Studia Classica et Orientalia Antonino Pagliaro, Vol. 2


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Italian Pages 332 [167] Year 1969

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Studia Classica et Orientalia Antonino Pagliaro, Vol. 2

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STUDIA CLASSICA ET ORIENTALIA ANTONINO PAGLIARO OBLATA

II

STUDIA CLASSICA ET ORIENT ALIA ANTONINO P AGLIARO OBLATA

II

ROMA

1 969

I ND I CE

R. d 'A vino, La funzionalt'tà di òvofUX~w e la formula lnoç -r' bpotT' éx ._.• òv6µot~e: .

p.

F. Della Corte, Onomastù:a tibulliana.

»

35

C. de Simone, GU i'mprestiti greci in etrusco; prospettt"ve e problemi .

»

41

J.

» 65

B. Djahukian, Armenùclte Miszellen

W. Dress ler, Die Erhaltung der Redundanz (lateinisc/u Beispiele fii.r ein wenig beaehtetes Prinzip der Sprachentwitklung)



73

M. Durante, La fase eolica della poesia omerica



85

R. E. Emmerick,

• 13 1

J.

t

Old Age t in Sogdian .

F riedrich, Ei"ne neue Art hetltiJisc/,er Zaklwiirter?



139

R. N. F r yc, Bare Semitic Masks in tlte Middle Persian lnscriptions

1>

141

G. Garbini, Graeca Semitica minima

» 147

A. Gharibian, À propos de la premù!re mutation des consonnes occlusives dans l'armént'en

I. Gershevitch, Amber at Persepolis R. Godei, Les aoristes arméniens en -e'-

)}

2 S3

,>

273

M. Guarducci, Un a,itù:o supplice sull'acropoli" di Micene.

R. Gusmani, Ft1nne

II

saJem • in Asia Minore .

• 281

[1]

LA FUNZIONALITÀ DI ò,oµocsw E LA FORMULA foo-::; -r' grpo:-r' 6(. -r' òvOµ.et:~E.

La 'critica semantica' di Antonino Pagliano puntualizza, come è noto, certi valori linguistici che, rettamente intesi, risolvono questioni lungame nte controverse. Così, il fine di (( coordinare in una informazione attendibile le testimonianze sull'origine della tragedia 1 » viene raggiunto dal Paglìaro, per quel che riguarda l'apporto di Ariane di Metimna, attraverso l'interpretazione del termine Òvoµ&J::ul, come esso ricorre in due notizie antiche sul ditirambo. È stata questa, così fe lice in terpretazione a sollecitare il mio interesse per la storia del termine: partecipare alla raccolta in onore del mio maestro con il presente lavoro vuole significare r iconoscenza, oltre che per il suo prezioso insegnamento, per l'azion e di stimolo e di vivace sollecitazione, che hanno sempre esercitato su di me i suoi scritti non meno che la sua parola viva .

...

Il termine fJ,1oµrf~w, come ricorre sia in una notizia di Erodoto sia in una della Suida, relative ad Ariane di Metimna, non dava un senso soddisfacente fin tanto che era inteso come >) quella che era in origine un'azione prevalentemente orchestica e musicale, u na danza mimica in onore di Dioniso. La capacità d i assumere tale significato nella con tingenza stilistica trova riscon tro nel passo sofocleo citato dal Pagliaro di Oed. Col. 293: [TÒ'. kv-&vi-1,~µo:-ro:] Àoyoun yà'.p oùx 6.lv6µ0:1no:t ~po:x_fot « il tuo p ensiero non è stato formu lato in brevi detti ~, come pure in Pann. B 8,53 '; o in Eur. Phoen. 401: oùS' Òvoµ&o-cn Mvo:t' &v Wc; fo..-lv ç,fÀov [·~ 11"0:'t"fl(c;J. D'altra parte, il valore riconosciuto fondamentale di òvoµ&t;:u1 è e rimane per tutta la grecità quello che anche morfologicamente gli compete, come fo rma zione di denomin ativo su èivoµo:, d i ' chiamare qualcuno o qualche cosa con il suo nome, nomin are, dar nome '. Esso appartiene cioè, al campo semantico del ' chiamare, nominare ', d istinto nel sistema lessica le greco da quello del 'dire, esprimere'' . Un rapido sguardo ai due campi, col sussidio dei materiali forniti dalla raccolta dei (( sinonimi >> greci di H . Schm.idt 3 permette di osservare che le possibili interferenze si verificano piuttosto come allargamento della funzionalità del ' dire ' nella direzione del ' chiamare, denominare ', anz iché nel senso inverso, d i un 'chiamare' che d iventi 'dire, esprimere' 4 •

[3]

La funzionalità di ÒvoµOC~u1, etc.

