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Antonis Liakos
L'UNIFICAZIONE ITALIANA ELAGRA D DEA
Ideologia e azione dei movimenti nazionali in Italia e in Grecia, 1859-1871 Prefazione di Stuart Woolf
Aletheia L1ed1tr1ce d Ila Grecia moderna
F,r nze
I,,,,, .. ,, ,-,ll111t •· ~lrtlll'lil ,, 11,1111 nm Il pn·dso hurnt11 dt ltull\ 1,h1111r· 111'1 '111111 11111hll"orml itl'lpettl, e di ,11111111,l,=11·. l,1, 11llut,1 111--.lf(n·n1, pc.•r t·ontrlhulrl" ad un:~ 11111 p111111111I,· ,11111prc.•11:"1ion~ tlrll:1 li. Mu. da una />arte das,:111111 ,11111•/1t.m1•1v1 ormai l'interesse del proprio stato-nazio-
ne allt1 so/idari,:im,•"/" m•lla •t/11«'.\/111,u• 11rl,•11/t1II'• ( m11tl11 tJ,_'f.·11ru.-.11 dt tl,•.o,,.:ri1ierc• Il' u,pitli>,:i,• uni1t•r.'il.11i .-.ul/'lm/1t·ni 111/11mano), i e.ir,d l'ru,zo allo .o,/es.1.0 1emfx1 .w,.~p;,111 dalla :r"'1· di potenze ( ed è signifi,-.alit'U che anche il ,mom amha.•,dalore i11,lia-
no, Terenzio Mamiani, si comportò nello stesso modo), i C,'n,ci wni· vano trattali come puptlli cbe non banno ancora raJ!8iunto, ,iel/a gerarchia delle naziuni, un livello di maturità sufl'"icienre per eserci· tare liberamente la loro autonomia. Le conseguenze di una tale sudditanza erano molteplici. li parlamentarismo greco si ridusse ad un simulacro di ltberalismo, tra le intereferenze autoritarie del re e Rii intriRbi e le lolle di fazione dei deputali, e questo a sua volta accentuò la distanza tra la classe politica e il popolo RYeco. Per tali ragioni la monarchia greca, scelta dalle grandi potenze e quindi senza radici, non poteva mai asptrare ad un ruolo di RUida autorevole come quello svolto dai Savoia. li secondo elemento riguarda il rapporto tra le popolazioni resi· denti all'interno dello staio e f uorl del suoi conftni. Grazie a Garibaldi, il nuovo stato gtà nel 1860 comprendeva. la grande maggtoranza degli Italiani e in dieci anni, dopo le sconfitte dell'Austria, ne accolse la quast totaltlll Al contrarlo, lo stato greco incorporava. solo una piccola minoranza dei Grec~ ma per il solo fatto di essere rmo stato, rappresentava necessariamente il centro nazionale dell'ellenismo. l'eterna speranza dell'imminente crollo dell'impero ouomano teneva vivo l'irredentismo greco, ma ogni aperta partecipa· zione alla polttica dell'impero ottomano era preclusa ai Greci ( come ad ogni altra etnia), e quindi l'allivilà politica si esauriva nel conii· nuo riformarsi di selle, clubs e organizzazioni segrete (caratteristica qllesta comune anche a/l'impero russo) Se in regioni etnicamente greche -come Creta- questo fenomeno poteva portare a rapporti tra movimenti sovversivi e rappresentanti dello staio analoghi a quelli del 1859lu1.ium· app:1ris..,;c,• .111;1 ad ostan,la· J.1
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r.muhio, la conservazione ddl'intcgrit.l ottomana o la creazione di una confederazione di nazioni liberale t.1a.l dominio austriaco o turco. Naturalmente tutto questo non t."OStituiva che un nohile auspicio, perché il Piemonte non era certo in grado di determinare il futuro dell'Europa orientale; influen7.ava, però, le direttrici della sua politica estera". ll secondo parametro era il sostegno alle rivendicazioni nazionali dei popoli balcanici, grazie al quale l'Italia poteva guadagnarsi le loro simpatie e rafforl.are la sua influenz.a.. Inoltre il soddisfacimento delle loro aspirazioni poteva creare un vantaggioso precedente per quelle italiane5• CAMO.I.O BENSO OONTE rn CAvouR ll C.avour guarda va favorevolmente alla eventuale creazione di un grande impero ellenico, che, insieme all1talia e alla Spagna, avrebbe assicurato ai popoli greco-latini il controllo del Mediterraneo, arginando l'avanzata delle popolazioni slave e germaniche6. Tuttavia, nel 1860 considerava tale mira prematura e sproporzionata ·rispetto alla dimensione e al grado di sviluppo del regno greco. Era sua convinzione che i Greci dovessero abbandonare i loro grandiosi progetti e dedicarsi allo sviluppo economico del loro paese, per farlo divenire un polo di attrazione per le popolazioni crio;tiane d'Oriente'. D-.1va, comunque, un peso limitato, nella sua prassi politica, al fattore greco: «Quant aux Grecs, -egli sosteneva,- je pense qu'il ne faut guerres sans occuper, soit parce qu'on ne peut pas heaucoup compter sur eux, soit parce que les Anglois sont très susceptihles a leur endroit»". Alla vigilia della guerra del 1859, il C.avour persegul un duplice obiettivo nei Balcani. Mirò, innanzitutto, a convincere i paesi balcanici a non approfittare della guerra per aprire le ostilità contro la Sublime Porta, in modo da assicurarsi la sua neutralità ed anche l'atteggiamento favorevole dell'Inghilterra nella mediazione fu incaricato l'amhasciatore del Piemonte a Costantinopoli, Giacomo Durando, il quale promise ai rappresentanti dei Greci, dei Serbi, dei Rumeni e dei Montenegrini che, dopo la guerra, Napoleone III avrebbe pensato anche a loro9• Si adoperò, invece, per la preparazione di una rivolta in Ungheria, che al momento giusto avrebbe indeholito l'Austria10. Amhcdue gli obiettivi erano stati fissati in accordo con l'imperatore fnmcese, che tuttavia praticava una politica amhigua Infatti, mentre si teneva in contatto, tramite Gerolamo Bonaparte, con i capi dei movimenti nazionali offrendo loro aiuto, c:on il ministro degli esteri Alexander Walcwski concordava la conservazione dell'ordine internazionale, sostenendo l'inte~rità dell'Austria 11 • Negli incontri che ehhc con l'amhasdatort' Andreas Kunturiotis, il Durando chil•st• dal' il governo gfl'n •i Gred più s.1ggi t.'t.1 illumim1ti lchcl sentono molto hl•nt· l;a propria c.ldx,lez,m t' non fanno alcun proposito di mc..·ttersi • lfCMI In g111·rra apcrt:1 con la Turc:hia», il Mami:mi t•r:1 nmtrario .te.I 1111,1 111anift.-staziont.· di for:r~, ddla (ìr;mdt.~ lc.ll."'Jll>. 1'11rh111do e.Id sistema politico grc..•co, nt• sottoline:.wa il carallcrt.• l111ll'l'iuito, :1 mt•zzo trn monarchia assolut.i e parlamentart.' 17• Consta· 1,1\·11 l't.·s:1J(1°r:11a n·ntr:1liz:r.;1zione huro('ratica, ahhinat:i ad una anuni· 111tttr;1zi111w pigra e lt.·nt:1, du- dava spazio all'arbitrio dd sinMnlo"'. Il M• •vc•m1, non godc.·va e.li akuna autonomia; la sua formazione t.' il suo ... Il 1Mlìmt·n10 dipt.'nc.lt·vano dagli intri1,thi ddla cortt.·. E..-..,;o t·r:i inohrt· , 11,nposlo di pt·rSva dw la polilka t'sll·ra llah.111,1 dovt·Va ispirarsi
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,1)(11 ideali ,lt•lla pan·, ddl:t lihc.·1'1:\ c.~ dc.•I pro~rc.·sso, c.· avc.·rt.· inoltre.• 111mc.· ohit·lliVll la ratlic.·:1lc.· ril11rm:1 e.Id r:apporti diplom:atid tr:tc.Jizio11.111. Tale.· politica dovt.·va portare.· avanti gli idc.-:11i dd IUsorgimcnto. 'll'IIZ:t 1u11;1vi:1 ript~tc.·rc.· «gli sd1t.·mi dd pass:.1to•, cioè evitando di ri111rrc.·rc.· a metodi rivoluzionari e :1 soluzioni spericolate"'. l.;1 -Pc.·rst·ver:m1.;1» ritcnt.·va che i movimenti nazionali rivoluzio1111ri non dovessero essere appoggiati, neppure in vista di una loro u1ll1:,.1.;11.ione contro l'Austria, per facilitare la liberazione di Venezia: •Noi siamo ('erto riconoscenti, -si sottolineava,- a tutti quei popoli d1t· hanno inviato qualcuno dei loro combattenti a spargere il loro ~1lllMllt' nelle battaglie italiane (_,), Ma ciò non vuol dire che noi 1lllhhiamo, senza un'evidente opportunità, arrischiare l'avvenire del1.a nostra patria e i risultati ottenuti a prezzo di tanti dolori e di tanti "·" ·rii id per servire a desideri ed intere.~i che nemmeno indiretta111,·nre si possono chiamare italiani»~'. Circa l'utiliz1.azione delle complicazioni della questione d'Oriente per il conseguimento dell'unit.l d'Italia. il giornale era molto titubante: «L'Oriente è una terrihllt· lnn)l,tnita che può contenere, come il mantello di Argante, la pace 11 l;a ,.cuc.•rra per le nazioni europee (_), Ad acquistare una influenu ndlt· mntrade d'Oriente e a porvisi in una ~izione tale da poter !'Ori v:mtaAAio aspettare gli avvenimenti(_) abbiamo noi(_) questa ,hplomazia capace di trovare un terzo polo fra le due vecchie e pot,•nti influenze d'Inghilterra e di Francia?,.Y In politica estera, se', ,mio il ~iornale, il ruolo dell'Italia avrebbe dovuto configurarsi 1, 1111c.· quello di una poten1.a mediterranea, il cui futuro commerciale 1•1,1 11011,·, 11t,•n111&1 rt•sponsahile e.Id diffuso amara'llllil• p1c·',(·111t· lll'I l';u•st•, sos1,·1wv;1 l'opposi1.i11nc.:, app,~i:1v:1 la ri\·11lt,1 ili N,1t1ph.1,• 111IIC'lll1l.1va .-1111 il pn!Jtr:1111111.1 dd Kan;aris. Al pari ild H11 ,1•,• ,Il d1ll h l;1 v,1 dd M,1111ia11i, 1111 -111111111 tl111111 .. c.•d •t·ru,lito•,
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(_) in me:1.zo :t qudlt· 1urhinost.' a1mo.,;fert·• ". Vicine alle posizioni dt· .. 1~1 l't'rseveranza» erano qut'lle sostenuce dai quotidiani conservatori torinesi, «L'Opinione» t.' «La Monarchia Nazionale». Essi ritenevano che l'Italia dovesse astenersi da ogni complotto rivoluzionario nei Balcani; ma a diff(•renza de «I.a Perseveranza», che propugnava una politica di e1.· dovuto app;irtcm.•rt.• ;1 11L-·s.-.una ddk· m1zioni fcdt·r:att·"". Come t' facile immaginare, il Mazzini t.•ra contrario alla monarchia «germanico-dlenil'a» di Ottone, che considerava l'usurpatore della lihertà greca ed accu~va di inerzia t.'
