Nel segno di Antipatro. L'eclissi della democrazia ateniese dal 323/2 al 319/8 a. C 8843023209, 9788843023202

Alla fine di una guerra perduta, nasce dall'accordo tra il partito antidemocratico ateniese e il vincitore Antipatr

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Italian Pages 230 Year 2002

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Nel segno di Antipatro. L'eclissi della democrazia ateniese dal 323/2 al 319/8 a. C
 8843023209, 9788843023202

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Alla fine di una guerra perduta, nasce dall'accordo tra il partito antidemocratico ateniese e il vincitore Antipatro la decisione di sospendere la democrazia in Atene. Il libro si propone di riconoscere il senso autentico dell'intervento di Antipatro sulla costituzione ateniese, di determinare se esso abbia effectivamente rappresentato la realizzazione di un progetto politico di ampio respiro, avviato un secolo prima con gli esperimenti oligarchici del 411 e 404 e successivamente sistematizzato come un organico programma di riforme costituzionali. Se, cioè, possa essere considerato come l'esito concreto del legame forre tra etica e politica: si trattò, insomma, di un'oligarchia fondata suli 'ideologia? In realtà, confrontando i modelli teorici con la realtà dei fatti, è possibile intravvedere una situazione assai più complessa e articolata, nella quale il mutato assetto istituzionale sembra rispondere prevalentemente alle problematiche sociali della polis e configurarsi come l'estremo tentativo di stabilire una tregua nei conflitti tra i ricchi e i poveri: in questa direzione, l'oligarchia imposta nel 322 sembrerebbe garantire la ratifica formale e la tutela militare di un assetto già realizzato. Elisabetta Poddighe svolge attività di ricerca presso il Dipartimento di Filologia Classica, Glottologia e Scienze storiche dell'Antichità e del Medioevo dell'Università di Cagliari. Ha pubblicato vari articoli su temi politico-istituzionali dell'alto ellenismo.

ISBN 88-430-2320-9

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1 11111 111111 1 1111 111111 1 788843 023202

Collana del Dipartimento di Storia dell'Università degli Studi di Sassari Nuova serie diretta da Mario Da Passano, Attilio Mastino, Antonello Mattone, Giuseppe Meloni II

I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore via Sardegna 50, ooi87 Roma, telefono o6 42. BI 84 I?, fax o6 42. 74 79 3I

Visitateci sul nostro sito Internet: http://www.carocci.it

Elisabetta Poddighe

Nel segno di Antipatro L'eclissi della democrazia ateniese dal323/2 al3r9/8 a.C.

Carocci editore

I" edizione, aprile 1001 © copyright 1001 by Carocci editore S.p.A., Roma Finito di stampare nell'aprile 1001 dalle Arti Grafiche Editoriali srl, Urbino

ISBN 88-43o-131o-9 Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 2.2. aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione,

è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.

Premessa

n momento storico nel quale fu decisa la sospensione della democrazia atenie­

se coincide con la perdita dell'autonomia politica della città ed è scandito dai drammatici avvenimenti che seguirono alla morte di Alessandro Magno. Nell'estate del 323 a.C., alla notizia della morte del re, Atene aveva orga­ nizzato una lega di Stati greci e avviato i preparativi di guerra contro Antipatro, erede con il titolo di strategòs autokrator della parte europea del­ l'impero macedone. n conflitto si sviluppò e si concluse rapidamente e Atene, sconfitta, alla fine dell'estate del 322 dovette accettare l'imposizione di una guarnigione mili­ tare e di un regime censitario. La comprensione delle cause del fallimento rimane a tutt'oggi una que­ stione storiografica complessa ma è sulle conseguenze della sconfitta che intende fermarsi il presente lavoro. n fallimento della guerra generò stanchezza e disillusione che, coniugate con i forti interessi sociali ed economici dei ceti abbienti ateniesi, facilitarono il controllo macedone della città attraverso una classe dirigente compiacente e gratificata da un certo tipo di ordinamento, oltre che protetta da una guarni­ gione militare. A questo punto occorrerà valutare il carattere del nuovo governo. La drastica riduzione del corpo civico su base censitaria imposta da Antipatro ha negato il principio informatore fondamentale del sistema democrati­ co ateniese, cioè il riconoscimento della capacità politica e giuridica del cittadino a tutti i liberi maschi adulti. Quello di Antipatro si presenta come il primo, realiz­ zato intervento sul sistema democratico di Atene, dopo i ripetuti tentativi di rico­ stituire il governo su base censitaria compiuti alla fine del V secolo. Di qui l'inte­ resse di stabilire i nessi che passano tra l'ultimo, realizzato, progetto e i preceden­ ti, al fine di considerare se questo possa essere valutato senza soluzione di conti­ nuità come il momento conclusivo di un processo già avviato un secolo prima. Anche i criteri di selezione della classe dirigente imposti da Antipatro debbono essere confrontati con quelli suggeriti dai teorici del pensiero politi­ co a partire dagli ultimi decenni del V secolo e che continuarono ad animare il dibattito sulla costituzione "migliore" alla fine del IV. In questa prospettiva si svolgerà l'analisi del rapporto tra la riflessione aristotelica intorno alla costitu-

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zione fondata sul "ceto medio" e le concrete trasformazioni istituzionali rea­ lizzate ad Atene nel 322. L'intento è quello di riconoscere il senso autentico dell'intervento di Antipatro sulla costituzione ateniese, se cioè esso abbia effettivamente rappre­ sentato la realizzazione di un progetto politico di ampio respiro, avviato un secolo prima con gli esperimenti oligarchici del 411 e 404 e successivamente sistematizzato all'interno del Peripato come un organico programma di rifor­ me costituzionali, se possa davvero essere considerato come l'esito concreto del legame forte tra etica e politica: si è trattato insomma di una oligarchia fondata sull'ideologia? In realtà, sovrapponendo i modelli teorici alla realtà dei fatti, è possibile intravvedere una situazione assai più complessa e articolata, nella quale il mutato assetto istituzionale sembra rispondere prevalentemente alle proble­ matiche sociali della polis e configurarsi come l'estremo tentativo di stabilire una tregua nei conflitti tra i ricchi e i poveri: in questa direzione, l'oligarchia imposta nel 322 sembrerebbe garantire la ratifica formale e la tutela militare di una timocrazia di fatto già realizzata. Nella convinzione che questo indirizzo di ricerca possa condurre a una inter­ pretazione nuova della sospensione democratica del 322 si è proceduto al rie­ same della documentazione letteraria e d epigrafica. Non possediamo una narrazione organica degli avvenimenti di quegli anni: notizie sparse, per il periodo che arriva fino al 322, si ricavano dai discor­ si degli oratori contemporanei (Licurgo, Demade, Dinarco, Demostene e Iperide) . I discorsi degli oratori riassumono i termini del dibattito politico nella schematica e ideologica opposizione tra filomacedoni e antimacedoni, lasciando sullo sfondo i problemi concreti e i conflitti sociali. Nessuna delle testimonianze letterarie contemporanee peraltro ci informa direttamente sul carattere del nuovo governo. Per un primo resoconto delle fasi attraverso le quali si è svolto il conflitto con la Macedonia e si è operato il rivolgimento costituzionale dobbiamo fare ricorso alle versioni tarde di Diodoro, nel libro XVIII della sua Biblioteca Storica, e di Plutarco, nella Vita di Focione. Nelle tra­ dizioni storiografiche cui entrambi gli scrittori mostrano di avere attinto è possibile riconoscere numerose stratificazioni che oscurano le vere ragioni del conflitto e il carattere del nuovo governo. I problemi interpretativi più signifi­ cativi sono rappresentati dall'esigenza di ricondurre a precise impostazioni storiografiche le divergenti ricostruzioni conservate sulla guerra e di ricono­ scere, dietro la propaganda, il carattere del regime censitario e la condizione giuridica degli Ateniesi esclusi dal nuovo governo. In questo indirizzo di ricerca, particolare attenzione viene riservata all'a­ nalisi delle epigrafi datate negli anni 322h-318/7 a.C.: i nomi dei funzionari ricordati, le formule che ratificano la concessione della cittadinanza, e spesso proprio il contenuto dei decreti rappresentano un momento prezioso di con­ fronto con il resoconto delle fonti letterarie e consentono di riconoscere il significato delle trasformazioni istituzionali.

Ringraziamenti

Questo libro conclude un percorso di studi che deve moltissimo alla frequen­ tazione di importanti istituti di ricerca: l'American School of Classica! Studies ad Atene, l'American Academy a Roma, I'École des Hautes Etudes en Sciences Sociales a Parigi, e la Scuola Superiore di Studi Storici a San Marino. Di questi istituti ringrazio tutti i direttori e i professori responsabili del­ l'attività degli studenti, tra i quali ho avuto il privilegio di essere, segnatamen­ te: prof. John Mck. Camp II e prof. William D. E. Coulson, che mi hanno fatto scoprire Atene e la Grecia, prof.ssa Claude Mossé e prof. Luciano Canfora, che hanno diretto la mia tesi di dottorato. La prof.ssa Claude Mossé e la prof.ssa Cinzia Bearzot hanno costante­ mente rappresentato i riferimenti imprescindibili in un ambito di studi cui hanno dato contributi fondamentali: il confronto con loro, anche quando sono state espresse critiche e riserve, è stato prezioso e stimolante. Un ringraziamento particolare vorrei esprimere al prof. Ignazio Didu, già relatore della mia tesi di laurea e ultimamente responsabile dell'attività di ricerca condotta all'Università di Cagliari, che mi ha guidato e incoraggiato nelle fasi più difficili. Desidero infine ringraziare i proff. Attilio Mastino, Antonello Mattone e tutto il Dipartimento di Storia per avere accolto questo lavoro nella Collana del Dipartimento di Storia dell'Università di Sassari. La responsabilità di quanto affermo, degli errori e delle mancanze, è natu­ ralmente solo mia.

