Le civiltà letterarie del Medioevo germanico 8843086405, 9788843086405

In un'epoca che non riconosce più la centralità della storia della letteratura, dilaniata dal dibattito tra estetic

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Le civiltà letterarie del Medioevo germanico
 8843086405, 9788843086405

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Carocci editore

@ Manuali

In un'epoca che non riconosce più la centralità della storia della letteratura. dilaniata dal dibattito tra estetica e storicismo e polverizzata in una miriade di generi, sistemi e correnti, il volume fa luce in modo approfondito su un patrimonio letterario poco noto, discontinuo ed eterogeneo, risalente alle culture germaniche dell'Alto Medioevo. Al netto degli stereotipi barbarici, queste rappresentavano il risultato di un lungo processo di integrazione tra la miriade di società segmentarie del Ferro, dalle Alpi alla Scandinavia, e le varie forme in cui si declinò l'esperienza culturale romana, diffusa ben oltre i limiti cronologici dell'Impero. Lungamente dominate dall'oralità o da fenomeni scritturati epigrafici - o spesso di natura pragmatica e talora troppo intermittenti per essere definiti "letteratura"-, queste culture seppero dar vita, con il contributo essenziale del Cristianesimo e delle sue prerogative di trasmissione scritta. a una densa tradizione letteraria dalle caratteristiche disomogenee, qui indagata in sei studi di altrettante fllologhe e fllologi germanici italiani. 1\Aar'· Tu fai in modo che tutte le cose sqano msJeme . 14. "camena [altra parola per Musa, di origine latina] è quasi canena, dal verbo canere [cantare] . cioè colei che canta carmi, e in generale un epiteto di tutte le muse è quello di 'eccelse cantrici' [bene canentium "coloro che cantano bene"r. 15. "O leggiadro Imeneo, che sei la massima cura della Cipride" (epiteto di Venere). 16. "Tu che unisci i semi guerrieri con vincoli sacrt (vincoli sacri = dell'unione nuziale). .

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per testi così concettualmente complessi una vocalizzazione di base, come d'altronde comune per la lettura medioevale (cfr. sopra, riquadro I; Glauch, 2013, p. 307 ). La ricezione stessa delle opere, sempre tramandate con il nome dell'autore latino (Boezio, Marziano Capella ecc.), suggerisce il diverso status delle due lingue, visto che in primo piano rimane l'autore oggetto di traduzione e com­ mento - a differenza dei commenti redatti in latino, come quello di Remigio di Auxerre, noti invece sotto il nome del commentatore. L'opera di maggiore eco di Notker è la traduzione del Salterio, seguita dai Cantici e da testi catechetici (Oratio dominica, Credo apostolico e Credo atanasiano ), che formano un insieme a lungo copiato e perfino adeguato a diverse modalità di ricezione7• È difficile sottovalutare il contributo di Notker allo sviluppo del tedesco, tanto che secondo Franz Rosenzweig (1979, p. 386) la lingua tedesca è diventata una lingua cristiana anche grazie all 'apporto di Notker 18 • L'eccezionale livello delle sue traduzioni-commen­ to si contraddistingue per un lessico ricco (Riviello, 2007 ), caratterizzato da numerosi neologismi, coniati per rendere concetti fino ad allora mai resi in volgare, e anche da una sintassi complessa, rispondente alla complessi­ tà del testo di partenza, seppure comunque chiara. La costante riflessione metalinguistica di Notker trova un riflesso nel sistema grafematico da lui elaborato per il volgare, la cui precisione e sistematicità rimarranno a lungo insuperate. 3.5. Williram di Ebersberg e la Expositio in Cantica Canticorum L'opera di Williram di Ebersberg è un ulteriore esempio del ruolo del volgare negli scriptoria monastici di area tedesca per l'epoca presa in esame, una lingua che si intreccia continuamente al latino, pur rimanendole subordinata. Williram (t Io 8s), di nobile famiglia renana, fu monaco a Fulda, quindi scholasticus del convento Michelsberg di Bamberga e dal 1048 abate del piccolo monastero di Ebersberg (presso Monaco). Fin dai tempi di Fulda era famoso come poeta

17. In tal senso, si vedano la glossatura dei commenti latini compiuta a San Gallo nel sec. XI , poco dopo la morte di Notker, la coeva rielaborazione detta Wiener Notker, di molto abbre­ viata e probabilmente compiuta nel monastero di Wessobrunn, e infine il Munchener Notker, del sec. XIV, a sottolineare la notorietà dell'opera ben oltre la fase del tedesco antico. Una tale ricezione si spiega con il fatto che il Salterio era un testo largamente diffuso anche al di fuori delle scuole monastiche, anzi, le rielaborazioni di Vienna e Monaco, proprio per le profonde modifiche che limitano o addirittura eliminano gran parte dei commenti latini, fanno pensare a destinatari femminili, cui il libro dei salmi doveva fungere da lettura edificante e di meditazione ( Hellgardt, 1991, p. 11; Glauch, 1013, p. 305). 18. Notker - Luther - Holderlin [ ... ]. Die deutsche Sprache ist, in diesen drei Namen, christliche Sprache geworden. Wer ins Deutsche ubersetzt, muf in irgendwelchem Mafe ins Christliche uber­ setzen ( "Notker - Luther - Holderlin [ ... ]. La lingua tedesca è diventata, con questi tre nomi, lingua cristiana. Chi traduce in tedesco deve in qualche misura tradurre in concetti cristiani" ).

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Il Cantico dei Cantici

latino19, attività di cui ci sono tramandati 16 componimenti in distici elegia­ ci; a Ebersberg redasse quindi una Vita Sancti Aurelii in prosa rimata latina e secondo la maggior parte degli studiosi anche il Chronicon Eberspergense (Rupp. 2013, p. 525), che intreccia la storia dell 'abbazia con quella della fami­ glia dei mecenati locali. Attualmente, la sua opera più nota è però una parafrasi interpretativa del Can­ tico dei Cantici (1o6o ca.), in cui, con una tecnica che richiama quella di Notker, da una parte attinge alla lunga tradizione di commenti latini al testo biblico (Aimone di Auxerre, Angelomo di Luxeuil), dall'altra intraprende an­ che una parafrasi in volgare. A differenza di Notker, di cui probabilmente Williram conosceva il Salterio (come dimostra l'uso di un analogo sistema di accentazione), Williram distingue visualmente i diversi piani d' intervento. Al centro, in corpo più grande, è il testo del Cantico nella versione della Vulgata, suddiviso da Williram in 149 versicoli, ognuno individuato da una iniziale. Per ogni versicolo stanno, a sinistra, in corpo minore, dei versi latini: prima una parafrasi, poi un commento, entrambi in esametri leonini 30; a destra invece, sempre in corpo minore, appare un testo tedesco in prosa: anche qui il testo è bipartito, prima la parafrasi, poi il commento. Di seguito un esempio, che ri­ porta il versicolo 27 31 (corrispondente a Canticum Canticorum, 11.2): Lilium ut ex densis emergit nobile spinis' sic tua femineum pra:cellit gloria coetum. Sic tibi vivendum' sic censes esse cavendum' ne tibi candorem. seu et virtutis odorem nequam vicini deperdant' aut inimicP�.

Sicut lilium inter spinas' sic amica mea inter fllias �1•

Also dfu lilia ist Unter den d6rnon, samo bist du friuntin min unter anderen t6hteron. Die d orna nemugen die lflion beduhan, siu newuahse unte bluoie unter {n, ietemer' mugin dfh geirren dewéder pagani' 6der mali christiani, du nebluoiest alliz ana in virtutibusH.

19. L'epitaffio di Heribert di Eichstatt, parente di Williram, morto a Frisinga nel 1041, è attestato dall'Anonymus Haserensis come redatto ab egregio illo versifzcatore willeramo abbate ("dall'abate Williram, illustre poeta") (Manitius, 1913, pp. 557, 598); per la produzione latina di Williram cfr. ivi (pp. 591-8). 30. Tipo di esametro diffusosi nel corso del Medioevo, caratterizzato da una rima (o anche asso­ nanza) interna tra i due emistichi. 31. Cfr. Williram di Ebersberg in Rupp. Lihnemann (1004, p. 34). 31. "Sì, un giglio tra le spine è la mia amica tra le altre ragazze" (Bibbia interconfessionale, Cantico II.1). 33· "Come il giglio emerge nobile dalle fitte spine, così la tua gloria si distingue nel genere femmi­ nile. ll Così giudichi come vivere e di cosa avere timore, affinché vicini o nemici non ti rovinino lo splendore o anche la fragranza della virtù". 34· "Come è il giglio tra le spine, così sei tu, amica mia, tra le altre figlie. ll Le spine non possono

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Letteratura in antico a ltotedesco

Anche nell'esempio riportato si nota che ndla colonna di destra, come accade anche ndla Mischprosa di Notker, si riscontrano spesso termini latini, soprat­ tutto per quanto riguarda il lessico teologico ; tuttavia qui Williram rinuncia il più ddle volte a una traduzione o parafrasi in volgare. In effetti, gli studi più recenti (ad es. Uihnemann, 2010) non considerano più l'opera di Williram co­ me un'opera di mediazione linguistica, con il solo obiettivo didattico-pedago­ gico, ma vi vedono un esempio di prosa d'arte, in cui i termini latini ddla co­ lonna di destra stanno in una rdazione ben ponderata con i versi leonini ddla colonna di sinistra. Ndla concezione dell'autore, le tre colonne costituiscono evidentemente un insieme armonico in cui ogni parte dialoga con le altre. Nel Prologo, Williram stesso illustra con una metafora come intende il rappor­ to tra le tre colonne: Cantica Canticorum [ ... ] statui [ .. ] et versibus et teutonica planiora reddere, ut corpus in medio positum 'his utrimque dngatur' et itaJadlius intellectui occurrat quod investigator3s. n 'corpo' principale rimane il testo latino della Vulgata, che viene "cinto" da una parte dalla parafrasi-commento latina, dali' altra da quella in volgare. I diversi piani interpretativi sicuramente si richia­ mano alla tradizione del cosiddetto opusgeminatum (cfr. Henkd, 2003, p. 17), cioè un'opera in cui uno stesso contenuto è veicolato in prosa e in versi: questo genere, pur nato nell'antichità classica, ebbe notevole diffusione ndl 'Alto Me­ dioevo, perché ritenuto forma appropriata alla ruminatio monastica, alla me­ ditazione a mezza voce sui testi sacri e i loro commenti (Leclerq, 19 57, p. 72) 36• La favorevole ricezione della expositio di Williram è testimoniata da ben 45 manoscritti, alcuni dei quali redatti nel sec. XVI, e anche da una stampa del 1528 (cfr. Uihnemann, Rupp. 2o o6: Rupp. 2013, pp. 519, 524).

Raffinatezza della prosa

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Già i primi testi patristici insistono sull'opportunità della conoscenza (e dunque dell'apprendimento) del Pater Noster e del Credo tra i catecumeni o tra i padrini e madrine nel caso di Battesimo di neonati. In epoca carolingia diversi capitolari attestano un analogo interesse alla disseminazione di tali preghiere di base, fin dali' Admonitio generalis ( 789 ), in cui si richiede espressamente che ogni suddito sia in grado di recitare Pater e Credo, almeno in volgare. 3.6. Il volgare ne ll'a mbito pastorale (corredio mentis)

soffocare il giglio, tra di loro questo cresce bene e fiorisce; analogamente né pagani né mali chri­ stiani ti possono irretire, tu continui a fiorire bene in virtutibus". 3S· Cfr. Williram di Ebersberg in Rupp. Uihnemann (2.004, p. 4): "Ho deciso di rendere in ma­ niera più piana il Cantico dei Cantici [ .. ] sia in versi sia in tedesco, di modo che il corpo posto al centro sia cinto da entrambi i lati dalle due spiegazioni, cosl che quanto viene studiato possa più facilmente andare incontro all'intelletto". 36. Ancora nel Prologo, con il richiamo all'esempio del teologo Lanfranco di Pavia (t 1089 unum in Francia Lantfrancum), Williram ribadisce che nel suo commento non esprime nulla di nuovo, ma che si è limitato a comporre armonicamente diversi brani dei Padri della Chiesa (De meo nihil addidi sed omnia de sanctorum patrum diversis expositionibus eruta in unum compegi, Williram di Ebersberg in ibid ) . .

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Pregh iere

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Non sorprende dunque che tali preghiere siano pervenute in diverse versioni, testimonianza di vari progetti missionari e pastorali (per una rassegna della tradizione testuale altotedesca del Pater cfr. Pàroli, 2oo 8). Una traduzione del Pater e del Credo si trova ad esempio alla fine della versione di San Gal­ lo (codex Sangallensis 9II) del glossario detto Abrogans (dalla prima parola glossata), vale a dire di un'opera concepita per uso scolastico, per l' insegna­ mento del latino. Un'altra versione si trova nel cosiddetto Catechismo di Weiftenburg, dal monastero dove era conservato il codice37, anche se proba­ bilmente redatto a Worms (Haubrichs, 2003, pp. 148-9 ). Meglio che un elenco delle diverse attestazioni di letteratura liturgica e pastorale (formule battesimali e confessionali, preghiere, prediche ecc. ) 38, l'analisi più dettagliata del Catechismo di Weiftenburg dà forse un quadro illuminante sul ruolo di questo genere testuale nella cultura coeva39• ll Ca­ techismo di Weiftenburg è in realtà un insieme abbastanza eterogeneo di testi, traduzioni e commenti, compreso nel quinto e penultimo fascicolo (ff. 149v-154v) del codice miscellaneo citato, comprendente 175 fogli e costi­ tuito originariamente da sei parti distinte. Le altre sezioni contengono vari testi, tutti in latino, come sermoni, commenti a Credo e Pater, calendari e testi computistici sul calcolo pasquale. Anche il fascicolo contenente il Cate­ chismo comprende in realtà molti testi in latino ; nell'elenco che segue, com­ pilato secondo l'ordine in cui i testi si succedono nel fascicolo (Haubrichs, 2003, pp. 15 1-6 6), i testi in volgare sono contraddistinti da un asterisco : un sommario delle Epistole paoline, un brano dalle Georgiche (1, 231-244) vir­ giliane, un breve testo sulla classificazione delle piaghe egizie (forse per un utilizzo nelle prediche), uno sui gradi ecclesiastici, un catalogo di domande e risposte su questioni liturgiche (significato e modalità del ministero epi­ scopale, della messa, dell 'Eucarestia, del Battesimo): *Pater Noster in volgare compreso di commento, ancora in volgare; *elenco latino-volgare dei peccati capitali: commento in latino al Pater Noster; Credo I (Credo in unum deum sanctam trinitatem... 40) ; "Credo II (Credo apostolico, Gilaubio in got almahti37· Oggi Wissembourg, Alsazia, dipartimento del Basso Reno, all'epoca nella diocesi di Spira; il codice si trova invece a Wolfenbiittel, Herzog-August-Bibliothek, Cod Guelf. 91 Weiss. . 38. Per una panoramica cfr. Haubrichs (1995\ pp. 2.2.9-54) e Hindi (2.002.', pp. 40-8). 39· La denominazione 'catechismo' in realtà è anacronistica, perché propriamente il termine rap­ presenterebbe una forma testuale risalente al Kleiner Katechismus ("Piccolo Catechismo•) di Lu­ tero (152.9 ), adottato anche da parte cattolica, in particolare dai gesuiti. Caratteristica della forma luterana del 'catechismo' è la struttura dialogica, che riproduce una situazione di esame, in cui l'in­ segnante interroga e il discepolo risponde - e dunque opposta ai dialoghi didattici altomedioevali (ad es. Alcuino), dove l'insegnante risponde alle domande del discepolo (Haubrichs, 2.003, p. 132.). 40. Il testo, pur preceduto dal titolo Symbolum apostolorum, non corrisponde alla consueta versione del Symbolum apostolorum (Credo in Deum patrem omnipotentem, creatorem caeli et terrae... ), che, fissata da Cesario di Arles, va ricondotta ad Ambrogio. La versione presente nel Catechismo di Wei.fenburg si trova anche in pochi altri manoscritti coevi e sembra essere attestata a

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gon. scepphion himiles enti erda, "Credo in Dio padre onnipotente, creatore del cielo e della terra"): *Credo III (Credo atanasiano, So huuer so uuilit gihal­ dan uuesan. fora allu thurft ist. thaz er habe allicha gilauba, "Chi vuole essere salvato prima di tutto bisogna che abbia la fede cattolica"): * Gloria ( Guatlichi in hohostem gote "gloria a Dio in excelsis"): quindi un sommario di omelie di Gregorio Magno; il fascicolo si chiude con alcuni versi latini sulla passione di Cristo. Come emerge dall'elenco, l' insieme appare a prima vista piuttosto eterogeneo; i testi in volgare sono in francone renano e sulla base di differenti no rme ortografiche sarebbero da ricondurre a modelli diversi (Steinmeyer, 1916, p. 36); la qualità delle traduzioni è tuttavia sempre piuttosto elevata, in particolare nella resa di difficili concetti teologici del Credo. Se, come accennato sopra, la conoscenza del Credo apostolico e del Pater in volgare era auspicata per tutti i fedeli, ciò non può valere per il Credo atanasiano, troppo complesso, e sicuramente non per il Gloria, che è un inno liturgico recitato dai sacerdoti. Il fatto che nel fascicolo si trovino testi come l'elenco dei gradi ecclesiastici o il dialogo su temi liturgici, oltre al commento in latino al Pater e la parafrasi latina del Credo apostolico, lascia piuttosto ipotizzare una compilazione messa insieme come base per l' istruzione di chierici, in vista di un possibile esame da parte del vescovo responsabile, sia nell'ordinazione sia nel corso di una visita pastorale (Haubrichs, 200 3). Già l'Admonitio generalis specificava, accanto alle norme sulle conoscenze del clero, anche la funzione di controllo dei vescovi, elementi confermati ad esempio dal Sino do di Reisbach ( 79 9) e da successivi capitolari, come i Capitula de examinandis ecclesiasticis (8o2 ) , che sottolineano esplicitamente la necessità di verificare che i sacerdoti non solo conoscano il Pater e il Credo, ma ne sappiano il significato e siano in grado di insegnarli ai fedeli ( ivi, p. 169 ) . Le sezioni in volgare del fascicolo, il cosiddetto Catechismo di Weiflenburg, non vanno dunque considerate astraendole dali' insieme testuale in cui si trovano, ma anzi, proprio considerando l'insieme del fascicolo (e dell' intero codice), si arriva a comprenderne la reale destinazione. Le riforme pastorali carolinge promossero infatti sì la conoscenza del volgare per favorire l'avvicinamento dei fedeli al credo cristiano, ma insistevano anche su una buona competenza del latino da parte del clero, per la quale era necessario uno studio adeguato. li fascicolo contenente il Catechismo di Weiflenburg è particolarmente interessante come 'testo misto', in cui latino e volgare si avvicendano e si intrecciano, a testimonianza del diffuso bilinguismo mediale dei chierici, nel quale tuttavia il latino continua a rappresentare la lingua dominante. partire dall'inizio del sec. IX (Haubrichs, 1003, p. 159, nota 48); si tratta piuttosto di una parafrasi interpretativa del Symbolum.

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Il Credo

Catechismo di WeiBenburg

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La poesia cristiana

Un genere nel quale già dall'epoca carolingia le opere in volgare altotedesco appaiono più rappresentative di quelle coeve in latino, per estensione, impat­ to sul pubblico e ricezione, è la poesia biblica41• Le sua attestazioni principali sono il Liber Evangeliorum di Otfrid di WeiBenburg ( 7.104 versi lunghi) e il poemetto escatologico Muspilli (103 versi), cui si possono aggiungere, per l'area sassone (cfr. CAP. 4), l'epos in versi allitteranti Heliand (5.983 versi) e la Genesi (923 versi). È assai probabile che questa straordinaria produzione sia legata alla politi­ ca culturale di Ludovico il Germanico (t 876) +\ che riprende le riforme e i provvedimenti di Carlo Magno volti a favorire l 'uso dei volgari (cfr. sopra), ostacolati invece, come sembra, dal padre Ludovico il Pio. Tali misure si in­ tensificarono in particolare dopo la nomina (847) ad arcivescovo di Magon­ za, la metropolis Germaniae, dell'erudito Rabano Mauro (t 8s6), già abate di Fulda43• Le risoluzioni sul problema della lingua, prima fra tutte l'obbligo della predica in volgare, prese nei tre sinodi tenutisi a Magonza (847, 848 e 852), si ricollegano infatti esplicitamente, anche attraverso citazioni testuali, alle grandi riforme dell' 813; questo suggerisce che Ludovico il Germanico intendesse delineare il suo profilo politico come una imitatio Karoli (Becht­ Jordens, Haubrichs, 1993, p. 205). Al medesimo indirizzo culturale si possono collegare inoltre le redazioni in volgare di inni sacri, come il Canto di san Giorgio ( Georgslied) - per quanto in tal caso le versioni in volgare siano decisamente meno numerose di quelle in latino -, o di un testo encomiastico di carattere politico e cristiano, come il Canto di Ludovico (Ludwigslied) (cfr. oltre). Liber Evangeliorum

4.1. Otfrid di Wei&en burg e la poesia b i b lica L'opera più ambiziosa nel cam­ po della poesia biblica è sicuramente il Liber Evangeliorum (dal titolo dell 'o­ pera nei codici), redatto da Otfrid, monaco nel convento di WeiBenburg, tra 863 e 871. L'opera è un'armonia dei Vangeli, che non si basa, come nel

41. Per la poesia biblica latina di epoca carolingia cfr. Manitius (1911, pp. 537-636) e Kartschoke (1975, pp. 131-68). 41. Te d. Ludwig der Deutsche, lat. Hludovicus rex Germanorum/ Germaniae/Baioariae. 43· Dalle sezioni degli Annali di Fulda redatte da Rudolf di Fulda (anni 838-63) emerge una vi­ sione politica di 'Germania' corrispondente al Regnum orientalium Francorum, nel cui ambito, in questi lunghi anni di lotte tra Ludovico il Germanico e il padre, prima, e i fratelli, poi, il titolo di rex è usato solo per il sovrano della parte orientale, cioè Ludovico (Eggert, 1973, p. 43). Nello scriptorium di Fulda non solo sono stati stilati fondamentali documenti in volgare, come la tradu­ zione del Taziano (cfr. sopra), il Canto di Ildebrando e gli Incantesimi diMerseburgo (cfr. oltre), ma si sono formate personalità di rilievo per lo sviluppo della scrittura in volgare, come i citati Otfrid e Williram di Ebersberg. È dunque lecito ipotizzare che proprio a Fulda fosse maturata un'idea di sviluppo del volgare accompagnata allo sviluppo di un regno 'tedesco'.

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caso del Heliand sassone, sulla compilazione di Taziano (cfr. sopra), perché la fonte per la parte narrativa è infatti la Vulgata. Tuttavia, una peculiarità dell'opera di Otfrid sia proprio quella di non essere solo un racconto in vol­ gare della vita di Cristo, ma anche un' interpretazione delle Scritture secon­ do l'esegesi medioevale, attingendo ad Alcuino, Beda, Ercanberto di Fulda e Rabano Mauro (suo maestro a Fulda) e solo sporadicamente a testi patri­ stici (Hellgardt, 19 81). L'altra grande innovazione è di essere scritta in un metro che si discosta intenzionalmente dal tradizionale verso lungo germa­ nico allitterante, come è subito chiaro anche a una prima lettura: Was liuto fìlu in flize, in managemo agaleize, sie thaz in scrip gicleiptin, thaz siç iro namon breittin 44 (I,I.I-2)

La coesione ritmica non è più data dall 'allitterazione tra le prime sillabe toniche dei due emistichi, ma da una rima finale, perfetta, o più spesso da un'assonanza 4s (cfr. sopra flize - agaleize ), che collega due versi brevi a quattro battute, trascritti nei codici su un'unica riga, ma separati da uno spazio, a formare così un verso lungo a rima interna. Quattro versi brevi (o due versi lunghi) costituiscono una strofe, come è evidente dalla disposizione del testo nei manoscritti, dove il primo verso lungo di una strofe è sempre provvisto di iniziale maiuscola, mentre il secondo è rientrato a destra (Haubrichs, 1995\ pp. 300-1, anche per dettagli metrici). L'innovazione introdotta da Otfrid sarà epocale: se da un lato non vi sono attestazioni certe di testi in volgare a rima finale precedenti, dall'altro, dopo Otfrid, le attestazioni di verso lungo allitterante saranno solo sporadiche e il verso tedesco diventa a rima finale. li modello del verso otfridiano è da rinvenire negli inni ambrosiani latini, che avevano diffuso i versi a rima finale con ritmo accentuativo, e nei rithmi carolingi, testi paraliturgici che a partire dal sec. IX elaborano in brevi canti a ritmo accentuativo, articolati in strofe, narrazioni dell 'Antico e Nuovo Testamento, probabilmente destinati alla lettura monastica di gruppo (ivi, pp. 261, 300 ). Una possibile fonte di ispirazione per Otfrid è stata riconosciuta (Haubrichs, 2004a, pp. 208-10) anche in suppliche ritmiche a santi, già in volgare, che poi si amplificheranno in veri e propri inni, una tipologia testuale diffusa sia in area tedescofona (Canto di san Giorgio, Canto di san Pietro, cfr. oltre) sia francico-romanza (Cantilena di santa Eulalia). Nel Liber Evangeliorum sarebbe possibile anche riconoscere l 'inserimento di strofe modulate secondo tali suppliche (ivi, p. 20 9 ), come i seguenti versi a Maria e a Giovanni: 44· Qui e in seguito si cita da Otfrid in Kleiber, Heuser (1004); "Molti popoli si sono adoperati con grande impegno a fissare nella scrittura quanto potesse magnificare il loro nome". 45· Otfrid stesso tratta la tipologia di coesione rianica della sua opera nella dedica a Liutberto (75-84), definendola schema omoeoteleuton e cosl descritta: Aptam enim in hac lectione et priori decentem et consimilem quaerunt verba infine sonoritatem ("Infatti in questo tipo di testo le parole alla fine [di versol richiedono un suono che si armonizzi e sia simile al precedente [ in fine versol ").

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I l verso lungo a rima fi nale

Modelli

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

Nu férgomes chia thiarnun, chaz si uns allo w6rolti Johannes druhcines drut chaz er uns flrdanen

Struttura

sélbun sancta Mariun, si zi iru sune wegonti wilit es bithihan, giwérdo ginadon (I,vn.25-28) +6•

Al v. 27, l'assenza di rima fìnale (drut/bithihan) e l'allitterazione del primo verso ( druhtines drut) possono addirittura far pensare a un relitto arcaico. È probabile che tali casi risalgano a formule 'universali' che, una volta cam­ biato il nome del santo o della santa, potevano facilmente adattarsi a diverse occasioni ( ivi, 210 ). L'opera è suddivisa in cinque libri (come i sensi dell'uomo) 47, ulteriormente articolati in capitoli di circa Io o versi l 'uno, che ripercorrono la vita di Gesù: la nascita, le profezie e gli annunci relativi, l' infanzia (l. I, 28 capitoli): l'apostola­ to di Gesù e i miracoli (l. II, 24 capitoli: l. III, 26 capitoli): Passione e morte (l. IV, 37 capitoli): Resurrezione e Ascensione, con gli ultimi capitoli dedicati al Giudizio Universale (l. v, 25 capitoli). I titoli dei libri e dei capitoli sono sempre in latino e il titolo di ogni capitolo è immediatamente seguito da un sommario con i titoli dei capitoli relativi. Ad esempio, nel terzo libro: Incipiunt capicula libri tertii. De miraculis Domini. Praefacio libri tertii. n. Erat quidam regulus. [ . .. ] xxv. Collegerunt ergo ponciflces et pharisaei concilium. XXVI. Moralicer48• r.

li titolo del c.

XXVI del libro III, mora/iter, indica esplicitamente che l'opera non si propone solo come un racconto della vita di Cristo, ma anche come un'esegesi delle Sacre Scritture secondo il sensus spiritualis (cfr. sopra): 24

46. "Ora preghiamo la Vergine, santa Maria, l che interceda per noi da suo figlio nei secoli l Giovanni, prediletto del Signore, voglia far sì che conceda la grazia a noi perduti". Per un 'intarsio' simile, cfr. I,VI,IS-18 (Haubrichs, 2.004a, p. 2.09 ). 47· Cfr. la sintesi che ne dà Otfrid stesso nella lettera dedicatoria (Ad Liutbertum) : Hos, ut dixi, in quinque quamvis evangeliorum libri quatuor sint, ideo distinxi, quia eorum quadrata aequalitas sancta nostrorum quinque sensuum inaequalitatem omat, et superflua in nobis quaeque non solum actuum, ve­ rum etiam cogitationum vertunt in elevationem caelestium, "Operai questa distinzione in cinque libri, come ho detto, sebbene i libri dei vangeli siano quattro, perché la loro santa regolarità quadrata orna l'irregolarità dei nostri cinque sensi e tutto ciò che eccede in noi, nelle opere ma anche nei pensieri, si volge all'esaltazione della dimensione celeste". 48. "Iniziano i capitoli del terzo libro l Dei miracoli del Signore. l 1. Prologo al terzo libro l II. C 'era un funzionario regio l [ . . . ] xxv. Gli alti sacerdoti e i farisei tennero consiglio. l XXVI. Moraliter': 76

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capitoli sono espressamente dedicati ali' interpretazione, contrassegnati dai titoli mora/iter, mystice o spiritaliter. Tali indicazioni, e di conseguenza la re­ lativa interpretazione, si possono trovare però anche ali' interno di un capi­ tolo di taglio narrativo. Nel libro I, il c. XVII è intitolato De stella et aduentu magorum ("Della stella e della venuta dei magi"): all' interno dello stesso c. XVII i doni dei Magi a Gesù vengono interpretati secondo il sensus spiritualis in un passo contrassegnato dali' avverbio mystice: [i Magi] Indatun si e rho thare thaz iro dréso sare, thaz sjç imo géba brahtun; réhtes sie githahtun, MYt-run inti wirouh joh gold scinantaz ouh, géba fìlu mara; sie suahtun sine wara. Mystice. Ih sagen thir thaz in wara, sie m6htun bringan méra; theiz géisdichaz wari. thiz was sus gibari Kundtun sie uns thanne, so wir fìrnémen alle, gilouba in girihti in theru w1.1ntarlichun gifti : Thaz er urmari uns éwarto wari, ouh kuning in giburti joh bi unsih do t wurti (Orfrid, 1,xvn.63-72) 49•

I doni sono interpretati allegoricamente, probabilmente sulla base di Agostino (cfr. Ernst, 1972, spec. p. 10 8), come figura della vita di Gesù : la mirra, che era usata nelle imbalsamazioni, rimanda alla sua morte, l' incenso, per l 'uso liturgico, alla sua divinità, e l'oro alla sua regalità. Il dettaglio del ritorno in patria dei Magi per un percorso differente rispetto all'andata (cfr. Mt 1,12) è occasione di un lungo passo esegetico sullo sfondo della concezione per cui la vera patria degli uomini è il Paradiso, cui è dedica­ to l' intero c. !.XVIII, anche questo preceduto da mystice: Manot unsih thisu fart, thaz wir es wesen anawart, wir unsih ouh biruachen inti eigan lant suachen. Thu ni bist es, wan ih, wis: thaz lant thaz heizit paradis; [ ... ] Wolaga élilenti, harto bistu hérti, thu bist harto filu suar, thaz sagen ih thir in alawar ! (Otfrid, 1,XVIII.1-3; 25-26)so. 49· "[i magi] aprirono quindi i loro scrigni, [perché] avevano pensato bene di portare dei doni [al bambino] : mirra e incenso e anche oro splendente, doni davvero magnifici. Cercavano [nel bambi­ no] la verità [del Dio uomo]. mystice. Ti voglio dire il vero significato: avrebbero potuto portare più doni, ma così era giusto, perché è da intendere in senso spirituale. Con i loro doni meravigliosi ci annunciano allora, così che rutti possiamo comprendere, direttamente il nostro credo: che colui che è stato adorato è il nostro sommo sacerdote, per nascita re, e che per noi morirà". 50. "Questo viaggio ci ammonisce che dobbiamo ben considerare e preoccuparci e cercare la terra

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Ded iche e prefazioni

Se è indubbio che i passi esegetici siano da mettere in relazione al senso spiri­ tuale, e se il nesso di moraliter con il senso tropologico non pone particolari problemi, tuttavia non è facile collegare univocamente le etichette mystice e spiritaliter ai piani esegetici del sensus spiritualis, tanto che c'è chi le considera generiche o addirittura interscambiabilis•. Più recentemente, Horner (2oos) conferma il carattere di exemplum etico dei passi esegetici contrassegnati in Otfrid da moraliter, che sarebbero dedicati a comportamenti esemplari, de­ gni di imitazione; si tratta quindi in genere di exempla incentrati su Cristo o più raramente su altri personaggi, come la donna di Caanan. Le interpre­ tazioni spiritaliter partirebbero invece dal senso letterale, per poi includere anche le altre tre dimensioni del senso spirituale, compreso quello tropologi­ co ( ivi, pp. 1 6 8-9 ). L'etichetta mystice, infine, sarebbe riservata a brani incen­ trati su Cristo come realizzazione del piano di salvezza divina dell'umanità e sulla sua opera salvifìca universale, così da mettere particolarmente a fuoco il mistero (flVO'TIJpLov) dell 'incarnazione divina in Cristo (ivi, pp. 174, 182). Uno dei maggiori punti di forza dell'opera di Otfrid è proprio l'armonioso intreccio di parti narrative ed esegetiche (Haubrichs, 1995\ p. 308), senza di­ menticare la notevole attenzione per l'elemento ritmico. Il testo propriamente narrativo-ermeneutico è 'incorniciato' da una serie di paratesti, vale a dire l 'insieme di elementi di contorno al testo vero e pro­ prio : oltre ai titoli del libri e dei capitoli, sono della massima importanza le quattro dediche, perché in esse Otfrid espone molti punti fondamentali del­ la sua poetica. La prima è Ad Ludowicum (Ludovico il Germanico), in vol­ gare, cui segue Ad Liutbertum, l 'unica in latino, al suo vescovo, Liutberto di Magonza, quindi Ad Salomonem, vescovo di Costanza, che fu suo maestro; la dedica ai confratelli Hartmut e Werinbert (Hartmuate et Werinberto ), do­ po il testo del Liber Evangeliorum, conclude l'opera. ll testo vero e proprio del Liber Evangeliorum è anch'esso incorniciato da capitoli metalinguistici e metaletterari, come i primi due capitoli del primo libro, Cur scriptor hunc librum theotisce dictaverit (''Perché l'autore ha composto quest'opera in vol­ gare", !.1) e Invocatio scriptoris ad Deum ("Invocazione dell'autore a Dio", l. n), oltre ali 'ultimo, Conclusio voluminis totius ("Conclusione dell' intero volume", V.xxv). che ci è stata data in eredità. Temo che tu non capisca, quella terra si chiama Paradiso. [ . .. ] Ahimè, esilio, come sei duro! sei così pesante, te lo dico in verità". 51. Ad esempio, Kleiber (1971, p. 315) vede mystice come una lettura allegorica e spiritaliter co­ me interpretazione anagogica, in chiave escatologica e dunque legata alla historia salutis; per Haubrichs (199 5', p. 307) spiritaliter è da interpretare invece in una prospettiva che inserisce quanto narrato nell'ambito della historia salutis, mentre mystice va riferito al mistero del futuro avvento del regno celeste, che attualmente si può cogliere solo attraverso immagini. Altri studi considerano le etichette interscambiabili (cfr. Vollmann-Profe, 1987, p. 161) o generiche (Suntrup, 1999. pp. so-I,passim).

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Nella dedica a Liutberto, Otfrid chiarisce in dettaglio perché abbia osato utilizzare per la sua opera il volgare (più precisamente, il dialetto francone renano meridionale). In primo luogo sarebbe stato pregato dai confratelli e da una venerand[a] matron [a] di nome Iudith affinché scrivesse una armonia dei Vangeli in volgare, per sgombrare il campo dal "suono di storie inutili" 11 o addirittura dai "canti laici osceni" 13, che altrimenti turbano l'animo delle persone pie. I poeti pagani, tra i quali nomina espressamente Virgilio, Ovidio e Lucano, avrebbero inoltre usato la loro lingua materna (lingua nativa) per cantare le gesta del proprio popolo, mentre in seguito poeti cristiani come Giovenco, Prudenzio e Aratore hanno avuto il coraggio di usare la loro (sua lingua) per raccontare la vita di Cristo. A fronte di tali esempi, Otfrid vede una sorta di pigrizia nella sua gente (parla in prima pers. pl.) nell'utilizzo della propria lingua per glorificare la parola di Dio, perciò ha deciso di accogliere l' invito e tentare l'impresa di scrivere in volgare, nella lingua dei Franchi ifrancisce ). Nella stessa dedica, Otfrid sottolinea ancora le difficoltà che si è trovato ad affrontare nello scrivere in theotisce, in lingua volgare : Huius enim linguae barbaries ut est inculca et indisciplinabilis acque insueta capi freno grammaticae artis, sic etiam in mulcis dictis scriptio est propter litterarum con­ geriem aut incognitam sonoritatem diffìcilis (Ad Liutbertum) 14•

La caratterizzazione della lingua volgare come barbaries, inculta e indiscipli­ nabilis rimanda all'assenza di una tradizione letteraria; Otfrid conosceva cer­ tamente molte delle traduzioni redatte fino allora, ma era anche consapevole dei loro limiti, sia in senso temporale, perché prive di una lunga tradizione come quella latina, sia in senso quantitativo11• La superiorità del latino lette­ rario è riconosciuta facendo uso dei topoi caratteristici del dibattito lingui­ stico della cosiddetta Rinascita carolingia, come dimostra il lessico utilizzato (lingua agrestis che richiama il sermo rusticus ). Per le varietà romanze tale posizione ha come conseguenza lo svilimento del latino tardo, che si trovava in una fase in una fase di profondo cambiamento, e quindi delle lingue 'na­ turali' in effetti parlate, ostacolando ne la messa per iscritto. Proprio in virtù dell'assenza di una tradizione scritta, per le lingue "tedesche" può essere para-

5 2.. rerum quondam sonus inutilium (AdLiutbertum). 53· ne [ ... ] laicorum cantus inquietaret obscenus (AdLiutbertum ), forse la poesia orale di tradizione germanica recitata dai poeti al servizio della nobiltà (Haubrichs, 2.002., p. 386 ) , o i canti che accom­ pagnano danze (Vollmann-Profe, 1987, p. 2.09 ). 54· "Infatti, se questa lingua barbara è incolta, senza alcuna disciplina e senza il freno di una gram­ matica, per molte parole la sua messa per iscritto è anche difficile per un accumulo di lettere, o per la presenza di suoni sconosciuti [al latino]·: 55· Banniard ( 2.003 ) passa in rassegna dettagliata i diversi piani di analisi linguistica, fonetica, morfologica e sintattica trattati da Otfrid nella dedica a Liutberto.

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L'uso del volgare

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dossalmente più agevole superare la difficoltà, perché la lingua "naturale" non può essere considerata una corruzione del latino classico (Banniard, 200 3). Otfrid argomenta che il volgare (tedesco) è agrestis, perché finora mancante di norme linguistiche e di tradizione retorica e grammaticale, riconoscendo però la necessità di tentare di scrivere in tedesco una poesia cristiana di alto livello, come ribadito nel capitolo iniziale, Cur scriptors6• li testo del Liber è conservato in quattro codici: il più antico, attualmente conservato a Vienna (Osterreichische Nationalbibliothek, Cod. Vind. 2087), ma redatto a WeiBenburg, contiene diverse correzioni, cancellature e note a margine che sono ritenute di mano di Otfrid, cosa che per un testo medioe­ vale costituisce una notevole eccezione: la stessa mano ha stilato per intero anche 116 versi del manoscritto (Kleiber, 1971); ancora a WeiBenburg, intorno ali' 870 ca., è stato redatto il codice ora a Heidelberg (Universitatsbibliothek, Cod. Pal. lat. 52). Proviene invece da Frisinga (Alta Baviera), dove è allestito all'inizio del sec. IX per incarico del vescovo Waldone, il manoscritto ora a Monaco (Bayerische Staatsbibliothek, Cgm. 14 ) : sebbene sia da ricondurre all'esemplare rivisto da Otfrid stesso, questo manoscritto (privo delle dedi­ che) è stato redatto in bavarese, per agevolarne una futura ricezione in quel territorio. L'ultimo codice, redatto a Fulda a circa un secolo dalla composi­ zione, è attualmente discissus e conservato solo in frammenti, ulteriormente decimati durante la Seconda guerra mondiale, e attesta la ricezione dell'opera in area francene renana meridionale. Otfrid di WeiBenburg è il primo poeta di lingua tedesca noto per nome, non solo perché tràdito dalle cronache monastiche a lui contemporanee (Zapf. 2011, p. 10 8), ma nominato anche nella propria opera, come intervento auto­ riale. L'autore si cita infatti nel titolette della dedica a Liutberto s7, nel titoletto della dedica a Salomone, replicato nel raffinato acroteleuto latino ss, e nella des6. In questo testo introduttivo Otfrid riprende punti già espressi in Ad Liutbertum, come la con­ cezione della translatio studii applicata prima alla letteratura (spec. I,1.13-SO ), poi alla traduzione della Bibbia (I,1.19; pp. ss-6o ), legata qui poi esplicitamente alla translatio imperii (I.r,s9-112.); riba­ disce inoltre da un lato l'assenza di una grammatica per il volgare tedesco (I.r.3s: nisi [ ... ] mit régulu bithuUngan "non [ . .. ] disciplinata da una regola•), dall'altra evidenzia anche delle qualità positive di tale lingua, caratterizzata da sctineru sllhti (I.r,36 "bella semplicità•). U verso e la collocazione sono considerati complessi e sono stati oggetto di molteplici interpretazioni; Vollmann-Profe (1987, p. 2.2.3) intende sctineru slihti come un ossimoro, Banniard (2.003) come un richiamo al sermo humilis, pisca­ torius, rusticus della retorica cristiana. Con l'impegno profuso dall'autore, ma soprattutto grazie alla 'dolcezza' della materia cristiana (sUazi, I.I ,41; 47; ss) anche la lingua volgare riuscirà a seguire regole metriche e ritmiche (1.1,41-48), vale a dire potrà diventare una lingua letteraria (Kohl, 2.007, p. 489 ). 57· Liutberto Mogontiacensis urbis archiepiscopo Otfridus quamvis indignus tamen devotione mo­ nachus presbyterque exiguus ("A Liutberto, arcivescovo della città di Magonza, Otfrid, sebbene indegno, grazie ai voti monaco e umile sacerdote") (AdLiutbertum ). 58. Tecnica compositiva che combina acrostici, vale a dire testi formati mettendo insieme le inizia­ li di verso, e telestici, che invece sono formati dalle finali di verso.

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dica in volgares9; lo stesso accade nel titoletto e nell'acroteleuto nella dedica finale a Hartmut e Werinbert60• Otfrid è stato magister della scuola monasti­ ca, ma anche bibliotecario e commentator di testi, come risulta dalla presenza della sua grafia nelle glosse di 10 manoscritti originariamente nel convento di WeiBenburg (Kleiber, 1971), le quali ci consentono di seguire le sue letture e i suoi studi in numerose glosse a testi biblici, che attingono in particolare ad Alcuino, Beda, Ercamberto di Fulda, ilario di Poitiers e Rabano Mauro. Si ricostruisce così un percorso che tocca sì la grammatica (glosse soprattutto in latino a un codice di Prisciano ), ma che è focalizzato in particolare sulla teologia, in cui si riconoscono letture e commenti serviti per l'elaborazione teologica alla base del Liber Evangeliorum. La presenza degli acroteleuti rimanda sicuramente a una fruizione dell'opera come testo scritto, elemento confermato anche dai diversi inviti a leggere l 'e­ pisodio trattato nella Bibbia stessa (dia buoch "i libri"), nonché dai rimandi interni al testo organizzati sul verbo 'scrivere ' (soso ih hiarfornagiscreip "co­ me io ho scritto qui sopra", Il.n,6). Già nella dedica a Liutberto, Otfrid con­ sidera tuttavia come destinatari coloro che potrebbero essere intimiditi da un accesso ai Vangeli in un lingua diversa dalla propria lingua materna, persone dunque estranee al mondo monastico, probabilmente membri dell' aristocra­ zia, come forse la già citata veneranda matrona Iudith, che lo avrebbero spin­ to all' impresa per contrastare i canti 'osceni'. Proprio il richiamo (sia pure in negativo) ai canti fa pensare a una lettura pubblica a voce alta e, d'altronde, la presenza di segni di notazione neumatica, utilizzata nel canto gregoria­ no, nei due codici allestiti a WeiBenburg, è un indizio di lettura non solo a voce alta, ma anche cantata (forse un recitativo, cfr. Schroder, Hartmann, 2013, pp. 338-9)6•. Questi elementi eterogenei corrisponderebbero per Gre­ en (19 87, p. 768) alla possibilità di diverse modalità di ricezione dell'opera, comprendenti sia lettori colti, totalmente litterati, come i destinatari delle dediche (capaci di capire i titoletti in latino e i rimandi inter e intratestuali a opere teologiche su diversi piani), sia lettori, anzi, uditori, cui è destinato il testo in volgare, letto a voce alta. È comprovata la ricezione da parte di donne : oltre alla già citata Iudith, il codice di Heidelberg riporta una glossa incisa, su tre righe, che attesta la lettura dell 'opera da parte di Hicila, una donna, con ogni probabilità nobile, evidentemente capace di recepire l'opera in lettura individuale (Hartmann, 2013, pp. 163-4). Malgrado la compiutezza dell'opera di Otfrid, non pare che il suo esempio 59· Sa/omoni episcopo Otfridus ("Otfrid al vescovo Salomone") (AdSalomonem). 6o. Otfridus Uuizanburgensis monachus Hartmuate et Uuerinberto sancti Galli monasterii mo­ nachis ("Otfrid, monaco a WeH�enburg, a Haronut e Werinbert, monaci del monastero di san Gallo") (Ad Hartmuot). 61. A una ricezione aurale fanno pensare gli accenni all'eufonia e la grande attenzione al ritmo e al metro.

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Cristo e la Samaritana

Salmo 138

abbia avuto grande eco, né considerando il numero di manoscritti pervenu­ ti dell'opera, né tantomeno testi che possano indubitabilmente alludere al Liber Evangeliorum come modello. Sebbene non manchino ipotesi volte a ricondurre a Otfrid la scelta metrica ( i distici assonanzati) di testi come il Canto di san Giorgio, il Canto di Ludovico o Cristo e la Samaritana (cfr. ol­ tre), come pure i parallelismi identificati con il Canto di san Pietro o con il Muspilli (cfr. oltre; Schroder, Hartmann, 2013, p. 340), a oggi non sono ancora state individuate prove definitive. In area altotedesca l 'unico altro esempio di testo poetico basato chiaramente su un episodio evangelico è il Cristo e la Samaritana (cfr. Gv 4,3-42), 31 disti­ ci rimati apposti come frammento a metà del sec. x in un manoscritto altri­ menti in latino contenente i cosiddetti Annali di Lorsch (ora Vienna, Oster­ reichische Nationalbibliothek, Cod. 515; inizio sec. IX ) . La lingua mostra tratti alemanni e franconi, così che il testo viene talvolta considerato una elaborazione alemanna di un originale francone o viceversa, ovvero compo­ sto in un'area di confine (McLintock, Hartmann, 2013, p. 74). Confrontan­ do il testo con l'elaborazione che fa Otfrid del passo analogo (!Lxiv) è subi­ to chiara la notevole differenza: Otfrid trae spunto dall'episodio evangelico per un' interpretazione teologica che sottolinea l'universalità della missione di Cristo, mentre il Cristo e la Samaritana, che segue molto più da vicino il testo di Giovanni, dopo una brevissima introduzione su luogo e personaggi coinvolti, si articola in vivaci scambi dialogici tra Cristo e la Samaritana. Tali dialoghi hanno fatto pensare a una recitazione pubblica a due voci (Green, 1994, p. 102; Haubrichs, 1995\ p. 313): in tal caso con la formula iniziale lesen uuir (v. 1 "leggiamo") sarebbe da intendere che in effetti l'autore del testo ha letto il passo in un libro, mentre da parte del pubblico presuppone una cono­ scenza comune, ma indiretta, dell'episodio, acquisita ad esempio in una let­ tura pubblica (Green, 1994, p. n6). L'autore non ricerca lo stile alto di Otfrid, anzi utilizza formulazioni che richiamano semmai un registro colloquiale, come l'interiezione anacronistica uuizze Christ61 (v. 8 "veroiddio': lett. "sap­ pia Cristo") o l'allocuzioneguot man (v. 14, "buon uomo") 6l. La relazione di questo testo con il Liber Evangeliorum è incerta : alcuni (Kartschoke, Reichl, Glauser, 1998, p. 145) vedono il frammento come con­ tinuazione della tradizione otfridiana, mentre altri collegano i distici rimati qui presenti non tanto a un modello rappresentato da Otfrid ma a una tradi­ zione autoctona preesistente, ad esempio attestata nel Canto di san Giorgio (Maurer, 1929) o nel Canto di san Pietro (Schweikle, 1967 ). Altro esempio di rielaborazione poetica di un testo biblico è la parafrasi del 62.. Seguo Schlosser (19 89, pp. 12.0-3). 63. Nota Haubrichs (1995', p. 313) che tale allocuzione è attestata anche nelle cosiddette Conversazio­ ni di Parigi (Pariser Gespriiche), sorta di 'dizionario da viaggio' con frasi esempio bilingui latino-vol­ gare tedesco, cfr. Haubrichs, Pfister (1989), Leonardi, Morlicchio (2.009, pp. 2.79-80), Hindi (2.016).

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Salmo I38 in 38 versi lunghi rimati, inserita nel sec. x in un foglio aggiunto a un codice contenente le Formulae Salomonis (dette anche Formelbuch ), composte da Notker I Balbulo per l'ex allievo Salomone, vescovo di Costanza (ora a Vienna, Osterreichische Nationalbibliothek, Cod. 16o9 ). li testo, in bavarese, si presenta come una riscrittura che, in particolare nella seconda parte, amplia il testo di partenza, non nel senso di un'esegesi teologica come in Otfrid, quan­ to piuttosto in catene associative nell 'ambito di una meditazione e preghiera individuale. Una coppia di distici esorta ali ' ascolto del canto di Dauiden den guoten (v. I, "Davide il buono", Schlosser, I9 89, p. 42) : tale introduzione è as­ sente nel salmo originale, ma l' invito ali' ascolto è diffuso nell'inno grafia. L'opera attesta non solo una certa diffusione del modulo a rima finale, qui organizzato in strofe di due o tre versi (l ' influsso otfridiano sembra piuttosto improbabile), ma anche lo sviluppo della poesia d'argomento biblico per sco­ pi meditativi al di fuori degli spazi monastici. È stata infatti ipotizzata la fru­ izione all 'interno di una corte aristocratica (ivi, p. 344), sulla base della sti­ lizzazione di Davide come re giusto ma insieme guerriero ed eroe, e anche di Dio come guerriero. Tale descrizione, originata dal testo biblico, si serve dei moduli della poesia eroica, in cui l' exemplum del re giusto, perché guidato da Dio (Haubrichs, I99S\ pp. 3I6-7 ), si può inserire nella concezione germanica del comitatus. Tra gli stilemi relativi alla guerra si ricordano mit herie (v. I 3, in cui "esercito� vale "schiera angelica", assente nel testo di partenza) e das sce.fti (v. 23, "la freccia", assente nell'originale), tolta al nemico dalla potenza di Dio. Come già nel Cristo e la Samaritana, anche qui si trova l'anacronismo Christ (v. n), in questo caso come invocazione. Le attestazioni di canti legati alla liturgia e alla catechesi dimostrano ancora come per la fase antica sia fuori luogo pensare alla tradizione scritta e a quella orale come ambiti separati, perché i contatti sono anzi frequenti e continui. Oltre alle traduzioni di preghiere, trattate brevemente sopra, si conservano versioni di inni 64, che n eli' ambito della Riforma benedettina facevano parte degli uffici religiosi quotidiani: i cosiddetti Inni di Murbach (parte di un codice composito conservato fino al sec. xv a Murbach, ora Oxford, Bodleian Library, Ms.]un. 25: ff. n6r-I I7V, I22V-I29V). I 27 testi6S, che costituiscono propriamente un innario, visto che l' insieme 4.2. I n n i e canti agiografici

64. Si intende qui 'inni' in senso stretto, vale a dire «quei canti spirituali, strutturati su base metrica e ritmica, nonché destinati al canto, che come 'hymnus' erano e sono parte integrante fissa dell'uffi­ cio delle ore» (Gneuss, 1968, p. 3); gli Inni di Murbach sono inni ambrosiani in senso lato, visto che solo gli inni III, xx, XXII e xxv sono con sicurezza attribuibili ad Ambrogio, mentre tutti gli altri sono da ricondurre alla tradizione successiva (Simbolotti, 1009, pp. XXXVII-XXXVIII ) . 6s. Secondo altri computi ( Sievers, 1874) sarebbero 16, perché il testo con l' incipit Te decet laus, di una sola strofe, non viene ritenuto un inno a sé stante, malgrado sia provvisto di iniziale istoriata ( Voetz, 1013, p. 171). 83

Inni di Murbach

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

prevede inni destinati ad accompagnare la liturgia delle ore nell 'arco di un intero anno, si distinguono in due gruppi, messi per iscritto a pochi anni di distanza. Un primo nucleo di 21 inni (Ha) in un quaternione redatto nel primo quarto del sec. IX66 a Reichenau (ff. 122V-129v) fù successivamente ampliato di altri cinque inni a Murbach (Hb ), scritti in un nuovo quaternio­ ne che fù preposto al primo (ff. n6r-117v). n primo progetto dell'opera doveva prevedere che il testo originale latino fos­ se accompagnato da una glassatura interlineare, come è evidente dal notevole spazio lasciato tra le venti righe per pagina del testo latino in Ha: tale allesti­ mento viene ripreso anche nella versione successiva (Hb ) dove però le righe di testo latino sono 25, così che l'impressione generale è di un testo più fìtto67• Gli interpretamenta in volgare, che corrispondono in genere con notevole precisione al testo latino sottostante, sono in grafìa più piccola, « adeguan­ do la propria dimensione e distribuzione a seconda della lunghezza dei vo­ caboli» tradotti (Simbolotti, 2009, p. xxx): spesso le forme tedesche sono separate le une dalle altre da punti, elemento praticamente mai riprodotto nelle moderne edizioni (Voetz, 2013, p. 27 5). Non sono rari i casi di glos­ se in forma abbreviata (verkurzte Glossen, cfr. Ernst, 2009; Henkel, 2009, pp. 483-8), in cui cioè sono presenti solo i morfemi grammaticali o comun­ que solo le sillabe fìnali delle parole, che forniscono indicazioni riguardo a tempo, caso, numero, genere, senza veicolare informazioni lessicali68, come mes glossa di laudam{us) (XVII,I.I), a indicare che si tratta di un verbo alla prima pers. pl., presente indicativo ( mes) o la come glossa sia di an­ geli sia di caeli (XVII,II,1), per chiarire che i termini sono nominativi plurali ( la e la); i nomi propri biblici (toponimi e antroponimi) in genere non sono tradotti. Si incontrano dunque anche glossacure come la seguente (I.v) 69: ,

=

=

ta

cho

chindo chrimmiu

Egyptus flebat forti t • natorx dira rew�

M

u

b�

funera • solus gaudebat isrl • agni

ta

cho

Aegyptus flebat fortit(er) chindo

chrimmiu reuuir

nator(um) dira funera,

66. Cfr. ivi (pp. 2.73-4) per una sintesi della complessa questione della datazione, nonché delle diverse mani riconoscibili. 67. La versione latina degli inni è sempre accompagnata da una glossa e uerbo, alemanna nel caso del primo nucleo, alemanna con elementi franconi renani per i cinque inni aggiunti in seguito a Murbach. 68. Analoghe glosse abbreviate sono presenti in altre versioni interlineari, in particolare nella Re­ gula benedettina (cfr. sopra). 69. A sinistra una versione che riproduce le glosse abbreviate e le abbreviature latine dell'originale (basandomi sul facsimile in Simbolotti, 2.009 ), mentre a destra è riprodotta l'edizione di Simbo­ lotti (ivi, p. 2.); la traduzione è: "L'Egitto pianse forte la terribile strage dei suoi figli, solo Israele, protetto dal sangue dell'agnello, si rallegrò':

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2.

te

Letteratura in antico a ltotedesco

no ta

solus gaudebat Isr{ae)l

pteccus sanguine

best te

agni proteccus sanguine

Una peculiarità della versione in volgare sono diverse rese doppie (26 casi) di un medesimo lemma (Simbolotti, 2009, pp. XLVI-LI ) , ad esempio radiis glossato sdmon e speichon (II.III,2) o sp(iritu)s reso con atumes e keistes (III.vi,4) 7 0• Quest'ultimo caso sembra trattarsi di una coppia sinonimica, dove keistes corrisponderebbe alla voce di più largo uso, mentre nel primo l'alternativa corrisponde a due diverse accezioni di lat. radius: I. raggio lumi­ noso del sole o di un astro ( scimo ); 2. raggio di una ruota ( speicha). La presenza delle doppie glosse e delle glosse abbreviate indica che la ver­ sione interlineare non è da intendersi come una vera e propria traduzione, perché la sequenza orizzontale di interpretamenta non costituisce un testo da leggere indipendentemente dall'originale latino ; gli elementi in volgare sono piuttosto da collegare verticalmente ai rispettivi lemmi latini, di cui forni­ scono chiarimenti lessicali e morfosintattici (Henkel, 20 09, p. 495). Anche questo suggerisce che la glossatura doveva essere stata apposta con la finalità di utilizzare il testo nell' insegnamento del latino, elemento confermato dalla presenza nei fascicoli Ha e Hb di altri testi ben inseribili nel medesimo ambi­ to (cfr. Voetz, 2013, p. 273): il glossario Jc (ff. n8r-12w), i cosiddetti Alumnis Glossar (f. 122r) ed Exestimatis-Glossar (ff. I2IV, 122r), entrambi alla Regula benedettina, e infine un esercizio estratto dalla grammatica di Pietro da Pisa (f. 129v). Malgrado alcuni studiosi, in particolare Haubrichs (19 95\ p. 203) e Sonderegger (20033, p. 145), sottolineino una resa poetica dell'originale la­ tino, soprattutto nel ricorso a serie allitteranti, e vedano l'opera glossatoria come un notevole contributo verso una traduzione sganciata dall'originale, tale valutazione negli ultimi studi è decisamente ridimensionata (cfr. in par­ ticolare Henkel, 2009 ) Una costellazione completamente diversa si può osservare nel Canto di san Giorgio ( Georgslied), l 'unico inno agiografico pervenuto in altotedesco antico, in una sola copia, apposta da una mano del sec. XI nel codice palatino del Liber Evangeliorum di Otfrid (Heidelberg, Universitatsbibliothek, Cod. Pal. fat. 52, 20 0V-20IV). li teStO, redattO in un'ortografia oltremodo singolare e di difficile lettura e interpretazione?\ ripercorre a rapidi tratti episodi salienti =

=

­

.

70. Analogamente anche in V.IV,2.: sp(iritu)s: atu{m) keist. 71. La lettura è anche pesantemente compromessa del cattivo stato di conservazione del te­ sto, a causa di fori nella pergamena e danni dovuti all'utilizzo di reagenti chimici nel sec. XVIII ( Haubrichs, 2.013b, p. 133 ) ; Voorwinden ( 1992.) avanza l' ipotesi che l'ortografia peculiare sia da ricondurre a un originale redatto in tedesco, ma con caratteri greci, da un madrelingua greco; il copista della versione conservata si sarebbe limitato a una traslitterazione in caratteri latini.

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Georgslied

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della biografla leggendaria del megalomartire Giorgio di Cappadocia (t 30 3): il nobile Giorgio con il suo seguito giunge a un'assemblea di aristocratici, dove tutti i re cercano di convincerlo ad abiurare la fede cristiana. Egli riflura e perciò viene incarcerato ; durante la prigionia si rende manifesta la vicinanza di Dio a Giorgio, che comincia a fare miracoli, a causa dei quali viene ritenuto un mago dal re Tacianus (il riferimento leggendario è a Daciano, imperatore dei Persiani, a sostituzione dello storico Diocleziano), che lo condanna a morte; per tre vol­ te Giorgio viene ucciso (passato per la spada, con il supplizio della ruota e inn­ ne fatto a pezzi e cremato), ma per tre volte risorge, continua a predicare il Vangelo e a fare miracoli. Giunge infine dalla regina Elossandria (nella leggen­ da Alexandra, a seconda delle versioni moglie di Daciano o Diocleziano), che il santo riesce a convertire al Cristianesimo; il testo si interrompe senza un'ap­ parente ragione alla r. 51, dopo che è caduto l' idolo di AboU.in (Apollo). Nel sapiente intreccio dei due rami della leggenda di san Giorgio, il più antico X, inizialmente attestato in greco e poi tradotto in svariate lingue, e Y, diffuso a Roma a partire dal sec. VIII (Haubrichs, 1995\ p. 335) 71, la composizione si rivela opera erudita, abile però a utilizzare moduli della tradizione eroica ora­ le. Questo è già evidente nell ' incipit, che presenta Giorgio, introdotto con la versione popolare del suo nome, Gorio, come nobile germanico (crabo, "conte" cfr. ted Graf, a rendere comes nelle versioni latine), che, accompagnato dal suo seguito (herio,folko) 73, conquista un regno, quello dei cieli (himilrike):

GO RIO fuor ce malo . mie mikilemo herio fone dhero marko . mie mikilemo folko. fuor er ce dhemo ringe . ce hebigemo dhinge. dhazs dhing was marista . gote liebosta ferliezc er werelcrike . kewan er himilrike. dhazs kedheca selbo . dher mare crabo GORI074• Si noti un termine del lessico giuridico germanico come malo (aat. mahal, mal > lat. mallus, mallum) "assemblea giudicante, tribunale", che in epoca carolingia è utilizzato anche come sinonimo del più recente dhing[e] (aat. ding), "assemblea (di nobili)" (cfr. Lexikon des Mittelalters, s.v. Ding e Mal­ lum, e Battaglia, 2013, pp. 31 8-20 ). Laddove nel ritornello in coda alla prima

72.. La caratterizzazione, oggi più nota, di san Giorgio come uccisore del drago si sviluppa solo a partire dal sec. XI. 73· Germ. •harja- e "Julka- possono entrambi denotare l'esercito, la schiera, cui è a capo il dux, cfr. Naumann et al. (r986). 74· l,r-s. R'; testo ricostruito e a ortografia normalizzata, cfr. Haubrichs (1979) . "Giorgio era diretto all'adunanza con un grande esercito, l dalla sua marca con un grande seguito. l Si diresse alla corte, alla solenne assemblea. l Quell'assemblea divenne famosissima, molto amata da Dio. l Lasciò il regno mondano, conquistò il regno dei cieli. l Ciò fece da solo con le sue forze il famoso conte Giorgio�

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strofe, che utilizza stilemi del canto eroico (Haubrichs, 1995\ p. 339 ), il pro­ tagonista è ancora presentato con il titolo secolare di crabo, a partire dalla seconda egli diventa sancte Gorio. n canto propone due modelli di possibile proiezione per gli esponenti della nobiltà all'interno del quadro della ecclesia militans: uno maschile e uno femminile. Da una parte vi è il guerriero diven­ tato miles christianus, che, forte della sua constantia mentis (cfr. II.3 herte [ ... ] muot) rimane fermo nella fede fino al martirio e conquista il regno dei cieli. Dall'altra, la regina raggiunge il medesimo traguardo spogliandosi dei suoi averi, con l' elemosyna, una delle attività che contraddistinguono la migliore aristocrazia, in particolare le esponenti femminili ( ivi, pp. 40 8-10 ). La presenza di un ritornello di diversa lunghezza, contenente sempre il nome del protagonista7S, struttura il testo in 10 strofe variabili (dell'ultima sono tràditi solo i primi due versi). n ritornello è probabilmente modulato su for­ me liturgiche e suppliche popolari para-liturgiche, di cui si trovano esempi anche nel Liber Evangeliorum di Otfrid (cfr. sopra, PAR. 4.1), e fa supporre un andamento a responsorio, forse come canto processionale. La peculiarità della grafia rende particolarmente difficile l' identificazione dia­ topica della varietà; Schiitzeichel (19 82) è incline a confermare l'ipotesi tradi­ zionale che vede l'origine del testo in area alemanna, nell'abbazia di Reichenau, dove l'abate Arrone III (Hatto III, t 91 3, poi arcivescovo di Magonza come Hatto/Atto ne I) nell ' 8 9 5 portò da Roma le reliquie di san Giorgio, favorendo la diffusione del culto del santo nella zona. Haubrichs (1979: 19951; 2013b) vi riconosce la varietà franco ne mediana e sulla base dell 'identificazione di tratti ortografici (che farebbero pensare all'area di contatto romanzo-tedesca) vede come luogo d'origine del canto l'abbazia imperiale di Priim sull'Eifel (medio Reno), dove dall' 852 erano presenti reliquie del santo. Arrone, divenuto arci­ vescovo, contribuì in maniera fondamentale alla diffusione del culto di san Giorgio in area renana, forse legata a un'attualizzazione della figura del santo guerriero alla luce delle incursioni normanne (Haubrichs, 1995\ p. 338). L'analisi linguistica fa propendere per una datazione del modello assai prece­ dente alla versione pervenuta (fine sec. IX-inizio x, Haubrichs, 1979: 2013b), mentre non mancano criteri extra-linguistici che fanno pensare a una data­ zione successiva, come l'aumentata presenza di Greci e dunque di un loro influsso culturale, in seguito alle nozze di Ottone II con la principessa bizan­ tina Teofano (9 72, cfr. Voorwinden, 1992, p. 582). Come già ricordato, il Canto di san Giorgio è l'unico esemplare conservato di inno agiografico in tedesco antico (la Cantilena di sant'Eulalia testimonia la 75· Le strofe I-IV e VIII-IX consistono di un unico verso che si apre con Daz 'ciò' e Gorio soggetto della frase; le strofe v-vn comprendono tre versi, con minime variazioni grafiche, cfr. la versione in coda alla strofe V: dhazs uheizs hik dhazs ist aleuhar. huffherstuont shik GORIO dhar l (huffherstuont shik GORIO dhar) . uhola (p)rediiot ber dhar . l dhie heidenen man . keshante GORIO dhratejhram . "questo so io, questo è vero, Giorgio allora risorse, Giorgio allora risorse, allora ben predicò. Giorgio sconfessò aspramente i pagani".

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precoce diffusione del genere anche in area romanza, cfr. oltre). Per l'area te­ desca, un'ulteriore attestazione della diffusione di questo genere è la versione in latino del Canto di san Gallo ( Galluslied) elaborata da Ekkehart IV di San Gallo, che traduce il perduto originale in volgare redatto da Ratpert di San Gallo (ante 882 ) 76; l'opera condivide con il Canto di san Giorgio lo schema narrativo, vale a dire la succinta esposizione della vita del santo, che presup­ pone una conoscenza della leggenda da parte del pubblico o dei destinatari. n Canto di san Giorgio testimonia dunque una produzione erudita che, basan­ dosi essenzialmente su fonti latine cristiane, elabora un testo in volgare destina­ to molto probabilmente alla declamazione a voce alta nel corso, ad esempio, di processioni in occasione della festa del santo. n risultato è un testo in un genere popolare, in cui gli elementi della vita leggendaria di san Giorgio si combinano con moduli della tradizione germanica dd nobile guerriero, in una struttura debitrice dei rithmi carolingi latini, ma anche delle suppliche ai santi in volgare. Un'ulteriore attestazione dell 'uso dd volgare in ambito (para)liturgico è il Canto di san Pietro (Petruslied), aggiunto a posteriori, agli inizi del sec. x da mano inesperta (Bischoff, 1971, p. n4), in un manoscritto contenente il com­ mento al Genesi biblico di Rabano Mauro redatto nel terzo quarto dd sec. IX a Frisinga (ora conservato a Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 6260, f. 158v ) , come conferma la varietà bavarese del testo, anche se non è da esclu­ dere una data di composizione precedente. In questo caso il canto non narra la biografia del santo, perché si tratta esclusivamente di una supplica a san Pietro (cfr. sopra, PAR. 4. 1, per inserti del genere in Otfrid), in una caratteriz­ zazione che segue Mc 16,18-1 9: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli». Tramite il ritornello greco Kyrie eleyson, Christe eleyson (''Signore pietà, Cristo pietà") il testo è strutturato in tre strofe di due distici lunghi (tre con il ritornello) a rima interna (verso 'otfridiano'): la prima strofe ricorda l' importante ruolo (giuualt, I.I) attribuito da Dio a Pietro, nella seconda si nota come dal testo di Matteo si sia già sviluppata la stilizzazione popolare di san Pietro come 'guardiano' dd Paradiso (cfr. Ci­ gni, 2001, pp. 160-1 ) : Er hapet ouh mit uuortun himilriches portun dar in mach er skerian den er uuili nerian. Kirie eleison, Christe eleyson 77•

L'ultima strofe è infine la vera e propria supplica al santo, definito gotes trut ( 111.1 "amico di Dio"), affinché abbia misericordia della comunità dei fedeli. 76. Per approfondimenti sul Canto di san Gallo cfr. Hindi (2.002.", pp. 69-70) e Osterwalder (1982.). n Testo secondo Schlosser (1989, p. 2.46): "Da lui dipende l ' ingresso nel Regno dei cieli l può far entrate chi ritiene sia da salvate. l Kyrie eleison, Christe eleison".

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n testo è provvisto di neumi, i segni grafici che segnavano la notazione musi­ cale, e sebbene l'assenza di righe non permetta una sicura ricostruzione della melodia, ciò costituisce un' importante prova che il testo dovesse essere canta­ to. La terza strofe (v. I ) esplicita gli aspetti performativi: pittemes [ ... ] alla sa­ mant uparlut ("preghiamo [ ... ] tutti insieme a gran voce"), vale a dire che sono tutti i fedeli a implorare san Pietro a voce alta (non solo i chierici), per quanto ai fedeli fosse probabilmente riservato solo il responsorio tramite ritornello, secondo il modello delle litanie (Lomnitzer, Hartmann, 20I3, p. 362). Anche per questo testo è stata rivenuta una fonte latina (Murdoch, Groseclose, I976, pp. 77-8 ), l'inno processionale in onore dei santi Pietro e Paolo Aurea luce et decore roseo (cfr. Analecta hymnica SI, nota I88), che potrebbe far propendere per un utilizzo del canto durante una processione o un pellegrinaggio. Il v. 111.2 daz er unsfirtanen, giuuerdo ginaden ("che egli conceda la grazia a noi peccatori") corrisponde letteralmente al v. I.vn,28 del Liber Evangelio­ rum di Otfrid: thaz er unsfirdanen giwerdo ginadon; se non si può escludere una diretta dipendenza di un testo dali' altro (cfr. Lomnitzer, Hartmann, 20 I 3, p. 363) sembra più probabile che entrambi i testi abbiano indipendentemen­ te attinto alla tradizione pre-letteraria delle suppliche ai santi (Haubrichs, I9 95\ pp. 329-30), come testimoniano altri inserti in Otfrid (cfr. sopra). In un periodo in cui la liturgia era interamente in latino, i momenti (in vol­ gare) cui poteva partecipare l'intera comunità dei fedeli erano rari, sovente in funzione chiarificatrice del canto liturgico latino; una delle formule più frequenti nelle parti in volgare, cantate come responsorio da tutti i fedeli, era Kyrie eleison, Christe eleison, attestata appunto anche nel Canto di san Pietro (Greule, 2oio, pp. 74I, 746 ) 78• n collegamento di tale formula con il volgare è chiaro anche perché (Kyrie e)leis(on) è alla base del sostantivo mat. Leis 'canto religioso in volgare ' (cfr. Kluge, 20I2, Leis). n Kyrie eleison però non era cantato solo in occasioni (para)liturgiche: la cronaca di Cosmos di Praga (t 1125 ) riferisce di come durante l'insediamento del vescovo Dietman di Praga (967) i principi e i duchi acclamassero il nuovo vescovo cantando Christe keinado, kirie eleison, und die hallicgen alle helfuent unse, kyrie eleison (''Cristo pietà, kyrie eleison e tutti i santi ci aiutino, kyrie eleison"), mentre il popolo si limitava a kyrie eleison (Ehrismann, I9I8, p. I97 ). Un'ulteriore attestazione si ha nel Canto di Ludovico (Ludwigslied), dove viene intonato come canto di guerra all 'inizio della battaglia (v. 47 kyrrieleison 79). n Canto di Lu4.3. Il canto e roico cristiano e il Canto di Ludovico

78. In area romanza (Lorena) il canto processionale Translatio S. Firmini (sec. x) testimonia l' impiego del verso Kyrie eleison, Christe eleison come ritornello da cantare in forma responsoriale in occasione di un pellegrinaggio in onore del santo (Haubrichs, 199 5', p. 331). 79· Nel testo il canto di battaglia è definito liothfrono (v. 46) "inno sacro" e sang (v. 48) "inno"; cfr. Handl (1990, pp. 42.-6) e per la traduzione italiana Francovich Onesti (1995, pp. 71-5).

ag

Ludwigslied

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Analogie e allegorie

dovico è uno dei pochissimi testi di epoca altomedioevale databile con una certa sicurezza: termine post quem è certamente la battaglia di Saucourt (ago­ sto 881), in cui le truppe franche occidentali con a capo il giovane Ludovico (o Luigi) I I I , figlio di Ludovico (o Luigi) II il Balbo 80, vincono i normanni (Northman, v. 24), vale a dire i vichinghi, che da tempo funestavano le regio­ ni settentrionali del regno, mentre il termine ante quem è la morte di Lucio­ vico (agosto 88s), perché la composizione si configura come carme encomia­ stico per un sovrano in vita. Nell 'unico manoscritto che tramanda il canto (Valenciennes, Bibliothèque Municipale, Ms. IJO, ff. 14IV-143r), il testo vero e proprio è preceduto da un titolo-epigrafe, Rithmus teutonicus de piae memoriae hludouico rege filio hludouici aeque regis (''Ritmo teutonico sul re Ludovico di pia memoria, figlio di Ludovico anch'egli re"): la formulapiae memoriae suggerisce che la redazio­ ne del codice sia avvenuta dopo la morte di Ludovico I I I. n paratesto del titolo fornisce anche altre importanti informazioni, perché l'espressione Rithmus teutonicus da una parte precisa esplicitamente che il carme è redatto in volgare tedesco (teutonicus ), dali' altra lo annovera al genere originariamente latino dei rithmi, così come si era andato configurando nella tarda epoca carolingia, cioè sempre come canto a ritmo accentuativo strutturato in strofe, allargando però l'oggetto dalla primitiva materia biblica (cfr. sopra) all'encomio (Haubrichs, 1995\ pp. 145-6) 81• n Rithmus teutonicus consiste in 59 versi lunghi ad assonan­ za interna (analoghi a quelli utilizzati da Otfrid), strutturati in strofe di due o tre versi, la cui scansione è ben riconoscibile nel manoscritto grazie all'uso di versali e di rientri, nonché di maggiore spazio tra i due emistichi. L'autore si presenta al primo verso nella prima persona, giustificando la nar­ razione su Ludovico con la sua vicinanza al re (einan kunig uueiz ih "un re io conosco� La storia prosegue tracciando la biografia di Ludovico prima della battaglia, a tratti veloci, perché probabilmente ben nota al pubblico cui era destinata l 'opera: dopo aver sottolineato la vicinanza di Ludovico a Dio (v. 2), si ricorda che il re rimase orfano in giovane età; utilizzando moduli vetero-testamentari già largamente impiegati dalla storiografia franca fin dali'epoca merovingia ( ivi, p. 139 ), Ludovico appare come un novello Davide, cui Dio stesso ha fatto da padre: holoda inan truhtin, Magaczogo uuarth er sin (v. 4 "se ne curò il Signore, fu Lui il suo educatore", cfr. 2Sam 7, dove Dio dice al profeta Natan riguardo a Davide : "Io sarò per lui padre ed egli sarà per So. Ludovico il Balbo (t 879) era figlio di Carlo il Calvo, che in seguito al trattato di Verdun (843) stipulato con i fratelli Ludovico il Germanico e Lotario divenne il primo re dei Franchi occidentali. 81. Esempi latini di tali rithmi encomiastici sono il De Pippini regis victoria avarica, che commemora la distruzione del regno degli Avari a opera del figlio di Carlo Magno, Pipino d' Italia, oppure il carme che ricorda la prigionia a Benevento (871) di Ludovico (o Luigi) II il Giovane, ma anche il carme a Ludovico il Germanico di Otfrid, che fa parte dei pre-testi del Liber Evangelioroum (cfr. sopra). go

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Letteratura in antico a ltotedesco

me figlio"). È Dio a concedere a Ludovico attributi regali, "virtù, un magni­ fico seguito" (v. s) e soprattutto "il trono dei Franchi" (v. 6 ) 81• Gli invasori vichinghi compaiono al v. 1 1, nella stilizzazione dei "pagani" che vengono "dal mare" 83; questi rappresentano per il giovane re una prova (v. 9 ), ma anche una punizione per i peccati del popolo franco (vv. 10-1 8), ripren­ dendo anche in questo caso moduli vetero-testamentari84• Dopo che i Fran­ chi hanno dimostrato pentimento (vv. 15-18) Dio ha pietà di loro (v. 21 Thoh erbarmedes got "Ma Dio ne ebbe pietà") e chiama in soccorso al popolo dei Franchi direttamente Ludovico 8s (entrambi, popolo e re, definiti tramite il possessivo min "mio", sottolineandone così la vicinanza a Dio), che assume di conseguenza il ruolo di mediatore tra Dio e il popolo (Bauschke, 2006, p. 218). ll popolo ringrazia Dio dell'arrivo di Ludovico (vv. 29-30), Ludovico nella sua arringa ali'esercito (vv. 32-41) ribadisce di essere stato inviato da Dio (v. 33) ed esorta "tutti i devoti a Dio" (v. 36) a seguirlo nell'attacco. Dopo l'arringa in discorso diretto la narrazione torna autoriale in terza persona e viene raccontata la battaglia: Ellianlicho rei t her, Tho nam er skild indi sper, Uuolder uuar errahcon Sinan uuidarsahcon. Tho ni uuas iz burolang, Fand her thia Northman. Gode lo h sageda, Her sihit thes her gereda. Ther kuning reit kuono, Sang lioth frono. Ioh alle saman sungun: "Kyrrieleison." Sang uuas gisungan, Uuig uuas bigunnan. Bluot skein in uuangon, Spilodun ther Urankon. Thar uaht thegeno gelih, Nichein soso Hluduig: Snel indi kuoni. Thaz uuas imo gekunni. Suman thuruhskluog her, Suman thuruhstah her Her skancta cehanton Sinan fìanton Bitteres lides. So uue hin hio thes libes. Gilobot si thiu godes kraft: Hluduig uuarth sigihaft. /oh allan heiligon thanc! Sin uuarth ther sigikamf (vv. 42.-5 6) 86• 82.. Quest'ultimo punto è probabilmente da interpretare come legittimazione al regno, contro i numerosi avversari interni, come l'usurpatore Bosone, duca di Provenza, oppure l'abate Ugo o l'ar­ civescovo Incmaro di Reims, con il quale Ludovico ebbe diversi contrasti in occasione di investiture vescovili, cfr. Hindi (1990, pp. 35-7 ), Haubrichs (1995\ p. 143). 83. V. 11: Lietz her heidine man Obar seo lidan, "Gli fece apparire dal mare i pagani': 84. Cfr. Ger. 8,11, Geremia che annuncia al popolo quanto gli ha comunicato Dio sul prossimo attacco di Nabucodonosor a Israele come castigo. 85. Cfr. vv. 2.3-2.4: Hluduig, kuning min, Hilph minan liutin! l Heigun sa Northman Harto bi­ duuungan, "Ludwig, re mio, soccorri la gente mia! l ché oppressa duramente la tengono i normanni': 86. "E preso scudo e lancia cavalcò arditamente, l voleva ai suoi avversari fare pagare il fio. l Non passò molto che vide ciò che bramava: l ne rese lode a Dio ché i normanni trovava. l Si slanciò ardito

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Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico E lementi stilistici e modelli

Come i normanni sono solo una quinta su cui si staglia la figura del re miles christianus, che guida alla vittoria i Franchi e dunque la cristianità, anche la battaglia è presentata per sommi capi, con un ductus che minimizza il carat­ tere epico (Wolf, 1995, p. 38). Non è menzionata infatti la rituale vestizione preparatoria alla battaglia (diversamente dal Canto di Ildebrando), salvo che Ludovico "prende scudo e lancia" (v. 42 ), e la battaglia vera e propria si riduce alla laconica indicazione dell' inizio del combattimento (v. 48: Uuig uuas bi­ gunnan "la battaglia [fu] incominciata"). Sull'effettivo andamento dello scontro non ci si sofferma, constatando solo che i campi si colorano di sangue (v. 49 87); mancano inoltre i dettagli anatomici del combattimento corpo a corpo, come pure precisazioni delle armi utilizzate, e solo di Ludovico si dice "alcuni li trafisse di taglio, altri di punta", mentre il tipo di arma utilizzata va inferito. Si specifica però che viene "resa lode a Dio" (v. 46), che Ludovico si lancia nella battaglia "cantando un inno sacro" (v. 46) e che "tutti insieme intonavano il 'Kyrie eleison"' (v. 47 ). La "ben amara bevanda" (v. 54) che i nemici sono costretti a bere è di nuovo un richiamo biblico (Mc 14,36: Ap 14,10, 1 6,19 ). La vittoria sui normanni è sancita con la lode resa al "Poter divino" (v. ss ) : solo grazie a esso e a "tutti i Santi" (v. s 6) Ludovico, pur con tutta la sua arditezza (v. 46) e coraggio senza pari (vv. so-si ) , può essere "vit­ torioso" (v. ss ) . Ai ringraziamenti a Dio e ai santi, articolati secondo i model­ li delle litanie, seguono le laudes regiae liturgiche, che concludono il carme dichiarando Ludovico in grazia di Dio88 • Proprio le laudes finali, insieme alla rilevanza data al seguito del re (cfr. vv. s. 29 -30, 32, 47 ), hanno fatto pensare a un autore nell'orbita della corte franca occidentale di Ludovico I I I , ma al contempo vicino all'aristocrazia franca orientale89• li carattere decisamente cristiano del carme è indubitabile: oltre a essere scrit­ to nel nuovo metro di stampo otfridiano, sono numerosi i richiami vetero e neo-testamentari che fanno risaltare Ludovico come strumento divino, attra­ verso il quale si compie il volere di Dio nella prospettiva della historia salutis che porta alla vittoria la cristianità (Mattheier, 1984). Ciò non esclude però che siano presenti anche tratti riconducibili ali' antica tradizione germanica il re cantando un inno sacro, l rutti insieme intonavano il 'Kyrie eleison'. l E l'inno fu cantato, la bat­ taglia incominciata. l Il sangue sopra i campi si sparse: i Franchi attaccano; l combatte ogni guerrie­ ro, ma nessun come Ludwig, l rapido e coraggioso come per lui era innato. l Alcuni trafisse di taglio, altri di punta; l versò presto ai nemici ben amara bevanda. l Guai a loro! Che male per sempre gliene incolga! l Lode al Poter divino, a Ludwig vittorioso! l E grazie a tutti i Santi se sua fu la vittoria� 87. Come anche Francovich Onesti (1995, p. 75), seguo la proposta di Andersson (1972.) di consi­ derare uuangon dat. p!. di masch. uuang "campo� 88. Per le laudes come cortei processionali e acclamazioni di un signore dopo una vittoria, cfr. Haubrichs (1995". pp. 142.-3). 89. Per il quadro storico, in particolare legato alla committenza, cfr. Herweg (2.013b, pp. 2.47-9); Metzner (2.001) sottolinea l'appoggio dell'aristocrazia franca orientale a Ludovico, a suo parere anche nella battaglia di Saucourt.

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Letteratura in antico a ltotedesco

(cfr. oltre), come l'allitterazione interna dei semiversi nei due versi in cui Dio si rivolge direttamente a Ludovico (cfr. sopra), da ritenere consapevole ri­ chiamo a un modulo considerato particolarmente solenne (Haubrichs, 1995\ pp. 140-1 ) 90• Secondo Metzner ( 2001, p. 14 ) , abur Hluduig dell'acclamazione al v. 57 ("ancora Ludwig", Francovich Onesti, 1995, p. 75 ) va piuttosto intesa come "il nuovo Clodoveo", con un intenzionale richiamo al re merovingio che convertì sé e il popolo dei Franchi al Cristianesimo, dando inizio alla genealogia dei re franchi campioni della cristianità, entro la quale si vuole collocare anche Ludovico 91• Che un carme in lode di un re dei Franchi occidentali sia redatto in una va­ rietà tedesca (per lo più considerata francone renano con tracce bassofran­ coni) necessita dei chiarimenti ed è opportuno considerare attentamente le dinamiche della tradizione. li Canto di Ludovico è tràdito in un codice risa­ lente alla prima metà del sec. I X , redatto in un non meglio precisabile centro scrittorio della Bassa Lorena (Bischoff, 1971, p. 132 ) , dunque in una regione lungo il confine linguistico germanico-romanzo, ma non nel monastero di St. Amand92 (Hellgardt, 1996, p. 25 ) , luogo in cui possiamo localizzarlo a partire dal sec. XII, per poi giungere nel 1791 nella vicina Biblioteca di Valen­ ciennes, dove si trova tuttora. Al contenuto originario del codice, cioè tradu­ zioni in latino di otto opere del Padre della Chiesa Gregorio Nazianziano (ff. w-14or) , alla fine del sec. I X sono stati aggiunti da diverse mani, sui fogli finali rimasti liberi, svariati testi: una sequenza latina93 in lode di sant ' Eula­ lia di Merida (Cantica virginis Eulalie, f. 141r) , ancora una sequenza latina, redatta da un'altra mano (Dominus C4li rex ), quindi a una terza mano si pos­ sono ricondurre sia una versione in francese antico della leggenda di sant ' Eu­ lalia (che riprende altri motivi rispetto al precedente testo latino), la cosid­ detta Cantilena di sant 'Eulalia (f. 14w ) , sia il Canto di Ludovico in volgare tedesco (ff. 14IV-143r) ; un quarto copista appone infine l'ultimo testo, di nuovo una sequenza latina ( Uis fidei tanta est, ff. 143r-143v ) (Bauschke, 20 06, pp. 20 9-10 ) . 90. La forma del nome Hluduig ( < *hluda- "sonoro, forre·, da cui "famoso· + *wiga- "battaglia•) conserva il nesso hl-, mentre nel lessico comune l'avv. luto (v. 31), corradicale del primo membro dell'antroponimo, mostra invece la caduta della fricativa velare iniziale nel medesimo nesso; la scelta di Hluduig può essere ascritta a una volontaria ricerca di una forma arcaica, volta a collocare Ludovico in una catena generazionale che risale indietro nel tempo. 91. Un'analoga strategia era già stata peraltro utilizzata da Carlo Magno, che non a caso per due dei figli riprende i nomi merovingi di Clodoveo (Chlodwig/Chlodowech, lat. Chlodovechus), per Ludovico ([H]Ludwig, lat. [H]ludovicus), e di Clotario figlio di Clodoveo (Chlotar, lat. Chlotari­ us), per Lotario ([H]Lothar, lat. [H]Lotharius, cfr. Haubrichs, 2.000, p. 358 ) . 92.. Elnonense SanctiAmandi monasterium, nei pressi di Saint Amand-les-Eaux/Sint Amands aan de Skarpe, nelle attuali Fiandre francesi. 93· Per le caratteristiche metriche e ritmiche del genere latino 'sequenza', cfr. Proto, Rainsford ( 2.013, pp. ss-6). 93

Notazioni codicologiche

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

Cantilena di santa Eulalia e Canto di Ludovico

Se un'unica mano ha redatto i due testi in volgare dd codice, la Cantilena di sant 'Eulalia in francese e il Canto di Ludovico in tedesco, il copista era sicuramente bilingue: diversi tratti grafici fanno pensare a un madrdingua romanzo (o comunque più abituato a scrivere in francese che in tedesco). Questo vale in particolare per la protesi dd grafema h (ad es. v. 24 heigun per eigun, verbo "ave­ re� vv. 32, 34, 35 hiu per il pronome di seconda pers. pl. acc./dat. iu "voi"), per l'incertezza e la mancanza di coerenza (rilevante in una redazione altrimenti piuttosto accurata) per l'esito fricativo in conseguenza della mutazione conso­ nantica altotedesca di germ. *!t/, rappresentato, oltre che dal diffuso (v. I uueiz "conosco"), anche dal digramma (v. I heizsit "si chiamà') o dal di­ gramma (v. II lietz "fece"), in genere utilizzato invece per le affricate (cfr. Gloning, Young, 2004, pp. 79-8I). Poiché il copista ha apposto il testo ddla Cantilena di sant 'Eulalia in francese dopo un preesistente testo latino dedicato alla santa, è da immaginare una situazione plurilingue riflessa nell'allestimento dd codice, dove i testi latini e i testi in volgare vengono a costituire un complesso unitario ndl 'ottica dd copista che appone i nuovi testi (Hellgardt, I 9 9 6, p. 26) 94• Una ddle ipotesi è che il testo sia stato scritto in francone occidentale, vale a dire la varietà in uso tra i Franchi stanziati nella parte occidentale ddl' Impero carolingio prima della totale romanizzazione ddl 'area, con ogni probabilità all'epoca ancora parlata dall'aristocrazia franca legata alla corte (Schiitzeichd, I966-67). Più recentemente, Metzner (I997: 2001 ) cerca di operare una di­ stinzione tra copista dd testo pervenuto e aurore: quest'ultimo sarebbe da ricercare tra la nobilità franca orientale, in zona renana. In ogni caso, il car­ me sarebbe un' importante testimonianza della coscienza pan-francone della aristocrazia dd sec. IX (Metzner, 2 0 0 I, p. IS), incline a considerare la radi­ ce comune dei regni occidentale e orientale, sia sul piano genealogico sia su quello culturale e linguistico. Rientra in tale prospettiva l' interpretazione più volte avanzata (cfr. Herweg, 20I3b, p. 2 4 9), secondo cui all'epoca della vitto­ ria di Ludovico III sui vichinghi si stesse profilando nella nobiltà occidentale e orientale un partito favorevole a Ludovico come possibile artefice di una riunione delle due parti dell'Impero, una volta morto il figlio di Ludovico il Germanico - Ludovico III il Giovane, re dei Franchi orientali, privo di eredi (t 882). La prematura morte di Ludovico avrebbe fatto naufragare il piano. Se la materia dd testo francese è stata sicuramente suggerita dalla sequenza latina preesistente, il collegamento tra Cantilena di sant 'Eulalia e Canto di Ludovico a prima vista non è così evidente. Tuttavia, il nesso tra i due testi in volgare del manoscritto non sussiste solo sul piano linguistico (uso del 94· Il plurilinguismo (latino, volgare romanzo e tedesco) del copista non deve tuttavia, per l'epo­ ca, essere considerata una situazione normale per tutta l'area dell'ex Impero carolingio, ma anzi legata a variabili geografiche (lungo il confine linguistico) e sociali (possibile nella nobiltà legata alla cerchia di Ludovico III, che manteneva legami culturali e linguistici con le corti del regno orientale); cfr. Hellgardt (1996, p. 16).

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volgare), ma anche su quello ritmico-musicale (ambedue testi cantati, cfr. an­ che Proto, Rainsford, 20I3) e strutturale: in entrambi i casi, infatti, gli eventi narrati sono solo accennati, dati per noti al pubblico. A dispetto delle dicotomie che si possono tracciare tra i due personaggi (uo­ mo vs. donna; combattivo vs. mite; vittorioso nella battaglia vs. soccombente nel martirio) è possibile rintracciare un piano superiore dove le opposizioni si ricompongono, vale a dire nel proporre due possibili modelli di vita nel segno di Dio (cfr. sopra, i due modelli di virtù cristiana, maschile e femminile, delineati nel Canto di san Giorgio), in cui il singolo diventa strumento della historia salutis. Sia la morte per martirio di Eulalia sia la vittoria sui normanni di Ludovico sanciscono la vittoria del Cristianesimo (Bauschke, 2006, p. 22I). È opportuno ricordare qui che già nel Prologo alla Legg-e sali ca del merovingio Clodoveo I, cui, come visto sopra, si erano richiamati sia Carlo Magno sia l'autore del Canto di Ludovico, i Franchi sono stilizzati come coloro che ono­ rano la memoria dei santi martiri ornandone i corpi di oro e pietre preziose, mentre i Romani ne avevano ordinato il martirio; a questo si riallaccia l'affer­ mazione Gens Francorum inclita auctore Deo condita ("illustre gente dei Fran­ chi, fondata da Dio creatore") nel Prologo più lungo della Legg-e salica, messo per iscritto sotto il carolingio Pipino il Breve (ivi, p. 225: Schmidt-Wiegand, I9Ss). Eulalia da martire diventa santa; Ludovico, campione dei Franchi, vince i pagani anche grazie all'aiuto dei santi (v. s6). È infine possibile tracciare un parallelismo tra la figura del re nei due testi, dove Ludovico, diversamente dal re pagano Massimiano che ordina il martirio di Eulalia, si profila come re esemplare e nuovo modello di re cristiano (Bauschke, 2006, pp. 222-3). Sempre nell'ambito di questa tradizione cristiana di canto encomiastico per un regnante si può far rientrare il carme in lingua mista latino-tedesco De Heinrico, contenuto nella raccolta detta Carmina Cantabrigiensia, dal luogo di conservazione del ms. (Cambridge, University Library, Ms. Gg. 35-Si f. 437r-437v ): il testo è articolato in otto strofe di tre o quattro distici a rima/ assonanza interna (come il Canto di Ludovico) dove però il primo semiverso è in volgare e il secondo in latino9s. Le strofe centrali sono dedicate a un atto altamente rituale, cioè a come keiser Otto ("imperatore Ottone") riceva con tutti gli onori dux Heinrich ("il duca Heinrich") di Baviera (qui cum dignitate thero Beiaro riche bewarode96), a come insieme si rechino a messa e a come, dopo un momento di preghiera comune, Otto accolga Heinrich nel consiglio dei principi. Siccome tra 936 e I002 si sono avvicendati tre imperatori di nome Otto/Ottone, e in Baviera quattro duchi di nome Heinrich/Enrico, non è facile stabilire a quali personalità si facesse riferimento (Herweg, 20I3a, pp. ISO-I). La proposta che appare più convincente è quella di Mathilde ,

95· Sul bilinguismo nel De Heinrico cfr. Santoro (1995). 96. "Che degnamente protesse il regno della Baviera".

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De Heinrico

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Uhlirz (19 52), che vi vede Enrico II (il Litigioso) e Ottone III (cfr. anche Haubrichs, 1995\ pp. 149-50 ) . TI De Heinrico si inserisce in una notevole tradizione di letteratura di corte latina della dinastia ottoniana ed è probabilmente da vedere come una com­ posizione in memoria del duca Enrico I I ormai defunto, dunque un esempio di poesia di corte, con una finalità politica, caratterizzata da una raffinata retorica ( ivi, p. 150) e destinata a un pubblico bilingue. 5. Tracce della tradizione germanica Temi dell'oralità

5.1. La poesia della trad izione orale È chiaro che se la cultura scritta si svi­ luppa nel modo su delineato, cioè al servizio della diffusione del verbo cri­ stiano, dunque mediato attraverso il libro dei libri che è la Bibbia latina, diventa difficile trovare spazio per la trasmissione del patrimonio culturale germanico, che era orale e pagano. Alla difficoltà della messa per iscritto di una tipologia che non ha una tradizione nella lingua modello per la scrittu­ ra, cioè il latino, si aggiunge la questione della netta non-cristianità della materia. Inoltre, molto probabilmente, per secoli quel patrimonio era stato trasmesso solo oralmente, e così continua a sopravvivere per molto tempo, con modalità di trasmissione altre rispetto ai testi legati alla cultura latino­ cristiana. Si pensi che il cosiddetto Ambraser Heldenbuch (''Libro degli eroi proveniente da Ambras" 97 ) , prezioso manoscritto (Vienna, Osterreichische Nationalbibliothek, Cod. Vind. Ser. nova 2003) redatto dietro committen­ za di Massimiliano I dal copista Hans Ried a Bolzano tra il 1504 e il 1517 e contenente una compilazione di opere ascrivibili a diversi generi (epica eroi­ ca, letteratura cortese e Kleinepik, cioè 'epica breve'), costituisce l'unico testi­ mone manoscritto per ben tre testi dell'epica eroica (Biterolf, Kudrun e Wolfdietrich A) degli otto ivi contenuti. Si vedrà infatti che le scarse attesta­ zioni in area linguistica tedesca di una cultura germanica pre-cristiana sono per lo più casuali. Della presenza nell'antichità prima e persistenza nell'Alto Medioevo poi di una cultura orale legata alla tradizione germanica abbiamo una serie di testi­ monianze indirette (cfr. Battaglia, 2013, pp. 250-2), a partire dalle attestazio­ ni di Tacito (Germania, 2). Prisco (t post 47 1, Fragm. IV.72) riferisce di come alla corte di Attila due "barbari" cantino le gesta del signore, mentre Jordanes (t post 552: Getica v.43) richiama i canti dei Goti sulle imprese di avi famosi (Eterpamara, Hanale, Fridigerni, Vidigoiae et aliorum ) . Secoli dopo, Paolo Diacono (t 899) ricorda nella Historia Langobardorum (1.27) che ancora al suo tempo sono vive le imprese del longobardo Alboino (t 572): "la sua li­ beralità e fama, le sue vittorie e il suo valore sono celebrate in canti" presso

97- Cioè dal castello di Ambras (Schlof Ambras), nei pressi di Innsbruck, dove il codice è stato conservato fino al 1806.

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"i popoli dei Bavari e dei Sassoni e altre genti loro affini per lingua" 98 (cfr. Scardigli, 1994, pp. 212-3). Alcuni autori precisano che i canti prevedevano anche l'uso di uno stru­ mento musicale: riguardo alla corte visigotica di Tolosa, Sidonio Apolli­ nare (t 486, Epist. 1.2.9) scrive che il re Teoderico n (t 48 6) prediligeva canti in cui la piacevole melodia si combinasse con un contenuto capace di allietare l'animo, mentre Procopio di Cesarea (t ca. 565) ricorda Gelime­ ro (t 553), ultimo re dei Vandali, anche come un bravo cantore (De Bellis IV.6.33, lCL9tX p LO"T�ç) che chiese al re vittorioso una lira per poter accompa­ gnare il canto da lui composto sul proprio triste stato di sconfitto in esilio. Venanzio Fortunato (t 607 ), poeta in lingua latina alla corte merovingia, in un carme al duca d'Aquitania Lupo collega espressamente il canto a uno strumento a corda, diverso a seconda della cultura di appartenenza: Ro­ manusque lyra plaudat tibi, Barbarus harpa, l Graecus achilliaca, chrotta Brittanna canat99 ( Carm. vn.8.63-4). Eginardo (t 840 ), storico alla corte carolingia, ndla sua Vita Karoli Magni menziona tra le imprese dd sovrano il fatto che avesse messo per iscritto e imparato a memoria "antichissimi carmi barbari, in cui si cantavano le gesta e le guerre dei re di tempi remoti"Joo (c. 29). li brano è stato oggetto di numerosi studi, che hanno portato a interpretazioni in parte discordanti (per una rassegna critica cfr. Haubrichs, 1989 ), tuttavia attualmente la maggior parte degli studiosi è incline a vedere nei barbara et antiquissima carmina canti in volgare: non solo canti eroici, ma anche di encomio o legati a determinati avvenimenti storici. Attestazioni indirette della vivacità della poesia orale sono i numerosi passi in documenti di concili e sinodi che proibiscono ai membri del clero di cantare o recitare carmina trivialia, cioè "canti popolari" in volgare (cfr. per l'area linguistica tedesca il Concilio di Magonza dell' 813, i documenti pastorali stilati nella zona di Basilea dopo l' 820, i documenti del Concilio di Magonza indetto nell'847 dall 'arcivescovo Rabano Mauro). Sempre da fonti latine si può dedurre che ad esempio alla corte degli Ottoni fos­ se uso avere dei ioculatores ("giullari"), che recitavano dei canti sia su argomenti profani sia su temi derivati dali 'Antico e Nuovo Testamento. Inoltre, ritrova98. Alboin vero ita praeclarum longe lateque nomen percrebuit, ut hactenus etiam tam apud Baioa­ riorum gentem quamque et Saxonum, sed et alios eiusdem linguae homines eius liberalitas et gloria bellorumquefelicitas et virtus in eorum carminibus celebretur (Bethman, Waitz, 1878, p. 70 ). 99· "Il romano ti lodi sulla lira, il barbaro sull'arpa, il greco canti versi achillici, il britanno sulla crotta•. Sulla denotazione di achillica e crotta a tutt'oggi non c'è consenso tra gli studiosi; sugli strumenti a corda nel mondo germanico cfr. Wanzeck, Betz (1999 ); sulla crotta cfr. Luiselli Fadda (1985-86). Nel medesimo carme, Venanzio Fortunato aggiunge (v. 69) che i suoi versi, insieme ai leud[ os] ( < "leutha "canto•, cfr. ted. Lied) dei carmi barbari ( barbara carmina ) , andranno a formare un'unica lode al grande Lupo. 100. Item barbara et antiquissima carmina, quibus veterum regum actus et bella canebantur, scripsit memoriaeque mandavit (Eginardo, in Holder-Egger, 1911, p. 33).