Come si pone, dunque, il rapporto tra il valore sul piano paradigmatico d i ò,1aµOC~u1 ' chiamo, nomino, design o mediante nomi ', quale apparrebbe definito dal su o impiego normale, e la particolare realizzazione sintagmatica 'ti-aduco in parole , formulo'? Ovvero, quale è nel sign ific ato di questo termine la connotazione che assumendo ril ievo in talune, rare contingenze stilistiche realizza in questi casi una così notevole divergenza dal più normale impiego? L'analisi della documentazione dovrebbe poter forn ire la risposta a un tipo di quesito non insolito nelta ricerca lessicale, e in apparenza non tra i più ardu i. Ma se, per risalire alle testimonianze più antiche, si analizza la situazione omerica, il problema si complica, configurandosi più particolarmente come esigenza interpretativa nei confronti della formula Érro :; ,' Srpo:T' Éx -r' òv6µo:~e. Questa appare nei due 43 volte, ad introdurre un discorso diretto, occupando , 7 la seconda m età di un verso interamente formula re; dove nel p ri mo emistichio, nei casi appunto in cui è anch'esso formulare, viene rappresentato il gesto del carezzare -rl µL'1 x.o:Tépe(ev) ' o del prendere per mano (lv -r' &po: ot zetpl) 2 •



(p. 6 sgg.); e individua in taluni gruppo uno slittamento semantico nella

delle unità appartenenti di un ~ nennen » (p. 9) : "'Ea-;x: µ'.>); ora il cognome non può derivare da T ivol i (Ti6#r) per la di versa quantitil : Tciburtcs (fLS 19 Dc~sau) attesta la quantità Tìbnr contro TtbuJ!us; perciò il nom e Tlb#/11,J.f non può ricollegarsi con Tibur; ma forse n eppure con T{beris, il cui ipotetico diminutivo Tiberulus sarebbe piuttosto in consueto, dato che la forma d i diminutivo in -ullus si trova più di frequente con

F . D ella Corte i nom i m asch ili del la terza declinazione: CatuJlus da Cato, Man,l/u.s da Maro, con i femm inili d ella prima: Sempndla da Sempronia, Fendla da Feronia, Aprulla da Apronùr; e con i masc hi li della seconda: Fobu/lu.s da Fnbius.

3. Per quanto aleatoria a i fin i d i sta bi lire il luogo d'origine, possa apparire una simile r icerca onomastica, è il secondo nome quello che può darci di più . Si puù notare che il twmm (Albi"us), come del i·esto il cognomen (A lbin11s), indica un trattamento fone ti co tipicamente lati no . In umbro a vremmo avuto a/fu,- con la labiale spirante. D i fo netica umbra appare quindi il nomen A!fius, docu• m entato fin d a l tempo d elle guerre puniche, che ritrov iamo in O razio (epod. 2, 67) . In osco la forma attestata d a lla toponomastica sarebbe Al/ifa, come A/(if)faternum d ivenuto poi Alfatemum, mentre un Mariw Alfius era mcdix tuticus Camp anorum (Liv. XXI II 35, 13 e 19), cioè pretore del popolo d i Capua. Benc hé facesse parte della famiglia osco-umbra. il sa bino non pronunciava alj- , ma alp- non facendo sentire la spirante. Può d arsi che tale «psilosi• sia stata determ inata da un infl usso etrusco: album ... Sabini /amen alpmn di:t:erunt. Unde credi potest 1UJmttt Alpium a cm11/ore nivium vocitatum. A pa rte l'etimologia d i Alpes da nlbtts, il trattamento fonetico d i Albius denota eh •tlh13uta. = etr. Metvia l Metua]) costringe a postu lare un perfetto senza rad doppiamento del verbo µ~3oµa:t , che sarebbe del tutto privo di base. La forma M1j3E~oc non può venire inoltre in ogni caso sp iegata come second ar ia r ispetto a • MYj3uta: ( = •µ118utoc), perché in questo caso sarebbe da attendere •M113.:tix (cf. yeyovEtix); l' ipotes i di un muta mento di accento (• i\h j8d« > M"Yj8.:i«) non può venire ovviamente postu lata ad hoc. L a connessio ne etimologica d i JH1j8E~ix col verbo µ.~30µ11., & quind i da abbandonare d efinitivamente. Un suffisso -va è attestato nell 'etr. Latva, corrispondente ad un a forma greca • Al'i8iJ. La Fiescl, che è disposta in questo caso ad ammettere che si tratti d i sostituzione « eines et rusk isch- kleinasiatischen Suffixes -va »~. è stata sviata dalla possibi le connessione d i M~3ELa: con µ"Yj8oµixL, e non è qu ind i giunta a porre in relazione Metvia [Metua ] con Latva. L'esistenza del suffisso etrusco -va (-ua) non può p iù essere messa in du bbio: vedi gli appellativi zu.1/eva (zusleva) s (rispetto a zuSle, zttsle) 6 , inoltre deva 7 , cli,tiva il,

