Sacra facere. Aspetti della prassi ritualistica divinatoria nel mondo romano


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Sacra facere. Aspetti della prassi ritualistica divinatoria nel mondo romano

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MOS MAIORUM STUDI SUllA TRADIZIONE ROMANA -

l

-

Collana diretta da Enrico Montanari

CLAUDIA SANTI

SACRA FACERE Aspetti della prassi ritualistica divinatoria nel mondo romano

BUI20NI EDITORE

È

TUTTI I DIRITTI RISERVATI vietata la traduzione, la memorizzazione elettronica,

la riproduzione totale o parziale, con qualsiasi mezzo,

compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. L'illecito sarà penalmente perseguibile a norma dell'art. 171 della Legge n. 633 del 22/04/1941 ISBN 978-88-7870-269-1

© 2008 by Bulzoni Editore 00185 Roma, via dei Liburni, 14 http://www. bulzoni.it e-mail: [email protected]

INDICE

Presentazione della collana ....

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ABBREVIAZIONI ...

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INDICE ANALITICO

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Prefazione di E. Montanari ................... .................

.

Introduzione Ambiti della divinazione romana .................................................

CAPITOLO PRIMO Genesi e struttura del sistema

prodigium-piaculum

CAPITOLO SECONDO I

libri Sibyllini

e il collegio

sacris faciundis

fino al 367 a.C.

.

CAPITOLO TERZO L'acquisizione di Apollo attraverso i

libri (Sibyllini) .............

CAPITOLO QUARTO

Prodigia

e divinazione in epoca imperiale e nel

tardo antico

BIBLIOGRAFIA .....

.........

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. ........................... . ..............................

7

PRESENTAZIONE DELLA COLLANA

Enrico Montanari

Il titolo della collana rimanda a un'espressione latina assai nota. Nel mondo romano, il nws maiorum ha un significato equivalente a "tradizioni tramandate dagli (antichi) avi" (nws a maioribus (antiquis) traditus) : di fatto, nell'uso corrente, esso ha finito col significare "tradizione" tout court. Una tradizione a un tempo convalidata dagli antenati e giuridicamente vincolante, in quanto awalorata dalla vetustas (Rech, Karlowa). La risalenza di questa vetustas, anche in quanto riferita ad antenati umani, non è mitica ma - a suo modo - storica. Roma non conosce la dialettica, tipicamente greca, fra "tempo degli dei "e "tempo de­ gli uomini" (Vidal-Naquet). Ad un pantheon "demitizzato" (Koch) corrisponde un'esemplarità genealogicamente riferita agli ante­ nati (maiores) ed ai nwres da questi istituiti, tanto più validi, quanto più antichi. Un verso degli Annales di Ennio compendia mirabilmente l'efficacia della tradizione: nwribus antiquis res stat Romana virisque (v. 500 Vl) . Lo stato romano (dunque le istituzioni e non la semplice vita degli individui) poggia stabil­ mente su costumanze e uomini del buon tempo antico. . . La tradizione romana s i differenzia rispetto alla Tradizione (intesa in senso universale e astratto) , non perché non dispon­ ga di un simbolismo equivalente, facilmente ricavabile me­ diante una comparazione storico-religiosa di tipo fenomenolo­ gico ; ma perché le sue prerogative specifiche sono più signifi­ cative e, tra queste le caratteristiche che valorizzano la storia 9

Sacra facere

(la "sacra storia" raccolta dai pontifices) . Il mos maiorum è ben più che un semplice indicatore di invarianza. È un concetto di­ namico. che si esprime sia come veicolo di trasmissione di va­ lori, sia come segno dell'identità quiritaria, sia come filtro dei processi acculturativi. Ciò spiega il paradosso di una cultura come quella dei Ro­ mani i quali, pur formatisi entro una koiné greco-etrusco-itali­ ca e pur serbando un risalente héritage indo-européen, tendo­ no "a rapportare tutto a sé stessi. ai loro pochi secoli di storia, al proprio ager, ai propri patres. " (Dumézil) . Un paradosso che si esprime anche nel fatto che la tradizione romana, caratte­ rizzata dalla "demitizzazione" . è a sua volta a suo modo "mito­ genetica" . produttrice di miti. Miti di tipo speciale, che potrebbero esser definiti "della Città" (poiché nascono dai processi costitutivi dell'Urbs e dalla sua tendenziale equiparazione all'Orbis) ; ma pur sempre miti, per la loro peculiare capacità di raccontare una "sacra storia" eletta a modello di civiltà. In quest'ambito si potrebbero com­ prendere : l. i mythes romains (Dumézil) . ossia le storie "uma­ ne" dei primordi della Città che tuttavia rivelano, per compa­ razione , corrispondenze non occasionali con strutture e ,perso­ naggi mitici in senso pieno (teo-cosmogonici) , appartenenti a tradizioni indo-europee come quella scandinava, vedica, celti­ ca, etc . ; 2. i miti "urbani" : ad esempio , l'Asylum Romuli, le vi­ cende legate agli dei Terminus e Iuventas, il caput humanum rinvenuto sul (e che denomina il) Capitolium , i due mirti pro­ spicienti il tempio di Quirinus , etc . : racconti che configurano l'estensione "antigenetica" (Sabbatucci) dei diritti di cittadi­ nanza, l'indefinita espansione spazio-temporale di Roma. la "centralità" politica del Capitolium, l'ascesa della plebe :r;oma­ na, e così via; 3. i miti "palingenetici" (che legano il motivo del­ l' aeternitas Urbis ai temi di "rinascita" della città in nuove for­ me (Costantinopoli, Mosca) . anticipati da quello di Troia resur­ gens; 4. infine gli pseudo-miti moderni connessi alle "tradizio10

Presentazione della collana

ni inventate" (Hobsbawm) , come configurazioni di "religioni ci­ vili" nelle forme più varie (dalle "democratiche" alle "autorita­ rie" : Rivoluzione Francese , Repubblicanesimo mazziniano , Fa­ scismo, etc . ) , ma tutte rapportate all'idea di Roma e alla sua paradigmatica "religione dello stato" (Pettazzoni) . Ovviamente , l'eredità di Roma non si risolve nella elabora­ zione miti ca, come la sua identità non si risolve nella elabora­ zione storica. Motivi di continuità e di cambiamento attraver­ sano tutta la sua vicenda culturale . Ci proponiamo di conside­ rare in particolare alcuni istituti rientranti nel mos maiorum, come il ius imaginum pertinente alla nobilitas senatoria, o al­ cune modalità di regolazione del politeismo romano, come la pubblica espiazione di prodigia e l' evocatio di divinità stranie­ re : esempi , fra i tanti, di "discontinuità" fra specifica tradizio­ ne romana ed eredità di Roma. Ma sarà anche possibile consi­ derare casi di "continuità" , tra cui lo sviluppo , anche oltre Ro­ ma, di termini-concetti come persona, mens, fides, ratio, reli­ gio, sacer, res (-7causa-7"cosa") , etc . : termini-concetti prodotti da Roma, preceduti talvolta da progenitori non facilmente ri­ conoscibili, e che hanno registrato molte variazioni di signifi­ cato legate a trasformazioni profonde della cultura occidentale (Cristianesimo , Medio Evo , filosofia moderna, etc . ) , ma che non h ann o variato il significante; a testimoniare l'impronta modifi­ cabile , ma non sostituibile, degli originali romani, e la loro per­ tinenza a un insieme di valori "civico-giuridico-statuali" che a noi moderni appaiono "naturali" ma che trovano invece il loro incipit in una "conquista culturale" romana (Sabbatucci) . Qual­ cosa di simile ebbe a proporre Robert Turcan, con la sua feli­ ce espressione "archéologie de la mentalité moderne" . Abbiamo richiamato i suddetti temi e problemi non soltan­ to per rappresentare la latitudine del concetto di tradizione in senso romano, ma anche per richiamare argomenti che po­ trann o essere considerati nelle monografie accolte in questa collana. Argomenti, del resto , fra loro connessi e stretti a unità, 11

Sacra fa cere

oltreché dal loro oggetto, dal metodo storico-religioso al quale le ricerche qui ospitate saranno ispirate. La collana resterà tut­ tavia aperta ai contributi di quanti - in ambito classicistico e/o comparativistico - condivideranno l'esigenza di illustrare aspetti della storia religiosa romana e dei suoi apporti alla for­ mazione della civiltà d'Occidente .

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PREFAZIONE

Il sacra facere di cui si occupa questo libro riguarda l'azio­ ne del collegio sacerdotale romano che porta nel nome stesso questa locuzione sotto la forma di riti (espiatori) da istituire . Diciamo "istituire" e non "compiere" perché in questo caso il fa­ cere ha più una valenza fondativa che esecutiva. Compito es­ senziale del collegio dei viri sacris faciundis (composto inizial­ mente di due membri, passati a dieci dopo il 367 a. C . e a quin­ dici a partire da Silla} era quello di consultare i libri Sibyllini (una raccolta di sentenze oracolari di varia provenienza} , traen­ do indicazioni riguardo ai riti da effettuare e alle divinità da coinvolgere nell'azione riparatoria di una precedente violazione del "patto con gli dei" (pax deorum) . In questo senso, "prassi ri­ tualistica" è da intendere sia come procedura (che era assai complessa, perché coinvolgeva senato ed alte magistrature, per non parlare degli adempimenti del collegio) , sia come produ­ zione (di nuovi riti, che il collegio individuava, lasciando che al­ tri eseguisse: di qui il gerundivo usato per sacra facere) . Significativa appare , in questo senso, la distinzione-com­ plementarità di funzioni tra il collegio sacris faciundis e quello dei pontijìces. Rispetto a questo sacerdozio arcaico , il soda­ lizio sacris faciundis si presenta come una formazione in pie­ no sviluppo in età repubblicana. I "miti" di età regia sono fon­ danti solo in negativo , sia quanto all'errata consultazione dei Commentarli di Numa da parte di Tullo Ostilio, sia quanto alla 13

Sacra Jacere

svantaggiosa contrattazione per l'acquisto dei libri Sibyllini da parte di Tarquinia Superbo. Mentre i pontifices "conservavano" , nel senso d i garantire l a scrupolosa esecuzione d i modalità e procedure religiose tradizionali, i viri sacris faciundis "innova­ vano" - sia pure entro le regole previste dal mos maiornm - pro­ ponendo l'introduzione di nuovi riti (a volte anche di nuove en­ tità divine) , senza per questo cadere in una nova religio, anzi proprio per evitare di cadervi. Inoltre , mentre i pontifices limi­ tavano la loro sfera d'azione all'Italia, ai viri sacrisfaciundis era aperto il mondo intero , col suo patrimonio di culti e di riti espiatori, ed essi ne usarono saggiamente (Dumézil 1 977, 5 1 6) . Proprio questa "saggezza" (e non il possesso di uno speciale ca­ risma, un rapporto "ispirato" dagli dei, una trance estatica, etc.) connotava l'azione dei viri sacris faciundis. Non era infat­ ti possibile consultare i libri Sibyllini al modo stesso di un "massimario" giurisprudenziale. La raccolta di vaticini, espres­ sa in un linguaggio polisenso , criptico , "sibillino" appunto , co­ stituiva un materiale divinatorio di per sé inerte , "caotico" : si potrebbe dire pre-romano , nel senso di non essere stato con­ cepito in funzione delle strutture concettuali proprie del siste­ ma civico-giuridico-statuale di Roma. Compito dei vili sacrisja­ ciundis era "cosmicizzare" quel materiale eterogeneo in senso romano , trasformando i responsi oracolari in risposte tecnico­ rituali univoche e certe , ordinate al fine di ricostruire il patto con gli dei. L'a. sottolinea opportunamente come le facoltà cui facevano ricorso i vili sacris faciundis fossero ratio e consilium, al modo stesso - aggiungiamo - in cui potevano operare i pon­ tifices per i loro responsa giurisprudenziali. Non si trattava di accertare preventivamente l'eventuale assenso divino (come nel caso dell' auguratio) . ma di ottenere il gradimento successivo ' che avrebbe indotto gli dei a revocare il loro dissenso. Questo risultato non poteva essere che empirico, diremmo quasi "spe­ rimentale" . In linea di principio, nulla garantiva che la rispo­ sta rituale concordata dai viri sacris faciundis fosse risolutiva 14

Prefazione

della crisi. Livio riferisce casi di "insufficienza" dell'operato del collegio , che comportava il ricorso ad altri operatori, ovvero la proposta di altri riti espiatori fmo al raggiungimento di quelli efficaci (cfr. Livio VII, 2-3 (364 a . C . ) . etc . ) . Tutto ciò non smi­ nuiva l'importanza di consilium, diligentia, prudentia, etc . , ma al contrario ne ribadiva la necessità. Se rischio vi era che gli dei non accogliessero il piaculum, questo rischio era calcolato , ed il calcolo del rischio non poteva che venire da una valuta­ zione ponderata del materiale rituale , filtrata dalla scientia sa­ cerdotale, dall'esperienza acquisita in precedenti consultazioni , dal ricorso a una casistica analogica, etc . . Tutte possibilità, queste, che derivavano ai viri sacris ja­ ciundis dal fatto di appartenere alla stessa classe sociale e alle stesse famiglie che gestivano il potere , dalle quali (salvo i casi di lwmines novi, comunque cooptati nella nobilitas) venivano tratti i magistrati curuli e i sacerdoti pubblici (Szemler 1 9 72) ; il che, dunque , consentiva una circolazione di informazioni, un accesso ad archivi di famiglia e a raccolte di comme ntarii, an­ che a prescindere dalla possibilità, tutt'altro che remota, che anche i viri sacris faciundis disponessero di propri archivi. Though this be madness, yet there is method in 't, si po­ trebbe obiettare con Shakespeare . E, in effetti, la critica mo­ derna ha fatto del sistema romano "prodigio-espiazione" so­ prattutto un problema di incroyance: chiedendosi in qual mi­ sura l'illuminismo ante litteram degli eruditi abbia anticipato lo scetticismo dei �oderni nel considerare queste procedure; ed entro quali (ristretti) limiti la ricerca d'oggi possa giustificare un'indagine su un simile argomento . Resta, come testimonian­ za esemplare di questo orientamento , il giudizio espresso da A. Momigliano, secondo il quale !'"elenco regolare di prodigi" po­ teva venir compreso nel novero di "notazioni superstiziose" dei pontefici, alle quali Fabio Pittore, il primo annalista letterario , si sarebbe "ribellato" , trasformando "un interesse nebuloso e quasi magico" in "uno sforzo di comprensione intellettuale" , 15

Sacra jacere

grazie all'assimilazione di modelli ellenistici di storiografia (Mo­ migliano 1 989, 40 1 ss . ; contra Montanari 1 990, 45 ss. ) . Anche G. Dumézil, pur fornendo un giudizio più articolato , si riferì ad alcuni prodigia elencati da Giulio Obsequente come "beaux mo­ numents de la crédulité humaine" (Dumézil 1 977, 5 1 4) . Senza dubbio , il complesso prodigia-piacula marca un se­ gno di discontinuità nel rapporto fra cultura moderna e Roma antica. Ma la ricerca storico-religiosa fornisce strumenti per comprendere culture lontane dalla nostra, od anche aspetti "lontani" di culture che hanno contribuito alla formazione del­ la nostra civiltà. Nella fattispecie , può essere utile conoscere i risultati di una Quellenjorschung, quando tentano di restituir­ ci una documentazione sui prodigia decantata da replicazioni, anticipazioni o falsi (Mac Bain 1 982 , 7-24) ; o recuperare ascen­ denze etrusche, in alternativa a quelle magnogreche , in merito alla provenienza dei libri Sibyllini (Mac Bain 1 982, 60 ss.) ; o in­ dividuare le diverse distribuzioni locali dei prodigia come rife­ rimenti per cogliere le più probabili fonti documentarie di Livio e di Dionigi (Rawson 1 97 1 ) . o cogliere la motivazione psicologi­ co-esistenziale (l' anxiety alla Dodds!) che possa giustificare il fiorire di prodigia in coincidenza con crisi di massa (Liebe­ schuetz 1 979) ; od, ancora, accertare modalità e gradi di con­ vincimento di Livio (o di Tacito , o di Ammiano) nel riferire even­ ti religiosi, con particolare riguardo all'incidenza di prodigia (Davies 2004). Ma tutti questi approcci lasciano senza risposta il problema del signifìcato storico complessivo di un fenomeno religioso come il rapporto prodigia-piacula: a meno che questi tipi di problemi non servano a riempire in qualche modo il vuo­ to lasciato dall' incroyance . . In ogni caso , ciò che non può ac­ cogliersi è la precomprensione di fenomeni culturali rifiutati perché considerati incompatibili o, peggio, contrastanti con gli schemi illuministici del pensiero moderno . Uno dei pregi maggiori di questo libro consiste, a nostro av­ viso, nell'oltrepassare il livello dello scetticismo pregiudiziale , .

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Prefazione

per considerare il materiale disponibile , alla luce della compa­ razione , nel suo svolgimento storico-culturale : con le ragioni che giustificarono l'istituzione del sacerdozio dei viri sacris ja­ ciundis, che portarono a farne uno dei quattuor amplissima col­ legia sacerdotali di Roma; che ne videro gli elementi di conti­ nuità e di cambiamento nel corso di quasi mille anni di storia romana; che ne segnarono l'importanza anche a motivo del­ l'attaccamento dimostrato dai cittadini all'istituzione, fmo agli estremi tentativi da loro operati per salvare i libri Sibyllini dal­ la distruzione (veri "uomini fra le rovine") , ancora nella secon­ da metà del IV sec . d . C . . Ricostruire il significato religioso (ma anche politico!) della prassi ritualistica divinatoria dei viri sacris faciundis significa comprendere uno dei meccanismi essenziali di regolazione del sistema politeistico romano, del suo continuo ristrutturarsi nel­ la storia, del suo rispondere alle sollecitazioni politico-religio­ se provenienti dall'esterno , senza rinunziare ai valori del mos

maiorum. È questo un modo per risolvere l' incroyance moderna sen­ za regredire in un fideismo prescientifico . D'altronde , sottrarre al pregiudizio della "superstizione" un meccanismo regolatore della pax deorum non significa evitare di riconoscere al suo in­ terno particolari che , nella logica romana, potevano apparire superstiziosi. Ed infatti l'a. rileva anche l'esistenza di questi aspetti, che tuttavia non riguardavano la natura del fenomeno prodigia-piacula, bensì alcuni suoi caratteri degenerativi mani­ festatisi specialmente verso la fine dell'età repubblicana (fra questi, le credenze connesse alla presunta impronta "fatale" di modelli di comportamento attribuiti alla gens Cornelia) . Tali aspetti possono richiamare quel "trattamento pragmatico dei presagi" (Bayet 1 957) sul quale si appunta gran parte della critica tardo-repubblicana alla prassi ritualistica divinatoria (compreso augurato , aruspicina, etc.) : critica che a partire da Cicerone, punta meno ad abolire queste procedure che non a 17

Sacra ja cere

restaurarle, proprio attraverso il confronto con i loro elementi di decadenza. * *

*

Uno dei fili conduttori del libro ci sembra consistere nel contributo decisivo che l'istituzione del collegio sacris faciundis reca al processo di "demitizzazione" della religione romana. Il collegio acquista importanza a partire dal momento in cui Ro­ ma abbandona alcuni connotati che la omologavano alla koiné greco-etrusco-italica (con aperture al mondo fenicio-punico) . Dal momento , cioè, in cui vengono oscurate le "equivalenze" fra divinità corrispondenti nei vari complessi politeistici (Venus­ Aphrodite-Herentas-Astarte ; Mater Matuta-Eos-Thesan; Iuno­ Hera-Uni, etc . ) . e con esse le rappresentazioni mitiche che fio­ rivano in ambiente romano (ad es. i gruppi acroteriali dell'area di S. Omobono) . A partire dalla fine del VI secolo a. C . , in coin­ cidenza con l'affermarsi della repubblica, si afferma un pantheon non più sovrapponibile ai corrispondenti politeismi della koiné: un politeismo centrato su Giove Capitolino , il "Gio­ ve Romano" che coinvolge nella sua Entmythisierung (Koch 1 986) le altre divinità della Città. A partire dal "dio sommo" ( Optimus Maximus) , espressione divina della res publica e del fatum, gli dei di Roma vengono sguarniti delle loro componen­ ti mitico-genealogiche per trasformarsi in "dei dello stato" (Wis­ sowa 1 9 1 22; Sabbatucci 1 975) . legati agli uomini da rappor­ ti giuridico-religiosi di tipo contrattualistico , comprendenti la possibilità di pattuizioni rinegoziabili in caso di rottura. In questo spogliamento di miti a favore di una nuova veste->giuri­ dico-ritualistica (che si accompagna alla perdita di valore del­ la mantica ispirata, dei culti estatici, della possessione, etc . ) s'inserisce i l ruolo del collegio sacris faciundis, che i n luogo delle varianti mitiche dei poeti ispirati propone varianti rituali atte al ripristino della pax deorum, che a Roma equivale a un 18

Prefazione

atto cosmogonico . Un atto di rinnovazione dell'ordine divino­ umano che non si lega alla crisi-reintegrazione ciclica delle cul­ ture tradizionali (cfr. le "grandi feste" di rinnovamento nel pas­ saggio al nuovo anno) , ma che resta legato all'evento e immer­ so nella storia. L'historia dipende anche dall'azione dei viri sa­ cris faciundis, non nel senso che questi siano in grado di pre­ determinare le future res gestae, ma nel senso che dalle loro proposte di riaggiustamento rituale dipendono le rerum bene gerundarum auctoritates (Cic. de har. resp. 1 8) , ossia le "ga­ ranzie della validità delle azioni future" , in analogia con i pub­ blici auguria. Un significativo punto di svolta, secondo l'a. , si verifiche­ rebbe con l'affermarsi del principato , tenendo conto in partico­ lare del nuovo (e centrale) ruolo rivestito da Apollo nella teolo­ gia complessiva del politeismo romano . La nuova funzione del vates a partire dalla poesia augustea, l'accentuarsi dell'inci­ denza - non solo letteraria - delle relazioni mitologico-genea­ logiche (a livello di origini divine, ma anche gentilizie) . l'affer­ marsi a livello ufficiale dell'aruspicina, il progressivo affiorare di nuovi orizzonti monoteistici nella divinazione "sibillistica" etc. , favoriscono una nuova utilizzazione dei libri Sibyllini in senso predittivo e non prescrittivo . Si determina cioè un recu­ pero della funzione vaticinatoria connessa alla consultazione dei libri Sibyllini, in parallelo con una sorta di ri-mitizzazione della religione romana. Tuttavia questa svolta (in parte regres­ siva rispetto all'orientamento della Roma repubblicana) non si attuerà mai completamente . In proposito , l'a. rileva due aspet­ ti centrali del problema: l. Segni di continuità rispetto all'uso prescrittivo ("repubblicano") della consultazione dei libri Sibyl­ lini sono avvertibili anche in età imperiale . Indicativo , in pro­ posito , è il responso del 262 d . C . , che prescrive un sacrificio a Iuppiter Salutaris in risposta al verificarsi di un sisma accom­ pagnato da una pestilenza coinvolgente larga parte dell'Impe­ ro. Ciò dimostra che la relazione Iuppiter - salus (publica po19

Sacrafacere

puli RomanO non era del tutto obliterata per il fatto che i libri Sibyllini erano stati trasferiti, ad opera di Augusto , dal tempio di Giove Capitolino a quello di Apollo sul Palatino; 2. La stes­ sa funzione di Apollo non appare costitutivamente connessa ai viri sacris faciundis. In parziale disaccordo con una tendenza di studi che ne fa un sacerdozio riservato tout court ad Apollo (Gagé 1 955, 1 59 ss. ; Boyancé 1 972 , 35 1 ss. ; ma contra, Dumé­ zil 1 977, 384 ss . ) , l'a. sottolinea il rapporto privilegiato che stringe questo sodalizio a Iuppiter Optimus Maximus, partico­ larmente - ma non esclusivamente - in età repubblicana. Tra l'altro , pur nella rarefazione delle testimonianze , parte della do­ cumentazione riguardante il collegio sacris faciundis in età im­ periale avanzata ci viene dalla Historia Augusta: un'opera, que­ sta, certamente ispirata da ambienti senatori e che attesta la sostanziale conservazione del carattere tradizionale (in senso prescrittivo) dei piacula riparatori . Molto vi sarebbe da aggiungere per rimarcare gli elementi di originalità presenti nel volume, che si propone come una sinte­ si, frutto di lunghi anni di ricerca. Una sintesi non definitiva co­ me attesta la quantità di spunti che meritano ulteriori ap­ profondimenti. V'era peraltro la necessità di una considerazio­ ne storico-religiosa globale, che affrontasse l'argomento nella sua centralità e non in via incidentale o collaterale. E se la vi­ sione d'insieme può perdere di vista qualche particolare, sarà, crediamo, difetto veniale, comunque meno grave del perder di vista l'insieme a favore di particolari spesso trascurabili. Enrico Montanari

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INTRODUZIONE

Ambiti della divinazione romana

l.

Mania e insania

Un giorno , mentre Athena faceva il bagno , un uomo inav­ vertitamente la scorse; fu per questo punito con la perdita del­ la vista, ma la dea, mossasi a compassione , gli toccò le orec­ chie affmché intendesse il linguaggio profetico degli uccelli 1• Quell'uomo era Teiresias, uno dei più famosi indovini dell'an­ tica Grecia. Il privilegio della divinazione lo compensò della ri­ nuncia ad un'esistenza •normale» , senza tuttavia dischiudergli alcuna prospettiva di attingere ad una condizione superiore . La sua vicenda è emblematica, ma non certo isolata. Altre celebri figure di profetesse quali Kassandra, la sacerdotessa Pythia dell'oracolo di Apollon a Delfi, nonché la Sibylla rappresentano situazioni analoghe , troppo note perché sia necessario soffer­ marsi su di esse. Chi abbia una conoscenza anche superficia­ le della religione greca, sa che in nessun'altra sfera, come in quella della mantica ispirata, si realizzava una così profonda commistione tra divino ed umano: chi riceveva il dono della veggenza, abdicava alla sua identità per farsi tramite del dio . Volgendoci alla religione romana arcaica, un dato si impo­ ne con immediata evidenza: Roma non annovera, a livello uffi-

1

Callim. Hymn. V, 77 ss.

21

Sacra jacere

ciale , alcun santuario oracolare, né alcuna figura di indovino 2 • Ciò non implica che il senato ed i magistrati romani non po­ tessero , in momenti di crisi particolarmente acuta, rivolgersi ad un oracolo o ricorrere a personale specializzato nell'inter­ pretazione dei signa; in questi casi, tuttavia, la res publica si volgeva all'esterno, inviando una delegazione a Delfi o chie­ dendo l'intervento di qualificati haruspices etruschi. Esempi di questo tipo di consultazione non sono frequenti in età repub­ blicana, ma della storicità di alcuni di essi non sembra lecito dubitare 3• Tali interventi, comunque, erano disposti non in al­ ternativa, ma solo come supporto , e a conferma di quanto era già stato indicato e prescritto , operando secondo le procedure ordinarie della religione romana (v. infra p. 24-26). Il ricorso a queste forme di divinazione non è quindi rigettato in toto; ciò che non appare ammissibile è piuttosto l'esistenza, all'interno della civitas, di un istituto religioso, quale la mantica ispirata, che affonda le sue radici in un invasamento e in una deperso­ nalizzazione dell'individuo, o, più precisamente , del civis (in misura dei vari livelli di libertas) . Al di fuori di Roma, ed anche all'interno di Roma in quegli strati subalterni portatori di for­ me diverse di religiosità, la pratica della trance poteva sussi­ stere , a patto che non interferisse con il livello ��civico)) e non creasse un pericolo per la stabilità del sistema 4• La violenta re2 Ci occupiamo solo del livello ufficiale: a livello di religione popolare potevano sussistere gli indovini e la mantica ispirata: ce ne dà testimo­ nianza, tra gli altri, Cic de div. I. 58, 1 32 ; !"unica eccezione è rappresen­ tata dal Marcius (o dai Marcii) vates, per cui cfr. infra pp. 1 60- 1 62 . 3 La prima consultazione accertata storicamente fu disposta nel 2 1 7 a. C . , Liv. XXII. 26, 6 , cfr. Parke-Wormell 1 956, I . 270-27 1 ; I I n . 354; il ri­ corso agli haruspices, assai frequente in età regia, diminuisce sensibil­ mente nel periodo repubblicano, cfr. Mac Bain 1 982, 43 ss . , per poi ri­ prendere in età imperiale, v. irifra p. 1 83 ; il ruolo degli haruspices a Ro­ ma è ricostruito in Haack 2003 . 4 Di norma erano gli aediles a controllare che il culto venisse prati­ cato secondo i criteri fissati dal mos maioru.m, cfr. Liv. IV, 30, 1 1 : Datum

22

Introduzione

pressione dell'affare dei Bacchanalia mostra la determinazione con cui l'auctoritas senatoria interveniva in tali casi 5• Una po­ litica di integrazione non appariva quindi perseguibile , in quanto la distinzione netta tra i due livelli, umano e divino, che costituiva il fondamento della religione romana antica, non ammetteva deroghe: mai l'individuo doveva predisporsi ad ac­ cogliere in se stesso il dio, annullando la propria personalità; se ciò si verificava, lo stato di possessione estatica che ne de­ rivava non era ritenuto , come in Grecia, divina mania 6, bensì insania, ovvero stato patologico , malattia per antonomasia 7• La religione romana, quindi, se da un lato ignora ogni for­ ma di enthousiasm6s, ossia di compenetrazione tra l'uomo ed il dio , dall'altro appare priva di una qualsiasi prospettiva esca­ tologica e libera dalle inquietudini che pervadono ad es. il pen­ siero religioso etrusco, costantemente ossessionato dall'idea della morte e della vita dopo la morte . Questi due aspetti - che sono da considerarsi come un prodotto del rifiuto di ammette­ re sia un prius (il tempo del mito) qualitativamente diverso e superiore che legittimi e fondi il «tempo della storia» , sia un po­ sterius (il tempo degli éschata) , anch'esso qualitativamente di­ verso e superiore che indirizzi teleologicamente il presente esaltano il peso della responsabilità individuale , risolvendo l'a­ zione del civis in un hic et nunc che nulla rimanda ad una di­ mensione ultraterrena. Il tempo assume ora un andamento li­ neare ed irreversibile, orientato a partire dall'evento-chiave del­ la fondazione della Città (ab Urbe condita) . Se ciò è vero, vuoi dire che esso inizia con la città e procede insieme con la sua esistenza: nulla vi era prima, nulla vi sarà dopo . Il carattere di

inde negotium aedilibus, ut animadverterent ne qui nisi Romani di neu quo alio more quam patrio colerentur: 5

Cfr. Montanart 1 988, 1 1 9 ss. Per il significato di mania, cfr. 1LG s.v. 7 Per il significato di insania, cfr. TLL s. v.

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Sacra jacere

assolutezza accordato al tempo della storia (ma anche dell'uo­ mo) conferisce alla religione romana quella peculiare forma de­ mitizzata 8 , che ne fa un unicum all'interno del panorama delle civiltà antiche. In tale contesto , infatti, non compaiono miti né teogonici, né cosmogonici: la memoria pubblica custodita negli Annales redatti dai pontifices, massimo sacerdozio romano, ci dà testimonianza solo dell'origine e delle vicende della città. Il microcosmo si fa macrocosmo 9• Gli dei hann o inizio quando ha inizio il loro culto : in una simile prospettiva, la loro nascita non precede, ma accompagna la nascita della città. Del resto , la ri­ mozione dei miti teo-cosmogonici procede parallelamente alla loro «storificazione», intesa come trasferimento di temi e di mo­ tivi mitologici, in altri contesti prerogativa delle figure divine, su personaggi percepiti come storici 1 0 • A livello del problema di cui ci stiamo occupando , ci aspet­ teremmo che l'orientamento demitizzato della religione roma­ na, nella sua fase repubblicana, escluda ogni forma di divina­ zione . In realtà, la scienza divinatoria non fu del tutto assente a Roma, ma venne circoscritta entro confini assai angusti e praticata nelle due sole forme accreditate quali autenticamen­ te romane: la richiesta e la lettura degli auguria (con la corre­ lativa presa degli auspicia) , da parte dei sacerdoti preposti (au­ gures) . e la consultazione dei cd . libri Sibyllini, da parte del col­ legio dei viri sacris faciundis. Agli augures spettava il compito

8 La teorta della demitizzazione fu formulata da C. Koch nel 1 937, in relazione alla figura di Iuppiter, cfr. l'edizione italiana, Koch 1 986; per gli ulterort contrtbuti alla sua definizione, Montanart 1 988, 1 7-60. 9 Cfr. Sabbatucci 1 975, 73; R. Pettazzoni, nei suoi lavort, Pettazzoni 1 938 e Pettazzoni 1 952 , 7 ss. , propone la religione romana come para­ digmatica espressione della •religione dello Stato•. 10 Per la demitizzazione come stortficazione, si rtmanda agli studi di G. Dumézil, in particolare Dumézil 1 977; di A. Brelich, in particolare, Brelich 1 9762; di D . Sabbatucci, in particolare, Sabbatucci 1 975; di E. Montanart 1 990; Montanart 200 1 (con discussione crttico-metodologica anche dell'ortentamento dumeziliano) .

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Introduzione

di registrare preventivamente la disposizione degli dei, in rela­ zione ad un atto che si stava per compiere: tale ricognizione si limitava quindi a verificare , sulla base dell'interpretazione di segni richiesti, l'assenso o il dissenso divino 11• I viri sacris fa­ ciundis erano invece custodi ed esegeti di una raccolta di testi oracolari tradizionalmente attribuiti alla Sibylla 12; dalla loro lettura derivavano l'indicazione dei riti espiatori (sacra 13 ja­ ciunda) con cui ripristinare la pax deornm, quando prodigi in­ fausti avevano segnalato che era in atto una crisi tra gli dei e la civitas (v. irifra pp. 94-95). Nell'uno come nell'altro caso , il principio che sosteneva la divinazione in Roma non appare quindi, in età repubblicana, l'investigazione delle res juturae 14• 11 Per le modalità della consultazione praticata dagli augures, cfr. Liv. I, 1 8 , 6- 1 0 ; per l'ideologia della pratica augurale, cfr. Sabbatucci 1 989, 1 34- 1 37; per l'augurium salutis, cfr. Catalano 1 960, 335 ss. ; Montanari 1 996; per i libri augurali, cfr. Giovannini 1 998. 12 Per il 'mito' di acquisizione dei libri Sibyllini, v. infra pp. 1 03- 1 1 2 . 1 3 Nella formula sacris faciundis che completa l a defmizione ufficiale del collegio di viri incaricati di consultare i libri, il termine sacra sembra assumere il significato tecnico di 'riti a carattere espiatorio' , cfr. Santi 2004, 62-64. 14 Cicerone, de div. Il, 33, 70, afferma chiaramente che il compito de­ gli augures Romani non consisteva nella ricognizione del futuro: Non enim sumus ii nos augures, qui avium reliquorumve signorum observatione futu­ ra dicamus; tuttavia, l'a. ritiene che questa fmalità non fosse estranea al­ la pratica augurale fin dalle origini, Cic. ibid.: Et tamen credo Romulum. qui urbem auspicato condidit, hnbuisse opinionem esse in providendis re­ bus augurando scientiam (errabat enim multis in rebus antiquitas), quam vel usu iam vel doctrina vel vetustate immutatam videmus; retinetur autem et ad opinionem vulgi et ad mngnas utilitates rei publicae mos, religio, disci­ plina, ius augurium, collegio auctoritas; sappiamo, sempre da Cicerone, che Ap . Claudius, membro del collegio degli augures, trasse da un augurium salutis di esito incerto, elementi per presagire una grave sventura per la res publica, previsione dimostratasi esatta, dal momento che pochi mesi dopo venne scoperta la congiura di Catilina, cfr. Cic. de div. l, 47, 1 05: Quid de auguribus loquar? Thae partes sunt, tuum, inquam. auspiciorum patrocinium debet esse. Tibi App. Claudius augur consuli nuntiavit addubi­ tato salutis augurio bellum domesticum triste ac turbulentumfore; quod pau-

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Sacra Jacere

quanto , secondo la defmizione ciceroniana, la ricerca delle re­ rum bene gerundarum auctoritates, ossia delle «garanzie della validità delle azioni future» 1 5• Ogni componente mantico-ora­ colare risultava perciò esclusa dall'orizzonte religioso romano ; i sacerdoti incaricati a livello pubblico di interrogare gli dei non possedevano alcun carisma individuale, non accedevano alla visione di dimensioni temporali precluse all'uomo comune, ma semplicemente , facendo ricorso alle facoltà della ratio e del con­ silium, decifravano i signa augurali o decodificavano la mate­ ria oracolare contenuta nei libri, per assicurare alla civitas un corretto rapporto con gli dei . Di fatto, mentre il rituale dell' auguratio possedeva una for­ ma per così dire standard e, data la natura del quesito posto , prevedeva un responso che non andava al di là di un drastico sì o no, la lettura dei libri aveva in sé la possibilità di esiti morfologicamente assai vari; inoltre, potendo attingere ad un testo piuttosto ampio (i libri erano raggruppati di solito nel nu­ mero canonico di tre , v. infra p. l 03) l'insieme dei piacula pre­ scritti costituiva a volte un complesso articolato, finendo per assumere quasi la forma di un piccolo trattato di teologia. Un esempio in tal senso è rappresentato dagli esiti della consulta­ zione ordinata da Q. Fabius Maximus nel 2 1 7 a. C . , all'indo­ mani della sconfitta del Trasimeno : in tale occasione , infatti, il

cis post mensibus exortum paucioribus a te est diebus oppressum Cui qui­ dem auguri vehementer adsentior; solus enim multorum annorum memoria non decantandi augurii, sed divinandi tenuit disciplinam Quem inridebant collegae tui eumque tum Pisidam, tum Soranum augurem esse dicebant; qui­ bus nulla videbatur in auguriis aut praesensio aut scientia veritatis juturae; sapienter aiebant ad opinione imperitorum esse jìctas religiones; per l'e­ spressione divinatio rerum futurarum, cfr. Cic . de leg. II, 32. 15 Per l' augurium come ricerca delle rerum bene gerundarum auctori­ tates, cfr. Cic . de harusp. resp. XVIII; da notare nel testo, la figura eti­ mologica che gioca sul legame aug-urium auc-toritates; la definizione ci­ ceroniana si attaglia, altrettanto bene , anche ai responsa dei viri sacris faciundis.

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Introduzione

responsum dei viri sacris faciundis ordinò, tra l'altro, l'introdu­ zione , simultanea e solidale , di due culti, a Venus Ericyna e a Mens , cui vennero dedicate sul Campidoglio due aedes, cana­ li uno discretae 16 • Le nuove acquisizioni divine miravano a «cor­ reggere» il sistema politeistico romano, recuperando , in una di­ mensione compatibile con l'ordo di Iuppiter (che presiedeva tanto il pantheon romano quanto il colle capitolino} , il favore gratuito , ossia la venia, tradizionalmente dispensata dalla dea venerata nel santuario di Eryce 1 7• In tale prospettiva, la pre­ senza di Mens sembra avere la funzione di «trasformare Venus Erycina in Venus Capitolina, imbrigliando la sua dispersiva vo­ luptas [...) mediante il potere vincolante della ratio, per assicu­ rarla in tal modo alla voluntas di tipo «giovio» 1 8• La dea Venus, accolta sul colle Capitolino e associata a Mens , convoglierà co­ sì sui Romani quel favore indispensabile per riequilibrare a lo­ ro vantaggio le sorti della guerra 1 9• Nel lectisternium 20 celebra­ to in quella stessa occasione , Venus appare , infatti, affiancata a Mars 2 1 , rafforzando così a livello teologico, quella relazione venia-bellum, adombrata nel decretum del collegio . In questo , come in altri casi di consultazioni in età repubblicana 22 , l'a1 6 Liv. XXIII, 3 1 , 9; l'episodo è analizzato in Montanari 1 976, 1 9 1 -26 1 . 1 7 Per il concetto di venia, cfr. Schilling 1 954, 39 ss. ; Montanari 1 976, 2 1 0-2 1 5 . 1 8 Montanari 1 976, 2 1 5. 1 9 L'episodio, come abbiamo detto, è ambientato nel momento più drammatico della Seconda Guerra Punica, dopo la battaglia del Trasimeno. 20 Il rito del lectisternium consisteva nell'allestimento di lecta sui qua­ li venivano adagiate le statue degli dei, cui i cittadini recavano offerte, v. infra pp. 50-5 1 . 2 1 Liv. XXII, 1 0, 9: Thm lectisternium per triduum habitum decemviris sacrorum curantibus: sex pulvinaria in conspectu fuerunt. lavi ac Iunoni unum, alterum Neptuno ac Minervae, tertium Marti ac Veneri, quartum Apollini ac Dianae, quintum Volcano ac Vestae, sextum Mercurio et Cereri; Montanari 1 976, 2 1 0 . 22 Un altro esempio è rinvenibile nell'acquisizione del culto della Ma­ ter Idaea da Pessinunte, per il quale cfr. Santi 1 994; anche la teologia di

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Sacra jacere

zione religiosa dei viri sacrisfaciundis sembra assumere la fun­ zione che , in Grecia, è svolta dall'oracolo e dal poietés, i cui re­ sponsa e i cui versi consentono di adeguare alla storia una realtà metastorica 23• Se dunque, la prospettiva mantica e mi­ topoietica appariva incompatibile con il carattere demitizzato della religione romana, attraverso la lettura dei libri Sibyllini si mirava a recuperare, orientandolo nel senso della salus rei pu­ blicae, un prodotto connesso all'oracolarità, opportunamente ri-adattato perché potesse inserirsi coerentemente e funzional­ mente in un contesto religioso demitizzato .

2. L'età :fanatica" Essendo la demitizzazione un processo che si avvia, o che si accentua in concomitanza con l'instaurazione della res publica 24, si può ammettere che in un'epoca più antica sussistesse una rappresentazione positiva anche della possessione di tipo manti­ co. La censura operata in età repubblicana nei riguardi di que­ sta forma di divinazione avrebbe stravolto il vocabolario della possessione, caricando di significato negativo tutti i termini con-

Apollo in Roma appare rtcostn.libile sulla base dei vart piacula che lo ve­ dono protagonista e/o destinatarto dell"azione religiosa, cfr. Cap . III. 23 Per la fu nzione dell'oracolo e del poietés, cfr. Detienne 1 977. 24 Koch 1 986, 1 92 ss. ha indicato nell'introduzione del culto di Iup­ piter Optimus Maximus il momento di avvio del processo di demitizza­ zione; dal momento che il tempio di luppiter O . M . sul Campidoglio, se­ condo la tradizione, sarebbe stato dedicato nel 509 a. C . , e cioè nell'anno del prtmo collegio consolare, vi sarebbe una perfetta sincronia tra demi­ tizzazione e instaurazione della res publica; si tratta, come è evidente, di schemi cronologici artificiosi, ma nella sostanza accettabili, in quanto senza la res publica, con la sua esigenza di ugualianza tra i cives, non vi sarebbe stata neanche la motivazione ideologica che ha portato alla li­ mozione dell'orizzonte mitico e all"adozione di un ortentamento demitiz­ zato, cfr. Sabbatucci 1 975.