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G li antichi canti e i relativi i nterpreti

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menti archeologici hanno portato alla luce, in tombe aristocratiche di area ale­ manna, ddla zona di Colonia e della Francia dd Nord, corredi funebri che oltre alle armi comprendevano anche una lira a sei corde, dd tipo che serviva per l'accompagnamento musicale durante la recitazione di componimenti poetici (Haubrichs, 1995\ p. 65). Ritrovamenti analoghi in area anglosassone e scandi­ nava fanno supporre che la declamazione poetica in tutto il mondo germanico facesse parte della vita dd ceto nobile, ancora per tutta l 'epoca carolingia. La figura del poeta di corte deve essersi sviluppata a partire dall'epoca delle migrazioni. Oltre allo skop germanico, poeta raffigurato con precisione solo nella poesia inglese antica, nel regno franco vi è notizia anche del ioculator, che viene lentamente a integrare elementi germanici e latino-romanzi. Tra i secc. VI I I e IX il ioculator, insieme alla caccia, alle vesti preziose e ai banchet­ ti, faceva parte degli elementi fondamentali della cultura delle classi nobili. Ancora una volta, sono soprattutto i divieti che ne hanno tramandato l'esi­ stenza, come un capitolare di Carlo Magno del 789 che proibisce ad abati e badesse di tenere mute di cani, falchi e iaculatores - tutti dementi caratteri­ stici della vita dei nobili ( ivi, p. 67 ). Lentamente si vede però come i carmina gentilia passino dagli adhalsangheri (cantori della nobiltà, in servizio stabile presso una corte) ai giullari vagan­ ti, di status assai meno elevato. Evidentemente, dal sec. IX in poi l'interesse per l'antica tradizione pagana del canto eroico ed encomiastico corrisponde sempre meno alle norme comportamentali cristiane propagate dalla nobiltà carolingia e ottoniana. Ancora nd sec. VIII diverse fonti latine differenziano tra poetae e scurri, cioè tra il nobile skop della tradizione germanica e il giul­ lare popolare; infatti, prima del 900 skofe skop sono glosse a vates, psalmista e psalta, dunque un grado elevato di cantore. A partire dal sec. IX la stessa parola, insieme a spiliman, glossa invece lat. ioculator, mimus, tragicus, saty­ ricus. Questo indizio allude a un mutamento riguardo alla posizione sociale dello skop, corrispondente a un cambiamento nei gusti culturali della nobiltà, a poco a poco sempre meno interessata a far recitare/ rappresentare a corte componimenti della tradizione poetica orale (ivi, pp. 67-8). Dalle attestazioni indirette si può dunque ricostruire per tutta l'area germanica l 'esistenza di una poesia pre-letteraria 'alta', parte integrante della cultura nobiliare, che cantava i miti di origine delle gentes, celebrava gli eroi del passato e anche le gesta di sovra­ ni dell'epoca presente coeva (cfr. Haubrics, 1995\ p. 69: Klein, 2009 per le modalità di declamazione). Per l' intera area tedesca, tuttavia, l'unico rappre­ sentante in volgare di questo genere nella fase antica è il Canto di Ildebrando (Hildebrandslied), tramandato in un unico esemplare, sulla prima e ultima pagina di un codice teologico in latino proveniente da Fulda (ora Kassd, Universitatsbibliothek - Landesbibliothek und Murhardsche Bibliothek der Scade Kassel, 2° Ms. theol. 54 , 1r, 76 v) .

5.2. La poesia e roica e il Canto di Ildebrando

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Il carme si apre con il pronome di prima persona singolare ik "io" che si presenta come l'anello di una catena di racconti di una memoria condivisa (ivi, p. 118), perché narra ciò ha sentito dire: Ik gihorta àat seggen, àat sih urhercun a rendere affricata velare [kh] < *(k], cfr. v. 13 chind in chunicriche l chud ist mi al imrindeot ("se mi sai dire l'una [stirpe], io conosco anche l'altra"); [p] < *(b), dr. prut (v. 21a, "sposa"), pist (41a "sei", verbo essere, seconda pers. sg.); [t] < *(d] all'interno d i parola, come hilti "battaglia" nell'antro­ ponimo Hiltibrant e nel sostantivo hiltiu (v. 6b). Tipicamente bavaresi sono la grafia cch h> per la fricativa < [k] in deotrichhe (v. 26b), nonché la precoce occlusivizzazione e sonorizzazione d i * (9] > [d] (mentre in francene il fenomeno è assai più tardo), presente nella maggior parte dei casi (ad es. v. 23a Detrihhe, v. 32a dine "cosa, causa"), tra n ne che i n poche parole, tutte nei primi cinque versi (ad es. tfat det. nt. sg. nom./acc. "ciò", v. l , 2a), e in Theotrihhe (v. 19a). I l lessico è te ndenzialmente altotedesco (cfr. LOhr, 1982, pp. 194-6). Non mancano però casi contrari, vale a dire la presenza di un consonantismo non interessato dalla mutazione consonantica alto­ tedesca, talvolta a nche pe r termini presenti a nche con mutazione (cfr. sopra), come il pronome di pri ma pers. sg. ik (v. 1, 12). L'occlusiva sorda dentale [t] ri mane i nvariata all'inizio (ad es. tuem "due", v. 3b) e in fi ne di parola (determinante nt. sg. nom./acc. datlaat, v. 2a, 17a, 31a ecc.; uuet "so", v. 12b). Un tratto sassone, comune a tutte le varietà ingevoni, è la cad uta della nasa le nell'origi naria seq uenza vocale + nasale + fricativa (cfr. Leonardi, Morlicch io, 2009, pp. 137-8), nel testo in gua- < * gunp- "battaglia", cfr. gutf-hamun (v. sa "corazze", lett. "vesti da batta­ glia", cfr. Canto di Ludovico v. 27 gundfanon "gonfalone", lett. "stendardo da battaglia"). Più rari sono i sassonismi sul piano morfologico, ad esempio heriun (v. 3 "esercito", dat. pl. masch.), che conserva la semivocale ca ratteristica del tema in *-ja-, o helidos (v. 6 "e roe", m. nom. pl.), sostantivo a tema in *-a- con desi nenza nom. pl. in - os (in area altotedesca -a) (per un'ana­ lisi dettagliata cfr. già Holtzmann, 1864). Si riscontrano tuttavia anche una serie di tratti da considerare pseudosassonismi, in cui cioè pare che il consonantismo bassotedesco sia stato sovrapposto mecca nicamente a una forma altotedesca, ad ese mpio heittu (v. 17b "chiamarsi", i ndicativo pres. prima pers. sg.), dove la forma corretta in sassone antico dovrebbe essere con vocale lunga invece del dittongo e dentale non ge minata, mentre la forma aat. è heizzu, op­ pure sitten (v. 20b "stare, essere seduti", i nfinito), dove il sassone antico conserva la semivo­ cale j o sue tracce, sittian, sittean, sittien, mentre la forma aat. è sizzen. La forma usere (v. 15b, "nostro" nom. pl.) ha fonologia sassone (caduta della nasale davanti a fricativa), ma flessione altotedesca (unsere), perché la corrispondente forma sassone è use.

Origi ne e trasmissione

duazione dello schema metrico a verso lungo allitterante, usuale nelle attuali edizioni, si deve aJacob Grimm ( 1811, p. 314, nota** 117). La grafia è minuscola carolina, con alcuni tratti insulari (Diiwel, Ruge, 2013, p. 171), come l'uso del grafema < a:: > (ad es. in �non, v. 2 "uno, singolo") o del grafema derivato dalla serie runica anglosassone wynn > per la semivocale velare [w] (ad es. in wer, v. 9 "chi"). Sono numerosi i tentativi di spiegare tale lingua mista (cfr. riquadro 2 ) , che essenzialmente posrulano o un'originaria versione bassotedesca, successiva­ mente trasformata in altotedesca, o il contrario, con eventuali passaggi inter­ medi prima di giungere al testo tramandato (cfr. Diiwel, Riige, 2013). AttuaiII7. Cfr. l'edizione di Grimm, Grimm (r8r2); per il ruolo diJacob Grimm cfr. Dick (1990, p. 72).

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mente, la teoria che gode di maggior credito è quella proposta nei tratti principali già da Holtzmann (18 64) e più di recente corroborata e modificata da Liihr (1982): alla base ci sarebbe una versione scritta francone (testimoniata dal mantenimento di alcune fricative dentali come in dat), copiata poi da una mano bavarese, che presto avrebbe trascurato il grafema che rendeva un suono non più presente nel suo inventario fonematico. Questa versione bavarese sarebbe stata poi 'sassonizzata', forse per dare una patina arcaica al testo, considerando il sasso ne come una varietà più vicina al­ la lingua delle origini, proprio perché non presenta l 'innovazione della Mu­ tazione consonantica altotedesca; a tal proposito Haubrichs (19 95\ p. 117) ricorda che Rodolfo di Fulda (t 865) considerava i Sassoni come gli eredi dei Germani descritti da Tacito. n testo con elementi sassoni sarebbe a sua volta il modello della versione a noi pervenuta, dove i due copisti, probabilmente bavaresi (cfr. Liihr, 1982), si sarebbero impegnati a trascrivere fedelmente il testo; avrebbero tuttavia introdotto anche alcune innovazioni, caratteristi­ che della varietà da loro parlata, come la caduta della fricativa velare precon­ sonantica (ad es. v. 6 ringa < *hreng- cfr. as. hring, hringa) - mantenuta però ad esempio ai vv. 46 hrustim e 56a hrusti "corazza� Come si vede, per la trasmissione del Canto di Ildebrando si ipotizza già una catena di trasmissione scritta, che tuttavia deve aver attinto in ultima analisi a fonti orali, che traggono origine n eli'età delle migrazioni. Definire i tratti del Canto che più corrispondono alle caratteristiche di un carme eroico è particolarmente difficile, visto che si tratta dell 'unico esemplare del genere per l'area altotedesca, così che gli unici confronti possibili sono con testi di altre varietà germaniche. Sul piano lessicale è da notare l'elevato numero di hapax legomena, cioè termini tràditi per l' altotedesco antico solo in questo testo, il cui significato può essere però chiarito sulla base dei corradicali presenti nelle altre lingue germaniche e attestati spesso nel lessico poetico (cfr. Kuhn, 1975, pp. 27-8: Sonderegger, 200 33, pp. 357-8). Esempi sono gud- "battaglia" come primo elemento del composto gudhamun (v. 5) "battaglia + veste� dunque "corazza", in aat. mai attestato come simplex, cfr. però as. gu/Jea, aingl. gup, aisl. gunnr, guòr "battaglia": hiltiu (v. 6b), in aat. solo in antroponimi, cfr. as. hild, aingl. hild, aisl. hildr "battaglia": wurt nel composto wéwurt (v. 49b, "fato funesto"), cfr. as. wur/J, aingl. wyrd, aisl. ur/Jr "destino": billiu (v. 54a), cfr. as. bi!, aingl. bill "spada, arma da taglio� Nel carme si trovano anche le uniche attestazioni altotedesche di alcuni traslati per sineddoche (cfr. Leonardi, Morlicchio, 20 09, pp. 243-4) largamente usati nelle altre lingue germaniche, come askim (v. 64b), propriamente "frassino� per "lancia" (cfr. aingl. Battaglia di Maldon, v. 43a), o lintun (v. 67a) "tiglio", per "scudo" (cfr. aingl. Beowulf, v. 261oa). n termine sunufatarungo costituisce un hapax legomenon senza dirette relazioni con le altre varietà germaniche: l' interpretazione più condivisa è attualmente quella di considerarlo un esempio di antico composto copulativo (o dvandva), vale a dire un termine «che si riferisce 10 5

I l lessico

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a due o più entità [ .. ] collegate dalla congiunzione 'e ': il significato che risul­ ta è dato dalla somma dei termini base » (ivi, p. 245), in questo caso "padre" e "figlio". Anche in altre varietà germaniche sono attestati composti copulati­ vi, però estremamente di rado, sempre in poesia, e sempre per relazioni di parentela: ne sono stati individuati tre in aingl., suhtergefoderan (Beowulf, v. I I 64a, "zio e nipote" riferito a Hrothgar e Hrothulf), l'analogo suhtotjedran ( Widsith, v. 46, "zio e nipote': ancora riferito a Hrothgar e Hrothulf) e aj;umswerian (Beowulf, v. 84a, "suocero e genero") e uno in as., gisunfader (Heliand, v. II76 "figlio e padre"). Sebbene non paragonabile alla frequenza con cui si riscontrano in testi di area inglese o norrena, nel Canto di Ildebrando sono presenti kenningar, pa­ rafrasi a base per lo più metaforica, come il già citato gudhamun (v. sa) "co­ razze", lett. "vesti da battaglia': o staim bort (v. 6sb) "scudo", propriamente composto di staim-, da confrontare con mat. steim "tumulto� e -bort "tavola" (Haubrichs, I99S\ p. II 6). Nel testo compare, anche se di rado, un altro de­ gli elementi retorici caratteristici della poesia tradizionale germanica, cioè la variazione, che in senso proprio è la ripetizione di un semiverso con altre pa­ role, senza aggiungere nulla di nuovo (cfr. Kuhn, I97S, p. 2I), cfr. ad esempio ai vv. s3b-ssa suertu hauwan 1 18 l l breton mit siniu billiu 1 19• .

La vice nda d i Wa ltharius

5.3. Il Waltharius La materia eroica della tradizione germanica è tramandata anche in un poema latino in 1.455 esametri, il 1-Valtharius, il cui primo testi­ mone (frammentario) risale al sec. x: sembra provenire dall 'area tedescofona sud-occidentale, e ha come autore sicuramente un chierico, che nel primo verso si rivolge ai suoifratres. A giudicare dalla trasmissione (II mss., di cui s frammentari, nonché diversi cataloghi di biblioteca che ne testimoniano la presenza, poi andata perduta), l'opera deve aver goduto di una notevole popolarità. ll componimento va indietro all'epoca delle migrazioni: alla corte di Attila crescono come ostaggi Waltharius d'Aquitania, Hiltgunt di Borgogna e il franco Hagan0 110, vassallo di Guntharius. Una volta cresciuti i tre giovani decidono di tornare in patria: per primo fugge Hagano, imitato poi da Waltharius e Hiltgunt, che nel frattempo avevano rinnovato la promessa di matrimonio fatta per loro dai genitori; nella fuga Waltharius e Hiltgunt rie­ scono anche a portare via l'armatura di Attila, eccellenti armi (forgiate dal mitico fabbro della tradizione germanica Wieland: cfr. CAP. 3, PAR. 2.5 e CAP. 6, PAR. 3.2) e due casse del tesoro degli Unni. Guntharius, oramai re, viene a sapere che i due, carichi di tesori, sono nei pressi della sua corte e,

1 18. "Colpire a morte con la spada': 1 19. "Uccidere con il suo ferro': 12.0. Nella restante tradizione Hagen e Gunther sono burgundi, non franchi; la variazione è pro­ babilmente da interpretare come una critica ai regnanti franchi e alla loro autostilizzazione su passati modelli eroici (Millet, 1008, p. 116).

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spinto dall'avidità, decide di mettersi alla loro caccia, accompagnato da un seguito di dodici uomini; tra questi c'è anche Hagano, che inizialmente ave­ va scongiurato il proprio signore di evitare lo scontro con l'amico Walthari­ us, di cui conosce la forza e il coraggio. Waltharius riesce a uccidere undici uomini di Guntharius, che alla fine riesce a convincere l 'unico sopravvissuto del seguito, appunto Hagano, a combattere contro l'amico. La mattina dopo Waltharius viene sorpreso da un attacco di Guntharius e Hagano ; e si scatena una battaglia terribile, che finisce con i tre guerrieri in vita, ma mutilati: Wal­ tharius ha perso la mano destra, Hagano un occhio e sei denti, Guntharius una gamba. Riconciliatosi con il vecchio amico Hagano, Waltharius si mette in cammino per l'Aquitania insieme a Hiltgunt, dove si sposeranno e regne­ ranno felicemente per trent'anni. La vicenda trova corrispondenze soprattutto nel 1-Valdere antico inglese (cfr. CAP. 3 , PAR. 2..5 ), ma anche nella Canzone dei Nibelunghi, in 1-Valther und Hildegund, un componimento mediotedesco del sec. XIII, e in altri testi (Millet, 2.008, p. I09 ). In questa versione in latino, tuttavia, la materia eroica è rivolta a un tipo di destinatario diverso da quello originario, cioè non più ai nobili guerrieri, ma ai chierici, che si erano formati sui classici latini. La familiarità con i classici traspare anche dai molti richiami e citazioni, soprattutto da Stazio e Ovidio, in particolare nelle scene di battaglia, che contribuiscono a conferire al testo una ricchezza di sfumature altrimenti ignota alla letteratura germanica coeva (ivi, p. no ) . L'autore mantiene una costante distanza con la materia narrata, che non di rado sfocia in una decostruzione ironica, come nell'episodio della fuga di Waltharius e Hiltgunt: è utilizzato sì il topos dell 'eroe che fugge a cavallo con la sua donna, ma qui il cavallo, troppo carico delle casse del tesoro, è defun­ zionalizzato come mulo, mentre la coppia deve andare a piedi. Nella fuga Waltharius indossa l'armatura di Attila - elmo, lancia e scudo compresi - la voce autoriale non manca di notare che i suoi movimenti sono perciò lenti e goffi (ivi, p. 112.). Guntharius non ha nulla del re eroico: non solo è avido e infido, ma viene definito addirittura demens (vv. 955, I2.2.8). Si assiste a una messa in scena parodica della materia eroica, che certo continua a essere ben conosciuta, ma rispetto alla quale, almeno in determinate cerchie, non è più possibile un'aderenza incondizionata. La tradizione germanica continua per­ tanto in questa modalità, però defunzionalizzata e del tutto distinta dalle modalità di trasmissione orale che la caratterizzavano all'origine. Il Waltharius deve aver avuto grande risonanza; se ne ritrovano notevoli echi anche nella Cronaca di Novalesa (Alessio, I982.), dove i cc. VII -XII sono dedi­ cati alla figura di 1-Valthario, un monaco del convento di cui poi viene narrato il passato eroico; abbiamo a che fare con il topos della moniage ("monacazio­ ne") dell'eroe, assai diffuso nella letteratura medioevale. Nella narrazione del passato eroico del monaco vengono inseriti « I 6 5 versi o emistichi dell'opera [ il 1-Valtharius], compresi nella sezione che si estende dal v. I al v. 576» (Bi­ santi, 2.0IO, p. 77 ). 107

Riferi menti e pa rallelismi

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico Struttura di Muspilli

n testo noto come MuspiUi prende il titolo da una parola dd testo (c&. riquadro 3 ), Dar ni mac denne mak andremo helfan vora demo muspiUe, v. 57 (c&. oltre) 111; la decisione di fame il titolo dell'intera opera risale al primo editore dd testo, Johann Andreas Schmeller (1832). n componimento mostra alcuni paralldismi con il Canto di Ildebrando11\ in particolare perché, oltre a es­ sere in gran parte in versi allitteranti, presenta un duello tra campioni di schiera­ menti opposti e deve aver avuto come destinatari principali esponenti della clas­ se dominante, i nobili guerrieri (Mohr, 1977, p. 22). Nel caso dd Muspilli questi elementi sono però integrati in una materia prettamente cristiana, legata a una visione escatologica: la prima (vv. 1-30) delle tre sezioni principali in cui si può dividere l'opera (c&. Haug, 1977, p. 32) vede infatti schiere angeliche e infernali contendersi un'anima, la seconda (vv. 31-72) lo scontro tra il profeta Elia e l'An­ ticristo, che finirà con la vittoria del primo; il sangue che stilla dalle ferite di Elia brucia e provoca un enorme incendio sulla Terra, che innesca la fine del mondo, con conseguente Giudizio Universale, cui è dedicata la terza parte (vv. 73-10 3); il frammento termina con la parusia, il nuovo avvento di Cristo, dove questi è rappresentato con le ferite da lui sopportate per amore degli uomini. La vicinanza dell 'opera alla cerchia dei nobili appare anche dal brano relativo all'inizio del Giudizio Universale, che viene configurato come l'assemblea giuridica (mahal, cfr. sopra, PAR. 4.2) indetta dal re, cui devono accorrere tutte le genti (vale a dire tutti i guerrieri): 5.4. Il Muspilli

So denne der mahcigo khuninc daz m[a]hal kipannit clara seal queman chunno kilihaz: denne ni kicar parno nohhein den pan furisizzan, ni alero manno uelih ze demo mahale sculi (vv. 3 1-4 ) 11\ E lementi codicologici

Un ulteriore parallelismo tra Muspilli e Canto di Ildebrando è dato dalla tra­ smissione frammentaria e casuale, perché il Muspilli è tramandato in un codi­ ce (ora Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 14098) contenente il testo pseudoagostiniano Sermo de symbolo contra Iudaeos, Paganos et Arianos che riporta la dedica di Adalrammus (arcivescovo di Salisburgo dall' 831 all' 836) all'allora fanciullo Ludovico, poi incoronato re come Ludovico n e in seguito detto il Germanico (Accipe summe puer parvum Hludouuice libellum... 12ov, Schmeller, 1832, p. 5 114). li codice è stato redatto a Sankt Emmeram tra 821 e 827, ma il Muspilli vi è stato apposto più tardi, da mano inesperta, probabil12.1. Per la numerazione dei versi mi baso su Haug (1977, pp. 36-sz.); "allora nessun parente potrà aiutare l'altro nel muspilli" (trad. da Manganella, 1966, pp. 76-7). 12.2.. Cfr. in dettaglio Santoro (2.007, pp. 2.07-8). 1 2.3. "Allorché il possente re indice l'adunata, l devono accorrere tutte le genti: l perché nessuno osa mancare all'appello, l ma ognuno deve andare al giudizio" (ho variato la traduzione di Manga­ nella con una resa più fedele all'originale dei tempi verbali, ora al presente). 1 2.4. "Accetta, o sommo fanciullo Ludovico, questo piccolo libriccino':

108

2.

RIQUADRO 3

Letteratura in antico a ltotedesco

Il termine muspilli

Nella tradi zione altotedesca muspilli è un hapax legomenon; in sassone antico si registrano attestazioni di probabili forme corrad icali (Heliand 2591 mudspelli e 4358 mutspe/11), in due passi che richiamano la "fi ne del mondo" e il "G iudizio U niversale", senza che nemmeno in questo caso sia possibile determi nare se il termine de noti propria mente i l primo o il secondo o a ltro, ad esempio "colui che mette fi ne al mondo". Sono state proposte diverse eti mologie, nessuna delle q uali soddisfacente appie no; tra le più convi ncenti si ricorda q uella che vede i l termine proveniente dall'area d e l Mare del N ord, composto d e i te rmini attestati in as., a ingl. miith "bocca" (cfr. aat. mund, con mantenimento della nasale e voca lismo breve, cfr. Leonardi, Morlicchio, 2009, pp. 137-8) e ai ngl. spildan, spii/an, as. spildian "rovinare, distruggere". I l composto sarebbe d a interpretare come "d istruzione del mondo attraverso l a pa rola" o "di­ struttore del mondo attraverso la parola", vale a d i re come kenning pe r "Giudizio Universale, fine del mondo" o per "Cristo" come gi ud ice alla fine del mondo. Il secondo elemento del composto è stato messo i n relazione anche con aingl. spe// "discorso, giudizio, destino".

mente dopo la morte di Ludovico (876, cfr. Haug, 1977, p. 26), su pagine ri­ maste bianche (12ov-12IV) e su dei bordi inferiori (61 r, 119v e 12or) - sicura­ mente erano stati utilizzati anche i fogli di guardia, andati forse perduti in occasione di una rilegatura, così che U componimento è mutUo dell' inizio e della fine. La varietà è bavarese, con tracce franconi. Convincente appare l'ipotesi di Mohr (1977) secondo cui U Muspilli sarebbe una predica incentrata sulla penitenza e sulla giustizia (divina), che da questa prospettiva cristiana attinge a brani provenienti da tradizioni diverse, legati ora all'oralità precristiana ora a fonti scritte collegate alla cristianizzazione, integrandoli via via nella struttura di base, che prevede una narrazione solo se poi può servire da monito (Hellgardt, 201 3a, p. 290 ). All 'ambito della tradizione orale germanica si possono ascrivere ad esempio la stilizzazione della fine del mondo come scontro tra le forze della luce e delle tenebre (aisl. Ragnarok, cfr. CAP. 6, PAR. 3.2), il duello come giudizio di Dio e i numerosi termini del lessico giuridico 11s. In diversi brani si può tuttavia rinvenire anche un'eco di testi biblici (per il duello tra Elia e l 'Anticristo cfr. ad es. passi veterotestamentari come Ml 3,23: per la visione della fine del mondo cfr. soprattutto dal Nuovo Testamento, Mt 24,29-31: 25,31-46: Le 21,6-28; 1 Tess 4,16-17: 2 Tess 1,5-IO: Ap 20,11-IS). oltre a fonti apocrife 126• L'obiettivo principale è infatti esortare chi ascolta a vivere secondo la volontà di Dio, pentirsi dei peccati e poter così evitare le pene dell 'inferno. Proprio grazie all 'utilizzo di questo 'mon­ taggio' (cfr. Haug, 1977, spec. pp. 33-4, ss-6) U tema escatologico è trattato in 115. Cfr. vv. 6, 6s, 71, 78 suona "tribunale, giudizio" e vv. 74, Ss suannan "giudicare"; vv. 10, 16, So, dink "cosa giuridica, causa"; vv. 15, 98 uirina "crimini, peccati", vv. 31, 34, 63 mahal(e) "giudizio, tribunale" e v. 7 mahalsteti "luogo del giudizio, tribunale", v. 33 pan "ordine, appello"; vv. 6o, 61 marha "confine", vv. 67, 71 miaton, miatun "regalie per corrompere", vv. 64 arteile, 84 arteilit, 86 arteillan "giudicare", v. 89 rihtungu "giudizio", v. 93 mordes "omicidio". Sull'elemento giuridico nel Muspilli cfr. in particolare Schmidt-Wiegand (1981, p. 796). 116. Sulle fonti cfr. Finger (1977 ); in particolare su quelle cristiane Luiselli Fadda (1979)

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I nterpretazione

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

modo tutt 'altro che astratto. Le forze che si oppongono sono ad esempio presentate come due fazioni di una battaglia: Daz hortih rahhon dia uueroltrehtuuison daz sculi der antichristo mi t eliase pagan. der uuarch ist kiuuafanit, denne uu[i]rdit uuntar in uuic arhapan. khenfun s < int> so kreftic, diu kosa ist so mihhil. helias stritit pi den heuigon lip, [ ... ] der antichristo stet pi demo altfìante, stet pi demo satanase, der inan varsenkan [s]cal pidiu scal er in deru u[i]c< st>eti uunt piualla[n] enti in domo sinde sigas uuerdan (vv. 37-41 ; 44-47 ) 117•

La battaglia tra Elia e l 'Anticristo è esplicitamente un duello tra "campioni" (khenfun, v. 40 ), che si svolge sulla uicsteti (v. 46 "campo di battaglia"). Visto che il termine khenfun compare nello stesso verso del tecnicismo kosa (v. 40 "causa" in senso giuridico, prestito dal latino), la contesa tra i due assume subito i tratti di un "giudizio di Dio" (Hiipper-Droge, 19 84, pp. 654-5), come viene poi precisato ai vv 41-3 (Elia come campione di Dio) e 44-7 (Anticri­ sto campione di Satana). Degno di nota è come il duello sia introdotto da una struttura formulare che tematizza la trasmissione orale (Daz hortih rahhon dia uueroltrehtuuison, v. 37, v.s.), ma in questo caso la fonte del narratore è esplicitamente legata al diritto, sono i uueroltrehtuuison, una rarità per l'epoca, composto a tre ele­ menti, che si può propriamente interpretare come "esperti (uuison) di diritto terreno (uueroltreht)" o "giusti (rehtuuison) della terra (uuerolt)" (cfr. Staiti, 2002, p. 436, per una sintesi delle diverse posizioni). li Muspilli è un testo che intreccia l'antica tradizione germanica e le novità portate dalla cristianizzazione non solo sul piano dei contenuti e dei moti­ vi, ma anche su quello metrico-formalea8, perché sebbene la maggior parte dei versi si possa ricondurre al metro allitterante germanico, non mancano versi che combinano l'allitterazione con il nuovo metro 'otfridiano' a rima/ assonanza finale (vv 28, 37, 62, 78, 79, 87) 119 oppure che prevedono solo l'as­ sonanza (v. 61) (Haug, 1977, pp. 61-2): .

.

1 2.7. "Questo sentii dire da uomini esperti e saggi, l che dovrà l'Anticristo battersi con Elia. l Il maligno è armato, quindi ha inizio tra loro la pugna. l I duellanti sono tanto forti, quanto im­ portante è la causa. l Elias si batte per la vita eterna [ ... ]. L'Anticristo sta dalla parte dell'antico nemico l sta dalla parte di Satana, che lo sprofonderà: l perciò cadrà ferito sul campo di battaglia l e resterà sconfitto sul posto". 12.8. Intrecci di tal genere sono ampiamente attestati in area inglese antica e sassone (cfr. CAPP. 3 e 4), mentre, come emerge anche dalla presente trattazione, sono assai più rari in area altotedesca. 12.9. Tali versi mostrano anche diverse irregolarità rispetto agli schemi metrici identificati da Heusler (1956\ par. 43 5).

110

2.

Letteratura in antico a ltotedesco

37: Daz hortih rahhon dia uueroltrehtuuison 1�0 (allitterazione irregolare in re asso­ nanza -on (rahhon - uueroltrehtuuison) v. 61 : diu marha istfarprunnan, diu se/a stet pidungan '�' (assonanza delle ultime due sillabe farprunnan - pidungan)

v.

Vi sono inoltre versi, come ad esempio il 97 Uzzan er iz mit alamusanu fur{imegi) ("a meno che non ripaghi con elemosine"), che non presentano né allitterazione né rima/assonanza'32 e che, accettando l'ipotesi del testo come predica, si possono considerare al pari di brevi inserti in prosa, senza bisogno di interpretarli come corruzioni testuali. Questi tratti del Muspilli non devono tuttavia indurre a considerare il com­ ponimento come la prova di una fase di passaggio graduale tra il metro tra­ dizionale e quello nuovo. La compresenza delle due forme segna piuttosto un confronto con l'innovazione e semmai attesta per quell'epoca l'utilizzo dell'assonanza/ rima finale come elemento metrico-stilistico, il che è ovvia­ mente collegato con l 'esistenza di una tradizione poetica a rima finale (ivi, pp. 6 6-7). Ancora in un codice latino, un codice miscellaneo (ora conservato a Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 22053) proveniente dal monastero di Wessobrunn (Baviera), è contenuto un altro testo in volgare, anzi almeno due testi, noti come Inno alla creazione e Preghiera di Wessobrunn ( Wessobrunner Schopfungshymnus und Gebet) che documentano ulteriormente che la tradizione germanica e quella latino-cristiana non possono assolutamente considerarsi come due poli contrapposti, senza interrelazioni. I due testi, in un fascicolo (ff. 6sv-66r'H) comprendente brani su questioni di base concernenti soprattutto teologia, geografia e metrologia (cfr. Handschriftencensus, s.v. Clm 22053) sono stati redatti nell'area della diocesi di Augsburg (Augusta) non prima dell ' 814 (il fascicolo contiene, redatte dalla stessa mano, note sulla morte di Carlo Magno, avvenuta appunto nell' 814) e su base paleografica si può affermare che dipendono sicuramente da una fonte scritta (Bischoff, 19743, pp. 18-22). Le quattro righe in latino che seguono le due sezioni in volgare fanno parte integrante, sul piano sia grafico sia testuale, dell'insieme compositivo precedente, perciò vengono anche riprodotte qui di seguito:

s.s. L'Inno alla creazione e la Preghiera di Wessobrunn

130. "Questo sentii dire da uomini esperti e saggi': 131. "Il confine è incenerito, l'anima è oppressa': 132.. Cfr. anche vv. 18, 48, forse 99 e 100, Hellgardt (2.013a, p. 2.91). 133· Riproduzione digitale in https://www. literaturportal-bayern.de/blog?task=lpbblog.default &id= 12.92. (ultimo accesso febbraio 2.017).

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l testi di Wesso brunn

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

De poeta'H Dat *fregin ih mit flrahim fìriuuizzo meista, Dat ero ni uuas noh ufhimil, (3) noh paum noh pereg ni uuas, ni nohheinig noh sunna ni scein, noh mano ni liuhta, noh der março seo. (6) Do dar niuuiht ni uuas enteo ni uuenteo, 7 do uuas der eino almahtico cot, manno miltisto, 7 dar uuarun auh manake mit inan (9) coodihhe geista. 7 cot heilac'�S. Cot almahtico, du himil 7 erda *uuorahtos 7 du mannun so manac coot for*pi: forgip mir in dino ganada rehta galaupa 7 cotan uuilleon, uuist6m 7 spahida 7 craft, tiuflun za uuidarstantanne 7 are za piuuisanne 7 dinan uuilleon za * uurchanne '�6• Qui non uult peccata sua penitere ille uenit iterum ubi iam amplius illum non penitebunt·nec illorum se ultra erubescit'�7• L'Inno

n titolo De poeta, che nel ms. risulta ben distinto dal testo vero e proprio, è attualmente per lo più interpretato come citazione latinizzata dal versetto del Symbolum (Credo) niceno-costantinopolitano che allude al Dio creatore, "noLYJT�v ('poietèn') oùptXvoii 1eal yYj('38 (Huisman, 19 87, pp. 632-3), cui il compilatore potrebbe essere giunto attraverso glosse. n manoscritto non di­ stingue invece graficamente tra la composizione per la quale i moderni edito­ ri hanno individuato una struttura in versi allitteranti della tradizione germa­ nica (cfr. sopra, vv. 1-9) e quella in prosa: ali ' interno della undicesima riga del testo (dodicesima, comprendendo il titolo), senza soluzione di continuità, si passa alla parte ritenuta in prosa. Le righe latine sono invece grafìcamente separate da uno spazio e l' inizio è segnalato anche da una lettera iniziale. Le peculiarità grafiche più evidenti, vale a dire l'utilizzo della cosiddetta "runa 1�4. Per il testo cfr. Schlosser (1989, p. 18); ho tuttavia optato per mantenere due particolarità grafi­ che del manoscritto, cioè la "runa asterisco" * per ga- e la nota tironiana 7 per la congiunzione enti. 135. "Questo venni a sapere io tra gli uomini, la sapienza somma, l che non c'era terra, né cielo su in alto, l né c'era albero, né montagna, l né stella, né nulla, non brillava il sole l né luceva la luna né lo splendido mare. l Quando non c'era nulla, né fine né cambiamento, l e c'era il solo Dio onnipotente, l mitissimo con gli uomini, e con lui c'erano anche l spiriti divini. E santo Iddio". 1�6. "Dio onnipotente, tu che donasti agli uomini tanti beni, donami nella tua grazia giusta fede e buona volontà, saggezza e intelletto per resistere ai diavoli e rinunciare al male e per fare la tua volontà': 1�7. "Colui che non vuole pentirsi dei suoi peccati giunge là dove non si potrà più pentire e non potrà più vergognarsene� 1�8. Nella traduzione latinafactorem caeli et terrae, in quella italiana Creatore del cielo e della terra.

112

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Letteratura in antico a ltotedesco

asterisco" (Sternrune, cfr. Schwab, I973) 139 perga- e la nota tironiana 7 (utiliz­ zata in latino come abbreviazione per le congiunzioni et o vel) per enti, sono diffuse sia nella sezione in versi sia in quella in prosa. La sezione in versi si configura come un inno alla creazione, che mostra tratti riconducibili alla tradizione orale germanica, sia nell'uso dd metro allitterante (per la metrica cfr. il quadro ddle posizioni critiche in Hellgardt, 20I3b, pp. 5I4-5) sia ndla presenza di costruzioni formulari, a partire dali' incipit Dat *fregin ih 1 40, o manno miltisto (v. 8), con paralldi anglosassoni in Beowulf 3I8I (manno mildust, riferito a Beowulf) e in Esodo 550 (manna mildost, riferito a Mosè) 141• Ancora a una tradizione poetica remota rimanda il termine ujhimil (v. 2), perché la parola, dove l'usuale termine per cielo himil è preceduto dal prefisso uj in altotedesco antico è un hapax, con paralldismi però nella tradizione poetica ddl'antico inglese (cfr. upheofon, ad es. Andrea v. 799: Cristo III v. 968), as. (uphimil, Heliand v. 2886) e norrena (upphiminn) 141• li terminefirahim "uomini" (v. I) trova riscontro in aat. solo nelle altre due composizioni poetiche a versi allitteranti strettamente legate alla tradizione germanica, cioè Canto di Ildebrando (v. 10 fireo) e Muspilli (v. 56 v[i]r[i]ho ): i corradicali as.firihos, antico inglese firas e aisl.firar sono inoltre di esclusivo uso poetico (Tiefenbach, 2006, p. 5I4). La forma dat (vv. I -2), dove non mostra il passaggio a fricativa lsi in seguito alla mutazione consonantica altotedesca, normale in bavarese: la varietà cui vie­ ne ricondotto il testo può essere collegata alla ricerca di una dizione arcaica (in numerosi altri casi il fenomeno si nota, ad esempio solo al v. I ih efiriuuizzo ), come già i sassonismi dd Canto di Ildebrando (Haubrichs, I995\ p. 244). La struttura del mito della creazione ha notevoli parallelismi con altri brani cosmogonici della tradizione germanica, in particolare il canto eddico Voluspd (Profezia della veggente, cfr. oltre CAP. 6, PAR. 3.2 ), in cui ad esempio nella str. 3 del gigante Ymir si dice che esisteva già "al principio dei tempi� quando "non c'era mare né spiaggia né onde gelide l terra non si distingueva né cielo, in alto" (str. 3-I-3 143 - cfr. oltre CAP. 6, PAR. 3·4 -, 3.3: iorofannz aeva né upphi­ minn ) e in inglese antico l'Inno di Cedmon e il brano di Beowulfin cui è ri­ portato il canto del poeta di corte sulla creazione (vv. 9 2-9 8 ). Contrariamente a questi due testi, ndla composizione di Wessobrunn si rileva, tramite le ripe,

139. La runa *· di uso manoscritto oltre che epigrafico, è stata messa in relazione ( Schwab, 1973) con la serie del De inventione litterarum; viene considerato l'unico caso di legatura sillabica (Binderune) (X 'gebo/gyfu' g + l 'isaz/is' i). In genere * sta perii prefissoga- nei verbi; in un caso ( sezione in prosa, for*pi 'donasti', prima pers. sg. pret. del vb.forgeban "donare•) è impiegato perga in sillaba radicale. 140. Per formule incentrate su aingl.fr4gn/fricgean, cfr. Pàroli (197 s. pp. 168-9 ) ; per paralleli nella tradizione inglese e sassone cfr. Tiefenbach (2.006, pp. 513-4). 141. Per il predicato mildost riferito a Mosè cfr. anche Num. 1 2.,3 erat enim Moses vir mitissimus. 142.. Sia in antico inglese sia in antico sassone sono da rilevare attestazioni di upheofon (aingl. ) / uphimil ( as.) che allitterano con il termine per "terra•, come nell'attestazione di Wessobrunn ( per una sintesi cfr. Tiefenbach, 2.006, p. 514). 143. La traduzione è quella di Scardigli e Meli, in Scardigli ( 1982., p. s). 113

Pa rallelismi

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

La Preghiera

tute negazioni ni e noh, la creazione ex nihilo da parte di Dio, che fa pensare a una rilettura cristiana, fondata in particolare su fonti veterotestamentarie (cfr. Gn 1,2; Sal 89.2; Prv 8,22-29, cfr. Haubrichs, 1995\ p. 244). La sezione in prosa, corrispondente alla vera e propria Preghiera, è in prosa ritmica, che richiama la retorica delle orazioni latine, presente anche in ver­ sioni in volgare, come la Preghierafrancone (Frankisches Gebet). È evidente la ricerca di un legame con la parte precedente creato variando formulazioni precedenti (v. 7 almahtico cot > prosa cot almahtigo; v. 8 manno miltisto > pro­ sa du mannun so manac cootforgapi) (Hellgardt, 2013b, p. 512) e, in particolare, riucilizzando le stesse allitterazioni (v. 7 cot; v. 9 cootlihhe - geista - cot; prosa cot - gauuorahtos - coot - forgapi - ganada - galaupa - cotan - craft gauurchanne; v. 8 mahtico - manno - miltisto - manake; prosa almahtico mannun - manac) (cfr. Haubrichs, 1995\ p. 245). Seguendo una proposta già di Kartschoke (1975, p. 154), la parte in versi è da considerare citazione di una più lunga composizione poetica sulla creazione, ampiamente nota e tràdita oralmente, riportata qui solo in parte, prima del­ la preghiera, affinché fosse richiamata alla memoria. n testo poetico doveva fungere da exemplum della potenza divina, che nella vera e propria preghiera si chiede venga replicata: come Dio in passato aveva concesso agli uomini i doni elencati nella sezione in versi (richiamati nella prosa con du mannun so manac cootforgapi), si chiede ora l'attualizzazione (jòrgip, al presente) di quell'evento portentoso, cioè la concessione dei doni richiesti (cfr. anche Schwab, 2003, p. 365). Le successive righe latine mettono l' insieme compositivo (inno in versi + preghiera in prosa) in chiara relazione con penitenza e confessione (peccata, penitere, penitebunt, erubescit), così che l' intera recitazione può spiegarsi co­ me rituale di accompagnamento alla confessione (Hellgardt, 2013b, p. 513). Il complesso insieme testuale noto come Inno alla creazione e Preghiera di Wes­ sobrunn non mostra soltanto l' interrelazione tra volgare e latino, ma anche l' intreccio di tradizione germanica e cristiana. In esso il testo poetico, che pre­ senta evidenti tracce pre-cristiane di composizione orale, è rifunzionalizzato ali ' interno di un rituale cristiano, tramite l'aggiunta della preghiera. È possibi­ le giungere a tali conclusioni perché l'insieme è inserito in un codice altrimen­ ti solo latino, ma soprattutto perché i due paratesti latini dell' insieme, il titolo De poeta e le righe finali su penitenza e confessione forniscono fondamentali informazioni per una piena comprensione dei testi racchiusi tra di loro. 6.

Forme se mplici

Forme semplici e generi bassi

Il concetto di 'forme semplici' (einfache Formen) fu introdotto nel 1930 da AndréJolles (19 583), che sotto questo termine comprendeva una serie di for­ me pre-letterarie (leggenda, mito, indovinello, sentenza, caso, memorabile, fiaba, motto di spirito), dunque di matrice orale, diffuse nella cultura popo114

2.

Letteratura in antico a ltotedesco

lare e caratterizzate sia da brevità sia da semplicità strutturale. Malgrado le critiche e le integrazioni cui la proposta di Jolles è stata via via sottoposta (Petzoldt, 1989), continua a essere utile (cfr. Reichl, 2012b, p. 33) parlare di forme semplici per testi legati al folklore, la cui composizione si è andata sedimentando e tramandando negli anni, senza che in genere vi si possa ri­ conoscere una individualità artistica. Per le letterature germaniche, a livello formale il concetto di 'forme sempli­ ci' si intreccia con quello di 'generi bassi' (niedere Gattungen) di Heusler (1923), in cui ricadono poesia rituale, incantesimi, proverbi ( in versi), poesia gnomica e brevi liriche: nel sistema di Heusler questi si oppongono ai 'generi alti' (hohere Gattungen) del carme epico ed encomiastico. L'elaborazione dei testi da annoverare tra i generi bassi, al contrario di quel­ la dei generi alti, non inizia secondo Heusler in una particolare fase storica (quella delle migrazioni), non è legata ali' affermazione di una specifica forma sociale, guidata da nobili guerrieri, né è riconducibile a un autore individuale, il poeta di corte (Hofdichter). L'affidamento di esempi di tali forme semplici alla scrittura nella fase antica va spesso ricondotto a interesse antiquario, come nel caso del cosiddetto Abe­ cedarium Nord{mannicum), probabilmente redatto dall'abate del monastero di Reichenau Valafrido Strabone (Bischoff, 1981, p. 86), e ora a San Gallo, purtroppo assai danneggiato dai reagenti usati nell'Ottocent0 144• li testo è l 'ultimo di una serie incentrata su diversi sistemi di scrittura ed è preceduto da un prospetto dedicato ali' alfabeto ebraico, da uno che illustra quello greco e uno che registra la serie runica anglosassone (jùporc). Anche questa compo­ sizione presenta una serie runica, però solo in questo caso, oltre ad abbinare via via ai caratteri elencati (in questo caso rune) il rispettivo nome in caratte­ ri latini, secondo il modello precedentemente usato, ogni nome di runa è accompagnato da un termine allitterante, così che l' insieme di parole va a comporre un vero e proprio poemetto (per questo il testo viene annoverato tra i poemetti runici). È opportuno ricordare inoltre che le rune seguono il principio acrofonico, cioè il loro nome corrisponde a un oggetto o entità il cui suono iniziale corrisponde al suono rappresentato, il che implica che i nomi abbiano sempre un significato preciso : F feu forman n ur after l � thuris thrit[c] en � os ist imo R rat end

stabu l oboro l os uuritan

r chaon rhanne * hagal i- nau [r J haber 1 1 is -t ar � endi so [ 1 J

diuet/ cliuot

144. Cfr. la riproduzione e ulteriori notizie codicologiche in St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. S7S, p. 32.1 - Vademecum des Walahfrid Strabo, http:/ /www.e-codices.unifr.ch/ de/csg/o878/ 32.1/o/Sequence-699 (ultimo accesso febbraio 2.017 ).

115

Generi bassi

Abecedarium Nord(mannicum)

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

1 [tiu] � brica ? endi man r lagu the leohto l � yr al bihabet'45

midi

La serie runica corrisponde alfupark serio re danese a I 6 segni (cfr. Battaglia, 2013, pp. 226-31), così come ad esempio è inciso sulle pietre di G0rlev e Male (Birkmann, 2004, p. 221). All'area nordica rimandano anche tratti fonetici (come la caduta dell 'approssimante palatale prevocalica in ar "anno"), mor­ fologici (conservazione del morfema di no m. sg. r in yr "tasso") e lessicali (sol "sole"); probabilmente la breve composizione, a carattere mnemotecni­ co, ha poi raggiunto l'area bassotedesca, dove il testo ha assunto alcuni tratti sasson i (come il determinante the in lagu the leohto ), per poi giungere in area altotedesca, le cui tracce linguistiche si notano ad esempio nella fricativa ini­ ziale di chaon, esito della mutazione consonantica altotedesca. Nel paragrafo 5.2 era stato sottolineato l 'uso di una formula proverbiale da parte di Adubrando nel Canto di Ildebrando. Ulteriori attestazioni della "for­ ma semplice" del proverbio o della sentenza '46 sono state rinvenute nelle ope­ re di Notker, sia in volgare sia in latino; vi sono infatti state identifìcate diver­ se sequenze formulaiche che, richiamando espressioni note ai suoi allievi, destinatari degli scritti, dovevano essere funzionali ali' insegnamento e a cui doveva essere stata attribuita una funzione retorico-didattica (cfr. Filatkina et al, 20 09). Un esempio di proverbio inserito da Notker in un testo è nella sua traduzione commentata di Marziano Capella (1.36, cfr. Sonderegger, 2013a, p. I I 7 ) : -

Prove rbi

-

Onde Imo gefdllet tdz er héize comedens. uudnda tempusfrizet dl ddz E si addice a lui chiamarsi comedens [divorante] , perché il tempo mangia tutto ciò tir fst. Fon e dfu chit iz in bfuurte. alter dlgenfmet. che è. Perciò dice il proverbio: la vecchiaia porta via tutto. 14S· Per l'edizione cfr. Birkmann ( 1004, p. 110 ) : « Ho scritto per primojèu ("ricchezza/bestia­ me"), ur ("uro") di seguito; thuris ("gigante/demone") con il terzo carattere; os ("ase/estuario") segue questo, rat ("cavalcata/consiglio/ruota") (è) invece scritto; ll chaon ("dolore") si unisce poi, hagal ("grandine") ha con sé nau[t] "bisogno/angustia", is ("ghiaccio/(buon) anno/fertili­ tà") e so[ l] "sole" l l [tiu] Tiw? Tyr?, brica ("betulla") e man ("uomo") nel gruppo, /agu the leohto ("mare/acqua la chiara"),yr (''tasso") chiude tuttO». Per la traduzione mi sono fondamentalmente basata su Battaglia ( 1013, p. 143), riportando però sempre l'originale del nome, con relativa tradu­ zione tra doppi apici. 146. Nella presente trattazione non si differenzierà tra proverbio e sentenza, anche perché il confine tra 'proverbio' e 'sentenza' (e anche 'modo di dire', 'espressione idiomatica', 'massima') non è netto. La letteratura a riguardo è non di rado contraddittoria: cfr. Soletti (1011 ) , che seguendo Lausberg (1949) vede nel proverbio come una sottospecie di sentenza, mentre Engels ( 1007, coli. 848-9) sot­ tolinea, da una parte, che la sentenza (come l'aforisma) è in genere riconducibile a un autore storico, mentre il proverbio è più sedimentazione di cultura popolare; dall'altra, nota che la sentenza ha per lo più carattere protrettico/esortativo e precettivo, mentre il proverbio più di commento.

116

2.

Letteratura in antico a ltotedesco

La forma proverbiale, che sintetizza quanto appena detto a proposito di Saturno, è introdotta da un'espressione metalinguistica, in biuurte (dove biuurte è calco strutturale del lat. prouerbium); la presenza dell 'all itterazio­ ne in al (dlter digenimet) ha fatto pensare all'impiego di un'antica formula gnomica germanica (Burger, Buhofer, Sialm, 19 82, p. 349). In effetti, non è facile discriminare se le 12 forme proverbiali identificate nell'opera di Notker, molte precedute proprio da biuurte (cfr. ibid. ), siano da ricondurre a fonti classiche (che in volgare sarebbero dunque traduzioni di Notker), se siano delle formulazioni ad hoc, o se siano da ricondurre alla tradizione germanica (Sonderegger, 2013a, p. n6). I proverbi attestati in Notker valgono tuttavia come un primo esempio per la fortuna che il genere avrà nella retorica medio­ evale, dove per altro si può constatare che il concetto di 'gnome ', 'sententia', 'prouerbium' e altre formi brevi sono intercambiabili (Engels, 2007, col. 859 ).

È possibile seguire l' intreccio tra oralità e scrittura e tra relitti di paganesimo e Cristianesimo nei cosiddetti incantesimi (t ed. Zau­ berspruche, ingl. charms ), di cui sono pervenute diverse attestazioni che ne documentano l'uso come pratica di medicina, sia umana sia veterinaria, nella fattispecie ippiatrica, elemento che conferma la rilevanza del cavallo nel mondo medioevale (cfr. Riecke, 2004, pp. no-1). Come genere testuale essi sono particolarmente legati all'oralità, perché si fondano sulla potenza della parola, in quanto la guarigione è affidata al proferimento di una particolare formula, sovente introdotta da un verbo performativo ( ivi, p. 106). Tra gli esempi più significativi sono i due incantesimi di Merseburgo (Merse­ burg, Domstiftsbibliothek, Cod. I, 13 6, f. 84 r), di cui si riporta di seguito il testo, a sinistra come appare nel manoscritto (cfr. Battaglia, 2008, p. 218), a destra secondo l'edizione di Steinmeyer (1916, p. 365): 6.1. G li incantesi mi

Eiris sazun idisi sazun hera duoder suma hapt heptidun sumaherilezidun suma clu bodun umbicunio uuidi insprinc hapt bandum inuaruigandun .H. Phol ende uuodan uuorun ziholza duuuart demobalderes uolon sinuoz birekict

Eiris sazun idisi sazun hera duoder suma hapt heptidun suma heri lezidun suma clubodun umbi cuniouuidi. Insprinc haptbandum inuar uigandun '47• Phoi ende Uuodan uuorun zi holza,

du uuart demo balderes uolon sin uoz birekict thubiguolen sinhtgunt. sunnaerasuister thu biguol en Sinhtgunt, Sunna era suister, thu biguol en Friia, Uolla era suister, thubiguolen friia uolla erasuister thu biguolen uuodan sohe uuola conda thu biguol en Uuodan so he uuola conda

147. "Si posarono una volta le Idisi, si posarono qui e là, alcune allacciavano vincoli, certe tratte­ nevano la schiera, altre scioglievano catene; liberati dai lacci, fuggi dai nemici" (Battaglia, 1008, p. 118, nota 19 ).

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Incantesimi, scongi uri, bened izioni

I ncantesimi di Merseburgo

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

sose benrenki sose bluotrenki soselidi renki ben zibena bluot zibluoda lid zigeliden sosegelimida sin.

Pri mo i ncantesi mo di Merseb u rgo

Secondo incantesimo di Merseburgo

sose benrenki sose bluotrenki sose lidi­ renki, ben zi bena, bluot zi bluoda, lid zi ge­ liden, so se gelimida sin '48•

I due incantesimi erano stati apposti nel sec. x sul foglio di guardia di un sacra­ mentario del sec. IX, il cui primo quaternione è stato poi rilegato in un codice liturgico miscellaneo che, eccetto per questi due testi e per un frammento di preghiera ali ' interno del codice originario, è in latino. Gli incantesimi stessi sono seguiti da una preghiera in latino in lode all'onnipotenza di Dio padre, secondo un modulo di ampia diffusione, dove la preghiera finale (per lo più uno o più Pater) da una parte serve a garantire la legittimità del testo magico, dall'altra è parte integrante del testo stesso (Murdoch, 19 91, spec. pp. 17-20 ). li primo incantesimo (r. 1-5 ) , che si puÒ organizzare in tre versi lunghi allitte­ ranti, vede delle Idisi'49, da intendere come divinità femminili benefiche, su cui probabilmente si è già sovrapposto il culto mariano, che aiutano dei pri­ gionieri a liberarsi da lacci - negli studi più recenti (cfr. Riecke, 2012 ) la nar­ razione è letta come un'allegoria della guarigione dall'epilessia. Già in questo primo documento si può notare la struttura tipica degli incantesimi cui è soggiacente una struttura in versi e l 'uso di una lingua 'poetica' 'so, cioè con un particolare accento sul messaggio stesso rispetto alla comunicazione, così che risultano di particolare rilevanza le relazioni 'estetiche' tra le parole, fon­ date in particolare sull'equivalenza. Anche la forza guaritrice dell'incantesi­ mo è basata sull 'equivalenza, quella che viene stabilita tra l'avvenimento nar­ rato (e proferito), che presenta una complicazione risolta con esito positivo, e l'attuale situazione, per cui si invoca un analogo esito, corrispondente alla guarigione (Riecke, 2004, pp. 107-8). Analogamente, il secondo documento si può ascrivere agli 'incantesimi poe­ tici' e ha una struttura simile, sebbene più complessa: sono presentati il dio Wodan e un non meglio identificato Phol, che cavalcano nel bosco. La com­ plicazione è rappresentata dalla slogatura di una zampa del cavallo di Phol: 148. "Phol e Uuodan cavalcavano nel bosco: si slogò la zampa del cavallo [ . .. ] Allora cantò Sinthgunt (e sua sorella Sunna), poi cantò Friia (e sua sorella Volla), poi cantò Uuodan, come egli ben sapeva, per la rottura di osso, per la rottura con sangue, per la rottura di membra, osso con osso, sangue con sangue, membra con membra siano così riuniti" (ibid ). 149. ll termine è evidentemente da collegare alla forma aat. itis, attestata in Otfrid come appellati­ vo di Maria nell'episodio dell'Annunciazione (r.s.6), con as. idisi (pl.), usato nel Heliand per le Tre Marie (v. 5784) e con aingl. ides, ampiamente attestato, nella poesia biblico-cristiana (Eva, Sara e Hagar, Giuditta e anche Elena) e all'interno del Beowu!f. dove designa nobili degne di ammirazio­ ne, come Wealhtheow e Hildeburh, ma anche donne meno esemplari, come Hygd, o perfino un essere femminile con tratti mostruosi e disumani come la madre di Grendel (ivi, p. 2.2.2.). 150. Si fa riferimento alla funzione poetica del linguaggio come è stata delineata da Jakobson (2.002.\ p. 189), caratterizzata da « valorizzazione degli strumenti significanti, della forma (foneti­ ca, sintattica, ecc.) delle parole e del discorso» (Coletti, 2.010 ).

118

2.

Letteratura in antico a ltotedesco

sono poi nominate diverse donne (per quanto a oggi non sia ancora risolta la questione se si tratti di quattro diverse persone o di due, ognuna delle quali citata per nome e precisata da un'apposizione) che proferiscono l'incantesi­ mo (biguol), ripetuto poi anche da Wodan; il testo si conclude con la citazio­ ne della formula magica stessa. n processo di guarigione invocato per analo­ gia riguarderebbe dunque la zampa slogata di un cavallo. In questo secondo testo è ancora più evidente la concentrazione linguistica, che assolve a una funzione poetica, ma che è legata anche alla forza guaritrice. Il principio di equivalenza si nota nella costruzione testuale, in particolare nella presenza dell'allitterazione, nei parallelismi morfologici (sose benrenki sose bluotrenki sose lidirenki; ben zi bena, bluot zi bluoda, lid zi geliden) e sin­ tattici (anafora di thu biguol, ripetizione della struttura x era suister). Questi elementi, insieme all 'isosincronia ritmica e all'utilizzo di un lessico arcaico, cui va ascritta anche la menzione dell'antico dio, nonché il verbo performa­ tivo biga/an (nella forma al preterito, terza pers. sg. biguol), se oggi contribu­ iscono al valore estetico 1s1 del testo, all'epoca ne costituivano l'efficacia come mezzo di guarigione (ivi, p. 109 ). Bisogna tuttavia sottolineare una differenza di base tra testi poetici e incantesimi, perché in questi ultimi la funzione poe­ tica è secondaria rispetto all'obiettivo primario, che è quello di risanare. In altri incantesimi 'poetici' si rinviene la medesima struttura, però già totalmente cristianizzata, dove le figure mitologiche sono sostituite da personaggi della religione cristiana, come nel Secondo incantesimo di Treviri per i cavalli, che presenta lo schema strutturale di questo di Merseburgo, ma dove alle figure mitologiche germaniche sono subentrati Krist endi sancte Stephan. Si arriva anche al richiamo di scene prettamente cristiane, come quella in cui Longino trafigge il fianco di Cristo, evocata per fermare le emorragie, ad esempio la cosiddetta Longinus Blutsegen ("Benedizione di Longino contro l'emorragia") o laAbdinghojèr Blutsegen ("Benedizione di Abdinghof contro l 'emorragià'). 7.

Linee di sviluppo della prosa

Come ricorda Stefan Sonderegger (20 033, p. 229 ), ciò che rende affascinante la tradizione letteraria altotedesca antica non è né la quantità né (a parte rare eccezioni) la qualità, bensì la varietà dei generi letterari e delle loro diverse realizzazioni. Malgrado si continui a parlare di 'lacuna ottoniana', in realtà dall'epoca carolingia a oggi non c'è una vera e propria interruzione nella tra­ smissione poetico-letteraria tedesca. Da sottolineare sono inoltre le diverse strutture metriche via via adoperate, dalla fedeltà alla tradizione germanica, 151. Non a caso il poeta Christian Lehnert, librettista dell'opera Phaedra (2.007) di Hans Werner Henze, riprende la formula finale quando fa dire ad Artemide che cerca di ricomporre le membra di Ippolito Wie die Beinrenke so die Blutrenke, l so die Gliedrenke: Bein zu Beine, Blut zu Blut, l Glied zu Gliedem, als ob sie aneinandergeleimt seien.

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I nflusso cristiano

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

Valore della prosa

alle sperimentazioni con le nuove possibilità offerte dalla rima finale, con numerose attestazioni di forme intermedie o miste, in cui alcune parole non allitterano più secondo modelli regolari, ma si intrecciano anche con asso­ nanze e rime finali (Muspilli, incantesimi ecc.). Più diffìcile è tracciare un profilo dello sviluppo letterario della prosa, an­ che perché in questo caso molti testi non hanno alcuna pretesa artistica e si configurano come 'traduzioni di lavoro' di testi latini (valga in ciò il caso esemplare della traduzione interlineare del Taziano, nonché dei numerosi testi a uso catechetico ) . Tuttavia, nelle versioni di testi poetici elaborate da Notker1s\ considerato un caso esemplare di autore con una notevole sensi­ bilità linguistica, sono stati rilevati diversi tratti che testimoniano una ricer­ ca in senso artistico-ritmico, come emerge anche dal passo seguente del De consolatione philosophiae (per l'analisi cfr. ivi, pp. 234-s ): Postquam treicius uates quondam gemens Junera coniugis . coegeratjlebilibus modis . mobiles siluas currere . amnes stare1n. Tò fu orpheus musicus . f6ne tracia . sinero chémin dòd chlagonde mit chareléichen . ketéta den uuald kan . unde die aha ge­ stan 1s.... lunxitque cerua intrepidum latus leonibus . nec lepus timuit uisum canem . iam cantu placidum1ss. Unde diu hinda baldo gieng mit tien léuuon . n6h haso hunt nef6rhta . sdlle uu6rtenen f6ne sange1S6 (Notker, in Tax, 1988, pp. 179-8 0 ).

Se ad esempio in sinero chénun dod chldgonde mit chdreléichen è evidente la ricerca di un modulo allitterante (eh) con chiari echi della tradizione ger­ manica, il passo immediatamente successivo ketéta den uudld kan . unde die dha gestan mostra invece un'assonanza in an che ricorda piuttosto il verso otfridiano. Ancora, l'allitterazione in h ha un notevole ruolo nella coesione ritmica, ma anche nella messa in rilievo degli elementi principali, nel passo Onde diu binda baldo gteng mit tien léuuon . noh baso hunt neforhta. 1s2.. Sonderegger (2.0031, p. 2.3s) ricorda che Johannes Gottfried Herder, dopo la lettura della ver­ sione del Salterio di Notker, nel suo Andenken an einige altere Deutsche Dichter (1793) ebbe a dire: Vzele von Notkers Psalmen sind selbst in der Prose Poesie ("Molti dei salmi notkeriani sono poesia seppure in prosa"). 153. L'originale di Boezio, in esametri, è Quondamfunera coniugis l T'ates Tbreicius gemens l Post­ quamjlebilibus modis l Si/vas currere, mobiles l Amnes stare coegerat (Boezio in Gigon, Gegenschatz, 6 2.002. , p. 160 ), "Allorché il tracio vate piangeva la morte della moglie, con il suo canto lamentevole scuoteva le selve, che correvano dietro di lui fermava i rapidi fìumt (trad. Rapisarda, 1960, p. 78). IS4· "Quando, allora, il cantore Orfeo, di Tracia, piangeva la morte della moglie con canti funebri, faceva camminare il bosco e fermare i fiumi': ISS· Originale di Boezio: /unxitque intrepidum latus l Saevis cerva leonibus, l Nec visum timeut le­ pus l /am cantu placidum canem (Gigon, Gegenschatz, 2.002.6, p. r6o ) ; "La cerva congiunse il fianco, divenuto intrepido, col feroce leone, e le lepri non ebbero paura dei cani divenuti a quel canto, man­ sueti" (trad. Rapisarda, 1960, p. 78). 156. "E la cerbiatta andò coraggiosa con il leone e la lepre non temeva il cane, divenuto mite col canto':

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2.

Letteratura in antico a ltotedesco

Già nel corso della fase antica si può notare lo sviluppo di una prosa giuridica, che va oltre le glosse tràdite in modo frammentario nelle diverse Leges (bar­ barorum), caratterizzate da una lingua mista (Mischsprache) latino-tedesco, per andare piuttosto a costituire l' inizio di una tradizione di prosa specialisti­ ca in volgare. Si ricordano qui i frammenti di una traduzione della cosiddetta Legge salica emendata 1s7, i Giuramenti di Strasburgo dell'842, le descrizioni dei confini (althochdeutsche Markbeschreibungen) risalenti ai secc. IX e x-xi e infine una traduzione interlineare nel Capitolare di Treviri (sec. x ) 1s8• Bisogna tuttavia riconoscere che questi testi giuridici per più di un verso mo­ strano ancora diversi tratti del parlato - non un parlato colloquiale, ma anzi un registro di oralità che a questo si oppone, «una oralità formalizzata che in certe fasi storiche e in certi aspetti rituali o arcaici della cultura (oratoria, liturgia, proverbi, scongiuri, fiabe, teatro folclorico ecc.) assolve compiti della lingua scritta » (Nencioni, 1983, p. 127 ). I Giuramenti di Strasburgo sono inseriti in un'opera cronachistica latina di un consigliere di Carlo il Calvo, Nitardo (t 845: Historiarum libri IV, l. III.v, MGH-SS I I I : 6ss), in cui si riporta come il 14 febbraio 842, a Strasburgo, si fossero incontrati i fratelli Carlo (il Calvo) e Ludovico (il Germanico) e da­ vanti al loro seguito si fossero giurati fedeltà e sostegno reciproco contro il terzo fratello Lotario. Nitardo specifica: Lodhuwicus romana, Karolus vero teudisca lingua iuraverunt 1 s9 e poco dopo precisa che Ludovico arringa il suo seguito in volgare tedesco, Carlo in volgare romanzo; è evidente che la neces­ sità di usare le due varietà nasce dall'esistenza di un confine linguistico ro­ manzo-germanico tra le parti occidentale e orientale dell' Impero carolingio, così che se Carlo, re dei Franchi occidentali, vuole essere capito dal suo segui­ to, dovrà parlare una varietà romanza, mentre Ludovico, re dei Franchi orien­ tali, dovrà farlo in una varietà tedesca. Nitardo riporta le arringhe di Ludovi­ co e Carlo con una parafrasi in latino, seguendo l 'uso consueto anche in altre cronache, però quando arriva ai giuramenti veri e propri opta per renderli in una forma che trasmetta non solo il senso, ma anche il suono, e quindi la differenza tra le due varietà, cioè (citando i due incipit): Pro Deo amur etpro christian poblo et nostro commun salvament... 160 e In Godes minna ind in thes 15 7· La versione in latino, con glosse in volgare, della Legge salica fu originariamente fatta mette­ re per iscritto dal merovingio Clodoveo I intorno al 510 (per la traduzione frammentaria in aat. cfr. Simone, 1991). L'interesse di Carlo Magno per il diritto e anche la sua preoccupazione per una certa omogeneità delle raccolte legislative all'interno del regno si notano in particolare nelle diverse integrazioni alle Leges ( Capitula legibus addenda), nella redazione di un corpus giuridi­ co che raccoglie le leggi dei popoli conquistati, vale a dire quelle bassotedesche (Niederdeutsche Stammesrechte) e frisoni (Lex Frisionum ), e nella revisione della Legge salica (Lex emendata), cfr. Schmidt-Wiegand (1978, p. 189 ) . 158. Per un trattamento dettagliato di questi testi in italiano cfr. Handl ( 1001", pp. 87-93). 159. "Ludovico giurò in volgare romanzo, ma Carlo in volgare tedesco". 160. "Per amore di Dio e per il popolo cristiano e per la nostra salvezza':

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Prosa gi uridica

l Giuramenti

di Strasburgo

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

Lex salica

christian esfolches ind unser bedhero gealtnissi... 161 • I giuramenti dei due sovra­ ni, come i due successivi di entrambi i seguiti, sono dunque scritti nei due volgari, tedesco (nella varietà franco ne) e francese. Probabilmente il motivo che ha indotto Nitardo a trascrivere i giuramenti - e soltanto quelli - nei due volgari è da ricercare nel valore pragmatico dell'atto del giurare, legato ap­ punto al proferimento di una formula e dunque non solo al contenuto, ma anche alla forma. I Giuramenti vanno dunque nella tradizione dell'oralità ri­ portata; in questo caso è evidente come anche all 'interno dell'oralità ci siano diversi registri, qui di una oralità 'ufficiale', con toni anche solenni (Banniard, 2003), un esempio di sermo altus, volgare e parlato. La rilevanza dei Giura­ menti di Strasburgo è anche nel documentare che oramai nell'agire politico i potenti non parlano più latino, bensì volgare. n latino è riservato semmai alla scrittura (Selig, 2on, p. 274). Ancora ali 'oralità rimanda la traduzione della Legge salica, in cui è utilizzata una punteggiatura che delimita chiaramente le unità espressive; rispetto all'originale latino risultano omesse le parti che, con specificazioni tramite aggettivi e pronomi, contribuivano a una resa più puntuale della situazione giuridica in questione. Per queste caratteristiche il testo in volgare sembra dunque destinato a una lettura pubblica a voce alta: perciò questo si sarebbe preferito un ductus più semplice e facilmente comprensibile rispetto al più preciso, ma più complesso, originale latino (Sonderegger, 19 64, pp. n6-9). Confrontando la terminologia giuridica della traduzione (secondo quarto del sec. IX ) con i termini presenti nella lingua mista dell'originale risalente all'epoca merovingia, e anche nelle coeve glosse malbergiche •61, si notano al­ cune significative variazioni. Queste inducono a pensare come per un'ampia diffusione e comprensione del testo nel sec. IX fosse necessaria non solo la traduzione dal latino al volgare tedesco, ma anche la sostituzione di alcuni termini germanici oramai obsoleti, come ad mallum 'in tribunale, in giudizio' reso con zi oinge (Schmidt-Wiegand, 1978, p. 199 ). La resa sohverso an/Jram losii beliuget (LXVII "chi calunnia un altro con leggerezza") per de eo qui alte­ rum hereburgium clamaverit ("di chi abbia chiamato un altro hereburgium" 1 63) testimonia una tendenza verso una maggiore generalizzazione del caso giuri­ dico (e quindi una evoluzione in senso più moderno), sganciandolo da un ancoraggio situazionale troppo specifico come quell 'insulto preciso, che for­ se già nel sec. IX non era più chiaro come tale. 161. "Per amore di Dio e per il popolo cristiano e per la salvezza di noi due". 161. Si tratta di termini del volgare tedesco, adattati alla morfologia latina (ma per lo più non alla sintassi della frase), preceduti dalla locuzione ma/b. o maL per mallobergo/mallobergus "tribunale, causa" (per la polisemia del lessema cfr. Schmidt-Wiegand, 1989, p. 163), inseriti nel testo latino della versione più antica della Legge salica come glossatura e chiarimento di elementi specifici del diritto germanico, per i quali il latino non aveva equivalenti precisi. 163. Cioè "figlio di strega", sulla cui interpretazione cfr. Seebold (1011, pp. 336-40 ).

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2.

Letteratura in antico a ltotedesco

Ancora alla fase antica risale l' inizio della tradizione tedesca del Fisiologo, un'opera originariamente redatta in greco (q>vO"LoÀ6yoç, let t. "il naturalista"), probabilmente ad Alessandria d' Egitto tra i secc. n e IV e ampiamente diffusasi nelle comunità cristiane del bacino del Mediterraneo, dell 'Africa, del Vicino Oriente e poi in Europa. Il Fisiologo integrava descrizioni di animali (anche mitici, ma ali 'epoca ritenuti reali, come la fenice), piante e pietre con la trattazione del loro significato simbolico e allegorico in chiave cristiana, che ben si confaceva ai rimandi di significazioni multiple dell'esegesi medioevale (cfr. sopra, riquadro 1). In area germanica (cfr. Henkel, 1976: Dolcetti Corazza, 19 92) la tradizione si tramanda sulla base di versioni lati­ ne. La versione altotedesca antica, detta Alterer Physiologus ("Fisiologo se­ riore"), che è stata redatta nella seconda metà sec. XI in area alemanna, pre­ sumibilmente al confine con l'area francone (Steinmeyer, 1916, p. 134), è conservata in un fascicolo di un codice miscellaneo (Vienna, Ùsterreichi­ sche Nationalbibliothek, Cod. 223, parte 2, ff. 31r-33r) in origine rilegato separatamente e contenente anche un glossario biblico e glosse miscellanee, diverse delle quali in volgare; il testo del Fisiologo deve essere stato apposto alla fine, come riempitivo (Henkel, 1976, pp. 6o, 6s). La versione latina di partenza corrisponde ai cosiddetti Dieta Chrysostomi, dal titolo sotto cui era nota nel Medioevo, Dieta ]ohannis Chrysostomi de naturis bestiarum ("Detti di Giovanni Crisostomo sulla natura degli animali"), che era quindi già una versione limitata agli animali. Confronto a questa, il Fisiologo in al­ totedesco antico è ulteriormente ridotto, perché oltre a trattare solo 12 ani­ mali (il testo si interrompe alla fine del fascicolo nel corso del capitolo sulla lucertola) rispetto ai 27 della fonte, le descrizioni dei singoli animali risulta­ no molto abbreviate rispetto ai Dieta, prediligendo le informazioni 'natura­ listiche' e allegoriche, per invece sintetizzare molto o anche eliminare del tutto quelle legate a questioni di esegesi biblica o di retorica. È stata perciò avanzata l'ipotesi (Dolcetti Corazza, 1992, p. 163) che il Fisiologo altotede­ sco antico sia stato redatto da persone che ben conoscevano il testo latino, con l' intento di allestire una versione funzionale ali 'utilizzo nell'ambito catechetico, visto che proprio l' incipit recita [H]ier begin ih einna reda um­ be diu tier, uuaz siu gesliho bezehinen 164 , vale a dire con un esplicito accento sul sensus spiritalis. Non sembra che questa versione abbia avuto una particolare diffusione (non ne sono note altre copie): malgrado ciò, è in ogni caso significativa la messa per iscritto della versione in volgare, perché fornisce un'ulteriore conferma dell'urgenza a trasferire in volgare testi latini. Se questo poteva comportare da una parte un abbassamento di registro, dali ' altra si ripercuoteva verosi­ milmente in allargamento del bacino di fruizione. 164. "Inizio qui un racconto sugli animali, su ciò che simboleggiano spiritualmente" (testo ted. e trad. in Dolcetti Corazza, 1992., pp. 166-7).

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3 La letteratura anglosassone di Marusca Francini

1.

Introduzione

li cosiddetto 'Periodo anglosassone' della letteratura inglese ha inizio dopo Periodizzazione circa due secoli e mezzo dal processo migrato rio di etnie germaniche• verso la ex Britannia romana (iniziato dal sec. v), con la successiva stabilizzazione politico-amministrativa e religiosa, per giungere fino alla battaglia di Hastings (14 ottobre 106 6). Dopo tale data, le nuove élite politiche e militari di lingua d' oil provenienti dalla Normandia e dalla Francia settentrionale imposero allora il francese e il latino come lingue del potere e della cultura, benché testi in antico inglese continuassero a essere copiati ancora per un secolo e mezzo. L'Alto Medioevo europeo è caratterizzato dalla nascita lenta e progressiva delle letterature in volgare, nelle quali pur faticosamente trovarono spazio anche frammenti di tradizioni eroiche pre-cristiane, tramandate oralmente e promosse per fini ideologici soprattutto tra le aristocrazie militari al pote­ re. Quelle antiche tradizioni orali, basate su un repertorio di leggende e su scambi intensivi tra gruppi nobiliari interetnici, vennero in contatto con la cultura cristiana erede delle tecniche letterarie della civiltà classica e tardoan­ tica: dall'incontro di questi due flloni culturali scaturì un prezioso quanto diseguale patrimonio documentario, frutto di adattamenti e trasformazioni di temi e tradizioni di origine composita. La produzione scritta in volgare nell' Inghilterra anglosassone è caratterizzata Uso del volgare da precocità e ampiezza, giacché l' impiego dell'antico inglese sembra avere in I ngh ilterra inizio con le leggi di .JEthelbert all' inizio del sec. VII. Uno spiccato interesse verso il volgare è dimostrabile perfino in un raffinato intellettuale come Teodoro di Tarso, arcivescovo di Canterbury (sec. vn) ; questi, di origine grecosiriaca, portava con sé la tradizione cristiana della Chiesa orientale, favorevo1. Per il resoconto della 'invasione' germanica cfr. Historia ecclesiastica gentis Anglorum (I.Is), del venerabile Beda, monaco a Wearmouth/Jarrow (Northumbria) , eminente figura di erudito, scrit­ tore e insegnante. La sua opera comprende libri di esegesi, storia naturale, computo e retorica.

137

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Tradizione germanica e tradizione cristiana

Oralità e scrittura

le all' impiego scritto delle lingue locali (Brown, 201 1a, p. 27 ), al contrario della Chiesa occidentale, più orientata ali 'uso del latino. L'ampio utilizzo dell'antico inglese per glosse, traduzioni dal latino e opere letterarie nell' Inghilterra alto medioevale, senza confronti nell' Europa coeva, è probabilmente da ricondurre all 'impegno di Teodoro e alla scuola da lui fondata a Canterbury (Wormald, 1991, p. 8), accanto all'attività dei centri di formazione guidati dalla Chiesa irlandese (Wright, 1993). A fronte di uno stato di guerra quasi perenne, sia per conflitti interni sia per il moltiplicarsi delle incursioni vichinghe, la società anglosassone era sostanzialmente ben organizzata e la relativa ricchezza materiale raggiunta rese possibile la nascita e la messa per iscritto di un sostanzioso corpus di poesia e di prosa. La natura della cultura letteraria anglosassone è data dali' incontro di due diverse tradizioni, l 'una rappresentata dal patrimonio orale germanico, l 'altra dalla civiltà latina e cristiana, che nelle opere tramandate risultano strettamente intrecciate: questa fusione è evidente nel poema Beowulf(cfr. oltre), che narra antiche imprese eroiche conferendo al protagonista e 'nobile paga­ no' talune qualità del 'buon cristiano'. ll passaggio dali 'esclusiva performance orale al controllo chirografìco dello spazio della scrittura caratterizza la cultura altomedioevale; le popolazioni germaniche giunte in Britannia erano portatrici di una cultura a oralità pri­ maria\ e molta parte della poesia tramandata in seguito nei codici è erede della tradizione orale (Head, 1997: Amodio, 2004), come sembrerebbero di­ mostrare la metrica e la dizione formulare utilizzate nei testi composti in for­ ma scritta. Beowulf ad esempio è ambientato nelle società germaniche pre­ cristiane e dipinge un mondo nel quale la conoscenza della tradizione è appannaggio dei cantori, che la ricordano e la trasmettono oralmente: fre­ quentemente i partecipanti a una comunità testuale non erano infatti in gra­ do di leggere direttamente i testi, riuscendo tuttavia a fruirne i contenuti at­ traverso mediatori o interpreti. Larghe fasce di popolazione analfabeta potevano quindi entrare in contatto con una certa opera attraverso la recita­ zione o la lettura ad alta voce (Irvine, 1991, p. 185), ascoltando ad esempio un canto, una storia o un sermone3• Un dato che illustra in modo eloquente questa situazione di passaggio è ad esempio il dialogo diretto con la dimensione visuale che si osserva talora nei testi scritti, rappresentata nel lay- out della pagina manoscritta attraverso l 'u1. Sull'oralità primaria cfr., fra gli altri, gli ormai canonici studi di Havelock (1963) e Ong (1981). 3· Una divisione tipologica netta tra forme di narrazione orale e documenti letterarari non riflette la realtà dell'Alto Medioevo, in quanto il patrimonio orale interagisce con la scrittura e la lettura. Pertanto la definizione di 'poesia orale' abbraccia un ampio spettro di opzioni, comprendente la semplice esibizione a voce e gesti ( performance ), i testi composti per iscritto ma fruiti in una performance oppure la poesia composta per iscritto secondo lo stile orale tradizionale, finalizzata o meno alla pubblica esibizione.

13 8

3-

La letteratura a nglosassone

so di decorazioni e illustrazioni (Gameson, 1995, pp. 36-7 ), simboli iconogra­ fici o epigrafici come le rune - elementi accessibili solo da parte del lettore (DiNapoli, 2005), come nel caso del Poemetto runico o di alcune opere ricon­ ducibili a Cynewulf4• Le dinamiche della costruzione del significato testuale sono invece al centro della riflessione letteraria prodotta dalla 'teoria della ricezione ' (Jauss, 1972), che propone un modello per il quale al significato di un'opera concorre l'in­ terazione tra originale, testo scritto e lettore, un modello che include l'esi­ stenza di testi memorizzati e recitati e di una comunità di uditori affiancata da un analogo sottosistema di lettori (Frantzen, 1990) s. Come nel resto d'Europa, accanto ali'egemonia incontestata di una cultura di tipo orale, canale di trasmissione di canti e leggende, anche nell' Inghilterra anglosassone la copiatura dei libri e la trasmissione scritta era di pertinenza del personale monastico. I testi trasmessi dalla tradizione manoscritta rappresen­ tano dunque il risultato finale di una selezione attuata dai copisti, per lo più monaci che operavano entro una cultura fortemente connotata in senso reli­ gioso 6 , un dato sufficiente a spiegare il peso preponderante dell'elemento cri­ stiano nella tradizione delle letterature germaniche del Medioevo, eventual­ mente prodotte e fruite anche da ricchi committenti laici: secondo la tradizione, re Alfredo avrebbe direttamente tradotto opere dal latino e altre ne avrebbe commissionate, mentre l'abate .JElfric di Eynsham (t 1010) compose le Vite dei santi per l 'uso personale dei potenti nobili .JEthelweard e .JEthelmrer. Gli autori conosciuti per nome sono relativamente rari: per la poesia, Cred­ mon (sec. vn ) e Cynewulf(sec. IX ) ; per la prosa sono invece noti re Alfredo e il vescovo Wrerferth (sec. I X ) , il vescovo .lEthelwold, l'abate .JElfric, il vescovo Wulfstan e il monaco Byrhtferth (secc. x-xi ) , ma nella maggior parte dei casi le opere letterarie anglosassoni, come il resto della tradizione altomedioevale in volgare, restano largamente anonime 7• Un altro aspetto di fluidità e instabilità testuale della produzione letteraria locale è inoltre rappresentato dagli atteggiamenti e dalle consuetudini degli amanuensi, i quali potevano decidere di apportare modifiche ai testi che sta4· Poemetto runico è formato da strofe da 3 a 5 versi, in cui ognuna inizia con un segno runico secondo l'ordine della serie runica anglosassone ifuporc), a rappresentare i rispettivi nomi anglo­ sassoni if fioh "ricchezza", u ur "uro" ecc.) (cfr. Page, 1999 ). In alcuni casi, le rune nei mano­ scritti compaiono all'interno di opere poetiche formando acrostici che vanno a comporre il nome dell'autore (Cynewulf o Cynwulf), che solo un lettore, ma non un uditore, potrebbe notare. 5· Ad esempio sulla ricezione orale della traduzione in antico inglese della Historia ecclesiastica gentis Anglorum, cfr. De Vivo (2.009 ). 6. Esistono alcuni riferimenti alla copiatura di testi effettuata da donne, contenuti in una lettera (databile al 73 5-36) a Eadburg, badessa di Minster-in-Thanet, in cui Bonifacio chiede alle mona­ che di produrre dei manoscritti per lui (Brown, 1991, p. 2.5; 2.001a, pp. 45-67 ). 7· Per quanto riguarda la questione dell'autorialità nella cultura letteraria anglosassone, cfr. Paster­ nack (1997) e Bredehoft (2.009). =

=

139

Ruolo di ecclesiastici e laici nella produzione letteraria

Processi di copiatura e instabi lità testuale

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Rapporto prosa-poesia

vano copiando, oppure di alterare la resa grafica del modello per adattarla a una diversa epoca o area dialettale, modifiche che nei processi di copiatura andavano ad affiancarsi agli inevitabili errori accidentali 8• Per questi motivi, anche nel caso di un autore noto, come ad esempio JElfric, il suo lavoro così come ci è giunto potrebbe comprendere i contributi di variazioni apportate dai copisti successivi (Swan, 2001, p. 76). Complesso è anche il rapporto testuale tra prosa e poesia. La Cronaca anglo­ sassone, ad esempio, è un'opera annalistica in prosa nonché un contenitore di versi. Nelle omelie e nelle vite dei santi, JElfric, Wulfstan e altri autori anonimi utilizzano la prosa ritmica come mezzo retorico per tener desta l'attenzione del pubblico e, specialmente nelle omelie anonime, talora si re­ gistra l' inserimento di versi 9• Laddove i manoscritti latini redatti neli' In­ ghilterra anglosassone distinguono graficamente, secondo varie modalità, versi e prosa, in quelli contenenti componimenti in volgare questa prassi di solito non ha luogo ; gli amanuensi copiavano poesia in forma continua, co­ me la prosa, anche se talora utilizzavano la punteggiatura per segnalare le unità metriche (O ' Brien O ' Keeffe, 1990, p. 3 ) . Nei vari codici, quindi, po­ tevano alternarsi prosa e versi, come nel Nowell Codex del Beowulf o nel Vercelli Book (cfr. oltre), che comprende omelie in prosa e sei componimen­ ti poetici, in alcun modo graficamente distinti dalle opere prosastiche che li circondano. Anche il ms. C della Cronaca anglosassone, oltre alle parti in versi inserite ali ' interno della Cronaca stessa, presenta componimenti poeti­ ci (Menologio e Massime II), elemento che fa di questo codice un importante documento poetico (Conner, 20 04, p. 375). Ciò non significa che gli An­ glosassoni non riconoscessero prosa e poesia come due modalità diverse, ma semplicemente vi erano gradazioni che non sempre consentono una catego­ rizzazione separata (Beechy, 2010 ). 2.

l quattro codici della poesia anglosassone

La poesia

La poesia (cfr. riquadro 1 ) rappre­ senta circa il 9% dell'intero corpus letterario in antico inglese (Fulk, Cain, 2013, p. 26 ) ed è contenuta principalmente in quattro codici, redatti alla fine del sec. x , nell'epoca della Riforma benedettina. • Exeter Book (Libro di Exeter, Exeter, Exeter Cathedral Library, 3501; Krapp. Dobbie, 1936: Muir, 2ooo ) : codice di notevole dimensione e presti­ gio, scritto da un'unica mano nel 975 ca., ma acefalo e mutilo in vari punti. TI luogo di origine non è noto, benché sembri possibile localizzarlo nell' In-

2.1. Trasmissione e tradizione manoscritta

8. Sui meccanismi della copiatura, cfr. Luiselli Fadda (2.003), Chiesa (2.012.), Trovato (2.014). 9· Ad esempio nell Omelia XXI del Vercelli Book è stato incorporato un intero brano poetico, Esor­ tazione alla vita cristiana. '

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3- La letteratura a nglosassone RIQUADRO

1

La questione dei generi letterari

N ella letteratura anglosassone si possono individua re ti pologie letterarie che non ra p prese n­

tano categorie impe rmeabili l'una a ll'a ltra e i cui confi ni non sono rigidame nte defi niti. Sia per la prosa che per la poesia la classificazione in generi può rivelarsi utile a fini erme neutici (Cu ller, 1975, p. 147), ma può altresì creare distinzioni fuorvianti, poiché in diversi casi le opere non possono essere ricondotte con esattezza a un genere specifico, presentando ta lvolta un carattere ibrido associabile a più generi. Una tassonomia precisa è quindi d ifficilmente indi­ viduabile, poiché i generi poetici si incrociano tra di loro: Beowulf, poema eroico, presenta eleme nti di contatto con l'epica biblica, oltre a essere caratte rizzato da toni elegiaci e contene­ re ele menti affini alla poesia encomiastica. La poesia anglosassone è stata tradizionalmente categorizzata i n diversi gru ppi, i n base a te mi e registri defin iti i n se nso lato, anche se q uesti presentano sovrapposizioni: la poesia eroica, la poesia religiosa, quella gnomica. Dal momen­ to che in epoca a nglosassone non esisteva una riflessione sul concetto d i genere lette rario, si tratta di categorie derivate dalla tradizione greca e latina e im poste a rtificialmente dalla cri­ tica dei secc. XIX e xx. Tali categorie conse rva no comunque u n'utilità i ndicativa: si hanno così componi menti 'religiosi', che trattano motivi della tradizione c ristiana, componimenti 'e roici', che si incentrano su imprese valorose e sulla fama conquistata nei conflitti, componi menti 'elegiaci', che riguardano il ruolo dell'essere umano in un mondo ostile e transeunte, com­ ponimenti 'gnomici' e 'sapienziali', che hanno finalità d idattiche e si concentrano su aspetti genera li dell'esistenza e convinzioni filosofiche sulla natura delle cose. D'altro canto, anche la poesia elegiaca contiene ele menti gnomici e genera lizzazioni fi losofiche e utilizza immagini tipiche del mondo eroico, i cui tratti sono presenti a nche nella poesia religiosa. Convinto che i diversi ge neri letterari nascessero da diversi tipi di atti linguistici attraverso una serie di trasformazioni, Todorov (1970) i potizzava che i ge neri rappresentassero i colle­ game nti attraverso i quali un'opera si mette in rapporto con l'universo della letteratura e che l'attri buzione a un genere non possa mai essere né com pleta né esclusiva; per tale motivo se un'o pera estrinseca un certo genere, non è vero il contrario, cioè che il genere sia i nsito nell'opera, la q uale è in grado di palesare più di una categoria letteraria. Fowler (1982, p. 41) affe rma che le caratte ristiche di genere esistono in famiglie: nella sua tota lità, l'insieme delle caratteristiche defi nisce la famiglia, ma non è necessario che i suoi membri le condividano tutte. Sulla base della letteratura roma nza del Med ioevo, ]a uss (1972) riflette su come l'evolu­ zione di un genere e il progressivo ridisegnarsi degli orizzonti d'aspettativa portino sia alla fossi lizzazione in opere stereotipe sia alla formazione di nuovi generi. l generi si i nflue nzano tra loro, e specia lme nte nella tradizione derivata da ll'oralità o a que­ sta con nessa* - dove i generi rapprese ntano forme poetiche particola rmente permeabili e i nterattive - si ha un trasfe ri mento di caratteristiche da una forma all'altra. Nelle mani di un poeta di talento, che sceglie termini, espressioni, strutture retoriche e schemi na rrativi di va ria origi ne, la conta mi nazione dei ge neri può conferire maggiore i ntensità alla sua arte ( Foley, 2003). Liriche deii'Awento del Libro di Exeter deriva no da un antifonario latino, ma sono composte nel registro poetico anglosassone e utilizza no espressioni e topoi della poesia e roica. Navigante è stato va riame nte identificato come elegia, planctus o peregrinatio, con una terminologia tratta da modelli greco-latini, ma rappresenta un caso a parte in q uanto a genere, in analogia a Errante, Lamento della moglie e altri documenti poetici etichettati come 'elegie' a nglosassoni, privi di parallelismi significativi in altre tradizioni. Se in Navigante o in Errante il te ma dell'esilio si i ntreccia i nfatti con naturalezza a quello del contemptus mundi, esso tuttavia non conosce limiti di genere ( Foley, 1990, p. 331) e ricorre anche i n Genesi e in Beowulf. U n altro te ma presente in Navigante cond iviso in un'ampia ga mma di componi men­ ti è la 'gioia della sa la' del signore/re, accompagnata da un lessico peculiare e stereotipato (sang "canto", sweg "musica", gomen "d i letto", meda "id romele" ecc.). * La poesia composta e tramandata per iscritto nell'am bito dell'anglosassone è tradizional­ mente definita oral-derived, ma Raffel 11986, p. 15) ha coniato l'espressione oral-connected, dal momento che il pri mo concetto suggerirebbe un modello evoluzion istico difficilme nte di mostrabile.

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ghilterra meridionale 10• Contiene componimenti poetici di diverse tipolo­ gie n, di cui i primi otto piuttosto lunghi, mentre i successivi sono più bre­ vi. I primi tre sono Liriche dell:Avvento, Ascensione di Cynewulf e Cristo III, raggruppati nel manoscritto in modo da formare una sequenza che vede la nascita, la morte e il ritorno di Cristo come giudice nel Giorno del Giudizio. Seguono due componimenti su san Guthlac e altri testi poetici di argomento religioso : Azaria, Fenice e Giuliana, secondo componimento del manoscrit­ to attribuito a Cynewulf. Nella seconda parte dell'antologia, tra i testi più brevi, vi sono le cosiddette elegie, che si alternano a indovinelli e a compo­ nimenti di natura moraleggiante e omiletica (come ad es. Doni degli uomini, Vanagloria, Destini degli uomini, Ordine del mondo e Discesa agli injèri). Il manoscritto contiene anche poesia di tipo secolare come Widsith e Deor, che hanno per protagonista un cantore (scop ), poesia di tipo gnomico come le Massime e un'ampia raccolta di Indovinelli. La prima parte è più compatta, dal momento che le tematiche sono manifestamente religiose. Elementi uni­ fìcanti della raccolta sono stati individuati nella riflessione sulla transitorietà della vita (Pasternack, 1995, pp. 175-6) e nell 'attenzione all'essere umano co­ me parte della società e alla sua necessità di prepararsi alla vita dopo la morte sulla base delle verità cristiane (Zimmermann, 199 5). • Vercelli Book (Libro di Vercelli, Vercelli, Biblioteca Capitolare, cxvu): contenente, suddivisi in tre gruppi tra una serie di omelie in prosa, i testi poetici Andrea, Destini degli Apostoli, Anima e Corpo I, Frammento omiletico I, Sogno della Croce, Elena (Krapp. 19 32a). n manoscritto è databile alla se­ conda metà del sec. x e attribuibile a un'unica mano scribale; le sue notevoli dimensioni (ca. 31x2o cm) lo differenziano dal codice delle Omelie di Blic­ kling (cfr. oltre), che ha invece formato tascabile. La raccolta è stata messa insieme lungo un arco di tempo piuttosto lungo e da diversi esemplari mano­ scritti (Remley, 2009 ). Sulla base della lingua il luogo di produzione è stato individuato nel Sud-Est, a Canterbury o Rochester, anche se è stata ipotizzata una origine merciana (Vleeskruyer, 1953). Oscure sono le circostanze per le quali nel sec. XI sia fìnito a Vercelli, sulla via Francigena per Roma, forse la­ sciato da un pellegrino anglosassone (Sisam, 19 53a). I testi sono eterogenei, 10. Si tratta probabilmente del manoscritto definito come mycel englisc boe be gehwilcum pingum on leoòwisan geworht (''un grosso libro in inglese su vari argomenti composto in versi"), secondo una nota presente negli inventari delle donazioni librarie del vescovo Leofric alla cattedrale di Exeter (1072.). 11. Cristo I (o Liriche dell'Avvento), Cristo II (o Ascensione), Cristo III, Guthlac A, Guthlac B, Aza­ ria, Fenice, Giuliana, Errante, Doni degli uomini, Precetti, Navigante, Vanagloria, Widsith, Destini degli uomini, Massime I, Ordine del mondo, Poemetto rimante, Fisiologo (comprendente Pantera, Balena, Pernice), Anima e corpo II, Deor, Wu!fed Eadwacer, Indovinelli 1-59 ( 1-57 in Williamson, 1977 ), Lamento della moglie, Giorno del Giudizio I, Rassegnazione, Discesa agli inferi, Elemosina, Faraone, Pater Naster I, Frammento ami/etico II, Indovinello 30b (2.8b in ibid. ), Indovinello 6o (58 in ibid. ), Messaggio del marito, La rovina, Indovinelli 61-95 (59-91 in ibid ).

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per data e lingua, e il Libro di Vercelli è stato per questo definito come un florilegio ( Gatch, 1977, p. 57) destinato a lettura individuale (Zacher, 2009, p. 42) per il clero secolare (Wright, 2002) o per un abate o un vescovo ( Tre­ harne, 2007 ). La presenza del componimento poetico incentrato sulla madre di Costantino I, Elena, e la critica alle donne nell' Omelia VII ha d'altronde suggerito un destinatario femminile (Dockray-Miller, 2004). • ]unius II (Oxford, Bodleian Library, ms. junius II; Krapp. 1931): contie­ ne soltanto poesia, costituita da componimenti religiosi ispirati all'Antico Testamento : Genesi A e B, Esodo, Daniele, copiati dal medesimo esemplare, scritti dalla stessa mano nei secc. x-xi (Ker, 19 57, p. 406) e dotati di numeri di fitte11 in sequenza consecutiva, come se dovessero essere considerati una composizione unica (Hall, 2002, p. 20 ). Cristo e Satana (prima metà del sec. XI) è invece di argomento cristologico e rappresenta una aggiunta po­ steriore, vergata da tre mani. n codice è noto anche come 'Manoscritto di Ca:dmon', in quanto i testi contenuti corrispondono ad argomenti che, nel racconto di Beda (Historia ecclesiasticagentisAnglorum IV.24), avrebbero fat­ to parte delle opere di quel cantore, oltre al suo Inno alla Creazione; tuttavia le differenze linguistiche e stilistiche tra i componimenti indicano piuttosto autori diversi, che escludono qualsiasi eventuale paternità di Ca:dmon, in origine ipotizzata dall 'umanista nederlandese Franciscus Junius 13. Secondo quanto suggerito dali 'uso dell ' interpunzione, le opere potrebbero essere sta­ te destinate a una lettura ad alta voce 1 \ anche se vi è la possibilità che il ma­ noscritto sia stato prodotto per un facoltoso committente laico (Raw, 1976, p. 135). Se il tema unificante è individuato nel contrasto tra fede trionfante e fallimento del tradimento contro Dio (Shepherd, 19 66), non mancano pro­ poste alternative di lettura politica (Zimmermann, 1995): gli exempla conte­ nuti sarebbero dotati non solo di pregnanza religiosa, ma rispecchierebbero l'esperienza concreta di un periodo caratterizzato da conflitti bellici, tensioni politiche e tradimenti. n codice è ricco di illustrazioni (Karkov, 20 01), tranne che nella parte contenente Cristo e Satana. • Cotto n Vitellius A xv (London, British Library, ms. Cotto n Vitellius A xv Dobbie, 19 53: Fulk, 2010): è un codice composito risultante dall 'unione, in età elisabettiana, di due diversi manoscritti, il Southwick Codex (sec. xn ) , composto di materiale apocrifo, o mil etico, fllosofìco e sapienziale, e il Nowell Codex (ca. 1000 ): quest'ultimo contiene lavori prosastici quali una Vita di san Cristoforo cinocefalo, Le meraviglie d'Oriente e la Lettera di Alessandro ,

11. Il termine 'fitta' indica una divisione di un componimento; corrisponde all'as.fittea, che ricor­ re nella prefazione latina al poema Heliand (cfr. CAP. 4). 13. Contemporaneo di Milton e curatore della prima edizione a stampa del codice, diede ai com­ ponimenti i titoli editoriali ancora in uso. 14. I libri veterotestamentari della Genesi e dell'Esodo venivano letti durante l'ufficio monastico notturno nel periodo quaresimale.

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Codex unicus

e tradizione plurima

Datazione e li ngua delle opere poetiche

Le convenzioni eroiche

ad Aristotele, oltre ai poemi Beowulfe Giuditta, opere accomunate dali' inte­ resse per la sfera del mostruoso (Orchard, 1995). Il resto della poesia anglosassone si trova sparsa in altri codici contenenti per lo più opere in prosa; è tuttavia da sottolineare che i singoli componimenti, tranne che in pochi casi, sono tramandati in manoscritti unici (codex uni­ cus) , quando non addirittura da trascrizioni in copie cartacee di manoscritti andati perduti o bruciati, come nel caso di Battaglia di Maldon e di Poemet­ to runico, noti attraverso copie settecentesche. Godono invece di una tradi­ zione plurima Canto di morte di Beda, Inno di CtRdmon, Anima e corpo, Aza­ ria, Salomone e Saturno, alcuni indovinelli e vari componimenti della Cronaca anglosassone, opera anch'essa tramandata in più esemplari. La datazione dei singoli documenti della poesia anglosassone rimane una questione aperta; per Beowulf ad esempio sono state avanzate proposte che oscillano tra i secc. V I I I e XI, sulla base di criteri culturali, storici, pa­ leografìci, metrici (Fulk, 1992; 2014) e linguistici (Amos, 1980; Neidorf. 2014); tra questi ultimi sono considerati particolarmente indicativi gli ele­ menti connotati in senso arcaico (Cronan, 2004; Orchard, 2007; Neidorf. 201 3a) 1 \ n dialetto prevalentemente impiegato per la poesia (ma anche nella prosa) è il sasso ne occidentale, ma la presenza di forme angliche ha indotto a ritenere che una parte non secondaria della produzione poetica possa aver avuto ori­ gine in una forma dialettale (quindi in un'area) più settentrionale, in virtù della supremazia culturale e politica prima northumbra e poi merciana, nei secc. VI I-VI I I . Sisam (19 53a, p. 138) ha invece ipotizzato una koine poetica so­ vradialettale, artificiale e arcaica, benché la natura dei dialetti inglesi antichi prima del sec. x resti largamente incerta. 2.2. Caratteri della poesia anglosassone La letteratura anglosassone è carat­ terizzata da un ricco patrimonio poetico in volgare di tipo eroico, basato su ideali e gesta di una società arcaica pre-cristiana, le cui immagini furono poi assorbite anche in componimenti di tema religioso. La chiave di volta della società tribale dagli ideali 'eroici' è data dal rapporto tra il signore e il seguace nel gruppo guerriero, il comitatus già descritto da Tacito (Germania, XIv-xv ) , disciplinato da vincoli di lealtà e onore che vengono cementati, durante il banchetto, attraverso il rituale della distribuzione di doni preziosi come ar­ mi, gioielli, cavalli (Pollington, 2003). La sala del banchetto diventa dunque anche il luogo dove le imprese eroiche vengono validate e celebrate dai can­ tori, come rappresentato in Widsith. Per ottenere lof"lode" e dom "gloria, fama", i cardini dell'etica eroica, il se­ guace deve servire fedelmente il proprio signore, a cui deve lealtà assoluta, e

I). In base al criterio degli arcaismi linguistici, termini rari che risultano obsoleti dal sec. potrebbero indicare una precoce data di composizione.

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VIII

ca.

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combattere per lui, mentre quello a sua volta deve ricompensare il guerriero con generosità (H ili, 2o oo ). li mancato rispetto degli obblighi del comitatus era ritenuto disonorevole, come dimostra il biasimo di cui sono fatti oggetto da parte del poeta gli uomini di Beowulf che lasciano il loro re a combattere da solo contro il drago: nel poema viene infatti lodata la generosità del capo verso i guerrieri (Beowulfvv. 1046-1049: 2989-29 98) e deplorata la sua man­ canza (vv. 17 19-1722). Come altrove, la Chiesa, progressivamente istituzionalizzata, tese a identi­ ficarsi con il ceto dominante, così che certe convenzioni della cultura ari­ stocratica non tardarono a permeare anche la produzione poetica di taglio cristiano, appropriatasi di stilemi, formule e un lessico tipici della tradizio­ ne eroica 16 • L'umile pastore Ca:dmon usa ad esempio elementi del canone poetico eroico e aristocratico per lodare il Creatore, chiamato dryhten - in origine il capo del gruppo guerriero. L'antico concetto di comitatus ( ingl. retinue, ted. Gefolgschajt) viene travasato nella poesia di argomento cristia­ no per descrivere la relazione tra Cristo e i discepoli, così come pure nelle elegie, dove il senso di perdita e di transitorietà è espresso attraverso l' imma­ gine del guerriero allontanato dal comitatus e dal proprio signore. Anche dopo l'introduzione della scrittura a seguito della cristianizzazione (Yorke, 2o o6), la poesia in volgare rimase fortemente legata a istanze di ora­ lità, se non per la sua composizione, almeno per la sua fruizione, che, come visto, avveniva per lo più attraverso una performance o la lettura ad alta voce a un uditorio (Lapidge, 2oo 8-1o, vol. n, pp. 276-8o). Le composizioni poetiche anglosassoni rappresentano Metro e sti le testi scritti di transizione, che mostrano svariate caratteristiche legate all'ora- di tradizione orale lità (Arnovick, 2oo6), privilegiano la paratassi e contemplano un gran numero di epiteti e formule, ripetizioni, variazioni e ricapitolazioni, utili a non far perdere agli ascoltatori il senso generale della narrazione (Ong, 1982, p. 38). Ancora legate ali 'oralità sono l'allitterazione e il ritmo, parti costitutive del metro tradizionale germanico (Sievers, 1885: Fulk, 19 92: Bliss, 1993: Dance, 2010), il verso lungo allitterante17• L'allitterazione è la ripetizione nel verso dello stesso fonema nella sillaba tonica ed è un tipo di metrica che riflette un 2.3. Stile mi poetici

16. Se la dottrina cristiana aveva molti motivi per avversare i valori delle culture tradizionali, nelle Isole britanniche l'arrivo del Cristianesimo coincise con un significativo atteggiamento di tolle­ ranza, favorito anche dalla contigua civiltà cristiana irlandese, riuscita a valorizzare il proprio pas­ sato pagano producendo un ampio corpus di letteratura di tradizione eroica. 17. È composto di due semiversi (versi brevi o emistichi ) , separati da una cesura o pausa metrica ma uniti dall'allitterazione, che collega una o due sillabe toniche nel primo emistichio con la pri­ ma sillaba tonica del secondo. Sostantivi, aggettivi e verbi non finiti che rivestano un' importanza semantica sono favoriti nello schema allitterativo a spese di altre parti del discorso.

