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Italian Pages [360] Year 2003
ACCADEMIA TOSCANA DI SCIENZE E LETTERE «LA COLOMBARIA» UNION ACADÉMIQUE INTERNATIONALE UNIONE ACCADEMICA NAZIONALE
STIJDI E TESTI
PER IL CORPUS DEI PAPIRI FILOSOFICI GRECI E LATINI
(STCPF) Camita/o scinrti/iro' redaVonale FRANCESCO ADoRNO (presidente)
GUIOO BASTIANlNJ ANToNIO CARuNJ fERNANDA DEO.EVA C~
MARIA SERENA FuNGHI (segretarill)
DANIELA MANITn MANFRE0o MANFREDI FRANco MoNTANARI DAVID SEDLEY
STUDI E TESTI PER IL CORPUS DEI PAPIRI FILOSOFICI GRECI E LATINI
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STUDI SULLA TRADIZIONE DEL TESTO DI ISOCRATE
FIRENZE
LEO S. OLSCHKI EDITORE MMIII
Volume pubblicato con il contributo dell'Unione Accademica Nazionale e del Ministero per l'Istruzione, l'Università e la Ricerca per il Programma di ricerca di interesse nazionale «Corpus dei pafiri filosofici greci e latini. Testi e lessico». Il Programma è cofinanziato da M.I.U.R. e dagli Atenei di Milano, Firenze e Pisa; il finanziamento è amministrato dal Dipartimento di Filosofia dell'Università degli Studi di Milano, dal Dipartimento di Scienze dell'Antichità 'G. Pasquali' dell'Università degli Studi di Firenze e dal Dipartimento di Filologia Classica dell'Università degli Studi di Pisa. Il patrocinio e l'onere dell'impresa Corpus dei papiri filosofici greci e latini. Testi e lessico sono stati assunti dall'Accademia Toscana di Scienze e Lettere «La Colombaria» di Firenze in collaborazione con l'Union Académique Internationale e l'Unione Accademica Nazionale. ISBN 88 222 52802
AVVERTENZA l testi accolti in questa collana vengono sottoposti alla lettura preventiva del Comitato scientifico e redazionale del 'Corpus'; la loro pubblicazione non comporta peraltro che ne vengano condivisi integralmente i contenuti.
Per le immagini riprodotte in questo volume si ringraziano: Bayerische Staatsbibliothek, M unchen; Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano; Biblioteca de la Universidad, Salamanca; Biblioteca Estense Universitaria, Modena; Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze; Biblioteca Riccardiana, Firenze; Bodleian Library, University of Oxford; The British Library, London; Istituto Papirologico 'G. Vitelli', Firenze; The Morgan Library, New York; Stadtbibliothek, Schaffausen. L'Istituto Papirologico 'G. Vitelli' di Firenze ha per la prima volta promosso la pubblicazione di un papiro contenente un frammento testuale di un autore che rientra nel progetto editoriale e nell'ambito di indagine del CPF, destinandone l' 'editio princeps' alla nostra serie: di questo siamo riconoscenti al Presidente, Guido Bastianini. Un particolare ringraziamento a Marco Fassino e Stefano Martinelli Tempesta per la preziosa e competente collaborazione nella fase di revisione redazionale e di preparazione per la stampa.
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PRESENTAZIONE Questa raccolta di studi è frutto di un incontro seminariale dal titolo •La tradizione del testo di Isocrate• (Pisa, 4 aprile 2003 ), organizzato da Antonio Carlini del Dipartimento di Filologia Classica dell'Università di Pisa e da Daniela Manetti del Dipartimento di Scienze dell'Antichità 'G. Pasquali' dell'Università di Firenze. Il seminario ha costituito il punto di arrivo di una serie di incontri di lavoro nel corso del 2002-2003 nei quali un gruppo di studiosi, che collaborano al Corpus dei Papiri Filosofici Greci e Latini, integrato da altri più giovani filologi, ha discusso i risultati di indagini volte ad approfondire vari aspetti della tradizione isocratea. L'esigenza di un tale approfondimento è riconosciuta dalla comunità scientifica da lungo tempo, sia perché manca un'edizione critica completa attendibile dell'opera dell'oratore greco (una nuova edizione a cura di B.G. Mandilaras è annunciata presso l'editore K.G. Saur) sia anche perché le scoperte papiracee dell'ultimo trentennio hanno ampliato di molto la documentazione antica sul testo isocrateo. N el corso delle ricerche sui papiri di Isocrate, la cui pubblicazione è prevista nel volume !.2 .. del Corpus dei Papiri Filosofici, ci si è ben presto accorti che non si f.oteva fare affidamento sull'informazione fornita dagli apparati critici del 'unica edizione recente completa, quella pubblicata da G. Mathieu e É. Brémond nella Collection Budé (1928-1962). La ben più accurata edizione di E. Drerup (1906) si è interrotta purtroppo dopo il primo volume. Il lavoro di Drerup, ricchissimo di dati, è comunque viziato da un forte pregiudizio a favore del codice Vaticano Urbinate Gr. 111 (r), un pregiudizio che ormai è stato riconosciuto come tale e da più parti sottoposto a critica. Oltre a ridimensionare il ruolo di questo testimone, che resta comunque importante, è necessario approfondire l'esame dei complessi rapporti che legano i portatori di varianti schierati sull'altro fronte tradizionale e cercare di definire meglio il valore della tradizione indiretta. Sulla base di queste considerazioni, si è deciso di avviare, senza aspettare nuovi risultati dall'esterno, una serie di indagini-campione: la proposta di lavoro è stata raccolta da giovani e valenti studiosi, alcuni dei quali si sono impegnati per la prima volta in questo filone di ricerca, altri invece hanno ripreso e approfondito percorsi già da loro precedentemente avviati. Dopo essere stati presentati e discussi nell'incontro pisano, i loro contributi sono ora raccolti in questo volume. L'interesse nei confronti di lsocrate, che ha subito un periodo di stasi, sta di nuovo aumentando: alcuni studi sono usciti di recente, non soltanto
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sull'impostazione ideologico-politica dell'opera isocratea (basti citare, a solo titolo di esempio, gli atti del colloquio tenutosi a Wuppertal nel 2001: lsokrates - Neue Ansatze zur Bewertung eines politischen Schri{tstellers, hrsg. von W. Orth, Trier, WVf 2003), ma anche su problemi relativi alla composizione e alla trasmissione del testo: è il caso del libro di P.M. Pinto, Per la storia del testo di lsocrate. La testimonianza d'autore, Bari, Dedalo 2003. Per una coincidenza fortunata, fra il gruppo di lavoro impegnato sul progetto di lsocrate nato all'interno del CPF e questo studio indipendente sono emersi molti punti di contatto, in particolare per quanto riguarda l'analisi dell'orazione Sullo scambio (Antidosis). Ha così avuto inizio anche un rapporto personale, che ha portato Pinto a partecipare al seminario di aprile e a contribuire al volume con un saggio totalmente nuovo: una collaborazione destinata a continuare. Negli ultimi anni, il quadro generale si è molto arricchito con la pubblicazione (l 997) del codice !igneo che contiene il testo dei tre discorsi parenetici Ad Demonicum, Ad Nicoclem, Nicocles (PKellis III Gr. 95). Un ulteriore tassello si aggiunge ora grazie ad un frustulo della collezione dei 'Papiri della Società Italiana' (PSI inv. 2058), la cui editio princeps viene presentata in questo volume. La necessità di ampliare lo studio delle testimonianze manoscritte di lsocrate, per f,oter valutare i testimoni papiracei sulla base di una visione il più possibi e aperta e organica, ha dato impulso, come già molte volte è accaduto nella storia ormai ventennale del CPF, ad una serie di studi collaterali e complementari al progetto, molti dei quali destinati, probabilmente, ad uno sviluppo autonomo ulteriore: nuove datazioni di papiri; le caratteristiche di una collazione antica; un chiarimento della situazione delle citazioni d'autore nella tradizione dell'Antidosis; una nuova edizione con commento del Panegirico, l'edizione del Plataico, una storia della formazione del Corpus isocrateo e della fortuna di Isocrate in ambito neoplatonico; la selezione del materiale isocrateo nelle fonti di Stobeo; la descrizione di un codice dell'età di Fozio; precisazioni sulla circolazione di Isocrate in ambito umanistico, e così via.
Ancora una volta, il progetto di un Corpus dei papiri filosofici ci sembra aver giustificato la propria ragion d'essere e la propria vitalità non solo nei risultati specifici, ma anche nella capacità di incoraggiare e promuovere la ricerca nei più giovani. ANTONIO CARLINI - DANIELA MANETII
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ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
AGATI,
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BAITER, Panegyricus
/socratis Panegyricus, cum Mori suisque annotationibus edidit F.A.W. SPOHN, editio altera emendatior et auctior curavit I.G. BAITER, Lipsiae, Weidmann 1831.
BAITER - SAUPPE,
/soCTates
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ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
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BEKKER,
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Stwdi
L. CANFORA, Conservazione e perdita dei cLusici, Padova, Antenore 1974. A.
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Scritture informa/i, cambio gra-
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Terra d'Otranto
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DE LANNOY, Heroicus
Flavius Philostratus. Heroicus, ed. L. DE LAN-
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S. DE LEO, La citazione dalla De Pace nell'Antidosis di Isocrate, tesi di dottorato, Università di Firenze 1992.
DEVREESSE, Fonds
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Scholi4 Graeca in Aeschinem et lsoCTatem, edidit G. DINDORF, Oxonii, e typographeo academico 1852.
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DRERUP, Ordo
Isocratis opera omnia, recensuit, scholiis, testimoniis, apparatu critico instruxit E. DRERUP, l, Lipsiae, Dieterich 1906. E. DRERUP, Qui orationum lsoCTatearum in
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ElEUTERI, Filelfo
P. ELEUTERI, Francesco Filelfo copista epossessore di codici greci, in Paleografia e codicologia, l, 163-179.
ELEUTERI, Manoscritti
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ELEUTERI - CANART, Scrittura
P. ELEUTERI - P. CANART, Scrittura greca nell'Umanesimo italiano, Milano, Il Polifilo 1991.
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ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE ERBSE,
Oberlieferungsgeschichte
H. ERBSE, Ob, p corto). 7 ~ Pack 1 2625; riprodotto in Pap. Fior. XXX [Scrivere !J.brt], tav. XIX. Si osservino a. O, E, 1.1. u.
