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Italian Pages 185 Year 2023
David Monaco
L Uno sen,...a fondarnento Cu ano tra platonismo d ermeneuti ·a
A W erner Beierwaltes, in memoriam
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Abbreviazioni
Le citazioni delle opere cusaniane rimandano alle pagine dell'edi7ione clitica: Nicolai de Cusa Opera omnia, iussu et auctoritate Academiae Litterarum Heidelbergensis ad codicum fìdem edita, Meiner, Leip7ig-Hamburg 1932 ss. Di seguito vengono sciolte le sigle utilizzate nel testo attraverso l'indicazione del titolo, del volume in cifre romane, eventualmente del fascicolo in cifre arabe e dei curatori degli opera omnia a cui rinviano, dell'editore, del luogo di edizione e dell'anno. Apol.
Apowgia doctae ignorantiae, voi. II, a cura di R. Klibansky, Meiner, Hamburg 1932 (20072).
Comp.
Compendium, voi. XI/3, a cura di B. Decker K. Bormann, Meiner, Hamburg 1964.
Deaequal.
De aequalitate, voi. X/1, a cura di H.G. Senger, Meiner, Hamburg 2001.
De ap. theor.
De apice theoriae, voi. XII, a cura di H. Klibansky- H.G. Senger, Meiner, Hamburg 1982.
Deberyl.
De berylw, voi. XI/1, a cura di H.G. SengerK. Bormann, Meiner, Hamburg 1988.
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De coni.
De coniecturis, voi. III, a cura di J. Koch K. Bormann - H.G. Senger, Meiner, Hamburg 1972.
De dato
De dato patris luminum, voi. N, a cura di P. Wilpert, Meiner, Hamburg 1959.
De docta ign.
Dedoctaignorantia, voi. I, a curadi E. Hoffmann - R. Klibansky, Meiner, Leipzig 1932.
De fil,.
Defil,iatione Dei, voi. N, a cura di P. Wilpert, Meiner, Hamburg 1959.
De gen.
De genesi, voi. N, a cura di P. Wilpert, Meiner, Hamburg 1959.
De poss.
De possest, voi. XI/2, a cura di R. Steiger, Meiner, Hamburg 1973.
De princ.
De Deo unitrino principio, voi. X/2b, a cura di K. Bormann - A.D. Riemann, Meiner, Hamburg 1988.
De quaer.
De quaerendo Deum, voi. N, a cura di P. Wilpert, Meiner, Hamburg 1959.
De theol. compl. De theologicis complementis, voi. X/2a, a cura di A.D. Riemann - K. Bormann, Meiner, Hamburg 1994.
De ven. sap.
De venatione sapientiae, voi. XII, a cura di R. Klibansky- H.G. Senger, Meiner, Hamburg 1982.
De vis.
De visione Dei, voi. VI, a cura di A.D. Riemann, Meiner, Hamburg 2000.
De non ali-ud
Directio speculantis seu de non aliud, voi. XIII, a cura di L. Baur - P. Wilpert, Meiner, Leipzig 1944.
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Desap.
Idiota de sapientia, vol. V, a cura di R. Steiger, Meiner, Hamburg 1983.
Le citazioni delle opere cusaniane riportano: la sigla del tito-
lo dell'opera, l'eventuale indicazione del libro e del capitolo in cifre latine (quando queste indicazioni sono possibili), del numero del paragrafo e delle pagine in cifre arabe. Le indicazioni di pagina alla traduzione italiana - da noi rivista quando ritenuto opportuno- rimandano all'edizione: Niccolò Cusano, Opere filosofiche, teofugiche e matematiche, a cura di E. Peroli, Bompiani, Milano 2017. I sermoni cusaniani sono citati indicando il numero del sermone secondo la nuova numerazione dell'edizione critica, il numero del paragrafo, il riferimento in cifre latine al volume e in cifre arabe al fascicolo dell'edizione critica, il numero delle pagine.
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Introduzione
Cusano tra neoplatonisrrw, differenza ontologica ed ermeneutica
Se con "differen7.a ontologica" si intende la distinzione tra "essere" ed "essere dell'ente", dove la distinzione è ciò che produce proprio la loro differen7.a, se inoltre il "nulla", "che cooriginariamente è la stessa cosa dell'essere", deve essere pensato come il "totalmente altro dall'ente" o come "il non dell'ente", allora mi sembra legittima la domanda: l'intento del concetto neoplatonico di Uno e degli enigmatici nomi cusaniani del principio (non aliud, idem, possest) non è proprio quello di mettere anzitutto in eviden7.a l'assoluta differenza proprio di questo principio da ogni ente e non solo di "'rappresentare" qualcosa di superlativamente "differente" che fosse incluso all'interno della stessa dimensione, cioè insieme all'ente?1
1. W. Beierwaltes, ldentitiit und Differenz. 7nm Prinzip cusanischen Den-
kens, Rheinisch-Westf'alische Akademie der Wissenschaften, Opladen 1977, ora in Id., ldentitiit und Differenz, Klostennann, Frankfurt a.M. 1980, pp. 105-143: pp. 134-13.'5 (tr. it. di S. Saini, Identità e differenza come principio del pensiero cusaniano, in Identità e differenza, Vita e Pensiero, Milano 1989, pp. 145-173 e pp. 36.5-378: pp. 369-370). Le citazioni interne rimandano al testo di M. Heidegger,mr Seinsfrage, Klostennann, Frankfurta.M. 1959 (tr. it. di F. Volpi, La questione dell'essere, in M. Heidegger, Segnavia, Adelphi, Milano 1987, pp. 335-374).
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Le parole di uno dei massimi studiosi del pensiero cusaniano e della tradizione neoplatonica ci permettono di chiarire quale sia la questione, il problema, che muove le ricerche contenute nel presente volume. La riflessione di Wemer Beieiwaltes (1931-2019) non suggerisce soltanto che la 6.Iosofiacusaniana possa rappresentare una crepa nella monolitica e uniformante ricostruzione della storia della metafisica heideggeriana - non si tratta infatti di mettere in dubbio la conformità reale o presunta delle tesi di Heidegger ad una effettiva storia del pensiero, indipendente dalle sue ricostruzioni - bensl permette di collocarsi ad una altezza speculativa tale da rendere possibile confrontarsi con alcuni aspetti fondamentali del pensiero cusaniano. Cusano è il teorico di un pensiero ermeneutico che, sebbene attento alla finitez7_.a e alla prospetticità del sapere e alla singolarità e pluralità degli enti, non risolve J>U no nel molteplice, J>essere nelle interpretazioni, la verità nei diversi punti di vista da cui è accessibile, il principio in qualcosa di enti6cabile, la realtà in mero oggetto nelle mani dell,uomo, il pensare in semplice calcolare. Secondo la tesi heideggeriana, tanto nota da essere diventata una "canzone da organetto"2, il pensiero occidentale sarebbe essenzialmente tutto all'interno del perimetro della storia della "metafisica", ossia del destinale oblio dell'essere o della differenza ontologica tra l'essere e gli enti3 • La 6Iosofia occidentale
2. L'espressione è utilizzata dallo Zarathustra di Niet7.sche per rimproverare ai suoi animali di aver ridotto l'eterno ritorno a una vuota dottrina o a una filastrocca: cfr. F. Niet7.sche,Also sprach7Arathustra, in Id., Nietzsche Werke. Kritische Gesamtausgabe, a cura di G. Co1li e M. Montinari, voi. VI/1, de Gruyter, Berlin-New York 1968, p. 269 (tr. it. di M. Montinari, Così parlò 7.arathustra, Adelphi, Milano 1968, p. 256). Sul tema cfr. F. Tomatis, Come leggere Nietzsche, Bompiani, Milano 2006, pp. 48-54. 3. Cfr. M. Heidegger, Der Spruchedes Anaximander, in Id., Holzwege, Klostermann, Frankfurt a.M. 1950, p. 336 (tr. it. di P. Chiodi, Il detto di Anas-