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dato linguistico basato sulla rizotonia delle lingue germaniche18; essa si ri­ scontra anche nella prosa, ad esempio in sermoni e omelie, nelle leggi e nelle genealogie 19, ma nella poesia tale tecnica ha una funzione strutturante fonda­ mentale: Wand to wolcnum wtelfyra mte.St Si attorse flno alle nuvole l'immenso fuoco dei morti (Beowulf, v. m9; Koch, I 987, p. 97 ) .

Materiale di tradizione e intertestualità

Lo stile formu la re

La natura tradizionale della poesia anglosassone, avallata da una lingua strut­ turata in schemi metrici socialmente accettati (Thornbury, 2014, p. 35), si esprime attraverso il carattere formulare e convenzionale - per stile e temi -, e il materiale di tradizione a cui i poeti attingono può essere definito come 'infratesto' (infratext; Doane, 1991a, p. 102). Gli elementi tradizionali tratti dal patrimonio orale condiviso che costituiscono un componimento danno vita a una rete di legami intertestuali (O 'Brien O' Keeffe, 1990: Pasternack, 1995) e nelle diverse configurazioni che creano possono produrre nuove strutture e nuovi significati. L'unità costitutiva fondamentale della poesia è rappresentata dalla 'formula' poetica, un sintagma di estensione variabile che permetteva al cantore di im­ provvisare componimenti anche di notevole lunghezza. La sua definizione classica nasce dalle osservazioni di Parry a proposito dell 'epica omerica: «The formula [ ... ] may be defined as a group of words which is regularly employed under the same metrica! conditions to express a given essential idea » (Parry, 1971, p. 272) La teoria orale-formulare che ne deriva fu elaborata da Parry (1928) e Lord (1960 ), per dimostrare come la poesia orale potesse sopravvivere a lungo nel­ la tradizione senza l'ausilio della scrittura. Partendo dallo studio dell'epiteto nella poesia omerica, i due studiosi di Harvard approfondirono con osserva­ zioni dirette le tecniche dei componimenti dei guslar, i poeti jugoslavi anal­ fabeti dei primi decenni del secolo scorso. La tecnica di questi cantori era basata sia sulla memoria sia su strutture verbali abituali e intercambiabili - le formule - per ricreare un canto senza fissarlo in una singola forma, inducen­ do Parry e Lord a ipotizzare che anche la poesia omerica fosse a sua volta il 10•

18. Anche la poesia anglo-latina utilizza l'allitterazione in maniera più estensiva rispetto alla po­ esia latina in generale, quasi a conferma della sua importanza nei versi anglosassoni (Cable, 1991). 19. La conquista normanna del 1o66 portò, oltre al latino e al francese, anche diversi schemi me­ trici; il verso allitterante restò però vitale in Inghilterra, tanto che nel sec. XIV esso riemerge in area nord-occidentale (meno esposta all'influsso francese) nel cosiddetto allitterative revival, attraver­ so opere come Sir Gawain and the Green Knight o Piers Plowman. Il significato della 'rinascenza allitterativa' fu anche politico e patriottico e fu ispirato dalle vittorie inglesi sui Francesi alla metà del sec. XIV (von See, 1967, p. 75). 10. "La formula [ ... ] può essere definita come un gruppo di parole che viene regolarmente impie­ gato nelle stesse condizioni metriche per esprimere una data idea essenziale�

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frutto di composizioni orali di uno o più poeti illetterati che componevano utilizzando e combinando formule tradizionalP1• La formula nei poemi omerici viene usata per convenienza metrica e si ripre­ senta sempre identica (ad es. "parlò con parole alate"), laddove invece il lin­ guaggio della poesia anglosassone prevede di rado la ripetizione esatta di una formula. Nessuno dei seguenti modelli formulari di Beowulf- mid minra secga gedriht (633b), mid thinra secga gedryht (1672b), mid his eorla gedriht (357b), ond minra eorlagedryht (431b), mid his h�lethagedryht (662b) e�the­ lingagedriht (n8b) - è esattamente uguale all'altro. Questi sintagmi condividono delle caratteristiche in ciascuna ricorrenza : gedriht/gedryht "séguito" è preceduto da un sostantivo che denota 'guerriero' al genitivo plurale (secga, eorla, h�letha) e nei primi cinque casi tale sostantivo è preceduto da due parole non accentate - una preposizione (mid) o una con­ giunzione (ond) seguita dall'aggettivo possessivo (minra, thinra, his). Queste cinque espressioni costituiscono un sistemaformulare, cioè un gruppo di ver­ si che seguono gli stessi schemi metrici e sintattici e presentano almeno un elemento semantico principale (gedriht/gedryht) in comune. I componenti del sistema formulare differiscono in quanto a numero (ma non in quanto a distribuzione) delle sillabe atone, che non entrano nell 'allitterazione, e nel­ la scelta di un termine variabile che invece rientra nello schema allitterati­ vo (secga, eorla, h�letha). A differenza della formula omerica, non si tratta di "gruppi di parole usate regolarmente" (criterio essenziale della definizione di Parry) né di "condizioni metriche identiche": i cinque esempi hanno in co­ mune ritmo, sintassi e la collocazione del termine gedrihtlgedryht. n sistema formulare si definisce quindi come un insieme di unità variabili di enunciato, simili dal punto di vista metrico e semantico, con una colloca­ zione relativamente identica di due elementi: l 'uno, un termine variabile o elemento di un composto che di solito fornisce l'allitterazione, e, l 'altro, un termine, o elemento di un composto, fisso, con la stessa distribuzione appros­ simativa di elementi non accentati (Fry, 19 67, p. 203) La formula è quindi un componente, o un prodotto, del sistema formulare; o, più precisamen­ te, la formula della poesia anglosassone è un complesso ritmico, sintattico e semantico che occupa un semiverso, identificabile in quanto parte di un sistema formulare. Quest'ultimo si rivela uno schema flessibile e astratto che governa la costruzione del verso (Kellogg, 19 65, pp. 67-8), così che la formu11•

11. Anche se a proposito delle epiche omeriche lo stesso Lord (1953. p. 131) affermava che non si tratta del testo improvvisato di una normale performance orale, poiché senza una messa per iscrit­ to non è possibile ottenere testi simili. 11. Riedinger (1985, p. 305) definisce un sistema formulare come costituito da un gruppo di versi che di solito condividono lo stesso metro e la stessa sintassi in cui una parola, solitamente ac­ centata, è costante e l'altra parola, o altre parole, accentate possono essere variate per adattarsi al contesto allitterativo e/o narrativo.

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la può essere considerata - secondo una prospettiva chomskiana - come il prodotto, della lunghezza di un semiverso, di una grammatica della dizio­ ne poetica che si sovrappone alla grammatica della lingua parlata ( Conner, 1972). Nel caso della formula poetica anglosassone, essa è basata sull' identità di almeno due elementi semanticamente significativi entro il semiverso, se non sulla completa identità del semiverso stesso ( Orchard, 2003, p. 300 ). In anglosassone, l'esatta ripetizione parola per parola indica di solito la presenza di una formula - come Parry aveva dimostrato per i poemi omerici -, ma la formula anglosassone non è limitata all'esatta reiterazione degli elementi ver­ bali (Riedinger, 19 85, p. 304). Le formule poetiche possono anche differire per singoli termini, fintantoché condividono una struttura metrica e gram­ maticale che le identifica come appartenenti a una categoria e le fa partecipa­ re a una tematica comune. Un altro elemento determinante della poesia anglosassone è la ripetizione, la quale rappresenta un richiamo, messo in atto dall'abilità del singolo poeta, che permette di stabilire collegamenti attraverso un'opera o un brano. La ri­ petizione sarebbe quindi elaborata intenzionalmente dali ' autore individuale, mentre la formula fa parte di un più ampio sistema che al tempo stesso costi­ tuisce e omologa la personalità poetica 13. Per quanto espressioni di origine tradizionale, un semiverso, una formula, una circonlocuzione metaforica (kenning, cfr. CAP. 6) o un composto assu­ mono rilievo anche in relazione alla collocazione e all'adattamento al conte­ sto : in Beowulfdopo che Grendel ha attaccato la reggia di re Hrothgar per la prima volta, il re viene definito come mtRre peoden, �Rpeling �Rrgod (''celebre re, il migliore dei principi': vv. 129b-13oa), definizioni tradizionalmente applica­ te a vittoriosi capi e guerrieri, che qui sottolineano ironicamente la fragilità del sovrano di fronte al mostro (Scragg, 1991, p. 67 ) . TI primo e più radicale studioso ad applicare la teoria di Parry e Lord alla po­ esia anglosassone fu Magoun (19 53), il quale concluse che Beowuljfosse una composizione a carattere interamente orale-formulare, anche se molti sono ormai i dubbi avanzati sulla possibilità che un poema così raffinato possa es­ sere stato composto da semplici bardi analfabeti come quelli dell'ex Jugosla­ via intervistati dai due studiosi americani negli anni Venti e Trenta del Nove­ cento. Benson (1966), osservando che molta poesia derivata da fonti latine (e quindi poesia 'letterata' ) è anch'essa altamente formulare, ad esempio i versi latini di Aldelmo, mostrò come fosse opinabile ritenere che, se la poesia orale è formulare, la poesia formulare di per sé fosse composta oralmente. La poesia anglosassone sfruttava infatti le tecniche tradizionali, tra cui lo stile formula­ re, anche quando in realtà veniva composta per iscritto, ad esempio nei Metri di Boezio e nella Fenice, che rappresentano la traduzione o la rielaborazione di 13. Tyler (1oo6, p. u6) sostiene tuttavia che le formule e altri tipi di ripetizione formulare sono così strettamente connessi da non poter spesso essere distinti tra loro.

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testi latini. Ogni opera che viene messa per iscritto, qualunque sia la sua ori­ gine, è per sua stessa natura soggetta alle convenzioni di un canone letterario. Oltre alla metrica, la poesia anglosassone è caratterizzata dagli usi specializza­ Termini e composti ti del lessico e della sintassi. La dizione poetica comprende un'ampia gamma poetici di termini esclusivi 24 che non ricorrono, se non raramente, nella prosa e che sono parte di un patrimonio condiviso dalle tradizioni letterarie delle lingue germaniche 2�. Altra caratteristica è la ricchezza di composti, connessi a particolari campi semantici come la 'battaglia' o la 'navigazione ', la maggior parte dei quali non affiora al di fuori della poesia. Se non si può escludere che tali composti risalgano a una tradizione comune, è altrettanto vero che essi possano esser­ si sviluppati indipendentemente o che rappresentino prestiti da una lingua germanica all'altra. Come i sinonimi, i composti rivestono funzioni metri­ che, poiché l 'uso di determinanti diversi con uno stesso determinato permet­ te una grande flessibilità allo scopo di soddisfare i requisiti della metrica e dell'allitterazione: così guobyrne è una "armatura di guerra" che allittera con altre parole inizianti per g-, mentre k_eaoobyrne è ancora "armatura di guerra" che allittera in k- (Niles, 19 83, pp. 138-51) 26• A seconda dei costituenti, i com­ posti potevano non rappresentare sinonimi perfetti, ma evocare sfumature di significato diverse, come indicano ad esempio i vari nomi per 'battaglia, scontro' (beadu-, heaou-, hild-, wig-,guo-; Brady, 1979). Un gran numero di composti poetici non ha un valore semplicemente descritti­ La kenning vo ma piuttosto circonlocucorio e perifrastico, in quanto incorpora una metafo­ ra o una metonimia: sincgyfan "dispensatore del tesoro" applicata a re Hrothgar (Beowulf,v. 1012) o goldwine "amico d'oro" per il signore perduto (Errante, v. 35) richiamano l'ideologia e la ricualità dd comitatus, la generosità nel donare che ci si aspetta da un principe. Questi traslati poetici, o kenningar (dal nome ddl 'ana­ loga figura retorica islandese antica che li connota, cfr. CAP. 6), sono piuttosto 14. La ricchezza di sinonimi è tuttavia limitata a specifici campi semantici, ad esempio quello del­ le armi, della battaglia, del mare e della navigazione, per concetti come 'uomo', 'guerriero' o 'prin­ cipe', ma anche per 'casa', 'sala', 'mente' o 'animo'; in Beowu!faccanto ai termini d'uso esclusivamente poetico per 'uomo, guerriero' (beom, guma, httleò, rinc, secg) compaiono nomi d'uso prosastico (man, wer, ceorl, eorl); tra i molti termini per 'mare' brim non si trova impiegato in prosa. 15. Griffith (1991, p. r68) definisce 'termini poetici' quei nomi la cui ricorrenza è limitata alla po­ esia, con un minimo di quattro occorrenze in almeno due componimenti, oppure che compaiono prevalentemente in poesia, con una percentuale di almeno quattro presenze in poesia a fronte di una nei testi non poetici. Nella definizione di Frank (1994. p. 90, nota 11) una 'parola poetica' è tale se il 70% delle sue ricorrenze totali si riscontra in poesia. 16. I composti svolgono inoltre funzioni estetiche: ad esempio "Danesi della lancia" e "Danesi della vittoria", in virtù della diversità del primo suono (g- in Gar-Denas, s- in Sige-Denas), rendono possibili schemi allitterativi diversi, ma aggiungono anche la connotazione di abilità e gloria in battaglia; se tuttavia vengono usati in frangenti nei quali i Danesi non sono meritevoli di gloria, come nel caso del loro confronto con Grendel, essi conferiscono una nota ironica.

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Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Si ntassi

frequenti, benché non sistematici come nel canone della poesia scaldica norre­ na: banhus ("casa delle ossa" = < CORPO > ) , hronrad (''via della balena" = < MARE > ) emergono in diversi testi, mentre Jèorhus ("casa della vita" = < CORPO > ) ricorre solamente in Battaglia di Maldon (v. 297 ). La kenning consiste prevalentemente di due termini, il primo dei quali, il de­ terminante, serve a chiarire il senso in cui il secondo, il determinato, si può intendere come metafora per il referente. ln garbéam ("albero delle !ance" = < G UERRIERO > ) , il guerriero (referente) è paragonato a un albero (béam, determinato) rispetto alle !ance (gar, determinante); in hronrad ("sentiero della balena" = < MARE > ) , il mare (re ferente) è come un sentiero (rad, deter­ minato) per le balene (hron, determinante). n primo termine della kenning fornisce il contesto entro il quale la somiglianza tra determinato e referente diviene comprensibile: il mare non è un sentiero, se non dal punto di vista della balena (Stewart, 1979, p. 117 ). Le kenningar rendono possibile una più ampia varietà entro lo schema metrico-allitterativo (come i composti e i si­ nonimi) e possono comparire in testi diversi, nella stessa forma o con lievi modifiche: hronrad ricorre in Beowulf(v. 10 ) e in Andrea (vv. 266, 634, 821). Anche la cultura e la poesia latine hanno esercitato un influsso sulla poesia anglosassone e i suoi composti (Lapidge, 2o o8): cfr. ad esempio garsecg (let­ teralmente "guerriero della lancia" = < MARE > ) , in cui è visibile la suggestione dell' immagine del dio romano Nettuno. Esigenze stilistiche, metriche e ritmiche differenziano la sintassi poetica da quella della prosa, dove si riscontra la crescente tendenza a un ordine non marcato svo (soggetto-verbo-oggetto) nelle frasi principali, mentre in poe­ sia l'ordine delle parole è più libero, vi è una minore ricorrenza dell 'articolo determinativo e si ha l'inserimento frequente di espressioni parentetiche che costituiscono commenti e note esplicative (Gneuss, 1991, p. 49 ) : Feond gefyldan

-fehr ellen wr12c -

Avversario abbatterono

vita coraggio scacciò

ond hi hyne tha begen

abroten h12jdon,

e loro esso allora entrambi

abbattuto avevano, parenti-nobili 17

sib12thelingas.

(Beowulf, vv. 270 6-27o8a) Lo stile 'appositivo'

Laddove la prosa usa elementi connettivi per legare le frasi, la poesia tende invece a giustapporle, preferendo la paratassi. La tendenza alla giustapposi­ zione si estende anche a termini ed espressioni, dando vita alla variazione (o apposizione), il tratto stilistico più caratteristico e pervasivo della poesia an17. "Avevano abbattuto il Nemico: il valore l gli aveva strappato la vita. L'avevano fatto a pezzi l insieme, i due congiunti" (Koch, 1987, p. 131). "Uccisero il nemico - il coraggio scacciò la vita - l e l'avevano abbattuto entrambi, l i nobili congiunti" (Brunetti, 1003, p. 139 ).

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3- La letteratura a nglosassone

glosassone, consistente nell 'affermare due o più volte lo stesso concetto con parole diverse, con una più o meno percettibile sfumatura di significato ( Greenfield, 19 72, p. 6o) 18• Ogni variazione rinomina il suo re ferente, deno­ tandolo sotto un altro aspetto : nel verso Widsith maòolade, wordhord onléac ( Widsith, v. 1) il primo semiverso indica che Widsith parlo (in modo solen­ ne), mentre il secondo specifica che "parlò in poesia" (letteralmente, "aprì lo scrigno del tesoro delle parole"). Ai vv. 460-461 di Elena di Cynewulf Thtet he Crist wtere, cyning on roderum, che egli era Cristo, re dei cieli, soò sunu meotudes, sawla nergend vero fìglio di Dio, Salvatore delle anime

le variazioni riferite a 'Cristo' rispecchiano la triplice natura della divinità: cyning on roderum (Dio), soò sunu meotudes (Cristo), sawla nergend (Spirito Santo). Cynewulf descrive la natura di Cristo tre volte, ogni volta in relazio­ ne a una diversa persona della Trinità, cercando di rendere l' integrità divina e la sua simultanea differenza. L'uso della variazione produce una narrazione dall'andamento caratterizzato da pause; più tardo è il componimento, più frequente è la variazione.

È legittimo ipotizzare che il volgare sia stato impiegato in componimenti di natura cristiana già a partire dal sec. VII, così che l'insegnamento della dottrina potesse giovarsi anche dei canali tradizionali dell' oralità con la relativa performance. L'utilizzo del verso, dello stile e della dizione tradizionali, incoraggiato dalla possibilità di trasferire epiteti dalla sfera secolare a quella religiosa, avrebbero permesso di introdurre in modo sfumato il nuovo credo nei confronti della cultura tradizionale. La poesia di argomento biblico non rappresenta una semplice parafrasi in versi del testo sacro perché utilizza anche elementi tratti da altre fonti (Rem­ ley, 1996, pp. 90-1), tra cui la tradizione della poesia tardoantica di ispirazio­ ne biblica in Giovenco, Sedulio, Avito o Aratore, autori che sfruttavano com­ piutamente l'interpretazione figurale (Lapidge, 2oo6). li parallelismo individuato tra gli Anglosassoni e gli Israeliti dell 'Antico Te­ stamento (Zacher, 2013) rappresenta forse l'elemento di richiamo più im­ portante per la letteratura anglosassone (cfr. Fox, Sharma, 2012): entrambi i popoli potevano essere interpretati come invasori insediati in un territorio ostile, i quali, pur credendo nel vero Dio, furono costretti a subire sofferenze da parte di infedeli - i vichinghi nel caso degli Anglosassoni (Godden, 1991, 2.4. L'epica biblica e la poesia di argomento cristia no

18. La variazione (o variatio) è molto frequente anche nella poesia più tarda del periodo inglese medio: il Brut di Layamon ( ca. 1115), uno dei primi testi letterari composti in inglese dopo la conquista normanna, abbonda in variazioni e anche per questa caratteristica è più vicino alla tra­ dizione anglosassone rispetto all'arte poetica importata dalla Francia.

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Uso degli sti lemi tradizionali germanici

I nfluenza dell'A ntico e del Nuovo Testamento

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

CCI!dmon e l'Inno

Genesi anglosassone (]unius ll)

pp. 206-8). n Nuovo Testamento ebbe invece un minore impatto sulla poesia inglese antica, maggiormente imperniata sui grandi eventi della storia della Salvezza (Incarnazione, Crocifissione, Discesa agli inferi, Ascensione, Gior­ no del Giudizio), attingendo maggiormente dalla liturgia (Keefer, 2010) e dagli scritti apocrifi che non dai libri neotestamentari canonici (Raw, 1991, p. 227) 19. Inno di CtRdmon (O'Donnell, 2005) è il titolo attribuito a una composizione di nove versi, l'unica direttamente collegata all'attività del poeta Ca::dmon (Holsinger, 2007; Cronan, 2010 ), il primo, sembra, ad aver versificato la ma­ teria biblica utilizzando il metro e la dizione tradizionali dell'epica orale ger­ manica. n suo Inno - leggibile anche in chiave encomiastica per una serie di epiteti celebrativi riferiti a Dio - non canta infatti le lodi di un capo terreno ma del Signore celeste. Composti ed espressioni per 'Dio' provengono dal les­ sico eroico: heofonrices weard "guardiano del regno dei cieli" (v. 1) e moncynnes weard "guardiano dell 'umanità" (v. 7) si confrontano con le definizioni per 're' della poesia eroica. Beda (Historia ecclesiasticagentis Anglorum, IV.24) riporta una parafrasi latina dell'Inno, in cui narra che Ca::dmon, pastore analfabeta incapace di recitare versi, riceve in sogno la visita di una figura (un angelo ?) che gli ingiunge di cantare e ciò che ne risulta è appunto l'Inno, che il pastore presenta a Hild, badessa di Whitby. n testo in volgare, che esiste in due versio­ ni dialettali, una northumbra e l'altra, più tarda, sassone occidentale, è tra­ smesso in manoscritti latini della Historia ecclesiastica, come aggiunta margi­ nale, e nella traduzione di quest'ultima in antico inglese. Le più antiche testimonianze sono rappresentate da copie del sec. VII I, il cosiddetto Lenin­ grad Bede (San Pietroburgo, Biblioteca Saltykov-Shcedrin, Q v. I. 18), dove il testo in antico inglese è stato inserito come una specie di glossa, e dal Moore Bede (Cambridge, University Library, Kk. S· 16), in cui il testo in volgare costi­ tuisce un'aggiunta alla fine del manoscritto ; esse rappresentano dunque la più antica attestazione sia della poesia anglosassone sia del dialetto northumbro. Ca::dmon è descritto come illetterato che compone oralmente e il suo Inno sembra porsi dunque a uno stadio intermedio tra la fluidità della trasmissione orale e il testo fisso della tradizione scritta (O'Brien O'Keeffe, 1990, p. 40 ). La Genesi anglosassone narra gli eventi biblici dalla Creazione fino al sacrifi­ cio di !sacco. È l'opera di apertura del ms.junius II e anche la più lunga (2.935 versi), formata in realtà da due diversi componimenti, le cosiddette Genesi A (Doane, 1978) e Genesi B (Doane, 199 1b). Genesi A è una parafrasi poetica della Genesi veterotestamentaria (cc. I -XXII ) , che presenta una interpolazio19. Liriche delfAvvento si basano ad esempio su una sequenza di antifone cantate per l'Avvento, mentre Esodo recupera tradizioni della vigilia di Pasqua, così come Discesa agli inferi, Daniele e Azaria contengono canti liturgici. Altri componimenti sono di natura agiografica, mentre poesie di argomento moraleggiante mettono in versi direttive per la vita cristiana e illustrano aspetti reli­ giosi quali il Giorno del Giudizio o le elemosine.

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3- La letteratura a nglosassone

ne (vv. 235-85I), nota come Genesi B, al posto dei versetti biblici I I I , I-7· Sie­ vers (I87s) fu il primo a ipotizzare che i vv. 235-85I rappresentassero una tra­ duzione dal sassone antico, basando le proprie argomentazioni sia su talune differenze tematiche ( il resoconto della caduta degli angeli ribelli sostituisce la storia biblica di Eva tentata dal serpente), sia sul lessico, specialmente negli appellativi per 'Dio' 30, sia infine su alcune caratteristiche metriche, ad esem­ pio l'ampio uso dell'anacrusi, che rimandano a un originale sasso ne antico. La teoria di Sievers fu confermata dalla scoperta dei frammenti della Genesi Genesi 8, trad uzione sassone del ms. Pal Lat. 1447 nella Biblioteca Vaticana, in cui i vv. I-26 tro- dal sassone a ntico vano una stretta corrispondenza con i vv. 79 I-8I7 della Genesi anglosassone 3•. Genesi B, che risale ai secc. IX-X, ha per tema la caduta degli angeli e dell 'uomo, con un ampio ricorso, oltre che alla Bibbia, agli scritti apocrifi. Il tema di Genesi A (sec. VIII ) è la salvezza che si ottiene con l'aiuto di Dio. La materia biblica nel complesso è resa con diverse omissioni 3\ ma sono presenti anche integrazioni desunte dalla tradizione esegetica: ad esempio la profezia della nascita di !sacco (vv. 2I9 6-22oo) è una prefigurazione della nascita di Cristo, secondo l'interpretazione tipologica caratteristica dell 'esegesi biblica medioevale, per la quale gli avvenimenti dell'Antico Testamento prefigurano quelli del Nuovo ; da scritti apocrifi non identificati sembra invece provenire la ribellione degli angeli guidati da Lucifero (vv. I-In). Il rapporto tra Dio e uomo è espresso nei termini di quello tra signore e se- Uso di stilemi guace: Noè è un wigend (v. I4II ) "guerriero': protetto da Dio - che è weroda della poesia e roica dryhten (v. 2382) "signore/condottiero delle truppe" n. Le reazioni del Signore sono descritte in modo alquanto esplicito, quasi terreno: per le sleali azioni degli uomini, Dio è infuriato (/la he gebolgen wear/J "quando fu gonfio d'ira� v. 54b ricorda l'espressione usata per Beowulf e Grendel) e si vendica (v. 138 0), condannando Caino all'esilio, motivo tipico della poesia germanica. L'onnipotenza divina qui soddisfa pienamente le aspettative d'azione eroica, in una situazione che richiede una vendetta, mentre la debolezza e l' indegnità degli angeli ribelli è rilevabile nella loro incapacità di rendere effettive le proprie pretese e di impedire al nemico di privarli di torhte tire (v. s8a) "splendente onore" (Neville, 20I4, p. 46). Lucifero precipitato nell' In30. Il sassonismo berra (cfr. ted. Herr) per "Dio" nella poesia anglosassone si trova solo in Genesi B. 31. È probabile che intorno al sec. IX, in una versione manoscritta precedente, i fogli contenenti il resoconto della caduta dell'uomo in Genesi A fossero andati persi e che un copista avesse pensato di colmare la lacuna con l'inserimento di un episodio tratto dal componimento antico sassone (Doane, 1978. pp. 11-3). 31. Ad esempio la circoncisione, descritta piuttosto esplicitamente in Gn 17,II-14 riceve una fuga­ ce menzione come sigores tacn "segno di vittoria" (v. 1313). 33· La concezione di Dio come Signore degli eserciti dell'Antico Testamento dava facile spon­ da all'ideologia germanica del comitatus applicata alla nuova religione (O' Brien O 'Keeffe, 1991, pp. 109-10 ).

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Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

ferno costituisce un suo proprio comitatus, inviando un emissario sulla Terra per tentare Adamo ed Eva. Questi avvicina prima Adamo, e solo dopo che non è riuscito a convincerlo si rivolge a Eva (poiché Dio le ha dato wicran hige "mente più debole': v. s 9 o b ) , la quale agisce in buona fede essendo vitti­ ma di un inganno ordito attraverso una visione celestiale; la caduta dei pro­ genitori è quindi vista come frutto di un raggiro piuttosto che di una tenta­ zione a elevarsi sopra Dio. Versi ipermetrici e doppie allitterazioni rafforzano retoricamente i discor­ si pronunciati dal Signore (Griffìth, 2012, p. 68 ) , mentre Lucifero è indivi­ dualizzato in una serie di pronunciamenti dal tono eroico caratterizzati da stoica resistenza e dali' idea della vendetta, secondo le convenzioni della tra­ dizione germanica, dando spazio anche al punto di vista del nemico Lucifero (Remley, 1996, p. 153 ) , in particolare adombrando echi elegiaci, poiché come angelo 'caduto' presenta talune analogie con la figura dell'esule. Alle mede­ sime convenzioni eroiche è improntato anche il racconto della battaglia di Abramo in soccorso del nipote Lot (vv. 209 2-209 5 ) : N.:efre mon ealra lifigendra her lytle werede thon wuròlicor wigsiò ateah, thara the wiò swa miclum m.:egn e ger.:esede.

Esodo lfunius 11)

Nessuno tra tutti gli uomini viventi con una piccola schiera conseguì una più gloriosa vittoria di questa, combattuta contro una così grande potenza.

Come in altre composizioni, il tono ricorda da vicino Battaglia di Brunan­ burh, anche se il racconto biblico riferisce della vittoria di un esercito esiguo, ma sostenuto dal Signore, contro forze soverchianti dal Nord, situazione solo in parte analoga a quella delle forze reali di .lEthelstan di fronte alla coalizio­ ne sconfitta a Brunanburh ( 937-3 8). Esodo narra in 590 versi gli episodi centrali del libro veterotestamentario : la fuga dall 'Egitto degli lsraeliti, il passaggio del Mar Rosso e la distruzione dell'esercito del faraone, presentando tuttavia anche elementi tratti da Ge­ nesi, Numeri, Salmi e Sapienza oltre che dalla tradizione esegetica, secondo la quale il viaggio degli Ebrei (descritto nel componimento con immagini nautiche) 34, viene inteso tipologicamente come il passaggio dei cristiani alla Terra Promessa per mezzo del sacrificio di Cristo. Riferimenti alla liturgia sono riscontrabili ai vv. 1 13b-nsa, corrispondenti ali 'Exultet della vigilia pa­ squale, mentre l'immagine della colonna di fuoco potrebbe riecheggiare l'uso del termine latino columna nella messa del Sabato Santo, dove conser­ va, accanto al significato letterale, anche un'analogia con la 'candela pasqua34· Gli Ebrei sono descritti come marinai, protetti dal calore del sole da una nube inviata da Dio, paragonata a una vela senza corde e senza albero maestro (Wilcox, 2.012.) , così che l'attraversamento del deserto diviene una sorta di viaggio per mare, tema tipico della poesia anglosassone.

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3- La letteratura a nglosassone

le'. Tra le digressioni presenti nel poema (Portnoy, 20 01), che Remley (2o os) ritiene il risultato del lavoro di Aldelmo o della sua cerchia, una si sofferma su Noè e il Diluvio Universale (vv. 362-376), in cui l'annegamento degli Egi­ zi è assimilabile al Diluvio che ha spazzato via i malvagi (Anlezark, 2oo6), laddove un'altra ricorda il sacrificio di !sacco (vv. 377-446), pegno del patto fra Dio e Abramo che ha garantito agli Ebrei la terra verso la quale sono guidati da Mosè (Lucas, 19 94, pp. 30-3) JS. La dizione eroica caratterizza il componimento in modo pronunciato, tanto che in luogo degli inermi Isra­ eliti della fonte biblica qui si allude ai preparativi per uno scontro armato, da cui non sono esclusi i tipici 'animali della battaglia' (vv. 1 62-1 67) in molte composizioni. Daniele, in 764 versi, parafrasa la prima parte del Libro di Daniele che vede lo scontro tra Nabucodonosor e il profeta, ideale modello monastico di purezza e castità (Bugge, 2oo6, p. 128). n tema centrale è quello della salvezza per co­ loro che si attengono alla parola di Dio e della punizione per coloro che la contravvengono: i tre bambini escono indenni dalla fornace rovente perché Dio vede la loro fede e li salva, mentre ha permesso che Nabucodonosor sconfiggesse e portasse in cattività a Babilonia gli Ebrei che avevano invece trascurato la legge divina. n componimento, con un attento parallelismo tra inizio e fine, si apre con la caduta degli Ebrei e si chiude con quella dei Babi­ lonesi. I primi 32 versi, che non registrano una corrispondenza biblica, intro­ ducono il motivo centrale del contrasto tra gli inganni del Diavolo (deojles cr�Rjt, v. 32) e la conoscenza della legge di Dio (�Rcr�Rjt, v. 19 ), attraverso termini chiave il cui uso tematico si ripete durante il componimento : tR "legge" (di Dio), wtRr "patto� r�Rd "saggezza, consiglio" (di Dio). I vv. 279-364 rappresentano una probabile interpolazione (etichettata con­ venzionalmente Daniele B) dei vv. 1-75 di Azaria (componimento di 191 ver­ si nel Libro di Exeter), con varianti di tipo quasi esclusivamente fonologico. Anderson (19 87, p. 4) interpreta questi versi come un caso di trasmissione mnemonica basata sul ricordo di una performance orale, ipotesi rigettata da Moffat (1992, pp. 825-6) per il quale i due brani sarebbero stati copiati dalla stessa versione scritta di Daniele e le lievi differenze rappresenterebbero piut­ tosto l' intervento di un copista che avrebbe 'riscritto' il materiale poetico. Azaria comprende la oratio Azariae e il canticum trium puerorum (lungo più del doppio di quello che si trova in Daniele), che facevano parte della liturgia della Settimana Santa. I tre fanciulli del Libro di Daniele compaiono in di­ pinti e sculture nelle catacombe e nei sarcofagi del Cristianesimo antico ; que­ sto rapporto con la morte ha suggerito che Azaria possa in realtà aver costi­ tuito la sezione finale di Guthlac B, componimento che precede nel Libro di 3S· Il tema di Dio come protettore della sua gente è fondamentale nel componimento, secondo il caratteristico interesse anglosassone nell'Antico Testamento come una miniera di esempi in cui Dio difende il popolo eletto.

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Daniele lfunius 11)

Daniele 8

Azaria (Libro di Exeter)

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Cristo e Satana (]unius ll)

Exeter (Farrell, 1974, p. 40). li legame con la morte del santo di Guthlac B sarebbe quindi rappresentato attraverso il paragone tra la pioggia, che porta la Terra a dare frutto, e una vita vissuta rettamente, foriera di ricompense ul­ traterrene (8ob-93b). Cristo e Satana (729 versi) è l'ultimo componimento del]unius n; pur non essendo basato sull'Antico Testamento, è stato incluso nel manoscritto poi­ ché si apre con la caduta di Lucifero, presente in Genesi A e Genesi B. Secondo Fulk (19 92, pp. 394-6) i copisti avrebbero dato una veste linguistica sassone occidentale a un componimento di origine anglica. I temi, collegati da brani omiletici che esortano a prepararsi per il Giorno del Giudizio, sono desunti soprattutto dai Vangeli e dagli scritti apocrifi (in special modo il Vangelo di Nicodemo) : il lamento di Lucifero confinato nell' Inferno (vv 1-365), la Di­ scesa di Cristo agli inferi, la Resurrezione, l 'Ascensione, il Giorno del Giudi­ zio (vv 36 6-662) e la Tentazione nel deserto (vv 6 63-729 ). La liturgia della Pasqua conferisce unitarietà ai diversi nuclei narrativi (Portnoy, 19 94, pp. 40 8-22) in una struttura circolare che si sviluppa a partire dalla seconda parte, basata sulla tradizione omiletica pasquale incentrata sul Cristo risorto. n tema narrativo viene espanso attraverso la contrapposizione tra generosità di Cristo e orgoglio e dannazione di Satana già nella prima parte, proseguen­ do nella parte finale con l' incontro tra i due protagonisti, in un ordine non cronologico che elimina il velo della storia dalla battaglia cosmica tra Bene e Male (Wehlau, 1998, p. 12). Giuditta (349 versi) è una composizione abbastanza tarda, contenente un gran numero di elementi dialettali anglici (Fulk, 19 92, pp. 335-6): il canto, acefalo, rielabora il libro veterotestamentario omonimo, in cui Giuditta (che nella Bibbia è una vedova, mentre qui è una vergine) salva gli Ebrei dagli As­ siri che assediano Betulia, decapitando il generale Oloferne dopo averlo in­ dotto in stato di ebbrezza36• L'eroina, la cui figura appare semplificata rispet­ to alla fonte biblica (Chickering, 2009, p. 119) è una sorta di miles Christi che, resa forte da Dio (Mullay, 2005, pp. 255-84), sconfigge i pagani, mentre Olo­ ferne rappresenta il degrado morale della figura del sovrano terreno, così che anche il motivo del banchetto, tipico rituale stilizzato della poesia eroica, può servire ad avanzare una critica nei confronti della vita mondana attraver­ so la descrizione di una gazzarra senza dignità (vv 21-31): .

.

Giuditta (Nowe/1 Codex)

.

.

Da wearò Holfernus, goldwine gumena, on gytesalum, holh and hlydde, hlynede and dynede,

Allora c'era Oloferne, amico d'oro degli uomini, nel banchetto gioioso, rideva e gridava, berciava e strillava,

36. Esiste anche un'omelia di JEifric su Giuditta, nella quale vengono utilizzate interpretazioni tipologiche di origine patristica che vedono la vedova di Betulia come simbolo della castità e della Chiesa che combatte l'iniquità (Terasawa, 1005, pp. 169-77 ).

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3-

ptet mihtenfira bearnfeorran gehyran hu se stiòmoda styrmde and gylede, modig and medugal, manode geneahhe bencsittende ptet hi gebterdon wel Swa se inwidda ofer ealne dt:eg dryhtguman sin e drencte mid wine, swiòmod sinces brytta, oÒÒtet hi on swiman lagon, oferdrence his duguò ealle

La letteratura a nglosassone

così che i figli degli uomini sentivano di lontano come l'animo risoluto tuonava e urlava, orgoglioso e allegro per l'idromele, conti nuamente incitava quelli seduti sulle panche a banchettare come si deve. Così quel malvagio per tutto il giorno inebriò con il vino i suoi guerrieri, l'elargitore del tesoro dal saldo cuore, fino a che furono sonnolenti, fece ubriacare tutto il suo seguito.

Caratteristica è l 'enfasi conferita agli stati emotivi, con una densità di termini per "animo, cuore" (mod,jèrhò) tesa a sottolineare la differenza tra gli Assiri, solo in apparenza coraggiosi, e l'animo realmente eroico degli Ebrei. Nella descrizione della battaglia (vv. I99-323), il diffuso disprezzo per gli Assiri ri­ corda Battaglia di Brunanburh e le tecniche della poesia scaldica37• L' ironia abbinata alla presenza di una risoluta protagonista femminile rap­ presentano, secondo Herbison (2oio, p. 22; cfr. Magennis, 2003), una deco­ struzione delle tradizionali aspettative eroiche, benché tale ironia potrebbe in fondo non essere indirizzata alla celebrazione dell'eroismo in sé quanto piuttosto a chi non riesce a esserne all'altezza: in tal senso, questa poesia è stata perfino considerata come un panegirico per la principessa .IEthelflred 'Signora della Merda' (sec. x) nella sua lotta contro i vichinghi, qui adom­ brati dagli Assiri (Spiegel, 2004). A giudicare dal metro, la traduzione poetica dei Salmi (da Salmo SI a Salmo ISO) contenuta nel Salterio di Parigi (Paris, Bibliothèque Nationale de France, Lat. 8824) sembra abbastanza tarda (Sievers, I88s, pp. 474, 483-4), mentre morfologia e lessico indicano un'area dialettale settentrionale, forse merciana (Fulk, I9 92, pp. 4I0-4). Lo stile prende le distanze dalla tradizione germanica (Griffìth, I99I), in quanto non si tratta di una parafrasi biblica ma di una sua traduzione, che potrebbe essere basata, almeno in parte, su antiche glosse in­ terlineari in volgare al Salterio (Toswell, I997 ). La traduzione talora interpreta l'originale; nel Salmo I36, Beatus qui tenebit et adlidet parvulos tuos adpetram! (''Beato chi prenderà i tuoi piccoli bambini e li sbatterà contro la 37· Gli Assiri sono laòra lindwerod"truppa di scudi degli esecrabili" (v. 2.97a), laòragemong "folla di odiosi" (v. 304a), laòan cynne "razza odiosa" (v. 310a) che fugge egreot gefioll "cadde nel fango" (v. 397b ), mentre gli Ebrei sono h4lep higereoft "eroi dal cuore coraggioso" (v. 302.a), sceotend"arcie­ ri" (v. 304b ), sigoregeweoròod"onorati con la vittoria" (v. 2.98b ), domegedyrsod"esaltati dalla gloria" (v. 2.99a), portanofogum swyrdum "spade insanguinate" e si fanno strada abbattendo lo scildburh "muro di scudi" dei nemici (v. 301).

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Salmi

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Cynewulf

Sogno della Croce (Libro di Vercelli)

roccia!': v. 9 ), il traduttore ha optato per una resa non letterale: Eadig byo se the nimeo and eac seteo his agen bearn on thone 4pelan stan, "Beato colui che prende i suoi figli e li pone su quella nobile roccia': intendendo con 'roccia' Cristo o Pietro, ma in ogni caso interpretando la frase come un invito a edu­ care i figli nei principi della fede cristiana38• Il corpus poetico religioso anglosassone comprende testi ispirati al Nuovo Testamento e agli apocrifi neotestamentari: Sogno della Croce, Cristo I-III, Discesa agli inferi. Tra questi, Cristo II è opera di Cynewulf (un altro poeta anglosassone, oltre a Ca:dmon, noto per nome), il quale, Cristo II a parte, si cimenta in poesia che ha per tema figure di santi. n suo nome compare in acrostici runici alla fine di Destini degli Apostoli, Elena, Cristo II e Giuliana 39• li poeta, forse vissuto tra la seconda metà del sec. VIII e la prima del sec. IX, oppure, secondo un'altra teoria, tra i secc. IX-X, è stato identificato ora come un vescovo, ora come un cantore vagante (Cook, 1900, pp. LXXI-LXXVI ) . A giudicare dal lessico, il suo dialetto è di tipo anglico, della Northumbria o delle Midlands (Fulk, 19 96, pp. 10-7 ). Le fonti di Cynewulf sono latine, co­ stituite da leggende, agiografie e liturgia; la dizione è quella tradizionale, con le sue convenzioni eroiche e il suo stile formulare (Orchard, 200 3a, pp. 271-305: Wright, 2012). Sogno della Croce riflette la centralità dell'adorazione della Croce e della Crocifissione nella cultura altomedioevale (6 Carragain, 2005: Hawk, 2012) e illustra bene la compenetrazione di temi nella letteratura anglosassone: i suoi toni elegiaci descrivono lo stato d'animo del narratore e i tratti eroici presentano il Cristo in termini che ricordano un guerriero che volontaria­ mente si spoglia e ascende sulla Croce (vv. 37-39, Marchand, 2007, p. So). La Croce appare nei panni di un gregario del comitatus del Signore: descritta con ricchezza di dettagli visivi (Szarmach, 2007 ), assume qualità umane e 'parla', secondo la tecnica della prosopopea 40• Ongyrede hine thaa geong h.eleò th.et w.es God .elmihtig, strang ond stiòmoò gestah he on gealgan heanne, modig on manigra gesihòe

Il giovane guerriero si preparò, era Dio onnipotente, forte e risoluto salì sull'alto patibolo. coraggioso, al cospetto di molti.

38. Paolo (1 Cor, 10,4) ne aveva dato una lettura allegorica, nella quale la roccia indicherebbe Cristo e i bambini dei Babilonesi i peccati. 39· In Giuliana e Destini degli Apostoli l'acrostico ricorre laddove il poeta invita il lettore a pregare per lui; in rutti e quattro i componimenti questa specie di 'firma' runica è inserita in contesti i cui temi sono la transitorietà della vita terrena e l'escatologia. 40. Termine che vale "personificazione•, figura retorica consistente nel far parlare, come persone, oggetti inanimati o animali e perfino defunti o concetti astratti. Anche per questa caratteristica, Sogno della Croce è stato talora accostato al genere dell'enigma.

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3- La letteratura a nglosassone

Sogno della Croce si struttura in due parti, diverse per forma e tono, in cui la prima comprende la narrazione e la seconda l'esposizione omiletica (Pope, Fulk, 2001, p. 66) 41• n componimento si apre con una visione in sogno (T. N. Hall, 2009b), in cui compare un grande albero che si staglia contro il cielo, macchiato di sangue ma adorno di gemme, d'oro e di drappi; rappresenta sia l'albero della croce sia l 'albero della vita, è martire e immagine di Cristo (Raw, 2007) e le gemme incastonate ricordano le croci ornate di gioielli del Cristianesimo antico, mentre i drappi si riferiscono all'usanza di avvolgere la croce in mantelli purpurei come i trofei militari dei Romani. Nella parte successiva si descrive la morte di Cristo dal punto di vista della Croce, che poi si rivolge al sognatore chiedendogli di raccontare la visione. n poeta si presenta infine come un esule solitario, si vota al culto della Croce e aspetta il momento in cui si riunirà ai suoi amici nel banchetto del Paradiso. Sogno della Croce è tramandato nel Libro di Vercelli, ma una versione più antica Iscrizione runica della parte centrale, riguardante la Crocifissione, è incisa in caratteri runici e in della Croce dialetto northumbro sulla Croce di Ruthwell, monumento scultoreo della 'Rina­ di Ruthwe/1 scenza northumbra' (Kendall, 2oo6). L'iscrizione, che risale al sec. VIII o IX (Meyvaert, 2013), presenta versi in cui l'allitterazione è assente, mentre l'alter­ nanza di versi regolari e versi ipermetrici, intesi a dare solennità, è riscontrabile solo nella versione del Libro di Vercelli. La Croce di Bruxelles (o Croce di Drah­ mal) reca invece in alfabeto latino l'iscrizione Rod is min nama,geo ic ricne cyning b�r byfigynde, blod bestemed (''Croce è il mio nome, tremando portai il potente re, intrisa di sangue"), che richiama i vv. 44 e 48 del canto anglosassone. L'esi­ stenza di ben tre varianti (Orchard, 2009) ha suggerito la derivazione da una versione più antica che sarebbe stata il modello per tutte (Keefer, 2005, p. 24). I componimenti su Avvento (Cristo I) , Ascensione (Cristo II) e Giorno del Cristo 1, Cristo 11, Giudizio (Cristo III) che aprono, raggruppati, il Libro di Exeter, in forma di Cristo 111 ad apertura epica tripartita sull"eroe ' Gesù, furono a lungo intitolati Cristo e attribuiti a del Libro di Exeter Cynewulf, mentre sono in realtà altrettanti componimenti distinti per lessi­ co, metrica e rapporto con le fonti (Fulk, 1992, pp. 396-9 ). Cristo I è formato da dodici brevi liriche4\ elaborazioni piuttosto libere di antifone della liturgia dell'Avvento e del Natale, alcune rivolte a Cristo, al­ cune alla Vergine, altre alla città di Gerusalemme e all'arcangelo Gabriele (Clemoes, 1995, pp. 371-So), e unificate dai temi della salvezza realizzata da Cristo, il miracolo della sua nascita dalla Vergine e il mistero della Trinità. Ogni antifona viene espansa con l'aggiunta di materiale dalla Bibbia e dalla letteratura teologica, mentre, nella prima lirica, è visibile l'influenza di una illustrazione del Book ofKells (Kramer, 2007 ). Cristo II (427 versi) si basa su un'omelia di Gregorio Magno sull'Ascensio­ ne e in misura minore su altre fonti, come l'Inno per !:Ascensione di Beda 41. Si tratta di una struttura che si ritrova anche in altri componimenti, tra cui Errante. 42. Ciascuna inizia con Eala, che corrisponde a O dell'antifona in latino.

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Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Le fonti apocrife di Discesa agli inferi nel Libro di Exeter

Le d ue versioni di Anima e corpo

(Wright, 2005 ) 43; esso riporta le ultime istruzioni di Gesù agli Apostoli e la sua Ascensione in cielo, per poi focalizzarsi sul tema del libero arbitrio dell 'uomo. Cynewulf potrebbe averlo composto come una sorta di ponte tra Cristo I e Cristo III (Liuzza, 1990, pp. s-7 ), impiegando la dizione e le imma­ gini della poesia eroica""" . Gregorio aveva menzionato i 'cinque salti' della vita di Cristo (Incarnazione, Natività, Crocifissione, Deposizione, Sepoltura e Ascensione), a cui Cynewulfaggiunge la Discesa agli inferi; le discontinuità e lo schema di discesa e ascesa si devono ali 'uso del tema dei 'salti' come prin­ cipio strutturante (Brown, 2001 ) . n finale è una resa poetica della formula liturgica per saecula saeculorum, a cui segue un brano escatologico e peniten­ ziale che contiene la firma runica di Cynewulf. Cristo III è costituito da 798 versi sul Giorno del Giudizio, la cui fonte prin­ cipale, un componimento in distici latini attribuito a Beda, viene espansa in maniera significativa (Gatch, 1991, p. 193 ) ; la natura del componimento è omiletica e tra le fonti si riconosce lo stile dei sermoni (Muir, 2000, pp. 418-34 ) . n poema si apre con la Croce di Cristo che spande la sua luce nel Giorno del Giudizio. La parte centrale sottolinea la necessità dell'assunzione di responsabilità dei propri peccati, della confessione, di penitenza ed espia­ zione, e presenta la ricompensa che riceveranno i giusti e la dannazione dei malvagi. Nella sezione finale Cristo compare per salutare i beati e spiegare la Creazione, l' Incarnazione e la Passione: l'ultima immagine dipinge il Para­ diso in termini ribaltati (non vi è fame, né sete, né malattia ecc.), laddove i riferimenti più costanti riguadano l ' Inferno. Discesa agli infèri ( 139 versi) narra appunto della Discesa agli inferi di Cristo tra morte e Resurrezione per liberare le anime dei patriarchi, rappresentata come una battaglia secondo le convenzioni della poesia eroica (Ruggerini, 2011 ) ; la fonte ultima, forse mediata dalla tradizione omiletica e dalla liturgia pasquale, è l'apocrifo neotestamentario Evangelium Nicodemi ( Tamburr, 2007 ). La poesia cristiana comprende composizioni di tipo omiletico, allegorico ed escatologico. Tra queste, Anima e corpo (Moffat, 1990 ) gode di attestazione binaria poiché tramandata nel Libro di Vercelli (Anima e corpo I, 126 versi) e nel Libro di Exeter (Anima e corpo II, 166 versi); alla luce degli errori comuni le due versioni derivano evidentemente da una stessa tradizione manoscritta (Moffat, 1992 ) . Anima e corpo è un invito a riflettere sul destino dell'anima (Znojemska, 2007 ). L'anima dannata rimprovera il suo corpo che marcisce nella tomba per i peccati commessi e gli rammenta il Giorno del Giudizio ; la 43· Cynewulfelabora inoltre il commento esegetico di Gregorio al Salmo 67 sui doni di Dio all'u­ manità e crea un elenco di talenti degli uomini, come il canto, suonare l'arpa, scrivere, navigare (vv. 654-691), che ricorda Doni degli uomini. 44· L'arrivo di Gesù in Paradiso (vv. 571-sSr) è descritto come l'entrata di un condottiero; egli è 4peling "principe" e sincgiefo "elargitore del tesoro", mentre i suoi discepoli sono definiti come pegna gedryht "seguito di guerrieri".

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3- La letteratura a nglosassone

versione nel Libro di Vercelli presenta inoltre il discorso dell 'anima beata al proprio corpo·.s. Sebbene il dialetto prevalente sia il sassone occidentale, Anima e corpo ha affinità stilistiche e fraseologiche con Salomone e Saturno I e II, il Salomone e Saturno in prosa e l' Omelia IV di Vercelli, che sulla base di lingua e contenuto sono attribuibili a una scuola merciana del tardo sec. IX o dell' inizio del sec. x, influenzata dalla tradizione irlandese. Fenice (Blake, 1990) consta di 677 versi in dialetto prevalentemente merda­ no, di cui i primi 380 rappresentano una rielaborazione del De ave phoenice del poeta latino del sec. IV Lattanzio, che aveva narrato dell'origine orientale di questo uccello mitico, del suo aspetto e del suo ambiente46• La seconda parte è un' interpretazione allegorica cristiana della prima, sulla base di fonti esegetiche (Farad, 2ooo), tra cui l 'Hexameron di Ambrogio: la fenice che, ciclicamente, divenuta vecchia brucia e rinasce dalle proprie ceneri, rappre­ senta la dottrina cristiana della Resurrezione. L'autore usa le proprie fonti con disinvoltura, espandendo, abbreviando e omettendo nomi di figure e luoghi. li Fisiologo anglosassone appartiene alla diffusa tradizione dei bestiari, le cui origini, alessandrine e pre-cristiane, risalgono al sec. n. Nel Medioevo, la tra­ dizione dei bestiari attirò l'attenzione della cultura cristiana, subendo ne l'in­ flusso e un'interpretazione in chiave allegorica degli animali (Dolcetti Co­ razza, 1992; Farad, 2003). La suddivisione dei capitoli in due parti permetteva, in una prima, la descrizione dell 'animale, mentre nella seconda una interpre­ tazione morale, allegorica e didattica. L'opera comprende tre capitoli: Pante­ ra (che simboleggia Cristo), creatura della terra, Balena (che simboleggia il Diavolo), creatura del mare (Deangelo, 2013), e un volatile generalmente in­ terpretato come una creatura dell'aria, Pernice (l'uomo ?). L'identificazione non è comunque certa, considerata la frammentarietà di questo capitolo47, alla fine del quale campeggia il termine latino finit, che lascia pensare alla conclusione di un bestiario ridotto di soli tre animali. Vanagloria (84 versi) tratta il peccato dell'orgoglio, utilizzando la tradizione patristica (Roberts, 2009, p. 133), ed è strutturato sul contrasto tra l'umiltà del Figlio di Dio e la vanagloria del Figlio del Diavolo, la cui la fonte più im­ mediata è il primo capitolo del testo normativo monastico continentale noto come Regula di Crodegango (tradotto in antico inglese all'epoca della Rifor­ ma benedettina), in cui si sottolinea come l 'umiltà sia il primo requisito per la vita comunitaria. L'elaborazione poetica utilizza lo stile della poesia t radi45· n discorso dell'anima al corpo e il disfacimento fisico dopo la morte sono temi cari all'omileti­ ca; si ritrovano nell' Omelia IV della raccolta di Vercelli e neli' Omelia VIII della raccolta di Blickling. 46. L'ambiente in cui la fenice vive, caratterizzato in termini negativi (senza neve, né ghiaccio, né freddo, né caldo; Neville, 1999, pp. 59-62.), ricorda la descrizione del Paradiso di Cristo III e Giorno del Giudizio II. 47· La perdita di almeno un foglio del codice dopo il secondo verso è la causa dei due frammenti a tutt'oggi rimasti, il primo di due versi e il secondo di quattordici.

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Fenice l Libro di Exeter),

riela borazione del poemetto di Lattanzio

Fisiologo

a nglosassone l Libro di Exeter)

e la trad izione dei bestiari

Vanagloria l Libro di Exeter)

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Frammento ami/etico

1

(Libro di Vercelli)

e 11 (Libro di Exeter)

Esortazione alla vita cristiana

e Richiamo alla preghiera

zionale, ma solo per criticarne i valori, dando vita a uno scambio antieroico di smargiassate tra ubriachi nella sala dell 'idromele (Hermann, 19 89, p. 49 ). Sono andati perduti i versi iniziali di Frammento omiletico I (47 versi), una parafrasi del Salmo 28 sui calunniatori che indulgono in lodi fallaci e ingan­ nevoli, così come le api hanno il miele nelle loro bocche e il veleno nei pun­ giglioni (Randle, 2009 ). Diversamente, Frammento omiletico II (2o versi) è incentrato sul tema della transitorietà e della consolazione in Dio ed è strut­ turato in due parti, la prima delle quali si incentra sulla saggezza cristiana e ha affinità con la poesia gnomica (Mize, 2008, p. 42), mentre i temi della secon­ da sono Incarnazione e Natività. Esortazione alla vita cristiana è contenuto nel ms. Camb ridge, Corpus Christi College, 201, in cui è preceduto da Richiamo alla preghiera, e consta di 82 versi. Si tratta di un'esortazione alla povertà, all'astinenza e alla pre­ ghiera, aspetti caratteristici della discipl ina monastica medioevale. Il testo presenta elementi stilistici tipici sia della poesia gnomica sia del genere omi­ letico, e una parte di esso è incorporata nell' Omelia XXI del Libro di Vercelli. Richiamo alla preghiera è costituito da versi artificiosi, nei quali un primo emistichio in antico inglese è affiancato da un secondo in latino. I due testi hanno affinità stilistiche e verbali con il genere omiletico (Zacher, 2003-04, p. 86) rappresentato nel manoscritto che le contiene - che con la sua me­ scolanza di prosa e poesia richiama la struttura del codice vercellese. In con­ siderazione della loro contiguità, Robinson (1989) ha postulato che Esorta­ zione alla vita cristiana e Richiamo alla preghiera rappresentino un unico componimento (che ribattezza The Rewards of Piety ) ipotesi che viene confutata da Bredehoft (1998) sulla base della rispettiva rubricazione dei due testi. Stagioni del digiuno è un frammento di 230 versi contenuto nel ms. London, British Library, Cotton Otho B XI, distrutto nell' incendio della biblioteca Cotto n nel 1731 e di cui rimane una trascrizione del sec. XVI. La forma è inso­ lita, poiché Stagioni del digiuno è strutturato in strofe di otto versi ciascuna. TI frammento inizia illustrando le leggi di Mosè e i digiuni osservati dagli Ebrei, prosegue indicando i periodi in cui è necessario digiunare secondo l 'u­ so invalso in Inghilterra, di contro a quello dei Britanni e dei Franchi, e si interrompe nel punto in cui si ammoniscono quei sacerdoti che consumano ostriche e vino dopo aver celebrato la messa. Argomenti, lessico, fonti e stile riflettono il canone della prosa omiletica contemporanea (Richards, 2007; 2014). Giorno del Giudizio I e Giorno del Giudizio II, anch'essi di natura omiletica 48, trattano temi penitenziali ed escatologici (Frantzen, 1983, p. 186: Ortoleva, 2002), in cui il terrore del Giorno del Giudizio e dell' Inferno sono le armi ,

La forma metrica di Stagioni del digiuno

Giorno del Giudizio 1 (Libro di Exeter) e

11

48. Ad esempio nelle esortazioni ic bidde eow ("vi chiedo", v. 33), ic ltrep4t (''vi esorto a", v. 75) di Giorno del Giudizio II.

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3- La letteratura a nglosassone

principali per indurre ad adottare comportamenti virtuosi 49• Dopo una bre­ ve descrizione del Paradiso e dell ' Inferno, l' insistenza sul motivo omiletico del rimprovero alla carne peccatrice è un elemento centrale di Giorno del Giudizio II (ms. Cambridge, Corpus Christi College, 201 ) , la cui fonte sem­ bra rappresentata dal carme De die iudicii di Beda (Caie, 2000, pp. 129-33: Lendinara, 2007 ). Ogni esametro latino viene tradotto con due versi lunghi, dei quali il primo aderisce maggiormente al dettato della fonte, mentre il se­ condo elabora il pensiero con variazioni e parallelismi ulteriori, tanto da ren­ dere la lunghezza del componimento (307 versi) quasi il doppio della fonte originale (155 versi). Complesso è lo schema di allitterazioni, (semi- )rime, assonanze e ripetizioni so, sebbene in un certo numero di versi l'allitterazione non sia presente (vv. 42, 190, 252, 256). Nell 'esordio lirico, il soggetto (ic io ) racconta un'esperienza personale prima di passare all'ammonimento, in una progressione dal particolare al generale che ricorre ad esempio in Errante, Navigante e Sogno della Croce. Nel novero delle opere di ambito religioso vi sono poi alcuni componi­ Poesia a ca rattere menti di tipo agiografico, alcuni dei quali associati a Cynewulf e alla sua agiografico 'scuola'. Menologio (Karasawa, 2015) è una lista in 231 versi di ventotto feste di santi, Menologio ispirata ai calendari in esametri latini che compaiono dal tardo sec. VIII come adeguamenti poetici di missali e breviari. Dal contesto manoscritto (London, British Library, Cotton Tiberius B 1) Menologio sembra svolgere una funzione prefatoria alla versione C della Cronaca anglosassone (Head, 199 9), come ausilio per identificare le date degli avvenimenti secondo il calendario romano, dal momento che le indicazioni temporali della Crona­ ca compaiono spesso siglate come anniversari di santi, anziché come giorni del mese. Andrea, in 1.722 versi, narra la vita di sant'Andrea sulla base di una versione Andrea (Libro latina dell'apocrifo Acta Andreae et Matthiae apud Anthropophagos. An­ di Vercelli) drea, inviato da Dio a liberare Matteo dai Mirmidoni cannibali, sopravvive a una tempesta, è catturato e subisce una serie di tormenti da parte di quelle terribili genti, riuscendo tuttavia a convertirle e a tornare a casa trionfante (Godlove, 2009). Il poema descrive gli Apostoli come dei veri guerrieri e fa costante riferimento al concetto di lealtà che sottende quello di comitatus, testimoniata dal 'seguace' Andrea verso il proprio 'signore' Iddio; l'uso convenzionale della tradizione pre-cristiana implica che combattere il Dia­ volo equivalga a un' impresa eroica, sia pure di natura diversa rispetto alle "

"

49· Entrambi i componimenti narrano del Giudizio Universale descrivendo la folla degli uomini accalcata davanti a Cristo, l'impossibilità di nascondere i propri peccati, il terrore dei dannati, !' ira divina e le fiamme che coprono cielo e terra. 50. La rima talora sostituisce l'allitterazione: ne bpp4r w4de, ne lyre, ne deaòesgryre ( "lì non vi è povertà, né privazione, né terrore della morte", v. 2.67 ).

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Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Destini degli Apostoli

di Cynewulf (Libro di Vercelli)

Elena d i Cynewulf (Libro di Vercelli)

e la lnventio Crucis

leggende germaniche. Ripetute sono le affinità con il linguaggio di Beowulf, specialmente formule ed espressioni proprie della poesia eroica, dovute al ricorso a un comune retaggio tradizionale (Riedinger, 1993) s1• Destini degli Apostoli, in 122 versi, celebra i martìri e la gloria degli Apostoli ancora attraverso l' impiego della dizione eroica, sfruttando il termine siò "viaggio" come elemento unificante nella strutturazione del componimento (Hieatt, 2001 ; Kowalik, 2o1o ). li narratore parla in prima persona sia nell' in­ troduzione sia nei versi conclusivi: qui chiede di essere ricordato nelle pre­ ghiere e suggerisce attenzione per scoprire il nome del poeta, Cynewulfs\ nascosto in un acrostico runico. La fonte di questo canto è stata individuata da Conner (1996) nel Martirologio di Usuardo, mentre McCulloh ( 2ooo ) ritiene che Cynewulf si sarebbe basato piuttosto su una raccolta latina di passiones che ebbe ampia diffusione nel Medioevo europeo, il Breuiarum apostolorum. Elena narra in 1.321 versi il ritrovamento della Santa Croce da parte della omonima madre dell 'imperatore Costantino I, basandosi sulla leggenda la­ tina Inventi o Crucis. Il poema contiene una scena di battaglia tra Costantino e gli Unni, che rappresenta un'aggiunta alla materia agiografica e rientra ap­ pieno nei canoni della poesia eroica; sconfitti i nemici proprio in nome del­ la Croce, di cui aveva avuto una visione, Costantino invia la madre alla sua ricerca. Tracce della dizione poetica tradizionale affiorano anche nel viaggio per mare di Elena verso la Terra Santa; giunta a Gerusalemme, la donna in­ terroga i Giudei e getta in una fossa il più saggio di loro, Giuda, pur di farsi rivelare il luogo dove si trova l'oggetto tanto bramato. Accompagnata dal riluttante Giuda fino al Calvario, Elena riesce a identificare la vera Croce di Cristo, recuperandola con cura e facendola coprire di oro e gemme (Shar­ ma, 2009 ) ; quindi, in linea con il disegno del poema allusivo al processo di conversione, Giuda si fa battezzare e consacrare vescovo con il nome di Ci­ riaco, a cui segue l'edificazione di una chiesa sul Calvario da parte di Co­ stantino. Dopo unfinit extra-metrico (v. 1235) segue un brano in rima in cui il poeta tocca una serie di punti come la propria età che avanza, il pentimen­ to dei peccati, il canto come frutto dell'ispirazione divina e il Giorno del Giudizio. La struttura è insolita, non rientrando nel genere della vita né in quello della passi o; non è chiaro stabilire inoltre se la figura centrale sia Ele­ na, la cui caratterizzazione poetica richiamerebbe le icone bizantine (Erus­ sard, 2oo8 ) , Giuda, oppure la Croce stessa (Calder, 19 81, pp. 105-38: Bridges, 51. Particolarmente dibattuto è il parallelo tra i composti meoduscerwen (v. 152.6) "sommini­ srrazione di idromele" come kenning per < DILUVI O > e ealuscerwen "somministrazione di birra" (Beowu!f. v. 769), riferito al < TERRORE > sparso da Grendel, che distribuisce come 'bevanda amara'. 52.. Secondo Donoghue (1987, pp. 113-6) solo la parte contenente la firma runica sarebbe opera originale di Cynewulf, che per il resto avrebbe adattato una composizione già esistente.

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3- La letteratura a nglosassone 1 9 84, pp. 212-52 ) . L'interpretazione allegorica eleva Elena a simbolo della Chiesa (Lees, 1 9 97, pp. 15 9-67 ), laddove DiNapoli ( 1 9 9 8 ) sottolinea come l'antisemitismo del poema (già evidenziato da Hermann, 1 9 8 9, pp. 101-3 ) sia stato comunque mitigato rispetto alla fonte. li componimento rappresente­ rebbe non soltanto il trionfo di ecclesia su synagoga ma anche del processo dialettico dellainventio nella ricerca della verità e della conoscenza (Heckman, 20 0 9 ) .

La fonte di Giuliana ( 7 3 1 versi) è una leggenda latina sul martirio di santa Giuliana Giuliana, giovane nobildonna che rifiuta di sposare il potente senatore Eli­ di Cynewulf seo in ragione del suo paganesimo sJ. Dopo essere stata frustata e imprigio­ l Libro di Exeter) nata, la sua testimonianza di fede si rafforza ancora nella detenzione, du­ rante la quale riceve la visione di una figura demoniaca che la istiga ad accettare il paganesimo. La giovane si difende rifugiandosi nella preghiera, fino a che una voce dal cielo le suggerisce di afferrare fisicamente il malvagio messaggero e costringerlo a confessare la verità; la donna riesce nel suo intento, e il demone ammette infine il male da lui stesso compiuto nel corso della storia umana. Da una passiva difesa della verginità, Giuliana assume quindi un ruolo attivo nella lotta contro il demonio, lotta che è il centro del componimento (Woolf, 1 9 9 3, p. 15 ) e che ha indotto a parlare di una 'militarizzazione della verginità' (Horner, 200 1, pp. 101-30 ). Il giorno seguente, protetta da un angelo, la fanciulla esce indenne dai tentativi dei carcerieri di ucciderla, prima bruciandola viva, poi gettandola nel piombo fuso. Il successivo martirio (attraverso decapitazione) segna altresì la fine del suo carnefice : Giuliana viene sepolta ed Eliseo troverà la morte in mare per annegamento, a cui segue un epilogo di tono penitenziale. L'auto re, Cynewulf, impiega tutte le convenzioni retoriche del genere eroico, valorizzando l'elemento drammatico e dialogico (Frantzen, 2007 ) , eliminando dalla storia particolari poco dignitosi (ad es. il demone gettato su un mucchio di letame) e ricorrendo a una polarizzazione dei caratteri, in ossequio alla quale gli oppositori di Giuliana sono tratteggiati come demoniaci e bestiali. Il componimento, che Woolf ( 1 9 66, pp. 45-6 ) ritiene probabilmente destinato a un uditorio monastico femminile, è collocabile a cavallo tra i secc. V I I I e I X . Guthlac A ( 8 1 8 versi) è un poema frammentario incentrato sul conflitto spi- Guthlac A rituale tra il santo merciano Guthlac (t 714 ) , anacoreta su un monte, e i de- e Guthlac 8 moni, che tentano di cacciarlo dal suo romitaggio, nei termini di una disputa l Libro di Exeter) giuridica per il possesso della terra (Johnson, 200 8, p. 308; Clark, 2011 ) . Introdotto dalla descrizione delle gioie del Paradiso, evocata da un angelo a un'anima che si appresta a entrarvi, il poema si conclude raffigurando Guthlac accompagnato in cielo dagli angeli. Lo stile metrico arcaico porreb53· La leggenda di santa Giuliana sembrerebbe originaria dell'area napoletana, probabilmente portata in Inghilterra da Adriano, arcivescovo di Canterbury ( Lapidge, 2.003, pp. 147-9 ). 16 5

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

be il componimento nel sec. VIII (Fulk, 19 92, pp. 39 9-402), benché Conner (199 3a) rilevi come esso esprima ideali coincidenti con i temi della Riforma benedettina della seconda metà del sec. x. Pur non rappresentando una fonte per Guthlac A (Clark, 2015), la Vita sancti Guthlad di Felice di Crowland s4, nel suo c. so, costituisce invece la base per Guthlac B (561 versi), incompleto per la perdita di alcuni fogli del manoscrit­ to. Questo poema descrive la morte del santo nel suo eremo, secondo il cano­ ne epico-eroico (Hellgardt, 2014), nel quale dizione poetica, stile e metrica sono tanto più elaborati rispetto a Guthlac A, a cui segue immediatamente nel Libro di Exeter, da ricordare i versi di Cynewulf (Roberts, 1979 ) . L'an­ nuncio dell'allievo Beccel (vv. 1348-13 54) alla sorella di Guthlac sulla morte del santo ricorda invece il linguaggio elegiaco di Errante e Navigante, ai quali si affianca per le analogie con i temi della separazione, del seppellimento del proprio signore, della perdita delle gioie passate e lo stoicismo che ne conno­ ta l'andamento generale (Powell, 19 98). La poesia eroica celebra le imprese di uomini­ simbolo, il cui codice d'onore, socialmente determinato, viene messo alla prova in circostanze che di solito comportano il rischio della vita (Reichl, 2010 ). Il corpus anglosassone è costituito da Beowulf, Widsith, Deor, Frammento di Finnsburh, Waldere (Niles, 2007a: Carroll, 2010 ), ma anche Battaglia di Maldon, sia pure con certe peculiarità, può rientrare nel canone. Solo in casi isolati questo tipo di poesia è approdata sulla pergamena, poiché la natura monastica e clericale della trasmissione di testi tendeva evidente­ mente a considerare le leggende eroiche non soltanto inadatte ma addirit­ tura sconvenienti, come sottolinea la domanda retorica di Alcuino rivolta all'abate di Lindisfarne: Quid Hinieldus cum Christo ? ("Cosa ha a che fare Ingeld con Cristo ?", Diimmler, 1 8 9 5. pp. 181-4) ss, tesa a stigmatizzare l'uso di canti profani tra i monaci - con specifico riferimento ali'eroe heathobar­ do Ingeld, menzionato in Beowulf(v. 20 64) e Widsith (v. 48) s6• Con tale reprimenda, Alcuino rivela tuttavia che la materia leggendaria ger2.5. Beowulfe la poesia eroica

54· Felice compose ( 730-740) la Vita sancti Guthlaci in latino, la cui traduzione in volgare, di pro­ babile origine merciana e di epoca alfrediana (o di poco successiva), è contenuta nel ms. London, British Library, Cotton Véspasian D XXI. 55· La domanda retorica rientra nella tradizione iniziata da Paolo nell'Epistola ai Corinzi (''Cosa ha a che fare la luce con l'oscurità?"), ripresa da Tertulliano ("Che ha a che fare Atene con Geru­ salemme ?") e da Girolamo ("Cosa ha a che fare Orazio con il Salterio? Virgilio con gli evangelisti ? Cicerone con gli Apostoli?"). 56. Secondo Frank (1991, p. 92.), Alcuino poteva trovare particolarmente disdicevoli i canti su Ingeld non solo in quanto si incentravano su un'antica storia pagana, ma ancor più perché celebra­ vano una vittoria danese, dopo che proprio il monastero di Lindisfarne l' 8 giugno 793 aveva subito una devastante incursione da parte di pirati 'danesi' pagani.

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manica valicava i confini tribali�7 e veniva ampiamente coltivata anche nei monasteri, circolando probabilmente nella forma del carme breve, il più im­ portante strumento per la sua diffusione (Heusler, 190S, P· 4) �8• n genere eroi­ co si ispira a leggende continentali della tradizione orale a proposito di re, eroi e conflitti etnici del periodo delle migrazioni (secc. IV-VI ) e imperniate su un avvenimento storico (Heusler, 1905; 1923) che nel corso del tempo e della trasmissione si modifica e si arricchisce di elementi leggendari. Anche la cronologia ne viene stravolta, così che personaggi distanti tra loro di gene­ razioni vengono resi contemporanei e coesistono in un passato dai contorni indefiniti. Grazie all' editio princeps realizzata nel 1815 da Grimur J6nsson Thorkelin, un Beowulf: islandese al servizio del re di Danimarca, il poema epico-eroico Beowuljù. 182 editio princeps versi) è divenuta l'opera anglosassone più letta e studiata, rivestendo un ruolo e fortuna moderna di primaria importanza nel sec. XIX a causa del clima politico concomitante con varie istanze nazionalistiche e con la ricerca di 'radici germaniche ' (cfr. Jurasinski, 2o o6). L' interesse per Beowulf, nato in una temperie romantica, non è venuto meno negli ultimi anni (Joy, Ramsey, 2oo 6; Schulman, Szarmach, 2012); nel 1999 è stato tradotto dal poeta e premio Nobel Seamus Heaney (Bacigalupo, 2003) e ha conosciuto diversi adattamenti cinematografici (Buzzoni, 2010 ). Le qualità allusive, le digressioni e la complessità della composizione a livello sia micro sia macrostrutturale rendono tuttavia complicata l' interpretazione del poema, che Harris (19 8 2, p. 236: 1992) ritiene una summa litterarum, una raccolta dei generi dell'oralità del Medioevo germanico �9• Una differenza fondamentale nella trama di Beowulf(cfr. riquadro 2) rispet- Il ruolo dei mostri co alla leggenda eroica risiede nei tre scontri dell'eroe con altrettanti mostri (Friedman, 19 8 1, pp. 103-7: Sharma, 2005), i quali, slegati da uno specifico cronotopo, sono dotati di un significato universale che trascende la categoria spazio-temporale di antagonisti umani, pur all' interno di un'ambientazione storica60• I mostri esprimono la libertà del poeta nel trattare la tradizione, 57· Paolo Diacono nella Historia Langobardorum (seconda metà del sec. vm) dichiara che la fa­ ma delle imprese eroiche del re longobardo Alboino (t 572.) veniva ancora celebrata nei canti di Bavari, Sassoni e di altre genti «della stessa lingua» (Capo, 1992., pp. 68-9 ). 58. Per i più antichi riferimenti a una tradizione di canti germanici in scrittori classici, tardoantichi e altomedioevali come Tacito, Ammiano Marcellino, Ausonio, Prisco, Procopio, Jordanes, Gre­ gorio di Tours e Venanzio Fortunato, cfr. Opland (19 80, pp. 40-73) e Anderson (1987, pp. 3-16). 59· Tra i quali si contano la genealogia (vv. 4-64), l'encomio (vv. 867b-915) e il duello verbale (vv. 499-606), mentre le ultime parole di Beowulf rientrerebbero nel contesto del canto di morte tradizionale, testimoniato anche nella letteratura norrena. 6o. L'interesse per le creature meravigliose nell' Inghilterra altomedioevale sembra confermato dallo stesso Codice Nowell (la parte del Cotton Vitellius A xv contenente Beowuif) , nel quale si tro­ vano le versioni in volgare di opere quali De rebus in oriente mirabilibus e della Epistola Alexandri ad Aristotelem, dove vengono descritti serpenti, draghi, giganti e mostri cannibali.

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Le civiltà letterarie del Medioevo germanico RIQUADRO

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Beowulf

I l poema ha inizio con l'arrivo dal mare del fondatore eponimo della dinastia danese degli Sci ldinghi, Scyld Scefing, il suo regno e il suo funerale navale. Il pronipote H rothga r costrui­ sce una magnifica reggia, Heorot ("I l Cervo"), attaccata ogn i notte da Grendel, un mostro an­ tropomorfo e a ntropofago che vive nella marca pa ludosa. Dopo dodici anni d i faide, Beowulf, giovane guerriero ni pote del re dei Geati Hygelac, gi unge da lla Svezia in soccorso del re da­ nese, i l qua le aveva a suo tempo dato rifugio a suo padre, i nsieme a q uattord ici guerrieri scel­ ti. Alla reggia di H rothgar il consigliere del re, U nferth, ne mette però in dubbio le capacità, e Beowulf è costretto a difende rsi narra ndo i propri exploit eroici. Dopo il banchetto, Danesi e Geati si addormentano, mentre Beowulf veglia in attesa di G re ndel, che, sopraggiunto, d ivora un geata dormiente e si scontra con Beowulf. La lotta provoca la distruzione di gran parte del­ la sala e, mentre Grendel fugge per evitare una i nattesa sconfitta, Beowulf lo afferra per un braccio, stra ppandoglielo di netto con tutta la spalla. Il giorno dopo tutti i guerrie ri seguono le tracce del sa ngue di Grendel fino a lla pa lude, conclude ndo che il mostro sia morto e, di ri­ torno a lla reggia, uno di loro i ntona un canto che paragona Beowulf a Sigemu nd, l'eroe ucci­ sore di dragh i. N ella reggia i n festa vengono sca mbiati doni e uno scop ca nta l'antica storia di Finn. Wealtheow, regina di Hrothgar, cerca rass icurazioni da Beowulf sui di ritti dei suoi figli al trono danese. N ella notte, mentre tutti dormono, gi unge alla reggia in cerca d i vendetta la madre di G rende l e cattura uno dei più stretti collaboratori del re. Al mattino Beowulf si offre di vend ica rlo e si reca alla pa lude con un d rappello di Danesi e Geati, che lungo il cammino trovano la testa del danese massacrato. Beowulf accetta una spada da U nfe rth e si i mme rge nella pa lude, dove a lcuni mostri cercano i nva no di penetrare la sua a rmatura. La madre di G rendel lo trascina nella sua dimora subacquea, in una stanza asciutta e illumi nata, nella quale i d ue lottano, senza che la spada di U nfe rth abbia a lcun effetto sulla donna-strega. Sul momento di cedere, Beowulf afferra una spada magica appesa a l muro e con q uesta uccide la madre e decapita il corpo di Grendel, che si trova nella stanza, fondendo la la ma della spada come gh iaccio. Alla vista del sangue che sale in su perficie, i guerrieri da nesi pensa no a lla tragica fine dell'eroe e se ne van no, me ntre i fidi Geati restano, spe rando che il loro signo­ re sia sopravvissuto. E Beowulf i nfatti riemerge, con la testa d i G rendel e la sola elsa della spada liq uefatta dal sa ngue velenoso del mostro. Al ritorno a lla reggia, H rothgar, ascoltato il resoconto di Beowulf, lo loda come eroe e potenziale re, pronuncia ndo un discorso sui pericoli dell'orgoglio. Dopo l'i mmancabile scam bio di doni preziosi, Beowulf e i suoi uomini tornano in patria, dove, dopo un nuovo scam bio d i doni, l'e roe racconta l'accaduto allo zio e sovra no, presage ndo (a ragione) future faide tra H rothga r e il genero l ngeld. Cinquant'anni dopo, Beowulf è divenuto re, dopo che Hygelac e ra stato ucciso durante una razzia i n Gallia e il giovane figlio di Hygelac, Heard red, servito lealmente da Beowulf, aveva perso la vita nella guerra contro gli Svedesi. Re Beowulf deve ora affronta re la te rri bi le insidi a del desti no, sotto forma di un drago che, s puta ndo fuoco, devasta il regno dei Geati, per via di un piccolo furto dal tesoro antico e maledetto che i l mostro custodisce nel suo tum ulo. Beowulf si a ppresta ad affrontare i l drago, eq ui paggiato con cotta d i maglia, spada e scudo di ferro; lo accompagnano u nd ici seguaci, con il ladro come tredicesi mo uomo che funge da guida. Al sopraggiungere dello scontro, i l protagonista pronuncia un discorso, in cui considera il triste destino di altri re, poi con un grido chiama il d rago fuori dalla tana e inizia la lotta. È subito chiaro che da solo Beowulf non può vi ncere, ma i suoi uomini, terrorizzati, non osano fa rsi avanti. Solo Wiglaf, congi unto di Beowulf, i nte rviene nella misch ia e con il suo aiuto l'e roe vi nce il d rago, spirando tuttavia pochi istanti dopo aver contemplato, con ma lcelato orgoglio, il magn ifico tesoro. Wiglaf rimprovera i coda rd i e prende il comando, mentre un messaggero pred ice l'im­ minente guerra mossa dagli Svedesi contro i Geati, senza più un re. l Geati trova no Beowulf e il d rago morti uno accanto a ll'altro e porta no via il tesoro, che viene bruciato insieme a l sovra no s u un promontorio marino, tra i l lamento funebre d i una donna e i ca nti di encomio di dod ici nobili guerrieri.

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contribuendo in modo determinante alla dimensione simbolica che caratte­ rizza il poema. Il testo latino medioevale noto come Liber monstruorum, prodotto in In­ ghilterra tra la metà dei secc. VII e VI II, descrive esseri mostruosi antropo­ morfi (Libro I) , mostri animali (Libro II) e mostri serpentiformi (Libro III) , in una triplice tipologia che ricorda da vicino la natura dei mostri affrontati da Beowulf, Grendel (mostro antropomorfo), la madre di Grendel (che ha carattere animalesco) e il drago (che è creatura serpentiforme). È inoltre in­ teressante rilevare che, nel secondo capitolo del Libro I, si menziona proprio Hygelac (il re dei Geati del poema) come esempio di uomo gigantesco le cui ossa immense si troverebbero su un'isola alla foce del Reno 61• La prima parte del poema (fino al v. 2199) descrive la vittoria di Beowulf su G re ndel, che, mosso dall ' invidia per l'armonia e il calore sociale tra gli esse­ ri umani nella reggia, la devasta ogni notte per dodici anni, per poi passare alla madre del mostro che cerca vendetta per il figlio. La seconda parte ( vv. 220 0-31 82) si svolge dopo uno iato di cinquant'anni: un anziano Beowulf, divenuto re dei Geati, si scontra con un drago che devasta il suo regno, uc­ cidendolo ma restando ferito a morte. li poema si conclude con un funerale ( il suo), non molto diversamente da come si era aperto. Le leggende eroiche germaniche conoscono l 'uccisione di un drago anche nella materia nibelun­ gico-volsungica, in cui però il tema è inserito in una rete di conflitti familiari politico-genealogici più complessi (Wolf, 1995, p. 87 ), laddove tradimento e vendetta sono presenti in Beowulf solo incidentalmente, in digressioni e allusioni secondarie rispetto agli scontri con gli esseri mostruosi 62• Dalla stirpe di Caino dalla quale discende, Grendel porta su di sé l'ira di Dio ; Grendel lui e la madre sono figure non collegate a leggende eroiche (al contrario del e la madre di Grendel drago), evidenziando una forte connotazione cristiana. Egli è incarnazione del male satanico (Niles, 1991, p. 138): anche se i termini impiegati per descriverlo, come ad esempio eoten (v. 761 ) "gigante, mostro�pyrs (v. 426 ) "gigante", provengono dalla demonologia pagana, gli si attribuiscono anche epiteti tipici del Diavolo, comefeond mancynnes (v. 164 ) "nemico del genere umano': e vive in un luogo che richiama l' Inferno. La caratterizzazione di Grendel presenta così una doppia prospettiva: quella dei personaggi, nella quale incarna un mostro della demonologia pagana, e quella del poeta e del suo pubblico, per i quali 61. Re Hygelac dei Geati è menzionato in fonti storiche d'età merovingica a proposito di una raz­ zia in territorio franco nel sec. VI. Questa razzia, che portò alla morte del re, è menzionata quattro volte nel poema, ai vv. ao1-1114, 1354-1366, 1501-1508 e 19II-1911. 61. Oltre ai tre mostri principali, il mondo naturale è rappresentato anche da eotenas andylve and orcneas "giganti ed elfi e morti viventi" (v. 1Il), maligne creature marine (nell'episodio della gara di nuoto con Breca, vv. 549-579a), niceras "mostri marini" (abbattuti da Beowulf in gioven­ tù, v. 411a), niceras "mostri marini" e s4dracan "draghi marini" nella palude di Grendel (vv. 1417b, 1416a).

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Il d rago

Fonti e analoghi

Grendel è una manifestazione del Maligno in senso cristiano (Robinson, 1991, p. 149 ). Della madre viene sottolineata la natura bestiale e acquatica con la definizione di brimwylf(v. 1506) "lupa del mare" (Marshall, 2010 ). n canto estemporaneo di un guerriero celebra la vittoria di Beowulf su Grendel paragonandola all'uccisione del drago da parte dell'antico eroe Sigemund (Koch, 2010; Lendinara, 2010 ), riferimento che, oltre a esaltare il valore del pro­ tagonista innalzandolo a un livello leggendario, adombra la battaglia finale con il 'suo' drago. La lotta contro un drago è un motivo archetipico noto a diverse culture (Watkins, 1995: Rauer, 2000, pp. 174-9 8), ma, nel poema, esso è stato interpretato come rappresentazione del Leviatano della tradizione ebraico­ cristiana o comunque come l'incarnazione del male e del caos 63 (Klaeber et al., 2oo8+, p. XLVII ) . Nella tradizione agiografica il drago è associato al Diavolo, sulla base scritturale dell'Apocalisse, e anche nei bestiari medioevali è simbolo di Satana64, benché nel poema non sia caratterizzato da quegli epiteti di senso dia­ bolico che invece identificano apertamente Grendel. Se Beowulfè stato per an­ ni un guardiano 'saggio' (ftod) del suo popolo, lo stesso epiteto contraddistin­ gue anche il drago, nella funzione di antico guardiano del tesoro. J. R. R. Tolkien (1936, p. 259) ne sottolinea il valore di simbolo di malizia e avidità, mentre per Niles (19 83, p. 30) esso è un memento dei limiti del successo mondano. n fatto che il protagonista non fosse noto alla tradizione eroica locale (non è menzionato infatti al di fuori del poema 6s) non comportava l'obbligo di rispet­ tare riferimenti storico-leggendari, permettendo così di modellarne le caratte­ ristiche con più libertà rispetto a una figura nota (Wolf. 1995, p. 87) e offrendo non una celebrazione tout court del tradizionale ideale eroico, ma piuttosto una riflessione più complessa su quell'ideale. Beowulf presenta caratteristiche che nel folclore66 rimandano alla tipologia del 'figlio dell'orso', così che la storia dello scontro con Grendel verrebbe a rappresentare l'equivalente eroico di un racconto folcloristico e fiabesco (Panzer, 1910 ). Sono stati individuati paralleli­ smi indoeuropei (Anderson, 2010) e scandinavi (Niles, 2007b) per quanto ri­ guarda le lotte tra un eroe e i mostri67, tra cui una possibile analogia con il Boòvarr della Saga di Hro/fr Kraki [e dei suoi guerrieri] (l Hrolfi saga kraka ok 63. Grundrvig (1810, p. so) individuò nello scontro di Beowulfe il drago un'analogia con la lotta del dio l>6rr contro Miògardsormr, il "Serpente del mondo" della mitologia scandinava, ai Ragnarok (il "crepuscolo degli dei"), al punto che battezzò il poemaEn Thors-Drape "Encomio di l>6rr� l>6rr riesce a uccidere il Serpente restandone a sua volta ucciso, come Beowulf. 64. Anche nella Pantera del Fisiologo anglosassone (nel Libro di Exeter) si dice che essa è simbolo di Cristo e amichevole con tutti gli animali tranne che con il drago, simbolo di Satana. 65. ll nome stesso non rispecchia tipi onomastici della leggenda eroica ed è un unicum, forse una metafora (''lupo delle api" = 'orso'), in cui l'orso rappresenta una definizione per < G UERRIERO > . 66. Anche Grendel doveva essere una figura del folclore; il suo nome è associato a fossi e stagni, nel Sud-Ovest dell' Inghilterra, in documenti legali a partire dal sec. VIII (Lapidge, 1981, pp. 179-84). 67. Lo studio delle fonti di Beowu!finizia nel 1878 con Guòbrandur Vigflisson, che individua analogie con la Saga di Grettir antico islandese.

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kappa hans) 68 e delle tarde Bjarkarimur (sec. xv, derivate dalla *Skjoldunga saga, cfr. CAP. 6, PARR. 1.1 e 7. 4), che come Beowulf proviene dalla terra dei Gautar (forma norrena di aingl. Géatas, i Geati) e giunge in Danimarca, dove combatte e uccide una creatura mostruosa. Le relazioni scandinave non sono tuttavia sicure (Andersson, 1997, pp. 131-3), poiché le analogie potrebbero comunque derivare dal comune retaggio folclorico (Fjalldal, 1998: 2013). Beowulf, prodotto del sincretismo tra Cristianesimo e tradizione germanica, Il personaggio unisce alle qualità dell 'eroe quelle del santo cristiano: è caratterizzato da gen­ di Beowulf tilezza e clemenza (vv. 3180-3182), è uomo d'azione coraggioso e dalla volontà di ferro, anche se parla con eloquenza (Frank, 2014) ed è dotato di sensibilità morale: non richiesto, offre aiuto ai Danesi nel momento del bisogno: insul­ tato da Unferth, non gli serba rancore 69 ; rifiuta il trono geata per fare invece da tutore al giovane erede e cugino Heardred Quasi sotto ogni aspetto, Beowulf è commisurato a Grendel, mostro antropomorfo dotato di forza stra­ ordinaria, mentre Beowulfè uomo dalla forza mostruosa: Grendel non utiliz­ za armi, così Beowulflo affronta a mani nude. Grendel ha una stazza superio­ re a quella di ogni uomo, e la statura di Beowulf è superiore a quella dei suoi seguaci (v. 247b): Grendel e la madre sembrano a proprio agio sia sulla terra sia nell'acqua, e anche Beowulf, armato da capo a piedi, è capace di andare sul fondo del Mare del Nord e della palude: sia Grendel sia Beowulf sono esseri smisurati, mostri, aguca, epiteto che il poeta applica a entrambi, oltre che al drago (vv. 159, 2590 ), e anche la loro ira è formulata con gli stessi termini: l'e­ spressione he gebolgen W4S "era gonfio di rabbia" (vv. 723b, 1539b, 222ob, 255ob) si riferisce sia a Grendel, sia a Beowulf, sia al drago (Teichert, 2014). I due non differiscono in potenza ma in indole : Grendel è un distruttore, è la perversione della volontà, laddove Beowulf è il trionfo della volontà sulla pau­ ra e sulle manchevolezze che possono minare il carattere dell'uomo migliore (Niles, 19 83, pp. 20-1). Solo Beowulf non fugge i mostri ma li affronta, mentre tutti gli altri (tranne Wiglaf) non ne sono capaci, osservazione che induce a individuare il senso della storia proprio nel confronto con il mostruoso, per combattere ciò che nella natura, nella società e in noi stessi minaccia di cancel­ lare le gioie umane sostituendole con l'oscurità e l' isolamento. La datazione del poema è questione dibattuta (Chase, 1981; Bjork, Obermeier, Proposte 19 97: Neidorf. 2014), e le proposte vanno dal tardo sec. VII fino ali ' inizio del di datazione sec. XI. A un certo consenso, registrato ancora di recente, intorno ai secc. VIII-IX 7 0 - sulla base di argomentazioni di ordine metrico (Fulk, 19 92), lin68. L'epiteto di Boèlvarr è Bjarki ("orsetto"), ed è figlio di Bjorn ("Orso") e di Bera ("Orsa"). 69. Lo scontro verbale (jlyting) con il cortigiano danese Unferth, che mette in dubbio le capacità dell'eroe, dà occasione a Beowulf di ribadire le proprie imprese e doti, vantando così, in una società competitiva, le proprie credenziali di degno avversario di Grendel. 70. La preferenza per una datazione che precede l'epoca delle invasioni vichinghe (che iniziano alla fine del sec. VIII) si basa sul presupposto che non sia pensabile un'ambientazione danese in una

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Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Ambientazione tem porale e società eroica

guistico (Neidorf. 201 3a), culturale (Clemoes, 1995) e paleografìco (Lapidge, 2000) -, si contrappongono tuttavia le osservazioni di ordine codicologico e paleografìco avanzate in un celebre saggio da Kiernan (1981), che ricondur­ rebbe l'origine del poema alla stesura del manoscritto, di poco posteriore al Mille. Sulla base dei dati archeologici, la cultura materiale che va dal sec. VI fino al sec. VIII concorda con i riferimenti del poema, ma è possibile che la cultura vichinga nel Nord dell' Inghilterra dei secc. IX-X possa aver fornito i modelli per certe caratteristiche arcaiche delineate nel poema (Hills, 1997, p. 309 ). Una data di composizione nei secc. VIII-IX presupporrebbe che il testo sia stato copiato diverse volte prima di approdare nel Nowell Codex71• Schiicking (19 17, p. 407 ), quasi unico ai suoi tempi, data il poema all'epoca delle razzie vichinghe, tra 890 e 900, quando si sarebbe creata una adeguata fusione tra le culture anglosassone e scandinava, sostenendo che Beowu/fsa­ rebbe stato composto da un cantore locale per un principe scandinavo del Danelaw7\ desideroso di integrare l' istruzione morale del fìglio 73• Piuttosto curiosamente l'ambientazione non è anglosassone ma scandinava, e le azioni principali si svolgono tra regno dei Danesi e regno dei Geati, in Svezia meridionale: vengono inoltre menzionati Svedesi, Franchi e Frisoni, genti della Scandinavia e Germania settentrionale, zone da cui Angli, Sasso­ ni, luti, Franchi e Frisoni erano migrati verso la Britannia nel sec. V74• Le vicende si svolgono in un lontano passato, come sottolineano le rare indi­ cazioni temporali: il tesoro è rimasto sottoterra mille inverni (v. 3050 ), il dra­ go lo ha posseduto per 300 anni (v. 227 8). L'esordio stesso del poema, carat­ terizzato dall'espressione on geardagum "nei tempi antichi" e dalla menzione di Scyld Scefìng, richiama l'antichità pagana dei Dani/Danesi, etnia storicasituazione di forte frizione militare e sociale. In realtà i rapporti anglo-danesi non furono sempre e soltanto conflittuali, e con il tempo si sviluppò anche una convivenza pacifica. La storia dei Danesi in Inghilterra vede un graduale processo di acculturazione, favorito dalla mancanza di unità poli­ tica tra i Danesi stessi, che si convertirono al Cristianesimo e si rivolsero ai re del Wessex per essere protetti dalle razzie del sec. x perpetrate soprattutto dai vichinghi norvegesi di stanza in Irlanda. 71. I riferimenti storici databili sono due: il primo riguarda Hygelac, re dei Geati e zio di Beowulf, personaggio storico collocabile ca. nel 52.0 (che funge da terminus ante quem non), sulla base della sua menzione nella Historia Francorum di Gregorio di Tours (sec. VII) come capo di un grup­ po di razziatori in territorio franco. L'altro riferimento, più incerto, riguarda la menzione dei Merewioingas (v. 2.92.1a), la dinastia merovingia (ma l'identificazione è controversa) tra il 481 e il 751 (che potrebbe essere quindi il terminus ante quem), cfr. Goffart (2.007 ). 72.. Danelaw "(Territorio della) legge danese• definisce le aree dell'Inghilterra (grosso modo Yorkshire, Anglia orientale e Midlands centrali e orientali) colonizzate da emie scandinave a par­ tire dalla seconda metà del sec. IX. 73· Per il carattere centrale del tema della regalità, il poema potrebbe infatti rappresentare uno Speculum principis. 74· La materia leggendaria di Beowu!fera radicata nella cultura locale, tanto che le figure scandi­ nave portano nomi la cui forma è perfettamente adattata alla fonetica antico inglese (Bjorkmann, 1910, pp. 198-2.02.); sui nomi propri nel manoscritto del Beowu!fcfr. anche Neidorf (2.013b).

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mente opaca presente in Inghilterra - se non al momento della composizione del poema, di certo al momento della messa per iscritto. La funzione artistica del prologo, oltre ali 'affermazione della gloria della dinastia danese, è di trac­ ciare un parallelo tra Scyld e Beowulf, entrambi giunti dal mare per soccorre­ re i Danesi, mentre il funerale di Scyld ali' inizio del poema, ripreso da quello di Beowulf alla sua fine, getta un'ombra di fatalità sulle vicende (Bonjour, 1950, pp. 3-11). Hw.:et, We Gar-Dena in geardagum peodcyninga prym gefrimon, hu òa .:epelingas ellenfremedon.

Attenzione! Sappiamo della Gloria, in giorni lontani, dei Danesi con l'Asta, dei re della nazione; che grandi cose fecero quei principi, nel passato

L'esordio, oltre a mettere in evidenza Danesi, re, principi, gloria e atti eroi­ ci, sottolinea il valore del passato e delle origini, le origini della dinastia di Hrothgar, con Scyld, e poi quelle di Grendel, dal seme di Caino. n passato eroico, anche se dipinto come epoca oscura e crudele, fornisce modelli di con­ dotta assoluti, da imitare o da evitare (Gwara, 2008, pp. 37-8): quando Beowulf viene elogiato, è paragonato a Sigemund, quando viene messo in guardia è pa­ ragonato a Heremod n poema inizia e finisce con riferimenti al valore dura­ turo di gloria e fama (lof, vv. 24, 3182) che danno risalto al tema nodale degli atti eroici, inducendo alcuni critici a sostenere che esso sia in primo luogo pro­ prio una celebrazione dell'eroismo (Niles, 1997). n poeta non sembra infatti mantenere una distanza critica significativa dalla società che dipinge, non ne condanna il codice eroico in sé ma ne tratteggia il fascino e i limiti, lamentan­ do solo alcuni particolari fall imenti responsabili della tragedia (Hill, 2ooo). Nel suo complesso, Beowulfruota intorno alla violenza (Sutton, 2007) e, pur esprimendo inquietudine e turbamento, non arriva al totale ripudio dell'eroe, del suo mondo o della violenza stessa che lo alimenta (Neville, 2014). Beowulfè stato considerato come modello di un genere che rispecchia la so­ Milieu di prod uzione cietà aristocratica guerriera della seconda metà del sec. VIII, il cui pubblico del poema apparteneva a quella nobiltà d'arma di cui il poema rifletterebbe costumi e ideali (Whitelock, 1951, pp. 77-8), ma al contempo altre interpretazioni ten­ dono a collocarlo in un ambiente monastico, luogo prioritario di redazione e copiatura della cultura testuale. Un tale ambiente non era necessariamente estraneo né sempre ostile alla società aristocratica, ai suoi valori e alla sua tradizione poetica, che permeavano la vita dei suoi membri 7s. 75· I canoni del Sinodo di Clofesho (747) proibiscono nei monasteri la presenza e l'intrat­ tenimento frivolo poetarum, citharistarum, musicorum, scurrorum (Haddan, Stubbs, 1869-71, vol. III, p. 369 ) , una ricchezza di figure che ne conferma l'ampia diffusione. 173

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La forma del poema: possi bili modelli classici

La Liedertheorie

L'i nterpretazione d i ]. R. R. Tolkien

Anche la provenienza geografica del poema è incerta ed è stata variamente in­ dividuata in Northumbria (Wormald, 1978), nel Wessex (Lapidge, 19 82) nel­ la Mercia (Schneider, 1986) o in Anglia Orientale (Newton, 199 3). li dialetto è sassone occidentale tardo, anche se sono presenti peculiarità morfologiche e lessicali angliche (Fulk, 1992, pp. 309-25). La rappresentazione è improntata all ' ordo artificialis, a una progressione non cronologica che non riflette la tecnica rappresentativa del carme eroico della tradizione orale e offre una prospettiva insolita rispetto a quest'ulti­ ma, più vicina alla composizione letteraria latina 76• Secondo Heusler ( 19 2 3) i Germani non conoscevano il genere dell' ep os, ma carmi e leggende della tradizione orale, che continuò a vivere anche dopo che i missionari ebbero introdotto la scrittura. Carmi e leggende rappresentano fenomeni primari che formano la base su cui si innesterebbe il fenomeno secondario dell' ep os, secondo la visione che considera la poesia epica 'estesa' uno sviluppo avve­ nuto sulla base dell' imitazione di modelli latini (contra Chadwick, 1912, pp. 73-6), tra cui soprattutto l'Eneide di Virgilio (Reichl, 2000, pp. 145-53: Luiselli Fadda, 2005) e, per la parte finale, la Tebaide di Stazio (Schrader, 1972). Secondo la cosiddetta Liedertheorie ottocentesca elaborata da Lachmann (1847), i poemi omerici erano il risultato dell'unione di composizioni più brevi e in questa temperie critica anche Beowulfvenne a essere considerato un assemblaggio di carmi (già secondo Kemble, 1836), come ad esempio fo r­ mulato anche da Miillenhoff (1869 ), già allievo di Lachmann. Successiva­ mente, sulla base di argomenti linguistici e stilistici, Schiicking (1905) arrivò a sostenere che la parte relativa al ritorno in patria di Beowulf (vv. 188821 99) sarebbe stata creata per unificare due diverse composizioni preceden­ ti; si tratta di una interpretazione che continua con un'appendice fino in Kiernan (1981), secondo il quale il 'ritorno a casa' di Beowulf sarebbe stato composto dai copisti del Nowell Codex per collegare due opere in origine distinte, ipotesi apparentemente confutata da concordanze grammaticali, sintattiche e metriche individuate tra il brano e il resto del poema (Fulk, 1992, pp. 1 6 6-7 ). La Liedertheorie tramonta agli inizi del sec. xx, ma sue vestigia permasero nell'opinione di Ker (1908, pp. 158-75), secondo il quale, a paragone dell 'I­ liade e dell' Odissea, la struttura del poema germanico non era particolar­ mente omogenea. Più tardi, Tolkien (1936, pp. 26 9-7 1) giunse a definire 76. In questo procedimento, che inserisce Beowu!fin una forma, l'epica lunga, tipica della civiltà letteraria latina, il pubblico 'colto' poteva riscontrare la valorizzazione del patrimonio narrativo autoctono. Per questa scuola di pensiero la forma di Beowu!fsarebbe dunque un'innovazione, di fronte all'originario tipo del carme breve, testimoniato nelle composizioni eroiche dell'Edda poe­ tica norrena, nel Canto di Ildebrando tedesco antico e probabilmente nel frammentario Battaglia di Finnsburh, mentre meno certa è l'estensione originaria di Waldere.

