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Italian Pages 422 Year 2016
SILVIO D'AMICO
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Edizione ridotta a cura di
ALESSANDRO D'AMICO
con un aggiornan1ento di RAUL RADICE
volume secondo
BULZONI EDITORE
© 1960 ·by Aldo Garzanti editore © 1982 by Bulzoni editore 00185 Roma, Via dei Liburni, 14
PARTE QUARTA
L'OTTOCENTO
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1. -NASCITA DEL ROMANTICISMO IN GERMANIA Caratteri del Teatro europeo nell'età nuova. • Il Medioe• vo aveva fatto il Teatro per il popolo e al popolo aveva proposto, anche dalla scena, il gran problema cristiano: la salute dell'anima. Il Rinascimento aveva fatto il Teatro per il fiore della società; e, nell'ora in cui risorgeva il gusto della. vita terrena goduta e giustificata· in sé e per sé, aveva riproposto, anche dalla scena, il tema della suprema gioia uman·a: l'amore fra i sessi. Poi nell'età barocca abbiamo visto come questo amore, che è l'oggetto della Commedia e del Dramma pastorale, si mescoli spesso ai toni eroici della Tragedia, e nemmeno a dirlo del Melodramma: benché la Tragedia si proponga, per sua natura, ideali di da imitare. On\ero, Eschilo, Sofocle, dicono gli Sturnier, furono grandi perché f·urono >; donde l'inimitabilità della loro poes-ia, e l'esempio che ci dànno, nell'invitare.i a fare com essi fecero, cioè essere, a nostra volta, noi stessi. , In, Germania più ancora che in altri paesi la storia del Dramma è . storia di . contatti e di scambi. L'aspirazione universalistica dei nuovi tedeschi li porta a cercare anche oltre i confini della patria, e non più nella sola Francia, ma in Italia, .in Spagna, in Oriente. \'" edremo che g}·j argomenti del nuovo Dramma tedesco (come già di Lessing) sodo attinti,. per essere liheran1ente interpretati e foggiati, alla. storia e alla letteratura di tutti i popoli. Ma il giù fecondo fra cotesti contatti è senza dubbio quello col genio britannico, e precisamente con Shakespeare: in cui lo spirito germanico crede di riconoscere la maggior parte dei suoi ideali. Le traduzioni che se ne vanno diffondendo ' strappano gridi d'ammirazione. I levigati classicisti francesi del Seicento e l'accadelilico Voltaire sono ripudiati per il gran Will, di c11i si adora l''impeto irrefrenabile, la creduta sregolatezza, la fantasia strapote11te, il libero giuoco delle passioni, l'i1nmensa vita.lità. Di qui ha orìgine quello che noi Italiani, con una terminologia la quale non coincide in tutto con quella della critica tedesca, usiamo chiama1·e, un po' sommarian1ente e senza tutte le opportune distinzioni di tempo e di grado, Romanticismo: movimento che, sviluppando i principì, o 9
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meglio i sentimenti, dello Sturm und Drang, e accogliendo nel suo seno i fermenti d'altre correnti rivoluzionarie estetiche, filosofiche, soc.iali, politiche, religiose - dapprima feconda tutta la Germania, e i11 un ·secondo momento straripa anche all'estero. Non c'è biso·gno d'aggiungere che, dati i loro principi, essi nemmeno si propongono più la vecchia questione delle unità aristoteliche. A teatro, la tecnica è quella medioevalmente ·libera e fantasiosa, per conti11ui mutam.enti di scena, senza limiti di spazio, di ten1po, di persone.
·Herder e gli Schlegel. • 11 profeta de] movimento roman• tico è un figlio autentico de]la gener.azione dello Sturm und Drang, J ohann Gottfried Herder ( 1744-1803). Fu detto ch'egli raccolse i frutti di ciò che. Lessing aveva seminato. Accanto ai tesori della cultura classica, Herder scoprì ai Tedeschi quelli dell'Oriente, que)li. del Medioevo cristiano, e, al solito, Sha• kespeare: non la riscaldano, il suo finisce con l'apparire meccanico. Quel che in essa conta son pur sempre le passioni de' suoi eroi; n1a, stavolta, come imbrigliate .e soffocate dalla formula classicista, eh~ evidentemente non s'attagliava al t·alento
di Schiller. Del quale l'ultima e felice manifestazione fu nel quadro shakespeariano del W ilheln, Tell ( 1804). Dove ii contrasto torna ad essere fra il sentimento di patria, di libertà e d'umanità, e la tirannide e oppressione straniera. L'eroe è il popolo svizzero, incarnato non solo in Teli, ma in una quantità di personaggi vivi e frementi.
L'opera di Schiller vive dunque, nel· suo insieme, sotto il grande afflato di Shakespeare. È possi,hile che la frenesia di vita shakespeariana sia talvolta, e spiecie ne·i suoi esordi, diventata in lui astrattismo e retorica; la Sila passio;ne filosofeggia; sovente. i suoi eroi vaniscono nel simbolo. Ma per quanto la critica posteriore si sia mostrata incline a riconoscere al Dramn1a di Schiller un 'importanza storica più che ad .•·accettarne i'ntegralmente il valore estetico, non e·è dubbio che esso, anche nel,e_ parti oggi apparse più caduche, è sempre avvivat_o da un pathos sincero, da un intimo fervore. I primi lavori del poeta, risente11do ~el pessimi• smo degli Sturmer, paiono concludere con la vittoria del male; ma, Ò1an inano ch'egli procede verso la maturità, il suo orizzonte si riscl1iara; e pur nel giuoco violento delle luci e delle ombre, Schiller afferma sen1pre più saldamente la sua fede nel bene, nell'avvenire, nell'umanità elevata e migliorata. I suoi eroi soccombono, ma non inutilmente; essi seritono, morendo, d'essere gli annunciatori d'una prossima ·redenzione. La Germania degli Sti.irmer e dei roniantici aveva sp_asmodicamente domandato, predicato, implorato la creazio• ne d~un ·Teatro nazionale, dove l'ideale si fondesse col reale, la finzione significasse cose grandi, e il Dramma f osse veramente la rappresentazione di qualche cosa che, oltre l'esteriore e il visibile, attingesse uri Dilà, parlasse al-
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l'anima, la mettesse in qualche modo in comunicazione con l'infinito e con l'eterno. Questo voto, con Schiller, venne esaudito; dopo tanti falsi allarmi - per Hans Sachs, per Gryphius, per Klopstock e per lo stesso Lessing, evidente-· mente maggior critico che poeta - la Germania potè veran1ente salutare in lui il creatore del n1oderno Teatro tedesco.
Poeti del Romanticisino: Kleist.
. Ricorderemo di volo,
nella. vasta fioritura di tempestosi talenti, accanto ai già menzionati Friedrich J\{aximilian Klinger (1752-1831). e Johann Anton Leisewitz (1752-1806), il nome di Jakob Mi-chael Lehz (17 51-1 792), la cui eterna delusione per l'inadeguatezza della bassa realtà agl'ideali del sogn9 si tradusse li ri c amen te nelle sue poesie; ·ma prese forma di un disperato, e alle volté grottesco umorismo, nelle sue commedie rifatte da Plauto, nei suoi drammi, e nella sua satira aristofanesca (pubblicata pQstuma nel· 1819) Pandemonium Germanicum. Da citare anche Heinrich Leopold W agner (1747-17~9), che si può riconoscere tra i precursori del dramma ottocentesco: si ricordi il suo Die Kindesmorderin (La infanticida, 1776). Ma sopra tutti costoro, e così alto che a un certo punto la sua tormentata figura sembrò erigersi contro quella dell'olimpico Goethe, si leva Heinrich von Kleist (1777-1811). Ancora oggi, accanto alle critiche e riserve . più recenti (Croce: poeta secondario, d'importanza soprattutto documentaria), il suo nome suscita innamorate apologie (Gundolf: il solo tragico che la Germania abbia avuto). Tutt~ l'opera del Kleist risente del suo spirito ultraindividualista, pregna com'è d'un indicibile orgoglio che non può adattarsi alla realtà nemica, e d'un morboso spasimo per quel mancato adattamento (Kl~ist mise improv.visa• mente termine alla sua giovane vita suicidandosi, con una donna che amava, sulle sponde del ~, annsee presso Berlino}. « Paradigma del secolo », ha definito Giaim.e Pintor • • • cotesto suo veramente tragico e romantico atteggiamento. '-
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Anche il suo primo dramma, Die Familie Schroffenstein (La famiglia Schroffenstein, 1803), per rappresentare la sconfitta d'un sogno immenso e inappagato, muove ( come lo Sturm und Drang) dal ricordo di Romeo e Giulietta: stoi:ia d'un amore a contrasto con la ferocia di fazioni in lotta. Der zerbrochene Krug (La brocca rotta, 1808) è un co:pimedia borghese,- la sola se.ritta dal poeta, per una specie di scommessa con amici, lo-
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gliendone lo spunto dalla notissima stampa > : è vero che, nella sua semplicità, propr.io questa sarebbe l'opera di più schietta vena uscita dalla penna del Kleist? O non è essa piuttosto, come è parso ad alt1·i, lo scherzo a fredd·o d'un intellettualista rifugiatosi una volta tanto in un deliberato sorriso? Amphitryon \ 1805) è un'altra commedia, che però rientra ad ali spiegate nel regno della fantasia: dalla rozza co• micità plautina, da quella fulgida di Molière ( di cui vuol essere una traduzione), il poeta riporta l,t favola mitologica alle soglie dell'arcano. Il più veemente dei suoi drammi, se non il più compiutamente ·bello, ( Goethe ne fu più irritato che persuaso) è Pe_nthesilea ( 1805-18()7): alto unico in ventiquattro scene, the svolge la ben romantica storia d'wi an1ore-odio fra Pentesilea regina delle Amazzoni e il suo nemico Achille. Gli orgogliosi antagonisti si amano, ma si combattono; e la lotta si. c-onclude col· ritorno alla ragione di Pentesilea che, riaven .. dosi dal folle e cieco furore davanti alla salma dell'eroe fatto a · brani, chiede esterrefatta alle sue A1nazzoni chi sia stato l'autore del misfatto. Dopodiché l'eroina si uccide, ma senz'armi: 11nica1nente con un atto di volontà; per sola forza di pentimento: di concentrato dolo1·e. Un urlo di guerra è Die H errman.nschlacht ( La batta glia di Arminio, 1.807), dove il ritorno alle più antiche fonti della storia nazionale è soprattutto un pretesto all'aborrimento degli invasori francesi, spu11to per caratteri e scene d'atroce terribilità. Poi il poeta chiede conforti alla bella leggenda, tramata di elementi qu-asi fiabeschi, con eroi di splendida convenzione, e lieto fine obbligato: Kiithchen von H eilbron11, ( Caterina di Heilhronn, 1810), che l'allarmato Goethe definiva ). E invece è possibile cl1e a noi moderni sia dato accettare, .con un compiacime11to più tenero che per certi programmatici drammi goethia11i, i sapori e i colori favolosi delle stravaganti ma seducenti avventu,re di questi personaggi del Kleist: talvolta portati fino all'assurdo, e tuttavia mirahjlissimi: quei cavalieri, quei giudici; quell'imperatore, quali può vagheggiarli la fantasia popolare: e lo strepito df!gli urti, e il vanir degli intrighi. · Senza dubbio, Kleist si compiace di stupefare; talora è strano, enfatico·, duro. Ma ha una potenza tutta sua ; e, col suo affinarsi nell'esperienza ·dell'arte div•~nta sempre più preciso e sicuro. Pe~ciò un vecchio consenso riconosce il suo capolavoro nell'ultimo, in ordine di tempo, fra i suoi drammi, Der Prinz von Homburg (Il principe di Homburg, 1810): -malgrado il ritorno e fors'anche l'abuso, di certi prediletti toni incantati e sonnan1bolici, del resto insepara.bili dallo stile del poeta. Qui il dramma è determinato dalla folgorante vittoria militare che un giovane principe riporta prendendo su di sé, contro gli or• dini ricevuti, l'iniziativa d'un'azione di guer1"a: egli ha vinto, ma ha scandalosamente disobbedito: dunque deve essere messo
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a morte. Allora il suo capo, supplicato dalla fanciulla che ama l'eroe, finisce col rimetter la sentenza allo stesso colpevole: può Homhurg, soldato, consent.ire che un disobbediente, qua~ lunque sia il risultato della sua disobbedienza, rimanga impunito? No che non può: e Homburg, per quanto assetato di vita; pronuncia la sua propria sentenza; e vien condotto bendato al supplizio. Ma qui il suo capo riconoscendo che 'il giovane, con la disciplinata accettazione della morte, s"è reso degno della vita, ha segretamente disposto che, al rullo dei tamburi a11• nunciatori della fucilazione, una mano gli tolga la benda: e allora Hornhurg scorgerà, non le arn1i puntate su di lui, ma la fanciulla innamorata che gli porge la corona d'alloro. Il principe di Homburg non fu rappresentato né pubblicato; ed è certo che questa fu una delle cause le quali determinarono l'estrema crisi del poeta, spingendolo allo sciagurato gesto finale. Oggi, agli occhi dei posteri, il suo gesto ha assunto il valore d'un simbolo: quello dell'anima tedesca che, sul punto di con• quistare se stessa, si sente mancare al~'urto di potenze più forti, e ripiega nella disfatta. Alt1·i poeti e dramn1aturghi romantici .. • Convinto assertore del talento di Kleist fu un altro prussiano, inquieto campione degl'ideali romantici: IJudwig Tieck ( 1773-1853), di Berlino. Se è vero che i suoi amici Schlegel a un certo punto pensarono di contrappo-rlo nientemeno ·che a Goethe, è dubbio che la sua irrequieta e alquanto dilettantesca genialità si sia perfettamente espressa in una nitida opera d'arte. Il suo nobile gusto, perpe• tuamente oscillante fra predilezioni opposte e mescolanze ibride, non gli consentì di sostare, d'approfondire nessuno dei tanti generi in cui s'andò cimentando. Per quel che riguarda il Teatro potremo qui metter da parte i drammi giovanili, in cui sacrificò alla moda e< fatalista )>. Rammentiamo piuttosto i dieci atti, farragi11osi ma densi, del suo irrappresentabile Kaiser Oktavianus ( 1804); e particolar1nenle le sue ·fiabe• drammatiche, scritte appunto sotto l'influsso del Gozzi: Ritter Blaubart (Il cavaliere Barbablù, 1797), Prinz Zerbino oder Die Reise nach dem guten Geschmack (Il principe Zerbino o 11 viaggio verso il Buon gusto 9 1799) e Der gestiefelte Kater (Il gatto con gli s.tivali, 1797), che gli servirono di colorito spunto alla satira di quell'illuminismo, che egli identificava col hana]e > filisteo, contrapponendolo alla libera fantasia dei poeti. E ciò fece mediante una scomposizione dei piani, q·uello della realtà e quello della finzione, che ai giorni nostri si è potuto arditamente interpretare come un giuoco pirandelliano avanti lettera. Anhiamo citato or ora il dramma, >. Questa era stata l'inv~nzione d'un altro e più turbolento romantico, Zacharias Werner ( 1768-1823). Bizzarro talento, mistico e corrotto, credente nel rinnovamento della società ad opera dei > nel· c~stello di Coppet presso Madame de Stael, in, fine convertito anche lui, come il Tieck, a-I c·attolicismo; e, fattosi prete, divenne a Vienna predicatore ascoltatissimo. Il suo dramma > s'int~tola Der vierundzwanzigste Fe~ bruar (Il ventiquattro febbraio, 1810) precisamente da una data fatale, che a ogni ritorno è foriera di tragich·e sventure: in realtà non si tratta di tragedia, tutt'al più di grand guignol in anticipo; pure, il genere ebbe una effimera ma chiassosa voga,. a cui per un momento furono attratti, nonché un Grillparzer, uno Heine. Ripeteremo qui che per il Teatro scrissero ancl1e gli Schlegel? La moda romantica d'un tributo alla ribalta era ormai leg• ge per i poeti: e vi s'affacciò anche il Brentano; e vi si provò anche Theodor Korner (il Mameli tedesco). Accanto ai loro nomi va ricordato quello insigne, se non nel teatro, nella lette• ratura tedesca del nuovo secolo, d' .L\.ugust von Platen (_ 17961835). Idealista e pessimista, avido di . gloria e sdegnos~ della folla, ·fiero e solitario, fu un lirico e, insieme, un umorista; ma "" scrisse anche commedie, mediocri, e un dra1nma storico, debole. Qui se ne pos_son citare due commedie aristofanesche, Die verhiingnisvolle Gabel- (La forchetta fatale, 1826), e Der romantische di più dran1mi del suo amicissimo Schiller; fu .il riverente divulgatore del Teatro di Goethe; né per questo trascurò di rappresentare il miglior Teatro straniero, contribuendo. anzi alla buona conoscenza di Shakespeare, Corneille, V ol,, ta1re. Infine, contro tutto il fervore, gli entusiasmi, i programmi e le speranze de]l'età, sembra porsi il cipiglio, fra truce e sentime11tale, d'un drammaturgo e.be volle rappresentare il tipo dell'antiromantico, e nella cui .frequente sensiblerie oggi ritroviamo invece, come succede, tanta parte del gusto roman• ticheggiante del tempo, seppure male filtrato e• svisato: August von Kotzebue ( 1761-1819), di Weimar. Manierato, ·superficiale, oleografico, ma facile, piacevole, abbastanza scaltro negli intrecci, buono nel dialogo, conoscitore dei più convenzionali effetti scenici, suscitò entusiasmi· col suo ·e< capolavoro >), Me,,schenhass und Reue ( Misantropia e pentimento, 1789), dramma lacrimoso che sarebbe insopportabile al nostro gusto. Oggi di questo reazionario sentimentale in Germania·· si rappresentano tuttavia i coloriti quadri di Die deut.~chen Kle•i,istiidter ( I pro• vinciali te~eschi, 1803); ma, per bizzarra sorte, fuori. dei confini tedeschi non sopravvi,,e che una farsa. po;polarissima, infinite volte tradotta, ridotta, adattata e rifatta a uso ··delle personali bravure di questQ o quel comico: Das La11dlusthaus (Il casino di campagna, 1809) . •
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2. GOETHE Vita e opere di Goethe. - Per pochi autori, come per Goethe, le opere assunsero via via il carattere, d'una schietta, aperta, dichiarata confessione autobiografica. . • Conforme alle sue origini romantiche, anche Goethe sognò, quanto tutti i Tedeschi del tempo suo, un nuovo, un nobile, un gra11de Teatro germanico. E della sua passione non solo per il Dramma, ma per la Scena, dette la suprema espressione nel Tirocinio di W ilhelm Meister. . È la storia delle vicende attraversate da un giovane il quale crede nel Teatro perché vede in esso, per eccellenzà!: l'arte che n1ette l'anima della folla in diretta comunione con la poesia. A questo fine, e a quello di dare al suo paese l'invocatissimo Teatro nuovo~ Guglielmo Meister si fa attore.. Il racconto delle sue avventure non ha quel . che si dice un'unità d'intrigo:
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procede ~ .anzi pi-uttosto slegato, d'episodio in episodio, con lunghi indugi su: questo o su ·quel particolare parrativo o descrittivo, su questo o su quel problema scenico~ Tipico è, a tal proposito, lo studio sull'interpretazione scenica rimasta classica - dell'Amleto, che è il supremo cimento affrontato dal giovane Meister: dopodiché, deluso, egli si .ritira dal teatro, . cedendo signi•ficativamente il posto a una compagnia di spet• tacoli coreografici. È stato facile vedere, in questa conclusione, la delusione dello stesso Goethe, che abbandona il fittizio mondo della Scena · dove troppo pubblico sembra preferire, agli alletta,menti dello spirito, le seduzioni dei colori e delle forme per l'ingresso nel vero mondo e nella vita. Ma cos'altro sono poi la vita e il mondo, se non teatro? Credente nella missione educatrice dell'arte_, e quindi nel sacerdozio d.ell'attore., Goethe direttore e regista pretese rive"' renza dal pubblico · > ; una volt,1 che il pubblico fu irrequieto, il grande poeta non esitò ad arringarlo, per richiamarlo· al rispetto del luogo - ; ma soprattutto pretese ferrea d,isciplina dall'artista. La Scena dev'esserl raccolta, secondo · Goethe, sotto l'autorità assoluta di un capo, come l'orchestra sotto quella del direttore. Il regista è il huo11 tiranno che disciplina i suoi attori, non solo esteticamente ma anche moralmente ( una volta, Goethe fece condurre alla polizia un attore che aveva battuto la moglie; e altre punizioni, anche corporali, avrebbe · volentieri applicato agli istrioni privi di umana dignità). All'occorrenza, come abbiamo visto, non esitò a proporreai suoi sottoposti un modello in se stesso: bellissimo di .lineamenti, di scultorea prestanza, dicitore ~ccellente, si produsse in pubblico anche come attore ( Alceste nei Co,11-r>lici, Oreste in Ifigenia, ecc.), fra la generale ammirazione. Ma s'intende che non sarebbe stato facile chiedere a tutti gli altri le sue doti, se non di talento, di fisico. Donde il s110 principio, di ridurre il più possibile, con un addestramento metodico, lo spirito e il corpo dell'attore, a quel tanto di dig11ità e di docilità che gli permettano di intendere e interpretare non le sole parti affini al suo proprio temperamento, ma qualunque parte, o almeno il più gran numero di parti. Di qui la compilazione di quelle Regeln /ur Schauspieler (Regole per gli attori, 1803), che oggi altri potrebbero trovare artificiose, ma la cui ·convenzione mirava precisamente alla creazione -d'una ar~onia ottenuta con la declan1azione e col ritmo, con la mimica e col gesto, col moto 'dei singoli e con la disposizione dei gruppi·. Secondo codeste regole gli attori sono,· insomma, altrettante sculture viventi, mod.erati da particolari norme estetiche. Goethe regista vuole l'attore al servizio del poeta, lo spettacolo a commento della parola. Il compito dell'interprete è •
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di >. - Ciascuna delle opere di Goethe riflette ed esprime, come si è visto, un momento della . vita del poeta, in continua evoluzione e in perpetuo superamento; il F,iust non esprime un momentò, e nea-nche riassume . un period9, della vita di Goethe; ma la percorre e per così dire la· confessa tutta. La prima idea del poema venne a Goethe dal·Ia leggenda, ereditata da certi e > medioevali e popolarissima in Germania, di un eroe che vende l'anima al Diavolo perché gli sia concesso di conoscere, nell'esistenza terrena., il suo sapore e tutto il suo piacere., tutta la scienza e tutto l.,amore. Da questo soggetto Marlowe aveva tratto il suo dramma Doctor Faustus. In Germania, da secoli, la storia si rappresentava ( e, ridotta, si rappresenta tuttora) dalle mario• nette. Nel 1753 Lessing aveva concepito l'idea di farne un dramma moderno. Nel 1778 il poeta-pittore Miiller pubblicò 11na Fausts Leben dramatisiert (Vita di Faust messa in dramma). Nel 1791 Klinger ne trasse un romanzo intitolato Fausts Leben, Thaten und Hollenfahrt (Vita di Faust, sue gesta e sua discesa all'inferno)~ In Goethe, lo spettacolo delle marionette stimolò idee e progetti~ _fin dai suoi primi anni giovanili, passati a Strasburgo. Egli era allora nel periodo della cosiddetta (< letteratura d'assalto >>, e concepì un Faust eroe ribelle: un fra·tello di Werther e, insieme, di Prometeo. La prima stesura del poema drammatico, che pare da attribuirsi agli anni 1773-75 ed è stata denominata Urfaust,: venne scoperta tra i manoscritti del poeta solo nel 1887. che Faust v'attrave1·sa.. Egli è consigliere d~un imperatore, che salva dalla rivoluzione con un accorto espediente, l'adozione della carta-moneta. Poi ottiene con ·arti magiche il potere di scorrere a ritroso nel tempo., e di evocare i tempi e gli eroi dell'antica Grecia; tesse un idillio con Elena, incarnazione dell'immortale bellezza classica, da cui ha anche un figlio che però non vive ( Euf ori9ne, la poesia nuova, nato dall'unione tra Elena, la poesia classica, e Faust, l'uomo moderno, Goetl1e). Allora Faust cerca la felicità nell'azione; vuol prosciugare e fecondare i mari; comanda eserciti e ottiene la
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vittoria; distrugge l'idillio dei vecchi amanti felici, Filemone e Bauci; poi pentito torna all'unica gioia vera, quella dei·- Bene, e sentendosi finalmente pago lancia all'attimo fuggente il grido: ) ·Qui, pel patto concluso con Mefisto, egli dovrebbe divenire ,preda dell'inferno. Ma Dio, riconoscendo la rettitudine dell'uomo . che ha lottato nella ricerca incessante, che ha goduto ma anche sofferto, che ha peccato ma anche desiderato ed operato il bene, lo fa rapire dai suoi angeli: Margherita, in seno alla beatitudine celeste, prega per lui Maria, Madre di Dio; l' > lo solleva ai cieli; Faust è salvo. Come si vede, la conclusione di questa Seconda Parte rivela che il suo svolgimento, pur tanto più vario di quello della Prima, approda a una morale simile, se non identica : alla salvezza dell'uomo, non malgrado il suo errore, ma col suo errore. Che Goethe abbia, nella sua favola, seguito certé linee attinte alla teologia cristiana, non significa affatto che il suo sia un poema cristiano. Egli si serve dei dati cristiani - Dio, Diavolo, Giustizia oltremondana, Salute, Dannazione - come di una mitologia ( Gundolf); come avrebbe potuto servirsi ( e in parte si è anche servito) di quelli pagani, o d~altra religione, quando ciò gli . convenisse per esprimere quello a cui mira. Ma la sua concezione non è cristiana: non è (malgrado certe apparenze) trascendente. La sua fede non è nel Soprannatu• raie; è unicamente nell'umano. Tutt'al contrario di Dante, poeta medioevale e cattolico, che riprova e condanna ciò che cattolicamente chiama >, e ne esige la liberazione e puri•fi·cazione perché l'anima sia ammessa al Premio eterno e alla Visione beatifica, Goethe, poeta d'un'altra morale, . non scomunica, bensì accetta l' cc errore >> ( da >, va.gabon• dare)~ come un fatale compagno alla varia e dura strada che l'uomo ha da percorrere per la sua (e salute >>. La quale non è, malgrado il > cristiano di cui il poeta s'è servito, fuori e al disopra di questa stessa vita; è nella vita stessa. Diciamo meglio: questa salute, all'uomo, viene dall'azione. Il supremo imperativo morale è agire. Dire all'attimo > e cioè confessarsi pago, adagiarsi; non agire più: questo è il peccato ·supremo, a cui il tentatore Mefisto vuole indurre il suo Uomo.
Spirito e arte di Goethe. - La ragione per cui, nel parlare del poeta e del drammaturgo, ci sia_m alquanto indugiati su l'uonio Goethe è non soltanto che la sua vita fu strettamente connessa con l'arte sua, ma anche e soprattutto che la più grande opera d'arte di Goethe fu in certo senso la sua vita. Prima ancora che romanzi, drammi e poemi, il capolavoro di Goethe fu lui stesso. Al punto che l'ado• razione per Goethe uomo è stata tutt'una con quella per
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Goethe artista; n·on soltanto dall'orgoglio nazionale tedesco, ma anche da critici d'altri paesi, il nome di lui si è annoverato fra quelli dei massimi poeti dell'Umanità, Omero e Virgilio, Dante e Shakespeare. Giudizio discutibile. Per grande che sia l'importanza di Goethe nella storia dell'idioma, e della letteratura, di Germania, e per insign·e che sia la sua figura di poeta lirico, non c'è dubbio che, nel campo del Dramma (come del resto in quello del racconto), l'opera di lui ha difficilmente conseguito quell'equilibrio~ quell'armonia, quell'unità, che sono il classico segreto alla cui conqt1ista egli anelò per tutta la vita. Il ) fece correre all'autore il pericolo d'essere accusato di e< moderazione >>. Nel Fénelon ou Les religieuses de Cambrai ( 1793) mise in scena. la storia d'una monacazione forzata. Nel Timoléon, osò addirittura trattare il caso d'un uomo che, per assicurare la libertà al suo paese, fa assassinare il · fratello; Robespierre s'oppose alla rappresentazione, che tuttavia avvenne dopo la morte di lui ( 1795) . •
Il Teatro di propaganda. - Ma a,d opere che, seppur discutibili, erano concepite con palesi intenti d'arte, come queste d~gli Chénier, o di quel Fabre d'Églantine che abbiam già nominato, il pubblico evidentemente preferiva quelle di dichiarata e grossolana propl:lganda; e cioè facenti diretto appello alle passioni politiche dell'ora, con la critica più o meno violenta al vecchio regime, e con l'esaltazione delle novissime >. Tali Les victimes cloitrées dell'attore-autore Monvel (1791), dove si rÌ.prendeva il tema delle monacazioni forzate, che oltre allo Chénier aveva già ispirato il Diderot ( e doveva ben altrimenti ispirare Alessandro Manzoni); e L'ami des lois di Jean'"Louis Laya ( 1793), che vi predicò libero amore e comu'" nione di beni. Al Teatro della Ri,roluzione non potevan mancare nemmeno le note buffonesche. È · di Pierre-Syl,. ain Maréchal l'applauditissima in un atto Le jugenient der,iier des rois ( 1793), che rappresenta la fine di tutti i tiranni fatti prigionieri'. dai rivQluzionari di Parigi e da questi sbarcati in un'isola per abbandonarli alla prossima eruzione del vuleano. Sono l'Imperatore d'Austria, i.I Re di Spagna, quello di Polonia, quello di Sardegna, quello di Napoli, la ,Zarina di Russia, e il Papa; mentr'essi s'azzuffano per disputarsi un po' di biscotto, l'eru~ zione avviene, e li inghiotte tutti. Diver~.amente grottesco il finale del Mariage du Pape ( Il matrin1onio del Papa), . jn coi il Pontefice romano, riconoscendo la soppressione dei tre voti monastici decretata dal popolo, comincia ad applicare egli stesso l'abolizione del ~elibato, prendendo in moglie una signora Polignac e aprendo le danze con la sposa. Ci voller~ la ..fi.ne del Terrore e il ritorno a una relativa normalità per consentire la rappresentazione di lavori che, rovesciando la situazione, misero violentemente alla gogna le gesta dei demagoghi rivoluzionari: come L'intérieur des comités révolutionnaires ou Les Aristides modernes ( 1795) di CharlesPierre Ducancel, replicata cento sere di seguitQ fra l'entusia . . smo del mutevole e mutato pubblico. Sic tran.~it. , '
l l Teatro Jrance,;e della Rivoluzione e del 1° Impero
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Napoleone e il Teatro. - Con l'avvento di Napoleone primo console e poi imperatore, le cose cambiano. Si è detto e ripetuto che, antico personale del gran Talma fin dagli anni g·iovanili in cui era ufficialetto d"artiglieria, Napoleone amò sempre il Teatro. ~la a conti fatti sarebbe più esatto dire che amò, anche e soprattutto nella vita, la teatralità, Nessuno ha mai saputo quanto fosse di vero nella voce corsa che, per sostenere degnamente i suoi > di dittatore e di Cesare, egli avesse preso ? appunto da Talma: si disse che, per lo meno; ne imitava gli atteggiamenti e il vestire. Ma, tra i luoghi in cui Napoleone amò mostrarsi po1nposamente in pubblico, uno dei prediletti fu certo il palco d'onore della Comédie-Française.; il quale grazie alla sua presenza divenne spesso, anche durante ·1e rappresentazioni .di tragedie e commedie, la sede del più ,,ero e intpor.tante spettacolo di quel teatro. Della predilezione ostentata dal B011aparte verso l'arte della scena, il motivo autentico evidentemente non dev'essere cercato nel gusto estetico dell'uon10, ma nelle sue costanti preoccupazioni politiche. Perciò alla Musica Napo-leone preferiva il Dramma (>. (Shakespeare gli rimase ignoto.) Una protezione così detern1inata da ragioni politiche lo indusse a > ••• e< Tutti fatti a sembianza d'un Solo>>). Due cori invece ha l'Adelchi: il primo che insiste con amarezza su un tema non dissimile, lo scontro dei due invasori sul suolo del paese rassegnato e passivo, stupendo d'accenti descrittivi e nostalgici; il secondo ( subito dopo la morte d'Ermengarda), che piange la vittima dell'iniquità: quest'ultimo, di purezza greca, occupa un posto insigne fra la più alta lirica italiana.
Lungi dal trovare eccessive le libertà tecniche che il Manzoni s'è preso, non possiamo a meno d'avvertire un senso d'angustia, di cupezza, e quasi di monotonia, nel Carmagnola, benché alcune delle sue scene abbiano vigore e potenza grandi. L'Adelchi, incomparabilmente migliore, è più vario, più dovizioso di caratteri, più ardente di pathos, più commosso; e "la figura d~l suo eroe, tipicamente romantico, ha una sorta di trepido incanto, che gli viene dal suo inappagato anelito, dalla sua virile malinconia, di vittima prode e pura, votata alla morte. Ma lo stile d'ambedue le tragedie, che al loro tempo • furono accusate di prosaicità, in realtà pecca talora (nell'endecasillabo sciolto) d'una scarna ruvidezza, lontanissima dalla cesellata perfezione dei cori (tutti rimati, e nessuno in endecasillabi). E il difetto essenziale· che si ravvisa in ambedue, è la mancanza d'un'azione serrata e d'un interesse incalzante; il disperdersi dei particolari e delle persone, che il poeta segue a una a una, senza mai. veramente raccoglierle intorno ad u~ nucleo centrale. Manca una vicenda a-rmoniosamente proporzionata e architettata; manca ciò che, non nel senso retorico ma nel senso autentico, si chia1na unità d'azione. Questo vizio fondamentale è stato quello per il quale le due tragedie non sembrano poter avere, alla ribalta, molta consistenza drammatica. Grande, invece, il loro valore storico; stupendi alcuni tratti, specie quelli in cui l_e confessioni d'un'epoca di speranze deluse singhiozzano in ritmi che a momenti ricordano la contemporanea disperazione del Leopardi. È vero che A.delchi intravede una luce oltremondana, ma è anche certo che, di qua, non scorge che. tenebre: in ambedue le tragedie, il poeta· s'è compiaciuto di rappresentare, con un'aspra voluttà, il lato più amaro dell'esistenza terrestre, e la fatale inadegua-· tezza d~lla vita umana al sogno di giustizia. L'armonia « classica >> nel valore più pieno di questo vocabolo, la I
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_contemplazione sorridente e distaccata, la rappresentazione totale del mondo con tutte le sue ombre 1na anche con tutte le sue luci, i giusti e gl'iniqui a fronte nel1' alterna vicenda delle loro lotte, e l'intervento dell.a Pr_ovvidenza che all'improvviso sommerge i piccoli casi umani nell'in1perversare del Flagello donde l~equilihrio esce ristabilito, il Regno di Dio avverato almeno nei cuori, la giustizia attuata almeno per quel tanto che può essere quaggiù - tutto questo il Manzoni non ce l'ha dato nel suo Teatro. Ce lo darà, con la maturità del suo genio e della sua fede, nel suo poema: il massimo del secolo, e uno dei più grandi in tutti i tempi, l prom.essi s11osi.
6. IL TEATRO ROMANTICO FRANCESE Nascita del Romanticismo . in Francia. - Durante i vari
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governi che Francia via via si succedono dopo la caduta di Napoleone,. coi propositi . più differenti e sotto i più diversi sovrani Luigi XVIII, Carlo X, Luigi Filippo - un evento si delinea in modo sempre meglio palese, anche quando la reazione sembra più forte: l'affermarsi della nuova classe dirigente creata dalla RivQluzione, la borghesia laica e liberale. La quale lentamente, ma sicuramente, trasformerà la vita francese, e agiterà il vessillo di ideali politici e morali che susciteranno echi, ammiratori, seguaci, in tanta parte d'Europa. . fin dai primi inizi di questa cc marcia borghese >l che s'affa·cciò anche in Francia il Romanticismo. Il ,terreno gli era stato preparato, nel secolo precedente, anche da certe indica• zioni e innovazioni dello stesso accademico e classicista Voltaire; ma più da Rousseau e da Diderot, dalla sensiblerie e dal dramn1a lacrimoso. Le prime traduzioni di Shakespeare, fatte nel 1776 da Letourneur, avevano provocato, come s~è visto, i frigidi rifacimenti classicisti del Ducis. Poi c'erano anche stati poeti francesi che avevano tenuto l'occhio a Schiller: Ancelot, mediocrissimo tragico, fu colpito dal Fiesco; Benjamin Constant si provò a rifare (per la sola lettura) la trilogia del W allenstein; un Lehrun rubò allo stesso Schiller il soggetto di Maria Stuarda. Ma la grande rivelazione della romantica anima tedesca si ebbe, in Francia, col libro di Mme de Stael De l' Allemagne ( 1813). Seguirono: nel 1821, la nuova e ben più fedele traduzione di Shakespeare fatta da Guizot, e quella di Schiller fatta da Barante; ·nel 1823, la traduzione delle tragedie di Manzoni fatta da Fauriel, preceduta da un articolo critico di Goethe, e dalla lettera dello stesso Manzoni a M. Chauvet contro le unità aristoteliche. Ai primi del 1824 s'iniziavano a Parigi le famose riunioni dome• nicali del primo cenacolo romantico, presso il bibliotecario dell' A·rsenale, Charles N odier, critico, scienziato, poeta, e traduttore (col Taylor) del Faust, alle quali via via intervennero i poeti convertiti ai nuovi principi, Vigny, Musset, e, dapprima restio, Hugo: si leggevano versi e prose, si danzava anche e si cantava; soprattutto si discuteva. Nel 1825 appariva in volume il piccolo Théatre de Clara Gazrtl, dove sotto il nome d'una immaginaria attrice spagnola È
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un giovanissimo e artistocraticissimo scrittore, Prosper Mérimée ( 1803-1870), presentava sei lavoretti drammatici, di lirica ironia e di psicologia amara e pessimistica, cui nel 1828 ne seguì on altro (La lacquerie) che sfiorava anche la politica. Saggi, prin-· cipalmente, ·di stile; e d'uno stile assai lontano da quello facile e ridondante che sarà poi caro a tanti romantici francesi; ma annunziante un clima nuovo, nuovo amore di fonti esotiche • (inglesi, spagnole), nuova sens·ibilità. Quanto a François-Auguste-René de Chateaubriand (1768" 1848), ufficialmente sal'utato come padre del Romanticismo in Francia, ma la cui opera fu quasi interamente estranea al Teatro, ci contenteremo di ricordare che con lui - nel Génie du Christianisme, convertito non soltanto alla verità ma anche, se non soprattutto, alla bellezza della fede cattolica - gli iniz•j del Romanticismo in Francia sono cristiani. Il suo solo atto d'attività teatrale fu la composizione d'una tragedia, Moise. Ma, cosa strana, egli le dette una fattur~ perfettamente classica ; della qual cosa po·i l'autore fu sì poco soddisfatto, che s'affrettò a ritirarla dalla Comédie-Française, quantunque la direzione del Teatro l'avesse già accettata ( 18·28). Sendnché già dall'anno precedente, 1827, un avveni•mento aveva immesso improvvisamente una gran folata di vento romantico nel Teatro francese: l'arrivo a Parigi d'una compa~ gnia d'attori inglesi, fra i quali Kean, Kemhle e miss Smithson, con repertorio shakespeariano. Le loro rappresentazioni, vive e tumultuose, sollevarono immenso entusiasmo nella città dove imperava tuttora la declamazione solenne e gonfia della scuola di Talma. Fenomeno non raro nella storia del Teatro, questo entusiasmo si estese al testo che gli attori. recitavano, benché in lingua in,accessihile alla maggioranza degli spettatori. Di colpo, l'adorazione per l'immenso Shakespeare di1.agò per tutta Parigi, per tutta la Francia. Gl'idoli nazionali, Corneille, Racine, Voltaire, furono violentemente detronizzati. Invano i buoni tradizionalisti ricorrevano persino alle ragioni politiche: >. Questo non avrà altra regola che il sentit'nento e la passione. Non unità aristoteliche; non stile letterariamente nobile. Esso prediligerà · le pittoresche evocazioni del passato, che tanta suggestione hanno sul:t'animo della folla. Non stilizzerà i personaggi in tipi; li riprenderà come individui vissuti in un dato tempo e in un determinato ambiente (colore locale). E tuttavia a c1uesti individui, reali e vivi, darà, occorrendo, valore cli simboli (nel Ruy Blas, per esempio, Ruy Blas sarà . Sona11te bronzo, di tempra stupenda, sono spesso gli scritti di 1-Iugo;, · ~na fonderia come la sua di rado si conobbe nella storia; e se la frase « forza della natura » fu anche pronunciata ~per lui; lo fu terribilmente a proposito: perché chi mai scrisse e cantò con tanta dovizia, e con tanta insistenza, che nelle grandi ore ·Io portò all1'ehbrezza e al rapimento? Se, però, si guardi ali'> del cannone, ci s'accorge ch'essa non è se non un buco. E che il profeta laico e umanitario, l'annu~ciatore del Dio senza dogmi,. il messaggero degli Immortali Principi si nutre-, tjrate le somme, d'una ideologia essenzialmente non dissimile da quella che più tardi in Italia ispirerà l'autore del hallo Excelsior. La storia, la vita, il mondo, sono interpretati e spiegati da Hugo come la .lotta fra due principi, rappresentati rispettivamente da nn livido mostriciattolo e una formosa ballerina ·in maglia che leva in alto una fiaccola: l'Oscurantismo e la Luce; il Male, e il Bene. L'Oscurantismo sarebbero il Re, il Prete, la Società tiranna, la Tradizione gretta e retriva; la Luce sarebbero .la Libertà, la Scienza, il Progresso, il Maestro di scuola, il Popolo, sempre sano, e sempre generoso. (. 1.Ja maréchale d~ Ancre (1834) è invece un dramma storico
in cui, all'interesse dell'esotismo e del
rezzante, Camilla e Perdicano, i quali nel gioco dei loro Ht~logni e delle loro ripulse srhiarciano sino alla morte il cuore J.-,genuo della povera Rosetta,· corteggiata per ripicco da l.•t~rdicano. Quanto ai drammi storici attinti dal Musset nella sua diletta '.11:,,lia, Lorenzaccio (su Lorenzino de' Medici, 1834) e André tlt1l Sarto ( 1833), è possibile ch'essi non rappresentino, assolo1
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tamente parlando, il meglio dell'opera sua. Ma è doveroso riconoscere in essi il portato d'un'estetica rivoluzionaria; quella dello stile. Dopo tante professioni d'adeguamento alla semplice ( o anche caotica) >, cos'altro aveva fatto il drammaturgo Hugo nei suoi altisonanti alessandrini, se non sostituire, a una vecchia e severa retorica, una retorica assai pi·ù magniloquente? È con· Musset, primo in Francia se non addirittura in Europa, che s'attua integralmente, miracolosamente, la invocata novità romantica : al verso, ritenuto fino allora inseparabile dalla tragedia, sottentra la prosa : e di qu~le agilità! Una prosa di andatura, meglio che contemporanea, saporitamente anacronistica: un secolo avanti Bernard Shaw, il poeta di Lorenzaccio e d'Andrea, ci accosta ai suoi personaggi eroici rivelandoceli in parole che ce ne svelano come sarebbe impossibil.e ·altrimenti la modernità e l'attualità.
Il disprezzo ostentato dal poeta per le forme della tecnica scenicà mantenne a lungo atto•ri e impresari nella convinzione che la sua poes•ia fosse intrasportabile sul vero teatro, irriducibile ai limiti della tecnica scenica. Solo il successo incontrato dall'attrice Allan-Despréaux mettendo in scena, per un esperimento più bizzarro che convinto, una commedia del poeta durante una tournée in Russia, ne rivelò anche la insospettata o negata e Scribe. - Ma dicevanio che, malgrac:lo i caratteri comuni all'età, anche in questo teatro ci furono correnti, per intenzione e per valore, diversis~ime e talvolta opposte. La prima possiamo ravvisarla fra gli autori il cui proposito fu soltanto quello di. soddisfare i più ovvi gusti del pubblico, intrattenendolo gradevolmente per una serata; e la formula di questo diletto scenico fu trovata da Eugène Scrihe (1791-1861). Raccontano che, la sera della rappresentazione di Her• nani, alla Comédie-Française un uomo ridesse allegramente della gran battaglia, dal suo posto di galleria. Quest'uomo era parigino, figlio d'un mercante sarto nella rue Saintl)enis: Scribe, l'antiromantico nato, il borghese presto adorato dalla borghesia, il cultore del > o, come oggi potrebbe dirsi, >; lo scrittore che non ha mai avuto preoccupazioni d'arte né di stile né di genuina umanità; il grande annodatore d'intrighi; il fecondissimo fabbricante di congegni scenici; quanto alieno dall'austera nudità classica, altrettanto lontano dalle bizzarre e strampalate fantasie r,-o_~nantiche; maestro nel.. l'arte di preparare logicamente gli eventi, e farli scoppiare al momento giqsto; creatore -di quel > inesistente 11ella realtà come nella poesia, ma scherzosamente denominato >. È il paese (così fu detto) dove tutti gli uomini sono colonnelli o agenti di cambio, dove gli
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alberi producono biglietti. di banca, dove Ja preoccupazione dei personaggi è quella di far carriera, e dove tutti gli amori onesti son coronati da un matrimonio con ricca dote .. Nei suoi tre o quattrocento fra drammi, commedie, vaudevilles, scherzi comici, libretti d'opera, che ebbero grandissima -voga specie fra il 1820 e il 1850, Scrihe conquistò un immenso pubblico col sistellla di secondarne i desideri più ingenui, sostituendo alla elegante luc;idità dello stile tradizionale, o all'enfasi dei più turbinosi romantici, la vivacità sciatta ma frizzante del dialogo boulevardier, e alle virtù d'un'autentica psicologia la maniera di altr·ettanti fantocci via via atteggiati nei > dell'ingenua, del giovine brillante, del vecchio diplomatico, dell'onorato militare, dello scaltro uomo d'affa-;i, del leale gentiluomo: oleografie dai colori più o meno àccesi, e immancabilmente conchiuse col lieto fine nuziale. Dalla _farsa famosa Le secrétaire et le cuis'inier (1821) ai graziosi e spiritosi equivoci de Le diplomate (1826)4t dalle acrobatiche bravure di Le verre d~eau (1840) alla comica satira de La caloninie (1840), dal sentimentalismo melodrammatico di Adrienne Lecouvreur (1849) a quel gioco di società che già arieggia il dramma poliziesco, Bataille de dames (1851), mirabile è l'impiego d'infinite risorse nel trattare, in tutti i generi teatrali, tutti gli argomenti propostigli dalla fantasia e da quella dei suoi numerosi collaboratori (H.-J. Mélesville, Michel Masson, Jean-Henri D-upin, Ger . main Delavigne, Émile Moreau, J.-F. A. Bayard, E. Legouvé ... ). Adorato nei teatri boulevardiers e specialmente nel . Gymnase di cui fu la fortuna, ricercato dai direttori a cui faceva pagare con denaro sonante fin la semplice lettura dei copioni, pronto a vendere anche > da incastrare in opere altrui, inventore del sistema di riscuotere i diritti d'autore con una percentuale sugli incassi, e grande organizzatore della Società degli Autori france si, Scrihe salì presto agli onori della Comédie-Française, e perfino a quell'Accademia che aveva rifiutato Molière, e che in seguito rifiutò Balzac, Flaubert., Becque. I
Abbiamo già ri-cordato, dei suoi collaboratori, Ernest Legouvé (1807-1903), che scrisse anche da solo commedie di tipo scrihiano, e una tragedia rimasta celeh1·e per interpretaz.ioni di grandi attrici: Médée (1854). Col suo nome, ripetiamo
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t1r1che quelli di Honoré-Jòseph Mélesville (I 787 c. • 1865), che lro l'altro scrisse un Sullivan ( imitazione del Kean di Dumas l)tldre) e il notissimo Michel Perrin ( 1834); di Jean-François A.lfred Bayard (l 796~1853), autore del Gamin de Paris (1836) t} del Mari à la campagne ( 1844), prototipi d'altre innumere• voli commedie brillanti. E a mezza via .tra questo che abbiamo chiamato il > di Scrihe, e quello che per la sua predilezione tl',,rgomenti melodrammatici e patetici si chiamò poi >, si ritrovano una quantità d'autori francesi, cui l'esperienza del mestiere continuò a procurare i.I favo re non Holo delle platee francesi ma anche dei teatri stranieri~ Anno• voriamo rapidamente: Frédér.ick Soulié (1800-184 7ì, che dalla Comédie-Française dove aveva esordito passò ai teatri inferiori o addirittura popolari, offrendo alle folle pitture di casi 't1vventurosi e vizi atroci; Eogène Sue ( 1804-185 7), famosissimo 1.•omanziere d'appendice, che ridusse per le scene, con grandi c~onsensi di folle ammirate, alcuni dei suoi romanzi più popolari, quali Les mystères de Paris e Le juif errant; Dumanoir ( 1806.. }865), fra ~e cui duecento e più produzioni si rappresenta c,ncor oggi Don César de Bazan ( 1844), scritto in collabora• 1iione con Adolphe Dennery ( 1811-1899), autore a sua volta di ,:lrommi che hanno commosso il popolino per oltre mezzo secolo, come La case de l'oncle Tom (1853) e Les deux orphelines (1874); Eugène Cormon ( 1810-1903), coautore con Dennery. c:lelle Due orfanelle, e con Eugène Grangé ( 1810-1887) di ttn'altra popolarissima opera, Les crochets du père Martin (:1.858); Pierre Decourcelle (1856-1926), nipote di Dennery, e (!Ontinuatore ideale delle Due or/anelle nei suoi Deux gosses ( '.1896).
Dal Romanticismo al Realismo: Balzac, Flaubert, Daudet. :Ma accanto agli scrittori mossi dal semplice intento di forni re un diletto purchessia . alla nuova società, ci furon onche di quelli che, movendo da preoccupazioni estetiche e sociali, vollero dipingerla; che intesero l'importanza Rt.orica del trionfo di quella società, e si dettero a studiare il fe&omeno nei suoi vari aspetti. E qui incontriamo al primo posto un grande romanz-iere: Honoré de Balzac (1799-1850). Prodigioso creatore (:li persone vive, descrittore di ambienti, di folle, di mondi; sentì, insieme, attrazione e ripulsione per la società nuova In mezzo a cui viveva, e di cui intendeva lasciare ai posteri un monumento d'enormi proporzioni; espresse pas .. Mioni nuove, o sentite in modo nuovo, come l'arrivismo, o C!ome l'amore di quello che, sostituendo religione e monarcl1ia e nobiltà, era diventalo il nuovo despota, e cioè il
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• • denaro. A.ncora intriso d'una certa maniera ingenua e romantica nella pittura delle virtù, fu potente d'aspra verità nello scoprire i vizi. E anche se non avesse mai scritto nulla per il Teatro, sarebbe impossibile non fare qui il suo nome, data l'influenza che esercitò sui drammaturghi venuti dopo di lui, compresi i maggiori. Ma il fatto si è ch'egli volle direttamente tentare, per amor di gloria e d'immediato successo econo1nico, anche le forme sce11iche. E cominciò col trarre da un suo romanzo famoso la figura d'un d~iaholico delinquente, V autrin, ,in un dramma omonimo (1840); che però non ebbe fortuna. Invece, egregio per tecnica e per effetti apparve il ,- ossia l'assoluta sparizione dell'artista ne' suoi >, ci ha dato nel romanzo i capolavori che tutti conoscono: e anche di lui si può ripetere che la sua importanza nel Teatro è consistita soprattutto nell'influenza esercitata da alcuni personaggi, e ambienti, de' suoi romanzi, sopra quelli· del Teatro contemporaneo e 1-,osteriore. Basti citare f
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Jtc,1.• l:11tti Madame Bovary, le cui figliazioni non sono c.essate llt,),lJlttr oggi: da lbsen ai delusi commediografi intimisti 41 (.~l~opuscolari del _r1ostro Novecento, l'eroina di Flaubert ~ t.'imasta presente alla nascita d'i11numerevoli sorelle 111l1101~i.