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Le premesse storiche nel racconto delle fonti letterarie

1.1 Diodoro e le origini della guerra lamilzca Dobbiamo rifarci a Diodoro per conoscere le cause della guerra1• Nel libro XVII Diodoro presenta come principali responsabili dell'inizio delle ostilità quei mercenari greci che erano stati al servizio dei satrapi persiani e che, congedati da Alessandro, si erano concentrati nel Peloponneso. Prima ancora della morte del re macedone, i soldati mercenari, grazie al ruolo svolto da Leostene, il comandante che essi stessi avevano scelto, avrebbero stretto legami con Atene e con gli Etoli contro i Macedoni e quindi - riconosce implicitamente Diodoro - sarebbero stati i veri fomentatori della guerra1• Il libro XVIII traccia invece un quadro più composito e l'attenzione di Diodoro appare soprattutto concentrata sulla situazione di Atene nel momenI. Alcune iscrizioni conservano l'espressione guerra degli Elleni: cfr. IG IP 448, l. 44: brl TOV TTOJ.iJJ-OV TOV 'EJJ.TJVLKOV av hrrriaaTO 6 OfjJ.I.OS' 6 'AO,.,va.{wv urrlp TWV 'EU.'Tjvwv e IG 111 505, l. I7: irrl Toii 'EJJ.TJVtKoii rroÀéJ.I.OV. IG lP 506, l. Io, IG lP 546, l. I4. Cosl anche PLUTARCO, Phoc. 23, I: ròv 'EJJ.TJVLKCW rr6À�J.I.OV. DIODORO, xvm, I8, I, invece chiama il conflit­ to con il nome che passò a definirlo dopo lo scontro avvenuto presso Lamia in Tessaglia:

'AOTJVQLOL ol rrpÒS' 'Avr{rrarpov TTOÀ�J.I.OV i(rjv�rKav TÒV OVOJ.I.aaO{vra AaJJ-LQKOV, Ugualmente lo PSEUDO PLUTARCO, Vitae X Or. 8 50 a: roiJ tlaJ.I.taKoiJ rroÀéJ.I.ov. ASHTON I984, pp. I52-7, ipotizza che la discrepanza tra le due espressioni, guerra ellenica- conservata nelle epigrafi - e gue"a lamiaca - che ricorre costantemente in Diodoro -, si debba far risalire a una delle fonti utilizzate da Diodoro, Ieronimo di Cardia, che avrebbe epurato l'aggettivo ellenico nel ten­ tativo di sminuire la portata del conflitto, coniando l'espressione gue"a lamiaca che poi è rima­

sta nella terminologia di altre fonti letterarie. L'espressione «guerra ellenica» conservata in Plutarco potrebbe risalire alla tradizione peripatetica di impostazione atenocentrica che il bio­ grafo mostra di conoscere attraverso la mediazione di Duride di Samo: ASHTON I984, pp. I53·5· Si deve infine osservare che differentemente dalle succitate iscrizioni, posteriori alla guerra, nei decreti contemporanei nessuna delle due espressioni ricorre: cfr. IG lP 448, ll. I·H, in Epigrafi Parte I, n. I; LEHMANN I988, pp. I2I·49· 2. XVII, m, I·3· La notizia conservata in Diodoro non è altrimenti documentata. Secondo lo storico, in seguito all'ordine di Alessandro di licenziare tutti i mercenari delle satrapie, questi in numero di circa 8.ooo lasciarono l'Asia e si raccolsero al Capo Tenaro, nel Peloponneso, dove, dopo qualche tempo, scelsero come stratega un uomo fortemente ostile ad Alessandro: Leostene di Atene. L'emigrazione forzata imposta dal sovrano macedone ai mercenari greci ebbe certamen­ te importanti ripercussioni nella vita politica greca come dimostrano i recenti contributi di LANDUCCI GATTINONI I994. pp. 33·62; EAD. I995. pp. I25•40-

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to in cui si diffuse la notizia della morte di Alessandro. In questa fase del suo racconto si possono cogliere le tracce del dibattito politico che contrappose, all'interno della polis, cittadini ateniesi di diverse fazioni e, più in generale, le città della Grecia riguardo all'atteggiamento da assumere di ll in poi nei con­ fronti dei Macedoni. L'illustrazione delle ragioni del conflitto, nel capitolo Io, appare soprattutto tesa a definire i contrasti sociali e le loro ripercussioni sulla politica estera3, mentre nei capitoli 8 e 9 le origini della guerra sono fatte risali­ re alle rivendicazioni di libertà e autonomia che animarono i politici democra­ tici dopo che si ebbe la certezza che Alessandro era morto. Sempre nel libro XVIII Diodoro individua il casus belli nel decreto emanato da Alessandro per richiamare in patria gli esuli di tutte le città della Grecia4, a danno degli Etoli e degli Ateniesi s, e trova le ragioni della guerra nella rivendicazione che viene attribuita ai democratici ateniesi da una tradizione storiografica quasi univoca: la lotta in nome della «libertà di tutti i Greci»6• Nei due libri della Biblioteca, Diodoro attribuisce dunque un'importanza diversa al ruolo dei soldati professionisti relativamente allo scoppio del con­ flitto: in XVII m, I la guerra nasce dalla turbolenza dei mercenari e dall'iniziati­ va del loro capo, Leostene7; mentre in XVIII 8-Io si accentua in modo evidente la responsabilità di Atene e della sua classe dirigente nella preparazione e pro­ vocazione della guerra e Leostene con le sue forze mercenarie appare come uno strumento della parte democratica. Questa duplice definizione delle ragioni del conflitto è stata inizialmente ignorata nell'interpretazione dei moderni. Le origini della guerra lamiaca sono state unicamente cercate nell'attività antimacedone di democratici come Demostene8 e nella loro consapevole strumentalizzazione politica di elementi 3· DIOD. xvm, xo, x. La versione italiana dei passi diodorei nei libri xvm-xx è di SIM:ONETII AGOSTINETII 1988. 4· Nel 32.4 a.C. DIOD. xvm, 8, :z.; Iusr. XIII, s. :z.-3. s. DIOD. xvm , 8, 6-7. Gli Etoli avevano cacciato dalla patria gli abitanti di Eniade, Wla città dell' Acamania, come afferma anche PLUTARCO (Alex. 49 ); gli Ateniesi, dopo avere cacciato gli abitanti di Samo, avevano diviso il territorio dell'isola tra i coloni. Cfr. Syll.J 312., l. 9; nonché ERRINGTON I97S. pp. sx-7. Sul ruolo degli Etoli nella guerra: OIKONOMIDES 198:z., pp. 12.3-7; WORTHINGTON 1984b, pp. 139·4+ 6. DIOD. xvm, 9, x; 9, s; xo, :z.; HYP. Epit. xo, x6, 2.4-:z.s, 37, 39-40. I principi di autonomia e libertà dei Greci ritornano anche in PLUT. Phoc. :z.6, x; PAUS. I, :z.s, 3; Iusr. XIII, s. s; SUDA, in ADLER 192.8-38, s.v. Aap.la. 7· TRITLE 1988, pp. 12.3-4. insiste sul ruolo effettivamente svolto da Leostene nella preparazio­ ne della guerra negando l'incidenza di altri fattori quali il malessere interno alla società ateniese (p. I2S). Più condivisibili mi paiono le posizioni di quanti riconoscono il carattere propagandistico della impostazione storiografica cui Diodoro mostra di fare riferimento. In Wl frammento papira­ ceo (GRENFELL-HUNT 1906-ss. I, pp. ss-6x n. xs; FGrHist xos P 6), forse appartenente a WlO scritto retorico del m secolo a.C., sembra di poter leggere l'appello di Leostene alla città di Atene perché cominciasse la guerra. BEARZOT 1992, p. so, colloca il frammento nell'età di Democare osservando giustamente che l'«apologetica filodemostenica» dovette certamente prevedere l'esaltazione del ruolo di Leostene nella guerra. MATIDEU 192.9, pp. xs8-83, ha proposto di riconoscere l'autore dello scritto in Anassimene di Lampsaco (FGrHist 72). Sulla stessa ipotesi cfr. anche ALBINI 1971, pp. 193-8 (195 ss.). 8. TREVES 1933, pp. 17s ss.; Io. 19s8, pp. 327-80 (n8 ss.).

