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Italian Pages 208 [203] Year 1998
Indice
Prologo
1.
I. I. I. 2.
1.3.
I+ I. 5.
1.6.
2.
2. I.
2.2. 2.3.
2+
9
Il platonismo dopo Platone: medioplatonismo come preparazione del neoplatonismo
13
Concetto di "preparazione del neoplatonismo" Breve cenno all'antica Accademia e alle vicende successive alla morte di Platone Varie tesi sul periodo oscuro tra Antioco e Alcinoo La tradizione pitagorica di età ellenistica e il neopitagorismo La rinascita del platonismo: medioplatonismo e suoi rappresentanti Significato generale del medioplatonismo come preparazione o precorrimento del neoplatonismo
27
Il neoplatonismo come rottura nella tradizione platonica
29
Identità storica e teorica del neoplatonismo: superamento della metafisica classica Ontologia e me-ontologia Le forme della teologia negativa Analitica e simbolica
29 32 35 39
7
13 14
16 17 18
3.
I cardini teorici del neoplatonismo
43
3. 1.
Elementi platonici, aristotelici, stoici e neopitagorici
43
3. 1. 1. Elementi platonici / 3. 1. 2. Elementi aristotelici / 3. 1. 3. Elementi stoici/ 3.1.4. Elementi neopitagorici
3.3. 3+ 3.5. 3.6. 3.7. 3.8.
La teoria dei Principi La teoria delle Ipostasi La teoria della Trascendenza Il Divino La Natura L'Uomo Filosofia, Teologia, Teurgia
4.
Le scuole neoplatoniche
4. 1.
L'evoluzione del pensiero neoplatonico e momenti di svolta Plotino Porfirio Giamblico Siriano Proclo Damascio Ammonio
3.2.
4.2.
4.3. 4+ 4.5. 4.6. 4.7. 4.8.
64 72 76 81
86 91 95
ro 1
Epilogo
suoi 101 104
rr6 1 26
132
140 160 170
179
Bibliografia Indice degli autori antichi
197
Indice degli autori moderni
199
Indice analitico
203
8
Prologo
Scrivere un'introduzione al neoplatonismo non è impresa facile, laddove si intenda presentare una sufficiente serie di elementi conoscitivi atti a dare un'idea adeguata dei valori teorici e storici di uno dei più grossi capitoli della storia del pensiero umano, per due ordini di motivi. In primo luogo perché resta ancora inesplorata o poco studiata buona parte delle ragioni, sia interne che esterne, del suo nascere e del suo svilupparsi attraverso tanti secoli di vita culturale e spirituale, densi, peraltro, di vicende sociopolitiche determinanti per i destini dell'umanità, come lo sono quasi sempre quelle di epoche di transizione. In secondo luogo perché resta ancora valida l' osservazione che R. T. Wallis faceva nella Foreword del suo Neoplatonism, che è l'ultimo tentativo di introduzione al neoplatonismo, già "vecchia" di venticinque anni (London 1972), e cioè che pochi dei movimenti che hanno formato la cultura e il pensiero dell'Occidente sono rimasti tanto poco conosciuti quanto il neoplatonismo. Certamente il tempo trascorso dalla data di pubblicazione del volume di Wallis vede migliorata di molto la situazione da lui lamentata, ma non tanto da rendere inattuale la sua osservazione e quindi le ragioni della difficoltà di una tale impresa. Si aggiunga che i testi neoplatonici, anche quelli accuratamente predisposti per la lettura da competenti e solerti filologi, non sono di facile comprensione e interpretazione a causa della particolare natura del metodo e della visione che i loro autori avevano della filosofia. È questa la ragione per la quale gran parte delle traduzioni di quei testi, soprattutto quelle in lingua italiana, sono da rifare integralmente (ed è per questo anche, oltre che per ragioni di metodo, che chi scrive ha preferito ritradursi ex novo tutti i testi di cui si è servito per questo lavoro). Diventa invece impresa accessibile e per nulla pretenziosa, laddove si voglia, più modestamente, provocare nel lettore quell'interesse di conoscenza che non sempre si riesce a provare leggendo le normali, e talora scialbe, presentazioni del neoplatonismo contenute nella corrente letteratura ma9