' Op. cit., pp. 16- 17 . ~ Per qucslo feno meno si puU rinviare al t Vornamcngcnti le, CtU < c;afus; cf. inoltre ParOrma/HU!s < lle.:?0e-io:-=,x7oç, cd il p renome Vdz.ae (O rvi eto , VI ~ecolo: ~S E •• 30, l a. Per il mantenimen to di a postt onica cf. Vdparun < +Fr.),,.&..vwp, Esplace < AtoxMm 6:;, PnmiaOe < ll poµ~O.:Uc,. I~ prematu ro a n ostro avviso affrontare oggi la q u estione delle rcla;don i tra Etruschi cd Achei nell'Occiden te ita lico\ un prob lema che ha acqui sito di recente particolare attuali tà. a seguito della scoperta di ceramica m icenea (xi v- xli secolo a. Cr.) presso Luni sul Mignone ( Monti d ella T olfa) ◄: non i.~ quindi da escl udere in etrusco la p resenza d i im prcstiti greci d i età m ic (vgl. gr. x61t'°'w « sc hlagen, haucn », x6mi ~ , Sch lag » u.a.). kop' (kop) « Augcnl id » zu *(s)kep- • deckcn, verdeckcn ». kriv, - oy « Stiitzc, Sti.itzpunk t; Kricg », kiuim (( festhalt cn (vi); streiten, Krieg fiihrcn, kiimpfen » zu *glm:bk « ergrcifc n, erraffen, rechen • (?). kt'im •kraftlos wcrdcn:t, kt'ot ,unsichcr, schwaclu zu 11 (s)kèth« besc hiidigen >) (vgl. mir. srith «mi.ide >>, arm. xat'areu,, icrcchncn und clami t vcrglcichcn, wicviclc clicscr grOsscrcn E inhcitcn es tatsachl ich gibt (Ausni.it zungsgracl). Die Rcdunclanz crgibt sich dann aus dcn nicht ausgcniitztcn untcr dicscn moglichcn E.inhc itcn. Auf dcr tic fstcn E bcnc, dcr subphoncmat ischcn, schcincn R. Jakobsons disti nktivc Phoncmmcrkm alc (cl istinctivc fea tures) 7

