Teatro (1910-1920) [Vol. 1] 8820752964, 9788820752965

La difficile reperibilità delle commedie di Vincenzo Scarpetta, non ha consentito, fino ad oggi, di conoscerne la fecond

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INDICE
PREMESSA
Parte prima
L’ARCHIVIO PRIVATO
VINCENZO SCARPETTA: «SCIOSCIAMMOCCA IN MINIATURA»? di Cristiana Anna Addesso
Parte seconda - Copioni - Trascrizione diplomatica di Mariolina Cozzi Scarpetta
“’O TUONO ’E MARZO” - Commedia in tre atti
“STATTE ATTIENTO A LUISELLA” - Commedia in tre atti
“LA VENDETTA DI CIOCIÒ!...” - Commedia in tre atti del cav. Vincenzo Scarpetta
“ ’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA” - Commedia in tre atti
Apparato iconografico
BIBLIOGRAFIA DELLE COMMEDIE
Quarta di copertina
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Teatro (1910-1920) [Vol. 1]
 8820752964, 9788820752965

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Vincenzo Scarpetta

T(1910-1920) EATRO VOLUME I

a cura di Maria Beatrice Cozzi Scarpetta L IGUORI E DITORE

BIBLIOTECA

Testi 17

AVVERTENZA Sul sito dell’editore (http://www.liguori.it/schedanew.asp?isbn=5296) è disponibile la funzione “cerca nel libro”: una straordinaria risorsa, un motore di ricerca testuale che consente di interrogare il documento rimandando per ciascun nome, luogo, opera o termine alla sua esatta collocazione e pagina del libro.

Vincenzo Scarpetta

Teatro (1910-1920) volume i a cura di Maria Beatrice Cozzi Scarpetta

Liguori Editore

Questa opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore (http://www.liguori.it/areadownload/LeggeDirittoAutore.pdf). L’utilizzo del libro elettronico costituisce accettazione dei termini e delle condizioni stabilite nel Contratto di licenza consultabile sul sito dell’Editore all’indirizzo Internet http://www.liguori.it/ebook.asp/areadownload/eBookLicenza. Tutti i diritti, in particolare quelli relativi alla traduzione, alla citazione, alla riproduzione in qualsiasi forma, all’uso delle illustrazioni, delle tabelle e del materiale software a corredo, alla trasmissione radiofonica o televisiva, alla pubblicazione e diffusione attraverso la rete Internet sono riservati. La duplicazione digitale dell’opera, anche se parziale è vietata. Il regolamento per l’uso dei contenuti e dei servizi presenti sul sito della Casa Editrice Liguori è disponibile all’indirizzo Internet http://www.liguori.it/politiche_contatti/default.asp?c=contatta#Politiche Liguori Editore Via Posillipo 394 - I 80123 Napoli NA http://www.liguori.it/ © 2015 by Liguori Editore, S.r.l. Tutti i diritti sono riservati Prima edizione italiana Gennaio 2015 Scarpetta, Vincenzo : Teatro (1910-1920).Volume I/Vincenzo Scarpetta Testi Napoli : Liguori, 2015   ISBN 978 - 88 - 207 - 5296 - 5 (a stampa)   eISBN 978 - 88 - 207 - 5297 - 2 (eBook)  ISSN 1972-0319 1. Commedia napoletana  2. Felice Sciosciammocca  I. Titolo  II. Collana  III. Serie Aggiornamenti: ———————————————————————————————————————— 23 22 21 20 19 18 17 16 15   10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

Per Lidia e Sisso

INDICE XI Premessa XV Ringraziamenti Parte

prima

3 L’Archivio privato di Mariolina Cozzi Scarpetta 43 Vincenzo Scarpetta: «Sciosciammocca in miniatura»? di Cristiana Anna Addesso

Parte

seconda

Copioni Trascrizione diplomatica di Mariolina Cozzi Scarpetta

37 Note sulle trascrizioni 41 ’O tuono ’e marzo 135

Statte attiento a Luisella

211

La vendetta di Ciociò

287 ’O guardiano ’e muglierema 371 Bibliografia delle commedie di Mariolina Cozzi Scarpetta

PREMESSA

“La vera storia del teatro dialettale e degli attori di Napoli è ancora tutta da fare: in essa bisognerà dedicare un capitolo a parte al figlio di Eduardo Scarpetta, non soltanto per illustrarne e lodarne le particolari eccezionali risorse, ma per registrare soprattutto in quali forme inconsuete i suoi sessant’anni di teatro, sia pure nei limiti di una rinuncia che non ha precedenti, avessero ugualmente raggiunto una distinzione e uno stile. Con il dono che egli ancora conservava di una naturale, straordinaria simpatia, con un disinvolta, ma raffinata eleganza di abiti e di maniere […], egli mascherò benissimo l’intima amarezza di non essere riuscito, per obbedienza filiale e per napoletano potere di adattamento, ad evadere pur avendone le doti […].” Così scriveva Roberto Minervini nel suo bel libro1. L’intento di questo lavoro è di colmare, almeno in parte, la lacuna lamentata da Minervini, presentando 14 commedie di Vincenzo Scarpetta, di cui 13 inedite, che andranno ad ampliare la scarna offerta editoriale esistente. Chi volesse avvicinarsi al suo teatro, infatti, troverebbe edite solo “’O tuono ’e marzo” e, con un pò di fortuna, “Era zetella ma...” : ben poco rispetto al centinaio di commedie che scrisse nella sua vita. Arduo è stato il dover scegliere i testi da proporre avendone tanti a disposizione: alla fine l’attenzione si è rivolta alle commedie in cui l’autore, per argomento o per ruolo, mostrava maggiormente la sua sensibilità e la sua abilità d’attore, e a quelle che Eduardo De Filippo scelse per metterle in scena con la sua compagnia “La Scarpettiana” nella seconda metà degli anni 50. Da questa opera sono escluse le parodie musicali come “La donna è mobile” e “L’uomo è stabile o L’eredità di Cocò”, lavori che avrebbero 1

R. Minervini, I due Scarpetta, «Il Fuidoro. Cronache napoletane» 2 (1955), n. 3/4, pp. 124-126.

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PREMESSA

consentito un ulteriore elemento di valorizzazione dell’artista ma, la complessità dei testi e dei numerosi spartiti musicali a corredo, ne ha reso problematica l’attuazione. Le commedie proposte, divise in tre volumi, coprono un arco temporale che va dai primi anni del novecento all’inizio degli anni trenta: il periodo, cioè, più fruttuoso e che meglio rappresenta l’evoluzione di Felice sempre più Vincenzo e sempre meno Sciosciammocca, fino a sparire quasi del tutto e conservarne solo il celebre nome come “marchio di famiglia”. Il lettore entrerà nell’officina teatrale di questo autore che deride una borghesia godereccia e vacua popolata da giovani sfaccendati e spendaccioni, genitori ruffiani, uomini solo all’apparenza rispettabili, canzonettiste interessate, figli “illegittimi”, potenti per casta, mariti traditori ma gelosi e donne vittime di uomini bugiardi e meschini. Ogni commedia sarà preceduta da una scheda riassuntiva in cui parleremo della sua “storia”, basandoci sui documenti conservati nell’Archivio Privato come il “Registro prime rappresentazioni” e il Registro “Repertorio” curati da Eduardo e Vincenzo Scarpetta. Altra fonte di riferimento, è stata una “Raccolta articoli giornali”, sorta di album in cui Vincenzo incollava ritagli di quotidiani spesso senza data e riferimento alla testata, fotografie, lettere e quant’altro testimoniasse la sua vita e la sua attività artistica. In presenza di più copioni per il medesimo testo, la scelta è andata al manoscritto autografo dell’autore o, in mancanza, al manoscritto del copista: in entrambi i casi la trascrizione che proponiamo riproduce fedelmente il testo originario e, quando necessario, indica, con note a piè di pagina, le modifiche operate dall’autore in un secondo momento. Questa collana non seguirà un ordine strettamente cronologico ma inizierà col presentare quattro testi del decennio 1910-1920, sorta di omaggio a “‘O tuono ’e marzo”, l’unica commedia di Vincenzino che ancora viene rappresentata con successo e che noi proponiamo nella sua prima stesura. 1. Volume Statte attiento a Luisella ’O tuono ’e marzo La vendetta di Ciociò ’O guardiano ’e muglierema

PREMESSA

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2. Volume Ddoje gocce d’acqua È femmena o è diavolo? Tanta guaje pe’ durmì La signorina Cochelicò Il signor 39 3. Volume La chiamavano Tu-tù E s’è scetato ammore Ero casto e puro ’O figlio ’e Donna Checca Tu mo che faciarrisse? Ogni volume, infine, sarà corredato di disegni e caricature, soprattutto di attori, a testimonianza della sua versatilità artistica. Si è cercato, insomma, di dare una visione d’insieme quanto più varia e completa possibile sulla personalità poliedrica di Vincenzo Scarpetta.

Ringraziamenti Questo lavoro ha visto la luce grazie al sostegno di molte persone verso le quali ho un gran debito di riconoscenza. Sono grata ai tanti amici che mi hanno spronata a proseguire in questa impresa, supportandomi ed aiutandomi a vario titolo: un particolare grazie dunque a Delia Morea, Luca De Filippo, Isa Danieli, Donatella Gallone, Laura Fioravanti, Lello Giulivo ed Eduardo Paola. Sono infinitamente riconoscente al dr. Claudio Novelli, curatore dell’Archivio Eduardo De Filippo, e al dr. Gennaro Alifuoco, della Biblioteca Lucchesi Palli, che, con pazienza rara, mi hanno aiutata a reperire testi; alla dott.ssa Rita Crudo, della Siae di Napoli, che ha cercato, con me e per me, notizie e documenti nella biblioteca Capriolo di cui è responsabile, ad Antonio Sciotti che mi è venuto in soccorso più volte, al dr. Sergio Bruno della Cineteca Nazionale di Roma e alla dott.ssa Maria Procino, archivista, anche loro coinvolti nelle mie ricerche. Sono debitrice, inoltre, nei confronti di numerosi docenti universitari : grazie alla prof. Valentina Venturini, che fu la prima ad incoraggiarmi, al prof. Pasquale Sabbatino e alla prof. Giuseppina Scognamiglio che si impegnarono a far riscoprire Vincenzo Scarpetta con il convegno “Una famiglia di artisti. Gli Scarpetta e i De Filippo”; grazie alle disponibilissime amiche prof. Paola Quarenghi e Antonella Ottai a cui spesso mi sono rivolta; grazie, inoltre, ai professori Paolo Sommaiolo, Stefano De Matteis, Antonia Lezza, Francesco Cotticelli e Antonio Pizzo che, con i loro saperi, mi hanno aiutata a comprendere un mondo a me quasi del tutto sconosciuto. Sono grata alla dott.ssa Cristiana Anna Addesso che da anni vive con me la riscoperta di questo autore e mi ha supportata in questo lavoro. Sono estremamente riconoscente, infine, al prof. Pasquale Iaccio per l’impagabile sostegno e all’ editore, dr. Guido Liguori, che ha permesso tutto ciò. Sicuramente avrò dimenticato qualcuno: con loro me ne scuso.

Parte prima

L’ARCHIVIO PRIVATO

“Mariolì, perché non vedi tu tutte quelle carte? Sissiniello e i figli miei non se ne curano… è peccato!” Quante volte mi ha detto questa frase Lidia, mia suocera e nuora di Vincenzo Scarpetta. Mi decisi a darle ascolto nel suo ultimo anno di vita quando, ormai, né lei né mio suocero Sisso avrebbero potuto vedere il risultato del mio lavoro. Mai mi ero interessata di teatro nonostante fossi entrata a far parte di una famiglia “tanto lustra e illustrata”, ed inoltre pochissimo sapevo di Vincenzo Scarpetta tranne qualche aneddoto raccontato da mio suocero sempre con grande pudore e semplicità. Chi si occupava di teatro, perpetuando la tradizione di famiglia, era Mario, che passava ore e ore con Sisso per fare tesoro della sua memoria storica. Io, invece, ho cominciato troppo tardi, giusto quando non avevo più a chi chiedere. Vincenzo, detto Vincenzino, attore, fratellastro dei De Filippo, il figlio del grande Eduardo, nato non si sa bene quando nel 1876 o nel 1878, morto nel 1952, sepolto nella cappella Scarpetta al Cimitero del Pianto. Queste erano le scarne notizie che avevo, finché non aprii quell’armadio a muro nella casa di via Vittoria Colonna... Spartiti, disegni, copioni, fotografie, lettere... un caos di carte conservate alla rinfusa, senza alcun ordine: una vita passa tra le mie mani. Che farne? Come venirne a capo? Mi resi subito conto che Lidia mi aveva affidato un compito entusiasmante ma difficilissimo: raccontare la storia di un artista che rischiava di cadere nell’oblio. Non ho trovato nessun diario, nessuna memoria che mi agevolasse il compito: solo una raccolta di ritagli di giornali, spesso senza data e riferimento alla testata, mi ha agevolato nella ricostruzione, seppure parziale, della sua lunga vita artistica costellata da tanti autentici successi. Le fotografie che lo ritraggono mostrano quasi sempre una smorfia comica: la stessa che i cronisti coglievano quando rispondeva ai complimenti: «È tutto de refresso! È tutto de refresso!»



TEATRO (1910-1920)

Scherzosa la frase, allegro il sorriso... ma quanta amarezza nascondevano? «Il figlio di papà resta purtroppo sempre il figlio di papà, qualunque altezza raggiunga...»: così scriveva di lui un critico nel 1920. Queste poche righe, tratte da un ritaglio di giornale conservato, mi colpirono e furono per me un ulteriore sprone per conoscerlo e raccontarlo. Ora, da quattro anni, tutto l’archivio non è più a palazzo Scarpetta ma a casa mia, oggetto di studio continuo e faticosa catalogazione ancora non ultimata. Il materiale documentario dell’Archivio Privato copre un arco cronologico che va dal 1885ca fino al 1948 e posso dire che comprende: – Copioni manoscritti e dattiloscritti di Vincenzo Scarpetta e di altri autori. Alcuni copioni sono corredati anche dei relativi spartiti musicali e i “libretti dei versi” delle parti cantate. – Spartiti musicali e partiture per le commedie paterne e di altri autori. – Musiche per ballabili, canzoni e canzonette i cui versi, quando non sono di Vincenzo Scarpetta, vantano firme illustri come Bovio, Capurro, Barbieri... – Sceneggiature per il cinema muto. – Foto private. – Foto di scena di rappresentazioni teatrali e riviste. – “Raccolta articoli giornali”. – Disegni di costumi di scena. – Caricature. – Poesie. – Lettere e documenti. Tutto questo materiale svela il mondo di Vincenzino che, pur avendo perpetuato per amor filiale Felice Sciosciammocca, mostra la sua arte a chi lo vuole conoscere senza preconcetti e senza liquidarlo semplicemente come “’o figlio ’e papà”! Veramente era solo “il figlio faticatore” come lo definì il padre in punto di morte? “Il soldato ubbidiente” che teneva in vita i successi paterni come diceva la sorella Maria? Veramente era solo il maestro che insegnava l’arte ai fratellastri? Per rispondere a questi quesiti occorre un’opera di recupero e divulgazione del patrimonio culturale conservato dalla mia famiglia: questa esigenza l’ha fatta propria il dr. Guido Liguori che, accettando di pubblicare alcune commedie di questo autore, permette di scrivere pagine nuove per il teatro napoletano. A lui va tutta la mia riconoscenza.

VINCENZO SCARPETTA: «SCIOSCIAMMOCCA IN MINIATURA»? di Cristiana Anna Addesso

1. L’Archivio privato di Vincenzo Scarpetta La ricostruzione di un profilo artistico-culturale necessita della lettura e dell’analisi attenta del corpus delle opere edite ed inedite dell’autore oggetto di ricerca e, quando si tratti di un autore-attore, risulta doveroso e necessario anche il reperimento nelle sedi archivisticobibliotecarie di ulteriori fonti per la storia del teatro e della letteratura teatrale (copioni dattiloscritti e manoscritti, locandine, recensioni, foto e materiali di scena, registri delle compagnie etc.). Queste operazioni propedeutiche, che consentirebbero di tratteggiare compiutamente il profilo di Vincenzo Scarpetta, entrando nella sua officina teatrale, risultano in parte impedite dalla parzialità delle fonti a disposizione nei luoghi istituzionali di ricerca (archivi e biblioteche), che custodiscono solo alcuni materiali di studio. Il portale Archivi di Teatro Napoli1 consente l’individuazione di significativi documenti: presso il prezioso Archivio Eduardo De Filippo (Biblioteca Nazionale di Napoli – Sezione Lucchesi Palli) è conservato un interessante per quanto sparuto gruppo di commedie manoscritte (ma non autografe) di Vincenzo Scarpetta,2 alcune locandine e 1 Il progetto è nato dalla sinergia delle principali istituzioni napoletane impegnate nella valorizzazione delle fonti per la storia del teatro napoletano, ovvero la Sezione Lucchesi Palli della Biblioteca Nazionale di Napoli, l’Archivio di Stato di Napoli, il Museo Nazionale di San Martino (Sezione Teatrale), la Società Napoletana di Storia Patria, l’Istituto Campano per la Storia della Resistenza l’Associazione Voluptaria. Cfr. http://archiviteatro. napolibeniculturali.it. 2 Si veda qui la Bibliografia delle commedie a cura di Mariolina Cozzi Scarpetta. Solo per comodità riporto i titoli: ’A fortuna ’e Feliciello (4 atti), È femmena o diavolo? (3 atti), Era zetella, ma… (3 atti), Nu mese ’o ffrisco (3 atti), ’O guardiano ’e muglierema (3 atti), la più



TEATRO (1910-1920)

programmi di sala, mentre sia nell’Archivio Eduardo De Filippo che presso la Sezione Lucchesi Palli della Biblioteca Nazionale di Napoli è possibile visionare una ricca collezione fotografica su Vincenzo Scarpetta (accessibile anche online). Nello spazio della Biblioteca Digitale, infine, il portale offre in lettura uno dei copioni manoscritti de ’O tuono ’e marzo (copia di scena) dell’Archivio Eduardo De Filippo (copione n. 1153). Poco altro è reperibile presso gli Archivi della Censura Teatrale (Archivio Centrale dello Stato, Roma), come si evince dai relativi inventari.3 Pochissimo, infine, il materiale edito. Delle pur numerose commedie di Vincenzo Scarpetta è al momento possibile rintracciare a stampa solo il più celebre ’O tuono ’e marzo, reso noto dalla messa in scena realizzata dalla Compagnia «Scarpettiana» il 25 ottobre 1957 al Teatro San Ferdinando di Eduardo De Filippo. Fu Eduardo a includerne poi il testo nelle Quattro commedie di Eduardo e Vincenzo Scarpetta, pubblicate nella collana «Gli Struzzi» Einaudi nel 1974.4 Chi voglia, dunque, avvicinarsi alla poliedrica personalità artistica di Vincenzo Scarpetta – sul quale poco o nulla dicono gli storici della letteratura teatrale, allineati nel menzionarlo unicamente quale stanco continuatore dei fasti di Sciosciammocca o paterno promotore degli esordi dei fratelli De Filippo nella sua Compagnia teatrale – dovrà confidare sulla generosa disponibilità degli eredi. L’Archivio privato di Vincenzo Scarpetta è al momento custodito dai suoi nipoti Edoardo e Mariolina Cozzi Scarpetta, i quali, consapevoli di possedere un materiale prezioso in quanto a ricchezza ed unicità, sono attivamente coinvolti nel promuovere la conoscenza e la riaccensione dei riflettori su un autore-attore oscurato dalle ombre colossali di suo padre Eduardo Scarpetta e dei suoi fratelli, i De Filippo. nota ’O tuono ’e marzo (3 atti), Statte attiento a Luisella (3 atti), Tu mo che faciarrisse (3 atti), ’A riggina d’ ’o mare (commedia musicale in 2 atti), Il Signor 39 (3 atti), ’O figlio ’e papà (3 atti), Tanta guaie pe’ durmì (3 atti). 3 Si tratta dei copioni depositati e vistati con approvazione di: È femmena o diavolo?, Piff e Paff, Morettino del mio cuore, ’O tuono ’e marzo, Io mi diverto!… e tu?, Pe nu bacio a Zozò. Cfr. P. Ferrara (a cura di), Censura teatrale e Fascismo (1931-1944). La storia, l’archivio, l’inventario, vol. II, Roma, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Generale degli Archivi, 2004, p. 744. 4 La pubblicazione einaudiana comprende anche Lu curaggio de nu pumpiere napolitano, Li nepute de lo sinnaco e Na santarella di Scarpetta padre, portate in scena da De Filippo. La commedia ’O tuono ’e marzo è stata ristampata anche dalla Bellini Editrice nel 1995, seguita nel 1997 da Era zetella, ma…

VINCENZO SCARPETTA: «SCIOSCIAMMOCCA IN MINIATURA»?



Le considerazioni che seguiranno, pur sempre parziali e perfettibili, sono dunque il frutto di sondaggi mirati nell’Archivio Scarpetta-Cozzi (1890-1940 ca.) e di appassionate discussioni con l’instancabile Mariolina Cozzi Scarpetta, prodiga di informazioni, chiarimenti, suggerimenti e soprattutto documenti rari.5 Il corpus dei copioni annovera sia opere originali di Vincenzo che testi di altri autori messi in scena dalla sua Compagnia o semplicemente ereditati dal padre Eduardo (ad esempio: Montevergine di Domenico Romano,6 Signorine di Ernesto Murolo ma anche la traduzione de Il parigino di Charles Maurice Hennequin da cui Eduardo Scarpetta trasse Nu turco napoletano). Abbastanza ampio e spinoso è il settore delle «riduzioni», indicazione quest’ultima che ricorre spesso sui frontespizi dei copioni in Archivio, ma problematica nei casi in cui non ne sia indicato il testo di riferimento. Alcune riduzioni derivano esplicitamente da commedie di Eduardo Scarpetta, come indicato dai frontespizi o come è possibile arguire dai titoli (ad es. ’O marito ’e Nannina dall’omonima commedia paterna; La lega dei mariti da Na società de marite ossia La lega dei mariti; ’O miedeco d’ ’e femmene dall’omonima commedia intitolata anche Il dottor Suricillo; L’amico di papà ancora dalla commedia omonima etc.),7 mentre ben più ardua è l’individuazione dei testi teatrali che Vincenzo realizza a partire da opere paterne di cui, pur conservando l’intreccio e il sistema dei personaggi, muta il titolo, caratterizza diversamente il ‘suo’ Felice Sciosciammocca e soprattutto arricchisce la messa in scena con prologhi, duetti ed intermezzi musicati e cantati. In tali casi solo la lettura puntuale dei copioni di Vincenzo e una conoscenza approfondita dell’opera completa di Eduardo Scarpetta consente gli opportuni collegamenti tra le commedie di padre e figlio. Sembra opportuno segnalare, inoltre, gli adattamenti e le riduzioni di Vincenzo Scarpetta da Paola Riccora, tra le poche autrici attive sulle scene teatrali degli anni Venti-Trenta ed in contatto, tra gli altri, anche con le Compagnie Scarpetta e De Filippo.8 I copioni – che meritereb5 Per la descrizione dei materiali conservati in casa Scarpetta-Cozzi rimando alle pagine introduttive sull’archivio di famiglia di Mariolina Cozzi Scarpetta. 6 Su quest’opera cfr. C. Calligaris, Tra pochade e realtà: il teatro di Domenico Romano, in La scrittura che accende la scena. Studi e testi teatrali da Bracco a Troisi, a cura di G. Scognamiglio, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2007, pp. 139-147. 7 Per la bibliografia delle opere di Eduardo Scarpetta cfr. A. PIZZO, Scarpetta e Sciosciammocca: nascita di un buffo, Roma, Bulzoni, 2009. 8 Cfr. A. Ottai, Come a concerto. Il Teatro Umoristico nelle scene degli anni Trenta, Roma, Bulzoni, 2002.



TEATRO (1910-1920)

bero attenzione nel contesto di una rivalutazione del profilo culturale della Riccora (al secolo Emilia Vaglio, 1885-1975) – sono: Diavolone o Della Zoccola Film (1917), Il signore del cinematografo (1917), Pronto... 6 e 22 (1921), La signorina del Paraguay (1923) e Vivendo volando che male ti fo? (1930). Come suggerisce Ottai: a lei si debbono alcuni fra i maggiori successi della Compagni di Vincenzo Scarpetta, quando ancora vi lavoravano i De Filippo: [...] però la sua scrittura non si conforma all’originale, e non meno di quella di Vincenzo, contribuisce ad ammodernare e a variare sostanzialmente i comportamenti scenici di Felice Sciosciammocca, liberandolo dai tratti più identificativi e tradizionali.9

Tra le numerose riduzioni, nell’Archivio Vincenzo Scarpetta figurano, ad esempio, Doje gocce d’acqua (1904), L’acqua del miracolo (1906) e ’O guardiano ’e muglierema (1917), rispettivamente tratte da La frustata, Le pillole d’Ercole e Florette e Patapon di Charles Maurice Hennequin (1863-1926); Perzechella (1914) tratta da La Duchesse des Foliès Bergères di Georges Feydeau (1869-1942); Ordinanza (1920) e Tu mo che faciarrisse (1925) tratte da Alfredo Testoni (1856-1931, in particolare dall’omonimo bozzetto militare Ordinanza e da Cosa farebbe lei?); tra le riduzioni va segnalata anche La barba di Sciascillo (1923) da La barba de Carillo di Pedro Munoz Seca (1879-1936), ed infine una traduzione in dialetto napoletano de L’innesto dell’eternità (1931) di Carlo Veneziani (1882-1950). Spiace non ritrovare, invece, nel prezioso e ricco Archivio un importante titolo segnalato da Vittorio Viviani nella sua Storia del teatro napoletano (Napoli, Guida, 1969), ovvero Chello che simmo e chello che parimmo, traduzione/riduzione in dialetto napoletano de La maschera e il volto di Luigi Chiarelli (18801947), sicuramente andata in scena al Teatro Manzoni di Roma il 16 dicembre 1926 riscuotendo ampio successo di pubblico e consenso critico. Ugualmente aperta è la questione della traduzione in dialetto napoletano che Vincenzo Scarpetta avrebbe realizzato di Liolà di Pirandello, poi portata in scena con gran successo dai fratelli De Filippo ed attribuita a Peppino. Il copione scarpettiano, risalente al 1931, depositato presso gli Archivi della Censura Teatrale e appositamente trasmesso a Peppino De Filippo che lo rimaneggiò in alcuni

9 Ivi, p. 101. È il caso di segnalare che per una compiuta rivalutazione del profilo autoriale di Paola Riccora sarebbero opportune mirate indagini nel fertile materiale stipato nella Biblioteca intestata a suo figlio, Gino Capriolo, presso la Sede SIAE di Napoli.

VINCENZO SCARPETTA: «SCIOSCIAMMOCCA IN MINIATURA»?



punti, non riporta infatti il nome di Vincenzo Scarpetta, per quanto le testimonianze dello stesso Peppino ne confermino la sua paternità.10 Vincenzo Scarpetta rivela, allora, molteplici e diversificati gusti teatrali, ma al tempo stesso è sempre disponibile a seguire le orme paterne nel confrontarsi con l’ingombrante Sciosciammocca, di cui veste e riconfeziona i panni sulla sua misura di attore, e con il genere della pochade verso il quale in ogni caso evita l’atteggiamento «censoriale» assunto da suo padre Eduardo: Mentre nelle riduzioni di Eduardo Scarpetta le scene, le situazioni e i dialoghi piccanti degli originali francesi appaiono «castigati» (egli riteneva che nei teatri dove lui recitava i genitori dovessero poter condurre anche i ragazzi senza paura di turbare la loro innocenza), in quelle di Vincenzo si nota una decisa ribellione a tale operazione censoriale. Se nelle commedie di Scarpetta padre l’adulterio finiva sempre per risultare una finzione o per punire e per burlare l’altro coniuge, in quelle di Scarpetta figlio il tradimento era sempre reale, e il dialogo di quest’ultimo, sebbene non eguagliasse quello paterno quanto a ritmo ed essenzialità, era spregiudicato e più aderente allo spirito degli originali francesi.11

Tuttavia Vincenzo vuole soprattutto guardare al nuovo che avanza e che sente maggiormente vicino alla sua personalità artistica, come per Paola Riccora, per l’astracanada di Pedro Munoz Seca e il teatro dialettale di Alfredo Testoni fino a Luigi Chiarelli, attraverso il quale ebbe modo evidentemente di disegnare un nuovo ‘volto’ per Sciosciammocca, declinando verso il grottesco. Né viene meno, nella sua scrittura teatrale, il parallelo interesse per la nascente cinematografia, come testimoniano sia due delle riduzioni tratte da Paola Riccora (Diavolone o Della Zoccola film, Il signore del cinematografo) che la parodia Max Landerna (1915), chiaramente ispirata all’attore, regista e sceneggiatore Max Linder (Gabriel Maximilien Leuvielle, 1883-1925), creatore ed interprete per il cinema muto francese in quegli stessi anni del personaggio-maschera del baffuto Max.12 10 Della traduzione napoletana del pirandelliano Liolà si è occupato Pasquale Sabbatino nel Convegno interdisciplinare Una famiglia di artisti. Gli Scarpetta e i De Filippo, Università degli Studi di Napoli, 16-17 novembre 2011 (gli Atti sono in corso di stampa presso le Edizioni Scientifiche Italiane). 11 E. De Filippo, Quattro commedie di Eduardo e Vincenzo Scarpetta, cit., p. 203. 12 A tal proposito, è più opportuno rimandare alle puntuali osservazioni proposte da P. Iaccio (Gli Scarpetta e il cinema) durante il Convegno Una famiglia di artisti. Gli Scarpetta e i De Filippo. Mi limito qui ad indicare solo i titoli dei film che gli eredi Scarpetta sono riusciti faticosamente a reperire: La dama bianca (1938, completo), Eravamo sette vedove



TEATRO (1910-1920)

2. Un parricidio mancato. «Chi vede a mme adda dicere: lu figlio de Scarpetta» PRIMMA D’ACCOMINCIÀ (di dentro dietro il sipario) Iamme, iamme, moviteve, aprite ’sta portiera... Sì, faccio primma ’o prologo... (fuori) Signori buona sera, Signore, e signorine, scusate se ho gridato, Ma si non faccio chesto, non songo respettato. Basta, eccomi qua, voi già mi conoscete, E, senza manco dirlo, in faccia lo vedete. Una figura simme, identica, perfetta, Chi vede a me adda dicere: Lu figlio de Scarpetta. La stessa vocca, l’uocchie, li recchie, un po’ bassotto, Lu naso... (toccandoselo) no, è chiù fino, pecché so’ giovinotto. Quanno so’ quanto a isso, e che presenza caccio, Allora, ritenete, lu stesso naso faccio! Come già tutti sanno, artista è papà mio, E a me chesto non manca, artista so’ pur’io. Ho recitato bene, e... non se pò negà... Una cosa non songo pe dì la verità, Autore di commedie, ma pe’ va fà vedere... Io pur sarò autore... vedremo... di piacere. Isso, però, la prosa ha scritto fino a mò, Io scrivo prosa e musica, ma... proprio commifò

Con queste parole, nel Prologo in versi martelliani dello «scherzo a trasformazione» A chiar’ ’e luna, andato in scena per la prima volta al Teatro Fiorentini di Napoli il 6 gennaio 1900, Vincenzo Scarpetta, principe ereditario di Eduardo Scarpetta, prende ironicamente le distanze dal profilo artistico paterno, dalla cui ombra ancora oggi fatica ad uscire, dimenticato da quanti si occupano di teatro napoletano otto-novecentesco. Vincenzo nacque a Napoli il 17 o il 19 giugno 1877,13 figlio ‘legittimo’ dei coniugi Eduardo Scarpetta e Rosa De Filippo e fratello minore di Domenico, colui che malevoli ma fededegne voci popolari definivano «’o figlio d’ ’o Rre», in quanto frutto della relazione pre-

(1939, completo), Miseria e nobiltà (1940, versione italiana e versione tedesca, completo); Tutto per mio fratello (1911, completo), Scarpetta e l’Americana (1918, parziale); Il gallo nel pollaio (1916, completo). 13 La data esatta pare essere il 17, ma all’anagrafe risulta registrato il 19, probabilmente per un puro fatto scaramantico.

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matrimoniale tra la giovane Rosa e il re Vittorio Emanuele II, poi legittimato da Eduardo Scarpetta (evidentemente con calcolata astuzia per i vantaggi che potevano derivarne alla sua libertà di espressione a teatro). Vincenzo fu dunque l’unico figlio nato dal legale matrimonio di don Eduardo, essendo gli Scarpetta – com’è noto – una ‘famiglia allargata’. Dalle numerose relazioni extra-coniugali di don Eduardo, nasceranno l’adorata Maria (frutto della relazione con Francesca Giannetti, poi legittimata nel 1894),14 i fratelli Titina, Eduardo e Peppino De Filippo (figli di Luisa De Filippo, nipote di sua moglie Rosa),15 Eduardo e Pasquale De Filippo (in arte Passarelli, figli della serva di casa Anna De Filippo, sorellastra di sua moglie) e forse anche Ernesto Murolo. La prima apparizione del piccolo Vincenzo in scena avviene probabilmente nel 1885 al Teatro Rossini di Napoli con la canzonetta Li pulicille de Mariantonia,16 mentre il vero debutto risale al 1888 quando interpreta nella commedia Miseria e nobiltà il celeberrimo ruolo di Peppeniello che Scarpetta aveva scritto appositamente per l’adorato figlio, assegnandogli la nota battuta «Vicienzo m’è pate a mme!», e che diventerà negli anni la parte con cui esordiranno tutti i piccoli di casa Scarpetta, compresi i fratelli De Filippo. Così Eduardo Scarpetta ricorda l’esordio dell’amato «Vincenzino» e la genesi di Miseria e nobiltà, scaturita dal desiderio di cucirgli una parte su misura: E chiudo poi questa rapida rassegna con Miseria e nobiltà, la quale se mi costò molta fatica, mi ricompensò anche largamente in applausi, lodi e quattrini. Per questa commedia ho avuto ed avrò sempre una speciale predilezione, non solo perché credo che sia la migliore delle mie produzioni originali, ma ancora perché mi ricorda una data assai cara e dolce al mio cuore: il debutto di mio figlio Vincenzino. A quell’epoca egli aveva dieci anni appena; ma, benché piccino, mostrava già da qualche tempo una grande passione pel teatro. In ciò somigliava 14 Francesca Giannetti era la sorella del maestro di musica di casa Scarpetta, Giovanni Giannetti. Maria Scarpetta (in arte Mascaria) fu anch’essa autrice teatrale e firmò numerose commedie anche assieme ai fratelli De Filippo. È inoltre autrice di Felice Sciosciammocca. Mio padre, Napoli, Morano, 1950, sul quale si è recentemente soffermato D. Giorgio, Felice Sciosciammocca mia padre di Maria Scarpetta, in «Rivista di Letteratura Teatrale», 6, 2013. 15 Sulle dinamiche dei rapporti tra i fratelli De Filippo e Eduardo Scarpetta mi limito ad indicare le celeberrime per quanto discutibili pagine di P. De Filippo, Una famiglia difficile, Napoli, Marotta, 1976. 16 Il dato è tratto da un opuscolo intitolato Per Il Figlio di Iorio. Rivelazioni di un indiscreto, Napoli, Morano, 1904, segnalatomi dagli eredi.

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tutto a suo padre; e mi richiamava alla memoria gli anni lontani della fanciullezza, le mie prime gioie, i miei primi dolori, il mio grande amore per il teatro. In quel bambino io mi rivedevo e mi ritrovavo perfettamente. Oltre alla somiglianza del volto, io sentivo in lui il suono della mia voce, e spesso mi riconoscevo nei suoi gesti e nel portamento della persona. Magro, un po’ sparuto, egli mi ricordava la prima visita fatta ad Andrea Natale assieme con mia madre, e la mia prima apparizione sul palcoscenico del San Carlino, durante le prove del Masaniello. Mi pareva che quel ragazzino fosse destinato ad un brillante avvenire, e credetti finalmente giusto non ostacolare la sua vocazione pel teatro. Io mi ero ficcato in mente di farne un musicista ad ogni costo; ma egli, pur mostrandosi ossequente alla mia volontà, faceva in verità assai poco profitto, e io dovetti alla fine riconoscere di avere sbagliato strada. Per la musica egli non mostrava alcuna seria e spiccata disposizione. Meglio, dunque, secondarlo, nella via da lui prescelta. Invano cercai una particina per lui nelle mie vecchie commedie e riduzioni. Il mio amor proprio e la mia vanità di padre mi consigliarono infine di scrivere una commedia apposta per lui: una commedia, dove egli avrebbe potuto emergere anche in una particina di poche battute. E mi misi subito all’opera. Da quella macchietta secondaria che pensavo d’introdurre in quella commedia, ancora di là da venire, germogliò poi, come da un seme miracoloso, Miseria e nobiltà. Intorno a quel bambino nacquero e si mossero altri personaggi, si raggrupparono nuove scene, e così da quel pretesto venne fuori la commedia bella e fatta. È rimasta popolare la frase: – Vicienzo m’è pate a mme! E molti ricorderanno ancora il garbo, la verità e lo spirito, coi quali il piccolo attore la profferì, attirando, tutt’a un tratto, sopra di sé l’attenzione del pubblico. Un lungo e sonoro scroscio di applausi l’accolse, e mentre il povero piccino, mezzo smarrito e tremante, rientrava di corsa fra le quinte, cadde fra due braccia che lo stringevano forte forte sul cuore coprendogli il volto di lacrime e di baci. Chi potrebbe ridirvi l’emozione profonda provata da me quella sera? Vi confesso francamente che non mi aspettavo quel successo; e che quando fui obbligato ad accompagnare mio figlio alla ribalta, tremavo più di lui, di tenerezza e di gioia. La sera del sette gennaio 1888 resterà eternamente scolpita in fondo al mio cuore.17

In realtà la strada che il giovanissimo Vincenzo sente di voler percorrere è quella della musica, studiata in casa – come era abitudine dei rampolli Scarpetta affidati a maestri esperti –18 e forse anche al 17 E. Scarpetta, Cinquant’anni di palcoscenico (Memorie), prefazione di B. Croce, Napoli, Gennarelli, 1922, pp. 310-312. 18 Cfr. P. De Filippo, Una famiglia difficile, cit., pp. 40 sgg., part. p. 42: «Quella di insegnare musica ai ragazzi che gli venivano fuori dalla legalità matrimoniale, era una mania di Scarpetta. Forse credeva di risolvere tutto con l’insegnamento del pianoforte. Forse era convinto che un diploma di musica avrebbe potuto ben sostituire, a suo tempo, un regolare

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Conservatorio di San Pietro a Majella.19 A partire da alcune delicate foto che lo ritraggono bambino al pianoforte con abitino di gala e parrucca alla Mozart, la vena musicale consentirà a Vincenzo di occuparsi costantemente delle ‘colonne sonore’ delle sue opere teatrali, configurate in qualche caso come parodie musicali, ma soprattutto di comporre numerose canzoni, tra le quali quelle comprese nella Piedigrotta Scarpetta edita dal napoletano Morano nel 1903 e nel 1904.20 Altrettanto spiccata è negli anni della prima giovinezza la passione per il café chantant, che ebbe il suo tempio a Napoli nel celebre Salone Margherita21 e si incarnò per Vincenzo anzitutto nell’amore per la cantante-ballerina Eugénie Fougère (celebre per i gioielli di cui faceva sfoggio durante le esibizioni),22 fieramente avversato da don Eduaratto di stato civile nel quale si riconosce per legittimo un figlio adulterino. D’altra parte, non credo che qualcuno gli desse troppa preoccupazione al riguardo. Gli bastava quella di cercare un maestro di pianoforte, e la creatura – una volta adulta – avrebbe potuto guadagnarsi il pane strimpellando il piano, magari in una sala da ballo, o in una sala cinematografica o in un’orchestra di teatro, e se poi si fosse mostrato davvero volenteroso e intelligente avrebbe potuto fare il maestro concertatore d’orchestra e girare il mondo... in caso dannato, be’, avrebbe potuto far parte di una “posteggia” in coppia, in concertino, o da solo, e girare le strade e i tanti ristoranti della città». 19 Dalle ricerche personalmente effettuate dalla tenace Mariolina Cozzi Scarpetta non risulta, però, traccia della frequenza di Vincenzo presso il Conservatorio napoletano. 20 I due fascicoli sono conservati presso la Sezione Lucchesi Palli della Biblioteca Nazionale di Napoli. Nella Piedigrotta Scarpetta del 1903 sono pubblicati Nun ire tu!, Senza core!, Che ne sarrà?!, Le unghie! (tutte con versi e musica di Vincenzo); nella Piedigrotta Scarpetta del 1904 invece vi sono i seguenti titoli, le cui sole musiche sono di Vincenzo: Nu mistero! (versi di Libero Bovio), Vuje! (versi di G. Gabrielli), Dinto? O fore? (versi di L. Mattiello), Canzone spruceta! (versi di F. Buffon), Piripigniccola! (versi di G. Capurro). Sul profilo di Vincenzo Scarpetta musicista, oltre a E. De Mura, Enciclopedia della canzone napoletana, vol. I, Napoli, Il Torchio, 1968, pp. 163-164, va segnalato l’intervento di Federico Vacalebre, Ma che musica maestro! The sound side of Sciosciammocca junior. Ovvero alla (ri)scoperta del compositore Vincenzino Scarpetta, al citato convegno Una famiglia di artisti. Gli Scarpetta e i De Filippo. 21 Cfr. V. Paliotti, Salone Margherita e la belle èpoque, Roma, Benincasa, 1975, 2 voll.; P. Sommaiolo, Il café-chantant. Artisti e ribalte nella Napoli bella époque, Napoli, Tempo Lungo, 1998. 22 Cfr. M. Mangini, Eduardo Scarpetta e il suo tempo, con prefazione di E. De Filippo, Napoli, Montanino, 1961, pp. 120-121: «La Fougère, vera e tipica chanteuse eccentrica, venne a Napoli per la prima volta al Margherita nel ’97, reduce dalle Folies Bergère. A Parigi, in omaggio alla sua brillante personalità, una casa di prodotti di bellezza aveva lanciato l’acqua di colonia Fougère Royale. Artista schietta, donna dotata di grandi pregi, intelligente e vivace, cantava in tre lingue oltre che in italiano. I suoi vestiti, i suoi costumi e le sue acconciature erano tante creazioni esclusive dei Dior e dei Fath del tempo. Aveva gioielli e monili di altissimo, eccezionale valore. Dopo il teatro, quando non era in compagnia di ammiratori e amici, un agente di polizia in borghese la seguiva per proteggerla. Tutta la Napoli gaudente del tempo impazzì per lei. Il Duca Malvezzi le spese un patrimonio, ma il più fortunato dei suoi ammiratori fu Vincenzino Scarpetta. Intrecciarono una vera e propria relazione che durò abbastanza e che divenne nota in tutti gli ambienti. Attraverso il suo amato Vincent ella divenne

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do che gli impedì di seguirla.23 Vincenzo continuerà evidentemente a vagheggiarla a lungo se, negli anni, le riserverà una delle sue più convincenti imitazioni-parodie en travesti:24 Invecchiando, diceva senza troppe memorie e nostalgie, confessava di aver dovuto soffocare la sua vera, autentica aspirazione: essere, come si diceva allora, un «fantasista». Versato per natura in tutto ciò che avesse attinenza, comunque, con l’illusionismo, fu talvolta in gara con il celebre Vitrix, e giovanissimo, in occasione dei trionfi di Leopoldo Fregoli al «Salone Margherita» di Napoli, riuscì ad imitare il famoso trasformista in un suo atto unico Al chiaro di luna [...]. E come Fregoli riusciva a cantare da tenore, da baritono e in falsetto. Alla prima rappresentazione assisteva Eugénie Fougère: la «stellissima» francese, entusiasta, aveva proposto al giovane artista un vantaggioso contratto per l’«Olimpia» di Parigi, centro del varietà internazionale (siamo nel ’900), ma dopo averlo accettato, al momento della «fuga», Vincenzino non trovò il coraggio necessario per abbandonare la compagnia paterna, dov’era stato assunto da quattro anni per le parti di mimo e di attor giovane.25

Il trasformismo, lanciato da Leopoldo Fregoli (1867-1936),26 fu un’arte nella quale Vincenzo, sempre più affascinato dal mondo della di casa nel teatro napoletano. Eseguiva duettini brillanti in dialetto e lo spirito del boulevard si sposava perfettamente con il lazzo e la battuta del teatro di Scarpetta. In breve divenne familiare anche nella casa di Scarpetta: signorile, colta, spiritosa, accompagnò Eduardo e la sua famiglia a Parigi in occasione dell’Esposizione Universale, facendo da pilota e da guida ai suoi amici. Poi la liaiçon, come tutte quelle del genere, finì e la Fougère abbandonò l’Italia. Poche e scarse notizie si ebbero in seguito di lei, ma tutte concordavano col dire che, come sempre, generosa, prodiga e spendereccia, a poco alla volta si riduceva alla miseria. E verso il 1930 [sic!] all’epoca del Teatro Nuovo, un mattino all’ora di prova, a Vincenzino Scarpetta fu recapitata una lettera: era di Eugenie e proveniva da Parigi. La lettera era tutta un patetico appello al suo “vecchio amore” perché Vincent le inviasse anche una piccola somma. Le sue condizioni economiche e di salute erano pietose e lei proprio non ne poteva più! Vincenzino interruppe la prova, chiamò Scala, il cassiere, e porgendogli la lettera disse: – Spedisci subito a questo indirizzo duemila lire. Alcune soubrettes della Compagnia, che si erano accorte del maneggio, chiesero a Scarpetta chi fosse questa Fougére. “Una vostra grande maestra che muore in miseria!” – rispose. La prova quel giorno fu assai triste e malinconica». 23 Nonostante questo amore giovanile, Vincenzo sposò in seguito l’amatissima Amalia Bottone, anche lei attrice, dalla quale ebbe tre figli: Eduardo, Vincenzo e Dora. Eduardo è il padre del noto attore Mario Scarpetta, prematuramente scomparso; Vincenzo, detto Sisso, è il padre di Edoardo che custodisce il prezioso Archivio qui menzionato; Dora ha sposato Vittorio Viviani, figlio del celebre Raffaele Viviani, e va segnalato che al loro matrimonio fece da “compare d’anello” Eduardo De Filippo. 24 Si veda a tal proposito la spassosa macchietta di Mimì Cicilliflich, con versi e musica di Vincenzo Scarpetta (Sezione Lucchesi Palli, Raccolta Cennerazzo D 68). 25 R. Minervini, I due Scarpetta, «Il Fuidoro. Cronache napoletane» 2 (1955), n. 3/4, pp. 124-126. 26 Cfr. la nota autobiografia Fregoli raccontato da Fregoli. Le memorie di un mago del trasformismo, Milano, Rizzoli, 1936, ora a cura di A. Brachetti, Firenze, Florence Art, 2003.

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rivista, non mancò di esercitarsi con ottimi risultati. Risale al febbraio 1898 lo spettacolo al Teatro Bellini di Napoli Leopoldo Fregoli e le sue trasformazioni, in cui si cimentarono Scarpetta padre e figlio suscitando «un vero fanatismo».27 Da alcune locandine conservate nell’Archivio privato apprendiamo che l’imitazione di Fregoli e del suo più noto spettacolo Eldorado (in cui il trasformista si cimentava in una girandola di ben sessanta personaggi), abbinata da Vincenzo al «bozzetto» A chiar’ ’e luna, andò in scena per circa quattro anni (1900-1904). Dell’Eldorado fregoliano (1895)28 Vincenzo faceva propri alcuni personaggi, come si evince dalle citate locandine e dalle foto di scena: il clown parodista (Tom Leo Fre), il baritono (Sig. Civetta), la romanzista (Contessa Cipolla), il clown musicista (Sol Do Mi), il signore col cappello (Monsieur Nandar) e la sciantosa eccentrica (Mad.lle Juliette). La recitazione en travesti diventò quindi in quegli anni uno dei cavalli di battaglia di Vincenzo, il cui maggior successo in tale direzione fu il ruolo di Mimosa-San nella parodia de La geisha di Sidney Jones realizzata da suo padre (e nella quale nel febbraio 1906 prese parte anche il piccolo Eduardo De Filippo nel ruolo di un giapponesino).29 Le legittime ambizioni di Vincenzo, cui non viene consentito di coltivare esclusivamente le proprie velleità artistiche, sono in qualche modo soffocate dall’affetto autoritario di Eduardo Scarpetta, che intende fare del suo unico ed amato legittimo il proprio erede a teatro. La somiglianza quasi gemellare con Eduardo padre, nel fisico, nella mimica facciale e nelle pose, condannano Vincenzo ad indossare i panni di Felice Sciosciammocca a partire dal 14 novembre 1896 quando per la prima volta ne interpreta la parte nella commedia Li nepute de lu sinneco,30 e con continuità dall’anno comico 1909-10, quando don Eduardo sarà sempre più spesso assalito da attacchi di stage-fright (panico da palcoscenico) dopo la complicata vicenda legale della parodia dannunziana Il figlio di Iorio.31 27 Cfr. E. Scarpetta, Cinquant’anni di palcoscenico, cit., p. 349. Si trattava di una commedia in due atti (cfr. il copione conservato nell’Archivio Eduardo De Filippo, n. 980). 28 Cfr. Eldorado. Eden di varietà, stravaganze in un atto e tre quadri per tutti i gusti, composizione originale di Leopoldo Fregoli, Firenze, Tip. Elzeviriana, 1899 29 La parodia delle mode orientaleggianti torna anche in Vincenzo autore ed informa, ad esempio, parte dell’intreccio di Il Principe O-Yet-Sang o Cose ’e ll’ato munno! Commedia in tre atti, risalente al 1913. 30 La data è desunta da un appunto manoscritto di Vincenzo mostratomi da Mariolina Cozzi Scarpetta. 31 Queste invece le parole di Eduardo Scarpetta: «Vi è poi anche un altro motivo che mi ha indotto a ritirarmi dalle scene: quello di far posto a mio figlio Vincenzo. Era ormai tempo, ed era pur giusto, che emergesse finalmente anche lui! E come avrebbe potuto egli

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Il piccolo Vincenzino di otto anni – Sciosciammocca in miniatura – [eseguiva] delle specie di cavatine, scrittegli espressamente da suo padre; il quale si piaceva pure di truccare personalmente il suo legittimo erede in erba, appunto, da Felice, così come si sarebbe divertito, questa volta senza emozione, ad abbigliare e colorare un bamboccio. E mi raccontano che la primissima sera – proprio quella del varo, da la... banchina del teatro «Rossini», nella qual sera il ragazzino si vide camuffato, fu tale la sua gioia che, finito il suo entusiasmante numero, in un camerino non si voleva più svestire; e non si svestì. Così conciato, con la polacchella e il rosso alla punta, del nasino, come un sigillo di ceralacca, volle andare a casa, e volle andare a letto: così vestito. Si addormentò vicino al suo papà, come il figurino in piccolo, del grande comico.32

Quale fu la portata innovativa di Vincenzo Scarpetta nei confronti del teatro paterno e soprattutto come scelse di caratterizzare il ‘suo’ Felice Sciosciammocca? Nel celeberrimo ’O tuono ’e marzo (1911), liberamente tratto da Colpo di fulmine di Xanroff ed il cui successo è legato alla messa in scena del 1957 al Teatro San Ferdinando di Napoli e all’adattamento per la RAI di Eduardo De Filippo nel 1975,33 Felice Sciosciammocca è con tutta evidenza un co-protagonista, vittima nel finale di una tradizionale scarpettiana girandola di «’mbroglie» messe in atto dal servo furbo Torillo Scarola. In questa commedia, che mette volontariamente in ridicolo il tema della paternità con un Felice che finisce per ritrovarsi una madre ma ben due padri, Vincenzo Scarpetta torna alla tradizione petitiana e sancarliniana, accostando all’imborghesito amoroso Sciosciammocca il personaggio di Torillo, «povero e furbo, ignorante e bugiardo, vittima e carnefice, [...] un parente stretto di Pulcinella».34 emergere, se io mi fossi ostinato a recitare ancora? Certo egli non avrebbe potuto conseguire quei successi, che ha poi ottenuto, e va ottenendo da alcuni anni in qua» (Cinquant’anni di palcoscenico, cit., p. 408). 32 F. Cangiullo, I due Sciosciammocca, in Id., Addio mia bella Napoli, con 120 illustrazioni, Firenze, Vallecchi, 1955, pp. 121-126, part. p. 121. 33 Il 25 ottobre 1957 ’O tuono ’e marzo fu portato in scena con successo al Teatro San Ferdinando di Napoli dalla Compagnia «La Scarpettiana». Gli interpreti furono: Pietro De Vico (Felice Sciosciammocca), Pupella Maggio (Sofia), Franco Sportelli (Turillo Scarola), Angela Luce (Giulietta Spina), Giuseppe Anatrelli (Alfonso), Ugo D’Alessio (Borzillo), Pietro Carloni (Morzetta), Graziella Marina (Nannina), Gennaro Palumbo (Mimì Cardillo), Salvatore Cafiero (Pachialone), Gennaro Genovese (Trucola), Giuliana Gargiulo (Marietta). Nel 1975 Eduardo De Filippo la adattò liberamente per la RAI (scenografie e costumi di Raimonda Gaetani e musiche di Nino Rota). Tra gli interpreti: Eduardo (Turillo Scarola), Luca De Filippo (Felice Sciosciammocca), Paolo Stoppa (Saverio Burzillo), Rina Morelli (Sofia), Angelica Ippolito (Giulietta), Mario Scarpetta (Mimì Cardillo), Lina Sastri (Nannina), Gennarino Palumbo (Morzetta), Franco Angrisano (Trocoli). 34 E. De Filippo, Quattro commedie di Eduardo e Vincenzo Scarpetta, cit., p. 203.

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Il ‘marchio di famiglia’ caratterizza le due commedie in tre atti qui pubblicate e vagamente affini per ciò che riguarda la caratterizzazione del personaggio di Sciosciammocca interpretato da Vincenzino: Statte attiento a Luisella (1911) e ’O guardiano ’e muglierema (1917). Felice svolge, in entrambi i casi, il ruolo di ’badante’ per due donne estremamente volitive, ciarliere ed esuberanti, la cantante Luisella nel primo caso e Ninetta nel secondo, confondendosi tuttavia nella ridda dei personaggi che agiscono in queste due commedie alquanto affollate e caotiche in quanto a beffe, contro-beffe, sotterfugi e scambi di persona. In Statte attiento a Luisella Felice Sciosciammocca, giovane dottore in medicina, rimane vittima della beffa da lui stesso architettata ai danni del compare Ciccio che dovrebbe versargli un’eredità di 300mila lire a patto che contragga matrimonio. La giovane prescelta è appunto Luisella, fidanzata dell’amico Don Achille, gelosissimo consigliere comunale che, in occasione di un viaggio d’affari, affida l’esuberante ragazza proprio a Felice. Tuttavia la situazione sfugge di mano a Sciosciammocca, poiché Luisella conduce vita mondana e cede alle lusinghe degli agi prospettati dal ricco principe Kuratieff, suo corteggiatore. Don Achille, indispettito dal fatto che Luisella abbia persino trascorso una notte in casa di Felice e profittando del fatto che Ciccio vuole assistere alle nozze per versare l’eredità a Felice, organizza a sua volta una beffa proprio ai danni di Felice, inducendolo a celebrare un finto matrimonio riparatore con Luisella, che si rivelerà essere un’unione in piena regola. Tentate le strade della pazzia e della flagranza di adulterio per liberarsi dell’ingombrante Luisella (il cui ’peso’ ricadrà sulle spalle di Kuratieff, l’unico disposto realmente a sposarla), Sciosciamocca alza bandiera bianca sul finale: a lui spetta chiudere ironicamente la commedia con l’eponimo «statte attiento a Luisella» indirizzato questa volta al povero Kuratieff, ma non prima di aver dichiarato – per l’esasperazione della beffa che lo ha beffato e lasciando un po’ di amaro in bocca al lettore-spettatore – che andrà via in America assieme al compare Ciccio. Più complessa in quanto a sotterfugi e inganni architettati dalle donne ai danni dei rispettivi consorti-amanti è ’O guardiano ’e muglierema, commedia in tre atti nella quale Felice Sciosciammocca, «la perla degli uomini […] nu cretino qualunque […] troppo docile, anze, troppo debole!» (Atto I, scena seconda), deve vedersela con le esuberanze di Ninetta, la frivola moglie del suo datore di lavoro Pasquale Segatura. Felice, sventurato «guardiano» di Ninetta in assenza del marito,

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è coinvolto suo malgrado nella vera e propria girandola di maliziosi stratagemmi che gli altri personaggi mettono in atto in questa pochade a tratti caotica. Sciosciammocca finisce per subire una progressiva eclisse a favore delle coppie e dei terzetti che agiscono e interagiscono sul palcoscenico (Ninetta-Pasquale-Barone Pomatella; Amelia-Ciccio Pampuglia-Armando; Matteo il camorrista – Sisina Panzé la canzonettista) e, così, a gran voce dovrà riconfermare la propria identità e il proprio peso scenico sul finire del II Atto: Felice: (balzando in piedi) […] Basta mo!... Voglio piglià ’o nomme mio!... e ’o voglio dicere a tutte quante, che so Felice Sciosciammocca!... Felice Sciosciammocca!... (Atto II, scena 24°)

Con La donna è mobile, portata in scena per la prima volta al Teatro Manzoni di Roma il 7 dicembre 1918,35 ci si confronta con una commedia-parodia musicale36 in quattro atti, tratta da Nu tesoro int’ ’a na seggia di Giacomo Marulli,37 la cui azione è sorretta ed arricchita da frequenti monologhi, duetti e terzetti musicati e cantati, ma presentati quali parodie di famose arie d’opera (i relativi spartiti, di pugno di Vincenzo, sono tutti presenti nell’archivio di famiglia). Il panorama musicale del classico Ottocento romantico è ampiamente documentato e parodiato mediante la riscrittura comica o la giustapposizione dei testi: si va da Verdi (La donna è mobile e La tempesta dal Rigoletto; Sempre libera da La traviata), a Mascagni (brani da Cavalleria rusticana), Rossini (brani da Guglielmo Tell) e Puccini (Vecchia zimarra dalla Boheme). Non manca l’operetta, con la parodia della Duchessa del Bal Tabarin di Carlo Lombardo, e si passa anche attraverso rielaborazioni parodiche de Il solletico di Armando Gill, La risata di Berardo Cantalamessa, di Funiculì funiculà di Turco-Denza, per finire con marce e balletti composti dallo stesso Vincenzo Scarpetta. Il personaggio di Felice Sciosciammocca, pur conservando il proprio consolidato peso scenico, è calato in un testo fortemente corale nel quale si stenta ad identificarlo come protagonista assoluto. L’azione ruota infatti intorno ad Eugenio Fiorillo, un trova35 Il dato è tratto da un registro delle prime rappresentazioni conservato nell’archivio privato di casa Scarpetta. 36 Su questo genere cfr. A.M. Sapienza, La parodia nell’opera lirica a Napoli nell’Ottocento, Napoli, Lettere Italiane, 1998 37 Cfr. V. Viviani, Storia del teatro napoletano, Napoli, Guida, 1969, p. 884. Su Marulli cfr. F. Mosca, Il conte Giacomo Marulli ovvero il “negro” di Antonio Petito. Ricognizione di una produzione teatrale sommersa, in Il lato oscuro del teatro, a cura di G. Scognamiglio, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2012, pp. 115-136.

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tello beneficato dal Barone Ambrogio, che intende sposare la volitiva Giulietta Sazio, contesa anche dal legittimo erede di Don Ambrogio, il Baroncino Procolo Turzi. Il generoso Ambrogio, tuttavia, muore prima di poter nominare come suo erede universale il buon Eugenio, che si riduce così a fare il cameriere di un bar, mentre il suo fidato servo Felice Sciosciammocca si arrangia col mestiere di lustrascarpe. La ‘mobile’ Giulietta, la cui incostanza ed il cui arrivismo giustificano il titolo della commedia-parodia, cede allora alle lusinghe del Turzi e si prepara ad accasarsi come baronessa. Ma è grazie a Felice, al cameriere Vicienzo e al cuoco Salvatore che vengono ritrovati, nascosti nella vecchia poltrona di casa Turzi, su cui Don Ambrogio è spirato, l’attestato di nascita di Eugenio, figlio legittimo del defunto che lo concepì per un errore di gioventù, ed il correlato testamento olografo che lo rende erede universale. Non essendo più un «trovatore», ma «la forza del destino» – come Felice afferma sulla scia della parodia musicale verdiana che informa tutto il testo – è tempo per Eugenio di vendicarsi di Giulietta, che viene invitata ad una festa del misterioso principe indiano Kutikuti per poterle chiedere la mano. Si tratta, ovviamente, di Eugenio stesso, che accoglie nella sua nuova lussuosa casa i nobili dai quali è stato umiliato e che hanno assistito, nel II atto, compiaciuti alle minacce formulategli da una vecchia usuraia e sbalordiscono per la generosità con cui gli amici del popolo lo hanno soccorso donando ognuno il proprio guadagno: «nun date audienza a nisciuno, ca sempe che tenite a Luisella e a cumpà Pascale, nun ve mancarrà maie niente; pecché pupulane, lazzare simmo sì, ma tenimmo tanto ’e core, aiutamme ’o simmile nuosto, e nun ’o fernimmo ’e scarpesà, comme fanno cierti male femmene e cierti signure d’oggi giorno». Sono proprio la contadina Luisella e il pescivendolo Pascale, travestiti da genitori dell’indiano Kutikuti, ad accogliere, nelle loro plebee braccia, la compiaciuta Giulietta, cui non resta dunque che svelare la beffarda vendetta di Eugenio. La commedia-parodia, in cui Felice Sciosciammocca fa parte del coro degli altri personaggi, è un’opera in cui il tradizionale stile scarpettiano ed un altrettanto tradizionale scarpettiano scontro tra «nobiltà» e «miseria» (ben evidente nel II e nel IV atto) si arricchisce di un ricco commento musicale, astuto e finemente parodico.38 38 È opportuno segnalare che La donna è mobile è stata l’opera di esordio della Compagnia di Luca De Filippo nell’ottobre 1981, la cui regia fu curata da Eduardo ormai alle sue ultime esperienze in scena. La scenografia era di Bruno Garofalo e tra gli attori figuravano Vincenzo Salemme, Gianfelice Imparato, Angela Pagano. Cfr. la lusinghiera recensione di Roberto De Monticelli apparsa sul «Corriere della Sera» il 3 ottobre 1981.

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Sul medesimo connubio prosa-musica è incentrata la commediaparodia musicale in tre atti L’uomo è stabile (1919), il cui titolo appare strategicamente ‘complementare’ al precedente testo. Si tratta in questo caso di una riduzione dalla commedia di Eduardo Scarpetta Lo pappagallo de lo Sinneco ossia Cocò (1884-85) e nella cui lista dei personaggi ritroviamo, quali interpreti rispettivamente di Gesualdo e di Barbarella, anche Eduardo e Titina De Filippo, il primo in uno dei ruoli principali, la seconda quale personaggio minore ma affidataria di una gustosissima parodia di Levate ’a cammesella.39 Il testo paterno, tuttavia, subisce un sensibile arricchimento strutturale, in ragione delle frequenti parodie musicali, ancora una volta tratte da Verdi (Vendetta, tremenda vendetta dal Rigoletto), Rossini (brani da Il barbiere di Siviglia), Puccini (E lucevan le stelle da Tosca), Leoncavallo (Ridi pagliaccio da I pagliacci), ma anche da celeberrime canzoni napoletane come Lilì Cangy di CapurroGambardella e la citata Levate ’a cammesella di Stellato-Melber. Anche in questa commedia continua ad essere spiccata la coralità, tale da impedire al personaggio di Felice Sciosciammocca – per quanto meglio caratterizzato rispetto a La donna è mobile – di assumere la parte di assoluto protagonista. La trama narra infatti le vicende di Saverio Pagnotta, Sindaco del paesino Cola S. Magno, e di Federico, un nobile giovanotto che cela la sua vera identità fingendosi servo (e poi segretario) del Sindaco per poterne avvicinare la figlia Teresina, di cui è innamorato. La ricchezza di Saverio Pagnotta, su cui si basa la sua onorabilità e rispettabilità sociale e politica, è subordinata però alle sorti del suo pappagallo Cocò, il reale proprietario di tutti i beni, il cui solo usufrutto spetta a Saverio su disposizione testamentaria del suo bislacco amico Camillo Patierno che lo ha vincolato alla cura e alla vigilanza dell’amato pappagallo per poter ricevere mensilmente un ricco e generoso donativo. Di ciò vengono presto a conoscenza sia Federico che il saltimbanco Felice Sciosciammocca, compare e parente del Patierno, ridottosi ad esibirsi sulle pubbliche piazze in un baraccone improvvisato con pseudo-spettacoli di mirabilia. È lui l’«uomo stabile» del titolo e, in quanto tale, è desideroso di ristabilire l’ordine turbato dall’ingiustizia della vita, meditando quindi vendetta contro il Sindaco che anzitutto lo ha privato prima della licenza di esibirsi in piazza facendolo multare, poi della ricchezza ereditando il pappagallo e infine dell’amante, la canzonettista Rosina Squaglia: 39

La lista dei personaggi e dei relativi interpreti riporta anche un G. De Filippo (forse Peppino) nel ruolo minore di un servo.

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Felice: Eccellenza, io sono Felice Sciosciammocca, sono il proprietario del baraccone in mezzo alla piazza, qua, dirimpetto al vostro palazzo. Saverio: (fissandolo) Ah!... Sicuro... voi siete quel pagliaccio che vedo sempre là fuori. Felice: Sono io quel pagliaccio, sono io! Ma, Eccellenza, sotto quell’abito di pagliaccio, di buffone, c’è tutta la serietà dell’uomo di principio, dell’uomo di saldi propositi, dell’uomo che è stabile! [...] Saverio: (No, chisto adda essere tutto pazzo). Be’, va bene, ma insomma che volete? Oh! E prima di tutto, levatevi il cappello, che qua non state in casa vostra e vi trovate alla presenza del Sindaco di Cola San Magno! [...] Felice: L’altro giorno, voi, gentilmente mi deste il permesso di aprire il baraccone, e ve pigliasteve 15 lire, vi ricordate? [...] Stammatina è venuta na guardia Municipale e ha ditto che aggia levà ’a femmena cu ’e pulece, si no me fa chiudere. Saverio: ’A femmena cu ’e pulece? Felice: Sissignore, eccola qua (fa vedere il ritratto che toglie dalla cartiera). È una novità. Saverio: E che fa coricata sopra a stu divano? Felice: Tene cinche pulece ncop’ ’e ggamme, e si fa succhiare il sangue, soffrendo prurito e punture senza muoversi. Saverio: E sta così... con le gambe da fuori? Felice: Già. [...] Saverio: (prende il ritratto) Che bella carnaggione me vaje ammaccanno! Questa è una indecenza, una porcheria! Io non ne sapeva niente, se no il permesso d’aprire non ve l’avrei mai dato. Se la guardia ha trovato opposizione aveva ragione! E vi ordino di togliere subito questa immoralità se no vi faccio chiudere immediatamente. Andate! [...] Felice: (Alzandosi. Deciso) E me ne vado, sì, me ne vado! Basta mo! Mi sono troppo umiliato! E per dimostrarvi che uomo sono, non fra un’ora, ma in 20 minuti smonto la baracca e me ne vado! Quello che succede, succede! (Commuovendosi) Me ne andrò lontano!... Ma di tutto quello che mi potrà accadere, voi... voi solo ne pagherete il fio, lassù, al tribunale supremo! Saverio: T’ho pregato nun fa chiù ’o tragico e vattenne! (Atto I, scena VII)

Sciosciammocca nello svolgersi del II e III atto diventa esponenzialmente rabbioso ed amareggiato, calzandogli così a pennello le pa-

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rodie delle romanze Vendetta, tremenda vendetta, E lucevan le stelle e Ridi pagliaccio, e che non esita per dispetto a far fuggire via il pappagallo, che sarà poi recuperato dal Sindaco sul finale per la consueta ricomposizione degli equilibri e i conclusivi felici matrimoni. Sciosciammocca svolge così un ruolo da antagonista e non da protagonista e c’è da riflettere sul fatto che, oltre alle romanze, un solo lungo monologo gli sia riservato nel testo, in particolare nel II atto mentre veste però i panni di un pagliaccio-imbonitore.40 Sciosciammocca-personaggio si traveste da maschera, simbolicamente involvendo rispetto a quanto segnato dal percorso teatrale di Eduardo Scarpetta: Felice: (Dalla baracca. Da Pagliaccio. Grosso naso e parrucca colorata a tre grandi ciuffi. Un bastoncino in mano) Avanti, avanti o signori, questo è proprio il momento propizio, approfittate della favorevole occasione. Questa è l’ultima Domenica che la compagnia si presenta a questo rispettabile pubblico. Oggi è l’ultimo giorno. Come si entra, si osserva. In mezz’ora si vede quasi tutto il Mondo. Assisterete alla grande guerra europea. Fotografie prese da me a 2 metri di distanza dalla linea del fuoco. Assisterete inoltre alla manovra d’un cannone da 496. E lo vedrete allungare e accorciare, alzare e abbassare alla vostra presenza. Inoltre, assisterete al pasto di “Niniche”, la superba foca dei mari polari: la foca sapiente, che parla francese, come se fosse stata pescata a Marsiglia. Essa chiama mammà e papà come fosse una creatura umana. (Escono altre 4 comparse e si uniscono alle altre). Osserverete il gran serpente soprannominato Astarotte, che un giorno, in Kincao, villaggio della Cina, entrò in una capanna e si mangiò il padre, la madre e sette figli!... Assisterete ancora al sacrifizio di una donna, che stoicamente soffre il prurito con rassegnazione ammirevole. Poi si passa al gabinetto riservato per soli uomini. In ultimo Madamigella Pax canterà alcune canzonette napoletane (apre la tenda). Venite Madamigella, fatevi vedere a questi signori (dalla baracca esce Peppeniello vestito da canzonettista). Eccola signori. A chi entra, Madamigella dà il programma col suo ritratto a colori. Tutto compreso 70 cent. 50 per l’entrata nel Salone e 20 per il gabinetto. I militari pagano la metà. Avanti... Favoriscano. (Atto II, scena V)

Negli stessi anni, con la commedia in tre atti La vendettà di Ciociò (1916), Vincenzo consegna al pubblico un Felice Sciosciammocca sbeffeggiato e oggetto di pubblico ludibrio, collocandolo in un intreccio teatrale che, pur assegnandogli un ruolo di tutto rispetto, è in 40

Sulla figura dell’imbonitore cfr. N. De Blasi, Il ‘dentice’ e il ‘simonico’: Sik Sik, l’artefice magico in televisione (1962), «Rivista di Letteratura Teatrale», 2, 2009, pp. 81-108.

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realtà funzionale a far passare uno specifico messaggio sociale. Ambientato in un contesto in parte simile al III atto dello Scarfalietto di Eduardo Scarpetta, il testo vede protagonista Felice Sciosciammocca, un saccente, incapace ed a tratti persino corruttibile giudice istruttore del Tribunale di Napoli, più volte salito agli onori della cronaca per essere ricorso al «non luogo a procedere», considerata la costante infondatezza delle sue indagini e delle sue inquisizioni. Così lo descrive l’esasperato cancelliere Errico, che deve tollerarne, con la conseguenza di psicosomatici dolori allo stomaco, sia il caratteraccio sul luogo del lavoro sia la rivalità in amore, essendo entrambi spasimanti della giovane vedova Gina Friariello: Errico: (ridono) Ma è vergognoso, sentite. N’ommo comme a isso, che tiene tutto quello che uno può desiderare: una situazione al di sopra del suo merito, una moglie deliziosa, una suocera ideale... e corre appriesso a chesta specie ’e femmene? Io, se ci vado, è perché sono scapolo, sono libero, e nun aggia dà cunte a nisciuno. [...] Ciuccio, presuntuoso, veziuso, incapace, tutto. E io ’o conosco buono! Ma... ’o fatto d’ ’a Fortuna, ’o vì. Tene nu zio senatore... nu cognato deputato... e quindi, lui è giudice istruttore e io... sono il suo cancelliere. Quanno penzo a chesto, faciarria cose ’e pazze. E aggia suppurtà che quanno stamme sule nun se permette ’e mme dicere manco na parola, e quanno ce stanno gente nnanze, se mette in tuono, mi rimprovera, alza la voce... A me? (Atto I, scena II)

Tra le improbabili indagini del giudice Sciosciammocca rientrano il caso del povero saponaro Mimì (forse interpretato in scena da Eduardo De Filippo), tenuto in carcere per ben quattro mesi senza altro motivo che aver assistito ad una sparatoria nei pressi della sua bottega (fallita in sua assenza), e del barone Luigi Busecca, detto «Ciociò», il vero ed unico amante dell’ambita vedova Friariello, inquisito perché trovato in possesso di cambiali false consegnategli però per truffa in cambio di denaro. È dunque il Barone che medita «vendetta», come recita il titolo della commedia, nei confronti dell’insipido, pavido e inconcludente giudice Sciosciammocca, frettoloso nel confinare in galera chiunque si ostini a non dichiararsi reo confesso e dunque irrispettoso della libertà umana. Il caso del momento è tuttavia il clamoroso assassinio della principessa Fiku-Sek, sul quale la stampa si prepara a divorare Felice Sciosciammocca, in procinto di emanare l’ennesimo «non luogo a procedere». L’indagato di turno, fermato e incarcerato sulla base di una semplice lettera anonima indirizzata al

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giudice Felice, si rifiuta infatti di collaborare e finanche di dichiarare le proprie generalità. Persino la bislacca «Istituzione degli Imputati Recalcitranti» – che Felice si è inventato con intenti pseudo-umanitari per indurre alla confessione spontanea gli indagati, con la collaborazione di sua moglie Mariuccia e sua suocera Rosa che visitano i carcerati e portano loro beni di prima necessità – fallisce nel tentativo di strappare la confessione al misterioso Ernesto Corbellini. Si tratta infatti di un giornalista, che ha personalmente inviato la lettera di denuncia anonima a Sciosciammocca per poter realizzare un minuzioso reportage sulle giustizia a Napoli e che riuscirà abilmente a fuggire dal fermo, esercitando il suo fascino pseudo-delinquenziale sulla romantica moglie di Felice, che lo aiuta nella fuga dall’ufficio del giudice: Ernesto: Voi sapete che io sono giornalista, e il mio direttore ebbe l’idea di fare una specie d’inchiesta sull’andamento della Giustizia a Napoli. Luigi: Bello andamento! Ernesto: E dette a me st’incarico. Io allora pescai una trovata magnifica! Senza ricorrere alle solite interviste, racconti, chiacchiere, pensai di esplorare personalmente. Screvette subeto a D. Felice ’o giudice, na lettera anonima, nella quale mi denunziavo come il misterioso assassino della Principessa Fiku-Sek, vi ricordate? Luigi: Sicuro. Quella Principessa Russa, scomparsa... Ernesto: E che da due anni non se ne sapeva più niente. Luigi: Già, già... (si gratta all’altra gamba) Ernesto: Capirete bene, doppo chella lettera, immediatamente fuie arrestato. M’interrogarono, ma io niente, manco na parola, faccio vedè che nego sempre, che sono innocente... e da nu mese sto carcerato, e guardo, ascolto, piglio appunti e preparo una serie di articoli che... ritenete, saranno sensazionali! (Atto I, scena VI)

La gogna giornalistica, presto attuata da Ernesto, è in realtà poca cosa rispetto alla «vendetta di Ciociò», ovvero del barone Busecca, che è stato frattanto scarcerato per mancanza di prove, ma in realtà grazie alla vedova Gina Friariello che esercita le sue arti femminili sul gongolante Felice, pronto finanche a far sparire ogni traccia della pratica istruttoria del Barone. Ciociò intende organizzare una sonora beffa ai danni di Felice, con la complicità di tutti i malcapitati e di sua moglie Mariuccia e della suocera Rosa, pronte a fargli scontare il prezzo del tradimento. La beffa si svolge nella Osteria-Albergo del Sole a Pozzuoli, dove la Friariello conduce Felice per un intimo convegno, ma dove in realtà iniziano a sfilare – sotto gli occhi di un sempre più

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confuso Felice ed in un tradizionale gioco di travestimenti scenici – tutti i suoi conoscenti in ruoli diversi: sua moglie Mariuccia nei panni della giovane moglie di un ingegnere napoletano, il cancelliere Errico ed ancora Mariuccia nei panni del camorrista Papele ’o Nasone e della sua volgare consorte, il barone Busecca in quelli di un ostricaro, il giornalista Ernesto e sua suocera Rosa nei panni di un turista francese con la madre. Il culmine della beffa è l’arrivo del Delegato di Polizia, che dispone l’arresto di Felice in quanto i suoi connotati rispondono a quelli di un falsario-basista diramati dall’ennesima lettera anonima del complice Ernesto, arresto avvalorato dalla perquisizione del portafoglio di Felice nel quale vengono trovate delle banconote false, anch’esse parte del piano di Ernesto e del barone Luigi Busecca. Riconosciuto dal Delegato, il saccente e grottesco Sciosciammocca ha forse finalmente imparato, a sue spese, cosa significhi giocare con la libertà umana: Felice: Voi po’, Delega’, ve mettite a arrestà n’individuo, con la semplice denunzia ’e na lettera anonima? (con rimprovero) Ed è così che la giuocate la libertà umana? Ernesto: D. Feli’, ricordatevi che voi stesso avete pure arrestato a me pe na lettera anonima che avisteve. (contraffacendolo) Ed è così che ve la giuocate la libertà umana? Luigi: E a me? Nun m’arrestasteve pe causa ’e chilli titoli falsi? Era colpa mia si me l’avevano date? (contraffacendolo) Ed è così che ve la giuocate la libertà umana? Mimì: E a me? Nun m’arrestasteve innocentemente, ched’è? (contraffacendolo) Ed è così che vi giuocato la libertà umana? Eh?? Felice: Te voglio dà certi calci a te... (l’insegue. Girano per la scena, gridando e ridendo. Felice prende i panini dalla tavola e li lancia contro Mimì). (Atto III, scena ultima)

Più aderente ai tradizionali schemi scarpettiani, ma ugualmente segnata dalla presenza di un Felice astuto ed approfittatore, appare invece Era zetella ma... (1921) in tre atti, riduzione de La vergine dell’Antella di A.M. Tirabassi (Napoli, Gennarelli, 1920).41 La prota41

Il registro delle prime rappresentazioni mostratomi in casa Scarpetta-Cozzi indica per Era zetella ma... sia il 21 gennaio 1921 (Teatro Manzoni di Roma), sia il 16 aprile 1921 (Teatro Bellini di Napoli). La commedia è stata portata in scena anche dalla Compagnia «La Scarpettiana» al Teatro San Ferdinando di Napoli nel 1957 per la regia di Roberto Minervini. Questi gli interpreti: Elisa Valentino (Donna Concetta), Salvatore Cafiero (Cusemiello), Ugo d’Alessio (Don Ciccio), Angela Luce (Nannina), Anna Maria Ackermann (Tanella), Rino Genovese (Bastiano), Pietro De Vico (Martino), Franco Sportelli (Felice

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gonista è la giovane e procace Nannina, che sconvolge il paesino di Roccapellecchia dove fa ritorno dopo essere stata per qualche tempo a servizio da una baronessa napoletana. I suoi eleganti e moderni modi di città, comicamente mescolati alle abitudini da paesanotta, contagiano l’amica Tanella e attirano diversi spasimanti. Nannina, come la madre donna Concetta ben sa, è stata però sedotta in città da un gentiluomo e necessita dunque di essere ‘accasata’ con un giovanotto ingenuo, presto individuato nel campagnolo Martino Corniola. Tuttavia, per intascare la bella dote di duemila lire che la baronessa napoletana ha promesso alla fidata servetta, sarà necessario recarsi da lei con il neo-sposo, frattanto impegnato in una compravendita agricola. In sua vece sarà il suonatore ambulante Felice Sciosciammocca a presentarsi con le donne in casa della baronessa, un Felice scaltro, approfittatore della situazione che può procurargli un facile guadagno e astuto nell’intuire subito di trovarsi di fronte ad una ragazza di facili costumi, una «santarella», una «zetella ma...», che ha ceduto anche alle lusinghe di qualche servo e del fratello della baronessa e che solo un Martino «Corniola» qualunque potrà allora sposare («Chillo sta c’ ’a capa che Nannina è na munacella, na santarella, che nun ha maie fatto ammore cu nisciuno»: atto III, scena IV). È innegabile che Vincenzo Scarpetta, costretto ad essere Sciosciammocca «suo malgrado»,42 abbia nutrito nei confronti del personaggio paterno «un antagonismo costante ed insanabile, nonostante l’ininterrotto successo», ma tenne per sé «il segreto cruccio dell’erede, destinato inesorabilmente alla successione».43 Non avendo «la forza di ucciderlo»44 e di compiere un simbolico ‘parricidio’, Vincenzo non scelse però in questo modo «la vita comoda e facile della tradizione»45 né si limitò a tenere in vita il personaggio di Sciosciammocca. Riadattò per le scene dei primi del Novecento le opere paterne, scrisse nuove commedie originali e soprattutto incrementò la già vasta galleria ‘sciosciammocchiana’46 evitando di farne un carattere fisso e rendendolo così spendibile in testi di varia natura.47 Nel 1928 sul celebre mensile Sciosciammocca), Nina De Padova (Vincenza), Graziella Marina (Orsola), Pupella Maggio (Baronessa), Pietro Carloni (Sasà). 42 Cfr. E. Grano, Vincenzo Scarpetta, Sciosciammocca suo malgrado, in ID., Pulcinella & Sciosciammocca. Storia di un teatro chiamato Napoli, Napoli, Berisio, 1974, pp. 127-136. 43 R. Minervini, I due Scarpetta, cit., p. 124. 44 E. Grano, Vincenzo Scarpetta, Sciosciammocca suo malgrado, cit., p. 132. 45 M. Mangini, Eduardo Scarpetta e il suo tempo, cit., p. 96. 46 Cfr. A. Pizzo, Scarpetta e Sciosciammocca cit. 47 R. Minervini, I due Scarpetta, cit., p. 126: «Per vent’anni, come molti ricorderanno,

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teatrale «Comoedia» un gradevole articolo di Francesco Geraci su Vincenzo Scarpetta e la sua Compagnia ne metteva bene in luce, infatti, il «modernismo» rispetto alla tradizione petitiana e la portata innovatrice riguardante il personaggio di Sciosciammocca: Nel suo repertorio, Vincenzo Scarpetta ha introdotto nuovi tipi e nuove manifestazioni. Lo ha, cioè, avvicinato alla realtà. Ed era necessario. Perché Napoli, se conserva il suo istinto gioviale, se ama ancora prendere la vita dal suo lato migliore, è in gran parte diversa dalla Napoli primitiva. Oggi il Pulcinella di Petito sarebbe fuori posto. Tale modernismo Vincenzo Scarpetta ha saputo magnificamente realizzare, senza nuocere a quelle che sono le qualità fondamentali del teatro partenopeo. Sul principio, non mancarono i soliti scettici e i critici educati alla vecchia scuola ed alle antiche tradizioni. Ma col tempo, il modernismo di don Vincenzino riuscì a guadagnare le principali piazze d’Italia e soprattutto quelle di Roma che lo ospita per sei mesi dell’anno con dei pienoni che farebbero invidia al più ricco impresario. [...] Vincenzo Scarpetta è anzitutto un artista colto. Cioè, moderno. La sua coltura è classica e la sua lettura è stata ed è formidabile. Tale preparazione gli permette di osservare meglio la società e di rendere quei tipi e quegli episodi che costituiscono l’essenza specifica della realtà cotidiana. Aggiungete a tutto questo, un umorismo ereditario, istintivo, misurato, opportuno, senza eccessi o ripetizioni, una innata signorilità, una sicura padronanza della scena, un ingegno assimilatore per eccellenza. Ecco l’artista, il quale è personalissimo in tutte le sue mosse. La sua è una mimica facciale, diremo così, ereditaria. Anche nella voce egli ci ricorda il suo Maestro: Edoardo Scarpetta. Ma del grande e compianto artista scomparso, il figlio ha cercato di rispettare alcune preziosità di stile scenico. Così le produzioni paterne vivono ancora, ma in una arte giovane; vissute, completate dal comico col suo metodo razionale e moderno.48

Vincenzo conferì dunque a Sciosciammocca un carattere eclettico, come ben evidenziò colui che più di tanti critici crebbe nella tradizione scarpettiana, Eduardo De Filippo: pur conservando in vita il personaggio di Felice Sciosciammocca, Vincenzo gli lasciò sì il nome e il trucco d’origine, ma gli tolse ogni altra particolarità e peculiarità che potesse identificarlo con un carattere fisso, permettendogli di impersonare una vasta gamma di personaggi, egli recitò stabilmente al “Manzoni” nelle commedie scarpettiane, tentando, fra l’altro, come poteva, di modernizzare, e non solo negli antiquati abiti e sostituendo la bombetta al classico tubino paterno, l’odiato protagonista». 48 F. Geraci, Scarpetta e i suoi comici, «Comoedia. Rassegna mensile del teatro» 10 (1928), n. 7, pp. 23-24.

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ognuno con connotati precisi e diversi da quelli precedenti, secondo l’età, lo stato sociale, la situazione ecc. in cui Felice veniva a trovarsi.49

3. Sciosciammocca en travesti Accanto a testi in cui Vincenzo non inserisce il personaggio di Sciosciammocca, ma comunque informati di consolidati schemi scarpettiani (ad es. Nu duello a butteglie. Bizzarria comica in tre atti del 1907), figurano altre performances teatrali che consentono di toccare con mano la versatilità di Vincenzo Scarpetta attore. Lo «scherzo a trasformazione» A chiar’ ’e luna, rappresentato per la prima volta al Teatro Fiorentini di Napoli il 6 gennaio 1900, è un «bozzetto drammatico» modellato sullo stile dei drammi di basso Romanticismo portati in scena – tra l’ultimo decennio dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento – al Teatro San Ferdinando dal mattatore Federico Stella e desunti spesso dall’inesauribile serbatoio narrativo dei romanzi d’appendice dall’autore Eduardo Minichini. Nel borgo marinaro di Santa Lucia il guappo Ciccillo intende fare sua la bella Carmela, che vive sola con l’anziano padre Biase, nonostante questa sia in realtà innamorata e corrisposta dal Baroncino Giulio, ucciso sul finale dal violento Ciccillo mentre la luna illumina la tragica serata e la scena teatrale. Per il bozzetto Vincenzo Scarpetta compose anche le musiche, ma il successo clamoroso ed entusiastico che l’opera riscosse fu in realtà dovuto al suo essere un piccolo capolavoro del genere ‘fregoliano’. I personaggi, cui aggiungere uno spettatore che sul finale entra in scena da un palco di seconda fila chiamando a gran voce l’autore, furono interpretati tutti dal solo Vincenzo Scarpetta in un vero e proprio spettacolo di trasformismo che riscosse il pieno consenso del pubblico e della critica. Nel Prologo Vincenzo, dopo aver preso le distanze dal profilo autoriale del padre, cui addiziona le proprie competenze musicali (il bozzetto era preceduto da una ricca introduzione sinfonica), mette in luce anche e soprattutto le proprie abilità trasformiste: È nu bozzetto semplice, ma... che se fa sentì. D’ ’o fatto, e l’argomento non parlo; è affar mio Son cinque personaggi e quei cinque... son io! Il vecchio, il giovinotto, la figlia... insomma... via... 49

E. De Filippo, Quattro commedie di Eduardo e Vincenzo Scarpetta, cit., p. 203.

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Faccio tutto da me, senza la compagnia. Però, non ve credite de vede’ n’auto Fregoli, Chillo, se sape, è l’unico, è celebre nel suo genere, Io po... non songo tale, ma... mi posso vantare Che a stu Leopoldo Fregoli sul’io saccio imitare.

Il trasformismo fregoliano e la recitazione en travesti fungono da punto di forza di varie sue commedie, ad esempio della commedia in tre atti La signorina Cochelicò (1907)50 di cui figurano più copioni nell’Archivio di casa Scarpetta e poche ma gustose foto di scena. Vincenzo vi interpretava il ruolo di Celestino (poi corretto e ribattezzato Felice Filetti) che, per una serie di fortunose coincidenze, si ritrova a dover vestire i panni di una istitutrice francese, la signorina Cochelicò (il nome non è inconsueto nel teatro scarpettiano, poiché figura anche in Nu pasticcio di Eduardo Scarpetta per una ballerina). La girandola di sotterfugi che Celestino (poi Felice) monta con scaltrezza è finalizzata ad evitare il suo matrimonio con Nannina, una fanciulla con la quale è stato sorpreso dalla integerrima Concetta Barile, vecchia zia della ragazza, e a procurargli invece il matrimonio con la bella e dolce Lucia, cui la Cochelicò fa da istitutrice. A tale scopo decide di vestire allora anche i panni di Romeo Fiorelli, di cui Lucia presto si invaghisce con l’ovvio placet della Cochelicò. La vicenda è destinata a complicarsi esponenzialmente sia per il coinvolgimento nella ridda dei continui travestimenti dell’ingenuo inventore Nicolino, sia per la concomitante notizia che la Cochelicò è in realtà in fuga da Parigi con un ricchissimo principe inglese, suo amante, col quale Celestino nei panni di Romeo Fiorelli viene per altro identificato. È all’apice della più completa confusione delle identità vere e presunte che il complicato intreccio deve necessariamente sciogliersi con la confessione di Celestino-Felice e il tradizionale matrimonio dei giovani innamorati. È il caso di notare che nella prima redazione a disposizione nell’archivio di famiglia il protagonista ha nome Celestino Filetti, poi cassato e corretto in Felice, nome quest’ultimo che ricorre quindi negli altri due copioni disponibili. Si tratta di uno Sciosciammocca a metà, di un Felice privato del cognome e forzosamente inserito nell’economia del testo da Vincenzo Scarpetta che evidentemente ben conosceva rischi di proporre al pubblico una commedia priva del ‘marchio di 50 L’anno è riportato sul copione, il cui frontespizio presenta anche un visto di rappresentazione del 16 gennaio 1911. Nell’archivio di famiglia figurano altri due copioni, con visto del 1912 e del 1930.

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famiglia’. Il dato risulta tanto più interessante se si pensa che nella prima redazione il personaggio di Felice Sciosciammocca era in realtà quello dell’inventore Nicolino Scorza che fa da “spalla” ai travestimenti del protagonista Celestino. Nicolino entra infatti in gioco nella scena IV del II atto, ma si tratta di un nome scritto sopra la cassatura che copre in realtà Felice Sciosciammocca. Quest’ultimo è comparso precedentemente, nel I atto, nell’Agenzia di Collocamento e di Informazioni di don Antonio Serra, dove si attende l’arrivo della Cochelicò da Parigi, quale sedicente inventore di una mirabolante «macchina culinaria»: Felice: Ecco qua (apre il disegno sul tavolo e mostra col dito). Voi pigliate un uovo, fresco però, lo mettete qua, vedete, nel buco A, girate tre volte il manubrio B, premete il bottone C... alzate questa leva D... passate questa spina da E a F... aprite la valvola G... svitate questa rotella H... tirate la catena I... Antonio: Amico, e ccà si se tratta d’arrivà fino a zeta, io moro vicino ’a machina. Cheste so’ doje ore ’e ginnastica. Felice: È finito, ci siamo. Svitate la rotella H, tirate la catena I... e aprite questo sportello sotto l’apparato. Lasciatela sta così per otto giorni, poi ritornate, ripetete tutti i movimenti e indovinate che ve vedite ascì ’a sotto? Antonio: Che m’esce ’a sotto? Felice: Un pollastro vivo! Antonio: (ridendo) Uh! Ah, ah, ah! Neh, jatevenne, non dite sciocchezze. Felice: Sciocchezze? Nfaccia a me voi dite sciocchezze? [...] [il pollastro vivo] lo crea meccanicamente il mio apparato, con metamorfosi elettrostatica dell’uovo. […] Felice: Sarà? È così. E non è tutto. C’è più roba. Antonio: Ancora? Felice: Già, e questo è il meraviglioso! (mostrando il disegno) Se aprite lo sportello M, e ci mettete il pollastro vivo, chiudete subito, spingete il pomo N, pigliate queste due palle in mano e premete, allora dal buco O... vedrete uscire un fumo, tirate l’anello P... e aspettate. Dopo un quarto d’ora si sente un fischio, aprite il fornello M... tirate la graticola e il pollastro che prima era vivo vi uscirà morto, spennato e cucinato! Antonio: (sottovoce) (Chisto è pazzo!) E scusate, comm’esce, arrostito? Felice: Già, arrostito per il forte calore elettrico. Antonio: Ah, ecco! Oh! E se uno ce vo’ due patatine per contorno? Felice: Ci ho pensato! Si mettono prima, tagliate a piccoli pezzi in questa scatola n. 10. Mettete in comunicazione questi due fili del n.

VINCENZO SCARPETTA: «SCIOSCIAMMOCCA IN MINIATURA»?

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12, alzate un poco l’asta del 14, mettete un dito nel buco del 16 e premete! Dopo dieci minuti troverete le patatine belle e cotte! (Atto I, scena II)

La signorina Cochelicò è dunque una commedia dei travestimenti a tutti gli effetti se, oltre a quelli messi in atto dal furbo CelestinoFelice, lo stesso Vincenzo autore (con gran gusto per il filologo di oggi) sveste e riveste il suo Sciosciammocca senza cognome, ricollocandolo strategicamente sulla scena da protagonista dopo averlo relegato, forse con troppa audacia, nel ruolo di spalla. Tra le ulteriori interpretazioni e travestimenti attoriali di Vincenzo va segnalata nel 1908 la «grande commedia-rivista fantastico-musicale» L’ommo che vola di Eduardo Scarpetta e Rambaldo (Rocco Galdieri), per la quale Vincenzo compose tutte le musiche ed in cui – per i ben noti trascorsi legati alla parodia Il figlio di Iorio – non mancava di essere causticamente preso in giro il «Divino» Gabriele D’Annunzio, interpretato in scena proprio da Vincenzo Scarpetta nelle scene III-VII del III atto. Attorniato dalle protagoniste dei suoi drammi (Mila di Codro, Basiliola, Francesca da Rimini e Gioconda), il Divino elargisce «super-baci», rilascia interviste alla Stampa che lo incensa col turibolo e soprattutto si confronta con Sciosciammocca in un gustoso battibecco, che Scarpetta padre e figlio dovevano certamente rendere esilarante. Sono questi anche gli anni delle sperimentazioni teatrali avanguardistiche e gli Scarpetta non si lasciano sfuggire l’occasione di inserirsi nell’ondata pubblicitaria che fa seguito alla celebre «serata futurista» al Teatro Mercadante di Napoli (20 aprile 1910). Il mese successivo, nel medesimo teatro, durante una serata in suo onore e dopo la messa in scena di Tetillo ’nzurato di suo padre Eduardo, Vincenzo veste infatti anche i panni futuristi per recitare il monologo Il futurista di Gil Blas (Carlo Veneziani, 1882-1950).51 Gli anni Venti proseguono per Vincenzo all’insegna di un duraturo successo e di positivi riscontri da parte della critica, in un periodo in cui accoglie nella sua Compagnia i fratelli Eduardo e Titina De Filippo e, più occasionalmente, anche Peppino. Nei loro confronti – da paterno fratello maggiore – Vincenzo non lesina mai occasioni di 51 Sul Futurismo a Napoli cfr. U. Piscopo, Questioni e aspetti del Futurismo. Con una appendice di testi sul futurismo a Napoli, Napoli, Ferraro, 1976; Id. (a cura di), Futurismo a Napoli. Corriere di Napoli e Futurismo, Napoli, Pironti, 1981; Id., Futuristi a Napoli. Una mappa da riconoscere, Napoli, Cassitto, 1983; M. D’Ambrosio, Nuove verità crudeli. Origini e primi sviluppi del Futurismo a Napoli, Napoli, Guida, 1990; G.B. Nazzaro, Futurismo, Napoli, Guida, 2012.

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lavoro e contratti, fino ad assegnare ad Eduardo De Filippo il ruolo comico di «secondo brillante» della sua Compagnia.52 Il repertorio comprende le sue commedie originali, pochades, classici scarpettiani, piacevoli commedie-parodie musicali, i citati adattamenti da Munoz Seca, Testoni, Chiarelli, Riccora, ma è per certi aspetti preoccupante che le recensioni, pur lusinghiere, dei suoi spettacoli additino talvolta Eduardo De Filippo quale elemento di spicco della Compagnia e giovane attore dalla promettente carriera. Il cono d’ombra defilippiano avanza prepotente su Vincenzo, il cui repertorio – comunque avvertito come tradizionalista dalla critica e dal pubblico – inizia sempre più a faticare per stare al passo coi tempi. È per questo che, dopo le prime lusinghiere esperienze con Rambaldo (Rocco Galdieri, del quale la Comica Compagnia Napoletana di Eduardo Scarpetta, ormai diretta da Vincenzino, mise in scena L’ommo che vola il 6 maggio 1909 al Teatro Bellini di Napoli e poi Babilonia il 5 aprile 1913 al Real Teatro Mercadante), sul finire degli anni Venti Vincenzo vira in una nuova direzione, a lui più congeniale e soprattutto tale da consentirgli un più sicuro aggancio nell’industria teatrale del momento e del teatro di varietà in particolare: la rivista musicale. Si avviano così le stagioni delle produzioni di Vincenzo e Kokasse (al secolo Mario Mangini, marito di sua sorella Maria) – tra le quali si ricordino almeno Era nuova (1925), La Direttissima Napoli-Roma (1927), Broadway... che passione! (1928), Eva (1929) – e, negli anni Trenta, delle numerose riviste di Michele Galdieri con la Compagnia Molinari e l’attrice Tecla Scarano al Teatro Nuovo (Strade del 1932; La canzone di ognuno, La sai tu quella canzone e Il progresso si diverte del 1933; Trottole e Tutte le luci del 1934).53 Nonostante i successi delle stagioni più propriamente scarpettiane, furono forse questi i veri anni d’oro di Vincenzo, segnati dal potersi finalmente cimentare nel genere della rivista musicale che coinvolgeva tutte le sue vere, e forse finora represse, potenzialità di attore e soprattutto di musicista. Negli anni Quaranta, ormai quasi esauritasi la sua parabola artistica, figura quale ‘scritturato illustre’ nella Compagnia Viviani per la quale, chiudendo ciclicamente la sua esistenza scenica, recita ancora 52 Per le partecipazioni dei fratelli De Filippo nella Compagnia di Vincenzo Scarpetta si rimanda alla compiuta Cronologia compilata da Paola Quarenghi in E. De Filippo, Teatro, a cura di N. De Blasi – P. Quarenghi, 3 voll., Milano, Mondadori (I meridiani), 2000-2007. 53 Su Michele e Rocco Galdieri cfr. il bel numero monografico della rivista «Ariel» 50/51 (2002), n. 2/3.

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una volta in Miseria e nobiltà. Muore il 3 agosto 1952 nel Palazzo Scarpetta a Via Vittoria Colonna. Una compiuta storia del teatro napoletano – ancora tutta da realizzare con gli strumenti della critica e della filologia e mirante alla valorizzazione di un immenso patrimonio documentario che attende solo di essere riscoperto – deve restituire a Vincenzo Scarpetta la sua identità di autore e di attore, segnata dalla filiale accettazione dell’eredità paterna, pesante sia dal punto di vista artistico che umano. Vincenzo Scarpetta non è semplicemente l’autore de ’O tuono ’e marzo (1912), il cui successo è per di più legato ai fasti che Eduardo De Filippo è stato in grado di assicurargli a più riprese come per un debito filiale nei confronti del paterno «Vincenzino»; la riscoperta e la rivalutazione devono essere avviate per consentirgli di uscire dal cono d’ombra dei ‘due Eduardo’ e recuperare in toto la sua poliedrica e stratificata personalità autoriale, attoriale e musicale.

Parte seconda

copioni

Trascrizione diplomatica di Mariolina Cozzi Scarpetta

NOTE SULLE TRASCRIZIONI

Le parentesi Le frasi riportate tra parentesi tonde indicano le battute che i personaggi devono pronunciare a mezza voce. Le frasi riportate in corsivo, tra parentesi tonde, indicano le azioni e/o le espressioni che i personaggi dovranno assumere. Le parentesi quadre sono utilizzate nel caso in cui l’Autore abbia racchiuso in un riquadro frasi o dialoghi, forse per un ripensamento successivo.

Abbreviazioni Per facilitare la lettura dei testi, riportiamo il significato delle abbreviazioni usate dall’Autore: c.s. come sopra di d° di dentro p.a. per andare sin. sinistra da destra des. Destra Da Donna D. Don Solo i nomi dei personaggi, scritti in forma abbreviata sui manoscritti, sono stati riportati per esteso.

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NOTE SULLE TRASCRIZIONI

Particolarità dialettali ricorrenti L’Autore o il Copista spesso scrivono la stessa parola in modo diverso pur avendo ugual significato: è questo il caso, per esempio, del verbo dovere che, nella 3 pers. sing. del presente indicativo, viene scritto indifferentemente addà o adda. Raramente “adda” viene usato anche con il significato, completamente diverso, di “da” (moto a luogo). La parola addò (dove), se scritta senza accento “addo”, cambia significato in “da” (moto a luogo). Esempi: S’addà piglià. Si deve prendere ma anche Nun sape ch’adda fa Non sa che deve fare oppure Aggia j’ adda Marchesa Fiore devo andare dalla Marchesa Fiore Addò va? Vene isso addo vuie?

Dove va? Viene lui da voi?

Glossario Nel caso in cui siano presenti termini desueti, il loro significato sarà spiegato con una nota a piè di pagina.

“’O TUONO ’E MARZO” commedia in tre atti

Questa celeberrima commedia, riduzione partenopea di Un coup de foudre di Léon Xanroff, è il lavoro teatrale più conosciuto di Vincenzo Scarpetta grazie soprattutto alla trasposizione televisiva che ne fece Eduardo De Filippo nel 1975. Rappresentata per la prima volta al teatro Quirino di Roma il 12/1/1912, ci fa ritenere che sia stata scritta nel 1911. Da ritagli di giornale si evince che la commedia fu rappresentata a Napoli al Teatro Bellini il 31 ottobre 1912 e al Mercadante (data non indicata). Altra famosa rappresentazione fu quella della Compagnia “La Scarpettiana” il 25/10/57 al San Ferdinando di Napoli. La trascrizione diplomatica che si propone è tratta dal manoscritto autografo presente nell’Archivio Privato. Il fascicolo di 166 pagine, per le numerose correzioni e cancellature effettuate dall’autore in corso di scrittura, farebbe ritenere che sia la prima stesura della commedia. Nulla è indicato sul manoscritto in merito agli attori che dovevano ricoprire i ruoli né vi è apposta alcuna data.