lire la costituzionl' l' :1 riporl,11"1' il P,1,·NC· ad un rt"Hi·
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nw IIS.'i(>lullst:1. ContL·mpor:uw.mwntt• lt• amhasd:lll' russo e internazionale, fino ad avere nel 1864 amu N(:onlro violentissimo col Mazzinil30.
l.11 al/re tJoci della sinistra CANI.O CA rr ANEO. La sinistra italiana era caratterizzata da una plur1dl1A e.li po.,;izioni Uno dei suoi capi era Carlo Cattaneo che, pur trov1111dot1i in dis.sacordo con lu~ divideva col Mazzini l'influen7.a sugli 1m1hicnti democratici dell1talia settentrionale. Il Cattaneo tendeva ad urtc,ntart· tali ambienti verso la scelta delle riforme interne. «L'unità 11e-•11:,..i la libertà è un gran carcere-, egli sottolineava, sintetiu.ando la 111111 po.'iiZione politica. «Non tocca a noi di ~1enerla Noi dobbiamo f N.'lllll,lrro iwt·rlfld, o anche pt·r recurx·rare un ruolo dignitoso nel paNl' ,·h,• U a vrva .acn ,h I. Ad1un C1.artoryski, l.ajos Kossuth, Mk'hail Bakunin sono forse- i Jllll noli fru ,,u~li rivoluzionari romantld: dil•1ro loro ve ne erano, t11th1vl11, molti ahrl mt•no noti u :1ddlri11ur:1 anonimi. 1-:...-.i da uno •unvnlMlnll'nlo dt•ll'Europa non .avrt'hht.•ro pt•rso dw il luogo del 1111·11 ro11ill11 144 . 'H
l'r1ma /Jtlrtt•
I gruppi di esuli più organizzali .-; Kos.-;ulh, si sposimt· porta,·111·1· h.·rt·rlt"·Aurdius Pulszki. il quale affer111;1,·,1 1 IU' lr orJ,t,min:11i11ni d,·i pr111'ughi, 'il' avt•s..·l•l,i, 1l11J.. \·111. 75, Maa.im a fan.~, ll.111,111 IHl'ii1 ·~ Sl:1. \'OI. 72. JlP· &Hfl) lit, A. SclROCXO, op. CIL. pp. l';'\-1';.,_ 127 G. Cl.'RAruto, Garibaldt·L'ltlorlo 1:·ma11uele-Cal'1867), Roma 1924; G. FALZONE, .~tc:-rnorie e tradizioni di garlbaldini51110 ungherese in Sicilia.., Atti del 32° CSRI, Roma ,.~... pp. 196-200. l, pp. 359-371; E. ZOU.1:11, Hlstotre de /'Aulricedes orlgtns 12 nosjours, Lione 1965; lii, 1/u111tre de la Hongrie. Rouen·Budapest 1974, pp. 324-34L IM Questa preoccupazione traspare chiaramente negli articoli del K051iuth sui quot hll11nl I.a Perseveranza (28.9.1861) e: La Nuova F.uropa (3U0.1!161). lh? Su Stefano (lstvin) TOrr (182'H908) v. S. TOR.k, L'opera di S. Tilrr nel Rtsorgt· "'""'" llaltano (1849-1870) descritta dalla figlia, Firenze 1928; E. PECORINl·MANZONJ, •f-llr.nnc Turr en 1860", estratto dalla Revue de la Hongrie, 1929, pp. 4·46; S. l'URR, Rlspo,1,1 1/ul Jlf!nera/e Tu" a/l'opuscolo Bertant Milano 1874 (ri,t.). lhll S. MAuus, «li barone Rica.'IOli e la questione ungherese•, Atti del 32° c.sRL Roma l'l",1, pp, 2f6-279. 11 ~1 li !ICttimanale l 'Atlea,rza (1862-1867) fu pubblicato a Milano da Jgnazio Helfy; •l'ltc.•ne\'a le istanze ungheresi e agiomava sui fatti balcanici Riguardo alle queSlioni 11,di11nl' l-:.50 adOltò una linea fllogovcrnativa mentre per quelle internazionali sc:gut le lo.-.! Inmccsi. Per altri anicoli del Kosi;uth v. inoltre La Perseverunza. 30.9.1861 e La Nuova fil lii
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l,O Cfr. L LL:KACS, op ctt. pp. 26-33; E. KOLTAY-KASTIIER, «La formazione del regn0-», 1,51; Id, «Leuere inedite di Mazzini a Fr. Pulszky», Rassegna ltalta,ra. 1933, voi. 186, I' I IO, L. CtilALA, op. cli., pp. 166·171. 171 Ludwik MlerOfllawl'lki (1814-1878) partecipò a tutte le sollevazioni polacche e alla , lv, 1h11.1r.111c.· di Sicilia nel 1&18, e: mantenne stretti rapporti con Gerolamo Bonaparte: v. G. 1'A1.1.11111t. •lln 110111111r11ppo diM·u.~111-l l'l .ZO, 31.71862; dr. anche C. KEROFD.A.S, op cti. pp. 174·175. '-" P. CAl'l!ANI, •Francesco CucchL», cli., pp. 77·81; MCR. 49, 14, 13, Domeneghlnis a I 11nll1;ilJi, 9.'il862: DDL vol Ill, p. 32, Mamiani al Durando, 16.8.1862. u: MCR, 253, 70, 4, Cucchi al Bellazzi, 27.6.1862; A. ll:7JO. Documentt Inediti, Firenze p J w. MAHIO, np. cli., p. 474; G. Gl:ERZ0:'111, op. cli. vol n, p. 360. :.t4• An la Tur-
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chia, t' porsi. in questo st:'nmdo caso. il problt·ma ddl'.1llt•,1to pi11 affidahile da cui ricercare amici1.ia e appoggio. In base alla seconda ipotesi, che emerse per il fallimento dell.1 prima e per la sua comprovata impossibilità a realizzarsi, i Gren avrebbero dovuto attendere la dissoluzione dell'impero ottomano ad opera delle potenze europee. I sostenitori di questa ipotesL infatt 1. erano convinti dell'ineluttabilità di tale crollo, poiché ritenevano in conciliabile la permanenza dell'impero ottomano con la diffusiom· della civiltà nei suoi domini. In tale prospettiva il giovane regn,, doveva tenersi pronto, sul piano militare. in modo da rappresentan· un alleato di tutto rispetto, e su quello Lc;tituzionale, nell'eventuali1;1 di dover subentrare all'amministrazione ottomana. Dal canto suo. l.1 popolazione ellenica presente entro l'impero turco doveva sviluppa re il commercio e promuovere l'istruzione, per trasformarsi nella classe dirigente del nuovo stato. Ne conseguiva che i governi gren dovevano portare avanti una politica di amicizia con l'autori1;1 ottomana, favorendo per i1 momento l'integrità dell'impero ed op ponendosi ad una sua eventuale dissoluzione ad opera degli ahri movimenti nazionali balcanici Secondo la terza ipotesL infine, l'ellenismo si sarebbe impost,, pacificamente nell'impero, senza comportare necessariamente un'in· terruzione della sua continuità statale. Sarebbe stata la chiesa ort< ,. dossa che, sposando la grecità con l'ecumenismo, avrebbe funtJ.(nl ipotesi corrispondeva a concezioni e ad attese diverse del· t·, •pini• me pubblica riguardo al ruolo dello stato. In altri termin~ il 111111 >lt·ma era se lo stato dovesse limitarsi a promuovere iniziative 111ililarl o dovesse anche favorire lo sviluppo economico e il benes· "''re· se •dale. E se, da parte sua, la nazione dovesse stringersi intorno 111 ..nvrano o pretendere maggiore autonomia e la possibilità di un • lt ,unhlo dei partiti al potere. N~ssuna della due ipotesi. in realtà, fu in grado di tradursi in una llnr~, politica stabile di lunga durata Le interferenze straniere, i ripe'1111 ìm;uccessi, le pretese dei partiti politici e la stessa congiuntura '", •nomka favorevole agirono in senso contrario al concretarsi del1,t prlm:1 ipotesi. La tradizione ideologica della nazione in lotta, i 11up1 w,i pt.'rpetrati daU·amministrazione ottomana e da corpi irregol1arl 111 danni delle popolazioni rurali, le effimere speranze fomentate d.11 pt·riodico riproporsi della crisi orientale o dalla prospettiva di un , 11111 lilln europt"O, tolsero alla seconda la possibilità di un radica· 111,•1110 durevole. Così i governi, i partiti e le singole personalità polllh ltc• passavano, con grande disinvoltura. da un'ipotesi a11·a1tra, con 1,t l• •11sc')(ucn1..1 c.·he nes.,;una di esse poté assumere una fisionomia • • •lll rl'la t' dar vita ad una corrente ben definita con linee di politica U•ll·ma t•d estera organicamente elaborate e articolate, come accad,lr· •11 lt.1li:1. D'altronde, a parte il fatto che queste ipotesi non richieilr,·,1111 • una mohilitazione di massa né un'iniziativa dei cittadini, alla ,1i.1Mr~11Hh· maAAioranz:1 dei Greci presenti nell'impero ottomano •11,111,. ;1v;mo possibilità concrete di partecipare alla vita politica e, di , , ,11-.•"M11t·111a. di dar vita a fc ,rm:1zioni di portata nazionale, sulla base dt 1111.1 \'•~u•rw nunplt·s~iva dei pmhlcmi. A riprova di ciò, basti dire , 111·., t, ,v,· 1·sbll·va un,1 vi1.1 p• •lit il-a , >r)(ani;,.zala, comt' nelle isole dello 1111111 ,. 1 p.1rt111 t·hl1C"111 .1111 IH· 1111:1 pn·dsa visiont• della questione ... ., ...... ,le· In p.irlh 111,111·, 1 1.111 ...,Il 1lc·ll11 l11nio non si limitarono a l'••··••d•·r•· pc ,.,1,1, ,111· ,1111·1111h 1111• il••llr· 1,,, ,lr• alla ( in·da t' a sosll·.·nt·rla •, ,11 • 1w 1•1·. 111.1 ·,I •"•fl••·•,•,, ,, , .1111 111· •11111.• lilM·1,11i1 dt•ll;i naziont·
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ellenka nel suo romplesso. In ogni caso la Grandt.· ldt·.1, in tutte ksue varianti, elevando l'obiettivo nazionale a principio dell'azione politica, alimentando l'attesa di una liberazione imminente e creando gli strumenti della sua diffusione, valse a consolidare la coscienza nazionale presso le popolazioni elleniche. Nonostante le molteplici versioni della Grande Idea, lo stato greco costitui, in ogni caso, il centro nazionale dell'ellenismo, all'inizio per motivi ideologici, per motivi concreti verso la fine del secolo. Da questo punto di vista, il confronto col ruolo che il Piemonte aveva giocato in Italia fu frequente nei contemporanei, Greci o meno che fossero, cosl come lo sarà in seguito. Di conseguenza, gli eventi interni del regno greco, sebbene non fossero determinanti per la popolazione ellenica nel suo insieme, si caricarono di significato, non solo perché condizionarono la politica estera, ma anche perché attirarono l'attenzione dell'elemento ellenico e ne influenzarono, complessivamente, le prese di posizione.