7-1

1 So noch A. Sz.aut yr ( = Lcuma nn- H o~m a n n- Sz:111 1yr, Lalei11isd1e Gram• maliJ:, Il , M ii nchen 1964) 784 L ~ W. l·lavcrs, l/aJ1dlmr/1 dcr crldrlrr111ie11 Sy11/0J', ll eidclber1: 193 1, 164; Pa u l, Prinzij,im, 163. 170 ff. J s. JI· 73 Fn. 4; d. V, Tauli, Tl1e Stnutura( Tr11de11ries .i/ La11guagu, H els inki 1958, 113 ff. • 13. S. Rogo\·Oj in: Vo/mJsy obifrgojazykozll(llfijfl, Lcn ingrad 1()65. 112 IT. \ Vgl. z.H. C. E. Sh:umon .\V. Wt"avc r. Tlu Aftlllunwlitai Tlttory o/ Co111m11nicatio11, l"rb:ma 1949 ( l'apcrl.,ack : 1arl>.""llllkcit) umi w r Expn.-;sìvitiil gc i 111it 7.W(' Ì vt•nichkdcucn !:ip rnd1fakwrcn. 7 lists havc occurrcd to me, and Professo r H nllock hns communicattd to mc corrcctions to some of his readi ngs, as wcll as ncw nnmcs. Evcry ncw bit of information is a pt to throw out of gcar inte rp rctations prc\•iously conccived. I was pcrmittcd a t proof• stage (June 1968) to corrcct mi~conc> 1958, 54 , as "probably rcprescnting" with suffixation a s in Av. hm,u,nàfac"na- and, according to B., Aram. Actually, both El. and Aram. Nfyn are •arydyana- and *nafdyana-, respcctively of aryaHarriuna, variant of Harriumuna (q.v.). Harbakka (?) (1) (fem.): B. does not mention that this namc bdongs to a woman. Scc thc next four names . Harbauka ( ?) (r ): *(h)arpa- + ahiika- ? Cf. Sogd. 'rpwy, may hc from ahii- or ahvd- "mind ". Thc meaSogd. word was dcfin cd by Benvcniste and \Ve\lcr " in D!ty 6, cf. Hcnning, >, 10, 102, while in 74 "s ympa th etic " sccms to be Is the mysterious \\'Orci the ancestor of Oss. mj" decp Abacv s.v .)? For 0 ahU- kacf. Saddukka . Then· howcver, anothcr possibility, viz. that 1/arbauka is formcd like If so, thc word scnsc of Gcrm. the ncxt thrcc names, and thc preccd-

+

stem-formation of bc!ow, and scc 1/arbauka. 1-/arbamifsa, quoted without cxplanation by B., is perhaps = " cntcrtaining deep thoughts ", cf. Dadamif.fa

Harbezza, see s. v. Atpizza.

f. Gershevitdi

Ambrr at Persepolis

[18 ]

HarraStamka (1), see s.v. Ai!afutukka. HA RTIKKA: • arOika-, -ka- cxtension of a patron . of a rctrcnched namc •ar8a- , lo A v. anOa- "busincs~, d uty ". Hardadda ( 1): *har(da)-ddta- "born obstinatc " , to Av. har,1/'Jaspa-? Harrizza ( 1) a nd Harriyazza ( 1), see s.v. Atp,'zza. A SSAKA: •asaka- (Av. *aspaka-). ASSamanda ( 1): thcm atic cxtcnsion o f *asavant- (A v. • aspavant-) . Sce A!bamatii and Bakunda. A.Ssa.Ilka (1 ): • asanga- "stonc ", retrcnchf'd na mP. 1 Aiba11ll1.ti! (1) (fcm. ): •aspavali- "pour vuc dc chevau x" (a pu d B.). Add a refercncc to A iiamanda, abovc. A SBENA: •aspdyana- , patron. of a rPtren chcd name aspa- . Assapanda ( 1): *asa-banda- " ho rse- bind cr " . Aibaida (var. -btd- ). B. has fa iled Lo considcr what to m y min d is the obvious identification, and a h ighl y intcrest ing one: • aspasia-- , corrcsponding to thc Ved ic name of the holy fig tl'cc, a1vatthd (thought to m ean "Standort dcr Rosse"). Thc obvious infere nce to draw from it is that t hc nam e a n0n he infon ncd me t hat an unpublished tablct oontains the common noun misa/m.fal.pt (plur.), in a contcxt whe re the mcaning ·• printts" fits.

210

I. Gerskevitck

[44]