Abstract Commedia estremamente audace per l’epoca, ruota sulle conseguenze di una violenza subita 25 anni prima dalla signorina Sofia. La donna, che soggiornava in un albergo della capitale, in preda a terrore per un violentissimo temporale che aveva fatto saltare pure la luce elettrica, entrò per errore nella stanza di uno sconosciuto che abusò di lei. Conseguenza di quella notte fatale del 17 marzo 1886, fu la nascita di Felice Sciosciammocca a cui la donna, in gran segreto, donò metà del suo patrimonio. Il giovane, che è cresciuto nella convinzione di essere

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orfano di entrambi i genitori, è ormai prossimo alle nozze con Marietta, la nipote di Sofia. Felice, ingenuo e benestante, diventa facile preda del furbo e volgare “munnezzaro” Torillo da lui ospitato per un debito di riconoscenza. Torillo, vera anima nera della commedia, si industria come può e come sa per sistemarsi a scapito dei “signori”. Accetta, così, la proposta del faccendiere Teodoro Morzetta di spacciarsi per il padre nobile della canzonettista Giulietta Spina che ha bisogno di un “padre” per sposare Mimì, nipote del ricchissimo commerciante Alfonso Trocoli. Nel frattempo, Torillo, venuto a conoscenza del segreto di Sofia, gira a suo vantaggio quanto appreso e si spaccia anche per il padre contumace di quella notte. Sofia, alla rivelazione di Torillo che mira pure a sposarla, ha una reazione audacissima: “[…] E sì io nun me vulesse mmaretà?.. […] E sulo pecchè io, dint’ ’o scuro, meza svenuta, sbaglio ’a porta e traso dint’’a cammera ’e n’ommo, aggia sacrificà tutt’’a vita mia, vicino a uno che nun me piacesse? ...[...].” La donna tentenna e solo per amore materno sembra cedere alla proposta di Torillo; tra l’altro neanche l’agenzia investigativa del Cav. Morzetta, a cui si era rivolta per rintracciare il suo seduttore, le ha ancora fornito informazioni utili. La storia si imbroglia ancora di più quando Alfonso Trocoli apprende, dal faccendiere Morzetta, di essere lui il vero padre di Felice. Il giovane è sconvolto: si ritrova con ben due padri e una madre di dubbia moralità! Alla fine Torillo sarà smascherato e, grazie anche ad un provvidenziale temporale, Sofia riconoscerà in Alfonso Trocoli l’uomo di quella notte e Felice potrà finalmente abbracciare il vero padre.

’O Tuono ’e marzo commedia in tre atti

Personaggi Felice Torillo Cav. Teodoro Morzetta Don Saverio Borzillo Sofia, sua sorella Marietta Mimì Alfonso Trocoli Giulietta Nannina Ciccillo Al 1° atto l’azione si svolge a Napoli, al 2° e 3° atto a Quisisana. Estate

Atto 1° Salottino in casa di Felice.

Scena prima Nannina, Mimì e Giulietta, poi Torillo Nannina (dal fondo) Trasite, signorì, accomodateve. Mimì (tipo di giovanotto provinciale, studente elegante esagerando la moda attuale. Porta sotto il braccio Giulietta) Grazie Nannì,... Giuliè, siedi. Nannina M’avita scusà si avite aspettato nu poco fore ’a porta, ma io steva dint’ ’a cucina e nun aggio ntiso. Mimì Oh! Non fa niente. Ma pecchè, ’o cameriere se n’è ghiuto? Nannina Gnorsì. D. Felice n’ ’o mannaie pe se mettere dint’ ’a casa nu lazzarone e p’ ’o fa fa ’o servitore cu isso. Ma che servitore? Chillo è addeventato ’o patrone d’ ’a casa se po’ dicere. P’ ’o fa fa nu servizio ce vò l’eccellenza. Vedite quanto che D. Felice ha pregato a me che lle venesse a ffa quacche servizio ’a matina. Mimì Tu sì ’a figlia d’ ’a guardaporta, è vero? Nannina Sissignore. Mimì E trica assaie D. Felice? Nannina E che ve pozzo dicere io...chillo nun ’o ddice maie quanno se retire. Ma mo nc’addimanno a Torillo, po essere che nc’ ’ha ditto a isso. Mimì Chi è stu Torillo? Nannina ’O cammariere nuovo che v’aggio ditto.

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Mimì Ah! Se chiamma Torillo? Nannina Gnorsì. (va alla 2a a sin. e chiama) Torì?...Guèh!...Torì? Viene nu momento ccà. Torillo (di dº 2a a sin.) Pecchè? Cher’è? Nannina Ce stanno cierte amice d’ ’o patrone che t’hanna spià na cosa. Torillo (c.s.) E falli intrare qui, perchè io non mi pozzo scomodare, mi sto pigliando il cafè. Nannina (ai due) Che v’aggio ditto?... Mimì Me piace ’a franchezza. Giulietta (vestita con eleganza civettuola ma mostrando sempre un’aria ingenua) Ma cheste so cose ’e pazze! Nannina (alla porta) Viene ccà! Rumpete ’e gamme, fa ampressa. Torillo (c.s. gridando) T’ ’e ppuozze rompere tu e ll’arma ’e mammeta, hê capito? Mo te mengo ’a tazza nfaccia! Mimì Nannì, lasse ’o j’, nun mporta. Chillo ’a mena a tte e ’a coglie a me! Giulietta Ma ch’aspetta stu D. Felice pe nn’ ’o caccià a cauce? Nannina Eh! Sta llà llà, sapite, pur isso ll’ha ditto, pecchè s’è stancato d’ ’o suppurtà. Mimì E ma se capisce. Chillo è nu lazzarone. Nannina Se sape, che nne vulite ’a nu munnezzaro? Mimì Munnezzaro? Giulietta Mondezzaio?...(con disgusto) Nannina Sissignore, e ’o sanno tutte quante, è viecchio d’ ’o quartiere. Chillo, sei mise fa, D. Felice, mentre se retirava, ’a dint’ ’o vico ascette n’autromobito e ’o steva menanno sotto, ... ma sentite, fuie proprio pe nu momento che nun ’o scamazzaie. Che paura! D. Felice ruciuliaie pe terra comme a na pallapilottola. Allora, Torillo ’o munnezzaro, che se trovava vicino ’o palazzo, se mena, l’afferra pe nu pede e ’o tiraie ncopp’ ’o marciappiede. Mimì Ah! Bravo! Nannina E D. Felice, capite, pe ricanuscenza, se l’ha pigliato dint’ ’a casa comme a servitore suio. Mimì Ah! Mo va bene. E chillo profittanno ’e chesto s’ha pigliato ’o dito cu tutt’ ’a mano! Nannina Proprio. Torillo (di dº) Nannina? Nannina Che d’è? Che buò?...

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(c.s.) Viene te piglia sta tazza ’a ccà ncoppa e portala dint’ ’a cucina, jammo. Nannina Neh? E pecchè, tu si ciunco? È asciuto n’ato patrone! Portela tu, nun nce rompere ’a capa. Permettete signurì... scusate. Vuie vedite che se passa. (via pel fondo a sin.) Mimì Ma chillo è nu bello tipo. Torillo

Scena seconda Torillo e detti Torillo

Mimì Torillo Mimì Torillo Mimì Torillo

Mimì

(fuori. È un uomo sotto la cinquantina. Tait e calzone nero piuttosto stretti. Volgare nei modi e nel parlare. Esce e si dirige verso il fondo a sin. gridando. Ha una pipa in mano accesa) Guèh!... Ossà... Scorza’e zella!...Io va a fernì che na vota ’e chesta, t’ ’a rompo overamente ’a capa!...Chesta è ’a siconda vota che t’ ’o ddico, ’a terza vota t’ ’o ffaccio!... Beh!...(viene avanti e vede i due) Bongiorno ’ossignoria! (e fuma, sputando spesso) Eh! Bongiorno e ssalute. Perdonateme si aggia aizata nu poco ’a voce, ma chella se crede ch’ave che fa sempe cu Turillo ’e na vota. Quella lazzara! (sputa verso i piedi di Mimì) Quella è na lazzara! Quella llà, quella llà!...(guardandosi le scarpe) Eh! Ci vuole pazienza. Non ha capito l’importanza di quello che voi avete fatto per D.Felice. Ah! Ll’aveto sapute? (fuma) Sicuro. Già. Quello lo portaiene tutti i giornali quella piccola cosa che io facette, e mo nce vo ’o fatto, se non me trovavo io, D.Felice, all’ora ’e mo, starebbo al cimitero! (sputa) Perchè vedete, quello, l’altromobile, ascette di tutta carrera da dentro il vicolo e ’o sbattette quatte cinche metre luntano e se io non era lesto a tirarlo p’ ’o pede, quello l’avrebbe scamazzato comme... una pummarola qualsiasi...(sputa) Ora mo, D. Felice, comme fosse, ha tenuto canuscenza ’e chesto ca io aggio fatto pe isso e m’ha voluto tenere in casa come suo cammariere. Me dà vinte lire ’o mese, mangiare, vestire e dormire e da seie mise, qua mangio, qua dormo, insomma qua faccio tutte gli affari miei. (sputa) (guardandosi un’altra volta le scarpe) Ho capito.

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Torillo

D. Felice me dette stu vestito suio e me dicette che aggia parlà sempe pulito cu ’e signure, perchè non vuole fare scomparze. E io pirciò vi sto parlande taliano. (siede, sdraiandosi e fumando) Mimì Ll’aggio visto!... Torillo E lei forse siete quei signori che volete parlare con lui? Mimì Sicuro. Torillo Ma siete amichi? (fumando) Mimì Già, siamo amichi! Volevamo sapè se trica assai a venire. Torillo Figlio mio non ti pozzo dicere niente, non so niente. (sputa) Giulietta (Mimì, jammuncenne. Chisto mme sta facendo avutà ’o stommaco cu chella pippa!) Torillo Se lo volete aspettare... Mimì No, no, nun potimmo perdere chiù tiempo. Si vene, lle dicite: è venuto quell’amico vostro di Frattamaggiore, D. Mimì Cardillo, e torna più tardi perchè vi deve parlare d’una cosa importantissima. Torillo Va bene. D. Mimì Cardillo? Mimì Sicuro. Torillo Tanto piacere di avere fatto la vostra canuscenza. (stende la mano, i due si guardano ma solo Mimì si decide a stringergliela) Mimì Fortunatissimo. Giulietta E andiamo, non perdiamo più tempo. (sotto l’uscio) Mimì Eccomi. Statte buono. (viano pel fondo) Torillo (ridendo) Fate l’ora vostra. Ma chillo overo è curiuso. Cardillo?...Vì che razza ’e nomme. Ma chella guagliona però era bellella, va trova che ll’è a chillo... Ah! Stammatina me sento proprio nu toro!... Quanno è asciuto D. Felice, mm’aggio fatto marenna na cepolla tanta, miezo tortano ’e pane, due bicchiere ’e vino e una tazza di cafè. Me so consolato! E chi ’o lassa chiù a stu giovene, io ccà sto comme a nu prencepe. E ne ringrazio sempe ’o Cielo cu ’a faccia pe terra. Ommacaro faccio na bona vicchiaia. (di dentro campanello) ’A porta. (via pel fondo a destra). Scena terza Torillo e Teodoro Torillo Favorite, intrate. (Chisto che ave?...) Teodoro (tipo d’agente d’affari. È un furbo, un astuto imbroglione che

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Torillo Teodoro

Torillo Teodoro Torillo Teodoro Torillo Teodoro Torillo Teodoro Torillo Teodoro Torillo Teodoro Torillo Teodoro Torillo Teodoro Torillo

Teodoro

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vive di strattagemmi, di trovate. Entra premuroso) Grazie. C’è D.Felice Sciosciammocca? Ma vuie chi site? Il cavaliere Teodoro Morzetta. Ex ufficiale ministeriale. Ex notaio. Ex avvocato. Direttore dell’agenzia di collocamento e d’informazioni. Ricerche nell’interesse delle famiglie. Sorveglianza. Ricuperi. Assicurazioni sulla vita, infortunii, incendii. Prestiti su pegni... Eh!...Signò!...Mamma bella! (E chisto quanno ’a fenesce?) Vuie site tutta sta rrobba ch’avite ditto? Sicuro. Quando viene D. Felice glielo dirai. Io? E chi s’ ’o rricorda? Vuie avite parlato mez’ora, nun aggio potuto capì na parola. Oh! È presto rimediato, mo te do ’o biglietto ’e visita... Ah! Mo va bene. (cava di tasca un enorme portafoglio dal quale prende un grande biglietto, circa quattro volte l’ordinario, e glielo dà) Ecco. E chesta è na siloca! Ccà ce sta scritto tutto chello ch’avite ditto? Tutto. E va bene. Mo che se retira nce ’o dongo. (mette il biglietto in sacca) Ma io ll’aveva parlà subito però, io non posso ritornare un’altra volta, tengo tante altre cose da sbrigare. Nun saie quanno se retira? Ma io credo che sta poco a tornà, pecchè m’ha ditto che s’hann’ ’a fa ’e bauglie e che avimma partì. Quando? (meravigliato) Stasera. Dice che se ne vo j’ nu pare ’e mise a Castiellammare, ncoppa Quisisana. E del matrimonio non se ne parla più? Quà matrimonio? Come? Il suo matrimonio con la figlia del dottore Borzillo. Nun ’o ssaie tu? No, nun me n’ha parlato maie. Vene ccà ogne tanto stu viecchio, stu Borzillo, ’o vene a trovà spisso e pure D. Felice va spisso ’a casa soia. Mo capisco pecchè...e p’ ’o matrimmonio. Ma pecchè nun me n’ha parlato maie dico io? Ma come, non te n’ha proprio parlato mai?

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Torillo Maie! Teodoro Eh!... Che ti posso dire...avrà intenzione, forse, di mandarti via. Torillo ’E mme ne manna?... Vuie che dicite? Credite che po essere pe chesto? Teodoro Mah...È facile. Pe nun te ne parlà mai, vuol dire che non ha intenzione ’e te portà cu isso. Torillo Uh! Mamma mia! Signò, vuie che dicite. E io resto mmiezo a na via? E io, a chesta aità, vaco cercanno ’a lemmosena? Teodoro Ma che elemosina, nun dì ciucciarie! Si pierde stu posto ne può trovà n’ati ddiece meglie. Torillo All’età mia signò? Io tengo sotto a 50 anne... Teodoro E che fa? Statte a vedè mo, che la gente a 50 anni non trova da occuparsi. Torillo ’O ccapisco. Ma io ccà nun faccio quase niente, sto comme ’a nu prencepe. Chi m’ ’a desse a mme ’a forza ’e faticà cchiù, nun ’o ddicite manco pe pazzià. Teodoro Ma chè, statte zitto, ti saprei trovare io un posto anche superiore a questo senza faticà tanto e cu na bona mesata. Torillo Overamente? Teodoro Guè, veramente,...io chesto faccio...Per ora non è il caso. Si te ne manna, viene addo me e te trovo io ’o posto comme ’o vuò tu. Torillo E io ve ringrazio... ve vaso ’a mano... Teodoro Ma no, che c’entra... tu viene addo me, me puorte 30 lire e po’ ce penz’io. Torillo 30 lire? Teodoro È la mediazione, caro mio, è tariffa, non si fa eccezione di nessuno. Torillo E va bene. Io si veco che ll’acqua se mbroglia corro addo vuie. Teodoro Cu ’e 30 lire. Torillo Sissignore. Teodoro Bravo. Quanto me secca che nun l’aggio trovato... (guardando l’orologio) Torillo Signò, ma pecchè, che ll’avita dicere?... ’E che se tratta?... Teodoro Eh! Non puoi saperlo. È una cosa delicatissima, importantissima. Un mistero che io solo con i miei mezzi, con la mia astuzia, con la mia abilità, sono riuscito a svelare! (di dº campanello)

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Torillo Uh! ’A porta. Permettete. (via pel fondo) Teodoro (fregandosi le mani) Eh! La notizia che gli porto mi frutterà qualche cosetta. Un paio di migliaia di lire me li vedo già nel portafogli!...E se capisce. Stu D.Felice, aggio saputo che sta buono ndenaro, e alla notizia di avere appurato suo padre chi è e addò sta, cacciarrà ato che duimila lire p’ ’o vedè. ’A mamma, che m’ incaricò di rintracciarlo, pure sborserà la sua parte e fra D.Alfonso Trocoli ’o padre, Da Sofia ’a mamma e D.Felice ’o figlio, accocchio na discreta sommetta. Scena quarta Torillo e detto, poi Saverio e Sofia Era ’o guardaporta, ha sagliuto sta lettera pe D.Felice. (la mette sul tavolo) Teodoro Oh, sai, io me ne vado, quanno vene D.Felice lle dice che io tornerò più tardi. Torillo Va bene. Teodoro E ricordate, si te ne manna, 30 lire e te trovo io ’o posto. Statte buono. (via) Torillo Sempe a servirve. (riaccende la pipa) Chella mo ’a cosa bona sarria ’e truvà nu mezzo pe scombinà stu matrimmonio, pecchè comma ’a vuote e comme ’a gire, pure ca mme tenesse cu isso, a mme nun me convenesse. Chella ’a mugliera accomminciasse a cummannà, a ordinà, a surviglià e io fernarria ’e gallià! Eh! Ma lloco te voglio zuoppo a sta sagliuta! Comme ’o scombino ’o matrimmonio? (di dº campanello) N’ata vota?... Guè chesta stammatina me pare ’a porta d’ ’a vammana!1 (Via, pausa, poi torna) (Si sapeva ch’era isso, ’o faceva sta mez’ora fore ’a porta.) Saverio (tipo di vecchietto libertino.Tinto ed impomatato. Entra dal fondo. Sofia lo segue) Neh, ma tu te fusse mbriacato a primma matina o fusse asciuto pazzo? Arape, sbatte ’a porta, se ne va dinto, senza salutà, senza te guardà manco nfaccia. Sofia Ma che modi sono questi? Torillo (cercando un ripiego) Aggiate pazienza, signò...stammatina mm’avoteno nu poco ’e cerevelle. Aiere aggio perzo nu terno proprio pe punto e punto e capirete... (fuma) Torillo

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vammana significa lavatrice.

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Sofia Torillo Sofia Saverio Torillo Sofia Torillo Sofia Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio Sofia Torillo Saverio Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo Saverio Torillo Saverio Sofia

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Ma che ce mporta a nuie d’ ’o terno tuio. Devi badare a quello che fai. (a Saverio) Ma chi è chella? (meravigliata) Uh!! Chella?!.. (Io non capisco D.Felice comme s’ ’o tene stu lazzarone dint’ ’a casa.) Quella signorina...(marcato) è Sofia mia sorella. Quella signorina?...(All’arma d’ ’a signorina!) Oh! E pecchè te faje tutta sta meraviglia?... Sono signorina, sì, sono zitella, pecchè, ched’è? Niente...io non sto arapenno manco ’a vocca, signorina zitella mia!... M’avita perdunà, capite, m’avota nu poco ’a capa ogge...(sputa) Va bene, ritiratevi, non abbiamo bisogno di voi. (togliendosi il cappello) Pigliate chisto, tiene. E che nn’aggia fa? Miettelo llà ncoppa. Ah! Mbè. (mette il cappello sul tavolo) Io mme credeva ca mm’ ’o voliveve rialà. (ridendo sconciamente) E io aveva parè bello co chillo mortaletto ncapo. (fuma). E posa sta pippa! Ma che te cride che staie nnanze a fratete... O nnanze a quacche scupatore? Che scostumato! Ecco qua, mo ’a poso...Voi come v’incipollite presto. (scambiando un’occhiata con la sorella) D. Felice sta dentro? (sputa) Gnernò, ancora s’ adda retirà. (con premura) E comme sta? Comme sta? Eh...Accossì, accossì... (c.s.) Sta malato, dì ’a verità? No...malato no, ma...(’E putesse mpressiunà nu poco...) Sapite ched’è?...Sta nu poco sciupato, pallidulillo... ma chello se capisce, ’a vita che ha fatto, certo, nun l’ha potuto fa bene. E che vita ha fatto?... Eh! Che vita!...Chillo, a ’o giovinotto, ll’è piaciuto ’o juoco, ’o vino...’e femmene, a mme m’hanno ditto, e se capisce ca mo sta pallido, malaticcio, debole!...(marcato) (impressionatissimo) Neh, Sufì, tu staie sentenno?... E vuò che a figliema lle dongo chisto bello soggetto?... Mai e poi mai!...(Torillo dà segni di contentezza) (a Torillo) Ma tu che staie dicenno? Ma tu te stisse sunnanno?... Quello è stato chiuso in collegio fino a venti

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anni, è asciuto ’a llà dinto na signorina: educato, timido, scurnuso. Dite, piuttosto, che lo volete calunniare. Addò mai è stato giocatore, bevitore... Ma che ne saie tu, si so appena duie mise che ’o conoscimmo! (approvando) Eh!...Dice bene. (impacciata) E...me so informata, me so informata bona... (a Torillo) Vattenne fore tu, si te volimmo te chiammammo. Lassece parlà. Subito. (’O viecchio s’ ’ha creduto! E a mme chillo mme preme!) (via pel fondo) (alzandosi) Io ti ringrazio della scelta. Avive truvato nu bello partito pe figliema, per tua nipote. Oltre le informazioni avute sul suo conto, mo ce volevano chest’ate mo. E che informazione hê avuto, pe sapè, che informazione?.. Come? Che prima di tutto nun tene pate...nun tene mamma, nisciuno. Ma,...su questo avevo transatto, non era un male, anze, tanto meglio pe figliema, ma cu chello ch’ha ditto chisto, ah no!...Non ho intenzione di fare l’infelicità ’e chella povera Marietta, facennole spusà nu discolo, nu libertino, nu stravagante comm’a chillo. Discolo, libertino e stravagante sarraie tu, capisce, che [a chella sventurata ’e mugliereta, chella santa, ’a faciste murì crepata ncuorpo p’ ’a collera e ’e dispiaceri che lle dive. Io? Tu sì, tu sì!...Chella puverella nun ne puteva chiù. E mo na femmena e mo n’ata, una ne lassave, n’ata ne pigliave.]2 doppo ’a morte ’e mugliereta, ti sei dato addirittura alla pazza gioia, vaie secutanno femmene ed hai abbandonata la professione. Io?!...Uh! Vedete, io studio d’ ’a matina ’a sera! [passo la mia vita ncopp’a nu microscopio ad esaminare microbi ed insetti per quel libro che sto scrivendo. Ah! Già. E ’a notte, che te retire ’e doie e mmeze, ’e tre, addò vaie? A studià microbe e insetti?]3

2 La parte tra parentesi quadre è stata racchiusa dall’autore in un riquadro bordato con matita blù. 3 Vedi nota 2.

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E poi, io sono vedovo, sono solo, e faccio il mio comodo, non aggia dà cunto a nisciuno!... (alzandosi) Ma t’hê ’a ricordà che tiene na sora e na figlia, e una figlia po’, che se sta mmaretanno con la perla dei giovani, e questo che fai è immorale, capisci. Già, io po’ voglio parlà cu ttico, tu nun l’hê curata quanno era piccerella a figlieta... E pecchè ce stive tu, nc’ hê penzato tu, hê voluto fa tutte cose tu... E se capisce...Perchè non hai mai fatto il tuo dovere di padre e di fratello. Di fratello po, nun ne parlammo proprio, nun nce so mai esistito pe te. Mentre bisognava curarmi, bisognava vegliare su me (marcato) che nun teneva a nisciuno ato vicino. Ma tu eri una ragazza onesta... Certamente ero una ragazza onesta, e p’ ’o carattere mio vivace, nervoso, per il mio temperamento sensibile, sanguigno, ho sofferto sai, ho passato brutti momenti nella mia gioventù, per essere troppo onesta. E sarria rimasta sempe tale, si avesse tenuto a uno vicino che m’avesse guidata, consigliata, difesa, specialmente d’inverno, contro l’elettricità!... L’elettricità? E che c’entra l’elettricità? C’entra sì. ’O ssaie che quanno fa cattivo tiempo, quanno venene chilli temporale, cu llampe, tuone, fulmini... io...nun ragiono chiù, me piglia na smania, n’agitazione, tremmo tutta quanta...nun capisco niente chiù...me sento svenì...insomma, non sono più padrona di me. E ’o saccio, si stata sempe nu guaio tu cu sti nierve, t’aggio scritto po tanta cure, nun hê voluto fa mai niente. Niente! Uh! Vedite, chelle me facevano chiù male!...La vera cura era chella ’e me sta vicino, di non lasciarmi sola, come quella notte fatale!... (pausa) Una notte fatale?... (Sofia sospira) Neh, Sufì,...parla chiaro, sa,...che cos’è sta notte fatale?... Parla! (con grande interesse) (pausa) ’A vuò sapè? (s’alza, guarda in tutte le porte, poi viene avanti e comicamente sospirando mostra una sedia) Siedi. (e siede anche lei) Te ricuorde, tre mise doppo ’a morte ’e mugliereta, avista j’ a Roma pe chillo congresso medico e me purtaste pure a me? Ah! Sicuro...è affare ’e 20, 25 anne fa.

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Proprio. Il 17 marzo 1886. È na data che nun m’ ’a pozzo scordà chiù. Sì, ce pigliajeme doje stanze all’Hôtel Cavour. All’Hôtel Cavour, perfettamente. E mme ricordo pure che chella notte chiuveva comme a che. Chiuveva? Llà venette chella tempesta, chillo temporale: viento, acqua, lampe, tuone...nu vero cataclisma!...Che vuò dormì, io sbattevo dint’ ’o lietto comme a na tenga4, tremmavo tutta quanta...Me soso, cchiù morta che viva, esco fore ’o correturo pe venì addò te, ma tu nun nce stive dint’ ’a stanza. Comme?...E addò era juto?... Io saccio addò jre juto tu?...’O scuro, mentre mme ne tornavo dint’ ’a stanza mia, facette nu tuono accossì forte e accossì forte che ntrunaiene tutte ’e llastre e tremmaie tutt’ ’o pavimento. Figurate!...Tanto d’ ’o zumpo jette a sbattere ’o muro ’e rimpetto. Me pareva che se ne steva cadenno tutt’ ’o palazzo. Che paura!! Avetta essere ’o tuono ’e marzo, certamente. Allora, spaventata, traballanno, ’o scuro, arapo na cammera, ’a primma che mme capita, e cadette svenuta ncopp’ ’a nu lietto, ncuollo a n’ommo, ’o quale, naturalmente, se scetaie e... (con grandissimo interesse) E che facette? (con un comico sospiro) Te lo puoi immaginare! Me senteva abbraccià stretta stretta, ma chi m’ ’a deva ’a forza pe mme difendere. Oh! Vigliacco!... Quanno rinvenette, all’alba, mme trovaie sola dint’ ’a stanza... Naturalmente. (con rabbia) E dopo qualche mese, m’accorsi... ch’ero madre!... Oh!!...E isso? Sparito! Miserabile! E nun addimmannaste all’albergo chi era, chi non era?...

tenga: termine dialettale per tinca. “Tremare comme na tenga” significa sbattersi o dimenarsi come un pesce.

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Sì, dice ch’era nu giovine, nu commesso viaggiatore, uno di passaggio, che nun s’avevano pigliato manco ’o nomme. E d’allora nun hê mai saputo niente, nun hê mai scoperto niente?... Niente!...L’anno passato però, parlaie c’ ’o direttore ’e n’agenzia d’informazioni, nu certo Teodoro Morzetta, promettennole na forte somma se riusciva a trovarlo: se signaie ll’ora, ’a giornata, l’albergo, ’a città, ma, fino a mo, nun m’ha fatto sapè niente ancora. E d’ ’a creatura che nne faciste?... ’A dette a na nutriccia, ncampagna, e sacc’ io che mme costa chillo guaglione, pecchè a otto anne po ’o facette chiudere in collegio e llà è stato fino a 5 anni fa. E mo comme campa, che fa? Niente, ch’adda fa, fa ’o signore, ll’aggio assegnato metà del mio patrimonio, e...perdenno ogne speranza ’e mme spusà ’o padre, me venette l’idea d’ ’o nzurà... e darle a figlieta Marietta...(con slancio) (grande sorpresa) Eh?!...Come?... È D. Felice?... Chisto è figlieto? (alzandosi) (alzandosi) Sì!...Sì!...Lui!...Lui è il figlio dei lampi e dei tuoni! E nun potennolo abbraccià comme a figlio, l’aggio dato a te come genero! E grazie tante! Ma dico io, in mancanza d’ ’o vero pate, ce ne potive procurà n’ato, te mmaretave e buona notte. Io?...Io sono una donna onestissima, capisci, e non posso sposare che solamente l’uomo del 17 marzo 1886!... Seh!...E va t’ ’o pesca!... Scena quinta Felice e detti, poi Torillo

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(di dº) Torillo?...Torillo?... (allegra) Uh! ’O vì ccà...è ’a voce soia...Comme me sbatte mpietto. (fuori. Ha in mano un involto con entro un abito) Torillo? Uh! Caro papà. (strette di mano) Ched’è neh, che mm’avite miso mmano? Na cosa fredda... Ah?... È ho chiavino d’ ’a casa. (se lo conserva) Signorina Sofia. (stretta di mano)

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Buongiorno. (poi con rammarico a Saverio) (Signorina...!) (che è andato a mettere l’involto sul tavolo) Quale onore... Siamo venuti a farvi una visita. Accomodatevi. (dà le sedie) Grazie...grazie...non v’incomodate... È dovere, prego. Quanto è gentile...quanto è educato...che bravo figlio... (carezzandolo) A voi non vi dispiace che v’accarezzo? Oh! Figurateve...fate il vostro comodo. (carezzandolo a due mani) Che caro giovine...Che bontà... Che bella faccia liscia che tene... M’aggio fatta da poco ’a barba, quell’è. Permettete che ve do nu bacio? Ah! Già, ’o solito bacio ’e tutt’ ’e mmatine. Con tutto il cuore. Grazie. (lo tira a sé, lo bacia su tutte e due le guance e l’abbraccia. Poi fra sé) (Figlio mio! Figlio mio!) (commossa, bacia di nuovo) (facendo dei segni a Sofia per farla smettere) Beh, sediamoci, va, sediamoci. (N’ato ppoco s’ ’o magna a chillo.) Qua, qua, D. Felì, vicino a me. (Felice siede in mezzo ai due. Sofia si è tutta avvicinata a lui e, mentre con la sinistra gli prende la mano, gli passa il braccio destro sulla spalla guardandolo attentamente e seguendo tutte le sue azioni durante la scena che segue. Lazzi) E siete venuti da parecchio? Na mezz’oretta. E vostra figlia, la simpatica Marietta, non è venuta? No, è rimasta a casa assieme alla cameriera. Aspettava ’a sarta. E voi da dove venite? So stato primma da Bernard, a Chiaja, a mme piglià nu vestito che mm’aggio fatto lavà, po, passanno p’ ’o Largo Carolina, so sagliuto nu momento ncopp’ ’o Circolo dei Cacciatori dove io sono socio, e so ghiuto a salutà gli amici, perchè, come sapete, stasera alle sette parto, me ne vaco pe nu pare ’e mise a Castiellammare come tutti gli anni. E voi, assieme a zi Sofia e Marietta, mi darete l’onore di venire a passare na quindicina di giorni con me, sopra Quisisana. Oh! L’onore è sempre tutto nostro...Ma sapete ched’è, sto facenno rinnovà tutto l’appartamento, sto facenno mettere

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Felice Saverio Felice Saverio Sofia Felice Sofia

Felice Sofia Felice Sofia Saverio

Felice Saverio Felice Sofia Felice Saverio Felice Sofia

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tutt’ ’e parate nuove,...e capite...comme lascio tutte cosa accossì? Ma vuol dire che appena i lavori saranno finiti, verremo. Va bene? Allora noi restiamo così, io v’aspetto, avisseva cagnà idea? Oh! Quando ve l’ho promesso, basta. E grazie. Sofì...Sofì...e scostete nu poco...te si menata ncuollo a stu povero D.Felice...cu chisto caldo...e poi non sta bene... Guè, tu nn m’hê ’a seccà. D.Felice m’è tanto simpatico, ’o voglio tanto bene, tra poco diventerò...sua zia e nun nce sta niente ’e male. (con passione) Dateme n’ato bacio. Subito. Grazie. Oh! A proposito, D. Felì, badate che vuie, quanno spusate, avita rimanè cu nuie, in casa nostra, io v’aggia tenè sempe vicino, a tutt’ ’e dduje. (esce Torillo e s’arresta sotto l’uscio per sentire) Ma vedete... questo poi mi sembra... No, no, no, non sento chiacchiere, così voglio, avita sta cu mme. Vi assegneremo una camera, che...già stiamo preparando, e llà avita sta con vostra moglie. Voglio così. E io obbedisco, ch’aggia fa. Bravo. Una cosa però, D.Felì, chillo lazzarone ’e servitore che tenite mo, nun è cosa, chillo se n’adda da j’. In casa mia non lo voglio. Si vuie ’o sopportate io no, io ’o piglio a cauce, nce ha trattato ’e chella manera poco primma. Pecchè? Ch’ha fatto? C’è venuto aprì con certi modi, ha sbattuto ’a porta, se n’è ghiuto dinto, senza salutà, po’ cu na pippa mmocca chiù puzzolente d’isso...Ha sfroculiato a chella... (con premura) Sfrocoliato?... Già...ha messo in dubbio che io era signorina... Oh!...E nun l’avite azzeccato nu schiaffo? Eh! Poco è mancato. Insomma, D.Felì, chillo lazzarone con noi, non può stare. (Torillo a gesti minaccia i due) Io nun saccio vuje comme ’o tollerate. No, sapete...per riconoscenza...p’ ’o fatto ’e ll’automobile che ve contaie... Ma che bisogno c’era d’ ’o fa sta dint’ ’a casa,... lle faciveve nu regalo, nu centinaio di lire e bastava.

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Ma sì, vedete, io m’ero stancato pur’io, pecchè se n’ha pigliato troppo, e doppo ’o fatto vuosto, lo licenzio subito, immediatamente. Oh! Bravo. Quello non è degno di stare vicino a voi! Basta, Sofì, ce ne vogliamo andare? Io mo l’ho capito, tu mo te volarrisse sta sempe ccà. Sempre! Sempre!...A guardarlo, a contemplarlo solamente!...Che simpatico giovine...E che bel colorito che tiene, guarda Savè. (tastandogli i muscoli delle braccia e delle gambe) E che muscoli!...Uh! Comme so tuoste ccà!...Che bellezza!...E chillo lazzarone s’è permesso ’e dì che stiveve pallido, debole, malaticcio... Chi?...’O servitore? Già. Vuie nn’avita mannà a chillo. Quello è un maldicente e un calunniatore. (Torillo vorrebbe sempre inveire ma s’arresta. Lazzi) Nun nce penzate, appena ve ne jate vuje ’o licenzio sotto ’o colpo! Benissimo! Noi ce ne andiamo, statevi bene. (strette di mano. Guardandolo teneramente. Torillo entra) (Mo me vasa n’ata vota!) Sentite, vuie nun v’avita seccà, ma io v’aggia dà n’ato bacio. (’O bì?) E baciate, signorì, baciate. (abbracciandolo e baciandolo commossa) Grazie. Signorì, ma ched’è? Voi piangete?... Di gioia, capite, di gioia. Già,...ecco...(s’asciuga una lacrima) È la gioia...sono tanto contenta di aver trovato un buon partito per mia nipote... e ’o stesso piacere...capite...me fa piangere. (piangendo) Benedetto,... benedetto...benedetto... Jammo, jammoncenne. Stateve buono D. Felì. (la spinge e viano pel fondo) (li segue. Pausa. Poi torna) Chella è grande, parola d’onore. È na frenesia che tene pe mme. (vedendo sul tavolo la lettera che ha messo Torillo) Che d’è ccà? Na lettera. (l’apre e legge) “Gentilissimo Signor Sciosciammocca. Come zio e tutore del vostro amico Mimì Cardillo, ho bisogno di domandarvi un gran favore nel suo interesse. All’una precisa sarò da voi. Se per quest’ora non vi riesce possibile ricevermi, vi

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prego allora lasciarmi un appuntamento al vostro portinaio. Devotissimo Alfonso Trocoli.” Ah! Sì, chisto è chillo zio ’e Mimì ch’è stato tant’anne in America. Mimì me n’ha parlato sempe. Basta, veniamo a noi. (chiamando) Torillo?...Mo stesso lle dongo na cosarella e nn’ ’o manno. (chiamando) Torillo? Scena sesta Torillo e detto, poi Nannina (serio, accigliato) Eccome ccà. (calmo, passeggiando) Andate in camera vostra, fateve ’a mappatella ’e chello ppoco ’e rrobba che tenete e ghiatevenne. Torillo Addò? Felice Dove volete voi. Io vi licenzio. Non fate più per me. Cheste so 50 lire, ve le regalo e statevi bene. (gli dà il danaro) Torillo Me ne mannate? Felice (gridando) Te ne mando, sì, te ne mando! Perchè sei nu lazzaro, nu scostumato e nu facchino! Ecco. Come si dice? ’O Cielo te libera ’e pacienza stancata. ’A pacienza mia s’è stancata e nun te voglio tenè cchiù! Va bene?... Torillo (scattando e conservandosi il denaro) E va bene, sì, va bene! Mme ne vaco!...Io ll’aveva già capito che accossì jeva a fernì, e quanno ’o bolite sapè, mm’aveva trovato pure ’o posto; ma, mo simme llà, m’era affezionato, m’era affamuliato cu buje, ve voleva bene comme a nu figlio mio...e... mme rispiaceva ’e ve lassà. Ma nun fa niente. Vuie site ’o patrone, avite ordinato accossì...e accossì sia. (poi con un grido) Ma però, ve faccio assapè, ca si vuie site patrone, restarrate sempe nu scanuscente, risamurato e senza core, e io sarraggio sempe Torillo ’o munnezzaro, chillo lazzaro, chillo scostumato e facchino, sì, ma...che v’ha salvato ’a vita... mettenno a rischio ’a soia!...Permettete. Mme vaco acconcià ’a robba e po’ mme ne vaco! (via pel fondo) Felice E nun perdere tiempo, sa, votte ’e mmane! Vedete che modi!...Vì quanto è seccante isso e ’a vita che m’ha salvato. (di dº campanello) Nannì, ’a porta. Nannina (traversando il fondo) Eccome, signorì, sto ghienno. (entra a destra. Pausa. Poi torna) Signorì, è D.Mimì Cardillo, è venuto pure poco primma, ma vuie nun nce stiveve. Torillo Felice

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Felice E fallo trasì. Nannina Favorite, D. Mimì, favorite. Scena settima Mimì, Giulietta e detto Mimì Felice Mimì Felice Mimì Giulietta Felice Mimì Felice Mimì Giulietta Mimì Felice Giulietta Mimì Giulietta Mimì Giulietta Mimì Felice

D. Felice rispettabile. (Giulietta lo segue. Nannina esce pel fondo a destra) Guè! ’A bellezza ’e Mimì. (vedendo Giulietta) Signorina... (Giulietta s’inchina) (presentando) Giulietta Spina, mia fidanzata. Ah! Piacere. Felice Sciosciammocca, quell’amico mio stretto che t’ho sempre parlato. Fortunatissima. Assettete Mimì...Signori, prego (offre una sedia. Seggono) Dunque ti sei fidanzato? Già. Ma me faccio meraviglia però. Tu, tanto nemico del matrimonio... Avete visto? E intanto cu essa ce so caduto. (guarda teneramente Giulietta e sospira) Ah!! (All’ossa ’e patete!) (a Felice) L’incontrai cinque mesi fa alla strada Speranzella e ne restai colpito immediatamente. E non poteva essere che così...perchè è proprio na bella figliola. Oh! Per carità, sono belli gli occhi vostri. Io, per dirvi la verità, vedennola così elegante vestita, l’aveva pigliata per una ragazza...un poco...equivoca, capite. Ma fortunatamente se n’addonaie subeto po’ d’ ’o sbaglio ch’aveva pigliato. E già, pecchè essa mme dicette ch’aveva j’ pe forza vestita bene, per la clientela nobile che tiene, per tante case ricche che pratica. Eh! Caro signore, st’arte nosta accossì è, si nun ve sapite presentà, se non sapete trattà, se non si dà un po’ di polvere negli occhi, non se ne ricava niente. Giustissimo! Verissimo! Ma pecchè? Che arte fate, scusate.

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Mimì

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La sarta. E che sarta! Nu vestito v’ ’o pitta ncuollo. Fa lavori fine assaie cu chelli mmane. Tene 10 figliole sotto a essa. Caspita. Felice Brava. E quando sposate? Mimì Eh! Per me, pure domani, ve pare, io non me fido più d’aspettà, ma mio zio, che è pure il mio tutore, non acconsente. Felice Ah! M’ha mannato na lettera, poco primma, dice che m’adda cercà un gran favore, nel tuo interesse. Mimì Ah! Sì? E io avevo saputo che voleva parlà cu buie, sapenno che io era amico vuosto e aggio saputo pure che favore ve vò cercà. Perciò so venuto. Felice Ma pecchè nun vò acconsentì?... Giulietta Eh!...Pecchè ha saputo che io... nun tengo padre. (s’asciuga una lagrima) Mimì (piano a Felice) (È figlia naturale! Se l’ha cresciuta na guardaporta! ’A mamma murette!) Felice (con interesse) Ah! Sì? Mimì Ma che c’è di male in questo? Ditelo voi, D.Felì, che pure voi...(si riprende a un movimento di Felice) che pure voi conoscete tante persone senza padre...(marcato) Felice Oh! È un’ingiustizia. Mimì Embè, quello ha detto che si m’ ’a sposo, mi disereda. Giulietta E siccome sta ricco assaie, io nun voglio po, che pe causa mia avessa perdere na fortuna. Mimì Che bontà, che core d’angelo! D. Felì, ccà l’unica speranza mia site vuje. Felice Io? Mimì Sì! Chillo a n’ato ppoco v’ ’o vedite venì a zio Alfonso. Parlatece vuie. Facitelo acconsentì. Io nce aggio parlato diverse volte, ma sempe inutilmente. Mo che vene, cercate voi d’ ’o persuadè, d’ ’o fa capace. Felice Oh! Te lo faccio con gran piacere, prima pecchè non è giusta l’opposizione e po’ pecchè aggio capito che se tratta di amore vero, di puro affetto. Mimì Grazie tante, D.Felì, siete un vero amico. (poi a Giulietta) Allora mo sa che faccio? Me ne vaco io e tu rieste, nun me voglio incontrà cu zio Alfonso. Quanno vene, D. Felice ce parla, te presenta e so sicuro che nel vederla lle passa tutte cosa. Comme te pare?

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Giulietta Ma si avessa tricà po’...io aggia j’ adda Marchesa Fiore che m’aspetta, a chest’ora già avarria avuta sta llà. Felice Ma chillo m’ha scritto che vene all’una precisa...(guarda l’orologio) Ce vonno 10 minute... Mimì Oh! E allora va bene. Felice Solamente, io avarria scennere nu momento, cinche minute, quanto arrivo fino a d’ ’o sensale, pe vedè si mme po’ mannà nu cameriere pe stasera... Mimì E fate gli affari vostri, andate. Felice E ’a signorina po’ resta sola? Mimì E che paura? Sta in casa vostra... e po’ ce sta ’a discepola fore ’a sala. Felice Già, io po ’o pontone ’o vico aggia j’, è ccà vicino. Giulietta Ma sì, andate, fate il comodo vostro. Io me metto a leggere nu poco. (prende una rivista dal tavolo) Felice Ah! Bravo. Mimì Io po’ vengo ogge ’a casa e me faie sapè quacche cosa. Giulietta Sì. Statte buono. Mimì Statte bona. Pupatella mia! Simpaticona mia! Felice Permettete signorì, io vengo subito. Giulietta Servitevi. Mimì (facendolo passare avanti) Prego, D. Felì. Felice Grazie. (mette il cappello ed esce pel fondo a destra, Mimì lo segue dopo di aver salutato con gesto Giulietta) Giulietta (scoppiando in una risata) Ah! Ah! Ah!...Ma quanto è curiuso!...Che figura ridicola!...Ma però sta buono mpurpato, a morte d’ ’o zio resta carreco ’e denare, e si m’arrivo a spusà faccio ’a fortuna mia!... Scena ottava Torillo e detta, poi Teodoro, Nannina (dal fondo, ha indossata una vecchia scemise e un vecchio cappello a cencio. Ha in mano una grossa mappata e nell’altra la paletta ed il corbello da mondezzaio appoggiati sulla spalla. Sotto al braccio un vecchio ombrello. In tasca la sua lunga pipa.) Ah! Vuie site tornata?... Giulietta E vuie che facite accussì combinato? Torillo (forte) Me ne vaco, oi né, me ne vaco, aggia dà cunto a buie? Torillo

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TEATRO (1910-1920)

Giulietta E ghiatevenne, a chi ’o ccuntate. (Guè, chillo comme se fa brutto.) Torillo Nun voglio passà pe sta strada manco muorto chiù!... (di dº campanello) Mm’avita sputà dint’ ’e frutte ’e ll’uocchie si mme ce verite n’ata vota. D.Felice sta dinto? Giulietta No, è asciuto, ma mo torna. (legge) Torillo Grazie tanto. (passa a sinistra) Teodoro (dal fondo) Tu che dice? È asciuto? Nannina (seguendolo) Gnorsì, mo proprio, nun saccio comme nun l’avite ncontrato. Nu pare ’e minute primme che veniveve... Teodoro Per Bacco!...(guardando l’orologio) Ma dove è andato? Nannina E che ne saccio. Permettete. (via) Torillo Cavaliè...noi ci siamo sa... ’o patrone me n’ha mannato... Teodoro Sì? Ah! Perciò te veco in arma e bagaglio? Torillo Gnossì. Indi, poi, truvateme ’o posto, ca io stono disponibilo. Teodoro Benissimo. Damme ’e trenta lire. Torillo Doppo v’ ’e ddongo. Teodoro No, prima, questo è il regolamento. Ma che forse non hai fiducia?...Io sono un galantuomo. Torillo P’ ’ammore ’o Cielo, io nun aggio voluto dicere chesto. (mette tutto a terra e cerca il danaro nelle tasche) Favorite, ccà stanno ’e 30 lire... Uh! Mannaggia ’o suricillo, mannaggia!... Teodoro Ch’è stato? Torillo Mm’aggio scordato ’a vurzella cu ’e denare sotto ’o matarazzo. Permettete nu momento. (riprende tutto e via fondo a sin.) Giulietta (alzando gli occhi) Uh! ’O Cavaliere Morzetta. (s’alza) E che fate qua? Teodoro (non ricordandosi) Scusi signorina...ma io... Giulietta Nun ve ricordate chiù ’e me?...A Milano, nu paio d’anne fa, venette ncopp’ ’Agenzia vosta p’avè notizie d’ ’o nnammurato mio. Teodoro (ricordandosi) Quando io tenevo l’agenzia a Milano? Ah!... Aspettate, sicuro...Ninetta Krì-Krì?... Giulietta (subito) Psss!...(guarda intorno) Ninetta Krì-Krì una volta, adesso sono Madama Giulietta Spina e servo le migliori famiglie napoletane.

’O TUONO ’E MARZO



Teodoro Oh! Guarda, guarda. E perchè avete lasciato il Cafè Chantant?...Io, a Milano, mi ricordo venivo tutte le sere ad applaudirvi, e m’inebriavo, ammirando le vostre belle braccia, le vostre belle gambe! E com’è che facite ’a sarta mo?... Giulietta Ma io sempe ’a sarta aggio fatto, e guadagnavo buono. Pe volè troppo bene a n’assassino, nu brigante che conoscette ccà e che mme giurava che m’avarria spusata, me ne scappaje cu isso a Milano e tanno fuie contento quanto me facette mpignà fino all’ultima cammisa e po’ nun se facette vedè cchiù!... Teodoro Oh!...Pezzo di canaglia! Giulietta Ch’aveva fa? Sola, senza nisciuno,...mme mparaje cinche o seie canzone e diventai quella Ninetta Krì-Krì che voi avete applaudita e ammirata!...(con gaiezza) ’A fortuna m’aiutaie, me facette quacche cose ’e solde e me ne venette a Napole a mettere ’a sartoria. Teodoro Benissimo. Giulietta Ecco l’indirizzo. (cava dalla borsetta dei biglietti-reclame) “Madama Giulietta Spina” ’O nomme ’e mammà,... “Mode e Confezioni – Strada Speranzella n.21, Napoli.” (li dà a Teodoro) Se mai avete bisogno di me... Teodoro Ah! Sicuro...(conserva i biglietti) Giulietta (allegra) E forse forse...mo me mmarito pure. Teodoro Ah! Bravo! Giulietta Sissignore. È uno ’e Frattamaggiore, nu buono giovene, ricchissimo, ma però ’o zio nun vo dà ’o consenso. Teodoro Forse perchè ha saputo che facevate la canzonettista? Giulietta No, perchè ha saputo che...non tengo padre... Teodoro È morto? Giulietta No!...Cioè, io nun ne saccio niente, nun l’aggio mai visto, nun l’aggio mai conosciuto a papà. Teodoro Ah!...Ho capito!... E mammà? Giulietta Eh!...Mammà, me contaiene che murette quann’io teneva appena nu mese. Teodoro Oh!...(addolorato) E sol perchè non si sa chi è vostro padre, vi si nega il consenso? Giulietta Già. Teodoro (fissandola, come preso da un’idea) E ditemi una cosa...voi avete piacere di sposare questo giovine? Giulietta E comme, ve pare, è na fortuna pe mme.



TEATRO (1910-1920)

Teodoro Datemi 200 lire e vi procuro un padre. Giulietta (ridendo) Cavaliè, jatevenne, nun dicite bestialità. Teodoro No, no, sul serio vi dico. Vi posso trovare io un tipo che acconsente. Non crediate che sia difficile trovarlo. Voi quanto sareste disposta a dargli al mese? Pecchè na cosa nce s’ adda dà...Na sessantina di lire? Giulietta Cavaliè, nun pazziate... Teodoro Ma niente affatto, parlo seriamente. Una sessantina di lire vi converrebbe? Giulietta Eh! Sicuro...(ridendo) Teodoro Sta bene. Favorite oggi alle 5 all’agenzia e vi darò la risposta. Ecco l’indirizzo. (le dà uno dei suoi biglietti) Scena nona Torillo e detti Torillo

Teodoro

Torillo Teodoro Torillo Teodoro Torillo Teodoro Torillo Teodoro Torillo Teodoro

(con trenta lire in mano) Guè, severo d’ ’a palella, io m’aggio miso na brutta paura! ’A vurzella d’ ’e denare nn ’a truvavo chiù. M’avevo scordato ch’ ’a tenevo mpietto. Me n’ha fatto fa jastemme!...(poi a Teodoro mostrando il denaro) Signor Cavaliere, quando state comodo... (a Giulietta) Scusate nu momento. (avvicinandosi a Torillo) (Ah! Che bell’idea!...Lle potesse combinà a chisto?...E questo sarebbe l’unico!) (Torillo gli mostra il danaro) Aspetta nu momento. (sottovoce) Tu tieni spirito?...Tieni sangue freddo?...Tieni faccia tosta? Comme s’intende? Se devi fare una finzione, na cosa apposta che ti può fruttare sessanta lire al mese, ti senti forte e capace di farla? Sissanta lire ’o mese? (con gioia) Vuje che dicite signò...se capisce ca mme sento capace...faccio chello che bulite vuie... Benissimo! Allora ho trovato il posto che fa per te. Overo? E cheste so ’e trenta lire. Ah! No! Mo mme n’hê ’a dà 50!... Cinquanta?!... Si tratta di un posto eccezionale...Sessanta lire al mese, mangiare, vestire, dormire e senza faticà addirittura, e te ne vuò ascì cu trenta lire?... Ma che posto è, cu chi aggia j’? (indicando Giulietta) Con quella signorina llà.

’O TUONO ’E MARZO



Torillo Ah!... Lle serve ’o cammariere? Teodoro No!... Tu nun vaie come cameriere...Tu sarai il padre della signorina. Torillo (sorpreso) Ch’aggia fa?...’O pate?? Teodoro Statte zitto, lassa fa a me, pò te spiego io ogni cosa. (va da Giulietta) Ho bell’ e trovato quello che ci vuole. Giulietta Accossì ambressa? E chi è?... Teodoro Quello llà, vedete. Giulietta ’O munnezzaro? Teodoro Qua’ munnezzaro? Giulietta Chillo llà facceva ’o munnezzaro. Teodoro Veramente? Giulietta Sissignore. Teodoro (andando da Torillo) Tu po facive ’o munnezzaro e nun m’hê ditto niente? Torillo E pecchè, signò, ched’è? Faceva ’o munnezzaro, ma era un monnezzaro onesto!... Teodoro Psss!...Zitto, zitto, zitto. Mo acconcio io. (va da Giulietta) Voi avete preso uno sbaglio. Faceva il mondezzaio sì, ma era un travestimento, si camuffava così per affari politici. Poi volle lasciare e si mise a fare il cameriere. [È nu poco lazzaro nel parlare, nei modi, ma voi quando gli direte come si deve comportare, lo farà.]5 Giulietta Ah?...Ma me pare troppo lazzaro, Cavaliè. Teodoro E che vuol dire? Quando gli direte come si deve comportare, quello lo farà. E po, bella mia, dovete transigere nu poco, tanta difficoltà nun l’avita j’ trovanno,...solo questo tipo qua vi può fare quella finzione. Vuie po, ’o vestite nu poco meglio, più pulito, più serio, più ricercato...capite? Giulietta Ah! Questo è certo. E allora va bene, accetto. Teodoro Benissimo!...(stendendo la mano) 200 lire... Giulietta Eccole qua. (apre la borsetta) M’ ’e trovate proprio pe na combinazione...è na fattura ch’aggio esatta. (gli dà de carte da 100) Teodoro Grazie. (va da Torillo) ’E cinquanta lire, jammo. Torillo Eccome. (cava dal petto una borza di tela bianca dalla quale estrae un biglietto da cinquanta) Chesta mo m’ha dato D.Felice, a vì, è fresca fresca. Favorite. (glie la dà) 5

Vedi nota 2.



TEATRO (1910-1920)

Teodoro E grazie. (intasca tutto il danaro, poi prendendo per mano Giulietta e presentando l’uno all’altra) La signorina Giulietta Spina, vostra figlia. (Torillo saluta) Vostro padre, il signor... comme te chiamme tu? Torillo Torillo Scarola. Teodoro (continuando) Salvatore Scarola. Giulietta Stu Scarola, ’a verità...io po’ m’aggia chiammà Giulietta Scarola... Teodoro E che ce vulite fa, quanno chillo è ’o cognome. Torillo Signurì, vulisseve acconcià...Salvatore Vurraccia? I due No! Torillo Salvatore Incappucciata? I due No! Torillo Salvatore Broccolodirape? Teodoro Ma no, statte zitto. Ma scusate, vuje ve mmaretate? E prenderete poi il nome di vostro marito, che ve ne mporta. Giulietta E va bene, nun ne parlammo chiù. Teodoro Del resto vuie putite fa pure n’ata cosa: nnanze ’o nomme ce mettite nu titolo a piacere vostro, Marchese, per esempio... il Marchese Salvatore Scarola! Torillo So pure Marchese? (ridendo) Teodoro E così è più pulito, più nobile. Giulietta Ah! Certo!.. Oh! Ma nuie nun avimmo penzata n’ata cosa... Si chello ’o zio s’informa, che succede? Appura che chisto nun m’è pate... Teodoro Ma no, scusate, pecchè s’adda informà?... [E poi, ci vuol poco a diventare il vero padre. (a Torillo) Vai all’ufficio municipale della tua sezione e dichiari che la creatura di sesso femminile, nata il tal anno, il tale mese, il tale giorno, e che non è stata riconosciuta, è tua figlia. L’impiegato te scrive la dichiarazione nel registro dello stato civile e tutto è fatto.]6 Vuie nun nce l’avita dà stu tiempo, avita spusà subito, appena ce l’avite presentato, avita stregnere ’e sacche. Doppo spusata, po, che ve ne mporta chiù?...(guarda l’orologio) Oh! Diavolo!...Io nun pozzo cchiù aspettà... Debbo vedere una persona prima che parte... Giulietta E io pure me n’aggia j’. Che ora è, scusate. Teodoro È l’una e venti. 6

Vedi nota 2.

’O TUONO ’E MARZO



Giulietta Uh! No... allora mme ne vaco...nun ’a pozzo fa aspettà chiù ’a Marchesa. D.Felice ha ditto che subeto veneva... mo lasso ’a mmasciata a ’o guardaporta che torno chiù tarde. Torillo E aspettate, io ch’aggia fa? Comme rimmanimmo? Giulietta Ce vedimmo stasera ’a casa mia: strada Speranzella n.21. Torillo Va bene. Giulietta A rivederci, Cavaliè. Teodoro No, io scendo pur’io. Torno n’ata vota chiù tarde. Statte buono, Torì. Torillo ’E cumanne vuoste. Giulietta Nuie ce vedimmo stasera, sa?... Torillo Sì cara figlia mia!...(Teodoro e Giulietta ridono e viano pel fondo) È bona figliema ’o ssà!!... All’arma d’ ’a scarda!...(ridendo) Intanto, chi se poteva immaginà che io avevo chisto piacere. Sissanta lire ’o mese, vicino a chella sciasciona e senza faticà chiù. Mo che viene quel porco di D.Felice, ’o voglio trattà proprio comme se mmereta! Io povero ommo, si nun avesse canusciuto ’o Cavaliere stammatina, sarria rimasto mmiezo a na via!...Ievo a fernì a S. Gennaro ’e povere!... Scena decima Felice e detto, poi Alfonso Felice Torillo Felice Alfonso

Felice Alfonso Felice

(di dº) Ma senza cerimonie, prego, favorite. Ah! ’o vi lloco. E cu chi sta? (entra nella 2a a sin. e fa capolino di tanto in tanto, poi, sulla punta dei piedi, passa nella 2a a destra) (fuori) Favorite, accomodatevi. (dal fondo seguendo Felice. Tipo di commerciante ricchissimo. Uomo sui 50 anni. Robusto, sano, forte. Costume chiaro e giacca. Cappello di paglia a larghe falde. Ombrello per il sole. Grossa catena d’oro al panciotto, spillo, anelli, ecc.) Grazie, grazie. Mi dovete scusare se ho tardato qualche minuto...Stavate aspettando da parecchio abbasso ’o palazzo? No, no, so arrivato proprio in questo momento, e stavo domandando di voi al portinaio; sono io che debbo fare le mie scuse se ho tardato un poco. (si è tolto il cappello) Oh! Ma che...Accomodatevi. (offre la sedia. Poi fa per prendersi il cappello e l’ombrello) Date a me, prego.



Alfonso Felice Alfonso Felice Alfonso

Felice Alfonso Felice

Alfonso Felice

Alfonso Felice Alfonso

TEATRO (1910-1920)

Oh! No, grazie, state comodo. (mette tutto su d’una sedia in fondo, poi viene avanti e siede) Dunque, voi siete amico di Mimì mio nipote? Sicuro, stretto amico, e mi parlava sempre di voi, quando stavate in America. Sì, e pure di voi mi parlava sempre, dice che ve conosciveve ’a paricchio, che ve vuliveve tanto bene... Sicuro, sicuro. Allora mi sono ricordato di questo, e aggio penzato ’e venì ccà e parlà cu buie, pe vedè chi sa, almeno voi, come amico stretto, lle potite fa levà ’a capa un certo amoretto cu na femmena che può fare la sua eterna infelicità si s’ ’a sposa!...Ho trovato il vostro indirizzo nella Guida, vi ho scritto, e il gran favore che io vi domando era proprio questo: cercare di vederlo, parlargli, e fare tutto il possibile per distoglierlo dall’idea del matrimonio. Sentite, caro signor... Trocoli. Alfonso Trocoli. Ah! Già. Caro Trocoli, io sapeva quacche cosa ’e st’amoretto...sapeva pure che vuie nun vuliveve dà ’o cosenso,... ma...perdonate se vi dico questo, non per favorire Mimì, è solo per difendere quella povera giovine,... ’a verità? Non trovavo giusta la vostra opposizione. A Mimì nun nc’aggio ditto mai niente però, e voi siete suo zio e tutore e potite fa chello che vulite. (Torillo fa capolino) Ma sapete...mi dispiace...piglio a cuore le parti di queste ragazze senza padre...perchè...io pure...sono figlio...del caso e del mistero... Eh?! Voi che dite?...Vostro padre, vostra madre? (Torillo, sulla punta dei piedi, passa e sente con grande interesse) Mai conosciuti. Appena nato, fuie portato ncampagna, addu na nutriccia, che po’ mme contaie essa stessa che me facettene battezzà c’ ’o nomme d’ ’a mamma soia...a otto anne po’, fuie chiuso in collegio, e llà so stato fino a cinche anne fa. Ah! Meno male. Pe mmane ’e nutare po, quanno ascette, mi fu consegnato un borderò intestato di ottantamila lire...ma...di papà e di mammà, non ne ho saputo mai niente!...(commosso) Oh! Vedete nu poco...

’O TUONO ’E MARZO

Torillo Felice Alfonso

Felice Alfonso

Felice Alfonso Felice Alfonso Felice Alfonso



(Seh! Ccà chesto nce sta sotto?...Ah! Si putesse fa na cosa...Aspetta, mo te faccio vedè che te combino) (via) Mo credo ch’avarrate capito pecchè difendo chella povera guagliona senza padre comme a me! Ma nun è pe chesto che io nego il consenso a Mimì. Aggio truvato chesta scusa, pecchè si lle dicevo ’a verità, quello immediatamente nc’ ’o ddiceva, ed essa avrebbe fatto in modo di ostacolare le mie ricerche e d’impedirmi di avere delle prove. E che prove, scusate? (caccia di tasca una busta gialla, grande, con entro molte lettere e ritratti di Giulietta) Ecco qua. In questa busta c’è tutto quello che può servire per formarsi un’idea del passato di questa signorina. So’ lettere, ritratte e cartoline soie che io aggio saputo piscà nu poco pe parte. L’ho portate a voi, pecchè a chillo scostumatone di Mimì non lo voglio più vedere, non ci voglio più parlare. Datece na guardata, e quanno ’o vedite lle potite fa arapì ll’uocchie e lle potite fa capì che specie ’e femmena è la signorina Giulia Spina, o per meglio dire: Ninetta Krì-Krì. (gli dà la busta) Ninetta Krì-Krì? Ah! Ho capito, è il suo nome di guerra! Di grandi manovre!... Me dispiace pe Mimì...’a vò tanto bene. E voi, se gli siete veramente amico, se ’o volete bene veramente, ll’avita distogliere, ll’avita fa capì ’o guaio che fa. Vedremo...lasciate fare a me. Bravo. (di dentro campanello. Si alzano) Io, pe sta cosa, ho trascurato tutti gli affari miei. So cinche juorne che sto a Napole, a n’albergo, per informarmi, p’appurà, pe sapè... capite? Scena undicesima Nannina, Sofia, Saverio e detti

Nannina (dal fondo) D. Felì, so venute chilli signure ’e poco primma, stanno trasenno. Sofia (seguita da Saverio) D.Felì, scusate... Felice Oh! Signorì, ched’è, siete tornata? Sofia Ve simme venuto a incomodà n’altra volta. (poi ad Alfonso, salutando) Signore.



TEATRO (1910-1920)

(presentando) La signorina Sofia Borzillo, sorella del dottor Saverio Borzillo. Il signor Alfonso Trocoli, rappresentante di una grande casa di tessuti in America e ricco negoziante in Frattamaggiore. Felicissimo. ⏟

Alfonso Saverio Sofia Alfonso

Piacere tanto. (strette di mano)



Felice

Buongiorno. (Alfonso via. Nannina lo segue)

Felice Alfonso

Felice Alfonso Saverio Alfonso Felice Alfonso Felice Saverio Sofia Felice Saverio Sofia Felice Sofia Felice Sofia Felice Sofia Felice Saverio Felice Sofia

I signori mi scuseranno se non mi trattengo... ma debbo partire e non vorrei perdere il treno delle 2. Ah! Partite? Eh! Pe fforza. Debbo tornare assolutamente a Frattamaggiore. M’arrivano da fuori quattro casse di stoffa e quattro balle di cotone e l’aggia svincolà io. D. Felì, io non vi dico niente più, conto su voi. Va bene. (ai due) Signora...Signore... Buon viaggio. Grazie. Nannì, accompagna il signore. Oh! Non serve, grazie. Di nuovo. A rivederci. (a Saverio) D. Savè, ched’è, pecchè site tornato?... Perchè ci siamo dimenticati di domandarvi a che ora partite stasera. Eh!...V’avimma venì a salutà ’a stazione. Oh! Questo poi non sarà mai, verrò io a casa vostra. No, no, no, dobbiamo venire noi alla stazione. Non insistete perchè mi piglio collera! E voi a me non me dovete fa prendere collera, sa? Voglio così! E va bene. Bravo. A che ora partite? Alle sette. Sta bene. Alle sei e mezza ci troveremo alla stazione. Porterete pure Marietta, eh? Seh! E chella po se steva ’a casa? Nun veneva a salutà a buie? Quella è pazza per voi. Ed io per lei. Allora ci vediamo stasera alla stazione.

’O TUONO ’E MARZO

Felice Saverio Sofia Felice Sofia Felice Sofia Felice Saverio



Sì, ma...vedete...vorrei il piacere di offrirvi qualche cosa... dite, che desiderate? No, niente, grazie tante... Avimmo fatto colezione poco primma... Bravo. Allora un po’ di caffè per digerire. Quanto è gentile. E va bene, na tazzolella ’e cafè nc’ ’a pigliammo cu piacere. (di dº campanello) Grazie tante. Favorite, prego. Grazie. Che educazione, che modi. Benedetto, benedetto. (entra 2a a sin.) D. Savè, cioè, papà, prego. Grazie. (entrano appresso) Scena dodicesima Teodoro e Nannina, poi Torillo

Nannina (dal fondo) Sissignore, D. Felice è venuto, sta dinto. Teodoro Oh! Finalmente. Famme ’o favore, fallo ascì nu momento, l’aggia parlà d’una cosa importantissima. Ah! Aspetta...Io ho saputo che qua è venuto nu certo D. Alfonso Trocoli, è vero? Nannina Gnorsì. Teodoro (Bravo!) E dimme na cosa, è stu signore ccà? (da una busta caccia una fotografia di Alfonso) Nannina Sissignore. Teodoro Benissimo. E sta ancora dinto? (conserva il ritratto) Nannina No, mo mo se n’è ghiuto, dice che aveva partì. Teodoro (subito con un grido) Eh?!... Nannina (con un salto) Oh!!...Mo moro d’ ’a paura!... Teodoro Ha ditto ch’aveva partì? (afferrandola pel braccio) Nannina Gnorsì. Teodoro Puozze sculà!... Nannina Vuie e isso! Teodoro Io so tre ghiuorne che vaco all’albergo e nun ’o trovo maje, finalmente ’a fortuna m’ ’o fa ncoccià ccà e chillo parte? Nannina E che bolite ’a me? Teodoro (Chesta era na bona combinazione, io l’avarria presentato a D.Felice ’o figlio ccà stesso.) E ha ditto a che ora aveva partì? (caccia l’orologio) Nannina ’E ddoje.



TEATRO (1910-1920)

Teodoro ’E ddoje? (guarda l’orologio) Statte bona. (esce precipitosamente pel fondo a destra) Nannina No, chisto ha da essere pazzo certamente. (via fondo a destra) Torillo (dal fondo a sin. con precauzione) Aggio fatta ’a capa penzata. (viene avanti) D.Felice nun ha maie conosciuto ’o padre? E mo ’o conosce!...(mostrandosi) ’O vi ccà isso!!... Eh!... Tu mme n’ hê cacciato manco si fosse stato nu mariuolo? Ma io ccà resto e ccà restarraggio a dispietto tuio! Mo m’assetto ccà e manco ’e cannune me smovene chiù!... (si sdraia sul divano) E si mme dice una parola ’o piglio pure a cauce! (prende un giornale e finge di leggere) Scena tredicesima Felice e detto, poi Sofia, Saverio, poi Nannina Felice

Torillo Felice Torillo Felice Torillo Felice Torillo Felice Torillo Felice Torillo

(di dº) Nannina? (fuori) Nannina?...(vede Torillo e si ferma subito) (Embè, io va a fernì ch’ ’o sciacco, parola d’onore!) Signor Principe, eccellenza illustrissima, volete un paio di cuscini per la testa? Così state più comodo. No, grazie, sto bene così. (con sussiego) Guè, sa, bada che con me c’è poco da scherzare, sa? Susete ’a lloco. (guardandolo con la più grande calma) Mbè?... E che maniera di parlare è questa? Ma sai che ti trovo molto male educato! (Guè, chillo mme parla c’ ’o tu!!) Ma tu hê capito susete ’a lloco e vattenne? Io?...Ma te sei pazzo, caro mio!...Da qua non mi soso!... No, tu ti sosi, si no te faccio sosere a botte ’e cauce... (alzandosi di scatto) Oh!...A me?...(spalancando comicamente gli occhi in tono di rimprovero) A te, sì, a te, a te!...(avvicinandosi a lui) Felice!...Basta mo, sa!...(gridando) A chesto nun ereme arrivate maie!... (gridando) E mo nc’ ’arrivammo! ’O buò vedè?...(fa per appioppargli un calcio) (subito, gridando) Eh!!!...(arrestandolo, prendendogli il piede in mano, con voce tonante) Felice!!! Bada a chello che faie, sa?...Nun te permettere ’e mm’aizà na mana ncuollo ca Dio te castiga, capisce! (lascia andare la gamba con forza)

’O TUONO ’E MARZO



(uscendo) Che cos’è, neh? Ch’è stato?... Ah!...Questa Da Colombrina sta qua? Colombrina?!... A mia sorella?! (gridando) Scusate. Ah! È tua sorella questa cornacchia spennata?... Neh! D. Felì?... Guè, bada comme parle sa, che te spezzo ’a mazza ncapo! (corre a prendere il bastone) Torillo E provete, provete...(alzando una sedia. Felice lo trattiene subito) Nannina (accorrendo) Ch’è succieso?...(corre a trattenere Saverio, gridando) Signò!... Pe carità!... Sofia (tirando per le falde Saverio) Savè, jammuncenne chillo è asciuto pazzo! Torillo Ascite fore!... Ascite fore!...(Felice lo trattiene sempre gridando. Sofia, trascinando sempre Saverio, gridando e Nannina spingendolo riescono a portarlo via pel fondo) Felice Lassa sta seggia!...Lassa sta seggia! All’arma ’e mammeta!...(con uno sforzo gli strappa la sedia, la gitta via e fa per avventarsi su di lui, tirandosi le maniche su per assestargli un pugno) Torillo (gridando più che può e fermandolo) Eh!!... Firmate!!...(lo spinge energicamente presso il divano, gli va incontro e gli dice forte ma di petto) Io so patete, capisce, patete!... Felice Papà?!... Torillo Sì!... e tremma... tremma d’ ’a mmalediziona mia! Felice (emozionatissimo) Papà?! Tu?!...Vuje?!...Vuje site papà mio?...Voi?... Torillo (con forza) Io proprio!... Felice (avvilito) (Torillo ’o munnezzaro!!!) (cade sul divano. Torillo scoppia, fra sé, in una grande risata) Sofia Saverio Torillo Sofia Saverio Felice Torillo Sofia Saverio

Fine del primo atto

Atto 2° A Quisisana Studio di Felice in un villino mobiliato. Sul davanti a destra, scrivania con sopra tutto l’occorrente per scrivere e campanello, cestino accanto. A sinistra, piccolo tavolo con tappeto, con sopra giornali ecc. due poltrone accanto. Porta in fondo a due battenti. Tre porte laterali e finestra 1a a destra. In fondo a destra libreria. In fondo a sinistra divano con altro piccolo tavolo davanti e due poltroncine. Sul divano, specchio, intorno al quale vi saranno cartoline, fotografie, ventaglietti giapponesi ecc. Qualche colonnina e qualche altro piccolo mobile completano l’arredamento. Sedie e poltrone di Vienna. I mobili sono di noce. Tende a tutte le porte. Scena prima Felice, indi Ciccillo (seduto presso la scrivania. È in maniche di camicia e scrive una lettera, ma alla metà si scoraggia. Butta via la penna, strappa il foglio e lo gitta nel cestino). E chisto è ’o quarto foglietto. Nun saccio io stesso comme aggia accommincià. Se tratta ’e fa sapè a D. Saverio e ’a famiglia, che Torillo Scarola è mio padre. È na parola. Chillo ’e ttrattaie ’e chella manera ’a settimana passata. Chille m’obbligarono ’e n’’o mannà subeto, che nun ’o vonno tenè in casa, pecchè è nu lazzarone, nu scostumato...e chi tene ’o curaggio ’e lle dicere che m’è pate, che figura faccio. (chiamando) Ciccillo? Chille quanno sentono che io so figlio a Torillo, so capace pure ’e scombinà ’o matrimonio...e perdo na bella guagliona e na dote positiva. Ciccillo (dalla 1a a sin. in maniche di camicia e grembiule. Ha uno spolverino in mano) Comandate? Felice Avete fatta ’a stanza mia? Felice



TEATRO (1910-1920)

Ciccillo Sissignore. Felice E fateme ’o favore, chiamateme nu momento a Toril... (riprendendosi) a papà... a papà!... Ciccillo Signurì, e quello non s’è alzato ancora. Felice No?... E mo è mezzogiorno... Ciccillo S’è scetato poco primma. Io stanotte l’ho aspettato fino ’e tre, tanno s’è ritirato. Felice Neh?...(E stamme a Castiellammare, figurete si steveme a Napole.). È venuto niente pe me, lettere, giornale?... Ciccillo Due giornali, signorì, io ’e teneva mmano quanno aggio portato ’o cafè a papà e se l’ha pigliati lui. Felice (Vedite,... chillo nun sape leggere...) Va bene, potete andare. (Ciccillo fa per andare) A proposito, ’a giacca mia d’’a casa, ’o pigiama, addò sta, che nun l’aggio potuto trovà?... Ciccillo ’O tene papà vostro, se l’ha pigliato isso. Felice Pure?...E che nne parlammo a fa. (nervoso) Scena seconda Torillo e detti (dalla 2a a sin. In elegantissima giacca per casa (pigiama) e berretto ricamato. Con due giornali in mano e grossa pipa di schiuma in bocca, accesa) Che cos’è, neh? Aggio ntiso: se l’ha pigliato papà vostro: che mm’aggio pigliato io?... Ciccillo Il pigiama di vostro figlio. Torillo ’O che?... Felice (subito) ’A giacca p’’a casa, chesta che tenite ncuollo, si chiama pigiama. Torillo Ah! Neh? (poi a Ciccillo) E dì ’a giacca, bello mio, ched’è stu picciamo!...Me l’aggio pigliato io, sì, ma però s’adda acconcià, perchè non mi sta bene. (sputa, poi getta i giornali dove vanno vanno.Ciccillo li raccoglie, li stira con le mani, li ripiega e va a posarli sulla scrivania. Felice passeggia nervoso. Torillo guarda un po’, poi in tono di rimprovero) Mbè?...E accussì?... Felice (fermandosi) Che volite?... Torillo Non si dice bongiorno a papà? Felice Ah! Scusate... Buongiorno. (scioglie) Torillo E nun se bacia ’a mano a papà?... Felice (suo malgrado) Sicuro. (va a baciargli la mano) Torillo

’O TUONO ’E MARZO

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Bravo! (poi con un gesto analogo) Benedetto, figlio mio!... (va a sedersi alla poltrona a sinistra) Ah! Stanotte aggio dormuto proprio na bellezza! E nn’aveva bisogno sa, me sentevo proprio stanco stanotte. Felice Eh!!! ’O credo, ve site retirato ’e tre. Torillo (sbadigliando) Ah!!!...Comme me so spassato! Sono stato al triato. Llà c’erano certe canzonettare...doppo me ne ho portato due a cena...e si sapisse!...Simme asciute ’a dint’’a trattoria che ghieveme cadenno tutt’ e ttre!... (ride e fuma). Oh! A proposito, stammatina che mangiammo? Felice (Vedite, chillo ancora adda digerì chello ’aieressera, già penza a mangià!) Aggio ordinato ’o ragù stammatina. Torillo ’O ragù? No! Figlio mio. E che ci azzecca stu ragù stammatina. No, no, no. Senti Ciccì, comme a primmo piatto, ce faie quatte vermicelli aglio e uoglio. Nu poco di mussillo in bianco e na nzalatella ’e patane, cucuzzielle e cepolle. Va, va. E p’’e tre adda essere tutto pronto, sa. Ciccillo (guardando Felice) Va bene. (via pel fondo) Torillo (vedendo Felice che passeggia nervoso) Felì, figlio mio,...ma tu che tiene stammatina... Me staie facenno avutà ll’uocchie!... ’E pigliato ll’acqua a passà? Felice No...vedete...io v’avarria parlà... Torillo E assettate allora. Felice Sissignore. (siede accanto a lui) Torillo Che mm’hê ’a dicere? Felice Ve voleva domandà qualche spiegazione... Torillo N’ata vota mo? Felice E sì, a Napule nun m’avite ditto quase niente... e ’a che stamme ccà, se po’ dicere che nun ve veco maie. Ascite sempe, ve ritirate ’e tre d’’a notte,...state facenno na vita addirittura scandalosa!... Torillo Oh! Sà...tu nun m’hê ’a seccà. Io voglio fa ’o comodo mio. Mo nun so chiù ’o cammariere tuio mo, mo so patete, ricordatello!... Felice Sissignore,...e m’’o ricordo sempe!...Ma...volarria essere chiarito meglio ’o fatto che m’avite contato...ce stanno certi punti oscuri che volarria essere spiegato meglio. Torillo (Eh! E lloco te voglio!...) Figlio mio, stammatina nun è cosa, me secco, se ne parla n’ata vota. Torillo

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Felice Torillo Felice Torillo Felice Torillo Felice Torillo Felice Torillo Felice Torillo Felice Torillo Felice Torillo Felice Torillo Felice Torillo

Felice Torillo Felice

TEATRO (1910-1920)

No, n’avimma parlà mo, faciteme stu favore,...m’aggia decidere a dà ’a notizia a ’e pariente d’’a sposa... Ah! Tu nun nce l’hê scritto ancora? (fuma) E no, senza sapè buono ’o fatto...capirete...Dunque, vuie m’avite ditto che ve site finto monnezzaro, pe venì sempe dint’’o palazzo mio, p’avè notizie mie, è vero? Sicuro. Nun poteva essere canosciuto allora. Pò se dette ’a combinazione ’e ll’automobile, io ve pigliaie cu mmico e vuie ce venisteve cu piacere. Eh! Me pare. Te poteva sta meglio vicino, te poteva sta meglio attiento. E sta bene. Po’ avite ditto che mamma mia era una gran signora... Na signorona, ricchissima. E ch’era maritata a n’ommo pure ricco, ma viecchio? Uh! Viecchio assaie. Benissimo. Vuie stiveve dint’’a casa come cameriere e ’a signora s’annammuraie ’e vuie... Capirai, 23, 24 anne, giovene, elegante, simpatico... E va bene. Ce tenisteve relazione, e doppo n’anno nascette io. E po’?... E po’...(Io che l’aggia dicere chiù a chisto?) E po...’o marito ’o vvenette a appurà, a me mme ne cacciaje... E a mammà? Eh!...(sospirando come rattristato da un ricordo) A mammeta ’a sparaie!... ’A portaiene ’e Pellegrine e doppo otto juorne...murette! (commosso) Oh!...(piange) Povera disgraziata! (fra sé) (Io mo moro d’’a risa!) E po?... Ogne matina io ’a jeva a truvà ncopp’’o spitale, e primma ’e murì me dicette: “Ti raccomando nostro figlio, non l’abbandonare. Va con questa carta dal mio notaio e avrai tutto il denaro che ti serve per la sua educazione...Doppo morta essa, te portaie ncampagna addo na nutriccia, e a otto anne po’, te chiudette dint’’o collegio addò si stato fino a cinch’anne fa. (fuma. Pausa) Ho capito! Ho capito tutto! (ridendo) (E staie frisco!) E dire...che io non potrò mai più conoscere mammà!...

’O TUONO ’E MARZO

Torillo Felice Torillo Felice Torillo

Felice Torillo Felice Torillo Felice Torillo Felice Torillo

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E comme ’a vuò conoscere, si è morta? Ma almeno diciteme comme se chiammava... Ah! no...chesto nun t’’o ppozzo dicere, è nu segreto che m’’o porto cu mmico dint’’o tavuto!... E d’ ’o marito ’e mammà?... Che nn’è stato? Muorto, ...muorto...è muorto pur’isso, 15 juorne fa. E doppo ’a morte soia io aggio potuto parlà e aggio potuto dicere che tu ire figlio a me. Si ’o ffaceva primma, chillo piezzo ’assassino sarria stato capace ’e se vendicà ncuollo a te, o accedennote, o facennote quacche brutto dispietto!... (s’alzano) Mo, chello che te prego, nun ne parlammo chiù ’e sta cosa...nun m’’e ricordà chiù sti fatte... Va bene. E vuie mo, regolarmente, vulite sta sempe cu mme? E me pare. Guè, io songo patete... No, sapete ched’è...che io mo me nzoro e vado in casa di D. Saverio,... come sapete... Mbè, e ched’è? Vengo pur’io. Ma capite...doppo chell’ammoina che succedette ’a casa mia a Napole...vuie aizaste ’a seggia... Guè, chillo m’insultaie, comm’è? No, fusteve vuie ’o primmo. Gnernò, fuie primma isso. Dicette che io era nu lazzaro, ca nun era degno ’e sta dint’’a casa toia...e regolarmente ’a mmummera se ne jette po... Scena terza Ciccillo e detti

Ciccillo (a Torillo) Signurì, fore nce sta n’ommo, va trovanno a buie. Torillo A me?...E chi è? Fatte dicere che vò. Ciccillo E nun m’’ha voluto dicere, ha ditto che adda parlà proprio cu vuie, è na cosa ’e premura. Torillo E chi è? Ch’è stato. (via pel fondo poi torna) Felice Ma chi è? Ciccillo È nu facchino ’e ll’Albergo Italia e adda parlà proprio cu D. Salvatore. Felice E che sarà? Basta, va mme piglia ’a giacca dinto a l’armadio.

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TEATRO (1910-1920)

Ciccillo Subito. (via 1a a sin.) Torillo (ritornando, sbottonandosi il pigiama) (Tiene mente ’o diavolo...È arrivata Da Giulietta Spina... M’’aveva proprio scordata a chesta.) Felice Papà, ched’è? Torillo (togliendosi in fretta il pigiama) No, niente, è arrivata na persona, na conoscenza mia, me sta aspettanno all’Albergo... Felice E pecchè nun è venuta ccà? Torillo E no, ccà nun po’ venì... (Nun voglia maie ’o Cielo!) Vaco io llà. (a Ciccillo che torna e dà la giacca a Felice) Pigliate chisto, tiene, e portame ’o suprabeto e ’o cappiello. Subeto subeto, và. (gli dà la giacca) Ciccillo Eccomi. (va a sin.) Torillo Vedite ’a combinazione...nun nce penzavo proprio cchiù. Felice Papà, ma chi è? Torillo È una, na persona...nun ’o può sapè... Iammo Ciccì. (gridando) Ciccillo (uscendo con stiffelius grigio e panama) Pronto, signò, eccomi. (l’aiuta a vestire) Torillo Abbasta ch’’a trovo na carrozzella mo ncopp’ a sta montagna. Statte buono, Felì, mo nce vedimmo, mo nce vedimmo. (via di corsa pel fondo. Ciccillo lo segue, poi torna) Felice (con le braccia piegate e lo sguardo fisso in un punto. Poi in tono drammatico) Ed ecco svelato tutto il mistero della mia vita! (pausa. Sospira. Va poi a sedersi alla scrivania e si dispone a scrivere) Vedimmo si ’a pozzo scrivere sta cancara ’e lettera. (scrive) “Mio caro D.Saverio. Con piacere vi annunzio...(interrompendosi) E no,... nun le pozzo dicere che mme fa piacere na cosa che a isso certamente ’o po seccà.... (strappa il foglio e ricomincia) “Mio caro D.Saverio. Con gran dispiacere vi annunzio...(interrompendosi) E no,...manco va buono...nun pozzo nemmeno dicere che mme dispiace, certamente. Oh! E comme nc’’aggia dicere? Ciccillo (ritornando) Signurì, è venuto stu giovene, sta aspettanno dint’ ’o salottino. (dà la carta da visita) Felice (leggendo) Ah! Mimì Cardillo. Fatelo entrà. Ciccillo (esce per un momento, poi torna) Favorisca.

’O TUONO ’E MARZO

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Scena quarta Mimì e detti, poi Ciccillo Mimì Felice Mimì Felice Mimì

Felice Mimì

Felice Mimì

Felice Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice

(dal fondo) Grazie. D. Felice rispettabile. (Ciccillo via) Caro Mimì. Io aggio ricevuto ’a lettera vosta ed eccomi qua. Bravo. Solo?... No, pure cu Giulietta, che aveva venì a Castiellammare a trovà...(con gioia) na persona!...Però essa è partita primma, c’’o diretto, e io so partito doppo, c’’o misto. Nun ha voluto che partessemo nzieme...ed era giusto. Pecchè? Eh! Non stava bene. Nuie simme conosciute, e vedennoce partì nzieme chi sa che se potevano credere, per lo meno potevano j’ all’idea che ce ne steveme scappanno. Sapete, i maligni sempre ci sono, è meglio evitare. E ll’hê fatto partì a essa sola? Sì, sì. No, e chella quanno va sola è meglio, va più seria, più dignitosa, acale ll’uocchie nterra e nun dà retta a nisciuno. Il ll’aggio fatto ’o biglietto ’e primma classe, l’ho messa nella vettura delle signore sole ed è partita. Mo sta all’Albergo Italia. Ma io nun nce so ghiuto ancora, aggio voluto venì primma addo vuie pe sapè che mm’avit’’a dicere e poi, per darvi una grande notizia!...(allegro) Che notizia? Chella persona ch’è venuta a trovà Giulietta, sapete chi è? Io saccio chesto. Nientemeno è ’o padre!...Doppo tant’anne finalmente l’ha trovato. Oh! Guarda, guarda. Pur’essa? Comme, pur’essa? (con freddezza, senza entusiasmo) E sì, pecchè ’a quanno ce vedetteme ultimamente, io pure aggio trovato a papà. (contentissimo) Uh! Voi che dite?... Bravo! Mi figuro la vostra consolazione. (freddo) Pih!...Così. E chi è ’o pate ’e Giulietta? Na persona per bene? Caspita! Per bene? È Marchese! Non vi dico altro! (con amarezza) Ah!...È Marchese? (E ’o mio aveva essere cammariere!)

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Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice

Mimì Felice Mimì Felice Mimì

Felice Mimì

Felice Mimì Felice

TEATRO (1910-1920)

Figuratevi, quanno Giulietta m’’o disse, che piacere n’avette io, pecchè mo, zio Alfonso, ’o consenso m’’o po’ dà certamente. No... Mimì, non lo sperare, sa, pecchè cu tutto ch’ha trovato ’o padre...tu manche t’’a può spusà. E pecchè? E pecchè t’’o ddico io! Chella nun è femmena pe te, Mimì. Chella te sta cuffianno buono buono. Tu faie nu guajo si t’’a spuse. Oh! Oh! Oh!...D. Felì, embè?...Badate come parlate di Giulietta, sà?... Ma che Giulietta, stupido,... chiamala invece Ninetta Krì Krì! Ninetta Krì Krì? Accussì se faceva chiammà quanno cantava all’Eden, a Milano. Ninetta Krì Krì!...Aspetta nu poco. (va alla scrivania e prende la busta gialla che gli ha dato Alfonso al 1° atto) Teh! Liegge sti lettere che stanno ccà dinto, guardate sti ritratte suoie, e consolate. (prende un ritratto) Uh! Mamma mia! Io sto tremmanno tutto quanto! Giulietta?... Giulietta mia?... Giulietta toia?...Chesta va trova quanta nnammurate ha tenuto. No! P’’ammore ’o Cielo...Stateve zitto...nun po’ essere. E guarda, teh, vide comme sta combinata ccà vvicino. E chesta è essa, sa, tale e quale. (mostrandogli il ritratto) No, no...nun voglio vedè...nun voglio vedè...(guardando) nun voglio...(eccitandosi). Ma quanto è carella, è ovè?...Che bella figura, eh?...(eccitandosi sempre di più) Che spalle!... Che seno!... Che gambe!... Ah! Che bellezza!...(irritandosi poi d’un tratto. Passeggia nervoso agitando il bastone) E quella nun ha voluto mai essere tuccata cu nu dito ’a me, nun m’ha voluto fa mai vedè nu pucurillo ’e tutta sta rrobba, e po’ se fa ritrattà ’e chesta manera? Cu tutte ’e ccosce ’a fore?...(commosso, piangendo comicamente) Cu tutte’e ccosce ’a fore!... (contraffacendolo) E ll’aggio visto!... (ritornando serio) Ma questo è orribile!...È vergognoso!... Mo, mo,...lieggete sta lettera mo...(la prende dalla busta, poi l’apre) È ’o carattere suio?

’O TUONO ’E MARZO

Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice Mimì

Felice Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice

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(gli dà il ritratto e prende la lettera) Sicuro. E consolate. (legge) “Mio caro ed adorato Ernesto” E chi sarrà st’Ernesto? E io che ne saccio? (legge) “Domani sera ti aspetto immancabilmente a casa, a mezzanotte” E pecché accossì tarde? Eh!...(con significato) ’O ssanno lloro!... “Non venire in borghese però, sei più bello, più imponente, più attraente, e mi piaci di più, con l’uniforme!” Uh! Ho capito, sarrà quacche pumpiero. No, che pompiero. Sarà n’ufficiale, va trova. Ah! Già, dite bene. (legge) “Non mancare. Ho bisogno dei tuoi baci!...Ma di quei baci come l’ultima volta, che lasciano una così calda impressione!...Accettane intanto uno bollente, ardente, appassionatissimo, dalla tua per la vita, Ninetta!” (scandalizzato) Oh! Che lessi!...(agitatissimo) Aspetta, viene ccà...Non è poi un male irreparabile, na vota che nun te l’hê spusata ancora... (piangendo) Ma non capite che io ’a voglio sempe bene a chella scellerata!...Sempe!...Pure mo, pure mo, sì, pure mo. E allora stange nzieme...in relazione...tienatella cu tte,... senza parlà chiù ’e matrimonio...capisce...quanno te si seccato ’a lasse e bonanotte. Siente a me, fa accussì. (deciso) Sì!... Dite bene! Voglio seguire il vostro consiglio. Appena ’a veco, lle dico: Ah! Tu mme vulive fa scemo? Mme vulive fa Michele?... (secondandolo) Quel Michele che si porta sopra al Municipio? Ma hê fatta palla corta, cara signorina Krì Krì. (c.s.) Io po’ mme sposavo a te? Io po’ mme sposavo a te? (c.s.) E sì!!... E sì!!... (c.s.) Se vuoi stare con me nu paio di mesi, tre mesi, con piacere. Con gran piacere. Va bene, D. Felì, lasciate fa a me. Permettete. (gli stringe la mano) Statte buono.

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Mimì Felice Mimì Felice Mimì Ciccillo Felice Ciccillo Felice Ciccillo Felice Ciccillo

TEATRO (1910-1920)

Solamente volevo avere il piacere di conoscere papà vostro... Ah! E nun nce sta, è asciuto... E va bene, torno più tardi. A rivederci. Statte buono. (Mimì esce di corsa, ma urta con Ciccillo che entra in quel momento) Eh!...E che sì cecato? (via) (toccandosi la pancia) Neh, vedite, chillo isso nun nce vede!... V’ha fatto male? Nu poco. Nun mporta. È venuto questo signore. (dà la carta da visita) (legge) Saverio Borzillo...Uh! D. Saverio. Sta sulo? No, nce stanno pure ddoje signore. E avanti, fatele entrà qua, subito. (in fondo) Favoriscano, signori, da questa parte. Scena quinta Saverio, Sofia, Marietta e detti

Saverio Sofia Marietta Felice Marietta Felice Marietta Felice Saverio Felice Marietta Felice Sofia Felice

(dal fondo) Grazie. D. Felice nostro. (ha già dato il cappello a Ciccillo) (seguendolo) Eccolo là, quel simpaticone mio. (a Felice) Ben trovato. (stretta di mano. Ciccillo via, poi torna) Oh!...Marietta mia!...Come stai?...(preoccupato) Benissimo! E tu? Eh!...Così...(Cielo mio nun fa venì a papà!) Tu nun nc’aspettave, è vero? E no... E io l’aggio ditto. Pecchè nun m’avite avvisato? Siccome i lavori nell’appartamento so finiti chiù ambressa ’e chello che ce credeveme, t’avimmo voluto fa na sorpresa. T’ha fatto piacere? Assai, ti pare?...(guardando sempre la porta in fondo) E a noi?...Io non vedevo l’ora di correre da voi. Me volete dà nu bacio, sì?... È na settimana che ne sono priva e me spetta mo. È giusto. Servitevi. (mostra la guancia)

’O TUONO ’E MARZO

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Sofia Che bontà!...Che bontà!...(l’abbraccia e bacia più volte) Marietta Neh, neh...Zì Sofì? …(ridendo) E ched’è ’o fatto?... Sofia Sei gelosa?...(Ciccillo ritorna con due valigie e uno scatolo di cappello e mette tutto a terra) Marietta No, ma...insomma...siate meno espansiva!... Sofia Ma che dici?...Ma io me lo vorrei mangiare di baci a questo qua. (ridendo) Perchè tu non lo conosci a questo qua come lo conosco io! (marcato) Questo è la perla degli uomini e merita tutto, tutto! Io mo ho capito,...tu mo t’’o vularrisse abbraccià pure tu, eh? Dì ’a verità? (Marietta bassa la testa ridendo) E va bene. Ve lo permettiamo, abbracciatevi. Saverio (protestando e mostrando Ciccillo) Sofì!...Sofì!... Sofia E ched’è?...E che c’è di male?...(a Ciccillo) Chille ’a n’ato ppoco hanna spusà, ’o ssapete? Senza che vi scandalizzate e fate sta faccia nzipeta. Ciccillo (Io nun me sto movenno,...chella che bo?) Sofia Andiamo, abbracciatevi...D.Felì, e ghiammo...(lo trascina) Felice Quando volete così...(abbraccia Marietta) Sofia Bravo! Così! Mo t’è passata la gelosia? (ridendo) Felice (Cielo mio nun fa venì a papà!) Marietta Feliciè, ma ched’è?...Te veco preoccupato, pensieroso... distratto... Saverio Sì, sì, me ne so accorto pur’io. Che cos’è? Sofia (subito) Nun ve sentite buono forse? Felice No, ma che, sto bene, benissimo...(a Marietta) T’inganni, bella mia. (poi, per cambiare discorso) Dunque, qua le camere so pronte, sa. A voi, D.Savè, v’aggio combinato nu lettino dentro ’o salotto...Eh!...m’avita scusà...pecchè chisto po’ ’o villino è piccerillo... Saverio Oh!...ma io dormo a qualunque parte... Felice Ma state buono, però; largo, arioso...ce sta nu balcone che affaccia sulla campagna...è na delizia, una veduta splendida. Volite venì a vedè? Saverio (cercando un pretesto) Oh! È inutile...quando lo dite voi... Intanto iate a sistemà ’a rrobba, che io mo vengo...Voglio scennere nu momento abbascio Castiellammare...Voglio comprà quattro ricotte e nu pare ’e paccotte ’e gallette, chelli grosse...chelle so bone... Felice Caspita! ’A caponata? Saverio Bravo!...

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TEATRO (1910-1920)

Marietta E allora nuie jammo dinto, ce lavammo nu poco, sistemammo ’a rrobba. Addò è? Felice Ciccì, accompagnate le signore. Ciccillo Subito. (prende le valigie) Da questa parte. (2a a da e resta fermo, dritto presso la porta, aspettando che passino prima le signore) Marietta Permetti, Felì? Felice Fa pure. E qualunque cosa vi occorre, bussate e sarete subito servite. Sofia Grazie. Marietta Papà, venite presto! (entra 2a a da) Saverio Sì, e io che ce metto. Sofia (a Felice) Permettete. (fa p.a.) Uh! Savè,...na vota che te truove, piglie pure quatte casecavallucce, quelli c’’o burro dentro,...quanto so saporite... Marietta Uh! Veramente papà...portatele. Saverio (ridendo) ’E casecavallucce?...Va bene. Sofia Me piacene tanto. Felice Se l’avessi saputo... Sofia Oh! Grazie. (sorridendogli) Grazie. Felice (Mo mme vasa...mo mme vasa...) Saverio E ghiate, io mo vengo. Sofia Permettete. (poi guardando Ciccillo va da Felice e gli dice piano) (Quello è ’o cameriere nuovo ch’avete preso?) Felice (Sicuro...è già na settimana.) Sofia (E ci avete proprio guadagnato nel cambio, sapete, pecchè se vede ch’è nu buono cameriere e che avrà servito tutte case nobili. (a Saverio) È vero?) Saverio (Sicuro. E non vedi come sta serio, corretto...) Sofia (Comme sta ntesecato llà vicino. Questo è cameriere. Nun già chillo lazzarone. Avete fatto bene a n’’o mandà. Quello era nu scostumato.) Felice Già, ma...vedete...quello...basta, andate che poi vi dirò. Sofia Con permesso. (Ciccillo, nel passare Sofia, s’inchina rispettosamente, questa risponde con un leggero movimento della testa, un piccolo sorriso e poi seria, sobria, dignitosa entra nella 2a a da. Ciccillo la segue, imitandola nel passo, nell’alloggiamento) Felice (Se ne so trasute ’e pupe!...) (poi deciso a Saverio) D. Savè...D.Savè...io...vi debbo parlare...

’O TUONO ’E MARZO

Saverio Felice Saverio Felice Saverio Felice Saverio

Felice Saverio

Felice Saverio Felice Saverio Felice Saverio Felice

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(guardando intorno, ridendo) E io pure. Vi voglio raccontare un’avventura che m’è capitata... Sì, ma perdonate si parlo primm’ j’,...è una cosa molto importante. E pure ’a mia!... Chello che m’è capitato è...talmente strano... Seh!...E chello ch’è succieso a me?...(guarda intorno, poi sottovoce) Ho fatta una conquista!...Dentro ’o treno, mentre viaggiaveme. E nun stiveve ch’ ’e ssignore? Sì, ma quello è stato fuori, nel corridoio. Io me n’ero asciuto nu poco llà fore, pecché dint’’a carrozza faceva nu caldo terribile. Ma, nel passare davanti a una bella signorina, ’o treno m’ha fatto traballà e lle so caduto ncuollo!... Vi assicuro D.Felì, che non c’è cosa migliore del traballare per fare una conquista!...Subeto ll’aggio cercato scusa, ce simme mise a parlà...e a lei non dispiaceva la mia compagnia, ho visto che ci trovava gusto...anzi, a un punto, non potendone più, perchè ho capito che nun ne poteva proprio chiù... V’ha lassato e se n’è ghiuta? No! Ma che!...Con un bel sorrisetto, con un occhio languido e sottovoce, m’ha detto: Quanto siete simpatico!... (animandosi) Eh! Scusate, quanno aggio ntiso chesto, me so dato da fare, aggio ditto, ccà nun nce sta tiempo ’a perdere, e profittando che steveme sule, renza renza me so accostato,...ndranghete, e ll’aggio dato nu bacio... Benissimo! Neh, D.Felì, voi lo credete? Chella senza perdere tiempo, s’è guardata attorno, m’ha afferrata ’a capa mmano... E v’ha dato nu muorzo? No!...M’ha vasato pur’essa! Mmocca, D.Felì, mmocca! M’ha vasato mmocca! Capite?...Che bellezza! Che profumo!...Che freschezza quella bocca! D. Savè...D. Savè...ma pensate...riflettete...alla vostra età... Che età D.Felì,...chelle so femmene che non te fanno penzà a niente cchiù...Io po sono vedovo da parecchi anni, sa, e capirete... Va bene, ma nun ve conviene...e nun credo che cercate d’’a vedè n’ata vota a sta signorina.

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Saverio Felice

Saverio Felice Saverio

TEATRO (1910-1920)

(mentendo) No, no, no, no...che vedè...ma che...È stato per raccontarvi l’avventura. E voi? Che mm’avita dicere?... Ecco qua...si tratta di questo,...io, certamente, non ho nessuna colpa,...e manch’isso, del resto... la nascita è un caso...e se uno...Sentite, D.Savè, permettete nu momento, vaco a vedè ’a copp’ ’a fenesta si vene n’amico mio che aspetto, quanno tornate parlammo. Fate il comodo vostro. Grazie. (Io comme nce ’o ddico?...Io comme nce ’o cconto?) (entra 1a a sin.) (solo) Seh!...E staie frisco!...Io po’ nun cercavo ’e vedè a chella sciasciona ’e guagliona?... Chella è scesa ccà, a Castiellammare, m’ha ditto che ll’aggia scrivere fermo Posta. Mo subeto lle vaco a mpustà nu biglietto cu ll’appuntamento. (va a prendersi il cappello sul divano in fondo e s’aggiusta la cravatta allo specchio) Scena sesta Torillo e detto, poi Felice

Torillo Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio Felice Saverio Torillo Saverio

(asciugandosi il sudore) Aggio fatta chesta sudata inutilmente. Chella nun nce steva all’albergo, ’o guardaporta ha ditto ch’era asciuta. Chella ha da essere na meza pazza!... (si volta per andare e riconosce Torillo) Eh?...Voi state qua?... Oh! Carissimo! E che ci fate voi qua? Comm’è che ce faccio?... Io qua abito. Come? E D. Felice non ve n’ha cacciato? A me?...Ma tu scherzi, caro Borzillo!... Neh...ma io quanno ’o spezzo ’e ggamme a chisto? Fuste tu che diciste a D.Felice ’e mme ne mannà, perchè in casa tua io nun nce poteva sta, ch’era lazzaro, è ovè?... Sicuro. E si nun te n’ha voluto caccià isso, te ne caccio io a calci. (uscendo) (Ah!! Papà sta ccà!!...) (a Felice) Ah! Bravo!...Arrivate a tiempo a tiempo. Felì, po dice che songo io po,...dì a chisto che non m’insultasse, si no ccà fenesce malamente. Pure a buie parla c’ ’o tu?...Oh! Ma insomma, mi spiegherete tutto questo. Com’è che se piglia tutta sta confidenza?

’O TUONO ’E MARZO

Felice Saverio Felice Saverio

Felice Saverio Felice Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio Felice Torillo Saverio Torillo Saverio Felice Torillo

Saverio Torillo

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E voi, poi, mi piace il rispetto che avete per me. Ve dicette ’e nn’ ’o caccià d’’a casa vosta, ll’aggio visto, ’a verità!... Ma ecco qua, sentite... Ch’aggia sentere...francamente sono meravigliato del modo come agite. Vi ritenevo un giovine serio, rispettoso, ma vedo che mi sono ingannato. Ma se non me fate parlà... Ma ch’avita parlà? Che volite dicere? Io lo ritengo un insulto questo. Pecchè quanno io v’aveva ditto na cosa, ll’aviveva fa, come così mi prometteste. Poi, del resto, sapete che c’è di nuovo?...A buje ve fa piacere ’e v’ ’o tenè?...E tenitavillo. Ma noi ce ne andremo immediatamente! (fa p.a.) (subito) Aspettate, D. Savè,...nu momento. Io a chisto nun n’’o pozzo mannà!...Voi che volete ’a me!...(gridando) Oh!... Nun n’ ’o putite mannà?... No!...Sappiatelo una buona volta...questo...è mio padre!... Eh?!...(grande sorpresa) Questo, è mio figlio, capite?... (a Felice) Vostro padre?...Possibile?...(a Torillo) D.Felice è vostro figlio?... Perfettamente!... (guardandolo attonito, e fra sè) (È stato cu chisto che Sofia a Roma,...all’Albergo...Uh!...Che vergogna!...Cu nu servitore!...) (poi forte) Cu nu servitore!! No! D.Savè...s’è fatto servitore per amore paterno. P’’o sta vicino...p’’o sta attiento. Ma aspettate...’A settimana passata però...nun s’era fatto conoscere ancora. Pecchè nun era ancora ’o momento. E pecchè po’ chella matina me dicisteve tanto male ’e D.Felice? Che n’ato momento e io scombinavo ’o matrimonio?... Che steva sciupato, malaticcio, debole?... Ah! A proposito, comme ve venette ncapo? E pecchè...’a verità?..Perchè questo matrimonio non troppo mi andava a genio!...Eccoce qua! Ma poi...vedendo che lui ngi teneva, che la voleva bene, dicette ncape a mme: Eh! Va buono...s’’a spusasse, nun mporta. Nc’’a facistene ’a grazia?...Ma mo però, primma che sposa, non dimenticherete, spero, un vostro sacrosanto dovere?... Qua’ dovere?...