I mottvi di fondo e la natura della crisi del 1859-1862 Dopo la guerra di Crimea, la vita politica della Grecia attraversò una fase interlocutoria, che sfociò, nel triennio 1859-1862, in una crisi istituzionale e nella destituzione del re Ottone. Per spiegare tale crisi, che fino ad ora non è stata oggetto di un'analisi storica4, si possono individuare due ordini di motivi, di cui i primi riguardano le cause della crisi stes.5a, i secondi le ragioni per cui ~ prese un carattere antidinastico. Tra le cause della crisi vi ~ in primo luogo, la notevole trasformazione del quadro economico che si ebbe in Grecia sul finire degli anni '50. Sebbene lo sviluppo dell'economia f ~ irrilevante rispetto a quello che si andava registrando nell'Europa occidentale, le sue conseguenze furono tuttavia visibili, dato che si concentrarono nei centri urbani. D'altra parte, esso va rapportato al livello zero da cui la società greca era partita una generazione prima. Nelle città, l'incremento e l'assestamento della popolazione, lo sviluppo del commercio, la crescita dell'apparato statale, l'attività delle scuole superiori fecero emergere bisogni nuovi, rafforzando il ruolo di alcuni gruppi sociali come i liberi professionisti, gli intellettuali, i commercianti e gli impiegati statali5_ Nel periodo 1859-1862, sotto l'influenza del liberalismo europeo che diede alimento alle inquietudini politico-istituzionali, si sviluppò una critica generalizzata nei confronti del regime, cosicché le città divennero il terreno propizio alla maturazione della crisi politica Un altro motivo determinantt.· fu il fallimento, nel 1854, dell'ipotesi di una soluzione auiva Jdl.t questione nazionale. Tale fallimento mise in crisi gli sdwmi idt•olo~id d1t· avevano dominato nd primo lrt·n1t.·nni11 di imlip11onc erano occasionali, numericamente esigui ed instabili. Al con11.irio, per il carattere complessivo della cris~ nel campo opposto 1 onfluivano di continuo forze nuove e le più disparate. Ad esse si ,IJ.U(iunsero anche i ceti borghesi dell'impero e della diaspora, che H·,·l:,mavano una convivenza pacifica con la Sublime Porta e rifor11w Jì tipo liberale. Tali aspirazioni venivano incoraggiate dall1nghilrr•1 ra, la potenza allora dominante nel Mediterraneo orientale, la quale pnaltro non poteva non essere assecondata, rappresentando l'unico I,c 1l(•nziale alleato7• Cosi il nuovo rapporto di forze scaturito dalla guerra di Crimea "' rlflt:sse all'interno del paese. L'influenza inglese guadagnò largo "rKUilo negli ambienti politici ellenici, sia dentro che fuori del rel(l'IO, t' si rafforzò il campo antiottoniano. I.a monarchia tentò di affrontare la crisi con i metodi consueti. ,\Ml dapprima mn misure autoritarie e in una logica repressiva, ma 11 ..,h> chlus:.1 in un drn,lo vi:,.ioso di crescente tensione, che aggravò l11 e risi. l'oi hall{· la slr,ul.i dt•i rimpasti KOVernativi e della strumenl11ll11,11.h 111t· di pnlilil'I dw ,1 l'll·nnosc.:t·v.mo ndlt.· grandi potenze, ma .1111 hr 111 q11c·,111 1.1•,11 ,,·111:c I lsuh.tll posilivi lnfalli, i vecchi partiti, , lu- 11 1'c'Hllll1' .,, 1·1,1 .il,1111,111, .1 1111111, ,11,ur, in rralt,\ non c.•sislevano
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più. Giocò per ultirm1 l.1 caria dcll'irredcntismn, l.1 quale 1u11;1via, per il recente fallimento e per la mam:;mza dcll'indispens.ahilc consenso. finì per ritorcersi contro il re. ln verità, la crisi degli anni 1859-1862. superando le ragioni specifiche da cui aveva preso l'avvio, ac;sunse le dimensioni di una più generale crisi degli orientamenti della politica greca. Malgrado le grandi attese del sospirato mutamento, essa mostrò tutti i limiti dei suoi obiettivi, che restavano il re e il «sistema•, cioè il governo. i funzionari e il loro modo di gestire il potere. Poiché il «sistema» non traeva la sua autorità da altri che dal re, la persona di Ottone divenne l'incarnazione del «male generale», indipendentemente da qualsi· asi ragione obiettiva. Il campo dei realist~ dei «devoti», era composto soprattutto da due gruppi. Il primo includeva Greci miti, rientrati in patria dall'estero, che ricoprivano alte cariche nella macchina dello stato, ma non disponevano di un potere politico autonomo; l'altro comprendeva gli epigoni della leadership militare della rivoluzione, i qua~ pur non essendo dotati di particolari competenze, erano chiamati di preferenza a far parte dei governi poiché mettevano a disposizione del re la loro influenza locale. Nel primo gruppo rientravano uomini come Nikòlaos Dragumis, Markos Renieris, Alèxanclros Rizos Rangavìs; nel secondo, come Ghennèos Kolokotrònis, Antonios Miaùlic; e Spiros Mllio.!i.s. L'opposizione era, invece, un insieme eterogeneo di forze senza coesione, arricchito di continuo da quanti abbandonavano il campo opposto. Anche in es.-.a, però, è possibile distinguere due tendenze. La prima era rappresentata da gruppi e personalità uscite dalla dis· soluzione delle vecchie aggregazioni partitiche. La sua linea di demarcazione dal campo dei realisti era piuttosto fluida. Molti dei suoi leader provenivano dai grandi proprietari terrieri. dai magnati locali, dai c-.1pi militari del 1821. dai fanarioti e da quanti si erano fatti una posizione sociale nel periodo del Kapodìstrias e di Ottone. La loro forza economica derivava, in-.ieme, da rendite agricole piutto· sto cospicue, da attività speculative di altro genere e dal ruolo ricoperto nell'amministrazione statale. Partecipavano alla vita politica, emergevano e mantenevano una rete clientelare. Tra loro non esisteva alcuna convergenza di principi: alcuni si ispiravano al liberalismo del vecchio partito filoinglese, altri, come Dimitrios Vùlgaris, Konstantinos Kanaris, Benizèlos Rufos, Dimitrios Christidis, Alèxandros Kumundùros, Thrassivulos Zaìmis, avevano concezioni politiche estremamente autoritarie. La seconda tendenza, dotata di minor peso politico, ma cli ma~gior coesione e determinatezza, e nota come «gi,wt.·ntil». comprt•n· deva tutti coloro che si erano distinti nelle.· manilt-,1:11ioni :1n1iotto· niane. Erano sopranuno giovani inrt"llt·1111:1li. ull II i.ili di J,trad11 inft· riore t' impiegati statali, t' molti di lrn11 .1pp.1111·111·, ,11111 .illr ..cr,mdi famigli(llll ,un-t·ssor(• di Napoleone Bonaparte, si di1111,.,1r:1va, .1p,111· di, .1111hl.m· l,1 lisionomia ddl'F.uropa, di rivedere i 11.111a11
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Tak· imprL'ssionl·, chl' provoo) l'L'splosi, >lll' d1 1111 .1111·s,, spirito filofrann.•se::, naturalmente venne alimentata dalla l'"li' "·.1 dl'mago· gica di Napoleone III, ma trovò in Grecia un fenik· tl·1-i1·110. Più precisamente, per giustificare il suo attacco contro l'Austria. ~apoleone III diffondeva l'idea che, con esso, si inaugurava la guerra de «l'Europa delle nazionalità» contro «l'Europa dei trattati». Questo è il contenuto di un opuscolo uscito dall'ambiente di corte, che vide la luce anonimo a Parigi, nel gennaio del 1859, e fu immediatamente tradotto e pubblicato in Grecia, nell'aprile dello stesso anno, suscitando grande impressione15. La propaganda dell'imperatore trovò favorevole accoglienza in Grecia, poiché il mondo politico era orientato, nel suo complesso, verso le grandi potenze, dalle quali si attendeva il sostegno e l'aiuto neccessari per conseguire gli obiettivi nazionali. Significative sono a proposito le testimonianze di Alèxandros Kumundùros e di Epaminondas Delighiorghis. Il primo proclamava: «Se la Grecia sarà costretta a difendersi contro un'ingiustizia, i suoi protettori non vorranno abbandonarla» 1~ il secondo sottolineava, a sua volta: «Il regno ellenico deve essere il satellite dell'Occidente e il sole dell'Oriente>P. Nel giornale «Uios» di Panayotis Sutsos, troviamo riassunte queste posizioni: «La linea politica del paese deve identificarsi colla devozione alle due Potenze. Se la Grecia vorrà fare questa scelta, diventerà indispensabile alle due Potenze, l'Inghilterra e la Francia, e diverrà il loro braccio destro»18• L'unica voce dissonante, ad Atene, proveniva da un ambiente del tutto diverso, quello radicale delle isole dell'Ionio. Panayotis Panàs ammonì sul quotidiano «To Fos»: «Siate diffidenti nei confronti dell'uomo del 2 dicembre, del boia di Roma, di chi ha combattuto a favore della Turchia». Tale posizione godeva, però, di un limitatissimo segui· to ed era per lo più circoscritta ad ambienti del mondo giovanile 19• IL RUOLO DEL MITO. Le attese nei confronti delle grandi potenze erano dovute non solo all'idea che la Grecia costituisse un prolungamento dell'occidente cristiano e civilizzato verso l'Oriente, ma anche al mito del crollo imminente dell'impero ottomano. Tale mito, che investiva i fatti di una dimensione fantastica e di una forza probante, per restare attuale, doveva continuamente trasformarsi. Fu cosi che, nel 1859, governo e opinione pubblica, ambienti informati e disinformati, condivisero il sospetto che la guerra fosse il primo passo di un accordo segreto tra la Francia e la Russia per disegnare nuove zone d'influenza in Europa. Tale sospetto, peraltro, era assai diffuso anche in Italia e nel resto dell'Europa, poiché incarnava illusioni ereditate dalla tradizione e le rendeva attuali. Esso prende:· va, tuttavia, significati diversi nei vari contesti poli I iii t' nazionali. I democratici europei ne traevano motivo di 1i1111 >11·. p1·1d111111w. lt~illimò la lotta contro il re. visto 111111(' 11.. 1.u11h, •• , ............ i.•. 1111\11 cldlt· C:,ISl' \'t'TS0 la lihl·rlà (' j) pr I •i.li, ..,••• I • , ·11 •,t 'llll'lh I I ' 1.1ph 1, I I I ,1111111111 I dl'lt, ( ir«·da l'llllll'lllpo-
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rant.•;1 l'n l'Italia rcndt' t'Videnre l'idea del pericolo rapprt·11cn1ato da Ottone», scriveva Anastàssios Gudas, uno degli avversari più vivaci del re1 a quotidiani e drcoli politici, nel 1859 era diviso in due n 11 rl·nti. qul'll.1 d,eli -unitari .. e quella dei «veri» radicali. Questa di~t i111111111· 1e1111,1111111 h·\'a, dd r(·slo, .i differenziazioni analoghe pre"·1111 m .1lt 11 111• 1,,11111·1111 1l\'ol111ionari l'Uropeih'1_
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Gli «unitari», con a capo il l.omvardos, rkercavano l'unitkazione con tutti i mezzi, inclusi quelli diplomatic~ e le attribuivano un'assoluta priorità rispetto alle istanze sociali Al contrario, i .wri .. radical~ sotto la guida di losslf Momferàtos, mantenendosi fedeli ai principi ed agli ideali rivoluzionari del 1848, che avevano determinato la fisionomia del partito, asserivano che l'unificazione costituiva un diritto «imprescrittibile e naturale» dei popoli e condannavano gli appelli rivolti ai sovrani europei, che essi consideravano indiscriminatamente «tiranni e oppressori dei popoli». Essi ritenevano che un'assemblea delle isole dell'lonio, eletta a suffragio universale, avrebbe potuto annullare de facto la costituzione del 1817, che aveva fatto suoi e convalidava i trattati del 1815, e proclamare, in tal modo, l'unione con la Grecia. Chiedevano, al tempo stesso, una politica di immediati «miglioramenti sociali», atta a dar sollievo alle classi . popolari70• Gli «unitari», puntando sul consenso delle forze moderate europee, proponevano un'immagine conservatrice della lotta unitaria, staccandola dagli altri movimenti europei e soprattutto dalle teorie del Mazzini. Contestavano le idee professate dai «veri» radicali e la loro politica, che, per l'assurda identificazione del radicalismo col «comunismo democratico», perdevano la possibilità di alleanze in Europa e condannavano la loro lotta nell'isolamento71• Malgrado il carattere intimidatorio delle accuse di «comunismo», il Momferàtos ammise non solo che «le idee professate dal Mazzini (_) furono e sono tuttora condivise dai radicali puri e in generale dai cittadini delle isole», ma anche che «i radicali pur~ non hanno mai distinto, nei principi e nella sostanza, il problema nazionale greco ( .•) dalla questione generale delle nazionalità»72• Anche se non ebbe legami con le sue organizzazioni internazionali, il Monferàtos pubblicava, sul quotidiano «Anaghènissi»73, articoli del Mazzini e corrispondenze tratte dalla rivista «Pensiero e Azione», condividendo la sua tesi che quella del 1859 costituiva una «guerra di interessi dinastici» 74• Al pari del Mazzin~ egli rimase estraneo agli a vvenimenti che, in termini completamente diversi, portarono all'unificazione dell'Eptaneso con la Grecia; e il suo discepolo e compagno, Panayòtis Panàs, divenne in Grecia il principale sostenitore delle idee mazziniane fin dal 1860, quando scriveva sul quotidiano «To Fos» come sostituto dell'editore, che era finito in carcere7'i.