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da Anassimandroa Niet7.sche avrebbe pensato l'essere sempre e solo o come il carattere più generale della totalità degli enti o come l'ente universale supremo, culmine della serie causale degli enti, apice di una serie piramidale, e quindi incluso all'interno della stessa catena ontica di cui sarebbe causa prima e fondamento. Per Heidegger, non si tratterebbe di un'omissione accidentale, di un'incomprensione, una casualità o una dimenticanza - come quella di un professore di fìlosofìa, che abbia lasciato da qualche parte l'ombrello - ma un processo che dipende dalla stessa essenza della metafìsica4 • Il pensiero occidentale possiederebbe una costituzione essenzialmente "onto-teo-logica", che lo porterebbe a rappresentare l'essere sia come l'ente più universale (ontologia) sia come l'ente sommo (teologia), creando cosl un'unità inscindibile, un rapporto circolare, tra ontologia e teologia5 • simandro, in M. Heidegger, Sentieri interrotti, La Nuova Italia, Firen:ze 1999, p. 340). 4. M. Heidegger, Zur Seinsfrage, cit., p. 35 (tr. it. cit., p. 364). 5. M. Heidegger, Dieonto-theo-logische Verfassung der Metaphysik, Kotta, Stuttgart 1957, pp. 51 ss. (tr. it. di G. Gurisatti, La struttura onto-teo-logica della metafisica, in M. Heidegger, Identità e differenza, Adelphi, Milano 2009, pp. 70 ss. ). Alla ricostruzione della storia della metafisica di Heidegger sono direttamente connesse la sua diagnosi della civiltà occidentale e le sue tesi sul suo destino. Al termine della storia della metafisica, compiutasi con il dominio planetario della tecnica, dell'essere, ridotto ali'ente perfettamente manipolabile all'interno del sistema tecnico-scientifico contemporaneo, non ne sarebbe più nulla. L'oblio dell'essere sarebbe all'origine di quella razionalità strumentale e di quel rappresentare calcolante che caratteri=no in maniera radicale l'epoca della tecnica, l'epoca del Ge-Stell. Secondo il punto di vista heideggeriano sarebbe inutile rivendicare, contro la razio-naliz:zazione imperante, un ritorno ai valori umanistici, perché quello stesso dispiegamento della scien7.a-tecnica moderna sarebbe frutto di una storia in cui l'umanesimo era stato un momento determinante. La tecnica si sarebbe svelata non come mezzo a disposizione dell'uomo, ma come evento, anche se in negativo, del darsi dell'essere stesso. L'uomo come soggetto in grado di dominare la tecnica verrebbe meno, ma contro questo non si potrebbe
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La fortuna della critica heideggeriana della metafisica e della sua storia - che è stata accolta da un tale numero di imitatori e di epigoni, ma in molti casi anche dai critici di Heidegger, da diventare a forza di ripetizioni, una communis opinio - rende necessaria una sua disamina e problemat:i7_.zazione6 • Beierwaltes ha messo in dubbio la ricostruzione di Heidegger, affermando che essa si basa su un arbitrario procedimento di rimozione e di occultamento di concezioni e di teorie di autori che invece sono decisivi nella storia del pensiero7• Se il filosofo della Selva Nera avesse concentrato la sua attenzione sulla tradizione neoplatonica- e si fosse occupato anche di autori come Plotino, Proclo, Dionigi, Giovanni Scoto, Meister
rivendicare un ritorno alla "soggettità" dell'uomo perché la stessa tecnica discenderebbe da una storia dcli'essere in cui l'uomo avrebbe acquisito il ruolo di soggetto in opposizione alla natura e alla divinità. Cfr. Id., Die Frage nach der Technik, in Id., Vartriige undAufsatze, Neske, Pfullingen 1957 (tr. it. di G. Vattimo, La questione della tecnica, in M. Heidegger, Saggi e discorsi, Mursia, Milano 1976, pp. 5-27); M. Heidegger, Die 'Zeit des Weltbildes, in Id., Holzwege, cit., pp. 75-113 (tr. it. di P. Chiodi, L'epoca delle immagini del mondo, in M. Heidegger,SenHeri interrotti, cit., pp. 71-101). Sul tema cfr. G. Vattimo, La fine della modernità, Gananti, Milano 1985, pp. 39-56. 6. Cfr. W. Beierwaltes, Heideggers Riickgang zu den Griechen, Verlag der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, Milnchen 1995, ora in Id., Fussnotenzu Plato, Klostermann, Frankfurt a.M. 2010, pp. 345-370 (tr. it. di E. Peroli, Il ritorno di Heidegger ai greci, in «Annuario filosofico», 12, 1996, pp. 53-77). Ad una disamina critica del pensiero di Heidegger, Beierwaltes ha dedicato anche i seguenti saggi: Identitiit und Dijferenz, cit.; "EPEKEINA ". Eine Anmerkung zuHeideggers Platon-Rezeption, in L. Honnefelder - W. Schiissler (a cura di), Transzendenz. Zu einem Gmndwort der klassischen Metaphysik, Schoningh, Paderbom-M ilnchen-Wien-Zilrich 1992, pp. 39-55 (ora in W. Beierwaltes, Fussnoten zu Plato, cit., pp. 371388); HeideggersGelassenheit, in R. Enskat (a curadi), Amicus Platomagis amica veritas, de Gruyter, Berlin-New York 1998, pp. 5-35, ora in W. Beierwaltes, Fussnoten zu Plato, cit., pp. 389-426. 7. W. Beierwaltes, Heideggers Riickgang zu den Griechen, cit., pp. 366 (tr. it. cit., p. 73).
17 Eckhart, Cusano8 - la sua ricostruzione della storia dell'essere sarebbe stata scompaginata e non avrebbe potuto essere pienamente sostenuta0 • Secondo Beietwaltes, la visione heideggeriana del pensiero occidentale come destinato a concepire l'essere sempre e solo come "fondamento", mancando il "nonpensato" della metafisica, ossia il carattere eventuale dell' essere, l'ereignet dell'Ereignis, il suo Abgmnd, l'essere senza fondamento 10, non avrebbe tenuto presente la paradossale unità di accesso positivo e negativo al Principio primo sviluppata dai neoplatonici e da Cusano 11 • Non è possibile, infatti, isolare il lato affermativo della via al Principio, disconoscendone l'ulteriorità e la trascendenza: l'Uno è sl fondamento di tutto - in quanto l'ente che è altro rispetto da esso può essere quello che è solo attraverso l'Uno - ma al medesimo tempo è nella sua
8. Sul confronto di Heidegger con gli autori neoplatonici cfr. W. Beierwaltes, Identitiitund Differenz, cit., p. 135 (tr. it. cit., p. 368); A. Charles-Sager, Apha(resis etGelassenheit. Heideggeret Plotin, in J.-F. Courtine- R. Brague (a cura di), Herméneatique et ontologie. Mélanges en hommage à Pierre Aubenqae, PUF, Paris 1990, pp. 323-344; C. Yannaràs, Heideggere Dionigi Areapagita. Assenza e ignoranzadi Dio, Città Nuova, Roma 1995; J.D. Caputo, The Mystical Element in Heidegger's Thought, Ohio University Press, Athens 1978; J.-M. Narbonne, Hérwlogie, ontologie et Ereignis (Plotin - Produs - Heidegger), Lcs Belles Lcttres, Paris 2001; C. Esposito - P. Porro (a cura di), Heideggere i medievali, num. mon. di «Quaestio», 1, 2001; S. Poggi, La medievistica tedesca tra Ottocento e Novecento, la mistica e il giovane Heidegger, ivi, pp. 23-38; J.-M. Narbonne, Heideggeret le néoplatonisme, ivi, pp. 55-82; V. Vitiello, "Abgeschiedenheit", "Gelassenheit", "Angst". Tm Eckhart e Heiclegger, ivi, pp. 305-316; G. Strummiello, "Got(t)heit": la Deità in Eckhart e Heidegger, ivi, pp. 339-360; S. Poggi, La logica, la mistica, il nulla. Una interpretazione del giovane Heidegger, Edizioni della Normale, Pisa 2006. 9. Cfr. W. Beierwaltes, ldentitiitund Differenz, cit., p. 135 (tr. it. cit., p. 368). 10. Cfr. M. Heidegger, Zur Sache des Denkens, Niemeyer, Tiibingen 1968, p. 62 (tr. it. di E. Ma7.7.arella, Tempo ed essere, Guida, Napoli 1980, p. 162). 11. Cfr. W. Beierwaltes, ldentitiit und Differenz, cit., p. 137 (tr. it. cit., pp. 370-371).