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Saverio Felice Torillo Saverio Torillo Felice Saverio Felice Saverio Felice Saverio Felice Torillo Felice Saverio Torillo Saverio Felice Saverio Felice Torillo Felice Torillo Saverio Torillo Saverio

TEATRO (1910-1920)

Come? Non capite mo, eh?...Legittimare Felice, sposando sua madre!... (sospirando) Ah!... (sospirando) Ah!... Ched’è, neh? Che ve sentite?... (fingendosi commosso) Povera femmena! (asciugandosi gli occhi) Mia madre...è morta!... Eeeehh!!! Ch’avite ditto? Che mia madre è morta e non potrò mai più conoscerla!... Ma voi che cancaro state dicenno? Chi v’ha ditto chesto? Papà. (Torillo approva con aria afflitta) Ma che siete pazzo?...Ah! Forse non avendone più notizie, avete creduto...Ma qua’ morta e morta?...Quella è più viva di voi e di me!... (con gioia) Possibile?... (Stateve bene!...) Comme?...Nun murette ’o spitale?...Nun fuie sparata d’ ’o marito? A chi?...Chella nun è stata mai maritata!... Ma pecchè?...’A conoscite?... Io?...(ridendo) Eh!...Così, di vista. E site proprio certo che non è stata mai mmaretata? Certissimo. E che mm’avite ditto allora?(a Torillo) (cercando un pretesto) E che t’aveva dicere?...T’aggio ditto accussì...pecchè...tanta vote...’a verità nun se po’ dì!...È ffatto! (avvilito) Ho capito!...Mammà è una ’e chelli tale femmene disgraziate, che manco c’ ’o figlio se ne po’ parlà! (piange) Eccoce...! Bravo!...Nun se ne po’ parlà!...E nun ne parlammo cchiù!... (offeso, con forza) Perchè?...vi permettete, forse, di pensare che la madre sia una... (subito e gridando) Io nun me permetto niente, ma...nun nne voglio parlà chiù. (dopo aver esitato un po’) Faciteme ’o favore, D.Felì,...iatevenne nu momento dinto,...lassateme sulo cu isso...M’adda spiegà che vonno dì chelli parole che ha ditto. Mi preme molto, capite?...

’O TUONO ’E MARZO

Torillo Felice

Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio

Torillo Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio Torillo



(inquieto, fra sé) (Ah!...Ah!...Mo vene ’o mbruoglio ’o vì!...) (siede alla poltrona) Va bene, fate il vostro comodo. (con gioia) Mammà!...Aggio trovato pure a mammà! Ma pecchè nun me ne vonno parlà?... Che avarrà combinato mammà!...(entra nella 1a a sin. e chiude la porta) (va a chiudere la porta in fondo e la 2a a dª, poi viene avanti) (Sta chiudenno ’e pporte...mo vide si nun nce mbruscenammo pe terra tutt’’e dduje!...) (va da Torillo, lo prende pel bavero e lo costringe ad alzarsi) Tu ti sei permesso... (alzandosi) Titò...Titò...avasce ’e mmane!... (continuando) Ti sei permesso di dire che di mia sorella non se ne poteva parlà nemmeno c’’o figlio?... E pecchè?... Che saie tu ’e chella? Che può dicere?...Fuste tu, grandissimo porco, che profittanno d’’a convulsione, lle faciste chillo guaio!... Qua’ guaio? Gueeeeeh!...(tenendolo sempre pel bavero e minacciandolo) (imitandolo, stringendo i pugni) Gueeeeh!...(si sono tanto avvicinati tutti e due da toccarsi naso a naso) Non negare sa?...Tu sei stato e tu devi riparare. Tu mo te ll’hê ’a spusà subeto a sorema. Pecchè si no... Aspettate...ma comme, ’a sora vosta, è ’a mamma ’e D.Felice?...(riprendendosi) ’E figliemo Felice?...Chella che venette ncopp’’a casa a Napole? E che tu chiammaste Cornacchia spennata!...Sì!... Ah! Chell’è?... Non l’hai riconosciuta? Io?...(non sapendo che dire) E no!... E ncopp ’a chesto nun te pozzo dicere niente...se capisce, doppo 25 anne... Eh!...Comme ’a potevo conoscere doppo 25 anne? E po’...stiveve ’o scuro...è naturale... E già...nuie steveme ’o scuro!...Proprio ’o scuro, ’o scuro, ’o scuro...Nun se vedeva niente... Se mettette chella paura!...E tu, profittando della debolezza e della paura di quella povera figliola, faciste...Faciste na bella cosa? (con rimprovero) Nonsignore!...Ma io po’, capite...



Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio

Torillo Saverio Torillo Saverio Torillo Saverio Torillo

TEATRO (1910-1920)

Sì, sì, sì,...capisco, saccio chello che vuò dicere... si essa nun traseva dint’’a cammera toia...è ovè?... Eccoce!... E che significa?...Che ce trasette apposta?... Dint’’a nu curreturo d’albergo, se sa, ’e pporte so tutte eguale e uno, facilmente, ’o scuro, se po’ sbaglià. Oh! Se capisce!...Pecchè chillo ’o fatto succedette a n’albergo...(fingendo di ricordarsi) all’albergo... Cavour, Cavour... Già. Cavere, Cavere...(E chine ’e passe!) A Roma, vicino a S.Eustacchio. Sicuro. A santo Pistacchio. E si nun fosse venuto chillo tempurale...Almeno ’o temporale t’’o ricuorde? Comme! ‘E tronele tanto forte che facevano tremmà ’e llastre e ’o pavimento.. Già...che paura!... E chella povera Sofia...perdette ’e senze...e...(cambiando voce) Ma dico io, ’a matina appriesso, pecchè nun te faciste truvà?...Perchè lasciare quella povera vittima sola, abbandonata, in quello stato... E...tenevo n’appuntamento, capite? N’appuntamento? N’appuntamento che t’ha trattenuto 25 anne? Sicuro...(riprendendosi) Cioè...no... Pecchè nun te faciste conoscere subeto? E...pecchè...nun era ancora ’o mumento. Ah! Sì?...ma finalmente questo famoso momento è arrivato!... O te spuse a Sofia, o se no l’avrai da fare con me! Io nun nce metto niente e te sparo, sa?... Neh?... Scena settima Sofia e detti

Sofia Torillo Saverio

Eccomi qua. Mme so lavata, mme so pettinata! Ah! Me sento n’ato ttanto. (E chesta nce mancava!) Bravo!...Giungi a proposito.

’O TUONO ’E MARZO

Sofia Saverio Sofia Saverio Sofia Saverio Sofia Saverio

Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia

Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo 1



Pecchè? Vedi qua chi ce sta? (riconoscendo Torillo) Uh! ’O cammariere ’e D.Felice?... E che fa ccà stu lazzarone? Non te lo puoi mai immaginare!... [Ma ’o cuore, non ti dice niente, il cuore?... E che m’adda dicere ’o core?... (sottovoce) Questo sai chi è?...]1 Questo, è quello svergognato di quella notte fatale...Quanno facette ’o tuono ’e marzo...a Roma... (grandissima sorpresa) Che?!...Isso?!...(guardandolo) Ma che!...Nun po’ essere... No, così è,...così è...(a Torillo) Dille quacche cosa, falla ricordare di te...(poi piano) Io me ne vaco, accussì nun ’a dongo soggezione...(scuotendolo) Se quando torno non m’hai chiesta la sua mano...guai a te!...Guai!...(forte) Io vaco a piglià ’e gallette!... (e via pel fondo) (guardando Torillo attentamente) (Ma comme è possibile!...) Venite ccà, accostateve. (Ccà mo ce vo faccia tosta pure cu chesta!...) (avvicinandosi) (emozionatissima) Diciteme ’a verità...pensate che chesta nun è na pazziella...Vuje ve ricordate buono?...Avisseve pigliato nu sbaglio? (con slancio e in tono drammatico) No!...No!...Sofia!...O mia Sofia!...Non è uno sbaglio no...Sei propito tu!... (Uh! Mamma mia! Io sto sudanno fredda...E chisto è nu vastaso...io a chi mme metto vicino, che figura faccio?) Ma...io, ’a matina appriesso mme nformaie, e sapette che vuie ireve nu commesso viaggiatore... Ah!...già...sicuro. E comm’è che stiveve cu D. Felice comme a cammariere? Eh!...Guaie, disgrazie... ’o negozio fallette...e ghietto mmiez’’a na via...Ma nun m’aggio scordato maje, maje ’e chella notte! E so 25 anne!... Già...25 anne!... A Roma, te ricuorde?...

La parte tra parentesi quadre è stata racchiusa dall’autore in un riquadro bordato con matita blù.



Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo

Sofia Torillo Sofia Torillo

Sofia Torillo

Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia

TEATRO (1910-1920)

Sicuro, a Roma...e … ve ricordate pure l’albergo?... Comme! L’albergo Cavere, Cavere... Bravo! Cavour, Cavour. Che nuttata!...Nuie steveme ’o scuro.ovè?... Già. Perfettamente ’o scuro. Che temporale venette. Me pareva ch’era venuta ’a fine d’’o munno. Viento, acqua, lampe...tronele...vì, che tronele!...Tremmavano ’e llastre e ’o pavimento, è ovè? Già! Io mm’’o rricordo!...Stette scetato tutt’’a nottata!...Che paura!...E mentre stevo ’a sotto ’a coperta, tutto arrugnato, tremmanno, s’arape ’a porta d’’a cammera e sento trasì a uno dinto. Era io! Era io!... Me mettetto ll’arma d’’a paura,...e tu pure, è ovè? Comme! Io cadette svenuta ncopp’’o lietto. E mm’’o rricordo...comme nun mm’’o rricordo?... Io mme credeva ch’era nu mariuolo!...Ma po’,... tuccaie,... capette ch’era na femmena, e ...mme passaie ’a paura po’. Eh!!...’O ccredo!... ’A matina appriesso, vedenno ’o guaio ch’aveva fatto, me ne scappaie!...Ma sì io avesse saputo chi ire tu, si avesse saputo ch’aveva che fa cu na signorina nobile, me sarria fatto conoscere e t’avarria subeto spusata. Però, chello che nun aggio fatto tanno, so pronto a farlo mo, cu tutt’’o piacere. Spusammo e nun ne parlammo cchiù! (indifferente) Ah!...Tu chesta intenzione tiene? (indifferente) È pe fratete, che lle fa piacere... Nun è na bella ragione chesta. Una nun se mmarita, certamente, pe ffa piacere ’o frate. No?... Ah! Se capisce!... E si tu nun me piacisse? E si tu nun me jesse a genio? E sì io nun me vulesse mmaretà? E sì io vulesse rimanè zetiello? Primme ’e dà stu passo, una addà riflettere, adda penzà... Mme pare!... Dice ma ce sta ’o fatto ’e ll’albergo a Roma... e...

’O TUONO ’E MARZO

Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia

Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo

Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo



Uh! Va buono...ma è passato tanto tiempo mo, … che ce pienze a ffa cchiù? Ma certo...E me n’addono mo che nce aggio data troppa importanza. Pecchè, tutto sommato po, ch’è stato? Pih!...na cosa ’e niente!...Na cosa che succede tutti i giorni. Un semplice errore giovanile!... Un piccolo scherzo di gioventù!... E sulo pecchè io, dint’ ’o scuro, meza svenuta, sbaglio ’a porta e traso dint’’a cammera ’e n’ommo, aggia sacrificà tutt’’a vita mia, vicino a uno che nun me piacesse? Che nun è comme me l’aveva immaginato? Che nun tene manche nu centeseme? Nun nc’’o mmiette? E chello che m’è rimasto po’, nun abbastarria pe tutt’’e dduje. Pecchè? Quanto t’è rimasto? Na miseria!...Ottantamila lire!...Che ne faciarriame? Ottantamila lire?! (Uh! Che te pozzano scannà!...Mo mme fa venì na cosa!) Neh, ched’è?...che haie?... No, niente...sa ched’è?...Pe scrupolo ’e coscienza...pe nun restà cu nu rimorso...’o duvere mio po’, sarria chillo ’e te spusà...Primma ’e tutto, pe’ Felice, p’’o figlio nuosto... che, povero guaglione, murarria d’’o piacere, conoscenno ’a mamma!...S’’a putarria abbraccià...s’’a putarria vasà... comme a tutte ll’ati figlie!...(con mal celata ansia) Che dice? (commosa e cedendo suo malgrado per amore del figlio) Ah!... Se capisce...spusannote, finalmente lle pozzo confessà che io so ’a mamma, ...’a mammarella soia! ’O papariello suio!... Che so stat’ io che ll’aggio sempe curato, educato, sorvegliato...Lle potarria fa tanto piacere, è ovè?... E comme. E a mme pure!...Nun aggio potuto mai dicere niente...nun aggio potuto mai parlà... E parla...parla...(Fatte ascì ’o spireto!) Che buò fa?... (esita un po’, poi decisa) E sì...spusammo...Pe fforza avimma spusà!... Ah! Sofia mia!...(abbracciandola) (Ottantamila lire!!... Aggio fatto ’o colpo!...)



TEATRO (1910-1920)

Scena ottava Felice e detti, poi Giulietta e Ciccillo Felice Torillo Felice Sofia Felice Torillo Felice Torillo Sofia Felice Sofia Felice Sofia Torillo Giulietta Torillo Giulietta Ciccillo Giulietta Torillo Ciccillo Giulietta Ciccillo

(cacciando la testa) Permettete? Pozzo venì? (con forza) Sì...Viene, viene figlio mio!...Tu vulive conoscere a mammeta?...Eccola qua!... (con grande sorpresa) Che?! Voi?!...Veramente? Sì! Sì!...Figlio mio!...Io songo mammeta!...Io!...Finalmente te pozzo chiammà figlio. Viene ccà, abbracciame!...(si abbracciano) (con gioia) Ma...comme? Chesta è mamma?...(a Torillo) Chesta, sì!... (emozionatissimo) E...ma...scu...scu...scusate,... pecchè nun m’avite voluto dicere? E...pecchè...nun era ancora ’o mumento! (contentissima) Viene ccà, figlio mio!...Figlio mio bello! Jammo dinto, jammoncello a dicere a Marietta, chella sa che piacere che nn’ave...pecchè mo site pariente... Simme pariente?... E mme pare! Essa è figlia a frateme, tu si figlio a me, quindi siete cugini. Ah!...già!... E ghiammo, viene!...Che piacere. Che soddisfazione!... (tirando Felice per la mano, viano 2a a dª) (ridendo) Ah! Ah! Ah!...Vì quanto è curiosa chella!...(poi cessando di ridere) Intanto, io rido, e ccà si se scommoglia ’o fatto, si s’appura ’a mbroglia, aggio nu brutto paliatone!... (di dº) Da questa parte? Ho capito, grazie, grazie... Chi è?...(va in fondo a guardare) Mamma bella!...Da Giulietta ccà!!!...(grandissima sorpresa e spaventato ad un tempo) E comme ’a combino mo? (fuori. Altro abito elegantissimo. Ciccillo la segue) Ma no, grazie, è inutile accompagnarmi. (a Torillo) Ah! Vuje state ccà?... Buongiorno papà!...(va a baciargli la mano) (fra sé) (Papà?) Ah! La signorina è vostra figlia? (a Torillo) Sicuro! (avvilito, fra sé) (È fatto ’o guaio!) (siede avvilito) E allora s’accomodi...prego...(offrendo la sedia) No,no, grazie, è inutile...potete andare... Come vuole...(s’inchina e via in fondo a sinistra)

’O TUONO ’E MARZO



Giulietta (parlando piano) D.Salvatò, ched’è? Pecchè tenite ’a mana nfronte? Torillo (riavendosi) Ah! no...niente!...Mme fanno male ’e calle!... Giulietta E ched’è? Vuje tenite ’e calle nfronte? Torillo No!... Me fa male pure nu poco ’a capa! (alzandosi) Io so venuto all’albergo, ma vuie nun nce stiveve, addò site juta? Giulietta So ghiuta nu momento ’a Posta, pecchè? Torillo E ’o bolite lassà ditto ’o guardaporta, a quaccheduno? Llà nisciuno ’o ssapeva, e io me ne so ghiuto n’ata vota. Giulietta Nun nce aggio penzato... Torillo Io aggio ditto...vuie avita suffrì cu ’e cerevelle. Mm’avite fatto scennere fino abbascio Castiellammare inutilmente. Giulietta Ma io po’ nun mme credeva che veniveve accossì ambressa. Torillo Basta. Ma che site venuta a ffa? Che mm’aviva dicere?... Giulietta Comme?...Nuje cumbinajeme chella finzione cu D.Teodoro, vuie aviveva venì ’a casa mia pe ce mettere d’accordo e po è na settimana che nun ve site fatto vedè chiù? Torillo Avite ragione...ma chella matina se dettene tanta combinazione e nun potette venì... Giulietta E ma io aggio cacciato duiciento lire pe buie e nun ’e voglio perdere. Torillo Nonsignore, nun ’e perdite...ma comme avite saputo che io steva ccà? Giulietta M’ ha ditto ’o guardaporta ’e D.Felice. Torillo E va bene...iatevenne mo...io dimane mmatina vengo a Napole ’a casa vosta e combinammo tutte cose. Giulietta A chi?...Che state dicenno?...Vuie ve n’avita venì mo proprio cu mmico. Io aggio ditto a Mimì che aveva trovato a papà e che steva a Castiellammare. Torillo Chi è stu Mimì? Giulietta ’O nammurato mio, Domenico Cardillo. Torillo Ah! Cardillo. Aggio capito. Giulietta ’O quale poco primma è venuto all’albergo e ce simme fatte manche ’e cane. Ce simme appiccecate proprio brutto. Torillo E pecchè? Giulietta Pecchè va trova chi m’ha combinato ’o servizio. Lle so ghiuto a dicere che io era canzonettista ch’aggio fatto ammore cu nu sacco ’e gente,...mi ha chiammato civetta,



TEATRO (1910-1920)

faccia tosta, ha fatto revotà l’ albergo. Io, capirete, aggio negato sempe, aggio fatto vedè che mme so mmiso a chiagnere e aggio ditto che ghieva a dicere tutte cose a papà. Perciò, vuie mo avita venì cu mmico all’albergo, ll’avit’’a fa primma na parte, come padre, e po’, me nce avita fa fa pace assolutamente. Torillo (E stai fresca!) Giulietta Chillo ha ditto che mme vò lassà, e io perdo na fortuna, capite? Torillo (vedendo venire Felice) Ah! Zitto...zitto...Nun parlate,...nun dicite niente, pe ccarità! Giulietta Ch’è stato?... Scena nona Felice e detti Felice Giulietta Felice

Giulietta Felice Giulietta Felice Giulietta Torillo Felice Giulietta Felice

(di dº) Vengo subito, vengo subito... (fuori. Vede Giulietta e s’arresta) (E chesta che fa ccà?...) Oh! D. Felice, buon giorno...Come state? (molto freddamente) Pih!...Così...Non c’è male! Che cosa volete da qua?...Perchè siete venuta?...Vi faccio riflettere che qua c’è la mia famiglia, tutte persone per bene, tutte persone onestissime e la vostra visita, certo, non potrà fare piacere. Neh, pecchè? Scusate... Seh, pecchè?... Pecchè qua se sanno i fatti...sappiamo voi chi siete...e pure Mimì l’ha saputo. Mo che volete?...Siete venuta forse a parlà cu me pe ve fa fa pace?... (sgarbata) Niente affatto! Io nun so venuta pe buie!...Nun ve venevo a dà tanto onore! Io vi ringrazio, st’onore nun ’o voglio!...Pecchè site venuta allora?...Ve crediveve ’e trovà a Mimì? (c.s.) Nemmeno!...Nun so venuta né pe buie né pe isso. Sono venuta a prendere mio padre! (Stateve bene!) Vostro padre? Sissignore. Eccolo là! E io me faccio meraviglia che sentendo insultare in questo modo sua figlia, se sta zitto e non vi prende a schiaffi!... Voi che state dicenno, signorì?...Quello...è vostro padre?...

’O TUONO ’E MARZO



Giulietta Mio padre, sì, mio padre!... Felice (barcollando) (Uh! Mamma mia!...) (guardandola con spavento) Voi siete figlia a lui? Giulietta Sissignore! E pecchè ve facite tutta sta meraviglia? Felice (cade su d’una sedia, avvilito) (È sorema!...È sorema, quella svergognata!...) Giulietta Neh, ma che l’afferra?...Ch’è stato? Torillo Chillo m’è figlio!...M’è figlio!... Giulietta A vuie? Neh, nun dicite bestialità...(ridendo) Torillo No, accossì è, bella mia, accossì è! Giulietta Veramente? Oh! Chesta è bella mo!...(ridendo) Felice (riavendosi, s’alza) Venite ccà...(a Torillo) (Pecchè nun m’avite ditto che teniveve sta figlia?) Torillo (E pecchè...nun era ancora ’o momento!...Te volevo preparà a nu poco ’a vota!...) Felice (E capisco...Nun era na bella cosa...cu ’a vita che ha fatto chella...Ma invece ’e badà a me, potiveve penzà a essa, ch’era femmena...avevate il dovere!...Mo ch’aggia fa?...N’’a pozzo caccià?...) (guardando teneramente Giulietta) Ah! (sospirando) Povera figlia!... Viene ccà...nun mporta...Il sangue non può diventare acqua...e po’, nun è stata colpa toia!... (Torillo ride fra sé) Viene qua...abbracciami, sorella mia!... Giulietta Con tutto il cuore, fratello mio!...(si abbracciano) Torillo (E che pasticcio, mamma mia!...) (col medesimo tono di voce) Felice E ghiammo dinto...jammoncello a dicere a mammà. Giulietta A mammà?... Felice Sì, mamma nosta, sta dinto, viene... Torillo (subito e forte) Aspetta!...Chesta nun è figlia a Sofia!...(mettendosi in mezzo ai due) Felice Come? Torillo Nun è dell’istesso albergo...(riprendendosi) dell’istesso letto! Felice È figlia a n’ata? Torillo Sissignore... Felice Voi che avete combinato!!! (marcato) Ma aspettate, mo che mme ricordo...(a Giulietta) Mimì m’ha ditto che papà tuio era Marchese? Giulietta Ed è marchese, lo sanno tutti quanti. (ride fra sé) Felice (piano a Torillo) (E site marchese vuie?)



Torillo Felice

Torillo Felice

Giulietta Torillo Giulietta Torillo Giulietta Torillo Giulietta Torillo Giulietta

TEATRO (1910-1920)

(Nonsignore...Chella fuie na mbroglia che facette io tanto tiempo fa, quanno mme ne scappaie c’’a mamma ’e chesta!) (Ho capito!...Vì quante nn’avite fatte!) (poi a Giulietta) Però, badate...io nun voglio che chesta iesse currenno chiù ’a ccà e ’a llà. Basta mo!...Se sta ccà cu mme e me stongo attiento io mo! Addà fa chello che dico io! Mo faccio mettere pure ’o divano a letto dint’’o salotto e dormimmo llà io e don Saverio, e essa se mette dint’’a cammera mia!... (chiamando) Ciccillo? Aspetta, Felì, siente... No! Mo m’avita fa fa a me mo! Chesta ’a ccà nun addà ascì chiù. Nun s’adda movere chiù ’a vicino a mme, si no so guaie, sa, so guaje!...(chiamando) Ciccillo?... Ciccillo?... (via pel fondo a sinistra) Neh, ma diciteme na cosa, chisto veramente è figlio a buie? Veramente, veramente! (ridendo) Ah! Ah! Ah! Vedite che combinazione. Chillo mo se crede che io lle so sora, e chesto è buono pe mme! Pecchè?... E se capisce. Chillo è tanto amico ’e Mimì, e troverà lui il mezzo, come fratello, di farmi rappaciare! (ride) Ah! Ah! Ah! Ah...già!...(E staie fresca! Chesta se n’adda j’, si no ccà chiù se mbroglia ’a matassa!...Lasseme vedè si pozzo persuadè a D.Felice!) (fa p.a.) Addò jate? Mo vengo, mo vengo. (Vedite che pasticcio!...Che mbruoglio!) (via fondo a sinistra) (ridendo) Ah! Ah! Ah!... Ma vedite si se poteva combinà meglio sta cosa. Adesso, il signor D.Mimì, l’avrà da fare con mio fratello!...(ridendo) Scena decima Mimì e detta, poi Felice

Mimì

(di dº) Grazie, grazie tante. (fuori, agitatissimo) Ah! Voi state qua? Bravo! Siete venuta, forse, a pregare D. Felice di farvi perdonare da me e far pace? Ma vi siete sbagliata: di me ve ne potete scordare mo, cara signorina Krì-Krì!... (marcato)

’O TUONO ’E MARZO



Giulietta (Io vularria sapè chi cancaro è stato che l’ha ditto tutte cose!) Io nun sò venuta a pregà a nisciuno!...Sò venuta a trovà a papà, capisci? Ll’aggio contato tutte cosa, e mmo t’’a vide cu isso!...Nun saccio si nn’hai piacere!...Perchè tu non hai il diritto d’insultare quando non tieni prove!... Mimì Nun tengo prove?... Nun tengo prove? Io cheste so venuto a piglià,...m’aveva scordato. (prende dalla scrivania la busta) In questa busta, ci stanno cose che fanno rabbrividire, che provano chiaramente quanto site stata civetta!... Giulietta E sta bene!...Parlerai con mio padre e con mio fratello! Mimì Fratello? Uh, guarda, guarda! Ce sta pure ’o fratello mo?... Bravo!...Belli soggetti hanna essere tutt’’e dduje! Felice (uscendo) Tutto è fatto!...Da stasera in poi duorme ccà! Giulietta Guè, Felì, tu hê ’a mparà l’educazione a chillo scostumato!...Si è permesso d’insultare tua sorella! Mimì (grandissima sorpresa) Eeeeh?!! Tu che staie dicenno?...D. Felice forse?... Giulietta D. Felice è mio fratello!!! Mimì Ah!! (pausa. Guarda i due meravigliatissimo) D.Felì?...chesta sta dicenno overamente? Felice (serio) Veramente!... Mimì (Uh! Mamma mia!...) E ’a quanto tiempo site ’o frate? Felice Da dieci minuti!...(riprendendosi) Cioè...sò dieci minuti che ll’aggio saputo. Mimì Ah! Ecco! (stringendogli le mani) Povero D.Felice!...Povero amico amico mio! (compiangendolo) Giulietta Quello si è permesso di chiamarmi civetta, capisci?... Mimì Ma è stato D.Felice che m’ha dato tutte le informazioni sul conto tuo, e primma primma isso è rimasto scandalizzato, nauseato della vita che hai fatta.. Isso m’ha ditto tutte cose! Giulietta Tu?!...(Felice accenna mestamente di sì col capo) Bravo!... Felice Ma io nun sapeva ancora che tu mm’ire sora...del resto po’, Mimì è tanto buono, è tanto amico mio, nun nce penza cchiù a chello che ll’aggio ditto, te perdona, facite pace e spusate. Mimì Chi? Io?...Ma voi scherzate!...Io mme sposo a essa? A una ch’ha fatta chella vita? Felice (mesto) È mia sorella!... Mimì A una ch’ha fatto ammore cu tanta gente?



Felice Mimì Felice Mimì Giulietta Felice Mimì Felice Mimì Felice Mimì

Giulietta

Felice Giulietta Felice Giulietta

TEATRO (1910-1920)

(con sforzo di dignità) È mia sorella!... Che ha fatto ’a canzonettista, si faceva chiamare Ninetta Krì-Krì e se fa ritrattà cu tutte ’e ccosce ’a fore? (con forza) È mia sorella e te l’hê ’a spusà!... (gridando) A chi?...Io ve faccio pazzo!...Tenitavella pe buie sta bella cosa!...Se vuole stare con me in relazione, con tutto il piacere. E che so scemo!... E io accetto! Ma mm’hê ’a mettere na casa come dico io, però! (Statte zitta!) Con tutto il cuore!... Cu tutta l’arma ’e mammeta! Vedete che proposta se permette ’e fa a mia sorella. Uh! Vuie m’ ’avite consigliato, vuie stesso poco primma!... Iesce ’a via ’e fora!...Se no co tutta la nostra vecchia amicizia, te faccio na cauciata, che te sfonno cazone e cazonetto!... No! Voi non me sfonnate niente!...Perchè tanto il calzone che il calzonetto, sono di stoffa buona, forte e resistente. (marcato) Capite?...E mme ne vaco, no pecchè me mettette paura ’e vuie, D.Felì, ma pe ghi a dicere a zi Alfonso a Napole, che tutto è finito fra me e quella svergognata!... (fa p.a.) Se poi accetta la relazione, signorina Krì-Krì, io sono all’albergo Italia, mi trattengo fino a stasera, venga a farmi una visita e ci metteremo d’accordo per le condizioni. Tante belle cose signori, i miei rispetti, i miei rispetti. (via) (a Felice) Io ve ringrazio tanto tanto, sapete. Mm’avite scombinato nu matrimonio e mm’avite fatto perdere na fortuna, capite? Io addò ’o trovo a n’ato comme a chillo?... (chiamando) Mimì?...Mimì?...(correndo in fondo) Ch’hê ’a fa?...Addò vaie?... Lle voglio dicere che sono contenta e che accetto la relazione, sempe na cosa è. (gridando e impedendole l’uscita) Ah! No!...’A ccà tu nun ghiesce, vì. Ogge hê ’a cammenà deritto, onestamente, si no so guaie, sa. ’A vicino a mme nun t’hê ’a movere chiù!... Ch’aggia fa?...Nun m’aggia movere chiù ’a vicino a buie?...E già!...Io po pare che tengo sti rrendite spase ’o sole!...Me date a mangià vuie ’a matina?...

’O TUONO ’E MARZO

Felice Giulietta

Felice

Giulietta Felice Giulietta Felice Giulietta Felice



E te dongo a mangià io! Dal momento che è necessario farlo pe nun te fa fa chiù ’a pazza, sono pronto pure a darti la metà del mio patrimonio. (pausa, poi) Allora va bene! È un altro paio di maniche allora! M’’o potiveve dicere primma però, e io me pigliavo na bella soddisfazione cu Mimì, nnanze a buie stesso n’’o cacciavo. E chesto ll’aggio fatto io e mo nun ne parlammo chiù. Da oggi in poi tu hê ’a essere n’ata femmena: seria, dignitosa, educata, corretta. T’hê ’a ricordà che si ’a sora ’e nu galantuomo e pazzie nun n’hê ’a fa cchiù! Non ci pensare...vedrai che cambiamento faccio io!... Bravo! Oh!...Ma quant’è stu patrimonio? Quanto me daje a me? Questo non ti riguarda, mm’’aggia vedè io. Ma è assaie? È assaie? Così...te basta, nun nce penzà! Scena undicesima Marietta e detti

Marietta Ah! Felì, tu stive ccà? Hê ditto che venive subito. Felice Ah! Sicuro...e mo steve venenno...(a Giulietta) La signorina Maria Borzillo, mia idanzata. La signorina Krì-Krì... (riprendendosi subito) La... signorina Giulia, mia sorella. Marietta (sorpresa) Tua sorella?... Felice Già. (Po te conto, po te conto tutte cosa.) Marietta Piacere... Giulietta Fortunatissima. Marietta È proprio una bellissima giovine. Giulietta Oh! Per carità, signorì, vuie site veramente na scarda ’e nenna! Felice (subito) (Pssss...guè...e ched’è sta parola?...Scarda ’e nenna?) Giulietta (Uh!...Scusa...) Volevo dire, signorina, che siete voi veramente una bella ragassa. (si copii proprio come è scritto: ragassa. (non ragazza) firmato Vincenzo Scarpetta) Marietta Oh! Ma che... Giulietta No, no, così è...E fate l’amore solo con lui?... Marietta Come, solo con lui?



Felice Giulietta Marietta Felice Marietta Felice Marietta Felice Marietta Giulietta Marietta Giulietta Felice

TEATRO (1910-1920)

(subito) Ah!...No...Dice...(Puozze sculà! Sora e bona!) Dice: hai fatto l’amore solo con me? (lanciando un’occhiata di rimprovero a Giulietta) Già...già...avete fatto l’amore solo con lui? Sicuro! È il suo primo amore!...Jammo dinto, Mariè, facimmolo sapè pure a mammà... Io voleva sta nu poco c’’a signorina... (piano) (Sa ched’è...chella ’a poco è arrivata...sta stanca d’’o viaggio...se vo j’ a riposà nu poco all’albergo...) (Ma chiù tarde torna n’ata vota?) (Sì, e comme...(spingendola) Jammo...) Permesso?... Prego. Tanto piacere d’aver fatta la vostra conoscenza. Sono io fortunata. Jammo, jammo. (viano 2a a dª) Scena dodicesima Saverio, Ciccillo e detta, poi Felice

Saverio (dal fondo) Porta ccà, Ciccì, miettele llà ncoppa. Ciccillo Va bene. (ha in mano due pacchi di gallette e un altro involto e mette tutto sulla consola. Dopo di che esce) Giulietta (vedendo Saverio grande sorpresa) (Uh! Chillo viecchio ’e dint’’o treno!..) Saverio (vedendo Giulietta, grande sorpresa) (Eh?! ’A signorina ’e dint’’o treno?!...) Voi che fate qua? (contentissimo) Giulietta Psss...pe carità!... Saverio Siete venuta per me?..Oh! Quale felicità! Giulia!...Giulietta!...Giuliettina mia!... (abbracciandola) Giulietta Ma ve volite sta zitto sì o no?... Stateve sodo. Saverio Non è possibile...sei troppo bella, troppo sciasciona!...E damme nu bacio, sì...? Giulietta Oh, nun po’ essere ccà! Saverio Sì, sì, dammillo nu bello bacio...comme mme l’hê dato dint’’o treno... Giulietta Ma non può essere...qua c’è mio fratello...e si se trova a ascì...

’O TUONO ’E MARZO



Saverio Come? Tu tiene un fratello? E sta qua? Giulietta Già. Saverio E ma nuie facimmo lesto lesto che nce vo a mme dà nu bacio... Meh, jammo. (la tira a sé e l’abbraccia. Giulia protesta) Felice (uscendo, vede i due abbracciati e dà un urlo di grande sorpresa) Eh?!! (i due si dividono) Saverio Oh! Diavolo! (va subito da Felice) (D. Felì, fateme ’a cortesia, jatevenne nu momento dinto e trattenite a Sofia e Marietta, quanto dongo nu bacio a chesta.) Felice (Ch’avita vasà? Chella è sorema!...) Saverio (grandissima sorpresa) Eh?!...È vostra sorella?! Felice (a Giulietta in tono di rimprovero) È mia sorella!... Saverio (a Giulietta) Chisto ccà è fratete? Giulietta Sicuro. Saverio Uh!... (portando le mani alla testa) Felice Ma che significa chesto? (a Giulietta) Tu cunusce a mio suocero? Giulietta (meravigliata, fra sé) (Suocero!) (poi forte) Ce simme conosciute poco primma... Felice Poco primma? Giulietta Un cinque minuti fa. Felice E già t’abbracciava? Giulietta L’aggio ditto che io era sora a te...e allora... capisce...come parenti...ce simme abbracciate... Saverio Già... (a Felice) (Ma pecchè nun m’avite ditto niente che teniveve sta sora?) Felice E io nun ’o ssapeva, capite?...(È figlia a na nnammurata ’e papà!) Saverio (Che combinazione!) Scena tredicesima Sofia e detti, poi Teodoro Sofia Saverio Sofia

(esce, senza parlare) Oh, Sufì, arrive a tiempo a tiempo...sai che D. Felice tene pure na sora? Sì,... me l’ha ditto Marietta. (mostra Giulietta) È questa signorina?



Felice Sofia Saverio Sofia Giulietta Sofia Saverio Felice Sofia Saverio Sofia Saverio Felice Saverio Felice Teodoro Felice Teodoro Sofia Teodoro Felice Teodoro Sofia Felice Teodoro Sofia Teodoro

TEATRO (1910-1920)

Sissignore, mammà! Bravo. (guardandola) Simpatica. (guardandola meglio) Ma aspettate...io mme pare che ll’aggio vista dint’’o treno, sta signorina,...mme pare ch’ha viaggiato cu nuie... (vivamente) No, no, no... Ti sbagli. (non convinta) No?...Tanto piacere, signorina... Fortunatissima. (sorridendo) (Va trova chi è chella povera disgraziata d’’a mamma!) (Che bocca!...Che denti!...) (a Felice con rimprovero) Ma pecchè è sora a buje chesta? E che bolite ’a me?...Nun è colpa mia, certo... Giustissimo! È colpa di chillo lazzarone d’’o padre...(marcato) ’O pate!...’O pate!...Stu padre che mme sta seccando bastantemente mo! Sì, e spiame a mme!... Fino a che era pate a buie, nun me mportava...ma che è pate pure a chesta... E pecchè? Ched’è? È che si nun fosse padre a chesta, chesta nun ve sarria sora e io avarria potuto fa...e mo nun pozzo fa niente chiù!... Ecco!... (E chi ’o capisce!) (di dº) È permesso?... Si può? Chi è?... Avanti. (fuori, affaccendato, contento) Grazie. Signori, scusate il fastidio... Oh! Il cavaliere Morzetta!... (stringendole la mano) Signora...D.Felice chi è?... Questo giovine forse? Sicuro. (con slancio) Ah! Abbracciatemi giovanotto!...(l’abbraccia) Voi adesso sarete simile a tutti gli altri figli! (poi a Sofia) E voi, Da Sofia, adesso potete rialzar la testa! Pecchè? Ch’è stato? Come?! E non leggete sul mio viso la bella notizia che vi porto?...Ma la parola che c’è da pronunziare non spetta a me il dirla...ma ad un’altra persona. A chi? (corre in fondo) A voi,...venite!...

’O TUONO ’E MARZO



Scena quattordicesima Alfonso e detti, poi Torillo (dal fondo, al colmo della gioia) Addò sta? Addò sta Felice? (mostrandolo) Eccolo qua!...(Torillo viene dal fondo) (corre ad abbracciarlo, commosso) Ah! Figlio!...Figlio mio!... (meno Teodoro e Alfonso) Figlio?!... E questa è sua madre!...(mostra Sofia) Ah!...Qua, un abbraccio!...(abbraccia Sofia) D. Alfò, ma voi... Che D. Alfonso e D. Alfonso...Chiamami papà!...Figlio mio!...(l’abbraccia) Torillo (avanzandosi) Che papà?...Che figlio mio?...Chi site vuie?...Felice è figlio a me!...(lo tira a sé) Alfonso A voi?...È figlio a me! (lo tira a sé) Torillo No! A me!...(lo tira a sé) Alfonso A me!...(lo tira a sé) Teodoro (mostrando Alfonso) A lui!...A lui!... Saverio (scattando con violenza) Eh!...Basta!...Basta, dico!...Che vuol dire questo?...(a Sofia) Tu che cancaro hê combinato?...D. Felice tene duie padre?... Sofia Io che nne saccio?...Ti giuro... Saverio (al colmo del furore) Zitta!...Non parlare!...Disgraziata! Tu sei morta per me!... Sofia Ma io... Saverio Che tenive nu figlio,...eh,...pazienza, poteva essere na combinazione...ma che è figlio a duie padre, questo è da svergognata!...Miettatenne scuorno!...(Sofia, barcollando, sviene nelle braccia di Teodoro che le farà vento col cappello. Alfonso, gridando, tiene per mano e vuol condurre con sé Felice mentre Torillo, anche gridando, protesta e lo tira a sé. Giulietta trattiene Saverio che lancia furiosissimo sempre invettive contro la sorella. Nella grande confusione cala la tela) Alfonso Teodoro Alfonso Tutti Teodoro Alfonso Felice Alfonso

Fine del secondo atto

Atto 3° Un salottino. In fondo a destra un lettino fatto, accanto un comodino ed ai piedi una poltrona. A destra, laterale, perchè senza porte. In primo piano consola dorata e al di sopra uno specchio. Quadro grande alla parete in fondo a destra sul letto. A sinistra, in fondo, consola dorata con specchio, lume elettrico, vasi, ecc. Lampadaro al plafond, spento. A sinistra, 1a e 2a quinta, porte. Nel mezzo, in fondo, balcone. Sulla poltrona vi saranno dei gilets, delle giacche, delle camicie da uomo. Sopra due sedie, sul davanti, è una valigia aperta, con un pantalone ed un gilet dentro. Fra le due porte a sinistra, colonnina con sopra un busto, altra simile, accanto al piano.Tende ai tre vani. Due poltroncine ai due lati della consola. Sediolino davanti al piano. All’alzarsi del sipario, dal balcone si vedrà qualche lampo seguito da un leggiero tuono. Scena prima Saverio, Ciccillo, poi Felice, Marietta e Sofia (dalla 2a a sin. con due pantaloni in mano, a Ciccillo che nella valigia mette della roba. È irritatissimo) Tiene, Ciccì,... st’ati duie cazune. Ciccillo (li prende e li mette sul letto) Va bene. Saverio Vedete che combinazione, justo no che io mme nn’aggia j’ se sta guastanno ’o tiempo. (va al balcone) Teh, vide lloco che cielo niro, mo sa che temporale se ne vene. Ciccì, votta ’e mmane. Felice (dalla 2a a sin.) D.Savè...D. Savè...e finitela, chesto che cos’è. State facenno na cosa che...mme dispiace parola d’onore. Saverio E pure a me, ma non ne posso fare a meno. Sofia (che seguiva Felice assieme a Marietta) Ma siente na cosa... Saverio Non c’è che sentire!...T’aggio pregato che nun voglio essere parlato, e comme t’aggia fa capì?... Saverio



TEATRO (1910-1920)

Marietta Ma ch’è stato, papà, ’o ppozzo sapè?... Saverio Ch’hê ’a sapè, figlia mia, ch’hê ’a sapè?...Tu te ne viene cu mmico, te staie cu papà tuio, e penserò io a maritarti come si deve!...(marcato, poi a Ciccillo) Ciccì, lassa sta lloco tu, mo m’’o vveco io. Va miette dint’’o bauglio ’o riesto d’ ’a rrobba ’e figliema, po ’o chiude e ’o faie scennere abbascio ’o palazzo. Và. Felice (a Ciccillo) Aspetta...Ma...D. Savè... Sofia Ma famme ’o piacere... Saverio (sempre infuriato. A Ciccillo) E quanno vaie? Ciccillo (dà un balzo) Eccomi!...(via 2a a sin.) Saverio Voi è inutile che insistete, perchè non ne ricavate niente. Ho detto che me ne voglio andare e me ne andrò! (aggiustando la roba nella valigia) Non ho affatto intenzione di dare mia figlia a n’ommo...ch’è figlio a duje pate!... Marietta A dduje pate?! Sofia Ma tu sì pazzo!? Felice D. Savè, ma badate a quello che dite, uno comme po’ essere figlio a duje pate?... Saverio (mostrando Sofia) E ll’avita spià a questa svergognata, ’o ssape essa ch’ha combinato. Certo è che Torillo dice che v’è pate. D. Alfonso pure, dunque... Felice Ma certamente uno d’’e duje ha pigliato nu sbaglio! Saverio E potite sapè chi è?...Me potite dicere allora chi è ’o vero padre? Sofia Ma appunto pe chesto te dico aspetta, vedimmo comme va stu mbruoglio, facciamo una specie d’inchiesta. Marietta Ma sì, papà, chisto ha da essere n’equivoco, aspetta nu poco, vedimmo ’e chiarì ’a cosa, pecchè io a Feliciello ’o voglio troppo bene, isso pure vò bene a me, e nun nce putimmo lassà!...(tenera ed affettuosa) Jammo, leva sta valigia ’a miezo...cercammo ’e chiarì stu sbaglio, se tratta d’’a felicità mia, papà...(carezzandolo) Sofia Dell’onore di tua sorella. Felice (affettuoso) Nun ve ne jate, D. Savè...a voi vi riuscirà certamente di scoprire la verità, ne sono sicuro. Come fratello, non dovete abbandonare la sorella, come padre, non dovete fare infelice una figlia: avete il dovere di agire, d’indagare, di scoprire...perchè, da questo fatto, dipende la felicità di tutti: mia, vostra, di mammà, di Marietta... Che dite?...

’O TUONO ’E MARZO



Marietta (chiude la valigia, la mette in terra presso il letto e toglie di mano a Saverio degli oggetti che stava per mettere dentro) Sissignore, va bene, papà resta, nun se ne va chiù, è fatto. S’occuperà seriamente ’e sta cosa e non permetterà che ’a gente potesse ridere ncopp’’e spalle d’’a famiglia soia. È vero papà che tu rieste? Sì? Ah! Quanto te voglio bene!... (l’abbraccia) Sofia Frate mio caro caro! (l’abbraccia) Felice Bravo D. Saverio! Marietta Feliciè, vieneme a dà na mano. Levammo n’ata vota tutt’’a rrobba ’a dint’’o bauglio e mettimmola ’o pizzo suio. Felice Ah! Sicuro! (dal balcone si vedrà un lampo seguito da un tuono. Sofia si mostra leggermente nervosa) Saverio Aspettate, io nun aggio ditto niente ancora...nu momento... Marietta Ma no, papà, famme contenta...statte zitto, vide primma ’e chiarì stu mbruoglio e po’ fa chello che vuò tu. Jammo, Felì, viene... Felice Subito. (fa p.a.) Saverio Aspettate,... venite ccà, a voi, D. Felì. Felice A me? (va da Saverio) Dite. Saverio D. Alfonso sta ancora ccà? Felice Sissignore, e ha ditto che nun se ne va manco cu ’e cannonate! Pecchè?...’O volite? Saverio E mme pare! Cominciamo da lui l’inchiesta. Marietta Bravo papà!... Felice E mo v’’o manno. Jammo Mariè...(viano 2a a sin.) Saverio (a Sofia) A te, vieni qua...ragionammo nu poco. Giustamente, riflettendo bene, è impossibile che nu giovene potesse tenè duie padre. È vero? Sofia Ma certo, nun po’ essere. Saverio E sta bene. M’hê ditto che Torillo è stato il tuo seduttore, e l’hai riconosciuto. Sofia Riconosciuto no, pecchè nuje steveme ’o scuro, ’a faccia io nun ’a putette vedè, aggio capito ch’era isso ’a chello che m’ha contato d’’o fatto ’e chella notte! Saverio Benissimo! E D.Alfonso?...Comm’è asciuto po’ chist’ato mmiezo? Sofia E chi ’o ssape?...Io però, comme tu saie, jette a parlà c’’o cavaliere Morzetta, che tene chell’agenzia d’informazioni,



Saverio Sofia Saverio Sofia Saverio Sofia Saverio

TEATRO (1910-1920)

promettennole na forte somma se riusciva a trovare il mio seduttore, poco primma m’ha portato a stu D.Alfonso, ma che ne sapimmo si è veramente chillo?...Po essere pure che, per carpirmi danaro, m’ha portato a uno qualunque. Nun te pare? E già, potrebbe darsi. Perciò, io ll’aggio fatto chiammà, e mo che vene, mentre io interrogherò il cavalier Morzetta, tu parlerai cu stu D.Alfonso e cercherai di scoprire. Io?...Ce parl’io?... Si capisce. L’addimmanno io si è stato isso che chella notte...Oh! No, Savè, nun sta bene a me... Ah! Zitto...eccolo qua, mo te lasso sola cu isso, ti riuscirà più facile interrogarlo. (p.a.) Ma io me metto scuorno... E nun t’hê ’a mettere scuorno. È necessario farlo. Si tratta di una cosa delicatissima, si tratta di onore e la necessità non ha legge. (via 1a a sinistra) Scena seconda Alfonso e detta, poi Torillo

Alfonso Sofia Alfonso Sofia Alfonso Sofia

Alfonso Sofia Alfonso

(dalla 2a a sin.) Oh!...Da Sofia...(inchinandosi) (inchinandosi) Signore... Addò sta D.Saverio? Dice che m’adda parlà. Sì,...mo viene...accomodatevi. (Alfonso siede al divano) Potete parlare con me, è lo stesso. Come volete. (guardandolo attentamente) (A me, ’a verità, me faciarria chiù piacere si è stato chisto, almeno tene na bella salute, na bella presenza, se vede ’o galantuomo...) (sedendosi vicino ad Alfonso) Ecco qua, D. Alfò...Vuie poco primme, avite ditto...che vuie site ’o pate ’e Feliciello, è vero? Sicuro, io proprio! Ma...scusate...vularria sapè...comme avite fatto a immaginarvi... No, che immaginare?...Io non me so immaginato niente...È la verità, la pura verità. Nu certo Teodoro Morzetta, ch’aveva avuto l’incarico di fare delle indagini, doppo tanta difficoltà è riuscito finalmente a sapè ’o nomme mio, mi

’O TUONO ’E MARZO

Sofia Alfonso Sofia Alfonso Sofia Alfonso Sofia Alfonso Sofia Alfonso Sofia Alfonso

Sofia

Torillo Sofia



è venuto a trovà a Frattamaggiore, m’ha fatto delle domande, io ll’aggio risposto...e non c’era più dubbio, era io che isso ieva trovanno. Già...ma...dico io...che prove ll’avite dato pe farlo essere sicuro? E che prove lle poteva dà, scuse...lle contaie tutt’’o fatto. (con interesse) Ah?...E che fatto? Dite, dite... (pausa, guardandola con malizia e sorridendo) Perchè? Tu non te lo ricordi?... Sì,...ma...sapete...tanta vote uno se po ingannà...si può confondere...capite?... Raccontate, raccontateme ’o fatto. (dal balcone, lampo) Ho capito,...ti vuoi assicurare bene...e sia, eccomi qua. (di dº tuono forte) (balzando) Mamma mia!! (abbracciando spaventata Alfonso) Sofì?...Ched’è?... (passandosi una mano sulla fronte) Niente...Me fa impressione...(con affanno) È mez’ora che mme stanno torturanno sti tronole! (ha un forte brivido) Sufì?!... È niente...Sò i nervi...m’’o fa sempe!...(alquanto calmata) Dunque?... Dunque, 25 anne fa, io era commesso viaggiatore e mme trovavo a Roma per affari, tenevo na cammera all’albergo Cavor. (Sofia segue il racconto con grande attenzione ed interesse) Na notte, che nn m’’aggio potuto chiù scordà, 17 marzo 1886, mentre me steva addormenno, se scatena nu temporale terribile!...Acqua, lampe, tuone, fulmini. Tutto nzieme, ’o scuro, s’arape ’a porta d’’a cammera mia, trase uno, e cade ncopp’’o lietto mio!...Nun sapeva io stesso che mm’era succieso,...me spaventaie...Ma po, tuccaie...capii ch’era na femmena e... (subito) Psss!...Basta!...Basta!...Ho capito!...(s’alza) (Ma comme è possibile?...’O stesso fatto m’ha contato pure Torillo...E comme po essere che mm’è capitato ’o stesso cu tutt’’e dduje?...) (dalla 2a a sin.) (Ah! Ah! Tutte ’e dduje sule! E ccà mo nce vo coraggio mo!...) D.Alfò,...D.Alfò....(agitata) Cercate ’e ve ricordà buono, pe carità, vedete in che stato sono...



Alfonso Sofia Alfonso Sofia Alfonso Sofia Alfonso Sofia Alfonso Torillo Alfonso Torillo Sofia Alfonso Sofia Alfonso Sofia Alfonso Torillo Alfonso Torillo Sofia Torillo Alfonso Sofia Torillo Sofia

TEATRO (1910-1920)

E che mm’aggia ricordà buono, è chisto ’o fatto? Sicuro. L’albergo, ’a jurnata, ’o mese, ll’anno, so chille? Sicuro. E dunque? È chiaro che io songo ’o padre ’e Feliciello, dal momento che nisciuno ato te po contà ’o fatto dettagliatamente comme a mme!... E chisto è ’o mbruoglio!...Pecchè ’o stesso fatto, preciso, me l’ha contato pure chill’ato!... Chi?...Chillo mbroglione che poco primma ha ditto ch’era isso ’o pate? Proprio. Come? E t’ha potuto dicere, con precisione, tutto quello ch’è successo la notte del 17 marzo 1886?... (avanzando con sussiego) Perfettamente! Come?...Possibile? Venticinque anni fa, a Roma, all’albergo Cavour...mentre chiuveva... Stateve zitto! Nun ’o voglio sentere chiù stu fatto! Ma comme, t’ha contato ’o fatto preciso con tutti i dettagli pur’isso?... Sissignore. Oh! Chesta è bella mo! È orribile invece. Comme ha potuto succedere chesto?... (ad Alfonso) Ricordateve buono...avisseve invitato gente dint’’a cammera vosta? Ma che!...Nuie steveme sule...solissimi...io e te! E io no?... Oh!...Vi permettete di supporre...(si avvicina) Mi permetto, sì!...Ve lo permettete voi, me lo permetto pur’io!...(s’avvicina. Dal balcone lampo) (mettendosi in mezzo) Nun alluccate, pe carità...(di dº forte tuono) Mamma bella!...(s’abbraccia Torillo ed ha il solito brivido) (Che l’afferra a chesta?) Sofì?... Che brutta cosa!... Ma che d’è...te miette paura d’’e tronele?... No!...(dando qualche piccola scossa) M’attacco ’e nierve... Mme fa sentì accossì curiosa...me fricceca dint’’e rine...

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Torillo Alfonso Torillo

Alfonso Torillo Alfonso Torillo Alfonso Torillo

Alfonso Torillo Alfonso Torillo Alfonso Torillo Alfonso Torillo



comme tenesse nu serpentiello...(tuono) Me fa tremmà comm’’a na tenga...capirete, è pure stu fatto che m’ha sconcertata tutta quanta...(tremando tutta) Vide ccà sti mmane che mme stanno facenno...vide, vì...Io mo vengo... me vaco a bevere nu bicchierino ’e cognac...(dal balcone lampo) Permettete?...(di dentro tuono fortissimo) Uh!!! (tremando tutta, ad ogni tuono che sentirà, e dando continue scosse col corpo, entra 1a a sin.) Se n’è trasuta ’a gatta ammaestrata!...(contraffacendola) (E chella mo lle vene na cosa!...) (guardando poi Torillo) (piano, fra sé) (Seh, guarda tu, hê ’a vedè chi se move ’a ccà!) (ambedue si guardano con diffidenza e quando si sorprendono a guardarsi, prendono un’aria indifferente. Torillo finalmente si decide a parlare) C’è capitata na cosa proprio curiosa, è vero? Curiosa?...Ah!...Me la chiamate curiosa voi? Sarà,...ma na risoluzione ccà s’addà piglià!... Ah! Se capisce, e subito, certo, tutt’’e dduje, ccà, nun putimmo rimmanè. È evidente. (guardandolo minaccioso) Perciò...senza che ce pigliammo collera, senza che ce guardammo comme a cane e gatte,...vedimmo si ce potimmo acconcià, si ce potimmo mettere d’accordo... (meravigliato) Che volite acconcià? Come s’intende st’accordo?... Nu momento, piano piano, nun pigliammo equivoci... Io dico, vedimmo d’assodà e chiarì sta cosa, bello, calme calme, senza alterarci. Diteme nu poco,...io aggio capito ’o fatto...l’affare ve l’ha proposto ’o cavaliere Morzetta, è vero? Qua’ affare? Jammo, meh, che io aggio capito tutte cosa...è stato isso?... Ma che affare? Di dire che siete voi il padre di Feliciello. Ah! Sicuro. ’O bbì?...(Comme dicette a me pe D.a Giulietta!) È stat’isso? Sicuro, isso mi è venuto a avvisà. N’era certo. E...quanto v’ha cercato pe sta cosa? Quanto lle date? (ridendo)



Alfonso Torillo

Alfonso Torillo

Alfonso Torillo Alfonso Torillo Alfonso Torillo

TEATRO (1910-1920)

Mille lire! ’A sotto!...(Nc’ ’a data ’a carocchia a chisto...sà. Allora ce jette meglio io...50 lire!...A mme me facette marchese, va trova a chisto che ll’ha fatto! (ridendo) ). Scommetto che pure voi o siete marchese o barone o conte, è ovè? No, no, non sono titolato...Sono però il più ricco commerciante di Frattamaggiore. Ah, Mbè!...(ridendo fra sé) (A isso l’ha fatto commerciante, a isso!...) E allora, caro mio, tutto è chiarito. È inutile dire ancora che site vuie ’o vero padre ’e Feliciello, pecchè io mo dico tutte cose e vedimmo chi resta ccà, si io o vuie!... Io, certo, nun mme ne vaco. Primma ’e tutto è quistione d’amor proprio, e po pecchè ce sta ’a mamma che mme piace e mm’’a voglio sposà!...(dal balcone lampi. Rombo di tuono.) (grande sorpresa) Eh?!...Spusà?...Voi?... (sorridendo) Non credo che avete l’istessa intenzione? Certamente che ho questa intenzione. È il mio dovere di uomo onesto! Debbo riparare al mal fatto. Voi non riparerete niente, pecchè io ’a ccà, nun me ne vaco, e chello ch’aggio ditto, chello faccio. E lo vedremo! (gridando) E lo vedremo! (gridando) Scena terza Teodoro e detti

Teodoro (dalla 2a a sin.) D. Alfò...io me ne vado...vogliamo regolare quell’affare... Alfonso Nu momento, cavaliè, mo se tratta ’e regolà n’ato affare!...È vero o non è vero che sono io il padre di Feliciello?... Teodoro Verissimo! Torillo E io po che songo?...’A mamma?... Teodoro Ma tu che c’entri, vorrei sapere...(piano) Tu che faje ccà?... Tu aviva sta cu D.a Giulietta? Torillo E...mme so licenziato,...nun era cosa chiù. (poi forte) Mo aggia penzà a Feliciello, a mio figlio, capite?... Teodoro (ironico) Ma comme, D.Felice, è figlio a te?... Torillo Sicuro, pecchè, ’o potite mettere in dubbio?... Mme potite provà che nun è overo?...

’O TUONO ’E MARZO

Ma statte zitto...il vero padre è D.Alfonso. No, so io, pecchè a Feliciello me l’aggio pure leggittimato. Che?! Possibile? Sissignore! (Aggio perzo mille lire!...) Ah!...Bravo...l’hai già leggittimato? Sicuro!...(Dicimmo accussì, si no nun mm’’e llevo a tuorno!...) Alfonso (a Teodoro) E ma ccà che pasticcio mo succede? Io songo ’o pate e isso s’’ha leggittimato? Teodoro (piano) (Stateve zitto, mo veco io, lassate fa a me!) E... quanno è stato chesto?...’A quanto tiempo te l’hê leggittimato? Torillo Uh! ’A ll’anno passato. Teodoro ’A ll’anno passato? Alfonso Torillo (riprendendosi) ’A... settimana passata!...Sono andato a Roma... Teodoro A Roma?... Torillo (riprendendosi) A Napoli, a d’’o Questore... Teodoro ’O Questore? Torillo (c.s.) Cioè...’O Cardinale... Teodoro ’O Cardinale?... Torillo (c.s.) ’O Prefetto... Teodoro ’O Prefetto mo?... Torillo A d’’o Pretore, a d’’o Sinneco, addò cancaro se va? Teodoro Ho capito...ho capito...(D. Alfò, chesta è na mbroglia, mo subeto ce n’ assicurammo. Venite cu mmico.) Bravo. Sicchè, sei perfettamente in regola, hai riconosciuto D.Felice legalmente? Torillo Sicuro. Teodoro ’A settimana passata? Mercoledì? Torillo Già... mercoledì. Teodoro E allora, caro D. Alfonso, non c’è che fare, il padre è lui, è chiaro...abbiamo preso uno sbaglio! (facendogli dei segni) Scusa, sa... Torillo Oh! Ma ti pare, bello mio, chiunque può sbagliare!... Teodoro D. Alfò, voi scendete? Io mme ne vaco, tengo n’appuntamento. (c.s.) Alfonso Vi accompagno. ⏟

Teodoro Torillo Alfonso Teodoro Torillo Teodoro Torillo

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

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Teodoro Statte buono, Torì. Torillo Caro amico! (esce per un momento fuori al balcone) Scena quarta Felice e detti, poi Mimì e Giulietta Felice (dalla 2a a sin.) Che d’è, ve ne jate? Teodoro Sì...ho un appuntamento... Felice E s’è sbrugliata, finalmente, sta matassa?...S’è appurato ’o vero pate chi è? Teodoro Lui...Salvatore Scarola!...(poi piano) (Ma nun ve n’incarricate, nun è certo ancora però, debbo prima scoprire un’altra cosa. Io mo torno!). D. Alfò, venite. Alfonso (a Felice, forte, per far sentire a Torillo) Con permesso, signore...(viano, facendo dei segni a Felice, a 2a a sin.) Felice E chi ’e capisce?... Torillo (viene avanti) Se ne so ghiute? Meno male! ’O cavaliere voleva fa scemo a mme, e ll’aveva trovato! ’E mille lire lle so annuzzate nganne!...Oh! Felì, figlio mio, ma ccà quanno se magna? Io tengo appetito. Che cancaro sta facenno Ciccillo? (chiamando) Ciccillo? Ciccillo?... (via 2a a sin.) Felice (solo. Pausa) Due padri!...E senza putè sapè ancora chi è ’o vero!...Chesto nun è succieso a nisciuno,...sulo a me...! Quanto mme faciarria piacere però si fosse D. Alfonso papà mio! Giulietta (di dº) Dove sta Felice? Dove sta mio fratello? Felice Chi è?... (guarda 2a a sin.) Ah!...Giulietta, ...m’ero scordato ’e chesta. Giulietta (fuori) Ah! Stai qua?...(Mimì la segue) Fratello mio, ma io come debbo fare con questo seccante?... Io me so andato a prendere ’a valigia all’albergo, perchè mi debbo stabilire qua con te, e ho trovato a quello abbasso ’o palazzo che quanno so scesa s’è messo appresso e non mi vuole lasciare tranquilla. Ma che dobbiamo fare con te, per sapere? (nella camera piano piano la luce diminuisce) Mimì (che seguiva Giulietta con un parapioggia in mano) Ma io nun voleva fa niente ’e male. Ho visto che cominciava a piovere, te voleva accompagnà c’’o mbrello, e avere la risposta della proposta che t’ho fatta stamattina! (con sussiego) Siccome debbo partire subito...

’O TUONO ’E MARZO



Giulietta E parti in santa pace e statti buono!...Io non ti posso dare più udienza...io adesso dipendo da mio fratello, eccolo llà. Tu non mi vuoi sposare? Ma chi ti forza? Chi ti dice sposami. Io non ci tengo. Se mi vuoi mettere una casetta come dico io, e mi puoi dare una trentina di lire al giorno, io non ci trovo difficoltà, ma...ci deve dare sempre il permesso mio fratello. Io non c’entro più. Parla con lui, vedatello con lui, vedatello con lui!... Felice Aspè...Vedatello con lui!...Qua’ casetta? Qua’ trentina di lire al giorno, ma che si pazza?... (lampo e tuono) Giulietta Non vuoi? Non ti fa piacere? E sta bene. Qua nessuno ti dice di dire sì per forza. Che m’importa di lui. Se ne va per dove è venuto, con una mano avanti e un’altra indietro. Io pare come se avessi bisogno di farlo. Io sto con te, con mio fratello, tengo tutta la casa, la servitù a mia disposizione, mi dai metà del tuo patrimonio, come hai detto, e non ho bisogno di nessuno. Hê visto. Felice Nu momento, nun correre,...che dice? Qua’ metà del mio patrimonio?... Giulietta Comme?... Dì ’ verità, nun me vulisse dà niente chiù? Tu mme ll’hê promesso Felice Ah! Si mme si sora veramente, quello che ho promesso, mantengo. Ma si nun mme si sora... Giulietta Ah!...Scusa, pecchè nun pozzo essere?... Felice E...nun so certo che papà mio...è veramente papà mio e che è pure papà tuio. Mimì E che pasticcio è chisto? Giulietta Ah! Sicchè la cosa è incerta?... Nun è sicuro che io aggio sti denare? Felice E no, bella mia... Giulietta Ah! Neh?... Felice Aspetta nu poco...mettiamo prima le cose a posto... Giulietta E sì, e io perdo tiempo appriesso a buie. Felice E non c’è che fare, mia cara. Giulietta E allora, caro Mimì, accetto la tua proposta. Mimì (contentissimo) Veramente? Accetti la relazione? Giulietta Con tutto il cuore! (stretta di mano) Mimì Ah! Giulietta mia!...(bacia la mano) Giulietta Ma che Giulietta. Adesso chiamami Ninetta Krì-Krì, la tua amante.



Mimì Felice Giulietta Felice Giulietta Mimì Felice Giulietta Felice Giulietta Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice Giulietta Mimì Giulietta Mimì Giulietta Felice Mimì

TEATRO (1910-1920)

Uh! Sciasciona mia, sciasciò! Pappona mia, pappò!...(ballando poi l’abbraccia e bacia la mano più volte) Mimì?...Mimì?...Guè, chillo s’è menato ’e capa!...(con rimprovero) Io ti lo proibisco, assolutamente, ti proibisco... Proibite? Sicuro! Che cosa?...Ch’avita proibì chiù mo?... Che volite proibì? Na volta che non è vostra sorella... E se la fosse? Se la fosse?... Uh! Mo m’avite seccata mo. Jammoncenne Mimì, viene. (prendendola subito pel braccio) No! Tu ’a ccà nun ghiesce. (la fa passare a sin.) (toccandosi il braccio) Ah!...M’ha struppiata... T’ha fatto male?... D. Felì, non vi permettete di maltrattare questa ragazza, se no me scordo della nostra amicizia... E che faie? Che faie? Ve piglio a schiaffi. Tu piglie a schiaffe a me? Io sì, io sì. A tuo cugino?... Ch’aggia fa? Cugino?... E sicuro! Se zieto, D.Alfonso Trocoli, è padre a me, io e te simme cugine, è chiaro. Ma che state dicenno? Zi Alfonso è padre a vuie?... Neh, jatevenne... No, no, pare che accossì è, sa!...Poco primma è venuto e l’ha ditto isso stesso! Isso stesso?...Zio Alfonso?...È stato ccà? Sì, sì, e nce steva pure D.a Giulietta nnanze quanno l’ha ditto. Sicuro. Uh! Mamma mia!...Ma vuie nun state pazzianno? No, no, sul serio; poco primme è stato ccà e ha ditto che D. Felice l’è figlio. (grande meraviglia) Figlio?!... Possibile? E ma chisto è nu guaio ch’aggio passato, pecchè si zio Alfonso tene nu figlio, addio eredità, addio tutto, a me nun me spetta niente chiù. Come s’intende? Nun te spetta niente chiù? E già, spetta tutto a me. Nfringhete!...Overo?...Quello zio Alfonso è ricchissimo, nun tene che a me, unico nipote, io nun saccio fa niente,

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

nun aggio voluto fa mai niente, appunto pensando che quando moriva restava io padrone di tutte le sue ricchezze e non avevo bisogno di nessuno, io chesto sto aspettanno, che more ambressa, mo tinco tinco se n’esce nu figlio mmiezo...se piglia tutte cosa isso?.... Felice E che buò ’a me? Pigliatella cu D.Alfonso che m’ha fatto... parle cu isso. Mimì Ma stammatina mm’avite ditto ch’aviveve trovato a papà vuosto: ’e chi parlaveve? Felice Ah!...E chillo è n’ato padre. Mimì E ched’è, tenite duje padre?... Felice Già...cioè...no, pe mo ne tengo dduie...è nu mbruoglio, nu pasticcio...’o primmo, ha ditto che m’è pate, ’o secondo, zio Alfonso, protesta e dice ch’è isso papà mio, avimma vedè chi è ’o vero. Ma pare che fosse proprio D.Alfonso. Mimì D.Felì, nun ’o ddicite, pe carità...E nuie comme facimmo senza nu soldo? Comme campammo? (a Giulietta) Giulietta Ah! No, caro mio, mo nun po essere chiù, la cosa è cambiata, se l’eredità se ne va in fumo, la tua proposta non la posso accettare. Mimì Pure?...Aggia perdere zio, eredità, nnammurata, tutte cosa?...Ma addò sta zio Alfonso? Sta ancora ccà? Felice No, è sciso. Mimì E addò è ghiuto? Felice E chi ’o ssape? Mimì (colpito da un’idea) (Quale sospetto!...) (poi deciso) E mo ’o vaco trovanno io!...Io aggio capito tutte cose, D.Felì!... Io nun ne credo niente! Voi, sapendo che zio Alfonso è ricco, avete immaginata sta mbroglia pe v’afferrà vuie l’eredità!...Ma vi siete sbagliato!... Ve crediveve che io scemo scemo me l’ammoccava! Bello amico che siete! Bel galantuomo!... Mo ’o porto ccà a zi zio, e voglio vedè si tenite ’o curaggio ’e nc’’o ddicere nfaccia. Mo, mo, mo! (via 2a a sin.) Felice Tu sì nu guaglione imbecille, hê capito?... Io me ne rido altamente ’e zieto e d’’e denare che tene! (via appresso) Giulietta E io so rimasta proprio combinata bella mo!...D.Felice nun me dà niente pecchè nun è certo ancora e Mimì che perde l’eredità!...(passa a dª)



TEATRO (1910-1920)

Scena quinta Saverio e detta, poi Felice Saverio (vedendo Giulietta) Oh!...Voi state qua? Giulietta (D.Saverio!) Sì, so tornata poco primma... (avvicinandosi) Perchè?...Volete qualche cosa?... Avete bisogno di me?... (civettuola) Saverio (scostandosi un poco) No...grazie... Giulietta (avvicinandosi sempre) E pecchè ve scostate?...Ve mettite paura ’e me? Saverio No...e che paura... Giulietta Dint’’o treno nun faciveve accussì...(guarda intorno poi, passandogli il braccio leggermente sul collo) Mm’avite dato chillo bacio...ve ricordate?... Saverio (infiammandosi) E comme, nun me ricordo...Ma ’o tuio è stato chiù azzeccuso...(sta per baciarla, ma subito ritorna in sé) Signurì, nun è cosa!...Nun po’ essere chiù mo. Siete la sorella di Felice... Giulietta (avvicinandosi) E pe chesto nun ve piace chiù forse? Saverio No...ma...non è bello...Nun sta bene...la sorella del genero... Giulietta Qua’ sorella?...Vuie vulite sapè ’a verità? (guarda intorno) Io, nun lle so sora a D. Felice. Saverio Come?...Ah!...Pecchè forse non site figlie ’a stessa mamma?... E che vuol dire?...’O padre è ’o stesso però. Giulietta Ma che! D. Salvatore Scarola nun m’è niente...Nun è overo che m’è pate. Saverio No?... Giulietta Addò?... Chella fuie na finzione che facetteme pe mme spusà a nu giovene. Siccome ’o zio nun le voleva dà na figliola senza nisciuno, penzaieme ’e lle presentà a Torillo comme a padre mio. Combinaieme che ll’avarria dato sessanta lire ’o mese e tutte trattamento. E sta pazziella m’è costata duecento lire, capite? Saverio Possibile?...(allegro) Era na finzione?... Giulietta Parola d’onore! (strette di mano) Site contento? Mo mme potite abbraccià senza scrupoli. Saverio Ah! Certo! Na vota che Torillo nun t’è padre, che Felice nun t’è frate, vieni tra queste braccia, sciascioncella mia!... (si abbracciano) Ma allora, aspetta, Torillo non fosse pa-

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

dre manco a Felice? Fosse pure na mbroglia? Sarria na fortuna! Giulietta Questo non lo so poi. Ma mo che v’aggio ditto ’a verità, voglio sperare che non mi priverete della vostra benevolenza,... della vostra protezione!...(lo carezza) Saverio (infiammandosi di nuovo) Vì che dice!...Ma io sono innamorato pazzo di te. Io sono pronto a fare qualunque cosa per te!...Uh! Che bocca!... Uh! Che occhi!...Cercami la vita e io te la do!... Giulietta (con tono ingenuo) No...io non voglio poi tanto...Voglio che mme mettite na bella casarella tanto bella mobigliata, e io sto llà, bella, coieta coieta, e quanno mme venite a fa visita, io ve faccio trovà ’a tavolella misa, tutte cosa pronto, ’o ccafè fatto...mangiammo nzieme, insomma stamme coiete coiete tutt’’e dduje, in santa pace. Saverio Ma sì, ma sì, faccio tutto, tutto quello che vuoi. Zuccariello mio! Pupatella mia! (si abbracciano) Felice (uscendo) Vedete che pezzo di cretino!...Si ’o guardaporta nun me teneva, l’avarria dato cierti cauce a chillo...(si volta, vede i due abbracciati e dà un balzo) N’ata vota mo? Giulietta (separandosi subito) Uh!... Felice No, no, fate, fate... Pecchè mo pare che sta signorina nun m’è niente chiù, ’o ssapite? Saverio Pare?...Pare?...È così! Chesta nun v’è niente, nun v’è stata mai sora!...Ne sono certissimo adesso! Felice Come? Certissimo? (di dº lampo e tuono) Saverio Tanto certo, che mo m’abbraccio n’ata vota nnanze a buie! (l’abbraccia) Felice Ma...scusate...fateme capì... Saverio Jammo dinto e ve conto tutte cose...avess’’a venì Turillo a tiempo, capite...e io sto sulle tracce di scoprire un altro fatto, na cosa bona pe buie. Felice E che cosa? Che cosa?...(con ansia) Scena sesta Sofia e detti, poi Torillo Sofia Saverio

(è pallida. A Saverio) Ah! Tu stive ccà?...E aveva voglia ’e chiammà io. Ch’è stato? Ched’è?



Sofia Saverio

Sofia

Torillo

TEATRO (1910-1920)

E nun ’o saie ched’è?....M’è venuto nu giramento ’e capa, dinto, che steva jenno longa longa nterra, me tremmano ancora ’e ggamme. E chelle so ’e ssolite mosse che te venene. Assettate, chello mo te passa. Venite, D.Felì, venite, trase Giuliè. (viano 1a a sin. La luce nella camera è andata sempre a diminuire e alla scena che segue raggiungerà una mezza oscurità. Dal balcone i lampi si vedranno ora più lunghi e frequenti, ma senza tuoni). (siede al divano, nel mezzo, rannicchiandosi su sé stessa. È pallida. Trema tutta. Ad ogni lampo dà una scossa) Mamma mia!... Eh! Cielo, falla passà ambressa sta serata!...Ll’emozione so troppe che sto avenno stasera...Stu fatto ’e sti duie padre m’ha scombussolata tutta quanta!...(pensierosa) Quanto sarria contenta, però, si fosse D.Alfonso. Si vede il galantuomo, la persona per bene...Ah!...(sbadiglia) Il signore insomma. È vero che l’uomo di quella notte non si comportò affatto da signore,...anze,...io trovaie nu facchino d’’a dogana llà ddinto...(poi infiammandosi di piacere) Me sentette stregnere accossì forte, accossì forte che...(con affanno) Uh! Io comme mme sento brutta stasera...(asciugandosi il sudore con un fazzoletto) Me sento n’oppressione...n’agitazione...E se capisce. ’A stammatina stanno parlanno ’e chella canchera ’e notte... ogne momento me ricordano chillo fatto!....Stu male tiempo chiù me mantene nervosa...Me potesse fa nu quarto d’ora ’e suonno?...Pecchè di solito durmenno me calmo. (si stende sul divano, con la testa verso destra) ’O suonno è agitato, smaniuso, sì, ma quanno po mme sceto...Ah!...(sbadiglia) Mme sento meglio, molto meglio!...(lunga pausa. I lampi continuano e segue un tuono fortissimo che fa balzare Sofia nel sonno. Pausa. Altro lampo ed altro tuono fortissimo e Sofia, comicamente, dà un nuovo balzo. Poi parlando in sonno) No...chi è?...Chi è?... No...lasciatemi stare...(i lampi continuano, senza tuoni) (dalla 2a a sin. un po’ brillo, la pipa in bocca spenta) Vì che tiempo, teh!...Mo sa che temporale vene. E ched’è, ccà pecchè sta ’o scuro?... (è presso il balcone. Lampo) Santa Barbara! (chiude il balcone, poi barcollando) Mm’avota nu poco ’a capa...M’aggio fatta na panza che mo schiatto!...M’aggio bevuto ’a miezo fiasco ’e vino. (ridendo) Embè, ccà nun se vedeva ’a via ’e magnà...(cava di tasca una scatola di cerini e ne prende uno)

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Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo

Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo Sofia Torillo



(c.s.) No!...No!...Signore,...aiutatemi...mi sento morire... ’A voce ’e D.a Sofia!...(accende il cerino, la scena si illumina appena appena) Sissignore,...è essa; e che fa ccà ncoppa?... (di dº lampo e tuono fortissimo) (c.s. dando un balzo) Mamma mia!...Aiutateme!... Uh! E chesta è svenuta...(s’avvicina e le prende la mano) Sta fredda manco ’a neva. (butta il cerino, l’oscurità ritorna) (c.s.) No, per carità...lasciatemi...è il temporale...non profittate della mia debolezza... (chiamandola dolcemente) Sofia? (c.s.) Ah!!...(lamento c.s.) Chi site?...Chi nce sta dint’’o lietto? (di dº lampo e tuono leggiero) Aggio capito...chesta se sta sunnanno ’o fatto ’e Roma, all’albergo Cavour...Sissignore...Sangue de la brascioletta! Si putesse metterre in pratica ’o suonno e farme spusà ’a chesta...avarria fatto ’o colpo!...(inginocchiandosi presso di lei e chiamandola teneramente) Sofia?...O Sofia!...O Sofia!... (’O zuffritto! ’O zuffritto!) (prendendole il naso, invece della mano e lo scuote) Sofia?...Uh! Aspè, chisto è ’o naso...Mme credeva ch’era ’a mana...(cerca la mano) Ccà nun se vede. (le prende la mano e gliela bacia) Sofia?...Sofia?... Chi è?... (dolcissimo) Sono io, cara Sofia...(leggermente la fa alzare e siede accanto a lei) Io, che ti voglio tanto bene...(bacia più volte la mano) Vieni nelle mie braccia... (ancora stordita, svegliandosi adagio adagio, aprendo un po’ gli occhi) Oh!...Che mi sento!...(abbandona il capo sulla spalla di Torillo) Come mi fanno bene le tue parole... (stringendosi sempre più a lei) Veramente? (tenera) Sì!... (Vì che butamiento ’e stommaco!) (lungo lampo e tuono formidabile. Comincia a piovere) (dà un balzo e un forte grido) Ah!... (All’arma ’e soreta! Che zumpo m’ha fatto fa!) (svegliandosi) Ch’è stato?...Addò sto?...È ’o maletiempo o è nu suonno...Chi è che me bacia ’a mano?...Chi è che m’abbraccia... (sempre più agitata) Io, Torillo tuio!...(s’alzano sempre abbracciati) Ma sto dormenno o sto scetata?...(nuovi lampi senza tuoni) Jammoncenne, viene cu mme, io te voglio bene,...io mme te voglio spusà...(fa per trascinarla verso sin. 2a quinta)



Sofia Torillo Sofia Torillo

TEATRO (1910-1920)

(con affanno) Oh! Dio!...Dove mi porti?... Dint’’a cammerra mia!...T’aggia dicere tanta cusarelle... sciasciona mia!...(di dº lampi, tuoni e fortissima scarica d’acqua) (saltando pei tuoni e cercando di svincolarsi) No!...Lasceme!... Oh! Dio!...Che me sento!...Uh!...Uh! Mamma mia!... Vieni...vieni...(tutti e due, abbracciati, viano 2a a sin. Sofia sempre saltando per i colpi dei tuoni e Torillo saltando a sua volta con lei, trascinandola. Durante la scena che segue, il temporale continua per un poco e poi piano piano si calma, il cielo si rischiara e a camera s’illumina a mezza luce.) Scena settima Felice, Saverio e Giulietta, poi Sofia e Torillo

(furibondo) Addò sta? (Saverio e Giulietta lo seguono) Addò sta chillo mbruglione ’e Torillo? Voi siete pronta a nc’’o ddicere nfaccia che non v’è pate e che è stata na finzione? Giulietta Sicuro!...E che mme ne mporta chiù mo. Felice Benissimo. (accende il lume elettrico sulla consola e la scena s’illumina tutta luce) Giulietta Però, vedite, isso nun nce ave colpa, fuie D.Teodoro che lle proponette l’affare e isso accettaie. Felice Chesto nun me preme; sempe na mbroglia ha fatto, e c’è tutta la probabilità che ha mbrugliato po a me, dicenno che mm’era padre. Saverio E chisto aggio ditto pur’io. Ma non è che una ipotesi... Felice Va bene, ma in mancanza di prove... Saverio Eh!...Ce n’avarrieme accertà buono, capite... Sofia (di dº gridando) Scostumato! Lazzaro! Ineducato!...Teh!... (rumore di due sonori schiaffi) Saverio Ched’è, neh?... Felice Ch’è stato? Giulietta All’arma d’’e schiaffe! (ridendo) Sofia (dalla 1a a sin., agitatissima. La segue Torillo reggendosi la guancia sinistra) Dove sta mio fratello? (a Saverio) Ma addò cancaro te vaie annasconnenno che nun te trovo mai? Saverio Perchè? Sofia Aggio dato duie schiaffe a stu grandissimo puorco! Nientemeno ha avuto l’ardire... (guardando Felice e Giulietta s’arresta) Felice

’O TUONO ’E MARZO

Saverio Sofia



Mbè? (piano) Po parlammo...po t’’o ddico. Scena ottava Alfonso, Teodoro e detti

(dalla 2a a sin., agitato, togliendosi il cappello. Teodoro lo segue con una carta in mano) Dove sta?...Oh! Signori, scusate...(vedendo Torillo) Ah!...Staie lloco?...Vulive fa scemo a mme? Questo pezzo d’imbroglione ha ditto che Feliciello era figlio a isso e che se l’aveva pure legittimato. Torillo Sicuro. Alfonso Non è vero! (prende il foglio dalle mani di Teodoro e lo dà a Sofia) A te, leggi questo fonogramma. (Sofia legge e si mostra contentissima) Abbiamo telefonato a Napoli, al Municipio e questa è la risposta. Saverio E che dice? Che dice? Alfonso Che allo stato civile non esiste questo riconoscimento, perchè mercoledì d’’a settimana passata, comme isso nce ha ditto, nessuno si è presentato per legittimare Felice Sciosciammocca. Felice Possibile? (con gioia) Torillo (Stateve bene!) (avvilito) Alfonso Era na mbroglia che voleva fare questo furfante! Felice Certamente. Saverio Indubitatamente!...(poi con interesse) Sicchè?... Teodoro Sicchè, il padre, il vero padre, siamo noi... Alfonso Songh’io... Teodoro (riprendendosi) È lui!.. Sofia Oh! Che piacere! Alfonso Vieni qua...(marcato) moglie mia!...(a Sofia) Sofia (ha dato il foglio a Saverio che lo legge e minaccia Torillo) Moglie?...Spusamme? Alfonso Si capisce! Dimane me legittimo a Felice e quanto chiù ambressa po’ essere, spusammo. Fatte ccà, fà!...(l’abbraccia strettamente) Sofia Ah!...Sì!...è isso, riconosco l’abbraccio, la forza, l’ardore!... Felice E a mme?...Nun m’abbracciate? Alfonso Figlio mio, cu tutt’’o core. (l’abbraccia) Sofia E tu? (a Torillo) Sì rimasto avvilito, mascalzone!... Pecchè hê fatto chesto? Parla!... Alfonso



Torillo

Felice Torillo Saverio Torillo Giulietta Torillo Saverio Teodoro Torillo Teodoro Alfonso Sofia Felice Teodoro

TEATRO (1910-1920)

(appaurato, vinto) Vedite...Siccome D.Felice mme ne vuleva mannà doppo che io ll’aveva salvata ’a vita, pe corrivo, capite, e pure pe nun rimmanè mmiez’ a na strada, dicette che io era ’o padre. Imbroglione! Vì comme ’o ffacette naturale!... ’O frate vuosto po, mm’addimmannaie tanta cose d’’o fatto ’e Roma, e io, pe ffa cammenà ll’equivoco, dicette che sì appriesso a isso. Ah! Ecco spiegato... Signò, nun mme ne cacciate; penzate che ghiamme mmiez’a na via io e sta povera figlia mia! (mostra Giulietta) Pecchè chesta m’è figlia!...(azione di Felice e Saverio) No, no, te ringrazio, pecchè mo nun mme sierve chiù!... (ridendo e guardando Saverio) Chille sanno tutte cose...’o sanno che fuie na finzione!... Pure chesto hanno saputo?... E bravo!... Na finzione? Già. La signorina, per sue ragioni, aveva bisogno di un padre, io lle proponette a isso. E se pigliaie 50 lire. Gli affari sono affari. Basta, cavaliè, venite domani mattina e vi darò quello che vi ho promesso. E io pure. E pur’io. Eh! Vi spetta. Grazie. Scena ultima Mimì e detti, poi Marietta

Mimì Alfonso Mimì

Alfonso Mimì

(di dº gridando) Non me rompere ’a capa, io aggia parlà cu zio Alfonso. (fuori agitatissimo) Addò sta zio Alfonso? Che cos’è? Che cos’è? Zio Alfò, io mm’aggia piglià na soddisfazione cu chillo signore, ll’aggia fa nu scuorno nnanze a tutte quante. Sapete che va dicenno? Che isso è figlio a buie e che buie stesso, poco primma, l’avite ditto. È overo tutto questo? Sicuro! (azione di grande sorpresa) ’O zì, vuie che state dicenno? Overamente v’è figlio?

’O TUONO ’E MARZO



Alfonso Mimì

Verissimo, e quella è sua madre. Uh! E io comme faccio? Ll’eredità mo nun me spetta chiù quanno vuie murite?... Alfonso Tu hê ’a chiavà ’e faccia nterra mo proprio. Tutti (ridendo) Ah! Ah! Ah!... Alfonso Chillo pecchesto fa tutta st’ammoina. Felice Perdonatelo, chillo è nu scemo, nun sape manco chello che dice. Va bene, aggiusteremo na cosa pure per te. È fatto. Mo t’’e mmeretarrisse na quinnicina ’e chianette? Mimì Vattè, chianette!...Mo overamente...(mostrando il pugno) Sofia Ah! Embè?...Siete cugini adesso. (Mimì sale la scena poi passa vicino a Torillo) Torillo (supplichevole) Signò...e io ch’aggia fa?...(a Felice) Teodoro Va bene, D. Felì, voi siete tanto buono, tenitavillo pe servitore. Giulietta Perdonatelo, pover’omo... Torillo Aizateme ’a mano... Felice E va bene. Non ne parliamo più! Torillo E grazie tante! Saverio (vedendo venire Marietta dalla 1a a sin.) Ah!...Ccà sta pure Marietta. Vieni, Mariè, viene, tutto è chiarito,...’o vero pate s’è saputo chi è: eccolo là. (mostra Alfonso) Alfonso Sì! Figlia mia, quanto sì carella! Viene ccà, damme n’abbraccio pure tu. Marietta Con piacere! (si abbracciano) Oh! Finalmente s’è saputo, è finita quella commedia!... Felice (passa in mezzo) Sì, è finita. E siccome quase tutte ’e commedie fenescene con la pace generale, cu abbracce e bace, abbracciammoce e baciammoce pure nuie, tutte quante e nun ne parlammo chiù! Tutti Bravissimo! (Felice abbraccia Marietta, Alfonso abbraccia Sofia, Saverio abbraccia Giulietta e, mentre Teodoro ride, mostrando Mimì e Torillo che si disputano fra loro, cala la tela) Fine della Commedia

“STATTE ATTIENTO A LUISELLA” commedia in tre atti

La famosa commedia Occupe-toi d’Amélie, leggera e frizzante pochade di Feydeau, venne ridotta in napoletano da Vincenzo Scarpetta con il titolo Statte attiento a Luisella. Ampiamente modificata rispetto all’originale di cui conserva l’idea, è arricchita di nuovi personaggi per renderla più aderente alla realtà napoletana acquistandone in brio e pruderie, caratteristiche che decretarono il suo successo. Scritta presumibilmente nel 1911, sembrerebbe essere stata rappresentata la prima volta al Teatro Quirino di Roma. Le uniche date in nostro possesso sono infatti quelle rilevabili dai timbri di nulla osta della Prefettura di Roma (29/4/1911) e di Napoli (23/5/1912) apposti sulle prime pagine del copione manoscritto. Dai ritagli di giornale, privi di data e di testata del quotidiano, conservati dall’ autore, si apprende che la commedia fu rappresentata al Teatro Quirino di Roma e al Teatro Bellini di Napoli. Ad oggi, l’unico copione manoscritto disponibile, è quello dell’Archivio Privato, nonostante siano presenti nell’ Archivio Eduardo De Filippo ben nove copioni dattiloscritti di cui alcuni anche con l’attribuzione dei ruoli per una messa in scena che poi non fu più attuata1. La trascrizione “diplomatica” che si propone è tratta dal manoscritto presente nell’Archivio Privato: siamo in presenza di un copione di 105 pagine finito di trascrivere a Roma il 23 aprile 1911 come annotato dal copista sconosciuto. Su questo testo l’Autore ha indicato i ruoli e operato le sue correzioni. Riportiamo, nell’ordine del copione, i personaggi con i relativi interpreti.

1

La parte di Luisella era stata affidata a Isa Danieli (inv. n° 1155 e 1156)



TEATRO (1910-1920)

Felice Sciosciammocca

Vincenzo Scarpetta

Don Achille Moscamolla

Gennaro Della Rossa

Filomena

Amalia De Crescenzo

Luisella, sua figlia

Bianchina De Crescenzo

Margherita Dolcini

Rosa Gagliardi

Il Principe Kuratieff

Luigi Langella

Corcatell, suo segretario

Raffaele Cesarano

Carluccio, servo di Achille Antonio Milzi Ciccillo, portiere

Francesco Paolillo

Giacomino, servo di Felice Luigi Esposito Don Ciccio Sarachella

Antonio Schioppa

Don Errico

M. Migliatico

Delegato

Giuseppe Rivoli

Un fattorino

N.N.

Due guardie di P.S.

non parlano

1° Facchino

Arturo Arola

2° Facchino

N.N.

Un usciere

Giuseppe Majuri

Da segnalare sono talune sostituzioni nei ruoli, che ci sembrano successive alla prima stesura, relative ai personaggi di don Achille Moscamolla, Filomena, Luisella, principe Kuratieff, Giacomino e don Errico che furono affidati, nell’ordine, agli attori Cosenza, Perrella, Giordano, Pettinati, Eduardo (De Filippo?), Colamei. Sul testo sono stati operati anche dei cambiamenti nei nomi di alcuni personaggi: Il Principe russo “Kuratieff ” diventa il Principe inglese “Cocaveld”, il segretario del principe da “Corcatel” diventa “Plissmann” e il “Delegato” viene modificato in “Commissario”.

STATTE ATTIENTO A LUISELLA



Abstract Ambientata a Roccaspinosa, nome di fantasia di un piccolo paese dell’hinterland napoletano, narra le vicissitudini di Felice Sciosciammocca, che, per poter entrare in possesso di una eredità, deve dimostrare al suo tutore che ha messo la testa a posto e di essere prossimo alle nozze. Felice, che in realtà non ha nessuna intenzione di cambiare vita e non ha nessun matrimonio in vista, chiede all’amico Achille Moscamolla, avvocato e consigliere comunale, di “prestargli” la fidanzata Luisella per ingannare il tutore e incassare l’eredità. L’amico acconsente ma, in cambio del favore, gli chiede di sorvegliare la vivace Luisella in sua assenza. Nonostante le raccomandazioni di Achille e gli sforzi di Felice, Luisella continua la sua vita di allegra soubrette non disdegnando nemmeno la corte serrata di un principe russo. La situazione precipita quando, dopo una notte di follie, i due giovani si ritirano ubriachi e Luisa viene scoperta nel letto di Felice dal tutore. Don Ciccio pretende, a questo punto, un immediato matrimonio riparatore e mette a conoscenza dell’accaduto Achille tornato anzitempo dal suo viaggio. Achille, credendo di essere stato tradito, decide di vendicarsi officiando realmente le nozze tra i due: Felice riuscirà a far annullare il matrimonio con un’ ulteriore bugia e ad entrare così in possesso della tanto agognata eredità.

Statte attiento a Luisella commedia in tre atti

Personaggi • • • • • • • • • • • • • • • • •

Felice Don Achille Moscamolla Filomena Luisella, sua figlia Margherita Dolcini Il Principe Kuratieff Plissman, suo segretario Carluccio, servo di don Achille Ciccillo, portiere Giacomino, servo di Felice Don Ciccio Sarachella Il Delegato Un fattorino due Guardie di Pubblica Sicurezza 1° Facchino 2° Facchino usciere

Vincenzo Scarpetta Gennaro Della Rossa Amalia De Crescenzo Bianchina De Crescenzo Rosa Gagliardi Luigi Langella Raffaele Cesarano Antonio Milzi Francesco Paolillo Luigi Esposito Antonio Schioppa Giuseppe Rivoli Arturo Arola Giuseppe Majuri

L’azione si svolge a Roccaspinosa Estate

Atto 1° Salottino in casa di Achille. Porta in fondo a due battenti, quattro porte laterali ed una finestra a destra. Mensola in fondo a sinistra. Un divanetto a destra sul davanti con tavolino e sedie intorno, un tavolino tondo a sinistra con campanello sopra e sedie intorno. Tende a tutte le porte. Piccolo lampadario al plafond. Su di una sedia una valigia. Scena prima Carluccio e Ciccillo, poi Felice Carluccio (dal fondo) Trase, Ciccì, scinne sta balicia abbascio ’o palazzo. Agge pacienza. Ciccillo (con berretto da portiere) Gnorsì. (prende la valigia) Carlù, ma che d’è sta partenza ’e D. Achille tutte nzieme? Addò va? Carluccio A Milano, che saccio, pe na causa che tene... Ciccillo E Da Luisella s’ ’a porta cu isso? Carluccio S’ ’a vuleva purtà, a essa e ’a mamma, ma nun nce hanno potuto j’, pecchè ’a guagliona sta scritturata pe tutt’ ’o mese a ’o cafè. E nun t’ ’o pozzo dicere comme sta pe stu fatto. Ciccillo (ridendo) ’A tene gelosa assaje? Carluccio E che ne vuò sapè. Felice (di dentro) È permesso? Si può entrare, neh? Carluccio Chi è? Favorite. Felice (fuori) Oh! Buongiorno, Carlù. Carluccio Oh! Servo, signor dottore. (via pel fondo) Felice Neh, che d’è? Chi parte? Carluccio D. Achille. Che d’è nun ’o ssapite? Felice No, io nun saccio niente. E addò va? Carluccio A Milano, pe na causa ’e nu cliente suio. Felice E se porta pure a Luisella, ’a nnammurata? Carluccio No, no, Da Luisella resta ccà, nun po’ partì. E si sapisseve comme sta pe stu fatto, pecchè nun ’a vulesse lassà sola neanche cinche minute. Se mette paura, capite? Chella, ’a guagliona, ’a capa nun troppo l’aiuta. Figurateve che l’ha ceduto ’a cammera ’e lietto soja p’essa e ’a mamma, e isso ’a notte sta dormendo ncopp’ ’o divano a letto dint’ ’o studio, e ’a tre mise ch’ ’a conosce, ccà dormene, ccà magnano, ccà fanno tutto, insomma so addeventate lloro ’e ppatrone. ’O stanno spurpanno buono e meglio.

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Felice Ma mo addò sta? È asciuto? Carluccio Sissignore. È ghiuto a accompagnà a Da Luisella a ’o cuncierto. Eh! Mo avarria arapì l’uocchie D.Aniello, ’o patre. Felice Dice che ’o lassaje buono? Carluccio Na centinaia ’e migliare ’e lire, stu palazziello, e doje massarie a Giugliano. Felice Ah! Non c’è male! Carluccio Seh! E che so pe D.Achille? Chillo già se n’ha magnato na mità, a Napule, cu canzonettiste, ballarine...e ’o riesto mo s’ ’o sta magnanno cu chest’ata. E io nc’ ’o ddico sempe: Stateve attiento, arapite ll’uocchie! Ma cu chi parlate? Chillo ha perzo ’a capa, chillo ha ditto ca mo, appena fenesce ’a scrittura s’ ’a vò spusà, capite? Felice A Luisella? Na canzonettista? Tu che dice? E ma chisto è asciuto pazzo veramente? Uno comme a isso, avvocato e consigliere comunale se mette chella specie ’e femmena vicino? Carluccio E a mamma! Pecchè dice che ’a mamma ha da sta cu lloro. Felice Pure? Carluccio Già. ’A figlia accossì vò. E chella è mo e cumanna a meglio a meglio, figurammoce quanno po è la suocera di D. Achille. ’A tengo nganno a chella! Va trova qua’ vota ’e chesta lle combino nu brutto servizio. (di dº campanello) ’A porta. Permettete. Felice Ma questo s’è addirittura imbecillito. Chella ’a mamma, fino a l’anno passato è stata ’a coca ’e donna Margherita Dolcini, quella cliente mia. Nn’ ’a mannaje pecchè arrobbave a meglio a meglio ncopp’ ’e nnote! A Napole ’a cunoscene tutt’ ’e cuoche, tutt’ ’e cammariere. Carluccio (ritornando) Dottò, è essa, è ’a mamma, Da Filomena. Io mme ne vaco dinto, spicciatavella vuje! Scena seconda Filomena e detto Filomena (dal fondo con involto ed una scatola in mano, sotto al braccio un ombrellino) Neh, scostumatone, imbicillo! T ’ ’o ppiglie sta rrobba che tengo mmano? (fuori) Addò stà?..Uh! Egregio signor dottore! (mette tutto sulla mensola) Felice Cara Da Filomena.

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Filomena Scusate se ho gridato...ma quella bestia del servitore, mme vede cu tanta rrobba mmano e nun m’ ’o lleva, m’ha aperta ’a porta e se n’è fojuto. Quale onore è questo? Felice Oh! Per carità...So venuto a cercà nu favore a D. Achille, e mme l’ha da fa assolutamente si no passo nu guaio, nu brutto guaio! Filomena E quello adesso viene. È andato a accompagnare mia figlia Luisella alla prova che teneva al caffè. Io non ci ho voluto andare, perchè cu D.Achille poco ce vaco d’accordo, e quanto cchiù lle pozzo stà lontano meglio è, po’ pecchè mme so ghiuta a comprà delle camicie e certe belle mutandine che sono proprio nu bisciò. Tutte nastri, antrerò e valanzelle! Come le tiene mia figlia! Felice Ah! Bravo! Filomena Accomodateve dottò, sediamoci nu poco (si toglie il cappello). Ho fatto la scala una tirata. Felice Ma a che ora parte D. Achille? (siede al divano) Filomena Alle due e 55. Va a Milano, pe na causa che tene ’e nu cliente suio. (siede). E così, come state? Pecchè nun ve site fatto vedè cchiù al caffè? Luisella ha domandato sempre di voi...le siete molto simpatico voi. Felice Grazie. So stato qualche giorno a Napoli, per certe visite, certi malati che sto curanno. Filomena Uh! Voi lavorate pure adesso? Questi sono mesi de villeggiatura, uno si deve riposare. Felice Eh! Lo so, ma quelli sono clienti che non si possono trascurare. Filomena E diteme na cosa, dottò, ci andate più da quella vedova ricchissima dove io stavo come cociniera a Napoli? Felice Da Margherita Dolcini? Sicuro, sempre. E quella è una delle clienti...importantissime! Paga bene. Filomena Eh!...E voi poi, lo sappiamo, … ci avete tenuto sempre una simpatia. Felice Io?...V’ingannate. Filomena Oh! Nun ’o ddicite dottò,...io me n’era accorgiuta. Chella parlava sempe ’e vuje, na jornata che non veniveve faceva comme a na pazza. Felice Ma no...chella era essa che s’ammoinava...e io,...capite, siccome da poco m’era laureato, erano le prime visite che facevo, ch’aveva fa?

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Filomena Ah! Mo va bene. Felice Ma chella va pazza pe me!...Ha perduta ’a capa! Chella tene ’a coppa a 50 anne...che pretende ’a me?...Che bò? Filomena Ah! Se sape. (ridendo) Felice Io mo so venuto ccà, a Roccaspinosa pe fa quatte bagne, e chella è venuta appriesso. Filomena Ah! Sta ccà? Felice Già, all’ albergo, e ogne tanto mm’ ’a veco ncuollo ’a casa mia!...È nu guaio ch’aggio passato. Filomena Basta, dottò, voi l’altra sera non ci stavate, si sapisseve che festa fecene a mia figlia. Era la sua beneficenza. E come cantò! Quella è nata artista, quell’ è! Da piccerella ci ha tenuta sempre una passione per il teatro. E che regali! Che corbellerie di fiori che avette da tutti i villeggianti di qua. Fra gli altri c’è un principe che viene tutte le sere per lei, un signorone russo, un milionario, un certo Kuratieff che ha perduto la testa, se la vorrebbe sposare, e alla serata le regalò una bella briosce di brillanti. Felice Ah! Bravo! Ma si dice: Broche! Filomena Lo so, ma io l’ho detto in pulito. E l’invitò a colezione p’ ’o giorno appresso, ma nun nce potetteme j’, chi ’o senteva a D.Achille. Avettema truvà na scusa. Felice (guardando l’orologio) Signò...io nun pozzo perdere tiempo. Io nc’aggia parlà subito... Filomena Ma ’e che se tratta? Felice M’hanna fa nu piacere gruosso assai. Poi saprete. Mo sa che faccio, nc’arrivo nu momento io ’o cafè, stessene ancora llà. Filomena Po essere. Felice E mo vaco a vedè lesto lesto. Permettete. Filomena Fate. Felice Cielo mio, fammilli truvà. (via) Filomena Ma che buono giovene, come è educato, quanto è simpatico. Nun saccio proprio comme se fide ’e sta vicino a chella vecchia (chiamando) Carluccio?...Carluccio?...Addò arma d’ ’a mamma sta?...Carluccio?