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GABRIELLA MESSER!
IV.
LO SCRIBA E LE PERSONE CHE INTERVENGONO SUL TESTO
La scrittura agile, sciolta, tracciata da mano burocratica, esperta e professionale non lascia affatto presupporre l'enorme quantità di errori presenti nel testo." Lo scriba, infatti, è incorso in talmente tanti errori, di ogni tipo, che mi è difficile indicare altri papiri letterari - nati al di fuori dell'ambiente scolastico - che siano altrettanto mendosi. 77 Pochi errori sono stati corretti all'istante dallo scriba medesimo che si è accorto subito dello sbaglio commesso; la stragrande maggioranza degli errori è stata eliminata da uno scrupoloso correttore che ha rivisto accuratamente l'opera dello scriba confrontandola con l'originale da cui era stata copiata e ulteriormente collazionandola con un secondo esemplare d eli' orazione; infine, ci sono pochi interventi di un altro correttore, per il quale è stata avanzata da Mandilaras l'ipotesi che possa trattarsi dello stesso scriba principale, intervenuto sul testo a una certa distanza di tempo. Dunque, oltre lo scriba, una o due persone sono intervenute sul testo; la loro identificazione e l'attribuzione dei singoli interventi correttivi a ciascuno di loro, sono state condotte sulla base dell'esame del colore dell'inchiostro, dello spessore del calamo, della morfologia delle lettere." Non ci sono divergenze sostanziali fra Beli e Mandilaras nell'identificazione delle mani e nell'attribuzione della paternità delle correzioni; opportunamente sono state mantenute le sigle adottate da Beli: con Pap. si identifica lo scriba principale, Pap. 1 è lo scriba che corregge se stesso, Pap. 1 è il correttore, Pap. 3 è il secondo correttore che Mandilaras sospetta sia ancora lo scriba (Pap.' = Pap. 1 ?). 79
76 Detugliato prospetto degli errori e spiegazione della loro natura e delle loro cause in MANDILARAS, llcpi Eip7fVF7ç, 30-44. 11 Cfr. PSI Od. 4 della fine del sec. I d.C. che presenta molte grafie ed errori analoghi a quelli del nostro Plitlond 131, ma il fatto che si trani di un canto deii'Odirsea scritto sul verso di un registro rende il fenomeno meno impressionante. Particolarmente scorretti sono anche alcuni papiri platonici, come il PTurner 7 + POxy 2102 (= CPF 1.1'", Plato 49), il POxy 1808 (= CPF 1.1''', Plato 72). 71 Operuione tutt'altro che facile e sicura, come ammonisce BELL, PapyrHs, 2-3: •Some of the corrections however appear difficult to assign to either of these hands . it is frequently difficult to decide with any certainty, especially as the ch.a.racter of the writing and the state of preservation of the papyrus vary so greatlyi and many of the attributions must be regarded as doubtful•. 71 MANDILARAS, llEpÌ EiP~VTlç, 11, mantiene le sigle di BELL, Papyr11s, 5 (limitandole alla lettera iniziale: P, P 1, P1 , Pl), ma chiama Pap. 1 'primo correttore (scriba originario)' laddove Pap. 1 per Beli è il 'primo correttore'. ~ preferibile l'interpretazione di Beli, poiché lo scriba ha effettuato poche correzioni in scribendo e non ha riletto la
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PLITLOND 131' ISOCRATES, ·DE PACE·
Accorgimenti grafici e segni diacritici Prima di affrontare una disamina degli erron, e opportuno passare in rassegna gli accorgimenti grafici e i segni diacritici adottati. La situazione è molto semplice: l'unica preoccupazione avvertita con una certa continuità dallo scriba è quella della marginatura destra della colonna di scrittura; per questo, in presenza di righi lunghi egli comprime le ultime lettere e ne riduce il modulo, in presenza di righi corti modifica l'ultima lettera (dilatandola in orizzontale: ì.., v, u, t, allungandone alcuni tratti: a, E, cr) oppure, più raramente, usa dei segni riempitivi di varia foggia. 80 Lo scriba non adotta nessun altro segno né di interpunzione né di ausilio alla lettura: i segni di questo tipo, assolutamente sporadici e occasionali, che pure ci sono (alcune paragraphoi, qualche accento, qualche apostrofo, qualche spirito, una dieresi, un trema)" vanno valutati di volta in volta, sia per scoprirne la funzione, sia per capire chi li ha apposti: spesso, infatti, sono dovuti al correttore (Pap. 2 ) e non sipossono in nessun modo far risalire ad un piano organico dello scriba. Gli innumerevoli errori presenti nel testo sono in gran parte di tipo fonetico e rispecchiano la pronuncia del greco in Egitto," ma
sua copia con l'intento di correggerla, come invece farà Pap. 2 il quale, quindi, è il primo, vero e proprio 'correttore' e, come vedremo, uno studioso più che un correttore. Su P a p.) si veda MANDILARAS, nepi EiPriV11ç, 279-280. 10 La presenza dei segni riempitivi è del tutto trascurata e passata sotto silenzio da Bell, mentre essi sono riprodotti, tenendo conto della loro form~ da Mandilaras [anche se, inevitabilmente, alcuni sono sfuggiti: per esempio a XXVII, •o (= 1082); XXX, Il, 35 (= 1186, 1210); XXXII, 3 (= 1267); XL 25, 36 (= 1656, 1667)]; quindi, i riferimenti che seguono (sempre una selezione, non tutte le océorrenze) sono all'edizione. Mandilaras. Il segno riempitivo adottato con maggiore frequenza è un semplice tratto orizzontale posto sul rigo di base (dr. rr. 404, 427, 723, 810, 812, ecc.). Il segno riempitivo più elegante è il bel tratto sinusoidale che si incontra subito nella col. II, 14-15 [;:: 48-49, riprodotta già da KENYON, Classica/ text5, cit. (sopra, n. 4)] e che in seguito è stato adottato anche ai rr. 428, 769, 1648, 1821, 1823, 1824: l'impiego così raro di questo segno mi fa pensare che lo scriba lo trovasse sull'originale. Infine, troviamo un segno a forma di diple più o meno arrotondata (forse questo segno rion è altro che una realizzazione più rapida e rozza del segno precedente): rr. 38, 80, 956, 1021. Il Rimando a MANDILARAS, nEpi EiprjV1]ç, 25-29 per maggiori dettagli e per l'indicazione dei luoghi in cui compaiono tali segni. u Tutti si trovano, infatti, con grande frequenza nei papiri documentari del sec. l d.C.: alcune grafie (ad esempio El al posto di l e viceversa; v davanti a y, K) sono talmente usuali da non essere più percepite come errate (e qui vedremo che spesso Pap.l non le corregge). Fornisco una esigua campionatura: I. a) Dl al posto di E (GIGNAC, I, 192): r. l floui..>:UTJallat (floul..>:u~a6t:); rr. 2-3 ç~touç), di cui né lo scriba né i correttori si sono accorti, piuttosto che una lecu'o singularis di Pap. a fronte dell' UttpEp.ciÀovto di tutti i codici. 101 Si tratta dei rr. 1230-1 sui quali cfr. supra, n. 43 e MANDILARAS, ncpì ciprjV17ç, 121 e 280. tCH Stando a MANDILARAS, ncpì ciptjYT]ç, 286, i casi in cui il correttore ha cambiato il testo in accordo con tutta la tradizione manoscritta sono 293. 10 ~ La correzione dell'originario VECMEpwv in vEw(tdp't" wv è molto interessante perché vi concorrono lo scriba principale (Pap.) e Pap. 2 : lo scriba infatti aveva espunto la sillaba tE mettendo un puntino sopra ciascuna lettera (vEo:rn:pwv ---+VEropwv); Pap. 2 ulteriormente cancella con un tratto orizzontale di calamo la sillaba tE ed aggiunge lo t nell'interlinea {la trascrizione di Mandilaras vEwltE)' pt' 9EtpOJ.IÉVouç ÙJtÒ tòìv EU7tpaytòìv J.ITJO' É~lOtaJ.IÉ vouç autòìv J.ll]O" ÙJtEPTJrivouç YlYVOJ.IÉVOUç an· ÈJ.IJ.IÉVOVtaç -nj tri~El tòìv EÙ q>povouvtwv, KUÌ J.llÌ J.IÒÀÀOV xaipovtaç toiç OlÒ tU;(T]V tmrip~amv riya9oiç iì toiç Otà tiìv aùtòìv q>uotv Kaì q>povl]otv È~ ripxiìç ytyvoJ.IÉVotç. mùç OÈ J.llÌ J.lovov 7tpòç i:v toutwv riHà 7tpòç aJtavta taiìta "tJÌv €~tv tiìç ljfuxiìç EUOPJ.IOO"tOV exovtaç, toutouç TJJ.IÌ q>povij.louç dvm KUÌ tEÀEiouç iivopaç Kaì Jtcioaç E;(Etv tàç ripnriç.
In Isocrate il passo, articolato, ma compatto nel definire e nel descrivere la vera paideia, si configura come un'utile sintesi e, posto a conclusione del proemio, emerge isolato nel contesto del discorso.31 Già Keil, discutendo in un apposito excursus la sequenza
° Cfr.