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essenza oltre l'esser-fondamento e l'esser-causa. L'Uno è causa non "in sé", ma solo "per noi": quando lo chiamiamo "causa" infatti esprimiamo il nesso dell'altro con l'identico, ma non questo identico stesso. Secondo Cusano, benché il Principio operi come causa di tutte le cose, non viene affatto pensato a livello dell'ente, bensl esso è nel tutto restando nulla di tutto, è nel mondo non nel modo del mondo. La paradossale CO-appartenenza di immanenza e trascenden7.a è uno dei Leitmotiv della tradizione neoplatonico-cristiana sull'Uno: Cusano e prima di lui Dionigi e i neoplatonici cristiani hanno elaborato con consapevole rigore una visione del Principio come unità dialettica e dinamica di trascendenza e immanen7.a, di "in" e "al di là", che rappresenta l'elemento fondamentale e basilare della sua concezione henologica. Il paradosso consiste nell'unità di due momenti: seconao il primo, l'Uno si mostra quale principio o causa di tutto, fondamento sen7_.a fondamento che forma e conserva la realtà mondana, peghé "presente" in tutte le cose; tuttavia, per il secondo, al medesimo tempo, l'Uno è panton epékeina, pura differen7.a da ogni ente, assen7.a che non si identifica con nessuna delle cose create, nulla di tutto. Il pensiero cusaniano, cosl come più in generale neoplatonico, non procederebbe istituendo relazioni di fondamento in direzione di un "ente sommo" cui spetta il massimo grado di "essere", ma vivrebbe del dislivello tra il piano del Principio e il piano del principato, della differen7.a e della distan7_.a tra l'Uno e la totalità del reale, sfuggendo allo schema onto-teo-logico. La riflessione beierwaltesiana sull'ecceden7_.a della riflessione
cusaniana rispetto alla critica alla metafisica di Heidegger include anche la problematiz7_.azione dell'altro noto adagio heideggeriano, ripetuto instancabilmente, secondo cui la storia della metafisica occidentale sarebbe caratteri7.7.ata dal declino della domanda sull'essen7_.a della verità, che a partire da Plato-
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ne sarebbe stata ridotta ali'esattezza dello sguardo e attraverso l'aristotelismo ad adaequatio rei et intellectus 12• La verità invece secondo Heidegger dovrebbe essere intesa nel suo senso originario nascosto ne11a sua stessa etimologia che la vuole derivante da a-letheia, non-nascondimendo, ossia attraverso l'attenzione ali' alfa privativo presente nell'etimologia del termine stesso bisognerebbe rammemorare l'originaria ascosità de11a verità, dalla cui ri-velazione dipenderebbe la possibilità della verità come conformità dell'enunciato alla realtà. In termini heideggeriani la verità andrebbe pensata come Ent-berg-ung, ossia come ci indica la terminazione tedesca "-ung", come un movimento continuo e non come un qualcosa di già dato a cui poi il pensiero debba adeguarsi. La verità come adeguazione dipenderebbe dunque da un originario, anche qui obliato destinalmente dalla tradizione metafisica.
Tuttavia, come sottolinea Beieiwaltes, se già Platone si sottrae a tale inteipreta7ione, grazie alla sua concezione dell'idea come essere vero o essere in senso proprio, determinazione che Heidegger respinge a favore di un'intetpretazione etimologizzante del termine "idea", l'intera tradizione neoplatonica, che pensa la verità come una caratteristica de11'essere ed invero delressere assoluto stesso, sfugge completamente alla riduzione heideggeriana. In Cusano stesso la verità come corrisponden7,a è possibile solo sulla base di una più originaria identità dell'ente con sé stesso, che a sua volta dipenderebbe dalla partecipazione della creatura alla aequalitas absoluta o veritas absoluta. Scrive infatti Cusano: «Sen7,a l'eguaglianza non si comprende la verità, che è l'adeguazione della cosa e
12. W. Beicrwaltes, Heideggers Riickgang zu den Griechen, cit., p. 366 {tr. it. cit., p. 73).
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dell'intelletto» 13• In altri termini, la verità come adaequatio sarebbe solo un modo derivato della verità dipendente dalla possibilità dell'identità della cosa con sé stessa, identità essenzialmente radicata nel rapporto verticale di partecipazione della creatura all'assoluta trascendente aequaUtas, Ii-velatesi nella stessa eguaglianza della creatura con sé stessa come l'aequalitas assoluta stessa. In altri termini, ogni cosa sarebbe quello che è e potrebbe fungere da referente della nostra conoscen7..a e delle nostre asserzioni in quanto tale cosa partecipa di una verità o unità originaria, forma universale dell'essere e del conoscere a cui tutte le cose devono partecipare per poter essere quello che sono ed essere conoscibili. L'interpretazione heideggeriana della metafisica occidentale come essenziale e destinale oblio dell'essere, ridotto ad ente, e oblio dell'essen7.a della verità, ridotta a conformità, è possibile dunque, paradossalmente, sulla base di un altro, strategico, oblio, quello dell'autentico significato speculativo e storico del pensiero platonico e neoplatonico da parte di Heidegger stesso. Al contrario, secondo Beierwaltes, il pensiero dell'essere inteso come "differenza", "radura", "evento", troverebbe nel pensiero dell'Uno (o della verità) inteso come omnium nihil, differenza rispetto a tutto ciò che da esso deriva (ossia l'ente o le congetture 14), un punto di riferimento privilegiato
13. De aequal,., 27, p. 36 (tr. it., pp. 1284-1285): «Sine aequalitate non intelligitur veritas, quae est adaequatio rei et intellectus». 14. De coni., I, 11, 57, p. 58 {tr. it., p. 373): «Coniectura igitur est positiva assertio, in alteritate veritatem, uti est, participans». Sul prospettivismo veritativo cusaniano, cfr. N. Herold, Menschliche Perspektive und Wahrlzeit. Zur Deutung der Subjektioitiit in clen philosophischen Schriften des Nikolaus oon Kues, Aschendorff, Miinster 1975; G. Cuozzo, Mysticeoiclere. Esperienza religiosa e pensiero speculativo in Cusano, Trauben, Torino 2002, pp. 130-143; M. Riedenauer, Pluralitiit und Rational,itiit, Kohlhammer, Stuttgart 2007; D. Monaco, Cusano e la pace della fede, pref. di F. Tomatis, Città Nuova,
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e paradigmatico 15 • Tra i maestri della filosofia dell'interpretazione alcune osservazioni sulla portata teoretico-ermeneutica della riflessione
Roma 2013, pp. 75-112; E. Peroli, Niccolò Cusano. La vita, l'opera, il pensiero, Carocci, Roma 2021, pp. 203-210. 15. SecondoBeierwaltes, che nei neoplatonici vengascortoil pensierodi una differen7.a ontologica non significa fare di questi pensatori dei pre-heideggeriani, con tutte le conseguenze che ne derivano, né stilizzare Heidegger come un neoplatonico. Cfr. W. Beierwaltes, Heideggers Riickgang zu den Griechen, cit., pp. 367 (tr. it. cit., p. 74). Sull'idea di una parentela profonda e densa di contrasti tra la speculazione di Heidegger e quella neoplatonica non mancano posizioni opposte da parte degli studiosi. Cfr. U. Ugazio, Heidegger e il neoplatonismo, in «Annuario filosofico», 20, 2004, in part. p. 82. Due tesi opposte sono riconducibili a Joseph Moreau e a Gerard Huber. Moreau ha sostenuto che, nel corso della storia della filosofia, proprio a Plotino (e al neoplatonismo) spetterebbe il merito di aver dato espressione nel modo più compiuto alla differen7.a ontologica nel senso di Heidegger. Al contrario, Gerard Huber ha affermato che la differen7.a ontologica sarebbe insufficiente rispetto alla trascenden7.a plotiniana. che riguarda la distinzione tra l'essere e l'Assoluto, procedendo oltre quella tra l'essere e l'ente. Cfr. G. Huber, Das Sein und das Absolute, Verlag fiir Rechte und Gesellschaft, Base) 1955; J. Moreau, La conscience et l'etre, Aubier-Montaigne, Paris 1958. Sul tema cfr. P. Hadot, Heidegger et Plotin, in «Critique», 142, 1959, pp. 539-556; J.D. Jones, A Non-Entitative Understanding of Be-ing and Unity: Heidegger and Neoplatonism, in «Dionysius», 6, 1982, pp. 94-110; R. Schiirmann, Neoplatonic Henology as an Overcoming ofMetaphysics, in «Research in Phenomenology», 13, 1983, pp. 25-41; K. Kremer, Zur ontologischen Differenz. Plotin und Heidegger, in «Zeitschrift fiir philosophische Forschung», 43, 1989, pp. 67-94; A. Charles-Sager, Aphafresis et Gelassenheit, cit.; C. Yannaràs, Heidegger e Dionigi Areopagita, cit.; J.D. Caputo, The Mystical Element in Heideggers Thought, cit.;J.- M. Narbonne, Hénologie, ontologie et Ereignis, cit.; C. Esposito - P. Pom> (a cura di), Heidegger e i medievali, cit.; R. Schiirmann, Broken Hegemonies, tr. ingl. di R. Lilly, Indiana University Press, Bloomington 2003, pp. 145-160; C. Ciancio, Introduzione al convegno: Presenza della tradizione neoplatonica nella fil,osofia del Novecento, in «Annuario filosofico»,20, 2004, pp. 33-37; W.J. Hankey, Why Heidegger's "HistonI ofMetaphysics is Dead, in «American Catholic Philosophical Quarterly», 78, 3, 2004, pp. 425-443.