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LE PREMESSE STORICHE NEL RACCONTO DELLE FO�TI LETTERARIE

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estranei alla polis: Arpalo, che era stato posto a capo della satrapia babilonese dal conquistatore macedone9, il reclutamento dei mercenari condotto dallo stratega ateniese Leostene, l'ostilità degli Etoli nei confronti di Alessandro10• E a partire dal contributo fondamentale di Lepore che si è fatta strada una differente interpretazione che nasce dalla possibilità di riconoscere, nella giustapposizione dei due passi, la sovrapposizione di tradizioni differenti riguardo alla guerra11• L'ipotesi della derivazione di Diodoro da due tradizioni diverse sulle ori­ gini della guerra lamiaca ha trovato più recentemente il conforto di una serie consistente di studi intorno ai diversi aspetti del rapporto tra storiografia e propaganda nel «dopo Alessandro»12: si è giunti pertanto a identificare nell'o­ pera di Duride di Samo13 - integrata da leronimo di Cardia14 - la fonte di base per quanto riguarda il resoconto conservato nel libro XVIII, ed è stata attribui­ ta la diversa impostazione dei contesti suggeriti in XVII, m, 1 ad una tradizione ateniese non identificabile con sicurezza e che, peraltro, non si esclude possa essere passata in Diodoro attraverso la stessa mediazione di Duride 1s. L'impostazione filomacedone e antidemocratica, fortemente atenocentrica di Duride consente di spiegare la presenza nel resoconto diodoreo dell'ostilità 9· La vicenda che ha legato il satrapo di Babilonia Arpalo, cui Alessandro aveva affidato l'amministrazione del tesoro e delle finanze pubbliche, e la città di Atene è raccontata in DIOD. XVII, Io8, 4; XVIII, 9, I. Fondamentali sulla vicenda BADIAN I96I, pp. I6·4I; GoLDSTEIN I968, pp. 3763; ]ASCHINSKI I98I; MARZI I98I, pp. 87·I04, e ID. I99I, pp. 70-83; WORTHINGTON I9948. pp 307-30; LANDUCCI GATTINONI I996, pp. 65-78; BLACKWELL I999, pp. 133 ss. Per Wla riconsiderazione di alcWli problemi di cronologia si vedano: WORTHINGTON I9848, pp. 47·8; ID. I986a, pp. 111-4; ID. I986b, pp. 63·76. Io. DIOD. XVIII, 9, I-1, 5; XVII , m, I·3· IG II1 370 conforta la notizia conservata in DIODORO (XVII , m, 3) secondo la quale le trattative di Leostene con gli Etoli sarebbero cominciate in occa­ sione del reclutamento dei mercenari al Capo Tenaro: cfr. WORTHINGTON I984b, pp. I39·44n. LEPORE I955, pp. I6I-85. Molto utile anche il contributo di BRACCESI I970, pp. 176-3oi. 11. LANDUCCI GATTINONI I98I-81, pp. I3·16; SORDI I987a, pp. H·4I; EAD. I987b, pp. 19·36. I3. FGrHist 76. Su Duride, dopo BoRRON I961, pp. I89-91; ORLANO! I964, pp. 1I6·16; KEBRIC I977, pp. I·99; TORRACA I988; fondamentale è ora LANDUCCI GATTINONI I997 (con testo dei fram­ menti, traduzione e commento), che alle pp. I94-104 riassume i risultati delle sue precedenti ricer­ che sull'impiego di Duride da parte di Diodoro. L'ipotesi di Wla possibile dipendenza delle fonti sul regime ateniese del 311 da Duride di Samo, e specificamente di Plutarco, è sviluppata ampia­ mente da BEARZOT I985, pp. 37-40, 45-57, 65·7. I4. FGrHist I54· La storiografia moderna è apparsa a lungo orientata a riconoscere in Ieronimo la fonte principale di Diodoro: cosl BROWN I946-47, pp. 688-96; ROSEN I967, pp. 4I·94; HORNBLOWER I98I; MERKER I988, pp. 90-3. Incline invece a riconoscere l'impiego di altre fonti, e soprattutto dell'opera di Duride di Samo, LANDUCCI GATTINONI I98I-81, pp. I3·16; EAD. I997, pp. I94-104. Una recente valutazione d'insieme della sua opera in: SIMONETTI AGOSTINETTI I998, pp. 109·16. I5- Accanto alla posizione espressa da SORDI I987a, pp. H·4I, ed EAD. I987b, pp. 19-36, che attribuisce l'interesse per l'elemento mercenario a Wla fonte certamente diversa da Duride, si deve registrare l'opinione differente di LANDUCCI GATTINONI I997, pp. I89-104, che attribuisce allo stesso Duride l'interesse «per i comportamenti e le sorti dei mercenari greci» e quindi l'impo­ stazione riconoscibile nel libro XVII di Diodoro (soprattutto pp. I91-3). L'opinione che tale tradi­ zione ufficiale fosse nota a Diodoro attraverso lo stesso Duride è già espressa da LANDUCCI GATTINONI I98I-81, p. Ioo, e condivisa da BEARZOT I991, p. 49·

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NEL SEG�O DI A�TIPATRO

nei confronti dei democratici ateniesi e l'attenzione alle vicende politiche della

polis che sono riconoscibili nei capitoli del libro XVIII16; diversamente, una tra­

dizione meno conosciuta, di ambito ateniese o filoateniese, della quale un'eco è conservata nel libro XVII, avrebbe tentato di riscattare i democratici di Atene dalle responsabilità della disfatta attribuendo al ruolo dei mercenari un peso determinante nella preparazione della guerra. Di quest'ultima tradizione rimangono tuttavia da chiarire le fonti, poiché l'ipotesi avanzata da Lepore che possa trattarsi dell'opera di Diillo I7 non è valutata in maniera univoca18• Ora, distinguere nella narrazione di Diodoro quegli elementi certamente riconducibili a un orientamento storiografico che è sufficientemente noto quello di Duride o di leronimo - da altri che sembrano invece essere dovuti all'impiego di altre fonti, è funzionale al tentativo di riconoscere il concorso di una serie di diversi fattori alla nascita del conflitto. E sebbene, nel caso specifi­ co dei due passi in questione, non siamo in grado di attribuire con certezza la versione sulle origini della guerra lamiaca che enfatizza il ruolo dei mercenari a una fonte storiografica precisa, è evidente il suo atteggiamento filoateniese che si distacca - infatti l'episodio non è altrimenti attestato - dalla tradizione anti­ democratica e ostile ad Atene testimoniata nello stesso Diodoro e, come vedre­ mo, anche in Plutarco, attraverso la mediazione di Duride. A questo riguardo, non è di secondaria importanza considerare che Diodoro, laddove sembra ricorrere all'opera di Clitarco, costantemente insiste sul malcontento e la disaf­ fezione dei mercenari e degli stessi satrapi d'Asia nei confronti di Alessandrdll. Nel 324, prima ancora che fosse reso pubblico il diagramma di Alessandro attraverso il quale si richiamavano in patria gli esuli - casus belli indicato nel libro XVIII - Diodoro ricorda due episodi che legano la crescente ostilità da parte dei satrapi d'Asia nei confronti di Alessandro alla concentrazione di forze mercenarie nel Peloponneso, al Capo Tenaro, prima che Atene entri esplicitamente in scena come protagonista dei preparativi di guerra: in XVII, 108, 7 il satrapo di Babilonia Arpalo si rifugia con 1o.ooo mercenari al Capo Tenaro (dove più tardi sarebbero giunti anche i mercenari licenziati dalle satrapie d' Asia)10; in XVII, m, 2 i satrapi persiani con i generali si mettono in viaggio verso il Peloponneso11• Lo stesso lperide, tra le fonti contemporanee, 16. LANDUCCI GATTINONI 1997, pp. 194-204, ha mostrato in maniera convincente come alcuni atteggiamenti riconoscibili nell'opera di Diodoro si possano spiegare considerando Duride di Samo la fonte principale del libro xvm. 17. FGrHist n Cfr. SCHWANN 1931, pp. 154·5; MOMIGLIANO 1932, pp. 523•43; HAMMOND 1983, p. 12 ss; LANDUCCI GATTINONI 1997, pp. 187 ss. 18. BEARZOT 1992, p. 49, ha osservato che la tradizione ateniese cui fa riferimento Diodoro non è necessariamente rappresentata da Diillo né da lperide (anche se non può prescindere da questo). 19. Era nei piani di Alessandro, al ritorno dall'India, la riorganizzazzione e la contrazione delle satrapie in Asia. Cfr. soprattutto BERVE 1926, p. 276; BADIAN 1961, pp. 16, 21, 36; BoSWORlH 1983, pp. 37-45. Sui rapporti tra i generali macedoni e i mercenari cfr. CARNEY 1996, pp. 19-44. 20. A conforto cfr. CURT. X, 2, 1-3. 21. Non tutti gli studiosi considerano attendibile la notizia conservata in Diodoro a proposito dei satrapi che nel 324 avrebbero lasciato l'Asia: GoUKOWSKY 1976, pp. 269-70, ritiene che lo sto­ rico si sia confuso associando due episodi distinti e lontani cronologicamente, il primo dei quali, attestato anche in CURT. IV, 2, 34, si riferirebbe al 332.