of the Treasury tablets (sec Cameron, PTT 9 1), against Masdayaina (a pud B.) in thc Fortifi cation tablets. CL Ir. zd in Aitiya a nd AtraJda, zb in Makrulha (?), and sr in Akfùnafra and frta!ra. Note tha t the Fortification n amcs also include Urdadda ( 1) '"" ahura- Jtlta- (apud B.), and scc my A(vestan) H(ymn to) M(ithra) 50, 169, on tbc relation b ct wccn thc two compounds . Mi/dada and Milidadda (1) = OP Vnhyazdata- (apud R.); sec s.v. ;Wanyaikurra. Md izza, see s.v. Atpizza. MISSEZZA, sec s.v. Atpizza. Matukka, (var. --du- ), and (fem.) Matukka (1): •nuufuklicf. 5kt mddhuka (pr. n.), " thc honeyed "; cf. Matm abba, McdumannuS ( 1): • vaida(h)-vaylm- "having gooc\ possession s ", with invcrsion of thc word-onkr ns in *éi;,!-valm- (cf. Ziffawif/ Mauzifsa)? Thc fa rst com pont'nt \\"lmld b,· identica I with Ved. védas and Av. vaidah-, of which thc lattcr, tlw maticall y extended, pcrhaps constitutes thc Av. pr. n. vae/!im;lta- . l3ut scc s.v. lrtammannuwt] [lx·aring in mind Midamanya]. [ M IDA MAN YA: •vaida(/z)-·vm;hya(k)- " hc whosc posscssions are thc bcttPr ", sce above, p. 169 n. 2]. Matmabba ( 1) (fem. ): •111adwalui- < •madu- waba- " honcycomb "? lf th ìs ìs thc true exp lanation, the compound will ha ve bccn an IE fossi ! in O l r. , both on accoun t of the pre-lranian mca ning of m adu- , anst toujours régu lièremcnt réduitc à e, il est !ogiquc d'cn d éduirc) quc, dan s ces deux classcs d c verhes, le suffixc - c'a été a jou t:é à un thèm e cn -ea-, dont l'o rigi ne n'es t pas évidc nte . Ell e l'est d'auta nt rno ins que, à còté du typc réguli cr grem: grec'i, greac' , il cx istc quelqucs verbes qui op posen t à un préscn t cn - e- u n aoristc cn - ac'- a ìnsi asem: asac'i, asac' ; asa, asa,c'iik'. En vicux slave, dcs vcr bcs comme ber 11, zow (préscnts en • - e/o) on t un aoristc en • ··a"- (blraxil, etc.) . O n pcut cn rapprocher, du moi ns fo rmellement, l'a lternance e/a d cs thèmes ase- , asa(d 'où asa-c' - ) c l dcs vcr bcs sim ila ircs. E n rc vanchc l'altl'rn• :m cc e (ou i)/ e,1 dcs vcr bcs régu licrs est sans analog uc et réclame u ne exp licat ion parlieulière. O n en a proposé plusicu rs. H . Pcdcrscn, c n 1905 ', croyait avoir t rouvé c n a rm\!nien dcs t races de l'aoriste c-n • - s- 2 • Il a clon e su p posé q ue I come quelle itt ite e le presunte forme > ciel licio . Si riteneva che parole con esiti di tipo (( satem i> potessero essere penet rate in Asia Mi n ore solo con l 'invasione dei Frigi di origine balcanica, nell a cu i lingua si erano r iconosciuti da tempo casi di assibilazione delle palatali'. Chi poi, come il K retschmcr (le cu i teorie in proposito ebbero a lungo fortuna), non ammetteva l'originario carattere indoeuropeo ciel licio, si sbarazzava faci lmente delle forme in questione facendo ricorso all'ipotesi di un imprcstito : si sarebbe trattato d i parole penetrate in licio, insieme ad altri elementi d'aspetto indoeuropeo, da al tre lingue, in particolare appunto dal fri gio 1 •

'In Gennanrn ,,md Jm/-,%fr1'1«111n, Festsc/1riftfiirEI. Hirt, II, He idelbcrg 1936, p. 257 •W· (ved i in p1uticolue p. 258) . Da notare che la conclusione del Meriggi, che il licio era ul11. ]ingu11. • utem •, verrà reapinta qualche anno più tardi dal Pe in questa zona e che sign ificato essa potesse avere per l' interpretaz ione dello stesso fenome no sul pirt no indoeuropeo. Q uanto alle di scussioni suscitate dall'articolo del Bonfantc e de l Gel b, non va le la pena e.li soffermarsi particolareggiatamente su lle p rese di posiz ione d e i singoli stud iosi intervenut i nel d ibatti to, perché esse si lasciano agevolmen te ridurre a due fondame n ta li , oppost i atteggiamenti: da un lato quello di ch i - come il P isan i' e il Meriggi ammette la presen za d i fenomeni t satem» in Asi a Minore e cerca di spiegarne la proven ienza, dall 'a ltro in vece quello del la maggioranza d egli stud iosi ch e nega la possib ilith di tracce «satem» in quest'arca e gi ustifica la presenza d elle fo rme- in questione in modi d iversi, com e si vedrà più sotto. Significativo è a l proposito l'atteggiamento d i J. F r icd rich che ne l 1953 sembra va a n cora propenso a, tuttavia no n hasta a ffatto a g iust ifi ca re la conclusione del \V li in licio e l'analogo fenomeno del g reco', tanto p iù che le condizioni in cui i d ue fatti si verificano sono le