'.N ,,asuna importanza ebbero invece, malgrado le rimoNt1.•1:, 11ze di Flaubert che si dolse assai dell'insuccesso, i
tlt,,O lavori da lui espressamente scritti per il teatro: Le t~/11/itctiu des cmurs (1863) e l..1e candidat (1873). ,A.r1che l'opera teatrale di Alphonse Daudet (J840-1897), Mt·,J_,l)one più ricca e significativa (e certo più applaudita) fil {(uella di Flaubert, non ha gran rilievo: conta alcuni 1-11:1:l ·1:1nici, d~e drammi fra cui La lutte pour la vie (1889), lll'ltl commedia, L•obstacle (1890), e altri lavori scenici 1.1_•,,t:t~i dai suoi racconti meglio noti, fra cui celebri L'Arlé~l(Jttne (1872) e Sapho (1885).
·1: dra1m11aturghi della società nuova: Augier. - Ma in con«~;l,1:asione Balzac, Flaubert · e Daudet entrano nella st.oria lol 'featro solo di traverso. Chi portò sulle scene il mondo l.ltt.ovo, chi dipinse in drammi e commedie la nuova sof~iotà, e diciamo pure si assunse il con1pito di fare a teatro f\0_1·1 linee ·vaste, seppur meno grandiose di quelle della (::o,,iédie humaine, ciò che Balzac s'era proposto di fare nel 1•01·r1t1nzo, fu Émile Augier (1820-1889). Gli · ambienti che Augier tratteggiò a teatro, i caratteri r,·110 vi mise in piedi, son tutti più o meno d'andatura balff,(IC di moralista e di predicatore laico, in cui ebbe fede, e che tenne sino alla morte. U 11 tale intento appare poco in Diane de Lys (1853), altro dramma d'amo• re a conclusione tragica, che seguì quello d.i Margherita Gautiel". Ma è evidente in tutta l'opera succes~iva, che co·mprende: Le demi-monde (1855), La questiort· d'arge1tt (1857), Le fils naturel (1858), Un père prodigue (1859), L'ami des· femmes (1864.), Les idées de Mme Aubray (186·7), Une visite des noces (in un atto, 1871), La pr~ncesse Georges (1871), La /emme -de Claude (1873), Monsieu.r Alphonse (1873), L'étrangère (1876), La pri11cesse de Bagdad (1881), Denise (1885), e infine Francillon · (1887) che, per una grazia nuova e relativamente pensosa nello svolgimento dell'intreccio, occupa forse nel teatro di Dumas figlio il secondo posto, subito dopo La signora dalle camelie. Tutte queste opere furono essenzialmente scritte per sostenere una tesi sociale. Dumas figlio credeva al , a,i quali andava personalmente a insegnarle, battuta per battuta. Lo spettatore, ch'egli ha interessato e commosso durante la serata, uscendo dal teatro ha già dimenticato tutto. Commedie e drammi di Sardou sono affreschi dipinti alla brava con colori che brillano gradevolmente per qualche ora, e poi (_$pariscono, riassorbiti dall'intonaco che ritorna bianco e intatto.
Il >. - Contemporanea di Scrihe e poi di Sardou è la voga di quel singolare tipo di tea·tro che, come abbiamo già detto, tornò più o meno inconsapevolmente alle origini classiche del Teatro comico chiamando in sus• sidio la musica: il vaudeville. Il grande autore del genere è Eugène ·Lahiche (1815-1888), fecondissimo (scrisse un centinaio di lavori), arguto, e spesso felicemente ironico. Il suo Chapeau de paille d'ltalie (1851) passa per il non plus ultra del lavoro di bravura (si pensi, mutatis mutan• dis, ·al Ventaglio goldoniano): trenta persone vi corrono appresso a un cappello femminile, sparito in circostanze bizzarre, con paventatissime consegue11ze: incredibile congegno messo in moto per un nonnulla, e che procede dall'inizio alla co11clusione senza mai scricchiolare, con una comica agilità di cui tre generazioni si son() ormai tramandate la dilettosa esperienza. Più graziosamente umano Le misanthrope et l'Auvergnat; ostentatamente cinico Le plus heurertx des trois; ma fine e vero lo spunto psicologico del Voyage de kl. Perrichon (1860). Tutti i suoi lavori Labiche li ha scritti in collaborazione con altri (una volta, con Augier in persona), ai quali probabilmente dovette la prima idea della trama. S'incaricava poi lui di svilupparla, di fiorirla, di portarla sino in fondo, attraverso quel dialogo secco e quelle trovate frizzanti, per cui tutti i suoi vaudevilles hanno, a conti fatti, un identico carattere, e appaiono tutti di uno stesso autore. Altro acclamato autore dello stesso genere, fu il suo collaboratore Edmond Gondinet (1829 . 1888). Poi, col teni•
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1,0, il vaudeville si biforca: da un lato dà origine a una to1·ma di commedia musicale in cui la musica finisce con ]',,vere il sopravvento, la : qui l'importanza lettot·uria diminuisce sempre più, ma non si può fare a meno ill ricordare i nomi d'una ditta famosa, Meilhac e Halévy, ,11:1tori della Belle Hélène, della Cigale, oltre che di libretti c'l'opera, e anche di commedie in nuda prosa (di cui la più ,,olebre e drammatica è Frou-Frou, 1869). Dall'altro lato _1·1 vaudeville, sopprimendo del tutto la musica, ma mante1-1ot1do il viavai dei suoi tipi e delle sue ·macchiette, dei suoi ·tJl1Jeurs e delle sue donnine, tra le a,,,venture galanti d'una HJ)Ìc!ciola corsa al piacere, darà origine a quel tipo di com1,·1.odia brillante, tutta parigina, che specie in Italia s'è 'preso l111'l1itudine di chiamare comunemente (da poche, pocher, Ht,cca, insaccare) pochade.
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IL TEATRO BORGHESE IN ITALIA •
Col pratico insuccesso delle tragedie manzoniane si spegne, appena accesa, la fiamma d~un rinnovamento religioso del nostro Teatro. Il quale in1mediatamente si ~elle per tutt'altre vie, rimanendo, attraverso l'intero secolo, l'espressione di quello che fu lo spirito dell'Ottocento anche in Italia: spirito borghese, teatro borghese. Con questa parola non s~intende sminuire l'eroismo di quella minoranza che seguitò a credere, a fremere, a cospirare, e scese in armi, e anche dopo il fallimento del-- sogno d'un Risorgin1ento > riuscì, attraverso le bravure « diplomatiche », a redimere la patria. S'intende riferirsi allo spirito della maggioranza: spirito mediocre, non aristocratico e non popolare, partigiano d~uno Stato retto dalle classi medie, e d'una religione, se non razionalista, almeno >; disposto ad accettare l'unità d'Italia, ma purché gli sforzi per· farla fossero pochi, per conservarla nessuno; che ~del Romanticismo accoglie non gli ideali ribelli ed eroici ma certi ideali di giustizia, almeno di quella stabilita dal codice; e che insomma guarda come alla suprema conquista, al quieto vivere dopo la tempesta. È questo, come si sa, il periodo in cui il gran pubblico italiano si rivolge con predilezione sen1pre più palese verso l'opera lirica. Le sospettose censure politiche, quantunque vigilanti anche sopra i libretti, vedono naturalmente con più piacere la frequenza al teatro di musica che non a quello, altrimenti pericoloso, affidato alla parola .. È forza riconoscere che di fronte al crescente, dilagante successo del Teatro musicale, il Teatro >, in Italia, durante un gran tratto del secolo XIX, si difende, assai più che per eccellenza di repertorio, per virtù d'attori. Come recitavano tutti questi attori? Anche di essi come di quasi tutti gli artisti ammirati sulla scena, fu dai contemporanei elogiata soprattutto la >, la di colui che venne salutato come il più grande lllit.ore italiano del secolo, Gustavo Modena (1803-1861). Pal_:1•loto, anticlericale, repubblicano, avverso ai un altro commediografo romano, Ludo-
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vico Muratori (1834-1919), il quale scriverà per i maggiori attori del tempo suo drammi e commedie di tutti ,i generi, in cui si risente non solo Goldoni - -come nel suo miglior lavoro, Il matrimonio d'un vedovo - ma anche Giraud e, in progresso di tempo, i Francesi.
La tragedia patriottica e G. B. Niccolini. . Meglio rilevato, qualunque giudizio voglia darsene, il Teatro tragico. I sospiri suscitati dalla Francesca del Pellico non par che finissero tanto pre~to (troveremo ancora nella seconda metà del secolo Adelaide Ristori che va tuttavia recitando la grande tragedia, con Tommaso Salvini, Lanciotto, ed Ernesto Rossi, Paolo). Un romanticismo meno languido fu quello che dopo le prime incerte simpatie classiche animò le tragedie ispirate a nuovi sentimenti nazionali, liberali e spesso anticlericali. Tali le tragedie medioer-ali di Carlo Marenco {1800-1846), spesso attinte sull'esempio del Pellico a fonti dantesche; e il teatro di Giovan Battista Niccolini (1782-1861). Questo verseggiatore facile e sonoro, che in teoria respin-se i principi di ,rictor Hugo e degli ·shakespeariani, per propugnare piuttosto una sorta di > tra il vecchio e il nuovo, in realtà passò ben presto dalle prime esercitazioni classiciste (Nabucco, 1816) a tragedie in cui son visibili gli influssi di Shakespeare, Schiller, Goethe, Byron~ Hugo: Antonio Foscarini' (1827), ch'è la più compa·tta, e la meglio animata da un intrigo d'amore;'. Giovanni da Procida· (1830), Ludovico Sforza (1834); e una Beatrice Cenci (1844), in cui si attenne quasi con fedeltà di traduttore alla tragedia dello Shelley. _ Ma quel vago e romantico fremito verso la libertà, l'indipendenza politica, la rivendicata dignità un1ana, ch'egli si era contentato di esprimere qua e là in tutto cotesto Teatro, divenne n1otivo centrale, ispiratore, programmatico, nell'opera sua massima, l'Arnaldo da Brescia (1843), tragedia di proporzioni quasi epiche. I versi del Niccolini, d'un impeto e d'una scioltezza innegabili, confessano una fede. Ma questà ·si risolve, più che in costrqzioni di crea~ ture viventi, in · pol~mica. Nell'innumerevole stuolo dei personaggi dell'Arnaldo, fatta eccezione per certe anonime « penitenti del cardinal Guido >>, non si trova una donna: cinque vasti _atti di scontri oratori, con trionfo, naturalmente, delle tesi anticlericali. Tutta legata com'era all'attualità, oggi la più gran parte dell'opera del Niccolini potrebbe parere, sul teatro, opera morta. •
Il ~l'eatro borghese in Italia
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1:1 basso Romanticismo e Giacometti. - Di fronte a queste IJl'OO(~cupazi.oni di poesia ·si pone la prosa rozza, ma non di una certa- efficacia e gagliardia, dei drammi e com .. lllf.~tlie d'un autore che ha evidentemente appreso il me-Hl:io,~e alla scuola dei più applauditi autori francesi, Paolo (;ltt('Ometti (1816-1882). Egli sapeva congegnare incontri e Mf-~o.-1tri fra personaggi cari a quel pubblico borghese, cui f11c~ovn applaudire le tirate > e di , 1~lt• contro gli eccessi de·lla Rivoluzione, sia contro quelli tlt,l l)ogma incastrandole a dovere in mezzo al patetico e al M()J.•1·•1·endente. La sua opera !)iÙ, fan1osa, per tre quarti di H~c•.olo > dei nostri maggiori attori, morte civile (1861). Qui l'autore mette formalmente lll sl:i,to d'accusa il Concilio di Trento, e l'indissolubilità flc,1 f)lUtrimonio, presentando il caso d'una donna maritata ,, tt11 uomo che, per averle ucciso il fratello, è stato conflt11111ato al carcere perpetuo. La facile e impressionante lt,Hi è impos.ta e condotta con una s~a gro·ssa vigoria, che ~,1-•l,c grande effetto non solo sul pubblico, ma anche su 11J(,1lni critici e non solo italiani. Emilio Zola per esempio, IHl,lr1tivamente portato a simpatizzare con l'assunto dell'ault)J'(l, vedendo il lavoro recitato da Salvini (in lingua 11-t,'litana, che Zola non intendeva) lo scambiò per un -·11•111'r1ma realista. La verità si è che,· ad attori i quali sap1~ Ji.11,10 il fatto loro, il dramma offre situazioni da far t1ol1-.o, e rome .
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_l,>aolo Ferrari. . Coi successi di Augier e di Dumas figlio JI ~l. catro francese, largamente tradotto e rappresentato, HC)llcva nuovo entusiasmo nella società borghese in tutta _l(~t11·opa, a cominciare dall ltalia. E qui c'imbattiamo nel llf)fl'IC d'un autore che, sp~sso non accetto neanche alla critl,~tl del suo tempo, _conseguì però, coi suoi 39 lavori dramllltlli(!i, larghissimi consensi di pubblico, tenendo lo scettro {lt,I 'J~eatro italiano per tutta la durata del regno di Vittorio ,l1~111ttnuele II, e per buona parte di quello di Umberto I: 1
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:1;·Jt1olo Ferrari di Modena (1822-1889). · 'l~>t1olo Ferrari ebbe, nella sua vita, una passione autenll_t1fl: il Teatro; e una mania da cui non volle e non seppe lllf.li liberarsi: quella di essere il difensore della t·imi tentativi drammatici del Ferrari g.iovane, tutti inl,t)111,1.i a motivi patriottici, non poterono essere recitati. Il MlJ.c> primo lavoro che sia giunto alle scene fu anche, come C)Mltl1no sa, il più famoso: Goldoni e le sue sedici com-
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medie ni,ove. In questa commedia, scritta nel 1851, il Ferrari, che non era se non « uomo di teatro>, ~ise in scena appunto !~oggetto della sua passione: e cioè il Teatro, la sua vita, i suoi sogni, le sue baruffe, le sue batta• glie, le sue vittorie. Abilmente intrecciando alcuni fatti salienti delle Memorie di Goldoni, e anche ricordandosi della sua commedia-programma Il teatro coniico, Paolo Ferrari condensa in quattro atti i momenti più significativi della lotta sostenuta dal poeta veneziano per imporre· la sua riforma. Tutta ricalcata su motivi goldoniani, e perciò non preclara per originalità, ma varia, colorita, vivace, garbata, equilibrata, Goldoni e le sue sedici commedie nuove è un'opera felicemente condotta, spiritualmente sana, tipicamente italiana. L'altro gran successo del Ferrari fu La sat(ira e Parini (1856); dove mettendo a fronte, con un procedimento non dissimile da quello usato nel primo lavoro, Gin.seppe Parini e i membri della società che il poeta del Giorno aveva sferzato con la sua satira, riuscì a toccare note grate al pubblico: specie in grazia d'un personaggio immaginario subito divenuto popolare, il marchese Colombi, figurazione parodistica dell'accademico ignor~ntissimo e pieno di fumo. Ma l'ambizione del Ferrari era, l'abbiamo· detto, il fare commedia di costumi e d'osservazione sociale: per il quale fine tenne presente l'Augier, e anche il Dumas figlio. Senonché, là dove il primo di questi due autori rappresen• tava, con altra arte, la società nuova nei suoi vizi e nelle snè virtù, e il secondo dava, a suo modo ma con abilità e spirito innegabile, battaglia a certa mentalità del suo tempo, il Ferrari, borghese fin nelle midolla, si fece puramente e semplicemente l'apologista della società borghese, per o r1·uelle che cominciavano a essere, in Francia, le teorie ti ol nascente « naturalis1nu >>. Ma il Cossa è italianissimo. Romano, corpulento, greve, I Bt:1oi drammi (tranne uno che è in prosa) sono tutti scritti li.'l versi prosaicame11te poveri e sciatti. Egli conosceva una t·~ot·ta arte di sbozzare i caratteri, di farli vivere sulla scena (,01·1 tocchi vigorosi, in mezzo ad ambienti storici evocati (~f.)t'l una certa elementare gagliardia: e questo gli riuscì so• ,,,~c,ttutto tornando con predilezione a quella storia romana' ril\'era la sua fede. Le sue opere migliori sono infatti le rolt'ltlne. In Nerone (1871), ch'è la più nota, il protagonit~tt1 (che anche oggi la plebe di Roma ricorda con terrore l()ggendario, non in tutto scevro d'un senso d'ammirata Rl1·1·1patia) ci è presentato sotto la specie dell'istrione più che c~Clll l'aspetto dell'impetatore: l'opera, concepita alla brava
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sulle tracce di Tacito e di Svetonio, è svolta in quadri episodici, che alla lettura rivelano un'arte sommaria, ma sulla scena si son sostenuti a lungo con efficacia. In Messalina (1875) c'è la stessa facilità di attrazione d4lun ambiente e la stessa abi.lità nel collocarvi, al centro, una persona viva: il dramma sente forte di lascivia e di suburra. In Plauto e il suo secolo (1873) il Cossa, con un procedimento non dissimile da quello servito al Ferrari nel Goldoni, mette in scena il commediografo latino in mezzo ai suoi personaggi, presentandolo, con dubbia verità storica ma con un certo piglio austero, come il vindice della moralità oltraggiata, in una Roma che dall'antica severità di costumi precipita nelle nuove mollezze. In Giuliano l'Apostata (1877) e in Cola di Rienzo (1874) il poeta. esprime, con soggetti romani, i suoi ideali anticlericali. Nel Rinascimento siamo con I Borgia (1878) e con Cecilia (1879); ai prodromi del··- Risorgimento con I Napoletani del 1799 (1880), che ha un suggesti_vo atto finale. In Pushkin (1870), unico suo dramma in prosa, il Cossa rappresentò le romantiche vicende del poeta russo. Soggetti classici, medioevali e moderni, trattò con agevole indifferenza un altro scrittore, noto soprattutto per le sue vicende politiche, Felice Cavallotti ( 1842-1898) di ·Milano. Nelle commedie di argomento ellenico, Alcibiade ( 1874) e La sposa di Mènecle ( 1880), intese usare, all'opposto, una specie di prosJ poetica, per evocare l'antico mondo greco, con compiacenze paganeggianti; nei drammi d'ambiente storico, I pezzenti ( 1871 ), Guido ( 1872), Agnese ( 1872), echeggiò le slegate andature melodrammatiche alla Hugo; nelle commedie moderne, Il povero Piero ( 1888), Lea ( 1888), Agatodènion ( 1890), si accostò, ma fiaccamente, alla maniera del Ferrari; infine colti'vò Ja moda salottiera, venut·a di Francia, dei brevi >, levers de rideau e proverbi: fra cui applauditissimi Il- cant.ico 1•1:1lttle impeto d'un altro, uno spregiudicato e gaudente lt,11·1l1uro maggiore, avverte come suo unico supremo quello d'uccidere la infedele, e di uccidersi. E de] tllC}, oppure un >,; e di fatto s'egli dipinge creature spesso ribelli alla legge sociale, la loro ribellione s'infr~nge però contro la sanzione della leg'
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tra Romanticismo e Naturalismo '
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lt!t in cui il poe-ta finisce col riconoscere, quasi suo malMl~nt:lo, una essenziale saggezza. Die Ahn/rau (L'avola, 1817, il suo primo successo, pa1~1IMC>t1abile a quello dei Masnadieri di Schiller) il poeta in1~M.. 1·iprendere spiriti e forme della tragedia greca. l\'la, f or~1'1·1
"•' 111_tl~he a causa delle modificazioni che l'autore esordiente v•1tJ_:>1)ortò su richiesta del Burgtheater per secondare il (JU~l~o del pubblico, è in sostanza un dramma fa tali sta, alla 1111.111icra di Zaccaria Werner: romantic·ismo, e non del miMll()J•e, è cotesta vicenda· dell'ombra d'un'ava, la quale erra lntt>lt,cata negli antichi. domini della sua famiglia, fincl1é I Rltoi discendenti non siano, secondo una tremenda predlt.lone, tutti spenti. In Saffo (1818) c'è qualcosa della ehw9c!ità greca, ma riavvicinata co11 anirno goethiano: il ,1.10 tir gomento è, in sostanza, la tragedia della felicità ne~-~ su questa bassa terra, alle altezze del genio. La trilogia ~Li.QNic~ Das goldene Vliess (Il vello d'oro, 1821) svolge t\l.vJNi motivi ben romantici: la maledizione di,·ina alla ftl!Nfla. della ricchezza, l'apologia della > a con-f~t);)con la >, la fatalità del castigo a chi tradisce Mf, Hl.esso, la vanità della passione d·'amore. In- Konig Otto• Gluck 1,nd Ende (Fortu~na e fine del re Ottocaro, 1825) t1c·tt•11·1brò il conflitto fra il sovrano che incarna la giustizia tt l'1:1rr1anità, e il tiranno che agisce per sete d~amhizione tt A.li dominio: Rodolfo d' Ahsburgo e Napoleone. In Des 7 Af (t(Jrcs und der Liebe 11 ellen (Le onde del mare e dell'111-.·1ore, 1831) trattò il mito di Ero e Lèandro; poema tlt,ll'11111or libero, che urtandosi contro la barriera insor• 11011l~t1bile può apportare, invece che felicità, rovina •e mor'f{tl è ·una delle più semplici e armoniose opere del poeta, t\ Ml·t,dizio di molti il suo capolavoro. Der Traum, ein Lei!,_~ (Il sogno, una vita, 1834) mette in scena un giovane t!IM.t.Wntore, Rustan, fidanzato a una buona cugina, ch'egli 1:tl)l)t111dona dietro un miraggio di gloria, e così attraversa lt~ t>itt avventurose vicen~e; finché sul punto di precipitare 111 l.ltl abisso, si risveglia: tutto era stato un sogno, nei cui 1tt·,1'ti(_)naggi ideali egli, desto, riconosce quelli della sua yll,t1 di tutti i giorni. E Rustan ne intende il significato: tlrtu1·1zia alla passione senza freno, al]e sue avventure e ai Mllt)I crimini, acretta la vita qual è, quindi sposa la buona .
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c.u14lnu. (~cl1,ne si vede, in queste opere e in altre minori i1 poeta 110 01·rato fra le più diverse fonti: l~Ellade classica e il me-il lt>ovo, il dramma storico-simbolico e il suo prediletto
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Lope de Vega. Grillparzer è l'autore ineguale, drammaticamente colorito ma di gusto incerto, talvolta negligente· nello stile ma in qualche modo redento dal vigore della rappresentazione, e soprattutto dalla fede che, al disopra delle delusioni e degli sconfitti, egli prof essa costantemen, te, nelle sorti d'una umanità migliore. E la catarsi a c·ai approdano i suoi eroi, col riconoscere la vanità del loro sogno e con l'appagarsi della modesta realtà, non è quella dell'insoddisfatto poeta; forse appunto in ciò consiste il suo fascino, per l'anima tedesca che ancora l'ammira. Da ricordare, fra i non pochi drammaturghi austriaci fio• riti suppergiù nella prima metà del secolo, almeno Adolf Bauerle (1786-1859), massimo rappresentante della commedia popolare viennese e c1·eatore di un personaggio, l'ombrellaio Staberl, sorta di Hanswurst borghese, misto di mitezza e di arguzia, che suscitò fi11 dal suo primo apparire sulla scena (Die Burger in Wien, l'l borghese di Vienna, 1813) vastissime simpa• tie. E da menzionare sono pure due attori. . autori·· viennesi, nella loro significativa rivalità; Johann Nestroy ( 1801.. }862), che come fecondo e applaudito commediografo scrisse prevalentemente per le sue proprie facoltà e ·p.redilezioni d->attor comico, continuatore della facile, colorita e anche farsesca vivacità im• portata a Vienna dalla conìmedia italiana dell'arte; e Ferdinand Raimund ( 1790-1836), anch'egli attore prevaleratemente comico, ma uomo di temperamento intimamente drammatico, angosciato, ·deluso dalle strettoie della meschina vita teatrale, nonché dai più agevoli •Successi del rivale; e finito suicida. Il Raimund era un poeta; e ne' suoi lavori più- felici riuscì, conforme anche al gusto del suo paese, a elevare la sana e gioconda commedia popolare sino al clima della fiaba -lirica . •
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Hebbel. • Si può dire che sia ancora il Romanticismo tedesco a dar la sua più fulgida fioritura nel maggior drammaturgo germanico dell'Qttocento: Friedrich Hehbel (18131863). Non è senza significato che Hehhel, in molti dei suoi lavori, ritorni a soggetti e motivi trattati da autori che loavevano preceduto, e ch'egli ricrea e potenzia, in un'atmosfera nuova. t sotto questo aspetto che vediamo in lui il più autentico u·scito da quella corrente quasi secolare la quale aveva avuto le sue fonti dallo Sturm und Drang e dal romanticismo tedesco. Traendo, per cosi dire, le somme fin da Lessing e da Schiller, Hehbel ha dato finalmente all'ani1na tedesca il dramma cui essa aspirava. Pur con le sue sforza ture barbariche, pur con i suoi germanici eccessi, la tragedia di Hebbel, nella sua imponenza
Il Teatro tedesco tra Romanticismo e Naturalismo
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l;tllvolta michelangiolesca, è forse l'espressione più tempeMl()Bll e potente della disperazione nordica per l'inconcilia• l>l)ità fra pienezza di vita individuale, e legge trascendente. N·(,ssun altro artista tedesco, se non forse Wagner, ha leVt1l:o così in alto il canto della nostalgia verso un'esistenza J)t,•l•·11itiva, eroica, fondata unicamente sull'energia e sulla r()J,'Zll, e tuttavia n1isteriosamente raffrenata o, agli occhi ~'lc,l, poeta, :.:·1quinata - dalle nuove e indistruttibili remore ,,1~l01:iane. :Nella ]udith (1841) il poeta ha modificato, o meglio cal~Ovolto, la narrazio·ne biblica. La Giuditta di Hehbel, solo tto11·1inalmente vedova, in realtà è una donna che non ha t'()t]osciuto l'amore, e la cui fervida santità di vita nascont.lo ·tan'inconfessata attesa dell-.eroe a cui donarsi. Quando, tlt1v,.1nti alle mura della sua Betulia, appare l'orda di quell'()loferne che ne ha giurato lo sterminio, ella vedendo ltl viltà del popolo si assu1ne il compito senza pari d'af~ ft,'or1tare con la sua bellezza il duce assiro, e di soppri111u1·lo. Senonché, accolta nella tenda del capo, Giuditta 1,1l{~(>11osce appunto in lui l'atteso, l'eroe, l'unico degno del Mt·10 r1ome di uomo: ed è costui ch'essa deve uccidere! .l!'t·a le altre grandi opere hehbeliane è la trilogia Die Ntl,elungen (1862, un prologo, e due tragedie di cinque ll1.tl (~iascuna), dove alla ripresa dell'eterno argomento della 111ltologia nazionale il poeta infonde una più furibonda V~lOt1·1enza e una drammaticità nuova., col trasportarlo nell't)l~t, della lotta fra Paganesimo e Cristianesimo. Ciò apre li Vttrco alla speranza conclusiva, d'una nuova legge d'amor~·., t,1 mondo insanguinato dalle cupidigie: ma si direbbe t'llo quanto il poeta dipinge con più amore, ardore, ade . . ►-1lc}1.10, son precisamente quelle cupidigie e quei bellissimi
f11,~ori. Stupenda evocazione, d'ampiezz~ e di vigore shakespea1.\lt11·1,i, è l'Agnes Bernauer (18.51): storia della pura e bella
flM.litt del barbiere-chirurgo d'Augsburg, che, amata e spoptl\ morganaticamente dal . Principe ereditario di Baviera, vleN sacrificata e fatta uccidere dal Sovrano, saggio e irrelliovibile, non per cieco sdegno, ma in· ossequio a un'idea t\!l)Ot·iore e inesorabile, la ragione di Stato. - In Genoveva ( 1,01.~J), Hebbel ha ripreso da Tieck la solita leggenda medlotvale, della innocente calunniata presso il marito dal f18Jl,icJo castellano, Gaio, che l'ha tentata invano: dopo· ·:sett'e Artffl di traversie, la perseguitata e il suo piccolo vengono e.lU.>.
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Il Teatro in Russia e in Polo11ia
L'uragano è la storia, non d'un fallo, non d'una colpa, ma d'un peccato. Katerina, creatura semplice, ardente, assetata, è _stata sposa·ta., com'è l'uso, a un giovine che lei non ha scelto, e che non l'ha scelta; e che tuttavia la amerebbe, e ch'ella vorrebbe amare. Ma il. dolce e grossolano Tichon è, come lei e come tutti in casa, sotto il dispotismo di sua madre, Marta Kahanova, la mercantessa arricchita, la zarina della famiglia. Tichon non ha che un'idea, quella d'allontanarsi come può dalla casa materna, e bere e dimenticare. Katerina, sequestrata dalla suocera sotto l'atroce vigilanza a cui il costume russo, largo verso le fanciulle., sottopone le maritate, non può che contentarsi dei lunghi sguardi scambiati, una volta la settimana, in chiesa o nel giardino sulla Volga, con un pallido Boris: ch'è un giovane macerato anch·e lui da un'altra tirannia domestica, quella d'uno zio enorme, grottesco e terribile, il negoziante Dikoi. E come tutto questo vada a finire, non appena Tichon parte per una delle sue desiderate assenze, si >, qui c'interessano la lontananza, la d.isperazione di queste creature isolate, estranee, ostili, sperdute sotto il cielo aflocato dttun destino se.nza scampo. In questa « -realtà » fatta di spirito, in questa •
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elettricità nervosa che si scarica nella morte. Ostrovskij ha ridato al suo secolo il senso della Tragedia.
Contemporanei e successori di Ostrovskij fino a Lev Tolstoj . • Fra i contemporanei di Ostrovskij so110 i massimi rap• presentanti della grande letteratura . russa dell'Ottocento. Priino in ordine di tempo un romanziere, Fedor Dostoevskij (1821-1881); che in Povera gente, Umiliati e offesi, Memorie del sottosuolo, Delitto e castigo~ L'idiota, I demoni, /.,,,~ adolescente, I fratelli Karamazov, aveva dato all'Europa e al n1ondo un ciclo d~opere in cui pure s. è espressa, con arte ineguale, a volte allucinata e a volte epilettica, ma f ormidahile, la dolorante a11im~ russa. Movendo dalle aspirazioni spirituali e sociali del tempo suo, Dostoevskij · aveva finito con lo shoccare in una sorta di cristianesimo ortodosso e panslavista, che forse deluse parte dei lettori su cui la sua influenza si era esercitata dal punto di vista soprattutto morale. Sul teatro -non salì 1nai, se non indirettamente: e voglian10 dire con le riduzioni scenic.he, fatte da altri in tempi recenti, dei suoi romanzi più famosi: .Delitto e castigo, I fratelli Karama .. zotJ, Povera gente, /-''idiota. Avversario di Doatoevskij e amico di Ostrovskij fu invece un altro, acclamatissimo romanziere, Ivan Sergeevic Tur• genev (1818-1.883), che i russi specie del tempo suo considerano co1ne il più vicino all'arte occidentale: quello che, anche pe.r la sua educazione letteraria assai francese, più serba ne' suoi scritti quel senso dell'ordine,. della misura, dell'architettura, la cui mancanza s'avverte nell'atmosfera bassa del suo ben più grande rivale Dostoevskij. Nelle sue novelle e ne'. suoi romanzi Turgenev ha fatto vivere, ,in caratteri e situazioni innun1erevoli, un popolo d'anime, scrutate attraverso l'ansia dei problemi più dibattuti al tempo suo: fu detto che i suoi Racconti d'un cacciatore ebbero un'influenza decisiva nell'emancipazione dei servi della gleba; e grande fu l'eco sollevata dalla rappresentazione dell'eterna lotta fra le generazioni di ieri e d'oggi, nel suo romanzo Padri e figli. Alle sue opere teatrali (una ~ecina in tutto scritte per lo più nella giovinezza) Turgenev ostentava di attribuire poca importanza; in realtà si contano fra esse opere esimie per condotta e per verità. La più celebre è Nachlebnik (Il parassita, 1848), che ha avuto interpretazioni sceniche ammiratissime e trionfi in Italia col suo secondo titolo Pane altrui; felici Cholostjak
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(Lo scapolo, 1849), Zavtrak u predvoditelja (Una colazione dal Maresciallo della nobiltà, 1849), Mesiac v derevne (Un mese in campagna, 1850), e alcune graziose commedie in un atto, come Provincialka (La provinciale, 1851), Vecer v Sorrento (Una sera a Sorrento, 1852). Tutte opere, checché s,i dica, ben russe, non solo nello sp~rito ma spesso anche in quella tecnica un poco amorfa e decentrata, delle cui origini abbiamo già detJo. Altro drammaturgo dello stesso tempo è Aleksej Konstantinovic Tolstoj (1817-1875). Egli affida la sua fama soprattutto a una trilogia drammatica d'argomento storico, celebre in Russia: Smert' loanna Groznago, Car' Fedor loannovic e Car• Boris (La morte d'Ivan il Terribile, Lo zar Fiodor lvanovic, Lo zar Boris, 1862-1869): drammi truci, prolissi e retorici. Tentò anche, in un Don ]uan, di riprendere il tipo immortalato da tante opere famose nel teatro occidentale. E sarebbe inutile riportare, dopo questo nome, l'elenco degli altri autori che nel fiorire della scena russa, dovuto anche alla conoscenza di attori francesi, tedeschi e italiani i quali spesso si recavano a far giri artistici a Pietroburgo e a Mosca - le dettero un repertorio or più or meno interessante. Ci limiteremo a sostare sull'arte di colui che, nella seconda metà del secolo, apparve all'Europa come il maggiore scrittore russo e uno fra i più grandi dell'umanità: Tolstoj. · In pochi scrittori si rifletterono come in ·Lev Nikolaevic Tolstoj (1828"1910) le contraddizioni del tempo. Nobile, si rivolse al popolo; ricco, sognò l'tideale della povertà; orgoglioso, si propose quello dell'umiltà; sensualissimo, fece l'apologia dell'assoluta castità; di carattere dispotico e fors·e crudele, predicò la Le prime liriche del poeta, giova·nissimo, (1819-22) e già delu• so dall'inf elicet amore per una donna di più elevato rango so-
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ciale, s'inspirano evidentemente ai nuovi dettami romantici, del ritorno al fantastico e al portentoso, conforme l'ingenua anima popolare. Ma la vasta opera in cui i polacchi riconoscono il suo capolavoro è una sorta d'epopea drammatica, Dziady (Gli avi; noto anche come La festa dei morti). È un poema dialogato di grandi e fantasiose proporzioni, che trascorre dai toni diun fiabesco, trepido lirismo, a quelli d'un sintetico ma evidente realismo. La prima parte, rimasta allo stato di frammento, i~troduce la figura d'un giovane poeta, Gusta,v, che adombra chiare confessioni autobiografiche. La seconda parte, donde tu-tta l'opera prende il titolo, muove dalla millenaria consuetudine lituana, per cui in certe notti dell'anno la gente di campagna evoca i suoi m·orti, offrendo ad essi suffragi e cib-i: nell'incanto del rito antichissimo il poeta fa apparire anime di trapassati, e svela segreti della loro vita d'oltretomba, dov'esse portarono il peso delle azioni commesse nell'esistenza di quaggiù: sino alla finale comparsa d'uno spettro che non pronuncia motto, evidenten1ente quello del giovine Gustaw. La quarta parte espone la storia dell'an1ore di Gustaw, attraverso il racconto che ne fa un eremita. Ma nella parte terza dell'opera ( che nell'azione del poema vien prima, ma fu scritta dopo) questo amore è superato. Alla morte ideale di Gustaw, succede la nascita dell'uomo nuovo, Konrad; il quale afferma un altro amore, che non si poserà più sopra una sola creatura umana, ma abbraccerà tutta una nazione, nel suo presente, passato e avvenire. Ma l'annuncio della futura risurrezione della Polonia il Cristo dei popoli, il paese offerto in olocausto per redenzione di tutti gli. altri - non è dato da Konrad, bensì da un umile profeta cristiano, l'abate Pietro. Infine il poema si conclude con un > non rappresentato ma narrato, la descrizione· di Gustaw che, libero, percorre la Russia; docu• mento di umana, solidale comprensione verso quello stesso popolo che opprime il suo. , Non soltanto venerato come poeta nazionale, ma messo in scena con le riverenti cure d'un amore in,finito, Dziad,· emana, più che la vibrazione d'un dramma 1 (almeno nel significato da noi solitament_e dato a questa parola), le suggestioni d'un ineffabile clima:· canti di dolore, canti d'amore che l'atrocità del male non vince; e un senso arcano, vasto, diffuso, d'accorata carità. Sia o non sia la scena la sua sede meglio adeguata~ certo è cl1e anche questo poema· slavo è tra i pochi a pro• •
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Nelle primitive intenzioni dell'autore, sotto l'influsso diretto del Freischiiiz di ~eber e indiretto di Ranieri de' Calzabigi e della riforma gluckiana, Dziady doveva essere un melo,lramma. 1
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nunciare, nel laico Ottocento, una parola d'augusta religiosità. Non i tratti dell'apostolo né, n1eno ancora, dell'uomo d'azione, ma semmai quelli del poeta puro, del so·gnatore, si ravvisano in un altro polacco, Juliusz Slowacki ( 1809-1849), vissuto Vl,\gabondo all'estero. Forse la vena, ch'egli aveva avuto facile da natura, fu alquanto complicata, se non raffrenata, da' suoi propositi di un contenuto meditato e profondo: ch'era poi quello delle malinconie byroniane, dell'irrimediabile scontento dell'uomo tradito dalla vita vana, degli strazi della patria oppressa, e del mondo infelice. Le sue prime tragedie sono ispirate a cont.rasti religiosi in determinati ambienti della storia: un Mindowe kr6l litewski (Mindowe re lituano, 1829) pone l'urto fra il nuovo credo cristiano e il vecchio paganesimo nel I paese dei lituani; Maria Stuart ( 1830) rappresenta il con.. flitt'o fra i protestanti scozzesi e la regina cattolica ( qui ci son ricordi di Schiller, se non anche d'Alfieri). Caratteri più palesemente autobiografici ha un altro suo dramma, Kordjan ( 1834), dove è riproposto il dissidio tipicamente romantico fra ideale e reale, fra vagheggiato st>gno e dura concretezza della vita. In toni fantastici e leggendari il poeta si compiacque con Balladyna ( 1834), e con la lodatissima Lilla Jl' eneda (1840), dove all'anima polacca parve ritrovare tanto di sé, nel contrapposto fra la sua cristiana mitezza (notoriamente s'attribuisce la sventura politica . della Polonia alla sua mancanza di spirito aggressivo) e l'impul-so alla violenza ribelle contro· l'ingiustizia che la schiaccia. Poi torna ad accenti d'un certo realismo storico: quasi vicino alla commedia in Mazepa ( 1840), di nera atrocità in Beatryks Cenci ( 1839). Infine lasciò senza titolo un suo dramma polemico ( che si suol chiamare Fan• tasio): vi campeggia come protagonista una figura-parodia di certi caratteri romantici (istrionismo, egotismo, abulia, un tan• tino di posa ciarlatanesca), che vorrebbe alludere all'antico amico dell'autore, e poi suo rivale, Krasinski. Zygmut Krasinski (1812-1859) è infatti il terzo, in ordine di tempo, nella triade dei grandi romantici polacchi. La seconda delle sue tragedie, lrydio-n (1836), è un grido d'odio rivolt~so. Iridione sai:ehbe un eroe greco, che il poeta colloca nella Roma d'Eliogahalo, a cospirare contro il pervertito giovinetto imperatore, per colpire in lui il dispotismo di Roma disfatta e corrotta. In un tal dispotismo l'autore ha inteso significare, visibilmente, quello del colosso russo ; e nella mescolanza, un tantino farraginosa, delle figure sia storiche sia immaginarie che popolano il vasto poema, ha simboleggiato e I
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rappresentato idee che cozzavano fra le tempeste spirituali del suo paese e della sua et:ihar.· · Ma il più famoso dramma di Krasinski è il primo, a cui dette per titolo Nieboska KEHB.edia (La non divina Cornn1edia~ 1835). Benché collocato indefinitàmente nello spazio e nel tempo, così da poter appartenere a tutti i paesi e a tutte le età, anche questo si richiama di fatto ad attualità tremende, dell'Europa -ottocentesca, della Polonia gemente, e del dramma personale dello stesso poeta, combattuto fra la sua umana sete di giustizia, e la sua aristocratica ripugnanza per la grossa brutalità delle rivendicazioni plebee. La non divi·na Cilmmedia innesta il caso intimo d'un gentiluomo cont·e Enrico in una tragedia della cir,~ostante umanità. Si svolge per una lunga serie di quadri, o scene,.._ d'11n sintetismo estremo, fluenti in una successione di rapidità cinematografica: molte dell.e sue situazioni vi son poste e risolte in tratti d'una sommaria concisione; molti de' suoi personaggi vi sono sco-l_piti!. con•-·· qualche battuta, o con una sola, bastevole tuttavi·a,, 8!1•' dar·; i,}ora,~-' evidenza e vita. Anche questo procedimento, che tel!to risente- del Faust goethiano ( e a cui ricorreranno altiri~, ·slavi·: si pensi alla Vita dell'Uomo di Andreev), presuppone consuetudini sceniche, e richieste di mezzi tecnici, che forse non sono i più consueti nei moderni teatri occidentali. Per co.ncludere, riconosceremo volentieri che, nel secolo decimonono, nessun altro paese come la Polonia ha ricercato e attinto la grandezza della Tragedia::~ mercé~il· ritorno alle sue fonti eterne: quelle religiose. Di natura più modesta, com'è naturale, la Commedia polacca della stessa epoca: aln1eno quale la concepì il bravo e agia_to borghese Aleksander Fredro ( 1793-1876). Senza batter ciglio davanti alla gran voga romantica, Fredro si contentò di guar~ dare alla vita di tutt'i giorni ne, suoi aspetti ridicoli, tradu• cendola in una quarantina di commedie, che i suoi comp·at~ioti trovarono spesso piacevo·l·f, s·~· non' profLtmde: ric!ordiamo Zemstau ( La vendetta., 1834) e S.luby paninskie czyli magnetyzni serca ( Voti di fanciulla ovvero l'l magnetismo del cuore, 1833). L'han• no chian1ato i\ Goldoni polacco; ma Goldoni era un ·quieto ottimista; mentre, sotto il riso, o il sorriso, di Fredro, si è potuto indagare un pe1·sistente, irriducibile pessimisn10. 1 ~
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Anche nei paesi scandinavi -- Svezia, Norvegia, Danimarca - il Cristianesimo arriva in ritardo: circa il Mille. E, sebbene adottato secondo i dog1ni e i riti cattolici, la comunione con Roma è presto interrotta dalla Riforma luterana che, propagandosi rapida111ente fra quei popoli, vi s·afferma con frequente durezza e grettezza. Tardo è dunque, anche colà, lo sviluppo della cultura, dell'arte e del teatro. In Svezia, i primi tentativi d'un teatrb nazionale risalgono al Cinquecento; ma un teatro vero e proprio non vi si troverà innanzi al secolo XVIII. Un poco avanti esso aveva cominciato ad apparire in Nor,regia e Danimarca che, com'è noto, ebbero per secoli lo stesso idioma, il danese. Chi fece per primo entrare, non nel solo Teatro ma in genere nella Letteratura ,scandinava, il soffio della nuova cultura. europea, fu Ludvig Holherg (1684-1754). Nato a Bergen in Norvegia, ma vissuto in Danimarca, Holberg è considerato a ·ragione come il poeta del Settecento danese e norvegese. È lui che apre lè finestre del piccolo n1ondo scandinavo; è lui che, roso dall'inquietudine nuova, si p_rotende all'appassionato esame delle correnti rivoluzionarie onde ribolle tutto il continente europeo. Filologo e latinista, professore universitario a Copenaghen, storico., giurista, filosofo, poeta di satire e d'epigrammi, a noi qui Holberg interessa naturalmente come commediografo: la sua produzione oltrepassa le venti commedie tra le quali, popolarissima, ]eppe paa Bjerget (Beppe della montagna, 1723). La critica danese giudica il co1nplesso dell'opera di Holherg come quella d'un aùtore che invidiabiln1ente unisce, a un talento naturale, le risorse d'una vasta cultura onde gli vengono impulsi e spunti di assai varia ricchezza: dai classici latini ai grandi francesi e spagnoli, e particolarmente alla nostra Commedia dell'arte, che Holberg aveva conosciuto di persona in u11 viaggio in Italia, e per iscritto dal Théatre italien del Gherardi. Si concluderà da tutto ciò che il suo success·o abbia !sanzionato una grande arte? .Sarebbe esagerato. Nell'arte di Holberg, o almeno nel s-uo teatro, c'è un residuo d'infantile, se non
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proprio di barbarico; s'avverte qua e là una mancanza di misura e di gusto, che lo lascia notevolmente lontano dagli agognati modelli e, nemmeno a dirlo, dal suo adorato Molière. Ma c'è tuttavia, nella sua commedia, un'intenzione di vita vivente, che le dà anima, calore, fuoco. Ricordiamo di sfuggita i nomi di un Johan Herman Wes• sei ( 1742-1785), autore di un dramma satirico ancor oggi rappresentato, Kjrerliglied uden Stromper ( An1ore senza calze) e di un Joha·n Nordalh Brun (1745-1816) che invece coltivò la tragedia. l\la chi rivalutò questo genere di fronte a un pubblico che ormai da decenni prediligeva la commedia, fu il danese Johan Ewald ( 1743-1781) che contrappose, alla scettica osservazione di costume del teatr:JO satirico di Holberg, l'affermazione di valori ideali amorosa , .ente ricercati nelle leggende e nella storia nazionale. · Così facendo Ewald preparò la strada all'altro nome insigne che, al principio del secolo seguente, s "i11contra nel Teatro scan• dinavo (e anche in quello tedesco, perché scrisse anche in tedesco): quello del danese Adam Gottloh Oehlenschlager ( 17791850). Se llolberg aveva dato, alla Letteratura de' suoi paesi, la Commedia settecentesca, Oehlenschlager vi importò niente• meno che il Romanticismo. Scrisse tragedie,. drammi miticj e allegorici, commedie, e persino vaudevilles. ·Questi ultimi in concorrenza con un altro poeta e commediografo danese, Johan Ludvig_ Heiberg ( 1791-1860), che da un viaggio in Ger~ania e in Francia aveva portato in Danimarca la filosofia di Hegel e la commedia musicale di Parigi. 'Ancora più tardivo, come dicevamo, lo sviluppo del Teatro in Svezia, do·ve fino a metà del Settecento non si hanno · che compagnie straniere (francesi e tedesche) e, all'ultimo,· dilettanti nazionali. L'amore per il Teatro di re Gustavo III ( 17491 79·2 ), autore egli stesso di drammi, non basta a creare una produzione nazionale. E insomma la verità si è che in tutti i paesi scandinavi ci vuole molta buona , vol.ontà per scoprire, fino al secolo scorso, caratteri spiccatamente indigeni. Si tratta sempre d'un Teatro che vegeta, e talvolta prospera, all'ombra dell'altre grandi letterature europee. Il f ormi,dabile fenomeno che a metà dell'Ottocento capovolge la situazione, e dà improvvisamente al Teat~o scandinavo un compito non più d'imita• tore, ma di innovatore e pioniere di tutto il Teatro moderno, è l'apparizione del più grande drammaturgo di questi ultimi cent'anni: Henrik lbsen. '
Prima attività di lbseri. - La vita d'Ihsen è povera di eventi. Pensando a lui, non ci si presenta una immagine eroica, balda, amabile, o comunque attraente. Non è la veneranda santità di Eschilo, non è la danza di Sofot· le
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giovanetto che guida i cori, non è Plauto che di notte legge le sue scene ai compagni accanto alla macina del mulino, non è Shakespeare beccaio che improvvisa il suo discorso sul vitello ammazzato, non è Molière che ride sulla scena delle sue sanguinanti sciagure di marito, non è Goldoni alle prese coi letterati e coi comici, non è il lestofante Figaro-Beaumarchais lanciato alla conquista di Parigi e della Corte. La sua è la figura ermetica d'un impassibile gentiluomo del Nord, piccolo, vestito in redingote, le mani annodate dietro il dorso, la fronte enorme, i favori ti folti, gli occhietti freddi dietro le lenti, cerchiate d'oro, le labbra serrate come i margini d una ferita, e i nastrini delle molte decorazioni sul risvolto di raso. Una specie di scien.. ziato-giocoliere, di mago-prestigiatore, .di burattinaio-alchimista; s'intende, di grandiss·imo stile; che sta scrutando uomini e donne e la ---loro ete.rna commedia, pesandone al milligrammo le debolezze e le menzogne, i falsi .eroismi e !'illusioni vane, per comporne, scomporne e ricon1porne in tutte le possibili combinazioni una quantità di giuochi scenici; dove manovrando le fila egli li farà scontrarsi, accusarsi, spogliarsi, sviscerarsi, e da ultimo inabissarsi . senza p1eta. 9
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Henrik Johan Ihsen nacque il 20 marzo 1828 a Skien, in Norvegia, da famiglia borghese, austera, religiosa. A vent'anni, Ibsen non avevà ancora visto un teatro. Ma gli echi del ·'48, resurrezione dell'anima europea, arrivarono fino- a lui; che, dopo averli accolti in versi e in prosa, li concretava scenicamente nel suo primo po~ma drammatico, Catilina, pubblicato nel '50, con falso nome: alla maniera romantica, e cioè idealizzazione, come vindice di libertà, d'un personaggio che la storia classica aveva bollato come un traditore. Ma il primo lavoro, che gli rappresentarono nello stesso anno, fu I Normanni, a Cristiania, dov'ehhe successo. Non ebbero invece successo i suoi esami di licenza, dove lo bocciarono in greco e in matematica. Avvilitissimo, la salvezza materiale e spirituale gli venne nel '51 con la nomina, offertagli 41 dall amico musicista Ole Bull, a direttore e poeta del teatro di Bergen: paga modesta, con obbligo di dirigere la compagnia, e di dare al principio di ogni anno un suo lavoro drammatico. Saranno opere mediocri, in cui fra gli echi del basso romanticismo tedesco e de' suoi epigoni scandinavi si risente soprattutto Oehlenschlager; difficile intravedervi il lavorio dello sp·i• rito che si sta, ad un tempo, foggiando una personalità, e fog• giandone i mezzi. Indicibilmente più significative sono, in questi anni, alcune sue liriche.