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VII
La /11·0/NIJl,tlzimw del modello italiano
I.ti strategia della campasna nazionale
L'immagine dell'unificazione italiana che il Lomvardos propose come esempio, per il superamento della crisi politica in atto nel regno greco, evidenziava l'unità che si era realizzata tra le forze opposte della società italiana e il convergere delle loro azioni antagonistiche verso un obiettivo comune. Nella sua visione, i due estremi del movimento unitario erano rappresentati dal campo conservatore, di Vittorio Emanuele Il e del Cavour, e da quello rivoluzionario, del Mazzini e di GaribaldL I primL facendo del Piemonte un vero nucleo dello stato nazionale con istituzioni liberali, erano riusciti a coagulare attorno a sé gli elementi conservatori della nazione, a dar loro un Indirizzo nazionale e, al tempo stesso, ad assicurarsi l'aiuto dell'imperatore francese e del suo potente esercito. I secondi, anche se contrari alla monarchia, avevano orientato la loro attività fuori dal Piemonte, creando organizzazioni politiche in tutta Italia e stringendo alleanze coi movimenti di liberazione europeL L'effetto combinato di un'abile diplomazia tradizionale e di una politica rivoluzionaria indusse le potenze europee a dare il poro appoggio alle iniziative Indipendentistiche del Piemonte, al fine di ostacolare una rivoluzione dei democratici in Italia, ritenuta indesiderabile e pericolosa per 1·,,rdine internazionale. Secondo il Lomvardos, un'analoga divisione di compiti doveva dt."terminarsi anche in Grecia. Pertanto non era il caso di accusare ttone solo perché non si assumeva l'iniziativa nazionale. «Non il pc >tt.'re. -egli scriveva,- ma i patrioti ad esso estranei hanno preparato t'mc t·r~• an-aJu10, secondo il l.11111, .11 dc ,.,, 111'1 JH-;,,_ Se:. poi, 1~1 monarl'hia as..,umev~1 la guid.i .fauini, moddlo dell'élite rivoluzionaria, potevano rivestire t:1k· ruolo. tìarihalc.li lo poteva, perché non rappresentava la patria com'era. ma come o~nu· no desiderava che fosse. Uculto della personalità di Garibaldi. però, non si diffuse in modo del tutto spontaneo. n comando dei comitati lo alimentava sistema· ticamente, con dichiarazioni come questa: «Noi siamo credenti nella fede italiana, uomini di una religione nazionale, il cui sacro simholo è Roma ..98• Nella nuova religione tutto si faceva nel nome di Garibaldi: la camicia rossa, la «santa carabina• e le litografie dell'«eroe dei due mondi• ne erano i simboli. L'anniversario del plebiscito organizzato da Garibaldi e il giorno di San Giuseppe erano le sue feste comandate99, Con l'autorevoleu.a della parola divina arrivavano le raccomandazioni laconiche del capo; e le sue circolari, stampate in migliaia di copie, venivano distribuite e appese nelle piazze anche del p-clesino più sperduto 1°'1• li mito di Garibaldi trovò terreno fertile anche fuori d1talia, perfino in paesi lontani. Nel clima romantico dell'epoca, dopo la sconfitta delle rivolte popolari del 1848-49, tale mito rafforzò la fiducia in sé stessi e la convinzione che la prodezza personale, l'audacia e h1 dignità possono trionfare sui potenti. D'altra parte le imprese di Garibaldi nel Sudamerica e in Italia e le sue idee cosmopolite alimentavano la fede che la sua forza liberatoria non si sarebbe limitata solamente al suo paese, ma si sarebbe estesa anche ad altrPm. Del resto. tutti i grandi sommovimenti, dalle i.,-pedizioni napoleoniche fino alle rivoluzioni del 1848, non si erano diffuse e ripercosse nell'intero continente europeo? In Grecia il mito di Garibaldi aveva fatto la sua comparsa già nel 1859. Nelle dimostra1Joru •Skiadikà» gli studenti acclamavano Garibaldi e si consideravano dei garibaldini, in contrasto, naturalmente. col governo «filoaustriaco». Nello stesso anno fu pubblicata una fantasiosa biografia, dove, in un contesto esotico di amore, guerra e morte, Garibaldi veniva dipinto con tonalità liriche, come un eroe verdiano. Questa biografia, tradotta dal francese e con un taglio fortemente filofrancese, fu dedicata dal traduttore al Kallerghis102• L'anno dopo fu pubblicata una nuova biografia di Garibaldi. L'autore, «D.P..., si atteneva a modelli francesi; l'opera, scritta con un marcato intento antiottoniano, proponeva come esempio l'Italia. Fu ristampata nel 1861 e nel 18661°'. Nel 1861, inoltre, videro la luce, in quattro volumetti, le «Memorie di Giuseppe Garibaldi ... Ne era aurore Alexandre Dumas, che aveva seguito la spedizione in Sicilia 10"'. ll mito di Garibaldi si acclimatò in Grecia e si caratterizzò selacchi, sotto la guida del Tilrr. Quattro tra quelli che conosciamo, 11s.,;ia lo Stekùlis, il Sotiriu, il Vafiàdis e il Vassillu, presero parte and1e alla spedizione del 1862 nell'Aspromonte1B. Durante l'estate del 1860, in concomitanza con la spedizione di tì;1rihaldi. ad Atene furono effettuati, da Tsamis Karatàssos e da ~ofoklis Karidis, reclutamenti di volontari per la Sicilia. U Karatàssos, un vecchio combattente, protagonista di numerosi moti rivoluzionari e irredentisti, e convinto sostenitore di ogni sorta di banditi e di rihclli. nel maggio dello stesso anno aveva fatto ritorno dal Montent.~ro. profondamente colpito dalla resistenza del piccolo paese e dedso a promuovere una nuova agitazione nei Balcani. Ad Atene t"Rli collaborò col Karidis, l'editore del quotidiano «To Fos» che alimentava un'accesa campagna a favore della Grande Idea e contro 1ttme. Ambedue presero a pretesto la spedizione In Italia: «Che cosa "'Mnifica che si reclutino volontari per la Sicllia e non per la Grecia, du! è schia va?»m Malgrado la scarsa chiare7.za dei suoi obiettivi. l'appello del Kara1;\ssos e del Karidis ebbe una notevole risonanza. Duemila persone di Atene e tremila della provincia si dichiararono disponibili. U K:1rntàssos si dimise dalla sua carica e invitò i capi militari del 1854 ., ~-guirlo. Molti di loro, come i fratelli Zikos, loannis TzilaUs e Leonid;•s Vùlgaris risposero a11·appello e cominciarono a riunire i loro uomini. Però la preparazione della spedizione si risolse in una farsa In !'l(.'gllito ad un bruciante articolo apparso su cTo Fos», che invitava l'l-scrdto a ribellarsi e a muoversi di sua iniziativa contro la Turchia, Il i,""O l'I J'\ t'I-; IH"1. , 11, l'.1, 111,
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DRIAt;LT e M. LHf:IIITil!IC, 1-ft.çtofre cJfplomattque de la Grece 1J1• JH.'I d ""·' .fl•llr.\ 5 vnlL
Par,;. 1925·26. pp. 458-459. E. ABOUT, LII noutielle carte d'F.umpe. P-.erigi 1860, trad. nello !oles.'io anno in gn.~ CO.
211 li CartesBfo Camur-Nfgra dal 1858 al 1861. voi. lll. Bologna 1929, p. 61. Nigra al Cavour, 13.2.1860.