PICCIONE, Stobeo e Orione, cit. (sopra, n. 13), 249-250. Lo rileva W. jAEGER, Paideia. Die Fonnl4ng des griuhischen Menschen, III, Bcrlin-Leipzig, de Gruyter 1947, trad. it. Firenze, La Nuova Iulia 1959,266-267, che Ìsti1
11
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IL 'CORPl;s' DI ISOCRATE IN GIOVANNI STOBEO
dei lemmi in questa sezione dell'Anthologium, contro l'espunzione di Meineke, 32 o ancor prima di Gaisford," rivendica a Sto beo la paternità dell'estratto e richiama la citazione che ne fa Clemente Alessandrino negli Stromata (V 69.1, p. 372, 7-23 Stahlin)," citazione che lascia pensare a una raccolta quale fonte comune di Stobeo e di Clemente Alessandrino." Ma lo recerisce solo Hense, che lo colloca nella sequenza descritta sopra. I testo offerto da Stobeo concorda nella prima parte del passo con il codice r di Isocrate in quattro casi: Kaì..potriwuç," Ett," i:E,tcrtai!Èvouç. 39 Ma nella seconda parte il testo di Stobeo concorda con i codici dell'altra famiglia (la cosiddetta vulgata)," ancora in quattro casi: n) triE,Et, 41 àì..ì..à," 1tpòç éinavta muta," n:ì..Eiouç."
tuisce anche, 388-390, un prezioso confronto con passi delle Leggi (643e, 654b-655b, 659d), nei quali Platone, nel definire la paideia, ne riconduce il valore alla capacità dell'individuo di cooperare con altri. Cfr. A. LE BoULLUEC, Climent d'Alexandrie. Les Stromatts. Stromare V, Il, Paris, Éditions du Cerf 1981, 139-140. 11 MEINEKE, Flori/egil4m, cit. (sopra, n. 17), I, 14. JJ T. GAISfORD, Ioannis Stobaei Florilegium, l, Leipzig, KUhn 1823, 17-18. 14 Oltre che in Clemente Alessandrino, il passo è in Arpocrazione, .LV. f:À.a41ponlto~ (90 Keaney): cr~ç li' aùtoùç Wç 5uvatòv ÈÀ.a+Potritouç 1caì. JJ.Etptwtcitouç tolç c:ruvoum 1tOPEXOVtaç. H KEIL, Ana/ecta, 133-134: •reddamus igitur Stobaeo quod Stobaei est•. ~Con Clemente (V 69.1, p. 372, 7 Stiihlin), contro Exoo dei codici dell'altra famiglia. 17 Anche in questo caso Stobeo concorda con Clemente (V 69.1, p. 372, 14 Stahlin) e con Arpocrazione, contro ÈÀ.acj)po'tÉpouç dell'altra famiglia. 11 In realtà qui Stobeo concorda con la prima mano correttrice di r, fl, contro ètt 5t offerto dalla seconda mano, r', e da Clemente (V 69.1, p. 372, 14-15 Stahlin), oltre che dai codici di Isocrate dell'altra famiglia. Uno schema delle varie mani intervenute su r e delle indicazioni che le contraddistinguono è offerto da SECK, Untersuchungen, 135-137. H Di nuovo con Clemente (V 69.1, p. 372, 18 Stahlin) e contro El;avtcrtaJJ.Évouç offerto dai codici dell'altra famiglia. 40 All'edizione del Panathenaicus di Brémond, in MATHIEU - BRf:MOND, lsocrate, IV, ben si adatta l'osservazione formulata da PASQUALI, Storia, 295 n. 2, per il primo volume della stessa edizione: •un'edizione d'Isocrate fededegna e maneggevole al tempo stesso manca runora• perché l'edizione di Mathieu - Brémond •prescinde dalla storia del testo e adopra mss. di cui si sa che sono copie di codici conservati! •. Infatti, per il Panathenaicus, Brémond, in MATHIEU- BRfMOND, lsocrate, IV, 85, afferma di basarsi su r, .1. ed E, i cui rapporti di affinità sono in realtà stati riconosciuti fin da BORMANN, Ober/ieferung, I, 3, e in apparato si limita a indicare genericamente con vu/g. l'apporto di 8, A, n e N. Non fornisce maggiori indicazioni l'apparato, premesso all'edizione, di BENSELER - BLASS, lsocratis orationes, Il, pp. IX-X. 41 Anche in questo caso con Clemente (V 69.1, p. 372, 19 Stihlin), contro ti) triçn Tj o 7tapaypacjlt1Coç, ricorrente invece nei ma-
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Per le fasi di questo recupero e per le implicazioni della testimonianza foziana
cfr. PtNTO, Storia, 71-85, 151-152. Sulla lunghezza dell'opera insiste lo stesso Isocrate in Antid. 11: •oooUtov o'Ùv ~iiKoç lOyou. SCHOTI, Bibliotheca, 125 n. e, che aveva conoscenza solo di un testo mutilo dell'orazione, cercò una via d'uscita nella sua interpretazione: •lntellige Iudicialium. Alioquin omnis [omnium, MIGNE, PG 103, 434 n. 56] longissima Panathenaica, et hinc Panegyrica•. Rese per primo pienamente giustizia all'espressione foziana MUSTOXIDI, flcpi n]ç dvnOOacwç, IX. Ma ancora FREESE, Library, 228, interpretava: •the longest of those of this class•. Più esattamente HENRY, Photius, II, 120: •le plus long qu'ils écrivit•; BEVEGNI in W!LSON, Fozio, 259: •la più lunga del corpus•; WILSON, PhotiHs, 142: •the longest of ali•. Si noti, a margine, che Fozio cita il titolo con l'articolo (nE:pÌ nlç civn06crewç): analogamente alla D~ pace, il titolo deli'Antidosis oscilla nei testimoni tra la forma con l'articolo e quella senza. L'occorrenza più antica del titolo è in Arist. Rhet. 1418b27, che menziona l'opera in forma compendiarla (Ev Tij ·AvnOOaE:t).
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PASQUALE MASSIMO PINTO
noscritti e nella tradizione indiretta." Per l'Aegineticus compare invece l'indicazione del contenuto (\mì:p KÀ.t\pou àywvtço~Evoç), che poteva ben essere parte del titolo o una deduzione dalle primissime parole dell'orazione. Dell'In Euthynum Fazio dà il titolo nella forma ~tpòç Eu9uvouv u!tÈp NtKiou, laddove nei manoscritti l'intestazione usuale è 7tpÒç Eu8uvouv à~ciptupoç, un'indicazione relativa a un tipo di causa senza testimoni e che, come per il titolo dell'In Callimachum, sembra rimandare ad una classificazione 'erudita'." Anche in questo caso l'esordio dell'orazione poteva fornire indicazioni sul contenuto (cfr. In Euth. l: ou !tpoo>tatou 7tatptapxou KwvcrtavttVO\l1toì..f:wç av8o1-oyiaç· 1tEpÌ tcilv ÙÉKa P'lt6pwv· 1tEpÌ toii yÉvouç
l'Inviato al Concilio di Firenze e Ferrara nel 1438-1439, traduttore delle opere di Tommaso d'Aquino, Scolario tenne nella sua casa, tra il 1435 e il 1450, una frequentata scuola di grammatica e filosofia. Cfr. L. PETIT, X.A. SIDERIDES, M. jUGIE (edd.), rewpyiov roiì LzoÀ.apiov ti~ravm rà eUpLOK6JJEVQ. fEuvres complètes de Georges SchoLArios, l, Paris, Maison de la Bonne Presse 1928, IX-XIV; Dictionnaire de Théologie Catholique XIV.2, Paris, Letouzey et Ané !941, 1521-1570; PLP Xl, 156-158; più di recente si veda M. CACOUROS, Georges Scholarios et le Paris. Gr. 1932: }ttJn Chortasménos, l'enseignement de l.:t logique, le tbomisme à Byzanct, in 'H ÉÀJ.'1Vl,o7 rpa;Jj ,;arà roVç l 5o K'ai 16o aic:Uvaç, 6.lE9vtì CJUf.11tÙma 7, 'A91lva 2000, 397-442. Sulla sua attività di copista cfr. RGK, l, n° 71, ll.A n° 92, lll.A n° 119. 4{1 Il testo del cap. 159 si legge in 18 testimoni - completi o parziali -della Bibliotheca, cfr. P. ELEUTERI, l manoscritti grw· della Biblioteca di Fazio, QS 51 (2000) 111-156. Sul Ricc. Gr. 12 cfr. VITELLI, Indice, 481-485; DRERUP, lsocratis opera, XXIV, L V; E. MARTIN!, Ttxtgeschichte der • Bibliothelu • des Patri4rchtn Photios von Konstantinopd, I. Dit Handschriften, Awsgaben und Obertragungtn, Leipzig, Teubner 1911, 45-46; R. FORSTER - R. RICHTSTEIG (edd.), Choricii Gazaei opera, Leipzig, Teubner 1929, XV-XVI; DILLER, Photius' Bibliotheca, 395; E. ScHENKL- G. DowNEY (edd.), Thtmistii orationes qwae swpersunt, l, Leipzig, Teubner 1965, IX; J.J. KEANEY,john Lascaris and Harpocratlon, GRBS 23 (1982) 93-95: 94 e n. Il; G. AvEzzù (ed.), LJSOE te\> ~~~ÀÌ!p mt' ÈKÀoyTjv Èypa,oav OUtOl IJ.OVOl oì e·. 7tEpÌ OÈ tiiç 7tpoatpÉOEO>ç 'looKpatouç, lCUÌ tcOV xpLEV rBAN''' ' 1: OtopOÙ>LEV nN"S; 181.5 aùtaiç r8AN"rub ' 1: aùtoù nN'S; 184.1-3 toùç OLOKEL>LÉVO\Jç ... XPW>LÉvouç r8AN 1P'; toiç ... OtaKEt>LÉVotç ... XPW>LÉVOtç nN"S; 187.5 aùtoùç r8ANirub o': aùtòç nN"S.
A volte i correttori introducono lezioni nuove, verosimilmente per congettura. Si vedano p. es.: 34.7 JtOtOu>LÉvouç et N']Kotvou>LÉVouç N 1' 1; 68.9 JtOtl]LEVot]JtoLflpwv N''' Ald.2 (1534) vulg.; 149.6 JtapaÀi~ et N'' 1: >LOÀaKia N" (ma questa sembra piuttosto una svista corretta); 184.3 >LEiçouç >LÈV reAnS: >LÈV N": >LI'içouç post >LÈV add. Nl>rub mg.
Il Salmantino M 279 (1-2-15) (S) 107 è uno dei manoscritti del fondo antico della biblioteca del! 'Università di Salamanca, e fa parte della trentina di libri greci che Hernan Nunez de Guzman, meglio noto come il Pinciano, aveva acquistato in Italia verso la fine del secolo XV o agli inizi del sec. XVI. 108 Il codice contiene (cfr. Appendice II) le prime sette orazioni con Argumenta 109 del corpus di
Catalogus, 65-66.