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Introduzione

nessi al fenomeno. Fanaticus, lymphaticus, che etimologicamen­ te indicavano semplicemente il posseduto (rispettivamente da Faunus, dalle Ninfe) diventarono ben presto sinonimi di «uomo punito a causa di un sacrilegio commesso» 2 5; fwiosus si specia­ lizzò in età assai remota in senso negativo a significare «alienato mentale» 26• Una vicenda simile interessò anche il concetto di su­ perstitio e il suo derivato superstitiosus: negli autori più antichi, Plauto 2 7 e Ennio 28 , questo aggettivo definisce né più né meno che la persona dotata di capacità vaticinatorie, senza alcuna conno­ tazione negativa evidente 29• In Cicerone il vocabolo ha assunto ormai una sfumatura dispregiativa, da porre in relazione con la politica di rifiuto che si avviò in quel periodo nei confronti dei cul­ ti stranieri, caratterizzati soprattutto dalla forte incidenza che vi avevano forme di divinazione estatica 30 • Tale dinamica semanti­ ca, tuttavia, non riuscì mai a cancellare del tutto il valore ini­ zialmente neutro del termine, valore che ancora si rinviene nel pieno tardo antico, in alcuni provvedimenti legislativi 31 •

25 TIL s.v. 26 A riprova. si consideri il fatto che il tema tragico della follia dell'e­ roe Herakles mainomenos è reso in latino con Hercules furens, ricorren­ do ad un aggettivo meno caratterizzato in senso deteriore rispetto a ju­ riosus; furens può anche alludere ad una dimensione reversibile, mentre furiosus è di norma irreversibile . 27 Pl. Amph. 323: fllic homo superstitiosust; Cure. 399 : Superstitiosus hic quidem est. vera praedicat; Rud. 1 1 38-40: At meo hercle . l quid si ista aut superstitiosa aut hariolast atque omnia, l quidquid insit. vera dicet? 28 Enn. Alex. frg. VIII. 56-58 Vahlen: Mater; optuma, tu multo mulier melior mulie1111Tl, l missa sum superstitiosis hariolationibus, l meque Apol­ lo fatis fandis dementem invitam ciet. 29 Salzman 1 99 1 , 1 73- 1 74. 3 ° Cic. de div. I . 1 32 ; Belardi 1 976. 3 1 Dig. 1 2 . 2 . 5 . 1 ; Dig. 50 . 2 . 3 ; CTh IX, 16, l; un provvedimento di Co­ stantino (3 1 9 a . C . ) vietava agli aruspici di esercitare la loro professione privatamente, ma consentiva il ricorso a questa forma di superstitio a li­ vello pubblico , v. in.fra pp. 205-206.

29

Sacra facere

Anche i nomi latini

vates

e

hariolus,

che identificavano l'in­

dovino, assunsero ben presto un significato negativo: spesso associati in forma di endiadi, essi rimandavano a quell'univer­ so di operatori cultuali di rango inferiore che prestavano i loro servigi al di fuori dell'ufficialità, molto spesso malvisti, e non di rado perseguitati, quando costituivano una minaccia per la so­ cietà32• Ma dovette esserci un'epoca nella quale la professione del

vates

era tenuta in considerazione da parte della società ro­

mana: un ricordo si manteneva nella gerarchia interna al sa­ cerdozio pubblico romano di Salii, dove figurava il titolo o il grado di

vates 33•

Nel periodo aurorale, anteriore alla fondazio­

ne della Città, secondo l'immagine riportata nella vulgata, il territorio su cui sarebbe sorta Roma pullulava di figure di in­ dovini e di santuari oracolari: era il tempo dei

primordia,

quan­

do la ninfa Carmenta, madre dell'arcade Evander34, cantava i destini del mondo e prediceva agli uomini il futuro.

Le

fonti, in

vari modi, sottolineano il legame di Carmenta con la divinazio­ ne estatica: Livio la definisce jatiloqua e la colloca in un'età che precede l'arrivo della Sibylla in Italia35; Dionisio di Alicarnasso collega il suo nome ai

carmina,

termine con cui i Romani desi­

gnavano i responsi oracolari, tradizionalmente espressi in ver­ si36; Plutarco riprende sia questa etimologia sia l'altra che, al­ ludendo allo stato di invasamento, insiste sull'assenza di ra-

32 La storta repubblicana ed impertale presenta diversi episodi del ge­ nere , cfr. Liv. XXV, l e Dio Cass . LVII . 1 8 . 33 Fest. 270 L ; SHA M. Aur. IV , 4 ; Vict. Vir. ill. III, 9. 34 In altrt autort, come Plut. Rom XXI , 2, essa è la moglie di Evander; per un esame della leggenda di Evander, cfr. Delcourt 200 l. 35 Liv. I. 7, 8: Evander tum ea, projilgus ex Peloponneso, auctoritate magis quam imperio regebat loca, venerabilis vir miraculo litterarum, rei no­ vae inter rudes artium homines, venerabilior divinitate eredita Carmentae matris , quam fatiloquam ante Sibyllae in Italiam adventum miratae eae gentes juerant. 36 Dion. Hai. I, 3 1 , l; secondo Auctor de vir. ill. I, 5 il rapporto etimo­ logico andrebbe piuttosto capovolto.

30

Introduzione

gione (Carmenta=car ens mente = esteremen è nou) 37• Compagna e sodale di Carmenta è Fauna, moglie 38 del dio Faunus, il dio indigeno della possessione 39, che , nella sua forma di Incubus, amava colpire soprattutto le donne 40 • All'azione del dio Faunus (e dei Fauni) i Romani facevano risalire anche i cosiddetti fe­ nomeni «panici)) , ossia fantasmagorie e voci che si manifesta­ vano soprattutto sui campi di battaglia, lasciando atterriti gli astanti 4 1 • Nonostante i Romani abbiano perso ogni ricordo dei guerrieri estatici - che al contrario sopravvivono in area scan­ dinava 42 - ed abbiano conferito una connotazione negativa al furor be llicus, è probabile che questa tradizione rappresenti l'ultimo residuo di una fase culturale più remota che non re­ spingeva, anzi in qualche misura valorizzava, il ruolo dell'ecci­ tazione bellica, attribuendone la responsabili tà al dio «inva­ sante» . Ciò nondimeno già Ennio rimarca l'irrecuperabilità del­ la funzione «vatica» , relegando in una dimensione temporale fa-

37 Plut. Quaest. Rom LVI . 38 Fauna compare come sorella di Faunus in Macrobio, Sat. I, 12, 27, che deriva da Varrone; secondo Lact. Div. Inst. I, 12, 21. sarebbe la so­ rella e moglie del dio; in altre varianti è presentata come figlia, Macr. Sat. I, 12, 21; Tert. ad nat. II, 9; Serv. ad Aen. VIII, 314. 39 Isid. Orig. X, 103: Fatuus ideo existimatur dictus, quia neque quod fatur ipse, neque quod alii dicunt intellegit. Fatuos origine duci quidam pu­ tant a miratoribus Fatuae, Fauni uxorisjatidicae, eosque primumjatuos appellatos, quod praeter modum obstupefacti sunt vaticiniis illius usque ad amentiam; Iust. XLIII, 8: Fauno uxor fuit nomine Fatua, quae adsidue divino spiritu inpleta veluti per furoremjutura praemonebat. Unde adhuc, qui inspirari solent, jatuari dicuntur; per il rapporto Faunus-Fauna, cfr. Brelich 19762, 71 ss . : per il legame di Faunus con la parola, cfr. Du­ bourdieu 2003. 40 Isid . Orig. VIII, 104; questo aspetto si trova esaminato in Brelich 19762, 68-70. 41 Per i fenomeni panici, Cic. de nat. deor. Il, 6: Saepe Faunorum vo­ ces exauditae, saepe visae formae deorum quemvis non aut hebetem aut impium deos praesentes esse coriftteri coegerunt; de nat. deor. III, 15; de div. I , 45, 101; Dian. Hai. V, 16, 2-3. 42 Dumézil 1977, 193.

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Sacra jacere

volosa (olim) tanto i vates quanto i Fauni, e chi come loro si esprimeva in versi saturni : Scrissero altri con i versi che un tempo cantavano i Fauni ed i vati 43

Anche la relazione paretimologica che faceva derivare dal no­ me del dio Faunus il termine che indicava la più antica forma di luogo di culto, ossia il fa(u)nwn 44, contribuiva a proiettare la fi­ gura e l'azione del dio in un'età primordiale, dai contorni milici. In quest'epoca precosmica e precivica, il fanwn sembra costitui­ re uno dei marcatori ideali del territorio, e se non possiamo af­ fermare con certezza che la comunità protoromana sia stata in origine org anizzata per fana, non possiamo neppure negare che il fanwn ne rappresenti un possibile polo di rifer imento 45•

3.

A colloquio con gli dei

La dimensione fanatica, che abbiamo appena tratteggiato , sembra esistere , in realtà, come alternativa più logica che

43 Ennio fr. 214 Valh . : Scripsere alii rem l Vorsibus quos olim Fauni va­ tesque canebant, l Quom neque Musarum scopulosiNec dicti studiosus quisquam erat ante hunc; per l'esegesi della forma dicti studiosus= philo­ logos, cfr. Mariotti 1951, 105-106; sul verso saturnia, come verso oraco­ lare cfr. Guittard 1985; per un inquadramento dell'opera annalistica di Ennio . cfr. Gildenhard 2003, 93-114. 44 Serv. ad Georg. I, 20: Cincius et Cassius aiunt ab Evandro Faunum deum appellatum ideoque aedes sacras faunas primum appellatas, postea jana dieta, et ex eo qui .fUtura praecinerent fanaticos dici; cfr. Brelich 19762, 78-79. 45 Nessuna prova in positivo può addursi circa una originaria orga­ nizzazione del territorio romano per jana, secondo l'ipotesi formulata in Sabbatucci 1975, 181-201; tuttavia, la città-templare può essere assun­ ta come polo dialettico ideale della civitas; per una analisi critica della po­ sizione di Sabbatucci, cfr. Santi 2004, 40-44.

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Introduzione

storica: rappresenta quell' olim nel quale il cittadino Romano di età repubblicana ormai non si riconosceva più , senza che sia provato che sia mai esistita. Essa si presenta come un pe­ riodo fluido (con caratteri spesso contrapposti a quelli vigen­ ti nel tempo «ordinario») , un'epoca dai contorni «mitici» , se­ gnata da una societas uomo-dio che non trova riscontri nel­ la storia di Roma. Tale dimensione , nel racconto delle origi­ ni , si prolunga fino all'inizio dell'età regia, coinvolgendo, in particolar modo , la figura di Numa. In due episodi, che lo ve­ dono come protagonista, il re Numa, alle prese con gravissi­ me calamità che richiedono un'opportuna espiazione , si ri­ volge al dio Faunus. Con l'avvertenza quindi che si tratta di «rappresentazioni» e non di «frammenti storici» , esamineremo le tradizioni relative all'istituzione dei Fordicidia e del culto di Iuppiter Elicius . Nel primo episodio , Numa, i n occasione d i un'annata di grave carestia, si sarebbe recato a consultare l'oracolo ad in­ cubazione che Faunus possedeva in territorio latino, nel lu­ cus del dio Maenalius 46• Esaurite le prescrizioni rituali , il re si sarebbe sdraiato sulle pelli degli animali sacrificati in pre­ cedenza e qui ben presto sarebbe stato visitato in sogno dal dio che gli avrebbe dato questo responso 47: «Devi placare Tel­ lus , o re , con la morte di due vacche ; dia una sola vacca due anime per il sacrificio» . Poiché Numa non era in grado di de­ cifrare il significato di un ordine così ambiguo , intervenne la ninfa Egeria, a chiarire che il dio esigeva l'uccisione di una vacca gravida 48 • Ogni anno durante la festa dei Fordicidia ( 1 5 Aprile) si ripeteva dunque il rituale : nel tempio di Iuppi­ ter veniva offerta una vacca gravida per l'intera civitas, e

46 Ov. Fast. , IV, 641-652. 47 Ov. Fast. . IV, 652-666: •Morte boum tibi, rex, Tellus placanda dua­ rum: l det sacris animas una iuvenca duas•. 48 Ov. Fast. , IV, 667-670.

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Sacra jacere

contemporaneamente un uguale sacrificio veniva celebrato in tutte le curie 49• Nel feriale arcaico , i Fordicidia precedono di poco i Parilia del 2 1 Aprile , data della fondazione di Roma e festa del cosiddetto Capodanno dei pastori 50 • La connes­ sione tra i due rituali è garantita dalle ceneri degli exta del feto della vacca gravida sacrificata ai Fordicidia che , nel gior­ no dei Parilia, venivano utilizzate , insieme ad altri ingre­ dienti rituali , per approntare un suffumigio lustrale , il suffi­ men 5 1 • Nel racconto , l'azione si avvia allorché Numa si avve­ de che è in atto una crisi con gli dei: la terra non dà più i suoi frutti e minaccia l'esistenza dell'uomo . Nei tempi stori­ ci la crisi sarà risolta, come abbiamo detto , mediante il ri­ corso ai libri Sibyllini; a livello di rappresentazione della sto­ ria di Roma cui si riferisce l'episodio in esame , la logica del sistema monarchico esige che sia il re ad interpretare a van­ taggio della civitas il ruolo di mediatore con le entità divine . Numa quindi deve accettare di entrare a diretto contatto con il dio , sia pure in una dimensione onirica; ma il discorso di­ vino è per sua natura simbolico e polisenso e perciò difficile da decodificare . Il re avrebbe fallito nel suo compito di me­ diatore , se non avesse ricevuto l'aiuto della ninfa Egeria a propiziare la soluzione della crisi , sciogliendo l'enigma della prescrizione divina .

49 Ov. Fast. , IV, 629-636; per un'interpretazione della festa, cfr. Sab­ batucci 1988 , 124-125. 50 Varro re rust. II, l, 9; Cic . de div. Il, 47, 98; Ov. Fast. , IV, 806-860; Plut. Rom XII, l; Fest. 272 L.; la legenda An[nus pastor(icius) inc(ipit)) è stata ricostruita, a. d. , per i Fasti Esquilini, un calendario di età tarda, cfr. I.l. , vol. XIII, 2, 86 e Degrassi 1963, 443; per i caratteri del periodo che precede il capodanno, cfr. Brelich 19762, 81-82; 121-122; secondo una tradizione riferita da Plutarco , Numa sarebbe nato nello stesso gior­ no della fondazione di Roma, Plut. Num III, 6. 5 1 Ov. Fast. IV, 731-734; per il rituale dei Parilia, cfr. Dumézil 1977, 334-336; Marcos Celestino 2002.

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Introduzione

Questo racconto eziologico lascia affiorare l'esistenza di un legame quasi strutturale tra il re-legislatore ed il dio Faunus 52 , legame che si ritrova anche nell' historiola dal tono popolaresco­ folklorico , che funge da aition per il culto di Iuppiter Elicius 53 • Durante il regno di Numa, la frequente caduta di fulmini, em­ blema divino di Iuppiter, segnala una crisi nei rapporti tra il dio e la civitas 54 • Numa, il re-legislatore, cui si deve - secondo la vulgata - anche gran parte della sistemazione della sfera re­ ligiosa, sa di non poter ricorrere in questo caso alla formula­ zione di un voto (riguardante la rinuncia all'uso della folgore da parte di Iuppiter) . in quanto è consapevole del fatto che non può richiedere al dio di manifestarsi in forma contraria al suo essere, o di privarsi della sua insegna divina, ovvero di accet­ tare di elicere se stesso . Quando il problema sembra ormai senza soluzione , Egeria suggerisce a Numa di stabilire un pat­ to tra il dio e la civitas, che consenta, attraverso efficaci azio­ ni cultuali, l'espiazione dei fulmini e, di conseguenza, il supe­ ramento della crisi. In questo caso la divinità da placare non è una divinità di rango inferiore come Tellus, ma il sommo dio del pantheon Romano; egli non presiede a santuari oracolari e dunque , ancora una volta, si propone il problema della media­ zione. E se nella teologia romana non emerge una genealogia r deorum, affiora tuttavia una gerarchia divina, una scala percorrendo la quale si può giungere fino al vertice . La ninfa Ege­ ria sa di non potersi rivolgere direttamente a Iuppiter, ma sug­ gerisce di obbligare ad agire in tal senso Picus e Faunus, di ne-

52 Cfr. i versi di Lucil. 484 M. (=490 Kr. ): teniculas, Lamias, Fauni quae Pompiliique/ instituere Numae, tremit has, hic omnia ponit; per un'inter­ pretazione nel senso di •un deterioramento della figura di Numa• . cfr. Del­ la Corte 1974, 3; contra, Santi 1993, 138-142. 53 La versione più antica a noi pervenuta dell'episodio risale a Valeria Anziate, Val. Ant. frg. 6 Peter; la narrazione di Ov. Fast. III, 285-392 cul­ mina con la consegna dell'ancile; cfr. anche Plut. Num XV, 3-10. 54 Val. Ant. ibid. ; Ov. Fast. III, vv . 285-287.

35

Sacrafacere

morum 55, e per questo prossimi alla dimensione umana. Dove­ va però essere usata una certa violenza per costringere i due a mettersi a disposizione del re , e perciò Numa pensò di farli ubriacare, deponendo diverse coppe di vino nei pressi di una sorgente ai piedi dell'Aventino 56• L'inganno ebbe successo : giunti alla fonte , Picus e Faunus, dopo aver bevuto quel vino in abbondanza, si addormentarono, e Numa fu in grado, sen­ za difficoltà, di catturarli e di convincerli ad usare le loro arti per attrarre (elicere) Iuppiter 57• Dal dio , il re avrebbe ricevuto direttamente la rivelazione della procedura appropriata, al ter­ mine di un colloquio piuttosto vivace , nel quale Numa, al pari di quanto accadeva in epoca storica in un procedimento giudi­ ziario , riuscì a superare le tesi dell'avversario (che pareva esi­ gere un sacrificio umano) . convincendolo ad accettare a titolo di espiazione un sacrificio incruento 58• L'astutia di Numa 59 si rivelò , in questo caso, non inferiore alla sua prudentia. Quest'ultima, secondo la definizione di Ci­ cerone, è, infatti. la facoltà che consente di distinguere il bene dal male 60 : chi è prudens è anche providens, in quanto sa pre-

55 Val. Ant. ibid.; Ov. Fast. III, 289-294; Picus e Faunus hanno una certa familiarità con gli uomini, con i quali condividono gli spazi, cfr. Bre­ lich 1 9762, 64. 56 Ov. Fast. III, 295-302; per Valerio Anziate, ibid., si sarebbe tratta­ to di vino e mulsum, ossia vino, acqua e miele in determinate proporzio­ ni, cfr. Colum . XII. 41; SeiV. ad Aen. l, 66; per Plutarco , il re avrebbe ver­ sato nella sorgente vino e miele , Plut. Num XV 5. 57 Ov. Fast. III, 303-328; Val. Ant. ibid.; Plut. Num XV 5-8. 58 Ov. Fast. III, 329-344; Val. Ant. ibid.; Plut. Num XV 9- 1 0. 59 Il concetto si trova espresso in maniera molto esplicita nella ver­ sione di Valerio Anziate ibid.: Thnc ambiguis Iovem propositionibus captum extulisse hanc vocem: •Decepisti me, Numa; nam ego humanis capitibus procurari constitueram JU.lgurita, tu maena, capillo, caepitio. quoniam me tamen tua circumvenit astutia, quem voluisti, habeto morem et his rebus, quas pactus es, procurationem semper suscipies jU.lguritorurTI!>. 6° Cic . nat. deor. Il, 38: prudentiamne deo tribuemus, quae constat ex ,

,

,

36

Introduzione

vedere le conseguenze delle azioni, e cautus poiché sa "leggere" le causae degli eventi 6 1 • Massima qualità del civis, del magi­ strato e del sacerdote romano, la prudentia è anche infine, col­ legata con l'esperienza, la "capacità" di svolgere un determina­ to lavoro , come nel caso degli iwis prudentes 62• La consapevo­ lezza della forza della parola (propizia talvolta, ma anche peri­ colosa) 63 e la preoccupazione di non agire avventatamente co­ stituisce quindi un precetto valido in ogni atto , pubblico o pri­ vato , una regola che informa la vita del cittadino romano, a tutti i livelli. Numa non ha esercitato in questo caso un'apate alla maniera greca (a Roma il dio non inganna né è inganna­ to) 64, ma, sfruttando le ambiguità proprie del linguaggio divi­ no , ha volto a proprio vantaggio la polivalenza dei significati e dei simboli cui esso allude , quella stessa ambiguità che nell'e­ pisodio dell'istituzione dei Fordicidia lo aveva disorientato . Analoga capacità di intervento si ritrova ad es. nel cd. tratta-

scientia rerum bonarum et malarum et nec bonarum nec malarum?; cfr. de invent. Il, 160; de fin. V, 67; de o.ff. 153; de leg. I, 60. 6 1 Per il rapporto cautus/causa/cavere, cfr. Dumézil 1977, 54; al contrario in DELL s. v. causa, il termine è considerato di etimologia sco­ nosciuta ed il suo significato originario sarebbe pertanto indeterminabile . , 62 Cfr. DELL s.v. prudens, 541; Hellegouarc'h 1972, 256-267. 63 Questo aspetto della vicenda è stato analizzato da Dumézil il qua­ le così si esprime a proposito, Dumézil 1977, 51: «< romani misurarono ben presto il valore e l'efficacia delle parole nella religione. Uno dei primi •miti• che leggiamo nella volgata delle origini consiste in una sorta di con­ trattazione tra Giove e Numa, che al tempo stesso è un esame mediante il quale il dio si accerta che il re conosca l'importanza del vocabolario e della sintassi• ; cfr. Bayet 1957, 53; Santi 1993, 91-133; cfr. per l'episo­ dio anche Scheid 1985, 41-53, che tuttavia ne fornisce , a nostro avvi­ so, un'interpretazione alquanto forzata, enfatizzando una subordinazione del dio al civis che i documenti non sembrano avallare . 64 In Grecia l'apate si configurava come una qualità dell'azione del dio Dionysos, che perciò riceveva l'epiclesi di Apaténòr •che inganna gli uo­ mini•.

37

Sacra jacere

mento pragmatico dei presagi 65, nell'annullamento , nella tra­ sformazione o nel trasferimento dell'amen per effetto della pa­ rola 66• A garanzia della ri-stabilita pax tra uomini e dei, Iuppi­ ter lasciò cadere dal cielo un ancile, uno scudo insegna di Mars e pignus imperii 67; come è noto , secondo la tradizione, Numa lo fece riprodurre in undici esemplari, in modo che fosse impos­ sibile riconoscere - e di conseguenza trafugare - lo scudo cele­ ste donato da Iuppiter 66 • Questo frammento mitico, conservatosi in forma di histo­ riola, appare quindi funzionale all'assetto della civitas, laddo­ ve, oltre ad istituire il culto di Iuppiter Elicius, «fonda» la ca­ pacità di contrattazione/ conciliazione concessa agli uomini, nei riguardi dei numina irata. Si spiegherebbe in questo modo pure la persistenza (almeno in uno dei contesti conservatici) 69 del motivo della consegna dell' anci e, l come suggello della nuo­ va pax deorum, appena pattuita tra uomo e dio, ma in eterno rinnovabile.

4.

Per la definizione di una mappa delle compatibilità

Se l'orientamento demitizzato della religione romana arcaica non annulla ogni forma di divinazione, esso determina tuttavia

65 Per il concetto di trattamento pragmatico dei presagi, cfr. Bayet 1957. 51-56. 66 Cfr. Dumézil 1977, 52: 117-118. 67 Ov. Fast. III, 345-378. 68 Ov. Fast. III. 379-392. 69 Ovidio è l'unico autore che presenta in sequenza i tre episodi; Plu­ tarco conosce una variante che ambienta l'episodio della consegna del­ l'ancile in un altro contesto : esso sarebbe stato consegnato come garan­ zia del recupero di un corretto rapporto tra dei e civitas, ed avrebbe avuto come primo effetto la fine di una pestilenza che da tempo affliggeva Roma e l'Italia, Plut. Num. XIII, 1-5; per un esame delle varianti, cfr. Santi 1993. 90-112.

38

Intrcxluzione

una mappa di fattori incompatibili assai estesa. Cicerone, nel proemio del De

divinatione,

fornisce un quadro abbastanza fede­

le del sentimento dei Romani della sua epoca nei confronti del problema. Egli, come è noto, distingue due tipi di pratiche divi­ natorie rum

(divinandi genera) ,

una artificiosa, l'altra naturale

(alte­

artis est, alteru.m naturae) ; mentre il primo presuppone il

possesso e l'utilizzo di un patrimonio tecnico, codificato e tra­ smissibile, il secondo si fonda su di un'esperienza personale uni­ ca ed irripetibile, che rende il veggente portavoce del dio 70 • Quan­

to alle diverse pratiche, al primo gruppo appartengono l'investi­ gazione delle viscere degli animali sacrificati servazione di

auguria

e di

monstra,

(extispiciwn) ,

l'os­

la lettura di tavolette e dadi

sortilegiwn richieda una certa arte) ; nel secondo, rientrano la divinazione estatica 7 1 e l'oniromanzia (di fatto Cicerone accomuna i vates, gli indovini ispirati della tradizione latina, e i somniantes 72 : costoro, agendo divinatori (l'autore ritiene infatti che anche il

in uno stato di totale incoscienza e senza far ricorso ad alcun ge­ nere di artificio, riuscivano ad avere precognizioni spontanee, che tuttavia necessitavano di una convalida

post eventwn 73) .

In ac­

cordo con il carattere demitizzato della religione romana e con la sua funzione civica, l'un genere é ra ammesso, l'altro rigettato sulla base della discriminante costituita principalmente dal pos­ sesso di un carisma individuale e dall'annullamento della

volun-

7° Cic. de div. I , 6, 1 1 - 1 2 : Dun sunt enim divinandi genera, qunrum al­ terum artis est, alterum naturae. 7 1 Cic. ibid. : Quae est autem gens aut quae civitas quae non extispi­ cium aut monstra aut fu/gora interpretantium, aut augurum, aut astrologo­ rum, aut sortium (ea enim jere artis sunt}, aut somniorum aut vaticinatio­ num (haec enim duo naturalia putantur) praedictione moveatur?; cfr. I. 1 8 , 34; I , 33, 72 ; II, 1 1 , 26. 72 Cic. de div. I , 5 1 . 1 1 5 : Atque haec quidem vatium ratio est. nec dis­ similis sane somniorum Nam quae vigilantibus accidunt vatibus, eadem nobis dormientibus 73 Cic. de div. l, 2, 4: et cum dunbus modis animi sine ratione et scien­ tia motu ipsi sun saluto et libero incitarentw; uno furente, altero somniante.

39

Sacra Jacere

tas individuale. Il Iifiuto nei confronti di queste pratiche non sembra, infatti, imputabile ad una chiusura preconcetta dell'au­ tore : Cicerone, membro del collegio degli augures, nella sua con­ danna della mantica estatica non innova di certo, ma sembra far­ si interprete di una posizione consolidata. Già a partire dalle leg­ gi delle XII Tavole, lo stato di possessione, il .furor, che poteva as­ sumere carattere oracolare poetico o bellico, non aveva a Roma connotazioni positive, donde il jwiosus, ormai non più compos sui, non più padrone di sé, vedeva limitati o azzerati i suoi iura ed era affidato alla tutela di un terzo, di norma il parente ma­ schio più prossimo in linea agnatizia 74• Si può affermare, quin­ di, che Cicerone recepisca una posizione fissata dalla tradizione, ove si consideri che già ad Ennio, come abbiamo visto, si attri­ buiva un verso che esplicitamente sottolineava l'irrecuperabile distanza che separava il presente da quel passato favoloso popo­ lato da Fauni e da poeti ispirati (v. supra p. 32: &ripsere alii

remi vorsibus quos olim FaWli vatesque CWlebWlt) 75• Questo rimando alla categoria del favoloso , che ha al con­ tempo il sapore di una condanna, richiama il celebre raffronto tratteggiato da Georges Dumézil, all'inizio degli anni Quaran­ ta 76 , tra i campi ideologici («champs idéologiques>>) 77 di Roma arcaica e dell'India vedica.

74 Tab . V, 7; cfr. auct. Herenn. I , 1 3 , 23; nella categoria del furiosus rientrava oltre al posseduto anche il 'pazzo', ossia il demens o l'amens; sulla cura furiosi, cfr. Diliberto 1 984. 75 Per l'etimologia, cfr. DELL s.v. paco, 472-474; per i problemi con­ nessi al concetto romano di pax, espressione ultima della capacità di pat­ tuizione, cfr. Sordi 1 985; Montanari 1 990, 85- 1 02 . 76 Dumézil 1 943, 1 93 ss. 77 Come è noto , allo studioso francese si deve l'elaborazione del con­ cetto di •campo ideologico• (•cha.mp ideologique>) ossia di quella •forma di spirito e di gusto, di immaginazione e di senso morale, che non permet­ te alle istituzioni come ai miti, quale ne sia l'origine e l'età, di vivere e pro­ sperare in essa, se non modellandosi su certi tipi ed orientandosi in certi sensi•. Dumézil 1 943, 1 89- 1 90 . ·

40

Introduzione

Il •campo ideologico•• appare sintetizzato in uno schema, ar­ ticolato in sei punti, in cui Roma viene contrapposta all'India Vedica, come ad una tesi si contrappone un'antitesi. Roma

India Vedica

I Romani pensano:

Gli Indiani pensano:

l o storicamente

l o favolosamente

2° nazionalmente

2° cosmicamente

3° praticamente

3° filosoficamente

4 o relativamente

4° assolutamente

5° politicamente (= civicamente, n.d.r. )

5° moralmente

6° giuridicamente

6° misticamente

Non si tratta di connotazioni psicologiche (quasi che ogni civiltà fosse il riflesso di particolare forma mentis) . ma di orien­ tamenti culturali : e se in questa dialettica dobbiamo constata­ re che è per noi più agevole identificarci nel «campo ideologico•• della tesi, per così dire , che non in quello dell'antitesi, ciò av­ viene perché la nostra cultura prosegue, nel complesso , il per­ corso che parte da Roma, riplasmato attraverso gli apporti de­ rivanti dal Cristianesimo , marginalizzando il filone rappresen­ tato dall'India Vedica (e, in parte , dalla Grecia) . che talora vie­ ne recuperato a livello individuale (v. Nuovi Movimenti Religio­ si di ispirazione orientale) 78• 78 Per i •Nuovi Movimenti Religiosi• d i ispirazione orientale, cfr. Gatto Trocchi 2000 , 1 1 -92.

41

Sacrajacere

Nella griglia elaborata da Dumézil si collocano in posizione en­ fatica, all'inizio e alla fine, i due caratteri che con maggiore effi­ cacia esprimono la contrapposizione logica esistente tra la di­ mensione culturale romana e la dimensione culturale indiana: i Romani pensano: storicamente l gli Indiani pensano: favolosa­ mente; i Romani pensano : giuridicamente l gli Indiani pensano: misticamente. Ciò significa che, nell'orientamento attualistico 79 romano, con la sua invalicabile demarcazione tra spazio e tempo umano e spazio e tempo divino, poteva inserirsi anche la divina­ zione, ma a condizione di adeguarsi (o di non contravvenire) a de­ terminati «parametri•: in particolare, essa doveva replicare l'idea­ le romano dei rapporti umani, disciplinati dal ius, basato sulla nozione di persona sulla sua autonomia, stabilità e dignità 80• Applicata nel complesso alla divinazione , la griglia dumézi­ liana darebbe pertanto il seguente esito : LA DIVINAZIONE ROMANA ERA (=DOVEVA ESSERE) :

LA DIVINAZIONE ROMANA NON ERA (=NON DOVEVA ESSERE) :

STORICA/ ATrUALISTICA

FAVOLOSA/PREDnnTVA

NAZIONALE

COSMICA

PRATICA

FILOSOFICA

RELATIVA

ASSOLUTA

POLITICA (=CIVICA)

MORALE

GIURIDICA

MISTICA

79 Sabbatucci 1 975, 87: •L'•attualismo• consisterebbe nel trasferi­ mento al tempo storico di ogni eventuale valenza mitica: la •sacralità• o la funzione di dare valori metastorici viene sottratta al •tempo mitico• . E il •tempo mitico• perde ogni funzione• . 8° Cfr. Dumézil 1 943, 1 92 .

42

Introduzione

Questo schema, come ogni altro, è un'astrazione, e tuttavia paradossalmente esso possiede una sua validità solo se stori­ cizzato, ossia se riferito ad una fase cronologica ben determi­ nata: nel nostro caso non può avere efficacia prima che sia de­ fmitivamente compiuto il processo di elaborazione, ad es. , del concetto di historia, di civis, di ius. Convenzionalmente tale pro­ cesso si dà per avviato con l'approvazione delle leges Liciniae­ Sextiae (367 a. C . ) , che realizzarono in buona parte il program­ ma politico di parificazione tra i due ordines, patrizio e plebeo , dopo le lotte che avevano segnato il V e la prima metà del N se­ colo a.C . . A partire da quest'epoca, infatti, la cultura romana assume i caratteri che le sono propri 8 1 , caratteri che manterrà fmo al I secolo a. C . , allorquando, per effetto anche della mas­ siccia acculturazione promanante dalla Grecia, l'assetto rag­ giunto sarà radicalmente sconvolto. È dunque all'interno di questi limiti temporali che i «para­ metri» , che abbiamo recuperato per via teorica sulla scorta di Dumézil, possono avere una loro validità. Useremo quindi que­ ste coordinate per organizzare provvisoriamente gli elementi che andremo acquisendo con il procedere dell'indagine : ogni volta che potremo dire di aver isolato un aspetto della divina­ zione romana, lo confronteremo con questo paradigma, sag­ giando così anche la, validità del paradigma stesso . Nel caso infatti che un aspetto si presenti con i caratteri dell'antitesi, piuttosto che della tesi, si aprono quattro possibi­ lità. L'elemento : • non è romano (=è riferito ad un contesto non romano /è frutto di acculturazione) ; • è autenticamente romano , ma è riferibile ad un periodo anteriore alla seconda metà del N secolo a . C . ; 81

Per il valore del 367 a. C . , come data a partire dalla quale la res pu­ blica rimuove i residui dell'ordinamento gentilizio, assumendo una con­ formazione •civica• . cfr. Sabbatucci 1 989, 1 95 .

43

Sacrafacere





è autenticamente romano , ma è rifertbile ad un pertodo postertore al I secolo a . C . ; è autenticamente romano ed è rtfertbile ad un pertodo compreso tra la seconda metà del IV secolo a . C . e il I se­ colo a . C . : il paradigma non è, su questo punto , valido .

5 . Testare il paradigma Una prtma occasione per testare il nostro paradigma ci è of­ ferta dai due episodi esaminati in precedenza. Essi si situano entrambi in età monarchica e dunque, giusta la nostra ipote­ si , dovrebbero presentare qualche tratto difforme e incompati­ bile rtspetto allo schema di p. 42. In entrambi gli episodi, Numa interroga gli dei in relazione ad una crisi manifestatasi a livello pubblico, che riguarda l'in­ tera collettività di Roma: si può quindi affermare che si tratta comunque di consultazioni disposte pro populi salute e non a vantaggio di un singolo o di tutta l'umanità. A fronte di ciò, un prtmo elemento dissonante, rispetto al pattern divinatorio da noi indicato , può rtconoscersi nell'ambientazione tutt'altro che stortca; la presenza della ninfa Egerta, a fianco del re, confert­ sce ai due episodi un'aura mitica, così come anomala è la pras­ si seguita da Numa che nel prtmo caso ricorre alla oniromanzia (assimilata da Cicerone alla pratica mantica dei vates, sulla ba­ se della perdita della coscienza, v. supra p. 39) , e, nel secondo, al contatto con Iuppiter. In epoca storica l'individuazione dei piacula non avveniva per rtvelazione diretta, ma era propiziata da un mediwn., rappresentato dai libri, interrogati e interpreta­ ti da un collegio sacerdotale posto sotto il segno di Iuppiter, nel cui tempio erano custoditi i testi oracolart 82 • Per quanto ri­ guarda i piacula, uno di essi, al contrarto di quanto accadeva in 82

44

Dion. Hai. IV, 62 , 5 .

Introduzione

epoca repubblicana, comporta l'introduzione di una nuova fe­ sta, i Parilia, ossia di una ricorrenza sottratta alle contingenze della storia e inserita nel feriale pubblico Romano . Completa­ mente assente , nei racconti che abbiamo esaminato, è qualsia­ si componente di tipo morale o mistico; lo schema è, come ab­ biamo detto, uno schema di tipo giuridico, all'interno di un in­ tervento civico, che non pretende di avere una validità meta­ storica. Dunque, nel costruire o nel custodire queste histori.olae di sapore folklorico, si aveva cura comunque di preservare la componente civico/giuridica che, evidentemente, si riteneva dif­ ferenziante e costitutiva dell'ordo rerum 83 romano . Per testare ulteriormente il nostro paradigma, può essere opportuno , a questo punto dell'indagine , volgerei all'interno e all'esterno di Roma, al fine di mettere meglio a fuoco, attraver­ so la comparazione , i caratteri compatibili o incompatibili del­ le arti divinatorie praticate a Roma e presso altri popoli. Per prima cosa esamineremo il sistema che faceva capo alla lettu­ ra dei ib l ri Siby llini; a tale scopo , la redazione liviana degli av­ venimenti del 2 1 7 a . C . fornisce un esempio abbastanza fedele della procedura che si avviava in caso di prodigi. Durante la Guerra Annibalica, all'indomani dell'elezione di C. Flaminius, oltre al malcontento per la negligenza rituale ostentata dal con­ sole 84, Livio registra un lungo elenco di prodigia: Aumentavano il terrore i prodigi annunciati simultaneamente da di­ versi luoghi: si riferiva che in Sicilia ad alcuni soldati avevano preso

83 Con ardo rerum intendiamo il corrispettivo romano del kosnws gre­ co: il risultato di un'azione fondante che consente il superamento di una fase che convenzionalmente possiamo defmire 'caotica' e l'instaurazione di un 'ordine" stabile e duraturo; tale processo di 'cosmicizzazione' si esprimeva in Roma in un'azione di 'reificazione' , ossia nella costruzione di un universo ordinato di res, di una 'realtà'; di questo processo, e del suo risultato, era garante luppiter, in quanto detentore della suprema ra­ tio, cfr. Montanari 1 976. 84 Liv. XXII. l , 4-7.

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Sacra jacere

fuoco le lance; in Sardegna, ad un cavaliere che stava compiendo la ronda notturna del muro , era bruciato il pugnale che teneva in ma­ no e sulle spiagge si erano visti i bagliori di numerosi fuochi e due scudi avevano trasudato sangue e alcuni soldati erano stati colpiti dal fulmine e il sole era apparso più piccolo , e a Praeneste erano ca­ dute dal cielo pietre infuocate e ad Arpi si erano visti scudi nel cie­ lo ed era sembrato che il sole combattesse con la luna; a Capena era­ no sorte due lune e a Caere era scorsa acqua mista a sangue e dal­ la fonte di Ercole era sgorgata acqua macchiata di sangue; ad Anzio, a dei mietitori erano cadute nella cesta spighe insanguinate . A Fale­ rii sembrò che il cielo si spaccasse come con una profonda fenditu­ ra, e da quella apertura brillò una grande luce ; le tavolette divinato­ rie si assottigliarono spontaneamente e ne cadde una con questa scritta: •Marte scuote la sua lancia» e contemporaneamente a Roma la statua di Marte sulla via Appia e le statue dei lupi trasudarono e a Capua sembrò che il cielo bruciasse e che la luna cadesse tra la pioggia. Quindi si diede credito anche a prodigi meno gravi: delle ca­ pre si ricoprirono di lana, una gallina divenne gallo ed un gallo si trasformò in gallina 85•

85 Liv. XXII , l , 8- 1 3 : Augebant metum prodigia ex pluribus simul locis nuntiata: in Sicilia militibus aliquot spicula, in Sardinia autem in muro cir­ cumeunti vigilias equiti scipionem quem manu tenuerit arsisse et litora cre­ bris ignibus fulsisse et scuta duo sanguine sudasse, et milites quosdam ictos fulminibus et solis orbem minui visum, et Praeneste ardentes lapides caelo cecidisse, et Arpis parmas in caelo visas pugnantemque cum luna solem, et Capenae duas interdiu lunas ortas, et aquas Caeretes sanguine mixtas jluxisse fontemque ipsum Herculis cruentis manasse respersum maculis, et in Antiati metentibus cruentas in corbem spicas cecidisse, et Faleriis caelum findi velut magno hiatu visum quaque patuerit ingens lu­ men eifulsisse; sortes sua sponte attenuatas unamque excidisse ita scrip­ tam: "Mavors telum suum concutit", et per idem tempus Romae signum Martis Appia via ac simulacra luporum sudasse, et Capuae speciem caeli ardentis fuisse lunaeque inter imbrem cadentis. Inde minoribus etiam dic­ tu prodigiis fuies habita: capras lanatas quibusdam jactas, et gallinam in marem, gallum in feminam sese vertisse; in questo caso , i prodigia sono elencati a partire dai più terrificanti, quelli a carattere astronomico, fino a quelli meno gravi; per i criteri di elencazione dei prodigia in Livio, de Saint-Denis 1 94 2 .

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Introduzione

I testimorù di tali prodigia vennero convocati dal console Cn. Servilius e riferirono davanti ai patres 86 ; esaurita la relazione cd. de religione, il Senato, per quanto di sua competenza, ordinò di compiere sacrifici con vittime adulte e da latte, accompagnati da tre giorrù di preghiere pubbliche (supplicano) presso i pulvinaria degli dei 87 • Per l'espiazione dei singoli prodigi cui venne ricono­ sciuta una valenza pubblica 88, si dispose la consultazione dei li­ bri 89. La prassi richiedeva che i sacerdoti si recassero nel tempio di Iuppiter Optimus Maximus, dove i testi oracolari erano custo­ diti, e procedessero alla ricognizione: questa operazione non era definita con un termine tecrùco, bensì attraverso l'espressione li­ bros inspicere 90 , «esaminare i libri» . I sacerdoti, quindi, si acco­ stavano a questi volumina vetusti, probabilmente anche con­ sunti 9 1 , alla ricerca di una •risposta» ; vagliavano il materiale ora86 Liv. XXII, l , 1 4 : His, sicut erant nuntiata, expositis auctoribusque in curiam introductis consul de religione patres consuluit. 87 Liv. XXII, l , 1 5 : Decretum ut ea prodigia partim maioribus hostiis, partim lactentibus procurarentur et uti supplicatio per triduum ad omnia pulvinaria haberetur, 88 Questa operazione era detta 'prodigium suscipere'; non a tutti i pro­ digia veniva riconosciuta una valenza pubblica, cfr. Liv. XLIII, 1 3 , 6: Duo non suscepta prodigia sunt, alterum, quod in privato loco jactum esset, palmam enatam in inpluvio suo T. Marcius Figulus nuntiabat -, alterum, quod in loco peregrino: Fregellis in domo L. Atrei hasta, quam fllio militi emerat, interdiu plus duas horas arsisse, ita ut nihil eius ambureret ignis, dicebatur. Publicorum prodigiorum causa libri a decemviris aditL 89 Liv. XXII, l , 1 6 : cetera, cum decemviri libros inspexissent, ut itajìe­ rent quemadmodum cordi esse di sibi divinis carminibus praefarentur. 90 Per l'espressione libros inspicere, v. n. 89; cfr. anche Liv. XXII, 36, 6 (2 1 7 a . C . ) : Ceterum priusquam signa ab urbe novae legiones moverent, decemviri libros adire atque inspicere iussi propter territos vulgo homines novis prodigiis; Liv. XXV , 1 2 , 1 1 ; Santi 1 985, 38.