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neoplatonica sono state avanzate dal filosofo italiano Luigi Pareyson (1918-1991), a cui è dedicato il capitolo conclusivo del presente lavoro. Secondo Pareyson, quando Heidegger parla della differenza ontologica tra l'essere e gli enti, sottolineando come non si possano mettere sullo stesso piano e non se ne possa parlare nella stessa maniera, egli sta alludendo a qualcosa di molto vicino alla concezione neoplatonica dell'Uno come al di là dell'essere 16. La differen7.a ontologica heideggeriana trova una sua anticipazione nell'ontologia e teologia negativa neoplatonica secondo la quale Dio non è solamente essere ma superessere. Secondo Heidegger dell'essere non si può parlare come se fosse un ente ed è per questo che ne parla come del nulla, proprio come per i pensatori neoplatonici è necessario parlare negativamente del Principio. Secondo il filosofo italiano quando di parla di sovrabbondan7.a e inesauribilità dell'Uno, affermando che in virtù della sua trascendenza non se ne può dire nulla perché ogni predicazione è sempre inadeguata-come accade nella riflessione cusaniana - in fondo lo si affida a una forma di conoscen7.a che è l'interpretazione. Tutto quello che si afferma del principio è sempre cifra, simbolo, perché esso di per sé è ineffabile. All'inesauribilità dell'essere corrisponde l'infinità dell'interpreta7jone17. L'essere manifesta la sua natura abissale nell'interpretazione perché esso risiede nell'interpretazione come una presenza sen7.a figura; è l'interpretazione che gli dà figura ma essa non assorbe mai completamente l'essere. L'essere non si riduce mai soltanto all'interpretazione, pur essendo vero che l'essere è sempre presente nell'interpretazione che se ne dà, al punto da identificarsi di volta in volta con essa. Sebbe-
16. Cfr. L. Pareyson, &sere libertà ambiguità, in Id., Opere complete, voi. XIX, a cura di F. Tomatis, Mursia, Milano 1998, p. 64.
17. Cfr. ivi, p. 6.5.
23 ne l'Uno resti, nella sua trascendenza e nel suo mistero, inesprimibile e incomprensibile, Cusano cerca di coglierne ed esprimerne, congetturalmente, il carattere abissale, fontale e inesauribile, attraverso una molteplicità di concetti simbolici e di immagini enigmatiche 18 • Come abbiamo già sottolineato, non è in discussione tanto la tesi di Heidegger, quanto l'accesso ad una comprensione del pensiero di Cusano a partire da una prospettiva che possiamo definire ermeneutica, ossia caratterizzata, da un lato, dall'universali7.7.arsi del fenomeno dell'interpretazione e, dall'altro, da una concezione della verità o dell'essere che faccia propria l'istanza critica dell'idea heideggeriana di differen7.a ontologica. All'interno di questo orizzonte di ricerca si inseriscono le indagini contenute nel presente volume.
18. Cfr.De aequaL, 2, p.5 (tr. it., p.1245). Sul carattere simbolico-enigmatico della conoscenza del Principio in Cusano, cfr. W. Beierwaltes, Derverborgene Gott, Trierer Cusanus-Lecture, Heft 4, Trier 1997, rip. in Id., Platonismus im Christentum, Klostermann, Frankfurt a.M. 1998, pp. 130-171 (tr. it. di A. Trotta, Il Dio nascosto: Dionigi e Cusano. Un episodio dell'incontro tra cristianesimo e platonismo, in «Annuario filosofico», 14, 1998, pp. 7-24, poi tr. it. di M. Falcioni, Il Dio nascosto. Dionigi e Cusano, in W. Beierwaltes, Platonismo nel cristianesimo, Vita e Pensiero, Milano 2000, pp. 153-202); M. Maurizi, La nostalgia del totalmente non altro. Cusano e la genesi della modernità, Rubbettino, Soveria Mannelli 2008; D. Monaco, Deus Trinitas. Dio come non altro nel pensiero di Nicolò Cusano, pref. di W. Beierwaltes, Città Nuova, Roma 2010, pp. 236-250.
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Capitolo I
Il Platone di Cusano Una lettura neoplatonica
l. Cusano e Platone Marsilio Ficino, dopo una lunga elaborazione, nel 1484 diede alle stampe a Firenze la prima versione latina completa dei dialoghi platonici, rendendo possibile un'ampia diffusione e una conoscen7.a più profonda della filosofia di Platone 1• Alle spalle dell'importantissima impresa ficiniana c'era il lavoro dei tanti umanisti che, lungo tutto il corso del Quattrocento, si erano impegnati nella traduzione di una o più opere platoniche2 • Tra i pensatori che prima del lavoro di Ficino ebbero una buona conoscenza della fìlosofia di Platone va annoverato Nicolò Cusano. Vespasiano da Bisticci nelle sue Vite di uomini illustri del seco"lo XV definisce il cardinale un "grande platonista"3; Giovanni Andrea Bussi nel tesserne le lodi 6.Iosofiche lo descrive 1. Sul tema cfr. J. Hankins, La riscoperta di Platone nel Rinascimento italiano, tr. it. di S.U. Baldassarri - D. Downey, Edizioni della Normale, Pisa 2009, pp. 307-502; C. Garfagnini (a cura di), Marsilio Ficino e il ritorno di Platone. Studi e documenti, 2 voli., Olschki, Firenre 1986.
2. Cfr. J. Hankins, La riscoperta di Platone, cit., p. 36. 3. Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini illustri del secolo XV, a cura di P. D'Ancona- E. Aeschlimann, Hoepli, Milano 1951, pp. 118-119.