107
Descrizione del manoscritto in
101
Sui libri del Pinciano si veda TOVAR, Catalogus, 8-1 t, ma vedremo che nel caso
TOVAR,
del nostro manoscritto la ricostruzione proposta da Tovar non risulta soddisfacente. Il lavoro di Juan Signes Codori.er sulla biblimcca del Pinciano, annunciato in MARTINEZ MANZANO, Perspectivas, 721 c n. 14, ha visto la luce nel 2001: ]. SJGNES CODO!'i"ER, C. CoooNER MERJNO, A. DoMJNGo MALVADJ, BJblioteca y epistolario de Hernan NU.iia
de Guzman (El Pinciano). Una aproximan6n al humanismo npaiiol del siglo XVI, Madrid, Consejo Supcrior de lnvestigaciones Cientificas 2001 (•Nueva Roma•, H). Non mi è stato ancora possibile prendere visione di questo libro, ma Juan Signes Codoilcr, che ringrazio, mi ha fornito alcune preziose informazioni: l'attuale legatura in per~a mena non è quella originale, ma è posteriore (sec. XVII-XVIII); l'ex /ibris (•es de la Universidad de Salamanca•, f. lr) fu posto nel 1548, quando Hernin donò la propria biblioteca all'Università di Salamanca in cambio di una pensione; la mano greca e latina del Pinciano è riconoscibile in una glossa di Esichio (•1tpri~nv· Àa~Ei.v Hesychius•) citata a f. 14r; il Pinciano possedette e annotò anche altro materiale isocrateo, c cioè l'Aldina degli epistolografi (Venezia 1499 = inc. 288 BUS), la princeps delle orazioni curata dal Calcondila (Milano 1493 = inc. 333 BUS) e una traduzione latina di Erodoro seguita da quella dell'Elena isocratea (Parigi 1510 ICI'I
= imp.
30.241 BUS).
Anche qui ricorre la medesima dislocazione de!I'Argumentum del Nlcoclc.
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VERSO UNA NUOVA EDIZIONE DEL ·PANEGIRICO·
nN, nello stesso ordine, precedute dalla Vita, come in nN, e seguite dalla Vita di Isocrate di Filostrato. Si tratta di un manoscritto cartaceo di piccolo formato (212x127 mm; area scritta 120x67 mm con 21 ll./p.; ff. I, 176; ff. 173v-176r bianchi), 110 in cui Tovar ha individuato una filigrana simile a Briquet 2644 (Basilisco; Ferrara 1450), formato in prevalenza da senioni (o, ç-v 111 , o), 111 ma anche da quaternioni (a-y), 113 da un quinione (E) e da un fascicolo di tre fogli (é,). 11 ' Al f. 176v si legge una nota, che Tovar trascrive così: Amtonio de Boni a d. VI de noembre 1447. Nessuna notizia mi è occorso di trovare su un fantomatico Antonio de Boni (Bonis ecc.), ma il disegno che Luigi Pirovano mi ha fornito di quanto effettivamente si legge è risultato illuminante: Antonio de Bon 11 ' (segue un gruppo di tre lettere in forma di monogramma) 116 a 117 (die) VI de noembre 1447. L'interpretazione più probabile credo sia Antonio de Bon(onia) e si può forse pensare, ma l'ipotesi necessita di ul-
110 Traggo le notizie dal catalogo, con qualche precisnione resa possibile da un esame integrale su microfilm; debbo la conoscenza di alcuni dati codicologici, nonché una trascrizione della nota di possesso, alla cortesia di Luigi Pirovano, che ha effettuato per me alcuni controlli sull'originale. 111 Non 11-v, come risuha dal catalogo. 111 L'ultimo fascicolo (ff. 166-176) non è numerato. 10 Ma i dati relativi alle segnature dei fascicoli forniti dal catalogo non sono precisi e vanno corretti. Il primo quaternione (ff. 1-8; mano A) non è numerato; il secondo quaternione (ff. 9-16; mano B) presenta un •2• sul primo recto e un a sull'ultimo verso; dal terzo fino al settimo (ff. 17-66; mani B, C, D, E) la numerazione continua da~ a ç (~. ff. 17-24, e y, ff. 25-32, sono quaternioni; li, ff. 33-44, e ç, ff. 55-66, sono senioni; E, ff. 45-54, è un quinione) e manca la numerazione araba sul primo recto; il numero stigma è saltato, in modo che il fascicolo ç risulta essere effettivamente il settimo, n. l'ottavo e così via (da n. in poi ricompare con sostanziale regolarità la numerazione araba sul primo recco). Da n. (ff. 67-78) in poi i fascicoli (n.-o +un senione non numerato, ff. 166-fine) sono senioni, tranne ç (ff. 151-153) che è un fascicolo di tre fogli. Mi pare si possa affermare che la numerazione araba nell'angolo inferiore destro del primo recto risalga alla fase finale di assemblaggio del manoscritto. 11 ~ I fascicoli sono numerati dagli stessi scribi con un numero arabo nell'angolo inferiore destro del primo recto e uno greco nell'angolo inferiore destro dell'ultimo verso; le lettere greche sono spesso adornate con due puntini ai lati e, ralvolu, uno anche in basso, oppure con quattro, uno per ogni lato. Spesso il numero arabo è appena visibile >i bordo del f. 11 ~ Sopra la prima n di Antonio e sopra la n di Bon si trova il trattino di abbreviazione (nel primo caso evidentemente pleonasrico). Bisogna certamente leggere in entrambi i casi n - non m né ni -, poiché i due segni sono identici e non credo abbia senso la lettura Amtonio. 11 b Per ora non sono riuscito a interpretarle con sicurezza; mi riservo di verificarle sull'originale. 117 Si allude forse all'inizio di un periodo di prestito?
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STEFA:-..9; 91.6 i]~étEpot r: i]~ÉtEpot 7tpoyovot r•eAnNS o (et Ecr1òim >Ca l =~~axiav r: ÈEcr1òim lCt VO\JVOV >Ca l nìv =~~axiav 8AnNS (r')'"; 143.5 otmiwç r: otKaiotç 8AnNS; 143.6-7 7tapaì..Ei7twv P': 7tapaÀt7tÒlv 8AnNS (r'); 144.4 È7tTlPX11V f: E:1ti;pé,ev 8AnNS (f'); •144.8 aÀooç f: aÀuoç 8AnNS; •145.2 10\i f: om. 8AnNS; 146.6 a\nòiv edd. (revera a\nòiv r): a\nòiv (8: Èau1òiv A: aù1òiv nNS [r']) JtoÀEmv 8AnNS; •149.9 ù1t' f: È1t. 8AnNS; 150.8-9 èi~Etvov fN''•L à~Eivwv 8AnN'S; 151.5-6 CalEtV 8AnNS; •156.3 •àpxaia fN': •à àpxaia 8AnN'' 1S; 156.6 Seòiv r: Seòiv i:lì11 8An(E- n)NS (r'); 156.7 1oÀ~òimv f: 1DÀ~JÌcramv 8AnNS; 156.7 uÀànwvmt fN'ub ,L uÀCÌ110V1at 8AnN•S; 157.2 10ta\im f: 7tOÀÀCÌ mta\im 8AnNS (r' u• "'); •158.8 mùç oÈ f: 1òiv liÈ 8AnNS; 162.7 È~pàçnv f: 7tpoayopEÙEtV 8AnNS; 164.3 Ùcr1epicrav.eç f: Ùcr1EpJÌcrav.eç 8AnNS; 164.7 XEtpo\icr8at r: XEtp!