9 1 Sappiamo che Augusto dispose la realizzazione di una nuova copia, perché quella originaria risultava assai usurata, Dio Cass. LIV, 1 7; Gagé 1 955, 547-548; ricordiamo che la copia che si consultava all'epoca di Au­ gusto era quella ricostruita nel 76 a. C . , dopo l'incendio del tempio Capi­ tolino, v. infra pp. 1 7 1 - 1 73 .

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Sacra Jacere

colare, per sua natura oscuro, polisenso, sibillino (nel significa­ to moderno del termine) , con il preciso scopo istituzionale di de­ rivarne dei sacra, dei riti espiatori, che dovevano possedere due caratteri : essere sintagmaticamente correlati ai prodigia e com­ pensativi/restitutivi della pax deorum. Nell'inspicere del collegio sacris faciundis è ravvisabile un esplicito richiamo alla spectio, all'«osservazione� dei segni tipica della scienza augurale 92: in en­ trambi i casi, i sacerdoti sono chiamati a «leggeren , nell'interesse della res pub ica, l del materiale significativo a livello divinatorio. Nella prassi dei due collegia è, tuttavia, possibile cogliere un trat­ to di profonda differenza in quanto per gli augures erano signifi­ cativi solo quei signa che essi avevano identificato ed espressa­ mente indicato nella legwn dictio 93, ossia nella fase prelimi­ natoria della consultazione, mentre i viri sacris faciundis erano chiamati a selezionare i carmina oracolari e poi a «tradurre>> i car­ mina selezionati in una o più prescrizioni rituali, facendo affida­ mento solo sulla loro prudentia e sul mos maiorum. È probabile che fm dai loro esordi i sacerdoti curassero, come era uso per gli altri collegia, dei commentarli nei quali venivano annotati i ver­ baJ.i delle riunioni, gli atti e le memorie del sacerdozio 94• I com-

92 Per la spectio augurale, cfr. Catalano 1 960, 4 1 ; 1 39; Sabbatucci 1 989. 93 L'operazione della legum dictio è descritta in Liv. I , 1 8 , 7-9: Augur

ad laevam eius capite velato sedem cepit, dextra manu baculum sine nodo aduncum tenens quem lituum appellarunt. Inde ubi prospectu in urbem agrumque capto deos precatus regiones ab oriente ad occasum determina­ vit, dextras ad meridiem partes, laevas ad septentrionem esse dixit; si­ gnum contra quoad longissime conspectum oculiferebant animojìnivit; tum lituo in laevam manum translato, dextra in caput Numae imposita, ita pre­ catus est: "Iuppiter pater; si est jas hunc Numam Pompilium cuius ego ca­ put teneo regem Romae esse, uti tu signa nobis certa adclarassis inter eos jìnes quos fecL " Thm peregit verbis auspicia quae mitti vellet. Quibus mis­ sis declaratus rex Numa de templo descendit, cfr. Catalano 1 960, 87 ss. ; Sabbatucci 1 989, 1 34- 1 40 . 94 Per i commentarti sacerdotali, Sini 1 983 , con particolare riferimen­ to alle pagine 2 1 -23.

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Introduzione

mentarii, insieme all'esperienza dei sacerdoti più anziani (la ca­ rica era infatti esercitata a vita) , dovevano garantire la continuità della prassi attraverso i secoli, nonché offrire un repertorio di an­ tecedenti, su cui il collegio sacerdotale poteva modellare la sua condotta. Non abbiamo indicazioni circa i riti e le procedure che si svolgevano durante la consultazione; le uniche notizie che pos­ sediamo risalgono al III sec. d . C . , all'impero di Aureliano. Orsù dunque, o pontefici, puri, mondi, santi, disposti nell'abito e nel­ l'animo ai riti, salite al tempio, allestite i sedili ornati di alloro, svol­ gete i volumi con le mani velate , ricercate i fati della res publica che sono eterni. Ordinate che fanciulli con entrambi i genitori in vita in­ tonino un inno sacro . Noi ordineremo la spesa per i riti espiatori, il necessario per i sacrifici, gli altari per l'emergenza 95•

95 SHA Aurel. XIX, 6 (da una lettera dell'imperatore) : «Agite igitur, pon­ tiftces, qua puri, qua mundi, qua sancti, qua vestitu animisque sacris com­ modi, templum ascendite, subseUia laureata construite, velatis manibus li­ bros evoluite, fata rei p. quae sunt aeterna perquirite. Patrimis matrimisque pueris carmen indicite. Nos sumptum sacris, nos apparatum sacriftciis, nos aras tumultuarias indicemus.•; è impossibile determinare con certezza se le indicazione qui riportate siano antiche o si siano affermate solo in epo­ ca imperiale; l'accenno ai subsellia laureata sembra alludere al patroci­ nio di Apollo sui libri e può ritenersi quindi non originario; al contrario, l'uso di velarsi le mani per evitare il contatto diretto con il testo può es­ sere un elemento arcaico della procedura. Nel testo l'invito è indirizzato ai pontifices e non ai viri sacris faciundis; nella storia non vi fu mai riva­ lità, bensì collaborazione tra i due sacerdozi, cfr. Dumézil 1 977, 4 1 5-4 1 7 , e d anzi, a partire d a Augusto, i principes e gli imperatori s i fregiarono di entrambe le cariche sacerdotali, che videro perciò aumentare il loro pre­ stigio; in epoca imperiale, inoltre, secondo Serv. ad Aen. VI, 73: postea

crevit numerus, nam et sexaginta fuerunt, sed remansit in his quindecem­ virorum vocabulum, il collegio arrivò a contare fino a sessanta membri, di cui quarantacinque ammessi extra numerum; è quindi probabile che i pontijìces di epoca imperiale partecipassero alle consultazioni dei libri, a pari titolo dei viri sacris faciundis e, in virtù dell'alta responsabilità della loro carica religiosa, finissero in alcuni casi per prevalere; altre indica­ zioni, meno circostanziate, in Serv. ad Aen. III, 332 : Hinc ergo et delphi­ nium aiunt inter sacra Apollinis receptum; cuius rei vestigium est quod ho-

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Sacrajacere

Da quanto emerge dalle fonti, si ha tuttavia l'impressione che le riunioni del collegio non si protraessero per un tempo ec­ cessivamente prolungato ; in nessun caso, per quanto è nelle nostre fonti, i sacerdoti si dichiararono incapaci di trarre dai li­ bri quanto richiesto. Tornando all a consultazione del 2 1 7 a. C . , dopo la lettura dei libri, giunse da parte dei viri sacTis faciundis l'ordine (decretum est) di offrire a Iuppiter un fulmine d'oro, del peso di cinquan­ ta libbre (Iovi primum donum fulmen aureum pondo quinquagin­ tafieret) . e altri doni d'argento a Iuno e a Minerva; di sacrifica­ re a Iuno Sospes e a Iuno Regina degli animali adulti (Iunoni re­

ginae in Aventino Iunonique Sospitae Lanuvi maioribus hostiis sacrificaretufj ; di portare al tempio di Iuno Regina e di Feronia un dono, frutto di due collette effettuate rispettivamente tra le matronae e tra le matronae e le libertae (matronaeque pecunia

conlata quantum conferre cuique commodum esset donum Iuno­ ni reginae in Aventinum ferrent [ . . ) , et ut libertinae et ipsae un­ de Feroniae donum daretur pecuniam pro facultatibus suis con­ ferrent) ; di allestire un lectisternium, ossia un rito consistente nel recare offerte ai simulacra degli dei esposti su lecta 96 • Infi.

dieque quindecemvirorum cortinis delphinus in summo ponitur; et pridie cum sacriftciumfaciunt, velut symbolum delphinus circumjertur; ob hoc sci­ licet quia quindecemviri librorum Sibyllinorum sunt antistites, •Perciò dun­ que si dice che anche il delfino sia stato accolto tra gli oggetti consacra­ ti di Apollo , e di ciò è testimonianza il fatto che il delfino è posto in cima ai tripodi dei quindecemviri. e il giorno prima di fare un sacrificio, il del­ fino è portato in processione come un simbolo , per questo motivo evi­ dentemente perché i quindecemviri sono gli addetti alla consultazione dei

libri Sibyllinb> .

96 Liv. XXII. l , 1 7- 1 8: Decemvirorum monitu decretum est Iovi primum donum fulmen aureum pondo quinquaginta fteret, Iunoni Minervaeque ex argento dona darentur et Iunoni reginae in Aventino Iunonique Sospitae La­ nuvi maioribus hostiis sacriftcaretur; matronaeque pecunia conlata quan­ tum conjerre cuique commodum esset donum Iunoni reginae in Aventinum ferrent lectisterniumque jìeret. et ut libertinae et ipsae unde Feroniae do­ num daretur pecuniam pro facultatibus suis conjerrent.

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Introduzione

ne i sacerdoti stessi membri del collegio officiarono un sacrifi­ cio nel Foro di Ardea 97• Nella narrazione liviana, non vi è traccia né del testo dei li­ bri (che doveva essere tenuto segreto, pena la morte) 98, né del­ l'interpretazione del significato dei prodigia. In età repubblica­ na, infatti, l'evento prodigioso non era altro che il segnale di una crisi in atto (v. supra p. 25) : in alcuni casi, al di sotto del prodigium e del relativo piaculum si può intravedere, in filigra­ na, una relazione, una sorta di sintassi che li leghi, ma il più delle volte la ratio che orienta la pratica espiatoria resta per noi indecifrabile. Così, nell'episodio che stiamo esaminando, l'of­ ferta espiatoria più rilevante è indirizzata a Iuppiter nella sua qualità non solo di sommo dio del pantheon romano, ma anche di figura divina associata con l'elemento uranico. Grande at­ tenzione viene inoltre rivolta a Iuno, protettrice di Carthago : è significativo che si cerchi di placare questa divinità sia nelle sue varie forme (Capitolina, Sospes e Regina} , sia nei suoi santua­ ri più rinomati . Nella lista degli dei cui vengono offerti sacrifici espiatori, non compare Mars, nonostante diversi prodigi, in ag­ giunta alla situazione generale, lo chiamassero in causa; è pos­ sibile, ma non certo, che egli fosse tra i destinatari del lecti­ sternium 99• Si compie, inoltre, un sacrificio ad Ardea, che non figura tra i luoghi menzionati da Livio, ma non a Praeneste . Per il prodigio avvenuto a Capena, infme , si procede a rendere omaggio alla divinità titolare del luogo di culto più rinomato , ossia alla dea Feronia 100 • Nel testo liviano , si possono rilevare alcune incongruenze, ma anche alcune corrispondenze teologi-

97 Liv. XXII, l , 1 9 : Haec ubi facta, decemviri Ardeae in foro maioribus

hostiis sacrificarunt.

98 Dion. Hai. IV, 62 , 4; il prtmo caso di divulgazione rifertto dalle fon­ ti ha come protagonista M. Atilius, v. in.fra pp. 1 1 2- 1 1 3 . 99 I l dio Mars nel lectisternium celebrato successivamente è affianca­ to a Venus, Liv. XXII. 1 0 , 9; v. in.fra p. 1 4 5 . 1 00 Per la figura divina divina di Feronia, cfr. Dumézil 1 977, 36 1 -366.

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Sacra Jacere

che assai significative, come l'associazione simbolica Iuppiter­ cielo, Iuno-luna, il rapporto Iuno- matronae, Feronia- ib l ertae. Alcune omissioni, come quella degli eventuali piacu a l destinati a Mars , se non imputabili ad esigenze di sintesi da parte del­ l'autore , potrebbero invece indicare l'adozione di soluzioni me­ no «convenzionali» : in tal senso, l'enfasi posta sulla necessità di placare Iuno, oltre che nella protezione accordata ai Cartagine­ si, potrebbe trovare giustificazione nella contiguità cultuale che la dea intratteneva con il dio guerriero 1 0 1 • L'esempio del 2 1 7 a.C. ci ha permesso di isolare alcuni ele­ menti che ora possiamo confrontare con il nostro paradigma, per verificarne la congruità. La divinazione effettuata attraver­ so la consultazione dei ib l ri era storica (non favolosa) : la lettu­ ra non avveniva all'interno di un contesto festivo ed era dispo­ sta ogni qualvolta fosse ritenuta necessaria sulla base dei pro­ digia storici riferiti. Era nazionale (non cosmica) : i ib l ri erano consultabili solo per ordine del Senato del popolo Romano e so­ lo da parte di un collegio sacerdotale pubblico, i viri sacris ja­ ciundis, solo nell'interesse della res pub ilca. Era pratica (non fi­ losofica) : suo scopo era conoscere i riti adatti a ripristinare la pax deorum Era relativa (non assoluta) : ogni evento prodigioso richiedeva una consultazione ad hoc; di norma l'efficacia del ri­ to espiatorio era limitata all'occasione che l'aveva determinato . Era politica (=civica) (non morale) : l'intera prassi era scevra da implicazioni etiche e finalizzata esclusivamente al consegui­ mento della sa us l rei pub ic l ae: un rito era ((buono» se si dimo­ strava efficace; nel tempo non mancarono gli esempi di riti espiatori giudicati aberranti (dagli stessi Romani) e praticati in virtù della loro efficacia (v. il caso delle sepolture umane 1 02) . Era 101

Cfr. il rapporto cultuale Iuno-Mars, Arcella 1 992, 240. Il prtmo esempio risale al 228 a.C. alla vigilia della ripresa della guer­ ra contro Cartagine, Plut. Mare. III, 4, Dio Cass. XII, 50, Zon. VIII, 1 9 ; il se­ condo caso è datato nel 2 1 6 a. C . , all'indomani della battaglia di Carme, Liv. 102

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Introduzione

giuridica (non mistica) : non vi era alcuna ricerca di un contat­ to più intimo e profondo tra la civitas e i nwnina ir-ata, ma, co­ me in un processo civile, la procedura divinatoria mirava a in­ dividuare una forma di «compensazione» (in questo caso , ritua­ le) in grado di soddisfare le richieste dell'attore divino, risolven­ do il «contenzioso•• e propiziando una pacificazione tra le parti. Volgendoci all'esterno , una pratica assolutamente incom­ patibile , nei cui riguardi si registrarono in epoca repubblicana significativi episodi di intolleranza, fu quella del sortilegium Esemplare è, a proposito , il caso del 24 1 a. C . , allorché il se­ natus impedì al console Q . Lutatius Cerco di ricorrere all'ora­ colo che la dea Fortuna possedeva nella città di Praeneste , pe­ na la morte per supplizio 1 03 • Secondo quanto riferiscono le fon­ ti , nel santuario prenestina si praticava la cleromanzia : il re­ sponso veniva fornito attraverso la tecnica del sortilegium, os­ sia mediante l'estrazione di tavolette iscritte , sortes, rinvenute miracolosamente da Numerius Suffustus. seguendo le indica­ zioni ricevute in sogno 1 04 • Perché il senato mostra tanta fermezza nel condannare il gesto del console? Evidentemente perché non vi vede solo una trasgressione del mos maiorum, ma anche un crimen vero e proprio . Notava Brelich , a proposito : «Non sembra che una si­ mile convinzione . avversaria agli extraria responsa, e docu-

XXII, 57, 6; l'ultimo caso dello stesso tipo è Iifertto al 1 1 3 a. C . , Plut. Quae­ st. Rom LXXXI I I; per l'esame di questi Iituali, cfr. Fraschetti 1 98 1 ; Santi 2004, 1 37- 1 50. 1 03 Val. Max. l, 3, 2 . 1 04 Cic. de div. II, 4 1 , 85: Numerium Sulfustium Praenestinorum mo­ numenta declarant, honestum hominem et nobilem, somniis crebris, ad ex­ tremum etiam minacibus cum iuberetur certo in loco silicem caedere, per­ territum visis, inridentibus suis civibus id agere coepisse; itaque perfracto saxo sortis erupisse in robore insculptas priscarum litterarum notis; come messo in luce da Sabbatucci 1 989 , 1 43 ss. , in questo caso una preco­ gnizione onilica fonda una nuova pratica divinatorta.

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Sacra jacere

mentata in quest'unico caso - abbia guidato Roma, quando si trattava di consultare, per esempio , Delfi» 1 05• Evidentemente il sistema divinatorio delfico era considera­ to, in qualche misura, compatibile con gli ambiti della divina­ zione romana 1 06; altrettanto non poteva dirsi per la cleroman­ zia praticata nel santuario prenestina di Fortuna. Abbiamo già visto , infatti, come le uniche due pratiche divinatorie ufficiali in Roma fossero l'augurato e la consultazione dei libri Sibyllini: entrambe richiedevano , da parte dei sacerdoti preposti , la ri­ nuncia a carismi oracolari, la piena coscienza di sé e il ricorso alle facoltà razionali, ratio, prudentia e consilium. per decifrare i segni e le risposte divine . A Praeneste, al contrario , il re­ sponso era affidato al caso : l'estrazione , per mano di un bam­ bino, delle sortes custodite in un'arca lignea, forniva la rispo­ sta al quesito posto 1 07• Il fatto che l'incombenza rituale di me­ scolare e di trarre le tavolette fosse affidata ad un puer esclu­ deva ogni possibile ricorso alla ratio ed al consilium, facoltà del­ l'uomo maturo, e garantiva l'effettiva causalità (che in questo caso equivaleva a regolarità) del responso ; perciò , come sotto­ linea Cicerone , che equipara il sortilegium al gioco di azzardo,

1 05 Brelich 1 9762 , 2 1 . 1 06 Per una comparazione tra la mantica delfica e lettura dei libri Sibyl­ lini. cfr. Santi 1 985, 33-42 . 1 07 Il sistema di divinazione è descritto in Cic. de div. II, 4 1 , 86: Eodem­ que tempore in eo loco, ubi Fortunae nWlC sita est aedes, mel ex olea jlwds­ se dicWlt, haruspicesque dixisse swruna nobilitate illas sortis juturas, eo­ n.unque iussu ex illa olea arcam esse jactam.. eoque conditas sortis, quae ho­ die FortWlae monitu tollWltw: Quid igitur in his potest esse certi. quae Fortu­ nae monitu pueri manu miscentur atque ducWltur?; non è possibile rico­ struire con certezza il genere di notae iscritte sulle sortes Praenestinae: le alternative, come ha evidenziato Faccetti 1 998, 94 ss. , sono due: si poteva trattare o di singole lettere che per estrazioni successive componevano una o più parole, o di lettere che rimandavano a responsi già redatti; la proce­ dura del sortilegium è nota anche attraverso documenti iconografici, quali il bassorilievo votivo rinvenuto a Ostia, datato al I sec. a.C. , cfr. Becatti 1 939.

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Introduzione

in quel genere di operazioni valevano solo la temeritas ed il ca­ sus 108• In Roma, al contrario , la consultazione dei libri era ri­ servata ai sacerdoti del popolo Romano e riguardava esclusi­ vamente res gerendae o prodigia di rilevanza pubblica; essa forniva indicazioni per agire nel presente e non riguardava il futuro o gli eventi di là da venire . Per contro a Praeneste, il santuario oracolare era aperto a tutti, privati, gentes e natio­ nes; i responsi riguardavano per lo più predizioni riguardanti eventi futuri. La lettura dei libri, infine, veniva disposta in re­ lazione ad esigenze storiche contingenti 109 , al di fuori di ogni contesto festivo: il santuario di Praeneste , al contrario, era in funzione solo due giorni l'anno , nella stagione primaverile , du­ rante la festa della dea 1 10• LA DMNAZJONE A ROMA ERA:

LA DMNAZIONE A PRAENESTE ERA:

RAZIONALE

FORTUITA

CMCA

ECUMENICA

STORICA

FESTIVA-METASTORICA

ATTUALISTICA

PREDITIIVA

1 08

Cic. de div. Il, 4 1 , 85: Dicendwn igitur putas de sortibus? Quid enim sors est? Idem prope modwn quod micare, quod talDs incere, quod tesseras, quibus in rebus temeritas et casus, non ratio nec consUiwn valet. Tota res est inventa fallaciis aut ad quaestwn aut ad superstitionem aut ad errorem 1 09 Di norma la procuratio prodigiorum aveva cadenza annuale, ma po­ teva anche non essere richiesta, se non in quell'anno non erano stati an­ nunciati prodigia aventi rilevanza pubblica o essere ripetuta, all'interno dello stesso anno, se venivano riferiti prodigia a più riprese, come avven­ ne nel 1 77 a. C . , cfr. Liv. XLIII, 9, 4-8 e XLIII, 1 3 , 1 -3 . 1 10 La data è stata conservata dai Fasti Praenestini ad d . N ID. N.: Bi­ duo (sd. 10 e 1 1 Aprile) sacri.ftciwn maximwn ftt Fortunae Primigeniae. Utro eorum die eius oraclwn patet duoviri vitulum immolant, cfr. Degrassi 1 963, 438; Brelich 1 9762, 24.

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Sacra facere

Dunque, la pratica divinatoria effettuata a Praeneste si col­ locava al punto di massima distanza dal modello divinatorio Romano 1 1 1 : essa si iscriveva nel quadro di una religio Fortunae, totalmente antitetica all'orda rerum di cui Iuppiter era garan­ te 1 1 2 e sotto il cui segno si svolgeva l'azione sacerdotale tanto degli augures quanto dei viri sacris faciundis. La reazione del senatus che fece espresso divieto al console di ricorrere ai ritus peregrini appare quindi pienamente legittima e perfettamente coerente con l'identità politico-religiosa di Roma, che le sue istituzioni intendevano preservare e non stravolgere .

1 1 1 Per l'incompatibilità della pratica del sortilegium con la divinazio­ ne ufficiale romana, cfr. Brelich 1 9762, 34-35; Sabbatucci 1 989, 1 43- 1 53 ; per l a sua diffusione e l a sua sopravvivenza i n Italia e nelle province, cfr. Klingshirn 2005. 1 1 2 Per l'opposizione dialettica Fortuna-Iuppiter, cfr. Brelich 1 9762, 20 ss.

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CAPITOLO I

Genesi e struttura del sistema

l.

prodigium-piaculum

Prodigio fausto e profezie di imperium nell'età monar­ chica

Nel racconto della vulgata relativa all'età regia, assai raro è il ricordo di prodigi aventi rilevanza pubblica. Se si eccettuano gli episodi esaminati in precedenza e i particolari miracolosi ri­ feriti dalle fonti per la nascita di personaggi regali, quali Ro­ mulus e Servius Tullius 1 , il primo esempio di un evento pro­ digioso che coinvolga ed interessi l'intera comunità non si rin­ viene , nella narrazione annalistica, prima del regno del terzo re di Roma, allorché , vinti i Sabini, quando ormai la potenza del­ l'Urbs si avviava a stabilire l'egemonia nel Lazio: Fu annunciato al re ed ai senatori che sul monte Albano si era veri­ ficata una pioggia di pietre. Poiché il fatto era difficile da credere , fu­ rono mandate delle persone a verificare; ai loro occhi apparvero mol­ te pietre che cadevano dal cielo come quando i venti fanno addensa­ re a terra la grandine 2 •

1

Per queste leggende, cfr. Brescia 1 998; Briquel 1 999. Liv. I . 3 1 . 1 -2 : nuntiatum regi patribusque est in monte Albano lapi­ dibus pluisse. Quod cum credi vix posset, missis ad id visendum prodigium in conspectu haud aliter quam cum grandinem venti glomeratam in terras 2

agunt crebri cecidere caelo lapides. 57

Sacra jacere

All' annu ncio di una copiosa pioggia di pietre sul Mons Al­ banus, l'attuale Monte Cavo , il senato ed il re disposero, se­ condo la tradizione , l'invio di una delegazione con il compito di accertare la veridicità della notizia; lo spettacolo che si pre­ sentò agli occhi degli incaricati era simile agli effetti provocati da una violenta grandinata di pietre . A questo si sarebbe ag­ giunto anche un altro prodigio : una voce dal bosco sulla som­ mità del monte avrebbe ordinato di celebrare , secondo l'antico rito , un sacrificio che era stato trascurato e che era ormai ca­ duto in oblio 3• In questa occasione i Romani, secondo la nar­ razione liviana, o per monito della voce prodigiosa emessa dal lucus sul monte Albanus o dietro suggerimento degli haruspi­ ces, avrebbero celebrato per la prima volta un novemdiale sa­ crum 4• Si trattava di un'usanza derivata dal cerimoniale fune­ bre, consistente nella proclamazione di periodo festivo di nove giorni (feriae per novem dies) , che si concludeva con un «sacri­ ficio celebrato nel nono giorno» (novemdiale sacrum) 5• La fun­ zione di questo rito sembra quella di «pacificare)) il defunto , rea­ lizzando le condizioni perché esso si trasformi in antenato . Questo episodio registrato dall'annalistica si avvicina, nello schema, ai casi che avevano come protagonisti il re Numa e il dio Faunus, che abbiamo esaminato nel capitolo precedente (v. supra pp. 33-38) ; almeno due elementi differiscono dalla pras-

3 Liv. I, 3 1 , 3 : Visi etiam audire vocem ingentem ex summi cacuminis luco ut patrio ritu sacra Albani facerent, quae velut dis quoque simul cum patria relictis oblivione dederant. et, aut Romana sacra susceperant aut fortunae, ut jìt, obirati cultum reliquerant deum. 4 Liv. I, 3 1 , 4: Romanis quoque ab eodem prodigio novemdiale sacrum publice susceptum est. seu voce caelesti ex Albano monte missa - nam id quoque traditur - seu haruspicum monitu. 5 Seguiamo l'interpretazione del termine data da Dumézil 1 977, 398, il quale, sulla base di Liv. I , 3 1 , 4 : mansit certe sollemne ut quandoque idem prodigium nuntiaretur feriae per novem dies agerentur, sottilinea la necessità di distinguere la durata delle feriae dal momento in cui è cele­ brato il sacrificio .

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Genesi e struttura del sistema prodiglurn-piaculum

si seguita in età repubblicana. Innanzi tutto , ancora una volta le modalità di espiazione del prodigio avvengono per rivelazio­ ne diretta, in un'aura favolosa, che apre una sorta di squarcio nella dimensione storica «attuale>> . L'interlocutore divino non viene questa volta identificato , e appare significativo che nes­ suna fonte riconduca il nwnitus al dio Faunus, ritenuto in ge­ nerale autore delle voci che si udivano al di fuori del contesto urbano . Inoltre , il novemdiale sacrum divenne il rito espiatorio tradizionale in caso di pioggia di pietre e restò , per quanto è nella nostra documentazione , l'unico esempio di modalità pre­ fissata di procuratio di un prodigio 6, mentre per tutti gli altri eventi si doveva intervenire procedendo caso per caso. Eviden­ temente , come nel caso dell'istituzione dei Fordicidia, ciò che veniva prescritto per rivelazione diretta si sottraeva alle con­ tingenze della storia ed assumeva un carattere assoluto e me­ tastorico (cfr. anche il caso del Marcius vates e dei ludi Apolli­ nares, v. infra p. 1 69) , ragione di più per rigettare la dimen­ sione profetica. A Roma, infatti, non esistono e non devono esi­ stere «mediatori» fra gli uomini e gli dei: né profeti , né eroi. Il prodigio del nwns Albanus, così come è riportato dalle fon­ ti, pur provocando evidentemente una reazione di stupore, non viene espressamente interpretato come una manifestazione del­ l'ira deo� e di fatto, la prodigiosa pioggia di pietre sembra ave­ re piuttosto la funzione di richiamare sul posto i rappresentanti dei Romani, perché ricevano il nwnitus divino. In epoca regia, in­ fatti, la nozione religiosa che lega indissolubilmente il prodigium e l' ira deorum non sembra essersi ancora consolidata e il prodi­ gium sembra in grado di assumere un valore a volte positivo, a volte negativo. Due episodi, avvenuti secondo la tradizione in età

6 Alcuni casi di espiazione di pioggia di pietre attraverso il novemdia­ le sacrnm si trovano anche in Iul. Obs . XLIV: Novemdiale sacrnm fuit. quod in Tuscis lapidibus pluerat ( 1 02 a . C . ) ; LI: Novemdiale sacrnm fuit quod Volsca gente lapidibus pluerat (94 a . C . ) .

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Sacra facere

monarchica 7, permettono di verificare la consistenza del concet­ to di prodigio fausto, ossia di un prodigio che non è il segnale di una crisi della pax deorum, ma che al contrario annuncerebbe l'esistenza di una disposizione propizia da parte degli dei. Il primo , ambientato sotto il re Servius Tullius, ruota intor­ no ad uno splendido esemplare bovino, la cd. vacca ominale 8; secondo Plutarco 9 (che cita come fonti Varrone e Juba di Mau­ ritania) 1 0 , nelle proprietà del sabino Antro Coratius sarebbe nata una vacca di straordinaria bellezza e di eccezionali di­ mensioni. Un indovino avrebbe rivelato che l'animale doveva essere sacrificato a Diana sul colle Aventino e che gli dei avreb­ bero assicurato la supremazia in Italia al popolo cui apparte­ neva il sacrificante; ansioso di compiere quanto prescritto dal fato, Coratius si recò a Roma, ma il re Servius, informato del responso da uno schiavo, ne mise a conoscenza il sacerdote del tempio sull'Aventino , che convinse il Sabino a bagnarsi nel Te­ vere , per purificarsi prima di compiere il rito 1 1 • Mentre Cora-

7 Mac Bain in relazione alla pratica divinatoria degli aruspici, registra per l'età monarchica, un solo prodigio avente valore predittivo in senso favorevole, Mac Bain 1 982, 1 22 ; in epoca repubblicana, fino all'età silla­ na, i prodigia •fausti» sarebbero in tutto quattro: nel 296 a. C . , Liv. X, 23, l ; Zon. VIII, l, 3 ; nel 1 72 a. C . , Liv. XLII , 20, l -6; nel 1 30 a . C . , lui. Obs . XXVIII; Aug. C.D. III, 1 1 : Dio Cass. XXIV: nel 90 a. C . , Plut. Syll. VI , 6: Plin. N.H. II. 98: cfr. Mac Bain 1 975, 444 . 8 L'espressione • vache ominale» è stata introdotta da Hubaux 1 958, 233: Dumézil 1 943 , 208-2 1 3 , preferisce la definizione • vache d'empire» ; Thomsen 1 980, 292, parla di •Sabin's cow• ; in realtà, l'animale che è al centro della vicenda, non è, dal punto di vista tecnico, un amen, ma un portentum. per la cui differenza cfr. Benveniste 200 F, 256-260; pur nel­ la consapevolezza che sarebbe più appropriato parlare di •vacca porten­ tosa•, adottiamo la definizione • vache ominale» e la sua traduzione italia­ na •vacca ominale• . per distinguere questo episodio da altri che riguar­ dano bovini prodigiosi, per lo più parlanti. 9 Plut. Quaest. Rom. IV. 1 0 FGRHIST 275 F, 9 1 1 1 Plut. ibid.

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Genesi e struttura del sistema prodigium-piaculum

tius si lavava nel fiume , il re Servius avrebbe sacrificato la vac­ ca alla dea, garantendo così l'egemonia ai Romani 1 2• A ricordo di questa profezia, fuori del tempio di Diana furono esposte le corna dorate dell'animale sacrificato 1 3• Come è noto , l'episodio è stato studiato da Dumézil che ha messo in evidenza il paral­ lelismo che intercorre tra il sacrificio officiato da Servius Tul­ lius e le vicende del mitico re indiano Prtu , proprietario , se­ condo la tradizione , di una vacca portentosa che gli garantiva prosperità e abbondanza 14 • L'analisi dumeziliana fornisce un valido elemento comparativo a favore della maggiore antichità relativa della versione in cui è proprio il re Servius Tullius a compiere l'atto risolutivo che assegnerà a Roma il predominio politico sull'Italia; a ciò si aggiunga che , allo stadio della storia romana cui si riferisce l'episodio in esame, la logica dell'asset­ to monarchico esige che sia il rex a svolgere un ruolo di me­ diatore tra la civitas e i suoi dei. In questo caso viene attribui­ to carattere prodigioso ad un animale che in realtà non pre­ senta alcuna deformità: non si tratta infatti di un parto ab­ norme , di un monstrum 1 5, ma al contrario di un esemplare di rara bellezza. Eppure , le straordinarie qualità dell'animale 12 Plut. ibid. ; dell'episodio esiste un'altra versione riferita da Liv. l, 45, 4-7; Val. Max. VII , 3, l; Zon. VII , 9 ; Aur. Vict. vir. ill. VII , 1 0 , in cui la ce­ lebrazione del sacrificio è attribuita al sacerdote del tempio dell'Aventino (che avrebbe agito senza suggerimenti da parte del rex) , o ad un cittadi­ no romano qualsiasi (come è in Zonara VII , 9) . 1 3 Plut. ibid. ; Sabbatucci 1 988, 268 1 4 Dumézil 1 943, 208-2 1 3 ; l'episodio è stato studiato anche da Hu­ baux 1 958, 234; Martin 1 982 b, 92; Ogilvie 1 970, 1 83- 1 84; Sabbatucci 1 988, 268; una posizione nettamente ipercritica in Thomsen 1 980, 292 ; per un'analisi delle varianti e delle loro stratificazioni, cfr. Santi 1 996. 1 5 Fest. 1 4 7 L. : Monstra dicuntur naturae modum egredientia, ut ser­

pens um pedibus, avis cum quattuor alis, homo duobus capitibus, iecur cum distabuit in coquendo; l'etimologia di monstmm rimanda alla radice mon di mon-eo, Benveniste 200 P, 478-479; nell'annalistica romana non -

mancano anche i casi di neonati malformati, per i quali cfr. Allély 2003 .

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spingono il proprietario a consultare un indovino ed è proprio la predizione di imperium contenuta nel responsum a costitui­ re il nucleo semantico dell'episodio. È da notare , inoltre, che nelle nostre fonti manca ogni riferimento ad un'eventuale ceri­ monia di espiazione del prodigio , indizio del fatto che tale pro­ cedura non era affatto percepita come necessaria; il fatto che l'animale venga immolato non va ricollegato infatti al piaculum, ma alla necessità di consentire al fatum di compiersi. Al sacri­ ficio dell'animale si riconnette , infatti, il predominio politico as­ sicurato dagli dei all'etnia che lo porterà a termine . Dunque, in questa circostanza, il prodigio compare in funzione di signum (come nel caso della pioggia di pietre sul Mons Albanus) : esso sollecita una consultazione che ne rivelerà il significato , signi­ ficato che si presenta decisamente fausto . La trama dell'episo­ dio della vacca ominale contiene un elemento in profondo con­ trasto con il pattern della divinazione romana che abbiamo tratteggiato in precedenza (v. supra p. 42) . laddove fa emerge­ re un contenuto 'profetico', rivelato attraverso l'interpretazione del prodigio; dobbiamo tuttavia ricordare che a consultare l'in­ dovino (m.étntis, non meglio precisato) è il proprietario dell'ani­ male, Coratius, e che la prima parte della vicenda è ambienta­ ta in terra sabina. La funzione predittiva di questo prodigio ri­ sulta quindi perfettamente ammissibile , in quanto inserita in un contesto non romano (v. supra p. 43). In realtà la nozione religiosa del prodigium come signum di contenuto positivo o negativo non sembra estranea, in origi­ ne , neanche alla cultura romana. Un altro episodio , occorso verso la fine del regno di Tarquinius Superbus , consente di approfondire questo aspetto . Mentre si effettuavano gli scavi per le fondazioni del tempio di Iuppiter Optimus Maximus , secondo l a vulgata, fu rinvenuto sul Campidoglio u n caput humanum perfettamente integro : l'aruspice Olenus Calenus, consultato dai Romani, interpretò quel prodigio come il se­ gnale che la rocca capitolina era destinata ad essere arx im62

Genesi e struttura del sistema prodiglum-placulum

perii e caput rerum 1 6• In questo caso , i Romani , secondo al­ cune versioni 1 7, devono guardarsi dall'inganno che l'aruspi­ ce , presso cui si sono recati, mette in atto nei loro confronti , ponendo loro delle domande , circa il luogo di rinvenimento del caput, formulate in maniera tale da indurii, se non atten­ ti , a spostare e a trasferire il punto di applicazione del prodi­ gio da Roma all'Etruria. Olenus Calenus, infatti , secondo questa variante , dopo aver tracciato delle linee per terra, avrebbe chiesto ai delegati romani di indicare il punto esatto del ritrovamento , in quella riproduzione della pianta del Cam­ pidoglio: un'imprudente risposta da parte dei romani avreb­ be, senza dubbio , consentito di trasferire in terra Etrusca tanto il prodigium quanto il fatum ad esso collegato . Gli am­ basciatori romani che consultano Olenus Calenus si mostra­ no pienamente coscienti della possibilità che omina ed osten­ ta siano trasformati o trasferiti per effetto della parola 1 8 • In­ vero questa opportunità, che gli antichi consideravano il più 16 Liv. I, 5 5 , 5-6: Hoc perpetuitatis auspicio accepto secutum aliud magnitudinem imperli portendens prodigium est: caput humanum integra facie aperlentibus fundamenta templi dicitur apparuisse. Quae visa spe­ cies haud per ambages arcem eam imperli caputque rerum fore porten­ debat; idque ita cecinere vates quique in urbe erant, quosque ad eam rem consultandam ex Etruria acciverant; altre fonti : Dion. Hai . IV. 59-6 1 ; Plin . N.H. XXVIII. 1 3 ; Serv. ad Aen. VIII, 345; Zon . VII , 1 1 d ; Arnob . ad. nat. VI , 7 . 17 Plin . N.H. XXVI I I , 15: cum in Tarpeio fodientes delubro fundamen­ ta caput humanum invenissent, missis ob id ad se legatis Etruriae cele­ berrimus vates Olenus Calenus praeclarum id fortunatumque cernens in­ terrogatione in suam gentem transferre temptavit. scipione prlus deter­ minata templi imagine in solo ante se: Hoc ergo dicitis, Romani? hic tem­ plum Iovis optimi maximifuturum est, hic caput invenimus? constantissi­ ma annalium adfirmatione transiturumfuisse fatum in Etrurlam, ni prue­ moniti afilio vatis legati Romani respondissent: Non plane hic sed Romae inventum caput dicimus; cfr. Dion . Hai. IV, 59-6 1 ; Serv. ad Aen. VII I ,

3 4 5 ; Zon . VII , 1 1 d . 18 Per questo episodio, cfr. Dumézil 1 977, 52 ; Simonelli 1 990.

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Sacrajacere

grande dono dell'indulgenza divina 1 9, di norma non interes­ sava i prodigia: in epoca repubblicana, infatti , al senatus spettava la facoltà di esaminare i prodigi verificatisi per sta­ bilire se avessero una rilevanza pubblica (prodigium suscipe­ re) , e quindi richiedessero la consultazione dei libri Sibyllini, ovvero se possedessero un carattere esclusivamente privato (in tal caso , l'espiazione era delegata ai diretti interessati) . L'episodio del caput humanum fa trasparire , quindi, l'esisten­ za di una «tecnica delle domande» accanto ad una «tecnica delle risposte» , come testimonia anche il noto episodio della consultazione dell'oracolo di Delfi , da parte dei due figli di Tarquinius Superbus , Titus e Arruns , accompagnati da L. Iu­ nius Brutus, il futuro primo console . I giovani, mandati dal re a richiedere alla Pythia il significato dell'improvvisa appa­ rizione di un serpente nella reggia, dopo aver svolto l'incari­ co ricevuto 2 0 , decisero di domandare a chi di loro sarebbe toccato il regnum Romanum 2 1 • Il responso fu il seguente : iumenta; il passaggio dei grup­ pi due- e duo- a bo- , es. duenos (vaso di duenos) >bonus, duonos (carmen Saliare) >bonus; a questi si aggiunge il rotacismo, ossia il passaggio s>r. in posizione intervocalica, es. esed>erit, che, tuttavia, trova riscontro an­ che al di fuori di Roma, in area umbra. 48 Le parole greche, introdotte prima del V sec . a.C . . sono chiaramente individuabili, in quanto hanno subito l'apofonia della vocale interna, v. n. 47, es. lat. machina dal gr. Jlaxava: esse costituiscono il gruppo numeri­ camente pù rilevante, cfr. Devoto 1 9872, XXIV. 49 Alcuni esempi in Marouzeau 1 94 1 , 70: delirare è •uscire dal solco• (lira) ; praevaricari è •fare un solco storto• (uarus) ; il rivalis è il •proprieta­ rio abitante lungo un corso d'acqua al quale si disputa l'acqua del rivo•; accanto a questi casi, Devoto 1 9872, 1 02 , ricorda: locuples •pieno di ter­ ra• e quindi •ricco• ; Jrugi, per traslato •frugale• (dall'espressione esse bo­ nae jrugi= essere di buon raccolto) 50 Devoto 1 9872, 1 02 . 5 1 Devoto 1 9872, 1 03 .

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Genesi e struttura del sistema prodiglum-placulum

Il clima di isolamento, attraverso cui si realizza una forte dif­ ferenziazione, non coinvolge il campo religioso: anzi, a tale li­ vello, questa epoca coincide con una fase di vasto fermento, che si riflette nella fondazione di nuovi templi e culti, a seguito di voti pubblici e di cerimonie espiatorie. In realtà una chiusura si registra più che altro nei confronti degli Etruschi, e dei loro in­ dovini, gli haruspices: in nessuno dei dodici casi di prodigio am­ bientati nel corso del V secolo a. C . , si fa menzione del ricorso ad essi 52• L'atteggiamento religioso di Roma, che sembra poter­ si ricostruire dai frammenti di fonti che possediamo, è quello di una comunità che, senza chiudersi del tutto agli influssi ester­ ni, appare però fortemente intenzionata a valorizzare in questo campo il ruolo dello specifico culturale romano, attraverso l'o­ pera dei suoi magistrati e dei suoi sacerdoti 53• L'intervento di adattamento a livello religioso, che vediamo testimoniato nel­ l'annalistica, non appare infatti un'esclusiva degli operatori cul­ tuali. Se l'istituto degli auspicia consegnava al magistrato re­ pubblicano un codice di comunicazione con il divino , lo stru­ mento del votum gli consentiva di intervenire propositivamente nei momenti di crisi: nessun'altra civiltà arcaica ha attribuito tanta importanza a questa cerimonia, perché nessun magistra­ to ha avuto responsabilità e possibilità di manovra così estese. Mentre l'istituto del votum è attestato in maniera diffusa nel­ l'intera area indoeuropea, il piaculwn, pur essendo ugualmente testimoniato anche presso gli altri popoli, conobbe a Roma uno sviluppo decisamente più rilevante che altrove in quanto la sta­ bilità del cosmo romano non si fondava su un'azione metastori­ ca relegata in un illud tempus mitico, ma si configurava come il

52 Mac Bain 1 982. 53 Il fenomeno è stato posto in rilievo già da Wissowa 1 9 1 22 70-7 1 ; Pais 1 920, 49 1 ss. elenca, dal 509 a.C. ad Augusto, ben sessantasei cul­ ti introdotti o templi edificati a seguito di vittorie o determinati da ragio­ ni militari; cfr. Weigel 1 998.

