Filistione di Locri: Un medico del IV secolo a. C. tra Grecia, Magna Grecia e Sicilia. 3487155796, 9783487155791, 9783487422091

Le fonti antiche hanno conservato pochissime notizie sul medico Filistione, vissuto tra la fine del V e la prima metà de

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Table of contents :
SPUDASMATA - Giuseppe Squillace: Filistione di Locri
Impressum
Introduzione
PRIMA PARTE: La parabola biografica e professionale
Capitolo Primo
Capitolo Secondo
Capitolo Terzo
Capitolo Quarto
TESTIMONIA
T 1A
T 1B
T 1C
T 2A
T 2B
T 2C
T 3A
T 3B
T 4
T 5
T 6
T 7A
T 7B
T 7C
T 8
T 9
T 10A
T 10A1
T 10A2
T 10A3
T 10A4
T 10A5
T 10A6
T 10A7
T 10A8
T 10B
T 11
T 12
T 13
T 14A
T 14B
T 14C
T 15
T 16
T 17A
T 17B
T 17C
T 18
T 19 (dubium)
T 20 (dubium)
APPENDICI
Appendice I: Un medico di Sicilia nella scuola di Platone
Appendice II: Platone e Filistione. Elementi di medicina nelle pagine del Timeo
Appendice III: Lo scritto Sul cuore
Conclusioni
Concordanze
Cartine
Abbreviazioni
Bibliografia
INDICI
Indice delle fonti letterarie ed epigrafiche
Indice dei nomi, dei luoghi e delle cose notevoli
Indice del volume
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Filistione di Locri: Un medico del IV secolo a. C. tra Grecia, Magna Grecia e Sicilia.
 3487155796, 9783487155791, 9783487422091

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SPUDASMATA BAND 170

Giuseppe Squillace

Filistione di Locri Un medico del IV secolo a. C. tra Grecia, Magna Grecia e Sicilia

OLMS

SPUDASMATA Studien zur Klassischen Philologie und ihren Grenzgebieten Begründet von Hildebrecht Hommel und Ernst Zinn Herausgeberinnen Irmgard Männlein-Robert und Anja Wolkenhauer Wissenschaftlicher Beirat Robert Kirstein (Tübingen), Jürgen Leonhardt (Tübingen), Marilena Maniaci (Rom/Cassino), Mischa Meier (Tübingen) und Karla Pollmann (Canterbury) Band 170 GIUSEPPE SQUILLACE FILISTIONE DI LOCRI

2017

GEORG OLMS VERLAG HILDESHEIM · ZÜRICH · NEW YORK

GIUSEPPE SQUILLACE

FILISTIONE DI LOCRI Un medico del IV secolo a. C. tra Grecia, Magna Grecia e Sicilia

2017

GEORG OLMS VERLAG HILDESHEIM · ZÜRICH · NEW YORK

Das Werk ist urheberrechtlich geschützt. Jede Verwertung außerhalb der engen Grenzen des Urheberrechtsgesetzes ist ohne Zustimmung des Verlages unzulässig. Das gilt insbesondere für Vervielfältigungen, Übersetzungen, Mikroverfilmungen und die Einspeicherung und Verarbeitung in elektronischen Systemen.

Die Deutsche Nationalbibliothek verzeichnet diese Publikation in der Deutschen Nationalbibliografie; detaillierte bibliografische Daten sind im Internet über http://dnb.d-nb.de abrufbar.

© Georg Olms Verlag AG, Hildesheim 2017 www.olms.de E-Book Umschlaggestaltung: Inga Günther, Hildesheim Alle Rechte vorbehalten ISBN 978-3-487-42209-1

Al bambino ritrovato

Introduzione Sul medico Filistione, vissuto tra la fine del V e la prima metà del IV secolo1, la tradizione ha restituito pochissime testimonianze. Originario di Locri Epizefiri in Magna Grecia, Filistione fu al servizio di Dionisio II e forse già di Dionisio I a Siracusa come medico di corte, e qui venne in contatto con intellettuali provenienti dalla Grecia, come Platone in primis e probabilmente Speusippo, Eudosso e Crisippo di Cnido. Delle sue opere poco o nulla rimane. Si sa che individuò nel corpo quattro elementi: fuoco, aria, acqua e terra legati rispettivamente alle proprietà di caldo, freddo, umido e secco, e che imputò l’origine delle malattie allo squilibrio tra le proprietà o a cause esterne. Si sarebbe interessato poi di dietetica e forse avrebbe approfondito gli studi sul cuore2. Lo studio di Max Wellmann rimane tuttora l’unico lavoro esteso su Filistione. Dal 1901, anno di pubblicazione de Die Fragmente der sikelischen Ärzte. Akron, Philistion, und des Diokles von Karystos, a oggi3, in circa un secolo di studi, Filistione è rimasto complessivamente ai margini di ricerche su medici e medicina antica, che negli ultimi decenni hanno conosciuto un enorme sviluppo4. Da allora, infatti, solo qualche articolo e brevi voci di enciclopedia hanno riguardato il personaggio5 che, nella maggior parte dei casi, è stato preso in considerazione non come figura a sé stante, ma piuttosto in relazione

Salvo altre indicazioni, tutte le date vanno intese a.C. Per le fonti relative a queste notizie e la relativa bibliografia vd. infra. 3 Wellmann 1901, 65-116. 4 Cito, ad esempio, il progetto di ricerca sul tema Medicine of the Mind, Philosophy of the Body condotto e diretto dal Prof. Philip van der Eijk presso la Humboldt Universität di Berlino a partire dal 2010. Per i dettagli del progetto rimando al sito relativo: https://www.klassphil.hu-berlin.de/en/avh-professur. 5 Cfr. Diller 1938, 2405-2408; Edelstein 1949, 680; Kudlien 1965, 2297; Edelstein 1970, 817; Kudlien 1972, 756; Vallance 1996, 1163; Nutton 2000, 816 ; Manetti 2008a, 649-650; Forcignanò 2016, 147-148, tutti richiamati e discussi infra, I Parte, Capitolo I. 1

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a Platone e agli interessi verso la medicina evidenziati dal filosofo nel Timeo6. Max Wellmann raccolse su Filistione 19 Fragmente. Il suo non era uno studio specifico, ma un lavoro che si soffermava su tre medici vissuti tra V e IV secolo. Si trattava di Acrone di Agrigento, Filistione appunto, Diocle di Caristo. Tutti e tre avevano avuto legami con la Sicilia: Acrone vi era nato; Filistione aveva praticato la medicina a Siracusa; Diocle aveva avuto forti legami con la medicina siciliana. Disponendo i tre medici in ordine cronologico e tenendo conto anche del numero di testimonianze che li riguardavano – esigue per Acrone, più consistenti per Filistione, numerose per Diocle –, Wellmann dedicava a ciascuno di essi uno spazio differente. Così il suo volume si articolava in una prima parte incentrata complessivamente sulla discussione delle fonti e lo studio della cosiddetta ‘scuola medica siciliana’ con una larghissima attenzione dedicata a Diocle7, e in una seconda nella quale raccoglieva i Fragmente: 3 per Acrone8; 19 per Filistione9; 193 per Diocle10. A quest’ultima si univa in appendice un frammento del Codice Vindiciano che riportava elementi della dottrina del medico di Caristo11. Il recente lavoro di Philip van der Eijk (2000-2001) su Diocle ha dimostrato quanto sia ormai inadeguata la raccolta di Wellmann, superata per il numero di Testimonia e Fragmenta, considerevolmente accresciuto, per la collocazione cronologica, per la lettura storica del personaggio12.

6 In questa direzione vanno gli articoli di Bidez-Leboucq1944, 7-40, part. 16 ss.; e di Lloyd 1968, 78-92, part. 84-87. Ma sul problema vd. infra. 7 Capitolo I: Quellen für die Lehre des Diokles. Diokles und das hippokratische Schriftencorpus, 1-64. 8 Wellmann 1901, 108-109. 9 Wellmann 1901, 109-116. 10 Wellmann 1901, 116-207. 11 Wellmann 1901, 208-234 (Vindiciani Fragmentum ex Cod. Bruxell. 1348-1359 fol. 48r). 12 van der Eijk non solo ha indicato in Diocle un medico vissuto tra la fine del IV e l’inizio del III secolo, la cui formazione solo in parte si lega alla scuola peripatetica, ma ha escluso ogni suo collegamento con Filistione e la presunta ‘scuola medica

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Come per Diocle, così anche per Filistione, la raccolta di Wellmann necessita ormai di un aggiornamento. Lo richiedono il recupero di nuovi testi, la formulazione di criteri più moderni seguiti nei più recenti lavori sui medici in frammenti13, le nuove edizioni critiche di testi medici14, alcuni dei quali fondamentali per la conoscenza di Filistione15. Questa nuova raccolta, pur avendo un debito inestimabile verso Wellmann, che per primo ha avuto il merito di attirare l’attenzione sul medico locrese, mira a suscitare nuovi interessi verso questo personaggio, togliendolo dall’ombra di Platone e presentandolo come figura a sé stante e punto di riferimento della medicina nell’Occidente greco coloniale. Essa, perciò, non pretende di essere un punto di arrivo quanto un punto di partenza per le ricerche su questo medico e, più in generale, per le indagini sulla medicina di Magna Grecia e Sicilia. ****** Sulla scia del volume su Menecrate di Siracusa, apparso per i tipi della Georg Olms Verlag nel 2012, anche questo lavoro, che del primo può essere considerato il naturale e indispensabile completamento, è stato diviso in due parti distinte ma complementari. La prima mira a

siciliana’, che avrebbe fatto capo al medico locrese: van der Eijk 2000, IX e nt. 2; 2001, XXXI-XXXVIII. 13 Cfr., ad es., Garofalo 1988 (per Erasistrato); von Staden 1989 (per Erofilo). Una selezione dei frammenti di Prassagora è stata recentemente pubblicata da Orly Lewis. Essa prende in considerazione i testi relativi alle teorie del medico di Cos su arterie, pulsazione e pneuma, presentandoli in forma più ampia e corredandoli di un puntale e articolato commento del tutto assente nell’edizione di Stekerl (1958): Lewis 2017. 14 Cito, ad es., Jouanna 1990 (Hippocrate. L’ancienne medicine); Jouanna 1996 (Hippocrate. Airs, eaux, lieux); Bourbon 2008 (Hippocrate. Nature de la femme); Jouanna 2013 (Hippocrate. Prognostic); ma anche Gärtner 2015 (Galeni De locis affectis I-II); Boudon-Millot 2016 (Galien. Thériaque à Pison); Leigh 2016 (Theriac to Piso, attributed to Galen: a critical edition with translation and commentary); Vagelpohl 2016 (Galeni In Hippocratis Epidemiarum librum II commentariorum I-VI).. 15 Cfr., ad. es., la recente edizione dell’Anonimo Londinese curata da Daniele Manetti (2011), da cui è tratto il Testimonium 4: Anon. Lond. XX 25-50 = Philistion T 4. Per il testo e il relativo commento, vd. infra, II Parte.

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inserire Filistione nel panorama culturale di IV secolo, all’interno di un contesto geografico preciso, che comprende Magna Grecia, Sicilia e, per alcuni versi, anche Atene e la Grecia, in uno scacchiere politico di cui i Dionisio I e Dionisio II furono figure di rilievo. La seconda, raccoglie, invece, i Testimonia accompagnati da traduzione e commento storico. Il volume è chiuso da tre Appendici, che riportano rispettivamente un frammento del comico Epicrate, passi dal Timeo di Platone, il testo dello scritto Sul cuore, tutti in diverso modo legati alla dottrina di Filistione. Con questa monografia si conclude un percorso di indagine su Medici e medicina di Magna Grecia avviato nel lontano 1996. Ne ha consentito il completamento una borsa di studio (2014-2016) generosamente offerta dalla Gerda Henkel Stiftung (Düsseldorf, Germania). Nel darla alle stampe, desidero esprimere sincera gratitudine ai proff. Corinne Bonnet (Université de Toulouse), David Hernández De la Fuente (Universidad Nacional de Educación a Distancia, Madrid), Klaus Dietrich Fischer (Universität Mainz), Arnaldo Marcone (Università Roma Tre), Heinrich von Staden (Institute for Advanced Study, Princeton) e Heinrich Schlange Schoeningen (Universität des Saarlandes), che in vario modo mi hanno aiutato a completare il lavoro. Quest’ultimo, in particolare, tra il 2013 e il 2015, mi ha accolto nelle strutture dell’Altertumswissenschaften Institut für Alte Geschichte (Universität des Saarlandes) dove, circondato dall’amicizia e dalla disponibilità sua e di tutto il suo staff, ho trovato la concentrazione necessaria per portare avanti la ricerca. Un grazie particolare va poi alla prof.ssa Amneris Roselli (Istituto Universitario Orientale di Napoli) e al prof. Ezio Arcuri, che non hanno risparmiato il loro tempo nella lettura del lavoro e mi hanno aiutato con i loro preziosi e disinteressati consigli. Resta mia, ovviamente, la responsabilità di quanto scritto. Rende (CS), 19 marzo 2017 Giuseppe Squillace

PRIMA PARTE La parabola biografica e professionale

Capitolo Primo Il Philistion di Max Wellmann e la storia degli studi Quando nell’ottobre del 1900 scriveva la prefazione al suo Die Fragmente der sikelischen Ärzte Akron, Philistion und des Diokles von Karystos, Max Wellmann dichiarava di proporsi un lavoro ad ampio respiro sui medici in frammenti composto da ben 5 volumi: nello specifico – riferiva – lo studio si sarebbe così articolato: • Band I: Fragmente der sikelischen Ärzte und des Diokles • Band II: Fragmente der ältesten Ärzte (VI-V-IV Jhd.) aus verschiedenen Schulen • Band III: Fragmente der Schule des Praxagoras • Band IV: Fragmente des Herophilos und seiner Schule • Band V: Fragmente des Erasistratos und seiner Schule. In realtà il progetto rimase incompiuto e si fermò al primo dei cinque volumi. Solo a distanza di molti anni e dopo la morte di Wellmann (1933), infatti, i frammenti16 di Prassagora, Erasistrato ed Erofilo vennero pubblicati per iniziativa di studiosi assai distanti per formazione dalla scuola dello studioso tedesco17. L’interruzione del progetto già di per sé chiarisce le difficoltà di realizzarlo. La prima di esse era data dalla mancanza di edizioni critiche delle opere da cui i frammenti potevano essere tratti, difficoltà che lo stesso Wellmann poneva in evidenza ancora nella sua prefazione, seppure limitando il problema ai medici vissuti in epoca

Uso per comodità il termine ‘frammento’ di cui chiarirò il significato nell’Introduzione alla II Parte. 17 Steckerl 1958 (Prassagora); Garofalo 1988 (Erasistrato); von Staden 1989 (Erofilo). 16

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post alessandrina18. Tuttavia l’ostacolo si poneva anche per quelli di epoca precedente, e così l’ambizioso progetto fu abbandonato. Wellmann dedicava gran parte del suo Die Fragmente der sikelischen Ärzte Akron, Philistion und des Diokles von Karystos a Diocle di Caristo e ai suoi contatti con la ‘scuola medica siciliana’, rappresentata da Filistione, Empedocle e Pausania e dai loro allievi, la scuola medica di Cos, la scuola medica di Cnido19. Lo studioso dedicava tutto il capitolo secondo ai rapporti tra Diocle e Filistione20, ipotizzando una dipendenza diretta delle dottrine del primo da quelle elaborate dal medico locrese e, più in generale, dalla ‘scuola medica siciliana’, che aveva fatto capo a Empedocle. Dopo un serrato confronto tra le teorie di Diocle e quelle di Filistione in prima battuta, Platone ed Empedocle in seconda, complessivamente la ‘scuola medica siciliana’ in terza, Wellmann arrivava a concludere che Diocle sarebbe stato ‘Schuler des Philistion’21. Wellmann sottolineava il debito di Filistione verso Empedocle dal quale sarebbe stato influenzato soprattutto per la teoria dei quattro elementi corporei – fuoco, aria, acqua e terra – caratterizzati rispettivamente da caldo, freddo, umido e secco22. A sua volta il medico locrese avrebbe influenzato Platone, che non solo ne avrebbe ripreso la dottrina nel Timeo23, ma, con tutta probabilità – sulla base di un passo del commediografo Epicrate –, lo avrebbe avuto ospite ad Atene nell’Accademia24.

18 Wellmann 1901, Vorwort: “Die Beschränkung der Fragmentsammlung auf die älteren Ärzte bis zur Alexandrinerzeit ist bedingt durch das Fehlen kritischer Ausgaben der späteren medizinischen Sammelwerke”. 19 Wellmann richiamava ripetutamente le tre scuole nel I Capitolo intitolato: Quellen für die Lehre des Diokles. Diokles und das hippokratische Schriftencorpus: Wellmann 1901, 1-64, part. 16-17 e passim. 20 Diokles von Karystos und Philistion von Lokroi, 65-93. 21 Wellmann 1901, 95 e 97. 22 Wellmann 1901, 69-70, 75. Tale teoria si ritrova in Philistion T 4. 23 Welllmann 1901, 75-76; 82-83. Per i passi del Timeo vd. infra, II Parte, Appendice II. 24 Epicrat. F 10 Kassel-Austin (per il testo vd. infra, Appendice I); Welllmann 1901, 69.

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Nel capitolo terzo Wellmann accostava alla ‘scuola medica siciliana’ e agli insegnamenti di Filistione anche lo scritto Sul cuore (περὶ καρδίης) inserito nel Corpus Hippocraticum25. L’analisi dell’opera portava lo studioso alle seguenti conclusioni: “Es ist durch die vorstehende Untersuchung klar geworden, dass die von dem Verfasser von Περὶ καρδίης vorgetragene Lehre vielfach die engste Berührung aufweist mit der des Plato und den Bruchstücken des Diokles. Bedenkt man nun die von mir erwiesene Abhängigkeit des Plato und Diokles von der sikelischen Schule und erwägt man ferner, dass Diokles als bedeutender Anatom schwerlich seine Anatomie des Herzens auf dem dürftigen Schriftchen Περὶ καρδίης aufgebaut hat, so wird es niemandem zu kühn dünken, wenn ich behaupte, dass die Schrift Περὶ καρδίης unter dem Einfluss der sikelischen Lehren, speziell des Philistion entstanden ist”26. Lo studio di Wellmann ha fatto da base imprescindibile per alcuni articoli su Filistione – soprattutto voci di enciclopedia –apparsi fino a oggi. Nel 1938 Diller, nella sua voce per la Pauly-Wissowa, si limitava a segnalare – come del resto avviene per simili lavori – le fonti su Filistione riprendendo a larghi tratti le conclusioni di Wellmann27. Non mancavano tuttavia elementi di novità. Sulla base della II lettera pseudo-platonica28, a suo tempo ritenuta autentica e datata al 364 da Novotný, Pohlenz ed Egermann29, Diller riteneva utile abbassare la cronologia di Filistione30. Ne conseguiva che anche quella di Diocle di Caristo, definito come ‘der von Philistion stark abhängige’, andasse posta all’epoca di Aristotele31.

25 Wellmann 1901 (Die Schrift Περὶ καρδίης), 94-107. Per il testo vd. infra, II Parte, Appendice III. 26 Wellmann 1901, 107. 27 Diller 1938, 2405-2408. 28 [Plat.], Epist. II 314D-E = Philistion T 2A. 29 Novotný 1930, 64; Pohlenz 1933, 133; Egermann 1933, 632. Oggi la lettera, pur ritenuta attendibile nelle informazioni che riporta, è considerata spuria. Sul problema vd. infra, Commento a T 2A. 30 Diller 1938, 2405. 31 Diller 1938, 2406.

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Pur mostrando maggiore cautela, anche Diller, sulla scia di Wellmann e Jaeger32, riteneva assai probabile un soggiorno di Filistione ad Atene in considerazione dell’influenza che avrebbe esercitato sugli studi medici fioriti nella Grecia continentale. Se Platone, Eudosso e Crisippo di Cnido avevano conosciuto Filistione in Occidente, il medico locrese poté esercitare al meglio la sua influenza su Diocle direttamente ad Atene dove, stando a un’ipotesi di Jaeger fatta propria da Diller, avrebbe conosciuto personalmente anche Aristotele33. Diller era convinto che Filistione avesse scritto sulla dieta ma si mostrava scettico sui titoli che venivano dati a questo lavoro. Ateneo infatti parlava di un libro sulla cucina34, Wellmann, sulla base di Galeno, di un libro sulla dieta35. Rimanendo più sul generico, lo studioso pensava, piuttosto, a un lavoro dal quale avrebbero attinto tanto Plinio il Vecchio, per i tre rimedi terapeutici impiegati dal Locrese36, quanto lo Pseudo-Galeno37. Come Wellmann e Jaeger38, anche Diller faceva dipendere da Empedocle la teoria di Filistione sull’origine delle malattie determinate dallo squilibrio tra fuoco, aria, acqua e terra, nonché quella sulle funzioni di cuore, sangue e pneuma, anche se riteneva assai complicato individuare un’eventuale fonte intermedia39. Soffermandosi sull’influenza di Filistione su Platone, su Diocle e sull’autore dello scritto Sul cuore che Wellmann aveva evidenziato40, Diller osservava che, rispetto al Locrese, i tre autori perseguivano “nicht nur eine Anzahl physiologischer Lehren, sonder auch das Streben nach teleologischer Erklärung physiologischer Tatbestände”. Welllmann 1901, 69; Jaeger 1913, 51 nt. 3. Diller 1938, 2406; Jaeger 1913, 51 nt. 3. Per il testo di Jaeger vedi infra, II Parte, Appendice I. 34 Philistion T 13; ma anche T 9. 35 Philistion T 14A-B; cfr. Wellmann 1901, 73; 113. Diller 1938, 2406. 36 Philistion TT 10B; 11; 12; cfr. Wellmann 1901, 73; 113; Diller 1938, 2406. 37 Philistion T 16. 38 Jaeger 1913, 52 ss. 39 Anche se qualche anno prima il Taylor (1928, 599) aveva indicato tale fonte in Filolao, tuttavia – notava Diller (1938, 2407) – Filolao si era discostato da Empedocle molto più di Filistione. 40 Wellmann 1901, 65 ss; 95 ss. 32

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Platone, in particolare, nel campo della medicina era debitore non solo a Filistione, ma probabilmente anche a Filolao che si era soffermato sull’origine delle malattie41. L’influenza di Filistione si sarebbe estesa anche alle scuole mediche di Cos e Cnido. Per Cos lo attestava la vicinanza tra alcune sue teorie – in particolare sulla composizione dei corpi e la funzione dell’epiglottide42 – e quelle dell’ippocratico Dioxippos/Dexippos e dell’autore dello scritto Natura dell’uomo43; per Cnido invece la presenza tra i suoi allievi di Eudosso e Crisippo originari appunto di Cnido. Contrariamente a quanto sostenuto da Wellmann44, Diller si chiedeva se realmente potesse essere ricondotto a Filistione il philistion nome di una pianta medicinale e/o di un medicamento ricordato in alcuni scritti del Corpus Hippocraticum e da Galeno45, e si interrogava su chi mai potesse essere il Philistionis frater, autore di uno scritto dal titolo De adiutoriis, di cui parlava Celio Aureliano46: a suo avviso, si trattava di una figura da collocare verosimilmente in epoca ellenistica47. In uno dei lavori più completi e articolati sul personaggio, Diller, dunque, pur seguendo in gran parte le tesi di Wellmann, le discuteva e talora se ne allontanava sulla base di altri studi che, dal 1901 al 1938, avevano fatto chiarezza su alcuni temi e indotto a nuove riflessioni. Se si esclude l’articolo appena menzionato, la restante letteratura su Filistione si riduce prevalentemente a brevi voci di enciclopedia e ad articoli che lo citano all’interno di indagini più ampie e perlopiù su altri temi. Kudlien, nella voce per il Lexikon der alten Welt, collocava Filistione nella prima metà del IV secolo e riteneva probabile un suo viaggio ad Atene tra il 364 e il 363 sulla base della II lettera pseudoplatonica48. Qualche anno dopo ancora Kudlien nella voce per Der

Diller 1938, 2407-2408. Philistion TT 4; 7A-C. 43 Philistion TT 7A-C; Hipp., De nat. hom. 1 ss. Jouanna (= VI 32 ss. Littré). Su Dioxippos/Dexippos vd. infra, II Parte, Commento a TT 7A-C. 44 Wellmann 1901, 17 nt. 1. 45 Philistion TT 17A-C. 46 Philistion TT 19-20. 47 Diller 1938, 2408. 48 Kudlien 1965, 2297. 41 42

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Kleine Pauly, evidenziando la difficoltà di stabilire una datazione precisa per il medico locrese, considerava un dato acquisito l’esistenza della ‘scuola medica siciliana’ prefigurata da Wellmann (“die Existenz einer «sizilischen Ärzteschule» doch wohl als erledigt gelten kann”) e riteneva probabile un’influenza di Filistione sul Timeo di Platone49. Edelstein, inizialmente nella voce per la prima edizione dell’Oxford Classical Dictionary, poi, con qualche piccola aggiunta bibliografica, nella seconda edizione, riteneva Filistione contemporaneo di Platone e maestro di Eudosso e ne collegava le dottrine mediche al magistero di Empedocle50. Vallance, nella voce per la terza edizione dell’Oxford Classical Dictionary, oltre a ribadire quando evidenziato da Edelstein, rilevava come teorie di Filistione fossero state riprese e fatte proprie da Platone nel Timeo51. Nutton, nella voce per Der Neue Pauly, rifacendosi a Diller e a Wellmann, citati in bibliografia, indicava nel 364 la data nella quale Filistione era attivo a Siracusa sulla base del noto passo della II lettera pseudoplatonica, e accettava, richiamando il frammento di Epicrate a suo dire convincentemente interpretato dai due studiosi tedeschi, l’ipotesi di un soggiorno di Filistione ad Atene poco dopo questa data. Anche per Nutton le teorie mediche di Filistione andavano ricondotte all’influenza di Empedocle ed erano state riprese da Platone nel Timeo. Rispetto a Wellmann e Diller, lo studioso, però, esprimeva qualche riserva sulla reale estesa influenza di Filistione sulla medicina greca, nonostante il medico locrese avesse avuto come allievo Eudosso e la sua fama risultasse incontestabile; escludeva l’esistenza di una ‘scuola medica siciliana’; indicava come allievi del medico locrese il solo Eudosso, escludendo con ciò tanto Crisippo quanto – soprattutto – Diocle e ridimensionandone così l’influenza su quest’ultimo personaggio52. In ordine di tempo l’ultimo studio specifico su Filistione è costituito dalla voce curata da Daniela Manetti per The Encyclopedia of

Kudlien 1972, 756. Edelstein 1949, 680; Edelstein 1970, 817. 51 Vallance 1996, 1163. 52 Nutton 2000, 816. 49

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Ancient Natural Scientists. The Greek Tradition and its Many Heirs. La studiosa ha considerato Filistione un medico attivo alla corte di Dionisio II nel 364 sulla base della II lettera pseudo-platonica; lo ha ritenuto maestro di Eudosso e Crisippo di Cnido; ha reputato assai probabile un soggiorno del medico locrese ad Atene sulla base del frammento del comico Epicrate. A suo avviso, le teorie mediche di Filistione riportate dall’Anonimo Londinese, per un verso, sarebbero da porre in connessione con quelle di Empedocle, per un altro, avrebbero influenzato Platone che le avrebbe fatte proprie e le avrebbe riproposte nel Timeo. L’influenza di Filistione sarebbe ravvisabile anche nello scritto Sul cuore e in alcune opere di Diocle di Caristo53. Agli studi menzionati si unisce quello, recentissimo, di Filippo Forcignanò, che ha accostato le teorie mediche di Filistione a quelle di Empedocle54. Oltre alle voci di enciclopedia fin qui prese in esame, i due articoli che hanno toccato la figura Filistione, pur all’interno di indagini più ampie, sono stati quello di Danielle Gourevitch, che si soffermava sui medici di Magna Grecia – quindi anche su Filistione – menzionati dall’Anonimo Londinese55, e soprattutto quello di Bidez e Leboucq che, in una indagine tesa a indagare il Timeo di Platone, prendevano in considerazione la figura del medico locrese56. Filistione, il cui soggiorno ad Atene non appariva per nulla certo57, aveva creato a Siracusa il suo centro di ricerche mediche dopo che Agrigento, patria di Empedocle, era caduta nel 409 nelle mani dei Cartaginesi. Le sue opere erano ormai andate perdute ai tempi di Galeno che, attingendo ad altri autori, solo per via indiretta era riuscito a recuperare alcuni elementi relativi alle dottrine del medico locrese58. Filistione, che era stato anche chirurgo e dunque aveva avuto competenze in anatomia, aveva superato in questo campo Empedocle, ma l’aveva seguito nella teoria sulla composizione dei corpi e l’origine delle malattie. Ponendosi sulla scia di Wellmann, anche Leboucq parlava di una Manetti 2008a, 649-650. Forcignanò 2016, 147-148. 55 Gourevitch 1989, 237-251, part. 248-249. 56 Bidez-Leboucq 1944, 7-40. 57 Bidez-[Leboucq] 1944, 7. 58 [Bidez]-Leboucq 1944, 14. 53

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‘école de médecine de Syracuse’ e indicava Filistione come ‘chef de l'école de médecine’. Questa ‘scuola’ avrebbe esercitato una notevole influenza in tutto il mondo greco tanto da attirare a Siracusa Eudosso e Crisippo, interessati ad apprendere la medicina. La presenza in Sicilia di questi due personaggi provenienti da Cnido avrebbe favorito la trasmissione di conoscenze dalla scuola medica di Cnido a quella di Sicilia. Leboucq evidenziava anche i rapporti tra Platone e Filistione. I due si sarebbero incontrati alla corte siracusana durante uno dei tre viaggi del filosofo in Sicilia. Di questo incontro Platone si sarebbe giovato traendo dall’amico tutte le informazioni di carattere medico, che avrebbe poi travasato nel suo Timeo59. Contrariamente a quanto sostenuto da Wellmann, Leboucq affermava che Diocle non era stato allievo di Filistione essendo vissuto alla fine del IV secolo60. Nel cercare di dimostrare l’appartenenza al locrese dello scritto Sul cuore61, ancora Leboucq metteva in rilievo l’iter formativo del personaggio, nato a Locri, in Magna Grecia, in un ambito geografico stimolante, che aveva visto la presenza di altri medici e fisiologi come Ippone di Crotone, Timoteo e Ippaso di Metaponto, Filolao di Crotone, e, soprattutto, era debitore ad Alcmeone di Crotone. Se Filistione si era inizialmente formato in quest’ambiente, successivamente aveva potuto apprendere e fare proprie in Sicilia le teorie di Empedocle e porsi anche come continuatore di Alcmeone62. Sintetizzando quanto detto, gli interessi degli studiosi, tutti ampiamente influenzati dallo studio monografico di Wellmann, hanno riguardato nello specifico i rapporti tra le teorie di Filistione e quelle di Empedocle, da una parte, e il Timeo di Platone dall’altra; il soggiorno – solo probabile – del medico locrese ad Atene; l’identità e il numero dei discepoli; la presunta attribuzione di alcuni scritti; l’influenza esercitata sui medici di Cos e Cnido. Se si esclude quanto sommariamente detto da Bidez e Leboucq, in tutti i lavori menzionati il contesto politico e culturale, nel quale [Bidez]-Leboucq 1944, 15-18. [Bidez]-Leboucq 1944, 19-21. I due studiosi facevano propria la datazione proposta da Jaeger (1938, 9). 61 Allo scritto Leboucq dedica una lunga sezione dell’articolo nella quale ne propone una traduzione e un commento: [Bidez]-Leboucq 1944, 22-40. 62 [Bidez]-Leboucq 1944, 39-40. 59

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Filistione visse, si formò e operò, è rimasto sostanzialmente ai margini. Esso invece appare di fondamentale importanza per comprendere a pieno gli elementi intervenuti nella sua educazione e crescita professionale, le tappe della carriera, l’importanza del suo magistero incastrato prima in un ambiente stimolante come Locri, sua città di origine, poi in una polis come Siracusa, divenuta, sotto i due Dionisî, centro di cultura e meta dei più illustri intellettuali del tempo.

Capitolo Secondo Da Locri a Siracusa: due percorsi possibili Le notizie su Filistione derivano perlopiù da fonti di età imperiale, come Plinio il Vecchio, Rufo di Efeso, Plutarco, Gellio, Galeno, Ateneo, Diogene Laerzio e Oribasio. Tutti lo citano velocemente agganciandone il nome a chi ne seguì il magistero, e/o a temi di carattere medico quali respirazione, dieta, uso terapeutico delle piante, strumenti chirurgici particolari. Solo l’Anonimo Londinese ne riassume la dottrina (o parte di essa), mentre la II lettera pseudo-platonica e due lettere socratiche lo presentano come medico alla corte di Dionisio II64. La scarsezza dei dati ha scoraggiato gli studiosi da ogni tentativo di ricostruire il percorso biografico e l’iter professionale di Filistione, la cui figura, stagliandosi in un momento storico di rilievo sia per Locri Epizefiri sia per Siracusa, merita di essere indagata non solo in relazione alle dottrine mediche e alla probabile influenza che esercitarono su Platone, ma anche in riferimento alle dinamiche politiche e sociali che riguardarono le due città e, più in generale, Magna Grecia e Sicilia tra la fine del V e l’inizio del IV secolo.

Filistione di Locri, Filistione di Italía, Filistione di Sicilia, Filistione di Siracusa Plutarco65 e Ateneo66 legano Filistione a Locri Epizefiri indicandolo come Locrese (ὁ Λοκρός); Rufo di Efeso parla di Filistione

Cfr. Squillace 2014a, 129-138. Philistion TT 1-18. 65 Plut., Quaest. conv. VII 1.3 (= Mor. 699C-D) = Philistion T 7A. Il passo, è ripreso da Gellio, che menziona Philistiona Locrum: Gell., NA XVII 11.5-6 = Philistion T 7C. 66 Athen. III 115D = Philistion T 9. 63

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di Italía (Φιλιστίων δὲ ὁ ἐξ Ἰταλίας), vale a dire di Magna Grecia67; ugualmente Galeno lo pone tra i medici di Italía (ἐκ τÇς Ἰταλίας/ἀπὸ τÇς Ἰταλίας) insieme a Empedocle, Pausania e i loro allievi68; Diogene Laerzio lo qualifica come Siceliota (ὁ Σικελιώτης)69; la II lettera pseudo-platonica e due lettere socratiche collocano Filistione a Siracusa alla corte di Dionisio II70. Sulla base di questi scarni elementi, gli studiosi hanno ritenuto che fosse nato a Locri e successivamente si fosse trasferito a Siracusa. Qui sarebbe stato medico di Dionisio II (e forse già prima di Dionisio I) e sarebbe venuto in contatto con molti degli intellettuali che all’epoca si trovavano alla corte del tiranno. Tra essi vi sarebbero stati Eudosso e Crisippo71, ma soprattutto Platone che, recatosi per ben tre volte a Siracusa tra il 388 e il 361, lo avrebbe conosciuto personalmente e, con tutta probabilità, ne avrebbe riportato la dottrina nel Timeo72. Sebbene altamente probabile, tale ricostruzione rimane allo stato di ipotesi. Se la presenza di Filistione a Siracusa è attestata dalla II lettera pseudo-platonica e, in qualche modo, anche dalle due lettere socratiche73, e il suo legame con Locri si ricava da Plutarco e Ateneo, il trasferimento da Locri a Siracusa rimane avvolto da ombre. Non sembra azzardato, perciò, cercare di chiarire le cause di una scelta di vita, nonché gli sviluppi di una carriera professionale.

Ruf. Eph., De corp. hum. part. appell. 201 Daremberg-Ruelle = Philistion T 8. Sul concetto di Italía, vd. infra, ma anche Cartina 2. 68 Galen., De meth. med. I 1 Johnston-Horsley =Philistion T 1A. 69 D.L. VIII 86; 89 = Philistion TT 3A-B. 70 Le tre lettere contenevano la richiesta al tiranno di inviare Filistione ad Atene per curare Speusippo gravemente malato: [Plat.], Epist. II 314D-E = Philistion T 2A; Socr. Epist. XXXIII 3-4.19-24 Sykutris (= Speus. F 159 Isnardi Parente) = Philistion T 2B; Socr. Epist. XXXIV 1.1-7 Sykutris (= Speus. F 13 Isnardi Parente) = Philistion T 2C. 71 Philistion TT 3A-B. 72 Plat, Tim. 32B-33A; 53B-C; 70A-D; 77C-79E; 81E-86A; 90E-91B (per i testi vd. infra, II Parte, Appendice II); cfr. Wellmann 1901, 65 ss.; 94 ss.; Diller 1938, 2407; BidezLeboucq 1944, 7-40; Schuhl 1960, 73; Miller 1962, 175-187; Lloyd 1968, 78-92; Harris 1973, 42; 86; Joubaud 1991, 77; Nutton 2000, 816; Manetti 2008a, 849. 73 Philistion TT 2A-C. 67

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Filistione ‘il Locrese’, Filistione ‘d’Italía’ I dati più precisi provengono da Plutarco e Ateneo che indicano Filistione come ‘il Locrese’ (ὁ Λοκρός). Plutarco lo fa nel libro VII delle Conversazioni a tavola, un’opera erudita nella quale raccoglie le discussioni su temi filosofici, scientifici, storici, aneddotici e moralistici legati al banchetto. Nello specifico, il riferimento al personaggio compare nel Problema A, nel quale l’erudito di Cheronea difende Platone che aveva fatto propria la teoria secondo la quale una parte del cibo scorreva attraverso i polmoni rinfrescandoli74. Ateneo, in genere fonte affidabile75, ricorda Filistione76 all’interno di una lunga sezione al pane77. Nella parte finale della discussione dedicata ai benefici effetti e alle proprietà nutrizionali di ciascun tipo78, Galeno, uno dei convitati, cita Filistione ‘il Locrese’ (ὁ Λοκρός), che aveva collocato al primo posto il pane di cruschello, poi il pane di spelta, infine il pane di farina di grano tenero79. Se le informazioni provenienti da questi autori sembrano affidabili, altrettanto veritiere sono quelle che collegano Filistione alla Sicilia e a Siracusa. In questo caso l’indicazione più precisa deriva dalla II lettera pseudo-platonica80 che, sebbene non attribuibile al filosofo ateniese, tuttavia è ritenuta comunque fonte attendibile81. Il dato è ripreso da due lettere socratiche82.

Plut., Quaest. conv. VII 1.3 (= Mor. 699C-D) = Philistion T 7A. Cfr. Ambaglio 1990, 51-64; Pelling 2000, 171-190; ma anche Squillace 2013a, 271-286, ivi ulteriore bibliografia. 76 Athen. III 115D = Philistion T 9. 77 Athen. III 108F-116A. 78 Athen. III 115C-116A. 79 Athen. III 115D = Philistion T 9. 80 [Plat.], Epist. II 314D-E = Philistion T 2A. 81 Sul problema delle lettere platoniche, vd. infra, II Parte, Commento a T 2A. 82 Socr. Epist. XXXIII 3-4.19-24 Sykutris (= Speus. F 159 Isnardi Parente) = Philistion T 2B; Socr. Epist. XXXIV 1.1-7 Sykutris (= Speus. F 13 Isnardi Parente) = Philistion T 2C. Sulla natura delle lettere socratiche, vd. infra, II Parte, Commento a TT 2B-C. 74

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Due percorsi possibili L’accostamento di Filistione a Locri e a Siracusa richiama l’attenzione sui loro rapporti nel IV secolo durante la tirannide dei due Dionisî. Questi legami rimontano alla fondazione della colonia magnogreca, allorché – teste Strabone – i Siracusani aiutarono i Locresi, inizialmente stanziatisi presso Capo Zefirio, a trasferire la città nel luogo in cui poi sarebbe sorta83. La vicinanza tra le due poleis, convertitasi in un’alleanza sia nella prima metà del V secolo sotto i tiranni di Siracusa Gelone e Ierone, sia nella seconda metà del V secolo84. Essa divenne ancora più stretta e salda, sotto Dionisio I, grazie al matrimonio che il tiranno, nel 398 o nel 394, contrasse con Doride figlia di Xeneto, uno dei più facoltosi e importanti esponenti dell’aristocrazia locrese85. L’alleanza matrimoniale si tradusse non solo in ingrandimenti territoriali a vantaggio della città magnogreca86, ma anche nell’inserimento a pieno titolo di Dionisio I – e successivamente di suo figlio Dionisio II nato da Doride – nei quadri dell’aristocrazia locrese, da sempre al potere nella città87. 83 Strab. VI 1 7 C258. L’aiuto fu forse determinato da un’alleanza militare, che già da allora legava le due comunità. Così Musti 1977, 131-132. Cfr. anche BraccesiRaviola 2008, 37-41; Guzzo 2011, 278. 84 Sui legami tra Locri e i tiranni Gelone e Ierone: Diod. XI 26.1; Schol. ad Pind., Pyth. II 38; ma anche Iustin. XXI 3.2; sull’alleanza tra Locri e Siracusa in funzione antireggina e antiateniese nella seconda metà del V secolo: Thuc. III 86.2; IV 1.2-3, VI 44; VII 1.1; VII 25.3-4; cfr. Musti 1977, 85 ss.; De Sensi Sestito 1984, 56 ss.; Ganci 1998, 69 ss. 85 Diod. XIV 44.6-8; ma anche Cic., Tusc. V 20.59; Val. Max. IX 13 ext. 4; Olymp., In Gorg. XLI 7. Per la prima datazione: Musti 1977, 92; 97; Muccioli 1999, 94; Bruno Sunseri 2002, 365; Galvagno 2014, 300; per la seconda: Sordi 1992a, 51-71; e, più di recente, D’Angelo 2010, 49. 86 A seguito della vittoria del tiranno contro la Lega Italiota sul fiume Elleporo nel 389, Locri poté inglobare nel suo territorio Caulonia, Scillezio e Ipponio: Diod. XIV 106.3 (Caulonia); Strab. VI 1.10 C261; Dion. Hal. XX 7.3 (Scillezio); Diod. XIV 107.2; Dion. Hal. XX 7.3 (Ipponio); cfr. Musti 1977, 109-110; Giuliani 1995, 109-110. 87 Proprio in funzione di quest’appartenenza si spiegavano le ampie concessioni territoriali alla città da parte del tiranno, cfr. Musti 1977, 97-100.

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I dati provenienti dalle fonti farebbero pensare – sebbene nessuno di essi sia esplicito in proposito – al trasferimento di Filistione da Locri e Siracusa: il tutto sullo sfondo dell’alleanza tra le due città sotto la tirannide dei due Dionisî. Se tale trasferimento è ragionevole e complessivamente accettato, occorre chiarire invece in che momento esso si ponga e da quali motivazioni sia stato dettato. Gli esigui elementi a disposizione inducono a due ipotesi ugualmente percorribili che è opportuno prendere in considerazione.

A. Trasferimento casuale? Filistione potrebbe essere giunto a Siracusa assieme ai Locresi, residenti nella subcolonia di Ipponio, che Dionisio I aveva deciso di trasferire nella sua città nel 389/388 all’indomani della vittoria sulla Lega Italiota sul fiume Elleporo88, o essere pervenuto in Sicilia con i quattromila Medmei e i mille Locresi, che nel 396/395 il tiranno aveva spostato a Messana in Sicilia insieme a seicento Messeni del Peloponneso89. Nella nuova realtà Filistione si sarebbe distinto come medico, tanto da ottenere un incarico importante e prestigioso alla corte di Dionisio II e forse già di Dionisio I. Il suo non sarebbe stato un percorso isolato: giovani Locresi – non si sa se provenienti da Locri o dalle subcolonie di Ipponio, Medma e Caulonia – figurano infatti come commensali di Dionisio II, come ricorda la XIII lettera pseudoplatonica90.

Diod. XIV 107.2 ma anche Dion. Hal. XX 7.3; cfr. Giuliani 1995, 109; D’Angelo 2010, 52-53. Per la fondazione locrese di Ipponio, Medma e Caulonia: De Sensi Sestito 1984, 15-16; Braccesi-Raviola 2008, 41; Guzzo 2011, 279-280. 89 Diod. XIV 78.4; cfr. Giuliani 1995, 109; D’Angelo 2010, 52-53. 90 [Plat.], Epist. XIII 360A: […] τοὺς Λοκροὺς ποθʼ ἑστι¾ν νεανίσκους, πόρρω κατακείμενος ἀπʼ ἐμοÀ […]. 88

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B. Ambizioni di carriera? Il trasferimento potrebbe essere stato dettato dalla concreta prospettiva di esercitare l’arte medica in un centro importante come Siracusa diventata, grazie al mecenatismo di Dionisio I e Dionisio II, meta di filosofi, retori, oratori e poeti91. A questo proposito qualche elemento di riflessione in più è fornito dalla dottrina del medico locrese che trova forti agganci nel Pitagorismo di Magna Grecia e Sicilia, i cui esponenti di spicco erano stati Alcmeone, Empedocle, Filolao e Ippone92. In questo senso non sembra casuale che Galeno ponga in relazione Filistione a Empedocle classificando entrambi (unitamente a Pausania) come medici di Italía (ἐκ τÇς Ἰταλίας)93. Si trattava di un Pitagorismo non estraneo a Locri, dove si era diffuso fin dal VI secolo94, e dove, proprio all’inizio del IV, erano fioriti Pitagorici di spicco come Echecrate, Timeo e Arione95. Anche se Filistione non compare tra i Pitagorici locresi menzionati nel catalogo di Aristosseno confluito in Giambico96, tuttavia è assai probabile che avesse avuto una formazione di stampo pitagorico, formazione fondata, per il settore specifico della medicina, sulle teorie dei più insigni rappresentanti della scuola quali Alcmeone, Empedocle, Ippone e soprattutto Filolao, maestro di Archita97. È ragionevole credere che l’avesse acquisita proprio nella

Cfr. Squillace 2012, 21-28, ma anche ma infra, I Parte, Capitolo III. Vedi infra, I Parte, Capitolo III. 93 Philistion T 1A. Sul legame tra le teorie di Filistione e quelle di Empedocle: Wellmann 1901, 68; Diller 1938, 2407; Longrigg 1963, 151-152; Nutton 2000, 816; Manetti 2008a, 649-650; Ricciardetto 2014, XLV; Forcignanò 2016, 147-148. 94 Zaleuco, infatti, legislatore di Locri e autore delle leggi che per lungo tempo erano state in vigore nella città, era stato seguace di Pitagora: Diod. XII 20.1; D.L. VIII 15; Iambl., V.P. 33; 104; 130; 172; 267; Porph., V.P. 21; Suid., s.v. Ζάλευκος; cfr. Gigante, 1977, 651; Camassa 1986, 139-145; Zunino 1998, 151-159. 95 Cic., De re pub. I 10.16; De fin. V 29.87; Tusc. V 23.64; Val. Max. VIII 7 ext. 3. Vd. anche infra. 96 Iambl., V.P. 267; sulla derivazione del catalogo da Aristosseno vd., da ultimo, Mele 2013, 130; 139 (ivi bibliografia precedente), ma anche infra, I Parte, Capitolo IV. 97 Cic., De orat. III 34.139; cfr. Huffman 2005, 6-7; 65-67. 91

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sua città dove – stando al catalogo di Aristosseno/Giamblico appunto – forte risultava la componente pitagorica98. Ora, sotto Dionisio II, i rapporti tra Siracusa e i Pitagorici magnogreci (tarantini in particolare) divennero assai forti. Nel 365, infatti, grazie a Platone, tornato in Sicilia su esortazione di Dione e dei Pitagorici di Magna Grecia99, Dionisio e Archita strinsero rapporti di amicizia e ospitalità100. Archita non solo si recò dal tiranno, poco tempo dopo101, ma nel 361 lo sostenne nel desiderio di ricondurre Platone in Sicilia. A tal fine, insieme con altri concittadini, scrisse al filosofo ateniese delle lettere nelle quali, lodando la rinnovata propensione di Dionisio alla filosofia, lo esortava a tornare in Sicilia e a non distruggere col suo rifiuto il rapporto di amicizia tra Taranto e Siracusa, che egli stesso aveva contribuito a creare102. Ancora Archita, nel 361, attraverso il suo emissario Lamisco, persuase Dionisio a lasciare partire Platone, a conferma della sua influenza sul tiranno103. La presenza di Platone a Siracusa, gli stretti legami tra Dionisio e Archita, l’interesse del tiranno verso la filosofia favorirono la diffusione delle dottrine pitagoriche nella città siciliana. Le abbracciarono Leptine, zio o amico di Dionisio104, Damone e Finzia105, Lamisco106, Ecfanto e Iceta, che si occuparono di astronomia107, forse anche Aristocrito108 e Fotida109, mentre fu vicino al Pitagorismo

Iambl., V.P. 267. Archytas A5 Huffman, ma anche Plut., Dion 10.1; 11.1. 100 Archytas A5 Huffman, ma anche [Plat.], Epist. III 317B-C; XIII 360B-C; Plut., Dion 18.5-6; cfr. Mele 1983, 269-298. 101 Archytas A5 Huffman. 102 Archytas A5 Huffman, ma anche [Plat.], Epist. III 317B-C; Plut., Dion 18.5-6. 103 Archytas A5; A1-2 Huffman; cfr. Mathieu 1990, 159-173; Zhmud 1998b, 211244; Schofield 2014, 71-73. 104 Iambl., V.P. 267. Per la prima identificazione: De Sensi Sestito 1984, 106, 114; Musti 1989, 38; per la seconda, Muccioli 1999, 218. 105 Iambl., V.P. 267. 106 Archytas A5 Huffman. 107 Sui due personaggi, su cui si hanno scarsissime notizie: Huffman 1993, 8 (e bibliografia in nt. 12). 108 [Plat.], Epist. III 319A; XIII 363D. 109 D.L. III 22. 98

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Eudosso di Cnido, che apprese la medicina da Filistione, assieme all’allievo Crisippo, e la geometria da Archita110. Dei Pitagorici di stanza a Siracusa, alcuni non mancarono di ottenere incarichi importanti. Così il filosofo Poliarco, in stretti rapporti con Archita, fece parte dell’ambasceria che Dionisio II inviò a Taranto nel 366 circa111, mentre il filosofo siracusano Archedemo, allievo di Archita, nel 361 per conto del tiranno si recò ad Atene al fine di condurre per la terza volta Platone in Sicilia112. Ora, se la vicinanza al Pitagorismo e la presenza a Siracusa di tanti intellettuali – molti dei quali in contatto con Archita –, che avevano fatto proprie le dottrine pitagoriche, potrebbero avere indirizzato Filistione verso la città siciliana, la formazione culturale, la provenienza, ma anche l’estrazione sociale potrebbero invece averlo favorito nell’incarico di medico di corte. Da questo punto di vista occorre considerare che il nome Filistione (Φιλιστίων) figura sia tra i magistrati locresi chiamati a svolgere le attività finanziarie connesse al santuario di Zeus Olympios113, sia in un decreto databile tra il 220 e il 170, nel quale i Corciresi concedevano la proxenia a un certo Filistione (Φιλιστίων) di Locri figlio di Teodoro114. Si tratta, a quanto pare, di un nome ricorrente all’interno di una famiglia o di famiglie aristocratiche, quelle che detenevano il potere fin dalla fondazione della polis115. Di questa aristocrazia Doride, Dionisio I e Dionisio II erano membri effettivi: Doride come figlia del potente Xeneto, Dionisio I e Dionisio II per diritto acquisito. La probabile appartenenza all’aristocrazia locrese, oltre a giustificare ulteriormente la vicinanza di Filistione al Pitagorismo

Philistion TT 3A-B = Eudox. T 7 Lasserre; cfr. Mendell 2008, 310-313, ivi altra bibliografia. 111 Archytas A9 Huffman; cfr. Muccioli 1999, 175. 112 Archytas A5 Huffman, ma anche [Plat.], Epist. II 310B; 312D; 313D-E; III 319A. 113 Lo attestano le tavole provenienti dal santuario e databili tra IV e III secolo: Tabb. 8; 12; 17; 22; 25; 31; 32 De Franciscis = Tabb. 8; 12; 17; 22; 25; 31; 32 Costabile. Sulla datazione di questi documenti e il dibattito che hanno alimentato: De Franciscis 1972; Gigante 1979, 37-59; i diversi contributi in Costabile 1992; Antonetti 1995, 351363; Ghinatti 1998, 55-77. 114 IG IX 1.685. 115 Musti 2005, 218-229. 110

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legato ai ceti altolocati116, potrebbe averne favorito – unitamente alle sue competenze professionali – anche l’ingresso alla corte dei tiranni popolata da elementi locresi e permeata di cultura pitagorica. La scelta di un Locrese in un ruolo di responsabilità non appare isolata. Sia pure su un altro fronte, quello diplomatico, Dionisio I, tra il 398 e il 394, aveva affidato al padre del pitagorico locrese Echecrate una delicata ambasceria. Col suo aiuto egli intendeva vincere l’ostilità di una parte dell’aristocrazia locrese e ottenere in moglie una delle ragazze più insigni della città117.

Conclusioni Sebbene fondate sui pochi dati a disposizione e dunque non cogenti, le due ipotesi prospettate cercano di far luce su un passaggio importante della vita e della carriera di Filistione. Questo medico forse arrivò da Locri (o da una delle sue subcolonie) a Siracusa casualmente o spinto da ambizioni di carriera. Le competenze professionali – unitamente alla vicinanza al Pitagorismo e all’appartenenza all’aristocrazia locrese – gli consentirono di entrare al servizio di Dionisio II e forse già prima di Dionisio I. Diventato medico di corte, egli potè assistere all’espansione territoriale di Siracusa in Sicilia e Magna Grecia e giovarsi del fervore culturale, che i due tiranni avevano saputo creare attirando nella loro città i più illustri intellettuali dell’epoca.

Cfr. Mele 2013, 37. Polyb. XII 10.8: […] ὁ γὰρ πρὸς τὴν Ἐχεκράτους πίστιν ἀπερεισάμενος ἐπ᾽ ὀνόματος, πρὸς ὅν φησι περὶ τ¾ν ἐν Ἰταλίᾳ Λοκρ¾ν ποιήσασθαι τοὺς λόγους καὶ παρ᾽ οå πυθέσθαι περὶ τούτων, καὶ προσεξειργασμένος, ἵνα μὴ φανÄ τοÀ τυχόντος ἀκηκοὼς ὅτι συνέβαινε τὸν τούτου πατέρα πρεσβείας κατηξι¾σθαι πρότερον ὑπὸ ∆ιονυσίου, […]. Cfr. Walbank 19822, 346-347. Uno degli aristocratici più insigni, Aristide, amico di Platone, si oppose apertamente a Dionisio rifiutando di dargli in moglie una delle sue figlie e dichiarando che piuttosto avrebbe voluto vederla morta. La sua ostilità non si placò nemmeno dopo la condanna alla pena capitale dei suoi figli a opera del tiranno. In quest’occasione, infatti, affermò di essere dispiaciuto per la loro sorte, ma di non essere pentito per quanto aveva affermato: Plut., Timol. 6.5-6: Su questa opposizione, cfr. Musti 1977, 100-101. 116

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Capitolo Terzo Tra Sicilia e Grecia: le dottrine di Filistione L’Anonimo Londinese, uno scritto che risale al I-II secolo d.C., riporta le notizie più dettagliate sulla dottrina di Filistione. Lo fa in una sezione dossografica118, che dice di attingere ad Aristotele119, ma che in molti in passato hanno attribuito a Menone, allievo di Aristotele, sulla base di un passo di Galeno120. Filistione – riferisce l’Anonimo – aveva indicato come componenti del corpo quattro forme (ἰδέαι) vale a dire – specifica – quattro elementi basilari (στοιχεÂα). Si trattava di fuoco (πÀρ), aria (ἀήρ), acqua (ὕδωρ) e terra (γÇ) a ognuno dei quali aveva associato una proprietà (δύναμις): caldo (τὸ θερμόν) per il fuoco; freddo (τὸ ψυχρόν) per l’aria; umido (τὸ ὑγρόν) per l’acqua; secco (τὸ ξηρόν) per la terra. Il medico locrese aveva attribuito l’origine delle malattie a cause interne riconducibili rispettivamente agli elementi, alle condizioni del corpo, a cause esterne. La causa era interna se nel corpo c’era eccesso di caldo o di umido, o difetto di caldo. Le cause esterne erano di tre tipi: innanzitutto ferite e piaghe; poi eccesso (ὑπερβολή) di caldo, freddo e simili o cambiamento (μεταβολή) da caldo a freddo, da freddo a caldo; infine trasformazione del nutrimento (τροφή), che diventava corrotto

Anon. Lond. XX 25-50 Manetti = Philistion T 4. Il filosofo viene ripetutamente citato: Anon. Lond. V 37; VI 42; VII 38; 43 ma anche XXIII 42; XXIV 6 Manetti. 120 Galeno [In Hipp. De nat. hom. Comm. 1.2 Mewaldt (= XV 25-26 Kühn) = Aristot. F 373 Rose; ma anche Plut., Quaest. conv. VIII 9.3 (Mor. 733C)] ricorda infatti un Trattato sulla medicina nel quale erano contenute le opinioni dei medici antichi. Dal momento che ne era stato autore Menone, allievo di Aristotele, lo scritto – rileva – era noto anche sotto il titolo di Menoneia. Per l’attribuzione della dossografia ad Aristotele: Manetti 1986, 57-74; Manetti 1990, 219-233; Manetti 1994, 47-59; Manetti 1999, 95-141; Nutton 2004, 72; Ricciardetto 2014, XXVIII-XXIX; a Menone: Diels 1893, 406-434; Wellmann 1922, 396-429; Jones 1947, IX; Gourevitch 1989, 237-238; Longrigg 1995, 432; Flashar 2005, 52-54. 118

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e dannoso. In riferimento alle condizioni del corpo, Filistione aveva rilevato che, se il corpo respirava bene e l’aria (πνεÀμα) passava senza trovare impedimenti – la respirazione avveniva non solo tramite naso e bocca ma attraverso tutto il corpo – la salute ne era il risultato. Viceversa se la respirazione non era buona, sopravvenivano le malattie e in vario modo. Una lacuna nel papiro impedisce di conoscere di quali patologie si trattasse121. Dati utili sulla scienza medica di Filistione derivano anche da altre fonti. Galeno lega al medico locrese (e unitamente a Diocle di Caristo) indagini sulla respirazione intesa come capacità di portare refrigerio al calore innato122; Plinio gli attribuisce l’impiego di una bevanda composta da succo di cavolo in latte di capra, con sale e miele per curare l’opistotono123, di una seconda a base di radices staphylini cotte nel latte e allungata con acqua contro idropisia, opistotono, pleurite ed epilessia124, di una terza ricavata dal trifoglio per i celiaci, e riferisce che Filistione prescriveva cibi caldi ai dissenterici125. Il medico locrese inoltre indagò la funzione dell’epiglottide126; studiò le vene definendo ‘aquile’ quelle che arrivavano alla testa passando attraverso le tempie127; riduceva le lussazioni alla spalla usando un apposito strumento128; si interessò di dieta e forse fu autore di scritti sul tema129 ; probabilmente chiamò philistion un preparato di sua invenzione utile nella cura di alcune malattie delle donne130; forse studiò l’anatomia e il funzionamento del

Philistion T 4. Philistion T 6. 123 Philistion T 10B. La malattia era causata dal blocco dell’aria, come attesta Platone: Tim. 84E. 124 Philistion T 12. Già nel V secolo l’autore dello scritto ippocratico De ventis (per la datazione: Jouanna 1994, 411) aveva attribuito alla cattiva circolazione dell’aria nel corpo la genesi di febbri, emorragie, idropisia, paralisi, epilessia: Hipp., Vent. 6-14 Jouanna (= VI 98-114 Littré). 125 Philistion T 11. 126 Philistion TT 7A-C. 127 Philistion T 8. 128 Philistion T 15. 129 Philistion TT 13; 14A-C. 130 Philistion TT 17A-C. 121

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cuore, se si accosta alle sue dottrine lo scritto ippocratico Sul cuore di incerta attribuzione131. Non è dato sapere da chi Filistione avesse appreso i fondamenti dell’arte medica. Il fatto che Celio Aureliano ricordi un Philistionis frater, che fu autore dello scritto De adiutoriis e praticava la medicina132, potrebbe far pensare a una famiglia di medici nell’ambito della quale – come era consuetudine nel mondo greco almeno fino a Ippocrate133 – avrebbe potuto essere avviato alla professione, tuttavia, come già notava Diller, il dato è così dubbio da non autorizzare conclusioni134. Intellettuali alla corte dei due Dionisî Più certe sono invece le notizie relative a quanti, provenienti dalla madrepatria, si interessarono alle dottrine del medico locrese. Anche se il choros di medici di Italía di cui parla Galeno non possa essere interpretato come una ‘scuola medica di Italía’135, i cui rappresentanti sarebbero stati Filistione, Empedocle, Pausania e i loro hetairoi, choros che avrebbe costituito il terzo dopo quello di Cos e Cnido136, tuttavia la notizia attesta che tra V e IV secolo in Sicilia e Magna Grecia lo studio e la pratica della medicina si erano consolidati e avevano espresso figure di spicco. Ora, Empedocle, sebbene non possa essere considerato un medico vero e proprio, tuttavia è ricordato dalla tradizione come allievo di Parmenide e filosofo e medico (φιλόσοφος καὶ ἰατρός)137. 131 Hipp., Cord. 1-5; 6-7; 9-12 Duminil (= IX 81-93 Littré). Per il testo e il relativo commento vd. infra, II Parte, Appendice III. Ivi status quaestionis e bibliografia relativa. 132 Philistion TT 19-20. 133 Jouanna 1994, 11-21; 44-46. 134 Secondo Diller, infatti, il Philistionis frater, di cui parla Celio Aureliano (Philistion TT 19-20), sarebbe un medico completamente sganciato dal Locrese da collocare in epoca ellenistica: Diller 1938, 2408. 135 Sulla definizione di Italía che Galeno (De meth. Med. I 1 Johnston-Horsley) mutuava da Aristotele, vd. infra, Commento a Philistion T 1A e Cartina 2. 136 Philistion T 1A. Sul problema vd. supra, Capitolo Primo e infra, II Parte, Commento ad loc. 137 Parmenid. 28 A.2 Diels-Kranz.