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come un grande conoscitore di Platone4. Tali testimonianze dimostrano come la fama di Cusano quale esperto dell'opera platonica fosse già diffusa presso i suoi contemporanei. In effetti egli si era molto adoperato per la raccolta delle traduzioni latine sia medievali sia umanistiche dei dialoghi di Platone ed aveva un'ottima conoscenza delle versioni disponibili al suo tempo. Il cardinale conseivava una raccolta quasi completa delle traduzioni latine dei testi di Platone disponibili al suo tempo e sembra che ne fosse un lettore molto attento'>. Tra le opere che erano in suo possesso risultano: Apowgia, Fedone, Critone, Menone e Fedro nella traduzione latina di Leonardo Bruni Aretino e Enrico Aristippo (Codex Cusanus 177); la Repubblica nella traduzione di PierCandido Decembrio (Codex Cusanus 178); le Leggi nella traduzione di Giorgio da Trebisonda (Harl. 3261); le Lettere nella traduzione di Leonardo Bruni; la traduzione parziale del Timeo trasmessa dal commento di Calcidio (Harl. 2652)6; e la
4. G.A. Bussi, Prefazioni alle edizioni di Sweynheym e Pannartz prototipografi romani, a cura di M. Miglio, Il Polifilo, Milano 1978, p. 17. 5. Cfr. J. Hankins, I.A riscoperta di Platone, cit., p. 268; J. Marx, Veruichnis der Handschrift-Sammlung des Hospitals zu Cues bei Bemkastel a./Mosel, Schaar& Dathe, Trier 1905, pp.164-169; P.O. Kristeller, Studiesin Renaissance Thought and Letters, voi. I, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1956, pp. 35-36; H.G. Senger, Die Exzerpte und Randnoten des Nikolaus von Kueszu den lateinischen ~etzungen der Proclus-Schriften. Theologia Platonis-Elementatio theologica, Winter, Heidelberg 1986, p. 24. Ciononostante, con le annotazioni marginali ai testi platonici Cusano era piuttosto parco: cfr. G. Santinello, Glosse di mano del Cusano alla Repubblica di Platone, in «Rinascimento», XX, 1969, p. 136. CTr. anche M.L. Fuehrer, Cusanus Platonicus. References to the Tenn 'Platonici' in Nicholas ofCusa, in S. Gersch - M.J.F.M. Hoenen (a cura di), The Platonic Tmdition in the Middle Ages. A Doxographic Approach, de Gruyter, Berlin-New York 2002, pp. 345-370. 6. Cfr. J. Hirschberger, Das Platon-Bud bei Nikolaus oon Kues, in G. Santinello (a cura di), Nicolò Cusano agli inizi del mondo moderno, Atti del Congresso internazionale in occasione del V centenario della morte di Nicolò Cusano, Bressanone, 6-10 settembre 1964, Sansoni, Firenze 1970, pp. 113-
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prima versione latina completa del Pannenide (Codex Volterranus 6021 ). Cusano aveva, pertanto, una conoscenza diretta dei dialoghi di Platone, sebbene nella loro traduzione latina7•
2. La Repubblica: l'interpretazione cusaniana dell'analogia solare Tra i dialoghi tradotti in latino prima dell'impresa fìciniana spicca una delle opere principali di Platone: la Repubblica. Una versione pre-fìcianiana della Repubblica fu compiuta dall'umanista patavino Pier Candido Decembrio, figlio di Uberto traduttore anch'egli a suo tempo dell'opera8 •
13.5; P.O. Kristeller, A Latin Translation of Gemistos Pletlwn's De fato by Johannes Sophianos dedicated to Nicho"fas of Cusa, ivi, pp. 175-193, in part. pp. 190-191. Sull'importan7.a del Timeo nella genesi della concezione cusaniana dello spazio e della materia cfr. D. Thiel, Ch6ra, locus, materia Die Rezeption desplatonischen Timaios (4&-53c)durch Niko"fausoon K:ues, in J.A. Aesten - A. Speer (a cura di), Raum und Raumoorstellungen im Mittelalter, de Gruyter, Berlin-New York 1997, pp. 52-73. 7. Su Cusano lettore di Platone cfr. J. Hirschherger, Das Platon-Bild bei Nikolaus oon K:ues, cit.; B. Mojsisch, Platonisches und Platonistisches in der Philosophie des Nikolaus oon K:ues, in T. Kobusch -T. Mojsisch (a cura di), Platon in der abendliindischen Geistesgeschichte. Neue Forschungen zum Platonismus, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Dannstadt 1997, pp. 134142; M.L. Fuehrer, Cusanus Platonicus, cit., pp. 345-370; C. Horn, Cusanus iiber Platon und dessen Pythagoreismus, in K. Reinhardt - H. Schwaetzer (a cura di), Nicolaus oon K:ues in der Geschichte des Platonismus, Roderer, Regensburg 2006, pp. 9-31; C. D'Amico, Plato and Platonic Trndition in the Philosophy of Niclwlas of Cusa, in A. Kim (a cura di), Brill's Companion to German Platonism, Brill, Leiden-Boston 2019, pp. 15-42. Sulla conoscen7.a cusaniana della tradizione platonica successive a Platone cfr. P.O. Kristeller, A Latin TranslationofGemistos Plethon's De fato, cit. 8. Su Pier Candido Decembrio e la sua traduzione della Repubblica cfr. La riscoperta di Platone, pp. 190-230. Sulle traduzioni della Repubblica cfr.
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Il Codex Cusanus 178, conseivato nella biblioteca di BernkastelKues, contiene la traduzione latina dell'opera fatta da Pier Candido Decembrio9 ; un'altra copia della versione decembriana è contenuta in un codice posseduto dalla biblioteca del Seminario Maggiore di Bressanone, ove Cusano fu vescovo per molti anni10 • Come ha dimostrato Giovanni Santinello, il codice di Bressanone dipende da quello della biblioteca cusaniana di Bemkastel-Kues, riportando il primo correzioni e annotazioni provenienti dall'altro 11 • Entrambi i codici contengono le glosse di Pier Candido Decembrio, spesso ricopiate dalla mano dello stesso Cusano. Tuttavia, Cusano non ha annotato tutte le copiose glosse decembriane alla Repubblica, ma solo una parte. Il dato della copiatura parziale è molto interessante perché permette di cogliere quali aspetti hanno colpito maggiormente l'interesse del pensatore tedesco. Delle glosse sino al V libro solo tre sono di Cusano, mentre nei libri successivi se ne contano 41 di sua mano: 30 glosse al libro VI (concentrate in particolare nella seconda anche M. Vegetti- P. Pissavino (a cura di), I Decembrio e la tradizione della Repubblica di Platone tra Medioevo e Umanesimo, Bibliopolis, Napoli 2005.
9. J. Marx, Verzeichnisder Handschrift-Sammlung, cit., p.166. 10. R. Danzer, Nikolaus von Knes in der Uberlieferungsgeschichte der lateinischen Literatur nach Ausweis der Lonooner Handschriften aus seinem Besitz, in «Mitteilungenund Forschungsbeitrage derCusanus-Gesellschaft», 4, 1964, p. 388; G. Santinello, Gl.osse di mano del Cusano, cit., p. 117. Come Cusano abbia avuto i due codici della Repubblica non è possibile dirlo con certeZ7.a, tuttavia il suo nome ricorre nella corrispondenza tra Francesco Pizzolpasso e Decembrio negli anni 1437-1439, negli anni in cui quest'ultimo sta lavorando alla versione latina dell'opera, di cui tiene costantemente informato Pizzolpasso. Dalla corrispondenza risulta che Decembrio non conosceva Cusano, ma la sua figura gli venga presentato nelle epistole da Pizzolpasso. Cfr. R. Sabbadini, Storia e critica dei testi latini, Battiato, Catania 1914, pp. 232-237; J. Koch, Nikolaus oon Knes und seine Umwelt, Winter, Heidelberg 1948, pp. 9-12. 11. Cfr. Santinello, Glosse di mano del Cusano, cit., p. 122.
29 metà); 2 glosse al libro VII; 1 glossa al libro VIII; 1 glossa al libro IX; 7 glosse al libro x12. Ci sembra importante sottolineare che Cusano abbia sentito l'esigen7.a di copiare solo quelle relative ai libri VI-X, con una particolare predilezione per quelle relative al VI libro che hanno un carattere più fìlosofico-speculativo e religioso 13: un chiaro segno degli interessi con cui si rivolgeva alla Repubblica. Tra esse vanno ricordate quelle relative al parallelo tra il Sole e il bene, sulla trascenden7.a del bene rispetto all'essere, e sulla sua capacità di conferire l'essere e l'essere conosciuto 14. A ciò va aggiunto che, se si esclude una annotazione frutto di un'incomprensione testuale, l'unica nota attribuibile originalmente a Cusano, ossia di cui lui non è copista ma autore, è quella riguardante l'identificazione del Sole con Dio 15• L'interesse morale, politico e filologico-umanistico del Decembrio lettore della Repubblica lascia ben poca traccia nel lavoro di Cusano, cosl come l'interesse cusaniano sembra molto diverso da quello essenzialmente pratico degli umanisti e da cui nasceva l'attenzione al tempo per l'opera di Platone 16 •
12. Cfr. ivi, p. 120. 13. Cfr. ivi, p. 123. 14. Il testo delle glosse è ora disponibili in ivi, pp. 112-145. 15. Cfr. ivi, p. 133, nota 3. Per il testo della annotazione cfr. ivi, p. 142: «nota dicitdeum Solem». L'unicaaltranotafruttodi unaglossaautonomadi Cusano è legata al VII libro e alla necessità dello studio dcli' aritmetica nella formazione del filosofo. Cfr. ivi, p. 143: «nota per numerorum intellectum ad nature nocionem pervenire». Un errore nella traduzione di Decembrio induce Cusano a intendere il numero come strumento per lo studio nella natura, quando invece Platone sta parlando della natura del numero. Cfr. Resp., 5251>-e. La nota sui numeri come strumenti di conoscen:za della natura, in quanto rappresenta un tema che ha ampi sviluppi nel pensiero cusaniano, dimostra che Cusano nei passaggi per lui più importanti è intervenuto personalmente.