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LE PREMESSE STORICHE NEL RACCONTO DELLE FO�TI LETTERARIE

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conserva quest'ultima notizia11 e Curzio Rufo che, tra gli storici di Alessandro, sembra avere impiegato una fonte comune a Diodoro, Clitarco13, riferisce la circostanza del tradimento di Arpalo con molti dettagli, cogliendo un nesso consequenziale tra il rapporto che Arpalo intrattiene con Atene e la successiva decisione di Alessandro di punire la polis con il diagramma sugli esuli del 32414; ciò malgrado in quell'occasione - precisa sempre Curzio Rufo - ad Arpalo fosse «concilio plebis habito iussum urbe excedere» e l'assemblea cit­ tadina fosse rimasta fedele ed estranea alla ribellione contro Alessand.ro1s. L'enfatizzazione del ruolo di Arpalo e dei mercenari nella genesi della guerra lamiaca non è mancata nella storiografia moderna, fin dal Grote16, nel XIX secolo, allo Hamilton17, più recentemente. La tradizione storiografica alla quale fare risalire questa interpretazione è individuabile in lperide, Diodoro XVII e Curzio Rufo (Clitarco) e conserva il ricordo di fatti, tensioni, movimenti tutti interni all'entourage di Alessandro che, solo dopo il 324, coinvolsero Atene. lperide, nell'Epita/io, dopo avere lodato Leostene come ispiratore della città per la risoluzione di portare guerra ai Macedoni, giustappone, in due successivi paragrafi, il risentimento dello stesso Leostene nei confronti di Filippo e Alessandro e il reclutamento delle forze mercenarie18• In tale versione dunque l'esaltazione del ruolo di Leostene e dei mercenari procede parallelamente alla rivendicazione dei principi di autonomia e di libertà. Pausania conserva una versione dei fatti non dissimile da quella di lperide 11. HYP. Dem. 18-19; il testo però è frammentario. 13. CURT. IX, 7, 1-n racconta che molti satrapi persiani avevano lasciato l'Asia. SCHWARTZ 1901, coll. 1871 ss. , ha individuato la stessa fonte nell'opera di Curzio Rufo e nel libro xvn di Diodoro. Per il problema della conoscenza e dell'impiego dell'opera di Clitarco da parte di Diodoro, cfr. HA.l\IILTON 1977, pp. 116-46. Si vedano anche: FONTANA I9SS. pp. 155-90; BADIAN 196s, pp. s-u; BoRZA 1968, pp. 1s-4s; MEISTER 1991, pp. 140-3; PRANDI 1991, pp. 87-104, EAD. 1996, pp. 86-8. Che Clitarco sia stato utilizzato da Diodoro in qualità di «Alessandrografo» parallela­ mente a Duride, meglio informato sulle vicende interne della Grecia, è ipotizzato dalla stessa PRANDI 1996, pp. 88 ss., e LANDUCCI GATTINONI 1997, pp. 189-94, quest'ultima con status quaestio­ nis. Sul problema della fonte comune a Diodoro e Curzio Rufo si veda la puntuale analisi di ATKINSON 1980, pp. 64-7. Nel senso del riconoscimento di una influenza clitarchea su Curzio Rufo, forse non diretta e comunque «poco caratterizzata», le considerazioni di PRANDI 1996, pp. 11S·# L'edizione più recente e aggiornata delle Storie è sempre a cura di ATKINSON 1ooo (alle pp. XXI ss. si segnalano le coincidenze tra Curzio Rufo e Diodoro XVII). Tra gli studi recenti: GUNDERSON 1981, pp. 177-96; HECKEL 1994, pp. 67-78; FuGMANN 199S, pp. 133-44; BAYNHAM 1998. 14 CURT. X, 1, 1·4 1s. CURT. X, 1, 3· La sua fonte Clitarco doveva conoscere dettagliatamente la vicenda che coinvolse il traditore di Alessandro: cfr. FGrHist 137 F 30, conservato in ATENEO, XID, so, s86 cd. 16. GROTE 1888, x, pp. 131•39· 17. HAMn.TON 1969, p. 11. Questo orientamento trova una prima attestazione nella afferma­ zione - purtroppo anonima e non databile - conservata da BEKKER 1814-11, l, 14s, 18 s.v. È"KTTOÀEJ1&. auTÒS' 8i (scii. Arpalo) lç 'AOrjvaç O.OC:w, WS' lKTTOÀ.€J1WUWll TOVS' 'AOrwa{OIJS' TTPÒS' 'A).tçav8pov. Cfr. anche BURY, MEIGGS 197;4, p. 496. 18. HYP. Epit. 3, 10-u. Particolare importanza riveste il confronto tra la sua testimonianza e la ricostruzione più tarda di Pausania, cui le informazioni sulla guerra dovettero giungere verosimil­ mente attraverso la mediazione degli storici del m secolo. Sul ruolo dell'oratore nella scena politi­ ca di Atene cfr. ENGELS 19931•

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coerentemente con l'impostazione atticocentrica e filoateniese che caratterizza la sua narrazione. Ma è evidente che il rapporto tra la causa dei democratici e l'attività mercenaria di Leostene è più definito, rispetto alla percezione di lperide, contemporaneo degli eventi, e rappresenta l'esito della rielaborazione compiuta dagli storici del IV e III secolo cui Pausania sembra avere attinto le sue informazioni: Diillo, Democare e Filocoro19. Leostene infatti è presentato come benefattore dei Greci proprio «per avere riportato in Europa quei mercenari ellenici in servizio presso i Persiani che Alessandro aveva minacciato di deportare in Persia>)l0• L'esigenza di esal­ tare il «pieno valore, politico ed etico, della lotta antimacedone», che Pausania ha ereditato dalle sue fonti, imponeva naturalmente di attribuire a Leostene il merito di avere utilizzato a vantaggio delle città il malcontento dei mercenari nei confronti della Macedonia con un nesso non ugualmente rico­ noscibile nel resoconto di lperide31• La separazione delle responsabilità della classe dirigente ateniese da quel­ le personali di Leostene e dei mercenari riconoscibile in lperide e nel libro XVII di Diodoro va tenuta presente al fine di definire in maniera meno sche­ matica gli schieramenti che caratterizzano, nel libro XVIII di Diodoro, lo sce­ nario politico di Atene. Infatti, sebbene Diodoro non entri nello specifico dei contrasti tra coloro che nella sua divisione appaiono come vÀfjç Kal 8fJJ1ov Kal fj>paTp{aç i]s- lìv f3ovÀ'TJTat Toùs- 8€ rrpvniVéLS' 8oiJvaL 1Tépl avToiJ TT}v l/Jfjf/>ov éLS' TTJV TTpWTTJV (lmoiJaav) lKKÀT]alav

La prima e la terza formula sanciscono rispettivamente l'estensione del diritto di cittadinanza anche ai successori del beneficato e il procedimento di ratifica della naturalizzazione che, come attestato da Demostene, si faceva all'inizio della prima assemblea successiva alla discussione della naturalizza­ zione stessa9s. Entrambe rimangono immutate fino alla fine del III secolo. A partire dal 334 a.C. e poi costantemente fino al 229, la seconda formula, che sostanzialmente riconosce al neocittadino la libertà di scegliere la tribù, il demo e la fratria nei quali iscriversi, viene modificata con l'introduzione della espressione KaTà TÒv VOJl.OV o di una delle sue varianti: rrÀryv wv ol VOJl.OL

àrrarofJ€VovauJJ6, Kai wv ol VOJlOL KéÀéVovauJJ7, wv ol VOJlOL MrovatzJJ8 :

nella gran parte dei decreti di cittadinanza relativi agli anni 321/2o99 e 319!I8100 è conservata l'espressione KaTà TÒV VOJlOV ma le varianti div ol VOJlOL KéÀéVovaw e div ol v6J1oL àrrarofJ€Vovat sono comunque attestate101• Nonostante la clausola KaTà TÒV VOJlOV sia attestata già a partire dal 334, e dunque non possa essere riferita al contesto specifico dell'oligarchia di Antipatro, tuttavia il carattere restrittivo della formula è apparso a taluni stu­ diosi un segno inequivocabile della volontà della polis di limitare in qualche modo la iscrizione nelle liste civiche dei cittadini naturalizzati. Ha goduto di molto credito, tra le altre, l'opinione di Johnson che la scelta della tribù, del demo e della fratria nei quali iscrivere il neocittadino dovesse essere fatta pre­ vio controllo della lista del demo prescelto per evitare una distribuzione diso­ mogenea dei neocittadini e per accertare l'effettiva disponibilità del demo pre­ scelto ad accogliere un nuovo iscritto101• Conviene subito osservare che non è affatto chiaro di quale legge o leggi si tratti: l'ipotesi di mettere in relazione l'introduzione della clausola ora con il decreto di Damofilo sulle liste civiche, datato dalle fonti nel 346 a.C.103 ora, più genericamente, con norme restrittive che avrebbero regolato l'inclusione nelle liste civiche a partire dal 403 a.C.104, non è in alcun modo verificabile. DITIMAR 1891, pp. 1 53·91; 0SBORNE I981-83, 1, pp. 98-9, 11, pp. 101·2, IV, pp. 164 ss.; ID. 1990, pp. 35· 41, nonché HENRY 1977, pp. so-66. Sulle formule che fanno riferimento alla concessione della cit­ tadinanza non solo in Atene ma in tutta la Grecia cfr. ora }ONES 1991, pp. 79·101. 95· DEM. LIX, 89-90. 0SBORNE 1981-83, n, p. u; IV, pp. 161·4· 96. IG W 336. 97· IG lP 448. 98. IG W 221, 405. 99· IG lP 392, 393, 395· 100. Agora lnv. 5454IOI. Ad esempio in IG lP 448 e IG lP 385. 101. }OHNSON 1914, pp. 174 ss., su una possibile limitazione del territorio della po/is da riser­ vare ai neocittadini. Si veda però OSBORNE 1981-83, IV, p. 177 n. H· 103. Per il ricordo dd contenuto del decreto: DEM. LVII; AESCH. I, 77, 86, u4; n, 182; DION. HAL. ls. 16, 4; Din. u; HANDROT. fr. 51 in FGrHist 314Io+ }ACOBY, FGrHist, mb, Suppl. n, n. 144-