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L’agrigentino scrisse un’opera sulla medicina (Ἰατρικὸς λόγος o Ἰατρικά)138; dedicò un lavoro Sulla natura (Περὶ φύσεως) all’allievo Pausania di Gela139; riportò in vita una donna che non respirava imputandone la morte apparente al raffreddamento del sangue140; curò una certa Pantheia data ormai per spacciata dagli altri medici141. Inoltre, elaborò una teoria sulla formazione dei corpi assai vicina a quella di Filistione: a suo avviso, infatti, tutto l’universo aveva avuto origine da quattro elementi – fuoco, aria, acqua e terra – variamente mescolati o separati per impulso di due fattori: Amicizia e Contesa142. I quattro elementi erano dotati di proprietà contrapposte quali secco, umido, caldo e freddo143. In relazione agli esseri viventi, i nervi nascevano dalla mescolanza di fuoco e terra con il doppio di acqua; le unghie degli animali dai nervi raffreddati dall’aria; le ossa da due parti di acqua e di terra e da quattro di fuoco144. Insieme a Empedocle la tradizione ricorda le figure di altri due medici originari della Sicilia e vissuti prima di Filistione. Oltre al già menzionato Pausania di Gela, le fonti parlano di Erodico di Leontini e soprattutto di Acrone di Agrigento. Se per Erodico il legame con la Grecia solo si intravede – era infatti fratello del retore Gorgia, che trascorse gran parte della sua vita lontano dalla Sicilia tra Atene e la Tessaglia145 –, per Acrone, invece, esso risulta molto forte dal momento che – riferisce Plutarco – si distinse durante la peste che

138 Emp. 31 A.1-2 Diels-Kranz; cfr. Primavesi 2006, 61-75; ma anche Forcignanò 2016, 139-148. 139 Emp. 31 A.1; B.1 Diels-Kranz; cfr. Cerri 2004, 83-93. Su Pausania di Gela (460430 circa): Irby Massie 2008a, 631. Ivi ulteriore bibliografia. 140 Emp. 31 A.1 Diels-Kranz; Suid., s.v. ἄπνους. 141 Emp. 31 A.1 Diels-Kranz. 142 Emp. 31 A.28-30; 32-36; 48; 52A Diels-Kranz; 31 B.17; 20-23; 26; 35; 61; 78 DielsKranz. 143 Emp. 31 A.33 Diels-Kranz. 144 Emp. 31 A.78 Diels-Kranz; cfr. Kingsley 1994, 235-254; Trépanier 1994, 6-9; 3338; Bollack 1997, 1011-1015; Inwood 2001, 12; 59-60; Trépanier 2008, 283-284; Forcignanò 2016, 139-148. 145 Plat., Gorg. 448B; 456B; Suid., s.v. Γοργίας; cfr. Gossen 1912, 979.

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colpì Atene nel 430, indicando nel fuoco lo strumento per debellare la malattia146. Nel IV secolo il mecenatismo di Dionisio I e Dionisio II rese Siracusa meta di molti intellettuali greci. Se Platone vi giunse nel 388 e rientrò ad Atene nello stesso anno dopo tante traversie147, molti soggiornarono più a lungo nella città siciliana durante gli anni della tirannide di Dionisio I. Lo fecero Eschine di Sfetto, seguace di Socrate148; Eunomo, allievo di Isocrate, giunto come ambasciatore nel 393149; l’oratore ateniese Andocide150; il retore Aristotele151; Aristippo di Cirene152; Diogene Cinico153; gli storici Policrito di Mende154, Ermia di Metimna155 e forse l’ateniese Senofonte156. Visse ancora alla corte siracusana, forse già sotto Dionisio I, anche il retore Polisseno rivale di Aristippo157 e impegnato in esercitazioni di dialettica con Dionisio 146 Acron F 3 Wellmann; cfr. Wellmann 1893, 1199; Wellmann 1901, 108-109; Wöhrle 1990, 89-90; Nutton 1996, 887-888; Littman 2008, 52. 147 In fuga da Siracusa per disaccordi con Dionisio, Platone lasciò la città imbarcandosi sulla nave dello spartano Pollide che lo vendette come schiavo a Egina. Lo liberò Anniceride di Cirene pagando per lui un riscatto di 20 o 30 mine e facendolo rientrare ad Atene: Diod. XV 7.1; Nep., Dion 2.3; Plut., Dion 5; D.L. III 19-20; cfr. Stroheker 1952, 230; Sanders 1979, 207-219; Bearzot 1981, 137; Sanders 1987, 21 ss.; Sordi 1992c, 83-91; Muccioli 1999, 152-156. 148 Eschine trascorse un certo periodo a Siracusa e, rientrato ad Atene, divenne retore: D.L. II 62; cfr. Natorp 1893, 1048; Döring 1996, 346-347. 149 Lys., Aristoph. (XIX) 19-20, ma anche Isocr., Antid. (XV) 93; cfr. Bearzot 1981, 123. 150 Vi avrebbe dimorato tra il 405 e il 402: Lys., C. Andoc. (VI) 6-7; cfr. Anello 1996, 385-386 e nt. 14. 151 Aristotele compose uno scritto in replica al Panegirico di Isocrate: D.L. V 35. 152 Aristippo rimase a Siracusa per un periodo assai lungo compreso tra la tirannide di Dionisio I e quella di Dionisio II e, forse nel 361, vi incontrò Platone: D.L. II 73; 83; Plut., Dion 19.3; Lucian., De paras. 33; Menipp. 13 e Schol.; cfr. Stroheker 1958, 100; 216 nt. 82; Loicq-Berger 1967, 156 nt. 4; Muccioli 1999, 172-173. 153 D.L. VI 26; 58; Val. Max. IV 3 ext. 4. Riguardo a questa notizia si mostra scettico Loicq-Berger 1967, 156. 154 Policrito fu autore di uno scritto Su Dionisio: Polycr., FGrHist 559, F 1 = BNJ 559, F 1 e Commento ad loc. di Luraghi 2014. 155 Cfr. Loicq-Berger 1967, 228 e Anello 1996, 388. 156 Così Sordi 1992b, 115 e rimandi allo status quaestionis in nt. 19; ma anche Sordi 2004, 75; contra Sanders 1987, 30 ss. 157 D.L. II 76-77; ma anche [Plat.], Epist. II 310C; 314C; Phainias F 9 Wehrli; cfr. Stegemann 1952, 1857-1859; Stanzel 2001, 85.

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II158, così come Cratistolo legato a Polisseno159, il sofista Licofrone160, i poeti Senarco161, Filosseno162, Antifonte163 e Carcino di Agrigento164. Con la morte di Dionisio I nel 366 e il passaggio della tirannide a Dionisio II Siracusa non perse la sua centralità. Nel 366 Platone fece ritorno nella città165 e, nel 361, vi pervenne per la terza volta166. Il filosofo stimolò l’arrivo di altri importanti uomini di cultura. Tra il 366 e il 361 infatti giunsero Elicone di Cizico167, nonché Eudosso di Cnido con l’allievo Crisippo168, e, nel 361, gli accademici Speusippo169 e Senocrate170, che avrebbero giocato un ruolo importante nella successiva impresa di Dione contro Dionisio II171. La presenza di Platone, le propensioni filosofiche di Dionisio II, i legami del tiranno e di molti siracusani con i circoli pitagorici di Magna Grecia e soprattutto con Archita di Taranto favorirono o Plut., Reg. imp. apophth. Dionys. 2 (= Mor. 176C-D). [Plat.], Epist. II 310C. 160 [Plat.], Epist. II 314D; cfr. Hofmann 1975, 271; Narcy 1999, 570. 161 Suid., s.v. ‛Ρηγίνους. 162 Diod. XIV 46.6; XV 6.2-4; Athen. I 6E-F; Lucian., Adv. indoct. 15; Plut., De tranquill. anim. 12 (= Mor. 471E-F); Schol. ad Aristoph., Plout. 179; Tzetz., Chil. V 160 ss.; Tzetz., ad Aristoph., Plout. 290; cfr. Stroheker 1958, 99. 163 Aristot., Rhet. II 6.1385A; cfr. Stroheker 1958, 100; 216 nt. 78. 164 Polycr., FGrHist 559, F 1 = BNJ 559, F 1 e Commento ad loc. di Luraghi 2014; Diod. V 5.1; Suid., s.v. Καρκίνος; cfr. Stroheker 1958, 100. 165 Plat., Epist. VII 328B-C; 339B; Plut., Dion 10.1; 11.1; cfr. Berve 1957, 771. In questo frangente Platone riuscì a intessere rapporti di xenia e philia tra Archita e i Tarantini e Dionisio II: Plat., Epist. VII 328A; 338C-E; 339D; 350A-B; ma anche [Plat.], Epist. III 317B-C; XIII 360B-C; Plut., Dion 9.2; 18.5-6; cfr. Mele 1981, 269-298; Mathieu 1987, 239-255; Lloyd 1990, 159-173. 166 Plat., Epist. VII 338A-339D; [Plat.], Epist. III 317B-C; Plut., Dion 18.5-6. Ad Archita la tradizione attribuisce il merito di aver poi salvato Platone dal tiranno nel 361: D.L. VIII 79 = Archytas A1 Huffman; Suid., s.v. Ἀρχύτας = Archytas A2 Huffman. 167 [Plat.], Epist. XIII 360C; Plut., Dion 19.6. 168 Crisippo, infatti, seguì il maestro in ogni tappa, come rileva Diogene Laerzio (VIII 86-88); cfr. Helm 1894, 169; Wellmann 1899a, 2509-2510; Nutton 1997b, 1183; Irby Massie 2008b, 474-475. 169 Speus. FF 7; 9; 15; 159 Isnardi Parente; cfr. Isnardi Parente 1980, 210; Muccioli 1999, 272. 170 Xenocr. F 2 Isnardi Parente, ma anche Xenocr. F 12 Isnardi Parente. 171 Nel 360 Speusippo e i suoi compagni fecero azione di spionaggio raccogliendo a Siracusa pareri sulla tirannide e valutando un suo possibile rovesciamento. Provvidero poi a riferire queste notizie a Dione in Grecia: Speus. F 15 Isnardi Parente. 158

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rafforzarono la diffusione della filosofia pitagorica nella città. Aristosseno/Giamblico, infatti, tra i Pitagorici siciliani, ricorda un certo Leptine, nonché i siracusani Damone e Finzia172. A essi si aggiungevano il filosofo Poliarco173, Archedemo, allievo di Archita174, Lamisco175 e, forse, Aristocrito176 e Fotida177, Ecfanto e Iceta178. È dunque nel vivace contesto culturale appena tratteggiato che si inserisce il magistero di Filistione e le sue ricerche in campo medico. Come Platone per la filosofia, allo stesso modo il Locrese pare sia stato elemento di richiamo per la medicina. Un circolo di allievi? Tra quanti dalla Grecia giunsero a Siracusa sotto Dionisio I e Dionisio II alcuni coltivarono interessi anche verso la medicina. Galeno ricorda tra i principali rappresentanti dei medici di Italía Filistione, Empedocle e Pausania e i loro hetairoi (οἱ τούτων ἑταÂροι) facendo credere alla presenza di allievi intorno ai tre personaggi179. Lo scritto pseudo-galenico I rimedi sostitutivi (De succedaneis liber), sia pure molto sommariamente, parla di gente ‘intorno a Filistione’ (οἱ περὶ τὸν Φιλιστίωνα)180. Anche se non si può più parlare di una ‘scuola medica di Italía’, tuttavia sembra assai ragionevole credere che anche Filistione – come tutti i medici di fama – potesse avere avuto degli allievi veri e propri o, per lo meno, aver destato l’attenzione di alcuni intellettuali Iambl., V.P. 267. Poliarco fu molto vicino ad Archita e fece parte dell’ambasceria inviata da Dionisio II a Taranto presso lo stratego: Aristox. F 50 Wehrli. 174 Plat., Epist. VII 339A; 349D; [Plat.], Epist. II 310B; 312D; 313D-E; III 319A. 175 Plat., Epist. VII 350B; D.L. III 22; VIII 80. 176 [Plat.], Epist. III 319A; XIII 363D. 177 D.L. III 22. Su questi personaggi alla corte siracusana, cfr. Muccioli 1999, 216 nt. 592. 178 Originari di Siracusa e coetanei di Archita, Ecfanto e Iceta si occuparono di astronomia. Sulle due figure, su cui si hanno scarsissime notizie, cfr. Huffman 1993, 8 e bibliografia a nt. 12. 179 Philistion T 1A. 180 Philistion T 16. 172

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interessati, tra l’altro, anche alla medicina. Platone con tutta probabilità trasse dal medico locrese gran parte delle dottrine mediche riportate nel Timeo181. Il filosofo, infatti, – come molti hanno evidenziato – in alcune parti del suo scritto sembra riproporre in forma integrale, filtrate o modificate, le teorie di Filistione182. Così indicava in fuoco, terra, acqua, aria (πÀρ καὶ γÇ καὶ ὕδωρ καὶ ἀήρ) le componenti del corpo183 e legava il processo della respirazione a bocca, polmone e pori184. Le malattie – rilevava – potevano essere determinate da eccesso di terra, fuoco, acqua e aria o dal mutamento della loro posizione naturale; dalla decomposizione e dal susseguente mescolamento delle parti del corpo (carne, vene, sangue); da aria, flegma e bile. Se gli altri umori ostacolavano il passaggio dell’aria, questa entrava in misura maggiore da una parte, minore dall’altra. Rimanendo perciò intrappolata non portava refrigerio ad alcune zone e faceva così pressione sulle vene, deformandole, e sul diaframma. Tale blocco poteva causare malattie dolorose denominate tetani e opistotoni185. Unitamente a Platone, anche Eudosso e il suo allievo Crisippo, entrambi originari di Cnido, proprio da Filistione appresero i fondamenti della medicina, come attesta chiaramente Diogene Laerzio186. Eudosso, in momenti diversi della sua vita che le fonti non chiariscono, fece tappa ad Atene, nella Propontide, in Egitto, in Caria, ancora ad Atene. Ricevette poi onori a Cnido e divenne famosissimo tra i Greci187. Al di là della possibile datazione del viaggio in Egitto dove avrebbe appreso molte delle sue conoscenze in astrologia e 181 Secondo Eliano (V.H. XI 11), anche Dionisio I fu esperto nella medicina tanto da essere in grado di praticare l’incisione e la cauterizzazione. Sull’attendibilità della notizia, cfr. Stroheker 1952, 233 nt. 3 e Anello 1996, 388. 182 Cfr. Wellmann 1901, 65 ss.; 94 ss.; Diller 1938, 2407; Jaeger 1938, 212 ss.; BidezLeboucq 1944, 7-40; Schuhl 1960, 73; Miller 1962, 175-187; Lloyd 1968, 78-92; Harris 1973, 42 e 86; Joubaud 1991, 77; Nutton 2000, 816; Manetti 2008a, 649. Per i passi dal Timeo di seguito indicati vd. infra, II Parte, Appendice II. 183 Plat., Tim. 53C; ma anche 82A. 184 Plat., Tim. 78A-79E; cfr. Wellmann 1901, 69 ss.; Solmsen 1956, 544-558; Reiche 1965, 404-408; Harris 1973, 37. 185 Plat., Tim. 82A-84E. 186 D.L. VIII 86; 89 = Philistion TT 3A-B. 187 Eudox. T 7 Lasserre.

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geografia188, quello in Sicilia pare porsi tra il 366 e il 361 ovvero tra il secondo e il terzo soggiorno di Platone alla corte siracusana. Sembra attestarlo Eliano che, ricordandone l’arrivo presso Dionisio II, riferisce che lo scienziato, replicando al tiranno che lo ringraziava per la sua visita, dichiarò di essersi recato a Siracusa solo per incontrare Platone189. Se tra il 366 e il 361 Eudosso incontrò in Sicilia il filosofo ateniese, del quale molti anni prima aveva seguito le lezioni ad Atene190, è probabile che nel medesimo frangente fosse riuscito a migliorare le conoscenze tanto nella geometria, recandosi da Archita nella vicina Taranto, quanto nella medicina attraverso Filistione. Queste ultime si innestavano su quelle che aveva acquisito dal maestro Teomedonte e, con tutta probabilità, in Egitto. Infatti, nonostante nelle fonti non ci sia alcun riferimento in proposito191, appare difficile pensare che, trovandosi in stretto contatto con i sacerdoti egiziani soprattutto a Eliopoli, Eudosso non ne avesse assimilato – in minima o in larga misura – anche le conoscenze nella medicina, branca assai sviluppata in tutto il paese fin dall’epoca dei faraoni192. Di tale debito sembra sia rimasta traccia in un frammento. Gli Egiziani – rilevava Eudosso – avevano posto l’aria, identificata con Zeus, in opposizione a secco e umido, e indicato nell’umido l’elemento in grado di estinguere il secco193. Quanto a Crisippo, la sua formazione è strettamente ancorata – per lo meno nelle fasi iniziali – alle vicende e alle esperienze di Eudosso. Seguendo il maestro si recò giovanissimo in Egitto194 e, con molta probabilità, giunse in Sicilia alla corte di Dionisio II dove fece visita a Platone e conobbe Filistione. Eudox. TT 12; 13; 16; F 287 Lasserre. Ael., V.H. VII 17 = Eudox. T 25 Lasserre. Lo considera un aneddoto privo di fondamento Lasserre 1966, 146; meno drasticamente Krämer 1983, 74. 190 Eudox. T 7 Lasserre. 191 Le fonti si limitano a dire che Eudosso avrebbe condotto ricerche geografiche in Egitto (Eudox. T 13 Lasserre) e appreso dai sacerdoti alcune nozioni di astrologia (Eudox. TT 12; 16 Lasserre, ma cfr. anche T 29 Lasserre, dove Eudosso è detto astronomo egizio). 192 Ad es. Hdt. II 84; III 19-1-2; cfr. Nunn 1997; Squillace 2015a, 13-18; Squillace 2015c, 147-154. 193 Eudox. F 295 Lasserre. 194 Eudox. T 7 Lasserre. 188

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Crisippo sembra aver tratto dall’insegnamento di Filistione più profitto che non Eudosso peraltro molto più interessato – almeno stando ai frammenti superstiti dei suoi scritti – a problemi di astrologia, matematica e geometria. Lo lasciano intendere le fonti, che ricordano medicamenti utilizzati, consigliati o inventati dal medico di Cnido. Essi sembrano richiamare da vicino analoghi preparati a base di erbe, che lo stesso Filistione utilizzava per curare i suoi pazienti. Plinio, ad esempio, nella sua Naturalis Historia non manca di citare sempre insieme, inserendoli tra le sue fonti, sia Filistione sia Crisippo195. Se – ma non ci sono certezze in proposito considerato che la tradizione menziona due medici di nome Crisippo entrambi originari di Cnido ma vissuti in epoche differenti196 – il Crisippo più volte menzionato da Plinio197 fosse il Crisippo che apprese da Filistione la medicina198, allora ci sarebbe una conferma degli interessi (prevalentemente per la botanica), che lo legarono al Locrese. In questo senso è significativo che lo scoliaste a Nicandro attribuisca a Crisippo uno scritto Sugli ortaggi (Περὶ λαχάνων)199. Da esso sembra attingere le sue informazioni Plinio tutte le volte che lo cita. Secondo il naturalista latino, infatti, il medico di Cnido, per favorire il concepimento, prescriveva a digiuno una bevanda di seme di caucalide in vino200; sconsigliava di mangiare zucca201; impiegava, in caso di presenza di sangue nelle urine, una bevanda a base di semi di asparago selvatico, apio e cumino (tre oboli di ciascuno) uniti a due ciati di vino, avvertendo però che tale preparato era controindicato per chi soffriva di idropisia, provocava la diminuzione dello stimolo sessuale, arrecava disturbi alla vescica se non era stato Plin., N.H. I 20-27, Indices = Philistion TT 10A1-8. Si tratta di Crisippo †Ἐρίνεω†, citato da Diogene (VIII 89) e vissuto nella prima metà del IV secolo, e di Crisippo maestro di Erasistrato e nipote del Crisippo †Ἐρίνεω†, vissuto nella seconda metà del IV secolo: cfr. Wellmann 1899a, 2509-2510; Wellmann 1899b, 2510-2511; Garofalo 1988, 17 nt. 131; Nutton 1997b, 1183; Irby Massie 2008b, 474-475; Keyser 2008a, 475. 197 Plin., N.H. I 20-27, Indices = Philistion TT 10A1-8. 198 Così Wellmann 1899a, 2509-2510, e, più di recente, anche Irby Massie 2008b, 474-475. 199 Schol. ad Nic., Ther. 845. 200 Plin., N.H. XXII 83. 201 Plin., N.H. XX 17. 195

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preventivamente sottoposto a bollitura. Inoltre l’acqua di cottura, se bevuta, risultava letale per i cani. Ancora Crisippo (in Plinio) rilevava che il succo di radice di asparago selvatico era utile ai denti e, perciò, consigliava di impiegarlo per i gargarismi202; considerava il basilico dannoso allo stomaco, alla minzione, alla vista e, ritenendolo in grado di provocare pazzia, stati di torpore e disturbi al fegato, ne vietava il consumo203. Il medico di Cnido aveva indagato anche le proprietà terapeutiche del cavolo204 e le caratteristiche dell’apio205 e – stando ancora a Plinio – aveva usato una pianta denominata chrysippios: unita ai fichi secchi era efficace nella cura degli ascessi detti pani206. Come in altri casi attestati dalla tradizione antica, e come forse aveva fatto anche Filistione207, la pianta aveva preso il nome da chi per primo ne aveva studiato e verificato le proprietà terapeutiche208. Eudosso, Crisippo e Platone non furono i soli eredi delle dottrine di Filistione. È possibile che lo fosse stato anche il medico Menecrate, nativo proprio di Siracusa209. Sebbene lo ricordino soprattutto per le sue bizzarrie – assunse infatti il nome di Zeus, scrisse ad Agesilao di Sparta e Filippo di Macedonia firmandosi Menecrate/Zeus, diede ai suoi ex pazienti nomi di divinità210 – le fonti tuttavia non mancano di porne in evidenza anche le doti di medico in grado di curare e guarire malattie gravi e spesso mortali211. È difficile credere che Menecrate, per lo meno nella prima fase della sua formazione, non si fosse giovato delle competenze mediche di un suo concittadino, che ricopriva un ruolo di prestigio ed era Plin., N.H. XX 111. Plin., N.H. XX 119. 204 Plin., N.H. XX 78; XX 93. 205 Plin., N.H. XX 113. 206 Plin., N.H. XXVI 93. 207 Philistion TT 17A-C. 208 Cfr. Squillace 2015a, 105-109. 209 Cfr. Squillace 2012, 38-39. 210 Tale ritratto deriva soprattutto da Ateneo (VII 288C-290A = Menecrat. T 1 Squillace). 211 Anon. Lond. XIX 18-XX 1 Manetti = Menecrat. F 1 Squillace. Sulla figura di Menecrate: Squillace 2012, 9-94; ma anche Squillace 2013a, 271-286; Squillace 2015b, 79-92. 202

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all’apice della carriera e della fama. Come Filistione, anche Menecrate sembra avere avuto contatti col Pitagorismo. Sebbene non ci siano elementi sufficienti per farne un Pitagorico vero e proprio, tuttavia va rilevato che il Siracusano si era ispirato a Empedocle vestendo abiti da Zeus e identificandosi col dio212. Menecrate, inoltre, nell’indicare nella malattia una stasis tra i quattro elementi corporei – sangue, bile, aria e flegma213 – pare avere tenuto conto della lezione di Alcmeone di Crotone, secondo il quale la salute era data dall’isonomia tra gli elementi e la malattia dalla monarchia di un elemento sugli altri214. Dell’arte medica appresa con tutta probabilità a Siracusa Menecrate fece tesoro. Ne beneficiarono direttamente i suoi pazienti, tra i quali la tradizione ricorda lo stratega Nicostrato di Argo, il tiranno Nicagora di Zelea, il giovane Alexarchos, figlio del generale macedone Antipatro, tutti guariti dal medico siracusano da gravi patologie215. I successi ottenuti nel curare gente di rango elevato da malattie spesso mortali determinarono la fama di Menecrate, il cui nome trovò spazio sia nelle rappresentazioni teatrali dei comici ateniesi Efippo e Alessi, abili a sottolineare l’eccentricità del personaggio216, sia nella dossografia di Aristotele e/o Menone sopravvissuta nell’Anonimo Londinese, che ricordava le teorie mediche di Menecrate e ne citava uno scritto Sulla medicina (Ἰατρική)217.

212 Athen. VII 289A-290A = Menecrate T 1 Squillace. Empedocle si era proposto come θεὸς ἄμβροτος, οὐκέτι θνητός e aveva indossato la porpora, sandali sonori di bronzo e una corona apollinea: Emp. 31 A.1 Diels-Kranz; B.112 (Katarmoi 400-404) Diels-Kranz. Anche Ippia, Pitagora e Gorgia vestirono come Empedocle: Emp. 31 A.18 Diels-Kranz. 213 Anon. Lond. XIX 18-XX 1 Manetti = Menecrat. F 1 Squillace. 214 Alcmaeon 24 B.4 Diels-Kranz; cfr. Lloyd 1975, 113-147; Perilli 2001, 55-79; Zhmud 2008a, 61; Zhmud 2014, 97-102. Sulla vicinanza delle teorie di Menecrate a quelle di Alcmeone, cfr. Gourevitch 1989, 247; Squillace 2012, 36-37; 136; ma anche Ricciardetto 2014, XLV. 215 Athen. VII 288C-290A = Menecrat. T 1 Squillace; Clem. Alex., Protr. IV 54 = Menecrat. T 4 Squillace. 216 Ephip. F 17 Kassel–Austin; Alexis F 156 Kassel-Austin entrambi ap. Athen. VII 288C-290A = Menecrat. T 1 Squillace; cfr. Squillace 2012, 76-85. 217 Anon. Lond. XIX 18-XX 1 Manetti = Menecrat. F 1 Squillace.

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Conclusioni La presenza di Filistione a Siracusa, inserita nel dinamico contesto culturale che i due Dionisî avevano favorito, stimolò l’interesse verso la medicina da parte di personaggi provenienti dalla Grecia o originari della città. Erede della tradizione medica magnogreca e siciliana, che aveva avuto come figure di spicco Democede, Alcmeone ed Empedocle e continuava a perpetrarsi soprattutto attraverso il magistero di Filolao, ma anche di Timoteo di Metaponto e Ippone di Crotone218, Filistione fu in grado di agganciare alla pratica anche la speculazione. Elaborò così la teoria sulla composizione dei corpi e le cause delle malattie e fu autore di diversi scritti. Innestata con tutta probabilità su una formazione di stampo pitagorico, la sua dottrina ebbe come eredi Eudosso, Crisippo e, probabilmente, Menecrate, ma soprattutto trovò in Platone il più autorevole ricettacolo nonché il canale più efficace in grado di garantirle la più ampia diffusione.

218

Su queste tre figure vd. infra, I Parte, Capitolo IV.

Capitolo Quarto Tra Grecia, Magna Grecia e Sicilia: Filistione e la circolazione di tradizioni mediche occidentali nella scuola di Platone e Aristotele Insieme alla dottrina di Filistione, l’Anonimo Londinese, attingendo alla dossografia di Aristotele/Menone, riporta anche quella di altri medici, alcuni dei quali furono originari di Magna Grecia e Sicilia. Constatando una complessiva mancanza di accordo sulle cause delle malattie, l’Anonimo raccoglie le opinioni di chi le aveva indicate nei residui della digestione (περιττώματα) o, diversamente, negli elementi costitutivi del corpo (στοιχεÂα). Tanto nel primo quanto nel secondo gruppo inserisce anche figure legate a Magna Grecia e Sicilia e vissute tutte tra V e IV secolo. Nel primo cita Timoteo di Metaponto219 e Ippone di Crotone220, nel secondo Filolao di Crotone221, Menecrate di Siracusa222 e Filistione223. Lasciando da parte le dottrine di Menecrate e Filistione già prese in esame, veniamo a quelle elaborate dai restanti medici. Timoteo riteneva che, allorché la testa era pura e sana, il nutrimento da essa si diramava agevolmente in tutte le parti del corpo. Era questo lo stato di salute. Viceversa, in caso di malattia, i residui si accumulavano nella testa ostruendo i passaggi e dando vita a un umore salato e aspro. Questa sacca, se permaneva a lungo, alla fine si apriva lasciando penetrare il residuo in tutto il corpo e generando malattie differenti in funzione delle parti nelle quali si addensava. Timoteo si era interessato anche all’origine delle malattie

219 Anon. Lond. VIII 11-34 Manetti; cfr. Gourevitch 1989, 239; Nutton 2002, 596; Manetti 2008b, 815; Ricciardetto 2014, XXXVIII. 220 Anon. Lond. XI 23-43 Manetti; cfr. Zhmud 1998a, 605, ma anche Zhmud 2008c, 421. 221 Anon. Lond. XVIII 8-XIX 1 Manetti; cfr. Huffman 2005. 222 Anon. Lond. XIX 18-XX 1 Manetti = Menecrat. F 1 Squillace; cfr. Squillace 2012. 223 Anon. Lond. XX 25-50 Manetti = Philistion T 4.

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della testa che, a suo dire, erano determinate da eccesso di caldo, da eccesso di freddo, da traumi224. Ippone considerava l’umidità la principale qualità del corpo in grado di permettere le percezioni e la vita. Se nel corpo vi era la giusta umidità, allora vi era lo stato di salute; al contrario, se l’umidità si riduceva e subentrava la secchezza, questa causava invecchiamento e insensibilità: lo attestavano le persone in età avanzata. Dopo aver criticato questa prima teoria, l’Anonimo Londinese ne riporta una seconda traendola da un’altra opera del filosofo/medico crotoniate. In base a essa, l’umidità era soggetta a trasformazioni per eccesso di caldo o di freddo. Tali mutamenti provocavano malattie la cui natura l’Anonimo non precisa225. Venendo ai medici che, unitamente a Filistione, avevano posto negli elementi costitutivi (στοιχεÂα) del corpo l’origine delle malattie, l’Anonimo riferisce che Filolao aveva individuato nel caldo la qualità dei corpi. A causare le malattie erano la bile, il sangue e il flegma unitamente all’eccesso di caldo, di freddo, di cibo226. La precisione e – nel caso di Timoteo e Menecrate – l’unicità delle informazioni offerte dall’Anonimo Londinese sui cinque medici d’Occidente induce a chiedersi in che modo e attraverso quali canali la sua fonte – vale a dire Aristotele/Menone – ne fosse venuta in possesso. Questo percorso di indagine sembra più chiaro per Filolao e Filistione, meno per Timoteo, Ippone e Menecrate. Filolao e Filistione Aristotele/Menone e, più in generale, la scuola peripatetica sembrano aver acquisito le dottrine ed eventualmente i testi tanto di Filolao quanto di Filistione secondo modalità per molti versi analoghe. Cicerone e Valerio Massimo ricordano che, dopo la morte Anon. Lond. VIII 11-34 Manetti. Su Timoteo: Gourevitch 1989 238–241; Manetti 2008b, 815. Per un’analisi più articolata sui medici vissuti in Magna Grecia tra VI e V secolo e legati al Pitagorismo, cfr. Zhmud 1997; Zhmud 2014, 88-111. 225 Anon. Lond. XI 23-43 Manetti. 226 Anon. Lond. XVIII 8-XIX 1 Manetti. Sui termini con i quali Aristotele/Menone riporta le teorie di Filolao, cfr. Manetti 1990, 219-233. 224

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di Socrate, Platone si recò in Magna Grecia e Sicilia. Fu in questa circostanza che approfondì le sue conoscenze sul Pitagorismo. A Taranto, infatti, incontrò il pitagorico Archita, mentre a Locri conobbe i pitagorici Echecrate, Timeo e Arione227. Fu durante questo viaggio che entrò in possesso di alcuni libri di Filolao228 il quale, verso la metà del V secolo, dopo l’incendio della sede dei Pitagorici a Metaponto o a Crotone, aveva trovato riparo a Tebe229. Secondo Diogene Laerzio, Platone, in data imprecisata, andò a far visita all’eminente pitagorico230. Del filosofo crotoniate sarebbe riuscito ad acquisire anche i libri secondo tre diverse modalità che ancora Diogene Laerzio riporta. Attingendo a Satiro, ricorda che Platone avrebbe scritto a Dione, cognato di Dionisio I e zio di Dionisio II, pregandolo di comprargli per 100 mine tre libri pitagorici di Filolao231; rifacendosi a Ermippo, rileva che fu Platone stesso, giunto in Sicilia presso Dionisio I o Dionisio II, ad acquistare dai parenti di Filolao per 40 mine d’argento lo scritto del filosofo da cui avrebbe tratto il Timeo232; impiegando fonti imprecisate, attesta che Platone, dopo avere fatto liberare da Dionisio I (o Dionisio II) un allievo di Filolao, ebbe come dono un libro del filosofo pitagorico233. Al di là della natura e dell’origine delle notizie, sembra chiaro da quanto riportato il fortissimo interesse di Platone verso il Pitagorismo e la dottrina di Filolao, uno dei suoi massimi esponenti

Cic., De fin. V 29.87 = Archytas A5b2 Huffman; Val. Max. VIII 7 ext. 2 = Archytas A5b6 Huffman. 228 Archytas A5b1; A5b6 Huffman. Notizia del viaggio e dei filosofi conosciuti anche in Archytas A5b4; A5b5; A5b7; A5b8 Huffman. Cfr. Muccioli 1999, 145-150; Huffman 2005, 32-42. 229 Philol. 44 A.1; A.1A; A.4A Diels-Kranz; cfr. Szabó 1988, 250; Musti 1990, 35-65; Huffman 1993, 1-16; Zhmud 2008d, 651-652; Graham 2014, 46-68. Sull’incendio: Plut., De genio Socrat. 13 (= Mor. 583A); Iambl., V.P. 248 ss. = Philol. 44 A.4A Diels-Kranz. Sulle rivolte antipitagoriche che sconvolsero la Magna Grecia: Mele 1981, 283-285; Cordiano 1999, 301-327. 230 D.L. III 6 = Philol. 44 A.5 Diels-Kranz; cfr. Huffman 1993, 5. 231 D.L. III 9 = Satyr., FHG III 163-164 = Philol. 44 A.8 Diels-Kranz; ma anche D.L. VIII 84 = Philol. 44 A.1 Diels-Kranz; cfr. Berve 1957, 765. 232 D.L. VIII 85 = Hermipp. F 40 Wehrli = Philol. 44 A.1 Diels-Kranz. 233 D.L. VIII 85 = Philol. 44 A.1 Diels-Kranz; cfr. Prontera 1976-1977, 303 nt. 123; Huffman 1993, 5. 227

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tra V e IV secolo. Fu proprio il filosofo ateniese a far avere a Dionisio II alcuni libri pitagorici e alcune delle Divisioni elaborate dai membri della scuola234. Oltre che dai testi, acquisiti in vario modo, Platone avrebbe potuto conoscere la dottrina ed entrare in possesso degli scritti di Filolao sia attraverso il suo amico Archita di Taranto, allievo del filosofo crotoniate235, sia per il tramite dei tanti Pitagorici che popolavano la corte siracusana236. La dottrina e le opere di Filolao avevano trovato dunque diffusione all’interno dell’Accademia grazie a Platone. Allo stesso modo anche la dottrina (e gli scritti?) di Filistione sembrano aver seguito analogo percorso. Come detto, Platone conobbe il Locrese tra il 366 e il 361 e, nello stesso arco di tempo, personaggi legati all’Accademia come Speusippo, Eudosso e Crisippo strinsero con lui rapporti di amicizia237. Se poi – come alcuni hanno ipotizzato238 – si identifica Filistione con il ‘medico di Sicilia’ (ἰατρός τις Σικελªς ἀπὸ γªς), al quale fa riferimento Epicrate in una commedia, impegnato ad Atene a mettere in ridicolo il metodo di indagine dell’Accademia fondato su definizione e divisione delle cose in funzione di genere (γένος) e forma (ε_δος), allora i legami tra il Locrese, Platone e la scuola filosofica ateniese diventano ancora più forti239. È dunque assai probabile che Platone avesse portato nell’Accademia – in forma orale o attraverso degli scritti – molte informazioni sulle dottrine di Filolao e Filistione. Lo strettissimo legame tra Platone e Aristotele, che del maestro raccolse l’eredità pur prendendo le distanze dal successore Speusippo, favorì la circolazione di questi dati anche nel Peripato. Potè giovarsene Aristotele/Menone nella costruzione della sua dossografia medica.

[Plat.], Epist. XIII 360B. Archytas A5c2 Huffman. 236 Iambl., V.P. 267; cfr. Squillace 2012, 26-27. 237 Vd. supra, Capitolo III. 238 Vd. supra, Capitolo I. 239 Epicrat. F 10 Kassel-Austin. Su tale metodo di ricerca anche Speus. FF 38-47 Isnardi Parente; cfr. Isnardi Parente 1980, 256 ss.; ma anche Balme, 1962, 81-98; Repici 2000, 144-145; 175-179. 234

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Timoteo, Ippone e Menecrate Per il percorso seguito dalle dottrine e dagli scritti di Timoteo e Ippone e Menecrate si hanno dati meno probanti. Oltre a Menecrate di cui si è detto, anche Timoteo e Ippone sembrano legati al Pitagorismo o avere qualche debito con esso. Nella dottrina di Timoteo l’indicazione della testa come centro nel quale si accumulava il nutrimento nello stato di salute, il residuo nella condizione di malattia sembra suggerire un legame con le teorie del pitagorico Alcmeone di Crotone che, tra la fine di VI e l’inizio del V secolo, aveva posto nel cervello la sede di tutte le percezioni e uno dei luoghi – insieme al sangue e al midollo – in cui avevano origine le malattie240. La provenienza del medico da Metaponto, centro del Pitagorismo tra V e IV secolo241, offre poi un elemento in più. Quanto a Ippone, già Giamblico, ricavando il dato dal peripatetico Aristosseno, lo inserisce nel catalogo dei Pitagorici e lo indica come originario di Samo242. Invece Aristotele/Menone, Censorino e Sesto Empirico lo collegano rispettivamente a Crotone, Metaponto e Reggio243, centri fortemente legati al Pitagorismo di V e IV secolo244. Aristotele/Menone è l’unico a ricordare la dottrina di Timoteo e Menecrate e a citare sia lo scritto Sulla medicina del medico siracusano, sia due testi di Ippone, di cui non fornisce il titolo. Già questo dato porta a credere che – per lo meno per Ippone e 240

55-79.

Alcmaeon 24 A.5-8; 10; B.4 Diels-Kranz; cfr. Lloyd 1975, 113-147; Perilli 2001,

Mele 2010, 173-206. Iambl., V.P. 267 = Hippon 38 A.1 Diels-Kranz. Sulla derivazione del catalogo da Aristosseno, cfr. Mele 2013, 130; 139; Zhmud 2014, 91, ma vd. anche infra. 243 Anon. Lond. XI 23-43 Manetti = Hippon 38 A.11 Diels-Kranz; Cens., De die natali V 2 = Hippon 38 A.1 Diels-Kranz; Sext. Emp., Pyhhr. Hyp. III 30 = Hippon 38 A.1 DielsKranz, ma anche Hippol., Ref. I 16, p. 18.15 = Hippon 38 A.3 Diels-Kranz; cfr. Jouanna 1994, 270-271; Zhmud 2008c, 421. 244 Cfr. Mele 2007; Mele 2010, 173-206; Mele 2013, 1-4; 27 ss.; ma anche Zhmud 1998a, 605. Zhmud indica Ippone come ‘Pythagoreischer Naturphilosoph’: Zhmud 1998a, 605; ma anche Zhmud 2008c, 421; Zhmud 2014, 103-104. Pone in relazione le teorie di Ippone con quelle di Talete la Gourevitch (1989, 242). 241

242

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Menecrate – avesse avuto sotto mano gli scritti sui quali, estrapolandone i dati di suo interesse, costruiva la sua dossografia. Ora, in che modo la scuola peripatetica era entrata in possesso delle dottrine (e forse dell’opera) di Timoteo e dei testi di Ippone e Menecrate? Se per Timoteo non si dispone di alcun elemento, viceversa per Ippone e Menecrate qualche indizio viene dai commediografi ateniesi. Cratino, infatti, nella commedia Panoptai menziona Ippone indicandolo come philosophos245; Efippo e Alessi ricordano invece Menecrate e le sue bizzarie246. Questo fa pensare che i due personaggi fossero noti rispettivamente nell’Atene di V e di IV secolo tanto da comparire – non si sa in che ruolo vista la frammentarietà dei lavori – in alcune commedie. Non si può escludere che ancora Platone avesse acquisito anche gli scritti di Ippone nel corso di uno dei suoi viaggi in Magna Grecia e Sicilia unitamente a quelli di Filolao e di altri Pitagorici. Allo stesso modo non si può escludere a priori che Aristotele fosse venuto in possesso dello scritto di Menecrate dopo averlo conosciuto personalmente in Macedonia. Nel 343, infatti, il filosofo ateniese fu chiamato da Filippo come maestro del giovane Alessandro247 e, forse nello stesso arco di tempo, Menecrate curò e guarì in Macedonia Alexarchos, figlio del generale Antipatro248, quest’ultimo legato da stretta amicizia ad Aristotele e ai più importanti filosofi ateniesi249. 245

XL.

Crat. F 167 Kassel-Austin = Hippon 38 A.2 Diels-Kranz; cfr. Ricciardetto 2014,

246 Ephip. F 17 Kassel-Austin; Alexis F 156 Kassel-Austin = Menecrat. T 1 Squillace; cfr. Squillace 2012, 76-85. 247 Plut., Alex. 7-8; Alex. Fort. Aut Virt. 4 (= Mor. 327E-F); Plin., N.H. VIII 44; Quint., Inst. Or. I 1.23; Dio Chr., Or. XLIX 4; Ael., V.H. IV 19; Athen. IX 398E; Iustin. XII 16; cfr. Daskalakis 1965, 160-180; Heckel 2006, 51 248 Clem. Alex., Protr. IV 54.3-5 = Menecrat. T 4 Squillace; ma anche Strab. VII F 15A 6-28 Radt; Plin., N.H. IV 36-37; Athen. III 98D-F; cfr. Squillace 2012, 22; 154-165. 249 D.L. IV 8-9; V 11-13; VI 44; 66; Suid., s.v. Ἀντίπατρος, ll. 5-6; cfr. Jaeger 1938, 6265; Baynham 1994, 331; 335 nt. 16; Bearzot 1999, 35-74. Su Antipatro: Berve 1926, II, n. 94; Kanatsoulis 1958-1959, 14-64; Heckel 1992, 38-49. Ateneo, ripreso da Eliano ed Eustazio, ricorda poi una lettera di Menecrate a Filippo e un banchetto del medico e del suo seguito alla corte macedone: Athen. VII 289F = Menecrat. T 1 Squillace; Ael., V.H. XII 51 = Menecrat. T 3 Squillace; Eustath., Comm. Iliad. XI, v. 515, cap. 859-860, ll. 63-64 van der Valk = Menecrat. T 7.2 Squillace. Sul carattere di questa tradizione, cfr. Squillace 2012, 68-85.

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A fronte di questa prima ipotesi se ne pone una seconda ugualmente plausibile. Essa trova forza nell’organizzazione della scuola peripatetica e nelle modalità con le quali Aristotele e i suoi allievi raccolsero notizie e scritti su ogni campo scientifico. Quest’attività fu avviata proprio da Aristotele, che diede origine nel Peripato a una biblioteca e adottò un efficace sistema di organizzazione dei dati raccolti, poi mutuato dai Tolomei nell’allestimento della loro biblioteca ad Alessandria250. Fu Teofrasto a continuare all’interno della scuola il lavoro di raccolta intrapreso dal maestro, arricchendo ulteriormente una biblioteca, che prima pervenne nella mani di Neleo di Scepsi, poi venne acquistata da Tolomeo Filadelfo, secondo quanto riferisce Ateneo251. Dei testi e dei dati confluiti nella biblioteca del Peripato evidentemente poterono fare uso Aristotele e i suoi allievi. Essi erano utilissimi nella compilazione delle dossografie che, per loro natura, si fondavano sulla lettura e la sintesi dei testi presenti nella scuola e/o sull’utilizzo di informazioni pervenute in altra forma252. Aristotele, ad esempio, nella Metafisica fece una sintesi delle teorie dei primi filosofi greci trasformandole in doxai253. Realizzò un lavoro analogo per i retori greci in uno scritto nel quale – rileva Cicerone – presentava la storia della retorica partendo dai primi inventori, Corace e Tisia, passando per Protagora, Gorgia, Antifonte e Lisia, e arrivando ai retori a lui contemporanei254. Al pari del maestro, anche Teofrasto, sia nelle opere Sui sensi e Opinioni dei fisici sia in una serie di scritti monografici, discusse le speculazioni di numerosi filosofi presocratici 250 Strab. XIII 1.54 CC 608-609: ὁ γοÀν Ἀριστοτέλης τὴν ἑαυτοÀ Θεοφράστῳ παρέδωκεν, ­περ καὶ τὴν σχολὴν ἀπέλιπε, πρ¾τος -ν ἴσμεν συναγαγὼν βιβλία καὶ διδάξας τοὺς ἐν Αἰγύπτῳ βασιλέας βιβλιοθήκης σύνταξιν. Cfr. Blum 1991, 99-104; Canfora 1986, 26; Berti, in Berti-Costa 2010, 54. 251 Athen. I 3A: […] Ἀριστοτέλην τε τὸν φιλόσοφον καὶ τὸν τὰ τούτων διατηρήσαντα βιβλία Νηλέα· παρ᾽ οå πάντα, φησί, πριάμενος ὁ ἡμεδαπὸς βασιλεὺς ΠτολεμαÂος, Φιλάδελφος δὲ ἐπίκλην, μετὰ τ¾ν Ἀθήνηθεν καὶ τ¾ν ἀπὸ Ῥόδου εἰς τὴν καλὴν Ἀλεξάνδρειαν μετήγαγε. […]. Cfr. Blum 1991, 52-62; Berti, in Berti-Costa 2010, 52-55; 101-159; Squillace 2013b, 155-178. 252 Sulla natura dei lavori dossografici: Runia 1999, 33-55; van der Eijk 2009, 107116. 253 Aristot., Metaph. I 3-7.983B20-988B20; cfr. Zhmud 2006, 154-164. 254 Cic., De invent. II 2; De orat. II 38.160; Brut. 12 = Aristot. FF 136-138 Rose.

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agganciandole a un tema255, mentre, nei lavori a tema botanico, non mancò di impiegare e criticare le dottrine di filosofi e botanici come Anassagora e Clidemo256, Empedocle257, Democrito258, Menestore259. Se nella prima metà del IV secolo Platone può essere considerato il ponte principale tra Magna Grecia, Sicilia e Grecia, nella seconda metà del secolo due allievi diretti di Aristotele come Aristosseno di Taranto e Dicearco di Messana costituirono canali privilegiati tra il Peripato e l’Occidente coloniale. Proprio ad Aristosseno si deve la raccolta della maggior parte dei dati su Pitagora, Pitagorismo e Pitagorici. Ne avrebbero fatto uso sia Aristotele sia i suoi allievi all’interno del Peripato. Aristosseno, in particolare, se ne servì per comporre tre suoi scritti: due vertevano su Pitagora e la sua dottrina, un terzo, di carattere biografico, era dedicato al pitagorico Archita260. Aristosseno riuscì a raccogliere tradizioni anche assai rare. Con tutta probabilità gli derivavano dal padre Spintharos che, insieme al maestro Senofilo, gli aveva impartito un’educazione di tipo pitagorico261; dai Pitagorici Fantone, Echecrate, Diocle e Polimnesto, che egli aveva conosciuto a Fliunte262; dagli intellettuali tarantini legati al Pitagorismo, tra i quali spiccava ai suoi tempi la figura di Archita263. Ad Aristosseno, infatti, è ormai unanimemente attribuito l’elenco dei Pitagorici contenuto nella Vita di Pitagora di Giamblico. Si tratta, come è noto, di una serie di personaggi – di cui in molti casi solo il filosofo tarantino riusciva a conservare memoria – tra i quali, come detto, compariva anche il nome di Ippone264.

Theophr., De sens. passim; D.L. V 48; Theophr., FHSG F 137 nn. 6A-B; 27-40; FF 224-230. 256 Theophr., H.P. III 1.4 = Anaxag. 59 A.117 Diels-Kranz. 257 Theophr., C.P. I 12.5; I 21.5 = Emp. 31 A.70 Diels-Kranz. 258 Theophr., H.P. VI 1.6; VI 2.1; C.P. II 11.7; VI 2.3; VI 7.2; VI 17.11 = Democr. 68 A.129-132; 162-163 Diels-Kranz. 259 Theophr., H.P. I 2.3; V 9.6; V 3.4; C.P. I 17.3; I 21.5-7; II 4.3; VI 3.5 = Menestor 32 A.2-7 Diels-Kranz. 260 Aristox. FF 11-50 Wehrli; cfr. Muccioli 2002, 374; Kaiser 2010, XI; Zhmud 2012b, 223-249; Huffman 2014, 285-295. 261 Aristox. F 1 Wehrli. 262 Aristox. FF 18-19 Wehrli. 263 Aristox. FF 47-50 Wehrli; cfr. Mele 2013, XX-XXI; XXIX. 264 Iambl., V.P. 267; cfr. Rohde 1901, 171; Burkert 1972, 105 nt. 40; Giangiulio 1991, 255

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Talora le informazioni acquisite da Aristosseno poggiavano solo su tradizioni orali: è il caso della storia dell’amicizia tra i Pitagorici Damone e Finzia, che il filosofo aveva appreso a Corinto attingendola direttamente dalla voce dall’ex tiranno di Siracusa Dionisio II265; è il caso di un aneddoto relativo ad Archita che il padre gli aveva narrato. Archita – stando a Spintharos –, dopo essere tornato da una spedizione contro i Messapi, si era recato in una sua tenuta. Avendo constatato che i servi l’avevano completamente trascurata durante la sua assenza, si era adirato con loro. Quest’ira, però, – aveva rilevato Archita – aveva costituito una fortuna per i servi, che in questo modo avevano evitato la punizione266. Anche Dicearco di Messana, uno dei più autorevoli membri della scuola peripatetica con Teofrasto, Fania, Eudemo e Aristosseno267, si occupò di Magna Grecia e Sicilia. Il filosofo, ad esempio, nei suoi scritti parlava dell’introduzione del kottabos in Sicilia268. Come Aristosseno, fu affascinato da Pitagora e raccolse notizie sulla vita del filosofo269. Da alcuni frammenti delle sue opere si evince un suo grande interesse verso la medicina. In particolare, riteneva che l’armonia tra i quattro elementi corporei, caratterizzati dalle qualità del caldo, del freddo, dell’umido e del secco, venisse a formare l’elemento incorporeo dell’anima270; parlava delle pestilenze che avevano determinato la caduta delle civiltà271; spiegava la minore incidenza delle malattie sugli uomini con le minori fatiche e il

445; Muccioli 2002, 366; Zhmud 2008e, 547; Zhmud 2012a, 109 ss.; Zhmud 2012b, 236242; Mele 2013, 130; 139; . 265 Aristox. F 31 Wehrli. 266 Iambl., V.P. 197 = Aristox. FF 30; 49 Wehrli = Archytas A7 Huffman. 267 Dicaearch. F 2 Wehrli = F 4 Mirhady; cfr. Martini 1903, 546 ss.; Lynch 1972, 7578. Sugli interessi di Dicearco, cfr. Cannatà Fera 2002, 97-110. 268 Heges., FHG IV 419 ap. Athen. XI 479D-E; cfr. Dicaearch. F 97 Wehrli = F 109 Mirhady. 269 Dicaearch. FF 33-36 Wehrli = FF 40-42 Mirhady; cfr. White 2001, 210-214; Huffman 2014, 281-285. 270 Dicaearch. FF 11-12E Wehrli (Commento ad loc. di Wehrli 1967, 44-46) = FF 21A-B; 22 Mihardy. Sul concetto di anima, cfr. Caston 2001, 175-193; Sharples 2001, 143-173. 271 Dicaearch. F 24 Wehrli (Commento ad loc. di Wehrli 1967, 49-50) = F 78 Mihardy; cfr. Martini 1903, 548.

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consumo di alimenti più semplici272; si soffermava sul morbo sacro (ἱερὰ νόσος) ricordando che esso era detto anche ‘morbo di Eracle’ (Ἡράκλειος νόσος) perché aveva aggredito l’eroe reduce dalle sue fatiche273. Dunque i dati su Timoteo, Ippone e Menecrate potrebbero essere stati acquisiti da Aristosseno e Dicearco nell’ambito del lavoro di raccolta di informazioni e scritti avviato dal loro maestro Aristotele e diventato elemento caratterizzante della loro scuola. Come fecero per Pitagora, Pitagorismo e Pitagorici, allo stesso modo essi, in forma parallela, potrebbero aver acquisito anche le tradizioni mediche fiorite in Magna Grecia e Sicilia. Queste ultime inglobavano la dottrina (e in alcuni casi gli scritti) di Timoteo, Ippone e Menecrate. Tali dati diventavano patrimonio della scuola dove trovavano utilizzo. Un esempio in questo senso è costituito dalla dottrina (e forse dallo scritto) del pitagorico Menestore di Sibari acquisita con tutta probabilità da Aristosseno, appunto, e confluita per suo tramite nel Peripato274. Poteva farne uso Teofrasto in grado di apprendere direttamente nella scuola le speculazioni di Menestore e di confutarle nelle sue opere a tema botanico275. Come le dossografie di Aristotele su filosofi e retori, anche quella sui medici redatta da Aristotele/Menone e confluita nell’Anonimo Londinese comprimeva in doxai i testi nei quali la dottrina era stata pienamente esplicitata. Un esempio di questo modo di procedere è costituito dalle indagini di Platone sulla medicina276, di cui Aristotele/Menone trovava notizia nel Timeo277. Si trattava di uno scritto certamente presente nella scuola e come tale facilmente consultabile. Per Ippone e Menecrate, la citazione dei loro scritti nella dossografia porta a credere che Aristotele/Menone li avesse

272 Dicaearch. FF 47-66 Wehrli (Commento ad loc. di Wehrli 1967, 56 ss.) = FF 5367; 70; 72-73; 76-77 Mihardy; cfr. Martini 1903, 557. 273 Dicaearch. F 101 Wehrli (Commento ad loc. di Wehrli 1967, 74) = F 68 Mihardy. 274 Cfr. Zhmud 2008e, 547-548; Squillace 2014b, 59-79, Zhmud 2014, 102-103. 275 Theophr., H.P. I 2.3; V 9.6; V 3.4; C.P. I 17.3; I 21.5-7; II 4.3; VI 3.5 = Menestor 32 A.2-7 Diels-Kranz; cfr. Squillace 2014b, 59-79. 276 Anon. Lond. XIV 12-XVIII 8 Manetti. 277 Plat., Tim. 31B-32C; 78A-79E; 82A-84E. Per i passi vd. infra, Appendice II.

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consultati. Un utilizzo non sporadico (almeno per Ippone), se si considera che tanto Aristotele nella Metafisica, quanto Teofrasto ne Le ricerche sulle piante riportavano e contestavano la dottrina di questo medico278.

Conclusioni Dunque, Aristotele/Menone acquisiva i dati sui cinque medici d’Occidente dalla biblioteca del Peripato. Le notizie e/o gli scritti vi erano pervenuti attraverso due canali distinti: per Filolao e Filistione attraverso Platone e l’Accademia; per Timoteo, Ippone e Menecrate con tutta probabilità attraverso i peripatetici Aristosseno e Dicearco. Utilizzandoli e trasformandoli in doxai Aristotele/Menone consentiva la salvaguardia e la trasmissione di notizie preziose e talora uniche su personaggi – come Timoteo e Menecrate – dei quali altrimenti non ci sarebbe traccia alcuna. Nel caso specifico di Menecrate, poi, ne salvava dall’oblio il ritratto professionale presentandolo come medico competente, in grado di spingersi oltre la pratica, formulare una dottrina e metterla per iscritto in un testo Sulla medicina279: un profilo, questo, ben diverso dalla maschera caricaturale di medico arrogante elaborata dai commediografi Efippo e Alessi e diventata un aneddoto succulento nella restante parte di tradizione280.

278 Aristot., Metaph. I 3.984A.3 = Hippon 38 A.7 Diels-Kranz; Theophr., H.P. I 3.5 = Hippon 38 A.19 Diels-Kranz. 279 Anon. Lond. XIX 18-XX 1 Manetti = Menecrat. F 1 Squillace. 280 Ephip. F 17 Kassel-Austin; Alexis F 156 Kassel-Austin = Menecrat. T 1 Squillace; cfr. Squillace 2012, 76-85.