IL NEOPLATONISMO
nualistica o monografica, il cui punto di vista è, quasi sempre e per ovvie ragioni, troppo "ottuso" nella prima e troppo "focalizzato" nella seconda. Inutile, poi, dire perché un'introduzione al neoplatonismo sia pressoché superflua per gli specialisti di questo settore di ricerca, anche se può servire a coloro che intendano non trascurare punti di vista diversi e talora opposti ai propri. Dico questo perché io, nel tentare di costruire questa mia Introduzione al neoplatonismo, sono stato mosso dalla "presunzione" (dirà il lettore fin a qual punto giustificata) di non fornire, comunque, un semplice spaccato della communis opinio storiografica in questo campo, bensì dei punti di vista più personali e originali intorno alla soluzione di quei problemi ermeneutici che, per le ragioni suaccennate, non sempre si rivelano facili e scontati quando si tratta di neoplatonismo. Insomma, quel che voglio far intendere al mio lettore è che in questa materia tutto è ancora fluttuante e poco stabile, per cui è opportuno azzardare in ogni caso ipotesi e metodi di ricerca diversi da quelli comunemente accettati (si sa che molto spesso la pigrizia di certi studiosi lascia troppo spazio alla storiografia tradizionale che si rivela talora una vera e propria "mitologia" storiografica). Meglio, quindi, rischiare che adagiarsi su comode posizioni dai più, non sempre criticamente, accettate. Se per questa via e con queste premesse sarò riuscito a introdurre almeno efficacemente, non dico in modo del tutto sicuro, i lettori non specialisti alla comprensione e alla valutazione dei meriti teorici e storici dei pensatori neoplatonici, con risultati che - nelle mutate attuali condizioni della nostra conoscenza delle fonti neoplatoniche rispetto alle condizioni in cui Wallis faceva il suo tentativo - spero appaiano più adeguati e fruibili di quelli di Wallis (non foss' altro perché privi di quella sua dichiarata intenzione metodologica, oggi non più condivisibile, secondo cui la maggior parte degli sviluppi del pensiero neoplatonico sarebbe una "conseguenza naturale" della filosofia contenuta nelle Enneadi [ «follow naturally from points made in the Enneads» Foreword, cit., p. x] ), allora mi riterrò soddisfatto e pienamente ripagato delle non indifferenti fatiche sostenute per questo lavoro e avrò anche ripagato chi me lo ha proposto e pubblicato. Qualche indicazione sul metodo seguito in questo lavoro. Ho fatto precedere la trattazione dei singoli pensatori neoplatonici (almeno di quelli che a mio awiso sono i pensatori-cardine per la loro originalità e incisività sullo sviluppo della dottrina) da un capitolo sui "cardini teorici" del neoplatonismo per la semplice ragione che mi sembrava più facile comprendere il pensiero dei singoli filosofi (detto per inciso, il termine "filosofo" è usato qui come sinonimo del termine "pensatore") alla luce di alcune premesse fondamentali e generali, IO
PROLOGO