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risultato dell'equilibrio tra la res publica ed i suoi dei. Quando l'equilibrio si rompeva, ad entrare in crisi era l'intero sistema re­ ligioso-giuridico romano; l'elaborazione di strumenti rituali in grado di placare l'ira divina era perciò essenziale per l'esistenza di Roma. In epoca repubblicana, le cerimonie piacolari prescrit­ te nel decretum dei sacerdoti sacris faciundis venivano quindi re­ gistrate negli atti ufficiali della memoria pubblica (Annales) , compilati dai pontifices 54• allo scopo di rassicurare la comunità riguardo all'avvenuto superamento della crisi e di testimoniare che non vi era dis-armonia tra Roma e i suoi dei, perché ogni «devianza )) era stata corretta ritualmente. Proprio per tali motivi, le notizie relative a voti o a prodigia (con i rispettivi piacula) , per il loro carattere religioso e pubblico, fmivano per mantenersi ra­ dicate nel ricordo e nella memoria sia pubblica che privata 55• In tal senso, l'orientamento prevalente tra gli studiosi che si sono applicati all'esame dell'annalistica arcaica è di ritenere che la re­ gistrazione dei prodigi negli Annales pontificali non avesse ca­ rattere «superstizioso• 56: al contrario , tale operazione doveva ave­ re rilievo proprio a livello ufficiale come testimonianza del fatto che la crisi era stata superata e che Roma era di nuovo in pace con i suoi dei. Dal punto di vista romano, quindi, la notazione negli atti sacerdotali e annalistici dei prodigia verificatisi anno per anno e dei piacula disposti caso per caso, non costituiva un accessorio superstizioso della storia, ma ne era parte integran­ te, in quanto ricordo degli eventi più critici che la città aveva do­ vuto fronteggiare nonché conferma della loro risoluzione rituale. 54 Rawson 1 97 1 , 1 66; Mac Bain 1 982; Montanart 1 990; North 1 998. 55 Ampolo 1 990, 1 23 (a proposito del tempio dedicato a Castor) : •E, per quello che riguarda il valore delle fonti, abbiamo ottenuto la verifica non solo di un dato, ma anche di un principio di metodo: le notizie rela­ tive a costruzioni o ricostruzioni di templi, per la loro natura sacrale e pubblica insieme, sono quelle che si conservano più facilmente e che so­ no più degne di fede (quali che ne siano ovviamente i risvolti leggendart od etiologici che le rivestono spesso) • . 56 Cfr. Montanart 1 990, 48, n. 2 0 ; Boulianne 200 1 ; Champeaux 2004.

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In tale prospettiva, il complesso prodigio-espiazione, che la sto­ riografia di stampo positivista ha sempre riguardato con discre­ dito, sarebbe in realtà, per il suo carattere religioso e pubblico, il terreno nel quale più limitate erano le possibilità di falsifica­ zione da parte dei ponti.fices o delle influenti gentes della nobili­ tas, e, insieme alla notazione dei vota, contribuirebbe a formare il nucleo più autenticamente storico dell'annalistica romana. Questa considerazione, evidentemente, non offre la garanzia che la tradizione si sia mantenuta integra, così come non esclude la possibilità che siano state effettuate delle interpolazioni; ciò non di meno, nel naufragio che ha interessato la documentazione af­ ferente a quest'epoca storica, naufragio del quale già gli antichi erano consapevoli 57, fornisce almeno un elemento per orientare un lavoro di ricostruzione storico-religiosa.

4.

Voti e piacula nel periodo protorepubblicano

Dopo la notizia della prima consultazione riferita da Plutar­ co (che come abbiamo visto presenta diverse anomalie) una se57 In generale, secondo gli autori antichi, la documentazione relativa ai primi secoli della storia di Roma sarebbe andata distrutta a seguito del­ l'incendio del Capitolium nel 390 a. C . : prima di questa data non esiste­ rebbero documenti originali , cfr. Liv. VI, 1 -3 : Quae ab condita urbe Roma

ad captam eandem Romani sub regibus primum, consulibus deinde ac dic­ tatoribus decemvirisque ac tribunis consularibus gessere, foris bella, domi seditiones, quinque libris exposui, res cum vetustate nimia obscuras velut quae magno ex intervallo loci vix cernuntur. tum quid rarae per eadem tem­ pora litterae fuere, una custodiafidelis memoriae rerum gestarum, et quod, etiam si quae in commentariis pontiftcum aliisque publicis privatisque erant monumentis, incensa urbe pleraeque interiere. Clariora deinceps certiora­ que ab secunda origine velut ab stirpibus laetius feraciusque renatae urbis gesta domi militiaeque exponentur. in realtà, il valore dell'episodio va mol­ to ridimensionato e, in aggiunta, non si deve trascurare la possibiltà che anche avvenimenti posteriori a questa data fossero rivestiti di elementi •milici•, cfr. Montanari 1 990, 38-44.

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rie di avvenimenti si concentra nel settennio 499-493 a . C . che viene così a costituire il vero punto nodale della tradizione; in questo arco di tempo si collocherebbero , secondo le fonti, il vo­ to del tempio a Castor e il voto del tempio della cd . triade ple­ bea. I due eventi appaiono profondamente interconnessi, tan­ to da suggerirne l'esame contestuale. Il quadro storico del votum del tempio a Castor è costi­ tuito dal conflitto romano-latino che trova il suo epilogo nel­ lo scontro presso il lago Regilio 58• Secondo il racconto livia­ no, nel momento più critico della battaglia, il dittatore Aulus Postumius , avendo visto che la fanteria si era ormai sbanda­ ta, avrebbe ordinato ai cavalieri di smontare da cavallo e di gettarsi nella mischia 59• Obbedendo all'ordine gli equites si sarebbero lanciati all'assalto , offrendo addirittura con i loro scudi protezione agli antesignani 60• Sarebbe così tornato il coraggio anche alla fanteria che vedeva la parte migliore del­ la gioventù combattere al suo fianco , condividendone i peri­ coli 6 1 • Contenuto e respinto infine l'urto dei Latini, i cavalie­ ri risaliti a cavallo guidarono anche la fanteria all'insegui­ mento del nemico; allora A. Postumius , «non trascurando

58 Alcuni storici datavano la battaglia al 499 , altri al 496 a. C . (questa oscillazione riguarda anche le nostre due fonti principali, Livio e Dionisio di Alicarnasso) : è lo stesso Livio a porre in evidenza le insormontabili dif­ ficoltà che si presentavano a chi si apprestava a narrare fatti così lonta­ ni nel tempo e riferiti da fonti così discordanti tra di loro , Liv. Il, 2 1 , 4 :

Tanti ermres res implicant temporum, alter apud alias ordinatis magistra­ tibus, ut nec qui consules secundum quos, nec qui quoque anno actum sit. in tanta vetustate non rerum modo sed etiam auctorum digerere possis. 59 Liv. II, 20, 1 0 : Thm ad equites dictator advolat. obtestans ut jesso iam pedite descendant ex equis et pugnam capessant. 60 Liv. ibid. : Dieta paruere, desiliunt ex equis, provolant in primum et pro antesignani parmas obiciunt. 61 Liv. Il, 20, 1 1 : Recepit extemplo animum pedestris acies, postq uam iuventutis proceres aequato genere pugnae secum partem periculi susti­ nentes vidit. Thm demum impulsi Latini perculsaque inclinavit acies.

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nessun aiuto divino o umano , votò un tempio a Castor>> e promise dei premi per i soldati 62 • La versione di Dionisio differisce alquanto da quella liviana in quanto attribuisce il superamento del momento critico del­ la battaglia ad un intervento prodigioso divino : l'apparizione di due cavalieri, di statura e di bellezza superiore a quella uma­ na, che, postisi alla testa della cavalleria dei Romani, l'avreb­ bero guidata alla vittoria 63• Quella sera, due bellissimi giovani della stessa età, vestiti in tenuta militare e con i segni della battaglia combattuta, sarebbero stati visti rifocillarsi e rifocil­ lare i cavalli presso la fonte ed il lago nel Foro, nei pressi del tempio di Vesta, e avrebbero anche annunciato la vittoria ai cit­ tadini romani ancora ignari dell'esito della battaglia 64•

LIVIO VOTO AL TERMINE DELlA BATIAGLIA

DIONISIO D'ALICARNASSO A) TEOFANIA DURANTE I.A BATIAGLIA B) TEOFANIA NEL FORO

Tutte le fonti, comunque, concordano nel porre in relazione la costruzione del tempio con il conflitto romano-latino. La so­ stanziale veridicità delle fonti, relativamente alla datazione del­ l' aedes Castoris, è stata confermata dalle campagne di scavo condotte dagli Istituti Danese , Scandinavo , Norvegese e Italia-

62 Liv. Il, 20, 1 2 - 1 3 : Equiti admoti equi, ut persequi hostem posset; se­ cuta et pedestris acies. Ibi nihil nec divinae nec humanae opis dictator praetermittens aedem Castori vovisse fertur ac pronuntiasse militibus praemia; la dedica del tempio avviene ad opera del figlio del dittatore, cfr. Liv. II, 42, 5 . 63 Dian. H ai . VI , 1 3 , l . 64 Dian. Hai. VI , 1 3 , 2 .

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no negli anni 1 983- 1 984, che hanno portato alla luce, nell'a­ rea del Foro in cui sorge attualmente il tempio di epoca impe­ riale , i resti di un edificio di culto di dimensioni grandiose , ascrivibile all'inizio del V secolo a . C . 65• Dunque, si può ritene­ re attendibile la tradizione, per quanto riguarda i dati ufficiali (identità del magistrato votante , A. Postumius, console nel 496 a . C . 66, e epoca della dedica, V sec . a . C . ) ; tale constatazione ci induce ad ipotizzare l'esistenza una fonte istituzionale alla ba­ se della notizia, notizia che poi ciascun autore avrebbe rivesti­ to di elementi ccoriginali>> . Tra le due versioni letterarie estese, quella di Livio possiede, a nostro giudizio, caratteri più auten­ ticamente romani, come es. la formulazione del voto indirizza­ to esclusivamente a Castor (come testimoniato nella titolatura ufficiale fino al I sec . d . C . 6 7) e il piccolo essai di concordia or­ dinum che darebbe la cavalleria accettando di obbedire ad un ordine che l'autore presenta come inconsueto 68•

65 La destinazione di questo spazio urbano a d un u s o pubblico e re­ ligioso - che si sovrappose probabilmente ad una precedente destinazio­ ne privata - fu accompagnata da una vasta opera di sistemazione che comportò un rialzamento del terreno per un'altezza complessiva di circa m. 1 , 5; i rilievi condotti nello strato sottostante il podio hanno messo in luce l'esistenza di strutture precedenti, forse ascrivibili ad edilizia resi­ denziale privata, abbandonate o distrutte nei primi anni della repubbli­ ca, Steinby 1 98 5 , 78-80; Nielsen-Gr0nne 1 987; Nielsen 1 988. 66 Broughton 1 968 2 • 1 1 . 67 La dedica. in origine. al solo Castor è confermata da una serie di dati convergenti: letterari: Liv. II. 20. 12 e Liv. II, 42 , 5; epigafrici: CIL F. 1 97, 1 7 : [pro ae)de CastonlS (lex Bantina) ; CIL F. 20 1 , 1 : sub aede Ka­ stonlS; dal frammento della forma Urbis, cfr. Boni 1 90 1 ; Res Gestae divi

Augusti XXI: Forum Iulium et basilicam quae juit inter aedem Castoris et aedem Saturni, coepta projligataque opera a patre meo, per:fec� numi­ smatici, cfr. asse del 280-276 a. C . , RRC 1 4 / 1 . VaJ.imaa 1 989, 1 1 0; cfr. Wissowa 1 9 1 22 , 268; Schilling 1 960, 1 80- 1 8 1 . 68 Sappiamo ben poco sul ruolo originario della cavalleria romana; l'i­ dentificazione cavalleria-patriziato formulata da Mommsen e sostenuta anche da AlfOldi appare difficilmente accettabile, dopo le convincenti obiezioni sollevate da Momigliano 1 989, 255-259; il divieto imposto al dic-

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Figura 1- 1 : Castor (asse 280-276 a . C . )

Senza dubbio la versione liviana è edificante , ma non per questo va rigettata in toto: l'episodio della battaglia del lago Re­ gilio , in cui i cavalieri rinunciano al proprio ruolo, sembra in­ fatti la proiezione di una concordia che ancora non esiste (co­ me categoria consapevole) . Quantunque questa rappresenta­ zione di idilliaca concordia poco si attagli al clima di quel pe­ riodo , va riconosciuta alla versione liviana una certa coerenza interna in quanto , come è noto , l'autore ascrive l'inizio del con­ flitto patrizio-plebeo ad un'epoca successiva a questi aweni­ menti 69 : fino ad allora il metus hostilis, rappresentato dai Lati-

tator di salire a cavallo e la posizione subordinata del magister equitum rispetto al dictator inducono a ritenere che , come del resto le fonti con­ fermano , l'aristocrazia non si identificasse con la cavalleria (tra l'altro, al­ cuni magistri equitum come ad es. Spurius Cassius o C. Licinius appar­ tenevano a famiglie certamente non patrizie, laddove i patrizi nei primi secoli della res publica si preoccupavano di monopolizzare la carica di dic­ taton : dunque l'ordine di combattere a piedi impartito ai cavalieri appare certamente inusuale, ma non può essere definito un declassamento. 69 Liv. I I , 23 , l : Sed et bellum Volscum irruninebat et civitas secum ipsa

discors intestino inter patres plebemque jlagrabat odio , maxime propter nexos ob aes alienum.

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ni e dalla minaccia del ritorno dell'odiato regime monarchico, aveva garantito una relativa coesione della compagine civica. Per quanto riguarda la versione di Dionisio, è stato spesso sot­ tolineato come essa appaia tributaria di modelli greci, mu­ tuando il particolare della epiphémeia dei gemelli divini da un antecedente ambientato a Locri 70 ; la seconda apparizione nel Foro avrebbe d'altronde principalmente lo scopo di giustificare l'ubicazione del tempio all'interno del pomerium 7 1 • In realtà il limite più evidente di questa variante è costituito dal fatto che non offre alcuna spiegazione del motivo per cui nella dedi­ ca non compaia anche Pollux 72• Come è evidente , le versioni di Livio e di Dionisio differi­ scono sia nell'impianto generale sia in una serie di dettagli; es­ se sembrano pertanto attingere a fonti elaborate in ambiente ed in epoca diversi: è plausibile ipotizzare che Livio sia ricorso a una fonte ufficiale, laddove Dionisio sembra piuttosto deri­ vare da una memoria privata gentilizia e popolare (non volki­ sch, ma populéi.r 73) ed appare anche fortemente influenzata dal clima e dalla temperie culturale augustea. I Dioscuri, infatti, assunsero crescente importanza sotto Augusto , il quale pro­ mosse addirittura l'eroizzazione degli eredi del potere imperia­ le , i cd. principes iuventutis, i figli di Giulia, assimilandoli a Ca­ stor e a Pollux 74 (e recuperando il legame genealogico interno

70 Justin. XX , 3; Schilling 1 960, 1 79- 1 80 ; Sordi 1 972 . 7 1 Schilling 1 960, 1 80 ; Dumézil 1 97 7 , 359-360 . 72 Il culto rivolto alla coppia è attestato in Grecia, in Etruria e in area latina e italica, Sabbatucci 1 982 ; per il valore religioso della coppia divi­ na, cfr. Bianchi 1 98 7 . 73 Nei pressi del lago Regillo si mostrava una roccia che si diceva por­ tasse impressa l'impronta dello zoccolo di Castor, Cic. nat. deor. III, 1 1 : Ergo et illud in silice, quod hodie apparet apud Regillum. tamquam vesti­

gium ungulae Castoris equi credis esse? 74 Res Gestae, divi Augusti XIV: Filios meos, quos iuvenes mihi eripuit fortuna, Gaium et Lucium Caesares lwnoris mei caussa senatus populu­ sque Romanus annum quintum et decimum agentis consules designavit, ut

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alla coppia divina) . A partire dal rifacimento ad opera di Tibe­ rio venne ricostituita la coppia divina e il santuario nel Foro fu intitolato a Castor e a Pollux, ovvero ai Castores 75• Tornato a Roma dopo la vittoria del lago Regillo , secondo Dionisio, il dittatore A. Postumius aveva destinato parte del bottino alla costruzione del tempio a Ceres, Liber e Libera, da lui in precedenza votato . Infatti, l'approvvigionamento delle truppe era molto scarso e c'era il pericolo che venisse a man­ care del tutto , a causa della carestia e delle difficoltà di com­ mercio determinate dalla guerra. Per questo motivo, A. Postu­ mius avrebbe ordinato di procedere alla consultazione dei libri Sibyllini e, saputo da questi che bisognava propiziarsi Ceres , Liber e Libera, avrebbe pronunciato un voto sul punto di par­ tire con l'esercito : se ci fosse stata per la città la stessa ab­ bondanza che c'era prima, avrebbe costruito loro dei templi e istituito dei sacrifici annuali. Avendo gli dei ascoltato le sue preghiere, fecero sì che la terra pro­ ducesse ricchi frutti non solo di cereali, ma anche di alberi di frutta e i commerci abbondarono più di prima: Postumius vedendo ciò fece deliberare la costruzione del tempio . 7 6

eum magistratum inirent post quinquennium, et ex eo die quo deducti sunt in forum ut interessent consiliis publicis decrevit senatus. Equites autem Romani universi principem iuventutis utrumque eorum parmis et hastis ar­ genteis donatum appellaverunt; cfr. Suet. Aug. XXXVI II, 3; esame dei da­ ti frammentari, ma significativi, in Sihvola 1 989, 88-90: secondo Dio Cass . LVll , 1 4 , 9, Druso fu soprannominato Castor dopo una vittoria pu­ gilistica su un noto eques Romano, Scott 1 930. 75 Per i caratteri del culto dei Dioscuri, nell'età imperiale, cfr. Geppert 1 996; non ci appare persuasiva la ricostruzione proposta da Schilling 1 960, 1 85 , che propende per un culto iatromantico, senza tenere conto né del rifiuto attestato nei confronti di tale tipo di pratica, né del fatto che nel Foro non vi era lo spazio sufficiente per accogliere un santuruio a in­ cubazione. 76 Dion . Hal. Vl , 1 7 , 2 - 4 .

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Per questo episodio, Livio appare stranamente reticente : non riporta alcuna notizia a proposito, segno che la tradizione non gli sembrava attendibile. Nel racconto riferito da Dionisio si possono riscontrare alcuni elementi anomali: in particolare, la consultazione dei libri avrebbe una funzione esclusivamente ricognitiva (non vi è alcuna indicazione relativa al piaculum) , mentre il ruolo operativo sarebbe delegato al dictator, che lo as­ solverebbe mediante la formulazione di un votum. Si sarebbe quindi di fronte ad un sistema misto : consultazione dei libri e pronuncia del votum. Inoltre , la manifesta crisi con gli dei non avrebbe impedito al magistrato di partire per la battaglia e di sciogliere il voto , solo al suo ritorno . Anche in questo caso , quindi, sembrerebbe di scorgere nella prassi divinatoria i trat­ ti di una pratica a carattere ancora per alcuni versi 'regale' , in cui la soluzione della crisi sembra spettare al magistrato dota­ to di imperium. Abbiamo già esposto altrove i motivi che indi­ rizzerebbero , a nostro avviso, a riconoscere alla base del reso­ conto dionisiano l'esistenza di una memoria privata e gentili­ zia, ma autentica (e dunque pressoché coeva all'epoca dei fat­ ti narrati) piuttosto che il risultato di una sfacciata e malde­ stra operazione di forgery 77• È probabile , infatti, che anche in questo caso Dionisio abbia utilizzato una fonte gentilizia: i Po­ stumii furono molto influenti in età protorepubblicana, poten­ do vantare consules e dictatores già all'inizio del V sec . a . C . e addirittura un pontifex, già nel 462 a. C . 78• La loro importanza, dopo un periodo di declino , riprese nel corso del Il sec . a. C . :

77 Santi 2000; per l'importanza delle memorie gentilizie, cfr. Bli:isel 2003. P. Postumius Thbertus è console nel 505 e nel 503 a . C . , Brough­ ton 1 9682 , 7 e 8; il figlio del dictator, Sp . Postumius Albus Regillensis , de­ dica il tempio a Castor nel 484 a. C . , Broughton 1 9682 , 22; è console nel 466 a. C . , Broughton 1 9682, 33; viene cooptato come pontifex o augur nel 462, Broughton 1 9682, 36; è Xvir legibus scribundis, Broughton 1 9682, 45; per le figure sacerdotali dei Postumii nei primi decenni della repub­ blica, cfr. Szemler 1 972, 54-56. 78

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nel 1 86 a . C . , il console Sp . Postumius Albinus si distinse nel­ la difesa dei valort tradizionali, contro il pertcolo che il feno­ meno del dionisismo snaturasse la fisionomia del culto trtbu­ tato alla trtade Liber, Libera e Ceres 79; nel 1 46 a. C . , A. Postu­ mius Albinus (console nel 1 5 1 a. C) fu a capo della commissio­ ne che si recò in Grecia e scrtsse un'opera stortca in greco scu­ sandosi, nella premessa, degli eventuali errori grammaticali commessi 80: i suoi annali (come quelli di Fabio Pittore) posso­ no ben aver contenuto anche memorte . L'introduzione dei culti ora presi in esame 8 1 pone tra l'altro il problema della consapevolezza da parte dei Romani del pro­ cesso di demitizzazione . Come è noto , C. Koch pose tale pro­ cesso in connessione con l'istituzione della res publica e ne analizzò gli sviluppi, in relazione solo alla figura divina di Iup­ piter 82 . In realtà nello stesso arco di tempo , a rtdosso della pro­ clamazione della repubblica, l'introduzione del culto di Castor nel Foro e quello della trtade cd. plebea sull'Aventino mostra-

79 Broughton 1 9682 , 370-37 1 ; per la figura ed il ruolo di Sp . Postu­ mius Albinus , cfr. Montanari 1 988, 1 27- 1 28 . 80 Broughton 1 9682, 476; A. Postumius Albinus fu già criticato da Po­ libio XXXIX , l , per la sua dipendenza dalla cultura greca; per il valore storico della sua opera, cfr. Arnaud-Lindet 200 1 , l l l ss. 81 Nel 495 a. C . , le fonti ricordano la dedica del tempio a Mercurius , Liv. II, 2 7 , 5-6: Certamen consulibus inciderat. uter dedicaret Mercwi ae­ dem. Senatus a se rem ad populum reiecit: utri eorum dedicatio iussu po­

puli data esset, eum praeesse annonae, mercatorum collegium instituere, sollemnia pro pont!fice iussit suscipere. Populus dedicationem aedis dat M. Laetorio, primi pili centurioni, quod facile appareret non tam ad honorem eius cui curatio altior fastigio suo data esset factum quam ad consulum ignominiam; Val . Max. IX, 3, 6; Munzer 1 920, 89-90 ha formulato l'ipote­ si che questo personaggio sia il primo duumvir sacris faciundis attestato; in realtà ignoriamo l'occasione del voto, e non vediamo la ragione per cui si debba pensare che il dedicante sia stato un sacerdote sacris faciundis, e non, molto più semplicemente, un duumvir aedi dedicandae, contra Szemler 1 972, 50; cfr. anche Combet-Farnoux 1 980, 24 ss. 82 Koch 1 986.

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no i segni di una profonda ed originale opera di riplasmazione , coerente con la forma demitizzata della religione romana ar­ caica: la riduzione della coppia divina Castor e Pollux ad un unico elemento appare infatti simmetrica all'inserimento di una terza figura divina (Ceres) a fianco della coppia Liber -Li­ bera. Nell'uno come nell'altro caso , ciò che si evita è il legame genealogico: dei due fratelli di origine divina, venerati in tutto il territorio della koiné greco-etrusco-italica 83, a Roma viene ac­ colto solo Castor, quello che sembra più adatto a rappresenta­ re e ad esaltare i valori della lealtà della cavalleria militare 84; sull'Aventino, la coppia divina Liber -Libera, attestata anche in area venetica 85, è venerata insieme alla dea Ceres , dando vita ad un complesso religioso che non ha riscontri al di fuori di Roma 86• Dunque, nei casi fin qui esaminati, sembra possibile verificare come l'adeguamento della divinazione all'orienta­ mento demitizzato della religione romana repubblicana non si limiti alla fase 'ricognitiva' , con la rinuncia alla mantica oraco­ lare , ma coinvolga anche il risultato religioso che ne deriva: il culto di Castor, tributato ad uno solo dei due fratelli e depu­ rato di ogni legame genealogico con Iuppiter, il culto dell'Aven­ tino, in cui Ceres affianca la diade Liber -Libera, starebbero ad indicare un indirizzo religioso demitizzato fortemente caratte­ rizzato e consapevole . Le fonti, infine , restituiscono l'immagine di un periodo di fermento religioso, nel quale emerge il ruolo esplicato tanto dalla divinazione quanto dall'istituto del votum, come strumenti di dinamismo , all'interno del quadro di una re­ ligione demitizzata, che avendo rigettato sia la mantica oraco­ lare sia la funzione mitopoietica, scelse di potenziare degli isti­ tuti preesistenti per garantirsi un sistema che consentisse di 83 Per la diffusione del culto di Castor e di Pollux nel Lazio, cfr. Colonna 1 984 . 84 Momigliano 1 989, 250-25 1 . 85 Per il culto a Liber-Libera, cfr. Semioli 200 5 . 86 Le Bonniec 1 958, 277-3 1 1 ; Dumézil 1 977, 33 1 -333 .

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adeguare l'orizzonte rituale tradizionale alle esigenze religiose che via via si manifestavano nella storia.

5. La nozione di prodigium Sulla base degli episodi che siamo andati fm qui esaminan­ do, è possibile cominciare a trarre alcune considerazioni. In età regia, come abbiamo visto, il significato del termine prodigium è apparso molto prossimo alla sfera semantica di ostentum e di portentum, potendo caricarsi di valori positivi o negativi 87• Il prodigio non sarebbe dunque all'origine niente più che un fram­ mento del linguaggio con cui gli dei, attraverso la natura, di­ svelano agli uomini il jatum. Le due espressioni appaiono ap­ parentate anche ad altro livello , dal momento che entrambe ri­ mandano a due ambiti del «dire»: se infatti il jatum è legato al verbo for, faris «dire)) 88, prodigium è un derivato nominale for­ mato dal preverbo pro(d)- 'prima/pubblicamente' e dal verbo lat. aiol ago, «dire» (dall'indo-europeo * ag- 89) . Analizzando la fraseo­ logia relativa ad aio, Benveniste ha formulato l'ipotesi che que­ sto verbo implichi una sorta di «enunciazione d'autorità)) 90 ; si tratterebbe pertanto di un'affermazione categorica, che non am­ mette repliche: così è nelle espressioni lex ait, mos ait «la legge ordina, il costume prescrive» e nella formula eum ego ex iure Quiritium meum esse aio «affermo che quello è mio per il diritto dei Quiriti)) ; altrettanto può valere per l'uso di aio nell'introdur­ re le parole di un discorso diretto o di un proverbio 9 1 e con ogni 87 Cfr. le espressioni dira prodigia, taetra prodigia, in cui appare evi­ dente il valore di vox media. 88 Per l'etimologia di fatum, cfr. Varro L.L. Vl, 52; cfr. anche DELL s.v. fatum DELL s.v . for faris jatus sumfari. 89 Cfr. DELL s.v. prodigium LEW s. v. prodigium 9° Cfr. Benveniste 200 F, 483 . 9 1 Benveniste 200 F, 48 1 -482.

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probabilità anche per il nome del dio Aius Loquens (o Locutius) , ossia per una figura divina che si caratterizza per il suo essere protagonista di un unico episodio, nel quale annunciando (Lo­ quens) l'avvenuta sconfitta dei Romani ad opera dei Galli, ordi­ na di ricostruire le mura e le porte 92 , guadagnandosi in tal mo­ do l'appellativo di Aius. Il sostantivo prodigium va inoltre af­ fiancato ai termini latini adagio ((proverbio» e ambages ((parole ambigue» , rispetto ai quali tuttavia dobbiamo ipotizzare una for­ mazione più risalente, testimoniata dall'apofonia della vocale in­ terna (a>O 93; a livello semantico, sia adagio che prodigium allu­ dono ad un'anticipazione di eventi futuri, secondo una previ­ sione che attinge nell'un caso dalla saggezza popolare, nell'altro da una prae-scientia dei destini umani. Il valore neutro della nozione di prodigil.I.TTI. che dobbiamo ri­ tenere originario, appare dunque in stretta dipendenza dal suo valore etimologico che proponiamo di intendere come «afferma­ zione (categorica) resa prima» e/o «pubblicamente» (cfr. il duplice significato di pro{d}-) 94• Se tale è in origine il senso del termine e se il prodigio «afferma» qualcosa, allora il suo contenuto può es­ sere favorevole o sfavorevole ed importante risulta dunque - più che la cerimonia di espiazione, che spesso manca nei prodigi di età arcaica - l'esatta decodifica della parola divina, ossia l'inter­ pretazione del messaggio che si esprime attraverso il prodigiwn Abbiamo visto come la grave carestia verificatasi in coinci­ denza con il conflitto romano-latino sollecitò , secondo Dionisio ,

92 Cic. de div. l, 4 5 , l O l : Nam non multo ante urbem captam exaudita vox est a luco Vestae, qui a Palati radice in novam viam devexus est, ut muri et portae rejì.cerentur; jì.Lturum esse, nisi provisum esset, ut Roma ca­ peretur. Quod neglectum cum caveri poterai, post acceptam illam maximam cladem expiatum est; ara enim Aio Loquenti, quam saeptam videmus, exadversus eum locum consecrata est; Liv. V, 50, 5 . 9 3 Cfr. DELL s. v. prodigium; Benveniste 200 F , 48 1 ; per l'apofonia, v . supra n. 4 7 . 94 Per i l doppio valore d i prad-, cfr. DELL s . v . prodigium

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la consultazione dei libri (v. supra p . 85). Se questa notizia non è da rtgettarsi come falsa, starebbe a dimostrare che il prodi­ gium, all'inizio dell'età repubblicana, era ancora considerato come un segno da interpretare alla maniera della divinazione di età monarchica e non come il Iiflesso della rottura della pax deorum Di fatto, il dictator entrò in canea e poté partire per la campagna militare anche se il prodigio non era stato espiato, dopo aver pronunciato il votum di costruire un tempio a Ceres, Liber e Libera, voto che , come era prassi, fu sciolto solo dopo il Iitorno dalla guerra. La funzione dei libri sembra ancora 'ora­ colare' in senso proplio e non si discosterebbe in modo signi­ ficativo da quanto testimoniato in area greca per i repertoli dei cosiddetti chresmol6goL Questa categorta di operatoli Iituali, infatti, prestava la proplia opera a vantaggio soprattutto di pli­ vati, interrogando un repertolio di vaticini scrttti, dei quali spesso , ma non sempre, il chresmol6gos era l'autore 95• Il feno­ meno , abbastanza diffuso nella Grecia continentale ed in Ma­ gna Graecia alla fine del VI sec . e per tutto il V sec . a.C . , an­ drebbe Iicondotto nell'ambito di quelle pre-monizioni sponta­ nee 96 che , ai fini di un loro utilizzo pratico , andavano annota-

95 La più antica testimonianza circa i chresnwl6goi si rinviene in Ero­ doto , VIII, 20, l e riguarda una profezia pronunciata da Bakis a proposi­ to della battaglia di Salamina; delle figure storiche , Hieròkles è presenta­ to come autore e interprete di vaticini, Eupoli, Pol. frg. 2 1 2 K. , cfr. anche Aristoph. Pax, 1 045- 1 1 26; un'altra figura di un certo rilievo fu Diopites, Xenoph. Hell. III, 3 , 4 , Plut. Per. XXXI I . 2 , Plut. Ages. III , 6 , 9 ; un elenco di chresmol6goi compare nell'opera di Pausania, Per. X, 1 2 , l l ; l'a. vi no­ mina Eukles di Cipro, Mousaios di Atene, Lykos , figlio di Pandion, e Bakis; un altro elenco è in Clemente Alessandrino , Strom I. 2 1 . 1 32 ; que­ sta lista, assai composita, include anche personaggi mitici, come Kalchas e Mopsos, accanto a personaggi storici come Amphilitos, vissuto ad Ate­ ne all'epoca di Pisistrato, e inserisce alcuni personaggi femminili , Ipp6 , Boia , Manto e 1:t�uìJJòv 'tÒ 7tAf16oç «la moltitudine delle Sibille• : per la figu­ ra del chresnwl6gos, Dillery 2005. 96 Per questa interpretazione della figura del chresnwl6gos, cfr. Cee­ carini 200 l , 245 ss.

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te perché impossibili da inquadrare cronologicamente e che trovavano una legittimazione per lo più post eventum 97• A dif­ ferenza della mantica oracolare , che di norma si presentava ­ come ad es. in Delfi - con i caratteri di una trance profetica in­ dotta e che appariva in grado di fornire 'in tempo reale' un re­ sponso ad ogni quesito posto , la pratica divinatoria dei chre­ smol6goi aveva funzione prevalentemente esegetica, serviva cioè soprattutto a decifrare il 'segno' 98• I casi di consultazioni protorepubblicane sembrano pertanto avvicinarsi a questo tipo di divinazione ed al modello di un 'oracolo di stato' , in una pro­ spettiva non ancora compiutamente demitizzata. Un altro episodio , che testimonierebbe il permanere di una pratica quasi «oracolare» in senso tradizionale, si verifica nel 483 a . C . . Mentre è in corso la guerra contro Veii e i Romani de­ vono fronteggiare la ribellione dei Volsci, la città è sconvolta da una serie di prodigi che vengono annunciati un po' ovunque. Scrive Livio : Alle menti malate ormai di tutti si aggiunsero prodigi celesti, che an­ nunciavano minacce quasi quotidiane in città e nei campi; gli indovi­ ni (vates) in pubblico e in privato , attraverso la consultazione delle vi­ scere e del volo degli uccelli, rivelarono che la sola causa dell'ira de­ gli dei era il fatto che qualche rito non era stato celebrato in modo corretto 99•

97 Ad es. , secondo Paus. Per. X. 1 4 , 6, la spedizione persiana contro la Grecia sarebbe stata preannunciata in alcuni oracoli di Bakis e di Euk­ les; è interessante, ai fini della nostra analisi, notare che diverse fonti ac­ costano Bakis , il più famoso chresmolbgos, alla Sibylla o anche i Bakides alle Sibyllai, cfr. Aristot. Probl. XXX , l . 98 Era, infatti, proprio il manifestarsi di un 'segno' a sollecitare la ri­ cerca, all'interno del repertorio in possesso del chresmol6gos, della predi­ zione adatta alla circostanza; cfr. il caso celebre della predizione relativa alla battaglia di Salamina, che Themistokles interpretò in maniera diffor­ me da come avevano fatto i chresmolbgoi, Herodot. VII. 1 4 1 - 1 43 . 99 Liv. II, 4 2 , 1 0 : Accessere ad aegras iam omnium mentes prodigia caelestia, prope cottidianas in urbe agrisque o s t e n t a n t i a m i n a s;

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Genesi e struttura del sistema prodigium-piaculurn

Il passo è di difficile interpretazione, in quanto non è possi­ bile individuare con certezza chi siano i vates che pronuncia­ vano vaticini (canebant} non solo in privato , ma anche in pub­ blico (publice privatimque) . ricorrendo ora all'extispicina ora al­ l'osservazione del volo degli uccelli (nunc extis, nunc per aves consultt1 . sostenendo che i prodigi erano da riportarsi all'ira de­ gli dei causata da qualche negligenza procedurale nella cele­ brazione dei riti (sacra) . Sulla base di queste indicazioni, si av­ viarono delle indagini approfondite da parte dei pontifices, fm­ ché non si scopri che una delle Vestali, appartenente alla gens Oppia, si era resa colpevole di stuprum, contaminando così il sacro focolare di Vesta 1 00 • La sacerdotessa fu sepolta viva, se­ condo le prescrizioni tradizionali, e i due uomini sospettati di aver avuto rapporti con lei, furono uccisi mediante verberatio nel Comitium 1 0 1 • Questo episodio testimonierebbe del fatto che

motique ita numinis causam nullam aliam vates canebant publice priva­ timque nunc extis, nunc per aves consulti, quam haud rite sacra fieri. 1 00 Liv. ibid. : qui terrores tamen eo evasere ut Oppia virgo Vestalis dam­ nata incesti poenas dederit.

101 La più completa descrizione del rituale con cui veniva messa a morte la vestale che avesse violato l'obbligo della verginità si trova in Plu­ tarco, Num X, 8- 1 3 : all'interno dell'agger (terrapieno a ridosso delle mu­ ra) veniva predisposta una camera sotterranea con ingresso dall'alto, do­ ve era condotta la vestale in una portantina coperta, legata e imbava­ gliata; il pontifex Maximus officiava il rito e la guidava sulla scala che l'a­ vrebbe portata nella stanza allestita con un letto, delle coperte, una lu­ cerna accesa, e una piccola quantità di alimenti; una volta che la vesta­ le era giunta a destinazione, si ritirava la scala e si ricopriva l'ingresso con una grande quantità di terra in modo da impedire l'individuazione del luogo della sepoltura; la sacerdotessa era quindi condannata a morire per fame (se il decesso non interveniva prima per asfissia) ; secondo Plut. Num X, 9, la modesta razione di cibo che le veniva fornita avrebbe avu­ to lo scopo di allontanare l'accusa di aver fatto morire di fame una per­ sona consacrata con i più sacri riti; cfr. anche Dion. Hal . I l , 67, 4 e III, 67, 2 , dove però l'introduzione della punizione per le vestali è attribuita al re Tarquinius; per la punizione della vestale come piaculwn, cfr. Santi 2004, 1 38- 1 4 1 , 1 6 1 ss.

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la divinazione nel periodo protorepubblicano continuava ad agi­ re come uno strumento esegetico e che il prodigiwn era ritenu­ to uno dei canali di comunicazione tra gli dei e la civitas 1 02• Gradatamente, il prodigium comincia a liberarsi della sua originaria intonazione predittiva e ad associarsi all'idea pre­ scrittiva, legata a una rottura della pax deorum Gli esempi del­ le prime consultazioni restituiscono il quadro di una prassi espiatoria in cerca di un proprio equilibrio, equilibrio che verrà raggiunto solo con la completa rimozione di ogni residuo di oracolarità nel trattamento dei prodigia pubblici. Causa e al tempo stesso conseguenza di questo nuovo equilibrio, che finì per modificare il valore e la funzione del prodigium fu , a nostro giudizio , l'istituzione del collegio dei sacerdoti sacris faciundis, interpreti dei responsa custoditi nei libri Sibyllini, ma privi di qualsiasi carisma divinatorio. A partire dalla metà del V sec . a. C . , da quando cioè si affermò la prassi religiosa della lettura dei libri, il prodigio venne interpretato sempre e solo come espressione dell'ira degli dei, che imponeva il reperimento di appropriati riti espiatori. Addirittura gli antichi etimologisti giunsero ad interpretare l'attributo dirum, che spesso si ac­ compagna nell'annalistica al termine prodigium, quasi come una crasi dell'espressione dei ira 1 03 , a dimostrazione di quan­ to la nozione di •crisi con gli dei>• fosse ormai indissolubilmen­ te collegata al concetto di prodigium In tale quadro , la riconci1 02

L'annalistica registra in quello stesso arco di tempo il permanere anche di un canale di comunazione divina attraverso il sogno ; l'episodio ha come protagonista un plebeo Titus Latinius, cui Iuppiter appare in so­ gno per richiedere la replica dei ludi Magni, che erano stati contaminati da un episodio di violenza da parte di un cittadino nei confronti del suo schiavo, Liv. Il, 36-37, l ; lo stesso episodio è riferito anche da Dionisio d'Alicarnasso, che introduce anche il particolare dell'epidemia di aborti, cfr. schema p. 6 8 . 1 03 Fest. 69 L. : dirus dei ira natus; lsid . diff I, 1 4 1 : dirus immisericors, quasi divina ira in id adactus; contra, Serv. ad Aen. 3, 235: Sabini et Um­ bri quae nos mala, dira appellant.

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Genesi e struttura del sistema prodlgium-piaculum

liazione con gli dei, dopo la rottura manifestatasi attraverso i

prodigia, necessitava di procedure cultuali efficaci e non delle sottigliezze ermeneutiche tipiche dei chresmol6goi della tradi­ zione greca (v. supra pp. 9 1 -92) . ma aliene dalla pratica di sa­ cerdoti-magistrati come i viri sacris faciWldis. Dal momento che il significato di ogni evento prodigioso era infatti pre-noto , la sua interpretazione diveniva non necessaria in quanto , es­ sendo ogni crisi riconducibile ad una «unità» di senso al di là della varietà dei prodigia, l'interesse era volto a sapere come superare la crisi stessa, piuttosto che a intendere che cosa la­ sciasse presagire 1 04• L'intervento sacerdotale del collegio pre­ posto alla consultazione dei libri Sibyllini poteva prescindere così da un'esegesi del prodigio e restringere il proprio campo d'azione alla ricerca delle modalità di soluzione della situazio­ ne problematica; il procedimento divinatorio, che si trovava in tal modo ad essere sollevato da ogni prospettiva volta alla ri­ cognizione sia del futuro che del passato, si risolveva integral­ mente nell'attualità dell'indicazione del piaculum da effettuare. LA DMNAZJONE A ROMA ERA:

LA DMNAZIONE A ROMA NON DOVEVA ESSERE

ATfUALISTICA

PREDITTIVA

Tuttavia, lo ribadiamo , senza lo spostamento di significato che secondo la nostra ipotesi avrebbe interessato la sfera se­ mantica del termine prodigium, specializzandola e restringen­ dola in età repubblicana a ((segnale di una crisi cosmica» , non 1 04 Occasionalmente, il magistrato che Iichiedeva la lettura dei libri poteva relazionare al senato anche sui motivi che avevano determinato la clisi con gli dei: è quanto avviene , ad es. nel caso della consultazione or­ dinata da Q. Fabius Maximus Cunctator, Liv. XXII , 9, 7-8: per questo epi­ sodio, cfr. Montanaii 1 976, 207-2 1 6 : Santi 1 994, 328-332.