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NEL SEG�O DI A.'\TIPATRO

Del decreto di DamoH.lo (del quale si discute ancora la natura giuridica:

VOJLOS' o ifn7f/JtaJLa10s) sappiamo solo che imponeva la revisione delle liste civi­

che di tutti i demi106• Le fonti non dicono tuttavia se a questo decreto siano state fatte seguire leggi specifiche: di qui l'impossibilità di affermare che l'e­ spressione Karà ròv v611ov possa riferirsi proprio a tale decreto. Più convin­ cente appare l'opinione di Osborne il quale, partendo dalla constatazione che la formula di restrizione segue sempre immediatamente il termine fratria, e considerata la particolare formula conservata in una iscrizione (IG 111 336, L 4) :

[dvat 8 'az.i] TWL (Jparp{aç yE"vùrOat 1TÀ�v �[v ol VOJ.LOL d7TayopdxJVat v,

ipotizza che la restrizione fosse limitata alla iscrizione nella fratria107. Il conte­ sto di maturazione della nuova legge dovette essere, sempre secondo Osborne, quello delle riforme di Licurgo e la motivazione sarebbe probabil­ mente di carattere religioso108• In sostanza gli Ateniesi avrebbero inteso evitare il coinvolgimento diretto di cittadini naturalizzati in alcuni culti religiosi della città attraverso l'iscrizione nella fratria109. A conforto della teoria di Osborne si potrebbe peraltro considerare che i procedimenti di naturalizzazione di massa, come quello dei Plateesi nel 427, prescrivevano esplicitamente il divie­ to di divenire sacerdoti o arconti con funzioni legate ai culti religiosi della cittàno. In questo senso, la formula conservata in sede epigrafica a partire dal 334 non farebbe che precisare e migliorare un principio già ammesso dalla pratica istituzionale in regime di democrazia. Un principio che può sembrare generalmente orientato nel senso della protezione dell'integrità del corpo civi­ co potenzialmente compromessa dall'inserimento dei cittadini naturalizzati e che può certamente essere ascritto all'ideologia democraticam. Insomma, Licurgo avrebbe inteso ribadire un valore antico della democrazia ateniese: quello della identità nazionale e dell'appartenenza a una comunità ristretta. Il fatto che tale formula ricorra anche nei decreti degli anni 321-319 non è dunque in alcun modo giustificabile nell'ambito di una evoluzione delle istitu105. GoMME 1934, pp. 123-40 e, più in generale sulla contrapposizione tra vOJlD!> e 1/nft/JLaJlO, QUASS 1971; HANSEN 1978, pp. 315-30; KUPISZEWSKI 1986, pp. 64-5. 106. Probabilmente l'intervento era giustificato dal fatto che, quando in un demo si smarriva il registro con i nomi dei cittadini, si procedeva a una seconda compilazione fondata unicamente sulle testimonianze orali, ciò che evidentemente avrebbe potuto ingenerare omissioni o ingiustifi­ cate iscrizioni. Cfr. DEJ.\1. LVn, 26; DION. HAL. Is. 16, 4107. 0SBORNE 1981-83, IV, pp. 177-80. 108. Sulla riorganizzazione dei culti da parte di Licurgo cfr. FARAGUNA 1992, pp. 335 ss. 109. OSBORNE 1981-83, IV, p. 178. ll fatto che ci siano anche decreti che non conservano la for­ mula può essere spiegato, secondo Osborne, con la considerazione che tale limitazione non era in vigore quando il beneficato era un personaggio illustre e un benefattore della polis. uo. DE.\1:. LIX, 104-105. Sulla questione relativa alla naturalizzazione dei Plateesi: OSBORNE 1981-83, 1, p. 28; n, pp. u-6. m. Tooo 1993, pp. 173-4, osserva giustamente che in generale la naturalizzazione non com­ portava nella norma un effettivo trasferimento della residenza e la integrazione nel corpo civico. Questo sembrerebbe peraltro ricavarsi da Demostene (XX, 29-40) che ricorda le difficoltà legate a un effettivo inserimento di un cittadino «di nome» nelle attività dei cittadini «di fatto». Secondo Todd in questo senso andrebbero considerate le continue restrizioni dei diritti garantiti dalla naturalizzazione (ad esempio il secondo voto di ratifica). Così anche MAc DOWELL 1978, pp. 71-3.

l. GLI EFFETil DEL DECRETO DI A�TIPATRO SULLE ISTITUZIONI DI ATENE

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zioni ateniesi in senso oligarchico e semmai appare il retaggio di un program­ ma politico-culturale di segno opposto. Una seconda questione la cui analisi è funzionale alla nostra ricerca è se il riferimento allo scrutinio dei tesmoteti, conservato nelle iscrizioni, possa legit­ timamente essere interpretato come un segno della volontà oligarchica di limi­ tare l'accesso al corpo civico. La formula segnala l'obbligo di sottoporre allo scrutinio dei tesmoteti il candidato alla cittadinanza: roùç & OéaJloOiraç él­

aararéi:v avTliJL riJv 8oKLJlaa{av ( TifS' TTOÀL Té{aç) OTaV TTÀT]p>69, e anzi, è stato sottolineato che, come norma generale, Lisia utilizza la formula perifrastica con il termine politeia per fare riferimento alla esclusione politica, e invece l'espressione atimia per fare riferimento a quella giudiziaria7°. Tuttavia, nell'orazione Per Mantiteo, la possibilità di esercitare i pieni diritti politici è resa con l'espressione J1éTa8oiJvat TifS' TTOÀ.t rdaç men­ tre la loro perdita è definita con il verbo dnJ1d(étV. Mantiteo deve difendersi dali'accusa di essere stato connivente con il regime dei Trenta e trova appunto nella sua condizione di escluso la migliore difesa: egli afferma infatti che pro­ prio perché non era cavaliere non poteva esercitare i suoi pieni diritti politici e che certamente non avrebbe potuto rientrarvi in possesso nel momento in cui i Trenta decisero di atimizz.are anche quanti li avevano aiutati a sovvertire il regime democratico7I. Si può osservare che, in questo caso, la scelta di rendere con il verbo ati­ maz.ein il senso della esclusione dalle attività di governo di una gran parte dei cittadini può essere giustificata dal fatto che i Trenta non esitarono a istruire processi sommari per eliminare i nemici politici e forse dietro all'uso di quel verbo doveva avvertirsi il peso di vicende giudiziarie ben note ai giudici di Mantiteo71. In ogni caso, la stessa Bordes riconosce che l'assimilazione operata da Lisia tra l'atimia giudiziaria e la prescrizione politica deve essere circoscrit­ ta all'ambito linguistico e non autorizza da sola un'identificazione delle due situazioni sul piano giuridico, ciò che lascia irrisolto il problema della defini­ zione della condizione giuridica degli esclusin . Meno perspicui appaiono invece altri esempi citati dalla Bordes a riprova dello slittamento semantico del termine atimos dal piano giuridico a quello politico: l'invito rivolto ai giudici da Polistrato, nel 41074, a Jl� �Jlàs' aVTl J1ÈV 68. BORDES 1981, pp. 86 ss. 69. LYS. XVIII, 4 70. BoRDES 1981, p. 88, osserva giustamente che, nel caso specifico del 404, gli esclusi vissero una condizione anche peggiore di quella degli atimoi, poiché rischiarono indiscriminatamente la condanna a morte e la confisca dei beni. 71. Lvs. XVI 5· 71. Come testimonia altrove lo stesso LISIA, XII , 11, 4: nJv 1TOÀL nJv €is- ro!Jç 1TOÀEJ.L[OZJS" lflt,\aaav, 1TOÀÀoiJç 8 ' d8iKwç d1TOKTdvaVT€ç drtiifxJVS" i1Tol7Jaav, 1TOÀÀOÌ(s" 8 ' lmrlJ.LOI.JS" oVTaç drlJ.LOI.JS" [njç 776-léws-l KariaT1]aav, 1TOÀÀwv 8€ fJuyar/paç J.LéÀÀOIJaaç iK8l8oafJat iKwÀuaav. In questo caso infatti è chiaro che ci si riferisce alle vittime di ingiusti processi e non all'intero corpo civico, ché altrimenti non avrebbe avuto senso la distinzione «> , «TÒ TTÀ.fj()� TWV &]J.LOTLKWV, drrw aJ.Livov Tij� rroÀL Télas-»>? 167