pur sapendo che queste ultime non possono non essere desunte dalle idee di quegli stessi pensatori. Si tratta dunque di una anticipazione (o posposizione) di natura semplicemente espositivo-didattica, anche se - occorre dirlo - la forza della "tradizione" e, quindi, della "impersonalità" delle idee è tanto spiccata nel neoplatonismo da giustificare anche logicamente un tale accorgimento metodologico. Ho fatto, poi, precedere la trattazione teorica e individuale da un capitolo sul significato generalissimo del neoplatonismo rispetto alla tradizione classica, non soltanto platonica, per la ragione che mi sembrava onesto (e quindi doveroso) informare subito il lettore sulla mia interpretazione più comprensiva e, nello stesso tempo, più estensiva da cui muoveva la mia Introduzione al neoplatonismo, in altre parole perché era giusto anticipare il punto di vista o la chiave di lettura più generale da cui muoveva la mia impresa: là dove i compiti sono più difficoltosi, è opportuno, a mio giudizio, essere scrupolosi e chiari al massimo livello possibile. Il lettore, insomma, aveva il diritto di sapere subito - prima, cioè, di leggere la mia esposizione dei cardini teorici e, a maggior ragione, del pensiero dei singoli filosofi neoplatonici - qual era il punto di vista ermeneutico (e storiografico in generale) da cui sarebbe stato governato tutto il mio discorso. Ho dedicato, infine, il primo capitolo al medioplatonismo per la semplice ragione che volevo rendere conto preliminarmente di uno dei problemi storiografici più tenaci e ancora aperti sulle origini del neoplatonismo, anche se, come appare owio, non sembra indispensabile alla comprensione della natura e del valore di una filosofia conoscere come e da dove sia nata: questa è, e dev'essere presentata, così come risulta dalle fonti. Ecco, sono questi i criteri metodologici che mi hanno guidato in questo lavoro. Desidero aggiungere che avrei voluto completare il lavoro con un capitolo sull'eredità del neoplatonismo, dall' antico al moderno (nel tardoantico, nel mondo latino, nel mondo islamico, nel mondo ebraico, nell'età umanistico-rinascimentale, nell'età moderna, nell'età contemporanea, nel nostro tempo), ma ne sarebbe venuto fuori un discorso troppo lungo per la natura editoriale di questo lavoro e, del resto, un semplice cenno non mi sembrava né utile né producente. Mi riprometto di presentare tutto questo in un saggio a parte, quando e se mi sarà possibile realizzarlo. Anche se non ho motivo di esprimere particolari ringraziamenti, dal momento che, per mia scelta, non mi sono servito della collaborazione e degli eventuali consigli dei miei numerosi e competenti amici e colleghi, dovrei tuttavia ringraziare alcuni di loro che mi sono stati tacitamente presenti e v1cm1 nella stesura di queste pagine in virtù della comunanza di interessi e spesso della concreta collaboraII
IL NEOPLATONISMO
zione di ricerca e discussione di molti dei temi qui affrontati (parecchi dei loro studi, peraltro, mi sono stati, a loro insaputa, di prezioso aiuto nella stesura di queste pagine). Non lo faccio menzionandoli esplicitamente per nome, ma solo per motivi di spazio, perché sono tanti e, in ogni caso, si trovano citati nella Bibliografia. Dovrei anche ringraziare, menzionandoli ad uno ad uno, tutti i miei allievi e collaboratori dell'Università di Catania che in tutti questi anni (e sono ormai tanti) mi hanno sorretto e incoraggiato a continuare la mia attività di ricerca e di insegnamento attraverso la loro continua e operosa collaborazione e attraverso l'impegno costante nel rispondere alle mie sollecitazioni allo studio e alla ricerca in un settore scientifico non di facile esplorazione e non sempre gratificante. Due di loro, R. L. Cardullo ed E. Di Stefano, meritano un particolare ringraziamento per avere letto con la massima attenzione le bozze definitive e corretto parecchi svarioni di lingua e di stile.