SECONDA PARTE Testi, traduzione e commento storico

Introduzione Prima di passare ai testi e al commento occorre chiarire un problema assai spinoso ripreso e rilanciato anche di recente in seminari e convegni di studio: la natura e il metodo di selezione di un Testimonium e di un Fragmentum. Se è più semplice distinguere un Testimonium, che riporta dati biografici o notizie sparse sulle opere e la dottrina di un dato autore, viceversa è più complicato individuare e selezionare un Fragmentum generalmente considerato come parte di uno scritto riportata ipsissima verba da una fonte281. Tale distinzione non è sempre agevole tanto meno unanimemente accettata. Già Felix Jacoby per Die Fragmente der griechischen Historiker, Part I-III (1923-1958) e, più di recente, Guido Schepens e Stephan Schorn per Die Fragmente der griechischen Historiker Continued, (Part IV 1998 ss.)282 hanno considerato Fragmentum la citazione, anche non ipsissima verba, di un brano da uno scritto specifico di un determinato autore. Venendo poi a lavori di argomento più strettamente medico, già Wellmann, fin dal titolo della sua raccolta (Die Fragmente der sikelischen Ärzte), indicava come Fragmente dei Testimonia, così come, più di recente, Fritz Steckerl (The Fragments of Praxagoras of Cos and His School, 1958) e Ivan Garofalo (Erasistrati Fragmenta, 1988) nei rispettivi lavori su Prassagora ed Erasistrato283. La relatività di questa distinzione – peraltro non sempre indispensabile ai fini della ricostruzione della biografia e della dottrina di un medico – è stata messa in evidenza da von Staden nella sua edizione di Erofilo (Herophilus: The Art of Medicine in Early Alexandria, 1989), da van der Eijk in quella su Diocle di Caristo (Diocles Sul problema, esplorato da differenti punti di osservazione e con differenti conclusioni, vd. i diversi contributi in Most 1997 [in particolare di Schepens (144-172) e Hanson (289-314)], ma anche Most 2010, 371-377. Sul tema rimane sempre illuminante l’articolo di Brunt 1980, 477-494. 282 Cfr. Schepens 1997, 144–172; Schepens 1998, VII-XXI. 283 Steckerl 1958; Garofalo 1988. 281

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of Carystus, 2000-2001), da Brunt in un articolo ormai classico (On Historical Fragments and Epitomes, 1980). Se von Staden indicava come Fragment “where there is reason to believe that a literal quotation from an authentic work by Herophilus or a Herophilean is intended by an ancient source […]. All other texts will be referred to as Testimonia (T)”284, van der Eijk evidenziava l’oggettiva difficoltà di operare questa distinzione, dal momento che “there is no absolute certainty that these words faithfully reflect the way in which he (the author) espressed himself. Some apparent quotations, such as (Diocles) FF 55B and 40, are more likely to be the fabrications based on views by Diocles and made up by the reporting author for the reasons of vividness of presentation”285, mentre Brunt rilevava quanto segue: “I prefer the term ‘reliquiae’ to ‘fragment’, a term which most naturally suggests verbal quotation; in actual fact every collection of ‘fragments’ abounds in mere allusions, paraphrases, and condensations, which are often very inadequate mirrors of what the lost historians actually wrote”. In alcuni casi – sottolineava ancora Brunt – “use of the word ϕησί or the like, followed by oratio recta, is no garantee of verbal exactitude, though oratio obliqua may, on the other hand, include actual quotiations. [He (= the author) can sometimes indicate that he is giving the ipsissima verba by an introductory formula such as γραφεὶ κατὰ λέξιν and mark an omission by inserting the words μετʼ ὀλίγα]. [...] Quotations are rare and hard to distinguish from paraphrases and summaries. Even the latter may echo the original text closely. But so-called quotations may be verbally incorrect. Whether or not citations preserve some of the original words, they may alter the original sense by omissions, additions, or other distortions, especially when they are made for polemical purposes. ‘Fragments’ and even epitomes reflect the interests of the authors who cite or summarize lost works as much as or more than the characteristics of the works concerned. [...] Only long excerps reveal something of an authos’s quality, and then we need to be assured that they are representative”286.

von Staden 1989, XVIII. van der Eijk 2000, XIV-XVI, part. XVI. 286 Brunt 1980, 477; 479; 483; 494. 284

285

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Nonostante Wellmann li indicasse come Fragmente, tutti i testi su Filistione vanno considerati dei Testimonia. Essi infatti riportano semplici notizie di ordine biografico; citano il Locrese in elenchi che comprendono perlopiù medici e filosofi di IV e III secolo; ne ricordano sommariamente parte della dottrina in contesti narrativi assai ampi e articolati. Per Filistione, dunque, il problema di fondo non è tanto separare un Testimonium da un Fragmentum, quanto stabilire perché una fonte lo nomini; in quale contesto inserisca la citazione; se lo menzioni con spirito polemico per prenderne le distanze e dimostrare l’infondatezza della dottrina o, più semplicemente, all’interno di un elenco di medici del passato accomunati da qualche elemento dottrinale. In altri termini, l’attenzione va spostata dal citato (Filistione) alla fonte che lo cita, esaminando il cosiddetto ‘covertext’, secondo l’efficace definizione di Schepens287, e procedendo, laddove possibile, a una Quellenforschung, che prenda in considerazione il contenuto dello scritto nel quale la citazione ricorre e le coordinate letterarie e culturali del suo autore288.

Organizzazione della raccolta La menzione di Filistione ha costituito il criterio principale per la selezione dei testi e la loro inclusione nella raccolta. Non ne fanno parte, perciò, il frammento di Epicrate, che parla di ‘un medico di Sicilia’ nell’Accademia di Platone; i passi del Timeo relativi alla medicina; il trattato ippocratico Sul cuore: tutti in vario modo legati o accostati al Locrese. Per completezza di informazione i tre testi compaiono comunque nelle tre Appendici finali. Tale collocazione, da una parte, serve a tenerli distinti dai Testimomia veri e propri, dall’altra, ne evidenzia comunque la connessione – più o meno forte – con Filistione e la sua dottrina.

Schepens 1997, 166-168. Sia Most (1997, Introduzione, VI-VII) sia Schepens (1997, 168) sia, più di recente, Sonnino (2017) e Candau (2017) hanno evidenziato in vario modo questi elementi. 287

288

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In linea di massima la raccolta riprende la numerazione stabilita da Wellmann, anche al fine di renderne più semplice la consultazione. Il numero del Testimonium, dunque, coincide in linea di massima con quello assegnato dallo studioso tedesco. Tuttavia l’inserimento, come veri e propri Testimonia, di passi paralleli, che Wellmann si limitava a segnalare in nota come semplice citazione e perlopiù senza testo, ha reso necessaria l’introduzione di lettere. Così, ad esempio, il Fragment 7 tratto da Plutarco e corredato, con indicazione in nota, da due altri passi da Plutarco e Gellio, è stato differenziato diventando così T 7A, T 7B, T 7C. Analoga operazione è stata fatta per i testi assenti nella raccolta di Wellmann ma di contenuto affine ad altri. Così, ad esempio, il Fragment 1, contrassegnato come T 1A, è stato affiancato da un nuovo testo indicato come T 1B; il Fragment 2, contrassegnato come T 2A, è stato abbinato ai nuovi testi T 2B e T 2C. Una numerazione differente è stata attribuita, invece, ai Fragmente 18-19 indicati come T 19 e T 20 e contrassegnati come Testimonia dubia, mentre come T 18 è stato indicato un passo da Galeno assente in Wellmann e diverso per contenuto dagli tutti gli altri Testimonia. Le Concordanze finali pongono in parallelo le due raccolte, mentre la Tabella 1 rende visibile in forma sinottica il contenuto di tutti i Testimonia. La maggior parte dei testi sono tratti da edizioni critiche anche recenti segnalate in elenco. Vengono riportati perlopiù senza apparato critico dal momento che nessuno di essi presenta problemi testuali di rilievo in grado di alterare il dato. Peraltro, riprodurre comunque l’apparato critico senza un’effettiva necessità avrebbe appesantito oltre misura la raccolta, che non intende presentare una nuova edizione critica di passi eterogenei, quanto offrire un quadro di testimonianze – il più completo e aggiornato possibile – su Filistione, personaggio sul quale ancora molto ci sfugge.

Giuseppe Squillace Filistione di Locri

Tabella 1

65

T

Fonte

1A

Galeno

1B

Galeno

1C

Galeno

Cause delle malattie (Filistione inserito in un elenco di medici e filosofi)

Dottrina

2A 2B-2C

Pseudo-Platone Lettere socratiche

Filistione medico di Dionisio II a Siracusa

Biografia

3A-3B

Diogene Laerzio

Eudosso e Crisippo allievi di Filistione

Biografia

4

Anonimo Londinese

Dottrina di Filistione: 1. I quattro elementi corporei (fuoco, aria, acqua, terra) abbinati alle quattro proprietà (caldo, freddo, umido, secco); 2. Le cause delle malattie; 3. La circolazione dello pneuma

Dottrina

5

Galeno

Caldo, freddo, secco, umido. Il caldo è determinante per la formazione degli umori (Filistione inserito in un elenco di medici e filosofi)

Dottrina

6

Galeno

La respirazione

Dottrina

Plutarco

Dottrina

7A-7B

Notizia

Tipologia del dato Filistione fa parte del choros di Biografia Italía’ Regime e malattie (Filistione Dottrina inserito in un elenco di medici e filosofi)

7C

Gellio

Funzione dell’epiglottide (Filistione inserito in un elenco di medici e filosofi)

8

Rufo

Terminologia medica

Dottrina

9

Ateneo

Regime alimentare

Dottrina

10A; 10B; Plinio

Uso di medicamenti ricavati dalle

66

Giuseppe Squillace Filistione di Locri 11-12 13

piante Ateneo

Filistione aveva composto uno scritto Sulla cucina

Biografia

14A; 14B; Galeno 14C

Opera Sulla dieta: Filistione tra i probabili autori

Biografia

15

Oribasio

16

Pseudo-Galeno De succedaneis 17A; 17B Corpus Hippocraticum 17C Galeno 18

Galeno

19-20 Celio Aureliano (Dubia)

Attrezzo chirurgico impiegato da Filistione Allievi di Filistione

Biografia

Pianta o medicamento denominato philistion Nome assegnato alla febbre (Filistione inserito in un elenco di medici e filosofi)

Dottrina

Medico frater Philistionis

?

Edizioni critiche di riferimento (Testimonia e Appendici finali)

Bendz

G. Bendz (ed.), Celii Aureliani. Celerum Passionum Libri III; Tardarum Passionum Libri V, Corpus Medicorum Latinorum, VI.1-VI.2, Berlin 1990-1993

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F. Bourbon (éd.), Hippocrate. Nature de la femme, Tome XII, I Partie, Paris 2008

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J. Burnet (ed.), Platonis opera, Voll. I-V, Oxonii 1900, Repr. Oxford 1967

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M. Casewitz – [D. Babut], (édd.), Plutarque. Oeuvres morales, Tome XV, I Partie, Paris 2004

Daremberg-Ruelle C. Daremberg - C.É. Ruelle (édd.), Du nom des parties du corps, in Oeuvres de Rufus d’Éphèse, Paris 1879, Repr. Amsterdam 1963 Dorandi

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Isnardi Parente M. Isnardi Parente (a cura di), Speusippo. Frammenti, Edizione, traduzione e commento, Napoli 1980 Johnston-Horsley I. Johnston – G.H.R. Horsley (eds.), Galen. Method of Medicine, I (Books 1–4), Cambridge 2011 Julien

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J. Sykutris, Die Briefe des Sokrates und der Sokratiker, “Studien zur Geschichte und Kultur des Altertums” XVIII.2, Paderborn 1933

TESTIMONIA

T 1A Galenus, De methodo medendi I 1 (pp. 8-10 Johnston-Horsley = X 5-6 Kühn) καὶ πρόσθεν μὲν ἔρις cν οὐ σμικρὰ, νικÇσαι τ½ πλήθει τ¾ν εὑρημάτων ἀλλήλους ὀριγνωμένων τ¾ν ἐν Κ½ καὶ Κνίδῳ· διττὸν γὰρ ἔτι τοÀτο τὸ γένος cν τ¾ν ἐπὶ τÇς Ἀσίας Ἀσκληπιαδ¾ν, ἐπιλιπόντος τοÀ κατὰ Ῥόδον· ἤριζον δ’ αὐτοÂς τὴν ἀγαθὴν ἔριν ἐκείνην, ἣν Ἡσίοδος ἐπῄνει καὶ οἱ ἐκ τÇς Ἰταλίας ἰατροὶ, Φιλιστίων τε καὶ ἘμπεδοκλÇς καὶ Παυσανίας καὶ οἱ τούτων ἑταÂροι· καὶ τρεÂς οåτοι χοροὶ θαυμαστοὶ πρὸς ἀλλήλους ἁμιλλωμένων ἐγένοντο ἰατρ¾ν· πλείστους μὲν οçν καὶ ἀρίστους χορευτὰς ὁ Κ½ος εὐτυχήσας ε_χεν, ἐγγὺς δ’ ἔτι τούτου καὶ ὁ ἀπὸ τÇς Κνίδου, λόγου δ’ cν ἄξιος οὐ σμικροÀ καὶ ὁ ἀπὸ τÇς Ἰταλίας.

Traduzione Galeno, Metodo terapeutico I 1 (pp. 8-10 Johnston-Horsley = X 5-6 Kühn) E in passato vi fu una non piccola competizione tra i medici che vivevano a Cos e Cnido. Essi cercarono di superarsi a vicenda per il numero di scoperte. Questa stirpe degli Asclepiadi d’Asia era allora duplice, essendo scomparsa la stirpe di Rodi. Erano in competizione con loro, in quella sana rivalità che Esiodo lodava289, anche i medici originari dell’Italía, vale a dire Filistione, Empedocle290 e Pausania e i loro seguaci. Questi tre circoli (choroi) di medici in competizione tra loro erano molto ammirati. Il circolo di Cos dunque ebbe la fortuna di avere rappresentanti più numerosi e migliori. A questo (seguiva) il circolo di Cnido. Tuttavia degno di non poca considerazione fu anche quello che ebbe origine in Italía.

289 290

Hes., Erga 24. Emp. 31 A.3 Diels-Kranz.

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Commento La notizia si colloca nei capitoli introduttivi del De methodo medendi, opera in 14 libri composta (almeno i primi sei) intorno al 172 d.C.291. Nel passo Galeno parla di choroi di medici, termine che, fin dal Kühn, è stato reso col termine scholae/scuole determinando non pochi equivoci specie in relazione al choros di Italía292. Più di recente Hankinson prima ha sottinteso il termine ‘school’ e l’ha usato diffusamente nel commento, poi ha reso choroi come ‘groups’293, mentre Johnston e Horsley hanno tradotto choroi con ‘troupes of doctors’294. È chiaro che passo non può essere preso alla lettera. Galeno, infatti, parlando di medici, usa un’evidente metafora che richiama la danza: così i medici sarebbero simili a dei gruppi di danzatori (choroi), quanti in vario modo li seguono – allievi ma forse anche ex pazienti o curiosi – a dei choreutai impegnati a seguire i movimenti del ballo295. Il riferimento agli antichi (πρόσθεν) choroi di Cos, Cnido e Rodi e a quello di Italía (ἐκ τÇς Ἰταλίας/ἀπὸ τÇς Ἰταλίας) ricade nella polemica di Galeno contro i medici contemporanei attratti più dai piaceri che dalla professione e dallo studio296. Bersaglio principale è il metodico Tessalo di Tralle che – rileva Galeno –, pur essendo di umili origini, era diventato uno dei medici più famosi sotto Nerone e aveva svalutato la professione riducendone l’apprendistato a soli sei mesi. In questo modo aveva ottenuto larghi consensi e attratto una schiera di allievi, molti dei quali, prima impegnati in lavori manuali e vili, solo successivamente, attirati dalla brevità del percorso formativo, che garantiva l’accesso a una professione prestigiosa e in grado di procurare guadagni, avevano deciso di dedicarsi alla medicina. Di Cfr. Hankinson 1991, XXXIV; Johnston-Horsley 2011, LXX. Kühn 1825, 5-6. Sul problema relativo alla ‘scuola medica di Italía’ ipotizzata dal Wellmann vd. supra, I Parte, Capitolo I. 293 Hankinson 1991, 5; 87. 294 Johnston-Horsley 2011, ad loc. 295 Per il significato di χορός/χορευτής: Chantraine 19842, 1269-1270. 296 Galen., De meth. med. I 1 Johnston-Horsley (= X 2-4 Kühn). 291

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questo redditizio mestiere, che sviliva il ruolo di medico, Tessalo non aveva mancato di vantarsi. Sul suo monumento pubblico, ubicato sulla via Appia, si era definito infatti come ‘vincitore dei medici’ (iatronices)297 e, forte del suo successo, aveva osato addirittura inviare una lettera a Nerone nella quale aveva sostenuto l’assoluta necessità di dare vita a una nuova scuola – la metodica – in considerazione della grande incompetenza dimostrata dai medici del passato, Ippocrate compreso298. È in tale contesto polemico, dunque, che Galeno affronta il tema del metodo terapeutico (θεραπευτικὴ μέθοδος), che – rileva – era stato avviato dagli antichi e man mano perfezionato. Proprio in questo suo sguardo al passato introduce il discorso sui circoli/‘scuole’ mediche nel quale ricade anche il nome di Filistione. Galeno cita il Locrese nell’introduzione del suo scritto allorché distingue tra una competizione positiva (ἀγαθὴ ἔρις), già lodata da Esiodo e in uso nel passato299, che induceva i contendenti a superarsi reciprocamente al fine di ottenere risultati eccellenti per il bene comune, e una competizione negativa (ἔρις πονερά) che, in voga ai suoi tempi, aveva portato invece allo scontro in nome della fama e alla critica feroce delle teorie elaborate dai medici del passato300. La competizione negativa, appunto, aveva caratterizzato, a suo avviso, i choroi di Cos, Cnido e di Italía. Se i primi due toponimi indicano località ben precise sedi di scuole mediche, Italía fa riferimento invece a un contesto territoriale variamente indicato dalle fonti antiche301. È assai probabile, considerata la sua formazione filosofica che

Galen., De meth. med. I 1 Johnston-Horsley (= X 4-5 Kühn); Plin., N.H. XXIX 9: eadem aetas Neronis principatu ad Thessalum transilivit, delentem cuncta placita et rabie quadam in omnis aevi medicos perorantem, quali prudentia ingenioque, aestimari vel uno argumento abunde potest, cum monumento suo, quod est Appia via, iatronicen se inscripserit. 298 Galen., De meth. med. I 1-2 Johnston-Horsley (= X 7-8 Kühn). Su Tessalo di Tralle: André (1987) 1995, 42; Korpela 1987, 175-176, nr. 117; Pigeaud 1993, 587-599; Vegetti 1994, 1704-1707; Marasco 1998, 258-259, nr. 44; Scarborough 2008a, 804-805; Tieleman 2008, 59; Boudon-Millot 2012, 199-202; 275-277; Cassia 2012, 104-105; Buonopane 2016, 496-497; 502. 299 Hes., Erga 24. 300 Galen., De meth. med. I 1 ss. Johnston-Horsley (= X 5 ss. Kühn). 301 Sul termine Italía e la sua definizione geografica: Mele 2011, 33-66 (ivi ulteriore bibliografia), ma anche supra, I Parte. 297

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inizialmente fece capo a quattro maestri dei quali uno stoico, un altro platonico, un terzo peripatetico, un quarto epicureo302, che Galeno mutuasse dalla Politica di Aristotele la definizione geografica di Italía nella quale collocava il choros di medici. Il filosofo ateniese infatti l’aveva indicata come la penisola a sud dell’Europa compresa tra il golfo Scilletico e il golfo Lametico distanti uno dall’altro mezza giornata di cammino: si trattava della parte meridionale dell’odierna Calabria303. Sulla base di quanto detto, dunque, Galeno con l’espressione choros di Italía non indica genericamente medici qui Italiam incolebant e (schola) quae Italia florescebat304, o ‘the Italian doctors’ e una ‘Italian school’305, o ancora ‘the Italian doctors’ and ‘(the school) from Italy’306, ma, riprendendo la definizione aristotelica di Italía, fa riferimento piuttosto alla Magna Grecia e alla striscia di territorio che dall’istmo lametico-scilletico arrivava fino a Reggio307. La tradizione fa risalire le scuole mediche di Cos e Cnido all’epoca mitica e al medico Podalirio, figlio di Asclepio e, col fratello Macaone, medico dei Greci durante la guerra di Troia308. Terminato il conflitto, Podalirio si sarebbe stabilito a Syrno/Syrna in Caria. Successivamente i suoi figli, depositari delle conoscenze mediche trasmesse loro dal padre, avrebbero scelto come loro dimora Cos e Cnido, dove avrebbero dato origine a due scuole309. L’esistenza delle due scuole in polemica tra loro è prefigurata già nell’incipit del trattato ippocratico Regime delle malattie acute nel quale l’autore, evidentemente un

Cfr. Boudon-Millot 2012, 37-44. Aristot., Pol. VII 10.1329B:: φασὶ γὰρ οἱ λόγιοι τ¾ν ἐκε κατοικούντων Ἰταλόν τινα γενέσθαι βασιλέα τÇς Οἰνωτρίας, ἀφ᾽ οå τό τε ὄνομα μεταβαλόντας Ἰταλοὺς ἀντ᾽ Οἰνωτρ¾ν κληθÇναι καὶ τὴν ἀκτὴν ταύτην τÇς Εὐρώπης Ἰταλίαν τοὔνομα λαβεÂν, ὅση τετύχηκεν ἐντὸς οçσα τοÀ κόλπου τοÀ ΣκυλλητικοÀ καὶ τοÀ ΛαμητικοÀ· ἀπέχει δὲ ταÀτα ἀπ᾽ ἀλλήλων ὁδὸν ἡμισείας ἡμέρας. Vd. infra, Cartina 2. 304 Così Kühn 1825, 5. 305 Così Hankinson 1991, 5 e 87 nella sua traduzione e nel suo commento. 306 Così Johnston-Horsley 2011, 9; 11. 307 Cfr. De Sensi Sestito 1999, 39-74. 308 Su Podalirio e Macaone: TT 135-216 Edelstein [= Edelstein-Edelstein 1945 (1998)]. Cfr. Edelstein-Edelstein 1945 (1998), II, 7-21 e passim; Rigato 2013, 48-49; Squillace 2015a, 30. 309 Theop., FGrHist 115, F 103.13 (= BNJ 115, F 103.13) = Asclepius T 212 Edelstein; cfr. Squillace 2015a, 30. 302

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medico di Cos, attacca lo scritto Sentenze cnidie composto dalla scuola rivale310. Di essa dà conferma lo stesso Galeno in un passo nel quale riferisce della polemica di diversi medici di Cnido, tra i quali Ctesia, contro Ippocrate di Cos a proposito del metodo impiegato per ridurre la lussazione dell’articolazione del gomito311. La novità del passo dal De methodo medendi consiste nella menzione di un choros collocato in Italía e/o composto da figure originarie dell’Italía, che avrebbe avuto come insigni rappresentanti Empedocle, Filistione e Pausania. Anche se, come detto, l’idea di una ‘scuola medica’ vera e propria sviluppatasi tra V e IV secolo è stata ormai accantonata312, tuttavia in Magna Grecia fin dal VI secolo vissero numerosi medici, alcuni dei quali molto noti. Nel VI secolo si pone Democede di Crotone che, dopo aver appreso la medicina da suo padre Callifonte, si mise in luce come medico pubblico a Egina e Atene, e come medico di corte presso il tiranno Policrate di Samo e il re persiano Dario I, prima di fare ritorno avventurosamente in patria313. Tra VI e V secolo, ancora a Crotone, la medicina trovò pieno sviluppo attraverso personalità di primissimo piano, quali Alcmeone di Crotone, forse legato a Pitagora e alla scuola pitagorica, Ippone e Filolao314. Tra VI e V secolo la medicina trovò notevole sviluppo anche nella colonia focese di Elea dove – stando ad alcune iscrizioni – vissero diversi medici315. Di Taranto poi pare fosse originario il medico Iccos vissuto nel V secolo316, mentre a Metaponto la tradizione connette il nome di Timoteo, anch’egli di V secolo, la cui

310 Hipp., Acut. 1-3 Joly (= II 224-245 Littré). Sulle scuole mediche di Cos e Cnido: Smith 1973, 569-585; Jouanna 1974; Thivel 1981; Lonie 1987, 42-75; Di Benedetto 1990, 97-112; Jouanna 1994, 51-53; Jouanna 1997, 802-805; Andorlini-Marcone 2004, 30; Squillace 2015a, 51-62. 311 Galen., In Hipp. De art. Comm. IV 40, XVIII.1, 731 Kühn. 312 van der Eijk 2000, IX, ma vd. anche supra, I Parte, Capitolo I. 313 Hdt. III 129-134.1; ma anche Suid., s.v. ∆ημοκήδης; cfr. Squillace 2008, 29-62; Squillace 2015a, 44-47; Lopez 2016; in tutti ulteriore bibliografia. 314 Su queste figure vd. supra, I Parte, Capitoli III-IV. 315 Cfr. Gigante 1967, 487-490; Pugliese Carratelli 1985, 34-38; Pugliese Carratelli 1986, 108-111; Pugliese Carratelli 1990, 269-280; Ebner 1997; Vecchio 2001, 237-269; Vecchio 2004, 16-26; Squillace 2015a, 50-51. 316 Su Iccos di Taranto: Zhmud 2008b, 432.

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dottrina è ricordata dall’Anonimo Londinese317. Tra VI e V secolo infine si colloca Menestore di Sibari, noto per le sue ricerche nel campo della botanica e tra le fonti di Teofrasto per le opere sulle piante318. Sulla base di questa tradizione, dunque, l’indicazione in Galeno di un choros medico legato all’Italía sembra avere una sua logica. Introducendo la polemica contro il metodico Tessalo di Tralle che, a suo avviso, non avrebbe tenuto nella debita considerazione gli insegnamenti provenienti dai medici del passato, Galeno cita in forma cursoria la fama dei medici di Cos e Cnido e associa a essi come choros anche quelli di Italía. Anche se essi non avevano dato origine a una scuola vera e propria, come era avvenuto invece a Cos e Cnido, tuttavia si inserivano in una tradizione medica largamente attestata e consolidata che aveva avuto come punto di riferimento Pitagora e i Pitagorici. In vario modo furono legati al Pitagorismo Tanto Empedocle319, Pausania320 e lo stesso Filistione. Come detto, quest’ultimo difficilmente potè sottrarsi all’influenza dei Pitagorici sparsi in Magna Grecia e Sicilia e presenti in gran numero anche a Locri Epizefiri e Siracusa321.

Su Timoteo, vd. supra, I Parte, Capitoli III-IV. Sul personaggio: vd. supra, I Parte, Capitolo IV. 319 Emp. 31 A.1 Diels-Kranz; Iambl., V.P. 267 (= 58 A.1 Diels-Kranz); cfr. Trépanier 2008, 283-284. 320 Emp. 31 A.1 Diels-Kranz; 31 B.1 Diels-Kranz; cfr. Irby Massie 2008a, 631. 321 Vd. supra, I Parte, Capitoli III-IV. 317 318

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T 1B Galenus, De methodo medendi I 3 (pp. 42-44 Johnston-Horsley = X 26-28 Kühn)322 […] ὁ τολμηρότατος Θεσσαλὸς ἁπλ¾ς ἀποφηνάμενος ἀξιο πιστεύεσθαι δύο τὰ πάντ’ ε_ναι κατὰ δίαιταν νοσήματα τὰ γοÀν ἁπλª καὶ πρ¾τα καὶ ο]ον στοιχεÂα, τρίτον γὰρ ἐξ αὐτ¾ν ἄλλο γεννªται τ½ λόγῳ σύνθετον, ἐπιπεπλεγμένον ἐξ ἀμφοÂν. ἀλλ’ εἴπερ μεθόδῳ τινὶ ταÀτ’ ἐξεÀρες, ὥσπερ οçν ἀλαζονεύῃ, τί οὐχὶ καὶ ἡμÂν ἔφρασας αὐτὴν, ἀλλὰ πªν τοὐναντίον, ἢ κατὰ τοὔνομα τὸ σεμνὸν, ­ προσαγορεύεις σαυτὸν, ἀμεθοδώτατε καὶ προπετέστατε, τὴν ἀπόφασιν ἐποιήσω, μηδ’ οçν μηδὲ τÇς ἀρχÇς αὐτÇς ἐφαψάμενος, ἀφ’ bς ἀναγκαÂόν ἐστιν ἄρξασθαι τὸν μέλλοντα καλ¾ς οὑτινοσοÀν πράγματος ἐξευρήσειν εἴδη τε καὶ διαφορὰς οἰκείας; περὶ παντὸς γὰρ, á παÂ, μία ἀρχὴ ἀρίστη, εἰδέναι περὶ ὅτου ἡ ζήτησις, ἢ πάντα ἁμαρτάνειν ἀνάγκη, Πλάτων πού φησιν, οὐκ εἰς τὸ διαιρεÂν μόνον ὁτιοÀν ἀξι¾ν ἡμªς ἀπ’ αὐτÇς ἄρχεσθαι τοÀ ζητουμένου τÇς οὐσίας, ἀλλ’ εἰς ἅπαν ἀεὶ χρÇσθαι σκέμμα τ½ τοιούτῳ τρόπῳ τÇς ἀρχÇς. ἐχρÇν μὲν οçν κᾀνταÀθα τί ποτέ ἐστιν νόσημα καὶ τί σύμπτωμα καὶ τί πάθος ἀκριβ¾ς εἰπόντα, καὶ διορισάμενον ὅπῃ ταὐτόν ἐστιν ἕκαστον τ¾ν εἰρημένων καὶ ὅπῃ μὴ ταὐτὸν, οὕτως ἤδη πειρªσθαι τέμνειν εἰς τὰς οἰκείας διαφορὰς αὐτὰ, καθ’ ἣν ἐδίδαξαν ἡμªς οἱ φιλόσοφοι μέθοδον· ἢ εἴπερ ἑτέραν τινὰ βελτίω τÇς παρ’ ἐκείνων γεγραμμένης ἐξεÀρες, αὐτὸ τοÀτο πρότερον ἀγωνίσασθαι, καὶ δεÂξαι καὶ διδάξαι τοὺς Ἕλληνας ὡς ὁ παρὰ τοÂς ἱστοÂς τραφεὶς ὑπερεβάλετο μὲν Ἀριστοτέλη καὶ Πλάτωνα μεθόδοις λογικαÂς, κατεπάτησε δὲ Θεόφραστόν τε καὶ τοὺς Στωϊκοὺς ἐν διαλεκτικÄ, φανερ¾ς δ’ ἐξήλεγξε τοὺς ἑταίρους αὐτ¾ν ἅπαντας, οὐδὲ τίνα ποτ’ ἐστὶ τὰ πρ¾τα νοσήματα γινώσκοντας, τὸν Ἡρόφιλον ἐκεÂνον τὸν διαλεκτικὸν, καὶ τὸν συμφοιτητὴν αὐτοÀ

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Il testo non è presente nella raccolta di Wellmann (1901).

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Φιλότιμον, καὶ τὸν διδάσκαλον αὐτοÀ Πραξαγόραν τὸν ἀπὸ ἈσκληπιοÀ, καὶ σὺν τούτοις τε καὶ πρὸ τούτων Ἐρασίστρατον, ∆ιοκλέα, Μνησίθεον, ∆ιευχÇ, Φιλιστίωνα, Πλειστόνικον, αὐτὸν Ἱπποκράτην. τὸ δ’ ἁπλ¾ς ἀποφήνασθαι δύο ε_ναι τὰ πάντα πάθη κατὰ δίαιταν, οὐ μέθοδον, οὐκ ἀπόδειξιν, οὐ πιθανὴν πίστιν, οὐ παραμυθίαν, οὐδ’ ὅλως οὐδὲν ἄλλο προσθέντα, πλὴν εἰς τοὺς παλαιοὺς βλασφημήσαντα, προστάττοντός ἐστιν ἔργον, οὐ διδάσκοντος.

Traduzione Galeno, Il metodo terapeutico I 3 (pp. 42-44 Johnston-Horsley = X 26-28 Kühn) Ora l’audacissimo Tessalo, parlando senza fornire alcuna argomentazione, ritiene si possa credere che esistano due sole malattie che derivano dal regime: si tratterebbe delle malattie semplici e delle malattie primarie e, per così dire, basilari. Infatti, secondo il ragionamento, da queste due viene generata una terza composta da entrambe. Ma se, come tu ti vanti, hai scoperto queste cose sulla base di un metodo di indagine particolare, per quale motivo non ce ne metti a conoscenza e, invece, in totale opposizione al nome venerando con cui ti nomini (= Metodico), uomo senza metodo e arrogante, hai fatto un’affermazione senza dichiarare il principio stesso da cui deve partire chi si accinge a trovare correttamente le forme e le opportune differenze di qualsiasi fatto? «Ragazzo, il migliore punto di partenza di ogni indagine è uno solo: sapere su cosa stai indagando. In caso contrario è inevitabile che si cada completamente nell’errore323». Questo afferma Platone, ritenendo opportuno che noi partiamo dalla natura stessa di ciò che stiamo cercando, senza usare soltanto il 323

106.

Plat., Phaedr. 237B-C. Sui problemi sollevati dal passo, cfr. Hankinson 1991,

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sistema della divisione di ogni cosa, e che impieghiamo questo modo di iniziare in ogni ricerca. In questa occasione allora sarebbe stato necessario definire accuratamente che cos’è una malattia, che cos’è un sintomo, che cos’è un’affezione, e distinguere in che modo ognuno degli elementi precedentemente menzionati abbia punti di somiglianza con l’altro o ne differisca, e allora tentare di distinguere le malattie in funzione delle proprie differenze, in accordo col metodo che i filosofi ci hanno tramandato. Ora, se tu hai scoperto un metodo migliore di quello scritto da loro, allora per prima cosa devi argomentarlo, poi devi mostrare e insegnare ai Greci in che modo uno, cresciuto tra i telai, abbia superato Platone e Aristotele nel metodo logico, abbia calpestato Teofrasto e gli Stoici nella dialettica e abbia apertamente confutato tutti i loro seguaci, che non avrebbero conosciuto che cosa siano le malattie prime. (Mi riferisco) a Erofilo il dialettico324, al suo allievo Filotimo325, al loro maestro Praxagora l’Asclepiade326 e ai loro contemporanei e predecessori, Erasistrato327, Diocle328, Mnesiteo329, Dieuche330, Filistione, Pleistonico331 e lo stesso Ippocrate. Dire semplicemente che ci sono solo due malattie legate al regime, senza un metodo, senza una dimostrazione, senza una prova convincente, senza un’argomentazione persuasiva, senza l’aggiunta di alcunché, se non gli insulti contro gli antichi, è l’azione di un despota, non di un maestro.

324 Heroph. T 10 von Staden e Commento in von Staden 1989, 61-62. Su Erofilo: von Staden 1989. 325 Phylot. in Prax. F 45 Steckerl. Su Filotimo allievo di Prassagora: Steckerl 1958, 3; 108-123; ma anche Manetti 2008c, 664. 326 Prax. F 45 Steckerl. Su Prassagora: Steckerl 1958; Tieleman 2005, 726-727; Manetti 2008h, 694-695; Lewis 2017. 327 La citazione non compare nell’edizione di Garofalo 1988. Su Erasistrato: Garofalo 1988, 3 ss.; Scarborough 2008e, 294-296. 328 Diocl. F 15 van der Eijk e Commento in van der Eijk 2001, 26-27. 329 Mnesith. F 4 Bertier. Su Mnesiteo: Manetti 2008f, 260-261. 330 Dieuch. F 2 Bertier. Su Dieuche: Manetti 2008e, 245-246. 331 Pleist. in Prax. F 45 Steckerl. Su Pleistonico: Steckerl 1958, 3; 124-126; Manetti 2008d, 670.

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Commento In questo passo assente nella raccolta di Wellmann, Galeno inserisce Filistione in un lungo elenco di medici e filosofi del passato. Come per T 1A, anche in questo caso tema di fondo è la violenta invettiva contro il metodico Tessalo. Oggetto di polemica è l’individuazione delle malattie legate al regime. Tessalo ne aveva distinto tre: due primarie, una terza derivata dalle prime due, ma senza fornire un’adeguata spiegazione alla sua tesi. Invitando Tessalo a chiedersi cosa sia una malattia (νόσημα), cosa un sintomo (σύμπτωμα), cosa un’affezione (πάθος), il medico di Pergamo non solo richiama alla lettera un passo dal Fedro di Platone che invitava a tenere sempre fede al metodo di ricerca332, ma ricorda anche filosofi e medici del passato – in particolare Platone, Aristotele e Ippocrate e i medici ippocratici tutti essenziali nella sua formazione333 – che avevano dato origine a un metodo di indagine basato sulla chiara dimostrazione di ogni tesi334. Tra i medici del passato compare anche Filistione che, evidentemente, come gli altri aveva seguito tale metodo scientifico. Come in T 1A, anche in questo caso Galeno non dà notizie sul Locrese. L’unico elemento che implicitamente fornisce è la fama di Filistione meritevole di essere annoverato tra i medici più celebri che, in forma più o meno marcata, avevano seguito l’indirizzo di ricerca dogmatico335. Nell’elenco Filistione fa da cerniera tra Ippocrate e i medici vissuti tra la seconda metà del IV e la prima metà del III secolo. Si tratta di Prassagora, Erofilo, Filotimo, Erasistrato, Diocle, Mnesiteo, Dieuche e Pleistonico: tutti in vario modo si erano interessati all’origine delle malattie e alle relative terapie336. Disponendoli in un Plat., Phaedr. 237B-C. Cfr. De Lacy 1972, 27-39; Boudon-Millot 2012, 37-44; 273-277. 334 Su questo metodo: Vegetti 1994, 1683. 335 Cfr. Nutton 1990, 246-247. Su questo indirizzo: Nutton 1997c, 727-728. 336 Cfr. Hankinson 1991, 107-108; Johnston-Horsley 2011, XXIV-XLVIII, ma anche le relative voci su ciascuno di essi citate nelle note precedenti. 332

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elenco, che poggiava su dati cronologici precisi ma, nella maggior parte dei casi, non era suffragato dalla lettura diretta dei testi337, Galeno li propone come modello per l’apprendimento del corretto metodo di indagine sia a Tessalo sia a quanti si accostavano allo studio della medicina338. Vale la pena rilevare come Plinio citi molti dei medici menzionati nel passo del De methodo medendi come sue fonti per i libri XX-XXVII della Naturalis Historia dedicati ai rimedi tratti dal mondo vegetale339. Non si può escludere che i loro interessi fossero stati assai vicini a quelli di Filistione. .

van der Eijk 2001, 115. Sul problema vd. infra, commento a Philistion T 5. Sul richiamo di filosofi e medici del passato negli scritti di Galeno: Manetti[Roselli] 1994, 1569-1571; Vegetti 1994, 1682. 339 Plin., N.H. I 20-27 Indices = Philistion T 10A1-8, vd. infra. 337

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T 1C Galenus, De methodo medendi II 5 (pp. 170-172 Johnston-Horsley = X 110-111 Kühn) τοÂς γὰρ ἀποχωρήσασι μὲν τ¾ν λογικ¾ν ἀποδείξεων, ὅτι δ’ Ἡρόφιλος οὕτως ἐκέλευσεν ἢ Ἐρασίστρατος, ἀξιοÀσι πιστεύειν, ἀνάγκη πªσαν λοιδορίαν καὶ μάχην ἀκολουθÇσαι, τὰ θαυμαστὰ τ¾ν νÀν διαλόγων oθλα. φέρε γὰρ ἑτέρου μέν τινος λέγοντος ὡς τ½δέ τινι τ½ μὴ πέπτοντι καλ¾ς ἡ γαστὴρ δύσκρατος ἐπὶ τὸ ξηρότερόν τε καὶ ψυχρότερον ἐγένετο, καὶ διὰ τοÀτ’ αὐτὴν ὑγραντέον τ’ ἐστὶ καὶ θερμαντέον, ἑτέρου δέ τινος, ἐκτροπÇς τοÀ κατὰ φύσιν ἐπὶ τὸ ψυχρότερόν τε καὶ ὑγρότερον ἀπεργασθείσης, θερμὰ καὶ ξηρὰ τὰ διαιτήματα προσφέρεσθαι συμβουλεύοντος· καὶ ἄλλος τις τρίτος παρελθὼν, ὡς μὲν οὐκ ὀρθ¾ς εἴρηται τ¾ν εἰρημένων ὁτιοÀν μηδ’ ἐπιχειρήσειεν ἀντειπεÂν, μόνον δ’ ἐπιτιμ¾ν ὡς περιττὰ ζητοÀσι, καὶ μάρτυρα τὸν Ἐρασίστρατον ἢ τὸν Ἡρόφιλον ἐπάγοιτο· π¾ς οὐχ, ὅπερ ἔφην, ἀρχὴ διαφορªς ἐντεÀθεν ἔσται καὶ λοιδορίας τÇς πρὸς ἀλλήλοις; ἀνάγκη γὰρ δήπου κἀκείνους, Ἀθήναιον καὶ Μνησίθεον καὶ ∆ιοκλέα καὶ Πλειστόνικον, Ἱπποκράτην τε καὶ Φιλιστίωνα καὶ μυρίοις ἑτέρους τοιούτους ἐπικαλέσαθαι μάρτυρας. εἰ γὰρ δὴ κατὰ μάρτυρας χρὴ διαιρεÂσθαι τὸν λόγον, οὐ σμικρ½ τινὶ κρατήσουσιν· ὅτι τε γὰρ τÇς νοσώδους δυσκρασίας εἴδη πολλὰ καὶ ὅτι καθ’ ἕκαστον ἡ θεραπεία διάφορος οὐχ Ἱπποκράτην μόνον, ἢ ἄλλους παμπόλλους ἰατροὺς, ἀλλὰ καὶ Πλάτωνα καὶ Ἀριστοτέλην καὶ Θεόφραστον καὶ Ζήνωνα καὶ Χρύσιππον, ἅπαντάς τε τοὺς ἐλλογίμους φιλοσόφους παρεχόμενοι μάρτυρας· ὅτι τε χωρὶς τοÀ τὴν φύσιν εὑρεθÇναι τοÀ σώματος ἀκριβ¾ς οὐχ ο]όν τ’ ἐστὶν οὔτε περὶ νοσημάτων διαφορªς ἐξευρεÂν οὐδὲν οὔτε ἰαμάτων εὐπορÇσαι προσηκόντως, ἅπαντας πάλιν τοὺς νÀν εἰρημένους μοι φιλοσόφους τε καὶ ἰατροὺς, οὐ προστάττοντας μὰ ∆ί’ ὡς οåτοι δίκην τυράννων, ἀλλ’ ἀποδεικνύντας παρέξονται.

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Traduzione Galeno, Il metodo terapeutico II 5 (pp. 170-172 Johnston-Horsley = X 110-111 Kühn) A quanti si sono allontanati dalle dimostrazioni logiche e ritengono giusto credere è necessario, dal momento che Erofilo ed Erasistrato hanno esortato in tal senso, che arrivi ogni forma di insulto e di disputa: la meravigliosa ricompensa degli odierni dibattiti. Supponiamo che uno affermi che questo tale non riesce a digerire bene dal momento che il suo stomaco è in uno stato di squilibrio per eccesso di secco e di freddo e, di conseguenza, c’è bisogno di umidificarlo e di riscaldarlo; mentre un altro ritenga che l’allontanamento dalla condizione naturale sia stato determinato da eccesso di freddo e di umido e consigli l’assunzione di cibi caldi e secchi. Poi (supponiamo che) arrivi un terzo il quale, ritenendo che nulla sia stato detto correttamente, non cercasse di confutarli ma, solo biasimandoli per aver indagato cose inutili, chiamasse a testimoni Erasistrato340 ed Erofilo341. Come ho detto, come non può essere questa discordanza di vedute all’origine di una disputa e di uno scambio di ingiurie tra loro? Anche i primi chiamerebbero dei testimoni, (e cioè) Ateneo342, Mnesiteo343, Diocle344, Pleistonico345, Ippocrate346, Filistione e molti altri di questo calibro. Se occorre decidere la disputa sulla base delle personalità interpellate, allora essi vinceranno con non piccolo margine. Infatti come testimoni del fatto che esistono numerosi tipi di cattivo temperamento portatore di Il passo non compare in Garofalo 1988. Heroph. T 273 von Staden. 342 Si tratta di Ateneo di Attalia medico della scuola pneumatica vissuto nel I secolo d.C.: Touwaide 2008b, 176-177. 343 Mnesith. F 3 Bertier. 344 Diocl. F 52 van der Eijk. 345 Pleist. F 5 Steckerl. 346 Galeno non fa riferimento a passi precisi dalle opere del Corpus Hippocraticum: van der Eijk 2001, 115. 340

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malattia e che per ognuno di essi esiste una terapia specifica potranno chiamare in causa non solo Ippocrate e tutti gli altri medici, ma anche Platone, Aristotele, Teofrasto, Zenone, Crisippo e ogni filosofo di fama347. E ancora, (a supporto della loro opinione) secondo la quale senza avere prima trovato con precisione la natura del corpo, uno non possa scoprire qualcosa riguardo alle differenze tra le malattie, né disporre convenientemente le terapie, (potranno chiamare) tutti i filosofi e i medici che ho già menzionato che, per Zeus, non danno ordini alla maniera dei tiranni, ma piuttosto ne offrono dimostrazione.

Commento Wellmann abbinava questo passo del De methodo medendi al suo Fragment 5 tratto dal De naturalibus facultatibus348, e ne dava indicazione in nota senza riportarne il testo349. Poiché fa parte del medesimo scritto dal quale sono tratti T 1A e T 1B e, dunque, si inserisce nella medesima polemica contro Tessalo di Tralle, ho ritenuto opportuno abbinarlo a essi. Come in T 1B, anche in questo passo Galeno contesta il metodo di Tessalo. Così lo accusa nuovamente di presentare delle asserzioni categoriche prive di adeguata discussione e, soprattutto, di non accompagnarle del necessario impianto dimostrativo, come invece avevano fatto illustri medici e i filosofi del passato, comportandosi

In riferimento agli autori citati van der Eijk (2001, 115) osserva: “This clustering of famous philosophers in support of Galen’s theoretical approach to medicine appears to be based not so much on actual statements in their works but on Galen’s general assessment of their philosophical outlook and theoretical orientation”. Galeno – osserva lo studioso – fa analoga operazione in altri passaggi: Galen., De placitis Hippocratis et Platonis VIII 5.24 De Lacy (= V 686 Kühn) = Diocl. F 26 van der Eijk; Galen., De naturalibus facultatibus II 8-9 Helmreich (= II 110-140 Kühn) = Diocl. F 27 van der Eijk; cfr. van der Eijk 2001, 47-56. 348 Galen., De naturalibus facultatibus II 8-9 Helmreich (= II 110-111 Kühn) = Philistion T 5. 349 Wellmann 1901, 111-112. 347

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perciò non da maestro ma da tiranno. Motivo dell’attacco sono in questo caso le cause di una cattiva digestione. Come in T 1B, Galeno sostiene il suo attacco chiamando in causa medici e filosofi che in vario modo si erano occupati dell’argomento: tra essi figura anche Filistione. In questo caso lega alla difficoltà di digerire tre diverse spiegazioni formulate dai medici antichi: la prima si basava sullo squilibrio tra le proprietà corporee del secco e del freddo e consigliava una terapia mirata al loro riequilibrio (umidificare o riscaldare); la seconda si fondava su un eccesso tra le proprietà corporee del freddo e dell’umido e prescriveva una dieta a base di cibi caldi e secchi; la terza, imperniata sulla dottrina di Erasistrato ed Erofilo, negava le prime due. Galeno accosta Filistione ad Ateneo, Mnesiteo, Diocle, Pleistonico e Ippocrate. Evidentemente lo considera tra quanti meglio avevano argomentato l’origine delle malattie. Proprio Filistione, infatti, – stando all’Anonimo Londinese – aveva indicato nello squilibrio tra le proprietà corporee del caldo, del freddo, dell’umido e del secco legate agli elementi corporei (fuoco, aria, acqua e terra), una delle cause delle malattie. Queste potevano essere determinate da eccesso di caldo e umido, ma anche dall’insufficienza o dalla debolezza del calore350.

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Anon. Lond. XX 25-50 Manetti = Philistion T 4.

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T 2A [Plato], Epistula II 314D-E Burnet Φιλιστίωνι δέ, εἰ μὲν αὐτὸς χρÄ, σφόδρα χρ¾, εἰ δὲ ο]όν τε, Σπευσίππῳ χρÇσον καὶ ἀπόπεμψον. δεÂται δὲ σοÀ καὶ Σπεύσιππος· ὑπέσχετο δέ μοι καὶ Φιλιστίων, εἰ σὺ ἀφείης αὐτόν, ἥξειν προθύμως Ἀθήναζε.

Traduzione [Platone], Lettera II 314D-E Burnet Di Filistione, poi, se tu (= Dionisio II di Siracusa) ne hai personalmente bisogno, assolutamente servitene! Se, invece, è possibile, prestalo a Speusippo e mandaglielo: pure Speusippo te lo chiede. Anche Filistione mi ha promesso che, se lo lasci libero, verrà volentieri ad Atene.

T 2B Socraticorum Epistulae XXXIII 3-4.19-24 Sykutris (= Speusippus F 159 Isnardi Parente)351 Ἐμοὶ δὲ σκέλη μὲν καὶ πόδες φύσονται πλείονα ἢ τ½ Γηρυόνῃ. Τόν τε γὰρ Φιλιστίωνα ἀποπέμψετε καὶ ἄλλον ὅντινα τρόπον δυνατόν ἐστι τὴν δύναμίν μου αὐξήσετε. Ἀπόπεμψον δέ μοι μίαν † Μοίριδος καὶ Ἐχεκράτους πυθόμενος τὰς περὶ ∆ιονυσίῳ συνουσίας· πάνυ γὰρ ἀξιηκόους αὐτὰς οἴομαι ε_ναι ἀνδρὸς Φοίβου κοινώμασι βλαστόντος. 3. Asteriscos post μίαν posuit Orelli.

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Il testo non è presente nella raccolta di Wellmann (1901).

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Traduzione Lettere socratiche XXXIII 3-4.19-24 Sykutris (= Speusippo F 159 Isnardi Parente) (Speusippo a Dione) A me (= Speusippo) spunteranno arti e piedi più numerosi di quelli di Gerione. Se mi manderete Filistione e chiunque altri è possibile, non farete che accrescere le mie forze. Mandami una…poiché so da Meride ed Echecrate delle lezioni fatte nella cerchia di Dionisio: credo bene che siano degne in tutto e per tutto di essere ascoltate, giacché vengono da un uomo che è rampollo di stirpe febea352.

T 2C Socraticorum Epistulae XXXIV 1.1-7 Sykutris (= Speusippus F 13 Isnardi Parente) Βούλομαί σοι μετὰ παιδιªς παῤῥησιάσασθαι, ἐπειδὴ καὶ σὺ περὶ ἐμοÀ προεισβέβληκας τ½ τρόπῳ τούτῳ. Λέγω δή σοι εç πράττειν, ἄρα τοÀτό ἐστι τοÀ χαίρειν ἄμεινον, ὡς οὐκ ἔστιν, ἀλλὰ τοÀ μὲν ἥδεσθαι ­ Λασθένεια καὶ Σπεύσιππος χρÇται, αἴτιος τοÀ ἐς Σικελίαν στόλου ὁμολογ¾ν ε_ναι, καὶ πλείονας τοÀ Γηρυόνου χεÂρας καὶ πόδας ἕξων, μªλλον δὲ τοÀ Βριάρεω, ἐάν σοι Φιλιστίων ὁ ἰατρὸς ἀφίκηταί τε […]

352

Traduzione: Isnardi Parente 1980.

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Traduzione Socraticorum Epistulae XXXIV 1.1-7 Sykutris (= Speusippo F 13 Isnardi Parente) (Dionisio II a Speusippo) Desidero rivolgermi a te con franchezza ma bonariamente, poiché anche tu hai fatto così con me. Ti auguro ‘ogni bene’, se è meglio che augurarti di ‘essere felice’353, poiché non è così, e (se è meglio) del piacere di cui godono Lastenia e Speusippo. Riconoscendo di essere responsabile della spedizione in Sicilia, avresti mani e piedi più numerosi di Gerione o, meglio, di Briareo, se il medico Filistione venisse da te.

Commento a TT 2A-C I Testimonia 2A, 2B, 2C fanno riferimento alle precarie condizioni di salute di Speusippo e al suo desiderio di giovarsi delle cure del medico Filistione al servizio di Dionisio II. Il desiderio assume la forma di esplicita richiesta del filosofo al tiranno – diretta o attraverso Platone – nella II lettera pseudo-platonica. Dei tre passi, l’unico attendibile rimane T 1A. T 2B e T 2C derivano invece da due Epistole Socratiche notoriamente apocrife e di epoca tarda costruite in gran parte sulle lettere attribuite a Platone e su reminiscenze di vario genere354. Esse fanno parte di un Corpus, che comprende 35 lettere Si tratta di un gioco di parole tra εç πράττειν, usato nell’incipit delle lettere platoniche al posto del consueto χαίρειν (cfr. LSJ 1968, s.v. χαίρειν), come spiega Diogene Laerzio (III 61) e come attesta la terza lettera pseudo-platonica ([Plat.], Epist. III 315A). Tale formula va intesa in senso morale come ‘bon succès’, vale a dire trionfo del bene e della saggezza nell’anima (cfr. Souilhé 19774, 3 nt. 1), ma anche nel senso di ‘essere felici’, come attestato in altri scritti di Platone (cfr. des Places 19702, s.v. πράττειν). 354 Isnardi Parente 1980, 223-224; 405-406; Döring 2001, 688-689, ivi ulteriore bibliografia. 353

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appartenenti a diversi nuclei cronologici (dal III secolo a.C. al III secolo d.C.) e a diversi autori355. Anche se la loro affidabilità storica risulta scarsa o nulla356, tuttavia, per completezza di documentazione, i due testi, risalenti al III secolo d.C.357, sono stati inclusi ugualmente tra i Testimonia relativi a Filistione. Nella lettera XXXIII Speusippo scrive a Dione all’indomani della spedizione contro Dionisio II nel 357, congratulandosi con lui per il successo militare contro il tiranno e chiedendo di inviare ad Atene il medico Filistione in grado di alleviare le sofferenze che la malattia gli procura358; nella XXXIV è invece Dionisio II a scrivere a Speusippo nel 357 o negli anni seguenti359. Il tiranno, che si mostrava a conoscenza del contenuto a lui ostile della precedente lettera del filosofo a Dione, rinfacciava a Speusippo la relazione con Lastenia, già allieva di Platone e da più parti ricordata come etera360. Così ne metteva in evidenza uno stile di vita dissoluto e ironizzava, anche nell’uso della formula di saluto che solo apparentemente sfruttava quella impiegata da Platone, sugli effettivi meriti di Speusippo che, lascivo e legato al denaro, come ricorda la tradizione, indegnamente aveva assunto la guida dell’Accademia alla morte di Platone361. Lo stato di salute cagionevole di Speusippo, di cui per la prima volta riferisce la II lettera pseudo-platonica, è attestato anche nella tradizione di epoca successiva. Ne conserva traccia la Vita di Speusippo riportata da un papiro di Ercolano362. Eliano ricorda un episodio nel quale il filosofo, malato, non potè accompagnare lo zio Platone, quando questi era ormai vecchio e soffriva di frequenti perdite di 355 Cfr. Sykutris 1933. Credono invece all’unitarietà della raccolta Fiore 1986; Holzberg 1994. 356 Isnardi Parente 1980, 223-224; 405-406. 357 Cfr. Sykutris 1933, ad loc. 358 Socr. Epist. XXXIII 2 Sykutris; cfr. Sykutris 1933, 95; Isnardi Parente 1980, 405406. Ritter (1910, 379 ss.) indicava come destinatario Dionisio II. Sulla spedizione di Dione contro Dionisio II: Muccioli 1999, 301 ss. 359 Così Isnardi Parente 1980, 223, che si fonda sulla lettera del tiranno al filosofo ricordata da Diogene Laerzio (D.L. IV 2 = Speus. F 2 Isnardi Parente). A Dione come destinatario della lettera pensava Hercher 1973, LXXI. 360 D.L. III 46; IV 2; Athen. VII 279E; XII 546D; cfr. Capelle 1924, 889-890. 361 D.L. IV 2; Athen. VII 279E; XII 546D. 362 P. Herc. 1021.VI = Speus. F 1 Isnardi Parente.

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memoria363; Diogene Laerzio, unitamente all’inclinazione ai piaceri che l’aveva allontanato dall’insegnamento del maestro, menziona la paralisi progressiva da cui era stato colpito. Così Speusippo, che si spostava in una lettiga dotata di rotelle, dopo molti anni vissuti in queste condizioni, ormai vecchio, scoraggiato e al culmine delle sofferenze, decise di mettere fine ai suoi giorni364. Infine Stobeo ricorda l’invito di Diogene a Speusippo, ormai completamente paralizzato, a suicidarsi365. Le due lettere socratiche riprendono il motivo incastrandolo a dati provenienti dalle lettere platoniche e da altre fonti366. Del resto il tema è presente nella Lettera socratica XXX, nella quale Speusippo si rivolgeva a Senocrate pregandolo di raggiungerlo ad Atene per dirigere l’Accademia, dal momento che la sopraggiunta malattia gli impediva di svolgere a pieno quest’incarico367; nella Lettera socratica XXXI nella quale Speusippo rinnovava l’invito a Senocrate descrivendo minuziosamente le conseguenze della paralisi che lo aveva completamente immobilizzato368; nella Lettera socratica XXXII nella quale Senocrate rifiutava l’invito non ritenendosi in grado di dirigere la scuola369. La II lettera pseudo-platonica fornisce un dato importante su Filistione. Il problema dell’autenticità di queste epistole è noto. Anche se molte di esse, tra le quali la seconda, sono ormai considerate spurie370, tuttavia risultano complessivamente costruite su elementi

Ael., V.H. III 19 = Speus. F 9A Isnardi Parente. D.L. IV 1-3 = Speus. F 2 Isnardi Parente. 365 Stob., Flor. IV 52.17 = Speus. F 21 Isnardi Parente. 366 La Lettera XXXIII riprende infatti sia [Plat.], Epist. II 314D-E, sia Plut., Quomodo adulator ab amico internoscatur 29 (= Mor. 70A); la Lettera XXXIV, invece, oltre alla II lettera pseudo-platonica, si rifà, nel giocare sulle formule di saluto a [Plat.], Epist. III 315A. Cfr. Isnardi Parente 1980, 223-224; 405-406. 367 Socr. Epist. XXX Sykutris = Speus. F 157 Isnardi Parente. 368 Socr. Epist. XXXI Sykutris = Speus. F 158 Isnardi Parente. 369 Socr. Epist. XXXII Sykutris. Tale notizia ricorre in D.L. IV 1.3 = Speus. F 2 Isnardi Parente. 370 Cfr. Pasquali 1938 (1967), 173-195; Maddalena 1948, 364-376; Adorno 1953, 642 nt. 1; Isnardi Parente 2002, XXX. 363

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del tutto attendibili e storicamente validi371. Perciò la notizia di Filistione alla corte di Dionisio II con la mansione di medico personale372, come la sua amicizia con Platone e Speusippo e con l’Accademia in generale e la sua disponibilità a recarsi ad Atene col permesso del tiranno, vanno ritenuti dati complessivamente credibili. La II lettera pseudo-platonica è immaginata come parte di un intenso scambio epistolare tra Dionisio II e Platone ritornato in patria dopo il suo secondo viaggio in Sicilia nel 366. Pare collocarsi, dunque, intorno al 364, quando i rapporti tra il tiranno e Platone erano ancora buoni373. A quest’epoca è probabile che Filistione fosse ormai in età avanzata374. La menzione del medico (314D-E) – che si unisce a quella di altri personaggi di stanza alla corte di Dionisio o in vario modo legati al tiranno, come Cratistolo, Polisseno, Archedemo, Licofrone, Egesippo, Lisiclide (310C; 312D; 313D-E; 314D, 315A)375 – si colloca alla fine dello scritto, che riferisce delle presunte accuse di Platone a Dionisio durante le Olimpiadi del 364 (310B-D); della risposta di Platone a queste calunnie; del suo consiglio al tiranno a seguire e onorare la filosofia unitamente a lui che la rappresentava (310E312D). Nell’ultima parte della missiva Platone adulava Dionisio ritenendolo superiore nella dialettica ai retori che lo circondavano ed elogiandolo per aver rimesso in libertà un uomo rinchiuso nelle latomie (314D-315A).

371 Sul problema: Pasquali 1938 (1967); Isnardi Parente 1980, 222; Muccioli 1999, 45-54 (ivi status quaestionis e ampia bibliografia). 372 Con tutta verosimiglianza Dionisio II e non Dionisio I, come crede Wellmann 1901, 67 ss.; 109 ss. 373 Per la collocazione cronologica dello scritto: Adorno 1953, 643 nt. 4. 374 Nel 366, all’epoca del secondo viaggio di Platone in Sicilia, Filistione pare fosse ormai settantenne: Jaeger 1938, 11. 375 Su questi personaggi vd. supra, I Parte, Capitoli II-IV.