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Scena Terza Carluccio e detto, poi Luisella, poi Filomena Carluccio (di dº dal fondo) Sto ccà, che bolite? Filomena (che ha preso gli involti dalla mensola) Viene ccà, porteme sta rrobba dint’ ’a cammera mia. Carluccio Mo nun pozzo venì, sto arricettanno. Filomena Ancora? Ancora staje arricettanno? E lasse nu momento. Carluccio (sempre di dº) Niente affatto, nun pozzo lassà mo. Purtatavella vuje. (di dº campanello) Filomena A porta. Va vide chi è. O vuò che vaco a arapì pur’io? Vì che lazzarone! Va trova qua’ juorno ’e chisto ll’azzecco nu brutto paccaro. Mo vedimmo. (entra a 1° a sin.) Luisella (dal fondo, agitatissima. In elegante toletta da mattina. Togliendosi i guanti) Carluccio (la segue) Signurì, ma ch’è stato? Luisella (forte) Tu ntricate d’ ’e fatte tuoje, hê capito? Mo avess’ a dà cunte pure a te? Vattenne fore! Filomena (ritornando) Che d’è neh? Ch’è succieso? Luisella Avimmo fatto n’ato ppoco ’e storia dint’ ’a carrozzella. Filomena Cu chi? Luisella E nun ’o ssapite? Cu D.Achille. Filomena E pecchè? Addò sta? Carluccio Sta trasenno, ’o vedite ccà. Achille (dal fondo) Io ti ho detto tante volte, nun fa ’a capricciosa cu mmico che mme faje fa ’o pazzo! Mo non è cchiù ’o tiempo ’e na vota, che facive chello che volive tu! Oggi stai in casa mia, in casa di un signore, capisci, di uno che ti deve sposare e voglio essere ubbidito e rispettato! Filomena Ma pecchè? Ch’è stato? Ch’ hê fatto? Luisella Niente, mammà,...doppo ’a prova, quanno simme asciuto d’ ’o cafè, m’aggio voluto fa nu giro cu l’automobile d’ ’o nnammurato ’e Nina Bisciù, chella francese che ha debuttato ll’ata sera. Chesto è tutto. Achille Chesto è tutto? Chille quanno se so mise a correre comme a tanta dannate, essa e chilli quatte curiuse che venene ’a sera e fanno ’e farenielle! Po, finalmente so turnate, s’è mise a fa ’a pazza llà dinto, essa e chell’ata bella cosa di Nina Bisciù! A ridere, a pazzià cu tutte chilli giovinotte, e io che steva llà e faceva ’a figura d’ ’o papocchio. E ce

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l’ho detto migliaia di volte che non voglio che facesse cchiù chesto! E che mme vo mettere a rischio ’e passà nu guaio? Pecchè chille po fanno ’e spiritosi e io m’aggia sciaccà a uno ’e lloro. Filomena Caro D.Achile, io v’ ’o ddico chiaramente: vuje si nun ve luvate stu carattere geluso io a figliema nun v’ ’a dongo. E se capisce. Vuje nun ’a date nu momento ’e pace, facite un’arte, ogne ghiuorno m’ ’a ntussecate, e che so pazza? Chella è artista, se sape, a sti ccose nun nc’avit’a attaccà idea. Luisella (quasi piangendo) Chillo m’ha fatto na parte dint’ ’o cafè che mme so morta d’ ’o scuorno...cu tanta signori che stevano llà. Achille E se capisce! Nnanze a lloro t’aggio voluta fa. Accossì ’o capiscene che io nun so scemo! Nun so n’imbecille qualunque. Sono un signore, un avvocato conosciuto e consigliere municipale. Mio padre è stato due volte sindaco di Roccaspinosa, capite! Un uomo rispettato e ossequiato da tutti! Luisella Chesto ’o sapimmo, ce l’avite ditto tremila vote! Achille E ve lo dirò sempre! Pecchè vuje mme tenite pe nu turzo ’e carcioffola! Fino a che sferro buono po, e mme faccio rispettà come dico io! Filomena (Eh! chisto mo nun ’a fenesce cchiù!) Carluccio Va buono, D. Achì, perdonatela pe sta vota. Chella ’a signorina nun ’o ffa cchiù. (a Luisella) Vuje po’ ll’avit’a capì, si fa chesto è pe bene vuosto,...pecchè ve vò spusà...ve vò fa felice, si ’o facite piglià collera, che succede? Ca chillo se nquarta ’a primma, ’a seconda, ’a terza vota po ve lassa e bona notte!...(marcato come per suggestionare Achille) Achille E ma se capisce! Carluccio (E ma quanno ’o ffaje?!) Iammo, accostateve, facite pace, e promettitele che nun ’o ffacite cchiù! Luisella No, io nun ’o ffaccio cchiù, ma isso pure, strillate nnanze ’a gente nun mme n’ha da fa. Carluccio Chillo po s’è attaccato ’e nierve, capite. Iammo signò, nun mporta, aizatela ’a mano. Achille Oh! Ma tu che c’entri in mezzo a questi fatti pe sapè. Carluccio E comme?...Ve voglio bene, stongo ’a tant’anne cu buje, e mme dispiace quanno ve pigliate collera. Ve volesse vedè sempe contento, tranquillo, cujeto. (marcato c.s.)

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Filomena Iammo, vattenne dinto, va te spoglia, ca chillo t’ha perdonata. (Luisella fa per andare) Carluccio E che d’è?...Accossì ve ne jate? Accussì volite fa pace?... Venite ccà. (la prende per mano) Abbracciatelo, jammo. (la conduce da Achille) Nun nne parlate cchiù. Embè, vuje ’a fine ’o mese avit’ ’a spusà,...D. Achì, meh...jammo. Achille (la guarda un po’, poi) Cara mia, si essa nu fa chello ch’ha da fa, non possiamo andare più d’accordo. Si seguita accussì, so io, capite, io che nun m’ ’a piglio cchiù ’a figlia vosta. E ve lo farò vedere. N’ata piccola cosa che mme fa, ve facite ’e mappatelle e ve ne jate a Napule n’ata vota. Pecchè io non intendo d’essere reduto nfaccia d’ ’a gente, quanno mm’aggio sposata. Carluccio Ncopp’a chesto ave ragione, po, scusate. Basta, abbracciateve, neh, finitela... Achille Va bene, portatavella dinto che cchiù tarde se ne parla. E se fa n’ altra piccola cosa, è finita, parola d’onore, la lascio immediatamente! Carluccio Nonsignore, chella nun fa niente cchiù. (piano a Luisella) Va, jateve a spuglià, chillo mo sta ancora nervoso, lassatelo calmà...chillo po, ’o ssapite, cchiù tarde vene isso addo vuje. Luisella Venite mammà. (Nun mme fido cchiù, me pare mill’anne che parte) (Filomena via appresso a Luisella) Filomena (Overo!) (viano 1a a sin.) Achille Ingrata!...S’avarria ricordà chella che era quanno venette dint’a stu paese, e chella ch’è mo!...Senza scarpe venettene, senza scarpe!...L’aggia avuta vestere d’ ’a capa ’o pede a tutte ’e ddoje. A Napole dice che cantava dint’ ’a n cinematografo ’a parte ’a ferrovia, nnanze a tutte scugnizze e malviventi, capisci. Venette ccà cu cinche lire ’o juorno. Se puzzavano d’ ’a famma. Carluccio Ma comme ve venette ncape d’ ’a fa venì dint’ ’a casa vosta? Achille Che buò ’a me?...Era na bella guagliona, mme piacette, cantava accussì aggraziata, ’a vedette po in quello stato miserabile e mme facette compassione e a facette venì ccà. L’aggio fatto vestite, cappielle, oggetti, biancheria, tutto, tutto. E tu ’o ssaje. Era così ingenua, così modesta, pareva na monacella...All’arma d’ ’a munacella! Chella tene ’o diavolo ncuorpo.

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Carluccio E se capisce. Chella, a nu momento a ll’ato s’è vista cu tulette, brillante, denare,...e se n’è ghiuta ’e capa ’a guagliona! Achille Io mo che parto non puoi credere cu che pensiero mme ne vaco. Resta sola, cu chella mamma vicino, figurete, fa chello che bò essa. Carluccio E ma ccà ce stongh’io, ’a stongo attiento io, comm’è? Achille Sì, e chella se ne mporta assaje ’e te. ( di dº campanello) Va, vide chi è. (Carlo via) Si a putesse affidà a quaccheduno mo che parto, a n’amico mio intimo che essa ce tenesse na certa suggezione, che lle facesse capì che porta mmasciata a me si fa quacche cosa, che mi scriverà tutto...Chi putarrià essere? Carluccio D. Achì,...è na signora, dice che ha da parlà cu Da Luisella. Achille E chi è? Carluccio Nun ’a conosco, nun è venuta mai ccà. Dice che si chiama Margherita Dolcini. Achille E falla trasì e va chiamma a essa. ’A balice ll’hê fatta? Carluccio Sissignore, l’aggio fatta scennere pure abbascio. Achille Bravo. Io mme vaco a mettere in ordine tutt’ ’e carte d’ ’o prociesso...Non puoi credere quanto mme secca sta partenza. Carluccio Avite ragione. (Achille via) Favorisca, signora, si accomodi. Scena quarta Margherita e detto, poi Luisella Margherita (dal fondo) Grazie. Carluccio Vado a chiamare subito la signorina. S’ accomodi. Margherita Grazie. (siede al divano. Carluccio via) Mamma mia!...’O core mme sta jenno pe ll’aria...Sto tremanno tutta quanta!...’O colpo ch’aggio avuto è stato troppo forte. Felice! Il mio adorato Felice si ammoglia? Ah! No! Non è possibile. Io faccio revotà ’o paese, io farò di tutto per impedire questo matrimonio. Carluccio (ritornando) Ecco la signorina. (via) Luisella (aveva tolto solo il cappello) Buongiorno signora. Margherita (alzandosi) Buongiorno. Luisella State comoda, prego. (siede vicino a lei) Margherita Grazie. Voi siete la signorina Luisa Fricò?

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Luisella A servirvi, signora. Margherita Favorirmi, sempre, prego. Io sono Margherita Dolcini, vedova di Achille Dolcini, ricchissimo negoziante. Vengo a chiedervi una grazia, signorina, una vera grazia. Luisella A me?... E di che si tratta? Margherita Signorina, ditemi che non è vero,...pensate che io ne morirei dal dolore...Voi siete giovane, bella, artista e ve ne potete trovare quanti ne volete voi!...Io tengo solo a quello, lasciatemelo stare! Luisella Ma scusate...io non capisco... Margherita Io so che voi fra breve dovete sposare, è vero? Luisella Ah! Sicuro. Margherita No! Signorina Fricò, voi non dovete sposarlo. Luisella E perchè, scusate. Margherita Perchè io amo quell’uomo da due anni e sarà impossibile ch’io me ne possa dimenticare. Luisella Comme? ’A duje anne? Margherita Da due anni io lo seguo da per tutto, non lo lascio un momento. Giorni fa è andato a Napoli per certe visite, certi malati che lui sta curando, e io so andata appresso. Perchè sono gelosissima, l’amo troppo! Luisella Aspettate...ma voi parlate di D. Achille Moscamolla? Margherita Moscamolla? L’amico di Felice? Luisella L’avvocato. Lo conoscete? Margherita No...di nome...io parlo di Felice Sciosciammocca, il medico. Luisella D.Felice? D.Felice s’ha da spusà a me?...Ah! Ah! Ah!... Chesta è bella! Io mme credeva che parlaveve ’e D.Achille, a chisto mme sposo ’a fine ’o mese. (ridendo) Margherita Come? Luisella D. Felice Sciosciammocca, ’o miedeco, sì, lo conosco, è amico nostro, vene quase tutt’ ’e ssere ’o teatro, ma non m’ha parlato mai di matrimonio! Margherita Signorì...ma voi dite sul serio? Luisella Sul serio. E mo v’ ’o faccio dicere pure ’a mammà, ’a D. Achille (s’alza e va alla prima a sin.) Mammà...mammà... Viene nu momento ccà, siente che cosa curiosa.

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Scena quinta Filomena e dette, poi Achille Filomena Che d’è, neh? Margherita Uh! Filomena Carota, ’a coca mia? Filomena Da Margherita Dolcini?...Oh!...Che onore! Comme state, signò? Margherita Eh! Così!... Filomena Bravo! Accomodatevi. (seggono. Luisella e Margherita al divano, Filomena al tavolo) Margherita E vuje che facite ccà, a Roccaspinosa? Filomena Sto con mia figlia, che sta qua a cantare da tre mesi. Luisella Mammà, ma chesta è chella signora addò stive tu? Filomena Già... Margherita E questa è vostra figlia? Filomena Sissignore. N’artista, sapete. Io ’a verità m’era proprio seccata ’e sta vicino ’o ffuoco, nun era cchiù vita pe me, il carbone mi stava arrovinando la fantasia, me ne andai da voi e comme sì aveva fa per vivere onestamente? Vedette che lei ci teneva una gran passione per fare la canzaiola... canzonettara...la canzonettista, la feci ributtare...e che uscì da quella bocca quando ributtò! Oggi guadambia una paga e stiamo bene. Voi non l’avete intesa ancora? Margherita No... Filomena Ah! Avete torto. L’avit’ ’a venì a sentì na sera. Margherita Ah! Sicuro. Ma perchè si fa chiamare Fricò e non Luisa Carota? Filomena Pecchè sempe accossì avimmo miso, è il suo nome d’arte. Luisella Chella, ’a signora, indovina ch’ha ditto? Che D. Felice s’ha da spusà a me. Filomena D. Felice? ’O dottore? (ridendo) Ah! Ah! Quando mai...a D.Achille. D. Achille Moscamolla? (vedendo uscire Achille) Ah! Eccolo qua, ve lo presento. L’avvocato Achille Moscamolla, fidanzato di mia figlia. La signora Margherita Dolcini, che io conosco da tanto tempo. Achille Fortunatissimo. (guarda attentamente Margherita) Margherita Piacere. (strette di mano) Achille (Aspetta...chesta è chella vedova che va appriesso a Felice!) State comoda, prego. (siede in mezzo) Margherita Grazie. Voi dunque siete D.Achille Moscamolla?

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Achille Sicuro...avvocato e consigliere municipale. Margherita Sì, lo so, il dottore Sciosciammocca mi parla sempre di voi. Achille Ah! Felice?... Margherita Già, … Felice!...Dice che voi siete il più caro amico suo, che vi conosce da tanto tempo, che il padre vi voleva tanto bene. Achille E che ne volete sapere...ce voleveme bene proprio comme a duje frate. Che amico! Che galantuomo! Nun avarria avuta mai murì!... Margherita E voi vi sposate la signorina? Achille Io, sissignore, ma nun ha da fa a pazza, però. Filomena E quella, la signora, dice che s’aveva spusà a D.Felice. (ridendo) Achille Ma chi ve l’ha detto, scusate? Margherita Isso!...Felice!... Achille Felice v’ ’ha ditto? Margherita Cioè...non lui...una lettera sua...che io...(impicciata, poi risoluta) Oh! Ma pe sapè, io perchè lo debbo tenere nascosto questo affare. Io sono libera, sono vedova e non debbo dar conto a nessuno. Io sono due anni che amo quel giovine, e sento che non potrei vivere senza il suo amore! Ogni giorno...vado a casa a trovarlo, ch’aggia fa, nun pozzo sta nu momento senza vederlo. Stamattina ci sono andata, ma lui non c’era,...allora me ne sono andata nello studio ad aspettarlo, e sopra alla scrivania, ho trovato una lettera, cioè,la bozza, la brutta copia di una lettera che Felice aveva scritto a ’o compare suio, addò lle diceva ch’era prossimo il suo matrimonio con la signorina Luisa Fricò. Luisella Cu me? Achille Oh! Chesta è bella!...Chesta è graziosa mo!... Margherita Figuratevi che colpo ho avuto quando l’ho letto. Mme so menata p’ ’e scale, mme so informata dove abitava la signorina e sono venuta per parlarci, confessarle il mio amore, e fare tutto il possibile per impedire questo matrimonio, se no io ne morirò, credetemi, ne morirò!! Achille Ma signò, scusate, fatemi capì meglio...dice proprio accossì ’a lettera? Margherita Proprio così. Achille L’avete letto proprio voi?

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Margherita Io proprio con questi occhi. Achille E ma che pasticcio è chisto, neh, Luisè? Luisella E ’o vvolite sapè ’a me? Achille Mia cara signora, io vi posso assicurare che non è vero. A Luisella m’ ’a spos’io. Margherita Veramente? Achille Sul mio onore. (di dº campanello) Margherita E pecchè ha scritto a ’o compare che se l’ha da spusà isso? Achille E chi ’o ssape. Sarrà na pazzia, nu scherzo, non può essere altrimenti. Ma cu isso nun nc’avite parlato? Margherita No, da stamattina non l’ho visto. Scena sesta Felice e detti (dal fondo) Buongiorno D.Achì. (lascia cappello e bastone sulla sedia in fondo) Achille Ah! Eccolo qua...a tiempo a tiempo. Felice Signorina Fricò! (saluta, poi vedendo Margherita) Oh! Signora, state qua? Achille (a Felice) Neh, ma famme capì na cosa...che d’è stu pasticcio ch’ hê cumbinato? Tu t’ hê ’a spusà a Luisella, tu? Felice Io?...E...scusate, comme ’o ssapite? Margherita Ce l’ho detto io, perchè ho letto la bozza della lettera che hai scritto al tuo compare, e nun saccio comme nun so morta io poverella. Felice Ecco qua, mo vi spiego tutto. Io ’e chesto v’aveva parlà. (tutti seggono) Io questo matrimonio, l’aggia fa pe fforza, capite. Margherita Uh!...No!!..Per carità...Bada che io mi suicido! ...’O tengo sempe ccà ’o revolver...un colpo... Felice Aspettate, signò. È una finzione!...È un finto matrimonio pe vedè si me pozzo pezzecà 300 mila lire! Achille Scuse! Felice Denari miei però, denare che mi ha rimasto papà, ma nun pozzo tuccà nemmeno nu soldo. Achille Pecchè? Felice E pecchè...diversi anni fa, … ’a capa nun troppo m’aiutava, aveva fatto diverse bestialità per qualche ragazza, … cambiali, diebete...e capirete, povero papà, dicette, chisto Felice

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quanno so muorto io se magna tutte cose, va ’a lemmosena. Per conseguenza, mme lassaje appena tanto da non morire di fame, e le 300mila lire le lasciò a D.Ciccio Sarachella, ’o compare mio, incaricandolo di consegnarmele solo il giorno del mio matrimonio! Io mo...questo resta fra noi però,… siccome sto nu poco...scamazzatiello...tengo ancora qualche seccatura attuorno, qualche obbligazioncella, mme so seccato di vivere così, e aggio penzato ’e fa sta finzione del mio matrimonio, che se riesce, capirete, faccio nu gran colpo, 300 mila lire! Sto comme a nu principe, faccio ’a vita d’ ’o signore! Achille Ah! Ho capito mo. Oh! Ma dico io po, pecchè hê fatto sta finzione? Perchè nun te nzure veramente? Margherita Ah!...Overo?...È asciuto pazzo l’avvocato. Quello è giovine...se vo divertì, se vo spassà, se mette nu guaio ’e mugliera... Felice No... che ammogliare...non l’ho avuto mai st’intenzione. Luisella E allora avite scritto a ’o cumpare che ve spusate a me, pe ve piglià ’e 300 mila lire. Felice Perfettamente! Che sposo la signorina Luisa Fricò, di distintissima e nobile famiglia. L’aggio mannato pure ’o ritratto, una ’e chilli cartoline che danno ’a sera abbascio ’o cafè. Achille Ah! Bravo. Vedite che va penzanno. Felice Eh! La mbroglia aveva essere completa. Oh! Ma mo vene ’o bello però, mo vene chillo tale favore che m’avita fa tutte’ ’e dduje. Achille E qual’è? Felice M’avite ajutà, m’avita fa ’o palo, pecchè è succieso ’o guaio mo. Achille Che guaio? Felice Un’ora fa, indovinate chi veco arrivà ’a casa? Tutti Chi? Felice Proprio D. Ciccio Sarachella, ’o cumpare mio. Achille Oh! E bravo!! Felice Chille songo otto juorne ch’è arrivato dall’America addò s’ha fatto na fortuna, se fermaje a Genova per affari suoi, e stammatina mm’aggio visto arrivà ccà, per farmi una sorpresa e per conoscere la sposa! Capite?... Achille Oh! E comme faje mo?...

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Felice

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Comme faccio?...Ce l’aggia presentà, nun nce stanno chiacchiere. Achille A Luisella? Luisella A me? Felice E me pare. Io pecchesto so corruto ccà. Questo è il favore che m’avita fa. Achille Ah! E questo è impossibile. Io ’a fine ’o mese m’aggia spusà io a Luisella, e che lle dice po a ’o cumpare quanno è tanno? Che pasticcio succede? A chi vuò fa truvà dint’a nu mbruoglio? Felice Ma no, nisciuno mbruoglio, pecchè io l’aggio ditto che il mio matrimonio è fissato per la fine del mese che entra, capite, ...isso, dimane se ne parte n’ata vota pe l’America, dunque? Achille E si nun parte cchiù po? Appura che a Luisella mm’aggia spusà io e ce fa na cauciata a tutt’ ’e quatte!... Felice Ma no, che cauciata. Chillo dimane addà partì pe forza, nun po sta chiù in Italia, per gli affari che tene a Buenos Aires. S’è tanto dispiaciuto. Ha ditto: Sangue de Bacco! Che peccato che aggia partì pe forza, che nun nce stongo ’o juorno d’ ’o matrimonio tuio. Basta, nun mporta. Vo dicere che quanno si spusato, m’ ’o ffaje sapè, e io te manno ’o cheque ’e tutto chello che te spetta. Margherita Benissimo! E allora si può fare la finzione. Achille Ah! E allora va bene, na vota che ha da partì pe fforza, che te si assicurato ’e chesto presientangella e fa chello che vuò tu. (tutti si alzano) Felice Ah! Grazie, D. Achì, siete un vero amico. Luisella Ah! Ah!ah! Sa quanta rise m’aggia fa! (stringendo la mano a Felice) Signor marito! Ah! Ah! Filomena Mio caro genero!...(s’inchina) Ah! Ah! Ah! Margherita Che cosa graziosa! (ride) Achille Oh! Ma addò ce l’hê ’a presentà? Felice Qua, in casa vostra, e addò, si no? Achille Ccà? Felice E si capisce. L’aggio ditto che la sposa abitava qua con la madre e un suo cugino largo...che siete voi. Achille Io? Io songo ’o cugino? (le donne ridono) Vedite chisto che mbruoglio ha combinato. Felice Abbiate pazienza, pe na giornata è la seccatura, e po se ne parte, e stateve bene. Chillo mo è ghiuto a accattà ’o

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regalo, e a ordinà dei fiori per la sposa, io allora aggio approfittato ’e chesto e so corruto ccà. Luisella Ah! Mbè, è ghiuto a piglià ’o regalo? Felice Già. (campanello di dº) Uh! Sangue de Bacco! Chisto sarrà isso!...Luisè, ve raccomanno, seria seria, senza ridere, sa?... Luisella Oh! Ve pare. Felice Pensate che voi mo siete una ragazza per bene, di buona famiglia, educata, ingenua... Luisella Va bene. Felice E voi pure, donna Filomè, … seria, seria, con un contegno … mi raccomando. Filomena Non dubitate, ho capito. Felice Io po doppo ve faccio nu bello regalo. Scena settima Carluccio e detti poi don Ciccio. Carluccio (dal fondo) Avvocà, fore nce sta nu signore, si chiama Francesco Sarachella, va trovanno ’a signorina. Felice ’O vì lloco, è isso!... Io l’aveva ditto. Margherita Allora io mo mme ne vaco, è meglio...ci vedremo questa sera all’albergo, verrai? Felice Mo vediamo, si pozzo scappà... Margherita No, io t’aspetto, sa. Felice Va bene, ma jatevenne. Achille Chillo sta aspettanno, capite. Margherita Buongiorno signori. Tutti Buongiorno, buongiorno. Achille Carlù, accompagna la signora. Margherita Grazie. Arrivederci. (via pel fondo) Achille Felì, io mme ne vaco ’a via ’e dinto, vidatello tu, chiagnatello tu. Felice Va bene. Achille Oh! Ma spiccete, mannannillo ambressa, nuje avimme ascì, io aggia partì. Felice Va bene. Da Luisè, Da Filomè, jatevenne dinto, quanno io ve chiammo ascite. Luisella Ah! Sì, è meglio. (via a 1a a sin. con Filomena) Felice Ma dove sta, dove sta il compare? (via pel fondo. Poi torna con don Ciccio) Ma favorite, chesto che cos’è, venite avanti.

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Don Ciccio Grazie, grazie tanto, compariè. Felice Ve stiveve llà ffore? Don Ciccio Nisciuno mme diceva niente. ’O cameriere m’ha rimasto llà e se n’è ghiuto. Felice E già, quello è andato ad avvisà ’a sposa e ’a mamma. Mo escene. Accomodatevi. (seggono al divano) Don Ciccio Neh, tu te vuò fa na resata?...Vuò sentì na cosa graziosa, ch’è succiesa? Felice Che d’è? Ch’è stato? Don Ciccio Io me steva appiccecanno, ’o ssaje? Felice Cu chi? Don Ciccio Io, comme t’aggio ditto, so sciso dall’albergo e so ghiuto a ordinare un bel paniere di fiori per la sposa ’o fioraio vicino all’albergo, che ’a n’ato poco vene. Chillo ha voluto sapè addò ll’avevena portà e io l’aggio dato l’indirizzo che m’hê ditto tu: Signorina Luisa Fricò, strada nuova 86. Neh, tu sai chillo che m’ha risposto?...Ah! Va bene, ho capito, dalla signorina Fricò? ’A nammurata d’ ’o consigliere D. Achille Moscamolla? Va bene. Felice (Pozza sculà, va!) Don Ciccio Che nnammurata? Che consigliere? Ma che dite? - Sissignore – la canzonettista che sta scritturata qua al Caffè della stella d’oro? - Che canzonettista mme jate contanno, quella è una signorina per bene, badate come parlate, sapete. Felice (fingendo di ridere) Ah! Ah! Ah! Graziosa. Chillo parlava d’ ’a canzonettista!...Sta succedenno spesso sta cosa! Ah! Ah! Ah!...Quello è nome e cognome che si confronta, capite. Ccà veramente è venuta a cantà sta canzonettista e tutte quante mo cadono nell’equivoco. Don Ciccio Ah! È nome e cognome che se confronta? E io po sapeva chesto?...Ma è una cosa brutta però, caro Felice, pecchè chella è na canzonettista e la tua è una signorina. Possono succedere mille cose. Io a chillo, per esempio, ’o stevo vattenno. Felice Embè, ma che ce pozzo fa io? Chella accossì si chiamma. Ma po, del resto, chella n’ati dduje o tre ghiuorne ha da cantà ccà, po se ne parte e stateve bene. Don Ciccio Ah! Parte? Se ne va? ...Mo va bene. E chi è stu D. Achille Moscamolla? Qualche signore ’e ccà? Felice Sicuro. Consigliere Municipale.

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Don Ciccio E fa ammore cu sta canzonettista? Felice Già! Fa ammore cu sta canzonettista. Don Ciccio Povero Municipio!! Oh!...E ’a sposa addò sta? ’A pozzo vedè? Felice Sicuro … ve la chiamo io ...chelle stevene facenno toletta, capirete, so signore...ci tengono (vedendo venire Filomena e Luisella) Ah! Eccole qua. Venite signora, venite, il mio padrino è qui. Scena ottava Filomena, Luisella e detti (Filomena viene in iscena seria, con comica importanza. Luisella la segue, con aria semplice, modesta, ingenua. Tutte e due, serbando questo carattere durante tutta la scena che segue, s’inchinano.) Felice

La signora Filomena Carota, vedova dell’illustrissimo e valentissimo medico, commendatore Giacomo Fricò. Don Ciccio (inchinandosi) Fortunatissimo. Felice Sua figlia Luisa, mia fidanzata. (inchini) Il mio compare Francesco Sarachella, ricchissimo negoziante di grano in America. (inchini) Filomena Accomotatevi, preche. (Felice e don Ciccio seggono al divano e le due donne al tavolo.) Don Ciccio Grazie. Filomena Ci dovete scusare se avete aspettato nu pocorillo... Felice Ah! Sì, ce l’ho detto che vi stavate vestendo...la signorina stava con la manicura. Filomena Già … mia figlia stava con la manin … (s’arresta non sapendo pronunziare) Felice Cura … con la manicura! … Filomena Mani ...cura, già! Sempre verso quest’ora sta con la mani … cura! Don Ciccio Brava. Fa bene. La mano è la prima cosa. (guardando attentamente Luisella) Filomena Sì, capiscio. Don Ciccio Quanto è carella. Che occhi! Che bocca!... È proprio una bellissima ragazza! Filomena Grazio. (Luisella bassa la testa sorridendo) Se mette vercogna, capite. Non potete cretere quanto è scornacchiata.

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Don Ciccio Oh! E perchè? Filomena Eh! Così è. È etucata bene, capite... Felice Poi è stata sempre in collegio, non ha visto mai a nessuno. Filomena Addò! Questa non sapeva uomo che cos’era. Eh! Il dottore, qua, se sposa un ancelo, caro signore, un ancelo. Felice Proprio, un vero angelo! Seria, buona, affezionata. E quando la conoscerete meglio... Don Ciccio Oh! Ma non c’è bisogno. Si legge in faccia la bontà, l’ingenuità, la purezza. Felice Oh! Per purezza poi … Pura come l’oro di 18 carati! Don Ciccio Ed è così raro al giorno d’oggi. Filomena Ll’oro, è vero? Felice No!...trovare una ragazza così. Filomena Ah! Già! Don Ciccio E siete contenta, signorina Luisella, di sposare il mio compariello? Luisella Certamente. Mi sembrano mille anni...Signor Sarachella. Don Ciccio Ma che Sarachella ...levate sta Sarachella ’a miezo, … chiamatemi compare adesso. Felice Ah! Si capisce, e voi a essa: commarella. Don Ciccio Proprio. Luisella Grazie. Filomena Don Ciccio E il cugino non c’è? È uscito?... Filomena Il cugino? Luisella Ah! D. Achille? Felice (Puozze sculà!) Don Ciccio D. Achille se chiamma? Filomena Sì! D. Achille Moscam... Felice (subito) Mmocca!...Moscammocca! Don Ciccio Moscammocca? Felice Già. Ma so lloro che ’o chiammano Achille in casa, … pecchè tene tre nomme … Beniamino, Achille, Teodoro Moscammocca, ma nella professione tutti lo chiamano Beniamino. Beniamino Moscammocca. Filomena Già! Luisella Sicuro. Don Ciccio E nun nce sta? Filomena Sicuro, sta dentro. Felice (Dalle!...)

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Don Ciccio E pecchè nun ’o chiammate? Lo voglio conoscere. Filomena E fatelo venì, D. Felì, antate voi, voi mo siete della casa, antate, antate... Felice Eccomi qua.( va verso la 2a a dª lanciando delle occhiate di rimprovero a Filomena. Poi guardando internamente) Ah! Eccolo là. Venite, venite, … sì, sì, a voi … il compare vi vuol conoscere … Eccolo qua. (Don Ciccio s’alza) Scena nona Achille e detti (esce senza parlare) Venite, venite, … vi presento il mio compare Francesco Sarachella. Achille Piacere. Felice L’avvocato Beniamino Moscammocca! (sorpresa d’Achille) Don Ciccio Fortunatissimo. Filomena Ma state comodo, compà. Don Ciccio Grazie. (siede) Felice D. Beniamì, accomodatevi, statevi qua voi pure. Achille (Ma che d’è stu Beniamino?) Felice (Secondatemi. Po ve conto.) (seggono) Don Ciccio Qua, qua, vicino a me! ’O compariello m’ha parlato tanto bene di voi e ho voluto avere il piacere di conoscervi. Achille Io so D.Beniamino. Don Ciccio Ho capito. Così mi darete anche il vostro giudizio per un mio ricordo che ho portato alla bella sposa. (cacciando un astuccio con anello. L’apre) Eh? Comme ve pare? (lo dà ad Achille) Achille Oh! Bellissimo. (a Felice) Felice Bello proprio. (lo prende) Filomena Che cos’è? N’anello, n’anello? (si alza) Don Ciccio Già. Filomena (prendendo l’astuccio) Ah! Veramente ch’è bello! Guarda Luisè, è un brillante, co tutte rubini calabritti attorno. (lo dà) Luisella Ah! Sicuro, è tale e quale a chillo che tene Nina Bisciù, ’a francese. Felice (subito) Già ...un’amica sua, una signorina francese. Luisella Ah! Sissignore. (mette l’anello) Achille Felice

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Un’amica nostra, già. Fa bello è ovè? …(mostrando il dito) Caspita! Una bellezza! Siete stato proprio di gusto. E mo … arriva n’ata bella cosa. Neh? Quacche cosa pe me forse? No!...(ridendo) sempre per la sposa, per la mia cara Luisa. Un bel paniere di fiori freschi, è vero? Don Ciccio Già. Ve piacene ’e fiore commarè? Luisella Oh! Molto. Don Ciccio E mo venene, l’aggio ordinate a d’ ’o fioraio vicino all’albergo. Ma mme faccio meraviglia comme nun è venuto ancora. Vuje ccà tenite ’o telefono? Achille Sicuro, nello studio. Felice Pecchè? Don Ciccio Voglio telefonà all’albergo che addimmannasse ’o fioraio si l’ha mannato, si no. Filomena E venite, v’accompagno io, tefacoliamo insieme. Don Ciccio Addò sta ’o studio? Filomena Da quella parte. Venite. Don Ciccio Grazie. Permettete un momento. Achille Fate. Luisella Luisella (ridendo) Ah! Ah! … io non ne poteva cchiù, mo mureva d’ ’a risa. (ad Achille) Caro D. Beniamino! Achille Neh, ma famme capì, … pecchè mm’hê cagnato ’o nomme? Felice Pecchè chella bestia d’ ’o fioraio, l’ha ditto che Luisa Fricò era ’a nnammurata ’e D. Achille Moscammolla. Ch’aveva fa? … Capirete, che ’a nnammurata vosta nun po’ essere la fidanzata mia! V’aggia avuta cagnà nomme a forza, e l’aggio ditto che ’o fioraio parlava di un altra Luisa Fricò. Achille Vedete che pasticcio … Vì che fenesce a mazzate, Felì, ...t’ ’o prevengo. Felice Nonsignore, vedrete invece che tutto riesce bene. È quistione di fingere pe na jurnata! Appena isso è partuto, pigliate ’o nomme vuosto n’ata vota. Io, ’a fine d’ ’o mese che trase, lle faccio sapè che so spusato, e mme pizzeco ’e 300 mila lire! D. Achì, ne voglio fa zumpe!...(ridendo) Perciò...abbiate pazienza, scusate del fastidio … ⏟

Filomena Luisella Felice Achille Felice Filomena Felice

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

Achille Felice Achille Luisella Felice Achille

Felice Achille Felice Achille Felice Achille Felice Achille Felice Achille Felice Achille

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No … che fastidio … che c’entra... anzi, riflettendoci bene, è na finzione che mi conviene, pe na cosa mia … (guardando Luisella) pe nu favore che m’hê fa tu a me po. Sicuro, dite, parlate, di che si tratta? Luisè, va dinto, trattiene nu momento ’o cumpare, quando dico na cosa a Feliciello. Va bene. Quanto mme spassa sta cosa, nun se po credere. (via 2a a dª) E che se tratta? Ecco qua. (guarda intorno) Tu sai quanto voglio bene a sta guagliona … e si mme l’avesse potuto portà cu mmico a Milano, l’avarria fatto cu piacere. Ma chillo ’o proprietario d’ ’o cafè, ch’è amico mio, nun l’ha potuto sciogliere, dicette: Consigliere mio, e io comme faccio? … Chesta ’a guagliona piace tanto, io mo sto vedenno na 5 lire ’e cchiù, ccà nun nce veneva nisciuno, si chesta se ne va, io quanto piglio e chiudo, facitemmela sta almeno n’ati 15 juorne, se no io so rovinato! Ch’aveva fa? Dicette: va bene, n’ati 15 juorne. Ma scusate … vuje avit’ ’a partì pe forza? Pe forza, quella è una causa importantissima che tengo. E nun ’a putite fa differì? E no, pecchè so già seje vote che s’è differita, nun ’o ppozzo fa cchiù. Capirai, chella resta sola, ’a capa nun troppo l’ajuta, saccio che mme combina? Avete ragione!... E po, cu chella mamma vicino. Felì, tu sulo mme può fa partì a penziero cujeto. Tu sei un vero amico, te conosco ’a piccerillo, e ho piena fiducia in te. Grazie, per carità. Perciò, mentre io sto fore, famme nu piacere... Dite, dite, che piacere? … Statte attiento a Luisella!... Io? Tu sì. Mm’ hê ’a fa stu favore. ’A puorte ’o teatro tu, ’a puorte a magnà tu, ’a puorte cammenanno tu, ’a sera la puorte tu stesso ccà, insomma nun ll’ hê ’a lassà sola neanche cinche minute, te staje sempe vicino a essa, hê ’a fa proprio comme fosse na sora d’ ’a toia e lle faje capì che na piccola cosa che fa, tu me lo scrivi immediatamente. Che dici?

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Felice Achille Felice Achille Felice Achille Felice

D. Achille mio … che ve pozzo dicere? Mme pozzo negà a voi? … Se avete abbastanza fiducia in me... Oh! Ma ti pare … nun ’o ddicere neanche pe pazzià. Conosco quanto sei signore e galantuomo. Grazie. E allora va bene, mme sto attiento io, nun dubitate. Nun l’hê ’a fa parlà cu nnisciuno, nun l’hê ’a fa ricevere a nisciuno. Non ci pensate. Potete partire sicuro, che farò scrupolosamente tutto quello che avete detto. Grazie tante. Grazie a voi della fiducia.

Scena decima Carluccio e detti, poi Filomena e don Ciccio, poi 1° facchino, 2° facchino, Luisella, poi di nuovo Carluccio Carluccio (dal fondo) Signò, fore ce stanno duje facchine, hanno portato cierti fiori. Felice Ah! Sì, sì, va bene, falle trasì ccà. Filomena Neh, chillo dice che ll’ha mannato ’o buchè. Felice Sì, sì, è venuto mo proprio, ’o stanno trasenno. Don Ciccio (segue Filomena) Oh! Bravo! Carluccio (ritornando) Ccà, ccà, trasite, mettitele ccà. 1°facch. (dal fondo, con grossa corbeille) Buongiorno eccellenza, signò. (la situa in fondo) Felice Ah! Bello! Achille Proprio di gusto. Don Ciccio Aspettate, … questo non è quello che ho scelto io. ’O mio è nu bello panaro. Carluccio (in fondo) Trase, trase, ’a chesta parte. 2° facch. (dal fondo con un’ altra corbeille a paniere) Buongiorno eccellenza. Felice N’ato buchè? Don Ciccio Ah! Ecco qua, questo è ’o mio. Miettelo ccà. Teh, questo è per te, statte buono.(gli dà la mancia) 2° facch. Grazie eccellenza. Stateve bene. (via) Don Ciccio Chill’ato chi te l’ha ordinato? Io no certo. 1° facch. Nonsignore, chisto l’è venuto a ordinà nu furastiere, nc’ha miso pure ’o biglietto ncoppa, e ha ditto che a n’ato ppoco veneva pur’isso.

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

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Don Ciccio Nu furastiere? (prende il biglietto dalla corbeille e legge) “Alla celebre, alla grande artista Luisa Fricò, dal suo ammiratore. Il Principe Kuratieff. Filomena (subito e piano a Felice) (Uh! Chillo che fa ’a corte a Luisella!) Don Ciccio E chi è stu princepe? Felice Ma chi ’o sape, chi ’o conosce, non avete capito che ha sbagliato quel pezzo di cretino! Va va, vattenne, che non è ccà. 1°facch. Gnernò, signò, è ccà, chisto è l’indirizzo che m’ha dato ’o princepale: ’a casa d’ ’o cunsigliere D. Achille Moscamolla, ch’è chillo signore llà (mostra don Achille) Felice Chi? Addò? Questo signore si chiama Moscammocca. 1°facch. Gnernò, Moscamolla Felice Moscammocca! 1°facch. Moscamolla! Felice (più forte) Moscammocca! 1°facch. Molla! Felice Mmocca! 1°facch. Molla! Gli altri (gridando) Mmocca! Mmocca! Mmocca! 1°facch. Molla, signò, chesto che d’è, mm’ ’o vulite mparà a me ’o signore. Achille Chi te conosce a te, pe sapè, … va llà, ca tu hê sbagliato indirizzo, la signorina non accetta né visite, né fiori da nessuno (marcato guardando Filomena) Va, portete ’o buchè, statte buono. 1°facch. Signò, ma che pazziate, io ’o buchè nun mm’ ’o pozzo purtà, io mme ncujeto c’ ’o padrone...pecchè ccà m’ha ditto e io ccà ’o lasso. Felice E io ccà t’ ’o scasso!...Va, … tiene, portatillo, nun mme fa tuccà cchiù ’a nervatura...Iesce!... E quanno te ne vaje? 1° facch. Signò, io nun mm’ ’o pozzo purtà. Nuje nce ncoitammo c’ ’o princepe Curatella. Felice Che Curatella e Curatella! ’A curatella ’e patete! Luisella Neh, ma ch’è stato? Ch’è succieso? Felice Qua nessuno lo conosce a questo principe, nisciuno ’o sape, perciò statte buono! Carluccio (dal fondo) Il principe Kuratieff!

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Luisella Achille Isso?!... (grande meraviglia di Achille e Ciccio) Don Ciccio Filomena (Stateve bene!!) Felice (È fatto ’o guaio!!!) (Luisella, avvilita si nasconde il viso con la mano. Cala la tela) Fine del primo atto

Atto 2° La camera da letto in casa di Felice. Comune in fondo a destra a due battenti chiusi. Finestra in fondo a sinistra con una lunga tenda chiusa. Nel mezzo, coi piedi verso il pubblico, un letto ad una piazza e mezza, un comodino a destra. Scendiletto a destra e a sinistra del letto. Mensola a 2a quinta a sinistra con sopra specchio, orologio ed un solo vaso. Un altro vaso è per terra. A 1a quinta a sinistra, di traverso, una scrivania e di dietro sedia. Sulla scrivania vi saranno libri di ogni grandezza. Calamaio, penne, campanello, lume elettrico spento. Un teschio umano, fissato su d’una base ovale di velluto, secondo il disegno. Al muro, dietro la scrivania, etagère con altri libri. Boccette – vasettini – bottiglie di veleno - pacchi di cotone idrofilo – statuette. Attaccato al muro: un calendario – quadri – cartoline – etc. Cestino – un lavamano con bacile e brocca presso la mensola. A sinistra, a poca distanza dalla finestra, un tavolo quadrato con sopra tappeto lunghissimo; questo tavolo è rovesciato, sedie pure rovesciate. Presso la scrivania, per terra, vi sarà una grande tromba d’automobile con la pompa. Un cappello da donna è sul teschio. Un abito anche da donna, scollato, sulla spalliera del letto. Un pigiama di Felice è sulla spalliera d’una sedia. Sul comodino un candeliere con candela spenta e sulla candela una paglia da uomo. Altri libri per terra. A seconda quinta a destra piccolo divano, sul quale lo smoking ed il gilet bianco di Felice, e in terra il colletto della camicia con la cravatta nera. Ai piedi del letto, per terra, vi è un corsetto, un paio di guanti bianchi da donna, un ventaglio e una scarpa da uomo. Un’altra scarpa da uomo è sulla scrivania. Un paio di pantofole a terra presso il comodino. A 1a quinta a destra porta con tenda che dà nel gabinetto da toletta. Sul comodino, al muro, è fissato un lume elettrico, spento, col suo interruttore al disotto. Nel mezzo del soffitto pende una lampada da notte accesa che ha l’interruttore accanto all’altro comodino. All’alzarsi del sipario la scena è appena illuminata per la pochissima luce che dalla sola lampada da notte riceve. Un piccolo paravento è appoggiato chiuso al muro in fondo a sinistra accanto al letto.

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Scena Prima Giacomino, Felice e Luisella N.B. Felice è disteso per terra, accanto al letto a destra e dorme a pancia sotto. È senza scarpe, calzone nero e maniche di camicia, senza colletto e i capelli in disordine. Luisella è nel letto e dorme. È in camicia e sottogonna. Senza busto. Scarpette di raso. È coperta tutta, fino alla testa, dalle coltri. Alzatosi il sipario, lunga pausa. Giacomino (dalla comune. Apre piano. Ha in mano un gabaret con entro una tazza di caffè. Entra e si dirige verso il letto chiamando Felice, prima piano poi un po’ più forte) Signurì?...(pausa) Signurì? ’O ccafè ’o vulite?... (pausa) Signurì?...Dottò?.. (Felice fa udire una specie di grugnito. 1° luce) Signurì, è tarde, è miezojuorno,...volite ’o ccafè?...(pausa) Eh! ’O facimmo dimane!...Va trova a che ora se sarrà ritirato stanotte. Io nun l’aggio ntiso manco quanno è venuto, pecchè chillo tene ’o chiavino, ma fino a chest’ora nun ha dormuto maje...Signurì?...Signurì?...(altro grugnito di Felice) Dottò, è tarde, è miezojuorno. Signurì?...Signurì?...(più forte) Aggio capito mo ’o faccio scetà io subeto subeto. (mette il caffè sul comodino e accende l’altro lume. Mezza luce) Uh!...Chillo sta ccà nterra? E ch’è succieso?...(guardando intorno) e che ha combinato dint’ ’a sta cammera? Na vesta...nu cappiello ’e femmena. Tutte cosa pe terra...Ma ch’è venuto ’o terremoto stanotte? (curvandosi su Felice) Signurì? Dottò?... Felice (c.s.) Chi è? Che vuoi? (sempre dormendo) Giacomino Susiteve, vuje v’arrovinate lloco nterra...(scuotendolo) Dottò?...D. Felì?...Chesto ve fa male. (Felice si volta e apre un po’ gli occhi) Susiteve. (l’aiuta ad alzarsi) Felice (sollevato da Giacomino, è seduto per terra e lo guarda) Ah! Sei tu, Giacomì? Giacomino Sissignore... Felice E che buò? Giacomino Mettiteve ncopp’ ’o lietto, pigliateve ’o ccafè. Felice Cafè?...E io nun ne tengo cafè! Che ora è? Giacomino È tarde signurì, è mmiezojuorno! Felice Ah! Mbè!...C’è tiempo allora. Tengo n’appuntamento all’unnece...perciò lasseme sta n’ato ppoco...(si ricorica) Giacomino Ch’avita fa?...Susiteve lloco (sollevandolo)

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

Felice



Ah!...ma...(sbadigliando) Sti matarazze so n’affare serio... so troppo tuoste... Giacomino (gridando) Qua’ matarazze, signurì, ...vuje state nterra. Felice (lo guarda fisso) Nterra?..Ch’è ghiuto nterra? Aiza! (sbadigliando) Giacomino Eh! Dimane...Vuje state dormenno nterra, che cancaro avite combinato stanotte? Felice (guardandolo) Guè, e tu che faje allerta ncopp’ ’o lietto? Scinne ’a lloco, ca mme spuorche ’a cuperta!... Giacomino (ridendo) (Ah! Ah!...Chesta è bella!...) Qua’ lietto, vuje state nterra!...’O vvedite. (pestando i piedi) Chisto è ’o pavimento. Felice Io?...Sto nterra?...(guardando intorno e tastando il pavimento) Ah!...Sicuro!...E cumme stongo ccà nterra io? Giacomino E ’o vvolite sapè ’a me? (ridendo) Felice (aiutato da Giacomino s’alza e siede ai piedi del letto) (E che aggio combinato stanotte?) Sa, qua non c’è da ridere. Io forse stanotte dint’ ’o suonno so ghiuto pe m’avotà e so caduto ’a copp’ ’o lietto. Ah!...’E rine, ’e rine. Giacomino E se capisce, vuje avite dormuto nterra. Felice Che brutta bocca...Nun m’ ’o ssapive purtà nu poco ’e cafè? Giacomino Sta ccà...v’ ’aggio purtato, ma chello mo s’è fatto friddo. Felice E va mm’ ’o scarfe, va, io mme metto n’ata vota dint’ ’o lietto. Ah! (sbadiglia) Giacomino Sissignore. (prende il gabaret e via per la comune, fondo a sin. e chiude) Felice (nell’alzare le coverte e coricarsi scopre la testa di Luisella che dorme profondamente. Con un grido) Eh?!... Chi ce sta dint’ ’o lietto mio?...(guardando meglio) Ah!!...Luisella!?... Uh! Mamma mia, chella è Luisella?...Ma sicuro, è essa!...E chesta che fa int’ ’a casa mia? Dint’ ’o lietto mio? (scuotendola) Da Luisè? Da Luisè? … Luisella (dormendo) Chi è?...No!...Basta, … nun nne voglio cchiù sciampagne. Felice Che sciampagne, Da Luisè, scetateve, so io, so ’o dottore...D.Felice... Luisella (aprendo gli occhi) D.Felice?...Uh!...E che vulite ’a ccà?... Iatevenne. (chiamando) Mammà!...(girandosi dall’altro lato) Felice Che mammà e papà...Scetateve...Chesta nun è ’a casa vosta, ...comme ve trovate ccà?

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Luisella Felice Luisella Felice

Luisella Felice Luisella Felice Luisella Felice Luisella Felice Luisella Felice Luisella Felice Luisella Felice Luisella Felice

TEATRO (1910-1920)

Uff!!...Mammà!... All’arma ’e mammeta, overamente! (scuotendola forte) Scetate … scetate...susete...(la fa sedere in mezzo al letto) Eh! ...Ma che maniera è chesta...scusate... Che maniera e maniera...tu t’hê ’a scetà, tu t’hê ’a sosere... Chesta è ’a casa mia...chisto è ’o lietto mio!...Aissera ch’ hê fatto?...Comme te truove ccà?...(Luisa che lo guardava stordita, si volta dall’altro lato e si corica) Uh! Mall’arma ’e soreta!...Chella se cocca n’ata vota. (scuotendola) Luisè?... Luisè?...Scetate... Uh! Ma chesto che cos’è stammatina...Ma ve ne volite j’ o no? … (c.s.) Mammà!... (gridando) Ma chesta nun è ’a casa toia! Tu staje dint’ ’o lietto mio ...chesta è ’a casa mia! (mette il pigiama e le pantofole). (guardando intorno, pausa) ’A casa vosta?...Chisto è ’o lietto vuosto?...(guardando) Uh! Overo, chisto nun è ’o lietto mio! E comme te truove ccà tu? E io che ne saccio...mme ce avite portata vuje. Io? E si no chi mme portava? Vuje ’a tre ghiuorne mme state accompagnanno a tutte parte. (sbadiglia) Ah!.. Uh! Mamma mia!...Ma aiessera, doppo ’o teatro ch’avimmo fatto? Aspetta...mme pare che ce ne simme jute passianno cu ll’automobile nzieme ’a Bisciù... Ah! Sissignore...me ricordo che ’a tromba ’a teneva io, e io sunavo... Già...E po?... E chi se ricorda...mme pare che ghietteme a cena. Sì, sì...te portaje a cena ...e mme ricordo che ce diste buono c’ ’o vino. Già, pecchè vuje no? ...Vuje ascisteve cadenno ’a llà ddinto...(ridendo) E doppo cenato, addò jetteme, ch’avimmo fatto? Io nun mme ricordo niente. E io manche. Ma è chiaro che m’avite portata ccà e aggio dormuto ccà stanotte. Statte zitto! Nun ’o ddicere manco pe pazzià! Va llà, vattenne, ca nun po’ essere, tu staje pazzianno, tu si venuta mo e te si cuccata.

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Luisella



Chi? Addò? Io stevo durmenno, m’avite scetata vuje. E po, che veneva a ffa ccà, a chest’ora? Veramente? Parola d’onore! Quanno v’aggio ditto parola d’onore. Uh! Mamma mia!...E ma chesta è na cosa brutta assaje ch’avimmo fatto. Capisci che D.Achille primm’ ’e partì t’aveva affidata a me, m’aveva sta attiento, nun t’aveva fa fa bestialità... E ch’aggia fa? Che volite ’a me? Pecchè m’avite portata ccà? Io saccio chesto? ...Saccio che cancaro avimmo combinato stanotte?...Ccà sta ’a cammera sotto e ncoppa...vedite ccà, tutte cosa pe terra...’A vì llà ’a tromba ’e ll’automobile. È ghiuta a piglià pede llà sotto. (la raccoglie e la mette sulla scrivania) Ma comme, steveme talmente mbriache che avimme fatto chesta arrovina?...Guarda ccà...’o cappiello tuio ncopp’ ’a capa ’e morta...(lo toglie e lo mette su d’una sedia. Poi alza il tavolo) (ridendo) Ah! Ah! Ah!...E chi nc’ ha miso? E ’o buò sapè ’a me? Ccà si t’ha visto quaccheduno, si l’appura D.Achille, chillo m’accide. E giustamente. Pecchè chillo dice: - Comme, ...tu, tanto amico mio, ti lascio la mia innamorata... in deposito, in custodia, e tu mme combine chisto servizio?...- Io che lle dico? Sì...e io? Mannaggia l’arma vosta, mannaggia! Va trova che ha ditto mammà che non m’ha visto retirà. Sa cu che penziero mo sta chella! Scena seconda Giacomino e detti

Giacomino (con caffè di d°) Signurì, ’o ccafè. Felice (subito) Cocchete, cocchete! (Luisa si ricorica e si copre tutta. Felice le mette un guanciale sulla testa. Si corica anche lui, accanto, restando però seduto nel letto) Chi è? Giacomino (di d°) So io, signurì, ’o ccafè... Felice Trase, trase. (Giacomino entra) Miettelo ccà ncoppa e vattenne. Giacomino (mette il caffè sul comodimo. Poi fa per andare. Sotto l’uscio s’arresta) Signurì, ma ch’avite combinato stanotte?..(ride)

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TEATRO (1910-1920)

’E chi è chella vesta, chillo cappiello, chillo curzè?...’E chi è sta rrobba?...Qualche quaglia?... Felice No! È stata na pazzia ch’aggio fatto stanotte con gli amici. So ghiuto a cena cu lloro vestuto ’a femmena. Nc’avimmo fatto nu sacco ’e resate. Giacomino Ah!...Aggio capito...(ridendo) Felice Po mme so retirato nu pocurillo a vino... Giacomino E avite menato tutte cose pe ll’aria! Avite fatto proprio buono! (ridendo. Alza il corsetto, i guanti, le scarpe, qualche libro) Felice Arape chella fenesta, che ora sarrà? Giacomino (va vicino alla finestra, apre le tende, e gli scuretti e la scena s’illumina per la luce del giorno) V’ ’aggio ditto signurì, è miezejuorno passato, è tarde, ...susiteve. V’aggio preparato pure ’o bagno. Felice (spegne la lampada da notte, girando l’altro interruttore sul comodino) Va buono, vattenne fore, ca po te chiammo io. Giacomino Va bene. (via) Felice (esce dal letto) Luisè, susete, viestete e vattenne. Tu nun può sta cchiù ccà. Mo te metto dinto a na carrozzella, facimmo aizà ’o mantice e te ne vaje. È ntiso che è miezejuorno passato. Luisella Va trova chella povera mammà pe ddo sta correnno! (Esce dal letto. Scoppia in una risata e accorgendosi che ha ancora le scarpe) Uh! Dottò...Ah! Ah! Ah! Felice Ch’è stato? Luisella Io mme so cuccata cu tutt’ ’e scarpe! Felice Vì che pella avimmo pigliata aiessera! (prende l’abito di Luisa, i guanti, il corsetto, il cappello, il ventaglio) Fa ambressa, votta ’e mmane, mo te porto tutte cose dint’ ’o stanzino d’ ’o bagno e llà te vieste. Chesta è ll’ora che viene sempe Da Margherita Dolcini, si te trova ccà nuje passammo nu guajo. Pigliate nu surzo ’e cafè, t’ ’aggio rimasto dint’ ’a tazza. (via a 1à a dª poi torna) Luisella Io nun mme faccio capace comme aggio potuto fa chesto stanotte. (sorbendo qualche sorso di caffè) Chello che nun mme pozzo ricordà, a mammà addò ll’aggio lassata aiessera.

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Scena terza Giacomino e detta, poi Felice Giacomino (con una lettera in mano) Signurì, ’o guardaporta... Luisella (volgendo le spalle) Uh!... Giacomino (vedendo Luisa) (E chesta ’a do è asciuta? ...Aggio capito tutte cose!! ...Va trova ’o dottore addò a teneva annasconnuta!...) Scusate, signurì, ma io nun sapeva... Felice (uscendo) Va llà, fa ambressa... (vedendo Giacomino) (Giacomino!) Che arma ’e mammeta si trasuto a ffà? Chi t’ha chiammato? Giacomino Scusate, ma chillo ’o guardaporta ha sagliuta sta lettera, nun ve l’aveva portà? Felice Miette ccà. (prende la lettera guardandolo minaccioso) Giacomino Aggiate pacienza ...io po che sapeva? Felice (piano) Tu nun dicere niente, nun parlà sa, ca io te scommo ’e sangue! Giacomino Ma ve pare, chesto che cos’è …(ridendo con malizia) Io l’aveva ditto ….’a quaglia ce steva!... Felice E te ne vai o no? (gridando) Giacomino Eccome ccà. (guarda Luisa poi a Felice) (È bona ’a quaglia, sa!) (via) Luisella Che paura m’aggio misa...Eh! Ma nun m’ha vista però, pecchè subeto mme so vutata. Felice E va te vieste, vattenne. Luisella Oh! Ma aspettate … cu qua’ vesta mme ne vaco? Felice Comme, cu qua’ vesta? Cu chella ch’aggio portato dinto. Luisella E già!...Chella è tutta scollata, tutt’ ’e bracce ’a fore, na coda che nun fenesce maje, tutta sciffon e pajette, vado cammenanno accossì ’e matina. Felice Ma tu te miette dinto ’a carrozzella, aizammo ’o mantice... Luisella E quanno scengo nun mme vedono? Mme facite piglià pe pazza. Mo scrivo nu biglietto a mammà, lle dico che sto ccà e che mme portasse nu vestito tailleur, nu vestito di mattina, ne tengo tante. Felice E scrivangillo, fa ambressa, llà sta ’o calamaro, ’a carta, tutte cose. (indica la scrivania) Votta ’e mane. Luisella (Siede alla scrivania) Io doje parole aggia scrivere. Felice E ghiammo, ce mannammo a Giacomino, chillo fa lesto lesto.

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Felice Luisella Felice Luisella Felice Luisella Felice

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(guardando il teschio umano) Quanto è brutta! ...Ma che tenite a ffa sta capa ’e morta ccà ncoppa? Levatela ’a lloco! Comm’ è? Io ci studio sopra, ’a levo ’a lloco?... E ma mo nun avita studià, purtatela dinto...sott’uocchio ….fa impressione. Sia fatta la volontà d’ ’o cielo! (prende il teschio) Scrive, fa ambressa. (entra nella 1a a dª poi torna) (scrivendo in fretta) “Sono in casa di D. Felice Sciosciammocca, dove ho dormito questa notte, al corso Vittorio Emanuele n.35. Venite a prendermi e portatemi un vestito tailleur. Un bacio. Luisa” (ritornando con la lettera che gli ha portato Giacomino. L’apre e legge) (prende una busta e scrive) “Alla signora Filomena Carota. Strada nuova 86” (che ha letto) Uh! Mamma mia!...e comme se fa? Ch’è stato? ’O cumpare! È tornato ’o cumpare! D. Ciccio. Già! (legge) “Caro Compariello. Sono a Napoli da questa mattina, ho aggiustato le mie cose in modo da poter restare un mese con te. Ti fa piacere? Sarò a Roccaspinosa domani, mercoledì 21” Ogge. “Andremo a casa a prendere la tua fidanzata con la madre e pranzeremmo insieme all’albergo. Baciandoti caramente, mi dico tuo affezionatissimo compare Francesco Sarachella.” (ricordandosi di un appuntamento che ha) Uh! D. Felì, aspettate... Ch’è stato? Che ora sarrà? T’aggio ditto, è miezejuorno passato. Uh! Mamma mia!... E chi ce penzava cchiù. Io all’una m’aggia truvà ’o Grande Hotel, m’ha invitata ll’ata sera a colezione il principe Kuratieff....Comme se fa...io mme n’aggia j’... Chi?...Addò? Io te faccio pazza! Tu te n’hê ’a j’ ’a casa, ccà mo vene ’o cumpare... sia fatta la volontà d’ ’o cielo. E po, pecchè accettaste l’invito? Ll’aviva capì che stive

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Luisella Felice

Luisella

Felice Luisella Felice Luisella Felice

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affidata a me, e io non lo permettevo!...Sicuro!...’A faceva j’ a colezione c’ ’o Princepe! E potevo io permettere che faciveve chisto sorte ’e tradimento a D.Achille?...Al mio più caro amico? (dopo pausa) (Ma ’a tene ’a faccia tosta!...) Ma che figura faccio? Chillo m’aspetta. E lle scrive nu biglietto all’albergo, lle dice che nun nce può ghì...truove na scusa...Va llà, assettete, scrivangillo. ’A ccà nun te faccio ascì, sa!...(Luisella seccata va alla scrivania e scrive) E fa ambressa... si no chillo ’o cumpare te trova ccà e che lle dicimmo? Che scusa truvammo? Vedite, chillo ’e bello torna n’ata vota!...So cos’ ’e pazze!...Comme me venette ncape ’e fa sta finzione! Nun saccio comme arreparaje l’ata matina ’a casa ’e D.Achille quanno venette ’o princepe. Nun saccio ’a do mm’ascettene tanta buscie pe nun ’o fa ncontrà c’ ’o cumpare. Fore ’a porta ce steveme vattenne io, ’o fioraio e Curatella! (a Luisella) Hê fatto? (sempre seccata) Mo! (Mette da parte la lettera che ha scritto e fa l’indirizzo su di un’altra busta) “Egregio signor Principe Kuratieff – Grand Hotel – sue proprie mani” È fatto. (mette la busta da parte) (chiamando) Giacomino?...Mo ’e ffacimmo purtà subeto subeto tutt’ ’e ddoje. (chiamando) Giacomino?... (senza accorgersene, parlando con Felice chiude le lettere scambiando però le buste) Faccio sta bella figura...chillo chi sa che pranzo aveva preparato... E che me ne mporta. Ma io non potevo permettere sta cosa. Ah! Già! E a farme sta ccà stanotte l’avete permesso po? Che c’entra, quella è stata una combinazione. (chiamando più forte) Giacomino? Scena quarta Giacomino e detti poi don Ciccio

Giacomino (dal fondo) Comandate? Felice Ma che si surdo? T’ aggio chiammato tre vvote. Viene ccà, s’hanna portà sti ddoje lettere, ma subito, pecchè è n’affare urgente. Giacomino Va bene.

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(prende le due lettere e legge) Una al Principe Kuratieff al Grand Hotel, ’o saje? Giacomino Sissignore. Felice E chesta ’a Strada Nova numero 86. Guè tu hê ’a fa nu zumpo, sa? Giacomino Va bene. (via pel fondo correndo) Felice Mo che vene ’o vestito, t’accompagno ’a casa, po’ torno io sulo e aspetto ’o cumpare. Luisella Ma a chist’ato comme l’è venuto ncapo ’e turnà? Mme trova proprio ’e genio pe fa ancora ’a finzione. (è andata dall’altra parte del letto e si è coricata) Felice Che d’è? Che faje? Susete. Guè, chella se cocca n’ata vota. Don Ciccio (di d°) Uh! Mo si seccante! T’aggio ditto che songo ’o cumpare e basta!!! Luisella D. Ciccio!! (spaventata) Felice ’O cumpare!! Susete!...Annascunnete!... Luisella E addò? Felice Sott’ ’o lietto, sott’ ’o lietto. Luisella Vuje sarrate pazzo! Don Ciccio (fuori) Neh, Felì...(Luisella si ricorica subito. Non fa a tempo a coprirsi tutta perchè Ciccio nell’entrare la vede) ’A sposa!?... Felice (Stateve bene!) Don Ciccio La signorina Fricò? Dint’ ’o lietto tuio? Felice Sissignore … cumpà, è lei, la signorina Fricò...e’ venuta a trovarmi assieme alla madre, poi … tutto assieme s’è intesa tanto male … certi dolori di stomaco...e io l’ho fatta coricare...La madre è calata, è andata a spedire certe gocce che l’ho scritto io...mo viene. Luisella Ah! Che dolori...che dolori... Don Ciccio (guardando i due con occhio incredulo) Ah! Perciò sta coricata...uh! Povera commarella!...Ma chesto è cosa ’e niente!... Chesto mo te passa. (poi guardando Felice, piano) (Viene ccà) (Felice si avvicina timido) (Ma che m’hê pigliato pe nu papurchio a me? È venuta c’ ’a mamma ...Po l’è venuto ’o delore ’e stommaco?... Chesta è na scusa!) Felice (subito) (Stateve zitto, cumpà...po ve conto, po ve conto. Chella mo mo è venuta...ma nun ’a mortificate a essa... Povera innocente! Non ha nessuna colpa. È tutto un romanzo questo amore, ...è tutta una storia!...Poi saprete. La colpa è mia!) Felice

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

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Don Ciccio (Aggio capito tutte cose! Pezzo di porco.) (con rimprovero) Luisella Ah!!...che dolore!...’O stommaco...’O stommaco... Don Ciccio (Vì comme ’o ssape fa!...) Cummarè, chesto mo te passa... mo mammà porta ’a mmedicina e stai bona! V’ha fatto piacere sta sorpresa mia? Luisella (marcato) Molto!... Don Ciccio E hê ricevuta ’a lettera mia? Felice Sicuro. Io ve faceva già in alto mare. Comme v’è venuta st’idea ’e tornà? Don Ciccio Ho riflettuto che nun era na bella cosa, che io, tanto amico di tuo padre, di quell’uomo che voleva bene comme a nu frate, nun fosse stato presente a ’o matrimonio tuio. (azione di sorpresa di Felice) Era una cosa mal fatta, bello mio! Debbo assistere assolutamente! E ’o cheque d’ ’e denare ch’hê avè, t’ ’o dongo io stesso, senza che t’ ’o manno dall’America. Doppo che site spusate po, me ne parto! Felice Ah! Ecco...Volete assistere al matrimonio? Don Ciccio Se sape!...(E mo, galantuò, te l’hê spusà quanto più ambressa po essere! Tu sei il figlio d’un galantuomo, e devi procedere da galantuomo!) Felice (Ma si capisce!) Mia cara Luisa, … hai inteso? Parte dopo il matrimonio!...(marcato) Luisella Ah!!! (lamentandosi comicamente) Che dolori! Che dolori!!! Don Ciccio (guardando Felice con intenzione) ’O stommaco è ovè?...Va bene!...Nu poco ’e pacienza, cummarè, mo passa!...Pecchè nun te suse...io credo ch’è meglio...(ironico) Luisella Sì...è vero... mo m’alzo, tanto non ci ho ricavato niente a mettermi dentro ’o letto! (marcato) Don Ciccio E io, mentre se veste, arrivo fino ’a Posta e torno. Felice E ghiate, jà. Don Ciccio Cummarè...fa ambressa … fatte truvà pronta. E tu pure... (scuotendo il braccio a Felice con rimprovero) Spicciate! Ca io torno subeto! Felice Va bene! (Ciccio via, poi torna) Puozze passà nu guaio!...E comme se combina mo? Luisella (ridendo) E io saccio chesto? (scende dal letto) Felice Chillo vo assistere a ’o matrimonio? Comme se fa?...(Luisa ride) All’arma ’e mammeta!...(le tira una pantofola) Io aggio passato chisto guaio e chella ride. Don Ciccio (di d°) Un momento signora, aspettate un momento.

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TEATRO (1910-1920)

Felice ’O cumpare! Luisella N’ata vota? (scappa 1a a dª) Don Ciccio (fuori) Neh, compariè...Addò sta ’a signorina? Felice S’è ghiuta a vestì, pecchè? Don Ciccio Chella sta trasenno ’a mamma! Felice (fingendosi preoccupato) ’A mamma!...La signora Fricò?... Uh!...E comme se fa mo?...Chella nun sape niente d’ ’o fatto. (marcato) Don Ciccio Mannaggia ll’arma vosta! Scena quinta Filomena e detti, poi Luisella Filomena (dal fondo) Neh, dottò, … ma se po’ sapè... Felice Oh! Signora buongiorno. (strette di mano) (Stateve zitta, Da Filomè, po ve conto! Luisella sta ccà!) Che onori sono questi? Accomodatevi. Scusate come mi trovate...La mia cara Luisa sta bene? Filomena (marcato) Eh! Non c’è male!... Felice E sta a casa? È vero? Filomena No!...È andata al bagno, qua vicino, con un’amica sua. Don Ciccio (Eh! E stai fresca! Chella sta llà ddinto.) Felice Cumpà, ...voi dovete andare alla Posta? E andate che io mo subito mi vesto. Don Ciccio (E c’ ’a signorina comme faje? Chella avessa ascì ccà fore? Avvisancello ch’è venuto ’a mamma.) Felice (Iatevenne vuje, mo ce penz’io, nun ve n’incarricate. Mo vaco io dinto.) Don Ciccio (E si vene pure D.Beniamino, tu comme faje?) Felice (Chi D.Beniamino?) Don Ciccio (’O cugino...) Felice (fra sé) (Ah! D.Achille!) No, no, nun c’è paura, chillo è partuto, sta fore! Don Ciccio (Ah! Meno male.) Signora, con permesso, io vado fino a la Posta e torno. Oggi pranzeremo insieme. Filomena Ah! Sì? Felice Già all’albergo suo. Io, voi, lui e Luisella. Filomena Bravo. Don Ciccio Permettete. Mo ci vediamo. (Statte attiento! Nun ’a fa trasì llà ddinto!) (esce)

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Filomena Neh! Ma vuje se po sapè ch’arma d’ ’a mamma vosta avite combinato aiessera? Addò sta Luisella? Chella faccia tosta? Quanto mme faccio venì ’e capille mane!...Se sta tutt’ ’a nuttata fore ’e casa? Luisella (uscendo) Neh, se n’è ghiuto ’o cumpare? Filomena Ah! Stai lloco? (per inveire, Felice la trattiene) Felice Aspettate, Da Filomè, … vostra figlia è stata ccà stanotte, ha dormuto dint’ ’o lietto mio e io mme so arrangiato dint’ ’a stanza ’e toletta ncopp’ ’e segge. Luisella Sissignore, mammà. Filomena È stata na bella cosa chesta? Io poverella so ghiuta correnno tutt’ ’o paese pe ve trovà fino ’e tre e meze, stanotte. Pò m’aggia avuta ritirà a forza pecchè me metteva paura ’e cammenà sola. Aggio fatto ’a nottata chiara chiara. ’E seje aggio pigliato suonno, capite? E me so scetata a mmiezejuorno! Ma addò cancaro site jute? Vuje avite ditto: Mo venimmo, ce facimmo na girata cu ll’automobile nzieme c’ ’a Bisciù e ’o nnammurato? Felice E chesto avimmo fatto. Filomena E pecchè nun site turnate cchiù? Pecchè ve ne site venute ccà? Felice E chi s’ ’o ricorda...Nuje steveme nu pucurillo fatte aiessera, capite? Filomena E bravo! E io nun sapeva che diavolo era succieso! Felice Va buono, Da Filomè, calmateve, fossene chiste ’e guaie! Luisella E ’o vestito m’hê portato? Filomena Qua’ vestito? Luisella ’O vestito tailleur che t’aggio scritto dint’ ’a lettera. Filomena Qua’ lettera? Tu stisse ancora durmenno? Luisella Comme? Io v’aggia mannata na lettera, volevo ’o vestito tailleur, pecchè ccà tengo chillo niro ’e paillettes e nun pozzo ascì scollata ’e matina. Filomena Io nun aggio avuto nisciuna lettera. Forse l’avarranno portata doppo che io era asciuta. (a Felice) Oh! Ma faciteme capì na cosa...’O cumpare che fa ccà? È tornato? Felice È tornato, e nientemeno vuole assistere al matrimonio! Filomena Uh! E comme se fa mo? Felice E io che ne saccio. Ve pare, mme pozzo spusà a Luisella io? Filomena Pecchè? Che d’è? Che ce truvarrisseve ’e male?

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TEATRO (1910-1920)

Oh! Niente ’e male!!...È per D.Achille, ...Chillo s’ha da spusà isso. Filomena E ccà mo che succede? Comme ve regolate? Comme ve venette ncape ’e fa sta finzione?... Chillo isso sta ’a casa, ’o ssapite? Felice Chi? Filomena D.Achille. Luisella D. Achille? Felice Luisella È turnato già? Felice Voi che dite? E ’a causa che teneva? Chillo dice che aveva stà a Milano na decina ’e juorne. Ch’è benuto a ffa? Filomena E che saccio. Io mentre asceva l’aggio trovato sott’ ’o palazzo e m’ha spiato ’e te. (a Luisa) Luisella E che ll’avite ditto? Filomena E che aveva dicere? L’aggio ditto che tu ire juta ’o bagno. Allora ha ditto: Da Filomè, e ghiate vuje pure, ’a facite j’ sola?...No, aggio risposto io, io llà sto ghienno, m’aveva scordata ’a borsetta ch’ ’e denare. Isso se n’è sagliuto, pecchè dice che se voleva cuccà, ca steva stanco d’ ’o viaggio e io so venuta ccà pe sapè che cancaro v’era succieso stanotte. ⏟

Felice

Scena sesta Principe Kuratieff e detti. Kuratieff Felice Filomena Felice Luisella Filomena Felice Kuratieff Filomena Felice Kuratieff Filomena

(di d° chiamando) Albergatore? Albergatore? Chi è neh? …(va a guardare fuori) Na voce conosciuta... (ritornando spaventato) ’O principe!...Il principe Kuratieff!... Isso? E che vene a ffa ccà? Uh! Tu staje sulo c’ ’o suttanino!...Miettete na cosa ncuollo. Annascunnete, vattenne llà ddinto. (la spinge nella 1a a dª) Cameriere?...Albergatore? Sta trasenno. (si aggiusta l’abito, i capelli, etc. e passa a sin.) E chisto che vene a ffa ’a casa mia? (fuori. Tipo di principe. Accento forestiere) Ma che razza d’albergo è mai questo? Non si vede nessuno! (verso destra) (cerimoniosa) Signor Principe. (inchinandosi)

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

Kuratieff Filomena Kuratieff Filomena Kuratieff Felice Kuratieff Felice Kuratieff Felice Kuratieff

Felice Filomena Felice Kuratieff Felice Kuratieff Filomena Kuratieff Filomena

Kuratieff Felice Kuratieff

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(sorpreso) Oh!... La signora Fimolena. (ridendo) No!...Filo...Filomena. Oh! Sicuro...Filomena. (strette di mano) Voi stare qui? Sicuro. E quel signore chi essere?...Io ricordare quella fisionomia... dove avere visto voi? Come chiamare? Felice Sciosciammocca. Sciosciammocca?...Allora essere voi albergatore? Come? Essere voi proprietario questo albergo? Quale albergo? Questo. Dove ha dormito vostra figlia (a Filomena) Io avere ricevuto questa lettera a l’Hotel (caccia una lettera e legge) “Sono in casa di Felice Sciosciammocca, dove ho dormito questa notte, al Corso V. Emanuele n.35. Venite a prendermi e portatemi un vestito tailleur. Un bacio. Luisa” (baciando la lettera) Cara! Cara! Cara! (Uh! Puozze sculà, và! (a Filomena piano) Distratta ha fatto l’indirizzo d’ ’o princepe ncopp’ ’a lettera vosta.) (Ah!...E chillo perciò è venuto.) (Fra sé) (E ncopp’ ’a lettera d’ ’o princepe ha fatto l’indirizzo d’ ’a mamma. Vedete che pasticcio.) Dunque, se Luisa ha dormito in casa vostra vuol dire che questo essere un albergo? Ma no, signore, questo è un equivoco, questo non è un albergo... Essere allora camere mobigliate? Già ...proprio così. (fa segni a Felice) E lui è il padrone di casa. Ah! Bene. Non piacere vostra casa. Questa camera non essere elegante. Perchè avere dormito qui? (a Filomena) (imbarazzata) E...perchè...a casa nostra si stanno facendo certi accomodi … stanno rinnovando tutto l’appartamento... e per non sentire quella puzza di pittura... quella vernice, capite, ce ne siamo venuti qua ieri sera. Ah! Capito. E vostra figlia dov’è? Sta dentro, ma non credo che può uscire...non credo che potrà venire... Fare silenzio, voi patrone, non avere domandato a voi, andate per i fatti vostri. (a Filomena) Chiamare, chiamare,

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Filomena Kuratieff Filomena Kuratieff Filomena

TEATRO (1910-1920)

bella Luisa. Io avere portato a lei questo piccolo ricordo. (caccia un astuccio per anello) Guardare. (l’apre) Ah! Bello. E questo per voi. (caccia un altro astuccio con un altro anello) Per me?...Uh!...Grazie, Monzù, siete troppo gentile. (prende l’astuccio, poi chiamando) Luisè...Luisè...vieni qua, vieni a vedere il Principe che t’ha portato. (a Felice che fa dei gesti per chiamare Filomena) Ma cosa volere voi, signor Scocciammosca!...Andare via. Lasciare soli noi. Eccola qua, eccola qua. Scena settima Luisa e detti

Luisella Kuratieff Felice Filomena Felice Filomena Luisella Filomena Kuratieff Luisella Filomena Luisella Kuratieff Luisella Kuratieff

(fuori. Ha indossato un accappatoio da bagno) Oh! Signor Principe. (strette di mano) Stavo facendo il bagno...scusate come mi presento... Oh!...Ma niente. Stare benissimo molto così. Anzi, se volere levare questo, mi fare molto assai più ancora piacere. (allude all’accappatoio che ha indossato Luisella) (’O ccapisco.) Nonsignore, Monzù, nun sta bene po. Accomodatevi. (seggono) (Uh!...Mamma mia, chella ’o fa assettà. Ccà si vene D.Achille ce spara a tutte ’e quatte!) (mostrando il dito con l’anello) Guarda, Luisè, guarda che m’ha portato il principe. Oh!...Veramente bello. Nun nce penzà, non c’è che dire...subito si vede il signore! E a voi, questo. (dà l’astuccio a Luisa) (aprendolo) Ah!...Questo poi è più bello. Comme luce... Questo me lo regalate a me? Per sempre è vero?...Io nun v’ ’o dò più, sa! E ma se capisce, te lo dà per sempre. Alle volte fa certe domande così stupide questa ragazza. .. Grazie, signor Principe, siete veramente gentile. Oh! Niente … piccola cosa... E avete ricevuto la mia lettera? Sicuro, e a momenti verrà mio segretario, Corcatell e portare vestito tailleur, come voi avete scritto. Ho detto di

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

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portarne tre o quattro, perchè vostra misura io poi non conoscere. Luisella Ma...scusate...voi vi sbagliate...Cosa vi ho scritto io? Kuratieff Di venire a prendervi e portare vestito tailleur. Ecco la vostra lettera. (la dà) Luisella (scorrendo la lettera con gli occhi) Ma no signor Principe...è stato uno sbaglio, io questa lettera l’ho scritta a mia madre. Kuratieff Come? A vostra madre?...Se è diretta a me (dando la busta) Luisella (legge sulla busta) E che mbruoglio è chisto? (guardando Felice) Filomena Ma quando tu non pensi mai a quello che fai! Distratta hai fatto l’indirizzo d’ ’o Princepe ncopp’ ’a lettera mia!... Luisella Ah! Ecco. (E allora ’a lettera d’ ’o Princepe è ghiuta addò mammà!) Signor Principe, è stato uno sbaglio d’indirizzo... Kuratieff Uno sbaglio?...(che da principio si è mostrato incredulo) Non mi pare.(poi come colpito da un’idea ( Ah! Capito! (guarda Felice, poi piano a Filomena) Non volete far sentire al patrone?...Oh! Avete ragione...Scusate...(poi forte a Felice) A voi, ...ma volete andare via, sì o no? La signorina ha fittato ma pagare io tutto, e sono io per ora patrone della camera. Andate. Se abbiamo bisogno di voi, chiameremo. Felice Ma io volevo... Kuratieff Andate, dico! Scena ottava Corcatell, Giacomino, fattorino e detti Corcatell (di d°) Ma finiscila...imbecille... Giacomino (di d°) Ma scusate, vuje ve mpezzate e zitto! Se po’ sapè chi siete? Corcatell (c.s.) Persona del Principe Kuratieff. Kuratieff Oh! ...Ecco mio segretario. (a Felice) Fate passare subito. Felice Ma ecco qua, io … Kuratieff Fare subito passare mio segretario. (forte) Felice Eccomi. (va in fondo) Avanti, avanti, fa passare il signore. Corcatell (entrando) Buongiorno. (poi parlando nell’interno) Venire anche voi. (entra un fattorino con grande scatola in mano) Kuratieff Avere portato abiti, Corcatell?

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TEATRO (1910-1920)

Corcatell Sicuro, tutto quello che ho potuto trovaro. Prendere cappello...(si toglie il cappello e lo dà a Felice che lo guarda senza muoversi) Kuratieff (a Felice) Prendete cappello del signore, a chi aspettate?... (Felice macchinalmente lo prende e lo mette sulla sedia, con lazzi) Corcatell (al fattorino) Metteto qui e andato, poteto riprenderlo più tardo. (il fattorino lascia la scatola e via) Me ne hanno dato parecchi a condiziono. Kuratieff Benissimo. (a Luisa) Volere vedere, signorina? Volere provare quale stare più bene? Luisella Ma veramente, tanto fastidio... Kuratieff Oh! Niente, nessun fastidio... Filomena E andiamo dentro allora, Luisè piglia tu ’a scatola. (Luisella fa per prenderla) Kuratieff Oh! No!...Voi no!...(gentilissimo, poi a Felice) A voi, portare dentro quella scatola, subito. (Felice guarda le due donne con gesti d’impazienza) E quando? Felice Subito. (Mo vide si nun ’e piglio a cauce a tutte ’e dduje.) (prende la scatola ed entra nella 1a a dª poi torna) Luisella Ma Principe, io sono veramente confusa... Kuratieff Ma no, cara, è sempre niente per voi. Vestire presto presto e andare subito mio albergo, avere preparato una colezione degna di voi. (Felice ritorna) Andare, andare, fare presto. (l’accompagna fino alla porta) Luisella (Mammà, vuje avite ntiso?... E comme se fa mo?) Filomena (E zitta, mo vedimmo.) Signor Principe, permettete? (entrano) Kuratieff E voi cosa fate qui? (a Felice) Felice Niente...(impaziente) aspettavo gli ordini di vostra altezza. Kuratieff Potete andare. (guardandolo attentamente) Felice Permesso. Kuratieff Ma un momento...dove avere visto voi?...Io non ricordare più...Aspettate...Avete mai servito voi? Felice Sicuro, ho fatto il volontario un anno. Kuratieff Ma non domandare questo. Dico, avete mai servito al Grand Hotel a Parigi? Felice Io? Nonsignore. Kuratieff Allora avere confuso...C’è lì un cameriere che vi somiglia. Felice E bravo, sono proprio lusingato.

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

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Kuratieff Felice Kuratieff Felice Kuratieff Felice Kuratieff Felice Kuratieff Felice Kuratieff

Dunque, allora, questa essere la vostra casa? Debolmente. Brutta, sapete, molto brutta. Grazie tante. E cosa pagare qui?... 150 lire. La camera? No. Al mese. Ah!... Sicchè, fa cinque franchi al giorno? Sicuro. Oh! Una miseria, allora capisco, per questo prezzo non si può avere una reggia certamente. Felice Eh! Mme pare. (Oh! Ma che lle mporta a isso chesto?) Kuratieff Corcatell? (chiamando) Corcatell Principe? (Kuratieff gli parla piano. Corcatell dopo un po’ s’inchina e ritorna al suo posto) Kuratieff (a Felice) Mio segretario si occuperà di questa faccenda. Felice Quale faccenda? Kuratieff Che qui pagare cinque franchi al giorno. Felice E che lle mporta al segretario, scusate. Kuratieff Si occupa lui di queste cose. Felice Sì? (E tene tiempo ’a perdere.) Scena nona Filomena e detti poi Luisella Filomena (uscendo) Signor Principe, mia figlia a un altro poco è pronta. Kuratieff Benissimo. Avere trovato sua misura? Filomena Sissignore, pare proprio fatto per ella lo vestito. Kuratieff Bravo. Corcatell (ha cercato il portamonete nelle tasche e, trovatolo, ne estrae un napoleone e va da Felice) A voi, patrone, tenere. Felice (guarda) E che cos’è questo? Corcatell Come?...Non vedeto? Venti liro. Felice E che ne debbo fare? Corcatell Sono per l’alloggio. Felice Che alloggio? Kuratieff Mio Dio, sembrate uno stupido! Per questa camera. Felice Ma signor Principe, scusate, voi state scherzando?

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TEATRO (1910-1920)

Kuratieff Non scherzo mai con gli albergatori. Prendete il denaro e andate. Felice Ma vedete... Kuratieff Cosa volete? Mi avete detto cinque franchi, ve ne do invece venti, mi pare che basti. Corcatell Perchè vi lamentate? Felice Chi se lamenta?...Io volevo dire... Kuratieff Cosa?...La signorina ha fittato qui e io pagare. Quindi, prendete denaro e andate via. Vorreste di più? Corcatell Tenere. Felice Ma che denare, monzù, finiamola, io non voglio. Kuratieff Come? Non volere? Felice Non voglio, sì!...Per chi m’avete preso? Io non faccio certi mestieri!... Corcatell Ma che modi sono questi? Kuratieff Non alzate la voce, sapete, ricordatevi con chi avete a che fare. Filomena Abbiate pazienza Principe...quello poi non vi conosce (Corcatell fa scene con Kuratieff. Filomena va da Felice) (Stateve zitto, acconsentite...pigliateve ’e solde) Felice (Ch’aggia acconsentì, signò, nun nce seccate.) Filomena (forte) Andiamo, stateve zitto...(a Corcatell) Date a me, scusate. (prende il napoleone) Mo c’ ’e do’ io. Perdonate Principe, quello non conosce le regole dell’educazione. (si mette il napoleone in tasca e finge di darlo a Felice) A voi, tenete, e stateve zitto. Felice (E s’ ’ha miso int’ ’a borsetta) Kuratieff Sono molto scontento. Non venire mai più nella vostra casa! Mai più! Felice (Vì che dolore!) Kuratieff Potete andare adesso. (parla piano con Corcatell) Filomena (Aggiate pacienza, jatevenne nu momento fore, si no ccà chiù se mbroglia ’a matassa.) Felice (Signò, ma vuje nun avita j’ a nisciuna parte, nun ve movite ’a ccà, si no m’arrovinate.) Filomena (E se capisce. Passammo nu guaio nuje pure cu D.Achille. Mo trovo io na scusa, jatevenne. (Felice via) Corcatell (s’inchina a Kuratieff poi va da Filomena) Signora, con permesso. (strette di mano) Filomena Ve ne andate?

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

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Kuratieff Sicuro. Andare mio albergo e fare sollecitare colazione. (a Corcatell) Andare, presto, noi venire subito. (Corcatell si inchina ai due e via) Luisella (dalla 1a a dª vestita) Eccomi qua. Kuratieff Oh! Benissimo. Come stare bene. Vero, signora? Filomena Sicuro, io l’ho detto, sembra fatto proprio per ella. Kuratieff (mettendosi il cappello) Adesso fare prima una passeggiata e poi andare albergo. Vi piace fare così?... Luisella Ecco, signor Principe, … io dovevo andare prima a fare una visita... Filomena Già, un’amica nostra. Mo facciamo in questo modo, andate voi solo all’albergo e ci aspettate, noi subito veniamo. Kuratieff Perchè? Io posso benissimo accompagnarvi e aspettare in carrozza. Non preoccupare per me... io non ho nulla da fare, posso aspettare quanto volete. Filomena (E bravo!) Luisella (fra sé) (E comme se fa?) Scena decima Felice e detti poi Giacomino e Ciccio, poi don Achille. Felice Luisella Filomena Felice Filomena Felice Luisella Kuratieff Luisella Felice Kuratieff Luisella Kuratieff Luisella Filomena

(accorrendo) Neh! Neh! Neh!...Pe carità, annascunnite a stu mammozio! Sta sagliendo ’o Cumpare. D.Ciccio!... (Mo è bello, ’o bì!) Si ’o trova ccà che lle dicimmo? Ma avete visto buono? È proprio D.Ciccio? D.Ciccio, sissignore, sta saglienno. Signor Principe, scusate, nascondetevi un momento,...poi vi dirò... Ma perchè? Cosa succede? Chi essere questo D.Ciuccio? D. Ciccio! È uno che non vi deve vedere...entrate qua, entrate qua. (1a a dª) (spingendolo) Andate, andate... Stare fermo voi! Venite, Principe, venite. È uno scherzo che vogliamo fare a questo signore. Entrate. Ah! Uno scherzo? (ridendo) Sicuro, uno scherzo. Per divertirci un poco con questo amico.

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TEATRO (1910-1920)

Luisella Per farci una risata. Se vedete quanto è curioso. Kuratieff Ah! Capito adesso (ridendo) anche a me piace fare scherzi miei amici per ridere.(i quattro entrano a 1a a dª Felice è l’ultimo e chiude la porta) Giacomino (introducendo D.Ciccio) Favorite, signò, favorite. Vuje m’avita scusà si quanno site venuto poco primma nun ve voleva fa trasì, ma io po nun sapeva ch’ireve ’o cumpare d’ ’o dottore. Perdonate. Don Ciccio Va buono, grazie. Ma addò sta Felice? Giacomino Starrà llà ddinto. (1a a dª) Accomodatevi, mo v’ ’o vaco a chiammà. (di d° campanello) Uh! ’A porta. Permettete. (p.a.) Trasite, signurì, jatece vuje, site ’o cumpare. (e via pel fondo) Don Ciccio Va trova che scusa ha trovato c’ ’a mamma chillo piezzo d’assassino. Eh! Sti giovanotti!...Sì, ma io nun mme ne vaco si nun ’e vveco spusà. Ha fatto ’o guaio e deve riparare. Achille (di d°) Grazie, Giacomì, grazie, è inutile annunziarmi. Don Ciccio Chi è? Achille (fuori) Felì, buongiorno...(vedendo Ciccio) Oh! Scusi...(riconoscendolo) Uh! D. Ciccio Sarachella. Don Ciccio D. Beniamino Moscammocca. Achille Che cosa? (ricordandosi) Ah! Già...Io so Beniamino Moscammocca! Già...sicuro...E voi che fate qua? Voi dice che dovevate partire per l’America? Don Ciccio Sì, è vero, ma ho riflettuto ch’era brutto che al matrimonio del figlio di un carissimo amico mio, al matrimonio del mio compariello, non fossi stato presente. Achille (lo guarda meravigliato, poi) (Chisto che dice?) Ma scusate,...sò già spusate? Don Ciccio No, no..Ma sposeranno subito. Nun me ne parto si nun ’e vveco spusà. Achille (Oh! ’O bì ch’è venuto ’o mbruoglio! Io ’o ddiceva.) Don Ciccio E voi che fate qua? Vuje dice ch’ireve partuto, stiveve fore? Achille E che d’è, steva sempe fore? Nun turnave chiù? Ho aggiustato quell’affare del mio cliente e mme ne so tornato. Don Ciccio Ah! Ecco! E siete venuto a fare una visita al vostro futuro cugino? Achille Qua’ cugino? Don Ciccio Uh! Mamma mia!...Felice. Si se sposa a vostra cugina Luisella.

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

Achille



Ah! Già...sicuro...na volta che si sposa a mia cugina Luisella, mme vene a essere cugino pur’isso. Don Ciccio È chiaro. Achille Perchè quella Luisella m’è cugina a me. Don Ciccio ’O saccio. Achille (Vedete che mbruoglio mo succede ccà.) Ma Felice lo sa che assisterete al matrimonio? Don Ciccio Sì, sì, ce l’ho detto e n’hanno avuto nu piacere pazzo, Felice e Luisella, e fra quindici giorni l’avimma fa spusà a chilli duje. Achille Ma...vedete...non vi sembra troppo presto? So ancora giuvene tutt’ ’e dduje... Don Ciccio Eh! Lo so, ...ma ...chille hanna spusà ambressa, D.Beniamì! Va bene che Feliciello è nu galantuomo e non sarebbe capace di commettere una cosa disonesta, ma, capirete, ’a capa ’e ll’ommo è nu sfuoglio ’e cepolla...e po essere che... (un po’ imbarazzato, poi si risolve) Insomma, D.Beniamì, io parlo con uno della famiglia, parlo col cugino, no cu n’estraneo, ...e mi dovete promettere di non fare un chiasso e di non rimproverare quei due giovani. Achille (che non capisce) Ma pecchè? Ch’è stato? Dite. Don Ciccio (confidenziale) Ccà ’e guagliune hann’ ’a spusà pe forza mo, chille se so troppo nfucate, chille ’e giovinotte...già hanno fatto ’o guaio e...già se la intendono fra di loro!... Ecco tutto. Poco primma quanno so arrivato, aggio trovata a essa llà, cuccata dint’ ’a chillo lietto e ...hanno trovata ’a scusa che teneva delore ’e stommaco. Ma io, capirete, so volpa vecchia e aggio addorato subeto che era na scusa. Po Feliciello mme l’ha pure confessato, e ritenete che isso mo ha da fa chello che dico io, si no so guaje!...(Achille verso la metà della battuta, sentendo con attenzione, ha spalancato gli occhi e avvicinandosi comicamente a Cicco, lo prende pel colletto) Uh! Mamma mia! E che lle sta venenno a chisto?... Achille Tu che arma ’e mammeta staje dicenno? Luisella steva cuccata dinto a chillo lietto?...E guagliune già se l’intendevano fra di loro? E quel pezzo di porco te l’ha confessato? Don Ciccio Sissignore. Achille Bravo!...Ma addò sta? Addò è ghiuto? Amico falso e traditore! Comme?...Io parto, lle dico statte attiento a Luisella, e chillo me combina questo servizio?...(agitatissimo)

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TEATRO (1910-1920)

Don Ciccio Ma D.Beniamì, sentite, calmatevi... Achille Che D.Beniamino mme vaje ammaccanno! Io si ’o trovo l’aggia dà cierti cauce proprio comme dico io! Don Ciccio Ma D.Beniamì, vedete, chillo ’o cumpariello... Achille È nu traditore! A me nun mme l’aveva fa chesto. Ma io mi vendico però! Don Ciccio Capisco, nun hanno fatto na bella cosa tutt’ ’e dduje, e voi, come cugino, avete ragione di fare questo, ma io vi assicuro che Feliciello la sposerà al più presto possibile. Sono io che ce lo impongo e vi ripeto che tanno mme ne vaco quanno tutto è fatto e so spusate. Achille Quanno so spusate?...(ripigliandolo pel colletto) Quanno so spusate?...(Poi, come chi prende una decisione colpito da un’idea) (Ah! Che bell’idea pe mme vendicà!) (a Ciccio) Signore, avanti, quand’è che sposeranno? Don Ciccio Ma subito, fra quindici giorni. Achille Mi date la vostra parola? (stende la mano) Don Ciccio Sul mio onore. (stretta di mano) Achille Benissimo! (e questa sarà la mia vendetta!..S’ ’ha da spusà isso mo! S’ ’ha da spusà overamente!) Voi mi perdonerete se ho alzata un po’ la voce, se ho trasceso...ma non m’aspettavo questa notizia. (a denti stretti) Il colpo è stato troppo forte! Don Ciccio È giusto, avete ragione! Però, mo ch’è vvedite, nun ’e murtificate, facite vedè che nun sapite niente...so giuvene, e la gioventù fa commettere qualche errore. Achille Si capisce. Don Ciccio Chille hanno ditto che nun ’o fanno chiù.(vedendo aprire la porta 1a a destra) Ah! ’e vvedite ccà, stanno ascenno. Scena undicesima Felice e detti, poi Luisella e Filomena Felice

Achille Luisella

(uscendo) Oh! Compà, voi già siete venuto? (vedendo Achille, grande sorpresa e spavento) (Ah!!! D.Achille!!!) (andando a lui cercando d’assumere un’aria allegra) D.Beniamino bello!...Voi state qua? Sì!...Sto qua!...(strette di mano) (uscendo) (D.Achille!!! (subito) Mammà, D.Achille!!) (sorpresa e spavento)

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

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Mia cara Luisella!...(strette di mano) (mostrandosi allegra) Oh!...Vuje già site tornato?...Che piacere. (l’abbraccia) Achille (abbracciandola, fra sé) (Svergognata!) Felice E vuje dice che aviveva sta dieci giorni a Milano? Achille Mme sò spicciato primma e mme ne sò venuto. Vuje nun m’aspettavate, è ovè? Felice No! È stata proprio una bella sorpresa. Filomena E ch’avite fatto? Nun ve site cuccato cchiù? Achille No. Aggio voluto venì primma a salutà a Felice, a questo caro amico mio e ringraziarlo ’e tutto chello c’ha fatto a mia cugina. Pecchè io quanno partette mme raccomannaje a isso, lle dicette: Statte attiento a Luisella!...È vero? (con rabbia repressa) Felice Ma che ringraziare...io non ho fatto che il mio dovere di amico sincero. Achille Ed io te ne sarò riconoscente! Nu servizio ’e chisto si nun t’ ’o fa n’amico sincero chi t’ha da fa? (Grandissimo traditore) Oh! Ma comme va po che Luisella sta ccà? (a Luisella) Nun si ghiuta chiù ’o bagno?... Felice Sì, c’è andata e po se n’è venuta nu poco ccà, addò me. Filomena Già, io po so ghiuta ’o bagno, nun l’aggio trovata e so venuta ccà. Achille E vai cammenanno tu sola? Lo sai che mme secca. Luisella (ingenua) Ma io m’ho presa ’a carrozzella. Achille Ah! T’hê pigliata ’a carrozzella? E allora va bene, nun t’ha potuto disturbà nisciuno! Don Ciccio Ma certo. E po chieste so paise cujete, non c’è paura. Voglio sperare che anche voi mi farete l’onore di venire a pranzo da me. Felice Ha invitato a tutte quante. Achille Oh! L’onore sarà tutto nostro, allora. Don Ciccio Oh! Prego, tutto mio. Allora io vaco a ordinà ’o pranzo all’albergo. Felice Bravo, e aspettatece llà che nuje mo venimmo. Don Ciccio Benissimo. Vogliamo stare allegramente, vogliamo brindare alla salute degli sposi! Permettete. (via) Filomena (E comme se fa c’ ’o Princepe?) Felice D.Achì, avete inteso? Vuol brindare alla salute degli sposi. Achille (facendo l’ingenuo) Ma ch’ha fatto, è tornato? Achille Luisella

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TEATRO (1910-1920)

È tornato e vo assistere al matrimonio. Tu che dice? E comme se fa mo?...Io t’ ’o ddiceva che succedeva ’o mbruoglio. Filomena E che scusa se trova? Felice Comme s’arrepara mo ccà?...D.Achì, non m’abbandonate, truvammo na mbroglia nzieme, qualche finzione...pensammo qualche cosa, na trovata, pe scanzà na cauciata e nu perdere 300mila lire. Achille (che durante questa battuta ha finto di riflettere sul da farsi) Statte! L’ho trovata!...Isso ch’ha ditto che vo assistere al matrimonio? Filomena Felice Già! Luisella Achille E noi lo faremo assistere! Felice Neh?...E mm’ ’a sposo overamente? Achille Ma no...sarà un finto matrimonio. Penzo a io tutto. Felice (E chesto ce mancava!) Achille T’ ’a spusave overamente?...Io m’aggia spusa io ’a fine ’o mese...Mme parene mill’anne...(sempre con rabbia repressa) Non vedo l’ora di chiamarla mugliarella mia cara cara!.. Felice Embè e allora? Achille Ecco qua. È na penzata splendida ch’aggio fatto. (guarda intorno) Noi, nzieme cu D. Ciccio, andremo alla Chiesa e al Municipio, darete parola e si faranno le pubblicazioni. Felice Aspettate...le pubblicazioni vere? Achille Vere, se capisce. Sono formalità che non rendono il matrimonio obbligatorio. ’O cumpare cu chesto che faje resterà convinto, nun po’ j’ a nisciuna idea ’e quacche mbroglia. Quando è il giorno del matrimonio, io so consigliere, te pare, faccio chello che voglio io ncopp’ ’o Municipio, quando è il giorno del matrimonio, io mme combino a tutte gl’ impiegati, saranno tutti d’accordo, a uno ’o metto assettato ’o tavolino e diremo che è il vicesindaco. Avviserò a tutti pure ’o parrocchiano che è una finzione, che è uno scherzo, sì, ma che s’ha da fa naturale e tutto in regola comme si fosse overo. E allora nnanze a gl’invitati, e nnanze ’o cumpare stesso sposerai la signorina Luisa qui presente coperta di fiori d’arancio!...Quanno tutto è fatto, pigliammo carte, documenti ecc. e stracciammo tutte cose. ⏟

Felice Achille

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

Tutti Felice Luisella Felice Achille Felice Achille

Felice Luisella Achille Felice Achille I tre Felice

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Comme ve pare? Mo voglio j’ ’o Municipio p’avvisà a tutte quante. (di d° campanello) Benissimo! Magnifica!...E già, chillo è consigliere, fa chello che vo isso llà ncoppa. E allora tutto è salvo! D.Achì, dateme n’abbraccio, voi siete un vero amico! Comme a tte! Comme a tte! Tale e quale!! È stata un’idea sublime che v’è venuta. Ho paura solo che gli impiegati, quel tale che si finge vice sinnaco, s’avessena mettere a ridere, sapenno ch’è nu scherzo... Ma che...quanno ce l’aggio avvisato io ch’hanna sta serie serie, indifferenti, comme si fosse nu vero matrimonio, nun te mettere paura che ’o ffanno. Quanno è ddoppo lle regale na cosa a tutte quante... Ma se capisce, lle dono chello che vonno lloro. Oh! Ma aspettate, pe fa sta finzione, ’a sera io nun pozzo cantà cchiù mo. No! E se capisce!...Chillo nun l’ha da mai sapè che si canzonettista. E comme se fa? Vado a parlare io con l’impresario e te faccio dà na 15a ’e juorne ’e riposo. Benissimo!! Bravo D.Achille!

Scena dodicesima Giacomino e detti, poi Kuratieff. Poi di nuovo Giacomino poi Margherita Giacomino La signora Margherita Dolcini. Felice Uh! ’A vecchia!...’A vecchia!...Chesta a chi vo ammoscià mo? A chi vo seccà? Achille Ma pecchè che bo? Felice ’O sacc’io che bò!!...Aspettate, mo n’ ’a manno lesto lesto, mo mme cocco, lle dico ch’aggio studiato tutt’ ’a nuttata e voglio durmì fino a stasera. Vuje jatevenne nu momento dint’ ’a cucina e chiuditeve dinto. Jate, jate. (Achille, Filomena e Luisa viano pel fondo lato sinistro) Giacomì va fore e di ch’aggio studiato fino ’e quatte ’e stanotte, trattienela nu poco e po ’a faje trasì.

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TEATRO (1910-1920)

Giacomino (ridendo) Va bene. (via) Kuratieff (uscendo. Ha in mano il teschio che ha portato Felice in camera. Caccia prima la testa dalla tenda) Psss! Psss!...Albergatore? Felice (All’arma ’e mammeta!) Comandi? Kuratieff È andato via D.Ciuccio? Felice No ancora, Monzù, sta dentro. Entrate, chillo mo viene qua... Kuratieff Io avere immaginato un bello scherzo per lui. Felice Va bene, po se ne parla, entrate. Kuratieff Aspettate. (viene fuori) Mi dite cosa essere questo? (mostra il teschio) Perchè tenere questo voi in casa? Felice Posate llà, monzù...Lo tengo per buon augurio...capite. Entrate. Kuratieff Ah! Porte bonheur? Felice Sicuro. Porte-bonheur...Ah! Zitto, eccolo qua. Entrate. Kuratieff D.Ciuccio? Felice Sì. (lo spinge. Kuratieff entra) Puozze sculà. (corre alla finestra la chiude, le porte e si corica. La scena si oscura) Giacomino (entra a tentoni) Zitto zitto, signò...chillo ha ditto che nun vuleva essere disturbato...che l’aveva fa durmì fino a stasera all’otto. Mme facite avè na cancariata. Margherita (che lo seguiva a testoni) Ma no...stà sicuro... quanno sape che songh’io nun te dice niente. Vattenne tu, mo m’ ’o vveco io, ’o sceto io chiano chiano...Lle voglio dà nu vasillo proprio mmocca!...(graziosa) Giacomino (Ppuh!...Pe la faccia ’e mammeta! Mo ’a vommeco ncuollo!) Allora v’ ’o vvedite vuje? Io nun ne voglio sapè niente. Margherita Vattenne. Giacomino Permettete. (via ridendo) Margherita (a tentoni s’avvicina al letto cercando con la mano la testa di Felice) Felì...Feliciello mio...Eccola qua quella testa adorata! Felice (fingendo di svegliarsi allora) Chi è?...Chi è che mi carezza?... Margherita (con tono dolcissimo, appassionato) Sono io, sono io! Amore mio santo! Vita dell’anima mia! Felice (imitandola nel tono di voce) Oh! Quale dolcezza!...Quale tenerezza. Quanta armonia in quella voce! Sei tu Margaretella mia? Margherita (carezzandolo) Sì, sono io.