12
I
Il platonismo dopo Platone: medioplatonismo come preparazione del neoplatonismo
I.I
Concetto di "preparazione del neoplatonismo" Il concetto di "preparazione" nel campo della storia del pensiero e delle idee in generale non è di facile comprensione a causa del fatto che gioca in esso una tradizionale incrostazione semantica ed ermeneutica relativa al problema di ciò che i tedeschi chiamano QuellenJorschung: scoprire gli elementi e i fattori preparatori di una certa dottrina o anche semplicemente di una certa idea storicamente significativa comporta - almeno nella storiografia tradizionale - un lavoro di escavazione alla ricerca di altre dottrine o idee quali cause o sorgenti o precorrimenti di quella dottrina o idea. In altri termini, tutte le volte che ci si accinge a spiegare come e perché sorga una certa corrente di pensiero, per quanto semplice essa possa apparire, si sente il bisogno, almeno - ripeto - secondo un modello storiografico tradizionale, di andare alla ricerca di un altro pensiero che in qualche modo e in qualche misura "precorra" o contenga in nuce il pensiero della cui nascita si cerca di rendere conto. In effetti la cosa non appare del tutto inutile o insignificante, soprattutto là dove si tratti di tradizioni filosofiche o ideali che presuppongono per il fatto stesso di essere tradizioni una certa continuità appunto ideale e quindi di pensiero. Ma la questione è che a volersi accanire nel cercare di scoprire ad ogni costo quegli elementi o fattori di preparazione o precorrimento, si finisce per vederli e quindi illusoriamente trovarli anche là dove non esistono o, comunque, non è facile dimostrarli. La storiografia filosofica (e non soltanto filosofica) tradizionale è piena di tali eventi più o meno riusciti o apparentemente riusciti. Il risultato storicamente più eclatante e paradigmatico a cui si è giunti percorrendo tali itinerari è, forse, il famoso paradosso di Alfred Whitehead, secondo cui l'intera storia della filosofia occidentale altro non sarebbe che una serie indefinita di "annotazioni" a Platone o ad Aristotele. 13
IL NEOPLATONISMO
Più avanti si affronterà ex pro/esso anche questo tema della continuità o meno della tradizione, nella fattispecie della tradizione platonica, ma fin d'ora si può dare per scontato che in questa sede il problema della "preparazione" storica del neoplatonismo non investe quello della sua Quellen/orschung, almeno non l'investe nella forma che è cara alla storiografia tradizionale. Chi ha affrontato e discusso in lungo e in largo tale problema è il Theiler, che vi ha dedicato una serie di studi coordinati e concentrici usciti in un volume intitolato appunto Die Vorbereitung des Neuplatonismus '. La soluzione che Theiler dà al problema della preparazione del neoplatonismo consiste nel designare quale fattore preparatorio quella corrente della tradizione platonica che va sotto il nome di "medioplatonismo" o platonismo di mezzo, dentro il quale nascono e si formano le idee e le dottrine fondamentali del neoplatonismo, a cominciare da quella dell'unificazione del mondo intelligibile o mondo delle idee platoniche attraverso lo strumento dell'intelletto divino aristotelico. E poiché un tale processo preparatorio coinvolge la storia tardoellenistica del platonismo (cioè le ultime fasi dell'Accademia restituita dallo scetticismo al dogmatismo), è opportuno riassumere brevemente le vicende accademiche dalla morte di Platone fino ad Antioco di Ascalona, responsabile, quest'ultimo, della Vorbereitung theileriana. 1.2
Breve cenno ali' antica Accademia e alle vicende successive alla morte di Platone
Le vicende del platonismo dopo la morte di Platone coincidono in gran parte con quelle dell'Accademia da lui fondata, ma in una certa misura dipendono anche dall'atteggiamento critico e talora polemico del suo maggiore discepolo e avversario, Aristotele. Sia l'una che l' altro tradirono in un certo senso lo spirito della metafisica del maestro, favoriti anche dal fatto che quest'ultimo non si era preoccupato {come invece avrebbe fatto Aristotele) di costruirla su solide basi e secondo principi chiari e indubitabili. Già gli immediati successori di Platone, il nipote Speusippo e Senocrate, avevano deviato, per così dire, il corso di quella metafisica, il primo in direzione troppo pitagorizzante (nonostante gli stretti legami teorici tra pitagorismo e platonismo), il secondo in direzione naturalistica (eccessivo peso del Timeo). Aristotele, da parte sua, diede il colpo di grazia alla credibilità 1.
W. Theiler, Die Vorbereitung des Neuplatonismus, Berlin 1966 [r93ol.
14
I.