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Nel '58 Ihsen è passato, da Bergen, a flirigere il teatro di Cristiania: in altri lavori scenici, Hcernimndene paa Helgeland ( I guerrieri a Helgeland, nota col titolo La spedizione nordica, 1858), i coloriti e fantasiosi Kongsemner,,e (I pretendenti alla Corona, 11163), ha cominciato ad aprir le ali; e ha già dato una viva, singolare, significativa opera scenica, nella Kjorlighedens Komedie (1. . a commedia dell'amore, 1862). Il Governo gli concede pensioni modeste ma sufficienti a viaggiare e lavorare in pace: e, diciamolo subito di volo, la protezione crescente del piccolo Stato verso il suo poeta che tuttavia agisce e scrive, nel campo morale se non in quello politico, co-me lt\lD ic·onoclasta, è un notevole documento di libertà spirituale. ~a la maggiore i11dignazione contro il paese e il suo Governo, Ibsen la manifesta con versi e prose di fuoco, quando la Prussia schiaccia la Danimarca pel possesso dello Schleswig-Holstein, senza che Svezia e Norvegia intervengano nella guerra. È allora che il poeta, sebbene ammogliato da alcuni anni con una intelligente e mite crea• tura, Susanna Thoresen, lascia la sposa e il figliuolo fra quelle nebbie che gli son divenute irrespirabili; e, ricalcando l'eterne vie della calata del barhiro, o se vi piace meglio rinnovando il pellegrinaggio di Goethe, scende in Italia. Alla franca luce del sole italiano, il poeta intraprende l'esame di coscienza, suo e dell'umanità. Non che intenda tutto ciò ch'è nostro: comprenderà soltanto a mezzo la .nascente Italia, e Roma eterna. Tuttavia qui respira nell'aria, serena, e nel sentore della storia che fluisce solenne dai secoli, la liberazione da ogni mediocrità pettegola; ha il senso dello spazio, e degli orizzonti. E in .San Pietro, per antitesi, ma in uno slancio di potenza creativa, concepisce Brand (1864\_
1865). È la tragedia dell'Assoluto. Brand è il sacerdote del Dio vero: un Dio giovane e inesorato~ vincitore del vecchio Dio bonario, accomodante e caro alla gente Ò1edia. > ; o si crede, o non si crede; chi crede, dà tutto al suo Dio. E il prete Brand, nella sua ascesa mistica, gl'immola l'unico figlio, la sposa, la madre, fino a rimaner solo davanti al s110 inaccessibile Iddio. _.E dopo aver voluto erigergli il tempio nuovo, più vasto e più degno, abbaridon-a anche questo per salire ad adorarlo nel solo tempio vero, sulla montagna, in spirito e verità. Ma la valanga, crollandoglÌ addosso, lo seppellisce; e alla domanda del morente: > ·replica dall'alto una voce, che pare irrisione: > A Braod, succede Peer Gyna (1867}.; all'apostolo, lo sbarazzino; all'eroe dell'impei-ativo categorieo >, l'eroe del >; · all'uomo come dovreh• b'essere, l~uomo com'è: al dramma metodico, simmetrico e
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formidabile, la fantasia fiorita, tra aristofanesca e shakespeariana, un po' Don Chisciotte e un po' Faust, straripante ad ogni tratto fuor della cornice scenica, gioia e disperazione dei moderni registi. Anche Peer Gynt, per metà intessuto di particolari attinti al più colorito folclore norvegese e ai momenti buoni imhrillantato, ~ome ognun sa, dalla musica cristallina di Grieg, è, a suo modo, un eroe della volontà. Ma volontà d'un arrivista e teppista mitico, d'un gagliardo fannullone, d'un millantatore sensuale, d'un sognatore che si fabbrica consapevole la dolcezza dell'illusioni finché può goderne, e ne evade quando il restarvi dentro non gli conviene più. E, almeno nei suoi primi tre atti, un'opera di grande poesia, forse la maggiore apparsa sulla scena europea dal Faust in qua. Il grande amico d'lhsen e l'uomo da lui dissimile, Bjornson, ~he subito dopo la lettura di Brand gli aveva scritto: cc que.. sta non è poesia )>, ricevuto Peer Gynt gl'inviò una lettera d'ev• viva. Senonché molta critica sç_andinava, compresa quella che allora a Bjornson era più vicina, vide nei particolari dell'oper.a nuova allusioni e satire atroci alla vita del paese; e le si ·scagliò contro. Furioso, Ibsen se la prese con lo -stesso Bjornson, in una epistola ch'è oggi d'importanza capitale, oltre che per la comprensione della sua poesia, per la storia di tutto il Teatro moderno, del quale annuncia la rivoluzione. Rifiutato come poeta, Ihsen si farà fotografo. Scrive: ,
« L'indignazione moltiplica le mie forze. Vogliono la guerra: farò la guerra. Il mio disegno è questo: di darn1i alla fotografia. Farò posare i miei contemporanei, uno per uno, davanti al mio ohbiet• tivo. Ogni volta che mi incontrerò in un'anima degna d'esser ri• prodotta, non risparmierò né un pensiero, né una fuggevole intenzione appena mascherata dalla parola. Non risparmierò nemmeno il piccolo nascosto nel seno della madre. »
Il teatro originale d'lbsen, e la sua opera di rinnovamento, cominciano di qui.
La riforma ibseniana e i drammi borghesi. - 11 suo nuovo assunto _è questo: fare opere di poeta tragico rinunciando al fantasioso, al leggendario, ai fulgori della fiaba e alle porpore della storia per accomodarsi alle strettoie della realtà meschina, quale se la vede intorno. Ihsen s'esprimerà attraverso cotesta povertà; spremerà la poesia da q·uesto grigio, senza più rime né ritmi, senza più quella forma d'arbitraria e stupenda con• fessione lirica ch'è il monologo, senza più canti a voce spiegata. Egli la scoprirà nel comune eloquio borghese, nelle battute rapide, nei minimi cenni su cui farà convergere, impercet• tibilmente ma magicamente, le luci, in modo che le ani·me si rivelino senza parere. In tempi nei quali il dominio positivista ha imposto a teatro, col più imn10l>ile dei criteri realistici, --
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la scena fissa in ogni atto, egli accetterà di sottoporsi a tutte le esigenze meccaniche di questa fissità, e delle condensazioni di luogo e di tempo che essa impone. Gli è che la sua rivolu. . . . . . . " z1one, sia etica sia estetica sia propriamente tecnica, non e esteriore ma prof onda; in questo modo, egli penetra nella citta• della avversaria, porta_ la sua fiaccola· nel seno dell'ortodossia, e v'appicca l'incendio dal didentro. Ma questo incendio che fuoco propaga? Lascia intendere Ihsen: la nostra anima nuova anela alla felicità, per cui è creata, e il mondo moderno pare offrirle tutti i mezzi atti alla sua conquista: ma ognuno di noi porta in sé un cadavere (il > della notissima poesia di Ibsen diretta a Georg Brandes), di cui non sa liberarsi: è l'eredità del Passato, è la morta Regola dell'età che non è la nostr~, e che ci soffoca e che ci schianta, impedendo a ciascuno d'esser se stesso, di vivere in pienezza di sincerità e di gioia. Il primQ tentativo del poeta in questa via, ma non in tutto riuscito, è De Unges Forbund ( La lega dei giovani, 1869). Ad esso seguì Kejser og Galil che edificò la sua rispettabilità sulla menzogna, e che al risorgere del suo passato, tornatogli davanti col volto d'una donna, si libera finalmente dell'ossessione, con• fessando in pubblico le proprie colpe. Morale: solo la Verità e la Libertà possono essere i pilastri del vivere umano. Poi in Europa scoppia, come una bomba, Et Dukkehjenr. ( Casa di bambola, 1878-1879). Nell'agitarsi delle rivendicazioni nuove che hanno gonfiato la seconda metà del secolo, tra nazioni reclamanti l'indipendenza, e categorie di lavoratori invocanti il loro posto al sole, c'è al primissimo rango il femminismo, che chiede la redenzione di tutta una metà del genere umano, dal dominio sfrutta-tore dell'altra metà. Il nuovo dramma del poeta, che grazie alla scaltrissima costruzione scenica è tuttora fra i più rappresentati, scatenò la tempesta: ponendo appunto il caso di una donna che, avanti d'esser femmina, sposa e madre, vuol essere donna. Cresciuta fra le tenerezze bamboleggianti del padre prima, del marito poi, i quali l'hanno vezzeggiat·a come una deliziosa pupattola ma difatto esci-udendola dalla loro e dalla sua stessa vita, Nora otto anni fa, per salvare il marito malato, ha commesso un falso: e ora un impiegato della hanra
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del suo ~tesso marito, licenziato, minaccia di rovinare lei e il marito, con una scandalosa rivelazione. La fragile. creatura è così posta durissimamente, all'improvviso, contro l'atroce realtà. E anche quando, dopo la lunga angoscia della temuta minaccia, il ricattatore ne recede, la ferita che l'evento ha in• ciso nel petto di' Nora non si cicatrizza più. Ella ha scoperto di non essere stata, fino allora, se stessa, consapevole di sé; ha scoperto che, prjma dei doveri verso il marito., verso i suoi hin1hi, ha da adempiere quelli verso di sé; e per ciò abbandona l'uno e gli altri, e fugge sola, incontro al ritrovamento di se stessa. Non erano ancora cessate le grida insorte, com'era ovvio, contro una tale conclusione ( che sulle scene della Germania di allora si dovette addirittura, per furor di pubblico, modi1ìcare)~ e lbsen dava l'altra battaglia alla tirannia famigliare con Gengangere (I morti che tornano, ·noto col titolo I fantasmi o Gli spettri, 1881). Elena Alving peccò contro la \Tita, quando invece d'abbandonare il marito, tiranno immondo, fece ossequio alla morta Regola in cui non credeva più, rimanendo co~ lui. E n'è• punita dal fatto che suo figlio Osvaldo, nato artista, nia con l'eredità viziata del padre, è escluso dalla Vita: oggi non può creare, domani sarà idiota. 11 dramma spasima nell'attesa di quell'accesso, predetto dal medico, il quale farà smarrire l'intelletto, e cioè ogni morale ragione di vivere, aì condan• nato. E rappresenta, in continui ritorni, il vano dibattersi di Elena, fra la sua sete di Verità, e l'atavico omaggio alla Re• gola morta. Elena sa che suo marito fu uomo turpe, ma collabora a santificarne in pubblico la memoria; Elena crede che suo figlio' troverebbe la felicità e (s'illude, ma lo crede) la sanità nell'amore di Regina, ma vi s'oppone perché Regina è segretamente sua sorellastra ( qui il loico Ihsen arriva, come del resto Shaw, a giustificare, o diciamo meglio a negare, l'incesto); Elena promette al figlio che, quando la follia l'abbia colto, lo libererà col veleno, ma al momento di porgerglielo arretra senza forza~ È la Regola morta che ,rince, corrodendo e distruggendo i diritti della Vita. Un altro scon-fitto di Ihsen è Stockman11, in En Folkefiende (Un nemico del popolo, 1882) che s'aspetta d'essere salutato salvatore della città per aver scoperto che la sorgente delle sue acque termali è inquinata; e invece è .vilipeso e cacciato, perché la città vive sul credito di quelle acque, e la cc verità >> di Stockmann la affamerebbe. Altri sconfitti sono gli eroi di V ildanden (L'anitra selvatica, 1883-1884), storia di una famiglia che vegeta tra le scialbe illusionj d'una esistenza di cui non conosce o non- avverte i] rompromesso _ignobile: quando piomba fra essa l'idealista .che -ie grida la verità, le illusioni cadono, la famiglia è distrutta, e Edvige, la giovinetta gracile che era il suo fiore, s'uccide.• Altri sconfitti sono Rosmer e Rebecca di Rosmersholm ( Casa Rosmer, 1885-1886); Rebecca, la donna
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nuova, ha preso d'assalto il vecchio ridotto di casa Rosmer, portandovi la furia del suo indomabile amore, sicché la mo• glie di Rosmer, disfatta, va ad annegarsi; .ma, morendo, la vittima ha avvinto i due superstiti, col rimorso che la legge atavica fa ribollire dal profondo dell'anima loro; e i due precipitano, insieme, 11elle acque che furon tomba della vittima. Una parentesi quasi serena parve a questo punto Fruen fra Havet (La donna del mare, 1888), il dramma della donna misteriosamente attratta fuori dal fiordo, dal fascino del gran mare aperto; ossia fuori della quieta vita casalinga, nel tumulto delle passioni che già l'arsero fanciulla davanti all'ignoto. Ma basta che il marito, invece di serrare ·il legame, la sciolga e la lasci responsabile della scelta, libera al bivio fra il limite e l'infinito, e la donna sente cader l'incanto·~ rimane al suo posto. Il che, come si vede, non vuol essere affatto un riconoscimento dei diritti del vincolo sacro, e insomma della legge trascendente: vuol dire soltanto ch'io posso accettare anche questa Legge, ma a patto che sia stato io e non altri a sceglierla liberamente. Ma subito dopo questa parvenza d'ottimismo, Ihsen, quasi pen• tito di quello che in realtà non ha concesso, serra le labbra, e lancia alla scena la più contorta e, diremmo, ·mal-trattata delle sue figure: Hedda Gabler (1890). ~ Qui è l'avvelenata malinconia della femmina moderna, che s'annoia. In lei le vaghe irrequietudini d'Emma Bovary si sono concretate e ingigantite. Fanciulla, la figlia del generale Gabler, fra la tristezza meschina della grettissima vita provinciale, aveva intravisto la gioia, la bellezza, e, nella perversione delle sue comunioni cerebrali con lo sviato compagno Loe,"horg, perfino il -genio. Ma nessuna aspirazione lirica fu mai più mostruosamente immiserita della sua : adesso, sposata a un pro• fessore, la troviamo alle prese con le pantofole del marito, col cappellino ridicolo della vecchia zia; oppure a crucciarsi per l'impossibilità d'aver un altro pianoforte, un cavallo da sella, un domestico in livrea; a far questioni se Loevborg - di cui ella, gelosa, ha distrutto il capolavoro - sia morto en beauté, uccidendosi con un colpo al cuore, o sia stato volgarmente ammazzato con una pistolettata al basso ventre. Così la bocca d'Hedda assume, davanti alla pietistica umiltà delle creature che la circondano, una piega satanica. La sua tragedia si mortifica, nell'apparenza d'un atroce sadismo intellettuale; finisce in un dramma di soffocata lussuria, di gelosia esasperata, e, insieme, di necessaria viltà: terrore dello scandalo provinciale che toglierà a cotesto dramma qualunqtte ideale bellezza. Donde il suicidio. Hedda muore fingendo di trastullarsi con le pistole di suo padre. Bygmester Solness (Il costruttore Solness, 1891-1892) muore, incitato a salire fin:. sulla cima deII·'ultima sua costruzione dalla sfolgorante Hilde, l'anima della sua giovinezza, tornatagli, incontro quand'egli. non è più giovane, e non sa più 1
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resistere alle vertigini dell'altezza. Lille Eyolf (Il piccolo Eyolf, 1894) muore, ànnegandosi mentre sua madre e suo padre son perduti nel loro problema d'amore, che li ha sempre allontanati dal figliolo: poi l'esame della loro > in questa sciagura li porta a propositi conclusivi che vorrebbero essere, per la terza1,.,.e. Con un'estetica che è poi tutt"uno con la sua etica, lbsen misura avaramente la vita di codeste creature, a cui ha negato, le libere eff usioni; le costringe in schemi geometrici, fuor dei quali assolutamente non le lascia né andare, né respirare. In Ihsen l'equilibrio fra cuore e cervello è stato perduto a tutto svantaggio del primo. Perciò è possibile che Nora, a scoprire se stessa, rinnovi il mito di l\'Iedea, uccidendo, alnteno in sé, i suoi figli; cl1e Brand, per trovare il suo •
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Dio, gli offra in olocausto il suo bambino e la sua sposa. Alla fine di quel secolo XIX, che non fu stupido ma tragico, il piccolo lbsen, agitatore taciturno, ateo religioso, antiaccademico e dottore honoris causa, rivoluzionario avido di onori-fìcenz'e~feava~tere8cn;e(;;· e·~u·n'O dei'"testiihoni' g•iganti della sua contraddittoria e universale tragedia. Poeta in redingote, volle riportare il dran1ma, in abiti borghesi, alle sue origini sacerdotali, e lo introdusse nel tempio di Brand: ma il te~npio. era,. ~.ivuoto,-.1.i et,, al;;"j;,V:angelo'_.:~ diT~~ Cristo., giudice era':.: statd so·stituito·~ u-n~·, gì·u•dice senza Cristo. Ché" il cadave,;.~,JJi\•n,ell,fJr.· stiva~-;è, ~ n.on. solo.,, . nell~animo.~~ dei.).' filistei. messi alla gogna dal poeta; è anche, e soprattutto, nello spirito dei ribelli che egli ha glorificato. È il peso morto d'un'altra tradizione inflessillile, nutrita: più che di calore evangelico~r:• d:eIIJa\~·I, t:P--~i:·,:):'il:iit·à1.': dell'Antico Testamento. L'aria chiusa in cui le sue creature soffocano sembra avere impalpabilmente diffuso come un tanfo, lieve,.. es.o,tico~,- e. solenne, sÙ'lfl~Bp. er'a·'.' ·sua~ Nèl'l"a~l1,,·,,qual'é'"I tutto è" 'congegnato, ' predisposto, sospeso e fatto precipitare al momento giusto, con un'arte la cui impeccallile bravura può diventare esasperante. Alle volte, quella di Ihsen, pare la tecnica di Seri be e di Sardou portata alla cima della perfezione e messa al servizio di un'idea con, al posto dei soliti fantocci, uomini e donne d'un'c-w idenza nettissima, ognuno fissato, nel suo carattere e nef suo tic, per l'eternità; ma il congegno si sente. Di qui, nella nostra sbalordita ammirazione, il perpetuo resid•uo~ d·'u-n'indefinibile s·contentezza. Di qui } assurdo per cui, nell~immensa famiglia ibseniana, la nostra creatura prediletta è forse la meno. ibseniana fra tutte e cioè, almeno nei tre primi atti, il suo Peer Gynt. Fra tutti gli eroi dell'imperativo categorico, finisce che il più sopportabile, e diciamo pure, senza falsi pudori, il più fulgido, è un avventuriero, f anf aro ne e imbroglione. E a Nora e a Hedda e a Rebecca e a Ellida, e a tutte le eroine dell'autonomia della volontà, ci sorprendiamo a rivolgere in segreto la domanda di Peer Gynt alla respinta Ingrid: senza Dio, ottimista e umanitaria. Ma fu sempre la sua fede nel progresso umano, nell'amore, 11ella bontà, a ispirare tutta la sua attività di poeta, di narratore, e di drammaturgo. I suoi esordi sul teatro avvennero con una ·serie di drammi, anche st~·rici, e una trilogia di sapore shakespeariano, Sigurd Slembe (Sigurd il Selvaggio, 1861-1862): tutti saggi giovanili, impregnati di entusiasmi romantici, e spesso un po' tropp.o can,eli.d-i .e idilliae·iN el 1865, succeduto a lhsen nella dirèzione del Teatro di Gristiania, e già orientato verso lo studio dei problemi dello ~sp.irito con·temporaneo, egli abbandona i te1ni eroici, per mettersi a indagare ambienti e motivi borghesi in un dramma moderno, De Nygifte (Gli sposi novelli). Ad esso tengono dietro Redaktoren (1874), che vuole dipingere il giornalismo e i suoi ricatti; En Fallit (Un fallimento, 1875), dove la p.it~f_.1J-ra. b.alzacchiana d'una tragedia degli affari, conclusa con la catastrofe d'un finanziere, fu da Bjornson portata a una significazione nuova e fidente: ché il protagonista, rovinato dall'ambizione, al termine dell'opera ha però la certezza d'una vita novella, costruita sulla onestà, snl lavJ>X~ ~sulla .-purità della coscienza; L~onarda (1879), generalmente ammirato come uno dei suoi più bei drammi: è l'apologia dell'amore, scritto dal~ poeta sotto !.. influenza dei suoi nuovi studi filosofici e sociali d'orientazione positivistica, contro la gretta morale della gente di Chiesa ch'egli ora rinnega; En Handske (Un guanto, 1883) che sostiene la tesi secondo la quale la fanciulla ha diritto di esiger dallo sposo la stessa purezza che l'uomo pretende da lei; Over Aevne I (Oltre le nostre forze, 1883), •
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dove si rappresentano le forze inconoscibili della fede, che operano il miracolo, ma per concludere nel senso che, morto il vecchio Dio, oggi l'uomo può vivere per una µuova religione: quella della Vérità (Over Aevne li, 1895). . ~mbienti . politici son ritratti in Paul Lange og Tora Pa;--sberg (Paul Lange e Tora Parsberg, 1898), in Laboremus (1901) e in Paa Storhovl (A Storhovl, 1902), che sono gli ultimi drammi in cui l'autore riafferma i suoi prediletti concetti morali, del culto per la famiglia .e per l'umanità. Pensatore mediocre, ma· osservatore sereno e quasi bonario, il Bjornson ha soffuso tutta la sua opera d'accenti d'una sincera bo11tà puritana, animandola con figure spesso vive e vere, grazie a quella sua arte, talvolta felice, più sovente modesta, sempre improntata a ( una laica onestà. •
Parlando di Ibsen si è fatto il nome di un critico -danese, uno dei più insigni divulgatori della cultura e dell'arte moderna nell'Eurqpa alla fine del secolo, Georg Brandes ( 1842• 1927). Ma, fra i drammaturghi danesi del suo tempo, va particolarmente ricordato suo fratello, Edvard Brandes ( 184 7-1931); sotto l'evidente influsso di Ibsen, scrisse· numerosi drammi a tesi, in cui volle farsi apostolo d'un rinnovamento morale, secondo il credo del suo tempo: ossia per la ragione contro il dogmatismo, per la libertà spirituale contro il farisaismo, per la verità contro la menzogna, ecc. Scrittore netto e precìso, buon disegnatore di caratteri, dette i suoi lavori migliori in Et Besok ( Una visita, 1884), En Forlovelse ( Un fidanzamento, 1884), e specialmente Unde,r Loven (Sotto la legge, 1891). V
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Strindberg. • Quanto alla Svezia, abbiamo detto ch'essa non ha, fino alla seconda metà dell'Ottocento, drammaturghi importanti. Ma, se l'Europa di quel secolo è rimasta memoranda per la furia con cui le più opposte fedi, crollando e rinascendo, parvero cozzare angosciosamente ne' suoi spiriti più alti e consapevoli, è difficile pensare a tragedie spirituali più tempestose di quelle che si combatterono nell'anima del n1aggior drammaturgo svedese, August Strindberg (1849-1912). Suo padre aveva sposato una serva: e questo destino, d'essere , e in alcune commedie minori, egli trionfò con una commedia di carattere, brutale ma gagliarda, Les af/aires sont les af}aires (1903), il cui protagonista, un borghese intento a far quattrini, è inciso con una crudezza di dura efficacia.
La reazione liricheggiante e Rostand. - È verosimile che· contro il teatro di questo genere, il quale a molto pubblico e a una certa critica appariva grigio, tetro e mo·rtificante, ~i sia levata la reazione dei ), ch'è un piacevole divertin1ento di ri• me, come appunto ne sapevano fare Hugo e Banville. Il disastro accadde quando uno stile di quella sorta si volle usare per n1ettere in scena un >: La Samaritaine (1897). Si vide allora entrare in scena, ann-unziato da un contrasto clamorosamente vittorughiano, un Gesù esteta, ammiratore delle ragazze che vanno al pozzo reggendo l'anfora sul capo. Un Gesù che parla con trovate metriche, e dichiara galantemente: che contemplano , la vita con sguardo ironico, e la ritraggono comicamente. A una forte e talvolta molieresca comicità arriva la satira dei costumi d'un vivace e sicuro rappresentatore di certi lati ridicoli della società contemporanea, Courteline (Georges Moineaux, 1858-1929). Courteline, in origine, è un novelliere; ossia uno scrittore dal respiro breve, che fissa le sue impressioni in rapidi scorci. Perciò anche quando sale sul teatro, con opere tratte in gran parte dalle sue stesse novelle, il più delle volte non .oltrepa~sa la cornice dell'atto unico. Ma questi suoi solidi bozzetti scenici sono incisi sovente, se non sempre, con una potenza classica; e la > che vi ricorre ci dà la umoristica (e amara) in• terpretazione d'un inondo. Molieriano, .intanto, Courteline è nel suo spirito bonario, gaulois, >, nel suo odi.o a tutte le costruzioni impot;te all~uomo. Le sue ossessioni sono la legge, i trihuna•Ii, la burocrazia, la milizia, le tirann·ie domestiche, l'esigenze e inganni e truffe della donna nemica. Non c'è solo riso, c'è fremito di rivo1ta nelle sue acri satire. alla vita di caserma, come Les gaités de l' escadron e quel tragico Mal à la gorge in cui un povero soldato, fintosi malato per otte• nere quindici giorni di riposo, finisce per morir davvero. Magistratura e polizia son messe al.la gogna in una serie di atti unici, tra cui quel Client sérieux (1896) dove si vede un avvocato che, dopo aver difeso un cliente con certi argomenti, , il Renan sopravvi,re, oggi, all'ammirazione dei lettori, soprattutto per le sue doti di stile, e cioè d~arte. rtia dobbiamo anche riconoscere ch'egli è stato più vera1nente e raffinatamente artista nella sua vasta opera di esegesi biblic.a che non nei suoi cosiddetti >, dove pure intese esprimere, in forme che credeva del tempo suo, una sorta di tragedia nuova: Caliban (1878), L'eau de ]ou1,ence (1880), l.1e préte de Nemi (1885), e, forse più denso e vigoroso degli altri, L'Abbesse de ·]oztarre (1886). Ad argomenti e problemi e climi non in tutto dissimili dai suoi si può in qualche 1nodo riportare anche l'attività drammatica di -Paùl--Hyacinthe Loyson (1873-1921), figlio del famoso apostata, , per la cosiddetta che, rappresentata nel 18.67 dalla compagnia di Luigi Bellotti-Bon, aveva fatto rifiorire gli entusiasmi e le speranze in un rinnovamento deJ Dramma italiano, era opefa di un giovinetto napoletano non ancora ventiquat• trenne, Achille Torelli (1844-1922), e s'intitolava I .mariti. Essa rappr~senta - in un ambiente di nobiltà napoletana, capeggiato da una coppia di vecchi coniugi all'antica, leali e cavallereschi - altre coppie di giovani sposi aristocratici, 'disunite dalla gelosia, dall'indifferenza, dalla volga• rità, dall'ozio, dalla dissolutezza, e a contrasto con un'altra coppia, d'una giovine patrizia sposata a un onesto avvocato. Son le solide virtù di questo «borghese»· a vincere e a innamorare la sposa che, prima sdegnosa e riluttante, finisce col riconoscersi unica e fortunata fra tutte. La com• media, svolta con una tecnica relativamente nuova, non d'intrigo né propriamente di carattere, ma per .quadri d'insieme, dipinti senza grande profondità ma con leggerezza di tocco ed equilibrio di toni, non è soltanto, come fu detto e ripetuto, l'apologia dell'amor sano, ma soprattutto delle buone qualità borghesi, rappresentate come l'ideale nuovo. Commedia tipicamente napoletana: in fondo, ancora basata, ottocentescamente, su qµestioni di etichetta, di convenienze, di scandali, di duelli (come notammo, a suo tempo, anch·e in Augier e in Dumas), essa tira a questa essenziale conclusione: che, fra tanti nobiluomini alle cui non corrisponde più ·alcun contenuto, il « borghese » Fabio è il solo gentiluomo vero. •
La commedia fece gridare al miracolo i critici del tempo Y orick, il Franchetti, il Capuana - ; e piacque, così si rac• conta, perfino al vegliardo Alessandro Manzoni. Peccato che, ne' suoi lavori successivi, il Torelli non ritrovasse mai più la levità, la freschezza, la felicità del primo. Di Triste realtà ( 1871) si lodano alcune scene efficaci, per le quali pure si è ricordato un nuovo, e più impegnativo, giudizio dello stesso Manzoni sul giovine Torelli, - cc già speranza ed -ora gloria del teatro italiano >>; ma il dramma è ineguale. Scrollina ( o La scuola degli artisti, 1885) è la storia d'una piccola modella: c'è, di maniera, un personaggio ( che fu incarnato dalla Duse esordiente); ma vi difetta la. commedia. L~israelita (1883) è il dramma d'una donna che tradisce il marit~ · solo per il freµetico desiderio d'esser madre; e che più tardi, potendo spos~re que·llo che fu il padre della sua creatura senza ch'ella lo avesse mai vera• mente amato', lo rifiuta. Donne moderne ( 1886) contiene la pit• ··tura di due giovinette~ f\.fercede e Orsola, fatta con intima
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grazia. Filia suavissima ( 1898) riprende il tema della donna innocente, che accetta eroicamente d'esser creduta colpevole, per nascondere una colpa della madre. In nessuno di questi lavori, come del resto in altri minori, mancano figure nettamente di• segnate, né quadri trattati con garbo, né il ricorrente, fidente motivo - ottocentesco, laic·o, e onestamente > della forza dell'amore. Ma l'ispirazione non è più costante, la vena è incerta; la essenzialé armonia dei Mariti non fu; dal Torelli, ricomposta mai più. '•
Il dramma verista di Giovanni Verga. - Altra tempra quella del noAtro maggior novelliere e (col Fogazzaro) romanziere della fine del secolo, il siciliano Giova~ni V er• ga (1840-1922): che, affacciatosi al Teatro di rado e rapidamente, quasi contro voglia, vi lasciò tuttavia impresse orme non più cancellabili. Come altri scrittori, prima e dopo di lui., il V erga era giunto a quella forma di naturalismo che in Italia si chiamò « verismo » da origini più o meno romantiche. l\:la presto gl'influssi dei naturalisti francesi, e anche le tradu-zioni dei grandi narratori russi, indussero il Vera a a tutt'altre mete; e la lettura d'un curioso docuntento, il in cui il capitano d'un veliero aveva annotato crudamente i della sua vita con -una nuda evidenza che gli parve ammirabile, lo persuase che ivi era lo stile, ivi l'arte, ivi quella viene assunto per antonomasia, in tutta Italia, a si• griificare senz'altro >. A Napoli Pulcinella e soci continuano a suscitare gli entusiasmi plebei nei teatrini popolari; fra cui famoso il · San Carlino: da questo usciranno attori come Eduardo Scarpetta (1853-1925), che crea un tipo o ma• schera nuova, una specie di Pulcinella in borghese, Don Felice Sciosciammocca:. ma le sue commedie - salvo Miseria e nobiltà, ch'è più o meno originale - sono riduzioni di altre commedie brillanti, per il solito francesi. Un grandissimo attore milanese, Edoardo Ferravilla ~ (1846-1915), crea un'indimenticabile serie di tipi e- macchiette, di portata, meglio che nazionale, uni• versale: ma la sua , nata da lui e per- lui, muore con· lui. Di altre commedie milanesi s'è accennato parlando del Bertolazzi; di siciliane, a proposito del Capuana. Anche d'un teatro borghese altri ha illustrato l'esistenza; ma che com• '
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medie ha prodotto? Se tiriamo le somme si. vede che il solo Teatro dialettale degno, letterariamente, di questo nome è stato sulla fine dell'Ottocento quello veneziano. I cui > furono, per strano caso, due grandi attori non nati a V·enezia : prima Marianna Moro-Lin, piemontese, maritata all'eccellente comico veneziano Angelo Moro .. Lin; secondo, Ferruccio Benini ( 1854-1916) che, nato a Genova ma , dove l'architettura, il riscaldamento, la distribuzione dei posti, offrono allo spettatore tutte le possibili comodità, e dove sulla scena si ha estrema cura che l'apparato, gli attrezzi e la recitazione siano eatremamente puliti e gradevoli, meritino insomma il dieci
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ll Teatro borghese in Inghilterra
con lode. Quanto al repertorio esso rimane sin quasi alla fine del secolo un pretesto a tutto ciò: il pubblico inglese si contenta d'intrecci· d'una innocenza che altrove f arehbe sorridere le educande, prende gusto a dialoghi e situazioni d'una comicità che in Francia apparirebbe insipida. È perciò che proprio dalla Francia i direttori e gli attori inglesi cercano con grande impegno, intorno alla metà del secolo, con1medie da tradurre o, quando ciò non sia pos• sibile, da imitare. E ciò che si procura d'importare è precisamente il « mestiere »: ciò che si tenta di apprendere è la costruzione dell'intrigo macchinoso e à sensation, l'artificio dei colpi di scena, la presentazione di tipi fissi e convenzionali. Il tutto è aggravato dagli ingenui e mora, leggianti preconcetti del pubblico britannico, dal suo ottimistico amore al lieto fine, dal puritanesi~o ch'è tornato notevolmente in· auge sotto il regno materno e familiare della regina Vittoria, e dalla censura che s'è fatta (anche dando talvolta in umoristici eccessi) interprete e tutrice. di questo indirizzo. Accade perciò che le commedie francesi le quali giungono in gran copia, f ehhrilmente tradotte, sulle scene britanniche, non solo sono spesso scelte tra le ·più false e viziate, ma anche rabberciate in traduzioni che le smorzano e le contraffanno. Ricorda sorridendo il Filòn, autore d'un facile libro sull'argomento, come sulle scene d'Inghilterra gli adulteri divengano fiirts, le cortigiane si trasformino in attrici, e via dicendo, tutto allo scopo di salvare, almeno, le apparenze. Quanto alle imitazioni fattene da autori inglesi, si tratta, com'è naturale, di merce anche più scadente. Il puritanesimo. passa una mano di bianco sulla sboccata comicità .del dialogo parigino che divie11e pallidò e monotono, in lavori quasi sempre fon dati sulle vicende d'una piccola schiera di personaggi convenzionali, che ricordano Scribe e Dennery: la ingenua; la civetta; il servo intrigante; l'ufficiale motteggiatore, insolente e prepotente, che non apre bocca senza battersi gli stivaloni col frustino; il vecchio brutto e burbero; il vecchio bello e cinico; e il vecchio contadino cl1e disprezza il denaro, parla dei propri capelli bianchi, e offre l'ospitalità al viaggiatore con la frase sacramentale: >. La critica drammatica, affidata quasi sempre a gente inetta, virtualmente • non esisteva. Pure, sembra che il pubblico non disertasse i tratteni• •
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menti drammatici, se i teatri di Londra, che nel 184 7 erano dodic~, nel 1860 avevan superato la ventina. Per soddisfare alle richieste, si cercano nuovi tipi di spettacoli. Trionfa il burlesque, specie di operetta, la cui comicità si riduce all'applicazione di procedimenti meccanici - per esempio l'anacronismo, facendo parlare personaggi classici o 01itici di cose e di ritrovati moderni - . Un autore famoso di E si potrebbe dire che una commedia _conclusiva, tipica dell'umorismo gentilmente malinconico di Barrie, come dalla sua costante aspirazione alla fiaba dietro gli echi del gran padre Shakespeare, sia quel Dear Bruius (1917) che in Italia è stato tradotto e rappresentato, col titolo Il bosco di Lob. € La colpa, caro Bruto, non è del destino, ma di noi che gli siamo inferi ori » è detto nel Giulio Cesare shakespeariano: e Barrie, seguendo con lirica grazia un procedimento caro ad altri com111ediografi inglesi, ha messo in scena l'avventura. sognata da certi personaggi che, credendo mancata la loro vita, sospiravano « un'altra sorte >. Ma quando, entrati in un certo~ bosco magico, son divenuti quello che volevano essere, s'accorgono che anche in condizioni così mutate la loro · sorte rimane identica; perché essa non è nelle circostanze esteriori, ma in loro stessi. E~ al risvegliarsi dall'incanto, rientrano rassegnata• mente nell'io primitivo.
Oscar Wilde. - Tµtto questo è stato giudicato, più che satira rivoluzionaria, ironia bonaria: nessun visibile intento di scrollare le basi della società, ma tutt'al più quello di sorridere dei suoi difetti. Proprio esatto? Chi guardi bene s'accorgerà che, non foss'altro per la legge delle fatali reazioni, una perenne, e sempre più torbida,
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rivolta antifarisaica fermenta nell'anima britannica. E che, a considerare soltanto il teatro rappresentato in Inghilterra tra la fine del secolo scorso e il principio del nostro, è facile scoprirvi, sotto la vernice, quella sorta di essenza «barbarica>, di '; cui ahhiam parlato comin• ciando a trattare questa materia. I suoi personaggi sono gente che sotto l'abito di società cela spesso istinti d'una violenza primordiale: le insaziate brame dell'orgoglio, della prepotenza, della crudeltà, della lussuria, della gola, di tutt'i peccati capitali. Di qui, in salotto, le for1nule della convenienza, e addirittura dell'impassi•• hilità, che altri. accusano d'ipocrisia, mentre si tratta di difesa necessaria; di qui,. in chiesa o in piazza, le esortazioni pietistiche della Salvation Army. 1\1 a fate che la vernice si scrosti, e vedrete a çhe atrocità di confessioni, d'insulti,. di zuffe e peggio, arriveranno questi gentlemen in frac che seggono tenendosi un piede in mano, e queste dame compassate e voraci, che in segreto rimangerebbero volentieri la carne cruda. E quando poi nel salotto arriva lo sbar~zzino, il maleducato, il rivoltoso, a rompere i vetri delle portefinestre e le tazzine del tè, a insolentire le persone rispettabili e a smascherare i loro inconfessati moventi, a dire insomma pane al pane e il resto al resto, il pubblico inglese sì divide in due: una minoranza (in progresso di tempo, sempre più forte) che simpatizza per lui e batte le mani, e una maggioranza (sempre meno convinta) che si scandalizza, ma per paura. L'enfant terrible che, tirando le somme· da questa modesta tradizione d'apparenze, diciamo così salottiere, e sieme dalla grande tradizione dei poeti ro1n~ntici; ribelli e satanisti come Byron e Shelley, ntosse all'attacco con una violenza di modi leggeri e di implacato furore, fu, come tutti sanno, un irlandese: Oscar Wilde (1856-1900). Erede di molti atteggiamenti propri di quel tipo di dandy e di posatore che tanto clamore aveva suscitato, nella prima ~età del secolo, Oscar Wilde fu, anzitutto, .un raffinatissimo esteta. Il prim~ spettacolo della Freie Biihne non fu, si noti, una novità: fu (settembre 1889) un lavoro che era •stato già ·ràppresentato e applaudito a Berlino, Spettri d'Ibsen; ma il nuovo teatro volle metterlo in scena· appunto perché '
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intendeva mostrare l'autentico stil , nuovo in cui lo si doveva rappresentare. Il successo fu così grande che la Freie Biihne, la quale andava i11 cerca di quattrocento soci, di colpo ne ebbe mille. Allora essa dette la sua grande battaglia nell'ottobre mettendo i11 scena un nuovo lavoro, già pubblicato per le stampe e criticatissimo, d'un giovine ignoto: Vor Sonnen,,uf gang (Prima dell'aurora) di Hauptmann. Seguiro110 ma11 mano altri autori, tede• schi e stra11ieri (Strindberg, Becque, Zola); ma nessuna delle rivelazioni successive parve più paragonabile a questa. Gerhardt Hauptmann (1862-1946) è infatti, a tutt'oggi, la figura più eminente del. Dramma te~esco contemporaneo. Nato in Slesia, fu agricoltore; st~diò letteratura a Dresda e scultura a Roma; e nel suo primo dramma ora ricordato rappresentò, dal vivo come l'aveva conosciuto, un cehtro di minatori slesiani: quadro di miseria e di degenerazione, che ricorda cert.i an1hienti dello Zola. In una famiglia, rosa dalla tabe dell~alcoolisn10, capita un giovane ch'è anche il raisonneur e il > del dramma, Alfredo Loth, scrittore e portavoce della utopia socialista; e una fanciulla che tutti nella famig.lia insidiano, Elena, s'innamora di lui. Ma Loth, bevitore d'acqua, apprendendo ch'ella è stirpe d'alcoolizzati, la respinge; ed ella s'uccide. Diffuso in dispute e in particolari, il dramma ha tuttavia verità di caratteri, freschezza di scene e potenza di passione; il che - oltre gli echi ibseniani naturalistici e socialistici già venuti di moda presso gli intellettuali - gli valse un gr_an successo. Dopo un secondo e mediocre dramma ibsenia110, Das Friedens/est (La festa della pace, 1890), Hauptn1ann ebbe un trionfo con Einsanie Men·schen (Anime solitarie, 1891); dramma psicologico, dove, pur rimanendo sotto evidentissime influenze d'Ihsen (Rosmersholm, Hedda Gabler), prese lo spunto da un suo fatto intimo, autobiografico (la fine del suo amore per la prima moglie, dopo l'incontro con l'anima sorella, la donna che _ lo comprese ,e lo sposò in seconde nozze). Al centro dell'opera ch'egli ha tratto dal suo caso personale, Hauptmann ha post9 un pastore protestante. Costui, perduta la vecchia fede per assumere nuovi ideali, sente il peso della catena che Io lega alla donna di ieri, buona, onesta, limitata, ligia alla vecchia tradizione, cui si contrappone il fascino d'una creatura emancipata e veggente, Anna Mahr: ma,. non avendo la •
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ll Teatro naturalista tedesco
forza di spezzare il legame che la società e i genitori gl'impongono, va disperato a gettarsi nel lago. Alla descrizione d'un arnbiente sociale tornò invece in Die W eber (I tessitori, 1892): storia di una rivolta di tessitori slesiani, che consacrò definitivamente la fama dell'autore, salutàto come il drammaturgo della nuova Germania. A una stessa ispirazione, sostanzialmente naturalista e umanitaria College Crampton (Il collega Crampton, 1892), Der Biberpelz (La pelliccia di castoro, 1893), Florian Geyer (1895.), Fuhrmann Henschel (Il vetturale 1-Ienschel, 1898), Michael Kramer (1900), ecc. Tuttavia, non prima né dopo bensì contemporaneamente allo Hauptmann naturalista e psicologista, c'è stato e c'è un altro Hauptmann, con aspirazioni fantasiose, simboliche e misticl1e. Il suo primo saggio, che appartiene già alla sua attività iniziale e cioè al 1893, è Hanneles Himmelfahrt (L'ascensione di Hannele); dove visioni tra religiose e fiabesche sono rappresentate nell'incanto di bei versi suggestivi. Segt1e Die versunkene Glocke (La campana sommersa, 1896), in versi. La bella e sonora campana che Enrico il fonditore stava trasportando a una chiesa in cima al monte, è stata fatta rotolare da un nemico fino al lago, dove s'è sprofondata; e per miracolo non l'ha seguita anche Enrico, salvato da uno sterpo, e poi curato da una ninfa, Rautendelein. Sottratto dagli amici al fascino di questa ninfa, Enrico tor11a · al villaggi_o, dove sono la sua sposa e i suoi due figlioli; ma il pensiero della campana sommersa, ossia del suo sogno fallito, non lo lascerà bene avere: lo ricondurrà al monte e sarà causa del suicidio della moglie. Infine anche Enrico morrà, respinto dai paesani indignati e abbandonato dalla stessa sua ninfa. Come si vede, qui }"eterno tema de·J contrasto fra la valle e l'altura, la vecchia campana son·1mersa e la nuova che dovrebbe squillar vittoriosa, il tranquillo p()rto dell"aff etto domestico e la voluttà delle libere cime (vedi il / jord e l'oceano, nella Donna del mare), è stato ripreso in quelle forme fantasiose, romantiche e nostalgiche, così tipicamente care all'anima tedesca; la quale parve riconoscere se stessa in questa opera dello Hauptmann, che fu presto consacrata come il suo capolavoro. Sostanzialmente allo stesso genere, fantasioso e simbolico, possono più o m,eno ricondursi altre opere dello Hauptmann, come Der arme H einrich (Il po,lero Enrico, 1901), Elga (1905), Und Pippa tanzl (E Pippa balla, 1906), Griselda (1909). •
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L'Ottocentu
Ma la caratteristica del poeta è, coine si sa, un'ansia çontinua di rinnovarsi, di tenersi al passo con lo spirito contemporaneo: il che egli ha tentato indefessamente, anche durante e dopo la prima guerra, con romanzi di cui non è qui nostro compito parlare e con drammi del più vario stile. Infine, dopo essersi indirizzato verso la celebrazione d'.una sorta di sensualismo e panteismo pagano, fra estetizzante e umanitario, lo Hauptma~n ha dato il suo malinconico addio al teatro con un ultimo dramma, che per far riscontro al primo s'intitola Vor Sonnenuntergang (Prima del tramonto, 1932). Salutato dalla critica del suo paese, nella sua giovinezza e nella sua maturità, come lo Shakespeare tedesco, e rappresentato con plauso e riverenza in tutta Europa, Hauptmann vide, nei suoi ultimi anni, declinare sensibilmente la sua fortuna in Germania e all'estero. Da-I suo irrequieto oscillare fra i più opposti indirizzi, e dalla sua contraddittoria assunzione degli stili più diversi, si è dedotto che lo Hauptmann non ha, dunque, una sua vera, profonda personalità; ch'egli non è un genio, ma un talento ricco di facoltà assimilatrici, un mirabile dilettante il quale ha saputo via via echeggiare Ihsen, Zola, Strindberg, Tolstoj, Nietzsche, D'Annunzio. Sarebbe tuttavia ingiusto disconoscere che, con questa sua eterna fa ti ca di rifacitore, egli abbia impresso in certe opere - come in Anime solitarie, come ne La campana sommersa - i segni d'una sua genialità, tutta germanica. E la sua figura di insod'disfatto ricercatore d'un nuovo verbo spirituale ed estetico ria·ssume significativamente il perpetuo travaglio del Teatro tedesco, sempre nobilmente affannato alla ricerca di se stesso. · '
Sudermann e altri drammaturghi. - L'altra e più equivoca figura che, per qualche tempo almeno, l'estimazione di molto pubblico europeo pose accanto allo Hauptmann, fu quella del prussiano Hermann Sudermann (1857-1928): autore d_i romanzi di larga rinomanza, ma che ha avuto i • • • • suoi magg1or1 successi a teatro. Anche il suo primo trionfo drammatico data dal 1889, con Die Ehre (L'onore). Due famiglie a fronte, alloggiate nello stesso palazzo; una sulla facciata, doviziosa, brillante, feroce; l'altra in fondo al cortile, povera e contami•· nata, dacché un giovane figlio della prima ha, pagandone il prezzo in danaro, corrotto la figliuola della seconda. Ma alla fine il fratello della sedotta, impiegato nella azienda
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dei corruttori per conto dei quali corre il mondo, tornando dalle Indie sc·opre il mercato, lo rinfaccia ai venduti, restituisce il denaro ai compratori e, vittorioso anche negli affari e in amore (ché sposa una ambita donna), riparte 11vendo reso giustizia. È vero che, a questo fine, ha bisogno dell'intervento d'un amico ricco, filosofo e
Freud. Gli Austriaci. - Anche in Austria, tra la fine dell'Ottocento e il principio del Novecento, la vita teatrale specie a Vienna fu intensa, e dette frutti notevoli. Possiamo ricordare qui, come figlio del Naturalismo ottocentesco - sebbene fiorito in gran parte del nuovo secolo il tirolese Karl Schonherr ( 1869-1948), di professione medico~ che . dopo la discutibile riuscita dei suoi primi lavori roman• ticheggianti o fiabeschi ritrovò se stesso in un'arte semplice, vigorosa, spesso paesana; la quale può in qualche modo ricor•. dare quella del nostro -Verga, almeno nella nuda vigoria con cui dipinge i quadri della vita primitiva e dei costumi delle sue mQntagne, esprimendone drammi d'anime e di sensi. Anche medico4t ma di famiglia israelita, fu· l'altro insigne novelliere e drammaturgo che l'Austria ha dato all'Europa tra la fine del secolo scorso e il principio del nostro: Arthur Schnitzler. Ma il naturalismo, che per lo Schonherr era stato un punto d'arrivo, per lui fu un punto di partenza; e perciò ne accenneremo quando diremo del Teatro del Novecento. ln·fine s'ha pure da ricordare Rudolph Lothar ( n. 1865, m. dopo il 1933), che, sebbene nato a Budapest, per essere sempre vis~uto a Vienna e avere scritto in tedesco, appartiene alla letteratura tedesca. Egli è particolarmente noto per un lavoro drammatico in cui fin dal 1900 precorse temi che poi son divenuti frequenti nel Teatro europeo del primo dopoguerra: Konig Harlek_in (Arlecchino Re). Si tratta d'un Arlecchino, ammirato per le sue facoltà d'imitatore, che per salvare Colombina dalle ins,idie d'un principe corrotto lo uccide, e per non farsi condannare prende il suo posto spacciandosi per il morto:
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il popolo senza accorgersi della sostituzione 1-o riconosce come sovrano, ed egli comincia a regnare con saggezza e virtù; ma a un certo punto s'avvede che l'arte del governo non è la sua, e si salva fuggendo. In altre commedie il Lothar nonostante i suoi pregi, specie di dialogo, è sembrato scendere sempre più verso i toni della commedia più agevolmente brillante, se non addirittura della pochade.