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Beowulfun poema eroico-elegiaco, sostenendo che i mostri non banalizza­ no la storia, come pensava Ker, bensì, nel ruolo di incarnazioni di temi co­ smici, le conferiscono maggiore pregnanza. La sua struttura è solida, basata su una strategia di giustapposizione e contrasto, a cominciare dalla princi­ pale divisione del poema che oppone la giovinezza e la vecchiaia dell'eroe, l'ascesa e la caduta, producendo così un effetto più simile all'elegia che all 'epica 77• La strutturazione del poema si basa su una serie di capovolgimenti dramma- Pri ncipi struttu rali tici, per cui ai successi si contrappongono continuamente i fallimenti, alle e stilistici speranze le disillusioni (Andersson, 19 So). La legge del contrasto è un principio che informa tutta la narrazione e si riscontra a vari livelli della struttura, ad esempio nell'opposizione reiterata di inizio e fìne : giovinezza e morte di Beowulf, arrivo e partenza di Scyld, costruzione e distruzione di Heorot ecc. Ripetizione, variazione e contrasto sono i principali aspetti stilistici (e strutturali), espressione dello stesso principio compositivo alla base del poema, l'apposizione (Robinson, 19 85, p. 14) 78• Ripetizione e variazione operano a livello della dizione, a livello sub -verbale (allitterazione, assonanza, rima) e a livello dei temi (Orchard, 2003, p. 57). Una serie di envelope patterns (Bartlett, 1935), schemi di ripetizioni ('a involucro'), fa sì che un brano venga incorniciato dalla ripresa fìnale di elementi presenti all' inizio 79, una strategia stilistica nota come 'composizione circolare' (Tonsfeldt, 1977) che crea uno schema chiastico in cui non solo un elemento iniziale è ripetuto come elemento fìnale, ma un altro, posto come secondo, è echeggiato dal penultimo e così via, fìno a un nucleo centrale 80: ai vv. 12-19, eafera "fìglio" sta all' inizio e alla fìne del blocco di versi e al centro vi è la situazione infelice dei Danesi senza re : Dcem eafora w�s �Jter cenned geong in geardum pone God sende folce tofrofre; fyrenòearfi ongeat pe hie d!r drugon aldor(le}ase

Gli nacque poi, nelle sue stanze, un figlio, giovane, che Dio aveva mandato in soccorso alla gente. Sapeva le perfide angustie patite, privi di un principe

77· li senso di fato incombente e di tragica necessità accomuna gran parte della poesia eroica germa­ nica, quasi inerente al genere stesso ( Fulk, Cain, 2.013, p. 2.09 ). 78. Secondo il principio dell'apposizione, della spada di Unferth non si dice solo che "il filo era di ferro" (ecgw4s iren), ma che era inoltre dter-tdnumfiih, dbyrded beapo-swdte "colorato di vene di veleno, indurito nel sudore di guerra" (vv. 1459-60 ). Anche lo schema strutturale basato sui continui rovesciamenti è esso stesso una manifestazione dello stile appositivo. 79· Gyrede bine Beowulf(v. 1441b) "Beowulf si preparò" viene ripreso infine da syòpan be bine tii guòegegyred b4jde "dopo che si fu preparato per la battaglia" (v. 1472.). So. Il principio della composizione circolare non si riscontra solo in passi delimitati, nella poesia anglosassone e in Beowulf; può essere il principio organizzativo di lunghi brani o anche di interi componimenti. Il poema infatti finisce così come era cominciato: con la lode di un grande re e con il suo funerale, Scyld all'inizio, Beowulf alla fine.

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per lungo tempo. Così, il Re della Vita, il Padrone della Gloria, fece un favore al mondo. Beowulfw12s breme - bl&d wide sprang - E fu famoso, Beowulf- correva in largo il nome Scyldes eafera Scedelandum in. il fìglio di Scyld, in terra scandinava (Koch, 1 987, p. s) lange hwile; him p12s Liffrea, wuldres Wealdend woroldareforgeaf:

La figura retorica più importante, l'anima del Beowulfcome dello stile po­ etico anglosassone, è la variazione, che consiste nell'affermazione doppia o multipla dello stesso concetto con parole diverse che aggiungono ulteriori significati, portando chiarimento, amplificazione o enfasi. La variazione concentra l'attenzione su un particolare personaggio o una particolare scena, come nei vv. 26 o2-26o4b, in cui Wiglafviene descritto attraverso cinque va­ riazioni e nei vv. 1323b-1328a, nel lamento di Hrothgar per .IEschere: Wiglafw12s haten Weoxstdnes sunu, Si chiamava Wiglaf, fìglio di Weohstan, leoflic lindwiga, leod Scylfinga, amabile guerriero con lo scudo, principe m&g/Eljheres. degli Scylfìngas, e parente di .tElfhere (Koch, 1987, p. 223) Dead is /Eschere Yrmenlafes yldra bropor, min runwita ond min r&dbora, eaxlgrstealla.

Morto è .tEschere, fratello maggiore di Yrmenlaf, il mio esperto di rune, il mio consigliere; un compagno al mio fìanco (Koch, 1987, p. 117)

Beowulf presenta tutte le caratteristiche tipiche della poesia anglosassone, portate a un altissimo grado di maestria, dimostrata anche dalla densità di composti, maggiore rispetto ad altre opere poetiche (a eccezione di Esodo). La sintassi è paratattica, ma si ha un uso strategico dell'ipotassi in alcuni brani a cui si vuole conferire particolare rilievo, come il discorso d'addio di Hrothgar. La ripetizione delle parole ha lo stesso significato della ricorrenza dei rituali: le vite stilizzate degli eroi, così come la dizione stilizzata del poe­ ma 8\ hanno la funzione di portare ordine entro un mondo potenzialmente caotico, e di controllarlo (Robinson, 1991, pp. 153, 156)81• 81. La rappresentazione stilizzata, l'astrazione e il formalismo troverebbero una corrispondenza neli' atte visuale anglosassone, nel motivo del!' intreccio tipico del disegno decorativo (Leyerle, 1967 ). 82.. Un esempio di narrazione astratta è l'attesa di Grendel in Heorot, quando soltanto Beowulf veglia, mentre tutti gli altri si mettono a dormire, per destarsi solo a lotta conclusa in una sala che ne è rimasta sconquassata: comportamento che non si spiega con ragioni mimetiche, ma con convenzioni stilistiche che trasmettono l'idea che l'eroe è forte, mentre i suoi compagni hanno la

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Il poeta si richiama alla tradizione orale ed esordisce con il richiamo conven- La trad izione orale zionale ali 'attenzione e ali' ascolto : hw�t (che letteralmente significa "che cosa") traducibile con "Ascoltate!': per procedere utilizzando wegefrunon: "noi abbiamo sentito dire� Tuttavia l'epos che segue non è semplicemente la messa per iscritto di una tradizione orale di carmi eroici noti al pubblico, ma una complessa ristrutturazione narrativa del passato eroico, attuata per mezzo di uno stile nato e sviluppatosi nella poesia orale, che continua a essere utilizzato nelle opere la cui genesi è ormai per iscritto. Le risposte a Magoun (19 53), che in base alla natura formulare del poema ne teorizzava una composizione orale, sottolineano l'uso strategico degli elementi tradizionali come composti, kenningar e dizione poetica (Brodeur, 1959, pp. 1-38). Sulla base degli schemi formulari, il poeta utilizza in maniera fluida simplices e composti per rispondere alle esigenze della metrica e della allitterazione, realizzando, sia pure nel contesto di una poesia tradizionale, la sua creazione con grande flessibilità. L' impostazione cristiana ha un ruolo importante tanto quanto il codice eroi- Valori cristiani co, così che Beowulf rappresenta una peculiare sintesi di entrambi. Al di là e ideali e roici delle interpretazioni di tipo mitologico-comparatistico, nel corso del secolo scorso un rilievo maggiore venne conferito alla cultura cristiana entro la quale il poema fu composto, giungendo a interpretazioni tanto divergenti da immaginare Beowulf sia come unafigura Christi sia, al contrario, quale simbolo dell 'uomo caduto. Approcci di tipo allegorico (Robertson, 1951) tendono a considerare il poema profondamente influenzato dalla tradizione patrologica. Esso sarebbe infatti la rappresentazione di una tragedia culturale e una condanna della società pagana ed eroica da una prospettiva cristiana, attraverso lo strumento dell 'ironia sistematica (Clark, 2003), in opposizione ai giudizi della Scuola novecentesca, come ad esempio in Kaske (1 958), convinto che il tema ancora dominante sia un eroismo definito secondo i canoni della cultura latino-cristiana di sapientia efortitudo. Muovendo da una prospettiva agostiniana, Huppé (1984) interpreta il poema come una critica all a società eroica, nella quale Heorot è simbolo della civitas terrena distrutta per il proprio orgoglio, come Babele, Sodoma e Gomorra; la sua devastazione prefìgura quella portata dal drago, simbolo di Satana, alla fi­ ne dei tempi. La stessa immersione di Beowulf nella palude è stata interpretata come un dramma allegorico basato sul rito del Battesimo, con la morte del vecchio io e la nascita del nuovo (Cabaniss, 19 55) 8\ Goldsmith (19 62) defini­ sce il discorso di Hrothgar (vv. 1700-1787 ), infarcito di luoghi comuni patrifunzione drammatica di far risaltare, per contrapposizione, la sua vigilanza e autodisciplina, secon­ do il principio del contrasto e non della rappresentazione realistica (Niles, 1983, p. 167 ). 83. In realtà il dettato del poema non sembra fornire appigli per simili interpretazioni. Le stesse immagini sono state lette in modi diametralmente opposti da considerare ad esempio Heorot come il tipo della città celeste e non della città terrena (Godden, 1991, p. 115).

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stici su tentazione e peccato, come un sermone che rappresenterebbe la chiave di volta del poema, con la funzione strutturale di dividerlo in due parti. Come una sorta di nucleo morale, esso sottolinea il tema dei pericoli dell'orgoglio e dell 'avidità a cui Beowulf, come eroe imperfetto, soggiacerebbe8+. Anche Chance (1986, pp. 95-108) si è focalizzata su invidia, orgoglio e avarizia, messi in evidenza nel sermone di Hrothgar, attribuendo l'invidia a Grendel, l'orgo­ glio alla madre di Grendel e l'avarizia al drago, così che il cardine su cui ruota il poema sarebbe lo scontro centrale con la madre di Grendel 8s. n rapporto tra ideali germanici e cristiani produce una reinvenzione del pas­ sato leggendario e una riflessione sulla cultura originaria degli Anglosassoni. Esiste una distanza storica tra il mondo pagano raffigurato nel poema e quello del poeta e dei destinatari cristiani, in cui gli elementi germanici ricevono una nuova connotazione spirituale: se Beowulf è un eroe liberatore e altruista e il suo epiteto manna mildust "il più generoso degli uomini" (v. 3181) ricorda la figura di Cristo, Grendel e la madre sono mostri di probabile origine folclori­ ca, definiti scuccan e scinnan ("demoni" e "spettri" della tradizione popolare), che presentano altresì tratti diabolici in senso cristiano. Dio è menzionato con i termini God, Liffrea, wuldres Wealdend ( vv. 13, 16, 17) e con le definizioni per 'Dio' testimoniate nella prima opera poetica anglosassone, l'Inno di c�dmon: Metod, God, Dryhten. Dopo la costruzione di Heorot il poeta di corte intona un canto sulla Creazione che presenta reminiscenze del Genesi biblico e che invita a stabilire un parallelismo tra l'edificazione della reggia e la creazione del mondo (vv. 92-98). n Fato (wyrd) non rappresenterebbe un potere auto­ nomo (come invece nella tradizionale visione germanica), ma è incluso nel concetto di Provvidenza divina, e, quando menzionata, l' idolatria dei Danesi (vv. 175-183a) è subito seguita da un excursus cristiano (vv. 183b-188). La grati­ tudine è espressa solennemente a Dio in diverse occasioni (vv. 227b-228, 62s28a ecc.), mentre moderazione e altruismo sono valori apprezzati, benché non esclusivi del Cristianesimo. L'azione della prima parte del poema è una continuazione della guerra co­ smica tra Dio e avversari mostruosi e diabolici, così che i popoli pagani della Scandinavia dell ' Età del ferro vengono posti in relazione diretta con la storia biblica. Nella lotta tra Bene e Male (gli esseri diabolici rappresentati princi­ palmente da Grendel) 86, Beowulfha un ruolo decisivo e vince grazie a una combinazione di forza propria e di aiuto divino (vv. 1269-1274b ) : 84. In particolare, la coppa che il servo ruba al drago sarebbe simbolo di quei temporalia per cui Beowulf sarebbe disposto a mettere in gioco la vita. 8s. I folcloristi e la critica femminista tendono a privilegiare una lettura tripartita sulla base degli scontri con i tre mostri, con la lotta contro un essere femminile al centro (Klaeber et al , 1008•, p. LXXX, nota 5). 86. Espressioni riferite a Grendel che ne caratterizzano la natura come demoniaca sonoflond on belle "nemico infernale" (v. lOib),flond mancynnes "nemico del genere umano" (v. 164b), belle bifta

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3-

Pcer him aglceca 12tgrcepe wearò; hw12thre hegemunde md!genes strenge, gimfoste gife, òe him God sealde, ond him to Anwaldan are geljfde frofre ondfultum; òce he thonefiond ofercwom, gehncegde helle gast.

La letteratura a nglosassone

[L'avversario] L'aveva afferrato: ma lui si ricordò della sua forza fisica, del saldo dono gemmeo che Dio gli aveva fatto, e si affidò al favore dell'Onnipotente, al suo sostegno, al suo aiuto. Con questi sopraffece il Nemico, piegò l'Orco infernale (Koch, 1 987, p. m )

Nell'ultima parte dell 'opera, i riferimenti biblici e cristiani si fanno molto più rarefatti, lasciando in taluni casi interpretare Beowulf come un eroe im­ perfetto, privo di limpidezza spirituale ( Goldsmith, 1970 ). Dal canto suo, tuttavia, il drago non ha quel taglio demoniaco che è la cifra di Grendel, né emergono in esso altre significative implicazioni cristiane. È il severo guar­ diano di un tesoro indiviso e non fruibile, che i Geati seppelliscono nel tu­ mulo di Beowulf come simbolo e manifestazione materiale della statura mo­ rale del nuovo possessore (Cherniss, 1972; Shippey, 1978), situazione opposta eppure collegata alla distribuzione rituale di doni preziosi che si svolge nella sala di Hrothgar. La fascinazione del tesoro permea la letteratura anglosasso­ ne come parte di una convenzione estetica (laddove l'omiletica condanna la ricchezza), e tuttavia la maledizione del tesoro del drago è descritta in toni cristiani 8 7• Nel sec. XIX, in linea con le fascinazioni romantiche, Beowulfera considera­ Dalla teoria del to una composizione pagana a cui era stata sovrapposta una patina cristiana; 'Christian colouring' in un simile contesto 'pagano' equivaleva a 'culturalmente puro', imperme­ alla teoria del abile all'influsso classico rappresentato dal Cristianesimo ; in realtà il poe­ 'pagan colouring' ma ha carattere decisamente cristiano, così come l'ambiente in cui ha avuto origine (Orchard, 2003b, pp. 130-68), e utilizza tra le sue fonti l'Antico Te­ stamento (Cavill, 2004). ll resoconto di un passato arcaico pre-cristiano svolge una funzione mediatrice tra la cultura eroica e un uditorio ormai cristiano, e così la descrizione dell'antico mondo è piena di dignità, la vita germanica è ritratta con toni favorevoli, allo scopo di integrare la parte mi­ gliore della tradizione all' interno del panorama cristiano (Niles, 1991, p. 13 4). Gli antichi eroi sono nobili pagani, associabili ai patriarchi dell 'An"ostaggio dell'inferno• (v. 788a) , belle gdst "spirito infernale" (v. 12.74a) , mentre la sua uccisione e quella della madre sono definite diojla hryre "distruzione di diavoli• (v. 168oa) . Gli epiteti di Grendel atol dgla!ca "mostro terrificante" (vv 592.a, 732.a, 816a) , Godes andsaca "nemico di Dio" (vv 786b, 1682.b) efyrena hyrde "pastore di crimini" (v. 750b) vengono attribuiti a Lucifero in Cristo e Satana. 87. Ai vv 3069-3075 si menziona il Giorno del Giudizio (domes dtg) e chi avesse saccheggiato il tumulo sarebbe stato "macchiato di peccati" (synnum scildig), "legato con lacci d'inferno• (hell-ben­ dum.fost) e "straziato dai vizi" (wommumgewitnad). .

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Le digressioni

tico Testamento (forse anche per questo mancano riferimenti neotestamen­ tari), i quali, pur senza conoscere la fede cristiana, si dimostrano virtuosi e ri­ flessivi. Vi è forse ragione di ritenere invece la vendetta di sangue, il valore della gloria terrena ottenuta con il coraggio, i legami del comitatus tratti scenografìci di un maquillage 'pagano', efficace accorgimento stilistico antiquario nel quale spiccano le tre cerimonie funebri di carattere p re-cristiano ( Owen-Crocker, 2o oo; Bradley, 2009 ), descritte a tinte fosche e maestose: il funerale navale di Scyld Scefìng, il rogo funebre per i caduti di Finnsburh, il rogo rituale e il tu­ mulo di Beowulf, tutti dotati di ricchi corredi. Dopo la conversione, a partire dal sec. VII, non si registrano più cremazioni tra gli Anglosassoni e la pratica tradizionale di dotare i morti di corredi tombali cessa, almeno ufficialmente, nel sec. VIII. La descrizione delle pratiche funerarie del poema denuncerebbe quindi un interesse storico-antiquario, nel quale tuttavia fa ingresso il tema preponderante del dolore umano, simboleggiato dal lamento della donna geata intorno al tumulo di Beowulf. Alla trama principale, incentrata sulla lotta contro i mostri, viene collegato il tema delle faide familiari, caro alla leggenda eroica 88• Con il loro bagaglio di inganni, tradimenti e rovina, esse si innestano nel tessuto del racconto attra­ verso le digressioni, che svolgono un ruolo fondamentale nel sofisticato dise­ gno strutturale (Hill, 2oo8 ) , in funzione di contrasto e complemento reali­ stico su cui risalta l'azione principale e più simbolica (Bonjour, 19 50, p. 71 ) . Simili digressioni vanno da allusioni di pochi versi fino a narrazioni più lun­ ghe e complicate 89, e le modalità della loro introduzione sono variabili: le leggende di Sigemund (vv. 853-897 ) e di Finn (vv. 1068-1II9 ) sono recitate da un cantore, mentre in altri casi l' inserimento avviene per mezzo di paragoni e di contrasti. I singoli episodi hanno spesso un valore funzionale: il contra­ sto con Unferth caratterizza l'eroe come saldo e calmo di fronte alle provoca­ zioni; il canto della Creazione, dopo la costruzione di Heorot, acuisce invece il conflitto tra la comunità umana dei Danesi, protetti, arroganti e gioiosi nella loro reggia, e la rabbia di Grendel, emarginato nella palude. Durante la celebrazione della vittoria di Beowulf su Grendel lo scop canta il carme del massacro di Finnsburh, che si pone in doloroso contrasto con una atmosfera festosa. L'Episodio è una citazione indiretta di un carme eroico, il cosiddetto Frammento (o) Battaglia di Finnsburh (von See, 1971, p. 47 : cfr. oltre). Con i suoi circa 100 versi, esso è il più lungo delle digressioni90 e ri­ veste una precipua importanza strutturale, anche perché la rappresentazione 88. Già Phillpotts (1918) aveva preso in esame Beowu!fnel contesto della letteratura eroica germa­ nica, notandovi uno spirito diverso dal Canto di Ildebrando o dai carmi dell'Edda poetica, dove i dilemmi derivano dai conflitti di doveri e di opposte lealtà, qui limitati a digressioni ed episodi. 89. Klaeber et aL (1008\ p. LXXXIV) elenca una lista di ventotto episodi e digressioni. 90. L'Episodio presenta un'alta concentrazione di hapax legomena, soprattutto composti, che pos-

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di lotte interfamiliari anticipa l'entrata in scena della regina Wealhtheow, a cui è riservata una sorte simile a quella di Hildeburh nella storia di Finn. La regina si preoccupa per il proprio figlio, mentre Hildeburh il figlio lo ha già perso. Hildeburh, figura centrale della vicenda, è rappresentata come una vittima innocente nella faida in cui i suoi congiunti perdono la vita. Dopo lo scontro che provoca la morte del fratello e del figlio di Hildeburh, la tregua giurata tra il re frisio Finn e il capo danese Hengest (che guida i suoi dopo la morte di Hnref) è una pace precaria su cui aleggia lo spettro della vendetta. Il conflitto di lealtà che Hengest vive, tra il dovere della vendetta per il suo signore e il patto scambiato con Finn, è un tema tipico delle leggende eroiche (Wolf, 20 o 9). L'Episodio rispetta in una certa misura le convenzioni del ge­ nere epico-eroico, ma presenta anche una problematizzazione nei confronti della battaglia e della vendetta, poiché al centro rimane comunque il dolore di Hildeburh, privata dei parenti e ricondotta in patria al pari di una spoglia di guerra 91 • La storia ha un significato esemplare come simbolo della potenza distruttiva dei valori della società tradizionale del passato e presenta sotto la lente della riflessione cristiana un tema tradizionale certamente noto agli ascoltatori. Al ritorno nella terra dei Geati, Beowulf narra a Hygelac la vicenda di lngeld, il re degli Heathobardi che sposa la figlia di Hrothgar, Freawaru (vv. 202420 69 ), un matrimonio che non riuscirà tuttavia ad assolvere alla sua funzione di strumento di pacificazione tra stirpi in lotta, come già quello di Hildeburh con Finn 91• Le storie di Finn e lngeld p re figurano la tragedia finale dei Dane­ si di Heorot, così come le digressioni sulle guerre con gli Svedesi e i Franchi producono il senso di fato ineluttabile che incombe sui Geati e che si compi­ rà dopo la morte di Beowulf. Frammento di Finnsburh è un testo mutilo di 48 versi, pubblicato da George Hickes nel suo Thesaurus (Linguarum veterum septentrionalium thesaurus grammatico-criticus et arch�ologicus, 1703-os), nel quale afferma di averlo rin­ venuto in un singolo foglio, poi perduto, di un codice di omelie presso la Lambeth Library. La datazione è particolarmente ardua dal momento che il manoscritto è scomparso e il testo trascritto e stampato da Hickes contiene sono derivare da un carme più antico, ma non escludono un conio del poeta che li avrebbe costruiti secondo schemi tradizionali per conferire un'aura di antichità (Frank, 1991, p. 101). 91. Hildeburh e la sua sofferenza conferiscono al brano un tono elegiaco. Altri passi 'elegiaci', carat­ terizzati dalla tematica della perdita e della transitorietà, sono il 'Lamento dell'ultimo sopravvissuto' (vv. 1147-2.166) e il 'Lamento del padre per il figlio' (vv. 1444-1461), che riflettono il tono di lutto dell'ultima parte del poema; la distruzione del popolo dell'ultimo sopravvissuto prefigura quella del regno di Beowulf, dopo la morte del re (Bonjour, 19 50, pp. 68-9 ). 91. Nella poesia anglosassone la donna è definitafreoòu-webbe "tessitrice di pace", metafora riferita al ruolo delle nobili nei matrimoni organizzati a scopo strategico tra clan reali o dirigenti per assicurare la pace tra genti ostili; l'immagine prende spunto dalla tessitura di stoffe, una delle principali attività femminili nel Medioevo. Hildeburh e Freawaru, tuttavia, falliscono in questo ruolo.

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Frammento di Finnsburh

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molti errori; il dialetto è sassone occidentale tardo, con la presenza di elemen­ ti anglici e kentici. Watson (20 02, p. 4 9 9 ), dopo aver individuato scandinavi­ smi linguistici e influenze scaldiche nell'uso di kenningar, ha proposto una datazione che oscilla tra 870 e 950 e un luogo d'origine situato in Northum­ bria. Ciò che resta descrive l' inizio di un attacco armato da parte dei guerrie­ ri del re frisone Finn nella sala di quest'ultimo, nella rocca di Finnsburh, dove si trovano il principe danese Hna:: f e il suo seguito di sessanta guerrieri, in visita alla sorella di Hna::f. Hildeburh, regina di Finn. Nel frammento i movimenti sono veloci e domina il gusto tradizionale per la battaglia, in con­ trasto con l'Episodio narrato in Beowulf, che ha invece un tono malinconico, percorso da tensioni morali che nascono dali'osservazione di una società scossa da faide: il frammento celebra il coraggio e lo stoicismo nel contesto di una lotta sanguinosa, senza ricorrere a elementi riconducibili a una matri­ ce cristiana 93. In Beowulf, l'Episodio rappresenta una digressione in cui la vicenda è deline­ ata con stile allusivo ed evocata con pochi dettagli: si concentra sulla tregua, il funerale, i pensieri di Hengest, il dolore di Hildeburh. li Frammento offre invece maggior ricchezza di particolari, benché privo della successione com­ pleta degli eventi; inoltre, i 145 versi dei due testi nel loro complesso conten­ gono ben quaranta hapax legomena dal significato problematico. Unendo le informazioni delle due fonti risulta che la battaglia tra Frisoni e Danesi in­ trappolati nella sala dura cinque giorni, al termine dei quali Finn e Hengest, che è subentrato a Hna:: f come capo dei Danesi, raggiungono una tregua per l' inverno: si scambiano patti e si celebrano i funerali (per cremazione) dei caduti nello scontro, di Hna:: f e del figlio di Hildeburh. Ali' arrivo della primavera, Hengest e i Danesi attaccano i Frisoni, riportando Hildeburh e il tesoro della corona in Danimarca dopo che Finn è stato ucciso. Nell'Episodio, l'enfasi è su Hildeburh e il suo lutto e su Hengest con i suoi pensieri, ma mancano discorsi diretti e il momento cruciale, la decisione di Hengest di vendicare Hna:: f. è suggerito attraverso un gesto, la presentazione di una spada. Nel Frammento, 27 versi sono dedicati alla preparazione allo scontro : l'enfasi è posta sui bagliori di luce riflessa dalle armi e sul fracasso della lotta; sono presenti topoi della poesia eroica germanica come gli 'animali della battaglia', la difesa armata di un luogo ristretto, i guerrieri che ripagano con il coraggio la generosità del loro signore. Su 48 versi, ben 15 costituiscono discorsi diretti, privi della lunghezza e dell'elaborazione di Beowulf. Ia loro brevità descrive l'azione in tutta la sua velocità. Come Beowulfe Widsith, il Frammento dimostra lo spiccato interesse per la storia leggendaria dei popoli germanici dell'Europa occidentale e della Scandinavia. 93· Proprio in virtù della sua concisione, la forma del carme breve potrebbe essersi dimostrata più impermeabile all'influsso cristiano, concedendo spazi ristretti al singolo avvenimento e impeden­ do l'espressione di un'ampia gamma di comportamenti e reazioni.

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Nei suoi 143 versi, Widsith enumera re, popoli ed eroi delle leggende germa- Widsith niche tra i secc. IV e VI, testimoniando quello che sembra un vero culto per e le legge nde figure e genealogie germaniche continentali di epoca pre-cristiana. n mate- germaniche riale leggendario è antico, dal momento che il riferimento storico più tardo riguarda Alboino, re dei Longobardi. Widsith è il nome parlante ("Viaggia-lontano, Lungo-viaggio") del fittizio scop, che dichiara di aver visitato re, popoli ed eroi appartenenti a epoche di­ verse - resi contemporanei secondo un tipico meccanismo di appiattimento cronologico caratteristico della leggenda eroica di origine orale94• La presen­ za di un Io-narrante conferisce una nota di autenticità e immediatezza a ciò che altrimenti sarebbe stato un semplice elenco di nomi. In una cultura a oralità primaria come quella rappresentata nel componimen­ to, il cantore svolge la funzione di mantenere viva la memoria e i valori della tradizione, interpretando il presente alla luce di quei valori; lo scop è dunque portavoce delle norme sociali per mezzo di canti che, con modalità deittica, mostrano esempi di condotta degni di elogio ed emulazione. Per il principio della reciprocità, tipico delle società tradizionali ma specialmente evoluto nel­ la poesia scaldica norrena (cfr. oltre), il cantore guadagna la ricompensa, qua­ lora i suoi versi celebrino le lodi e la fama di un signore, un principe o un re. Widsith è formato da tre liste (convenzionalmente note con l'etichetta nor­ rena pulur, sg. pula) di nomi di re, eroi e genti la cui memoria viene perpe­ tuata dal cantore, il quale commemora tradizioni tribali e si rivolge al suo pubblico come erede di tali tradizioni (Magennis, 2001, p. 93). In apparenza il componimento sembra richiamarsi a una fase prato-anglosassone, in cui lo scop appartiene allagens dei Mirginghi, sottogruppo dei Sassoni (Malone, 1962, pp. 183-6), così come la principessa Ealhhild, proveniente da Ongel, appartiene alla tribù degli Angli al tempo in cui erano insediati nell'odierno Schleswig (danese Slesvig). Nel prologo, un narratore impersonale presenta Widsith, a cui viene poi data la parola (v. 10 ) : egli dichiara di aver accompagnato Ealhhild presso la corte di Ermanarico per le nozze con il re goto, poi pronuncia una pula, una lista di nomi allitteranti di re germanici e di popoli da essi governati che il cantore ha conosciuto, secondo lo schema ./Etla weold Hunum, Eormanric Gotum (''Attila regnò sugli Unni, Ermanarico sui Goti", v. 18 ) . Widsith si vanta quin­ di dell'ampiezza dei suoi viaggi e al v. 57 inizia la secondapula comprendente le tribù visitate, secondo lo schema le w�s mid Hunum and mid Hreògotum (''Sono stato presso gli Unni e presso i Goti della gloria"). n v. 1 12 avvia la terza e ultima lista, quella degli eroi, secondo lo schema Heòcan sohte ic ond Beadecan ond Herelingas (''Sono stato con Heòca e con Beadeca e con gli Herelingi"). 94· Widsith dichiara di aver visitato, tra gli altri, Ermanarico, re degli Ostrogoti (t ca. 375), Gun­ dicario, re dei Burgundi (t ca. 437), e Alboino, re dei Longobardi (t 571).

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l due frammenti d i Waldere

Diversi nomi sono noti in fonti storiche o leggendarie, ma altri sono men­ zionati soltanto qui; alcuni sono poi raggruppati in modo da suggerirne la prOSSimità a Una particolare leggenda 9S. n monologo dello SCOP termina al v. I34 e gli ultimi 9 versi contengono il commento sui cantori che viaggiano per celebrare i capi davanti ai loro guerrieri e dai qual i ne ricevono ricom­ pensa. Nei versi di tipo narrativo inframmezzati alle liste Widsith menziona av­ venimenti come la battaglia tra Goti e Unni, le vittorie di Offa, la lotta di Hrothulf e Hrothgar contro Ingeld e alcuni re particolarmente celebri e ge­ nerosi, tra cui spicca Ermanarico, il re ostrogoto del sec. IV. Le liste sono caratterizzate da una forma prosodica più primitiva, in cui strut­ tura del verso e della frase coincidono 96, mentre i versi dei brani narrativi pre­ sentano uno stile più recente nel quale l' enjambement è sempre più frequente. Proprio sulla base della (tarda) forma metrica Weiskott (20I4) ha confutato la proposta di una datazione al sec. VII avanzata da Neidorf (20I 3c), il quale si è spinto a ipotizzare che tal une parti di Widsith possano addirittura risalire all'epoca precedente l'invasione della Britannia. Questi cataloghi menziona­ no anche re e popoli classici e orientali (Alessandro, Cesare, Greci e Romani, Persiani e Medi, Egizi ed Ebrei), interpretabili come interpolazioni di stile arcaico che attestano come le thulur fossero liste aperte alle quali era possibile apportare aggiunte. Al pari di Deor, Widsith presenta come protagonista un cantore, riferimenti alla leggenda eroica e la forma dell'enumerazione. Tra le diverse interpreta­ zioni non è mancata l'ipotesi di un beggingpoem (Eliason, I966), un "compo­ nimento di richiesta" del cantore, allo scopo di ottenere una ricca ricompensa esaltando la generosità dei re del passato eroico e i relativi collegamenti con l'attualità, lasciando intuire un'ambientazione laica. Altre proposte si soffer­ mano invece sulla distanza ironica tra le opinioni dello scop fittizio e quelle del compositore del poemetto, con una critica implicita ai valori del passato eroico (Fry, I 9 8 o ) , o ancora sul valore mitopietico di Widsith, in cui un auspi­ cato ordine di cose viene proiettato in un periodo cruciale del passato (Niles, I999 · p. I93). Waldere (Himes, 2009) sopravvive in 63 versi in sassone occidentale tardo contenuti in due fogli, Waldere I e II (K0benhavn, Der Kongelige Bibliotek, Ny Kgl Sam. 167b 4!0 ), la cui mano scribale è databile ca. al Mille. I due fram­ menti non sono in sequenza, anche se probabilmente appartenevano allo stesso fascicolo, e si suppone che circa ISO versi siano andati persi. La storia è nota attraverso il poema epico Waltharius (I.456 esametri latini, 95· Come ai vv. 17-31, dove compaiono tre figure note dai componimenti sulla battaglia di Finnsburh (Finn, Folcwalda, Hnzf). 96. La forma stessa della thula è antica, e alcune grafie ivi contenute hanno carattere arcaico, come Rumwalas "Romani" invece di Romwalas e Eatule "Italia" anziché Italia (vv. 69-70 ).

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Kratz, 19 84), composto nel sec. IX (o x) da un monaco dell'abbazia alaman­ na di San Gallo 97• Vi si narra che Walther di Aquitania, ostaggio con l'amico Hagano alla corte del re degli Unni Attila, fugge insieme ali' amata Hiltigunt, burgunda, con due scrigni pieni d'oro del tesoro regio, ma nell'attraversa­ mento del regno dei Franchi l'avido re Guntharius pretende di avere tutto l'oro e la fanciulla. Ne scaturisce uno scontro armato, in cui Walther, piaz­ zato ali ' ingresso di una gola, prima uccide undici uomini di Guntharius, poi affronta il re stesso, cagliandogli una gamba. n fedele seguace di Guntharius, Hagano, intervenuto in difesa del suo re, mozza la mano destra di Walther, che a sua volta gli cava un occhio e gli stacca sei denti. La riconciliazione de­ gli antagonisti avviene in un grottesco clima di farsa, Walther e Hiltigunt si sposano e governano il loro regno per trent 'anni98• I versi sopravvissuti di 1-Valdere fotografano lo scontro armato tra Waldere da , , un lato, Guthhere e Hagena dali altro. n Frammento I contiene l incitamen­ to di Hildegyth99 rivolto a Waldere durante il combattimento, che loda la mitica spada Mimming, opera di Weland, leggendario fabbro della tradizio­ ne germanica; il Frammento II è invece uno scontro verbale tra i contendenti in cui è soprattutto Waldere a parlare; uno dei discorsi, probabilmente pro­ nunciato da Hagena, loda la spada che era stata dono di Teoderico a Widia (figlio di Welund e Beadohilde) •oo. Nel testo spiccano temi tradizionali germanici, tra cui la funzione della donna come incitatrice, le lealtà in conflitto (Hagena che esita ad attaccare Waldere, con cui aveva stretto un patto di fratellanza) e il prestigio delle armi e del tesoro ; anche la cronologia è quella della leggenda, dal momento che Teoderico, re Nithhad, Weland, Widia e Attila sono presentati come contemporanei. Di Battaglia di Maldon (325 versi) mancano inizio e fine; anche questo manoscritto (London, British Library, Cotton Otho A XII) è andato distrutto nel già citato incendio della biblioteca cottoniana del 1731 e ne resta solo una trascrizione cartacea. n componimento rappresenta un nuovo tipo di poesia eroica, poiché non attinge alla materia leggendaria tradizionale, ma si ispira a reali e drammatici avvenimenti bellici contemporanei (Jorgensen, 2007 ), similmente a Battaglia di Brunanburh. 97· La vicenda è narrata anche nella Saga di Teoderico di T'érona (Norvegia, sec. XIII, cfr. CAP. 6) e nel Chronicon Novaliciense (Italia settentrionale, sec. x). 98. Con le sue grottesche mutilazioni, Waltharius ha il tono della farsa a lieto fine, nella quale, alla condanna cristiana dell'intrattenimento attraverso leggende eroiche pagane, si accompagna l'an­ cor vivo interesse dell'uditorio monastico, tanto da lasciar ipotizzare nel poema una consapevole strategia di decostruzione di topoi eroici (Millet, 1014, pp. 119-30 ). 99· Hildegyth, forma antico inglese di Hiltigunt, non è nominata nel frammento anglosassone. 100. Non è possibile ricostruire con certezza, dato lo stato in cui ci sono giunti i fogli manoscritti, l' identità di chi pronuncia i primi dieci versi del Frammento II.

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Battaglia di Ma/don

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Lo spi rito eroico di Ma/don

L'evento storico è uno scontro svoltosi nel 991 a Maldon (Essex), tra un esercito locale guidato dali' ealdorman 101 Byrhtnoth, uno degli uomini più influenti del suo tempo, e una compagine di vichinghi giunti in nave lungo il fiume Pante (oggi Blackwater). Gli Anglosassoni subirono una grave scon­ fìtta e Byrhrnoth cadde sul campo. n componimento si apre con i due eserciti che si fronteggiano sulle opposte sponde del fìume e un messaggero vichingo chiede il pagamento di un tribu­ to in cambio della pace, che viene rifiutato (Neidorf. 2012). Mentre la marea si ritira, si apre un guado dal quale i vichinghi potrebbero facilmente attac­ care, se non fosse sotto il tiro degli arcieri. Essi chiedono pertanto di poterlo attraversare incolumi, richiesta a cui Byrhtnoth acconsente, commettendo un errore fatale di valutazione o, come dice il testo, per il proprio orgoglio (oflrmod), sostantivo al centro di un lungo dibattito e interpretato ora nega­ tivamente, nel senso di 'arroganza', ora positivamente, nel senso di 'coraggio efoirplay' (Hill, 1997, p. 8; Davis, 1999, pp. 157-63) 101 • Maldon è ricco di dettagli, con dati esatti sulla località dello scontro, nomi e genealogie, anche se il realistico tono iniziale si apre verso un piano più vici­ no all'allegoria all'esplodere dello scontro : quando ad esempio la voce di Byrhrnoth risuona ofer cald wtRter "al di sopra dell'acqua gelida", il riferimento non è semplicemente alla temperatura del fìume e l'aggettivo cald "gelido" rende percepibile la sventura che sta per abbattersi su Byrhtnoth e i suoi uo­ mini. n comandante cade nelle prime fasi della battaglia e, alla vista della sua morte, Godric ne prende il cavallo e si dà alla fuga, provocando il panico tra gli Anglosassoni e l'errata convinzione che sia Byrthnoth a fuggire. Una parte di essi diserta, mentre altri continuano a combattere per vendicare il coman­ dante, accettando la morte e la sconfìtta contro un esercito soverchiante10l. L'ultima parte registra i discorsi e le azioni degli Anglosassoni rimasti sul campo e destinati a perire; per l'argomento e i riferimenti all'onore e ai vin­ coli di lealtà dovuti al proprio signore dai membri del gruppo guerriero, Mal­ don viene considerato come l'ultima espressione dell'antico spirito eroic0104 (vv. 312-316): 101. Ealdorman indicava in origine una carica d'alto rango, la cui base di potere era parzialmente indipendente dal re. Nel sec. x, in seguito al rafforzamento della monarchia, il termine venne a desi­ gnare un rappresentante locale del potere regio. 102.. Altro termine problematico è il vb. lytegian "usare astuzia", riferito ai vichinghi; probabil­ mente si riferisce all'uso delle parole per convincere l' ealdorman a lasciare libero il passo, forse facendo appello proprio al suo orgoglio. 103. Tolkien (1953. p. 15) ha sostenuto che il componimento esalta i fedeli guerrieri contro l'egoi­ stico orgoglio del capo, che si ostina fino alla rovina, sua e dei suoi uomini, nel perseguire un ide­ ale eroico ormai anacronistico. Sull'interpretazione di Tolkien e, tra gli altri, Borges, cfr. Santoro (2.012.), Digilio (2.012.). 104. Secondo Gordon (1949, p. 2.5), Maldon sarebbe l'unico canto 'puramente eroico' della let­ terarura anglosassone.

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Hige scealpé heardra, heortpé cénre, rmid scealpé mare, pe ure rl'l4gen ljtlaò. Hér liò ure ealdor eallforhéawen, god on gréote, d rl'l4ggnornian sé òe nuftam this wigplegan wendan pencò.

L'animo sia tanto più fermo, il cuore più audace, il coraggio tanto maggiore, quanto più diminuiscono le nostre forze. Qui giace il nostro comandante, segnato da crudeli ferite, il nobile signore, nella polvere. Possa pentirsi in eterno chi ora pensa di ritirarsi da questa schermaglia di guerra (Rosselli Del Turco, 2.009, p. 2.33)

Maldon resta una celebrazione degli ideali di fedeltà verso il proprio signo­ re'os, e nella volontà di morire insieme a lui è stato riconosciuto un riflesso del codice d'onore del comitatus (Woolf, 1976: Harris, 19 93), un' ideologia che continuava a plasmare la poesia eroica e rappresentava un bagaglio di topoi tradizionali. Il mondo della guerra, con le sue convenzioni condivise dalla tradizione orale e dalla poesia cristiana, non permette tuttavia una netta demarcazione tra le due culture: l'antica poesia eroica, basata su presupposti sociali peculiari, continuava naturalmente ad alimentare un vasto bacino di utenti e il poeta cristiano, nella drammatica epoca delle incursioni vichinghe, ne resta influenzato, per temi e stile106• Un elemento della tradizione eroica è ad esempio il dialogo tra il portavoce dei vichinghi e Byrhtnoth, che rientra nella tipologia dello scontro verbale, anche se nella risposta dello ealdorman risuonano accenti patriottici estranei alla tradizione107• I personaggi anglosassoni vengono identificati con i nomi propri e talora con i rispettivi legami genealogici, per le evidenti ricadute di onore e prestigio, di fronte all'anonimato dell'orda avversaria, della quale è severamente messo in risalto il paganesimo, altro elemento che si distanzia dalla tradizione. Colpito a morte, Byrhtnoth alza infatti gli occhi al cielo, pronunciando in ben otto versi un ringraziamento a Dio e una preghiera per la propria anima: in questo momento la brutale battaglia resta come sospesa nel tempo, sconfinando nel campo dell 'agiografia (Wolf, 1995, p. 16o). Maldon si sofferma più sul tema della morte che non sul combattimento, de­ scrivendo i guerrieri che cadono, uno a uno, dopo una programmata dichiara105. Anderson (1986, p. 2.52.) parla di « ideale del combattimento suicida per il proprio signore �> e trova analogie a questo ideale nella letterarura classica greco-latina, ma anche nell'Encomium Em­ mae reginae (1041), opera di provenienza fiamminga in onore di Emma, vedova dei re .JE.thelred I I (t 1016) e Canuto il Grande/Knutr inn rlki (t 1035). 106. In Ma/don si registra peraltro anche l'uso occasionale di semiversi legati da assonanza e rima, come nella poesia latina contemporanea (Scragg, 1981, pp. 2.8-35). 107. Fole andfold ("popolo e terra", v. S4) ha risonanze patriottiche; nella Vita Oswaldi, in latino, che narra la vicenda di Maldon, l'espressione pronunciata da Byrhtnoth è resa con patria.

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zione esemplare di intenti. Non compaiono i nomi della leggenda eroica, dd glorioso passato più antico, nessun Teoderico, Attila o Ingdd, ma solo i nomi dei contemporanei e dei loro più diretti antenati. n poema è ormai distante dal passato leggendario di Widsith o di Beowulf, figlio di un nuovo e tragico conte­ sto eroico che nasce da una nuova epoca di contrasti politici, religiosi e sociali. Poesia entro la prosa

La poesia encomiastica

A partire dalla metà dd sec. x, nelle pieghe di quel documento propagandistico voluto probabilmente da Alfredo dd Wessex e che prende il nome di Cronaca anglosassone, la compila­ zione di brevi annotazioni annalistiche lascia spazio ad alcuni componimen­ ti poetici d' indirizzo politico-dinastico. Tra queste interpolazioni metriche spicca Battaglia di Brunanburh, la più antica, considerata espressione del na­ scente nazionalismo inglese e caratterizzata dall'encomio del re sassone occi­ dentale .IEthelstan e del giovane fratello Edmund. I vari carmi celebrano con finalità ideologiche eventi significativi della storia locale coeva, ma in modi diversi richiamano l'antica tradizione eroica: Bat­ taglia di Brunanburh (937, mss. A, B, C, D), Conquista dei Cinque distretti (942, mss. A, B, C, D), Re Edgar (959, mss. D, E), Incoronazione di Edgar (973, mss. A, B, C), Morte di Edgar (975, versione lunga mss. A, B, C : versio­ ne breve mss. D, E), Sacco di Canterbury ( 10n, mss. C, D, E), Morte di Alfredo (1036, mss. C, D), Morte di Edward (1065, mss. C, D) 1 08• Alcuni critici sostengono che la più antica forma poetica germanica sia co­ stituita dall'elogio di un capo109• La prima testimonianza risale a Prisco di Panion, in missione presso la corte del re degli Unni Attila nel 448 : Prisco racconta come, durante un banchetto, due guerrieri gotici al seguito di At­ tila recitassero versi in lode del re unno (Opland, 19 80, p. 51 ). La poesia encomiastica è ben attestata, a partire dal sec. IX, nella produzione degli scaldi scandinavi, poiché l'età vichinga, in cui tale arte fiorisce, possiede ca­ ratteristiche sociali che la avvicinano a quella eroica. L'influenza scandina­ va conseguente agli insediamenti vichinghi no avrebbe favorito una 'rinasci­ ta' del genere in Inghilterra durante il regno di .IEthelstan (925-39: Harris, 2.6. La poesia encomiastica (i Chronicle Poems)

108. I cosiddetti Chronicle Poems (cfr. l'edizione di Dobbie, 1942.) sono stati editi e tradotti in italia­ no da Buzzoni (2.001). Nelle continuazioni della Cronaca dopo il 1o66, sono presenti altri compo­ nimenti: Matrimonio di Margaret e Maleom ( 1067, ms. D), Matrimonio del conte Ralph di Norfolk (1076, ms. D; 107 5, ms. E), Re Guglielmo (1086, ms. E), Le razziealseguito diEnricoi (1104, ms. E). Non c'è accordo sulla natura, poetica o prosastica, di due ulteriori sezioni, Uccisione di re Edward (978, ms. E) e Arrivo in Inghilterra di Edward (1057, ms. D). 109. Tra gli studiosi che ritengono il canone encomiastico il primo genere poetico germanico, cfr. Chadwick (1912., pp. 90-4), Heusler (192.3) e Opland (1980, pp. 2.8-9 ) . 110. La poesia scaldica predilige il genere encomiastico ed è attestata la presenza di scaldi scan­ dinavi quali Egill Skallagrfmsson e Gunnlaugr Lingua di serpe nell' Inghilterra di re JEthelstan; Egill stesso prese parte alla battaglia di Brunanburh proprio tra le file dell'esercito anglosassone (cfr. Battaglia, 2.006).

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1985, pp. 248-54) così come è testimoniato dalle sezioni poetiche della Cro­ naca. Controverso è tuttavia il carattere encomiastico di questi componi­ menti, eccetto Brunanburh, che sembra originato in un contesto che cono­ sce la fioritura di poesia eulogistica in latino in onore di re .lEthelstan (Lapidge, 19 81, pp. 61-9 8). Se Battaglia di Brunaburh rientra nei limiti formali e letterari della poesia più tradizionale, i componimenti poetici più tardi ne differiscono in vari modi, ad esempio nell'uso della rima per legare i semiversi (Bredehoft, 2005). At­ traverso lo sviluppo di una riflessione storica, i Chronicle Poems promuovono un'ideologia 'nazionale' a sostegno della Corona, subordinata alle categorie di legittimità ed ereditarietà. Si ritiene che soprattutto le composizioni in versi allitteranti (Townend, 2000, pp. 351-3) condividano una funzione po­ litica nel quadro della creazione di una identità nazionale, in atto nel sec. x a sostegno delle aspirazioni territoriali della dinastia del Wessex (Thormann, 19 97, p. 78), attraverso la celebrazione di un monarca e di un avvenimento a lui legato (una vittoria, l' incoronazione, la morte). Battaglia di Brunanburh (Livingston, 201 1), in 73 versi, è la prima delle sezio- Battaglia ni poetiche della Cronaca, in corrispondenza dell'annale per il 937: essa fu di Brunanburh composta poco dopo l'avvenimento che celebra e comunque non più tardi del 955, quando fu copiata nella versione Parker della Cronaca. Il canto si colloca in un contesto di documenti storiografici che commemo­ rano i successi militari di re .lEthelstan del Wessex, nel corso della sua po­ litica espansionistica nel Nord dell' Inghilterra, e illustra come il re e il fra­ tello - principe Edmund - alla guida di un esercito di Sassoni occidentali e di Merciani, integrato da aliquote di mercenari, sconfissero una coalizio­ ne di vichinghi guidati da O lafr Guòfriòsson di Dublino 111, di Gallesi dello Strathclyde agli ordini di re Owen e di Scozzesi comandati da Costantino III, coronando gli sforzi di .lEthelstan volti al dominio dell'intera Inghilterra, Northumbria compresa (Whitelock, 1979, p. 37: cfr. Foot, 2oo8). Nei versi, mentre gli Anglosassoni avanzano e attaccano con armi offensive, Caratteri stilistici le spade, gli avversari sono descritti in ripiego, soccombenti e caratterizzati da armi da difesa, gli scudi. Ampio è l 'utilizzo di mezzi retorici e immagini della tradizione eroica, la dizione, l 'uso di metafore e di scene-tipo, come quella degli animali che si aggirano sul campo di battaglia (vv. 6o-65). Nel corpus anglosassone il lupo, il corvo e l'aquila compaiono solitamente prima dello scontro come presagio della carneficina (Harris, 2007) 111, ma qui, come nella poesia scaldica, si presentano a battaglia conclusa per divorare i cadaveri dei m.

Che rivendicava il trono di York, di cui il re del Wessex si era impossessato. . Il motivo degli 'animali della battaglia' è presente in Battaglia di Brunanburh, Beowulf(vv. 302.4b-302.7), E/ena (vv. 2.7b-3o, uob- u 4a), Esodo (vv. 162.-167), Frammento di Finnsburh (vv. sa7a, 34-3sa), Genesi A (vv. I983b-198sa), Giuditta (vv. 2.04b-2.12.a, 2.94b-2.96a), Battaglia di Ma/don (vv. I06-107),Errante (vv. 81b-83a). m.

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L'elemento patriottico e il tema della regalità

nemici caduti. n poeta, probabilmente un chierico ben preparato, impiega il metro e lo stile tradizionali, con dovizia di formule e composti inerenti per lo più il campo semantico delle armi e della battaglia. La struttura è circolare, si apre e si chiude con il termine eorl "guerriero" (vv. 1, 73) e con l'espressione sweorda!sweordes ecgum "con lame di spade/spada" (vv. 4, 68), che ribadisce l'ambientazione militare. Sotto certi aspetti Battaglia di Brunanburh è però lontana dallo spirito eroi­ co tradizionale, ad esempio nel disprezzo per gli sconfitti (di nuovo presente negli encomi scaldici) 113; la stessa esultanza per la vittoria non rispecchia la più sobria tradizione antica, che celebra prevalentemente le tragedie il cui tema principale è la sfida eroica di fronte a una situazione disperata. Nel les­ sico è visibile l' influenza scandinava e, nello stile e nel tono, sono presenti risonanze specificamente scaldiche (Niles, 19 89, pp. 73-6). Altra differenza rispetto alla tradizione sono i toni patriottici, posti in parti­ colare risalto quando la conclusione si riallaccia al mito delle origini, l'arrivo degli invasori germanici dal continente nel sec. v (vv. 65-73): Ne wearò w12l mare on pis éiglande cefre gieta folces gefylled beforan pyssum sweordes ecgump12spe us secgaò bee, ealde uòwitan, sppan éastan hider Engle and Seaxe up becoman, ofer brad brimu Brytene sohtan, wlance wigsmpas, Wéalas ofercoman, eorlas arhwate eard begéatan.

Mai prima d'ora su quest'isola vi fu più grande strage d'uomini caduti dinanzi a tali fendenti di spade, come narrano i libri, gli antichi saggi, da quando dali'oriente Angli e Sassoni qui approdarono, e attraversando il mare aperto invasero la Britannia; fieri fabbri di guerra, soprafecero i Gallesi, guerrieri arditi conquistarono [questa] terra (Buzzoni, 2.001, p. 98)

I versi sottolineano come gli Anglosassoni siano tuttora degni di dominare l' isola conquistata dai loro avi (Howe, 2001, p. 31) e rinnovano il mito delle origini nelle imprese di JEthelstan, che contribuiscono al rafforzamento di una identità nazionale (Irvine, 1991, pp. 202-10) iniziata con Alfredo. In apertura del componimento, l'avverbio hér in funzione temporale ("in quest 'anno") appartiene alla dizione della Cronaca e integra i versi nel conte­ sto di una 'verità' storiograflca114• I numerosi dettagli forniti sono un aspetto 113. La composizione scaldica più vicina a Battaglia di Brunanburh sono forse i Hrafnsmdl "Dialoghi del corvo", che celebrano la vittoria di Haraldr Chiomabella nello Hafrsfjorèlr (Niles, 1989). 114. Her è un incipit formulare tipico di ogni annale, ma, diversamente dalle altre sezioni poe­ tiche, qui non appare cosl necessario allo schema metrico, tanto da venire espunto da Campbell (1938).

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che coincide con le caratteristiche del genere annalistico, una delle quali è ad esempio la menzione del luogo dello scontro (come nel poema scaldico Hrafosmdl, dove è nominato lo Hafrsfjoròr), che mette in risalto il legame tra Corona e territorio, esattamente come nell'encomio per Hakon il Buono (Hdkonarmdl!Canzone di Hdkon, str. 4) - cresciuto ed educato alla corte di .JEthelstan -, in cui lo scaldo Eyvindr il Plagiario si richiama al topos del re come 'Protettore della nazione'. Il re anglosassone è introdotto fin dal primo verso, con tre variazioni: /Ethel­ stan cyning "re .lEthelstan", eorla dryhten "signore dei nobili", beorna beahgi­ fa "elargitore di anelli ai guerrieri". Subito dopo (vv. 2-3) viene presentato il fratello : his bropor eac, Eadmund �Rpeling "suo fratello con lui, il principe Edmund", in una celebrazione ripresa in più versi della stirps regia del Wessex, uno dei motivi principali del componimento (Carroll, 2007 ). Conquista dei Cinque distretti celebra una delle vittorie militari (942) con cui Conquista re Edmund, succeduto a .JEthelstan, ristabilì l'egemonia del Wessex nei cosid­ dei Cinque distretti detti Five Boroughs, le cinque municipalità autonome della Merda danesens (Thompson Smith, 2010, p. 184), a spese delle signorie vichinghe ivi insedia­ re. Eadmund cyning incornicia all 'inizio e alla fine un testo che comprende le lodi regie, i nomi dei borghi conquistati e una descrizione della popolazione anglo-danese liberata dal giogo dei vichinghi pagani 116• Due componimenti, di cui è stata proposta l 'attribuzione a Wulfstan (Scragg, l componime nti 1991, p. s6), riguardano invece re Edgar (Thompson Smith, 2on ) . Incorona­ su re Edga r zione di Edgar celebra l 'evento che nel 973 ebbe luogo a Bath, offìciato dagli arcivescovi Dunstan e Oswald, anime della Riforma benedettina, con la fun­ zione politica di affermare la sovranità del nuovo monarca su tutta l'Inghil­ terra, mentre Morte di Edgar ne commemora la morte tramite uno stile tipi­ camente appositivo 117• Morte di Alfredo si sofferma, nell'occasione della morte, sul principe Alfredo Morte di Alfredo (Alfred tRtheling, fratello di Edward il Confessore), mentre Morte di Edward, e Morte di Edward infine, è un encomio reale connotato in senso agiografico, elemento che lo allontana notevolmente dalla tradizione eroica celebrativa. 'Elegie' è la definizione convenzionale di un gruppo di componimenti del Libro di Exeter, benché non contigui tra loro118: Er­ rante, Navigante, Poemetto rimante, Deor, Wulfed Eadwacer, Lamento del-

2.7. La poesia elegiaca

115. Leicester, Lincoln, Nottingham, Stamford, Derby, nelle odierne East Midlands. 116. Per Stenton (1971, p. 359) si tratta del primo componimento poetico politico inglese. r 17. Oslac di Northumbria viene scacciato ofearde, oferyòa gewealc, oferganotes b4Ò [ ... ] ofer W4te­ ra geòring, ofer hw4les eòel (vv. 15-18) "da quella terra, sul rimescolio delle onde, sul bagno della su la [ ... ] sul tumulto delle acque, sulla dimora della balena". 118. Nel codice, le elegie si alternano a composizioni di carattere omiletico, con cui condividono il tono meditativo, e a indovinelli, ai quali sono accomunati dall'etopea.

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la moglie, Rassegnazione, Messaggio del marito e Rovina119• L'etichetta che accomuna questi testi è una classificazione retrospettiva110 che li collega a una modalità letteraria universale : la definizione «compositions of an ele­ giac character» appare per la prima volta in uno studioso di età vittoriana (Conybeare, 1 826, p. 244), epoca che vede rispecchiata la propria tendenza malinconica nei temi dell'esilio, della perdita, nel senso di desolazione e di transitorietà delle gioie terrene. Le te matiche Le elegie descrivono in particolare l'esilio, la perdita di congiunti e persone amate, la desolazione del paesaggio, la meditazione sulla transitorietà, espres­ si con formule tipiche (Klinck, 2010) che conferiscono un tono elegiaco an­ che a diversi altri brani della poesia anglosassone. Greenfield (19 66, p. 143) definisce l'elegia anglosassone come un com­ ponimento relativamente breve, riflessivo o drammatico, che rappresenta uno schema contrastante di perdita e consolazione, basato su una specifica esperienza o osservazione personale, e che esprime un atteggiamento verso questa esperienza. La descrizione di Klinck (1992, p. 224) nei termini di una riflessione sull'assenza, sulla perdita o sulla transitorietà porta in primo piano un profondo senso di mancanza e separazione da ciò che si deside­ ra; l 'oggetto del desiderio può essere un individuo come nelle tre elegie in cui compare l 'elemento amoroso ( Wulfed Eadwacer, Lamento della moglie, Messaggio del marito) oppure, più di frequente, una comunità - come quella del comitatus. Le radici germaniche L'esistenza di una ipotetica elegia 'eroica' germanica, da cui discenderebbero dell'elegia sia i testi anglosassoni sia analoghi componimenti norreni dell'Edda poetica anglosassone (cfr. CAP. 6) è stata ipotizzata da Harris (1983. pp. 47-9 ). n genere deriverebbe dal lamento rituale, in cui un personaggio della leggenda narra in prima per­ sona gioie e dolori della propria esistenza. La tradizione anglosassone avrebbe inizio con Wulfed Eadwacer, ancora vicino a una specifica vicenda eroica, per proseguire con Lamento della moglie, senza nomi propri, che presenta un ar­ ricchimento di temi gnomici, fino a Errante, che da una autobiografia indivi­ duale generalizza la condizione umana, e a Navigante, dove l'elemento auto­ biografico è assai più ridotto e subordinato a una conclusione simbolica In Errante, Navigante e Poemetto rimante l' inquietudine di perdita, separazio­ ne, alienazione sociale e transitorietà viene risolta in termini esplicitamente cristiani, nella certezza dell' incontro con Dio; anche in Deor si afferma che m.

119. Talora vengono esclusi dal canone Messaggio del marito, a causa del suo tono ottimistico, e Rovina, poiché manca un narratore in prima persona. 12.0. Le singole elegie sono state frequentemente attribuite a categorie letterarie diverse - lettera­ tura gnomica, consolazione, poesia di menestrelli, canto femminile. 12.1. L'ipotesi di una tradizione germanica antica è al centro delle argomentazioni di Dronke (1969, p. 184), Harris (1988, p. 90) e Klinck (1992., pp. 2.30-1 ), in contrasto con le prime scettiche considerazioni espresse da Heusler (192.3).

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sia la buona sia la cattiva sorte dipendono da Dio, mentre in Rovina non c'è una morale religiosa esplicita, come neppure nei 'canti d'amore ', salvo ricor­ rere a interpretazioni in senso allegorico (Klinck, 19 92, p. 231 ). L' influenza di opere della tradizione erudita latina della Rinascenza carolin- Modelli latini gia (Lapidge, 19 86a, p. 23: Conner, 1993b, p. 158), come De clade Lindisfarnensis monasterii di Alcuino, è stata richiamata a proposito del tema del sic transitgloria mundi (che tuttavia è anche germanico): il tema dell'esilio, inoltre, adombra talora la perdita del Paradiso (con un linguaggio formulare germanico), mentre il motivo dell' ubi sunt è un topos di origine omiletica. Laddove è presente una consolazione, è stato suggerito l' influsso di Boezio (De consolatione philosophiae), fonte probabile per Errante e Navigante 1 11 estendibile a Deor (Langeslad, 2o o8), sebbene siano state ipotizzare perfino suggestioni ovi diane (Heroides e le raccolte poetiche nate durante l'esilio di Ovidio sul Mar Nero, Tristia ed Epistulae ex Ponto, caratterizzate dalla sofferenza dell'esule e dell 'amante infelice separato dalla sua diletta) (Reuschel, 1938). Interessanti analoghi provengono inoltre dall'area celtica (Gordon, 19 60, Analoghi gallesi pp. 15-8): la poesia elegiaca antico gallese, composta probabilmente nel sec. IX ma originatasi nel turbolento periodo dei secc. VI-VII, di cui raffigura l'ambiente eroico, è geograficamente e cronologicamente contigua al mondo anglosassone e ha un analogo retroterra sociale. Essa presenta personaggi che hanno perso la loro posizione nella società, come denota la contrapposizione tra la sala gioiosa, in cui i guerrieri venivano ricompensati con munificenza, e la stessa scena dopo la devastazione della battaglia. La differenza più evidente risiede nella maggiore concentrazione delle elegie anglosassoni sulla condizione psicologica e spirituale. Nella società tribale raffigurata nella poesia inglese antica, la perdita dei lega- Il tema dell'esilio mi con il gruppo di appartenenza comporta l'offuscamento del ruolo individuale nel mondo, generando un senso di separazione che prende la forma caratteristica dell'esilio. Quasi tutti i protagonisti delle elegie sono esuli, in vario modo 113• Greenfield (1955, pp. 2oo-6) ha classificato le formule relative all'esilio identificandone alcune appartenenti al linguaggio tipico delle elegie, che comprendono un solitario (anhaga) ed esule (wnecca ) , sui sentieri dell'esilio (wr�clastas), deprivato (bid�led, bidroren) di parenti, compagni e gioie. La cultura cristiana si è appropriata di motivi della tradizione germanica, per cui l 'esilio diventa simbolo dell'esclusione dal Paradiso o dalla Grazia divina, 111. In cui sono riconoscibili idee boeziane circa il fato, la distinzione tra felicità vera e illusoria, tra beni spirituali e materiali. 113. L'errante si trova abbandonato a sé stesso, il navigante viaggia solo in mare, il protagonista di Poemetto rimante sembra essere stato scacciato con l'inganno, De or è stato allontanato dal suo posto a corte, gli amanti di Wu!fedEadwacer sono separati su due isole e Wulfsembra un fuorilegge, la don­ na di Lamento della moglie è stata bandita in una caverna in mezzo al bosco e anche il protagonista di Messaggio del marito è andato in esilio a causa di una faida.

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Ca ratteri forma li e strutturali

Il lessico elegiaco

Errante

benché le elegie ritraggano l'aspetto negativo dell'ethos eroico, focalizzan­ dosi sulla perdita delle gioie passate e sull 'infelicità causata dall 'allontana­ mento dal signore e dal suo seguito, garanti di benessere materiale e identità sociale (Hill, 2000, p. 236) . L'esilio diviene pertanto la controparte amara della vita del guerriero, con radici profonde anche nel pensiero cristiano : già in Agostino, sulla scorta della tradizione platonica e scritturale, il concet­ to di peregrinatio indica il senso predominante di alienazione e lontananza dal luogo anelato, di straniamento causato dalla caduta dell'umanità (Clark, 2004, p. 149 ): peregrinus è in qualche modo anche colui che ha perso Dio. Elementi strutturali ricorrenti sono la forma monologica e l'esordio incentrato sul protagonista11\ mentre le parti conclusive differiscono : di natura gnomica in Deor, Wu/fed Eadwacer, Lamento della moglie, Rassegnazione, e omiletica in Errante, Navigante, Poemetto rimante. Una struttura bipartita - tra narrazione del presente e considerazioni gnomiche e omiletiche - è ti­ pica delle elegie più lunghe come Errante, Navigante, Poemetto rimante, Ras­ segnazione. In Errante, Navigante e Poemetto rimante il movimento escatolo­ gico parte dalla sofferenza personale e arriva, per mezzo della riflessione sulla transitorietà, alla contemplazione dell'eterno. Le ripetizioni formali portano alla creazione di Leitmotiv o addirittura di ri­ tornelli: in Errante la parola chiave dr (''grazia") viene introdotta all'inizio e ripetuta nella parte finale, mentre termini per 'desiderio' si snodano lungo tut­ to Lamento della moglie; Deor spicca invece per l'innovazione del ritornello, ripetuto per sei volte, e in Wu/fed Eadwacer i vv. 2-3 richiamano i vv. 7-8. li lessico, oltre alla terminologia tipica della tradizione eroica, comprende voca­ boli che si riferiscono alla sofferenza e verbi che, esprimendo intenzione e nar­ razione, mettono in risalto l' identità personale, con riferimento a facoltà men­ tali e verbali (YMg "posso': wille "voglio", secgan, wrecan "raccontare"). La deprivazione viene espressa con verbi prefissa ti con bi- e frequente è l' agg. leas "privo", mentre sono ricorrenti i verbi per 'cadere', in senso sia astratto sia con­ creto (in Rovina solo concreto), per la discesa della grandine, la caduta di edi­ fici o la morte di persone: hreosan, dreosan,fallan, cringan. Elementi linguisti­ ci di origine anglica ricorrono in tutte le elegie, ma la più alta concentrazione si registra in Errante, oltre a Poemetto rimante e Rassegnazionells. ll protagonista di Errante (ns versi) è un ramingo che soffre asprezze e solitu­ dine fino a raggiungere il distacco dal mondo nei suoi aspetti materiali e, di conseguenza, una saggezza in senso più esplicitamente cristiano. La prima parte (vv. 1-57 ) descrive la vita solitaria del vagabondo (eardstapa, v. 6: anhaga 12.4. Nei versi iniziali di Navigante e Lamento della moglie le voci narranti affermano, in modo formulare, di raccontare una storia (wrecan gield) a proposito di sé stessi, e presentazioni personali dello stesso tenore appaiono in Errante (v. S), Deor (v. s) e Rassegnazione (vv. 96b-97a). 12.5. Tra gli hapax legomena di Errante sono presenti i tre scandinavismi hrimceald "freddo come la brina" (v. 4),jèrò nel senso di "folla" (v. 54) e hriò "tempesta di neve" (v. 102.).

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"solitario� v. I ) , rimasto privo di un signore, della vita sociale e della protezio­ ne del gruppo guerriero : l'ambiente naturale è caratterizzato da inverno e ge­ lo, le immagini mettono in contrasto le gioie del passato e l'amarezza del pre­ sente. L'errante sogna di trovarsi con il proprio signore, sul cui ginocchio posa la testa e le mani mentre riceve doni nella sala, una immagine che rappre­ senta la ritualizzazione dei legami e degli obblighi tra capo e seguace nel mo­ mento della distribuzione dei doni. n risveglio però è amaro : egli è solo, sul mare ghiacciato, con l'unica compa- Il tema gnia degli uccelli marini (vv. 37- 47 ) 116• Nella seconda parte (vv. sS-ns), di ca- della tra nsitori età rattere più generale, l'errante è divenuto snottor on mode ("saggio nell'animo"), lasciando percepire echi boeziani sull' illusorietà del mondo (vv. IO 8-9): Her biòJeoh lfne, her biÒfreond lfne, her biò mon lfne, her biò meg Une.

qui la ricchezza è fugace, qui l'amico è fugace, qui l'uomo è fugace, qui il parente è fugace••7•

n protagonista contempla le rovine di una fortezza e, sfruttando il tema omi­ letico dell'ubi sunt 118 , si chiede dove siano finite tutte le gioie del passato, gli ingredienti della vita eroica del comitatus (vv. 92-95): solo in Dio, la "sal­ da rocca" 119, l'essere umano può infatti trovare salvezza e conforto (Saibene, 2 oo s), attraverso un percorso di saggezza che nel testo è scandito da espres­ sioni in forma proverbiale, accostabili al genere gnomico (Sheppard, 2007, p. I 3 o ) . La riflessione come forma di rinnovamento spirituale rientra in una con­ dotta d'ispirazione cristiana riconducibile a tre momenti descritti in Ago­ stino : memoria (la narrazione delle sofferenze), intelligentia (la presa di coscienza della transitorietà), voluntas (la ricerca della stabilità in Dio). Ancora dalla tradizione cristiana è tratta una rassegna dei modi nei quali un uomo va incontro alla morte, in cui sono inseriti anche gli 'animali della battaglia' dell ' ep os germanico. L' introduzione e la conclusione si iscrivono in uno schema circolare di riferimenti alla grazia divina (vv. I, n 4 ) , e in considerazione del tono apertamente cristiano l'esordio e la porzione finale 1 2.6. Il mare come anti-tipo della sala del comitatus è motivo presente anche in Navigante (vv. 18-2.2.), dove lo stridio degli uccelli marini funge da contrasto con le festose voci umane nella sala del banchetto (cfr. Magennis, 2.007 ). 1 2.7. Versi che trovano una corrispondenza nel carme dell'Edda poetica noto come Dialoghi/ Detti/Precetti dell'Eccelso (76.1-3) : Deyrfl, deyjaJr.tndr, deyr sjd!fr it sa ma: "Muoiono le greggi, muoiono i congiunti e tu stesso, del pari, morirai• (Scardigli, Meli, 1982., p. 2.9 ). 12.8. La fonte del topos dell' ubi sunt, che compare nell'omiletica, nelle elegie (Navigante, vv. 82.-83), nei Metri di Boezio e in Cristo e Satana, potrebbe risalire a lsidoro di Siviglia: Dic ubi sunt reges? Ubi principes? Ubi imperatores? Di questo motivo sono comunque noti paralleli e analoghi anche in sanscrito, greco omerico e norreno. 1 2.9. Chefostnung sia da intendersi sia nel senso proprio di 'rocca' sia nel senso figurato di 'sicurez­ za' trova appiglio nel testo biblico di Proverbi, XVIII, 10: turrisfortissima nomen Domini.

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Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Navigante

a confronto con Errante

I l tema del viaggio per mare

Carattere omi letico della seconda parte di Navigante

venivano ritenuti dalla critica ottocentesca interpolazioni più tarde (Ten Brink, 1888). Errante viene spesso accostato a Navigante (124 versi), con cui condivide te­ mi e motivi come l 'esilio, la solitudine, il mare invernale, il ricordo della gioia della sala, il contrasto tra beni terreni e beni celesti. Navigante tuttavia con­ tiene un numero minore di anglismi e nessuno scandinavismo, oltre a presen­ tare un simbolismo autonomo. Se in Errante il mare è simbolo di desolazio­ ne, in Navigante, dove l' idea del viaggio marino è centrale, esso rappresenta un'allegoria della ricerca di Dio; qui l 'ascetismo è una condizione deliberata­ mente perseguita allo scopo di raggiungere grazia e saggezza, mentre in Er­ rante la consapevolezza spirituale giunge al termine di riflessioni dettate da una solitudine imposta dalle circostanze esterne, e non scelta. Nella prima parte di Navigante la voce che narra descrive i disagi patiti in mare, anche se poi, spinta dal risveglio primaverile della natura, prova ancora il desiderio di intraprendere un viaggio per terre lontane: i vv. 33b-64a130 di­ chiarano infatti che l'uomo abituato a vivere tra gli agi della terraferma diffi­ cilmente può capire un tale stato d'animo, sollecitato alla meditazione sul tema della transitorietà delle ricchezze terrene e della necessità di prepararsi all'altra vita a partire dal v. 66b. Il viaggio doloroso ma desiderato può rappresentare una peregrinatio pro amore Dei, tipico atteggiamento del monachesimo irlandese alla ricerca di un esilio autoimposto allo scopo di guadagnare le vie del paradiso (White­ lock, 1950 ), anche se Sobecki (2o o8, p. 138) più concretamente immagina che il navigante possa essere un semplice pescatore che medita sui valori cri­ stiani. Simbolicamente, il poeta sembra distinguere tra la vita sulla terrafer­ ma, che è une "transitoria", e la vita oltre la morte che è ice "eterna", in cui il viaggio per mare potrebbe simboleggiare il rifiuto dei piaceri e dei valori della vita terrena, per andare alla ricerca della vita in Dio oltre la morte, che è eterna. n viaggio marino, inteso come percorso della vita dell'essere umano, è un topos che risale alla letteratura patristica ed è frequente nelle omelie anglosassoni, benché l' identificazione della vita mondana e le rela­ tive tentazioni con la terraferma, in contrasto con il mare, venga impiegato unicamente in questa poesia. n tema è stato individuato altresì nella pratica penitenziale della confessione monastica, volta a raggiungere la purezza spirituale attraverso l'articolazione verbale delle proprie esperienze, per cui il mutamento di tono nella seconda parte del canto rientrerebbe in una strategia volta a trasfigurare l'esperienza fisica individuale in quella umana più generale, intesa come esperienza cri­ stiana comune (Matto, 2004, pp. 165, 173). 130. Nella prima parte, la descrizione dei piaceri terreni (v. 44) è posta in un contesto eroico: ne bifthim to hearpan hyge l ne to hringpege "non pensa all'arpa, né alla cerimonia dell'elargizione di anelli".

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Il componimento presenta affinità con il genere gnomico (Shippey, 1972., pp. 67-8) poiché nella parte finale il tono è sapienziale e contiene proposizio­ ni caratterizzate da biò ("è") e sceal ("deve"), tipici dei pronunciamenti gno­ mici; le analogie più significative sono rappresentate però dali'omiletica, che tematizza la decadenza del mondo (Trahern, 1991, pp. 165-8) fino a immagi­ narla in chiave anagogica e a stabilirne un simbolismo con l'Aldilà e la Resur­ rezione. Ancora ali 'omiletica si riallaccia la riflessione sulla mutevolezza della gloria terrena (Cucina, 2.00 8, p. 100 ), sul topos dell ' ubi sunt e sull'immagine del deterioramento del mondo nella sesta e ultima età, la cui fonte ultima sono le apocalissi apocrife come l'Apocalisse di Baruch. Alla conclusione, e al di fuori dello schema metrico, si osserva addirittura Il problema l'aggiunta di un amen. n riconoscimento di una maggiore densità di formu- dell'unitarietà le, termini poetici e hapax legomena nella prima parte (vv. 1-64), spinse della composizione Campbell (1960) a postularne la maggiore antichità rispetto alla seconda (caratterizzata tra l'altro da versi ipermetrici), nella quale l'abbandono dei riferimenti alla navigazione e al mare indusse più tardi Pope (1978, pp. 32.-4) a ipotizzare che il taglio omiletico della conclusione facesse parte in realtà di un altro componimento. Il viaggio per mare era probabilmente un riflesso allegorico del cammino di trasformazione in senso cristiano, così che la preghiera che chiude il componimento non rappresenterebbe un'aggiunta spuria, bensì una prova ulteriore che l'universo culturale nel quale si muoveva il poeta era modellato su un maturo impianto metaforico di natura religiosa (Conner, 2.001, p. 2.66) •3•. Di natura bipartita è la struttura di Poemetto rimante ( 87 versi): il narratore- Poemetto rimante protagonista è un personaggio caduto in disgrazia, forse un re, il quale contrappone strumentalmente il proprio glorioso passato ali' infelice condizione attuale, per giungere poi al consueto finale anagogico, in cui il pensiero rivolto al corpo - in disfacimento nella tomba - prelude alla conclusione di stile omiletico sulla necessità di vivere in modo retto per guadagnarsi il Paradiso nell'eternità di Dio. Presente nella poesia erudita anglo-latina (Klinck, 1992., p. 17 ), l 'uso pur spo­ radico della rima nella poesia in volgare si rileva con una certa frequenza a partire dal sec. x. A quest'epoca è fatto risalire Poemetto rimante, l'unico com­ ponimento interamente realizzato con la rima finale, nel quale i semiversi so­ no uniti a coppie dall'allitterazione e al tempo stesso in quartine dalla rima131• 131. Nella sua versione di Navigante, Ezra Pound (19 57, pp. 18-2.1) decise di non tradurre i versi finali, contenenti riferimenti cristiani (vv. 103-12.4). Il poeta americano amava il realismo della descrizione del viaggio per mare e nelle sue mani il navigante viene a rappresentare la 'persona' di Pound stesso e dell'artista moderno, nel suo esilio dalla società borghese (Cammarota, 2.001, p. us). un simbolismo (quello del viaggio) che per Pound ha comunque un carattere decisamen­ te laico. 132.. Possibili influssi potrebbero derivare sia dal runhenda, uno dei metri scaldici caratterizzati dalla rima, sia dagli Inni ambrosiani in latino o dalla poesia rimata iberno-latina (Macrae-Gibson, 1987 ).

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Deore le leggende eroiche germaniche

Data l'alta incidenza di forme morfologiche e lessicali angliche, l'area di pro­ venienza potrebbe essere la Northumbria, la stessa che vide, secondo una tra­ dizione antiquaria e leggendaria non pienamente confermata, la creazione di Riscatto della testa (aisl. Hojùòlausn, ca. 948), celebre encomio dello scaldo islandese Egill Skallagrimsson, volto a placare il suo nemico (e deposto sovra­ no norvegese) Eidkr Asciainsanguinata, alla corte di York. Poiché Riscatto della testa è il primo esempio di metro in rima (runhendr hdttr), così come Poemetto rimante è il primo esempio antico inglese in cui troviamo la rima utilizzata in modo estensivo, non è azzardato ipotizzare che entrambi possa­ no essere sorti dal medesimo ambiente culturale dell' Inghilterra settentrio­ nale del sec. x e della poesia latina in rima. I molti errori scribali del Poemetto deriverebbero, per Ab ram (2007 ), da un esemplare precedente trascritto in modo da rendere perspicua la divisione in versi, secondo le convenzioni della poesia anglo-latina, un riflesso delle affinità stilistiche con quest 'ultima. Un altro caso a sé è costituito da Deor (42 versi), classificabile anche come poesia di argomento eroico in base alla descrizione delle disgrazie patite e superate da vari personaggi della leggenda germanica, alle quali si aggiungo­ no quelle dell ' Io-narrante, il poeta Deor, che nell'ultimo exemplum parla di sé stesso e di come il leggendario cantore Heorrenda lo abbia scalzato dalla sua posizione di poeta di corte. Lo stile è allusivo e non vengono forniti i partico­ lari delle vicende, che risultano criptiche e sono interpretabili, quando è pos­ sibile, sulla scorta di altre fonti. La storia del leggendario fabbro germanico Welund occupa le prime due strofe (in quanto Beadohilde, nella seconda strofa, appartiene alla medesima leggenda) ed è nota anche dal Carme di Volundr dell' Edda poetica133; altri riferimenti sono presenti in Beowulf, v. 455 (in cui rappresenta colui che ha forgiato la spada di Beowulf), in Waldere, v. 2 (in cui ha forgiato la spada Mimming) e nella traduzione del De consolatione philosophiae, oltre a essere raffigurato sul Cofanetto Franks (Harris, 19 87, p. 53: Nedoma, 19 88). Mredhhilde e Geat sono invece sconosciuti, anche se Malone (1977) iden­ tifica la coppia con Magnild e Gaure di ballate scandinave tardomedioevali (Foley, 1999, p. 266). Gli accenni a Teoderico, re degli Ostrogoti 13\ non specificano se egli sia la vittima o colui che infligge sofferenze: ai vv. 18-19a Deodric ahtepritig wintra M�Rringa burg "Teoderico tenne la rocca dei Meringi per trenta inverni", i 133. Nel carme norreno, Volundr viene imprigionato, azzoppato e confinato su un'isola da re Niòudr, che lo obbliga a fabbricare gioielli; per vendetta il fabbro uccide allora i figli maschi del re e ne violenta la figlia (la Beadohilde del componimento anglosassone), che resta incinta. Il fabbro poi fugge in volo come per magia, in un epilogo noto anche alla Saga di Teoderico di Jérona (cfr.

CAP. 6).

134. Malone (1977) propone invece una identificazione con il Teoderico di Austrasia (t 533) della dinastia merovingia, il Wolfdietrich dell'epica in altotedesco medio.

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3- La letteratura a nglosassone

trenta inverni possono riferirsi ai trent 'anni del suo esilio leggendario (e in questo caso sarebbe vittima) o agli anni di governo (storici), e in questo caso Deor rifletterebbe la visione ecclesiastica di un Teoderico tiranno, responsa­ bile della morte di Boezio, di Simmaco e di papa Giovanni I IJS. Ermanarico (t ca. 375), re ostrogotico nelle pianure a nord del Mar Nero, è invece un esempio di carnefice verso i propri sudditi I 36, desiderosi che il suo regno ven­ ga rovesciato I 37• Il ritornello divide Deor in sei strofe che alludono alle diverse leggende, a eccezione dell'ultima, che al di là di considerazioni gnomiche si concentra sulla situazione dolorosa di Deor stesso, il cui nome ("coraggioso': ma anche "animale"), non appartenente alla leggenda eroica, è collegato alla leggenda di Hild per mezzo della menzione di Heorrendai38• La forma strofica e il ritornello sono tratti atipici, forse riconducibili a una La forma metrica influenza norrena (Taylor, 1998, p. 6), che potrebbe aver coinvolto perfino i e le i nte rpretazioni versi di Wulfed Eadwacer, composizione che segue immediatamente nel ma­ del ritornello noscritto e che presenta la tendenza a formare strofe e a ripetere versi in una sorta di ritornello : un'ulteriore analogia tra i due componimenti è la presen­ za di nomi propri. Le strofe di Deor hanno lunghezza variabile ma identico schema, che comprende la constatazione della sventura di un personaggio leggendario, seguita dal ritornello: lo schema è interrotto dal brano ftlosofi­ co e riflessivo che precede la storia di Deor, dalla quale non è separato dal ritornello. il ritornello (/J4s ojèreode, pisses swa YMg, "quello è passato, possa COSÌ (passare] questo") è stato interpretato sia in senso ottimistico, frutto dell' influsso boe­ ziano e del genere della consolatio (Klinck, 1992, pp. 16o-1), sia, al contrario, come espressione di un pessimismo di tradizione veterotestamentaria (Harris, 19 87 ). Nel contesto della poesia eroica, con cui presenta le più strette affinità, Deor potrebbe tuttavia esprimere una certa compiaciuta ammirazione per la sublime sofferenza che ne caratterizza i toni (Fulk, Cain, 2013, p. 314 ) I39• 135. Una condanna recepita dalla traduzione antico inglese del De consolationephilosophiae di Bo­ ezio, da quella dei Dialogi di Gregorio Magno e dal Martirologio anglosassone. 136. Di Ermanarico viene detto Jut w.ts grim cyning "quello era un re feroce" (v. 2.3), eco inversa al convenzionale semiverso Jut w.ts god cyning "quello era un buon re", riservato alla definizione di un sovrano. 137. Nella leggenda eroica germanica Ermanarico/Eormenric/Jormunrekkr è una figura sinistra e un uccisore di parenti; in Widsith è rappresentato con un misto di ammirazione, per la sua munifi­ cenza, e di orrore, per la sua brutalità e i suoi inganni. 138. Sul piano linguistico, la forma Heorrenda corrisponde al nome aisl. Hjarrandi, che nella ver­ sione scandinava della leggenda di Hildr è padre di Heèlinn. Nella Kudrun mediotedesca, H6rant (corrispettivo altotedesco medio di Heorrenda) è il cantore che incanta Hild per conto del suo signore Hetel. 139. È tuttavia possibile riscontrare parallelismi verbali e tematici con la traduzione del De con­ solatione philosophiae, nell'espressione (non presente nel testo latino) neart pu peah uns.tlig,for-

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Malgrado i riferimenti al Dio cristiano, la consolazione di Deor non consiste nella beatitudine eterna, ma nella transitorietà stessa, che dipende da Dio : tut­ to passa al mondo, compresi i dispiaceri. Nell'offrire consolazione attraverso esempi e affermazioni ripetute, la struttura di Deor ricorda lontanamente il ge­ nere degli incantesimi, in cui un antefatto mitico o leggendario viene seguito dallo scongiuro, corrispondente qui al ritornello (Frankis, 1962). l problemi Diciannove versi alternati, lunghi e più brevi (la cui ripetizione ricorda il me­ i nterpretativi tro norreno ljdòahdttr, North, 1991,p. 45), formano l'oscuro WulfedEadwacer, di Wulf ed Eadwacer che oltre un secolo fa Tupper (1910, pp. 235-41 ) intese interpretare come il primo esemplare della raccolta di enigmi che immediatamente precede nel Libro di Exeter (North, 1994), assegnandogli come soluzione 'Cynewulf' - in base alle menzioni di lupi ( Wulj} e lupacchiotti (h welp) 140• La presenta­ zione di una vicenda concreta allontana però Wulfed Eadwacer dal genere degli indovinelli, nei quali prevale piuttosto la descrizione, e anche il rilievo conferito agli stati d'animo non collima con gli schemi consueti dell'enigma. Nel manoscritto, il carme segue Deor e precede un gruppo di indovinelli: con i secondi ha in comune lo stile criptico e l 'uso di immagini animali, con il primo la forma lirica, una certa struttura metrica e possibili riferimenti alla leggenda germanica, in virtù dei quali Belanoff (2oo2) ascrive Wulfed Eadwacer al ge­ nere eroico. Le numerose sillabe atone, abbinate alle particolarità metriche, ricordano come detto il genere degli incantesimi (Fry, 1971), per le cui affinità si dovrebbe immaginare un' ipotetica contaminazione con generi tradizionali meno eruditi o 'popolareschi', a cui allude un lessico insolito e più contiguo al mondo animale141• A un tono popolaresco - piuttosto diverso dal consue­ to patrimonio poetico anglosassone - riconduce inoltre l'enfasi ivi conferita alla 'voce' femminile (D'Aronco, 2oo6), in questo lamento di donna separata dal proprio amante, che è topos consolidato di una lunga tradizione popolare (Davidson, 1975) 141• Si tratterebbe dunque di una testimonianza di chanson de fimme/Frauenlied ("canto femminile") 143, che ha fatto pensare a una donna come autore, ipotesi però respinta da Klinck (19 92, p. 244: 2003). Òttmòe pa unrotnesse pu nu on eart swilce ofèrgaò swa òu cwist Òttt pa blisse ttr dydon "Non essere infelice, poiché la tristezza che provi adesso passerà, come sai che in precedenza sono passate le gioie•, nel collegamento con la mutevolezza della sorte attribuito a Dio piuttosto che con il fato (wyrd) e nella menzione sia di Welund sia di Teoderico. 140. L'antroponimo Cynewulfè infatti un composto di cyn "stirpe" e wu!f"lupo . 141. Athecgan "consumare (cibor. toslitan "lacerare", dogode "(in)seguivo come un cane•, bogum "spalle (di animale)': 142.. Non è chiaro (né condiviso) se l'amore illecito e il neonato portato nel bosco (forse per esser­ vi lasciato morire in quanto frutto, appunto, di amore illecito?) rappresentino una eco di Heroides 11 di Ovidio (Canace a Macareo) o se invece si tratti di motivi comunemente diffusi (Kiinck, 1 9 9 2. , p. 2.37). 143. Nell' Inghilterra anglosassone si registra la testimonianza di altri Frauenlieder, in latino, ad esempio nella raccolta dei Carmina Cantabrigiensia, copiata probabilmente da originali continen·

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I s 3 versi di Lamento della moglie costituiscono un altro Frauenlied, uno dei più antichi del Medioevo (Klinck, 200 3). In questo componimento, definito «la più elegiaca di tutte le elegie» (Greenfield, Calder, 1986, p. 294), la voce narrante descrive la solitudine e le sofferenze patite, voce che appartiene a una donna bandita dal proprio 'signore' e che dichiara di vivere in una caver­ na sotto una quercia. La dimora è certamente misteriosa e sono state via via ipotizzati una tomba, un santuario pagano o più semplicemente un nascon­ diglio in cui la protagonista cerca rifugio e protezione. La sua condizione viene descritta in modo tanto dettagliato da far pensare a un vero e proprio indovinello circa la sua identità, che Lee ( 2007) individua in quella di un se­ guace che ha perduto il proprio signore, di una divinità pagana che si lamenta di essere stata abbandonata dal proprio sacerdote (convertito al Cristianesi­ mo) o da un amante (Doane, 1966: Orton, 1989 ) . Non si possono tuttavia escludere identità alternative, corrispondenti a figure di monache (analoghe a quelle che scrivevano a Bonifacio in cerca di amicizia) o a una monaca vera e propria (Horner, 2001, pp. 48-ss ) . salvo immaginare una allegoria per la Chiesa che anela a Cristo suo sposo (Swanton, 1964 ) oppure una spada che parla (Walker-Pelkey, 1992, che considera il componimento un enigma vero e proprio) o perfino un morto che parla dalla tomba (Lench, I 970 ). Gli edito­ ri più recenti (Klinck, 19 92: Muir, 2000) considerano Lamento della moglie uno struggente canto d'amore di elevato valore artistico (Kinch, 2o o 6) che piange una separazione, al centro del quale si stagliano i sentimenti della don­ na, espressi attraverso la ripetizione di termini che denotano rimpianto, desi­ derio e tristezza (geomor). L'esordio è lirico, ma le riflessioni si fanno via via più generali per arrivare a una conclusione di carattere gnomico 144• n lamento femminile, la perdita (del marito e del rango) e la natura circostante sono tutti aspetti che avvicinano Lamento della moglie alla poesia gallese del sec. IX incentrata sulla figura di Heledd nel ciclo di Llywarch Hen (Bray, 1995, p. 151 ) , mentre le analogie evidenziate con la letteratura norrena (Orton, 1989 ) riguardano sia l'amore di Freyr per Geròr, nel Via$ffo di Sktrnir dell'Edda po­ etica, sia il mito di Freya che ha perso il marito Oòr, come riferisce l'Inganno di Gylfi dell'Edda di Snorri Sturluson (cfr. oltre, CAP. 6, PAR. s ) . L'unitarietà di Rassegnazione ( n8 versi) è incerta a causa della probabile per­ dita di un foglio dopo il v. 69, in concomitanza di una metamorfosi stilistica, che sposta l'accento dalla penitenza personale al lamento più generale. A tal proposito si è parlato addirittura di due opere distinte, una preghiera penitali nel monastero di St. Augustine a Cambridge nel sec. XI e in cui sono variamente toccati o allusi i temi dell'amore fisico e della sessualità femminile (Davidson, 197 5). 144. Secondo l'interpretazione di Straus (r98r), basata sulla teoria degli atti linguistici, Lamento della moglie è la descrizione di un'esperienza personale, come personale è anche la conclusione (vv. s1b-s3 ) , interpretabile come una maledizione: Wtt biò pam pe sceal oflangope leofes abidan "è doloroso per chi, pieno di desiderio, deve aspettare la persona amata�

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Le interpretazioni di Lamento della moglie

L'unita rietà di Rassegnazione

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Motivi e tono di Messaggio del marito

tenziale, la prima, e il lamento elegiaco di un esule (Bliss, Frantzen, 1976), la seconda, benché Klinck (1987) insista nel riconoscervi un'unica composizio­ ne frammentaria, poiché entrambe le sezioni constano di un monologo in­ centrato sui temi del peccato e della virtù. Le irregolarità metriche indiche­ rebbero una datazione abbastanza tarda, al sec. x. Nella prima parte (Rassegnazione A), che ricorda per tono e tema i salmi pe­ nitenziali e nella quale Gretsch (2oo8) rileva una funzione didattica come repositorio per i nomi di Dio, il peccatore chiede perdono, implorando di essere portato dagli angeli alla presenza del Signore, prima ancora di essere prelevato dai diavoli nell'ultimo viaggio. Nella seconda parte (Rassegnazio­ ne B) il peccatore narra della punizione divina, del senso di isolamento e soli­ tudine e del viaggio per mare di un esule, che potrebbe essere unaperegrinatio pro amore Dei oppure un viaggio simbolico sull'oceano dalla vita alla morte verso la patria celeste, a cui l'anima si sta preparando e per il quale essa non si sente sufficientemente equipaggiata. Messaggio del marito (54 versi) contiene motivi elegiaci a dispetto del tono ottimistico, poiché qui sofferenza, esilio e separazione sono eventi del passa­ to ormai superatP+\ li narratore reca alla moglie o promessa sposa del pro­ prio signore un messaggio che la invita a riunirsi a lui oltremare, dal momen­ to che sono venute meno le circostanze che lo avevano costretto all'esilio. Il componimento è considerato come la continuazione, a lieto fine, di La­ mento della moglie (Howlett, 1978), in cui la donna esiliata viene richiamata a sé dal marito; le differenze di tono e stile sono però sostanziali e i motivi condivisi potrebbero semplicemente far parte di un retaggio tradizionale. Le difficoltà interpretative nascono anche dalla condizione materiale dei fogli manoscritti, danneggiati dal fuoco, che ha reso molti termini ormai illeggibili. L'autore del messaggio è descritto come colui che lo ha personalmente in­ ciso su un trew-cyn "un tipo di legno" (vv. 2, 13), mentre ai vv. 49-50 un criptogramma runico sembra confermare una promessa di fedeltà. Tutto ciò suggerisce che la voce narrante appartenga al pezzo di legno recante il mes­ saggio runico - condividendo in tal caso con gli indovinelli l'uso della pro­ sopopea - oppure a colui che lo sta recapitando alla donna 146• Nel codice, il testo è immediatamente preceduto dall 'Indovinello 6o che ha per soluzione 'calamo', un oggetto con funzione comunicativa creato da una pianta, circo­ stanza che ha indotto Pope (1978, pp. 42-63) a posculare che l 'indovinello 14S· Per questa ragione il componimento è stato definito « il meno elegiaco tra le elegie » (Green­ fìeld, Calder, 1986, p. 2.2.6). 146. Le interpretazioni allegoriche succedutesi hanno intravisto ad esempio nella moglie e nel marito i simboli della Chiesa e di Cristo che le invia un messaggio di speranza (Swanton, 1964), o ancora, nel narratore, la Croce o lo scettro di Cristo, recante un messaggio runico in funzione di richiamo alla vita dopo la morte (Goldsmith, 1975).

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3- La letteratura a nglosassone

sia in realtà la parte iniziale di Messaggio del marito. Malgrado le affinità individuabili con gli indovinelli, l'esordio lirico ic [ ... ] secgan wille ("io vo­ glio raccontare") si pone tuttavia in continuità con il genere elegiaco •+7 e in contrasto con il tipico incipit degl i enigmi (ic eom "io sono': ic w�s "io ero': ic seah "io ho visto"). Rovina costituisce, in 49 versi, una meditazione sulle rovine di una città ro­ Rovina mana•+8, identificata con Bath e associabile al genere del de excidio urbis, che e gli analogh i latini lamenta la caduta e la rovina di una città•+9, come pure a quello dell' enco­ mium urbis, che ne elogia lo splendore. Lo sviluppo del componimento muo­ ve a ritroso, dalla desolazione del presente allo splendore del passato, descri­ vendo prima i resti di una fortezza e immaginandone la vita in giorni ormai trascorsi, quando guerrieri splendidamente equipaggiati festeggiavano e con­ templavano il tesoro (vv. 32-37 ), per spostare la scena a terme di acque calde, delle quali è decantata la bellezza. Il testo è gravemente danneggiato dalle bruciature che hanno interessato, nella parte finale, gli ultimi quattordici fo­ gli del Libro di Exeter e Orchard (2oo8) ne ha proposto una ricostruzione basandosi sulla struttura lessicale. n lessico è infatti insolito, ricco di compo­ sti poetici che descrivono caratteristiche architettoniche inconsuete per gli Anglosassoni. A differenza di altre elegie, qui manca la forma del monologo, sostituita invece da una descrizione impersonale ( C ernak., 2003, p. 7 ). In mancanza di evidenti considerazioni dottrinarie o etiche, l'unico messaggio sembra essere il sic transit gloria mundi, a fronte di letture allegoriche, secon­ do le quali la rovina adombrerebbe il tempio di Gerusalemme o Babilonia, se non addirittura il tempio della carne (Keenan, 19 66). 2.8. L a poesia gnomica e sapienziale La tendenza all'aforisma pervade tutta Definizione la letteratura anglosassone, ma esiste un corpus di opere in cui l'espressione e canone gnomica ha un peso preponderante (Harbus, 2002; Drout, 2007 ). La forma più semplice è costituita da raccolte di massime (generalizzazioni sentenzio­ se) o proverbi (di natura fondamentalmente metaforica), che sono in realtà difficilmente distinguibili tra di loro (Cavill, 1999, pp. 41-59 ). La poesia gno­ mica è uno speciale tipo di poesia sapienziale, con cui condivide la considera­ zione degli aspetti fondamentali della vita umana e la loro presentazione in modo memorabile, ma da cui si distingue per la sua forma costituita da affer­ mazioni brevi e proverbiali, che tendono a utilizzare costruzioni semplici.

147. Cfr. M4g ic secgan (Navigante) o le secgan m4g (Lamento della moglie) "io posso raccontare". 148. Anche Errante presenta la contemplazione di rovine, probabilmente romane (vv. 73-77), ispiratrici però di riflessioni sulla morte. Sia Rovina sia Errante descrivono i ruderi come enta geweorc "opera di giganti", mentre in Beowu!fla combinazione aenta geweorc è riferita all'elsa della spada magica (v. 1679 ) su cui è incisa la distruzione dei giganti a opera del diluvio. 149. I componimenti più simili sono in latino: De excidio Thoringiae di Venanzio Fortunato (se­ conda metà del sec. VI) e De clade Lindisfomensis monasterii (793) di Alcuino.

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Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Nella categoria rientrano componimenti del Libro di Exeter che si basano sull'enumerazione, quali Doni degli uomini, Destini degli uomini, Precetti e Massime (Lerer, 1991) 1�0• Canto di morte Ha carattere aforistico Canto di morte di Beda, che in cinque versi constata di Beda che all'uomo non è dato sapere quale sarà il destino della sua anima dopo la morte. li tema dell 'ignoranza sul Giudizio divino, frequente nell'omiletica, è caratterizzato dall'uso di espressioni negative (''nessuno diviene più saggio"), dalla morte rappresentata come viaggio e da riferimenti a Dio. Sul letto di morte, forse oralmente (Chickering, 1976, p. 96 ), Beda (t 735) avrebbe com­ posto il Canto, tramandato nella lettera dell'allievo Cuthbert al condiscepo­ lo Cuchwin (Epistola Cuthberti de obitu Bedae, Colgrave, Mynors, 1969, pp. 580-7 ). La lettera e il Canto sono tràditi in circa 35 manoscritti, dove nei 15 più antichi, di origine continentale, il componimento ha una veste dialet­ tale northumbra, mentre nei più recenti, di origine anglosassone, il dialetto è sassone occidentale. Tradizione eroica, Tra le diverse tipologie di poesia gnomica, il codice eroico sembra rivelare popolare e cristiana un'origine più aristocratica, mentre le massime improntate alla cultura clas­ nella poesia gnomica sica e patristica sono riconducibili a una matrice erudita, laddove una tradi­ anglosassone zione popolare (Cavill, 19 99, p. 3) può essere ad esempio invocata per i versi gnomici di Massime I e Massime II (Stenton, 1971, pp. 197-8: O 'Camb, 2009). Il problema È questione dibattuta se la raccolta di asserzioni gnomiche del Libro di Exeter dell'u nità nota come Massime I sia un'opera unica oppure tre (Jackson, 2000, pp. 183-4). di Massime 1 n contenuto della prima parte (vv. 1-70) spazia tra argomenti teologici (''Dio è eterno"), politici ("un re detesta quelli che pretendono la terra"), naturali­ stici ("la tempesta rende il mare agitato"), mentre le altre due vertono su que­ stioni improntate a maggiore concretezza (Shippey, 1976, pp. 16-7 ). La se­ conda (vv. 71-136) si concentra infatti sull 'uomo e sulle sue attività1 �1 , mentre la terza parte è imperniata su come ottenere fama, correre con i lupi e caccia­ re cinghiali o, ancora, suonare l'arpa, accamparsi con la truppa, remare con­ trovento e avere armi sempre pronte. Una peculiarità di quest 'ultima parte è la forma metrica, con circa un terzo dei versi ipermetrici (Russom, 19 87, p. 10o). Massime 11 Massime II, simili per metrica e contenuto, sono tramandate nel ms. London, British Library, Cotton Tiberius B I e hanno per tema ciò che è giusto e natu­ rale in questo mondo, per poi affrontare la sfera divina. L' insieme di brevi 1)0. La forma dell'enumerazione può essere identificata anche in altri testi del manoscritto quali Poemetto rimante (lista di virtù regie), Ordine del mondo (lista di qualità divine), Widsith (liste di re, popoli ed eroi germanici), Deor (lista di eventi leggendari dolorosi). 1)1. Largo spazio è concesso anche alle donne, dai doveri della nobildonna a come la moglie del marinaio frisone lo accoglie al ritorno a casa, toccando il tema dell' infedeltà in assenza dei mariti.