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

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Felice Ah!... Aspetta. Margherita Uh!...Te so ghiuto c’ ’o dito dint’ ’a ll’uocchio? Felice (c.s.) No! Amore! Mme si ghiuto nfaccio ’o naso. Margherita Scusa. Ccà nun se vede. Mo appiccio ’a lampa. Comme te fide ’e durmì ’o scuro. (ha cercato l’interruttore ch’è al muro sul comodino e accende la luce. La scena si illumina un po’.) Ah! Così va bene. (siede vicino al letto) Ma comme, a chest’ora duorme ancora? Felice Mme so cuccato tarde, sai, ho studiato tutta la notte, si sapisse che nottata... Margherita E si sapisse ’a nottata ch’aggio fatta io!...M’aggio sunnato n’ata vota a bon’anema ’e mariteme. Pare che s’è accostato vicino ’o lietto, sicco, sicco, tutte ll’osse ’a fore, nu lenzulo ncuollo! Figurate! Mme so scetata cchiù morta che viva!...M’aggia avuta sosere, pecchè jeva pe chiudere nu poco ll’uocchie e m’ ’a vedevo nnanze n’ata vota! Che nottata! M’ ’o vedevo sempe ’a dereto pe tutt’ ’a casa! Che impressione! Che impressione! Scena tredicesima Kuratieff e detti poi Giacomino, Luisella, Filomena e Achille. Kuratieff (uscendo. Ha messo il teschio in testa e si è coperto tutto con lenzuolo da bagno, come in concerto. In mano, di sotto, ha la tromba dell’automobile e uscendo farà sentire il suo suono basso e prolungato. Cammina diritto come un palo e adagio.) Margherita (che ancora non lo vede) Neh? Felì...chi è? Che d’è sta voce?...Ll’hê ntiso? Felice Sicuro. (Kuratieff suona la tromba) Margherita (voltandosi) Ah!...Mamma mia!...Felì...Ll’ombra ’e mariteme. Ah! (gridando) Felice All’arma toia! Chi è? (appaurato scende ed apre la finestra. Tutta la luce. Kuratieff continua a suonare e passa a sinistra) Margherita Aiuto!...Aiuto!... Felice Giacomì...(salta di nuovo sul letto) Giacomì...(suonando il campanello sul comodino) Giacomino (accorrendo) Ch’è stato?...(vedendo Kuratieff) Ah! Mamma bella! Chi è? (salta sul letto e si nasconde dietro Felice. Kuratieff continua a suonare) Luisella (accorrendo) Che d’è neh? (vede Kuratieff) Ah!...(con un grido)

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TEATRO (1910-1920)

Filomena (c.s.) Ch’è stato?...(vede Kuratieff) Mamma mia!!... Achille (c.s.) Ch’è succieso? (vede Kuratieff) Eh!!...(spaventato salta sul letto. Margherita gridando sviene sulla sedia e salta comicamente) Felice Aspettate! Chillo sarrà ’o Princepe!... Kuratieff (scoprendosi) Io proprio!...(ridendo) Tutti (meno Margherita) ’O Principe?!!!! (i tre scendono dal letto) Luisella Ma perchè avete fatto questo? Kuratieff Per fare uno scherzo a D.Ciuccio! Essere questo forse D.Ciuccio? (mostrando Achille) Achille Io? Kuratieff Voi? Piacere fatto vostra conoscenza!! (scoppia in una rumorosa risata) Tutti All’arma ’e mammeta!!! (Margherita sempre svenuta salta e grida comicamente). Fine del 2° atto.

Atto 3° Un salottino in casa di Felice. Porta in fondo a due battenti con chiave al di fuori. In fondo a sinistra un pianoforte, in angolo accanto, al lato destro, presso la porta in fondo, un’etagere con carte di musica. Sediolino davanti al piano. In fondo a destra una mensola dorata con sopra statuette, vasi, fotografie, etc. finestra a 1a quinta a destra. A 2a quinta camino con specchio al disopra e orologio, e davanti due poltroncine. A 1a quinta a sinistra porta con chiave. Un tavolo ovale sul davanti a sinistra, con tappeto, e due poltroncine ai lati. Quadri alle pareti vuote. Altre poltroncine e sedie di vienna. Alle porte tende di stoffa; alla finestra tenda di merletto. Qualche altro mobile completa l’arredamento. Scena prima Felice, Luisella, Filomena, don Errico, don Ciccio, Achille, Margherita, Giacomino (di d°) Vivano gli sposi!...Evviva!... (dal fondo, in frak, portando al braccio Luisella) Grazie, grazie. Luisella (in abito da sposa) Grazie, grazie. Don Ciccio Adesso bisogna augurare salute e figli maschi. Eh! Nu pare ’e cumparielle mm’avita combinà. (ridendo) Filomena (vestita goffamente con eleganza caricata) E stateve zitto, ’a facite mettere scuorno. Benedetta figlia mia, benedetta. (gesto analogo con la mano) Luisella (Io nun mme fido cchiù, io mo moro d’ ’a risa!) Felice (Zitta! Ca chillo se n’addona!) Margherita Ma guardate, guardate che bella coppia. Errico Simpatiche e aggraziate tutte ’e dduje. Don Ciccio E over’è. (Giacomino è in fondo ed assiste intontito) Achille (a Felice) Adesso puoi essere contento...sei finalmente il marito di Luisella!... (marcato) E abbracciateve, chesto che cos’è!... Tutti Felice



TEATRO (1910-1920)

Moglie mia! (abbracciando Luisa) Marito mio caro caro. (abbracciando Felice) Bravo! Così!...Mo non te sento cchiù lagnà, sei finalmente ricco. Don Ciccio E padrone di 300mila lire! Errico Ah! Bravo! Margherita Che bella cosa, che bella cosa! (battendo le mani) Don Ciccio (guardandola) (Felì, ma chi è sta vecchia che s’ammuina tanto?) Felice (non sapendo cosa dire) (È...un’amica di Dª Filomena, di mia suocera.) Errico Neh, compariè, e addò avite stabilito che ve ne jate, dove passerete la luna di miele? Felice A Sorrento. Ce ne jammo na quindicina di giorni llà e po’ tornammo. Errico Benissimo! Felice Ma disgraziatamente quando torniamo non troveremo il mio caro compare. Se ne parte, capite, torna in America. Errico Ah! Partite? Quando? Don Ciccio Eh! Forse subito, oggi stesso. Aspetto all’albergo nu telegramma d’ ’o socio mio, se mi dice di partire, nun c’è che fa, mme n’aggia j’. Mme so trattenuto quase vinte juorne ccà e non si possono trascurare più gli affari. Mo mme vaco a acconcià ’a balicia all’albergo e torno. Compà, m’accompagnate? Errico Con piacere. Don Ciccio Voglio avere la fortuna di offrirvi dei sigari avana che nun avite fumato ancora. Errico Troppo gentile, perchè questo incomodo... Don Ciccio Sicuro, incomodo...È un dovere...Voi siete il compare di matrimonio...embè? Va jammoncenne. Commarè, permetti. Mo ce vedimmo, hê capito. Ma quanto è carella! Guardate llà, chella vucchella è na cerasella!...Benedetta, benedetta! Beneditte tutt’ ’e dduje, tutt’ ’e dduje! Permettete. Nuje mo venimmo. Prego, compà. (fa passare prima Errico ed egli esce dopo. Appena scomparso tutti scoppiano in una grande risata) Tutti (meno Giacomino) Ah! Ah! Ah! Felice (ridendo) Moglie mia! Luisella Mio caro marito! (ridendo) Felice Luisella Achille

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

Felice



Povero compare, s’ ’ha creduto, avimmo fatto ’o colpo. (vedendo Giacomino) Vide a chillo comme è rimasto, mme pare nu scemo. E se capisce, chillo nun sape ’o fatto!... (ridendo) Se crede che io mme so nzurato, che mm’ ’aggio spusata overamente a Luisella. Achille (E overamente te l’hê spusata. Traditore che sei!) Giacomino Ma pecchè nun site spusate overamente? Felice Addò! Chella è na finzione. Po te conto. Giacomino Ah! Io voleva dicere... (via) Achille Mo sì contento, che? Felice Contentissimo! Raggiante! Ma come è riuscito bene tutto, è ovè? Filomena Ah! Sentite, chillo pareva nu matrimonio overo. Ognuno se sarria ingannato. Margherita E chillo che s’è finto ’o vice sindaco, aviste visto comme steva serio isso, dignitoso, senza se movere, senza ridere neanche nu pucurillo, niente. Luisella E ’o segretario, gli uscieri, tutte tome tome, serie serie... Ah! Ah! Ah!... Achille E ma io ce l’aveva avvisato io, ve pare. E ’o prevete?... Avete visto con che naturalezza con che serietà ha fatto tutte cosa?... Luisella Comme! (ridendo) Felice E quanno ’o vice sinnaco m’ha spiato: signor Felice Sciosciammocca, accettate per legittima moglie la signorina Luisa Carota? Sì! Aggio ditto io. Sott’ ’o colpo! Ah! Ah! Ah!... Luisella E io pure: Signorina Luisa Carota accettate per legittimo marito il signor Felice Sciosciammocca? Sì! Immediatamente. (ridendo) Ah! Ah! Ah!... Felice Pò nc’ha fatto il discorso, augurandoci salute e figli maschi!...Io ’o steva sbruffanno nfaccia! Nun mme poteva tenè cchiù ’a risa. A vedè a chillo serio serio...Ma chi è chillo? Tene na bella faccia tosta. (ridendo) Achille Quello è Pasqualino, n’usciere, nu pazzaglione, nu spassuso, che nun c’è ’o simile. Felice Ah! Ma chillo è un artista sapete, nun se poteva portà meglio. D.Achì, io vi sarò grato fino alla morte pe chesto che m’avite fatto. È stato proprio uno scherzo bellissimo. Achille Dì ’a verità.



Felice

TEATRO (1910-1920)

Oh!!...Nun se puteva immaginà nu scherzo chiù bello pe fa credere a ’o cumpare che il mio matrimonio è vero. Achille Sì, ma mo nce sta n’ato scherzo, cchiù bello ’e chisto. Felice Che scherzo? Achille (diventando serio e fissandolo) Quello d’aver fatto credere a te che il matrimonio era falso!... Felice (pausa) Come s’intende? Non ho capito! Achille Ll’ hê creduto tu che ’o matrimonio era na finzione, ma invece a Luisella, te l’ hê spusata overamente! Felice (sorpreso) Chi? Achille Tu! Tu! Tu! Grandissimo traditore! Margherita Voi che state dicenno? Achille La verità. Tutto chello che tu hê creduto ch’era na pazzia, è stato tutto overo!...Llà nisciuno pazziava, caro mio!...E chillo tale nun era Pascalino l’usciere, ma era il vice sindaco in persona, lui proprio! Felice Voi che dite? Ma vuje state pazzianno? Voi volete continuare lo scherzo. Achille Scherzo sì! Scherzo sì! Voi siete marito e moglie in tutta regola! Margherita Uh! Mamma mia! Vuje mo mme facite venì na cosa! Voi veramente dite? Achille Veramente, signò, chiste so marito e mugliera! Felice E pecchè avite fatto chesto? Achille Perchè?...(guardando Margherita) Po parlammo! Poi te lo dirò! (Mo stà chesta nnanze, faccio na brutta figura) (fra sé) Luisella Ma nun ’o vedite che chillo sta pazzianno. Filomena D.Achì, fernitela. Achille Sto pazzianno?...Iateve a nformà ncopp’ ’o Municipio e po vedite si sto pazzianno. Margherita E ci vado io sul Municipio! (emozionatissima) Voglio andare a domandare io. (ad Achille) Vuje però v’avita rimmanè ccà, aggia j’ io sola, e saccio io cu chi aggia parlà per sapere la verità. A voi non vi credo. Vuje dicisteve che v’ ’aviveva spusà vuje a Luisella. Achille Ah! Na vota! Ma adesso ci ho rinunziato cara signora. Adesso il marito è lui! Margherita Uh! Stateve zitto, mo mme facite venì sette convulsione. E io dovrei rinunziare a Feliciello? Ah! Non è possibile! No! Non vi credo!...Che scopo avevate ’e fa chesto?

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

Achille



Che scopo? Per vendicarmi! Chille so dduje puorce, tutt’ ’e dduje! Felice Io? Luisella Oh! Filomena Oh! D.Achì, badate comme parlate. Achille Tu statte zitta tu, si no m’ ’a sconto cu ttico. Andate, signò, andate a domandare al Municipio. Margherita Mo proprio vaco. E si è overo faccio revotà ’o paese, io faccio revotà ’o Municipio. Perchè non posso lasciare il mio Felice! È impossibile! Io mi uccido! Io faccio cose ’e pazze! Cos’ ’e pazze! (via pel fondo) Felice D.Achì, ma se po sapè pecchè avite fatto chesto? Che cos’è questa vendetta? Achille (viene avanti e lo prende per il colletto) Grandissimo svergognato, traditore, amico falso che sei. (lo spinge) È così che rispetti l’amicizia?...Che faceva la signorina Luisella vinte juorne fa dint’ ’o lietto tujo?...Ah? Felice (avvilito) (Ah!!!) Luisella (avvilita) (Mamma mia!) Achille Rispunne? Filomena A chi? Vuje che state dicenno? Achille Zitta voi! Con voi po parlammo! M’aggia fa venì ’e capille mmane! T’aggia rimmanè scocciata! Diciste ch’era juta ’o bagno, è ovè? Filomena E chella accossì mme dicette. Achille E invece steva ccà, in casa di questo bel galantuomo, cuccata dint’ ’o lietto suio. (a Felice) E non me lo puoi negare sa, pecchè ’a vedette ’o cumpare D.Ciccio, e isso m’ ’o dicette. Felice (Pozza sculà!!) Achille Io t’avarria potuto sfidà, t’avarria saputo dà nu fioretto dint’ ’a panza, ma no, nun sarria stata na bella vendetta... Luisella steva cuccata dint’ ’o lietto tuio?...E ci seguiterà a stare!...È tua moglie e nessuno te lo può impedire. Felice Ma D.Achì, sentite... Achille (calmo) A rivederci, cari miei. Ci vedremo più tardi per augurarvi buon viaggio e buona fortuna. Felice Ma voi dovete sapere... Achille (calmo) A più tardi, miei cari, a più tardi. (via) Felice Ma sentite, D.Achì....(viene avanti) Neh! Donna Filomè, e nuje mo ccà che combinammo io e chesta?



TEATRO (1910-1920)

Luisella Felice

Ma nun ve ne incarricate, chillo sta pazzianno. No! Chillo nun sta pazzianno Luisè. Ccà ’o fatto è overo. Llà ncopp’ ’o Municipio stevano troppo serie tutte quante, non era possibile che ’o ffacevene apposta. Chillo non ha ditto niente a nisciuno, nc’ha fatto spusà in tutta regola. Pe se vendicà cu mmico m’ha fatto chisto guaio. Filomena Oh! Ma scusate, io po nun nc’ ’o veco tutto ’o guaio che v’ha fatto. Si è overo, che fa che v’ ’avite spusata vuje? Che d’è ca Luisella v’è mugliera? Felice A chi signò, io ve faccio pazza! Jate a arrecchì a n’ato vuje e a figlia vosta! Luisella (scattando) Oh!...Ma pe sapè, vuje pe chi m’avite pigliata a me? Tanto onore potite ricevere. Filomena Mia figlia è un’artista e una racazza aunesta! Avete capito? Scena seconda Giacomino e detti poi usciere Giacomino Dottò, st’ommo va trovanno a buje. Felice Chi è? Giacomino Trase bell’ò. Usciere (dal fondo. Berretto con friso) Grazie. Felice Che volete? Chi siete? Usciere Signor dottore...io sono l’usciere del Municipio...scusate se ve so venuto a disturbà...ma vuje forse mmiezo ’ammoina d’ ’o matrimonio nun c’avite abbadato...a tutte quante avite regalato e a me no. Se credete...nuje accossì campammo, capite. E po, io so stat’io ch’aggia fattto tutte cose, io aggio portato carte, registre, so ghiuto, so venuto, nun aggia avè niente? Felice (guardandolo attentamente) Ma...tu parle d’ ’o matrimonio mio con la signorina? Usciere Sissignore. E puzzate aunnà ’e bene tutt’ ’e dduje pe mill’anne!...Pe mill’anne! V’avite spusato overo na pupatella, signò. Felice (preoccupato, poi sorridendo) Ma guardate...guardate come lo fa naturale...vedete che figlio de ndrocchia è quello llà... Vo fa ancora ’a finzione, ’o vì. Ma mo è inutile, mo ’o cumpare nun nce stà... Usciere Qua’ finzione, signorì?

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

Felice Usciere Felice

Usciere Felice Usciere Felice Usciere Felice Luisella Usciere Luisella Usciere Felice Usciere Felice

Luisella Felice



’O scherzo ch’avimmo fatto tutte quante ncopp’ ’o municipio. E qua’ scherzo? E guardate, e vedete si ’a fenesce...’O scherzo ch’avimmo fatto a ’o cumpare. L’avimmo fatto credere che io mme spusava ’a signorina. (fingendo di ridere) È stato proprio nu bello scherzo. Signurì, jatevenne...qua’ scherzo? Qua’ finzione? ’O signore se vo spassà cu mmico ’o vì!...Vuje site spusate overamente, llà stanno tutt’ ’e ccarte in regola. (preoccupatissimo) Ah!...’E ccarte so tutte in regola? ’O matrimonio è stato fatto overo insomma, tu nun staje pazzianno? È ovè? Io no, state pazzianno vuje. E...chillo che nc’ha spusate, nun era Pascalino l’usciere che s’è finto vice-sinnaco?... Ah! Ah! Ah!...Signò, ma vuje che state dicenno?...Chillo era ’o vice-sinnaco mpersona, qua’ Pascalino? (al colmo del furore) Avete visto?...Nuje simme spusate overamente!...D.Achille m’ha fatto ’o piattino! Ma comme, tutte quante ncopp’ ’o Municipio, nun l’avite fatto apposta ’o matrimonio? Apposta?...E pecchè? D.Achille, ’o cunsigliere, nun v’ha ditto niente che s’aveva fa sta finzione? Nonsignore, llà nisciuno sapeva niente. ’O vvedite?...È chiaro. Va buono, bell’ò, vattenne, aggio capito tutte cose. Tiene, accattete ’e sicarre. (gli dà due lire) E grazie. Bona giornata, signò, e mill’aurie! Mille aurie!... Puzzate campà cient’anne tutt’ ’e dduje! (via) Puzzate murì ’e subeto tutte quante ncopp’ ’o Municipio!...Avete visto ch’è overo? (passeggiando agitato) Sì!... Ma io romperò questo matrimonio!...Io sono stato ingannato e il matrimonio è nullo! Perchè non esiste matrimonio valido senza il consenso dello sposo. Ma vuje avite acconsentito però. Pecchè sapeva ch’era na finzione. Ma io nun avarria mai ditto che sì. Mo vaco a parlà cu l’avvocato e vedremo se non ottengo la separazione. Ci vorranno le prove? E le tengo le prove!...



TEATRO (1910-1920)

Scena terza Kuratieff e detti, poi Giacomino Kuratieff (di d°) Si può? Luisella Avanti, chi è? Kuratieff (fuori) Buongiorno signorina, ...signora. (strette di mano) Io sono venuto per sapere come è andato scherzo che avete fatto a D.Ciuccio. Ha creduto vero vostro matrimonio con albergatore? Luisella Ah! Sicuro, se l’ha creduto. Filomena Ci abbiamo fatto tante risate. Kuratieff Benone! Io non sapere niente, e appena letto sopra giornali vostre pubblicazioni, essere rimasto molto dispiaciuto. Un’artista come voi, sposare un albergatore come quello? Ma poi donna Filomena avere tutto raccontato finzione. (a Felice ridendo) Perchè essere proprio così. Voi essere un vero angelo, e io sarei tanto felice potervi avere con me tutta mia vita. Amare molto voi!...(fa scene con le donne) Felice (colpito da un’idea) (Ah! Aspetta! Che bell’idea!...Mo ve combino io ’o servizio.) (scappa pel fondo a sin., poi torna) Kuratieff (con passione) Sentite, D. Filomena, io amare molto vostra figlia...facciamo questo matrimonio. Io essere molto ricco e potere fare felice piccola Luisa. Voi venire con noi e stare tanto bene insieme tutti e tre. Cosa dire? Felice (di d° gridando più che può) Eh!...Ah!...Ah!!!Uh!!!! Filomena Ch’è stato? Ch’è succieso? (di d° colpo di revolver) Luisella Ah! Mamma mia!...(i tre si spaventano) Felice (fuori, senza cappello, pallido, capelli in disordine, la cravatta disfatta, il colletto sbottonato, un revolver e una sciabola in mano. Gridando, fingendosi pazzo) Eh!!...Ah!...Ah!...(camminando a gran passi per la scena) Il nemico!...Il nemico c’insegue! (spara un colpo in aria) Correte, correte soldati! Muori fellone!...(dà un colpo di spada ad una poltroncinae ad un’altra tira un colpo di rivoltella) Muori tu pure! Giacomino (accorrendo) Ch’è suciesso, neh? Felice (gridando) Eh! Ah! Eh!... Giacomino Signò, ch’è stato? (andandogli vicino) Fermateve. Felice (subito) (Io faccio apposta. Dì che so asciuto pazzo!) (gridando) Eh! Ah!.. (gira per la scena)

STATTE ATTIENTO A LUISELLA



Giacomino Uh! Mamma bella! Chillo è asciuto pazzo! È pazzo! Felice (a Kuratieff) Chi siete voi?...Una spia forse?...Sì! È una spia nemica!...(a Giacomino) Correte! Chiamate i soldati! Fatelo prigioniero. (Giacomino via) Si è travestito così per non farsi conoscere!...Giù quel vestito! Giù quel vestito, o sparo! (impugnandogli il revolver in faccia) Kuratieff Ah!!! (gridando) Felice Giù quel vestito! (tira un colpo in aria) Filomena (Spogliateve!) (spaventatissima) Luisella (Secondatelo!) (spaventatissima) Felice Giù quel vestito! Kuratieff Ma sì...ecco...(si toglie il tait e glielo getta ai piedi) Felice Il calzone! Il calzone pure! Tutto! (tira un altro colpo) Kuratieff Ecco!...(si toglie anche i pantaloni) Felice Ah!... Così!...(prende i tre pezzi, li arrotola e li gitta dalla finestra) Luisella Uh! Chillo ha menato abbascio tutte cose. Felice (mostrando Kuratieff in mutande) (Ecco la prova per la separazione! Mo vaco a chiammà ’o commissario e lo faccio sorprendere!) (rifacendo il pazzo) Fermo là!...non lo fate uscire! Eh!!...Ah!...Eh!...(sempre minacciandolo col revolver chiude la 1a a sin. e ne porta via la chiave. Esce pel fondo e chiude di dº la porta a chiave) Filomena Ha chiusa ’a porta? Kuratieff (cadendo su di una sedia) Oh! Dio!...Io avere avuto una molta paura! Luisella Io mo moro!...Ma comme è asciuto pazzo tutte nzieme? Filomena E io che ne saccio? Chillo steva tanto bello. Io nun tengo cchiù sanghe ncuollo. Kuratieff E come fare adesso?...Io non potere rimanere così. Non essere decente... Luisella (corre alla porta e la scuote) Macchè!...Nun s’apre...(chiamando) Giacomì?...Giacomì? Eh! Chillo va trova addò sta. Filomena E comme se fa? Rimmanimmo ccà ncoppa tutt’ ’e ddoje cu chillo ncazonetto? Luisella E che vulite ’a me? Kuratieff Aspettare signora, fare una cosa, chiamate dal finestro qualcuno, il primo che passa, e fare salire per aprire. Filomena E sì, mme metto a chiammà gente ’a copp’ ’a fenesta, va trova che se credene, pe chi me fate prendere?



TEATRO (1910-1920)

Luisella No!...Nun sta bene. Fa na brutta figura. Filomena Chiamate voi, chiamate voi... Kuratieff Ma io pure fare brutta figura. Essere molto conosciuto dentro paese e gridare da un finestro stare male. Filomena Embè e comme s’ha da fa allora? Kuratieff (seccato) Oh!...(s’alza e va alla finestra e guarda giù) Ah!... Molto bene adesso!...Mio vestito non essere più in istrada. Filomena No?...S’hanno già pigliato? Kuratieff Sicuro. Qualcuno avere portato via tutto!...(le donne vanno ad affacciarsi) Come diavolo fare!...(va alla porta in fondo e la scuote) Impossibile...impossibile aprire. (chiamando) Giamochino? Giamochino? Luisella Che Giamochino? Giacomino. Kuratieff Giacomino? ...È lo stesso. Scena quarta Felice, delegato, due guardie e detti



Felice (di d°) Venite, venite da questa parte. Kuratieff (appaurato) Oh!...Eccolo!...Albergatore pazzo ritornato! (scappa a sin.) Luisella (appaurate) Uh! Mamma mia!!! (scappano a destra) Filomena Felice (c.s.)Venite, signor Delegato, l’ho chiuso in questa camera! Luisella ’O Delegato?!?! Filomena E mo trovano a chillo ncazonetto! Monzù, commogliateve lloco! Luisella Copritevi. (Kuratieff in fretta toglie il tappeto dal tavolo se lo avvolge attorno alle gambe e resta rincantucciato presso la 1a a sinistra) Felice (apre ed entra) Avanti, signor Delegato. Delegato (Entra. Alle guardie che lo seguono) Mettiteve lloco e nun facite passà a nisciuno. Chi è stu mariuolo? Addò sta ’o mariuolo? Felice No! Signor Delegato, io v’aggio ditto accossì si no vuje nun nce veniveve! Ma qui non ci sono ladri. O per lo meno ce n’è uno solo: il ladro del mio onore. Delegato Come? Felice Sicuro! Eccolo là.(mostra Kuratieff che è con le spalle voltate) Scopritevi, vigliacco!...(toglie il tappeto e scopre Kuratieff

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

Delegato Felice Filomena Luisella Delegato Felice Delegato Felice Luisella Kuratieff Delegato Kuratieff Felice Delegato Kuratieff Felice Kuratieff Felice Kuratieff

Filomena Felice Kuratieff Felice Delegato Felice



in mutande). Signor Delegato, vi prego di constatare la presenza dell’amante di mia moglie qui, in calzonetto, il giorno stesso del mio matrimonio, e l’avvilimento della sposa, col fiore d’arancio ancora fresco! Ma perdonate... (a Kuratieff e Luisa) Negatelo, negatelo se potete. E ’a mamma ’e teneva mano, capite. Vergogna!... Ma vuje che state dicenno? Signor Delegato, non è vero! (riconoscendola) Oh! La canzonettista Luisa Fricò? ’A nnamurata ’e D.Achille Moscamolla ’o cunsigliere? Una volta, ma adesso l’ho sposata io, capite? Ah! Neh? Sicuro. E l’ho sorpreso che s’abbracciavano e se baciavano. (marcato) A chi? Quello è pazzo!... Sicuro! Essere molto pazzo! (voltandosi) Che? Che vedo? (grande sorpresa) Il principe Kuratieff?!? Voi? Sicuro. L’amante di mia moglie!...Segnatevi il nome! Fate la constatazione legale. A chi?...Nu momento...(va da Kuratieff togliendosi il cappello) Altezza, che avete fatto? Ma non è vero niente. Ve lo giuro sul mio onore! Quell’albergatore essere pazzo. E poi, lui non essere marito vero, lui essere finzione. No!...Siamo sposati veramente. No, signore. Sì, signore! No, signore, dico! Voi essere bugiardo e pazzo. Io essere venuto qui per fare una visita alla signorina. Questo uomo ha preso per forza mio vestito e buttato dalla finestra. (alle donne) È vero? Sicuro. Dice che era pazzo...l’ha fatto apposta, l’ha fatto. Non è vero io così l’ho trovato. Bugiardo! (gridando) No! Siete bugiardo voi! (a Felice) Silenzio!...Badate come parlate. Ch’aggia badà, io sono un marito offeso, li ho colti sul



Delegato

Felice Delegato Kuratieff Delegato Felice Delegato Kuratieff Felice Delegato Felice Delegato Kuratieff Delegato Felice Delegato Kuratieff Delegato Kuratieff Delegato

TEATRO (1910-1920)

fatto e voi dovete fare la constatazione legale. Andiamo in quella camera e scrivete tutto. Amico mio, non posso servirvi, non posso constatare niente più. Voi scherzate. Quello è sua Altezza il Principe Kuratieff, a chi volite fa ncoità, a me?...(E chesto ce mancarria pe perdere ’o posto.) Come s’intende? Allora n’individuo non ha più il diritto... Ah! Sì...con un altro, cu uno qualunque ha tutti i diritti, ma con sua Altezza, col Principe Kuratieff è un altro paio di maniche. Benissimo. Grazie Delegato. (inchinandosi) È dovere, prego. E allora? E allora che?...Vera o non vera la cosa, ve la sbrigate voi, io me ne lavo le mani. Molto bene! Ma io sono stato offeso!...(gridando) Me dispiace, ma nun aggio che fa, non posso far niente. E ma questo non si fa, signor Delegato, avete capito?... Non si fa! Oh! Giovinò, non alzate la voce, sapete. Io non ho bisogno che voi mi venite a insegnare il mio dovere. Molto bene! E ringraziate ’o cielo se non vi faccio un processo per falsa denunzia. Se n’è venuto che teneva nu mariuolo in casa, che ll’aveva chiuso ’a dinto... Ma io... Basta!...E no lo fate più, sapete, non lo fate più. (a Kuratieff) Stia bene, Altezza,...scusi tanto del fastidio...ha comandi da darmi? Oh! Grazie. Molte grazie. Come chiamare voi? Alfonso Cicignacchi. Ecco la mia carta da visita. (la prende dal portafolgi e gliela dà) Benissimo. Mi ricorderò di voi. Penserò io farvi avere meritata ricompensa. (comicamente commosso) Oh!...Oh!...Principe...Ma non è stato per questo. Ho fatto il mio dovere, (inchinandosi poi profondamente) Altezza!...(poi a Luisella) Signora. (inchinandosi poi a Filomena) Signora. (poi a Felice, brusco) Siamo intesi eh? Non lo fate più! Non lo fate più! (poi alle guardie) Andiamo!

STATTE ATTIENTO A LUISELLA



Felice Queste so cose che succedono sulo a me, sapete. Kuratieff A voi, presto, procuratemi un vestito. Si può sapere perché avete fatto questo? Felice Perché sono stato ingannato Principe, a questa me l’hanno fatto sposare veramente. Kuratieff Ancora?...Ma io sapere che essere una finzione. Felice No! È overo. E voleva farla sorprendere con voi per ottenere la separazione. Scena quinta Don Achille e detti Achille

Signori. Vengo a salutare e augurare buon viaggio a questa felice coppia. Felice Eccolo qua!...Eccolo qua!...(per inveire) D.Achì, jatevenne ca si ve do nu muorzo v’avveleno. Achille (ingenuo) Neh, che cos’è?...Che ha l’amico mio? (vedendo Kuratieff in mutande) Oh!...Principe, voi state qua? E perché state spogliato?... Felice (Ah!...Aspetta!...) Principe, voi volevate un vestito?... (poi cacciando il revolver, ad Achille) D. Achì, dateme stu cazone. Achille Pecchè? Felice Dateme ’o cazone, subito. (puntandogli la rivoltella in faccia) Achille All’arma ’e mammeta!!... Felice Dateme ’o cazone si no sparo. (gridando) Achille Ma ch’è stato?... Felice Dateme ’o cazone. (tira un colpo in aria) Achille (spaventatissimo) Ah!!! Luisella Mo esce pazzo n’ata vota? Achille Tiene ccà, tiene ccà. (si toglie i pantaloni) Felice (passandoli al principe) Ecco Altezza. (poi ad Achille) ’O gilet e ’o soprabete pure, jammo. Achille Ma Feliciè… Felice ’O cazone e ’o soprabete, subito. (tira un altro colpo in aria) Achille (c.s.) Eh!...Aspetta. (si toglie il soprabito e il gilet) Tiene ccà. Felice (dandoli al principe) Ecco Altezza. Kuratieff Molto bene! (si è vestito con l’abito di Achille che gli andrà stretto o largo secondo il fisico dell’attore) Andare subito in questura denunziare furto mio abito. Avere dentro molte carte necessarie e molto danaro! E se non trovare più, voi



TEATRO (1910-1920)

rispondere di tutto. (a Felice. Poi alle donne) Permettete signorina. Signora. (a Felice) Avere capito? Voi rispondere di tutto. (via pel fondo) Achille Aspettate….Chillo se ne va c’ ’o vestito mio? E io comme resto? Ncazonettto? (fa per corrergli dietro) Monzù… Monzù… Felice (puntandogli il revolver in faccia) Fermo! (gli impedisce l’uscita) Da qua non passerete!... Achille Ma pecchè?...Ma tu che intenzione tiene stammatina? Felice L’intenzione di cogliervi in flagrante delitto d’adulterio con mia moglie! Achille Come? Luisella (Pure cu D.Achille mo?) Filomena (Ma chisto sarrà pazzo overamente!...) Felice Potete negare che siete l’amante di Luisella quando tutt’ ’o paese ’o ssape? Achille Ah! Sì! Ma na vota. Felice (subito) Zitto! Potete negare che io sono il marito di quella signora?... Achille No! Felice Benissimo!... Disgraziato! Vi permettete d’essere l’amante di mia moglie!...Non vi vergognate di farvi sorprendere in quello stato l’istesso giorno del matrimonio?... Achille Io? Neh! Nu pare ’e guardie, chisto è asciuto pazzo! Felice ’E guardie? Verranno adesso le guardie col Delegato per constatare il vostro tradimento! Scena sesta Delegato e detti Delegato (di d°) Si può? Felice Chi è? Avanti. (guardando in fondo) (’O Delegato!) Avanti, signor Delegato, avanti! Delegato (entrando) Scusate, il Principe sta ancora qua? Felice No, se n’è andato. Perchè? Delegato LL’ero venuto a portà ’o vestito sujo che na guardia è venuto a depositare in questura. Non sapete dov’è andato? Felice Sì, dice che ghieva ’a Questura! Delegato ’A Questura? E bravo! Isso è ghiuto llà e io so venuto ccà. Permettete.

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

Felice Delegato Felice Delegato Achille Felice Delegato Felice Delegato Felice Achille Luisella Filomena Delegato

Achille Delegato Felice Delegato Achille Delegato

Felice Delegato Felice Achille Delegato

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Un momento!...Signor Delegato, vi prego di constatare che ho sorpreso mia moglie qui, col suo amante! N’ata vota mo? Sì! Ma ’o nnammurato ’e muglierema nun è ’o Princepe: è questo signore qua. (voltandosi) Oh! Consigliere bello!...(strette di mano) D. Alfonso mio, credetemi, non è vero. Aspettate, Delegà..., questo non è Principe, non è na persona Reale, sa?...È uno qualunque, nun facimmo storie. Io nun sto arapenno manco ’a vocca. Ah! Mbè!...Io l’aggio sorpreso a tutt’ ’e dduje abbracciate. Possibile? Sul mio onore, e vi prego di fare subito la constatazione legale. Mi voglio dividere!... D. Alfò, nun date retta. (gridando) Chillo ’o sta facenno apposta pe mme lassà. (grida) Nun ’o credite, nun è overo. (gridando) Psss…piano, piano, piano,…cari miei, io ccà nun pozzo perdere tiempo, io aggio che ffà. (ad Achille) D. Achì, comme ve vene ncape. Chesta era ’a nnammurata vosta, e io lo so, po se l’ha sposata questo signore? E lasciatela sta! Mo nun ’a ncoitate chiù mo!... Chi l’ha ncoitata? Nun è overo niente. (ridendo) Eh!...Va buono…vuje mo ch’avita dicere? V’è produto ’o mellone? E adesso debbo fare il mio dovere. Benissimo! Mme dispiace che siete voi, caro D. Achille; sti ccose nun l’avarrisseva fa. Ma io ve sto preganno… (subito) Ma ch’avita pregà? Consigliere mio, abbiate pazienza, sono cose che non si fanno. Non v’avarrisseva mettere in queste condizioni! Scusate se ve lo dico. (a Felice) Ce sta nu calamaro e na penna? Sicuro, qua c’è tutto. (va ad aprire la 1° a sin.) Favorite. (ad Achille) Venite. Anche voi, signora…(a Luisella) Entrate, presto. Grandissimi svergognati. D. Alfò, badate a quello che fate, sapete. Io ve faccio ncoità buono! Consigliè, ccà c’è poco da ncoità, io faccio il mio dovere. Se non è vero, quando è il momento lo dimostrerete. Favorite.

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TEATRO (1910-1920)

Achille

E sta bene!...Quando è il momento parleremo, Feliciè. Te faccio vedere io che te combino! (entrando) Una recrimina terribile!...Ti rovino!... Ti rovino!...(entra nella 1° a sin.) Delegato Prego, Signora. Luisella Ma questi sono abusi, signor Delegato, sono abusi. (entra nella 1° a sin.) Filomena Mia figlia è una racazza onesta, capite…queste sono intransigenze che io non condono, perché sono cose che offentono il prudore d’una racazza!...(entra appresso) Delegato Siente lloco, siè! Ma io po dico accossì, vuje ve jate a spusà justo a chella? Na canzonettista? Se capisce che v’aveva combinà stu servizio. (entra appresso) Felice (ridendo) Seh!...’O servizio nc’ ’aggio combinato io a D. Achille. Scena ultima Don Ciccio e detto, poi Delegato, don Achille, Luisella, Filomena, Margherita, Giacomino e Kuratieff. Don Ciccio (dal fondo con la valigia e borsa a tracolla) Ah! Feliciè, stai ccà? Io aggio avuto ’o telegramma d’ ’o socio mio e aggia partì. Felice Quanno? Don Ciccio Subito, bello mio. (dalla borsa di viaggio cava fuori uno cheque) Chisto è ’o cheque d’ ’e 300mila lire che te spettano. (glielo dà) Sii felice e nun fa cchiù bestialità. Felice Compà, vuje mo mme facite venì nu moto. (guardando lo cheque) 300mila lire! (lo conserva) Don Ciccio Pensa a ffa l’ommo e sacciatelle guardà… Felice Non ci pensate…E per darvi una prova ’e si saccio fa l’ommo o no, parto pur’io cu buje e mi stabilisco pur’io in America. Don Ciccio Oh! Bravo! Nzieme cu Luisella? Felice Che Luisella e Luisella!... Quella sciagurata è morta per me! Ll’aggio ncocciata ccà dint’’a casa mia, abbracciata col cugino! Capite? Don Ciccio Possibile?!...Cu D.Beniamino? Felice Sì, compare mio! So ghiuto a chiammà ’o Delegato, l’aggio fatto sorprendere e mo stanno llà dinto. Don Ciccio (indignato) Oh!!...E mo che pienze ’e fa?

STATTE ATTIENTO A LUISELLA

Felice

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Come?...La separazione. Mio voglio dividere. Il processo verbale lo stanno facendo e l’avvocato mio farà il resto. Don Ciccio Vedete nu poco. Felice Perciò, io mme ne vengo cu buje e in Italia nun nce torno chiù. In America mme pozzo spusà a n’ata meglio d’essa e chiù ricca pure. Don Ciccio Oh! Se capisce! Delegato (ritornando) Il processo verbale è fatto. (conservando una carta) Felice Grazie, signor Delegato. Achille (uscendo) Io protesto energicamente! Io non facevo una cosa simile! Io sono un galantuomo! (Luisella e Filomena lo seguono) Don Ciccio Vuje site nu puorco! E nun ve piglio a cauce per non sporcarmi i piedi! Achille D. Cì, parla buono, si no…(per inveire) Don Ciccio Che faje? Che faje?...(per inveire) Delegato Psss…signori! (trattenendo i due) Margherita (di d°) Addò sta! Addò sta Feliciello?...(fuori) Feliciello mio, mme so informata, ’o matrimonio è overo!...(agitatissima) Felice Sì! Lo so!...Ma quell’assassina mi ha tradito e non la voglio vedere mai più. Margherita (allegra) Come? E te ne viene cu mmico, sì? Felice Chi?...Io mme ne vaco in America c’ ’o cumpare, a me nun mme vedite cchiù!... Margherita Che!...E il nostro amore? Felice Qua’ amore, signò, nun mme rumpite chiù ’a capa, jatevenne ’a tuorno a me!... Margherita Oh!...Infame! Traditore!...Sciù! Pe la faccia toja! (via) Giacomino (dal fondo) Favorisca, favorisca. Kuratieff (dal fondo. Ha indossato un altro vestito ed ha in mano quello di Achille) Grazie. Scusate, mio vestito essere qui? Delegato Ah! Sicuro Altezza, l’ho portato io, eccolo. (glielo dà.) Kuratieff Grazie. Tenere, signore. (dà l’abito ad Achille) Achille Grazie tante. (si veste in fretta) Don Ciccio Neh, che d’è stu mbruoglio ’e vestite? Felice Ah! Niente cumpà, n’equivoco. Jammoncenne. D.Achì, buona permanenza. Achille Ci vedremo, sai, ci vedremo! D. Alfò, po parlammo.

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Delegato Achille Delegato Luisella

Quando volete voi! Sta bene! (via) Altezza, con permesso. Signori. (s’inchina e via) (decisa) Signor Principe, voi poco fa mi avete proposto di venire con voi in Russia? Kuratieff Sicuro. Luisella Ebbene…accetto. Filomena Sicuro. Accettiamo. Kuratieff Veramente? (abbracciandola) Oh! Cara, cara, cara. Don Ciccio All’arma d’’a signorina per bene! Che gente! Che gente!... Jammuncenne, nun voglio vedè chiù purcarie!...Mettitavenne scuorno! (via) Felice Signor Principe, voi a Luisella veramente v’ ’a purtate?? Kuratieff Sicuro. Felice E allora volete nu consiglio? (confidenziale) Stateve attiento a Luisella!!…(Via. Cala la tela) Fine del 3° atto e della Commedia

“LA VENDETTA DI CIOCIÒ!...” commedia in tre atti del cav. vincenzo scarpetta

Nuovissima Molto poco si sa di questa commedia di cui si possiede solo il manoscritto del copista. Si presume che l’autore l’abbia scritta nel 1916, come da data indicata a calce del titolo. Se fanno fede i visti della Prefettura di Roma del 16 febbraio 1917 e del 21 gennaio 1918, la commedia dovrebbe essere stata rappresentata a Roma. Nessun dato certo si ha quindi sulle date e sui luoghi delle rappresentazioni. La trascrizione “diplomatica” che si propone è tratta dall’unico manoscritto presente nell’archivio privato che, tra l’altro, ad oggi, risulta essere anche l’unico testimone di questa commedia. Siamo in presenza di un copione di 83 pagine manoscritte su cui il copista non ha annotato né il suo nome né la data della trascrizione. Nella pagina relativa ai personaggi, l’Autore ha indicato i nomi degli attori della sua Compagnia impegnati nei vari ruoli. Riportiamo nell’ordine del copione i personaggi con i relativi interpreti. Felice Sciosciammocca, il giudice Mariuccia, sua moglie Donna Rosa, sua suocera Gina Friariello, amante del Barone Errico (o Enrico) Porchetti, cancelliere Mimì, saponaro Ernesto Corbellini, giornalista Luigi Busecca, barone Salvatore Ciccillo Pasqualino

Vincenzo Scarpetta Maria Scarpetta M. Perrella Elvira Giordano Giuseppe Majuri Eduardo De Filippo Fusco Giuseppe Gambardella Colameo Alfieri Bianchi

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Il Delegato 1a Guardia 2a Guardia 2 Guardie di P.S

Turco Aiello Sabatano comparse

Abstract La commedia è ambientata nei primi due atti a Napoli e a Pozzuoli nel terzo. Il magistrato Felice Sciosciammocca, diventato tale per l’appartenenza ad una famiglia politicamente potente perchè “...tene nu zio senatore…nu cognato deputato…e quindi, lui è giudice istruttore...” svolge con inettitudine la sua professione arrestando e rovinando l’esistenza di poveri innocenti malcapitati che poi è costretto a liberare per mancanza di prove. Il magistrato, “ch’ è ciuccio assaie e che quanno nun sape ch’adda fa, dichiara il “non luogo a procedere”, per acquisire prove, si fa aiutare anche dalla moglie e dalla suocera che, novelle dame di carità dell’Istituzione Detenuti Recalcitranti , attratte dal brivido del peccato perchè “...è na cosa così interessante…se conoscene mariuole, delinquenti, assassini…”, cercano in tutti i modi di estorcere confessioni agli imputati. Le ultime vittime di Felice sono Mimì, un povero saponaro colpevole di aver assistito ad una sparatoria, il barone Luigi Busecca, accusato ingiustamente di essere un falsario, ed il giornalista Ernesto Corbellini che, per fare un articolo di denuncia sui metodi del giudice, si è fatto arrestare come ipotetico assassino di una principessa scomparsa due anni prima. Il barone Luigi, soprannominato Ciociò dalla sua amante Gina, una volta liberato per mancanza di prove, decide di vendicarsi del torto subito. Non solo svelerà alla moglie e alla suocera del giudice che l’uomo gli insidia l’ amante Gina, ma, con l’aiuto di tutti i protagonisti della storia, imbastirà una messinscena che culminerà con un mandato di arresto nei confronti di Felice. Accusato da una lettera anonima di essere un noto pregiudicato, solo così il giudice istruttore capirà che l’apparenza inganna e che non si può giocare con la libertà umana.

La vendetta di Ciociò!... commedia in tre atti

Nuovissima

Personaggi Felice Sciosciammocca Mariuccia, sua moglie Donna Rosa, sua suocera Gina Friariello, amante del Barone Busecca Errico Porchetti, cancelliere Mimì, saponaro Ernesto Corbellini, giornalista Luigi Busecca, barone Salvatore Ciccillo, guardia di P.S. Pasqualino Il Delegato 1a Guardia di P.S. 2a Guardia di P.S. Al 1° e 2° atto, l’azione si svolge a Napoli, al 3° atto a Pozzuoli

Atto 1° Il gabinetto del giudice istruttore al carcere di Napoli. Una porta in fondo a sinistra a due battenti ed un’altra in mezzo anche a due battenti. In fondo a destra scrivania con occorrente per scrivere, processi, ecc. A 1a quinta a destra porta. In seconda quinta a destra tavolo, senza tappeto, con sopra molti processi e pacchi legati con corde.. in prima quinta a sinistra scrivania più grande, poltrona dietro, cestino, ecc. Sopra: occorrente per scrivere, atti processi, carte, ecc. campanello. Al muro, busto in gesso di Vittorio Emanuele II. Un calendario. Un orologio. Litografia del Re e la Regina. Un attaccapanni (uomo-morto) in fondo, fra le due porte. In seconda quinta a sinistra: libreria con tendine verdi, e su questa, pacchi di processi. Scena 1° Ciccillo, poi Mimì e Salvatore Ciccillo (guardia di P.S. leggendo un giornale) “Siamo informati che la giustizia ha finalmente arrestato il misterioso assassino della principessa Fiku-Sek. L’istruttoria di questo delitto commesso due anni fa e che ha tanto interessato i nostri lettori, è stata affidata alla perspicacia conosciutissima dell’egregio, illustre giudice: Felice Sciosciammocca, il quale, siamo sicuri, che, come per tanti altri casi, anche per questo, riterrà non luogo a procedere”. (ride) Ah! Ah! Ah! E chesta è n’ata botta pe D.Felice! Guè, ma nun ’a fenesce d’ ’o ncoità, sa! Ma già, chille hanna ragione. Chillo ’o ssanno ch’ è ciuccio assaie e che quanno nun sape ch’adda fa, dichiara il “non luogo a procedere” (ride) Ah! Ah! Ah!... (alla porta in fondo nel mezzo si bussa) Avanti, chi è? Mimì (dal fondo. Miseramente vestito, pallido) So io, D. Ciccì. È venuto ’o Giudice? (Salvatore lo segue in giacca bianca da parrucchiere) Ciccillo No ancora, Mimì.

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Mimì E quanno vene? Sto ’a stammatina ccà ncoppa. Salvatore E io sto primma ’e vuie. Ciccillo V’aggio pregato che ’o giudice vene chiù tarde, pecchè stammatina è ghiuto a nu sopra- luogo. Si ’o volite aspettà, bene, e si no iatevenne, che v’aggia dicere. Mimì Chi? Io l’aspetto pure fino a mezanotte. Io nc’aggia parlà necessariamente. Salvatore E ma io no, io me n’aggia j’, io aggio lassato ’o magazzino sulo c’ ’o giovene, pecchè me credeva che me spicciavo ambressa. ’A citazione dice che m’aveva presentà all’unnece, mo sarrà sicuro l’una. Ciccillo Che v’aggia dicere…che bolite ’a me. Salvatore Chisto è nu guaio che mme fanno stammatina… Mimì Amico mio bello, nun sarrà maie ’o guaio che facette a me, il signor giudice istruttore. Mme fa fa 4 mise ’e carcere innocentemente. Salvatore A buie? E comme? Mimì Io tenevo ’a puteca ’e sapunaro abbascio ’a graziella1, rrobba che me lassaie ’a bon’anema ’e pateme; nun era na gran cosa, ma asceva ’a campatella pe mme e Luisella… na guagliona che ca steva cu mmico ’a tre anne, capite, tre anne!... Na matina, pe causa ’e duie che se sparaiene proprio vicino ’a puteca mia, me veco arrivà ’na citazione d’ ’o giudice. Vengo ccà, comme site venuto vuie mo, fuie interrogato, e ’a stessa sera, io, Mimì Scucchia, saponaro conosciuto, negoziante onesto, durmeva ncopp’a nu tavolato dint’ ’o carcere ’e San Francisco2. Salvatore Overo? Mimì E doppo 4 mise, vuie me capite, 4 mise ’e carcere, il signor giudice, qua, dicette che non c’era luogo a procedere. Vale a dicere che ’a causa nun s’aveva fa. Salvatore Aggio capito. Mimì E intanto, io povero giovine, senza colpa, innocente e puro, m’aggio avuta fa 4 mise ’e carcere! Aiere so asciuto. Ve potite immaginare che trascino ha portato sta cosa! A puteca 1 Graziella: vico della Graziella (sez. Porto) è una stradina famosa per le botteghe artigiane. 2 Nella piazza di S. Francesco, vicino a Porta Capuana, esisteva un monastero di frati francescani. Nel XIX secolo l’edificio fu trasformato prima in ospedale per i carcerati della vicaria e poi in un vero e proprio carcere. In seguito divenne sede della Pretura.

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

Salvatore Mimì Salvatore Mimì Salvatore Mimì Ciccillo Mimì

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chiusa, tutt’ accunte perdute…e Luisella se n’è scappata c’ ’o nnammurato! Scusa! Chiste so ’e guaie, bell’ommo mio! E c’ ’o fatto. E addò se n’è scappata? E che ne saccio’ io aggio saputo ’o fatto da ’e vicine, ’e canuscente. Femmena ’e niente! Io, a n’ato ppoco, m’ ’a spusavo. E mo comme ve regolate? Arapite n’ata puteca? E comme ’arapo? ’E mezze chi m’’e ddà? Chella piezza ’e scervellata nun m’ha fatto trovà chiù manco na seggia, manco ’a mazza d’’a scopa. S’ha vennuto tutte cosa. Neh? Ma sapete…vuie ccà nun nce potite sta…vuie ve site mise a ffà ’o discorsetto!... Aggiate pacienza. Scena 2 Errico e detti

Errico Ciccillo Errico Salvatore Ciccillo Salvatore Ciccillo Mimì Errico Mimì Errico Mimì Errico Mimì Errico

(dal fondo. Un po’ pallido. Entra e mette il cappello all’attaccapanni) Oh! Servo, cancelliè. Buongiorno, Ciccì…(siede alla scrivania in fondo a dª comprimendosi il ventre con le mani) (Ah! Che me sta facenno sta panza stammatina.) (a Ciccillo piano) (Chisto è ’o cancelliere?) (Sissignore. Iatevenne fore.) (Ma che tene dolore ’e panza?) (Stateve zitto!) (lo spinge e Salvatore esce) Servitore vostro, Cancelliè. Guè, Mimì, staie ccà? Sissignore, aggia parlà c’ ’o giudice assolutamente. Ma tu avive sta carcerato… E ce so stato, cancelliè, ce so stato 4 mise! Ah! Già, già…poi il giudice ha ritenuto non luogo a procedere e si asciuto. Sissignore. (Secondo ’o solito!) (tenendosi la pancia) (Mamma bella!) Eh! Bello mio, che ci vuoi fare, sono cose che capitano… (cu st’animale ’e Felice!)

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Mimì

Errico Ciccillo Mimì Errico Ciccillo Errico

Ciccillo Errico

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Ma io aggio passato nu guaio…pecchè so rimasto mmiezo a na via! ’O giudice ha pigliato ’o sbaglio, e isso mo adda penzà pe mme. Addà vedè ’e mme piazzà a quacche parte. Io aggia magnà… Io sto diuno d’aiere! (Toccandosi la pancia. Contorcendosi) Ah!... Cancelliè? (corre vicino) Signò? Ciccillo mio, aggio fatto la nottata chiara chiara. (viene avanti) Ancora ’o delore? È nu mese che nun sto trovanno pace. Ogni ora, ogni ora e mmezza m’afferrano, me fanno ridurre nu chirchio! Nu quarto d’ora, venti minuti, non più, e po me passano. Ma hế ’a vedè chilli venti minute che so: torture, strazii…! Ma faciteve vedè…pigliateve quacche ccosa. E sì,…assolutamente aggia consultà nu miedeco, …questa è na seccatura! Nun me fa fà niente chiù, pecchè ’e bello m’afferra ’o delore e stateve bene. Specialmente a stu pizzo ccà, vedi…(il punto del fegato) è terribile!!..Ma mo però, m’hanno mparato nu rimedio pe m’’o fa passà. Dice che quanno me venene ’e delure, m’aggia mettere a quatte piede nterra e aggia cuntà da uno fino a ciento. Dice che accussì se calmano. A quatte piede e avite cuntà fino a ciento? Già. Quanta bestialità. Chi ’o ssape, po essere,…mi proverò. Allora, D.Ciccì, io aspetto fora, … quanno vene ’o giudice chiammateme subeto. Va buono, ce penz’io. Cancelliè, permettete. Statte buono. (Mimì esce e Ciccillo chiude la porta) E il signor giudice? L’infallibile D. Felice, ..non è venuto ancora? (guarda l’orologio) Nonsignore, ma aieressera me dicette che veneva chiù tarde, pecchè ieva a nu spusarizio. (ironicamente) Ah! Sì? Accussì te dicette? Pecchè? Nun nc’è ghiuto? (guarda prima intorno) Mez’ora fa, D. Felice, steva ncopp’addo Da Gina Friariello, quella giovine vedova

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

Ciccillo Errico Ciccillo Errico Ciccillo Errico Ciccillo Errico Ciccillo Errico

Ciccillo Errico

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ch’abita ’a strada ’e Chiaia, n. 105, …ch’ è venuta ieri a deporre… Ah! Sì! Chella bella figliola? Aggio capito. E comme ’o ssapite che steva llà? (pausa – lo guarda con significato) L’aggio aperta io stesso ’a porta. (ridendo) Stiveve vuie pure llà? È conoscenza mia vecchia! Lle vaco appriesso ’a nu piezzo! Essa è tosta, ma io l’arrivo però. E mentre me ne steva jenno, isso allora allora tuzzuliava ’a porta. (ridendo) Ah! Ah! Ah! Bona chesta! Avissa avuta vedè ’a faccia ch’ha fatto, quanno ’a cammerera l’ha ditto che la signora non lo poteva ricevere. M’immagino. Se n’è ghiuto n’ata vota? Irritatissimo. E ’o ccredo. (ridono) Ma è vergognoso, sentite. N’ommo comme a isso, che tiene tutto quello che uno può desiderare: una situazione al disopra del suo merito, una moglie deliziosa, una suocera ideale…e corre appriesso a chesta specie ’e femmene? Io, se ci vado, è perché sono scapolo, sono libero, e nun aggia dà cunte a nisciuno. Eh! Nisciuno è perfetto! Ma siente, chisto è proprio la perfezione dell’imperfezione! Ciuccio, presuntuoso, veziuso, incapace…tutto! E io ’o conosco buono! Ma…’o fatto d’’a fortuna, ’o vì. Tene nu zio senatore…nu cognato deputato…e quindi, lui è giudice istruttore e io…sono il suo cancelliere. Quanno penzo a chesto, faciarria cose ’e pazze. E aggia sopportà che quanno stamme sule nun se permette ’e mme dicere manco na parola, e quanno ce stanno gente nnanze, se mette in tuono, mi rimprovera, alza la voce…A me? Isso è crestiano ’e rimproverà a me? Scena terza Felice e detti

Felice (di d° dal fondo) E levateve ’a nanze! Lasciateme passà!... Errico ’O vi lloco, ’o vì (corre alla sua scrivania e sedie) Ciccillo Mamma, e comme sta.

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TEATRO (1910-1920)

(fuori di pessimo umore) Che maniera è questa!...Nun vonno aspettà nu momento… Ciccillo (facendo il saluto) Servo, signor giudice. Felice Bongiorno. Errico Carissimo Felice. Felice (lo guarda. Poi secco) Bongiorno. Errico (Ah! Ah!...Tene ’o cappiello ’e renza…burrasca per aria!) (ride fra sé) Felice (a Ciccillo togliendosi soprabito e cappello) Tiene ccà. (Ciccillo appende tutto all’attaccapanni) Che c’è di nuovo? (siede alla grande scrivania a sin. e legge qualche lettera che si trovava sopra) Ciccillo ’O ssolito. Nu sacco ’e gente che bo essere interrogata… specialmente ’o Cavaliere Pacchione… Errico Pover’ommo! ’A 65 iuorne sta carcerato…me pare che tenesse ’o deritto d’essere interrogato. Felice (serio) Io non ti ho domandato la tua opinione! (a Ciccillo) Va buono, vattenne fore. (Ciccillo via – Pausa – i due si guardano sott’occhi – lazzi) E così?...Comme jammo cu ’e delure? Errico Pih!...così, così. Felice (si alza e viene avanti) Me credevo che te fossero passate!.. Quanno uno tene na seccatura simile, non va da certe signore! (marcato) Errico (Ah! Ah! Ce simme!) (s’alza e viene avanti) Felice Se po sapè pecchè si ghiuto ncopp’ addo Da. Gina Friariello? Errico E se po sapè pecchè ce si ghiuto tu? Felice Te prego ’e nun pazzià perché non sono in vena. Errico Felì,…’a verità?...Io, aiere, a Da Gina, me scordaie ’e lle fa firmà la sua deposizione e so ghiuto ’a casa stammatina per riparare questa dimenticanza. Felice (incredulo) Proprio pe chesto ce si ghiuto? Errico Oh! Parola mia! Io nun l’aggio vista nemmeno. Oh! E tu, po, pecchè ce si ghiuto? Felice Pe na cosa semplicissima...me so trovato a passà pe Chiaia e era sagliuto pe l’avvisà che oggi non poteva interrogarla prima delle tre Errico Ah! Pe chesto? (Ma che imbroglione!) Felice

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

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Scena quarta Ciccillo, Mariuccia, Rosa e detti





Ciccillo Favorite, signò, favorite. Signor giudice, ’a signora vosta. Felice Muglierema? Mariuccia Bongiorno Felì. (Ciccillo via) Felice Guè, Mariù…Bongiorno mammà. Rosa (che seguiva Mariuccia) Buongiorno. Errico Vostro servo, signore. Rosa Buongiorno Mariuccia Rosa D.Errì, comme state cu ’e delure ’e panza? Errico Eh!...così, così (dà le sedie) Accomodatevi. Rosa Grazie. (seggono) Mariuccia Felice E che site venute a fa? Mariuccia Comme? Te si scordato che oggi è giovedì? Rosa Il giorno della nostra visita ai detenuti? Felice Ah! Sicuro. Mariuccia T’ avive scordato? Rosa Voi? Il fondatore dell’istituzione? Errico (con ironia) E che istituzione! Felice Splendida! Rosa Splendidissima. L’istituzione Detenuti Recalcitranti, che non vogliono confessare. Ci scherzate. Errico Meravigliosa! Rosa Ogni signora è incaricata di distribuire sigari, sigarette, cioccolatine; di dare consigli buoni, di consolare, di portarli al pentimento, alla confessione… Errico E far sapere poi tutto alla Giustizia!...(marcato) Na specie ’e spione ’e pulezia! Mariuccia Oh! Rosa Oh! Felice Te prego ’e nun fa ’o curiuso, e criticare una mia idea umanitaria, di cui vado superbo, capisci? Errico Io non critico niente…tu stesso diciste che queste signore che fanno parte dell’istituzione, ti possono giovare assai, ti possono essere di grande aiuto.

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Felice

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Se capisce, e lo ripeto, e trovo ammirevole il loro incarico. Collaboratrici della Giustizia! Una missione più bella, più nobile di questa? Errico Comme! (Pure ’o carnefice è collaboratore di giustizia.) Mariuccia E po, è na cosa così interessante…se conoscene mariuole, delinquenti, assassini… Errico (Vì che bella cosa!) Rosa Ma pare na pazzia, fino a mo nun è stato possibile ’e fa confessà almeno a uno!...Sì, accettano i consigli, se pigliano ’e sicarre, ’e sigarette, ma pe confessà…niente! Errico (ride fra sé) (E se capisce) Rosa E sapete, io e Mariuccia, nun sparagnammo parole, argomenti, essa specialmente, quanno parla cu uno ’e chille è ammirevole, e intanto…Mo, per esempio, quel misterioso assassino di Fiku-Sek, la principessa Russa… Felice Mannaggia ll’arma d’ ’a mamma, che mme sta facenno passà chillo llà. Rosa Io, manco si me commigliassene d’oro jarria a parlà cu nu scellerato simile, io murarria p’ ’a paura,…n’assassino?... Mamma mia! Embè, chesta, quanno adda j’ addo chillo, nun ragiona chiù, lle parene mill’anne che ce va a parlà. S’è prefissa di farlo pentire, ’e lle fa confessà tutte cosa. Mariuccia E ci riuscirò. Felice Bravo!...Mbè, io mo n’aggio visto delinquenti che p’ ’e fa confessà ce n’è voluto, ma capotuosto comme a chisto, nun me ne so capitate ancora. Un bel giovane però, bel pezzo di giovane… Mariuccia Caspita,… elegante, simpatico, istruito…(con malcelato interesse) Felice E io sono certissimo che qua si tratta di un delitto passionale! La principessa Fiku-Sek, è stata uccisa per amore. Rosa Avite avuto quacche prova? Felice Manche una! Niente! Mariuccia E pecchè l’hê arrestato allora? Felice Eh!...Nu momento. (ad Errico) Damme l’incartamento ’e stu galantuomo… Errico (prende l’incartamento dalla sua scrivania e lo dà.) Eccolo qua. Felice (dall’incartamento prende una lettera) Nu mese fa, io ricevette chesta lettera,… sentite: (legge) “ Signor Giudice.

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

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Domani, alle 3 e ½, nella Posta, un uomo alto, vestito elegantemente, si presenterà allo sportello delle ferme in posta, e domanderà una lettera con le iniziali F.S.29!... Quell’uomo è l’assassino della principessa Fiku-Sek. Sappiatevi regolare. A buon intenditor…poche parole!!!” Mariuccia Ed è firmata? Felice Sì. “Una donna che l’odia!” Rosa Una donna? Felice Che l’odia! Mariuccia Bella vigliaccheria! Felice Ch’ avarrisseve fatto? ’A mattina appriesso, alle 3 e ½, doje guardie l’arrestaiene, m’ ’o portaiene ccà, e non fu possibile ’e lle scappà na parola ’a vocca. Niente!...Piglia mo e fa n’istruttoria in simili condizioni. Errico (E se sape, cu nu ciuccio comme a te!) Felice Io, per essere in regola, immediatamente ’o mannaie a l’ufficio antropometrico, l’hanno esaminato, misurato e fotografato. Hê visto ’o ritratto? Mariuccia Sì, ’o trovaie ’a casa ncopp’ ’a scrivania. Felice E altre copie ll’aggio mannate a tutte le questure d’Italia, dell’ Estero, ma fino a mo, silenzio completo; nisciuno ’o conosce! E io che sto perdenno ’a capa senza conchiudere niente! Errico (Secondo ’o solito!) Felice Aspettando il comodo suo! Intanto ’o procuratore va ’e pressa, i giornali si divertono a fa ’e spiritosi co mme… Errico (a Mariuccia) Ma comme..,nemmeno voi siete riuscita a farlo confessà? Mariuccia No ancora. Aggio voglia d’ ’o piglià c’ ’o buono, c’ ’a maniera… Rosa Lle porta sigarette, romanzi, profumeria… Mariuccia Camicie, cravatte, fazzoletti… Rosa Polvere insetticida… Errico ’A polvere insetticida? E perché? Rosa P’ ’e pulece, bello mio, …llà ce ne stanno a migliare! Errico E co tutto chesto nun parla? Mariuccia Niente. E costa già 258 lire all’istituzione! Errico (E se capisce, chillo po pare ch’ è scemo, se mette a confessà.)

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TEATRO (1910-1920)

Scena quinta Ciccillo e detti



Ciccillo Permesso, signor Giudice? Felice Ched’è? Ciccillo Cheste so ’e copie che boliveve d’ ’o ritratto di D. Luigi Busecca (dà una busta con dentro 4 fotografie) Rosa Ah! Il mio protetto! Errico Ah! Voi jate a parlà cu chisto? (Ciccillo via poi torna) Rosa Già, io lo vado a visitare! E ogni bota che ce vaco, me trovo ’e gamme seviziate!... ’E pulece m’arrovinano. Ma che buon uomo, che bravo figlio!... Felice ’E bona femmena, sì. Chillo è ’o primmo mariuolo! Rosa A me, ’a verità, nun me pare, scusate. Felice Pare a me, che saccio chello ch’ha fatto. Nientemeno ha falsificato 5 mila lire di titoli. Rosa Ma isso dice ch’è innocente. Felice E se capisce, come tutti i colpevoli. Rosa E già, pe buie so tutte colpevoli, e po pigliate chilli zarre!...Comme l’avite pigliato cu chillo povero D. Mimì, ’o sapunaro,…eh, …abbiate pazienza! Errico Seh, e c’ ’o cavaliere Pacchione. Felice Tu statte zitto, tu! Io saccio cchello che faccio! Cari miei, nun se ponno fa frittate, senza rompere ll’ove! Eh!! Errico Già, … ma tu, invece, rumpe ll’ove …senza fa mai na frittata. Felice Neh? E con questo sai a chi hai fatto ridere? I polli. Basta, mo jatevenne, che aggio tanto che fa…(fanno scene) Rosa (alzandosi) E nuie pure …Iammo Mariù. Mariuccia (alzandosi, a Felice) Statte buono. Rosa A rivederci, cancelliè. Errico Tanti riguardi. (avverte qualche dolore e si comprime il ventre) Mariuccia Ched’è, neh? Errico Niente, n’affare mio. Rosa Buongiorno. (scambio di saluti, poi le donne escono) Mariuccia Felice L’incartamento Busecca, addò sta? Errico Busecca…Busecca…Ah! Ccà. (lo prende dalla scrivania e lo dà) E chisto n’è na’ato che ti darà filo da torcere. Chisto manco vo confessà.

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

Felice

Ciccillo Felice Ciccillo Felice Ciccillo Felice Ciccillo Felice Ciccillo Felice Ciccillo Felice Ciccillo Errico Ciccillo Errico



(mette nell’incartamento la busta con le fotografie che aveva in mano, e lo ridà ad Errico il quale lo rimette a posto) Pare na pazzia nun nce ne sta uno che sia reo confesso. Eppure chisto è stato pigliato in flagrante. (ritornando) Signor Giudice, vi vuole il procuratore del Re. Il procuratore del Re? Sta dinto? Sissignore. E pecchè è venuto? E io saccio ’e fatte suoie? Va bene, mo vaco. Intanto, fa venì l’assassino d’ ’a FikuSek va, vedimmo si sta comodo, oggi, ’e parlà, ’e confessà. Subito. E fa venì pure ’o barone. Busecca? Busecca. Dille: il giudice istruttore vi deve parlare. Va bene. (via) Ah! Siente, viene ccà. (lo trae in disparte) (Si vene chella signora, Da Gina Friariello, vieneme subito a avvisà) (Va bene.) (Felice via pel fondo, nel mezzo) Ciccì, …Ciccì, che t’ha ditto? (ridendo) M’ha ditto ca se vene Da Gina Friariello, ll’aggia subeto avvvisà. (e via ridendo dal fondo) Eh! Caro signor giudice, llà nun ne ricave niente. Chella te cuffea. Chella s’è cecata cu me! E quanto prima sarà mia! Stammatina ll’aggio fatta na poesia che m’è riuscita un piccolo capolavoro. Ma mentre nc’ ’a stevo leggenno, m’è venuto ’o dulore e bonasera! Eh! Ma io dimane ce vaco n’ata vota, e torno alla carica!

Scena sesta Ciccillo e detto, poi Ernesto e 1a guardia, poi Luigi e 2a guardia Ciccillo (con premura) Cancelliè, ’o giudice vo subeto l’incartamento d’ ’o Barone Busecca. Isso sta dinto a d’ ’o procuratore. Errico Va bene. (Ciccillo via. Errico prende il suddetto incartamento) Ma che angelo ’e femmena! Che occhi! Che bocca! (via pel fondo) 1a guardia (dal fondo a sin. portando per mano Ernesto) Avanti, poche chiacchiere, trasite ccà e aspettate. Il giudice vi deve parlare. (bruscamente lo spinge a destra sul davanti)

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(molto calmo, vestito con ricercatezza) E piano, … sta bene, sissignore,…e se me lo dicevate con più maniera, sarei venuto lo stesso. 1a guardia Cu cchiù maniera? Cu n’assassino comme a te? Ringrazia ’o cielo comme te trattammo! Tu nn’avisse avuto ’avè vurpinate! a 2 guardia (dal fondo a sin. portando per mano Luigi, bruscamente) Cammina, trase ccà e aspetta, che ’o giudice t’adda parlà. (lo spinge a sin. presso la scrivania di Felice) Luigi (tipo di vecchietto elegante, agitatissimo) Ma nu poco più di garbo ’o putarrisse tenè! (gridando) Pe chi m’avite pigliato a me ccà? Io sono il Barone Luigi Busecca, sono un signore, sono un galantuomo! (dà un forte pugno sulla scrivania) 1a guardia Neh, neh,…sapete, siete pregato di non rompere i mobili. Luigi Io non rompo niente! Ma si me facite sferrà, rompo ’e mobili e forse pure ’a capa a quaccheduno. (si gratta comicamente nella schiena) Ernesto Carissimo barone… Luigi Uh! Guarda, guarda…D. Ernesto?... Ernesto (subito) (Pss…non fate sentire il mio nome) Luigi (E pecchè?) Ernesto (Po ve conto) Luigi E che fate qua, a Napoli, vuie dicisteve che ghiveve a Roma da certi vostri parenti? Ernesto (parlando piano) Sì, …accossì dicette a tutte quante, ma invece sto carcerato ’a nu mese… incognito!...e voi? Luigi Io? Da 22 giorni! Cognito!! Ernesto E pecchè? Ch’avite fatto? Luigi (gridando) Niente! Il puro niente!...Vi ricordate, l’anno scorso, io passaie l’estate a Sorrento. Ernesto Sicuro. Con Da Gina Friariello. Luigi Perfettamente, con la mia cara Gina, che da 22 giorni non mi vede! Povera Gigina! Chi sa co che penziero starrà, e come si sentirà infelice senza il suo Ciociò! Ernesto E chi è Ciociò? Luigi So io! Essa non me chiamma mai Luigi, sempre Ciociò! Buongiorno Ciociò – addio Ciociò – Ciociò pensa a me! Ernesto Ho capito. Luigi (grattandosi nel colletto) Chi sa che sta facenno! Chi sa che sta penzanno! Ernesto

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

Ernesto Luigi Ernesto Luigi Ernesto Luigi Ernesto Luigi Ernesto Luigi

Ernesto Luigi Ernesto Luigi

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(con rabbia) E chi lo può sapere che sta facenno! (Vulesse sta arreto a na porta!) Ma voi che avite, che ve grattate sempe? ’E pulece, bello mio, ’e ttengo a migliare ncuollo! E faciteve chiù llà. (si scosta) Chella cammera addò m’hanno miso sta chiena ’e pulice…’A che so trasuto io po, ogne polece s’è fatto accossì, quanto a nu scarrafone! (si gratta un braccio) (ridendo) Ah! Ah!ah! M’ ’e sto criscenno io, capite? Vuie nun ne tenite? No! Io tengo doie scatole ’e razzia ncuollo!...’e trovo tutte muorte ’a sera!...e stiveve dicenno, pecchè v’hanno arrestato? Ah! Sì, vi dicevo, l’anno scorso, io passaie l’està a Sorriento cu Gina mia; ma na sera, ncopp’a nu circolo, addò spisso ievo a ghiucà, vincetto 3000 franche a baccarat. Bravo. ’A matina, ncopp’a l’albergo, me veco presentà uno dei giuocatori che io ritenevo per un galantuomo: “Signore, per carità, salvatemi, salvatemi! Io sono l’amministratore dei beni del conte Scocci; ieri sera ho giocato e perduto tutto quello che avevo esatto; poco prima ho ricevuto nu telegramma suo e debbo fare subito il versamento! Come faccio! Aiutatemi! Nun me fate passà nu guaio. Il denaro non lo tengo più, ma tengo 5000 di titoli di rendita e sono pronto a cederli per 4000 lire, farete n’affare voi, e salverete il mio onore, la mia famiglia!!” Vedetto la cosa buona per me, e in buona fede lle dongo ’e 4000 lire. ’O mese passato, avendo bisogno di denaro, portai i titoli a nu cambiavalute, ’o quale dicette che fosse tornato ’o juorno appriesso. Neh, io torno ’o juormo appriesso, e sapete chi trovo dal cambiavalute? Doje guardie che v’arrestaiene! E chi v’ ’ha ditto? L’ho immaginato. I titoli erano falsi? Perfettamente! Protestai, giurai, ma…inutilmente. Doppo na nuttata passata in questura, me portaiene ccà, davanti al giudice istruttore, ’o quale me chiammaie mariuolo, falsario...figurateve io...A me? Al barone Luigi Busecca, il più ricco signore di Salerno? A un galantuomo perfetto? (si gratta una gamba)



Ernesto Luigi

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E che rispunnette ’o giudice? Ch’aveva risponnere? Nun sapette risponnere niente e me fa mettere subito carcerato! E llà sto da 22 giorni! 22 giorni!...Innocentemente!...ma, ...m’aggia vendicà però! M’aggia vendicà!...come, non lo so. Ma sarà tremenda la vendetta mia! Tremenda! M’aggia piglià ’a sudisfazione! (cerca di grattarsi la schiena) Neh, per favore, grattateme nu poco arreto...(s’avvicina) Ernesto No, no aspettate...(prende il bastone d’Errico ch’è in fondo e con questo lo gratta da lontano) Luigi Grazie tante. Ah, e voi che fate qua? Ernesto (guardandosi intorno) Barò, io vi dico tutto, ma per carità... silenzio... Luigi Ah! Vi pare... Ernesto (alle guardie) Neh, perdonate, voi non ve ne potreste andare nu momento? 1a guardia (reciso) Nonsignore! Ernesto Avita sta sempe lloco? 2a guardia Sissignore! Ernesto E stateve lloco. (piano poi a Luigi) Voi sapete che io sono giornalista, e il mio direttore ebbe l’idea di fare una specie d’inchiesta sull’andamento della giustizia a Napoli. Luigi Bello andamento! Ernesto E dette a me st’incarico. Io allora pescai una trovata magnifica! Senza ricorrere alle solite interviste, racconti, chiacchiere, pensai di esplorare personalmente. Screvette subeto a D.Felice ’o giudice, na lettera anonima, nella quale mi denunziavo come il misterioso assassino della principessa Fiku-Sek, vi ricordate? Luigi Sicuro. Quella principessa russa, scomparsa... Ernesto E che da due anni non se ne sapeva più niente. Luigi Già, già...(si gratta l’altra gamba) Ernesto Capirete bene, doppo chella lettera, immediatamente fuie arrestato. M’interrogarono, ma io niente, manco na parola, faccio vedè che nego sempre, che sono innocente..., e da nu mese sto carcerato, e guardo, ascolto, piglio appunti e preparo una serie di articoli che...ritenete, saranno sensazionali! Comme ve pare? Luigi Magnifica l’idea! Vedete che va penzanno. (si gratta il ventre)

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…



Ernesto Luigi

Barò...Barò, nun ve grattate chiù! Me danno certi mmorze...Oh! Ma po che facite? State sempe carcerato? Ernesto No! Voi che dite!...io aggia vedè comme me n’aggia scappà, aggia trovà nu mezzo...(mo che chisto sta carcerato è nu piacere, pozzo j’ sempe da Gina mia, senza paura!) Luigi (tra sé) Eh! Gina mia! Il tuo Ciociò non fa che pensare a te, e alla vendetta!...e sarà tremenda la vendetta di Ciociò!... (si gratta comicamente la schiena ad un angolo della scrivania) Ernesto Vide a chillo, vì! 2a guardia Neh, amico, mio signò, vuje facite j’ tutt’ ’e carte nterra. Luigi E gratteme tu, allora! Scena 7 Felice e detti



Felice (dal mezzo in fondo) Psss...psss...che cos’è? 1a guardia Niente, signor Giudice. 2a guardia Felice Mbè! (guarda Luigi) Conducete via quest’uomo…Vi farò chiamare. 2a guardia Andiamo. Luigi E pecchè m’avite fatto venì allora? Felice Questi non so affare che vi riguardano. Luigi No, me riguardano, perché io sono venuto pure per dirvi… Felice Voi non dovete dire niente, mo nun ve pozzo sentì. Luigi (gridando) No, vuie m’avite sentì! Io sono innocente! Felice Chesto l’aggia vedè io! Luigi E quanno po? Sto aspettanno ’a 22 juorne!...e io tengo na signora che non sape niente… Felice E io tengo altro da pensare! Guardia, andate. A n’ata mez’ora m’ ’o puorte. 2a guardia Va bene. Venite (prende pel braccio Luigi) Luigi E sta bene!! Ma me la pagherete! Io farò uno scandalo! Ne faccio parlare tutti i giornali! Io farò…(si gratta) Mannaggia ll’arma d’ ’e pulece! (via con la guardia per la porta a sin. in fondo) Felice Insolente! Manigoldo! Guè, chillo allucca pure! (la 1 guardia, seduta in fondo, sbadiglia di tanto in tanto e piano piano si addormenta).

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Ernesto Felice Ernesto Felice Ernesto Felice Ernesto Felice Ernesto Felice Ernesto Felice Ernesto Felice Ernesto Felice Ernesto Felice Ernesto Felice Ernesto Felice Ernesto Felice Ernesto Felice

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(gentilissimo) Non ci fate caso, signor giudice, non vi prendete collera. Grazie. Almeno voi siete educato. Siete un assassino, sì, ma siete educato. Ma quel volgare falsario, no! (si è seduto alla sua scrivania) Non conosce il saper vivere. E nc’ ’o mparo io!!...(batte con forza la mano sulla scrivania. La guardia fa un salto) Prego, accomodatevi. Grazie. (siede di fronte a lui) Bè!...E così?...Signor…scusate, come vi chiamate voi? Non me ricordo maie…tanti nomi per la testa… Ma non ve lo potete ricordare, perché mai ve l’ho detto. Ah! Già, sicuro. E ditelo, allora. Non potete credere quanto è seccante parlà cu uno che non si sa come chiamarlo. Ma ci tenete proprio? Mi fareste cosa grata. (con finta commozione) Ebbene, …chiamatemi allora Rafaniello!... Rafaniello? Rafaniello. Così mi chiamavano papà e mammà, quando ero piccolo. Capite era colorito, bianco, rosso, chiattolillo… Ah! Ecco. Rafaniello? Già (s’asciuga una lacrima) (Sempe na cosa è!) Mbè, allora Rafaniè, …avete riflettuto dopo l’ultima nostra intervista? Sicuro, ho riflettuto e molto…e me ne vorrei andare adesso. Andarvene? Addò? A casa mia! Così? In libertà?...Rafaniello mio!...Se lo potessi fare, sarei felicissimo. Eh! Mai quanto a me. E lo capisco. Ma non posso. Dunque, Rafaniè…sentite a me, confessate. Pensate che negare non è un bel sistema, specie poi…(guarda fisso) quando il vostro complice ha confessato! (’O complice mio? E qua’ complice?) (ride fra sé) Che cos’è neh? Pecchè ve site fatto pallido? Io? Sicuro. Calmatevi…volete nu poco ’e cafè? …Nu bicchierino di cognac? Dite, ordinate…

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…



Ernesto Felice

Ma grazie…ma come disobbligarmi di tanta cortesia? Come? Con una grande fiducia in me. Abbiate fiducia in me…(e te combino io ’o piattino) e sarà meglio per voi. Confessate, confessate tutto! I delitti più orribili, sono forse i più scusabili. Ernesto Oh! Questo è certo, è un fatto! Felice (Ce simme! Mo se ne vene!!..) Eh!...Si sa, siamo tutti fatti di ossa, carne e nervi. La collera ci trasporta, …il sangue bolle,…la ragione si perde, …gli occhi vedono rosso, …i capelli si arricciano, il braccio si alza, scende con forza, colpisce… Ernesto (starnuta con forza) Ecciààà!! Felice (spaventato dà un salto) Salute! (Puozze sculà! Mo moro d’ ’a paura!). Guardia? 1a guardia (svegliandosi) Comandate? (s’alza) Felice Nun te movere ’a lloco! 1a guardia Nonsignore. (siede e s’addormenta) Ernesto Perdonate…ma io sto pieno di razzia…e capirete, me va dint’ ’o naso… Felice Ah! Ecco. Dunque, parlate, Rafaniè…pensate che questo non è un interrogatorio, ma una cordiale conversazione… Vedete, non c’è nemmeno ’o cancelliere…perciò, raccontate, dite, …perché uccideste la Fiku-Sek. Ernesto …Vedete…io veramente…(cambiando tono) Avete na sigaretta? Felice (con premura) Sicuro. Servitevi. (cava il portasigarette e glielo porge) Ernesto Grazie. Felice Vi pare…dovere…Dunque? Ernesto Ecco…io stavo…(c.s.) Avete nu cerino? Felice Sicuro. (cava la scatoletta e lo fa accendere) Ernesto Grazie. Felice Dunque? Perchè l’uccideste? Ernesto Ecco...quella notte io stavo... Scena ottava Ciccillo e detti poi Mariuccia Ciccillo Signor giudice, perdonate, vi vuole il procuratore del Re. Felice N’ata vota?



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Ciccillo Sissignore Felice (Iusto mo!) E mo vengo. Mariuccia (dal fondo) Felì, scusa che ti disturbo... Ernesto Oh! Signora. (s’inchina) Mariuccia Buongiorno. Felice (alzandosi) Ch’è stato? Mariuccia Niente, te so venuto a salutà. So ghiuta comme ’o solito a visitare questo detenuto Ernesto e m’hanno ditto che ll’avive mannato a chiammà tu. Felice Sicuro, ma è stato buono che si venuta...(piano) Chillo steva accommincianno a parlà...Mo te lasso sola cu isso... il momento è buono...nun nc’ ’ o facimmo scappà...(forte) Mariè...moglie mia... Ernesto (’A mugliera?!) Felice Io debbo andare dal procuratore che m’ha mandato a chiamare...vengo subito...tieni tu compagnia a Rafaniello. Mariuccia Rafaniello? Ciccillo Felice Sì, è un soprannome che gli mise ’o padre e ’a madre. ’O nomme vero...(marcato) nun l’ha voluto dicere!! Io vaco. Ciccì, jammoncenne. (fa dei segni a Mariuccia e via per la porta a sin. in fondo) Ernesto (corre in fondo, si assicura che la guardia dorme e viene poi avanti). Mariuccia mia!!! (abbracciandola) Mariuccia Psss!...Pe carità!...(mostra la guardia) Ernesto Non c’è paura...sta dormenno. (abbraccio) Simpaticona mia! (poi d’un tratto respingendola) No!...Indietro! Perfida! Mariuccia (sottovoce) Io? Ernesto Sì, sì, voi, voi. Siete dunque la moglie del signor giudice? Adesso l’ho inteso da lui. E non m’avete mai detto niente, perchè? Mariuccia (sempre un po’ timida) Pecchè...nun me l’avite maie addimandato si ero maritata. Ernesto (con comica drammaticità) E così, voi, da un mese, visitate il povero assassino della Fiku-Sek, spiando le sue azioni, sperando, forse, scoprire i suoi segreti e poi riferire, eh? Spia!!.. Mariuccia (con slancio) No! Ernesto! Ernesto Sì! Perchè è chiaro, perciò non me lo avete detto. Mariuccia Ma come? Dubitare di me? Di me? Ingrato! Pecchè? V’ag-

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…



gio forse addimmannato maie quacche cosa? Aggio voluto maie sapè quacche cosa? Maie! Niente saccio, e niente voglio sapè. Si avite acciso a chella femmena, ho capito che è stato per amore e s’ ’o meritava, pecchè vuie ’a vuliveve bene. Ernesto Ah! L’adoravo! Mariuccia E v’ha tradito? Ernesto (forte) Sì! Mariuccia Pssss! Ernesto (piano) Sì! (lugubre) E mi sono vendicato!...Atrocemente!...(ride fra sé) Mariuccia (ammirata) (Che uomo!!!) Ernesto (c.s.) Tutte, ...tutte le donne che mi hanno tradito, ...tutte sono morte!! (Mariuccia ha un brivido) E tutte, tutte quelle che mi tradiranno, proveranno...Zin! Zan!...il mio pugnale!! Mariuccia (c.s.) (Che energia! Che coraggio!) Ernesto (vedendo il cappello e il soprabito di Felice all’attaccapanni) ’E chi è chillo cappiello e chillo scemisso? Mariuccia ’E Feliciello. Ernesto D’ ’o giudice? Mariuccia Sì. Ernesto Sta bene. (indossa gli oggetti) Mariuccia E che volite fa? Ernesto Psss!...Me ne scappo!...Si me ne vaco senza niente, me conoscene e m’arrestano...Ma invece, così, col bavero alzato... Mariuccia Uh! Mamma mia! Ve ne scappate? Ernesto Psss!! Basta! Zitto!...(Me parene mill’anne che veco a Gigina mia...non ne pozzo chiù!) Mariuccia Ma vuie mo me facite compromettere...Felice se po credere che io era d’accordo cu vuie...che v’aggio dato mano... Ernesto Psss!...Ci ho pensato. (dà una sedia) Assettateve. Mariuccia Pecchè? Ernesto Psss! Assettateve! (fissandola con rimprovero) Mariuccia (impaurita ma sempre con ammirazione) (Che occhi! Che bellezza!) Eccomi. (siede) Ernesto (corre al tavolo di destra, toglie la corda che legava uno dei pacchi d’incartamento e lega Marietta alla sedia con le mani dietro) Ve faccio male?



TEATRO (1910-1920)

Mariuccia (ridendo) No, no. Aggio capito. È stata na bella idea. Ernesto (legandole anche le gambe) Non può sospettare di niente. Crederà che avete ceduto alla violenza, capite? Mariuccia (ridendo) Ah! Ah! Ah! Ernesto Quanto siete simpatica quando ridete! Mariuccia Facite ambressa, avessa venì, s’avessa scetà ’a guardia... Ernesto ’O fazzoletto mo. Mariuccia ’O fazzoletto? Ernesto Già, per imbavagliarvi. Mariuccia (c.s.) Pure? Ernesto Per chiudere questa bocca affascinante. (prende il suo fazzoletto e glielo lega alla bocca) Così troveranno regolare che non avite potuto alluccà. Sta troppo stretto? Mariuccia (non potendo parlare fa segno di no col capo) Ernesto Benissimo! E mo che venene facite vedè che ve sentite male...che svenite...(Marietta accenna di sì. La guardia intanto russa forte) All’arma d’ ’o trombone! (poi in tono poetico) Io me ne vado! Grazie!...Grazie Maria!...(la guardia russa più forte) Ma ched’è nu puorco?...(riprendendo il tono poetico) O Maria!...Il corpo mio s’invola, ma l’alma resta a te!... (colpo di russo della guardia) ’A faccia ’e mammeta!... (Marietta ride come può) Ah! Aspetta!...(adagio,con precauzione, toglie il kepy alla guardia, lo appende all’attaccapanni, prende il cappello d’Errico e glielo mette in testa. Questo però sollecitamente e ridendo. Dopo di che, va da Maria e la bacia in fronte) Addio Maria! Amami! Pensami! Ricordati di me!! (colpo c.s. di russo della guardia) Ppuh!...All’arma toia!!..(gli sputa sul viso e via pel fondo, in mezzo. La guardia russa sempre) Scena nona Felice, Errico e detti Felice Errico Felice Errico Felice

(ritornando con delle carte in mano. Errico lo segue)C’è da perdere ’a capa, sapete, ’a capa! (vede Marietta) Chi è? (grande meraviglia) Che?!...Marietta?!... La signora?! Imbavagliata?! Attaccata?! (chiama) Mariè? Mariè? (le toglie il fazzoletto) Signora? Signora? (Marietta abbandona il capo da un lato) È svenuta. (scuotendola) Marietta?...So io! So Felice...

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…





Mariuccia (fingendo di rinvenire) Ah!!... Felice Rinviene, rinviene... Errico Meno male. (la scioglie) Ma chi l’attaccata accosì? Mariuccia (con un fil di voce) Pe carità...pe carità...nun m’accidite... Felice Mariè, apre ll’uocchie, so io, Felice... Mariuccia (aprendo gli occhi) Ah! Si tu?...Che paura!! Felice Ma parla...ch’è stato? Addò sta Rafaniello? Addò sta l’assassino? Mariuccia (c.s.)Scappato! Felice Scappato?! Errico Mariuccia Sì! (la guardia russa) Felice E chillo che dorme! Guardate. (chiamando forte) Guardia! Guardia! a 1 guardia (svegliandosi) Chi è? (viene avanti) Eccomi. (Sempre col cappello di Errico fa il saluto) Felice Dove sta l’assassino? 1a guardia Comme? Felice L’assassino della Fiku-Sek, addò sta? 1a guardia Mo steva ccà. (guarda intorno) Felice Ma che s’ha miso ncapo? Errico Chillo me pare ’o cappiello mio. Felice Addò vaie guardanno mo? L’hê fatto scappà, capisci! 1a guardia Scappà?! Felice Te si addormuto e chillo se n’è scappato! Pezzo di bestione! Che tiene ncapo? Che t’hê miso ncapo? Errico (guardando da vicino) Sissignore, è ’o cappiello mio. (ridendo) 1a guardia Io? (toglie il cappello) Uh!...E chi m’ha miso? Felice ’O buò sapè ’a me? 1a guardia E cheste so cose ’e pazze. (posa il cappello all’attaccapanni e mette il kepy.) Felice Mentre durmive comme a nu puorco, a rischio ’e fa accidere pure a muglierema, l’assassino t’ha cagnato ’o cappiello e se n’è scappato. Ha fatto pure ’o scherzo. Va, vattenne fore! So io, poi, come mi debbo regolare con te! (la guardia, mortificata, fa il saluto e via pel fondo) Imbecille! Cretino! Errico Come vi sentite, signò? Mariuccia Meglio, meglio, grazie. Ma che paura! Quanno m’ha afferrata pe ccanne, me credeva che me strafocava! Che forza! Che brigante!

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TEATRO (1910-1920)

Felice

Errì, ccà mo nun s’adda perdere tiempo...S’hanno mannà subeto ’a questura ’e connotati, e s’adda telegrafà a tutte le stazioni e alla frontiera. Ma t’hê ’a movere però. Errico Eccomi! (va alla sua scrivania e scrive) Felice (a Mariuccia) Non te n’incarricà, che lo pescheremo...lle combino io ’o servizio! Mariuccia Pe nun essere conosciuto, s’ha miso ’o cappiello e ’o soprabeto tuio. Felice Pure? Ah! Ma me la pagherà però. Mariuccia Felì, io me ne vaco a casa...me voglio mettere ncopp’ ’o lietto nu poco...me riposo...me piglio nu calmante... Felice Sicuro...faie buono...E manneme pure n’ato cappiello... Mariuccia Sì, statte buono. Felice Statte bona. Mariuccia A rivederci, D.Errì... Errico Servo, signora. (e scrive) Mariuccia (È salvo! È salvo!) Che paura! Che emozione! (via pel fondo dal mezzo) Felice (alla sua scrivania) So cose che succedono sulo a me! E ccà mo si appurano ’e giornale... Errico Ma è na iettatura, sapete, ...una iettatura! Nun te ne riesce una bona! Tu po, scusa, l’avarrisse avuta capì...N’ommo comme a chillo, nun se lascia sulo cu na femmena! Felice Io l’aggio rimasto c’ ’a guardia, poteva supporre che chill’animale s’addormeva? Scena decima 2a guardia e detti, poi Luigi, poi Ciccillo 2a guardia (aprendo le porte) Permesso? (dalla porta in fondo a sin.) Felice Avanti. 2a guardia Signor giudice, se state comodo...po venì ’o barone? Felice Ah! Già, a proposito....Avanti, avanti. (2 guardia entra, poi torna) Che professione infame! Nun saccio comme tengo ancora ’e cerevelle ncapo. 2a guardia (ritorna con Luigi) Avanti, potete entrare. Luigi Finalmente. Felice Accomodatevi. (alla guardia poi) E tu nun t’addormì. a 2 guardia Io? Nonsignore! Felice Mbè!!...(poi a Luigi) Dunque, a voi, siete disposto, oggi,

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…



a dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità? Ma io v’ ’aggio ditto ’a nu piezzo ’a verità...I titoli l’aveva comprati, e nun sapeva che erano falsi. Felice Barò, non cominciamo...Badate che io so tutto! Badate che il vostro complice ha confessato! (Dicimmo accossì). Luigi (sbalordito) ’O complice mio?? Felice Sicuro. Ciccillo (di d° dal mezzo) Permesso? Felice Avanti. Ciccillo (fuori) C’è fuori la signora Gina Friariello. Felice (Essa?) (si alza) Errico (Essa?) (si alza) Luigi (Essa?) (si alza) Felice Falla trasì. (Ciccillo via) Guardia, portate dentro questo signore. Luigi Perchè? (si gratta) Io la voglio vedere...quella è Gigina mia. Felice (dal tiretto ha cavato uno specchietto e si aggiusta capelli e cravatta) E me fa tanto piacere! Non si può. Luigi E perchè? Io sono l’amico suo, il suo Ciociò. Io so Ciociò! Felice E nun nce preme! Luigi

Scena undicesima Ciccillo, Gina e detti Ciccillo Favorisca, favorisca. Gina (dal fondo nel mezzo. Toletta elegantissima, eccentrica) Grazie. (Ciccillo via) Luigi Gina, Gina mia! (stretta di mano e bacio) Gina Oh! Ciociò!...Povero Ciociò!...Comme ve site fatto brutto! Che barba avite crisciuto! Luigi Eh! Capirai...da 22 giorni carcerato. Felice (offrendo una sedia a Gina) Prego. Errico (medesimo gesto) Prego. Gina Grazie, signori, gentilissimi...Ma avrei bisogno di dire due parole al signore. (mostra Luigi) Non più di cinque minuti. È permesso signor giudice? Felice (gentile) Vi fa piacere? Gina Moltissimo. Felice A voi non saprei rifiutare niente! Ma solamente 5 minuti, non posso di più.

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Gina Felice

TEATRO (1910-1920)

Grazie. Veramente gentile. Con permesso? Fate pure. (Che simpaticona!) (va alla scrivania e seguita ad aggiustarsi allo specchietto) Luigi (la conduce in disparte) (Gigina mia, hai saputo pecchè m’hanno arrestato?) Gina (Sì...m’hanno ditto...Ma è n’ingiustizia) Luigi (E nc’ ’aggio ditto, ma nun me vo credere. Parlece tu, contale tu ’o fatto ’e Surriento, vide si ’o può convincere tu.) Gina (Nun ve n’incarricate, io perciò so venuta. Mo ce parl’io.) Luigi (Tiene quacche raccomandazione?) Gina (Tengo n’ato mezzo, e forse è ’o chiù sicuro) Luigi (Bravo! E a me, si mme vene fatto, ll’aggia cosere nu vestito...) Felice (ad Errico) Hê scritto i connotati? Hê fatto ’o telegramma? Errico Sì, ccà sta tutte cosa. (gli dà due fogli) Felice (leggendoli) Sta bene, portale subeto add’ ’o procuratore... Errico Mo ce manno a Ciccillo... Felice Nonsignore, nc’hê ’a j’ tu! E lle cunte pure comme se n’è scappato l’assassino. E nun te scordà ’e telegrafà! (ha lo specchietto in mano) Errico Va bene. (Mo vo rimanè sulo co’ Gina, perciò!) (via) Felice Signorì...signorì,...i cinque minuti sono passati. Gina Ah! Eccomi,...scusate. Felice Guardia, accompagnate il signore. Luigi Statte bona. Angioletto mio! Vita mia! Gina Stateve buono. (fa per abbracciarlo) Luigi (subito) No! Nun m’abbraccià! Gina Pecchè? Luigi Te jenche ’e pulece. (stretta di mano e bacio) Statte buona. (poi alla guardia) Iammoncenne. (a Felice) Permettete. (sotto la porta si volta guarda Gina languidamente e sospira) Ah!! a 2 guardia (All’ossa ’e mammeta!) (viano pel fondo, porta a sin.) Gina (È nu pinnolo che non se ne po proprio scennere!) Io non so, veramente, come ringraziarvi... Felice Oh! Macchè...Voi lo conoscevate quel signore? Gina Sicuro, è...un mio amico. (seggono) Felice Un amico piuttosto intimo, a quel che pare...perchè ho visto una certa premura...un certo interesse... Gina Sì, ...così,...siccome mi vuole tanto bene... Felice Ah?...E...naturalmente voi pure a lui? Gina ...Veramente, io...

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

Felice Gina Felice Gina Felice Gina Felice Gina Felice Gina Felice Gina Felice Gina Felice Gina Felice Gina Felice Gina Felice Gina Felice Gina Felice Gina Felice Gina Felice Gina Felice

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(avvicinandosi) L’amate? Oh! Amarlo...sarebbe dire troppo...(avvicinandosi e sospirando) Eh! (fissandolo) L’amore è un’altra cosa! (Oh! Sangue de la morte!!) (si guarda allo specchietto che aveva nascosto dietro) È un brav’uomo, un buon amico e mi fareste proprio tanto piacere se... Se v’ ’o mannasse ’a casa libero e franco! Volevate dire questo? Proprio. Del resto, sarria po na cosa giusta, pecchè, pover’ommo, è innocente. Ve lo garantisco io. E se me lo liberate, ve ne sarò riconoscente per tutta la vita!... (prendendole la mano e sospirando) Ah!!..E va bene...poi ne parleremo...adesso è già tardi...domani, se volete. Dimane? Vulite che torno? Oh! Perchè incomodarvi...(si guarda allo specchietto c.s.) Verrò io da voi. Oh! Signor giudice,...vi degnereste...? Mi degnerò! (passandogli il braccio sulla spalla) Non vi sarà di fastidio? (fissandola con passione) Non mi sarà! Verso le due, state comoda? A quell’ora che volete (si guarda allo specchietto) E...vi trovo sola? (pausa – guarda intorno) Solissima! Allora a domani? A domani. Alle due? Alle due! (Che sciasciona!) (s’alza) (fra sé, stringendo il pugno) (’O tengo ccà ddinto!) (s’alza) (le porge la mano e l’accompagna alla porta in fondo) Prego. Grazie. (arrivato sotto l’uscio) A rivederci. A rivederci. Simpaticone! (modesto) Oh!...(si guarda allo specchietto) (Ma che si guarda ogne tanto ’a dereto?) E ...vi metterete, poi, a disposizione della giustizia? (con civetteria, marcato) Della giustizia...o del giudice? Come volete voi!...È lo stesso.

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Gina Felice Gina Felice Gina Felice

TEATRO (1910-1920)

Mi metterò! E...(animandosi) mi direte la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità? Lo giuro! (stende la mano) (gliela bacia) Grazie! (ridendo) Ah! Ah! Ah! (via pel fondo) (eccitato) Che donna! Che amore! Che angelo! Dimane voglio fa cose ’e pazze!...Caro signor Cancelliere, mo v’ ’avita fa cu ll’ove ’a trippa! Ci sono riuscito, ma che simpaticona! Che grazia!... (con le mani manda dei baci verso la porta) Teh! Teh! Teh! Scena dodicesima Ciccillo e detto, poi Errico, poi di nuovo Ciccillo, Salvatore e Mimì, poi 1a e 2a guardia

Ciccillo (con cappello a cilindro in carta in mano)Signor giudice, ’a signora v’ha mannato stu cappiello. Felice Va bene, miette ccà. (Ciccillo lo mette sulla scrivania) Errico Tutto è fatto. (guarda intorno) (e Gina addò sta?) (Ciccillo via) Felice (Seh! Va vedenno!...La quaglia è volata, caro mio!) (toglie la carta dal cappello) Errico Da Gina se n’è ghiuta? Felice Sì, da poco, ...jeva tanto ’e pressa. (canticchia un’aria e accende una sigaretta) Errico (tra sé) (Scommetto che ll’ha dato ’appuntamento.) Ciccillo (di d° gridando) Vuie nun putite trasì, comme v’ ’aggia fa capì? Mo me facite sfastedià, mo! Salvatore (di d° gridando) Comm’è, ve sfastidiate? Ma ch’avimma sta a settimane ccà ffore? Mimì (di d° gridando) Eh!...Me pare che non sia regolare! Nuie stamme ’a stammatina. Ciccillo (c.s.) E avita aspettà ’a chiamata! Felice Ch’è succieso? Errì, vide ched’è? Errico (apre la porta in fondo) Neh, guè, ched’è stu chiasso? Fate silenzio! (aprendo la porta si vedrà Ciccillo, la 1a e la 2a guardia con le spalle al pubblico che trattengono Mimì e Salvatore) Ciccillo (entrando) Signor giudice, ch’aggia fa? Chiste vonno essere interrogate afforza. Felice E se mettono a ffa chesta ammuina? Avanti, chi so?