Òcracr8at 8AnNS; 165.3 È7ttcr1òicrtv r' (à7ttcr1òicrtv r): à8potcr8òimv 8AnNS (r"m•); •165.8 ml nìv f: ml 1tepl nìv 8AnNS; •166.3 i:imv f: Ò1t01' àv 8AnNS; 167.4 7tapEÀ11Àu8Òlç f (xpovoç add. ["m•): 7taPEÀ11Àu6Òlç xpovoç AnNS: 7tapeÀ8Òlv xpovoç 8; 171.1 cr\JVE7tÉpavav f: OtE7tÉpavav 8AnNS; 171.3 àv f: om. 8AnNS; 173.2 ÈlC7tOOÒlv r' (ÈlC 7tOÀÀÒÌv f"): ÈlC 1toliòiv 8AnNS; •173.6 iiv f: Èàv 8AnNS (cf. 32.1); 175.6 ~E1a crxo\imv f: ~E1È;(oucrt 8AnNS; 175.7 Ù1tÒ f: Ù7tÈp 8AnNS; •177.5 aù1òiv (aù1òiv r): Èau1òiv 8AnNS; •177.6 EÌ1E f: EÌ1E ml 8AnNS; 180.3 >Cam8eivat f: àva8eivat 8AnNS; •180.5 a1tanoç f: nav1òç 8AnNS (cf. 106.9); 181.1-2 1òiv 1E f: 1òiv 8AnNS; •182.4 Sewpia f: ml Sewpia 8AnNS; •183.5 >Ca>Còiç nìv ÈÀÀàoa f: nìv ÈHàlia >Ca>Còiç 8AnNS; 184.5-6 cr1pa1EÙEt v 7tpOcrJÌlCEt r: ~anov 7tpocrJÌKEt cr•pmeùetv 8AnNS (cr•p. ~aÀ. 7tpocr. r'); 184.7 Èveu~ou~Évouç f: 7tpovoou~Évouç 8AnNS; 185.4 È8eÀJÌcrov•aç f: È8ÉÀonaç 8AnNS; 186.3-4 1oiç wtoù•otç r: wù•otç wiç eAnNS; •186.9 tiìç e· r: 1E tfìç 8AnNS; •186.9 aùw\i f: aù1o\i 8AnNS; 186.10 ~V'l~Eiov f: ~vJÌ~'lV 8AnNS; 187.2 1tap6vn f: 1tap6vn Katpci,i 8AnNS; 187.5 'Évouç r: È7ttÀEÀEY>LÉVOUç A: È/;EtÀEY>LÉvouç 8: >LÈV È7ttÀEÀEY>LÉVouç nNS; 149.8 aurwv reA: à7t1cwç nNS; 151.8 È/;oaçLEvot r: È/;EraçLEvot liÈ eA: ÈraçLEVOt OÈ nNS (in N ÈT emendatum videtur inter scrib. ex È/;); 151.9 7tpOKOÀtVOOU>LEVOt r: 7tpOKUÀtV00U>LEVOl A: 7tpOKtÀUV00Uf1EVOl sic 8: 7tpOaKUÀtV00UflEVOt nNS; 151.9 fl!Kpòv reA: fllKpà nNS; 152.2 OàÀanav reA: 8àÀaaaav ONS; 153.1 f!Et ÒY1]C!tÀÒOU reA: flETOY1]atÀOOU ÒY1]C!ÌÀÀou sic ONS; 154.2 È7tt TÒ 7tOÀÙ reA: Èm7toÀÙ ONS; 156.4 ÈmaKEuàawcnv reAN'': È7ttC!Ktàawcnv nN"(et N''"' mg)S; 156.7 OEOÌwatv reAN"'"b •L OEOiocnv ON'S; 157.8 àpàç reAN'' 1: àpaç ON'S; 157.8 iiUo n reA: àU' on nNS; 160.5 7tpoayEvÉa8ot reA: 7tpoyEvÉa8ot nNS; 160.6 TWV vuv reA: toivuv nNS; 161.2 OÙTOU KOt KU7tpoç reA: KOt KU7tpoç OUTOU nNS; 162.1 ÈKOTOflVWç r'A (EK- sic P', ÈK- A): ÈKÒTO>LVOç r'e vulg.; ÈKOTOflVffiç sic nN''"bS: ÈKato>Lll•o>LJloç N"; 162.8 otmE8EIEv reA: otarE8wcnv nNS; 163.6 7tpOtEpot reA: 7tpLÉvouç ... XPW>LÉVouç reAN'P'; ro!ç ... OtOKEt>LÉVotç XPW>LÉVotç ON"S; 187.5 auwùç reAN'ru' •1: auròç ON"S. Capita però che almeno una volta anche in questi testimoni sia possibile osservare una lezione che è stata opportunamente accolta dagli editori: 165.4-5 150 rrpoEE;ailUP'tOV'tEç nN: rrpoEE,a>Lap-rcivovtEç S: rrpoEI;U!lUPTWV'tEç A: rrpocrEI;a!lap-rov-rEç f: rrpocrEI;a!lap-roopa AONS f.O: oq>oopciìç 8; 91.12 rtEptytyvo~Èv'lv rAONS OÀ9: 1tEptyEVO~ÉV11V 8; 92.5 yap rAnNS OÀO: om. 8; 92.5 tjmyEiv rAnNS OÀ9: q>EuyEtV 8; 93.4 yqEVll~Évwv rAnNS OÀO: yEVO~Èvwv 8; 93.5 ÈKElvotç rAONS of.O: om. 8; 93.6 otaKooiwv Kai XtÀiwv rAnNS of.S: XtÀlwv mi OtalCOOlWV 8; 93.8 EioPàf.f.Etv rAnNS oe: È~Paf.Eiv 8"À: EloPaf.Eiv 8'rcatÉpav lO" (post ÉK:atEpav add. vid. TIÌV oùva).HV ciHà ~'Ì npòç ci~~OtÉpotç o'm'): ÉKatEpav TIÌV oùva~tv 8 PAnt II 84: mì ~'Ì npòç ÉmtÉpav Dionys.: ÈmtÉpav TIÌV oùva~tv, ciHà ~'Ì npòç ci~ ~otÉpaç ii~a AflNS À (revera EICOtÉpav TIÌV oùva~tV [Kaitot Kaitat nwç àvD ciHà ~'Ì npòç ci~~tÉpaç ii~a S): E>catÉpav TIÌV oùva~tv, ciHà ~'Ì npòç ci~ ~tÉpaç 9. c) PAiex inv. 613: 139.11 ÈXOt~· lA: ÈXot~Ev 8N P Alex inv. 613: ÈXOt
ns.
d) PSI IX 1088: 127.2 (oùK) àtonov IAflNS: (oùK) aÀoyov 8 PSI IX 1088' (oumroÀoyov vid. PSI IX 1088' 1).
Risulta di una cena importanza menzionare con larghezza anche gli errori singolari di A, perché, a causa del mancato interesse degli studiosi nei confronti dei manoscritti della seconda famiglia e dell'utilizzo fuorviante del termine vulgata,",. essi sono stati spesso riportati negli apparati come se avessero lo stesso 'peso stemmatico' di r. Eccone un buon numero: 8.4 7!Ept9Eivat 18f1NS: npocr6Etvat A; 12.3 totoùtouç 18flNS: totoùtouç É, ma omette ;tpOvCJ,J come il resto della seconda famiglia (xpov'll rt.E: om. 9 Il. nNTolSalm). Nell'altro caso, il giudizio di Drerup è fuor· viato dalla sua improvvida scelta di non considerare adeguatamente n e N: scelta già contestatagli da MONSCHER, GGA 169 (1907), 759. In He/. 26.3, infatti, l'accordo con la prima famiglia non è del solo Salmantino, ma di tutto il gruppo nNT oiSalm, allorché i tre rami della seconda famiglia si presentano divisi: Pol~l] P' nNTo!Salrn (pOO~flV Tol): pro~~ · Kai t· nNTolSalm Errori singolari di n
Hel. 17.2Ti""xiaç]TÌ""J.IJ.laxiaç (sic); 17.5 toù] toùç; 21.1 Ei J.1Èv] ii (sic) J.IÈV; 22.4 80UJ.IOOOvtaç] ·tEç; 33.2 Òltttòì-Eooç] >tòì-Eou N, ltOÀÈ:ou Tol; 27.8 oinpòv] oix8pòv NTol; 28.4 tOtOUtùlV OùlJ.IOtùlV l] OùlJ.IOtùlV tOtOtJt(J)V A nNP'Salm: tciiv OùlJ.IOtùlV tataUt(J)v N"Tol; 30.5 !Ìttf\86i]Tit8't]tcii N, Tit8't]tciiv Tol; 31.7 't1j KaOJ.IELQ l] tiJv KaoJ.IElav e A nSalm: tiJv KaOJ.IEL(J)V NTol; 32.2 ÒPXEtv] apxtìv NTol; 34. l àì- ywv] àpytav N" (p ex p. et ì- suprascr. N~"): àpyòv Tol; 25 36.7 J.IÒvoç]
e
e
14 Si tratta di un errore comune a N e T o l nella misura in cui la variante di quest'ultimo è dovuta a errata interpretazione della correzione presente in N: ciò dimostra
inconfutabilmente la dipendenza di Tol da N. 1 ~ L'errore è comune nella misura in cui Tol ha ricavuo il p dalla lezione di N"".
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MARCO FASS!NO
e
-vov NTol; 38.1 oij] OÈ N"Tol (OTÌ N3' 1); 38.3 noì..ù om. NTol; 38.9 OtEì..9Eiv] Oteì..Eiv NTol; 39.1 ~J.Età] Katà N"Tol (~J.Età N'' 1); 39.4 Kaì] Kaì t6te NTol; 41.6 I!ÈV ànriaT]ç min9]1!ÈV ànriaT]ç I!ÈV NTol; 45.2 È1tltll!ft9etat] anoì..Et~9Et; 53.4 OlEVoi)S,aav EYVOXJOV e A nNSalm: EyvOXJaç Tol; 55.2-3 o m. npòç haatov - Èv xpEic;t yEVoJ~LE9a; 60.3 m"iç yuvm~ì] tata~ì (sic); 60.5 om. at; 66.6-67.1 npÉnEt totaumç notEta9at tàç ànapxaç. noì..ù M nì..Eiro] om. Tal", npÈ1tEt - noì..ù (at non OÈ nì..Eiro) add. Tol~".
n
16 Tal non ha letto bene la correzione in N: ha trascurato il À ricavato dal primo 1C e ha ritenuto che il a aggiunto sopra il rigo volesse sostituire il secondo K, anziché inserirsi tra quest'ultimo e l'a precedeme. 21 In questo elenco, più ancora che nei precedenti, per ragioni di spazio mi sono limitato a riportare solo i casi maggiormente significativi. La qualità ortografica del Toletano è infima.
-
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NUOVE ACQUISIZIONI SUI RAPPORTI STEMMATICI TRA ALCUNI CODICI
L'appartenenza del Salmantino a questo gruppo emerge chiaramente dal buon numero di errori condivisi con n N e il Toletano. Quest'ultimo contiene tutti gli errori di N, di cui è dunque copia." n N e Salm, invece, ignorano ciascuno gli errori singolari degli altri (nonché ovviamente quelli di Tol): pertanto nessuno dei tre è apografo. 29 Dalle mie collazioni di n N e del Salmantino non emergono elementi sufficienti a postulare una parentela più stretta tra due di essi. I casi riscontrati mi sembrano infatti poco conclusivi, anche perché mostrano una distribuzione incostante degli accordi in errore, da addebitarsi forse a poligenesi o a forme di contaminazione: 30 Errori comuni a n N
Hel. 18.4
Ei6to~Évoç] -~Évooç n~N~
Ò!tÉotpEijiUV nNTol; 57.4 toùç] totç
(-oç n>''N>"Tol); 52.4 Ò!tÉtpEij!aV] (toùç NP' rubr., Tol)
nN~
Errori comuni a n Salm n~salm (at n•'); 21.6 oùl\" Évòç Benseler] oùOEvòç r 8 NTol: où6" Évòç Il., où6Evòç nsalm; 33.1 Ò!tOKtEÌvovtaç r] Ò!tOKtEtVVUvtaç 8 11.: Ò!tOKttVVUVtaç NTol: Ò!tOKttvuvtaç nSalm; 57.4 É!tayyÉUoum(v)] -yÉÀOUOt nSalm Eug. 32.5 t:l edd.] ~ÉÀÀ>:l codd.