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sarebbe stato possibile eliminare la componente predittiva del­ l'evento prodigioso, né le competenze interpretative dei sacer­ doti incaricati di espiarlo. A riprova di questo spostamento se­ mantico , si può addurre l'etimologia varroniana prodigium, quod porro dirigit, che non propone alcun punto di contatto con la sfera della predizione 1 05, come sarà invece per gli autori suc­ cessivi a partire da Cicerone 1 06: la definizione di Varrone , se l'e­ rudito reatino è stato - come sembra - fedele interprete in que­ sto caso della tradizione , porrebbe l'accento non tanto sul ter­ mine in sé, quanto sul valore del binomio prodigium-piaculum. come medium per il conseguimento di orizzonti religiosi più avanzati, ma sempre rispettosi del mos maiorum. Con l'attribuzione ai sacerdoti sacris faciundis delle compe­ tenze religiose relative all'individuazione dei piacula, tra il ma­ nifestarsi del prodigio e la sua espiazione veniva quindi ad in­ serirsi un'ellissi, uno spazio di segretezza entro cui si colloca­ va la consultazione dei libri, il cui testo , come abbiamo detto (v. supra p. 5 1 ) non doveva essere divulgato : ciò poteva avve­ nire in quanto il contenuto dei libri Sibyllini non era rilevante, finché esisteva un'utilizzazione non «predittiva» , ma «attualisti­ ca» dei libri stessi, volta esclusivamente all'individuazione dei piacula. Essendo , inoltre , l'attualismo una modalità dell'orien­ tamento demitizzato della religione romana repubblicana, si può affermare che anche la pratica divinatoria della consulta­ zione dei libri è, nella fase repubblicana, un prodotto della de­ mitizzazione stessa. Come tale, essa pertiene ad un ambito sa1 05 Varro GRF 365, 440 Serv. ad Aen. III, 366: cfr. Non. p . 44, 1 7 : prodigia dieta sunt porro adigenda (430, 7) . 1 06 Cic. de div. I, 42 , 93: Quia enim ostendunt, portendunt, monstrant, praedicunt, ostenta, portenta, monstra, prodiaia dicuntur (sottolineatura nostra, cfr. anche Cic . nat. deor. II, 7; Fest. 138 L. 2: prodigium, velut prae­ dictum et quasi praedicium, quod praedicat eadem : Fest. 229 L. 2 : prodi­ gia quod prodicuntjutura, permutatione 'g' litterae; nam quae nunc 'c' ap­ pellatur, ab antiquis g ' vocabatur, cfr. Maltby 1 99 1 s .v. prodigium =

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Genesi e struttura del sistema prodigium-piaculum

ero e pubblico, non ammettendo , anche per questo, alcuna di­ vulgazione che in questo caso equivarrebbe ad una profana­ zione. Il vincolo di segretezza, imposto ai sacerdoti appare, dunque, anche , ma non solo , strettamente dipendente dalla destinazione sacra e pubblica dei libri. Se infme facciamo riferimento allo schema rinvenibile nella narrazione dei prodigi di epoca monarchica presi in esame in precedenza (prodigio - predizione - inganno - beneficio, v. su­ pra p. 65) e lo confrontiamo con la procedura che si attivava per i prodigi in età repubblicana (prodigio-lettura dei libri Sibyllini ­ indicazione del piaculum - esecuzione del piaculum - ripristino della pax deorum) possiamo constatare come nessuno degli ele­ menti coincida (a parte, ovviamente, il dato iniziale) . Ciò può si­ gnificare che lo spostamento semantico operato nei confronti del concetto di prodigium ha innescato una sorta di «rivoluzio­ ne)) ; ma, poiché il fattore che ha causato questo spostamento semantico è stata l'acquisizione in Roma dei libri Sibyllini, non si sarà lontani dal vero affermando che ad avviare tale proces­ so siano stati proprio i libri SibyllinL Di quello che potremmo de­ fmire lo ) 55• pi-us pi-etas

(ex-)pi-are

ASTRATIO

PREDICATO

pi-a-culum STRUMENTALE

pi-a-men

RISULTATO DELL'AZIONE

Il sostantivo piaculum non appartiene allo strato indoeuro­ peo : non ha riscontri ad es. né in Grecia 56 né in India; al con­ trario, esso può essere accostato alla voce umbra pihaclu 57, al­ la formula p ihom estu del volsco e all'aggettivo osco 1tE11 EO (lat. pium) 58• Questo insieme di dati starebbe a dimostrare che i ter­ mini in questione si sono formati non nella fase preistorica in­ doeuropea, bensì quando i Latini avevano già occupato le loro sedi storiche : essi si sono formati in Italia. Il piaculum dunque

54 Questo gruppo di sostantivi comprende i nomi degli strumenti at­ traverso cui si realizza l'azione espressa dal verbo, es. da guberno 'gover­ nare, guidare' deriva gubernaculum, letteralmente 'strumento per gover­ nare la nave' = timone; cfr. Palmer 1 9772, 289 . 55 Il sostantivo piaculum indica anche raramente l'azione che deve es­ sere espiata, al pari del greco hétgos cfr. Pl. Truc. 223; Rupke 200 1 , 88. 56 Il greco hépios che talvolta viene avanzato come corrispondente non sembra soddisfacente né dal punto di vista fonetico, né semantico; cfr. DELL, s.v. pius. 57 Tab. Iguv. VI .b . 2 8 ; cfr. Devoto 1 969\ 1 9 1 . 58 Vetter 1 953, 222; 1 83 .

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I libri SibyUini e il collegio sacris faciundis fino al 367 a.C.

in quanto «strumento con cui ex-pian?>> è per i Romani una ma­ nifestazione della pietas e la pietas è, tra l'altro, l'adeguamento ai naturali rapporti gerarchici deus-civis, pater-filius, patronus­ cliens e, per questa fase della storia romana, patricii-plebeii 59• «La pietas - scrive Dumézil - consiste nel conformarsi con ri­ spetto ai rapporti normali, tradizionali, [ . . . ] derivanti dalla defi­ nizione e dalla posizione dei termini, che esistono - reciproci, tra persone del medesimo sangue, della medesima civitas, fra vici­ ni, fra alleati fra contrattanti, e - non reciproci - fra l'individuo e ciò che gli è superiore, la patria, gli dei [ . . . ] . Questo termine [ . . . ] rivela uno dei vincoli certi, sebbene poco evidenti, tra la re­ ligione romana e [ . . . ] la morale naturale. » 60 La pietas, inoltre, si presenta variamente modulata, a seconda dei referenti: magna in parentes et propinquos, m.axima in patriam 61 • Questa esalta­ zione della lealtà nei riguardi della patria è perfettamente com­ prensibile: un'azione che contravvenga alla pietas in parentes et propinquos turba l'equilibrio della famiglia, ma un atto contra­ rio alla pietas in patriam può abbattere la res publica e coinvol­ gere nella sua rovina anche gli dei. I Romani hanno ab antiquo un'idea organicista del corpus sociale, come testimonia anche il noto apologo delle membra di Menenius Agrippa, pronunciato in occasione di una secessione della plebe 62 • Per questo, la pietas 59 Per il concetto di pietas in età arcaica, cfr. Wissowa 1 9 1 22, 33 1 -335; Latte 1 960, 39-40; Wagenvoort 1 980, 1 -20. 60 Dumézil 1 977, 1 28. 6 1 Cic . de rep. VI, 1 6 : Sed sic, Scipio, ut avus hic tuus, ut ego. qui te

genui, iustitiam cole et pietatem. quae cum magna in parentibus et propin­ quis tum in patria maxima est. 62 Liv. II, 32, 8- 1 2 : Placuit igitur oratorem ad plebem mitti Menenium Agrippam. jacundum virum et quod inde oriundus erat plebi carum Is in­ tromissus in castra prisco illo dicendi et horrido modo nihil aliud quam hoc narrasse jertur: tempore quo in homine non ut nunc omnia in unum con­ sentiant, sed singulis membris suum cuique consilium. suus sermo fuerit. indignatas reliquas partes sua cura. suo labore ac ministerio ventri omnia quaeri, ventrem in medio quietum nihil aliud quam datis voluptatibus .frui; conspirasse inde ne manus ad os cibum jerrent. nec os acciperet datum. 1 23

Sacrajacere

si presenta come un'articolazione della pax deorum, né può es­ seiVi pax deonnn senza concordia ordinwn. Se ogni atto di di­ scordia quindi incrina la pax deorum, in quanto contrario ai rap­ porti gerarchici «naturali)) , ogni atto di discordia (inteso non so­ lo come dissidio civile ma, in ogni caso , come infrazione dell'or­ dine cosmico) richiede un apposito piaculwn, ossia un'azione cultuale volta ad expiare, a riaffermare la pietas e di conse­ guenza a restaurare la pax deorwn. Ma la pietas può essere, en­ tro certi limiti, anche rinegoziabile : la storia delle lotte dei ple­ bei è la storia di questi tentativi di rinegoziazione, della richie­ sta del passaggio da una situazione di subordinazione ad una situazione di parificazione. Si veda ad es. il rapporto patronus­ cliens: una legge regia prevedeva la sacratio per ciascuno di es­ si, in caso di violazione degli obblighi reciproci 63; nelle XII Ta­ vole questo tipo di sanzione risulta applicabile solo nei confron­ ti del patronus che avesse frodato il cliente e non viceversa 64• Analoga plasticità si riscontra nel contenuto del termine la­ tino concordia: secondo Dumézil, concordia esprimerebbe in­ nanzi tutto «la volontà attiva d'intesa, e non il rispetto statico degli accordi» 65• Nel concetto latino, quindi, sarebbe possibile intravedere un contenuto dinamico che poteva e doveva adat­ tarsi alle circostanze e, se ci si passa l'espressione , a quelli che oggi definiremmo i rapporti di forza. In origine , la posizione dei plebei è di svantaggio e di esclusione ; ma questa situazione può

nec dentes quae acciperent conftcerent. Hac ira, dum ventremfame doma­ re vellent. ipsa una membra totumque corpus ad extremam tabem venisse. Inde apparuisse ventris quoque haud segne ministerium esse, nec magis ali quam alere eum, reddentem in omnes corporis partes hunc qua vivimus vigemusque, divisum pariter in venas maturum conjecto cibo sanguinem Comparando hinc quam intestina corporis seditio similis esset irae plebis in patres, jlexisse mentes hominum 63

Dion. Hal. II, 1 0 , 3; cfr. Santi 2004, 7 1 . Serv. ad Aen. VI , 609 ; per l'evoluzione dell'istituto della clientela, cfr. Serrao 1 985; Santi 2004, 8 1 . 65 Dumézil 1 977, 350. 64

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I libri SibyUini e il collegio sacris faciundis fino al 367 a.C.

essere modificata se si realizza un'entente cordiale o, come dice Dumézil. , rac­ chiuse nei loro nomi. Il greco, infatti, enfatizza la componente mentale , noils, rispetto al latino che, senza escludere la valen­ za intellettuale, valorizza l'elemento empatico 68 e quello volon­ taristico nel porre l'accento rispettivamente su cor e su cum (contrario dis-) . In tal senso, la concordia romana non tende al­ l'annullamento delle differenze , ma al loro superamento. Essa non esaurisce, ma anzi accresce la sua portata ideo­ logica durante il Principato e l'Impero: Augusto fece erigere un tempio in onore di un gruppo programmatico di astrazioni per­ sonificate , composto da Salus Publica, Pax e Concordia 69; la stessa triade compare su un sesterzio coniato da Caligola 70 ; ancora su una moneta di Traiano , (coniata tra il 1 1 2 ed il 1 1 4 d . C . ) compare la raffigurazione di Concordia stante che strin­ ge la mano a Pax e con il braccio sinistro regge una doppia cor­ nucopia, a simboleggiare la prosperità che si realizza nell'u­ nione e nel superamento delle contrapposizioni 7 1 • 66

Dumézil ibid. Anche ad Homonoia era tributato un culto : essa aveva infatti un al­ tare ad Olimpia, Paus. V, 1 4 , 9; per il suo culto, cfr. Momigliano 1 942; Theriault 1 996. 68 A tal proposito, è opportuno ricordare che la riduzione o l'assenza totale della componente affettivo-empatica, vecordia, era dai romani as­ similata alla follia, a significare che un livello minimo di cor era un re­ quisito indispensabile della normale esistenza dell'uomo (quello che più tardi verrà teorizzato sotto il nome di humanitas) . 69 Dio Cass . LIV, 35, 1 -2 . 7° Cfr. Holscher 1 990, n. 1 06. 7 1 Cfr. Holscher 1 990, n. 27; questo tipo monetale riprende due temi iconografici tradizionali, la dextrarum iunctio e la rappresentazione della dea Concordia con l'attributo della cornucopia. 67

125

Sacra Jacere

Figura II - l : la dextrarum iunctio come segno di concordia.

Figura 11-2: Concordia con doppia cornucopia (monete di età imperiale) .

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I libri SibyUini e il collegio sacris faciLJndis fino al 367 a.C.

5. Concordia ordinum., prodigia e pax deorum Nel 46 1 a. C . , non erano ancora maturi i tempi per una re­ visione del contenuto della pietas, che , modificando i rapporti tra gli ordines, aprisse la strada ad una effettiva parificazione senza turbare la pax deorum. Nell'appello alla concordia pro­ nunciato dai duumviri sacris faciundis, i tribuni della plebe in­ dividuarono , infatti, un limite alla loro libertà e perciò, negli anni successivi, continuarono ad opporsi alla leva e a ripro­ porre la lex Terentilia 72 • Il monitus ad astenersi dalle sedizioni venne del tutto disatteso e dopo non molto tempo si avverò an­ che quanto predetto dai libri Sibyllini: mentre i tribuni erano impegnati a proporre per l'ennesima volta l'approvazione della lex Terentilia, un avventuriero sabino , Ap . Herdonius, al co­ mando di un manipolo di schiavi, di fuggiaschi e di clienti, riu­ scì ad occupare il Campidoglio 73• Ristabilita momentaneamen­ te la concordia, o meglio , placata momentaneamente la discor­ dia civile , il Campidoglio venne liberato ed Ap . Herdonius uc­ ciso con i suoi 74• I libri in questo caso non sembrano interve­ nire e l'equilibrio raggiunto appare ancora precario . Appena allontanata la minaccia, i tribuni ripresentarono la lex Terentilia; i patrizi si opposero , e subito si verificò un pro­ digium: dei lupi si spinsero fino al Campidoglio e furono mes­ si in fuga dai cani 75• Questo prodigio esprime una valenza sim­ bolica molto forte , in quanto il lupo ebbe fin dalla più remota antichità il valore di emblema nazionale dei Romani 76: ogni sua 12

Liv. Liv. 74 Liv. 7 5 Liv.

73

III, III, III, III ,

1 0 , 7- 1 4 ; Santi 1 985, 8-9. 1 5- 1 6. 1 7 ; per l'esame di questo episodio, cfr. Bottiglieri 1 977. 29. 9 : Lupos visos in Capitolio ferunt a canibus fugatos; ob

id prodigium lustratum Capitolium esse. Haec eo anno gesta.

76 Il lupo è legato al dio Mars, del quale può rappresentare l'epifania animale, e compare in due serie simboliche, le insegne militari e gli ani­ mali guida dei veria sacra; cfr. Dumèzil 1 977, 1 80; Picard 1 987.

1 27

Sacra jacere

appanz10ne in città era considerata un prodigio , ed auspicio ancora peggiore era il fatto che venisse cacciato dai cani , ani­ mali considerati inferiori al lupo. Anche di questo episodio po­ teva quindi essere data una «lettura>> in chiave politica (i Ro­ mani cacciati dal Campidoglio da popoli affini ma più deboli) . Le fonti non riportano nessun accenno a riguardo, ma imme­ diatamente dopo questo evento , i patrizi, per evitare che il con­ flitto tra gli ordines portasse alla definitiva dissoluzione del cor­ pus civico , compirono un gesto di concordia e potenziarono l'i­ stituto del tribunato plebis, portando il numero dei «magistra­ ti» da cinque a dieci 77• Con l'innalzamento del numero dei tri­ buni della plebe a dieci si assiste ad un primo esperimento di concordia: esso però riguarda solo i plebei e solo il piano isti­ tuzionale , senza coinvolgere il livello religioso . I due momenti si presentano ancora distinti: da una parte c'è la lustratio del Capitolium, a seguito dell'apparizione dei lupi , dall'altra c'è un provvedimento di ordine costituzionale . A partire da questa data, il sistema prodigium-piaculum, me­ diato dalla lettura dei libri, sembra assumere la forma definiti­ va; nel caso dei prodigia verificatisi nel 436 a. C. , la procedura divinatoria appare completamente conforme al paradigma: Del resto preoccupavano di più la violenza della pestilenza che anda­ va aggravandosi e il terrore dovuto ai prodigi, soprattutto perché ve­ niva riferito che diverse case erano state distrutte da frequenti scos­ se di terremoto . Il popolo, seguendo le formule pronunciate dai duum­ viri, pronunciò delle preghiere di espiazione 78 •

77 Liv. III, 30, 7: Tricesimo sexto anno a primis tribuni plebis decem creati sunt, bini ex singulis classibus; itaque cautum est ut postea crea­ rentur. 78 Liv. IV, 2 1 , 5: Ceterum magis vis morbi ingravescens curae erat ter­ roresque ac prodigia, maxime quod crebris motibus terrae ruere in agris nuntiabantur tecta. Obsecratio itaque a populo duumviris praeeuntibus est facta.

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I libri SibyUini e il collegio sacris faciwulis fino al 367 a.C.

In questo caso la struttura risulta perfettamente congruen­ te : la consultazione è motivata da una pestilenza e da diverse scosse di terremoto ; il responso prescrive il rito espiatorio che viene celebrato dal popolo, sotto la guida dei sacerdoti sacris faciundis. Ogni sfumatura oracolare , ogni implicazione vatici­ natoria, ogni prospezione predittiva appare rimossa e tra il pro­ digium e la sua cerimonia espiatoria si colloca un « tacet» , che sostanzia l'adeguamento del repertorio mantico all'orientamen­ to demitizzato della religione romana.

LA DNINAZIONE ROMANA ERA

(=DOVEVA ESSERE) : STORICA/ ATI1JALISTICA NAZIONALE

-

PRATICA RELATIVA POLITICA ( =CIVlCA) GIURIDICA

Per quanto riguarda al contrario il livello magistratuale , nei decenni successivi, con l'istituzione del decemvirato legibus scribundis e dei tribuni militum consulari potestate, si assistet­ te ad una serie di ((esperimenti)) di concordia parziali e non de­ fmitivi 79, finché , dopo circa un secolo di lotte , i tribuni della plebe, accantonata la richiesta di definizione dell' imperium con­ sulare, formularono una nuova rivendicazione , questa volta in

79 Per questa interpretazione degli avvenimenti compresi tra il 457 ed il 367 a. C . , si fa riferimento a Sabbatucci 1 989. l 75- 1 96 .

1 29

Sacra jacere

campo sacerdotale, richiedendo che il numero dei componenti del collegio dei viri sacris faciundis fosse innalzato a dieci, e che i plebei vi fossero ammessi e rappresentati in misura parita­ ria 80 • La richiesta venne accolta e nel 367 a. C . i sacerdoti in­ caricati di consultare i libri passarono da due a dieci, cinque patrizi e cinque plebei 81 • Questa riforma, che comportò per la prima volta la decadenza del carisma dell'appartenenza all'or­ do patricius per l'accesso alle cariche sacerdotali, implica an­ che una revisione del contenuto della pietas: i plebei passaro­ no da una situazione di subordine ad uno stato di equipara­ zione , da un dovere unilaterale di rispetto nei confronti dei pa­ trizi, ad un obbligo reciproco di pietas (come avverrà nel corso dei secoli per il rapporto dei- civitas) 82• Ecco perché il dieci del collegio sacris faciundis viene a rappresentare una sorta di «ci­ fra di concordia!• 83: la nuova composizione decimale del sacer­ dozio risolve , infatti , sul piano religioso , il nodo costituzionale della parificazione tra patrizi e plebei, mediante la riformula­ zione del contenuto della pietas nei rapporti tra i due ordines.

80 Liv. VI , 42, l : Oratio Appi ad id modo valuit ut tempus rogationum iubendarum proferretur. refecti decumum iidem tribuni, Sextius et Licinius, de decemviris sacrorum ex parte de plebe creandis legem pertulere. 8 1 Liv. VI, 42 , 2 : creati quinque patrum, quinque plebis; graduque eo iam via facta ad consulatum videbatur, Broughton 1 9682, 1 1 4; Riipke 200 1 , 70, attribuisce erroneamente questo provvedimento alla lex Ogulnia del 300 a . C . , che al contrario ebbe come oggetto la ridefinizione della com­ posizione dei collegia degli augures e dei pontiftces, innalzandone il nu­ mero e ammettendovi anche i plebei ; per il valore ideale della formula de­ cemvirale, Sabbatucci 1 989, 1 82 ss. ; Santi 1 985, 1 1 - 1 6 . 82 Per quanto riguarda il rapporto con gli dei, l'idea di un obbligo re­ ciproco che leghi la divinità nei confronti dell'uomo è registrata a livello letterario sin dall'epoca d i Nevio v. Naevius Bellum Poenicum, frg. 1 5 Tra­ glia: senex fretus pietati deum adlocutus l summi deum regis .fratrem Nep­ tunumj regnatorem marum; viene poi compiutamente affermata nell'opera di Virgilio ; per la pietas degli dei in Virgilio, cfr. Boyancé 1 963 , 58-82; Montanari 200 1 , 1 75- 1 83 . 83 Sabbatucci 1 989 , 1 94.

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I libri SibyUini e il collegio sacris jaciwldis fino al 367 a.C.

Il provvedimento ha un carattere veramente rivoluzionario : da quel momento in poi le richieste di equiparazione dell'ordo ple­ beo non saranno più interpretate come una minaccia nei con­ fronti della pax deorum, ma addirittura i plebei saranno chia­ mati, in misura eguale ai patrizi, a custodire la pax e a rifor­ mularla, se necessario . A quel punto i plebei, ammessi nel sacerdozio dei Xviri sa­ cis faciundis, potevano a buon diritto reclamare l'attuazione di una piena parità anche a livello magistratuale. Essi, come è noto , con la lex Canuleia del 445 a . C . , si erano già visti rico­ noscere la possibilità di contrarre matrimoni con appartenenti all' ordo patricius; era stata così rimossa l'ultima pregiudiziale di carattere religioso-giuridico all'esercizio del consolato da parte dei plebei 84• La riforma del sacerdozio sacrisfaciundis nel momento in cui contribuisce attraverso la ridefinizione del con­ tenuto della pietas a raffreddare il conflitto tra patrizi e plebei e ad instaurare la tanto auspicata concordia ordinum opera nel senso della realizzazione di una 'nuova' pax deorum, agevolan­ do di fatto la creazione del primo console plebeo , L. Sextius , eletto per l'anno 3 6 6 a. C . 85• A conclusione di questo lungo e tormentato periodo di lot­ te , giunse , da parte del dictator M. Furius Camillus, il voto del tempio della dea Concordia 86• Esso venne eretto nel Foro , ai piedi del Campidoglio, e divenne una delle sedi dove abitual­ mente si riuniva il Senato 87• Per celebrare la fine delle ostilità tra patrizi e plebei, si decretò di aggiungere un giorno alle Fe­ riae Latinae e di celebrare sacrifici ai quali tutti i cittadini do­ vevano intervenire incoronati di fiori 88•

84 Cassola-Labruna 1 9 79a. 85 Liv. VII, l , 2 : Plebes consulatum L.

Sextio, cuius lege partus erat, de-

dit; Broughton 1 9682 , 1 1 4 . 86 Plut. Cam XLII , 4 . 87 Plut. Cam XLII , 6. 88 Plut. ibid. 131

Sacra jacere

Con la realizzazione della concordia ordinum, e con l'equi­ parazione tra patrizi e plebei a livello magistratuale e sacerdo­ tale, si può dire che Roma sia giunta alla risoluzione dei nodi cruciali che ne avevano travagliato l'esistenza nei primi secoli della repubblica.

1 32

CAPITOLO III L'acquisizione di Apollo attraverso i libri (Sibyllini)

l.

Premessa

È opinione comune , anche tra gli storici delle religioni, che i libri (SibyllinO siano pervasi di apollinismo ; addirittura essi sarebbero stati un prodotto della religione di Apollo e il veico­ lo principale di ellenizzazione della religione romana 1 • In realtà, il rapporto che intercorre tra i libri e l'ambien­ te apollineo non appare , all'esame dei dati , così univoco ed unidirezionale . Diversi episodi infatti scandiscono altrettan­ ti traguardi nell'acquisizione in Roma del dio , traguardi in cui i libri (e i responsi forniti dai sacerdoti sacris faciundis) sembrano essere orientati dalla figura del dio meno di quan­ to non la orientino essi stessi , in funzione di un assetto ri­ tualistico e teologico compatibile con l'orizzonte culturale della civitas e coerente con le richieste religiose emergenti in quel momento .

1 Wissowa 1 9 1 22, 293-4; Altheim 1 932, 29; Pettazzoni 1 938, 22 1 ; Parke 1 992, 233 ss. ; Brelich, senza pronunciarsi in maniera decisa sul­ l'origine dei libri., sottolinea il ruolo svolto da essi nell'introduzione di cul­ ti greci fin dall'epoca arcaica, Brelich 1 966, 223; si discostano da questa communis opinio Gagé 1 955, e Dumézil 1 977, 383-384, i quali ritengono il rapporto libri-Apollo non originario.

1 33

Sacrajacere

2 . Le

origini del culto di Apollo a Roma

Il dio Apollo fu venerato in Roma già nel periodo arcaico . I suoi più antichi indigitamenta furono quelli di Medicus e di Paean, «liberatore» 2 : in questa forma era invocato dalle virgines Vestales, secondo la testimonianza di Macrobio 3• In pratis Fla­ miniis, cioè alle pendici sud-occidentali del Campidoglio, sor­ geva il più antico luogo stabile di culto del dio , l'Apollinar 4• un'area, delimitata in maniera approssimativa, destinata alla deposizione delle offerte 5• Ignoriamo i caratteri di questo culto e non possiamo affermare con certezza che il dio vi fosse ve­ nerato già in forma pubblica 6 ; la scelta del sito deporrebbe a favore di un interessamento da parte della civitas, dal momen­ to che la zona ebbe fin dai tempi più remoti una destinazione religiosa 7; tuttavia, l'esame del feriale arcaico, dove non risul­ ta alcuna festa intitolata al dio , e la collocazione extrapome­ riale del suo luogo di culto attestano l'estraneità di Apollo ri­ spetto al nucleo più antico delle divinità romane 8• 2 Paean è la trascrizione in caratteri latini di nauiv, •liberatore (da un ma­ le, malattia o guerra)» , epiclesi di Apollon; per il suo uso come sostantivo, cfr. Eur. Hipp. 1 373: 1cai �m 9ava'toç nauìv ÉÀ.9m: •venga per me la liberazione della morte•; si ricollega al verbo nairo •cessare, far cessare•. cfr. TGL s. v. , VI, I. cl. 25; si specializza in senso militare, schoL ad 1hu.c. I, 5 annota che pri­ ma della battaglia si innalzava un inno ad Ares, dopo la vittoria ad Apollon. 3 Macr. Sat. I, 1 7 , 1 5 e Liv. XL, 5 1 , 6; Gagé 1 955, 22. 4 Liv. III, 63, 7 : Itaque inde consules, ne criminationi locus esset, in pra­

ta Flaminia, ubi nunc aedes Apollinis est - iam tum Apollinare appellabant -, avocavere senatum. (anno 449 a . C . ) 5 I derivati nominali i n -al ovvero -ar d a teonomi indicavano i n latino la festa dedicata al dio, es. Neptunus-Neptunalia, o alla dea, es. Flora­ Floralia; i giochi in suo onore. es. Apollo- ludi Apollinares o il luogo di cul­ to, es. Volcanus-Volcanal, cfr. Benveniste 1 935, 55. 6 Dumézil 1 977, 384, propende per l'ipotesi che si trattasse di un cul­ to privato, senza tuttavia poter addurre alcun argomento a sostegno. 7 Per la zona dei prata Flaminia, cfr. Richardson 1 992, 66-67. 8 Wissowa inserisce Apollo tra gli dei di •recente insediamento» , ossia novensides, Wissowa 1 9 1 22, 293-297.

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L'acquisizione di Apollo attraverso i libri (SibyUini)

Il più antico tempio dedicato al dio risale alla seconda metà del V sec . e fu edificato a seguito di un voto espresso pro vale­ tudine populi, motivato cioè da un'esigenza di risanamento fi­ sico della popolazione . Nel 433 a. C . , infatti, secondo le fonti, in Roma imperversava un'epidemia di peste che costrinse la città alla paralisi sia nella conduzione della guerra contro Veii 9, sia nelle ordinarie attività economiche e commerciali 1 0 • In quel­ l'anno , come si è visto, oltre al voto del tempio, Livio riferisce numerose cerimonie espiatorie celebrate o prescritte dai duum­ viri sacris faciundis, al fine di placare l'ira degli dei e di arre­ stare il contagio 1 1 • Dumézil ritenne di poter escludere drasti­ camente che la formulazione del voto fosse da ascrivere ad un intervento diretto dei viri sacris faciundis, senza tuttavia riu­ scire ad apportare alcun argomento decisivo 12 • L'analisi del passo di Livio non sembra infatti avvalorare l'ipotesi di una ce­ sura netta tra il voto del tempio al dio e i riti espiatori ordina­ ti dal collegio sacerdotale a seguito della lettura dei libri Sibyl­ linL Anzi, le annotazioni del voto e dei piacula, che si trovano giustapposte l'una all'altra senza alcuna discontinuità o con­ trapposizione , ma soprattutto il richiamo alle molte iniziative

9 Liv. IV, 25, 2 : Pestilentia eo anno aliarum rerum otium praebuit. Ae­ dis Apollini pro valetudine populi vota est; valetudo è una vox media dal­ la radice del verbo val- stare in forze; il tempio fu dedicato nel 430 a. C . : Liv. IV, 29, 7 : Cn. Iulius consul aedem Apollinis absente collega sine sorte dedicavit. 1 0 Liv. IV, 25, 4: Famem quoque ex pestilentia morbo implicitis cultori­ bus agrorum timentes in Etruriam Pomptinumque agrum et Cumas, postre­ mo in Siciliam quoque frumenti causa misere. Consularium comitiorum nul­ la mentio habita est; tribuni militum consulari potestate omnes patricii crea­ ti sunt, L. Pinarius Mamercus L. Furius Medullinus Sp. Postumius Albus. Eo anno vis morbi levata neque a penuria frumenti, quia ante provisum erat, periculum fuit. 1 1 Liv. IV, 25, 2; la pestilenza si era già manifestata nel 436 a.C. , cfr. Liv. IV, 2 1 , 4; l'anno successivo il contagio si diffuse in maniera ancora mag­ giore, cfr. Liv. IV, 2 1 , 6: Pestilentior inde annus C. Iulio iterum et L. Verginio. 1 2 Dumézil 1 977, 384.

1 35

Sacra facere

religiose ordinate dai duumviri (Multa duumviri ex libris placan­ dae deum irae avertendaeque a populo pestis causajecere) for­ niscono la prova, a nostro giudizio decisiva, che la pestilenza del 433 a . C . fu considerata di natura prodigiosa, tanto da de­ terminare il ricorso ai libri. Pertanto non vi è ragione per attri­ buire, come fa Dumézil, il voto del tempio al Senato , separan­ do questo piaculum dal complesso delle altre misure espiatorie officiate secondo quanto prescritto dai sacerdoti sacris jaciun­ dis. La consultazione del 433 a . C . , inoltre , a nostro giudizio, rientra perfettamente nello schema della divinazione romana, in età repubblicana. L'esame della sintassi prodigium (pesti­ lenza) piaculum (voto del tempio a dio Apollo Medicus) rivela, inoltre , delle interessanti indicazioni a livello teologico. Come è noto, il rapporto di Apollo con la peste appare testimoniato , in ambiente greco, già nell'Iliade: il dio scatenò con le sue frecce il contagio nell'accampamento degli Achei, per punire l'offesa arrecata al suo sacerdote Chryses 1 3• Anche in quel caso, la ma­ lattia continuò a propagarsi finché non venne interrogato l'in­ dovino Kalchas , il quale rivelò che il dio pretendeva che fosse data soddisfazione a Chryses e gli fosse restituita la figlia 1 4; so­ lo allora l'ira del dio si placò 1 5• Nella religione greca, la capa­ cità di Apollon di scatenare le pestilenze appare in stretta re­ lazione con l'immagine del dio saettatore : sono le sue frecce a diffondere l'epidemia 16• Anche il topo, uno degli agenti princi­ pali della trasmissione del contagio dagli animali all'uomo , ri­ cadeva sotto la tutela del dio (che perciò riceveva l'epiclesi di Smintheus) 1 7• -

13 Horn. n . l , 4 3 ss. ; per i l ruolo d i Apollon nell'episodio, BernheimZener 1 978 . 1 4 Horn. n. I, 84- 1 00 1 5 Horn. n. I. 457 . 1 6 ad Apoll. 3; Kerényi 1 963, 1 1 3 . 1 7 I l culto d i Apollon Smintheus è testimoniato già nei Poemi Omeri­ ci, Horn. n. I, 39; si tratta di una figura venerata soprattutto nella Troa-

1 36

L'acquisizione di Apollo attraverso i libri (SibyUini)

Fig. III- l : Apollon Smintheus (tetradramma in argento 1 63-2 a. C . )

La funzione guarttrice di Apollon, in ambiente greco nell'età arcaica, sembra tuttavia dipendere più dalla sua potenza di­ struttrice, che dal suo potere oracolare: vero è che nell'antichità esisteva quasi un legame solidale tra culti iatrici e culti manti­ ci 1 8, ma è anche vero che altrettanto antica e radicata era l'idea religiosa secondo cui le malattie, così come le ferite , potessero essere curate con efficacia solo da chi le aveva provocate 1 9• Rispetto al modello greco, il culto romano di Apollo presenta dei tratti originali, non riconducibili ad esso. L'epiclesi di Medi­ cus, con cui il dio viene venerato in origine, richiama infatti la radice indoeuropea * med-, una radice molto diffusa i cui deriva­ ti storici si trovano in avestico, in greco, nelle lingue italiche e

de, dove sono stati rinvenuti numerosi tipi monetali recanti l'effigie del dio (v. figura nella pagina) , Bellinger 1 96 1 , n. 7; Pettazzoni ha proposto un accostamento tra la figura di Apollon Smintheus e gli esponenti della familia romana dei Decii Mures, autori, secondo la tradizione, di tre illu­ stri casi di devotio, Pettazzoni 1 952, 37 ss. 1 8 Brelich 1 958, 89-96. 19 Il più noto esempio è quello di Telephos che, ferito da Akilleus, po­ teva essere guarito solo dalla lancia dell'eroe che lo aveva colpito , Eur. frg. 725 N. ; Brelich 1 958, 1 1 8 .

1 37

Sacra jacere

nell'antico germanico 20 • In latino essa dà origine tanto alla fami­ glia di medeor 'guarisco', quanto al gruppo di modus 'misura' . Il punto d'incontro tra le due nozioni sarebbe rappresentato, se­ condo Benveniste, dall'idea di 'moderazione', intesa come 'misu­ ra' non interna ma imposta alle cose 2 1 • Apollo, in qualità di Me­ dicus, venne quindi integrato nel pantheon romano nella sua for­ ma di supremo moderatore in grado di restituire 'armonia' tanto all'organismo quanto al corpo sociale, promuovendo la gua­ rigione e la salvezza. Perciò, nonostante le tradizioni di pretese consultazioni dell'oracolo delfico già in età regia e protorepubbli­ cana (v. supra pp. 64-65) , la configurazione di Apollo accolta in Roma ed elaborata anche attraverso i libri Sibyllini non appare tributaria dell'immagine del dio del culto delfico 22 • In realtà, an­ che in Grecia, il legame di Apollon con la mantica oracolare che si affermò nel santuario panellenico di Delfi nel corso del VII-VI secolo a.C. e che si rafforzò nel secolo successivo, grazie anche all'opera di Erodoto, non riuscì ad esaurire ma piuttosto affiancò altre valenze ugualmente o addirittura più antiche del dio, che sopravvissero senza necessariamente adeguarsi al «modello del­ fico» 23• Allo stesso modo, a Roma, all'origine, Apollo non appare legato all'ispirazione oracolare o poetica; il culto di Apollo Medi­ cus in pratis Flaminiis offre la prova che il dio fu accolto nella sua veste di terapeuta, in un'epoca successiva all'acquisizione del re­ pertorio oracolare dei libri (che comunque furono e restarono af­ fidati al patrocinio di Iuppiter, fmo al I sec . a.C.).

2° 21

Cfr. IEW, s.v. med- "messen, ermesse111> (misurare, giudicare} , 705-706. Benveniste l 945, 5 ss. 22 Gagé 1 955, 47 n. 3, identifica nell'Apollon Katharsios , venerato a Caulonia in Magna Graecia, la figura più vicina, quanto ad attribuzioni, all'Apollo Medicus dei Romani; si tratta, tuttavia, di un culto dai contor­ ni assai incerti, noto principalmente attraverso la testimonianza di Plut. FM XXII. l , del quale ignoriamo tutto tranne l'epiclesi del dio . 23 Per l'indipendenza delle figure di Apollon in Occidente , e segnata­ mente in Sicilia, dal •modello delfico• . cfr. Brelich 2002, 73-77.

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L'acquisizione di Apollo attraverso i libri (SibyUini)

3 . L'immagine di Apollo, nel primo lectisternium Se la costruzione del tempio ad Apollo Medicus segna una prima, decisiva tappa nella progressiva assunzione di una fi­ gura divina che certamente all'origine non era percepita come 'indigena' in senso stretto , ma neanche come totalmente estra­ nea, un ulteriore passo avanti si registra nel 399 a. C . , anno della celebrazione del primo lectisternium L'occasione fu data ancora una volta da una gravissima pestilenza, che si andò ad aggiungere ad un'annata di carestia 24; il contagio assunse di­ mensioni così vaste da essere ritenuto un evento prodigioso , tale da richiedere l'intervento dei sacerdoti sacris faciundis 2 5• I duumviri sacris faciundis, in quell'occasione , ordinarono per la prima volta la celebrazione nella città di Roma di un lectister­ nium; furono allestiti tre «letti� dove vennero accomodate le sta­ tue di Apollo , Latona e Diana, Hercules , Mercurius e Neptu­ nus; per otto giorni si recarono offerte , cercando di placare l'i­ ra degli dei 2 6• Il rito espiatorio fu celebrato anche privatamen­ te: in tutta la città si lasciarono aperte le porte di casa e si con­ sumarono insieme i pasti, appoggiando le vivande in uso co­ mune all'ingresso ; tutti gli stranieri, anche gli sconosciuti , fu-

24

Liv. V, 1 3 , 4: Tristem hiemem sive ex intemperie caeli, raptim muta­

tione in contrariumfacta, sive alia qua de causa gravis pestilensque amni­ bus animalibus aestas excepit. 2 5 Liv. V, 1 3 , 5: cuius insanabili perniciei quando nec causa nec finis inveniebatur, libri Sibyllini ex senatus consulto aditi sunt; Livio utilizza in

questo caso un linguaggio tecnico : in particolare si noti l'espressione libri Sibyllini... aditi sunt, v. supra p. 47 n. 90. 26 Liv. V, 1 3 , 6: Duumviri sacris faciundis, lectisternio tunc primum in urbe Romana facto, per dies octo Apollinem Latonamque et Dianam. Her­ culem. Mercurium atque Neptunum tribus quam amplissime tum apparari poterat stratis lectis placavere; il nome della cerimonia è composto da lec­ tus (letto) e sterno (stendere) ; sembra che la celebrazione sia stata cura­ ta direttamente dai sacerdoti sacris jaciundis, in quanto il verbo placave­ re è riferito a loro .

1 39

Sacra facere

rono accolti nelle case e si scambiarono parole di benevolenza e di amicizia anche con i nemici, facendo attenzione a non re­ care offesa e a non litigare con nessuno 2 7• I prigionieri in ca­ tene furono liberati in quei giorni e poi si ritenne contrario al sentimento religioso rimetterli in catene 28• Dal resoconto di Livio, si ricava l'impressione di un rituale assai articolato, che coinvolgeva l'intera collettività, che vi do­ veva partecipare comiter «con spirito amichevole)) 29, e il cui mo­ mento centrale consisteva nell'allestimento di tre cuscini sui quali adagiare le statue degli dei, per ricostruire la convivenza, l'armonia originaria tra elemento umano ed elemento divino, che caratterizzava la cd. Età dell'oro . Tutti gli aspetti riferiti (apertura delle case, pasti in comune, accoglienza indistinta, professioni di amicizia, astensione dalle liti, liberazione dai vin­ coli) contribuiscono ad inquadrare un tempo festivo, che pre­ senta i caratteri distintivi dell'Età dell'oro. Questa temporanea riattualizzazione della pienezza delle origini, questa comitas, che si realizzava sotto il segno di Apollo , aveva il preciso scopo di purificare e di rinnovare lo spazio della civitas, proiettandolo in una dimensione atemporale , riassorbendo e annullando così le negatività che si erano venute accumulando nel tempo stori­ co 30 • L'idea religiosa alla base del lectisternium non appare, co­ munque, esclusiva di Roma: in area greca è possibile trovarne

2 7 Liv. V. 1 3 . 7: privatim quoque id sacrum celebratum est. Tota urbe patentibus ianuis promiscuoque usu rerum omnium in propatulo posito, no­ tos ignotosque passim advenas in hospitium ductos ferunt, et cum inimicis quoque benigne ac comiter sermones habitos; iurgiis ac litibus temperatum 28 Liv. V, 1 3 , 8: vinctis quoque dempta in eos dies vincula; religioni deinde .fuisse quibus eam opem di tulissent vinciri. 29 L'avverbio comiter si ricollega al tema del sostantivo comes •com­ pagno/a• , da cui anche comitas •amicizia• e •liberalità•; Gagé 1 955, 274, traduce comiter. •dans un esprit de cordialité fraternelle» , •in uno spirito di fraterna cordialità• ; per la comitas apollinea, cfr. Montanari 1 998. 1 55 . 3 0 Per l a funzione dei rituali d i •sospensione dell'ordine• . Brelich 1 9762, 8 1 ss.

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L'acquisizione di Apollo attraverso i libri (SibyUini)

un conispettivo nelle feste Teossenie (tà Theoxénia, «festa del­ l'ospitalità data agli dei») celebrate a Pellene 3 1 e a Delfi in ono­ re di Apollon 32 , ad Agrigento in onore dei Dioscuri 33 e nell'epi­ clesi cultuale Theoxénios attribuita ad Apollon 34• A Roma, tut­ tavia, il rito del lectisternium veniva disposto occasionalmente 35 con funzione piacolare, e non era celebrato periodicamente al­ l'interno di un contesto festivo. Nel feriale romano arcaico , in­ fatti, come è noto, il rinnovamento annuale avveniva nel segno ai Saturnus, durante i Saturnalia 36 ; con la celebrazione del pri­ mo lectisternium, comincia a prendere forma, a livello religioso, un legame tra Apollo e un'Età dell'oro, concorrenziale con la sa­ turnia aetas, proiettata ai primordia e non più riattualizzabile . Tra le divinità prescelte come destinatarie del rito espiato­ rio sono presenti solo alcune delle grandi figure divine del pantheon romano (mancano , ad es. luppiter e luno) . mentre compaiono alcune divinità non originariamente romane, come Hercules, ma soprattutto I..a.to na. In genere , da Wissowa in poi, si dà per acquisito che le immagini cultuali degli dei venissero collocate a coppie , perché i cuscini erano tre 37: tale ipotesi è supportata, infatti, dalla testimonianza di Dionisio che distri­ buisce le sei statue a due a due 38• Il testo di Livio, al contrario ,

31

Paus. VII , 27, 4. Athen. IX, 372. 3 3 Pind. Olymp. III; mentre nel nome latino prevale l'idea delle moda­ lità da seguire, in quello greco il fme da ottenere. 34 Plut. 567 . 35 Nel corso del IV sec. a. C . si ricorse al lectisternium nel 365 a . C . , Liv. VII , 2, 2 ; nel 348, Liv. VII , 27, l ; tra il 399 ed il 365 a . C . ne fu celebrato un altro, secondo Livio, in una data non precisata, Liv. VII, 2, 2: Et hoc 32

et insequenti anno C. Sulpicio Petico C. Licinio Stolone consulibus pestilen­ tia }Uit. Eo nihil dignum memoria actum, nisi quod pacis deum exposcen­ dae causa tertio tum post conditam urbem lectisternium }Uit. 36 37 38

Brelich 1 9762, 85-95; Sabbatucci 1 988, 343-355. Wissowa 1 9 1 22, 53 ss . ; cfr. Liv. V, 13, 6: tribus . . . stratis lectis. Dian . Hal . Excerpta XII , 9 .