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T 3A Diogenes Laertius, Vitae philosophorum VIII 86 Dorandi Εὔδοξος Αἰσχίνου Κνίδιος, ἀστρολόγος, γεωμέτρης, ἰατρός, νομοθέτης. οåτος τὰ μὲν γεωμετρικὰ Ἀρχύτα διήκουσε, τὰ δὲ ἰατρικὰ Φιλιστίωνος τοÀ Σικελιώτου, καθὰ Καλλίμαχος ἐν τοÂς Πίναξί φησι. Σωτίων δ’ ἐν ταÂς ∆ιαδοχαÂς λέγει καὶ Πλάτωνος αὐτὸν ἀκοÀσαι. γενόμενον γὰρ ἐτ¾ν τρι¾ν που καὶ εἴκοσι καὶ στεν¾ς διακείμενον κατὰ κλέος τ¾ν Σωκρατικ¾ν εἰς Ἀθήνας ἀπªραι σὺν Θεομέδοντι τ½ ἰατρ½, τρεφόμενον ὑπ’ αὐτοÀ (οἱ δέ, καὶ παιδικὰ ὄντα)· καταχθέντα δὴ εἰς τὸν Πειραιª ὁσημέραι ἀνιέναι Ἀθήναζε καὶ ἀκούσαντα τ¾ν σοφιστ¾ν αὐτόθι ὑποστρέφειν. […] 3. Φιλιστίου F

Traduzione Diogene Laerzio, Vite die filosofi VIII 86 Dorandi Eudosso di Cnido, figlio di Eschine376, fu astrologo, esperto di geometria, medico, legislatore. Costui apprese la geometria da Archita377, la medicina invece da Filistione di Sicilia, come dice Callimaco nei Pinakes378. Sozione nelle Diadochai379 afferma che Eudosso fu allievo di Platone. Infatti, quando aveva circa 23 anni e viveva in condizioni economiche ristrette, si recò ad Atene attratto dalla fama dei Socratici insieme al medico Teomedonte, dal quale fu mantenuto (ma altri affermano che ne era l’amante). Sbarcato

I capitoli 86-88 di Diogene Laerzio figurano come Testimonium 7 di Eudosso nell’edizione di Lasserre (1966). 377 I capitoli 86-88 di Diogene Laerzio figurano come Testimonium A6c di Archita nell’edizione di Huffman (2005). 378 Callim. F 429 Pfeiffer. 379 Sotion F 16 Wehrli. 376

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dunque al Pireo, da lì ogni giorno saliva ad Atene e vi tornava dopo avere ascoltato i Sofisti. […]

T 3B Diogenes Laertius, Vitae philosophorum VIII 89 Dorandi 88. […] τούτου διήκουσε Χρύσιππος †Ἐρίνεω† Κνίδιος τά τε περὶ θε¾ν καὶ κόσμου καὶ τ¾ν μετεωρολογουμένων, τὰ δ’ ἰατρικὰ παρὰ Φιλιστίωνος τοÀ Σικελιώτου. […] 1. ἐρίνεω BP: ἐρίδεων F: Κρίνεω Bergk 1986, 298 (T. Bergk, Kleine philologische Schriften, II, hrsg. R. Peppmüller, Halle 1886): Ἐρίνεω Cobet 1850 [C.G. Cobet (ed.), Diogenis Laertii De clarorum philosophorum vitis, dogmatibus et apophthegmatibus libri decem, Paris 1850], sed vide Wilamowitz 1881, 325 (U. von Wilamowitz, Antigonos von Karystos, Berlin 1881).

Traduzione Diogene Laerzio, Vite die filosofi VIII 89 Dorandi […] Crisippo, figlio di Erineo (?), fu allievo di Eudosso nella teologia, cosmologia e meteorologia. Quanto alla medicina fu invece allievo di Filistione di Sicilia. […]

Commento a TT 3A-B I Testimonia 2A e 2B fanno parte del libro ottavo delle Vite dei filosofi, nel quale Diogene Laerzio parla di Pitagora e dei Pitagorici. La menzione di Eudosso si spiega probabilmente col fatto che nella geometria aveva avuto come maestro il pitagorico Archita380. Un incontro tra Archita ed Eudosso è del resto testimoniato anche da

380 D.L. VIII 86 = Eudox. T 7 Lasserre = Archytas T A.6c Huffman; cfr. Centrone 1992, 4215.

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Eratostene381. Come T 2A tratto dalla II lettera pseudo-platonica, anche le due notizie riportate da Diogene fanno luce sulla biografia di Filistione. In questo caso il Locrese – definito Siceliota (Σικελιώτης) probabilmente in funzione del suo lungo soggiorno a Siracusa – sarebbe stato maestro nella medicina sia di Eudosso sia di Crisippo382. Diogene, erudito del III secolo d.C. interessato a ricostruire con cura la vita dei principali filosofi antichi, intervalla notizie di carattere biografico con elementi aneddotici e dati tratti dalla loro dottrina383. Servendosi di volta in volta di numerose fonti, in questo caso dice di attingere dai Pinakes di Callimaco la notizia relativa al discepolato di Eudosso presso Filistione384. Diogene la innesta nella prima parte del bios. Eudosso – riferisce – arrivò, giovane, da Cnido ad Atene al seguito del medico Teomedonte e qui seguì le lezioni dei sofisti. Rimasto nella polis per due mesi – continua –, si trasferì in Egitto col medico Crisippo, portando con sé una lettera del re spartano Agesilao al faraone Nettanabi che lo raccomandò ai sacerdoti. Rimase in Egitto per un anno e quattro mesi, poi lasciò la terra del Nilo e fece tappa prima a Cizico, poi da Mausolo in Caria, infine ad Atene dove giunse, accompagnato da uno stuolo di allievi, per dare un dispiacere a Platone che inizialmente lo aveva rifiutato come discepolo385. Diogene, nel comporre la biografia di Eudosso, inserisce anche un dato ricavato da Nicomaco figlio di Aristotele: secondo Nicomaco, Eudosso avrebbe ritenuto il piacere un bene386. Dal bios laerziano emerge un dato di assoluto rilievo come la permanenza di Eudosso ad Atene in due distinti soggiorni e i suoi rapporti con Platone. A ciò occorre aggiungere il legame – forte o debole – con Aristotele ricavabile dalla citazione di Nicomaco. A questi elementi pare connettersi la notizia di Eudosso, allievo di Filistione, riportata da Callimaco nei Pinakes. Diogene attinge la notizia del discepolato di Eudosso presso Filistione o dalla lettura diretta dei Pinakes, che continuarono a Eudox. D 24-25 Lasserre; cfr. Lasserre 1966, 138; Centrone 1992, 4215. Vd. supra, I Parte, Capitolo II. 383 Su Diogene Laerzio: Gigante 19932, IX-CI, ma anche Meyer 1992, 3556-3602. 384 Callim. F 429 Pfeiffer. 385 D.L. VIII 87-88. 386 D.L. VIII 88. 381

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circolare fino all’epoca tarda387 o dall’opera di Ermippo di Smirne. Vissuto nel III secolo e ricordato come discepolo di Callimaco, proprio Ermippo aveva largamente impiegato i Pinakes e altre opere del maestro per la costruzione dei suoi bioi. Essi avevano costituito una delle fonti principali di Diogene388. Ora, occorre chiedersi in che modo Callimaco fosse venuto in possesso della notizia su Filistione maestro di Eudosso. È noto che il poeta redasse il suo scritto alla corte di Tolomeo Filadelfo forse dopo essere diventato capo della biblioteca di Alessandria389: si trattava di cataloghi relativi a tutto ciò che era stato tramandato nei vari campi del sapere390. Tra questi figurava anche la medicina, l’astronomia e le scienze nel loro complesso, come attesta, ad esempio, la citazione di Eudosso nel frammento 429 dei Pinakes. Callimaco aveva sposato la figlia del siracusano Eucrate/Eucrito391 e fu in strettissimi rapporti con Teocrito, originario di Siracusa ma di stanza alla corte dei Tolomei392. La conoscenza della storia e della cultura siracusana e magnogreca, di cui era stato espressione Filistione, specie quella di IV secolo legata alla tirannide dei due Dionisî, poteva giungere a Callimaco da due storici occidentali come Timeo di Tauromenio e Lico di Reggio. Timeo l’aveva ampiamente trattata nella sua opera storica già nota, appunto, alla corte di Alessandria al tempo di Callimaco393, e in alcuni suoi passaggi si era soffermato anche su Locri Epizefiri394. Lico, padre adottivo del poeta alessandrino Licofrone e probabilmente anch’egli

Cfr. Fraser 1972, I, 453. Athen. II 58F; V 213F; cfr. Fraser 1972, I, 453; III, 652 nt. 52; Montanari 1998, 439-440. Ivi ulteriore bibliografia. 389 Cfr. Fraser1972, I, 300-331. 390 Callim. T 1; FF 429-456 Pfeiffer; cfr. Fraser1972, I, 452-454. 391 Callim. T 1 Pfeiffer. 392 Vita Theocr. A-B Wendel; Schol. ad Theocr., Id. VII, Arg. A-B Wendel; Schol. ad Theocr., Id. XV, Arg. Wendel; Schol. ad Theocr., Syring., Arg. B Wendel; cfr. Gow 1973, I, XXII ss.; van Sickle 1975, 3-30; Kegel-Brinkgreve 1990, 5. 393 Squillace 2005-2006, 59. 394 Tim., FGrHist 566, FF 11A; 12; 130A-B; 156; 162 = BNJ 566, FF 11A; 130A-B; 156; 162; cfr. Squillace 2005-2006, 59-60; Champion 2010, Commento ad loc. 387

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residente alla corte dei Tolomei all’inizio del III secolo395, aveva composto uno scritto Sulla Sicilia. Una conferma in questo senso viene dallo stesso Callimaco che in alcuni frammenti cita come sue fonti tanto Timeo396 quanto Lico397. Così, attingendo ai due storici e/o ad altre fonti, il poeta riporta notizie sulla Magna Grecia ricordando gli atleti di Crotone che avevano trionfato ai giochi olimpici398 e, nella fattispecie, parla di Astilo e Milone399; ricorda che le acque del fiume Crati erano in grado di schiarire le chiome400; riferisce la storia del campione olimpico Euticle di Locri Epizefiri. I concittadini prima ne avevano abbattuto la statua accusandolo di essersi lasciato corrompere dal nemico, poi, ammoniti da un oracolo di Apollo che aveva mandato su di essi una pestilenza, avevano ricollocato la statua e stabilito per l’eroe sacrifici all’inizio di ogni mese401. Callimaco, dunque, potrebbe avere attinto la notizia relativa al discepolato di Eudosso presso Filistione da diversi canali, tutti ugualmente informati e attendibili. Così potrebbe avere sfruttato le conoscenze su Siracusa che gli provenivano dalla moglie siracusana e dalla famiglia di costei; averla acquisita da un siracusano come Teocrito, suo amico e collega, che nelle sue opere più volte aveva fatto riferimento alla Magna Grecia e in particolare alla Crotoniatide antica e alla Sibaritide402 o dagli scritti storiografici di Timeo e del reggino Lico a lui ampiamente noti; avere raccolto la notizia direttamente ad Atene durante uno dei suoi soggiorni nella polis nella quale la figura di Filistione era nota attraverso l’Accademia e il Peripato403; aver acquisito il dato direttamente in Egitto ad 395 Lycos, FGrHist 570 TT 1-2 = BNJ 570, TT 1-2; cfr. Jacoby 1969, 598; Ottone 2002, 205-206; Squillace 2005-2006, 60-61; Smith 2013, Commento ad loc. e Biographical Essay. 396 Ad es., Callim. F 407 vv. 20-21 Pfeiffer = Tim., FGrHist 566, F 46 = BNJ 566, F 46; cfr. Champion 2010, Commento ad loc. 397 Callim. F 407 (V) 133; (XI) 139; (XXVI) 154; (XXXI) 159 Pfeiffer = Lycos, FGrHist 570 FF 8-11A = BNJ 570, FF 8-11A; cfr. De Sensi Sestito 2013, 99; 106; Smith 2013, Commento ad loc. 398 Callim. F 616 Pfeiffer. 399 Callim. FF 666; 758 Pfeiffer. 400 Callim. F 407 vv. 20-21 Pfeiffer. 401 Callim. FF 84-85 Pfeiffer. 402 Theoc., Id. IV; Id. V; cfr. Squillace 2005-2006, 53-104. 403 Vd. supra, I Parte, Capitoli III-IV.

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Alessandria. Qui il nome di Filistione è probabile circolasse sia per la presenza alla corte tolemaica di personalità di spicco legate direttamente al Peripato – Demetrio Falereo tra tutti – o che col Peripato avevano avuto rapporti diretti – in primis il medico Erasistrato di Ceo404 –, sia a seguito dell’acquisizione da parte di Tolomeo Filadelfo della biblioteca di Aristotele405 proprio negli anni in cui Callimaco era attivo alla corte del re.

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Cfr. Squillace 2013b, 155-178. Ivi fonti e bibliografia. Athen. I 3A.

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T4 Anonymus Londiniensis XX 25-50 (p. 44 Manetti) XX 25 Φιλιστίων δ’ οἴεται ἐκ δ’ ἰδε¾ν συνεστάναι ἡμªς, τοÀτ’ ( (ἔστιν) ἐκ δ’ στοιχείων πυρός, ἀέρος, ὕδατος, γÇς· (ε_ναι) δὲ καὶ ἑκάστου δυ(νάμεις), τοÀ μ(ὲν) πυρὸς τὸ θερμόν, τοÀ δὲ ἀέρος τὸ ψυχρόν, τοÀ δὲ ὕδατος τὸ ὑγρόν, 30 τÇς δὲ γÇς τὸ ξηρόν. τὰς δὲ νόσους γί(νεσ)θ(αι) πολυτρόπως κατ’ αὐτόν, ὡς δὲ τύπωι καὶ γενικώτερον εἰπεÂν τριχ¾ς· ἢ γ(ὰρ) παρὰ τὰ στοιχεÂα ἢ παρὰ τὴν τ(¾ν) σωμάτ(ων) διάθεσιν ἢ παρὰ τὰ ἐκτός. παρὰ μ(ὲν) οçν τὰ 35 στοιχεÂα, ἐπειδὰν πλεονάσῃ τὸ θερμὸν καὶ τὸ ὑγρὸν ἢ ἐπειδὰν μεÂον γένηται καὶ ἀμαυρὸν τὸ θερμόν. παρὰ δὲ τὰ ἐκτὸς γʹ· ἢ γ(ὰρ) ὑπὸ τραυμάτ(ων) καὶ ἑλκ¾ν ἢ [ὑπὸ] ὑπερβολÇς θάλπους ψύχους, τ(¾ν) ὁμοίων 40 ἢ ὑπὸ μεταβολÇς θερμοÀ εἰς ψυχρὸν ἢ ψυχροÀ εἰς θερμὸν ἢ τροφÇς εἰς τὸ ἀνοίκειον καὶ διε̣φθο̣ρός. παρὰ δὲ τὴν τ¾ν σωμάτ(ων) διάθεσιν ο(ὕτως)· ὅταν γ(άρ), φ(ησίν), εὐπνοÄ ὅλον τὸ σ¾μα καὶ διεξίῃ ἀκω45 λύτως τὸ πνεÀμα ὑγ̣ί̣εια γί(νεται)· οὐ γ(ὰρ) μό(νον) κ(ατὰ) τὸ στόμα καὶ τοὺς μυκτÇρας ἡ ἀναπνοὴ γί(νεται), ἀλ(λὰ) καὶ καθ’ ὅλον τὸ σ¾μα, ὅταν δὲ μὴ εὐπνοÄ τὸ σ¾μα νόσοι γί(νονται) καὶ διαφόρως· καθ’ ὅλον μ(ὲν) γ(ὰρ) τὸ σ¾μα 50 τÇς ἀναπνοÇς ἐπεχο̣μένης νόσος XXI [.] . [. .] . [ ±19 ]

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Traduzione Anonimo Londinese XX 25-50 (p. 44 Manetti) Filistione ritiene che siamo composti da quattro ‘forme’, ovvero da quattro ‘elementi’: fuoco, aria, acqua e terra. Ciascuno possiede una proprietà: la proprietà del fuoco è il caldo, dell’aria il freddo, dell’acqua l’umido, della terra il secco. Secondo Filistione, le malattie insorgono in diversi modi. In termini approssimativi e generali si può dire (che sopraggiungono) in tre maniere: a causa degli elementi; a causa della condizione dei corpi; per fattori esterni. * (Insorgono) a causa degli elementi, quando il caldo e l’umido sono in eccesso, oppure quando il calore diventa scarso e debole; (sopraggiungono) per fattori esterni in tre casi: per ferite e piaghe; per eccesso di calore, di freddo e di cose simili; per mutamento del caldo in freddo o del freddo in caldo, o del nutrimento in ciò che risulta inadatto e nocivo; sono determinate dalla condizione dei corpi in questo caso: quando – afferma Filistione – tutto il corpo respira bene e l’aria passa senza trovare ostacoli, c’è la salute. La respirazione infatti avviene non solo tramite bocca e narici, ma anche attraverso l’intero corpo. Allorché, invece, il corpo non respira bene, allora sopraggiungono le malattie e in modi differenti. Infatti, quando la respirazione attraverso tutto il corpo è bloccata, una malattia…

Commento Il Papiro Londinese 137, un testo medico più comunemente noto come Anonimo Londinese e datato al I-II secolo d.C., nella sua sezione dossografica riporta le dottrine di numerosi medici e filosofi406. Tale dossografia, concordemente ricondotta alla scuola peripatetica, è attribuita da alcuni ad Aristotele, poiché l’Anonimo a più riprese cita il filosofo come sua fonte407, da altri a Menone, allievo di Aristotele, Anon. Lond. IV 18-XXI 9 Manetti. Anon. Lond. V 37; VI 42; VII 38; 43 Manetti, ma anche XXIII 42; XXIV 6 Manetti. 406

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sulla base di un passo di Galeno, secondo il quale Menone fu autore di un Trattato sulla medicina (Ἰατρικὴ συναγωγή) noto anche come Menoneia408. L’Anonimo apre il suo lavoro constatando la mancanza di accordo tra i medici sulle cause delle malattie riconducibili, per alcuni, ai residui della digestione (περιττώματα), per altri, agli elementi costitutivi del corpo (στοιχεÂα). Nello specifico, attingendo alla dossografia peripatetica di Aristotele/Menone, riporta parte della dottrina dei seguenti medici e filosofi: Eurifonte di Cnido (IV 31-40), Erodico di Cnido (IV 40-V 34), Ippocrate (V 35-VII 40), Alcamene di Abido (VII 41-VIII 10), Timoteo di Metaponto (VIII 11-34), Abas (VIII 35-IX 1), Eracleodoro (IX 5), Erodico di Selimbria (IX 20-36), Ninia d’Egitto (IX 37-44), Ippone di Crotone (XI 23-43), Trasimaco di Sardi (XI 43-XII 8), Dexippos di Cos (XII 8-36), Fasita di Tenedo (XII 36-XIII 20), Egimio di Elide (XIII 21-47), Platone (XIV 12-XVIII 8), Filolao di Crotone (XVIII 8-XIX 1), Polibo (XIX 1-18), Menecrate (XIX 18-XX 1), Petrone di Egina (XX 1-24), Filistione (XX 25-50). Nella parte finale, invece, trattando il tema specifico della composizione dei corpi, menziona Erofilo (XXI 20-23; XXVIII 46-XXIX 25), Erasistrato (XXI 2329; XXIII 1-18; XXV 27-31; XXVI 31-38; XXXIII 43-51), Aristotele (XXIII 41-XXIV 9), Asclepiade (XXIV 30-46; XXV 24; XXXIV 6-XXXV 53), Alessandro Filalete (XXIV 30-46), i seguaci di Erasistrato (XXVI 39XXVIII 13)409. Filistione è inserito tra quanti – Platone, Filolao, Polibo, Menecrate, Petrone – avevano posto negli elementi e nelle proprietà che li caratterizzavano la causa delle malattie. Come detto, con tutta probabilità Aristotele/Menone, fonte dell’Anonimo, apprendeva la dottrina del Locrese all’interno della scuola peripatetica dove essa aveva trovato circolazione in forma orale o attraverso gli scritti che vi erano confluiti in vario modo410.

408 Galen., In Hipp. De nat. hom. Comm. 1.2 Mewaldt (= XV 25-26 Kühn) = Aristot. F 373 Rose; ma anche Plut., Quaest. conv. VIII 9.3 (= Mor. 733C). Sulla questione, vd. supra, I Parte, Capitolo IV. 409 Su queste figure cfr. le relative voci in EANS. 410 Sul problema, vd. supra, I Parte, Capitolo IV.

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T5 Galenus, De naturalibus facultatibus II 8-9 (p. 181 Helmreich = II 110-111 Kühn) ἀλλ’ Ἐρασίστρατος ὁ σοφὸς ὑπεριδὼν καὶ καταφρονήσας, -ν οὔθ’ Ἱπποκράτης οὔτε ∆ιοκλÇς οὔτε Πραξαγόρας οὔτε Φιλιστίων ἀλλ’ οὐδὲ τ¾ν ἀρίστων φιλοσόφων οὐδεὶς κατεφρόνησεν οὔτε Πλάτων οὔτ’ Ἀριστοτέλης οὔτε Θεόφραστος, ὅλας ἐνεργείας ὑπερβαίνει καθάπερ τι σμικρὸν καὶ τὸ τυχὸν τÇς τέχνης παραλιπὼν μέρος οὐδ’ ἀντειπεÂν ἀξιώσας, εἴτ’ ὀρθ¾ς εἴτε καὶ μὴ σύμπαντες οåτοι θερμ½ καὶ ψυχρ½ καὶ ξηρ½ καὶ ὑγρ½, τοÂς μὲν ὡς δρ¾σι, τοÂς δ’ ὡς πάσχουσι, τὰ κατὰ τὸ σ¾μα τ¾ν ζῴων ἁπάντων διοικεÂσθαί φασι καὶ ὡς τὸ θερμὸν ἐν αὐτοÂς εἴς τε τὰς ἄλλας ἐνεργείας καὶ μάλιστ’ εἰς τὴν τ¾ν χυμ¾ν γένεσιν τὸ πλεÂστον δύναται.

Traduzione Galeno, Sulle facoltà naturali II 8-9 (p. 181 Helmreich = II 110-111 Kühn) Ma il dotto Erasistrato411, ignorando e disprezzando cose che né Ippocrate, né Diocle412, né Prassagora413, né Filistione e nessuno dei più illustri filosofi avevano disprezzato, né Platone, né Aristotele, né Teofrasto414, passa sopra a tutte le attività trascurandole, come se (fossero) una parte poco importante e insignificante dell’arte medica. (Erasistrato) infatti non riteneva opportuno discutere se tutti costoro fossero nel giusto oppure no, quando affermavano che i processi corporei di tutti gli esseri viventi sono determinati da caldo, freddo, secco e umido (i primi due attivi, gli altri due passivi), e che tra queste qualità il caldo è maggiormente determinante per tutte le attività e, Il passo non compare in Garofalo 1988. Diocl. F 27 van der Eijk. 413 Prax. F 20 Steckerl. 414 Per i riferimenti di Galeno ai filosofi vd. supra, Commento a T 1C.

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soprattutto, per la formazione degli umori.

Commento Come già in TT 1B-C, anche in questo passo Galeno inserisce Filistione in un lungo elenco di note personalità. Il riferimento si colloca nel secondo libro del De naturalibus facultatibus nel quale il medico di Pergamo attacca violentemente Erasistrato che, a suo dire, aveva sprezzantemente ignorato le dottrine elaborate dai medici del passato. Essi avevano individuato quattro elementi (fuoco, aria, acqua e terra) ciascuno dei quali caratterizzato da specifica proprietà (caldo, freddo, umido, secco) o sostenuto l’esistenza di quattro umori (sangue, flegma, bile gialla, bile nera). Caldo, freddo, umido e secco governavano tutte le attività corporee415. Sebbene – come in TT 1B-C – il medico di Pergamo ponga nuovamente Filistione in un elenco di medici e filosofi senza precisare le teorie elaborate da ciascuno e le possibili differenze tra esse, tuttavia la menzione delle quattro proprietà che regolano i processi corporei (caldo, freddo, secco, umido) rimanda a quanto riferisce l’Anonimo Londinese (T 4). Come rilevato, esso riporta in forma chiara i fondamenti della dottrina del Locrese fondata sui quattro elementi (fuoco, aria, acqua e terra) e sulle quattro proprietà (caldo, freddo, umido, secco)416.

415 La polemica occupa i capitoli 8-9 del secondo libro dell’opera: Galen., De naturalibus facultatibus II 8-9 Helmreich (= II 120-140 Kühn). 416 Anon. Lond. XX 25-50 Manetti = Philistion T 4.

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T6 Galenus, De usu respirationis 1.2 (p. 80 Furley-Wilkie = IV 471 Kühn) τί ποτ’ οçν τηλικοÀτόν ἐστι τὸ παρὰ τÇς ἀναπνοÇς ἡμÂν χρηστόν; oρά γε τÇς ψυχÇς αὐτÇς γένεσις, ὡς Ἀσκληπιάδης φησίν; ἢ γένεσις μὲν οὐχί, θρέψις δέ τις, ὡς ὁ τοÀ Νικάρχου Πραξαγόρας; ἢ τÇς ἐμφύτου θερμότητος ἀνάψυξίς τις, ὡς Φιλιστίων τε καὶ ∆ιοκλÇς ἔλεγον; ἢ καὶ θρέψις καὶ ἔμψυξις, ὡς Ἱπποκράτης; ἢ τούτων μὲν οὐδέν, ἐπιπληρώσεως δ’ ἕνεκεν ἀρτηρι¾ν ἀναπνέομεν, ὡς Ἐρασίστρατος οἴεται;

Traduzione Galeno, Sull’utilità della respirazione 1.2 (p. 80 Furley-Wilkie = IV 471 Kühn) Dunque quale beneficio così grande ci viene dalla respirazione? Forse la generazione dell’anima stessa come afferma Asclepiade417? O, se non la generazione, almeno una sorta di nutrimento, come dice Prassagora figlio di Nicarco418? Oppure un certo refrigerio dal calore innato, come affermavano Filistione e Diocle419? O entrambe le cose – nutrimento e refrigerio – come rilevava Ippocrate420? O nessuna delle due – respiriamo infatti per riempire (di aria) le arterie – come pensa Erasistrato421?

Su Asclepiade: Vallance 1990, 82-85. Prax. F 32 Stekerl. 419 Diocl. F 31 van der Eijk. 420 Cfr. Debru 1996, 133. 421 Eras. F 99 Garofalo.

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Commento Nello scritto Galeno discute le diverse teorie elaborate dai medici del passato in merito all’utilità della respirazione citando, forse sulla base di fonti dossografiche, una serie di autorità del passato tra le quali, con tutta probabilità, Aristotele, che nel suo scritto Sulla respirazione aveva riportato le opinioni sul tema di Democrito, Anassagora, Diogene, Platone ed Empedocle422. Nel passo in questione, in particolare, associa Filistione e Diocle ai sostenitori della dottrina del calore innato, che verrebbe in qualche modo stemperato dall’immissione di aria nel corpo. Se questa teoria è altrimenti attribuita a Diocle di Caristo423, per Filistione invece il passo di Galeno costituisce l’unica attestazione. Come in T 5, anche in questo caso, sia pur con minore vis polemica, il medico di Pergamo pone Erasistrato in contrasto non tanto con Asclepiade di Bitinia, vissuto tra la fine del II e l’inizio del I secolo424, quanto con i suoi immediati predecessori quali Filistione, appunto, ma anche Prassagora, Diocle e soprattutto Ippocrate, alla cui autorità Galeno, come di consueto, non manca di rimettersi425.

422 Aristot., De resp. 1-7.470B-474A. Cfr. van der Eijk 2001, 63. Sul tema della respirazione, cfr. l’articolato lavoro di Debru 1996. 423 Diocl. FF 30A; 31 van der Eijk; cfr. van der Eijk 2001, 58-61. 424 Cfr. Vallance 1990; Vallance 1993, 693-727; Scarborough 2008f, 170-171. 425 Vd. supra, Commento a TT 1B-C; 5.

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T 7A Plutarchus, Quaestiones convivales VII 1.3 (= Moralia 699C-D) Frazier-Sirinelli (ΠΡΟΒΛΗΜΑ Α: πρὸς τοὺς ἐγκαλοÀντας Πλάτωνι τὸ ποτὸν εἰπόντι διὰ τοÀ πλεύμονος ἐξιέναι)

[…] ἔτι δὴ τ¾ν μαρτύρων τ½ Πλάτωνι προσκαλοÀμαι Φιλιστίωνά τε τὸν Λοκρόν, εç μάλα παλαιὸν ἄνδρα καὶ λαμπρὸν ἀπὸ τÇς τέχνης ὑμ¾ν γενόμενον, καὶ Ἱπποκράτη καὶ ∆ιώξιππον τὸν Ἱπποκράτειον· οåτοι γὰρ οὐχ ἑτέραν ὁδόν, ἀλλ’ ἣν Πλάτων, ὑφηγοÀνται τοÀ πόματος. ἥ γε μὴν πολυτίμητος ἐπιγλωττὶς οὐκ ἔλαθε τὸν ∆ιώξιππον, ἀλλὰ περὶ ταύτην φησὶ τὸ ὑγρὸν ἐν τÄ καταπόσει διακρινόμενον εἰς τὴν ἀρτηρίαν ἐπιρρεÂν, τὸ δὲ σιτίον εἰς τὸν στόμαχον ἐπικυλινδεÂσθαι· καὶ τÄ μὲν ἀρτηρίᾳ τ¾ν ἐδωδίμων μηδὲν παρεμπίπτειν, τὸν δὲ στόμαχον ἅμα τÄ ξηρË τροφÄ καὶ τÇς ὑγρªς ἀναμιγνύμενόν τι μέρος ὑποδέχεσθαι· [πιθανὸν γάρ ἐστι] τὴν [μὲν] γὰρ ἐπιγλωττίδα τÇς ἀρτηρίας προκεÂσθαι διάφραγμα καὶ ταμιεÂον, ὅπως ἀτρέμα καὶ κατ’ ὀλίγον διηθÇται τὸ ποτόν, ἀλλὰ μὴ ταχὺ μηδ’ ἄθρουν ἐπιρρακτὸν ἀποβιάζηται τὸ πνεÀμα καὶ διαταράττῃ· διὸ τοÂς ὄρνισιν οὐ γέγονεν ἐπιγλωσσὶς οὐδ’ ἔστιν· οὐδὲ γὰρ σπ¾ντες οὐδὲ λάπτοντες, ἀλλὰ κάπτοντες κατ’ ὀλίγον διιέντες τὸ ποτὸν ἡσυχÇ τὴν ἀρτηρίαν διαίνουσι καὶ τέγγουσι.

Traduzione Plutarco, Conversazioni a tavola VII 1.3 (= Opere Morali 699C-D) Frazier-Sirinelli (Problema 1: Contro quelli che ritengono che Platone abbia sbagliato nel dire che i liquidi passano attraverso il polmone)

[…] Ora tra i testimoni a favore di Platone chiamerò Filistione di Locri, un’autorità assai antica ed eminente nella sua professione, e

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Ippocrate e Dioxippos ippocrateo. Costoro ci insegnano che la bevanda segue una rotta non differente da quella indicata da Platone. La preziosa epiglottide non è rimasta ignota a Dioxippos. Egli afferma: «Quando si deglutisce, la parte liquida (dei cibi), separandosi (da quella solida) nelle parti vicine all’epiglottide, scorre nella trachea, mentre la parte solida scivola nell’esofago. Nessun cibo solido penetra nella trachea, ma l’esofago, insieme al nutrimento secco riceve, mescolato a esso, anche una parte di quello umido». È convincente l’opinione secondo la quale l’epiglottide si trova davanti alla trachea come una barriera o un regolatore, affinché i liquidi siano filtrati gradualmente e un po’ per volta e non (vengano spinti giù) velocemente e tutti in un colpo, e affinché le bevande, se immesse con violenza, non mandino indietro l’aria e non ne turbino (il passaggio). È questo il motivo per il quale gli uccelli non sono stati dotati di epiglottide. Essi, infatti, non bevono succhiando o leccando, ma prendono la bevanda e la introducono un po’ per volta. Così umidificano e bagnano dolcemente la trachea.

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T 7B426 Plutarchus, De Stoicorum repugnantiis 29 (= Moralia 1047C-E) Casewitz καίτοι Πλάτων μὲν ἔχει τ¾ν ἰατρ¾ν τοὺς ἐνδοξοτάτους μαρτυροÀντας, Ἱπποκράτην Φιλιστίωνα ∆ιώξιππον τὸν Ἱπποκράτειον, καὶ τ¾ν ποιητ¾ν Εὐριπίδην ἈλκαÂον Εὔπολιν Ἐρατοσθένην, λέγοντας ὅτι τὸ ποτὸν διὰ τοÀ πνεύμονος διέξεισι· […]

Traduzione Plutarco, Le contraddizioni degli Stoici 29 (= Opere Morali 1047C-E) Casewitz Peraltro Platone ha come testimoni (a suo favore) i più famosi fra i medici: Ippocrate, Filistione e Dioxippos ippocrateo e, fra i poeti, Euripide427, Alceo428, Eupoli429 ed Eratostene430, i quali sostengono che la bevanda passa attraverso i polmoni; […]431

Senza riportarne il testo, Wellmann (1901, 112 nt. 1) richiama in nota al suo F 7 questo passo di Plutarco [= Plut., De Stoicorum repugnantiis 29 (= Mor. 1047C-E)]; un passo di Gellio di seguito riportato come T 7C (Gell., N.A. XVII 11); un passo di Macrobio (Saturn. VII 15.1-14) che, snellendo la notizia di partenza, ricorda soltanto la divergenza di opinione tra Platone (Tim. 70C-D; 91A) ed Erasistrato (F 14 Garofalo) senza menzionare Filistione; un passo dal Corpus Hippocraticum [Hipp., De natura ossium 13 Duminil (= IX 184-186 Littré)], che tratta dello scorrimento dei liquidi nel polmone. Insieme a queste fonti Wellmann riporta anche, per la medesima opinione, Hipp., De corde 2 Duminil (= IX 80-83 Littré), vd. infra, Appendice III; Plat., Tim. 70C, vd. infra, Appendice II; Hipp., Morb. IV 56 Joly (= VII 504 Littré); Aristot., H.A. I 16.495B17; De part. an. III 3.694B31. 427 Eurip. F 983 Kannicht. 428 Alc. F 347 Voigt. 429 Eupol. F 158 Kassel-Austin. 430 Eratosth. F 25 Powell. 431 Traduzione: Zanatta 1993. 426

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T 7C Gellius, Noctes Atticae XVII 11.5-6 Julien

(Quod Plutarchus in libris ‘symposiacis’ opinionem Platonis de habitu atque natura stomachi fistulaeque eius, quae τραχεÂα dicitur, adversum Erasistratum medicum tutatus est auctoritate adhibita antiqui medici Hippocratis).

5. Et Plutarchus et alii quidam docti viri reprehensum esse ab Erasistrato, nobili medico, Platonem scripsere, quod potum dixit defluere ad pulmonem eoque satis humectato demanare per eum, quia sit rimosior, et confluere inde in vesicam, errorisque istius fuisse Alcaeum ducem, qui in poematis suis scriberet: τέγγε πνεύμονα οἴνῳ· τὸ γὰρ ἄστρον περιτέλλεται, ipsum autem Erasistratum dicere duas esse quasi canaliculas quasdam vel fistulas easque ab oris faucibus proficisci deorsum per earumque alteram deduci delabique in stomachum esculenta omnia et posculenta ex eoque ferri in ventriculum, qui Graece appellatur ἡ κάτω κοιλία, atque ibi subigi digerique, ac deinde aridiora ex his recrementa in alvum convenire, quod Graece κόλον dicitur, humidiora per renes in vesicam. Per alteram autem fistulam, quae Graece nominatur τραχεÂα ἀρτηρία, spiritum a summo ore in pulmonem atque inde rursum in os et in naris commeare, perque eandem viam vocis quoque fieri meatum ac, ne potus cibusve aridior, quem oporteret in stomachum ire, procideret ex ore labereturque in eam fistulam, per quam spiritus reciprocatur, eaque offensione intercluderetur animae via, inpositam esse arte quadam et ope naturae inde apud duo ista foramina, quae dicitur ἐπιγλωττίς, quasi claustra quaedam mobilia coniventia vicissim et resurgentia, eamque ἐπιγλωττίδα inter edendum bibendumque operire atque protegere τὴν τραχεÂαν ἀρτηρίαν, ne quid ex esca potuve incideret in illud quasi aestuantis animae iter; ac propterea nihil humoris influere in pulmonem ore ipso arteriae communito. Haec Erasistratus medicus adversum Platonem.

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6. Sed Plutarchus in libro ‘symposiacorum’ auctorem Platonis sententiae Hippocraten dicit fuisse idemque esse opinatos et Philistiona Locrum et Dioxippum Hippocraticum, veteres medicos et nobiles, atque illam, de qua Erasistratus dixerat, ἐπιγλωττίδα non idcirco eo in loco constitutam, ne quid ex potu influeret in arteriam, – nam pulmoni quoque fovendo rigandoque utiles necessariosque humores videri – set adpositam quasi moderatricem quandam et arbitram prohibendi admittendive, quod ex salutis usu foret, uti edulia quidem omnia defenderet ab arteria depelleretque in stomachum, potum autem partiretur inter stomachum et pulmonem et quod ex eo admitti in pulmonem per arteriam deberet, non rapidum id neque universum, sed quadam quasi obice sustentatum ac repressum sensim paulatimque tramitteret atque omne reliquum in alteram stomachi fistulam derivaret.

Traduzione Gellio, Notti attiche XVII 11.5-6 Julien (Plutarco nelle sue Conversazioni a tavola difende l’opinione di Platone sulla struttura e la natura dello stomaco e del tubo che è chiamato tracheia contro il medico Erasistrato, valendosi dell’autorità dell’antico medico Ippocrate)

5. Sia Plutarco432 sia altri dotti personaggi hanno scritto che Platone fu criticato da Erasistrato433, famoso medico, per aver detto che le bevande calano nel polmone e, dopo averlo sufficientemente inumidito, ne defluiscono essendo esso abbastanza poroso, e confluiscono di lì nella vescica434. Tale errore fa capo ad Alceo, che nei suoi componimenti poetici scrisse:

Plut., Quaest. conv. VII 1.3 (= Mor. 699C-D) = Philistion T 7A. Eras. F 114 Garofalo. 434 Plat., Tim. 70C-D; 91A; per i testi vd. infra, Appendice II.

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«Di vino bagna i polmoni, ché volge la stella»435. Lo stesso Erasistrato dichiara che vi sono due piccoli canali, per così dire, o tubi i quali discendono dalla gola, e lungo uno dei quali passano e arrivano allo stomaco tutti i cibi e le bevande, e di là giungono nel ventricolo, che i Greci chiamano il basso ventre (ἡ κάτω κοιλία), dove vengono ammolliti e digeriti. Di là i più solidi fra tali escrementi si raccolgono nella cavità che in greco è detta kolon, mentre i più liquidi fluiscono, attraverso i reni, nella vescica. Lungo l’altro tubo, che i Greci chiamano arteria ruvida (τραχεÂα ἀρτηρία), l’aria discende dalla bocca nel polmone e da questo rifluisce nella bocca e nelle narici. Per lo stesso tubo passa anche la voce. Onde impedire che le bevande e i cibi solidi, che debbono discendere nello stomaco, cadano dalla bocca e vengano immessi in quel tubo attraverso il quale l’aria rifluisce, e con tale inconveniente venga occlusa la via del fiato, è stata posta, come una specie di aiuto e di soccorso della natura presso quei due fori, una sorta di barriera mobile, che viene detta epiglottide (ἐπιγλωττίς), che alternativamente si apre e si chiude. Tale epiglottide, quando si mangia o si beve, copre e protegge l’arteria ruvida (τραχεÂα ἀρτηρία), in modo che né cibo né bevanda vada a finire per quel condotto attraverso il quale, per così dire, il respiro fluisce. In tal modo nessun liquido passa nei polmoni, essendo protetta l’apertura della trachea. Questo è ciò che il medico Erasistrato scrisse contro Platone. 6. Ma Plutarco, nelle Conversazioni a Tavola436, dice che il responsabile dell’opinione di Platone fu Ippocrate e dello stesso parere furono Filistione e Dioxippos ippocrateo, famosi medici dei tempi antichi. L’epiglottide, di cui parla Erasistrato, non è stata posta in quel luogo per impedire che ogni bevanda scenda nella trachea – infatti ai polmoni risultano utili e necessari degli umori per rinfrescarli e inumidirli – ma è stata disposta a guisa di una specie di controllore e arbitro di ciò che deve o non deve essere ammesso per la salute del corpo, non lasciando defluire nella trachea tutti i cibi e spingendoli nello stomaco, le bevande, invece, spartendole verso lo 435 436

Alc. F 347 Voigt. Plut., Quaest. conv. VII 1.3 (= Mor. 699C-D) = Philistion T 7A.

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stomaco e verso i polmoni. E ciò che deve essere avviato ai polmoni attraverso la trachea non deve scendere in massa e rapidamente, ma trattenuto e respinto da una specie di barriera, che fa passare gradualmente e un poco alla volta deviando tutto il resto per l’altro canale verso lo stomaco437.

Commento a TT 7A-C I tre passaggi da Plutarco e Gellio ricordano l’opinione secondo la quale gli alimenti liquidi in parte giungono al polmone attraverso la trachea e in tal modo apportano refrigerio al corpo. Il passaggio dalla bocca al polmone è reso graduale dall’epiglottide, che funge da barriera impedendo alle sostanze liquide di scontrarsi con l’aria che attraversa in entrata e uscita la trachea durante la respirazione. Dei tre Testimonia il principale è 1A da Plutarco. L’erudito richiama Filistione nel VII libro delle sue Conversazioni a tavola. Si tratta di uno scritto che ha come occasione un banchetto fittizio, nel quale i convitati si cimentano in conversazioni sui più svariati argomenti – filosofici, storici, scientifici, e, in particolare, medici – adatti a vivacizzarlo438. Nella maggior parte dei casi esse sono costruite attraverso l’espediente retorico della synkrisis che, in quanto tale, dà ampio spazio al confronto, all’attacco, alla polemica439. È in questa struttura narrativa che Plutarco inserisce la polemica tra Platone ed Erasistrato. L’argomento in questo caso è di carattere medico. I convitati, infatti, si confrontano sulla teoria in base alla quale parte dei liquidi arriva nei polmoni. Spunto del dibattito è un verso del poeta Alceo, che uno dei presenti richiama esclamando: «Di vino bagna i polmoni, ché volge la stella»440. Interviene allora Nicia di Traduzione: Rusca 1992. Lo scritto si presenta, infatti, come un florilegio di dotte conversazioni condotte da eruditi durante alcuni banchetti tenutisi a Roma o in Grecia: Sirinelli 2000, 371. 439 Cfr. Teodorsson 1996b, 39-48; Sirinelli 2000, 372-375; 388; Chirico 2001, 12. Sulle Quaestiones Convivales, cfr. anche Teodorsson 1989; 1990; 1996a; e i lavori in Klotz-Oikonomopoulou 2011 . 440 Plut., Quaest. conv. VII 1.1 (= Mor. 698A) = Alc. F 347 Voigt. 437

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Nicopoli, medico della scuola di Erasistrato441, il quale, pur ritenendo errata l’opinione di Alceo, tuttavia giustifica il poeta imputando l’errore al fatto che il polmone, per la sua vicinanza allo stomaco, poteva essere ritenuto trarre beneficio dell’umidità contenuta in quest’ultimo diventando a sua volta umido. Al contrario, Nicia non assolve Platone che, avendo sostenuto tale opinione – il riferimento è al Timeo442 – si sottraeva a qualsiasi difesa. Perciò, rifacendosi alle teorie di Erasistrato, confuta il filosofo ateniese dimostrando che nei polmoni nessun tipo di cibo, solido o liquido, poteva mai transitare443. Della replica si fa carico uno dei convitati di nome Floro, già console sotto Vespasiano444. Prendendo le difese di Platone, Floro ricorda che la teoria del polmone reso umido dalle bevande non solo si trovava nel poeta comico Eupoli445, in Eratostene446 e in Euripide447, ma era stata sostenuta sia da Filistione di Locri, personalità antica e autorevole nel campo della medicina, sia da Ippocrate e da Dioxippos ippocrateo. Questa opinione, che Plutarco attribuisce già al poeta Alceo, ma anche a commediografi come Eupoli, tragediografi come Euripide, eruditi come Eratostene, era stata dettagliatamente riportata in alcuni scritti del Corpus Hippocraticum448, da Platone449 e Aristotele450, e aveva suscitato un acceso dibattito sia tra i filosofi sia tra i medici451. Riprendendo la teoria dei medici ippocratici e, probabilmente, di Filistione, Platone l’aveva autorevolmente sostenuta, diventando così bersaglio di un violentissimo attacco da parte di Erasistrato452.

Cfr. Frazier-Sirinelli 1996, 4-5; 17 nt. 8; 209. Plat., Tim. 70C; 91A. Per i testi vd. infra, II Parte, Appendice II. 443 Plut., Quaest. conv. VII 1.1 (= Mor. 698A-D). 444 Frazier-Sirinelli 1996, 2 445 Eupol. F 158 Kassel-Austin. 446 Eratosth. F 25 Powell. 447 Eurip. F 983 Kannicht. 448 Hipp., De natura ossium 13 Duminil (= IX 184-186 Littré); De corde 2 Duminil (IX 80-83 Littré); Morb. IV 56 Joly (= VII 504 Littré). 449 Plat., Tim. 70C-D; 91A. 450 Aristot., H.A. I 16.495B17; De part. an. III 3.694B31. 451 Cfr. Repici 1990, 67-104. 452 Eras. F 114 Garofalo. 441

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La polemica richiama l’attenzione e la curiosità di eruditi come Plutarco, le cui Conversazioni a Tavola si collocano all’incirca nei primi due decenni del II secolo d.C.453. Da Plutarco attingono sia Gellio che Macrobio. Gellio la inserisce ne Le notti attiche. La sua è un’opera enciclopedica sui più disparati argomenti costruita in forma asistematica e disorganica sulla base di appunti tratti da un’ampia gamma di letture, come chiarisce l’autore nella prefazione454. Macrobio, invece, la incastra in uno scritto ugualmente compilativo ma ben organizzato come i Saturnalia455. Entrambi sono interessati a ricordarla non tanto per i suoi contenuti scientifici quanto come notizia succulenta da inserire nelle loro opere erudite. Solo Galeno, difendendo la dottrina di Ippocrate e le opinioni di Platone, la impiega per screditare Erasistrato, bersaglio continuo dei suoi attacchi456. La fonte principale, Plutarco, riporta la polemica tra Erasistrato e Platone anche per via dei suoi interessi verso la medicina, che lo portano a citare più volte i medici alessandrini Erofilo ed Erasistrato457. L’erudito – ripreso da Gellio – inserisce il riferimento a Filistione, come quello a Ippocrate e a Dioxippos ippocrateo, per rafforzare l’opinione sostenuta da Platone, in soccorso del quale richiama anche noti poeti ed eruditi, come Alceo, Eupoli, Euripide ed Eratostene. Le poche fonti a disposizione non fanno luce su possibili contatti tra Filistione e i medici ippocratici né consentono collegamenti tra le loro dottrine. Un indizio, non troppo forte, potrebbe venire da quel Dioxippos ippocrateo (∆ιώξιππος ὁ Ἱπποκράτειος/Dioxippus Hippocraticus) di cui parlano rispettivamente Plutarco e Gellio. Se, come ormai si crede458, si tratta del Dexippos allievo di Ippocrate, vissuto nella prima metà del IV secolo a.C., allora la sua dottrina

Sirinelli 2000, 366-370; Chirico 2001, 8. Gell., N.A. Praefatio. 455 Macr., Saturn. Praefatio e VII 15.1-14. 456 Galen., De placitis Hippocratis et Platonis VIII 9 De Lacy (= V 714-719 Kühn); cfr. De Lacy 1972, 34. 457 Plut., De curios. 7 (= Mor. 518D); Quaest. conv. IV 1 (= Mor. 663C); VI 3 (= Mor. 690A); cfr. Sirinelli 2000, 360-361. 458 Cfr. Nutton 1997d, 495-496; Manetti 2008g, 243. 453 454

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potrebbe avere punti di contatto con quella di Filistione. Oltre alla teoria relativa all’epiglottide, attribuitagli da Plutarco e Gellio, Dioxippos/Dexippos infatti – attesta l’Anonimo Londinese – aveva attribuito la genesi delle malattie ai residui della digestione, vale a dire a bile e flegma diffusi in tutto il corpo e resi patogeni da elementi nocivi legati al nutrimento. A suo dire, bile e flegma causavano le malattie per la loro quantità, la loro localizzazione, la loro forma. Essi mutavano in continuazione a causa di eccesso di caldo, freddo o di elementi simili. Bile e flegma, se diventavano più liquidi, producevano siero e sudore; se diventavano più densi producevano pus, muco e cispa459. Come Dioxippos/Dexippos, anche Filistione aveva posto nell’alterazione del nutrimento una delle cause delle malattie460. Se i contatti tra la dottrina di Filistione e quella Dioxippos/Dexippos rimangono solo ipotetici, elementi ben più forti accostano Filistione a Platone, come già attesta il Testimonium 2A. È assai probabile che il filosofo ateniese avesse attinto – integralmente o parzialmente – proprio dal medico locrese l’opinione sulla funzione dell’epiglottide e sullo scorrimento nei polmoni di parte del cibo liquido, unitamente ad altri concetti medici. Forte degli insegnamenti del Locrese, Platone li avrebbe inseriti – forse rielaborandoli ulteriormente sulla base di altri elementi acquisiti altrove e in forma che non è dato conoscere – nelle pagine del Timeo461: le stesse su cui verteva la polemica di Erasistrato riportata da Plutarco e ripresa da Gellio.

Anon. Lond. XII 8-36 Manetti. Anon. Lond. XX 25-50 Manetti = Philistion T 4. 461 Plat., Tim. 70C-D; 91A. Per i testi vd. infra, Appendice II.

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T8 Rufus Ephesius, De corporis humani partium appellationibus 198-204 (pp. 161-162 Daremberg-Ruelle) […] 198. Τ¾ν δὲ ἄλλων φλεβ¾ν τὰ ὀνόματα, τὸ μὲν κατὰ παντὸς εἰπεÂν, τὰ λεπτὰ τ½ χιτ¾νι ἀγγεÂα καὶ ἔναιμα φλέβες καλοÀνται, καὶ πªσαι 199. αἱ μεγάλαι, κοÂλαι. Ὕστερον δὲ διὰ ἔθους ἔσχον οἱ ἰατροὶ κοίλην ὀνομάζειν, τήν τε ἀπὸ τοÀ ἥπατος ἐπὶ [τοὺς] νεφροὺς πέμπουσαν τὰς ἀποφύσεις, ἔνθα φησὶν ὁ Πραξαγόρας τὴν πρώτην ἀρχήν· ε_ναι τ¾ν πυρετ¾ν· καὶ οåτος κοίλην μόνην ταύτην καλε· ἄλλοι δὲ καὶ τὴν ἄνω διὰ τ¾ν φρεν¾ν ἐπὶ καρδίαν τείνουσαν· οἱ δὲ καὶ ταύτην τε καὶ τὴν προτέραν ἑνὶ ὀνόματι ἡπατÂτιν ὠνόμασαν· καὶ τὴν 200. ἀπὸ τοÀ σπληνὸς, σπληνÂτιν. Ἀλλὰ οὐκ ἔστιν ἀπὸ τοÀ σπληνὸς, ὥσπερ ἀπὸ τοÀ ἥπατος ἄνω καὶ κάτω διὰ τ¾ν ἀριστερ¾ν πεφυκυÂα φλὲψ, ἀλλὰ τοÀτο ψευδόμενοι λέγουσιν· τὰ δὲ ἐπὶ τὸν σπλÇνα τείνοντα φλεβία, λεπτά τέ ἐστι, καὶ αὐτὸν πρὸς τὸν σπλÇνα περαίνεται. 201. Φιλιστίων δὲ ὁ ἐξ Ἰταλίας, κατὰ τὸ ἐπιχώριον τοÂς ἐκε ∆ωριεÀσι, ἀετούς τινας ὀνομάζει φλέβας, τὰς διὰ κροτάφων ἐπὶ κεφαλὴν τεινούσας. Ἱπποκράτης δὲ τὰς ἀπὸ καρδίας εὐθεÂς δρακοντίδας 203. ὀνομάζει. Ἡρόφιλος δὲ ἀρτηριώδη φλέβα τὴν παχυτάτην καὶ μεγίστην τὴν ἀπὸ τÇς καρδίας καλε φερομένην ἐπὶ τὸν πλεύμονα· 204. ἔχει γὰρ ὑπεναντίως τ½ πλεύμονι πρὸς τὰ ἄλλα. Αἱ μὲν φλέβες ἐνταÀθα ἐῤῥωμέναι καὶ ἐγγυτάτω τὴν φύσιν ἀρτηρι¾ν· αἱ δὲ ἀρτηρίαι ἀσθενεÂς, καὶ ἐγγυτάτω τὴν φύσιν φλεβ¾ν.

Traduzione Rufo di Efeso, Sulla nomenclatura delle parti del corpo umano 198-204 (pp. 161-162 Daremberg-Ruelle) […] In riferimento ai nomi delle restanti vene ebbene, per dirla in forma generica, sono denominate ‘vene’ i vasi che hanno un involucro sottile e che portano sangue, mentre tutte le vene grandi sono chiamate ‘vene cave’. In epoca successiva i medici, per

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consuetudine, furono soliti chiamare ‘vena cava’ quella che, dipartendosi dal fegato, arrivava con le sue diramazioni fino ai reni. Lì, afferma Prassagora462, era la prima origine delle febbri. Prassagora chiama solo questa vena ‘vena cava’. Altri medici, al contrario, denominarono così anche quella vena che, attraverso i reni, giungeva al cuore. Alcuni poi chiamarono questa vena e anche quella richiamata in precedenza col termine ‘vena epatica’, mentre indicarono come ‘vena splenica’ quella che parte dalla milza. In realtà non esiste una vena che parte dalla milza, così come non esiste una vena che parte dal fegato e va in su o in giù attraversando la parte sinistra del corpo. Mentono quanti affermano ciò. Le piccole vene che arrivano alla milza sono infatti sottili e terminano il loro percorso nella milza. Filistione, medico di Italía463, secondo la lingua locale dei Dori, chiama ‘aquile’ le vene che arrivano alla testa attraverso le tempie. Ippocrate, invece, chiama ‘draghi’ le vene che partono direttamente dal cuore464. Erofilo465 chiama la più grossa e grande vena che parte dal cuore e arriva al polmone ‘arteriosa’ (= arteria polmonare). Infatti nel polmone le vene hanno caratteristiche opposte che nelle altre parti del corpo. Lì le vene sono forti e di natura assai simile alle arterie, al contrario le arterie sono deboli e di natura assai simile alle vene.

Commento Rufo di Efeso, medico vissuto nel I-II secolo d.C. e autore di numerosi scritti466, pone la citazione di Filistione in un contesto del suo scritto Sulla nomenclatura delle parti del corpo umano nel quale si

Prax. F 7 Stekerl; cfr. Sideras 1994, 1128. Sul contesto territoriale richiamato dal geonimo Italía vd. supra, I Parte, Capitolo II, ma anche II Parte, commento a Philistion T 1A e Cartina 2. 464 Il termine δρακοντίδες non compare negli scritti del Corpus Hippocraticum ma solo in Rufus: LSJ 1968, s.v. δρακοντίς; cfr. Kühn-Fleisher 1986; Sideras 1994, 1127. 465 Heroph. T 117 Von Staden. Su questo passaggio e sui termini medici coniati da Erofilo: Von Staden 1989, 240; Sideras 1994, 1127-1128. 466 Su Rufo di Efeso: Sideras 1994, 1077-1253; Thomssen-Probst 1994, 1254-1292; Scarborough 2008g, 720-721. 462

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sofferma sulla classificazione delle vene. L’autore affronta il tema in una delle ultime parti dedicata nello specifico a vene, arterie, nervi, cartilagini, pelle, carne, midollo, sangue, flegma, bile, saliva, muco nasale, sudore, urina, gas intestinali, cerume, mestruo, latte secreto dalle puerpere, seme e ogni altro tipo di umore467. Trattando delle vene, appunto, inserisce anche il riferimento a Filistione che, usando il dialetto dorico, avrebbe chiamato ‘aquile’ le vene che arrivano alla testa passando attraverso le tempie. Il dato, pur provenendo da una fonte che l’autore non indica, sembra essere attendibile, tanto più che Rufo conosceva bene tutta la letteratura medica sviluppatasi fin dall’epoca più antica468. La denominazione di ἀετοί è posta infatti in relazione col dialetto dorico: si tratta del dialetto usato sia a Siracusa, fin dai tempi della sua fondazione a opera dei Corinzi469, sia a Locri Epizefiri, fondata da gente dorica proveniente dalla Locride470. In entrambi i contesti si impiegava la forma ἀετóς piuttosto che quella ionica αἰετóς471. Anche se Rufo si limita a registrare una nomenclatura già esistente offrendo una lista di sinomini con i quali i medici del passato erano soliti indicare le diverse parti del corpo – in questo caso le vene –, tuttavia l’attribuzione a Filistione di un termine specifico da parte di una tradizione che Rufo raccoglieva sembra attestare la propensione del Locrese a introdurre nuovi termini in campo medico. Se i Testimonia 17A-C ricordano il philistion, un medicamento o una pianta curativa cui con tutta probabilità Filistione diede il suo nome472, la tradizione confluita in Rufo pare estendere questo modo di procedere anche alle diverse parti del corpo: in questo caso il termine ἀετóς per indicare le vene che raggiungevano la testa passando per le tempie.

467 Ruf. Eph., De corp. hum. part. appell. 198-228 Daremberg-Ruelle; cfr. Sideras 1994, 1124. 468 Cfr. Sideras 1994, 1202. 469 Sulla fondazione di Siracusa: Guzzo 2011, 189-208. 470 Sulla fondazione di Locri: Braccesi-Raviola 2008, 37-41; Guzzo 2011, 267-280. Sul dialetto dorico parlato a Locri: Landi 1968, 63-67; Landi 1973, 57-76. 471 Cfr. LSJ 1968, s.v. ἀετóς. 472 Vd. infra, Commento ad loc.

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Ulteriori elementi sembra fornire un passo di Michele Psellos che già Wellmann richiamava a supporto della notizia di Rufo473. Nel suo Poema VI il poeta bizantino riporta tutta una serie di nomi che Ippocrate aveva dato alle parti del corpo (nuca/σκύτα alla parte posteriore della testa; ‘vertebra’/στροφεύς alla vertebra cervicale, ecc.474): tra essi vi era anche ‘aquile’/ἀετοί impiegato per indicare le vene che attraversano le tempie475. Anche se il termine non compare nel Corpus Hippocraticum476 – tuttavia non si può escludere che i medici ippocratici ne avessero fatto uso. In questo caso o l’avrebbero coniato trasmettendolo a Filistione o l’avrebbero ripreso proprio dal Locrese. A questo proposito occorre ricordare che la notizia sul philistion ricorre in due scritti ippocratici come il De natura muliebri e il De mulierum affectibus II477. Essa è stata interpretata come riferimento a Filistione e utilizzata per datare al IV secolo il De natura muliebri478.