IL PLATONISMO DOPO PLATONE
del platonismo sia snaturandone il senso più profondo e caratteristico, e cioè l'idea della "trascendenza" dei principi e dei valori, che egli interpretò in chiave "separatistica" [xwpu1µ6ç], sia combattendone i deboli e del tutto inadeguati sostenitori accademici. Il risultato fu che il platonismo subì, da un lato la sorte che il suo fondatore aveva già lucidamente preconizzata quando teorizzava il rischio che subisce la scrittura lasciata sola e senza la difesa del suo autore nelle mani dei suoi interpreti, e dall'altro lato la deleteria obnubilazione scettica a cui lo costrinsero i successori di Senocrate, a partire soprattutto da Arcesilao. Solo con Filone di Larissa, ma più ancora con il suo discepolo-avversario Antioco di Ascalona, la metafisica platonica si liberò dello "scetticismo" e tornò a brillare di "dogmatismo" (così le fonti chiamano i due aspetti contraddittori del platonismo prima e dopo Antioco). Ma tale restituzione del valore originario del platonismo (operazione che Antioco chiamava «ritorno ali' antica Accademia») fu resa possibile solo attraverso una reinterpretazione globale di tutta la storia della filosofia antica, secondo la quale anche la filosofia aristotelica, oltre a quella stoica, sarebbe stata fìliazione della filosofia platonica: era più facile per un platonico del I secolo a.C. recuperare all'interno del platonismo tutte le correnti del pensiero extra e anti-platonico anziché controbattere le tesi storicamente consolidatesi contro il platonismo, soprattutto quelle aristoteliche. Vale allora la pena di accennare ai capisaldi della restauratio vetens Academiae, e quindi dell'antico platonismo, ad opera di Antioco. Come si sa, la fonte quasi esclusiva è Cicerone (Academici libri I-II, soprattutto). Sul piano ontologico Antioco riconduce, con qualche forzatura ovviamente, la teoria delle forme aristoteliche alla teoria delle idee platoniche, considerando le prime come un livello indebolito, e quindi inferiore (immanente), delle seconde. Ma quel che più conta ai fini della ripresa del platonismo postaccademico è il fatto che Antioco preconizza (o, forse, precostruisce) l'idea fondamentale del platonismo medio dei primi secoli d.C. secondo cui le idee platoniche sono unificate nell'intelletto divino quali «modelli eterni delle cose che sono in natura», secondo l'antica formula senocratea. Dio in tal modo diviene, aristotelicamente, il primo principio che contiene però, platonicamente, il mondo intelligibile (secondo principio) che trascende il mondo materiale (terzo principio) 2 • Sul piano storiografico egli combatté e distrusse radicalmente lo scetticismo accademico allo scopo di ridare 2. Cfr., per un'analisi dettagliata e affidabile di tale rapporto tra Antioco e il medioplatonismo, P. L. Donini, Le scuole, l'anima, l'impero: la filosofia antica da Antioco a Plotino, Torino 1982, pp. 76 e ro6.
15
IL NEOPLATONISMO
vita all'unica forma di dogmatismo (gnoseologico in apparenza, ma metafisico nella sostanza) storicamente possibile, cioè al platonismo, entro cui potevano essere recuperate le due altre forme di dogmatismo di origine platonica, e cioè l'aristotelismo e lo stoicismo. Tutto questo presenta già i segni evidenti di ciò che avverrà con il medioplatonismo, prima, e con il neoplatonismo, dopo. I.J V arie tesi sul periodo oscuro tra Antioco e Alcinoo
Che cosa sia accaduto nel periodo che intercorre tra Antioco e il medioplatonismo è ancora oggi oggetto di dibattito: con Antioco si chiude oppure no la storia dell'Accademia platonica e si ha quindi oppure no una vera interruzione della tradizione platonica? Rispondere di sì a tale domanda significa negare ogni legame storico-dottrinale tra Antioco (cioè il platonismo restaurato nella sua originaria valenza metafisica) e il medioplatonismo (e di riflesso il neoplatonismo, qualunque sia la soluzione che si intenda dare al problema della Vorbereitung di cui si è detto sopra); rispondere di no significa invece non soltanto