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Sacra facere

sembra suggerire una Iipartizione asimmetrica 39: Apollo, Lato­ na e Diana sembrano Iiuniti insieme a costituire una triade: Hercules non sembra condividere il lectus Iituale con nes­ sun'altra divinità; Mercuiius e Neptunus sembrano associati, formando una diade di divinità maschili. Tale sistema di rag­ gruppamento delle figure divine può apparire inconsueto , ma, a nostro giudizio , appare perfettamente giustificabile alla luce dell'oiientamento religioso romano . In conseguenza del proces­ so di demitizzazione , infatti, come abbiamo già visto a proposi­ to del culto di Castor e della cd . triade plebea, nella religione romana si cercò di evitare la proposizione di coppie divine , fos­ sero esse genealogiche (padre e figlio : fratelli; fratello e sorella) o coniugali (malito e moglie) , mediante l'inseiimento di un ter­ zo elemento o la Iiduzione della coppia ad unità (v. supra pp. 88-89) ; tale tendenza potrebbe essere Iiconosciuta anche alla base della distribuzione non omogenea delle figure divine nella celebrazione del lectisternium del 399 a.C . . Se la nostra lettura del testo liviano è da accettarsi, Hercules non Iisulterebbe as­ sociato ad alcuna altra divinità; più che a un deficit di creati­ vità religiosa, tale scelta potrebbe essere Iicondotta ai caratte­ Ii peculiaii della personalità divina dell'Hercules romano, piut­ tosto oiiginale Iispetto al suo coriispettivo greco . In particola­ re , si deve Iicordare che nei saciifici officiati in suo onore, il dio , contraiiamente a quella che era la prassi religiosa romana, ve­ niva invocato da solo (senza cioè la consueta praefatio a la­ nus) 40 e che, secondo un'antichissima prescrizione Iituale , le donne erano escluse dalla celebrazione del saciificio ad Hercu-

39 Si deve osservare la qualità e la posizione delle congiunzioni e del­ le virgole in Liv. V, 1 3 , 6: Apollinem Latonamque et Dianam (triade) . Her­ culem (solo) , Mercurium atque Neptunum (diade) . . . placavere; Gagé 1 955, l 7 1 , non tiene conto di questa particolarità del testo liviano , quando af­ ferma che i due autori, Livio e Dionisio loc. cit. , si corrispondono in tutti i particolari. 40 Plut. Q. R. XC . .

1 42

.

L'acquisizione di Apollo attraverso i libri (SibyUini)

les dell'Ara Maxima 4 1 • L'assenza di una paredra al suo fianco sarebbe pertanto pienamente giustificabile sul piano rituale . Al­ lo stesso modo, anche la sua presenza nel lectisternium sareb­ be coerente con il quadro delle sue competenze teologiche: il dio , che in Roma possedeva un antichissimo tempio nel Foro Boario 42 , era strettamente connesso con il commercio e poteva figurare a buon diritto nell'ambito di un rito destinato a scon­ giurare il permanere di una scarsità di risorse alimentari. La diade formata da Mercurius e da Neptunus , due divinità non legate da alcuna parentela genealogica diretta, presenta ciò non di meno una marcata affinità a livello teologico , dal momento che Mercurius presiedeva, tra l'altro , ai traffici mercantili 43, mentre Neptunus esercitava la sua tutela sulle acque , e Roma disponeva, all'epoca, di un importante porto fluviale e maritti­ mo , dal quale dipendeva in larga misura il regolare afflusso del­ le derrate in città. Nel gruppo Apollo-Latona-Diana, giusta la nostra ipotesi, sarebbe al contrario da riconoscere un terreno di resistenza ri­ spetto al processo di demitizzazione . La triade , infatti, ripro­ duceva la «famiglia• del dio , nota attraverso la versione deliaca del mito : secondo una tradizione antichissima, Letò (=Latona) avrebbe generato da Zeus nell'isola di Delos due figli, Apollon e Artemis (il cui corrispettivo romano sarebbe appunto Dia­ na) 44• La presenza della madre Latona e della sorella Diana (e la significativa reticenza circa la figura paterna) , a fianco del dio Puro per eccellenza, potrebbe rappresentare un'enfasi nel richiamo rituale ai primordia. Tuttavia non si può negare che

Macr. Sat. I. 1 2 , 28. Il Foro Boario si trovava all'incrocio tra la via d'acqua rappresenta­ ta dal Tevere e la via di terra; per l'assetto dell'area, cfr. Coarelli 1 988; per l'importanza strategica del Foro Boario, Dumézil 1 977, 376-377. 43 Per i caratteri del culto di Mercurius e per la presenza del dio nel lectisternium, Combet-Farnoux 1 980, 328 ss. 44 Horn. ad Apoll. 1 - 1 78 ; Hes. Theog. 9 1 8-9 1 9 . 41

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il gruppo formato da Apollo , Latona e Diana non trova giusti­ ficazione al di fuori del mito: questo dato , rilevato già da C. Ko­ ch, contribuisce a delineare meglio i caratteri della demitizza­ zione. Scrive , infatti, Koch a proposito del lectisternium «Que­ sta demitizzazione da parte del culto statuale romano non co­ stituisce assolutamente una radicale procedura di ostile rifiu­ to delle concezioni mitiche . [ . . . ] Per quanto poco il culto si rife­ risca al mito , non osa però negarlo. [ . . . ] Il mito viene soltanto taciuto dal culto, considerato come un arrheton, per cui non si aveva nessuna presa di posizione né a favore né contro la ve­ ridicità del suo contenuto>> 45• Il processo di demitizzazione , in­ fatti, si compì sempre e comunque all'interno dell'ambito reli­ gioso e non comportò un indiscriminato rifiuto delle concezio­ ni mitiche , quanto piuttosto una loro rimozione selettiva. Al­ l'interno della religione romana, nella sua fase repubblicana, si possono cogliere dei terreni di resistenza alla demitizzazione , in alcuni riti e rappresentazioni cultuali. Inoltre, dal momento che a Roma non si registrò mai un'abolizione delle immagini di culto , che al contrario mantennero sempre attributi e simboli specifici, dobbiamo ritenere che, nelle manifestazioni dell'arte religiosa romana, il mito continuasse ad esercitare tutta la sua forza espressiva senza subire le rimozioni demitizzanti che in­ vestirono il patrimonio affabulatorio . Ne offrono una testimo­ nianza il frammento del gruppo scultoreo del frontone del tem­ pio di Mater Matuta che riproduce il mito di Eos e Kephalos 46, ed il gruppo acroteriale con Hercules accompagnato da Miner­ va, nel consesso degli dei 47; non abbiamo nessuna notizia re­ lativa alla decorazione del tempio di Apollo in pratis Flaminiis,

45 Koch 1 986, 88; il termine él.rrheton (=apprrmv) . derivato dall'ambien­ te misterico, indicava l'•ineffabile• il segreto che non andava rivelato; in tale contesto sta ad indicare un contenuto •taciuto•, in accordo con l'o­ rientamento demitizzante. 46 Sommella Mura 1 977, 9 1 ss. 47 Sommella Mura 1 98 1 .

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L'acquisizione di Apollo attraverso i libri (SibyUini)

ma non possiamo escludere che i Romani avessero assunto una certa dimestichezza con le vicende relative alla nascita del dio, proprio grazie ai rilievi di questo tempio 48• Nonostante la rilevante allusione al mito , questa prima celebrazione ((apolli­ nea di fondo, pluralista nella scelta degli dei» 49 mostra, tutta­ via, un livello di ((ellenizzazione» molto inferiore, ad es. , rispet­ to al lectisternium del 2 1 7 a . C . . In quella circostanza, infatti, per espressa affermazione da parte di Livio, furono preparati, sotto la supervisione dei decemviri sacris Jaciundis, sei pulvi­ naria su cui vennero disposte a coppia le dodici divinità mag­ giori del pantheon romano: Iuppiter e Iuno ; Neptunus e Miner­ va, Mars e Venus, Apollo e Diana, Volcanus e Vesta, Mercurius e Ceres 50 • Dal concorso benevolo dei numina più 'potenti' , i Ro­ mani si attendevano , in quella occasione , la risoluzione della grave crisi che minacciava la loro esistenza. Nel lectisternium del 399 a . C . , al contrario , la presenza più rilevante del com­ plesso divino, nonché dell'intero rituale, era costituita da Apol­ lo , cui si associava l'idea di un rinnovamento complessivo, in grado di risanare sul piano spirituale e materiale la civitas.

4.

Apollo e il teatro

Un'ulteriore tappa nell'acquisizione di Apollo è rappresenta­ ta dagli avvenimenti del 364 a.C . . In quell'anno, un'epidemia di peste provocò l'intervento dei decemviri sacris faciundis che or-

48 Tutti i reperti rinvenuti nell'area sono stati attribuiti al rifacimento operato da C. Sosius in epoca augustea (34-25 a . C . ) : nel frontone sareb­ be stato raffigurato il tema della Amazzonomachia e sarebbero state riu­ tilizzate statue greche del V sec . a. C . , La Rocca 1 985; altre interpretazio­ ni propongono di riconoscere Apollo e Artemis, nelle due statue mutile rinvenute negli scavi, cfr. di Mauro 2002 . 49 Gagé 1 955, 1 32 . 50 Liv. XXII, 1 0 , 9 ; cfr. supra p. 27 n. 2 1 .

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Sacra jacere

dinarono la celebrazione di un lectisternium e l'allestimento di rappresentazioni teatrali, a scopo espiatorio 5 1 • Si trattava di un'esperienza religiosa del tutto nuova per i Romani 52 che fmo a quel momento avevano mantenuto una posizione di aperta ostilità nei confronti del teatro. Il programmatico divieto di for­ nire a questi spettacoli le necessarie infrastrutture (come è no­ to il primo teatro in muratura riconoscibile come tale fu co­ struito da Augusto alla fine del I sec . a. C . ) . il ricorso a perso­ nale fatto venire dall'Etruria, il discredito della figura dell'atto­ re (escluso dalle classi censitarie) 53 sta ad indicare che, nei con­ fronti degli spettacoli teatrali, si aveva, a livello pubblico, un at­ teggiamento di tolleranza più che di promozione . Eppure all'o­ rigine i ludi scaenici furono allestiti, all'interno di un contesto religioso, con una fmalità espiatoria. Come si spiega questa ap­ parente contraddizione? Secondo la defmizione di Aristotile, la tragedia è «imitazione tale da produrre mediante la pietà e il ter­ rore la catarsi da questi sentimenti» 54; assumeremo questa te­ stimonianza come referente comparativo, senza entrare nel me­ rito delle innumerevoli implicazioni che essa comporta. Muo­ vendo dal rapporto tragedia- katharsis operante nel teatro gre-

5 1 Liv. VII , 2, 2-3: Eo nihil dignum memoria actum, nisi quod pacis deum exposcendae causa tertio tum post conditam urbem lectisternium fuit. Et cum vis morbi nec humanis consiliis nec ope divina levaretw; victis superstitione animis ludi quoque scaenici, nova res bellicoso populo - nam circi modo spectaculum fuerat - inter alia caelestis irae placamina institu­ ti dicuntur; segue la famosa digressione sulle origini del teatro latino. 52 Le fonti concordano nell'indicare la priorità dei ludi circenses ri­ spetto ai ludi scaenici: i primi giochi del circo sarebbero stati istituiti, se­

condo la tradizione, da Tarquinius Priscus, che fece venire dall'Etruria pugili e cavalieri per celebrare la vittoria sui Latini, Liv. l, 35, 7-9; Hol­ scher 1 978; le scene di giochi di atleti e di corse di cavalli , raffigurate nei dipinti delle tombe e nelle decorazioni delle residenze principesche etru­ sche, dimostrano che la celebrazione di ludi aveva una posizione impor­ tante nella vita delle aristocrazie locali, Massa Pairault 1 993. 53 Montanari 1 998, 1 44; 1 53- 1 54 . 5 4 Arist. 1 449b .

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L'acquisizione di Apollo attraverso i libri (SibyUini)

co, possiamo verificare come anche a Roma a partire dall'epi­ sodio del 364 a . C . sia possibile ricavare una funzione «catarti­ ca» del teatro riferibile questa volta non al fruitore dello spetta­ colo, bensì al destinatario, ossia agli dei cui il rito era indiriz­ zato: il fme cui si mirava attraverso la celebrazione dei ludi scae­ nici era la placatio dell' ira deorum., e dunque una diversa decli­ nazione della katharsis ton pathbn riferibile in particolare agli dei (l' ira, anche se divina, è comunque un patlws!) .

TEATRO GRECO

TEATRO ROMANO

KATIIARSIS

KA1HARM6S

DEI PA1HE DELL'UOMO

DELL'IRA DEGLI DEI

Dunque , a livello tecnico, il rito scenico avrebbe potuto es­ sere assimilato ad un katharm6s e avrebbe dunque avuto tut­ ti i requisiti per agire come una cerimonia espiatoria. Del re­ sto, l'idea religiosa che la celebrazione dei ludi potesse assu­ mere una valenza espiatoria era abbastanza diffusa nel mon­ do antico . Erodoto riferisce che dopo la battaglia di Alalia, gli abitanti di Agylla (Caere) lapidarono i prigionieri Focei; a cau­ sa di questo atto di empietà si abbatté su di loro l'ira degli dei; una delegazione , inviata a consultare l'oracolo di Delfi, riportò l'ordine da parte della Pythia di celebrare ogni anno solenni sa­ crifici pubblici e agoni ginnici ed equestri 55• Anche l'episodio che dà origine ai ludi Taurei, esaminato in precedenza (v. su­ pra pp. 69- 73) . in tutte le sue varianti note , insiste sulle fina­ lità espiatorie dei giochi.

55

Herod . I, 1 67, 1 -3: per questo episodio, Thuiller 1 985.

1 47

Sacra jacere

Nel 364 a . C . , però, secondo Livio, la rappresentazione non fu ultimata a causa di un improvviso straripamento del Teve­ re 56 ; l'evento venne interpretato come un ulteriore segnale del­ la collera degli dei e lo spettacolo interrotto non fu più ripro­ posto . La vicinanza dell'area teatrale alle rive del Tevere ci in­ duce a ritenere che gli spettacoli in questione venissero già al­ l'epoca rappresentati in pratis Flaminiis, dove nel 1 79 a.C. M . Aemilius Lepidus avrebbe fatto costruire u n theatrum et pro­ scaenium 57 e dove Augusto avrebbe edificato il Teatro in me­ moria di Marcellus, suo erede designato 58• In quell'area fin dal­ la fine del V sec . a. C . , sorgeva, come abbiamo visto (v. supra p . 1 35) , i l tempio d i Apollo . I n qualche modo, l a contiguità con il luogo di culto non appare casuale , ma sembra chiamare in causa ancora una volta il dio 'moderatore' . affinché intervenga a favore del risanamento della popolazione . Il rapporto Apollo­ teatro , cui alludono i riti del 364 a. C . , si configurerebbe quin­ di come una modulazione della più ampia capacità del dio di assicurare alla città valetudo ac salus, salute e salvezza. Nota, a proposito , Montanari: «< Romani di età repubblicana non «sentono» la catarsi ispirata da Dioniso, quella che si estrinse­ ca nei misteri e sulla scena. Al suo posto , essi pongono la ca­ tarsi di Apollo. Per loro , baccanali e teatro non sono luoghi in cui si rappresenta e si risolve la hybris; all'opposto , soprattut­ to in questi luoghi si fomenta l'eccesso, la smoderatezza da ri­ condurre a misura. Ciò spiega, a nostro avviso, perché nella

5 6 Liv. VII , 3, 1 -2 : Nec tamen ludorum primum initium procurandis re­ ligionibus datum aut religione animos aut corpora morbis levavit: quin etiam, cum medios forte ludos circus Tiberi superjuso inrigatus impedisset, id vero, velut aversis iam dis aspemantibusque placamina irae, terrorem ingentem fecit. 57 Liv.

58

XL, 5 1 , 3 .

Res Gestae divi Augusti XXI : Theatrum ad aedem Apollinis in solo magna ex parte a privatis empto feci, quod sub nomine M. Marcelli generi mei esset. 1 48

L'acquisizione di Apollo attraverso i libri (SibyUini)

cultura romano-repubblicana la presenza apollinea invade co­ sì spesso il campo del dionisismo» 59• Eppure qualcosa non deve aver funzionato, se - come riferi­ sce Livio il rito spettacolare, peraltro collaudato in altri am­ bienti (v. supra p. 1 47, il caso di Caere) non riuscì a placare, an­ zi aumentò l'ira deorwn che «si girarono dall'altra parte» in se­ gno di disprezzo ( velut aversis imn dis aspernantibusque placa­ mina irae) . L'espressione usata da Livio sembra alludere ad una prç�esentia divina, che va riferita in primo luogo ad Apollo che, con Latona e Diana, dal vicino tempio poteva dar quasi l'im­ pressione di assistere alla rappresentazione 60• La reazione di sdegno apparve ai Romani in qualche modo motivata tanto che lo spettacolo interrotto non venne riproposto, ma, a scopo pia­ colare, si decise di ricorrere all'antico rito patrio della clavifìs­ sione 61 • Evidentemente nelle rappresentazioni allestite nel 364 a.C. l'élite politica e i benpensanti di Roma rinvennero qualche elemento in contrasto, vuoi con la finalità catartico-espiatoria del rito vuoi con la figura divina di Apollo che, come abbiamo visto, sembrava presenziare alla celebrazione dei ludi scaenicL La po-

59

Montanart 1 998, 1 53 . I l frontone del tempio d i Apollo in pratis Flaminiis doveva affacciarsi sulla cavea e dare l'impressione di una partecipazione diretta del dio; il pa­ tronato di Apollo sul teatro in età arcaica non ci sembra, come ritiene Gagé 1955, 1 48, solo virtuale: anche per i Romani del IV secolo a. C . , andare a teatro doveva essere un po' anche •recarsi vicino ad Apollo» , Gagé 1 955, 406. 61 Liv. VII , 3 , 3-6: Itaque Cn. Genucio L. Aemilio Mamerco iterum con­ sulibus, cum piaculorum magis conquisitio animos quam corpora morbi ad­ jìcerent, repetitum ex seniorum memoria dicitur pestilentiam quondam cla­ vo ab dictatore.fixo sedatam. Ea religione adductus senatus dictatorem cla­ vifigendi causa dici iussit; dictus L. Manlius Imperiosus L. Pinarium magi­ strum equitum dixit. Lex vetusta est, priscis litteris verbisque scripta, ut qui praetor maximus sit idibus Septembribus clavum pangat; .fixa juit dextro lateri aedis Iovis optimi maximi, ex qua parte Minervae templum est. Eum clavum, quia rarae per ea tempora litterae erant, notam numeri annorum fuisse ferunt eoque Minervae tempio dicatam legem quia numerus Miner­ vae inventum sit; Sordi 1 985; Montanart 1 990, 85-93 . 60

1 49

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lemica che nel 1 54 a.C. accompagnò l'iniziativa promossa dal censore C . Cassius Longinus di costruire un teatro in muratura può aiutarci a comprendere in parte le ragioni di tale orienta­ mento; l'argomento di propaganda speso contro tale innovazio­ ne da Scipio Nasica (che alla fme prevalse sull'avversario politi­ co) poneva l'accento infatti sul rischio che insieme al teatro pe­ netrasse in Roma anche la luxuria, tipica dei Greci, che avrebbe finito per corrompere irrimediabilmente i costumi tradizionali 62• Il richiamo alla luxwia (lusso, ma anche sfrenatezza, in altri ter­ mini, assenza di moderazione) esprime una ferma condanna mo­ rale nei confronti di un certo tipo di manifestazioni, ritenute po­ co consone con la gravitas, con la dignitas e con la jrugalitas 63

62 Aug. Civ. Dei I, 3 1 : Avarus vero luxuriosusque populus secundis re­ bus elfectus est, quas Nasica ille providentissime cavendas esse censebat. quando civitatem hostium maximam fortissimam opulentissimam nolebat auferri, ut timore libido premeretw; libido pressa non luxuriaretur luxuria­ que cohibita nec avaritia grassaretur; quibus vitiis obseratis civitati utilis virtus jloreret et cresceret eique virtuti libertas congrua permaneret. Hinc etiam erat et ex hac providentissima patriae caritate veniebat, quod idem ipse vester pontifex maximus, a senatu illius temporis (quod saepe dicen­ dum est) electus sine ulla sententiarum discrepantia vir optimus, caveam theatri senatum construere molientem ab hac dispositione et cupiditate compescuit persuasitque oratione gravissima, ne Graecam luxuriam virili­ bus patriae moribus paterentur obrepere et ad virtutem labejactandam enervandamque Romanam peregrinae consentire nequitiae, tantumque auctoritate valuit, ut verbis eius commota senatoria providentia etiam sub­ sellia, quibus ad horam congestis in ludorum spectaculo iam uti civitas coeperat, deinceps prohiberet adponi. 63 Cicerone, in 1ìtsc. III, 7, 1 7- 1 8 , dà una esauriente defmizione di fru­ galitas: Sed quia, nec qui propter metum praesidium reliquit. quod est igna­ viae, nec qui propter avaritiam clam depositum non reddidit, quod est iniu­ stitiae, nec qui propter temeritatem male rem gessit, quod est stultitiae, fru­ gi appellari solet, eo tris virtutes, fortitudinem iustitiam prudentiam, fruga­ litas complexa est (etsi hoc quidem commune est virtutum; omnes enim in­ ter se nexae et iugatae sunt): reliqua igitur et quarta virtus [ut] sit ipsa fru­ galitas. Eius enim videtur esse proprium motus animi adpetentis regere et sedare semperque adversantem libidini moderatam in omni re servare con-

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che costituivano il tratto distintivo della classe dirigente romana dell'epoca. Per quanto riguarda il contenuto dello spettacolo, se­ condo la testimonianza di Livio, i ludiones etruschi nel 364 a. C . proposero delle coreografie particolarmente sobrie (haud indeco­ ros motus) non accompagnate da testi cantati, ma solo da musi­ ca (sine carmine ullo, sine imitandorum carminwn actu. . , ad tibi­ cinis modos saltantes) 64• Dunque, a provocare la reazione sde­ gnata del dio e dei probi viri Romani non dovette essere tanto l'ar­ gomento rappresentato, quanto piuttosto il suo allestimento, os­ sia, con ogni probabilità, il lusso eccessivo dei costumi di scena. Il contenimento delle esibizioni del lusso non era, infatti, per i Romani - come è noto - un fatto privato 65• Già la X Tavola, ri­ badendo una condotta isonomica adottata a partire dalla fme VI a.C . , aveva ridimensionato gli aspetti del culto funerario esposti al pubblico (come il rituale della cd. doppia sepoltura, la depo­ sizione nel sepolcro di monili d'oro, la misura delle tombe) , al fi­ ne di evitare le tradizionali esibizioni di ricchezza che caratteriz­ zavano i junera gentilicia di età arcaica 66• Dopo l'istituzione del­ la censura, spettò ad un collegio stabile di magistrati vigilare sul­ lo stile di vita dei cittadini di rango più elevato 67• La tradizione ricorda il caso di P. Cornelius Rufmus espulso nel 275 a.C. dal .

stantiam. Cui contrarium vitium nequitia dicitur. Frugalitas. ut opinor. a.fru­ ge, qua nihil melius e terTa, nequitia ab eo (etsi erit hocfortasse durius, sed temptemus: lusisse putemur. si nihil sit) ab eo, quod nequicquam est in ta­ li homine, ex quo idem 'nihili' dicitur. - Qui sit.frugi igitur vel, si mavis, mo­ deratus et temperans, eum necesse est esse constantem; qui autem con­ stans, quietum; qui quietus, perturbatione omni vacuwn. ergo etiam aegri­ tudine. Et sunt illa sapientis: aberit igitur a sapiente aegritudo.

64 Ciò non significa che le danze fossero •libere•: potevano eventualmen­ te essere •a tema• (un tema mitologico) e risolvere l'azione rituale nell'ese­ cuzione di una coreografia (come nei balletti moderni) , Feldherr 1 998, 1 79. 65 Quint. inst. or. III , 7 , 24 veteribus Romanis summum luxuria crimen. 66 Cic . de leg. Il, 59-6 1 ; Ampolo 1 984, 86; Bartoloni 1 987; Santi 1 995. 67 Per i caratteri della censura, cfr. Suolahti 1 963 (con ampia trattazione anche delle figure dei singoli magistrati) ; Pieri 1 968.

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senato ad opera dei censori C . Fabricius Luscinus ed Q . Aemi­ lius Papus, perché aveva in casa oltre dieci libbre di vasellame d'argento 68 : evidentemente tale lusso era ritenuto indecoroso per un senatore che aveva ricoperto le più alte magistrature della res publica. Oltre al possesso di gioielli e di suppellettili in metallo prezioso, anche l'abbigliamento fu sempre al centro dell'atten­ zione dei Romani; non a caso la più antica delle leggi suntuarie, ossia delle leggi fmalizzate al contenimento del lusso, la lex Me­ tUia promulgata nel 2 1 7 a. C . , aveva per oggetto la lavorazione delle stoffe, prevedendo, tra l'altro, sanzioni severe per chi aves­ se indossato in pubblico vesti giudicate troppo lussuose 69• Per il quanto riguarda il mondo etrusco, dal quale proveniva­ no gli artisti utilizzati nel 364 a. C . , le tombe etrusche di area tar­ quinense, di V e IV sec. a. C . , oltre alla 'scandalosa' presenza di danzatrici 70 , testimoniano la straordinaria ricchezza degli abiti dei ludiones. Si consideri, ad es. , il ricco abbigliamento del pher­ su, della danzatrice (con crotali) , e dell'auleta raffigurati sulle pa­ reti della Tomba del Gallo, di poco anteriore ai fatti di cui ci stia­ mo occupando 7 1 , in confronto con la schietta sobrietà che carat­ terizzava i vestiti indossati dai cives e dalle matronae romane 72 •

68 Liv. Per. XIV; Geli . Noct. Att. XVII , 39; dieci libbre equivalgono qua­ si a cinque kilogrammi. 69 Plin. N. H. XXXV, 1 97 - 1 98; Su et. Aug. 40: Etiam habitum vestitum­

que pristinum reducere studuit, ac visa quondam pro contione pullatorum turba indignabundus et clamitans: "en Romanos, rerum dominos, gentem­ que togatam/" negotium aedilibus dedit, ne quem posthac paterentur in Fo­ ro circave nisi positis lacernis togatum consistere. 70 Danzatrici sono raffigurate a Tarquinia nella Tomba Cardarelli; Tomba dei Loculi; Tomba dei Fiorellini; Tomba della Leonessa; per le de­ corazioni delle tombe tarquiniensi, Steingraber 1 983. 7 1 La presenza del phersu dovrebbe rinviare ad un ambito cerimonia­ le e non puramente •ludico• (in senso moderno) ; per una rassegna dell'i­ conografia del phersu. Szilàgyi 1 98 1 ; per la sua funzione, Montanari 200 1 . 1 55- 1 74. 72 Per l'abbigliamento degli Etruschi, Bonfante-Warren 1 975.

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Fig. III-2: Tomba del Gallo (Tarquinia, fme del V sec a . C . )

Se a suscitare l'indignazione dei benpensanti romani furo­ no realmente i lussuosi abiti di scena degli artisti 73, come noi proponiamo , ciò vuol significare che tale luxuria era sentita in contrasto sia con la sensibilità degli spettatori, sia con i carat­ teri della religione tradizionale e in particolare con la figura di­ vina di Apollo a Roma. E in effetti, la raffigurazione , in stile ar­ caicheggiante, di Apollo Latona e Diana in un rilievo del I sec . a. C . ci restituisce un'immagine di grande solennità e sempli­ cità, in cui l'incedere ieratico è sottolineato dalla severità delle linee degli abiti delle tre divinità 74• Dopo l'esordio , in verità poco promettente , i ludi scaenici subirono - come è noto - una radicale 'ristrutturazione' a li-

73 Bisogna infine ricordare che l'assenza di copione o di canovaccio nei più antichi ludi scaenici lasciava ampio spazio all'improvvisazione e di fatto impediva che venisse operato sullo spettacolo che si andava a rap­ presentare qualsiasi tipo di controllo preventivo o di censura. 74 Zanker 20062 , 70 e Plin. N.H. XXXVI 24, 25, 32.

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vello organizzativo, continuando tuttavia a mantenere un lega­ me religioso funzionale con Apollo 75• All'inizio del III sec . a . C . venne introdotto l'uso d i premiare con u n ramo d i palma, alla maniera greca, i vincitori dei ludi; il costume, adottato per la prima volta durante i ludi RomanF6 , in onore di Iuppiter, si estese a tutti i giochi, rafforzando il legame religioso Apollo- lu­ di e contribuendo ad accreditare una figura del dio più com­ plessa, nella quale cominciavano ad assumere un certo rilievo altre componenti , quali il patrocinio sull'arte 'poetica' e il rap­ porto con la vittoria. Nel secolo successivo, si costituì l'asso­ ciazione religioso-professionale dei parasiti Apollinis, una sorta di confraternita di attori 77, il cui prestigio si accrebbe a parti­ re da Augusto. Per quanto è dato di intendere , i libri Sibyllini e i sacer­ doti loro interpreti restarono estranei a questa dinamica in­ terna alla figura di Apollo . Eppure essi contribuirono indi-

75 Non possediamo altre notizie sull'evoluzione del teatro latino per un lungo arco di tempo : è certo che , all'interno del programma delle cele­ brazioni per la fine della I Guerra Punica, fu dato l'incarico a Livio An­ dronico , un liberto di Livius Salinator, di scrivere una praetexta, che ven­ ne rappresentata nel 240 a.C. , Liv. XXVII. 37, 7; i 'nuovi' ludi scaenici avevano però carattere celebrativo e non espiatorio, e prevedevano l'ado­ zione di un testo scritto che era sottoposto all'esame preventivo degli ae­ diles, che curavano l'allestimento di tutti i ludi; per una sintesi della sto­ ria del teatro latino dalle origini fino a Livio Andronico, Beare 1 986, 6-39; per il posto della praetexta nel teatro latino, Zenhacker 1 983; per la re­ lazione praetexta- nobilitas, Montanari 2004 . 76 Liv. X, 47, 3: Eodem anno coronati primum ob res bello bene gestas

ludos Romanos spectarunt palmaeque tum primum translato e Graeco mo­ re victoribus datae. 77 A partire dal III sec . a . C . si hanno testimonianze di un'organizza­ zione degli attori, il collegium scribarum histrionumque, sotto la tutela di Minerva, Fest. 446 L. : [ . . ] Itaque cum Livius Adronicus bello Punico se­ .

cundo scribsisset carmen, quod a virginibus est cantatum, quia prosperius respublica populi Romani geri coepta est, publice adtributa est ei in Aven­ tino aedis Minervae, in qua liceret scribis histrionibusque consistere ac do­ na ponere; Jory 1 970; Semioli 2003 . 1 54

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rettamente a 'svalutare' l'aspetto moderatore-terapeutico del dio , attraverso l'introduzione del culto greco di Asklepiòs. Al­ la base di questa nuova acquisizione nel pantheon romano , le fonti indicano , infatti , un responso dei decemviri sacris Ja­ ciundis: per placare la pestilenza divampata nel 293 a. C . , i li­ bri ordinarono di 'importare' da Epidauron il culto dell'eroe­ guaritore Asklepiòs 78 , che la mitologia greca associava inva­ riabilmente ad Apollon 79• Per quell'anno, non fu possibile fa­ re altro che rivolgere al dio una solenne supplicatio, a scopo espiatorio 80 , ma appena le condizioni lo consentirono venne inviata una delegazione in Grecia, per portare a termine la missione religiosa prescritta dai libri. Secondo la tradizione , ad Epidauron uno dei serpenti sacri ospitati nel santuario di Asklepiòs, si imbarcò spontaneamente sulla nave dei delega­ ti Romani diretti in patria; giunto a Roma, il serpente sim­ bolo del dio prese dimora sull'isola Tiberina, dove in onore di Aesculapius (forma latina di Asklepiòs) venne costruito un tempio, con i caratteri tipici delle sedi dei culti iatrici , corre­ dato di ampio porticato per accogliere i fedeli che si recava­ no al santuario per ottenere la guarigione 81 • L'introduzione del culto di Aesculapius, altamente specializzato in senso sa­ lutifero , come ha notato J. Gagé , privò Apollo di una parte

78 Liv. X. 47, 6-7: Multis rebus laetus annus vix ad solacium unius ma­ li, pestilentiae urentis simul urbem atque agros, su.ffecit; portentoque iam similis clades erat, et libri aditi quinam finis aut quod remedium eius mali ab dis daretur. Inventum in libris Aesculapium ab Epidauro Romam arces­ sendum. 79 Asklepi6s, secondo la tradizione, era figlio di Apollon e Koronide, Paus. IX, 36, l ; Apoll. III, l O, 3; per la figura di Asklepi6s, Benedun 1 990. 80 Liv. X, 47, 7: neque eo anno, quia bello occupati consules erant, quic­

quam de ea re actum praeterquam quod unum diem Aesculapio supplica­ tio habita est.

81 Nel letto del Tevere nei pressi dell'Isola Tiberina è stata recuperata un'ingente quantità di materiali votivi; per il culto di Aesculapius, De Fi­ lippis Cappai 1 99 1 .

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delle sue attribuzioni reali 82 • Ma il dio trovò presto degli stru­ menti di compensazione .

5 . Apollo e i libri, durante la Seconda Guerra Punica Come abbiamo detto , le più antiche epiclesi di Apollo a Ro­ ma furono Medicus e Paean. Fino alla fine del IV sec . a . C . a prevalere, nel culto del dio, fu la forma di Medicus, laddove l'e­ piclesi Paean rimase piuttosto allusiva della capacità 'liberato­ ria' del dio . Nel tempo questo aspetto , relegato in secondo pia­ no in età arcaica, finirà progressivamente per affermarsi sul­ l'altro fino quasi ad offuscarlo definitivamente . Ad accelerare questo processo , concorse, in maniera determinante, oltre al­ l'introduzione del culto guaritore di Aesculapius, il rapido ac­ cavallarsi di eventi che caratterizzò il III sec . a. C . e che giunse al culmine con la crisi della Seconda Guerra Punica. Come in­ dicato da Dumézil, fu quella la prima grande prova per il pantheon sincretico che si era andato edificando nei secoli pre­ cedenti, soprattutto V e IV a . C . 83, per l'apporto congiunto dei vota magistratuali e dei piacula pubblici. Nell'ingente mole di prodigi che si verificarono a cadenza re­ golare ogni anno a partire dal 2 1 8 a . C . 8\ nessuno pare inte-

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Gagé 1 955, 1 53 . Dumézil 1 977, 398. Liv. XXI , 46, 1 -3 : Apud Romanos haudquaquam tnnta alacritas erat,

super cetera recentibus etiam tenitos prod.igiis; nam et lupus intraverat ca­ stra laniatisque obviis ipse intactus evaserat, {et] examen apum in arbore praetorio imminente consederat. Quibus procuratis Scipio cum equitatu ia­ culatoribusque expeditis profectus ad castra lwstiwn: Liv. XXI, 62 , 1 - 1 1 : Ro­ mae aut circa urbem multa ea hieme prodigia jacta aut, quod evenire solet motis semel in religionem nnimis, multa nuntiata et temere eredita sunt, in quis ingenuum injnntem semenstrem in foro lwlitorio triumphum clamasse, et {in]foro boario bovem in tertiam contignationem sua sponte escendisse at­ que inde tumultu habitatorum tenitum sese deiecisse, et navium speciem de 1 56

L'acquisizione di Apollo attraverso l libri (SibyUini)

ressare Apollo : sembra, in un primo momento , che il dio man­ tenga una posizione di 'indifferenza' nei riguardi delle sorti dei Romani. In realtà, Apollo risulta espressamente chiamato in causa all'indomani della sconfitta di Canne, allorché venne ap­ prestata una delegazione con l'incarico di consultare l'oracolo di Delfi per porre due quesiti: l) con quali preghiere e sacrifici calmare gli dei; 2) quando sarebbe finita quella strage 85• È chiaro che i due argomenti erano correlati tra loro : la strage

caelo adjulsisse. et aedem Spei., quae est m foro holitorio, fulmme ictam., et Lanuvi hastam se commovisse et coroum Ù1 aedem lunonis devolasse atque m ipso pulvmari consedisse, et m agro Amiternmo multis locis hommum spe­ cie procul candida veste visos nec cum ullo congressos, et Ù1 Piceno lapidi­ bus pluvisse, et Caere sortes extenuatas, et Ù1 Gallia lupum vigili gladium ex vagma raptum abstulisse. Ob cetera prodigia libros adire decemviri ius­ si; quod autem lapidibus pluvisset Ù1 Piceno, novendiale sacrum edictum; et submde aliis procurandis prope tota civitas operata fuit. Iam primum om­ nium urbs lustrata est hostiaeque maiores quibus editum est dis caesae, et donum ex auri pondo quadragmta Lanuvium lunoni portatum est et signum aeneum matronae Iunoni Ù1 Aventmo dedicaverunt, et lectisternium Caere, ubi sortes attenuatae erant. imperatum., et supplicatio Fortunae m Algido; Romae quoque et lectisternium luventati et supplicatio ad aedem Herculis nommatim., demde universo populo circa omnia pulvmaria mdicta, et Genio maiores hostiae caesae quinque, et C. Atilius Serranus praetor vota susci­ pere iussus, si m decem annos res publica eodem stetisset statu. Haec pro­ curata votaque ex libris SibyUmis magna ex parte levaverant religione ani­ mos; Liv. XXII, 36, 6-9 (2 1 7 a . C . ) : Ceterum priusquam signa ab urbe novae legiones moverent, decemviri libros adire atque inspicere iussi propter terri­ tos volgo hommes novis prodigiis. Nam et Romae Ù1 Aventmo et Ariciae nun­ tiatum erat sub idem tempus lapidibus pluvisse, et multo cruore signa m Sa­ bmis, Caeretes aquas (fonte callidos] manasse; id quidem etiam., quod sae­ pius acciderat, magis terrebat; et m via fornicata, quae ad Campum erat, aliquot hommes de caelo tacti exanimatique juerant. Ea prodigia ex libris procurata. Legati a Paesto pateras aureas Romam attulerunt. lis, sicut Nea­ politanis, gratiae actae, aurum non acceptum. 8 5 Liv. XXII. 57, 5 (2 1 6 a . C . ) : hoc nejas cum mter tot, ut jìt, clades m prodigium versum esset, decemviri libros adire iussi sunt et Q. Fabius Pie­ tar Delphos ad oraculum missus est sciscitatum quibus precibus supplicii­ sque deos possent placare et quaenam futura finis tantis cladibus joret; Broughton 1 9682, 25 1 .

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sarebbe fmita, nel momento in cui i Romani avessero placato definitivamente gli dei. Ma neanche questo episodio sembra al­ terare i caratteri della divinazione romana, o ridisegnare la fi­ sionomia del dio 'moderatore'. Anzi. Nel responso dell'oracolo di Delfi, riferito da Fabius Pictor, infatti, non sembra possibile rinvenire alcuna prospezione futura: la Pythia, a quanto sem­ bra, si limitò ad indicare a quali divinità andassero indirizzati i riti espiatori e a fornire un precetto morale, dal contenuto as­ sai preciso: 'Tenete lontana da voi la lasciviar 86• Il concetto di lascivia copre , in latino , un'area semantica dai contorni ben definiti: esso esprime voluptas animi 'mancanza di moderazio­ ne' (e in questo significato può essere accostato al greco hybris) , ma soprattutto indica la ricerca di emozioni 'forti' , in ogni senso ed in ogni sfera della vita pubblica e privata 87• Il precetto delfico, quindi, con il suo richiamo indiretto alla mo­ derazione , si adattava perfettamente alla figura divina ed alla catartica dell'Apollo romano , fondata sulla 'giusta misura' 88• Permanendo tuttavia le difficoltà nella condotta della guer­ ra, a Roma si diffuse l'incertezza e cominciò a propagarsi una crescente sfiducia circa l'efficacia delle forme rituali tradizio­ nali 89• Stregoni e indovini riuscirono così a conquistarsi la fi86 Liv. XXIII, 1 1 , 1 -3: Dum haec genmtw; Q. Fabius Pictor legatus a Delphis Romam rediit responswnque ex scripto recitavit. Divi divaeque in eo erant quibus quoque modo supplicaretur; tum: "si itafaxitis, Romani, vestrae res meliores facilioresque enmt magisque ex sententia res publica vestra va­ bis procedet victoriaque duelli populi Romani erit. Pythio Apollini re publica vestra bene gesta servataque lucris meritis donwn mittitote deque praeda manubiis spoliisque honorem habetote; lasciviam a vobis prohibetote. " 87 Ter. Haut. , 945: animus luxuria et lascivia diffluit. Sall . Iug. XXXIX 5; Liv. XXXIX 1 5, 7; Gagé 1 955, 270 così traduce : •l'abbandono compia­ ,

,

cente ad emozioni troppo vive• ; in primo luogo , interessa la sfera sessua­ le, ma non solo , TLL s. v. lascivia. 88 Nel 2 1 7 a . C . venne varata la lex Metilia, il primo provvedimento le­ gislativo volto a limitare il lusso , v. supra n. 62. 89 Liv. XXV, l , 6: quo diutius trahebatur bellum et variabant secundae

adversaeque res nonjortunam magis quam animos hominum, tanta religio, 1 58

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ducia dei cittadini: le forme della religione consacrate lungo i secoli dal mos maiorum vennero trascurate e si affermarono strani culti, inusuali sacrifici e nuove divinità 9 0 • Quando il fe­ nomeno assunse proporzioni preoccupanti, il senato si vide co­ stretto ad intervenire : il pretore urbano , attraverso un editto , ordinò la consegna di tutti i testi di predizioni e di sacrifici in possesso di privati, e vietò di celebrare cerimonie e riti in for­ me diverse da quelle tradizionali 9 1 • La situazione però non tornò alla normalità 92 • Quando P. Cgrnelius Rufus, eletto alla pretura nel 2 1 2 a. C . , si accinse ad et ea magna ex parte externa, civitatem incessit ut aut homines aut dei re­ pente alii viderentur factL 90 Liv. XXV l , 7- 1 0 : nec iam in secreto modo atque intra parietes abole­ bantur Romani ritus , sed in publico etiam ac foro Capitolioque mulierum tur­ ba erat nec sacriflcanttum nec precantium deos patrio more. sacriflculi ac va­ tes ceperant hominum mentes quorum numerum auxit rustica plebs, ex in­ cultis diutino bello infestisque agris egestate et metu in urbem compulsa; et quaestus ex alieno errore facilis, quem velut concessae artis usu exercebant. primo secretae bonorum indignationes exaudiebantur; deinde ad patres etiam ac publicam querimoniam excessit res. incusati graviter ab senatu ae­ dUes triumvirique capitales quod non prohiberent, cum emovere eam multitu­ dinem e foro ac disicere apparatus sacrorum conati essent, haud procul afuit quin violarentur; si noti, nel testo liviano, l'espressione sacry_fìculi ac vates. 91 Liv. XXV, l , 1 1 - 1 2 : ubi potentius iam esse id malum apparuit quam ut minores per magistratus sedaretur, M. Aemilio praetori urbano negotium ab senatu datum est ut eis religionibus populum liberaret. is et in contione senatus consultum recitavit et edixit ut quicumque libros vaticinos preca­ tionesve aut artem sacrifìcandi conscriptam haberet eos libros omnes litte­ rasque ad se ante kalendas Apriles deferret neu quis in publico sacrove lo­ co novo aut externo ritu sacrificaret. L'identità del praetor del 2 1 3 a . C. è ,

controversa: Atilius o Aemilius, cfr. Broughton 1 9682, 263 e 266 n. 2 . 9 2 Liv. XXV 7 , 7 - 9 : tempestates foedae fuere; i n Albano monte biduum ,

continenter lapidibus pluvit; tacta de caelo multa, duae in Capitolio aedes, vallum in castris multis locis supra Suessulam, et duo vigiles exanimati; murus turresque quaedam Cumis non ictae modo fulminibus sed etiam de­ cussae. Reate saxum ingens visum volitare, sol rubere solito magis san­ guineoque similis. horum prodigiorum causa diem unum supplicatio fuit et per aliquot dies consules rebus divinis operam dederunt et per eosdem dies sacrum novendiale fuit.