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3- La letteratura a nglosassone

aforismi che utilizzano la costruzione con il vb. sceal1 �1 (''deve") tratta gli ele­ menti naturali, gli animali d'aria, di terra e del mare, oltre alla società umana: un re deve distribuire anelli, un guerriero deve avere coraggio e armi valide, un drago deve custodire il tesoro. Come la seconda parte di Massime I, Massime II ha un finale anagogico che contiene un memento del Giorno del Giudizio e di Dio. Nel complesso, Massime riflettono fasi differenti della tradizione, poiché, mentre gran parte del materiale sembra ricollegarsi a un'origine pre-cristia­ na, le ultime sezioni rivelano un' ispirazione etico-omiletica che in parte recepisce raccolte di materiale tradizionale variamente interpolato, succes­ sivamente vagliate da chierici (Larrington, 1993, p. 131 ) . Massime trattano soprattutto la sfera quotidiana e tradizionale, natura e società, le attività abituali e tipizzate, inserite nell 'universo simbolico del Cristianesimo. Han­ no rilievo temi quali la fame, l' isolamento, la mancanza di amici, i pericoli della navigazione, l' importanza della saggezza, la minaccia dei ladri, le ca­ ratteristiche del tempo e delle stagioni, giochi e passatempi, il mondo ani­ male, la morte, il destino dell'anima o l 'educazione dei bambini. Rispetto al corpus anglosassone, la forma metrica presenta un maggiore uti­ lizzo di giochi di parole ed effetti sonori ISJ, scarso uso della variazione e alta ricorrenza di semiversi isolati e versi ipermetrici. L'interesse pragmatico verso la quotidianità, abbinato a un impianto metrico peculiare, sembra puntare verso un'origine popolare radicata entro le note dinamiche dell 'o­ ralità (Cavill, 1999, p. 1 6 8 ) , benché una non secondaria prospettiva di eru­ dizione affìori nella strutturazione dell'opera, a partire dall 'analisi dei visi­ bilia dell'esperienza terrena fìno a quella degli invisibilia dell'esperienza celeste. I due componimenti Salomone e Saturno I-II (Anlezark, 2009 ), contenuti nel ms. Cambridge, Corpus Christi College, 422 (e separati da un testo in prosa ancora intitolato Salomone e Saturno) ��..., sono probabilmente opera di uno stesso autore d'area anglica (Donoghue, 1987, p. 9 1 ) e sembrano risalire a un'epoca post-alfrediana (Fulk, 19 92, pp. 194-7 ) . I due testi, frammentari, metricamente irregolari e testualmente corrotti, sono dialoghi intercorsi tra 152.. Gli sceal-gnomes, con il vb. sceal (''deve•), esprimono ciò che solitamente accade o che rap­ presenta la norma:Jorst scealfreosan "il ghiaccio deve gelare·. I biò-gnomes, con il verbo biò ("è•), esprimono verità universali e immutabili: wyrd biò swiòost "il fato è la cosa più forte� 153. In Massime I (vv. 141-142.) si può notare, oltre all'allitterazione, l'assonanza delle desinenze genitivali nei quattro semiversi: Ti/mon ti/es ond tomes meares, cuthes ondgecostes ond calcrondes ("Una brava persona si ricorda di un buon cavallo familiare, affidabile e ben ferrato"). 154. Salomone e Satumo (Cross, Hill, 1982.) è il titolo di due diversi dialoghi in prosa. Il più antico è contenuto (incompleto) nel ms. Corpus Christi College, 422, e tratta del Pater Noster e della lotta al Diavolo. Il dialogo in prosa più recente si trova nel Southwick Codex ed è costituito da una serie di domande e risposte su questioni catechetiche e bibliche e di saggezza popolare, secondo la tradizione degli locha monachorum.

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Le tematiche delle massime anglosassoni

Caratteristiche stilistiche e metriche

dialogh i sapienziali in poesia e in prosa tra Salomone e Saturno l

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

G li i nsegnamenti di un pad re al figlio di Precetti

Ordine del mondo

e il tema della Creazione

il re biblico Salomone (rappresentante della tradizione sapienziale giudaico­ cristiana) e il principe caldeo Saturno (rappresentante della sapienza paga­ na). Salomone e Saturno /1ss (i cui vv. 30-94a compaiono anche nel ms. Cam­ bridge, Corpus Christi College, 41) racconta che Saturno, dopo aver invano cercato la sapienza e la verità in Libia, Grecia e India, si rivolge a Salomone. Questi gli risponde descrivendo il potere del Pater Noster e come le singole lettere che lo compongono 1s6 combattano il Diavolo nelle sue varie forme 1s 7: tra queste vi sono i demoni che, incidendo rune di disgrazia sulla sua arma, rendono pesante la mano di un uomo in battaglia, ragione per la quale non si dovrebbe estrarre la spada prima di aver recitato un Pater Noster. I versi in duplice attestazione presentano numerose varianti, presumibilmente ricon­ ducibili alla tradizione orale (O'Brien O ' Keeffe, 1990, p. 6o ). Certame sapienziale in cui i contendenti si sfidano con macchinosi indovi­ nelli 1s8, Salomone e Saturno II è unico nel suo genere in quanto intreccia temi della tradizione germanica con leggende orientali (Powell, 2005). È Satur­ no a porre la maggior parte delle domande, concernenti fenomeni naturali, i diversi destini degli uomini e il Giorno del Giudizio, mentre Salomone gli dimostra come il Cristianesimo sia in grado di rispondere alle questioni più importanti e difficili della vita (Menner, 1941, p. so). Precetti (Shippey, 1976, pp. 49-53) contiene gli insegnamenti di un padre al figlio in forma di decalogo, forse per influsso dei Dieci Comandamenti (e del libro veterotestamentario dei Proverbi, Jacobs, 2001, p. 45), anche se solo al­ cuni ricordano il decalogo biblico ("ama tuo padre e tua madre� "non menti­ re"). Gli insegnamenti paterni hanno natura piuttosto generale1s9 e sono strutturati in modo da riguardare tre diverse fasi della vita umana: giovinez­ za, maturità, vecchiaia (Howe, 19 85, pp. 145-51). Nella parte iniziale di Ordine del mondo (102 versi) il poeta sfida il pubblico a interrogarlo sulla Creazione, paragonando ciò che sta per raccontare ai can­ ti del passato. Dal momento che l'enfasi sulla Creazione si richiama in ultima istanza alla Genesi e l'ammirazione per il creato sembra suggerita dal Salmo 18, l'opera è stata classificata anche come poesia biblica (Conner, 1993b, p. 152), benché il salmo sia solamente il punto di partenza per una riflessione originale sul mondo (Wehlau, 1997, pp. 35-41) e il testo presenti le caratteri1 s s. Hermann ( 19 89, pp. 3 2.-7) affianca a Salomone e Satumo I fonti del calibro della Psychomachia di Prudenzio (sec. v) e della Cosmographia di Aethicus lster (secc. VII-VIII ) , accanto a similitudini con l' Omelia IX del Libro di Vercelli e con testi antico irlandesi (Wright, 1993, pp. 2.33-s6). 1)6. Nel ms. 422 accostate alle rune e all'equivalente denominazione antico inglese di ciascuna. IS7· Forme che per Dendle (1999, pp. 2.86-9) rappresentano uno spaccato della vita terrena. 1)8. Si tratta di un contesi verbale tra due eroi che rappresentano opposte visioni del mondo, forma di sfida contenuta in testi dell'Edda poetica norrena (ad es. Dialoghi di Vàjjm-lònir). IS9· Comportarsi bene, essere saggio, distinguere il bene dal male, ascoltare gli anziani, non in­ gannare gli amici, non farsi prendere dall'ira, evitare di innamorarsi.

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3- La letteratura a nglosassone

stiche della wisdom literature (Hansen, 19 88, p. 81 ), tra cui la forma dialogica e il rispetto per la saggezza degli antichi. La conclusione anagogica si soffer­ ma su una visione del Paradiso, esortando a tralasciare le gioie temporanee di questo mondo per guadagnare il regno dei cieli. Doni degli uomini ( 113 versi) elenca i talenti concessi da Dio attraverso l'daborazione di un motivo riconoscibile nell'Epistola ai Corinzi di san Paolo160• La parte introduttiva sottolinea come Dio non abbia lasciato nessuno senza un talento, per cui non vi è ragione di disperarsi, né abbia dotato nessuno in misura eccessiva, così che non vi sia motivo di inorgoglirsi. n testo prosegue elencando abilità e talenti donati anche a persone materialmente povere doti fisiche, intellettuali, pratiche o estetiche•6•, attraverso la coordinazione di sum... sum... (''alcuni... alcuni..."), culminando con doti quali la religiosità, il valore nel combattere il demonio, la competenza liturgica e l 'amore per i libri (Howe, 19 85, p. 114 ) , che si concludono con la rappresentazione allegorica dell'umanità come il comitatus di Dio. Destini degli uomini ( 98 versi) comprende due elenchi, anch'essi strutturati con la ripetizione anaforica di sum: il primo di essi sottolinea che la volontà divina ordina il fato ed espone i modi in cui gli esseri umani trovano la morte (DiNapoli, 2007: Jurasinski, 2009 ), mentre il secondo riflette di nuovo sulle abilità che Dio ha concesso ai diversi individui. In alcuni dei modi di incontrare la morte sono presenti riferimenti ad antichi riti di iniziazione germanici, residui di elementi pre-cristiani (Swenson, 1991, p. 127 ). Talora, quando la morte ha luogo in un ambiente naturale ostile e pericoloso, essa è determinata in realtà dall'espulsione dell 'individuo dal gruppo sociale (Brady, 2014, p. 330 ). Poemetto runico, di 94 versi, era contenuto in un singolo foglio (arso nell' incendio della biblioteca Cotton nel 1731 ) inserito in un manoscritto del sec. XI contenente vite di santi (ms. London, British Library, Cotton Otho B x) • 61• n poemetto contiene le definizioni delle ventinove rune delfuthorc anglo-frisone (Giliberto, 2009 ) ciascuna seguita da una strofa che descrive l'oggetto o l 'essere da cui la runa prende il nome, una struttura che Acker ( 1998, pp. ss-7 ) riconduce a funzione pedagogica, al contrario di Halsall ( 1981, p. 59 ) , la quale negava il valore didattico per la trasmissione delfuporc, a causa della eccessiva lunghezza (a suo dire) delle strofe per poter essere memorizzate. L'ordine delle due rune finali è stato invertito, poiché ear "terra" come ultimo segno per,

160. Il tema dei 'doni degli uomini' ricorre di frequente nel corpus anglosassone, ad esempio in Cristo I e Pantera, probabilmente reso popolare dalle Homiliae in Evangelia IX e XXIX di Gregorio Magno. 161. Le doti comprendono forza fisica, bellezza, abilità poetica, eloquenza, abilità nella caccia, ca­ pacità di affascinare un ricco, abilità nelle armi, saggezza, musicalità, capacità di comprendere i misteri, il tiro con l'arco, il canto. 161. L'unica testimonianza che ne rimane è la stampa di Hickes del 1705 (Halsall, 1981, p. 84). 207

Il motivo paoli no di Doni degli uomini

l d ue ele nchi di Destini degli uomini

l l futhorc

nelle strofe di Poemetto runico

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

mette una conclusione escatologica con una strofa che descrive la tomba. Le strofe oscillano da tre a cinque versi e sono costruite sul principio della varia­ zione : il nome della runa per D, daog "giorno", varia ad esempio con "messagge­ ro del Signore': "caro agli uomini" e "gloriosa luce del Creatore" 163. Gli Abecedaria latini, che dedicano una strofa alla descrizione di ogni lettera dell 'alfabeto, potrebbero rappresentare possibili modelli di un genere atte­ stato anche attraverso analoghi prodotti poetici scandinavi (Millar, 2oo6), i poemetti runici islandese, norvegese e svedese164 (cfr. CAP. 6). Per questi componimenti si è evocato un archetipo germanico comune (Derolez, 1954, p. xxvi ) , poiché il genere, anche se non lo specifico testo anglosassone, ap­ partiene a una tradizione più antica (Niles, 1991, pp. 135-6). La rielaborazione in senso cristiano del Poemetto runico è particolarmente evidente nel trat­ tamento delle divinità Ing e Tir16� : la strofa su Ing (vv. 67-70 ), considerato evemeristicamente come un eroe del passato, è l'unica a utilizzare il verbo 'essere ' al preterito (waos) anziché al presente gnomico (bio) : Ing wtes terest mid East-Denum gewesen secgun op he siOòan est ofer wteggewat wen tejter rana est Òus Heardingas Òone htele nemdun. La più antica raccolta di en igmi i n volgare d'Europa: Indovinelli

del Libro di Exeter

Ing fu dapprima visto dagli uomini presso i Danesi Orientali, prima che se ne andasse attraverso il mare, con il suo carro. Era ciò che gli Heardinghi chiamavano un eroe.

I 95 (o 91) 166 Indovinelli (Krapp. Dobbie, 19 36) del Libro di Exeter rappresen­ tano la più antica raccolta del genere in un volgare europeo. Creati in forme di varia lunghezza - da sei a un centinaio di versi - descrivono aspetti del mondo anglosassone in forma di enigma (cfr. Lendinara, 2001), in un gioco consistente nel nascondere e svelare al medesimo tempo 167• Gli indovinelli descrivono un oggetto o una entità da una prospettiva insolita, rendendo ec­ centrico ciò che dovrebbe essere familiare attraverso la manipolazione di quello che è noto, così da indurre l'osservazione della realtà mediante i para­ dossi che essa nasconde (Neville, 2013, p. 139 ). 163. Drihtnes sond [ ... ] deore mannum [ ... ] mci!re Metodes lioht (vv. 74-76). 164. Particolarmente evidente è la somiglianza con il componimento norvegese per quel che riguarda la runa h4gl "grandine•, paragonata ai chicchi di cereali: il testo anglosassone h4gl byò hwitust coma "la grandine è il più brillante dei chicchi• ricorda da vicino [hagel� er kaldastr korna "la grandine è il più freddo dei chicchi•, riecheggiato in Navigante v. 33a (coma caldast). 165. Tir, nome evidentemente mutuato dal dio nordico, vale qui "segno celeste•, "costellazione·. 166. Williamson (1977) ne conta 91 per via dell'incertezza sul punto di inizio e di fine di ciascun testo. 167. Un indovinello può essere definito come una domanda posta con astuzia su soggetti o ele­ menti della realtà, impegnando l'intelligenza del solutore ( Boryslawski, 1004, p. 7 ), allo scopo di descrivere qualcosa attraverso oggetti o esseri completamente diversi dalla soluzione normalmente più comune.

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3- La letteratura a nglosassone

In termini semiotici un indovinello è un atto comunicativo in cui il messaggio viene deliberatamente criptato per portare il solutore fuori strada: l'oggetto, o essere, da indovinare si nasconde nello scarto semiotico tra testo e soluzione messo in atto dall'inganno deliberato di chi pone l'enigma•68• Oggetti inani­ mati sono descritti come senzienti, gli animali hanno caratteristiche umane, ed entrambi parlano spesso in prima persona, secondo quella figura retori­ ca nota come 'prosopopea' (cfr. sopra). n genere dell'enigma godette di una enorme popolarità nel Medioevo, insieme ai dialoghi a carattere di indovi­ nello, come modalità per raccogliere e trasmettere conoscenza. La fUnzione originaria è legata a una sapienza nascosta, in un contesto ritualizzato di con­ flitto o di certame, ma vi è presente anche un aspetto ludico, che contribuì alla diffUsione del genere e che complica il rapporto con l'elemento sapienziale. Gli Indovinelli si presentano in tre blocchi alla fine del Libro di Exeter, che in alcuni punti è danneggiato e in altri ha perso dei fogli, per cui il loro numero originario non è certo : è probabile che fossero cento, il numero canonico di diverse collezioni di enigmi latini, tra cui quelle di Sinfosio e di Aldelmo. In Inghilterra circolavano le raccolte di enigmi latini del retore romano Sin­ fosio (secc. Iv-v) e degli scrittori anglosassoni Aldelmo (sec. VII) 169, Tatwi­ ne (tra secc. VII e VIII) 170, Eusebio (sec. VIII) 171, Bonifacio (sec. VIII) 171 e i Collectanea dello Pseudo-Beda (sec. VIII): la tradizione enigmatica anglo­ latina dei secc. VII e VIII rappresenta un modello per gli Indovinelli, che tuttavia traggono forza anche dalla cultura orale popolare (Murphy, 2 o n ) . Esistono inoltre paralleli continentali 173 redatti in latino, come gli Indovi­ nelli di Berna (sec. VII), gli Indovinelli di Lorsch (sec. IX) e gli Indovinelli di Reichenau (sec. x ) . Gli Indovinelli di Exeter si possono suddividere in due gruppi (Williamson, 1977, p. 25) a seconda che si tratti di enigmi presentati in prima persona, nei quali l'oggetto da indovinare parla di sé stesso, oppure siano presentati da un parlante che lo descrive in terza persona. Altri tipi di classificazione si basano sulla tipologia delle soluzioni (Taylor, 1951) o su quella delle metafore impiega168. Per il lettore moderno gli enigmi del Libro di Exeter rappresentano una sfida ancora diversa, poi­ ché la conoscenza della culrura (anche materiale) anglosassone è incompleta e la soluzione è data pro­ prio dal ricorso a realtàextra-testuali che sono ignote, in parte o del tutto (Koppinen, 1013, p. 164). 169. Aldelmo, abate di Malmesbury e vescovo di Sherborne, fu fortemente influenzato da Sinfosio (parafrasato anche in alcuni degli indovinelli del Libro di Exeter); la raccolta dei suoi Aenigmata consta di cento indovinelli, esattamente come quella di Sinfosio. 170. Nella sua raccolta di quaranta indovinelli, il merciano Tatwine, arcivescovo di Canterbury nel 731, predilige tematiche di carattere religioso (arredi di chiesa, virtù cristiane, dogmi). 171. Eusebio è probabilmente da identificare con Hwztberht, abate di Jarrow; compose sessanta enigmi, a complemento dei quaranta di Tatwine, così da raggiungere il numero 'canonico' di cento. 171. Si tratta di san Bonifacio (Wynfrith), 'apostolo della Germania', missionario e martire in Fri­ sia, autore di venti indovinelli a carattere teologico. 173. Indovinelli diBema e Indovinelli di Lorsch potrebbero però provenire dalle Isole britanniche.

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La trad izione enigmatica anglo- lati na e quella popolare

Ti pologia degli i ndovinelli anglosassoni

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

L'elaborazione poetica degli indovinelli anglosassoni

te per la descrizione (Williamson, 1977 ). In base a quest'ultima tipologia si distinguono indovinelli 'antropomorfi' (oggetto/ essere descritto nei termini di esseri umani), 'zoomorfi' (nei termini di animali), fitomorfìci (come se l'og­ getto/essere fosse una pianta) e indovinelli che descrivono l'oggetto/creatura come un essere inanimato. La più ampia di queste suddivisioni è quella degli indovinelli 'antropomorfi': lo 'scudo' dell'indovinello n. s è descritto come un guerriero solitario, 'l'uccello canterino' del n. 8 come uno scop. Talora gli indo­ vinelli utilizzano comparazioni con più oggetti o creature ('comparazioni mul­ tiple ') oppure sono costruiti sull'enumerazione di elementi caratteristici della forma o della funzione dell'entità da indovinare (una sorta di 'comparazione per dettagli selezionati'). Un gruppo di indovinelli utilizza le rune (ad es. nell' indovinello n. 19 la sequenza di rune letta al contrario forma le parole hors "cavallo", mon "uomo", weiga "guerriero': hafoc "falco"), altri sono invece di tipo aritmetico174 o addirittura 'salvavita' 1 7s. Gli Indovinelli sono privi di titolo, co­ me gli altri componimenti del Libro di Exeter, e, a differenza degli enigmi in latino, non contengono le soluzioni (talora desumibili da modelli latini analo­ ghi), sulle quali ancora oggi esistono incertezze, tanto che gran parte dd lavoro critico si è concentrato sul possibile scioglimento dei singoli indovinelli. Con le raccolte latine gli indovinelli di Exeter condividono temi e caratteri­ stiche strutturali (Orchard, 2oos) e lo stesso interesse per la storia naturale, l'etimologia e il gioco di parole, ma rielaborano i modelli ampliando i confini di genere e le convenzioni retoriche, spesso attraverso l 'utilizzo dei topoi e della dizione della poesia eroica. Essi nascono nell'ambiente letterario mona­ stico caratterizzato da una forte impronta dell 'erudizione latina, ma rientra­ no anche nella tradizione della poesia in volgare, celebrata nei componimen­ ti di natura eroica ed elegiaca del Libro di Exeter (Bitterli, 2009, pp. 4-s). Gli indovinelli utilizzano infatti le convenzioni di varie categorie poetiche, gno­ mica, elegiaca, religiosa ed eroica, quest'ultima presente in maniera pervasiva (Koppinen, 2009 ). L' indovinello n. s descrive ad esempio lo scudo come un guerriero che deve combattere molte battaglie e impiega prevalentemente immagini eroiche, non disdegnando tuttavia il tono elegiaco, quando l'og­ getto si definisce anhaga "solitario� proprio come il protagonista del già cita­ to Errante. Accanto a immagini evocative di aspetti concreti dell'esistenza si affiancano il simbolismo cristiano e la cultura biblica: l' indovinello n. 26 ha per soluzione 'Bibbia', il n. 40 parla del 'mistero della Creazione ', il n. 46 174. Un indovinello di tipo aritmetico è, dall'ambito del mito greco, il famoso enigma posto dalla Sfinge a Edipo, su quale fosse la creatuta che al mattino cammina su quattro gambe, a mezzogiorno su due e alla sera su tre ('l'uomo'). 175. Questi ultimi comprendono la descrizione di una scena che può essere sbrogliata solo da colui che pone il quesito; un individuo salva la vita poiché il suo giudice o avversario gli ha promesso sal­ vezza in cambio di un enigma che non può essere risolto (siruazione affine ad alcuni poemi scaldici antico islandesi). Rientra in questa categoria l'indovinello n. Ss 'venditore monocolo di aglio', inter­ pretabile solo perché debitore dell'Enigma XCIV di Sinfosio (che fornisce la soluzione).

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3- La letteratura a nglosassone

descrive 'la famiglia di Lot ', il n. 67 vale 'Bibbia' oppure 'Croce ', mentre il n. 68 è interpretato come 'Cristo che cammina sulle acque '. Numerosi sono inoltre gli enigmi che hanno per tema l'ambiente dell'erudizione, dei libri e dello scriptorium: l'indovinello n. 47 ('tarlo del libro') è elaborato sulla base di Tinea di Sinfosio, mentre i nn. 43 e 88 valgono entrambi 'calamaio'. Un certo numero di indovinelli di Exeter è accostabile alla sfera sessuale (Fry, 19 81, p. 32). Enigmi di questo tipo, noti come double-entendre (Taylor, 1951), sono diffusi in molte culture e implicano che la descrizione conduca ad almeno due o più soluzioni ugualmente ben giustificate dagli indizi, una delle quali ha carattere erotico 176• Si tratta di testi talvolta definiti come prodotti popolari osceni (Anderson, 1947, p. 124), ma che in realtà utilizzano per lo più U linguaggio tipico della poesia aristocratica ( Tanke, 19 94, pp. 23-7) e presentano un alto grado di elaborazione stilistica: malgrado le loro origini siano da ricercarsi nella tradizione oral-popolare, piuttosto che nel contesto dell'erudizione monastica (Magennis, 1995, pp. 16-7 ), la loro rappresentazione dell 'elemento sessuale è stata comunque fìltrata dalla tradizione scritta: la dizione e la complessità poetica dei double-entendre sono certamente il prodotto di una raffinata cultura letteraria. Al pari di altre 'forme semplici' di natura folclorica - incantesimi, proverbi e massime (Cavill, 1999) 177 - agli indovinelli è dunque attribuito a ragione un valore 'letterario' autonomo di rispetto. I soggetti degli indovinelli sono spesso per natura umili, ma mai insignificanti, secondo la lettura cristiana della Creazione, nella quale anche l'elemento apparentemente più ignobile rientra nel disegno divino: la soluzione di un indovinello rappresenta quindi un'attività che in un certo grado avvicina al mistero di Dio (Boryslawski, 2004, p. 47 ) : nella prefazione agli Aenigmata, anche Aldelmo aveva dichiarato che fosse suo obiettivo presentare i misteri di Dio nascosti in tutte le cose, animate e inanimate178• 3 · La prosa

La maggior parte della produzione scritta in antico inglese è rappresentata dalla prosa, i cui primi documenti letterari sono traduzioni di probabile ori­ gine merciana, anche se attestazioni numericamente consistenti risalgono alle opere di età alfrediana, principalmente traduzioni dal latino. La fiori­ tura maggiore ebbe luogo, successivamente, nell'età della Riforma benedet176. Ad esempio indovinello n. 2.5 (cipolla/pene), n. 42. (gallo e gallina/atto sessuale), n. 90 (top­ pa/vagina). 177. Gli incantesimi in versi verranno trattati più avanti insieme alla letteratura di tipo medico, con la quale condividono gli stessi manoscritti. 178. Secondo Lerer ( 1991, p. 101), gli indovinelli del Libro di Exeter sono una sorta di catalogo della creatività divina, giacché abbracciano per argomento le svariate forme esistenti, dalle più alte alle più umili, tutte appunto creazioni di Dio.

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Gli indovi nelli 'a doppio senso'

soggetti degli i ndovinelli anglosassoni l

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

cina, a partire dagli anni Sessanta del sec. x, in una ricca varietà di generi, , sia pure con una predominanza dell omiletica. n ruolo pubblico della lin­ gua volgare in Inghilterra, a differenza del resto dell' Europa medioevale, si riscontra in un'ampia gamma di generi prosastici: glossografia, traduzioni bibliche, patristiche, pastorali, liturgiche, Hl oso fiche, bibliche e, ancora, l'o­ miletica, l'agiografia, la letteratura didattica, la prognostica, il diritto e la sto riografia.

Leggi del regno del Kent

Leggi del regno del Wessex

3.1. l codici giuridici La produzione scritta di leggi in epoca anglosassone è collocabile tra i secc. VII-XII (Liebermann, I903-16: ]urasinski, Oliver, Rabin, 2010 ), a riprova della cooperazione politica e religiosa di potere laico e Chie­ sa in materia di ordine sociale 179. Dopo secoli di trasmissione orale, l' introduzione della civiltà della scrittura da parte della Chiesa favorì la redazione del primo codice di leggi (ca. 602, Howlett, 1997, pp. 257-62), emanato per iniziativa di JEchelbert del Kent (t 616), primo re cristiano dell' isola. Esempio più antico di prosa antico inglese (Wormald, 2010 ), il codice di JEchelbert è conservato in un mano­ scritto tardo, il Textus Roffinsis (Rochester, Cathedral Library, MS A 3.5; sec. XII ) , stilato a Rochester dopo la conquista normanna e contenente leg­ gi e documenti di natura legale. La sintassi molto semplice, che si farà via via più complessa nelle raccolte giuridiche successive, rispecchia una fase arcai­ ca della prosa antico inglese. Più tardi seguirono le leggi promulgate unicamente da altri re del Kent, Hlochhere ed Eadric (fine sec. VII ) e Wihtred (t 725), codice, questo, con un maggiore accento cristiano rispetto alle precedenti raccolte. Le prime leggi del Wessex furono probabilmente emanate tra 688 e 694 da lne (t 728)180, benché non siano conservate altre raccolte fino al Domboc di Alfredo (secon­ da metà sec. IX ) , di cui rimangono sei copie manoscritte (Keynes, 1990, p. 232). Una serie di codici di legge vennero emanati dai successori di Alfre­ do 18\ mentre mancano attestazioni provenienti dai regni centro-settentrio­ nali, malgrado nel Domboc Alfredo dichiari di essersi ispirato anche alle leggi di re Offa di Merda. Rispetto ai codici del sec. VII, quelli successivi tendono a considerare i delitti sempre più come reati contro la società, passando progressivamente alla re­ sponsabilità individuale (un principio che solleva il clan da eventuali coim­ putazioni) e alla compensazione meccanica nei confronti della parte lesa alla aggiunta di punizioni (per lo più corporali) dei criminali.

179. Esiste anche un ampio corpus di carte legali e testamenti in volgare che forniscono testimo­ nianze sulla proprietà terriera, la sua gestione e il suo trasferimento. 180. Le leggi di Ine sono tramandate in appendice al Dombiic di Alfredo. 181. Promulgarono codici di legge Edward (t 92.5), .JEthelstan (t 939), Edmund (t 946), Edgar (t 963), .JEthelred II (t 1016) e il re danese d' Inghilterra Canuto il Grande (t 1035).

212

3- La letteratura a nglosassone

L'attività glossatoria in Inghilterra è tra le più antiche in Europa, avendo il suo inizio nel sec. VI I alla scuola di Canterbury, fonda­ ta dall 'arcivescovo Teodoro di Tarso (Lapidge, 19 86b, pp. 53-62). Sono circa 225 i manoscritti contenenti glosse in volgare (cfr. Pulsiano, 2001; Graham, 20 09; Sauer, 20 09; Lendinara, Lazzari, Di Sciacca, 20 11). Nei glossari un lemma latino viene seguito da un interpretamentum, o più in­ terpretamenta, in latino o in volgare (Lendinara, 2012). Le glosse, consistenti in traduzioni, sinonimi o spiegazioni, rappresentano un prezioso ausilio per l'apprendimento del lessico latino o offrono interpretazioni e commenti; si va da alcune glosse sparse lungo un testo fìno a opere glossate per interlinea interamente in volgare, una pratica che preparò la strada per l'uso letterario del volgare (Liuzza, 2001, p. 235). li più antico testo in antico inglese completamente glossato per interlinea Glosse interli nea ri (sec. VIII ) è il Vespasian Psalter (London, British Library, Cotton Vespasian A 1) 181, mentre altre glosse interlineari risalgono alla metà del sec. x , frutto della rinascenza culturale benedettina. Le versioni interlineari continue in volgare sono rappresentate per lo più da testi biblici e religiosi, come il Salterio ( Toswell, 2014), i Vangeli ( Vangeli di Lindisfarne e Vangeli di Rushworth), la Regola di san Benedetto (Griffìths, 2010; Miiller, 2013), la Regularis Concordia. Le glosse, estrapolate dai loro manoscritti, potevano inoltre essere raccolte Glossae collectae come glossae collectae (frequentemente attestate nei codici anglosassoni) nel medesimo ordine in cui comparivano nel testo che annotavano. Un'altra categoria di questo genere sono i glossari a tema, comprendenti ter- G lossari a tema mini appartenenti a precisi campi semantici (Lendinara, 20 09): denominazioni di parentela, di animali, uccelli, pesci, piante, oggetti d'uso comune, parti della casa ecc. All'epoca della Riforma benedettina (seconda metà del sec. x ) questo tipo di glossari veniva usato come strumento didattico nelle scuole (cfr. ad es. il Glossario di .JElfric). Un terzo tipo di glossari, quelli alfabetici, traggono il loro materiale dai due Glossari alfabetici precedenti, strutturando le glosse secondo un ordine 'A' (dalla prima lettera dei lemmata), come il Glossario di Épinal-Eifurt183, o 'AB' (dalle prime due lettere dei lemmata), come il Secondo Glossario Corpus (Cambridge, Corpus Christi College, I444) e il Glossario Harley (London, British Library, Harley 3.2. La glossografia

3370).

1 81. Le glosse al Salterio del Jléspasian Psalter e del Blickling Psalter (New York, The Pierpoint Morgan Library, M 776), copiate da un precedente esemplare perduto, furono a loro volta copiate in altri salteri, creando una rete di complesse relazioni testuali. Sono invece indipendenti le glosse al Lambeth Psalter (London, Lambeth Palace, 427) e allo Eadwin Psalter (Cambridge, Trinity College, R. IJ. I). 183. Contenuto in due manoscritti, Épinal, Bibliothèque Municipale, 72, ed Erfurt, Bibliotheca Amploniana, FoL 42, entrambi copiati dallo stesso archetipo, perduto. 213

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Riforma culturale e programma educativo d i Alfredo

Canone delle trad uzioni 'alfrediane'

Il ruolo di Alfredo nella riforma culturale

3.3. La prosa alfrediana Alfredo il Grande inizia a regnare come re del Wessex nell'871 e muore nell ' 899 con il titolo di 'Re degli Anglosassoni' (Discenza, Szarmach, 2014). La sua biografia, Vita ./Elfredi regis Angul Saxo­ num, composta dal vescovo gallese Asser nell' 893 (Stevenson, 1904; Keynes, Lapidge, 19 83), si ispirava alla Vita Karoli Magni di Eginardo (a sua volta influenzata dalle Vitae di Svetonio) e mirava a innalzare Alfredo al livello dell 'imperatore carolingio (Davis, 1971), elogiando i risultati conseguiti in vecchiaia dal re nel campo della cultura•8+, oltre ai successi politici e militari contro gli invasori danesi. Una volta assicurato il suo potere (esteso dal Wessex a tutta l'Inghilterra meri­ dionale), Alfredo, influenzato dagli ideali della regalità cristiana carolingia, si dedicò ali 'espansione del regno, impresa a cui si accompagnò un nuovo svilup­ po della vita intellettuale, morale e religiosa •Ss. n re riorganizzò intorno a sé un circolo di consiglieri personali ed eruditi, alcuni provenienti dalla Merda (Plegmund, Wa::rferth, .lEthelstan, Werwulf), altri invitati espressamente dall 'estero (Grimbaldo di Saint-Bertin e Giovanni il Sassone, entrambi dal re­ gno franco), istituendo una sorta di nuova schola palatina (d'impronta caro­ lingia, ma dai caratteri meno elitari) dove l'educazione comprendeva lo studio sia del latino sia del volgare. n programma di Alfredo contemplava la traduzione dei testi allora conside­ rati cruciali, come egli afferma nella celebre prefazione alla Cura pastoralis, in cui lamenta il decadimento della cultura dopo le invasioni danesi. Le tradu­ zioni alfrediane si concentrano sulla storia del mondo ( Orosio, Historiae ad­ versus paganos) e la storia dell' Inghilterra (Beda, Historia ecclesiastica gentis Anglorum), forniscono istruzioni per l'attività episcopale (Gregorio Magno, Cura pastoralis) e notizie agiografiche (Dialogi), affrontano testi biblici (Sal­ mi) e il dibattito metafìsico su fato, libero arbitrio (Boezio, De consolatione philosophiae) e destino dell 'anima (Agostino, Soliloquia). Secondo la tradizione (cfr. Bately, 20 09 ), sono ascritte ad Alfredo in persona le traduzioni di Cura pastoralis, De consolatione philosophiae, Soliloquia, Sal­ mi, attribuzioni messe in discussione da Cubitt (2003) e prima ancora da Busse (2001), il quale non solo esclude la paternità alfrediana di queste opere, ma la sua stessa responsabilità e partecipazione nel!' ipotetico programma di riforma culturale che avrebbe dato vita alle traduzioni. L'immagine del re come organizzatore della riforma culturale, il 'mito alfrediano' (Godden, 2007, p. 6), sarebbe in realtà frutto di interessi propagandistici per i quali, da un lato, i traduttori utilizzavano la figura di Alfredo per avvalorare il loro

184. Un sovrano 'letterato' rappresentava un'eccezione prima del sec. x e continuò a esserlo per secoli. 185. La cosiddetta 'Età d'oro' della cultura anglo-latina va dal tardo sec. VII fino a tutto l'vm ed è localizzata in Northumbria e in Mercia, con la produzione di codici biblici di lusso. Seguì un periodo di declino, quello che lamenta Alfredo, causato (anche) dalla prima fase delle incursioni vichinghe (8oo-88o), per tutto il sec. IX e l'inizio del x, quando il primato della cultura (anche in volgate), al cui apice spicca JElfric, si sposta fino a tutto il sec. XI nel Sud dell'Isola.

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3- La letteratura a nglosassone

operato e, dall'altro, si promuoveva l' immagine del re come buon cristiano, zelante studioso ed educatore del suo popolo (Godden, 2013, pp. 133-4). Due scuole di pensiero si fronteggiano anche sulla questione del declino della cultura in epoca pre-alfrediana. Secondo Hines (2004, p. 42) infatti l'erudizione latina e l 'uso scritto del volgare erano vitali anche prima di Al­ fredo, che avrebbe dipinto un quadro più fosco di quello reale a proposito del declino dell'educazione e della scarsa conoscenza del latino nel tardo sec. IX (Magennis, 2001, p. 88). Diversamente, Lapidge (1996) e Dumville (2005, p. 320) hanno invece ritenuto credibili le affermazioni alfrediane sullo stato della cultura, e secondo Keynes (2003, p. 197) l 'uso della parola scritta per scopi politici sarebbe distintamente alfrediano. Assodata è comunque l'esistenza di una scuola merciana pre-alfrediana, in cui rientrerebbero la versione antico inglese della Historia ecclesiastica, il Martirolo­ gio, la raccolta di omelie di Blickling, la Vita di san Chad e forse anche la Vita di Maria Egiziaca (Fulk, 2oo8). Tra i secc. VIII e IX, il regno di Merda aveva rag­ giunto alti livelli di erudizione cristiana e qui erano stati prodotti il Vespasian Psalter, il Codex Aureus, il Book oJCerne e opere d'arte come le Fibule di Pente­ ney, il Cofanetto di Gandersheim e le sculture del monastero di Breedon-on-the­ Hill, nel Leicestershire (Brown, 2o01b, pp. 279-80 ). È peraltro significativo che Alfredo chiamasse alla sua corte proprio eruditi merciani, che ali' epoca rappre­ sentavano la massima espressione della vita intellettuale in Inghilterra. Composta nel 590 da papa Gregorio Magno, la Cura pastoralis era stata con­ gegnata come un manuale per i vescovi, anche se le sue osservazioni si rivela­ vano utili per la sfera temporale. Gli Anglosassoni nutrivano un particolare rispetto per questo papa, patrocinatore, nel 597, della missione evangelizza­ trice in Inghilterra guidata dal monaco Agostino, priore dell'abbazia di Sant 'Andrea a Roma e futuro arcivescovo di Canterbury, poi canonizzato. Il legame tra Gregorio e la cristianità anglosassone è ancora esplicitamente sot­ tolineato nella prefazione anglosassone in versi (Schreiber, 2003, pp. 19 1-9 ), mentre nella prefazione in prosa Alfredo giustifica la traduzione dell'opera come parte di un programma volto alla restaurazione della cultura186• Qui egli dichiara di aver tradotto "a volte parola per parola, a volte secondo il senso" (hwilum word be worde, hwilum angit ofangiete, Sweet, 1871, p. 7), formulazione che riecheggia il De optimo genere oratorum di Cicerone187, probabilmente noto ad Alfredo e ai suoi traduttori attraverso le opere di Gi­ rolamo o dello stesso Gregorio (Stanton, 2002, p. 82). La traduzione resta abbastanza fedele all'originale (Thijs, 2007 ), anche se sovente semplifica la sintassi utilizzando frasi coordinate al posto delle su­ bordinate. Inoltre, laddove Gregorio si rivolge a un 'vescovo', la versione an1 86. Sulle prefazioni alfrediane, cfr. De Vivo (2.005). 187. Non verbumpro verbo necesse habui reddere, sedgenus omne verborum vimque servavi (Cope­ land, 1991, p. 33).

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La scuola merciana

Cura pastoralis

La missione evangelizzatrice di papa Gregorio Magno

Tecnica di traduzione

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

L'opera fi losofica De consolatione philosophiae

Tecnica di trad uzione

Il tema del potere regio

tico inglese sostituisce il termine con 'governante' o 'maestro', conferendo in tal modo una sfumatura più laica (Wormald, 2006, p. 15: Pratt, 2007, p. 138). La prefazione in prosa, d'altro canto, è la parte del lavoro sintatticamente più complessa e sfrutta un'ampia gamma di effetti retorici e aurali (Orchard, 19 97, p. 102). La Consolazione dellafilosofia di Boezio (t 525) è un complesso testo filosofi­ co permeato di neoplatonismo, che dal punto di vista formale si caratterizza come un prosimetro in cui il dialogo platonico è intercalato da parti in versi. L'opera indaga la natura della vera felicità e le questioni del libero arbitrio e della Provvidenza, ponendosi come una 'consolazione ' per l'autore che l'ave­ va scritta in carcere188• La traduzione si presenta in due forme, di cui una in prosa (Oxford, Bodleian Library, Bodley 180 [2079}, tardo sec. XI ) mentre l'altra, derivata dalla prima, alterna prosa e poesia (London, British Library, Cotton Otho A VI, sec. x). La traduzione tratta il modello con libertà e sostituzionP89, omissioni e ag­ giunte (Discenza, 2005), e buona parte delle modifiche contribuisce ad ac­ centuare il carattere cristiano dell 'opera boeziana. Alfredo (o chi per lui, viste le perplessità accennate, Godden, Irvine, 2009, vol. I, p. 146) ribattezza Mod "mente" il personaggio di Boezio e se Wisdom (talora se Wisdom and seo Gesceadwisnes, "Saggezza e Ragione") la personificazione di Filosofia. La ver­ sione antico inglese inizia con un'integrazione che rievoca gli eventi che pre­ cedettero l 'imprigionamento di Boezio, a partire dal Sacco di Roma del 410 a opera di truppe imperiali di etnia visigotica. Nella resa in versi viene descrit­ ta l'avanzata dei Goti contro i Romani difensori della patria, e Boezio, di cui è ribadita l'innocenza dall 'accusa di tramare contro il re, è rappresentato co­ me campione del Cristianesimo contro un usurpatore illegittimo (Nelson, 1993· pp. 152-4). Nel testo latino Dama Filosofia critica ferocemente il potere regio, mentre la traduzione attenua i toni specificando che non è il potere in sé il Male, ma soltanto quello impiegato in maniera scorretta (Sedgefield, 1899, pp. 124-5). Sotto l'influenza della tradizione stoica, Boezio aveva respinto come tran­ seunti e fallaci i beni terreni, la ricchezza, il potere e lo status sociale, che Al­ fredo, data la sua posizione di monarca, cerca invece di salvaguardare (Godden, Irvine, 2009, vol. I, p. 64). Gli argomenti del De consolatione sono lo scopo ultimo delle cose create, la natura della Fortuna, la distinzione tra i 188. Si tratta dell'opera più celebre di Boezio, uno dei principali filosofi della tarda antichità, com­ posta in carcere, a Pavia, in attesa della sentenza capitale per l'accusa di tradimento verso il re ostro­ gotico d' Italia Teoderico. 189. Alfredo sostituisce la domanda retorica boeziana "Dove sono ora le ossa di Fabrizio ?" con Hwttr sint nu thtts foremeran and thtts wisan goldsmiòes ban Welondes? (Godden, lrvine, 2.009, vol. I , p. 2.83), "Dove sono ora le ossa del famoso e saggio orafo Weland?", menzionando il mitico fabbro della tradizione germanica in luogo di un personaggio pubblico romano.

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3- La letteratura a nglosassone

veri beni e quelli terreni, il problema del male e la questione del libero arbi­ trio degli uomini, temi che si riscontrano nella versione antico inglese. Qui tuttavia il traduttore elimina o compendia alcuni brani, tra cui quelli che trattano dell'eternità e del libero arbitrio, includendo viceversa altri passi che riguardano la responsabilità dei governanti verso i governati, oltre a un gran numero di citazioni bibliche e di riferimenti cristiani: a Dio, ali' aldilà, a ri­ compense e punizioni ultraterrene, ai martiri e, una sola volta, a Cristo. La traduzione lascia minore spazio alla logica formale e alla filosofia, utiliz­ zando in maggior misura argomenti basati sugli auctores. In ogni caso, non si può escludere che gli adattamenti, talora spiegati come conseguenza di una inadeguata terminologia in volgare capace di rendere una visione filosofica complessa, talora con la scarsa attitudine del traduttore di fronte a tale com­ plessità, rivelino invece scelte intenzionali, elaborate dai commenti a Boezio e ispirate a prospettive agostiniane e gregoriane (Trahern, 1991, p. 165). Nel ms. London, British Library, Cotton Otho A VI, tutti i brani in versi del testo-fonte, tranne nove, sono stati tradotti nella forma metrica anglosassone (Metri di Boezio; Krapp. 19 32b), benché la dizione differisca in modo marcato da quella tradizionale, soprattutto per quanto riguarda i composti, presenti in numero limitato. n linguaggio argomentativo e filosofico dell'opera boeziana mal si prestava a una versificazione germanica né era idoneo alla dizione poeti­ ca tradizionale (Fulk, 1992, p. 25 1); per tale ragione si comprende come solo il primo dei Metri, che versifica il proemio composto dal traduttore, sia conno­ tato da una veste formale di livello superiore e differisca in modo significativo dalla corrispondente prosa, trattando infatti la conquista dell' Italia da pane dei Goti e la caduta in disgrazia di Boezio, una materia più conforme alla tra­ dizione eroica. Nella prosa, invece, si evidenzia un certo numero di termini poetici, talora combinati con l'allitterazione; la forma qui è funzionale al con­ tenuto e ha lo scopo di nobilitare il tono quando l'argomento si fa più elevato, in special modo nei discorsi di Wisdom (Godden, Irvine, 2009, vol. I, p. 185). Anche i Soliloquia (Carnicelli, 1969), composti da Agostino di Ippona nel 3 87, sono improntati ali'argomentazione logica e si concentrano sul problema dell'immortalità dell'anima. n Southwick Codex (London, British Library, Cotton Vitellius A xv, sec. xn ) contiene la traduzione e un colofone che la attribuisce ad Alfredo. La versione antico inglese rappresenta un riadattamen­ to del testo latino, del quale affronta soltanto due tematiche principali: l' im­ monalità dell'anima e la conoscenza di Dio, attingendo altresì a ulteriori fon­ ti, come il De videndo Deo dello stesso Agostino (sulla vita dell'anima dopo la mo ne), Gregorio Magno, Boezio e la Bibbia stessa ( Gatch, 2000 ). Ancora ad Alfredo vengono attribuiti i primi cinquanta salmi in prosa del Sal­ terio di Parigi (Paris, Bibliothèque Nationale de France, Lat. 8824; Krapp. 1932b ; O 'Neill, 2001). In vinù della loro attribuzione a un re (David), i Salmi - testo altrimenti fondamentale nell'educazione monastica - rivestivano an­ che una panicolare importanza per la Corona e proprio i primi cinquanta 217

Caratteri stilistici di Metri di Boezio

Le fonti della trad uzione di Soliloquio

l Salmi

in prosa

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

l Dialoghi tradotti

da Wa!rferth

Historia ecclesiastica gentis Anglorum

trattano le responsabilità connesse alla regalità (Fulk, Cain, 2013, p. 98). La traduzione è piuttosto fedele anche se in alcuni passi vi sono espansioni di tipo esegetico a commento del testo. I Dialoghi (Hecht, 19 00-07; Yerkes, 1979 ), composti da papa Gregorio Ma­ gno nel 593, narrano una serie di miracoli di santi italiani (Thijs, 2oo6). Secondo la testimonianza di Asser (Stevenson, 1904, p. 62), l'opera fu tra­ dotta da Worgils e delle sante Ragnhild ed Elena, (Berend, 2.007; DuBois, 2.008).

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Legendarium antico svedese

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

Eufemiavisor

di testi, tra i quali la Legenda aurea di Jacopo da Varazze, la Weltchronik sas­ so ne e il Chronicon pontificum et imperatorum di Martino di Opava ed è tra­ smesso a partire dai 6o fogli superstiti del Codex Bureanus (metà sec. XIV ) , una delle tre fonti riconosciute. Originata tra la fine del sec. XIII e l' inizio del XIV nelle province di Ostergodand o Vastergodand 17, l'opera è considerata un testo funzionale alla formazione spirituale nei monasteri femminili, soli­ tamente meno dedicati allo studio del latino. L'autore è ignoto, ma, in consi­ derazione dell'elaborata struttura, non si esclude il coinvolgimento del già citato Petrus de Dacia. Si tratta di un testo che si configura come una storia universale in senso cristiano e rielabora le vite di santi e martiri (a partire da Gesù Cristo, Maria e Giovanni Battista), accanto a informazioni relative a sovrani e papi, benché le notizie riguardanti santi e re scandinavi siano limi­ tate. Da un codice del sec. XIV (Cod. Holm. A uo ) è infine attestata la copia di una raccolta di 192 miracoli (!arteckensbok) che, considerata l'ambienta­ zione extra-scandinava, potrebbe essere la traduzione di un originale latino dell'ultimo quarto del sec. XIII realizzata nell'abbazia di Vadstena ( Odenius, 1981 ) . La materia arturiana dei grandi romanzi in versi, nei sottogeneri dell'epica dei cantastorie (Spielmannsepik) e dei racconti a sfondo nuziale (bridal-quest narrative), fa il suo ingresso in Svezia (forse attraverso una mediazione nor­ vegese) sul principio del sec. XIV, imperniata su una collezione tripartita dal titolo comprensivo di Eufemiavisor (I canti/Le cantate di Eufemia, 1303-12; Sawicki, 1939: Mitchell, 19 97 ) •8• Si tratta di una riscrittura di materiale stra­ niero raccolta in tre canzoni rimate, due delle quali - Herra lvan (Lejonrid­ daren) e Flores och Blanzejlor - presumibilmente tradotte dalle versioni nor­ vegesi (fvens saga, Fldres saga ok Blankiflur) di originali francesi, e una - Hertig Frederik (av Normandie) - dal bassotedesco o dal medio nederlan­ dese (affthyzko ochj sw4nsU thungo, Layher, 2000, p. 225 ) . Attraverso appa­ renti finalità didattiche e di intrattenimento moraleggiante sorrette dal dato codicologico (Bampi, 2oo8 ) i canti trasmettono i princìpi ideologici ed este­ tici della cultura cortese continentale (Bengtsson, 1999 ) - qui prevalente­ mente indirizzata verso la virtù e l'onorabilità piuttosto che non sul tema amoroso -, elementi che sottolineano l 'importante ruolo della regina come promotrice di tematiche culturali extra-scandinave, realizzate attraverso il talento dell ' ignoto e brillante traduttore/autore (Smaberg, 2on: Lodén, 17. Il convento domenicano di Skanninge o, forse, la fondazione monastica di Santa Brigitta a Vadstena. 18. Il titolo trae origine dal nome della moglie tedesca del re norvegese Hikon v Magnusson (t 1319), su iniziativa della quale i canti furono tradotti (in svedese) per celebrare il fidanzamento ufficiale (1301-01) della figlia Ingibjorg con il fratello del re svedese Birger II, il principe reale Erik Magnusson (t 1318, a cui era destinata evidentemente in dono la raccolta) (Kalinke, 1999; Layher, 1000 ). La regina era la colta discendente di una famiglia bassotedesca che contava personalità artistiche di un certo livello, come Witzlaw di Riigen.

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6.

Tradizioni lette rarie della Scandi navia medioevale

2012 ) 19• Questa collezione segna altresì il successo locale del metro poetico romanzo su quello allitterativo germanic0 20 nella forma del cosiddetto knit­ telvers 2\ successo avvalorato dal genere islandese delle rimur (cfr. oltre), dalla forma metrica mista non condivisa in Svezia né in Norvegia, dove la tradu­ zione di lavori cavallereschi avvenne per il tramite della rima finale o della prosa ritmica, attraverso l 'uso di segmenti allitterativi. Ispirato al racconto di Chrétien de Troyes sulla storia di Yvain, cavaliere del leone, nel quale le figure femminili svolgono un ruolo decisamente centrale, Herra lvan ( 1303; 6.645 versi) è il paladino più stimato di re Artù. Ingiusta­ mente accusato, egli è costretto a compiere una serie di gesta ardimentose e degne di lode, recuperando così l'onore e, dopo lunghe peripezie, anche una moglie di nobile rango. Evocatore di immagini esotiche orientaleggianti, Flores och Blanzejlor ( 1312; 2.192 versi) è invece basato sul valore della fede e sui temi dell'amore matrimoniale e della castità, attraverso il classico topos del travagliato amore di due giovani, il pagano Fiore e la prigioniera cristiana Biancofiore. Allontanati da eventi drammatici, i due protagonisti saranno infine riavvicinati per sempre dalla forma più pura e sublimata della passione, dalla rettitudine del 'nobile pagano' Fiore e dalla fede, anche quando essi decideranno di santificare il proprio matrimonio scegliendo la separazione di una vita monastica. Hertig Frederik ( 1308; 3.310 versi), imperniato sulle leggendarie gesta del duca Frederik di Normandia, appartiene infine alla tra­ dizione medioevale dei Furstenspiegel, sorta di specchio delle virtù e modello di riferimento di ogni cavaliere o principe degno di tale nome, come riecheg­ giano i versi finali. Di livello artisticamente superiore rispetto ai precedenti, esso tratta la storia di un cavaliere della Tavola Rotonda, le cui avventure lo conducono nel regno dei nani; qui egli ne aiuta il re contro i vassalli infede­ li, ricevendo un magico anello dell' invisibilità con il quale riesce a liberare dalla prigionia e conquistare in sposa la figlia del re di Irlanda. Nella loro particolarità, le Euflmiavisor danno forma a una serie di aspettative politiche e sociali, attraverso vari richiami alla lettura o alla recitazione pubblica di elaborati cerimoniali che riecheggiano analoghe iniziative volte all'alleanza strategica tra i regni di Norvegia e Svezia. Esse rappresentano una vera novità in Scandinavia, che ebbe ripercussioni sia in Danimarca, con una traduzione in lingua locale, sia in Islanda, con lo sviluppo di alcuni elementi ali' interno del sottogenere delle Saghe dei cavalieri (cfr. oltre, PAR. 7·9 ) . 19. Sono grato all'amico Massimiliano Bampi per le importanti osservazioni sul tema. 10. In parte presente (e sperimentalmente alternata con la rima finale) nel più antico poema re­ ligioso svedese Kristi lidande ("La Passione di Cristo"), trasmesso da un codice del Legendarium antico svedese della seconda metà del sec. XIV, ma forse risalente agli inizi del secolo. 11. Verso ordinato in due emistichi a rima baciata (o legata) a quattro o più battute con tesi libere, che in Scandinavia si presenta inizialmente in forme poetiche non particolarmente raffinate di ampia diffusione.

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Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

Erikskronika e le cronache rimate

Se Erik Magnusson era il nobile destinatario della precedente raccolta 'arturia­ na', egli è invece il vero protagonista di una cronaca a lui intitolata, la Eriks­ kronika (Jansson, 1992 1 ), primo e più importante documento ideologico di matrice storica e narrativa della letteratura medioevale svedese (Jansson, 1971; Ferrari, 2oo8: Jonsson, 2010), benché forse privo di quell 'impulso nazionali­ stico che domina i Gesta Danorum di Saxo Grammaticus o la Heimskringla di Snorri Sturluson. Composta, sotto l 'influsso stilistico delle precedenti Eujè­ miavisor, in oltre 4.soo versi rimati nel secondo quarto del sec. XIV ( i tre codi­ ci più antichi conservati risalgono al sec. xv ) , l'anonima opera ripercorre il turbolento periodo di guerre civili tra il 1 230 e il 1319 (elezione di Magnus Eriksson), una fase di pericolosa frammentazione sociale che offre l'occasione per celebrare il nuovo e determinante ruolo di un'aristocrazia ormai assimilata a modelli di riferimento continentali. In questo lavoro propagandistico sulla nobiltà e l'onorabilità cavalleresca, largo spazio è concesso all'azione e alla de­ finizione del nuovo canone eroico, richiamato da analogie con figure del pas­ sato (ad es. il re dei Goti Teoderico). La sua espressione più alta è rappresenta­ ta nella figura del citato principe Erik Magnusson, duca di Sodermannaland e Uppland, celebrato modello di cavaliere e regnante cristiano, eroe e campione di cortesia, assassinato proditoriamente dal fratello Birger, re di Svezia. TI successo di questa composizione aprì la strada anche in Svezia, nel sec. xv, al genere delle cronache e degli annali in rima (cfr. Lilla Rimkronikan, Karlskronika), documenti dal forte afflato ideologico che già da tempo eser­ citavano grande impatto sul pubblico europeo, specialmente nella tradizione anglonormanna e, ancor più, in quella tedesca. Al momento resta tuttavia molta incertezza circa la fonte di origine dell 'opera. Intensa sintesi di virtù e valori etici cortesi importati dal Continente, a dispetto del limitato impatto del Feudalesimo in Scandinavia, la Erikskronika è densa di richiami storici e leggendari (la fine dei Volsunghi, Amleto, la morte di O lafr Tryggvason) e descrive Erik come testimone di fede, giustizia e sovranità (similmente a Hertig Frederik ) , spingendosi addirittura ad attribuirgli tratti quasi angelici. In questo senso, il lavoro denuncia aspettative e istanze propagandistiche vol­ te alla creazione di un epos in chiave nazionale, pressioni che (con il favore della Chiesa) presero forma nella reazione delle grandi famiglie svedesi con­ tro l'accentramento della corona e l 'ereditarietà del trono (in favore dell'e­ leggibilità del sovrano), avviando una guerra civile nella quale l'ambizioso duca restò fatalmente coinvolto. Di questa temperie politico-culturale sono debitrici opere eclettiche di traduzione che recuperano annali e tradizioni cavalleresche, lavori didattici o parenetici; fra questi si ricordano ad esem­ pio la Didrikskronika ( imperniata su Teoderico re dei Goti d' Italia, già citato per una strofa sulla Pietra runica di Rok e recepito attraverso la Pi/Jreks saga antico norvegese), il Konung Alexander (ampia rielaborazione in versi della Historia de pr(o}eliis Alexandri Magni, priva tuttavia di manierismi cavalle­ reschi), Karl Magnus (basato su due episodi contenuti nella Karlamagnus 35 6

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Tradizioni lette rarie della Scandi navia medioevale

saga) o la Historia Sancti Olai (drastica riduzione in oltre 2.o oo knittelvers dell' imponente 6ldjs saga helga, dai toni fortemente ami-danesi).

Si devono invece attendere i secc. XVI-XVII perché compaiano manoscritti che raccolgono il grande patrimonio tradizionale scandinavo di cultura mista - orale e scritta - delle ballate 'popolaresche ' (jòlkvisor,folkeviser), un genere ibrido di grande successo che testimonia, come già visto per la Danimarca, l' ininterrotta rielaborazione tra gli strati meno colti di temi e canti dell'an­ tica tradizione aristocratica incentrata su epica, leggenda storica e religione, senza disdegnare il ricorso al tema del fantastico.

Nonostante le sofferte lacune documentarie, non si può escludere la possibilità che l' introduzione del Cristianesimo in Norvegia sia stata in grado di produrre con sollecitudine - e probabile anticipo, rispetto a Danimarca e Svezia - forme di documentazione scritta anche in volgare (tra­ scrizioni liturgiche, omelie sparse, materiale giuridico), come avvalora con tutti i suoi limiti il corpus dei sermoni (Hall, 2000 ) . Primi documenti in pro­ sa volgare in territori ancora privi di una literacy stabile, questi testi rappre­ sentano il risultato di uno sforzo concretizzatosi nella copia di documenti 11 radunati da parte di missionari provenienti dall ' Inghilterra anglosassone3 o di chierici locali educati nei centri spirituali anglonormanni, ali' inizio del sec. XII se non già durante il sec. XI 1 +. Da un punto di vista cronologico, le testimonianze provengono da esemplari della fine del sec. XII o da copie successive di manoscritti norvegesi comunque provenienti dali ' Islanda. li più antico codice in volgare conservato (AM oss IX 4to, seconda metà del sec. XII ) consta di trefolia contenenti la traduzione di materiale agiografico (sui santi Biagio, Matteo e Placido), anche se il livello locale di letterarizzazione, fatta eccezione per contratti, diplomi e atti privati, restò assai minoritaria rispetto all' Islanda. I codici anteriori al sec. xv conservati sono stati prevalentemente vergati tra il 1250 e il 1350, per arrestarsi in concomitanza con la grande pestilenza del 1370, la successiva depressione politico-economica e la progressiva sottomissione alla Danimarca nel sec. xv (Seip, 19 54: 1955: Gunnlaugsson, 2008, pp. 88-9 ) . Non si può tuttavia dare per escluso che una buona parte dei manoscritti in volgare possa essere stata composta da Islandesi residenti in Norvegia o qui trasferitisi, ammet1.3. Norvegia

11. Evocativa è la menzione dei giovani discepoli e dei numerosi testi conservati a Holar collegati all' insegnamento del maestro e futuro vescovo Klrengr (Steingrlmsson et aL , 1003, pp. 140-1). 13. L'influsso della tradizione agiografica anglosassone è trattato convincentemente in Abram (1004). 14. Questo sembrano suggerire sia la storia dei due codici omiletici (Homiliubok) norvegese e islandese antichi (Knudsen, 1980-81, cfr. oltre) sia un offuium liturgico in latino risalente alla metà del sec. XI conservato in Inghilterra, che commemora il culto di sant'Òiafr (19 luglio), sovrano e patrono norvegese, celebrato in documenti agiografici posteriori, in latino e in volgare.

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l problemi della literacy norvegese

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I nflussi cortesi

tendo la possibilità di esemplari prodotti in Islanda con l'esplicito intento di essere esportati nella madrepatria (Karlsson, 1979, pp. 4-6). Com'è facile in­ tuire, il problema presenta non poche insidie, talune delle quali di natura squisitamente ecdotica, trattate come di consueto con grande perizia da Haugen (200 9). Dei ca. 130 manoscritti frammentari redatti fino al 1350, la parte maggiore è costituita da codici di legge, il più antico dei quali contiene una versione della Legge del Regno (Landslog, ms. AM 3osjòl. ca. 1300), emanata da re Magnus davanti al Gulaping (l 'assemblea delle corti norvegesi occidentali) nel 1274. A questo si affiancano una ventina di altri codici che registrano materiale religioso, storiografìco e narrativo originato in periodi variamente anteriori, tra cui il Libro delle omelie antico norvegese (Homiltubok, ms. AM 619 4to, 1200-25) 1s e, nell' intricato complesso di saghe dedicate al re Olafr Haraldsson il Santo (t 1030 ), la cosiddetta versione 'leggendaria' della Saga di 6ldfr il Santo ( 6ldfi saga ins helga, ms. DG 8 II, ca. 1225-50) - l'esemplare integrale più antico conservato di questa saga. Si aggiungono infine le [ Can­ tate per] Strumenti a corda (Strengleikar, ms. DG 4-7 16 , "Libro di canzoni" [ ano rv. ljOòa bok] trascritto da due scribi intorno al 1270 ). Si tratta di una copia incompleta di ventuno traduzioni e rielaborazioni locali (risalenti alla prima metà del sec. XIII, cfr. Budal, 2014, p. 28) di una serie di ballate, novelle e canzoni in versi antico francesi di tono cortese e amoroso, comprendente anche undici dei dodici lais della raccolta della poetessa anglonormanna Ma­ rie de France ( n6o-8o: cfr. Cook, Tveitane, 1979: Larrington, 2011 ; Budal, 2014). Resta difficile stabilire se la traduzione norrena dal francese antico dei vari testi (peraltro piuttosto disomogenea) possa essere avvenuta addirittura in Inghilterra 17 - eventuamente sulla base di un repertorio raccolto in un manoscritto a uso di menestrelli di corte itineranti. Nel caso specifico, ciò rafforzerebbe l'ipotesi di intensi contatti musicali e letterari tra la corte nor­ vegese e l 'Inghilterra angioina in un'epoca purtroppo priva di una corrispon­ dente documentazione, dal momento che nessun codice in francese antico sopravvive in Norvegia o in Islanda. In questo panorama, il riadattamento di temi desunti da chansons de geste e romanze cortesi dei cosiddetti cicli 'bretone', 'troiano' e 'romano' assunse la forma di una vera rivoluzione letteraria, in quei documenti che rappresentano il vero primato locale: le Saghe dei cavalieri e le Saghe del tempo antico (Ridda­ rasogur e Fornaldarsogur, cfr. oltre, PARR. 7.8, 7·9 ), attestate prevalentemente 15. Di poco posteriore a un analogo Libro delle omelie antico islandese (ms. Holm. perg 15 4to, ca. 1100). 16. Quattro fogli del quale furono rinvenuti nel 1703 come fodera di una mitra vescovile islandese. 17. Affinità non banali si registrano tra il codice norvegese e il ms. Harley 978 (ca. 1 150), con­ servato a Reading e a Oxford (Budal, 1014, pp. 3s-6), località solitamente visitate da chierici scandinavi.

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in codici islandesi 28• Tali etichette si riferiscono a opere realizzate sotto l ' im­ pulso filo-continentale di re Hakon IV Hakonarson (t 1263), volto a integrare in Norvegia le tendenze della cultura cavalleresca e feudale, specialmente di matrice angioina anglo-francese, un' iniziativa che non lasciò intatte neanche le più 'tradizionali' Saghe dei re (Jakobsson, 2014, pp. 320-8). Tra i documen­ ti di maggior rilievo si segnalano tre traduzioni di natura diversa: la Saga di Tristano e Isotta ( Tristrams saga ok !sondar, 1226), la Saga di Barlaam e]o­ saphat (Barlaams Saga ok]osa-phats, seconda metà del sec. XIII ) e la Saga di Teoderico di Verona (Piòreks saga afBern, ca. 1275), oltre alla Saga di Carlo Magno (Karlamagnus saga, ca. 1285), alle quali si rimanda più avanti. Particolarmente significativa è inoltre la traduzione di uno dei più celebri trattati educativi medioevali, già noti alla cultura greco-latina (Schulte, 2001; Leder, Miihleisen, 2007) e complessivamente noti come Specula: lo Speculum regale (Konungs skuggsjd, ms. più antico AM 243 b afol , ca. 1270) 29• Realizzata dopo la fine della lunga guerra civile, culminata con l'uccisione di Skuli Barò arson ( 1240 ), tutore e suocero del giovane Hakon IV, e con l ' incoronazione di quest'ultimo (1247 ), quest'opera di 70 capitoli in forma di dialogo tra padre e figlio è dedicata alla formazione di un giovane principe e incentrata su tematiche estese - etica e rapporti tra Stato e Chiesa, vita di corte e doveri del sovrano, importanza della conoscenza di latino e francese, politica, commercio e tecnica della navigazione. n sovrano vi è descritto nei termini del rex iustus, rappresentante divino sulla terra e in possesso del potere di vita e di morte su chiunque (c. 61), poiché chi viola la legge del re viola la legge di Dio. n Prologo preannuncia anche dei capitoli finali relativi al clero e al popolo comune, che tuttavia non sono attestati in alcuno dei codici sopravvissuti, molti dei quali islandesi. Tracce di un'attività mirata alla traduzione e alla parafrasi biblica non spo­ radica o determinata da singole citazioni (come negli o miliari norvegese e islandese) risultano infine da una compilazione priva di titolo, che si artico­ la in una traduzione veterotestamentaria che giunge fino al n libro dei Re, variamente interpolata con il contributo di enciclopedisti medioevali come Onorio di Autun e Vincenzo di Beauvais (Raschellà, 2015, p. 14). Originata presumibilmente nel sec. XIII presso la corte del re norvegese Hakon v Ma­ gnusson (t 1317 ), essa è tramandata in manoscritti islandesi dei secc. XIV-XV e ribattezzata Stjorn (''Governo, Guida [di Dio ?] ": Kirby, 1986: 1993: Astas, 1991; 200 9 ; 2010 ), titolo controverso che la descrive a partire dal sec. XVIII (Astas, 2010, pp. 11-4). 18. Nella vasta bibliografia cfr. Halvorsen (1959. pp. 7-11); Kalinke (1981; 1985; 1993; 1999); Barnes (1989; 1993; 1009); Driscoll (1005); Glauser (1005). 19. Schnall, Simek (1ooo); Simek (1994); Holm-Oisen� (1993); Bagge (1986; 1987); Holm-Oisen (1981). Un esempio precoce di speculum è talora riconosciuto nei Gesta Karoli di Notker I 'Bal­ bo' di San Gallo.

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Letteratura politica e religiosa

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La storiografia norvegese

La Sinossi

li mezzo secolo che si colloca ca. tra u8o e I230 viene generalmente considerato l'epoca aurea della letteratura storio­ grafica norvegese (Kersken, 20 03, p. I96: Bagge, I99Ib; Sawyer, Sawyer, I993· pp. 2I4-32), sostenuta nel paese, dopo l'avvento di re Sverrir, da un clima politico-dinastico, economico e religioso appena più disteso. Tutta­ via, la permanenza degli accesi conflitti tra élite antagoniste spiega le com­ prensibili esitazioni a trattare argomenti contemporanei nella gran parte di questa produzione. L'atmosfera particolarmente instabile aveva ostacolato non poco la fioritura degli studi locali, a lungo dominati in molte opere (cfr. la traduzione del De virtutibus et vitiis alcuiniano, fine sec. xn ) da un mode­ sto livello stilistico del latino, non ancora in grado di rivaleggiare ad esempio con la ricca tradizione continentale e anglonormanna di argomento storio­ grafico 30. Questa fu senz'altro una delle ragioni che favorirono l' integrazione con il volgare, incoraggiando l'elaborazione di testi indirizzati a un pubblico norvegese non limitato ai circoli di corte e all'alto clero. n risultato fu la rea­ lizzazione di una serie di lavori reciprocamente collegati e dedicati alle biogra­ fie dei sovrani locali 31 al fine di creare - prima ancora che preservare - una memoria condivisa del passato (Sawyer, I990 ), lavori che finirono per dare vita a un corpus di notevole ampiezza attraverso la costruzione del controver­ so sottogruppo letterario ( islandese ? norvegese ?) delle Saghe dei re (cfr. oltre, PAR. 7.4). Con questa etichetta si all ude a composizioni eterogenee che oggi hanno ormai perso molto del valore storiografico a esse lungamente attribui­ to. Per lo più imperniate evidentemente su eventi non islandesi, queste saghe sono state coinvolte in vivaci polemiche relative ad esempio alla possibile fon­ te di ispirazione (locale o straniera), alla lingua originale di redazione (norre­ no o latino) o alla nazionalità dei sovrani descritti (norvegesi e danesi), tale da indurre ad esempio Jakobsson (2oi2, p. I) a individuare nella semplice condi­ visione ideologica della regalità l'unico vero elemento unificante. n cosiddetto canone storiografico antico norvegese è costituito da tre opere, afferenti in varia misura a una tradizione comune (Andersson, I 9 8s, pp. 20 I- I 1; Ulset, I9 83, pp. I6-47: Foerster, 2009, pp. 9 6-us), incentrate sulla vita e sulle gesta dei sovrani locali: nel loro insieme queste composizioni sono comune­ mente definite la Sinossi norvegese (Elleh0j, I96s: Ulset, I983) e rappresenta­ no un momento mitopoietico e fondativo (Mortensen, 2oo6) dell' intera tradizione nazionale, presumibilmente innescata da due lavori islandesi. Si tratta del breve Libro degli Islandesi (fslendingabok o Libellus Islandorum) di Ari I>orgilsson (1125-30, cfr. oltre) e di una perduta compilazione in latino, 1.3.1. I l ca no ne storiografico

30. Si pensi ad esempio ad Adamo di Brema (Gesta Hammaburgensis ecclesiae pontificum, 1070-7 s), ritenuto da Sawyer e Sawyer (1991, p. 48) la personalità più influente nello sviluppo di una sto­ riografia sulla Scandinavia; cfr. più in generale Mun dal (1000 ) ; Mortensen (1oo6); Ghosh (1011, pp. 11 1-76). 31. Ad esempio le saghe sui re Sverrir, Òlifr Tryggvason e Òlafr Haraldsson il Santo.

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più o meno coeva, di SVera (t II59: cfr. Magoun, 1943: Hill, 1983: Ra­ schellà, 19 85-86: 1995: Marani, 2010 ). Non è peraltro escluso che l'espressione pjoingar helgar, a proposito di mate­ riale religioso di natura imprecisata, possa essersi richiamata a vere e proprie traduzioni di agiografie (le helgisogur, cfr. ad es. il citato Hungrvaka ), quan­ tunque il so st. pjoing possa essere inteso anche nel senso di "interpretazione". In questo caso esso alluderebbe a sintesi di materiale religioso in volgare, ivi compresi exempla di natura miracolistica, alla luce di una tendenza generale europea ravvisabile nel genere dei Gesta episcoporum e degli Acta apostolo rum, nelle Vitaepatrum 49 come nel Liberponti.flcalis (cfr. Whaley, 19 94, pp. 156-9 ). D 'altra parte, il culto di santi stranieri fu il precursore di una 'letteratura agiografica' islandeseso, il cui successo è comprovato dalla redazione locale di vitae in latino, come quelle (perdute) del re norvegese Olafr Tryggvason, le fonti di questa silloge siano altrettante omelie (come nei casi tratti dal Homiliarium di Paolo Diacono) oppure materiale dai forti toni simbolici tradotto da agiografie, apocrifi e altre storie ecclesiastiche. 48. A partire dall'unico codice omiletico in latino di tutta la Scandinavia (K0benhavn, Det Kon­ gelige Bibliotek, ms. GKS 1595). 49· Con tale titolo si allude generalmente a una raccolta di opere greche della tarda antichità tra­ dotte in latino spesso fuori da un principio ordinatore. La traduzione completa in antico islandese è conservata in un unico codice (K0benhavn, Den Arnamagnzanske Samling, ms. AM 225), cfr. Tveitane (1968), Meregalli (2.015). so. Il termine è virgolettato in quanto riferito a una serie di testi non necessariamente narrativi (calendari, martirologi, canti ecc.) che ne impediscono una nitida definizione di genere. Per conside­ razioni riassuntive in tema di composizioni agiografiche, cfr. Boyer (r98r).

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composte dai monaci Oddr Snorrason e Gunnlaugr Leifsson nella seconda metà del sec. XII. La loro stessa struttura narrativa rappresenta un modello di riferimento per lo stile e la redazione di saghe di re e santi locali, indirizzate in primo luogo a un pubblico qualificato di lettori e ascoltatori, come nel caso della rievocazione dell'omicidio di (san) Thomas Becket (1170) nella meno nota Saga di Porgi/l Labbro leporino (Porgils saga skaròa, contenuta all'interno della Saga degli Sturlungar). Fatta eccezione per le ricadute liturgiche immediate e la conseguente scan­ sione calendariale delle festività, il culto dei santi segnava oltretutto una svolta sociale e politica, laddove si abbinava ai riti del digiuno, alla limita­ zione prefestiva del lavoro, al culto di santi laici e in particolare reali, come Olafr Haraldsson, Knutr IV Sveinsson o Erik IX Jedvardsson il Legislatore. La santificazione di un sovrano, il cui omicidio fu presto accomunato ideo­ logicamente al martirio, andava a rafforzare l'alleanza tra Corona e Chiesa, attraverso il processo di legittimazione politico-territoriale e dinastica da parte del clero e la conseguente sponsorizzazione da parte del re, riconosciu­ to sempre più come inviolabile. Dopo la Norvegia, anche in Islanda questa tendenza favorì il precoce sviluppo di due ambiti letterari di particolare po­ polarità: le genealogie (ricordate nel I-TG ) e la letteratura storiografica, due campi della cultura tradizionale che trovarono nella loro appl icazione al ge­ nere della saga una potente cassa di risonanza. n successo acquisito nei secc. XII-XIII dalla letteratura genealogica, concentrata sulle origini pre-letterarie di popoli e dinastie (cfr. Battaglia, 2013, pp. 3 1 1-6), sancisce la combinazione e l ' importanza di nuovi equilibri politici e delle realtà dinastiche e territo­ riali a essi collegati. La letteratu ra giuridica Nelle società scandinave, l ' importanza del diritto, accanto alla meticolosa determinazione dei suoi ambiti applicativi, è suffragata da diversi resoconti che ne celebrano le circostanze della codificazione. Come in tutte le società di recente formazione, in Islanda la legge assunse un forte valore di identificazione culturale e politica (Leonard, 2010, pp. 150-3) e nella sua istituzione si riconosce un elemento equivalente a un mito di fondazione. n Libro degli Islandesi di Ari l>orgilsson (c. 2, Bene­ diktsson, 1986, pp. 6-7) e l'anonimo Libro degli insediamentilLandndmabok (S 231, H 197, S 307, H 268, ivi, pp. 266, 312-3) ricordano che nella prima metà del sec. x l' immigrato norvegese Ulflj6tr avrebbe introdotto sull' isola un compendio delle leggi norvegesi del Gulaping, in seguito approvato all'A!ping(i), l 'Assemblea generale dell' isola. A questo presunto corpus si sa­ rebbero aggiunte negli anni le disposizioni filo-cristiane del potente vescovo Gizurr fsleifsson, relative all'istituto della decima (109 6-97), e la stesura di antiche concessioni, pattuite - così sembra - tra gli Islandesi e il re di Norvegia Olafr Haraldsson il Santo: la successiva revisione, curata da un gruppo di esperti guidati dal dotto Hafliòi Masson (Ia Haflioaskrd, 1 1 1 8) su incarico del

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D i ritto

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Consiglio legislativo dell 'A!pingi (il logrétta), non fu mai completata in mo­ do definitivo, né fu esente da ulteriori interventi - qualificati talvolta nei te­ sti come "nuova legge� Dopo la sottomissione alla Corona norvegese (1262-64), fonti tarde indi­ cano arbitrariamente con l 'appellativo "Oca grigia" ( Grdgds, dal nome della pergamena impiegata) il codice che avrebbe raccolto le leggi per il protet­ torato islandese. Si tratta di un'etichetta convenzionale progressivamente accettata, ancorché discussa e priva di conferme, la quale non rispecchia in realtà un testo canonico unico SI e che potrebbe risalire a un malinteso dei secc. XVI-XVII. Al Grdgds si sarebbe poi sostituito un dispositivo di leggi di origine norvegese (]arnsiòa o Hdkonarbok, 1271-73), che aboliva il ruolo delle province e dei propri amministratori, arricchiva il diritto penale e introduce­ va una serie di norme e tasse a favore della corona. I malumori destati da un testo così lontano dalla tradizione locale consigliarono la promulgazione di un nuovo codice (]onsbok, 1281), che adottava in senso più esteso la normati­ va di Grdgds, tra l 'altro per le disposizioni in materia religiosa (Kristinna laga pdttur, n22-33). 2.2. La letteratura storiografica Non è un mistero che, nei cinquant'anni a cavallo tra i secc. XII e XIII, opere che attinsero a fonti islandesi come la Si­ nossi norvegese (cfr. sopra) o i Gesta Danorum di Saxo (Praefatio 1.4, Olrik, Rreder, 1931, p. s: Webert, 2001) riconoscano agli Islandesi un singolare pri­ mato storiografico. Le prime manifestazioni di tale risonanza affiorano a partire da encomi e cataloghi genealogici della ricca tradizione poetica scal­ dica (cfr. oltre), come pure, più avanti, da una narrativa in prosa del tutto peculiare come le saghe (storie familiari, politiche, religiose e fantastiche), contenitore privilegiato proprio di quel canone scaldico che esse andarono lentamente a soppiantare nei gusti delle élite scandinave. Nella fase iniziale della tradizione storiografìca dell 'isola, Sremundr Sigfùs­ son (t n33) e Ari l>orgilsson (t n48), entrambi definiti 'il Sapiente, il Saggio', sono senz'altro le due figure preminenti. n primo - originariamente consi­ derato il compilatore dell'antologia nota come Edda 'poetica' (o, appunto, 'di Sremundr', cfr. oltre) - fu il maggiore intellettuale dell'epoca: studente a Parigi ed esperto di astronomia, fu poi sacerdote e prestigioso insegnante alla 'scuola' di Oddi. Opere come la traduzione norrena della Vita di Olafr Tryggvason di Oddr Snorrason (fine sec. XII ) gli attribuiscono la paternità di testi in latino peraltro non conservati, tra i quali si ipotizza una biogra­ fia di dieci re norvegesi - citata alla str. 40 del poema genealogico Computo

51. Almeno due erano i codici principali, la Konungsbok (metà sec. xm) e la Staòarholsbok (ca. 1 2.70), con materiale diverso, cfr. inoltre Stein-Wilkeshuis (1986). Complessivamente si contano oltre un centinaio di testimoni tra codici e frammenti.

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dei re di Norvegia (Noregs konunga tal, nel ms. Gks 1005 fol , Flateyjarbok, ca. I387-94, cfr. Finlay, 2004, pp. 3-6) s2• Di poco posteriore al 1120 è invece il piccolo Libro degli Islandesi/fslendingabok, composto su modelli cronachistici latini B dal chierico Ari l>orgilsson, formatosi a Haukdalr e riconosciuto dalle fonti come il primo autore in lingua volgare. Dallo stile conciso e dedicato a tre personalità ecclesiastiche locali, il Libro, il testo in prosa più antico che si conservi, è una breve storia d'Islanda dalle origini al III8 e anche l'unica opera attestata tra quelle a lui solitamente attribuite. Da quanto emerge nella prefazione, Ari potrebbe aver redatto una versione precedente, poi andata perduta, oltre a una raccolta autonoma di genealogie (tettartolur) e di biografie di sovrani (konunga ttvi). L'opera è contraddistinta da una precisione cronologica e da descrizioni che riecheggiano il canone agiograflco e il tema dell ' intervento divino nella storia: manca tuttavia una vera origo e non si risale, come di consueto, alle genealogie dei primi migranti. Si parte dalla storia dell ' insediamento islandese, con i maggiori clan coinvolti, per toccare successivamente l'istituzione dell' Alpingi e il corpus delle leggi: seguono poi il tema cruciale del computo calendariale e le parti dell'anno, fino alla storia della Conversione nell'anno 999 /Iooo, ben strutturata e forse modellata su esempi stranieri. n testo prosegue con una breve lista di vescovi, alcune note biograflche di uomini illustri e singoli eventi esteri, dai quali si deduce in parte il debito di Ari verso fonti di origine orale (cfr. TurvillePetre, I 9 s 3, pp. 83- IO 8 ) , tra le quali il poema genealogico Ynglingatal (Catalogo degli Ynglingar) dello scaldo norvegese l>j6ò6lfr di Hvfnir (sec. IX ) s+. Ari è talora chiamato in causa (insieme a Kolskeggr Hamundarson il Sapiente) nella composizione del Libro degli insediamenti/Landndmabok, monumento alla tradizione orale locale e al riconoscimento del riflesso politico della storia, come richiamano le parole conclusive del c. 334 del ms. P (M) : Vi sono molti che considerano un esercizio ozioso narrare della colonizzazione, ma riteniamo di essere in grado di rispondere meglio alle illazioni degli stranieri, che ci considerano discendenti di schiavi e delinquenti, se conosciamo le nostre autentiche 5 2.. Flateyjarbok (o Codex Flateyensis) è il nome del maggiore e lussuoso codice pergamenaceo del Medioevo islandese, copiato e miniato da due scribi operanti nel monastero benedettino di l>ingeyrar e contenente per lo più saghe relative ai re norvegesi e racconti brevi (/;ttttir). Tra le saghe principali vi sono quelle dedicate a Òlafr Tryggvason, Òlafr Haraldsson, Sverrir e Hikon IV, insieme a testi 'politici' come la Saga degli uomini delle Orcadi e la Saga degli uomini delle Fttreer. Composto di 2.2.5 fogli comprensivi di suggestive miniature, nel primo quarto del sec. xv vi furono inseriti tre fascicoli allo scopo di colmare l'assenza di notizie sul periodo che va dal 1030 al un. 53· Su tutti Beda, la Vita di sant 'Eadmund di Abbone di Fleury e, forse, Adamo di Brema e lo Pseudo-Fredegario. 54· Sulla scorta delle leggende di Pseudo-Fredegario relative all'origine troiana di Franchi e Ro­ mani, Ari ripercorre la mitica genealogia della Corona norvegese, da Yngvi (re della Turchia) a Njorèlr, Freyr e Fjolnir.

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Landnamab6k

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radici [ ... ] e infatti tutti i popoli evoluti desiderano conoscere le origini della propria società o da chi, dove e da quale stirpe abbiano avuto origine ss. n lavoro celebra la storia della colonizzazione nei toni di una vera e propria

origo gentis, mito di origine autoctono di una nuova società libera ed equa, fondata su leggi pattuite tra i coloni in fùga dalla tirannide, il celebre 'mi­ to della libertà' islandese di Weber (1981). Si ritiene che il perduto originale possa risalire al sec. XII, ma le tre versioni medioevali che trasmettono l 'ope­ ra (Sturlubok, Hauksbok e Melabok) sono databili solo a partire dal 128o. n testo, anch'esso di tono sobrio e pacato, si rivela prezioso per le migliaia di testimonianze topografiche e onomastiche, forse motivate dall'esigenza di censire le proprietà sottoposte alla tassazione e alla decima. Tuttavia, l' in­ serimento di interpretazioni, aneddoti e racconti brevi (};4ttir, al centro del dibattito sull'origine della saga, cfr. oltre), come in tutte le opere che si pre­ figgono di 'narrare il passato', inducono a una prudente valutazione del reale grado di imparzialità. Tra i secc. XI-XIII, la combinazione dell'interesse verso la storia della madre­ patria, le biografie e le genealogie norvegesi, accanto alle agiografie (in latino come in volgare), rappresenta probabilmente il punto di partenza del cele­ brato genere delle Saghe dei re (Konungasogur, Jakobsson, 2012) molte delle quali riunite nei tre celebri compendi sopra citati (Morkinskinna, Fagrskinna e Heimskringla, cfr. oltre). 2.3. La lette ratura grammaticale Intimamente collegata alla tradizione didat­ tica latina e al recupero del vasto patrimonio in versi locale, l ' Islanda registra una straordinaria vitalità nel dibattito concernente la riflessione linguistica (Albano Leoni, 1988) e le sue relazioni con l'arte poetica, interprete di una evoluzione che ne stava modificando la natura - da forme originariamente orali ad altre sempre più influenzate dalla scrittura. Questo si tradusse, tra la metà dei secc. XII e XIV, nella realizzazione di un gruppo di opere in lingua volgare dedicate all' istruzione e a tematiche retorico-grammaticali, quattro lavori distinti (più, forse, il frammento di un ipotetico quinto, T6masson, 19 97, p. 190) ribattezzati nel loro insieme Trattati grammaticali [ = TG] s6•

55· « Pat er margra manna mal, at pat sé 6skyldr froòleikr at rita landnam, en vér pykjumsk heldr svara kunna uclendum monnum, pa er peir bregòa oss pvl, at vér sem komnir af przlum eòa il­ lmennum, ef vér vitum vlst varar kynferòir sannar [ . .. ] enda eru sva allar vitrar pjoòir, at vita vilja a upphaf sinna landsbyggòa eÒa hvers hvergi ti! hefjask eÒa kynsloòir» (Benediktsson, 1986, p. 336, nota 1). 56. Aisl. Md!fr4òi ritgeròir. I titoli di Primo (I), Secondo (n ) , Terzo (m ) e Quarto (Iv) TG si de­ sumono dall'ordine nel quale compaiono all' interno del Cod. AM 242jol. (Wormianus = W, se­ conda metà del sec. XIV) dell'Edda di Snorri Srurluson, unico testimone che li contiene tutti e li munisce di un Prologo. Oggi si tende ad accettare che il m-TG preceda, in realtà, il n-TG (Raschel·

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6.

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Fin dali 'antichità, la cultura grammaticale riconosceva tipologie distinte di testi, che richiedevano strumenti retorici di composizione e comprensione, tra i quali tuttavia non figuravano discipline di tipo 'letterario' (Irvine, 1996, pp. 160-1). Questo approccio era debitore di una lunga tradizione inaugurata dal Peri hermeneis (Sull'interpretazione, sec. IV a.C.) di Aristoteles7, che proseguiva fino ai lavori di Quintiliano (Institutio oratoria, sec. I), Elio Donato (Artesgrammaticae, sec. IV), Prisciano di Cesarea (Institutiones grammaticae, secc. v-vi ) e a quelli esegetici di Boezio (sulle Categorie e sulla Interpretazione aristoteliche, sec. VI), in grado di influenzare il dibattito culturale medioevale, da lsidoro di Siviglia a Elia Pietro e Vincenzo di Beauvais, per citare solo alcuni autori (Kelly, 1966). Per lungo tempo, la grammatica rappresentò la disciplina più importante nel cursus scolastico dell 'Europa medioevale, grazie alla quale poter affrontare lo studio della letteratura dei classici latini, in primo luogo della poesia. Sull'onda di una nuova attitudine verso gli studi grammaticali praticati in lingua madre, in luogo del consueto veicolo del latino - tendenza inaugu­ rata in Irlanda con il manuale Auraicept na n-Éces (secc. VIII-X ?, Calder, 1917) e in Inghilterra con la 'grammatica' glossata da JElfric (995?, lrvine, 19 96, pp. 40 6-15) -, l' Islanda mostra una straordinaria apertura nei confron­ ti dell'argomento, trattato con competenza e analizzato attraverso il riferi­ mento a stilemi e protagonisti della poesia scaldica. I TG sono conservati all'interno di manoscritti contenenti copie dell 'Edda di Snorri Sturluson (cfr. oltre) s8, rivelando la stretta relazione tra arte poetica e grammatica nella cultura islandese coeva, come ricorda l'autore del I-TG : Gli scaldi sono autorità in ogni aspetto concernente la scrittura o le distinzioni (sta­ bilite) nel discorso, proprio come gli artigiani (lo sono) nella loro arte o gli avvocati nelle leggi (Benediktsson, I 972, pp. 224-6 ).

Se i primi due TG sono maggiormente concentrati su fonologia e ortogra­ fia, nel terzo e nel quarto ( influenzati in misura maggiore dalla tradizione latina) emerge una riflessione teorica imperniata sulla poesia e prevalgo­ no considerazioni pertinenti all'applicazione della grammatica allo stile e là, 1993), mentre il frammento di ciò che potrebbe essere un ipotetico •v-TG, all'interno di una composizione sulle figure retoriche, è conservato nel codice AM 748 I b 410 dell'Edda di Snorri. 57· Uno dei sei testi canonici considerati rappresentare il dispositivo fondamentale dell'opera, ribattezzato Organon (Logica) da Andronico di Rodi. 58. I-TG e IV-TG sono tramandati esclusivamente nel codice W dell'Edda di Snorri, mentre II-TG si conserva in W e (in una forma ritenuta più fedele all'originale) nel Cod. De La Gardie II ( Upsa­ liensis u. ca. 1300 ), laddove frammenti di un ·v-TG sopravvivono in A. n III-TG è invece con­ tenuto, frammentario, in altri tre codici medioevali, (W), AM 757a 410 (B) e AM 757b 410 (w) e, integralmente, in AM 748 Ib 410 (A), avvalorando l'ipotesi che esso fosse il TG più diffuso in Islanda. =

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Trattati grammaticali

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1 1 -TG

I l i-TG

perfino ali' immaginario scaldico. Sulla base di tali osservazioni è pertanto possibile che l'ordine formale nel quale compaiono, nell'unico manoscrit­ to che conserva i primi quattro ( il citato Cod. Wormianus), sia in ultima analisi motivato da ragioni contenutistiche piuttosto che cronologiche. L' intento del I-TG, composto nel periodo 1 125-75 (Albano Leoni, 1975: 1977: 19 88: Benediktsson, 1972, p. 31), sembra essere stato quello di fornire direttive appropriate riguardo ali'ortografia, elaborando sofisticate analisi fonologiche della propria lingua s9 e un alfabeto coerente, codificato su quello anglosassone utilizzato nell'Inghilterra pre-normanna, con il ripristino della runa J> e delle lettere < Ò > , < re > . In questo lavoro, pionieristico della moderna pratica lingui­ stica comparativa delle 'coppie minime' e comprensivo della straordinaria in­ dicazione di fonemi nasalizzati, si pone l'accento sull 'importanza del volgare come lingua veicolare pienamente degna di rappresentare testi letterari di va­ ria natura. A sostegno di tale iniziativa vanno dunque interpretati i diversi esempi citati, per i quali si rendeva indispensabile una nuova e più efficace or­ tografia in grado di ottimizzare lo spazio a disposizione sulla pergamena. L'a­ nonimo autore mostra un evidente dominio della lingua, della retorica e dell'alfabeto latini, che lo collegano ali ' ambito scolastico perfino nell' atten­ zione attribuita ai cinque ambiti canonici nei quali si ordina l'argomentazione scritta o recitata (T6masson, 19 88a, pp. 35-43: 19 88b, p. 76). Restano tuttavia insoluti sia l'ambiente originario in cui venne realizzato il trattato sia il proces­ so di evoluzione ortografica riflesso nelle raccomandazioni del sec. XII rispet­ to alla situazione documentata dalla copia del sec. XIV che trasmette il lavoro. Non è certa la data di composizione del II-TG, che Raschellà (19 83, p. 130) col­ loca tra il 1270 e il 1300 e dunque posteriormente alla redazione del III-TG (ca. metà sec. XIII ) da parte di 6Iafr 1>6ròarson Scaldo-bianco (nipote di Snorri Scurluson). li testo (conservato nei codici U e W dell'Edda di Snorri) è preva­ lentemente incentrato su aspetti rilevanti dell'ortografia e della fonologia, rap­ presentata dal celebre disegno di una circonferenza con partizioni interne (a suggerire le possibili combinazioni dei segni alfabetici), alla quale si aggiungo­ no considerazioni sulla sequenza runica delfupqrk nordico. Per il suo contenu­ to, dunque, II-TG mostra le maggiori affinità con il primo dei trattati. Nel III-TG 60 emergono riferimenti originali alla natura dei fonemi (analoga­ mente al II-TG ) , oltre che ai caratteri della nuova serie runica scandinava a 16 segni (trattata in ben due capitoli, insieme ai nomi delle singole rune) 6 1 e alla 59· Attraverso il riconoscimento delle 'nuove' vocali lrl. /ç/, le/ e /y/, lunghe e brevi, dittonghi, vocali nasalizzate e consonanti geminate. 6o. Databile tra il 12.45 e il 12.59 (anno di morte di 6lafr), cfr. 6lsen (r884); Raschellà (1994); Krommelbein (1998); Clunies Ross (2.005, pp. 185-2.05). 61. Ai cc. m e IV dei Fondamenti della grammatica l'autore procede a una comparazione tra i fonemi e i grafemi di latino e antico norvegese, con la straordinaria descrizione di una varietà di fupark locale.

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retorica scaldica, pur restando fedele al modello dei due capisaldi della tradi­ zione grammaticale latina - le lnstitutiones Grammaticae di Prisciano, nella prima parte, e il III libro della Ars Maior di Donato (peraltro talora malinteso, cfr. Albano Leoni, 198s-8 6), nella seconda. n lavoro, paragonabile sotto vari aspetti al De schematibus et tropis di Beda, si compone di due parti, successiva­ mente ribattezzate Fondamenti della grammatica (Mdlfr�òinnargrundvollr) e Scienza dell'ornato linguistico (Mdlskruòsfr�òi, sette capitoli dedicati alla reto­ rica e alla interpretazione dello stile poetico), la prima delle quali risulta di gran lunga la più interessante a livello teorico. L'opera di Donato è rivisitata alla ricerca di similicudini e differenze tra la po­ etica norrena e quella latina, analizzando figure retoriche e parti del discorso in funzione dell ' ipotesi di origine classica delle strutture poetiche locali. Nel solco della tradizione medio latina, 6H.fr recupera la trattazione delle tre op­ zioni stilistiche del discorso (sermo humilis, sermo mediocris e sermo gravis) e, seguendo le raccomandazioni di Donato sull 'importanza di citare segmen­ ti poetici dai maggiori autori classici e cristiani, si illustrano le varie figurae attraverso esempi coerenti con la tradizione classica 62 ma tratti dal canone scaldico. È probabile che l' intento di Olafr, rinomato poeta di corte presso i re di Norvegia, Svezia e Danimarca ed eccezionalmente eletto per due volte Logsogumaòr ("Nunzio di legge"), sia stato quello di approntare un manuale da adottare nella sua scuola di Stafaholt. Intorno al 1340 si tende a collocare la redazione del IV-TG ( Clunies Ross, Wellendorf. 2014), il cui anonimo autore potrebbe essere responsabile della prefazione che anticipa i quattro TG del Codex Wormianus ( Olsen, 1884, pp. 152-5 ) . Incentrato più direttamente sulla stilistica e sulla retorica, questo lavoro si configura come una sorta di aggiornamento della Scienza dell'ornato linguistico del III-TG, che recepisce gli spunti del Doctrinale puerorum63 (ca. 11 99-1200) del monaco normanno Alexandre de Villedieu (in particolare al c. XII ) e del cosiddetto Graecismus6+, opera postuma del fiammingo Eberhard de Béthune (ca. 1210-12, in particolare la sezione Defiguris grammaticis), entrambe composte in esametri a dimostrazione dell'elevato grado di erudizione richiesto. Varie figure retoriche latine sono oggetto di definizione generale (in una forma aderente alla fonte latina), a cui si abbina una esemplificazione nella relativa variante scaldica, con commento finale in prosa. Al pari del richiamo di Snorri Scurluson nei Dialoghi sulla dizione poetica (cfr. oltre), l' intento didat­ tico-esegetico è esplicitamente rivolto ai giovani scaldi, con precise avvertenze su 'vizi' formali e virtù retoriche da tenere in considerazione, malgrado manchino ormai i riferimenti alla disciplina metrica, sintomo del declino della 62.. Eloquente è la sua puntigliosa interpretazione del concetto retorico del barbarismus. 63. Opera grammaticale in versi che dal sec. XIII andò sostituendo quasi ovunque il trattato di Donato. 64. Lavoro di oltre 4.soo versi, il cui titolo è dovuto alla rielaborazione di autori diversi.

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IV-TG

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l Poemetti ru nici

poesia scaldica in questa fase del sec. XIV. A differenza dei precedenti trattati, colpisce il consapevole distacco dell'autore dai moduli retorici classici, con il significativo ricorso a versi di scaldi cristiani ( in tutto 62 strofe, per lo più ano­ nime e attribuibili all'autore), a segnalare l'orgogliosa difesa di una tradizione locale non più subalterna alle categorie poetologiche e grammaticali latine. L'attenzione peculiare verso l'analisi del patrimonio culturale locale in chia­ ve linguistica permette di ascrivere a quest 'area anche taluni prodotti deriva­ ti dali ' impiego tardo e in chiave antiquaria e colta della scrittura epigrafica runica all' interno dei manoscritti (i cosiddetti Runica manuscripta). Segni runici cominciano infatti a comparire in codici continentali di epoca carolin­ gia o in più tardi manoscritti insulari e scandinavi, nei quali, frequentemente, tali segni si manifestano in concomitanza con il loro valore fonetico o addi­ rittura con un nome (concreto) che tradizionalmente li identifica, secondo il principio acrofonico. A partire dalla documentazione anglosassone del sec. XI, si inizia a osservare che in taluni casi quei nomi diventano oggetto di una composizione in versi che ne descrive il significato in tono antiquario. Si parla in questo caso di Poemetti runici (Bauer, 2003), il cui più antico 'prototipo' di riferimento potrebbe essere rappresentato dall'Abecedarium Nord(mannicum), una laconica composizione allitterante del sec. IX (Cod. Sang. 878), basata sui nomi della sequenza nordica 'riformata' (jùpqrk) che accompagnano i 16 caratteri runici. Accanto a un Poemetto runico anglosas­ sone con un fuporc locale a 29 caratteri 6s, si segnalano un analogo Poemetto runico antico norvegese (attestato in tre copie manoscritte di un originale, for­ se del sec. XIII, distrutto in un incendio nel 1728; Page, 2003), un Poemetto runico antico islandese (registrato in copie manoscritte e a stampa più tarde e corrotte, derivate da due codici diversi; Page, 1998) e un Poemetto runico an­ tico svedese (trasmesso incompleto in una lettera dell 'anno I 6oo di Nicolaus Andreae Granius indirizzata all'umanista nederlandese Bonaventura Vulca­ nius; Quak, 1987 ). Questi documenti, di lunga trasmissione orale (per quanto riguarda la cono­ scenza delle rune) e dal valore letterario talora modesto, presentano non po­ chi lati oscuri relativi a origine e funzione, tanto da generare interpretazioni eterogenee. La trasformazione da testi 'tecnici' di matrice orale a documenti poetici a vocazione sapienziale ed enigmatica lascia immaginare una loro suc­ cessiva combinazione con una tradizione grammaticale erudita, tardoantica e medioevale, riconoscibile anche in forme peculiari come i poemi alfabetici e quelli acrostici. Si tratta di componimenti nei quali ciascun verso ha inizio con fonemi, sillabe o parole che, uniti, vanno a formare un nome (segreto), un messaggio o anche solo una sequenza alfabetica, con un procedimento

6s. Contenuto nel ms. Cotton Otho B xfoL (fol. 16sv), bruciato nel 1731, ma copiato ed edito da George Hickes nel 1703 con probabili integrazioni dal ms. Cotton Domitian A IX 4to.