16. IL TEATRO SPAGNOLO La decadenza politica e morale della Spagna s'aggrava nell'Ottocento. È il secolo in cui il paese più che mai si dibatte fra reazioni e rivoluzioni, sovrani nazionali e sovrani • stranieri, lealismo e carlismo, monarchia e repubblica, assolutismo e libertà, centralizzazione e autonomie locali; ma senza riuscir mai a trovare uno stabile assetto all'interno, e dal 1810 in poi perdendo le col onie d' America che a una a una si staccano dalla madre patria. A questo stato di cose la ricca ma indolente intelligenza spagnola reagisce fiaccam·ente.' I viaggiatori che, da Teofilo Gautier a Edmondo De Amicis, visitano la Spagna, ne tornano con l'impressione d~un paese straordinariamente pittoresco ma senza vita sp~rituale. Forse, a questi e. ad altri osservatori e studiosi, è mancata la profonda cono• scenza dell'intimo dramma spagnolò; del conflitto dell'anima di . Spagna fra il suo europeismo e il suo africanismo, fra il suo spirito religioso e certo suo infingardo edonismo. Ad ogni mod·o è un fatto che l'Ottocento spagnolo confessa la decadenza anche_ in arte, letteratura e teatro : quel teatro alla cui antica ricchezza si abbeverano, e proprio sul principio del secolo, i romantici degli altri paesi. Anche la ·scena spagnola, nell'Ottocento, non conosce se non compagnie girovaghe, le quali a un pubblico più o meno distratto rappresentano uno stanco e poco originale reper• torio nazionale,. e un numero sempre più grande di traduzioni o riduzioni straniere. 1
Il Ro01anticismo. - In verità i nomi degli autori non sareh• bero pochi; e gli elenchi delle loro opere sono abbondanti. Ma ai loro titoli non corrispondono ricchezze reali, cose e persone che superino l'interesse del momento e, molto meno, i confi:ni nazionali. · · · d e I seco Io, eh e h a sa Iutato 1·1 nome e l'opera Su I pr1nc1p10 di Moratin, un romanticismo spagnolo dà i suoi frutti, tra coloriti e bizzarri •. Figura tipica ~'un romanticismo vissuto fu Mariano J osé de Larra (1809-1837), madrileno educato in Francia dove suo padre esule aveva seguito il re Giuseppe B.onaparte. Tradusse e ridusse per la scena drammi di Scribe e di Delavigne, si
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sposò, si gettò con romantico entusiasmo nella lotta per il rinnovamento morale e politico della Spagna. Ma, sedotto da una bella avvènturiera, abbandonò moglie e figli per seguirla in Portogallo, in Francia, in Inghilterra, in Belgio, traendo dalle vicende del suo angosciato amore la materia per un romanzo. Infine q·uando la donna~ dichiarò di non amarlo più, il Larra, ventottenne, ii . uccise. Lasciò al teatro un dramma, Macias (1834), importante per un certo clima avventuroso se non misterioso, che lo accosta a quello del popolarissimo Trovador ( 1836) di Antonio Garcia Gutiérrez. Ai funerali del Larra, un giovane di vent'anni si fece innanzi tra il seguito, e pronunciò un elogio in versi dello scrittore defunto. Era José Zorilla (1817-1893) di Valladolid: spagnolo autentico, ossia fecondo, improvvisator~, appassionato. Tra i suoi drammi ne lasciò alcuni celebri: El zapatero y el rey (Il calzolaio e il re, 1840), rifatto d~ un dramma di Hoz y Mota; un Don ]uan Tenorio (1844), attinto non solo a quello di Tirso ma anche al Don ]uan- de Marana di Dumas padre e a Le anime del purgatorio di Mérimée; El punal. del Godo (Il pugnale del Goto), scritto in ventiquattr'ore sopra lo stesso argomento del Don Roderick di Southey. Soggetti altrui, come si vede, ma ripresi con una vivacità e alle. volte con un impeto che ne compensano le ineguaglia·nze. e la fretta più o meno evidente .
Dal Teatro naturalista alle prime rivendicazioni spirituali. • A un genere· di 1,eatro assai accetto al gran pubblico appartiene il repertorio dei fratelli Echegaray y Eizaguirre. José (1832-1916), ingegnere, scienziato, uomo p,olitico, fu l'autore più rappresentato nell'ultimo quarto di secolo, sino alla consacrazione del premio Nobel, assegnatogli nel 1905. Tutti gli argomenti furono buoni per lui a far. teatro: con l'esperienza della scena e la facilità di effetti sinceri
suppliva alla mancanza di analisi e di verità psicologica, anche quando impostava prohlen1i spirituali e contrasti d'idee. Negli ultimi anni, il suo desiderio d'un nobile rinnovamento lo condusse a subire i11fluenze germaniche, scandinave, ibseniane, conte ne El hijo de Don J uan (Il figlio di don Giovanni, 1892) e El loco Dios (Il Dio pazzo, 1900). Suo fratello Miguel (1848-1927) fu il facile autore d'un centinaio fra drammi e commedie, in prosa e in· versi, e ~arzuele. Anche in Italia si conosce, per l'interpretazione datane da attori cari alle folle, ]uan ]osé (1895) di Joaquin Dicenta y Benedicto (1863-1917), ch'è un drammone alla francese, come da noi ne ha scritto il Giacometti, a tinta popo-
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lare e socialista. Gli stessi toni demagogici hanno fatto la fortuna di altri lavori del Nostro, fra cui notissimo El se-nor feudal (1896) dove il solito popolano ammazza il solito signorotto che ha disonorato sua sorella. Fra un romanticismo di questo genere, e nuove e più sobrie tendenze naturalistiche, è sembrata oscillare l'arte del catalano Angel Guimera (1849-1924), il cui capolavoro è Terrt1 baixa (Terra bassa, 1896), dramma rurale, esprimente sentimenti e passioni d'una primitiva, essenziale semplicità. Catalano era anche José Feliu y Codina (1847-1897) che, consacratosi alla propaganda nazionalista per l'autonomia della Catalogna, scrisse nel suo idioma versi, romanzi e commedie, ma poi ai fini della stessa propaganda compose commedie anche in castigliano. Fra queste, La Dolores (1892). È un dramma di semplice realismo popolare, con al centro la figura d'una serva, Dolores, che una canzone popolare scritta dal ·suo antico amante ha diffamato come la civetta del villaggio: ne fa le vendette un semina• rista innamorato anche lui di Dolores, che uccide il diff amatore. Il successo della Dolores, poi musicata dal Breton, fu grandissimo in tutti i teatri, di Spagna e del Sudamerica: al pubblico piacque quel tanto di colore e di sincerità, di passione e di furore, che -ancora si denu11ciano come sostanza della razza. Ma note ben superiori a quelle d'un pittoresco realismo son proprie di Benito Pérez Galdos (1843-1920). È il primo scrittore di Spagna che, con un'opera costante e meto .. dica, prende posizione contro la reazione politica, spirituale e religiosa, f acend·osi campione d'un Risorgimento della Spagna in senso liberale e, se non proprio anticattolico, anticlericale. Questa azione egli la svolse soprattutto come romanziere, nonché nel formidabile ciclo degli Episodio& nacionales, ma le stesse battaglie a un vecchio mondo clericale da lui dipinto come gretto, retrivo, stagnante, Pérez Gald6s ha dato nel suo teatro: in verità assai ineguale, opera d'uno scrittore che sovente si confessa es_ageratamente inesperto della scena, ma che poi mostra, qua e là, le doti d'osservazione proprie del chiaro indagatore. Tali le commedie, talvolta tratte dai suoi racconti, e intitolate Realidad (Realtà, 1892), La de San Quintino (Quella di San Quintino), El abuelo (Il nonno); meno bene le vere e proprie opere a tesi, come Electra, Alceste, Maria; oppure certe tragicommedie come Barbara (1905). Narratore e polemista portato naturalmente a diffondersi, il Pérez \
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Galdos non si trova a suo agio nelle strettoie della scena: meglio quando, dai suoi romanzi, altri ha trasportato in teatro la materia dratnmatica, come hanno fatto gli Alva .. rez Quintero per la sua Mariane la. Ma insoIDma, con Pérez Gald6s, la letteratura spagnola, e quindi anche il teatro, entra più o meno in ritardo, più o. meno felicemente, nella corrente europea .. Vedremo più in là come, dalla cosiddetta > meccanicamente, dalle pagine alla ribalta, il verbo dell'autore; bensì lo «interpreta».
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Il Teatro contempor, o piccol1 teatri sperimentali. Il cosiddetto « printo studio > (più tardi denominato « secondo Teatro d'Arte») s'era approfondito sempre più in ricerche d'or• dine interiore, psicologico: il suo principale animatore fu 9
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un attore insigne Michail A. Cechov (1891-1955), discepolo di Stanislavskij e nipote del drammaturgo. Il ii 'dedicò invece, sotto la direzione di Dancenko in persona, alla messinscena di opere musicali, movendo dal principio ehe come un dramma, a teatro, dev'esser prima teatro e poi opera letteraria, così un melodramma, a teatro, deve essere prima teatro e poi musica: donde, abolizione delle goffaggini melodrammatiche e della tirannia del direttore d'orcl1estra, a cui sottentra quella del regista; e soprattutto, sostituzione del cantante che sa anche recitare, con l'attore che sa anche cantare. Infine, un « terzo studio>, sotto l'impulso d'un nuovo regista lodatissimo, Evgenij B. V achtangov (1893-1922), deviò sensibilmente dalle direttive di Stanislavskij, e proclamò il ritorno alle virtuosità della s.cena antica, prendendo a modello la prodigiosa tecnica della Commedia dell'Arte, su cui abbiamo già ricordato gli studi geniali d'un erudito russo, Konstantin l\'liklacevskij. · Del V achtangov - che, sebbene morto assai giovane, legò il suo nome anche agli inizi d'un altro e singolare teatro che tratteremo in altro capitolo, quello · dell'Habima - è rimasta celebre soprattutto l'ultima e più portentosa messinscena, replicatasi per anni e anni e tuttora considerata come uno spettacolo classico della nuova regia, quella della Turandoi di Gozzi. . Già Nikolaj Evreinov, col citato Teatro nella vita e con altri libri, aveva proclamato la necessità di « riteatralizzare il teatro »; aveva fon dato, in opposizione ai tanti teatri nuovi, un Proposito fondata precisamente sopra l'asse11za del Mistero. Dei tentativi fatti, all'inizio della rivoluzione, verso un'arte indipendente, deliberatamente al di fuori delle ideologie e delle contingenze politiche, il più notevole era forse stato quello dei cosiddetti ) : donde i drammi di Lev N. Lune (1901-1924), J/ne rakona (Fuori legge, 1923) e Gorod Pravdy (La città della verità, 1924), documenti in• teressanti di quell'ora di crisi. Ma, malgrado il commosso saluto di Gor'kij alla morte immatura del giovanissimo scrittore, è lecito nutrire qualche dubbio sulla sorte che in progresso di tempo gli sarebbe stata riservata:· quando cioè nel suo paese trionfarono i definitivi criteri d'un'arte e d'una criti• ca ufficialmente e burocraticamente sottoposte a ben determi• nati fini di propaganda. In un saggio la cui traduzione francese è del 194 7 Evreinov ribadiva ancora apertissimamente quei criteri. I sovietici hanno identificato l'aggettivo e< morale >> con
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l'aggettivo >; tornando a un concetto prearistote• lico, considerando il teatro come > morale e cioè politica. Premesso che dramma è conflitto, essi rilevano che . nulla al mondo è drammatico come il marxismo, in quanto il n1arx~smo pone l'accento sul più essenziale dei conflitti umani, la lotta di classe. Con che non si nega, ha detto una volta Lunaciarskij, l'importanza dell'individuo; >. Tale pertanto, secondo l'estetica sovietica, il còmpito del drammaturgo moderno: dopo il romanticismo, il naturalismo, e quello che Aleksej Tolstoj chiama il semplice realismo, si vuole il cosiddetto > al fine di > della vita umana oltre ogni limite auspicato e auspicabile, il Regime bolscevico non s'è contentato di diffonder l'amore del Teatro; l'ha esasperato; l'ha portato a un fanatismo quale né Atene né la Londra elisabettia• na conobbero. Tutta la Russia, a un certo punto, ha fatto tea• tro o è andata a teatro. Né c'è stata azienda, scuola, ritro,~o, club operaio, caserma o accampamento militare, che non avesse la sua scena. Già nel 1921 la massima parte delle spese per il Dicastero dell'Istruzione pubblica è assorbita dal Teatro. Onorifi:cenze altissime vengon conferite ai grandi artisti della Scena russa: Stanisl.avskij, Dancenko, la Knipper-Cechova, il Moskvin, il Kacalov son nominati e il fervore della >, non pare, in conclusione, uscir dalle for• mule di Gor'kij, e magari d.e' suoi predecessori. - Bro,iepoezd N.r 14-69 (Il treno blindato 14-69, 1927) di Vsevolod V. lvanov (n. 1895) è uno di quei tipici lavori nuovi che intendono met• tere in scena conflitti (la guerra civile in Siberia) non più tra individui e tra gruppi, ma fra masse. - Strach (La pa·ora, 1930)
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di Aleksandr Nicolaevic Afinogenov (1904-1941) rappresenta la vicenda di un figlio .della vecchia generazione, uno scienziato, il cui istituto, intento a ricerche meramente scientifiche, diventa per ciò stesso un nido di reazio~e antibolscevica; finché una cc donna nuova >> spiega al vecchio maestro che neanche la scien• za può essere >, dev'essere partigiana; essa non deve proporsi > vero ma cc un >> vero; deve servir~ una causa, quella della Rivoluzione che sta rigenerando il mondo. - Più banale Ljubov' }arovaja ( 1926) di Konstantin Trenev (1878-1945): è la storia della inimicizia fra moglie bolscevica e marito antibolscevico, i quali si amano ma, a causa delle opposte ideologie, si straziano a vicenda, finché il marito è impacchettato per la fucilazione, e la moglie, che sventola una bandiera rossa, è portata in trionfo dalla folla. - Linija ognja (La linea del fuo• co, 1931), di Nikolai N. Nikitin (n. 1897) è un titolo simbolico: non si tratta della guerra dei soldati, bensì d'un'altra > guerra, quella intrapresa dall'U .R.S.S. mercé il piano quinquennale, che com'è noto doveva sbaragliare, con la industrializzazione della Russia, il capitalismo nemico. La traduzione apparsa anche in italiano, di Optimisticeskaja tragedija (Una tragedia ottimistica, 1933) di V sevolod V. Visnevskij (1900-1951) ci è stata accompagnata dall'esplicito avvertimento che gli scritti dell'autore >; teatro-battaglia, propaganda in atto. L'> di questa tragedia consisterebbe nella fede nel trionfo della collettività, il quale vince la morte dei singoli (risposta all'Egor Bulycov di Gor'kij ?). Ma quanto ad arte si direbbe che l'autore abbia di proposito voluto farsi piccolo, elementare, primitivo : _CODJe in un grosso gioco per bambini, o in una esposizione catechisti.ca; forse pretesto e messinscene di registi intenti a colpire un pubblico infantile. - E la stessa impressione d'autori e d'interpreti piegati aJ.l'a·dozione d'un linguaggio comprensibile da scolari di tutte le levature e di tutte le età si ha più o meno dagli altri drammi sovietici che via via ci son giunti nel testo : celebrazione dei più ingenui miti della ideologia nuova - la fabbrica, l'officina, il progresso, la grande invenzione meccanica, o scoperta fisica, che daranno la felicità a una umanità finalmente redenta dallo sfruttamento, ecc. ecc. - ; serie di quadretti edificanti, con personaggi minimizzati in tante macchiette colorate in bianco e in nero, i buoni di fronte ai cattivi, con vittoria dei primi sui secondi. - In Zi%n' zovet (La vita chiama, 1933) di V. N. Bill'-Belocerkovskij (n. 1885) la storia d'un vecchio inventore, che nel varare un suo progetto per la fecondazione della Siberia si esaurisce fino alla morte, è- intrecciata a quella di un operaio suo genero chet non riuscendo a redimersi dal vizio dell'ubbriachezza, a un certo punto si riconosce indegno della propria moglie amata da un >, intelligente e colto, e vincendo la gelosia la cede a costui. - Negli Aristok1 ~
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raty ( Gli aristocratici, 1935) di N. F. Pogodi_n (1900-1962) c'è una folla di ladri, prostitute, sabotatori della rivoluzione ecc., che condannati a scavare il canale fra il Mar Bianco e il Baltico tro• vano la riabilitazione nel lavoro: scene aneddotiche e fign• rinette oleografiche che fanno pensare a un De Amicis sovietico. - Di tono alquanto superiore Portret (Il ritratto, 1934) del citato Afinogenov: ambiente di piccolo borghesi, tradiziona• listi o scettici, fra cui si mescolano le creatore oneste, o con• vertile, o comunque partecipi al gran sogno della redenzione; qoi alla lettura c'è una certa vivezza, ci son figure 'inosse con on certo slancio; benché il meglio siano sempre echi di Gor'kij o, più alla lontana, di Cechov. - Nello Skuwrevskij di L. M. Leonov (n. 1899), il nostro gusto occidentale può. ritròvare par• ticolari d'una tradizionale evidenza rappresentativa. - E cosi in Marija (Maria, 1935) di lsaak E. Babel' ( 1894-1941), nei cui ot• lo brevi quadri c'è l'intenzione di cogliere, come in· una serie di bozzetti, i momenti salienti della crisi di transizione di un gruppo di borghesi fra un regime e l'altro. - Non mancano le note comiche; ma è raro che si tratti d'una ·comicità disinteressata, come Blocha (La pulce, 1925) dello scomunicato E. I. Zamjatin ( 1884-1937). - Di dichiarata ortodossia Cudesnyi splav (La lega meravigliosa, 1934) di V. M. Kirson (1902-1938):· com• media brillante, con tutti i personaggi adolescenti o giovanis• simi, che ne dicono e ne fanno di vario genere, per cui si- son voluti ricordare Les jours heureux del buon Puget. - Rispar• miamo le citazioni degli innumerevoli altri lavori, tutti più o meno viziati dalla stessa lue: la tes~, la precettistica, la predica che non diventano vita, ma rimangono forma didascalica. A ogni modo non vogliamo omettere i nomi di Vladimir V. Majakovskij ( 1893-1930), poeta del futurismo rivoluzionario, autore di Misterije-buD (Mistero-buffonata, 1918), Klop (La cimice, 1928), Ban.ia (Il bagno a vapore, 1929); di Valentin P. Ka• taev (n. 1897), di cui in Europa è nota l'arguta satira Kvadratura kruga (La quadratura del circolo 1928); di Konstantin Sin1onov ( n. 1896), che fece chiasso con La questione russa·, commedia an• tiamericana costruita con tecnica all'americana. Ma rimane il fatto che l'arte drammatica sembra ormai divenuta, in Russia, nien• t'altro che uno strumento di governo. I richiami, più o meno cauti, d'una critica indipendente hanno notoriamente suscitato i rimproveri, e peggio, delle autorità preposte alla cultura di Stato; si sono lette. non nelle deformate e tendenziose informazioni dei giornali borghesi· dell'Occidente, ma negli opuscoli e perio• dici di propaganda che l'U.R.S.S. invia ai nostri paesi, le deplorazion.i contro i > E forse nemmeno con una rivo• lozione della sua interpretazione scenica : perché anche questa interpretazione, alla resa dei conti, con tutte le sue credute au• dacie, si è rivelata impotente a vivificare schemi nati morti. È lecito sospettare che anche nn fine politico abbia avuto la sua parte nelle nuove teorie sul dispotismo della regia, dai registi che si sono violentemente sostituiti agli autori, e, riprendendo le opere più note dei tempi precedenti, le hanno alterate, svisate, rifatte·, per trarre un significato e una morale nuovi. A questo fine servono indifferentemente Eschilo e Shakespeare, Racine e Molière, Gozzi e Gogol', Ibsen e Dumas figlio: Le coefore, Amleto, Fedra, La signora dalle camelie diventano accuse al capitalismo borghese, apologie di Lenin. Si riducono per la scena - come già aveva cominciato a fare Dancenko con Dostoevskij e Tolstoj - romanzi famosi; si portano alle sforza• ture delle novissime tesi Kalidasa e Verdi; tutto diventa huo• no per un catechismo fantastico, mercé gli sforzi, · e anche le conquiste, di messinscene portentose, che sbalordiscono gli Eu.. ropei d'Occidente, i quali per anni e anni son tornati da questi spettacoli convinti che il Teatro russo era ormai un fenomeno unico al mondo. Oggi, ricontemplando le cose un po' meno da vicino, sempre più s'accresce il sospetto che tutto questo, a forza di essere, come dicono, nient'altro che ), finisca coll'esaurirsi nella vi.sione, nel balletto, nell'acrobazia, nel trucco che si sostituisce all'afflato della vita, nel comico che si tramuta aridamente in grottesco; e insomma col non dire più niente allo spirito. Sicché poch.i anni fa il citato Zamjatin, profugo dalla patria russa, esaminando tutti questi >, concludeva in un paragone piuttosto desolante. Come l'uomo ( egli diceva) è composto di anima, di corpo e di vestito, così il Teatro deve avere un'anima, il Dramma; un corpo, l'Attore; un vestito, la Messinscena. Nel Teatro russo d~oggi, il vestito c'è e c'è anche il corpo; ma dov'è l'anima? Qui siamo dinanzi a un movimento immane, la coi Storia è tuttavia in atto: attendiamo -Ja sua sentenza. avrebbero do,yuto con• sentire a tutti. E Parigi, ville lumière, rimaneva, pur sem• pre, agli occhi di tanti provinciali come in genere di molta borghesia europea, la capitale d'un mondo unicamente impegnato nella corsa al denaro, al piacere, al lusso e, nel migliore dei casi, all'amore. Di questa morale più o n1eno segretamente edonistica si trova senza troppi sforzi l'espressione anche nel brillante e applaud·ito Teatro di Francia~ dove eleganti attori e « simpatici> autori fanno affari d'oro. La grande attrice di questo periodo è sempre la versatile Sarab Bernhardt (184-4- · 1923); benché a un certo momento si levi a contrastarle il primato. un'artista squisitamente donna e parigina, Gabrielle Réjane (1857-1920). E mentre i due teatri sovvenzionati di Parigi; Comédie-Française e Odéon, mantengono in vario mod·o la ·tradizione del repertorio nazionale, i tea .. tri boulevardiers danno il maggior successo a due drammaturghi che la società borghese del tempo esprime tipicamente dal suo seno, benché diversissimi l'uno dal1'altro per tono e per stile: si potrebbe dire, con qualche brut,ale sommarietà, la femmina e il maschio: Bataille e Bernstein.
Il Teatro >: ·eataille, Bernstein, ecc. . Intimamente femn1ineo Henri Bataille (1872~1922). Fin nel primo Bataille è evidente l'intento lirico, in reazione al naturalismo trionfante su tanta scena europea, e specie su quella francese. Quelle note nostalgiche e ace o• rate che già a•avvertono ne' suoi primi libri di versi, e che saranno care a Jammes e poi ai nostri cosiddetti e crepuscolari >; quegl'indugi mitemente voluttuosi nella mesti• zia delle partenze e degli addii, nei vani sogni e nei ricordi velati, nella soavità degli scoloriti ambienti provinciali e nell'amarezza d'un'inquieta e malata sensibilità, Bataille li ha trasportati sul teatro, suscitando consensi sempre più •
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larghi fra il pubblico europeo degli anni che precedettero la prima guerra mondiale. Forse le sue prime opere drammatiche risentono un poco, nei ritmi e nell'ambiente, di ambigue nebulosità maeterlinckiane: all'argomento e al clima de La lépreuse (1896) si possono magari accostare, da punti di vista diversi, sia La jeune fille V iolaine di .Claudel, scritta ~irca lo stesso tem• po, sia anche La figlia di Iorio di D'Annunzio, di poco posteriore; e alla s·tessa atmosfera appartiene Ton sang (1897), ch'è certe unà delle cose più nobili e originali del nostro autore. Ma quelle che sono poi divenute le caratteristiche del Bataille più care al pubblico - ossia i sospiri di quella volatilizzata sensualità femminile, che tenta di prender l'aspetto d'-una tragedia spirituale, d'un'eterna sconfitta dell'aspirazione della donna verso un indefinito sogno deluso dall'inadeg"ftato amore - il Bataille le espresse par• ticolarmente in }laman Colib,·i (1904), il dramma della don .. na che, già matura, non sa rinunciare all'avventurosa passio .. ne; ne La vierge folle (1910) e soprattutto nell'acclamatissima Marche nuptiale (1905), i drammi delle fanciulle che abbandonano l'agiata quiete dell'esistenza normale per inseguire i labili fantasmi composti dalle loro stesse mani, e che all'urto contro la realtà brutale periscono; ne La phalène (1913), il dramma della nobile creatura che un morbo feroce esclude dalla vita, e che crede di attingere, pri~ ma di morire, il senso misterioso di cotesta vita, precipi• tandosi in un obbrobrio a cui segue la morte. E forse è proprio quest'ultimo, ·mediocre dramma, che rivela la povertà del contenuto etico di tanta opera del poeta; nella quale le insoddisfazioni della Madame Bovary flauhertiana, confluendo in certo modo con le vaghe rivendicazioni di talune eroine ibseniane (specialmente Hedda Gabler), fini• scono col confessare un'ansia di natura più fisica che spirituale. Tipico autore del tempo suo, e larghissimamente rappresentato non solo in Francia - dove ebbe squisite interpreti nelle attrici Berthe Bady e Yvonile de Bray - ma più o meno in tutti i paesi d'Europa, Bataille ha dato ai suoi drammi protagonisti quasi esclusivamente femminili, che poi si rassomigliano molto fra loro. Anche nel ridurre per le scene Re~urrezione di Tolstoj, egli capovolge il significato del romanzo russo, trasportando al centro della vicenda la figura della Maslova, anziché quella di Nechljudov. E in Poliche (1906), la commedia ch'è forse la sua .n1igliore (e che nelle sue forme crepuscolari già pone deli-
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catamente un tema poi venuto di moda a teatro: un uomo che non può confessarsi qual è, e per essere a01ato deve sovrapporre alla sua pensosa personalità una maschera di spensierata hu.ff oneria), il carattere del protagonista è tutto note passive e femminee. Ma la decadenza di Bataille cominciò presto. Dopo aver tentato di rinnovarsi con Le scandale (1909), lavoro di effetti rudi e meccanici che richiama la violenta tecnica teatrale di Bernstein, egli parve oscillare appunto fra le risorse di questa tecnica e il ritorno alle sue predilette analisi di spossate mollezze e morbose delusioni, abusando sempre più dei mezzi scenici che altra volta aveva delicatamente o scaltran1ente trattato: silenzi pregni di cose non dette, pause che fanno sottilmente appello alla c()llaborazione dell'interprete e dell'uditore, scenari sentimentali, musiche in sordina, tintinnio di coppe cristalline, rumori di treni in partenza, singhiozzi soffocati... Anche il suo ultimo volume di versi, La divine tragédie (1920), era parso intimamente estraneo all'ora nuova. E il pubblico del do• po guerra già sembrava diminuirgli i suoi favori, quando la morte lo colse, appena cinquantenne. Al polo 9pposto d-ell'identico campo si trova, abbiamo detto, Henry Bernstein (1876-1953), autore e direttore di \ teatri; che non muove davvero dalla lirica, ma da una mac . _:Chinosa ; ma nella Francia '900 arriva la legge che sopprime gli· ordini religiosi, la ragazza si smonaca e si sposa. Le roi ( 1908) contiene l'impa• gabile descrizione-tipo della visita d'un piccolo sovrano balcanico a Parigi. Le bois sacré ( 1910) c'introduce comicamente nei misteri della Direzione Generale delle Belle Arti; L'habit vert ( 1912), in quelli dell'Accademia degl'Immortali ( i quali non se ne offesero, anzi nel 1921 accolsero fra loro il Flers). Morto durante il primo conflitto europeo il Caillavet, gli sot• tentrò nella ditta on belga, Francis de Croisset (1877-1937); e dalla nuova unione nacquero Le retour, Les vignes du Seigneur, Romance~ Les nouveaux messieurs, dove naturalmente l'osservazione comica si spostò via via sopra la nuova società che s'andava creando nella agiata horghe.sia di quel dopoguerra. Anche per il Flers e soci, come per t,utti i commediografi che fanno satira contemporanea, è stato tirato fuori il nome d'Aristofane. Non è il caso di spender parole sulla pazza sproporzione dei due termini di paragone. Vogliamo soltanto ricordare che quanto il turbinoso poe,ta ateniese era f antastico e plebeo, violento e carnale, altrettanto Flers e soci sono salottieri e lèggeri. Essi non muovono da un'idea morale, da un'indignazione, da un odio, da una passione qualsiasi; non si sognano di denunciare, di mettere alla gogna, di stroncare nessuno. Non ridono; sorridono. Non fanno satira riforma• trice, ma appena lieta ironia destinata a priori a lasciare il tempo che trova. E nemmeno ci sembra il caso di dare eccessiva importanza ai tentativi di rivolta contro tutto quest9 teatro caro al gran pubblico, da parte di irregolari e avanguardisti, come già se n'ebbero i sintomi fin dagli ultimissimi anni dell'Ottocento: tentativi rimasti nel campo meramente intellettualistico, senza grande eco tra quel pubblico. Ricordiamo tuttavia, per debito di cronaca, il nome di Alfred Jarry (1873-1907), che nel 1896 varò il suo Ubu-Roi a cui tennero die-tro Almanach du Père Ubu (ed. 1899), Ubu sur la butte ( 1901) e Ubu ench.ainé ( ed. 1910): farse fra buffonesche e truculente, con pretensioni pa• rodistiche sia quanto a forma sia quanto a contenuto: a ripor• tarle in scena, come tempo addietro qualcuno s'è provato anche in Italia, il loro spirito apparirebbe afflosciato o svanito. 9
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D Théatre de l'CEuvre; Maeterlinck. · Fra i compagni e discepoli di Antoine si rivelarono due persoµalità di attorireiisti. Una fu quella di Firmin Gémier (1865-1933), che
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passò come un riformatore della messinscena: attore più colto che potente, regista meglio eclet·tico che originale, salì alla direzione del >, l'Odéon, e la tenne per lungo tempo, arricchendone il repertorio con opere anche straniere, special• mente classiche, e così contribuendo a una notevole estensione delle conoscenze del pubblico francese tuttora restio ad accogliere l'arte non nazionale. Ma un maggior senso di attualità e di novità fu proprio d'u11 altro figJio del Théatre-Libre, Aurélien Lugné-Poe (1869-1940); il quale, dopo essere stato il principale aiuto dello stesso A11toine nel suo teatrq, partecipò col poeta Paul Fort alla vita del Théatre d'Art (1891), e infine fondò, insieme con lo scrittore Camille Mauclair e col pittore Vuil1ard, il Théatre de L'CEuvre, di cui tenne la direzione dal 1893 al 1929. Teatro di caratteri singolari e di orizzonti assai vasti, seppure un tantino snob: in cerca di esperi1ne11ti in tutti i paesi, esso alternò alla rappresentazione dei novissimi a11tori fra~cesi quella dei più > contemporanei strani.eri (lhsen, Bjornson, Maeterlinck, Strindberg, Hauptmann, Echegaray, D'Annunzio, Gor'kij, Shaw, Verhaeren, Crommelynck, Rosso di San Secondo ... ). Di più, Lugné-Poe ebbe cura di tenersi al corrente, almeno nelle intenzioni, della nuova arte scenica e regìa europea: per il che rivolse l'attenzione anche all'Italia, rivelando al pubblico parigino Ermete Zacconi e Giovan11i Grasso, e facendosi addirittura im . presario della Duse in tournées all'estero. Quanto ai nuovi autori, la prima e più importante rive• lazione fatta da Lugné-Poe f11, alla fine del secolo, quella d'un belga, Maurice Maeterlinck (1862-1949). Nato a Gand da una vecchia e agiata famiglia fiamminga, educato tra la ca1npagna e la scuola dei Gesu·iti, infine studente di diritto prima in Belgio e poi a Parigi, Maeterlinck aveva p11hhlicato nel 1889 un volume di versi, Les serres chaudes, e un dramma d'argomento fiabesco, La princesse Maleine. Quest'ultimo, come succede per ragion di contrasti, aveva fatto levare grida d'entusiasmo al più peso e trucibaldo autore· francese del momento, Octave Mirbeau, che non esitò a tirar fuori il paragone con Shakespeare. Pronto Antoine, in cerca di materiale per il suo Théatre-Lihre, s'era impadronito del nuovo autore; ma con l'esito che ci si poteva attendere da attori e criteri come i suoi. In quella concreta cornice scenica, tutto ciò che s'ottenne dal pub-
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hlico fu un senso di distaccata curiosità; i più benevoli arrivarono· alla conclusione che, se mai, si trattava d'un rarefatto poeta lirico, non d'un autore drammatico. Invece Lugné-Poe si convinse che una interpretazione più aderente, sottile, accorta, avrebbe potuto esprimere il Maeterlinck nel suo vero aspetto, e cioè come creatore, non tanto d'una nuova tragedia quanto d'un_a > nuova; e, prima nel suo Théatre d' .L~rt (1891), poi altrove, e finalmente all'ffiuvre (1893), s'assunse il compito di metterlo debitamente in scena. Non convinse tutti-: si veda la critica placidamente beffarda che il grosso SarceJt fece di Pe.lléas et M élisande, rappresentato da Lugné-Poe e amici sul palcoscenico, occasio11almente occupato, dei Bouffes-Parisiens. Ma l'insistenza finì per vincere; e l'alba del secolo nuovo salutava Maeterlinck come il tragico alla moda. In realtà per questo poeta, studioso dei mistici medioevali e traduttore di Ruyshroeck l'Ammirabile, l'esistenza umana sembra ridursi a un sonnambolico variare di feno• meni appariscenti ma vani, di cui l'uomo comune non afferra più che le forme esteriori, mentre essi non sono che I.e effimere n1anifestazioni d'un' Anima segreta, essen• zialmente unica, universale ed èterna. Illusoria è, per lui, la credenza delle creature nella propria .libertà e volontà: esse sono fatalmente schiave d'una Forza misteriosa che, almeno in un primo periodo, Maeterlinck sentì ·come nemica dell'uomo, come quella che lo trascina ineluttabilmente al gorgo della Morte. Una tal Forza n~n rassomiglia alla Provvidenza cristiana, ma piu~tosto al Fato dell'antica tragedia: don.de. il pianto del poeta atterrito, sulla debolezza e impotenza delle vittime. Il suo dramma in un atto, lntérieur (1894), rappresenta la inconsapevolezza degli innocenti davanti all'appressarsi d'un'immane sciagura; La mori de Tintagiles (1894), la vanità della resistenza all'iniondabile Fatalità; Les aveugles (1890), l'irrimediabile solitudine degli esseri abbandonati e senza conforto; L'intruse (1890), l'impercettibile e ineluttabile avvento della morte; Pelléas et Mélisande (1892) e gli altri drammi d'amore, l'amore fabbro di sventura e di lutto, ecc. In queste e altre opere dello stesso periodo, Maeterlinck è il poeta degli incubi, delle ombre evanescenti, dei paesaggi amorfi, dei climi malati. I suoi esa11gui personaggi vagano in un'atmosfera St\Jpefatta, esprimendosi in cadenze di sogno, con insistenze e r~petizioni da alluci-
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nati. E si capisce che tutto ciò, a un pubblico di teatro ancora iDlpregnato, sulla fine del secolo, di gusti crudaniente veristici e folografici, apparve per eccellenza. Solo più tardi si scoprì che, se mai, l'arte del Maeterlinck drammaturgo (non parliaDio qui del lirico né del saggista, studioso della psiche umana come della vita degli esseri inferiori) non già difetta, bensì eccede in teatralità; soltanto, si tratta di una teatralità diversa dalla solita, e che · essendo affidata a suggestioni di silenzi, scaltrezze di minimi cenni, creazioni d'attnosfere rarefatte, conta precisamente su una raffinata interpretazione scenica per giungere a quegli allettamenti, a quei brividi e a quei terrori, cui l'autore ha tnirato. Basti ricordare L'intrusa. Il nucleo del piccolo dramma s.emplicissimo: la morte d'una malata - non si svolge in scena ma dal Pirandello la sua con1n1edia Chaud et f roid ( I 93 l ), dove si rappresenta la gelosit1 retrospettiva d't1na donna che, avendo sempre creduto frigido e assente il proprio marito, quand'egli muore Io scopre ardentissimo e lirico amante d'un'altra donna, e si mette a contendere a questa la memoria dell'amore di lui. Atmosfere altrimenti misteriose, allucinate, che ricordano· a un tempo Maeterlinck e Freud, sono invece quelle dei drammi 1
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di Henri-René Lenormand (1882-1951), coi loro eroi schiac• ciati dalle fatalità dell'ambiente; come ne Le simoun (1919) o ne Les ratés (I falliti, 1918); come ne Le temps est un songe (1919), dove si vuol tornare alle antichissime concezioni elle• niche e indiane sulla illusorietà del tempo e sulla ineluttabilità di quanto è stato, è, e sarà; come in Asie (1931), tragedia dell'amore a conflitto con la razza. ' Ci sono poi gl'intimisti, che delusi dalla vita feroce e dai suoi crudi contrasti, fanno appello con laica dolcezza alla pura e semplice bontà dell'umana natura. Tale Charles Vildrac (n. 1882), il poeta che canta in sordina le minime tra• gedie della quotidiana esistenza piccolo-borghese, scopre la significazione dell'insignificante, e svela la poesia delle cose senza poesia; vedere il delicato Paquebot Tenacity (1919), l'ingenuo e onesto Michel Auclair (1922), il segreto romanticismo del Pèlerin, l'impercettibile drammetto de L'indigent (1912), il quadro piccolo-borghese de La brouille (1928). In on clima somigliante a questo sl movevano, almeno in origine, i personaggi di quel Paul Céraldy (n. 1885), il quale · come poeta lirico ebbe il più straordinario successo editoriale che abbia mai coronato un libro di versi, tirando centinaia di migliaia di copie d'un volume dove si ~anta l'amore piccoloborghese, Toi et moi (1913). A teatro, furono ammiratissime le ·sue tenere e accorate Noces d'argent (1917), e, più tardi, quell'Aimer (1921)~ in cui una protagonista moderna, un po' Emma Bovary e un po' Nora Helmer, invece di decidersi alla .,"spirata cc evasione >> finisce, per mancanza d'ali, col rinun• ziare al volo e rimanere in casa del marito-. Ma poi il Géraldy, accettando la collaborazione d'altri autori, si buttò a una produzione graziosa sì, ma più facile e co·mmerciale; si ricordino La princesse (1919) e Si je voulais (1924), ambedue scritte insieme a R. Spitzer Stretto parente di questi scrittori intim.isti, ma intinto di freudismo, è Jean-Jacques Bernard (1888.. 1951, figlio di Tristan): l'assertore di quel del genere, sarebbe praticamente impossibile allineare qui un elenco di nomi. Tuttavia si dovranno almeno notare le commedie brillanti di Alfred Savoir ( 1883-1934); e quelle, ancora più facili e posciadistiche, di Pani Gavault (1867-1951), d·i Paul Armont (18741943), di Louis Verneuil (1894-1952). A una significazione più alta, o per lo meno graziosa, tendono spesso le commedie- di André Birabeau (n. 1890). E quelle di Jacques Deval (n. 1894), che in Mademoiselle (1932) ha inteso darci nientemeno che un quadro della famiglia borghese 1930; ma un successo assai maggiore, mondiale, ha conseguito nelle note francamente comi• che di Tovaritch, (1933), ispirate alla situazione degli aristocra• tici russi profughi a Parigi dopo la rivoluzione bolscevica. E pubblico e critica son parsi disposti a riconoscere le virtù d'un pregevole stile alla nuova attività teatrale d'uno scrittore ch'è anche stato il novelìiere in gran voga a Parigi, Henri Duvernois (1875-1937). Ma pre•diletto su tutti, dal pubblico francese e anche stra• niero, è stato lungamente l'agile, elegante, fecondo attore-au• tore Sacha Guitry ( 1885-195 7), figlio di Lucien; in mezzo secolo d'attività ha scritto non meno di cento lavori teatrali, evocazioni storiche e casi erotici, giochi brillanti e graziosi levers de rideau. La sua sorridente personalità è stata riconosciuta l'interprete d'una certa Parigi, ironica e sentimentale, spensierata e, a momenti, impercettibilmente malinconica; le sue lievi macchiette, il suo dialogo _tutto scintillio leggero, la sua vena sempre fresca gli hanno dato un posto di notevole importanza, prima che nella storia del Teatro, in quella del • • costume par1g1no. Nel secondo dopoguerra, tra gli autori più brillanti venuti in voga, citeremo almeno André Roussin (n. 1911); alle cui commedie, largamente applaudite anche fuori di Francia, altri si è compiaciuto di attribuire significazioni che oltrepassano il valore d'un semplice divertimento serale.
L'ultimo Dra1n1na francese.. Del resto la vitalità del Teatro francese, benché non più dispotico dominatore delle scene mondiali come nel secolo precedente, ha continuato ad affermarsi anche in questi ultimi anni. E sia
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pure con nomi d' autori, in massima parte1 già noti: Dla a cui il n~ovo clima ha fornito ben altri motivi d'espan• • s1one. Primo nell'elenco, in ordinè di tempo, I'enfant terrible della letteratura francese novecento, un po' Alcibiade e un po' Byron, un po' Wilde e un po' Marinetti, Jean C_octeau (1889-1963). Dilettante di tutte Je· esperieòze esteti• che e mondane, umanista che non conosce il greco, futurista, dadaista, surrealista, e a un certo momento perfino neocattoli-co, · Cocteau ha fatto il ragazzaccio a spese dei classici, s'è divertito a spostare e a capovolgere tutte le posizio~i della più venerabile tradizione. Cominciò facendo i ghirigori sul mito tragico in Orphée (1926), di cui ri~ prese i motivi coi1taminandoli con elementi da far accappo• nare la pelle. E intanto riduceva per le scene moderne Antigone (1922), Romeo e Giulietta (1924), Edipo Re (1927,. Ha osato affrontare un tema allarmante con Les chevalier~ . de la table ronde (193 7). Poi - a parte sempre la sua att~vità di lirico, di narratore, di polemista, - s'è messo a fare il giocatore d'azzardo, in gara coi drammaturghi boulevardiers, deciso a batterli coi loro stessi mezzi. E fu certo u11 bel caso che l'ironista, incredulo, cinico Cocteau, con un monologo oggi famoso anche in grazia del cinema, La voi~ humaine (1930), abbia sbalordito il pubblico dei Bernsteir1 e degli Amiel, buttandosi alla veristica rappresentazione di una passjonaccia genuina. Teatro teatrale: ne La machine infernale (1934) ha ripreso a modo suo il mito di Edipo; ne Les mon.stres sacrés (1940) ha fattò la denuncia dei grandi attori; ne La machine à écrire (1941) e nei Parents terribles (1938) s'è buttato, con l'aria di parodiarli, ai più violenti effetti scenici; ne L'aigle à deux tétes (1946) è naufragato ad• dirittura nel mélo; in Renaud et Armide (1943) ha rifatto il verso ai classici; infine, ultimo scandalo, quel Bacchus (1951) che ha da\{) origine a indignate polemiche di natura addirittura religiosa. ,~Ma in definitiva, il significato che si può trarre da ,cotesti acrobatici vagabondaggi non sembra favori re l'immagine d'un Cocteau poeta. Impegno di. ben più intima serietà quello di due notissimi romanzieri, il Mauriac e il Montherlant, passati più o meno tardi alla scena. François Mauriac (o. 1885), denunciatore ·cattolico di una provincia ben diversa da quella che sino a poco innanzi gl'intimisti e i crepuscolari dipingevano con colori di rassegnata se non idillica onestà·, ha ùato al teatro d11e buoni drammi. In Àsmodée (1938), sulla •
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trama d'un conflitto d'amore fra madre e figlia, è svelata l'ambigua figura d'un tutore moralista, il qua)e non è se non un peccatore represso e geloso. Nei Mal aimés (1939) è posto un contrasto amoroso fra la sorella giovane e l'an• ziana, in una famiglia dominata da un padre v·edovo ed egoista, senza possibile .felicità per nessuno, entro un mondo da cui la Grazia ha esulato. Anche Henri de Montherlant (n. 1896) muove da una sorta di casistica cattolica, ma con altra; spietata crudezza di colori e, almeno nei suoi romanzi, di sensualità (basti ricordare la figura di Pierre Costai nel ciclo delle ]eunes filles, 1936-3 7). Accusatore crudele di rapporti familiari, a teatro ha prediletto le figure di padri feroci, quali campeggiano nella Reine morte (1942) e in Fils de personne. Ma forse il più atroce sentore di tragedia si respira ne Le maitre de Santiago (1948), dove l'~mbiente d'una cupa cavalleria spagnola incornicia negli aspetti più inesorati e tremendi l'olocausto d'una pura fanciulla innamorata, che la chiusa intransigenza del padre immola sull'altare del suo assoluto ideale. Echi vivaci sono stati pure suscitati da Celle qu'on prend dans ses bras (1950), dal dramma storico d'ambiente italiano, Malatesta (1946) e dal più recente Port-Royal (1954). Ct,si e problemi di natura ben più terrena quelli fra cui vagabonda Arn1and Salacrou (n. 1899). È nelle opere della maturità cl1'egli s'è espresso con note più sue. In H istoire de rire (1939), ripigliando un vecchio tema da vaudeville - la scoperta che molte donne adultere non hanno veramente amato se non i loro mariti - egli lo conduce, attraverso un dialogo . incisivo e suadente, alla tragedia d'uno sbocco inatteso quanto fatale: il suicidio d'un amante adolescente, che si è accorto d'essere lui >. Ne Les nztits de la colère (1946), mosse dalla miseranda ineluttabilità degli odi di ·guerra, il procedi• mento tecnico d'un cammino a ritroso nel ricordo consegue una singolare potenza di suggestione. Ne L'archipel Lenoir (194 7), la violenza della satira all'avido e arido cinismo borghese rappresentato in una famiglia di benestanti che, compromessi da una sconcia azione del loro vecchio capo, si sforzano di persuaderlo semplicemente ad ammazzarsi - è di una irritante quanto incon~ testabile originalità. Di Jean Anouilh (n. 1910) la produzione è stata inizialmente divisa in Pièces noires e in Pièces roses. Ma è que-
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stione d'apparenze: se è vero che le prime sfociano apertamente nella disperazione più cupa, mentre le seconde si effondono in rabeschi più o meno ilari, bizzarri e grot• teschi, al fondo di tutte permane lo stesso comune denominatore: che è ben truce. Applaudito fin dal 1932 eon L'hermine (una precedente Mandarine, dell'autore diciannovenne, fu rappresentata solo nel '33), dramma d~ll'amore che alle prese con la pratica necessità del denaro diventa assassino, l' Anouilh dette una fantasiosa virata, di bordo nel mattacchione Bal des vole1trs (1938), e poi tornò sui suoi passi nella desolazione cli Le voyageur sans bagages (1936) e ne· La i;auvage (1938): tutte opere precedenti l'ultima guerra. Il clima della Francia invasa si respira invece palesemente nella sua Antigone (1943), dove riprendendosi il tema sofocleo si vuol rappresentarlo con una ostentata obbiettività proponendo, di fronte alle ragioni della ribelle in nome dello spirito, quelle del dittatore in non1e della necessità sociale. Al giuoco scl1erzoso si torna con la > del Rendez-vous de Senlis (1941). Ad Eurydice (1941) nuoce un quid di voluto, d'analogia troppo calcata. Il suo più violento colpo di scena fu Ardèle ou l,1 Marguerite (1948), 1~ cui suprema tesi è questa: vuole soppresso per disobbe .. dienza. Checché altri ne pensi, il conflitto di questo piccolo Amleto 194 7 tocca problemi che tutti abbiamo per lo meno sfiorato; e, attraverso procedimenti di sicuro, m.a non vacuo, effetto teatrale esprio1e con una obbiettività estrema figure contemporanee, che pronunciano le nostre stesse parole. •
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Assai meno persuasivo Le di,able et le bon Dieu (1951): sforzata accusa alla fede religiosa, attraverso il caso d'un avventuriero del Rinascimento che~ ferocissimo finché opera come servitore di Satana, non trova affatto la sperata consolazione dello spirito in una sua strana conversione al Bene, dalla quale anzi finisce cop l'essere ributtato nel tumulto del torbido mondo quale è.·.·· Resterebbe a dire di Albert Camus (1913-1960). l.\la, vada . o non vada classificato, come alcuni vogliono e altri negano, tra gli esistenzialisti, è proprio esatto che i fantasmi da lui messi in scena siano personaggi tragici? Forse, meglio che nei translucidi eroi del suo italentendu (1943) e dei suoi ]ustes (1949), egli ha levato nella follia di Caligula (1944) il suo grido di tent·ata evasione dalla piatta e vana esistenza terrena.
4. IL TEATRO INGLESE E NORDAMERICANO Risveglio della Scena
inglese.