161. L'ipotesi di una possibile dipendenza delle fonti sul regime ateniese del 311 da Duride di Samo è sviluppata ampiamente da BEARZOT 1985, pp. 37-40, 45·7, 65·7. 163. Cfr. McDouGALL 1983. 164. CASEVITZ 1990, pp. 17·H· Con lo stesso termine Diodoro si riferisce al governo di Demetrio: xvm, 74. 1; WEHRLY 1968 f 13. 165. RUPPEL 1917, pp. 168-311, ha analizzato le testimonianze letterarie ed epigrafiche dell'im­ piego del termine rroÀLT€VJl.a dalla sua prima comparsa, nelle opere dei pubblicisti del IV secolo, e fino ad Aristotele. La sua analisi consente di riconoscere una tradizione letteraria prearistotelica, nella quale il termine rroMT€VJl.a appare privo di un significato tecnico preciso ed è genericamente inteso nel senso di atto concreto di governo (ISOCR. Areop. 78; PLAT. Leg. 945 d; DE.\1:. xvm, 1o8no, 111, 136) e una tradizione successiva che comincia con Aristotele e che, pur continuando a impiegare il termine rroMTEVJl.a nel senso di esercizio concreto del potere, identifica anche, in molti casi se non in tutti, il rro).{T€VJ.la con quel gruppo di cittadini in possesso della pienezza dei diritti politici. Si possono riconoscere, nella ricca bibliografia sul significato politico e giuridico del termine politeuma, due orientamenti contrapposti: il primo, che sottolinea la sostanziale inter­ scambialità del termine politeuma con politeia, nella letteratura antica da Aristotele a Polibio, trova un convinto sostenitore in WALBANK 1966, p. 3n n. 17, e MUSTI 1967, pp. 165 ss.; il secondo orientamento, che riconosce un uso diverso e consapevole dei due termini da parte degli autori antichi, è difeso da RUPPEL 1917, pp. 168-311; LEVI 1963, pp. 311-36; SHIMRON, 1964, pp. 147·55; BORDES 1980, pp. 148-56; Levv 198ob, pp. 15-16, e Io. 1993, pp. 65·8o; CASEVITZ 1990, pp. 17 ss.; LIOU 1990, pp. 5-14; HANSEN 19943, pp. 91-8. Altri usi del termine politeuma sono considerati in BISCARDI 1989, pp. 1101-15. 166. Uvv 1993, pp. 65-8o. 167. ACCATTINO 1986, p. 43·

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La questione deve essere affrontata tenendo presente che il termine poli­ teia assume in Atene una pregnanza semantica che non è possibile riconoscere a Cirene: pertanto, se è vero che l'esclusione dal politeuma non comporta per i

cittadini di Cirene l'automatica espulsione dal corpo civico (che invece è pre­ vista per i banausoz), occorre ricordare che in Atene l'operatività di un mecca­ nismo simile (l'esclusione dal politeuma su base censitaria) aveva ben altre conseguenze, essendo lo stesso principio della cittadinanza fondato sulle fun­ zioni esercitate dagli Ateniesi (se non di tutte almeno di quella deliberativa) . In questo senso, è possibile affermare che seppure gli Ateniesi esclusi dal poli­ teuma fossero rimasti cittadini di nome certamente non lo furono di fatto. Pertanto, mentre è possibile riconoscere nel rroMTf'VJ.la di Cirene il corpo sovrano di governo all'interno di una comunità civica più vasta (i politai, fm­ tanto che non si macchino della colpa di svolgere attività infamanti pena la condanna all'atimia), tale situazione non pare doversi riconoscere ad Atene dove il rroÀlT€VJ.1a è il corpo civico nel suo complesso e quanti ne sono esclu­ si, in quanto àTTf'ÀawoJ.lf'VOL Tfjç rroÀt rdaç, sono privati dei diritti fonda­ mentali quali l'accesso all'assemblea e il diritto di voto. Questa nuova condi­ zione di dTT€Àaw6J.1éVOL Tfjç TTOÀL rdaç non sembra tuttavia dover essere identificata giuridicamente con quella degli atimoi, per la ragioni già conside­ rate: gli Ateniesi rimasti in città anche dopo l'esclusione dal politeuma e la pri­ vazione della politeia continuarono verosimilmente a godere di quei diritti civili che invece gli atimoi perdevano e probabilmente conservarono uno sta­ tus civitatis, sebbene anomalo168. L'aspetto che soprattutto merita di essere enfatizzato e inserito nel dibatti­ to intorno alla condizione giuridica degli Ateniesi esclusi dal rroMTéVJ.la è rap­ presentato dal fatto che, comunque, nella costituzione cirenaica del 322, la mancata appartenenza al rroM T€VJ.1a non è ipso facto identificabile con una condizione di àTLJ.l{a, che anzi è prevista solo nei casi di una "cattiva" condot­ ta da parte dei cittadini. È dunque possibile essere esclusi dal rroÀ{TéVJ.la e tuttavia non essere dTLJ.10L169 . A distanza di pochi anni dal decreto di Antipatro (o forse in quello stesso 322) una testimonianza diretta relativa al rroMTéVJ.la ripropone, chiarendola, la questione della identificazione degli «esclusi dal rroÀ{Tf'VJ.la» COn gli aTLJ.lOL . Le formule impiegate dalle fonti per definire la condizione degli esclusi dal rroÀ{nvJ.la di Atene privilegiano, a mio avviso, l'aspetto politico rispetto a quello penale e segnalano l'esigenza di non confondere i cittadini privati della TTOÀLTé{a per una esclusione politica con quelli che sono stati esclusi perché hanno commesso un reato. La situazione di Atene propone anche significative differenze rispetto ai criteri di determinazione del rroMTf'VJ.la imposti a Cirene. 168. PLUTARCO (Phoc. 32., I) ricorda la lettera di Poliperconte con la quale si annunciava il ripristino della democrazia e afferma che essa era indirizzata agli Ateniesi rimasti in città (roìç {v dUT€L), non solo ai membri del politeuma. 169. Si consideri quanto Aristotele stesso abbia insistito sulla necessità di non umiliare chiun­ que non potesse esercitare le funzioni di governo: Poi. 12.97 b.

4· LA CONDIZIONE GIURIDICA DEGLI ESCLUSI

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L'imposizione del regime censitario ebbe infatti la funzione di escludere dal governo i cittadini più poveri, senza che si tenesse in alcun conto la profes­ sione esercitata dagli esclusi cosl come quella dei cittadini che continuarono ad essere tali. In questo senso, il cittadino «utile alla città» e il cittadino della costituzione «di mezzo» sul quale ha teorizzato Aristotele non sembrano da identificare. È possibile che le esigenze finanziarie della polis ateniese abbiano avuto peso assai maggiore delle riflessioni aristoteliche nella scelta di Antipatro e dei filomacedoni ateniesi, e in questa direzione sarà utile considerare quali relazio­ ni siano riconoscibili tra la costituzione media teorizzata da Aristotele e la costi­ tuzione del 322, anche per quanto riguarda la natura del TLJ.l7JJ.la17°. Che ad Atene il modello di costituzione teorizzato da Aristotele avesse lasciato il posto al pragrnatismo di quanti avevano unicamente inteso «cementare un blocco di interessi fra classi alte e ceto medio, sotto il patronato macedone»171, potrebbe essere provato dal fatto che non è conservata alcuna indicazione circa la natura del TLJ.l7JJ.la. Non sembrò insomma necessario stabilire - nella selezione dei membri del rroÀ{TéVJ.la - l'origine e la natura della ricchezza, come invece Aristotele proponeva171. È stato osservato giustamente come appunto per tale ragione la costituzione del 322 abbia rappresentato la fine di quella immediata identità «fra etica e politica che aveva ancora in Aristotele»m. E decisiva appare la distinzione tra la considerazione negativa da parte dei Cirenaici delle attività remunerate e la considerazione del peso finanziario di ogni ceto di cui gli Ateniesi hanno mostrato di tenere conto. Quest'ultimo infatti sembra avere condizionato fortemente le scelte di Atene in materia di ordinamento costituzionale ed è presumibilmente la ragione fondamentale dell'assenza di qualsiasi riferimento alla prescrizione della atimia per gli Ateniesi che non avessero il censo richiesto. Manca, infatti, nel ricordo del decreto che ha ristretto il corpo civico ateniese qualsiasi considerazione di tipo morale: è un'esclusione fondata su criteri censitari. Gli esclusi dal corpo civico (ol dTTéÀaw6J.léVOL Tfj5' TTOÀL Téla5') di Atene, infatti, altro non sono che i più poveri abitanti della polis, quelli che non possedevano il censo mini­ mo di 2.ooo dracme. E i poveri non possono essere identificati sic et simplici­ ter con gli aTLJ.lOt174. Neppure l'ideologia aristocratica ammette una identifi­ cazione tanto automatical75. I poveri non avrebbero potuto essere considerati OTLJ.lOL solo in ragione della loro povertà176: Isocrate è chiaro a questo riguar170. In/ra, cap. 5· 171. BoDEI GIGUONI 1980, pp. 73-102 (92). 172. BoDEI GIGLIONI 1980, p. 95· La stessa studiosa peraltro sottolinea (p. 94) come il regime ateniese del 322 rappresenti una «oligarchia a base larga» piuttosto che quella «mistura di oligar­ chia e di democrazia che Aristotele proponeva nel caso della politia». 173. BoDEI GIGUONI 1980, p. 91: «La politica. . . sembra ridursi al cogliere le occasioni». 174. Semmai Aristotele li avrebbe definiti d"opoL, privi cioè delle risorse che in quel momen­ to servivano alla città. Cfr. 0S1WALD 2oooa, pp. 52-4. 175. Sulla relazione tra la definizione di status e la condizione patrimoniale: DOVER 1974, p. 109; 0S1WALD 1oooa, pp. 69 ss. 176. Per un'analisi approfondita dei modi diversi in cui l'ideologia aristocratica e quella