considerare la continuità della tradizione platonica al di là della storia dell'Accademia, ma soprattutto indicare nella dottrina di Antioco il punto di partenza della transizione dal platonismo al neoplatonismo attraverso l'elaborazione successiva della dottrina antiochea da parte dei medioplatonici (almeno di quelli che il Donini chiama "aristotelizzanti") 3. La questione appare tanto difficile e complessa da non consentire una risposta univoca e perentoria. Se infatti da un lato non si può, dopo le ricerche di Lynch e soprattutto di Glucker, continuare a mantenere in vita il vecchio "mito" storiografico di una tradizione effettiva legata ad una presunta "scuola di Antioco" (Aristo, fratello di Antioco, Eudoro, Filone, Ammonio maestro di Plutarco e altri), dall'altro non è neppure ragionevole negare una certa continuità non soltanto ideale, ma anche dottrinale, tra alcuni presupposti del pensiero di Antioco e i principali teoremi del medioe neoplatonismo. L'oscurità del periodo storico in questione, dunque, pur lasciando sospesa la soluzione del problema di fondo relativo alla connessione tra Antioco e il medioplatonismo, non impedisce tuttavia di dare una risposta sostanzialmente positiva alla questione se la tra3. Cfr. Donini, Le scuole cit., p. 103 e passim. «Giudicata dal punto di vista dell'evoluzione delle dottrine - scrive Donini - la filosofia dei medioplatonici aristotelizzanti del secondo secolo è l'erede legittima di Antioco» (pp. 103 ss.).
16
I.
IL PLATONISMO DOPO PLATONE
dizione accademica ripresa e restaurata in senso metafisico (e non più scettico) ad opera di Antioco e probabilmente dai suoi immediati successori rappresenti o no il punto di partenza del rinnovamento medio e neoplatonico dei primi secoli d.C. 1.4
La tradizione pitagorica di età ellenistica e il neopitagorismo
Come il platonismo, anche il pitagorismo ha vissuto una tormentata tradizione in età ellenistica e protoimperiale, quasi a suggellare l'intimo legame che lo ha sempre collegato al platonismo, fin dalle origini di quest'ultimo Oa testimonianza principale di tale legame si trova nel Timeo platonico), legame che si è andato vieppiù rafforzando nelle ultime fasi della tradizione platonica per via dell'elaborazione dottrinale che di questa ha compiuto il neoplatonismo. Con il termine "neopitagorismo" si indica comunemente la storia del pitagorismo a partire dal I secolo a.C., quando un tale Nigidio Figulo «rinnovò [renovaret] - stando alla testimonianza di Cicerone quella dottrina [disciplina] che si era in qualche modo estinta, dopo avere manifestato il suo vigore per alcuni secoli in Italia e in Sicilia [cum aliquot saecla in Italia Siciliaque viguisset]» 4. È un fatto che dopo tale periodo, per un paio di secoli, il pitagorismo conobbe una stagione non indifferente dal punto di vista della sua vitalità e influenza. Basti pensare a Moderato, Nicomaco e Apollonia di Tyana. Sembra che in tale processo di rinnovamento neopitagorico abbia svolto un ruolo notevole anche quell'Eudoro, a cui - come si è detto sopra - è legata la tradizione medioplatonica dopo Antioco. Quindi neopitagorismo e medioplatonismo sono coalescenti all'inizio dell'età imperiale romana. Un destino li accomuna fino a farli quasi coincidere, come nel caso di Numenio, che non si saprebbe con certezza collocare più nell'una che nell'altra tradizione. Ma la coalescenza di pitagorismo e platonismo raggiunge il suo culmine, come vedremo, nel neoplatonismo, soprattutto a partire da Giamblico. Come nel caso del passaggio dall'ultima fase della storia dell'Accademia (Antioco) al medioplatonismo, anche nel caso del passaggio dal pitagorismo classico al neopitagorismo le fonti sono talmente scarse e tarde che non si riesce a determinarne gli anelli intermedi: insomma esiste anche per la tradizione pitagorica W1 periodo oscuro, quello ellenistico, e la surriportata idea ciceroniana di una disciplina extincta quodam modo non soltanto giunge fino alla storiografia più 4. Cic. In Tim.