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esaminare i testi di vaticini consegnatigli dal suo predecesso­ re , rinvenne, in quella massa di materiale da vagliare, due car­ mina redatti da un esponente della gens Marcia 93: uno predi­ ceva la battaglia di Canne e ne prevedeva l'esito infausto: 'Fuggi il fiume Canne, o discendente dei Troiani, perché gli stranie­ ri non ti costringano a venire a battaglia nella pianura di Diomede. Ma tu non mi crederai , finché non avrai riempito la campagna di sangue, e il fiume nel grande mare dalla terra fruttifera porterà mol­ te migliaia di corpi dei tuoi , uccisi; e la tua carne sarà preda dei pe­ sci e degli uccelli e degli animali che abitano la terra; così mi ha par­ lato Iuppiter. ' 94

L'altro carmen conteneva prescrizioni di carattere espiatorio : 'O Romani, se volete cacciare dal vostro territorio i nemici, la piaga di genti che vengono da lontano, dico che dovete fare voto di celebrare ogni anno fraternamente giochi solenni in onore di Apollo, avendo il popolo dato una parte di denaro preso dal fondo pubblico e contri­ buendo i privati per sé e per la loro famiglia; all'allestimento di que­ sti ludi presieda il pretore urbano; i decemviri celebrino sacrifici se­ condo il rito greco con vittime. Se farete tutto ciò in modo corretto,

93 Liv. XXV, 1 2 , 2-4: Religio deinde nova obiecta est ex carminibus Mar­ cianis. vates hic Marcius inlustris juerat, et cum conquisitio priore anno ex senatus consulto talium librorum fieret, in M. Aemili praetoris urbani, qui eam rem agebat, manus venerant; is protinus novo praetori Sullae tradi­ derat. Ex huius Marci duobus carminibus alterius post rem actam editi comperto auctoritas eventu alteri quoque, cuius nondum tempus venerat. adferebat fidem. 94 Liv. XXV, 1 2 , 5-6: Priore carmine Cannensis praedicta clades in haec fere verba erat: 'Amnem, Troiugena, fuge Cannam, ne te alienigenae cogant in campo Diomedis conserere manus. sed neque credes tu mihi, donec com­ pleris sanguine campum, multaque milia occisa tua deferet amnis in pon­ tum magnum ex terra frugifera; piscibus atque avibus ferisque quae inco­ lunt terras iis juat esca caro tua; nam mihi ita Iuppiter jatus est. '

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godrete sempre e la vostra situazione migliorerà; infatti questo dio, che rende prosperi i vostri campi, annienterà i vostri nemici. ' 95

La predizione, contenuta nel primo carme, non fu di nessu­ na utilità per i Romani, dal momento che la battaglia si era già svolta; essa, tuttavia, conferiva autorità al secondo carme, quel­ lo che prescriveva la celebrazione di giochi in onore di Apollo 96• A conferma, il senato dispose la consultazione dei libri, riguardo all'opportunità di celebrare i ludi; ricevuto il parere positivo dei decemviri sacris faciundis, il senato ne decretò il voto e le moda­ lità di allestimento 97• I carmina Marciana non entrarono perciò in concorrenza con i libri Sibyllini., ma piuttosto li affiancarono: i testi divinatori del Marcius vates fornirono un responso non sollecitato (non si erano registrati prodigia nel frattempo) , suc­ cessivamente confermato dai librL I due testi del Marcius vates finirono per convalidarsi a vicenda: la veridicità del primo car­ men avvalorava il secondo, ma l'efficacia del rito ordinato nel se­ condo accreditò ulteriormente la predizione espressa nel primo.

95 Liv. XXV 1 2 , 9- 1 0 : 'Hostes, Romani, si ex agro expellere voltis, vo­ micam quae gentium venit longe, Apollini vovendos censeo ludos qui quo­ tannis comiter Apollini flan t; cum populus dederit ex publico partem, privati uti conferant pro se atque suis; iis ludis faciendis praesit praetor is quis ius populo plebeique dabit summwn; decemviri Graeco ritu hostiis sacra fa­ ciant. hoc si recte facietis, gaudebitis semperjìetque res vestra melior; nam is deum exstinguet perduelles vestros qui vestros campos pascit placide. · ,

96 Liv. XXV 1 2 , 4, v. n. 93. 97 Liv. XXV 12, 1 1 - 1 5: ad id carmen explandum diem unum sumpse­ ,

,

runt; postero die senatus consultumfactum est ut decemviri libros de ludis Apollini reque divinafacienda inspicerent. ea cum inspecta relataque ad se­ natum essent, censuerunt patres Apollini ludos vovendos faciendosque et quando ludi facti essen t, duodecim milia aeris praetori ad rem divinam et duas hostias maiores dandas. alterum senatus consultum factum est ut decemviri sacrum Graeco ritufacerent hisce hostiis, Apollini bove aurato et capris duabus albis auratis, Latonae bove femina aurata. ludos praetor in circo maximo cum facturus esset, edixit ut populus per eos ludos stipem Apollini quantam commodum esset conferret. 161

Sacra jacere

Con l'accoglimento dei carmina Marciana, venne introdotto qualche elemento di novità nella divinazione romana? A nostro parere, no. Il primo carme, infatti, quello contenente la predizio­ ne rivelata da Iuppiter, non comportava nessun risvolto 'pratico': l'esercito romano non aveva evitato il campo di battaglia di Can­ ne e non aveva potuto eludere il suo destino. Diverso era il ca­ so del secondo carme: esso non riguardava avvenimenti futuri, ma forniva indicazioni cultuali su come liberare la civitas da un pericolo attuale, «la piaga di genti venute da lontano» (vomicam quae gentium venit longe: Liv. XXV, 1 2 , 9) , adattandosi perciò perfettamente al pattern da noi elaborato (v. supra p. 42) . In questo senso , si può affermare che il secondo dei carmi­ na Marciana replicasse la funzione riparatrice dei libri e che forse fu formulato sul modello di questi 98• Anche il primo car­ men, tuttavia, almeno dal punto di vista formale, sembra aver preso a modello i libri, dal momento che, al pari dei testi ora­ colari consultati dai viri sacris faciundis, sembra composto con la tecnica dell'acrostico 99: il filologo L. Hermann, infatti, com­ binando, distribuendo e integrando opportunamente secondo lo schema dodecasillabo del verso saturnia le parole del vatici­ nio relativo alla battaglia di Canne , è riuscito a ricostruire, con le lettere iniziali dei singoli versi, la formula ANCI MARCI , os­ sia il nome re , 'mitico' capostipite della famiglia del vates inlu­ stris 1 00 • Il ricorso a questa particolare tecnica compositiva de-

98 Gagé 1 955, 275, ha messo in rilievo lo stile molto prosastico del se­ condo carmen. 99 L'acrostico è un tipo di componimento poetico nel quale le lettere iniziali di ogni verso , prese in ordine nel senso verticale, formano una pa­ rola o una frase di senso compiuto . 1 00 Hermann 1 960, 1 2 1 :

Amnem. Troiugena Roma, .fuge Cannam. Ne te alienigenae cogant Diomedis Campo conserere manus. sed nec credes donec compleris sanguine campum. 1 62

L'acquisizione di Apollo attraverso i libri (Sibyllini)

nuncerebbe da parte dell'autore dei carmina Marciana la preoc­ cupazione di accreditare la propria poesia oracolare, collocan­ dola nel solco della tradizione, dal momento che gli antichi consideravano la presenza di acrostici nei testi vaticinatori quasi come una garanzia di autenticità 1 0 1 • Gli stessi libri cu­ stoditi nel tempio di Iuppiter Optimus Maximus erano redatti, infatti, secondo Cicerone, con questa tecnica: E nei libri SibyUini, ogni vaticinio ha come margine il primo verso di cia­ scuna frase e le lettere di quella frase. Questo è tipico di uno scrittore non invasato, di uno che si applica con diligenza, non di un folle 1 02 .

Nei libri Sibyllini, dunque, la tecnica appare ancora più raf­ finata: le lettere del primo verso erano anche le lettere iniziali dei singoli versi del carmen. In questo modo si disponeva an­ che di un criterio per valutare tanto l'integrità del testo , quan­ to la presenza di eventuali interpolazioni. Cicerone sottolinea come l'adozione dell'acrostico richiedesse da parte del redatto­ re un livello di attenzione del tutto incompatibile con la prati­ ca della mantica estatica. Anche per questa via si finiva per ac­ creditare la natura razionale del sistema divinatorio facente ca­ po alla consultazione dei libri Sibyllini. Anche se i carmina Marciana si conformano al modello si­ billino, essi introducono, all'interno dell'organizzazione della re-

Multaque milia caesa deferet tua Amnis magnum in pontum ex terra frugifera; piscibus atque avibus ferisque Caro terricolis juat esca tua namque lta Iuppiter fatus est 101 M anetti 1 998, 7 1 . 1 02 Cic . de div. Il, 54, 1 1 2 : Atque in Sibyllinis ex primo versu cuiusque sententiae primis litteris illius sententiae carmen omne praetexitur. Hoc scriptoris est, non jurentis, adhibentis diligentiam, non insani; il testo di Cicerone è stato variamente integrato e emendato: per le difficoltà di tra­ duzione, cfr. Timpanaro 1 988, 393-4. 1 63

Sacra facere

ligione romana arcaica, alcuni elementi di discontinuità. In­ nanzi tutto, con l'accoglimento dei carmina Marciana si assiste , per la prima volta, al recupero della componente valica che, co­ me abbiamo visto, era stata proiettata alle origini e relegata in una dimensione temporale del tutto inattuale (anche l'adozione del verso saturnio, se la proposta di L. Hermann è accettabile, conferirebbe ai carmina un carattere primordiale) . Inoltre, il se­ condo carmen sembra introdurre un ulteriore fattore innovati­ vo, laddove ridefinisce le competenze e le incombenze dei magi­ strati e dei sacerdoti coinvolti nella celebrazione dei ludi, favo­ rendo, tra l'altro, per la prima volta, l'affermazione di una per­ sonalità carismatica all'interno della compagine civica. Secondo le fonti, infatti, determinante in questa occasione fu l'azione di un esponente della gens Cornelia, P. Cornelius Rufus, praetor urbanus e peregrinus nel 2 1 2 a. C . , decemvir sacris faciundis, designato nel carmen Marcianum a sovrintendere all'allestimen­ to dei ludi, e, a ciò che è dato da intendere, anche all'esecuzio­ ne da parte dei decemviri sj del sacrificio prescritto (iis ludis

faciendis praesit praetor is guis ius populo plebeigue dabit sum­ mum; decemviri Graeco ritu hostiis sacra faciant) 103• A questo magistrato, in ricordo del suo intervento in questa congiuntu­ ra, fu concesso il privilegio di fregiarsi del cognomen Sibulla (successivamente corrotto in Sulla) 104; sembra affiorare così per la prima volta un carisma personale, sancito dal conferimento del cognomen-titolo di Sibulla, che andò a sostituire quello na­ turalistico di Rufus, che richiamava la caratteristica fisica del colore dei capelli 105• È questa la prima testimonianza dell'esi­ stenza di un collegamento tra i libri consultati dai decemviri sa­ cris faciundis e la figura della Sibylla. Il pretore P. Cornelius, 103

Liv. XXV, 1 2 , 3; XXVII , 23, 5; Fest. 438 L. ; Broughton 1 9682, 268,

27 1 .

1 04 1 05

1 64

Macr. Sat. I . 1 7 , 27; Miinzer 1 90 1 , n . 376 ss . , cll. 1 5 1 3- 1 5 1 5 . Per i cognomina in età repubblicana, Montanari 2005.

L'acquisizione di Apollo attraverso i libri (SibyUini)

adottando il nome della mitica veggente, sembra attuare un processo di identificazione, che gli conferisce il prestigio riser­ vato alla figura del vate : egli, infatti, non assume un cognomen derivato , ma aggiunge al suo nomen gentilicium il nome catego­ riale Sibulla 106, che in origine, al pari del titolo Pythia o Bakis, identificava un tipo preciso di indovina, la cui caratteristica principale era quella di non essere legata ad alcun santuario oracolare e a nessuna divinità, in particolare 107 • Il figlio del praetor del 2 1 2 a. C . , in qualità di tresvir monetalis, farà conia­ re un denarius commemorativo , sul cui recto è rappresentata la testa della Sibylla sulla prua di una nave . celebrando in questo modo la tradizione che legava la sua jamilia alla figura della profetessa 108• Questo particolare conferma -come riferito da Macrobio 109 - che il praetor L. Cornelius Rufus fu in effetti il pri­ mo a fregiarsi di quel titolo ; esso, inoltre, testimonia che alla fi­ ne del III sec. a . C . si era già costituita la tradizione che legava il repertorio oracolare consultato dai viri sacris jaciundis alla mitica veggente. Tale collegamento, tuttavia, si realizzò nell'am­ bito gentilizio e non fu in grado di influenzare l'immagine com­ plessiva della divinazione a livello pubblico e ufficiale . Come prescritto dal carmen del Marcius vates e come con­ validato dal responsum dei libri, i ludi Apollinares furono alle­ stiti ricorrendo a fondi pubblici e ad offerte da parte dei priva1 06 Il fatto poi che il cognomen, pur non avendo subito alcun adatta­ mento di genere , venga attribuito ad un magistrato, senza perciò assu­ mere valore dispregiativo, potrebbe far pensare che i Romani percepisse­ ro il titolo Sibulla come un nome tendenzialmente promiscuo, attribuibi­ le tanto ad un uomo quanto ad una donna. 1 0 7 La più antica testimonianza relativa alla Sibylla ne collega la na­ scita a Poseidon, Eumelo T3 Bernabé, cfr. Tortorelli Ghidini 1 998; osser­ va a proposito Parke 1 988, 75: •Non era necessario inserire Apollo nella leggenda per giustificare la capacità profetica di Sibylla• . 1 08 Mommsen 1 860 , 5 1 8 n. 67. 1 09 Macr. ibid. ; Broughton 1 9682 , 27 1 n. l secondo noi a torto , ritie­ ne che Rufus non fosse il primo dei S(ib)ulla.

1 65

Sacra jacere

ti cittadini: leggendo il racconto di Livio , relativo alla celebra­ zione dei giochi in onore di Apollo, si ha l'impressione di assi­ stere quasi ad una replica 'allargata' dei lectisternia 1 10 • In tut­ ta la città, si banchettò nell'atrio di casa, lasciando la porta aperta e si celebrarono riti di ogni genere. Vi è, a riguardo , an­ che un richiamo interno nel testo di Livio : l'avverbio comiter che ricorre nella celebrazione tanto dei ludi quanto del rito espiatorio 1 1 1 • Esso esprime, come abbiamo detto , una modalità di esecuzione caratterizzata da uno •spirito di fraterna cordia­ lità• 1 1 2 , quale si realizza quando ci si trova tra amici e compa­ gni. Anche se, come è stato opportunamente sottolineato , la metafora del nemico-piaga consente di attribuire ai ludi Apolli­ nares celebrati nel 2 1 2 a . C . un valore catartico 1 1 3, la precisa­ zione di Livio , haec est origo ludorum Apollinarium, victoriae, non valetudinis ergo, indica chiaramente che è intervenuto un cambiamento di rilievo nella religio Apollinis. Il dio non ha in tutela la pace , che procede da Iuppiter, né esercita alcun pa­ trocinio sulla guerra 1 1 4, che resta prerogativa di Mars , nella

1 1 0 Liv. XXV 1 2 , 1 5 : populus coronatus spectavit, matronae supplica­ vere; volgo apertis ianuis in propatulo epulati sunt celeberque dies omni caerimoniarum genere fuit. 1 1 1 Liv. V, 1 3 , 7 : Tota urbe patentibus ianuis promiscuoque usu rerum omnium in propatulo posito, notos ignotosque passim advenas in hospitium ductos jerunt, et cum inimicis quoque benigne ac comiter sermones habi­ tos; iurgiis ac litibus temperatum; vinctis quoque dempta in eos dies vin­ cula; religioni deindefuisse quibus eam opem di tulissent vinciri; Liv. XXV 1 2 , 9- 1 0 : 'Hostes, Romani, si ex agro expellere voltis, vomicam quae gen­ tium venit longe, Apollini vovendos censeo ludos qui quotannis comiter Apollini fiant. per il valore semantico dell'avverbo, TU s.v. 1 12 Riprendo questa espressione da Gagé 1 955, 274: •dans un esprit de cordialité .fraternelle> . ,

,

1 13

Montanari 1 998, 1 55. Un episodio leggendario, avvenuto nel 2 1 1 a . C . , farebbe emergere una componente •guerriera• di Apollo : secondo Macrobio, Sat. I, 1 7 , 25, durante la celebrazione dei ludi in onore di Apollo, il popolo che assiste­ va fu chiamato a respingere un'improvvisa incursione nemica; allorché i 1 14

1 66

L'acquisizione di Apollo attraverso l libri (SibyUini)

sua componente tecnica, e di Ianus, nella sua componente ideologica 1 1 5, ma comincia ad assumere i tratti di una divinità che può assicurare la vittoria nella misura in cui si fa garante della salus publica populi RomanL A partire dal 208 a. C . , in perfetta coerenza con il quadro delineato , il rito piacolare dei ludi Apollinares si trasformò in una ricorrenza festiva celebra­ ta ogni anno il 1 5 luglio 1 16 ; la pace che il dio assicurava ten­ deva a diventare assoluta e metastorica.

6.

Non sine Apolline Sulla

Abbiamo visto come i carmina Marciana non presentino ca­ ratteri divergenti dalla prassi divinatoria ufficiale romana: il pri­ mo cannen, quello di contenuto predittivo, si dimostra tardivo e del tutto inefficace, e produce l'unico effetto di conferire autorità all'altro cannen di contenuto espiatorio, che prescrive la celebra­ zione di ludi in onore di Apollo. Eppure, è proprio a partire dal­ l'accoglimento dei carmina Marciana all'interno della silloge sibil-

Romani si accingevano a sferrare l'attacco, apparve nel cielo una nube di frecce, che si abbatté sui nemici, mettendoli in fuga; a quel punto , i Ro­ mani, allontanato il pericolo, tornarono ad assistere alle rappresentazio­ ni in onore del dio salvatore (ad spectacula dei sospitalis) ; Apollo é pre­ sentato come Arquitenens, Arciere , già nell'opera epica di Gneo Nevio, Bell. Poen. fr. 22 Mar. 1 1 5 Per la guerra come forma precipua del divenire, cfr. Sabbatucci 1 975, 1 1 8- 1 20 . 1 1 6 Liv. XXVII . 23, 5: Ludi Apollinares Q. Fulvio Ap. Claudio consulibus

a P. Cornelio Sulla praetore urbano primum facti erant; inde omnes dein­ ceps praetores urbani fecerant; sed in unum annum vovebant dieque in­ certa faciebant. eo anno pestilentia gravis incidit in urbem agrosque. quae tamen magis in longos morbos quam in permitiales evasit. eius pestilentiae causa et supplicatum per compita tota urbe est et P. Licinius Varus praetor urbanus legem ]erre ad populum iussus ut ii ludi in perpetuum in statam diem voverentur. ipse primus ita vovit. fecitque ante diem tertium nonas Quinctiles. is dies deinde sollemnis servatus. 1 67

Sacra jacer-e

lina che si assiste ad un processo di trasformazione in senso pro­ fetico dei libri stessi. La prima tappa si ha, come abbiamo detto, con l'emergere della personalità carismatica del praetor e Xvir sa­ cris faciundis, P. Cornelius Rufus, che a seguito del rinvenimen­ to dei carmina sarà insignito del cognomen Sibulla. Caduta la pre­ giudiziale nei confronti tanto della figura del vates (Marcius è in­ lustris e porta il nomen di una delle più antiche e nobili stirpi ple­ bee) quanto della mantis (l'esponente di una delle gentes patriciae maiores adotta e trasmette alla sua discendenza il cognomen/ti­ tolo di Sibulla) . si gettano la basi per una rilettura in senso pro­ fetico-carismatico dei libri stessi. Anche Apollo partecipa del pro­ cesso. Le sue competenze si trasferiscono sempre di più nell'am­ bito della salus e si ritirano sempre di più da quello della valetu­ do. Di fatto, dopo l'introduzione dei ludi ApoUinares, il dio non sembra più chiamato in causa in occasione delle pestilenze 1 1 7• Al contempo, si va consolidando il suo legame con la vittoria. Un al­ tro Cornelius Sulla, il dictator legibus scribundis et rei publicae constituendae, rivendicherà a suo esclusivo beneficio la protezio­ ne del dio: è noto che Sulla fosse solito portare con sé, nei gior­ ni di battaglia, una statuetta d'oro di Apollon, proveniente da Del­ fi; all'aiuto del dio, Sulla attribuiva tutte le sue vittorie, e al dio si rivolse anche in occasione dello scontro decisivo presso Porta Col­ lina, per ottenere sostegno e vittoria 1 1 8 • In precedenza, egli aveva volto a suo favore anche un presagio verificatosi durante il tra­ sferimento del tesoro del santuario delfico; all'amico Caphis, in­ caricato di sovrintendere alle operazioni, che gli aveva riferito di aver udito nel sacrario il suono della cetra del dio, obiettò che quello era un segno di gioia e non di sdegno e che indicava che il dio era lieto di consegnargli i suoi doni 1 1 9• Attraverso l'identifi1 17

Cfr. introduzione del culto di Iuppiter Salutaris nel III sec . d . C . v.

infra p. 1 99 . 1 18

Plut. Syll. XXIX. Plut. Syll. XII; il tesoro delfico in realtà doveva servire a finanziare la campagna militare. 1 19

1 68

L'acquisizione di Apollo attraverso i libri (SibyUini)

cazione simbolica con il dio Apollo, il più illustre e l'ultimo dei Sullae porta a compimento un processo avviatosi a partire dal suo antenato 'eponimo': se infatti L. Cornelius Rufus/Sibulla ave­ va manifestato la tendenza a identificarsi con la mitica veggente, il suo discendente si identificò senz'altro con il dio stesso Apollo, trasferendo su di sé e orientando in una direzione nuova le ca­ pacità salvifiche del dio. Con l'istituzione dei ludi Apollinares, in­ fatti, Apollo da Medicus, 'moderatore' nel senso della salute fisi­ ca (valetudo) aveva iniziato ad assumere i tratti del garante della salus public� attraverso il rapporto personale ed esclusivo che Sulla instaurò con il dio, il dictator tendeva a far coincidere la sa­ lus elargita da Apollo con la sua salus individuale. Allo stesso tempo, Sulla mutuò da Venus le qualità carismatiche che in ori­ gine erano destinate alla salvezza del populus Romanus: la dea fu allora chiamata a dispensare esclusivamente al condottiero la ve­ nia che prima era a vantaggio dell'intero corpo sociale (v. supra p. 27). Felix, in greco Epaphròditos, si autodefinì Sulla, collegan­ do l'origine del suo successo al favore assoluto della dea Venus­ Aphrodites 1 20 • Victoria e venia, nike e chillis : ciò le sue divinità protettrici, Apollo e Venus, assicuravano a Sulla 1 2 1 • Anche per Sulla, infine , è testimoniato un rapporto con i li­ bri Sibyllini. Nell'anno 83 a . C . , mentre Sulla era impegnato nel­ la guerra contro C. Marius, un violento incendio, complice an­ che la disattenzione di un addetto del tempio Capitolino, pro­ vocò la distruzione dell'originario repertorio oracolare 1 22 • L'e­ vento sarebbe stato preannunciato a Sulla da uno schiavo ispi­ rato da Enyò 1 23: in uno stato di possessione estatica, lo schia­ vo avrebbe predetto che il generale Romano avrebbe riportato 1 20 121

Plut. Syll. XXXIV. Gagé 1 955, 438 . 1 22 Plut. Syll. XXVII ; Obs. LVII : L. Scipione C. Norbano coss. [aUc 67 1 l 83 a . C . ] [ . . . ] Fraude aeditui Capitolium una nocte conjlagravit. 1 23 Per la figura divina di Eny6, dea invasante assimilata a Ma-Bello­ na, Dumézil 1 977, 34 1 .

1 69

Sacra facer-e

Fig. III- 3 : denarius con L. Cornelius Sulla su quadriga incoronato da Victoria

di lì a poco una completa vittoria sui nemici, ma se non fosse affrettato (a fare che?) il Campidoglio sarebbe andato in fiam­ me 1 24• Ciò che avvenne puntualmente il giorno successivo 1 25• L'episodio, riferito da Plutarco che afferma di averlo derivato dalle memorie scritte dal dictator 1 26 , pone in rapporto causale il comportamento di Sulla e l'incendio del tempio . Non possia­ mo affermare che Sulla abbia deliberatamente ritardato le sue azioni in modo da far avverare la profezia; di sicuro possiamo solo dire che Sulla si impegnò nella ricostruzione del tempio e morì con l'unico rimpianto di non aver potuto dedicare la nuo­ va sede cultuale di Iuppiter Optimus Maximus 1 27• Per quanto riguarda i libri Sibyllini, solo sette anni dopo la loro distruzio­ ne, quando ormai Sulla era morto , il senato provvide a nomi-

1 24

Syll. XXVII. ibid. 1 26 ibid. 127 N.H. VII, 44 ; Tac. Hist. III, 72: pulsis regibus Horatius Pulvil­ lus iterum consul dedicavit ea magnif�eentia quam immensae postea populi Romani opes ornarent potius quam augerent. isdem rursus vestigiis situm est, postquam interiecto quadringentorum quindecim annorum spatio L. Sci­ piane C. Norbano consulibus jlagraverat. curam victor Sulla suscepit, ne­ que tamen dedicavit: hoc solum felicitati eius negatum. 125

1 70

Plut. Plut. Plut. Plin.

L'acquisizione di Apollo attraverso i libri (SibyUini)

nare una commissione incaricata di ricostituire il corpus dei re­ sponsi oracolari (v. in.fra pp . 1 72- 1 73) . All'epoca sillana si fa infine risalire, in genere , anche l'ulti­ mo intervento di riforma della composizione del collegio sacris faciundis, che portò il numero dei viri da dieci a quindici 1 2 8• La data di questo provvedimento non è stata tramandata dalle fonti e non si rinviene nessuna menzione dei XVviri sacris fa­ ciundis, prima di Cicerone 1 2 9: appare comunque strano che il dictator abbia trascurato di ricostituire i libri Sibyllini e tutta­ via abbia riformato un collegio sacerdotale ormai privo dei suoi strumenti operativi. Sembra più plausibile che questo inter­ vento , che di fatto annullava quella pariteticità tra gli ordines che i plebei avevano conquistato con le lotte del V e del lV sec . a . C . , risalga ad un'epoca successiva e sia stato dettato da un'e­ sigenza di omogeneizzazione , dal momento che Sulla aveva in­ nalzato a quindici il numero dei pontifices e degli augures 1 30 •

7 . Apollo e la trasformazione in senso profetico dei libri

Sibyllini Dopo l'incendio del tempio Capitolino si provvide a ricosti­ tuire la raccolta dei libri Sibyllini andata distrutta in quell'acca1 28 Serv. ad Aen. VI , 73: LECTOSQUE SACRABO ALMA VIROS quia nisi patricii non frebant sciendum sane primo duos librorum fuisse custo­ des, inde decem, inde quimdecim usque ad tempora Sullana; postea crevit numerus, nam et sexagintajuerunt, sed remansit in his quindecimvirorum vocabulum per i sessanta sacerdoti, cfr. J. Lyd. de mens. IV, 47: gli altri componenti furono aggiunti extra numerum, cfr. Dio Cass. XLII , 20, 3 .

1 29 La data esatta d i questo ultimo provvedimento è ignota: s i può so­ lo indicare il terminus ante quem del 56 a.C. ricavabile dalla lettera di Ci­ cerone al proconsole C. Cornelius Lentulus in cui vi è la prima testimo­ nianza relativa ai quindecemviri sacris faciundis, Cic . ad fam. VIII, 4, l . 1 30 Liv. Per. LXXXIX ; bisogna inoltre ricordare che la Lex Cornelia de provinciis, dell'anno 82 a. C . , aveva privato i proconsules della facoltà di prendere gli auspicia.

171

Sacra facere

sione; nel 76 a. C . , una commissione di tre membri, P. Gambi­ nus, M. Otacililius e L. Valerius, venne incaricata di reperire i carmina delle varie profetesse, nei luoghi tradizionali del sibilli­ smo 1 3 1 • Le Sibyllae 1 32 , infatti, al contrario della Pythia, non ve­ nivano associate ad un santuario, ma si riteneva che avessero esercitato la loro arte divinatoria in diverse località, non neces­ sariamente sede di un culto oracolare 1 33• Da quanto affermano le fonti, la mantica sibillina avrebbe avuto dei caratteri specifi­ ci : innanzi tutto si trattava di una divinazione che si esprimeva in forma scritta e in prima persona, ma, al contrario dei re­ sponsi della Pythia, nei quali era il dio a parlare per bocca del­ la sacerdotessa, nel caso delle Sibyllae il pronome 'io' si riferiva alla veggente in persona che talvolta inseriva nei suoi chresmoi anche dei riferimenti personali; inoltre le predizioni delle Sibyl­ lae erano, per lo più , di genere 'catastrofico' e dunque non era­ no indirizzate a individui, ma a collettività. Questi elementi, se comparati con quanto le fonti riferiscono per l'omologo maschi­ le, i Bakides, inducono a ritenere che alla base delle predizioni sibilline vi fossero episodi di chiaroveggenza spontanea, ossia precognizioni non indotte , che dovevano essere fissate in forma scritta, in quanto prive di contestualizzazione cronologica 1 34• La necessità di registrare le predizioni, per utilizzarle a tempo de­ bito , favoriva il proliferare di copie di raccolte di oracoli di Sibyl­ lae e di Bakides, anche non autorizzate 135• I tre magistrati ro1 3 1 Lact. Div. Inst. I , 1 4 ; cfr. anche Dian. Hal. IV, 62, 6; per questa de­ legazione, cfr. Diels 1 890, 26-29; Broughton 1 9682 11 95. 1 32 Gli antichi conoscevano una pluralità di figure comprese sotto il nome di Sibyllae; Varrone, riprendendo una tradizione precedente, le rac­ colse in un canone di dieci profetesse , elencate secondo l'ordine cronolo­ gico, Varro Ant. rer. div. frg. 56a Cardauns. 1 33 Ciò favoriva la mobilità della profetessa, cfr, Paus. X, 1 2 ; Monaca 2005, 38 ss. 1 34 Ceccarini 200 l ; un esempio in epoca moderna può essere rappre­ sentato dalle centurie di Nostradamus. 1 35 Dian. Hal. ibid. attesta l'esistenza di copie detenute da privati. .•

1 72

L'acquisizione di Apollo attraverso i libri (SibyUini)

mani incaricati di rtcostruire il corpus dei libri Sibyllini esegui­ rono il delicato compito con estrema diligenza: alla fme del 76 a. C . , sulla base delle copie ufficiali delle raccolte di oracoli di Erythre e di altre città greche e italiote, e sulla base anche di testi in possesso di prtvati, fu rtcostruito un repertorto di circa mille versi che venne sottoposto all'esame del senato 1 36• Per passare al vaglio questa massa di matertale importato da aree diverse, si assunse come crtterto di autenticità - secondo Dio­ nisio - la composizione in acrostici, sul cui schema si proce­ dette anche ad emendare e ad integrare i testi oracolari 1 37• La 'nuova' raccolta venne collocata nel tempio di Iuppiter Optimus Maximus, insieme ai carmina Marciana, dopo la dedica del san­ tuario nel 69 a.C. 1 38• A seguito del rtfacimento del corpus dei libri Sibyllini si re­ gistra nelle fonti tanto una rtpresa di motivi predittivi, estranei alla raccolta ortginaria, quanto un allentarsi del vincolo della segretezza. Tra l'altro, la divulgazione di oracoli attrtbuiti alla Sibylla procedette parallelamente con il recupero della nozione di prodigio fausto 1 39, che era stata superata, giusta la nostra ipotesi, proprto in relazione alla funzione civica e attualistica espletata dai viri sacris faciundis. Il fatto che Cicerone si di­ chiari apertamente contrario a quest'uso superstizioso dei libri, può dare un'idea delle dimensioni del fenomeno 1 40 • Sappiamo 1 36 Lact. ibid. ; Tac . Ann. VI, 1 2 : quod a maioribus quoque decretum erat post exustum sociali bello Capitolium, quaesitis Samo, flio, Erythris, per Ajiicam etiam ac Siciliam et Italicas colonias carminibus Sibullae, una seu plures.fuere datoque sacerdotibus negotio quantum humana ope potuissent vera discernere. 1 37 1 38

Dion. Hai. N, 62 , 6. Dion. Hal. ibid. 1 39 Un esempio già in Livio XLII, 20, 1 -6. 1 4° Cic . de div. II, 54, 1 1 0: Quam ob rem Sibyllam quidem sepositam

et conditam habeamus, ut, id quod proditum est a maioribus, iniussu se­ natus ne legantur quidem libri valeantque ad deponendas potius quam ad suscipiendas religiones; cum antistitibus agamus, ut quidvis potius ex illis 1 73

Sacra jacere

che, in base ad una predizione tratta dai libri Sibyllini, divul­ gata nel 63 a.C . . durante i torbidi legati alla congiura di Cati­ lina, a Roma tre Cornelii sarebbero stati destinati ad essere re: il vaticinio, che sembrava potersi riferire a Cinna e a Sulla, ali­ mentava le vane aspettative di P. Cornelius Lentulus, un con­ giurato coinvolto nella vicenda dalle rivelazioni dei Galli 1 4 1 • Al­ l'epoca di Cesare, circolava un oracolo attribuito alla Sibylla, secondo cui i Parti potevano essere sconfitti solo da un eserci­ to guidato da un rex 1 42• Un altro oracolo , quasi sicuramente falso , riguardava Tolomeo Aulete 1 43• In questi casi, i responsi sibillini ricordati dalle fonti contengono delle autentiche predi­ zioni; non indicano - ma del resto non ve ne era bisogno , per­ ché non erano stati sollecitati da alcun prodigium - alcuna ce­ rimonia espiatoria; sono riferibili a singole personalità, e solo di riflesso mantengono un carattere civico . Si può affermare quindi che, a partire dal rifacimento della raccolta, all'interno della pratica divinatoria facente capo alla consultazione dei li­ bri Sibyllini, comincino ad emergere in misura considerevole elementi predittivi e carismatici. Con gli autori del periodo augusteo, si rafforzò, infme, il le­ game libri-Sibylla-Apollo che abbiamo visto testimoniato a livel­ lo gentilizio fin dalla fine del III sec. a.C. (v. supra p. 1 64) . Var-

libris quam regem proferant. quem Romae posthac nec di nec homines es­ se patientur. 1 4 1 Sali. Cat. XLVII , 2 : Cic. Cat. III , 5, 1 1 : Plut. Cic. XVII . 1 42 Cic. ibid. : Quid vero habet auctoritatis furor iste, quem divinum vo­ catis, ut, quae sapiens non videat, ea videat insanus, et is, qui humanos sensus amiserit, divinos adsecutus sit? Sibyllae versus observamus, quos Ula .furens .[udisse dicitur. Quorum interpres nuper falsa quadam hominum ' fama dicturus in senatu putabatur eum, quem re vera regem habebamus, appellandum quoque esse regem, si salvi esse vellemus. Hoc si est in li­ bris, in quem hominem et in quod tempus est? Callide enim, qui Ula com­ posuit, perjecit ut, quodcumque accidisset, praedictum videretur, hominum et temporum dejìnitione sublata; App . B. C. II, 1 1 0 , 460. 1 43 Dio Cass. XXXIX , 1 5; Parke 1 988, 25 1 .

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L'acquisizione di Apollo attraverso i libri (SibyUini)

rone, nelle Antiquitates rerum divinarum, opera completata nel 47 a.C. e dedicata a Cesare in occasione della sua nomina a pon­ tifex Maximus, aveva attribuito i libri venduti a Tarquinius alla Sibylla Cumana (v. supra pp. 1 04- 1 05) . Virgilio, nell'Eneide, av­ valorò ulteriormente questo rapporto, alterando profondamente il contesto tradizionale: è stato sottolineato, infatti, come l'im­ magine virgiliana della Sibylla sia strettamente dipendente dal modello delfico e presenti delle evidenti deformazioni, rispetto al­ lo stantard della divinazione sibillina (v. supra p. 1 72) 144• Innanzi tutto, Aeneas richiede (ed ottiene) un responso orale, mentre, co­ me abbiamo visto, gli oracoli delle Sibyllae erano espressi in for­ ma scritta 145; inoltre, l'eroe troiano formula un quesito, che ri­ guarda il suo destino individuale 146 , laddove le predizioni sibilli­ ne non erano, di norma, ad personam, ma si rivolgevano a col­ lettività più o meno ampie, e talvolta finivano per coinvolgere l'in­ tera umanità. La trasposizione del modello oracolare delfico nel contesto sibillino indicherebbe, da parte di Virgilio, l'obiettivo programmatico di consolidare l'immagine della Sibylla come di una sacerdotessa apollinea, contribuendo a legittimare il prov­ vedimento di traslazione dei libri dal tempio capitolino all' aedes ApoUinis sul Palatino, disposto da Augusto in quegli anni 147; qui i testi della Sibylla vennero custoditi insieme ai carmina Marcia­ na ed ai libri divinatori attribuiti alla ninfa Begoe. La 'riforma re­ ligiosa' promossa da Augusto , che dal dio aveva ottenuto aiuto e

1 44 1 45

Parke 1 988, 9 1 ss. Verg. Aen. VI , 74- 76. 1 46 Verg. Aen. VI, 65-68 . 1 47 Anche in questo caso , ignortamo la data esatta del provvedimento: il testo di Suetonio , che lo colloca dopo l'assunzione da parte di Augusto della cartca di pontifex Maximus, lo farebbe slittare al 1 2 a. C . , Suet. Aug. XXXI , mentre il fatto che Virgilio, Aen. VI, 72 ss. , e Tibullo, II, 5, collo­ chino i libri Sibyllini nel tempio di Apollo farebbe credere, come opportu­ namente richiamato da Gagé 1 955, 546 ss. , che il trasferimento sia sta­ to disposto prima del 19 a. C . , anno di morte di entrambi i poeti, e quin­ di verosimilmente tra il 2 1 ed il 1 9 a. C .

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Sacra facere

protezione nello scontro 'cosmico' che lo aveva visto contrappo­ sto ad Antonius-Dionysos, segna l'ultimo traguardo nella dina­ mica intema alla figura di Apollo. Il passaggio della tutela del re­ pertorio sibillino da Iuppiter Optimus Maximus ad Apollo, nel momento in cui indica un nuovo orientamento dei libri, modifi­ ca al tempo stesso anche la fisionomia del dio tutelare: mentre in precedenza il corpus dei fata ac remedia Romana era riposto in un'arca sotto il tempio di Iuppiter - il che starebbe ad indica­ re quasi la presenza di un pre-cosmico che è alla base del «co­ smico» - con il suo trasferimento nel tempio di Apollo, si accen­ tua la componente predittiva (avvalorata dalla compresenza dei carmina Marciana e dei libri della ninfa Begoe) e sembra manife­ starsi la tendenza a considerare i libri Sibyllini una delle artico­ lazioni del patrocinio oracolare, più che dell'attitudine salvifica del dio. Sta di fatto che, se si esclude il decretum dei XVviTi sa­ cris faciundis che prescrisse la celebrazione dei ludi Saeculares nel 1 7 a.C. 1 48 , le fonti non accreditano nessuna consultazione dei libri durante il principato di Augusto 1 49• L'immagine di Apollo che ci restituiscono le fonti di epoca augustea è quella di una grande divinità sincretica, la cui stra­ tegica importanza si sostanzia in una fisionomia composita, in cui i nuovi apporti finiscono quasi per offuscare i tratti origi­ nari del dio . Il carmen Saeculare, composto da Orazio per la celebrazione dei ludi Saeculares del 1 7 a . C . , offre un compen­ dio di quelle che erano ritenute le competenze e le prerogative del dio, nell'età augustea 1 50 • Anche a Roma, Apollo ha ormai as-

1 4 8 Res Gestae divi Augusti XXII : Pro conlegio XV virorum magister con­ legii collega M. Agrippa ludos saeclares C. Furnio C. Silano cos. feci; Zos . n . l , 4 - 6 ; CIL VI , 322-323; Val . Max. n . 4; Censor. d ie natal. , XVII ; Diels

1 890, 1 09 ss. ; Gagé 1 955, 623 ss. 1 49 Gagé 1 955, 554. 1 50 Per la celebrazione dei ludi Saeculares sotto Augusto, cfr. Schnegg­ Kohler 2002 , che ha curato anche un'edizione critica e un commento del

carmen saeculare.