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NEL SEG:-\0 DI A:-\TIPATRO

dom. Cirene del resto nella selezione dei cittadini e nella esclusione dei f3dvav­ aot dal corpo civico prescinde da qualsiasi valutazione patrimoniale178, né si devono identificare - per le considerazioni già svolte - i f3dvavaot con i pove­ ri. Lo stesso Aristotele - come abbiamo visto - è consapevole del fatto che la ricchezza non di rado derivi da una professione manuale, cioè banausica. Il ricorso alla prescrizione dell'dnJL{a, nel 8LdypaJLJla di Cirene, è eviden­ temente giustificato dal carattere "infamante" delle professioni svolte dalla categoria dei cittadini che proprio per questa ragione cessano di essere tali. È facile cogliere nel testo del 8tdypaJLJla il passaggio dalla dimensione politica della prima selezione (distinzione tra membri del rroÀl TéVJla e rroXfraL ) al piano giuridico della seconda. Proprio con questa constatazione si può concludere la nostra riflessione sulla condizione degli esclusi dal politeuma di Atene. Il cittadino selezionato dagli oligarchi del 322 doveva ] ata[ ro8TjJ10V Kry(>tat] ­ [€Ù,s' €ypaJ1J1dT]€V€[V 'EAa(>ry{3oÀtiJvo] [ç rplr€L i1rl] 8€Ka, [6y86ryt rfjç 1Tpvr]­ [av€aç- iKKÀ]rya{a [iv Lltovzlo-ov· rc.Jv 1T] ­ [po€8ptJJv i] 1T€l/n7(>[t(€V . . . , , 10, , , , , ] . . . ·7 . . . ç· l8of.]€v TWL Br'JJllùL · vacat] [Ll7]J1d87]k LlryJlt[ov JJataVt€ÙS" €lm:v] · [i1T€L&ì A VKO . . . . . . . . . 17, •













Fr. b

13, LOS" E [. ,9 1Tp6{€vov Kal €Ù] €py€r­ [ryv aÙTÒV Kal TOÙ,s' €ry6vov]ç TOV 81]­ [Jlov rov 'AOr]vallùv, v dvat] 8l aÙTlùÌ [lyKT7]atv rfjç Kal olKla]ç. vacat 19 o[. 'A] (ryvt€[ ù.s- €l1T€ . rà JlEV aÀ.Àa Ka{kf] 1T€[p] T€L f3o­ [vÀél, ròv 8l ypaJ1Jlar€a r] fjç {3ovAfjs­ [dvaypdif;at iv dKpo1T6Àé] L r6& rò if;[1'/if>taJla iv arr'JÀ€L Àt6lvé] L 8/[K] a fJJl€­ [p(Jv Kal anjaat r€À.€at r] oìç NtKa. •







15



20

























































































- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -vvvvvvvv

Fr. a. Sotto l'arcontato di Filocle, nella ottava pritania della (tribù) ... ntide, in cui era segretario Euthugenes (figlio) di E/estodemo del demo di Ce/isia, nel tredicesimo giorno di Elafebolione, nell'ottavo della pritania. I.:assemblea è riunita nel (teatro) di Dioniso. Dei proedri ha messo ai voti .... s. È parso opportuno al demo; vacat Demade (figlio) di Demea del demo di Peania ha parlato: poiché Luco....... Fr. b. .....prosseno ed evergete, lui e i suoifigli, del popolo ateniese, si conceda a lui il diritto di (possedere la) te"a e beni immobili. vacat Azanio ha parlato; tutte le altre cose (siano) come (quelle decise) nel consiglio, il segretario del consiglio trascriva il decreto in questione nella stele di pietra e (questa) sia collocata sull'Acropoli per dieci giorni nei pressi (del tempio) di (Atena) Nike.

Il testo del fr. a e del fr. b è quello edito in SEG XXI, 300. Sebbene non sia preservato integralmente il contenuto del decreto, e non sia certa l'attribuzione della concessione della prossenia alla volontà di Demade, si registra l'interesse cronologico dell'iscrizione che attesta l'inizio dell'attività di Demade in assemblea, circa sei mesi dopo l'ingresso della guarnigione mili­ tare in città, e al tempo stesso, non conservando il ricordo dell' dvaypa(>d15·, rivela che la trasformazione istituzionale non è stata ancora formalizzata.

149

EPIGRAFI. PARTE 1: 32U1·320II9 A.C.

L'associazione con il frammento b risale allo SCHWEIGERT 1939a, pp. 173-4, ed è stata poi rifiutata da PECIRKA 1966, pp. 262-6, il quale ritiene che i due frammenti non appartengano alla stessa lastra marmorea. Recentemente TRACY 1995, p. 152, e WOODHEAD 1997 in Agora XVI 95, p. 144, hanno ripreso la posizione di Pecirka. ,

IG II1 372 è stata scritta da un lapicida (498 Cutter) attivo dal 321 al 302 con caratteristiche stilistiche precisate in TRAcY 1995 pp. 150-1. Il decreto è stato messo ai voti da Demade nell'anno dell'arcontato di Filocle, 322/I a. C, nel mese di Elafebolione. I. s: KIRCHNER: lvdTT]t bri 8{Ka. La data integrata nel decreto è proble­ matica per due ragioni: impone di considerare l'anno intercalare e non ordina­ rio, come invece è generalmente ipotizzato, stabilendo la corrispondenza seguente: Elafebolione 19 Pritania VIII, 6 255° giorno di un anno ordinario pari a Elafebolione 13 Pritania VIII, 8 278° giorno di una anno intercalare. Così infatti viene corretto in SEG XXI, 300, l. 5: rp{Tét bri BiKa. Accoglie la correzione e riprende la questione WOODHEAD 1997 in Agora XVI 95, p. 144. La data del 13 Elafebolione pone peraltro una seconda difficoltà perché coinci­ de con la celebrazione delle Grandi Dionisie durante le quali normalmente non si riuniva l'ekklesia. Sull 'intera questione si veda SCHWENK 1985, pp. 438-40. I. 6: l'assemblea è riunita nel teatro di Dioniso, alle pendici della Pnice dove normalmente si tenevano le assemblee del popolo. U. 12-13: «prosseno e benefattore». Il privilegio della prossenia compare, come è nella norma, accostato a quello della é'llépyéala. I. 9: è il decreto più antico - tra quelli conservati - emanato da Demade negli anni del regime oligarchico. I. 15: la formula che ratifica la concessione della rfiç Kal olKlaç lVKTrf atç compare senza la clausola Karà ròv VOJlOV che leggiamo, per lo stesso periodo, in IG II 1 360 e 396 c. I. 18: è il rpaflflOTéÙS' Tfjç {3ovÀijç a rendere pubblico il decreto (non l' àva­ =

=

=

=

,

yparj>é�.

3 Decreto di cittadinllnrA (J2Iho a.C.?) Atene, dall'Acropoli. Tavola di marmo pentelico incisa secondo l'ordine stoichedico. IG II1 392 + 586. SEG XXVI, 83. KARAPA 1974, 158-9; 0SBORNE 1981, D 31; HENRY 1983 , p. 77; WILLIAMS 1989, p. 27; LOOMIS 1998, p. 141.