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Tradizioni lette rarie della Scandi navia medioevale

accostabile per talune similicudini a pratiche mnemotecniche, mantiche e magiche note anche alla tradizione cabalistica. Tali impieghi extra-linguistici di natura parenetica, sapienziale o esoterica so­ no fra l'altro attestati nella tradizione dei Salmi o nell'alfabeto 'magico' di un manoscritto tedesco del sec. XII studiato da Wilhelm Grimm66, come pure in pronostici, sortilegi e pratiche di bibliomanzia, basati sulle lettere dell'alfa­ beto (greco, latino o dei vari volgari europei: Chardonnens, 201 3, pp. 341-2, 359-64 conta oltre ottanta attestazioni specifiche) e ampiamente condannati in concili e penitenziali. In tal senso, due opere latine in versi, incentrate sul significato della sequenza alfabetica, il De litteris monosyllabis graecis et lati­ nis del poeta gallo-romano Ausonio (sec. IV ) e gli anonimi Versus cuiusdam scoti de alphabeto di epoca carolingia, vengono più spesso citate come pos­ sibili modelli ermeneutici che avrebbero funto da intermediari tra alfabeto latino e sequenza runica (Bauer, 2003, p. 13 ) . 3. La tradizione poetica

Per consuetudine, la ragguardevole eredità in versi antico islandese è ordinata in due categorie formalmente distinte benché complementari e in molti casi presumibilmente coeve. Si tratta della poesia di stile 'eddico' e di quella di stile 'scaldico' (Mundal, 2007; Clunies Ross, 2005, pp. 21-8 ) , anche se non sono mancati tentativi di strutturare il corpus poetico in categorie trasversali diversificate (Pilsson, 1990, pp. 61-5 ) . Nel caso dei poemi 'eddici' si fa riferimento a poemi strofici di struttura formulare, anonimi e allitteranti e di origine largamente (ma non esclusivamente) orale (Fidjest0lt, 1999, pp. 303-32; E. A. Gurevic, 1986 ) . Affini al resto della tradizione germanica, essi manifestano - attraverso un apparato formale relativamente poco elaborato - la preponderanza del metro narrativo impersonale dei 'racconti antichi' (il fornyròislag) rispetto ad altre varianti metriche67 indicatrici di registri linguistici diversi (Quinn, 1992 ) . Tali poemi condividono frequentemente una veste dialogica abbinata a un tono più spesso drammatico e sono principalmen­ te trasmessi da una singola antologia rappresentata dal titolo Edda [poetica] (cfr. oltre), conferitole nel sec. XVII per un equivoco. Si registrano inoltre frammenti sparsi sia in un altro codice miscellaneo sia in alcune Saghe del tempo antico (Fornaldarsogur), oltre che, sporadicamente, in alcune iscrizioni runiche in forma metrica. Nel caso dello stile 'scaldico' si accenna invece a composizioni più articolate di tono encomiastico, con evidenti applicazioni politiche e genealogiche, frutto della creatività di poeti di corte dall' identità nota, gli scaldi. Basate in prevalenza su un canone ermetico estremamente 66. Osterreichische Nationalbibliothek, Cod. 2245,joL 3Jv, cfr. Grimm (1821, pp. 316-7 ). 67. Tra le quali mdlahdttr, ljOòahdttr,galdralag. Per una sintesi, cfr. Turville-Petre (1953. pp. 21-6); Scardigli, Meli (1982, pp. XXVIII-XXXIV) ; Mastreili (1982', pp. XLVI-L) .

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Poesia e società

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elaborato, che non disdegna richiami alla tradizione metrica 'eddica', esse so­ no realizzate attraverso un complicato sistema di equilibri sillabici, di allusio­ ni e traslati, con l' impiego di un innovativo 'metro di corte' (aisl. drottkvtRtt, drottkvtRòi) comprendente quasi un centinaio di varianti. Nonostante la notevole ampiezza (paragonabile solo alla poesia anglosas­ sone) e la presenza di un dibattito teorico sulle sue strutture fondanti (cfr. sopra i TG e la cosiddetta Edda di Snorri Sturluson; Quinn, 19 94), la tra­ dizione poetica norrena non sembra tuttavia manifestare il frutto dell' ap­ plicazione diffusa di una dottrina poetica omogenea elaborata in scuole o trattati canonici analogamente a quello che ebbe luogo ad esempio in Ir­ landa ( Tranter, 1997 ). Nella fase successiva alla conversione, l'assoggetta­ mento della Chiesa locale agli interessi dei clan, l 'assenza di un unico centro culturale di riferimento e la formazione straniera di parte dell'aristocrazia - giurisperiti o storici, poeti presso le corti estere, spesso transitati nei ranghi del clero - sono alcuni dei fattori che distinsero la cultura islandese rispetto al resto dell'Europa coeva. Tali elementi, però, se da un lato favorirono la difesa del volgare e delle relative istanze, dall 'altro lasciano largamente in­ soluti i nodi dell'eredità culturale pre-cristiana, così come della sua rielabo­ razione in una veste letteraria e della creazione di una nuova classe intellet­ tuale in dialogo partecipe con il più vasto circuito europeo (Tranter, 2000, pp. 1 40-2). Si tratta dunque di una serie di rilievi non esclusivamente estetici, che nel tempo sono divenuti oggetto della riflessione sociologica e semiotica di studiosi come lo storico Gerd Althoff - a proposito di comunicazione simbolica, consenso, spazio pubblico e autorappresentazione nel Medioevo (Althoff, 1997: 2003a; 2003b: Mostert, 1 9 9 9 ) - e che, più recentemente, Torfì Tulinius ha cercato di porre in relazione con quanto teorizzato dal sociologo Pierre Bourdieu sui 'campi' di studio delle società medioevali e sul triplice valore del capitale (economico, sociale e simbolico) nella stessa epoca ( Tul inius, 2002b; 2009 ). Il ca none poetico di tradizione germa n ica

poetica Edda (poetica), isl. Eddukv�RÒi (Kristjansson, 6 lason, 2014, vol. I, pp. II-88), è il titolo conferito nel sec. XVII a una raccolta di car­ mi senza la quale la conoscenza della cultura del Medioevo scandinavo sareb­ be gravemente pregiudicata. La silloge fu a lungo attribuita, per antica (ed errata) consuetudine, al già citato erudito Sa:mundr Sigfùsson 68, ed è conte­ nuta in un codice pergamenaceo della fine del sec. XIII. Durante il sec. XVII, nel pieno della espansione degli studi antiquari in Europa, e di quel Gotici­ smo scandinavo che aveva prodotto la prima generazione di eruditi islandesi (Arngdmur J6nsson, Magnus 6lafsson e Bjorn J6nsson), il vescovo di Skal­ holt Brynj6lfur Sveinsson (t 1675) si segnalava come figura locale di grande

3.1. Edda

68. Edda Sttmundi multiscii, Sttmundar Edda hins froòa, Sttmundar ijoòa-Edda ijOòabok.

376

o

Sttmundar

6.

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rilievo culturale, in contatto con il re danese Frederik III, instancabile pro­ motore della raccolta di documenti e reperti dell'antichità nordica. Tra 1639 e 1643 Brynj6lfur sembra essere entrato in possesso di quella antologia poetica (o di una sua copia), che dal 1662 la Corona danese - sotto il cui governo si trovava l' Islanda - volle ricollocare nella nuova Biblioteca reale di Copenaghen con la segnatura Gml kgl sml ( = GkS o Konungsbok o Codex Regius) 2305 4to [ = R] 69• Quanto al titolo Edda, nome che allora contrassegnava una serie eteroge­ nea di opere pedagogiche e raccolte di versi (e dal significato ancora oggi controverso) 70, questo fu assegnato da Brynj6lfur. Ciò rispecchia il clima culturale e i dibattiti articolati allora in corso, nell' Europa uscita dalla Guer­ ra dei Trent 'anni, sulla ricezione della cultura medioevale, un clima che in Scandinavia coinvolse, accanto al grande fascino esercitato dalle rune e dalla mitologia, l' indagine sulle possibili origini di questa raccolta. La portata di tali riflessioni influenzò la scelta del vescovo, inducendolo a recuperarne il titolo dall'omonimo e diffuso manuale poetico-retorico di Snorri Sturluson (ca. 1222-25, cfr. oltre), del quale Brynj6lfur riteneva che questo florilegio di versi rappresentasse una sorta di testo-base. Il manoscritto R ha forma e aspetto semplici, privo di particolari pregi or­ namentali e con varie indicazioni a margine che ne tradiscono finalità prag­ matiche. Esso consiste attualmente di 45 fogli ( = 90 pagine) suddivisi in 6 fascicoli di 8 fogli ciascuno ( = 16 pagine), mentre il sesto ne conta solo 5· Tra il quarto e il quinto fascicolo (dopo il foglio 32) vi è una lacuna prodot­ tasi precedentemente all 'acquisizione del vescovo Brynj6lfur e corrispon­ dente a un fascicolo di 8 fogli (Andersson, 1 9 8 1 ; 1 9 8 6a). Pertanto, in base alla media di ca. 100-125 versi per pagina, trascritti in forma continua per risparmiare spazio, si è giunti a ipotizzare un deficit più o meno pari a 500 righe di pagina manoscritta, tra prosa e poesia, corrispondenti a ca. 22026 o strofe, per un totale di 8 o o versi o più (O rchard, 20 I I, pp. XXIII-XXIV ) , in parte direttamente o indirettamente recuperabili attraverso la Saga dei Volsunghi, il Racconto di Nornagestr e la Saga di Teoderico di Verona (cfr. oltre). La collezione comprende 29 carmi allitteranti di argomento soprannaturale, mitologico, didattico ed eroico, reperti di un'eredità orale (locale e germanica continentale) certamente più ampia ma non precisabile, per luogo di origine ed epoca. Copiati, citati o parafrasati in altri testi, essi scaturiscono, come accennato, da un processo organico di ibridazione e di cooperazione tra 69. La riproduzione del codice è attualmente visibile in http://www.germanicmythology.com/ works/CODEXREGIUS.html (ultimo accesso febbraio 2.017). 70. Nel poema Catalogo di Rigr (aisl. Rlgspula) il nome edda vale "bisnonna", benché esistano ipotesi che riconducono il titolo sia al centro culturale islandese di Oddi, sia al sost. Oòr "poesia", sia al verbo lat. edo "compongo/pubblico (poesia)':

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Il manoscritto e la sua storia

Struttura e interpretazione

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

R iscontri 'i nte rni' ed 'este rni'

due tradizioni culturali contemporanee e vitali, quella vocale/orale e quella del testo scritto, coinvolte e influenzate in un dialogo in grado di superare i limiti dei rispettivi canali di comunicazione. In questo senso, il riconoscimento nei poemi eddici di sintagmi formulari e frasi stereotipate metricamente significativi - nel senso elaborato nel primo quarto del secolo scorso dalla 'teoria (orale-)formulare' di Milman Parry e Albert Bates Lord -, è divenuto oggetto di accesi dibattiti ed è stato a lungo sfruttato a sostegno di una (presunta) grande antichità di questa raccolta, spes­ so ritenuta di origine pre-cristiana in virtù dei primi dieci/undici carmi mi­ tologici che aprono il manoscritto (Kristjansson, 1990 ). Indipendentemente dalla scansione cronologica disomogenea ricostruibile tra i singoli canti, mol­ ti difensori estremi di quella teoria erano vittime di un duplice equivoco : la convinzione che la presenza di elementi ripetitivi ed epiteti formulari fosse di per sé garanzia di provenienza da una cultura pre-alfabetizzata e, secondaria­ mente, la noncuranza dei fenomeni di ricezione, rielaborazione e intertesrua­ lità tra forme orali e scritte in entrambe le direzioni, un carattere evidenziato nella prassi versificatoria di tono 'scaldico' (cfr. oltre). Tutto ciò conferisce alla poesia trasmessa dal principale codice 'eddico' il rango di una scrittura di se­ condo grado, rispetto alle premesse orali contemplate nel rapporto tra mito e performance (Kellogg, 19 90, p. 188), guidando il dibattito scientifico odierno sui carmi eddici verso il loro grado di adesione a un presunto originale e, in considerazione della loro brevità 7\ verso l ' ipotesi di una efficace trasmissione memoriale. Tra 1 270 e 1280 i poemi vennero trascritti con accuratezza (da un'unica ma­ no) e ordinati con intenti antiquari e di erudizione. È possibile che la copia si sia basata su più antigrafi (forse fascicoli ridotti) anteriori al 1240, privi di un ordine omogeneo, con testi non del tutto completi o 'ricuciti' insieme sul momento e in parte desunti da fonti orali contrastanti, senza peraltro esclu­ dere casi, come il carme dal titolo Projèzia di Gripir ( Gripisspd), la cui com­ posizione è da tempo ritenuta contemporanea alla costituzione del codice R (Gunnell, 1995, p. 1 82). A confutare il concetto stesso di poesia 'eddica' vi sono poi due punti nodali: • le eccessive incongruenze ortografiche e vari dettagli paleografìci e codi­ cologici (Lindblad, 19 54: 1978: 1980), che rafforzano l ' ipotesi che il testo di R non rappresenti il codice originale ma una copia (di copie) di manoscritti di epoca diversa contenenti gruppi più o meno ampi di poemi riuniti infine nel codice R: • alcuni carmi di stile 'eddico' trasmessi esclusivamente in codici diversi da 71. Relativamente all'esteso dibattito sull'eredità 'orale' della poesia eddica cfr., a titolo puramen­ te esemplificativo, Acker (2.014); Harris, Reichl (2.012.); Gunnell (2.oo8); Mellor (2.oo8); Haymes (1976; 2.004); Mitchell (2.001; 2.003); Harris (1983; 2.000); Kellogg (1990; 1991); Bauman (1986); A.J. Gurevic (1986); Lonnroth (1971; 1981).

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6.

Tradizioni lette rarie della Scandi navia medioevale

R72; tra questi vi sono 7 composizioni mitologiche (intere o frammentarie)

conservate nel primo dei 4 fascicoli di un manoscritto lacunoso di 28 fogli

(AM 748 I 4to = A) del primo quarto del sec. XIV. Questo codice contiene

fra l 'altro il III-TG, una sezione dell'Edda di Snorri e altra documentazione poetica, a suggerire dunque come il relativo materiale 'eddico' qui tradisca intenti meramente mitografìci. L'ordine alternativo a R73, unicamente alla presenza di un carme altrimenti inedito (I sogni di Baldr!Baldrs draumar), lasciano supporre - accanto ai re­ pertori dei cantori orali - l 'esistenza e la circolazione di compilazioni diverse di poemi in stile 'eddico' ( O lason, 2010 ). ll problema della composizione e della trasmissione del materiale del Codex Regius 2365 4to attende ancora risposte condivise e convincenti. In esso si incontrano versi e strofe oscuri o apparentemente privi di senso e forse col­ locati in una sequenza errata al momento della copia. Talvolta è la struttura metrica a rivelarne la probabile manipolazione e molti sono gli hapax o i ter­ mini semanticamente impropri. Allo scopo di armonizzare versioni diver­ genti e commentare o introdurre storie confuse, sottintese o dimenticate e ormai poco perspicue a una parte del pubblico del sec. XIII, è possibile che il compilatore (o i compilatori) - secondo una consuetudine di cantastorie che ancora recitavano questa materia arcaica - ritenne(ro) opportuno inse­ rire sezioni esplicative in prosa ancora conservate, circostanza che riguarda ad esempio anche il Cod. A. Ne sono esempio l'incipit del carme noto come Invettive di Loki (per i titoli originali dei singoli carmi cfr. PAR. 3.2) o del Carme di Volundr, i ripetuti inserimenti nel Secondo carme di Helgi, le due intere composizioni dal titolo Della morte di Sinfjotli (epitome di capitoli della prima parte della Saga dei Volsunghi, che precede la Projèzia di Gripir) e Strage dei Nibelunghi (testo di transizione che anticipa il Secondo carme di Gu/Jrun) o ancora l' explicit del Frammento del carme di Sigur/Jr (qui citato nella traduzione di Scardigli, Meli, 1982, p. 234) : La morte di Siguròr Qui, in questo carme, è raccontata la morte di Siguròr e qui si dà la versione secondo la quale l'avrebbero ucciso all'aperto. Ma alcuni dicono così, che lo uccisero nel suo giaci­ glio, mentre dormiva. I Tedeschi dicono che lo uccisero all'aperto, nella foresta. Così si racconta nel Carme antico di Guòrun: che Siguròr e i fìgli di Gjuki stavano cavalcando

72.. AM 748 I 410 [= A]; AM 242 foL ; AM 2307 410 e 1374 (rispettivamente codd. Regius [ = R] e Trajectinus [= T1 dell'Edda di Snorri); Gks. IOoJfoL [ o Flateyjarbok]; GkS 2845 410 e vari codici cartacei. n Canto (magico) di Hdrbaròr (strr. 19-60, privo dell'inizio), Sogni di Baldr, V'taggio di Sklrnir (strr. 1-2.7), Dialoghi di 17a.ffiruònir (strr. 2.0.2.-SS). Dialoghi di Grlmnir, Carme di Hymir e infine l' introduzione in prosa e l' incipit del Carme di Volundr.

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verso il luogo del convegno, quando venne ucciso. Ma son tutti d'accordo nel dire che ruppero la fede data, uccidendo lo nel momento in cui era sdraiato e disarmato 74

o ancora il passo che precede il Carme di Attila (ivi, p. 284) : La morte di Attila Guòrun, fìglia di Gjuki, vendicò i suoi fratelli, com'è noto : prima uccise i fìgli di Attila e poi uccise Attila e bruciò le corti e i cortigiani. Su questo è stato composto il carme seguente 71

come pure (analogamente alle superstizioni nei Dialoghi di Fdfoir 1 ) le ri­ flessioni finali con le quali il compilatore, in coda al Secondo carme di Helgi, prende le distanze da credenze ascrivibili al passato pagano, la reincarnazione e un inammissibile 'ritorno' dei defunti sulla Terra (ivi, p. 1 82) : Sigrun in breve tempo morì di crepacuore. Si riteneva per vero nei tempi antichi che gli uomini rinascessero; ma questo, ora, si definisce sciocchezza da vecchie. Dicono che Helgi e Sigrun sarebbero rinati 76•

Edda e poesia 'edd ica'

La Saga dei Volsunghi (cfr. oltre) o altri codici dell'Edda di Snorri trasmettono invece parti di poemi 'eddici ' attestati anche al di fuori di R, come nel caso di due straordinari codici: AM 544 4to o Hauksbok (H) di Haukr Erlendsson ( inizi sec. XIV) , che conserva una versione della Projèzia della veggente dif­ forme da quella di R (Kristjansson, 6lason, 2014, vol. I, pp. 291-321), e la Fla­ teyjarbok (fìne sec. XIV) , con il Viaggio di Brynhildr verso gli inferi (ivi, vol. n , pp. 349-51), parti dei Dialoghi di Reginn e l'inedito Canto di Hyndla. Nell'ormai canonica suddivisione di Harris (19 85, pp. 68-9) il concetto di 'poe­ sia eddica' abbraccia tre tipologie di documenti, correlate benché distinte: • il primo gruppo è rappresentato dai poemi contenuti nel codice 'princi­ pale' dell'Edda (R) e nel citato frammento A; • il secondo è invece un gruppo misto, una sorta di 'appendice eddica' connotata da carmi in stile analogo a quelli di R (Catalogo di Rigr/RtgsjJUla, Canto di Hyndla!Hyndluljo/J, Canzone di Grotti/ Grottasongr, varie strofe 74· « Fra dauèla Sigurèlar - Hér er sagt l pessi kvièlo fra dauèla Sigurèlar ok vikr hér sva til, sem peir dra:pi hann uri. En sumir segia sva, at peir dra:pi hann inni l rekkio sinni, sofanda. En pyèlverskir menn segia sva, at peir dra:pi hann uti i sk6gi. Ok sva segir l Guèlrunarkvièlo inni forno, at Sigurèlr ok Giuka synir he@i til pings rièli < t > , p a er hann var drepinn. En pat segia allir einnig, at peir sviko hann l tryggèl ok v6go at hanum liggianda ok 6bunom» (von See et aL , 2.009, p. 190). 75· «Dauèli Acla - Guèlrun, Giuka d6ttir, hefndi brreèlra sinna, sva sem fra:gt er orèlit: hon drap fyrst sono Acla, enn eptir drap hon Ada ok brendi hollina ok hirèlina alla. Um petta er sia kvièla ort» (ivi, pp. 941-2.). 76. «Sigrlln varèl scammllfafharmi ok trega. l>at var trua l forneskio, at menn va:ri endrbomir, en pat er nu kolluèl kerlingavilla. Helgi ok Sigrlln er kallat at va:ri endrborin » (von See et aL , 2.004, p. 8o6).

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6.

Tradizioni lette rarie della Scandi navia medioevale

nella Saga dei Volsunghi) conservati singolarmente in manoscritti miscellanei più recenti (ad es. il Cod. Wormianus o la Flateyjarbok). Oltre alla Profezia della veggente, ai Dialoghi di Vaf/;ruònir e ai Dialoghi di Grimnir, Snorri cita frammenti di composizioni che non si sono conservate, ivi compreso un ipo­ tetico *Canto magico di Heimdallr; • il terzo, noto attraverso la riduttiva etichetta Eddica minora (dal titolo dell'edizione di Heusler, Ranisch, 1903), consta di venticinque esemplari di tono per lo più eroico e in metro 'eddico', strofe e poemi di lunghezza molto variabile (Canto di Hloòr, Canto di Hervor, Canzone di Bjarki, Disposizione

di Vikar, Canto di Hrokr, Cantofunebre di Ildebrando, Cantofunebre di Hjdl­ mar, Canto funebre di Oddr l'arciere, Enigmi di Heiòrekr ecc.) 77 contenuti all'interno di narrazioni in prosa, le Saghe del tempo antico (ad es. Saga di Hervor, Saga di Hro/fr kraki, Saga di Oddr l'arciere, Saga di Asmundr ucci­ sore di campioni, Saga di Ketill, Saga di Hdlfr ecc., cfr. oltre) 78• Considerata

la scarsa attenzione attribuita a questo sottogruppo di saghe fin quasi alla fìne del secolo scorso, non sorprende che anche sulla poesia in esse contenu­ ta prevalga una certa esitazione, motivata dal sospetto di inautenticità e di tarda rielaborazione. Ancora oggi infatti si tende generalmente a considera­ re questo gruppo di carmi come un ibrido, giacché il carattere contingente che in una saga promuoveva l'esecuzione di versi (e dunque la realizzazione di una alternanza prosimetrica) è stato accostato legittimamente alla natu­ rale espressione di un tono 'scaldico' tipico appunto della saga (Beck, 1 9 86: Simek, Palsson, 19 87, p. 64: Frog, 2009, pp. 227-8). Oltre che in poemi provenienti da una tradizione manoscritta cartacea e tarda ( il Canto magico di Groa! Groagaldr, e i Dialoghi di FjolsviOr!Fjolsvinnsmdl, sec. XVII, tramandati dagli editori sotto il titolo unico di Dialoghi di Svipdagr/ Svipdagsmdf) e in talune composizioni di tono 'scaldico' (ad es. il Canto del Sole!Solarljoo), tracce di elementi metrici di stile 'eddico' (ad es. nel metro fornyròislag, Suzuki, 2014) si rinvengono infine in una serie ristretta di te­ stimonianze dell'epigrafia runica. Si tratta di una strofa su Teoderico re dei Goti nella lunghissima iscrizione svedese di Rok (sec. IX ) 79, di un breve ri­ ferimento escatologico correlato alla Profezia della veggente, nell' iscrizione 77· I titoli indicati rappresentano la traduzione italiana di quelli presenti nell'edizione di Heusler, Ranisch (1903). 78. A questi sono state progressivamente accostate composizioni stilisticamente simili derivate da fonti diverse: il Canzone di Bjarki/Bjarkamdl (canto di gesta sul sacrificio eroico del séguito di re Hr61fr conservato in esametri latini nei Gesta Danorum di Saxo Grammaticus), il Canto dello stendardo (Darraòarljtiò, altrimenti noto come Canto delle T'lllchirie, nella Saga di Njdll il brucia­ to), panegirici scaldici (Canto di Haraldr/Haraldslm�Òi, Canzone di Eirlkr/Eiriksmdl, Canzone di Hdkon/Hdkonarmdl) e perfino una composizione 'scaldica' cristiana, il Canto del Sole (Beck, 1986, pp. 413-2.5). 79· "Regnava Teoderico il valoroso, signore dei guerrieri, sulle coste del Mare di Hreiò. Siede ades­ so in armi sul suo destriero, con lo scudo in spalla, il principe dei Meringi".

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svedese di Skarpaker (sec. XI ) , del richiamo a Maria, a Dio, al cielo, alla terra e al sole in un incantesimo sulla Bacchetta magica di Ribe (sec. XIII ) e dell' i­ scrizione benaugurale su un'altra bacchetta rinvenuta a Bergen (sec. XIII ) , con la menzione di O òinn e I>6rr. l carmi 'eddici' Le modalità di stesura scritta, l'eventuale presenza di elementi cristiani, la tipologia delle circonlocuzioni poetiche (kenningar, cfr. oltre, PAR. 4), la lingua o la metrica non si sono dimostrate comunque sufficienti a chiarire la nascita e la sedimentazione di una antologia che nel sec. XIII, a oltre duecento anni dalla cristianizzazione, celebrava con un in­ dulgente spirito antiquario8 0 (Abram, 2014) miti, racconti eroici e narrazio­ ni sapienziali di un lontano passato pre-cristiano parzialmente recuperati nell'opera omonima e quasi coeva di Snorri Sturluson (cfr. oltre, PAR. s). Pur affrontate da angolature diverse, l'origine e la datazione dei singoli carmi, non sempre dotati di un titolo, si rivelano argomenti estremamente incerti, co­ me illustra con efficacia la panoramica di Fidjest0!t (1999 ), pubblicata incom­ pleta per la precoce morte dello studioso pochi anni prima. Nel porre in risalto l'ineluttabilità del dato empirico e filologico (il documento concreto), Fidje­ st01 (ivi, pp. 195-9) sceglie di concentrarsi solo sui criteri di datazione delle rac­ colte poetiche e sui piccoli dettagli da indagare nei testi, evitando improbabili ricostruzioni di forme pre-letterarie dei carmi o delle relative sezioni. Egli di­ chiara di considerare l'Edda come il risultato di una selezione di repertori di testi scritti, variamente affidati alla pergamena verso il sec. XIII, accettando il "ragionevole compromesso" di una sostanziale identità tra il documento con­ servato e la propria forma orale (ivi, p. 197), un nodo che più recentemente Rankovié (2007) ha cercato di superare con la nozione di distributed author. A tale riguardo, Fidjest01 riconosce validità ai criteri elaborati da Schier (1986, pp. 378-9) - e imperniati sulla veste attuale di un poema o di alcune sue parti, sull'età del soggetto trattato, di certi oggetti o istituzioni o sintagmi particolari o di un genere specifico (il certame, l ' invettiva, l 'elegia) -, senza dimenticare che un poema dalla fisionomia più 'moderna' potrebbe sempre celare la riscrittura di testi anteriori. La scomparsa di Fidjest01 impedì la mes­ sa a punto del capitolo sui possibili influssi classici e di quello, cruciale, sui rapporti tra poesia scaldica e poesia eddica (peraltro già previsto), a partire dalla presenza di parti dei canti su Helgi nei versi di scaldi del sec. XII come Gisl lllugason o fvarr lngimundarson (Fidjest01. 1999, pp. 332-5) 81•

3.2.

Origi ne dei carmi

So. Kuhn (1938; 1942.) aveva proposto criteri statistici differenziati, su base contenutistica (carmi di

argomento locale o incentrati su materiale straniero) e su base sintattica (particelle atone espletive, segmenti di negazione, posizione del verbo), mentre de Vries (1934) aveva ad esempio insistito piut­ tosto sulla analisi dei traslati poetici (le già citate kenningar, cfr. oltre). 81. L'antichità variabile dei singoli canti è confermata ad esempio dalla presenza di riferimenti al Carme di Hymir e ai Dialoghi di Hamòir in un poema encomiastico di Bragi Boddason (me-

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6.

Tradizioni lette rarie della Scandi navia medioevale

I carmi seguono una disposizione deliberata, in una scansione cronologica che sembra riecheggiare, se non sottoscrivere, il modello agostiniano delle età del mondo, quasi a sottolineare un quadro di segmenti temporali chiusi, che nega l'evoluzione della storia e distingue senza possibilità di dialogo l'opaco pas­ sato pagano (laforno/d) dali 'universo convintamente cristiano del presente. La successione dei canti privilegia infatti IO (o n ) composizioni mitologi­ che 8 2 ordinate in modo coeso e autonomo (forse da un antigrafo tematica­ mente strutturato sul mito) e quasi del tutto prive di riscontri poetici al di fuori della Scandinavia. A queste si avvicendano I9 (o I 8 ) carmi prevalen­ temente eroici 83, riuniti in modo meno coerente e connotati da un impiego massiccio di sezioni esplicative in prosa. • Carmi mitologici: I. Projèzia della veggente ( Voluspd), 63 strofe (altrimenti suddivise in 66): 2. Dialoghi (o Detti/Precetti) dell'Eccelso (Hdvamdl), I 64 strofe: 3· Dialoghi di Va.ffiruònir ( Va.ffiruònismdl), ss strofe: 4· Dialoghi di Grimnir ( Grimnismdl), commento in prosa e 54 strofe: s. Viaggio di Skirnir (For Skirnis [o SkirnismdlJ ), prosa e 42 strofe: 6. Canto (magico) di Hdrbaròr (Hdrbaròsljo/J), prosa e 6o strofe: 7· Carme di Hymir (Hymiskvi/Ja), 39 strofe: 8. Invettive di Loki (Lokasenna), prosa, 6s strofe e commento finale: 9· Carme di Prymr (Prymskvi/Ja), 32 strofe: Io. [Carme di Volundr ( Volundarkvioa ), prosa e 4I strofe] : I I. Dialoghi di Alviss!del Nano Onnisciente (Alvissmdl), 35 strofe. • Carmi eroici: I2. Primo carme di Helgi uccisore di Hundingr (Helgakvioa Hundingsbana in fyrri), s6 strofe: I 3. Carme di Helgifiglio di Hjorvaròr (Helgakviòa Hjorvaròssonar), 43 strofe alternate a commenti in prosa: I4. Secondo carme di Helgi uccisore di Hundingr (Helgakviòa Hundingsbana onnor), SI strofe alternate a commenti in prosa: IS. Projèzia di Gripir ( Gripisspd), prosa e 53 strofe: I6. Dialoghi di Reginn (Reginsmdl), prosa e 26 strofe: I7. Dialoghi di Fdfnir (Fdfnismdl), prosa e 44 strofe: I8. Consigli!Precetti di Sigrdrifa (Sigrdrifumdl), prosa e 37 strofe. *"" LACUNA *""

tà sec. IX), il più antico scaldo al quale siano attribuiti dei versi conservati; Eyvindr il Plagiario (960-70) era a conoscenza dei Dialoghi dell'Eccelso; Amorr Scaldo deglijarl (ca. 1060) sembra conservare tracce della Pro.ftzia della veggente. Una strofa dei Dialoghi di Fdfoir è inoltre contenuta nella Saga di Sverrir. 82.. Concroversa è la valutazione del Carme di Volundr, cfr. Klingenberg (1983), Lonnroth (1990 ). 83. Schier (1986); Siguròsson (1990 ); Meletinskij (1998); Gunnell (2.005); Millet (2.008, pp. 2.86-312.); Kristjansson, Òlason (2.01 4, voL I, pp. 2.46-57 ).

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

19. Frammento del carme di Siguròr (Brot afSiguròarkviòu ) , 19 strofe; 20. Primo carme di Guòrun ( Guòrunarkviòa infyrsta), prosa e 27 strofe; 21. Carme breve di Siguròr (Siguròarkviòa in skamma), 71 strofe; 22. Viaggio di Brynhildr verso gli infori (Helreiò Brynhildar), prosa e 14 stro­ fe, seguito dal passaggio in prosa Strage dei Nibelunghi (Drdp Niflunga) ; 23. Secondo carme di Guòrnn ( Guòrunarkviòa onnor), 4 4 strofe; 24. Terzo carme di Guòrnn ( Guòrunarkviòa in priòja), prosa e 11 strofe; 25. Lamento di Oddrun ( Oddrunargrdtr), prosa e 34 strofe; 26. Carme [groenlandese] di Attila (Atlakviòa [in grrEnlenzka] ), prosa e 43 strofe; 27. Canzone groenlandese di Attila (Atlamdlin grrEnlenzku ), prosa e 105 strofe; 28. Istigazione di Guòrun ( Guòrnnarhvot), 21 strofe; 29. Dialoghi di Hamòir (Hamòismdl), 31 strofe. Voluspa

La prima composizione della raccolta è acefala e deve il suo titolo a Snorri Sturluson, nella cui opera omonima Edda (in prosa, di mezzo secolo precedente la redazione di R) si cita il poema per l'appunto come Profezia della veggente. Su richiesta di Odino, una sibilla si produce in un monologo incentrato sulla cosmogonia pagana e il Gran­ de Vuoto originario ( Ginnungagap ), sui nove mondi del! 'universo (fra i quali la Ter­ ra di Mezzo), sui giganti (le più antiche creature esistenti, dalle quali discende in parte lo stesso Odino) e sugli dèi, descrivendo la grande guerra divina tra Asi e Vani, l'uccisione proditoria di Baldr e la cattura di Loki. Seguono l'avvento dei segni del declino del mondo84 e dei controversi Ragnarok (i "destini delle Potenze", il Crepu­ scolo degli dèi tanto caro alla cultura del sec. xx; cfr. Kristjansson, 6Iason, 2.014, vol. I, pp. 12.1-3), con la battaglia 6.nale contro le forze del male, la distruzione dell'an­ tico mondo degli dèi e la conseguente rinascita di una nuova età dell'oro85• Benché la rappresentazione esteriore mantenga una veste paganeggiante, il carme è testimone del!' impatto cristiano sull'immaginario religioso tradizionale e ne disegna una ver­ sione molto più in linea con i temi dell'Apocalisse cristiana. Degne di nota sono in­ fine le differenze che intercorrono, come accennato, tra la versione contenuta in R 84. «Forte abbaia Garmr [. ..] spezzerà il proprio vincolo: correrà poi il lupo [ ... ]. Si colpiranno i fra­ telli e l'uno all'altro daranno morte; i cugini sopprimeranno i vincoli di parentela: crudo il mondo, grande il meretricio; tempo di guerra tempo di spada, vanno in pezzi gli scudi, tempo di bufera tem­ po di lupo, prima che il mondo rovini neppure un uomo risparmierà un alcro [ ... ] . Trema d'Yggrasill il frassino eretto, scricchiola il vecchio tronco mentre il gigante si slega [ . .. ] s'avvolge il rettile cosmico in titanica collera: batte l'onde il serpente, mencre l'aquila grida. Strazia cadaveri, livida; Naglfar sal­ pa. Una chiglia s'avanza da oriente: verrà da Muspell il popolo, per le acque e Loki tiene il timone. Si fa avanti la famiglia di mostri insieme al lupo, rutta, e con loro il fratello di Byleipcr s'avanza» (Scardigli, Meli, 1982., pp. 12.-3). 85. Il tema dei Ragnariik, presente tra i carmi mitologici nei Dialoghi di Va.ffiruònir, nei Dialoghi di Grimnir, nel Carme di Hymir e nelle Invettive di Loki, è inoltre evocato nella sezione 'eroica' (Secondo carme di Helgi uccisore di Hundingr, Dialoghi di Fdfoir, Precetti di Sigrdrifa e Canzone

groenlandese di Attila).

6.

Tra d izioni lette rarie della Scandi navia medioevale

( 63 o 66 strofe, a seconda della scansi one) e quella inserita nel ms. Hauksbok (cod. AM544 4to; s8 strofe degli inizi del sec. XIV; priva dell'episodio della morte di Bai­ dr), oltre a un probabile terzo esemplare (forse solo orale) alla base delle strofe citate nell'Edda di Snorri (cfr. Meli, 2oo8; Bjornsson, 2009). La collazione di tre o più poemi di epoche diverse (avvenuta forse tra i secc. xn-xm ) è esplicita nel più esteso e composito esemplare della raccolta, i Dialoghi dell'Eccelso (cioè Odino), a proposito dei quali si sono ripetutamente invocati influssi stranieri (cfr. Larrington, 1 990-93). Si tratta di 164 strofe dal carattere etico e didattico, in grado di influenzare le parti gnomiche dei Dialoghi di Sigrdrlfa (cfr. McKinnell, 2007 ), dei Dialoghi di Reginn e dei Dialoghi di Fdfoir (cfr. oltre). In questo poema, la cuifacies paleograflca suggerisce una trasmissione diversa rispetto agli altri carmi, si osserva l'inserimento in sequenza di elementi rituali, leggendari ed esoterici e di una lunga serie di consigli e massime tradizionali, recitate in parte a un uditore silente (Loddfafnir, strr. m-137 ) e indirizzate verosimilmente al piccolo agricoltore-proprietario (aisl. bondi), il vero perno della società vichinga. A norme di comportamento quotidiano (donne, amici e alcolici, prudenza e fedeltà) si aggiungono il richiamo all'importanza di conquistarsi una fama duratura (strr. 76-77) 86 e al mito della poesia (strr. 104-1 10 ), diffusamente rielaborato da Snorri Sturluson (nei Dialoghi sull'arte poetica e nella Heimskringla). Seguono la parte relativa alla scoperta delle rune (con la stupefacente immagine di Odino che si sacrifica a sé stesso sui rami del frassino, strr. 138-144) e una lista fìnale di 18 incantesimi. Ancora Odino, sotto mentite spoglie, è il protagonista dei Dialoghi di Vaf}mJ,onir e dei Dialoghi (o Detti) di Grimnir (cioè il "Mascherato"), nei quali sfìda due terribili avversari (un gigante e un malvagio re) in altrettanti certami sapienziali dall'epilogo mortale (cfr. i Dialoghi di Alviss ), allusivi di una sapienza iniziatica ed esoterica. Nel primo carme il dio è impegnato a rispondere a una serie di domande sul passato e sui destini futuri, vincendo la sfida con una domanda ingannevole alla quale lui solo può rispondere, mentre il secondo componimento fornisce l'occasione per narrare la nascita della Terra dalle spoglie del gigante Ymir, la centralità del frassino Yggdrasill, la Valhol e le valchirie, l'elenco delle dimore divine e degli appellativi odinici. Vi sono tuttavia motivate ragioni per considerare il carme una ingegnosa e non arcaica costruzione letteraria comprendente storie di rivalità tra fratelli e tra Odino e la moglie, il racconto sulla perfidia odinica e un sfìda di sapienza al prezzo della vita, con passaggi di elementi 'enciclopedici' affini alle liste contenute nella Profèzia della veggente, nei Detti dell 'Eccelso e nelle pulur (cfr. oltre, PAR. 4) . Nel Viaggio di Skirnir la storia ha un'impostazione decisamente allegorica e si concentra su Skirnir, servitore del dio Freyr (appartenente alla famiglia divina dei Vani, responsabili della fertilità), impegnato nella conquista amorosa della gigantessa Geròr (immagine della Terra da fecondare o, forse, metafora per la Norvegia) per

86. Sull'importanza di guadagnarsi una fama, cfr. Beowulf, vv. 9 s3b-9 ssa, 1387b-1389, 1490b-I491.

Havamal

VafpruèJnismal e Grimnismal

For Skirnisl Skirnismal

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conto del proprio signore. Dopo le dolci parole iniziali e i preziosi donativi {le mele d'oro degli dèi e un anello magico), l'irriducibile gigantessa sarà infine piegata soltan­ to con l'aggressione verbale e le minacce di incantesimi. Oltretutto, la ricompensa della spada personale donata sciaguratamente al servo priverà Freyr della propria arma nella battaglia finale ai Ragnarok. HarbarèJslj6èJ

HymiskvièJa

Lokasenna

Seguono quattro carmi dal tono talora grottesco ed esilarante, nei quali P6rr, il potente figlio di Odino e di Jorò (la Terra), difensore della dimora degli dèi, assu­ me il ruolo di protagonista - nonostante il primo dei poemi, nella rubrica di R, porci il titolo Canto (magico} di Hdrbaror (il "Barbagrigia"), uno degli epiteti di Odino. In questa composizione (presente dalla str. 19 anche nel m s. AM 74 S I 4to ), Odino (travestito da barcaiolo) rifiuta a P6rr di traghettarlo sull 'altra sponda, in­ nescando uno scambio di accuse e una forma tipica di duello verbale fatto di van­ terie e spavalde affermazioni (aisl. mannjafoaor), nel quale Odino, dio della cono­ scenza e maestro di retorica (cfr. i Dialoghi di Vaj}mUnir e i Dialoghi di Grimnir), risulta fatalmente vincitore. Il Carme di Hymir descrive l'impresa di P6rr per procurarsi il grande calderone per cuocere la birra degli dèi e in possesso del perfido gigante Hymir, padre del dio Tyr. Per ottenere l'oggetto, P6rr è costretto a superare una prova di forza e una di pesca, nella quale è sul punto di catturare e uccidere Miògaròsormr (/Jormungandr, il gran­ de serpente figlio di Loki, che giace sul fondo dell'oceano, cingendo il mondo), in un episodio raffigurato anche sulla Croce di Gosforth in Inghilterra. Il tentativo tuttavia fallisce, perché il mostro, come nell'analogo racconto fornito da Snorri, viene scia­ guratamente liberato, per la paura, proprio dal gigante Hymir. Per portare il caldero­ ne nella dimora degli Asi, P6rr dovrà infine superare un'altra terribile prova, affron­ tando e massacrando un'orda di giganti scatenatagli contro dallo stesso subdolo compagno di pesca Hymir. Le Invettive di Loki traggono origine dal mancato invito di questa figura semi-divi­ na alla stessa festa per la quale era stato conquistato il calderone di Hymir come ri­ corda il brano in prosa che precede i versi (Frd./Egi ok gooum "Di JEgir e degli dèi"), del tutto assente dal medesimo carme contenuto nel cod. AM 74Sa I 4to, e forse aggiunto più tardi. Qui Loki passa in rassegna le divinità riunite a banchetto, rivol­ gendo loro accuse infamanti di tradimenti, codardia e degenerazione morale che in taluni casi alludono a storie di cui si è persa memoria o che sono tramandate in modo frammentario (nei versi degli scaldi o da Snorri). L'imbarazzante e certamen­ te parodistica situazione venutasi a creare, nella quale un debole Odino inaspettata­ mente non prende alcun provvedimento, è risolta con l 'arrivo minaccioso di P6rr e la conseguente fuga precipitosa dell'astuto Loki, del quale, in un ulteriore e indi­ pendente passo finale in prosa, si anticipa la cattura e la terribile detenzione riserva­ tagli in quanto mandante dell'omicidio di Baldr. La natura composita del carme è ulteriormente complicata dalla sua comparsa parziale nell'episodio di Utgaròa-Loki della Gylfaginning di Snorri, in una forma che ne tradisce un evidente grado di ma­ nipolazione. 3 86

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Tra d izioni lette rarie della Scandi navia medioevale

Nel Carme di Prymr, tuttavia, è proprio Loki ad accompagnare e aiutare 1>6rr nel recupero del proprio martello magico Mjollnir, sottrattogli dal gigante l>rymr. Con uno stratagemma concepito dal solito Loki, 1>6rr è costretto a recarsi nella dimora del gigante sotto le mentite spoglie di Freyja, ambìto riscatto preteso da l>rymr per restituire l'oggetto simbolico del dio, con il quale 1>6rr riuscirà infine a sterminare tutta la famiglia di giganti presenti. In questo carme, fatto talora risalire a un'epoca tarda e a luoghi al di fuori della Scandinavia (l'area dell'Inghilterra centro -orientale nota come Danelaw, con massicci insediamenti scandinavi), si evocano cerimonie di sessualità e fertilità collegate in parte a Freyja, qui descritta come custode di un inedito apparato magico di ali che permettono il volo, e in parte con più vasti motivi folclorici europei declinati in un contesto cristiano (Frog, 2014). Il Carme di Volundr, percepito come figura soprannaturale a dispetto della vicenda eroica che lo coinvolge, contiene la tragica storia del provetto fabbro germanico Volundr/Welund/Velent, effigiato in documenti iconografici più o meno noti del Medioevo (Cofanetto Franks87, Pietre decorate dell'isola di Gotland) e qui definito 'principe degli elfi'. Questi, dopo essere stato abbandonato dalla moglie-valchiria, è imprigionato e mutilato dall'avido re Niòuòr con l'obbligo di creare splendidi gioielli. Il poema presenta similitudini significative con i miti di Efesto e Dedalo, al cui personaggio il protagonista in parte si richiama, nelle scene fìnali della fuga in volo con ali artificiali, dopo aver consumato la propria vendetta - l'uccisione dei due figli maschi del re e lo stupro della figlia. Nei Dialoghi di Alviss, 1>6rr torna protagonista di un nuovo certame sapienziale di natura verbale con il nano onnisciente Alviss. Questi desidera infatti sposare la figlia del dio a lui promessa (forse con l'inganno), in analogia con il tema del matrimonio forzato o deluso trattato nei due carmi precedenti (Orchard, 2011, p. XXI). La sfida è basata sulla conoscenza di precisi sinonimi per una serie di categorie : elementi cosmici, fenomeni naturali e oggetti vari 88, inseriti secondo un ordine difficilmente casuale, tra le strr. 10-34. In ognuna di queste strofe le designazioni di ciascun soggetto in forma di traslati poetici (kenningar) o, più spesso, di sinonimi desueti (heiti) rappresentano le rispettive denominazioni che essi assumono nei vari mondi che compongono l'universo89• Il nano si dimostra capace di rispondere a una serie di quesiti dimostrando la conoscenza delle lingue dei viventi e facendo sfoggio dei propri talenti. Con l'adulazione, egli viene così attirato da 1>6rr nel tranello della vanità 87. Creato in Northumbria (sec. vm) e nel quale il fabbro è effigiato accanto ai Re Magi. 88. Ad esempio: "Dimmi questo, Alvlss, ogni storia degli esseri mi consta che tu, nano, cono­ sci, quale nome ha questa terra che dinanzi ai figli degli uomini s'estende, in ciascun mondo?" (str. 9), "Dimmi questo, Alvlss, ogni storia degli esseri mi consta che tu, nano, conosci, come si chiama la birra che bevono i figli degli uomini in ciascun mondo?" (str. n) (Scardigli, Meli, 1982., pp. 140, 144). 89. Cfr. str. 30: "Notte si chiama fra gli uomini, Oscurità fra gli dèi, Maschera la chiamano le potestà celesti, Non-Luce i giganti, Piacere del Sonno gli elfi, Signora del Sogno la chiamano i nani" (ivi, p. 143).

Prymskviaa

Volundarkvii3a

Alvissmal

L e civiltà lettera rie del Medioevo germanico

fino alle prime luci del sole, dinanzi alle quali Alviss, abitante del regno dell'oscurità, è condannato a morire. Il poema, attestato solo in R, precede la sezione eroica che prende avvio con i carmi su Helgi e per la presenza di una serie di deliberate variazio­ ni stilistico-formulari è stato oggetto di un interessante studio sull'applicazione del concetto di 'formula poetica' in ambito norreno (Frog, 2011). Carmi eroici. Helgi e Sigurèl r

La sezione successiva dell'Edda rielabora e trasmette elementi della tradizio­ ne epico-eroica, senza peraltro rinunciare all'impiego di allusioni e metafore formalmente riconducibili all a sfera del mito, come si evince in uno studio di Hallberg (1986). Sullo sfondo dei singoli episodi si staglia il cosiddetto perio­ do delle migrazioni multiecniche (37s-s68), coinvolgendo da una prospettiva scandinava le gesta di Goti e Unni, Franchi e Burgundi, variamente protago­ nisti nel patrimonio leggendario anglosassone e tedesco antico9 0• Questa se­ conda parte comprende diciotto composizioni di tono eroico - frequente­ mente acefale e relativamente brevi 91 - il cui nucleo principale è dedicato alla cosiddetta materia 'nibelungico-volsungica', dal nome dei due rami principali della leggenda: quello della vasta epica tedesca meridionale (rappresentata al meglio nella Canzone dei Nibelunghi!Nibelungenlied) e quello della narrativa e del carme eroico scandinavi, l 'ultimo dei quali introdotto dall' incipit del Secondo carme di Helgi uccisore di Hundingr (cfr. Battaglia, 2014, pp. 141-77: Haimerl, 1992). Un insieme eterogeneo di fonti onomastiche, letterarie, folcloriche (le bal­ late scandinave dei secc. XVI e xvn ) e iconografiche (pietre runiche, croci monumentali, portali di chiese o arazzi) trasmette un Hlone leggendario di origine orale, il quale rielabora alcuni drammatici episodi della storia bur­ gunda e franca del sec. v, con il massacro dell 'intera corte burgunda e del re Gundahar da parte dei mercenari unni dell 'Impero romano ( 435 ) . L'am­ pia risonanza di quei fatti, trasformati in leggenda eroica, è misurabile dai numerosi riferimenti che dalle Alpi si estendono in Islanda, dalla penisola scandinava alle Isole britanniche, dove si registra il più antico documento letterario che riecheggi la leggenda (Beowulf, vv. 874b-9oo ) . L'espansione documentaria testimonia come il nucleo originario dell'epopea si sia arric­ chito, nei secoli, di scenari diversi e leggende collaterali, combinando nomi, ruoli e personaggi e sovrapponendo inevitabilmente funzioni ed episodi - storici (ad es. il re ostrogotico d' Italia Teoderico, il suo avo Ermanarico, il khan degli Unni Attila) o mitologici (i nani, Odino/Volsungr e i suoi discendenti, i Volsunghi). Alle figure storicamente riconoscibili si affianca Siguròr (Sigfrido, mat. Sivrit), protagonista indiscusso della leggenda, ma personaggio privo di qual­ siasi riscontro storiografico, fatta salva l'ipotesi che lo ricondurrebbe a Sigi90. Cfr. Beowulf, Waldere, Deor, Canto di Ildebrando, Waltharius, Canzone dei Nibelunghi. 91. Fanno eccezione la Canzone groenlandese diAttila (105 strofe) e il Carme breve di Siguròr (71). 3 88

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Tradizioni lette rarie della Scandi navia medioevale

bere I rex di Austrasia (t 575 ) , coinvolto in un conflitto interfamiliare della dinastia merovingia (Holz, 19 07, pp. 70-85). La corrispondente rappresenta­ zione letteraria oscilla tra un virtuoso principe di sangue di un regno minore, in cerca di fama e prestigio, e un giovane dalle oscure origini, abbandonato o perseguitato e dai tratti vagamente psicotici, che dal nulla cercherà di ri­ scattare un pedigree inadeguato attraverso una fulminea scalata sociale, un progetto che si rivelerà tuttavia causa della sua stessa fine. Se il primo modello è di solito prevalente nella tradizione tedesca media, il secondo è un tipico prodotto della cultura scandinava, nella quale il revival antiquario dei secc. XIII-XIV conosce rielaborazioni che fanno del personaggio di Siguròr un mo­ dello di regalità e virtù. Tra i numerosi dettagli che compongono l 'intera tra­ dizione, dali 'esame della documentazione si segnalano alcuni nuclei tematici ricorrenti: 1. contrastanti origini e giovinezza di un eroe (Siguròr/Sigfrido): 2. conquista di un favoloso tesoro mai fruibile custodito da esseri sopranna­ turali (nani/drago): 3· prove rituali del giovane per diventare eroe e acqui­ sizione di poteri straordinari; 4· storia di due eroine (Brynhildr/Brunilde e Guòrun/Crimilde) e del loro amore per l'eroe; S· motivo di una conquista amorosa fraudolenta e fatale: 6. conflitto tra due antagoniste e morte dell 'uo­ mo conteso (Siguròr/Sigfrido): 7· vendetta di una donna contro la propria stirpe (fine dei Burgundi/Nibelunghi): 8. vendetta di una donna contro la famiglia acquisita (morte di Attila/mat. Etzel, aisl. Atli). Come già anticipato, la sezione imperniata sul ciclo nibelungico-volsungico nel Codex. Regius 23 05 4to è connotata da un'importante lacuna di circa 8 fogli ( 1 6 pagine), corrispondente proprio alle gesta di Siguròr/Sigfrido e par­ zialmente ricostruibile con il contributo della Saga dei Volsunghi, della Saga di Teoderico di Verona e del Racconto di Nornagestr (cfr. oltre, PAR. 7.8 ) . L'avvio di tale nucleo è anticipato da tre carmi di matrice scandinava dedicati al tema della regalità, copiati in una successione contraddittoria e incoerente da fonti diverse e dedicati alle gesta, all'amore e alla morte di due eroi omonimi. Il primo e il terzo carme si concentrano su Helgi fìglio di Sigmundr e Borghildr (e dunque fratellastro di Siguròr ), mentre Helgi fìglio di Hjorvaròr è il protagonista del secondo. Il destino eroico del primo Helgi è preannunciato già alla sua nascita da tre Norne, nel Primo carme di Helgi uccisore di Hundingr, ritenuto da Harris (1983, pp. 2.2.4-33) una rielaborazione in stile scaldico dell'omonimo Secondo carme di Helgi (cfr. oltre). Qui Helgi si rende autore dell'uccisione di Hundingr, del suo clan e del rivale in amore che insidia l'amata valchiria Sigrun, sua protettrice. Degno di nota è l'alterco rituale e sapienziale (senna) tra due contendenti, nella seconda parte del carme. Dalla storia del suo concepimento, Helgi Hjorvaròsson è introdotto, nel Carme di Helgifiglio di Hjorvaròr, attraverso una sequenza di prosa e versi nei quali compaiono analogie con il precedente poema (amore insidiato e sfortunato per una valchiria, alterco rituale). In questo carme, forse il più antico dei tre, il valoroso eroe è amato e protetto dalla moglie, la valchiria Svava (bramata da un contendente, il fratello

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Helgakviòa Hundingsbana in fyrri

Helgakviòa Hjorvaròssonar

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

Helgakviòa Hundingsbana onnor

Gripisspa

Reginsmal

Fafnismal

Heòinn), la quale non riesce a scongiurarne la morte in duello. In punto di morte, però, Helgi destina inaspettatamente l'amata proprio a Heòinn, il quale pronuncia parole di vendetta per il nobile fratello. Dai numerosi interventi riassuntivi in prosa da parte del compilatore si intuisce la natura composita e frammentaria del Secondo carme di Helgi uccisore di Hundingr, contenente fra l'altro tracce di un presunto *Carme antico dei Volsunghi (Volsun­ gakviòa inJorna ), i consueti scambi di contumelie e provocazioni e una spedizione navale, accompagnati dal lancio di incantesimi. Il nucleo del poema è dominato dal grande amore tra il primo Helgi e Sigrun (riconosciuta esplicitamente come la rein­ carnazione di Svava), lacerata tra passione personale e lealtà al proprio clan. La storia del ritorno post-mortem di Helgi dall'amata, per un ultimo incontro struggente, sarà per la valchiria soltanto fonte di dolore e infìne di morte. L'intero ciclo si chiude con un lungo passo in prosa sulla morte dell'eroe volsungico Sinfjodi, leggendario fìglio incestuoso di Sigmundr e della sorella Signy nella Saga dei Volsunghi. La materia volsungica in senso stretto, insieme al suo protagonista, Siguròr (fìglio di Sigmundr e nipote di Volsungr, altro epiteto di Odino), prende avvio attraverso una 'visione' profetica analoga a quella che apre lo stesso m s. R. Si tratta di un passaggio introduttivo in versi ritenuto non originario e creato ad hoc, la Profezia di Gripir, un componimento di qualità e significato non particolarmente ragguardevoli, nel quale l'intera vicenda di Siguròr, le ragioni e le conseguenze della sua morte sono ordinate in una serie di 19 'quadri' narrativi (cfr. Andersson, 1981, pp. 102-3), passati in rassegna in forma di premonizione da parte dello zio materno dell'eroe. Singoli riferimenti e allu­ sioni, lo stesso impianto generale e le corrispondenze con la Saga dei Volsunghi alimen­ tano tuttavia la congettura che una buona parte della composizione, unanimemente riconosciuta come tarda, possa essere stata estratta proprio dal materiale contenuto nel perduto poema (*Siguròarkviòa in} *Meiri, ritenuto da molti critici un documento ori­ ginariamente ospitato nella famosa lacuna (Wolf, 2009, p. 335; cfr. oltre, PAR. 5.1 ) . Elementi mitologici e sapienziali riaffiorano in un nucleo indiviso (in R, Frd Siguròi) e privo di titoli specifici relativo alla giovinezza di Siguròr, che la tradizione cartacea più recente o gli editori hanno suddiviso in tre parti: i Dialoghi di Reginn, i Dialoghi di Fd.foir e i Consigli/Precetti di Sigrdrifa. I primi due sono incentrati sulle origini e sui destini di un mitico tesoro accumulato dal nano Andvari, come illustra l'Edda di Snorri nella sezione dei Dialoghi sull'artepoetica (Skdldskaparmdl, cfr. oltre, PAR. 5.1) dedicata alle metafore per 'oro'. Accanto alla storia della vendetta di Siguròr per l'as­ sassinio del padre, i Dialoghi di Reginn ricordano le peripezie relative alla conquista di quell'antico tesoro, in origine finalizzato al risarcimento di un misfatto compiuto da alcune divinità degli Asi; il racconto si snoda poi attraverso la storia dell'educa­ zione del giovane Siguròr presso il nano Reginn, abile fabbro, che istruisce l 'eroe per la conquista di quelle ricchezze che allo stesso Reginn sarebbero state trafugate con la forza dal fratello Fafnir. Nei Dialoghi di Fd.foir la vicenda si focalizza ancor più sulla brama di Reginn per l'oro e sui piani per recuperare quell'antico (e infausto) tesoro ora in possesso di Fafnir, nel frattempo trasformatosi in drago, e sull'agguato mortale ai danni di quest'ultimo

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Tra d izioni lette rarie della Scandi navia medioevale

compiuto da Siguròr. Con l'acquisizione dei poteri magici del mostro {attraverso il contatto con il suo sangue), l'eroe può infine smascherare le reali intenzioni del na­ no e ucciderlo, conquistando per sé le ambite ricchezze. L'eco diffusa dei fatti cele­ brati in questi due canti è ancora visibile in numerose rappresentazioni iconografi­ che scolpite su portali, croci, fonti battesimali e cenotafi disseminati in Scandinavia e Inghilterra (Battaglia, 2.014, pp. 1 6 9-75). Senza interruzione o altra nota i Dialoghi di Fdfoir proseguono in un carme fram- Sigrdrifumal mentario completato grazie all'aiuto di copie cartacee più tarde, nelle quali compare il titolo Consigli (o Precetti) di Sigrdrifa. Il poema91 introduce il tema della fìaba popolare sulla liberazione di una fanciulla dali' incantesimo del sonno perenne da parte di un intrepido e nobile giovane. In questo caso si tratta della valchiria Sigrdrifa, che, non unanimemente, una parte della critica, come già alcuni documenti della tradizione locale (Il racconto di Nornagestr, la Saga dei Volsunghi e il carme Viaggio di Brynhildr verso gli inferi, cfr. oltre), identifica con Brynhildr (Del Zotto, 2.003), tenuta invece distinta nella Profezia di Grfpir (più ambigua su questo punto è invece l'Edda di Snorri). La giovane, addormentata per punizione nella sua corazza per aver disubbidito a Odino, viene infatti risvegliata dal malefìcio proprio da Siguròr, entrato nel castello-prigione dopo aver superato un muro di fìamme. L'accoglienza gioiosa e la riconoscenza della donna 9\ segnate dali' intimità poi condivisa dai due, si traducono in alcuni precetti di sapienza runica impartiti dalla valchiria e ricordati nella Saga dei Volsunghi (c. 2.1), secondo la quale i due giovani si sarebbero infine giurati amore (c. 2.2. ) , un elemento non corroborato né da questo carme eddico né dall'Edda di Snorri (Dialoghi sull'arte poetica 41), ma soltanto nel Viaggio di Brynhildr verso gli inferi, carme più tardo di questa medesima raccolta che presenta le maggiori affinità con le notizie tramandate da Snorri (cfr. oltre, figura alla pagina seguente). All'inizio della str. 2.9 il carme si interrompe94 a causa della nota lacuna del codice, Brot af stimata, come visto, intorno alle 2.00-2.5 0 strofe. Numerosi sono ancora oggi i quesi- Siguròarkviòu ti che riguardano il contenuto e l'estensione dei versi perduti, che riprendono in un punto imprecisabile di un nuovo poema, denominato per l'appunto Frammento del carme di Siguròr, durante il dialogo tra Gunnarr e H ogni che anticipa l'assassinio di Siguròr. L'entità di tale lacuna è solitamente ritenuta corrispondere alle vicende rappresentate nella Saga dei Volsunghi, ai capitoli che vanno dal 2.4 al problematico p 9s, denso di incongruenze e paradossi narrativi. 92.. Uno dei poemi eroici della raccolta (con i tre carmi di Guèlrun, il Frammento del carme di Siguròr, il Lamento di Oddrzm e l'Istigazione di Guòrun) nei quali il protagonista è femminile. 93- Degna di nota è l'espressione metaforica con la quale la valchiria si rivolge al suo impavido sal­ vatore: brynpings apaldr "melo dell'assemblea delle corazze� , analoga all'epiteto che la valchiria Svava rivolge all'amato Helgi nel Carme di Helgifiglio di Hjorvaròr 6: rogapaldr "melo della contesa" < = GUERRIERO >. Nell'analisi dei traslati poetici, si userà il maiuscoletto per indicare l'effettivo significato finale. 94· I restanti versi del poema sono desunti da codici cartacei più recenti. 9 S· Capitoli che riguardano rispettivamente: r. l'arrivo di Sigurèlr presso Heimir (tutore della val­ china), con un nuovo dialogo tra l'eroe e la giovane (qui priva di connotati militari); 2.. la corte di

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Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

FIGURA

Evoluzione della leggenda di Brynhildr nella ricostruzione di Andersson



*Carme antico

l

l\

Carme breve



Edda d i S n orri

/

*Canto di Brynhildr

/\

-.____

Canto dei Nibelunghi

*Carme l u n go

?

/

/

Saga dei Volsunghi

Saga di Teoderico di Verona Canto di Sigfrido dalla pelle di corno

Fonte: adattata da Andersson (1980, p. 23) . *Siguraarkviaa in meiri?

Guarunarkviaa in fyrsta

In ogni caso, se questa porzione del Frammento sia ciò che resta di un ipotetico e complessivo *Carme lungo di Siguror (noto come *Meiri; cfr. tra i numerosi contri­ buti J6nsson, 1903; Andersson, 1981) o se invece la lacuna abbia contemplato un "Carme delfalco, un *Carme del sogno, un "Carme lungo di Siguror e appunto un "Carme antico di Siguror (di cui il Frammento è tutto ciò che resta, Heusler 1902, pp. 31-48, 76-88) è una questione per il momento irrisolta, considerando che poco più avanti il poema Carme breve di Siguror reca una precisa indicazione di 'sintesi' a dispetto delle ben 71 scrofe che lo compongono. Nel Frammento del carme di Si­ guror96, che consta di 1 9 strofe mutile della parte iniziale contenenti inoltre l'antici­ pazione della flne dei Giucunghi-Nibelunghi, l'istigazione all'omicidio di Siguròr da parte dei cognati (e avvenuta a sud del Reno !) è attribuita a Brynhildr, gelosa per le nozze del guerriero con Guòrun, che si rifiuta di intrattenere rapporti intimi con il marito Gunnarr, come ricorda in modo pittoresco la Canzone dei Nibelunghi (X Aventiure ). In realtà, l'accusa a Siguròr di aver infranto il giuramento di rispetto della verginità di Brynhildr viene dichiarata falsa dalla stessa regina, che in un secon­ do tempo scagiona in lacrime l'eroe ormai defunto. Il Primo carme di Guorun, che si ritiene introduca nella letteratura norrena l'elegia97 come genere autonomo, è attestato solo in R; i versi si soffermano sul tema del!' amore, sul drammatico lutto e sulla solitudine della protagonista, incapace di esprimere il dolore - con il pianto o con le parole - fìno alla vista del cadavere del marito nella bara, immagine nota altrimenti soltanto nella Canzone dei Nibelunghi alto tedesca meGjuki e il sogno di GuÒrUn interpretato da Brynhildr; 3. l'arrivo a corte di Siguròr (a cui viene som­ ministrata la pozione dell'oblio); 4-. la nuova conquista di Brynhildr da parte di Siguròr (nei panni di Gunnarr); s. la disputa delle regine e l'angoscia di Brynhildr, cfr. von See et aL (2.009, pp. 944-s). 96. Possibile fonte per il Primo e Secondo carme di Gu�rUn e la Canzone groenlandese di Attila. 97- Condivisa da carmi quali Secondo e Terzo carme di Gu�run, Viaggio di Brynhildr versogli inferi, Lamento di Oddru.n e Istigazione di GMrUn (cfr. oltre).

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Tra d izioni lette rarie della Scandi navia medioevale

dia. Alla maledizione scagliata da Guòrun contro la propria famiglia, macchiatasi del gesto infame98, fanno eco accuse non meglio chiarite verso l'avidità del fratello Adi/ Attila da parte dell'antagonista Brynhildr, dilaniata di fronte alla salma dell'uomo amato e da lei fatto assasinare (cfr. Carme breve di Siguror, strr. 11-12.). Il testo prosegue con un raccordo in prosa che informa della fuga di Guòrun in Danimarca per alcuni anni e del suicidio di Brynhildr, incapace di sopravvivere a Siguròr, i cui dettagli sono descritti nel Carme breve di Siguror. Questo lungo poema ripercorre i patti intercorsi tra il giovane volsungo e i principi burgundi e la conquista, sotto mentite spoglie, di Brynhildr, costretta a un matrimonio non desiderato {con Gunnarr) e ad amare un uomo leale e onesto (Siguròr), ingannato con una pozione magica dell'oblio per spo­ sare un'altra donna. L'assassinio di Siguròr (nel proprio letto), per mano dell'altro principe burgundo Gutpormr, rappresenta quindi l'amara vendetta di Brynhildr, tor­ mentata dalla gelosia e costretta dal fratello Attila a sposare Gunnarr con la minaccia di perdere l'eredità. Il carme, che sottolinea la debolezza di Gunnarr, come sovrano e come uomo, si chiude con il suicidio di Brynhildr, che richiama quelli di Didone o Cleopatra, preceduto dalle parole profetiche sui tragici destini che incombono sulla propria famiglia e dalla richiesta di essere deposta sulla stessa pira dell'eroe. Nonostante l'evidenza del titolo, costruito presumibilmente sul confronto con l' ipotetico e già citato *Carme lungo di Siguror della lacuna, il Carme breve di Siguror è invece una composizione di ben 71 strofe dall'impianto poco unitario e denso di richiami ad altri carmi, corrispondente grosso modo ai cc. 2.6-2.9 della Saga dei Volsunghi. Originato forse nei primi decenni del sec. XIII, il canto si incentra sulla storia dell'eroe, dal suo arrivo alla corte giucunga al frustrato amore con la valchiria, soffermandosi con particolare enfasi sui contrastanti sentimenti di Brynhildr, ma non sulla celebre lite tra lei e Guòrun. Alle amare riflessioni della valchiria seguono le angosciate parole rivolte al marito, con la richiesta di vendetta contro Siguròr, inizialmente osteggiata dal prudente cognato Hogni. La scoperta dell'ingannevole corteggiamento, l'amore tradito e il dolore della gelosia provocano la disperazione in Brynhildr, che ricorda di essere stata obbligata al matrimonio con Gunnarr dal fratello Adi per non venire diseredata. La realizzazione dell'assassino dell'amato eroe, che colpisce così anche l'odiosa cognata, non sarà tuttavia sufficiente a placare la disperazione di Brynhildr, la quale decide infine di togliersi la vita. Nell'agonia, la regina preconizza una serie di eventi, descrivendo la riconciliazione di Guòrlln con il fratello e una serie di sciagure, il ruolo di Attila e la fìne di Gunnarr, a proposito del quale preannuncia la fatale storia d'amore con la cognata Oddrun, sorella di Brynhildr, oggetto di un canto eddico separato (cfr. oltre). La leggenda assume così una svolta in direzione del conflitto 'familiare', come sembrano confermare sia il breve passaggio in prosa intitolato Strage dei Nibelunghi (Drdp Niflunga) sia le parole della Canzone groenlandese di Attila in cui, in entrambi i casi, la flne dei Giucunghi è considerata il risultato delle re-

98. «Tu Gunnarr non godrai dell'oro, per te gli anelli saranno causa di morte, tu che con Sigurar hai stretto giuramenti» (Scardigli, Meli, 1982., p. 2.40), « ma < n > a pu, Gunnarr, gullz um ni6ta, peir m uno pér baugar at bana veraa, er pu Sigurai svaròir eiaa» (von See et aL , 2.009, p. 2.59 ) .

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Siguròarkviòa in skamma

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

Helreiò Brynhildar

Drop Niflunga

sponsabilità di Gunnarr e del suo clan nella morte di Brynhildr, tralasciando ormai qualsiasi riferimento al tesoro di Siguròr e alla relativa acquisizione. Sulla via del regno dei morti, i versi del breve Viaggio di Brynhildr verso gli infiri99 descrivono lo scontro verbale sullo stile del certame o, meglio, della disputa tra guer­ rieri {aisl. mannjafoaor, Meli, 1 995, pp. 56-7 ), tra Brynhildr e una gigantessa guardia­ na del luogo, che vorrebbe impedirne il transito verso Hel 100• L'alterco sembra quasi simulare un processo accusatorio per le azioni di Brynhildr, scaturite dalla brama del marito di un'altra {Guòrun) e conclusesi con l'assassinio di Siguròr, lo spargimento di sangue e la distruzione del regno dei Giucunghi, accuse dalle quali la moglie di Gun­ narr ha occasione di scagionarsi nel corso di un lungo monologo di otto strofe. Per tono e contenuto, il carme è stato perfìno accostato a esemplari che ricordano il dia­ logo allegorico tra Anima e Corpo, noto anche alla letteratura anglosassone (cfr. so­ pra PAR. 2..2..1, 2..2..4) e recepito in Scandinavia sulla scorta di un testo francese antico (Widding, Bekker-Nielsen, 1959). Al pari di Siguròr, anche la suicida regina dei Giu­ cunghi è detta provenire da sud, dall'area germanica continentale franco-burgunda (il Valland, str. 2..1 ) , oltre a essere definita attraverso la kenning < Mir gullz> "Var (no­ me di una dea) dell'oro" < = DONNA> (str. 2..3), appellativo che sembrerebbe piuttosto alludere a un essere umano piuttosto che a una valchiria. Il tema del risveglio da un sonno punitivo di una fìgura mitica come la valchiria (esplicitamente riconosciuta in Brynhildr) e la storia d'amore tra questa e Siguròr vengono qui riuniti in un'unica narrazione elegiaca non scevra da alcune incongruenze e che in parte si richiama ai precedenti Consigli/Precetti di Sigrdrifa (e ai Dialoghi di Fdfoir). L'assoluta castità dei due amanti durante le otto notti trascorse insieme è rimarcata con fermezza dalla pro­ tagonista in risposta alle accuse scagliate dalla gigantessa e soprattutto da Guòrun 101 (str. 13) - dalle quali Brynhildr aveva infìne realizzato l'inganno subìto -, benché di innamoramento e promesse ufficiali tra la valchiria e l'eroe non vi sia traccia. Si so­ spetta che il testo, basato su fonti non del tutto chiarite, sia in realtà incompleto, così come incerto è l'ordine delle strofe, che si concludono con una speranza di unione con l'amato nell'aldilà, allusiva di uno scenario declinato in senso cristiano. La narrazione prosegue con il racconto in prosa della Strage dei Nibelunghi, il quale che racconta di come Gunnarr e Hogni fossero entrati in possesso del tesoro di Fafnir e dell'ostilità sorta con Attila, convinto della responsabilità dei cognati nella morte della sorella Brynhildr. In segno di riconciliazione, Guòrun è allora offerta in sposa al re unno, non prima di averle somministrato con dolo una pozione dell'oblio. Il passo 99· Anche in questo caso si tratta di un titolo redazionale tratto dalla rubrica , interposto tra la fine dell'introduzione in prosa e il primo verso. 100. Assente nella Saga dei Volsunghi, la storia è invece delineata con alcune interferenze e bana­ lizzazioni, ma con un più dettagliato prologo e una prosa conclusiva, nel Racconto di Nomagestr, incorporato nella versione della Saga di Oldfr Tryggvason contenuta nei codd. Flateyjarbok ( Gks Ioosfol., sec. XIV) e AM 62jòl (sec. xv). 101. Elemento che lascia presagire il celebre episodio della lite delle regine, magistralmente rap­ presentato nella Canzone dei Nibelunghi.

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6.

Tra d izioni lette rarie della Scandi navia medioevale

prosegue con la notizia dei due figli nati dall'unione con il re unno, del rifiuto di At­ tila di concedere in sposa a Gunnarr Oddrun, l'altra sorella, e del suo terribile piano di invitare a corte i cognati per costringerli a cedere l'oro di Siguròr, anticipando così il contenuto dei successivi carmi sullo stesso Attila (cfr. oltre). Le due composizioni che seguono, Secondo e Terzo carme di Guorun, rievocano le vi­ cende della vita che la vedova di Siguròr, ora moglie di Attila, narra al goto Teoderico, guerriero del séguito del re unno, le cui gesta sono note in Scandinavia già nella lunga iscrizione runica sulla Pietra di Rok (Svezia, sec. rx ) . Oltre ai temi della vendetta e del sogno premonitore, nell'antica composizione tradizionalmente (e contraddittoria­ mente) nota come Secondo carme di Guorun, il monologo della protagonista volge lo sguardo verso il proprio passato. Vi si ricorda infatti come essa sia stata per due volte vittima di inganni e invidie: prima come promessa sposa a Siguròr e ignara pedina di uno scambio di favori, e poi - dopo l'assassinio del marito in viaggio verso l'assem­ blea'01 - raggiunta dai familiari presso la corte danese dove era fuggita e forzatamente 'persuasa' a sposare Attila, con l'aiuto di una pozione magica dell'oblio. A conclusione del poema, un passo in prosa informa che una schiava di Attila accusa la regina di infedeltà con Teoderico, creando così le premesse per il Terzo carme di Guorun. In questa breve e tarda composizione, forse ignota all'autore della Saga dei Volsunghi (e alla quale il copista, come anche per i due precedenti carmi di Guòrun, aveva conferito il titolo generico di Kvioa Guorunar), il leggendario re gotico, esule con i suoi uomini presso Attila (cfr. sopra, CAP. 2, PAR. 5.2, Canto di Ildebrando e la Canzone dei Nibelunghi), piange la morte di molti di essi con Guòrun, che a sua volta lamenta l'uccisione dei fratelli da parte del marito. Per scagionarsi dall'accusa di infe­ deltà coniugale con l'ospite, adombrata dalla concubina di Adi, la regina si sottopone all'ordalia dell'acqua bollente, risultando estranea all'accusa. Cronologicamente, il carme si colloca tra la morte di Gunnarr e Hogni e l'assassinio del re unno (cfr. Carme brevediAttila e Canzone groenlandese diAttila), circostanza che smentisce la versione corrente, secondo la quale la vendetta di Guòrun avrebbe avuto luogo immediata­ mente dopo l'uccisione dei fratelli. In una sorta di seguito ideale del Viaggio di Brynhildr verso gli inferi, il tema elegia­ co riaffiora nel Lamento di Oddrun, titolo assente nel manoscritto e basato sul no­ me della sorella di Attila, evocata dalle parole profetiche di Brynhildr, morente, nel Carme breve di Siguror (str. s8) e dalle parole con le quali si conclude il carme in esame. In questa versione inedita della leggenda, che vede Oddrun correre in aiuto di un'amica in doglie, il lungo monologo della protagonista ricorda come molti anni prima lei fosse stata promessa in sposa a Gunnarr dall'anziano padre. Morto l 'uomo, e passata la responsabilità familiare nelle mani del fratello Attila, questi architetta tuttavia il matrimonio con Gunnarr a favore della sorella Brynhildr. Del suicidio di questa, però, Attila incolpa i Giucunghi, scatenando una faida interfa102.. Avvalorando dunque una versione continentale alternativa a quella, scandinava, basata sull'omicidio nel letto perpetrato da Gutporm (cfr. Carme breve di Siguròr, Frammento del carme

di Siguròr). 395

Guòrunarkviòa onnor

Guòrunarkviòa in priòja

Oddrunargratr

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

AtlakvièJa (in grc:enlenzka)

Atlamal in gramlenzku

miliare e rifiutando così con decisione le richieste di Gunnarr, rimasto vedovo, per avere finalmente in moglie Oddrun, con la quale peraltro è già iniziata una relazio­ ne clandestina. La scoperta in flagrante degli amanti da parte delle spie di Attila potrebbe quindi aver rappresentato una giustificazione alternativa per ordire l'invi­ to fraudolento e il supplizio riservati, nei carmi che seguono, ai due figli di Gjuki. Recentemente, spunti interessanti di riflessione psicologica sono stati richiamati da Quinn (2009) allo scopo di proporne una datazione relativamente più tarda rispet­ to al fìlone volsungico. Nel ruolo di ferale dark lady, Guòrun è la co-protagonista di due poemi di diversa origine e datazione collegati a quell'invito sinistro a cui segue la fine dei Burgundi nel regno di Attila, come trasmettono parallelamente l'Edda di Snorri, la Saga dei Volsunghi e, con modalità diverse, la Canzone dei Nibelunghi e la Saga di Teoderico di Verona. Il documento più arcaico è senz'altro il Carme (groenlandese) di Attila (che conserva un'incomprensibile localizzazione geografica, forse a causa di un errore dello scriba di R, confusosi con il carme successivo). Si tratta di 43 strofe laconiche, evocative e talora oscure, dalle quali Gunnarr e Hogni emergono come modelli di un eroismo che, almeno in apparenza, sembra travalicare i limiti del buon senso. Nono­ stante il messaggio di preavviso della sorella Guòrun (un pelo di lupo legato intorno a un anello), Gunnarr, sovrano di un regno in evidente crisi di identità, dichiara senza timore di accettare l'invito del cognato Attila, dopo aver opportunamente oc­ cultato il tesoro di Siguròr, per diritto spettante alla vedova. Secondo un piano evi­ dentemente preordinato, giunto alla corte unna egli si lascia catturare senza reagire, concedendo al fratello Hogni la ribalta per un comportamento nobile ed eroico dai toni tradizionali. Gunnarr tuttavia non rivelerà il nascondiglio, chiedendo, in un primo momento, la morte del fratello e poi, divenuto l'unico depositario del segreto, lasciandosi gettare nella fossa dei serpenti, quasi a suggerire un exemplum di elevato valore etico non privo di affìnità con la tradizione agiografica cristiana. Del tutto inaspettatamente - rispetto alla versione continentale della Canzone dei Nibelunghi (e della collegata Saga di Teoderico di Verona) - la vendetta di Guòrun non si rivolge però verso il clan di origine, verso quei fratelli me ndaci e ladri, mandanti del!' assas­ sinio del primo marito (come si intuisce dall'avvertimento non raccolto e dal dialo­ go al momento della loro cattura); la rappresaglia si abbatterà infatti in un primo momento sui figli avuti con Attila, uccisi e dati in pasto al marito, e poi sullo stesso deplorevole sovrano, addormentatosi ubriaco al termine dei banchetti nella reggia, data infine alle fìamme. Molto più recente è la riscrittura della Canzone groenlandese di Attila (secondo quanto sancisce l'epilogo in prosa del carme precedente), 105 strofe di collocazione groenlandese, di tono realistico e ambientazione più prossima al contesto concreto dei proprietari terrieri di molte saghe (cfr. oltre) che non a quello aristocratico. La più antica trama, dalla quale è assente il tema del mitico tesoro bramato da molti, è espansa attraverso l'inserimento di alcuni elementi innovativi : il sogno premonitore e la sua articolata interpretazione, il lungo viaggio per mare (la magione di Attila è infatti collocata nello Judand) e un aspro confronto coniugale, tanto bizzarro quan-

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Tradizioni lette rarie della Scandi navia medioevale

co 'moderno', nelle premesse e nei toni, e dal quale emergono meschinità e risenti­ menti evocatori di vicende non sempre note alla leggenda. Rispetto al più sobrio carme precedente, la cattura di un più corposo e gonfìaco drappello di Giucunghi­ Burgundi ha luogo solo dopo una prolungata baccaglia scatenatasi tra le opposte fa­ zioni, che sembra piuttosto conservare la memoria del leggendario scontro andato in scena a Eczelburg nella tradizione nibelungica continentale. Guòrun partecipa diret­ tamente alla baccaglia, combattendo valorosamente dalla parte dei fratelli e ucciden­ do perfìno alcuni consanguinei del marito. All'episodio è inoltre assemblato un epi­ logo di oltre 30 strofe che tratteggiano la vendetta della vedova di Siguròr (su Attila e fìgli), giovandosi dell'aiuto del fìglio di Hogni (cfr. l'Edda di Snorri, la Saga di Teoderico di Verona e le versioni delle ballate feroesi e danesi). L'odio non le impedi­ sce comunque di dare ad Attila la sepoltura degna di un re, in una imbarcazione (knorr) presumibilmente inviata alla deriva, secondo un celebre mito di epoca vi­ chinga, anche se resta ambiguo il riferimento alla bara dipinta (kisto steinda) nella quale è deposta la salma del re e spiegabile solo con un influsso cristiano. L'ultima porzione del codice eddico ha ancora per interprete principale Guòrun, la quale, secondo il passaggio in prosa (Frd Guòruno) inserito dal copista alla fìne del carme più recente di Attila, dopo aver invano tentato il suicidio si sposa nuovamente e partorisce altri due fìgli maschi (Hamòir e Sorli). Le perduranti disgrazie tuttavia non la abbandonano, a cominciare dal crudele assassinio della fìglia Svanhildr (concepita con Siguròr) perpetrato dal vecchio marito di questa, il crudele re Jormunrekkr (equivalente dell' Ermanarico gotico) sulla base di un falso sospetto di infedeltà - vicenda a cui allude indirettamente anche Jordanes ( Getica XXIV, sec. VI) '0\ Il primo dei due carmi che seguono (Istigazione di Guòrun) è in larga parte un monologo elegiaco dedicato a Siguròr, contenente l'incitazione ai due fìgli a farsi carico (in quanto maschi) della vendetta della sorellastra. Il piano viene intrapreso nei successivi Dialoghi di Hamòir, un carme il cui titolo sembra alludere a una origine antica e la cui condizione manoscritta è purtroppo deteriorata. Dopo aver ucciso improvvidamente il fratellastro Erpr, a loro giudizio non meritevole di gloria, Hamòir e Sorli riescono a farsi strada nella reggia di Ermanarico, massacrando molti Goti e mutilando il perfìdo sovrano, ma senza potergli impedire di dare l'allarme e fìnire così essi stessi vittime. In questo poema, nel quale sono riconoscibili influssi del Carme breve di Siguròr, il tema dell'eroismo sembra essere in parte ridimensionato, così come il significato e il valore della vendetta. Ali ' interno della narrazione epico-eroica che connota la seconda parte del­

la silloge eddica sono stati riconosciuti tuttavia tracce e spunti in grado di promuovere letture alternative a fianco del tema principale. Tra queste, ad 103. In realtàJordanes tratta la brutale uccisione di Sunhilda come condanna esemplare nei confron­ ti di un alleato macchiatosi di tradimento. Noto alle letterature anglosassone e medio altotedesca, nella tradizione norrena Ermanarico è inoltre presente nel panegirico scaldico Drdpa di Ragnarr (sec. x).

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Guòrunarhvot

Hamòismal

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

esempio, si impone il significato del genere elegiaco nella tradizione norrena, solitamente limitato al dramma dell'amore frustrato in Guòrun e Oddrun ( Terzo carme di Guòrun, Lamento di Oddrun), ma forse applicabile in senso più vasto. Partendo ad esempio dali' analisi del Lamento per la perdita dei figli (Sonatorrek) dello scaldo Egill Skallagdmsson, Savborg (1997) scatenò un acceso dibattito sulla discutibile distinzione tra carmi elegiaci vs. eroici e quindi sulla datazione degli stessi, anticipando i primi già al sec. x (rispetto a quelli eroici) e ribaltando opinioni consolidate fin dal tempo di Heusler (Malm, 1998: von See, 1998: Andersson, 2003). A seguito delle indagini col­ legate a due cenotafi runici svedesi contenenti versi (Balista, Uppland, U-225 e U-226, sec. XI ) , Harris (2ooo) si è richiamato invece ad alcune allusioni, dirette o più mediate, al genere del planctus (cfr. Projèzia di Gripir, Istigazio­ ne di Guòrun, oltre a panegirici della poesia scaldica), che consentirebbero di postulare la conoscenza e la celebrazione di questa forma poetica in un'epoca ben più antica di quanto finora accertato per la poesia norrena, rivalutando­ ne certe analogie funzionali con la tradizione dell'epigrafia runica. 3.3.

La poesia 'scaldica'

Skold kalla mik skapsmiò Viòurs, Gauts gja.frotuò, grepp ohneppan, Ygg:r albera, Oòs skap-Moòa, hagsmiò bragar Hvat's skdld nema pat?

Ars poetica e società

Gli scaldi (o pp.: Scaldo) mi chiamano fabbro del 'pensiero di Viòurr' (Odino) < = POESIA >, svelatore del 'dono di Gautr' (Odino) < = POESIA > , poeta non sprovvisto, dispensatore della 'birra di Yggr' (Odino) < = POESIA >, M6òi della creazione poetica, carpentiere provetto di versi. Cos'è uno scaldo se non questo ? (Bragi Boddason, lausavisa Troffm, fìne sec. IX).

ll genere poetico più distintivo della cultura islandese è comunque rappresen­ tato dai ca. 21.o oo versi (in quasi s.soo strofe) della più antica e longeva espressione poetica medioevale d'élite: la poesia 'scaldica' di encomio, vitale per oltre mezzo millennio (tra i secc. IX e xv). Nata in un'epoca pagana e il­ letterata, questa forma si manifesta attraverso un codice convenzionale basato sul virtuosismo tecnico abbinato alla performance orale, finendo per alimen­ tare - in epoca cristiana - i gusti di élite che attribuivano alla poesia un parti­ colare prestigio sociale e orientare verso di essa i gruppi in ascesa. Le compo­ sizioni scaldiche rappresentavano così una pregiata creazione esclusiva, che nell'intento degli autori (e nel relativo lessico) era percepita nei termini con­ creti di artigianato materiale, come un oggetto di forgiatura o di carpenteria ad alto valore aggiunto, in grado di produrre concorrenza artistica, avanza­ mento sociale e benessere economico (cfr. aisl. skdldfl "ricompensa poetica").

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Tradizioni lette rarie della Scandi navia medioevale

La poesia scaldica deve il proprio nome al so st. nt. skdld (o skald) 10 4, un termine riferito al poeta che va ad aggiungersi ad aisl. greppr e jJUlr10s. Questo provetto artigiano della dizione poetica, che giunge ad autodefinirsi 'fabbro', 'carpentiere' o 'tessitore' (di versi) attraverso immagini note anche dalla poesia omerica, trascorreva periodi variabili al servizio di nobili patroni e sovrani scandinavi, nelle corti impiantate in territori e insediamenti della diaspora vichinga (Irlanda, Groenlandia, Islanda, Inghilterra e Russia), oltre naturalmente che tra re ejarl di Norvegia, Danimarca e Svezia e tra i ranghi dell'alto cler0 106• L' importanza di questo sofisticato canone, non esclusivamente improntato alla mera erudizione in senso classico, è di una tale ampiezza da rappresentare il perno sul quale, dal sec. XII, andò costruendosi la nuova cultura testuale islandese, guadagnando consensi sia nella tradizione orale locale sia nel siste­ ma della literacy veicolato dalla cultura latina ed ecclesiastica, come dimostra­ to nell'ormai canonico saggio di Nordal ( 2001 ) . Non mancano tuttavia esempi anche illustri di scaldi non professionisti, in grado di poetare, senza intermediazione di maestri, già in tenera età o per in­ clinazione familiare o ispirati in sogno o addirittura per aver ingerito una car­ ne di pesce 'miracolosa' (ad es. Sighvatr l>6ròarson), citati soltanto nelle sa­ ghe ma ignorati dai trattati grammaticali o dalle liste di poeti registrati presso le varie corti. Da ciò si può intuire, oltre all' ininterrotto e potente riflesso della tradizione orale 107, l'ampia diffusione sociale coperta da quest'arte, al­ tamente apprezzata e coltivata, dai tratti spesso estemporanei e non ufficiali ma disciplinata da regole precise che vietavano il plagio e l 'attribuzione men­ dace di gesta eroiche a patrocinatori, sponsor e destinatari e al cui successo si deve la creazione del sottogenere delle Saghe degli scaldi (Skdldasogur, cfr. Clunies Ross, 2001 ) . Come detto, la fioritura di quest'arte, che riconosce lo statuto autoriale dei singoli compositori, rappresenta il risultato di tendenze composite sul piano 104. Cfr. mingl. sc.ildlsco/d, ingl. to scold "canzonaxe, prendere in giro", prestito scandinavo, corrispon­ dente alle forme mbt. e mned. schelder "cantaStorie" (as. skeldari), mat. scheltal-e "satyricus". 105. Cfr. altre forme germaniche come aingl. scop,gleoman,pyle, woòbora, sangere, leoòwyrhta; aat. sco(p)f, sangari, leodslakkeo, liudari; got. liupareis accanto ai vari mimus, scurra,joculator,jocista, citharista,pantomimus delle fonti latine medioevali. 106. Cfr. Mitchell (1997 ); Fidjest01 (1992.); Poole (1987 ); Frank (1978); Daviòsdottir (1978). In­ torno al 12.00 è datato il codice più antico (AM 073b 410) che contiene una composizione scaldica, l'anonima Pldcitusdrdpa (Anon Plvn), una biografia metrica del santo PlacitusiEustachio. Il più antico esempio di una saga di re che contiene una strofa scaldica è invece il già citato Agrip nor­ vegese. 107. Nella descrizione dell'encomio realizzato per l'amico Arinbjorn (Arinbjarnarkviòa 2.4), Egill Skallagrfmsson così si esprime: "Di buon'ora mi alzai, l raccolsi le parole l col 'servo del discorso' ( ) l e un 'cumulo di lode' ( ) l eressi duraturo, l che incrollabile resti l nel 'poetico chiostro' ( )" (Meli, 1997b, pp. 2.39-40 ) . 399

Lo sca ldo

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

sociale, prima ancora che stilistico, nelle quali la ricerca del riconoscimento pubblico si abbinava all' individuazione di strumenti adeguati ad assolvere alle funzioni tipiche dei media moderni. Malgrado una lunga trasmissione orale (anche extra-scandinava) e una tradizione manoscritta non autonoma, priva di documenti originali e disseminata da incertezze che hanno attirato l 'attenzione della 'New Philology' 108, la poesia scaldica fu comunque in gra­ do di costituirsi in un vero e proprio canone, inteso nel senso di un complesso di autori, opere e del relativo processo di diffusione e ricezione presso am­ bienti e pubblici coinvolti, tra i quali si andò affermando la precisa percezio­ ne della individualità artistica (Wtirth, 2007; Asperti, 2006, pp. 46-8 ) , uno dei principali avvenimenti culturali tra i secc. XI e XIII individuati da Ernst R. Curtius (1948, pp. sos-7) nel Medioevo latino (cfr. Ullmann, 1966: Mor­ ris, 1972: Gurevic, 1996). È tuttavia impensabile che questo genere poetico si sia basato esclusivamente sull 'inaccessibilità di gran parte del pubblico, alla luce di oltre mezzo millennio di diffusione, così come esso non abbia cono­ sciuto fasi evolutive, nella sua trasmissione - scritta, ma anche orale. li man­ cato riferimento alla poesia scaldica tra le forme scritte della cultura islandese nel I-TG non deve infatti trarre in inganno; lo straordinario rilievo autoriale e la competenza assegnata agli scaldi è sottolineata inequivocabilmente in quello stesso trattato : I poeti sono i giudici in tutte le questioni riguardanti l'arte dello scrivere (rjnni) o le parti del discorso (mdlsgrein ), così come gli artigiani [nella loro specialità] o i giurisperiti nelle leggi 109.

Fino al sec. XIV sono noti i nomi di oltre 250 scaldi, quasi tutti uomini, ben­ ché si contino numerosi casi di strofe anonime. In quest'arte, divenuta dal sec. XI appannaggio degli Islandesi uo, il più antico rappresentante sembra essere stato Erpr lutandi (sec. VIII ) , seguito da Bragi Boddason ( il Vecchio) nel sec. IX. Questi, insieme a l>orbjorn Grinfia di corno, Auòunn il Finto scaldo, l>j6ò6lfr di Hvfnir ed Eyvindr il Plagiario, formano la sparuta pat­ tuglia di scaldi 'maggiori' di origine norvegese, che conta aristocratici come Rognvaldrjar/ delle Orcadi, re 6Iafr il Santo e, soprattutto, il fratellastro Ha­ raldr III Siguròarson l' Implacabile (Turville-Petre, 19 66), insuperato poeta caduto a Stamford Bridge nel 1066. 108. Incline a mettere in discussione il carattere di 'stabilità' del testo medioevale, attraverso le categorie della mobilità e della variazione testuale nella riproduzione manoscritta. 109. «Slclld eru hofundar allrar rynni eèla malsgreinar, sem smièlir smlèlar (ms. < milsgra:inar> ), eèla logmenn laga» (Benediktsson, 1972., pp. 2.2.4-7 ). 110. La scoperta nella città vecchia di Bergen (antica capitale della Norvegia) di frammenti di stro­ fe scaldiche dei secc. XIII-XIV incise in caratteri runici su tavolette !ignee lascia tuttavia postulare anche in Norvegia una certa continuità del fenomeno.

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Tradizioni lette rarie della Scandi navia medioevale

Improvvisata o più ponderata, l'arte scal­ dica si distacca comunque dalle tradizionali forme germaniche di poesia ano­ nima e stichica, dal metro narrativo poco articolato e incline alla paratassi, e dai più consueti contenuti mitico-eroici, dei quali fa ricco sfoggio l'Edda poetica. n suo carattere innovativo non implica affatto recenziorità rispetto a forme poetiche considerate più genericamente 'tradizionali' - secondo la cri­ tica dell 'Ottocento e della prima metà del secolo scorso: non è infatti dimo­ strabile una maggiore antichità dei canti eddici rispetto alle strofe scaldiche, una parte non irrilevante delle quali è peraltro antecedente alla compilazione del Codex Regius 2305 4to. È, anzi, piuttosto vero il contrario, che la poesia scaldica influenzò i poemi eddici dal punto di vista del computo metrico e sillabico, della struttura strofica e dell 'uso dei traslati (von See, 19 80, pp. 17-8), in particolare i più elaborati. Prima dell'arrivo della scrittura alfabetica latina (sec. xn ) , i versi scaldici conobbero anch'essi una trasmissione orale, assog­ gettandosi col tempo a un processo di semplificazione delle strutture e degli stilemi più artificiosi, in linea con le esigenze della sempre più radicata cultura cristiana, nella quale il messaggio prevaleva con decisione sulla forma. Si tratta di un genere basato sull'encomio (aisl. hrOòr, ma:rò), dunque di poesia eulogistica (aisl . lojkvr.eòi), genealogica, commemorativa (aisl. eifìkvr.eòi) e perfino ecfrastica 111, tendenzialmente non epica e ben poco narrativa (cfr. però il citato poema Catalogo degli Ynglingar di Pj6ò6lfr di Hvfnir) , ma funzionale alla trasmissione di valori e informazioni u fficiali e confrontabile con i contenuti di molte iscrizioni runiche funerarie del patrimonio scandinavo (Harris, 2010 ) . Ciò non esclude, tuttavia, l'eventualità che questo strumento potesse veicolare anche l ' invettiva, talora rafforzata dali ' ironia se non addirittura da versi di infamia (aisl. niòvisur), diretti a minare l 'onorabilità di una persona. Destinata generalmente ali'aristocrazia nordica, la poesia scaldica era volta alla promozione dd consenso e del potere politico (analogamente alla tradizione encomiastica della categoria di poeti irlandesi noti comefllid, Battaglia, 2007 ) , producendo compensi orgogliosamente esibiti e ritorni economici tali da ali3 .3.1. Caratteri de llo sti le scaldico

Cfr. gr. ekphrasis, codificazione allusiva in forme di comunicazione alternative, registrate come immagini 'poetiche' incastonate in un oggetto presente nelle arti figurative, ad esempio rappresenta­ zioni pittoriche, mosaici, disegni, incisioni e perfino composizioni su tessuti, in una sorta di «picto­ rial tum» (Mitchell, I994· p. I I ) che abbraccia anche l'emblematica seicentesca. La poesia è come un quadro, una sorta di 'pittura poetica parlante', richiamata nel celebre ut pictura poesis oraziano (Ars Poetica, vv. 36I-36s). Composta da gr. ek "fuori" e phrasein "parlare", questo modello comunicativo giunge a manifestarsi in una forma retorica descrittiva di eventi rappresentati in opere artistiche an­ che solo leggendarie, come la descrizione degli scudi di Achille o Enea, in O mero e Virgilio, o gli araz­ zi di scene eroiche ricamati da Guòru.n in Guòrrmarkviòa II o da Brynhildr nella Saga dei Tolsunghi (Becker, I 9 9 2.; Koch, I 9 Bo). Descrizioni poetiche di scene su scudi si rinvengono nella Ragnarsdrdpa di Bragi Boddason, nel Haustlong di l>j6òolfr di Hvfnir e nella Hmdrdpa di Olfr Uggason, oltre che in un certame poetico tra lojarl delle Orcadi Rognvaldr e lo scaldo Oddi Glfunsson il Piccolo. m.

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Applicazioni poetiche

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

mentare la costituzione di un nuovo rango sociale strettamente organico alla nobUtà, come si rUeva dai versi (nel metro 'eddico' definito mdlahdttr) dd Can­ to per Haraldr (Haraldskv40i, str. 19 ) , di I>orbjorn Grinfia di corno (sec. IX ) : Ageròum sérpeira

ok d gollbaugum at eru i kunnleikum viò konung, feldum rdòa rauòum ok ve!fagrrenduòum, sveròum sil.frviifòum, serkjum hringofoum, gyltum andfetlum ok grofoum hjolmum, hringum handb�rum, espeim Haraldr valòi.

Si vede dall'aspetto e dagli anelli d'oro, la loro intimità col re; esibiscono manti rossi di pelle finemente guarniti, spade decorate d'argento, cotte munite di maglie, bandoliere dorate, elmi cesellati, bracciali ai polsi, che a loro Haraldr ha donato.

La ricerca del primato e del successo personale di uno scaldo passavano attra­ verso la condivisione della vita quotidiana, delle fortune e degli insuccessi dd proprio signore, con la celebrazione dell'agognato donativo per eccellenza, l 'oro, e delle relative origini mitiche - come ricordano moltissime costruzio­ ni metaforiche. Dedicati allo sprovveduto re vichingo di Dublino Sigtryggr 6Iafsson Barba di seta, propenso a premiare il poeta addirittura con due im­ barcazioni, i versi di Gunnlaugr lllugason Lingua di serpe (t 1008), conser­ vati nella saga a lui dedicata (Nordal, J6nsson, 1938, pp. 75-6), esprimono con eloquenza come l'arte poetica fosse parte integrante della società nordica e, al pari di quella irlandese, disciplinata nelle sue più immediate ricadute eco­ nomiche: muna gramr viò mik, venr gjiifli sik pess mun grepp vara gollhring spara

per me il signore, solitamente magnanimo, - questo si aspetta lo scaldo riserverà un anello d'oro.

I meccanismi di tariffe e ricompense regolamentate dalla consuetudine po­ tevano eccezionalmente essere disattesi da principi e sovrani, producendo di conseguenza anche velate critiche in versi contro l'eccessiva parsimonia o addirittura l' irriconoscenza, come nel caso del celebrato Einarr Skulason (lausavisa 3n, in Knjtlinga saga, lausavisa 6o ) , nel sec. XII, contro il re danese Sven Erikssen (Sveinn Eirlksson): Ekki h/aut afitrum Einarr gjafa Sveini, old lofar Oòlings mi/di 4 02

Einarr non ha ricevuto compensi per il poema dallo splendido re Sveinn; il popolo loda la generosità del

6.

ttÒru styggs,fyr kvttòi; Danskr harri metr djrra, dugir miòlungpat,fiòlur, rttÒrfyr rttsis auòi Ripa-Ulfr, ok pipur

Tradizioni lette rarie della Scandi navia medioevale

principe senza paura. Il signore danese tiene di più a violini e flauti; questo non è sufficiente, (ma) Ulfr di Ribe controlla le sostanze del re.

o come per l'irascibile Sneglu-Halli (H alli la Spina), che nel sec. XI si scaglia­ va in una strofa libera (lausavisa 3, Flateyjarbok, II09) contro la spilorceria del re norvegese Haraldr l' Implacabile, grande esperto di poesia, ma altresì anfitrione assai avaro : Selja munk viò sufli sverò mitt, konungr, veròa ok, rymskyndir randa, rauòan skjold viò brauòi. Hungrar hilmis drengi; heldr gongum vér svangir; mér dregr hrygg at hvoru - Haraldr sveltir mik - belti

Costretto sono a vendere, la spada per una pietanza, mio sovrano, 'istigatore del chiasso di scudi' [battaglia] < = GUERRIERO > , e lo scudo rosso per del pane; ha fame il guerriero del sovrano [il poeta stesso] , smunti ci aggiriamo intorno, forte stringe la cinghia vicino alla schiena: Haraldr mi affama.

I servigi prestati nelle corti misero gli scaldi in stretto contatto con i circoli più rappresentativi del potere, a cui offrirono un'arte retorica, allusiva fino ali' iper­ trofìa verbale, al paradosso e ali' epiteto mascherato per suggellare vicende e sentimenti dell'epoca contemporanea (Poole, 1991). Al c. 9 della saga a lui de­ dicata, ancora di Gunnlaugr Lingua di serpe si narra un episodio suggestivo concluso con un oltraggio verso l'antagonista che si rivelerà fatale: Dopo essere giunto ad Uppsala, nel palazzo del re Òlafr Eiriksson, Gunnlaugr vie­ ne fatto accomodare accanto a un altro scaldo islandese, Hrafn, col quale stringe amicizia. Ma la sua sfrenata ambizione e il desiderio di primeggiare davanti al re lo portano a esagerare. Gunnlaugr ottiene con prepotenza l'attenzione dell'uditorio per declamare al sovrano - prima di Hrafn - una solenne drdpa [cioè il massimo esemplare di encomio], al fìne di ottenere una lauta ricompensa. Ma il poema viene fatto giudicare dal re a Hrafn il quale dice : "È una poesia altisonante, ma brutta e ostica proprio come il carattere di Gunnlaugr". Dopo la recita del poema di Hrafn, Gunnlaugr, chiamato a sua volta al giudizio, esclama: "È una bella poesia a vedersi, come Hrafn, ma insignificante : perché componi unjlokkr sul re ? Forse non ti pare degno di una drdpa?" (Nordal, J6nsson, 1938, p. So).