16. Cfr. E. Garin, Ricerche sulle traduzioni di Platone nella prima metà ciel sec. XV, in Aa Vv., Medioevo e Rinascimento. Studi in onore di Bruno Nardi, Sansoni, Firenze 1955, voi. I, p. 347.
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Cusano piuttosto è preso dagli aspetti metafisici del testo platonico e si concentra in particolare sulla concezione del bene attraverso la metafora del Sole presente nel VI libro. Come è noto, nella seconda metà del VI libro della Repubblica, attraverso l'uso di un'analogia, Platone colloca l'idea del bene in una posizione superiore rispetto alle altre idee 17 • Platone paragona la primazialità e l'azione dell'idea del bene rispetto al mondo delle forme a quella del Sole rispetto al mondo sensibile. Come il Sole è causa della visibilità degli oggetti in quanto attraverso la luce li rende visibili, così il bene è causa della intelligibilità delle idee in quanto le rende intelligibili. Il bene è pertanto la causa della conoscibilità delle idee. Tuttavia, la sua azione non limitata al solo piano gnoseologico, poiché il bene è causa anche ontologica delle idee in quanto fornisce realtà sostanziale agli intellegibili facendoli essere quello che sono. Come il Sole conferisce alle cose generate il principio della generazione, così il bene trasmette alle idee quei caratteri che le qualificano come tali, rendendole forme distinte dalle altre cose. Di qui il carattere più eminente del bene: in quanto causa dell'essere, l'idea del bene è al di là dell'essere, al di là dell'essen7.a, per dignità e poten7..a. Dalla lettura delle glosse si scopre, che sulla scorta dell'intetpretazione neoplatonica, la quale ha ampiamente discusso tali passaggi del testo platonico, che questi sono gli elementi che maggiormente hanno stimolato l'immaginazione fìlosofica di Cusano e che lo hanno portato ad una lettura teologica del VI libro della Repubblica con l'applicazione della metafora solare e l'attribuzione dei caratteri del Bene platonico a Dio 18•
17. Cfr. Platone, Resp., 507e-509e. 18. L'uso dell'analogia solare platonica, reinterpretata neoplatonicamente e teologicamente, è ricorrente nell'opera del cardinale. Cfr. De coni., II, XIII, 136, p. 133 (tr. it., p. 467): «Deus autem ipse infinitus sol intelligentiarum est, intelligentiae vero ut varia contractiora lumina rationum»; De beryl, 27,
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Per cogliere ]'interpretazione data dal cardinale, approfondendone ]'originalità, bisogna concentrarsi su alcune deUe sue ultime opere, in particolare suUa Directio speculantis seu d,e non al,iud, sul Compendium e sul De apice theoriae 19 • La Directio speculantis, composta nell'inverno tra il 1462 e
il 1463, si sviluppa in forma dialogica attraverso ventiquattro capitoli a cui si aggiunge un'appendice contenente venti pro-
p. 30 (tr. it., p. 1183): «Plato in libro De re pubblica recipit Solem et eius attendit in sensibilibus virtutem et ex conformitate illius se elevat ad lucem intelligentiae intellectus conditoris»; De ven. sap., XXXIX, 124, p. 113 (tr. it., p. 1757): «Laudant non immerito cuncti magnum Platonem, qui de Sole ad sapientiam persimilitudinem ascendit»; Comp., I, 2, p. 4 (tr. it., p. 1913): «Ponas igitur Solem patrem esse sensibilis lucis, et in eius similitudine concipe deum patrem rerum lucem omni cognitione inaccessibilem, res autem omnes illius lucis splendores, ad quos se habet visus mentis sicut visus sensus ad lucem solis». Cfr. inoltre De dato, N, 108-111, pp. 79-82 (tr. it., pp. 637643); De quaer., II, 34, p. 24 (tr. it., p. 5.5.5); De ap. theor., 8, pp. 122-123 (tr. it., p. 1977). Cusano sembra rifiutare invece l'idea che le Forme e i numeri siano entità separate dai particolari sensibili. Cfr. C. D'Amico, Plato and Platonic Tradition, cit., p. 20. 19. L'opera ci è stata trasmessa grazie ad una copia manoscritta portata a termine il 6 Aprile del 1496 a Norimberga dall'umanista Hartmann Schede) (Miinchen Bayerische Staatsbibliothek, Clm 24848). Il manoscritto, ritrovato da Barach, direttore della biblioteca di Strasburgo, è stato edito solo nel 1888 da Obinger: cfr. J. Obinger, Die Gotteslehre des Nikolaus Cusanus, Schoningh, Miinster-Paderborn 1888, pp. 150-193. Nel 1944 Paul Wilpert, sulla base del lavoro precedentemente condotto da Ludwig Bauer, lo pubblicò come voi. XIII degli opera omnia cusaniana e nel 1950vi aggiunse Addenda et corrigenda per venire incontro alle molte imperfezioni del testo. Oggi possediamo un nuovo testimone dell'opera grazie al ritrovamento da parte di Klaus Reinhardt di un manoscritto nella Biblioteca capitolare di Toledo contenente, oltre a numerosi altri scritti cusaniani, una copia del testo risalente all'incirca al 1460 (Toledo, Biblioteca Capftulares, To 19-26). Il testo di Monaco è però più preciso di quello di Toledo, in quanto quest'ultimo contiene numerosi errori di copiatura, molto probabilmente a causa dell'ignoranza del copista sull'oggetto del suo lavoro. Cfr. D. Monaco, Deus T~ nitas, cit., pp. 21-30.
32 posizioni. Tre interlocutori si alternano nel porre domande al cardinale Cusano: l'abate Andrea Vigevio, fìne conoscitore di Platone e di Proclo; il futuro vescovo di Nicotera Pietro Balbo di Pisa, traduttore della Teo'logia platonica di Proclo e di altre opere dell'età antica e patristica; il medico portoghese Ferdinando Matim di Roritz, esperto di Aristotele20 • Il testo si apre individuando nella definizione l'elemento centrale della conoscenza: noi conosciamo le cose in quanto le defìniam21. L'elemento originale della teoria della conoscenza esposta da Cusano consiste nell'individuare nel non al,iud l'elemento cardine della defìnizione22. Ogni cosa è conoscibile in quanto è non altro che ciò che è: il cielo è non altro che cielo,
20. Sugli interlocutori del dialogo cfr. Nicolaus von Kues, Vom Nichtanderen, a cura di P. Wilpert, Meiner, Hamburg 1952, pp. 99-103; Nicolas de Cusa, Acerca de lo no-otro o de la definici6n que todo de.fine. Nuevo texto critico originai, intr. e tr. sp. di J.M. Machetta, testo critico e note a cura di C. D'Amico - M. D'Ascenso - A. Eisenkopf - J. G. Rios - J.M. Machetta K. Reinhardt - C. Rusconi - H. Schwaetzer, Editorial Biblos, Buenos Aires 2008, pp. 243-246; M. von Perger, Nichts .Anderes - Ein Fund des Cusanus auf der Namenssuche fiir das erste Prinzip aller Dinge, in «lntemationale Zeitschrift fiir Philosophie», 2, 2004, pp. 114-139. 21. Cfr. De non aliud, 1, pp. 3-4 (tr. it., p. 1447): «Nicolaus: Abs te igitur in primis quaero: quid est quod nos apprime facit scire? Ferdinandus: Definitio». 22. Se la definizione aristotelica è composta da almeno due predicati, ossia dall'indicazione del genere prossimo e della differen:za specifica, quella cusaniana ha nel non aliud il suo fulcro, il suo cardine essenziale. Inoltre se la definitio di matrice aristotelica pone il suo oggetto all'interno dell'orizzonte più comprensivo del genere per poi determinarlo e distinguerlo attraverso l'indicazione della sua differen:za specifica, quella cusaniana - in modo solo formalmente analogo alla prima- è strutturata secondo un doppio movimento: in primis pone l'oggetto all'interno dell'orizzonte assolutamente indefinito dell'aliud per poi, attraverso la poten:za della negazione data dal non, riportare l'oggetto presso di sé come sé stesso staccandolo dall'orizzonte del totalmente indeterminato e rivelandolo per quello che è. Sul non aliud come principio della definizionecfr. S. Dangelmayr, Gotteserkenntnisund Gottes-