[. . &o6x]8at riJt [81]J1wt brat v{aat Jli] [v . . . 6 . . . ]ova lloÀv[KÀiovç . . . 5. . éuv]­ [o{aç lvé]Ka Tfjç 1Tpò[ç ròv 8fjf10V ròv 'A8]­ [7Jvalwv K] al aréav[iJaat 8aMofJ aré]

150 5

NEL SEG�O DI A.'\TIPATRO

[tPézls', incaricato di registrare i decreti: 32I/o - - - - - - - - -di Oion 320!19 Archedico figlio di Naucrito di Lamptre 3I9/8 Eucadmo di Anacaia 294/3 Thras- - - - di File 293/2 Epicuro figlio di Epitele di Ramnunte n. 2-3: La formula impiegata per designare il segretario - dvaypaif>ÉWS' 8 ' 'Apxé8{Kov mD NavKp{Tov AaJl.TTTpEWS' - differisce da quella normalmente attestata in caso nominativo; cfr. ad esempio IG 111 380: 'Avaypaif>éÙS' 'Apx€8[t]KOS' NavKp{Tov AaJl.TTT[pév]S'. Sul personaggio cfr. il capitolo 2, non­ ché il commento all'iscrizione n. 9, in questa sezione, e alla n. I, nella sezione II. Sulle caratteristiche del preambolo della formula che indica l'arconte si vedano le puntuali osservazioni di MERITI I944, pp. 236 ss., e MERITI I963, p. 431. l. 3: AaJl.TT] Tp€wç. Il demotico - parzialmente conservato - coincide con quello proposto da Dinsmoor per il segretario di quell'anno. Il. s-6: il decimo giorno di Gamelione coincide con il ventiquattresimo giorno della sesta pritania, quella della tribù Oineide. Cfr. MERITI I963, p. 433· n. 8·9: {8o(éV Tfjl f3ovÀfjL Kal TWL 81}J1WL. La formula ricorre costante­ mente nei decreti dei quali Demade è stato propositore. n. I4 e I8: WOODHEAD in Agora XVI IOO, conta rispettivamente 20 e 24 lettere. ,

,

161

EPIGRAFI. PARTE 1: 31U1-310II9 A.C.

II

Decreto di De7nlltle di Peania sulle.fomdoni degli agoranomoi (32olI9 11. C.) Atene, dal Pireo. Tavola di marmo imetto incisa secondo l'ordine stoichedico. IG Il1 380. SyW. 313. SEG XXI, 307, XLII, 88, XLV, 85. KOUMANOUDES 1877, pp. 157 ss .; 0IKONOMIDES 1956, pp. 117-8 n. 12; MERITI 1963, pp. 425-39; VATIN 1976, p. 557; OWENS 1983, pp. 44-50; WILLIAMS 1989, pp. 26-7; HUNTER 1992, pp. 271-91; HENNIG 1995, pp. 235-82.

5

'AvaypaL [À - - - - - - - Kal avJ.L]­ rrp6é8pot LlTJJ.LdOTJS' LlTJ[ J.Liov llatav(e-ùç)] élTTéll' f'TTéLOTj TTpOTépo[ll Té ol TTp6] ­ YOIIOL ol EvpvÀoxov Kt [- - - - - - -Kal] 'AKiaav8poS" if>lÀoL OliTé[S" Kal e-ììvot] Tfjt rr6Mt rroÀÀà lé{Jç durante l' oligarchia di Antipatro e che ora probabilmente recupera il suo prestigio all'indomani della sconfitta di Poliperconte (Clito infatti era suo alleato) da parte di Cassandro. La pace, cui l'iscrizione fa riferimento alla linea 22, sarebbe dunque quella che segue alla sconfitta di Poliperconte e che unisce Atene a Cassandro (DIOD. XVIII, 74, 3) . In questa direzione può essere anche accolta l'ipotesi di BIELMAN 1994, p. 46 (che pure rifiuta l'edizione di Raubitschek) che la città di Eraclea ricordata nell'iscrizione possa essere identificata con Eraclea sul Ponto, città annessa alla satrapia della Frigia Ellespontina e dunque soggetta al comando di Arrideo, alleato di Clito. Eraclea sul Ponto per la sua collocazione geografi­ ca avrebbe potuto benissimo accogliere i superstiti dello scontro tra la flotta comandata da Clito e quella inviata da Cassandro sotto la guida di Nicanore

1. Sulle incongruenze con il resoconto di Polieno cfr. DuSANIC 1965, p. 140.

EPIGRAFI. PARTE II: 318/7 A.C.

195

nel 318 ed è pertanto ragionevole che un suo cittadino riceva la prossenia in cambio di quell'intervento. Questa ipotesi può anche confortare la ricostru­ zione degli avvenimenti di quell'anno proposta da DUSANIC (1965 pp. 135 ss.) il quale ritiene che a questo punto dell'anno Atene fosse già passata sotto il dominio di Cassandro. U. 30-31: il ricordo del ypaJ.lJ.laTéÙS' Tfjç (JovXfjç rivela che il regime democratico è - almeno formalmente - ancora in vigore. Cfr. cap. 2. U. 17·2.8: «si onori con una corona d'olivo». Cfr. HENRY 1983, pp. 38-9. 1

Decreto onorario (JI817 a.C.) IG II2 350. SEG xxi, 320. XXVI , 85, XLv, 696. SCHWEIGERf 1939b, pp. 33 ss.; PluTCHETI, NEUGEBAUER 1947, pp. 65-6; MERrrr 1961, p. 127; MERrrr 1976, p. 173; OSBORNE 1981, D 39; ALEsSANDRÌ 1982, pp. 64· 5; BRESLIN 1985, pp. 21-3; HENRY 1983, pp. 25-6; CABANES 1995, I, n. 513, pp. 151-2.

5

IO

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[E7Ti 'Apxl1T1Tov dpxovroç, l1rl Tfjç.. ][. {8oç lf386J.11JS' 1Tpvravd] a[ç ryt 8] ­ [€pO'L 1T1TOS' '/7T7TO . . .6 • • • K] oN\VTé[ÙS' lyp]­ [aJ.lJ.ldTéVé · 'AvOéOT] T)puJvoç l[vdTé] [t laTaJ.1€VOV, 6y86] éL KQL 8éKdT[éL] [ Tfjç 1Tpvravdaç · l] KKÀT)a{a lv Llt [o] ­ [vzlaov · rtJv 7Tpo€8p] wv l7Téf/n1�t(é[v] • • • • • • • 13 • • • • • • é] V.s-· v lloÀVévKT[o]­ [ç �pQTOV };�ryT] TLOS' él1TéV' È1T[é] [t&) . . . . . 10 . . . • . 'A] r1]voç ' 'Em&iJ.l[V] ­ [toç Kal . . . . 8 . . . . ] éÀoxov 'A1ToN\[w] ­ [vui77Jç éVVOL élat] V TciJL 81jJ.1WL T[{(}] ­ [t 'AOT}va{wv Kai lm]J.léÀofJvrat T[{(}]­ [v d�LKVOVJ.1€vwv 'AB] ryVT}Oév Kal 1T[€][pvatV , , , , , 10• . , , , ]aVé8€(aTO T[Ò] [v 1Tpéa{3évrr7v (?) 1TéJ.1�] 0€vTa lnrò 'A 1T[o] ­ [MwvtartJv l1rl ràç ] vaiJç ràç 'AOT}v­ [a{wv, &86xOat npt 8TJ1J.1ot l1Tatv€[aat QVTOÙS' KQL aTé�] vtJaat XPV[a][ciJL aTé�VWt lKdTép]OV aVTtJv· élv [aL 8È avTOÙS' 'AOT}va{] ovç avTOÙS' [K]­ [al lry6vovç Kal �vÀ] l]ç Kal BryJ.lo[ v] ­ [Kai �paTp{aç 1]ç lì.v (J] ovÀwvT[at Ka] [ Tll TÒV V6J.10V' TOÙç 8È 1T]pVTdV[éLS' 8]­ [ofJvat TT7v i/lfj�ov - - - - - - - - - - ]

Sotto l'arcontato di Archippo, nella settima pritania della (tribù) - - - de in cui Tersippo figlio di Ippo - - - (del demo) di Collito era segretario; nel nono (giorno) del-

NEL SEG:-\0 DI A:-\TIPATRO

l'uscente Antesterione, nel diciottesimo (giorno) della pritania; l'assemblea (è riuni­ ta) nel (teatro) di Dioniso; dei proedri ha messo ai voti - - - Polietto (figlio) di Sostrato (del demo) di Sfetto ha parlato; poiché - - - Ageno Epidamnio e - - (Ege)loco Apolloniate sono benevoli nei confronti del popolo ateniese e si sono presi cura di quelli che sono giunti ad Atene e un anno fa - - - (il demo) ha accolto l'amba­ sciatore inviato dagli Apollonia/i presso le navi degli Ateniesi; è parso opportuno al popolo onorar/i e donare a ciascuno di loro una corona d'oro; diventino dunque loro e i loro discendenti cittadini ateniesi e si iscrivano nella tribù, nel demo e nella fra­ tria che desiderino secondo la legge; i pritani mettano questo ai voti..... Il testo è quello edito da OSBORNE I98I, D . 39· l. 1: su proposta dello SCHWEIGERT I939b, p. 33, l'integrazione della prima

linea «nell'anno dell'arcontato di Archippo», consente di datare il decreto nel 3I8/7, diversamente dalle datazioni già proposte da KOEHLER, i1 342.h (IG II, 5 115 b) , da FERGUSON I905, p. 32, e KIRCHNER (IG lP. 350) , il 33I/o, quest'ultima accolta però da .ALESSANDRì I982, p. 64, e BRESLIN I985, pp. 2I·3· MERITI, che in un primo tempo aveva proposto l'anno 33I (I96I, p. I27), ha successivamen­ te (I976, p. I73) datato il decreto nel 3I8/7. ll. 4-6: PRITCHETI, NEUGEBAUER I947, p. 65 : 'AvfJE"OT] TJpUfivoç l[vdTE"] i [t