- Abbiamo osservato,
nell'Inghilterra vittoriana, la crescente ripresa della reazione antifilistea, antipuritana, antifarisaica. Se, nel Teatro, essa s'è chiamata Oscar Wilde, nel più vasto mondo dello spiri~o ha conosciuto fenomeni meno dilettanteschi che il suo estetismo. Già verso la fine del secolo la curiosità dell'intelligenza britannica aveva avvertito quella ben composta e compassata società imperiale che, malgrado le forme ancora salvate, il mondo maiuscola, Shaw ha finito col professare un socialismo tutto suo: curioso misto di Marx e di Nietzsche, e cioè d'econontia associata e d'individualismo eroico, per 1•avvento d'una società c-omposta non di umili ma di superuomini. Odiatore della violenza, del sangue, e in genere d'ogni ntistica (che per lui equivale a fanatismo e superstizione), s'è fatto milite di quel socialismo « fa. biano >, ossia temporeggiatore, il quale da circa un secolo in qua s'è proposto la trasformazione del tnondo mediante una serie di rif or111e più radicali che qualsiasi rivoluzione cruenta. Tutta l'attività di Shaw scrittore è pertanto in funzione di queste sue convinzi.oni. Le sue commedie non hanno mai avuto scopo diverso da quello delle grancasse e delle trombette con cui i militi della Salvation Army si sforzano di allettare in piazza la gente che non va in chies·a, per parlarle del Regno dei Cieli (« Io sono un predicatore vestito da saltimbanco >). Bisogna anche ricordare che Shaw ha fatto, dal 1885 in poi, il critico musicale e il profeta di Wagne·r (The Per/ect Wagnerite, pubblicato nel 1898); e che dal 18·95 al 1898 fu critico drammatico della Saturday Review e annunciatore della grandezza di lbsen contro il culto di Shakespeare idolo della critica ufficiale (The Quintessence oJ lbsenism, 1891). Proprio in quel giro di tempo, e cioè sui trentasei anni d-.età, gli accadde di pensare che il Teatro, vacuo gioco nelle mani di t.anti inetti compa• trioti suoi, avrebbe potuto essere una tribuna delle sue idee rivoluzionarie, com 'era stato per il conservatore _Aristofane e per il rif or1nista borghese Dumas figlio. Il s11ccesso di Shaw fu lento e combattuto. Non solo la censu.ra e l'opinione del pubblico filisteo ma i giudizi della criti·ca, quasi tutta conservatrice, gli contrastarono il passo. Si noti che l'autore - il quale, al modo di Dumas figliò, ha fatto p·receder la pubblicazione in volume dei suoi drammi da lunghissime e spiritose prefazioni po lenti che ostentava di disprezzare i giudizi estetici sull'opera sua, Dla difendeva vihratamente le sue tesi morali, •sociali e politiche, attribuendo la loro scars~ fortuna iniziale alla ottusità del . Che cos"è, per Shaw, il « senso coinune »? È il contrario del « buonsenso >. Il primo è formato dai pregiudizi, dalle convenzioni che ottenebrano la media intelligenza umana; •
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il secondo - la dote di veder le cose « c.ome sono » - è l'eccezionale prerogativa dell'intelligenza vera, alias· del genio. Shaw ha raccontato, fin dalla prefazione al suo primo volume, un aneddoto personale, quello della visita da lui fatta a un amico oculista: vuol essere l'instauratore d'una tee. nuova e d' un,arte nuova. n1ca Abbiamo detto or ora: spesso se non sempre. E infatti Shaw e le ), secondo la definizione dello stesso autore - ce ne son-o alcune (una· assai bella) la cui costruzione è, tirate le somme, quella tradizionale. Ma già insieme con quelle, negli stessi volumi, ne figurano altre d'uno Shaw anche tecnica• mente in subbuglio. Alla prima categoria appartengono, fra le >, Can,. dida (1895); fra le , Widowers' Houses (Le case del vedovo, 1892) e Mrs. W arren's Profession (La professione della signora Warren, 1893). E Candida è, se non· la più bella fra tutte le commedie di Shaw, certo la più fulgida almeno fra queste del suo primo periodo. Presenta il caso d'un socialista-cristiano, il pastore evangelico Giacomo Morell, orator~ facondo e maestro di vita, ammirato dal popolo e dalle donne grazie al doppio fasci110 che gli vien dal suo carattere sacro, e dal suo zelo di riformatore: immagine concrePa della sicurezza e della forza, della soddisfazione e quasi della felicità. Ché ai suoi trionfi pubblici fanno riscontro le pure gioie del• l'amor coniugale: merito di Candida, incomparabile creatura di trentatré anni, sposa, amante e sorella del suo Giacomo. Ila a mettere in scompiglio questa sua tranquillità è lui stesso, il buon Morell, che introduce il serpe nel focolare domestico: accogliendovi un vagabondo, un poeta di diciott'anni, Eugenio Marchbanks, venuto non si sa bene di dove ma certo progenie di nobili. Strano e delicato adolescente, Eugenio s'innamora subito di Candida. La inalterabile serenità della donna non può essere offesa da questo amore; ella ne sor-ride sicura, maternamente. Ma presto n'è turbato Morell; a cui Eugenio, insolente, dichiara la propria passione. Turbato no~ perch'egli dùhiti della sposa, o tema del ragazzo; ma perché il ragazzo~ nel gridargli in faccia ch'egli non è degno di Candida, ch'ella è un angelo sacrificato a un ottuso prete, gli insinua per la prima volta i dubbi su se stesso, e fa crollare tutta l'architet• tura delle comode fedi in cui il creduto riformatore sofficemente s'adagiava. Morell cerca invano di persuadersi che il poeta mentisce, che in Eugenio non parla se non l'esasperazione di un fanciullo cattivo. Ricorre a Candida, ma Io sconvolgimento di Morell è tutt'altro che Redato. Il bravo pastore, così forte e dominatore sino a ieri, oggi divenuto debole davanti al fanciullo che gli ha detto la verità, non crede gli resti altro se non chiedere a Candida che tra i due amori, quello del marito, e quello del poeta, faccia essa la scelta. Candida sceglie il più debole, il più bisognoso di lei, e cioè il marito. . E il giovane se ne va. Ma~ mentre i due coniugi s'abbracciano, « ignorano tuttavia >>, dice la didascalia finale, >. lbsen, dunque? E perché? per la ispirazione antifarisaica? •
Il Teatro inglese e ,iordameri-c), come l'ha chiamato l'autore, Ihsen si è indicibilmente anglicizzato; ha assunto trasparenze cristalline, dolcezze preraflaellite (non senza un vago ricordo, qua11to ad ambiente, del Chatterton di Vigny). Il drammaturgo non ha più giudicato ostilmente, implacabilmente, le sue creature (Sha,v non vuol male al suo J.\,lorell), anzi le ha tutte comprese in un largo, senso di umanità, tenero e ironico ad un tempo. Di carattere assai meno lirico, anzi ben decisamente polemico, son le due commedie > che citavamo or ora: Le case del vedovo e La professione della signora W.,, arren. La prima è un'accusa alla _/morale economica. della società; la seconda, alla sua morale sessuale. l...1e case del vedovo hanno per protagonista un giovine innan1orato d'u11a bella ragazza, il quale a un certo punto crede di non J)Oterla sposare più, perch~ scopre le origini usuraie della ricchezza del padre di lei; ma in un secondo momento scopre che l'usuraio, suo futuro suo• cero, non è se non l'associato delle sue proprie imprese: tutta la ricchezza umana non è se non crudele usura, sfruttamento immondo! Nella Professione della signora W'" arten, una ragazza, serena, volitiva, e ben certa della propria dirittura, scopre qualcosa di peggio: che, cioè, la fortuna di sua madre proviene da certe case di malaffare fiorenti nelle principali città euro• pee. La conclusione più desolata che cinica a cui amhedùe le commedie approdano è che, nella nostra società, la stessa > dei suoi spiriti più eletti, quelli che s'immaginano di ribellarsi ai compromessi e alle turpitudini, è figlia diretta di quei compromessi, e di quelle turpitudini: ossia d'una educazione, d'una cultura, d'un costume· raffinato, resi possibili preci• samente dal denaro accumulato a quel modo. Comn1edie socia .. liste e, se volete, deterministe e materialiste: non per nulla si rappresentavano in occasione dei congressi laburisti, con scanda] o dei conservatori. E sostanzialmente poste, svolte e concluse, come dicevamo, con la tecnica tradizionale. Tuttavia, nell'andatura di certi personaggi sbarazzini, nel loro disprezzo delle buone regole di società, e soprattutto nell'aspro taglio dei loro dialoghi· terribilmente sconcertanti, esse già an• nunciano qualcosa, che si troverà molto più audacemente realizzato in altre commedie di G. B. Shaw. Sono le commedie in cui Shaw ha veramente buttato all'aria ogni cosa divertendosi a mettere oggetti e persone con la testa in giù e le gambe in aria; dove, alla sua > alla rovescia, l1a fatto corrispondere un'arte alla rovescia. Ciò, anzi• tutto, con l'uso e con l'abuso,, d'un mezzo non nuovo, ma ·ch'è diventato nuovo in lui per la furia con cui se n"è servito: l'inversione. Quella vecchia tec11ica, q11elle situazioni tradizionali, quelle formule sceniche, che avevano trovato la loro ~onsacra•
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zione nell'Ottocento francese presso una critica di > e un pubblico accarezzato e convinto, egli s'è divertito a smon• tarle pezzo per pezzo, a rovesciarle come una tasca vuota. Altro che tecnica >, alla russa! Si tratta d'un anarchico viavai di fantocci, ciascuno dei q~ali entra a dir la sua, come a caso, senza nessuna· apparente giustificazione logica. Non un >, col suo inizio, il suo sviluppo, il suo centro, la sua· conclusione; ma una eterna disputa, un fuoco d'artificio, di battute le più impreviste e le più sbalorditive. Spiegazioni essenziali, crisi psicologiche, passaggi risolutivi, son taciuti; oppure affidati a didqscalie minutissime, che l'attore dovrebbe tradurre in vita vivente. All'c< interesse >> d'una > è sost.ituita, sola, la virtù del dialogo: anche e soprattutto se questo sembri divagare a ogni tratto per le strade e i viottoli che gli si schiudono qua e là, in un vagabondaggio ghiribizzoso, che porta a ogni tratto gl'interlocutori fuor del seminato. È il caso di You 1"Vever Can Tell (Non si sa mai, 1897) e di The Philanderer (L'irresistibile, 1893). Non si sa mai è co• me chi di.cesse il Re Lear del secolo ventesimo, trasportato al grottesco; è la presa in giro dei rapporti fra padre e figli, la quale consiste nel sistematico capovolgimento di tutte le venerabili situazioni sceniche che in questo argomento erano state sfruttate dai romantici e codificate dal buon Sarcey. E L'irresistibile è la storia di un Don Giovanni alla rovescia, d'un uomo cioè che tutte le donne seducono a forza, malgra·do egli si difenda come può; capriccioso carosello d'interlocutori sullo sfondo d'un club ibseniano. Giochi bizzarri, consistenti nel mostrare, come su una tela vista per di dietro, il rove~cio dei ricami che l'età passata vi aveva or-dinatamente intrecciato dalla parte opposta; stridio di toni e di colori, da cui il novis• simo autore intende di rivelare un'armonia nuova, un nuovo diletto, e soprattutto una nuova significazione. Nello stesso clima ci si trova, in fondo, col mastodontico Man and Superman (Uomo e Superuomo, 1903); che ha pure un affascinante proli lclgonista maschile - un apostolo della cc rivoluzione >), autore anche di un Manuale del perfetto rivoluzionario pubblica·to in appendice al volume della cominedia ! - il quale sarebbe disposto a tentare, ·come te.nta~ una serie di vagheggiate, loda~e, sublimi attività; ma > dall'anarchia tecnica di questi e d'altri lavori (Getting Married [Allo sposalizio, 1908], Misalliance [Fidanzati impossibili, 1910], ecc.) Shaw s'è tenuto in una serie di commedie che, spregiudicate in tutt'i sensi, serbano tuttavia un minimo della tradizionale consistenza sce-
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nica. Gustosa fra queste, per quanto oggi superata a spese di tremende esperienze, la satira antimilitarista di Àrm.s and the Man (Arma virumqu~e, 1894). In Major Barbara (Il Maggiore
Barbara, 1905) si mette in scena la Salvation Army, l'Esercito della Salvezza, denunciando non solo la inanità ma la inconsapevole immoralità degl'illusi > d'un popolo, che difatto è preda, come loro, della religione del ferro e dell'oro, sola arbitra vera del nostro mondo, e stipendiatrice, ai propri fini, delle credute idee umanitarie, apostoliche, religiose.
Ché Shaw non è alieno dal mettere a ferro e fuoco, con la satira e peggio, anche i temi più augusti. Nella sua cosiddetta e< interpretazione della lotta fra ~ristianesimo e Paganesimo >>, Androcles and tlie Lion (Androclo e il leone, 1912), col pretesto della famosa favola esopiana del leone riconoscente, e mettendo in scena figure caricaturali, o anche~ semplicemente umane, d'una reale evidenza, s'è preso lo spasso di > la delle origini cristiane e del sangue dei Martiri, per concludere a una delle sue solite interpretazioni beffardamente livellatrici. (E del resto il saggio sul Cristia• nesimo, che l'autore ha accompagnato alla pubblicazione della commedia, dimostra infelicemente la radicale estr·aneità del suo spirito a certi problemi, ch'egli non riesce a porsi oltre il cerchio delle mode positivistiche, deterministiche, evoluzionistiche, ecc., fine di se·colo.) Assai meno impegnativo The Devil's Disciple (Il discepolo del diavolo, 1897): dove un ragazzaccio scapestrato, e un buon prete_ evangelico, in mezzo alle vicende della Rivoluzione americana, finiscono con lo scambiarsi le parti: il giovanotto, preso dai rivoluzionari per il pre• te, va a morire in silenzio per lui; ma il prete, tramutatosi in guerriero, si mette a capo d'una truppa e lo libera. In The Doétor's Dilemma (Il dilemma del dottore, 1906), tra una furiosa quanto divertente caricatura dell'alto ceto medico inglese, si pone un caso non facilmente credibile, ma che approda ad una conclusione sorprendente: un certo medico che, grazie a un rimedio da lui sco. perto, può salvare uno solo fra due malati, sapendo che uno di questi due, l'immora• lista Dudebat, è il marito della donna ch'egli ama, salva il se• condo. Ma con poco costrutto; perché quando Dudebat sarà morto in una scena di gelido e rigido orgoglio -- una delle più belle del teatro di Shaw, benché risenta eccezionalmente d'un certo clima wildiano --, Jenny, la giovane vedova, pur ripigliando marito, rimarrà per sempre in segreto, l'amante del morto. · Un'altra delle, commedie di Shaw più rappresentate, dilettose e applaudite è Pigmalion (1912): dove, per provare che nella società d'oggi la forma è tutto e l'anima zero, si mostra una ragazzina dal linguaggio impossibile, che un glot• tologo raccoglie dalla strada e, insegnandole a parlare correttamente trasforma in una dama; salvo a rimetterla sul lastrico con fredda indifferenza dopo il pieno successo dell'esperimento. •
Il Teatro contemporaneo Infine qui si vorrebbe ricordare quell'amenissima Fanny's First Play (La prima commedia· di Fanny, 1911), in cui G. B. Shaw s'è voluto cavar la soddisfazione di polemizzare coi suoi propri critici facendoli, nell'epilogo, apparire in scena, a esprimere i più sballati giudizi. Vorremmo dunque dire che il suo punto d'equilibrio fra il rabesco capriccioso e un minimum di misura, fra l'irriverenza programmatica e !'esigenze della buona composizione, Shaw l'ha trovato il più spesso nelle opere in cu~ fedele al suo credo ideologico ed estetico, ha messo in scena gli > nel suo modo antieroico. E cioè presentandoli, invece che nella magniloquente cornice retorica assegnata dalla tradizione melodrammatica àlle grandi figure della storia, nella loro prosaica interPretazione cc umana >>. Umana, diciamo: niente da spartire col macchiettismo anacronistico e operettistico tipo Belle Hélène, a cui invece parrebbe riportarle una superifi.ciale quanto diffusa moda di giornalisti e di registi. Dal momento che, per il > di Shaw, l'eroe e il genio sono uomini qualunque, d',1pparenze simili a quelle di tutti gli altri mortali, ecco che in Caesar and Cleopatra ( 1898) il suo Cesare non si presenta già redimilo di un'aureola se• midivina: bensì si fa avanti come un gentiluomo anzianotto, che confessa i primi acciacchi dell'età, beve tutte le sere la sua camomilla, e non riesce a mettere insieme I~ sillabe ne• cessarie a pron11nciare il barbaro nome di Ftatatita. Cleo• patra lo prende in giro perché è calvo; ma, ragazzina selvaggia, golosa e crudele, fraintende allegramente i suoi sennati insegnamenti; e si capisce che, appena lui sarà uscito di scena, ella farà d·isastrosamente d'ogni erba un fascio. Ma è altrettanto evidente che questo cc uomo qualsiasi >>, in mezzo alla moltitudine delle figurette e macchiette che lo circondano, è l'unico a vedere le cose chiàre, a prender la deliberazione giusta, a conseguire per la via diritta lo scopo che gli altri falliscono. È lui che via via enuncia, a ogni momento buono, senza frasi sonore ma con espressioni essenziali, appena appena sollevando il tono del pacato discorso, la grande parola. Ma se nel Cesare e Cleopatra il contrasto fra la chiaroveggente maturità del Romano e l'incomprensione della reginetta barbara s'esprime sopra uno sfondo graziosissimamente colorito, un respiro altrimenti ampio s'ha nella medioevale snccesione dei quadri di Saint ]oan (1923). Anche qui Shaw ha voluto rappresentar l'eroina ant,ieroica: non l'invasata che agita, come nelle oleografie o nei -monumenti popolari, il ves .. sillo della riscossa, ma una giovane donna di comuni appartenenze contadine; semplicè~ sana, ignorante,. e che solo in virtù d'una robusta intelligenza nativa vede le cose >, e come 110n sanno vederle i gen·erali, i ciambellani e i prelati ottenebrati dai giudizi della tradizione e della casta. Gli altri discutono, Giovanna capisce quel che s~ha . da fare,
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e lo fa; gli altri s~ostinano a C"mhattere coi metodi profes• sionali ereditati dal Medioevo, Giovanna intende al lume del buonsenso che l'invenzione delle artiglierie ha mutato la vec• chia tecnica di guerra, e ne approfitta; gli altri hanno paura, Giovanna dalla sua chiaroveggenza deriva un impulso alla azione che si tramuta praticamente in coraggio e in soccesso. Vecchio dilemma: santa, o impostora? Né l'una né l'altra, risponde Shaw. Giovanna appare l'antesignana delle due terribili eresie che, sulla fine del Medioevo, stanno per distruggere l'ordine cattolico e imperiale del mondo: il Protestantesimo e il Nazionalismo. Giovanna, secondo Sl1aw, rivendica a se stessa una missione soprannaturale, avuta direttamente da Dio: dunque libera ispirazione e libero esame; ossia Protesta11tesimo. E asserisce i diritti della nazione autonoma, al di foori dell'inter• nazionale cattolica; ·dunque, addio al gran sogno romano e cri• stiano del Medioevo, l'impero universale. Non sarebbe diffi-cile confutare tesi come queste ; ma dal punto di vista dell'arte l'importante è che, partito per > un assunto, Shaw s'è invece lasciato beatamente sedurre dalla poesia. Si consideri Santa Giovanna come va considerata un'opera d'arte, cioè da sola e senza i prologhi libreschi, che non ne fanno parte:. dov'è, nel dramma, il senno politico e guerriero di Giovanna? Dove sono i suoi piani di azione e di guerra? Sottintesi, o accennati; non rappresentati. Quel ch'è rappresentato è il suo a·rdore mistico; è il potere di pigliare tanti uomini grossi e pitcoli, dotti e ignoranti, nobili e pleb•ei, e portarseli addietro come cani al guinzaglio; è la fede religiosa ch'essa respira, e comunica intorno a sé. Quello che agisce e convince - da quanto risulta in scena: le glosse della prefazione non sono per gli spettatori · è il soprannaturale, e addirittura il miracolo. Anche alternando volutamente l'umoresco àl patetico, anche suggerendo la presa in giro subito dopo il particolare agiografico, il risultato di quest'opera è solenne, pressoché religioso. Rivedendola, nel suo insieme, non si pensa al pamphlet; piuttosto, si torna a un clima di rappresentazione sacra. Dove la figura umanissima della Pulzella si colora, in definitiva, di tinte arcane; e insomma Giovanna, di là da ogni ironia sull'idealizzazion-e fattane dai posteri ipocriti o profittatori o ingenui, diventa veramente Santa Giovanna. Santa Giovanna è a•stata, se non il capolavoro, certo l'ultima opera bella e splendente di Shaw. Egli è poi tornato alla polemica, ora prolissa, ora divertènte - e, data l'abitudine fatta dall'immenso pubblico europeo e americano che lo sta a sen• tire, sempre un po' meno sconcertante - con le e< commedie >>, dove ·all'azione si è normalmente sostituita la disputa, e ai personaggi gl'interlocutori. Sicché la conclusione sul Nostro è sempre la stessa per tutti i drammaturghi > : la •
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loro ideologia può tramontare; ciò che li salva ( quando c'è) è l'arte. _ È ben probabile che il ·
Gli altri autori. • Se per Shaw il buonsenso, privilegio dei pochi, è il contrario del senso comune, per Chesterton il senso· coni une.- cioè il sentimento della folla in comunione coll la tradizion.e, no~ è altro che il buonsenso aut~ntico, il conoscitore della verità. Di qui l'antagonismo fra il laico-puritano e il cattolico ortodosso: G. k.. Chesterton (1874-1936), autore del più felice fra gli innumerevoli libri che si sono scritti su Shaw, è stato, anche fra i suoi contemporanei, lo scrittore che meglio ha.. tenuto testa all'autore di Santa Giovanna, sia nel campo ideologico, sia in quello estetico, con le sue stesse armi : umorista di virtù liriche, riduttore del paradosso a luogo comune e viceversa, uno degli scrittori più vivi e vivificatori che l'Europa abbia conosciuto in questo nostro secolo. Ma le sue opere più curiosamente diletto se sono in" forma di racconto; e i suoi grandi libri constano di aperta polemica (Ortodossia, 1908; L'uomo eterno, 1925): al teatro, Chesterton dette poco. Se ne debbono ricordare ~Iagic (Magìa, 1913), com• media satirica dove realtà e simbolo si fon dono con fantasia bizzarra; The ]udgement of Dr. ]oh,ison (Il giudizio del dottor J ohnson, 1928), di caratteri più apertamente pole-
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miei; e, più applaudita su tutte le scene, la comllledia tratta da un suo romanzo famoso, The Man W..ho Was Thursday (L'uomo che fu Giovedì, 1908). •
Terzo nella demolizione della società borghese, dopo il pro• testante e il cattolic~, fu un ebreo, lsrael Zangwill ( 1864-1926)-: ma ben più 9:spro dei suoi due contemporanei. C'è in lui l'astioso risentimento d'un escluso, la rivendicazione d'una razza .spregiata e oppressa: The King o/ Schnorrers ( Il re degli straccioni, 1894), . The War God (Il Dio della guerra, 1911), son drammi interes~anti come documenti prima che come opere d'arte. · . · . Altri autori rivelati dal Court Theatre son da ricordare. Uno fu E. Ch. St. John ·Hankin (1869-1909); il quale in commedie non mai cordialmente accettate dal gran pubblico se la prese al solito con 1-a società del suo tempo, ma non senza qualche speranza, vagamente ottimistica, in una comunità più consapevole dei propri peccati e disposta a redimerli con l'indulgenza e con l'amore. • · ]ohn Gàlsworthy (1867-1933), romanziere ammirato quanto mediocre, anch-e nei suoi drammi - Stri/e (Lotta, 1909), Justice (Giustizia, 1910), Loyalties (Lealtà, 1922), Escape (Fuga, 1926) riprese le sue accuse alla società borghese, pavida e ingiu• sta, ma con un'arte altrettanto borghese e un moralismo altrettanto gre~to qua11to quelli che combatteva. Lo stesso Harley Granville-Barker, come già nella sua regia così nelle sue commedie - The Marrying o/ Ann Leete (Il matrimonio di Ann Leete, 1902), The Voys..ey lnheritance (L'eredità Voysey, 1905), Prunella (1906), The Madras House (La casa Madras, 1910), The Secret Life (La vita segreta, 1923) - , si è dimostrato un realista delicato, pudico, lirico, e in certo senso potrebbe definirsi un intimista avanti lettera. Negli ultimi anni si era dedicato in mo~do particolare allo studio di Shake.. speare, e a vivaci campagn·e . per la creazione d'un grande Teatro Nazionale in ln.ghiiterra. · Infine, è pure da-I Court Theatre che ha m.osso lo .scrittore drammatico ancor oggi più popolare •nei paesi di lingua inglese, e in molti .stranieri: William Som·erset Maugham ( 1874-1965). Medico di professione a Londra, e poi narrai ore, il suo primo tentativo teatrale lo fece con una commedia in tedesco (1902). Altre in inglese non trovarono chi le rappre.sentasse. Finalmente ( 1907) il teatro di Granville-Barker gli mise in scena la famosa Lady Frederick, scritta nel 1907, che ebbe 442 repliche consecutive. Da allora egli si dette al teatro, dove ha rivelato una abilità tecnica,. una piacevolezza di. dialogo, una verità di colori, che potrebbero farlo considerare il Sardou inglese. Solo che Sardou non aveva niente da dire, m~ntre il Maugham, proveniente da quel fondo di critica britanni e~ che continua a ispirare il miglior Teatro inglese, denuncia intenti che, se mai, h-an•
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no il torto d'esser troppo vari. Dalla psicologia femminile e femminista di Penelope (1909), di Vittoria, di Costanza si comporta bene?, di The Circle (Il circolo, 1921), è passato alle ac• cose alla vita familiare in Our Betters (I nostri superiori. ' 1917) e in The Breadwinner (Quello che guadagna il pane, 1930) dove il protago11ista, banchiere, preferisce il fallimento e la vita oscura alla torbida esistenza di ricco che la frivola famiglia gl'impone; . ai toni esotici e polizieschi di The Letter (La lettera,, 1927); e, dopo la .prima guerra mondiale, alla scandalosa, lawrenciana tesi sessuale di The Sacred Flame (L.i sacra fiamma, 1928); infine alla violenta accusa alla nazione in ·For Services Render~d (Per servizi resi, 1932) che indignò contro di lui gli ambienti patriottici e l'induss·e a sospendere la sua attività teatrale. Outward Bound (1923: trad. in francese Au grand large, in italiano Viaggio verso l'ignoto), di Sotton Vane (1888-1931), ha suscitato in più paesi una eco di vaste suggestioni. Sopra una· nave misteriosa sta viaggiando 110 gruppo di tipi umani - il sordi.do uomo d'affari, l'interessata mondana, il giovane debosciato, il buon prete mediocre, una coppia d'innamorati · diretti a una meta che eisi .stessi, colpiti da una strana amnesia, ignorano: finché a poco a poco scoprono d'essere tutti morti, in viag'gio ver.so l'ultimo giudizio, e le ombre arcane~ del Dilàa All'oltim'atto la nave approda a un lido ignoto, e i viaggiatori subiscono ciascuno iJ. suo esame, da parte di un giudiee bonario ma categorico che premia e castiga: sola a salvarsi è la coppia degli innamorati che, c1vendo tentato di uccidersi col gas~ v'era riuscita ·soltanto a metà, e perciò è restituita alle espe• rienze de.Ila cara vita terrena. · Autori inglesi ~onternporanei. • Dopo la prima guerra mon diale, il primo, grande successo fu di un reduce, Robert Cedric Sherriff ( n. 1896), l'autore di ]ourney's End ( 1928; in ita• liano Il grande viaggio). Vi si rappresenta con sobria evidenza il dramma dei figli d'una borghesia essenzialmente scelti.ca, che affrontano e sostengon·o gli spaventevoli cimenti della guerra non per altro che per un vago senso d'onore, d'i rispeito a] proprio compito, d'accettazione d'un dovere superiore a ogni altro sentimento. Nel campo della satira pungente o della semplice ironia, con toni così lievi e svagati da toccare quelli del teatro d'operetta o di varietà, ci troviamo con l'ultimo e ac.clama,tissimo e< uomo di teatro >> delle scene britanniche, il Sacha Guitry inglese, il fe . condo autore, attore e regista Noel Pierce Coward (n. 1899). Egli ha tentato il dramma serio in The Rat Trap {La trappola per i sorci, 1924), che sarebbe il matrimonio, in The 17 ortex (Il vortice, 1924), in Easy Virtue (Facile virtù, 1925); ma so• prattutto s'è allegramente buttato alla commedia scintillante, bizzarra, con movimenli e dialoghi delle più spigliate consuetudini
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contemporanee. In The Young Idea (La giovane idea, 1923) son due figli moderni e spregiudicati che aprono gli occhi ai genitori divisi dai pregiudizi della vecchia ip()crisia, e li riappa• cificano. In PritJate Lives (Vite· private, 1930) son moglie ·e marito divorziati e risposati ·che, rincontrandosi, tor11ano ad amarsi tradendo i nuovi, rispett_jvi coniugi. Dilettosi )'ambiente e i contrasti di quella Hay Fever (Febbre del fieno~ 1925) che descrive l'interno del cottage d'uno scrittore e della sua famiglia con gli ospiti venuti per un week-end. Una rivista di Coward, portata anche al ci11ema, gli ha dato una rinomanza mon• diale: Cavalcade (1931). E popolarità non minore, anch'essa consacrata dalla riduzione per lo schermo, gli è venuta dal piacevole umorismo di Bl~he $pirit (Spirito allegro. 1941) . .Sempre nell'ambien'te dell~accusa, aperta o scoperta, alla vita domestica e alla ~ua ipocrisia, possiamo ritrovare Rudolph Besier (1878-i942); a cui si debbono commedie di largo BUC• cesso: The Barretts o/ Wimpole Street (La famiglia Barrett, 1930), interpretazione freudiana della cupa tirannia domestica donde la poetessa Elizabeth Barrett evade, malata e quaran-· tenne, per le nozze col poeta Robert Browning; e Lady Patricia ( I 912), amena· p1ttura di un tipo di m oder·na « preziosa >> inglese. Dell'ac•clamato John Boynto,n Prie·stley ( n. 1894) , come per quasi tutti i poeti inglesi degli ultimi due· secoli, permangono obbiezioni e dubbi - comprende: Sweeney Agonistes (« frammento di melodramma aristofanesco>, 1926-1927); The Rock (La roccia: pageant sacro, 1934);
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M urder in the Cathedral (Assassinio nella cat·tedrale, tragedia, 1935); The Family Reunion (Riunione di famiglia, 1 dramma, 1939); The Cocktail Party (1949). Ritorno alla Tragedia non solo antica ma primitiva, preistorica:. come senso d'aspettazione di eventi arcani, terribili e tuttavia provvidenziali e purificatori. Esponente supremo, Assassinio nella cattedrale: dove il vescovo protagonista, Tommaso ~ecket, fatto uccidere presso l'altare àal re cui egli ha negato un ossequio superiore a quello per la .Chiesa, non è già rappresentato nella lotta con i suoi -antagonisti esterni bensì nel dissidio con se stesso: con le ·proprie tentazioni, con gli allettamenti, coi dubbi che la sua eroica affermazione, la sua stessa sete di martirio, siano ambizione e peccato. Audacissima ripre·sa d'una forma d.i tragedia :·preeschilea, con un unico .attore e quattro cori - le donne della terra semplice, sana, spaventate dall'ero1smo del vescovo; gli atterriti preti della cattedrale; i ten• tatori; i cavalieri assassini. Un canto an1pio e straripante, che no11 di rado diventa oratorio, più spesso eccede in una q_uasi claudeliana sovrabbondanza d'immagini, non d.istrugge tuttavia l'innegabile potenza del dramma, certo tra i più singolari dell'età nostra. Altro ambiente, ma la stessa ispirazione lirica e religiosa in Cocktail· Party: rappresentazione d'un mondo contemporaneo: disperazione dell'anima moderna, tormento dell'interiore solitudine a cui uomo e donna si sentono condannati dopo scoperto l'inganno dei sensi, dopo la delusione· che succede all'aver cercato nell'avventura erotica il supeFamento di quella solitudi11e. E, per contrappeso, l'ero.ismo delle anime energiche, capaci di amore vero, sino all'olocausto e al martirio. Ma anche qui cìò che conta, di là dalla tecnica deficiente e sbandata, è il « canto >: conta la diffusa p-oesia, il caldo anelito spirituale, l'ardore di fede e lo slancio di carità. . La più recente rivelazione teatrale in Inghilterra è, pure, d'un poeta, Christopher Fry (n. 1907). Gran rumore suscitò The Lady's not /or Burning (La signora non è da bruciare, 1948), che svolge l'incontro oltremodo bizzarro, in un ingenuo e feroce Medioevo, ·fra una donna giovine e bella, falsamente accusata di aver fatto morire un povero ce-nciaiolo, e un puro folle che, desideroso d'essere impiccato, •
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A questi vanno ora 'aggiunti The Confìdential Clerk ( 1953) e The Elder Statesman (trad. in italiano Il grande statista, 1958)f (n.d.r.) 1
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proclama d'esser lui l'assassino. Come poi si risolva il con• trasto, fra la donna che paventa_ la morte e l'uomo che la implora, non è difficile prevedere, solo che il cenciaiolo, creduto· morto, si ripresenti vivo e ver«Je: donde il trionfo della vita, che è quanto dire l'amorosa consolazione fra i due. Ma il ·valore della comm·edia non è nella palese inf antili\à della sua trama; bensì nella continua fioritura, a cui quella trama offre via via l~esile pretesto deJI•eioquio che vi sboccia ad ogni tratto, con una girandola di immagini e metafore, d'una vitali,tà e d'un turgore ormai tradizionalmente definiti dalla critica «elisabettiani>. Ed è questo ritorno alla poesia, effusa. addirittura nel verso, che caratterizza gli altri abbondanti drammi del Fry. -~ · Il Teatro irlandese. • Sebbene Shaw sia nato, come Wilde, in Irlanda, non è al suo nome che potrebbe intitolarsi on teatro >. Ma in Irlanda dai tempi del londinese Court Theatre un altro focolare d'arte., con intenti ancora più puri, s'era costituito, e proprio nel periodo delle prilDe lotte per l'indipendenza, spirituale se non ancora politica, del popolo irlandese. Diciamo > perché i suoi promotori il poeta Yeats e Lady Gregory - rifiutarono a priori ogni fine di diretta propaganda nazionale, sociale o anche morale, convinti che la propaganda migliore sarebbe stata (.come fu) quella di fare un bel teatro ·e basta. Al quale scopo fondarono nel 1899 a Dublino, con poverissimi mezzi, l'lrish Literary Theatre che solo. alcuni anni più tardi, affermatosi .contro non lievi difficoltà venutegli dallo stesso pubblico irlandese, si trasformò nel Teatro Nazionale Irlandese, con sede all'Ahbey Theatre di Dublino dove anche oggi risiede. Il suo primo direttore tecnico fu un altro letterato già ben poto, George Moore ( 1852-1933), il quale dopo una giovinezza di poeta es•tetizzante s'era con,rertito, ma senza nessuno sciovi• nis1no, · alla causa nazionale irlandese, e che consentì a scrivere egli stes-so, per il nuovo teatro, una commedia, The Bending of the Bough (Il ramo piegato, 1900), in cui, lungi dall'adulare gl'Irlandesi, ne fece, suscitando qualche scandalo, un'amena e in fondo affettuosa satira. Tale del resto fu anche jl caso di quel delizioso P"layboy o/ the Western W orld ( Furfantello dell'Ovest, 1907) di John Millington Synge ( 187·1-1909), che vi rappresentò con una sorta d'umorismo, tra lirico e grottesco~ un 'avventura tra paesani irla~-desi, ispirata · alla loro ingenua ammirazione per l'eroedelinquente. È la storia d'un giovanotto che tutte le donne si
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disputano, percl1é credono ch'egli abbia ammazzato suo padre; quando poi si scopre ch'è in11ocente, la delusione generale è così grand.e cl1'egli si sente in dovere d'avventarsi di nuovo addosso al vecchio, per essere degno della fama. Ma il Synge ha dato al teatro altri suggestivi drammetti in un atto, come In the Shadow of the Glen (Nell'ombra della vallata, 1903) e Riders to the Sea ( La cavalcata al, mare, J904); e un dramma leggendario in tre atti, incompleto, di ampia e commossa tragicità, D-eirdre o/ the Sorrows ( Deirdre l'addolorata., 1910). Quanto ai' due fondatori d,e] movimento, William Butler Yeats ( 1865-1939), poeta tra i più autentici dell'Europa moderna, ha $Critto tredici fra drammi, tragedie e commedie, che volle inscenati con criteri d'una lirica semplici-tà, in cui si confessavano le migliori influenze di Gordon Craig: ricordiamo La11d o/ H eart' s Desire ( La terra che il mio cuore desidera, 189:i), The Countess C,zthleen (La con.tessa Cathleen, 1899), Shaclo-wy W' aters ( Sull'acque tenebrose, 1904), Cathleen in Hou.lihan (.La poverella, 1902). So.no opere in cui alla since-. ra ricerca di ciò che è schietto, ingenuo, primitivo, s'acco1npagna e si fonde l'arte di un lirico consumato; spesso un umorisn10 fiahesro v'è heatainente traspoi:tato in climi fantasio~i, e la più calda passione umana vi sfuma, a tratti,. nel sogno. E di Lady Augusta Gregory ( 1852-1932-), saggia moderatrice e, per qualche tempo, anche amministratrice del giovane tea• tro, si rammentano soprattutto le graziose commedie in un at . to, piene di macchiette liricamente saporite: come Spreading th~ l\rews (Il giro della notizia, 1904), The W orkhouse W ard (Il guardiano dell'ospizio, 1908), ecc. Ma fra le sue >, la più ammirata è forse il dramn1a in tre atti Grania, ch'è l'avventura di due giovani innamorati -fug('iti insieme ma senza mai toccarsi per, lealtà verso il ma• turo fidanzato che la ragazza l1a abbandonato, e a cui an-che lui è legato da riverenza: il giorno che, sopraffatti dall'amore, essi peccano, il gio,rane va a farsi uccidere in battaglia. È stato detto che il Teatro_ Nazionale fu un dono fatto da protes-tanti - tali erano Synge, Yeats e Lady Gregory - alla veccl1ia Irlanda cattolica. Cattolicissimo invece un altro auto• re, che pure partecipò· con ardore al I.oro movimento, Edward Mart)·n ( 1859-1924): le sue c.ommedie - come Maeve ( 1900), contrasto fra un positivo innamorato inglese e una fan,ciulla irlandese che crede agli spiriti e alle fate; An Enchanted Sea ( L'incanto del mare), che l1a per protagonista un Irlandese sognante il mare, l'avventura e la libertà - sono poetiche celebrazioni dell'Irlanda e del suo spirito. l'nfine andrebbero rammen-tati gli ultimi irlandesi che hanno continuato a fiorire presso l' Abhey Theatre prendendo tuttavia lo spunto anc)ie dal verismo antiborghese per fare, e con · rhe particolare antipatia, la loro satira al filisteismo britannico. Spazio e tempo ci fanno difetto per elencarli tutti: dal prole-
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sta,ite Lennox Rohinson (1886-1958), autore, regista, criti,co, e an• che attore, che dopo aver esordito nel Teatro Nazionale lrlan• dese nell'anteguerra, v'ha riportato i suoi maggiori successi in fJUesti ultimi anni; al -cattolico Thomas C. Murray ( 1873-1959), maestro di scuo;la, con radici paesane •e contadine, ,che in .drammi e commed;ie ha dato al T·eatro .del suo paese frutti pieni di s~pore; e all'attore dello stesso Ahbey, Brinsley Macnamara, anche lui paesano •e verista, con residui d'ibsenisn:10, ma arricchito dalle tragiche esperienze del dop·oguerra. Ma un posto a parte va dedicato ~ Sean O'Casey (1880-1964), che proveniente da umi.lissime origini si è fatto, a teatro, pit, tore di folle irlandesi: -delle loro ispirazioni e delle loro infa, tuazioni, della loro religiosità e delle loro superstizioni dellE loro speranze e delle loro delusioni: òel qual senso van~o no, tati The Shadow o/ a Gunman (L'ombra del fuciliere, 1923)1 ]uno and the Peacock (Giunone e· il p~vone, 1924), The Ploug~ and tlie Stars (L'aratro e le stelle, 1926). La più d.iscussa ope, ra sua è stata The Silver Tassie (La coppa d'argento, 1928): è la storia d'un giovane fidanzato che, dopo av~r brillato nellt gare sportive conquistando la coppa d'onore, ne torna mutilato alle gambe; e lo si vede. all'ultim'atto, nella sua carrozzetta, che insegue disperato l'antica fidanzata, la quale adesso balla con un al·tro. ;
Primi spettacoli del Teatro nordam~ricano - 11 Teatro nordamericano ha con1inciato a esistere, con forza autonoma e nazionale, soltanto nel nostro secolo. Quando l' America, del Nord e del Sud, non era che una terra colonialè, le pocl1issime rappresentazioni che vi si dettero ebbero carattere così eccezionale cl1e malgrado il loro valore pressoché nullo se n'è conservata la menioria a distanza di secoli. Pare che le· prime recite avessero luogo tra coloni cattolici, e cioè nel Sud: dove dilettanti spagnoli e indiani convertiti, fin dal 1538, avrebbero messo in scena, per iniziati,"a di missionari, uno spettacolo edificante, in cui si rappresentava la conversione dei quattro re > che si unirono a Cortés al tempo della sua conquista. E in Virginia pare che il primo teatro sia stato costruito, l'anno 1716, a Williamshurg: sempre affidato a dilettanti. Le prime compagnie d'attori inglesi che, intorno alla metà del secolo, si decidono ~·a varcare l'Oceano per portare qualche onesto spettacolo ai fratelli separati, si trovano alle prese con la censura puritana, e s'ingegnano come possono a farsi ·perdonate.· L'attore e i111presario Douglass, pe·r recitare Otello (1761), fa la trovata d'aggiungervi come sottotitolo: >; il che non significa che ad Annapolis, a Williamshurg, e specie a New York, l'esercizio
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dell'arte sua gli riesca agevole. Tuttavia, è proprio l'inglese Douglass che lega il suo nome alla nascita del Teatro locale, rappresentando nel 176 7, a Filadelfia, il primo lavoro americano, una tragedia, The Prince of Parthia (Il principe deì Parti). Americano per l'autore, Thomas Godfrey (1736-1763); quanto allo spirito, siamo naturalmente sotto il dire.tto influsso del Settecento europeo; e se altri vi risente Voltaire e la Tragedia france se, forse un Italiano potrebbe denunciarvi addirittura gli echi di Metastasio . . Poi s'arriva alla prima commedi~, The Contrast· (Il contrasto) di Royall Tyler (1757-1826), rappresentata dalla compagnia inglese Hallam, nel 178 7, a New York, prima pittura ironica della vita -circostante: commedia americana negli intenti satirici e 111oralistici, se non proprio didascalici e puritani, dette il nome del suo protagonista, J onathan, a un tipo d'ottimistico e gioviale humour americano, poi diventato classico e antonomastico (si pensi a John Bull in Inghilterra). Non occorre aggiungere che a11cl1e l'altre commedie che seguirono, dello stesso Tyler e di sua moglie, Mary Palmer, continuarono a tradire il domestico stampo britannico. Costituiti, finalmente, gli Stati Uniti d'America, continua a farsi strada, almeno fra una minoranza d'intelligenti, il desiderio d'una cultura, d'una letteratura d'un'arte ame• ricana. lVla per troppo tempo i letterati, più lenti dei politici a uscire di mi11orità, continuano a tener l'occhio fisso sulla vecchia Europa. E durante l'intero Ottocento gli artisti, pur co1ni11ciando a crearsi le loro scene nazionali, "·i rappresentarono un repertorio in n1assirr1a parte d'autori europei, e in mini1na parte di loro imitatori americani. L\. metà del secolo, gli Statì Uniti hanno già una letteratura originale, eppure non hanno un Teatro: se se ne tolgono una riduzione scenica della Uncle Tom's Cabin (La capanna dello zio Tom, 1851) della Beecher-Stowe; il dramma The Octoroon (1859) dove quel Dion Boucicault che abbian1 non1inato nel Teatro anglo-irlandese dell'Ottocento mise in sce11a i rapporti fra un bianco e una donna la quale ha un ottavo di , sangue nero; e infine il patriottico Secret Service (Servizio d'informazioni, 1896), di Bronso.-i Howard (1842•1908). Tutto il resto segue via via le mode eu . ropee: prima Scribe, poi Augier e Dumas figlio, infine lbsen, Pinero, paupt1~ann. Gli spettatori di 1naggior Ie,1 Htura accorrono in folla ad assistere alle tournées americane d'attori europei, ancl1e se parla.no una ling11a sconosciuta: fra gl'italiani la Ristori, il Salvini e, fra il vecchio e .iJ
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nuovo secolo, la Duse, il Novelli, il Grasso . •
Spettacoli popolari e T.ealri d'avanguardia del Novecento. . Ci sono, è v·ero, spettacoli locali, come il minstrel, spe-cie di rozza americano, David . Belasco ( 1859-1931). Questo ebreo ·di fan1iglia portoghese è stato il più singolare artista che la scena drammatica americana abbia avo• to nell'anteguerra. Autore sui generis ( fra !!altro, dei drammi donde Puccini ha d-erivato Madama Butterfly e La fanciulla del West), gran conoscitore delle predilezioni del più semplice pubblico anglosas.sone, ma soprattutto gran riduttore di testi al.trui, quest'uomo nato per il teatro, questo idolo delle folle tradizionaliste cl1'egli domava presentandosi al proscenio col suo volto glabro e col suo eterno col]are da ecclesiastico, a pronunciare durante l'intermezzo un discotsetto da imbonitore, è stato, .ai suoi tempi, un maestro: scaltro, geniale, co-n una cultura lu:tta sua, grande ispiratore di sce11ografi, gran manovratore di luci, gran fabbricante d'attori. E anche nell'America d'oggi~ dove gl'intellettuali ne sorridono volentieri, ci si potrebbe domandare quanti abbian conosciuto almeno le risorse del mestiere meglio di lui. Benché in fondo i suoi grandi successi. egli li abbia ottenuti non mai mettendosi contro corrente, bensì secondandola il più possibile e appena appena cercando di incanalarla e disciplinarla accortamente dove e qùando fosse un po' troppo torbida. E reazione al commercialismo ce ne fu? La tentarono, nei primi tre lustri del secolo, alcuni autori: Will.iam Clyde Fitch (1865-1909), Augustus Thomas (1857-1934), Percy Wallace Mackaye (18i5-1956), William Vaughn Moody (1869-1910), Edward Sheldon ( 1886-1946): ma erano anche essi, più o meno, sùccuhi del Teatro europeo. I teatrini no•n commerciali fioriti un po' da per tu-tto - uno, a Santa Barbara i11 California, dà poi origine alla vasta e feconda Com1nunity Arts Association; presso l'Università Harvard, ·11 1 Baker fonda il 4 7 Workshop; nella metropoli dell'llli,nois sorSi trattava di un corso di composizione drammatica. Vi assisté, in qualità di studente, lo stesso O'Neill, nel 1914-15. (n.d.r.) 1
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ge il Chicago Little Theatre; presso università, circoli e istituti
scolastici, gli studios pullulano come funghi - diffondo-no il gusto per la messinscena moderna. Ma anche in Europa ei sa ormai da un· pezzo che il posto d'onore in questo genere spetta a New York; specialmente grazie ai Provin·c~town Players vissuti duran-te alcuni anni ( 1916-1929)~ per opera d'appassionati Americani, in una stamberga di Greenwich Village (il quartiere degli artisti a New York), di proprietà di una signora ita• liana, che non sempre dagli in,cassi dei suoi trecento posti riu• scì a ottener la povera pigione; e al fiorentissimo Guild Theatre, piccolo teatro per modo di dire ( è grande almeno quanto il Valle di Roma, ed è giunto ad avere tanti abbonati da assi• curargli almeno tredici settimane di repliche per ogni lavoro). Sono stati questi teatri e teatrini a mett-ere al corrente il pub• blico più fine delle nuove conquiste europee, da Shaw a Pirandello, e, in$,ieme, ad aiutar la rivelazio-ne d'autori americani, finalmen~e, originali: massimo, come tutti sanno, Eugene
O'Neill.
O'Neill. . Eugene O'Neill (1888-1953), figlio d'un attore irlandese, da giovane ha fatto di tutto: attore, impiegato, marinaio, cercatore d'oro, giornalista. Nel 1918 reduce' da una quantità d'avventure·, si presentò alla direttrice dei Provincetown Players, cl1'era Susan Glaspell, con una valigia piena dì copioni: i suoi > in un atto The M oon ·of the Caribbees (La luna dei Caraibi), Bound East /or CardilJ (Rotta ad est per Cardiff), The Long V oyage Home (Il lungo viaggio di ritorno), In the Zone (Zona di guerra) - , che, rappresentati, gli dettero il sue.cesso. Si tratta di bozzetti scenici in buona parte ambientali e corali, ma incisi con sommaria efficacia: vita d'avventurieri_ e di marinai, in cui si risentono echi, !')On soltanto di Synge, ma anche e più di London, di Conrad e di Melville; non più o non soltanto Irlanda, ma An1erica. E An1erica di spirito ancora coloniale: quello· che sotto le apparenze del benessere borghese ferve tuttora di fermenti primi ti vi (gola di beni elementari, di conquiste vergini) e si con1piace nell'avventura linea·re e nel disegno essenziale, d'eroi rudi, di passioni semplici e selvagge. Successo di proporzioni ben p_iù vaste ebbe Emperor 1·0-nes (L'imperatore Jones, 1921). È l'avventura di un negro, un evaso dalle galere, nord-americane, che pe'r forza e pe·r astuzia s'è proclan1ato imperatore d'un'isola indiana abitata da gente nera, opprimendo e derubando a man sal,·a i sudditi; i quali finalmente - e qui comincia l'azione '
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gli si rivoltano e lo costringono alla fuga. Degli otto quadri in cui il dramma è diviso, i sei centrali consistono unicamente in un monologo dell'imperatore in fuga, attraverso la foresta, verso il lido dove conta di salire su una nave europea che lo porterà in salvo in terre civili col· suo libretto di chèques. La progressione dell'orda invisibile che lo insegue è via via marcata da un rimbombo, sempre più accelerato, di tam-tam. Il negro, nell'orrore del bosco, ha fame, ha sete, diviene f ebhricitante, è colto da allu·cinazioni; gli si levano co11tro, vaghe e inafferrahili nella tenebra, le > alla vecchia Europa, •invadendon•e a sua volta le scene con una concorrenza, in piu casi, temibile. Successo tipico fra tutti quello di Thornton Wilder (.n. 1897) che tanti entusiasmi ha suscitato nelle nostre platee con . }e nostalgiche rapprese·ntazioni della sempre uguale esiste11za · terreo~: The Long Christmas Dinner (Il lungo pranzo di Natale, 1931), dove i11 meno d'un'ora si svolge la patetica vicenda di tre generazioni; e Our Town ( La piccola città, 1938), dove la più ingenua semplificazione d'una tecnica s-cenica ridotta a un gioco pressoché infantile vale mirabiln1ente all'espressione d'un de . . licato senso liri-co ( malgrado i ·ric·ordi, per noi italiani, di All'uscita di Piran·dello). Di tutt:altro genere, in apparenza, ma di un conte-nuto intimamente non dissimile, la bizzarria di Skin o/ Our Teeth (La fa1niglia Antropus, 1942): grottesco rimescolìo di tutta la satira dell'umanità, dalla creazione ai giorni nostri, in una serie di luccicanti scene d'esasperato umo• r1smo. Ma più _larga eco europea hanno suscitato nel secondo dopoguerra i due massimi esponenti dell'attuale teatro am"ericano: Williams e Miller. Di Tennessee Willian1s, nato a New Orleans nel 1914, sono sta-ti largamente applauditi The Glass Menage. rie (Zoo di vetro, 1945), A Street Car Named Desire (Un tram chiamato Desiderio, 194 7), Sumnier and Smoke (Esta·te e fumo, 1948), Tl,e Ros·e Tattoo (La rosa tatuata, 19''50), drammi tutti ambientati nel Sud., al cui cent1·0 sono per lo più figure di donne represse, o viziose, o morhosam-er1te affettive, incapaci di ,rincere i viluppi di un'educazione fondata sul pregiudizio e s·ul più •
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sterile moralismo. Altro respiro, altra vastità di orizzo·nti, morali e sociali, nei drammi di Arthur Miller ( n. 1915}: All My Sons ( Tutti i miei figli, 194 7), d'intonazione umanitaria e pacifista; e quella Death o/ a Salesman (Morte di un commesso viaggiatore, 1949) che ha assun-to un valore tipico, quale esponente della tragedia di un'epoca: catastrofe della mentalità del p-iccolo-borghese ameri-cano stritolato dal suo quotidiano problema economico.