29 A lll'J, 4.5.1859.
30 'HAI~ 6.5.1859. 31
J.A PETROPlll.O!,, op. cl~ pp. 258-259;J. KoFAs, Intemattonal and domestlc pollttcs
tbe Crlmsan war, New York 1980, pp. 105-113. 32 nparnm mw Euvdpadmow "'' Bou.\,Jç 1858-59, vol L pp. 1314-1317, 1040-1045 e 1076-1079. 33 A n; 1859, 18, 2, Ambasciata di Parigi. Rok al Rangavis, zssn.6.1859; lbld, s.n.d'a, X, Classificati vari, Rok al Kunturlotis. 18/30.6.1859 e 2/14.6.1859; lbtd., TrlkupLo; al Kunturlotis, Londra zsn.7.1859, cfr. A9r!vci 19B.1859 e EA.lnç. 27.5.1859. 34 A9rlv6; 30,5.1859. 35 Aacilv, 25.5.1859. 36 ffl&oç. 6.6.1859. 37 A Y~ 1859, s.n.d'a., X. Cla.1111flcatl vari, Bozza di lettera cuificata del primo mini· stro agli ambasciatori del paese, 11/23,6.1859. 38 3.6.1859. 39 PRO (FO), 32, 268, 276, Wyse al Russell, 16.6.1859; .A Y.f; 1859, s.n.d'a., 1, Classifkatl vari, Rok al Kunturlotls, 24.6/6.7.1859. 40 AIIW, 6.61859. 41 Jbld.. 25.5.1859. 42 AST, Consolati Nazional~ Atene, m. 2, Filimon al Malavasi, 14.7.lSW. 43 A1cilv, 24.6.1859. 1 profughi italiani rientrati a spese della Commissione furono In Greece durlng
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Aristide Azzaello, Frant-esco Barento. Giacinto Bocravecchia, Giuseppe Casalini, Regina10 C.Olli, Vincenzo Corradin~ Antonio Destefani. Gioacchino Garda, Giuseppe Gialno, & nedetto Gianella, Lorenzo GuklL Giovanni Pellisali, Pietro Politi, Pasqua1is Romano. Enrit·o Rossigno!!, accompagnati da due Ungheresi, Demetrio e Jean Antonovick, e due Pola,· chi ex militari. André Zaskevich e Joseph Conto, che avevano combanuto come volon· tari: .AST. Consolati Nazionali, Atene, m. 2. Malavasi al Cavour. 15.7.1859. 44 Alll'J, 6.7.1859. 45 A1c6v, 20.7.1859. 46 A. GUDAS. Ydµvriµa lfl!Pl ~ Zante 1862 47 E. DnJciHJORGHIS, op. cli, PP. 122-lll &lrl!; 7.6. e 127.1860. 48 To MI.Uov fflç narpl&Jt; 18 e 2'illl859 e 16.1.1860; A9r!vci, 30.5.1859. 49 A"7't, 30.6. e 27.1860: 'la&~ 28.6. e 30.7.1860. La crisi del Libano fu il risultato dd· l'antagonlsmo tra i cristiani mamnili e i musulmani drusi. 505tenuti rispettivamente d:11 Francesi e dagli Inglesi. ln seguito ad una sollevazione delle popolazioni agricnlr maronite, le due comunità si scontrarono ed ebbero entrambe migliaia di vittime. Napo leone ltI Inviò, li 17.7.1860, una squadra navale per proteggere i cristianL Il Palmer111on però reagi. Alla fine, con una decisione della conferenza di Parigi, fu Inviato un corp.i
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pp. 17·55. ~ AMA/i I/,,',\~ .!,;o, I, M,1la\'J~1 .al C.1v11ur, In Greda, dt"tTt!'lfl 1t•,1k· ,Jd .!·H IH(1I,
'7.l.lHlll.>, AYE. 1861, 40, 4, Agenzie straniere
793, p 15'i, Mamiani al Ri,.isolL 9.8.1861. 'i6 A YE. 1861. 18. -i. Amb-.isciata greca a Torino. 57 ODI. vol IL p. 300. Mamiani al Dur,tndo, 17.4.1862. ~ V. pill avanti, p. 152 S9 V. le denunce del deputalo radicale Gheorghios Verlklos in •IP. 9101859. 60 Sul testo della lettera. cfr. H. TEMPl!JlUY e L PE,lsoN, Foundatlons of Brlttsb /oretgn policy, Cambridge 1938, pp. 222- 225; v. Inoltre C.C. Ell>RJDGF.. •The myth of mid· victorian "separatism": the ression of the Bay islands and the lonian islands in lhe early 1860's-, Vtctorlan Studles. 1968-69 n. 12. pp. 336-346, 61 V. il quotidiano dJ Corf~ Nla 19.11.1860; P. Qf10TJS, IOTOpia mv Tovlov KpamV(; 21 parte, vol V, Z.ante 1877, pp. 469-472. 62 G. VEROOOS. AmµV1Jµom',µaia api ff1' ,rpd,,Jv lovlov JIOÀlai°" Cefalonla 1870, p. 185; P. CHIOTIS, op ctt. pp. 475-476. 63 P. CHioTIS, op. ctt. pp. 476-478. 64 Jlnd, pp. 486-498. 65 lf>IP. 3110.1859; Per un'altra sua critica nel 1860, v. P, CHIOTIS, op. ctt., p. 449. 66 IJ>lP, 25.111860. 67 Cfr. «EU.aç 1CQ\ ltaA{a. in lf>IP, 11.8.1861, ove le citazioni che seguono. 68 Si riferisce alle voci circa la fondazione di un principato angloionio con la probabile annessione dell'Epiro e della Tessaglia: v. P. Ctuons, op. clt., p. 504 e 528; E. PREVnAKJS, «To Hlte1.j)o8EaoaAUc6v t1\'tT\J.lCI mia m i'ffl 1862-1863•, A9r!vd, 1950 n. 54. pp. 94-105. Tracce dJ questo sospetto si rh1contravano anche sulla stampa Italiana, vedi LVntl4 ttallana, 4.ll861 69 Or. P. PANAS, .Pa,omraomi ma ,'Jd.n~ BV Blnuvlfam, Cefalonia 1880. 70 G. VER11tl06, 'Er1P'*1 avafep6~a eiç mv Pt'oo,raana,rov, Z.ante 1889, pp. 8-13. 71 lf>IP, 2.5. e 5.6.1859. 72 Or. Il quotidiano di Cefalonia A va)'tVV1J°"- 25.4.1859. 73 « A ~ pubblicò, dal 18.4. al 23-5.1859, l'anicolo dJ G. Mazzini «Dei doveri dell'uomo. Ai lavoratori d1talia», tradotto da P. Panàs. 'i', AMAI!;
e.on,
74 Or. Ava,tvv,im, 9.5.1859. ar. To lflmç. 3 giugno. 9, 11 e 13 agosto, 6 e 13 11ettembre 1860. PanAs pubblicò a puntate, nel 1874, sul suo quotidJano - ~ 9 ' , l'opera del Maz7jni •Dei Doveri•. 76 Per le precedenti citazioni v. nell'ordine •JP. 11AJ861, 25.9J862, 29.7.186o, 29.9.1861 e 11A1861 77 Cfr. Ehiç; 7.6. 12.7. 7.2.1860 e 22.8.186L 78 V, To Mt.Uov Avarolif, 26.7.1862 79 V. To Mt.Uov 171ç wtr6oç. 27 e 31.8.1861. I.i V. To Mt.Uov AvmoAif, H.IUR62. 81 Dichiarazioni del Glad~one nel 1861, cfr. P. Cmons, op. dt., p. 448. F12 V. To 1f1mç. 7.4.1862 H3 V. Al119ltç Pl,omracmiç, 15/27.9J862 114 G. VERIKIOS. 'Eyrpa"' .. ~ ctt, p. 12, Momferàtos al Verikios, 14/26.4.1862. 1:1'1 V. To lflmç. 9.8.1860. W, V. EMfç, 17.5.1860. H7 Cfr. il quotidiano •M~U.ov•, serie di artkoli di D. Papathanasslu dal 18.9. al 75
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•Ava~VVTJatc;• di losslf Momferl1tos. tra il 1848 e il
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.\'t'C.'IJ/'l11" /1(ll"l1•
'IZ Cfr. To Mt..Uvv m,; Avuro.A,1,;, I.H.IH. Mlnotos e Skufis v. P. C111ons, op ctt., pp. 439 e 660; su Tipaldos e M11vrOpulos, v. Perseveranza, 22.1.1861; su Minionlas, v. S. MALAKIS, A,rq,V71µovE11,lam nf nJ, OV]llp6vou 1arop{~ Atene 1895. p. 376; 11u Tsalas e Vafiàdis, v. A YE; 1860, s.n.d'a., Xlii, Rappono l Papak05takis, s.d. (ott. 186]). Vafiàdis, di nuovo voloniario a Creta nel 1866, mori nella battaglia di Vafè dr. inoltre P. TSAWS. To ~aoµlvo Movaanfpi, S;akmicco 1932. p. 48. Su Vassillu, V. D. Df. BA.so.IO, Rtcordt, Trieste 1860; su Papadopulos, v MRM, Cane Bertani, 38, 156, 112. G. Gherardi al Bertani, 3.8.1860. Papadopulos era pa· rrnte di Francesco Guerrazzi. ID C PECoiuNI MANZONI, Storia della 15ma dtvtsu,,w l'Urr MIia camJJtlBntl del 1850 111 Stctlla e Napolt. Firenze 1876; S. MAL\KIS, op. clt., p. 494; MA CANJN~ Vl,r,gt ans d'exi( Parigi 1869, p.184; D. DE BASWO. op clt 1 volontari del 1862 furono imprigionati dopo la liCOnfina della spedizione e liberati grazie all"antervento del Mamlani, v. AM~ 793. l~'i. Mamiani al Durando, 2.10.1862. 121 To ~ 135.. 3,6. e 6.6.1860. ll Karatàssos intendeva recani dal Montenegro in Serbia via Trieste, ma qui fu espulso dagli AUSU'iad, v. A YE; 1859, s.n.d'a., X. Classificati, Kunturiotis al Sina.,;, 28.4./10.5. e 14/26.7.1860. 125 To ~ passtm., giugno-ottobre 1860; AMAE (RS), 250, 1, Malavasl al cavour, 9.11.1860. Sulla partecipazione degli ltaloalbanes~ v. S. GROPPA, Gl'ltaloalbanest nelle lot· IO dell'tndlpendenza, Bari 1912; c. CF.SARJ, op. ctt 126 «li diritto delle Nazioni•, v. MA. CANINI, Vlngt ans..., ctt., pp.183--187; W. MAnJRI, •I.e avventure balcaniche di M.A. Canini nel 1862», AA.VV. Studt storici tn onore dt G. Volpe. Firenze 1958, voi. li, pp. 557-643; f. GUIDA, «M.A. Canini in Grecia», Balltan Studtes, XX0979), pp. 343-392. IZ7 «Armata d'Oriente», AO: Ministero Interno, f. 4, 1052/624, fucicolo personale di S. Prata della pubblica sicurezza. 128 «Comitato per la spada d'onore cli Garibaldi•, v. A. SCIROCCO. •A5sociazionl po111 iche e società operaie nel Mezzogiorno dal 1860 ad Aspromonte-, Arcbtvlo storico per le p,outnce napoletane, 1967, pp. 422-425; MRM, 688, Circolare Bellazzi, lo.6.1861 129' ar. Il popolo d'Italia, 213. e 25.5.1861 130 Non è esatia l'informazione forniia dal canini e adotiaia dalla storiografaa senza ulteriori verifiche, secondo la quale Il comitato di Napoli avrebbe costituito il primo nucleo dei comitati fondati in seguito nelle Isole dello Ionio. 131 l STEKUUS. op clt, pp. 21-26; ~ { ç . 20Jl.1876.