Errori di r't.E 8 assenti in A
Antid. 321.4 1tpÉ1tElV A) tò 1tpÉ1tElV r't.E 8; 321.11 OUOÈ trov viìv A) ÈK oÈ trov viìv 8: ÉK oi] trov viìv t.E: EKOotov viìv (oo super 011 int. scrib.) r'", trov ante viìv add. r'P' in mg.; 322.4 CJll~EÌ'l> A) om. r't.E El; 322.5 XPCÒ~Evoç A) XP(J)jlÉvotç r't.E e; 323.4 xaipEl m\ Jlouì.Etat A) xaip11 !Ca\ Jloli'-11tat r't.E
e
Errori di A assenti in r't.E e Antid. 321.11 autolç 1tpay~citrov r't.E e) 1tpay~citrov autolç A; 322.6 taUtllç r't.E 8) taUtlluotv nìv totOUtTIV rcaÌ pQotav AflN: npaaijKav 1; 43.6 tiiç 'ÌJ.lEtÉpaç 8 P' Dian.: 'tijç 'ÌJ.lEtÉpaç aùtciiv À 1 AflN; 45.2 EÌnÉp nvEç Éé,aJ.laptcivatEV 8 À Dian.: EÌ nEpi nvaç Él;aJ.laptatEV 1: ijv nEpi nvaç Él;aJ.laptatEv AflN; 46.4 ot' a\Jç ÀUJ.latVoJ.1E8a 8 À: ioi '(:ai. dmta9iq~ oppure quella della Contra mphiuas: ÉÀ.t'(:olvtoç iiJ.La \utati(!l- sembra indicare un'opera di correzione del testo e di collazione con un altro exemplar: iiJ.LO può cioè corrispondere al eu m che si trova, in ambito latino, in sottoscrizioni quali quelle dello scriba e revisore delle Decl4matione5 pseudoquintilianee e in quella dell'emendator dei Commentarii in Somnium Scipionis di Macrobio, dove i compiti dei curatori dei testi appaiono divisi fra chi leggeva il proprio libro, magari appena copiato, e vi apportava le correzioni, e chi controllava il testo dell'antigrafo, •segnalando le eventuali deviazioni prodottesi nella trascrizione• (dr. PECERE, Tradizione, 46-47), oppure alcune delle varianti riportate nello stesso o in altro modello e che potevano venire introdotte nella nuova copia. Su quanto dell'opera svolta da Eliconio con i suoi Étalpol si può ricostruire da r stesso sono state espresse dai critici opinioni contrastanti. BURMANN, Oberlieferung, II, 5-7, ritenne che ad essa possano risalire le ·Randbemerkungen• riscontrabili solo nei primi ottanta fogli di r, in corrispondenza cioè delle prime otto orazioni ivi trascritte, ovvero delle sei con le sottoscrizioni, della NJcocle5 e dell'inizio dell'Archidamus. Osservando l'identità degli inchiostri via via impiegati nella stesura del testo e delle stesse varianti marginali, Blirmann ne attribuì la riproduzione alla prima mano, che nella stessa onciale vergò le sottoscrizioni, adeguandosi pure nei moduli grafici al proprio exemplar. Esso presumibilmence continuava a tramandare, così come la sticometria apposta al Busiris e indicata ancora in notazione acrofonica, anche altri elementi accessori al testo ereditati da un corpusculum tardoantico e probabilmente conservati attraverso le successive trascrizioni nella medesima forma grafica dell'originale. BUrmann tentò di spiegare l'assenza delle sottoscrizioni presso le altre due orazioni, sui cui margini appaiono le varianti in onciale, con una non meglio specificata •plOtzliche StOrung• che avrebbe interrotto l'opera di Eliconio e compagni, per cui le sottoscrizioni, indicanti il compimento del lavoro di revisione del testo, non poterono venire apposte. Se tuttavia que-
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STEFANIA DE LEO
trollo del testo almeno di un limitato insieme coerente di discorsi isocratei, mostra interesse a disporre di una copia accurata di quella sezione dell'opera dell'oratore ateniese- o forse anche di qualche altra, ma noi naturalmente non lo possiamo più sapere. Se infatti l' "Eì.ucwvwç, che dalle sottoscrizioni appare essere stato la figura preminente della cerchia (Teodoro, Eustazio, Ipazio) impegnata nella revisione del testo di Isocrate deve effettivamente essere identificato con l'omonimo crocjltcrnìç Buçavnoç del corrispondente articolo di Suida (II, 247, 6 Adler)," l'attività di questi personaggi troverebbe la propria collocazione cronologica agli inizi del V sec. Si può forse anche pensare che tale attività si sia svolta nell'ambito di una delle scuole di insegnamento superiore," forse anche con sede nella stessa Costantinopoli, se di ciò può essere indizio l'aggettivo Buçavnoç che qualifica Eliconio nella notizia di Suida su di lui. Il governo imperiale, infatti, almeno dalla metà del IV sec., cercò di promuovere la riorganizzazione di tali istituzioni •soprattutto in funzione del reclutamento ai vertici delle carriere civili». 16 Un ambiente dotto, che avesse accesso ai modelli del testo di Isocrate prodotti in un ambito culturalmente altrettanto elevato e che avesse familiarità con gli usi editoriali applicati alla redazione di opere di commento esegetico: qui in definitiva si può ipotizzare che sia stata costituita !"edizione' di Isocrate a noi trasmessa da r. Specificamente, è verosimile che la decurtazione delle citazioni più ampie in y sia avvenuta non prima di un'epoca nella quale si fosse affermato l'uso di abbreviare i lemmi inseriti nei commenti con la formula ~ÉXPl ~ou (infatti soltanto i pochi paragrafi dalla Contra sophistas si leggono per intero anche nell'Antidosis di r). Inoltre, questo provvedimento editoriale può essersi reso più facilmente applicabile in particolare nel momento in cui il lettore di Isocrate, vo-
sto argomento si può proporre per l'ArchidamHs, dove le varianti mouginali non proseguono oltre il § 4, esso non spiega perché la Nicocles non sia stata sottoscrina, al pari delle orazioni che La. precedono. Perciò forse non è opportuno attribuire senz'altro le varianti in onciale di r ai personaggi nominati nelle sottoscrizioni, come non è più possibile riconoscere quante varianti genuine essi possano aver introdotto sulla scorta di altre recensiones o quantt di quelle che essi avranno effettivamente segnato nei margini del loro libro siano poi penetrate nel testo di r (cfr. DRERUP, lsoCTatis opera, LXXXI; SECK., Untersuchungen, 13-14). 14 La proposta di identificazione fu avanzata da USENER, Unser Platontext, 186-187. 1 ~ lbid.: •Der Professar der Beredsamkeit wUrde zur recognicio des lsokrates eine passende PersOnlichkeit sein•. l~> Cfr. CAVALLO, Conservazione, 92. Teodoro, Eusuzio, Ipazio, •signa del Basso Impero• (PASQUALI, Scoria, 295, n. 4), potranno essere stati allievi o colleghi di Eliconio.
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LA CITAZIONE DELLA
~DE
PACEa
NELL'~ANTIDOSISa
]endo, potesse a proprio agio ritrovare il testo degli excerpta entro il testo delle orazioni 'd'origine', magari convenientemente riunite in un unico libro insieme all'Antidosis stessa. Il terminus post quem che si può approssimativamente suggerire per l'abbreviazione delle citazioni in y- le quali furono dunque ridotte forse anche in concomitanza con l'inserimento dell' Antidosis entro il corpus delle orazioni di Isocrate nell"edizione' per noi continuata in r - non implica tuttavia che il testo di y appartenga ad una fase di tradizione più recente rispetto a quello di e À, che ci restituiscono l'orazione completa del testo intero degli excerpta. Infatti, dal confronto dei tratti della citazione della De pace conservati anche da y con gli altri due testimoni, si ottiene il seguente prospetto di varianti: f y: u~iiç Sì.. AnN; 25.3 ou ~ovov y8 f AnN: ~i] ~ovov À P; y8À r: iiE,w~EV AnN; 56.3 ÈJttÀÌllOl yÀ r: ÈJttÀEillOt e ANm•: ÈlltÀELilfEt nN; 56.3 lì' dv ~E 8:!. f AnN: lì' dv y; 56.4-5 npciy~acrt yqEV'l· ~Évaç y8À AnN: 7tpay~acrtv ÈyyqEV'l~Évaç f; 56.5 ÈlltXEtpJicrat~EV y 8: È1tt· XEtpOi'lV À f AnN; 133.1 É1tavop8cooo~E8a y: iiv Ènavop8cooai~E8a 8: dv Ènavop8còcrat~Ev :!. (f); 133.1 tà -rijç Jto:ì.Ewç y" (r AnN): tà -rijç Jto:ì.Ewç npciy~ata y 5 8:ì.; 133.2 notJicro~Ev y": Jtoti]crat~Ev y 5 8:ì. (r AnN); 133.5 vo~içovtEç y": dvat vo~içovtEç y'S:ì. (r AnN); 133.6 Ka:ì.ouç tE Kàya8ouç y: m:ì.ouç Kàyaeouç 8:!. (r AnN). 25.3
25.5
i]~iiç
aE,o~EV
Più che le differenze in lezione, che saranno state determinate nei tre testimoni dalle rispettive vicende di trasmissione, interpolazione e contaminazione, importa rilevare che l'inizio del secondo brano corrisponde al testo dei §§ 132-133 della De pace rielaborato allo stesso modo in cui si legge in e À, che anche y dunque, insieme agli altri due manoscritti, ha conservato contro la versione dello stesso brano tramandata dai codici della De pace 'intera'. Più ampio materiale per poter confrontare y con un altro codice dell'Antidosis sul terreno delle citazioni è offerto dal brano della Contra sophistas, che è conservato intero anche in r oltre che in e - si ricordi che in À gli excerpta dell'Ad Nicoclem e della Contra sophistas sono andati perduti insieme al testo compreso nella lacuna che interessa i §§ 72-309 dell'Antidosis. Tale comparazione è stata svolta da Drerup" ed ha rivelato il sostanziale accordo di y con e. Ma, potendosi altresì dimostrare la •congruentia universa• di e con À dalla raccolta delle varianti comuni presenti nelle citazioni da De
17
DRERUP, De auctoritate, 65-66; ripresa sinteticamente in !soaatts opera, XCVI.