Wellmann 1901, 113. Psell., Poem. VI 462 ss. Westerink 475 Psell., Poem. VI 464 Westerink. 476 Cfr. Kühn-Fleisher 1986. 477 Hipp., De nat. mul. 32.75 Bourbon (= VII 360 Littré); Mul. II 201.30, VIII 386.9-11 Littré = Philistion TT 17A-B. 478 Per il problema vd. infra, Philistion TT 17A-C con il relativo Commento. 473

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T9 Athenaeus, Deipnosophistae III 115C-116A Kaibel [C] καὶ ὁ Γαληνὸς μελλόντων ἡμ¾ν ἐφάπτεσθαι τ¾ν ἄρτων ‘οὐ πρότερον, ἔφη, δειπνήσομεν, ἕως ἂν καὶ παρ᾽ ἡμ¾ν ἀκούσητε ὅσα εἰρήκασι περὶ ἄρτων ἢ πεμμάτων ἔτι τε ἀλφίτων Ἀσκληπιαδ¾ν παÂδες. ∆ίφιλος μὲν ὁ Σίφνιος ἐν τ½ περὶ τ¾ν προσφερομένων τοÂς νοσοÀσι καὶ τοÂς ὑγιαίνουσιν ‘ἄρτοι, φησίν, οἱ ἐκ πυρ¾ν κριθίνων εἰσὶ πολυτροφώτεροι καὶ εὐοικονομητότεροι καὶ τὸ ὅλον κρείττονες, ε_θ᾽ οἱ σεμιδαλÂται, μεθ᾽ οὓς οἱ ἀλευρÂται, ε_θ᾽ οἱ συγκομιστοὶ ἐξ ἀσήστων ἀλεύρων γινόμενοι· οåτοι γὰρ πολυτροφώτεροι ε_ναι δοκοÀσι’. [D] Φιλιστίων δ’ ὁ Λοκρὸς τ¾ν χονδριτ¾ν τοὺς σεμιδαλίτας πρὸς ἰσχύν φησι μªλλον πεφυκέναι· μεθ’ οὓς τοὺς χονδρίτας τίθησιν, ε_τα τοὺς ἀλευρίτας. οἱ δὲ ἐκ γύρεως ἄρτοι γινόμενοι κακοχυλότεροί τέ εἰσι καὶ ὀλιγοτροφώτεροι. πάντες δ’ οἱ θερμοὶ ἄρτοι τ¾ν ἐψυγμένων εὐοικονομητότεροι πολυτροφώτεροί τε καὶ εὐχυλότεροι, ἔτι δὲ πνευματικοὶ καὶ εὐανάδοτοι. οἱ δ’ ἐψυγμένοι πλήσμιοι, δυσοικονόμητοι. οἱ δὲ τελείως παλαιοὶ καὶ κατεψυγμένοι ἀτροφώτεροι στατικοί τε [E] κοιλίας καὶ κακόχυλοι. ὁ δ’ ἐγκρυφίας ἄρτος βαρὺς δυσοικονόμητός τε διὰ τὸ ἀνωμάλως ὀπτªσθαι. ὁ δὲ ἰπνίτης καὶ καμινίτης δύσπεπτοι καὶ δυσοικονόμητοι. ὁ δὲ ἐσχαρίτης καὶ ἀπὸ τηγάνου διὰ τὴν τοÀ ἐλαίου ἐπίμιξιν εὐεκκριτώτερος, διὰ δὲ τὸ κνισὸν κακοστομαχώτερος [γάρ]. ὁ δὲ κλιβανίτης πάσαις ταÂς ἀρεταÂς περιττεύει· εὔχυλος γὰρ καὶ εὐστόμαχος καὶ εὔπεπτος καὶ πρὸς ἀνάδοσιν ῥËστος· οὔτε γὰρ ἱστάνει κοιλίαν οὔτε παρατείνει’. Ἀνδρέας δὲ ὁ ἰατρὸς ἄρτους τινάς φησιν ἐν Συρίᾳ γίνεσθαι ἐκ συκαμίνων, -ν τοὺς φαγόντας τριχορρυεÂν. [F] Μνησίθεος δέ φησι τὸν ἄρτον τÇς μάζης εὐπεπτότερον ε_ναι καὶ τοὺς ἐκ τÇς τίφης μªλλον ἱκαν¾ς τρέφειν· πέττεσθαι γὰρ αὐτοὺς καὶ οὐ μετὰ πολλοÀ πόνου. τὸν δ᾽ ἐκ τ¾ν ζει¾ν ἄρτον ἄδην φησὶν ἐσθιόμενον βαρὺν ε_ναι καὶ δύσπεπτον· διὸ οὐχ ὑγιαίνειν τοὺς αὐτὸν ἐσθίοντας.’ εἰδέναι δὲ ὑμªς δε ὅτι τὰ μὴ πυρωθέντα ἢ τριφθέντα σιτία φύσας καὶ βάρη καὶ στρόφους καὶ κεφαλαλγίας ποιεÂ.’ [116A] μετὰ τὰς τοσαύτας διαλέξεις ἔδοξεν ἤδη ποτὲ καὶ δειπνεÂν, […]

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Traduzione Ateneo, I sofisti a banchetto III 115C-116A Kaibel [C] E Galeno, mentre noi stavamo cominciando ad afferrare il pane, “Non pranzeremo – disse -, finché non avrete ascoltato anche da parte mia quanto hanno detto su pani o pasticcini e poi anche sulle farine i figli degli Asclepiadi. Difilo di Sifno nel trattato Alimenti per malati e sani afferma479: «I pani di frumento (ἄρτοι) sono molto più nutrienti e facili da digerire di quelli di orzo (οἱ ἐκ πυρ¾ν κριθίνων) e, in generale, sono migliori; poi vengono quelli di semola (σεμιδαλÂται); dopo di essi quelli di farina di grano tenero (ἀλευρÂται); poi quelli integrali (συγκομιστοί), fatti di farine non setacciate; questi, per l’appunto, sono considerati molto più nutrienti». [D] «Filistione di Locri sostiene che i pani di semola (σεμιδαλÂται) sono per loro natura più energetici di quelli di spelta (χονδρÂται)480; al secondo posto mette quelli di spelta (χονδρÂται), poi quelli di farina di grano tenero (ἀλευρÂται). I pani fatti di fior di farina (οἱ δὲ ἐκ γύρεως ἄρτοι) sono meno saporiti e meno nutrienti. Tutti i tipi di pane fresco (οἱ θερμοὶ ἄρτοι) sono più digeribili, più nutrienti e più saporiti dei pani secchi, ma producono anche flatulenza e sono facili da assimilare. I pani secchi (οἱ δ’ ἐψυγμένοι) producono sazietà e sono difficili da digerire. I pani completamente raffermi e quelli rinsecchiti (παλαιοὶ καὶ κατεψυγμένοι) non sono nutrienti, provocano stipsi e sono poco saporiti. [E] Il pane cotto sotto la cenere (ἐγκρυφίας ἄρτος)481 è pesante e poco digeribile per la cottura irregolare. Il pane cotto nel forno nelle varietà dell’ipnites482 e del kaminites è poco assimilabile e difficile da digerire. Il pane cotto sotto la cenere (ἐσχαρίτης) o in una teglia, a causa della mescolanza con l’olio, viene

Diphil. F 1 Garcia Lázaro. Vd. Athen. III 109C. 481 Vd. Athen. III 110A. 482 Vd. Athen. III 109C. 479 480

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evacuato più facilmente ma, a causa del vapore grasso, è dannoso per lo stomaco. Il pane cotto nella teglia (κλιβανίτης)483 è superiore per tutte le sue qualità: è di buon sapore, gradevole allo stomaco, assai facile da digerire e da assimilare, non blocca l’intestino e non lo rende fiacco». «Il medico Andreas dice che in Siria ci sono alcune varietà di pane fatto con more e coloro che ne mangiano perdono i capelli»484. [F] «Mnesiteo afferma che il pane è più digeribile della focaccia di orzo (μªζα) e che quelli fatti di farro piccolo (τίφη) nutrono di più; si digeriscono anche senza molta fatica. Dice ancora che il pane fatto di farro (ἐκ τ¾ν ζει¾ν ἄρτον), mangiato in abbondanza, è pesante e poco digeribile; perciò coloro che lo consumano non stanno in buona salute»485. [116A] Bisogna che sappiate che gli alimenti a base di cereali, che non sono stati cotti o impastati bene, producono flatulenza, pesantezza di stomaco, coliche viscerali e mal di testa”. Dopo ampie discussioni, parve ormai opportuno finalmente anche pranzare […]486.

Commento Wellmann487 ipotizzava per i Testimonia 9-14 la derivazione da uno scritto di Filistione sull’alimentazione (Περὶ τροφÇς ὑγιείνων o Περὶ διαίτης) che già gli antichi erano soliti attribuire o al medico locrese o ad altri autori, come attesta Galeno488. Nel passo in questione, Ateneo, senza menzionare alcun testo specifico, cita Filistione in relazione ai diversi tipi di pane e alle proprietà di ciascuno. Il metodo di lavoro dell’erudito nella composizione della sua opera enciclopedica I sofisti a banchetto è stato a lungo indagato e continua a essere tema di Vd. Athen. III 109F. Andreas F 41 von Staden. 485 Mnesith. F 28 Bertier. 486 Traduzione: Greselin 2001. 487 Wellmann 1901, 73-74; 113-116. 488 Su questo scritto e sui titoli differenti con cui viene ricordato, vd. infra, Commento a Philistion TT 14A-C. 483

484

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ricerca489. Anche se, in linea di massima, Ateneo indica sempre e con buona precisione le sue fonti di informazione490, non si è in grado, però, di dire se traesse i suoi dati da personali letture fatte nella biblioteca del suo mecenate Larense o da antologie che già contenevano i brani e/o le notizie che reimpiegava491. Nella maggior parte dei casi si tratta comunque di citazioni da opere andate completamente perdute492. Ne I sofisti a banchetto tra quanti intervengono al dibattito sui vari argomenti affrontati nel corso del simposio – si tratta perlopiù di personaggi realmente vissuti, il cui nome o la cui provenienza solo in alcuni casi sono stati modificati da Ateneo493 – vi sono anche i medici Dafno di Efeso494, Dionisocle495, Rufino di Nicea496 e, soprattutto, Galeno497. Proprio Galeno introduce l’argomento relativo alle proprietà organolettiche e digestive di ciascun tipo di pane, tema all’interno del quale compare la citazione di Filistione. Ha modo di inserirlo approfittando del fatto che il banchetto stava per iniziare e che gli ospiti si accingevano a consumare del pane come primo alimento. La notizia si incastra in un contesto in cui Galeno, attingendo alla letteratura medica, inserisce il riferimento a quattro medici del passato qualificati come ‘figli degli Asclepiadi’. Mentre di Difilo di Sifno ricorda uno scritto specifico dal titolo Alimenti per malati e sani498,

489 Cfr. Rudolph 1891, 109-164; Rudolph 1894, 652-663; Hackman 1912; Mengis 1920, 29-31; Düring 1936, 226-270; Baldwin 1976, 21-42; Baldwin 1977, 37-48; Zecchini 1989; Wilkins-Hill 1995, 429-438; Anderson 1997, 2173-2185; Braund-Wilkins 2000; Jacob 2004, 147-174; Lenfant 2007. 490 Cfr. Jacob 2001, LXIII. Non manca però qualche errore: Zepernick 1921, 311363; Ambaglio 1990, 51-64; Pelling 2000, 190. 491 Cfr. Jacob 2000, 85 ss.; Sidwell 2000, 137-139; Jacob 2004, 147-174, ma anche Nesselrath 1990, 68; Douglas Olson 2006, XIV. 492 Cfr. Douglas Olson 2006, IX. 493 Douglas Olson 2006, XI. 494 Athen. I 1E; II 51A. 495 Athen. III 96D; 116D. 496 Athen. I 1F. Su Dafno, Dionisocle e Rufino: Balwin 1977, 37-48. 497 Athen. I 1E-F; I 26C. 498 Su Difilo, medico del III secolo: Stamatu 2005, 230; Manetti 2008i, 273.

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per Filistione, Andreas e Mnesiteo499 non indica lavori precisi nei quali avevano trattato l’argomento. Così essi potrebbero aver sviluppato il tema in scritti specifici sull’alimentazione. Filistione, in particolare, potrebbe averlo fatto in un lavoro sulla dieta, come suppone Wellmann500. Sebbene non ci siano elementi certi in proposito, il passo di Ateneo sembra attestare un forte interesse del medico locrese verso il regime alimentare. Nel caso specifico la sua attenzione si appuntava sui diversi tipi di pane e sulle proprietà di ciascuno di essi: un argomento, questo, del quale anche Galeno si era occupato501. Ora, del pane si era interessato anche un contemporaneo di Filistione come Eraclide di Siracusa nel suo scritto sulla gastronomia. In un frammento riportato ancora da Ateneo – che peraltro altrove parla di due Eraclidi, entrambi originari di Siracusa e autori di libri sulla gastronomia502 – Eraclide si era soffermato sui cosiddetti kyboi: si trattava di pani dalla forma quadrangolare che venivano insaporiti con aneto, formaggio e olio503. Anche se il dato di Ateneo su Eraclide non permette di creare collegamenti con le dottrine di Filistione, esso autorizza, per lo meno, a constatare un forte interesse nella Siracusa dei due Dionisî verso la gastronomia e, sul versante medico, verso le proprietà dei cibi e il regime alimentare.

499 Sul medico Andreas/Andrea di Caristo vissuto nel III secolo e appartenente alla scuola di Erofilo: von Staden 1989, 472-477; Marasco 2005, 49; Keyser 2008b, 7778. Su Mnesiteo, vd. supra. 500 Wellmann 1901, 73-74; 113-116. 501 Galen., De alimentorum facultatibus I 10 Helmreich (= VI 504-506 Kühn). 502 Athen. XII 516C = Philistion T 13 su cui vd. infra. 503 Athen. III 114A.

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T 10A T 10A 1 C. Plinius Secundus, Naturalis Historia I 20, Indices IanMayhoff LIBRO XX continentur medicinae ex iis quae in hortis seruntur. […] MEDICIS Hippocrate. Chrysippo. Diocle. Ophione. Heraclide. Hicesio. Dionysio. Apollodoro Citiense. Apollodoro Tarentino. Praxagora. Pleistonico. Medio. Dieuche. Cleophanto. Philistione. Asclepiade. Crateua. Petronio Diodoto. Iolla. Erasistrato. Diagora. Andrea. Mneside. Epicharmo. Damione. Dalione. Sosimene. Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lyco. Olympiade Thebana. Philino. Petricho. Miccione. Glaucia. Xenocrate.

Traduzione Plinio il Vecchio, Storia naturale I 20, Indici Ian-Mayhoff Nel libro XX sono contenuti i rimedi ricavati dalle piante che si coltivano negli orti. […] MEDICI: Ippocrate. Crisippo. Diocle. Ofione. Eraclide. Icesio. Dionisio. Apollodoro di Cizio. Apollodoro di Taranto. Prassagora. Plistonico. Medio. Dieuche. Cleofanto. Filistione. Asclepiade. Crateva. Petronio Diodoto. Iolla. Erasistrato. Diagora. Andrea. Mneside. Epicarmo. Damione. Dalione. Sosimene. Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lico. Olimpiade di Tebe. Filino. Petrico. Miccione. Glaucia. Senocrate.

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T 10A 2 C. Plinius Secundus, Naturalis Historia I 21, Indices IanMayhoff LIBRO XXI continentur naturae florum et coronamentorum. […] MEDICIS Mnesitheo qui de coronis. Callimacho qui item. Phania physico. Timaristo. Simo. Hippocrate. Chrysippo. Diocle. Ophione. Heraclide. Hicesio. Dionysio. Apollodoro Citiense. Apollodoro Tarentino. Praxagora. Plistonico. Medio. Dieuche. Cleophanto. Philistione. Asclepiade. Crateua. Petronio Diodoto. Iolla. Erasistrato. Diagora. Andrea. Mneside. Epicharmo. Damione. Dalione. Sosimene. Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lyco. Olympiade Thebana. Philino. Petricho. Miccione. Glaucia. Xenocrate.

Traduzione Plinio il Vecchio, Storia naturale I 21, Indici Ian-Mayhoff Nel libro XXI sono contenute le specie di fiori e le tipologie di ghirlande. […] MEDICI: Mnesiteo che ha scritto sulle corone. Callimaco che ha fatto la stessa cosa. Fania il naturalista. Timaristo. Simo. Ippocrate. Crisippo. Diocle. Ofione. Eraclide. Icesio. Dionisio. Apollodoro di Cizio. Apollodoro di Taranto. Prassagora. Plistonico. Medio. Dieuche. Cleofanto. Filistione. Asclepiade. Crateua. Petronio Diodoto. Iolla. Erasistrato. Diagora. Andrea. Mneside. Epicarmo. Damione. Dalione. Sosimene. Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lico. Olimpiade di Tebe. Filino. Petrico. Miccione. Glaucia. Senocrate.

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T 10A 3 C. Plinius Secundus, Naturalis Historia I 22, Indices IanMayhoff LIBRO XXII continentur auctoritas herbarum. […] Ex autoribus iisdem quibus priore libro et praetor eos Chrysermo. Eratosthene. Alcaeo.

Traduzione Plinio il Vecchio, Storia naturale I 22, Indici Ian-Mayhoff Nel libro XXI si parla dell’importanza delle erbe. […] Fonti: le medesime impiegate nel libro precedente con l’aggiunta di Crisermo, Eratostene e Alceo.

T 10A 4 C. Plinius Secundus, Naturalis Historia I 23, Indices IanMayhoff LIBRO XXIII: continentur medicinae ex arboribus cultis. […] MEDICIS Mnesitheo. Callimacho. Phania physico. Timaristo. Simo. Hippocrate. Chrysippo. Diocle. Ophione. Heraclide. Hicesio. Dionysio. Apollodoro Citiense. Apollodoro Tarentino. Praxagora. Plistonico. Medio. Dieuche. Cleophanto. Philistione. Asclepiade. Crateua. Petronio Diodoto. Iolla. Erasistrato. Diagora. Andrea. Mneside. Epicharmo. Damione. Dalione. Sosimene. Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lyco. Olympiade Thebana. Philino. Petricho. Miccione. Glaucia. Xenocrate.

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Traduzione Plinio il Vecchio, Storia naturale I 23, Indici Ian-Mayhoff Nel libro XXIII sono contenuti i rimedi ricavati dagli alberi coltivati. […] Medici: Mnesiteo. Callimaco. Fania il naturalista. Timaristo. Simo. Ippocrate. Crisippo. Diocle. Ofione. Eraclide. Icesio. Dionisio. Apollodoro di Cizio. Apollodoro di Taranto. Prassagora. Plistonico. Medio. Dieuche. Cleofanto. Filistione. Asclepiade. Crateua. Petronio Diodoto. Iolla. Erasistrato. Diagora. Andrea. Mneside. Epicarmo. Damione. Dalione. Sosimene. Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lico. Olimpiade di Tebe. Filino. Petrico. Miccione. Glaucia. Senocrate.

T 10A 5 C. Plinius Secundus, Naturalis Historia I 24, Indices IanMayhoff LIBRO XXIV continentur medicinae ex arboribus silvestribus. […] MEDICIS Mnesitheo. Callimacho. Phania physico. Timaristo. Simo. Hippocrate. Chrysippo. Diocle. Ophione. Heraclide. Hicesio. Dionysio. Apollodoro Citiense. Apollodoro Tarentino. Praxagora. Plistonico. Medio. Dieuche. Cleophanto. Philistione. Asclepiade. Crateua. Petronio Diodoto. Iolla. Erasistrato. Diagora. Andrea. Mneside. Epicharmo. Damione. Sosimene. Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lyco. Olympiade Thebana. Philino. Petricho. Miccione. Glaucia. Xenocrate.

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Traduzione Plinio il Vecchio, Storia naturale I 24, Indici Ian-Mayhoff Nel libro XXIV sono contenuti i rimedi ricavati dagli alberi selvatici. […] MEDICI: Mnesiteo. Callimaco. Fania il naturalista. Timaristo. Simo. Ippocrate. Crisippo. Diocle. Ofione. Eraclide. Icesio. Dionisio. Apollodoro di Cizio. Apollodoro di Taranto. Prassagora. Plistonico. Medio. Dieuche. Cleofanto. Filistione. Asclepiade. Crateua. Petronio Diodoto. Iolla. Erasistrato. Diagora. Andrea. Mneside. Epicarmo. Damione. Sosimene. Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lico. Olimpiade di Tebe. Filino. Petrico. Miccione. Glaucia. Senocrate.

T 10A 6 C. Plinius Secundus, Naturalis Historia I 25, Indices IanMayhoff LIBRO XXV continentur naturae herbarum sponte nascentium. […] MEDICIS Mnesitheo. Callimacho. Phania physico. Timaristo. Simo. Hippocrate. Chrysippo. Diocle. Ophione. Heraclide. Hicesio. Dionysio. Apollodoro Citiense. Apollodoro Tarentino. Praxagora. Plistonico. Medio. Dieuche. Cleophanto. Philistione. Asclepiade. Crateua. Petronio Diodoto. Iolla. Erasistrato. Diagora. Andrea. Mneside. Epicharmo. Damione. Sosimene. Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lyco. Olympiade Thebana. Philino. Petricho. Miccione. Glaucia. Xenocrate.

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Traduzione Plinio il Vecchio, Storia naturale I 25, Indici Ian-Mayhoff Nel libro XXV si parla della natura di quelle erbe che nascono spontaneamente. […] MEDICI: Mnesiteo. Callimaco. Fania il naturalista. Timaristo. Simo. Ippocrate. Crisippo. Diocle. Ofione. Eraclide. Icesio. Dionisio. Apollodoro di Cizio. Apollodoro di Taranto. Prassagora. Plistonico. Medio. Dieuche. Cleofanto. Filistione. Asclepiade. Crateua. Petronio Diodoto. Iolla. Erasistrato. Diagora. Andrea. Mneside. Epicarmo. Damione. Sosimene. Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lico. Olimpiade di Tebe. Filino. Petrico. Miccione. Glaucia. Senocrate.

T 10A 7 C. Plinius Secundus, Naturalis Historia I 26, Indices IanMayhoff LIBRO XXVI continentur reliquae per genera medicinae. […] MEDICIS Mnesitheo. Callimacho. Phania physico. Timaristo. Simo. Hippocrate. Chrysippo. Diocle. Ophione. Heraclide. Hicesio. Dionysio. Apollodoro Citiense. Apollodoro Tarentino. Praxagora. Plistonico. Medio. Dieuche. Cleophanto. Philistione. Asclepiade. Crateua. Petronio Diodoto. Iolla. Erasistrato. Diagora. Andrea. Mneside. Epicharmo. Damione. Sosimene. Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lyco. Olympiade Thebana. Philino. Petricho. Miccione. Glaucia. Xenocrate.

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Traduzione Plinio il Vecchio, Storia naturale I 26, Indici Ian-Mayhoff Nel libro XXVI sono contenuti i restanti medicamenti suddivisi per generi […] MEDICI: Mnesiteo. Callimaco. Fania il naturalista. Timaristo. Simo. Ippocrate. Crisippo. Diocle. Ofione. Eraclide. Icesio. Dionisio. Apollodoro di Cizio. Apollodoro di Taranto. Prassagora. Plistonico. Medio. Dieuche. Cleofanto. Filistione. Asclepiade. Crateua. Petronio Diodoto. Iolla. Erasistrato. Diagora. Andrea. Mneside. Epicarmo. Damione. Sosimene. Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lico. Olimpiade di Tebe. Filino. Petrico. Miccione. Glaucia. Senocrate.

T 10A 8 C. Plinius Secundus, Naturalis Historia I 27, Indices IanMayhoff iis.

LIBRO XXVII continentur reliqua genera herbarum. medicinae ex

[…] MEDICIS Mnesitheo. Callimacho. Timaristo. Simo. Hippocrate. Chrysippo. Diocle. Ophione. Heraclide. Hicesio. Dionysio. Apollodoro Citiense. Apollodoro Tarentino. Praxagora. Plistonico. Medio. Dieuche. Cleophanto. Philistione. Asclepiade. Crateua. Petronio Diodoto. Iolla. Erasistrato. Diagora. Andrea. Mneside. Epicharmo. Damione. Sosimene. Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lyco. Olympiade Thebana. Philino. Petricho. Miccione. Glaucia. Xenocrate.

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Traduzione Plinio il Vecchio, Storia naturale I 27, Indici Ian-Mayhoff Nel libro XXVII si parla delle restanti specie di erbe e dei medicamenti ricavati da esse. […] MEDICI: Mnesiteo. Callimaco. Timaristo. Simo. Ippocrate. Crisippo. Diocle. Ofione. Eraclide. Icesio. Dionisio. Apollodoro di Cizio. Apollodoro di Taranto. Prassagora. Plistonico. Medio. Dieuche. Cleofanto. Filistione. Asclepiade. Crateua. Petronio Diodoto. Iolla. Erasistrato. Diagora. Andrea. Mneside. Epicarmo. Damione. Sosimene. Tlepolemo. Metrodoro. Solone. Lico. Olimpiade di Tebe. Filino. Petrico. Miccione. Glaucia. Senocrate.

T 10B C. Plinius Secundus, Naturalis Historia XX 85-87 Ian-Mayhoff (85) Erasistrati schola clamat nihil esse utilius stomacho nervisque (scil. brassica), ideo paralyticis et tremulis dari iubet et sanguinem excreantibus. (86) Hippocrates coeliacis et dysintericis bis coctam cum sale, item ad tenesmum et renium causa, lactis quoque ubertatem puerperis hoc cibo fieri iudicans et purgationem feminis. crudus quidem caulis si mandatur, partus quoque emortuos pelli. Apollodorus adversus fungorum venena semen aut sucum bibendum censet, Philistion opisthotonicis sucum ex lacte caprino cum sale et melle. (87) invenio et podagra liberatos edendo eam decoctaeque ius bibendo, hoc et cardiacis datum et comitialibus morbis addito sale, item splenicis in vino albo per dies XL et ictericis nec non et phreneticis.

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Traduzione Plinio il Vecchio, Storia Naturale XX 85-87 Ian-Mayhoff (85) La scuola di Erasistrato dichiara che non c’è sostanza più benefica (sott. del cavolo) per lo stomaco e per i tendini e perciò prescrive di somministrarne ai paralitici e ai sofferenti di tremito e a coloro che espettorano sangue504. (86) Ippocrate prescrive cavolo cotto due volte con sale a chi è affetto da morbo celiaco e dissenteria, come pure nei casi di tenesmo e di affezioni ai reni; ritiene inoltre che cibarsi di cavolo aumenti la produzione di latte nelle puerpere e provochi il mestruo. Il fusto, poi, se mangiato crudo, provoca anche l’espulsione dei feti morti505. Apollodoro506 ritiene che si debbano bere i semi o il succo contro l’avvelenamento da funghi; Filistione prescrive, nei casi di opistotono, di bere succo di cavolo in latte di capra, con sale e miele. (87) Trovo anche nelle mie fonti che alcuni malati di gotta sono guariti mangiando cavolo e bevendone un decotto; che un decotto di cavolo, con aggiunta di sale, si somministra nei casi di morbo cardiaco e di epilessia; nelle affezioni della milza lo si fa prendere in vino bianco, per 40 giorni, e così anche nei casi di itterizia e di crisi di delirio507.

L’uso a fini terapeutici del cavolo/brassica/κράμβη da parte di Erasistrato è attestato in Eras. F 281 Garofalo. 505 Sugli usi terapeutici del cavolo/brassica/κράμβη nelle opere del Corpus Hippocraticum, cfr. Kühn-Fleisher 1986, s.v. κράμβη. Vd. anche Diosc., Mat. Med. II 120 Wellmann; Garg. Mart., Med. ex oler. et pom. 30 Maire. 506 Apollod. F 12 Jacques. Su Apollodoro di Alessandria, medico vissuto nel III secolo e autore di un trattato sui veleni pervenuto solo in frammenti (Apollod. FF 118 Jacques), cfr. Jacques 2002, XXXIII-XXXVII; Jacques 2008, 106. 507 Traduzione: Lechi 1985. 504

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T 11 C. Plinius Secundus, Naturalis Historia XX 121-122 IanMayhoff (121) usu quoque (scil. ocimum) conpertum deficientibus ex aceto odoratu salutare esse, item lethargicis et inflammatis refrigeratione, inlitum capitis doloribus cum rosaceo aut myrteo (122) et aceto, item oculorum epiphoris inpositum ex vino. stomacho quoque utile, inflationes ructu dissolvere ex aceto sumptum, alvum sistere inpositum, urinam ciere; sic et morbo regio et hydropicis prodesse, etiam in choleris destillationes stomachi inhiberi. ergo etiam coeliacis Philistio dedit et coctum dysintericis, et contra . . . . .Plistonicus, aliqui et in tenesmo et sanguinem excreantibus in vino, duritia quoque praecordiorum. 9. contra ll. v. colicis C.| lacunam ego indicavi.

Traduzione Plinio il Vecchio, Storia Naturale XX 121-122 Ian-Mayhoff (121) La pratica ha anche dimostrato che (il basilico) messo nell’aceto e annusato fa bene in caso di svenimento, come pure in caso di letargia e infiammazione, dato che ha un effetto rinfrescante. In impacco, con olio di rose o di mirto (122), o con aceto, fa cessare il mal di testa; applicato insieme con vino è un rimedio in caso di lacrimazione. Fa bene anche allo stomaco: preso con aceto, dissipa il gonfiore provocando rutti; applicato in impacco, ha effetto astringente sull’intestino e stimola la diuresi; in questo modo giova anche a chi è affetto da itterizia e idropisia; anche nei casi di malattie biliari impedisce la formazione di catarri gastrici. Per questo motivo Filistione lo prescriveva anche ai malati di morbo celiaco e, cotto, ai

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malati di dissenteria; Plistonico contro…, alcuni anche nei casi di tenesmo e di espettorazione di sangue, se messo in vino, e inoltre per l’indurimento dell’epigastrio508.

T 12 C. Plinius Secundus, Naturalis Historia XX 30-31 Ian-Mayhoff (30) Alterum genus est staphylinus, quod pastinacam erraticam vocant. eius semen contritum et in vino potum tumentem alvum et suffocationes mulierum doloresque lenit in tantum, ut vulvas corrigat. inlitum quoque e passo ventri earum prosit; et viris vero prosit cum panis portione aequa tritum ex vino potum contra ventris dolores. pellit et urinam, et phagedaenas ulcerum sistit recens cum melle inpositum vel arida farina inspersa. (31) radicem eius Dieuches contra iocineris aut lienis ac lumborum et renium vitia ex aqua mulsa dari iubet, Cleophantus et dysintericis veteribus. Philistio in lacte coquit et ad stranguriam dat radicis uncias quattuor, ex aqua hydropicis, similiter et opisthotonicis et pleuriticis et comitialibus.

Traduzione Plinio il Vecchio, Storia Naturale XX 30-31 Ian-Mayhoff Un’altra specie è lo stafilino, detto pastinaca selvatica. I semi, tritati e bevuti nel vino, attenuano il gonfiore del ventre e le crisi isteriche nonché i dolori femminili, tanto da rimettere a posto l’utero; anche applicati in vino passito giovano all’intestino delle donne, come pure, tritati insieme a un’uguale quantità di pane e bevuti, giovano agli uomini contro i dolori al ventre. Hanno anche effetto

508 Traduzione: Lechi 1985. Sulle proprietà e gli usi terapeutici del basilico/ocimum: Diosc., Mat. Med. II 141 Wellmann; Garg. Mart., Med. ex oler. et pom. 22 Maire. Crisippo aveva sconsigliato l’uso del basilico a scopo terapeutico ritenendolo dannoso allo stomaco, alla minzione e alla vista e in grado di provocare follia, stati di torpore e problemi al fegato: Plin., N.H. XX 119.

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diuretico e fermano le ulcere fagedeniche, se applicati freschi insieme con miele, oppure secchi insieme con farina. Dieuche509 prescrive di somministrare la radice con idromele contro le affezioni del fegato o della milza, dei lombi e dei reni; Cleofanto510 la prescrive anche ai sofferenti di dissenteria cronica. Filistione fa bollire la radice nel latte e ne somministra quattro once nei casi di stranguria; agli idropici la fa bere con acqua e, analogamente, agli opistononici, ai sofferenti di pleurite e agli epilettici511.

Commento a TT 10A-B; 11; 12 Anche se, contrariamente a quanto ipotizzava Wellmann, non si è in grado di dire se i Testimonia 10B, 11 e 12 appartenessero a un’opera di Filistione sulla dieta512, tuttavia i passi di Plinio sembrano far luce su alcuni interessi specifici del Locrese. Nei suoi Indici (= TT 10A1-8) Plinio cita come sua fonte Filistione per i libri libri XX-XXVII della Naturalis Historia dedicati ai rimedi tratti dalle diverse specie di piante: con ciò implicitamente dichiara di aver utilizzato uno o più scritti del medico locrese513. Il naturalista ne riporta delle parti nel libro XX dedicato alle Medicinae ex iis quae in hortis seruntur514: si tratta nello specifico di tre ricette a base rispettivamente di cavolo/brassica, basilico/ocimum, pastinaca selvatica/staphylinus-pastinaca erratica. Le tre ricette sono inserite in un elenco di rimedi, a base della medesima pianta, elaborati da diversi medici: nel primo caso i seguaci di Erasistrato, insieme con Ippocrate e Apollodoro515; nel secondo caso Crisippo, Diodoro,

509 510

483.

Su questo medico dogmatico vissuto nel III secolo vd. supra. Si tratta di Cleofanto di Ceo, medico vissuto nel III secolo: Scarborough 2008b,

511 Traduzione: Lechi 1985. Sulle proprietà e gli usi terapeutici dello staphylinus/pastinaca erratica: Diosc., Mat. Med. III 52 Wellmann; Garg. Mart., Med. ex oler. et pom. 33 Maire. 512 Wellmann 1901, 113-116. 513 Plin., N.H. Indices, I 20-27 = = Philistion TT 10 A1-8. 514 Philistion T 10B-12. 515 Plin., N.H. XX 86 = Philistion T 10B.

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Filistione e Pleistonico/Plistonico516; nel terzo caso Dieuche, Cleofanto e Filistione517. In tutte e tre le circostanze si tratta di rimedi a base di piante comuni largamente diffuse nel bacino del Mediterraneo, che trovavano impiego nella cura di specifiche patologie quali l’opistotono (TT 10B; 12); il morbo celiaco e la dissenteria (T 11); la stranguria, l’idropisia, la pleurite e l’epilessia (T 12). Tali rimedi riguardavano malattie a carico dell’apparato digerente (opistotono, morbo celiaco, dissenteria, stranguria), ma anche patologie di altra natura come idropisia, pleurite ed epilessia: queste ultime sono inserite nell’elenco delle malattie acute riportato in alcuni scritti del Corpus Hippocraticum. L’autore de Il regime delle malattie acute (fine del V secolo) classificava, infatti, come acute polmonite, pleurite, febbre ardente, ma anche frenite e letargia, le qualificava come mortali nella maggior parte dei casi e riteneva degni di lode quanti erano in grado di curarle518. L’autore di Arie, acque e luoghi (seconda metà del V secolo) ripetutamente indicava come acute pleurite, polmonite e febbre ardente519, mentre l’autore di Malattie I (inizio del IV secolo) riteneva che polmonite, febbre ardente e pleurite - oltre che frenite ed erisipela agli organi genitali – potevano risultare letali per una donna in gravidanza e avere decorso fausto o infausto in altri casi520. L’epilessia o morbo sacro era inserita tra le malattie più gravi. L’autore dell’omonimo scritto ippocratico, databile intorno alla fine del V secolo521, criticava ferocemente i metodi di cura fondati sulla superstizione che venivano praticati dai ciarlatani, mentre lodava le terapie impiegate dai medici e fondate su un autentico metodo

516 517

85.

518

Littré.

Plin., N.H. XX 121-122 = Philistion T 11. Plin., N.H. XX 31 = Philistion T 12. Sui farmaci in Plinio: Scarborough 1986, 59Hipp., Acut. 5.1 Joly (= II 232 Littré); ma anche Hipp., Aphor. VII 11, IV 580

Hipp., Aer. 3.4; 4.3; 7.5; 10.10 Jouanna (= II 18; 20; 28; 48-50 Littré); cfr. Bozzi 1982, ss.vv. 520 Hipp., Morb. I 3, VI 142-146 Littré. Per la datazione dei tre scritti del Corpus Hippocraticum: Jouanna 1994, 381; 394; 408. 521 Cfr. Temkin 1971, 4; Lanata 1967, 20 e nt. 17; Pigeaud 1987, 47; Jouanna 1994, 398. 519

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terapeutico522. Epurandola, infatti, da ogni forma di superstizione, anche l’epilessia, al pari di altre malattie, poteva essere curata definendone le cause e il decorso e impiegando le terapie più adeguate, tra le quali anche una dieta equilibrata in grado di contrastare gli elementi in eccesso nel corpo523. Ora, in che modo Plinio poteva avere avuto accesso alle dottrine di Filistione e ai suoi metodi di cura? Un indizio in questo senso proviene da quanto dice il nipote Plinio il Giovane che, in una lettera indirizzata a Bebio Macro, si sofferma sulle opere e sul metodo di lavoro dello zio524. Oltre a sottolinearne l’estrema operosità che lo portava a svegliarsi prestissimo per lavorare, Plinio il Giovane ricorda che il congiunto era solito, anche quando prendeva il sole, farsi leggere dei libri, prendere degli appunti e stilare un riassunto di ciascuno: un metodo, questo, che seguiva per tutte le opere che decideva di consultare525. Così ascoltava delle letture e dettava qualche appunto durante il bagno; mentre lo massaggiavano o asciugavano; durante i viaggi, allorché si faceva accompagnare da un notarius provvisto di libro e tavoletta526. Tale lavoro, condotto con assiduità, lo portò a comporre numerose opere ma anche a lasciare alla sua morte ben 160 opuscoli: comprendevano passi scelti tratti dalle sue innumerevoli letture527. È lo stesso Plinio a quantificare questo suo enorme patrimonio librario nella dedica all’imperatore Vespasiano della sua Naturalis Historia: si trattava di 2000 volumi dei quali – rileva non senza orgoglio – alcuni, composti da 100 autori scelti, risultavano assolutamente poco usati dalla maggior parte degli studiosi per via

522

45-73.

Hipp., Morb. Sacr. 1.1-4 Jouanna (= VI 352-365 Littré); cfr. van der Eijk 2005a,

523 Hipp., Morb. Sacr. 1.1; 2.3; 5-8; 15; 18 Jouanna (= VI 352; 364; 368-376; 388-390; 396-398 Littré). 524 Plin. Min., Epist. III 5. 525 Plin. Min., Epist. III 5.10: Post cibum saepe, quem interdiu levem et facilem veterum more sumebat, aestate, si quid otii, iacebat in sole, liber legebatur, adnotabat excerpebatque. Nihil enim legit, quod non excerperet; dicere etiam solebat nullum esse librum tam malum, ut non aliqua parte prodesset. 526 Plin. Min., Epist. III 5.14-15. 527 Plin. Min., Epist. III 5.17.

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della difficoltà dei temi trattati528. Se ancora nella dedica a Vespasiano Plinio ricorda la sua abitudine di dedicare allo studio le ore notturne della sua giornata529, non di meno evidenzia di aver redatto all’inizio del suo scritto degli indici, nei quali aveva riportato gli argomenti trattati e le fonti impiegate. L’aveva fatto – rileva – per rendere noti gli autori da cui aveva tratto i suoi dati530, ma anche per agevolare la consultazione dell’opera531. Sulla base dei ricordi del nipote e delle sue stesse dichiarazioni, risulta chiara l’ampiezza delle letture condotte da Plinio per la composizione della Naturalis Historia. Tra di esse potrebbe esserci stata una o più opere di Filistione. Come detto, infatti, il medico locrese è esplicitamente menzionato tra le fonti dei libri XX-XXVII (TT 10A1-8): ciò induce a credere che facesse parte dei 100 exquisiti auctores. Quanti e quali fossero gli scritti di Filistione posseduti e consultati da Plinio non è dato sapere. È probabile che si trattasse di un’unica opera di medicina, all’interno della quale si trovavano le terapie contro opistotono, morbo celiaco, dissenteria, stranguria, idropisia, pleurite ed epilessia, ma è altrettanto probabile che l’erudito fosse venuto in possesso e si fosse servito di più scritti. In ogni caso pare avesse consultato di prima mano l’opera (o le opere) del Locrese (esse dunque circolavano ancora in pieno I secolo d.C.) e, in linea con il proprio metodo di lavoro, ne avesse ricavato delle schede.

Plin., N.H. Epistula dedicatoria 17-18: X̅̅X̅ rerum dignarum cura – quoniam, ut ait Domitius Piso, thesauros oportet esse, non libros – lectione voluminum circiter ῙῙ, quorum pauca admodum studiosi attingunt propter secretum materiae, ex exquisitis auctoribus centum inclusimus XXXVI voluminibus, adiectis rebus plurimis, quas aut ignoraverant priores aut postea invenerat vita. 529 Plin., N.H. Epistula dedicatoria 18. 530 Plin., N.H. Epistula dedicatoria 21-23. 531 Plin., N.H. Epistula dedicatoria 32-33. 528

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T 13 Athenaeus, Deipnosophistae XII 516C Kaibel πρ¾τοι δὲ Λυδοὶ καὶ τὴν καρύκην ἐξεÀρον, περὶ bς τÇς σκευασίας οἱ τὰ Ὀψαρτυτικὰ συνθέντες εἰρήκασιν, ΓλαÀκός τε ὁ Λοκρὸς καὶ Μίθαικος καὶ ∆ιονύσιος ἩρακλεÂδαί τε δύο γένος Συρακόσιοι καὶ fγις καὶ Ἐπαίνετος καὶ ∆ιονύσιος ἔτι τε Ἡγήσιππος καὶ Ἐρασίστρατος, καὶ Εὐθύδημος καὶ Κρίτων, πρὸς τούτοις δὲ Στέφανος, Ἀρχύτας, [Ἀκέστιος] Ἀκεσίας, ∆ιοκλÇς, Φιλιστίων. τοσούτους γὰρ ο_δα γράψαντας Ὀψαρτυτικά. 6. Ἀκέστιος delevit Kaibel.

Traduzione Ateneo, I sofisti a banchetto XII 516C Kaibel I Lidi per primi inventarono la karyke, della cui preparazione hanno parlato vari autori di Manuali di cucina come Glauco di Locri, Miteco, Dionisio, i due Eraclidi di Siracusa, Agide, Epeneto, Dionisio, e ancora Egesippo, Erasistrato532, Eutidemo, Critone, e inoltre Stefano, Archita, [Acestio], Acesia, Diocle533 e Filistione. Tanti infatti conosco come autori di Manuali di cucina534.

Eras. F 290 Garofalo. Diocl. F 234 van der Eijk. 534 Traduzione: Gambato 2001, con qualche variazione.

532

533

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Commento Ateneo inserisce il nome di Filistione tra quanti avrebbero composto opere sulla gastronomia (Ὀψαρτυτικά)535. Il passo ricade in una lunga discussione sul piacere/tryphe, tema a cui l’erudito dedica tutto il libro XII de I sofisti a banchetto. Ateneo lo declina in vario modo: dai popoli che, in forme disparate, si erano distinti per uno stile di vita caratterizzato da tryphe, a singoli personaggi ricordati per la loro condotta improntata al piacere. Nello specifico, il passo si inserisce nella sezione riservata a uno dei popoli maggiormente noti per la tryphe: i Lidi536. Di essi Ateneo, ricorrendo, secondo un modo di procedere a lui consono, a numerose citazioni, ricorda uno stile di vita improntato al piacere sia nella sfera sessuale sia nel campo culinario. Proprio in relazione a questo secondo ambito inserisce quanti avevano scritto opere di gastronomia. Lo fa parlando della tryphe dei Lidi a tavola, che si manifestava nel consumo di cibi estremamente raffinati come la karyke: si trattava di una salsa composta da sangue e spezie che le fonti accostano nello specifico proprio a questo popolo537. A detta di Ateneo, tutti i personaggi menzionati erano stati autori di libri sulla gastronomia. Tra essi però figurano anche tre medici come Erasistrato, Diocle e, appunto, Filistione. La loro presenza in un elenco di autori interessati alla gastronomia fa presumere che Filistione – così come Erasistrato e Diocle538 – potesse essersi occupato di cucina, agganciando questo tema non tanto all’arte culinaria in senso stretto quanto al regime alimentare. Per la composizione di un’opera sulla gastronomia o, più 535 Su questo tipo di letteratura e sulla cronologia dei personaggi citati rimando ai lavori di Bilabel 1921, 932-943; Gross 1969, 262-264; Schmitt-Pantel 1999, 620-622. 536 Athen. XII 515E-517A. 537 Pherecr. 195 Kassel-Austin; la menzionano anche Plut., Quaest. conv. IV 1 (= Mor. 664A); Lucian., Timon 54; Max. Tyr., Diss. III 9; Athen. IV 160A-B; Galen., De differentia pulsuum II 1, VIII 568 Kühn; cfr. LSJ 1968, s.v. καρύκη, ma anche Harvey 1995, 277; Dalby 1996, 106-107. 538 Cfr. van der Eijk 2001, 410.

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probabilmente, sul regime alimentare, Filistione poteva contare su un’ampia letteratura elaborata da scrittori della sua terra. Molti degli autori menzionati da Ateneo nel suo elenco furono infatti originari di Magna Grecia e Sicilia e vissero tra V e IV secolo: Glauco era originario di Locri, visse nel V secolo539 e aveva fornito una ricetta per la preparazione di una salsa particolare detta hyposphagma composta da sangue bollito unito a silfio, vino cotto o miele, aceto, latte, formaggio ed erbe540. I due Eraclidi erano di Siracusa e vissero probabilmente nel IV secolo541. Di Siracusa era anche Miteco, che visse nel V o all’inizio del IV secolo e viene citato anche da Platone542. Di lui Massimo di Tiro affermava, indicandolo come sophistes, che era la massima autorità nel campo dell’arte culinaria, così come Fidia lo era stato per la statuaria543. Ancora, Egesippo era di Taranto e visse prima del III secolo dal momento che Callimaco lo cita nei Pinakes544. Occorre poi ricordare che una consolidata tradizione faceva proprio della Sicilia la sede di magnifici banchetti e la patria del notissimo Archestrato di Gela vissuto nel IV secolo e autore di un trattato di cucina545. In campo più strettamente medico, invece, Acrone di Agrigento, nel V secolo, aveva composto un’opera Sul regime salutare (Περὶ τροφÇς ὑγιειν¾ν)546. Come già evidenziato nel commento a T 9, i lavori sulla cucina composti da autori di Magna Grecia e Sicilia potrebbero avere stimolato Filistione. I suoi interessi tuttavia erano rivolti, più che alla gastronomia, alle proprietà dei cibi e al regime alimentare.

Athen. VII 324A; IX 369B; XIV 661E; cfr. Bilabel 1921, 935; Dalby 1996, 110-111. Athen. VII 324A-B. 541 Athen. XII 516C, ma anche III 114A; cfr. Bilabel 1921, 934. Sui due personaggi vd. anche supra, Commento a T 9. 542 Athen. VII 282A; Poll. VI 70; Plat., Gorg. 518B; cfr. Bilabel 1921, 934; Dalby 1996, 109-110. 543 Max. Tyr., Diss. XVII 1; ma anche Diss. XV 4. 544 Callim. F 435 Pfeiffer ap. Athen. XIV 643F; cfr. Bilabel 1921, 935. 545 Cfr. Dalby 1996, 109-121. 546 Suid., s.v. Ἄκρων ἈκραγαντÂνος = Acron F 1 Wellmann. 539

540

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T 14A Galenus, In Hippocratis de victu acutorum commentaria I 17 (pp. 134-135 Helmreich = XV 455 Kühn) τοὺς γὰρ οἰομένους μηδέπω χόνδρον ε_ναι κατὰ τοὺς Ἱπποκράτους χρόνους ἀγνοοÀντας ἐλέγξεις ἐκ τοÀ τ¾ν παλαι¾ν κωμικ¾ν ἐνίους ἐμνημονευκέναι χόνδρου, καὶ αὐτὸν δὲ τὸν Ἱπποκράτην ἐν τ½ Περὶ διαίτης ὑγιειν½· εἰ γὰρ καὶ μὴ Ἱπποκράτους ἐστὶν ἐκεÂνο τὸ βιβλίον, ἀλλ’ Εὐρυφ¾ντος ἢ Φα¾ντος ἢ Φιλιστίωνος ἢ Ἀρίστωνος ἤ τινος ἄλλου τ¾ν παλαι¾ν, (εἰς πολλοὺς γὰρ ἀναφέρουσιν αὐτό), πάντες ἐκεÂνοι τ¾ν παλαι¾ν ἀνδρ¾ν εἰσιν, ἔνιοι μὲν Ἱπποκράτους πρεσβύτεροι, τινὲς δὲ συνηκμακότες αὐτ½·

Traduzione Galeno, Commento a Ippocrate. Sul regime alimentare nelle malattie acute I 17 (pp. 134-135 Helmreich = XV 455 Kühn) Proverai l’ignoranza di quanti ritengono che ai tempi di Ippocrate non esistesse la farinata di spelta (χόνδρος), adducendo come prova il fatto che la spelta trova menzione sia negli antichi commediografi547, sia nello stesso Ippocrate nello scritto Sul regime salutare548. Anche se questo libro non fosse stato scritto da Ippocrate, ma da Eurifonte o da Faonte o da Filistione o da Aristone o da qualsiasi altro medico antico (infatti lo attribuiscono a molti), tuttavia tutti costoro appartengono agli ‘antichi’, alcuni più anziani di Ippocrate, altri suoi contemporanei.

547 Il riferimento è ad Alexis F 196 Kassel-Austin; Antiph. F 36.2 Kassel-Austin; Aristoph. FF 208; 428 Kassel-Austin; Hermipp. F 63.6 Kassel-Austin; Pherecr. F 113.18 Kassel-Austin. Sulla ricorrrenza del termine spelta/χόνδρος negli scritti del Corpus Hippocraticum: Kühn-Fleischer 1986, s.v. χόνδρος. 548 Hipp., De diaeta II 42 Byl (= VI 538-543 Littré).

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T 14B Galenus, De alimentorum facultatibus I 35 (p. 212 Helmreich = VI 473 Kühn) ἐν δὲ τÄ νÀν ἐνεστώσῃ καιρὸς ἂν εἴη τὰς τ¾ν σιτίων εἰπεÂν κράσεις, ὡς ἐν τ½ Περὶ διαίτης γέγραπται βιβλίῳ, κατὰ τινὰς μὲν Ἱπποκράτους ὄντι συγγράμματι, κατὰ τινὰς δὲ Φιλιστίωνος ἢ Ἀρίστωνος ἢ Εὐρυφ¾ντος ἢ Φιλητª, παλαι¾ν ἁπάντων ἀνδρ¾ν. 1. πραγματείᾳ addidit Helmreich

Traduzione Galeno, Le proprietà dei cibi I 35 (p. 212.16-20 Helmreich = VI 473 Kühn) In questo trattato sarebbe il momento opportuno per parlare delle mescolanze dei cibi, come è stato scritto nel libro Sulla dieta che, secondo alcuni, è opera di Ippocrate, secondo altri di Filistione o di Aristone o di Eurifonte o di Fileta, tutte figure del passato.

T 14C Galenus, In Hippocratis Aphorismos Commentaria VII 1, XVIIIA 8-9 Kühn ἐν δὲ τ½ διαιτητικ½ τ½ ὑγιειν½, τ½ Ἱπποκράτει μὲν ἐπιγεγραμμένῳ καὶ αὐτ½, τοÂς δ’ ἀποξενοÀσιν αὐτὸ, τισὶ μὲν εἰς Φιλιστίωνα, τισὶ δ’ εἰς Ἀρίστωνα, τισὶ δ’ εἰς Φερεκύδην ἀναφέρουσι, γέγραπται ταυτί. πάσχουσι δέ τινες καὶ τοιαÀτα διαχωρέει αὐτοÂς τὸ σιτίον ὑγρὸν ἄπεπτον, οὐ διὰ νώσημα, ο]ον λειεντερίαν, οὐδὲ πόνον οὐδένα παρέχει.

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οåτοι μὲν οçν οἱ ἄνδρες ἅπαντες Ἐρασιστράτου πρεσβύτεροι, μύριοι δ’, ὡς ἔφην, ἄλλοι πάντες κατ’ αὐτὸν τὸν Ἐρασίστρατον ὕστεροι γεγονότες ὡσαύτως τοÂσδε περὶ τÇς λειεντερίας ἔγραψαν, ὥστ’ οὐκ ο_δ’ ὅ τι παθὼν Ἐρασίστρατος καταψεύδεται τ¾ν πρεσβυτέρων αἱματώδη καὶ μυξώδη τοÂς ἀπέπτοις μεμίχθαι λέγων ὑπολαμβάνειν αὐτοὺς ἐν ταÂς λειεντερίαις.

Traduzione Galeno, Commento a Ippocrate Aforismi VII 1, XVIIIA 8-9 Kühn Nell’opera Sul regime salutare, per un verso attribuita allo stesso Ippocrate, per un altro assegnata ad altri – alcuni infatti la ritengono di Filistione, altri di Aristone, altri ancora di Ferecide – è riportato quanto segue: «Alcuni soffrono anche di queste malattie. In tali pazienti il cibo è espulso in forma umida e non digerito, ma non a causa di una malattia, come la lienteria, e ciò non comporta alcuna sofferenza»549. Certamente tutti questi personaggi sono anteriori a Erasistrato. Tuttavia, dopo Erasistrato, come ho detto, mille altri scrissero la stessa cosa riguardo alla lienteria. Io non so che cosa sia capitato a Erasistrato per attribuire falsamente agli antichi l’opinione secondo la quale, nei casi di lienteria, sostanze sanguinolente e con muco sono mescolate a cibi non digeriti.

549

La citazione è da Hipp., De diaeta III 79.24-25 Byl (= VI 624.5-7 Littré).

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Commento a TT 14A-C Nei tre passi Galeno cita lo scritto Sulla dieta (De diaeta/De victu) sotto i titoli di Περὶ διαίτης, Περὶ διαίτης ὑγιεινόν, τὸ διαιτητικὸν τὸ ὑγιεινόν550, presentando parallelamente diverse ipotesi di attribuzione: a Ippocrate (TT 14A; 14B; 14C); a Eurifonte (TT 14A; 14B); a Faonte (T 14A); a Filistione (TT 14A; 14B; 14C); ad Aristone (TT 14B; 14C); a Fileta (T 14B); a Ferecide (T 14C). La molteplicità dei nomi per il possibile autore dello scritto dimostra di per sé la difficoltà di attribuzione e il fiorire di ipotesi identificative già in epoca antica. Galeno, dubitando dell’esatta paternità, si limita solo a riportarle, attingendo verosimilmente a tradizioni differenti. Al di là di Ippocrate, Filistione e Aristone citati in tutti e tre i passaggi, i restanti nomi infatti variano: Eurifonte e Faonte o altri in T 14A; Eurifonte e Fileta in T 14B; Ferecide in T 14C551. È chiaro che per Galeno non è fondamentale conoscere la paternità dello scritto quanto il suo contenuto. Lo si evince soprattutto da T 14°, nel quale il medico di Pergamo, interessato all’impiego a scopo terapeutico della farinata di spelta sviluppato nel Sulla dieta, solo per completezza di informazione accenna al problema relativo alla sua paternità e alle varie ipotesi di attribuzione formulate già in passato. In tutti e tre i passaggi la menzione dell’opera e, dunque, di Filistione, ricorrre in contesti in cui Galeno si occupa di regime alimentare. Nel primo, sta parlando dei rimedi adottati nella cura delle malattie acute e, in particolare, della tisana di orzo impiegata a tale scopo fin dai tempi di Ippocrate552. In questo contesto introduce la polemica contro coloro che negavano l’impiego della farinata di 550 Sui diversi titoli con i quali alcune opere del Corpus Hippocraticum e, in particolare, il De victu/De diaeta sono state tramandate rimando alle testimonianze raccolte da Anastassiou-Irmer 1997, 457-458; Anastassiou-Irmer 2001, 355-357. 551 Su queste figure rimando alle relative voci in EANS 2008. 552 Galen., In Hippocratis de victu acutorum commentaria I 17 Helmreich (= XV 454 Kühn). Sul commento di Galeno a Hipp., De victu acutorum, cfr. [Manetti]-Roselli 1994, 1542-1545; Flemming 2008, 333.

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spelta ai tempi del medico di Cos. A sostegno dell’uso terapeutico di quest’alimento fin dai tempi antichi, Galeno menziona prima i poeti comici ateniesi di V e IV secolo, che diffusamente l’avevano ricordato553, poi chiama in causa Ippocrate e lo scritto Sulla dieta introducendo il tema dell’attribuzione dell’opera e citando Filistione tra i possibili autori554. Nel secondo passaggio Galeno parla delle proprietà dei cibi rifacendosi ancora al Sulla dieta. Anche in questo caso il problema dell’attribuzione appare marginale rispetto all’argomento affrontato. Nell’avviarlo il medico di Pergamo richiama l’incipit dello scritto riportandolo alla lettera da due distinte tradizioni555. Nel terzo passaggio Galeno si occupa nuovamente di cibi ricordando, nello specifico, i rimedi elaborati da diversi medici del passato (Diocle, Prassagora, Ippocrate e i medici ippocratici, Erasistrato)556 contro le malattie a carico dell’intestino (dissenteria e lienteria in particolare): le curavano perlopiù attraverso un appropriato regime alimentare557. In questo contesto introduce ancora il riferimento al Sulla dieta. Anche in questo caso l’attribuzione rimane una questione marginale. Quello che realmente gli interessa è la terapia impiegata contro la lienteria. A questo proposito cita alla lettera un passo dallo scritto ippocratico558 e se ne serve per attaccare Erasistrato che, a suo dire, aveva assegnato ai medici del passato una falsa opinione su questa malattia559. Non è dato conoscere i motivi dell’inserimento del nome di Filistione tra i possibili autori del Sulla dieta. Tuttavia, vale la pena osservare che nel capitolo 42 del II libro di questo scritto l’autore si 553 Alexis F 196 Kassel-Austin; Antiph. F 36.2 Kassel-Austin; Aristoph. FF 208; 428 Kassel-Austin; Hermipp. F 63.6 Kassel-Austin; Pherecr. F 113.18 Kassel-Austin. 554 Galen., In Hippocratis De victu acutorum Commentaria I 17 Helmreich (= XV 455 Kühn). 555 Galen., De alimentorum facultatibus I 1.35 Helmreich (= VI 473 Kühn). 556 Diocl. F 132A van der Eijk; Prax. F 90 Steckerl; Hipp., Aphor. VI 1, IV 562 Littré; Eras. F 261A Garofalo. 557 Galen., In Hippocratis Aphorismos Commentaria VII 1, XVIIIA 7-8 Kühn. 558 Hipp., De diaeta III 79.24-25 Byl (= VI 624.5-7 Littré). 559 Galen., In Hippocratis Aphorismos Commentaria VII 1, XVIIIA 6-9 Kühn. Sul commento di Galeno allo scritto ippocratico Aforismi: [Manetti]-Roselli 1994, 15351538; Flemming 2008, 343.

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soffermava sui diversi tipi di pane e di farina. A suo dire, il grano era più nutriente dell’orzo ma meno lassativo; il pane di farina grossa seccata era più lassativo; di farina pura meno lassativo. Tra i pani, quello preparato con il lievito era leggero e lassativo; senza lievito invece risultava meno lassativo ma più nutriente. I pani cotti al forno (ἰπνÂται) erano più nutrienti di quelli cotti alla griglia (ἐσχαρÂται) o sulla brace (ὀβελÂαι). I pani cotti al forno di campagna (κλιβανÂται) o sotto la cenere (ἐγχρυφÂαι) risultavano più secchi. I pani di fiore di farina (σεμιδαλÂται) erano tra tutti i più difficili da digerire al pari di quelli di farina di spelta (ἐκ τοÀ χόνδρου), che erano i più nutrienti ma anche i meno lassativi560. Ora, questo passo dal Sulla dieta richiama molto da vicino le notizie riportate Ateneo (T 9), il quale tuttavia attribuiva esplicitamente a Filistione – incastrando l’opinione del Locrese con quelle di Difilo, Andreas, Mnesiteo che, analogamente, si erano interessati al tema – le notizie riguardanti le proprietà del pane di semola (σεμιδαλÂται), di spelta (χονδρÂται), di farina di grano tenero (ἀλευρÂται)561. Considerando questo dato, sembra del tutto probabile che gli interessi del Locrese verso le proprietà dei cibi e il regime alimentare potessero aver favorito l’inserimento di Filistione tra i possibili autori del Sulla dieta, opera che mostrava nei temi trattati diversi punti di convergenza proprio con le dottrine del Locrese.

560 561

Hipp., De diaeta II 42 Byl (= VI 538-543 Littré). Athen. III 115C-116A = Philistion T 9, vd. supra.

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T 15 Oribasius, Collectiones Medicae XLIX 4.36-37, IV 344 Raeder τὸ δὲ μηνοειδὲς εὐθετε ἐπὶ τÇς ἔμπροσθεν καὶ τÇς ὀπίσω τοÀ ὤμου διαφορªς. πόλος λέγεται· ἔστι δ’ οåτος ὁ πόλος ξύλον ἐπιπεπηγὸς τοÂς ἄνω ἄκροις τ¾ν τοÀ ὀργάνου σκελ¾ν. ἔστι δ’ ὁ πόλος οåτος ἐν τ½ τοÀ Φιλιστίωνος ὀργάνῳ πρὸς τάδε· ἐπὶ τοÀ ὤμου ἐξαρθρήματος ἐκτεινομένης τÇς χειρός, ὁ πόλος ἀντιβαίνει τ½ αὐχένι τοÀ καταρτιζομένου.

Traduzione Oribasio, Collezioni mediche XLIX 4.36-37, IV 344 Raeder Lo strumento a forma di mezzaluna è adatto nei casi di lussazione anteriore e posteriore della spalla. Viene detto polos. Questo polos è un pezzo di legno che sormonta le estremità superiori delle gambe dello strumento. Il polos fa parte anche dello strumento di Filistione e trova impiego in questi casi: nella lussazione della spalla serve a far riposare il collo del paziente quando estende il braccio.