La tradizione scaldica, come detto, non di rado attestata attraverso singole strofe libere (aisl. lausavisur), non esclude esempi di poesia d'infamia (aisl. ni/Jvisur) e di scherno (aisl. spottvisur) indirizzata verso i nemici, ma neanche di poesia erotico-amorosa (il problematico genere del mansongr, cfr. Marold, 4 03

Forme espressive e prerogative della poesia scaldica

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

2007 ), forme espressive censurate e sporadicamente rinvenute perfino in al­ cuni frammenti runici. La loro forza dirompente, a livello sociale e religioso (cfr. Gylfaginning, 24 ) , fu infatti tale da rendere presto necessaria una severa regolamentazione giuridica, come risulta dalla legislazione di Grdgds (c. 238. Vm scaldscap, contro i versi dedicati alle donne o lesivi della dignità maschile) analogamente alla trattatistica poetico-giuridica antico irlandese, a proposito di incantesimi, e dei casi di laudatio e vituperatio improprie, generatori di illecite ricompense (Battaglia, 2007, pp. 39-41). E peraltro proprio con la tra­ dizione poetica irlandese antica il genere scaldico sembra condividere, come detto, alcune importanti affinità (Tranter, 1997 ): • un mito di origine della poesia (o della sua ispirazione), immaginata in forma 'fisica' e contenuta in recipienti appropriati; • un valore elevato della parola declamata e il suo impiego istituzionalizza­ to nell'eulogia e nella satira - disciplinate per legge: • il concetto di autorialità; • una tarda trasmissione di strofe all'interno di opere narrative in prosa; • una metrica o una dizione articolate, descritte in trattati didattici; • l' impiego di metafore. Con l'espansione del Cristianesimo, l'evoluzione della società scandinava produsse inevitabilmente delle conseguenze anche sul piano artistico, attra­ verso l'adeguamento del canone scaldico all'estetica cristiana e all'ermeneu­ tica biblica. Gli artefici della poesia scaldica subirono in misura crescente la pressione e le esigenze di un patronato aristocratico e un uditorio convertiti, che necessariamente dovevano adottare l'opportuno distacco da una tradi­ zione divenuta ingombrante. Lungi dal provocare un immediato tracollo della domanda o violente persecuzioni ai danni dei poeti, la conversione san­ cì tuttavia fìno alla seconda metà del sec. XII una progressiva inversione di ordine formale, evidente in particolare nelle allegorie e nei traslati poetici, che andarono perdendo il peculiare afflato mitologico a favore di uno stile più sobrio e di un immaginario poetico più limitrofo ai nuovi valori cristiani (cfr. Weber, 1997 ), come testimoniano celebri composizioni del sec. XII quali Geisli, Harmsol, Pldcitusdrdpa o Leiòarvisa. Questo è visibile nei richiami alle analogie tra Siguròr e san Michele (molto celebrato in Scandinavia), uccisori di draghi, o anche nelle strofe esplicitamente dedicate al Dio cristiano, come si evince dagli esempi che seguono. • Steinn Herdisarson (strofa di apertura dell'encomio noto come 6/dfi­ drdpa, ca. 1070, in onore del re norvegese Olafr Haraldsson il Tranquillo): Mi rivolgo con questi versi - si presenta un encomio al sacro dominatore dell'alta tenda del mondo (= il cielo) < = DIO> e non (al dominatore) degli uomini < = RE OLAFR > , perché quello è più prezioso 404

6.

Tradizioni lette rarie della Scandi navia medioevale

• Hallvaròr Hareksblesi (distico tratto dalla Knutsdrdpa, ca. 1025-30, in onore di Knutr Sveinsson il Grande, re di Danimarca e Inghilterra) :

Knutr difende il regno, come il signore di tutte le cose la splendida sala delle montagne < = IL CIELO > • Arn6rr Scaldo degli]arl (semistrofa, aisl. helmingr, di origine ignota, in cui vi è la più antica menzione in versi dell'arcangelo Michele) :

Michele, ricco di sapienza, valuta cosa è peccato e cosa è giusto; allora il monarca dell'elmo del sole (= il cielo) < = DIO> sul seggio del giudizio divide gli esseri umani • Eilffr Goòrunarson (secc. incerto) :

x-xi,

in questa quartina dal signifìcato assai

Dicono che il potente re dei colli di Roma < = CRISTO > risieda a sud, a UrÒarbrunnr ( < = ROMA ? GERUSALEMME ?> ) Ora si è esteso sulle terre dell'altipiano degli dèi di Roma.

lllugi Scaldo della gente delle Brynjudalr (sec. XI, versi liberi 1 e Haraldr l 'Implacabile):



4

per

Fu per il piacere del lupo, che il mio signore mise molti in fuga; lo spezzatore di armille ('il generoso' ) < = SIGURDR> trapassò la trota della foresta ('il serpe ' ) Haraldr hai sottomesso le terre del sole < EUROPA MERIDIONALE, BISANZI O > , con lo scudo, per l'onoratissimo Michele; il fìglio di Buòli < = ATTILA> invitò alla sua dimora i cognati, come abbiamo sentito.

Considerate la vitalità, la lunga gestazione della cultura locale precedente alla conversione e il processo di consolidamento di una classe di chierici-intel­ lettuali, è facile immaginare che il primo risultato fu tuttavia limitato all'e­ sclusione di richiami diretti alle antiche divinità, fìno almeno alla 'rinascita' antiquaria di un immaginario mitologico sul fìnire del sec. XII : tra il sec. XI e i primi decenni del XII, la metamorfosi dell 'arte scaldica sembrerebbe dun­ que testimoniare i caratteri di una tradizione pose-pagana ormai al tramonto, 40 5

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

Il canone sca ldico

piuttosto che essere guidata dal fervore di una sostenuta vocazione cristiana (Abram, 20 14, pp. 45-so, 6o-1 ) . li canone ermetico di quest'arte poetica, dai confini così !abili eppure artico­ lati, si presenta fortemente elaborato ed è tale da richiamare nella sua interpre­ tazione, più che nelle altre culture germaniche, l' interazione dei vari piani - metrico, lessicale e sintattico. Riprova ne è l' impiego contemporaneo di di­ versi virtuosismi retorici: allitterazione, rima interna ed esterna, eventuale ri­ tornello ( aisl. stej} e computo sillabico sono le caratteristiche fondanti di un impianto metrico del tutto innovativo, il cosiddetto drottkv�tt ( [cantato nel] metro del séguito [di corte]" ), nel quale è stato composto oltre l' So% dell'in­ tero corpus scaldico 11 1• Probabilmente derivato dal metro 'eddico 'jòrnyr/Jislag (Gade, 1995, pp. 7-12 ) , esso si fonda su due semistrofe (aisl. helmingar) di 4 versi, sintatticamente autonome e ulteriormente suddivise in due distici (aisl.fjor/Jungar, ognuno di due versi, aisl. visuor/J) 113. Luogo di elezione di que­ sto genere è la singola strofa, che «delimita uno spazio semantico » autonomo (Koch, 1984, p. 14) . Tali elementi sono inoltre integrati da una sintassi completamente sovverti­ ta in funzione dei nuovi e rigorosi equilibri metrici, con sezioni semantiche scollegate e interposte ad altre, a loro volta spezzate, e un processo di forma­ zione lessicale slegato dalle regole grammaticali della lingua comune. Deter­ minante è infine l 'impiego di figure retoriche, attraverso le quali costruire un sofisticato metalinguaggio fatto di allusioni e conoscenze specifiche, con cui riferirsi a qualcosa senza nominarlo direttamente. Un simile meccanismo privilegia in primis l'accumulazione sinonimica di nomi desueti (gli heiti, cfr. oltre, PAR. 4) in luogo di nomi semplici più comuni e, in secundis, il mas­ siccio impiego di circonlocuzioni poetiche talora estremamente complesse e articolate su più piani (le kenningar, cfr. oltre), come riferisce lo stesso Snorri in Hdttatal 17 (Faulkes, 19 87, pp. 177-9: 2007, pp. n-2 ) . Queste ultime consi­ stono nella definizione di un referente (non inserito nel testo poetico) attra­ verso il collegamento di due o più elementi nominali (l 'uno legato ali' altro in forma di genitivo) che sfruttano un sistema di relazioni funzionali costrastive di sostituzione paradigmatica. Da ciò derivano costruzioni talora semanti"

112.. La struttura del drtittkv4tt si concretizza in una unità strofica di 8 versi esosillabici (espandibi­ li a 7, 8 ed eccezionalmente anche a 9), legati a coppia da 3 arsi principali e uniti dall'allitterazione in posizione tonica: solitamente 1 arsi secondari (stuòlar o 'appoggi', nel semiverso dispari A) e una arsi principale, hiifuòstafr, in prima sede (nel semiverso pari B), sempre terminanti in un tro­ cheo. Ogni verso conta quindi, di norma, almeno 6 sillabe e 3 accenti. Si sviluppa così un sistema di assonanze: nei versi pari (B) vi è aòalhending (rima completa), laddove nei versi dispari si osserva skothending (semirima o assonanza interna). In ogni caso, l' intero impianto ha uno scopo di natura molto più retorica e ornamentale che non nella già menzionata poesia eddica (Frank, 1978; Kuhn, 1983; Arnason, 1991; 1007; Gade, 1995). Per i rapporti con i metri sillabici irlandesi, cfr. Turville­ Petre (1971). II3. Eventualmente contenenti uno o più segmenti e incisi interlocutori (aisl. stdl) assai apprezzati.

4 06

6.

Tradizioni lette rarie della Scandi navia medioevale

camente o logicamente incongrue contrassegnate con il sost. aisl. nykrat (''mostro; obbrobrio") o ispirate al principio dell 'antitesi (come nella figura retorica denominata rejhvorj), eventualmente attraverso l 'ingegnosa sostitu­ zione di una parola con il sinonimo di un termine omonimo, andando così a formare un gioco di parole (aisl. ojljost) molto lodato, in una sorta di vera e propria trasfigurazione semiotica tale da produrre una composizione di ca­ rattere enigmatico, che necessita una preventiva decodifica (Lindow, I97s): Jens eisu "brace della palude" < = oRO > lyngftskr "pesce della brughiera" < = SERPENTE > skiò stevar "sci del mare" < = NAVE > elgr lagar "alce dell'oceano" < = NAVE>

o come nel verso spesso citato di Einarr sk:ilaglamm ( Vellekla I ) 1 1 4 : heyrjarl Kvasis dreyra "ascolta, ojarl, il sangue di Kvasir < = POESIA > ':

La parabola discendente del drottkv4tt ha inizio a partire dalla metà del sec. XIII, con l'affermazione di una serie di metri concorrenti, peraltro già in uso (ad es. il runhent "a rima finale" o il hryhent "a rima fluida"), conce­ piti secondo un orientamento perspicuo - privo di una sintassi articolata e di kenningar oscure - e connotati dal marcato uso della rima, caratteristiche apprezzate dalla poesia cristiana per le similitudini con il tetrametro trocaico dell' innologia latina (Foote, I9 84, p. 252), come pure con taluni metri della poesia irlandese antica. 4. Heiti e kenning

Sulla base degli stilemi retorici più immediatamente riconoscibili, nella di­ zione scaldica si tende a isolare due categorie lessicali peculiari: (okennt) heiti e kenningar (o kennt heiti). n primo gruppo, noto anche alla poesia anglosassone e il cui nome è impiegato nella cultura norrena solo a partire dal trattato di Snorri Sturluson Edda (I220-2S) ll\ consta di nomi (comuni o propri), riconosciuti come sinonimi ed epiteti di un particolare referente: sostantivi spesso arcaici e di uso poetico, prestiti colti stranieri, nomi tabu­ izzati, sineddochi e metonimie con i quali può essere definita e richiamata 114. Véllekla "Penuria d'oro" è il più esteso panegirico conservato dell'era pagana, composto da Einarr Helgason 'skilaglamm' ("stadera sonante") tra 975 e 986 e dedicato allo jarl Hakon Siguròarson (t 995), ultimo grande signore pagano della Norvegia, strenuo difensore delle anti­ che tradizioni. 115. Dal c. 75 degli Skdldskaparmdl (Dialoghi sull'arte poetica) della sua Edda (Cod R), Faulkes (1998, vol. 1), cfr. oltre; Halldorsson (1975); Clunies Ross (1987, pp. 39-49). 407

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

RIQUADRO

l

Heiti

Oltre che nei versi dei si ngoli scald i, la fonte pri ncipale di questi s i nonimi poetici sono le pu­ lur, elenchi metrici d i heiti, i n origi ne proba bi lmente d i carattere mnemonico e orale, redatti tra la seconda metà del sec. Xli e gli i n izi del Xl i i e conservati in ve rs ioni e ma noscritti d iversi dell'Edda di Snorri, nella q uale sono i nserite al termine della sezione degli Skaldskaparmal (dal c. 7 5 , strr. 412- 517. nel Cod. R), subito dopo il capitolo dedicato agli omonimi (aisl. oflj6st). Si veda ad ese mpio la pri ma delle cinq ue strofe ded icate ai heiti per 'gigantessa' (Skaldskaparmal 75 , str. 423): « E lencherò adesso le denomi nazioni per gigantessa: Avida e G raffiatrice, Spa­ ventosa e Deforme, Ru morosa, Caprina, Mi nacciosa e Buco di c., Divoratice, Stra niera, Denti­ rad i ». Sono noti ca. 2.600 heiti relativi a 55 referenti, ri partiti in modo diseguale a seconda del referente più o meno frequentemente usato in poesia. l due esempi d i pula che seguono sono tratti da u na serie di heiti su Odino contenuti nel poema ed dico Dialoghi di Grlmnir (strr. 46-48) e da alcuni epiteti per 'fuoco' nel carme sapienziale Dialoghi di Alvlss (strr. 25 -26): «Mi chia­ mo i l Mascherato, mi chiamo il Viandante, Condottiero e Portatore d'elmo, Piacevole e Terzo, Tempestoso e Ondivago [?] , Accecatore di schiere e l'Eccelso (o il G rigio o l'O rbo). L�utentico e il Mutevole e l'Indovino, Felice tra le sch i e re e lstigatore, G uercio, Occhio fiammeggiante, Malvagio, Sapiente, l'O rribile e il Mascherato, I nca ntatore e G ran sapiente. L'I ncappucciato e il Barba lunga, Padre della vittoria, lstigatore di contese, G rande padre, Padre dei cadaveri, As­ salitore e Dio del carico; con un unico nome mai sono chia mato allorché viaggio tra le ge nti »; « Dimmi q uesto, Alviss, ogni storia di esseri mi consta che tu, na no, conosci, come si chiama il fuoco che arde davanti ai figli degli uomini i n ciascun mondo? Fuoco si chiama fra gli uom ini, Fia mma fra gli Asi, Tremulo lo chiamano i Va ni, Avido i G i ganti, Bruciante i Nani, nel regno dei morti lo chiamano Colui che s'affretta » (Scardigli, Meli, 1982, p. 143).

Heiti

un'unità semantica (cfr. riquadro 1 ). Oltre che nei versi dei singoli scaldi, la fonte principale di questi sinonimi poetici sono le pulur, elenchi metrici di heiti, in origine probabilmente a carattere mnemonico e orale, raccolti tra la seconda metà del sec. XII e i primi decenni del XIII (E. A. Gurevic, 19 92a; 19 92b). Insieme eterogeneo di tradizioni ricavate anche da carmi eddici e fornaldarsogur, talune pulur contengono perfino esempi in latino, greco e francese, tradendo conoscenze geografiche precise e un carattere erudito che le riconducono piuttosto a un fenomeno della cultura scritta, analogamente a certi glossari scolastici medioevali raggruppati per soggetti e aree seman­ tiche. Tuttavia, come dimostra la loro comparazione con le effettive testi­ monianze scaldiche, sembra ormai certo che soltanto alcune classi di heiti fossero idonee a un impiego poetico. La funzione di heiti (''nome, denominazione� dal vb. heita "chiamare, -si� ta­ lora sinonimo di nafn "nome") è inoltre incorporata nell'uso di certi sostanti­ vi marcati di uso corrente o eventualmente arcaici, impiegati in un contesto variamente allargato, come ad esempio 'fiordo', 'onda', 'pelago', 'abisso', 'lago', 'profondità', 'corrente', 'fiume', 'palude' ecc. che possono tutti, indistintamen­ te, assumere il valore sinonimico di < MARE > , così come i nomi di alberi o di dee per indicare < DONNA > o le cariche politiche e i teonimi maschili possono alludere a < UOMO > o a < RE >. Tuttavia, la condizione e i limiti di questo ele­ mento poetico vengono condizionati da almeno un paio di fattori che ne com­ plicano il senso. In primo luogo, contrariamente alla canonica struttura non 4 08

6.

Tra d izioni lette rarie della Scandi navia medioevale

perifrastica, l'esistenza di una serie di heiti di forma bimembre li rende imme­ diatamente associabili alle kenningar, per loro stessa natura necessariamente composte, e pertanto essi stessi soggetti, in linea teorica, a un inatteso processo di decodifica semantica seppur dai contorni molto meno controversi delle kenningar. Secondariamente, l'ampio ventaglio semantico evocato dal singolo heiti si manifesta attraverso la mancata univocità in molti di essi nel rapporto con il proprio referente di base (Ruggerini, 2013; Battaglia, 2014) n 6 , cioè attra­ verso la condivisione di una medesima caratteristica da parte di referenti diver­ si, in apparente contraddizione con la definizione che ne dà Snorri (Dialoghi suO 'arte poetica 54, Skdldskaparmdl [ = Skdld.] ). Ciò evidenzia pertanto una proprietà polisemica e predicativa del heiti, che ostacola non poco il criterio costitutivo di questa figura retorica e la relativa assimilazione nelle categorie poetologiche, come si intuisce da varie incertezze presenti anche negli Skdld. Dice allora Bragi: 'Ci sono due generi a disposizione di ogni poesia', chiede .JEgir: 'Quali ? ' ; dice Bragi: 'La dizione e i metri '; 'Quale genere di linguaggio è tipico del!' arte poetica?'; 'Tre sono le categorie del!' arte poetica'; 'Quali ? ' ; 'Dunque, chia­ mare ogni cosa col proprio nome [cioè: con i heiti, sinonimi poetici]; la seconda è quello chiamato.fornofo ["pronomi", nomi derivati]; la terza categoria del linguaggio è quella chiamata kenning (Snorri Sturluson, Skdld. r) n7•

Con il termine aisl. kenning (pl. kenningar, derivazione del vb. kenna "conoscere") si definisce una figura retorica alquanto discussa, composta di un sintagma metaforico o metonimico a carattere stereotipo, che è noto, in misura peraltro non identica, al resto della poesia germanican8, e che l'autore del III-TG (Mdlskr. 111.16) considera alla base della dizione poetica (Magnusson 6lsen, 1884, p. 104: u6. Ad esempio Gollnir "fragoroso" è heiti per 'cuore', 'mente', 'falco' oltre che per il dio Odino, così come Olgr, "[colui] che rumoreggia/mugghia", altro epiteto per Odino, descrive 'bue', 'nano', 'fuoco', 'falco'. II7. « l>a ma:lir Bragi: 'Tvenn eru kyn pau er greina skaldskap allan.' JEgir spyrr: 'Hver tvenn?' Bragi segir: 'Mal ok ha:ttir.' 'Hvert maltak er haft til skaldskapar ?' 'l>renn •er grein skaldska­ parmals.' 'Hver ?' 'Sva: at nefna hvern hlut sem heitir; onnur grein er su er heitir fornofn; in priòja malsgrein er kolluò er kenning» (Faulkes, 1998, vol. I, p. s). II8. Marold (1983a. pp. s-36; 1983b); Krommelbein (1983. pp. 6-38); Marquardt (1938); Van der Merwe Scholtz (1927); Meissner (1921). Al di fuori del norreno, la kenning presenta più spesso un carattere metonimico o sineddochico privo di un processo di astrazione completo (Molinari, 1983); cfr. aingl.: seglrad "via delle vele" o hronrad"via della balena" < = MARE > , s.ehengest "stallone del mare" < = NAVE> , wttlwu!f"lupo della carneficina" < = GUERRIERO > , heo/(Jncande/ "candela del cielo" , hildenttdre "serpe di battaglia" ,firòlocan "forziere dello spirito" , wuldres cyning "re della gloria" ,friòowebbe "tessitrice di pace" , modhord "scrigno del coraggio" < = PETTO >. La più antica testimonianza va probabilmente ricondotta alla forma walhakurne "grano dei Romani" , nell' iscrizione runica sul brat­ teato svedese di Tjurko-I A (secc. v-vii), a cui segue la forma nAseu (nd séo) "mare dei cadaveri" < = SANGUE > , nell'iscrizione runica sulla Pietra norvegese di Eggjurn (sec. vm).

409

Kenningar

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

RIQUADRO 2

Kenningar

'Distruttore/d istri butore di armi lle/a nelli', 'distruttore del giaciglio della stirpe del serpe' ; 'gioco d i H i ld r', 'assemblea/tempesta delle spade', 'pioggia di dard i ', 'volo/canzone d i lance', 'festa di aq u i le', 'pioggia della terra degli scud i', 'festa dei vi­ c h i nghi' ; 'tesoro dei N i belungh i', 'fuoco delle acq ue', 'metallo del Reno/della contesa' < = O RO > ; 'casa degli uccelli/venti' ; 'cigno delle ferite', 'fratello della rond i ne delle ostilità' ; 'sostegno dell'elmo', 'macigno delle spa lle', 'castello del corpo' ; 'monte/piana del falco', 'terra degli a nelli' ; 'rugiada della carneficina/ di sventura', 'sudore della battaglia', 'mare delle ferite' ; 'lune della fronte', 'stelle delle sopracciglia' ; 'cielo delle sopracciglia' < = F RONTE>; 'bi rra di Yggr', 'bevanda dei giganti', 'liq uido di H n itbjorg', 'bevanda d i Regi n n' ; ' elmo dell'a ria', 'terra delle stelle del cielo', 'cati no d i bufere', 'tavola del sole', 'ca mmino della lu na', 'tazza dei venti', 'cra­ n io di Ymir' ; 'stallone delle onde', 'alce del pelago' ; 'porro della battaglia', 'gh iacciolo del sa ngue', 'biscia del sa ngue' ; 'promontorio della spada', 'terra della battaglia/delle armi' ; 'signore della lancia', 'incitatore d i battaglia', 'd ivisore dei cadaveri', 'carico della forca' ; 'albero della battaglia', 'abete dello scudo' . Pi ù complesse sono le i mmagi n i evocate da kenningarpiù estese q uali: 'Fornitore dei cigni dell'idromele di battaglia' ; 'remo/timone della nave delle pa role', 'calda bi rra del lupo' ; 'servo del discorso' ; 'parapetto della nave delle paro­ le' < = LABB RA>; 'cintura della via delle balene' GARt> S O R M R>; 'assass i n o della stirpe dei giganti ' 6RR>; 'q uercia del riscatto forzato d i Otr' ; 'tavola della suola d i H rungnir' ; 'stade ra degli scogli del catino risuona nte della spuma di B6d n' ; 'fatica di Fenja', ierra di Mezzo d i Fatni r', 'foglia me avva mpan­ te d i G lasi r', 'splend ida soma d i G ra n i ', 'prezioso sudore d i Dra u p n i r', 'riluttante riscatto di Otr' ; ' fondo smisurato del baci le dei venti' ; ' ca rne della madre del nemico della giga ntessa' > .

cfr. riquadro 2 ) Si tratta di una circonlocuzione che nel linguaggio poetico svol­ ge soprattutto una funzione sostitutiva nei confronti di un elemento del lin­ guaggio comune o del mito, attraverso meccanismi di denominazione studiati anche in ambito pragmatico e cognitivo (Schulte, 2012; 2014). In ciò essa si av­ vicina (senza tuttavia coincidere) al tropo più ammirato da Aristotele nella Po­ etica, la metaphora, una sorta di enigma in grado di esercitare un potente stimo­ lo alla tensione interpretativa e ali' intelligenza umana, che il grammatico Donato indicava come «spostamento di cose e parole » (Holtz, 1981, 667.6) 119• Da un punto di vista semantico tuttavia, il termine è in sé piuttosto sfuggen­ te, poiché il suo significato non coincide né con gli altri significati da esso contemplati né con il vb. kenna al quale si riferisce. Peraltro, il sostantivo non collima completamente neanche con una delle categorie della stessa retorica latina alla quale l'Edda di Snorri, come pure il III-TG, sembrano richiamarsi, .

119. Espressioni metaforiche si trovano anche in altre lingue poetiche germaniche e perfino in gre­ co e in latino, come si rileva ad esempio nella lnstitutio oratoria di Quintiliano (con il confronto tra strutture bimembri, espressioni verbali e costruzioni sostantivo-aggettivo) o nella composizione di sinonimi poetici a struttura bimembre della Disputatio Pippini cum Albino di Alcuino, senza che ciò abbia implicato la costituzione di un preciso stile poetico - come nel caso della poesia scaldica, cfr. Krommelbein (1983, p. 6).

410

6.

Tradizioni lette rarie della Scandi navia medioevale

spiegandosi forse al meglio qualora lo si interpreti nel senso di 'caratterizza­ zione' (Malm, 2009 ). Elementi costitutivi di un codice di elevato livello arbitrario e convenzionale, le kenningar sono traslati che per analogia legano tra loro due elementi concet­ tualmente distanti a un terzo. Esse sono organizzate per attributi e relazioni e sono composte da almeno due elementi nominalP 10, rendendo possibili innu­ merevoli variazioni all 'immaginario e al lessico scaldico fino a formare, come detto, dei veri e propri enigmi. Ogni elemento di un traslato può essere a sua volta espresso da un'altra kenning, consentendo così la creazione di composi­ zioni multiple (aisl. rékit) dall ' interpretazione ulteriormente elaborata, ma è altresì vero che la ricorsività di certe costruzioni e la relativa subordinazione a condizioni metriche simili tende a limitare in qualche modo il topos del genio creatore sconfinato dei singoli scaldi (Kuhn, 1983: Gade, 1995). Numerose kenningar si richiamano a leggende mitologiche di contenuto pre­ cristiano, la cui comprensione dipende in larga misura dalle indicazioni forni­ te dall 'Edda di Snorri nella sezione degli Skdld. (dal c. 54, Faulkes, 1998, vol. I ; cfr. oltre), ma che certamente prevedevano che il pubblico fosse a conoscenza di quei miti, per i quali 'Nemico del lupo' o 'Carico delle braccia di Gunnloò' alludevano senza dubbio al dio Odino. Ciò che può apparire un'evidente con­ traddizione - i richiami al paganesimo in una cultura ormai profondamente cristiana - fu in realtà il risultato di una nuova temperie culturale, avviata con la ricezione del pensiero neo-platonico e del concetto di translatio studii; essa fu in grado di promuovere la ricontestualizzazione dell'arte poetica antica e delle relative categorie attraverso la prospettiva salvifìca compresa nel tradizio­ nale tema delle età del mondo, preludio all'avvento di Crist0 1 11• Che vi si riconoscano o meno elementi tabuistici o analogie con l 'arte visiva dell' intreccio e del horror vacui altomedioevali, la denominazione impiega­ ta da Snorri nella sua Edda (a proposito del processo di pronominatio nei citati Skdld. , cfr. oltre) resta comunque ambigua e non priva di incoerenze. Per tale ragione, relativamente alla definizione di partizioni e sottocategorie retoriche (aisl. sannkenningar, viOkenningar,fornOfo e okennt heiti, cc. 6?-6 8, Cod. R), già a partire da Heusler (1941, pp. 136-7) si cercò di creare un discri110. Parola base + determinante/qualificante (ingl. Baseword-Detenninant, ted. Grundwort-Bestim­ mungswort), dove quest'ultimo, che può essere al caso genitivo, mantiene la funzione di deter­ minare il primo attribuendogli un significato diverso da quello proprio. Niente esclude che una

kenning possa inoltre comparire in forma di composto di due sostantivi abbinati senza ricorso al genitivo (tiòborg "fortezza della poesia/spirito" , brandi! "pioggia/tempesta di spade" < = BATTAGLIA> ) . 111. Clunies Ross (1ooob, pp. 116-10 ); Fidjest0l (1991; 1993a); Mundal (1990 ); Edwards (1981-83); Lange (19 58). L'avvio di questa rinascita culturale, databile come visto al sec. XII, corrisponde non troppo casualmente all'epoca nella quale kenningar 'pagane' si riaffacciano nei versi degli scaldi cristiani, primo fra tutti il dotto chierico e poeta Einarr Skwason, lo scaldo maggiormente citato da Snorri, al quale risalgono i versi dedicati alla memoria di re Olifr il Santo (cfr. oltre).

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mine insistendo sul grado di astrazione e di metafora vera e propria dei singo­ li composti (ad es. jlo/Js bjorn "orso della corrente" < = NAVE > ) 111 , rispetto al carattere più 'concreto' di sineddochi e metonimie quali]aròar burr "il Figlio della Terra" ( < l>ORR>) 11\ Nella probabile intenzione dell'autore, cali elementi avrebbero dovuto illu­ strare le differenze tra i composti che registrano condizioni accidentali ( aisl. viòkenningar) ed effettive proprietà di un referente (aisl. sannkenningar), ri­ spetto a semplici relazioni sinonimiche. Da quanto risulta dal Hdttatal (ul­ tima sezione dell'Edda di Snorri), è inoltre probabile che l'autore avesse in mente una figura che contemplasse i requisiti classici di pars praeceptiva, pars permissiva e pars prohibitiva. Tuttavia, la mancata soluzione del rapporto tra verosimiglianza ed essenza reale 1 1 \ unicamente all'ambiguità nella descrizio­ ne di elementi anche generici che identificano un referente, sono di ostacolo alla comprensione del senso ordinatore del lavoro di Snorri (Malm, 2009 ), oltretutto in assenza di notizie affidabili sul suo rapporto con le fonti della retorica classica e medioevale (Faulkes, 1 9 9 8, vol. I, pp. xxv-xxxvn ) . Una simile situazione potrebbe in sintesi risalire alla forma ancora provvisoria in cui si trovava il lavoro al momento dell'assassinio di Snorri (1241), benché la relativizzazione totale del quadro di riferimento e di impiego secolare della kenning possa alla fine pregiudicarne la corretta funzionalità in relazione alla poesia norrena (cfr. Schulte, 2014, p. 1 9, e l'analisi degli esempi del III-TG in Sigurdsson, 2000 ). A titolo puramente esemplificativo, si propongono di seguito alcuni esempi di strofa scaldica: Eilifr Goòrunarson, Drdpa di Mrr 16 ordine in prosa : Sva at hraòskyndir han da Svd at hraòskyndir gunnar, langvinr Prongvar svalg d hrapmunnurn svalg gunnar !opti hrapmunnum handa lyptisylg siu; pd er os eisa jlaug afPJost-btjosti greipar orforasis Hrimnis drosar til lyptisylg a lopti langvinr siu Throngvar; prdm6ònis PrUòar pa er orprasis eisa 6s Hrimnis fl6 dr6sar ril pram6ònis Thruòar pj6st af greipar brj6sti. 12.1. Che rappresenterebbe il modello più autentico di kenning, nel giudizio del m-TG (Holland, 1oos). 113. Marold (1983a, pp. 30-6) arriva addirittura a riconoscere ben 33 sottotipi metaforici. Nel va­ riegato novero di relazioni tra kenningar, heiti e categorie collegate, la classificazione forse più convincente resta quella di Halldorsson (1975), che riconosce neiforniifo (una sorta di perifrasi sostitutive di nomi propri) la fonte principale alla quale ricondurre le formazioni di sannkenning­ ar e viòkenningar, contenenti l'indicazione prevalentemente oggettiva o invece accidentale delle proprietà di un nome. 114. Alle quali debba attenersi la composizione poetica, rispetto all'impiego dell'allegoria.

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Tra d izioni lette rarie della Scandi navia medioevale

Allora il pronto 'incitatore di Gunnr [della battaglia] ' < = I>ORR> , 'l'antico ami­ co di Prong [Freyja] ' < = I>ORR>, inghiottì [soffocò] con le 'rapide fauci della mani' la bevanda del pezzo liquefatto sollevata in aria, quando il tiz­ zone incandescente volò via [venne scagliato] dal 'petto delle grinfie' < = PALMO (del­ le mani) > del 'focoso amante {della fanciulla di Hrfmnir ['gigantessa'] '} < = il gigante GEIRR0DR> verso 'colui che brama intensamente Pruòr [figlia di Thorr] ' < = I>ORR>. Bragi Boddason, Drdpa di Ragnarr I ? ordine in prosa: Ok boròroins baròa Ok inn ijotipvengr bororoins baroa brautar staroi neoan brautar pvengr inn ljoti harogeor d haussprengi Hrungnis a haussprengi Hrungnis harògeòr neòan staròi. E il 'ripugnante laccio {del sentiero dei bordi a remi [nave] > [mare] '} < = JORMUN­ GANDR, il serpe dell'oceano> avanzò dal basso verso il 'frantumatore del cranio di Hrungnir' < = I>ORR> . Kormakr Ogmundarson, Drdpa di Siguror (jarl) I ordine in prosa: Heyri orr sonr sannreynis Haralds d, Heyri sonr a, Syrar, sannreynis, fentanna, laetk uppi minaJentanna Sjrar greppajastrin orr, greppa lcétk uppi jastrin, Haralds, mina Ascolta, o 'generoso figlio {dell'affidabile seguace di Haraldr [lo jarl Hakon] '} < = SIGURDR>, faccio scorrere il mio 'fiume del lievito [birra] degli uomini [giganti] della Syc [la dea Freyja > donna-troll] dei denti della palude [roccia] ' > [idromele dei giganti] < = POESIA>. Steinun Refsdottir, lausavfsa 2 (in Saga di Njdll il Bruciato 40) ordine in prosa: Braut fyr bjollu ga::ti mellu mogfellandi braut allan mostalls visundfyr bjollu (bo n d ròku Val Strandar) teti; bond roku Val Strandar; Kristr hlfjòit varrar malmfeta, mogfellandi mellu pds kneyfli knorr; hykk at goo gtetti lftt at einu Gylfa mòstalls visund allan; hreins. hlifòit Kristr, pas kneyfòi knorr, malmfeta varrar; litt hykk at goò ga::tti Gylfa hreins at einu. 'L'uccisore del figlio della gigantessa' < = I>ORR> frantumò completamente il 'bisonte {dello scanno (l seggio/ stallo) del gabbiano [mare ? scogliere ?] '} < = NAVE> del 'guar­ diano della campana' < = PRETE >; gli dèi spinsero il corsiero [imbarcazione] sulla costa. Cristo non protesse 'il viandante chiodato del pelago' < = NAVE> quando il battello iniziò a tracannare acqua [affondare]; credo che Dio non si sia preso alcuna cura della 'renna di Gylfi ' < = IMBARCAZIONE> . 413

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Un viaggio, una battaglia, un amore o un banchetto, una veglia funebre, l' ele­ zione di un re o una contesa giuridica e, dal sec. XII, anche una poesia di ispi­ razione cristiana potevano trasformarsi in una ghiotta occasione di esibire le proprie capacità (come quella rappresentata dalla strofa che segue, recitata nel I I S3 nella cattedrale di Trondheim) attraverso un cimento poetico, che potesse glorifìcare la poesia in quanto fenomeno diffusamente riconosciuto e socialmente apprezzato. Einarr Skulason, Geisli 1 ordine in prosa: Prenning eins Guòs md kenna mér orò ok banir; Eins ma oro ok brenir vél er.froòr sd ergetrgOòa hins snjalls rdòanda alls. alls raòanda hins snialla vél er froòr sa er getr goòa GunnQjlugr geisli solar miskunnar boòar gafugt ljos; Guds Prenning mér kenna. ek bjò ag�tan brag itrum 6ldfi. Gofugt ljos boòar geisli gunnoflugr miskunnar aga::tan byòk itrum Òlafi brag solar. La Trinità di un (unico) Dio potrà insegnarmi parole (poetiche) e preghiere; saggio è dunque colui che ottiene la benevolenza 'dell'eloquente dominatore di ogni co­ sa' . Il 'battagliero raggio del sole delle grazie [Dio] ' annuncia una luce meravigliosa; offro al glorioso Òlafr un mirabile poema.

Lotta politica, religione e tradizione commemorativa trovano n eli' arte poe­ tica uno strumento privilegiato tutt 'altro che imparziale, attraverso il quale veicolare messaggi e promuovere comportamenti sociali, conferendo di con­ seguenza ai versi un'autorevolezza riconducibile ai miti di una nascita divina, celebrata nelle numerose kenningar che la descrivono : Adesso ascolterete esempi di come gli scaldi abbiano fatto riferimento alla poesia impiegando i nomi già descritti, (e cioè) chiamandola 'sangue di Kvasir ', 'nave dei nani', 'idromele dei nani', 'idromele dei giganti', 'idromele di Suttungr', 'idromele di Odino', 'idromele degli Asi', 'riscatto per il padre dei giganti', 'liquido di Hrrerir ', ' (liquido) di Bodn', '(liquido) di Son', 'liquido di Hnitbjorg', 'bottino' e 'scoperta' e 'carico ' e 'dono' di Odino (Snorri Sturluson, Skdld. 3).

La strofa che segue è invece una composizione di Refr Gestson in memoria del padre adottivo, lo scaldo Gizurr Cigliadorate, che lo aveva avviato alla professione di poeta di corte: Refr Gestson, lausavisa, Giz 2.111 ordine in prosa: Opt kom jaròar leiptra Opt hollr kom mér at helgufulli hrafo-Asar, Baldr leiptrajaròar stafoa er hniginn skaldi er Baldr hniginn skaldi 414

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hollr at helgu fulli hrafn-Asar mér stafna Spesso il gentile mi conduceva alla 'santa bevanda [birra/idromele] del dio del corvo [Odino] ' < = POESIA> ; il Baldr [principe] dei 'bagliori {della terra delle prue [ma­ re] '} < = ORO> ha preso commiato dallo scaldo < = È MORTO >.

Fragile è la trasmissione manoscritta di questi testi: non esistono infatti co­ dici poetici scaldici - niente di paragonabile all'antologia eddica - ma solo spezzoni e frammenti raramente integrali di composizioni, residui di un'o­ ralità in relazione discontinua con la transizione letteraria; in molti casi i singoli poemi oggi fruibili sono infatti il risultato di operazioni di assem­ blaggio e ricucicura realizzate da editori moderni a partire dal sec. XIX. Lad­ dove il tono 'eddico' si basa su un impianto prevalentemente marcato da una struttura formulare stereotipata e allitterante (ravvisabile ancora in proverbi e formule giuridiche) , la poesia scaldica, con il suo rigido statuto sillabico, gli schemi prosodici contigui e il carattere secondario della formu­ la poetica germanica (rispetto ad es. alla funzione della kenning), ha indotto diversi studiosi a ricostruirne lo sviluppo in stretto rapporto con la memo­ rizzazione funzionale dei versi (cfr. ad es. Jesch, 2o osa, p. 1 88), in una misu­ ra tale da non pregiudicarne, a seguito di minime variazioni, i significati più reconditi. Se si eccettuano alcune sporadiche iscrizioni runiche1 1\ questi prodotti poe­ tici di attestazione frammentaria (a volte consistenti in una singola strofa libe­ ra, aisl. lausavisa, pl. -visur) 116 sono contenuti quasi esclusivamente in opere in prosa, come i trattati retorico-grammaticali e soprattutto le saghe. In queste ultime, il significato di tal uni episodi è enfatizzato dali ' inclusione di strofe scaldiche, in un'alternanza prosa-poesia nota come 'prosimetro' 1 17, la quale rappresenta un efficace ampliamento dell'articolazione narrativa e un tratto che accomuna la saga antico islandese e la letteratura del Medioevo irlandese (Mac Cana, 1989: 1997 ). Accanto al prestigio accordato ad annali, saghe e liste genealogiche, la poesia scaldica - nel ruolo di formalizzatrice in versi della storia - riuscì ad acqui­ sire la legittimazione di strumento ufficiale di trasmissione, riconosciutogli

115. La più antica attestazione di una strofa scaldica è registrata sulla Pietra runica di Karlevi (Oland, Svezia), databile intorno al 1ooo e dedicata a un principe danese. 1 16. Una composizione 'aperta' di strofe senza ritornello (aisl. stej) costituisce unjlokkr, ma l'encomio più prestigioso, la drdpa, sembra aver previsto non meno di 10 strofe accompagnate dallo stef. 117. Einarsson (1974); Fidjestol (1979 ); Hofmann (1971; 1978-79 ); Harris, Reichl (1997 ); Meulen­ gracht S0rensen (1001); Tulinius (1001). Sulle quattro funzioni principali dei versi nella prosa, cfr. Friis-Jensen (1987, p. 19 ).

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Vettori della poesia scald i ca

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anche dal coevo I-TG a8 e reso possibile grazie anche al suo crescente impiego nei versi di non pochi chierici del sec. XII. La poesia degli scaldi, di argomen­ to religioso come laico, restò strumentalmente legata alla cultura p re-cristia­ na e forse proprio lo studio e l' impiego della versificazione latina (con i suoi riferimenti al paganesimo romano) nelle scuole monastiche islandesi favorì, in una certa misura, la tolleranza nei confronti di quegli elementi mitologici inseriti con compiacimento nella poesia locale 119, declamata in ambiti sociali a lungo permeati di oralità e non esclusi a interpreti non convertiti o solo superficialmente cristiani. Tale situazione si protrasse almeno fino a quando il conflitto con i paradigmi culturali cristiani divenne insanabile e la concorrenza con nuovi generi di successo soverchiante, soprattutto al di fuori del contesto sociale islandese. A partire dal sec. XIV, nei gusti di un pubblico di corte frequentemente in contatto con ambienti e modelli culturali stranieri come la poesia di canta­ storie e menestrelli, questo fenomeno sempre più esclusivo e autoreferenziale conobbe una inevitabile fase di declino, per essere infine sopraffatto dalle più eclettiche saghe e da generi poetici più attuali e facilmente fruibili come rimur13 0 e romanze in versi (ad es. le citate Eujèmiavisor), prodotti verso i quali si andò necessariamente sviluppando l ' iniziativa di scaldi e mediatori culturali a questi associati. 5· L'Edda di Snorri Sturluson

Con questo titolo ( isl. Snorra Edda Sturlusonar = SnE ), desunto dal manoscrit­ to più antico che lo contiene 13 1, è noto il più importante trattato teorico dedica12.8. Skald eru h(Jjundar allrar rjnni eòa mdlsgreinar, sem smiòir [smiòar], eòa !Ogmenn /aga, "I poeti sono le autorità in tutte le questioni riguardanti l'arte dello scrivere (aisl. rjnni) o le parti del discorso (aisl. mdlsgrein), così come gli artigiani [nella loro specialità] o i giurisperiti nelle leggi" (Benediktsson, 1972., pp. 2.2.4, 2.2.6). 12.9. Einarr Skulason, chierico e maggiore scaldo islandese del sec. XII, al servizio di re e maggio­ renti scandinavi, è considerato il primo ad aver reintrodotto a fini estetici kenningar di contenuto pagano nella poesia cristiana. Egli è autore del più antico componimento scaldico di argomento cristiano (di intento politico-dinastico): Geisli, "Raggio di luce", in onore di re Olafr il Santo. Questa drdpa, declamata nel I I 53· in occasione della consacrazione della cattedrale norvegese di Trondheim, alla str. 48 riporta la kenning gylòis kindar gomsparri, "della morsa delle fauci della stirpe del lupo", dove l'allusione al mitico lupo Fenrir, uccisore di Odino, serve a produrre un'im­ magine allegorica che richiama l' Inferno. 130. Prodotti eruditi in forma rimata (indifferentemente anonimi e d'autore) d'ispirazione stranie­ ra, i quali, pur impiegando stilemi retorici come kenningar e heiti, erano privi dell'artificiosità dei poemi scaldici più tardi. Essi potevano trarre spunto da racconti storici in prosa ed erano spesso ordinati secondo una sorta di partizione tematica. 131. Il già citato Codex Upsaliensis (DG II 4to), che afferma esplicitamente: «B6k }:>essi heitir Edda. Hana hefìr saman setta Snorri Srurluson eptir peim ha:tti sem her er skipat. Er fyrst fra isum ok Ymi, par na:st skaldskapar mal ok heiti margra hluta. Sièlast Hittatal er Snorri hefìr ort um Hikon

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co all'arte scaldica (Faulkes, 1998: 2oos: 2007 ), attribuito, non senza incertezze (Wanner, 2008, pp. 26-9 ), al raffinato storico, poeta e spregiudicato politico Snorri Scurluson (t 1241 ), membro del potente clan degli Sturlungar. Autore di versi e presunto responsabile della già citata Heimskringla (o di parti di essa) 13\ egli è inoltre chiamato in causa relativamente alla redazione della Saga di Egill Skallagrimsson. Si ritiene generalmente che questo capolavoro ideologico di arte retorica e mito abbia preso forma a partire dagli anni Venti del sec. XIII, ma non è escluso che, tra ritocchi e integrazioni, esso sia stato terminato intorno alla metà del secolo, se non oltre (evidentemente non da Snorri). L'opera si posiziona in un'epoca orientata verso una rinascita antiquaria che accompagnava la crescente instabilità politica islandese, nella quale la cele­ brata arte poetica degli scaldi stava vivendo una fase di trasformazione e de­ regolamentazione formale, sperimentando fenomeni di estremizzazione che ne lasciavano presagire un impercettibile ma progressivo declino. In contem­ poranea, la crescente concorrenza delle saghe si rivelava attraverso la circola­ zione (e le prime redazioni) di un numero sempre più ampio di esemplari di questo 'nuovo' genere di successo approdato alla corte di Norvegia, dove sta­ va ormai guadagnando il favore dell'aristocrazia, sia in funzione di intratteni­ mento sia in quella di documentazione ufficiale di eventi storico-politici. Oltre alle saghe, alla poesia su argomenti locali e alle agiografie, i gusti delle élite che gravitavano intorno ai principali centri di potere politico ed econo­ mico del paese sembrano avere espresso vivo apprezzamento anche verso altri generi letterari, come le opere di carattere lirico ed epico di provenienza fran­ cese (ad es. Tristano e Ysolde!Isotta), le chansons de geste delle Crociate, i cicli bretoni dei racconti cavallereschi o ancora le prime forme di canzoni a ballo. Si ritiene che Snorri abbia iniziato a dar vita a questo progetto al ritorno dal primo viaggio presso la corte di Norvegia (1220 ), partendo probabilmente dalla sezione che la tradizione manoscritta più antica inserisce in coda ali'o­ pera : il Computo metrico (Hdttatal, cfr. oltre), un encomio rivolto ai suoi nobili anfitrioni ordinato in forma di compendio metrico (sottogenere noto alla letteratura latina medioevale con il termine centimetrum ). Diversi pas­ saggi contenuti nel capitolo concernente la lingua poetica inducono tuttavia a congetturare che egli non avesse contemplato dali' inizio la possibilità di approntare sezioni separate a sostegno del tema principale, resesi viceversa necessarie di fronte all'espansione generalizzata di elementi narrativi e for­ mali implicati nella sua riflessione. È dunque probabile che Snorri abbia opkonung ok SkU.Ia hertuga» (Palsson Heimir, 2.012., p. 6), "Questo libro si intitola Edda. È stato com­ posto da Snorri Srurluson nel modo nel quale qui è raccolto: per primo si narra degli Asi e di Ymir, poi della dizione poetica [cioè gli Skdldskapanndl] e della denominazione di molte cose e infine di un computo metrico [cioè il Hdttatal], che Snorri compose in onore di re Hikon e dellojar/Skwi". 13 2.. Ciklamini (1978); Weber (1986); Fix (1998); ]0rgensen (2.009); van Nahl (2.013); Beck, Heizmann, van Nahl (2.013).

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Disci plina e creatività

Origi ni dell'Edda d i Snorri

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Fina lità contrastanti

SnE e il problema dei ge neri letterari

tato per un riordino del materiale impiegato a sua disposizione, creando, dopo la sezione sulla dizione poetica, un capitolo esplicativo su antichi miti locali ormai ignoti ai più e forse un prologo, peraltro assai controverso (cfr. oltre), fornendo una premessa mitografica e ideologica alla versificazione scaldica. Non è più così certo, come a lungo si è ritenuto, che la finalità dell'opera, at­ testata da una documentazione manoscritta relativamente ampia, fosse quel­ la di disciplinare un'attività ormai slegata dal canone originario e della quale Snorri era divenuto arbitro incontestato. Si tratta di un'arte che spesso ricor­ reva in modo esasperato a innovazioni audaci o a creazioni metaforiche im­ proprie ed elusive dei princìpi generali non sempre tollerabili dalla cultura poetica dei secc. XII e XIII, i cui interpreti cercavano ormai ispirazione in Dio o nello Spirito Santo piuttosto che in Odino, che nella tarda tradizione me­ dioevale scandinava è ritenuto patrono delle rune e della poesia. Sarebbe per­ tanto riduttivo, accanto a finalità pedagogiche, ignorare nella SnE intenti diversi. Tra questi vi è senz'altro lo sforzo di esaltare la cultura letteraria in volgare e paragonarne le mature riproduzioni retoriche a quelle del latino m, ricaduta immediata della prima vera Rinascenza europea del sec. XII, quella rivoluzione linguistica e culturale messa in luce nei dirompenti lavori sul Ri­ nascimento di Haskins (1 927) e Ferguson ( 1948). Non è ammissibile, inoltre, non rendere a Snorri il merito di aver svelato il senso di molti tratti enigmatici della mitologia locale, allusi nelle kenningar scaldiche come nei versi della poesia eddica, illustrandone gli elementi ori­ ginari, in ossequio all 'intento di includere gli antichi culti in una sorta di manifesto della nuova temperie culturale. Tuttavia, un ulteriore elemento recentemente impostosi nel dibattito sul collasso socioculcurale della poesia scaldica e sul suo esasperato canone fondato sull'omogeneità consente di ipotizzare possibili ripercussioni anche sull' ope­ ra di Snorri. Questo riguarda il contraccolpo sulla cultura locale provocato dalla crescente affermazione delle traduzioni in volgare dei romanzi cortesi di tradizione anglo-francese, patrocinati con vigore da Hak.on IV di Norvegia e dalla sua corte, un' iniziativa di portata straordinaria che coinvolse non sol­ tanto il piano formale o il livello della ricezione di un'opera. Analogamente all' impatto generato dai volgari sul macrosistema letterario latino del Medioevo, la nuova letteratura di traduzione andò a intaccare il complesso sistema norreno di interazione tra lingua, valori, generi e sotto­ generi letterari, accanto agli effetti derivati dai fattori extra-linguistici, ele­ menti studiati a partire dagli anni Settanta del secolo scorso da Itamar Even­ Zohar e da questi rielaborati nella cosiddetta 'teoria polisistemica' (della

1 H· Secondo una tendenza successivamente ravvisabile nei già citati III e IV-TG, i quali per l'insegna­ mento della arsgrammatica si basano su esempi scaldici anziché su versi latini.

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letteratura) 134• La varietà e la vitalità del nuovo genere letterario di tradu­ zione riuscirono a mettere in ombra i tradizionali paradigmi culturali e po­ litici celati dietro il canone scaldico, amplificando una crisi alla quale Snorri potrebbe aver cercato di porre rimedio attraverso la composizione di questo singolare lavoro, che si colloca in posizione intermedia tra il manuale, l' anto­ logia e la creazione autonoma. In considerazione di quanto fin qui osservato, non è possibile ignorare l'en­ fasi propagandistica e le auspicabili ricadute poliche personali di un lavoro schierato verso la fazione aristocratica ostile al giovane Hak.on guidata dallo jarl Skuli, che uscì sconfitta dalla guerra civile norvegese provocando tra le varie conseguenze la morte dello stesso Snorri. Completata in un'epoca di forti tensioni sociali, SnE rivela le ambizioni del proprio autore già a partire dallo stretto legame con la Norvegia e con la sua monarchia (al pari della Saga di Egill Skallagrimsson), come ben sintetizza Wanner (2oo8, pp. 94-n8) in uno studio radicale che ha sconfessato una serie di luoghi comuni e ridimensionato la portata pedagogicamente 'ecumenica' della SnE, specie nelle sue parti più 'tecniche'. Vi è dunque motivo di credere che il progetto di Snorri, impron­ tato al recupero della tradizione scaldica in funzione didattica e ideologica (Faulkes, 1993), nascesse già sconfitto nelle sue premesse. I dati sembrano in­ fatti evidenziare che nell' idea di monarchia e di rinascita culturale concepita nei circoli di corte norvegesi, e attuata in seguito con convinzione da Hak.on, uno spazio sempre minore fosse immaginato per la poesia scaldica, a favore di iniziative culturali che privilegiavano intenti didattici e intrattenimento coniugati al favore ecclesiastico e ali' adeguamento a criteri sociali e giuridici dell'ordinamento feudale europeo, simboleggiati ad esempio dalle traduzioni dei romanzi cavallereschi o di opere etico-politiche come lo Speculum regale. Tradizione manoscritta e struttura di SnE SnE si è conservata, in forma ed estensione anche molto diverse, in una serie di manoscritti, nessuno dei quali rappresenta l'originale (Seelow, 1998: Battaglia, 2004; Cipolla, 2004a). I più antichi testimoni che rispondono ali' idea di una certa completezza e organicità sono : 1. U. Cod. Upsaliensis - DG II 4to (ca. 13oo), Uppsala, Universitatsbiblio­ teket; 2. R. Cod. Regius - Gks 23 07 4to (1300-25), Reykjavlk, Stofnun Arna Ma­ gnussonar; 3· W, Cod. Wormianus - AM 242fol ( 1350-70 ), K0benhavn, Der Arnama­ gnreanske Institut; 4· T, Cod. Trajectinus - ms. I374 (1595), Utrecht, Universiteitsbibliotheek.

5.1.

134. Applicata anche in ambito letterario inglese antico, Toswell (2.012.); cfr. tra gli altri Even­ Zohar (1979); Gentzler (1998).

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Tradizione manosc ritta

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Tra essi, il Codex Upsaliensis (la copia più antica) da un lato IJS e il Codex Re­ gius (giudicato il migliore per completezza), il Codex Wormianus e il Codex Trajeclinus136 dall'altro evidenziano mediazioni, omissioni o 'riscritture' di

Prologo

tono ed estensione diversi - oltre alla presenza di altri lavori ivi contenuti (trattati grammaticali, liste genealogiche, [frammenti di] carmi di stile 'eddi­ co', catalogo dei nunzi di legge o degli scaldi) - secondo gli interessi partico­ lari di singoli compilatori. Altri tre manoscritti tardo medioevali trasmettono infine l'Edda di Snorri in modo frammentario : 5· A - AM 74 8 Ib 410 ( 1300-25 ) : 6. B - AM7s7 a 41o (ca. 14oo ) ; 7· C - AM 748 II 410 (ca. 1400 ) . Nessuna redazione della SnE si è conservata dal 1400 al periodo ddla Riforma, e il drastico declino nella poesia scaldica durante il sec. xv coincide con la crisi della versificazione, la progressiva semplificazione e il confinamento di questo canone poetico ndla sfera ddle rimur (cfr. oltre, PAR. 6), nuovo genere di suc­ cesso accanto a poemi rdigiosi composti nel metro rimato hrynhenl. Soltanto a partire dal sec. XVII, che in Scandinavia coincide con il fenomeno umanistico del Goticismo, si assiste a un rinnovato interesse verso le antichità locali tra le quali il lavoro di Snorri, a cominciare dall'edizione ddl'Edda profondamente rimaneggiata e realizzata da Magnus 6Iafsson (la Laufds Edda, 1609, Faulkes, 1979 ), per proseguire nello stesso secolo con altri 44 manoscritti contenenti questo lavoro, ai quali se ne aggiunsero circa una novantina nd sec. XVIII. SnE si divide in tre porzioni principali, anticipate da un Prologo (Formali). Esso tende a ridimensionare in senso evemeristico la statura delle divinità e delle loro gesta (celebrate nel capitolo intitolato Gylfaginning) a un tale li­ vello che ne è stata messa ripetutamente in discussione la paternità di Snorri - lasciando dunque ipotizzare un inserimento posteriore da parte di autori ignoti (cfr. ad es. von See, 1999, pp. 275-3 10 ) . Rispetto alle prime due sezioni (Formali, Gylfaginning), oggetto di grande successo dal sec. XIX per le in­ dicazioni di carattere mitografico ivi contenute, Skaldskaparmal e Hattatal, con le relative istanze descrittive e prescrittive, furono in realtà le parti più note di SnE in tutto il tardo Medioevo e oltre, fino a divenire un exemplum di riferimento didattico e stilistico (aisl. Eddu lisi, reglur Edda, come ricca­ mente testimonia Quinn, 1994, pp. 87-90 ) . In quattro manoscritti, infine, l 'aggiunta di liste metriche di sinonimi poetici (lepulur), dopo gli Skald. , da parte di anonimi documenta l'elevato interesse ancora registrato in Islanda da opere di argomento poetologico. • Prologo (Formali). Si tratta di una sezione del tutto peculiare, rispetto ai modelli introduttivi coevi. Essa offre motivi di notevole interesse e spunti di riflessione forse più sul piano ftlosofico che non mitologico, particolarmente 135. L'unico codice ad attribuire la paternità a Snorri. 136. Copia cartacea di un codice perduto molto simile a R.

4 20

6.

Tradizioni lette rarie della Sca ndi navia medioevale

sviluppati nel tardo Codex Wonnianus, imperniato sulla trattatistica gramma­ ticale (Cipolla, 2004b). Dopo l' iniziale preambolo che registra gli echi del Genesi biblico, a proposito dell 'origine del mondo, Adamo ed Eva e il Diluvio, Snorri si sofferma sulla diversità delle lingue e sul mito della Torre di Babele, ricorrendo al topos dell 'incapacità di dare un nome ali 'unico vero Dio per l 'ec­ cessiva attenzione verso la ricchezza e la mondanità. Seguono la triplice suddi­ visione del mondo, con l 'Asia che rappresenta il centro riconosciuto di bellez­ za e abbondanza: qui, secondo un argomento para-etimologico, vivono gli Asi (./Esir), in origine re ed eroi apportatori di gloria e benessere, successivamente innalzati al rango di divinità. Gli Asi (Saturno, Priamo e i discendenti, 1>6rr, Voden/ O òinn) sono detti risiedere in Turchia, a Troia, rielaborando così l'an­ tico mito di origine troiana dei Romani e dei Franchi (noto da Virgilio allo Pseudo-Fredegario, fino a Geoffrey di Monmouth), nel quale confluiscono frammenti della tradizione locale (Beck, Heizmann, van Nahi, 2013). All a lo­ ro migrazione verso il Nord-Ovest europeo viene ricondotta la nascita del po­ liteismo e dell'idolatria scandinavi, omologati al paganesimo classico e inseriti in una cornice di naturalismo fìlosofìco e proto-monoteismo, al fine di susci­ tare un atteggiamento di indulgenza e benevola comprensione verso la prece­ dente cultura locale. Una lunga sezione genealogica conclusiva è dedicata ai discendenti dei sei figli di Odino, signori di un esteso agglomerato dell'Euro­ pa centro-settentrionale, che va dal Saxland al Frakkland e alla Scandinavia. La trattazione contiene elementi che rivelano un interesse non superficiale verso i racconti dinastici dell' Inghilterra anglosassone e della Danimarca (Bat­ taglia, 2013, pp. 306-16) e che più in generale tradiscono l'uso di fonti storio­ grafiche e poetiche locali (ad es. Hdleygjatal e Ynglingatal). • Il principio lLa creazione di (o secondo) Gylfi o La grande illusione di G. ( Gy/faginning). Titolo estremamente controverso di un dettagliato racconto nel quale la mitografia norrena, grazie ali' ausilio dei carmi mitologici dell'Edda poetica, diviene occasione per lambire temi di storia e di teologia, guadagnando un successo straordinario tra llluminismo e Romanticismo (cfr. Boldl, 2000 ). La trama di questa sezione, profondamente influenzata dalla cultura scritta, prende spunto dal raggiro di una maga della stirpe degli Asi ai danni di re Gylfi di Svezia e da un insidioso certame sapienziale tra finti contendenti. Gli antagonisti sono qui lo stesso Gylfi, sotto le mentite spoglie di un viandante, e una 'trinità' illusoria di saggi della famiglia degli Asi (l 'Alto, l' Ugualmente Alto e il Terzo, altrettanti epiteti di Odino) che si dichiarano discendenti di antichi dèi e dee emigrati da Troia e adorati dagli uomini. La rivisitazione in chiave politico-ideologica della mitologia norrena, attraverso il richiamo alla tradizione classica, rappresenta un tema piuttosto noto, che si ripropone in forme corrispondenti anche nel resto dell' Europa basso medioevale. In particolare, l'identificazione più celebrata passò per il tramite dell'abbinamento con lo splendore del mito troiano, il cui maggiore impulso si deve ali'opera del retore romano Darete Frigio sulla guerra troiana, che in 4 21

Gylfaginning

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

Skaldskaparmal

Scandinavia si affermò attraverso due canali letterari principali: la Historia regum Britanniae di Geoffrey di Monmouth ( n36 ) e la TrOjumanna saga islandese (inizi sec. XIII ) . L'occasione della disputa verbale tra Gylfi e la triade è il preludio alla descrizione dei miti cosmogonici scandinavi ll7, dell 'ordina­ mento topografico del cosmo, di divinità e di esseri soprannaturali con le re­ lative storie, della decadenza morale del Creato e della sua dissoluzione catar­ tica tra le fiamme (i Ragnarok) IJ8, tasselli che alimentarono le strofe e le kenningar degli scaldi, ma che qui sottintendono il rilancio del ruolo della monarchia norvegese nel contesto politico e culturale europeo. Per la specifi­ cità della materia trattata, numerosi sono i richiami e le citazioni desunti da tre carmi eddici di argomento mitologico, la già citata Profezia della veggente - nella quale con una pratica negromantica Odino risveglia nel regno dei morti una sibilla per farsi raccontare la storia del mondo e della sua fine -, oltre a strofe tratte da due poemi sapienziali: i Dialoghi di VafPruònir e i Dia­ loghi di Grimnir. La conclusione del capitolo, con l' inattesa scomparsa dei tre maghi impostori, è occasione per Snorri di denunciare la natura menzognera dei culti tradizionali, con la truffa degli Asi usurpatori dei miti delle divinità da essi adorate e la clemente condanna di ingenuità verso gli antichi Scandi­ navi (Ab ram, 2009 ). • Dialoghi sull'arte poetica o La lingua della poesia (Skdldskaparmdl). li ti­ tolo della sezione, introdotto dal colloquio di Bragi e .JEgir (Bragar�Òur), suggerisce una stretta relazione fUnzionale tra il tema della dizione poetica e la relativa veste metrica, esplicitata nella sezione successiva in forma di poema scaldico, Hdttatal. Gli Skdld. (titolo tramandato da due soli codici) sono in­ dirizzati ai giovani poeti (c. 5.25-30 ) , in un commento verosimilmente con­ clusivo ricollocato invece all'inizio della sezione (Faulkes, 1998, vol. I, p. s). L' intento dichiarato è un corretto apprendimento della dizione poetica, rea­ lizzato attraverso l 'analisi, dal carattere non sempre contrastivo, di diverse categorie retoriche, come ad esempio heiti, kenningar o i molto meno chiari fornO/n (Faulkes, 1994). A ciò si aggiunge l 'interpretazione di un'estesa serie di kenningar e heiti desunti dai versi di una settantina di antichi scaldi e sud­ divisi per campi semantici (Faulkes, 1 9 9 3, Nordal, 2003 ) 139, con una prevalen137. L'origine dal gigante del ghiaccio, l'uccisione del progenitore da parte dei figli divini, la pola­ rità gelo/calore, la nascita dell'uomo da tronchi inanimati. 138. Attraverso il grande incendio purificatore, alluso ad esempio in opere analoghe di matrice cristiana delle letterature anglosassone e altotedesca. 139. Così ordinati (nel ms. R): 1. Kenningar: Odino, mito della poesia, .Mrr, Baldr, Njorèlr, Freyr, Heimdallr, Tyr, Bragi, Vièlarr, Vali, Hoèlr, Ullr, Hcenir, Loki, storie di l>6rr, Frigg, Freyja, Slf, fèlunn, cielo, Terra, mare, sole, vento, fuoco, inverno, estate, uomo e donna, oro e leggende collegate, armi e armarure, battaglia, nave, Cristo, re e nobili; 2.. (Okeml) heiti: termini per poesia, dèi paga­ ni, cielo, sole e luna, Terra, lupi/orsi/cervi/bovini/serpenti/bestiame/ovini/suini, meteo, corvo e aquila, mare, fuoco, tempo e stagioni, uomini e re; Pula di termini per uomini; 3· Vìòkennin­ gar, sannkenningar,fomiifo: donne; 4· Vìò(r)kenningar: testa/occhi/orecchi/bocca/denti/lingue/

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6.

Tradizioni lette rarie della Sca ndi navia medioevale

za di costruzioni dai contenuti mitologici, precedentemente accennati in Gylfaginning e funzionali alla comprensione degli esempi in Hdttatal. Que­ sta sorta di antologia sembra rappresentare il nucleo nevralgico dell'opera (e forse il più manipolato), nel quale Snorri delinea un dispositivo pragmatico (ma non altrettanto accurato sul piano teorico) a sostegno dell'arte poetica, non scisso da una impercettibile celebrazione della propria dottrina né ricon­ ducibile a un pubblico di propri studenti (come invece nel caso del nipote 6Iafr, nel III-TG ) . La mancanza di organizzazione interna, l 'inconsistente separazione di kenningar e heiti 1 40, l' inserimento non sistematico (né condi­ viso da tutti i codici) di elementi narrativi, miti e leggende alla base di talune kenningar o la sistemazione impropria di alcuni capitoli suggeriscono tutta­ via uno scarso adeguamento alla tradizione grammaticale latina, oltre ali' im­ pressione che l'opera fosse ancora in fase di elaborazione al momento della morte di Snorri, ipotesi che si accompagna alla possibilità di interpolazioni e riaggiustamenti successivi operati da autori anonimi. Notevoli sono le diver­ genze tra il ms. U(assai laconico di esempi) e i più recenti W, T e soprattutto R14\ benché la maggiore organicità di questi tre codici, secondo i parametri moderni, non è prova che tutto il materiale eccedente la scarna testimonian­ za di U corrispondesse al progetto originario dell'autore (Clunies Ross, 1 9 87, pp. 1 8-9 ). Un tema in grado di polarizzare l'attenzione degli studiosi riguarda la sezione delle jJUlur, 10 6 strofe (da 412 a s 17 in R) dense di heiti inserite al termine degli Skdldskaparmdl nei mss. R, T, C (e soprattutto in A e B) e l'e­ ventualità che queste abbiano effettivamente fatto parte del disegno origina­ rio. Non mancano i riferimenti di heiti all 'interno di carmi eddici e di saghe, segnatamente le Saghe del tempo antico, laddove altri conservano invece nomi in latino, greco e francese denotando il carattere erudito e meramente com­ pilatorio dell' iniziativa. Tra le fonti vi sono sia strofe scaldiche sia poemi ed­ dici, senza dimenticare opere in prosa e resoconti di viaggio. Molte sono infi­ ne le pulur contenenti heiti che non hanno un riscontro tangibile in poesia (e spesso neanche in prosa), tanto che la loro finalità primaria (l 'uso poetico) non è sempre dimostrabile. Diversamente dal largo impiego di carmi mitolo­ gici nel capitolo precedente, il limitato ricorso a composizioni eroiche della materia nibelungico-volsungica, in questa sezione, potrebbe essere il segno di

capelli, cuore/mente/emozioni, braccia/gambe/mani/piedi, linguaggio (e kenningar per battaglia), saggezza e altre qualità mentali; S· Ojljtist (omonimi); 6. Pulur di nomi e sinonimi per re del mare, giganti, donne-trol/, dèi e dee, donne, uomini, battaglia, armi e armature varie, mari, fiumi, pesci, balene, navi, terre, animali vari, domestici e selvatici, i cieli e il sole (Faulkes, 1998, vol. I, pp. vm-x). 140. Tra le circonlocuzioni odiniche sono invece inseriti nomi semplici (heiti) comeAl(foòr,Priòi, Yggr, Yngvi, Hroptr, Aldafoòr. 141. Ca. 1 3 1 5-30, tradizionalmente considerato il più fedele all'originale. W mostra peraltro i resti di una versione rivista della seconda parte, mentre due codici frammentari - A e B - tradiscono interventi ancora maggiori. I mss. T e C trasmettono versioni relativamente coerenti con R.

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Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

Hattatal

una tradizione molto più contrastata e contaminata e forse una prova indiret­ ta della mancanza di un'antologia di poemi eroici (analoga al ms. 'mitologi­ co' A) nell'Islanda del primo ventennio del sec. XIII. Resta difficile immagi­ nare che Snorri potesse ignorare l 'esistenza e la circolazione di raccolte parziali di carmi eroici sulla vicenda sigurdiana, laddove molto più probabile è la presenza di materiale prosastico alternato a strofe di una ipotetica *Sig­ uròar saga, allusa sia nel commento dello stesso Snorri al metro poetico Skjdljhent (Hdttatal 35, cfr. oltre), sia nel Prologo della Saga di Teoderico di Verona, fonte presumibile dei cc. 39-42 proprio degli Skdldskaparmdl, come ricorda Cipolla ( 1996, p. 90 ). • Computo metrico (Hdttatal). Opera autonoma in forma di poema dal si­ gnificato culturale non privo di incertezze (Tranter, 2000, pp. 147-50 ). La sua struttura si suddivide in tre encomi distinti dedicati, in misura maggiore, alloJarl Skuli, consigliere del re di Norvegia, e, in misura minore, al giovane re e genero di Skuli, Hakon IV Hakonarson, entrambi anfitrioni di Snorri nel suo primo soggiorno norvegese ( 121 8-20 ), durante il quale egli ricevette dal sovrano l'investitura a "uomo di fiducia alla tavola reale� Che Snorri abbia composto Hdttatal come prima parte dell 'Edda, al suo ritorno in patria, è ipotesi corrente quanto non ancora dimostrata in modo convincente. li poe­ ma si compone di 102 strofe (conservate complete soltanto in R) ordinate in 100 diversi metri scaldici •+\ deliberatamente concepite come orgogliosa cele­ brazione estetica del proprio talento (str. 100 ), ma con un occhio volto all 'or­ todossia metrica dei trattati altomedioevali (i libri centimetri o centimetra). Le singole strofe sono inoltre accompagnate da un commento tecnico in pro­ sa sulla cui attribuzione a Snorri permangono ancora dubbi. In questa sezio­ ne, in cui taluni passaggi concernenti la lingua poetica potrebbero spiegarsi con un' idea non ancora definitiva sull'organizzazione generale (Faulkes, 19 87, pp. 165-7 ), le strr. 1-67 contano altrettante varianti ritmiche e rimotec­ niche del drottkvtRtt, metro fondamentale della drdpa di encomio. Le strr. 1-30, in drottkv�Rtt classico esasillabico, sono indirizzate a re Hak.on; qui l' inevita­ bile celebrazione propagandistica della monarchia si svolge attraverso l ' ine­ dita (per Snorri) legittimazione divina del potere politico (str. 12, cfr. Wan­ ner, 2014 ) , considerato che la giovane età del sovrano avrebbe comunque sconsigliato di celebrarne ancora improbabili azioni militari. A Skuli, all'e­ poca vero mattatore del regno e al cui tentativo di rovesciare il giovane re Snorri decise di legare il proprio destino, si rivolgono invece le strr. 31-66 e 68-95, alcune delle quali contano varianti sillabiche più brevi (da 3 a 8 per verso) del metro a rima finale runhent•+l. Le strr. 9 5-102 celebrano re ejarl 141. Quasi tutti derivati dal drottkv4tt; per oltre metà di essi, si tratta di rielaborazioni dell'autore realizzate anche su modelli stranieri. 1 43. La cui forma ottenaria di str. 91 (in hrynhent o hrynhendr hdttr) è desunta dalla tradizione innologica cristiana in latino, che Snorri aveva già considerato alle strr. 61-64.

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Tradizioni lette rarie della Sca ndi navia medioevale

insieme nei più 'semplici' metri eddici del fornyròislag (''forma dei racconti antichi"), ljOòahdttr (''metro dei canti") e galdralag ("forma degli incantesi­ mi"). I commenti di Snorri in prosa alle singole strofe contengono, oltre ai principi generali della tecnica di allitterazione e di assonanza, preziose osser­ vazioni prosodiche e tecniche. Da queste si delinea la posizione dell'autore, che individua nelle 'irregolarità' e nella maggiore libertà metrica degli scaldi più antichi la possibilità di nuove varianti. Innegabili sono gli influssi del pensiero metrico classico, riconducibili al libro III della Ars rhetorica di For­ tunaziano (sec. IV, che tuttavia non si interessa di metrica, Faulkes, 20 07, pp. XII-XIII ) , con il conteggio dei tempi regolato su base decimale (analoga­ mente a Servio o Beda) e la consueta forma dialogica che rimanda ai trattati metrici medioirlandesi: "Quanti generi di forme esistono in poesia?" "Tre tipi". "Quali ?" "La regola, la licen­ za e il divieto". "Quanti generi di regole esistono ?" "Due tipi". "Quali ?" "Normale e ampliato". "Quante proprietà ha la regola normale della forma ?" "Due". "Quali ?" "Quantità e qualità". "Quanti tipi quantitativi ha la regola normale della forma ?" "Tre". "Quali ?" "Il primo concerne il numero di forme rinvenute nei poemi degli scaldi più famosi; il secondo il numero dei versi di ogni strofa in ciascuna forma; il terzo quante sillabe sono inserite in ciascun verso di ogni forma" (cfr. Faulkes, 2.0 07, p. 3).

Le forme metriche sono suddivise sulla base del computo fono-sillabico­ semantico, della diversa collocazione degli arsi allitteranti e delle sillabe in rima. I criteri formali sono ordinati come segue: • strr. 1-8: definizione delle forme; • strr. 9-27 : regolamentazione semantico sintattica; • strr. 28-67 : regolamentazione delle peculiarità fonematiche di ricorrenza; • strr. 6 8-79: metri allitteranti brevi; • strr. 80-94: metri rimati; • strr. 9 5-102: metri più semplici, senza rima. Alcuni stilemi già affrontati negli Skdldskaparmdl (la kenning, la njgerving "espansione") vengono ancora brevemente trattati, ma con un approccio più propriamente estetico che non 'manualistico'. Analoghe considerazioni valgono per il ricorrente paragone con Hdttalykill dellojarl Rognvaldr (cfr. oltre, riquadro 3), opera presumibilmente nota nel centro di studi a Od­ di, in cui Snorri si era formato. Se l'intento didattico di Hdttalykill (privo di accompagnamento esplicativo delle strofe) resta infatti discutibile, non molto diversa sembra la valenza di Hdttatal, sia per l ' istanza fortemente po­ litica collegata a Hakon e Skuli sia per la sua connotazione creativa (Krom­ melbein, 1986) primariamente personalistica (Quinn, 19 94, p. 72), sancita dall'esigenza di autopromozione e dalla richiesta di pubblico riconoscimen­ to (cfr. strr. 30, 67, 100 ) : 4 25

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

GltJggva grein hefi ek gert til bragar, svd er tfratt hundraò talit; hroòrs tJrvÒr skala maòr heitinn vera efsdfor alla hdttu ort.

un resoconto preciso ho fornito della forma poetica tanto da contare 10 decine; immeritevole di fama non dev 'essere detto uomo capace di comporre in tutti i metri (Faulkes, 1997, p. 39).

6. Le rlmur C risi e ri nnovame nto

Tradizione giu llaresca e ballate

Concomitante al declino della poesia di tono scaldico, la fine del sec. xv re­ gistra forse la fase più acuta di crisi anche del genere della saga, parzialmente tenuto in vita dalle Saghe del tempo antico (cfr. oltre). li favore del pubblico sembra allora orientarsi verso un canone poetico innovativo originato verosi­ milmente già nella seconda metà del sec. XIV, come attesta il più antico esem­ plare, conservato nel già citato ms. Flateyjarbok (Gks. Ioosfol ) 144• Si tratta delle Rime (rimur, sg. rima, nome dall'eloquente origine romanza entrato forse dall ' inglese medio), lunghe canzoni di strofe rimate14s di tono per lo più epico e talora anonime (almeno fino al sec. xvi ) , più semplici dei versi scaldi­ ci e spesso abbinate alla recitazione orale. Quasi un migliaio di esemplari sono a tutt'oggi conservati, 226 dei quali datati fino al sec. XVIII (Hughes, 2005, p. 206), di cui 1 4 attestano straordinariamente variazioni di altrettante saghe andate perdute. Frutto di una tradizione assimilabile ai romanzi metrici di menestrelli/giul­ lari/spilmen/joculatores del Basso Medioevo, queste creazioni rielaboravano in forma metrica (di solito settenari e ottonari, come più tardi nelle ballate) il materiale in prosa presente nelle saghe, ricorrendo a una dizione scaldica inizialmente semplificata, malgrado l ' impiego diffuso di heiti e kenningar innovative (anche mitologiche, ivi, pp. 20 8-9 ), priva di formule poetiche e con una sintassi meno articolata. Con buon anticipo nei confronti del fenomeno della ballata europea 'clas­ sica', di ispirazione popolare, la possibilità di essere accompagnate dal canto (dalla musica e dalla danza) 146 da parte di eventuali gruppi di esecutori ren­ deva le rimur particolarmente gradite a un pubblico più vasto, liberandolo

144. La Oldfs rima Haraldssonar, raffinato rifacimento poetico di Einarr Gilsson sulla battaglia di Stiklastaòir (1030 ), nella quale perse la vita il re 6Iifr il Santo (Hughes, 2.005, p. 2.06; riquadro 3). 145. In un'ampia gamma di metri che non escludono l'aggiunta dell'allitterazione e di forme complesse di rime interne e assonanze. 146. Le forme alternative aisl. dans, dansleikr, hringleikr indicano manifestazioni 'moderne' di danza d' ispirazione francese e di diffusa popolarità, a lungo osteggiate dalle autorità ecclesistiche protestanti, giunte in alcuni casi a commissionare perfino diverse Bibllurlmur imperniate sul rac­ conto biblico.

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6.

RIQUADRO 3

Tradizioni lette rarie della Sca ndi navia medioevale

Hotto/ykil/

Ad avallare l'a utorità dei poeti i n materia d i li ngua e grammatica - e d un q ue i l ruolo centra­ le della versificazione e della metrica come modello di riferimento I N ordal, 2001. pp. 16-72; 2003, pp. 4-8), già sanciti da ll'autore del l-TG IBened i ktsson, 1972, p p. 224-7) - me rita u na menzione specifica i l poema Hattalyki/1, titolo c h e ra ppresenta probabi lmente un calco sul genere d idattico latino della Clavis metrica lo rhytmica). Si tratta d i una composizione erudita e in parte d idattica, sotto forma d i certa me poetico, tra Rognvaldr 1/Ka li) Kolsson ljarl delle O rcad i) e lo scaldo Hallr t>6rarinsson. Verso la metà del sec. Xl i, i d ue protagonisti si sfidano a comporre strofe, c i ascuna nello stesso metro i mpiegato dal rivale, sia attraverso una seq ue n­ za di modelli i nnovativi rispetto a lla tradizione IUu i n n, 1994) sia con la rievocazione di eroi e genealogie leggendari del passato locale lcfr. Saga degli uomini delle Orcadi 81, G ua m u nds­ son, 196 5 . p. 18 5). l l poema è la più antica 'chiave metrica' scandi nava di cui s i a bbia notizia, tramandata lacunosa mente i n d ue ma noscritti cartacei del sec. XVI I soltanto per le prime 41 strofe framme nta rie IHelgason, Holtsmark, 1941, pp. 36-99), ma sufficientemente note da po­ ter essere più tard i almeno parzia lmente recepite in u n'ope ra affi ne come il poema Hattatal di Snorri Sturluson lcfr. oltre). La funzione d idattica e di a m p liamento dell'inventario metrico d i Hattalyki/1 è evidenziata dal fatto che la maggior parte dei metri qui presentati non com­ pare nella poesia scaldica precedente né i n quella contem poranea, ma la convi nzione che i l lavoro d e n u nci u n a d i pende nza dalla t rad izione grammaticale medio latina livi, p p . 120-4; B i b i re, 1988, p. 217) è un dato largamente i potetico. Ris petto a Hattatal, i nfatti, Hattalyki/1 è a ncora privo di un apparato esplicativo o di un commento in prosa, limitando purtroppo i n m isura determinante eventuali conside razioni d i ord i ne metapoetico p e r q uell'interessan­ te laboratorio i nterculturale e cosmopolita rappresentato nel Medioevo da lle isole O rcadi IJesch, 200 5 b; 2006; 2009).

eventualmente dall'esigenza di leggere le parole da un testo scritto e renden­ dolo un interessante fenomeno folclorico, il cui successo si protrasse addirit­ tura fino al secolo XIX, con centinaia di composizioni. Ordinate in un tessuto narrativo solitamente organizzato in molte strofe (in vari casi si supera il migliaio di versi), il loro andamento è segnato da una scan­ sione precisa degli eventi e delle singole sezioni, ordinati in una serie di tipolo­ gie metriche di provenienza anche straniera (come l'innologia latina), inizial­ mente semplici ma progressivamente sviluppatesi nei secoli in forme molto più articolate degli stessi metri scaldici. La narrazione è introdotta da una presenta­ zione formale più o meno estesa, talvolta indirizzata alle dame in ascolto, con versi di tono lirico e sentimentale ribattezzati con l'antico appellativo di mansongr ("canto amoroso� Kuhn, 1991, pp. 320-1), in quest'epoca non più col­ piti dalla censura dei secoli precedenti, laddove l 'influsso diretto del Minnesang tedesco resta una suggestione ancora in cerca di effettive conferme. Fondamen­ tale è il richiamo a un uditorio qualificato, al quale il narratore/ compositore si rivolge con frequenza in riferimento alla propria creazione, alle fonti del rac­ conto o alle proprie opinioni sull'accaduto, introducendo in tal modo quell'e­ spressione di autorialità già presente nelle strofe degli scaldi ( ivi, pp. 315-20 ) La dizione è di tipo scaldico, ma, come detto, con una sintassi più lineare e un impianto metrico basato prevalentemente su quartin e o distici settenari (il cosiddettojèrskeytt, ab-ab) e ottonari (il metro stajhent, aa-bb), presenti sia .

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Evoluzione della struttura poetica

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

Te matiche

nella tradizione europea continentale sia, dopo il sec. xv, nel ricco patrimo­ nio delle ballate di tono popolaresco (lejòlkeviser,folkvisor,fornkv�Òi e le più antiche dansar), diffuse in Islanda e sulle Fa::m er fino a Svezia e Danimarca. Denso è tuttavia il ricorso a ingredienti della dizione scaldica come heiti e kenningar, sebbene espressi in una veste generalmente più intuibile rispetto ai modelli tradizionali. Tali figure retoriche assolvono qui a funzioni tenden­ zialmente divergenti rispetto ai versi dei poeti di corte e, casomai, accostabili allo stile formulare della poesia epica o amorosa continentale. La quasi totalità del materiale rielabora temi e composizioni precedenti, so­ prattutto saghe ( in particolare Saghe dei cavalieri/ Riddarasogur e Saghe del tempo antico/Fornaldarsogur, cfr. PARR. 7.8, 7· 9) talvolta seguendo il testo quasi integralmente, a dimostrazione della grande diffusione e popolarità di quel genere narrativo. Non mancano tuttavia tracce provenienti dalla tradi­ zione dell'Edda poetica e della SnE (le Volsunga rimur, desunte dalla vicen­ da volsungica, le Prymlur, derivate dalla Prymskviòa, le Lokrur, che rievoca­ no il viaggio di 1>6rr presso Utgaròa-Loki). Grandi gesta eroiche contro mostri, draghi e giganti, atti di forza e astuzia in battaglia, spesso motivati dalla conquista di una sposa di rango in attesa del pretendente, sono al cen­ tro di queste creazioni, le quali tuttavia non nascondono una certa predile­ zione per una disincantata visione ironica, se non addirittura umoristica, degli eventi. 7. Le saghe

La saga e le sue origi ni

Rapporto co n l'o ralità

Direttamente collegato al vb. aisl. at segja ("parlare, narrare", cfr. ingl. to say, ted. sagen), il sost. aisl. saga (pl. sogur) descrive una composizione in prosa di estensione assai variabile e di difficile o comunque contraddittoria colloca­ zione in categorie tipologiche predefinite (Lonnroth, 1975, p. 425 ) . È a tutt'oggi impossibile stabilire l'effettivo periodo di nascita e diffusione di queste narrazioni né vi è accordo sulle ragioni della estesa popolarità che esse riscossero prevalentemente in Islanda e nella madrepatria norvegese, ma più in generale in tutta la Scandinavia. In realtà il termine non suggerisce molto rispetto alla forma, al contenuto o a un eventuale (sotto)genere di apparte­ nenza attraverso i quali la saga fu trasmessa: ciononostante il successo riscos­ so fu destinato ad avere conseguenze che sarebbero state inimmaginabili per gli anonimi autori di queste storie, come certifica l 'ormai ininterrotta catena di congressi scientifici dedicati esclusivamente alla saga (le lnternational Sa­ ga Conferences), che si susseguono con cadenza triennale fin dal 1971. I potesi di origine È presumibile che nelle prime fasi (all' incirca nei secc. Ix-x ) la circolazione di un numero imprecisato di queste storie abbia seguito un processo sostanzialmente analogo alla diffusione dei più antichi testi poetici, ovvero che siano state composte e recitate oralmente (come

7.1.

4 28

6.

Tradizioni lette rarie della Sca ndi navia medioevale

sembra suggerire l'etimologia del nome), benché la mancata elaborazione cri­ tica di principi o canoni compositivi che leghino la prosa all'oralità confini il confronto all'ambito folclorico dei racconti popolari. Ancora alla metà del sec. XII, infatti, il I-TG non annovera le saghe tra le pri­ me forme di documentazione scritta, salvo considerare le già citate pjòingar helgar ("genealogie" ? "agiografie"? cfr. sopra, PARR. 1.4, 2) o la non meglio precisata spaklega Jr�òi ("cultura/sapienza tradizionale: storia locale"?), al­ la stregua di forme ispiratrici di una testualità lungamente trasmessa per via orale147, composta e recitata prima dell'arrivo della scrittura. A un primo impatto, lo stile della maggioranza delle saghe sembra infatti ispirarsi consapevolmente alla forma orale, riprodotta in una veste artisticamente solo poco più elaborata. E d'altra parte, a fronte di una percezione diffusa di autorialità nella poesia scaldica, originata come visto in contesti di oralità, l'anonimato della stragrande maggioranza delle saghe rappresenta un enigma non chiarito, suggerendo tra le possibili risposte che l'autore di queste opere godesse di un prestigio minore e di un ruolo subalterno di mero compilatore, rispetto alla condizione di scaldo (Mundal, 2012, pp. 220-1). Eppure, queste creazioni sembrano coincidere con il processo di sviluppo economico-sociale e di maturazione culturale europea registrati tra i secc. XI e XIV: il miglioramento delle tecniche di sfruttamento agricolo e l ' incremento delle attività artigianali e degli scambi commerciali su scala estesa produssero un allargamento delle fasce sociali e delle relative aspirazioni, riconosciute attraverso canali sempre più coincidenti con il medium letterario, diffusamente perseguito grazie anche alla nascita, nel resto d'Europa, delle prime università. Una simile situazione si riflette ad esempio negli accresciuti ranghi nei quali si stava ripartendo, in Islanda come in Norvegia, l'aristocrazia - ecclesiastica e soprattutto laica - anche di stirpe non regale. Quest'ultima, in cerca di una visibilità alternativa al canone letterario del latino, poteva individuare fonti vantaggiose di legittimazione nella storiografia e nella letteratura genealogica in volgare, a cui eventualmente affiancare la composita materia epica franco-settentrionale e anglo-angioina incentrata sui rapporti tra Corona e nobiltà. Forse nessun'altra creazione letteraria del Medioevo occidentale è parago­ nabile alle saghe quanto alla precisa descrizione dei rapporti interpersonali e sociali, tanto da indurre addirittura, mezzo secolo fa,Jorge Luis Borges ad at­ tribuire agli Islandesi la 'scoperta' del moderno genere letterario del romanzo (Borges, 1966, p. 36: cfr. riquadro 4, per alcuni esempi di tipologia narrativa). Per l 'attenzione quasi 'chirurgica' al dettaglio e all 'intreccio tra microstoria e macrostoria (story e history), esse rappresentano uno strumento privilegia­ to per entrare in contatto con la società, la cultura e l' ideologia islandesi e Come documentano i poemi scaldici su re Òlafr il Santo e i prodigi seguiti alla sua morte (1030).

1 47.

429

Le saghe e il loro pu bblico

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

RIQUADRO 4

Tipologie narrative della saga. Alcuni esempi

C'erano d ive rtim ento e allegria, giochi di va rio ti po, da nze, incontri di lotta e narrazione di storie. La festa d urò per sette giorni e sette notti [...] Si na rra no cose che oggi molti nega no o fi ngono d i non sape re, poiché molti non vedono la realtà e credono che sia vero ciò che è stato tramandato e che sia falso ciò che è vero. H r6lfr d i Skalmarnes recitò la storia di H rongvièlr il Vich i n go e di 6 latr re dei guerrieri e di come Pra i n n il berserkr avesse fatto i rruzione nel sepolcro, e poi q uella di H r6 m u ndr G ri psson, e tutte con molti versi. Questa storia e ra fonte di di letto di re Sverrir, il qu ale e ra solito affermare che certi racconti 'fa nta­ stici' (o 'menzogneri', lygisogur) fossero i più avvi ncenti; gli uomini era no soliti raccontare ai conosce nti la storia d i H r6mundr G ri psson ed era stato lo stesso Hr6lfr ad aver composto il racconto. I l prete l ngi m u ndr narrò la storia di O rm r di Ba rrey, compre nde nte molte strofe e, in c h i us u ra, un poema ben fatto da lui stesso composto. Questa saga fu apprezzata i n seguito da molti saggi (Saga d i Porgi/l e Hafliai, ]6nsson, 19 53, vol. 1, p. 38) . Lo jarl Haraldr salpò nel corso di q uell'estate dalla N o rvegia con sette navi. Raggiunse le Or­ cad i, ma tre navi smarrirono la rotta e si d i ressero verso le Shetla nd, dove vennero cattu rate da llo jarl Erlendr e dai suoi uomini. A ppena lo jarl Harald r approdò nelle Orcadi, apprese quanto era accaduto, cioè che lo jarl Rognvaldr e lo jarl Erlendr erano scesi a patti e che si e rano d ivisi a metà l'a rcipelago. Lo jarl Hara ld r pensò di non avere nessuna possi bi lità di successo in q uella situaz ione (Saga degli uomini delle Orcadi XCIV, Meli, 1997a, p. 268). Parlava, Ari n bjo rn, i n q u esti te rm i n i : "[...] Ascolta il mio consiglio: stanotte resta sveglio e componi un e ncomio pe r re E i rikr. Fai i n modo che il com pon i me nto conti venti strofe e che tu sia in grado di recitarlo domattina, q uando com parira i al cospetto del re. Lo stesso fece Bragi, m i o congi u nto, q uando i ncorse nell' i ra di Bjorn re di Svezia: compose in suo onore u n encomio d i venti strofe i n u n a notte per riscattarsi la testa. Può darsi che ci arrida la fo rtuna e che tu possa avere attenzione dal re" (Saga di Egi/1 Skallagrimsson ux, Meli, 1997b. p. 163) . ( Re) O lafr (Tryggvason) c h i ese: "Ch i è q uello torturato sulla croce c h e voi cristiani adorate?"; risponde Pangbrandr: "Nostro Signore Gesù Cristo". Domandò (allora) il re: "Pe r q u a le ragio­ ne fu torturato? che reato aveva commesso?". Pangbrandr na rrò a llora minuziosamente a re O lafr della Passione d i nostro Signore e dei m i racoli della Croce [...] ; [l:>angbra n d r] pe rciò non poteva più restare i n Dani marca e così si recò da re O lafr Tryggvason, che lo accolse presso di sé e là fu consacrato sacerdote e rimase come cappellano di corte per un certo periodo. [. . .] Egli era però uno sperperatore di ricchezze e spe ndaccione e presto d issi pò i suoi be ni; si procurò allora una nave da assalto e prese a tormentare molte terre d i paga ni, saccheg­ giandole e spartendo i bott i n i tra i propri seguaci (Saga della Conversione v-vi , Gr0nlie, 2006. pp. 38-40).

l n risposta, Oddr cantò: ''A me non i mporta, perfido essere, l se di Freyr m i prometti la furia; l è male avere Odino come i ntimo am ico, l non si fan sacrific i a uno strego ne ! l lo so che gli Asi ardono nel fuoco, l ti pre ndano i tro/1, l io credo nell'unico Dio!" (Saga di Oddr l'arciere XLIV, Ferra ri, 2003, p. 283). A ta l punto ho desiderato che vendetta si compisse da non tenere in conto alc u no la mia vita. Ora felice posso morire i nsieme a quel Siggeirr c h e, costretta, sposai (Saga dei Volsunghi v1 1 1, Meli, 1993, p p. 78-9).

norvegesi, accanto ad agiografie, encomi, materiale devozionale e persino a forme apparentemente estreme e allegoriche del fantastico e della supersti430

6.

Tradizioni lette rarie della Scandi navia medioevale

zione tipiche delle cosiddette Saghe del tempo antico, che non smentiscono l' immagine severa e pragmatica della civiltà vichinga e post-vichinga. Sarebbe tuttavia un errore considerare questo tipico prodotto islandese (e in parte norvegese) alla stregua di una semplice realizzazione in forma scritta di prototipi orali priva di relazioni con la fioritura letteraria europea dei secc. XII-XIII, dal carattere religioso, storiograflco ed epico-cavalleresco - espressione di una nuova sensibilità cortese (Lonnroth, 19 65). Se una porzione considerevole di saghe manifesta un radicamento variamente riconducibile alla tradizione orale locale (Andersson, 2002), ciò non esclude l'esibizione tutt 'altro che limitata di rielaborazioni fantastiche e riadattamenti eroici del patrimonio letterario europeo di epoca contemporanea (Tveitane, 1969): • latino medioevale (dall'agiografia al ciclo troiano di Darete Frigio, fino a storici come Geoffrey di Monmouth): • francese (cicli epici come l'Alexandreis di Walter di Chatillon su Ales­ sandro Magno, le chansons de geste e le leggende lirico-cortesi di Tristano e Isotta, Fiore e Biancofiore o Ivano): • germanico continentale (con la memoria leggendaria e ideologica di Sig­ frido, uccisore del drago, o di Teoderico il Grande, re dei Goti d'Italia) 148• Il fenomeno della saga prende verosimilmente avvio con materiale attinto dalle traduzioni dal latino di storie, tradizioni e miracoli più antichi di santi, martiri e beati della Chiesa cristiana (ad es. le Vitae patrum, cfr. PAR. 2), in una parola le legendae (dal verbo lat. legere), dunque ciò che era meritevole di essere letto o declamato almeno fino ali'avvento della Riforma protestante, documenti spesso messi insieme in forma di raccolte di successo anche di ampie dimensioni (cfr. ad es. laLegenda aurea diJacopo da Varazze, ca. 1260 ). Come già osservato sopra (PAR. 1.4) e in 6Iason (2007a, pp. 30-1), le traduzioni agiografiche si collocano comunque tra i più antichi testi sopravvissuti ( inizi del sec. XII ) , una presa d'atto che fu alla base, oltre mezzo secolo fa, delle ormai celebri considerazioni di Turville-Petre (19 53, pp. 1 41-2): Le vite dei santi e le omelie non rappresentano i documenti migliori o più invitanti della letteratura islandese. Solo occasionalmente esse esprimono le riflessioni o i talenti artistici degli Islandesi e non dicono poi molto neanche sulle tradizioni e le

148. Il riconoscimento di questi elementi rende almeno in parte onore alle riflessioni di due stu­ diosi degli inizi del secolo scorso. U primo è Bjorn Magnlisson 6Isen (1911), protagonista di una dura polemica con Finnur Jonsson sull'origine colta delle saghe, affiancato da Pau) Victor Rubow (1913; 1936), in particolare autore di srudi sul concetto dipastiche letterario continentale applicabile al processo redazionale delle saghe e sulla clausola arcaicizzante (quasi preromantica) di molte di esse. Una menzione particolare meritano inoltre le osservazioni di figure come Gehl (1937, p. 88), Schildknecht-Burri (1945, pp. 111-1) o Sveinsson (1940 [1953. p. 41]), tra i primi a considerare la possibile (e inaspettata) contiguità di caratteri tra le saghe di tono cavalleresco e le saghe di tipo familiare (cfr. oltre).

431

L'i nflusso della literacy europea

Modelli devozionali

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

antichità locali, ma tuttavia rivestivano un peso assai maggiore per gli Islandesi del sec. XII che non per noi oggi. Queste opere furono le prime biografie scritte note agli Islandesi, i quali da esse impararono come trascrivere nei libri storie di vite e narrazioni fantastiche. Esse aiutarono gli Islandesi a sviluppare uno stile letterario nella propria lingua, fornendo loro i mezzi per esprimere i propri sentimenti in forma scritta. In sostanza, la letteratura erudita non insegnò agli Islandesi cosa pen­ sare o esprimere, ma come dirlo. È improbabile che le saghe dei re e degli Islandesi, perfìno quelle degli antichi eroi, sarebbero mai state realizzate nella forma attuale se diverse generazioni di Islandesi non fossero entrate in contatto con la narrativa agiografica.

Agiografie e storia

Si tratta di considerazioni espresse forse in termini eccessivamente netti e fìduciosi, non ancora investiti dal faticoso processo di revisione della 'me­ moria collettiva' islandese'49, processo che sul fìnire del secolo scorso confluì nelle ipotesi relative all'eventuale influsso esercitato da parte della letteratu­ ra storiografìca sul meccanismo di composizione delle saghe (Foote, I994· pp. 73-80; Whaley, 2ooo ). ll tema, non nuovo, fu ancora posto al centro della riflessione da Cormack ( I994· p. 29 ) , la quale sottolinea come ci si ci si inter­ roghi ancora raramente sulle possibili suggestioni esercitate dalla tradizione secolare sulla letteratura religiosa, evidenti ad esempio nella produzione let­ teraria di area anglosassone, gaelica e perfìno oitanica. In ogni caso, le Vite restano il prodotto letterario più popolare dell' Occiden­ te medioevale, come rivela anche in Scandinavia il numero dei manoscritti che le tramanda, addirittura superiore a quello delle Saghe degli Islandesi e delle Saghe dei contemporanei ( Cormack, 2005, pp. 29-30 ). Accanto alla Re­ gula benedettina, le agiografìe erano oggetto di celebrazione e recitazione nei refettori monastici, così come nei giorni di festa intitolati al singolo san­ to o patrono, favorendo in Scandinavia la promozione di biografìe di sovrani e membri dell'aristocrazia, divenute un genere autonomo di successo messo in forma scritta tra i secc. XIII-XIV (Anronsson, 20 07, pp. I 47-92 ) . Prima del I I 8 o, presso il monastero di l>ingeyrar, fu compilata la più antica saga relativa alla biografìa del re-santo 6 Iafr Haraldsson, del quale già nel 1153 il chierico Einarr Skulason, lo scaldo di gran lunga più importante del secolo, aveva composto una vita in versi ( Geisli, "Raggio di luce"). Molto popolari anche

149. Concetto introdotto dal sociologo francese Maurice Halbwachs in tre opere quali Les cadres sociaux de la mémoire (1915), La topographie légendaire des évangiles en terre sainte. Étude de mé­ moire collective (1941) e La mémoire collective (1950, postumo). L'autore si concentra su istanze e facoltà di conservazione e trasmissione di informazioni suscettibili di 'ricostruzione' e pertanto determinate da contesti sociali (cadres sociaux) indipendenti dall'inconscio. 'Memoria collettiva' e 'tradizione' sarebbero dunque due elementi in opposizione, due concetti che come è noto As­ smann (1997, pp. 48-66) etichetta come 'memoria comunicativa' (kommunikatives Gediichtnis) e una più elaborata 'memoria culturale' (kulturelles Gediichtnis).

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6.

Tradizioni lette rarie della Scandi navia medioevale

in Islanda, le vite degli Apostoli (Postula sogur) circolavano in manoscritti che ne conservavano versioni variamente interpolate e comprese in quel grande serbatoio narrativo che sono le Heilagra manna sogur(Saghe dei san­ ti), così ribattezzate dal loro primo editore, Carl Richard Unger ( I877, cfr. oltre). Contadini, santi e sovrani, principi, poeti e pirati islandesi, norvegesi o delle colonie nelle Isole britanniche sono i protagonisti privilegiati (singolarmente o con le rispettive famiglie o per singoli distretti) di numerose storie, più antiche o coeve1�0 , narrate in lingua volgare sia nelle saghe sia in un centinaio circa di più brevi storie e aneddoti (aisl. pdttr, pl. p�Rttir) ���. Con questa ultima etichetta si allude a racconti brevi, interpolati nelle più ampie saghe al fùone principale per creare intenzionalmente una cesura fonte di eloquenti parallelismi, con finalità ideologiche di natura storica o religiosa variamente riconducibili a exempla cristiani efabliaux medioevali e talora accostati alla novella. La loro origine e la relativa tipologia narrativa restano controverse, a cominciare dal nome stesso, adottato solo dal tardo sec. XIV, come affiora dal primo studio che li riguarda, all' interno di un lavoro di Baath (I88s) incentrato sulle Saghefamiliari (o degli Islandesi). Non è infatti sempre dimostrabile se il loro inserimento in una saga rappresenti una digressione erudita 1� 1 per enfatizzare la narrazione o piuttosto un'occasione per l' immissione di materiale preesistente, autonomo ed eventualmente orale, indipendente dal racconto principale, se non addirittura contrastante (cfr. Wtirth, I 9 9 I, pp. 6o- I 59: Jakobsson, 20I4, pp. 8s-9I) 1�3• I p�Rttir vedono coinvolti uomini liberi (per lo più) islandesi e sovrani nor­ vegesi (soprattutto nelle Saghe dei re), impegnati in contrapposizioni e faide, in conflitti religiosi collegati alla conversione e in viaggi esotici o imprese eroiche accostabili sia alle Saghe familiari (o degli Islandesi) sia alle Saghe del tempo antico, una fisionomia narrativa nella quale Harris (I 972) ritenne di individuare uno schema ricorrente. Tuttavia, le difficoltà di distinguere 150. Cfr. ad esempio incipit-tipo di alcune saghe: "da questo venne tratta la Saga di Porbjorn e Havaròr"; "Vébjorn fu grande uccisore di uomini e su di lui vi è una saga"; "da ciò derivò la Saga degli abitanti di Svaifdar, "e lì fu condotto llorèlr lo Strillone, prima che conquistasse tanto onore, come è descritto nella sua saga"; "come è narrato nelle saghe dei re"; "com'è detto nella Saga degli abitanti di Eyr", cfr. Lindow (1972.; 1978). 151. Nell'ampia letteratura suip4ttir si ricordano i contributi di Lange (1957), Andersson (1967), Harris (1972.), Byock (1982.b; 1988), A.). Gurevic (1992.a), Wl.irth (1991), Glauser (2.000 ), Ashman Rowe, Harris (2.005), Jakobsson (2.013). Interessante è l'evoluzione del termine in feroese, in cui designa la ballata eroica tradizionale di tono popolaresco e di natura lungamente orale. 152.. Nello stile dell' amplificatio della cronachistica latina medioevale e dei relativi epigoni scandi­ navi (Clover, 1982., pp. 148-84). 153. Elemento stilisticamente amplificato dal rapporto talora omodiegetico del narratore con !a sto­ ria narrata, che E. A. Gurevic (2.009 ), nel processo di valorizzazione della cultura scandinava medio­ evale rilanciato dagli studi del marito A.). Gurevic, riconduce alla sfera della disputa verbale (senna).