33 l'altro è non altro che altro23• Tuttavia, tale capacità definitoria del non aliud non ha valore solo gnoseologico, ma anche ontologico24. Non solo sono conoscibili, ma le cose sono quello che sono in virtù del fatto che sono non altro che quello che sono. Ogni cosa è quello che è in quanto è non altro che sé stessa25 • Per illustrare il duplice valore, gnoseologico e ontologico della capacità definitoria del non aliud, Cusano utilizza la metafora della luce 26• Come la vista sensibile non vede nulla senza la
begriffin den philosophischen Schriften des Nikolaus oon Kues, Hain, Meisenheim a.GI. 1969, pp. 246-248. 23. Cfr. De non aliud, I, 1, p. 5 {tr. it., p. 1447): «Nicolaus: [ ... ] Quid enim responderes, si quis te "quid est aliud?" interrogaret? Nonne diceres: "non aliud quam aliud"? Sic, "quid caelum?"; responderes: "non aliud quam caelum". Ferdinandus: Utique veraciter sic respondere possem de omnibus, quae a me definiri expeterentur». Cfr. De non aliud, III, 10, pp. 7-8 (tr. it., p. 1457}: «Nam cum omne, quod quidem est, sit non aliud quam id ipsum, hoc utique non habet aliunde; a "non alio" igitur habet. Non igitur aut est aut cognoscitur esse id, quod est, nisi per "non aliud", quae quidem est eius causa, adacquatissima ratio scilicet sive definitio». 24. Cfr.C. Rusconi, Ladefinici6nquesedefineasimismayatodo,in Nicolas de Cusa, Acen:a de lo no-otro, cit., pp. 336-346. 25. Cusano prende le distan7.e dalla concezione platonica, contenuta nella VII Lettera {cfr. Platone, Epist., VII, 342b-344d), secondo la quale la definizione non attinge direttamente l'essenza, il quid, il "che cosa" della cosa definita. Cfr. De non aliud, XXII, 101, p. 1561: «Meministi, puto, Platonem negare quid rei definitionem attingere, quia quidditati circumponitur, uti etiam Proculus explanat. Unde non fit ita, cum ipsum "non aliud" se atque omnia defìnit. Non enim sic ipsum principium quidditativum defìnit, quasi qui lineis circumpositis triangularem determinat seu defìnitsuperfìciem, sed quasi superfìciem, quae trigonus dicitur, constituat». Secondo l'interpretazione del cardinale, a differen7.a della definizione platonica, il non aliud, in quanto principio quidditativo, e la definizione su di esso fondata non girano attorno al quid della cosa come se delimitassero la superficie della cosa dall'esterno, ma definendola la costituiscono dall'interno. 26. Oltre che Platone, qui il riferimento cusaniano è certamente lo PseudoOionigi; si vedano le molteplici citazioni in cui ricorre la metafora della luce,
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luce e il colore o il visibile sensibile non sono altro che la tenninazione o definizione della luce sensibile, cosl la mente senza quella luce intelligibile che è il non al,iud non può conoscere alcuna creatura, la quale è quello che è in quanto partecipa della luce intelligibile che è il non al,iucP-7• Fermo restando le differenze, ossia principalmente che l'azione dell'idea delbene in Platone sembra esplicarsi sul solo piano del mondo intelligibile, come nella metaforizzazione solare platonica dell'idea del bene, per Cusano il non al,iud opera in modo duplice donando realtà sia gnoseologica sia ontologica alle cose. Tuttavia, Cusano sembra approfondire e cercare di chiarificare le ambiguità connesse all'idea del bene platonico - che ricordiamolo nel suo particolare statuto di principio dell'essere e della conoscenza, sembra porsi al di là delle essenze per dignità e potenza pur essendo a sua volta una idea - attraverso una sua reinterpretazione. Il non al,iud, infatti, non è solo causa dell'essere e dell'intelligibile, ma in quanto principio trascende tutte le cose da lui principiate. Il non aliud, infatti, si autodefinisce sia ontologicamente sia gnoseologicamente in quanto anche «il non altro è non altro che non altro». Grazie alla sua capacità di autodefinirsi il non altro supera anche l'idea di bene nella sua capacità di accennare al principio primo28 • Nel capitolo XXIII del De non al,iu. Nei molti, che non sono altro che apparizioni dello stesso Uno, il posse non è mai visto come è in sé, poiché esso in sé supera, trascende ogni chiare7.7_.a visibile ed è invisibile non per mancanza, ma per eccesso di lucore. Infatti, come la luce in sé complica tutti i visibili e supera la loro chiare7.7_.a e la loro belle7.za, così il posse in sé complica ogni sua successiva determinazione o apparizione, trascendendone ogni possibile bellezza e chiarezza51 •
«Et non videbis varia entia nisi apparitionis ipsius posse varios modos; quiditatem autem non posse variam esse, quia est posse ipsum varie apparens,,. 49. Cfr. De ap. theor., 8, p. 123 (tr. it., p. 1977): «Claritas vero lucis, ut in se est, visivam potentiam excellit. Non igitur videtur, uti est, sed in visibilibus se manifestat, in uno clarius, in alio obscurius. Et quanto visibile magis dare lucem repraesentat, tanto nobilius et pulchrius». 50. Cfr. De ap. theor., 19, p.131 (tr. it., p. 1987): «Et quia posse ipsum omne posse cum addito antecedit, non potcst necesse ncc nomi nari ncc scntiri ncc imaginari nec intelligi. Omnia enim talia id, quod per posse ipsum significatur, praeccdit, licet sit hypostasis omnium sicut lux colorum». 51. Cfr. De ap. theor., 8, p.123 (tr. it., p.1977): «Lux vero omnium visibilium claritatem et pulchritudinem complicat et excellit».
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3. Il Parmenide Al cardinale si deve, quale mecenate e committente, la prima versione latina del Parmenide di Platone; Giovanni Andrea Bussi nel prologo alla sua edizione del Didascal.ico di Apuleio ricorda che fu proprio il cardinale a volere fortemente la traduzione del dialogo platonico52 • Dopo il suo arrivo a Roma il 30 settembre 1458 il cardinale commissionò la traduzione a Giorgio da Trebisonda detto il Trapezunzio, che lavorò concludendola e componendo la dedica a Cusano presente sul manoscritto probabilmente tra l' 11 gennaio 1459 e il 30 settembre del medesimo anno53. Il cardinale ricevette la versione sicuramente non prima del mese di giugno quando ormai aveva concluso il De principio (9 giugno 1459) in cui è costante il riferimento a Platone, ma senza alcuna citazione diretta al testo platonico, bensì sempre attraverso il Commento al. Parmenide di Proclo54 •
52. Cfr. G.A. Bussi, Prefazioni alle edizioni di Sweynheym e Pannartz, cit., p. 18. In realtà il Didascalico è oggi attribuito ad Alcinoo.