Commento Oribasio, vissuto nella seconda metà del IV secolo d.C.562, ricorda nelle sue Collectiones Medicae in 70 libri il polos: si tratta della parte di uno strumento usato dai medici – e anche da Filistione – per ridurre le lussazioni anteriore o posteriore della spalla. Esso serviva a tenere a riposo il collo mentre il braccio del paziente veniva esteso563. Cfr. Scarborough 2008d, 595-596. Si tratterebbe di una “crescent-shaped projection on a machine for reducing dislocations”. Tale strumento è attestato solo in Oribasio (Collectiones Medicae XLIX 4.36-37, IV 344 Raeder) in riferimento a Filistione: LSJ 1968, s.v. πóλος. 562

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La citazione ricorre nel libro XLIX dello scritto dedicato – unitamente ai libri XLVI-XLVIII – a fratture e lussazioni. Nello specifico, Oribasio affronta il tema delle lussazioni e lo introduce parlando appunto degli strumenti impiegati dai medici per ridurle. Li menziona indicandone i diversi tipi (cap. 2); i materiali da cui erano composti (cap. 3); i pezzi da cui erano formati e la loro specifica utilità (cap. 4), riferendo anche di strumenti particolari come, ad esempio, il glossocomon (cap. 6) e il plinthion di Neleo (cap. 7). Il polos di Filistione è menzionato nel capitolo 4564. A causa della loro natura compilatoria solo a larghe linee è possibile riconoscere le fonti delle Collectiones Medicae. Si sa che Oribasio, per un verso, lesse le opere Galeno – delle quali fece anche un’epitome per l’imperatore Giuliano, suo mecenate e amico565 –, unitamente agli scritti di altri noti medici quali Ippocrate, Diocle, Sorano e Asclepiade. Oribasio impiegò anche – direttamente o indirettamente – i lavori di medici chirurghi come Antillo, autore di un trattato Sulla chirurgia566, ed Eliodoro di Alessandria, autore, tra l’altro, di uno scritto Sulle lussazioni567. Da queste fonti tecniche protrebbe aver tratto le informazioni sul polos di Filistione568.

Orib., Collectiones Medicae XLIX 1-7 Raeder. Orib., Collectiones Medicae, Proem. 3 Raeder. Sul ruolo di Oribasio alla corte di Giuliano: Baldwin 1975, 85-97; André 1987, 42; 68; De Lucia 1999, 473-476; De Lucia 2006, 21-24; Scarborough 2008d, 595. 566 Touwaide 2008a, 101-102. 567 Touwaide 2008c, 363. 568 Sulle fonti di Oribasio: De Lucia 1999, 484-489; De Lucia 2006, 28; Scarborough 2008d, 595-596; Buonopane 2016, 503. 564

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T 16 [Galenus], De succedaneis liber XIX 721 Kühn Ἐπειδὴ περὶ τ¾ν ἀντεμβαλλομένων λόγον ἐνεστήσαντο μὲν καὶ οἱ περὶ τὸν ∆ιοσκουρίδην, οὐχ ἥκιστα δὲ καὶ οἱ περὶ τὸν Φιλιστίωνά τε καὶ Εὐρυφ¾ντα, φέρε δὴ καὶ ἡμεÂς ὀλίγα περὶ τούτων εἴπωμεν.

Traduzione [Galeno], I rimedi sostitutivi XIX 721 Kühn Poiché di rimedi sostitutivi parlarono gli allievi di Dioscoride e non di meno quelli di Filistione ed Eurifonte, allora diciamo anche noi qualcosa su di essi.

Commento Introducendo il tema relativo ai farmaci sostitutivi, lo PseudoGaleno cita, tra quanti se ne erano occupati in passato, gli allievi di Dioscoride, di Filistione, di Eurifonte. Il passo fa pensare a una presunta cerchia di apprendisti fiorita intorno al medico locrese. A essi – sia pure in forma assai vaga – fanno riferimento sia Diogene Laerzio (TT 3A-B), che legava Eudosso di Cnido e il suo allievo Crisippo al magistero di Filistione per quanto concerne la medicina, sia più genericamente Galeno (T 1A), il quale parlava di choros di medici di Italía, che avrebbe avuto tra i massimi rappresentanti Filistione, Empedocle e Pausania e i loro hetairoi.

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T 17A Hippocrates, De natura muliebri 32.75 Bourbon (= VII 360.14-15 Littré) Ἔτερον· φιλίστιον τὸν αὐτὸν τρόπον ποι¾ν (scil. τρίψας μέλιτι δεύσας, ο]ον βάλανον ποιήσας πρὸς τ½ πτερ½) προστίθει.

Traduzione Ippocrate, Natura della donna 32.75 Bourbon (= VII 360.14-15 Littré) Un altro rimedio: prepara un pessario con il filistione e applicalo allo stesso modo (sott.: dopo avere triturato e impastato il philistion con miele, avere formato una specie di ghianda e averla posta intorno a una piuma).

T 17B569 Hippocrates, De mulierum affectibus II 201.30 VIII 386.9-11 Littré Πάλιν οçν εἰ ὁμοίως ἔχει (scil. ἢν ἡ καρδίη πνίγεται ὑπὸ ὑστέρης), μελάνθιον τρίβειν λεÂον, καὶ μέλιτι δεύειν, καὶ ποιέειν ο]ον βάλανον, καὶ πρὸς τ½ πτερ½ προστιθέναι· ἢ φιλίστιον ὁμοίως προστίθει· […]

569 Wellmann (1901, 16) richiama questo passo dopo quello dal De natura muliebri ma senza riportarne per esteso il testo.

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Traduzione Ippocrate, Malattie delle donne II 201.30, VIII 386 Littré Ancora, se una donna si trova nella medesima condizione (sott.: se il cuore è soffocato dalla matrice) è necessario polverizzare del cumino nero, impastarlo con miele, creare una specie di ghianda e inserirla (come pessario) dopo averla posta intorno a una piuma. Il philistion si applica allo stesso modo […].

T 17C Galenus, Linguarum sive dictionum exoletarum Hippocratis explicatio (= Glossarium), ss. vv. φιλεταίριος; φιλίστιον, XIX 151 Kühn φιλεταίριος· ἣν καὶ ἀπαρίνην ὀνομάζουσι. φιλίστιον· τὸ αὐτὸ καὶ τοÀτο ἔοικεν ε_ναι τÄ ἀπαρίνῃ κα φιλεταιρίῳ.

Traduzione Galeno, Glossario, ss. vv. φιλεταίριος; φιλίστιον, XIX 151 Kühn philetairios: la chiamano anche aparine. philistion: sembra corrispondere ad aparine e philetairios.

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Commento a TT 17A-C I tre Testimonia ricorrono negli scritti ippocratici De natura muliebri e De mulierum affectibus e nel Glossario di Galeno. I primi due, pur contenendo dati risalenti probabilmente fin all’epoca arcaica570, tuttavia sembrano essere stati composti nel IV secolo ed essere o in stretta dipendenza571 o legati a una fonte comune572. L’autore del De mulierum affectibus II menziona il philistion nel capitolo 201. Lo fa in un passaggio nel quale tratta del soffocamento della matrice e degli effetti che tale problema ha sulla paziente. Tra le conseguenze possibili l’autore cita anche quelle a carico del cuore. Se – riferisce - il cuore è pressato dalla matrice, sopraggiunge un senso di soffocamento e la respirazione si fa affannosa e frequente. La terapia è costituita da una serie di bevande ma anche di pessari: uno tra questi è il philistion573. Nel De natura muliebri l’autore menziona il philistion in un lungo capitolo nel quale parla dei rimedi (pessari, bagni, fumigazioni, decotti) da impegare per provocare l’espulsione della placenta, decongestionare e stimolare la ripresa del ciclo mestruale, purificare l’utero574. Elenca poi i rimedi post partum da usare quando l’utero si fissa ai lombi575; se si hanno perdite di sangue dalla matrice576; per purificare e calmare i dolori577; se l’utero si serra o si porta sul cuore provocando soffocamento578. Il philistion si inserisce appunto come pessario tra i rimedi da impiegare contro quest’ultima disfunzione579. 570 Lonie 1965, 1-30; Grensemann 1975, 56 ss.; Jouanna 1974, 150-152; Thivel 1981, 105; Jouanna, 1994, 396-397; Andò 2000, 17; Bourbon 2008, XVIII ss. 571 Trapp 1967, 35-36. 572 Grensemann 1975, 56 ss.; Jouanna 1974, 152-160; Totelin 2009, 12-13; 67 ss. 573 Hipp., Mul. II, 201, VIII 384-387 Littré. 574 Hipp., De nat. mul. 32.25-39 Bourbon (= VII 352-354 Littré). 575 Hipp., De nat. mul. 40-59 Bourbon (= VII 354-356 Littré). 576 Hipp., De nat. mul. 32.60 Bourbon (= VII 356-357 Littré). 577 Hipp., De nat. mul. 32.61-63 Bourbon (= VII 358-359Littré). 578 Hipp., De nat. mul. 32.65-66 Bourbon (= VII 358-359 Littré); 32.70 Bourbon (= VII 360 Littré). 579 Hipp., De nat. mul. 32.75 Bourbon (= VII 360 Littré).

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Gli autori dei due scritti ippocratici non identificano con precisione il philistion, tanto che Galeno nel suo Glossario prima ipotizza (ἔοικεν ε_ναι) una corrispondenza tra il philistion, l’aparine e il philetairios580, poi indica come equivalenti aparine e philetairios581. Il legame tra il philistion e Filistione era stato ipotizzato già da Max Wellmann sulla base tra l’altro del fatto che in numerosi casi piante o medicamenti antichi avessero preso il nome da quanti – medici o figure note – li avevano inventati e/o scoperti o da sovrani, in onore dei quali erano stati denominati582. Fu così – notava Wellmann – per Crisippo di Cnido, che chiamò Chrysippios una pianta o un medicamento di sua invenzione da impiegare nella cura degli ascessi detti pani583 e diede a un altro il nome di diacodion584; fu così per il re Lisimaco in onore del quale venne detto Lysimachion un preparato medicamentoso585. In aggiunta ai dati forniti dal Wellmann si può ricordare che Diocle di Caristo indicò come Diocleion un cataplasma a base di tragacante, gomma, farina, ossido di zinco, biacca, oppio abbrustolito,

Galen., Gloss., s.v. φιλίστιον, XIX 151 Kühn. Galen., Gloss. s.v. φιλεταίριος, XIX 151 Kühn. L’aparine è una pianta assai comune dal Nord Africa al Nord Europa (Taylor 1999, 713-730) e conosceva in passato numerosi impieghi terapeutici. Il succo delle foglie, unito a vino, trovava impiego come antidoto contro le punture dei ragni e i morsi di serpenti, era utile in caso di mal di orecchie e contro le scrofole, fungeva da cicatrizzante (Diosc., Mat. Med. III 90 Wellmann; Galen., De simpl. med. temp. ac facult. VI 50, XI 834 Kühn); il succo del filetairio, bevuto con vino, era utile contro le ulcere e la dissenteria e, unito ad acqua, serviva a risolvere le difficoltà nella minzione. Il succo era efficace ancora contro la sciatica, le malattie provocate dalla bile, come antidoto contro le punture degli scorpioni, per combattere il mal di denti: Diosc., Mat. Med. IV 8; ma anche IV 28 Wellmann; Galen., De simpl. med. temp. ac facult. VIII 29, XII 106 Kühn. Per la corrispondenza tra il philistion e il galium/aparine: Moisan 1990, s.v. philistion; Bourbon 2008, 162. 582 Wellmann 1901, 17 nt. 1, ma anche Squillace 2010, 411-416; Squillace 2015a, 105-109. 583 Plin., N.H. XXVI 93. Vd. anche supra, Commento a TT 3A-B. 584 Garg. Mart., Med. ex oler. et pom. 19 Maire. 585 Wellmann (1901, 17 nt. 1) cita Oribasio (Collectiones Medicae XV 1.11 Raeder), ma la pianta è ricordata anche da altri autori di età precendente: Plin., N.H. XXV 73; Diosc., Mat. Med. IV 3 Wellmann; Galen., De simpl. med. temp. ac facult. VII 21, XII 64 Kühn. 580

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acqua piovana, uovo, da usare contro il dolore, i flussi, le suppurazioni agli occhi, le pustole, le ferite586, e chiamò Diocleum una sonda a cucchiaio che aveva ideato per estrarre le frecce587, mentre il medico Icesio denominò Icesios un farmaco di sua invenzione efficace contro svariate patologie588. Da ricordare poi che l’Artemisia aveva preso il nome dalla moglie di Mausolo re di Caria589; la Mithridatia dal re Mitridate590; l’Heracleion da Eracle591; la chironia e la centaurea da Chirone592; l’achillea da Achille; il Teucrion da Teucro, figlio di Telamone, re di Salamina; il Melampodion o elleboro dall’indovino Melampo593. Gli autori del De mulierum affectibus II e del De natura muliebri connettono l’uso del philistion a patologie determinate dalla cattiva circolazione dell’aria: nel De mulierum affectibus II il soffocamento della matrice e il suo posizionarsi sotto il diaframma con conseguente afasia, indurimento dell’ipocondrio, soffocamento, denti serrati, perdita di conoscenza ed effetti negativi sul cuore594; nel De natura muliebri l’utero che si porta sul cuore causando soffocamento595. Tale disfunzione è esplicitamente messa in relazione dall’autore del De natura muliebri ad alcune patologie dell’apparato riproduttivo femminile596.

Diocl. F 147 van der Eijk; cfr. van der Eijk 2001, 282. Diocl. F 167 van der Eijk; cfr. van der Eijk 2001, 306. 588 Galen., De compos. med. per genera V 2, XIII 780 Kühn. 589 Plin., N.H. XXV 73. 590 Plin., N.H. XXV 62; 127. 591 Plin., N.H. XXV 75. 592 Plin., N.H. XXV 32-33. 593 Plin., N.H. XXV 34-37. Per altri casi, cfr. Squillace 2015a, 105-109. 594 Hipp., Mul. II, 201, VIII 384-387 Littré. 595 Hipp., De nat. mul. 32.70 Bourbon (= VII 360 Littré); 32.75 Bourbon (= VII 360 Littré). 596 Non a caso nella seconda sezione del suo ricettario (capitoli 95-109) l’autore riporta due esami atti ad accertare la corretta circolazione dell’aria e, dunque, lo stato di salute della paziente. Il primo consisteva nell’inserire la sera nella matrice una testa d’aglio fatta sbollentare e di verificare al mattino se la bocca e l’alito avevano sentore di aglio; il secondo nell’inserire la sera nella matrice un pessario a base di olio di mandorle amare e di verificare al mattino se la bocca e l’alito profumavano di mandorla: Hipp., De nat. mul. 96.1-2 Bourbon (= VII 413-414 Littré). 586

587

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Ora, se gli autori dei due scritti ippocratici indicano nel philistion uno dei rimedi da usare in caso di cattiva circolazione dell’aria e di soffocamento, anche Filistione ravvisava nella cattiva circolazione dell’aria una delle cause di malattia597. Ciò dà ulteriore forza alla tesi di Wellmann e porta a credere che il Locrese, seguendo un procedimento ampiamente attestato tra i medici antichi, avesse dato il suo nome a una pianta o a un preparato di sua invenzione, le cui proprietà terapeutiche per primo aveva sperimentato nella cura di patologie a carico del corpo femminile. Una plausibilità resa più forte dal fatto che gli studiosi hanno sfruttato l’ipotesi di Wellmann come argomentazione per datare al IV secolo lo scritto ippocratico De natura muliebri598.

Vd. supra Philistion T 4 e relativo Commento. Diller 1938, 2408; Thivel 1981, 96; Hanson 1997, 305; Hanson 1998, 76; Andò 2000, 30; 291 nt. 343; Bourbon 2008, 162. 597

598

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T 18 Galenus, De nominibus Meyerhof-Schacht

medicinalibus,

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pp.

18.29-19.5

Traduzione Galeno, I nomi dei medicamenti, pp. 18.29-19.5 MeyerhofSchacht599 Se la febbre è molto alta, essi non esitano a chiamarla, ad esempio, ‘fuoco’, e già Ippocrate la denomina ‘fuoco’. Perciò, frequentemente, invece di dire “la febbre si è impadronita di lui”,

599

Devo la traduzione dall’arabo all’amico Hossein Bouda.

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afferma “il fuoco si è impadronito di lui”. Invece, quando parla di uno stato febbrile basso e blando egli dice: “è diventato caldo” oppure “ha trovato che il suo calore tiepido è scaturito fuori”. Anche Diocle600 dice che, in caso di febbre, l’elemento che prevale nel corpo è il fuoco. Empedocle e Filistione dicono la stessa cosa, così come Aristofane nel passo citato poco prima601. Non di meno, per ciò che concerne Ippocrate, egli non solo chiama la febbre ‘fuoco’, ma talvolta si permette di chiamarla ‘fiamma’ e il calore che essa sprigiona ‘vampata di fuoco’602.

Commento Il Testimonium è tratto da uno scritto di Galeno De nominibus medicinalibus (Пερὶ τ¾ν ἰατρικ¾ν ὀνομάτων) sopravvissuto solo nella traduzione araba di ḤubaiV. Essa è tratta da una traduzione in siriaco realizzata nel IX secolo d.C. dal suo maestro Ḥunain ibn Isḥ™q e andata perduta. Nel 1931 Max Meyerhof e Josef Schacht tradussero in tedesco il testo arabo. Non ancora pubblicato quando Wellmann raccolse i suoi Fragmente, lo scritto riporta i termini impiegati dai medici greci per indicare patologie e medicamenti. Nel caso specifico, Galeno si sofferma sulla febbre (πυρετός), ponendola in relazione con il termine fuoco (πÀρ)603. Riporta così – come di consueto604 - l’opinione di numerose autorità del passato quali (nel passo riportato) Diocle, Empedocle, Filistione, Aristofane e Platone, e (immediatamente prima) Aristotele e gli stoici Cleante, Crisippo e Zenone605.

Diocl. F 58 van der Eijk; cfr. van der Eijk 2001, 127-128. Aristoph. F 346 Kassel-Austin (ma anche Poll. IV 186; Schol. ad Aristoph., Vesp. 1038A). In questo caso il termine è ἠπίαλος. 602 Hipp., Epid. I 26.2, II 684 Littré; Epid. II 1.2, III 32 Littré. In entrambi i casi il termine usato è πÀρ. 603 I termini per indicare la febbre erano πÀρ, πυρετός, ma anche ἠπίαλος: LSJ 1968, ss.vv. 604 Vd. supra. 605 Ad. es. Plat., Phaed. 105C; Theaet. 178C; Tim. 86A, ma anche Aristot., H.A. VIII 23.604A. In tutti i passi ricorrono πÀρ e πυρετός. 600

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In relazione a Filistione, ne lega l’opinione sulla febbre a quella di Empedocle. Secondo entrambi, quando il corpo ne era assalito, l’elemento prevalente era il fuoco. L’opinione di Filistione sulla febbre si collega alla sua dottrina sulla composizione del corpo e l’origine delle malattie riportata dall’Anonimo Londinese606.

606

Vd. supra, Philistion T 4.

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T 19 (dubium) Caelius Aurelianus, Tardae Passiones V 1.23 (pp. 866-868 Bendz) Item alii cantilenas adhibendas (scil. ischiadicis) probaverunt, ut etiam Philistionis frater idem memorat libro XXII De adiutoriis, scribens quendam fistulatorem loca dolentia decantasse, quae cum saltum sumerent palpitando discusso dolore mitescerent. alii denique hoc auditorii genus Pythagoram memorant invenisse. sed Sorani iudicio videntur hi mentis vanitate iactari, qui modulis et cantilena passionis robur excludi posse crediderunt. Philistionis frater: item Tardae Passiones III 147, sed vix sanum

Traduzione Celio Aureliano, Malattie croniche V 1.23 (pp. 866-868 Bendz) Parimenti alcuni hanno ritenuto che le vibrazioni musicali fossero efficaci (nella cura della sciatica), come ricorda lo stesso fratello di Filistione nel libro XXII de Sugli interventi terapeutici. Egli scrive che un suonatore di flauto aveva suonato il suo strumento sulle parti dolenti. Queste, assorbendo le vibrazioni, ne ebbero sollievo, poiché il dolore era svanito grazie alle oscillazioni. Altri infine raccontano che sia stato Pitagora a inventare questo genere di cura. Tuttavia, secondo Sorano, si illudono quanti credono che il vigore della malattia possa essere sconfitto dalle melodie e dalla musica.

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T 20 (dubium) Caelius Aurelianus, Tardae Passiones III 8.147 (p. 768 Bendz) tunc dat (scil. Erasistratus hydropicis) potum parvum, et non post prandium, sed post vespertinum cibum hoc convenire dicit, ut etiam similiter memorat Philistionis frater. Philistionis frater: item Tardae Passiones V 23, sed vix sanum

Traduzione Caelius Aurelianus, Malattie croniche III 8.147 (p. 768 Bendz) E allora (sott.: Erasistrato)607 prescrive (sott.: agli idropici) poca acqua, e dice che ciò non conviene dopo pranzo ma dopo cena. La stessa cosa ricorda il fratello di Filistione.

Commento a TT 19-20 Nei due passi Celio Aureliano menziona un medico indicandolo come frater Philistionis: nel primo avrebbe adottato una terapia contro la sciatica fondata sulle vibrazioni musicali e sulle melodie, nel secondo avrebbe prescritto ai malati di idropisia una bevanda da assumere dopo cena. Le due notizie sono assai circostanziate. Nel primo caso, Celio Aureliano inserisce la citazione in un capitolo dedicato alle diverse terapie elaborate nel corso del tempo contro la sciatica (ischia) e la lombalgia (psoea)608. In questa circostanza ricorda non solo la terapia musicale elaborata e sperimentata con successo dal frater Philistionis, ma anche lo scritto Sui provvedimenti terapeutici (De adiutoriis), nel 607 608

Il passo non è compreso nell’edizione Garofalo 1988. Cael. Aurel., Tardae Passiones V 1.23 Bendz.

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quale l’aveva riportata: si trattava di un lavoro ampio dal momento che tale terapia era inserita del libro XXII. Nel secondo passaggio, invece, Celio Aureliano pone in relazione la cura contro l’idropisia adottata da Erasistrato con quella impiegata anche dal frater Philistionis. È molto probabile che questa seconda notizia, meno ampia ed elaborata della prima, ricorresse ugualmente in qualche parte dello scritto Sui provvedimenti terapeutici. In questo caso la notizia si inserisce in un capitolo dedicato alle diverse cure contro l’idropisia (hydrops)609. Al fine di comprendere pienamente il valore dei due Testimonia, è opportuno ricordare il metodo di lavoro di Celio Aureliano che in più parti del suo scritto Celeres passiones afferma di aver tradotto in latino l’opera di Sorano di Efeso (I sec. d.C.) Sulle malattie acute e croniche610. Non si trattava di una semplice traduzione e riproposizione del testo. Come lo stesso Celio Aureliano evidenzia, egli stesso non esitò infatti a fare proprio lo scritto del predecessore epitomandolo e ampliandolo con notizie e dati tratti da altre fonti611. Le due opere – Celeres passiones e Tardae passiones – avevano uno scopo pratico. Da metodico, infatti, Celio Aureliano era convinto che un medico potesse trarre giovamento dalla conoscenza di teorie e terapie formulate in passato. Da qui l’elaborazione dei due lavori, nei quali raccoglieva teorie e metodi di cura elaborati in passato sottoponendoli tuttavia a critica e mettendoli a confronto con quelli più recenti612. Sulla base di quanto detto, dunque, Celio Aureliano potrebbe avere trovato in Sorano le notizie relative alle due terapie elaborate dal frater Philistionis, oppure potrebbe averle tratte da altre fonti che ne avevano dato notizia. In ogni caso, pare assai improbabile che avesse letto direttamente lo scritto Sui provvedimenti terapeutici. Del resto, poiché, stando alla prima testimonianza (T 19), esso constava di Cael. Aurel., Tardae Passiones III 8.147 Bendz. Cael. Aurel., Celeres passiones II 1.8; II 10.65; II 28.147; II 31.163 Bendz; cfr. Nutton 1997a, 904; van der Eijk 1999, 414-416; Scarborough 2008c, 201. 611 Cael. Aurel., Tardae passiones II 5.86 Bendz; cfr. Nutton 1997a, 904; van der Eijk 1999, 418-428; Scarborough 2008c, 201. 612 Cfr. van der Eijk 1999, 397-399; van der Eijk 2005, 298-327; Scarborough 2008c, 202. 609

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almeno XXII libri, appare difficile credere che Celio Aureliano nelle sue due opere non trovasse occasione per menzionare anche altrove altre terapie contenute in uno scritto così esteso. I Testimonia 19 e 20 solo con molta cautela possono essere accostati a Filistione di Locri. Già Diller collocava il frater Philistionis in epoca ellenistica613, e lo stesso Bendz non mancava di esprimere i suoi dubbi associando entrambi i riferimenti alla formula ut vix sanum.

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Diller 1938, 2408, vd. supra, I Parte, Capitolo I.

APPENDICI

Appendice I Un medico di Sicilia nella scuola di Platone Epicrates, Incertarum Fabularum Fragmenta F 10 Kassel-Austin (ap. Athen. II 59D-F) Il passo è riportato da Ateneo, che lo cita in esteso, in un’ampia sezione della sua opera dedicata alle piante, prendendo spunto dalla presenza di malva negli aperitivi. La menzione della malva sollecita la discussione prima sul nome e le proprietà di questa pianta, poi sul nome e le proprietà di altri ortaggi. Tra questi compaiono la zucca, menzionata da Epicrate, i funghi, i tartufi, le ortiche, gli asparagi614. Di Epicrate, poeta di Ambracia appartenente alla commedia di mezzo e attivo tra il 380 e il 350, rimangono 11 frammenti dei quali 8 tratti da commedie di cui si conosce il titolo615; due da commedie il cui titolo rimane dubbio616; uno di incerta attribuzione617. Il frammento 10 fa riferimento all’Accademia menzionando, oltre al medico di Sicilia, anche Platone, due dei suoi più importanti allievi come Speusippo, suo successore alla guida della scuola, e Menedemo di Pirra618, ma anche i suoi tanti studenti. Poiché Platone morì nel 347 ed Epicrate fu attivo tra il 380 e il 350, la commedia venne scritta in questo arco di tempo, allorché il maestro era ancora in vita, l’Accademia in piena attività, Speusippo e Menedemo ancora giovani. Si tratta dello stesso periodo nel quale Platone si recò altre due volte in Sicilia e i suoi rapporti con Filistione divennero più stretti. Pur trattandosi di un frammento, è chiara la presenza di alcune maschere caricaturali tipiche della commedia di mezzo: da una parte

Athen. II 58C-63A. Le Amazzoni; Antilaide; Difficile da vendere; Mercante; Fiocina o Rigattiere; Coro: Epicrat. FF 1-8 Kassel-Austin. 616 Epicrat. FF 9-10 Kassel-Austin. 617 Epicrat. F 11 Kassel-Austin. Su Epicrate: Kaibel 1907, 120-121; Nesselrath 1990, 197-198; Bäbler 1997, 1121. 618 Su questo personaggio: Isnardi Parente1979, 277-278. 614

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il filosofo – una caricatura certo non nuova se si pensa a quella di Socrate, proposta da Aristofane nelle sue Nuvole, o alla parodia dei filosofi del Liceo impegnati a discutere su argomenti astrusi che nemmeno Apollo sarebbe stato in grado di comprendere proposta nel IV secolo dal commediografo Antifane nella sua commedia Cleofane619 – dall’altra quella del medico arrogante largamente ricorrente620. In questo caso esse sono rappresentate rispettivamente da Platone e dal medico di Sicilia621. A tratteggiarle è un personaggio appena arrivato dalle Panatenee che, rispondendo alla richiesta di un amico, propone in termini caricaturali la descrizione della vita nell’Accademia. Si tratta di una commedia nella commedia. Ne sono attori Platone e i suoi allievi chiamati ironicamente a discutere su un tema ‘elevato’ e ‘difficile’ quale la natura della zucca622. La provenienza del medico da una terra straniera come la Sicilia ne giustifica e amplifica la reazione. Valutandola sulla base della sua formazione culturale, la discussione gli appare non solo inutile ma anche ridicola. τί Πλάτων καὶ Σπεύσιππος καὶ Μενέδημος; πρὸς τίσι νυνὶ διατρίβουσιν; ποία φροντίς, ποÂος δὲ λόγος 5 διερευνªται παρὰ τοÂσιν; τάδε μοι πινυτ¾ς, εἴ τι κατειδὼς ἥκεις, λέξον, πρὸς Γªς < > (B.) ἀλλ᾽ ο_δα λέγειν περὶ τ¾νδε σαφ¾ς. Παναθηναίοις γὰρ ἰδὼν ἀγέλην 10 < > μειρακίων ἐν γυμνασίοις Ἀκαδημείας ἤκουσα λόγων ἀφάτων, ἀτόπων. Antiph. F 120 Kassel-Austin. Cfr., ad esempio, Gil-Rodríguez Alfageme 1972, 35-91; Rodríguez Alfageme 1981; Zimmermann 1992, 513-525; Gil 2010, 253-268. 621 Sui caratteri della Commedia di Mezzo: Gil 2010, 187-278. 622 Su tale metodo di ricerca: Speus. FF 38-47 Isnardi Parente; cfr. Isnardi Parente 1980, 256 ss.; ma anche Balme 1962, 81-98; Repici 2000, 144-145; 175-179. Vd. anche supra, I Parte, Capitolo IV. 619

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περὶ γὰρ φύσεως ἀφοριζόμενοι διεχώριζον ζώιων τε βίον δένδρων τε φύσιν λαχάνων τε γένη. κoιτ᾽ ἐν τούτοις τὴν κολοκύντην ἐξήταζον τίνος ἐστὶ γένους. (A.) καὶ τί ποτ᾽ ἄρ᾽ ὡρίσαντο καί τίνος γένους ε_ναι τὸ φυτόν; δήλωσον, εἰ κάτοισθά τι. (B.) πρώτιστα μὲν πάντες ἀναυδεÂς τότ᾽ ἐπέστησαν καὶ κύψαντες χρόνον οὐκ ὀλίγον διεφρόντιζον. κoιτ᾽ ἐξαίφνης, ἔτι κυπτόντων καὶ ζητούντων τ¾ν μειρακίων, λάχανόν τις ἔφη στρογγύλον ε_ναι, ποίαν δ᾽ ἄλλος, δένδρον δ᾽ ἕτερος. ταÀτα δ᾽ ἀκούων ἰατρός τις Σικελªς ἀπὸ γªς κατέπαρδ᾽ αὐτ¾ν ὡς ληρούντων. (A.) c που δειν¾ς ὠργίσθησαν χλευάζεσθαὶ τ᾽ἐβόησαν; τὸ γὰρ ἐν λέσχαις τοιαÂσδε † τοιαÀτα ποιεÂν εὐπρεπές. (B.) οὐδ᾽ ἐμέλησεν τοÂς μειρακίοις. ὁ Πλάτων δὲ παρὼν καὶ μάλα πρᾴως, οὐδὲν ὀρινθείς, ἐπέταξ᾽ αὐτοÂς πάλιν < > ἀφορίζεσθαι τίνος ἐστὶ γένους. οἱ δὲ διήιρουν

Traduzione Epicrate F 10 Kassel-Austin (ap. Ateneo II 59D-F)

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[A] Che fanno Platone, Speusippo e Menedemo? Su quali problemi sprecano ora il loro tempo? Quali pensieri, quali ragionamenti sono oggetto di ricerca nella loro scuola? Di questo con saggezza parlami,

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se vieni sapendone qualcosa, per la Terra […] [B] Io sí ne so parlare con cognizione di causa. Alle Panatenee appunto vidi un gruppo di giovanetti [...] nei ginnasi dell’Accademia udii discorsi irripetibili, strani. Dando definizioni della natura, distinguevano vita di animali, natura di alberi e specie di ortaggi. Poi tra queste definizioni cercavano A quale specie appartenesse la zucca. [A] E cosa mai stabilirono che fosse la pianta E di che specie? Spiegalo, se ne sai qualcosa. [B] Tutti allora stettero muti e a testa bassa lungamente rimasero a riflettere. Poi d’improvviso, mentre ancora i giovani, a capo chino, indagavano, uno disse ch’era un vegetale tondo, un altro erba, un altro ancora albero. A sentire questo, un medico, venuto dalla terra di Sicilia, li trattò a peti, come fossero pazzi. [A] Terribilmente s’adirarono allora e protestarono di essere beffati? Comportarsi così è sconveniente in simili riunioni. [B] I giovani non se ne curarono affatto. Platone, che era lì presente, assai affabile e per niente sconvolto, ordinò loro di definire ancora dall’inizio la zucca di quale specie fosse. Ed essi continuavano con le loro definizioni623.

Traduzione: Marchiori 2001.

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Commento Wellmann identificava il medico di Sicilia con Filistione e credeva, sulla scia di Fredrich, che il Locrese, dopo averlo promesso a Platone nel 388, si fosse effettivamente recato ad Atene negli anni successivi624. In varie forme gli studiosi hanno avallato questa ipotesi tenendo conto soprattutto dei legami tra Filistione, da una parte, Platone e l’Accademia, dall’altra625. Solo Jaeger, nel suo studio su Aristotele, manifestò qualche dubbio626, lasciandolo evaporare qualche anno dopo nella monografia su Diocle di Caristo627. Anzi lo stesso Jaeger628, insieme a Düring, si spingeva oltre ipotizzando che Wellmann 1901, 69: […] “Ja, wenn nicht alles trügt, so ist der in dem bekannten Bruchstück des Komikers Epikrates erwähnte ἰατρός τις Σικελªς ἀπὸ γªς, der an den botanischen Untersuchungen der Akademie teilnahm, kein anderer als eben unser Philistion. Somit erhält die Vermutung Fredrichs, dass Philistion von Plato in dem medizinischen Teile des Timaios benützt sei, eine urkundliche Grundlage. Doch geht der Einfluss des Philistion auf ihn viel weiter als Fredrich (C.J. Fredrich, Hippokratische Untersuchungen, “Philologische Untersuchungen” 15, Berlin 1899, 47) ahnen konnte: die notorische Abhängigkeit des Diokles von seinen Lehren zwingt zu der Annahme, dass Gut des Philistion überall da vorliegt, wo Plato und Diokles stimmen”. 625 Diller 1938, 2406; Nutton 2000, 816, ma anche Gigante 1977, 657; Isnardi Parente 1980, 240; Repici 2000, 317; Marchiori 2001, vol. I, 170 nt. 3. Sul passo cfr. ancora Nesselrath 1990, 269; 277; Nesselrath 1997, 284. 626 Jaeger 1923, 16; ma anche anche Jaeger 1913, 51 nt. 3. 627 Jaeger 1938, 9-10. 628 Jaeger 1913, 51 nt. 3: ”Wenn Wellmanns These (Wellmann 1901, 68) richtig ist, dass Philistion das [Plat.], Epist. II 314D erwähnte Versprechen, nach Athen zu Platon zu kommen, gehalten habe, und die bekannte Stelle des Komikers Epikrates gegen die platonischen Zöglinge und Trabanten von dem ἰατρός τις Σικελªς ἀπὸ γªς, der so mangelhaftes Interesse an den botanischen Forschungen der Akademie nirnmt, wirklich auf Philistion geht, so kommt man um persönliche Bekanntschaft des Aristoteles mit diesem Manne kaum herum. Die botanischen Forschungen, aus denen später Speusipps ὅμοια hervorgingen, deren Brüchstücke uns Athenaios bewahrt hat, werden nicht vor 370 fallen, wie die ganze Wendung der Akademie zur Empirie jüngeren Datums ist. Süss Annahme [W. Süss, De personarum antiquae comoediae Atticae usu atque origine, Bonn (Diss.) 1906, 36] freier Fiktion der Komikerscene weist mit Recht ab P. Lang, De Speusippi Academici scriptis, Bonn (Diss.) 1911 (gute Fragmentsammlung). Mit dieser Zeit würde es zusammenstimmen, dass Eudoxos von Knidos, der grosse Mathematiker und Naturforscher, der 368 in die Akademie eintritt 624

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Filistione avesse conosciuto personalmente Aristotele ad Atene. Questo avrebbe spiegato la vicinanza tra la dottrina del medico locrese e le speculazioni del filosofo629. Sebbene l’ipotesi di Wellmann sia suggestiva e trovi forza nella II Lettera pseudo-platonica (T 2A), nonché nei passaggi del Timeo, che attestano uno stretto legame tra il medico locrese, Platone e l’Accademia630, tuttavia essa rimane allo stato di ipotesi in mancanza (P. Tannery, Recherches sur l’histoire de l'astronomie antique, Paris 1893, 296 nt. 4), als Philistions Schüler in der Medicin bezeichnet wird (vgl. D.L. VIII 86, wo Philistion als Σικελιώτης auftritt). Da Eudoxos auch Schüler des Mathematikers und Politikers Archytas war (D.L. VIII 86), so ist freilich Bekanntschaft mit Philistion durch die dann notwendig werdende Reise des Eudoxos nach Unteritalien denkbar, obschon [Plat.], Epist. II 314D als Philistions Aufenthalt Syrakus voraussetzt. Für die Beziehung zu Archytas spricht die Vertrautheit des Eudoxos mit den pythagoreischen Spekulationen über die Göttermystik der Zahlen. Winkel und Polygone, über die er nach Plut., Is. et Osir. 30 (Mor. 363A) geschrieben hat; denn an Verderbnis des Namens aus Εὔδημος (Geometrie-geschichte!) ist wohl kaum zu denken. Dass der in Athen lebende Diokles aus Karystos so mächtig durch Philistion beeinflusst ist, deutet auch auf persönliche Berührung hin. Man darf wohl nicht glauben, dass die ὑπομνήματα sizilianischer δημιοÀργοι sofort, wenn sie niedergeschrieben waren, die litterarische Reise um die Welt antraten. Die Unbekanntschaft z. B. des Aristoteles mit wichtigen Lehren und Entdeckungen der koischen Schule hat man längst mit Recht aus dem Umstand hergeleitet, dass die meisten technischen ὑπομνήματα derselben bis zum Beginn des 3. Jhrh. zu Kos in der Sammlung der Ärztebibliothek ruhten, ohne weitere litterarische Kreise zu ziehen (C.J. Fredrich, Hippokratische Untersuchungen, “Philologische Untersuchungen” 15, Berlin 1899, 79 ss.). Und einen zweiten berühmten und mit Platon befreundeten Mediciner aus Sicilien, der als Mitglied in der Akademie gelebt haben könnte, wissen wir nicht. Vor der genannten Frist war er nach den Quellen, die der Fälscher des 2. Ps.-platonischen Briefes vor sich hatte, jedenfalls noch nicht in Athen gewesen. Tritt man also der Deutung des Komikerfragments bei, so muss er mit Eudoxos dort zusammen gearbeitet haben. Aristoteles war damals längst in der Akademie. Auch Diokles muss er persönlich gekannt haben. Überhaupt macht es den Eindruck, als habe er in der Akademie die stärksten Antriebe gerade auch zur Empirie fürs ganze Leben erhalten”. 629 Düring 1976, 396: “Già in Anassagora le ‘forze’ hanno una certa importanza, ma soltanto in Filistione di Locri troviamo una dottrina sistematica in cui ciascuno degli elementi possiede una determinata dynamis. Ci sono forti indizi che testimoniano che Filistione frequentò l’Accademia e che Aristotele lo conobbe personalmente. In ogni caso la concordanza fra la dottrina di Filistione sulle quattro ‘forze’ e la teoria di Aristotele è tanto grande, che si deve ammettere che questi l’abbia accolta e poi elaborata per fini propri”. 630 Vd. infra, Appendice II.

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di altri elementi probanti. Epicrate, infatti, menziona genericamente un medico proveniente dalla Sicilia (vv. 28-29) senza nominare Filistione. Più che fare riferimento a un personaggio reale, egli pare riprodurre la maschera del medico, che nella commedia di mezzo era caratterizzata dalla sua provenienza straniera, dal suo dialetto dorico che dava autorevolezza alle sue terapie, dalla sua saccenteria e arroganza631. Caratteri, questi, che si ritrovano nel ‘medico di Sicilia’ incapace di comprendere e condividere il metodo di ricerca di Platone e dei suoi allievi: un metodo troppo astruso per chi, come lui, proveniva da lontano e parlava il rozzo dialetto dorico.

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Squillace 2012, 75 con ampia bibliografia alla nt. 379.

Appendice II Platone e Filistione. Elementi di medicina nelle pagine del Timeo632 Il Timeo mira a spiegare la nascita e la struttura del mondo. In un universo perfetto trova origine anche la specie umana, la cui armonia e perfezione fisica giustifica la fondazione di uno stato ideale, ugualmente perfetto, che Socrate descrive nella Repubblica. Così, partendo dall’origine e dalla struttura del cosmo, Timeo arriva a parlare dell’origine e della natura del corpo umano: elementi perfetti posti in stretta relazione. Il dialogo, che oltre a Timeo vede protagonisti Socrate, Ermocrate, Crizia e un ignoto interlocutore cui fa veloce cenno (17A), fu composto con tutta probabilità tra il 360 e il 350633. Si articola in una introduzione (17A-27B) seguita dal vero e proprio discorso di Timeo (27C-92C), che ripetutamente si sofferma sul corpo umano. Così racconta che gli dèi crearono prima un elemento sferico, divino e dominante come la testa, poi vi affiancarono il corpo con le sue diverse parti al fine di servirla (44C-46C); descrive le sensazioni di tatto, piacere e dolore, gusto, odorato, udito, vista (61C-68D); parla della composizione del corpo umano soffermandosi su midollo, sperma, cervello, ossa, carne, tendini, nervi, pelle, capelli, unghie (73B-76E); ne ricorda i processi vitali quali la digestione, la respirazione, la circolazione del sangue (77C-81E); tratta delle malattie del corpo (81E-86A) e dell’anima (86B-90D); indugia sulla

632 Le traduzioni dei passi sono tratte da Fronterotta 2003. Per il commento e per problemi specifici rimando a Taylor 1928; ma cfr. anche Cornford 1937 ad loc.; Miller 1957, 103-113; Hall 1965, 109-122; Neschke-Hentschke 2000; Sharples-Sheppard 2003; Fronterotta 2006, 141-154. 633 Ma sulla datazione non mancano opinioni differenti: cfr. Fronterotta 2003, 1922. Ivi status quaestionis e bibliografia relativa.

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differenziazione dei sessi, la riproduzione e l’origine di tutti gli altri animali (90E-92C). Nei passi di seguito riportati Platone affronta temi che in qualche modo sembrano richiamare le dottrine di Filistione.

A. Fuoco, acqua, terra e aria e l’origine dell’Universo Plato, Timaeus 32B-33A Burnet [32B] […] οὕτω δὴ πυρός τε καὶ γÇς ὕδωρ ἀέρα τε ὁ θεὸς ἐν μέσῳ θείς, καὶ πρὸς ἄλληλα καθ᾽ ὅσον cν δυνατὸν ἀνὰ τὸν αὐτὸν λόγον ἀπεργασάμενος, ὅτιπερ πÀρ πρὸς ἀέρα, τοÀτο ἀέρα πρὸς ὕδωρ, καὶ ὅτι ἀὴρ πρὸς ὕδωρ, ὕδωρ πρὸς γÇν, συνέδησεν καὶ συνεστήσατο οὐρανὸν ὁρατὸν καὶ ἁπτόν. καὶ διὰ ταÀτα ἔκ τε δὴ τούτων τοιούτων [32C] καὶ τὸν ἀριθμὸν τεττάρων τὸ τοÀ κόσμου σ¾μα ἐγεννήθη δι᾽ ἀναλογίας ὁμολογÇσαν, φιλίαν τε ἔσχεν ἐκ τούτων, ὥστε εἰς ταὐτὸν αὑτ½ συνελθὸν ἄλυτον ὑπό του ἄλλου πλὴν ὑπὸ τοÀ συνδήσαντος γενέσθαι. τ¾ν δὲ δὴ τεττάρων ἓν ὅλον ἕκαστον εἴληφεν ἡ τοÀ κόσμου σύστασις. ἐκ γὰρ πυρὸς παντὸς ὕδατός τε καὶ ἀέρος καὶ γÇς συνέστησεν αὐτὸν ὁ συνιστάς, μέρος οὐδὲν οὐδενὸς οὐδὲ δύναμιν ἔξωθεν ὑπολιπών, τάδε διανοηθείς, [32D] πρ¾τον μὲν ἵνα ὅλον ὅτι μάλιστα ζ½ον τέλεον ἐκ τελέων [33A] τ¾ν μερ¾ν εἴη, πρὸς δὲ τούτοις ἕν, ἅτε οὐχ ὑπολελειμμένων ἐξ -ν ἄλλο τοιοÀτον γένοιτ᾽ ἄν, ἔτι δὲ ἵν᾽ ἀγήρων καὶ ἄνοσον þ, κατανο¾ν ὡς συστάτῳ σώματι θερμὰ καὶ ψυχρὰ καὶ πάνθ᾽ ὅσα δυνάμεις ἰσχυρὰς ἔχει περιιστάμενα ἔξωθεν καὶ προσπίπτοντα ἀκαίρως λύει καὶ νόσους γÇράς τε ἐπάγοντα φθίνειν ποιεÂ.

Traduzione Platone, Timeo 32B-33A Burnet [32B] […] così il dio, introdotte l’acqua e l’aria fra il fuoco e la terra e avendo fatto in modo che si trovassero fra loro, per quanto era possibile, nello stesso rapporto in cui, come il fuoco sta all’aria, così

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l’aria sta all’acqua e, come l’aria sta all’acqua, così l’acqua sta alla terra, unì insieme e produsse il cielo visibile e tangibile. Ecco come, [32C] a partire da tali elementi che sono quattro di numero, fu generato il corpo del mondo, che è in accordo con se stesso in base alla proporzione, e da queste cose ricevette l’amicizia, sicché, condotto all’identità con sé, non può essere dissolto da nessun altro se non da chi l’ha composto in unità. La composizione del mondo implicò ciascuno dei quattro elementi nella sua totalità. Infatti, l’artefice del mondo lo produsse con tutto il fuoco, tutta l’acqua, tutta l’aria e tutta la terra, senza escluderne alcuna porzione né alcuna proprietà, badando soprattutto a quanto segue: [32D] innanzitutto, che il tutto fosse un vivente perfetto composto di parti perfette; [33A] inoltre, che fosse unico, giacché non era stato tralasciato nulla da cui potesse sorgere un altro mondo simile; ancora, che fosse estraneo all’invecchiamento e alla malattia, poiché sapeva che, nel caso di un corpo composto, il caldo e il freddo e tutte quante le attività energetiche, circondandolo dal di fuori e aggredendolo in modo inopportuno, lo dissolvono e, introducendovi malattie e vecchiaia, lo portano alla morte.

Plato, Timaeus 53B-C Burnet [53B] καὶ τὸ μὲν δὴ πρὸ τούτου πάντα ταÀτ᾽ ε_χεν ἀλόγως καὶ ἀμέτρως· ὅτε δ᾽ ἐπεχειρεÂτο κοσμεÂσθαι τὸ πªν, πÀρ πρ¾τον καὶ ὕδωρ καὶ γÇν καὶ ἀέρα, ἴχνη μὲν ἔχοντα αὑτ¾ν ἄττα, παντάπασί γε μὴν διακείμενα ὥσπερ εἰκὸς ἔχειν ἅπαν ὅταν ἀπÄ τινος θεός, οὕτω δὴ τότε πεφυκότα ταÀτα πρ¾τον διεσχηματίσατο εἴδεσί τε καὶ ἀριθμοÂς. τὸ δὲ ý δυνατὸν ὡς κάλλιστα ἄριστά τε ἐξ οὐχ οὕτως ἐχόντων τὸν θεὸν αὐτὰ συνιστάναι, παρὰ πάντα ἡμÂν ὡς ἀεὶ τοÀτο λεγόμενον ὑπαρχέτω· νÀν δ᾽ οçν τὴν διάταξιν αὐτ¾ν ἐπιχειρητέον ἑκάστων καὶ γένεσιν [53C] ἀήθει λόγῳ πρὸς ὑμªς δηλοÀν, ἀλλὰ γὰρ ἐπεὶ μετέχετε τ¾ν κατὰ παίδευσιν ὁδ¾ν δι᾽ -ν ἐνδείκνυσθαι τὰ λεγόμενα ἀνάγκη, συνέψεσθε. πρ¾τον μὲν δὴ πÀρ καὶ γÇ καὶ ὕδωρ καὶ ἀὴρ ὅτι σώματά ἐστι, δÇλόν που καὶ παντί· τὸ δὲ τοÀ σώματος ε_δος πªν καὶ βάθος ἔχει. τὸ δὲ βάθος αç πªσα ἀνάγκη τὴν ἐπίπεδον περιειληφέναι φύσιν· ἡ δὲ ὀρθὴ τÇς ἐπιπέδου βάσεως ἐκ τριγώνων συνέστηκεν.

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Traduzione Platone, Timeo 53B-C Burnet [53B] E prima di ciò, tutti gli elementi erano disposti senza ragione né regolarità; ma quando l’universo prese a essere ordinato, il fuoco innanzitutto e poi l’acqua, la terra e l’aria, pur conservando delle tracce di se stessi, si trovavano comunque nella condizione in cui è verosimile che si trovi il tutto quando il dio è assente; e queste cose, che allora si trovavano appunto in tale condizione naturale, egli le configurò innanzitutto secondo forme e numeri. Ma questo soprattutto, come sempre, teniamo fermo nel nostro discorso: che la divinità le costituì in unità nel modo più bello e migliore possibile, benché la loro condizione originaria non fosse tale; adesso, dunque, devo tentare di illustrarvi con un discorso insolito [53C] la disposizione di ciascuna di esse e la loro generazione, ma, poiché voi già avete nozione, per averli appresi, dei percorsi attraverso i quali bisogna rendere conto di ciò che si dice, mi seguirete. In primo luogo, certo, credo sia chiaro a chiunque che fuoco, terra, acqua e aria sono corpi; ma ogni specie di corpo ha anche profondità. D’altra parte, è del tutto necessario che la profondità contenga la natura piana; ancora, la superficie piana e retta è composta di triangoli.

B. Fuoco, acqua, terra e aria all’interno dei corpi Plato, Timaeus 77C-79E Burnet [77C] […] ταÀτα δὴ τὰ γένη πάντα φυτεύσαντες οἱ κρείττους τοÂς ἥττοσιν ἡμÂν τροφήν, τὸ σ¾μα αὐτὸ ἡμ¾ν διωχέτευσαν τέμνοντες ο]ον ἐν κήποις ὀχετούς, ἵνα ὥσπερ ἐκ νάματος ἐπιόντος ἄρδοιτο. καὶ πρ¾τον μὲν ὀχετοὺς κρυφαίους ὑπὸ [77D] τὴν σύμφυσιν τοÀ δέρματος καὶ τÇς σαρκὸς δύο φλέβας ἔτεμον νωτιαίας, δίδυμον ὡς τὸ σ¾μα ἐτύγχανεν δεξιοÂς τε καὶ ἀριστεροÂς ὄν· ταύτας δὲ καθÇκαν παρὰ τὴν ῥάχιν, καὶ τὸν γόνιμον μεταξὺ λαβόντες μυελόν, ἵνα οåτός τε ὅτι

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μάλιστα θάλλοι, καὶ ἐπὶ τoλλα εὔρους ἐντεÀθεν ἅτε ἐπὶ κάταντες ἡ ἐπίχυσις γιγνομένη παρέχοι τὴν ὑδρείαν ὁμαλήν. μετὰ δὲ ταÀτα σχίσαντες περὶ τὴν κεφαλὴν τὰς φλέβας καὶ δι᾽ [77E] ἀλλήλων ἐναντίας πλέξαντες διεÂσαν, τὰς μὲν ἐκ τ¾ν δεξι¾ν ἐπὶ τἀριστερὰ τοÀ σώματος, τὰς δ᾽ ἐκ τ¾ν ἀριστερ¾ν ἐπὶ τὰ δεξιὰ κλίναντες, ὅπως δεσμὸς ἅμα τÄ κεφαλÄ πρὸς τὸ σ¾μα εἴη μετὰ τοÀ δέρματος, ἐπειδὴ νεύροις οὐκ cν κύκλῳ κατὰ κορυφὴν περιειλημμένη, καὶ δὴ καὶ τὸ τ¾ν αἰσθήσεων πάθος ἵν᾽ ἀφ᾽ ἑκατέρων τ¾ν μερ¾ν εἰς ἅπαν τὸ σ¾μα εἴη διάδηλον. τὸ δ᾽ ἐντεÀθεν ἤδη τὴν ὑδραγωγίαν παρεσκεύασαν τρόπῳ τινὶ [78A] τοι½δε, ὃν κατοψόμεθα ῥËον προδιομολογησάμενοι τὸ τοιόνδε, ὅτι πάντα ὅσα ἐξ ἐλαττόνων συνίσταται στέγει τὰ μείζω, τὰ δὲ ἐκ μειζόνων τὰ σμικρότερα οὐ δύναται, πÀρ δὲ πάντων γεν¾ν σμικρομερέστατον, ὅθεν δι᾽ ὕδατος καὶ γÇς ἀέρος τε καὶ ὅσα ἐκ τούτων συνίσταται διαχωρε καὶ στέγειν οὐδὲν αὐτὸ δύναται. ταὐτὸν δὴ καὶ περὶ τÇς παρ᾽ ἡμÂν κοιλίας διανοητέον, ὅτι σιτία μὲν καὶ ποτὰ ὅταν εἰς αὐτὴν ἐμπέσῃ, [78B] στέγει, πνεÀμα δὲ καὶ πÀρ σμικρομερέστερα ὄντα τÇς αὑτÇς συστάσεως οὐ δύναται. τούτοις οçν κατεχρήσατο ὁ θεὸς εἰς τὴν ἐκ τÇς κοιλίας ἐπὶ τὰς φλέβας ὑδρείαν, πλέγμα ἐξ ἀέρος καὶ πυρὸς ο]ον οἱ κύρτοι συνυφηνάμενος, διπλª κατὰ τὴν εἴσοδον ἐγκύρτια ἔχον, -ν θάτερον αç πάλιν διέπλεξεν δίκρουν· καὶ ἀπὸ τ¾ν ἐγκυρτίων δὴ διετείνατο ο]ον σχοίνους κύκλῳ διὰ παντὸς πρὸς τὰ ἔσχατα τοÀ πλέγματος. τὰ μὲν [78C] οçν ἔνδον ἐκ πυρὸς συνεστήσατο τοÀ πλοκάνου ἅπαντα, τὰ δ᾽ ἐγκύρτια καὶ τὸ κύτος ἀεροειδÇ, καὶ λαβὼν αὐτὸ περιέστησεν τ½ πλασθέντι ζῴῳ τρόπον τοιόνδε. τὸ μὲν τ¾ν ἐγκυρτίων εἰς τὸ στόμα μεθÇκεν· διπλοÀ δὲ ὄντος αὐτοÀ κατὰ μὲν τὰς ἀρτηρίας εἰς τὸν πλεύμονα καθÇκεν θάτερον, τὸ δ᾽ εἰς τὴν κοιλίαν παρὰ τὰς ἀρτηρίας· τὸ δ᾽ ἕτερον σχίσας τὸ μέρος ἑκάτερον κατὰ τοὺς ὀχετοὺς τÇς ῥινὸς ἀφÇκεν κοινόν, ὥσθ᾽ ὅτε μὴ κατὰ στόμα ἴοι θάτερον, ἐκ τούτου πάντα καὶ τὰ [78D] ἐκείνου ῥεύματα ἀναπληροÀσθαι. τὸ δὲ ἄλλο κύτος τοÀ κύρτου περὶ τὸ σ¾μα ὅσον κοÂλον ἡμ¾ν περιέφυσεν, καὶ πªν δὴ τοÀτο τοτὲ μὲν εἰς τὰ ἐγκύρτια συρρεÂν μαλακ¾ς, ἅτε ἀέρα ὄντα, ἐποίησεν, τοτὲ δὲ ἀναρρεÂν μὲν τὰ ἐγκύρτια, τὸ δὲ πλέγμα, ὡς ὄντος τοÀ σώματος μανοÀ, δύεσθαι εἴσω δι᾽ αὐτοÀ καὶ πάλιν ἔξω, τὰς δὲ ἐντὸς τοÀ πυρὸς ἀκτÂνας διαδεδεμένας ἀκολουθεÂν ἐφ᾽ ἑκάτερα ἰόντος τοÀ ἀέρος, καὶ τοÀτο, [78E] ἕωσπερ ἂν τὸ θνητὸν συνεστήκῃ ζ½ον, μὴ διαπαύεσθαι γιγνόμενον· τούτῳ δὲ δὴ τ½ γένει τὸν τὰς ἐπωνυμίας θέμενον

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ἀναπνοὴν καὶ ἐκπνοὴν λέγομεν θέσθαι τοὔνομα. πªν δὲ δὴ τό τ᾽ ἔργον καὶ τὸ πάθος τοÀθ᾽ ἡμ¾ν τ½ σώματι γέγονεν ἀρδομένῳ καὶ ἀναψυχομένῳ τρέφεσθαι καὶ ζÇν· ὁπόταν γὰρ εἴσω καὶ ἔξω τÇς ἀναπνοÇς ἰούσης τὸ πÀρ ἐντὸς συνημμένον ἕπηται, διαιωρούμενον δὲ ἀεὶ διὰ τÇς κοιλίας εἰσελθὸν τὰ [79A] σιτία καὶ ποτὰ λάβῃ, τήκει δή, καὶ κατὰ σμικρὰ διαιροÀν, διὰ τ¾ν ἐξόδων ýπερ πορεύεται διάγον, ο]ον ἐκ κρήνης ἐπ᾽ ὀχετοὺς ἐπὶ τὰς φλέβας ἀντλοÀν αὐτά, ῥεÂν ὥσπερ αὐλ¾νος διὰ τοÀ σώματος τὰ τ¾ν φλεβ¾ν ποιε ῥεύματα. πάλιν δὲ τὸ τÇς ἀναπνοÇς ἴδωμεν πάθος, α]ς χρώμενον αἰτίαις τοιοÀτον γέγονεν ο]όνπερ τὰ νÀν ἐστιν. -δ᾽ οçν. [79B] ἐπειδὴ κενὸν οὐδέν ἐστιν εἰς ὃ τ¾ν φερομένων δύναιτ᾽ ἂν εἰσελθεÂν τι, τὸ δὲ πνεÀμα φέρεται παρ᾽ ἡμ¾ν ἔξω, τὸ μετὰ τοÀτο ἤδη παντὶ δÇλον ὡς οὐκ εἰς κενόν, ἀλλὰ τὸ πλησίον ἐκ τÇς ἕδρας ὠθε· τὸ δ᾽ ὠθούμενον ἐξελαύνει τὸ πλησίον ἀεί, καὶ κατὰ ταύτην τὴν ἀνάγκην πªν περιελαυνόμενον εἰς τὴν ἕδραν ὅθεν ἐξÇλθεν τὸ πνεÀμα, εἰσιὸν ἐκεÂσε καὶ ἀναπληροÀν αὐτὴν συνέπεται τ½ πνεύματι, καὶ τοÀτο ἅμα πªν [79C] ο]ον τροχοÀ περιαγομένου γίγνεται διὰ τὸ κενὸν μηδὲν ε_ναι. διὸ δὴ τὸ τ¾ν στηθ¾ν καὶ τὸ τοÀ πλεύμονος ἔξω μεθιὲν τὸ πνεÀμα πάλιν ὑπὸ τοÀ περὶ τὸ σ¾μα ἀέρος, εἴσω διὰ μαν¾ν τ¾ν σαρκ¾ν δυομένου καὶ περιελαυνομένου, γίγνεται πλÇρες· αçθις δὲ ἀποτρεπόμενος ὁ ἀὴρ καὶ διὰ τοÀ σώματος ἔξω ἰὼν εἴσω τὴν ἀναπνοὴν περιωθε κατὰ τὴν τοÀ στόματος καὶ τὴν τ¾ν μυκτήρων δίοδον. τὴν δ᾽ αἰτίαν τÇς ἀρχÇς αὐτ¾ν θετέον [79D] τήνδε. πªν ζ½ον αὑτοÀ τἀντὸς περὶ τὸ α]μα καὶ τὰς φλέβας θερμότατα ἔχει, ο]ον ἐν ἑαυτ½ πηγήν τινα ἐνοÀσαν πυρός· ὃ δὴ καὶ προσῃκάζομεν τ½ τοÀ κύρτου πλέγματι, κατὰ μέσον διατεταμένον ἐκ πυρὸς πεπλέχθαι πªν, τὰ δὲ ἄλλα ὅσα ἔξωθεν, ἀέρος. τὸ θερμὸν δὴ κατὰ φύσιν εἰς τὴν αὑτοÀ χώραν ἔξω πρὸς τὸ συγγενὲς ὁμολογητέον ἰέναι· δυοÂν δὲ τοÂν διεξόδοιν οὔσαιν, τÇς μὲν κατὰ τὸ σ¾μα ἔξω, τÇς δὲ αç [79E] κατὰ τὸ στόμα καὶ τὰς ῥÂνας, ὅταν μὲν ἐπὶ θάτερα ὁρμήσῃ, θάτερα περιωθεÂ, τὸ δὲ περιωσθὲν εἰς τὸ πÀρ ἐμπÂπτον θερμαίνεται, τὸ δ᾽ ἐξιὸν ψύχεται. μεταβαλλούσης δὲ τÇς θερμότητος καὶ τ¾ν κατὰ τὴν ἑτέραν ἔξοδον θερμοτέρων γιγνομένων πάλιν ἐκείνῃ ῥέπον αç τὸ θερμότερον μªλλον, πρὸς τὴν αὑτοÀ φύσιν φερόμενον, περιωθε τὸ κατὰ θάτερα· τὸ δὲ τὰ αὐτὰ πάσχον καὶ τὰ αὐτὰ ἀνταποδιδὸν ἀεί, κύκλον οὕτω σαλευόμενον ἔνθα καὶ ἔνθα ἀπειργασμένον ὑπ᾽ ἀμφοτέρων τὴν ἀναπνοὴν καὶ ἐκπνοὴν γίγνεσθαι παρέχεται.