Il "featro negro. - Negli Stati Uniti fiorisco-no anche teatri ebraici; e abbondano, com'è natural-e, teatri negri: con che non si vuole alludere soltanto ai drammi e commedie d'autori che trattano gli sc-ottanti prohlem.i della gente di colore [ ab~ biamo citato lavori di Boucicault e di O'Neill; ora ricordiamo quelli di Patii Green (n. 1894): Hymn to the Rising Sun, }oh1iny ]ohnson ( 1936) e quel In Abraham's Boso-m ( 1926) che è ritenuto il- suo capolavoro del ge11ere]; ma si parla di tea• tri con attori e registi negri, i quali non di rado alternano, al loro particolare repertorio, q.uello classico, e in cui molta critica continua ad ammirare virtù di gran classe, perfino nelle esecuzioni di dramn1i shakespeariani: un Macbeth terrificante, un Otello con una Desdemona più nera di lui. Leggendario è rimasto il successo de The Gree,, Pastures ( I verdi p-ascoli, 1930) di Mare Connelly (n. 1890), che rappresenta il Dilà, il Paradiso come lò concepiscono i cristiani neri; vi si vede l'Eterno Padre passeggiare fra i negri in redingote, e offrire a Noè un sigaro da dieci cents mentre gli angeli friggono il pesce.·~
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IL TEATRO SPAGNOLO Jacinto Benavente. - L'altro paese europeo dove lo Stato s'è disinteressato, fino a oggi, delle sorti della Scena è la Spagna. Ed ancl1e in Spagna le condizioni del Teatro, sia autori sia attori (non si parla di registi moderni che si può dire non esistano), sono spiritualmente,· se non economica1nente, assai povere. Niente teatri stabili; tutte le compagnie - compresa una che negli ultimi anni del Governo repubblicano fu eccezionalmente sovvenzionata dallo Stato e si intitolò , e possiamo ben dire nella Spagna nuova, è quella di. Miguel de Unamuno (1864-1937). Singolarissimo spirito di mistico cc moderno >>, riafferrandosi a suo modo alle sorge~ti morali della razza, egli proclama la necessità della fede non in quanto essa si rivolge a una realtà trascendente, ma in quanto crea essa stessa il proprio oggetto, soddisfatta e bea• ·ta unicamente di sé. Direttamente per il teatro Unamuno ha scritto La Esfinge (La Sfinge, 1909)~ la tragedia moderna d'un eroe rivoluzionario il quale è sconfitto appunto perché agisce in vista di un fine pratico, d'un. risultato positivo, mentre l'a• zione non deve avere altro fine che l'ebbrezza d'agire. - Fedra ( 1911) è la tras_posizione del soggetto d'Euripide, Seneca e Ra• cine,. nel clima del tempo nostro: passione. della seconda mo• glie d'un buono e saggio m·edico per un giovane figliastro baldo e sportivo: fermento e morbo sensuale, a conflitto con la religiosità dell'eroina; la quale a differenza dell'antica non ac• cusa il giovane ma se stessa, e s'uccide; mentre il marito, com• prendendola e perdonandola, copclude: cc È stata una martire. » Drammi, altlbedue, di estrema semplicità, ma d'una cupezza soffocata, .tutta spagnola, che bastano a collocare il nome de] poeta fra quelli dei drammaturghi moderni. Romanzi liricamente dialogati appaiono invece, per la loro sproporzione alle ordinarie misure sceniche, Romance de lobos ( La novella dei lupi, 1908); Aguilas de blason ( Aquile da blasone, 1907), Palabras divinas (Parole divine), di Ramon del V alle-Inclàn ( 1869-1936). Sono dialoghi dall'andatura popolare e favolosa, tra la / éerie e la farsa grottesca, ma con angosciosi spiragli: si è fatto, per il loro stile non rifuggente da preziosi arcaismi, il nome di D'Annunzio e della sua Figli.a di Iorio: la quale, in verità, ha altra sostanza , e altra forza.
I fratelli Quintero; Martinez Sierra; eec. - Ci sono, poi, i commediografi del >, i fornitori del repertorio leggero alle compagnie spagnole, e talvolta anche straniere. In un posto a parte, i fratelli Alvarez Quintero. Nati in. Andalusia, Serafin (1871-1938) e Joaquin (1873-1944), vale a dire co.etanei della ), s'è sovente sforzato di spezzare la «cornice > con ·cui il Settecento aveva isolato lo spettacolo, oltre l'orchestra e la ribalta, dal pubblico, e di rimettere artisti e folla in comunica• zione diretta. A questi scopi s'è servito, in circa trent'anni, dei più vari strumenti. Ha non solo adottato teatri grandi e teatri mi• nimi, teatri da cinquemil·a spettatori e teatri per trecento persone, ma ha portato le sue compagnie sulle piazze e nei circhi, nelle sale dei castelli e nell~interno delle cattedrali. Facendo avanzare il palcoscenico sino in mezzo al pubblico, accettando dai giapponesi quei loro pontili per cui la scena con1unica con la platea, portando l'tEdipo Re di Sofocle addirittura nell'arena d'un circo, Reinhardt ha risospinto violentemente gli spettatori a partecipare, e quasi a mescolarsi al respiro del quotidiano miracolo scenico. Pas• sando dalle commedie salottiere agli spettacoli per grandi masse, da visioni mondane e paganeggianti ad appelli almeno intenzionalmente religiosi e cristiani, non ha arretrato davanti a nessun meccanismo e a nessun trucco; mentre altre volte si,è valso dei mezzi di espressione più semplici· e lineari, classici o primitivi. Quello che Reinhardt ha offerto ai suoi inimensi pubblici non è tanto l' e interpretazione > d'un testo quanto la sua •
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e traduzione in spettacolo >. Il suo autore prediletto è stato Shakespeare, ma per « illustrarlo > a quel modo con cui, per esempio, Gustave Doré ha illustrato Ariosto, Cervantes, La Fontaine; per trasformare la parola in luci, movimenti e ritmo (si ricordino i principi dell'Arte del Teatro di Craig). Reinhardt è stato scaltro sfruttatore della scenotecnica moderna, dalle luci elettriche ai palcoscenici girevoli; è stato l'ispiratore d'innumerevoli scenografi e creatori di costumi, a cui ha dato consegne non tanto d'austerità quanto di dovizia e di gioia; è stato il consigliere ed il maestro d'una quantità d'attori piccoli e ·grandi (ricordiamo Moissi, Wegener, Basser111ann, Krauss, Tilla Durieux, Pania W essely ... ) ai quali tutti ha persona_lmente insegnato l'arte e, occorrendo, il mestiere, non solo come un capo, ma anche come un • • • camerata, un suggeritore, e 1ns1eme uno spettatore. Mettendo in scena, in oltre trent'anni d'attività, molte centinaia di lavori (di tutte le epoche, fino ai contemporanei, ,e di ogni valore, compresi quelli di nessun valore ma fatti trioniare quasi per puntiglio), Reinhardt è andato incontro al pubblico tedesco con la più gradita delle rivelazioni: che, cioè, i misteri -della religione teatrale a c·ui quel pubblico chiedeva d'essere iniz.iat-o erano 111isteri gioiosi; che il teatro è e una festa >: che se Ot.to Brahm (come ha detto Alfred Kerr) ~ra stato « un ten1peramento del mercoledì >, lui Reinhardt era un e temperamento domenicale>. Ciò po.sto, non è da stupire se ai luminosi allettamenti di questa estrema amabilità e dilettosità è seguita l'inevitabile decadenza sia di Reinhardt artista - sempre più incline, negli ultimi saggi, all'esasperato, al sovraccarico, allo splendido, e quindi al frigido - , sia in genere della regia tedesca che, sulle orme di lui, è stata spesso mirabile e talvolta perfetta, ma finendo col dissolvere la parola nello spettacolo. Com'è spesso accaduto nell'avventurosa evoluzione che la Scena germanica ha percorso, dalle bravure decorative tipo Jessner, a quelle meccaniche e cin"ematografiche tipo Piscator.
Schnitzler; Hofmannsthal. - E qui si può fare un'assai agevole scoperta: la preininenza che, fino all'avvento del Nazismo al potere, ebbe sulla Scena tedesca l'elemento semita. Israeliti, infatti, furono non soltanto Reinhardt ma i tre quarti, a dir poco, dei registi che, o dieiro il suo esempio o erigendogli qua e là un contraltare,· hanno diretto i maggiori teatri ge;r,nanici fino al 1930, e quelli austriaci
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fino al I 938. Is·raeliti molti d_egli attori più famosi. Israelita il critico che per oltre vent.,anni è stato l'arbitro supremo dei successi e degli insuccessi teatrali, il citato Alfred Kerr (1867-1948), che con l'intelligenza, l'agilità di comprensione e la curiosità sempre viva proprie della sua razza, ha seguito,, illustrato e commentato tutta l'attività della Scena berlinese, per quanto riguarda sia il Dramma (naziQJ1ale, o in traduzione da lingue straniere) sia gl~interpreti, con una genialità di definizione e di giudizi che lo hanno fatto considerare un maestro, almeno fino a quando il trionfo del Nazionalsocialismo lo ha costretto a esulare. .Israeliti infine, almeno d'origine, i due autori austriaci che :~· , · salva sempre la dovuta riverenza alla_ torre d~avorio del superstite Hauptmann - per un certò:-.--,tempo hanpo · più attirato su di sé ·l'attenzione del pubblico, entro -e fuori i confini tedeschi: Schn.itzler e Hofmannsthal. Nato a Vienna da famiglia ebraica~ e laureato in medicina, il giovane A!r.thur Scbnitzler (1862-1931) fu membro estetizzante 4el ce11acolo della « Jung Wien >. Poeta, scrittore di racconti e .'.an·èhe di commedie, radicalmente deluso · dalla inutilità della· vita, ironico alle volte sino al cinisD10, squisito maestro del dialogo, indagatore di sottili casi psi• cologici, per lui si son fatti i nomi di commediografi parigini, da quello del Donnay risalendo fino a quello del Musset. ì\la in fondo al modo con cui egli trattò i problemi d'amore, c'è sovente una preoccupazione fisica, medico• legale, che denuncia in lui una consanguineità con uno scienziato famoso del suo tempo, paese e razza: Freud. Il suo primo successo fu Anatol (Anatolio, 1893), ciclo di sette brevissime commediole aventi in comune l'ispirazione e il protagonista, un certo viveur che abborda una dopo l'altra sette donne, le quali poi son sempre la stessa: scene tenui, affidate alla finezza della psicologia, e all'a~cortezza del ritmo con cui son trattate. - I toni di Liebelei (Amoretto, 1895) risentono assai più del vecchio realismo romantico e sentimentale: è la storia, presto divenuta popolarissima, di un'avventura che il giovane amante d'una donna maritata intreccia, per invito d'un amico, con una sartina: ma la vicenda, avviata con la gaia spensieratezza d'un diversivo qualunque, ha una fine tragica: il giovane, sfidato dal marito tardivamente avvertito, viene ucciso in duello, e la sartina, disperata, si annega. - In Reigen (Girotondo, 1896-97) abbiamo dieci dialoghi a due: nel primo una femmina adesca un soldato; nel secondo lo stesso soldato con•
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quista una serva; nel terz.o la stessa serva si ~bba11dona al aignorino; e così di seguito, in og11i scena compare il secondo personaggio della scena precedente, finché nella decima ritroviamo la femmina del dialogo iniziale, e la catena del girotondo rinsalda l'ultimo anello col primo. Sfilano a cotesto modo nei dieci quadretti cinque. uomini e cinque donne, che voglion rappresentare tutte le classi, e tutto il mondo, rivelando, nel compier tutti lo stesso atto, l'identica psicologia animalesca e ·brutale: ne deriva un senso di nausea, come da materia immonda, ma rappresentata con cruda vivezza. Poi da queste, e da altre commedie in cui la sua delus~one ha assunto forme d'un pessimismo pressoché cinico, lo Sehnitzler è arrivato man n1ano ai motivi in voga, circa i problemi della ·realtà· e dell'irrealtà, del contrasto tra il fatto e l'idea, ecc. - Nel Professor Bernhar"di (1912) si mettono a fronte un prete cattolico, cb·e vorrehb.e confessar~ una giovane peccatrice· prossima alla n1orte· genza saperlo, e un professo re ebreo che gli si oppone, perché l'ultime ore della donna, ignara ·di dover passare dalla gioia alla morte~ non siano contristate. - Nella Grosse Szene (La scena d'ad• dio, 1915) due amanti, che forse non si sono mai traditi, si professano uno all'altra, p.er farsi dispetto, rei di infedeltà; dicono il vero o il falso? No11 i1nporta, soffrono e fanno soffrire; questo è ciò c-he conta. - In Der grun.e Kakadu (Il pappagallo verde, 1899), in un'osteria d.ove i nobili francesi (fine del Settecento) si recano a veder le risse dei finti popolani, un~ di questi ultimi recita la commedia della gelosia contro un duca, come se fosse l'amico di eua moglie: ma quando scopre che ciò non è finzione ma realtà, lo uccide davvero. - In Fink und F liederbusch (1917) si svolge lo stesso tema della Fiaccola e il faro di Tristan Berliard, ossia d'un giornalista che, scrivendo con due pseudonimi su d1le giornali nen1ici, intavola una fu. riosa polemica fra i suoi due io, sino a dovere scendere sul terreno contro se stesso. Come si vede, in questi e io altri lavori di data più recente lo Schnitzler, semita ma pure tipicamente tedesco, nel suo voler e tenersi al corrente>, superarsi, rinnovarsi, è giunto sino ai motivi più elegantemente trattati da un'arte che fu caratteristica nel periodo di transizione fra l'anteguerra e i primi anni del dopoguerra. Dello stesso periodo, ina rivolto a reazioni ben diverse prima . in senso estetico e poi religioso - fu un altro •
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viennese rivelato soprattutto dal Reinhardt, Hugo von Hof · mannsthal (l.874-1929). Da principio questo poeta, di famiglia israelita ma convertita ormai da due generazioni al Cattolicismo, partecipò alla crociata antinaturalista JDo,?endo da un credo estetizzante e simbolista. I suoi inondi prediletti furono in origine quelli del Rinascimento italiano, della fulgida Venezia, di Vienna barocca, dell'Oriente, delle più varie fantasie e. sogni fiabeschi. Nei suoi primi drammi il suo Leitmotiv fu l'evasione dalla bruta e volgare realtà del mondo, verso le consolazioni del sogno .e la perfezione dell'arte. Al mito classico tornò con Elektra (1903), con Oedipus und die Sphinx (Edipo e la Sfinge, 1905) ecc.: la prima fu resa famosa nel mondo specie dalla musica di Ri" chard Strauss, per il quale egli scrisse altri _preziosi libretti, Der Rosenkavalier (Il Cavaliere della Rosa, 1911)~ Ariadne au/ Naxos (Arianna a Nasso, 1912), Die Frau ohne Schatten (La donna senza ombra, 1919). Un fatto in1portante nella vita artistica del poeta e in quella del Teatro tedesco fu la partecipazione di lui all'iniziativa di Reinhardt per i celebri spettacoli estivi di Salisburgo, con cui dopo la prima guerra m-0ndiale alla sconvolta società eQ.ropea il regista i~raelita e il poeta cattolico vollero offrire un'oasi di arte, e anche una parola religiosa. Per essa Hofmannsthal scrisse, riprendendolo dalla notissima im• portanti si tramandano nelle stesse famiglie di generazione in generazione, e tutti vivono anche la loro vita privata unicamente allo scopo di preparare la loro rappresentazione decennale. •
Il Dramma tedesco dopo la prima guerra mondiale. . A ogni modo, nel periodo seguito alla sconfitta germanica del 1918, il Teatro tedesco in genere seguì ben altri indirizzi che religiosi. Dopo la caduta· dell'Impero, l'atroce delusione spirituale profittò della conquistata ) morta. E allora la sposa infedele, per esser veran1ente degna della fede e del rimpianto del marito, va effettivamente a morire fra le fiamme. Da ricordare, fra le opere significative da lui scritte nel lungo periodo in cui il nazismo lo costrinse all esilio, Der Soldat Tanaka (Il soldato Tanaka, 1940), dramma antimilitaristico ambientato in Giappone, e Das Floss der Medusa (La-·zattera della Medusa, 1945), che si svolge tutto ·su una zattera, fra tredici ragaz-zi naufraghi. Il teatro di Kaiser è intelligente quanto astrattista; e, malgrado l'erotismo che spesso ostenta, frigido. I suoi personaggi non tanto sono uomini quanto siinboli; le loro vicende precipitano con un voluto, visibile artificio; la loro psicolog.ia è sommaria sino al marionettismo. Vi si risente, con Strindberg e Andreev, il ]oro gusto del macabro. Soprattutto vi s'avverte il proposito di • giocare con idee, c-he stentano a prendere carne e anima umana. La sua importanza è tuttavia notevole, non solo per la sua significazione in rapporto al clima morale in cui è apparso, ma anche dal punto di vista estetico, almeno per certe opere - come Il cancelliere Krehler o Un giorno d'ottobre - in cui il sogno dell'autore s'è espresso con più lucidità. Walter Hasenclever (1890-1940) ha scritto nel 1913, stampato l'anno seguente, Der Sohn (Il -figlio), definito « il 41
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primo dramma espressionista >; esso fu rappresentato (1918) al Nationaltheater di· Mannheint, in niodo tenden• zioso. Poiché il dra~Ina tratta, freudianamente, l'ostilità tra un padre, medico umanitario e pietoso verso tutti i suoi malati, e un figlio, ch"egli odia riconoscendo in lui l'erede (cioè il nemico, colui che lega fatalniente la propria vita alla 1norte di chi gliel'ha data), questo figlio fu collocato, dagli interpreti, al centro della scena, sotto un fascio di luce, come l'espressione implacata d'una fatalità insopprimibile, intor110 alla quale tutti gli altri personaggi, compreso il padre, vagavano nella penombra. - Hasenclever ha anche predicaio il ritorno alle unità classiche, al inonologo, alla tecnica semplice e anticinematografica: in pratica però ha variato, con i suoi temi, le sue f or111e scen~.che. - In Die Menschen (Gli uomini, 1918), rappre• ~entazione del·la sofferenza umana in una serie di· tipi, s'è· diffuso in altrettanti rapidi quadri. - In Antigone (1917) ha ripreso l'argomento classico insinuandovi spunti ironici, di attualità anche politica. - In Ein besserer Herr (Un signore perbene, 1927) ha rappresentato l'avventura ~'un dignitoso sfruttato re di donne stagionate, la quale si conclude nelle nozze con una ricca giovinetta di cui egli ba finito per inna1norarsi. - In Ehen werden im Himmel geschlossen (I matrimoni si fanno in cielo, 1926), ha . gio .. calo su due azioni simultanee: l'una in Cielo con un Padreterno in knic kerbockers, un San Pietro funzionario e una Maria Maddalena mondana: e l'altra in te.rra, dove uomini e donn9, a dispetto dei celesti protettori, s'osti~ano nelle identìche, eter11e sciocchezze, spropositi e avventure. - A questa commedia e ad un Napoleon grei/t ein (Napoleone entra ,in scena, 1930) dove il Bonaparte è divenuto attore cinematografico, non è estranea l'influenza di Shaw. - Kommt ein Vogel geP,ogen (Un uccello entra dalla finestra, 1931) mette a fronte madre e figlia, generazione di ieri e d'oggi, coi rispettivi problemi amorosi, esposti senza molti pudori, e, al solito, rivalità a causa d'uno stesso uomo, il quale però si· squaglia con la ser• va. - Temperamento curioso e sottile, Hasenclever è rimproverato d4'aver troppo vagabondato in esperienze assortite anziché formarsi uno stile e atlermare una sua vera personalità e originalità. '
Ernst Toller (1893-1939), in Di·e Wandluns (La metamorfosi, 1919) ha rappresentato uno scu~tore che, avendo seguito i11 una
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spedizione coloniale gli orrori della guerra, finisce con l'io• frangere la statua della patria vittoriosa. - Il suo Hinkemann (Mutilato, 1923) è la tragedia dell'uomo che ha perduto in guerra la sua virilità. - Masse Mensch (L'uomo-massa, scritto nel 1919 e rappresentato nel 1921) vuol essere la triste epopea della massa proletaria. - Hopplà, wir le~en! (Oplà, noi viamo!, 1927). è la storia d'un altro reduce dai campi di hat• taglia, che messo in prigione per qualche anno ritrova, alla stia uscita, il mondo trasformato, le donne sfrenate, e l'antico compagno d'ideali rivoluzionari salito ai fastigi del potere borghese: il dramma, in sé duro e forzato, ebbe gran successo grazie alla sua tesi, e anche all'atroce suggestione della mes• sinscena berlinese di Piscator, che alternando il cinema al teatro aveva inquadrato la sua visione in scene simultanee le quali incasellavano in identiche cornici la Prigione, il Ministero, il Grand Hotel, ecc. Fritz von Unruh (n. a Co~lenza nel 1885), figlio di un militare e ufficiale egli- stesso, prima del conflitto europeo aveva scritto Offiziere (Ufficiali, 1913), dramma che si concludeva con una _anelante invocazione alla guerra, cimento supremo della personalità umana, eroica affermazione di vita. Ma dopo la tragica esperienza del 1914-1918 l'aspirazione del Tedesco sconfitto si rovescia violentemente: egli si scaglia contro la guerra, non solo in un libro famoso, V erdun, ma in drammi come Ein Geschlecht (Una stirpe, 1917), dove la guerra è accusata d'esser la madre d'ogni più bruta turpitudine, macello umano, rapina, ·stupro, incesto; Platz (La piazza, 1920) e altri. Arnolt Bronnen (1895-1959) è·· forse, di tutti gli autori figliati dalla guerra, il più sconvolto, quello che più d'ogni altro ne ha tratto u-na disperazione senza scamp.o, un convincimento de5olato, che il mondo è necessariamente e solamente il regno del Male. - In Vatermord (Parri-cidio, 1920), ha descritto -un padre che tortura un figlio sì da indurlo all'assassinio. - Geburt der J-µ,gend (La nascita della gioventù, 1922), è la ribellione d'un gruppo di studenti liceali, ragazzi e ragazze, che rivoltandosi alla •S•cuola e alla fam:iglia, ai maestri e ai genitori, s'involano in campagna, verso la > e il trionfo dei loro istinti, compresi i meno confessabili ..- In Die Katalaunische Schlacht ( Battaglia catalaunica, 1924), l'orrore della guerra si mescola a un feroce sadismo sessuale. - Ostpolzug (Verso il Polo Est, 1926) ha un solo attore: che, a quadri alternati, è Alessandro Magno, ed è un delinquente in fuga verso l'Himalaia: dieci lunghi monologh~ tendenti a dimostrare l'identità del conquistato,re col bruto. > è stato definito da Alberto Spaini il teatro del viennese Ferdinand Bruckner ( 1891-1958). - In Krankheit .der ]ugend ( Gioventù malata, 1926), egli ha inteso rappresentare la crisi della gioventù tedesca dopo la guerra ( quattro ragazze e . tre giovani) e, solito ritornello,
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la ·sua corruzione; ma con ·una tecnica chiara, e un dialogo attraente. - In Die Verbrecher ·(I delinquenti, 1928) ha messo in scena una ca·sa a tre piani, C> : che conclude col ricono . scimento della Natura quale unica divinità. - Come suo capolavoro, si suol considerare Rauhnacht (La notte dell~antivigilia 8i Natale, 1931). t una vera e propria tragedia, in cui i giovani e le ragazze si danno all'ehbrezze e all'orgia, in una strana contaminazione di superstizione cristiana e di paganità: un missio• nario reduce dall'Africa, dove al contatto con la natura vergine è diventato apostata e i,dolatra, s'introduce fra gli ossessi, e li istiga, e finisce egli stesso per violare, e, poi uccidere, una fanciulla. Commedie d'una vivacità e levità non comuni nel periodo tra le due guerre l1a scritto l'agile Karl Zuckmayer (n. 1896): benché ,}a sua opera più nota 'sia la più grossa e macchinosa, Der Hauptmann von Kopenick (Il capitano di Kopenick, 1931). Dopo la seconda guerra mondiale, la maggior fortuna ha arriso alla sua commedia Des Teufels General (Il generale del diavolo. 1946). Curt Goetz (1888-1960) ha· scritto atti unici di più o meno amara v-erità, e commedie ironiche e brillanti: deliziosa di ironica psicologia lngeborg (1922); pirandelliano il Dr. med. Hi,,b Priitorius (Il prof. dott. Giobbe P-raetorius, 1932); spiritosa la parodia dello stesso Pirandello in Taschenspiele (Giochi di pre• stigio). , Né vogliamo dimenticare uno scrittore nato a Praga ma tedesco d'elezione, e vivente a Vienna ·finché la _persecuzione anti1emita lo espulse: Franz Werfel (1890-1945). Poeta, romanziere. •
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critico musicale e letterario, grande divulgatore della vita e delle opere di Verdi, costantemente inspirato alla singolare duplicità del suo carattere, di nato ebreo e cristiano nostalgico, ha dato al teatro drammi importanti: Spiegelmen&ch (L'uomo dello spec• chio, 1920), Juarez und Maximilian (1925), Paulus unter den Juden (Paolo fra i Giudei, 1925-1926), improntati a una fede profonda nella vittoria del Bene.
Dal
Nuis1110
a oggi. - Non è da stupir.e che col 1930-33,
e cioè col prevalere e poi col dispotico consolidarsi del Naz·ismo, lo spirito della cultura e dell'arte (letteratura, pittura, scultura, teatro) della Germania già disfatta, e ora anelante alla rivincita, sia stato ripudiato in _blocco dal nuovo regime, ufficialmente ottimista come tutti i regimi totalitari. Il Nazismo cominciò col vietare tutte le opere degli autori tacciati, a torto e a ragione, di nichilisn10 mo• raie; ripudiò senza eccezione gli sèrittori ebrei compresi i classici (Heine); e mise alla porta i molti attori e registi di razza semita, a cominciare dal loro principe Max Rein• hardt, che dapprima se ne tornò in Austria, e poi, avvenuto l' ÀnJchluJs, emigrò in America : dove pure si erano rifugiati il critico suo correligionario Alfred Kerr, che ne tornò dopo la guerra; e il regista comunista Erwin Piscator .(n. 1893), che v'aprì una scuola d'arte drammatica tuttora fiorente. Quanto alla riorganizzazione del Teatro nazionale, essa fu sottoposta a una Direzione generale del Teatro, appartenente al Ministero della Cultura e Propaganda, e affiancata da una « Camera del Teatro>~ Ne dipendevano direttamente tutti i teatri sovvenzionati dal Reich, o dai singoli Stati, o dai municipi, e più o meno indirettamente i teatri rimasti all'ini• ziativa privata: i primi dopo l"an11essione dell'Austria e della Boemia ammontavano a 269, gli altri a 51. · Jn più cl1e 20 città maggiori i teatri drammatici (come il Deutsches Theater di Berlino, o il Burgtheater di Vienna) erano di• stinti da quelli di musica; nelle altre città, in uno stesso teatro, statale o municipale, si alternavano spettacoli di pros-a a quelli d'opera o d'operetta. Oltre ad essi - tutti stabili - la Direzione generale del Teatro provvedeva a sovvenzionare un certo 11umero di compagnie nomadi, destinate a portare gli spettacoli di prosa nei minimi centri. Epurati i quadri e purgato il repertorio, il regime nazista sfruttò al massimo il tradizionale amore del pubblico te• desco per il teatro, favo rendo con speciali abbonamenti e facilitazioni e concessioni di posti gratuiti le classi operaie
l l Teatro tede·sco e in generale le meno abbienti. Scoppiata la seconda guerra mondiale, la · grandiosa organizzazione non eolo resisté fino al 1943 tutti i teatri continuarono a essere esauriti tutte le sere - ma si moltiplicò, a favore dei soldati sia in licenza sia al fronte: per i quali ultimi furono creati 400 piccoli teatri mobil'i, parte trasportati per ferrovia, parte • autocarrat1. Larga parte nel repertorio di tutti questi teatri ebbero i classici, conforme alla nota predilezione del pubblico te• desco, coltivata da attori e registi particolarmente abili nel rilevare la « attualità> dell"antico. Ma è lecito chiedersi qual_i furono i nuovi autori che si rivelarono in confor• mità delle nuove direttive. E per questi dobbian10 ricordare le lodi . che la critica del tempo ·distribuì, quando con maggiore quando con minor calore, a una serie di autori, spesso doublés (co111e fra i tedeschi accade più che altrove) di teorici e di annunciatori. ~ .
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Paul Ernst ( 1866-1933), per esempio, non voleva arte precet• tistica ma credeva &Ila efficacia educativa della estetica. « Il poeta, i> diceva1 ~{ non mira a inseg11are e a m·igliorare, bensì a commuo\'-ere e a elevare. ,> Donde il suo ritorno alla Tra• gedia clas.sica di tipo sofocleo: Kassandra (1915) 9 eroina che nel futuro non sa scorgere se non il dolore senza · ravvi• sarne la provvidenziale divinità; Y orck ( 1917), dramma sto• rico del generale prussiano che prese su di ,;é l'iniziativa di ro~pere l'alleanza con Napoleone; Canossa (1.908), l'eterna piaga dell'umiliazione aperta sul corpo tedesco dal fascino di Roma pontificale. Ma anche alla Commedia italiana dell'Arte: Pantalon und seine Sohne (Pantalone e i euoi figli, 1933), contrasto tra il figlio 'pedante della moglie e quello spregiudicato dell'amante. Erwin G.. Kolbenheyer (1878-1962) si è fatto assertore di una v.irtù da lui identificata con la fede prussiana, contro la morta legge del passato rappresentata dal cattolicismo romano: 1 come in Heroische Leidenscha/ten (Passioni eroiche, 1903 ; secondo rifa cimento 1928), glorificazione del panteismo germani. co in. un Giordano Bruno figlio di madre tedesca; Gregor un,l Heinrich ( Gregorio e Enrico,■ 1934), ~ltro dramma su Canossa, dove Enrico rappresenta l'uomo che, formalmente sconfitto dalla regola ron1ana, salva lo SJJirito germanico in cui domani s'incarnerà la salvezza del mondo. J>oi venne la. catastrofe: e nella distruzione di tanta parte delle grandi e piccole città tedesche sono crollati in copia i f
s Questa prima s,esura era intitolata Giordano Bruno. (n.d.r.)
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maggiori e minori teatr~ già vanto e gloria della terra tedesca: disastro massimo quello del Burgtheater di Vienna, forse il più fulgido teatro drammatico del mondo. Ma la passione tedesca riprese immediatamente il sopravvento sulla desolazione. Non solo dove i teatri eran rimasti in piedi, o dove fu possibile restaurarli, ma anche dove tra le macerie si- dovette ricorrere a improvvisati me~i di fortuna, il pubblico tornò, seppure sconvolto e mal nutrito, alle offerte della sua arte prediletta.
Bertolt Brecht.
. . Intanto, come si è già accennato, il
maggiore interesse che un drammaturgo tedesco abbia suscitato nell'ultimo ventennio, non solo nei paesi della sua lingua ma anche in altri d'Europa e d'America, è intorno all'opera singolare, per quanto non allettante, di Bertolt Brecht (1898-1956). · Il poeta, nato ad Augusta, era già ben noto dai primi tempi dell'espressionismo, quando i suoi primi acc~nti, meglio che innovatori, torvamente ribelli, risonarono- in Trommeln in der Nacht (Tamburi nella notte, 1922), dramma del soldato disperso che, tornando alla città, trova la promessa sposa sul punto di darsi a un imboscato: tema quanto mai attuale, ossessionante, che suscitò immediata• mente una vasta eco. E una trista attualità apparve la prima caratteristica dei ·successivi drammi del Brecht, ancorché attinti ai pretesti più vari nel tempo e nello spazio.- ln Baal (I 919), al nome del dio affamato di carne un1ana si intitola la lurida successione delle conquiste d'un volgare seduttore di femmine, che finisce con l'uccidere per gelosia il suo più caro amico, e poi muore. Seguirono Leben Edwards Il von England (1924), rifacimento moderno, in collaborazione con L'ion Feuchtwanger, dell'Edward Il di l\farlowe; e l'originalissimo Mann ist Mann (Un uomo è un uomo, 1925), dove si assiste alle bizzarre, pirotecniche avventure d'un povero facchino che, non sapendo dir di no, si lascia persuadere da alcuni soldati d'un esercito d'occupazione (siamo in Cina durante la guerra) a prendere il posto d'un loro compagno sparito in una ·losca impresa; e finisce non solo col sostituirlo, ma col figurare da eroe o pre~sappoco. Collaborò poi a Die Abenteuer des braven Soldaten Schwejk (Le avventure del buon soldato Svejk, 1927-1928), riduzione teatrale, n1essa diabolicamente in scena da Piscator, del romanzo di Jaroslav Hasek. Infine venne lo strepitoso, mondiale successo di un altro rifacimento, Die Dreigroschenoper (L'opera da tre soldi,
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1928): dal Beggar's Opera di John Gay, Brecht aveva tratto una grottesca quanto- feroce accusa alla. società presente, che costringe ricchi e poveri nella miscela d'una identica melma. L'opera era intramezzata, oltre che di ballate alla Villon, d una luccicante musica di Kurt Weill: al quale il Bre~ht chiese pure le note per la sua Der: Flug des Lindberghs (Il volo di Lindbergh, 1929) che, destinato alla radio, nelle apparenze d'un vasto inno cosmi9
co levato dagli elementi al loro vincitore, sembra sboccare in una sorta d'apologia materialista, celebrazione della vittoria non tanto dell'individuo quanto della massa, della collettività. Mahagonny, presentato nel 1927 al Festival musicale di Baden-Baden e nel 1930 ampliato in tre atti con il titolo Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonnr (Ascesa e caduta della oittà di l\fahagonny), opera d'ormai aperta propaga11da, è l'ultimo che fu consentito all'autore dalla s~ena tedesca: poi il nazismo arriva al potere, Brecht dovrà tacere, e infine emigrare. L'accoglieranno via via più paesi europei; indi~ sino _al 1945, gli Stati Uniti d'An1erica; dopo la disfatta tedesca, si recherà a Zurig~; e nel 1949 tornerà ,l Berlino nella zona est, occupata dai Russi. È soprattutto nel periodo del suo bando, e della sua rentrée in paese C, e cioè drammi didattici). Citiamo Dic Aztsnahme r,nd die Regel (L'eccezione e la regola, 1930), storia d'un bianco che, fraintendendo in senso minaccioso il gesto amichevole d'un miserabile cinese da lui torturato e sfruttato, lo uccide, e quindi viene assolto dai· giudici, i quali riconoscono che appunto a causa dei suoi maltrattamenti il bianco aveva ragione di presumersi regolarmente odiato dal.la sua vittima; Die Heilige Johanna der Schlachthofe (Santa Giovanna dei Macelli, 1930), che si svolge a Chicago, avventura d'una credula propagandista dell'Es_ercito della Salvezza, che quando s'accorge d'aver sostenuto, col suo apostolato religioso, lo sfruttamento dei poveri da parte dei ricchi, scon•
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ta con la vita il suo errore; Die Mutter (1932), riduzione
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scenica de La Madre di Gor'kij, rappresentata in America fra grandi discussioni, e con grande successo in Russia, in un teatro circolare, dove il pubblico circonda la scena, come in un anfiteatro; Mutter Courage und ihre Kinder (Madre Coraggio e i suoi figli, composta intorno al 1938), storia d'una povera vivandiera opportunista, che accettando per vivere, come unico mestiere possibile, di seguire questo· o quell'esercito in guerra, si vede portar via appunto dalla guerra, uno dopo 14'altro, i suoi figli, soli oggetti del suo vero, fisico, animale amore. Tralasciando le molte altre opere drammatiche e liri• 1 che, e le dirette polemiche del poeta che, come ieri Shaw e ierlaltro Dumas figlio, ama far precedere i suoi drammi da prefazioni esplicative, concluderemo ravvisando in lui soprattutto un acre denunciatore, un artista suo malgrado; per cui l'arte è dello spettatore. Più disperato del presente che credente nell'avvenire, più truce che nobile, troppo compiaciuto in violenze e sforza ture che possono addirittura ricordare i più ingrati eccessi d'un Andreev, finisce che spesso dall'opera sua s'esprima un senso d'orrore, più che di comunione e di pietà. Ma, scrittore tipico d'un'età quanto mai angosciata, Brecht non può essere ignorato nella storia del nostro costume, dove ha parte incftncellabile. ·~ Tra queste ricordiamo le « Schulopern ,. Der ]asaser e Der Neinsager (1931), e i drammi F,,rcht und Elend des III Reichs (1934)., Galileo Galilei (1938), Der gute Mensch von Sezuan (1939), Herr Puntila (1940). (n.d.r.) 1
7. IL TEATRO IN ALTRI PAESI EUROPEI Nel passaggio dall'Ottocento al Novecento, e più ancora in quello fra le due guerre mondiali, si accentua il feno• meno dell'interesse, della protezione, delle sovvenzioni che, nei minori paesi d'Europa, lo Stato accorda quasi sempre al Teatro nazionale. Gli è che in cotesti paesi, e specie in quelli che avevano .più o meno sofferto sotto una dominazione straniera o un governo comunque aborrito, il Teatro ha assunto un còmpito morale, e direttamente o indirettamente politico. Specie nei paesi balcanici, e in quelli slavi dell'Europa centrale, il Teatro è servito come un punto ideale di riferimento e d'adunanza; come un principio di coscienza unitaria, un primo ritrovo a caratteri nazionali. Donde il fatto che, quando quei paesi si sono ricostituiti a unità, libertà, indipendenza, .il Teatro è stato riconosciuto in tutti come una cosa molto seria; in principio, prima cellula del >; poi, focolare della gran fiamma patria. Tanto in quel periodo accadde in Polonia, in Cecoslovacchia, in Jugoslavia, in Bulgaria, in Grecia; e anche sebbene il fenomeno non fosse identico - in· Ungheria e in Romania. In questi paesi si son costituiti, all'inizio del secolo, teatri variamentè regolati e sovvenzionati dallo Stato, per un dichiarato fine di propaganda culturale, il quale poi ne nascondeva uno nazionale; naturalmente affidandosi in gran parte, per mancanza d'un sufficiente repertorio lo• cale, anche a · drammaturghi sia classici sia moderni degli altri paesi; ma col sottinteso di preparare, di coltivare, di irrobustire un'arte nazionale. Teatro polacco. - Dalla fine dell'Ottocento sulla scena poi-acca grandeggia una complessa figura d'artista: quella del drammaturgo e poeta lirico, pittore e scenografo~ Stanislaw Wyspianski (1869-1907). Dei suoi drammi, alcuni riprendono temi e vicende della classicità ellenica; ·altri trattano argomenti del mondo polacco, sia su trame storiche riportate a motiyi attuali, sia- su vicende contemporanee. Caratteristica di questo poeta è una salda dirittura morale; un ansioso tendere al superamento, etico ed estetico, del particolare e del contingente, per attingere quello che non passa, scoprire nell'effimero le
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anche attraverso toni talvolta tracce dell'assoluto, riportarsi satirici, dimessi, o addirittura popolareschi - a una legge religiosa, eterna : con tendenza al simbolo, e anche a un certo nordico astrattismo. Degli altri drammaturghi polacchi fioriti nel principio del secolo nostro, il più noto è Stanislaw Przybyszewski, (18681927) . Rivendicando con intransigenza l'autonomia dell'arte di fronte a qualunque ptecetto moralistico, il Przyhyszewski si è in realtà ispirato, n·ei suoi drammi, a un motivo centrale, che è la onnipotenza dell'istinto sessuale. I suoi drammi sono normai• mente fondati sul conflitto tra la morale comune e la passione erotica: che è poi il conflitto caro alle sue predilezioni nordiche e., al solito. simboliste, fra un'entità astratta e una concreta realtà. Nel periodo corso dalla riunione delle sparse membra della Polonia in una nazione (1918) all'occupazione tedesca (1940), mirabile è stato l'incremento della scena drammatica in Polonia. Non solo a Varsavia, ma a Cracovia, a Lodz, e altrove hanno prosperato teatri, spesso di ottimo stile, con attori- e registi eccellenti; sebbene questi ultimi abbiano subito evidenti influenze della più fulgida regia russa. Teatro cecoslovaeco. • Influenze tedesche - sono state i-nvece prevalenti nelle scene di quel paese che il Trattato di Versailles battezzò Cecoslovacchia. Anche. là il Teatro aveva avuto da .due secoli, sotto la dominazione austriaca, una .funzione nazionale. Si pensi che - stando a un critico cèco, il Kodicek il lungo servaggio aveva spento fra Boemi, Moravi e Slovacchi ogni vita culturale al punto che il loro linguaggio, ridotto uni• camente alle designazioni d'ordine più umile, non aveva voca• boli per esprimere nozioni come >, >, ecc. Gli autori ·boemi del primo Ottocento dovettero cominciare addirittura col ricreare la lingua, inventando le parole che le man• cavano. E in quel giro di tempo i loro primi tentativi teatrali, non potendo rappresentare una vita n-azionale che non c'era, o si contentarono di macchiette provinciali, o si rifugiarono nella storia e nella leggenda. E anche per la Cecoslovacchia, nel periodo corso dalla sua nascita (1918) alla sua sommersione nel Reich germanico (1939), la storia del Teatro ha un interesse crescente. Venti anni fa, mostrando ai visitatori il loro Teatro Nazionale di Praga, fon'
dato alla fine del secolo scorso, i Cèchi lo definivano 11no dei « luoghi santi » della nazione: e ricordavano che quand'esso fu creato un insigne storico boemo, il Palacky,• pregò Dio di benedire quel santuario >. Quel teatro, largamente sovvenu• lo dallo Stato, alternava l'opera lirica al dramma, in un reper• torio di grande 8tile. Ma numerosi erano gli altri teatri• dram• malici, lihe~i e sovvenzionati, sia a Praga, sia a Brno, sia a
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Kosice; e non solo in cèco ma anche in slovacco, in tedesco, e (fondato da profughi) in russo (senza parlare dei famosi. e abbondantissimi, teatri di marionette). Questi teatri erano, in genere, ottimamente ordinati, e fre• quentati da on pubblico appassionato, I migliori disponevano d'attori buoni o eccellenti, di scenografi geniali, e di registi particolarmente versati. Tutto il fiore del _repertorio europeo, classico e moderno, è passato sulle scene· cèche, o almeno so quelle di Praga. A mezza via tra Russia e Ge,rmania., i gusti degli artisti cèchi propendono, come s'è detto, verso quelli tedeschi, ma con un eclettismo sempre vigile e accorto. Quanto ai drammaturghi cèchi, nomineremo quello meglio noto anche fuori dei confini, Karel Capek (1890-1938). Egli si giudicava miglior narratore che uo. mo di teatro; anzi a un certo momento abbandonò con ostentazione la scena. È un autore tipico del primo do-pognerra, e cioè con preoct:npazioni -d'or• dine etico e universalistico, ma in definitiva scettico ~ deluso. Dei suoi drammi e commedie, Véc Makropulos (L'affare Makropulos, 1922) è il caso d'una .donna rimasta, per l'uso d'una ricetta miracolosa, viva e giovane durante più che trecent ~anni; ma quand'ella offre ad altri la sua ricetta, tutti, intuendo l'orrore d'una sì lunga vita, la ricusano, finché una giovanetta la brucia. - In Rossum's Universal Robots (R.U.R., 1920) si rappresenta l'estremo progresso della scienza umana ,che crea, a servizio dei veri uomini, gli uomini-macchine: ma questi si ribellano ai loro creatori e dominatori~ e li distruggono. - In Ze zivota hmyzu (Dalla vita degli insetti, 1920), la esistenza degli uomini è rappresentata sotto la specie di quella degli insetti: farfalle (_inutilità dell'amore), scarabei ( vanità dell'immondizia accumulata, che l'avaro crede preziosa), for• miche ( cieco sacrifi,cio della massa alla collettività). - In Adam Stvoritel (Adamo creatore, 1927) Dio concede ad Adamo la facoltà d'annientare il mondo per rifarne uno migliore; ma Ada• mo s'accorge che il solo possibile era quello già esistente. Insomma la morale di Karel Capek (il quale ha scritto qt1e• sti ultimi tre drammi insieme col fratello, noto scenografo, J o• sef Capek ( 1887~1945), suo collaboratore anche in opere narra• tive) pare questa: la vita è cosa desolata e terribile, ma non si può far altro se non accettarla tragica1nente com'è. È però anche vero che, dal punto di vista estetico, nelle sue nitide co• struzioni sceniche avvertiamo un quid di meccanico~ che in certo modo le raggela. L'altro drammaturgo cèco che ha varcato le frontiere è Frantisek Langer (n. 1888), autore d'u11 lavoro rappresentato ariche ~in _Italia, Periferie (Periferia, 1925). Qui è facile risentire echi di Dostoevskij, di Tolstoj, di Gor'kij, di Andreev; è il dramma d'1in giovane che, avendo ucciso,. è portato dal ti• morso a confessa re il suo delitto. Ma poiché alla sua confessione nessuno crede, egli per soddisfare il bisogno d'espiazione '
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non trova altro mezzo che commettere un altro delitto, ucciden• do un'altra creatura, la femmina che vive con lui. Conclusione, per un pubblico occidentale, così poco accettabile che i tra• dottori hanno più volte chiesto e ottenuto il permesso di modificarla. Inoltre converrà citare nel novero degli autori cecoslovacchr quello Jaroslav Hasek ( 1883-1923), dal cui romanzo presto dive• noto popolarissin10 Osudy do.brého vojaka Svejka za svétové valky ( Le avventure del buon soldato Svejk durante la guerra mondiale, 1920.23), due Tedeschi, il Brecht e il Raimann, tras• sero un dramma di tragico umorismo che, nella terrificante messinscena di Piscator, dive~ne il più tipico campione del disfattismo antimilitarista nella Berlino socialdemocratica della Repubblica di Weimar. '
Teatro ungherese. • Sulla Scena ungherese, il commedio-
grafo più cordialmente acclamato fu un semita, Ferenc Molnar ( 1878-1952), giornalista, corrispondente di' guerra, e romanziere di cui· è notissimo il romanzo A Piil-utcai fiuk (I ragazzi di via Pal, 1907). Il suo primo successo drammatico, così vivo che passò subito i confini, l'ebbe con una commedia, Az ordog · (Il diavolo), la quale è del 1907. Ma un vero e pro• prio trionfo mond·iale lo conseguì con Liliom ( 1909). Questo dramma reca per sottotitolo >, e muove dalla pittura d'un ambiente locale, un mondo di serve, teppisti e vagabondi alla periferia della capitale ungherese; esprime sensi d'una umanità elementare, in cui gli spettatori di tutti i teatri d'Europa e d'America si sono riconosciuti, con compiaciuta tenerezza. Liliom è un tipo d'eroe plebeo, imbonitore d'una giostra, malandrino, ingenuo, rude e manesco, idolo delle serve: ha un cuore, ma è il primo a non rendersene conto; i suoi sentimenti li esprime a rovescio; quel tanto di genui~a bontà ch'è nascosto in lui non sa manifestarlo se non nei modi della cattiveria. All'amore di Giulia, la servetta che sola ha intuito il suo segreto, non riesce a corrispondere se non picchiandola; ma lasciarla, per accettar l'offerta della matura e danarosa padrona della giostra, non vuole; e il giorno che si scopre vicino a diventar padre, la sua propria, indistinta e im• mensa gioia lo induce a far la sola cosa che può: accettar la proposta d'un altro scioperato, di rapinare un esattore. L'impresa va male; Liliom ci rimette la pelle. Portato dagli angeli nel Dilà, davanti a un tribunale celeste rappresentato col11e può immaginarselo un figlio della teppa, egli è condannato a sedic'i anni di fuoco, e quindi a tornare in terra per farvi una buona azione. Liliom espia la sua pena: poi, tornato in terra, va dalla moglie e dalla figliuola che è- ormai 11na ragazza, e le porta in dono una stella rubata nel cielo. Ma le donne, che non sanno chi sia, hanno paura di lui; lo respingono; egli alza la mano a percuoter la fanciulla; e se ne rivà accorato.
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Anche dopo l'espiazione, anche di ritorno dal Dilà, Liliom non ha dunque saputo esprimere l'amore, la tenerezza, lo struggimento, se non rubando e percotendo. Ma il suo atto violento non ha /atto male alla fanciulla; a cui la madre confessa a sua volta, che è così: che nella vita ci son percosse le quali non dolgono. Realismo e fantasia, rustico macchiettismo e patetica poesia, s'intrecciano in quest'opera felice, con un'agevolezza così sorridente, tenera e fortunata, che ne han110 fatto una delle opere più significative del tempo nostro. l\la la mano facile, la vena fresca, la grazia brillante, sono sovente la caratteristica dell'altra molta, feconda opera drammatica di Molnar; sia in brevi atti unici, sia in piacevoli giochi s~enici come A testar (La guardia, 1910) o Fiiték a kastélyban (Giuochi al castello, 1927), sia in commedie di veri intenti psicologici come A hattyu (Il cigno, 1925), Carnevale (1917), A.: uvegcipo (La pianella di vetro, 1925), À farkas (Il lupo, 1912), A jo tiindér (La buona fata, 1930), eccetera. In tutte più o meno s"esprime9 senza grande profondità né lumi di fede., ma con leggiadra levità, la visione dolce-amara d'un artista che accetta e riprende la vita com'è, con la sua tristezza e le sue labili consolazioni, con le sue speranze più o meno vane e con le sue miti illusioni. Altro autore prediletto dagli Ungheresi fu Ferenc Hercz~g ( 1863-1954), noto soprattutto come "romanziere, ma che ha espresso qualità di poeta così in coloriti drammi storici, Bizane ( Bisanzio, 1904) come in commedie di fantasiosa audacia e in commedie moderne (Kék r6ka, Volpe azzurra, 1917; Tilla, 1918). Tra le due guerre mondiali, il Teatro ungherese invase le scene di molti paesi con una produzione di drammi ora più o meno geniali, di commedie comico-sentimentali, o brillanti, o semplicemente posc·iadistiche, rhe hanno fatto e fanno vivace concorrenza alle più famose firme parigine. Ricordiamo i nomi di Biro e di Legyel, di Ferenc Lakatos e di Lajos Zilahy, di l .. aszlo Fodor e Bus Fekete, ecc. ecc. Sono, in genere~ i rappre"' sentanti d'una società leggera, sensuale, gaudente, ma non sempre spensierata, e che talvolta anche nelle corse al piacere sente i richiami d'una realtà meno agevole di quella che appare ai superficiali boulevardiers.
Teatro ebraico. - Un fenomeno nuovo, esclusivamente pro• prio del tempo nostro, è stata la nascita e il fiorire d'un Teatro ebraico. Dalle origini della loro civiltà fino al secolo scorso, gli Ebrei non avevano mai avuto un Teatro. Ricordare, che la Bibbia parlava di David danzante davanti all'arca ( e perciò , e poi condirettore, l'ineguale ma geniale Ferruccio Garavaglia (1868-1912), si proponeva di creare una compagnia avevano soflocato il nascente Dramma italiano entro un diluvio di belle parole. . E, d'altra parte, no~ era D'Annunzio l'uomo che cedesse davanti a quella che alcuni anni più tardi definì la > dei suo_i critici. Ai due lavoretti in un atto tennero dietro ben tre drammi in più atti (ancora in prosa): La città morta (1898), La Gioconda (1899), La gloria ·(1899), tutt'e tre impo• stati sopra motivi· di morale >, e insomma tragedie del >. Per La città morta il poeta cpmmise il suo primo · tradimento alla Dose affidandone la rappre~entazione, in francese, alla rivale di lei, Sarah Bernhardt, che lo fece applaudire a Parigi. Cattivo esito ebbe in Italia La Gif,conda, inter• pretata dalla stessa Duse; e La gloria, da Ermete Zacconi. Come ognun sa La città morta, sopra lo sfondo d'una portentosa avventura archeologica - il ritrovamento delle salme de• gli Atridi, riapparse nelle loro armature d'oro fra gli scavi della frugata > - , intreccia il caso d'un fra• tello che, ardendo d'amore per la propria sorella, tompie l'at• to supremo, >. Ma questa necessità del canto che ( qualunque· cosa si dica in contrario) è propria del verso, disturba e svia e rende esasperante la sua prosa, a teatro più ancora che altrove. Il ma·ggiore, irrim~diahile difetto dei drammi da11nunziani in prosa è precisamente questo: d'essere in prosa. '
Effettivamente il primo dei drammi di D'Annunzio che la D:nse portò al ~uccesso in Italia fu la sua prima tragecl ia in versi, Francesca da Rimini (1901). A somiglianza d'altri poeti o narratori che, salendo le scene, si son valsi di spunti o motivi già da essi trattati nella lirica o nel racconto, il clima se non proprio l'argomento di questa Francesca venne al contemplatore ed evocatore D'Annunzi o dalle sue già celebrate Città del silenzio. Tu mi nascesti in riva al mare etrusco, o poema di sangue e di lussuria, su le sabbie arse, tra il selvaggio rusco ...