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STEFANIA DE LEO
pace (come si è visto) e Panegyricus, 18 si concluderà che il testo di y8À si trova in accordo contro quello di reAnN: potrebbe cioè risalire ad una fonte comune. 1' Ciò che qui interessa, in particolare per la citazione della De pace, è che il testo di essa è in y8À il medesimo: in un ascendente di y, 20 dell'estensione della citazione si scelse di dare indicazione sommaria, segnandone soltanto le parole dell'inizio e della fine collegate con la formula j.lÉXPt wti; invece, in Sì.. l'excerptum fu trascritto integralmente." L'accordo di y8À nel riportare il testo delle citazioni induce, come si è detto, a postularne la discendenza da una fonte comune, non però nel senso che intendeva Drerup di un solo archetipo per r e per 8AnN e nemmeno nel senso che ad un unico modello di Antidosis si sia rifatto chi ha costituito il corpus isocrateo di r da una parte e chi ha riunito invece le orazioni della famiglia vulgata dei nostri codici dall'altra:" il testo delle citazioni avrà piuttosto mantenuto caratteristiche comuni per il motivo che, come pare probabile, i lettori antichi deii'Antidosis per lo più trascuravano di soffermarvisi, quindi di collazionarlo e di contaminarlo con altri exemplaria. L'unitarietà del testo degli excerpta in y8À non implica comunque che 8 e À rappresentino una fase più antica di tradizione dell' Antidosis, in virtù del fatto che le citazioni vi appaiono riportate per esteso. Indica invece che l'abbreviazione presente in y intervenne a partire da un testo fondamentalmente simile a quello degli altri due testimoni. L'abbreviazione può semmai offrire nella propria forma, secondo quegli esempi che si riconoscono nei commenti filosofici di età tardoantica, indizi utili a proporre una data-
u Cfr. DRERUP, De auctoritate, 67-93. Questa conclusione costituiva per Drerup un argomento a sostegno della propria ipotesi di un unico archetipo dal quale avrebbero tratto origine tanto r quanto il ramo vulgo;~to della tradizione manoscritta medievale di lsocrate. 20 Quando cioè i corpuscN/4 isocratei furono riuniti a formare !"edizione' antica rappresentata per noi da r. e non prima, quando I'Anttdosìs seguiva, com'è da immaginarsi anche per altre orazioni, o meglio, gruppi di orazioni isocratee, una propria separata vicenda di tusmissione: cfr. infra. 11 Da un modello discendente da fonte antica e diversa da quella dei passi corrispondenti dell'orazione 'intera' trasmessici dai nostri manoscritti medievali indipendenti - sebbene certamente non prima di aver subito interpolazioni e contaminazioni dalle ruensiones della De pace destinate a perpetuarsi fino al Medioevo bizantino nella forma testuale conservata nei co dd. r AnN. 11 Nel testo delle rispettive Antidosis in r SA non si registra il medesimo accordo osservato per le citazioni: cfr. PASQUALI, Storia, 297 n. 5: •[ ... ] dove il confronto tra r e a [ovvero il capostipite della 'vulgata'] è possibile, le varianti sembrano abbondare nelle citazioni meno che nel resto dell'Antidosi•. 1'
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LA CITAZIONE DELLA ·DE PACE· NELL'•ANTIDOSIS·
zione approssimativa per l'accorpamento dell'Antidosis alle orazioni formanti l' 'edizione' di Isocrate per noi continuata da r. Una 'edizione' dove il lettore non avesse difficoltà a ritrovare e consultare nei testi 'd'origine' le citazioni, che nell'Antidosis potevano essere presentate compendiosamente forse anche data la facilitazione materiale di avere l'intero corpus delle orazioni isocratee trascritto su di un unico libro. Inoltre, la forma attribuita all'abbreviazione, tanto simile a quella già in uso nella tradizione dei commenti in ispecie ai testi filosofici, rende più nette le caratteristiche dell'ambiente culturale al quale si possono far risalire le origini del modello di r, già vagamente delineato dagli scarni dati forse attribuibili all'Eliconio delle sottoscrizioni apposte alle prime sei orazioni tramandate dall'Urbinate.
IV. IL TESTO DELLA CITAZIONE E LA QUESTIONE DELLE VARIANTI D'AUTORE
Con tutta la loro brevità, i tratti di testo delle citazioni della De pace in y consentono di formulare la stessa osservazione a cui conduce la parallela testimonianza degli altri due codici dell'Antidosis p. e 6): essi presentano, come già si è avuto modo di rilevare, un testo che non è il medesimo dei passi corrispondenti quali si leggono nell'orazione 'd'origine'." La frase Kaì 1:oùç aùtoùç 1:0\rrouç ... Ème ecrn v oonç OÙ>C àv >Cataq,povl\oElEV, >eaÌ toùç aùtoùç toutouç >eupiouç OltÒVt(J)V tmv mtvmv >ea9iotaJ.IEV, olç oùoEiç àv oùoév tmv ioiwv ÉltttpÉijfEtEv. (53) o OÈ ltÒvtwv OXEtÀtromwv· oiìç yàp ÒJ.IOWyl\oatJ.iEV àv ltOvTJpotàtauç d vm tmv ltoÀumv, toutouç mototàwuç q,u;l.a>eaç ~youJ.1E9a riJç ltOÀttEiaç d va t, >eaÌ toÙç J.IÈV J.IEtOl >COUç tOlOUtOUç Et Vat VOJ.llçOJ.IEV OlOUç 1tEp ÒV toÙç 1tpOOtÒtaç VÉJ.IWOlV, OÙtOÌ 0' OÙ>C OÌÒJ.IE9a riJv aÙriJv ÀJ\1j1E0'9at Oòf,av totç 1tpoEotmmv ~J.lmv.
De pace in Antid. 66: ÉJ.11tEtpòtatot OÉ ÀÒywv >eai 1tpawàtwv òvtEç oiitwç òAiyropwç EXOJ.IEV, rootE 1tEpÌ tmv aùtmv n;ç aùriJç ~J.IÉpaç où mutà ytyvroO>COJ.IEV, ci),),.' OOV J.IÈV 1tpÌ V EÌç riJv É>e>CÀTJOlOV civa~iivat >COtTJYOPOUJ.IEV, tauta OUVEÀ9ÒvtEç XElpOtOVOUJ.IEV, ou ltOÀÙV OÉ xpòvov OtaÀlltÒVtEç tatç Év9ÒOE ljiTJto9Eimv, ÉltEtoàv ciltiWJ.IEV, ltÒÀtv ÉlttttJ.lmJ.IEv· 1tpo01totoUJ.1Evot OÈ croq,o)tatot tmv 'EHl\vwv dvat, totoutotç XPolJ.IE9a ouJ.iJlouÀotç oov ou>e i:onv oonç OU>C àv >eamq,povl\OElEV. E~7tE.tpé'tatot: ci:n:EtpOtatOl e teaì. n:pay~citwv Ovn:ç: [ov)lu:[ç K)at n:payJ.LOtOOV p ò).qulpooç 9 P: ci:Àoyiat(l>ç À r AflN P• 1 ut v.l. Di où taUtà oUt. aùtà P OOv J.I.ÈV rtpi.v et P: OOv rtpi.v Di civaPtivm r AflN p Di: civa!XJivElV 9 À Ca0'10V tCatpv KaÀci>v, lezione che trova il consenso di Drerup (lsocratis opera, ad loc.) perché in posizione chiastica rispetto alla coppia precedente nEpi. tavEpolmm 81. 1 A: q>avEpoltatov n; 139.2 KWÀUcro~EV 8). l 11.: KWÀUcrW~EV n; 142.6 ytyvo~Évwv 8). l 11.: ytyvo~Évouç n.
30.2-3
KatÉcrtT\~EV
Accordo di 8 À con 1 e
n
contro A
26.7 Év ù~iv 81. 1 n: u~iv A; 38.5-6 JtEpi wv 81. 1 n et 11.": JtEpi .:ai wv 11. 2; 41.9 ciHà Jtiiv (àH' aJtav À) 8 1 n Dion.: ciHà A; 54.5 crwPou1-Eucrat 8). 1 n: cru~PùuÀEucracr8at Il.; 138.5 Kataq>EU~OVtat 8). l n: Kataq,EU~WVtat A; 139.4 JtOÀtç ii 81- 1 n: ii JtOÀtç A. Accordo di 8 À con A el o
n
contro 1 (con A o
n)
81- An: i]~iiç 1; 28.4 q>Epoucraç 81- An: q>Epo~Évaç 1; 29.4 otaJtpa~acr8at 81- An: otaJtpci~acr8ai n 1; 33.2 .:ai .:aptEpEiv 81- An: .:aptEpEiv 1; 35.8 oiovmt (oiov tE 1-) 8 An: oiEcr8at 1; 36.1-2 ÉJtatvÉcrat 81. An: ÉJtatvEicr8at 1; 36.2-3 JtE!crat wùç à.:ouovmç 81. An: wùç à.:ouovmç JtEicrat 1; 37.2-3 Ò~oiouç KEÀEuoum 81. An: KEÀEuoumv Ò~oiouç 1; 37.3 JtOtEpov 81- An: JtT) S"; XXXVI.125 post Ti om. f1 N S Tol O, add. s.I. N; XXXVI.126 tàvopòç] àvopòç f1 N S Tol: tàvopòç O; XXXVI.139 inJtoopò~wv] inno~Éowv f1 N S: ino~Eiìwv Tol, n s.I. Tol: i1t1tO~EiìEpò~evot O; XXXVI.140 I:tv(J)ltucòç] mvonucòç Tol {ut vid.) O; XXXVII.143 GupÉQ] Gupaia n N S: !:h]paia Tol O; XXXVII.! 54 o' Énl] o€ Énl n N S: Énl Tol O; XXXVII.l61 8'U"(a~Éprov] !:h]ya~prov Tol O.