53. Cfr. I. Ruocco, Introduzione, in Id. (a cura di), Il Platone latino. Il Parmenule: Giorgio di Trebisonda e il cardinale Cusano, Olschki, Firen7.C 2003, p. 9. Una traduzione che, vista l'esistenza di un solo testimone, non ebbe diffusione. 54. Tale cronologia è stata proposta da Monfasani a correzione di quella proposta in precedenza da Klibansky che indicava invece come datazione il 1450-51. Cfr. J. Monfasani, GeorgeofTrebizond. A Biography and a Study of His Rhetoric and Logie, Brill, Leiden 1976, pp. 161-170; R. Klibansky, Plato's Parmenides in the Middle Ages and the Renaissance. A Chtzt1ter in the Histo,y of Platonic Studies, in «Medieval and Renaissance Studies», 1, 1943, pp. 281-330. In realtà già il famoso storico della tradizione platonica aveva avanzato dei dubbi su tale datazione rilevando come tra il 1450/51 e la composizione del De non aliud non ci siano riferimenti diretti nell'opera di Cusano al testo platonico. La nuova datazione è stata poi accettata anche dallo stesso Klibansky: cfr. la prefazione a Plato's Parmenides in the Middle Ages and the Renaissance, in R. Klibansky, The Continuity of the Platonic
43 La traduzione del Parmenide platonico, scoperta da Raymond Klibansky nel 1942 e contenuta nel Codice 6021 della Biblioteca Guarnaci di Volterra, rappresenta l'unico testimone della prima versione latina integrale del testo platonico, antecedendo di almeno cinque anni quella ficiniana55 • Sino ad allora il dialogo era conosciuto in Occidente attraverso la traduzione del Commento al Parmenide di Proclo fatta da Guglielmo di Moerbeke che si interrompe alla fine della I ipotesi: il testo era dunque noto solo in forma indiretta e in maniera incompleta. Lo stesso Cusano, che già in anni giovanili aveva avuto un primo contatto coi testi di Proclo, a partire dal 1450-1455 ebbe a sua disposi7Jone il testo del commentario procliano annotandolo a più riprese e, a partire dal De beryllo (1458), citandolo più volte56 • Pertanto, fu merito di Cusano se la versione
Tradition during the Middle Ages. Outlines of a Corpus Platonicum medii aevi, Kraus, Miinchen 1981, pp. V-IX. 55. La traduzione è conservata nel codice Volterranus 6021, ff. 61r-81v; ora è edita in I. Ruocco {a cura di), Il Platone latino, cit., pp. 35-84. Sulla scoperta della traduzione cfr. R. Klibansky, Plato's Pannenidesin the Middle Ages and the Renaissance, cit Sulle traduzioni pre-ficiniane delle opere platoniche cfr. E. Garin, Ricerche sulle traduzioni di Platone, cit. 56. Un giovanile contatto con i testi procliani è attestato dagli estratti di mano cusaniana contenuti nell'attuale codice Argentoratensis bibliothecae Universitatis 84 e editi ora in R. Haubst, Die Thomas- and Proklos-Exzerpte des "Nicolaus Treverensis" in Codicillus Strassburg 84, in «Mitteilungen und Forschungsbeitrage der Cusanus-Gesellschafb,, 1, 1961, pp. 17-51. Il primo a richiamare l'attenzione su questi estratti è stato E. Vansteenberghe, Quelques lectares de Jeunesse de Nicolas de Caes d'après un manuscrit inconnu de sa bibliothèque, in «Archives d'histoire doctrinale et littéraire du Moyen Age», 3, 1928, pp. 275-284. La conoscen7.a da parte di Cusano del Commento al Parmenide di Proclo è attestata dalle note a margine di suo pugno presenti nei codici Vaticanus Latinus 3074 e Codex Cusanus 186, di cui entrò in possesso negli anni 1450-1455. Cfr. C. Steel, lntroduction, in Proclo, Commentaire surle Pannénidede Platon, tr. fr. di G. de Moerbeke, a cura di C. Steel, Brill, Leiden 1982, voi. I, pp. 12-17.
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parziale medievale e quelia diretta e completa umanistica del Parmenide furono introdotte in Italia'>7. NelI'opera cusaniana una prima menzione del Parmenide di Platone è presente nel sermone Maria aptimam partem elegit del 15 agosto 144658 • In questo sermone Platone è accostato a Boezio e a Dionigi Areopagita quale sostenitore di una concezione dell'Uno inteso come necessarium, affinché i molti siano, e allo stesso tempo come su.perextiltatum, in quanto al di là dei molti, ossia gli viene attribuita una visione dell'Unum di stampo sostanzialmente neoplatonica. Cusano afferma esplicitamente la corrispondenza tra la dottrina cristiana e quelia dei seguaci del Parmenide, che egli chiama i "platonici", elencando come punti di contatto: l'idea che l'Uno sia l'origine di ogni cosa; l'assoluta necessità delI'Uno, causa e ragione di tutto, la visione delI'Uno come complicatio omnium in quanto causa di ogni cosa59 • Si tratta di una interpretazione di Platone e del Parmenide ribadita e approfondita ulteriormente nell'Apologia >88• Tuttavia, Pareyson chiarisce come tale potenza non abbia nulla a che fare con la concezione aristotelica della potenza, come ciò che deve diventare atto, che si muove per attuarsi, piuttosto il suo atto è la sua potenza e la sua potenza è il suo atto. Si tratta di una concezione plotiniana che trova eco in Cusano e precisamente nel suo tentativo di pensare il principio come possest. Per Pareyson pensare l'originario come libertà significa conferire il primato alla categoria della realtà, perché se l'essere ha il suo principio nella pura libertà allora non è né necessario né possibile, ma è dono, elargizione gratuita e non predeterminata da nulla, nemmeno dalla poten7.a89• Tuttavia, qui Cusano sembra fornire spunti di riflessione diversi e ulteriori rispetto a quelli di Pareyson, capaci di permettere un approfondimento e sviluppo ulteriore. Cusano, approfondendo il terna della libertà divina attraverso l'idea del passe - slegando pertanto completamente il Principio da.li'essere e dall'attualità a cui era legato con il precedente nome divino di possest - ripensa radicalmente il concetto di potenza, conferendo il primato alla categoria della possibilità piuttosto che a quella della realtà00 • Non si pensi che Plotino o Cusano disegnino il perimetro speculativo all'interno del quale si muova la riflessione pareysoniana. Cosa aggiunge o modifica Pareyson dell'ontologia neoplatonica? Con Pascal e Kierkegaard, ma soprattutto con
88. Cfr. L. Pareyson, Essere libertà ambiguità, cit., p. 41. 89. lvi, pp. 44, 80. Sulla centralità della categoria della realtà in Pareyson
cfr. R. Serpytytè, Realtà e negatività: Pareyson tra Heidegger e Gadamer, in «Annuario filosofico», 32, 2017, pp. 52-67. 90. Cfr. G. Santinello, Novità nel pensiero del tardo Cusano, in L. Hagemann - R. Glei (a cura di), En kai plethos. Einheitund Vielheit. Festschrift for Karl Bormann zum 65. Geburtstag, Echter, Wiirzhurg 1993, pp. 161-173; S. Mancini, La sfera infinita, cit., pp. 269-270; Id., Congetture su Dio, cit., pp.103-164; D. Monaco, Act andPotency in Cusanus' Later Thought, cit.
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l'ultimo Schelling, Pareyson innesta l'idea di una frattura ontologica, causata dalla positività e radicalità del male: il mondo non è più semplicemente una manifestazione del divino. L'ultimo Schelling con la sua idea di estasi della ragione, aprendo a una filosofia positiva, diventa l'anello di congiunzione tra neoplatonismo ed ermeneutica dell'esperienza di fede cristiana. La lettura pareysoniana è particolarmente interessante e originale perché suggerisce una lettura di Cusano che va oltre le maglie della storiografia dominante secondo la quale il nome di Cusano è accostato a quello di Proclo e di Dionigi. Pareyson invece sa cogliere come teoreticamente il pensiero cusaniano sia più affine a quello plotiniano che a quello di questi due autori, che pur costituiscono sue fonti imprescindibili. Il pensiero cusaniano andrebbe teoreticamente e topologicamente accostato non a quello di Proclo, dunque, con il suo tentativo di colmare tutti i vuoti attraverso mediazioni e gradi intermedi, né Dionigi con la sua celebrazione del silenzio contemplante e dell'alterità dell'Uno, ma a quello di Plotino con la sua idea di abissalità e libertà dell'Uno e la sua visione del carattere fontale e inesauribile del Principio.
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Indice
Abbreviazioni Introduzione Cusano tra neoplatonismo, differenza ontologica ed ermeneutica I Il Platone di Cusano. Una lettura neoplatonica 1. Cusano e Platone 2. La Repubblica: l'interpretazione cusaniana dell'analogia solare 3. Il Parmenide 4. Cusano critico di Platone
p. 9
p. 13 p. 25 p. 25 p. 27 p. 42 p. 50
II Cusano e il neoplatonisnw nella lettura di Werner
Beierwaltes
p.51
1. Immanenza e trascendenza dell'Uno nella tradizione neoplatonica 2. The Historical Understanding ofthe Social, 3. La caccia al nome di Dio
p. 57 p. 66 p. 76
III I.A potenza che non è preceduta dall'atto 1. Premessa
2. Il De possest 3. Creatio ex nihilo 4. Deus absconditus
p.91 p.91 p.94 p.102 p. 111
IV
Inesauribilità, abissalità e libertà dell'Uno. Pareyson, P"lotino e Cusano p.119 1. L'onto"logia dell'inesaurimle p.119 2. Abissalità e libertà dell'Uno p.136 Bibliografia
p. 149