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

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(entrando) Songh’io, eccellenza (entrando) E io! Stongo ’a stammatina all’unnece! E io pure. E me fa tanto piacere! Ma che ve credite che state mmiez’ ’a piazza ch’alluccate ’e chesta manera? Mo nun pozzo sentì a nisciuno, s’è fatto tarde! Se ne parla dimane! (mette il cilindro e fuma) Salvatore Dimane? Avimma tornà n’ata vota? Felice Tornate n’ata vota, n’ati ddiece vote, n’ati trenta vote, quanto me pare e piace a me! Salvatore Ma comme... Mimì Felice (forte) Silenzio! Guardie, scostateli, ...fatemi passare! (la 1a guardia prende Mimì, la 2a guardia Salvatore ed aprono il passaggio a Felice che li guarda con rimprovero. A posizione degli attori è la seguente: 1a guardia 2a guardia Mimì Salvatore Ciccillo Errico Felice I sei attori, tutti di profilo al pubblico, uno di faccia all’altro. Felice spalle al pubblico) Felice Sta bene! (poi rivolto ad Errico) Amico mio, ti saluto!...La quaglietella è volata (Errico lo guarda senza capire) Eh!... me capisco io!! (guarda gli altri e non potendo parlare, si esprime fischiando adagio l’aria del duetto di Sofia e FrouFrou, nell’operetta: Duchessa del bel Tabarin: “Ah! Ah! Come si sta ben” con i seguenti gesti: Domani - alle due - quella persona – Sarà insieme a me – Tutta mia (affrettando il tempo) A te – niente – un corno – cretino. E via ballando a tempo, pel fondo, col pollice della destra sul naso, muovendo le altre dita, rivolto ad Errico. Ciccillo, meravigliato, lo guarda ed insieme alla 1a e alla 2a guardia fanno il saluto al passaggio suo. Salvatore e Mimì s’inchinano, guardandolo intontiti. Errico lo segue, meravigliato, con lo sguardo. Appena Felice è arrivato sotto la porta in fondo, cala la tela.) ⏟

Salvatore Mimì Salvatore Mimì Felice

Fine del 1° Atto

Atto 2° Salottino in casa di Felice. In fondo due balconi, dei quali si vede la ringhiera e il fondo di strada. Questi balconi hanno dei portieri con lunghi lacci legati. Consola con specchio, orologio e vasi in fondo, fra i due balconi. Quattro porte laterali con portieri coi rispettivi lacci. La comune è la 2a a sin. Tavolo in mezzo. Sedie tappezzate intorno. Al plafond lampadario spento. Sul tavolo occorrente per scrivere, campanello e giornali. Altre sedie e altri piccoli mobili completano l’arredamento. Scena prima Mariuccia e Rosa Mariuccia (seduta al tavolo, pensando. Ha una lettera aperta in mano. Sospira) Ah!.. Rosa (dalla 1a a dª chiamando) Neh, Mariù?... Mariuccia (come destandosi) Chi è? (conserva la lettera) Ah! Site vuie, mammà? Rosa Eh! So io! T’aggio chiammato tre bote. Ma se po appurà che cancaro t’è afferrato, ’a nu piezzo a chesta parte? Staie distratta, preoccupata, stunata, pensierosa,...ma pozzo sapè che hai? Mariuccia (la guarda, poi decisa) Embè, sì...! Sì, mammà...mo ve dico tutte cosa, tutt’ ’a ragione pecche io sto accussì, ...tutt’ ’o segreto mio che me tormenta e nun me fa truvà chiù pace! (commossa) Rosa Uh! Mamma mia! Tu me spaviente! Ch’è succieso? Ched’è stu segreto? (poi colpita da un’idea, con rimprovero) Piccerè,...piccerè parla chiaro, ...tu avisse combinato quacche serviziello a maritete? Mariuccia No, mammà,...no ancora...ma credo...che accossì succedarrà! Rosa Eh?! Neh, ...lazzarella, lazzarè? E che bo dicere stu parlà? Tu? Figliema? La moglie di un magistrato? Ma nun è

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TEATRO (1910-1920)

possibile...dimme che staie pazzianno, ch’è nu suonno che t’hê fatto. Mariuccia No, mammà, nun è suonno, è realtà! È ammore!!...Io nun ragiono chiù, nun dormo chiù,...penso sempe a isso! Sempe! Rosa Uh! Chesto che cos’è! Ma io sto dormenno o sto scetata? E chi è chisto? Mariuccia Eh! Non te lo puoi mai immaginare. È n’ommo ’e core, n’ommo che tene tanto ’e fegato, n’ommo che a tutte ’e femmene che l’hanno ingannato,...zin...zan...l’ha accise sott’ ’o colpo! Rosa (appaurata) Uh! Mamma bella! Mariuccia Che coraggio! Che energia! Questo significa essere uomo! Rosa Ma chi è? Mariuccia (la guarda – pausa) ’O buò sapè?...(guarda intorno) L’assassino di Fiku-Sek!... Rosa Eh?!! Chist’è? Chillo brigante? Chillo galeota? Mariuccia No, no mammà, non è un brigante, un galeota, no! È un eroe! Un vero eroe!!... Rosa Uh! E chesta è asciuta pazza! Mariuccia ’A che io vedette ’o ritratto suio ncopp’ ’a scrivania ’e Felice, non aggio ragionato chiù! Figurate po, quanno aggio potuto vedè a isso proprio, quanno nc’aggio potuto parlà! Che occhio! Che risoluzione! Che disprezzo della vita! Rosa No,...tu hê perzo ’e cerevelle, figlia mia! Ma io t’ ’e faccio turnà però. E tu perciò stive accussì? Per un malfattore simile? Si nun ’a fenisce, t’afferro pe sti quatte zirole, e tanto te lasso quanno t’aggio rimasta scucciata! Cu chill’ ommo che tene pe’ marito, che l’adora, e non pensa nemmeno lontanamente a tradirla. Mariuccia Oh! A tradirmi nun nce pensa, ’o saccio, ma a trascurarmi sì! E si succede quacche ccosa, nce ave colpa isso! Certo io nun le cerco passione, poesia, ideale, pecchè nun ne capisce proprio niente ’e chesto! Ma almeno che me curasse, che me stesse nu poco vicino, che pensasse ca so giovene, che tengo sangue dint’ ’e vvene! Rosa Neh, ma vedite, ...chillo è giudice istruttore, chillo ave che fa, tu che buò a chillo? Mariuccia E io m’aggia chiagnere ’e muorte mieie, tutt’ ’a santa jornata, dint’ ’a qquatte mure? Maie nu teatro, maie a nu

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…



cafè, maie nu divertimento qualunque!...Me porta maie a quacche parte? Me vedite maie ascì cu isso? Rosa Sì, chesto è overo, ma certo, nuie vedimmo comme sta occupato e me pare che non sia na ragione, chesta, pe fa chello che pienze tu!... (cambiando tono) Viene ccà...calmete, figlia mia!...Levati sti pensiere ’a capa. Fortunatamente chillo piezzo d’assassino, so otto juorne che se n’è scappato e te può mettere l’animo in pace, pecchè nun torna chiù. Mariuccia E che ne sapite vuie? Rosa Ma così è. Chillo se presenta n’ata vota a Napule, p’essere arrestato e ghì ngalera? Mariuccia E io vi dico che vene. Me l’ha scritto. (mostra la lettera) Rosa T’ha scritto? Mariuccia Sentite. (legge) “Maria! Un gran pericolo vi minaccia! Voi avete salvato me, ed io salverò voi. Oggi, a rischio di qualunque cosa, debbo vedervi. A fra poco!” Rosa Bravo! Damme sta lettera! (le strappa la lettera da mano e la lacera) Mariuccia E pecchè ’a stracciate? Rosa Pecchesto! Faccia tosta che sì! State pure in corrispondenza? E bravo!...Quanno vene, ’o voglio ricevere io, ce voglio parlà io! Ah! Se penza che ha trovata n’ata Ficusecca ccà? E ccà Ficusecche cumme a chella nun nce ne stanno! Ccà po truvà invece belli nnoce!! Cu tutto ’o fegato che tene. ’A casa mia ’a lassasse sta coieta. E po, pe sapè, ched’è stu gran pericolo che ti minaccia? Mariuccia E chi ’o ssape. Ma che me mporta? Quanno ce sta isso che me sorveglia, niente me fa paura!... Scena seconda Felice e dette Felice Rosa Felice

(di d°) È impossibile! Nun pozzo dà retta a nisciuno mo! Zitto! D.Felice! (fuori, dalla 2a a sin.) Oh! Buongiorno mammà...buongiorno Mariù... ⏟

Rosa Buongiorno Mariuccia Felice (battendo il cappello sul tavolo) Sangue de la morte! Pare na disdetta!

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Rosa Felice

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Ch’è stato, D.Felì? Sapite a chi aggio visto poco primma, proprio a dieci passi di distanza? Rosa A chi? Felice A Rafaniello! Mariuccia (con gioia) (Isso?) Rosa Rafaniello? Felice L’assassino della Fiku-Sek, che otto juorne fa se ne scappaie. Rosa (guardando Mariuccia) Ah! Sta a Napoli? Felice Già. Io steva ncarrozzella e isso in automobile. Ce simme ncontrate e m’ha salutato! Neh, chillo ha tenuto ’o curaggio ’e mme salutà. Ha ditto: D. Felice bello! Rosa E nun l’avite arrestato? Felice E comme ’arrestavo? Chillo s’è mmiso a correre comme a che. ’O so ghiuto appriesso currenno pur’io e alluccanno, ma nun è stato possibile arrivarlo. (segni di soddisfazione di Mariuccia) Aggio telefonato a Errico che venesse subeto ccà. S’hanna piglià provvedimenti energici. Mariuccia Io, pe mme, si fosse a te, nun me n’incarricarrie chiù. Se n’è scappato? E lascialo perdere. Ma che me vuò piglià na malattia? Felice Ma tu pazzie o dice overo? Mammà, vuie ’a sentite? Rosa ’A sto sentenno, ’a sto sentenno... Felice Nun me ne incarico chiù! Cara mia, mo fra me e isso adda essere na lotta a morte! M’ha cuffiato troppo chillo galeota! ’E giurnale m’hanno pigliato troppo p’ ’o naso, cuntanno tutto ’o fatto ’e cumme se n’è scappato, che t’attacaie ncopp’ a’ seggia, che se purtaie ’o soprabeto e ’o cappiello mio...tutto, tutto. Rosa Ma cumme l’hanno appurato sti giurnale? Felice Eh! Ccà, o è ghiuto a contà isso stesso tutte cosa, o è stato Errico. Rosa ’O cancelliere? Felice Proprio, il quale mi odia! Rosa Oh! Macchè!...A proposito, e c’ ’o barone ch’avite fatto? Felice ’O barone Busecca? Ch’aveva fa? L’aggio rilasciato. Io steva perdenno ’a capa!... Rosa Ah! L’avete rilasciato? Bravo! M’ha fatto piacere, pover’ ommo. Felice E sì, ...nun tenevo nisciuna prova contro a isso...

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

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Mariuccia E ma manche contro a Rafaniello tiene prove … avarrise avuta rilascià pure a isso. Felice Nun tenevo prove? E la lettera che lo denunziò? Mariuccia Ah! Già!...Na lettera anonima! Bella prova pe condannà n’individuo! Rosa (guarda Mariuccia con rimprovero) D. Felì, ...D. Felì, mo ’a na cosa passammo a n’ata! Avete visto che bella giornata ch’è stammatina? Pecchè nun ve portate nu poco a Marietta a fa na cammenata, ve ne jate a mangià tutt’ ’e dduie ncampagna, tanto bello, a testa a testa!...Se divaga nu poco, povera figlia, ...nun esce maie. Felice Nun esce maie? Vuie state sempe mmiez’ ’a via! Rosa Ah! Cu mme? Ma certo che lle faciarria chiù piacere d’ascì cu buie. Felice Ma cara mammà, vuie ’o vvedite ...io sono occupatissimo. Oggi, per esempio, nun po essere. Aggia j’ all’ufficio a rilascià due imputati. Rosa E va bene, na giornata ’e cchiù, na giornata ’e meno...’e rilasciate dimane. Felice (pausa) Già … riflettendoci ...che stanno carcerate fino a dimane che fa? Che ce mporta? Rosa Ma proprio. Profittate d’ ’a giornata. Felice (a Mariuccia) Te fa piacere ’e j’ a mangià ncampagna? Mariuccia Comme vuò tu. Felice E va buono, a n’ato ppoco ce ne jammo. Rosa Ah! E bravo chillo D. Felice. Scena terza Mimì e detti poi Errico Mimì (dalla 2a a sin. in livrea da cameriere) C’è permesso? Felice Chi è? Mariuccia È chillo lazzarone ’e Mimì, ch’ hê voluto fa venì comme a cameriere. Felice Ah!....Avanti, trase. Mimì (fuori) Fore ce sta D.Errico ’o cancelliere, ’o pozzo fa intrà? Felice Sissignore, fallo intrà! Mimì (gridando, sotto l’uscio) ’O ssapite, cancelliè, potite intrà. Felice Guè, oh, ...ma che te cride che staie ancora abbascio ’a graziella? Tu non hê ’a parlà accussì.

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E comme aggia parlà? Hê ’a dicere: Favorisca, avanti. Aggiate pazienza … io po nun nce abbado, capite? E nc’hê ’a badà. T’ hê ’a sta attiento. Sissignore. (sotto l’uscio) Favorischi, … avando! Aggio fatto peggio. Va buono accossì? Tu hê ’a fa ’o sapunaro, sulo chello. (dalla 2a a sin.) Buongiorno Felì. Signore.



Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice Errico Felice Rosa Mariuccia Rosa Errico Felice Errico Felice Errico Felice

Rosa

Errico Felice Rosa

Bongiorno.

D.Errì, comme state c’ ’o delore? Pih, ...così ...grazie ...s’ è calmato alquanto. Ma ancora ve mettite a quatte piede quanno ve vene? (ridendo) Sempre! Appena me sta venenno, me metto a quatte piede e conto da uno fino a cento. Quello è un rimedio efficacissimo che m’hanno imparato. Ce aggio trovato grande giovamento. Ah! Io perciò te veco ogne tanto a quatte piede: uno – due – tre – quatte … E p’ ’o delore? Già. Eh! Quella è una cosa santa! Neh, ma famme capì … comme t’è venuto ncapo ’e te piglià stu lazzarone ’e Mimì pe servitore? Che volete ’a me? Chillo, ogne ghiuorno, veneva a chiagnere abbascio ’o palazzo, dicemmo che nun guadagnava chiù niente ’a che ascette d’ ’o carcere, ch’era rovinato, … che io l’aveva indennizzà … me facette pena e me l’aggio pigliato pe nu mese. E mme pare mill’anne che passa. Pecchè po mangia comme a nu lupo! ’A cinche juorne che sta ccà, ha avuto l’abilità ’e se mangià na nzerta ’e cipolle che tenevo dint’ ’a cucina! (ridendo) E chillo ch’è scemo. Caro Felice, e tu si te vuò mettere dint’ ’a casa tutte le tue vittime, vaie ’a lemmosena, t’ ’o prevengo. Nun accommincià a fa ’o spiritoso, sa, ...nun me fa tuccà ’e nierve. No, no, lasciatelo sta, che stammatina adda sta ’e buon umore. Va a mangià ncampagna isso e Mariuccia.

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

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Errico Ah! Bravissimo! E quanno ve ne jate? Felice A n’altra oretta. (a Mariuccia) Va te vieste, intanto. Mariuccia Sì. Mammà venite. Permettete. (e via 1a sin.) Rosa Con permesso. Errico Prego. (Rosa segue Mariuccia. Felice guarda minaccioso Errico) Felì, ched’è? Pecchè me guarde accossì? Felice Perchè vorrei sapere quanno ’a fenisce ’e mme rompere ll’ove dint’ ’o panaro? Errico Io? Felice Tu, sì! E nun me fa l’indiano, che tu m’hê capito. E te prego, a Da Gina, nun ’a ncoità chiù! Nu perdere tiempo a fa poesie, sonetti e a mmannarcele, pecchè, tanto, fanno na brutta fine. (cava di tasca un foglio) Ecco, chesta è na poesia toia, che m’ha dato essa stessa, p’ ’a fa straccià. Errico (prende subito il foglio) Oh! Questo poi no. Felice E perciò...è inutile che insisti, ….nun ne ricave niente. Chella nun ne vo sapè ’e te ...fatte capace. Errico E sì, e sì, me faccio capace. Mo statte attiento, ce stesse sulo Da Gina ncopp’ ’a terra? Io aggia voglia ’e femmene! Felice E perciò ...Te può mettere tu cu mme? Errico Ah! Certo. Tu si n’ata cosa. A te, t’è stato facile conquistarla, se capisce, tiene ’e llire, sei giudice istruttore...e grazie. Felice Questo non c’entra... Errico No, c’entra! Pecchè solo rilasciando ’o barone Busecca ’o nnammurato, l’hê potuto fa capace a chella, si no... Felice No, niente affatto, io ll’aveva rilascià pe fforza, pecchè nun tenevo prove contro d’isso. Errico Ah!...(ironicamente) Già, già, già!...È giusto! Però t’avverto ch’ hê fatto na grossa ciucciaria mettendolo in libertà. Felice Perchè? Errico E comme? Chillo è ’o nnammurato, ...t’hê ’a sta sempe attiento, mo, a nun te fa ncoccià ncopp’ ’a casa! Si ’o facive sta carcerato ancora, potive fa ’o comodo tuio, senza paura. Felice E ’o saccio, nc’aggio penzato a chesto … ma chillo steva già ’a nu piezzo carcerato e nun ’o puteva fa sta chiù. Ma po, io so fatto scemo che me faccio ncoccià a isso? Errico Che tiene quacche posto sicuro? Felice No, niente ancora, pecchè ha ditto ca vo lassà primma a ’o barone, … se mette paura, capisce? Appena po truvà na

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Errico Felice Errico Felice Errico Felice Errico Felice Errico Felice Errico Felice Errico

TEATRO (1910-1920)

scusa, nu cavillo, ha ditto che ’o lascia e sarà tutta mia!... Ma è cosa fatta. Chella ha perza ’a capa pe mme. E bravo! Basta, parlanno d’ati fatte. Io sai pecchè t’aggio telefonato ’e venì? A proposito, pecchè? Pecchè Rafaniello sta a Napule. E chi è Rafaniello? L’assassino d’ ’a Fiku-Sek. Rafaniello è nu soprannome. Ah! Mbè. E comme l’h’ê saputo? Ll’aggio ncontrato p’ ’a strada, cosa ’e n’ora fa. Possibile? E ll’hê fatto arrestà? Addò? Chillo steva dint’ ’a ll’automobile, s’è miso a correre comme a che. Non è stato possibile. (fingendo rabbia) Che peccato! Ccà mo primma ’e tutto, s’adda informà ’a Questura immediatamente. E se capisce. Scena quarta Mimì e detti poi Luigi

Mimì Felice Mimì Errico Mimì Felice Errico Felice Mimì Felice Errico Felice Mimì Felice

(di d° gridando) C’è permesso? Vide a chisto, vì! Trase, ched’è? (fuori) Ce sta nu signore che ve vo parlà, ...che sa, comme ha ditto che se chiamma...’o barone Busicchio...Busecchia...Bistecca... Il barone Busecca? Ah! Gnorsì...Busecca. ’O pozzo fa trasì? Aspetta nu momento. (piano ad Errico) E che vularrà mo ’a me? È stato rilasciato, che bo chiù? Vulesse essere indennizzato pur’isso? E sta frisco. ’O pozzo fa trasì? Aspetta nu momento. Vide ’e che se tratta, e si è chesto ...che buò fa? T ’ ’o piglia pure a isso: comme a guardaporta! (e ride) Errì, nun pazzià, fallo si vuò bene a mammeta! ’O pozzo fa trasì? (gridando) Aspetta! All’arma ’e soreta!

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

Mimì Felice Errico Felice Mimì Felice Luigi Felice Luigi Felice Luigi Felice Luigi Felice Luigi Felice Luigi

Felice Luigi Felice Luigi Felice Luigi Felice Luigi

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Eh! E nu poco chiù ’e maniera. Va llà, va scrive ’o Questore tu, che mo veco io che bo. Va bene. Fallo trasì. (sotto l’uscio) Favorischi! Favorischi! Statte zitto. (verso l’uscio) Favorite, barò, favorite. (dalla 2a a sin. con finto malumore) Grazie. Buongiorno, signor giudice. Buongiorno. Mi dovete parlare? Se state comodo. Anzi, … vi prego, accomodatevi. Grazie. (fa per dare il cappello a Mimì, ma questi saluta e se ne va) Animale! ’O cappiello!...Abbiate pazienza...s’è distratto. Date a me. Grazie. (Dà il cappello a Felice che lo va a mettere sulla console) (Gigina m’ha ditto tutte cosa, ...l’aggia combinà nu servizio a stu signore, come si conviene.) (siede) (siede) Dunque? Io aggio passato nu guaio, ’o ssapite? Che guaio? Chilli 25 juorne ’e carcere...m’hanno fatto perdere una donna ch’io adoravo, ch’io veneravo! E voi, la conoscete, quella giovine che venne otto giorni fa all’ufficio vostro, quanno ce stava pur’ io, … chella bella figliola... All’ufficio mio? … E chi è?...(finge di non ricordarsi) Non mi ricordo... (Ma comme ’o ssape fa!) Comme! ...Quella tale Da Gina... Ah! Sì, sì ...ho capito ...Da Gina...Da Gina...che cognome teneva? Friariello, vi ricordate? Perfettamente. Gina Friariello. L’avevo citata come testimone, nel vostro affare. Sissignore. E sapete che m’ha combinato? Doppo chello ch’aggio fatto pe essa,...m’ha licenziato. S’è messa a far l’amore con un altro! (nascondendo la sua gioia) Possibile? V’ha lasciato? Parola d’onore? (marcato) Parola d’onore, sì, parola d’onore. E me l’ha ditto nfaccia, capite? Ieri sera, pe na cosa ’e niente, na

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Felice Luigi Felice Luigi Felice Luigi Felice Luigi Felice Luigi Felice

Luigi Felice Luigi Felice Luigi

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cosa che se ne poteva fa passaggio, dicette che io la trascuravo, che nun a penzavo chiù a essa, se mettette alluccà: Vattenne! Nun te voglio vedè chiù! E sa che c’è di nuovo? Fatte ’e fatte tuoie, che ce sta chi penza pe me! È giovane, è simpatico e me vo tanto bene! (segni di soddisfazione di Felice) (Seh, conzolate, ca faie marenna!) Chella, mentre io steva carcerato, va trova a chi ha visto...e m’ha combinato ’o servizio! (finge di piangere) Ingrata! Spergiura! Calmatevi ...voi siete un uomo, chesto che cos’è. Il tempo cancella tutto, e non vi mancherà di trovare un’altra donna … mo ce stesse sulo Da Gina? E questo ho detto pur’io. Una perduta, cento trovate. Ma però me ne voglio andare fuori, non la voglio vedere più! Prima di partire però, v’era venuto a chiedere un gran favore... Dite. Quanno m’arrestasteve, ve ricordate, me mannasteve immediatamente alla sala antropometrica, come un vero delinquente... Embè...se capisce...la legge non fa distinzioni. Lo so, ma vorrei che non rimanesse nessuna traccia di questo mio arresto, fateme sta grazia. (dopo pausa) E va bene ...Farò un’eccezione per voi...Voi quando partite? Domani sera! Assolutamente! (Si ’o ccride!) E allora, domani mattina, venite in ufficio, e vi faccio trovare il vostro foglio di misurazione. Va bene? E distrutto quello è distrutto ogni cosa? È naturale. Anzi, aspettate...tengo n’ata cosa...(dal portafoglio tira fuori delle copie di fotografie formato visita) Cheste so copie d’ ’o ritratto vostro che ancora tenevo. Pigliataville. (distratto, lascia il portafoglio sul tavolo) Non servene chiù. Signor giudice … io non so proprio come ringraziarvi... (conserva i ritratti) (alzandosi) Ma niente, vi pare. (prende il cappello e glielo dà) (alzandosi) Mo me vaco a preparare la valigia, il baulle, tutto! Traditrice! A me, che ’a vuleva tanto bene …(piange) Ma nun ce penzate chiù … me parite nu guaglione... No, vedete, è per il modo come me l’ha fatto. Non me lo meritavo io! … nun importa! Se dice: Fa bene e scordate... fa male e pensace! (marcatissimo)

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

Felice Luigi Felice Luigi Felice Luigi Felice Luigi Felice Luigi Felice Luigi Felice Luigi Felice



Oh! D’accordo. Siete d’accordo? Certo. (fra sé) (E t’ ’e spezz’io ’e gamme!) A rivederci, signor giudice. (strette di mano) Tante belle cose. A che ora volete che vengo? Verso le 11. Va bene. E grazie, grazie assai. Non c’è di che. (sotto l’uscio 2a a sin.) Fa bene e scordete...fa male e pensace!!...Siete d’accordo? Sicuro. (E nun te n’incarricà!!) (via) Accompagnate il signore. (di d° poi) Grazie. Gentilissimo. Aggio fatto ’o colpo! Sangue de la morte! Ma che donna! Che amore! Va trova che scusa ha trovato e se n’è liberata. Ma io ’o sapeva ...chella ha perduta ’a capa pe me!... Scena quinta Errico e detto, poi Mimì poi Ernesto

Errico Felice Errico Felice Errico Felice Errico Felice Errico Felice Errico Felice

Ecco ccà ’a lettera p’ ’a Questura (la dà) Tutto è fatto, sai. Gigina già ha trovata ’a scusa e l’ha lasciato. A ’o barone? A Ciociò? Sì, a Ciociò, sì, a Ciociò. Possibile? Mo m’ha ditto isso stesso. Pover’ommo! L’avarria sapè ch’è stato pe causa toia. Si avisse visto, chiagneva comme a na criatura. L’avimmo combinato ’o servizio! Ma che va trovanno, llà, ...nu viecchio, tutto tinto, tutto verniciato... Ma certo. La gioventù, invece, s’impone!...Tiene meza strada fatta. Dopodomani, a quest’ora, la fortezza è mia! Che bellezza! (guarda la lettera che gli ha dato Errico) Ched’è chesta? ’A lettera p’ ’a Questura. Ah! sì. (la scorre con gli occhi) E ch’hê fatto? Parle ’e Rafaniello, e nun dice che è l’assassino della Fiku-Sek?



Errico Felice Errico Felice Errico Mimì Errico Mimì Errico Mimì Ernesto Errico Ernesto Errico Mimì Errico Ernesto Errico Ernesto Errico Ernesto Errico Ernesto Errico Ernesto Errico Ernesto Errico Ernesto

TEATRO (1910-1920)

Nun nc’ ’aggio miso? Addò sta? (dà un’occhiata alla lettera) Distratto... Mo a vaco a scrivere io. Che bella cosa! Che soddisfazione! Sono un grand’uomo! (via dalla 2a a dª) Sei un gran ciuccio! L’avarria sapè che l’assassino della Fiku-Sek, non è altro che un abile giornalista. (di d°) C’è permesso? Embè, chisto me tocca ’e nierve! Trase! ’O giudice addò sta? Dint’ ’o studio. Pecchè? Ce sta stu signore che bo parlà cu isso. Favorite. (dalla 2a a sin. Il soprabito di Felice sul braccio ed il cappello in carta) Grazie. Uh! Carissimo D. Errico! Ah! Egregio amico. (corre a chiudere la 2a a dª) M’ha fatto piacere vedè primma a buie. (stretta di mano) (a Mimì) Vattenne fora tu. Si ’o giudice me va trovanno, lle dicite che so sciso pe servizio e mo vengo. Va bene. (Mimì via) Accomodatevi. Ma D.Felice addò sta? Sta dint’ ’o studio, non c’è paura, sta scrivenno ’a Questura p’ ’o fatto vuosto. (ridendo) Non abbandona l’idea di farmi arrestare? Voi scherzate ...È la sua maggiore preoccupazione. (ridendo) Ah!Ah!Ah! Seh, voi redite...Io, invece, vi consiglio di andarvene. Vuie già v’avite fatto nu mese ’a dinto. No...mo nun me metto paura chiù. Quando giorni fa ve venette a trovà, vi ricordate, vi spiegai il perchè mi era fatto arrestare. Sicuro, per quella tale inchiesta. Che la settimana entrante comparirà su tutti i giornali, e vi assicuro che D.Felice, nun n’avarrà tanto piacere. L’avite sferzato buono? Avete voglia! E se lo merita! Abbiate pazienza, faceva troppo il comodo suo con la libertà degli altri e na lezione l’aveva ’avè. E poi lui ha agito indegnamente con l’amico mio, il barone Busecca.

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

Errico Ernesto

Errico Ernesto Errico Ernesto Errico Ernesto Errico Ernesto Errico Ernesto Errico Ernesto Errico Ernesto Errico Ernesto Errico Ernesto Errico Ernesto



Ciociò, Ciociò. Già, l’ha accusato di avere falsificato certi titoli... Non tanto per questo, si sa, tutti possono sbagliare. Forse l’avrà fatto in buona fede ...per troppo zelo...pazienza. Ma isso non aveva profittà che chillo pover’ommo steva carcerato, pe fa ’a corte ’a nnammurata! Questo non glielo perdonerò mai e poi mai. Ah! Da Gina Friariello. Perfettamente. Isso, a chella, l’aveva lassà sta, e nun l’adda j’ a ncoità chiù ’a casa, ...pecchè si no, Cancelliè, io ’o struppeo buono, ’o faccio male seriamente! (meravigliato) Voi? Io sì! io sì! Ma perchè...scusate...forse voi pure...con Da Gina...? (riprendendosi) Ah! No! ...Macchè...io difendo l’amico... non permetto na cosa simile. Ah! Ecco. Chillo ’o barone sta comme na furia e giustamente. Ha ditto che s’adda vendicà ma e ’na brutta manera. (contento) Veramente? Veramente? Ed io l’aiuterò con tutte le mie forze! E perciò so venuto, e n’ato ppoco vene pure ’o barone. Avimmo combinata na cosa, d’accordo cu Gigina... D. Ernè, senza cerimonie, se posso essevi utile, mi metto a vostra disposizione. Con piacere! (stretta di mano) Scusate, chisto è ’o portafoglio suio? (vedendo il portafoglio di Felice sul tavolo) (lo prende e lo esamina) Sicuro. Benissimo! E comme sta ccà? Apritelo, apritelo. (guarda intorno, mentre che dalla tasca estrae quattro biglietti da cento e li mette nel portafoglio) Che so? Denari? Quattrocento lire false. (rimette a posto il portafoglio) E pecchè? Po vedite. (la porta 2a a dª si apre e vede venire Felice) D. Felice...zitto. (si alzano)



TEATRO (1910-1920)

Scena sesta Felice e detti Felice Ernesto Errico Felice Errico Felice Errico Ernesto

Felice Errico Felice Errico Ernesto Felice Errico Felice Errico Ernesto Felice Ernesto Felice

(con lettera in mano) Ecco ccà ’a lettera...(vede Ernesto) Eh?! Rafaniello?!... D. Felice bello! (ridendo e passeggiando in su e in giù) (fingendo d’essere assai spaventato) (Hê fatto buono che si venuto, Felì, io steva murenno d’ ’a paura!) (ad Ernesto appaurato) Ma... come...voi... (Attiento a te Felì, avessa sta armato?) (Va me piglia ’o revolvere dint’ ’o teraturo d’ ’a scrivania.) (Ah! Sicuro) (ridendo via 2a a dª) Signor giudice, sono venuto a restituirvi il cappello ed il soprabito, che giorni fa me pigliaie ’a sopra all’ufficio, per potermene andare. Ho voluto portarveli personalmente e ringraziarvi. Voi mi direte certamente: ma m’ ’e potiveve portà primma. È vero? Ma ho avuto tanto da fare, scusate. (pausa, lo guarda) (Ma sentite...ma tene na bella faccia tosta!) (mette la lettera sul tavolo e intasca il portafoglio) (ritorna col revolver. Parlando ad alta voce) Ecco ccà ’o revolvere. (lo dà) (piano) Psss...animale! (piano) (Uh! M’ ’avevo scurdato!) (ride fra sé) (sorridente) ’O revolvere? E perchè? Ah! Forse per me? Eh! Speriamo di no! (piano ad Errico) (Chiamma pure a Mimì) (piano) (E nun nce sta...è sciso.) (piano) (E allora va tu, va chiamme doje guardie, ma mo avita venì.) (piano) (Va buono, lassa fa a me. Statte attiento però.) (via 2a a sin.) A proposito, io poi, giorni fa, lasciai la vostra signora legata sopra ’a sedia...sarei felicissimo farle le mie scuse... (col revolver dietro e senza perderlo mai d’occhio) E ma la signora non c’è...è uscita. Oh! Mi dispiace...Allora ce lo direte voi...me farete voi sta cortesia. A rivederci. (corre subito alla 2a a sin. impugnando il revolver) Ah!!! Da qua non uscirete!!...

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

Ernesto Felice Ernesto Felice Ernesto Felice Ernesto

Felice Ernesto Felice Ernesto Felice



(calmissimo) Piano...piano...Non vi volevo più tenere impedito per me. Na volta che voi volete così...(siede a dª del tavolo, una gamba sull’altra, i pollici nel gilet) (Ma te scippa ’e mazzate ’a dint’ ’e mmane!) Vi fa male il fumo? Niente affatto. (cava di tasca un sigaro) Permettete? (dopo pausa, suo malgrado) Servitevi. Grazie. (dal taschino dei pantaloni cava un grosso coltello, l’apre, ne osserva la lama. Felice appaurato impugna il revolver. Ernesto col coltello taglia in due il sigaro, ne mette una metà in bocca, l’altra fa per conservarla) Oh!...Perdonate...distratto. (glie l’offre) Accettate? (s’avvicina a Felice tenendo sempre nell’altra mano il coltello aperto) (All’arma d’ ’a sfarziglia!!) Grazie...io fumo sigarette... Ah! (chiude il coltello e lo ripone in tasca. Accende poi il sigaro) (E vide si vene chillo cretino cu ’e guardie!...) (pausa) Bella giornata, è vero? Sicuro. Scena settima Errico e detti, poi Luigi, poi Rosa

Errico Felice Errico Felice Errico Felice Errico Felice Errico Luigi Ernesto Felice Errico Rosa

(corre da Felice Sottovoce) Io sto ccà. (Finalmente!! ’E guardie stanno fore?) (No.) (E pecchè?) (Nun è stato possibile ’e ne truvà una. Me ne so venuto pe nun te lassà sulo cu l’assassino!) (E potive portà nu pare ’e perzune qualunque) (Nun nc’aggio penzato! Fore ce sta Ciociò, ’o barone, dice che t’adda parlà.) (N’ata vota? Ma è stato buono ch’è venuto...fallo trasì e fa venì pure Da Rosa.) (Va bene.) (alla 2a a sin.) Favorite, barò, favorite. (e via) (entrando) Grazie. Scusate tanto, signor giudice... Neh, voi se dovete parlare, io me ne vado... (subito, impugnando il revolver) Eh!...Nun te movere!!!... Ecco la signora. (uscendo) Che volite, Felì?



Felice Luigi Felice Rosa Luigi Felice Errico Luigi Felice Rosa Felice Errico Felice Rosa Felice Luigi Errico Ernesto Rosa Ernesto Errico Ernesto Rosa Ernesto Rosa Luigi Rosa

TEATRO (1910-1920)

(in tono imperioso) Errico,...Signor Barone, in nome della legge, vi ordino di arrestare quest’uomo! Pecchè? Ch’ha fatto? È l’assassino della Fiku-Sek! (sorpresa) Che? Possibile? (fingendo sorpresa) Che? Possibile? Arrestatelo! Nun te movere! (l’afferra per un braccio) Fermatevi! (l’afferra per l’altro braccio) Mammà, vuie pigliateve chisto...(le dà il revolver) Si vedite che se ne vo scappà...sparatelo! Come magistrato, ve lo ordino! E farò il mio dovere! (a Errico e Luigi) Badate che voi due siete responsabile di questo individuo! Non dubitate! Mo vaco a truvà io ’e guardie. Caro Rafaniello, mo nun me scappe chiù. (mette il cappello) (piano) Neh, D.Felì...chisto m’avessa sparà mmano? (Uh!!..) (e via 2a a sin. Tutti restano immobili per qualche secondo. Dopo di che Ernesto, Errico e Luigi si guardano e scoppiano in una grande risata) (lasciando Ernesto ridendo) Ah! Ah! Ah! (lasciando Ernesto ridendo) Ah! Ah! Ah! (ridendo) Io nun ne puteva chiù...nun saccio comme m’aggio mantenuto ’a risa. (che ha seguito i movimenti di Ernesto col revolver impugnato a due mani) Ma che d’è, neh? Chiamate ’a mugliera, priesto. Subito. (entra a 1a a sin.) (a Rosa) Voi, venite qua...(s’avvicina) Guè, nun te fa sotto ca te chiavo na palla mmocca, sa! Aspettate. E nun te fa sotto!... Ma no, pusate stu revolver...Questo signore, nun ha fatto niente, nun ha acciso maie a nisciuno. (prende il revolver) Comme?!

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…



Scena ottava Mariuccia, Errico e detti





Mariuccia Ch’è stato neh? (vedendo Ernesto) Eh?...voi qua? Ernesto Signora (salutando) Vi ho scritto che un pericolo vi minaccia e vengo a salvarvi. Barò, dateme na mano ...pigliammo sti lacci d’ ’e purtiere. (corre in fondo con Luigi e tolgono i lacci dai portieri) Rosa Ma ch’avita fa? Ernesto Adesso’ vedrete. Voi, intanto, Cancelliè, scaricate chillo revolvere. Errico Subito. (prende il revolver e lo scarica) Rosa Ma ched’è stu pericolo che minaccia mia figlia? Ernesto Ched’è? È che D. Felice, tiene una relazione amorosa! Rosa Eh? Possibile??... Mariuccia Luigi Possibilissimo! E sapete la donna chi è? Mariuccia Chi è? Rosa Luigi ’A nnammurata mia! Gina Friariello! E m’ha fatto arrestà appunto pe ghì addo essa, senza paura, e sedurre quella povera figlia! Ernesto Quella povera creatura innocente e senza difesa! Rosa Macchè! Non è possibile...D. Felice nun è capace ’e chesto. Errico No, è capace, signò, ve lo posso assicurare io. È nu piezzo che ncoieta a sta signurina, ’a quale nun ’o dà retta e se fa ’e fatte suoie. Mariuccia Bravo! E pecchè nun m’avite ditto maie niente, pecchè? Errico ...Amico mio, capite...pe nun ve dà nu dispiacere...per amore di pace... Ernesto Tradire una donna come voi? Oh!!! Rosa Ma no, nun nce pozzo credere. Chillo poco primma ha acconsentito pure a ghì ncampagna c’ ’a mugliera. Luigi Oggi?...e io ve dico che non ce va, per andare all’invito di Gigina mia. Mariuccia L’ha invitato? Luigi D’accordo co mme. L’aggio fatto scrivere io stu biglietto, avimmo combinato nzieme sta mbroglia p’ ’o putè ncoccià. Leggete. (dà il biglietto a Mariuccia)



TEATRO (1910-1920)

Mariuccia (legge) “Amore mio! Finalmente sono libera e tutta tua! Il tuo sogno si è avverato. Ho licenziato Ciociò...” Luigi Che sono io. Mariuccia “Vieni subito a casa chè ti aspetto a braccia aperte. Amami come t’amo. Tua per la vita. Gina” Luigi (prende la lettera, la rimette in busta e la ridà a Mariuccia) Chesta mo v’ ’a tenite vuie, appena vene, nc’ ’a facite dà, dicendo che l’ha portata ’o The expresso! Ernesto E statte sicura che appena ’a legge, nun ve porta chiù ncampagna. Ma mo facimmo ambressa...po essere che vene... Errico Io ’o revolver l’aggio scaricato...(a Rosa) Signò, tenite, levammo sti palle ’a miezo. Rosa A chi? Levammo sti palle ’a miezo, e ’e dà mmano a me! Errico E addò ’aggia mettere?...(via 2a a da. Torna subito e va al balcone a guardare in strada) Ernesto (a Mariuccia) Signò, sedetevi qua e attaccateve ’o fazzoletto. (a Rosa) Signò, guardate si vene. Luigi E io qua. (all’altro lato del tavolo) Rosa Ma pecchè? Luigi L’avimmo attaccà ncopp’ ’a seggia. Rosa Attaccà? Mariuccia Ah! Facimmo comme a ll’ata vota? Ernesto Perfettamente. Il sistema è ottimo. Attaccateve ’o fazzoletto mmocca. Voi pure, signò. (a Rosa) Mariuccia Accossì, mammà. (si lega il suo fazzoletto sulla bocca) Rosa E ma pecchè? Ernesto E mo vedite. (lega sulla sedia Mariuccia con uno dei lacci del portiere) Luigi (a Rosa) Date a me, mo faccio io. (prende il fazzoletto di Rosa e glielo lega sulla bocca) Rosa (parlando di sotto il fazzoletto) Ma io m’affoco... Luigi Respirate c’ ’o naso. (la lega alla sedia con uno dei lacci del portiere) Errico (viene dal balcone) ’O vì lloco...è venuto, è venuto...È trasuto dint’ ’o palazzo. Abbasta che nun me vene ’o delore. (si lega sulla bocca il suo fazzoletto e siede vicino a Mariuccia. Ernesto lo lega sulla sedia con un altro laccio) Rosa (parlando come può sempre di sotto il fazzoletto) Ma che avimma fa accussì?

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

Luigi Ernesto



Mo vedite. (si lega il suo fazzoletto sulla bocca e siede vicino a Rosa) (lega Luigi sulla sedia con un altro laccio) Ecco fatto. Appena trase, tutte quante ve lagnate...le signore fanno vedè che so svenute...(a Mariuccia) Voi calate ’a capa ’a ccà... (Mariuccia inclina la testa a sin.) Voi, signò, ’a chell’ ata parte...(Rosa inclina la testa a des.) Voi, cancelliè, così... (rovescia all’indietro la testa di Errico). Voi, barò, c’ ’a capa acalata...(Luigi bassa la testa) Bravo, così...Io m’annasconno llà dinto. (2a a des.) ...Mi raccomando ...fingete un grande spavento. (Tutti accennano di sì con la testa) Scena nona Felice, due guardie e detti

(di d°) Venite, venite. ’O vì ccà...’o vì ccà...(scappa 2a a dª) (lamentandosi) Ah!...Ah!... (fuori, di corsa) Venite, trasite...arrestate...l’assassino...(vedendo i quattro) Ched’è neh? E chiste che fanno accosì?... (le due guardie l’hanno seguito e restano meravigliati) Mariè? Mammà? I quattro Ah!...Ah!... Felice (dandosi un colpo sulla testa) Aggio capito!! M’ ’ha fatto n’ata vota!! Me l’ha attaccato a tutt’ ’e quatte mo!...Ma quest’uomo è tremendo, sapete! Sciogliete lloco, ...facite ambressa...(le guardie sciolgono tutti. Felice scioglie Marietta) Pezzo di brigante! Ma comme ha fatto pe l’attaccà a tutte quante nzieme? Luigi (fa per alzarsi) Aiutateme!... Rosa (fa per alzarsi e mal si regge sulle gambe) Io mo moro... Mariuccia (debolmente) Che paura! Che emozione!... Errico Aria! Aria! Nu poco d’aria...(s’alza e passeggia traballando e respirando forte) Ah!...Ah!... Rosa Addò sta Mariuccia? Addò sta figliema? Mariuccia Sto ccà, mammà, sto ccà. (Corre ad abbracciare Rosa) Errico Chiamate ’e gguardie...(sul balcone gridando) Guardie! Guardie! Felice Statte zitto...nun fa ammuina... Errico (ritornando) Ah! Felì ...si tu? Si venuto? Che paura! Felice Ernesto Tutti Felice



Felice

TEATRO (1910-1920)

Ma io nun me faccio capace...Comme ha potuto attaccà a tutt’ ’e quatte? Luigi (con voce debole e interrotta) No...Chillo appena ve ne site iuto vuie...so comparsi tre piezze d’uommene...tre facce ’e galiote...tutte armate...hanno tirate ’e lacce d’ ’e portiere e nc’hanno attaccate!... Felice Possibile?! Allora tiene dei complici?...Io ’o ddiceva! Errico Avive ragione! Felice (a Rosa) E comme? Io v’aggio dato ’o revolvere, pecchè nun ’avite sparato? Rosa No...A me nun m’addimandate niente, a me!...Chi tene ’a forza ’e parlà! Luigi La signora è stata addirittura eroica! L’ha puntato ’o revolvere nfaccia e ha tirato pure! Felice Ah! Bravo! Luigi Ma ’o revolvere era scarico. Felice Scarico?! Possibile? (prende il revolver e lo esamina) Errico Nc’avarrisse avuta badà, agge pacienza. A rischio ’e ce fa assassinà a tutte quante. Mariuccia Io nun saccio comme nun so morta...me stanno tremmanno ancora ’e gamme!... Rosa Me stanno tremmanno ancora ’e budella ncuorpo! Iammoncenne dinto, figlia mia, pigliammoce quacche cosa... na presa ’e cognac...na tazza ’e cafè... Errico Signò, se non vi dispiace, ...na cosa pure a me pe me rianimà... Rosa E venite, trasite. (a Mariuccia marcato) Tu po, mo, te ne jesce cu maritete...ve ne jate ncampagna e vide che te passa tutte cosa. (a Felice) Nun è ovè? Felice Ah! Certo! Mariuccia E...quanno ce ne jammo? Felice Appena te si rimessa. Rosa E se capisce. Jammo, jammo. (nell’entrare Errico si ferma toccandosi la pancia) Ched’è? Cancelliè? ’O delore? Errico Un piccolo accenno. Rosa Uh! Nun ve facite venì niente mo, pe carità. (viano Rosa, Mariuccia ed Errico 1a a sin.) Felice (alle guardie) Voi ve ne potete andare...non c’è più bisogno. (le guardie fanno il saluto e viano 2a a sin.)

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

Luigi Felice Luigi



Che paura! Si sapeva nun nce tornavo ccà. Io era venuto pe ve cercà pure ’e negative d’ ’o ritratto mio, se è possibile...capite, voglio distruggere tutto...se ponno avè? ’E negative? Sicuro. Domani, all’ufficio, ve faccio trovà tutte cosa. E grazie tanto. Scena decima Mimì e detti, poi Rosa, poi Ernesto

Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice Luigi Felice Mimì Felice Mimì Felice Mimì Felice Rosa Felice Rosa Luigi Rosa Luigi Felice

(con la lettera che Luigi ha dato a Mariuccia) Signor giudice, permettete? Addò arma ’e mammeta si ghiuto, poco primma, che non nce stive? Me so ghiuto a accattà nu sordo ’e pippe. ’E che? ’E pippe...pippe. Nun ne tenevo, capite. E giusto mo t’ ’aviva j’ a accattà? (a Luigi) Era sempe n’ato ommo. Ah! Certo! Ccà nce stevene accedenno a tutte quante. Gnorsì, m’ ’hanno ditto. Basta. Che buò? ’O tre espresso ha portato questa lettera per voi. (la dà) E c’è risposta? Nonsignore, me la consegnò e se ne andò. (lo guarda. Quindi apre la lettera) Va buono, vattenne. (Mimì via) (con un bicchiere d’acqua in un piatto) Barò...ho portato na cosa pure a voi, bevete, ...vi fa bene. E ched’è? Acqua semplice? No, cu nu poco d’acqua ’e melisse. Ah! Grazie signora. (vicino a lui piano) (’A lettera nc’ ’avimmo mannato pe Mimì, era più naturale.) (Benissimo!) (finge di bere) (apre il foglio e legge la firma) (È Gigina...è Gigina che scrive.) (Ernesto fa capolino facendo segni a Rosa e Luigi) (“Amore mio! Finalmente sono libera e tutta tua. Il tuo sogno si è avverato! Ho licenziato Ciociò. Vieni subito a



Luigi Rosa Felice Rosa Felice Luigi Felice Luigi Rosa

TEATRO (1910-1920)

casa, chè ti aspetto a braccia aperte. Amami come t’amo. Tua per la vita. Gigina.” - (parlato) Sangue d’ ’a morte! No! Io nc’aggia j’! St’occasione non la perdo!) (dando il bicchiere a Rosa) Grazie. Prego. (mette il bicchiere sul tavolo) (fingendo rabbia) Mannaggia quel diavolo!... D. Felì, chi ve scrive? Nun è na brutta notizia, spero. (simulando) No, no ...ma è na cosa molto seria però. È na chiamata del Procuratore del Re...aggia partì subito... avimma j’ a fa...nu sopra-luogo... Mbè...io vi levo il fastidio...me ne vado. (salutando) Signora...Signor Giudice... A rivederci. (mette il cappello) (Io sto dint’ ’a cucina.) (Va bene!) (Luigi via 2a a sin.) Scena undicesima Mariuccia e detti poi Ernesto, Errico e Luigi

Mariuccia (con cappello) Io so pronta Felì. Volimmo j’? Felice No! È impossibile, bella mia. Rosa (marcato) Mo proprio ha ricevuto na lettera del Procuratore del Re, e adda partì subito. Felice Già, ...per un sopra-luogo. Eh! Cara mia, il dovere innanzi tutto! Mariuccia Uh! Io voleva j’ ncampagna... Felice Ti ci porto, Mariuccia mia, ti ci porto...ma n’altro giorno... oggi è impossibile! ...Stateve bene ..chillo me sta aspettanno...che buò a me?...Tu si sapisse...quanno aggio letto ’a lettera...m’ha toccato tutt’ ’a nervatura. Chella mo se divagava nu poco...se divertiva...Maledetto il momento che me mparaie sta professione!...Mannaggia chella morte sporca, che nun me ne leva ’a coppa a sta sporca terra!!! Stateve bene...Stateve bene!!...(via 2a a sin.) Mariuccia Che traditore!... Rosa Che svergognato! E chi l’avarria mai creduto! Ernesto (caccia la testa) Che se dice, neh? Errico (caccia la testa) Ch’ ha fatto? Luigi Se n’è ghiuto? Rosa Mo proprio. Ha ditto ch’aveva j’ a fa nu sopra-luogo!

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…





Mariuccia Ch’era il procuratore del Re che l’aveva scritto! Mbroglione! Brigante! Luigi Avete visto? Rosa E io che ’o difendevo. Ah! Ma me la pagherà! Mariuccia M’aggia vendicà! Luigi E noi pure. Siete disposte a fare tutto quello che voglio io? Rosa Tutto! Mariuccia Luigi Benissimo! Da questo momento sarete nostre alleate! (ad Errico) E voi? Errico (che si tastava il ventre) Me fa male ’a panza! Me sta piglianno ’o delore!... Ernesto Siete voi pure con noi? Errico Si capisce. (si tocca il ventre) Ah!...(passa a destra) Luigi (a Rosa) Signò, presto, mettiteve ’o cappiello. Rosa Pecchè, addò avimma j’? Luigi Avimma j’ a Pozzuoli, all’albergo e trattoria del Sole, addò va D.Felice. Mariuccia Va a Pozzuoli? Ernesto Già...nzieme a Da Gina. Luigi L’aggio combinato na cosa...sta preparata na vendetta che se mi riesce...ma nun perdimmo tiempo...nuie avimm’ ’arrivà primma d’isso. E nc’avimma purtà pure a D.Mimì. Jateve a mettere ’o cappiello. (Rosa via 1a a dª) D. Mimì? D.Mimì? (chiamando) L’aggia fa jastemmà ’o momento che guardaie ’a primma vota chella femmena!...(chiama) D.Mimì?... Scena dodicesima Mimì e detti poi Rosa Mimì (uscendo) Chi è? Comannate? Mariuccia Miettete ’o capiello pecchè hê ’a venì cu nuie. Mimì Addò? Mariuccia A na parte, fa ambressa. Mimì Eccome. Rosa Io so pronta. Ernesto Cancelliè, jammo, mettiteve ’o capiello...Cancelliè?... Errico Subito. (mette il cappello) Mamma bella! (toccandosi il ventre)



Ernesto Luigi Mimì Luigi Errico Mimì Errico Mimì Errico Mimì Errico Luigi Errico

Luigi Mimì Luigi

TEATRO (1910-1920)

Oh! E p’ ’a robba che serve, vestite, cappielle, nc’avite penzato? Tutto, ho pensato io a tutto, nun ve n’incaricate. (ritornando con giacca e cappello) Io sto ccà. Bravo! Jammoncenne. Signò, venite. Cancelliè, jammo. (via con Rosa. Marietta ed Ernesto. Poi torna solo) Io mo moro!...Io nun ne pozzo chiù!...(curvandosi) Cancelliè? E ghiamme. (fa qualche passo) Eccomi. (curvandosi sempre più e comprimendosi il ventre con le mani) Ah!!... Cancelliè? E ghiamme. Eccomi. Ah!!!...Nun è affare. (si mette a quattro piedi e comincia a contare) E 1 e 2 e 3 e 4 e 5 e 6 e 7 e 8... E ched’è? Che sta combinando? (continuando) e 9 e 10 e 11 e 12 e 13 e 14... (ritorna e chiama gridando) Cancelliè, venite. Eccomi. (camminando a quattro piedi come si trova, ma sollecitamente e sempre contando (e 15 e 16 e 17 e 18 e 19 e 20 e 21 e 22 e 23...(etc. finchè cala la tela. Meraviglia di Luigi) Ch’è stato? Ch’è asciuto pazzo? (ridendo) Ah! Ah! Ah! Cancelliè...Cancelliè... Fine del 2° atto

Atto 3° All’albergo e trattoria del Sole a Pozzuoli. Giardino. In fondo veduta di campagna. Balaustrata in legno grezzo in fondo, come limite. A destra entrata. A sinistra due porte. La seconda è più alta e vi si accede mediante 3 scalini e passamano. In questa porta, una tabella che dice: Albergo del Sole – Entrata – Tavole a destra e sinistra. Tavola in mezzo. Tutte con mesale e stoviglie. Tavolo rustico in fondo a destra e altro tavolo anche rustico in fondo a sinistra con catini, cesti, etc. dell’ostricaro. Sedie di paglia a tutte le tavole. Bracci elettrici al muro, spenti. Sul tavolo di mezzo un sifone di acqua e selz. Scena prima Luigi ed Errico poi Pasqualino Errico Luigi Errico Luigi

Errico Luigi Errico Luigi Errico

(dalla 2a a sin.) Ah! Ma è grazioso stu locale, io nun ’o sapeva... Eh! Ce so venuto tante vote cu Gigina mia. Qua se sta na bellezza. Chiù magne e chiù te vene l’appetito. Sfido, a quest’aria. Ma ’o conoscete da molto tempo ’o padrone? Sì, da parecchio, e cu trecento lire che lle dongo, me cede ’o locale fino a stasera. Perciò, potimmo fa chello che volimmo nuie, pecchè nisciuno ce dice niente. Aggio ditto ’o padrone ch’aggia fa na pazzia cu ciert’amice. Pascalino ’o cameriere pure è d’ ’a parte nosta, capite, ...quaccheduno che conosce ’o locale ce vo mmiez’a nuie. Ah! Certo. Ma avete avuto n’idea splendida, sangue d’ ’a morte! (si tocca il ventre) Cancelliè, ched’è? No, niente... Comme ve sentite? Così, così,...non ancora bene...Ma non ve n’incaricate. Oh! Ma vuie po site sicuro che Da Gina ’o porta ccà a D. Felice?



TEATRO (1910-1920)

Luigi

Oh! Sicurissimo. Quando Gina mia s’impegna di fare qualche cosa, non c’è da preoccuparsi. Mo v’ ’e vvedite venì...p’ ’e seie hanna sta ccà. (guarda l’orologio) Ci manca poco. Pasqualino (dalla 1a a sin. con bottiglie d’acqua in mano che mette sulle tavole) Luigi Neh, Pascalì, a che stammo? Pasqualino Simme lesto, signò. Luigi ’O pranzo è pronto? Pasqualino Gnorsì. Vermicelli a vongole, genovese, frittura ’e pesce, pulle, nzalata, tutto chello c’avite ordinato. Luigi Bravo. Po te faccio nu bello regalo. Pasqualino Grazie oscellenza. (e via a dª) Errico (ridendo) Nun s’ ’o putarrà maie aspettà chello che lle state preparanno. Luigi E chesto è niente. A Napule, aggio mannato na lettera ’o questore: “Il famoso ladro-basista Giuseppe Patierno, detto Peppe ’o sorece, questa sera, dalle 6 in poi si troverà alla trattoria del Sole a Pozzuoli. Lo troverete in possesso di parecchi biglietti da 100 falsi.” E l’aggio dato pure tutti i connotati ’e D.Felice. Eh! La vendetta dev’essere completa! Errico Ah! Povero D.Felice! (ridono) Scena 2 Ernesto, Rosa, Marietta e detti, poi Mimì, poi Pasqualino (dalla 2a a sin.) Neh, Barò, e chiste quanno veneno? (seguendolo) Fosseme venute fino a ccà inutilmente? (Marietta la segue) Luigi No...macchè...mo v’ ’e vedite ’e venì. Ma mi raccomando...recitate bene le vostre parti. Ernesto Oh! Non dubitate. Rosa Lasciate fa a nuie. Marietta Pezzo ’e galiota! Luigi E Mimì, Mimì addò sta? (chiamando) Mimì? Mimì? Mimì (dalla 2a a sin.: da suonatore ambulante. Mandolino in mano) Eccome, pronto...io già me so vestuto. Sto buono? Luigi Benissimo. Mimì Ah! Ma vuie m’avite promisso 50 lire, addò stanno? Luigi E doppo ll’haie. Ernesto Rosa

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…



Doppo? E nun me conviene. (gli dà il mandolino) Avimmo fatto ’o patto anticipato. E si no, mo che vene D.Felice, lle dico tutt’ ’a finzione, tutto chello ch’avite combinato. Luigi E tu chesto hê ’a fa, p’avè na cauciata! Tiene ccà, cheste so ’e 50 lire. Mimì (intasca) Mo va bene. Ernesto (a Marietta) Signò, voi vi ricordate tutto? Marietta (piano) Jatevenne!...Mammà m’ha ditto tutte cosa. Voi non siete l’assasino della Fiku-Sek,...vuie nun avite acciso a nisciuno. Ernesto (piano) E me ne fate un rimprovero? Marietta (piano) No...ma dico, pecchè, pe qua ragione m’avite coffiata? Ernesto (c.s.) No, ...maie pe ve coffià...Vedevo che ve faceva piacere...e per riuscirvi interessante... Marietta (c.s.) Bella cosa! Già, veramente, so stata io troppo leggiera... Che disillusione! Vi credevo un eroe...e siete n’infelice qualunque! Ernesto E io ve ringrazio. Pasqualino (con premura, dalla 1a) Barò, s’è fermato n’automorbito vicino ’a canciello, fosseno lloro? È n’ommo nzieme cu na giovene. Luigi Sissignore...so lloro...so lloro... Ernesto D. Felice e Da Gina? Luigi Sì! Jammoncenne dinto nuie, jammoncenne a vestì. Tu, Mimì, vattenne ’a chella parte. Mimì Subito (via fondo a dª) Luigi Pascalì, te raccomanno, senza ridere, naturale naturale. (agli altri) E voi pure. Tutti Non dubitate. Luigi Jammo, jammo. (viano tutti 1a a sin.) Pasqualino Abbasta ca nun fenesce a mazzate ’o fatto. Mimì

Scena terza Felice, Gina e detto. Poi Luigi ed Ernesto Felice

(dalla dª una elegante valigia in mano. Fiore all’occhiello. Porta Gina a braccetto) Io non capisco pecchè hê voluto fermà ccà. Ce ne jeveme a n’albergo meglio ’e chisto.

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Gina

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E allora è fernuta l’idea della campagna. Ccà se sta tanto bello. Ah! Se respira...A tanta cose uno po nun nce ha da badà. Felice Ma io parlo per te...Quanno si contenta tu... Gina E po, stamme luntano a Napule, potimmo sta coiete e senza penziere. Felice Ah! Certo. (E sparagno pure!) Neh, giovinò, l’albergo addò sta? Pasqualino A chesta parte, signò, primo piano. (mostra la 2a a sin.) Volite na cammera, doie cammere? Felice Una,...una camera, e la migliore che c’è. Pasqualino V’avite contentà, ccà stamme ncampagna. Date a me. (prende la valigia) Favorite. (via 2a a sin.) Felice Io vaco a vedè ’a cammera, tu m’aspiette ccà? Gina Sì, sì, jate, intanto ordino ’o pranzo. Felice Sì, fa tu, fa tu, pupatella mia, angioletto mio! (per abbracciarla) Gina No, no, stateve sodo, se po trovà a passà quaccheduno... Felice Hai ragione, nun sta bene! Ma che buò a me? Nun songh’io. M’ha pigliato tale nu desiderio ’e t’abbraccià che nun me fa badà a niente chiù. Vita!...Tesoro!...Anima mia!... Ah! (sospira) (Ci sono riuscito, sangue de la morte!) (via 2a a sin. al colmo della gioia) Gina Seh!...Abballa, abballa...mo faie marenna. Ma ’o barone addò sta? (guarda in fondo a dª) Luigi (caccia la testa dalla 1a a sin.) Psss....psss..Gina?...Gina?... (Ernesto lo segue) Gina Ah! State ccà? Luigi Sciasciuncella mia! (fa per baciarle la mano) Ernesto (viene subito in mezzo ai due, prende la mano di Gina e gliela bacia) Signorina Gina. Luigi Ma io steva vasanno io. Ernesto Pih!...Voi, io, è lo stesso. D. Felice addò sta? Gina È ghiuto a vedè ’a cammera. Luigi E ch’ha fatto, ch’ha fatto? Comme s’è comportato? Ha tentato d’abbracciarti, di baciarti? Gina E comme ve pare? Luigi E tu? Ernesto E tu? (Luigi lo guarda) E voi? Gina Manco nu dito me so fatta tuccà.

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

Ernesto Luigi Gina Luigi Gina

Luigi Gina Luigi Ernesto Gina

Luigi Gina Luigi Ernesto

Gina Ernesto Luigi Ernesto Luigi Gina



Bravo! Siete una gran donna! (bacia la mano) Professò,...e l’avita fenì mo! Aggio fatto vedè che steva seccata, nervosa... Benissimo! Aggio ditto: Pigliammoce n’automobile, facimmoce na cammenata pe Fuorigrotta...Sì, sì, vita mia...ha ditto isso, jammo addò vuò tu, basta che non te veco accossì. (ridendo) Cammenanno, cammenanno po, simme arrivate a Pozzuoli, e passanno ’a ccà, aggio ditto: Uh! Ccà ce sta na trattoria, scennimmo, tengo appetito, mangiammoce na cosa. - E pecchè ccà? Jammo a na trattoria meglia...- No, voglio j’ ccà, stammo chiù libere, senza seccature, senza suggezione...E m’ ’aggio carriato ccà. (ridendo) Magnificamente. Ccà è pronto tutto? Tutto preparato? Tutto. M’aggio affittato ’o locale fino a stasera. Potimmo fa chello che volimmo nuie. ’A mugliera e ’a suocera stanno dinto e già sanno chello che hanna fa. (ridendo) Ah! Ah! Ah! Me ne voglio fa risate. Ha voluto fa pure duie telegramma, uno ’a mugliera, n’ato ’o cancelliere, avvisannole che stasera nun se ritirava. L’amico tene brutte intenzioni...pecchè s’è ghiuto a scegliere pure ’a cammera ncoppa! Nun nce ha perzo tiempo! ’O voglio conzolà io ’o stommaco. Jatevenne, ca chillo mo torna. Sì, sì, dice buono...jammoncenne. (stretta di mano) Pupatella mia! Angioletto mio! (fa per baciarle la mano) (impedendoglielo) E ghiammo, barò, ...nun è momento... (Luigi s’avvia. Ernesto stringe la mano a Gina) Permettete signorì...(Nun te fa tuccà manco cu nu dito, si no esco e faccio cose ’e pazze!) (Ch’ha da tuccà? Pe chi m’hê pigliato a me?) (Grazie!...Simpaticona mia!) (bacia la mano) (si volta) Don Ernè? ...Mo vasate n’ata vota? No...per ringraziarla, capite. E che ringrazia? Stateve ’o posto vostro. (Via 1a a sin. Ernesto lo segue) (ridendo) Ah! Ah! Ah!...quanto so curiuse tutt’ ’e dduie.

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Scena quarta Felice, Pasqualino e detta (dalla 2a a sin. Pasqualino lo segue) ’A cammera non c’è male: larga, ariosa...ma ce sta nu tanfo ’e provole...casocavallo... Gina Ma se capisce...ncampagna, che voliveve...(siede a sin. della tavola di mezzo) Pasqualino Eh! Io nc’ ’aggio ditto ’o signore... Gina Assettateve meh,...ccà, vicino a me. Felice Vuò mangià ccà fore? Gina E me pare. Pasqualino Ccà state meglio, state frisco...Avita vedè a n’ato ppoco. Comme state frisco (marcato) Gina (E ’o credo!) Felice Come vuoi tu. Gina Assettateve, venite. (Felice siede in mezzo, di faccia al pubblico) Tenite appetito? Felice Eh! Piuttosto. Gina Cameriè, che ce può dà? Pasqualino Tutto chello che comandate. Nu vermiciello a vongole? Gina No, pasta nun ne voglio, ...’e vulite vuie? Felice No, ’a verità, sta pasta... Pasqualino Allora na genovese con patate? Na frittura ’e pesce? Gina Sì, ecco, porta due genovese con patate. (a Felice) Va bene? Felice Fa tu, io mangio tutto. Gina Due genovese con patate e due fritture ’e pesce. Felice Che pesce è? Pasqualino Alice e calamare, mo proprio pigliate. Felice Senza triglie? Pasqualino No, p’ ’e triglie nun ve pozzo servì. Felice Uh! Io voleva ’e triglie. Pasqualino (E n’ato ppoco ll’haie!) Gina E va bene, alice e calamare. Pasqualino E doppo? Vulisseve nu pullastiello ’o furno, cu nu poco ’e nzalatella? Gina Sì, bravo! Porta pure ’o pullastiello c’ ’a nzalata. Pasqualino Sta bene, mo ve servo. (via a sin. 1a quinta) Gina (a Felice che la guarda) Ched’è? Pecchè me guardate? Felice Quanto sei simpatica! (di d° campanello) Nun me stancarria mai ’e te guardà! Che occhi! Che bocchella!...Che Felice

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Gina Felice Gina Felice Gina Felice

Gina Felice

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cosa rara! (esaltandosi) Jammoncenne ncoppa...mangiammo ncoppa ...sì? No...stamme troppo occupate...ccà è chiù arioso...è chiù bello...(fissandolo con civetteria) È più poetico! Nun me guardà accossì...fallo se vuoi bene a tua madre!!... (campanello di d° Felice le stringe la mano) (ridendo) Ah! Ah! Ah!...Neh, ma c’ ’a mugliera vosta che scusa avite trovato? Aggio ditto ch’aveva j’ pe nu sopra-luogo, assieme al procuratore del Re. (ride). Bravissimo! L’avarria sapè che invece state cu mme! Nun voglia maie ’o Cielo! Ma comme ’o po appurà...è impossibile. Ma nun parlammo d’essa...parlammo ’e nuie... (guarda intorno) Gigì,... Gigì...damme nu bacio...nun nce sta nisciuno...(campanello di d°) (guarda intorno) No, D. Felì, ...si esce quaccheduno... Nuie facimmo lesto lesto. Meh...accostete...bammenella mia...pupatella mia!... (avvicinando la bocca alla guancia di Gina) Scena 5 Marietta e detti, poi Pasqualino

Marietta (dalla 2a a sin., un libro in mano, vestita differentemente. Esce nel momento in cui Felice fa per baciare Gina) Cameriere?... Cameriere?...(Felice si volta, grande spavento e meraviglia) ’O ssolito, ce vo l’escellenza p’avè nu cameriere, quaccheduno...(si dirige alla 1a a sin.) Gina D. Felì...D. Felì...ch’è stato? Felice (stordito) Niente...niente...(guardando fisso Marietta) Marietta Cameriere? Pasqualino (di d°) Eccomi, so lesto. (Fuori con due bottiglie di vino e piatto con pane, che mette sul tavolo di Felice) Comandate? Marietta Ma che maniera è questa? Sto chiamando da mezz’ora... Pasqualino Scusato, signorì, ce sta nu poco ’e folla, capite...Comandate? Marietta Io sto in giardino, ...quando viene mio fratello mi chiamate. Pasqualino Va bene (Marietta via pel fondo a sin. Felice la guarda sempre) Gina D. Felì, ma vuie ch’avite? Felice Niente...Cameriè?...Chi è chella signora?



TEATRO (1910-1920)

Pasqualino È na seccante...È a mugliera ’e n’ingegniere ’e Napule. Felice ’A mugliera ’e n’ingegniere ’e Napule? Pasqualino Gnorsì...vene spisso ccà...nzieme cu nu giovene...dice ch’è ’o fratello...ma chillo è ’o nnammurato!...Vene a fa...’o ppoco d’ ’a cufecchia!...E mo a isso sta aspettanno. Quacche bota è venuta pure c’ ’o marito. Si vedite quanto è curiuso: nu viecchio curto curto e chiatto chiatto. Felice Ah?... (sale la scena e guarda dove è entrata Marietta) Pasqualino (piano e subito) (Chella è ’a mugliera ’e D. Felice) Gina (Ah! Chest’è? (ride) Ah! Ah! Ah!) D. Felì,...e pecchè ve site sosuto? (Pasqualino via 1a a sin. poi torna) Felice (ritorna) No...guardavo a chella signora... Gina ’A conoscite forse? Felice No...ma somiglia talmente a muglierema... Gina Ah! Sì? Felice Tale e quale. Gina Sapete bene che ogni anima nel mondo, ha l’anima gemella. Ma vuie avite fatto ’a faccia bianca bianca... Felice E sai, me so miso paura...chella pareva muglierema. Gina (ride) Ah! Ah! Ah! Pasqualino (ritornando con due piatti nei quali la genovese con patate) Ecco servito. Gina Ah! Bravo. Pasqualino (a Felice) Signò, guardate comme so fritte bene sti patanelle. Felice (guardando in fondo) Sicuro. Pasqualino ’A frittura e ’o pullo stanno cammenanno. Permettete. (via 1a a sin.) Gina D. Felì? ...D. Felì?...E votateve accà, mangiammo...guardate ancora ’a mugliera ’e ll’ingegniere? Felice E no...capisci...chella somiglianza...(Ma è na cosa incredibile, sapete. Chella è ’o ritratto ’e muglierema!) Scena 6 Errico e detti, poi Pasqualino, poi Marietta Errico

1

(dalla 2a a sin. Altro pantalone e altro gilet. È senza giacca. Di d° con fare volgare) E botte ’e mmane1, Nannì, io t’aspetto

botte ’e mmane: fai presto, sbrigati, scritto anche votta ’e mmane.

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…



abbascio. (Fuori fischiando una canzonetta in voga. Va a sedersi a un tavolo a dª sul davanti) Neh, patrò...cammariè?... Felice (fra sé, riconoscendolo) (Errico ’o cancelliere!) (si copre la faccia col tovagliolo) Gina (fra sé) (D. Errico!) D. Felì, ched’è? Pecchè ve commigliate ’a faccia? Felice Niente...na nevralgia...(Ma sissignore...è isso...è Errico!) Pasqualino (con piatti e posate pulite che lascia sul tavolo di Felice. Ad Errico) Comandate? Errico Dincello ’o patrone ca nuie simmo lesto, può accomincià a purtà. Pasqualino ’O magnà ll’avite ordinato? Errico Gnorsì Pasqualino E ’a signora addò sta? Errico Mo scenne. Cammina, votta ’e mmane. Pasqualino Mo ve servo. (dal tavolo di Felice toglie i piatti sporchi e mette i puliti che ha portato prima) Felice (piano) Cameriè?...Chi è chillo? Pasqualino (piano) Ched’è? Nun ’o conoscite? Felice (c.s.) No. Pasqualino (c.s.) Comme! Chillo è Rafele Spatella, ’o primmo cammorrista ’e Foregrotta. ’O chiammano Papele ’o nasone. Sta nzieme c’ ’a mugliera. Felice (c.s.) Papele ’o nasone? Pasqualino Già...ma...signò...è malamente overo, sa! Gina (a Felice) Ma pecchè, scusate, che ve ne mporta? Felice No, così, ho domandato...ma si sicuro ch’ è Papele ’o nasone? Pasqualino Chesto che cos’è? Addimmannate a chi volite vuie. Errico (sgarbato) Neh, giovinò?...E pe sapè, hê ’a fa assaie lloco? Pasqualino Pronto, so lesto (via 1a a sin.) Felice (Ma songo io, o nun songo io?) Gina D.Felì? Felice (Chillo è Errico ’o cancelliere, ...spiccecato!) Gina (più forte) D. Felì? Felice Eh?? Gina Ma vuie ch’avite? A chi penzate? Felice Capirai...sta nevralgia... Gina (porge un bicchiere di vino) Mettiteme nu poco d’acqua ’e seltz.



Errico Marietta Errico Marietta Felice Gina Felice Gina Felice Gina Felice Gina Felice Gina Felice Gina

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(chiamando) Neh, Nannì? (di d°) Sto venenno, Papè, sto venenno. Uh! Anema ’o priatorio!...Mo me faie sfastedià!... (fuori in sottana di battista e matinè idem. Modi volgari) E m’ ’a volive fa nchiudere ’ a cammera, chesto cher’ è. (va a sedersi vicino a lui) (nell’udire la voce di Marietta si è voltato spaventato, restando col sifone in mano) (col bicchiere in alto) D.Felì...io sto aspettanno a buie. (guarda fisso, spaventato e meravigliato Marietta, spalancando gli occhi. Versa l’acqua fuori del bicchiere) Eh!! Che state facenno... Scusa... E che scusà?...Vuie me parite nu scemo ogge. Dateme ccà. (prende il sifone, si versa l’acqua e beve) (Io mo esco pazzo! Chesta poco primma era ’a mugliera ’e ll’ingegniere ’e Napule, mo è ’a mugliera ’e Papele ’o nasone e rassomiglia pure a muglierema?) Gina? Che volite? (piano) Chesta è chella femmena ’e poco primma? ’A mugliera ’e ll’ingegniere? (piano) Chella?...Addò stà? Chesta è proprio n’ata cosa... chesta è na lazzara... Gigì, chesta è a stessa ’e poco primma! Macchè...ce somiglia nu poco...ma nun ’a vedite ch’è chiù secca. Ma po, pecchè v’interessate tanto? Che ve ne preme? Scena 7 Luigi e detti, poi Pasqualino

(dalla 1a a sin. E camuffato da ostricaro. Va al suo tavolo in fondo senza parlare. Ha un piatto in mano, nel quale dispone delle ostriche) Marietta Papè, ch’ hê ordinato? Errico ’E vermicielle aglio e uoglio, comme hê ditto tu, c’ ’o ppoco ’e cerasiello, doje custate ’a pezzaiuolo e nu frittolillo ’e pesce. Te vuò magnà duie frutte ’e mare apprimma? Marietta Comme vuò tu. Errico (chiamando) Tatò?... Luigi

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…



(correndo) Commannate, D. Rafè?...’E tagliammo nu pare ’e dozzine d’ostriche? Errico Seh,...doje dozzine. Marietta E miettece pure duie fasulare, ’e tiene? Luigi Gnorsì, mo ve servo. (passando vicino a Felice) Ostriche d’ ’o Fusaro, cannolicchie frische...(Felice lo guarda, dà un salto di sorpresa e si nasconde il viso) Gina No, grazie. Luigi Duie fasulare? Gina Nemmeno. (Luigi va al suo tavolo) N’ata vota ’a nevralgia? Felice No. (piano) Tu hê visto chisto chi è? Gina È l’ostricaro. Felice Che ostricaro!...Chillo è Ciociò! È Ciociò!...S’è travestito accossì...chillo è ’o barone Busecca. Gina Ma chi?...Qua’ Ciociò?...(ridendo) Ma che site pazzo? Pasqualino (con piatti di frittura di pesce. A Felice) Pronta ’a frittura. Errico Pascalì, ’o vino e ’o ppane. Pasqualino Subbeto. Felice Cameriè, scusa...chillo è l’ostricaro d’ ’a trattoria? Pasqualino Gnorsì, Totonno. Commannate quacche ccosa? Felice No,...voleva sapè...è venuto ’a poco ccà? Pasqualino Gnernò...Eh! Chillo è viecchio d’ ’o locale, sta ’a 12 anne ccà. Permettete. (via a 1a a sin. ridendo fra sé. Poi torna). Gina Ma ve pare che io nun conoscevo a Ciociò? M’ ’o volite mparà a me? Mangiate, mangiate. Felice (Io mo veramente esco pazzo! Chillo è tale e quale.) (chiama) Ostricà?...Ostricà? Luigi (accorrendo) Commannate? Felice (lo guarda fisso) Tu...tu...comme te chiamme? Luigi Io? Totonno ai comandi vostri. Felice Totonno? E me pare che a Napule tiene nu fratello tale e quale a te, è ovè? Luigi Nonsignore, eccellenza, ...nunn tengo a nisciuno! So sulo. Felice Ah! Nun tiene proprio a nisciuno? Luigi Gnernò. Permettete. Felice Vai, vai. (Luigi ritorna al suo posto e scambia segni con Errico e Marietta) Pasqualino (Tornando con un litro di vino, un piatto con pane e depone tutto sul tavolo di Errico) Ecco ccà ’o vino e ’o ppane. Errico Bravo! Luigi



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Scena 8 Ernesto e detti (dal fondo a sin. Altro abito. Accento francese) Cameriere?... Cameriere?... Pasqualino Comandate, mossiù? Ernesto Nostro pranzo è pronto? Pasqualino Prontissimo. Accomodateve. Ernesto Fate piacere chiamare mia madre. Pasqualino Subito. Sta sopra? Ernesto Ouì. Pasqualino Mo ve la faccio calà. (via 1a a sin. poi torna. Ernesto siede a un tavolo a sin. sul davanti e legge un giornale francese) Luigi E servito a D. Rafele. (porta il piatto d’ostriche a Errico) Errico Bravo. Marietta Luigi Buon appetito Errico Grazie. (Luigi ritorna al suo tavolo) Marietta Felice Ma comme, chillo nun è Ciociò? Gina N’ata vota mo? Ma è na fissazione, sapete. Felice (nel voltarsi vede Ernesto. Grande meraviglia. Con un grido) Eh?!... Gina All’arma vosta! M’avite fatto fa nu zumpo! Ch’è stato? Felice (Rafaniello! Rafaniello!...Chillo d’ ’a Fiku-Sek! L’assassino d’ ’a Fiku-Sek!..,) Gina (Mo n’è asciuto mmiezo n’ato mo!) Felice (Chillo si mme vede se ne fuie!) Pasqualino (con piatti e posate pulite, che mette sul tavolo di Felice) ’O pullastiello è pronto. Pozzo levà ccà? Gina Sì, sì, leva. (Pasqualino toglie i piatti sporchi e mette i puliti) Felice Cameriè, scusa, chillo chi è? (mostra Ernesto) Pasqualino Chillo? È un francese sta a villeggià ccà, a Pozzuoli, isso e ’a mamma. Si chiamma Mossiù Fricò. Me fa abbuscà belli solde chillo llà. Io vaco a piglià ’o pullastiello. (via 1a a sin. ridendo fra sé) Felice (Ma è forte, sapete!) Gina E avite pigliata n’ata svista! Voglio vedè si ’a fernite. Felice Ma capirai, succedene certe cose... ⏟



Ernesto

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…



Gina

E nun ve n’incarricate...penzate a me, nun avite mangiato niente...Si sapeva chesto, nun nce venevo. Felice Hai ragione, Gina mia, hai ragione ...ma agge pacienza... Gina Simme venute ccà, pe sta allegramente, pe ce divertì, ...bello divertimento....Vuje me parite nu muorto. Si vede che ve premene chiù ll’ate che io. Felice No, non impressionarti...io te voglio tanto bene...io nun conchiudo chiù pe tte...Embè, io aveva ascì cu muglierema e ll’aggio rimasta ’a casa cu na scusa, pe venì ccà cu tte. Che significa chesto? Marietta (Piezzo ’e galiota!) Errico (piano) (Stateve zitta!) Felice Meh, nun te sta accossì...Ecco qua...mo nun do retta a nisciuno chiù. Simpaticona, aggraziatona mia. Scena 9 Rosa e detti, poi Pasqualino poi Mimì (dalla 2a a sin. Altra toletta. Senza cappello. Parla francese) Oh! Robert...tu etais là? (siede vicino a Ernesto) Ernesto Ouì, maman. Le diner est pret. Rosa Ah! Bon. Felice (vede Rosa. Dà un salto e la guarda meravigliato con gli occhi spalancati) Gina D. Felì...Uh! Mamma mia...vuie quanto ve site fatto brutto!... Felice (Da Rosa?!) Pasqualino (con zuppiera di vermicelli aglio e olio) È servito a D. Rafele. Vermicielle aglio e oglio proprio scicche...Sciuliarielle, sciuliarielle. (chiama) Tatò, leva sti piatte, meh, e portene duie pulite, agge pacienza. Luigi Subbeto. (dal tavolo di Errico toglie i piatti sporchi e via 1ª sin. Poi torna) Pasqualino Vermicielle overo ’a penna. Errico Bravo! Ernesto On est tres bien içi, n’est – ce – pas maman? Rosa Oh! Ouì, tres bien. Luigi (ritorna con piatti puliti) Ccà stanno ’e piatte. (Li dà a Pasqualino E torna a posto, dando la voce) Ostreche d’ ’o Fusaro, cannolicchie, fasulare frische. Rosa

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TEATRO (1910-1920)

Pasqualino V’ ’e ffacc’io ’e porzione? Errico No, no grazie, m’ ’o beco io. Pasqualino Buon appetito. (passa davanti al tavolo di Felice) Felice Cameriè? Pasqualino Comandate? Felice E quella llà sarebbe ’a mamma d’ ’o francese? (si alza) Pasqualino Gnorsì. (va da Ernesto) Mossiù, aresso vi servo anco a voi. (e via 1a sin. poi torna) Gina D. Felì, parola d’onore, mo me soso e me ne vaco. Felice No, no. Gina E assettateve...mangiate...(Felice, preoccupatissimo, guarda ora il gruppo di destra, ora il gruppo di sinistra) Mimì (dal fondo a dª sempre col mandolino in mano, saluta col gesto) Errico (vedendolo) Seh! Bravo! Fange na sonatella, miettece nu poco in allegria...avanti. (d’un tratto si tocca il ventre) (Sangue d’ ’a morte!!) Marietta (D.Errì, ched’è? ’O delore?) Errico (Un piccolo accenno.) Marietta (Uh! E ghiatevenne ncoppa.) Errico (No! Si cammino è peggio!) Mimì (S’è piazzato vicino al tavolo di Mimì e accorda lo strumento.) Pasqualino (è ritornato con piatti, salvietti e panini ed ha messo tutto sul tavolo di Ernesto e Rosa e via, poi torna) Luigi (al tavolo di Ernesto) Ostriche, cannolicchie, fasulare... roba freschissima Felice (si volta e riconosce Mimì. Grande sorpresa. Lascia cadere, con grande fracasso, forchetta e coltello nel piatto) Eh??! Mimì? Gina (fa un salto) Puzzate sculà!! A chi ato avite visto mo? Felice (Mimì! Mimì ’o sapunaro!!!) (S’alza, lo fissa, Mimì lo guarda fingendo meraviglia e gira adagio per la scena. Felice lo segue guardandolo sempre. Gli altri ridono fra loro. Finalmente Felice ferma Mimì nel mezzo della scena, davanti al tavolo suo.) Tu che faie ccà? Comme te truove ccà? Mimì So venuto a sunà, pecchè? Felice Mo te sono io nu caucio... Pasqualino (che è tornato e ha messo un litro di vino sul tavolo di Ernesto) Ch’è stato, signorì. (trattiene Felice) Felice Chisto steva ’a casa mia...chisto è Mimì ’o sapunaro. Mimì Io? Quanno maie?

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

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Pasqualino Nonsignore, avite pigliato nu sbaglio. Chesto è Michele ’o prufessore...vene sempe ccà... Felice (con forza) Oh! Basta mo!! Basta!!! Io mo esco pazzo overamente. Nun ne pozzo chiù! Gina D.Felì? Felice E che D. Felice e D.Felice? (poi a Pasqualino) Chisto che tiene mmano è nu salvietto? Pasqualino Sissignore! Felice (prende il sifone dal tavolo) Chisto è ’o sifone ’e ll’acqua ’e seltz? Pasqualino Sissignore. Felice (prende un panino) Chisto è nu pagnottino? Pasqualino Sissignore Felice (mostra Mimì) E chisto, mannaggia mammeta, è Mimì ’o sapunaro! Mimì A chi? Chi ve conosce a buie? Io mo ve veco ’a primma vota! Errico (contorcendosi sulla sedia) (Mamma bella!!) Gina (decisa) Cameriè? Pasqualino Comandate? Gina Portame ’o conto. Voglio pagà e me ne voglio j’. Felice (a Pasqualino) Aspetta. (poi a Gina) Addò vuò j’? Gina So affari che non ve riguardano. Si sapeva che aveva fa chesta figura infelice vicino a buie, ’a porta nun v’ ’arapevo certo. Felice Ma senti...(fanno scene) Errico (c.s.) (Santa Barbara mia! E ngase, sa!) (comprimendosi le mani sul ventre) Marietta (piano) (D. Errì, ca chillo se ne addona e capisce tutte cosa...) Errico (piano) (E ch’aggia fa, signò, che volete ’a me, ...io nun pozzo resistere chiù...Ah!!...) (scivola dalla sedia, si mette a quattro piedi e subito conta) (e 1 e 2 e 3 e 4 e 5 e 6 ecc.) Luigi (vedendolo) (Uh! È venuto ’o delore a D. Errico.) Marietta (Susiteve) Errico (Non posso) (e conta sempre) Felice (vedendo Errico) Ched’è neh?...(con un grido) Ah!!.. Aspetta!...È isso!...È Errico ’o cancelliere!...L’è venuto ’o delore, ’o vì!...Eh! Mo ne so sicuro mo! E chella allora è muglierema...Chella è D. Rosa, ...Rafaniello, ...Mimì

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e Ciociò!...Mo nun m’ ’o potite negà...Site vuie. Stiveve tutte d’accordo site venute ccà travestiti, pe me fa ’a spia ...pe mme ncoccià? Avete fatto ’o scherzo? Bravo!! Marietta (con forza) E sì! Sì! Pe te ncoccià! Traditore! Birbante che si! Nun te voglio vedè chiù, capisci, mai cchiù!... Luigi Faremo i conti, caro signor giudice istruttore! Rosa Questo era il sopra-luogo che aviveva fa? Eh? Sardanapalo!! Scena ultima Il delegato, due guardie e detti Delegato (dalla dª. Un foglio in mano. Due guardie lo seguono) Mettiteve ccà e nun facite passà a nisciuno. Luigi (fra sé) ’O delegato! Benissimo! Delegato (vedendo Errico per terra che conta sempre) Che fate voi così? Alzatevi! Errico Non posso. Delegato Alzatevi, dico! (Errico lentamente s’alza guardandolo stupito. Il dolore si è calmato. Poi a Pasqualino) A te, dimme na cosa, ...io songo ’o delegato, ...poco primma, ccà dinto, s’è visto trasì uno che...(fissando Felice e guardando sul foglio che ha in mano) Sicuro! I connotati rispondono perfettamente... Chisto è isso!...In nome della legge, vi dichiaro in arresto. (alle guardie) A voi, prendetelo. (le guardie arrestano Felice) Seguitemi. Felice Perchè? Pasqualino Chisto è nu signore. Delegato Signore? S’è travestito così. Ma questo è Giuseppe Patierno, chillo celebre mariuolo, soprannominato Peppe ’o sorece. (a Felice) Seguitemi. Felice (ridendo) Caro mio, non mi ci pigli! Non me la bevo!...(a tutti poi) Questo è il seguito dello scherzo, è vero? Delegato Scherzo? Seh, scherzo. (alle guardie) Nu momento. L’aggia perquisì. Tenetelo. Felice (ridendo) Non ce sta bisogno...Perquisitemi pure. Delegato (lo perquisisce. Gli prende il portafoglio e l’apre) Carte da visita. (legge) “Felice Sciosciammocca” Bravo. E comme t’ ’e truove sti bigliette ncuollo? Felice Perchè io sono Felice Sciosciammocca.

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

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Delegato Tu?? (agli altri) Ma ce vo nu coraggio, sapete. (frugando ancora nel portafoglio prende i quattro biglietti da cento) E sti ccarte ’e ciento lire, comme ’e tiene? Felice Quà ciento lire? Io nun ne tenevo ciento lire...chi nc’ ’ha mise? Delegato (esaminandole) Ah! Ecco, non c’è più dubbio ...teneno tutte quante ’o stesso nummero. Sono false. Felice (con ironia) Ah! Veramente? Ma allora, se non lo sapete, caro delegato, vi faccio notare che se pure so false, non è una prova questa. Delegato Io ll’aggio trovate ncuollo a te, e fino a prova contraria, si tu ch’ ’e ffaie, mio caro amico. Luigi E si capisce! Delegato Guardie, andiamo. Felice Andiamo addò? Basta mo! Lo scherzo fino a un certo punto. Delegato No, qua non si scherza, paisà, ...e nun fa resistenza, ch’è meglio pe tte. Gina (piano e subito a Luigi) (Io me ne vaco, v’aspetto ’a casa!) (via a destra) Delegato Cammina! (le guardie trascinano Felice) Felice Ma insomma! La vogliamo finire sì o no? Delegato Cammina cu nuie. Marietta (Povero Felice! Mo me fa compassione.) Felice Delegà ...badate a quello che fate...io posso farvi sospendere ...Lasciatemi. Delegato Tenitelo forte. Marietta Signor delegato, vi prego di lasciare mio marito! Delegato Marito? Vuie site ’a mugliera ’e Peppe ’o sorice? Marietta Ma che sorece e zoccola! Sono la signora Sciosciammocca, e lui è veramente Felice Sciosciammocca, giudice istruttore a Napoli. Delegato Possibile? Marietta Ma sì! Aggio saputo ch’aveva venì ccà ...cu na persona e so venuta io pure cu mammà e questi amici, pe lle fa stu scherzo e ce simme travestite tutte quante. Pasqualino Sissignore, e io sapeva tutte cosa. Delegato (alle guardie) Aspettate ….Sicchè, lui è proprio Felice Sciosciammocca, il giudice istruttore? Parola d’onore? Marietta Sul mio onore.

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Errico E io sono il suo cancelliere. Felice Che adda avè cierti cauce ’a me, nummero uno! Delegato E allora, scusate, signor giudice, ...io ho creduto fare il mio dovere. (alle guardie) Lasciatelo. Alla Questura è venuta na lettera anonima coi vostri connotati e denunziandovi come il famoso ladro-basista Peppe ’o sorece. Perciò io... Luigi E questa lettera l’ho mandata io! Felice Ciociò? Luigi Io! Il barone Luigi Busecca, per fare uno scherzo al signor giudice. Delegato N’ato scherzo? Luigi O, per meglio dire, una vendetta. Ernesto E le carte false è stata pure una sua idea. C’ ’e mettette io stesso dint’ ’o portafoglio, d’accordo con Ciociò. Felice Voi? Ernesto Io! Ernesto Corbellini, giornalista. Felice Comme? Nun site Rafaniello? Marietta Ma no, ...po te conto. Qua Rafaniello? Chillo è nu cetrulo qualunque! Ernesto (stringendo la mano a Felice, ridendo) Felicissimo d’aver fatta la vostra conoscenza!! Luigi Delegà...scusate.... Delegato (piccola pausa) Puzzate sta buono! Me facite venì fino a ccà... Felice E Gina? Luigi Era pur’essa d’accordo, si capisce. Felice E bravo! Marietta Siente, io pe sta vota, te perdono, ma si ’o ffaie n’ata vota... Felice No! Mai più! Mai più! (l’abbraccia) Mariuccia mia! Tutti Bravissimo! Felice Voi poi, delegà, ve mettite a arrestà n’individuo, con la semplice denunzia ’e na lettera anonima? (con rimprovero) Ed è così che ve la giuocate la libertà umana? Ernesto D. Felì, ricordatevi che voi stesso avete arrestato a me, pe na lettera anonima che avisteve. (contraffacendolo) Ed è così che ve la giuocate la libertà umana? Luigi E a me? Nun m’arrestasteve pe causa ’e chilli titoli falsi? Era colpa mia si me l’avevano date? (contraffacendolo) Ed è così che ve la giuocate la libertà umana?

LA VENDETTA DI CIOCIÒ!…

Mimì Felice

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E a me? Nun m’arrestasteve innocentemente, ched’è? (contraffacendolo) Ed è così che vi giuocato la libertà umane? Eh?? Te voglio dà certi calci a te …(l’insegue. Girano per la scena gridando e ridendo. Felice prende i panini dalle tavole e li lancia contro Mimì) Cala la tela Fine del terzo atto e della commedia

“ ’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA” commedia in tre atti

Ispirata a Florette e Patapon di Pierre Veber e Maurice Hennequin e arrichita di nuovi tipi e situazioni, questa commedia è caratterizzata da un’irresistibile comicità grazie al ritmo dell’intrigo e al senso dell’assurdo. Finita di scrivere nel luglio 1917, come lo stesso autore riporta sul suo copione manoscritto, ebbe la prima rappresentazione a Roma al Teatro Manzoni il 19/1/1918 e a Napoli al Teatro Mercadante nei primi giorni di marzo dello stesso anno. Nulla è emerso sugli attori della Compagnia che recitarono in questa commedia; si sa solo che Maria Scarpetta, la sorella di Vincenzo, copriva il ruolo femminile di Ninetta Segatura, come apprendiamo da un ritaglio di giornale. ’O guardiano ’e muglierema fu messo in scena dalla Compagnia “La Scarpettiana” il 3/11/1959 al Teatro San Ferdinando di Napoli1. La trascrizione “diplomatica” che si propone è tratta da un copione manoscritto autografo di 126 pagine che ad oggi risulta l’unico manoscritto esistente di questa commedia, essendone conservati due copioni dattiloscritti nel solo Archivio Eduardo De Filippo.

1

Attori/Interpreti: Franco Sportelli (Pasquale Segatura), Enzo Turco (Ciccio Pampuglia), Nino Faccione (il dottor Polenta), Annamaria Ackermann (Amelia Pampuglia), Vira Silenti (Ninetta Segatura), Geppino Anatrelli (Luigi Pomatella), Olga D’Ajello (Luisella, cameriera), Elisa Valentino (Clotilde Splendore), Elena Tilena (Giulietta), Mario Naldi (Arturo), Antonio Allocca (il cameriere della pensione), Claudio Biondi (Armando Fiorillo), Nello Ascoli (Matteo), Vera Nandi (Tilde Morelli), Salvatore Cafiero (il bagnino). Regia di Mario Mangini.

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Abtract La commedia, ambientata a Castellammare e a Salerno, narra le disavventure di Felice Sciosciammocca segretamente innamorato della vivace Ninetta, la moglie del suo datore di lavoro Pasquale Segatura. Il giovane è talmente disperato che, per cercare di dimenticare questa donna, acconsente di sposare nel giro di pochi giorni Giulietta, una ragazza desiderosa di accasarsi e che lui non conosce. Il caso vuole che Pasquale Segatura, dovendosi recare per affari a Taranto con il socio Francesco Pampuglia, affidi a lui il compito di sorvegliare la moglie in sua assenza. Partiti gli uomini, Ninetta decide di accompagnare Amelia, la moglie di Pampuglia, ad un incontro galante a Salerno nonostante Felice faccia di tutto per dissuadere le donne. Giunti a Salerno, si ritrovano le mogli, i mariti nonché la promessa sposa di Felice accompagnata dalla madre. Equivoci a non finire e scambi di persona: chi ne fa le spese è il povero Felice che viene anche inseguito da un camorrista che lo crede amante della sua donna. Alla fine, pesto, spaventatissimo, con una reputazione distrutta e un matrimonio sfumato, riesce a riportare le donne a casa sane e salve. Segue lieto fine chiarificatore per tutti.

’O Guardiano ’e muglierema commedia in tre atti

Nuovissima

Personaggi • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Felice Pasquale Segatura Francesco Pampuglia Barone Luigi Pomatella Ferdinando Polenta Don Giovannino Ernesto Arturo Armando Peppino Matteo ’o cavallaro uno chauffeur un facchino una guardia di P.S. Ninetta Segatura Amelia Pampuglia Clotilde Splendore Giulietta, sua figlia Sisina Pamzè Concettella

Cominciata il 6-6-1917 Finita il 9-7-1917

Atto primo Lo studio di Francesco Pampuglia e Pasquale Segatura. Porta in fondo, nel mezzo. A sinistra due porte. A destra 1a quinta, finestra, 2a quinta porta. In fondo a sinistra, libreria; in fondo a destra cassaforte. A destra, sul davanti, una scrivania: quella di Francesco, piena di carte, libri, fogli di ogni genere, occorrente per scrivere, ecc. cestino, poltrona, ecc. A sinistra, altra scrivania, meno ingombra: quella di Pasquale, con occorrente per scrivere, cestino, poltrona ecc. in fondo, accanto alla libreria, telefono interno. Accanto alla cassaforte, copialettere con pressa e base. Orologio alla parete di fondo sulla cassaforte. Dalla porta in fondo si vedranno, nel corridoio, delle casse di legno grezzo, una sull’altra, addossate al muro. Alle pareti libere vi saranno appesi telegrammi, ricevi, fatture, in gran copia, un calendario giornaliero, un altro commerciale, una lavagnetta. Tra la finestra e la porta, a destra, porta-voce con tappo a fischio. Tra le due porte a sinistra altro porta-voce simile, ma con tappo a tromba. Altre casse di legno grezzo, in iscena, dove c’è posto. Sedie di paglia. Due attaccapanni negli angoli in fondo. Scena prima Don Pasquale e Ciccio Pasquale (seduto alla scrivania a sinistra. Giacca e berretto per casa. Pipa di schiuma in bocca e fuma facendo, con le carte da giuoco, un solitario.) Ciccio (di dº dal fondo) È impossibile, Rafè, se ne parla chiù tarde, lassateme arrepusà nu poco. (fuori. Abito chiaro, estivo, scarpe idem, panama. Fascio di carte in mano.) Ecco!...E io ’o ssapeva che te truvavo ancora lloco, facenno sulitarie. Io me ne vaco accedenno ’a ccà e ’a llà per trattare gli affari, e isso che se diverte d’’a matina ’a sera a ffa suli-

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Pasquale Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale Ciccio

Pasquale Ciccio Pasquale

Ciccio

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tarie. (mette il cappello all’attaccapanni di destra e siede alla sua scrivania) (tranquillo) E me pare. Pe vedè si st’affari che tratte, vanno buone o no. (fuma) Embè, siente, Pascà...io nun me voglio piglià collera... (c.s.) Fai buono, ’a collera fa male! Ma venene momete che pe quanto è certa ’a morte, te tuzzarria c’’a capa ncopp’’a screvania!... Uh!...Ciccio mio, e pecchè vuò passà nu guaio! (ridendo) Po essere che me sciacco, po essere che moro, e addò ’o truove n’ato socio comme a me? Allegro e ricco? E perciò te facette socio mio, p’’e denare, ma p’’o carattere no. Na lettera nun ’a vuò scrivere, cu nu cliente nun buò parlà, si s’adda partì pe trattà n’affare, nun te vuò movere...ma che t’hê chiavato ncapo pe sapè? Che io fatico, vaco correnno Castiellammare, m’accido pe ffa j’ nnanze ’o magazzino, e tu te la godi? Te la fumi? Ma tu ’e cerevelle ll’hê perze!...’A fine ’o mese facimmo ’e cunte, ce spartimmo, e ognuno se guarda ’o ssuio! E ’o capisco, mo che te si accreditato cu ’e denare mieie... mo che t’hê fatto ’o nomme... Io? Ma tu dice overo o pazzie? Io teneva chella fabbrica ’e gallette, biscotte e taralle...a me me conoscevano tutte quante... M’’a chiamma fabbrica!...Nu magazzino infelice, cu nu furno tantillo, ca pe cocere sule 100 gallette, ce volevano ddoje settimane! (ridendo) Mo se po chiammà veramente na fabbrica, ’a quanno duie anne fa me ne venette ’a Napule ccà cu muglierema, te mettiste in società cu me e ce pigliaieme ’e locale ccà sotto. Mo se po chiammà ’a primma fabbrica ’e gallette, biscotti e taralle ’e Castiellammare. E po, io t’’o dicette: bada che io nun voglio fa niente, che io so abituato a nun fa niente, nun solo, ma quanto ’e commercio nun n’aggio maie capito niente. T’’o ricuordo?... Seh, seh, va buono, comme vuò tu, è meglio che nun ne parlammo chiù. (s’alza e va alla scrivania di Pasquale) Tiene ccà...chesta è na lettera ’e mossiù Flambò...chillo francese che nce ordinaie quatto cascie ’e gallette c’’o zuccaro, quatte ’e biscotte e quatte e taralle...(gli dà la lettera) E ch’aggia fa?...Che bò?

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA

Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale

Ciccio Pasquale

Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale

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Dice che l’ordinazione definitiva nc’’a manna ogge pe telefono...Capirai bene, che si vene st’ordinazione, nuie avimma j’ a Taranto t’’o prevengo, chillo llà sta. No!...Nun me movo...guè, ma nun te vuò fa capace, sa! Ma l’affare...l’affare s’addà concludere? (a denti stretti) E per concluderlo s’adda parlà, s’adda discutere...Io non saccio parlà francese, tu sì. E t’’o mpare, figlio mio! Pascà, fallo pe chi tiene mparaviso, nun pazzià. (calmo) Nun me movo!...Nun me movo!... (lo guarda un po’, poi) E io ’a saccio ’a ragione pecchè nun te vuò movere. Pecchè? Pecchè nun vuò lassà a mugliereta manco ventiquattro ore! Ecco! Hê ’a sta sempe azzeccato ’a gonnella soia! (ritorna alla sua scrivania) (alzandosi) E sì, lo confesso...sissignore...voglio bene assaie a muglierema, me piace assaie, Ninetta mia!...È tanto carella, tanto allegra, tanto sfeziosa... È tanto frivola!!...Già, era proprio ’a femmena che ce voleva pe tte: na mezza pazza! (ridendo) Ma statte zitto, famme ’o piacere. Quello è carattere: è allegra, spiritosa, pazzarella. E perciò m’’a spusaie, pecchè vedette che ’a penzava tale e quale a me. È figliola, se sape, è friccicarella, lle piace ’e se spassà, di godersi la vita, e io ’a contento. (E consolate!) Avissa vedè, Ciccì, quanno esco cu essa...la guardano tutte quante, purtammo ’a folla ’a dereto. ’E ssento dicere: “Che simpaticona!...Che pezzullo ’e crema!...Che bella cosa!...” E io me recreo! E bravo!... E diceno chesto ’e femmene, capisce, ’e femmene... Considera l’uommene!!!... Uh! L’uommene po è na frenesia...un delirio...appena ’a vedono assettà ’o juorno vicino ’o cafè, se jengano ’e tavoline ’e giovinotte. (ridendo) E me fa fa nu sacco ’e resate, pecchè ’e cuffea a tutte quante!...E ’a putesse lassà mmiezo a ciente uommene, ca nun ne ricavano niente, me vo troppo bene, n’aggio avuto ’e prove e sono sicurissimo di lei.

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Ciccio Ognuno ’a penza a modo suo. Io per esempio... Pasquale Ah! Già...tu a mugliereta chesto nun nc’’o faciarrisse fa. Pecchè, secondo te, ’a mugliera adda sta rebbazzata dint’’a casa e adda fa ’a femmena ’e servizio. Ciccio E ch’’a faccio fa ’e servizio a muglierema?...Voglio che sia femmena ’e casa, che badasse a gl’interessi miei, che fosse rispettosa, onesta. Essa pure era na mezza capricciosa, come la signora Ninetta...ma io ’a mettette a posto subito, ad oggi è il campionario di tutte le perfezioni. Eh! Caro mio, energia, energia ce vo cu ’e ffemmene. Questo è il mio sistema. Scena seconda Ferdinando e detti Ferdinando (dal fondo.Tipo di medico) Signori, buongiorno Pasquale Oh! Dottore stimatissimo. (stretta di mano) Ciccio Caro D.Ferdinando. (scrivendo) Ferdinando D. Ciccio bello. (stretta di mano) Pasquale È paricchio che non ve site fatto vedè. E dire che abitate nell’istesso palazzo, ’o piano ’e coppa. Ferdinando Già, ma io so stato fuori. So stato nu mese a Salerno, addo sorema Clotilde e mia nipote. M’aggio fatto na ventina di bagni. E ’e ssignore addò stanno? Se so susute? Pasquale Ninetta poco primma s’è sosuta, è ghiuta ’o bagno. Ciccio (marcato) Moglierema invece se sose quanno me soso io: alle 6 ½ !... Pasquale Povera figlia!...ha passato ’o guaio! (ridendo) Ferdinando E pecchè accussì ambressa? Ciccio Per badare alle faccende di casa! (e scrive) Ferdinando E addò sta? È asciuta pur’essa? Ciccio Per vostra norma, la signora Pampuglia nun ghiesce mai sola! Pasquale Segregazione cellulare!...(ridendo) Ciccio Nun fa ’o nzipete...te prego...Muglierema bada alla casa, alla famiglia. Ferdinando Ah! Verissimo! Da Amelia è una donna esemplare, la vera mosca bianca. Ciccio È per merito mio!...(scrive) Ferdinando E come sta? Come sta? Sta bene?