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IX I cu111lt,1/i d'azione
La fondazione e la formazione
n modo in cui fu propagandata l'unificazione italiana e il dibattito che si aprì sul suo valore esemplare, il mito di Garibaldi e la volontà di collaborare con lui portarono alla creazione, nel 1861-62, dei «comitati d'azione» in territorio ellenico•. Vennero organizzati sul modello dei comitati di provvedimento e in collaborazione con essi, e furono considerati loro ramificazioni. Il loro obiettivo era preparare la rivolta delle province elleniche sottomesse e la spedizione di Garibaldi nei Balcani. La loro fondazione fu il risultato della coincidenza di aspirazioni tra gli ambienti italiani interessati e gli unificatori radicali. L'iniziativa spettò ai garibaldini greci, che fecero anche da tramite tra i centri rivoluzionari dei due paesi. Essi rientrano nella variegata categoria delle organizzazioni irredentiste (comitati, associazioni, eterie), presenti durante tutto l'Ottocento. La loro attività, legale o illegale che fosse, ebbe un ruolo complementare o sostitutivo nei confronti della politica statale, soprattutto in occasione delle ricorrenti crisi legate alla questione d'Oriente. Anche se essi opera vano ai margini della vita politica, l'alimentavano con la costante esaltazione dello spirito irredentista e «grandeideista». Nel 1860, prim'ancora che fosse completata la liberazione dell'Italia meridionale, i volontari Sasselas e Stekulis si rivolsero a Garibaldi, per riceverne l'autorizzazione a preparare l'estensione della rivoluzione nei Balcani2. Garibaldi acconsentì alla loro richiesta ed essi si portarono lo Stekulis ad Atene e il Sassèlas nelle isole ionie. Ad Atene lo Stekulis incontrò l'ambiente irredentista di Leonìdas Vùlgaris e di Konstantinos Zikos e il Kanaris, capo dell'opposizione. I primi due si erano rivolti a Garibaldi, chiedendogli evidentemente aiuto per i loro progetti3. Già in precedenza, nel gennaio dello stesso anno, essi avevano informato il console italiano Malavasi che stavano 1m·parando una rivolta ndl'Epiro e nella Tessaglia e gli avevano consl'gnato un llll"lllnriall' nm le richieste elleniche, in modo che il Cavour 123
lo potc.:.·ssc.:.· prl'sl'ntarl' all'immirwntc.:.· congrl'sso internazic 111all··1• '.\lei febbraio essi avevano tentato di infiltrarsi nelle province ollomane, ma avevano incontrato condizioni avverse ed erano tornati indietro, sperando nell'aiuto di una potenza straniera~. Infine, nel dicembre del 1860, mandarono come loro rappresentante al Cavour l'esule italiano Carlo Saltara, per discutere con lui l'eventualità di un aiuto italiano e della candidatura di un principe italiano sul trono greco6• Il Vùlgaris accettò le proposte dello Stekulis. Però, dopo un viaggio in incognito nelle province sottomesse, fu arrestato dalle autorità elleniche e rimase in carcere fino all'estate del 1862, quando evase7• Garibaldi era soprattutto interessato ad assicurarsi la collaborazione del Kanaris, che in Italia era considerato un personaggio leggendario. A tale scopo si incontrò con lo Stekulis e col Vafiàdis. Però il vecchio combattente era completamente preso dalle lotte politiche interne e, come tutti i capi dell'opposizione, guardava con scetticismo ai tentativi di collaborazione greco-italiana. D'altronde, egli, non solo non aveva toccato la questione irredentista nel suo noto «Memoriale», ma, in occasione della visita del Canini, nel giugno del 1862, gli chiese di sospendere ogni progetto prima dell'abbattimento di Ottone8. Ciononostante egli mantenne i contatti con Garibaldi e i suoi rappresentanti 9• Maggior successo ebbero i tentativi del Sasselas a Corfù. Nella città esistevano già legami con le organizzazioni di liberazione italiane. Oltre al fatto che molti abitanti delle isole ionie ne erano stati membri, per lo più durante i loro studi in Italia, dal 1859 era operante in loco una sezione della Società Nazionale Italiana 10• Tali legami erano stati attivati dalle collette del 1859 e del 1860 a favore di Garibaldi, effettuate su iniziativa del poeta Aristotèlis Valaoritis11• Il Sasselas si rivolse, innanzitutto, al comitato di solidarietà per i Montenegrin~ che era stato fondato a Corfù dall'arcivescovo Athanassios Politis, in seguito al lomvardos e al Verikios, deputati radicali di Zante. Tutti accettarono di collaborare e, inizialmente, furono fondati due comitati A Corfù, oltre all'arcivescovo, vi presero parte i deputati Antonios Dàndolos, Stefanos Padovàs, Konstantinos Tombros, Stamatis làskaris e altri12• A Zante il comitato risultò più numeroso. Oltre al Verikios e al Lomvardos, ne fecero parte Andreas Faraòs, come segretario, i sacerdoti Pavlos Logothetis e Panayotis Kladi e il Sasselas componevano il direttivo 13• Un altro comitato fu fondato, in seguito, a Cefalonia da Gher.ìssimos Livadàs, Antonios Miliarèssis, Theòdnros Karussos e Theòdoros Kladàs. Su spinta di quest'ultimo, Aristoti.·lis Valanrìtis fonde') un al tro comitato a Leucack. lnfim·, Franghbkc ,~. l'ilari11c',~. 1 >riginaric >di l.'1
1,,,.,,,.,,,,,,,, .. ,. ,11/l,1l1,,r11:1,,11,• ,w·,•, ,, ,1,tl/111111 Cdalonia t' p1 direttamente al Risorgimento e gli Italo-albanesi parteciparono a tutte le lotte per l'indipendenza italiana, dal 1848 al 1860. Nel 1861-62 furono attivi, a Palermo, a Napoli e a Durazzo, dei comitati che videro la partecipazione degli Albanesi. Essi ebbero nascita e vita autonoma dai Comitati di provvedimento e stabilirono tra di loro particolari collegamenti 80• In Italia meridionale si chiamarono «comitati grecoslavi», a Durazzo «giunta greco-albanese»: due nomi indicativi non solo delle alleanze ma anche del contesto in cui gli Albanesi collocavano la loro emancipazione nazionale. Il comitato centrale di Palermo fu fondato dall'intellettuale albanofono Pietro Chiara. Il Chiara era convinto dell'impossibilità di portare a compimento l'unificazione italiana senza una parallela rivoluzione dei cristiani nei Balcani. Essa avrebbe indebolito tanto l'Austria che il potere temporale del Papa, perché, a parte le sue conseguenze politiche, avrebbe rianimato l'ortodossia, -un simbolo che riuniva in sé la libertà, l'etnìa e la religione,- contro il traballante cattolicesimo81 • I comitati greco-slavi effettuarono collette e reclutamenti tra gli albanofoni della Sicilia e della Calabria. Quando, nell'estate del 1862, Garibaldi arrivò a Palermo, gli fu chiesto di mettersi alla guida della rivolta balcanica82• Garibaldi, che nelle sue roboanti dichiarazioni mostrava di considerare anche quella albanese come «questione sua», entrò in contatto con il comitato di Palermo tramite il Cucchi83• La giunta greco-albanese di Durazzo apparve contemporaneamente all'eteria di Giannina. Il 15 luglio 1862 essa emise una dichiarazione, nella quale riassumeva i suoi obiettivi. Vi si leggeva: «Leviamo un'ultima volta lo stendardo di Scanderbeg, e decretiamo in nome di Dio, e della volontà nazionale: 1. l'armamento immediato degli Albanesi, e delle legioni internazionali per l'emancipazione della patria; 2. il ristabilimento della religione di Cristo nel cui nome si combatte; 3. un principe eletto dalla volontà nazionale; 4. il libero scambio con tutti gli stati». La dichiarazione, che era indirizzata soprattutto ai popoli europei, si concludeva con la richiesta di aiuti per la liberazione dell'Albania 84• Un'altra dichiarazione della «giunta», indirizzata «agli Albanesi di Calabria, Sicilia e di tutta l'Italia», fu divulgata a Napoli dal «comitato greco-slavo». Oltre a ribadire il comune glorioso passato, essa invitava gli Italo-albanesi ad impegnarsi, nel loro stesso interesse, per la liberazione dell'Albania, «perché la questione italiana non può essere risolta definitivamente se prima non si risolve la Questione orientale» 85• Per i comitati greci, il problema principale era rappresentato dagli Albanesi di fede musulmana. L'eteria di Giannina fissava, tra i dove· ridei suoi membri, anche quello di «impegnarsi a convincere i Turchi dell'Albania, senza peraltro precisare troppo fino all'inizio dd moto, che erano disposti ad appoggiare la rivolta dl.'i più fL"ddi l' sinceri con denaro lsc.·ro dati sulle forze di cui disponevano i bei ndll· z, 111c.· di A vlima, Tepelene, Berat, Del vine, Gjirokaster, Permet, Korre. t;iannina, Filiatrà, Parga, Paramithià e Prèveza e s'informarono sulle possibilità di una loro adesione alla rivolta 87• Tra gli interpellati furono inclusi alcuni esponenti della famiglia Frasheri di Permet e i figli di Omer Vrionis a Berat, con i quali, in seguito, i rappresentanti del governo greco avrebbero trattato la costituzione di un regno greco-albanesel!tl. La conclusione di chi redasse questo rapporto era che i musulmani albanesi, se si fossero visti garantire il libero esercizio della loro fede, avrebbero preso parte alla rivolta o, nel caso peggiore, sarebbero rimasti neutrali. Contemporaneamente, alcuni capi militari albanesi si mossero in direzione di Torino e di Atene. Nell'ottobre del 1861, uno di loro visitò il Tiirr, con lettere di presentazione di affiliati dei comitati ellenici e gli chiese 200 armi e munizioni. Il Tiirr mise al corrente il Ricasoli, il quale assicurò il suo consenso, a patto però che non figurasse il governo italiano89• Nel periodo 1860-62 altri bei albanesi si recarono ad Atene e ottennero finanziamenti da Ottone, per preparare moti di rivolta nelle loro zone90• Il più attivo di tutti era il bei Meohmed Kaplan, colonnello dell'esercito turco. Il Kaplan, accusato nel 1860 di preparare una rivolta nell'Epico e in Albania, fu destituito e confinato in Libia. Tuttavia egli riusci ad evadere e si rifugiò in Grecia e in Italia, dove strinse legami con gli ambienti rivoluzionari. Nel 1863 visitò il Mazzini a Londra91• Nell'Albania e nell'Epico l'attività dei comitati non passò inosservata alle autorità ottomane e ai diplomatici austriaci. Insieme alle voci di un imminente sbarco di Garibaldi, essa provocò nella zona un grande spiegamento di forze regolari e di corpi franchi e la mobilitazione della flotta nell'Adriatico92• I CONTATTI COL MONTENEGRO. Il Montenegro, dopo la vittoria contro i Turchi nel 1858, si trovava sul piede di guerra La rivolta dei contadini dell'Erzegovina, nel 1861, provocò una grande concentrazione di forze turche ai suoi confini e il suo isolamento dal mare. Il principe Nikòlaos tenne all'inizio un'atteggiamento di attesa, sperando nell'aiuto della Francia e dell'Italia93• Nel 1859 alcuni inviati montenegrini si erano recati a Corfù per chiedere aiuto, e avevano incontrato l'arcivescovo Athanassios, il Lom vardos e il Verìkios, con i quali avevano discusso la necessità di coordinare i movimenti rivoluzionari. Questi, a loro volta, avevano comunicato le proposte dei Montenegrini alle organizzazioni di liberazione italiane94• Il principe Nikòlaos, alla fine dd 1860, es.o;endo convinto che Garibaldi avrebbe tentato una nuova spedizionl' in Dalmazia, avlo, il quale stabiliva dll' non a\'rl'I>· be dovut11 ,n 1ppian· lll''iMlll moto di rivolta. in nessun territori11, prima che i dlll' pal·si f, ,sst·ro sufficientemente preparati né Sl'llZa preavviso recipron>. Le due rappresentanze definirono scrupolosamente tutte Il' qul'· stioni riguardanti i preparativi della rivolta. Concordarono che i dlll' governi avrebbero inviato degli agenti segreti nelle rispettiw zont· di competenza per raccogliere informazioni sugli umori degli ahitanti. per rendersi conto della consistenza e della di'ilocazione delle forzt · militari e per organizzarvi una specie di società segreta, controllata da ambedue i governi1 29• Decisero, inoltre, che i Serbi avrebbero appog giato la rivolta dell'Erzegovina e i Greci si sarebbero assicurata la o il laborazione degli Albanesi. Stabi1irono, infine, di impedire qualsia,i esplosione rivoluzionaria prematura130• Il problema che preoccupò di più le due parti, fu come assicurar,i un appoggio esterno. Il Renieris riferi al Garasanin che, in seguito ad una precisa richiesta del Kallerghis, Louis Thouvenel aveva cspn.·sso l'assenso della Francia all'alleanza greco-serbal'll. Nonostante vi fosse accordo su tutte le questioni fondamentali, dopo il ritorno del Garasanin a Belgrado, il governo del principl' Mihailo dichiarò che avrebbe sottoscritto l'alleanza solo dopo aVt'r risolto le proprie difficoltà interne e dopo aver migliorato i suoi rapporti col principe del Montenegro132• Il governo greco comprese i motivi dell'esitazione di quello ser· bo, ma dichiarò che, per quanto lo riguardava, avrebbe considerato ugualmente impegnativo l'accordo verbale. Chiese, pertanto. che ,i procedesse ai preparativi militari, al rifornimento di armi, alla pro· paganda presso le popolazioni cristiane sottomesse, alla promoziom· dello spirito di collaborazione nelle province a popolazione mista t· alla ricerca di un appoggio diplomatico. In particolare su quest'uhi ma questione, che aveva a che fare con le minacce inglesi alla eÌl'l' eia e austriache alla Serbia, il governo di Atene chiese che la «dichia razione di principi» fosse sottoscritta, anche nel caso che il gi >Vl'fll11 serbo esitasse a firmare l'accordo segreto difensivo e offt·n.o.;ivn Belgrado, però, non rispose133• In seguito al bombardamento della città da parte delle mili zie t md Il', il 15 giugno 1862, il governo serbo chiese il ritiro dei Turchi da Bl'lgradc ,, preparandosi ad uno scontro militare. Per questo motivo, e conland< 1su una generale conflagrazione nei Balcani, inviò ad Atene _lovan K11 manùdis. fratello del noto intellettuale greco, per incontrare Ottonl' l' chiedergli di intl'rvenire nella guerra, in caso di fallimento delll' trai tal i Vl'. OttorH' risp< l"i(' dll' il paese, dopo la rivolta di N:.111plia, si In ,vava militarn1t·1111· 111 cl11t in 111;1 t', di conseguenza, non poll'Va, 1wr il 1111111w11 lo, ponarc · ;111111, .111., ~1 ·11ila 111 ( :hit·st·, pt·r1anto,di rinvial'l· la gut·rra all'an· 1u, ,11n ·, ..,.,1\, ,. , I' 1.111, I,, 1tti·1wv.11 lw la< ;n•t'ia ,;1n·l>ll(' ,1;11;1 pn 1111a 11••. 1-1·,