' Bisogna infatti tener conto del termùtus ante quem rappresentato dalla d ocumentazione luvia, in quanto abbiamo sopra sostenuto la presenza di fenomeni di tipo • s-,tcm, giil in questa li ngua. • Per altri il miliaco non san:bbc addirittura che una fase più arcaica d el lic io, usata soltanto come lingua poe1ica. J Cf. • Uie S prache • 10 ( 1964), p. 42 sgg. e un artico lo d i prossima pub blicazione nell'• AO •t S i prescinde in questa sede dalle ulteriori relazioni c he potrebbero intercorrere tra l'aspirazione d i s in licio e greco e l'ana logo fenomeno che troviamo in albanese, armeno e iranico: si confront i per questo V. Pisani, Saggi di linguistica storica, Torino 1959, p. 109 sg.

310

R. Gusmani

[30]

stesse. Supporre una coincidenza casu ale può essere un comodo modo di cavarsi d' imp iccio, mentre in vece le strette relazioni culturali intercorse nel II millennio a. Cr. tra certe regioni gn~che e l'Asia Minore ' forniscono lo sfondo su cui proiettare i contatti tra Grec i e Lici che, nell'ipotesi di un'innovazione in comune, dovremmo necessariamente ammettere. Orbene, se amm h e l'arrivo dell ' innovazione ((satem» in licio e di ricavare con ciò un utile elemento per la datazione d i quest'ultimo, vada presa nella dovuta considerazione. 7. Ven iamo ora alle eventu ali tracce t satem » nelle rimanenti lingue a natolic he. La presenza, p iù o meno sporadica, del suffisso verbale - s(s)- in !id io e p alaico può spiega rsi, come già sopra dicevamo a proposito delle tracce in ittito cuneiforme , come impre~ stito da una lingua meridionale, in particolare dal luvio, e non implica - fin tanto che rimarrà fenomeno isolato - una parteci• pazione diretta di quelle lingue all'isoglossa. Del resto in ittita cuneiforme e in palaico il trattamento di t ipo +- centum » delle palatali è ben documentato 2, mentre per il lidio mancano per il momento altri va lidi elementi d i g iudizio. Nel caso d el m iliaco lo stato attuale del d eciframento non ci permette d i andare oltre la constatazione che anche qui è presente il suffisso -s- (cf. ta.Stitu dalla radice ta-) . Un discorso un po' più lungo merita l' ittita cuneiforme perché sia il Goetze 3 che il Pisani~ - indipendentemente l'uno dall'altro hanno ritenuto di poter rintracciare in questa lingua qualche a ltro

' S i veda in generale su questo argomento F. Cassola, La Ionia nel mondo miceneo, Napoli 1957, e anc he A. Heubcck, PraegrM,a, Erlangen 1961. 2 Per l'itt ito c une iforme ved i già sopra p. 285; per il palaico cf. per es. ki- •giacere' (sanscr. reJe ccc.) e kiat 'qui ' (da l tema pronominale ka-/ki-, ved i p . 305). 3 • Languagt:: • 30 (1954), p. 404. • • Paideia • 9 (1954), p. 128.

Fon,u

t

satem» in Asia Minore

311

caso di assibilazione, che per il Goetzc si sarebbe però verificato (come abhiamo detto a suo tempo, vedi p. 296) soltanto nella posizione avanti u . A dire il vero però, non tutti gli esempi addotti sono ugualmente convincenti. Così è molto discutibi le c he l'ittita cuneiforme suppi- 'puro' abbia qualcosa da vedere col sanscr . çubhra- ' splendente ' ccc., un confronto che non può richiamarsi che ad una relativa somiglianza delle due part i radica li. Più accettabile invece l'et imo proposto per suwa(i')- ' riempire', al medio ' gonfiarsi ', - presen te, oltre che in ittita cu neiforme, anche in ittito geroglifico, in palaico (partic . suwant- 'pieno ') e proba• bi lmente in luvio' - che conterrebbe la stessa radice del sanscr. çvayati 'diventa grande, si gonfia' , ' esteso' > ' lungo ' è senz 'altro possibile. Tnfine, il medesimo sviluppo è forse da riconoscersi ~ nel nome stesso della lingua dei Luvi e del territorio luvio: cf. luwiU o lui/i' in luvio ', Luwija nome della regione e Lui'umna- nome degli abitanti, che presuppongono tutti un Lui-, rispetto a cui il toponimo Lukka frequentemente documentato nelle fonti cuneiformi potrebbe rappresentare la corrispondente forma « ittita» con k conservato. Ma, trattandosi di un nome proprio senza plausibile etimologia, la