1.
IL NEOPLATONISMO
recente, ma risale addirittura alle fonti più antiche (Aristosseno, Dicearco e altri). Lo Zeller ha canonizzato una tale idea distinguendo nettamente antico e nuovo pitagorismo come due diverse entità culturali e dottrinali '. Solo con gli studi di Burkert si è in qualche modo mitigata e corretta l'idea della scomparsa del pitagorismo in età ellenistica: numerosi testi pitagorici apocrifi sono stati retrodatati rispetto a quanto pensasse Zeller. Senza ritenere assolutamente sostenibile la tesi opposta a quella zelleriana di una "continuità" della tradizione pitagorica, Burkert ha tuttavia rivalutato alcune fonti pitagoriche pseudepigrafe ai fini di una connessione più storicamente concreta tra antico e nuovo pitagorismo 6 • Resta comunque irrisolto il problema del grado di attendibilità o mistificazione degli Pseudopythagorica, ed è molto interessante confrontare a questo proposito le opinioni di Burkert con quelle contemporanee di Thesleff 7. 1.5 La rinascita del platonismo: medioplatonismo e suoi rappresentanti
Mi sembra doveroso iniziare questo paragrafo con qualche considerazione atta a sbarazzare il campo delle resistenze, ancora presenti nella storiografia filosofica, alla legittimità dell'uso della categoria "medioplatonismo/medioplatonico" in favore della distinzione esclusiva, propria della tradizione antica, tra "platonico" e "accademico". Mi servirò per questo della più intelligente e, sotto certi aspetti, perentoria recensione critica che Donini ha fatto della parte del voi. n, 36,1 della "Aufstieg und Niedergang der romischen Welt" (Berlin/New York 1987) dedicata appunto ad autori e temi medioplatonici 8 • La critica di Donini si appunta soprattutto sulla proposta di Deitz intesa a rinunciare all'uso del termine "medioplatonismo" come inadatto a designare una corrente di pensiero, il cui denominatore comune sembra essere, in ultima analisi, semplicemente l'assenza di 5. Cfr. E. Zeller, Die Philosophie der Griechen, m, 2, Leipzig 1923, pp. 92 ss. 6. Cfr. W. Burkert, Hellenistische Pseudopythagon'ca, in "Philologus", 105, 1961, pp. 16-43, 226-46. 7. H. Thesleff, An Introduction to the Pythagorean Writings o/ the Hellenistic Period, Abo 1961, passim; Id., The Pythagorean Texts o/ the Hellenistz'c Period, Abo 1965. Sugli Pseudopythagorz'ca di etica esiste un'eccellente edizione commentata di B. Centrone, Pseudopythagorz'ca Ethica. I trattati morali di Archita, Metopa, Teage, Eurz/amo, Napoli 1990. 8. P. L. Donini, Mediop!atonismo e filosofi medioplatom'ci. Una raccolta di studi, in "Elenchos" II, 1990, pp. 79-93.
18
I.