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L'acquisizione di Apollo attraverso i libri (SibyUini)

Fig. III-4: Mfresco con Apollo (dalla casa di Augusto sul Palatino) .

sunto l'epiclesi di Phoebus ed appare assimilato al Sole 1 5 1 ; si presenta mitis placidusque, una volta che ha deposto il suo gia­ vellotto 152 ; imbraccia il suo arco scintillante ; porta l'epiclesi di Augur e siede insieme alle nove Camenae , assimilate alle Mu­ se ; possiede l'ars salutaris 153• Ma soprattutto è a lui e alla so­ rella Diana, che vengono indirizzate le preghiere , i vota, che il corteo di casti iuvenes e di lectae puellae esprime a nome del popolo Romano , per ordine dei libri Sibyllini 154• 151 Hor. Carm. Saec. 1 -4: Phoebe silvarnmque potens Diana, / lucidum caeli decus, o colendi/ semper et culti, date quae precamurl tempore sacro. 1 52 Hor. Carm. Saec. 33-34: condito mitis placidusque telo/supplices audi pueros, Apollo. 1 53 Hor. Carm Saec. 6 1 -64: Augur etjulgente decorus arcu/Phoebus ac­ ceptusque novem Camenis, / qui salutari levat artefessos/corporis artus, 154 Hor. Carm. Saec. 5-8: quo Sibyllini monuere versus/ virgines lectas puerosque castos/dis, quibus septem placuere colles, / dicere carmen.

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Sacra facere

Il dio Apollo, accolto a Roma in origine come divinità mo­ deratrice e catartica attraverso la mediazione dei libri nel 433 a. C . , ha visto gradatamente accrescersi le sue competenze re­ ligiose , fino a diventare, grazie alla tutela esercitata sulla cele­ brazione dei ludi Saeculares, il dio garante della prosperità del­ la civitas, in tutte le sue articolazioni. Ogni traguardo in que­ sto percorso, che si estende per oltre quattro secoli, è apparso segnato dalla presenza dei libri e degli intexventi dei viri sacris faciundis, che attraverso il sistema prodigium-consultazione e responsum-piaculum hanno sostanziato l'immagine teologica del dio Apollo in Roma, svolgendo in un ambito religioso demi­ tizzato una funzione analoga a quella che negli altri contesti è demandata al mito .

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CAPITOLO IV Prodigia e divinazione «sibillina)) in epoca imperiale e nel tardo antico

l. I libri Sibyllini in

epoca post-augustea

Il trasferimento dei libri Sibyllini nel tempio di Apollo , ope­ rato per volere di Augusto, segnò, a livello religioso, un auten­ tico punto di svolta. Sottratti al patrocinio giovio e confluiti nel­ la tutela apollinea, i libri tendevano ad omologarsi, divenendo uno degli strumenti attraverso cui si esplicavano le capacità salvifiche del dio 1 • Di fatto , la pax deorum poteva essere ga­ rantita da riti periodici, celebrati a cadenza fissa non determi­ nati dalle contigenze storiche, primi tra tutti i ludi Apollinares, che potevano configurarsi come una cerimonia espiatoria ge­ nerale, rendendo superfluo il ricorso ai libri 2 •

1 2

Cfr. Gagé 1 955, 539 . Una cerimonia che assunse sempre maggiore importanza fu la nun­ cupatio votorum a beneficio del princeps, Su et. Aug. XCVII, l : Mors quo­ que eius, de qua dehinc dicam, divinitasque post mortem evidentissimis ostentis praecognita est. Cum lustrum in campo Martio magna populi jre­ quentia conderet, aquila eum saepius circumvolavit transgressaque in vici­ nam aedem super nomen Agrippae ad primam litteram sedit; quo animad­ verso vota, quae in proximum lustrum suscipi mos est. collegam suum Ti­ berium nuncupare iussit; nam se, quamquam conscriptis paratisque iam ta­ bulis, negavit suscepturum quae non esset soluturus; per l'istituto della nuncupatio votorum, Bellocci 1 979; bisogna ricordare inoltre che i ludi Saeculares furono celebrati ex libris, ma facendo riferimento alla celebra­ zione di età augustea, Gagé 1 955, 677; le altre celebrazioni dei ludi Sae-

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Sacra facere

Bisogna inoltre considerare che, esauritasi la spinta espan­ sionistica, si attenuò anche l'esigenza di disporre di un 'filtro', di un medium, per integrare o per acquisire nuove figure divi­ ne , funzione che i libri avevano esplicato nella fase repubblica­ na della storia romana: per fare un esempio, nei confronti del­ le divinità delle popolazioni germaniche , che si trovavano ai confini dell'Impero, si operò piuttosto attraverso l' interpretano Romana, che , assimilando gli dei stranieri a quelli nazionali, ri­ conduceva a modelli tradizionali ogni novità in campo religio­ so 3• Non si assistette , comunque, in epoca imperiale, ad una delegittimazione dei libri Sibyllini, quanto piuttosto al drastico ridimensionamento della loro operatività. Le notazioni di prodigia publica diventano, nelle nostre fon­ ti, piuttosto rare, anche in conseguenza del fatto che venne me­ no l'uso di annotare gli eventi dell'anno sulla Tabula Ponti.ficis 4• Ancora più raro è il ricordo delle cerimonie espiatorie, in occa­ sione di prodigi; quando sono registrate, si riducono a cerimo­ nie di routine 5, senza apportare alcun elemento di innovazione

culares avvennero : nel 47 sotto Claudio, per commemorare gli ottocento anni dalla fondazione della città; nell'88, sotto Domiziano, a un interval­ lo di centocinque invece che di centodieci anni; nel 14 7, sotto Antonino Pio , per commemorare i novecento anni dalla fondazione della città; nel 204, sotto Settimio Severo, esattamente due saecula (duecentoventi an­ ni) dopo la celebrazione di Augusto; nel 248 , sotto Filippo l'Arabo, per commemorare i mille anni dalla fondazione della città. 3 Beard-North-Price 1 998. 4 Già Livio lamentava che nelle fonti, a partire dalla metà del Il sec. a. C . , venisse meno la menzione dei prodigia, Liv. XLIII, 13, 1 -2 : Non sum

nescius ab eadem neglegentia, quia nihil deos portendere vulgo nunc cre­ dant, neque nuntiari admodum ulla prodigia in publicum neque in annales referri. Ceterum et mihi vetustas res scribenti nescio qua pacto antiqus jìt animus, et quaedam religio tenet, quae illi prudentissimi viri publice susci­ pienda censuerint, ea pro dignis habere, quae in ,meos annales referam, Bloch 1 978, 1 2 1 . 5 Tac. Ann. XIII, 58, l : Eodem anno Ruminalem arborem in comitio, quae

octingentos et triginta ante annos Remi Romulique infantiam texerat, mortuis 1 80

Prodigia e divinazione •slbillina• in epoca imperiale e nel tardo antico

al panorama rttuale e cultuale consolidato dal mos maiorum Se il prtncipato di Caligola fu particolarmente tranquillo (e breve) , tanto che il princeps si lamentava che non succedesse nulla di rtlevante 6 , sotto Claudio si verificarono diversi prodigi, ma in nessun caso le fonti registrano il Ii corso ai libri 7• Sappiamo, al contrarto , da Tacito che l'imperatore Nerone ordinò almeno una lettura dei libri, in occasione dell'incendio del 64 8• A rtdurre le occasioni di rtcorso ai libri Sibyllini in epoca im­ pertale contrtbuirono , tuttavia, anche altrt fattoli. Innanzi tutto, il superamento della dimensione demitizzata, che aveva caratte­ rizzato la religione di Roma nell'età repubblicana, e la conse­ guente rtproposizione di una prospettiva mitico-metastortca aprtrono la strada al recupero della nozione di prodigium come di un signum inviato dagli dei, fornito talvolta anche di quel ca­ rattere predittivo che, giusta la nostra rtcostruzione, era stato Ii­ mosso con l'introduzione della pratica della consultazione dei li-

ramalibus et arescente tnmco deminutam prodigii loco habitwn est, donec in novos jetus revivisceret, per le espiazioni in età imperiale, Gagé 1 955, 677. 6 Suet. CaL XXXI : Queri etiam palam de condicione tempornm suornm solebat, quod nullis calamitatibus publicis insignirentur; Augusti principatum clade Variana, Tiberi ruina spectaculorum apud Fidenas memorabilem jac­ tum, suo oblivionem imminere prosperitate rerum; atque identidem exerci­ tuum caedes, fame m, pestilentiam, incendia, hiatum aliquem terrae optabat. 7 Cfr. Tac. Ann. XII . 43, 1 -4 : Multa eo anno prodigia evenere. insessum diris avibus Capitolium, crebris terrae motibus prorutae domus. ac dum la­ tius metuitur, trepidatione vulgi invalidus quisque obtriti; frugum quoque egestas et orta ex eo james in prodigium accipiebatur. nec occulti tantum questus. sed iura reddentem Claudium circumvasere clamoribus turbidis, pulsumque in extremam fori partem vi urgebant, donec militum globo infen­ sos perrupit. quindecim diernm alimenta urbi. non amplius supeifuisse con­ stitit. magnaque deum benignitate et modestia hiemis rebus extremis sub­ ventum at hercule olim Italia legionibus longinquas in provincias commea­ tus portabat. nec nunc infecunditate laboratur, sed Ajricam potius et Aegyp­ tum exercemus, navisbusque et casibus vita populi Romani permissa est. 8 Tac. Ann. XV, 44, 1 -2 ; come è noto . infine, Nerone accusò i Cristia­ ni di aver provocato l'incendio e li condannò, ibid. .

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Sacra facere

bri (v. supra pp . 94-96) . Il più celebre, e forse il più spregiudi­ cato, esempio in tal senso è dato dall'interpretazione del sidus

apparso in cielo all'indomani della morte di Giulio Cesare; come

è noto, Ottaviano sfruttò questa apparizione celeste per conva­ lidare l'idea che la stella crinita fosse la prova dell'avvenuta di­ vinizzazione del padre 9• Particolarmente interessante, a propo­ sito, è la testimonianza di Plinio, che dice di riferire le parole pronunciate da Ottaviano in una seduta del collegiwn creato da Giulio Cesare per celebrare i ludi in onore di Venus Genetrix: Proprio nei giomi in cui si celebravano i giochi organizzati da me, si vi­ de una stella cometa per sette giorni nella zona del cielo che volge a Nord: sorgeva verso l'undicesima ora del giomo ed è stata luminosissi­ ma e visibile da ogni parte della terra. Si sparse, a livello popolare, l'o­ pinione che questa stella significasse che l'anima di Cesare era stata accolta tra i nwnina degli dei immortali; perciò il simbolo della cometa fu aggiunto al busto di Cesare che consacrammo poco dopo nel Foro 1 0 •

Per accreditare questa interpretazione , tuttavia, si rese ne­ cessario operare un autentico ribaltamento semantico , dal momento che, secondo la tradizione , la comparsa di una co­ meta era comunemente interpretata come una manifestazione di segno negativo 1 1 • La nozione di prodigium si andò quindi av-

9

Plin. N.H. II, 93: Cometes in uno totius orbis loco colitur in templo Ro­ admodum Faustus Divo Augusto iudicatus ab ipso, qui incipiente eo apparuit ludis, quos faciebat Veneri Genetrici non multo post obitum patris Caesaris in collegio ab eo instituto. 10 Plin. N.H. II, 94: •lpsis ludorum meorum diebus sidus crinitum per septem dies in regione caeli sub septemtrionibus est conspectum. id orie­ batur circa undecimam horam diei clarumque et omnibus e terris conspi­ cuum .fuit. eo sidere signijicari vulgus credidit Caesaris animam inter dea­ rum inmortalium numina receptam. quo nomine id insigne simulacro capi­ tis eius, quod mox in foro consecravimus, adiectum est. • ; Gagé 1 955, 59 1 592 ; Zanker 20062, 37-42; Ramsey Lewis Licht 1 997. 11 Questo valore negativo si mantenne anche in epoca successiva, cfr. in.fra pp. 1 83- 1 84 l'apparizione di una cometa sotto il principato di Nerone. mae,

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Prodigia e divinazione •slbillina• in epoca imperiale e nel tardo antico

vicinando progressivamente alla sfera semantica di praesa­ gium-portentum, ossia di quel genere di 'segnale' veicolo di un messaggio : gradatamente finì per azzerarsi la distanza tra praesagium e prodigium, distinguibili ormai solo per il grado di intensità del significante 12 • Esauritasi la fase demitizzata della religione romana, i signa carichi di significato che reca­ vano in sé un'indicazione riguardante il futuro, apparirono ideologicamente più forti e socialmente più utili. Parallela­ mente a questo slittamento semantico e ideologico della no­ zione di prodigium, si assistette alla riabilitazione della figura del vates 1 3 e all'incremento del prestigio degli haruspices. I lo­ ro interventi furono sempre più richiesti e , a partire dal 4 7. essi furono organizzati in uno dei quattro amplissima colle­ gia 1 4 • Tale orientamento si riflette anche negli autori dell'epo­ ca. Nell'opera di Tacito , il sistema prodigium-piaculum sembra avere una scarsa incidenza a tutto vantaggio del praesagium­ predizione . Ne abbiamo un esempio nella narrazione degli av­ venimenti del 64 : verso la fine dell'anno , furono annunciati molti prodigi, tra cui una cometa «che - Tacito commenta - di solito Nerone espiava con sangue illustre>> 1 5 , alludendo alle

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Bloch 1 978, l l 9. Sul vates in età augustea, Dahlmann 1 948; Lutz 1 973. 1 4 Tac . Ann. XI , 1 5 , 1 -5: Rettulit deinde ad senatwn super collegio ha­

ruspicum, ne vetustissima Italiae disciplina per desidiam exolesceret: sae­ pe adversis rei publicae temporibus accitos, quorum monitu redintegratas caerimonias et in posterum rectius habitas; primoresque Etruriae spante aut patrum Romanorum impulsu retinuisse scientiam et in familias propa­ gasse: quod nunc segnius fieri publica circa bonas artes socordia, et quia externae superstitiones valescant. et laeta quidem in praesens omnia, sed benignitati deum gratiam rejerendam, ne ritus sacrorum inter ambigua cul­ ti per prospera oblitterarentur. jactum ex eo senatus consultum, viderent pontijìces quae retinenda jìrmandaque haruspicum; per l'organizzazione degli haruspices sotto Claudio , Heurgon 1 953. 1 5 Tac. Ann. XV, 47, 1 -3 : Fine anni vulgantur prodigia imminentium malorum nuntia: vis fulgurum non alias crebrior; et sidus cometes, sangui­ ne inlustri semper [Neroni] expiatum; bicipites hominum aliorumve anima-

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Sacra jacere

tragiche vicende del 62 1 6• Inoltre , nella campagna di Piacenza nacque un vitello che aveva la testa in una delle zampe : gli aruspici predissero che si preparava un nuovo capo , ma che non sarebbe stato né forte né occulto , perché era stato re­ presso nell'utero ed era stato partorito vicino alla strada 1 7 • Dei prodigia annunciati , Tacito non riporta la cerimonia piacolare (salvo che nell'ironica allusione che riguarda la repressione della congiura di Pisone 1 8) , mentre riferisce il significato del monstrum che lasciava presagire un cambio al vertice del prin­ cipato . Inoltre , Tacito apporta una significativa variazione ri­ spetto allo schema della narrazione liviana. In Livio , infatti , i prodigia venivano riferiti all'inizio di ciascun anno ; seguivano le cerimonie espiatorie e solo quando queste erano state com­ pletate , i magistrati potevano entrare in carica e i proconsoli, eventualmente , partire per le province loro assegnate . In Ta­ cito al contrario , gli eventi prodigiosi , spesso a carattere mo­ struoso , sono ricordati dall'autore alla fine dell'anno e più che indicare la rottura della pax deorum, sono considerati ccan­ nunci di mali imminenti» 19•

lium partus abiecti i n publicum aut i n sacrifiCiis, quibus gravidas hostias immolare mos est, reperti. 16 Tac . Ann. XIV, 2 2 , l -2 : Inter quae sidus cometes e.ffu l sit, de quo vulgi opinio est, tamquam mutationem regis portendat. igitur. quasi iam depulso Nerone, quisnam deligeretur anquirebant. et omnium ore Rubel­ lius Plautus celebrabatur; cui nobilitas per matrem ex Iulia jamilia; Ru­ bellius Plautus venne mandato in Asia e qui fu ucciso, Tac . Ann. XIV, 22, 5-6. 17 Tac. Ann. XV 47, 3 : et in agro Placentino viam propter natus vitu­ ,

lus, cui caput in crure esset: secutaque haruspicum interpretatio, parari re­ rum humanarum aliud caput, sed non ]ore validum neque occultum, quin in utero repressum aut iter iuxta editum sit. 18

Per la congiura di Pisone, cfr. Liebeschuetz 1 979, 1 58- 1 59 . Tac. Ann. XV 47, l : Fine anni vulgantur prodigia imminentium ma­ lorum nuntia; per questa interpretazione della posizione e del ruolo del prodigium nell'opera di Tacito, si rimanda a Altheim 1 996, 1 1 0- 1 1 1 . 19

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,

Prodigia e divinazione •sibillina• in epoca impeiiale e nel tardo antico

È stato sottolineato come Tacito non fosse né uno scettico, né un iperrazionalista; lo storico, membro del collegio dei viri sacrisfaciundis sotto Domiziano, si mostra rispettoso della tra­ dizione , avendo cura, comunque, di tenere ben distinte religio e superstitio 20 • Perciò l'autore esprime parole di ferma condan­ na Q.ei confronti degli Ebrei, gens superstitioni obnoxia, religio­ nibus adversa, che ritenevano contrario alla legge divina (ne­ fas) espiare i prodigia con l'offerta di vittime e con la pronun­ cia di voti 2 1 • Allo stesso modo , Tacito stigmatizza l'atteggia­ mento superstizioso che spingeva la gente a ritenere prodigio­ si eventi di ordine naturale, come la siccità 22 • A tale proposito , Suetonio riferisce che Tiberio si rifiutò di ordinare la consulta­ zione dei libri in occasione di un'inondazione del Tevere, dan­ do al contrario ad Ateius Capito e a L. Arruntius l'incarico di provvedere con interventi a carattere tecnico 23• Si commette20 21

Tac. Ann. XI. 1 1 , 3; Grimal 1 989, 1 73 ; Syme 1 958, 774. Tac. Hist. V, 1 3 , 1 -7 : Evenerant prodigia, quae neque hostiis neque

votis piare fas habet gens superstitioni obnoxia, religionibus adversa. Vi­ sae per caelum concurrere acies, rutilantia arma et subito nubium igne con­ lucere templum Apertae repente delubrifores et audita maior humana vox excedere deos; simul ingens motus excedentium. Quae pauci in metum trahebant: pluribus persuasio inerat antiquis sacerdotum litteris contineri eo ipso tempore fore ut valesceret Oriens projectique ludaea rerum potiren­ tur. Quae ambages Vespasianum ac Titum praedixerat, sed vulgus more humanae cupidinis sibi tantam jatorum magnitudinem interpretati ne ad­ versis quidem ad vera mutabantur. Multitudinem obsessorum omnis aeta­ tis, virile ac muliebre secus, sexcenta milia fuisse accepimus: arma cunc­ tis, qui jerre possent, et plures quam pro numero audebant. Obstinatio vi­ ris feminisque pcir; ac si transjerre sedis cogerentur; maior vitae metus quam martis; Davies 2004, 1 56. 22 Cfr. Tac . Hist. IV, 26, 2 : apud imperitos prodigii loco accipiebatur ipsa aquarum penuria, tamquam nos amnes quoque et vetera imperii mu­ nimenta desererent: quod in pace fors seu natura, tunc jatum et ira dei vo­ cabatur, Davies 2004, 1 57 . 23 Tac. Ann. I , 7 6 , 1 -3 : Eodem anno continuis imbribus auctus Tiberis plana urbis stagnaverat; relabentem secuta est aedijìciorum et hominum strages. igitur censuit Asinius Gallus ut libri Sibyllini adirentur. Renuit Ti-

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rebbe, tuttavia, un errore prospettico , se si ritenesse che a pre­ valere , in questo periodo, fosse una sorta di spirito illuministi­ co: lo stesso Tiberio , a quanto riferisce Suetonio , era atterrito dai tuoni, per cui, quando il tempo era incerto , andava sempre con il capo coperto di alloro, perché riteneva che questa pian­ ta avesse il potere di respingere i fulmini 24• L'ossequio nei confronti delle forme tradizionali della reli­ gione romana non riesce tuttavia a nascondere il profondo pessimismo di Tacito , che a tratti emerge nella sua opera e che lo porta a dubitare della providentia deorum 2 5: i molti prodigi annunciati dopo l'uccisione di Agrippina furono a suo giudizio inrita, cioè inutili , vani , e il fatto che Nerone continuò ad eser­ citare il potere e a perpetrare delitti dimostrò che quei prodigi si erano verificati sine cura deum, senza intervento degli dei 26 • Nel proemio delle Historiae (opera composta prima degli Anna­ les) . lo storico , commentando gli avvenimenti che seguirono al­ la caduta di Nerone , aveva espresso una riflessione ancora più pessimista: Oltre ai molteplici casi delle vicende umane . i prodigi in cielo e sulla terra e gli avvertimenti dati dai fulmini e i segni premonitori del fu­ turo lasciavano presagire avvenimenti lieti o tristi, di significato am­ biguo o manifesto ; e, infatti , mai con più atroci stragi del popolo ro-

berius, perinde divina humanaque obtegens; sed remedium coercendi jlu­ minis Ateio Capitoni et L. Arruntio mandatum 24 Su et. Tib. LXIX, l : Circa deos ac religiones neglegentior, quippe ad­ dictus mathematicae plenusque persuasionis cuncta jato agi, tonitrua ta­ men praeter modum expavescebat et turbatiore caelo numquam non coro­ nam lauream capite gestavit, quodfulmine a.fflari negetur id genus jrondis. 25 Per la providentia deorum, Martin 1 982 b. 2 6 Tac. Ann. XIV, 1 2 , 4-6: prodigia quoque crebra et inrita intercesse­ re: anguem enixa mulier, et alia in concubitu mariti fulmine exanimata; iam sol repente obscuratus et tactae de caelo quattuordecim urbis regiones. quae adeo sine cura deum eveniebant, ut multos postea annos Nero impe­ rium et scelera continuaverit. 1 86

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mano e con più chiari indizi fu provato che agli dei non stava a cuo­ re la nostra sicurezza, ma la loro vendetta 27 •

I signa inviati dagli dei non sembrano in questa prospetti­ va emendabili attraverso lo strumento rituale del piaculum: gli dei non pretendono più riparazione, ma vendetta. Del resto , quanto più arretra l'idea che esista una providentia deorum tanto più si afferma la concezione che siano gli astri o la sor­ te a dominare le vicende umane . Le fonti dell'epoca testimo­ niano un interesse diffuso per l'astrologia che coinvolgeva gli umili e i potenti: lo stesso Tacito mostra una certa ammirazio­ ne per l'astrologo di corte di Tiberio , Thrasyllus, e per le sue predizioni 2 8• E anche nei confronti della forma più · aberrante di divinazione , il sortilegium, cadde quella pregiudiziale che esi­ steva in età repubblicana: sappiamo da Suetonio che Tiberio

27 Tac. Hist. I, 3, 4: Praeter multiplicis rerum humanarum casus caelo terraque prodigia etjulminum monitus etjuturorum praesagia, laeta tristia, ambigua manifesta; nec enim wnquam atrocioribus populi Romani cladibus magisve iustis indiciis adprobatum est non esse curae deis securitatem no­ stram, esse ultionem Davies 2004, 1 57 . 28 Tac . Ann. VI, 20-2 1 ; digressione sul fato VI, 2 1 : Sed mihi haec ac

talia audienti in incerto iudicium estjatone res mortalium et necessitate im­ mutabili an forte volvantur. quippe sapientissimos veterum quique sectam eorum aemulatur diversos reperies, ac multis insitam opinionem non initia nostri, nonfinem, non denique homines dis curae; ideo creberrime tristia in bonos, laeta apud deteriores esse. contra alii jatum quidem congruere re­ bus putant, sed non e vagis stellis, verum apud principia et nexus natura­ lium causarum; ac tamen electionem vitae nobis relinquunt. quam ubi ele­ geris, certum imminentium ordinem neque mala vel bona quae vulgus pu­ tet: multos qui conjlictari adversis videantur beatos, at plerosque quam­ quam magnas per opes miserrimos, si illi gravem jortunam constanter to­ lerent. hi prospera inconsulte utantur. ceterum plurimis mortalium non exi­ mitur quin primo cuiusque ortu ventura destinentur, sed quaedam secus quam dieta sin t cadere fallaciis ignara dicentium: ita corrumpi fidem artis cuius clara documenta et antiqua aetas et nostra tulerit. quippe a filio eiu­ sdem Thrasulli praedictum Neronis imperium in tempore memorabitur, ne nunc incepto longius abierim

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interrogò le sortes dell'oracolo di Ge:ryon nei pressi di Padova 29 e che Domiziano era solito ogni anno consultare il santuario oracolare di Fortuna a Praeneste, dal quale aveva ricevuto sempre responsi estremamente favorevoli, tranne che nell'an­ no della sua morte 30 •

2 . Salus principis e pax deorum Scorrendo le narrazioni relative all'età imperiale, si ha l'im­ pressione che l'interesse nei confronti degli eventi prodigiosi, se non riferiti alla persona del princeps. si avvii a decadere nel corso dei primi due secoli dopo Cristo, anche in considerazio­ ne del fatto che la salus richiesta agli dei tendeva a spostarsi dalla dimensione collettivo-comunitaria (salus rei publicae) a quella individuale , coincidendo con la salus del princeps. o tutt'al più dinastica. salus Augusta (cfr. le celebrazioni per la guarigione di Livia. madre di Tiberio) . Allo stesso modo , il concetto di pax deorum quasi scompa­ re negli autori di età imperiale , soppiantato dalla Pax Augusta, ossia della pax mantenuta e elargita dal princeps. In tale con­ testo , le fonti hanno maggior cura di registrare i prodigia che alla nascita del princeps indicano il destino glorioso che lo at­ tende o che fanno presagire la sua imminente scomparsa. L'o­ pera di Suetonio offre diversi esempi di questo nuovo orienta­ mento . Ogni Cesare ha la propria esistenza segnata da una o più predizioni di imperium ogni passaggio di potere appare

29 Su et. Tib. XIV. 3 : et mox, cum fllyricum petens iuxta Patavium adis­ set Geryonis oraculum. sorte tracta, qua monebatur ut de consultationibus in Aponi fontem talos aureos iaceret. evenit ut summum numerum iacti ab eo ostenderent; hodieque sub aqua visuntur hi tali. 30 Suet. Domit. XV, 5: Praenestina Fortuna, toto imperii spatio annum novum commendanti laetam eandemque semper sortem dare assueta, ex­ tremo tristissimam reddidit nec sine sanguinis mentione.

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Figura IV - l : Livia rappresentata come Salus

preannunciato da una serie di presagi di significato inequivo­ cabile . I grandi fasti che erano destinati a Tiberio sarebbero stati annunciati da una serie di presagi: durante la gestazione , la madre Livia, per avere in anticipo notizie sul sesso del na­ scituro , avrebbe covato un uovo dal quale sarebbe nato un pul­ cino con un'enorme cresta; quando Tiberio era ancora neona­ to , un mathematicus gli avrebbe predetto che avrebbe regnato , senza avere le insegne dei re ; mentre trasferiva le truppe in Si­ ria attraverso la Macedonia, si disse che sugli altari consacra­ ti a Philippi si era acceso spontaneamente il fuoco; pochi gior­ ni prima che fosse richiamato da Rodi a Roma per assumervi il potere , un'aquila, uccello mai visto prima in quell'isola, si po­ sò sul tetto della sua casa; e il giorno prima del suo ritorno, mentre si cambiava gli sembrò che la sua tunica prendesse fuoco 3 1 • Il prodigium viene quindi utilizzato per giustificare la

3 1 Suet. Tib. XIV, 4-5: Rediit octavo post secessum anno, magna nec incerta spe juturorum, quam et ostentis et praedictionibus ab initio aeta-

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posizione sovraordinata di un civis e per legittimare a livello re­ ligioso il suo potere . Questo tipo di signa, allusivi dell' imperium destinato a colui che li riceveva, vengono diligentemente anno­ tati e riferiti dalle fonti, in ragione proprio del loro carattere fa­ tale. Si tratta di un processo fortemente influenzato da model­ li greci dove , a partire da Alessandro , il prodigio cd . carismati­ co conobbe una larga diffusione applicandosi anche a molte fi­ gure di sovrani ellenistici. In ambito romano , se si escludono gli esempi proiettati in età monarchica (v. supra p. 57) . l'ar­ chetipo , più che in Augusto 32 , sembra rinvenibile in L. Corne­ lius Sulla: secondo Plutarco , mentre Sulla si trovava a Laver­ na, durante la guerra sociale, si apri nel suolo una profonda fenditura da cui scaturi una fiamma altissima e brillantissima che si alzò fino al cielo; gli indovini predissero che un uomo di bellissimo aspetto e dai capelli biondi avrebbe assunto la gui­ da della città e l'avrebbe liberata dai mali che la affliggevano 33•

tis conceperat. Praegnans eo Livia cum an marem editura esset. variis captaret ominibus, ovum incubanti gallinae subductum nunc sua nunc mi­ nistrarum manu per vices usque fovit, quoad pullus insigniter cristatus ex­ clusus est. Ac de infante Scribonius mathematicus praeclara spopondit, etiam regnaturum quandoque, sed sine regio insigni, ignota scilicet tunc adhuc Caesarum potestate. Et ingresso primam expeditionem ac per Ma­ cedoniam ducente exercitum in Syriam, accidit ut apud Philippos sacratae olim victricium legionum arae spante subitis conlucerent ignibus [. . . ] Ante paucos vero quam revocaretur dies aquila numquam antea Rhodi con­ specta in culmine domus eius assedit; et pridie quam de reditu certior fte­ ret. vestimenta mutanti tunica ardere visa est. Thrasyllum quoque mathe­ maticum. quem ut sapientiae professorem contubernio admoverat. tum maxime expertus est affirmantem nave provisa gaudium afferri; cum qui­ dem illum durius et contra praedicta cadentibus rebus utfalsum et secre­ torum temere conscium, eo ipso momento, dum spatiatur una, praecipita­ re in mare destinasset. 32 Suet. Aug. XCIV e XCVII ; anche per P. Cornelius Scipio veniva ri­ ferita una nascita straordinaria, Liv. XXVI. 1 9 ; per il prodigio carismati­ co, cfr. Bloch 1 976, 1 1 9- 1 2 1 ; Mastrocinque 2003 . 33 Plut. SylL VI . 1 1 - 1 3 .

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Quell'uomo non poteva essere che Sulla, cui i folti capelli bion­ dissimi conferivano una bellezza davvero singolare . Anche la morte del princeps appare preannunciata da di­ versi segni: nel caso di Tiberio, la notte del suo comple anno gli apparve in sogno Apollon Temenites , la cui statua era stata portata da Siracusa perché fosse collocata nella nuova biblio­ teca che stava facendo costruire e gli disse che non avrebbe po­ tuto dedicarla; pochi giorni prima della sua morte , crollò la tor­ re del faro di Capri, colpita da un terremoto e a Miseno , i car­ boni e la cenere ormai spenti si riaccesero spontaneamente e continuarono a bruciare per tutta la notte 34 • Di nuovo , il modello di questo genere di narrazione si può rinvenire nella vita (e nella morte) di L. Cornelius Sulla: al dic­ tator, pochi giorni prima di morire , apparve in sogno il figlio de­ funto, in abiti dimessi, che lo pregò di accompagnarlo dalla madre Metella, scomparsa poco dopo di lui, ponendo così fine alla sua ansietà 35•

3. Nuovi orizzonti monoteisti della divinazione sibillina Se, come abbiamo visto , nella storiografia dei primi secoli dell'Impero il sistema prodigium-piaculum ha, nel complesso , una presenza marginale, e sembra rinviare ad un sistema di divinazione in fase di declino , a livello popolare , al contrario ,

34 Suet. Tib. LXXIV, 1 -3 : Supremo natali suo Apollinem Temenitem et amplitudinis et artis eximiae, advectum Syracusis ut in bibliotheca templi novi poneretw; vid.erat per quietem affirmantem sibi non posse se ab ipso dedicari. Et ante paucos quam obiret dies, turris Phari terrae motu Capreis concid.it. Ac Miseni cinis e favilla et carbonibus ad caljìciendum triclinium inlatis, extinctus iam et diu frigid.us, exarsit repente prima vespera atque in multam noctem pertinaciter luxit; v. anche Suet. CaL LVII . 3 5 Plut. Syll. XXXVI I, 3; Plutarco afferma d i avere derivato l a notizia

dalle memorie autografe che L. Cornelius Sulla terminò di comporre due giorni prima della sua morte, Plut. SylL XXXVI I , l .

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circolavano, sotto il prestigioso nome della Sibylla, moltissimi testi vaticinatori. Augusto , divenuto pontifex Maxi.mus nel 1 2 a.C . , ne ordinò la consegna e ne fece distruggere oltre duemi­ la 36 ; dispose inoltre che i libri Sibyllini, seriamente danneggia­ ti, venissero ricopiati dai sacerdoti sacris jaciundis, vincolati, come tradizione , all'obbligo della segretezza 37• Anche Tiberio si vide costretto ad intervenire per porre un argine al proliferare dei libri fatidici, a seguito della proposta presentata dal tribu­ na della plebe Quintilianus di accogliere , nella raccolta di testi oracolari e profetici custoditi nel tempio di Apollo , un libro at­ tribuito alla Sibylla; la proposta fu appoggiata dal XVvir Cani­ nius Gallus che chiese al senato di pronunciarsi al riguardo 38 • Tiberio informato dell'esito favorevole della votazione stigma­ tizzò l'inesperienza del giovane tribuno che lo aveva indotto a trascurare la tradizione consolidata, l' antiquus mos 39• Accenti ben più aspri vennero rivolti a Caninius Gallus, il quale , ben­ ché esperto di scienza sacerdotale e di procedure rituali (caeri­ moniae) . aveva accettato che la questione fosse votata in una seduta alla presenza di pochi senatori , senza che fosse stata accertata l'identità dell'autore dei vaticini, senza un parere da parte del collegio sacris faciundis e senza che il testo fosse sta­ to esaminato dai magistri dei XVviri 40 • Pertanto Tiberio decretò

36 Suet. Aug. XXXI , l : Postquam vero pontif�eatum maximum, quem numquam vivo Lepido auferre sustinuerat. mortuo demum suscepit, quid­ quid fatidicorum librorum Graeci Latinique generis nullis vel parum idoneis auctoribus vulgo jerebatur; supra duo milia contracta undique cremavit ac solos retinuit Sibyllinos, hos quoque dilectu habito.

37 Dio Cass . LIV, 1 7 : Gagé 1 955, 547-548 . 38 Tac. Ann. VI, 1 2 , l : Relatum inde ad patres a Quintiliano tribuna ple­

bei de libro Sibullae, quem Caninius Gallus quindecimvirum recipi inter ce­ teros eiusdem vatis et ea de re senatus consultum postulaverat. 39 Tac . Ann. VI. 1 2 . 2: Quo per discessionem jacto misit litteras Cae­ sar; modice tribunum increpans ignarum antiqui moris ab iuventam 40 Tac . Ann. VI . 1 2 , 3 : Gallo exprobrabat quod scientiae caerimonia­ rumque vetus incerto auctore ante sententiam collegii, non. ut adsolet,

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che il libro in questione fosse rinviato all'esame del collegio quindecemvirale 4 1 • In tal modo , il princeps collocava la sua azione nel solco della tradizione : così aveva operato il senato , in merito al caso dei carmina Marciana; così aveva disposto il senato quando era stato necessario ricostituire la raccolta an­ data distrutta nell'incendio dell'83 a . C . ; così aveva ordinato Augusto . L'episodio del 32 d . C . offre perciò la prova che il mos maiornm non aveva perso il suo potere di orientare nel mo­ mento in cui si dovevano assumere decisioni di interesse pub­ blico, in materia di divinazione , e che le procedure tradiziona­ li , consolidatesi nel corso dei secoli, continuavano ad essere applicate con lo stesso scrupolo di un tempo. Nello stesso periodo, su tutt'altro versante , la redazione de­ gli Oracula Sibyllina offre un'ulteriore testimonianza della vita­ lità del fenomeno . Il nucleo più antico del corpus, identificato nei versi del III libro che si riferiscono al regno dei Tolomei, risale al II secolo a . C . 42 ; la raccolta, ampliatasi attraverso gli apporti suc­ cessivi di diversi estensori, fu redatta nella forma attuale da un anonimo a Bisanzio nel VI sec . d . C . 43• Si tratta di un tipo di let­ teratura «popolare)), sulla cui diffusione esiste una serie di te­ stimonianze convergenti: una delle più circostanziate era conte­ nuta nell'opera di Celso , un convinto avversario della religione

lecto per magistros aestimatoque carmine, apud infrequentem senatum egisset. 41 Tac. Ann. VI, 1 2 , 6: Igitur tunc quoque notioni quindecimvirum is li­ ber subicitur, Gagé 1 955, 279. 42 Circa la maggiore antichità relativa di questi versi, esiste un accordo pressoché unanime tra gli studiosi, cfr. Geffcken 1 9792; Parke 1 992, 1 2 ; Collins 1 992, 374. 43 Degli Oracula Sibyllina rimangono dodici libri, da I a VIII e da XI a XIV; i primi otto libri, i più antichi. hanno come argomento la storia uni­ versale, a partire dalla creazione fino alla fine dei tempi; gli ultimi quat­ tro contengono temi di carattere storico, fatta eccezione per la profezia escatologica del libro XV, 35 1 -36 1 ; le principali edizioni critiche sono sta­ te curate da Rzach 1 89 1 e Geffcken 1 9792 (ed . or. Leipzig 1 902) .

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cristiana e dei suoi sostenitori, che erano accusati di aver ma­ nipolato ed interpolato, con affermazioni blasfeme, i versi origi­ nari della veggente 44 • In realtà, la commistione di fedi e tradi­ zioni, la profonda e complessa «polifonia culturale» 45, determi­ nata dalla confluenza nel testo, in tempi diversi, di almeno tre tradizioni, classico-pagana, giudaico-ellenisica, cristiana, costi­ tuisce proprio il tratto più caratteristico di questa produzione. Al di là delle diverse mani, è, tuttavia, possibile rilevare, all'in­ terno del corpus, la presenza di una serie di costanti a livello te­ matico: l'idea della storia dell'umanità come un succedersi di ci­ cli di generazioni 46 e il vagheggiamento del ritorno dell'umanità ad una condizione edenica nei ��paradisi» della Sibilla 47; la pole­ mica anti-idolatra e l'esaltazione del monoteismo 48; la polemica anti-romana e l'attesa del ritorno di un novellus Nero 49• Anche se, come sottolinea Parke, è «impossibile provare una qualche diretta derivazione apprezzabile degli Oracula Sibyllina dai pro­ totipi pagani» 50 , si può tuttavia cogliere la ripresa di alcuni mo­ duli stilistici e di alcuni argomenti desunti da antecedenti di Età classica. L'adozione dell'esametro 5 1 , la presenza di versi dalla

44 Come è noto, il testo di Celso è andato perduto, ma possiamo farce­ ne un'idea attraverso la confutazione condotta da Origene nel contra Celswn. 45 Derivo questa espressione da Casadio 1 998, 424. 46 Sib. Or. I. 1 -323; Sib. Or. III , 1 05- 1 6 1 : IV, 1 - 1 92 : Xl , 1 9-3 1 4 ; per il tema, cfr. Parke 1 988, 22-27; Nieto-lbanez 1 992b . 47 Sib. Or. I , 283-307: Sib. Or. VIII, 1 99 ss. , et alia; i passi degli Ora­ cula Sibyllina dove ricorre questo tema sono stati raccolti e analizzati da Casadio 1 998, che ha messo in rilievo tre diverse prospettive attinenti al­ le tre diverse visioni del destino dell'uomo (greca, giudaico-ellenisica, cri­ stiana) confluite negli Oracula Sibyllina. 48 Sib. Or. III, 275-285: 60 1 -605: 762-766: V, 75-85; 353-356: VIII, 359-428. 49 Sib. Or. IV, 1 38- 1 39 ; V, 1 62- 1 78. 50 Parke 1 988, 1 5 . 5 1 L'esametro era la forma classica in cui si esprimevano i chresmoi della Sibylla in Grecia; per la sua riproposizione negli Oracula Sibyllina, cfr. Nieto-Ibanez 1 992 a.

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coloritura epica incastonati nel tessuto e nel testo profetico 52 ; la riproposizione di miti greci 53, sono tutti indizi della volontà, da parte degli anonimi estensori, di riagganciarsi al modello classi­ co e «pagano» 5\ per accreditare i loro versi attribuendoli alla rni­ tica veggente. La. personalità della Sibylla, mw1tis non legata, co­ me abbiamo visto, ad un chresmotérion o ad una divinità parti­ colare, il cui sguardo si estendeva dalle archai fmo agli éschata, specìalizzata in predizioni a carattere apocalittico indirizzate a città, popoli e regni, poteva apparire agli occhi dei giudei elle­ nizzati e dei cristiani «autori'' degli Oracula Sibyllina meno com­ promessa con la religione degli «dei falsi e bugiardi» rispetto ad altre figure di profetesse, quali la Pythia, indissolubilmente col­ legata al culto apollineo ed al santuario oracolare delfico; essa poteva perciò diventare veicolo anche del messaggio di verità proclamato dall'unico Dio e farsi portavoce di una prospetti­ va salvifica universalistica. La. storia della trasformazione della Sibylla pagana nelle Sybilla giudea e cristiana e l'analisi delle molteplici implicazioni della riplasmazione del modulo divinato­ rio sibillino in ambito monoteistico sono state oggetto di studi molto accurati 55, ai quali si rimanda, trascendendo questo tema i limiti della presente ricerca. Un elemento, tuttavia, ci sembra richieda uno specifico approfondimento. Trattandosi anche per quanto riguarda la tradizione sibillistica classica, come ha op­ portunamente sottolineato Potter, di una tradizione composita 56 , non è quasi mai possibile indicare a quale modello preciso in­ tendesse ricollegarsi l'estensore dei l6gia degli Oracula Sibyllina. Ciò è ancora più vero per i libri Sibyllini romani coperti da un

52

Cfr. Sib. Or: III. 4 1 5 . Per la consistenza della presenza dei miti greci negli Oracula Sibyl­ lina, Nieto-Ibanez 1 998. 54 Parke 1 992, 1 5 . 55 Momigliano 1 987; Collins 1 987; Nikiprowezky 1 987; Parke 1 988; Sfameni Gasparro 2002 . 56 Potter 1 990, 1 02 . 53

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segreto pressoché impenetrabile e accessibili solo ai sacerdoti addetti alla loro consultazione. Eppure almeno in un caso è pos­ sibile affermare che a modello è stato preso proprio il repertorio divinatorio, che rappresentava, a livello religioso, uno dei più po­ tenti strumenti di legittimazione del potere di Roma: ci riferia­ mo alla predizione dell'avvento di Cristo nellVIII libro degli Ora­ cula Sibyllina 57• In tutta la raccolta, infatti, questi versi sono gli unici composti con la tecnica degli acrostici 58: le iniziali dei sin­ goli versi compongono la formula Iesou Chreistòs theou yiòs SOtér staur6s