Se si considera ad esempio XXXIII.! O Ttoiou to\ì J ~iç touto\ì (sic) Tol: tiç toutou O, il Toletano sembra essere più vicino all'origine della corruttela; così in XXXVI. l l O ilEYUÀ'IlV ]!toÀ"Ì]v Tol: !tOÀì..T\v O è chiaro che Tol tende a non interpretare, mentre O sembra interpretare e correggere; il Toletano resta dunque generalmente più vicino alla corruttela: O copia dallo stesso modello ma sembra intervenire. In alcuni casi Tol sembra presentare un testo più vicino a N rispetto a O ma questo può trovare spiegazione nel fatto che O interviene seppure in misura minima.'' Tol e O risalgono dunque indipendentemente a una stessa fonte perduta risalente a N. A escludere la copia di Tal su O o di O su Tal" intervengono numerosi errori singolari in entrambi i codici. Errori singolari di 0: XXXIII.IS EÙ~ncijtl.'ltòç] EÙ~Etci~ÀlltÒv 0; XXXIII.24 Ota~ciÀl]] litaO; XXXV.71 cilitaòproç] lita$6proç O; XXXV.IOO -~opov] euoj>opov O; XXXVI.!OS in\topa] pt\ -pa O (sic); XXXVI.!06 ·~opou] Eùlllòpou O; XXXVI.! IO -~opov] euoj>opov O; XXXVI.ll4 Eùq,òpou] eùcj>òpou O; XXXVII.142 K:ì.utat~vt\otpaç] KÀlltE~vt\mpaç O; XXXVII.! 54 Xatpvliou] xepvoou O; XXXVII.163 ndo'l'] nÉÀro'l' O. ~ciÀÀ'l
Errori singolari di Tol: 93 XXXIII.! 8eoopou] 8eooropou Tol; XXXIII.4 ÉK toùtou] ÉK toùtoùtou Tol; XXXIII.!S .:68opvoç] .:6p8ovoç Tol; XXXIII.!S od';tòv] oeé;etòv Tol; XXXIII.25 tEtpa.:ooiouç] tEtpa.:ouo(ouç Tol; XXXIV.35 cinEixeto] cinixeto Tol; XXXIV.36 OEtÀÒç] OllÀÒç Tol; XXXIV.52 yuvat.:òç] yuvat.:àç
91 Non suscita meraviglia, dunque, che in qualche passo non si ripresenti in O l'evidente errore di N: XXXIII. 13 ~oMç] ~m!iòç ut vid. N: ~Eiiòç ve! ~oMç Tol ?; XXXIV.H On:d.aOvtoç] ciruo::A.Bovtov ut vid. N: cin:eA.66vtov Tol; XXXVI.l31 post Ài)'Eta\, BÈ add.
N Tol: non add. O. Così in due casi di v efelcistico O si discosta da N: XXXIII.IS E-
crn] Eonv N Tol; XXXIV.38 ~l.~9Eot] ~l.~9Emv ut vid. N: ~l.~9Emv Tol. 91 Cfr. VERRENGIA, Dione or. XIII, 18-19 e soprattutto 48-49. Questa conclusione troverebbe conferma anche nel testo dionea. Nella sezione della miscellanea formata da Diane + Vita lmcratis c ArgumentHm dell'Ad DemonicHm, testi uniti organicamente come in Tol, sembra essere senz'altro da escludere la copia di Tol su O. 93 In alcuni casi Tolsi è invece corretto: XXXIII.14 K66opvoç] K6pvoç T o! .. ut vid., corr. Tol; XXXIV.60 post l.òywv, Per una descrizione cfr. già DRERUP, Textgeschichte, 660-663; ID., lsocracù opera,
XIV-XVI. w Cfr. SAUTEL, Répercoire, 116. m Cfr. in ultimo CAVALLO, Scritc11re informati, 228. Cfr. già WILSON, Scho/arly Hands, 223; CANART- PERRIA, Écrit11res, 78 e n. ~S. Per la bibliografia cfr. PINTO, Scoria,
43-~4.
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MARI ELLA MENCHELLI
Il codice contiene 21 orazioni di Isocrate: si apre ora con la 'JcroKpcitouç 1tpÒç D.T]~OVtKov Jtapai VEcrtç (l: ma il titolo è stato apposto da A' che copia fino al § 46), f1pòç NtKOKÀ.Éa 1tEpÌ ~acrtM:iaç (Sv), NtKoKì..iiç ii cru~~aXtKoç (14v), iniziando dunque con i parenetici: il titolo del Nicocles è palesemente diverso da quello di f. Contiene di seguito Paneg. (25v), Hel. (59), Euag. (70v), Busir. (cfr. sottoscrizione) (85), C. soph.; poi Plat., Areop., Phil., De pace, Archid., Panat., Antid., C. Loch., C. Euthyn., De big., Aegyn., Trapez., C. Ca/l. A è stato danneggiato da un incendio soprattutto nella sua parte iniziale: dalla numerazione dei fascicoli superstiti, secondo la descrizione accurata già di Biirmann, pare che siano andati perduti tre quaternioni e dunque 24 fogli iniziali; i §§ 1-46 della Demonicea sono dovuti al correttore A', del secolo XIII, dunque già nel secolo XIII il danno è stato in parte risarcito; facendo il calcolo delle pagine che accorrevano a Teodoro per scrivere la parte perduta della Demonicea a 22, 23 righe (come ha scritto il resto del codice), Drerup conclude che si ottengono poco più di 14 pagine: le poco più di 9 pagine restanti dovevano, secondo Drerup, contenere la Vita che ci trasmettono f1 c N, legati a A dal punto di vista tradizionale; secondo Drerup A non avrebbe mai contenuto gli Argumenta, come invece riteneva Biirmann. 139 Mentre infatti Drerup sostiene che A conteneva soltanto la Vita in apertura ma non gli Argumenta - e nelle sue copie che li contengono sarebbero stati inseriti per contaminazione -, secondo Biirmann A conteneva nella parte iniziale Vita e Argumenta insieme. Se per f resta del tutto da verificare un danno materiale iniziale che forse non ha mai avuto luogo, la caduta di fogli nel Vat. gr. 65 è un dato sicuro, provato dalla numerazione dei fascicoli e la cui entità induce a ipotizzare la perdita di uno o più testi introduttivi iniziali. 2. Ordine e ordini. La Vita anonima c l'ordine degli scritti in f e nei codici della vulgata La Vita fornisce alcune indicazioni, discusse in breve anche da Drerup, HO sull'organizzazione degli scritti che possono risultare utili al!' analisi del!' organizzazione del corpus nei testimoni medievali.
139
BORMANN,
Oberlieferung,
I, 6.
140 Il rimando di Drerup è alla edizione Westermann; si trarta del lungo passo che Benseler e Sandys, pur non stampando la Vita, includevano nella loro edizione all'inizio de!I'Argumentum dell'Ad Demonicum.
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GLI SCRIITI D! APERTURA DEL 'CORPUS' !SOCRA TEO
a. Il corpusculum dei parenetici Un lungo passo prende in esame l'ordine interno dei parenetici e da esso occorre riprendere lo studio del corpusculum e della sua successiOne e orgamzzazwne: Mathieu - Brémond, lsocrate, !, p. XXXV.68-83: ( ... ] root' OlltOU ÒV ElljOOV lCOt OÌ ltOpatVÉOEtç. "Af;tov OÈ S'lnlOat OtÒ ltOiav aitiav oihwç a\nàç àvaytvoioKO~EV Katà tà~tv - 1tp6itov tòv ltpòç L'>ll~ovtKov, EltEtta tòv 1tpòç NtKOKÀÉa"' - Kal ~TÌ àlìta~opwç ro01tep Èv toiç ÒÀÀotç aùwiì Àoyotç. AÉyo~EV on '(oo!Cpàtljç flouÀO~EVoç lCOlVcoGlEÀTÌç yEVÈ09at, q,opnKÒv lìÈ iiroù~Evoç tò 7tpÒç ltàvtaç ypà~etv tàç ou~JlouÀàç ijSeÀEv ll~ovucov t DRERUP, Isoaatù opera, XC; per l'organizzazione del codice foziano cfr. anche CANFORA, Coliezwm, 171-172. t~>l Cfr. DRERUP, hocratis opera, XC; CAVALLO, Conseruazione, 129. 1 ~ 1 La presenza dei parenetici in apertura in raccolte in realtà fondamentalmente diverse non deve stupire: dr. CANFORA, Colleziom, 175, per Demostene: •La collocazione al primo posto delle FiiJppiche è [ ... ] un tratto che accomuna l'edizione cui risale S e quella cui risale il Marciano (F)•, come è noto assai lontani nella tradizione; dr. anche lVÌ, 174-175 e lo., Conservazione, 23: .:t, un criterio che già nelle edizioni di età romana dové affermarsi•. Lo studio della tradizione potrà forse approfondire la
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MARIELLA MENCHELLI
Il titolo NtKoKì..iiç ii O\J!l!lOKtX6ç, che compare nell'Argumentum del Nicocles, e nella Vita nella forma npòç NtKOKì..Éa ii 0\J!l!lOKtXOç, è proprio soltanto di questo ramo della tradizione, quello di A (significativo per i titoli è anche S; n e N non hanno i titoli ma hanno Vita e Argumenta a riprova). La Vita e gli Argumenta paiono dunque legati al ramo della cosiddetta vulgata. Nell'esame della Vita rinvenuta da Mustoxidi in N e O e tradita dai manoscritti sopra esaminati, criteri interni sembrano suggerire che !"edizione' di r, con il titolo suo proprio e singolare per il Nicocles, e con gli encomi in apertura di corpus, mostri scarsa affinità con la composizione della Vita stessa. Con l'ipotesi di Martin, che anche Drerup sembra accogliere, ci si troverebbe ad unire al corpus di r un testo introduttivo che presenta delle discrepanze rispetto ad esso.'" 4. La parte finale della Vita e l'inizio dell'Argumentum dell'Ad Demonicum: il legame della Vita con gli Argumenta nei codici Questo stesso testo non termina con il taglio generalmente attribuitogli. Secondo il taglio di Westermann, la Vita si conclude con le parole Kaì muta !lÈV !tEpÌ 'tOU 8Eo1tEOl0\J pT\wpoç. Al testo di Westermann faceva riferimento anche Drerup e, come si è detto, con questa conclusione la Vita ricorre in Mathieu - Brémond. Tornando ai testimoni, il testo non sembra concludersi. Come si è detto, nei manoscritti segue infatti: Aot1tòv oÈ xwpEi v àvciyq È!t· a\nàç 1àç Èé,T]"(1\oEtç 1wv Àoywv aù1où !tpoimç !tOtoUjlÉVOUç 1