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I rnntulti cmi /1talia: d!fficoltà e incertezze LA RIVOLTA DI NAUPLIA. Ottone, convinto che fosse sufficiente una nuova offensiva nazionale per allentare le tensioni interne, mentre portava avanti i tentativi di un'intesa balcanica, non impostò una politica di pacificazione del paese, adottando quelle misure liberali che avrebbero rafforzato il fronte interno. Così, nel gennaio del 1862, egli respinse la proposta del Kanaris di formare un governo di intesa nazionale, il che provocò, il 1° febbraio del 1862, la rivolta della guarnigione di stanza a Nauplia, il secondo centro militare del paese136. I rivoltosi, dopo aver occupato le fortezze e la città insieme alla popolazione, formarono una commissione provvisoria di governo. Essa, nel suo proclama del 2 febbraio non pose, comunque, il problema della deposizione del re, ma, dichiarata la sua fedeltà alla costitu· zione, chiese l'applicazione della stessa, il cambiamento del governo, lo scioglimento del parlamento, la creazione di una guardia nazionale e l'indizione di nuove elezioni per l'assemblea nazionale. In una dichiarazione successiva indirizzata alle potenze protettrici precisò, inoltre, che avrebbe rispettato gli impegni internazionali del paese e che non avrebbe intrapreso nessuna iniziativa in Oriente che potesse risultare in contrasto con i loro interessi137• Contemporaneamente a Nauplia, si sollevarono anche le guarnigioni di Tripoli, Kìthnos e Sìros, sempre con l'appoggio della popolazione. Invece non ebbe successo il tentativo del Gudas di far ribellare i contadini dell'Attica138• L'esercito regio, al comando del generale Hahn, assediò e bombardò Nauplia e, dopo numerosi ed aspri scontri, costrinse i ribelli alla resa, il 24 marzo del 1862 Ottone concesse l'amnistia, escludendone però i capi della rivolta, 12 militari e 7 civili. Le tre potenze garanti preferirono non intervenire, ma erano preoccupate per gli eventuali collegamenti dei ribelli coi comitati italiani 139• Il governo inglese avvertì Ottone del rischio che Garibaldi strumentalizzasse il moto, orientandolo contro la Turchia, ordinò alle sue navi di pattugliare il golfo di Amvrakia e inviò analoghi comunicati a Torino110• Al contrario il governo francese, che desiderava la sconfitta del moto, auspicò una missione di Garibaldi in aiuto ad Ottone141• I rivoltosi di Nauplia, in realtà, non avevano alcun rapporto coi comitati italiani; tuttavia i capi dei comitati greci, il Lomvardos e il Domeneghìnis, chiesero agli Italiani di appoggiare la rivolta. Il primo scrisse a Garibaldi, sostenendo che la destituzione di Ottone avrebbe facilitato i loro progetti142• Il secondo gli trasmise la richiesta di Benizèlos Rufos, capo dell'opposizione a Patrasso, di inviare il Turr, con 300 garibaldini, per fomentan· la rivolta nella ril·n te». Per ciò che concerneva la Sl·rhia, il 1-:""' ·111,, il .111,1111, pr11111t·l lt·va l'd
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di opporsi ad , •).:lii .111.11 n, armato contro e.li essa. Quanto alla Grecia, esso c.lid1iara\'a 1111' si sard,lx: appellato al principio del non intervento, se la Turchia IL· avesse mosso guerra per prima. L'articolo I'; riguardava le garanzie italiane per il trono ellenico. Il governo italiano prometteva che avrebbe usato tutta la sua influenza sulla stampa e sulle associazioni politiche, per determinare un'opinione pubblica favorevole al mantenimento dell'ordine interno in Grecia e contraria ad ogni iniziativa rivolta contro Ottone. Analoghe direttive sarebbero state date anche al Mamiani, con l'ordine di operare in armonia col governo greco (articolo 16). L'ultimo articolo (17) stabiliva che, se le operazioni militari contro la Turchia avessero assunto dimensioni più vaste del previsto, l'Italia avrebbe rafforzato il corpo ausiliario di volontari; e, a sua volta, la Grecia avrebbe completato la sua preparazione militare, per entrare apertamente in guerra Il testo della convenzione presentava molti punti deboli. L'Italia non assumeva, sostanzialmente, nessun impegno nel caso che la Turchia aggredisse la Grecia; la posizione della Francia risultava incerta; e il patto greco-serbo ancora non era stato firmato. Inoltre il suo spirito era estraneo alla politica estera complessiva dell'Italia, soprattutto dopo l'assunzione del ministero degli Esteri da Giacomo Durando. Infine il termine di tre mesi fissato per i preparativi rispondeva piuttosto all'esigenza di allontanare Garibaldi dall'Italia che alle intenzioni della Serbia e ai tempi necessari alla Grecia. Ad Atene il Renieris, che era il principale coordinatore delle trattative, e lo Spiromilios, si dichiararono complessivamente d'accordo con la convenzione, ma chiesero la modifica di una serie di articoli riguardanti lo sviluppo della rivolta, le garanzie concesse dall'Italia e la consistenza degli aiuti economici181• Specificamente, essi chiesero la modifica degli articoli 1 e 2 Ritenevano, infatti, che ti.prolungarsi delle agitazioni nelle province sottomesse, attraverso l'invio di corpi di guerriglieri armati, avrebbe avuto conseguenze negative per il moto. Se si fosse trattato di piccoli corpi, con limitato raggio di azione, essi sarebbero sfociati nel banditismo, come era avvenuto nel 1854, avrebbero provocato una grande concentrazione di forze turche e avrebbero aperto contrasti con gli Albanesi, prima che fossero portate a termine le trattative con loro. D'altronde, una fase preparatoria consistente in una prolungata azione partigiana avrebbe comportato il rischio di un intervento dell'Inghilterra contro la Grecia, che avrebbe stroncato il moto e tolto ai Serbi il coraggio di dichiarare la guerra contro la Turchia. Per questo motivo essi ritenevano che, in attesa dell'entrata in guerra della Serbia, si dovesse operare in quattro direzioni: a) per guadagnart' l'adesione degli Albanesi; b) per organizzare le popolazioni s111111111t·ssl' l' prepararle a unirsi alla rivolta; c) per attivare 111issi11111 sq{1«·1c· e· ran'Olll' di armi e munizioni; d) per creare corpi l'i"I
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di vulontari nei territori ellenici lungo le frontiere. Subito dopo l'inizio della guerra serbo-turca, questi corpi, insieme ad alcuni battaglioni di guardia nazionale, avrebbero passato la frontiera e, con l'aiuto del contingente di volontari italiani, avrebbero occupato alcuni punti strategici. In un brevissimo arco di tempo la Grecia avrebbe dichiarato guerra alla Turchia, senza attendere la diserzione fittizia di una parte dell'esercito. Per quanto riguarda l'arrivo dei legionari ungheresi, contemplato nell'articolo 6, essi si riservavano di decidere, perché fondamentalmente erano contrari. Chiedevano, inoltre, la modifica degli articoli 9 e 10, concernenti la concessione del prestito. Ritenevano, infatti, che la somma di trenta milioni di dracme, calcolata in valore nominale, fosse insufficiente; pretendevano, quindi, un prestito di venti milioni al valore reale e l'adeguamento del valore nominale. Come anticipo chiedevano sette milioni, invece dei due previsti, e senza le limitazioni dell'articolo 10. Inoltre non volevano che il prestito fosse rilasciato nelle forme consuete, per non pubblicizzarlo: proposero, pertanto, di formalizzarlo solo dopo l'inizio della guerra, quando, proclamata la dittatura, non ci si sarebbe più dovuti preoccupare della sua segretezza. Ritenevano, comunque, che una parte del prestito dovesse essere concessa in dono, cosi come aveva fatto la Russia nel 1854. Infine chiedevano la modifica dell'articolo 14, in modo da vincolare l'Italia a difendere con la sua flotta le coste elleniche, prima e dopo la proclamazione della guerra contro la Turchia Per questo essi proposero di stipulare uno specifico accordo segreto secondo le regole della diplomazia, che definisse più esattamente le forze navali che l'Italia era disposta ad usare per proteggere le isole greche e contemplasse un preciso impegno italiano a garantire l'integrità della Grecia. Prima che fossero portate a termine le trattative sul prestito e che fossero firmati gli accordi sulle richieste greche, il Bòtsaris, il Christòpulos e il Vassiliu si recarono a Parigi per incontrare l'imperatore francese e il principe Girolamo Napoleone, mentre il Kallerghis rimase a Torino per proseguire i colloqui1112• L'idea di avvicinare anche la Francia, dopo l'Italia, era stata del Levidis e del Kallerghis, secondo i quali l'alleanza con l'Italia doveva costituire l'asse di più articolati legami sia con l'Europa occidentale sia con i Balcani1113• La Francia, però, in quel periodo era tutta presa dalla spedizionl' in Messico e dalla minaccia garibaldina contro Roma, e voleva evita· re complicazioni in Oriente184• Il ministro degli Esteri francese, Louis Thouvenel, propose al Bòtsaris di rinviare l'inizio dl'll.i rivolta alla primavera del 1863, quando, secondo le infor111azi1111i di l'lli disponl'· va, anche la Serbia sarebbe l'ntrata in ~:11t·11 a Il w ,,·1·111e I frarll·t·st· ritt•nc..·va dll' tait• rinvio t· 1111 aliill' 1111111l111a1111'11l11 di'! 1rn1111 l11s.-.1·rc1
l11,•,l,•1111111111 ,, , 11/l,1/1,,r,1-:_/,,111• gr1•c11-flt11/l'I'< ISIZII >NI; I ,Ili I A I:, 111111 lSÌZÌ il 1ir11 .,ulla p11li1ica estera di Ottone. Lo accusò di mirare, col richiamo alla liv() l'ra il tl'ntativo di stabilire un nesso tra la cessione delle isole dello Ionio alla Grecia e quella di Venezia all'Italia. Con la partecipazione italiana, la conferenza avrebbe potuto fungere da tribuna per lanciare l'auspicio di un trattamento analogo dei Veneziani, che desideravano anch'essi l'unione con la madre patria. Infine, il quarto e più importante motivo era che la partecipazione ad una conferenza con le grandi potenze avrebbe accresciuto l'autorità del governo italiano all'interno del paese e avrebbe rafforzato la politica di integrazione nazionale che esso perseguiva. Quest'ultima argomentazione fu sollevata dopo che il governo inglese bocciò tutte le altre273• Dal rifiuto dell'Inghilterra ad accogliere le sue istanze, la diplomazia italiana dedusse che gli Italiani avrebbero dovuto evitare ogni coinvolgimento nelle azioni rivoluzionarie dell'Oriente, in modo da cancellare ogni diffidenza nei loro confronti; che l'Inghilterra appoggiava la Grecia e voleva rafforzare la sua influenza su di essa perché riteneva imminente il crollo dell'impero ottomano; infine che esisteva un contrasto di interessi tra l'Italia, che aspirava a un posto nel sistema di forze del Mediterraneo, e l'Inghilterra che, dominando nell'area, voleva chiudere le porte a nuovi antagonisti 274• Lo sviluppo di tale contrasto, tanto con l'Inghilterra che, per motivi analoghi, con la Francia, avrebbe portato l'Italia, dopo la normalizzazione dei suoi rapporti con l'Austria nel 1866, nel campo delle forze centroeuropee e avrebbe determinato l'asse Berlino-Vienna-Roma. Un simile cambiamento di rotta, naturalmente, non sarebbe stato effettuato dai successori del Cavour, ma dai politici della sinistra storica, dopo il 1876.