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Traduzione Platone, Timeo 77C-79E Burnet [77C] […] Coloro i quali sono più potenti, dopo aver piantato tutte queste specie come fonte di nutrimento per noi che siamo più deboli, formarono nel nostro corpo dei canali, simili a quelli che si scavano nei giardini, perché fosse irrigato come da una sorgente da cui sgorga l’acqua. E, in primo luogo, scavarono i canali che sono nascosti [77D] sotto la massa mista di pelle e di carne, le vene dorsali, che sono due perché duplice è il nostro corpo, con una parte destra e una parte sinistra; e le distesero lungo la colonna vertebrale, ponendovi in mezzo il midollo della generazione, affinché crescesse quanto più vigoroso possibile e l’afflusso verso le altre parti, avvenendo con facilità da qui verso il basso, procurasse un’irrigazione uniforme. In seguito, dividendo le vene e [77E] intrecciando le une con le altre quelle provenienti da lati opposti, le fecero passare intorno alla testa, piegando quelle che provenivano dalla parte destra del corpo verso sinistra e quelle che provenivano dalla parte sinistra verso destra, in modo che, insieme con la pelle, costituissero un vincolo fra la testa e il corpo, poiché la testa non era circondata da nervi alla sua sommità, e, certo, per fare anche in modo che il fenomeno della sensazione da entrambe le parti si propagasse per tutto il corpo. Subito dopo, essi predisposero l’irrigazione nella maniera [78A] che dirò, ma ne avremo una comprensione più semplice se, prima, converremo su questo: che tutte le cose che sono composte di parti più piccole trattengono quelle più grandi, mentre quelle che sono composte di parti più grandi non possono trattenere quelle più piccole, e inoltre che il fuoco è, fra tutti gli elementi, quello composto di parti in assoluto più piccole, per cui passa attraverso l’acqua, la terra e l’aria, come pure attraverso ciò che è composto di questi elementi, e nulla può trattenerlo. La stessa cosa bisogna quindi pensare riguardo alla cavità digerente che è in noi, e cioè che cibi e bevande, quando cadono in essa, vi sono trattenuti, laddove, [78B] invece, l’aria e il fuoco, che sono composti di parti più piccole di

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quelle che compongono la struttura di quella cavità, non vi si lasciano trattenere. Di questi due elementi si servì dunque il dio per l’irrigazione delle vene a partire dalla cavità digerente, intessendo, come fosse una nassa, un reticolato di aria e di fuoco, dotato, al suo ingresso, di due rientranze, una delle quali la intrecciò formando una biforcazione; e, a partire da queste rientranze, distese tutto intorno come dei giunchi lungo l’intero reticolato e fino alle sue estremità. E le parti interne di questo intreccio le compose [78C] tutte di fuoco, mentre le rientranze e la cavità le compose di aria; poi, preso questo reticolato, lo adattò al vivente già formato nel modo seguente. Pose una delle rientranze nella bocca e, poiché era quella biforcuta, una delle due parti la fece scendere attraverso i canali respiratori fin nel polmone, l’altra, invece, lungo i canali digerenti, nella cavità digerente; divise poi l’altra rientranza in due parti e le fece passare entrambe attraverso i canali del naso, in modo che, quando la prima rientranza attraverso la bocca non permettesse il transito, attraverso di essa potessero passare tutti [78D] i flussi di quella. La parte restante della cavità della nassa la distese tutta intorno alla parte cava del nostro corpo, facendo sì che, talora, tutta quanta la nassa affluisse nelle rientranze dolcemente, giacché sono composte di aria, e talora, invece, le rientranze rifluissero, in modo che il reticolato, visto che il nostro corpo è poroso, penetrasse in esso e poi nuovamente ne uscisse; e, ancora, in modo che i raggi del fuoco che sono imprigionati all’interno seguissero l’aria che procede nei due sensi e questo processo non cessasse di ripetersi [78E] finché il vivente mortale conservasse la propria struttura. Ed è appunto a tale genere di fenomeni, diciamo noi, che colui il quale attribuì i nomi diede la denominazione di ‘inspirazione’ ed ‘espirazione’. Ora, tutto questo insieme di azioni e di passioni ha luogo nel nostro corpo perché esso, irrigato e rinfrescato, possa nutrirsi e vivere; quando infatti il respiro procede alternativamente verso l’interno e verso l’esterno, il fuoco interno, che gli è unito, lo segue e, scorrendo sempre alternativamente su e giù e giungendo fino alla cavità digerente, si appropria [79A] dei cibi e delle bevande, li dissolve e, dividendoli in piccole particelle, li conduce alle vie d’uscita per le quali passa esso stesso, dirigendoli attraverso le vene come si dirige l’acqua da una sorgente attraverso dei canali, e fa scorrere i

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flussi delle vene attraverso il corpo, come fosse un acquedotto. Ma vediamo nuovamente il fenomeno della respirazione, in virtù di quali cause ha assunto la sua forma attuale. [79B] Ecco: poiché non vi è nessun vuoto in cui possa penetrare un qualunque oggetto in movimento e il fiato viene da noi emesso verso l’esterno, ciò che ne deriva è ormai chiaro a chiunque, e cioè che non è nel vuoto che finisce il nostro fiato, ma respinge l’aria circostante dalla sua collocazione; e questa, respinta, allontana a sua volta di continuo l’aria circostante, e tutta l’aria, per la necessità insita nel fenomeno in questione, allontanata circolarmente fin nel luogo da cui prima era uscito il fiato, penetrando in esso e riempiendolo, segue il fiato, e l’intero fenomeno si produce senza interruzione, [79C] come si trattasse di una ruota che gira, perché non esiste nessun vuoto. Perciò, appunto, il petto e il polmone, una volta emesso il fiato all’esterno, di nuovo sono riempiti dall’aria che si trova intorno al corpo, che penetra attraverso i pori della carne avvolgendoli tutto intorno; e ancora una volta, tornando di nuovo indietro e uscendo attraverso il corpo, l’aria respinge indietro il respiro per il passaggio della bocca e delle narici. La causa che dà origine a questo processo è la seguente: [79D] ogni vivente ha le parti interne, che si trovano nei pressi del sangue e delle vene, caldissime, come vi fosse in esso una sorgente di fuoco; e si tratta di ciò che, appunto, abbiamo paragonato all’intreccio di una nassa, la cui intera estensione è, nel mezzo, fatta di fuoco, mentre tutte quante le altre parti esterne sono fatte di aria. Ora, bisogna riconoscere che il calore, per sua natura, procede all’esterno verso il suo luogo proprio, verso ciò che è del suo stesso genere; ma, essendovi due vie d’uscita che permettono il passaggio verso l’esterno, l’una attraverso il corpo, [79E] l’altra attraverso la bocca e il naso, quando il calore si spinge da una parte, respinge l’aria dall’altra parte, e l’aria spinta via, cadendo nel fuoco, si riscalda, mentre l’aria che esce si raffredda. E dal momento che il calore si sposta e l’aria che si trova presso l’altra via di uscita diviene più calda, l’aria più calda si dirige piuttosto, nuovamente, verso quella via di uscita, spinta verso ciò che ha la sua stessa natura, e respinge invece l’aria che si trova dalla parte opposta; e quest’aria, subendo e ricambiando sempre la stessa spinta, formando un cerchio che oscilla da una parte e

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dall’altra e che è prodotto da entrambe le spinte, suscita così l’inspirazione e l’espirazione.

C. Lo scorrimento dei liquidi nel polmone Plato, Timaeus 70A-D; 90E-91B Burnet [70A] […] τὸ μετέχον οçν τÇς ψυχÇς ἀνδρείας καὶ θυμοÀ, φιλόνικον ὄν, κατῴκισαν ἐγγυτέρω τÇς κεφαλÇς μεταξὺ τ¾ν φρεν¾ν τε καὶ αὐχένος, ἵνα τοÀ λόγου κατήκοον ὂν κοινÄ μετ᾽ ἐκείνου βίᾳ τὸ τ¾ν ἐπιθυμι¾ν κατέχοι γένος, ὁπότ᾽ ἐκ τÇς ἀκροπόλεως τ½ τ᾽ ἐπιτάγματι καὶ λόγῳ μηδαμÄ πείθεσθαι ἑκὸν ἐθέλοι· τὴν δὲ δὴ καρδίαν [70B] ἅμμα τ¾ν φλεβ¾ν καὶ πηγὴν τοÀ περιφερομένου κατὰ πάντα τὰ μέλη σφοδρ¾ς αἵματος εἰς τὴν δορυφορικὴν οἴκησιν κατέστησαν, ἵνα, ὅτε ζέσειεν τὸ τοÀ θυμοÀ μένος, τοÀ λόγου παραγγείλαντος ὥς τις ἄδικος περὶ αὐτὰ γίγνεται πρªξις ἔξωθεν ἢ καί τις ἀπὸ τ¾ν ἔνδοθεν ἐπιθυμι¾ν, ὀξέως διὰ πάντων τ¾ν στενωπ¾ν πªν ὅσον αἰσθητικὸν ἐν τ½ σώματι, τ¾ν τε παρακελεύσεων καὶ ἀπειλ¾ν αἰσθανόμενον, γίγνοιτο ἐπήκοον καὶ ἕποιτο πάντῃ, καὶ τὸ βέλτιστον οὕτως ἐν αὐτοÂς [70C] πªσιν ἡγεμονεÂν ἐ½. τÄ δὲ δὴ πηδήσει τÇς καρδίας ἐν τÄ τ¾ν δειν¾ν προσδοκίᾳ καὶ τÄ τοÀ θυμοÀ ἐγέρσει, προγιγνώσκοντες ὅτι διὰ πυρὸς ἡ τοιαύτη πªσα ἔμελλεν οἴδησις γίγνεσθαι τ¾ν θυμουμένων, ἐπικουρίαν αὐτÄ μηχανώμενοι τὴν τοÀ πλεύμονος ἰδέαν ἐνεφύτευσαν, πρ¾τον μὲν μαλακὴν καὶ ἄναιμον, ε_τα σήραγγας ἐντὸς ἔχουσαν ο]ον σπόγγου κατατετρημένας, ἵνα τό τε πνεÀμα καὶ τὸ π¾μα δεχομένη, [70D] ψύχουσα, ἀναπνοὴν καὶ ῥᾳστώνην ἐν τ½ καύματι παρέχοι· διὸ δὴ τÇς ἀρτηρίας ὀχετοὺς ἐπὶ τὸν πλεύμονα ἔτεμον, καὶ περὶ τὴν καρδίαν αὐτὸν περιέστησαν ο]ον μάλαγμα, ἵν᾽ ὁ θυμὸς ἡνίκα ἐν αὐτÄ ἀκμάζοι, πηδ¾σα εἰς ὑπεÂκον καὶ ἀναψυχομένη, πονοÀσα bττον, μªλλον τ½ λόγῳ μετὰ θυμοÀ δύναιτο ὑπηρετεÂν. […] [90E] τ¾ν γενομένων ἀνδρ¾ν ὅσοι δειλοὶ καὶ τὸν βίον ἀδίκως διÇλθον, κατὰ λόγον τὸν εἰκότα γυναÂκες μετεφύοντο ἐν τÄ δευτέρᾳ [91A] γενέσει· καὶ κατ᾽ ἐκεÂνον δὴ τὸν χρόνον διὰ ταÀτα θεοὶ τὸν τÇς συνουσίας ἔρωτα ἐτεκτήναντο, ζ½ον τὸ μὲν ἐν ἡμÂν, τὸ δ᾽ ἐν ταÂς γυναιξὶν συστήσαντες ἔμψυχον, τοι½δε τρόπῳ ποιήσαντες ἑκάτερον. τὴν τοÀ ποτοÀ διέξοδον, ý διὰ τοÀ πλεύμονος τὸ π¾μα ὑπὸ

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τοὺς νεφροὺς εἰς τὴν κύστιν ἐλθὸν καὶ τ½ πνεύματι θλιφθὲν συνεκπέμπει δεχομένη, συνέτρησαν εἰς τὸν ἐκ τÇς κεφαλÇς κατὰ τὸν αὐχένα καὶ διὰ τÇς ῥάχεως [91B] μυελὸν συμπεπηγότα, ὃν δὴ σπέρμα ἐν τοÂς πρόσθεν λόγοις εἴπομεν· […]

Traduzione Platone, Timeo 70A-D; 90E-91B Burnet [70A] […] La parte dell’anima che partecipa dunque del coraggio e dell’ira, bramosa di vittoria, la stabilirono più vicina alla testa, fra il diaframma e il collo, perché, prestando ascolto alla ragione, potesse collaborare con essa nel reprimere con forza la fonte degli appetiti, quando quest’ultima non accettasse spontaneamente di ubbidire in nessun modo alla ragione e all’ordine dell’acropoli; il cuore, invece, [70B] nodo delle vene e sorgente del sangue che circola impetuosamente per tutte le membra, lo situarono nel posto di guardia, in modo che, quando la parte irascibile dell’anima è presa dalla collera – perché la ragione ha avvertito che qualche azione ingiusta ha luogo nelle membra, dal di fuori, oppure dal di dentro, a causa degli appetiti, – velocemente, attraverso tutti gli stretti passaggi, tutto quanto vi è di sensibile nel corpo, informato delle esortazioni e delle minacce, si renda docile a ubbidire interamente, lasciando così alla parte migliore dell’anima il comando di ogni cosa. [70C] D’altra parte, per fornire un aiuto al cuore che palpita nell’attesa dei pericoli e al montare dell’ira, poiché avevano previsto che un tale rigonfiamento delle parti irascibili avviene, nel suo complesso, a causa del fuoco, piantarono la figura del polmone, che è anzitutto una sostanza molle e priva di sangue, che possiede inoltre al proprio interno dei pori che la perforano, come quelli di una spugna, affinché, ricevendo il fiato e i liquidi, possa rinfrescare il cuore, [70D] procurandogli respiro e conforto quando si riscalda; per questa ragione, essi scavarono i canali della trachea nel polmone e lo posero intorno al cuore come un cuscino, in modo che il cuore, quando l’ira in esso raggiunge l’apice, rimbalzando su un oggetto cedevole e traendone refrigerio, possa, con minor pena, prestare un miglior

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servizio alla ragione insieme con la parte irascibile dell’anima. […] [90E] Fra quelli che sono stati generati maschi, tutti coloro i quali sono stati vili e hanno condotto una vita ingiusta, in base al nostro ragionamento verosimile, si sono trasformati in donne alla seconda generazione; [91A] e fu appunto in quel momento e per tali ragioni che gli dèi fecero insorgere il desiderio dell’unione sessuale, costituendo un vivente dotato di anima in noi e un altro nelle donne, producendoli entrambi nel modo che segue. Essi perforarono il canale attraverso cui passano le bevande, nel quale scorrono i liquidi attraverso il polmone sotto i reni per entrare nella vescica, da cui poi sono spinti fuori per la pressione dell’aria, per metterlo in comunicazione con il midollo compatto che scende giù dalla testa, lungo il collo e, [91B] attraverso la spina dorsale, proprio quello che, nei nostri precedenti discorsi634, abbiamo chiamato ‘seminale’; […]

D. Le cause delle malattie Plato, Timaeus 81E-86A Burnet [81E] τὸ δὲ τ¾ν νόσων ὅθεν συνίσταται, δÇλόν που καὶ παντί. [82A] τεττάρων γὰρ ὄντων γεν¾ν ἐξ -ν συμπέπηγεν τὸ σ¾μα, γÇς πυρὸς ὕδατός τε καὶ ἀέρος, τούτων ἡ παρὰ φύσιν πλεονεξία καὶ ἔνδεια καὶ τÇς χώρας μετάστασις ἐξ οἰκείας ἐπ᾽ ἀλλοτρίαν γιγνομένη, πυρός τε αç καὶ τ¾ν ἑτέρων ἐπειδὴ γένη πλείονα ἑνὸς ὄντα τυγχάνει, τὸ μὴ προσÇκον ἕκαστον ἑαυτ½ προσλαμβάνειν, καὶ πάνθ᾽ ὅσα τοιαÀτα, στάσεις καὶ νόσους παρέχει· παρὰ φύσιν γὰρ ἑκάστου γιγνομένου καὶ μεθισταμένου θερμαίνεται μὲν ὅσα ἂν πρότερον ψύχηται, [82B] ξηρὰ δὲ ὄντα εἰς ὕστερον γίγνεται νοτερά, καὶ κοÀφα δὴ καὶ βαρέα, καὶ πάσας πάντῃ μεταβολὰς δέχεται. μόνως γὰρ δή, φαμέν, ταὐτὸν ταὐτ½ κατὰ ταὐτὸν καὶ ὡσαύτως καὶ ἀνὰ λόγον προσγιγνόμενον καὶ ἀπογιγνόμενον ἐάσει ταὐτὸν ὂν αὑτ½ σ¾ν καὶ ὑγιὲς μένειν· ὃ δ᾽ ἂν πλημμελήσῃ τι τούτων ἐκτὸς ἀπιὸν ἢ προσιόν, ἀλλοιότητας παμποικίλας καὶ νόσους φθοράς τε ἀπείρους παρέξεται.

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Plat., Tim. 74A; 77D; 86C-D.

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δευτέρων δὴ συστάσεων αç κατὰ φύσιν συνεστηκυι¾ν, [82C] δευτέρα κατανόησις νοσημάτων τ½ βουλομένῳ γίγνεται συννοÇσαι. μυελοÀ γὰρ ἐξ ἐκείνων ὀστοÀ τε καὶ σαρκὸς καὶ νεύρου συμπαγέντος, ἔτι τε αἵματος ἄλλον μὲν τρόπον, ἐκ δὲ τ¾ν αὐτ¾ν γεγονότος, τ¾ν μὲν ἄλλων τὰ πλεÂστα ýπερ τὰ πρόσθεν, τὰ δὲ μέγιστα τ¾ν νοσημάτων τÄδε χαλεπὰ συμπέπτωκεν· ὅταν ἀνάπαλιν ἡ γένεσις τούτων πορεύηται, τότε ταÀτα διαφθείρεται. κατὰ φύσιν γὰρ σάρκες μὲν καὶ νεÀρα ἐξ αἵματος γίγνεται, νεÀρον μὲν ἐξ ἰν¾ν διὰ τὴν συγγένειαν, [82D] σάρκες δὲ ἀπὸ τοÀ παγέντος ὃ πήγνυται χωριζόμενον ἰν¾ν· τὸ δὲ ἀπὸ τ¾ν νεύρων καὶ σαρκ¾ν ἀπιὸν αç γλίσχρον καὶ λιπαρὸν ἅμα μὲν τὴν σάρκα κολλË πρὸς τὴν τ¾ν ὀστ¾ν φύσιν αὐτό τε τὸ περὶ τὸν μυελὸν ὀστοÀν τρέφον αὔξει, τὸ δ᾽ αç διὰ τὴν πυκνότητα τ¾ν ὀστ¾ν διηθούμενον καθαρώτατον γένος τ¾ν τριγώνων λειότατόν τε καὶ λιπαρώτατον, λειβόμενον ἀπὸ τ¾ν ὀστ¾ν καὶ στάζον, ἄρδει τὸν [82E] μυελόν. καὶ κατὰ ταÀτα μὲν γιγνομένων ἑκάστων ὑγίεια συμβαίνει τὰ πολλά· νόσοι δέ, ὅταν ἐναντίως. ὅταν γὰρ τηκομένη σὰρξ ἀνάπαλιν εἰς τὰς φλέβας τὴν τηκεδόνα ἐξιÄ, τότε μετὰ πνεύματος α]μα πολύ τε καὶ παντοδαπὸν ἐν ταÂς φλεψὶ χρώμασι καὶ πικρότησι ποικιλλόμενον, ἔτι δὲ ὀξείαις καὶ ἁλμυραÂς δυνάμεσι, χολὰς καὶ ἰχ¾ρας καὶ φλέγματα παντοÂα ἴσχει· παλιναίρετα γὰρ πάντα γεγονότα καὶ διεφθαρμένα τό τε α]μα αὐτὸ πρ¾τον διόλλυσι, καὶ αὐτὰ οὐδεμίαν [83A] τροφὴν ἔτι τ½ σώματι παρέχοντα φέρεται πάντῃ διὰ τ¾ν φλεβ¾ν, τάξιν τ¾ν κατὰ φύσιν οὐκέτ᾽ ἴσχοντα περιόδων, ἐχθρὰ μὲν αὐτὰ αὑτοÂς διὰ τὸ μηδεμίαν ἀπόλαυσιν ἑαυτ¾ν ἔχειν, τ½ συνεστ¾τι δὲ τοÀ σώματος καὶ μένοντι κατὰ χώραν πολέμια, διολλύντα καὶ τήκοντα. ὅσον μὲν οçν ἂν παλαιότατον ὂν τÇς σαρκὸς τακÄ, δύσπεπτον γιγνόμενον μελαίνει μὲν ὑπὸ παλαιªς συγκαύσεως, διὰ δὲ τὸ πάντῃ διαβεβρ¾σθαι [83B] πικρὸν ὂν παντὶ χαλεπὸν προσπίπτει τοÀ σώματος ὅσον ἂν μήπω διεφθαρμένον þ, καὶ τοτὲ μὲν ἀντὶ τÇς πικρότητος ὀξύτητα ἔσχεν τὸ μέλαν χρ¾μα, ἀπολεπτυνθέντος μªλλον τοÀ πικροÀ, τοτὲ δὲ ἡ πικρότης αç βαφεÂσα αἵματι χρ¾μα ἔσχεν ἐρυθρώτερον, τοÀ δὲ μέλανος τούτῳ συγκεραννυμένου χλο¾δες· ἔτι δὲ συμμείγνυται ξανθὸν χρ¾μα μετὰ τÇς πικρότητος, ὅταν νέα συντακÄ σὰρξ ὑπὸ τοÀ περὶ τὴν φλόγα πυρός. καὶ τὸ μὲν κοινὸν ὄνομα πªσιν τούτοις ἤ τινες [83C] ἰατρ¾ν που χολὴν ἐπωνόμασαν, ἢ καί τις ὢν δυνατὸς εἰς πολλὰ μὲν καὶ ἀνόμοια βλέπειν, ὁρªν δὲ ἐν αὐτοÂς ἓν γένος ἐνὸν ἄξιον ἐπωνυμίας πªσιν· τὰ δ᾽ ἄλλα ὅσα χολÇς εἴδη λέγεται, κατὰ τὴν χρόαν

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ἔσχεν λόγον αὐτ¾ν ἕκαστον ἴδιον. ἰχὼρ δέ, ὁ μὲν αἵματος ὀρὸς πρËος, ὁ δὲ μελαίνης χολÇς ὀξείας τε ἄγριος, ὅταν συμμειγνύηται διὰ θερμότητα ἁλμυρË δυνάμει· καλεÂται δὲ ὀξὺ φλέγμα τὸ τοιοÀτον. τὸ δ᾽ αç μετ᾽ ἀέρος τηκόμενον ἐκ νέας καὶ ἁπαλÇς σαρκός, τούτου δὲ [83D] ἀνεμωθέντος καὶ συμπεριληφθέντος ὑπὸ ὑγρότητος, καὶ πομφολύγων συστασ¾ν ἐκ τοÀ πάθους τούτου καθ᾽ ἑκάστην μὲν ἀοράτων διὰ σμικρότητα, συναπασ¾ν δὲ τὸν ὄγκον παρεχομένων ὁρατόν, χρ¾μα ἐχουσ¾ν διὰ τὴν τοÀ ἀφροÀ γένεσιν ἰδεÂν λευκόν, ταύτην πªσαν τηκεδόνα ἁπαλÇς σαρκὸς μετὰ πνεύματος συμπλακεÂσαν λευκὸν ε_ναι φλέγμα φαμέν. φλέγματος δὲ αç νέου συνισταμένου ὀρὸς ἱδρὼς καὶ δάκρυον, [83E] ὅσα τε ἄλλα τοιαÀτα σώματα τὸ καθ᾽ ἡμέραν χεÂται καθαιρόμενα· καὶ ταÀτα μὲν δὴ πάντα νόσων ὄργανα γέγονεν, ὅταν α]μα μὴ ἐκ τ¾ν σιτίων καὶ ποτ¾ν πληθύσῃ κατὰ φύσιν, ἀλλ᾽ ἐξ ἐναντίων τὸν ὄγκον παρὰ τοὺς τÇς φύσεως λαμβάνῃ νόμους. διακρινομένης μὲν οçν ὑπὸ νόσων τÇς σαρκὸς ἑκάστης, μενόντων δὲ τ¾ν πυθμένων αὐταÂς ἡμίσεια τÇς συμφορªς ἡ δύναμις – ἀνάληψιν γὰρ ἔτι μετ᾽ εὐπετείας ἴσχει – [84A] τὸ δὲ δὴ σάρκας ὀστοÂς συνδοÀν ὁπότ᾽ ἂν νοσήσῃ, καὶ μηκέτι αὐτὸ ἐξ ἰν¾ν †α]μα καὶ νεύρων ἀποχωριζόμενον ὀστ½ μὲν τροφή, σαρκὶ δὲ πρὸς ὀστοÀν γίγνηται δεσμός, ἀλλ᾽ ἐκ λιπαροÀ καὶ λείου καὶ γλίσχρου τραχὺ καὶ ἁλμυρὸν αὐχμÇσαν ὑπὸ κακÇς διαίτης γένηται, τότε ταÀτα πάσχον πªν τὸ τοιοÀτον καταψήχεται μὲν αὐτὸ πάλιν ὑπὸ τὰς σάρκας καὶ τὰ νεÀρα, ἀφιστάμενον ἀπὸ τ¾ν ὀστ¾ν, αἱ δ᾽ ἐκ τ¾ν [84B] ῥιζ¾ν συνεκπίπτουσαι τά τε νεÀρα γυμνὰ καταλείπουσι καὶ μεστὰ ἅλμης· αὐταὶ δὲ πάλιν εἰς τὴν αἵματος φορὰν ἐμπεσοÀσαι τὰ πρόσθεν ῥηθέντα νοσήματα πλείω ποιοÀσιν. χαλεπ¾ν δὲ τούτων περὶ τὰ σώματα παθημάτων γιγνομένων μείζω ἔτι γίγνεται τὰ πρὸ τούτων, ὅταν ὀστοÀν διὰ πυκνότητα σαρκὸς ἀναπνοὴν μὴ λαμβάνον ἱκανήν, ὑπ᾽ εὐρ¾τος θερμαινόμενον, σφακελίσαν μήτε τὴν τροφὴν καταδέχηται [84C] πάλιν τε αὐτὸ εἰς ἐκείνην ἐναντίως ἴῃ ψηχόμενον, ἡ δ᾽ εἰς σάρκας, σὰρξ δὲ εἰς α]μα ἐμπίπτουσα τραχύτερα πάντα τ¾ν πρόσθεν τὰ νοσήματα ἀπεργάζηται· τὸ δ᾽ ἔσχατον πάντων, ὅταν ἡ τοÀ μυελοÀ φύσις ἀπ᾽ ἐνδείας ἤ τινος ὑπερβολÇς νοσήσῃ, τὰ μέγιστα καὶ κυριώτατα πρὸς θάνατον τ¾ν νοσημάτων ἀποτελεÂ, πάσης ἀνάπαλιν τÇς τοÀ σώματος φύσεως ἐξ ἀνάγκης ῥυείσης. τρίτον δ᾽ αç νοσημάτων ε_δος τριχÄ δε διανοεÂσθαι [84D] γιγνόμενον, τὸ μὲν ὑπὸ πνεύματος, τὸ δὲ φλέγματος, τὸ δὲ χολÇς. ὅταν μὲν γὰρ ὁ τ¾ν πνευμάτων τ½

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σώματι ταμίας πλεύμων μὴ καθαρὰς παρέχῃ τὰς διεξόδους ὑπὸ ῥευμάτων φραχθείς, ἔνθα μὲν οὐκ ἰόν, ἔνθα δὲ πλεÂον ἢ τὸ προσÇκον πνεÀμα εἰσιὸν τὰ μὲν οὐ τυγχάνοντα ἀναψυχÇς σήπει, τὰ δὲ τ¾ν φλεβ¾ν διαβιαζόμενον καὶ συνεπιστρέφον αὐτὰ τÇκόν τε τὸ σ¾μα εἰς τὸ μέσον αὐτοÀ διάφραγμά τ᾽ ἴσχον [84E] ἐναπολαμβάνεται, καὶ μυρία δὴ νοσήματα ἐκ τούτων ἀλγεινὰ μετὰ πλήθους ἱδρ¾τος πολλάκις ἀπείργασται. πολλάκις δ᾽ ἐν τ½ σώματι διακριθείσης σαρκὸς πνεÀμα ἐγγενόμενον καὶ ἀδυνατοÀν ἔξω πορευθÇναι τὰς αὐτὰς τοÂς ἐπεισεληλυθόσιν ὠδÂνας παρέσχεν, μεγίστας δέ, ὅταν περὶ τὰ νεÀρα καὶ τὰ ταύτῃ φλέβια περιστὰν καὶ ἀνοιδÇσαν τούς τε ἐπιτόνους καὶ τὰ συνεχÇ νεÀρα οὕτως εἰς τὸ ἐξόπισθεν κατατείνῃ τούτοις· ἃ δὴ καὶ ἀπ᾽ αὐτοÀ τÇς συντονίας τοÀ παθήματος τὰ νοσήματα τέτανοί τε καὶ ὀπισθότονοι προσερρήθησαν. -ν καὶ τὸ φάρμακον χαλεπόν· πυρετοὶ γὰρ οçν δὴ τὰ τοιαÀτα ἐπιγιγνόμενοι [85A] μάλιστα λύουσιν. τὸ δὲ λευκὸν φλέγμα διὰ τὸ τ¾ν πομφολύγων πνεÀμα χαλεπὸν ἀποληφθέν, ἔξω δὲ τοÀ σώματος ἀναπνοὰς ἴσχον ἠπιώτερον μέν, καταποικίλλει δὲ τὸ σ¾μα λεύκας ἀλφούς τε καὶ τὰ τούτων συγγενÇ νοσήματα ἀποτίκτον. μετὰ χολÇς δὲ μελαίνης κερασθὲν ἐπὶ τὰς περιόδους τε τὰς ἐν τÄ κεφαλÄ θειοτάτας οὔσας ἐπισκεδαννύμενον καὶ συνταράττον αὐτάς, καθ᾽ ὕπνον μὲν ἰὸν πρᾳΰτερον, [85B] ἐγρηγορόσιν δὲ ἐπιτιθέμενον δυσαπαλλακτότερον· νόσημα δὲ ἱερªς ὂν φύσεως ἐνδικώτατα ἱερὸν λέγεται. φλέγμα δ᾽ ὀξὺ καὶ ἁλμυρὸν πηγὴ πάντων νοσημάτων ὅσα γίγνεται καταρροϊκά· διὰ δὲ τοὺς τόπους εἰς οὓς ῥε παντοδαποὺς ὄντας παντοÂα ὀνόματα εἴληφεν. ὅσα δὲ φλεγμαίνειν λέγεται τοÀ σώματος, ἀπὸ τοÀ κάεσθαί τε καὶ φλέγεσθαι, διὰ χολὴν γέγονε πάντα. λαμβάνουσα μὲν οçν ἀναπνοὴν ἔξω παντοÂα [85C] ἀναπέμπει φύματα ζέουσα, καθειργνυμένη δ᾽ ἐντὸς πυρίκαυτα νοσήματα πολλὰ ἐμποιεÂ, μέγιστον δέ, ὅταν αἵματι καθαρ½ συγκερασθεÂσα τὸ τ¾ν ἰν¾ν γένος ἐκ τÇς ἑαυτ¾ν διαφορÄ τάξεως, αἳ διεσπάρησαν μὲν εἰς α]μα, ἵνα συμμέτρως λεπτότητος ἴσχοι καὶ πάχους καὶ μήτε διὰ θερμότητα ὡς ὑγρὸν ἐκ μανοÀ τοÀ σώματος ἐκρέοι, μήτ᾽ αç πυκνότερον δυσκίνητον [85D] ὂν μόλις ἀναστρέφοιτο ἐν ταÂς φλεψίν. καιρὸν δὴ τούτων _νες τÄ τÇς φύσεως γενέσει φυλάττουσιν· ἃς ὅταν τις καὶ τεθνε¾τος αἵματος ἐν ψύξει τε ὄντος πρὸς ἀλλήλας συναγάγῃ, διαχεÂται πªν τὸ λοιπὸν α]μα, ἐαθεÂσαι δὲ ταχὺ μετὰ τοÀ περιεστ¾τος αὐτὸ ψύχους συμπηγνύασιν. ταύτην δὴ τὴν δύναμιν ἐχουσ¾ν ἰν¾ν ἐν αἵματι χολὴ φύσει παλαιὸν α]μα

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γεγονυÂα καὶ πάλιν ἐκ τ¾ν σαρκ¾ν εἰς τοÀτο τετηκυÂα, θερμὴ καὶ ὑγρὰ κατ᾽ ὀλίγον τὸ πρ¾τον ἐμπίπτουσα πήγνυται [85E] διὰ τὴν τ¾ν ἰν¾ν δύναμιν, πηγνυμένη δὲ καὶ βίᾳ κατασβεννυμένη χειμ¾να καὶ τρόμον ἐντὸς παρέχει. πλείων δ᾽ ἐπιρρέουσα, τÄ παρ᾽ αὐτÇς θερμότητι κρατήσασα τὰς _νας εἰς ἀταξίαν ζέσασα διέσεισεν· καὶ ἐὰν μὲν ἱκανὴ διὰ τέλους κρατÇσαι γένηται, πρὸς τὸ τοÀ μυελοÀ διαπεράσασα γένος κάουσα ἔλυσεν τὰ τÇς ψυχÇς αὐτόθεν ο]ον νεὼς πείσματα μεθÇκέν τε ἐλευθέραν, ὅταν δ᾽ ἐλάττων þ τό τε σ¾μα ἀντίσχῃ τηκόμενον, αὐτὴ κρατηθεÂσα ἢ κατὰ πªν τὸ σ¾μα ἐξέπεσεν, ἢ διὰ τ¾ν φλεβ¾ν εἰς τὴν κάτω συνωσθεÂσα ἢ τὴν ἄνω κοιλίαν, ο]ον φυγὰς ἐκ πόλεως στασιασάσης ἐκ [86A] τοÀ σώματος ἐκπίπτουσα, διαρροίας καὶ δυσεντερίας καὶ τὰ τοιαÀτα νοσήματα πάντα παρέσχετο. τὸ μὲν οçν ἐκ πυρὸς ὑπερβολÇς μάλιστα νοσÇσαν σ¾μα συνεχÇ καύματα καὶ πυρετοὺς ἀπεργάζεται, τὸ δ᾽ ἐξ ἀέρος ἀμφημερινούς, τριταίους δ᾽ ὕδατος διὰ τὸ νωθέστερον ἀέρος καὶ πυρὸς αὐτὸ ε_ναι· τὸ δὲ γÇς, τετάρτως ὂν νωθέστατον τούτων, ἐν τετραπλασίαις περιόδοις χρόνου καθαιρόμενον, τεταρταίους πυρετοὺς ποιÇσαν ἀπαλλάττεται μόλις.

Traduzione Platone, Timeo 81E-86A Burnet [81E] Come poi abbiano origine le malattie è più o meno chiaro a chiunque. [82A] Essendo infatti quattro gli elementi di cui si compone il corpo, terra, fuoco, acqua e aria, perturbazioni e malattie si producono quando, contro natura, essi sono in quantità troppo grande o troppo piccola, oppure quando si spostano dalla loro collocazione propria in un’altra che non è loro propria, o ancora quando, poiché vi è più di una varietà di fuoco e così anche per gli altri elementi, ciascuno riceve in sé la varietà che non gli è appropriata, come pure nel caso di tutti quanti i fenomeni dello stesso genere; perché, nel momento in cui ciascun elemento si trasforma contro natura o muta la propria collocazione, allora [82B] tutto ciò che prima era freddo si riscalda, tutto ciò che prima era secco diviene umido e allo stesso modo ciò che era leggero diventa pesante: insomma, ogni cosa ammette ogni genere di mutamento.

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Infatti, appunto, noi diciamo che soltanto quando un elemento si aggiunge o si sottrae allo stesso elemento, in condizioni identiche, secondo identiche modalità e in base a un rapporto proporzionale, sarà allora possibile che quell’elemento, rimanendo identico a se stesso, si conservi sano e in buona salute; ma ciò che, invece, non rispetta una di queste condizioni, sia che si vada ad aggiungere, sia che si vada a sottrarre, produrrà le più diverse alterazioni e infinite malattie e degenerazioni. Ma, poiché vi sono anche per natura delle composizioni secondarie, [82C] vi è un secondo ordine di malattie di cui deve tener conto chi vuole avere un quadro d’insieme. Essendo infatti il midollo, le ossa, la carne e i nervi composti di quegli elementi, ed essendosi anche il sangue prodotto, pur se in un altro modo, a partire da essi, la maggior parte delle altre malattie si determina come quelle che abbiamo detto prima, ma è nel modo seguente che si determinano le malattie più grandi e gravi: quando la produzione di queste composizioni secondarie avviene all’inverso rispetto all’ordine naturale, allora esse si corrompono. Per natura, infatti, le carni e i nervi si generano dal sangue, i nervi dalle fibre del sangue per via della loro affinità [82D] a esse, le carni, invece, dal sangue che si è coagulato, ed esso si coagula una volta che si è separato dalle fibre; ciò che cola dai nervi e dalle carni, una sostanza viscosa e grassa, fa incollare la carne alle ossa e insieme, nutrendola, fa crescere la parte ossea che avvolge il midollo; inoltre, ciò che trasuda attraverso le ossa fra loro ben compatte, che è il genere di triangoli più puro, più liscio e più rilucente, colando dalle ossa goccia a goccia, irriga il midollo. [82E] Quando ciascuno di questi fenomeni si verifica in tal modo, si ha perlopiù una condizione di salute, quando invece si verifica in modo contrario, si hanno le malattie. Quando infatti la carne, decomponendosi, spurga nelle vene, secondo un processo inverso, i resti della propria decomposizione, allora, misto ad aria, il sangue nelle vene, in grande quantità e di varia natura, caratterizzato da una molteplicità di colori e di asprezze, di acidità e di salinità, contiene in sé bile, siero e flegmi di ogni tipo; tutti questi umori, infatti, che derivano da processi di decomposizione contro natura, innanzi tutto corrompono il sangue, poi, poiché non forniscono [83A] più nessun nutrimento al corpo, vanno ovunque in circolo attraverso le vene, secondo un movimento che non ha più la

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regolarità della circolazione naturale, nemici a se stessi, per via del fatto che non traggono più, gli uni dagli altri, nessun vantaggio, e ostili a ciò che nel corpo rimane immobile al proprio posto, che essi corrompono e decompongono. Quando è dunque la parte più vecchia della carne a decomporsi, in quanto si lascia assimilare difficilmente, essa diviene nera per la lunga combustione; e, poiché viene [83B] interamente corrosa, diviene amara e aggredisce tutto ciò che, nel corpo, non si è ancora corrotto. A volte, la parte nera acquista, invece che amarezza, acidità, se l’amaro si è nel frattempo attenuato; a volte, invece, la parte amara, immersa nel sangue, acquista un colore più rosso e, a esso mescolandosi il nero, diviene di un colore bilioso; altre volte ancora, il colore giallo si mescola all’amarezza, quando della carne giovane si scioglie nel fuoco della combustione. [83C] E il nome comune di ‘bile’ a tutti questi umori lo attribuì o un medico o qualcuno capace di abbracciare con lo sguardo molti fenomeni fra loro diversi e di cogliere in essi un unico genere, suscettibile di estendere a tutti il proprio nome; tutti quanti gli altri umori, che si considerano come delle specie di bile, ebbero, ciascuno, un nome proprio in base al loro colore. Per quanto riguarda il siero (ichor), mentre quello che deriva dal sangue è una linfa mite, invece quello che deriva dalla bile nera e acida è aggressivo, quando, per il calore, si mescola con una qualità salata: ed è ciò che si chiama ‘flegma acido’. Proseguendo, ciò che deriva dalla dissoluzione di carne giovane e tenera insieme con aria, [83D] essendo gonfiato dall’aria e avvolto tutto intorno dall’umidità, in modo che, in seguito a tale fenomeno, si formano delle bolle – invisibili, ciascuna, per la loro piccolezza, ma che danno luogo, tutte insieme, a una massa visibile – che hanno un colore bianco a vedersi in quanto si produce una schiuma, ebbene, tutta questa dissoluzione di carne tenera mescolata con aria la chiamiamo ‘flegma bianco’. Il siero, poi, del flegma di recente composizione è [83E] sudore, lacrime e tutti gli altri umori simili che il corpo emette ogni giorno per purificarsi; e, certo, tutti questi umori divengono strumenti delle malattie, quando il sangue non è ricolmo di cibi e bevande come vuole la sua natura, ma accresce la sua massa di sostanze contrarie contro le leggi naturali.

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Quindi, anche quando ciascuna porzione di carne è divisa dalla malattia, finché resistono le sue radici, la forza della malattia non è che dimezzata, perché può ancora riprendersi con facilità; [84A] ma quando ciò che lega le carni alle ossa si ammala e, separandosi sia dalle fibre sia dai nervi, non offre più un nutrimento all’osso e non costituisce più un vincolo fra carne e osso, ma, da grasso, rilucente e liscio che era, diviene aspro, salmastro e secco a causa di una cattiva dieta, allora, tutto ciò che è tale e subisce tali affezioni si consuma da sé fino alle carni e ai nervi, separandosi dalle ossa; e le carni, cadendo dalle loro radici, [84B] lasciano i nervi spogli e pieni di salsedine e, piombando di nuovo nel flusso del sangue, aggravano le malattie di cui si è detto prima. Pur essendo gravi queste malattie del corpo, lo sono ancor di più quelle che vengono prima di esse, quando l’osso, non avendo una respirazione sufficiente per la compattezza della carne e riscaldato dalla putredine, va in cancrena, non riceve più il nutrimento ed esso stesso, capovolgendo l’ordine normale, [84C] si riversa nel nutrimento, il nutrimento si riversa di nuovo nelle carni e la carne, cadendo nel sangue, rende tutte le malattie più gravi di quelle appena descritte; ma la condizione peggiore di tutte si verifica quando si ammala il midollo, per mancanza o per eccesso di qualcosa: si producono allora le malattie più gravi e più facilmente mortali, giacché l’intero ordine del corpo rifluisce in senso contrario alla natura. Occorre poi considerare una terza specie di malattie che dipendono da tre diverse cause: [84D] dall’aria, dal flegma e dalla bile. Quando infatti il polmone, che distribuisce l’aria nel corpo, non fornisce vie di uscita libere, perché è ostruito da secrezioni, l’aria, da qualche parte non giungendo, ma altrove penetrando in misura maggiore a quanto conviene, provoca, nel primo caso, la putrefazione delle parti che non sono rinfrescate, mentre, nel secondo caso, forzando con violenza le vene e contorcendole, dissolvendo il corpo, rimane prigioniera al suo centro, facendo pressione sul diaframma: da tali cause deriva [84E] una gran quantità di malattie dolorose, caratterizzate spesso da un’abbondante sudorazione. Del resto, frequentemente, quando la carne all’interno del corpo si decompone, l’aria che vi si è prodotta e che non riesce a trovare una via di uscita verso l’esterno, suscita gli stessi dolori provocati dall’aria giunta

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dall’esterno, dolori che sono grandissimi specie se l’aria, trovandosi intorno ai nervi e alle piccole vene circostanti e gonfiando i tendini e i nervi corrispondenti, li contrae così all’indietro; e le malattie che dipendono appunto da una simile condizione di tensione sono state chiamate perciò ‘tetano’ e ‘opistotono’ ed è difficile curarle, ché anzi, il più delle volte, è il sopraggiungere di stati febbrili a risolvere la situazione. [85A] Il flegma bianco è pericoloso per via dell’aria delle bolle, se è trattenuta all’interno, mentre, se essa riesce a uscire fuori dal corpo, allora il flegma è più benigno, ma produce sul corpo delle chiazze bianche e provoca altre malattie dello stesso genere di queste. D’altra parte, se il flegma bianco si mescola con della bile nera e si propaga per i periodi che hanno sede nella testa e che sono i più divini, turbandoli, il malessere che ne deriva è più sopportabile, quando sopraggiunge nel sonno, mentre è più difficile da respingere, quando invece [85B] sopraggiunge in stato di veglia: ed è detto assai giustamente ‘malattia sacra’, perché tocca ciò che in noi vi è di sacro. Il flegma acido e salato è all’origine di tutte le malattie che provocano flussi di catarro e, per via del fatto che molti e vari sono i luoghi verso cui esso scorre, ha avuto molti e vari nomi. Le malattie del corpo che si chiamano ‘infiammazioni’, perché il corpo è bruciato e infiammato, dipendono poi tutte dalla bile. Quando infatti trova una via di uscita verso l’esterno, la bile [85C] fa apparire, ribollendo, eruzioni cutanee di ogni genere, mentre, se rimane imprigionata all’interno, suscita molte malattie infiammatorie, e la più grave si verifica nel caso in cui la bile, mescolatasi con sangue puro, sconvolge l’ordine delle fibre, che erano distribuite nel sangue in modo che esso fosse ben proporzionato rispetto alla sua rarefazione e alla sua densità, perché, da un lato, liquefatto dal calore, non fuoriuscisse dai pori del corpo né, dall’altro, circolasse a malapena nelle vene, [85D] muovendosi a stento per la sua eccessiva densità. Ed è grazie all’origine della loro natura che le fibre mantengono questa condizione di giusto equilibrio; e se qualcuno le raccoglie insieme, anche una volta che il sangue sia morto e coagulato, tutto il resto del sangue rimane liquefatto, mentre, se vengono lasciate nel sangue, con l’aiuto del freddo circostante, lo coagulano. Ora, questa essendo la proprietà delle fibre nel sangue, la bile, che si produce per

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natura da sangue vecchio e che, di nuovo, dalle carni si dissolve nel sangue, se dapprima, calda e umida, vi si immerge a poco a poco, si coagula [85E] per l’azione delle fibre e, una volta coagulata e raffreddata con violenza, produce brividi e tremori all’interno del corpo. Se, invece, fluisce nel sangue in maggiore quantità, dominando le fibre con il calore che emana, ribollendo, ne sconvolge la disposizione ordinata; e se è in grado di dominarle interamente, penetrando fino al midollo, scioglie da lì, bruciandoli, i vincoli dell’anima, come le gomene di una nave, e la libera; ma, quando è in minore quantità e il corpo oppone resistenza alla dissoluzione, la bile, sconfitta, o si disperde per tutto il corpo oppure, spinta nel basso o nell’alto ventre attraverso le vene, precipitandosi via dal corpo come un fuggiasco da una città in rivolta, [86A] provoca diarrea, dissenteria e tutti i disturbi di questo genere. Quando poi il corpo è ammalato soprattutto a causa di un eccesso di fuoco, si producono in esso infiammazioni e febbri continue; quando, invece, è ammalato a causa di un eccesso di aria, si producono in esso febbri quotidiane; quando, ancora, è ammalato a causa di un eccesso di acqua, si producono in esso febbri terzane, per via del fatto che l’acqua è più lenta dell’aria e del fuoco; quando, infine, è ammalato a causa di un eccesso di terra, che è il quarto e il più lento degli elementi e si purifica perciò in periodi di tempo quadrupli, si producono nel corpo febbri quartane, di cui è difficile liberarsi.

Commento Dal Wellmann in poi, le parti del Timeo di argomento medico sono state accostate alla dottrina di Filistione. Platone l’avrebbe appresa durante uno dei suoi soggiorni a Siracusa e l’avrebbe travasata nel suo scritto non senza personale rielaborazione635.

635 Cfr. Wellmann 1901, 65 ss.; 94 ss.; Diller 1938, 2407; Jaeger 1938, 212 ss.; BidezLeboucq 1944, 7-40; Schuhl 1960, 73; Miller 1962, 175-187; Lloyd 1968, 78-92; Harris 1973, 42; 86; Joubaud 1991, 77; Nutton 2000, 816; Manetti 2008a, 649.

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In effetti diversi temi sviluppati nel dialogo sembrano confermare tale vicinanza, come è possibile osservare nella seguente tabella:

Tabella 2:

Platone 77C-79E; 81E-82C: Quattro elementi corporei: fuoco, aria, acqua, terra 70C-D; 90E-91B: Scorrimento di liquidi nel polmone 81E-82B; 86A: La mancanza di equilibrio tra i quattro elementi corporei è all’origine delle malattie 84E: Blocco dell’aria nel corpo determina tetano e opistotono 77C-79E: Respirazione: l’aria rinfresca il corpo

Filistione T4 TT 7A-C T4

TT 4; 10B; 12 T6

Appendice III Lo scritto Sul cuore Lo scritto sul Cuore, che fa parte del Corpus Hippocraticum, consta di dodici brevi capitoli. L’autore descrive l’anatomia del cuore soffermandosi sulla forma di quest’organo e sul liquido pericardico (1-3); i due ventricoli presentati prima esternamente (4-5), poi internamente (6-7); le orecchiette (8); il passaggio dell’aria nei ventricoli (9); le valvole cardiache (10); la funzione delle valvole nel ventricolo sinistro (11) e nel destro (12). Del cuore l’autore descrive prima l’esterno poi l’interno. Talora – come nel caso della teoria dei liquidi che in parte scorrono nel polmone (3) – supporta le sue affermazioni con delle prove empiriche, tuttavia senza perdere mai il filo del discorso, che chiude in maniera rapida ed efficace (12).

[Hippocrates], Περὶ καρδίης (De corde) (pp. 190-195 Duminil = IX 80-93 Littré) 1. Καρδίη σχÇμα μὲν ὁκοίη πυραμίς, χροιὴν δὲ κατακορὴς φοινικέη. Καὶ περιβεβλέαται χιτ¾να λεÂον· καὶ ἔστιν ἐν αὐτ½ ὑγρὸν σμικρὸν ὁκοÂον οçρον ὥστε δόξεις ἐν κύστει τὴν καρδίην ἀναστρέφεσθαι· γεγένηται δὲ τούτου ἕνεκα ὅκως θ[ἅλληται]ρῴσκῃ μέν ὡς ἐν φυλακÄ· ἔχει δὲ τὸ ὕγρασμα ὁκόσον μάλιστα καὶ πυρευμένῃ ἄκος. ΤοÀτο δὲ τὸ ὑγρὸν διορρο ἡ καρδίη πίνουσα, ἀναλαμβανομένη καὶ ἀναλίσκουσα, λάπτουσα τοÀ πνεύμονος τὸ ποτόν. 2.1. Πίνει γὰρ ὥνθρωπος τὸ μὲν πολλὸν ἐς νηδύν· ὁ γὰρ στόμαχος ὁκοÂον χόανος καὶ ἐκδέχεται τὸ πλÇθος καὶ ἅσσα προσαιρόμεθα· πίνει δὲ καὶ ἐς φάρυγγα, τυτθὸν δὲ, ο]ον καὶ ὁκόσον ἂν λάθοι διὰ ῥύμης ἐσρυέν· π¾μα γὰρ ἀτρεκὲς ἡ ἐπιγλωσσὶς κἂν διήσει μεÂζον ποτοÀ οὐδέν. 2. Σημήιον τοÀτο· ἢν γάρ τις κυάνῳ ἢ μίλτῳ φορύξας ὕδωρ δοίη δεδιψηκότι πάνυ πιεÂν, μάλιστα δὲ συί — τὸ γὰρ κτÇνος οὐκ ἔστιν ἐπιμελὲς οὐδὲ φιλόκαλον — ἔπειτα δὲ εἰ ἔτι πίνοντος ἀνατέμοις τὸν

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λαιμόν, εὕροις ἂν τοÀτον κεχρωσμένον τ½ ποτ½· ἀλλ’ οὐ παντὸς ἀνδρὸς ἡ χειρουργίη. 3. Οὔκουν ἀπιστητέον ἡμÂν περὶ τοÀ ποτοÀ εἰ εὐτρε||πίζει τὴν σύριγγα τ½ ἀνθρώπῳ. Ἀλλὰ π¾ς ὕδωρ ἀναιδὲς ἐνοροÀον ὄχλον καὶ βÇχα παρέχει πολλήν; οὕνεκα, φημί, ἀπάντικρυ τÇς ἀναπνοÇς φέρεται. Τὸ γὰρ διὰ τÇς ὁρμÇς ἐσρέον, ἅτε παρὰ τοÂχον ἰόν, οὐκ ἐνίσταται τÄ ἀναφορÄ τοÀ ἠέρος, ἀλλά τινα καὶ λείην ὁδόν οἱ παρέχει ἡ ἐπίτεγξις· τοÀτο δὲ τὸ ὑγρὸν ἀπάγει τοÀ πνεύμονος ἅμα τ½ ἠέρι. 3.1. Τὸν μὲν οçν ἠέρα χρὴ, γενόμενον θεραπείην, [ἀνάγκῃ] ὀπίσω τὴν αὐτὴν ὁδὸν ἐκβάλλειν ἔνθεν ἤγαγε· τὸ δὲ ὑγρόν, τὸ μὲν ἐς τὸν κουλεὸν ἑαυτÇς ἀποπτύει, τὸ δ’ αç σὺν τ½ ἠέρι θύραζε χωρεÂν ἐË. 2. Ταύτῃ καὶ διαίρει τὸν οὐραχὸν ὁκόταν παλινδρομÄ τὸ πνεÀμα· παλινδρομε δὲ κατὰ δίκην· οὐ γάρ ἐστιν ἀνθρώπου φύσιος τροφὴ ταÀτα· κ¾ς γὰρ ἀνθρώπου τροφὴ ἄνεμος καὶ ὕδωρ τὰ ὠμά; Ἀλλὰ μªλλον τιμωρίη ξυγγενέος πάθης. 4.1. Περὶ δὲ οå λόγος, ἡ καρδίη μÀς ἐστι κάρτα ἰσχυρός, οὐ τ½ νεύρῳ, ἀλλὰ πιλήματι σαρκός. Καὶ δύο γαστέρας ἔχει διακεκριμένας ἐν ἑνὶ περιβόλῳ, τὴν μὲν ἔνθα, τὴν δὲ ἔνθα· οὐδὲν δ’ ἐοίκασιν ἀλλήλῃσιν· ἡ μὲν γὰρ ἐν τοÂσι δεξιοÂσιν ἐπὶ στόμα κεÂται ὁμιλέουσα τÄ ἑτέρῃ φλεβί, ἡ δὲ δεξιή φημι τ¾ν ἐν λαιοÂσι· ἡ γὰρ πªσα καρδίη τούτοισι τὴν ἕδρην ἐμπεποίηται· 2. ἀτὰρ ἥδε καὶ πάμπαν εὐρυκοίλιος καὶ λαγαρωτέρη πολλ½ τÇς ἑτέρης, οὐδὲ τÇς καρδίης νέμεται τὴν ἐσχατιήν, ἀλλ’ ἐγκαταλείπει τὸν οὐραχὸν στερεὸν καί ἐστιν ὥσπερ || ἔξωθεν προσερραμμένη. 5. Ἡ δὲ ἑτέρη κεÂται ὑπένερθε μὲν μάλιστα καὶ κατ’ ἰθυωρίην μάλιστα μὲν μαζ½ ἀριστερ½ ὅπῃ καὶ διασημαίνει τὸ ἅλμα. Περίβολον δὲ ἔχει παχὺν καὶ βόθρον ἐμβεβόθρωται τὸ ε_δος εἴκελον ὅλμῳ. Ἀλλὰ γὰρ ἤδη καὶ τοÀ πνεύμονος ἐνδύεται μετὰ προσηνίης, καὶ κολάζει τὴν ἀκρασίην τοÀ θερμοÀ περιβαλλομένη· ὁ γὰρ πνεύμων φύσει ψυχρός· ἀτὰρ καὶ ψυχόμενος τÄ εἰσπνοÄ. 6. Ἄμφω γε μὴν δασεÂαι τὰ ἔνδον καὶ ὥσπερ ὑποδιαβεβρωμέναι καὶ μªλλον τÇς δεξιÇς ἡ λαιή· τὸ γὰρ ἔμφυτον πÀρ οὐκ ἐν τÄ δεξιÄ ὥστε θαÀμα τρηχυτέρην γενέσθαι τὴν λαιὴν ἐμπλέην οçσαν ἀκρήτου· ταύτῃ καὶ πάχετον ἐνδεδόμηται φυλακÇς εἵνεκα τÇς ἰσχύος τοÀ θερμοÀ. 7.1. Στόματα δ’ αὐτÄσιν οὐκ ἀνεώγασιν εἰ μή τις ἀποκείρει τ¾ν οὐάτων τὴν καρδίην καὶ τÇς καρδίης τὴν κεφαλήν· ἢν δ’ ἀποκείρῃ,

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φανήσεται καὶ δισσὰ στόματα ἐπὶ δυσὶ γαστέροιν· ἡ γὰρ παχείη φλὲψ ἐκ μιªς ἀναθέουσα πλανË τὴν ὄψιν ἢν ἀνατμηθÄ. 2. Αåται πηγαὶ φύσιος ἀνθρώπου καὶ οἱ ποταμοὶ ἐνταÀθα ἀνὰ τὸ σ¾μα τοÂσιν ἄρδεται τὸ σκÇνος· οåτοι δὲ καὶ τὴν ζωὴν φέρουσι τ½ ἀνθρώπῳ, κἢν αὐανθέωσιν, ἀπέθανεν ὥνθρωπος. 8.1. ἈγχοÀ δὲ τÇς ἐκφύσιος τ¾ν φλεβ¾ν σώματα τÄσι κοιλίῃσιν ἀμφιβεβήκασι, μαλθακά, σηραγγώδεα, ἃ κληίσκεται μὲν οὔατα, τρήματα δὲ οὐκ ἔστιν οὐάτων· ταÀτα γὰρ οὐκ ἐνακούουσιν ἰαχÇς· ἔστι δὲ ὄργανα τοÂσιν ἡ φύσις ἁρπάζει τὸν ἠέρα. 2. Καί τε δοκέω τὸ ποίημα || χειρώνακτος ἀγαθοÀ· κατασκεψάμενος γὰρ σχÇμα στερεὸν ἐὸν τὸ σπλάγχνον διὰ τὸ πλατυκὸν τοÀ ἐνδύματος, ἔπειτα πªν ἐσόμενον ἑλκτικόν, παρέθηκεν αὐτ½ φύσας, καθάπερ τοÂσι χοάνοισιν οἱ χαλκέες, ὥστε διὰ τούτων χειροÀται τὴν πνοήν. 3. Τεκμήριον δὲ τοÀ λόγου· τὴν μὲν γὰρ καρδίην ἴδοις ἂν ῥιπταζομένην οὐλομελÇ, τὰ δὲ οὔατα κατ’ ἰδίην ἀναφυσώμενά τε καὶ ξυμπίπτοντα. 9. ∆ιὰ τοÀτο δέ φημι καὶ φλεβία μὲν ἐργάζεται τὴν ἀναπνοὴν ἐς τὴν ἀριστερὴν κοιλίην, ἀρτηρίη δ’ ἐς τὴν ἄλλην· τὸ γὰρ μαλακὸν ἑλκτικώτερον καὶ ἐπιδόσιας ἔχον. Ἔχρη δὲ ἡμÂν μªλλον τὰ ἐπικείμενα τÇς καρδίης διαψύχεσθαι· βεβλημένον ἐστὶ γὰρ τὸ θερμὸν ἐν τοÂσι δεξιοÂσιν ὥστε διὰ τὴν πάθην οὐκ ἔλαβεν εὐπετὲς ὄργανον ἵνα μὴ πάμπαν κρατηθÄ ὑπὸ τοÀ ἐσιόντος. 10.1. Λοιπός ἐστιν λόγος ὁ τÇς καρδίης ὑμένες ἀφανεÂς, ἔργον ἀξιαπηγητότατον. Ὑμένες γὰρ καὶ ἄλλοι τινὲς ἐν τÄσι κοιλίῃσιν ὁκοÂον ἀράχναι διαπετεÂς ζώσαντες πάντη τὰ στόματα, κτηδόνας ἐμβάλλουσιν ἐς τὴν στερεὴν καρδίην. Οåτοί μοι δοκέουσιν οἱ τόνοι τοÀ σπλάγχνου καὶ τ¾ν ἀγγείων, ἀρχαὶ τÄσιν ἀορτÄσιν. 2. Ἔστι δὲ αὐ||τ¾ν ζεÀγος καὶ θύρησι μεμηχάνηνται τρεÂς ὑμένες ἑκάστῃ, περιφερεÂς ἐξ ἄκρου περ ὁκόσον ἡμίτομα κύκλου, οἵ τε ξυνιόντες θαυμάσιον ὡς κλείουσι τὰ στόματα, τ¾ν ἀορτέων πέρας. 3. Καὶ τὴν καρδίην ἀποθανόντος ἤν τις ἐξεπιστάμενος τὸν ἀρχαÂον κόσμον ἀφελὼν τ¾νδε τὸν μὲν ἀποστηρίσῃ, τὸν δὲ ἐπανακλίνῃ, οὔτε ὕδωρ ἂν διέλθοι εἰς τὴν καρδίην οὔτε φÀσα ἐμβαλλομένη, καὶ μªλλον τ¾ν τÇς ἀριστερÇς· οὔτοι γὰρ ἐμηχανήθησαν ἀτρεκέστερον κατὰ δίκην· γνώμη γὰρ ἡ τοÀ ἀνθρώπου πέφυκεν ἐν τÄ λαιÄ κοιλίῃ καὶ ἄρχει τÇς ἄλλης ψυχÇς. 11.1. Τρέφεται δὲ οὔτε σιτίοισιν οὔτε ποτοÂσι τοÂσιν ἀπὸ τÇς νηδύος, ἀλλὰ καθαρÄ καὶ φωτοειδε περιουσίῃ γεγονυίῃ ἐκ τÇς

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διακρίσιος τοÀ αἵματος. Εὐπορέει δὲ τÇς τροφÇς ἐκ τÇς ἔγγιστα δεξα||μενÇς τοÀ αἵματος, διαβάλλουσα τὰς ἀκτÂνας καὶ νεμομένη ὥσπερ ἐκ νηδύος [τ¾ν ἐντέρων] τὴν τροφήν, οὐκ ἐὸν κατὰ φύσιν· 2. ὅκως δὲ μὴ ἀνακωχÄ τὸ σιτίον τὰ ἐνεόντα ἐν τÄ ἀρτηρίῃ ἐν ζάλῃ ἐόν, ἀποκλείει τὴν ἐπ’ αὐτὴν κέλευθον· ἡ γὰρ μεγάλη ἀρτηρίη βόσκεται τὴν γαστέρα καὶ τὰ ἔντερα καὶ γέμει τροφÇς οὐχ ἡγεμονικÇς. 3. Ὅτι δὲ οὐ τρέφεται βλεπομένῳ αἵματι [ἡ μεγάλη ἀρτερίη] δÇλον -δε· ἀποσφαγέντος τοÀ ζῴου, σχασθείσης τÇς ἀριστερÇς κοιλίης, ἐρημίη φαίνεται πªσα, πλὴν ἰχ¾ρός τινος καὶ χολÇς ξανθÇς καὶ τ¾ν ὑμένων περὶ -ν ἤδη μοι πέφανται··ἡ δὲ ἀρτηρίη οὐ λειφαιμοÀσα οὐδὲ ἡ δεξιὴ κοιλίη. Τούτῳ μὲν οçν τ½ ἄγγει κατ’ ἐμὸν νόον ἥδ’ ἡ πρόφασις τ¾ν ὑμένων. 12.1. Τὸ δ’ αç φερόμενον ἐκ τÇς δεξιÇς, ζυγοÀται μὲν καὶ τοÀτο τÄ ξυμβολÄ τ¾ν ὑμένων, πλὴν οὐ κάρτα τεθύρωκε ὑπὸ ἀσθενείης· ἀλλ’ ἀνοίγεται μὲν ἐς πνεύμονα ὡς α]μα παρασχεÂν αὐτ½ εἰς τὴν τροφὴν, κλείεται δὲ ἐς τὴν καρδίην [οὐχ] ἁρμ½ ὅκως ἐσίῃ μὲν ὁ ἠὴρ, οὐ || πάνυ δὲ πουλύς· 2. ἀσθενὲς γὰρ ἐνταÀθα τὸ θερμόν, δυναστευόμενον κρήματι ψυχροÀ. Τὸ α]μα γὰρ οὐκ ἔστι τÄ φύσει θερμὸν οὐδὲ γὰρ ἄλλο τι ὕδωρ, ἀλλὰ θερμαίνεται· δοκε δὲ τοÂσι πολλοÂσι φύσει θερμόν. Περὶ δὲ καρδίης τοιαÀτα εἰρήσθω.