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA

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Ciccio Non c’è male. Io sto nu guaio cu stu stommaco. Ferdinando Caro D. Ciccillo, a voi è riscaldo. Vuie v’avita mantenè c’’o mangià, si no lloco ce cantate pe nu piezzo. Pasquale Dottò, accomodatevi, ve state allerta? Ferdinando Grazie. (siede presso la scrivania di Pasquale) Io so venuto, primma pe sapè comme stiveve tutte quante, e po per parlarvi di una cosa molto importante. Pasquale Una cosa importante? E di che si tratta? Ferdinando Ecco qua...ma, m’avita risponnere con franchezza e sincerità! Pasquale Dite. Ferdinando Volevo sapere...che cosa ne pensate di D. Felice Sciosciammocca, ’o segretario vuosto. Ciccio D. Felice? Pasquale Sciosciammocca? Ciccio ’O segretario? Pasquale Che ne pensiamo? Ferdinando Proprio. Pasquale È la perla degli uomini. Onesto, intelligente, attivo, che merita tutta la nostra fiducia. Ferdinando Ma nun è chesto che voglio sapè. Io dico, che uomo è? Ciccio Nu cretino qualunque!! Pasquale (sorridendo) Bravo!...E a chi hê fatto ridere mo? (a Ferdinando) D. Felice Sciosciammocca è un giovine d’oro! Buono, docile... Ciccio Troppo docile, anze, troppo debole! (scrivendo sempre) Pasquale Sì, chesto sì, debolissimo di carattere, ma pecchè è buono, capite...è na signorina. Ferdinando Insomma credete che sarrà nu buono marito? Pasquale Marito? Ah! Ma che se tratta ’e matrimmonio? Ferdinando Perfettamente! Ciccio (con compassione) (Misericordia!) Ferdinando Si tratta di mia nipote Giulietta... Ciccio (Povera figliola!...) Ferdinando Na buona guagliona, istruita, tiene una discreta dote... Mia sorella vorrebbe maritarla...cu nu giovine serio, onesto, coieto, e no nu giuvinuttiello ’e chisto, che per lo più fanno sempre pessima riuscita! E allora io, aggio penzato subito a questo D. Felice.

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Pasquale Magnifica idea. Potete sta sicuro che sarà il modello dei mariti. Non fuma, non beve vino, non gioca, non ha fatto maie ’ammore cu nisciuno...Insomma, è proprio un angelo di figlio. La bontà personificata. Ciccio Ma che nun tene manco nu centesimo, nun nc’’o ddice?... (si è alzato ed è venuto avanti) Ferdinando No, chesto ’o saccio, m’era già informato...ma ’e chesto, a sorema nun le mporta. Va trovanno sulo che sia n’ommo serio, lavoratore, di buoni costumi... Pasquale E chisto è D.Felice. Nun potiveve scegliere meglio. Ferdinando Benissimo! Mo scrivo subeto a Clotilde, ’e faccio venì a Castiellammare, e ’e porto ccà a tutt’’e ddoie. (s’alzano) Pasquale Onoratissimo di fare la loro conoscenza. Ferdinando Se l’uno e l’altra si simpatizzano, subeto subeto ’e ffacimmo spusà. Ciccio Accossì? A tamburo battente?... Ferdinando E sì, e che perdimmo tiempo a fa? Doppo l’informazioni ’e D.Pascalino... Pasquale Che sono esatte...precise!... Ferdinando Grazie tante. E D.Felice sta dinto? Pasquale No, è uscito, ma mo torna. Ferdinando Quanno vene, D.Pascalì, cercate di sondarlo, vedè comme ’a pensa, si n’ave piacere ’e se nzurà...si avessa tenè altri impegni, se è libero, insomma. Pasquale Ho capito. Lasciate fare a me. Ferdinando Grazie. (poi a Ciccillo) Io vaco a salutà ’a signora. Posso entrare? Ciccio Favorite. Jate, che lle facite piacere. (Ferdinando entra 2a a dª. Poi a Pasqualino che passeggia e canticchia) E mo a te sulo chesto te mancava. Pasquale Che cosa? Ciccio ’E te mettere a fa ’o senzale ’e matrimonio! Pasquale Che c’entra, so favori che se fanno....Comme staie spiritoso stammatina. (va al porta-voce a sin., ne toglie la tromba, vi soffia fortemente dentro e ottura di nuovo con la tromba) Ciccio (prendendo dei fogli dalla sua scrivania e portandoli su quella di Pasqualino) Tiene ccà, firma sta rroba, fa ambressa... Pecchè hê chiamato abbascio, che buò? Pasquale (va alla scrivania e firma tutti i fogli) Voglio addimmannà si D.Felice stesse abbascio ’o magazzino, p’’o fa saglì. (gli

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA

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dà i fogli firmati) Favorite. (il porta-voce a tromba suona un forte squillo. Pasqualino fa un salto) Puozze sculà! Che zumpo aggio fatto. Io vorria sapè pecchè nc’hê voluto mettere sta trombetta ccà. (s’alza) Ciccio Pe potè distinguere ’o porta-voce d’’o magazzino e chillo d’’a fabbrica. (mostra quello a destra) Ce mbrogliaveme sempe. Pasquale E io faccio nu zumpo ’a vota. (la tromba suona un altro fortisimo squillo) Dalle!...(va al porta-voce, toglie la tromba e parla nell’imboccatura) Catiè, D.Felice sta lloco? (mette l’orecchio. Piccola pausa poi parla di nuovo) E falle saglì. Dingello, D. Pascale ve vo ncoppa. (mette l’orecchio c.s.) Sì, sì. (ottura di nuovo con la tromba e viene avanti) Mo che saglie, cu na scusa, vedimmo che ne pensa. Ciccio Ma te pare che chillo è tipo ’e fa ’o marito? Chillo è buono sulo ’e fa ’o romantico e ’o sentimentale cu mugliereta. Nun te ne si addonato ancora, no? Pasquale Veramente?...E me fa tanto piacere!...Ninetta, ti ripeto, è una ragazza onesta, e D. Felice è troppo amico mio, è troppo galantuomo per non rispettarla e stimarla. Fa ’o sentimentale e ’o romantico, quella è ammirazione, è contemplazione...stupido! (siede alla scrivania) Scena terza Felice e detti (di dº dal fondo a des.) Va bene, va bene, po se ne parla. Dille che se ne iesse, ch’aggio che fa. (fuori, con borsa di pelle sotto al braccio) Servo, D.Pasquà...Servo D.Cì. Ciccio Buongiorno. (E so quinniece! Ave l’abilità ’e me salutà tremila vote dinto a na jornata!) Felice (a Pasqualino) Catiello ha ditto che mi volevate? Quali comandi? Ch’è successo? Ho fatto qualche cosa, forse, e non me ne sono accorto?...Ho commesso involontariamente qualche mancanza? (timido, esageratamente corretto) Pasquale No, non vi allarmate, niente di tutto questo. Accomodatevi. (gli indica la sedia lasciata da Ferdinando) Felice Qua? Vicino a voi? Pasquale Vicino a me. Felice Onoratissimo. (a Ciccio) Permettete D.Cì. (s’inchina comicamente e siede) Felice

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Ciccio Felice Ciccio Felice Ciccio

Felice Ciccio Pasquale Felice Pasquale Felice Pasquale Felice Pasquale Felice Pasquale Felice Pasquale Felice Pasquale Felice Pasquale Felice

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(imitandolo) Fate D.Felì!...(quanto è esagerato!) (il fischio del porta-voce a destra suona. Ciccio va a rispondere) (alzandosi) Chiamano dalla fabbrica...volete che rispondo io?... Nonsignore, state comodo, risponn’io...grazie... Dovere. Permesso. (c.s.) (c.s.) Servitevi. (Felice siede. Ciccio va al porta-voce ne toglie il fischio e parla nell’imboccatura) Pronto. Che cos’è? (mette l’orecchio. Piccola pausa, poi parlando) Sissignore, s’hanna spedì a grande tutte ’e seie casce. Aspettate, mo scengo io, facite preparà a carretta. (rimette a posto il fischio e viene avanti) Io scengo nu momento. (prende dei fogli dalla sua scrivania) (s’alza) Servitevi, D.Cì. (s’inchina c.s.) (imitandolo) Grazie D.Felì. (e via pel fondo) Oh! Meno male. Potimmo parlà nu poco coiete. Ma di che si tratta? Di un affare. Ah! Forse l’affare di Monsieur Flambò? Dite la verità, fosse sfumato?... No...che dite...anzi...Nun voglia maie ’o Cielo! Ah! Mbè! Perchè quello è un affare d’oro. E allora di che si tratta? Se tratta del vostro avvenire. (lo guarda un poco, poi fra sé) (Forse me vo aumentà ’a mesata.) Diteme na cosa...ma la verità però... Dite. Vorrei sapere se voi fate l’amore cu quaccheduna. (lo guarda sorridente) (lo guarda meravigliato senza parlare. Pausa) (Vì comme simme rimaste belle tutt’’e dduie!) Rispondete. Fate l’amore?... (sempre intontito) Nonsignore, D.Pasqualì. Come?...Nun tenite quacche cosarella p’’e mmane...qualche relazioncella...(strizzando l’occhio) No...che relazione...Io penso a lavorare...E voi lo vedete, faccio sempre casa e studio, studio e casa... M’aggio fittato stu quartinetto a pporta a voi, appunto pe sta più vicino... No...che relazione...

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Pasquale Qualche signorina per bene?... Felice No...nemmeno...non tengo nessuna...cioè...veramente...c’è una cosettina... Pasquale Ah! Dunque, facite ammore? Felice No, non è che faccio l’amore...è un pensiero, na cosa interna...una passione...una giovine che m’ha fatto perdere sonno, appetito, tutto, e che nun m’’a potarraggio maie spusà. Pasquale E perchè? Non è degna forse di portare il vostro nome? Felice Sì...ma...(imbarazzato) D.Pasqualì, ve prego, nun m’addimmannate niente chiù. È una donna che non potrà mai essere mia!...Mai!!! Pasquale Ma perchè? Felice (E pecchè t’è mugliera!) So io perchè...Ah!! (sospira) Pasquale (lo guarda meravigliato) Ma voi soffrite. (si alzano e vengono avanti) Venite qua. Voi vi rovinate la salute così. Felice Eh! Lo so! Pasquale Ma allora, caro D.Felice, io ve consiglio ’e ve levà stu pensiero, vi consiglio di distrarvi...e ll’unico mezzo è chillo ’e ve nzurà immediatamente. Felice E sì...proprio così...diversi me l’hanno consigliato. Questo m’ha consigliato pure ’o dottore. Pasquale Avite chiammato ’o dottore? Felice E sì! Nun mangiavo chiù, nun durmevo chiù...Me credeva che dipendeva dal corpo...ma è l’anima, D.Pasqualì, ...è l’anima!...(commosso) Pasquale (Povero giovine!) Ma allora. E a buie ve faciarria piacere ’e ve nzurà? Felice E quanno nun nce sta ato mezzo pe me ne scordà...me nzoro! Pasquale E allora va bene. Felice Ma chi volete che me sposa?...Io non tengo manco nu soldo. Pasquale ’E chesto nun ve n’incarricate. Felice Tengo n’età... Pasquale Età? E che site viecchio vuie?... Felice Eh!...Sempe 35 anne so. Pasquale E questa è l’età giusta per ammogliarsi. Dovete sapere che il dottore nostro, D. Ferdinando Polenta, è venuto a parlare di una sua nipote, pe v’’a fa spusà proprio a buie.

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Felice Pasquale Felice Pasquale

Possibile?... Già. Mo sta dinto addò Da Amelia, si ce volite parlà... E che parlo a fa, dicitele che sì, che accetto. Ma no, è buono che ce parlate vuie. (il telefono in fondo suona) ’O telefono! Felice Sarà il cassiere. (va all’apparecchio) Pronto...D.Pasquale?... Sta qua, sissignore...va bene. (viene avanti) Dice ’o cassiere si potite scendere un momento. Pasquale E che bo? Lasseme j’ a vedè. Avete capito? Chillo mo esce, parlatece e strignite lesto lesto l’affare. Io mo saglio. (via pel fondo) Felice E sì, è meglio che me nzoro, così non ci penso più. E dire che adda essere ’a mugliera ’e stu pappagallo viecchio. Io nun capisco comme na femmena se po vedè vicino a D. Pascale. Ma che donna! Che angelo! Che sguardo penetrante!...Ha avuto l’abilità e me fa perdere ’a capa!...M’’a sonno sempe!...Basta che me dice na parola, che me guarda sulamente, io nun conchiudo chiù, addevento nu scemo. E si me dicesse: D.Felì, fateme ’o favore, pigliate ’o revolvere e sparateve un momento. Io me sparasse!... Scena quarta Amelia e detto, poi Ninetta Amelia Felice Amelia Felice Amelia Felice Amelia Felice Amelia Felice Amelia Felice

(dalla 2a a dª) D.Felì, Ciccillo addò sta? (solito inchino) Servo, signora. È calato abbasso ’a fabbrica nu momento. Scusate, signò, ’o dottore sta dentro? Sì, sta visitando a Concettella ’a cammerera che nun se sente bona. E che hanno combinato cu l’affare di Monsiur Flambò, è definito? No, no ancora. Chillo è nu buono affare, è ovè? Caspita. Affarone. E l’ho trovato io. Io credo che si se combina, Ciccillo e D.Pascale hanna partì? Hanna j’ a Taranto? E si capisce. Pe fforza, è overo? Pe fforza. Che seccatura. Sa comme me pararrà brutto senza Ciccillo. Pih...nu giorno, due giorni, al massimo, passano presto.

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA

Amelia Felice Amelia Ninetta Amelia Felice Amelia Ninetta Amelia Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta

Felice Ninetta Felice Ninetta



E bastano due giorni per concludere? Eh! Altro. Meno male. (di d°) Ah! Ah! Ah!... Ah! Sta venenno Ninetta. (Essa!) Subeto se capisce. Quanno sentite ridere a na femmena, è Ninetta certamente! Viata a essa. (fuori. Toletta estiva, elegantissima. Ombrellino, ventaglio ecc.) Ah! Ah! Ah!...Io mo moro d’’a risa, nun me fido chiù. Ch’è stato? (corre alla finestra) Ah!...Nun nce sta. Meno male!...(guarda sempre) (che la contemplava) (Che angelo! Quella non è di carne, è di cera) (lasciando la finestra) Ma che bello tipo!...(ridendo) Ma ce l’aggio fatta proprio brutta!... (c.s.) (Quanto è bella quanno ride. È impossibile! Nun me pozzo nzurà!) Si sapisse che servizio aggio combinato a uno che m’è venuto appriesso. Eh?! V’è venuto uno appriesso? E chi è questo mascalzone che se permette... No, non nce attaccate idea...nun me passa manco p’’a capa. Anze, è na cosa che me diverte assaie. Quanno se mette uno appriesso, nun potite credere che divertimento è pe me. Pecchè io avanzo ’o pede, capisce, e ’e vide correre ’a dereto cu tanto ’e lengua ’a fore!...A chisto, doppo ch’’aggio fatto correre tre quarte d’ora appriesso, me so mmisa dint’’a na carrozzella e me ne so venuta ccà. (ridendo) Voi ridete, signora, e io vi dico che non avete fatto una bella cosa!...La vostra condotta... No, ve prego, non fate sta faccia, che me facite scappà a ridere. E non dovete ridere...io se parlo...è perchè mi dispiace che agite così. Vi potete compromettere voi e vostro marito!... (guardandola con rimprovero. Pausa) (guarda Amelia e Felice, poi) Bravo!...Segretario onesto!...E in ricompensa... a voi...baciatemi la mano.

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Felice Ninetta Amelia Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia

Ninetta

TEATRO (1910-1920)

No, signò, non scherzate... No, veramente dico...(guardandolo con civetteria) Andiamo...baciate. (con rimprovero) Ninetta! E che male ce sta?...(c.s.) Baciate! (dignitoso) Ma il mio dovere non mi permette.... Sì, va bene, lo so...ma io ve lo permetto. Jammo baciateme ’a mano. (guardandolo sempre e avvicinandogli la mano alla bocca) (resiste. Lazzi. Non potendone più le bacia la mano) Bravo!...E adesso potete andare. (Non è possibile, m’aggia nzurà pe fforza!...So troppo debole, troppo. Chesta me fa murì a me!) (via a sin.) Povero D.Felice, va a fernì che ’o faccio ascì pazzo. No, chillo già ha perzo ’a capa pe te, ce ne simme accorto. (ridendo) Ah! Ah! Ah! Del resto, siente, sempe meglio ’e maritete è. E...credo che tu pure hê fatto sta riflessione. (semplice) No...non nc’aggio maie penzato a fare il paragone. Che diavolo! È chiù giovene...chiù simpatico...e sapennolo tanto innamorato di te, nun te siente niente? Nun te fa nisciuno effetto? No, ’a verità. (cambiando tono) Neh, ma comm’è che tu, proprio tu, che si na monacella, na santarella, me parle ’e chesta manera? E che monacella...si sapisse... Neh, guè, ’e che se tratta, neh? (ridendo) (guarda intorno) Niente...po te conto. Me metto paura che avessa saglì a Ciccillo o D.Pascalino. Chiù tarde te dico tutte cosa, quanno l’affare ’e Mossiù Flambò è definito. (sospira) Si sapisse che ce sta dinto a stu core mio!...Che ce sta!...(via 2a a dª) (ridendo) Ah! Ah! Ah!...’A monacella tene...quacche munaciello p’’a capa!...Oh! Povero D.Ciccillo. (soffiandosi) Uffà!...Che caldo! E che seccatura è stu paese, specialmente d’està, nun saie tu stessa comme hê ’a passà ’a jornata.

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA

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Scena quinta Luigi e detta Luigi Ninetta Luigi Ninetta Luigi Ninetta Luigi

Ninetta Luigi Ninetta Luigi

Ninetta Luigi Ninetta Luigi Ninetta Luigi Ninetta

(dal fondo. Tipo di vecchietto elegante. Tinto e impomatato. Costume d’estate. Entra adagio, guarda intorno in cerca di qualcuno e riconosce Ninetta) Ah!...Eccola là!... (Chillo viecchio che m’è venuto appriesso!) Vi ho trovata finalmente! Ma signore...ma cosa volete?...Cosa desiderate? Voglio a voi, solamente a voi. A me?...Ma forse ’o sole v’ha dato in testa! Ma per chi mi prendete?...Avete preso uno sbaglio certamente. No, che sbaglio, siete voi, proprio voi che ho avuto il piacere di seguire. Ve so venuto appriesso fino a qua e, con dieci lire che ho dato alla portiera, ho saputo che siete la signora Ninetta Segatura, moglie di D.Pasquale Segatura!... Ah! La portinaia è stata? Perfettamente. (Quanno scengo l’aggia dà nu punio sott’’e mole!) E adesso che siete così bene informato...avrete la bontà di andare a prendere aria a n’altra parte. (fa il gesto dell’andar via) Non lo posso, signora...Voi mi avete ipnotizzato, magnetizzato, paralizzato, con la vostra bellezza...Io sono il Barone Luigi Pomatella, ma chiamatemi Gigino...per voi mi sento ringiovanito di 30 anni!...Sono napoletano, sono ricchissimo, sto qui a villaggiare, ho conosciuto molte donne, ma nessuna mi ha mai colpito come mi avete colpito voi, amabile signora!... Oh!...D. Gigì...Lo scherzo adesso passa i limiti. Ma io non scherzo, signora mia, ve lo giuro pe quanto voglio bene a mammà, io sono innamorato di voi alla follia!... Vi prego di andare per i fatti vostri. Io sono maritata e sono una donna onesta. Tutte quante così dicono, e poi...io so volpa vecchia!... Aggio capito, mo me ne vaco io!...(fa per entrare a 2a a sin.) No!...Non mi lasciate così barbaramente!...Ecco...me ne vado! Me ne vado!... (Cielo te ringrazio!)

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Luigi Ninetta Luigi Ninetta

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Ma...ci rivedremo!...Angelo...tesoro...anima dell’anima... ’E mammeta e de patete! (Mo lle dongo ’o mbrellino ncapo!) Anima dell’anima mia!...A rivederci!...(va in fondo, poi si volta e manda un bacio con la mano) Toh!...(e via) Ma vedete che imprudente. Chillo vene fino a ccà! Ah! Nun nce capito chiù mai chiù!...(via 2a a destra) Scena sesta Felice, poi Ferdinado

(con un grosso libro in mano. Ha messo un’altra giacca di colore differente, con le mezze maniche di fodera e un paio di pantofole. Esce. Lo sguardo fisso in un punto. Sospira. Poi:) Quella donna mi farà morire ifrodobo!...(riprendendosi) Ibodrofo!...Ibrodofe!...Idrofobo!! (mette il libro sulla scrivania a sinistra) Ferdinando (di dº) A rivederci. Buongiorno...Non c’è bisogno, state comode. (fuori) Ah! D. Felì, state qua?...D. Pasquale v’ha parlato di quell’affare?... Felice Sicuro. Ferdinando E che risposta mi date? Felice Accetto, dottò, accetto senza discussione. Facitemmella spusà quanto chiù ambressa po essere. Ferdinando E nu momento...’a volite conoscere apprimma? ’A volite vedè? Felice Non c’è bisogno. Bruna, bionda, secca, chiatta, corta, longa, cu tanto nu naso, nun me preme. Vuol dire che chiudo gli occhi...e penserò a quell’altra! Ferdinando A chi? Felice Eh!...non potete capire!...Insomma se non tene chiù ’e 40 anne, se non è scartellata, o zoppa, l’accetto, franco di porto e d’imballaggio...consegna fine mese. Ferdinando Sta bene. In quanto alla dote... Felice Nun me preme. Ferdinando Eh! Ma so 30 mila lire, e il corredo al di fuori. Felice Chello ched’è è, non ci tengo. Addò sta, chiammatela... Ferdinando Seh...’a tengo abbascio ’o palazzo!...Quella sta a Salerno, assieme a la madre, mia sorella. Felice E questo è brutto, vedete...io nun vularria perdere tiempo. Felice

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Ferdinando Io mo lle scrivo na lettera espresso... Felice No, che lettera...nu telegramma, se fa chiù ambressa...(lo fa sedere alla scrivania di Pasquale) Sedetevi...scrivete... Ferdinando Aspettate...voi che furia avete...Eccomi qua. (siede e scrive) “Clotilde Splendore. Albergo Vittoria. Salerno...”(seguita) Felice (Si nun me nzoro accussì, ditto nfatto, nun ’o faccio chiù. E io m’aggia nzurà, nun nce stanno chiacchiere. Io non conchiudo chiù...Vaco pe fa na cosa e ne faccio n’ata. Va a fernì che o perdo ’o posto o faccio fallire la Società Pampuglia, Segatura e compagnia.) Ferdinando (che ha finito di scrivere) Ecco fatto. (asciuga il foglio e s’alza) Scena settima Pasquale, Ciccio e detti Pasquale È inutile, Ciccì, t’aggio pregato che non parto. Ciccio Ma io nun saccio parlà francese...hê ’a venì afforza! Ferdinando D.Ciccì, io me ne vado, ci vediamo in questi giorni, e vi scriverò io na curetta... Ciccio Grazie tante...(strette di mano) Ferdinando D. Pascà, bongiorno. Pasquale Caro dottore. Ferdinando (a Felice) Segretario... (stretta di mano) Io vaco a fa ’o telegramma. Bongiorno. (via pel fondo) Ciccio Vedete nu poco se è cosa che putimmo j’ nnanze accussì! Felice Ma ch’è stato? Ciccio L’affare di Mossiù Flambò, ’o francese, è quasi combinato, mo mi ha telefonato da Taranto, dimane mmatina nce aspetta llà, e chillo nun vo partì. Cu chi arma d’’a mamma parla chillo crestiano? Me fa venì n’arraggia che nun saccio che ’o faciarria!...Insomma s’adda perdere n’affare? Pasquale E se perde, a chi ’assigne? Ciccio E si a te te conviene a me no!...Hê capito? Cretino che sì! Pasquale Oh! Ciccì,...mo m’hê seccato, ’o ssaie? Ma t’avissa credere ca tu fusse Sanzone? Parla comme hê ’a parlà, pecchè si no... Ciccio Che faie? Ma che faie? (avvicinandosi) Felice Signori, per carità... (mettendosi in mezzo) Pasquale Ce rumpimmo, Cì, e ce rumpimmo buono!... Ciccio Va llà, vattè!...

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Felice Ciccio Pasquale Ciccio

Pasquale Ciccio

Pasquale Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale

Felice Pasquale Ciccio Pasquale Felice Pasquale

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Ma calmateve, chesto che cos’è...D.Pascà, badate a quello che fate, questo è un affarone d’oro che si perde. Pecchè nun volite partì?...Non vedo la ragione... ’A veco io ’a ragione, e isso nun ’a vo dicere. È ca nun vo lassà ’a mugliera sola ccà, capite? (marcato) Nun è overo, nun date retta. No, chest’è. L’amico se mette paura!...Ma io no, invece. Io, si dico a muglierema: “Aggia partì, statte attiento ’a casa, nun ascì.” Pozzo durmì a ciente cuscine, ca chesto fa, capisci. E muglierema no? Pecchè, che faciarria muglierema? Se ne jarria cammenanno d’’a matina ’a sera, cu na folla ’e giovinotte appriesso. Se jarria a assettà nnanze ’o cafè, cu na folla ’e gente attuorno. Detto da te stesso. E fino a che ce staie tu, eh, va bene, ma quanno sta sola nun saccio comme te po venì, che te po succedere!...Eh!...(marcatissimo) Tu si nu lazzarone e noi non ci possiamo mettere cu te, pecchè ce sporcammo ’e mmane! Muglierema è na femmena che tu nun si degno nemmeno d’’a guardà! È la corona della mia testa...ma tu te miette paura d’’a lassà sola! (furibondo) Ah! Neh?...Io, secondo te, me metto paura?... Sì?...(Felice lo trattiene) D. Felì, levateve ’a dereto!... (poi a Ciccio) Me metto paura d’’a lassà sola? Sì, sì, sì!... E sta bene!...(passeggia agitato. Felice va appresso senza lasciarlo) E io ti proverò, invece, il contrario!...Ti proverò che ho tutta la fiducia in mia moglie! (deciso) Parto, sissignore, parto pur’io!...È fatto!... (lasciandolo) Oh! Bravissimo! A che ora avimma partì? All’una e mezza. T’hê ’a spiccià pecchè ce vonno vinte minute. Amelia?...Concettella?...(via 2a a dª) Avete visto?...Tanto c’ha fatto, c’è riuscito a me fa partì e a fa rimanè a chella sola. Ma vuie, po, quanto avita sta? Nu paro ’e juorne. E passano presto. No, ma pe mme è niente, nun me preme...È pe Ninetta, comme è abituata chella, a ascì sempe, a se movere...comme ’a tengo duie juorne dint’’a casa? Chella ammattisce!

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Felice Pasquale Felice Pasquale

Felice Pasquale Felice Pasquale Felice Pasquale Felice Pasquale

Felice Pasquale Felice Pasquale Felice Pasquale Felice Pasquale Felice Pasquale

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D’altra parte afforza dint’’a casa adda sta. Non per niente ma po essere pure che quaccheduno, profittanno che io nun nce stongo, ce se mette appriesso, lle dice quacche parolella nu pocorillo spinta...e chella, risoluta, svelta com’è, è capace pure che lle scassa ’o mbrellino nfaccia!...Po ffa qualunque guaio! E pozzo sta cu stu pensiero? Ah! Certo! (pausa. Riflette. Guarda poi Felice come colpito da un’idea. Deciso) D.Felì, qua non c’è da esitare! Voi mi siete veramente amico? E lo potete mettere in dubbio? No...È vero! Siete un galantuomo, vostro padre era amico mio stretto, vi conosco da tanto tempo, e non c’è da dubitare. (cambiando tono) D.Felì, voi dovete fare la guardia a Ninetta! Ch’avete detto? Vuie avita essere ’o guardiano ’e muglierema!... Io? ’O guardiano d’’a mugliera vosta? Proprio. Non credo che v’è di fastidio...abitate a pporta a nuie. No...caro D.Pasquale, scusate, ma io non vi posso servire. Come?...Vi rifiutate? E si capisce. La cosa è molto delicata...volite fa piglià questa responsabilità a me?...Proprio a me?... Che responsabilità...Se tratta ’e nun ’a fa ascì e impedirle ’e fa quacche sciocchezza, chesto è tutto. E intanto io pozzo partì coieto ’e penziero, pecchè saccio muglierema a chi resta affidata. D. Pasqualì, non po essere...non posso accettare... Ah! No?...E va bene. E allora vuol dire che io non parto, resto qua. Aspettate...e chi ’o ssente a D.Ciccio?... Accettate e io parto. Ma vedete... Se non accettate, non parto. E l’affare ’e Mossiù Flambò? Se perde. Se perde? E ma perdo pur’io nu buono regalo d’’o francese... E chi se ne mporta? Accettate, e io parto.

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(dopo pausa) E va bene...accetto. Oh! Bravo!... Ma vedete, se quella po vo ascì pe fforza? Ce l’avita impedì e se no l’accompagnate voi. E ma chella si avessa sciaccà a quaccheduno mmiez’’a via, io po ll’aggia difendere e me ponno vattere a me po. Pasquale E ma vuie chesto avita evità. Nun l’avita fa mettere nisciuno appriesso, si no che guardiano site? Ah! Eccola qua. Felice Pasquale Felice Pasquale Felice

Scena ottava Ninetta e detti, poi Ciccio, Amelia e Concettella Ninetta Neh, Pascalì, è overo che parte? (senza cappello) Pasquale Pe fforza, bella mia, aggia j’ a Taranto cu chill’animale ’e Ciccillo...chillo nun sape parlà francese. (si toglie la giacca e l’appende all’attaccapanni insieme al berretto. Dal medesimo attaccapanni prende cappello e tait e l’indossa) Capirai, è n’affare buono, e nun s’adda trascurà. Ninetta Ah! Certo. E quanno tornate? Pasquale Doppo dimane stamme ccà. Felice E sì,...non più di due giorni ponno sta! (marcato a Pasquale) È vero? Solo due giorni!... Pasquale Due giorni. Felice E si no po ccà comme se fa senza voi. Pasquale Si capisce. Ciccio (esce, prende il cappello dall’attaccapanni e se lo mette) Jammo, Pascà...io so pronte. Signò, buongiorno. (Amelia e Concettella lo seguono con due borse in mano) Ninetta Buon viaggio. Ciccio Grazie. D. Felì, stateve attiento, me raccomanno... Felice Non dubitate. Ciccio Fate le nostre veci. Felice Va bene. Ciccio Amè, statte bona, e attiento ’a casa... Amelia Nun nce penzà... Ciccio E nun ascì, aspetta a me. Amelia Ma chi esce, te pare. (si abbracciano) Ninetta Manname nu telegramma appena arrive. Pasquale E comme? Se capisce.

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA

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(che faceva scene con Ciccio) E pure tu, proprio appena arrive. Ma sì!...(bacia la mano) E pensa a me...sempe a me, zuccariello mio! Sempe. (si abbracciano) Jammo, e vide se se move! Voi impicciatevi dei fatti vostri! Cammina, nun fa ’o guaglione, nun perdimmo tiempo... (si mette sotto al suo braccio e lo tira via) Stateve buone... stateve buone... Gli altri Buon viaggio...a rivederci. (Pasqualino, Ciccillo e Felice viano pel fondo, Concettella li segue con le borse. Amelia corre alla finestra. Pausa) Ninetta (Povero Pascalino!...Teneva ll’uocchie che lle lacrimavano... e m’è dispiaciuto pure a me ’a verità...) Amelia (mandando un grosso sospiro di soddisfazione) Ah!! Se n’è ghiuto finalmente!... Ninetta (meravigliata) Ched’è neh? T’ha fatto piacere che maritete è partuto? Amelia Sì! Sì!...Nun me ne fidavo chiù, Ninetta mia!...Nun me ne fidavo chiù! (guarda intorno) Io t’aggia confidà na cosa... ma na cosa seria assaie, e tu sola me può aiutà, tu sola me può salvà! (stringendole affettuosamente le mani) Ninetta Parla. (seggono) Ch’è succieso? Amelia Hê ’a sapè che io, primma ’e me mmaretà, facevo ammore cu nu giovene, nu certo Armando, nu largo parente mio. Me voleva nu bene pazzo, e io pure a isso, ma giustamente papà e mammà nun m’’o vulettene fa spusà, pecchè nun teneva ancora na posizione, era studente ancora. Doppo n’anno, se presentaie D.Ciccillo, ch’era amico stretto di famiglia, teneva na discreta posizione, e m’’o facettene spusà. Quanno l’appuraie Armando, nun te saccio dicere chello che facette. Doie vote ha tentato ’e s’accidere pe me, doie vote! M’ha scritto lettere che fanno chiagnere pure ’e prete! Ninetta E te scrive ancora? Amelia Sempe...tutt’e juorne. Me scrive fermo posta, c’’o nomme ’e Concettella che quanno scenne a fa ’a spesa ’a va a retirà e m’’a porta annascuso ’e mariteme. Ninetta (con ironia) Ah! Neh? E bravo Concettella!...E tu l’hê risposto maie? Amelia Ciccio Pasquale Ninetta Ciccio Pasquale Ciccio

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Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia

Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia

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Quacche vota. Ma pe lle dicere che se levasse stu pensiero, che se scordasse ’e me. Ma a chi?...Chillo s’è nfucato chiù ’e primma. E chello se sapeva. (ridendo con malizia) Siente ccà che lettera m’ha scritto aiere. (Mette una gamba sull’altra, si toglie una scarpina e cava dalla stessa una lettera piegata in otto parti) (meravigliata) Seh? E brava ’a munacella!...Vì che ce teneva ncuorpo!...Lloco t’’e mmiette ’e lettere? No! L’abbruscio tutte quante...sulo chesta p’’a fa sentere a te. (apre la lettera e legge) “Salerno, 14 agosto 1917” Ah! Sta a Salierno? Già. Sta a Cava, c’’a famiglia, e ogne anno, d’estate, se ne scenneno a Salierno p’’e bagne. Siente. (legge) “Vita mia! Il destino ci ha voluto separati...e così sia!...” Ammen!...(ridendo) No, Ninè, nun pazzià, nun è momento...(legge) “Mio padre ha deciso di ritornare in America con tutta la famiglia. Ho fatto quanto era in me per distoglierlo, ma inutilmente. Domenica si parte per Genova, e di là c’imbarcheremo. Prima di intraprendere tale viaggio, voglio vederti assolutamente, anche per dieci minuti, e dirci addio da vicino! Domani, sabato...(parlato) che sarria ogge...(legge) ti aspetto all’albergo Vittoria. Trova un pretesto con tuo marito e vieni... te ne prego...Bada che se mi farai partire senza vederti, ti giuro, Amelia adorata, che la tomba mia...sarà l’oceano!... Armando”. Capisce? Se votta a mmare si nun nce vaco. E chillo è capace d’’o ffà. Io saccio ’o carattere. Mo che s’è data sta bella combinazione che Ciccillo è partito, ce volarria j’ nu momento e stasera stessa turnarria. Che ne dice? Vuò partì? Vuò j’ a Salierno? Ma ch’ hê perza ’a capa? Si quaccheduno te vede? Chi m’addà vedè, io nun conosco a nisciuno a Salierno, e crideme, è sulo p’evità na disgrazia. Pecchè chillo se votte a mare, se votte, si nun nce vaco! E allora parte, che t’aggia dicere? Sì, ma ’o piacere che m’hê ’a fa, hê ’a venì pure tu. Io? E sì...pecchè ccà so conosciuta, ma vedennoce partì nzieme, nun nce sta niente ’e male. Che dice?...Me vuò accom-

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA

Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia

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pagnà?...Io quanto ’o saluto e me ne vaco. Mangiammo llà, ce facimmo na cammenata, ce spasammo nu pare d’ore e stasera tornammo. Che ce sta ’e male? No...pe me niente...anze, vaco trovanno comme aggia passà ’a jornata... E dunque. Ma stasera tornammo certamente? Certissimamente. E che ce facimmo chiù a Salierno! (dopo una breve pausa) E allora va bene...t’accompagno. Ce spassammo nu poco. Ah! Grazie, grazie, si na vera amica! A che ora partimmo? Mo...C’’o treno d’’e 2 e 40. Ti sei già informata. Eh! Capirai... Mo avarrissa avvisà a isso, cu nu telegramma... L’aggio fatto, ’o tengo pronto. (s’alza l’altra gamba, toglie la scarpina e dalla medesima tira fuori un pezzo di carta egualmente piegato in otto parti) Pure ’a chest’ ata scarpa? (ridendo) Ma la trovata è splendida, sai! (apre il foglio e legge) “Sarò da te senz’altro. Fatella” Fatella? Accossì me chiammava quanno faceveme ammore. Mo ce manno a Concettella e nc’’o faccio fa subeto subeto. (s’alzano e fanno scene) Scena nona Felice e dette, poi Concettella

(dal fondo, tra sé) È na parola!...Cercate ’e trattenè a muglierema e d’impedire che facesse quacche bestialità! (scende a destra) Ninetta D.Felì...so partite? Felice Sissignore. (Concettella viene dal fondo e fa per entrare 2a a dª) Ninetta Concettè, prepareme ’o spolverino nuovo che m’ha portato ’a sarta stammatina, ’o cappiello e la borsa c’’o costumetto ’e bagno. Concettella Subito. (via) Felice

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Amelia Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Amelia Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Amelia Ninetta

TEATRO (1910-1920)

E che t’’o puorte a ffà ’o costumetto? Pe mme fa pure ’o bagno. Stammatina non m’’aggio potuto fa, ce steva na folla indiavolata. Neh, ma scusate, dove dovete andare? Ah!...Jammo a Salierno, a trovà n’amica nosta. Mangiammo llà, ce facimmo na cammenata e stasera tornammo. Ce jammo a divertì nu poco. (ridendo) Ma voi state scherzando...ho capito. No, qua’ scherzo, veramente dico. Vaco a Salierno nzieme cu Amelia, e buie nun avita dicere niente a ’e marite nuoste. Signò, voi che dite?...Addò state cu ’a capa? Da Amelia che ghiesse addo lle pare e piace...ma voi no!...Ah! No! Pecchè? Chi me lo impedisce? Io!...Ho promesso a D.Pasquale di essere il vostro guardiano, e fino a che torna, dipendete da me! Ah! Sì? Embè, venite vuie pure. Ah! Sicuro! Ve venite a divertì nu poco nzieme cu nuie. Io?...Io songo ’o guardiano...me vengo a divertì cu buie? Oggi?...Fosse n’altro giorno...eh, va bene. Ma oggi no! E ritenete che da qua non vi faccio uscire! (pausa) (fa prima dei segni ad Amelia, poi) Bravo!...Guardiano fedele!...E in ricompensa...a voi...baciatemi la mano!...(e gli mette la mano alla bocca) No...mo no, mo...Si no m’ammoscio e stateve bene. (insistendo) Meh, jammo, baciateme ’a mano... È inutile...m’ammoscio, m’ammoscio. E ammosciateve, meh... Vuie pazziate...Pe perdere ’o posto...non posso. Ah! No?...E sta bene. Che venite o nun venite, nun nce passa manco p’’a capa. Ma vi prevengo, signor guardiano, che noi partiremo lo stesso, alla faccia vostra! E ’o vvoglio vedè. E mo v’’o faccio vedè. Io pe tramente vaco a chiudere tutte le uscite. (via correndo per il fondo) (disperata) Uh! Mamma mia! Pecchè ce l’hê ditto...chillo mo nun nce fa partì e Armando se votte a mmare! Statte zitta, lascia fa a me. Dimme na cosa...denare ne tiene?

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA

Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia

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Sì. Cinco lire! E si arrivata. E tu? Manco nu soldo. Uh! E comme se fa?... Aspetta. (chiamando) Concettì?...Concettì?...Mo nc’’e facimmo mprestà ’a Concettella. Ah! Bravo! Scena decima Concettella e dette poi Felice

Concettella Ninetta Concettella Ninetta

Comandate? Hê preparato tutte cosa? Sissignore. E dimme nu poco...ce può mprestà quacche ccosa ’e solde? Na cinquantina ’e lire?...’E ttiene? Concettella Sissignore. Ninetta E va mm’’e ppiglie subeto subeto, po t’’e ddongo, va. (spinge Concettella che va pel fondo a sin., poi torna) E mo, doppo ch’avimm’ascì p’’a fenestella d’’o deposito, ma non nce l’aggia dà pe vinta! Amelia Ah! Ninetta mia, tu nun si n’amica, si n’angelo. Ninetta Sì, cu ’e ccorne, ’o saccio!...E mo nc’’o llascio scritto pure. ’O voglio fa rimanè cu tanto nu naso. (siede alla scrivania di Pasquale e scrive) “Parto per Salerno alle 2,40. Chi mi vuol bene, appresso mi viene!...(ridendo) Ah! Ah! Ah!... (scrive) “Ninetta Segatura.” Ecco fatto. (lascia il foglio bene in vista) Amelia Facimmo ambressa, avessema perdere ’o treno. Ninetta Ma no...ce sta ’o tiempo. Iammoce a vestì. (viano 2a a dª) Concettella Tenite, signorì. E addò è ghiuta? (guarda intorno) Felice (viene dal fondo, afferra per un braccio Concettella e lo porta avanti) Guè...L’aggio combinato ’o servizio. Tutte le uscite sono guardate. Aggio avvisato ’o guardaporta che si vede ascì ’e ssignore, sunasse ’a campanella 15, 16 volte, pe m’avvisà; ’o cassiere, si ’e vvede passà, me sona ’o telefono; ’e giuvene d’’o magazzino e d’’a fabbrica me sonano ’e duie porta-voce...io mi precipito...e a costo di trascendere...loro nun hanna...(cambiando tono) Ma tu che buò?



TEATRO (1910-1920)

Concettella Felice Concettella Felice Concettella Felice

Niente, ve sto sentenno. E vattenne ’a via ’e dinto. (Chisto adda essere miezo pazzo.) (p.a..) Aspetta, viene ccà...siente. Mo vengo, nu momento. (entra 2a a dª) Per maggior sicurezza, mi metto ’e sentinella a ’o marciappiede ’e rimpetto. Eh! Con me si scherza poco! Quanno aggia fa ’o guardiano, ’o saccio fa. Concettella (tornando) Che bulite? Felice Va me piglia ’e scarpe, ’a giacca e ’o cappiello. Fa ambressa. Concettella ’O vedite cca’. (Chiste che hanno stammatina?) (via 2a a sin. Intanto Felice si toglie le maniche di fodera e la giacca) Scena undicesima Luigi e detto, poi Concettella (dal fondo) Scusate...la ditta Pampuglia e Segatura? È qua. Sono io. (passa a destra e mette tutta la sua roba sulla scrivania di Ciccillo) Luigi E perdonate, parlo col signor Francesco Pampuglia? Felice Nonsignore. Luigi (Ah!...Allora chisto è proprio Pasquale Segatura, ’o marito!...) Io vorrei comprare delle gallette...mo vediamo...due o tre casse... Felice Se volete scrivere l’ordinazione, llà c’è tutto l’occorrente (indica la scrivania di Pasquale) Luigi Grazie. (siede alla scrivania indicata) (E io mo che nne faccio d’’e gallette?) Concettella (con la giacca, il cappello e le scarpe di Felice) Ecco servito. (mette tutto sulla scrivania e via) Felice Grazie. Luigi (Mo m’’e ffaccio mannà ’a casa mia a Napole, e m’’e ffaccio ’a caponata nu juorno sì e nu juorno no!...) Felice Chella bestia s’è scordata ’e purtà l’allaccia scarpe...comme m’’apponto ’e scarpe...m’adda fa perdere tiempo...(via 1a a sin.) Luigi (trovando il foglio lasciato da Ninetta) E ched’è chisto? (legge) “Parto per Salerno alle 2,40. Chi mi vuol bene, appresso mi viene! Ninetta Segatura.” (alzandosi) ’A mugliera?... Va a Salierno?...Benissimo!...E vaco pur’io a Salierno!... Luigi Felice

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Già...ma bisognerebbe immobilizzare il marito. Ma comme? Ah! Che idea!...(prende le scarpe, il cappello e la giacca di Felice e butta tutto dalla finestra) Ecco fatto!...E adesso... via! Alla stazione!...(p.a.) Felice (con allaccia scarpe) Ched’è ve ne andate? Luigi Sì. Felice Avete scritto l’ordinazione? Luigi No! Sì!...Va bene, po se ne parla. A rivederci. (scappa pel fondo) Felice Stateve bene. Vì che bello tipo. (Di dº si sente suonare fortemente una campanella di cortile) ’O signale d’’o guarda porta!...’E ssignore se ne stanno scappanno...(il campanello elettrico del telefono suona fortemente. Dopo di questo attacca il fischio del porta voce e, dopo questo, la tromba de portavoce a sinistra. Dopo di che riprendono a suonare tutti contemporaneamente con grande confusione. Corre alla finestra) Fermateme a sti signore...fermatele...Psss...Cocchiere...’A giacca addo sta?...E ’e scarpe...’o cappiello?...Chi s’ha pigliato... (butta per terra sedie e tutto quanto gli capita davanti, gli strumenti suoneranno finchè cala la tela) Fine primo atto

Atto secondo Una sala dell’albergo Vittoria a Salerno. In fondo a destra una comune. Nel mezzo porta che dà alle camere superiori. A sinistra, ancora in fondo, grande vetrata aperta, dalla quale si vede il mare; balaustra in legno, al di fuori. A destra, laterale, due porte con i numeri 6 e 7, a sinistra altre due porte: sulla prima il n°8, sulla 2 vi è scritto Bureau. In mezzo tavolo ovale con tappeto, vaso con fiori, giornali, riviste e campanello. Lampadario spento. Sulla porta in fondo, nel mezzo, una targhetta su cui è stampato: Dal 9 al 15. Altra targhetta, accanto alla vetrata, su cui è scritto: Calata ai bagni. Sedie, colonnine con statue, ecc. In fondo, tra la comune e la porta di mezzo, un telefono interno. Scena prima Clotilde, Giulietta, Arturo ed Ernesto (Appena si alza il sipario, dal fondo a sinistra si sente una grande risata dei personaggi) Clotilde (in abito estivo e ventaglio) Ah! Ah! Ah! Mi ho fatta na risata veramente di core. Giulietta (abito estivo) Ci voleva proprio. Clotilde La teneva proprio in ganna, una risata come a questa. (Giulietta avrà in mano una borsa da bagno e le due zucche per nuotare) Ernesto (abito estivo) Se ’o marinaio nun ’o teneva, pigliava na brutta caduta. (ad Arturo) Veramente, è stato nu poco spinto ’o scherzo. (seggono al tavolo) Arturo (abito estivo) Ma se lo meritava, scusa. Chillo me pare ’o patrone d’ ’o bagno. Comanda, ordina, dispone. Cu tutte quante s’appicceca. A tutte vo vattere, vo accidere... nisciuno ’o può vedere...’o tengono tutti quanti sopra ’o stomaco. Allora, siccome lui è solito d’andarsi a sedè, a

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TEATRO (1910-1920)

Giulietta Ernesto Arturo Clotilde

Giulietta Clotilde Arturo Clotilde Giulietta Arturo Clotilde Arturo Clotilde

quel tavolino vicino ’o tarallaio, mentre stava parlando col padrone, l’ho tolto la sedia buona, e ce n’ho messo un’altra con un piede rotto...è andato pe se sedè ed è caduto lui, ’o tavolino, ’a sporta coi taralli...(ridendo) Ah! Ah! Ah! È scoppiata una risata generale. Le signorine Palla, tanto della risata, gli scendevano le lagrime agli occhi. È diventato na belva! Ma chi è?...Chi è?... Uh! È l’uomo più antipatichissimo di Salerno. È negoziante di cavalli, ciucci, muli...sta bene di posizione. Ma è un pessimo arneso!...Va sempre armato! ’O chiammano don Matteo ’o cavallaro. È stato tante volte carcerato. Cammorrista, prepotente...Nessuna donna può venire poi a cantare al teatro che...(guardando Giulietta) se...non... (dà qualche colpo di tosse) si mette d’accordo con lui...voi mi avete capito...è capace che la fa subissare di fischi. E quella ragazza che sta con lui..è una scialtrosa. Sciantosa, mammà. (ridendo) Ha detto scialtrosa!...No...è menta glaciale!...Ah! Ah! Ah! Ho sbagliato. Sì, io l’ho intesa, canta al Trianon, si chiama Sisina Pansè. Ma non è niente...fa il primo numero... Sì, l’abbiamo intesa pure noi. Vuole imitare Luisella Viviani...ma che, neanche nu pelo! Non è brutta, però. Sì, carina, ma è troppo civetta...fa certe mosse quando canta, che non stanno proprio bene...tutta se storzella... tutta se ciocolea. E poi vestita in quel modo indecente! Vestita?...Spogliata in quel modo, volete dire. (ridendo) Proprio! Tutto cosa da fuori...È un’indecenza. Già...degna di quell’uomo. Io non so come ’e ffanno sta sopra a st’albergo. (dalla borsa che ha in mano cava dei taralli) Neh, ve pozzo offrì nu tarallino?



Arturo Ernesto Grazie... Giulietta Mammà, che vai offrendo, vattenne. Clotilde Uh!...Pecchè? Quelli sono freschissimi...cotti bene...vedete come so scroccanti...mangiate. (ne dà ai due) Giulietta Aspettate...ce lo scelgo io a spaghettino!

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA

Arturo Clotilde Giulietta Clotilde Arturo Clotilde Giulietta Clotilde Ernesto Clotilde Giulietta Arturo Giulietta Arturo Clotilde Ernesto Giulietta Clotilde Arturo Clotilde Ernesto Giulietta Arturo Tutti Clotilde Ernesto 1



Signorì, nun me chiamate spaghettino....da che hanno inteso a voi, tutti quanti: Spaghettì sentite...Spaghettì venite qua!... Ma perchè lo chiami così? (ridendo) È nu soprannome che l’ho messo...perchè è secco secco e lungo lungo!...Pare proprio nu spaghetto! Ah! Ecco. Quanto è aggraziata! (le carezza il mento) (Quanto è nzipeta. Io pare nu spaghetto...chella me pare nu scopettino!) (prende il tarallino che Giulia offre) Grazie. (mangiano) A proposito, quell’amico vostro, quello che stava l’altro giorno con voi...come si chiama...porta la caramella... Ah! Forse D.Armando? Già...D.Armando. Ah! Armando Fiorelli? Perfettamente. Quello che io l’ho messo il nome il Pesce morto!...(ridendo) Ah! Ah! Ah! Neh?...Pure a lui ci avete messo il soprannome? E sì,...quello sta sempre muscio muscio, friddo friddo... cu l’occhi sempre così... (volgendo lo sguardo al cielo) E non sembra nu pesce morto? Sicuro. (si ride) (Ma quanto po essere nzipeta sta criatura!) Nè ieri né stamattina è venuto al bagno, perchè? Ma, chi lo sa. Neh, a proposito, domani portate i sandolini sa...io ci so andare na bellezza nel sandolino. E me dovete mparà pure a me. Che cosa? Andare nel sandolino. (meravigliato) Voi? Mammà, non dire eresie. (ridendo) Vuoi andare dentro ’o sandolino? Signora mia, voi tutt’al più, potete andare dentro a nu trabacolo1. Ah! Ah! Ah! Ah! Pecchè so grossa? Perchè forse col mio peso potrò rovescià? (’A faccia ’e mammeta!)

Trabacolo: piccolo bastimento mercantile da carico.

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TEATRO (1910-1920)

Clotilde Ma voi mi portate dove c’è piede, si capisce...io poi mi porto anche le zucche, per ogni chi sa...(le mostra) Giulietta (ad Ernesto) Se porta ’o ritratto vuosto appresso!... Clotilde Eh! Giuliè!...(con rimprovero) Ernesto E che so na zucca io?... Giulietta Proprio! Una zucca con la paglietta! Ernesto (ride e guarda Arturo) Com’è spiritosa la signorina! Questo sarebbe ’o soprannome mio, è vero? Giulietta Ci avete indovinato. Ernesto E grazie tante!... Arturo (Ma quanto po essere nzipeta sta criatura!) Scena seconda Peppino e detti (dalla porta in fondo a dª) Ah! Signora, state qua? Perchè? Che vuoi? Un telegramma. (lo porge) Per me?...Sarà di Ferdinando mio fratello. (Clotilde legge la firma) È lui, è lui! Io l’ho detto! Giulietta E che dice? Clotilde (ai due) Permesso? Ernesto Prego. (si allontanano e fanno scene) Arturo Clotilde (leggendo piano. Giulia è vicina a lei) “Combinato matrimonio Giulietta con giovane che ti scrissi. Ottimo partito. Fissato incontro domani in casa Pampuglia e Segatura. Baci. Ferdinando” Giulietta (parlando piano) Ha combinato. Clotilde Menomale! Accossì te mmarite e sto nu poco libera, veco si me pozzo sistemà pur’io. Chisto ccà è nu giovene che conosce Ferdinando. Nu certo Felice Sciosciammocca. Me ne screvette tanto bene. Dice ch’è proprio nu bravo giovene. Impiegato con la casa Pampuglia Segatura e Compagni. Giulietta Ma allora avarriame partì subito? Clotilde E se sape. Nce avimma j’ a ffa subeto ’e balice. (poi forte) Scusate tanto, signori miei...ma vi dobbiamo lasciare... dobbiamo partire subito. Ernesto (meravigliati) Oh!... Arturo ⏟



Peppino Clotilde Peppino Clotilde

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Clotilde Proprio. Andiamo a Castellammare per un affare orgento. Arturo Oh! Quanto ci dispiace. Clotilde E pure a noi...ma, credete, non ne potiamo proprio fare a meno...(chiamando) Peppino? Peppino?... Giulietta A me invece mi fa piacere di partire, così non vi vedo più. (ridendo) Clotilde Già...quello lo dice per ischerzo...noi torniamo, non date retta. Peppino (ritornando) Comandate? Clotilde Peppì, scusate, facci preparare il conto. Peppino Partite? Clotilde Sì, subito. Peppino Va bene. (entra nella 2a a sin.) Clotilde Jammo, Giuliè, jammo a fa ’e balice. Permettete? (prende la borsa e le zucche) Arturo Accomodatevi. Ernesto Prego. Clotilde Adesso che scendiamo, ci salutiamo. Arturo Fate il vostro comodo. (Clotilde via pel fondo, nel mezzo, lato destro) Giulietta (ad Arturo stendendo la mano) Con permesso. Arturo Servitevi. (fa per stringerle la mano) Giulietta (al momento che Arturo fa per stringerle la mano, gli fa le corna) Eh! Mme voleva stringere ’a mano, spaghettino! Corna!!...(e ridendo, fa per andare in fondo) Arturo Aspettte, signorì...ho trovato il soprannome pure io a voi. Giulietta Veramente? E qual’è? Arturo ’A scostumata!... Giulietta Overo? E siete stato insipido e infelice! (via pel fondo) Arturo Guardate chi parla. Quella è la primma nzepeta d’ ’o munno!... Ernesto Ah! Ah! Ah! Scena terza Armando e detti, poi Peppino ⏟

Armando (abito estivo) Cameriere?...Cameriere?... Ernesto Oh!... Armando...(strette di mano) Arturo Armando Oh! Amici carissimi.

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TEATRO (1910-1920)

Ernesto Che te ne si fatto sti giorni, che non t’avimmo visto? Armando Lasciateme sta...so stato occupatissimo, appriesso a papà, pe causa ’e sta partenza... Ernesto Ah! Ma è proprio deciso? Armando Decisissimo, te pare, chillo papà llà tene ’o studio, llà tene tutti gli affari...Era venuto in Italia appunto pe se vennere certi proprietà che teneva e pe se stabilì in America c’ ’a famiglia. Arturo E cu chella signora ’e Castiellammare che faie? Armando Ch’aggia fa? Fenesce tutte cosa. Io, ’a verità, già m’era raffreddato ’a nu piezzo, perchè vedevo che era na cosa impossibile.2 [Essa nun poteva venì addo me, pe causa d’ ’o marito, io nun potevo j’ addo essa, pe causa ’e papà, e che faceveme?] Allora, profittando di questa partenza, ho tentato un colpo, che m’è riuscito magnificamente. L’aggio scritta che primma ’e partì ’a voleva vedè assolutamente, si no me vuttavo a mare. Mo so passato pe ccà e ’o guardaporta, che steva avvisato, m’ha consegnato stu telegramma suio. (cava un telegramma) Ernesto Ah! Te faie scrivere ccà? Armando E se capisce, ’a casa mia no...faciarria na storia cu papà. (apre il telegramma e legge) “Sarò da te senz’altro. Fatella” Arturo Fatella? Armando Accossì ’a chiammavo quanno facevame ’ammore... (conserva il telegramma) Embè...me credite? Me parene mill’anne che arriva! Ernesto Eh! ’O credo! Arturo È naturale. Armando Doppo tanto tiempo...capirete...Mo l’aggia fa trovà na colazione coi fiocchi. Arturo E me pare! Armando (chiamando) Cameriere?...Quaccheduno?... Peppino Eccomi. Comandi? Armando Si può avere una camera al 1° piano? Peppino Non so, bisogna parlare col segretario, D.Giovanni. Armando E dove sta? Peppino Da questa parte...s’accomodi...(vedendo venire Giovanni) Ah! Eccolo qua. 2

La parte tra parentesi quadre è stata racchiusa dall’autore in un riquadro bordato con penna nera.

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Scena quarta Giovannino e detti, poi Peppino Giovanni (uscendo dalla 2a a sin.) Che c’è? Peppino Il signore vorrebbe una camera al 1° piano. (e via pel fondo nel mezzo, lato destro) Armando Una buona camera... Giovanni Oh! D.Armando egregio...(strette di mano) Armando Buon giorno. (piano) Aspetto una signora... Giovanni Vi servo io come meritate. (cava di tasca un libretto e guarda) Come state? State bene? Armando Non c’è male grazie. Giovanni Bravo. Ah! Benissimo...al 1° piano abbiamo ancora il 6, il 7 e l’ 8. Ma la più bella è quella...il n.6...(mostra la 2a a dª) C’è pure il piano forte. Armando Benissimo. Resta per me. (dà uno sguardo alla camera) Giovanni Sta bene. (chiama e suona) Peppino?... Armando Mi farete preparare pure qualche cosa da mangiare... [Giovanni Per due? Armando Per due.]3 Giovanni In camera? Armando In camera. Giovanni Va benissimo. (c.s.) Peppino? Peppino (uscendo. Nel piatto avrà il conto e del denaro) Comandate? Giovanni Bada che ’o nummero 6 s’è fittato...Ched’è lloco? Peppino È ’o cunto d’ ’a n.14. Giovanni Ah! Già...miette ccà. (Peppino via fondo a dª) Armando Neh, io mo vengo. Vado a comprà due fiori. Ernesto Eh!...’E fiori ce vonno. Armando Se capisce. (via pel fondo) Giovanni (che ha verificato il denaro, lo intasca. Ad Ernesto e Arturo) Con permesso. Arturo Servitevi. Giovanni (fa per andare, poi si ferma) Vi siete fatto ’o bagno coiete coiete stammatina? Arturo Pecchè? Che facimmo commedia? Giovanni Commedia?...Vuie nun facite sta coieta nisciuna signora dint’ ’e cammarine. (marcato) A me m’hanno ditto. 3

Vedi nota 2.



TEATRO (1910-1920)

Ernesto Arturo

Che c’entra...noi scherziamo... Noi passeggiamo. ’O padrone ha avuto l’idea ’e fa i camerini sopra ’a la spiaggia, na bella idea, na cosa comodissima, e noi giriamo, passeggiamo anche dalla parte delle donne... che male c’è? Giovanni Passeggiare...ma no a trasì dint’ ’o camerino. Eh!...statevi attento che se ve ncoccia ’a guardia d’ ’o bagno, nun saccio si nn’avita piacere...chillo chesto sta aspettanno...sorprendere qualcheduno dinto a nu cammarino cu na signora!... Chillo piglia ’o tanto pe cciento ncopp’ ’e contravenzione, e chesto va trovanno. Arturo Sì! E se aspetta a me, sta fresco. Giovanni Io ve l’ho avvisato, permettete. (entra 2a a sin.) Ernesto No, siente, nuie veramente nce avimma sta attiento cu chella guardia. Arturo Macchè...io me faccio sorprendere ’a isso! Scena quinta Matteo e detti, poi Giovanni (di dº fondo a sin.) Songhe na maniata ’e carogne d’ ’o primmo all’ultimo! E tengo ’o core ’e nc’ ’o ddicere pure nfaccia! Ernesto ’O nnammurato ’e Sisina Panzè! Arturo ’O cavallaro...fatte ’a ccà, fa! (naturalmente viano pel fondo a dª) Matteo (c.s.) Voglio alluccà!...E statte zitto, si no te mengo a mare!! (pausa. Poi fuori. Giacca e calzone chiaro, senza gilet, camicia colorata, paglia a falde strette. Grosse catene d’oro, anelli d’oro, spilla. Bastoncino. Basettone, baffetti. Tipo grossier, volgare) Lloro hanna pazzià cu chi ponno pazzià. Hê capito? E va fa chello ch’hê ’a fa. (viene avanti) Giovanni (ritornando) Che cos’è? Ch’è succieso?... Matteo È succieso ca nu juorno ’e chisto faccio revotà ’o bagno, faccio succedere ’o 48!...Piglio a nu pare ’e curiuse ’e chiste p’ ’e capille e ’e botto a mmmare cu tutt’ ’e panne!... Giovanni Ma ch’è stato? Che v’hanno fatto? Matteo Sti quatte figlie ’e mammà, sti pulecenielle che venene ncopp’ ’o bagno ’a matina pe perdere tiempo, pe fa ’e graziose cu ’e ffemmene, e nun tenene meza lira ncuollo, Matteo

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA

Giovanni Matteo

Giovanni Matteo

Giovanni Matteo Giovanni Matteo Giovanni Matteo Giovanni Matteo

Giovanni Matteo Giovanni



m’hanno pigliato p’ ’o chiachiello lloro! Primma ’e tutto, conforme vedene arrivà a Sisina mia, tutte s’ammoinano, chi se sose pe lle dà ’a seggia soia, chi ll’offre ’a sigaretta, chi lle tene ’o mbrellino pe ll’arreparà ’o sole, chi m’ ’a vo sciuscià ’a dereto c’ ’o ventaglietto... In questo poi non c’è niente di male...sono gentilezze che si usano. Io sti gentilezze nun ’e boglio ausà! Lloro a chella l’hanna lassà j’, nun l’hanna manco venì mente, e nc’ ’aggio avvisato pure, si no io ’e taglio ’a faccia a quanto chiù ne songhe! Mbè!...(piccola pausa) Che? Ch’avite ditto? Niente! Sta bene!...(sputa e tira su i pantaloni) Stammatina po, m’hanno cagnato ’a seggia, me n’hanno misa una rotta e m’hanno fatto j’ nterra, capite? Se so mmiso a ridere tutte quante...mannaggia ’a morte, io si appuro chi è stato, me magno ’o naso!...Lle dongo nu muorzo ncapo, e me zuco ’a cerevella ’a dint’a ll’occipito! (Comme fosse n’ostrica!) Ma vedete che scherzo vanno facenno... A me, po,....a Matteo ’o cavallaro! So villeggianti, capite, nun so ’e Salierno, e non ve conoscene. Ma me faccio conoscere io! ’E chiavo na curtellata dint’ ’o stommaco e l’appizzo nfaccio ’e ttavole d’ ’o bagno... Mo vedimmo!...(piccola pausa) Che? Ch’avite ditto?... Niente! Sta bene! (sputa e tira su i pantaloni) ’A signorina nun l’avite vista? La signorina Pansè?...No...non si è ritirata ancora. Ha ditto mo vengo...me vaco a accattà na veletta p’ ’o cappiello, quanno torno ce facimmo ’o bagno...è già n’ora... addò cancaro l’è ghiuta a accattà sta veletta?...Mo vedimmo si sta guagliona nun me fa j’ a fernì ’e juorne mieie ’o domicilio quatto!...Nun ’o bo capì ca io nun so scemo, e si m’addono ’e quacche ccosa, povera essa!...D. Giovà e io vaco a vedè si ’a trovo... Permettete. Prego. (sale la scena, d’un tratto si volta) Che? Ch’avite ditto? Niente!



TEATRO (1910-1920)

Matteo Sta bene! (e via pel fondo) Giovanni Quanto pagarria pe nun vedè chiù a stu lazzarone. Scena sesta Sisina e detto Sisina Giovanni Sisina Giovanni Sisina Giovanni Sisina Giovanni Sisina Giovanni Sisina Giovanni Sisina Giovanni Sisina Giovanni Sisina Giovanni Sisina

Giovanni Sisina

(dal fondo. Toletta estiva, elegantissima, civettuola. Entra correndo) Ah! Mamma mia!...Che corsa che aggio fatto. (ridendo) Oh! Signorina Pansè. Che siete salita p’ ’a scaletta ’e servizio? Sì, pe fa chiù ambressa. Mo proprio D.Matteo ha domandato di voi. Dice... Va bene, po se ne parla. Vedite llà fora, ce sta nisciuno? (con interesse) (guardando in fondo) No, nisciuno. Nisciuno? Nisciuno. E vedite ’a llà. (guarda in fondo a dª) Nemmeno. Uh! Che animale! (disillusa) Ma pecchè, signorì? Passanno p’ ’a stazione, era allora arrivato ’o treno, se so mmiso appresso due signori e me so venute addietro fino a qua. A duie a duie? Sì, ma uno nun me deva proprio retta. Giovanotti? Sì, giovanotte...addò!... Viecchie? No...veramente, nun tanto viecchie, così, così...vestivano bene però, se vedeva ch’erano duie signori. Chisto che me deva retta, cammenava chiù svelto ’e chill’ato. Io curreva nnanze, e isso appriesso. Arrivato ccà, me credeva che saglieva ’a dereto a me, e chillo non nce sta...nun nc’è venuto! Che bestia!! Ah! Ve dispiace? E sì, pecchè sarria l’unico mezzo pe me levà a chillo seccante, chillo guaio ’e D. Matteo ’a tuorno...nun me fido chiù d’ ’o sopportà! Ha ditto che me vo levà ’a copp’ ’o teatro, che me vo spusà...e sta frisco, io me spusavo a isso.

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Giovanni Oh! Ma certo...siete così fine...così carina...(sospirando comicamente) Ah!... Sisina Segretà...ched’è?...Che ve sentite?...(ridendo) Giovanni E che mi debbo sentire...avete cert’occhi meravigliosi... Intanto quello mo D.Matteo è uscito pe venì a trovà a buie... Sisina E che me mporta...meglio. Io me metto scuorno d’ ’o tenè vicino. Vaco trovanno che se piglia collera e me lassa. Giovanni Signorì, badate a quello che fate...chillo è malamente. Sisina Chillo è ’o si nisciuno!...Io si trovo a uno come dico io, come per esempio quel signore che ho incontrato, io lo pianto senza complimenti, me ne scappo, nun me trova più. Giovanni Badate a voi, signorì, penzate a D.Matteo... Sisina E ca io quanno ’o penzo, me vene l’idea d’ ’o tradì, che v’avisseva credere. Giovanni E bravo! Sisina Mo me ne vado sopra ’a cammera mia, mi spoglio, e me metto a leggere ’o romanzo sopra ’o letto. “Fuoco” di D’Annunzio. Permettete. Giovanni Servitevi...servitevi...(guardandola teneramente) quanto siete cara!... Sisina (arriva in fondo e sotto la porta di mezzo, si volta) E voi quanto siete ridicolo! Ah! Ah! Ah!...(ridendo via) Giovanni Che angelo!...Vedite llà, chella è proprio na guagliona, e adda sta vicino a chillo facchino. (entra 2a a sin.) Scena settima Pasquale e Ciccio Pasquale (dal fondo. Borsa in mano. Entra e guarda da tutti i lati in cerca di qualcuno) Sangue d’ ’a morte...Pe causa ’e chillo cancaro ’e Ciccillo nun aggio potuto vedè addo s’è mpezzata chella bella guagliona!...Eh! Ma dinto a st’albergo è trasuta, ccà addà sta. Ciccio (dal fondo. Pallido, cappello all’indietro, gilet sbottonato. Cammina a stento, curvato, con una mano comprime il ventre e con l’altra porta una borsa) Siente, ma si proprio disamorato e puorco!... Pasquale Pecchè?



Ciccio Pasquale

Ciccio

Pasquale Ciccio

Pasquale

Ciccio

Pasquale Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale

Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale

TEATRO (1910-1920)

Ma comme, tu invece ’e m’aiutà a me, te miette a correte appriesso ’e femmene?...(siede) E ch’aggia fa? Che te pozzo fa io? Dint’ ’o treno hê fatto uno lamento pecchè te faceva male ’a panza. Arrivate ccà, a Salierno, t’aggio fatto piglià na presa ’e Fernet dint’ ’o buffet d’ ’a stazione. Che te poteva dà? E va trova che porcheria aveva essere...appena m’ ’aggio bevuto, s’è aumentato talmente ’o delore, che nun m’aggio potuto movere chiù ’a copp’ ’a seggia...m’aggio avuta stennere ncopp’ ’o divano. E avimmo perduto ’o treno!...Avimm’aspettà chillo ’e stasera mo. T’aggio ditto, scennimmo dinto Salierno, jammo addo nu farmacista, me faie dà nu poco ’e Laudon...io me sento murì...Fore ’a stazione te miette a correre appriesso a chella guagliona e me lasse a me sulo combinato ’e chesta manera? E già...e io poteva perdere chill’angelo, chillo pezzullo ’e butirro? Chella m’ha reduto pure nfaccia e m’ha fatto cu ll’uocchio accussì...(strizzando un occhio) Del resto, pecchè si venuto appriesso a me?...Ce jve tu ’a farmacia. E nu puteva cammenà sulo...m’avotava pure nu poco ’a capa. E tu, senza preoccuparti, hê voluto trasì dint’ ’a st’albergo, addò s’è mpezzata chella signorina. Bella cosa! E dice che vo bene ’a mugliera! Se capisce che ’a voglio bene! Buffone! Niente affatto. Adoro mia moglie! E quando mi costringete a lasciarla, sono così infelice...che ho bisogno di distrarmi. Neh? E pe te distrarre, ’a tradisce? Questo non è tradimento, mio caro...è evocazione...io la evoco! Io si guardo a n’ata femmena, col pensiero guardo mia moglie! (in tono poetico) Tu non ne capisce niente ’e sta rrobba ccà! (comprimendosi il ventre) Ah!...Mamma bella!... Ch’è stato? Sulo chesto capisco io!...Che se sta aumentanno ’o delore. Ma chesto è niente, mo te passa tutte cose...Oh! Ma a chi avarria addimmannà...Cameriere? Segretario? Direttore?

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Scena ottava Giovannino e detti Giovanni (uscendo) Chi è? Chi è?...Oh! Signore. (inchinandosi) Pasquale Siete il direttore voi? Giovanni Direttore, segretario, faccio tutto io. Cosa desidera? Una camera? Pasquale Forse. Ma prima vorrei sapere se qua abita una signoria bionda, grassottella, simpatica...bassina... Giovanni (continuando) Vestita...(e dice il colore dell’abito di Sisina) Pasquale Per l’appunto...chesta è essa. Giovanni Sicuro, è la signorina Sisina Pansè. Tiene la camera numero 12, secondo piano. È una canzonettista. Pasquale (Benissimo!) Avrei bisogno di parlarle. Si può chiamare un momento? Giovanni Sicuro. Ve la faccio subito calare. Pasquale Grazie. Giovanni (va presso il telefono in fondo e bussa) Dovere. Ciccio Pascà...Pascà...bada a chello che faie... Pasquale No, tu nun m’hê ’a seccà...M’hê voluto fa partì? E mo m’hê ’a fa fa mo!... Ciccio Ma almeno non compromettere la ditta...nun dicere ’o nomme tuio. Pasquale Ma se capisce... m’hê pigliato pe scemo? Io dico che me chiammo Felice Sciosciammocca. Giovanni Pronto. Fate calare la signorina del n.12. C’è un signore che la desidera. (piccola pausa) Chi debbo anunziare? Pasquale Ah!...Il signor Felice Sciosciammocca, della casa Pampuglia e Segatura di Castellammare. Giovanni (al telefono) Il signor Felice Sciosciammocca, della casa Pampuglia e Segatura di Castellammare. (lascia il telefono) È servito. Pasquale Grazie tante. Giovanni Mio dovere, prego. (e via 2a a sin.) Ciccio Ah! !...E ma chesta nun è cosa bona...io sto sudanno friddo... Pasquale Siente a me, fa na cosa...pigliate na cammera, spogliete e coccate. Quella posizione orizzontale ti può far bene. Te piglie nu decotto ’e cambomilla, te faie fa nu cataplasma... cu nu poco ’e Laudon sopra...Se è il caso se fa venì nu

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Ciccio

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miedeco, te faie fa na siringa ’e morfina...Tu te staie lloco, nun te muove, nun te n’incariche... Ma tiene na bella faccia tosta!...Chillo isso nun s’ ’o sta facenno passà manco p’ ’a capa!...Comme me movo io?... Rumpete nu poco ’e gamme tu, accompagname a na parte...chiammame nu cameriere... Scena nona Sisina e detti

Sisina Pasquale Sisina Pasquale Ciccio Pasquale

Ciccio Pasquale Sisina Pasquale

Ciccio Pasquale Sisina Pasquale Ciccio Sisina Pasquale Sisina Pasquale

(dal fondo, in mezzo, senza cappello) Neh, chi è che mi vuole? (Eccola qua!) Signorina...(inchinandosi) (Uh! Chillo signore d’ ’a stazione). Signore. Felice Sciosciammocca ai suoi comandi. (piano a Ciccillo) Ciccì, quanto è carella...Ciccì, quanto è bellella! (con lo stesso tono) Pascà, lasseme sta!... Signorina Pansè, mi scuserete il fastidio...ma avevo un desiderio ardente di conoscervi, di entrare in relazione con una personcina così amabile, così graziosa, e potervi dire personalmente... (contorcendosi) E comme me pizzeca! E comme me pizzeca!... Che cosa? (riprendendosi) No...(a Ciccio) Statte zitto. (a Sisina) ...Potervi dire, personalmente, che vi amo, con la forza di trecentomila cavalli!...Appena vi ho vista alla stazione, sono rimasto incantato...e ho detto fra me: questa ragazza... (contorcendosi) Comme ngasa bello!... Comme ngasa bello!... (ridendo) Ma voi che dite? Ma te vuò sta zitto ’a lloco dereto? Abbiate pazienza signorì...(a Ciccio) (Mo te ngaso io c’ ’a capa lloco ncoppa!) (il tavolo) Tu che buò...io sto ghienno pe ll’aria... Ma ched’è? No...niente...tiene certi dolori di pancia...Dunque, ho detto fra me: “Questa ragazza, dev’esser mia...a qualunque costo!...” Bravo! (ridendo) Per carità, signorina, non mi negate il vostro amore!...

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Sisina No...vedete...io non è che ve lo nego...ma... Pasquale Forse non siete libera? Sisina No...questo non mi preme...questo non ha importanza... Dobbiamo assodare una cosa. Pasquale E assodiamola. Io faccio tutto per voi, tutto! Sisina Grazie...me dovete fa capì, voi a me come mi volete? Mi volete per sempre o per due tre mesi? Pasquale Come volete voi. Ma mi converrebbe più la seconda combinazione. Sisina Overo? E allora avete sbagliato l’indirizzo. Io so na figliola onesta, lo sapete?...Se mi volete per sempre, per tutta la vita, che mi sposate va, allora sì, allora vi do retta. Se no statevi bene e prendete la via accorciatoia. Ciccio Eh! Dice bene. (marcato) Pasquale E già...E sissignore, sarà per tutta la vita. Io sono libero, e con piacere vi sposo. Sisina Veramente? Mi sposate?...Parola d’onore? Pasquale Oh! Sul mio onore!... Sisina Ah! E allora va bene! (stretta di mano) Pasquale Angioletto mio!...(bacia la mano) Ciccio Pascà, nun te scordà che sto io ccà!...Fa ambressa...chiammeme a quaccheduno. Pasquale Mo, mo. (a Sisina) E mi vorrai bene poi sempre? Sisina Sempre...embè... Pasquale Veramente? Sisina Parola d’onore. E quando ho detto così è finito. Pasquale Bravo. E senti, Sisì, ti volevo dire n’altra cosa...(marcato) Sisina No, qua non può essere...me metto paura, capite...sapite che avita fa? Affittateve nu costumetto da bagno, llà, a chella parte...(fondo a sinistra) v’ ’o mettite e m’aspettate fore a sta terrazza, io vengo a n’ato ppoco e ve faccio vedè nu posto sopra ’a spiaggia, addò potimmo parlà coieto e senza paura. Pasquale Benissimo, così farò, pupatella mia! (bacia c.s.) Sisina Io mo vengo subeto subeto. Permettete. (Ah! M’aggio levato a chillo vastaso ’a tuorno!) (arriva sotto la porta in fondo in mezzo e si volta) Au revoir cherì... (e via) Pasquale Che burro! Che pezzo di crema! Che piatto di sciantiglì!!... Ciccio Guè, sciantiglì...ca lloco t’arrobbano ’o portafoglio!...Statte attiento.

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Pasquale Difatti, dice buono...teh, tienammillo tu...(glielo dà) Ciccio Ma tu mo overo te vaie a mettere ’o costumetto d’ ’o bagno? Pasquale E se capisce. Ciccio Va llà, vattenne. (Pasquale fa p.a.) Viene ccà, siente... Pasquale No, nun me fa perdere tiempo...(p.a.) Ciccio E nun me lassà sulo...(s’alza) Pasquale Va te cocca, va te cocca, che te passa tutte cosa. (via fondo a sin.) Ciccio Puozze passà tu nu guaio, va!...(chiamando) Segretario? Segretario? Sperammo che ce stesse na cammera ’o primmo piano. E chi se fide ’e saglì. Me contento ’e me cuccà ccà nterra. Scena decima Giovanni e detto, poi Pasquale, Ninetta e Amelia Giovanni Ciccio Giovanni Ciccio Giovanni Ciccio Giovanni Ciccio Giovanni Peppino Giovanni Peppino Ninetta Giovanni Amelia Giovanni Amelia

Il signore ha chiamato? Sì! C’è una camera, qui, al primo piano? Sicuro. Il n.7. Quella. (1a a dª) Ah! Bravo. Me la piglio io. Sta bene. E diteme nu poco...se po avè nu decotto ’e cambomilla? Sicuro. Ma perchè? Vi sentite male? Uh! E che ne volete sapere...certi dolori...ma spero che col decotto e riposando un poco, se calmassero. Permettete. Accomodatevi. (Ciccillo entra nella stanza lamentandosi) (dal fondo a dª) Ecco, da questa parte. Peppì, fa fa subito nu decotto ’e cambomilla per il n.7 che mo s’è affittato. Va bene. (in fondo) Favoriscano, signore, ecco il segretario. (appena entrate le donne, via) (dalla comune. Fondo a dª. Ha una borsetta da bagno in mano. Spolverino di seta di un colore marcato. Panama con velo) Grazie. Scusate, il signor Armando Fiorelli è venuto? Sicuro, è ha preso quella camera...n.6. (seguendo Ninetta) E sta dentro? Sta dentro? No, è uscito, è andato a comprare dei fiori. Ma adesso torna. Lei è forse la signora che lui aspettava? (guarda Ninetta) Sicuro.

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Giovanni Se vuole attendere in camera, si accomodi pure...C’è anche il piano forte, se vuol divertirsi...così non si annoia. Io, intanto, faccio preparare il pranzetto che m’ha ordinato. Con permesso. (Via pel fondo) Ninetta Chillo ch’ha ditto? Che Armando ha ordinato ’o pranzetto? Amelia Ha fatto buono, pecchè tengo nu poco appetito. Ninetta E ma tu nun t’hê ’a scordà che ’e sette avimmo partì... mo so già ’e cinche... Amelia Eh! Tenimmo doje ore ’e tiempo. Che dice, ’o volimmo aspettà dinto? È meglio...non te pare? Ninetta E sì, è meglio evitare. (entrano nella n.6) Scena undicesima Armando, Ciccio, Giovanni, Ninetta Armando (di d o) Va bene, ho capito, grazie. (fuori con fascio di fiori in mano) Ha ditto ’o segretario che Amelia è venuta. Finalmente! (bussa al n.6) Permesso?...Permesso?... (la porta si apre ed entra) Ciccio (dal n.7 senza cappello e soprabito) Cameriè? Cameriè?...Io me sento peggio...Io me fosse avvelenato?...Io avessa murì a Salierno e nun veco cchiù a muglierema...a quella santa donna, a quell’angelo, che si mo stesse ccà, so sicuro, già m’avarria fatto passà tutte cosa, con le sue cure. Giovanni (di dº) Vi raccomado...presto presto. (fuori) Che d’è...voi non vi siete coricato? Ciccio Io non trovo pace ’e nisciuna manera...nè coricato, né all’impiedi, né seduto...Ah!! Giovanni Ma no, coricatevi...spogliatevi...mettetevi a pancia sotto... vi farà bene. Ciccio ’O decotto è pronto? Giovanni Voi adesso l’avete ordinato. Fra pochi minuti sarete servito. Ciccio Fate presto...non ne posso più...(entra e chiude) Ninetta (dal n.6) Segretà, scusate, ’o stabilimento d’ ’e bagne addò sta? Giovanni Da questa parte. (fondo a sin.) Ninetta È lontano? Giovanni Vicinissimo. E pure la spiaggia è a pochi passi. Tanto che quasi tutte preferiscono spogliarsi qua in albergo. Se vuole una camera, il n.8 è libero. (mostra 1a a sinistra)

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Ninetta Sì, sì, resta per me. Giovanni Sta bene. S’accomodi. (S’è affittata pure chesta, meno male!) Ninetta Mo me faccio nu bagno. Chille se so mise a parlà del passato, dei loro ardenti amori...me stevo a sentì iusto a lloro. (fa per entrare nell’ 8) Scena dodicesima Luigi e detta Luigi Ninetta Luigi Ninetta Luigi Ninetta Luigi Ninetta Luigi Ninetta Luigi

Ninetta Luigi Ninetta Luigi 4

(dal fondo) Eccola là!... (Uh! D. Gigino!...Pure ccà è venuto!) Partito con l’istesso vostro treno, vi son venuto appresso ed eccomi qua ai vostri piedi! Ma insomma, signore, io voglio sapere se questa persecuzione deve durare ancora!...Voi siete una mignatta! Signora mia bella, dipende da voi. Fatemi felice, e la persecuzione cesserà. Ah! Sì? E bravo!...E io vi ripeto, per l’ultima volta, che sono maritata e maritata con la perla degli uomini. La perla?...(ridendo) Seh, va bene, perla!... No, no, così è. E io non lo tradirò mai e poi mai! Eh! Signora...il marito sempre uomo è! E verrà il giorno in cui vi tradirà, vi maltratterà...e forse vi bastonerà pure... Pasqualino?...(con una spallata) Macchè! Ma questo io non lo permetterò mai. Sarò sempre pronto a difendervi, a proteggervi, ad affrontare questo vigliacco, mettendo anche a rischio la vita mia per salvare la vostra!...[E allora son sicuro,che, almeno per riconoscenza, vi sentirete costretta ad amare il povero Gigino...(cade in ginocchio) (Quanto so ghiuto bello!)]4 (Ma ccomme m’ ’aggia levà ’a tuorno?) E aspettando quel giorno beato, io voglio essere il vostro servo, il vostro schiavo! Dite, parlate, che posso fare per voi?... (Aggio fatto ’a penzata!) (simulando un sorriso civettuolo) Siete pronto a fare tutto? Tutto signora!

Vedi nota 2.

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA

Ninetta Luigi Ninetta



Benissimo. Allora andate dal segretario e ordinate una carrozza. Mentre ci faremo una passeggiatina, possiamo parlare con libertà: qui è impossibile. È giusto...avete ragione...(Aggio fatto ’o colpo!) (entra 2a a sin.) E stai frisco. N’aggio conosciute seccante, ma comme a chisto!...Mo me faccio ’o bagno, po saglio e me ne vaco dinto addo Amelia. Ah! Ah! Ah! (mentre fa per entrare al n.8, entra Felice dal fondo.) Scena tredicesima Felice e detti, poi Luigi e Giovanni

Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta

(entra correndo e guarda intorno) Ah!!...Vi trovo finalmente! (grande sorpresa) D.Felice!... Io proprio! Che non cercherò nemmeno di qualificare la vostra condotta! E cu qua treno site venuto? Col misto! E pe ce ne tornà subito a Castiellammare, ho fittato un’automobile, e sta aspettanno abbascio. Bravissimo! E allora chiù tarde se ne parla. Che chiù tarde e chiù tarde...Vuie ve n’avita venì mo. Andiamo. Mo è impossibile. E Amalia? Che me ne mporta d’essa. Se ne vene sola quanno lle pare e piace. Ma voi ve n’avita venì mo. D.Pasquale vi ha affidata a me, io sono il vostro guardiano e non discuto. Ma discuto io però, che primma ’e tutto nun pozzo lassà sola Amelia e po pecché m’aggia fa ’o bagno. V’ ’o facite a Castiellammare ’o bagno. Andiamo, march!... Mio caro guardiano, è inutile che vi mettite in tuono, pecchè io nun me ne vaco. E io aggia affittato l’automobile! E chi v’ ’a fatto fa. Mi dispiace. Ma mo, nun me ne vaco!... No, vuie ve ne venite...Signò, vi garantisco che ve ne faccio venì. Uh! Jammo, nun facite ’o ridicolo...(sorridente e con civetteria) Venite ccà...baciatemi la mano. (mettendogli la mano sotto il mento)



Felice Ninetta Felice

Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Luigi Ninetta Luigi Ninetta Felice Luigi

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(dando segni di vivo contrasto tra l’amore e il dovere) Ma... signò...io...non... (c.s.) Jammo...nun mporta...baciate... (c.s.) Ve la bacio...pecchè nun me fido ’e resistere...(bacia la mano) E poi, me lo merito. Nu guardiano come me, difficilmente se trova. Ma vi prevengo che questo nun me fa cambià idea!...Ho detto che ve n’avita venì mo, e mo ve n’avita venì. Uh!...E vuie dice che quanno mme vasate ’a mano v’ammosciate? Quanno non era guardiano...ma mo so guardiano...e me so ntostato!... Ah! Sì?...E na vota che ve site ntustatto, signor guardiano, vi dichiaro che me so ntustata pur’io e nun me ne vaco!... No, vuie ve ne venite. No, io nun me ne vengo! No, vuie ve ne venite! (calcandosi il cappello fin sulle orecchie) No, io nun me ne vengo!... Signora, badate...non me fate trascendere... Trascendete?...E in che modo, pe sapè? Ve piglio afforza e ve porto. Neh? E voglio vedè. (calma, incrociando le braccia) E mo ve faccio vedè. (la prende per un braccio) Andiamo. Venite con me!... D.Felì, lasciateme sta...(sempre calma) Venite con me! Lasciateme sta...che io allucco...io faccio revotà l’albergo. Revotate chello che volite, ma venite cu me. (la tira) Camminate!... (gridando) Ah!...Aiuto!...(battendo i piedi con grande fracasso) Aiuto!... Stateve zitto!...Iammoncenne! No!...No!... (battendo sempre i piedi) Aiuto!...Soccorso!...Ah!! (accorrendo) Che cos’è? Ch’è stato? (Ah! ’O marito?!) (c.s.) Aiuto!...Aiuto!... (slanciandosi in mezzo ai due. A Felice) Fermatevi! Vigliacco!! (dà un grandissimo schiaffo) (D. Gigino!) (reggendosi la gota) ’O signore d’ ’e gallette!... Non temete signora. Io vi difenderò.

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Giovanni (uscendo) Ma che succede qua? Luigi Niente, niente...è un affare personale, tra me e il signor Pasquale Segatura, qui presente. Potete andare. (Giovanni via) Tra poco riceverete due miei amici. A rivederci. (Detto ciò sottovoce a Felice, via pel fondo a dª) Scena quattordicesima Matteo e detti Matteo

Felice Matteo Ninetta Felice Ninetta

Felice

Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice

(dal fondo a dª) Io nun aggio potuto trovà. ’O guardaporta però m’ha ditto che s’è ritirata. Stesse ncopp’ ’a spiaggia?... (va in fondo a sin., poi torna e dice a Felice) Sempe che ’a ncoccio cu quaccheduno, ve voglio fa vedè belli pecore abballà. Chella nun ’o bo capì che io quanno stongo carcerato allora me conzolo! Permettete. (va in fondo a sin. Sotto l’uscio si ferma e voltandosi bruscamente dice a Felice) Che? Ch’avite ditto? (reggendosi sempre la gota) Niente. Sta bene!...(come prima e via) (ridendo) Ah! Ah! Ah!...Che bo chill’ato. (poi guardando Felice) Avite avuto chisto panesiglio! Ma pecchè m’ ’ha dato? Pecchè m’ha chiammato Pasquale Segatura? (ridendo) E se capisce. Ha visto che me tiraveve, che me sbrunzuliaveve ’e chella manera, e pe chi v’aveva piglià? V’ha pigliato pe mariteme... È naturale. E mo, agli occhi di tutto l’albergo, avita passà pe mariteme non volendo. (ridendo) Ah! Ah! Ah! E avita fa pure nu duello!... E sta frisco! Sarebbe bello che doppo avuto nu schiaffo, aggia avè pure na zeppola ncuorpo. (dolce e supplichevole) Signò...ve ne prego...fatelo per chi tenete in paradiso... iammoncenne. Uh! E ched’è? Vuie v’ireve ntustato. E me so ammosciato!..Avete avuto l’abilità di farmi ammosciare!...Neh, venitevenne. E si no me metto appresso a voi e addò jate vuie, vengo io. E sì, cammino cu sta pittima veneziana ’a dereto. E allora jammoncenne. (dopo pausa) E va bene...eccomi qua...vengo. Finalmente.

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Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice

TEATRO (1910-1920)

(guarda in fondo a dª e fingendosi appaurata grida) Mamma bella! Ch’è stato? (c.s.) Mariteme! D. Pascale?...(appaurato) Addò sta?... Llà, ’a chella parte...llà fore... (corre in fondo a dª e guarda fuori) Ah! Ah! Ah! (ridendo fra sé e sulla punta dei piedi scappa nella 1a a sin.) Addò sta?...Ccà non nce sta nisciuno...E addò è ghiuta ’a signora?...Aspetta! Che cretino!...Me l’ha fatta! Se n’è scappata!...Che bestia che so stato...Fosse juta chiù ncoppa?...(corre in fondo nel mezzo, ma s’incontra con Clotilde e Giulietta che vengono dalla medesima porta) Scena quindicesima Clotilde, Giulietta e detto

Clotilde Eh!...E che maniera! Giulietta Mo ci buttavate a terra! Felice Perdonate...correvo appresso a na signora...la signora Segatura... Clotilde La signora Segatura? Felice Sicuro. L’avete vista passà? Na signora cu nu spolverino (e dice il colore che sarà)...e nu panama cu nu velo sopra?... Clotilde No...ma aspettate...voi forse siete il marito? D. Pasquale Segatura? Felice Per ora sì. Clotilde Come per ora? Felice Ah!..Cioè...sissignore, so ’o marito Pasquale Segatura. Clotilde Della ditta Pampuglia e Segatura di Castellammare? Felice Sicuro. Clott. Oh! Che fortuna! Felice (Fosse juta ncopp’ ’a spiaggia?) (p.a.) Clotilde Aspettate, D.Pasquà...io sapete chi sono? Felice No! Clotilde Io sono Clotilde Splendore. Felice Neh? (E chi ’a sape a chesta!) Clotilde E questa, ’a vedete, sapete chi è? È mia figlia Giulietta. E non c’è bisogno di dirvi altro. Voi già sapete tutto.

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA

Felice Clotilde Felice Clotilde Felice Clotilde Felice Clotilde Felice Clotilde Felice Clotilde Felice Clotilde Giulietta Clotilde Giulietta Clotilde Giulietta

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(che non ci capisce nulla) Ah!...Sicuro. Io so tutto. (Io nun saccio niente!) Permettete. Nu momento, D.Pasquà, giacchè abbiamo avuto la fortuna d’incontrarvi qua...vorrei domandarvi una cosa. Con voi avete un giovine, un certo Felice Sciosciammocca? (la guarda stupito) Con me?...Sicuro. E quello sta sempre con me! (marcato) Ed è vero che è tanto nu buono giovine, è vero? Oh! La perla dei giovani! Forse troppo, troppo buono!... Che è intelligente, lavoratore, attivo?... Almeno, così dicono. E perchè, voi non lo sapete? Ah! sì...ma lo dicono pure tutti quanti. Permettete. Aspettate, un’ultima domanda. Dice ch’è nu giovine serio, che nun è nu libertino ’e chisto è vero? Don Felice?...Una ragazza zitella! Nu bottoncino di rosa! Che bella cosa! Grazie tante, D.Pasquà...e scusate il fastidio. Niente. (Ma pecchè l’ha voluto sapè?) Permettete. Servitevi. (Felice via) Hê ntiso? E che volimmo chiù, Giuliettella mia, ce simme assicurate proprio buono mo. Ah! Certo. Era nu simpatico giovine, stu D. Pasquale, fisicamente parlando, è vero? E se stu D. Felice è come lui, ti dico la verità, me lo piglio con tutto il piacere. E accossì sperammo. Oh! Ma stu resto, ’o segretario, quanno m’ ’o dà? Aggio avè due e sessanta. (dalla 2a a dª si sente suonare al pianoforte la “Serenata” di Toselli) (dopo poche battute) Uh! Mammà... “Rimpianto” di Toselli. Comme è fina!...Sentimmo. È momento chisto? Jammo add’ ’o segretario...nun perdimmo tiempo. (entra dalla 2a a dª) (la segue cantando a mezza voce la medesima aria ma un tono sopra in maniera di produrre una stonatura. Arrivata sotto la porta dice) Quanto è fina!...(ed entra) Scena sedicesima Ciccio, Giovanni, Pasquale, poi Armando

Ciccio

(in mutanda) Neh, cameriè?...Segretà?...E chiste nun me fanno dormì cu stu pianoforte...(chiama) Cameriere?... Segretario?

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Giovanni Ciccio Giovanni Ciccio Giovanni Ciccio Giovanni Ciccio Giovanni Pasquale Giovanni Armando Giovanni Pasquale Armando Giovanni Armando

Pasquale Armando Giovanni

TEATRO (1910-1920)

Comandi?...(poi parlando nell’interno) Vengo subito, signora. Scusate...chi ce sta affianco a me? Un signore e una signora. Bello mio, e ditele che se stessene zitto cu stu pianoforte... io voglio dormì nu poco...E si no dateme n’ata cammera. E chi m’ ’a dà? Ccà s’è affittato tutto. Posso pregare quel giovine... Bravo, grazie tante...’O decotto è pronto? Pochi altri minuti. E che ce vo. (entra nel n.7) Mo faccio na storia cu chisto, certamente. (va al n.6 e bussa. Il pianoforte cessa.) D. Armà?... (dal fondo a sin. È in costumetto da bagno, larga paglia in testa) Eccomi qua. Me so spogliato dinto a nu camerino ncopp’ ’a spiaggia. (passeggia in fondo) (bussando di nuovo) D. Armà?...D. Armà?... (di dº) Un momento...ecco...(fuori) Chi è?...Ah! Segretà, siete voi? Volevo pregarvi...se potete fare la cortesia di non suonare più...C’è un signore al n.7 che non si sente bene, lle fa male ’a panza e...vuol riposare un poco... (Ah!...Ciccillo sta llà? Ancora lle fa male ’a panza!) Sicchè, io, in camera mia, non posso fare quello che mi pare e piace? Non ho questo diritto? No, non dico questo... E ma sì, così è. Invece, io vi prego di dire al n.7 , che si tene delore ’e panza e non se fida ’e sentì, se ne jesse all’ospedale. Adesso è ancora giorno e posso fare il mio comodo. Ed ha ragione il signore. Fate, non vi incaricate, suonate, suonate. Grazie! (Chi è chillo?) (entra e chiude) Quello non ha torto...che vo ’a me. Scena diciassettesima Clotilde, Giulietta e detti, poi Peppino e Armando

Clotilde Neh, segretà?... Giovanni Eccomi. (dà del denaro) Favorisca. 2 e 60. Clotilde Grazie. Jammo, Giuliè. (il pianoforte riattacca)

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

Giulietta (vedendo Pasquale in costume da bagno) Uh! Mammà...guarda a quello!... Clotilde Uh! E che indecenza è questa? Votete ’a llà. Neh, segretà...e ma che porcheria è questa’ Guardate llà. Chi è quel mascalzone? Giovanni (piano) È un signore arrivato da poco. Un certo Felice Sciosciammocca. Clotilde Eh? Felice Sciosciammocca? Giu. ’O fidanzato mio? Clotilde Ma non po’ essere. Sarrà quacche parente forse ’e chillo Sciosciammocca della casa Pampuglia e Segatura. Giovanni Ma no, è proprio isso. Clotilde Isso proprio? (guarda Giulietta) Giulietta Possibile? (guarda Clotilde) Pasquale (venendo in scena) (E ma chesta quanno vene?) (passa a sinistra in fondo) Peppino (con gabaret nel quale apparecchio per due. Bussa alla n.6) È permesso? Clotilde (che faceva scene col segretario) Ma vuie ve fusseve sbagliato? Giovanni Ma no, signora, è proprio Felice Sciosciammocca, me l’ha detto poco fa. (il pianoforte cessa) Clotilde (indignata) Oh!! Peppino (bussa di nuovo) È permesso’? Armando (aprendo) Chi è? Che volete?... Peppino L’apparecchio per il pranzo. Armando Aah! Favorite. (Peppino entra) Me credeva che era n’ata vota ’o n.7. (entra) Pasquale Segretà, fateme ’o favore, dite alla signorina Pansè che facesse presto...che io so pronto...pare brutto a sta accussì ccà fore... Giovanni E io ve lo voleva dire, signor Sciosciammocca. Ma da questa parte c’è il bar dei bagnanti, potete aspettarla lì. Pasquale Ah! Sicuro. Giovanni (mostrando in fondo a sin.) Qua, vedete, questa seconda terrazzina. (il pianoforte riattacca) Pasquale E fatecelo sapere. Giovanni Vi servo subito. (poi alle donne) Permesso. Clotilde Che scostumato. Giulietta E avete inteso? Conosce pure a Sisina Pansè. Clotilde Quella civetta. Jammongenne jà.



TEATRO (1910-1920)

Giulietta E ma mo che partimmo a fa? Io non me lo sposo a quello, sa? Clotilde E se capisce. Ma nc’ ’o voglio fa capì a Ferdinando che bello soggetto e stu D. Felice Sciosciammocca. Giulietta E D. Pasquale Segatura ha ditto che era na ragazza zitella, nu bottoncino di rosa...(viano per la porta in fondo a dª) Scena diciottesima Ciccio, Peppino, Armando Ciccio Peppino Ciccio Peppino Ciccio Peppino Ciccio Peppino Ciccio Peppino Armando Peppino Armando Peppino Armando

Peppino Armando Peppino Armando

(uscendo) Cameriè?...Segretà...Chisto ha accomminciato a sunà n’ata vota? (esce dal n.6 col gabaret vuoto e fa per andare in fondo a dª) Neh, giovinò.. Comandi? Ma che porcheria è questa. Dicite a stu signore che fernesse ’e sunà, io aggia durmì, che maniera! Che sta ’a casa soia?...Eh! Ngase ’a mano, ’o ssà!...Jate, jà, dicitengello. Subito. ’O decotto è pronto? Altri pochi minuti. Ma che tene ll’ossa sta cambomilla? (entra) (bussando al n.6) Signore? Signore?...(il pianoforte cessa) (di dº) N’ata vota? Mo m’avete seccato mo! Abbiate pazienza, scusate tanto... (apre ed esce) Che volete? Il n.7, qua, dice se potete smettere di suonare, perchè deve dormire. Ha mandato pure a voi?...Mbè, sentite, avvisate a tutto il personale dell’albergo che chiunque viene a bussate n’altra volta, per qualsiasi ragione, io esco, e lo piglio a calci! Avete capito? Sissignore. Lo piglio a calci! Siamo intesi? Sissignore. (Peppino s’inchina) E statevi bene. Mo vedimmo si me fanno sta coieto! (rientra e chiude)

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Scena diciannovesima Felice e detto, poi Armando, Ninetta, Peppino (dal fondo a sin.) Ncopp’ ’a spiaggia nun nce sta. Neh, cameriè...sapete qual’è la camera della signora Segatura? Peppino No, non saprei...Permesso. (via pel fondo dal mezzo) Felice E comme faccio?...E ccà non c’è altro mezzo che tuzzulià vicino a tutt’ ’e pporte...Mo accomencio ’a chesta. (va al n.6 e bussa. Pausa. Bussa di nuovo.) Armando (di dº furibondo) Oh! Mo basta, mo! M’avete rotto gli stivali!... Felice (si volta e si allontana spaventato) Ah! Ah! Armando (apre la porta) A voi!! (Dà una formidabile pedata a Felice) Felice (con un grido) Ah!!...Chi è? Armando Eh!...Ve lo avevo promesso! (rientra e chiude) Felice (meravigliato, con la mano sul sedere) M’ ’aveva promesso?... (va alla porta e grida) Siete nu busciardo!...Perchè non m’avete promesso niente!... Ninetta (esce dal n.8. È in elegantissimo costumetto da bagno. Scarpe da bagno. Foulard di seta in testa) Eccomi pronta...D. Felice!! Felice Ah! Stiveve lloco dinto? Signora...si...si...signora guardate che questa non è vita che può continuare più così. Sono stanco! Non ne posso più! Ninetta Uh! ...E ched’è? Vuie v’ireve ammusciato? Felice E me so ntustato n’ata vota!...Ma mo nun m’ammoscio chiù!...Pe causa vosta sto passanno nu sacco ’e guaie! Sto avenno schiaffe, cauce, nu duello ncopp’ ’e spalle...sto correnno ’a ccà e ’a llà pe ve j’ trovanno...e che me volete fa venì n’accidente?...Mo ch’avita fa cu tutte cose ’a fore lloco? Vi pare decente per una signora onesta? Ninetta E che ce sta ’e male? Chillo ’o bagno sta ccà vicino... Felice Che bagno e bagno?...Vestiteve e ghiammongenne. Ninetta A chi, io m’aggia fa ’o bagno. Felice No! Io non permetterò mai che ghiate cammenanno combinata ’e chesta manera. Perchè se no sapete che faccio? Quanno torna D.Pascale lle dico tutte cosa, tutto chello ch’avite fatto, tutte le vostre pazzie... Ninetta Ah! no...chesto nun’avita fa!... Felice Vedrete se non lo faccio! (pausa) Ninetta E va bene, e zitto, ecco qua, mo me vaco a vestì... Felice



Felice Ninetta

Felice Ninetta Felice Ninetta Felice

Peppino Ninetta Peppino Ninetta Peppino Ninetta Felice Peppino Felice Peppino Felice Peppino Felice Peppino Felice Peppino

TEATRO (1910-1920)

E fate presto, iatevenne dint’ ’a cammera. (mostra il n.8) Eccomi. Io me credeva che nun nce stesse niente ’e male... ma na vota...che...che vuie...(fa qualche passo, ma fingendo di sentirsi male, traballa leggermente e sta per cadere) Uh! Mamma mia...D.Felì...io nun nce veco chiù... Ch’è stato? …(corre a trattenerla) Me sento male...m’avota ’a capa...aiutateme...(cade svenuta nelle braccia di Felice) Signora, signò... Purtateme dint’ ’a cammera mia... E ch’è succieso?...Vuie stiveve accossì bello...Signò...Signò...Uh!...Neh...Chesta nun risponne chiù...E chesta nun è cosa bona....Signò...Signò...Uh!...E ccà mo me vene na cosa pure a me...Signò?...Mo ve metto sopr’ ’o letto... (Entrano nella n.8. Poi ritorna) Cameriere? Cameriere?... Nu poco d’acqua...nu poco d’aceto...Cameriere? (scappa per la porta in fondo a dª, poi torna) (dal fondo, in mezzo) Eccomi...eccomi...chi è che chiamma? (guarda intorno) (apre piano la porta, guarda fuori e poi esce ridendo) Ah! Ah! Ah!...Ce l’aggio fatta n’ata vota al signor guardiano! (che l’ha vista uscire) (Ah! S’è affittato pure il n.8) (E adesso posso andare a fare il mio bagno!) Scusi, è la signora che ha chiamato? Io? No, no, no. (e via per l’alcova in fondo a sin. saltando e ridendo) (ritornando) Cameriere?...Cameriere?... Sono qua. Comandi?... Presto, nu poco d’aceto al n.8...C’è una signora svenuta... Al n.8? Sì, fa ambressa, giovinò...(apre il n.8) E ched’è?...Ccà nun nce sta nisciuno chiù... Ma che svenuta? Ma che pazziate, forse? Chella mo se n’è ghiuta ’a chella parte. ’A signora che steva ccà ddinto? ’O n.8? Gnorsì. Col costumetto... (e qui dirà il colore del costumetto di Ninetta) Precisamente. E se n’è ghiuta redenno e zumpanno ’a parte d’ ’o bagno. Qua’ svenuta!