Note 1 S. MALAKIS, A1roµV1)µovevµa-ra etrf 'f'IJç ~p6vov unoplaç, Atene 1895, p. 319; P. CH1011s, lcnop{a rov Jovtov Kpétrovr;. 2' parte, voi. V, Zante 1877, p. 439. 2 1. STEKU!.JS, t1>p6V1)µa, Atene 1882, pp. 19-20; I'AK, K2c, Piccole Raccolte, Lettere di Garibaldi allo Stekulis, 1.9.1860 (due), 6.9. e 5.10.1860, pubbl. in G. FALZO!'.E, «Lettere di Garibaldi ad Elia Stekuli», li Risorgimento, XVII(1965), pp. 17- 31, ma con errori di cronologia.
~ G. FAI.li >NI·, 11{1. cli. •1 .4.'1/.'1 , .. 1/,'\ 1, 2'10. I, Ma lavasi al Oabormida, 27.1.1860. s //11.I. rvl.d.l\·,1·,i .il C.l\·nur, 12.2 e ll.'1.JH(10.
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(, w. MA'J'tlHI, •Lt· aVVl'lllllrl" halcmicht· di M.A i contenuto analogo era anche il discorso di Garibaldi agli operai di Palermo: v. R. CoM POSTO, I democratici dall'Unttà ad Aspromonte, Firenze 1967. 38 Sulle associazioni operaie, v. MCR, Prot. Bellazzi. 'i27, kllcra .11t·a~.si•:iazionc opt· raia di Pinerolo, 27.1.1861. Sulle organizzazioni di donrw. v T l'H ,1, ,, "/' , 11., pp. ;\(1:\·:\c'll1;
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t,·,,·,l,·1111\11111 ,. , ..11,,1,,.,,,: 111111• .~1·1'. l.~.1,,111li.1l,II ,1I Turr, U.II.IHt1l t'lla J\li11t·1va, 1 hit•st·ro l'intervento del loro governo, ritt·nt·ndo d1t· l'i111111i11t·111t· riforma a)(raria e la mobilitazione dei contadini inlal·c1s.,1·r11 i,.:li inll'rcssi degli Italiani nell'isola 7• Il Viviani, in un eccesso di zd1 ,, ft·n· presente al suo governo che i latifondisti costituivano la parie più istruita della società locale e che era necessario prendere una posizione energica a sostegno dei loro interessi. «Questa classe, -egli scrisse,- rappresenta per noi un addentellato e ad un tempo uno strumento d'influenza»8• E ancora: «Nelle isole ionie poi le tendenze alla separazione dalla Grecia diventano qui ora più manifeste: solo manca un centro comune di gravità intorno al quale possano raccogliersi» 9• «Gli occhi degli abitanti di Corfù sono rivolti verso l'Italia più che verso la Grecia. Sono stati delusi dall'Unificazione. La Grecia ha portato miseria. Nel caso che Corfù si separasse potrebbe reclamare solo l'Italia, rivendicando l'eredità veneziana»10• Scoprire che l'Italia aspirava all'annessione di Corfù creò in Grecia legittimi timori che il console italiano cercò di fugare, attribuendo la paLernità di tali voci ai seguaci dell'ex re Ottone, a militari che prestavano servizio a Corfù e alla Sublime Porta 11 • Ovviamente il governo italiano non ebbe niente da ridire sull'annessione delle isole alla Grecia. Tuttavia, dopo l'elezione dei deputati del partito contadino, il Visconti Venosta, ministro degli Esteri, notificò ad Atene l'intenzione di mandare una nave da guerra a Corfù per proteggere i cittadini italiani e tutelare i loro interessi12• In seguito furono adottati toni più blandi e le autorità diplomatiche italiane si limitarono a raccomandare che, nell'applicazione della legge, non venissero fatte discriminazioni ai danni dei cittadini italiani13• Per l'aspirazione ad estendere il suo potere in Oriente, il governo italiano finì coll'alienarsi, nell'area, una parte dell'opinione pubblica e col ridurre l'entusiasmo che l'unità d'Italia aveva spontaneamente suscitato. Ma chiudiamo questa parentesi.
La guerra contro l'Austria Con l'approssimarsi della guerra della Prussia e dell'Italia contro l'Austria, si intensificarono le iniziative cospiratorie, sulla base di schemi e di relazioni preesistenti. Il generale Istvan Tilrr chiese l'aiuto di Garibaldi, per organizzare una rivolta nelle province slave nell'Austria e si recò persino a Berlino, per convincere il titubante Bismarck a finanziare i suoi piani14• Un altro ungherese, il maggiore Nicola Kiss, incaricato di missioni segrete da Lajos Kossuth, giunse ad Atene e vi incontrò il suo vecchio compagno di cospirazioni Nikòlaos Negris, per agevolare gli spostamenti dei volontari ungheresi in Ori1·111t· 1". C:ome nel 1859-60, il centro della rete cospiratoria e ddla m11liili1a1.i11m· rivoluzionaria divenne Corfù, dove sostenne un rn11lt, a111v, 1 l.1, ,·n hia dt•ll'arcivl'scovo Athanassios Politis16• Vi si recò IH7
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anche Severio Prnta, l'avvcnturil'r italo-alhanl'St.', un ll'mpo in scr vizio nelle truppe borboniche, per preparare uno sbarco in Albania. Quasi contemporaneamente, un altro militare albanese in servizi,, nell'esercito turco, il Kaplan bei, andò da Corfù a Messina, in Sicilia. per arruolare volontari italo-albanesi per lo stesso scopo17• All'arciVl' scovo Athanassios si era rivolto un nostalgico di Ottone, il coman dante Petros Mavromichàlis, con l'intenzione di chiedere insieme a lui l'appoggio del governo italiano alla riscossa dell'Epiro18• Infine molti veterani e molti cadetti dell'Accademia militare t· alcuni giovani, -seicento, se dobbiamo credere al console italiano,- si radunarono sull'isola per costituire, al comando del maggiore Bòtsaris, un'armata garibaldina dalle intenzioni ambigue. Chiesero al consoll' italiano di essere trasferiti sul fronte austriaco; tuttavia è evidente che erano più interessati a sbarcare sulle adiacenti coste continenta li19• Era questo il modo consueto di organizzare squadre armate a quell'epoca. I volontari venivano reclutati per uno scopo che appariva accettabile, ma erano addestrati per un fine diverso, che non poteva essere dichiarato apertamente. Quando cominciò la guerra italo-austriaca, ad Atene molti espressero il desiderio di prendervi parte come volontari L'opinione pubblica teneva per la vittoria italiana, sperava che si aprisse una nuova opportunità per la liberazione delle province greche e contava su nuovi progetti segreti di Luigi Bonaparte per i cristiani d'Oriente"'. Tali illusioni vennero scoraggiate dalla rappresentanza diplomatica italiana, ma trassero nuovo alimento dalla pubblicazione di un invi to di Garibaldi ai greci di Livorno a serrare le file dei volontari: «Care, Steculi In caso di guerra spero che vi avrò con me e tutti gli altri nostri generosi greci. Sia a voi questa raccomandazione ed agli om · sti amici di Livorno. Sempre vostro, Giuseppe Garibaldi» 21• L'appelli, risultò particolarmente convincente perché, come ebbe a scriver11,11·1,1 /1111·11•
no ai rapporti del Mamìani, ma si co~lic anchl' l'aspirazionl' ddl'J1a Iia a rivestire, nel contesto dell'Europa occidentale, il ruolo di pal'st· guida dei popoli ancora immaturi dell'Oriente. Durante la rivolta cretese, il governo italiano accusò quello gren, di creare un'agitazione eccessiva (rispetto ai mezzi di cui esso disp< > neva), di non aiutare le grandi potenze a trovare delle soluzioni costruttive, «di esasperare, se non oltrepassare, i limiti di fronte ai quali esse erano disposte a retrocedere», di privare i Greci, con i sogni della Grande Idea, dei loro alleati slavi, ostacolando un'efficace intl' sa tra i popoli balcanici27• «Gli Elleni, sempre attaccati alle vanità st11;1111!,
F. 7111, I 1ante, 7'5n Fotiadis bei, 158 Francovich, Carlo, 24n Frasheri, famiglia alhant·st·, l.i'5 Funaro, Lucia Elda, IHln Gal, Sandor, 114 Galasso, Giuseppe, 70n Garasanin, Ilija, 54, 143, 145, 150 Garda, Gioacchino, 116n Garibaldi, Giuseppe, 6, 8, 10, 13n, 14, 30-31, 38, 46-47, 49, 56-67, 69n-70n, 72n-75n, 93-94, 99, 103-104, 107-110, 112-114, 118n-119n, 123-140, 146-150, 152-153, 155, 157-158, 160-161, 164, 168-169, 171, 173n-182n, 187-188, 190-196, 198-204, 206-207, 208n210n, 211 Garibaldi, Menott~ 62, 170, 181n, 191, 193 Garibaldi, Ricciotti, 191, 195, 200, 209n, 210n