nord. mjpk 'molto') . Contro i dubbi del Benveniste si è espresso del resto anehc M. Mayrhofer in • Die Sprache • IO (1964), p. 194 sg. ' 1 KZ • 72 (1955), p. :245. 'Cf. E . Laroche, art. cit., p. 79, ma vedi già P. Meriggi, t Wiener Zeitschr. f. die Kunde des Morgen landes • 53 (1957), p. 194 nota 7 e A. G oetze, Klrinasim•, Miinchcn 1957, p. 18 1 nota 6. Per le forme qui citate si veda ancora Laroche, DUtùmnain: dt la langue louvilt, Paris 1959, p. 64 sg.

[37]

F orme « satem~ in Asia M inore

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supposiz ione che anche qui si abbia da fare con un tratta mento di • g(lt) parallelo a quello constatato negli esempi precedenti resta un' ipotesi ind imostrabile. Dello stesso fe nomeno si t rova qualche sicuro esempio anche in ittito geroglifico: mi- ti- li-i, cioè • mija(n)ti- , ' molto, molti': è da considerarsi col Laroche' come corrispondente, ma con suffisso dc-I tutto diverso, del luvio maj(assi)- alla cui trattazione si rinvia . asatara- 'mano ': come ha visto per primo lo Scheller •, tale grafia rappresenta un • astra-/estra-, sorto da • esra- con epentesi di I come in t li da un lato non è affatto caratteristico del solo \uvio, essendo testimoniato anche in ittita cuneiform e e in pa la ico 3, e d'altra part j possa a nche in terpretarsi, in base agli scarsi elementi d i giud izio d i cu i d ispon iamo, come una pa la ta lizzazione), ma le cond izion i in cu i si verifica no, gli esit i 1: la distribu zione geografica sono d iff j ( > ' zero') va considerato come uno sviluppo tipico delle lingue a n atoliche m erid ionali ; metterlo sullo stesso piano d i a ltr i fen omeni, apparentemente analoghi, d ocumentati sporadicamente in territorio anatolico significa compromettere l'esatta valutazione de-i fatti che stiamo tratrnndo.

' Cf. in generale su questo Ph . H . J. Houwink tcn C,1tc, ]Ile Luwia11 Pojmlatio11 Groups and Cilida A spera during tlie He//e11istic l'en"od, l.cidcn 1r;f:,1. • Per es. la cksinenza •-Òu d'imperativo in panfi! io ricorda troppo d a vicino il parallelo --du/- tu comune a tutte le lingue anatoliche perché si possa pensare anche qui a coinc idenza casuale l l'cr il J),'\la ico cf. ahu- •bere ' contro itt ito cuneifo rme a..tu- ; per gl i esempi de ll'osc illazione h/k in ittito cuneiforme, sotto la cui etichetta si raccolgono fott i d i origine e natura certo eterogenee, vedi H. Kro r1asse r, Etymologie drr /11'1/titischm Spradu 1, Wicsbaden 1962, p. j, com '(: il caso per es. d e l p assaggio g > j nei d ialett i italiani centro-mer id ion a li (cf. sicil. jènnaru. da •genern ccc.)', sia in q u a lche modo cond iz iona to f), men tre per la media e la med ia aspirata si hanno, almeno avanti sonante e semisonante, le stesse continuaz ion i (j, h) delle velari e labiovelari di corrispondente modo d'articolazione, quando sono soggette a pa latal izzaz ione. Ma, riservandoci di ritornare più a va nti su questa pa rzia le analogia tra la situaz ione nelle lingue anatol iche meridiona li e quell a in sanscrito, limitiamoci per il momento a rilevare come la d iversitf1 d i sviluppi tra •k e •.~·(!,) in lu vio C'CC. possa essere in terpretata sostanzialmente in d ue modi. Poss iamo infatti supporre che in un primo tempo si sia avuta la sp irantizzazione di •.~(li) in / y / (donde successiva mente / j /), men tre •k rinmneva occiL1sivo, e c he l'assibi lazione a bbia in segu ito interessa to solo la tenue perché, al mom in ittito rnnc iformc , pala ico t' li