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA

Felice Peppino Felice Peppino Felice Peppino Felice Peppino Felice Peppino



(avvilito) Se n’è scappata!...Me l’ha fatto n’ata vota... Me ne pozzo j’? E statte buono, che t’aggia dicere... Chella steva na bellezza...qua’ svenimento...(fa per andare) Viene ccà, siente. Comandate? Tu che dice che chella signora che steva llà ddinto è na femmena, è na femmena? E comme, nun è femmena? No!...È un pezzo d’ira di Dio!...Mannaggia ll’arma de la mamma! (e via per l’alcova) E chi ’o capisce. (via per la porta in fondo a dª. Il pianoforte riattacca)

Scena ventesima Ciccio, Pasquale, Armando, Peppino, poi Armando fuori, poi Amelia Ciccio

Pasquale Ciccio Armando Ciccio

Peppino Ciccio Armando Pasquale Armando Pasquale Armando

(di dº gridando) Uh! Mannaggia chi v’ha allattato! (fuori con coperta sulle spalle) Cameriè?...A buoni cunte chisto nun ’a vo fernì ’e sunà?...E mo nc’ ’o dico io! Mo lle faccio capì io a chi tene vicino!...(va al n.6 e bussa fortemente. Il pianoforte cessa) Neh, mio signò!... (viene in scena fumando una sigaretta) Ma Sisina che cancaro sta facenno? (bussa di nuovo) Signore...Signore! (di dº gridando) Chi è?... Sono il signore del n.7. ’A volete fernì cu stu pianoforte? E che ve credite che ce stanno l’animale vicino a voi? Io sono un galantuomo! Sono Francesco Pampuglia! Della casa Pampuglia e Segatura di Castellammare!...Avete capito? E finitela!...Se no l’imparo io l’educazione!...(si allontana) È fatto!...Eh! Ce voleva! (con decotto in tazza) Ecco il decotto. Oh! Finalmente. Porta ccà. (entra in stanza) (fuori. Agitato) Addò sta?...(a Pasquale) Scusate, quel signore che ha bussato dove è andato? (ridendo) Llà...nel n.7. E avete inteso come ha detto che si chiama? Francesco Pampuglia. Ma nun po essere isso.



TEATRO (1910-1920)

Pasquale No, è isso, è proprio Francesco Pampuglia di Castellammare. E io lo conosco bene! (marcato) Armando (’O marito!!) Lo conoscete?...Ebbene, signore...voi avete l’aria di essere un gentiluomo...una persona discreta...ve ne prego, aiutatemi a salvare quella povera infelice. Quel signore è il marito! Pasquale Che marito? Armando Il marito della signora che sta con me. Pasquale (stupefatto e ansioso) Ma chi? Ciccillo Pampuglia? Armando Perfettamente. La moglie, credendolo a Taranto...capite... Pasquale Da Amelia sta llà ddinto cu buie? Armando Psss! Non gridate... Pasquale (scoppiando in un’enorme risata) Ah! Ah! Ah! ’A munacella ll’ha combinato ’o servizio! Ah! Ah! Ah! Armando Ma signore... Pasquale Venite ccà...dateme nu bacio...(abbraccia e bacia Armando con frenesia) Armando Ma perdonate...Stateve fermo. Pasquale Amico mio...voi non potete capire...Ma state a pensiero coieto...la salveremo! Armando Chella poverella, sentenno ’a voce, lle steva venenno na cosa...sta chiù morta che viva. Se ne vo scappà...Io ’a vaco a piglià...Fate voi ’a spia... Pasquale Jate, jate...faccio io ’a guardia. (Armando entra nella n.6) Io mo moro d’ ’a risa!...All’arma d’ ’a munacella!...E sta bestia se permetteva di parlare sul conto di Ninetta mia!... Cretino! Armando (ritornando con Amelia fra le braccia che cammina a stento) Viene, Amè, viene...nun te mettere paura!... Amelia (pallidissima, camminando a stento) Mamma mia...io mo moro... Pasquale Calmateve, calmateve, signò... Amelia D.Pasquale?!... (sviene) Armando Oh!...È svenuta!! Pasquale E se capisce...ha visto pure a me. Armando Ma pecchè? Ve conosce? Pasquale E come. Io sono il socio del marito. Armando Eh??...Ma questi so tradimenti! (nel calore dell’indignazione apre le braccia e Amelia scivola) Pasquale Attiento!

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Armando Uh!!...(riacchiappandola subito) Pasquale Ma non ci pensate che non dico niente al socio. Jatevenne, portatela ’a stazione e accompagnatela a Castiellammare c’ ’o treno d’ ’e sette. Io stasera me porto ’o marito a Taranto. Armando Grazie, ... signore. (vuole stringergli la mano ma la ritira subito per reggere Amelia) Pasquale Po ne parlammo...quanno tenite ’e bracce vacante. Jate, jate. Armando Ma chella è pesante, capite. (via con Amelia) Pasquale È pesante!...Pare impossibile! Una donna così leggiera!!! Scena ventunesima Giovanni e detto, poi Sisina, Luigi, Ernesto, Arturo e Ninetta Giovanni Ecco la signorina Pansè. Pasquale Oh! Finalmente. Sisina (in costume da bagno e foulard in testa. Scarpe da bagno) Neh, scusate se v’ho fatto attendere. (stringe la mano) Pasquale Oh! Non fa niente...quanto staie carella. Mi sembri di porcellana! Mi sembri di bisquì! Voltati nu poco. (Sisina gira su sé stessa) Che bellezza...E io, dì la verità, come ti sembro? (si gira su se stesso) Sisina (guardandolo) ’A verità? Ma proprio ’a verità? Me parite ’a reclame ’e D.Aniello Mele! (ridendo) Giovanni (ridendo) Lo stavo dicendo io!... Pasquale Stateve ’o posto vostro voi! Sisina Nun è overo, io pazzeo. Siete fatto molto bene. Oh! Mo sentite, mo che scennimmo ncopp’ ’a spiaggia, vaco io nnanzo, e vuie venite appriesso. Pasquale Pe nun fa vedè, ho capito. Bada però che da questo momento ti chiamerò Ninetta, sempre Ninetta. Sisina Uh! E pecchè? Pasquale Ah!...Me piace chiù assaie...è chiù bellillo Ninetta. Sisina Chiammateme comme volite vuie. Volimmo j’? Pasquale Andiamo. Pupatella mia!... Sisina Con permesso, segretario. Giovanni Servitevi. (Sisina via pel fondo a sin. saltando e ridendo) Pasquale Che bella cosa! Che spirito! Che sveltezza!... Con permesso segretario. Giovanni Prego. (Pasquale via appresso a Sisina ridendo e imitandola nel saltare) Ah! Ah! Ah!...Quanto è bello! (via nel bureau)



Luigi Arturo Luigi Ernesto Luigi Arturo Ernesto Luigi Arturo Ninetta

TEATRO (1910-1920)

Venite, venite signori, prego. Ma, scusi, con chi si deve battere? Con un certo Pasquale Segatura, che maltrattava la moglie, io l’ho difesa, ho schiaffeggiato il marito e capirà... E dove sta questo Pasquale Segatura? Io l’ho lasciato qua. Vediamo lì, nel bar dei bagnanti. Ah! Sicuro. E dov’è? Da questa parte, venga. (tutti viano pel fondo a sinistra, lato destro) (dal fondo a sin., ridendo e correndo) Ah! Ah! Ah!...Io nun me fido chiù ’e ridere...D. Felice, ncopp’ ’o bagno, pe correre appriesso a me, è ntuppato vicino a na tina d’acqua e nc’è ghiuto sano sano ’a dinto. Mo ’o stanno asciuttanno. (ridendo) Ah! Ah! Ah!...Nc’ ’o voglio j’ a contà a Amelia. (va la n.6 e chiama) Amè?...(bussa) Amè?...E ched’è? So muorte tutt’ ’e dduje? (entra) Scena ventiduesima Ciccio, poi Ninetta e Pasquale

Ciccio

Ninetta Ciccio Ninetta Ciccio Ninetta Ciccio Ninetta

(vestito dei suoi panni) Me sento nu poco meglio. Chillo decotto m’ha fatto bene. Mo vaco a fa quatte passe dint’ ’e giardinette. E intanto ’o n.6 mo s’è stato zitto! Mo che io me ne vaco. Già, io aggio ntiso pure un rumore di baci. Adda sta cu quacche culumbrina ’e cheste. Scostumati!... (uscendo) E ccà nun ce sta nisciuno... (vendola uscire) Eh?! La signora Ninetta?! (D. Ciccillo?!) (Steva essa dint’ ’o n.6!...’A culumbrina era essa!...Oh! Povero Pascalino!...(ridendo) Ah! Ah! Ah!...Che gusto!... Che piacere!...) Neh, pecchè redite? Seh, fateme l’ingenua...Badate però che ’o marito vuosto sta ccà. Mariteme?...(Ah! Parla ’e D.Felice) (ridendo) Ah! Ah! Ah!...V’hanno ditto pure a buie? Ma che mariteme!... Chillo è ’o segretario, è D.Felice.

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Ciccio Ninetta

D. Felice?... Già, ma non dicite niente a Pascalino. È venuto appriesso a me e l’hanno pigliato pe mariteme. Ciccio D. Felice? È venuto cu buie?...(Allora ’o n.6 era D. Felice?) (scoppia in una risata) Ah! Ah! Ah!...Che gusto! Che piacere! (di dº fortissimi gridi di donne e d’uomini) Ch’è succieso? Ninetta Ch’è stato? (va a guardare in fondo a sinistra) Mamma bella!...Mariteme!...(scappa nel n.6) Pasquale (dal fondo a sin. correndo spaventato) Aiutateme...so rovinato!... Ciccio Pascà, ched’è? Pasquale Mentre steva cu Sisina Pansè dint’ ’a nu camerino, ncopp’ ’a spiaggia, ce steveme dicenno tanta belle parole, tutte nzieme s’arape ’a porta, e chi era? ’A guardia d’ ’o bagno! S’è miso a alluccà: Ah! ’Aggio ncocciato a uno, finalmente!...Io subeto m’aggio calata ’a paglietta nfaccia, l’aggio dato nu punio e me ne so scappato...Ncopp’ ’o bagno po, nu marenaro m’ha ditto: Avite fatto ’o guaio!...E ccà mo D. Matteo certo ve spara! Chella era ’a nnammurata!! Scena ventitreesima Matteo, Sisina e detti (di dº gridando) Lasseme! Lasseme! Si no sparo a te! (di dº gridando) Ah!!... D.Matteo!! D.Matteo!! Ben fatto! Nc’aggio gusto! (corre in fondo a sin. a guardare) Pasquale Addò m’annasconno?...Ah! dint’ ’a sta cammera. (scappa nel n.8) Ciccio (viene avanti) ’O ví lloco! ’O ví lloco!... Matteo (fuori, senza cappello, revolver impugnato) Cammina! Cammina, piezza ’e nfama scellerata!...(la trascina avanti. Poi bruscamente scuotendola) Che? Che dice?... Sisina (spaventatissima) Niente. Matteo Sta bene!!...Addò sta?...Addò sta, chillo carognone? (a Ciccillo) Avite visto a uno cu nu costumetto ’e bagno tutto russo? Ciccio No! Da qua non è passato. Matteo Sisina Pasquale Ciccio



Matteo Ciccio Matteo

Ciccio Matteo

TEATRO (1910-1920)

Isso è inutile che s’annasconne...pecchè io ’o trovo. Tanto aggio fatto, che l’aggio sceppato ’o nomme ’a vocca a sta disgraziata, se chiamma Felice Sciosciammocca. (Uh!!) (prevedendo la catastrofe per Felice) (Mo passa ’o guaio D.Felice!) E ll’aggia sciuscià overo na palla mmocca! Ccà tengo pure ’e vestite suoie. (colpito da un’idea) Statte! Se ne fosse scappato ncopp’ ’a cammera ’e chesta? (deciso) Jesce cu mmico! (trascinando Sisisna in fondo nel mezzo. Sotto la porta si volta e vedendo don Ciccio) Che? Che dice? Niente. Sta bene!!...(e via di corsa) Scena ventiquattresima Felice, uno chauffeur, un facchino, poi Pasquale

Pasquale (uscendo dal n.8) Fallo pe’ carità, Ciccì, damme ’e panne tuoie, mettete tu ’o costumetto mio. Ciccio Io te faccio pazzo. Io me ne vaco a passià dint’ ’e giardinette. Me levo io ’a miez’ ’e mbruoglie. Statte buono, statte buono. (via pel fondo a dª) Giovanni (uscendo) Ma che so sti strille? Pasquale (chiamando) Ciccì?...Ciccì?...E io comme ’a combino... (colpito da un’idea) Ah! Che bella idea...dint’a chella cammera aggio visto nu spolverino, nu cappiello ’e femmena... se potessi...Aspetta nu momento. (entra di nuovo nel n.8) Giovanni E D.Felice Sciosciammocca pecchè se n’è scappato dint’ ’o n.8? Felice (dal fondo a dª, tutto bagnato, pallido, senza cappello) Aggio girato attuorno attuorno all’albergo, nun è stato possibile d’ ’a truvà... Giovanni Ma che cos’è? Voi state tutto bagnato. Felice Niente. So caduto dint’ ’a na tina d’acqua. Giovanni (ride) Ah! Ah! Ah! (entra nel bureau) Felice Però l’aggio combinato nu bello servizio. (parlando alla porta n.8) Eh! Cara signora Ninetta, non siete voluta venire con le buone, verrete con la forza. (va in fondo a dª e chiama) A voi, venite. Chauffeur Eccome ccà. Facchino Jammo bello! A chi m’aggia aizà?

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Felice Aspetta. Non alluccà. L’automobile sta pronto? Chauffeur Prontissimo. Felice L’indirizzo v’ ’o ricordate? Chauffeur Sissignore. Via Mercato n.8 Castellammare. Felice E avete capito chello ch’avita fa? Chauffeur Non dubitate. Facchino E ghiammo. (si sputa sulle mani e strofina) A chi m’aggia aizà? Felice Aspetta...Avimma vedè primmo si sta ccà. (va a origliare presso il n.8) Ah! Sì...sì...ce sta...sento remmore...se sarrà juta a vestì...Mettiteve ccà. (si situa fra le due porte a sin., guarda poi dalla serratura) Ah! Zitto...Sta ascenno...Attiente...(si nasconde 2a a sin.) Pasquale (vestito con gli abiti di Ninetta. Spolverino e panama con velo) Accossì nisciuno me conosce...c’ ’o velo... Felice (con forza) Via!! (il facchino e lo chaffeur si precipitano su Pasquale, lo imbavagliano e lo portano via di peso mentre egli si dibatte e grida. Felice canta fortemente per coprire la sua voce) Accossì nun l’hanno ntiso alluccà. Te l’aggio fatta, cara Dª Ninetta! Scena venticinquesima Ninetta e detto, poi Giovanni, poi Matteo, Sisina, Luigi, Ernesto, Arturo, guardia del bagno, Giovanni e Peppino (dal n.6) Nun sento niente chiù... (cacciando un grido di sorpresa) Eh!!!! Uh! D. Felì...si sapisseve... Essa?...E io mo perdo ’a capa... Ma ch’avite? Io vi ho fatto rapire. Rapire? A me? Sì! ’A duie uommene, mo, nnanze a me. Io mo esco pazzo. (chiamando) Segretario? Segretario? Giovanni Eccomi...dica. Felice Fateme ’o favore...chi ce steva mo dint’ ’a chella cammera? Giovanni Al n.8? C’era D. Felice Sciosciammocca. Felice Che state dicenno? Giovanni Dico che nel n.8 c’era il signor Felice Sciosciammocca!... (ed entra nel bureau) Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice



Felice Matteo Felice Matteo Sisina Matteo Ninetta Sisina Felice Luigi Arturo Ernesto Matteo Guardia



Matteo

(cade su d’una sedia sfinito, intontito, stordito) D. Felì...D. Felì...ch’è stato? Mi sono rapito io stesso!!... Eh! Che dicite!...Sentite, mio marito... (balzando in piedi) Che marito e marito! Nun voglio passà chiù pe vostro marito, e passà tutt’ ’e guaie ch’aveva passà isso! Basta mo!...Voglio piglià ’o nomme mio!...E ’o voglio dicere a tutte quante, che so Felice Sciosciammocca!... Felice Sciosciammocca!... (trascinando sempre Sisina) Cammina! Vedimmo ’a chesta via!... Io sono Felice Sciosciammocca! Chi? Vuie? (gridando) Io sì! Mi chiamo Felice Sciosciammocca! Ah! Piezzo ’e carogna!...(lascia Sisina, lo afferra per i capelli e lo scaraventa in ginocchio) (trattenendolo) Ah! D. Mattè!... (tenendolo sempre) Diciteve nu gloriapatre!...Diciteve nu gloriapatre, che avita murì. (gli punta il revolver in faccia) (gridando) Ah!!!... Per carità!!...



Felice Ninetta Felice Ninetta Felice

TEATRO (1910-1920)

Che cos’è? (corrono a trattenere Matteo)

(a Felice) E quanno t’ ’o dice?... (dal fondo a sinistra) Ched’è neh? ’E che se tratta?...(trattiene Matteo) Felice Io sono innocente...Io mi chiamo Felice Sciosciammocca! Guardia Ah! Si tu allora che stive dint’ ’o cammarino? E viene cu mmico!!...(l’afferra pel braccio e lo trascina via, mentre Felice strilla e si dibatte. Matteo seguita a lottare con Arturo ed Ernesto. Giovanni esce e soccorre Sisina che è svenuta su una sedia. Luigi soccorre Ninetta che è svenuta su di un’altra sedia. Peppino esce e grida spaventato.) Fine del secondo atto

Atto terzo La scena è divisa. A destra un salottino in casa di Felice. Due porte a destra, finestra in fondo nel mezzo. Tavolo in mezzo con poltrona accanto. Al primo piano di questa divisione, la porta d’uscita. A sinistra pianerottolo del 1° piano. A 1a quinta a sinistra, la porta dell’appartamento di Ciccio e Pasquale, più indietro un piccolo sedile di marmo. In fondo ringhiera che dà nel cortile. Dal fondo a sinistra si viene dalla strada, dal fondo a destra si sale al 2° piano e si vedonoi primi quattro gradini della scala. Scena prima Ninetta e Amelia, poi Felice Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Amelia

(con la toletta del 1° atto. Senza cappello. Una sciarpa in testa. Porta Amelia sottobraccio) Ah! Finalmente, simme arrivate. (scuotendo Amelia) Amè...Amè...e nun durmì. Io nun ne pozzo chiù...ma tu si sicura che ’o guardaporta nun nc’ha viste? Durmeva magnificamente. Meno male! Ma che giornata...che giornata...(siede al sedile di marmo) Ma che facevano a Salierno Pascalino e D. Ciccillo? E chi ’o ssape. Chille avevana j’ a Taranto...chi ne capisce niente... Chillo povero Armando m’accompagnaie ’a stazione in quello stato e sulo quando arrivaste tu se ne jette isso. Trasimmocene dinto mo...me voglio cuccà... E ’a chiave ’a tiene? Sì. Sta appesa dint’ ’a cucina. Uh! Mamma mia! Nun ’a tiene ncuollo? No E bravo! Mo simme rimaste ccà fore, mo. E tu nun tiene ’a chiave toia?



Ninetta Amelia Ninetta

Amelia Ninetta

Amelia Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice

Ninetta

TEATRO (1910-1920)

No...me credevo che t’avive portata ’a toja. E io me credeva che t’avive portata tu ’a toja! E mo comme facimmo mo?... Fra le altre cose quanno so trasuta dinto, pe me vestì, nun aggio truvate chiù né ’o spolverino e né ’o cappiello. M’aggio avuta accattà sta sciarpa. Ma intanto mo comme facimmo pe trasì? Nun nce sta manco Concettella, pecchè stammatina m’ha cercato ’a sortita fino ’e diece...Se fosse ritirata? (va alla porta e bussa. Pausa. Bussa di nuovo) Macchè! Nun nce sta...(guarda Amelia che dorme) E vide a chella...(la scuote) Amè...Amè... Chi è? E nun durmì...all’arma toia. Ah! Zitto!...sento saglì...Fossene ’e marite nuoste?...(va a spiare in fondo a sin. sulla ringhiera) Ah! no...Che fortuna!...È D.Felice. Simme salve! Mo ’o mannammo a chiammà nu ferraro e facimmo scassà ’a porta. Ah! Sicuro. (si riaddormenta) (dal fondo a sin. Pallido. Colletto sbottonato. Abito impolverato. Cappello ammaccato. Un fazzoletto legato sulla fronte. Entra lentamente e si dirige alla porta di comunicazione) (Pover’ommo! E che è ridotto!) D.Felì, è stato ’o Cielo che v’ha mannato!... (freddo) Lei si faccia i fatti suoi! (mette la chiave nella serratura) Nun pazziate...faciteme nu piacere... (c.s.) Mi faccia lei il favore di andare un momento all’inferno! (apre) Io non la conosco più!...Me ne vaco in casa mia, dove spero di trovare un poco di pace! Neh, ma pecchè? Che v’aggio fatto? (alzando le braccia) Signore misericordioso! La senti? Io aggio passato chisti guaje pe causa vosta!...E all’ultimo m’hanno pure arrestato. Perchè? Non lo so! Ma mi hanno arrestato!...Mmiez’ ’e grade ’e l’albergo, nella colluttazione, so caduto e me so sciaccato...Senza badà a niente, me ne so scappato ’a stazione ed eccomi qua. Povero D.Felice! Basta, po ne parlammo ’e chesto. Vuie avita scennere nu momento, avita j’ a chiammà nu ferraro pe fa scassà ’a porta nosta, pecchè non tenimmo ’o chiavino.

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Felice

Chi? Ma chi?...Ma chi?...Io mo me ne traso e nun me vedite cchiù! Mai cchiù! Ninetta No, D.Felì, nun facite ’o curiuso...jate a chiammà ’o ferraro... Felice Lei si faccia i fatti suoi...Io, da qua, non mi muovo. Ninetta Neh, jammo, faciteme stu piacere... Felice Mi faccia lei il favore di andarsi a far...friggere!... Ninetta E vedite quanto è indisponente. Nun nce volite j’? Felice No! Ninetta Vi rifiutate? Felice Rifiuto! Ninetta E sta bene. Ma ritenete che dint’ ’a casa mia mo nun nce state chiù buono! È meglio che ve ne jate. [E io, quanno vene Pascalino, lle conto tutte cosa. Lle dico che tutto questo è successo perchè voi mi volevate rapire, e per prova e faccio vedè ’a lettera che l’avite scritto vuie stesso. (la mostra) Eccola qua. (con un salto) ’A lettera mia?!...Mettite ccà!...(tenta pren[Felice dergliela) Datemi quella lettera... [Ninetta Jateme a chiammà nu ferraro e v’ ’a dongo. [Felice Ma siete terribile, sapete. Nelle vene non tenete sangue...c’è mercurio! C’è la lava del Vesuvio!... [Ninetta Jate, jate...Nuie v’aspettammo dint’ ’a casa vosta (ad Amelia scuotendola)] Mo ’o vaco a chiammà io! Facite aspettà Amelia dinto addo vuie, che io mo vengo. (va da Amelia e la scuote)]1 Ninetta Amè...Amè...Eh!...Ha pigliato pace buono chesta. Amè... (più forte) Amè! Amelia (svegliandosi) Eh?...Chi è?... Ninetta Trasetenne llà ddinto...viene...(la prende per il braccio) E nun durmì... Amelia E Armando ch’ ha fatto? (dormendo) Ninetta Ha fatto ll’uovo! Trase. (spinge la porta della comunicazione ed entrano. Appena entrate, Amelia siede alla poltrona e si addormenta) Vaco a chiammà io ’o ferraro, chillo nun s’ha voluto rompere ’e gamme! Felice (alzando le braccia) Signore misericordioso!...La senti? Io già tengo ’a capa rotta, me vo fa rompere ’e gamme pure!... 1

La parte tra parentesi quadre è stata racchiusa dall’autore in un riquadro bordato con penna nera.



TEATRO (1910-1920)

Scena seconda Clotilde, Giulietta e detti Clotilde (dal fondo a sin.) Comme ha ditto, ’o 2° piano? Giulietta (la segue) Secondo piano a destra. Felice Zitto...aspettate...nun ascite...(chiude la porta e resta sul pianerottolo) Clotilde (vedendo Felice) Uh! D. Pasquale Segatura, ’o vì. Buonasera. Felice Oh! Signora...Signorina... Giulietta Buona sera Ninetta (Ma chi è?) (guarda dal buco della serratura) Clotilde Che cos’è? Ch’avete in fronte? Felice Ah! Niente...nu fruncolo...s’è crepato...E che fate qua a Castellammare? Clotilde So venuta da mio fratello Ferdinando...per parlargli di quel tale D.Felice Sciosciammocca. Che voi ne fate tanti elogi. ’A verità è nu bello soggetto. Giulietta Ve ne siete venuto ch’era nu bottoncino di rosa? All’anima del bottoncino di rosa! Quello è il primo scostumato del mondo! Felice Chi? Giulietta D. Felice Sciosciammocca, il vostro impiegato. È uno screanzato, un indecente e nu libertino. Vì che si teneva in corpo. Conosce pure a quella civetta di Sisina Pansè. Felice Chi? Giulietta D. Felice. Di chi stiamo parlando? Clotilde No,...aveva trovato nu bello partito per mia figlia. Giulietta Io po mi sposavo a lui e dovevo essere pazza. Clotilde ’O voglio proprio ringrazià a Ferdinando. Jammo Giuliè... permettete. Felice Aspettate...ma chi Ferdinando? Ferdinando Polenta ’o dottore? Clotilde Proprio. Lui m’aveva proposto stu matrimonio. Felice (a Giulia) E siete voi la signorina che s’aveva sposà a D.Felice? Giulietta Per l’appunto. Felice Con trentamila lire ’e dote? Clotilde Sicuro, e il corredo al di fuori. Giulietta Ma chi se lo sposa?...Dovrei essere abbandonata da tutti gli uomini, o pure non ce ne dovrebbero sta più. E po, è pure viecchio, antipatico...

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Felice Chi? Giulietta Questo che cos’è, voi mi sembrate un idioto. D. Felice Sciosciammocca. Felice Ma signorì, qua ci dev’essere equivoco... Clotilde Equivoco? È proprio vero. È un malcreato, un lazzarone, uno sporcaccione!...Jammo, Giuliè. Giulietta L’abbiamo visto noi che andava camminando pe tutto l’albergo in costume da bagno, tutte le gambe da fuori, tutto scomposto... Clotilde Che indecente! Voi n’ ’o dovete mannà...quello è un cattivissimo soggetto...non è cosa per noi. Macchè, macchè!... (viano in fondo per le scale) Felice Angeli custodi! La sentite a questa papera? E aggio perzo pure trentamila lire innocentemente!...(piange) Ninetta Ma chi era? Cu chi parlaveve? E pecchè chiagnite? Che v’è succieso? Felice N’ato guaio!...Trentamila lire e na bella guagliona perdute... l’avvenire distrutto... Ninetta Vuie penzate a l’avvenire? Vuie avita penzà ’o presente. Jatevenne a chiammà ’o ferraro, mannaggia l’arma vosta, io nun pozzo scennere, nun pozzo essere vista. Felice Eccomi qua...ma ritenete che me lo pagate quello che m’avete fatto. Me lo pagate! Perchè c’è un Dio! Scena terza Luigi e detti, poi Ciccio Luigi Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Felice Ciccio Felice

(dal fondo a sin.) Vorrei vedere se...(vede i due) (Mbomma! Sta nzieme c’ ’o marito!) (scappa sulla scala in fondo a destra) E ghiate, moviteve... (s’avvia pel fondo a sin. ma, spaventato, ritorna subito) Mamma bella!... Ch’è stato? D.Ciccillo!...’O marito ’e Da.Amelia!.. Oh!! Trasite, trasite. (entrano a dª e Felice chiude) (dal fondo a sin. con borsa in mano) Ah! Me pareva mill’anne che me spoglio e me cocco. (cava di tasca il chiavino della porta) Si chillo trase dinto e nun trova ’a mugliera, chillo l’accide!



Ninetta Felice Ciccio Ninetta Ciccio Felice Ciccio Felice Ciccio Felice Ciccio Felice Ciccio Felice Ciccio Felice Ciccio Felice Luigi

TEATRO (1910-1920)

E chi accide si nun ’a trova? Ah! Già!...quanno ’a trova. E D.Pascale addò l’ha rimasto? (tutti e due spiano dalla fessura) Che treno affollato. Aggia avuta viaggià in terza classe, tengo ’e rine rutte. (mette la chiave nella serratura) Vedite d’ ’o trattenè cu na scusa...nun ’o facite trasì. Jate! (spinge Felice e chiude l’uscio. Felice per la spinta va a cadere su Ciccio) (lasciando la chiave nella serratura e voltandosi) Chi è? (abbracciandolo) D.Ciccio bello!... Ah! Siete voi?...Ve ne siete tornato? ’A do? Io non me so mosso ’a ccà. Vuie tre ore fa stiveve a Salierno. Io? E quando mai? Quando mai? E chi era allora che steva c’ ’a mugliera ’e Pascale dint’ ’o nummero 6? Oh! E credete che io... Ma si v’aggio ntiso io, e po, m’ ’ha ditto pur’essa. A me nun me passa manco p’ ’a capa...anze nce aggio gusto... ben gli sta!...(Ciccio fa per entrare) (trattenendolo) D.Cì...aspettate...poco primma è sciso D. Ferdinando ’o dottore...dice che v’aveva parlà urgentemente. A me? E che voleva? Non so. Ha ditto: quando viene, mandatemelo subito sopra. E che sarà?...Lasseme j’ a vedè. Vi accompagno. (gli offre il braccio e viano fondo a dª per la scala) (torna di nuovo) È sagliuto ’a parte ’e coppa D. Pascale... Si putesse vedè ’a mugliera...Uh!...Ha lassato ’a chiave nfaccia ’a porta...Aspetta...mo m’ ’a piglio e quanno nun nce sta D. Pascale pozzo trasì liberamente. (toglie la chiave e fugge in fondo a sin.) Scena quarta Felice e dette, poi Ciccio

Felice

(scendendo) È trasuto dint’addo D. Ferdinando. Chisto sarria ’o momento. (entra a dª) Venite, signò...’a chiave sta nfaccia ’a porta...mo potite trasì.

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA

Ninetta Amelia Ninetta Amelia Ninetta Felice Ninetta Felice Ninetta Ciccio Felice Ciccio Felice Ninetta Ciccio Amelia Ciccio Amelia Ciccio Amelia Ciccio Amelia Ciccio Amelia Ciccio



Chesta sta ronfanno addirittura...Amè...Amè...(la scuote forte) (svegliandosi) Chi è? Susete...avimmo trovato ’a chiave...jammo...(la fa alzare e la trascina) (dormendo) E Armando ch’ha fatto? Dalle cu Armando...(escono sul pianerottolo) Arapite. E ’a chiave addò sta? (lascia Amelia che va a sedersi al sedile di marmo e si riaddormenta) E ’o volite sapè ’a me? Mo steva ccà nfaccia...L’ha rimasta D.Ciccio...(guardano per terra) E vedite pe terra...fosse caduta... (di dº) Abbiate pazienza...scusate, dottò. D. Ciccio! D. Ciccio!...(scappa con Ninetta e chiude l’uscio) E bravo D.Felice!...M’ha voluto fare il pesce d’aprile. Ma vorrei sapere chi nc’ ’a dà sta confidenza a isso che si permette sti scherzi. (si dirige alla porta) Uh! Signò...ce simme scordato a Da Amelia llà fore... Uh! Che puzzate sculà! (spiano dalla fessura) (vedendo Amelia) Chi è ccà?...Eh?! Muglierema?!...E che ce fa ccà fore?...Sta dormenno...Eh! Povera figlia! Il sonno dell’innocenza. (la scuote) Amè!...Amè!... (svegliandosi) Chi è? So io, Ciccillo tuo!... (spaventata) Ciccillo?! (So rovinata!) E tu che fai ccà fore? Era asciuta...p’accattà nu pacco ’e lumine p’ ’a notte...e me so scordata ’e me portà ’a chiave...me so retirata e nun aggio potuto trasì... Ah! E Concettella nun nce sta? No, ha avuto ’a sortita fino ’e 10. Ninetta è ghiuta a trovà ’a zia. (Seh! Staie fresca!) E capirai...aspettanno a lloro me so addormuta...e tu...già si tornato? Bella mia...io arrivato a Salierno, m’è venuto ’o solito delore e nun è stato possibile ’e j’ chiù nnanze. Trasimmo dinto...mo te conto tutte cosa. (va alla porta) E ched’è?



Ninetta Felice Ciccio Felice Ciccio Amelia Ciccio Amelia Ciccio Amelia Ciccio Amelia Felice Amelia Felice Ninetta Felice Amelia Ninetta Felice Ninetta Felice

TEATRO (1910-1920)

E ’a chiave addò sta?...Chella mo steva ccà...Avesse fatta n’ata pazzia D.Felice? (va alla porta e bussa) Nun aprite! M’avita accidere! (chiamando) D. Felì? D. Felì?... (bussa) Seh! Tuzzulea lloco! Haie voglia ’e murì!... Nun nce starrà...E comme cancaro trasimmo mo? Vide buono dint’ ’e ssacche. Ma no...io mo ll’aggio misa ccà...so cose d’ascì pazze, sapete...(guarda per terra) E ccà nun ce sta ato mezzo che ghi a chiammà nu ferraro e facimmo scassà. E se capisce. Tu aspettame ncopp’addo D.Ferdinando ’o dottore. Io mo vengo. Comme vuò tu. (sale la scala in fondo a dª, poi torna.) So cose che veramente te faciarriano ascì pazzo! Faciarria jastemme ’e morte! (via in fondo a sin.) (appena scomparso Ciccillo, corre alla porta di comunicazione e bussa) D. Felì, aprite...(aprono) So salva! Nun sospetta ’e niente. (esce con Ninetta) Meno male. E che tenite vuie nfronte? Niente, n’affare. E io comme faccio? Pascalino sarrà tornato cu D.Ciccillo ’a Salierno e mo che se retira e nun me trova dinto, che lle dico? Ma che steveno a Salierno pure lloro? Già. Jate a chiammà stu ferraro, vuttate ’e mmane. Ma io mo addò ’o trovo a chest’ora?...(fa per andare poi torna) Uh! Ch’è succieso?... Guardate ccà chi sta venenno. Scena quinta Pasquale, lo chauffeur, il facchino e detti.

Chauffeur (portando in braccio Pasquale sempre imbavagliato e vestito da donna. Il facchino lo aiuta) Ninetta E chi è chella?

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Felice Quella tale che ho fatto rapire all’albergo!... Ninetta Vide lloco, vì. Chauffeur (riconoscendo Felice) Ah! Signorì, avite fatto primma ’e nuie? Facchino Nuie v’avimmo servuto. Addò ’a volite scarrecà? Felice Ma ch’è na stola ’e gravune? Facchino Chesta sta mezza morta...nun ha ditto na parola... Chauffeur Addò ’a volite mettere, chesta pesa... Felice Questo è stato un equivoco, l’avita purtà n’ata vota a Salierno. Chauffeur N’ata vota?... Facchino Vuie pazziate?... Chauffeur E ma vuie a tornà ve facite nteresse 100 lire, ’o ssapite? Io aggio rotte 2 gomme... Felice Ciente lire? Miettela ccà dinto, ’o vì, trase. (Io nun tengo manco nu soldo chiù!) Mettitela ncopp’a sta poltrona. (i due mettono Pasquale sulla poltrona) Dimane n’ ’a manno io. Ninetta Ma sissignore...chillo è ’o cappiello e ’o spolverino mio! Amelia Uh! Overo. Ninetta S’ ’o pigliaie chesta? Facchino Signorì, nc’ ’a mmeretammo ’a butteglia... Felice (li guarda, poi frugandosi nel taschino, cava un nikel da 20 centesimi) Favorite. ’O viaggio t’ ’aggio pagato. Stateve bene. Chauffeur (senza guardare, stringe la mano ed esce sul pianerottolo) Grazie tante. Facchino Servo ’o scellenza. (Felice chiude) Chauffeur Neh...chilllo m’ha miso nu quatte solde mmano? Facchino Quatte solde? Chauffeur Puozze murì ’e subeto. Vì comme è splendido! Facchino Ce simme accise ’e chesta manera...(viano borbottando) Felice Io mo che me ne faccio ’e chesta?...Questa se è minorenne, io passo nu guaio... (scioglie il fazzoletto che otturava la bocca di Pasquale) Levammole ’o fazzoletto. (gli toglie anche la veletta e il cappello e lo riconoscono) Ninetta Pascalino?... Amelia Maritete?... Felice Isso? Ninetta (ridendo piano) E ched’è? V’avite arrobbato a mariteme?... Felice E chi ne capisce niente. Ninetta E comme ’o tene isso ’o spolverino mio?



TEATRO (1910-1920)

Felice (pausa, poi) E chi ne capisce niente. Pasquale (riavendosi da uno svenimento) Ah!...Pe carità...nun m’accedite... Felice (piano) Ascitevenne lloco fora, nun ve facite vedè! Ninetta Viene Amè. (passa con Amelia sul pianerottolo) Amelia (Me so salvata, io nun saccio comme!) Ninetta Jammoncenne nu poco ncopp’ ’addo D.Ferdinando. (viano in fondo a dª per le scale) Felice (scuotendolo) D.Pascà...D.Pascà... Pasquale Nun me facite niente...nun m’accedite... Felice D. Pascà...so io...D.Felice Sciosciammocca. Pasquale (alzandosi) Ah!...(guarda intorno) Site vuie?...Sto dinto ’a casa vosta? Felice Ma sì...Mo che me so retirato v’aggio trovato nterra, vicino ’a porta mia...chiano chiano v’aggio trasuto ccà. Pasquale Grazie, amico mio...E stammo sule ccà? Nun nce sta nisciuno? Felice Nisciuno. Pasquale Avete visto buono? Felice Sissignore. Pasquale Se ne saranno jute chilli duie assassine. Felice Ma pecchè state vestuto ’a femmena? Pasquale D. Felice mio, si sapisseve ch’aggio passato...Ma, p’ ’ammore d’ ’o Cielo, nun dicite niente a Ninetta... Felice Oh! Vi pare... Pasquale Comme sta Ninetta? Felice Bona! Essa sta bona...(Io nun vaco duie centeseme!) Pasquale Nun ha fatto nisciuna pazzaria? Felice Niente. Pasquale Nun s’è mossa, nun ha voluto ascì? Felice Niente. Chi s’è mosso ’a ccà?. Pasquale S’ ’è stata coieta coieta? Felice Uh! N’amore! Pasquale E io ’o ssapeva. Ma vuie che tenite nfronte? Felice Niente, m’ha mozzecato na vespa...ma contateme ’o fatto vuosto... Pasquale Aspettate, dateme primma nu cazone, na giacca vosta... comme resto accossì...io guardate comme sto. (si toglie lo spolverino e si vedrà ancora in costume da bagno ed avrà una mutandina da donna al di sopra)

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA

Felice Pasquale Felice Pasquale



(ridendo) Uh! Vuie ch’avite combinato? Po ve conto, po ve conto...Jateme a piglià sta rrobba... Eccomi. (entra a dª 1ª porta) Ma che paura!...Sto tremanno ancora. Chille avevana essere gente ’e D. Matteo ’o cavallaro, che avevana sta nascoste addereto ’a porta e io nun l’aggio visto. M’hanno vuttato dint’ ’a n’automobile e se so mise a correre comme a pazze...’O vestito mio è rimasto mmano a D. Matteo co tutt’ ’o chiavino d’ ’a casa ’a dinto. (siede) Scena sesta Don Matteo, Sisina e detto, poi Felice

(dal fondo a sin., trascinando Sisina. Sul braccio ha gli abiti di Pasquale) Cammina, mannaggia ’a morte, cammina!... (la spinge verso sin.) Miettete lloco!... Sisina Eh!...E nun me sbrunzuliate chiù. (Mo vide che caucio lle dongo!) Matteo Che? Che dice? Sisina Niente. Matteo Sta bene!...Me so nfurmato e aggio saputo ca stu piezzo ’e carogna ’è D.Felice Sciosciammocca, sta mpiegato ccà. Isso ha fatto chesta offesa a me, e mo isso t’adda spusà!... Pecchè accidere a tutt’ ’e dduje, nun vale ’a pena, ve desse troppo onore! M’ha combinato ’o servizio? E io accossì me vendico. T’adda spusà isso! Va arrecchisce a isso! Io faccio passo. Sisina E io pure, quanno ’o volite sapè. Matteo Meglio accossì. ’O guardaporta ha ditto a mano sinistra. Chesta è ’a porta. (bussa alla porta di comunicazione) Pasquale (s’alza) Chi è?...(apre) (’O cavallaro!!) (vuol richiudere) Matteo (trattenendo la porta) Perdonate...D.Felice Sciosciammocca? Pasquale (voltandogli le spalle e con voce di donna) E non abita qua... nun sta ccà...andatevenne. Matteo E chi è chesta? Sisina È na signora annuda, nun ’a vedite? Chiudite. Matteo Scusate... (chiude) Allora sta llà. (a Sisina) Sona. Pasquale Mamma mia! È venuto fino a ccà! (Sisina suona alla porta) E comme esco chiù ’a ccà ddinto?...(spia vicino alla porta) Anime di tutti i morti miei, aiutatemi voi! Matteo



Felice Pasquale Matteo Pasquale Felice Pasquale Felice Matteo

Sisina Matteo Sisina Matteo Pasquale Felice Pasquale Felice Pasquale Felice Pasquale Felice Pasquale

Felice Pasquale Felice Pasquale Felice

TEATRO (1910-1920)

D.Pascà, ’o vestito è pronto, sta ncopp’ ’o lietto. D. Felice mio, aiutateme... E sona n’ata vota. (Sisina bussa di nuovo) Ccà ffora sai chi nce sta? Chi? Chillo che m’ha fatto purtà ccà...D.Matteo ’o cavallaro! D. Matteo?...(Aggio passato ’o guaio!) (a Sisina) Statte, mo che me ricordo, io ccà tengo ’o vestito suio, e nce sta na chiave dinto, fosse chella d’ ’a porta? (dai pantaloni che ha in mano, prende una chiave. Va alla porta e mette la chiave nella serratura) Gnorsì...è essa...è trasuta. (apre) Cammina! (la prende per mano) E nun me sbrunzuliate... (quanto è volgare!) Che? Che dice? Site nu guaio!! Sta bene! (entrano a 1ª a sin.) Vedite si sta ancora lloco ffora... (apre un poco la porta e guarda) No...nun nce sta nisciuno... Vedite p’ ’e grade... (va in fondo e guarda) Nemmeno. E se n’è ghiuto...Me starrà aspettanno abbascio. (tornano in camera) Vuie nun ’o conuscite a stu D.Matteo? No. Chi è? È nu cammorrista ’e Salierno, n’ommo terribile...che m’ha ncocciato dint’ ’a nu cammarino d’ ’o bagno nzieme c’ ’a nnammurata soia! (meravigliato) Eh? Voi? Possibile? Nun me dicite niente...E nun dicite niente manco a Ninetta. Avita sapè, che pe na combinazione, simme rimaste a Salierno io e Ciccio. Io ho avuto occasione di conoscere all’albergo una ragazza. Ma, furbo, nun l’aggio ditto ’o nomme mio, ll’aggio ditto ’o nomme vuosto: Felice Sciosciammocca. Eh?! Stu D.Matteo, era ’o nnammurato, io nun ’o ssapeva, e chillo mo a Sciosciammocca va trovanno. Faciteme ’o favore, dicitelo che site vuie che stive dint’ ’o camerino! Io? E po che succede? Accide a buie! Neh, nun nce rompite ’a capa!

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Pasquale E comme se fa?...Comme se fa? (entra nella 1a a dª) Felice Io ’o Cielo ’o ssape comme scanzaie na palla ’e revolvere! Lasseme vedè buono si se n’è ghiuto. Abbascio ’o cortile non nce sta nisciuno...Fosse juto ’a via ’e coppa?...Nun credo. Scena settima Matteo e detto, poi Pasquale e Ninetta Matteo Felice Matteo Pasquale

Sisina Pasquale Sisina Pasquale Sisina Pasquale Sisina Pasquale Sisina Pasquale Sisina Pasquale Sisina

(uscendo) E ccà nun nce sta nisciuno...(vedendolo in fondo) Ah!...Staie lloco?... Mamma bella!!...(scappa in fondo a sin.) Piezzo ’e carognò!...Nun fuì...ca t’arrivo! (via appresso) (ritornando senza mutanda, senza cappello e avvolto in una copertina da letto) Chillo ’o vestito nun me va manco mpont’ ’o naso...è troppo piccerillo...Me potesse fa piglià nu vestito ’a Concettella ’a cammerera, senza fa vedè ’a muglierema? Mo tuzzuleo. (passa sul pianerottolo e guardandosi intorno si dirige alla 1a a sin. e bussa) Basta che nun vene a arapì muglierema. No, nun credo, chella se sarrà cuccata. (aprendo) Chi è? (riconoscendolo) Uh! D.Felice! (Sisina?) Tu??...Dint’ ’a casa mia? All’arma ’e mammeta...e tu che faie ccà? Sto aspettanno a buie nzieme cu D.Matteo. D. Matteo sta lloco? (spaventato) No, è asciuto, è ghiuto trovanno a buie. E ha parlato cu quaccheduno dinto? Ccà dinto? E co chi parlava? Ccà nun nce sta nisciuno. Nisciuno? Manco ’e ggatte. ’A porta l’avimmo aperta c’ ’a chiave che steva dint’ ’o vestito vuosto. (Allora muglierema sarrà asciuta cu Concettella? Meno male. E D.Felice, pecchè nun m’ ’ha ditto?) Ma che facite cu sta coperta ncuollo...jateve a vestì...’o costume sta dinto. Sì, mo vaco. Sentite, ha ditto accussì D.Matteo, che o me spusate vuie mo, o si no v’accide!...Ma io credo ch’è inutile che ve facite accidere, pecchè vuie chesto iveve trovanno, ’e me spusà, è ovè?



Pasquale Sisina Pasquale Ninetta Pasquale Ninetta Sisina Ninetta Sisina Ninetta Sisina Pasquale Sisina Pasquale Sisina Ninetta Pasquale Sisina Pasquale Ninetta Pasquale Sisina

Pasquale

TEATRO (1910-1920)

Si capisce. (abbracciandolo) E quanno, quanno spusammo?... (abbracciandola) Al più presto, simpaticona mia! (scendendo dalla scala a dª in fondo) Vurria sapè si D.Felice... (vedendo Pasquale manda un grido) Che?!...Pascalino!... (Oh! Bonasera!) (si scosta) Chi è sta guagliona? Pecchè stiveve abbracciate?...Parla!... Si no strafoco a tutt’ ’e dduie. Neh, neh, mia signò, voi perchè vi incipollite tanto, pe sapè?...Chi site vuie? Songo a mugliera. Comme? ’A mugliera?...Ma...’a mugliera overamente o... comme si fosse?... Che comme si fosse!...’A comme si fosse sarraie tu, forse. Io songo ’a mugliera overamente! Ma allora m’avite mbrogliata? Chi? Addò?...Voi avete preso uno sbaglio. (poi a Ninetta) ’O buò vedè? E addimmannale comme me chiammo. Felice Sciosciammocca. Hê visto? Cu isso fa ’ammore. (a Sisina) Felice Sciosciammocca nun so io... E a Salierno pecchè hê ditto che accossì te chiammave? Pecchè hê ditto che me volive spusà? (con esagerata sorpresa) Si stato a Salierno?... A chi? Ma che siete pazza?...Guardatele bene le persone. Ma chisto tiene ’a faccia ’e cuorno! Ninetta mia... Ninetta mia?...Ninetta è morta per voi. Vedete llà...annude, mmiez’ ’e grade, abbracciato cu na femmena. Scuorno! Scuorno a sta faccia! (sale le scale in fondo a dª e sparisce) Uh! Che puzzate passà nu guaio! (a Sisina) Hê ditto che so pazza?...T’hê negato tutte cose? E va buono! Siente, casciabbanco ’e panne spuorche! Sempe che te ncoccio mmiezz’ ’a via...a sule a sule, c’ ’o nnammurato mio, t’aggia fa fa na cauciata nummero uno!...(Voglio vedè ’e truvà a D.Matteo, si no resto ’a fore ’a ccà e ’a llà!) Nun te n’incarricà, t’aggia fa spezzà ’e gamme! Stu tutto puorco!...(sale la scena agitatissima. Poi voltandosi bruscamente) Che? Che dice? Niente!

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Sisina Sta bene! (e via pel fondo a sin.) Pasquale E sta meglio!...Puozze rociolià tutt’ ’a gradiata. Lasseme vedè si pozzo calmà a muglierema. Mo me vesto e vaco ncoppa addo dottore, chella llà sarrà ghiuta. (entra 1a a sin. e chiude) Scena ottava Luigi, Pasquale, poi Concettella Luigi

Pasquale Luigi Pasquale Luigi Pasquale Luigi Pasquale Luigi

Pasquale Luigi Pasquale Luigi Pasquale Luigi Pasquale Luigi Pasquale

(dal fondo) Poco primma, aggio vista ascì correnno correnno a D.Pasquale Segatura. Dunque ’a mugliera sta sola... chisto è ’o momento. Audaces fortuna iuvat!...Oh! Cupido!...assistimi tu!!...(mette la chiave nella 1a a sin. e fa per entrare) (di dº) Chi è, neh? Aspettate...Addò ve mpezzate? (fuori in veste da camera) Chi v’ha dato ’a chiave d’ ’a casa nia? (’A casa soia? Ah! Chisto allora è D.Ciccio Pampuglia, ’o socio e D.Pascale!) E così?...(gridando) Psss!...Non c’è mica bisogno di gridare... (Fusse nu mariuolo?) Venite qua...(si avvicina) Nun t’accostà!...(gridando) Mariuolo! Zitto! Che mariuolo! Io sono un galantuomo. Volete sapere la verità? Ma mi raccomando il silenzio...(guarda intorno) La chiave stava vicino alla porta, poco prima me l’ho presa io, e sapete perchè?...(guarda di nuovo) Perchè faccio la corte alla moglie del vostro socio. Voi pure?...(Ma quanto va bello Da Amelia! Uno a Salierno, n’ato ccà!) Che volete, io, per la signora Ninetta, sarei capace di affrontare qualunque pericolo! Chi Ninetta? La moglie del vostro socio: Ninetta Segatura. (Muglierema!) ’A sto ghienno appriesso ’a stammatina. Da qua, a Salerno, da Salerno a qua! Ah!...È stata a Salerno? L’avete vista voi? Sicuro. Stammatina?



Luigi Pasquale Luigi Pasquale Luigi Pasquale Luigi Pasquale

TEATRO (1910-1920)

Sicuro. E ce steva pure ’o marito, D.Pasquale. ’O marito? Già. Nu giovanotto sbarbato, piuttosto curiuso... Nu giovanotto? Sbarbato? Piuttosto curioso? Sicuro. (E chisto nun po essere che D.Felice, certamente.) Permettete. (fa per entrare) Nu momento. E, scusate, siete buono ’e nc’ ’o dicere nfaccia che l’avite visto a Salierno a stu giovene nzieme cu Da Ninetta? Luigi Si capisce. Ma pecchè? Pasquale Pe n’affare. Trasite llà dinto...(mostra la camera la destra) Luigi Ma perdonate... Pasquale Trasite llà ddinto...(Ca po te spezzo io ’e gamme!) Favorite. (Luigi passa a destra) Aspettate nu momento ccà, per favore. Luigi Va bene. (Ma che bò fa?) (spia vicino alla porta) Concettella (dal fondo) Buona sera signò. Pasquale A ches’ora te retire? Concettella ’A signora ’o ssape, m’ha dato ’o permesso fino ’e 10. Pasquale Ah! Neh? (E già, pe nun fa vedè ’a chesta ch’asceva!) Hê visto a D.Felice abbascio? Concettella Gnernò. Pasquale Addo cancaro è ghiuto? (va ad affacciarsi alla balaustra) Luigi (esce sul pianerottolo) Neh, bella giò, scusa...Chillo signore è D.Ciccio Pampuglia? Concettella Chillo llà? Nonsignore. Chillo è D.Pasquale Segatura, ’o patrone mio. Luigi (sottovoce) Chillo llà?...Chillo è ’o marito ’e Dª Ninetta? Concettella Gnorsì. Luigi (Santa Barbara! Scappa, scappa!) (sulla punta dei piedi scappa pel fondo a sin.) Pasquale Non nce sta nisciuno...D.Felice, dunque, è stato a Salierno? E pecchè mi ha ditto che non s’era mosso ’a ccà? E pecchè c’è ghiuta pure Ninetta?...

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Scena nona Ciccio e detto, poi Ninetta, poi Felice Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale Ciccio Pasquale Ninetta Pasquale Ninetta Ciccio Pasquale Felice

Che buò trovà ferraro...stanno tutte chiuse...guè, Pascà? Guè, Cì? Ched’è, tu si vivo? ’O cavallaro nun t’â arrivato a accidere? Mo se tratta ’e nu fatto chiù serio. Muglierema steva a Salierno, capisci? Bella notizia! Io l’aggio vista! Pure tu? E che faceva a Salierno? Oh! Una cosa molto semplice: t’è ghiuta a combinà ’o servizio cu D.Felice!... Oh! Ciccì, abbada comme parle!...Muglierema e D.Felice nun erano capace... No, chille so state capace tutt’ ’e dduje!... Ma pecchè, l’hê visto? No, ma l’aggio ntise! Stevene affianco ’a cammera mia. Affianco ’a cammera toia? (ridendo) Ah! Ah! Ah! (Llà ce steva ’a mugliera!) E pecchè ride? Bello mio, hê pigliato nu sbaglio...affianco ’a cammera toia, nun nce stevene lloro... No? E chi ce steva? (ridendo) Ce steva invece...Ah! Ah! Ah!...Va buò, nun fa niente... nun mporta...nun ne parlammo cchiù! E fai buono! Vivece ’a coppa!...(Ninetta scende la scala e fa per andare 1a a sin.) Ah!...Nu momento, signora, venite qua! Vuie, da oggi in poi, faciteve ’e fatte vuoste, e io me faccio ’e mieie!... Silenzio!...Voi questa mattina siete stata a Salerno, è vero? (L’ha saputo!) Sicuro! È verissimo!...(Felice viene dal fondo a sinistra) (Ma tene na bella faccia cornea, sapete!) E ci siete stata cu D.Felice, che è l’innamorato vostro!... Rispondete, o signora! Che innamorato e innamorato!...Io sono un galantuomo e la signora è una donna onesta. Per fare troppo il mio dovere di guardiano fedele, aggio passato nu zeffunno ’e guaie, D.Pascà!...Sì, È overo, simme state a Salierno, così, per divertimento! E che male ci sta?



TEATRO (1910-1920)

Pasquale E t’hê pigliato ’o nomme mio? Felice E accossì nu fosse stato. Pe causa ’e st’equivoco, so stato pigliato a schiaffe, a cauce, me stevene sparanno, stevo facenno nu duello, so ghiuto dint’ ’a na tina d’acqua, me so sciaccato, nc’aggio refuse 150 lire d’automobile e 4 soldi di regalia, s’è scombinato nu matrimonio e aggio perzo 30mila lire e na bella guagliona...E che ato aveva passà?...(commosso) Scena decima Clotilde, Giulietta, Amelia e detti Clotilde (dal fondo a dª scendendo la scala. Giulietta e Amelia la seguono) Nonsignore,...non vi affliggete, la signora Ninetta ci ha raccontato tutto. Voi siete proprio quel D. Felice che s’aveva spusà a Giulietta. Felice Io proprio!... Clotilde E doppo chello che mi ha ditto ’e vuie ’a signora, io, con tutto il piacere ve la faccio sposare!... Felice Possibile? Giulietta E io, con tutto il cuore, vi accetto per marito! Felice Ah! Meno male!...(si abbracciano) Ninetta E so stat’io ch’aggio chiarito tutto, capisci?...Si era ’o nnammurato mio nun ’o facevo nzurà. Ciccio (scattando) Oh! Basta! Finiamo questa commedia. (a Pasquale) Ma tu che cretino sì!...Ma non te n’addone che stanno d’accordo tutte quante pe te fa ngannà, pe te mpapocchià? Si nun nce steva Da Ninetta, chi ce steva allora dint’ ’a cammera affianco ’a mia?... Amelia (avanzandosi) Ce steva io! Tutti Eh?? Pasquale (Ma che bella faccia cornea!) Ciccio Tu?...E m’ ’o dice nfaccia?...(fra sé) (Ah! Aggio capito tutte cosa...Te sacrifiche tu, pe salvà a Da Ninetta?... Che core d’angelo...che bella cosa.) (l’abbraccia) Pasquale Perdonami allora... Ninetta E chella signorinella ’e poco primma? Pasquale Chi? Sisina? Nun ’a conosco, parola d’onore. Neh, Cì, ’a conosco? Ciccio No, macchè! (con ironia) Ve l’assicuro io. (Fanno a buon compagno)

’O GUARDIANO ’E MUGLIEREMA



Ninetta E va bene, nun ne parlammo chiù. Pasquale Pupatella mia!...(s’abbracciano) Ah! Ma aspetta, ccà nce sta uno ch’adda avè cierti cauce ’a me...(passa nella camera a destra. Ninetta lo segue) Se n’è scappato ’o carogna!... Ninetta Ma chi? Pasquale Nu viecchio che te veneva appriesso. Ninetta Ah! Già. (ridendo) Ah!Ah!Ah!...(passano a sinistra) Pasquale Vigliacco! Scena ultima Matteo e detti Matteo

’A miezo...levateve ’a miezo. Addò sta D.Felice Siosciammocca? Ciccio Eccolo là. Felice Mamma mia! (spaventato) Matteo No, no...nun ve mettite appaura pecchè nun v’accido. Io ve so venuto a dicere che state senza penziero. Sisina m’ha giurato che nun ’o ffa chiù, ll’aggio perdonata e ’a fino ’o mese spusammo. Tutti Bravissimo! Matteo E stasera ce ne tornammo a Salierno. Tutti Buon viaggio. Matteo Grazie, grazie a tutte!...(sale la scena poi si volta) Che? Ch’avite ditto? Tutti Niente. Matteo Sta bene! (via) Pasquale D.Felì, da oggi in poi, quanno aggia partì, vuie avita essere ’o guardiano ’e muglierema. Felice Ancora? No, D. Pascale mio! Comandatemi in tutto, ma in questo mai più! Aggio passato troppe guaie e ho dato le mie dimissioni! (piccola pausa, poi, imitando Matteo) Che? Che dite? Tutti Niente. Felice Sta bene!! (abbraccia Giulietta) Tutti (ridendo) Ah! Ah! Ah! Fine 9 luglio 1917 ore 23,50

Mancini

Vincenzo Bottone (è Carluccio in Tanta guaie pe durmì, Ciccio in Il signor 39)

Carlo Pretolani

R. De Crescenzo

1-2-3) Eduardo Scarpetta (è Felice in Doje gocce d’acqua, Tanta guaie pe durmì, Il signor 39)

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4-5) Maria Scarpetta (è Mariuccia in La vendetta di Ciociò e Ninetta in ’O guardiano ’e muglierema)

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6-7) Vincenzo Scarpetta (è Giovannino in Doje gocce d’acqua, Mimì in È femmena o è diavolo?, Alberto in Tanta guaie pe durmì, Felice in La signorina Cochelicò, Celestino in Il signor 39, Felice in Statte attiento a Luisella, La vendetta di Ciociò, ’O guardiano ’e muglierema e La chiamavano Tutù, Ernesto in E s’è scetato ammore, Felice in Ero casto e puro, in ’O figlio ’e Donna Checca e in Tu mo che faciarrisse?)

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8) Gennaro Della Rossa (è Carluccio in Doje gocce d’acqua, Totonno in È femmana o è diavolo?, Achille in Tanta guaie pe durmì, Nicolino in La signorina Cochelicò, Giuseppe in Il signor 39, Achille in Statte attiento a Luisella)

9) Rosa Gagliardi (è Beatrice in Doje gocce d’acqua, Giulia in Tanta guaie pe durmì, Concetta in La signorina Cochelicò, Margherita in Statte attiento a Luisella)

10) Antonio Schioppa (è Alessandro in Doje gocce d’acqua, Antonio in La signorina Cochelicò, Achille in Il signor 39, Ciccio in Statte attiento a Luisella)

11) Maria Perrella (è Elvira in Doje gocce d’acqua, Leonilda in È femmina o è diavolo?, Teresina in Tanta guaie pe durmì, Carmela in Il signor 39, Rosa in La vendetta di Ciociò, Clotilde in E s’è scetato ammore, Sabina in Ero casto e puro, Chiarina in Tu mo che faciarrisse?)

12) Francesco Amodio (è Michele in È femmena o è diavolo?, Michele in La signorina Cochelicò)

13) Antonio Milzi (è Ciccio in Tanta guaie pe durmì, Marchese Penna in La signorina Cochelicò, Pasquale in Il signor 39, Carluccio in Statte attiento a Luisella)

14) Ester Blanche (è Elvira in Tanta guaie pe durmì)

15) Francesco Paolillo (è un signore in Il signor 39, Ciccillo in Statte attiento a Luisella)

16) Giuseppe Majuri (è Ciccillo in È femmena o è diavolo?, Saverio in La signorina Cochelicò, Totonno in Il signor 39, un usciere in Statte attiento a Luisella, Enrico in La vendetta di Ciociò, Cesarino in La chiamavano Tutù, Cav. Simpatia in E s’è scetato ammore)

17) Teresina Cappelli (è Emma in È femmena o è diavolo?, Virginia in Tanta guaie pe durmì, Elvira in La signorina Cochelicò, Teresina in Il signor 39)

18) A. Cammarano (è Luigino in Tanta guaie pe durmì)

19) Luigi Esposito (è una guardia in Tanta guaie pe durmì, Carlino in La signorina Cochelicò, Carluccio in Il signor 39, Giacomino in Statte attiento a Luisella, Pasquale in E s’è scetato amore, cocchiere in Tu mo che faciarrisse?)

20) Iannace

21) Mirone

Personaggi celebri

22) Ernesto De Curtis

23) Edoardo Nicolardi

24) Ugo Ricci “Mascarillo”

BIBLIOGRAFIA DELLE COMMEDIE

Ricostruire, il più compiutamente possibile, la lunga carriera artistica di Vincenzo Scarpetta, è stato il primo compito che ho cercato di assolvere partendo dal materiale a me giunto. La lettura continua e ripetuta dei copioni, di tutti i ritagli di giornale conservati e dei registri (Prime Rappresentazioni e Repertorio), affiancata a ricerche in biblioteche ed archivi, mi ha consentito di elaborare una cronologia della sua attività autoriale. Il risultato a cui sono giunta, lungi dal voler essere esaustivo comprendendo solo le commedie di cui sono riuscita a trovare testimoni o cenni, è da intendersi come una prima traccia per chi volesse approfondire la conoscenza di questo autore1. Ho cercato di “riassumere” il tutto in una tabella in cui, oltre all’anno di composizione, al titolo del componimento e al genere teatrale, sono indicati anche i luoghi istituzionali in cui sono conservate opere di Vincenzo Scarpetta. Per offrire ulteriori elementi di ricerca, ho ritenuto opportuno trascrivere le annotazioni apposte sui copioni dall’autore o dal copista, i visti della Prefettura, le eventuali “note”, riportate affianco ai titoli delle commedie nel Registro Repertorio e in quello Prime Rappresentazioni (che sembrerebbero indicare i testi di riferimento da cui furono tratte le riduzioni) e tutte quelle informazioni desunte dai ritagli di giornale conservati.

1 Ancora tutte da investigare e studiare sono, per esempio, le riviste musicali a cui si dedicò con trasporto dalla fine degli anni venti ma di cui, purtroppo, ben poco è conservato nell’Archivio Privato.

Legenda abbreviazioni • • • • •

cp.ms. copione manoscritto cp.dsc. copione dattiloscritto ms. manoscritto Archivio Privato V. S. (Vincenzo Scarpetta): •  P.R. Registro Prime Rappresentazioni di Eduardo e Vincenzo Scarpetta. •  Rep. Registro Repertorio Commedie di Eduardo e Vincenzo Scarpetta. Archivio EDF:  Testimoni presenti nel Fondo Eduardo De Filippo presso la Sez. Lucchesi Palli della Biblioteca Nazionale di Napoli. • Archivio Centrale dello Stato (Roma): Testimoni presenti relativi al periodo 1931-1944 • n.d.c. nota della curatrice

BIBLIOGRAFIA DELLE COMMEDIE

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1894 Tre surece e na gatta, Commedia 3 atti. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo firmato. “Napoli 23.10.94 Vomero”. 1896 In cerca di 5 lire!, Vaudeville. Archivio Privato V.S. Solo spartito musicale autografo con versi. Su prima pagina “Napoli, 96”. 1897 Amore sangue e paura, Scherzo comico. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo. Sul frontespizio: Bellini 97. Su ultima pagina: “Finito di scrivere il 20/2/97 Napoli.” Sul retro “Eugenie Fougere”. 1897 La colpa di Angiolina, Scherzo comico. Riduzione di V. Scarpetta. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo completo e 1 cp.ms. autografo incompleto: su frontespizio: “1897 Napoli”. 1897 La fuga di Fricò, Commedia brillantissima 3 atti. Archivio Privato V.S. 2 cp.ms. Su uno dei due, timbri Prefettura Napoli (29 aprile 1897) e Roma (7 marzo 1898). Rep.: rid. da “Un cappello a cilindro” 1899 Lu cascettino, Commedia 1 atto. Archivio Privato V.S. 2 cp.ms. Sul frontespizio di uno dei due: “Napoli 10.3. 99” (ispirata alla commedia omonima di Eduardo Scarpetta? n.d.c.) 1900 ca Della Rossa tormentato da Vincenzo Scarpetta, Scherzo comico. Archivio PrivatoV.S. 1 cp.ms. autografo. Su prima pagina è cancellato “Della Rossa” sostituito da “Salvietti”. Su frontespizio “Fiorentini 900”. 1900 A chiar’ ’e luna, Bozzetto drammatico a trasformazione. Atto unico. Archivio Privato V.S. 3 cp.ms. Completi autografi. Su uno dei due timbro Prefettura Napoli (9 gennaio 1900). 1 cp.ms. In francese. Prologo manoscritto e spartiti strumenti vari “A chiar’ ’e luna! Piccolo pot-pourri di Vincenzo Scarpetta” (Ispirato a “A guardar la luna” di Leopoldo Fregoli. n.d.c.) 1900 ca Amore e ginnastica, Commedia 2 atti. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, nessun cenno ad eventuale riduzione, secondo atto incompleto. (Dalla calligrafia sembra essere uno dei primi lavori. Riduzione da commedia omonima di Eduardo Scarpetta? n.d.c.) 1900 ca Berò e Bi-berò, Commedia 3 atti. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, su prima pagina “Teatro Fiorentini”. Dalla calligrafia sembra essere uno dei primi lavori. Eduardo Scarpetta copre la parte di Felice Sciosciammocca. 1903 Nu paracadute, Scherzo comico. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo. Su ultima pagina: Napoli 6.X.903.

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1904 “Doje gocce d’acqua” o “L’altro io”, Commedia 3 atti. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo firmato. Su prima pagina: “cominciata il 30 luglio 1904, finita il 30 agosto 1904”. timbro Prefettura Napoli 10 nov. 1904.; 1 cp.ms. Completo; 1 cp. ms. di copista (forse R. Puglia) con timbri Prefettura Roma (2 gennaio 1912) Bari (2 maggio 1927) e Roma (9 gennaio 1931). Rep.: da “La frustata” (di M. Hennequin e G. Duval.) 1904 La signora del cane!, Commedia 3 atti. Archivio Privato V.S. 2 cp.ms. Non datati. Sembrano essere dei primi del 900. La commedia parrebbe una versione di “È femmena o è diavolo?”. 1904 È femmena o è diavolo?, Commedia 3 atti. Riduzione. Archivio Privato V.S. Data presunta ricavata da quanto riportato su P.R.: Napoli 5 gennaio 1905. 1 cp.ms. di copista: su ultima pagina “Roma 19 marzo 1910 ore 9 a.m. Termino. Majuri G.”. 1 cp.ms. (autografo?) Con timbri Prefettura Roma (14.1.1930) e Bari (30.4.1927). 1 cp.dsc. (terzo atto incompleto) con timbri Siae di Napoli del 12.1.1970. Rep.: annotato “Nelly Rozier” (di M. Hennequin e P. Bilhaud.) Archivio EDF. 1 cp.dts con visto censura del 10.11.37 (invent. 1140); 1 cp.dts con visto censura 14.11.56 (invent. 1139); 2 cp. dts. (invent. 1137, 1138); 6 cp.dts privi del 3° atto. (invent. 1141, 1142, 1143, 1144, 1145, 1146). Archivio Centrale di Stato (censura teatrale). 1 cp. 1937 (443/8336). 1906 L’acqua del miracolo, Commedia 3 atti. Nuovissima riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo firmato. Sul frontespizio: “30 luglio 1906”, sull’ultima pagina, sotto firma, “14.8.906 ore 18.30”. Rep.: annotato “Le pillole d’Ercole” (M. Hennequin e Paul Bilhaud.) 1906 “Tanta guaje pe’ durmì” o “L’albergo del serpente”, Commedia 3 atti. Nuovissima. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. con il titolo “L’albergo del serpente” e 1 cp.ms. solo terzo atto con il titolo “Tanta guaie pe’ durmì”. P.R.: annotato “La marmotta” (Mars e Xanrof) Archivio EDF. 1 cp. ms. Con dicitura “rappresentata per la prima volta a Roma Teatro Valle il 6.12.1906” Distribuzione ruoli (inventario 1165); 1 cp.dts 27/2/1959 nulla osta Cp La Scarpettiana (inventario 1164); 1 cp.dts (inventario 1166). 1907 Nu duello a butteglie, Bizzarria comica in 3 atti. Nuovissima. Originale. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, su prima pagina “Anno 1907”. 1907 Nu brutto quarto d’ora!, Scherzo comico ridotto. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, su prima pagina “1907”. 1 cp.ms. Autografo firmato. Su copertina dedica ad Amelia Bottone per l’esecuzione accurata del personaggio di Ninetta. All’interno, sotto lista personaggi,

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“Rappresentato la prima volta a Roma, teatro Valle, la sera del 21 febbraio 1908.” Sull’ultima pagina, sotto firma, “Roma, 11.2.908”. 1907 La signorina Cochelicò, Commedia 3 atti. Originale. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Su prima pagina: “1907”. Su ultima pagina “Napoli 12 agosto 1907. Ricopiata dall’attore Majuri G. che fa i suoi sinceri auguri per un gran successo”. 1 cp.ms. Finito di ricopiare da Domenico Iannace il 2.11.1911 a Palermo come indicato sull’ultima pagina; timbro della Prefettura di Roma (19.1.1912 sotto titolo prima pagina). 1 cp.ms. finito di copiare il 28.4.1930 a Roma da Renato Puglia. 1 cp.dsc. 1908 ’O figlio ’e papà. (Tale padre...), Commedia 3 atti. Archivio Privato V.S. Rep.: annotato “In bocca al lupo” Archivio EDF. 3 cp.dts. (inventario: 1168, 1169, 1167-privo 2°atto). 1908 Il signor 39, Commedia 3 atti. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo firmato. 1 cp.ms.: sulla prima pagina del 3°atto: 1908. 2 cp.ms. su uno dei quali è posta la data di fine copiatura Napoli 2 giugno 1910. 1 cp.dsc completo e 1 cp.dsc. Solo primo atto. Rep.: annotato “Le N.18” (Henri Keroul e Albert Barre) Archivio EDF. 3 cp.dts (inventario 1150, 1151, 1152). 1909 ’A riggina d’’o mare, Commedia musicale di attualità in (?) atti. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, solo secondo atto alla cui fine l’autore scrive “Fine del secondo atto e della commedia 15.10.1909”. Archivio EDF. 1 cp.ms. del solo primo atto. In prima pagina: “Commedia musicale di attualità in 3 atti. Commediata sul Vomero il 13/9/1909”. (inventario 1149). 1909 Na bona lana, Commedia 3 atti di V. Scarpetta e F. Paolillo. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Su prima pagina Napoli 14/6/09 F. Paolillo. Sull’ultima pagina “Da correggersi”. >1910 Il liquore di Venere, Commedia 3 atti. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, titolo cancellato “L’elisir Pichiechia”. Eduardo Scarpetta copre la parte di Felice Sciosciammocca: rappresentata, quindi, prima del 1910 data del suo ritiro dalle scene. >1910 Simpaticone, Commedia 3 atti. Riduzione. Archivio Privato V.S. 2 cp.ms. Non datati. Tra gli attori anche Eduardo Scarpetta: rappresentata, quindi, prima del 1910. P.R. e Rep.: annotato “Cherie”. 1910 “Amore e spiritismo” o “L’Ultimo ’e ll’anno!”, Commedia 3 atti. Nuovissima di V. Scarpetta e T. Rovito. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Scritto forse a quattro mani; 1 cp.ms. nell’ultima pagina “19 maggio 1911 Domenico Iannace copiò”. Rep.: annotato “Notte di San Silvestro” (di Riccardo Castelvecchio? n.d.c.)

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1911 ’O tuono ’e marzo, Commedia 3 atti, riduzione. Nuovissima. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo. 1 cp.dsc con timbro Min.Cul. Pop. (8.12.1937); terzo atto incompleto. P.R.: annotato “Un coup de foudre” (Léon Xanroff.). Archivio EDF. 1 cp. ms. “copista Giuseppe Majuri, dal 1 al 24 maggio 1912” (inventario 1170); 3 cp. dts del 1957 (inventario 1171, 1172, 1173). Archivio Centrale di Stato (censura teatrale). 1 cp. 1937 (52/936). 1911 Statte attiento a Luisella, Commedia 3 atti. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. di copista non identificato: su ultima pagina “finito di copiare a Roma il 23.4.1911”. Sul retro prima pagina visto Prefettura Napoli (23.5.1912). Rep.: annotato “Occupati d’Amelia” (Feydeau). Archivio EDF. 9 cp.dsc. (invent. 1153, 1154, 1155, 1156, 1157, 1158, 1159, 1160, 1161). 1913 “Cose ’e ll’ato munno” o “Il Principe O Yet Sang”, Commedia 3 atti. Nuovissima. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. di copista non identificato. Timbro Prefettura Roma (12.1.1913) su prima pagina, su ultima data del 4.1.1913. Rep.: annotato “La trappola”. 1913 “Pe nu bacio a Zozò” o “’O sequestro ’e Zozò”, Commedia 3 atti. Nuovissima. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo.Titolo Pe nu bacio a Zozò. 1 cp.ms. Con titoli “’O sequestro ’e Zozò” o “Pe nu bacio a Zo-zò!” 1913. 1 cp.ms. Titolo “Pe’ nu bacio a Zozò!”, sul retro prima pagina timbro Prefettura Bari (30.4.27), su ultima pagina 1923 con sigla. 2 cp.dsc. su uno timbro Min.Cul. Pop (23.3.1938). P.R: annotato “I pantaloni”. Archivio Centrale di Stato (censura teatrale). 1 cp. 1938 (232/4223). 1914 “’O figlio d’’o ministro” o “Perzechella”, Commedia 4 atti. Nuovissima. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo firmato col titolo “’O figlio d’’o ministro”. Su ultima pagina: 24.11.1914. 1 cp.ms. Col titolo Perzechella. P.R.: annotato “La duchesse des Folies Bergeres” (C. Feydeau). 1914 “Perzechella” o “Il pecorello smarrito” o “’O figlio d’’o ministro”, Brillantissima Commedia 3 atti. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Su prima pagina titolo Perzechella 3 atti, su seconda pagina indicati i tre titoli e correzione da 4 atti a 3, timbri Prefettura Palermo (22.5.1916), Roma (20.1.1919), Napoli (22.4.1919). 1915 ’A signurina d’’a pensione, Commedia 3 atti. Nuovissima. Originale. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo. Su pagina del 1 atto: “cominciata il 10 luglio 1915”, su ultima pagina “terminata Napoli 1 agosto 1915 ore 4 a.m.!!!”. 1 cp.ms. Su prima pagina timbri Prefettura Roma (17 marzo 1916) Palermo (22 maggio 1916) Roma (6 ? 1930). “Andata in

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iscena a Roma. Al teatro Manzoni, il 24 aprile 1916”. Su ultima pagina: “Strepitoso successo al Manzoni di Roma 1916”. 1915 Core e Patria, Scene patriottiche in 1 atto. Nuovissime. Grande attualità. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo completo e 1 cp.ms. Autografo incompleto. 1 cp.ms. copista Domenico Iannace che così scrive a fine lavoro “Dominicus Iannace copiavit hunc librum ab originale Vincentius Scarpetta in die IX Iuniiy 1915. fortuna bona!” 1916 ’O diavolo e ll’acqua santa, Commedia 3 atti di Vincenzo Scarpetta e Eugenio Aiello. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Sul frontespizio visto Prefettura Napoli (19.12.1916). 1916 La vendetta di Ciociò!, Commedia 3 atti. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Su prima pagina, sotto titolo, 1916 e timbro Prefettura di Roma (16.2.1917). Sulla seconda, timbro Prefettura Roma (21.1.18) P.R.: annotato “Buon giudice”. 1916 “Signore siete un porco!” O “La vendetta di Claretta”, Commedia 3 atti. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo su ultima pagina “Terminata il 10.8.1916 ore 23.30”. P.R.: annotato “L’allegro equivoco” (Desroches e Mars). 1917 Diavolone – La Zoccola film, Commedia 3 atti. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. datato 1917 in cui “Zoccola Film” è sostituito da “Brioscia Film”. 1 cp.ms. Autografo. Titolo “Diavolone o La Zoccola film” nell’ultima pagina “Roma 29.1.1918”. (da riduzione di P. Riccora di “Il signor giudice” di Nancey e Rioux.) 1917 “Il Signore del cinematografo” o “Nu mese ’o ffrisco”, Commedia 3 atti del cav. Vincenzo Scarpetta e Paola Riccora. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo. Su ultima pagina “a Salerno, 19.5.917 dove mi ero recato a dare 7 recite al Luciani”. 1 cp.ms. Su prime pagine timbro Prefettura Napoli (22.9.1917), Roma (12.11.1917), Bari (2.5.1927), Roma (2.1.30). Su retro ultima pagina “Suggeritore Domenico Iannace Teatro Margherita Bari. 25 giugno 1921”. Archivio EDF. 1cp.dts. (inventario 1162). 1917 ’O bastone ’e pastafrolla, Commedia 1 atto. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo. Su ultima pagina “Napoli 4. 6. 917”. 1 cp.ms. Con visto Prefettura Roma (31. ?. 1930). (da commedia omonima di Eduardo Scarpetta? n.d.c.) 1917 ’O guardiano ’e muglierema, Commedia 3 atti. Nuovissima. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo. Su prima pagina “Cominciata: 6.6.917 Finita: 9.7.917”. Su ultima pagina: “9.7. 917 ore 23,5”. P.R.: annotato “Florette e Patapon” (Hennequin e Veber). Archivio EDF.

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1 cp dts per suggeritore (inventario 1147), 1 cp dts. Con annotazione Anatrelli (inventario 1148). 1918 Comme ha fatto mammà, Commedia 3 atti. Nuovissima. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo. Su ultima pagina “Roma 2.12.918”. P.R.: annotato “La vendetta di Eva”. 1918 La donna è mobile, commedia musicale in 4 atti, parodia. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. per suggeritore, con timbro Prefettura Roma del 30.12.930, su ultima pagina “copiata da Renato Puglia Roma 17.12.29 suggerita con questo copione il giorno di Natale 1929”. 1 libretto dei versi. Autografo. 1 Partitura manoscritta datata 1919. Spartiti per pianoforte datati 1918 e 1919. Spartiti per violino 1°, violino 2°, violino 2°b, flauto, violoncello, tromba, trombone, clarino,contrabasso, corni 1° e 2°, viola, batteria, Spartiti vari per i brani. (da “Nu tesoro int’ ’a na seggia” di Giacomo Marulli. n.d.c.) 1918 L’erede ’e Pallamoscia, commedia musicale in 4 atti, parodia. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo Sotto titolo “Roma, 1918”. Altro titolo de “La donna è mobile”. 1919 L’uomo è stabile o L’eredità di Cocò, commedia parodia musicale del Cav. Uff. Vincenzo Scarpetta (in 3 atti). Archivio Privato V.S. 1 c.m. Con visto prefettura Roma (13.3.1919). 1 libretto dei versi Autografo datato 1919. Spartiti per pianoforte, violino 1°, violino 1°b, violino 2°, violoncello, clarino, flauto, corni in fa, batteria, tromba, trombone, contrabasso. Spartiti vari. (da “Il pappagallo de lu Sinnaco” o “Cocò” di Eduardo Scarpetta. n.d.c.) 1920 Ordinanza, “Bozzetto della vita militare” in 1 atto di A. Testoni. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo e firmato. 1920 Era zetella ma..., Commedia 3 atti da “La vergine dell’antella” di A.M. Tirabassi. Archivio Privato V.S. P.R.: Manzoni 21.1.1921 e Bellini 16.4.21. Archivio EDF. 2 cp.dts. (invent.1135, 1136). Edizione a stampa. “Era Zetella ma...” Ed. Bellini, Collana Minimalia, 1997 (unica versione della commedia stampata su testo consegnato dal figlio dell’Autore. n.d.c.). 1921 La coda del diavolo, Commedia 3 atti. Riduzione di Eduardo e Vincenzo Scarpetta. Archivio Privato V.S. 2 cp.ms. Completi con specifica in prima pagina Riduzione di E. e V. Scarpetta, data “Primavera 1921” e 2 cp.ms. di cui uno privo del terzo atto. 1921 Pronto...6 e 22, Commedia 3 atti. Rid. di P. Riccora. Adattata alla Compagnia da Vincenzo Scarpetta. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. autografo, su ultima pagina “29.9.921”.

BIBLIOGRAFIA DELLE COMMEDIE

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1922 Morettino del mio cuore, Commedia 3 atti. Riduzione da “Sua cugina” di A.F. Lepina. Nuovissima. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo firmato; sull’ultima pagina “13 maggio 1922”. 1 cp.ms. Su prime pagine timbri Prefetture Roma (20.10.1922 e 2.1.1930), Milano (5.5.1925), Bari (2.5.1927 e 28/9/1928), Genova (24.4.1929). Su ultima pagina firma di Vincenzo Scarpetta e “Entusiastico successo al Trianon di Napoli. E.Pellizzi”, “Prima rappresentazione 29 ottobre 1922 Teatro Manzoni Roma”, Su altro foglio “Suggerita da R.Puglia il 26.3.31 al Teatro Balbo di Torino avanti alle LL.AA.RR. I Principi del Piemonte per serata d’onore di R. di Napoli e replicata il 29. Recite diurne”. 1 cp.ms. Con specifica, sotto titolo “Riduzione sintetica della commedia del Comm. V.Scarpetta.”, “Un’ora e 40” e timbro Prefettura Roma (20.7.31). 1 cp.dsc. Archivio Centrale di Stato (censura teatrale). 1 cp., 1937 (inventario 443/8335). 1922 Vi presento mio zio!..., Commedia 3 atti. Riduzione de “Il signor Duca” di F.A. Lepina. Nuovissima. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo firmato e datato su ultima pagina “Roma 23.11.22”. 1923 La barba di Sciascillo, 3 atti comici. Riduzione de “La barba di Anastasio” di P. Munoz Seca tradotto dallo spagnolo da E. Tedeschi. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, su prima pagina “Cagliari 22.6.923”. 1923 (?) La signorina del Paraguay, Commedia 3 atti riduzione di Paola Riccora adattata alla compagnia da Vincenzo Scarpetta. Archivio PrivatoV.S. 1 cp.ms. Con timbro Prefettura Roma (23.10.1923). 1924 Bobò, Commedia 1 atto di Pippo Marchese. Tradotta per le scene napoletane da Vincenzo Scarpetta. Nuovissima. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo firmato. Su prima pagina timbri Prefettura Roma (21.8.1924 e 24.6.1931), Milano (11.5.1925), Bari (25.11.1931). Su ultima pagina “Reggio Calabria 9.6.924” e “Prima rappresentazione Teatro Manzoni Roma, 27 gennaio 1929”. 1 quaderno manoscritto, copista R. Puglia, che comprende Bobò, copiato a “Messina 5.12.31” e Cleptomania Scherzo comico in un atto copiato a Napoli 7.1.31. 1924 ...E s’è scetato ammore!, Commedia 3 atti. Riduzione da “Cupido che dorme” di A. De Rouelle. Nuovissima Archivio PrivatoV.S. 1 cp.ms. Autografo. Su prima pagina “giugno 1924”, su ultima pagina “Coroglio 27.8.1924”. 1 cp.ms. Datato 1925 su prima pagina, timbri Prefettura Genova (27.4.1925) e Milano (4.5.1925). Su ultima pagina “Roma, 5 marzo 1925 Prima rappresentazione Teatro Manzoni. Grande successo”. Spartiti canzoni e musiche.

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1924 La triplice alleanza, Vincenzineria Scarpettiana, in un atto, poche parole, molti gesti e parecchia musica. Di V. Attepracs e A. Inainotna. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Privo di spartiti. 1 cp.ms. Con titolo originario “Pupatella-Scene Comiche napoletane in un atto” e con titolo aggiunto “La triplice alleanza”, firmato e datato (14 febbraio 1924) da Armando Antoniani con correzioni di Vincenzo Scarpetta. 1925 Tu mo che faciarrisse?, Commedia 3 atti da “Cosa farebbe lei?” di A. Testoni. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo firmato e datato (11.8.1925). 1 cp.ms. Sotto titolo timbri Prefettura Napoli (9.9.1925) e Roma (12.10.1929), sul retro della pagina “Prima rappresentazione Teatro Fiorentini Napoli 19 settembre 1925”. Archivio EDF. 1 cp.dts. (inventario: 1163). 1925 La chiamavano Tu-tù, Commedia 3 atti, rid. Nuovissima. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo. Su ultima pagina “8.9.925” (da ricerche: riduzione di “Feu Toupinel” di Alexandre Bisson). 1926 La mattina del 5 agosto, Commedia 3 atti. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo firmato e datato “Campobasso 14 agosto 1926”. 1926 Io mi diverto!...E tu?, Commedia 3 atti. (Originale). Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo. Sotto titolo: “originale”, su ultima pagina “Roma 18.12.926”. 1 cp.ms. In cartellina su cui è cancellato “originale” e scritto “da commedia in due atti ‘Le nozze di Ivette’” di E. Reggio, c’è copione manoscritto, senza alcun riferimento alla riduzione. Visti Prefettura Roma (19.2.1927), Bari (30.4.1927) e Napoli (8.9.1927); su ultima pagina “Prima rappresentazione Teatro Manzoni Roma, 19 febbraio 1927”. 1 quadernetto ms. con specifica “Riduzione sintetica in 2 atti dalla commedia del comm. V. Scarpetta”, timbro Prefettura Roma (15.7.31). 1 cp. dts: sotto il titolo “dalla commedia in 2 atti di E. Reggio “le nozze di Ivette”, timbro del Min. Cul. Pop. (22.3.1938). Archivio Centrale di Stato (censura teatrale). 1 cp.,1938 (inventario 232/4224). 1927 Salve maestro!, Commedia 3 atti. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, su ultima pagina “Roma 24.3.1927”. 1 cp.ms. Con timbri Prefettura Roma (19.5.27) Napoli (10.10.1927) e Bari (29.9.28), su ultima pagina scritta “Prima rappresentazione 10 marzo 1928 Teatro Manzoni Roma”. Da articolo di giornale: riduzione di “Le penne del pavone” di Oreste Poggio. 1928 Totò tu mi rovini, Commedia 3 atti. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo titolo originario “Dodò, tu mi rovini” corretto in Totò. Su pagina primo atto “Cominciata 8.5.928”;

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1 cp.ms. con visto Prefettura Roma (11.4.1930). 1 quadernetto ms. Con dizione “Riduzione sintetica in 3 atti dalla Commedia del Comm. Vincenzo Scarpetta”, visti Prefetture Roma (24.6.31), Bari (19.11.1931), Messina (7.12.1931); su ultima pagina firma copista R. Puglia e nota “Roma, Bari, Messina, Napoli, Palermo”. 1 cp.dts. Con timbro Min. Cul.Pop. (29.9.1937). 1928? L’erede del bal Tabarin, Commedia 3 atti. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Il testo, non datato, potrebbe essere della seconda metà degli anni venti. 1 cp.ms. Con su scritto “Adattamento e regia di Mario Mangini”. 1928 A fra poco Ciribin, Commedia 3 atti. Riduzione Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, su prima pagina: “Cominciata a Cagliari il 24.8.1928 Hotel Moderno”. 1 cp.ms. Nessun riferimento a riduzione, timbro Prefettura di Roma (1.3.1929). firma e anno 1929 su ultima pagina. 1928 Tengo il corno e me lo tocco, Commedia brillante 3 atti di Vanni Pucci. Riduzione napoletana di Vincenzo Scarpetta. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms., su prima pagina timbro Prefettura Roma (19.11.1928), siglato su ultima pagina da copista non identificato “1928”. 1930 Ah!! Quelle bretelle..., Commedia 3 atti. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, su prima pagina “febbraio 1930”, su ultima “18.3.1930”. 1930 Ero casto e puro, Commedia 3 atti, riduzione. Nuovissima. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo e firmato su ultima pagina “22.9.1930”. 1 cp.ms. per suggeritore, all’interno 1a pagina, timbri Prefettura Roma (12.11.930) e Genova (3.3.31). Presente timbro “Giardino D’Italia”. Da ritaglio di giornale: tratto da “Il casto viveur” di Arnold e Bach. 1930 La donna serpente, Commedia 3 atti. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1.cp.ms. Il 1° atto è su commedia di altro autore (non identificato) su cui sono apportate le modifiche da V.S. 1. cp.dsc. Con timbro Prefettura Roma (6.2.30); su penultima pag. nota autografa di Renato Puglia “Teatro Manzoni Teatro Margherita 1929-30 =1930-31 Bellini 30 gennaio 1931”. 1930 Penzate ’a salute, Commedia 3 atti, rid. Nuovissima. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo. 1 cp.dsc. Con timbro Prefettura Roma (10.11.1930) e Milano (25.2.1931). 2 cp.dsc. Su uno timbro Min.Cul.Pop. (22.9.1937). Da ritaglio giornale: tratta da “Max o Maurizio?” di Toni Impekoven e Karl Mathern.

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1930 Tengo nu bello naso, Commedia 3 atti. Nuovissima. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, terzo atto non completo. 1930 Vivendo volando che male ti fo?, Commedia 3 atti di P. Riccora adattata alla Compagnia dal Cav. V. Scarpetta. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Con correzioni di pugno di Scarpetta. 1 cp.ms. Per suggeritore, timbro Prefettura Roma (6.?.1930) 1931 Donna Checca teneva nu figlio o ’O figlio ’e donna Checca, Commedia 3 atti. Nuovissima. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, sotto titolo, scritto a matita “Il lieto evento”, su pag. 1° atto “Torino 27.3.31”, su ultima pagina firma e “Roma 19.4.1931”. 1 cp.ms. con timbro Min.Cul.Pop. (1.9.1937), copiato da R. Puglia “Roma Aprile 1931” come indicato su ultima pagina. 1931 E tre sternute, Commedia 2 atti. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, firmato, su ultima pagina “Roma 23.7.931”. 1 quadernetto ms. Su ultima pagina timbro Prefettura Roma (10.8.1931) e firma copista Renato Puglia “Roma 27.7.31”. 1931 La signora X...8 e 90, Commedia 2 atti Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, firmato, su ultima pagina “26.8.931 Roma via Belsiana 60”. 1 quadernetto ms con timbri Prefettura Messina (9.12.31) e Bari (25.11.1931), su ultima pagina firma del copista Renato Puglia “Bari 22.11.31”) 1931 L’innesto dell’eternità, Commedia 1 atto di Carlo Veneziani riduzione in dialetto napoletano del comm. Vincenzo Scarpetta. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, su prima pagina “1931 Roma”. 1 cp.dsc. 1931 Pif e Paf, Commedia 3 atti. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, su prima pagina “1931 Roma”. 1 cp. ms. copista R.Puglia con autorizzazione del Ministero (22 luglio 1931), 2 cp.dsc. Archivio Centrale di Stato (censura teatrale): 1cp.ms 1931 (inventario 110/1948); 1 cp.dts 1937 (inventario 443/8334). 1931 ’O miedeco d’’e femmene, Riduzione sintetica in 2 atti dalla commedia di E. Scarpetta. Archivio Privato V.S. 1 quadernetto ms con timbri Prefettura Roma (24.6.31), Bari (20.11.1931) Messina (7.12.31). Copista R. Puglia? 1931 ’O marito ’e Nannina, Riduzione sintetica in 2 atti dalla commedia di E. Scarpetta. Archivio Privato V.S. 1 quadernetto ms. con timbri Prefettura Roma (24.6.31), Bari (20.11.1931) Messina (7.12.31), copista R. Puglia (Roma 1.6.31).

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1931 Na bella invenzione, Sketc di Kokasse (Mario Mangini) e V. Scarpetta Archivio Privato V.S. 1 quadernetto ms. contenente anche “Francesca da Rimini”, con timbri Prefettura Roma su foglio volante per “Una bella invenzione” (3.1.31) e (24.6.31). Bari (20.11.1931) Messina (7.12.31). Copista R. Puglia? 1931 Francesca da Rimini, Atto unico Parodia in un prologo e un atto di E. Scarpetta. Vedi “Na bella invenzione”. 1931 La lega dei mariti, Commedia 2 atti riduzione sintetica dalla commedia di E. Scarpetta. Archivio Privato V.S. 1 quadernetto ms. con timbri Prefettura Roma (18.4.31); copista R. Puglia “Roma 21.10.31”. 1931? O zio, mio caro zio, Commedia 1 atto. Archivio Privato V.S. 1 quaderno ms, copista R.Puglia, a “Napoli 10.11.31.” 1931 Liolà, Commedia 3 atti adattamento in Napoletano di Liolà di Pirandello. Archivio Centrale di Stato (censura teatrale) 1 cp.ms., 1933 (31/531) In terza pagina: “già autorizzata dall’Alto commissario di Napoli il 16/9/31”. In quarta pagina: “Prego inviare al Sig. Giuseppe De Filippo Teatro Valle”. 1932 Il signore è dottore?, Commedia 1 atto. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, sotto titolo la scritta originaria “Scherzo comico in 1 atto del comm. Vincenzo Scarpetta” risulta poi corretta in “commedia in 1 atto, rid. del comm. V.S.”; firmato, su ultima pagina “28.3.1932 Roma via Belsiana 60. ore 23”. 1 quadernetto ms firmato su ultima pagina dal copista R. Puglia “Roma 8.4.32” e timbro Ministero Interno su retro (13.4.1932). 1932 L’amico ’e papà, Riduzione sintetica in 3 atti dalla commedia di E. Scarpetta. Archivio Privato V.S. quadernetto ms., timbri Prefettura Roma (19 giugno 1932) e Bari (25 novembre 1932). Copista R. Puglia (25 maggio 1931) 1932 Qualcosa di lei, Commedia 3 atti. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, firmato, su ultima pagina “22.4.1932 Roma via Belsiana 60”. 1932 Si cchiù mariuolo ’e me, Commedia 1 atto di Vincenzo Scarpetta e Renato Puglia. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Sul frontespizio coautore R. Puglia e nessun cenno a riduzione. Su ultima pagina “luglio 1932”; 1 cp.ms. Sul frontespizio cancellato R. Puglia e aggiunto “riduzione”. Su ultima pagina “luglio 1932”.

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1935 ’A macchiulella nera, Commedia 2 atti da “Io so tutto” di Giovanni Salvestri. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, firmato, su ultima pagina “Roma 1935”. 1 cp.ms. autografo su fogli volanti a cui mancano 4 pag. del secondo atto. 1935 Il diavolo in gonnella, Commedia 1 atto. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. autografo, su ultima pagina “Roma 5.8.1935”. 1944 Felice e contento, Commedia 3 atti. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, su ultima pagina “16.8.1944 Roma via Belsiana 60”. 1944 I due nidi, Commedia 3 atti. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, solo 2° e 3° atto, su ultima pagina “29.8.1944 Roma via Belsiana 60”. 1944 La signora dal guanto bianco, Commedia 2 atti. Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, su ultima pagina “27.7.44”. 2 c.dsc. Su uno dei due timbro Presidenza Consiglio dei Ministri Servizio Revisione Teatrale (14.12.1948). 1944 Pronti...vermicelli al dente, Commedia 1 atto. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, firmato sull’ultima pagina “17.9.44 Belsiana 60. Roma”. 1 cp. dsc. timbro Presidenza Consiglio dei Ministri Servizio Revisione Teatrale(3.12.1948). 1944 Quello che ha preso lo schiaffo, Commedia 1 atto. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Autografo, firmato, su ultima pagina “13.9.1944 Roma via Belsiana 60”. 1 cp.dsc. Con timbro Presidenza Consiglio dei Ministri Servizio Revisione Teatrale (14.12.1948). ?

No!...Peppe!! Tu non l’avrai!, Commedia 2 atti. Nuovissima Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. Il testo, non datato, è mancante di tutto il secondo atto.

?

Via Pace 23, Commedia 3 atti. Nuovissima Riduzione. Archivio Privato V.S. 1 cp.ms. testo non datato. Altro titolo “Strada Pace 23”. P.R.: affianco al titolo “Stratagemma di xxxxx”.

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Commedie citate ma non trovate negli Archivi ?

La prima notte, commedia, citata su ritaglio giornale.

1894 Chi è nepoteme?, commedia, citata su ritaglio giornale. 1896 Nu pasticcio a li bagni, Commedia 1 atto, Prima rappresentazione Teatro Bellini 4.12.1896 (da locandina). ?

Mio bebè, commedia, Citata REP.

1920? Pe cuntentà na femmena, commedia, Citata REP. e P.R.: Teatro Bellini 24.7.20. ?

Re di denaro, ?, Citata REP.

?

Sbaglio, paura, e mbroglie, commedia, Citata REP.

1925 Chello che simmo e chello che parimmo, Commedia. Rid. da “La maschera e il volto” di L. Chiarelli,Citata REP.; su articolo giornale “Don Marzio” dell’11 marzo 1925 e in “Storia del teatro napoletano” di V. Viviani. Molto probabilmente un testimone è conservato dalla Fondazione Nino Taranto se fa fede una nota trovata nell’Archivio Privato V.S. in cui è scritto “consegnata a Nino Taranto”.

Testi

1. 2. 3. 4.



5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17.

J.J. Winckelmann, Le scoperte di Ercolano, a cura di Franco Strazzullo B. Panvini, Poeti italiani alla corte di Federico II U. Barbaro, L’essenza del can barbone, a cura di Lea Durante C. Tenca, Delle strenne e degli almanacchi. Saggi sull’editoria popolare (1845-59), a cura di Alfredo Cottignoli G. Guinizelli, Rime, a cura di Pietro Pelosi Michelangelo Buonarroti il Giovane, La fiera. Seconda redazione, a cura di Olimpia Pelosi G. Gozzano, Nell’Oriente favoloso. Lettere dall’India, a cura di Epifanio Ajello P. Bertinetti (a cura di), La commedia inglese della Restaurazione e del Settecento S. Di Giacomo, Gli sfregi di Napoli. Testi storici e letterari sui bassifondi partenopei, a cura di Giovanni Greco, con un saggio di Stefano Scioli Anonimo portoghese (XVII secolo), L’arte del Furto, traduzione e cura di Maria Luisa Cusati F. Fontanini (a cura di), Piccola antologia del pensiero breve L. Viani, Racconti (1928-1936), a cura di Marco Veglia E. Ajello (a cura di), Carlo Goldoni. Memorie italiane Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso, a cura di G.A. Camerino Dante Alighieri, La Divina Commedia, Purgatorio, a cura di G.A. Camerino Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, a cura di G.A. Camerino V. Scarpetta, Teatro (1901-1920), Vol. I, a cura di Maria Beatrice Cozzi Scarpetta

L

a difficile reperibilità delle commedie di Vincenzo Scarpetta, non ha consentito, fino ad oggi, di conoscerne la feconda e brillante produzione iniziata a fine ’800 e proseguita ininterrottamente fino a metà anni ’40. Per colmare almeno in parte questo vuoto e permettere agli amanti del genere di riscoprire un grande nome del teatro napoletano, la curatrice propone la trascrizione fedele di alcune commedie inedite, scritte nei primi tre decenni del ’900. In questo primo volume, un profilo dell’Autore, la bibliografia delle sue commedie e quattro testi del 1910-1920: ’O tuono ’e marzo, nella sua prima stesura, Statte attiento a Luisella, La vendetta di Ciociò e ’O guardiano ’e muglierema. A corredo, caricature e disegni di Vincenzo Scarpetta.

TESTI 17

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aria Beatrice (Mariolina) Cozzi Scarpetta si dedica da anni allo studio di Vincenzo Scarpetta, figlio del celebre commediografo Eduardo. Dalla copiosa produzione artistica è emersa la figura poliedrica di Vincenzino non solo come acclamato attore ma anche come valente autore di commedie, musicista e pioniere del cinema muto napoletano. Per permettere il giusto recupero di una tradizione artistica e culturale, ha deciso di pubblicare una selezione di commedie inedite trascrivendole dai manoscritti conservati nell’archivio privato di famiglia. Un prossimo lavoro riguarderà l’attività di Vincenzo e Eduardo Scarpetta nel nascente cinematografo.

In copertina: Vincenzo Scarpetta in una caricatura disegnata da Romeo Marchetti nel 1920.