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In D'Annunzio lo spunto dantesco, dal quale il buon Pellico aveva tratto l'innamorato dran1metto patriottico a quattro personaggi, suscitò il proposito di ricreare tutto il mondo. Ma quanto al secondo dei versi r•iportati or ora, è certo che nella Francesca di D'Annunzio appare meno lussuria che sangue. Sospiri d'amore vi s'avvertono sì, ma fra un prevalente strepito di ferro. È la cornice d'un Medioevo come poteva sentirlo D'Annunzio, fors'anche in polemica col Medioevo giulebbato e flautato del basso Romanticismo; son la faziosità feroce, la rabbia rissosa, gl'istinti animali dell'uomo contro l'uomo e del fratello contro il fratello, che finiscono con l'occupare il centro della vicenda, soffocando l'effusioni del sentimento nella circostante violenza, atrocità, crudeltà. Né v'è dubbio che proprio da cotesto mondo duecentesco venissero fuori i soli personaggi vivi del poema: Gianciotto, soldataccio rude ma in fondo hrav'uomo, schiet .. to e a suo modo tenero della sua donna, e davanti a lei persino consapevole, a m~menti, della propria rozzezza, delle proprie gaOes; e l'orrida malvagità di quel Malatestino, nella pittura del quale il citato sadismo del poeta s'-è indugiato con compiacenza così avida e mordente. . S'aggiunga una curiosa osservazione-: che i versi della Francesca sono - fenomeno più unico che raro nell'opera di D'Annunzio - di valore assai ineguale. Si direbbe che· il poeta, timoroso di riportare i metri chiusi sulla scena principio-di-secolo, abbia cercato· di mascherarli quanto più ha potuto, non solo mescolando endecasillabi, settenari e quinari, ma dando loro un'andatura spesso pFosaica, alle volte addirittura ·sciatta. Ne consegue che a tratti delicati, _aerei, preziosi, s'alternano nel dramma battute e dia• loghi or più or meno pedestri. · Eppure la Francesca, malgrado le eccezioni e le proteste, piacque; i suoi colori, in mancanza dei suoi problematici protagonisti, sedussero le platee. Sedussero anche i minori autori italiani; molti dei quali si buttarono a gara all'imitazione, tornando in gran corsa al Medioevo e al Rinascimento, alla leggenda e alla storia patria, con un furore che per parecchi anni empì di tinte accese e di bollente frastuono le ribalte italiane. ..
>• - l\Ia un successo altrimenti gran• • di oso, incontrastato, trionf aie, fu quello che due anni
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appresso (1904) la grande compagnia Talli-Gramatica-Calahresi conseguì con La figlia di Iorio. Qui difatto si respira il meglio dell'arte di D'Annunzio; tornato, per essa, al clima delle sue cose più schiette, Novelle della Pescara, rapimenti e languori di Alcione. La vicenda s'immagina ! ), dai suoi can-: ti religiosi e dai suoi consensi o dissensi corali, in certi momenti, si crea l'atmosfera che dicevamo. Non è da stupire ·se, rappresentata nella Stabile Romana da Garavaglia regista e protagonista~ con un fulgidissimo apparato scenico di Duilio Camhellotti, La nave assunse, in quello scorcio di tempo, un valore fatidico; pose in certo senso la candidatura di D'Annun• zio a · vate e profeta della Quarta Italia. Ma all'importanza, di natura c~oprattu_llo politica, d'un tale successo non riuscì a tener dietro quello di Fedra (1909). Due anni dopo, G. A. Borgese già ascriveva quest'opera alla visibile decadenza del poeta. Era troppo pessimista: ché, quan_to a magnificenza di verso, e insomma di stile, Fedra non teme confronti: se non è un dramma, è certo un'evocazione di grandiosità senza pari. Ma vi manca il conflitto., Fedra non essendo rattenuta, nell'esplosione del suo morboso furore verso il figliastro,. da nessun ·ritegno, pudore, barriera; e· quindi non essendo eroina tragica. Nello splendore mono• tono -delle sue scene erudite e prolisse non si salvano, este•
tieamente, che le prodigiose grida ·de]la sua lussuria. Dalla quale, trasferitosi il poeta in Francia, si passa al sadismo pseudomistico del Martyre de Saint-Sébastien (1.911), che D'Annunzio compose direttamente in versi francesi arieg• gianti quelli dei > . cinquecenteschi; e a cui tenner dietro quelli della Pisanelle (1913), e la prosa, pure francese ma moderna, de Le chèvrefeuille ( 1913). l\fateriale, come si sa, di seconda mano: ripresa, la prima, dei motivi della Nave, la seconda ·di quelli della Fiaccola: e se un'osservazione estetica può farsi, sull'una e sull'altra come sul Saint-Sébastien, è che anche in altra lingua il poeta ( o prosatore) è riuscito a rimanere prodigiosalllente se stesso, con la sua stessa f orma, col suo stesso stile, altrettanto fastoso e sono.ro nell'agile idioma francese quant'era stato nell'aulico italiano. Rimanipolato poi, squisitamente, per la musica di M·ascagni, .un Jac-simile di Francesca nel libretto di Parisina, e tradotto :in italiano Le chèvrefeuille col titolo Il fe"o, il drammaturgo si tacque (La crociata degl•Jnnocenti non è più che un'esercitazione geniale) per far luogo al >. A quello cioè che, dopo aver cantato la gesta di Ruggero, di Corrado, di Marco·, volle viverla; e si fece condottiero è capo. dettò leggi e batté moneta.
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, La vita celebrata da o• A.nnunzio non è sempi;-e quella che noi amiamo; la nostra generazione ha manifestato spesso, dei valori dello spirito, un concetto radi-calmente diverso dal suo: la stessa guerra, di cui egli fu così individualistico e·d avventuroso con1battente, il più dei suoi commilitoni visse e patì con tutt'altro- animo. Ma di certo l'animo suo non fu mediocre: il che si rifletté in tutta 1•opera sua: anche in qu.elle parti dove il suo •
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cinquecentesco alllore per il vocabolario parve soffocare - in Scena come altrove - le cose e le persone volute rappresentare. Se1npre 11ei suoi dra~mi, compresi i difetto si che son molti e i mancati che non son pochi, si riflettono tuttavia i . segni evidenti, prepotenti, di una formidabile personalità. . In tempi nei quali la Scena pareva oscurata e immiserita dal culto di quella «realtà > che l'aveva fatta scadere al livello d'una grigia fotografia,· egli riportò i colori, il canto, l'aspirazione alla sublimità. E fu soprattutto nel suo teatro che la sua sensualità parve più anelante alla vittoria su se stessa. Non ricco d'inventiva, egli attinse sovente la materia (come, del resto, quasi tutti i drammaturghi) a innumerevoli altri sèrittori; e si conoscon gli elenchi de' suoi falsi e veri plagi; ma tutto qt1ello che tolse ad altri lo fece ben suo. E in conclusione fu lui il primo -che, liberando il nostro Teatro da un'imitazione francese durata, salvo poche eccezioni, tre quarti di secolo, lo riportò a fonti e·ssenzialmente italiane. Fu lui il primo drammaturgo italiano a cui il pubblico e la critica d'oltre i confini, dopo lunghissimi anni d'ignoranza o· d'indifferenza verso l'arte nostra, abbian guardato con curiosità, con interesse, con aDtmirazione. Ed è a lui che il Teatro italiano deve un capolavoro, La figlia di Iorio. •
Altri autori principio-di-secolo. - Lo spazio ci manca per enumerare in questa sede gli autori che, dalla Francescain poi, credettero d'aver scoperto nell'imitazione di D'Annunzio il filone dell'arte e della poesia, e inondarono le nostre !cene di drammi >. ~ Meglio a .proposito sarà fare almeno il nome _ dei prin• cipali che la citata Stabile R.omana via via rivelò : Enrico Corradini (1865-1931), con i suoi drammi _ispirati a un'ideologia antisocialista ed antiumanitaria, nazionale e imperiale, massimo il Giulio Cesare (1902); Vincenzo Morello- (>, 1860-1933), con la sua balzacchiana Flotta degli enu-
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granti (3• ed. 1907), e col suo anticlericale e divorzista Ma-
lefico anello (1910); Guelfo Civinini ( 1873-1954), con le sue commed.ie ironiche e antìhorghesi, 11.n poco Théitre-Libre un poco Anatole France, come Il signor Dabbene (1906), La Resina (1910); Tomaso Monicelli (1883-1946), con i suoi drammi terrieri e nostalgici: Il viandante (1913), L'esodo (1913), La terra promessa (1911). Ma il più dei commediografi italiani continuò a proporre al medio pubblico le sue predilette storie borghesi, o a presentargli quadretti e quadri di vita regionale e popo• lare. Ché la società italiana,. fino alla grande guerra, sembrò dove più dove meno restia a fondere in caratteri unitari e comuni quelli delle rispettive regioni: è vecchissima osservazione che gli scrittori e poeti del nuovo Regno d'Italia, Verga, Pascarella, la Serao, Fucini, la Deledda, lo stesso Fogazzaro, son tutti a fondo regionale se non dialettale: anche D'Annunzio narratore e tragèda, dalle Novelle della Pescara alla Fìglia di Iorio e alla Fiacco'4, dette le opere sue più perfette tornando ai motivi del natio Abruzzo. E l'eterna qne• stione della lingua italiana >, irreperibile ·. dai no• stri attori in un paese dove i nove decimi degli abitanti par• lavano il dialetto, pareva favorire la scena dialettale. Non sono in dialetto le commedie. del bravo Sabatino Lo• pez (1867-1951): La morale che corre· (1904), La donna d'al-. tri (1906), Bufere (1907), La buona figliuola (1909), Il brutto e le belle (1910), Il principe a.zzu"o (1910), · La nostra pelle (1912), Il terzo marito (1913), Mario e Maria (1915), Sole d'ottobre (1916), Parodi e C. (1925), La signora Rosa (1928). Ma s'avverte tuttavia nella più parte di esse un fondo di bonarietà, di lindura toscana, che non a· torto han fatto richiamare i precedenti del candido Tommaso· Gherardi del Testa. Quanto ai dialetti veri e propri, osserviamo che il dialetto principe - il veneto, che abbiamo conosciuto con le maschere, ammirato in Goldoni, e salutato l'ultima volta in ~iacinto Gallina - ebbe nell'anteguerra il più delicato poeta della sua scena in Renato Simoni ( 1875-1952). Talento multi• forme, la sua ammirata opera di critico drammatico non ha potuto far dimenticare la sua iniziale, e tuttora rimpianta, attività di commed·iografo. La tJedova (1902), Tramonto (1906) e Congedo (1910) senza rinnegare i pregi del Carlo Gozzi (1903), né di un Matrimonio di Casanova (1910), scritto dallo stesso Simoni in lingua italiana avendo a collaboratore UgQ Ojetti . - si collocano tra le ottime che la nostra scena abbia avuto nel periodo corso fra l'ultima di Giacosa e la prima di Pirandello. E anche recentemente il più schivo dei critici, Bene• detto Croce, confermando implicitamente una nostra vecchia opinione. riconosceva in sostanza nel Simoni uno· dei pochi '
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artisti felicemente. sopravvissuti alla revisione estetica fatta
alla sua generazion~ dai venuti dop~.
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Un altro'· poeta autentico del teatro dialettale fu il napo• letano Salvatore Di Giacomo (1860-1934): lirico ac~orato, e narratore che a un certo punto si co~piacque di trarre direttamente dai propri racconti, o lasciò trarre ad altri~ soggetti per la scena. Predominano qui figure di d~nne, pecca• trici dolorose, popolane schiave della passione, creature nate all'olocausto: Cristina di 'O voto (scritto in collaborazione con G. Cognetti e rappresentato nel 1888),1 · la femmina perduta che, respinta dal tentativo di redenzione propostole per voto da un povero malato, ripiomba per sempre nell'abiezione; Assunta Spina (1909) che, tradito l'amante per alle• viargli il carcere, quando egli tornato libero spacca il cuore al traditore, dichiara alla polizia d'essere stat~· lei. l'assassina; 'O mese mariano (1910), piana e suggestiva rappresentazione d'una povera madre popolana venuta a cercare il suo bam• bino in un ospizio di trovatelli, dove nessuno osa annunciarle che .è morto. Ma l'accento essenziale a questi. drammi e drammetti è dato in gran parte dall'aura napoletana che circonda figure e vicende, con diffuse pitture d'ambiente, donde in qualche modo deriva la loro spiegazione, giusti-fica• zione, fatalità. · Assai più modeste proporzioni e · pretese quelle d'un pie• colo coml11ediografo toscano, Augusto Novelli (1868-1927),. il q11ale fabbricò da solo tutto un teatro di vernacolo fiorentino: commediole popolane e piccoloborghesi, oneste, superficiali, ispirate a .Jln~ moraletta di gente comune, ma scritte· di getto, e che per un ventennio ebbero una certa voga in tutta l'ta• lia: la. più nota ancor oggi è L'acqzm cheta (1907). Di tono alquanto più alto, in questo campo ·dialettale e fiorentino, l' pateracchio (1910) di Ferdinando Paolieri (1878-1928). Da ricordare in-fine le commedie briose, talvolta sopraccariche di colori violenti, che la facile vena di Nino Martoglio (1870-1921) fornì all'orgiastic.o mimo siciliano Angelo Musco ( 1872-1937); e quelle d'un umorismo spesso venato di malinconia che un singolare attore-autQre napoletano, Raffaele Viviani ( 1888-1950), s'andò per lunghi anni congegnan• do da·· sé. •
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Futuristi e crepuscolari - Tutto ciò appartiene, crono• logicamente e spiritualmente, all'anteguerra. Fra gli ultimi anni, invece, che precedettero la prima guerra mondiale e i primissimi che la seguirono, si ebbero nello spirito ita• liano - coi loro riflessi anche a teatro · due movimenti in senso nettament.e opposto. Un-o, e~asperando sino al grot• tesco certo dannun·ziano furor di vita, lo portava a una 1
Col titolo Malavita. (n.d.r.)
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sorta di frenesia tra sportiva e meccanica: il Futurismo. L'altro, al contrario, deluso dall'inutilità della Vita con la > maiuscola, suggeriva la desolata e rassegnata rinun• eia, con ritiro sotto la tenda piccoJoborghese: i cosiddetti Crepuscolari. ), attingendone shakespearianamente le vicende alla storia, o alla novellistica italiana. I più giustamente applauditi furono La maschera di Bruto (1908) e sopra tutti (anche all'estero) La cena delle beOe (1909), la quale ha un vibrante, felicissimo piglio teatrale. Seguirono, dall'Amore dei tre re (1910) fino alla Amorosa tragedia ( 1925), molte altre tragedie del genere. bravamente atteggiate nel suono di agri endecasillabi, che troppo spesso na• sconde il vacuo; e assai più verbosi drammi in prosa di sog• getto moderno, da Ali (1921) fino a Il ragno (1935), a L'elefante (1937), a L'orchidea (1938), a Paura (1947), nei quali ultimi gli accenti di beffarda cattiveria hanno suscitato innocenti e plaudenti scandaletti fra il pubblico. Forse. di Benelli, s'è detto e troppo bene e troppo male. La sua opera è intimamente sincera; l'eterno conflitto tra, il Male e il Bene con cui egli si sente sempre, romanticamente, alle prese, veramente lo travaglia, lo affanna, lo fa soffrire. Ma è pure un fatto che la sua reale compiacenza di rappresentatore è nella pittura degli esseri lividi, rah• biosi, impegnati nel voler procurare una sensuale rivincita alla loro smaniosa impotenza; mentre la pittura del cosiddetto Bene gli svanisce e sfuma in un mare di parole astratte, che suonano desolatamente a vuoto. Fu già notato che nell'opera sua più acclamata, La cena delle beOe, non esiste il . Altrimenti fidente, e insomma proteso alla riaccettazione della vita, è invece l'ultimo lavoro del Morselli, tra fiabesco e umoresco, Belfagor (1920). Rap• presentato nel 1930, dopo la morte dell'autore (che finì anche lui, coDle altri Crepuscolari, di mal sottile), è la storia di i;in diavolo, Belfagor, venuto in persona dall'inferno per in• sidiare la virtù d'una ragazza, fidanzata a un combattente partito in guerra contro i Sara.ceni. Ma, tutt'a.l contrario del diavolo suo omonimo nella famosa no,Tella di Machiavelli, il Belfagor di Morselli non riesce a pigliarsi altro che ceffoni, e deve tornare Rcornato sotto terra; mentre al ritorno dell'amato vittorioso le campane della chiesa del villaggio si
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mettono a cantare al sole: a cui tende annuncia già i sintomi d'un'ispirazione nuova. ·
Luigi Pirandello. - E siamo al più singolare dei f enomeni apparsi nella vita teatrale italiana, se non europea, della nostra età. Quello, cioè, d'un romanziere e novelliere che, per venticinque anni accolto con più o meno
freddo rispetto fra la critica e fra i lettori, a circa cinquant'anni, e cioè intorno allo scoppio della gra~de guerra, si mette a riscrivere per il teatro storie identiche, o simili, a quelle già proposte nel romanzo e nella novella; e di co·lpo· diventa il più famoso drammaturgo dell'~ra: .abbiamo nominato Luigi Pirandello, di Gir• genti (1867-1936). ~ · Ma se la critica letteraria stentò ·a riconoscere in Pirandello un grande scrittore, è onest~ ricordare che per molto tempo il dramma spirituale di Pirandello - ben lungi dall'ostentare quelle forme deci.se, alle volte sino allo schematismo, rhe assunse poi in teatro - nelle sue novelle e nei suoi primi racconti mantenne· le apparenze appunto . di que.i naturalisti fine-di-secolo, i quali si con . tentavano di denunciare, nei casi della vita, la· ferocia d'un destino nemico. Il conte:puto 4ei su-0i primi volumi di novelle parve essere appunto quello; il « senso del contrario », come Pirandello più tardi definì l'umori•smo, sembrò effondersi in questa aspra de~uncia, · d'una eter-· na beffa della vita, che copre di grottesca deri~ione le aspirazioni dei miseri uomini all'amore, alla felicità, ~ semplicemente a una morale. Tale anche il clima del romanzo L'esclusa (1894), che pone il caso di una giovane donna, rifiutata dalla soc.ietà finché era a torto creduta colpevole, e riammessa solo , quando si è finalmente concessa a un amante. E così l'altro romanzet~o, quasi comico, d'ambiente siciliano, Il turno (1895): la storia: d'un amante idealista e timido, che non può giungere: a sposare la donna amata finchè non sia arrivato il suo «turno» (vale a dire, dopo ch'essa si è già data ad altri pretendenti). Ma il romanzo che richiamò, pur senza grandissimi entusias1ni, l'attenzione degli esperti e del miglior pubblico sull'ancor giovane scrittore, è stato Il fu Mattia Pascal (1904). E questo rappresenta già un caso di quelli che poi si sono chiamati tipica•
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mente « pir.andelliani > : la s~oria dell'uomo' che si finge mort~·, per rinascere libero; del ribelle, cioè, che tenta di sottrarsi alle maschere ed alle convenienze sociali, per essere, con un altro. nonte, esclusivamente e liberamente se stesso. In realtà, rimane sconfitto dalla prova: avulso dallo stato civile e dalla ~ocietà, egli non può più amare, non può più difendersi, non può all'oc• casione salvare né gli altri né sé; insoIDma · non può vivere. Mo·rale: la vita non essend9 se non una beffa, viver fuori delle sue grottesche convenzioni e costruzioni non è possibile. · Minore attenzione suscitò un altro romanzo, che oggi più d un critico ha giudicato il migliore fra quel.li di Pirandello, I vecchi e i giovani (1913). Ess_o vuole esprimere il dramma della generazione italiana succeduta a quella del Risorgimento; quadro a fondo politico-sociale, dov'è descritto l'urto fra i vecchi· che, compiuta l'unità d'Italia, escludono sordamente dalla nuova vita nazionale i giovani, i quali respinti rovesciano contro la nazione· le loro aspirazioni nelle « utopie > di rinnovamento sociale. Ma sia giusto o non sia giusto il giudizio di chi ancora oggi saluta in Pirandello un narratore maggiore del drammaturgo, è un . fatto che l'interesse del gran pub .. blico a quell'agghiacciante gioco di specchi che risolve la vita, e la stessa personalità umana, in una vana illusione di luci e d'ombre, Pir-andello lo ottenne soprat• tutto col suo Teatro. Chi fu a mettere in scena (1915) una delle prime com• medie di Pirandell.o, ~e a difenderla contro un pubblico ancora riluttante? Fu, a Milano, proprio il rappresentante più autentico di quella commedia veristica e (come altri la definì, contro le sue personali proteste) borghese, che il teatro pirandelliano veniva furiosamente a scrollare ed a sostituire: fu Marco Praga, allora direttore di uri.a >. Dif atto, in esso, Pirandello dice questo: che ai mortali non è concessa altra verità se non quella che risulta dalla c.onvenzione di certi pezzi di carta scritta; se questi pezzi di carta mancano, la realtà è incono• scih:,Ie, ognuno se la può ridurre a quella che vuole. Ma Gorgia di Leontini aveva scritto, nel libro che abhiam citato, anche una terza parte, in cui si sosteneva che, seppure gli uomini potessero conoscere qualche cosa di reale, non potrebbero comunicarselo tra loro. E ciò è l'oggetto di un'altra commedia di Pirandello, il cui significato va ben oltre il problema scenico su cui si fonda: Sei personaggi in cerca d' au.tore (1921). Qui un dramma atroce si è presentato alla mente del poeta: quello di un padre che, dovendo naturalmente esser conosciuto dalla figliastra soltanto come padre,_ è invece stato sorpreso da lei in una casa infame, nell'atto di commettere una azione vergognosa, e proprio con lei che per miseria an" dava a vendersi. Ma quest6 dramma l'autore non ha voluto scriverlo; e i sei personaggi rifiutati da lui si reca• no su un palcoscenico, a chiedere a un capocomico quel• la vita artistica che soltanto un poeta potrebbe dar loro. È qui che si assiste all'altro dramma, di cui dicevamo; quello cioè del tradimento che l'espressione scenica fa ai sei personaggi: essi credono di >, e invece gli attori, interpretandoli, Come si vede, sotto questa boutade c'è tutto Pirandello. Per lui può essere dubbia l'esistenza dell'uomo che in questo momento passa per la strada; ma esiston·o, senza alcun dubbio, Don Abbondio, o Amleto, o Clitennestra. Quella che crediamo vita è un'illusione; ma l'arte no. L'arte, per Pirandello, è una realtà. E a questa «~realtà> si richiamano dunque certi suoi difensori - fors'anche taluni non richiesti e non autorizzati - contro coloro che avrebbero accusato il poeta di nichilismo spirituale. Dicono i difensori: se Pirandello è un artista, per questo sen1plice fatto, di fare opere d'arte, non è un nichi1ista. Pirandello crede per lo meno all'arte e alla realtà che essa crea. Quando il protagonista di Enrico IV si rifugia, come abbiamo visto~ nella maschera del suo imperatore, non riconosce con ciò una realtà, quella appunto della sua maschera? D'altra parte, non è mancato chi ha additato, specie nelle opere pirandelliane del .suo secondo decennio teatrale (1926-1936), un fenomeno nuovo, e come a dire una
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volontà di fede. Sagra del Signore della Nave (1924), per esenipio, si conclude col trionfo dello spirito; La nuova colonia (1927), con un'apoteosi della maternità. O di uno o di nessuno (1928) riafferma che la paternità non consiste in un fatto fisico, ma nel credere di essere padre, o meglio ancora nel volerlo. Lazzaro (1928) dichiara che la fede vera non sarebbe quella nell'immortalità personale del meschino individno, ma quella della vita universale, dono di Dio, a cui tutti torneremo, per riconf onderei in Lui; e amniette persino, a suo modo, il miracolo. La favola del figlio cambiato (1933) proclama che il re non è tanto la persona coronata che materialmente incarna la sacra dignità, quanto l'immagine che ce ne facciamo in noi, che creiamo noi stessi. · A tutto questo, però, non è difficile rispondere che Pirandello aveva già sostenuto cose non dissimili fin dai suoi primi drammi, compresi i più allarmanti [per esempio L'innesto, 1918; Due in una, 1920; e addirittura Così è (se vi pare), dove insomma ci sono due persone che vivono contemporaneamente della fede che una creatura ignota sia Giulia e sia Lina]. Ciò che è meno facile, è ammettere questo scambio tra la fede, « sustanzia di cose sperate », e l'illusione: siamo davanti a un Pirandello ancora e sempre soggettivista, solipsista, e tutt'al più pragmatista. Né ci semb·ra il caso di rispondere con molte parole a chi ha insinuato che nell'ultimo dramma pirandelliano, Non si sa co·me (1934), dove l'uomo è dipinto come un essere la -cui volontà è impotente a resistere alle forze oscure che lo trascinano ad atti assolutamente impensati, si trovi una affermazione del ,frascendente, e quindi di Dio. A noi· sembra che questa, se mai, sarebbe una forza .feroce, nemica; il Dio cattivo di Andreev; o mettete pure il peso del peccato originale, ma senza libero arbitr•io, né Grazia: conclusione assolutamente opposta a quella d'un fidente atti• • • v1smo cnst1ano. No, Pirandello è altro; e sarebbe vano quanto irriverente trovargli giustificazioni inutili, tirandolo a diventare ciò che non volle essere e non fu. Pirandello è il poeta che ha espresso la trag-edia d'un mondo in dissoluzione; poeta, e dunque il solo conto che gli si può chiedere in sede estetica è come l'abbia espressa. Pirandello anima naturaliter christiana? Tutto ciò che si può riconoscere è che le origini di- Pirandello, e in parte della sua niorale, sono in certo senso cristiane; a quel modo che cristiane erano ancora quelle del secolo laico da '
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cui palesemente egli proviene, ancorché reagendovi, ossia l'Ottocento. Anche noi, parlando d~ll'Ottocento, l'abbiamo ricordato come il secolo che ha tentato l"i.mpresa di laicizzare la. n1orale dei V angeli. E bene ottocentesca è a neo• ra l'importanza capitale che Pirandello sel11bra dare al1' am·ore fra i sessi, e alla casistica relativa; ottocentesco, italiano e siciliano (e d'origine cristiana) l'assumere i problemi della. fedeltà e dell'infedeltà coniugale, del sospetto e della gelosia, come motivi di dramn1a che può giungere a un~ significazione universale. E palesi origini cristiane ha la infinita tenerezza che muove Pirandello verso il dolore umano, verso la conculcata giustizia, verso la sofferenza dei deboli e degli infelici. Altri secoli avevano cantato i grandi e gli eroi; la Tragedia classica aveva trattato i casi di · ch"esso aveva assunt~ dalla moda europea del tempo fu interpretato dal Bragaglia in senso meramente visivo : e . una certa sua influenza sulla scena drammatica si esercitò, più o meno avvertita~ solo nel campo • della scenografia, grazie a bozzetti di scene (di rado realizzate effettivamente) che echeggiavano e rielaboravano le nuove ri• cerche scenografiche in voga allesa. Invece, al Teatro degl'Indipendenti, rimasto fino all'ultimo ligio ai caratteri d'un cabaret di sapore internazionale, dilettantesco, mancò un serio metòdo registico, e mancarono gli attori. Sicché la sua programmatica iniziativa di divulga·re le più curiose novità esotiche non approdò a risultati molto concreti. E quanto alla nuova produzione italiana, la buffa morale di questo ), La maschera e il volto (1916): dove on uomo qualunque, un marito stile Ottocento, che a chiac• chiere ha predicato il dovere virile d'uccid~r la moglie in• fedele, quando si scopre tradito non ha la forza di metter in pratica i millantati principi, e si mette d'accordo con la mo• glie per fingere d'averla uccisa. Donde una serie d~equivoci e d'avventnre ridevoli," sino alla più beffarda delle conclusioni. Una morale forse meno cinica ma altrettanto scettica è quel• la che s'esprime dalle commedie fantastiche in cui Luigi Antonelli (1882-1942_) ricontempla, con toni fra ironici e fiabeschi, questa povera e ridicola vita umana. Il suo lavoro che ha avo• to più fortuna è L~uomo che incontrò se stesso (1918): il dramma dell'inutilità dell'esperienza. Un uomo maturo, da vent'anni disperato per il crollo del suo ideale, ossia per la sco• perla (tanto per cambiare) del tradimento di sua moglie, càpita in un'isola misteriosa dove un personaggio magico gli concede un · esperimento monstre: quello di fare scorrere il tempo a ritroso, rimettendolo in presenza del suo io di ven• t'anni prima. Crede lo sciagurato che ora, forte dell'esperienza, potrà salvare quell'io dagli errori commessi la prima volta, aprirgli gli occhi, guidare sé e la sua donna sopra una via sicura. Ahimé: il giovane io rimane sordo e eieco; e ricommet• te, a uno a uno, gl'identici spropositi di vent'anni prima. A un analogo tipo d'ironia fantasiosa, ma intimamen·te deso• lata, si possono ricollegare i folli burattini d'Enrico Cava e• ehioli (1885 ..1954.), balbettanti un gergo incomprensibile, e tal.. vo-lta addirittura assistiti in pubblico dal burattinaio, che scen• de in mezzo a loro · per suggerire a ciascuno la sua parte (L'uccello del paradiso, 1918). Al senso del tragico quotidiano ha voluto invece richiamare il suo pubblico Rosso di San Secondo (1887-1956). Nel suo intento di tras·figurare i dati della realtà in una sintesi, per dir cosi, lirica a oltranza, egli ha finito col rappresentare gli uomini e la vita come esasperati fantocci che s'agitano in un clima sonnambolico, sotto l'incubo di passioni cieche. Marionette, che passione! (1918), il suo primo lavoro, partendo da certe movenze pirandelliane ma per sboccare in tutt'altra atmosfera, è considerato tuttora il suo dramma più significativo, e come tale rappresentato, oltre che in Italia, anche in molti altri paesi. Noi forse gli preferiamo, almeno per dovizia di colori, La bella addormentata (1919); mentre il pubblico ha concesso più volenterosi consensi alle note angosciose de La scal,a (1926); e all'interesse anche umano di Tra vestiti che ballano (1927).
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Dal canto suo, a una significazione drammaticamente satiri• ca mirava Alberto Casella (1891-1957) nella Morte in vacanza (1924): avventura del dio della Morte disceso fra gli uomini e le donne di questa vita terrena. E a un gioco tecnico in funzione d'una evocazione lirica, a suo tempo, originale, s'è volto Orio Vergani (1899-1960) ne ll ca1nmino sulle acque (1927). A mète più alte e austere tende Federico Valerio Ratti ( 1877-19~ 7), interprete di grandi eventì storici, o mitici, o biblici: Il solco qiwdrato (1922), sulla fondazione di Roma; Bruto (1924)., sul contrasto fra il vaniloquio d'un filosofastro e la realtà del costruttore dell'impero: e specialmente l'etero• dosso ma religioso Giuda (1923) che, risuscitando gli echi della gesta evangelica, ha riportato un diffuso successo. Gli si possono nominare accanto, per onor .di firma, i letterati che, pur dedicandosi normalmente alla narrativa, non sono stati insen• sibili, una volta o due, alle seduzioni. della scena teatrale: Giovanni C.avic-chioli (1894-1964; Romolo, 1923; Lucrezia, 1926); ·Raffaele Calzini ( 1885-1953; La tela di Penelope, 1922); En-rico Pea ( 1881-19·58; Rosa di Sion, 1919), e particolarmente Corrado Alvaro- ( 1895-1956): .si veda la sua bella e umari.issima Lunga notte di Medea (1949·). :_,Meno ambiziosi problemi, situazio-ni più facili e co~rrenti di spicciola psicologia m.aschile e f·emminile, ;di mor.ale· sessuale e sociale, si sono posti rivolgen.dosi .al pubblico più :benevolo autori come Guido Cantini ( 1889-1945; Girasoli, 1936; Ilo sognato il Ptiradiso, 1939), Gherar.do Gherardi ( 1891-1949; Questi ragazzi, 1934; I figli del ma.rchese Lucera, 1935 ), Gugl,ielm.o Zorzi ( 1879-1967; La vena d'oro, 1925; La vita degli altri, 1926), Cesare Giulio Viola (1886 . .1958; ll cuore in due, 1926; Fine del protagonista, 1930; Quella, 1932; Vivere in.sie,,ie, 1939; Vita mea, 1950; La procellaria, 1954), Vincenzo Tieri (n. 1895; Taide, 1932; L'amore, 1933; Ape r.egina, 1940). Principe della schiera, l'applauditissimo Giovacchino Forzano (n. 1884), dalle primi• tive commedie gaie e drammi storici passato al ·ruolo di dram·maturgo del fascismo grazie a Villa/ranca ( 1931), a Campo di maggio (1930), e perfino a un Giulio Cesare (1940): nelle qua• li ultime fatiche ebbe a collaboratore nie11temeno che Ben·ito Mussolini. Dobbiamo mettere nel novero la festosa tetralogia del Signor Bonaventura (1929), ultima in ordine di tempo fra le nostre >, italiane, creata per i bambini italiani dal più elegante dei nostri attori-autori, Sergio Tòfano ( n. 1886). Tutti questi autori appartengono tipicamente al periodo, di creduto assestamento e di intima inquietudine, intercorso fra le due guerre mondiali. Ai loro numi si devono aggiunge·re quelli di validi scrittori, come Massimo Bontempelli (1878-1960), che con un'apparente noncuranza, ma con un segreto in1pegno, dalla sua torre d'avorio di letterato magico ha proposto casi sbalorclitivi, prediligendo quelli del)~ cc innocenza >> femminile: ci.
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• tiamo. La guardia alla luna ( 1920), follìa d~una madre che avendo perduto la sua bimba ne incolpa la ·1una·; Nostra Dea (1925), storia d'una donna che muta d'anima col mutare dei vestiti; M innie la candida ( 1928 ), che non sa distinguere gli .uomini veri dagli uomini finti; L'innocenza di Camilla (1949), che per salvare il suo pudore si prostituisce. E Cesare Vico. Lodovici (n. 1890), anch'egli esperto soprattutto nell'acuta indagine di anime fem• minili, ne La donna di nessuno (1926), ne L'incrinatura (1937), in Ruota ( 1932), la quale ultima rappresenta la tragedia d'una donna stritolata dalla vanità del suo sogno d'evasione. E Ste• fano Landi (pseudonimo del figlio di Pirandello, n. 1895), che appare particolarmente attento al problema dei rapporti fra padri e figli: ne rammentiamo, tra un'abbondante produzione drammatica: La casa a due piani (1923); Un padre ci ·vuole (1936); Icaro (1939); L'innocenza di Coriolano (1939); ~n questo solo mondo (1942); Un gradino più giù (1942): indagatore ostinato, il Landi esprime la sua scabra tragicità con uno stile convulso e sovente faticoso: né è da stupire ·che il grande pubblico abbia mostrato d'accogliere con maggior favore i toni, insolitamente agevoli e brillanti, del suo Falco d'argento (1938). E Cesare Meano (1899-1957), il quale ha ottenuto popolarità in Germania anche più che in Italia, con le sue fiabe tra ironiche e patetiche, dove ha volto a un senso moderno antichi miti: Nascita di Salomè (1937), Avventura con Don Chisciotte (1940), Melisenda per me (1940). E Gaspare Cataldo (n. 1902), che in Buon viaggio, Paolo! (1946) si è divertito anche lui a fare scorrere a ritroso il tempo, rappresentando in quadri successivi la vita d'un ·uomo quale avrebbe potuto essere, e quale fu nella realtà. E Sergio Pugliese ( 1908-1965), ironico contemplatore ·de-1l'amor coniugale e del su,o eter110 problema nello spiritoso Ippocampo ( 1942).
La più recente Scena italiana. - Intanto, negli ultimi anni che precedettero la seconda guerra mondiale, gli ap• pelli di alcuni spiriti più o meno solitari a una· reazione coritro · lo snobismo nichilista e contro il progressivo allontanamento delle folle dal teatro s'incontrano con un fatto nuovo nella storia d'Italia: l'intervento dello Stato nelle sorti della scena nazionale. A capo dei due fenomeni si trova, ancora una volta, il nome della Duse. Dopo aver cercato, da giovane, la «verità» nel verismo; dopo aver chiesto, nella sua maturità, la giustificazione della vita alla Bellezza, la Duse nei suoi ultimi anni fu travagliata da una p.rofonda crisi religiosa, la quale durante l'immane carneficina della guerra infuse in lei il desiderio di portare, tornando alle scene, una parola di fede consolatrice alla smarrita um~nità. Questo suo ritorno a,vvenne
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fra l'attonita riverenza dell'Europa e dell'A1nerica, che nella vecchia attrice ritrovarono un essere trasfigurato e purificato, un~anima religiosa, uno spirito: ma ella non poté se ·non rappresentare qualche dramma del passato; cercò invano il poeta n·uovo, e la sua parola. Pochi giorni dopo ·1a Marcia su Roma, Mussolini capo del governo si recò personalmente a far vis~ta all'attrice,. dichiarandole gl'intenti nuovi del regime verso l~arte, e verso di lei; ma la Duse, profondamente grata, rispose tuttavia d'essere per il momento già impegnata in America, per tentar di guadagnarvi tanto che le bastasse alla creazione, in Italia, d'un focolare di_ rinnovamento; e partì senza ritorno. Quindi l'azione dello Stato s'iniziò, con ritardo di alcuni anni, per altra via; concentrandosi a poco a poco con l'isti• tuzione, prima, della Corporazione dello Spettacolo (1930) e poi della Direzione Generale del Teatro (1935) presso il Ministero della Cultura Popolare. L'intervento veniva incontro alle lunghe invocazioni di molta intelligenza; ed è innegabile che, grazie alla solerzia di accorti funzionari, in alcune delle primarie compagnie italiane, e specie in certe grandi stagioni di spettacolo all .. aperto (Firenze, Venezia, ecc.), il tono del Teatro italiano sia stato, dal punto di vista tecnico, assai migliorato. Purtroppo i dirigenti politici fcondizionarono spesso l'azione fascista a un malinteso protezionismo nazionalistico, con progressiva esclusione degli autori invisi al regime per ragioni politiche, razziali, ecc., sempre pi,ù rigorose. E i di tre quarti delle loro opere. Il nuovo teatro francese è portato avanti -da scrittori non di primo pelo, per i quali la Francia (se no.o addirittura Parigi) è patria di adozione: Samuel Beckett (n. 1906) è di origine irlandese, ·Eugène lonesco (n. 1912) è di origine romena, Arthur AdaD1ov (I 908-1970) è caucasico, Arrahal (n. 1933) è spagnolo, Geor~ ges Schéhadé (n. 1910), di famiglia libanese, è ~nato ad Alessandria d'Egitto. Operanti con essi sono invece gli autentici fra'ncesi Jacques Audiberti (1899-1965) e Jean Genet (n. 1910), cui più tardi si aggiungeranno François Billetdoux (n. 1927), René de Obaldia (n. 1918), Marguerite Duras, pseudonimo di l\farguerite Donnadieu, (n. 1914), Romain Weingarten e Roland Duhillard. Né si devono escludere Henri Pichette (n. 1923) il cui teatro si risolve in poemi a più voci e il cui Nucléa fu allestito al T.N ..P. nel 1951 senza per altro incontrare esito favorevole; Jean Vauthier (n. 191Q), rivelatosi nel 1952 con. Capitaine Bada allestit al Théatre de Poche, e del quale quattro anni più tardi Barra11lt presentò Le personnage combattant; l'antesì.gnano. Jean Tardieu (11. 1903) i .cui componimenti raccolti nel volunie Théatre de chanibre e Poèmes à jouer furono tut.ti allestiti fra il 1951 e il 1956; e gli epigoni Boris Vian (1920-1959) e Rohert Pinget (n. 1920) quest'ultimo particolarmente vicino a Beckett del quale è stato collaboratore. Nella selva delle definizioni è toccato a Ionesco e a Beckett essere considerati apostoli di un > a giustificare il quale non sembrano tuttavia sufficienti le intitolazioni di > e >, né quelle di >, ~ o >. Le parabole di lonesco non sono il prodotto di una immaginazione delirante tMichel Corvin, Le '
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théatre nouveau en France), ma piuttosto il risultato della contemplazione di un processo di disgregazione del reale, o se preferite di un mondo che porta ·in sé i :germi della propria distruzione. Vittilila designata di quella content• plazione disgregatrice sembrò essere, e· fu per circa nove anni, il linguaggio . · Anche in Adamov, discepolo di Artaud, accanto alla componente annientatrice altre se ne riconoscono sotto i~ segno sia dello~ schematismo (i personaggi, sul principio . sono atemporali; e anonimo il luogo nel . quale vengono collocati) sia del simbolismo. A poco a poco, tuttavia, die tro gli schemi ·Adamov, 8uicidatosi nel 1970, ritrova una identità umana alla, quale corrispondono situazioni, che~ spogliate di ogni carattere di assurdità, ria~quis'.tano una dimensione concreta. l)i pari passo con la ev•olµzione de). suo stile ·in una direzione realistica, egli chiarisce su posizioni marxiste anche una· visione politica che nei suoi pri · n1i drammi era dato soltanto intravv~dere. Un posto a sé occupa Genet (n. 1910), poeta· maledetto fatto conoscere già nel 194 7 tla Jouvet, che con la rappresentazione della sua pri~a t~omllledia, I~es bonnes, suscitò non poca indignazione. A quel primo saggio fec.ero seguito Ha1,te surveillance (1949), Le b11lcon rappresentato nel . . la stagione 1956-5 7 a Londra che precedette di tre anni l'allestimento parigino curato da Peter Brook, Les nègrer (1959) insce11ati da Roger Blin per la Compagnie deE Griots, e Les paravents (I 961). Di Genet,. sul quale attirò l'attenzione anche Sartre t~on il saggio Saint Genét comé& dien et niartyr ( 1952)· e che dà a vedere di avere -subito ir modo notevole l'influenza di Pirandello, fu scritto che~ lungi dal protestare contro la esclus_ione alla quale lo con . • •
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dannano i suoi vizi, . Tuttavia l"opera alla quale resterà legato il nome di Weiss è L'istruttoria, grande affresco in undici canti dest1nto dagli interrogatori e dalle • deposizioni degli accusati e dei testimoni che dal dicembre 1963 all'agosto 1965 si succedettero nel corso del processo celebrato a Francoforte contro un gruppo di ss e di fun . zionari del Lager di Auschwitz. In versi liberi, brevi e brevissimi, il testo fa posto soltanto a parole effettivamente pronunziate durante il dibattimento. Hans Giinter Michelsen (n. 1920), lui pure autore di un dramma sul reduce, Stienz, scritto nel 1953 e rapp.resen .. tato con dieci anni di ritardo, è frequentemente ascritto al teatro dell'assurdo per aver rappresentato nel 1965 Helm, specie di dramma nel quale la formula a suspense è applicata alla individuazione della colpa e alla ricerca della responsabilità. In realtà Michelsen, del quale è noto anche Ser,1ta di riposo 1 e 2 (Jt'eierabend 1 und 2), 1963, me• glio che in Beckett, il quale ha scarsamente influito sul teatro tedesco, trova i suoi r,recursori in Borchert e in Kafka. A parte, infine, si colloca Giinter Grass (n. 1927), vis~uto per due anni in un can1po di prigionia an1ericano e rivelatosi da principio come romanziere, i cui primi saggi drammaturgici, Onkel Onkel, Acqu,i alt,1 (H ochwasser), 195 7, A dieci min.uti d, sorto dalle ceneri di due organis1ni istituiti durante la guerra per assicurare gli spettacoli ai soldati e ai cittadini, fra l'altro ·destinato a difendere il teatro dalla concorrenza massiccia del cinema americano cui era stato dato libero accesso dal 1945. Obbiettivi de·ll' > furono dapprillla, oltre la #fondazione del Teatro Nazionale, il potenziamento dell'Old Vie e del festival di .Stratford-on-Avon cui successivamente per iniziativa del governo e del London Country Council si aggiunsero nuovi impegni riguardanti soprattutto il Royal Shakespeare (che più tardi, sotto la direzione di Peter Hall, si emancipò e operò in tre direzioni distinte: Stratford con funzioni celebrative, l' Aldwych Theatre con preminenza delle attualità e l' Arts Theatre con ca• ratteri di sala studio), nonché il Sadler's Wells. Ciò ha fatto sì che in pochi anni si\ sia venuto conformando uno schema nel quale il Teatro Nazionale, entrato '
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in funzione nel 1961, si trovò inserito quasi naturalniente operando in una dramlllaturgia a vasto raggio: da Seneca, a Shakespeare, a Cecov, a lbsen, a Arden e a Shaffer, cui più tardi si sarebbe aggiun~o Eduardo· De Filippo. Quello sche1na, al 01omento dell' entr~ta in funzione del Teatro Nazionale, poteva essere così suddiviso: a) Il West End, -vale a dire il complesso de-Ile iniziative prevalentemente commerciali; b) la Royal Shakespeare Company, settore lo11dinese del Royal Shakespeare Memoria} di Stratf ord; e) i festival, dai grandi (Stratford, Chichester, Edimburgo), ai minori (M.alvern e Pitlochry); d) Il Theatre Workshop di Joan Littlewood; e) ·1a New English Stage Company del Court Theatre. Del West End si può dire ch'esso non abbia di fatto contribuito alla formazione della drammaturgia inglese contemporanea nonostante la presenta~ione di qualche spettacolo memorahil.e: Edda Gabler con Peggy Ashcroft (1954), 1lfolto rumore per nulla con la Ashcroft e John Gielgud (1955), La riunione di famiglia di Eliot con Edith Evans e· Paul Scofield (1955), La guerra di Troia non si farà di Giraudoux con Michael Redgrave (195 7) ecc. Prerogativa del West End, caso mai, rimane il settore. della commedia musicale; il quale ha sì largamente attinto alla produzione degli Stati Uniti, ma ha anche favorito autori nazionali co~ me Sandy Wilson (Il fidanzato, The Boy Friend), Lionel Bartel (Oliver!), e lo stesso John Osborne cui si deve Il mondo di Paul · Slickey (The W orld of Paul Slickey), apparso nel 1959. Si è già detto della triplice attività del Royal Shakespeare che ha rifiutato di consorziarsi col National The·atre. L'azione da esso svolta soprattutto nei confronti della drantmaturgia contemporanea si è manifestata attraverso un'indipendenza e un'audacia t~stimoniate da allestimenti quali l'Amleto di Marowitz e Àrs longa, vita brevis di Arden (entrambe del· 1964), il Re Lear presentato da Peter Brook con palesi riferimenti a Brecht e a Jan Kott; ancora ad opera di Brook, il Marat-Sade di Weiss (1964); nonché La guerra dellè due rose, derivata dall'Enrico VI e dal Riccardo III di Shakespeare, nella riduzione· di Peter Hall e J ohn Barton. Dei tre grandi festivai inglesi, quello di Stratford, raramente, prima della trasformazione del Jtoyal Shakespeare, aveva prodotto spettacoli di-· qualità indiscutibile. Fecero '
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eccezione gli spettacoli allestiti nel 1955 con Laurence Oli• vier e V i vien Leigh (in particolare La dodicesima notte e Titus Andronicus); l'Amleto del 1958, con Michael Redgrave, da taluni giudicato il ·magg_ior Amleto contempora• neo; e, nel 1961, una rara edizione ·del Pericle. Il festival di Edimburgo, fondato nel 194 7 e diventato rapidamente oggetto di attrazione della capitale scozzese, ebbe, per quanto riguarda il teatro di prosa, un esordio felice. Basta ricordare che L'uomo dell'impermeabile di Ustinov, Sotto l'albero del latte di Dylan Thomas, La commedia della regina di. Bridie, I..1a sensale di matrimonio e Una vita al sole di Wilder, e ·Cocktail Party e Il segretario particolare di Eliot apparvero per la prima volta fra il . .. 1-949 e il 1956 a Edimburgo, tutti sollecitati'. e in parte commissionati dalla direzione stessa del f ésti~al~ . Purtroppo . la necessità di predisporre i programmi coh''il ·maggior anticipo possibile ·ha negli anni successiyi grandeJnente ridotto la parte originariamente assegnata dal f estivai ·al teatro di prosa, e in compenso arr.icchito la parte destinata alle ma11ifestazioni musicali (di più facile programmazione) e alle attività secondarie (la così detta >, oggi più importante, anche numericamente, di tutto quanto· figura nel programma ufficiale). Il festival di Chichester, creato nel 1962 e. affidato a Olivier quando già si preannunziava la sua c-àndidatura alla direzione del Teatro N azio11ale, si dedica, di preferenza al repertorio contemporaneo. Dopo Olivier, che si allontanò nel 1966, la direzione è stata assunta da John Clements senza che ciò abbia allentato i rapporti fra il festival e il Teatro Nazionale. Tra le strutture non ufficiali, poi rapidamente scomparse, un posto preminente spetta al Theat·re Workshop di J oan Littlewood. Nata nel 1914, attrice, regista e animatrice, la Littlewood costituì nel 1945 una conipagnia di giro che recitava dove e quando poteva. Nel 1953 la Littlewood si stabilì con la sua compagnia (che assunse il nome di Thea• tre Workshop) in un teatrino dell'estremo est londinese dove nel 1954 e 1955 ottenne i primi successi dirigendo una ·riduzi9ne del Bu.on .~oldato Svejk. di Hasek, il Riccardo li di Shakespeare e il Volpone d.i Ben Jonson. Joan Littlewood applicò al Theatre Workshop un suo metodo registico che consisteva nell'utilizzare al lllassimo le caratteristiche degli attori, e nel chiamarli non tanto ad .-
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una semplice esecuzione di ordini ma ad una vera e propria collaborazione. Fortissima fu poi l'influenza della Littlewood sui testi: e va notato che nessun autore da essa rappresentato fece poi carriera per conto suo. In realtà la Littlewood cercava non tanto un testo compiuto quanto un'idea drammatica da sviluppare ton l'autore, senza soluzione di continuità tra lavoro letterario e lavoro sceno• • • tecnico e reg1st1co. I principali spettacoli del Workshop furono tutti basati su testi contemporanei, scritti ad hoc: L'impiccato di domani ( 1956) e L'o.~taggio ( 1959) di Brendan Behan (1923~1964); Sapore di niiele di Shelagh Delaney (1958), Fings Aint Wot They Used T'Be di Frank Norman (1959), e - dopo un soggiorno della l.1ittlewood in Nigeria - Oh che bella guerra ( Oh What a Lovely W ar) sviluppata su un'idea di Chilton ( 1963). Successivamente la Littlewood si è dedicata al cinema, limitandosi ad alcune ·regie in America. Il gruppo del Theatte Workshop continuò per proprio conto la sua attività su un tono di norma.le amministrazione, fino allo scioglimento avvenuto nel 1965. • La New English Stage Society (nome che riprende quello di una antica società la quale agli inizi del secolo ebbe tanta importanza per la divulgazione dei classici e dei contemporanei non commerciali) è stata fondata nella primavera del 1956 ed ha avuto come direttore George Devine (n. 1910). La Society trovò sede nel Co.urt Theatre di Sloane Square (il teatro cui nel 1904-1907 si erano svolte le stagioni che avevano lanciato i drammi di Shaw ), e dedicò subito una grande attenzione alla drammaturgia contemporanea, dando origine alla cosiddetta scuola degli il terz'atto) e L'aTnante co.mpiacente (The Complaisant Lover, 1960). Anche John Boynton Priestley (n. 1894) tfeve la notorietà all'attività svolta tra le due guerre, in particolare alle >, o. commedie del tempo: Svolta pericolosa (Dangerous Corner, 1932), Il tempo e la /amiglia Conways (Time ant!, the Contvays, .l~.9-~ 7), Ci sono già stato (I Have Been Here Be/ore, 1937). -~Nel-- ;dopoguerra, Priestley porta avanti un generico teatr9.•~ di idee e si avventura in ·un prudente sperimentalismo,'•· ri~anendo SO• stanzialmente legato a una p.roblematica tradizionale (con influssi pirandelliani, ibseniani e cechoviani) e a 110. modo di condurre il racconto drammatico già ai suoi tempi superato. Dal 1943 al 1956 Priestley ha scritto: oltre a Ven• nero ~in una città (They Came to a City, 1943), e a Un ispettore bussa (An lnspector Calls, 1946), L'albero dei Linden (The Linden Tree, 194 7), Fin da quando c'è il paradiso (Ever Since Paradise, 194 7), Lo scandaloso affare del signor Kettle e della signora Moon (The Scandalous Affair o/ Mr. Kettle· and Mrs. Moon, 1955)~ e,-altre di minor successo come Quei nostri attori (These Our Àctors, 1956), e Portate via.· il ..pazzo (Tr,ke the Fool Aw·av, 1959). Peter Ustinov (n. 1921), commediografo e attore rivelatosi nel 1939 con uno spettacolo composto di > da lui stesso recitati, ha scritto molte commedie fra le quali Soffiati la·· tua trombetta (Blow Y ortr Trumpet, 1943), La tragedia delle buone intenzioni (The Tragedy o/ Good lntentions, 1945)., Il pastore indifferente (The lndifferent Shepherd, 1948), Nessun segno della colomba (No Sign o/ the Dove, 1953); e i suoi tre maggi.ori successi: L'amore dei quattro colonnelli (The Love of Four Colonels, 1951), Romanoff and ]uliet (1956) ·e Arrivo· in fotografia (Photo Finish, 1962); opere in cui l'intelligenza paradossale e brillante copre una effettiva n1ancanza di esigenze poetiche. A questi no-mi, ct,i resta legato un teatro non nuovo ma non privo di un suo r·i·gore e di un suo autentico seppur li•
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• mitato impegno., merita di essere aggiunto quello di W arren Chetam-Strode, aut.ore di opere che vertono su pro . •
blemi ben precisi riguardanti la vita sociale e quotidiana: una specie di teatro a tesi, aggiornato alla luce della casistica contemporane.a. Esempi: La giovane signora Barrington (Y oung Mr. Barrington!' 1945), La cavia (Guinea-Pig, 1946), Background (1950), Il negozio delle bestioline domestiche (The Net Shop, 1955), commedie in cui si discutono e si illustrano i casi di un ragazzino che vince una borsa di studio per un collegio destinato a classi sociali diverse dalla sua, la situazione di una donna che senza essere sposata partorisce una figlia per avere qualcuno a cui pensare ecc. Di fronte a questi due gruppi, nel qu.adro dell'imme• diato dopoguerra stanno le personalità poetiche di Eliot e di Fry, esponenti rilevanti di una corrente drammaturgica di antica tradizione la quale usa il verso, e affida alla f orma drammatica anche !?espressione lirica dei sentimenti, senza tuttavia perdere di vista i valori specificamente teatrali. Il primo, Thomas Stearns Eliot (St.. Louis, USA., 1888 Londra 1965) dopo il preeschileo Assassinio nella cattedrale (Murder in the Cathedral, 1935), presto assunto dai palcoscenici di tutto il mondo, e Riunione di famiglia (The Family Reunion, 1938), tornò al teatro nel 1949 con Cocktail Party forse la sua opera più pungente, cui seguirono Il segretari.o di fiducia (The Confidential Clerk, 1954) e Il vecchio statista (Th.e Elder Statesman, 1958). Il secondo, Christopher Fry (n. 1907), gode in Inghilterra di grande stima. .Il suo primo successo coincise con La signora non è da bruciare (The Lady's Not /or Burning, 1949), fantasia medievale in versi ch'era stata prec.eduta dai drammi d'ispirazione religiosa: Il ragazzo con un carretto (The Boy with a Car, 1937), Il primogenito (The First B orn, 194 7), Thor, con angeli (T hor, with A ngels, 1949) e l'atto unico Una fenice troppo comune (A Phoenix too Frequent, 1946). Seguirono, e si trattò di due notevoli successi, Venere in piena luce (V enus Observed, l 950, con Olivier e Vivien Leigh) e la commedia in versi e in co• stume, Nel buio c'è abbastanza luce (The Dark is Light Enough, 1954), interpretata da E·dith Evans. Fra gli autori che si sonQ dedicati sia pure senza continuità al teatro di poesia vanno poi segnalati Jonathan Griffin con Il re nascosto (The Hidden King, 1955), fosca 8aga
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ambientata nell'Italia e nel Portogallo rinasci~entali; e la sola opera gi•unta alla rappresentazione teatrale del gallese Dylan Thonias: Sotto albero del latte (U nder M ilk W ood) in versi e in prosa. Siamo così arrivati alla nuova genera• zione: esplosa, come già si è detto, nel 1956 e imIDediatainente affer1natasi con il gruppo di scrittori subitamente definiti sentirono inna11zi tutto questo: la necessità di narrare ciò che si vede e che- profondamente ci ferisce nella società che ci attornia, e di esprimere una reazione magari sgradevole nella quale lo spettatore possa tuttavia immediatamente riconoscersi. Questo aspetto della nuova drammaturgia spiega perché essa non sia nata nell' > teatrale inglese, non nel West End e non nei teatri uffici_ali. Circa l'autobiografismo, in esso si potrebbe forse anche riconoscere la non ultima ragione del· fenomeno comune a buona parte dei coinniediografi nuov-f-: essere essi autori di una sola comllledia la quale assunierebbe in tal modo anche un particolare valore di confessione. Ma qui bisogna tener conto delle sedi eccezionali in cui quella· «;lraminaturgia si è sviluppata. E cioè precisare ulteriormente che gli autori dell'opera unica, ad esempio Shelagh Delaney con Sapore di mie-le (A Taste of Honey, 1958), o Frank Norm~n con Le cose non sano più come una volta (Fings Aint W ot They U sed T'be, 1959), in ge·nere sono sorti dal Workshop della Littlewood, manipolatrice di tes~i, IDentre nulla di simile si è verificato nella English Stage Company dove il rapporto fra testo e spettacolo fu tutto sommato inteso da Devine nel modo tradizionale. Il merito di Devine fu un altro: avere assunto come insegna le parole >, cioè rivendicato il diritto di sbagliare, e sperimentato di conseguenza tutti i commediografi possibili, non soltanto allestendo spettacoli veri e propri ma promuovendo letture
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sceneggiate settimanali. . Così, qu_ando si discute di Osborne o di Behan, non è esatto parlarne come di rivelazioni -'1iracolose. Essi sono in realtà il risultato di una operazione tenace e coraggiosa portata avanti da Devine e dalla Littlewood a ragion ve• duta;. sono i prodotti ottimi. di una costante selezione che perniise di sceverare gli artisti dagli artigiani, e i buoni dai mediocri e dalle nullità. Teatro sperimentale?. Certamente. Quel 01etodo tuttavia ribadì un principio eletnentare:• nessun eommediograf o nasce dal nulla o si rivela per incanto (per raccogliere occorre prima seminare); e portò all'affer111azione di almeno qu8ttro drammaturghi di grande rilievo: Osborne, Behan, Wesker e Arden. Non è poco. Tant'è vero che l' le cui prime prove
drammaturgiche non erano partite da teatri ufficiali sono bastati pochi anni non soltanto per essere inseriti nel flusso normale della drammaturgia inglese, ma essere altresì disputati dai grandi organismi ufficiali e avallati e assunti da maggiori attori- e registi del loro paese.