IL PLATONISMO DOPO PLATONE
elementi propriamente plotiniani. Per questa via - osserva giustamente Donini - si dovrebbe giungere coerentemente anche al rifiuto della categoria di "neoplatonismo", cosa che sembra essere l'obiettivo di un'argomentazione analoga e ancor più radicale di M. Frede, secondo cui medio- e neoplatonismo sono costruzioni storiografiche in qualche modo legate a quella di "eclettismo" e quindi precarie come quest'ultima, dal momento che il pensiero di Plotino non significa affatto, secondo Frede, alcun radicale rinnovamento del platonismo. Ma se bisogna adoperare solo la categoria "platonismo", allora occorrerebbe «racchiudere in un'unica fase del platonismo e, per così dire, in un unico contenitore storiografico personaggi così diversi come Giamblico e Plutarco, Proclo e Apuleio», non solo, ma «con il solo termine di "platonismo" si coprirebbero tanti secoli di filosofia e tante filosofie così diversificate: dagli immediati scolari di Platone ali' età di Giustiniano» 9. A mio avviso si andrebbe incontro ad una falsificazione storiografica ancora più grave, perché si negherebbe quella "rottura" dottrinale nella continuità della tradizione platonica che, come si vedrà a suo luogo, costituisce l'unica verità storica del neoplatonismo. In ogni caso allo stato attuale delle ricerche non è possibile mettere più in discussione il rapporto teorico, oltre che storico, tra medio e neoplatonismo. Se, dunque, appare legittimo tenere in vita la categoria "medioplatonismo/medioplatonico", occorre partire da un'analisi chiara di tale fase della tradizione platonica per potere definire e valutare l' altra categoria, certamente più importante e consistente dal punto di vista teorico, di "neoplatonismo". Ma il primo problema che si presenta allo storico è quello dell'origine del medioplatonismo. Due le proposte più credibili: la prima (Theiler) ' lo fa risalire ad Antioco di Ascalona, come si è già accennato sopra, l'altra (Dillon) 11 pensa invece a Eudoro di Alessandria, che, come si è visto, è strettamente legato alla tradizione di Antioco. In ogni caso, dunque, Antioco rappresenta il referente obbligato del rinnovamento della tradizione platonica del r-II secolo d.C. Da un punto di vista teoretico, ciò che caratterizza il medioplatonismo è soprattutto una combinazione, ancora non del tutto trasparente alla storiografia filosofica, tra elementi platonici ed elementi aristotelici, che dà luogo a determinate e chiaramente definibili - sulla base di importanti testimonianze a nostra disposizione - dottrine lar0
9. lvi, p. 82. IO. Theiler, Die Vorbereztung des Neuplatonismus, cit. 11. J. Dillon, The Mtddle Platonists, London 1977.
19
IL NEOPLATONISMO
gamente anticipatrici del pensiero neoplatonico. A complicare, però, la questione della natura teorica del medioplatonismo sta la notevole influenza esercitata su di esso dal neopitagorismo. In breve si può con certezza affermare che il medioplatonismo rappresenta un rinnovamento sui generis del platonismo classico mediato da elementi aristotelici e neopitagorici (e, forse, anche stoici). Si tratta, del resto, di quegli stessi elementi o fattori teorici che passeranno e resteranno fondamentali nel neoplatonismo: il che dimostra, ancora una volta, la connessione sia storica che dottrinale tra medio- e neoplatonismo. Una delle testimonianze sulla natura teorica del medioplatonismo, a cui si accennava poco fa, è senza dubbio il Didaskalzkos di Alcinoo. Su quest'ultimo nome (e dico nome pour cause) solo di recente sembra si sia trovata una certa convergenza di opinioni, in seguito alle ricerche, prima del Giusta 12 , poi di Whittaker 1 3. Il Dzdaskalikos è stato attribuito in passato (almeno a partire da Freudenthal) '4 a un altro filosofo medioplatonico del n secolo d.C. di nome Albino, al quale appartiene, tra altri andati perduti, uno scritto intitolato Introduzione ai dialoghi di Platone [Etcrocywy~ dc; -roùc; lIM-rwvoc; òiocÀ6youc;] '5. L'identificazione dei due autori sotto il nome di Albino (' AÀxlvooc; sarebbe una corruzione paleografica di 'AÀ~'i:voc;) sostenuta da Freudenthal e accettata passivamente da tutti gli studiosi fino agli anni Sessanta (e a tutt'oggi ancora ritenuta possibile da alcuni) 16 , ha peraltro costituito il fondamento di un altro mito storiografico, la cosiddetta "Scuola di Gaio", a cui sarebbe appartenuto Albino (e, quindi, il nostro Alcinoo), ma la cui esistenza è oggi «(definitivamente, credo) annientata», come scrive Donini 7, dagli studi contenuti in 1
12. Cfr. M. Giusta, ìl.Jif3{vou 'Em-roµ~ o ìl.Jix,v6ou .1i8