Traduzione [Ippocrate], Sul cuore (pp. 190-195 Duminil = IX 80-93 Littré)636 1. Il cuore, quanto alla forma, è come una piramide; ha un colore rosso cupo ed è rivestito da una tunica liscia: in essa si trova un po’ di liquido simile a urina, tanto che si potrebbe credere che il cuore alberghi in una vescica. Lo scopo di questa conformazione è che possa sobbalzare ben protetto. Di umore ne ha quanto basta come rimedio,

636 Seguo in linea di massima la traduzione di Manuli (in Manuli-Vegetti 1977, 110-112) effettuata sull’edizione di Littré con alcune modifiche dettate perlopiù dalle variazioni al testo stabilite da Duminil.

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soprattutto quando è infiammato. Questo liquido lo secerne il cuore assorbendo la bevanda del polmone. 2.1 La maggior parte di ciò che l’uomo beve va infatti nel ventre, dato che la faringe è come un imbuto che accoglie quanto ingeriamo. Il liquido va però anche nella trachea, ma solo in piccola quantità, solo cioè quanto riesce a sfuggire filtrando per la pressione. L’epiglottide in realtà è una chiusura ermetica e non lascerebbe passare nulla di più voluminoso della bevanda. 2. La prova è questa: se si desse da bere dell’acqua – mescolandovi ciano o minio – a un animale molto assetato, specialmente a un porco (bestia che non ha alcuna cura per la pulizia), e se poi, mentre sta ancora bevendo, gli si tagliasse la gola, la si troverebbe colorata della bevanda; ma quest’operazione non è da tutti. 3. Non dobbiamo perciò rifiutarci di credere che la bevanda lubrifichi la trachea dell’uomo. Allora come mai l’acqua, irrompendo in massa, provoca fastidio e forte tosse? Perché, dico, procede in senso contrario al respiro. Ma ciò che filtra per la pressione, dato che scende a poco a poco, non impedisce l’espirazione dell’aria; anzi, l’umettazione le rende facile la via. Questo liquido viene eliminato dal polmone insieme con l’aria. 3.1. Ma mentre l’aria, dopo aver svolto la sua funzione, deve uscire per la stessa via da dove è stata fatta entrare, una parte del liquido viene respinta nella guaina del cuore, e il resto viene invece lasciato uscire con l’aria. 2. È così che il respiro umetta il palato nella fase di ritorno: ed è giusto che torni indietro, perché questi elementi non sono nutrimento della natura umana. E come potrebbero essere nutrimento per l’uomo l’aria e l’acqua, dato che sono crudi? Saranno piuttosto il compenso a uno stato connaturato. 4.1. Per tornare al nostro discorso, il cuore è un muscolo molto forte, non per i tendini, ma per la compattezza della carne. Ha due ventricoli distinti in un solo involucro, uno da una parte e uno dall’altra, che però non sono simili tra loro. Quello a destra è inclinato in avanti, in contatto con l’altro (intendo il ventricolo destro, ma dalla parte sinistra: infatti il cuore nel suo complesso è collocato da questo lato); 2. questo ventricolo è però assai ampio e molto più scavato dell’altro, e non raggiunge l’estremità del cuore, ma termina prima della parte inferiore ed è come cucito dal di fuori.

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5. L’altro sta proprio al di sotto, esattamente in posizione retta rispetto alla mammella sinistra, proprio dove si sente il battito. 5. (Il cuore) ha una parete spessa ed è collocato in una fossa simile per l’aspetto a un mortaio. Ma qui è morbidamente rivestito dal polmone e modera, circondandosene, il calore non temperato: infatti il polmone è freddo per natura, oltre ad essere raffreddato dalla respirazione. 6. Entrambi i ventricoli sono rugosi all’interno e come corrosi, ma più il sinistro del destro: il fuoco innato infatti non è nel ventricolo destro, sì che non fa meraviglia che quello di sinistra sia più ruvido, dal momento che è pieno di fuoco non temperato; è per questo che ha una struttura più massiccia, come protezione contro l’intensità del calore. 7.1. Essi non mostrano aperture a meno che qualcuno non tagli il cuore asportando le orecchiette vale a dire la parte superiore. Così facendo saranno visibili due aperture nei due ventricoli. Infatti la grossa vena che sale da una sola (cavità), se la si taglia, trae in inganno l’osservatore. 2. Queste sono le fonti della natura umana e qui, su per il corpo, (hanno origine) i fiumi che lo irrigano. Questi fiumi portano la vita all’uomo e, se si inaridiscono, l’uomo muore. 8.1. Vicino all’origine delle vene, corpi molli e porosi circondano i ventricoli; si chiamano orecchiette, ma non sono i fori delle orecchie: queste infatti non percepiscono i suoni, bensì sono organi per mezzo dei quali la natura risucchia l’aria. 2. Io penso che questa sia l’opera di un abile artefice: avendo infatti osservato che questo viscere ha una struttura compatta per lo spessore del suo rivestimento e di conseguenza sarebbe stato del tutto privo di capacità di aspirazione, lo dotò di mantici come fanno i fabbri coi loro forni, in modo che attraverso di essi capti il respiro. 3. Ecco la prova di ciò che ho detto: si può vedere il cuore contrarsi tutto intero, mentre le orecchiette si gonfiano e si sgonfiano isolatamente. 9. Per questo dico che, mentre le piccole vene conducono il respiro al ventricolo sinistro, l’arteria lo porta verso l’altro; ciò che è molle ha infatti maggiore capacità di contrarsi e di rilassarsi. È necessario che la parte superiore del cuore si raffreddi di più: in realtà il calore a destra viene in qualche misura danneggiato così che,

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per mantenere il suo stato, non possiede un organo adatto a far sì che (il calore) non sia del tutto vinto dall’entrata dell’aria. 10.1. Resta da parlare delle membrane interne del cuore, opera più che degna di essere esposta. Nei ventricoli membrane e altre fibre, distese come ragnatele, cingendo da ogni parte le aperture, inseriscono dei filamenti nella parte solida del cuore: ritengo che siano questi tendini del viscere e dei vasi l’origine delle aorte. 2. Esse formano una coppia e sono fornite all’imboccatura di tre membrane per ciascuna, arrotondate proprio all’estremità come semicerchi: quando si accostano, è straordinario come chiudono le aperture al limite delle aorte. 3. E se uno che conosce bene l’ordine antico, dopo aver estratto il cuore di un animale morto, allarga una di esse e piega l’altra, né acqua né aria iniettate riescono a passare nel cuore, ma soprattutto da quelle del ventricolo sinistro: perché qui sono costruite con maggior precisione, e giustamente. Infatti l’intelligenza dell’uomo e il principio di tutto il resto dell’anima hanno sede per natura nel ventricolo sinistro. 11.1. (Il cuore) non si nutre né dei cibi né delle bevande provenienti dal ventre, ma di un residuo puro e trasparente prodotto dalla scomposizione del sangue; procura il (proprio) nutrimento dal più vicino ricettacolo di sangue, emettendo i suoi raggi e nutrendosi come farebbe nel grembo materno. E ciò non è conforme alla sua natura. 2. Ma affinché le sostanze contenute nell’arteria non trattengano questo cibo in effervescenza, chiude il passaggio da cui lo prende: infatti la grande arteria nutre il ventre, ed è piena di nutrimento di natura inferiore. 3. Che non si nutra del sangue che vediamo è provato da ciò: sgozzato l’animale, aperto il ventricolo sinistro, questo appare completamente vuoto – tranne un po’ di siero e di bile gialla, nonché le membrane di cui ho già parlato; ma l’arteria non è priva di sangue, e nemmeno il ventricolo destro. Per questo vaso dunque, a mio parere, la ragione delle membrane è questa. 12.1. Il vaso che a sua volta esce dal ventricolo destro, anche questo è regolato dalla congiunzione delle membrane, tranne che esse non chiudono perfettamente a causa della loro debolezza; esso si apre bensì verso il polmone per fornirgli il sangue che lo nutre, ma è chiuso leggermente dalla parte del cuore affinché entri l’aria, ma non troppa; 3. qui in effetti il calore è debole, sopraffatto dal freddo che vi

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si mescola. Il sangue infatti non è caldo per natura, come del resto qualsiasi altro liquido, ma viene riscaldato; i più credono invece che sia caldo per natura. Sul cuore tanto sia detto.

Commento Lo scritto Sul cuore è di incerta attribuzione. Gli studiosi si sono divisi tra chi, come Wellmann, l’ha attribuito a Diocle legandone, però, la genesi alla scuola medica siciliana e a Filistione637, chi l’ha attribuito direttamente a Filistione638, chi l’ha collocato in epoca ellenistica escludendo ogni connessione con il Locrese639. Gli unici elementi di contatto con la dottrina di Filistione sembrano essere la teoria secondo la quale il respiro procura refrigerio dal calore innato (capitolo 1), attribuita da Galeno al medico locrese e a Diocle640, e la teoria secondo la quale parte delle bevande arriva nei polmoni (capitolo 2). Ad essa accennano Plutarco e Gellio accostandola a diversi medici e filosofi tra i quali figura anche Filistione641.

Wellmann 1901, 77; 95-107; ma anche Diller 1938, 2407. Bidez-Leboucq 1944, 16 ss.; Lloyd 1968, 84-87. 639 Abel 1958, 192-219; Lonie 1973, 1-15; 136-153; Harris 1973, 83 ss.; Manuli[Vegetti] 1977, 106-108. Genericamente lo pone nel IV o III secolo e ne indica come autore un medico dell’Italia meridionale Grmek 1996, 58. 640 Philistion T 6, ma anche Plat., Tim. 70C. 641 Plut., Quaest. conv. VII 1.3 (= Mor. 699C-D) = Philistion T 7A; Plut., De Stoicorum repugnantiis 29 (= Mor. 1047C-E) = Philistion T 7B; Gell., NA XVII 11.5-6 = = Philistion T 7C. 637

638

Conclusioni Sebbene la tradizione su Filistione sia estremamente lacunosa e molti tasselli sul medico locrese rimangano avvolti da ombre o completamente oscuri, tuttavia alcune caute conclusioni possono essere prospettate. Va rilevato, innanzitutto, come i Testimonia lascino intravedere canali distinti per la trasmissione delle notizie. Un primo canale – certamente il più importante – fu costituito dall’Accademia e dal Peripato. Se Platone fu in stretto contatto con Filistione e verosimilmente ne riprese la dottrina nelle pagine del Timeo, la scuola peripatetica con tutta probabilità ne custodì lo scritto (o gli scritti) nella propria biblioteca e, attraverso Aristotele e/o Menone, ne fece uso nella compilazione di una dossografia medica. Fu proprio grazie alla dossografia peripatetica, di cui riuscì a servirsi tra I e II secolo d.C. l’Anonimo Londinese, che sopravvisse una parte della dottrina del Locrese, diversamente dalla sua opera andata completamente perduta: di fatto, la presenza di uno strumento di consultazione agile come una dossografia, appunto, favorì la perdita di molte delle opere da cui le doxai erano state ricavate. Lo attestano sia l’Anonimo Londinese sia Galeno, che pure cita con maggiore frequenza Filistione: complessivamente 6 volte su un totale di 20 Testimonia, e, più nello specifico, 10 volte su un totale di 31 passi642. L’Anonimo trovava il contenuto di molte teorie mediche nella dossografia peripatetica senza avere la necessità di consultare direttamente gli scritti dei relativi autori. Allo stesso modo anche il medico di Pergamo ricavava le sue notizie perlopiù da glossari e dossografie senza avere la possibilità di leggere e consultare di prima mano gli scritti. Così Filistione si mescolava e confondeva con i medici del passato e diventava parte di un elenco di illustri personalità, che Galeno proponeva di continuo nelle sue opere come

642

Philistion TT 1A-C; 5; 6; 14A-C; 17C; 20.

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paradigma ineludibile per chi avesse inteso accostarsi seriamente allo studio della medicina643. Le restanti notizie sull’arte medica di Filistione e la sua dottrina – funzione dell’epiglottide, proprietà organolettiche di alcuni alimenti, uso del polos per ridurre la lussazione alla spalla, denominazione delle vene, impiego del philistion – sopravvissero nella restante parte della tradizione attraverso strade che non è dato conoscere. È possibile che fossero contenute ancora in antologie, ma è possibile, altresì, che provenissero da uno o più scritti andati perduti. L’esistenza di dossografie, antologie e glossari, nei quali rimaneva traccia della dottrina e dell’arte medica di Filistione, non fa escludere, comunque, l’eventualità che, ancora in epoca imperiale, alcuni autori potessero avere avuto accesso diretto allo scritto (o agli scritti) del Locrese. Infatti, se nel II secolo d.C. un autore scrupoloso e attento come Ateneo potrebbe aver tratto le informazioni su Filistione sia da antologie sia recuperandone e leggendone l’opera/le opere nella grande biblioteca del suo mecenate Larense644, un secolo prima Plinio il Vecchio, ligio a un metodo di ricerca scrupoloso e puntuale ricordato dal nipote, pare avesse ricavato le notizie su alcuni medicamenti impiegati dal Locrese proprio dalla lettura diretta della sua opera/opere645. Quanto detto fa intendere come il percorso di indagine su Filistione continui a rimanere assai tortuoso. Avendolo conosciuto a Siracusa e probabilmente avendone preservato e condensato parte della dottrina nelle pagine del Timeo, Platone condizionò pesantemente il ritratto di questo medico ‘costretto’ a vivere alla sua ombra. Nondimeno, l’esperienza di vita e il percorso professionale tra Locri, Siracusa e forse Atene, il ruolo di medico di corte al servizio di Dionisio II e forse già di Dionisio I, la funzione di catalizzatore culturale a Siracusa, in un momento storico che vedeva la polis al centro degli interessi dei più noti intellettuali greci dell’epoca, la ripetuta menzione in Galeno tra i principali e più autorevoli medici del passato sono tutti elementi sufficienti per restituire a Filistione la

Cfr. Manetti-[Roselli] 1994, 1569-1571; Vegetti 1994, 1682. Vd. supra commento a Philistion TT 9; 13. 645 Plin. Min., Epist. III 5; Plin., N.H. Epistula dedicatoria 17-18. 643

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sua importanza e la sua centralità. Ne emerge così una figura autonoma e di spicco in grado di porsi autorevolmente al fianco di Ippocrate e di collocarsi tra i medici più grandi dell’antichità.

Concordanze Squillace T 1A T 1B T 1C T 2A T 2B T 2C T 3A T 3B T4 T5 T6

T 7A T 7B T 7C T8 T9 T 10A1-8

Wellmann F1 Non presente Citato in coda a F 5 ma senza testo F2 Non presente Non presente F3 F3 F4 F5 F6

Squillace T 10B T 11 T 12

Wellmann F 10 F 11 F 12

T 13 T 14A T 14B T 14C T 15 T 16 T 17A T 17B

F7 Citato in nota a F 7 ma senza testo Citato in nota a F 7 ma senza testo F8 F9 Non presenti

T 17C T 18

F 13 F 14 F 14 F 14 F 15 F 16 F 17 F 17 (semplice citazione senza testo) F 17 Non presente

T 19

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INDICI

Indice delle fonti letterarie ed epigrafiche IX 5 IX 20-36 IX 37-44 XI 23-43

Acrone di Agrigento F 1 Wellmann 143 nt. 546 F 3 Wellmann 37 nt. 146 Alceo F 347 Voigt

109 nt. 428; 112 nt. 435; 113 nt. 440

Alcmeone di Crotone 24 A.5-8 Diels-Kranz 24 A.10 Diels-Kranz 24 B.4 Diels-Kranz

51 nt. 240 51 nt. 240 51 nt. 240; 44 nt. 214

Alessi di Turi F 156 Kassel-Austin 44 nt. 216; 52 nt. 246; 57 nt. 280 F 196 Kassel-Austin 144 nt. 547; 148 nt. 553 Anassagora 59 A.117 Diels-Kranz

54 nt. 256

Andreas/Andrea di Caristo F 41 von Staden 123 nt. 484 Anonimo Londinese (ed. Manetti) IV 18-XXI 9 101 nt. 406 IV 31-40 102 IV 40-V 34 102 V 35-VII 40 102 V 37 33 nt. 119; 101 407 VI 42 33 nt. 119; 101 407 VII 38 33 nt. 119; 101 407 VII 41-VIII 10 102 VII 43 33 nt. 119; 101 407 VIII 11-34 47 nt. 219; 48 224; 102 VIII 35-IX 1 102

nt. nt. nt. nt. nt.

102 102 102 47 nt. 220; 48 nt. 225; 51 nt. 243; 102 XI 43-XII 8 102 XII 8-36 102; 116 nt. 459 XII 36-XIII 20 102 XIII 21-47 102 XIV 12-XVIII 8 56 nt. 276; 102 XVIII 8-XIX 1 47 nt. 221; 48 nt. 226; 102 XIX 18-XX 1 43 nt. 211; 44 nt. 213; 44 nt. 217; 47 nt. 222; 57 nt. 279; 102 XX 25-50 9 nt. 15; 33 nt. 118; 47 nt. 223; 87 nt. 350; 101; 102; 104 nt. 416; 116 nt. 460 XXI 20-23 102 XXI 23-29 102 XXIII 1-18 102 XXIII 41-XXIV 9 33 nt. 119; 101 nt. 407; 102 XXIV 6 33 nt. 119; 101 nt. 407 XXIV 30-46 102 XXV 24 102 XXV 27-31 102 XXVI 31-38 102 XXVI 39-XXVIII 13 102 XXVIII 46-XXIX 25 102 XXXIII 43-51 102 XXXIV 6-XXXV 53 102 Antifane F 36.2 Kassel-Austin 144 nt. 547; 148 nt. 553 F 120 Kassel-Austin 170 nt. 619 Apollodoro di Alessandria F 12 Jacques 134 nt. 506

250 FF 1-18 Jacques

Giuseppe Squillace Filistione di Locri 134 nt. 506

Archita di Taranto (ed. Huffman) A1 29 nt. 103; 38 nt. 166 A2 29 nt. 103; 38 nt. 166 A5 29 nt. 99-103; 29 nt. 106; 30 nt. 112 A5b1 49 nt. 228 A5b2 49 nt. 227 A5b4 49 nt. 228 A5b5 49 nt. 228 A5b6 49 nt. 227-228 A5b7 49 nt. 228 A5b8 49 nt. 228 A5c2 50 nt. 235 A6c 94 nt. 377; 95 nt. 380 A7 55 nt. 266 A9 30 nt. 111 Aristofane F 208 Kassel-Austin 144 nt. 547; 148 nt. 553 F 346 Kassel-Austin 160 nt. 601 F 428 Kassel-Austin 144 nt. 547; 148 nt. 553 Aristotele De part. an. III 3.694B31 De resp. 1-7.470B-474A H.A. I 16.495B17 VIII 23.604A

109 nt. 426; 114 nt. 450 106 nt. 422 109 nt. 426; 114 nt. 450 160 nt. 605

Metaph. I 3.984A.3 I 3-7.983B20-988B20 Pol. VII 10.1329b

57 nt. 278 53 nt. 253

76 nt. 303

Rhet. II 6.1385A Fragmenta FF 136-138 Rose F 373 Rose

38 nt. 163 53 nt. 254 33 nt. 120 102 nt. 408

Aristosseno di Taranto (ed. Wehrli) F1 54 nt. 261 FF 11-50 54 nt. 260 FF 18-19 54 nt. 262 F 31 55 nt. 265 FF 47-50 39 nt. 173; 54 nt. 263 F30 55 nt. 266 F 49 55 nt. 266 Ateneo I 1E-F I 3A I 6E-F I 26C II 51A II 58C-63A II 58F II 59D-F III 108F-116A III 109C III 109F III 110A III 114A III 115C-116A III 96D III 98D-F III 114A III 116D IV 160A-B V 213F VII 279E

124 nt. 494; 124 nt. 496; 124 nt. 497 53 nt. 251; 99 nt. 405 38 nt. 162 124 nt. 497 124 nt. 494 169 nt. 614 97 nt. 388 169, 171 25 nt. 77 122 nt. 480; 122 nt. 482 123 nt. 483 122 nt. 481 125 nt. 503 23 nt. 66; 25 nt. 76; 25 nt. 78-79; 121; 122; 148 nt. 561 124 nt. 495 52 nt. 248 143 nt. 541 124 nt. 495 142 nt. 537 97 nt. 388 91 nt. 360; 91 nt. 361; 91 nt. 362

Giuseppe Squillace Filistione di Locri VII 282A VII 288C-290A VII 324A-B IX 369B IX 398E XI 479D-E XII 515E-517A XII 516C XII 546D XIV 643F XIV 661E

143 nt. 542 43 nt. 210; 44 nt. 215; 44 nt. 216; 44 nt. 212; 52 nt. 249 143 nt. 539-540 143 nt. 539 52 nt. 247 55 nt. 268 142 nt. 536 125 nt. 502; 141; 143 nt. 541 91 nt. 360; 91 nt. 361; 91 nt. 362 143 nt. 544 143 nt. 539

Celio Aureliano (ed. Bendz) Celeres passiones II 1.8 164 nt. 610 II 10.65 164 nt. 610 II 28.147 164 nt. 610 II 31.163 164 nt. 610 Tardae passiones II 5.86 III 8.147 V 1.23

164 nt. 611 164 nt. 609; 163 163 nt. 608; 162

Callimaco (ed. Pfeiffer) F 407 98 nt. 396-397; 98 nt. 400 F 429 94 nt. 378; 96 nt. 384 FF 429-456 97 nt. 390 F 435 143 nt. 544 F 616 98 nt. 398 F 666 98 nt. 399 F 758 98 nt. 399 FF 84-85 98 nt. 401 T1 97 nt. 390-391 Censorino De die natali V 2

51 nt. 243

Cicerone De fin. V 29.87

28 nt. 95; 49 nt. 227

De invent. II 2 De orat. II 38.160 III 34.139 Brut. 12 De re pub. I 10.16 Tusc. V 20.59 V 23.64

251 53 nt. 254 53 nt. 254 28 nt. 97 53 nt. 254 28 nt. 95 26 nt. 85 28 nt. 95

Clemente Alessandrino Protr. IV 54 44 nt. 215; 52 nt. 248 Cratino F. 167 Kassel-Austin Democrito 68 A.129-132 Diels-Kranz 68 A.162-163 Diels-Kranz Diogene Laerzio II 62 II 73 II 76-77 II 83 III 19-20 III 22 III 46 III 6 III 9 III 61 IV 1.3 IV 2 IV 8-9 V 11-13 V 35 V 48 VI 26 VI 44

52 245

nt.

54 258 54 258

nt. nt.

37 nt. 148 37 nt. 152 37 nt. 157 37 nt. 152 37 nt. 147 29 nt. 109; 39 nt. 175; 39 nt. 177 91 nt. 360 49 nt. 230 49 nt. 231 90 nt. 353 92 nt. 364; 92 nt. 369 91 nt. 359-360; 91 nt. 361-362 52 nt. 249 52 nt. 249 37 nt. 151 54 nt. 255 37 nt. 153 52 nt. 249

252 VI 58 VI 66 VIII 15 VIII 79 VIII 80 VIII 84 VIII 85 VIII 86 VIII 86-88 VIII 89

Giuseppe Squillace Filistione di Locri 37 nt. 153 52 nt. 249 28 nt. 94 38 nt. 166 39 nt. 175 49 nt. 231 49 nt. 232-233 24 nt. 69; 40 nt. 186; 94; 95 nt. 380; 174 nt. 628 38 nt. 168; 96 nt. 385-386 24 nt. 69; 40 nt. 186; 42 nt. 196; 95

F 147 F 167 F 234

157 nt. 586 157 nt. 587 141 nt. 533

Diodoro Siculo V 5.1 XI 26.1 XII 20.1 XIV 44.6-8 XIV 46.6 XIV 78.4 XIV 106.3 XIV 107.2 XV 6.2-4 XV 7.1

38 nt. 164 26 nt. 84 28 nt. 94 26 nt. 85 38 nt. 162 27 nt. 89 26 nt. 86 26 nt. 86; 27 nt. 88 38 nt. 162 37 nt. 147

Dicearco di Messana (ed. Wehrli; ed. Mihardy) F 2 W. (4 M.) 55 nt. 267 FF 11-12E W. (21A-B; 22 M.) 55 nt. 270 F 24 W. (78 M.) 55 nt. 271 FF 33-36 W. (40-42 M.) 55 nt. 269 FF 47-66 W. (53-67; 70; 72-73; 76-77 M.) 56 nt. 272 F 97 W. (109 M.) 55 nt. 268 F 101 W. (68 M.) 56 nt. 273

Dioscoride (ed. Wellmann) Mat. Med. II 120 134 nt. 505 II 141 136 nt. 508 III 52 137 nt. 511 III 90 156 nt. 581 IV 3 156 nt. 585 IV 8 156 nt. 581 IV 28 156 nt. 581

Dieuche F 2 Bertier

Difilo di Sifno F 1 Garcia Lázaro 122 nt. 479

81 nt. 330

Dione Crisostomo Or. XLIX 4 52 nt. 247 Diocle di Caristo (ed. van der Eijk) F 15 81 nt. 328 F 26 86 nt. 347 F 27 86 nt. 347; 103 nt. 412 F 30A 106 nt. 423 F 31 105 nt. 419; 106 nt. 423 F 52 85 nt. 344 F 58 160 nt. 600 F 132A 148 nt. 556

Dionigi di Alicarnasso XX 7.3 26 nt. 86; 27 nt. 88

Eliano V.H. III 19 IV 19 VII 17 XI 11 XII 51

92 nt. 363 52 nt. 247 41 nt. 189 40 nt. 181 52 nt. 249

Empedocle di Agrigento (ed. Diels-Kranz) 31 A.1 36 nt. 140; 78 nt. 319; 36 nt. 141; 36 nt. 139; 44 nt. 212; 78 nt. 320

Giuseppe Squillace Filistione di Locri 31 A.1-2 31 A.3 31 A.18 31 A.28-30 31 A.32-36 31 A.33 31 A.48 31 A.52A 31 A.70 31 A.78 31 B.1 31 B.17 31 B.20-23 31 B.26 31 B.35 31 B.61 31 B.78 31 B.112

36 nt. 138 73 nt. 289 44 nt. 212 36 nt. 142 36 nt. 142 36 nt. 143 36 nt. 142 36 nt. 142 54 nt. 257 36 nt. 144 36 nt. 139; 78 nt. 320 36 nt. 142 36 nt. 142 36 nt. 142 36 nt. 142 36 nt. 142 36 nt. 142 44 nt. 212

Efippo commediografo F 17 Kassel-Austin 44 nt. 216; 52 nt. 246; 57 nt. 280 Egesandro di Delfi FHG IV 419 55 nt. 268 Epicrate FF 1-8 Kassel-Austin 169 nt. 615 FF 9-10 Kassel-Austin 169 nt. 616 F 10 Kassel-Austin 14 nt. 24; 50 nt. 239; 169, 171 F 11 Kassel-Austin 169 nt. 617

253

Ermippo Comico F 63.6 Kassel-Austin 144 nt. 547; 148 nt. 553 Ermippo Biografo F 40 Wehrli 49 nt. 232 Erofilo (ed. von Staden) T 10 81 nt. 324 T 117 118 nt. 462 T 273 85 nt. 341 Erodoto II 84 III 19-1-2 III 129-134.1 Esiodo Erga 24

41 nt. 192 41 nt. 192 77 nt. 313

73 nt. 289; 75 nt. 299

Eudosso di Cnido (ed. Lasserre) T7 30 nt. 110; 40 nt. 187; 41 nt. 191; 41 nt. 194; 94 nt. 376; 95 nt. 380 T 13 41 nt. 191 T 12 41 nt. 188; 41 nt. 191 T 13 41 nt. 188 T 16 41 nt. 188; 41 nt. 191 T 25 41 nt. 189 T 29 41 nt. 191 F 287 41 nt. 188 F 295 41 nt. 193 D 24-25 96 nt. 381

Erasistrato (ed. Garofalo) F 14 109 nt. 426 F 99 105 nt. 421 F 114 111 nt. 433; 114 nt. 452 F 261A 148 nt. 556 F 281 134 nt. 504 F 290 141 nt. 532

Eupoli F 158 Kassel-Austin 109 nt. 429; 114 nt. 445

Eratostene F 25 Powell

Eustazio (ed. van der Valk) Comm. Iliad. XI, v. 515 52 nt. 249

109 nt. 430; 114 nt. 446

Euripide F 983 Kannicht

109 nt. 427; 114 nt. 447

254 Fania F 9 Wehrli

Giuseppe Squillace Filistione di Locri

37 nt. 157

Ferecrate F 195 Kassel-Austin F 113.18 Kassel-Austin

142 nt. 537 144 nt. 547; 148 nt. 553

Filolao di Crotone (ed. Diels-Kranz) 44 A.1 49 nt. 229; 49 nt. 231-233 44 A.1A 49 nt. 229 44 A.4A 49 nt. 229 44 A.5 49 nt. 230 44 A.8 49 nt. 231

De nominibus medicinalibus, pp. 18.2919.5 Meyerhof-Schacht 159 De placitis Hippocratis et Platonis VIII 5.24 De Lacy 86 nt. 347 VIII 9 De Lacy 115 nt. 456 De simplicium medicamentorum temperamentis ac facultultatibus VI 50, XI 834 Kühn 156 nt. 581 VII 21, XII 64 Kühn 156 nt. 585 VIII 29, XII 106 Kühn 156 nt. 581 De usu respirationis 1.2 Furley-Wilkie

105

Galeno De alimentorum facultatibus I 1.35 Helmreich 145; 148 nt. 555 I 10 Helmreich 125 nt. 501

In Hippocratis Aphorismos Commentaria VII 1, XVIIIA 6-9 Kühn 148 nt. 559 VII 1, XVIIIA 7-8 Kühn 148 nt. 557 VII 1, XVIIIA 8-9 Kühn 145, 146

De compositione medicamentorum per genera V 2, XIII 780 Kühn 157 nt. 588

In Hippocratis De articulis Commentaria IV 40, XVIII.1, 731 Kühn 77 nt. 311

De differentia pulsuum II 1, VIII 568 Kühn 142 nt. 537 De methodo medendi I 1 Johnston-Horsley 24 nt. 68; 35 nt. 135; 74 nt. 296; 73; 75 nt. 297; 75 nt. 300 I 1-2 Johnston-Horsley 75 nt. 298 I 3 Johnston-Horsley 79-80 II 5 Johnston-Horsley 84-85 De naturalibus facultatibus II 8-9 Helmreich 86 nt. 347-348; 103; 104 nt. 415

In Hippocratis Commentaria I 17 Helmreich

De

victu

acutorum

144; 147 nt. 552; 148 nt. 554

In Hippocratis De natura hominis Commentaria 1.2 Mewaldt (= XV 25-26 Kühn) 33 nt. 120; 102 nt. 408 Linguarum sive dictionum exoletarum Hippocratis explicatio (= Glossarium) φιλεταίριος, XIX 151 Kühn 154; 156 nt. 581 φιλίστιον, XIX 151 Kühn 154 156 nt. 580 [Galeno] De succedaneis liber XIX 721 Kühn

152

Giuseppe Squillace Filistione di Locri Gargilio Marziale (ed. Maire) Med. ex oler. et pom. 19 156 nt. 584 22 136 nt. 508 30 134 nt. 505 33 137 nt. 511 Gellio N.A. Praefatio N.A. XVII 11 XVII 11.5-6

115 nt. 454 109 nt. 426 23 nt. 65; 110, 111; 206 nt. 641

Corpus Hippocraticum Acut. 1-3 Joly 77 nt. 310 5.1 Joly 138 nt. 518 Aer. 3.4 Jouanna 4.3 Jouanna 7.5 Jouanna 10.10 Jouanna

138 nt. 519 138 nt. 519 138 nt. 519 138 nt. 519

Aphor. VI 1, IV 562 Littré VII 11, IV 580 Littré De corde 1-5 Duminil 6-7 Duminil 9-12 Duminil

De diaeta II 42 Byl III 79.24-25 Byl

148 nt. 556 138 nt. 518

35 nt. 131; 109 nt. 426; 114 nt. 448; 199 ss. 35 nt. 131; 109 nt. 426; 114 nt. 448; 199 ss. 35 nt. 131; 109 nt. 426; 114 nt. 448; 199 ss.

144 nt. 548; 149 nt. 560 146 nt. 549; 148 nt. 558

255

De mulierum affectibus II 201, VIII 384-387 Littré 120 nt. 477; 153, 154; 155 nt. 573; 157 nt. 594 De natura hominis 1 ss. Jouanna De natura muliebri 32.25-39 Bourbon 32.60 Bourbon 32.61-63 Bourbon 32.65-66 Bourbon 32.70 Bourbon 32.75 Bourbon 40-59 Bourbon 96.1-2 Bourbon De natura ossium 13 Duminil

17 nt. 43 155 nt. 574 155 nt. 576 155 nt. 577 155 nt. 578 155 nt. 578; 157 nt. 595 120 nt. 477; 153; 155 nt. 579; 157 nt. 595 155 nt. 575 157 nt. 597 109 nt. 426; 114 nt. 448

Epid. I 26.2, II 684 Littré 160 nt. 602 II 1.2, III 32 Littré 160 nt. 602 Morb. I 3, VI 142-146 Littré 138 nt. 520 II 1.2, III 32 Littré 160 nt. 602 IV 56 Joly 109 nt. 426; 114 nt. 448 Morb. Sacr. 1.1 Jouanna 1.1-4 Jouanna 2.3 Jouanna 5-8 Jouanna 15 Jouanna 18 Jouanna

139 nt. 523 139 nt. 522 139 nt. 523 139 nt. 523 139 nt. 523 139 nt. 523

Vent. 6-14 Jouanna

34 nt. 124

256

Giuseppe Squillace Filistione di Locri

Giamblico V.P. 33 28 nt. 94 104 28 nt. 94 130 28 nt. 94 172 28 nt. 94 197 55 nt. 266 248 ss. 49 nt. 229 267 28 nt. 94; 28 nt. 96; 29 nt. 98; 29 nt. 104-105; 39 nt. 172; 50 nt. 236; 51 nt. 242; 54 nt. 264; 78 nt. 319 Giustino XII 16 52 nt. 247 XXI 3.2 26 nt. 84 Inscriptiones Graecae IX 1.685 30 nt. 114 Ippolito Ref. I 16

51 nt. 243

Ippone di Crotone (ed. Diels-Kranz) 38 A.1 51 nt. 242-243 38 A.2 52 nt. 245 38 A.3 51 nt. 243 38 A.11 51 nt. 243 38 A.7 57 nt. 278 38 A.19 57 nt. 278 Isocrate Antid. (XV) 93

37 nt. 149

Luciano Adv. indoct. 15 De paras. 33 Menipp. 13 Timon 54

38 nt. 162 37 nt. 152 37 nt. 152 142 nt. 537

Lico di Reggio FGrHist 570 TT 1-2 (= BNJ 570, TT 1-2) 98 nt. 395 FGrHist 570 FF 8-11A (= BNJ 570, FF 811A) 98 nt. 397

Lisia Aristoph. (XIX) 19-20 C. Andoc. (VI) 6-7

37 nt. 149 37 nt. 150

Macrobio Saturnalia, Praefatio 115 nt. 455 Saturnalia VII 15.1-14 109 nt. 426; 115 nt. 455 Massimo di Tiro Diss. III 9 XV 4 XVII 1

142 nt. 537 143 nt. 543 143 nt. 543

Menecrate di Siracusa (ed. Squillace) T1 43 nt. 210; 44 nt. 215; 44 nt. 216; 44 nt. 212; 52 nt. 246; 52 nt. 249; 57 nt. 280; T3 52 nt. 249 T4 44 nt. 215; 52 nt. 248 T 7.2 52 nt. 249 F1 43 nt. 211; 44 nt. 213; 44 nt. 217; 47 nt. 222; 57 nt. 279 Menestore di Sibari 32 A.2-7 Diels-Kranz 54 nt. 259; 56 nt. 275 Mnesiteo (ed. Bertier) F3 85 nt. 343 F4 81 nt. 329 F 28 123 nt. 485 Nepote Dion 2.3

37 nt. 147

Olimpiodoro In Gorg. XLI 7

26 nt. 85

Oribasio (ed. Raeder) Collectiones Medicae, Proem. 3 151 nt. 565

Giuseppe Squillace Filistione di Locri Collectiones Medicae XV 1.11 156 nt. 585 XLIX 1-7 151 nt. 564 XLIX 4.36-37 150; 150 nt. 563; Papiro Ercolanese 1021.VI

91 nt. 362

Parmenide 28 A.2 Diels-Kranz 35 nt. 137 Platone Epistula VII 328A-C 338C-E 338A-339D 349D 350A-B

38 nt. 165 38 nt. 165 38 nt. 165-166; 39 nt. 174 39 nt. 174 38 nt. 165 ; 39 nt. 175

Gorg. 448B 456B 518B

36 nt. 145 36 nt. 145 143 nt. 542

Phaed. 105C

160 nt. 605

Phaedr. 237B-C

80 nt. 323; 82 nt. 332

Theaet. 178C Tim. 17A-27B 27C-92C 31B-32C 32B-33A 44C-46C 53B-C 61C-68D 70A-D

160 nt. 605 177 177 56 nt. 277 24 nt. 72; 178 177 24 nt. 72; 40 nt. 183; 179, 180 177 24 nt. 72; 109 nt. 426; 111 nt. 434; 114 nt. 442; 114 nt. 449; 116 nt. 461;

73B-76E 74A 77C-79E 77C-81E 78A-79E 81E-82C 81E-86A 82A-84E 86A 86C-D 86B-90D 90E-91B

90E-92C [Platone] Epist. II 310B-D 310E-312D 313D-E

314C 314D-315A

257 206 nt. 640; 186; 187; 198; 177 188 nt. 634 24 nt. 72; 188 nt. 634; 180, 183; 198 177 40 nt. 184; 56 nt. 277 198 24 nt. 72; 177; 188; 192 34 nt. 123; 40 nt. 183; 40 nt. 185; 56 nt. 277; 198 160 nt. 605 188 nt. 634 177 24 nt. 72; 109 nt. 426; 111 nt. 434; 114 nt. 442; 114 nt. 449; 116 nt. 461; 186, 187; 198 177

30 nt. 112; 38 nt. 159; 39 nt. 174; 93 30 nt. 112; 39 nt. 174; 93 15 nt. 28; 24 nt. 70; 30 nt. 112; 38 nt. 160; 39 nt. 174; 92 nt. 366; 93; 173 nt. 628; 174 nt. 628 37 nt. 157; 15 nt. 28; 25 nt. 80; 88; 93

Epist. III 315A 90 nt. 353; 92 nt. 366 319A 29 nt. 108; 30 nt. 112; 39 nt. 174; 39 nt. 176 317B-C 29 nt. 100; 29 nt. 102; 38 nt. 165-166

258

Giuseppe Squillace Filistione di Locri

Epist. XIII 360A 27 nt. 90 360B 50 nt. 234 360C 38 nt. 167 363D 29 nt. 108; 39 nt. 176 Pleistonico F 5 Steckerl Plinio il Giovane Epist. III 5 III 5.10 III 5.14-15 III 5.17

85 nt. 345

139 nt. 524-525; 208 nt. 645 139 nt. 525 139 nt. 526 139 nt. 527

Plinio il Vecchio N.H., Epistula dedicatoria 17-18 140 nt. 528-529; 208 nt. 645 21-23 140 nt. 530 32-33 140 nt. 531 N.H. I 20-27, Indices

IV 36-37 VIII 44 XX 17 XX 30-31 XX 78 XX 85-87 XX 111 XX 113 XX 119 XX 121-122 XXII 83 XXV 32-33 XXV 34-37 XXV 62

42 nt. 195; 42 nt. 197; 83 nt. 339; 126-133; 137 nt. 513-514 52 nt. 248 52 nt. 247 42 nt. 201 136; 138 nt. 517 43 nt. 204 133-134; 137 nt. 515 43 nt. 202 43 nt. 205 43 nt. 203; 136 nt. 508 135; 138 nt. 516 42 nt. 200XX 93 43 nt. 204 157 nt. 592 157 nt. 593 157 nt. 590

XXV 73

XXIX 9

156 nt. 585 ; 157 nt. 589 157 nt. 591 157 nt. 590 43 nt. 206; 156 nt. 583 75 nt. 297

Plutarco Alex. 7-8

52 nt. 247

XXV 75 XXV 127 XXVI 93

Alex. Fort. Aut Virt. 4 (= Mor. 327E-F) 52 nt. 247 De curios. 7 (= Mor. 518D)

115 nt. 457

De genio Socrat. 13 (= Mor. 583A)

49 nt. 229

De Stoicorum repugnantiis 29 (= Mor. 1047C-E) 109; 109 nt. 426; 206 nt. 641 De tranquill. anim. 12 (= Mor. 471E-F) 38 nt. 162 Dion 10.1 11.1 18.5-6 19.3 19.6 5 9.2

29 nt. 99; 38 nt. 165 29 nt. 99; 38 nt. 165 29 nt. 100; 29 nt. 102; 38 nt. 165-166 37 nt. 152 38 nt. 167 37 nt. 147 38 nt. 165

Is. et Osir. 30 (Mor. 363A)

174 nt. 628

Quaest. conv. IV 1 (= Mor. 663C) 115 nt. 457 IV 1 (= Mor. 664A) 142 nt. 537 VI 3 (= Mor. 690A) 115 nt. 457 VII 1.1 (= Mor. 698A)

Giuseppe Squillace Filistione di Locri 113 nt. 440; 114nt. 443 VII 1.3 (= Mor. 699C-D) 23 nt. 65; 25 nt. 74; 107; 111 nt. 432; 112 nt. 436; 206 nt. 641 VIII 9.3 (= Mor. 733C) 33 nt. 120; 102 nt. 408 Quomodo adulator ab internoscatur 29 (= Mor. 70A) 92 nt. 366

amico

Reg. imp. apophth. Dionys. 2 (= Mor. 176C-D) 38 nt. 158 Timol. 6.5-6

31 nt. 117

Polluce IV 186 160 nt. 601 VI 70 143 nt. 542 Polibio XII 10.8

31 nt. 117

Policrito FGrHist 559, F 1 (= BNJ 559, F 1) 37 nt. 154; 38 nt. 164 Porfirio V.P. 21

28 nt. 94

Prassagora di Cos (ed. Steckerl) F7 118 nt. 462 F 20 103 nt. 413 F 32 105 nt. 418 F 45 81 nt. 325-326 F 90 148 nt. 556 Psello Poem. VI 462 ss. Westerink 120 nt. 474-475

Quintiliano Inst. Or. I 1.23

259

52 nt. 247

Rufo di Efeso De corporis humani partium appellationibus 198-204 Daremberg-Ruelle 117 198-228 Daremberg-Ruelle 119 nt. 467 201 Daremberg-Ruelle 24 nt. 67 Satiro FHG III 163-164 Scholia Schol. ad

49 nt. 231

Aristoph.,

Plout. 179 38 nt. 162 Schol. ad Aristoph., Vesp. 1038A 160 nt. 601 Schol. ad Lucian., Menipp. 13 37 nt. 152 Schol. ad Nic., Ther. 845 42 nt. 199 Schol. ad Pind., Pyth. II 38 26 nt. 84 Schol. ad Theocr., Id. VII, Arg. A-B Wendel 97 nt. 392 Schol. ad Theocr., Id. XV, Arg. Wendel 97 nt. 392 Schol. ad Theocr., Syring., Arg. B Wendel 97 nt. 392 Senocrate F 2 Isnardi Parente F 12 Isnardi Parente

38 nt. 170 38 nt. 170

Sesto Empirico Pyhhr. Hyp. III 30

51 nt. 243

Socraticorum Epistulae XXX Sykutris 92 nt. 367 XXXI Sykutris 92 nt. 368 XXXII Sykutris 92 nt. 369 XXXIII 2 Sykutris 91 nt. 358

260

Giuseppe Squillace Filistione di Locri

XXXIII 3-4.19-24 Sykutris XXXIV 1.1-7 Sykutris

Sozione F 16 Wehrli

24 nt. 25 nt. 88, 89 24 nt. 25 nt. 89; 90

70; 81; 70; 81;

94 nt. 379

Speusippo (ed. Isnardi Parente) F1 91 nt. 362 F2 91 nt. 359; 92 nt. 364; 92 nt. 369 F7 38 nt. 169 F9 38 nt. 169 F 9A 92 nt. 363 F 13 24 nt. 70; 89, 90 F 15 38 nt. 169; 38 nt. 171 F 21 92 nt. 365 FF 38-47 50 nt. 239; 170 nt. 622 F 157 92 nt. 367 F 158 92 nt. 368 F 159 24 nt. 70; 38 nt. 169; 88, 89 Stobeo Flor. IV 52.17

92 nt. 365

Strabone VI 1 7 C258 26 nt. 83 VI 1.10 C261 26 nt. 86 VII F 15A 6-28 Radt 52 nt. 248 XIII 1.54 CC 608-609 53 nt. 250 Suda s.v. ‛Ρηγίνους 38 nt. 161 s.v. Ἄκρων ἈκραγαντÂνος 143 nt. 546 s.v. Ἀντίπατρος, ll. 5-6 52 nt. 249 s.v. ἄπνους 36 nt. 140 s.v. Ἀρχύτας 38 nt. 166 s.v. Γοργίας 36 nt. 145 s.v. ∆ημοκήδης 77 nt. 313 s.v. Ζάλευκος 28 nt. 94 s.v. Καρκίνος 38 nt. 164

Tavole dal santuario di Zeus a Locri Tabb. 8; 12; 17; 22; 25; 31; 32 De Franciscis (= Tabb. 8; 12; 17; 22; 25; 31; 32 Costabile) 30 nt. 113 Teocrito Id. IV 98 nt. 402 Id. V 98 nt. 402 Teopompo di Chio FGrHist 115, F 103.13 (= BNJ 115, F 103.13) 76 nt. 309 Teofrasto C.P. I 12.5 54 nt. 257 I 17.3 54 nt. 259; 56 nt. 275 I 21.5 54 nt. 257 I 21.5-7 54 nt. 259; 56 nt. 275 II 4.3 54 nt. 259; 56 nt. 275 II 11.7 54 nt. 258 VI 2.3 54 nt. 258 VI 3.5 54 nt. 259; 56 nt. 275 VI 7.2 54 nt. 258 VI 17.11 54 nt. 258 De sens. Passim 54 nt. 255 FHSG F 137 nn. 6A-B; 27-40 54 nt. 255 FHSG FF 224-230 54 nt. 255 H.P. I 2.3 I 3.5 III 1.4 V 3.4 V 9.6 VI 1.6 VI 2.1 Tucidide III 86.2 IV 1.2-3 VI 44 VII 1.1 VII 25.3-4

54 nt. 259; 56 nt. 275 57 nt. 278 54 nt. 256 54 nt. 259; 56 nt. 275 54 nt. 259; 56 nt. 275 54 nt. 258 54 nt. 258 26 nt. 84 26 nt. 84 26 nt. 84 26 nt. 84 26 nt. 84

Giuseppe Squillace Filistione di Locri Timeo di Tauromenio FGrHist 566, FF 11A; 12; 130A-B; 156; 162 (= BNJ 566, FF 11A; 130A-B; 156; 162) 97 nt. 394 FGrHist 566, F 46 (= BNJ 566, F 46) 98 nt. 396 Tzetzes ad Aristoph., Plout. 290 38 nt. 162 Chil. V 160 ss. 38 nt. 162

261

Valerio Massimo IV 3 ext. 4. IX 13 ext. 4 VIII 7 ext. 2 VIII 7 ext. 3

37 nt. 153 26 nt. 85 49 nt. 227 28 nt. 95

Vita di Teocrito A-B Wendel

97 nt. 392

Indice dei nomi, dei luoghi e delle cose notevoli Accademia: 14, 50, 57, 63, 92, 93, 98, 175, 207. Acrone di Agrigento (medico): 8, 36, 143. Alcmeone di Crotone: 20, 28, 45, 51, 77. Alessandria: 53, 97, 99 Alessi di Turi (commediografo): 44, 52, 57. Andreas/Andrea di Caristo (medico): 122, 124, 126-133, 149. Archita di Taranto: 28-30, 38, 39, 41, 49, 50, 54, 55, 94, 95. Aristosseno di Taranto: 28, 29, 54-56. Aristotele: 15, 16, 33, 44, 47, 48, 50, 53, 54, 56, 57, 76, 81, 82, 84, 86, 96, 99, 101-103, 106, 114, 160, 173, 174, 207. Asclepiade di Bitinia: 105, 106, 126133, 151. Atene: 14, 16-20, 36, 37, 40, 41, 52, 9196, 98, 174, 208. Ateneo di Attalia (medico): 84, 85, 87. Callimaco: 94, 96-99, 143. Caulonia: 27. Cnido (medici di): 14, 17, 20, 35, 7378. Cos (medici di): 14, 17, 20, 35, 73-78. Crisippo di Cnido (medico): 7, 16-20, 24, 30, 38, 40-43, 45, 50, 65, 95, 96, 126-133, 137, 152, 156. Democede di Crotone (medico): 45, 77. Dicearco di Messana: 54-56. Dieuche (medico): 81, 82, 126-133, 136, 137, 138. Difilo di Sifno (medico): 121, 122, 124, 149. Diocle di Caristo (medico): 7-9, 14, 15, 18, 19, 34, 61, 62, 81, 82, 84, 85, 87, 103, 105, 106, 126-133, 141, 142, 148, 151, 156, 159, 160, 173, 206. Dione di Siracusa: 29, 38, 49, 91.

Dionisio I: 7, 10, 21, 24, 26, 27, 28, 30, 31, 37-39, 45, 49, 97, 208. Dionisio II: 7, 10, 19, 21, 23, 24, 26-31, 37-39, 41, 45, 49, 50, 55, 65, 88-91, 93, 97, 208. Dioxippos/Dexippos di Cos (medico): 17, 102, 107-109, 111, 112, 114-116. Doride di Locri: 26, 30. Efippo (commediografo): 44, 52, 57. Egitto: 40, 41, 96, 98. Elea: 77. Empedocle di Agrigento: 14, 16, 1820, 28, 35, 36, 39, 44, 45, 73, 77, 78, 106, 152, 159-161. Epicrate (commediografo): 14, 18, 19, 50, 63, 169, 170, 175. Erasistrato di Ceo (medico): 13, 61, 81, 82, 84, 85, 87, 99, 102-106, 110-116, 126-134, 137, 141, 142, 146, 148, 163, 164. Erodico di Leontini (medico): 36. Erofilo di Calcedone (medico): 13, 61, 62, 81, 82, 84, 85, 87, 102, 115, 117, 118. Eudosso di Cnido: 7, 16-20, 24, 30, 38, 40, 41, 43, 45, 50, 65, 94-98, 152. Filolao di Crotone: 20, 28, 45, 47-50, 52, 57, 77, 102. Filotimo (medico): 81, 82. Galeno: 16, 17, 19, 23-25, 34, 65, 66, 73-78, 80, 82, 83, 85-87, 103-106, 115, 121-125, 144-148, 154-156, 159, 160, 206-208. Iccos di Taranto (medico): 77. Ippaso di Metaponto (medico): 20. Ippocrate: 35, 81, 82, 84, 85, 87, 103, 105-109, 112, 114-118, 126-134, 137, 144-148, 151, 153, 154, 159, 160, 199, 202, 209. Ippone di Crotone (medico): 20, 28, 45, 47, 48, 51, 52, 54, 56, 57, 77, 102. Ipponio: 27.

264

Giuseppe Squillace Filistione di Locri

Lico di Reggio: 97, 98. Locri Epizefirii: 7, 20, 21, 23, 24, 2628, 31, 49, 78, 97, 98, 208. Medma: 27. Menecrate di Siracusa (medico): 4345, 47, 48, 51, 52, 56, 57, 102. Menestore di Sibari: 54, 56, 78. Menone (peripatetico): 33, 44, 47, 48, 50, 56, 57, 101, 207. Mnesiteo (medico): 81, 82, 84, 85, 87, 121, 123, 125, 127-133, 149. Pausania di Gela (medico): 14, 35, 36, 39, 73, 77, 78, 152. Peripato: 50, 53, 56, 57, 98, 99, 207. Pitagora/Pitagorici/Pitagorismo: 28, 29, 30, 31, 44, 49, 51, 52, 54-56, 77, 78, 95, 162. Platone: 7, 9, 10, 14-18, 20, 23, 29, 30, 37-41, 43, 47, 49, 50, 52, 54, 56, 57, 63, 79-82, 84, 86, 90-91, 93-94, 96, 102, 103, 106-116, 143, 160, 169-175, 177-

180, 183, 186-188, 192, 197, 198, 207209. Pleistonico/Plistonico (medico): 81, 82, 84, 85, 87, 126-133, 138. Plinio il Vecchio: 16, 23, 34. Prassagora di Cos (medico): 13, 61, 81, 82, 103, 105, 106, 117, 118, 126-133, 148. Senocrate: 38, 92. Siracusa: 7, 18-21, 23-31, 39, 43, 45, 55, 65, 78, 96, 97, 143, 197, 208. Speusippo: 7, 38, 50, 88-92, 169, 170, 171. Teocrito: 97. Teofrasto: 53, 55-57, 81, 84, 86, 103. Tessalo di Tralle (medico): 74, 75, 79, 80, 82, 86. Timeo di Tauromenio: 97, 98. Timoteo di Metaponto (medico): 20, 45, 47, 48, 51, 52, 56, 57, 77, 102. Tolomeo Filadelfo: 53, 97, 99.

Indice del volume Introduzione

7

PRIMA PARTE La parabola biografica e professionale Capitolo Primo Il Philistion di Max Wellmann e la storia degli studi

13

Capitolo Secondo Da Locri a Siracusa: due percorsi possibili

23

Capitolo Terzo Tra Sicilia e Grecia: le dottrine di Filistione

33

Capitolo Quarto Tra Grecia, Magna Grecia e Sicilia: Filistione e la circolazione di tradizioni mediche occidentali nella scuola di Platone e Aristotele

47

SECONDA PARTE Testi, traduzione e commento storico TESTIMONIA APPENDICI Appendice I Un medico di Sicilia nella scuola di Platone Appendice II Platone e Filistione. Elementi di medicina nelle pagine del Timeo Appendice III Lo scritto Sul cuore

71

169 177 199

266

Giuseppe Squillace Filistione di Locri

Conclusioni Concordanze

207 211

Cartine

213

Abbreviazioni Bibliografia

217 219

INDICI Indice delle fonti letterarie ed epigrafiche Indice dei nomi, dei luoghi e delle cose notevoli Indice del volume

249 263 265