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Si è già fatto cenno ai fenomeni cui può andare incontro un grande paese nel quale l'esercizio teatrale è prerogativa in massima della iniziativa privata. In questo senso è fondantentale la svolta verificatasi nella drammaturgia statunitense dopo il triennio 1960-63, periodo dall'esame del quale risultò che l'ottanta per cento degli spettacoli allestiti in Broadway si erano conclusi in perdita. Da quella svolta derivò un panorama vistosamente mediocre al quale reagirono d-a una parte la nascita -del movimento > e dall'altra il delinearsi di· un intervento fi. nanziario dello stato, delle municipalità, delle unive·rsità .e delle grandi fondazioni. , Circa l' (la cui esistenza, si ricorda, fu estremamente ~
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breve) sorgevano il Teatro di Minneapolis (1961) e l'> di Pittsburg (1965). Notevoli furono poi le somme devolute dalla > e assorbite prevalentemente alle attività provinciali, nonché le sovvenzioni deliberate dalle maggiori fondazioni sia alle università sia ai singoli studiosi., Non appena ci si sposti dal campo dell'organizzazione a quello della dram1naturgia vera e propria si resta colpiti dalla graduale scomparsa, nel corso di poco più di un ventennio, di gran parte deg]i scrittori della passata generazione. Nel 1953 muore Eugene O'Neill, che dopo Giorni senza fine (193-4) era rimasto silenzioso dodici an• ni. Nel 1946 aveva fatto rappresentare Viene ruomo del ghiaccio (The lceman Cometh) ultima sua commedia alla quale egli poté assistere. Seguirono cinque opere postume: Una luna per i bastardi (A M oon /or the M isbegotten; Stoccolma l 954), Lungo viaggio nella notte (Long Day's ]ourney into Night, Stoccolma 1956, che è c.ommedia di uno struggente autobiografismo), L'estro del poeta (A Touch o/ the Paet, Stoccolma 195·6, l'atto unico Hughia apparso pure a Stoccolma nel 1958, e· Più maestose dimore (More Stately Mansions), che apparve due anni più tardi. Nel 1955 muore Robert Sherwood, che a Non ci sarà notte (There Shall Be No Night, 1940) - commedia nella quale era sost~nuta la necessità dell'intervento degli Stati Uniti nella guerra che già dilaniava l'Europa e alla quale fu attribuito il Premio Pulitzer, - fece seguire Il sentiero sconnesso (The Rugged Path, 1945), e, nel 1949, la commedia musicale Miss l"iberty. Una commedia postuma, Piccola guerra sul colle MÙrray (Sniall W ar on Murray Hill), fu rappresentata due anni dopo la inorte di Sherwood. Maxwell Anderson muore nel 1959, senza avere aggiunto opere notevoli a Giovanna di Lorena (]oan of Lorraine, 1946) e a Anna per niille g~orni (Ann of the Thousand Days, 1948). Anderson conobbe anche qualche grosso insuccesso; tuttavia nel 1949 una sua commedia musicale, Perso tra le stelle (Lost in the Stars) derivata dal romanzo di Alan Paton Pir1ngi, amata patria (Cry, the · Beloved Country) e· musicata da Kurt W eill, aveva incontrato grandissimo favo re. Nel 1967 si spen-se in Inghilterra anche Elmer Rice, il
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quale negli ultimi anni della sua attività al non breve elenco delle commedie precedenti a_veva aggiunto Paesaggio americano (American Landscape), In volo verso occidente (Flight to the West), e f..,a sog'natrice, o Sogno a occhi aperti (American Dream), ritratto di giovane donna non sce• vro di influssi freudiani. Seguendo ognuno una propria strada, a guerra finita Clifford Odets scrive Il grande coltello (The Big Kni/e, 1949) e Il pesco fiorito (The Flowring Peach, 1954) senza ritrovare né la den·sità espressi va né il successo che lo ave• vano reso famoso negli anni Trenta. Parabola non molto diversa si nota nell'opera di William Saroyan, del quale vanno ricordati Cara vecchia canzone d'amore (Love's Old Sweet Song, 1941), Vattene, vecchio (Get Away Old Man, 1944 e soprattutto I cavernicoli (The Cavedwellers, 1958); mentre in Thornton Wilder, dop·o La famiglia Àntropus che è del I 942, si manifesta una tendenza alessandrina nella Sensa.le di matrimonio (The Matchmaker, 1954), de. rivata da Nestroy, e in Una vita al sole (A lw1i/e in the Sun, 1955) ispirata al mito di Alcesti. L'ultimo saggio teatrale di Wilder, Una ghirlanda per Sant'Erasmo (A Garland for St. Erasmo) fu rappresentato a Milano ~el 1966, ventisei anni dopo Piccola città. A parte, in considerazione del tipo di teatro che egli persegue, deve essere poi segnalato Pani Green. Già noto dal 193 7 per un suo dramma sulla colonizzazione inglese in America, The Lost Co~ony, concepito in furme molto simili a quelle della sacra rappresentazione, nel quale la parola si allinea come semplice componente accanto alla musica (vocale o strumentale) e all'azione coreografica, Green dieci anni più t.ardi scrisse, attenendosi al medesimo stile, un dramn1a sulla vita del presidente Jefferson, intitolato La gloria di ti,tti (The Common Glory). A somiglianza di The Lost Colony·, che da piì1 di trent'anni si rapprese11ta annualmente all'aperto a Roanoke Island nella Carolina del nord, dal 194 7 The Common Glory appare annualmente a Williamsburg nella Virginia. E ancora a parte, in certo senso, andrebbero riconsiderati Tennessee Williams (n. 1914) e Arthur Miller (n. 1915), non soltanto per il posto ch'essi occupano nella dran1maturgia contemporanea, ma per il graduale impoverimento dell'opera di entrambi. La parabola discende11te di Willian1s, che in qualche •
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momento ha assunto aspetti quasi patologici, si identifica con una specie di ossessione morbosa il cui assillo traspare da nei quali figurano i gruppi facenti capo alle università di Madrid, di Barcellona e di .Granada, il cui apporto nell'evoluzione del teatro spagnolo del dopoguerra fu fondamentale e spesso decisivo. . Esiste un rapporto non casuale fra quell'iniziativa e il gruppo sperimentale > fon dato nel 1946, cui si deve il primo tentativo organico di rompere la monotonia diffusa· sui palcoscenici spagnoli e di portare alla ribalta problemi non evasivi, rispondenti a esigenze universalmente sentite. Il commediografo più significativo espres .. so da quel gruppo fu Alfonso Sastre che di colpo raggiunse, non ostante il suo composito intellettualismo, un posto preminente. Ili Sastre (n. 1926) il quale nel 1960 fonderà il G.R.T. (Grupo de Tea~ro realista), e il cui im_pegno politico si vedrà in carcere, dove nell'inverno 19 74-1975 scrisse una breve parabola sul destino della moglie Eva, essa pure incarcerata, sono via via apparsi ll rano 253 (1946), Cargamento de suenos (1948), Escu.adra hacia la miterte (1953)~ La mordaz11 (1954), El nan de todos (1955), La cornada (1960), En la red (1961), Oficio de tinieblas (1967), Dialogos de Miguel Servet mai pubblicato né rappresentato in Spagna. Quasi contemporaneamente a lui, ma proveniente da tutt'altra dìrezione, acquistava configurazione di caposcuola Antonio •
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Buero Vallej_o (n. 1916) nelle rui opere, H istoria de unfl escalerti (1949), Las parablas en la Arena (1949), En la ardiente (1950) e Mandragula (1953) si ravvisano una tendenza ideologica che sP.mbra discendere dal teatro a tesi e una tendenza realistica meglio rispondente al gusto del pubblico odierno. Di Buero Vallejo sono stati rappresentati anche in Italia Il concerto di Sant'Ovidio (1967) e il Sonno della ragione (1970). In Irlanda, scomparsi Lennox Rohinso11, succeduto a Y eats quale direttore del}' Abbey Theatre - il che non of• fuscò le sue q·ualità di commediografo: Il nome di Clancy (The Clancy · Nume,· 1908) e Via della chiesa (Church Street, 1934), per citare due poli estremi, - scomparsi M urray e O'Casey va segnalato il graduale sca·dimento del1' Abbey Theatre, focolaio e sede della drammaturgia irlandese. Diventato teatro di stato nel 1923, due anni d_opo la conquistata indipendenza, l' Abbey ave" a via via perduto mordente e vigore a motivo di un'ufficialità che in buona parte si era risolta nella lusinga dei gusti del pubblico. Da cr ò la fondazione del Gate Theatre (1928) ad opera di Hilton Edwards e dell'attore Michael Mac Liammoir che si proponevano di portare a conoscenza del pubblico i rappresentanti delle più moderne tendenze europee: Pirandello, Toller, Kaiser, Strindberg ecc. Fra gli autori che risposero allo stimolo de-I Gate Theatre, una c~itazione a parte spetta a Denis Johnston (n. 1901) nelle cui commedie, La vecchia signora dice di no (The Old La.. dy Says No, 1920), La luna sul fium.e giallo (The Moon on the Yellow Ri·ver, 1931), e Una sposa per l'unicorno (A Bride /or the U nicorn, 1933, sono sensibili i riflessi dei movimenti simbolisti ed espressionisti. Altro commediografo irlandese svincolato da troppo stretti legami con la realtà fu Edward Plunkett, noto come Lord Duns3ny (1878 .. 195 7), del quale si ricordano Le tende degli arabi (The Tents o/ the Arabs, 1920) e Gli dei della montagna (The Gods o/ the Mountain, 1925), questi ultimi rappresentati in Italia dal Teatro d'Arte di Pirandello. Né la fondazione del Gate Theatre, né l'apparizione sporadica di commediografi meritevoli di attenzione hanno tuttavia impedito che nel teatro irlandese si creasse il clima di depressione. L' Abbey Theatre, distrutto da .un in .. cendio nel 1941 fu ricostruito soltanto dieci anni più tardi, senza tuttavia ritrovare i tempi eroici della sua origi ..
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ne; la sua attività conformistica esclude anzi og_ni tentativ·o di innovazione. Perciò di Brendan Behan si è parlato nel paragrafo dedicato all'Inghilterra, che fu la prima ad accoglierne ·l'opera. Nell'avaro panorama irlandese Behan si schiera comunque a fianco di Seamus By1ne (1904), autore di Disegno per una lapide tombale (Design I or a H eadstone, 1950), dramma che denunzia con ironica amarezza gli eccessi dell'irredentismo nell'Irlanda del nord, e · di Mau~ rice Meldon (1926-1959), autore· di alcuni radiodrammi e di commedie nettamente antitradizionali quali La casa sotto le ombre verdi (The House ·under Green Shadows, 1951), Il sentiero di porpora al campo dei papaveri (Purple Path to the Poppy Field, 1953) e Aisling (1959). Al di là dei dati. ufficiali riguardanti lo sviluppo teatrale nell'Unione Sovietica, è possibile forni re un quadro attendibile della drammaturgia sovietica dopo il così detto >? Le vicende del teatro in URSS sono ovviamente legate· all'evoluzione politica, interna ed inte1·nazionale, e alle direttive ufficiali (Congressi degli Scrittori, Congressi del Partito Comunista) oppure a circostanze di fatto, ad esempio la guerra, che ispirò direttamente grande parte della produzione drammaturgica degli anni Quaranta ed oltre. Le premesse teoriche rimangono grosso modo quelle fissate dal Primo Congressc:, degli Scrittori con l'indicazione del >. Riguardo alla letteratura drammatica, che durante la guerra aveva comunque svolto un'importante opera di propaganda e di incoraggiamento, il panorama del dopOguerra presenta un repertorio che, secondo Ettore Lo ·Gatto, che possono variare di anno in anno e in base alle quali, di anno in anno, la graduatoria delle sovvenzioni subisce forzatamente modifiche sgradite a quanti vorrebbe·ro che gli aiuti dello stato fossero e.rogati con il criterio della automaticità. Una panoramica del]a attuale strutturazione del teatro nostrano è comunque, seppur vagamente, fornita dai dati statistici pubblicati dall' AGIS (Associazione Italiana dello Spettacolo) alla fine della stagione 1974-75. Tali dati, riguardanti la attività di centotrentadue complessi ammessi come primari a fruire dei contributi statali, contemplano ·otto teatri stabili, quaranta compagnie a gestione privata (trentaquattro di prosa e sei di commedia musicale), trentatré cooperative teatrali e quarantuno complessi profes . sionali di sperimentazione. Una indagine ininuziosa non tanto sulla utilità delle sov. venzioni quanto sull'uso che se ne fa dal teatro a gestione pubblica non me-no che da quello a gestione privata (paragonata alle spese effettive quella indagine porterebbe ac-
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qua al mulino di quanti asseriscono che la sovvenzione serve innanzi tutto a indebitarsi); e una indagine· parallela sulla approfondita frattura fra palcoscenico e commediografo, quanto dire sulla difficile convivenza fra commediografo e regista, rischierebbero entrambe di portare a conclusioni troppo semplicistiche, contraddette almeno in parte da taluni aspetti del nostro panorama drammaturgico considerato nella realtà effettiva. Qualora per comodità di disegno si prendano le· mosse dalla metà del secolo, va notata intanto la scomparsa di non pochi commediografi di varie estrazioni, ognuno tuttavia per un verso o per l'altro caratterizzato e definito, i cui nomi non troveranno comunque equivalenza nel teatro immediatamente successivo. Nel 1953 muore Ugo Betti, giudicato, dopo Pirandello, l'interprete più inquietante· e non di rado più profondo del periodo al quale il suo tempo specificamente· si riferisce. Betti lascia tre inediti: Acque turbate (1951), L'aiuola bruciata (1951-52) e La fuggitiva (1952-53), tutte rappresentate dopo la sua morte; e l'interesse e l'attenzione suscitati da tali commedie anche fuori d,.ltalia (Irene innocente e La regina e gli insorti, del resto, già avevano introdotto l'opera di Betti sui maggiori palcoscenici europei) riconfermano il loro autore nella collocazione che la critica più avveduta già gli aveva attribuito. L'anno dopo muore Vitaliano Brancali del quale nel 1958 si rappresenta Una donna di casa, nel 1959 Il viag .. giatore dello Sleeping n. 7 era. forse Dio (già dato alle stampe nel 1932), nel 1960 Questo matrimonio non si deve /are, nel 1961 Raffaele (che è del 1948) e nel 1963 La governante, di cui per circa un decennio la censura aveva vietato la rappresentazione. Brancati può essere considerato ·un caso limite, la validità del suo teatro,. prima della sua morte, essendo stata sperimentata soltanto sporadicamente. E un caso limite resta quello di Corrado Alvaro, morto nel 1956, che dieci anni dopo Il caffè dei naviganti fece rappresentare Lunga notte di Medea. Nel 1956 muore Pier Maria Rosso di San Secondo, di cui rimane qualche testo mai rappresentato (Il ratto di Proserpina). Nel 1957 muore Curzio Malaparte, nella cui ultima commedia, Anche le donne hanno perso la guerra, si ravvisa, come in altri commediografi dello stesso. periodo, il proposito di estrarre da un episodio bellico circo>
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stanziato significazioni che ne trascendono i limiti. Ancora nel:.· 1957 muore Cesare M~ano, più volte f·atto oggetto dell'attenzione dei palcoscenici stranieri: Fondarono una città (1954), Bella, ovvero Bella fra tlue pazzie (1956) e Poi venne falba (1956). Lo segue di lì a un anno Cesare Giulio Viola, le cui ultime commedie, fatta e.ccezione per Nora seconda (1954), prospettano episodi di· vita conte.mporanea in genere contenuti entro limiti di cronaca spicciola: Il romanzo dei giovani poveri (1952), Come dovrebbero ama• re le donne (1956), Il festival della famiglia Gurgià (1958) e Venerdì santo, rappresentato postumo. Scompare nel 1960 Massimo Bonten1pelli, il cui teatro, con la rappresentazione dei due tempi di Nembo (1958) era apparso per l'ultima volta in uno dei tanti luoghi estivi a ciò destinati. Scompare nel 1962 Nino Berrini, che dopo quindici anni di silenzio aveva portato a ter1nine due commedie, Amore che non è amore (1952) e Questa vecchia casa (1953). Scompare nello stesso anno Silvio Giovaninetti la cui Carne unica (1958), aveva veduto rinnovarsi il successo di Sangu.e verde (1954). Di Giovaninetti, nel 1962, furono rappresentati postumi I lupi. Chiudono il drappello anche troppo nuD1eroso: Giuseppe Marotta, n1orto nel 1963, che al teatro si era accostato ric'c:,rrendo all'ausilio di un collaboratore (Belisario Randone), ma il cui garbo trovò evidenza scenica nel CaliHo Esposito (1956) e nel Bello di papà (1957); Sergio Pugliese, morto nel 1965, la cui ultima commedia Ros·so di sera (1950) aveva dato conferma del commosso crepuscolarismo già avvertito nel meglio del suo teatro; Guglielmo Zorzi, morto nel 196 7, che di fatto, con l l suo pakoscenico, aveva concluso nel 19 54 una carriera di teatrante iniziata nel 190 7; e Cesare Vico Lodovici, morto nel 1968, lui pure silenzioso da quasi vent'anni (Caterina da Siena, ultimo suo dramma, è del 1949), tuttavia costantemente legato al teatro dalla sua attività non secondaria di traduttore. Scompaiono in anni più recenti Aldo De Benedetti, Vincenzo Tieri, Alessandro De Stefani (I 970), Giovacchino Forzano., Ezio D'Errico (_ 197 2), Mario f-,ederici (_ 197 5). Successivamente scompaiono Fabbri ( 191] -~l 980) e Pe~ pino Dt' Filippo ( 1903-1980). Un cenno a parte spetta a Guido Rocca, figlio di Gino, nato nel 1928 e morto nel 1961, dopo aver fatto rappresentare quattr.o commedie, I coccodrilli (1956), Una montagna
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di carta (1958), Mare e 1vhisky e Un blues per Silvia (1959), le quali lo ascriverebbero, non fosse altro per l'insistenza delle intenzion_i, a un momento successivo _del panorama • 1n e·same. Figura preminente dell'ultimo ventennio resta Eduardo De Filippo, teatrante di rara compiutezza la cui opera di commediografo non potrebbe a rigore essere considerata a sé stante, cioè avulsa dalla qual.ità dell'attore e dall'opera del regista. Con pochissimi altri, come il milanese Dario Fo (del quale vanno ricordati Gl.i arcangeli non giocano al fl,ipper, Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri, Chi ruba ztn piede è fortuna_to in amore, Isabella tre caravelle e un cacciaballe, Settimo ruba un po' meno, e La ·signora è da buttare, tutte apparse tra il 1959 e il 1967 e i più recenti Mistero buffo, Morte accidentale di un anarchico, Pum, pum! Chi è? La polizia, e La marijuna della mam• ma è la più bellq,,./ egli è l'arbitro assoluto dei propri testi e· della loro interpretazione. Naturalm·ente ciò non significa che de-I teatro di Eduardo non si possa dare anche un giu.• dizio indipendente dall'attore. Dopo il fecondissimo periodo che va da Napoli milionaria (1945), commedia che nella drammaturgia «:)i Eduardo segnò una svolta decisiv.a, a~le Voci di dentro (1948), altra commedia ricca di intuizioni anticipatrici (stanno nel mezzo Questi fantasmi, Filumena Marturano, Le bztgie con le gambe lunghe e La gra·nde magia), sonQ successivamente apparsi La paura numero uno (1951), Amicizia, Mia famiglia (195.5), Bene mio e core mio (1955), De Pretore Vincenzo (1961), il rifacimento di Natale in casa Cupiello, Sabato, domenica e lunedì (1959), commedia fra le più significative della drammaturgia di Eduardo, Il sindaco del rione Sanità (1961), Il figlio di Pulcinella (1962), Dolore sotto chiat,e (1963), L'arte della commedia (1965), Il contratto (1967), Il Monumento· (1970}, Ogni anno punto e da capo (_1971), Gli esami non finiscono mai (1974) componimenti tutti che trascendono la dialettalità dalla quale sono sortiti. A fronte di Eduardo fu schierato Diego Fabbri, sia pe·r il gusto letterario, e talvolta le compiacenze, di cui fece mostra anche il suo teatro ideologicamente più impegnato, sia per l'assillo costante spinto dal quale Fabbri esaminò situazioni e problemi tipicamente contemporanei alla luce della fede cattolica. Di questo assillo, le cui punte polemiche si . riconoscono so.prattutto in due commedie in apparenza agli antipodi Il seduttore (1951-55) che muove da -
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un caso apparentemente individuale, e Jl egl-ia d'armi (1956), che è una moderna parafrasi della storia della Compagnia di Gesù, fanno testi1nonianza Processo di famiglia (1953) La bugiarda (1956), Delirio (1958),- Figli d'arte (1959), Ritratto di ignoto (1962), Lo scoiattolo (1963), Il confidente (1964) e L'avi·enimento (1967), dramma in cui la parabola evangelica riaffiora nella vicenda di un ristretto gruppo di crin1inali .. (,,ascio ,,lle mie donne (1969) e Area fabbricabile ( I (J 7~ ),_ 11 ,. i =itJ ''·"'·~,,rii,) (I Q 74) in collaborazione con Davide Lajolo, Saulo ( 1979). ·1~,1,al◄• rtt•l 4•,1:--tt tli _l.~1lt1.Jrtlo quanto nel caso di Fabbri non è 111tta"·ia pos~il•ile indi,~iduare l'appartenenza a una corrente o a una scuola ben precisate. Caso mai, qualora si volesse discorrere non già di correnti o di scuole, ma di semplici influssi o di tendenze anche letterarie, non sarebbe impossibile ascrivere entrambi a ·u.na. drammaturgia di derivazione tutto so1nmato pirandelliana; non diversamente tuttavia da quanto può essere fatto, sia pure considerando una sola parte della loro opera, per Betti, Giovaninetti, Valentino Bompiani e Carlo Terron. Questo della non apparte.nenza a una scuola o a un credo drammatllrgico apertamente dichiarati è del resto carattere comune a commediografi spesso affermati mediante un'opera la quale o non ebbe seguito o fu· contraddetta, almeno sul piano formale, dalle opere successive. Tale è, entro certi limiti, il caso di Alberto Moravia, che alla Mascherata (1954) fece seguire nel 1955 una Beatrice Cenci in cui si ravvisa il tentativo di un riavvicinamento alle forme e ai modi del 'teatro elisabettiano e, dieci anni più t·ardi, la parabola s11l linguaggio Una cosa è una cosa; cui si devono aggiungere Il dio Kurt, scritto nel 1967 e La vita è ~ioco (1970). Analogamente I. . uigi Squarzina nei cui Tre quarti di' lz,na (1958) l'indagine storica si accompagna a uno struggente autobiografismo, 11ella Sita parte di storia, arrivata alla ribalta soltanto nel 1959, e nella Romagnola, che è dello stesso anno, ripropone con modi f ond.arnentalmente diversi te1ni storici c.he in Emnie.tì (1967) cedono il passo alla critica di costun1e. Così Giovanni Testori, dallo scorcio quasi naturalistico della Maria Brusca (1960), trascorre all'esasperata concitazione dell' Arialda (1960} e al desolato esistenzialismo della Monaca di Monza (1967) cui si aggiungono, notati soprattutto per la singolarità del linguaggio, l~'Amblet.o (1973) e Macbetto (1975). Così non sarebbe facile trovare un vero nesso che nel teatro di Terron ~
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consenta di avvici~are il suo Processo agli innocenti (1950) a ~avinia tra i dannati (1959) chiaramente ispirata al te• matismo di Mauriac, a Non e' è pace per l'antico fauno (1959), a Narcisi e mam,ne (1963) e a Notti a Milano (l 963) o Baciami Alfredo (_1961) con1medie in cui prevale l'esercitazione satirica; o nel teatro di Federico Zardi, morto prematuramente nel 1971, cercare un filo conduttore che saldamente leghi La livrea (1951) a Emma (1952), ai Tromboni (1956), ai Giacobini (1957), grande affresco al quale è consegnato il meglio di questo scrittore, a Serata di gala (1958), e ai Marziani (1960). Correnti a parte, non sarebbe nemmeno sostenibile una suddivisione fra drammaturgia di destra e drammaturgia di qinistra. Agli autori di una commedia unica anche se l'unicità va intesa talvolta in dipendenza dell'avvenuta rappresentazione, Dante Troisi, con Chiamata in giudizio, Ottiero Ottieri, con I venditori di. Milano (1960), Massimo Binazzi con Il male sacro (1962), Raffaele Orlando. con L'annaspo (1964), Cesare Zavattini con Come nasc.e un soggetto cinematografico (1959), Ercole Patti con Un amore a Roma (1959) o L'avventura di Ernesto (1971), Silvano Amhrogi con I burosauri (1958) o Romamarch (1972), Paolo Messina con Il muro del silenzio (1962), per nominare soltanto i principali, può invece venir fatto di contrapporre, in considerazione di una convergenza magari non rigo .. rosa, commediografi che l1anno operato all'insegna del dramma storico vero e proprio, o della vicenda storica considerata soprattutto come motivo di accensione: drainmaturgica, oppure che si sono incamminati sulla strada del >. Appartengono al pr.imo gruppo Giuseppe Dessì, che dopo l'esito felice della Giustizia (1959) ha pubblicato una Eleonora d'Arborea., Massimo Dursi con Stefano Pelloni detto il Passatore (1962), che precede di poco La balena bUl~ca. e al quale seguirà Barbabliì (1974); Giorgio Prosperi con La congiura (1961) e Il re (1962), il primo suggerito dalla figura di Catilina e il secondo da re Carlo Alberto; Francesco Della Corte t~on Atene anno zero (1962). Si iscrivono al secondo, oltre a Malaparte citato all'inizio, Indro Montanelli con I sogni muoiono alr alba. (1960)~ Kibbutz (1961) e Il vero della Rovere (1964), quest'ultimo scritto in collaborazione con Vincenzo Talarico; Franco Brasati' che dopo Il benessere scritto in collabora~ione con •
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Fabio Mauri (1959) e La fastidiosa (1961) ha fatto rappresentare Pietà di novembre (1964), opera moralistica suggerita dall'assassinio del presidente Kennedy, cui s-ono se• guite Le rose del lago ( 197 5) ; Renzo Rosso, il cui Concerto è arrivato alla ribalta con otto anni di ·ritardo; Tullio Kezich, che dalla riduzione della Coscienza di Zeno ( 1968) passa a W. Bresci ( 1 9 7 O) ; Enzo Siciliano la cui Vita e morte di Cola di Rienzo è del 197 3. Del terzo, infine, fanno parte Gian Carlo Shragia il quale, dopo aver firmato Quarta era ( 1961 ), dramma sulla bomba atomica scritto in collaborazione con Gian Domenico Giagni, e collaborato con Leonardo Sciascia alla riduzione del Giorno della civetta ( 1963), ha mandato alla ribalta nel 1968 Il fattacl~io del giugno, narrazione dialogata dell'uccisione di Matteotti seguito da una men felice Iliade (1973); Min.o Roli e Luciano Vincenzoni con Sacco e Vanzetti (1961); Vico Faggi con Il processo di .Savona che rievoca l'espatrio di Filippo Turati quando la dittatura era alle porte al quale si aggiungono altre due evocazioni concepite e scritte in collaborazione con Luigi Squarzina: Cinque giorni al porto (1969) e Rosa Luxemburg (1976). Al tema delle_ armi n,1cleari ~i ispirano anche Salvato Cappelli, che dopo Il diavolo Peter (1957), lo ha affronta.lo iri Duecentomila e uno (1961), e Luigi Candoni scomparso nel 1974 del quale si ricorda Edipo a Hiroshima (1963). A temi di costume accedono Valentino Bompiani, la cui Paura di me (1954), nella quale affiora una certa tendenza al mito, fu nellQ stesso anno seguita da Angelica; Luciano Codignola che dopo Il gesto (1962), e prima di Bel-Ami (1975) ha rappresentato ll giro d'Italia (1965), commedia altrimenti impegnata, specificamente , riferita a taluni aspetti della civiltà del benessere; Luigi Barzini junior e Virgilio Lilli, il primo con I disarmati (195 7) e il secondo con Il figlio di .laboratorio (1963); Aldo Nicolaj il cui teatro trascorre dal risentimento polemico della Ballata del soldato Piccicò (1955) a Ricci di mare (1956)~ a1 Mondo d'acqua (1963), a una riduzione di Senilità (da Svevo, 1972); Fabrizio Sarazani con Storia di un uomo molto stanco (1955) e La grande famiglia (1956). C'è un filone dialettale cui accedono il siciliano Antonio Aniante con Rosa di zolfo (1958), il genovese Enrico Bassano (con Il porto di casa mia, 1960) e il milanese Antonio Greppi (con La tiranna, El coeur in pas, l saresett e Chi comandi mi,
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rappresentate fra il 1954 e il 1963). A mezza strada fra il dialetto e l'indagine sociale sta La grande speranza (1960) di Carlo Marcello Rietn1ann. E dialettale, ma di una dialettalità che lo avvicina piuttosto a V erga, è per certi aspetti Gennaro Pistilli, commediografo impopolare le cui Le donne delfuomo (1954) .seguite da L'arbitro (1961), L'occhio di pesce (1963), Capo· Finisterre (1964), Quar• tetto Londra W 11 .(1973), oltre a Notturno e all'Ampio bacino di Venere (mai rappresentate) meriterebbero un esame più attento. E per la sottigliezza dialogica si distingue Natalia Ginzhurg, improvvisamente arrivata al teatro con Ti ho sposato per allegria (1966), alla quale hanno fatto seguito La segretaria (1967) e L'inserzione (1968). Un esempio a s·uo Diodo unico, pa'rallelo, se non identico a quello di Eduardo e di Fo, è fornito da Giuseppe Patroni Griffi, commediografo fra i più rappresentati del nostro tempo, le cui opere, a eccezione di In memoria di una signora amica (1963) e Persone naturali e strafottenti (1974), ·sono state tutte allestite con la regia di Giorgio De Lullo e presentate dalla Compagnia De Lullo-Falk, Albani-Valli: D'amore si muore (1958)., Ar:iin,,1 ner,1 (1960) e Metti, una sera _a cena (1967). Prima del .~ilenzio ( 197 9). Isolato Tullio Pinelli, la cui ~e,,,,/,, ,lei ,,edot)i ( 1952) precedette di circa un quindicennio la rappresentazione della Leggenda delrassassino, scritta nel 1944. Fedeli a un teatro intimamente legato al contesto della restante opera loro, Riècardo Bacchelli che nel 1957 ha veduto rappresentato un suo Amleto scritto nel p~imo dopoguerra oltre al Figlio di Ettore, a Nostos e a Eutanasia (Giorni di verità) venuti alla ribalta negli anni successivi, nonché Dino Buzzati ed Ennio Flaiano entrainbi scomparsi nel ·1972. Di Buzzati dopo Un caso clinico (l 953) sono apparsi Dram• matica fine di un noto musici.~ta (1955), Un verme al ministero (1960), La colonna infame (1962) e Fine del bor• ghese (1966). Di Flaiano, dopo Un marziano a Roma, che è del 1960 e seguì La guerra spiegata ai poveri, furono succes-sivamente rappresentati Il caso Papaleo, La donna nell'armadio e, nel 1972, La conversazione continuamente interrotta. Altro scomparso nel 1975, un posto a sé occupa Pier Paolo Pasolini, che dopo aver esordito con rifacimento del Miles gloriosus di Pla·uto, Il vantane (1963) ha dato Nel '46 (1965), Uccellacci e uccellini (1967), Orgia (1968) e Pilade (1969). Scarso l'apporto al teatro satirico: Giovanni Mosca for•
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nisce nel 1962 La campana delle tentazioni e nel 196 7 Italia 2500; Franca Valeri, dopo i Carnets in collaborazione con Vittorio Caprioli e Alberto Bonucci, affronta in proprio la coDimedia con Le cataconibe (1962), Questa qui, quello là (1964) e Meno storie (1968); Pier Benedetto Ber~ toli, i cui DUlri sono del 1959, rappresenta nel 1973 Bella Italia amate sponde; non più abbondante l'avvento di un teatro più specificame-nte polemico: L'educazione parlamentare di Roberto Lerici (1972) arriva sei anni dopo Il gioco dei quattro cantoni; e La donna perfetta di Dacia Maraini (1974) viene dopo altri sei saggi, a cominciare dal Ricatto a teatro-, apparsi fra il 1966 e il 1973; né particolarmente meritevole di menzione il teatro comico qualora ~i escluda A,·hillf' ( :a,r111anilt 19()0- ·1977) il f•ui C,1mpi il pri; mo decen11io della propria attività.
IN.DICE GENERALE DEI NOMI
In questo indice - che riguarda l'intera opera - sono elencati alfabeticamente i nomi di persona citati nel testo, con la sola esclusione dei nomi dei personaggi teat.rali, anche se storici. Sono pure elencati i nomi dei teatri e delle maschere ( raggruppati rispettivamente sotto la voce > e > ). I numeri romani indicano il volume, i numeri arabi la pagina; quelli in corsivo si riferiscono alle pagine in cui è svolta la trattazione sistematica dell'argomento. Accio Lucio: I 94-95, 99. Achard Marcel: II 239, 355. Adam de la Halle: I 124. Adamov Arthur: II 360, 362. Addison Joseph: I 313. Adriano (imperatore): I 191. Adriano (papa): I 111. Afinogenov Aleksandr N ikolaevic: II 219, 220. Afranio Lucio: I 93, 99. Agostino, sant': I 102. Aicartl. François-Victor-J ean : II
136". Alarcon >. Ruiz de Alarcon Alhany Luisa > Stolberg.
Alhee Edward: II 393. Albergati Capacelli Francesco: I 294. •
Alekem Shalom : II 309. Alesin, Samuil Josofovic :
II
404. Alessandro III di Russia: II 193. Alexis Paul: II 138. Alfieri Vittorio: I 7, 200, 296, 298, 299 .. 300-307, 311; II 6, 8, 10, 33, 35, 38, 41, 46, 113, 241, 338. Alfonso X ( il Savio): I 142.
Alighieri Dante: I 16, 135, 145, 146, 154, 272; II 29; 47, 75, 311. Alione ~iovan Giorgio: I 169,
193; 11 153. Allan . Despréaux Mme: II 62. Alleyn Edward: I 213. Aloni N.: II 400. Alvarez Quintero Serafin e Joaquin: II 279-280. Alvaro Corrado: II 341, 406. Amalteo Aurelio: I 276. Ambivio Turpione Tito: I 8999. Ambrogi Silvano: II 410. Amicha I.: II 400. Amiel Denys: II 238, 2'43. Anassagora: I 5l. Ancelot Jacques-Arsène: II 53 . Ancey Georges: II 136, 138. Anderson Maxwell: Il 27:1, 390. Andò Flavio: II 153. Andreev Leonid Nikolaevic: II 114~ 124, 131, 208-211, 292~ 300, 303, 337. Andreini Francesco: I 179, 186. Andreini Gio,,an Battista: I 186, 296. Andreini Isabella: I 179, 181, 185. Andronico Livio: I 80-81, 99. Angry young men: Ii 379, 384. Aniante Antonio: II •tll. Anna di Bretagna: I 2~4. .L~nouilh Jean: II 244-245, 351, ,. ,,.,
., . ~
.)
INDICE •
PARTE QUART A
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L'OTTOCENTO pag.
J. NASCITA DEL ROMANTICISMO IN GERMANIA Caratteri del Teatro europeo nell'età nuova4' 5 • Lo > e la nascita del Romanticismo~ 6 - Herder e gli Schlegel, 8 .. Friedrich Schiller, 9 - Poeti del Romanticismo: l(leist, 13 - Altri poeti e drammaturghi romantici, 15 - Commedie e drammi lacrimosi, 16 .
2. GOETHE
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5
. rs
\rita e opere di Goethe, 18 ~ Goethe regista e il >, 23 • >, 25 - Spirito e arte di Goethe, 28.
3. IL TEATRO FRANCESE DELL~~ RIVOLUZIONE E
DEI_, PRIMO IMPERO
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Il Teatro classicista, 31 .. Il Teatro di propaganda, 32 Napoleone e il Teatro, 33 .. La critica teatrale quotidiana e Geoffroy, 34 • Talma e la riforma della Scena francese, 35 • Tragedia., commedia, cc vaudeville >>, lo >>, tra Impero e Restaurazione, 35.
4. IL TEATRO ROM .,t\N1~1co INGLESE George Byron, 38 - P. B. Shelley., 39. 5. IL~ TEATRO
CENTO
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, 76. >
448
In.dice pag.
8. IL TEATRO BORGHESE IN ITALIA -La Tragedia patriottica e G. B. Niccolini, Romanticismo e Giacometti, 81 - Paolo La Tragedia verista e Pietro Cossa, 83 -
. . . . 80 - Il basso Ferrari, 81 .. Grandezza del
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Dramma musicale italiano, 85.
9. IL TEATRO TEDESCO TRA ROMANTICISMO E NATURALISMO . . . . . . . . . . Drammaturghi tedeschi dell'epoca, 87 • La > e Heine, 89 - Georg Biichner, 90 • L'Austria e Grillparzer, 92 • Hebhel, 94 - Epigoni di Hehhel, 97 Il Teatro ungherese: Madach, 98. \
87
IO. IL TEATRO IN RUSSIA E IN POLONIA . . . 100 Pushkin e Gogol', 101 - La commedia di Ostrovskij, 104 - Contemporanei e successori di Ostrovskij fino a Lev Tolstoj, 108 • Il Teatro polacco, 111. Il. IL TEATRO SCANDINAVO • . 115 • • • • • Prima attività di Ihsen., 116 - La riforma ibseniana e i · drammi borghesi, 119 - Giudizio sull'opera di Ihsen, 123 - Bjornson e altri autori, 127 - Strindherg, 128. 12. NATURALISMO E ANTINATURALISMO IN FRAN-
CIA
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. 132
Il Teatro di Becque, 133 - Zola e la regìa del >, 135 - Gli autori naturalisti del >·, 138 - La reazione liricheggiante e Rostand, 139 - Autori ironici e comici: Courteline, 1.42 - Problemi morali e religiosi: Curel, 144 - Lo psicologismo, 146.
13. IL TEATRO VERISTA IN ITALIA
. 149 La Scena italiana alla fine del secolo, 149 • La cominedia di Achille Torelli, 151 • -II dramma verista di Giovanni Verga, 152 - La commedia verista borghese: Giacosa, 154 - Il Teatro dialettale, 159 - Prime reazioni antiveriste, 160. •
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14. IL TEATRO BORGHESE IN INGHILTERRA . . 162 Decadenza del Teatro nel pri~o Ottocento, 162 • I poeti: Tennyson, Browning, Swinhurne, 164 - Teatro di costumi: Pinero, Barrie, 165 • Oscar Wilde, 168. 15. IL TEATRO NATURALISTA TEDESCO ~. . . . 172 Il sogno di Wagner, 172 - La >; Hauptmann, 173 - Sudermann e altri drammaturghi, 176 • Scapigliatura monachese: Ruederer, Wedekind, 178 Gli Austriaci, 179.
Indice pag. •
16. IL TEATRO SPAGNOJ~O • • . 181 • • • • • Il Romanticismo, 181 . Dal Teatro naturalista alle prime rivendicazioni spirituali, 182. PARTE QUINTA
IL TEATRO CONTEMPORANEO I. LA RIFORMA DELLA SCENA EUROPEA . . . 185 Gordon Craig, 185 - I cenacoli teatrali intorno alle due guerre mondiali, 189 - La reazione al ) e l'appello al teatro di massa, 190.
2. IL TE.ATRO RUSSO • • • • - • • . ·193 Il Teatro d'Arte di Mosca, 193 .. Anton Cechov, 196 • Maksim Gor'kij, 203 - Leonid Andreev, 207 - Altri autori, 211 .. La Scena russa prima e dopo la Rivoluzione, 212 .. Il Teatro bolscevico i.n attesa del drammaturgo, 217.
3. IL TEATRO 14,RANC.ESE . . . . . . . . 222 Il Teatro >: Bataille, Bernstein, ecc., 222 - Il Théatre de l'Oeuvre: Maeterlinck, 227 - Paul Claudel, 231 - Fra le due guerre, 236 - Il Teatro leggerq 242 - L'ultimo Dramma francese, 242.
4. IL TEATRO INGLESE E NORDAMERICANO
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. 248
Risveglio della scena inglese, 248 - George Bernard Shaw, 249 - Gli altri autori, 258 - Autori inglesi contemporanei, 260 - II Teatro irlandese, 264 - Primi sp_ettacoli del Teatro nordamericano, 266 - Spettacoli po .. polari e Teatri d'avangua.rdia del Novecento, 268 -
O'Neill, 269 - Dramma contemporaneo nel Nord-America, 272 .. Il Teatro negro, 275.
5. IL TEATRO SPAGNOLO
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Jacinto Benavente, 276 - Unamuno e altri autori, 279 I fratelli Quintero; Martinez Sierra ecc., 279 - Autori dell'ultima Rivoluzione, 281.
6. IL TEATRO TEDESCO
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.- 284 l\lax Reinhardt, 284 - Schnitzler; Hofmannsthal, 286 Il Dramma tedesco dopo la prima guerra mondiale., ~ 290 .. _ Dal Nazismo a oggi, 296 - Bertolt Brecht, 298. •
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7_ IL TEATRO IN AIJTRI .PAESI EUROPEI . . 301 • Teatro polacco., 301. ., Teatro cecoslovacco, 302 -· Teatro ungherese, 304 - Teatro ebraico, 305.
450 .,
pag. I
8. IL TEATRO ITALIANO . . . . . . . . 311 Butti; Bracco, 313 - Gabriele D'Annunzio, 314 - >, 318 - Gli altri drammi, 321 ~ Altri autori principio-di . .secolo., 324 - Futuristi. e crepuscolari, 326 - Luigi Pirandello, 330 - Successo di Pirandello, 333 - Conclusioni su Pirandello, 336 . . Altri autori fra le due guerre, 338 - La più recente Scena italiana, 342.
IL TE_ATRO DAL 1950 A OGGI
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. 347 Premessa., 349 .. Francia, 354 - Le due Germanie, 366 Inghilterra, 376 - Stati Uniti, 389 - Altri paesi, 395 •
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Italia, 405. Indice generale -dei nomi .
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Finito di stampare nel mese di dicembre 1982 dalla Ormagrafica s.r.l. Via Faunia, 8 - Roina - Tel. 4383506