietà dei profili indagati, dall’altro non trascura l’auspicio di poter conferire continuità a questa iniziativa editoriale. contributori Clément Bur & Thibaud Lanfranchi, Umberto Laffi, Elisabetta Todisco, Margherita Facella, Francesco Arcaria

2019 281 pagine con 3 b/n foto € 86,– 978-3-515-12133-0 rilegato 978-3-515-12141-5 e-book

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