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Il pattr

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

con chiarezza un singolo pdttr in un'opera più estesa rendono piuttosto mac­ chinosa una descrizione comune e condivisa di questi 'microtesti' prodotti ancora nel sec. xv, talvolta limitrofi al racconto folclorico e popolare (Harris, 1 9 8 0 ) , talaltra in grado di esprimere strategie comunicative di probabile in­ flusso straniero, come nel caso deijlashback in forma di racconti retrospettivi in prima persona (Gurevic, 2009, p. 6 1 ). Memoria e prestigio

F rammenti poetici e performance

I nterpretazione della saga La commissione di una saga, tuttavia, rap­ presentava un'operazione di prestigio politico e sociale prima ancora che un'impresa economicamente onerosa. Considerata l'adesione generalizzata della società islandese al processo di 'testualizzazione ' della vita sociale e cul­ turale (Bruhn, 1 9 9 3 ) , una simile iniziativa garantiva sicura visibilità ai clan associati in un regime oligarchico di potentati (goòorò), i quali, in assenza di una monarchia centralizzata e di un potere esecutivo, concorrevano al man­ tenimento del delicato equilibrio politico-giuridico e al controllo territoria­ le sull 'isola. Per tale ragione è ormai da tempo che questi prodotti dallo stile apparentemente semplice e disadorno non vengono più considerati come il risultato della più genuina e neutra tradizione popolare, quanto veri e propri strumenti di solidarietà e di autopromozione politica, dal sec. XII fino alla fine del xv (Kristinsson, 2003: Tulinius, 20 07, pp. ss-6: Even-Zohar, 2013, pp. 2 1 - 8 ; Friòriksd6ttir, 2 0 1 4 ) . Accanto all' informazione e a una esigenza condivisa di difesa della memoria culturale, la narrazione di storie e aneddoti su eventi e personaggi non è mai venuta meno ai fini dell' intrattenimento. Non stupisce, quindi, che nel te­ sto di una saga sia possibile rinvenire frammenti, strofe o poemi scaldici di lunghezza variabile e rilevante valore estetico, in grado di produrre una deli­ berata tensione stilistica con il più semplice livello narrativo della prosa a cui si alternano. L' introduzione di quei frammenti poetici nel testo di una saga, la relativa funzione o i rapporti con la performance e il piano dell' oralità (cfr. oltre, PAR. 7.2 ) hanno suscitato nel tempo contrapposizioni anche acce­ se 1�4. Tali contrasti hanno naturalmente coinvolto anche l'annoso e ricorda­ to problema della forma originale o preesistente dei versi - laddove, in ragio­ ne di peculiari incongruenze narrative, sia lecito ipotizzare un inserimento solo parziale e decontestualizzato o perfino molto posteriore di strofe e se­ mi-strofe. Più frequentemente dei versi mirati a un effetto meramente reto­ rico-estetico, quei frammenti poetici declamati nelle saghe in forma di enco­ mio svolgono per lo più la funzione dinamica di puntello e di elevata drammatizzazione nei confronti di un determinato episodio, mantenendosi tuttavia pregiudizialmente refrattari alla pura invenzione e alla menzogna storica - secondo precise consuetudini richiamate ancora nel Prologo di

7.2.

I S 4 · Hofmann (1971; 1977; 1978-79); von See (1977; 197 8-79; 1981); Poole (1991); Fidjest01 (1993b); O'Donoghue (2oos. pp. 10-77).

434

6.

Tradizioni lette rarie della Sca ndi navia medioevale

Heimskringla •ss. In linea teorica non si può comunque escludere che la pre­ senza di segmenti metrici nelle saghe possa trovare una propria ratio in con­

comitanza con la nascita stessa di queste creazioni, laddove si considerasse la loro origine come una dilatazione in prosa di sezioni narrative cantate e tra­ smesse proprio attraverso i versi o la prosa ritmica, una veste decisamente più consona all 'oralità. Non tutti i 'sottogeneri' nei quali i moderni hanno ritenuto di classificare le saghe (cfr. riquadro s. p. 47 5) trattano i versi allo stesso modo. Come sottoli­ nea con il consueto acume Jesch (2001), le Saghe dei re sembrano la categoria maggiormente interessata a legare con puntualità i versi di scaldi professioni­ sti a determinate vicende storiche senza introdurre sostanziali novità sul pia­ no biografico o conseguenze a carico della trama (come ad es. inMorkinskinna, primo caso di opera storiografìca densamente popolata di versi). Viceversa, i compilatori delle Saghe degli Islandesi sembrano piuttosto inclini a inserire strofe di celebrati scaldi per finalità che escludono l 'amplificazione dell'ono­ re familiare e l'auspicio di ricadute sociali più o meno immediate. In questo gruppo di saghe l'introduzione di versi e informazioni ivi contenute assolve in modo forse più efficace al movimento generale dell'azione e della trama al di là del procedimento di costruzione ideologica di un passato familiare. An­ zi, proprio questo sottogruppo finisce per esprimere un filone di saghe im­ perniato sulla biografia di altrettanti scaldi e dei relativi rapporti con il pote­ re, alimentando il dibattito sull'autenticità di tali prodotti rilanciato con forza da Clunies Ross (2o1oa) a proposito dei versi che corredano la Saga di Egill Skallagrimsson. Ancora diverso, poi, è il caso delle Saghe del tempo anti­ co, la cui elevata densità di versi eddici è al servizio del forte afflato antiquario che le distingue, con una decisa transizione del loro orizzonte narrativo verso il piano finzionale. Soltanto una serie nutrita di elementi costitutivi può aver concorso al succes­ so tanto vasto e condiviso delle saghe (cfr. Macek, 1986). Tra questi vi sono lo stile sobrio, spesso arricchito da una fitta componente dialogica, e una tecni­ ca narrativa lineare e immediata (benché dilatata in sottotrame), una carat­ terizzazione dei personaggi basata più sulle azioni che sulla descrizione psi­ cologica e il contatto pragmatico con la quotidianità o il frequente richiamo al topos della faida con le sue rigorose partizioni (i 'faidemi ' ) •s6 o, ancora, gli ideali e le convenzioni in mezzo ai quali i protagonisti agivano e morivano. 155. «En pat er hittr slcilda at lofa pann mest, er pa eru peir fyrir, en engi myndi pat pora at segja sjilfurn honum pau verk hans, er allir peir, er heyròi, vissi, at hég6mi vzri ok skrok, ok sva sja.Ifr hann. l>at vzri pa haò, en eigi lof» (Aòalbjamarson, 1979', vol. I, p. 5), "È abitudine degli scaldi lodare soprattutto il signore presso il quale dimorano; ma nessuno si permetterebbe di attribuirgli imprese, che agli ascoltatori e a lui medesimo risuonassero come menzogna: sembrerebbe piuttosto una can­ zonatura e non una lode". 156. Come vendetta, mediazione, soluzione, cfr. Byock (1981a; 1981b; 1994).

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Il valore dei versi nella saga

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

Il modello ermeneutico di Andersson e le sue reazioni

Livelli sti listi ci

Nelle Saghe degli Islandesi, in particolare, sono frequenti le descrizioni di fai­ de interfamiliari, un elemento che ha caratterizzato a lungo gli studi di Theo­ dore M. Andersson, prevalentemente incline ad accentuare il portato 'giuri­ dico' della saga rispetto alle ricadute sociologiche e letterarie di più vasta portata. La sua elaborazione pionieristica di uno schema costitutivo in sei punti •s7 riscosse ampi consensi negli anni Sessanta e Settanta, a fronte di un intransigente dissenso espresso, tra gli altri, da Byock (19 82a, pp. 57-8), forte­ mente critico nei confronti di schemi sequenziali ritenuti semplicistici e che, dissezionando la narrazione, rischiavano di inibire la percezione realistica di un testo all'interno del contesto sociologico di origine •ss. Secondo Andersson, le violente controversie sovente descritte in queste composizioni sorgono per ristabilire l'onore individuale o del clan e in esse i protagonisti tradiscono una fiducia incondizionata nelle proprie virtù o in elementi esterni (la bene­ volenza di un re, la fortuna, gli dèi o perfino il Dio cristiano). La catena di azioni e reazioni fornisce così la motivazione per altrettante ge­ sta, permettendo alla narrazione di soffermarsi anche diffusamente su ele­ menti che agiscono da contorno a un personaggio o ai suoi nemici - una antica vicenda relativa a un antenato, uno screzio con il resto dellaparentilla o la natura dei vincoli con gli alleati, non disdegnando di approfondire le genealogie degli immancabili antagonisti (diretti e indiretti) o del sovrano allora in carica. li modulo di Andersson denunciava tuttavia una scarsa fles­ sibilità rispetto ai modelli applicati con successo nell'analisi di forme narra­ tive più semplici (ad es. gli schemi e le funzioni della fiaba magica di Propp. 19 66, o gli elementi di semiotica narrativa di Greimas, 1966), finendo pro­ gressivamente per essere ridimensionato dalla critica e attenuato in fasi più discontinue •s9• Nel solco dell'analisi strutturalista più estrema, un'eccezione è costituita dallo straordinario lavoro di Danielsson (1986) sulle Saghe degli Islandesi•6o, tratto dalla propria tesi di dottorato. Nello specifico, Danielsson approfondisce il frame della 'scena-tipo' di una storia, correggendo alcune presunte 'debolezze' dell 'impianto di Andersson sulla saga - e di Harris sui p�ttir - e mettendo a punto un sistema di ben 19 elementi variabili rivelatosi particolarmente macchinoso e per questo non ulteriormente applicato. Accanto al confronto scaturito dalla struttura interna della saga, un dibattito parallelo che nei decenni ha talvolta generato aspre contrapposizioni ha inol1)7· Introduzione, conflitto, culmine, vendetta, riconciliazione, conseguenze (Andersson, 1967, pp. 4-30). 1)8. Byock (1988; 1001a); Miller (1983; 1990); Pencak (199s); per l'intero riesame cronologico cfr. Andersson, Miller (1989, pp. 3-118). 1)9· Quali ad esempio il raddoppiamento di episodi chiave o la partizione in sette livelli di Allen (1971, pp. 64-94), esponente della scuola 'oralista' -formulare, o ancora la formalizzazione tripar­ tita della 'scena' di Clover (Premessa, Incontro drammatico, Epilogo); cfr. Kristjinsson (1986, pp. 191-1); Clover (1974; 19 81). 160. A proposito delle Saghe dei re, degno di nota è il contributo di Danielsson (100 1).

43 6

6.

Tradizioni lette rarie della Sca ndi navia medioevale

tre riguardato le tipologie stilistiche fondamentali comunemente individuate nella letteratura prosastica norrena, a proposito di: • stile 'semplice', popolaresco (talora etichettato come 'stile della saga' ) e peculiare delle fslendingasogur o delle prime agiografie: • stile 'colto', più tipico della tradizione ecclesiastica e omiletica; • stile 'cortese/di corte ' (Halvorsen, 19 59, 198o-82a; 198o-82b, per una cri­ tica del quale cfr. Kristjansson, 1 9 8 1; 1982); • accanto ai precedenti è stato talvolta riconosciuto un quarto e più raffi­ nato stile, 'ornato' o 'florido' (isl. skruòstill). La controversia era stata originata, sul finire del sec. XIX, da un dirompen­ te intervento di Nygaard (189 6), il quale si interrogava sull'eventuale debito della prosa norrena verso la tradizione orale e uno stile genericamente 'po­ polaresco' o se invece non si dovesse piuttosto valutaria come un prodotto esemplare della nuova cultura letterata, in armonia con uno stile più ricercato (Kristjansson, 19 85, pp. 553-6: Hauksson, 1994): Non si possono suddividere le saghe più antiche in base allo stile - da un lato le sa­ ghe tradotte, composte in uno stile erudito per influsso del latino, e dall'altro quelle originali, realizzate secondo lo stile del parlato - ma è possibile fornire un quadro più veritiero. Le Saghe sui santi tradotte dal latino sono le più antiche composizioni in nordico occidentale, redatte secondo uno stile plasmato sia sul latino degli origi­ nali, sia sulla lingua parlata. Più tardi si affermarono le saghe locali, sviluppatesi in una lingua e in uno stile influenzati dalla letteratura colta, in particolare delle agio­ grafie (Kristjansson, 1 985, p. 291).

Partendo da un celebre saggio di Heusler (1914, spec. pp. 53-5), gli esponenti della cosiddetta scuola della 'teoria della prosa libera' (Freiprose Theorie/ Free-Prose Theory) sottolineavano il significato primariamente orale delle saghe (sottinteso in modo esplicito in molte narrazioni), il cui nucleo sarebbe stato oggetto di una articolata trasmissione attraverso generazioni di cantori, per essere solo più tardi registrato in forma scritta. Questa posizione, fortemente sostenuta nel tempo da studiosi dell 'oralità, folcloristi, sociologi e archeologi (cfr. ad es. Byock, 19 84-85: 1990-9 1 : 1995: 2o01b) contemplava l'ipotesi che alla base della saga vi fosse l 'unificazione espansiva di fatti ed eventi limitati (i già citati p�ttir), successivamente riuniti a formare un racconto più generale imperniato sulla escalation di un conflitto (cfr. Campbell, 1986, pp. 239-40). Avversi a questa interpretazione, gli aderenti all a cosiddetta 'teoria della prosa scritta' (Buchprose Theorie/Book-Prose Theory, in particolare molti esponenti di scuola islandese) 161 rintracciavano nelle saghe il prodotto di una incerte161. Bjorn Magnusson 6Isen, Siguròur Nordal, Paul V. Rubow o Bjarni Einarsson.

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Freiprose Theorie

Buchprose Theorie

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

l nterferenze e ib ridazioni

stualità, un lento lavoro di collazione, vaglio e probabile rimaneggiamento o alterazione delle fonti, eventualmente attraverso la rielaborazione dello stile letterario di vitae e sermoni in latino 161 - ben noti al panorama culturale islan­ dese (Wtirth, 1998). La variabilità della dipendenza dalle fonti, scritte come orali, risiederebbe pertanto nel diverso grado di adesione alle varianti di una medesima storia, alle quali il redattore - per interessi personali o per la pres­ sione dei sistemi familiari-clientelari coinvolti - avrebbe deciso di conferire un determinato credito, generando quesiti e difficoltà ulteriori, a cominciare dal ruolo effettivo e dall a funzione di autore/compilatore/scriba definito dal sost. aisl. sagama/Jr. Si tratta di una teorizzazione che, fìn dagli esordi, era basata su preconcetti e formulazioni errate tra i sostenitori di entrambi gli approcci teorici e che or­ mai era ampiamente superata nei suoi limiti concettuali già alla metà del se­ colo scorso (sulla sostanza del dibattito restano ancora validi Andersson, 19 64: Mundal, 1977 ). Spesso si dimenticava quanto elastico e per nulla mec­ canico fosse in realtà il rapporto mai del tutto chiarito tra fonti orali e scritte, estremamente variabile caso per caso come evidenziato già nei lavori di Heusler. Ogni realizzazione testuale del Medioevo soggiaceva naturalmente alle prerogative di una cultura basata sulla performance, sulle interferenze extra-linguistiche e sulle relative convenzioni narrative, ivi compresi gli inci­ pit che alludono alla presunta origine orale di un testo 163. Come accennato in precedenza, alla sfera della trasmissione vocale si richiamano anche i fre­ quenti esempi di sezioni poetiche che in misura variabile si alternano in mol­ te saghe con la prosa (a formare il tipico prosimetro ). Queste, nel tempo, han­ no alimentato quelle congetture che attribuiscono a versi e strofe il ruolo di nuclei orali residuali, sulla base dei quali singole storie si sarebbero espanse in una forma prosastica più armoniosa. Come noto, lo stesso articolato concetto di oralità, laddove eventualmente ricostruibile in una forma condivisa, non esclude che, in un contesto di più generale analfabetismo, forme di 'restualità vocale ' possano aver affiancato e integrato la tradizione scritta, sia quella più vicina a forme del parlato (ad es. le saghe agiografiche) sia quella di tono più elevato 1 64• n problema ormai, oggi, non è chiedersi se una saga sia di origine orale o scritta, ma piuttosto se

161. «Le vite dei santi (heilagra manna sogur) sono senza dubbio le più antiche saghe scritte in islandese, composte nel cosiddetto stile 'della saga' o stile 'popolare', in contrasto con lo stile 'col­ to' che si incontra principalmente nelle omelie e nelle saghe (o nelle versioni di queste) più recenti. Questo stile "popolare" era rappresentato dalla lingua parlata islandese modificata in parte dalle fonti latine» (Kristjinsson, 1986, p. 195). 163. Cfr. Baetke (1956, pp. 59-60 ); Palsson (1961, p. 40); più di recente, Mitchell (1001, pp. 168-71); Boldl (1005, pp. 1-85). 164. Cfr. Halvorsen (19 80-81b), Tveitane (1968), Widding (1979), Kristjansson (1981), Astas (1987), Pilsson (1999).

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Tradizioni lette rarie della Sca ndi navia medioevale

ciò che resta di essa evidenzi elementi riconducibili a una tradizione orale o a un approccio più propriamente letterario, frutto degli interessi e della com­ petizione sociale di singole fazioni islandesi, compresa la Chiesa locale, tra i secc. XII-XIII (Siguròsson, 2004, pp. 17-47: Mundal, 2010 ) . È immaginabile che il patrimonio di narrazioni, episodi e frammenti tramandati o creati dal medium orale e disponibili agli scribi del sec. XIII fosse di natura alquanto disomogenea, variamente accumulata e non necessariamente standardizzata in forma di prototipi da trasferire meccanicamente sulla pergamena. Ciò consentiva ai redattori di operare selezioni e addomesticare le notizie secondo le sensibilità dei gruppi dominanti o dei clan interessati dalla composizione di una saga (Bragason, 19 88, p. 268: Meulegracht S0rensen, 1977, pp. 87-9: Rankovié, 2oo6, pp. 40-2, 45-50, 53-4: Rankovié, 2007 ) . A circa quarant'anni di distanza, in una parziale rivisitazione delle proprie riflessioni sulle Saghe familiari (o Saghe degli Islandesi, cfr. oltre), Andersson (2oo6, pp. 17-8 ) immagina tre grandi 'bacini' memoriali comunicanti, ai quali attingere nella redazione di una saga e in grado di illustrarne la pluralità e la compresenza di elementi narrativi eterogenei, finendo così per concordare con le critiche rivoltegli a suo tempo da Lonnroth ( 1975, p. 425, cfr. oltre, nota 171 ) . Questi riguardano: 1. un patrimonio biografico, dal quale trarre materiale utile alla compo­ sizione di Saghe dei re e Saghe dei vescovi, accanto ai due sottogruppi con­ venzionalmente noti come 'saghe degli scaldi' e 'saghe dei fuorilegge' ( Gisla saga, Haròar saga, Grettis saga) e ad alcune parti della Sturlunga saga (Sturlu

saga, Guòmundar saga djra, Poròar saga kakala, Porgils saga skaròa) ;

2 . u n patrimonio basato su una tradizione cronachistica e regionale, a cui hanno attinto gli autori di Viga-Glums saga, Reykdtela saga, Eyrbyggja saga, Ljosvetninga saga, Laxdtela saga e Vatnsdtela saga. Nella galassia della Stur­ lunga saga questo interessa ad esempio la grande fslendinga saga, oltre alle due antiche composizioni 'politiche' Orkneyinga saga e la FtRreyinga saga; 3· un bacino che raccoglie materiale giuridico sul quale sarebbe stata elabo­ rata gran parte delle Saghefamiliari basate sul tema del conflitto e della faida, caro ad Andersson (Heiòarviga saga, Htensa-Poris saga, Droplaugarsona saga, Vdpnfiròinga saga, Brennu-Njdls saga), che raccoglie elementi contenuti nei già citati testi regionali della Viga-Glums saga, Reykdtela saga e Ljosvetninga saga, accanto alla Porgils saga ok Hajliòa conservata nella Sturlunga saga. li vivo apprezzamento riscosso dalla saga a partire dal sec. XIII ne tradisce analogie e una certa contiguità con il clima di conflitto sociale spinto alle estreme conseguenze dalla crisi della vecchia oligarchia islandese e dalla pro­ gressiva cessione di sovranità nei confronti del 'protettorato' norvegese, pro­ cesso conclusosi tra 1262 e 1264. Attraverso la creazione di una letteratura di taglio 'storico' e flessibile avallata anche dalla Chiesa, il richiamo nostalgico a genealogie prestigiose e la spinta all 'imitazione della narrativa europea con­ tribuirono a produrre questo fenomeno del tutto peculiare e di straordinario 439

Memoria sociale e ricadute lettera rie

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

Strutturazione della saga. Il Forma lismo russo

successo, tale da soppiantare tra le classi dirigenti le varie forme di narrazio­ ne poetica corrente ( Olason, 2007a, pp. 28-31; Tulinius, 2002a, pp. 44-65). Resta tuttavia sempre insidioso captare l'effettivo grado di realismo o intuire il vero punto di partenza di una saga e, di conseguenza, il relativo principio di unità composizionale. Sfuggendo alla disciplina aristotelica di unità d'a­ zione del racconto •6�, le varie sottotrame perseguite simultaneamente in una saga si diffondono in scene-tipo e dettagli minuziosi dedicati a elementi, per­ sonaggi, caratteri o vicende passate o fantastiche apparentemente superflui se non fuorvianti, ma probabilmente noti al pubblico di storie profane e di agiografie. La quantità e la specificità di studi che dal secolo scorso hanno riguardato le saghe sono tali da rendere pressoché impossibile un bilancio esaustivo delle posizioni espresse. Lo stile della saga, le sue strutture portanti, il relativo im­ pianto narrativo, le tecniche dialogiche e della narrazione differita di eventi e intrecci, persino i ruoli di genere, sono solo alcuni degli elementi ai quali sono stati applicati paradigmi analitici di scuole di pensiero letterarie, psico­ logiche e sociologiche diverse • 66• Gli approcci ermeneutici verso questi prodotti della cultura medioevale sono stati molteplici, come sottolineato ad esempio da Kristjansson (1986) e Kel­ logg (19 94, pp. 499-500 ), il quale ricorda come anche per la saga possa risul­ tare proficua l'applicazione dei consueti meccanismi di scomposizione nar­ ratologica infabula (storia) e sjuiet (intreccio) 1 67• Si tratta come noto di due concetti elaborati dalla cosiddetta 'scuola' dei formalisti russi agli inizi del sec. xx, in concomitanza con il processo di revisione e riformulazione della teoria dei generi letterari (Segre, 19 85, pp. 100-24). Tale processo si realizzava attraverso l'assolutizzazione dell'opera in quanto tale, riconducendo preva­ lentemente l'indagine al dato linguistico-testuale, secondo parametri condi165. Resa nota in Europa soltanto dalla metà del sec. XIII grazie alla traduzione latina del compen­ dio della versione araba di Averroè. 166. Tra questi si collocano ad esempio le categorie morfologiche di Vladimir Propp e dei formalisti russi e il simbolismo del cronotopo letterario di Michail Bachtin, i Cultura! Studks e il Neostorici­ smo, i Gender Studies e la teoria polisistemica di ltamar Even-Zohar. A partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, diverse tesi del Formalismo furono oggetto di un recupero, non privo di criti­ che anche severe, da parte delle correnti strutruraliste ispirate a Claude Lévi-Strauss, al percorso generativo elaborato da Algirdas Greimas o ai livelli narrativi di Roland Barthes. Nel dibattito su simbolismo, proprietà e 'generi' letterari (applicabili anche alle saghe ), Tzvetan Todorov si mostrò incline a interpretare questi ultimi come classi di testi istituzionalizzati in una certa società, suscet­ tibili di rappresentare al contempo orizzonti di aspettative, per i lettori, e modelli scritturali, per gli autori (Todorov, 1976). Una efficace classificazione delle modalità narrative dei testi in prosa, pienamente applicabile al tessuto della saga islandese, è quella avanzata ad esempio da Dolezel (1998, spec. pp. I13-32.). 167. Cfr. altre coppie analoghe, come 'storia' (o diegesi) vs. 'racconto' di Gérard Genette, o 'storia' vs. 'discorso' di Seymour Chatman.

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6.

Tradizioni lette rarie della Sca ndi navia medioevale

visi dall'evoluzione funzionalistica della linguistica saussuriana, relativa alla finalità degli atti linguistici. In sostanza, la saga intesa come sju:iet impliche­ rebbe l' insieme delle caratteristiche narratologiche, strutturali e retoriche di un testo (sia scritto sia orale), la rappresentazione cioè degli eventi dellafobu­ la collocati in una trama, indipendentemente dall'ordine spazio-temporale (e modale, nei termini espressi da Genette, 1976). Viceversa, lafobula defini­ rebbe piuttosto l 'ordinamento sequenziale e cronologico dei fatti narrati o comunque implicati in una narrazione, in altre parole un plot composto di unità tematiche significative ('motivi') 1 6 8 e, in senso lato, la ricostruzione personale che un lettore trae dal sju:iet. Nella seconda metà del Novecento, l' incessante dibattito sul grado di aderen­ za alla realtà delle saghe (cfr. tra gli altri Steblin-Kamenskij, 1966: Hallberg, 1974: A. J. Gurevic, 1 9 9 2a) restò invischiato nel tema sconfinato del realismo in letteratura e nell' inevitabile riconoscimento del suo carattere soggettivo, elemento insidioso che, nel caso di testi medioevali, rischia di rivelarsi fuor­ viante. Contemporaneamente, si andavano affermando nuovi indirizzi di ricerca, rispetto ai quali la comunità scientifica iniziò a confrontare il proble­ ma della saga e delle relative origini sia con le tematiche dell' intertestualità (e quindi della riscrittura) sia con l' intricato argomento dei generi. Ciò che talvolta è sfuggito ai protagonisti del dibattito sulla saga è la probabile assen­ za, in origine, di categorie distintive e di un discrimine netto, o di confini im­ permeabili, nella costruzione di racconti concatenati e delle relative sottotra­ me. In questo senso, poco importa se esse siano state prevalentemente orali oppure rielaborare con distacco attraverso una testualità scritta - espressione di realismo, di puro artificio o dello straniamento dal concetto di 'consueto', caratteristico di un più sottile linguaggio 'transmentale', secondo il pensiero di Viktor B. Sklovskij. Frammenti di storie ed elementi retorici di epoca anche diversa avrebbero così potuto dar vita a nuovi racconti, entrandovi e uscendone in modo repen­ tino, talvolta vago e allusivo eppure armonico e coerente con i caratteri di un dato sistema culturale. Un sistema che evidentemente si dimostrava dinami­ co e aperto, soggetto a spostamenti e deviazioni del canone, nel senso stabi­ lito negli anni Venti del secolo scorso da semiologi e formalisti della 'scuola russa', tra i quali Boris Eichenbaum, Jurij Tynjanov o Roman Jakobson, in relazione a problemi quali il rapporto tra segno e significato, l 'evoluzione di fenomeni e generi letterari e i movimenti 'interni' di una cultura (Tynjanov, 1929, trad. it. 1968, pp. 45-60). L' intero impianto di una saga veniva così ad assumere i contorni di una predisposizione mentale che nel 1971 lo studioso russo Mikhail Steblin-Kamenskij definiva provocatoriamente Mir sagi ( The Saga Mine/), innescando una accesa controversia soprattutto nella cosiddetta 168. «l motivi starebbero insomma ai testi come le parole alla frase» (Segre, 198s. p. 340).

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Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

'scuola islandese', che evidenziava i limiti di un approccio al Medioevo basato su categorie culturali, narratologiche e psicologiche tipicamente moderne169• Con tale espressione, Steblin-Kamenskij alludeva alla tipica.forma mentis della saga, tendenzialmente refrattaria a classificazioni totalizzanti e unilate­ rali in generi e sottogeneri narrativi, certamente più familiari al lettore mo­ derno ma non propriamente compatibili con questo tipo di composizione. Li miti della parcellizazzione

Generi e sottoge neri Oggetto di un'approfondita disamina era le corren­ ti dello Strutturalismo, il concetto di 'genere' rappresenta ancora oggi uno tra i temi centrali della teoria letteraria. Come più in generale dimostrano i ten­ tativi di classificazione della letteratura medioevale in tipologie, registri e ca­ tegorie (Gaunt, 1995, pp. 4-10 ), anche la proposta di applicare la categoria del genere letterario alla saga islandese è contraddistinta da criticità e incon­ gruenze, alle quali già la semiotica russa del sec. xx aveva cercato di suggerire possibili soluzioni attraverso l' immagine dei sistemi 'modellizzanti' e del concetto di 'aucomodello' propri di ogni sistema culturale17 0• La scelta di classificare il genere della saga al suo interno (in sottogeneri o microgeneri) si rivela talora una iniziativa più prossima a istanze contemporanee che non trova efficaci riscontri nella letteratura di quel periodo, un tema controverso, talvolta concretizzatosi nella elaborazione di modelli tassonomici dal valore euristico non sempre condiviso unanimemente. Gli schemi prodotti sono spesso risultati poco elastici ed esaustivi (Mitchell, 1991, pp. 8-19), poiché, in certi casi, a prevalere sembra essere stato l'orizzonte fìnzionale o fantastico e l ' imitazione letteraria, mentre, in altri casi, si percepisce l'esigenza di un ade­ guamento a vincoli politico-storiografìci, etico-deontici o fondativi della memoria locale ( ivi compresi i miti della cristianizzazione) frutto di istanze antagoniste. Ancorché lodevole e frequentemente citato, il tentativo di uno specialista come Kurt Schier (Schier, 19 70, pp. s-6) riesce solo parzialmente a tener conto della ricchezza tematica e delle contaminazioni espresse dalle saghe. Benché poco demarcato, il suo schema di riferimento per una classifi­ cazione delle saghe (peraltro strumentalmente perseguito anche in questo capitolo), avrebbe corrisposto in misura piuttosto limitata alla percezione in un islandese del sec. XIII : • saghe in senso stretto : a. Saghe dei re; b. Saghe degli Islandesi; c. Saghe del tempo antico;

7.3.

d Saghe degli Sturlungar;

e. Saghe dei vescovi; 169. Si vedano ad esempio Steblin-Kamenskij (1973, specialmente cc. 2., 4) e le repliche di Hallberg (1974) e Meulengracht S0rensen (1977 ); cfr. ancora Clover (1985, pp. 2.59-62.) e Ferrari (1994). 170. Loanan (1967 ); Loanan, Uspenskij (1975); lvanov et aL (1979 ) .

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6.



Tradizioni lette rarie della Sca ndi navia medioevale

saghe in senso più ampio :

Saghe dei cavalieri; g. Saghefiabesche; h. Saghe (Storie) dei santi. f.

Non immuni dalle forme di 'decostruzionismo' e di antistoricismo presenti nella riflessione estetica di Jacques Derrida, le critiche di Lonnroth (1975), che riecheggiavano due suoi importanti saggi (Lonnroth, 1 9 64: 1965), si sono indirizzate contro la schematizzazione e l 'uniformità della saga in favore della irriducibilità di essa nei confronti della sua definizione in generP71• Le risposte a questa posizione sono state assai diverse, concentrate volta per volta sull' individuazione di blocchi analitici o di natura etnica (Harris, 1975) o di segmenti narrativi o anche di scene-tipo convenzionali variamente combinate. In tal senso, un importante tentativo di superamento delle contrapposizioni fu avviato nel 1982 da Carol Clover. Confrontando in particolare le Saghe degli Islandesi con i coevi documenti letterari medioinglesi e antico francesi, Clover ( 1 9 82, pp. 184-204) rilevava come molti ostacoli nell'interpretazione delle saghe dipendessero dal mancato rispetto dell'unità aristotelica, in ragione del diverso grado di assemblaggio di nuclei e segmenti narrativi, le cui « frontiere naturali erano suscettibili di espansione» ( ivi, p. 54) attraverso preludi, appendici e intrecci, composti di 'orditi e trame' nel tessuto della saga (Jakobsson, 2014, pp. 100-9) ed eventualmente richiamati da semplici cross-referencing formulas ( Clover, 1 9 82, pp. 5 4, 171). Più cauta verso tale ipotesi sembra invece la posizione di Margaret Clunies Ross, la quale tende a intravedere nella saga la manifestazione espressiva di un unico macro-genere multimodale con le proprie strategie narrative, tutt'al più affiancato da storie e racconti collaterali (Clunies Ross, 1 9 9 8, pp. so-3). La studiosa è infatti reticente verso la costruzione di specifici modelli normativi di sottogeneri, privi a suo dire della soglia minima di re­ quisiti che individuano in esclusiva un genere narrativo (cfr. Fowler, 19 82., pp. 54-74). In sostanza, il rischio è quello di esporsi a una infruttuosa deri­ va terminologica, come talvolta emerge dal dibattito su luoghi di origine, grado di autenticità o di ibridazione nelle saghe di argomento leggendario o storico-familiare (molto bene individuato da Ashman Rowe, 1993). Ciò finisce per rendere ancora attuali le considerazioni di Hans R. Jauss (1 977, p. n o ) relative al concetto di 'genere letterario', etichetta estendibile in sen­ so lato a raggruppamenti di testi che, come le saghe, non sono definibili se­ condo una evoluzione diacronica peculiare, poiché restano legati e unificati da un medesimo contesto storico. 171. «Non esiste una formula universale attraverso la quale possa venir descritto l'intero genere [della saga] , per la semplice ragione che non esiste un genere o, per essere più precisi, non esiste uno solo ma diversi generi, variamente combinati dai singoli autori» ( Lonnroth, 1975, p. 42.5).

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Il d i battito scientifico

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

Definizioni consolidate come Saghe degli Islandesi o Saghe dei re non co­ noscevano in realtà degli effettivi equivalenti in antico islandese, ma trag­ gono piuttosto origine da influssi di epoca successiva, individuati in misura crescente nel Continente europeo e nei circoli della Chiesa locale, anch'essa interessata fruitrice della saga. n maggior numero di queste composizioni mostra costantemente l'associazione di elementi eterogenei di natura de­ scrittiva, storico-biografica, drammatica, ma anche fantastica, al punto tale da permettere di postulare forme di contaminazione che accomunano ad esempio tratti delle Saghe dei cavalieri con altre dal pronunciato orizzonte finzionale o con quelle imperniate sulle biografie reali e perfino con taluni p�ttir (Finlay, 2014, pp. 63-5), senza che ciò ne pregiudichi la forte propen­ sione all' intrattenimento, come illustra il frammento sopra citato dalla Saga

di Porgi/l e Hajliòi.

La saga come specchio d i un polisistema culturale

In tali circostanze sembrano riecheggiare talune considerazioni espresse da Ireneusz Opacki a proposito del rapporto tra ibridazione tematica,jàntasy e genere letterario, un sistema diacronico, quest 'ultimo, che si manifesta in una serie di sequenze sincroniche reciproche e di limitata variabilità, poiché evo­ lutesi a partire da un genere egemone (o 'regale' ) in una certa epoca (Opacki, 2000 ). Tuttavia, non va dimenticato che la presenza di parallelismi testuali all 'interno della medesima saga, o in composizioni diverse, può rispecchiare in una certa misura il risultato dei vari stadi di composizione e riscrittura, vale a dire quelle fluttuazioni scaturite dalla tradizione manoscritta durante i processi di copiatura e aggiustamento di un testo operate da autori/compila­ tori 'creativi', influenzati dall' interferenza di tecniche narrative egemoni ma altresì in grado di creare o interpolare frammenti poetici e segmenti storici e biografici alternati a storie tradizionali. I prodotti finali, e i relativi caratteri ibridi, possono piuttosto essere ricondotti, secondo la sintesi di Bagge (1997, pp. 420-2), a quell'alternanza tra scrittura storiografica rappresentativa e ar­ gomentativa postulata da Phillips (1986 ) 171• Dalla ricchezza del dibattito si comprende che tali condizioni finiscono per rafforzare il quadro di una costante interdipendenza di temi e della confluen­ za di modalità descrittive in un ampio numero di saghe, una relazione che si percepisce attraverso la varietà di sottogeneri letterari le cui frequenti meta­ morfosi sono conseguenza di un determinato 'polisistema' culturale e delle mutevoli competizioni sociali che lo governano. Una simile prospettiva si pone in continuità con gli approcci 'sociologici' alla traduzione di Bruno Latour o Gideon Toury e in particolare con la 'teoria polisistemica' elaborata 171. Phillips si riferiva al recupero della narrazione storica di epoca classica, profana e basata sulla esperienza diretta dei fatti, da parte deii'Umanesimo protestante, dopo la lunga stagione medioe­ vale della storiografia cristiana imperniata sul tema del 'messaggio' divino, una sorta di Historia ecclesiastica allargata alle vicende profane, da Eusebio di Cesarea fino ad Adamo di Brema e Gio­ vanni di Salisbury, cfr. Momigliano (1963, pp. 89-94).

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Tradizioni lette rarie della Sca ndi navia medioevale

negli anni Settanta da Even-Zohar ( 1990: 1997 ). Si tratta di un quadro nor­ mativo debitore degli spunti della cultura russa novecentesca sull'evoluzione dei sistemi socioletterari, su sincronia e diacronia, sulle categorie di spazio e tempo (il cronotopo) e la relativa applicazione ali' aspetto narrativo (Bachtin, 1979: Gurevic, 1983, pp. 29-43 ) . Questo approccio introduceva come detto il concetto di 'polisistema' ( cultu­ rale), relativamente all'aggregazione di forme narrative primarie più 'elevate ' a forme 'marginali' meno elaborate e canoniche non necessariamente ana­ loghe nel sistema culturale (letterario, semi-letterario ed extra-letterario) di una certa società. In questa dialettica tra 'centro' e 'periferia' o tra 'centralità' e 'subalternità' culturale, l' importazione e l 'amalgama di nuove forme ed ele­ menti narrativi e culturali (anche extra-letterari) in un dato sistema consen­ tiva così a modelli 'secondari' - come ad esempio le opere in traduzione - di svolgere un proficuo ruolo di rafforzamento e ampliamento del patrimonio letterario autoctono, collegando i testi tradotti alla natura e alle condizioni socioletterarie della cultura ricevente e riducendo le distanze tra valori cultu­ rali eterogenei (Gentzler, 1998, pp. 106-44) . Tutto ciò ha comportato l' inizio di un processo di ripensamento - non an­ cora esaurito - di uno dei cardini dell'identità culturale scandinava come appunto la saga, un processo nel quale potrebbe rivelarsi utile il recupero di due interessanti lavori incentrati su possibili influssi dali'esterno spesso liqui­ dati troppo frettolosamente (Rubow, 1936: Einarsson, 19693 ) e che Tulinius ( 2013 ) ha il merito di aver richiamato al centro del dibattito. n panorama del­ la critica sembra dunque avere ridimensionato l' interpretazione unilaterale delle saghe concepite come istanze narrative inderogabilmente subordinate a una tassonomia per soggetto e cronologia interna, dai confini piuttosto rigi­ di, definita negli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Una simile rappre­ sentazione obbediva infatti a criteri euristici peraltro già confutati in passato sia dalle allusioni del Formalismo russo ai meccanismi sociali di produzione e ricezione di un testo sia, più tardi, dalle considerazioni su teoria letteraria ed estetica della ricezione di Hans R. Jauss, i cui echi sono ancora rintraccia­ bili nella citata Ashman Rowe ( 1993 ) in rapporto al concetto di ibridazione testuale. In virtù della dinamicità dei generi e della loro mutabilità nel corso del tempo, l 'indirizzo ormai prevalente negli studi contemporanei tende a imperniarsi su un approccio più descrittivo che non prescrittivo delle saghe. La sintesi delle riflessioni più recentemente elaborate sul tema della saga è oggi rappresentata dai 27 saggi che compongono il poderoso lavoro di Ja­ kobsson e Jakobsson ( 2017 ), mentre in Italia il dibattito sui sottogeneri della saga è stato recuperato con perizia da Massimiliano Bampi in almeno quattro saggi stimolanti (Bampi, 2012; 2013; 2014; 2017 ), ai quali si rimanda per ogni ulteriore approfondimento. Qui di seguito si riproduce, con finalità puramente pratiche e di esclusivo riferimento introduttivo, la scansione tassonomica dei vari sottogruppi nei 445

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

quali vengono convenzionalmente classificate le saghe, un panorama orienta­ to a una classificazione dei temi più consueti e delle caratteristiche prevalenti. Tra biografia e storia

I l mito della regalità

Le Saghe dei re (Konungasogur) Parallelamente alla materia agiografica e all'annalistica in lingua latina, questo sottogruppo, considerato da Helgason (19 34, p. 12) il più arduo da decifrare, è stato il primo a essere codificato. Esso raggruppa le biografie di sovrani scandinavi - soprattutto norvegesi 173 - nel rapporto con i loro sudditi e con molti Islandesi, fra i quali diversi scaldi, fi­ nendo per rappresentare una vera e propria storia della regalità scandinava, ma anche un saggio di psicologia sociale, attraverso una ricca descrizione di casi riconducibili al tema dell'alterità (etnica, religiosa ecc., cfr. Aalto, 2010; A. J. Gurevic, 1991: 1 9 92b). La relazione tra i protagonisti, la sfera sociologica e la vita quotidiana avvicina l'intero sottogruppo a quello delle saghe familia­ ri (cfr. oltre): all' intenso afflato localistico di queste ultime, le Konungasogur oppongono invece tratti più specifici e contemporanei (come i racconti che coinvolgono il sistema di alleanze e il séguito reale, la hirò) oltre che vicende extra-scandinave, con un' impronta stilistica che richiama in più punti la tra­ dizione cronachistica e storiografica del Medioevo europeo (cfr. sopra la tra­ dizione della Sinossi). Si tratta di un gruppo di saghe prevalentemente composte tra la fine del sec. XII e la seconda metà del XIII, che Andersson (1985) classifica in quattro stadi cronologici174• li primo si concentra sul paradigma della sovranità idea­ le, benché il successo e la realizzazione personale dei singoli sovrani o l'even­ tuale catastrofe di una sconfitta sembrino aver giustificato azioni e compor­ tamenti non sempre commendevoli. Dando voce a istanze socio-politiche della Scandinavia medioevale, le Saghe dei re contribuirono significativamen­ te alla popolarità delle saghe, a prescindere dal nodo ancora irrisolto del rap­ porto critico fra storicità e finzione letteraria. Le difficoltà sono amplificate dalle conseguenze delle riscritture di testi precedenti, quando non addirittu­ ra da integrazioni di nuovo materiale a opera dei compilatori, per soddisfare nuove tendenze e gusti dei contemporanei - elementi accanto ai quali, più recentemente, anche Andersson (2009) si è visto costretto a postulare un so­ strato orale analogo alle saghe di argomento familiare (cfr. oltre). Le biografie dei sovrani tendono ad aderire al modello di re 'giusto', secon-

7.4.

173. T6masson (1oo6); ]akobsson (1001; 1005); Knirk (1993, pp. 18-31); cfr. gli Atti della m Saga Conference (Osio, 16-31 luglio 1976), quasi interamente dedicati alle Saghe dei re. 174. Ovvero: 1. epoca dei 'prototipi' perduti di saghe dei re a opera di Ari e Sa:mundr; 1. epoca della Sinossi norvegese (cfr. sopra); 3· epoca di opere reciprocamente distinte per il punto di vista (storiche, agiografiche, avventurose, biografiche o di piccole comunità), come •Hryggjarstykki, •Saga degli Skjoldungar, Saga degli uomini delle Orcadi, parti della Saga di Sverrir, •Saga deglijarl di Hlaòir, Saga dei vichinghi di jom, le versioni della Saga di Oldfr Tryggvason a cura di Oddr Snorrason e di Gunnlaugr Leifsson e la Saga antica di Oldfr il Santo, periodo più o meno coevo con la seconda; 4· epoca dei tre compendi principali Morkinskinna, Fagrskinna e Heimskringla.

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6.

Tradizioni lette rarie della Sca ndi navia medioevale

do il codice aristocratico militare, e di re 'santo', martire o missionario (in armi) per la fede (Steinsland, 2011 ; Antonsson, 2004; Ferrari, 1998: 2001), più tipico della tradizione agiografica di vitae e miracula (Sk6rzewska, 2011). Quest'ultima si rivelò un terreno di coltura fondamentale per la nascita del­ la saga, grazie al recupero del passato pre-cristiano attraverso la costruzione dello stereotipo del holy viking secondo la felice intuizione di Phelpstead (2007, pp. 77-19 3), il quale opera nel segno della tradizione di studi neo­ bachtiniana. Ormai decaduti dal rango di fonti dirette e storicamente affida­ bili, i documenti di questo sottogruppo continuano tuttavia a rappresentare i testimoni privilegiati nello studio della costruzione identitaria norvegese e delle relative premesse ideologiche e culturali, per le quali Whaley (1993, pp. 47-57) ha postulato cinque diversi indirizzi euristici 17S. Come già accennato, la maggior parte di questo gruppo di saghe è riunita in tre celebri compendi di fonti eterogenee, il più antico, dettagliato ed enigmatico dei quali è la cosiddetta Morkinskinna (ms. Gks. 1009 fol , ca. 1220, Andersson, Gade, 2ooo; Jakobsson, Guòj6nsson, 201 1; Jakobsson, 2014), cioè la "Pergamena ammuffita': dal nome conferito in un primo tempo al codice che conteneva la più antica versione del testo, successivamente esteso a tutta l 'opera. Si tratta di un lavoro dai toni fìlo-islandesi concepito da un autore con stretti legami di corte e ordinato in un gran numero di aneddoti e p�ttir costruiti su scene-tipo riscontrabili nelle Saghe degli Islandesi (Harris, 1976; cfr. oltre). Privo di ca. 16 fogli, corrispondenti alla parte finale e forse a un incipit che ne svelava le reali motivazioni (Jakobsson, 2014, pp. 15-6, 23-31), il testo potrebbe essere stato composto in Islanda, malgrado la presenza di tratti linguistici più tipicamente norvegesi. L'opera si concentra sulle biografie dei sovrani norvegesi vissuti tra gli anni 1030-1157• tra i cui cortigiani spiccano nel ruolo di outsider personaggi islandesi, spesso trattati con una certa benevolenza nei p�ttir che li riguardano. Determinante è inoltre la presenza di versi scaldici, che nelle Saghe dei re registrano una percentuale estremamente significativa (Fidjest0l, 1985, p. 323), solitamente impiegati per suggellare e avvalorare un momento cruciale del racconto in prosa (Einarsson, 1974) 176• n tema portante riguarda senz'altro la regalità, fra tradizione e manifestazioni evolute della civiltà cortese, fotografata nel rapporto con cortigiani e stranieri (Jakobsson, 1998: 2000 ), rappresentati in gran numero. n nucleo di queste narrazioni sembra dare risalto ai due ruoli contrapposti interpretati da un sovrano: l'avventuriero e conquistatore o il pacifico costruttore-legislatore (von See, 1993, pp. 110-2; Andersson, 1994a, pp. 57-9 ), con una preferenza per il secondo che potrebbe non escludere una sommessa critica nei confronti dell'espansio-

175. Maggiore o minore precocità documentaria, legami con la società norvegese, eventuale ruolo dei chierici, canone letterario, ambito storiografico. 176. « mai 'letteratura' in senso moderno, ma azione e intervento sulle cose » , secondo l'efficace analisi di Koch (1986, p. 153).

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Morkinskinna

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

Fagrskinna

Heimskringla

, nismo politico norvegese verso l Islanda. n periodo trattato inizia con la tra­ gica fine di 6lafr il Santo ( 1030 ) per interrompersi con una lacuna al IIS7· an­ no di morte dei figli del re Haraldr il Servitore (di Cristo). n secondo compendio (realizzato nel 1220-30, Finlay, 2004 ) è la cosiddetta Fagrskinna ("Pergamena bella" o "chiara", forse per distinguerla dalla prece­ dente), nota attraverso le copie di due versioni (A e B, perdute nel 1728 nel grande incendio a Copenaghen) 177• Compilata probabilmente su indicazio­ ne di re Hakon IV (e in parte modellata sulla Saga di Sverrir), l'opera tuttavia non sminuisce il ruolo dello jarl Skuli, che finirà per divenire il principale antagonista del giovane re, ma, anzi, sembra idealmente auspicare l'esigenza di una stretta collaborazione tra Corona e alti ranghi dell'aristocrazia (Einarsd6ttir, 2002, pp. 79-84 ) . Fagrskinna mostra un indirizzo conservatore nella rielaborazione delle fonti scritte a cui attinge ed è stilisticamente meno raffinata, più breve e omogenea di Morkinskinna (da cui in parte dipende), malgrado essa si concentri su un'epoca molto più vasta rispetto a quest'ulti­ ma 1 78. Tuttavia, a dispetto di un concreto interesse nei confronti dei versi scaldici (in alcuni casi attestati soltanto in questo codice), essa risulta meno frammentata dalle narrazioni non sempre affidabili dei p�ttir. n suo autore, probabilmente norvegese, si mantiene aderente ai fatti e alle faide politiche conservando un certo distacco dagli eventi, descritti in modo agile e assu­ mendo una posizione abbastanza neutrale - forse su influsso di un modello precedente come il già citato Agrip. Si tratta in ogni caso di uno dei lavori più fortemente tesi alla promozione dell 'istituto monarchico, accuratamente di­ feso anche nei casi dei sovrani più sanguinari - un lavoro che può definirsi di prospettiva più regale che non nazionale (Jakobsson, 19 99, p. 97 ). n gradi­ mento raccolto da Fagrskinna è infine sottolineato da un aneddoto biografi­ co : nella Saga di Hdkon, la lettura di un "catalogo di sovrani" ( in volgare) che il re morente, nelle isole Orcadi ( 15 dicembre 1263 ) , avrebbe chiesto di ascol­ tare, viene sovente interpretato come implicito riferimento a questa raccolta (Finlay, 2004, p. 1 ) . n terzo esemplare della serie è l 'opera più estesa, omogenea e forse celebrata Heimskringla (''Cerchio dell'universo", 1225-35 ) 1 79 -, ragguardevole e matu­ ro prodotto storiografico e letterario non unanimemente attribuito nella sua -

177. La prima delle quali era stata in precedenza battezzata come ./Ettartal Noregs konunga ("Ca­ talogo genealogico dei re di Norvegia") o Ntiregs konunga tal ("Catalogo dei sovrani di Norvegia", titolo omonimo del celebre e anonimo poema scaldico della fine del sec. XII, conservato nel ms. Flateyjarbtik del sec. XIV ) . 178. Da Hilfdan il Nero al culmine della guerra civile tra re MagnU.s e Sverrir, nel un. 179. Titolo desumibile dal sintagma kringla heimsins che apre la raccolta. Cfr. Finlay, Faulkes ( z.ou, pp. VII-XIV) ; Aòalbjarnarson (1979l); Bagge (1990; 1991a; 1991b; 2.012.). In Italia, più di recente, si segnalano il numero monografico di "Filologia germanica/Germanic Philology" (4, 2.012.) e i ricchi contributi di Sangriso (2.013; 2.014; 2.015).

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6.

Tra d izioni lette rarie della Scandi navia medioevale

interezza al maggiore intellettuale islandese, Snorri Sturluson 180• ll testo, che non rappresenta una 'storia nazionale' ma un'apologia dinastica che racco­ glie in sedici capitoli le biografìe di vari re norvegesP8\ si apre con un prolo­ go, il quale sottolinea il grande rispetto ancora attribuito alla tradizione orale locale18�. Seguono la Saga degli Ynglingar - una origo della leggendaria dinastia svedese a partire dal re 'asiatico' 6 èHnn, desunta da fonti poetiche (il Catalogo degli Ynglingar, Ynglingatal, Meli, 2012), narrative e storiografìche (Saga degli Skjoldungar, Ari) stilisticamente assimilabile alle Saghe del tempo antico (cfr. oltre) - e le vite dei re locali, fìno ai tumulti del 1 177. La parte più signifìcati­ va del lavoro, densa di numerose digressioni e strofe scaldiche sul modello di Morkinskinna, è invece dedicata alla figura centrale di re Olafr il Santo 1 8l, la cui celebrità, superiore anche all'altro re 'evangelizzatore' Olafr Tryggvason, è misurabile dal numero di composizioni, in prosa e in versP8+, che ne esalta­ no le gesta e ne celebrano la morte in battaglia come un vero e proprio marti­ rio. Benché nella narrazione di Snorri, diversamente dalla coeva prassi storio­ grafìca europea, i fatti concreti e la politica prevalgano sul diretto intervento divino e sul tema della Salvezza, nel personaggio di Olafr Haraldsson si rea­ lizza il modello ideale del rex cristiano, senza escluderne quegli elementi di intransigenza, assolutismo e scarsa capacità di mediazione politica che lo ac­ costano alla tirannide (Bagge, 1 9 91a, pp. 64-75: 20 06; 2012). Ritratto come un novello Davide alle prese, fìn dali' infanzia, con soverchianti nemici, il so­ vrano è ispirato da un sogno premo nitore mentre si trova presso l 'alleato e 180. Louis-Jensen (1977 ) ; Halld6rsson (1979 ); ]0rgensen (1995); Berger (1999 ); Cormack (2.001); Boulhosa (2.oos. c. 1). 181. Saga degli Ynglingar, Saga di Hd!fdan il Nero, Saga di Haraldr Chiomabella, Saga di Hdkon il Buono, Saga di Haraldr Manto grigio, Saga di 0/d.fr Tryggvason, Saga di 0/d.fr il Santo, Saga di Magnus il Buono, Saga di Haraldrfiglio di Siguròr, Saga di 0/d.fr il Pacifico, Saga di Magnus Piedi scalzi (o Gambanuda), Saga deifigli diMagnus, Saga di Magnus il Cieco e di Haraldr Servo di Dio, Saga deifigli di Haraldr, Saga di Hdkon Spallelarghe, Saga di MagnUs Erlingsson. 182.. "In questo libro ho descritto storie antiche di signori che ebbero il potere nelle terre del Nord e che parlavano la lingua norrena, così come le ho udite dai saggi, come le ho imparate nella di­ scendenza delle stirpi e come si trovano nelle genealogie di sovrani e altri magnati o come sono de­ scritte da poemi e storie leggendari che gli uomini hanno usato come intrattenimento. E se anche non è certo se siano davvero autentici, sappiamo però che gli antichi saggi li hanno considerati veri [. . . ] abbiamo considerato soprattutto ciò che è narrato in quei poemi, declamati alla presenza dei signori o dei loro figli, prendendo per vero tutto quello che in quei canti concerne le spedizioni e le battaglie di questi" (Aèlalbjarnarson, 1979'. vol. I, pp. 3-s). 183. Riecheggiato ancora nell'ultima sezione che compendia materiale agiografico vario. 184. Accanto a due versioni di una Passio et miracula beati O/avi, conosciuta anche al di fuori della 5 candinavia, sono noti passaggi all'interno della Sinossi norvegese (cfr. sopra) e altre composizioni tra le quali spiccano frammenti della Saga antica di 0/d.fr il Santo (fine sec. xn), una Saga leggen­ daria di Oldfr il Santo (inizi sec. xm) e una Saga di Oldfr il Santo di Styrmir Kirason (t 12.45), oltre alla versione inserita nella Heimskringla e alla Saga (separata) di Oldfr il Santo (attribuita a Snorri).

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Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

Altra docume ntazione

cristianissimo re anglosassone .lEthelred: con l'aiuto di Dio e il sostegno di sudditi fedeli egli riesce infine ad aver ragione delle fazioni filo-straniere in Norvegia e di un popolo descritto a più riprese come riottoso, che alla fine lo tradirà in favore degli interessi dei magnati locali. Degne di nota sono inoltre la Saga di Sverrir (Sverris saga, iniziata verso il 1 185 e completata nel primo quarto del sec. XIII ) e forse l 'ultimo grande testo di questo repertorio, la Saga di Hdkon Hdkonarson (Hdkonar saga Hdkonar­ sonar, ca. 1265), che rappresenta il documento più importante conservato sul mezzo secolo di storia locale durante il regno di Hak.on IV (1217-63). La pri­ ma, ritenuta una delle saghe più antiche, sembrerebbe rappresentare la copia di un originale che, come recita il prologo, fu dettato dallo stesso Sverrir a uno scriba islandese, una sorta di autolegittimazione che evidentemente ero­ de la già limitata imparzialità del testo. In un'epoca nella quale l'alleanza tra Corona e Chiesa si stava concretizzando anche attraverso la stabilizzazione delle prerogative dinastiche a detrimento dei figli illegittimi, è presumibile che questa saga esprimesse l'accorata autodifesa di un sovrano - Sverrir - che era un figlio naturale di Siguròr Haraldsson. Cresciuto sulle Fa:mer, Sverrir era divenuto sacerdote e successivamente capo di una fazione politica (i Birkibeinar) che si batteva in nome dei diseredati; come risulta dagli scam­ bi epistolari tra il clero locale e la Chiesa romana, egli tuttavia non riuscì mai a guadagnare l'appoggio della Chiesa norvegese (alleata alla fazione antago­ nista dei Baglar), la quale, anzi, fu in grado di ottenere da Roma la scomunica del sovrano (1194). Nel corso del racconto, la sua ascesa da umili origini è infatti rafforzata attraverso una narrazione dai toni memorabili sulle virtù militari e soprattutto morali del sovrano, dalla quale non sono esclusi sogni premonitori e perfino l'apparizione dall'aldilà del re-santo 6 H.fr, insuperabi­ le suggello di legittimazione politica. Un breve seguito di questa saga è rap­ presentato da una composizione molto meno nota, la cosiddetta Saga dei Baglar (Boglunga saga), una serie di narrazioni imperniate sul caotico quin­ dicennio politico intercorso tra la morte di Sverrir (1202) e l'ascesa al trono del giovanissimo Hak.on IV (1217 ), nella quale spiccano i capi della fazione antagonista ai Birkibeinar alleata del re lngi Baròarson. La Saga di Hdkon, commissionata dal figlio Magnus allo storico e politico Sturla P6ròarson 18\ è una celebrazione del grande re al potere per mezzo seco­ lo. Hak.on aveva riunificato la Norvegia ponendo fine alla lunga guerra civile ( 1130-1240 ) e conquistato l' Islanda, aprendo la Norvegia ai commerci con la Lega anseatica bassotedesca e alla cultura feudale anglo-francese, riuscendo a mantenere al contempo buone relazioni con la Chiesa. Diversamente dalla biografia di Sverrir, qui la narrazione è poco originale e priva di drammaticità, sia per il prolungato spazio deliberatamente dedicato a tematiche giuridiche 185. Nipote di Snorri Sturluson, del quale Hakon aveva ordinato, come già detto, l'uccisione (12.41).

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Tradizioni lette rarie della Sca ndi navia medioevale

sia per la sovrabbondanza di elementi eulogistici talora non privi di ironia e scanditi dai versi in stile scaldico dell'autore. Tutto ciò alimenta il sospetto che questa redazione possa aver rappresentato una forma di transazione risar­ citoria alternativa, alla luce di precedenti dissapori tra Sturla e il re. I sovrani danesi sono invece al centro della Saga dei Knjtlingar (Knjtlinga saga), della *Saga degli Skjoldungar e del Compendio di storia dei re danesi (Agrip afSogu Danakonunga). La Saga dei Knjtlingar (cioè i discendenti di Knutr il Grande, cfr. Guònason, 1982) è una esposizione genealogica di 130 capitoli 1 86 stilisticamente disomogenea ( 1260-70 ? ) , che promuove una riflessione sulla regalità e sulle opportunità della pacifìcazione politica, y er la cui responsabilità è talora chiamato in causa lo scaldo e grammatico Olafr I>6rdarson Scaldo bianco (t 1259 ) , altro nipote di Snorri e celebrato ospite di re Valdemar II nel biennio 1240-41. Le significative affinità con la Heimskringla lasciano intuire un influsso diretto di quest'ultima e si rivelano in particolare nella struttura portante del racconto, imperniato in entrambe le opere su figure emblematiche di re-santi: Olafr Haraldsson di Norvegia e l'altrettanto poco misericordioso, e tantomeno amato, Knutr IV Sveinsson, ambizioso re di Danimarca 187, autore di un fallimentare tentativo di reinsediarsi sul trono dell' Inghilterra normanna. Nonostante il debito verso le sue fonti orali filo-danesi, con il richiamo alla storia di Amleto, la * Saga degli Skjoldungar (precedente il 1220 e talora attri­ buita a Pall J6nsson, ordinato vescovo delle Orcadi dal già citato Absalon) è un testo di natura erudita e non superficialmente cronachistica, nel quale so­ no state individuate possibili analogie con la tradizione storiografica franca e anglonormanna. Operando sulla base del poema genealogico Langfeòga­ tal [Skjoldunga], impiegato da Snorri, e forse su una genealogia redatta da S6ròarson (t 1284), nunzio di legge, intellettuale e politico di rilievo proprio come lo zio, Snorri Scurluson, del quale sono narrate le vicende biografiche. Per i toni formali, propagandi­ stici e filo-aristocratici, la Saga degli Sturlungar si iscrive a pieno titolo nel pro­ gramma culturale di una società ormai connotata da significative diseguaglian­ ze. I suoi protagonisti, aderenti all'ancora seducente stereotipo di un eroismo di sapore arcaico, sono chiamati invece a confrontarsi con istanze politiche pressanti in una atmosfera di valori profondamente cristiani, specialmente per ciò che richiama la caduta e la rinascita dell'uomo. n quadro che ne deriva dif­ ficilmente potrebbe non interferire con i toni e la memoria delle gesta eroiche pre-cristiane dei molti piccoli e liberi possidenti evocati nella categoria delle Saghe degli Islandesi descritta in precedenza (cfr. PAR. 7.5), suscitando nell'im­ mediato confronto (come sembra legittimo ipotizzare), un inevitabile senso di distanza emotiva che tuttavia la cultura locale seppe rielaborare in modi diversi. Le Saghe dei vescovi (Biskupasogur) Prodotto della più generale fioritura dei culti medioevali dei santi (per l'epoca del Tardoantico cfr. l 'ormai cano­ nico Brown, 1971) e della relativa applicazione funzionale e politica al tes­ suto memoriale locale, questo corpus di saghe (improntato alle tradizionali narrazioni cristiane di acta sanctorum, vitae e passiones e affine alle Saghe dei contemporanei e alle Saghe dei santi) raggruppa composizioni di tono dottri­ nario e miracolistico196 su alcuni protagonisti della vita pubblica islandese (Whaley, 19 94: Widding, Bekker-Nielsen, Shook, 19 63). Esse sono collegate all'espansione del Cristianesimo locale, a partire dall 'epoca della conversione (9 99-1000) - con la creazione delle due sedi vescovili di Skilholt (1056) e H6lar (no6) - fino alla metà del sec. XIV 1 97• n titolo è tratto dall'edizione in due volumi di Siguròsson e Vigfilsson (1 8s878), per essere successivamente adottato anche in altre edizioni. Si tratta di testi dalla collocazione controversa (alcuni dei quali originariamente in latino), che

7.7.

la diaspora, la colonizzazione e la nascita di una nuova comunità autonoma, echi rilevanti della storiografìa di Ari l>orgilsson e del Libro degli insediamenti. 196. Materiale agiografico è presente, come già visto, nel più antico codice norvegese conservato (AM oss IX 4to, seconda metà sec. xn). 197. Seguendo talvolta la computatio Gerlandi, un computo calendariale non riconosciuto dall'orto­ dossia.

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Il ruolo politico della C h i esa locale

Le civiltà lettera rie del Medioevo germa nico

Eterogeneità dei te mi

tra i secc. XII-XIV sottolineano la reputazione, la devozione alla causa cristiana e l'integrità morale dei vescovi islandesi, l 'unica alta carica istituzionale in "una terra senza re': come rilevava nel 1070 Adamo di Brema (Gesta Hammaburgen­ sis ecclesiae pontificum 4.36 ) . Simili riflessioni sono peraltro avvalorate in altre due opere, i già citati Libro degli Islandesi di Ari l>orgilsson e la Saga (o Storia) della Conversione (incentrata sulla Chiesa locale, dali' arrivo del primo missio­ nario dalla Sassonia fino al 1n8: cfr. Gr0nlie, 2oos: 2oo6: Kupferschmied, 2009 ) , lavori che si concludono in forma di cronache sui singoli vescovi. Parallelamente alla Saga degli Sturlungar, l'attenzione di queste opere è indi­ rizzata verso figure e storie della cultura islandese coeva, attraverso le quali alimentare un dibattito ideologico, culturale e giuridico derivante dalla pro­ gressiva cessione di sovranità nei confronti della madrepatria norvegese. La diversa connotazione in senso agiografico oppure storico o esemplare o sem­ plicemente biografico dei singoli documenti, accanto a significative discre­ panze stilistiche, privano questo sottogruppo di una reale omogeneità e non pochi sono i richiami intertescuali riconducibili ad altri sottogruppi, elemen­ to che ha indotto Clunies Ross (2o1ob, pp. 35-6) ad associarle direttamente alle Saghe dei contemporanei. Tra i documenti principali si annovera l'anonima Saga di san Porldkr (l>orlakr 1>6rhalsson, t II 93), la più antica del gruppo, nota in una versione latina e tre redazioni in volgare. Essa fu composta a dieci anni dalla morte dell 'omoni­ mo vescovo, proclamato primo santo islandese dali 'Assemblea generale del n98 e impegnato in un estenuante conflitto (aisl. staòamdl) contro potentati e autorità laiche che sull'isola contendevano alla Chiesa l'amministrazione dei beni immobili ceduti come donazione ai santi patroni. Segue la già cita­ ta raccolta Hungrvaka (precedente al 12n, cfr. sopra, nota 4), che compen­ dia le vite dei primi cinque presuli di Sk:ilholt 198, e la Saga di san fon (J 6n Ogmundarson, t 1 121, del monaco Gunnlaugr Loptsson: anche questa tra­ smessa da tre redazioni molto diverse), originariamente composta in latino e riguardante invece eventi accaduti un secolo prima, con preziose informa­ zioni sull'ambiente della diocesi di H6lar che conferiscono ali'opera un tono storiografico piuttosto che agiografico. Le descrizioni dei due protagonisti citati (l>orlakr e J6n) rappresentano in ogni caso immagini di santità piutto­ sto dissimili, frutto dei diversi contesti nei quali furono concepite e realizzate le due iniziative letterarie (Egilsd6ttir, 2006, pp. 130-2 ) . Più rigida e canonica appare quella dell 'agostiniano 1>6rlakr, a fronte del più docile e misericor­ dioso benedettino J6n, celebrato autore di una serie di miracoli, allusivi di pratiche forse non esattamente ortodosse. Grande popolarità riscosse inoltre la figura del vescovo di H6lar, Guòmundr Arason (t 1237 ) , al quale, ancora in vita, sono ascritti miracoli (J0rgensen, 198. fsleifr Gizurarson (t 108o), Gizurr fsleifsson (t m8), l>orlakr Roo6lfsson (t 11 33), Magnus Einarson (t 1148) e Kla:ngr l>orsteinsson (t 1176).

4 60

6.

Tradizioni lette rarie della Sca ndi navia medioevale

19 82) e sul quale si sofferma anche la fslendinga saga contenuta tra le Saghe dei contemporanei. Attivo politicamente e fervente sostenitore della povertà della

Chiesa e dell' indipendenza dai potentati (cfr. Ciklamini, 2002), Guòmundr riveste un ruolo primario nella storia ecclesiastica locale, che lo rende per certi aspetti analogo a Thomas Becket. Egli è oggetto di almeno cinque versioni di una stessa narrazione, le quali, oltre a rivelare analogie con il nucleo della saga dedicata a san Nicola, sottolineano la celebrata 'santità' del personaggio, che peraltro non fu mai proclamato santo dalla Chiesa romana. Segue la Arna saga, opera più recente e meno raffinata conservata nei codici della Sturlunga saga; concentrata sul vescovo di Skalholt Arni I>orlak.sson (t 1298), essa ne ricorda le dispute contro potenti laici analoghe a quelle di san I>orlak.r, in un interessante quadro della società islandese della fine del sec. XIII. 7.8. Le Saghe del tempo antico dei paesi del Nord (Fomaldarsogur Nor�rlanda) Diversamente da quanto potrebbe evocare il titolo (Fornaldarsogur Noròr­ landa [ eptirgomlum handritum, "secondo i manoscritti antichi"] 199 ), coniato dal più affidabile raccoglitore del sec. XIX, Carl Christian Rafn (1 829-30) 10 0, non si tratta di composizioni a carattere storico, ma di opere eclettiche re­ datte tra la fine del sec. XIII e il xv, benché in alcune si riconoscano riela­ borazioni di materiale precedente01• Questo sottogruppo, non omogeneo e refrattario a una efficace descrizione organica, consiste di circa una trentina di esemplari, tra saghe, frammenti e p�ttir. Parallelamente alle Saghe degli Islandesi, in parte coeve, le Fornaldarsogur (Sa­ ghe del tempo antico o, più in generale, mitico-eroiche o leggendarie) denotano aspetti più limitrofi allafiction (Clunies Ross, 199 8), con uno spiccato accen­ no ai temi del soprannaturale e del fantastico, comparabili agli itinerari swiftiani di Gulliver o agli scenari di Jules Verne, universi conflittuali se non apparentemente inconciliabili con il tema del 'realismo della saga', oggi ricor­ renti nel genere moderno deljàntasy. Proprio questi elementi ne hanno a lun­ go decretato un irragionevole ostracismo da parte della comunità scientifica, in ragione dell'altrettanto immotivato primato attribuito dal Naturalismo storico-letterario del sec. XIX ai racconti ritenuti arbitrariamente di tono più realistico, come le fslendingasogur. Le Fornaldarsogur sono infatti ispirate non soltanto a leggende e miti arcaici, a gloriose genealogie regali e a singoli eroi 101 ,

199. Da non confondere con l'etichetta Fomsogur Suòrlanda (Saghe antiche delle terre del Sud), applicata solitamente alle Saghe dei cavalieri di origine islandese, sulla base di ambientazioni fa­ volistiche in luoghi meridionali o esotici, cfr. Cederschiold (1884); Kristjinsson (1991, pp. 337-9); Kalinke (198s. pp. 313-31). 100. Dopo le edizioni parziali diJ. Liljegren (Skandinaviskafomaldems hjeltesagor, 1819 ), P. E. Miil­ ler (Sagabibliothek, Bd. II, 1818) e E. J. Biorner (Nordiska kampa-dater, 1737 ), cfr. Lavender (1o1s). 101. Come ad esempio la citata Saga di Porgi/l e Hafliòi, in relazione a fatti ascritti al m 9. 101. Il Sigfrido eddico e nibelungico nella Saga dei Volsunghi, l' Ildebrando altotedesco nella saga

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La dime nsione del fantastico

Le civiltà lettera rie del Medioevo germanico

Il mito del N o rd

ma anche a motivi magici, fantastici e cavallereschi d'importazione straniera, integrando il copioso materiale tradizionale con eloquenti richiami alla cultu­ ra cristiana. Vi si rinvengono oggetti magici o incantati (l'anello Andvaranau­ tr, la spada Tyrfingr, le frecce infallibili Gusisnautar, il cavallo fatale Faxi), uo­ mini e donne-troll e uomini-lupo, vite ultracentenarie e allusioni dirette a divinità pagane03• Nessun imbarazzo pervade il narratore della storia di quell'uomo che, svegliatosi senza più i propri piedi (o forse le gambe), se li fa riattaccare a casa da un nano dotato di poteri straordinari ( Gongu-Hrolfi sa­ ga), salvo aggiungere che, per quanto incredibili, i racconti dei saggi anziani e testimoni dei fatti meritano rispetto e credibilità. Queste saghe sono rappresentate attraverso un universo fìnzionale basato su coordinate spazio-temporali in sé coerenti; piuttosto vaghe, forse, ma non del tutto astratte o distaccate dal contesto politico, religioso e culturale a cui ap­ partiene il compositore (Ferrari, 2012, pp. 273-4) 104• Collocate in una generi­ ca e incerta epoca 'remota' (aisl. forn old) precedente alla colonizzazione e alla conversione, esse sono ambientate in luoghi talora esotici - comprenden­ ti anche la Scandinavia (ma non l' Islanda, Tulinius, 2002a, pp. 17-9: Leslie, 2009) -, paesaggi di confine (o forse, meglio, 'paralleli') pericolosamente con­ flittuali popolati da maghi, troll, nani e altre creature straordinarie, che ripro­ ducevano probabilmente un tratto folcloristico familiare ali 'uomo nordico e alle sue rappresentazioni del fantastico. Per il loro eclettismo, queste saghe manifestano affinità con sottogeneri diversi perfino ali' interno dello stesso racconto (Kalinke, 2012 ), suscitando parallelismi intertestuali e corrisponden­ ze non banali, come ad esempio con i Canterbury Tales chauceriani o i Gesta Danorum di Saxo (Friis-Jensen, 2009; ]ensson, 2oo 6; Guònason, 1 9 8 1 ) 10s. Sorte anch'esse in una fase di importanti rivolgimenti sociali, queste com­ posizioni - al pari delle Saghe degli Islandesi - rivisitano topoi e autorappre­ sentazioni genealogiche del passato scandinavo, condividendo affìnità con le antiche origines gentium altomedioevali rappresentate dai lavori di Jordanes o Paolo Diacono fino a Geoffrey di Monmouth (Lassen, 2012, pp. 45-54), alla ricerca di collegamenti prestigiosi che avallino l' idea di una continuità politica a vantaggio dei singoli clan ( Clunies Ross, 2009, pp. 319-20 ). Le Sadi Asmundr uccisore di campioni, alcune analogie beowulfìane nella Saga di Hro!fr kraki, i rinomati Ermanarico e Teoderico nella Saga di Teoderico di 1/erona. 103. Tema sviluppato in forma genealogica anche nella Saga degli Ynglingar, che, nella Heimskrin­ gla di Snorri Sturluson, apre una raccolta di Saghe dei re. 104. Secondo l'interpretazione di Mitchell (1991, p. 17 ) , , Sansoni, Firenze. MCGREW J. H., TH OMAS R. G. (eds.) (1 970-74), Sturlunga saga, 2 voli., Twayne, New

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I ndice analitico

Abbone, abate, 2.34, 369n Abecedarium Nord(mannicum}, u5, 303, 374 Abraham, 364 Abrogans, 72. Absalon, arcivescovo, 348, 349n, 350, 451 acta, 163, 353, 459, 474 Acta Andreae et Matthiae apud Anthropophagos, 163 Acta apostolorum, 366 Adalberto, arcivescovo, 364n aòalhending, 406n Adalleod, 2.80 Adalrammus, arcivescovo, 108 Adamo di Brema, 369n, 42.1, 444n, 452., 460 Adelchi, 100 adhalsangheri, 98 Ad Hartmuot, 8m Ad Liutbertum, 2.2., 76n, 78-8o Ad Ludowicum, 78 Admonitio generalis, 19n, 6o, 65, 71, 73 Adonias saga, 475 Adriano, arcivescovo, 1 65n Ad Salomonem, 78, 8m Adubrando, 99-101, u6 .JEgir, 386, 409, 42.2. .JElfric, abate, 139-40, 156n, 2.13, 2.14n, 2.18, 2.2.5-35· 371 .JElfthryth, regina, 2.2.6 Aenigmata (Aldelmo ), 2.09n, 2.u

.JEthelbert, re di Kent, 137, 2.12. .JEthelfl.:ed 'Signora della Merda', 157, 2.2.In .JEthelm.:er, 139, 2.2.7, 2.2.9 .JEthelred II, re d'Inghilterra, 187n, 2.12.0, 2.2.In, 2.2.2., 2.33 .JEthelstan, re di Wessex e di Merda, 154, 188-91, 2.12. .JEthelstan di Merda, consigliere di re Alfredo, 2.14 .JEthelweard, cronachista, 2.2.0, 2.2.4 .JEthelweard, ealdorman, 139, 2.2.7-30 .JEthelwold, vescovo, 139, 2.2.5-8, 2.38 Aethicus lster, 156n tettartolur, 365, 369, 448 AfUpplendinga konungum, 475 Agostino di Canterbury, santo, 2.15, 2.2.50 Agostino di Ippona, santo, 61, 65-6, 194-s. 2.14, 2.17, 2.2.7, 2.31, 2.33 Aimone di Auxerre, 70, 2.2.7 Alaflekks saga, 475 Alano di Lilla, 2.0, 58 Alarico I, magister militum e capo visi­ gotico, 2.19 Alboino, re dei Longobardi, 96, 1670, 183 Alcuino di York, 19, 2.4, 45, 66, 72.n, 75, 81, 16 6-7, 193, 2.03, 2.30, 2.79, 2.83n, 3u, 410n Aldelmo, vescovo, 2.4, 148, 155, 2.09, 2.u, 2.2.6 5 15

Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Aldred, 235 Alemanni, s 6 Alessandro III, papa, 473 Alessandro Magno, re di Macedonia, I84. 236. 43I Alexandre de Villedieu, 373 Alexandreis, 43I Alfredo, tetheling, I 9I Alfredo il Grande, re di Wessex, I9, I39· I88, I 90, 2I2, 2I4-22, 224, 228n, 235, 238n Algiso, Ioo Alhred, re di Northumbria, 224 A!pingi, 368-9 Alumnis-Glossar, 8s Alvissmdl, 383, 387 Ambraser Heldenbuch, 96 Ambrogio, santo, 33, 72n, 83n, I6I Ambrosiano/Ambrosianus, 3I, 4I-2 Ambrosiaster, 35 Amleto, principe di Danimarca, 3S I, 356, 4S I Ammiano Marcellino, I67 Anders S0rensen Vedel, 350 Anders Sunes0n, 349, 3 S I Andrea(s), 113, I42, I S O, I63, 235n Andria, 66 Andvaranautr, 462 Andvari, 390 Anello! Cerchio di Forsa/Forsaringen, 352 Anima e corpo I, I42, I44, I 6o-I, 235n Anima e corpo II, I42n, I44, I 6o-I Anna/es Colbazenses, 349 Anna/es Lundenses, 349 Anna/es regni Francorum, 222 Anna/es Ryenses, 349 Anna/es Valdemarii, 349 Annali di Lorsch, 82 Annali di "Waverley, 220 Ans saga bogsveigis, 475 Antico Testamento, 40, I43· I S I, I S 3· I Ssn, I S 6. I79· 293

5 16

Antinoe (Egitto), 39 Apocalisse (varie), I70, I97· 235, 353 Apocalisse di Baruch, I 97 Apocalisse di Tommaso, 235 Apollonia di Tiro, 237 Aratore, 79, I S I Argait, I o2n Ario, vescovo, 34-5 Aristotele, 66, 236, 37I, 4IO Ari l>orgilsson, 36I, 367-9, 459-60 Arna saga biskups, 46I, 476 Arngdmur Jonsson, 376, 4SI Arni l>orlaksson, vescovo, 461 Arno di Salisburgo, 45 Arnorr Scaldo deglijarl, 383, 405 Arons saga Hjorleifisonar, 476 Arrivo in Inghilterra di Edward, I88n Ars Maior (Donato), 373 Ars Minor (Donato), 230 Ars rhetorica, 425 Artes grammaticae, 371 Artù, 352, 3 SS Asburgo, 3I4 dsega, 3I9, 328-9 Asi, 384, 386, 390, 408, 4I4, 417, 421-2, 430 Asser, vescovo, 2I4, 2I8, 220, 224 Atta unsar, 35 Attigny, 278 Attila/Etzel/Adi, re degli Unni, 96, 103, 10 6-7, I83, I8s. I88, 3I8, 380, 384, 388-9, 393-7. 405, 46s. 47I Attone III (Ratto m), abate di Reichenau, 87 dttvisi, 365, 369 Auòunn il Finto scaldo, 400 Augsburg/Augusta, m Auraicept na n-Éces, 371 Ausonio, I 67, 365 Aussenzio, vescovo, 36-7 Autentica Riocht, 327

l nd ice analitico

Boezio Anicio Manlio Torquato Seve­ rino, 66, 69, non, 148, 1 93, 199, 2.14, 2.1 6-7. 371 Babele, 58, 177, 42.1 Boglunga sogur, 450, 475 Baglar, 450 Bologna, 40, 349 Balcani, 35 Bonaventura Vulcanius, 374 Bonifacio (Wynfrith), santo, 18, 6m, 63, Baldr, 384-6, 414-5, 42.2. 139n, 2.01, 2.09, 3II, 32.9 Balena, 142.n, 1 61 Bandamanna saga, 454, 475 Book oJCerne, 2.15 BorgesJorge Luis, 2.6, 186n, 42.9 Bdpayyot ( Varangoi), 19 Barbagrigia, cfr. Odino Borghildr, 389 Bosa saga ok Herrauos, 475 Bdroar saga Sn4fellsdss, 475 Battaglia di Brunanburh, 154, 157, 185, Bosone, duca di Provenza, 9m Braganeour, 42.2. 188-90, 2.2.3 Battaglia di Maldon, 105, 144, 150, 166, Bragi Boddason, 382.n, 398, 400, 40m, 185-7, 189n 409, 413, 42.2. Bavari, 1 9, 56, 97, 167 Breuiarium apostolorum, 164 Beda, il Venerabile, santo, 1 6, 18, 2.4, 62., bridal-quest narrative, 354, 471 75· 81, 137· 143-4· 152., 159-60, 163, 2.04, Brigitta, santa, 354 2.14, 2.18, 2.2.0 2.2.4, 2.2.7, 2.35• 2.83, 3JO, Bruno, 32.1 350, 352., 366, 36 9n, 42.5 Brut (Layamon), 15m Beowulf, 2.0, 105-6, u3, u8n, 138, 140-1, Brynhildr/Brunilde, 380, 384, 389, 391-5, 144-50, 153· 1 64, 1 66-82., 188-9, 198, 40In, 465 2.03, 2.36, 385, 388, 451, 466 Brynj6lfur Sveinsson, vescovo, 376-7 Buchprose Theorie/Book-Prose Theory, beresta, 16 Bernardo di Chiaravalle, santo, 349 437 Bernlef, 2.80, 312., 313n Bucoliche, 66, 68 Bulgaria, 36 Bevers saga, 475 Biagio, santo, 357, 473 Burgundi, 183, 388-9, 396-7 Birger II Magnusson, re di Svezia, 354, Byrhtferth, monaco e grammatico, 139, 2.2.5, 2.30n, 2.34 356 Birkibeinar, 363, 450 Byrhtnoth, ealdorman, 186-7 Biterolf, 96 Bjarkarimur, 171, 451 Ccedmon, 16, 139, 143, 145, 152., 158 Bjarki, 171, 351 Calendario gotico, 34 Canoni di Edgar {Wulfstan), 2.33 Bjarkoaratt, 353 Canterbury Tales, 462. Blickling Psalter, 2.13 Cantico dei Cantici, 70-1 Bobbio, monastero di, 32. Cantilena di santa Eulalia, 75, 93-4 BodelJehan, 468 Boòvarr, 170, 17m Canto dello stendardo (delle valchirie)l Bodvid, santo, 353 l)arraoarijoo, 381n Canto del Sole/Solarijoo, 38m Barings saga, 475

Avito, 151 Azaria, 142., 144, 152.n, 155

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Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Canto diAnnone/Annolied, s6n 2.83, 302., 310-1, 315, 318-2.2., 32.4-31, 352., Canto di Haraldr!Haraldskv4Òi, 38m 362., 370 Canto di Ildebrando!Hildebrandslied, Carlo Martello, 18-9, 310 74n, 92., 98-9, 103n, 104-6, 108, II3, Carme breve di Siguròr!Siguròarkviòa in u6, 174n, 18on, 388n, 395 skamma, 384, 392.-3 Canto di Ildebrando recenziore/]ungeres Carme di Hymir/Hymiskviòa, 379n, Hildebrandslied, 103 382.n, 383, 384n, 386 Canto di Ludovico/Ludwigslied, 74, 82., Carme di Volundr! Volundarkviòa, 1 98, 89, 93-5· 1 04 379· 383, 387, 471 Canto di morte di Beda, 144, 2.04 Carme di Prymr/Prymskviòa, 383, 42.8 Canto di san Gallo (Galluslied), 88 Carme [groenlandese] di Attila/AtlakCanto di san Giorgio (Georgslied), 74-5, viòa [in graonlenzka] , 2.0, 384, 396 82., 8s, 87-8, 95 Carmina Cantabrigiensia, 95, 2.oon Canto di san Pietro (Petruslied), 75, 82., carmina gentilia/ trivialia/ barbara, 97-8 88-9 Cassiodoro, 66 Catechismo di Weijlenburg, 72.-3 Canto magico di Groa/ Groagaldr, 381 Canto (magico) di Hdrbaròr!Hdrbaròsljoò, Categoriae, 66 379n, 383 Cesare Caio Giulio, 184, 2.19, 318, 31 9n, *Canto magico di Heimdallr, 381 32.4n Canuco/Knutr il Grande, re di Dani­ Cesario di Arles, 72.n, 2.35, 366 marca, d'Inghilterra e di Norvegia, chanson de geste, 417, 431, 463, 468, 470 187n, 2.12., 2.33, 349, 351n, 362., 405, 451 Chanson de Saisnes, 468n Canzone dei Nibelunghi/Nibelungen- Chartres, 349 lied, 18, 1 07, 388, 392., 394n, 395-6, 465, Che cos 'e il diritto?/Haet is riocht?, 32.6 Chrétien de Troyes, 355, 468, 470 47In Canzone di Bjarki/Bjarkamdl, 38m Christian I, re di Danimarca, Norvegia Canzone di Eirikr!Eirfksmdl, 38m e Svezia, 352. Canzone di Hdkon!Hdkonarmdl, 38m Christiern Pedersen, 350 Canzone groenlandese di Attila!Atlamdl Chronica Sialandiae, 350 in grtmlenzku, 384, 388n, 392.n, 393, 395, Chronica Slavorum, 350 Chronicle Poems, 188-9 465n Capitolare di Treviri, 12.1 Chronicon de Isidoro Pacense, 18 Capitula de examinandis ecclesiasticis, 73 Chronicon di .JEthelweard, 2.2.0, 2.2.4 Capitula legibus addenda, nm Chronicon di Fredegario, 350 Chronicon Eberspergense, 70 Capitulare duplex Aquisgranense, 302.n Capitulatio de partibus Saxoniae, 2.78n, Chronicon ex chronicis ( Giovanni di Worcester) , 2.2.0 2.79n Chronicon Lethrense, 349, 451 Cappadocia, 36 Chronicon Novaliciense, 185n Carlo III il Grosso, 315 Carlo il Calvo, 90n, 12.1 Chronicon pontiflcum et imperatorum, Carlo Magno, 19, 2.5, 45, 57, 6o, 62.n, 74, 354 9 0n, 93n, 95, 98, 100, III, I2.In, 2.78-9, Chronicon Roskildense, 349

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l ndice ana litico

Cicerone Marco Tullio, 39n, 58, 215, 233n, 361 Citerior Frisia, 310-1 Cldri saga, 475 Clodoveo I, re dei Franchi, 93n, 95, 12on, 121 Codex Argenteus, 40-1, 44-5 Codex Aureus, 215 Codex Brixianus, 43 Codex Carolinus, 41 Codex Gissensis, 41 codex Sangallensis, 72, 303n Cofanetto di Gandersheim, 215 Cofanetto Franks, 1 98, 215, 387 Collectanea dello Pseudo-Beda, 209 Colloquio di .i'Elfric, 230-1 Colombano, santo, 225n Colonia, 300, 31m, 353 commendatio, 100 Commento (al Genesi biblico di Rabano Mauro), 88 Commento (alle lettere di s. Paolo), 35 Common Stock, 220 Compendio di storie dei re danesi/Agrip afsogu Danakonunga, 451 Compendio [di storie di re di Norvegia]/ Agrip [afNoregs konunga sogum], 345· 361-3, 399n, 448, 475 computatio Gerlandi, 459n Concilio di Costantinopoli (n) (381), 33 Concilio di Magonza (813), 97 Concilio di Magonza (847), 1 9n, 97 Concilio di Nicea (325), 34 Concilio di Tours (813), 19n Concilio Lateranense (IV) (1215), 315 Confessio amantis (John Gower), 237 Conquista dei cinque distretti, 188, 1 91 Consigli (Precetti) di Sigrdrifa/ Sigrdrifumdl, 383, 384n, 390-1, 394, 465 Contro un nano, 238 Conversazioni di Parigi/Pariser Gesprache, 64, 82n

Conybeare John J., 1 92 Corrado III, re dei Romani, 31 9n correctio litterarum, 6 o correctio mentis, 6o Cosmographia di Aethicus lster, 2o6n Cosmos di Praga, 89 Costantino I, imperatore, 143, 164 Costantino III, re di Scozia, 189 Costantinopoli, 33-5, 40, 47 Costanza/Konstanz, 59n, 62, 78, 83 Credo I-III, 72-3 Credo apostolico, 6 9, 72-3 Credo atanasiano, 69, 73 Credo niceno-costantinopolitano, 112 Crimea, 34, 42, 45-7 Cristianesimo, 16, li, 33· 58-61, 86, 93· 95· 117, 145n, 155· 159· 171, I7ln, 178-9, 201, 205-6, 216, 218, 229n, 239, 284, 286, 288, l99· 310-1, 313, 318, 324, 345· 346n, 351, 353, 357, 365, 404, 455, 459, 472, 473n Cristina di Stommeln, 3 53 Cristo/ Christ I (Liriche dell'Avvento), 142n, 158-6o, 207 Cristo!Christii (Ascensione), 142n, 158-9 Cristo!Christ III, 113, 142, 1 58-60, 16m Cristo e la Samaritana, 82-3 Cristo e Satana, 143, 156, 179n, 1 95n Croce di Bruxelles/ di Drahmal, 159 Croce di Gosforth, 386 Croce di Ruthwell, 159 Cronaca anglosassone/Anglo-Saxon Chron­ icle(s), 140, 144, 163, 188, 219, 222n, 224-5 Cronaca di Novalesa, 100, 107 Cura pastoralis, 214-5, 228n Cuthbert, 204 Cuthwin, 204 Cyneheard, 222, 225 Cynewulf, re di Wessex, 225 Cynewulf/Cynwulf, poeta, 15, 139, 142, 151, 158-6o, 163-66, 200

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Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Dacia, 34 Damaso I, papa, 35 Ddmusta saga, 475 Dan, 352. Danai, 35I Danelaw/Dena lagu, 3I3, 387, 467 Daniele, I43, I52.n, I55 dansar, 42.8 Dante Alighieri, 99 Danubio, 34 Darete Frigio, 42.I, 43I Davide, re, 36, 83, 90, 449 De ave phoenice (Lattanzio ), I 61 De clade Lindisfarnensis monasterii, I 93, 2.03n De consolatione philosophiae/ Consolazio­ ne della.filosofia, 66, 12.0, I93· 198, I99n, 2.I4, 2.I6 Decretum Gratiani, 3I5, 32.6 De die iudicii (Beda), 163 de difficillimis uerbis, 62. De doctrina cristiana (Agostino), 2.33 De excidio Thoringiae (Venanzio Fortunato), 2.03 Defalsis diis (.JElfric), 2.33n Defide catholica contra Iudaeos, 65 Degestis regum Anglorum (Guglielmo di Malmesbury), 2.2.0 De gratia naturam ditante, 353 De Gubernatione Dei/Il governo di Dio, 33 De Heinrico, 95-6 De litteris monosyllabis graecis et latinis, 375 Della libertà dei Frisoni/Fon Alra Fresena Fridome, 32.4-5 Del re Carlo e Redbad, 32.8 Den danske Rimkrenike, 35I De nuptiis Philologiae et Mercurii, 66-7, 350n De officiis ecclesiasticis, 62.

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De optimo genere oratorum (Cicerone), 2.I5 Deor, 142., I 66, 184, 19I-4, I98-2.oo, 2.04, 2.I 9n, 388n De origine actibusque Getarum/ Getica, 2.I9n, 350n De poeta, 112., 114 Deprincipis instructione, 467 De rationes dictandi, 350n De rebus in oriente mirabilibus (Mirabilia), I67, 2.36 *De sancta trinitate, 66 De sancto Theodgaro, 349n De schematibus et tropis, 373 descrizioni dei confini (althochdeutsche Markbeschreibungen ), Il. I De stella et aduentu, 77 Destini degli apostoli, I42., I58, I 64, 2.35n Destini degli uomini, I42., 2.04, 2.07 Deuteronomio, 62., 2.30n, 3I9 De videndo Deo (Agostino), 2.I7 De virginitate (Aldelmo), 2.2.6 De virtutibus et vitiis, 360 Dialoghi (Detti/Precetti) dell'Eccelso/ Hdvamd� I95n, 383, 385 Dialoghi di Alviss (del Nano Onniscien­ te)!Alvissmdl, 383, 385, 387-8, 408 Dialoghi di Fdfoir/Fdfoismdl, 380, 383, 384n, 385, 390-I, 394, 465n Dialoghi di Fjolsviòr!Fjolsvinnsmdl, 38I Dialoghi di Grimnir/ Grimnismdl, 379, 38I, 383-6, 408, 42.2. Dialoghi di Hamòir/Hamòismdl, 382.n, 384, 397· 465 Dialoghi di Reginn/Reginsmdl, 380, 383, 385, 390, 465 Dialoghi di Svipdagr/Svipdagsmdl, 38I Dialoghi di Vaf}mMnir/ VafPruònismdl, 38I, 383-6 Dialogi (Dialoghi, Gregorio Magno), 199n Diciassette Statuti scelti, 3I7-9, 32.2., 32.6

l nd ice analitico

Dieta johannis Chrysostomi (de naturis bestiarum )l 1Jetti di Giovanni Criso­ stomo sulla natura degli animali ', 123 Didrikskronika, 356 Dieci Comandamenti, 206, p8, 326 Dietman di Praga, vescovo, 89 Dinus saga drambldta, 475 Discesa agli inferi, 142, 152n, 158, 160 Disco di Sigtuna, 352 Disticha Catonis, 66, 332 Dobruscia, 35 Doctrinalepuerorum, 373 Domboc (Alfredo), 212, 221 Doni degli uomini, 142, 160, 204, 207 drdpa, 403, 415n, 41 6, 424 Drdpa di Knutr/Knutsdrdpa, 405 Drdpa di 6ldjr!6ldfidrdpa, 404 Drdpa di Ragnarr/Ragnarsdrdpa, 397n, 413 Drdpa di Siguròr, 413 Drdpa di POrriMrsdrdpa, 412 Drauma-]ons saga, 475 Droplaugarsona saga, 43 9, 455 drottkvlftt, drottkvlfòi, 376, 406-7, 424 Dudone di San Quentin, 351n Dunstan, arcivescovo, 191, 225 Durostorum (Silistra), 36 Eadburg, badessa, 139n Eadric, re di Kent, 212 Eadwin Psalter, 213n Eberhard de Béthune, 373 Eccezioni al Sedicesimo Statuto, 323 Ectors saga ok kappa hans, 475 Edda di Snorri (Sturluson )l Snorra Edda Sturlusonar, 370n, 371-2, 376, 379-80, 385, 390-1, 396-7, 407-8, 41 0-2, 41 6-7, 420, 424, 466 Edda poetica/Eddukv4Òi, 174, 180, 192, 195· 198. 201, 206, 368, 375-7· 380, 382, 384, 388, 401, 421, 428, 464n, 465 Eddu list, reglur Edda, 420

Edgar, re di Inghilterra, 191, 212n, 226 Edmund, re di Inghilterra, 188-9, 191 Edward il Confessore, re di Inghilterra e santo, 191 Edward il Vecchio, re di Wessex, 22on, 221n Egill Skallagrimsson, 188n, 199, 398, 399n, 453 Egils saga einhenda ok Asmundar berserkjabana, 475 Eginardo, 97, 214 Egitto, 84n, 154, 326 EiHfr Goòrunarson, 405, 412 Einarr Gilsson, 426n Einarr Helgason Stadera sonante, 407 Einarr Skulason, 402, 411n, 414, 416n, 432, 474n Eidkr Haraldsson Asciainsanguinata, 1 98. 363. 43 0 Eidkr Oddsson, 361 Eiriks saga rauòa, 475 Eiriks saga viòforla, 475 Ekkehart IV di San Gallo, 88 Elemosina, I 42n Elena, 142-3, 151, 158, 164, 189n, 235n Elena, santa, n8n Elia, patriarca, 238 Elia, profeta, Io8-Io Elia Pietro, 371 Elio Donato, 26, 230, 371, 373, 410 Elis saga ok Rosamundu, 470, 475 Elucidarium!Elucidarius, 366 Emma, regina, 187n Enchiridion (Byrhtferth), 234 Encomium Emmae reginae, 187n Eneide, 68, 174, 364n Enigma xcw (Sinfosio), 21on Enrico II, re d' Inghilterra, 466, 467n Enrico II il Litigioso, duca di Baviera, 96 Enrico II il Santo, imperatore, 57 Enrico IV di Franconia, imperatore, 323n Enrico di Huntingdon, 220

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Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Epistola ai Corinzi, I 6 6, 207 Epistola Alexandri ad Aristotelem, I 67n, 236 Epistola Cuthberti de obitu Bedae, 204 Epistola de litteris colendis, I9n, 6o Epistulae ex Ponto, I93 Eptateuco anglosassone, 230 Erbario anglosassone, 237-8 Ercanberto di Fulda, 75 Erex saga, 475 erfikvaoi, 40I Erik, santo, 353n Erik IX Jedvardsson il Legislatore, re di Svezia, 367 Erik Magnusson, duca di Sodermannland e Uppland, 354n, 356 Erikskronika, 356 Eriks Sjttllandske Lov, 349 Ermanarico /Eormenric/J orm unrekkr, re degli Ostrogoti, I83-4, I 99· 388, 397, 462n, 47I Erpr lutandi, 400 Errante, 14I, I42n, I49, I59n, I63, I66, I89n, I9I-4, I96, 203n, 2IO Esateuco anglosassone, 230 Eskil, santo, 353n Eskil di Lund, arcivescovo, 349 Esodo, 62, 113, I 52n, I54· I76, I89 Esodo (Bibbia), 143n, 230n, 3I9 Esortazione alla vita cristiana, I4on, I 62 Estoire des Engles (Geoffrey Gaimar), 220 Etzelburg, 397 Eujèmiavisor/I canti (Le cantate) di Eufomia, 354-6, 4I 6 Eusebio di Cesarea, 220, 444n Eusebio/Hwa::tberht, abate, 209 Excerpta Legum, 327 Excerptiones de Prisciano, 230 exempla, 26, I43, 350, 366, 433, 457 Exestimatis-Glossar, 85 Ex herbisfominis, 238

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Expositio Hymnorum, 226 Expositio in Cantica Canticorum, 69, 7I Eyvindr il Plagiario, I 91, 383n, 400 fabliaux, 433 fabula, 440-I fabulae curia!es, I 9 Fafnir, 390, 394, 405, 4IO Fagrskinna, 36I-2, 370, 446n, 448, 475 faidemi, 435 Falso privilegio di Carlo Magno, 325 Fan sincte Willibrords leringha, 326 Faraone, I42n Faxi, cavallo magico, 462 Federico II Hohenstaufen, imperatore, 3I9 Fedro, I6 Felice di Crowland, 166, 235 Fenice, I42, I48, I 6I Ferdulfo, I02n jèrskeytt, 427 fllid, 401 Filostorgio, 35-6 Finnboga saga ramma, 475 Fisiologo, 123, I42n, I6I, I70n Fisiologo seriore/.Alterer Physiologus, I23 Fjolnir, 364, 369n .fjoròungar, 406 Flateyjarbok, 369, 379n, 38 0-I, 393n, 403, 426, 448n, 4s8, 466, 475 Fljotsdala saga, 475 Floamanna saga, 475 jlokkr, 403, 4I5n Flores och BlanzejlorlF!Ores saga ok Blankijlur/FioreeBiancofiore, 354-5, 468n, 475 Flores saga konungs ok sona hans, 475 Flores saga ok Blankiflur, 354 Flovents saga Frakkakonungs, 475 Jolkeviser!folkvisor/fornkvttòi, 352, 357, 428 Folkunga, 353 Fondamenti della grammatica/Mdl.frttò­ innar grundvollr, 373

l ndice ana litico

forme semplici (einfoche Fonnen ), I7, 114-5· 211 Fonnulae Salomonis, 83 Fornmanna sogur, 3 62n fornofo, 409, 411, 4I2n, 422 forno/d, 383 fornyròislag, 375, 38I, 406, 425 Fortunaziano, 425 Fozio, 35 Frd Fornjoti ok hans .JEttmOnnum, 475 Fragment I, I2I Frammento del canne di Siguròr!Brot af Siguròarkviòu, 384, 39I-2, 395n, 465 Frammento (o Battaglia) di Finnsburh, I 66, I8I, I89n Frammento omiletico I, I42, I 62, 235 Frammento omiletico II, I42n, I 62 Frammento Omont, 238 Franchi, 22, 24, 45, 56-7, 79, 9on, 9I-5, Ioo, Io6n, I62, I72, I8I, I85, 278-9, 309-Io, 3I5, 329, 369n, 388, 42I Freckenhorst, monastero di, 303-4 Fredegario, I 9, 350n, 369n Frederik III, re di Danimarca, 377 Frederik di Normandia, duca di, 355 Freiprose Theorie/Free-Prose Theory, 437 Freso, 329 Fretela, 40 Freyja, 387, 4I3, 422n Freyr, 2oi, 364, 369, 385-6, 422n, 43 0 Friò.PJofi saga hinsjrtEkna, 475 Frisia Magna, 309 Friso, 322n Frisoni, 25, 56, I72, I82, 309-11, 3I5, 3I7-9, 32I-2, 324-32, 335 frumajuleis, 32 Frumsamdar riddarasogur, 468 Fulda, abbazia di, 6m, 74, So, 283 Furstenspiegel, 355 Gaimar Geoffrey, 220 galdralag, 375n, 425

Gallia, 34, I68n Gallieno, imperatore, 36 Gandersheim, 304 Gautr, 398 Gautreks saga ok Gjafo-Refs, 475 Geirmundarpdttr heljarskinns, 476 Geisli, 404, 4I4, 4I 6n, 432 Gelimero, 97 Genealogia regum Daciae, 349 'generi alti ' lhohere Gattungen, I I 5 'generi bassi ' /niedere Gattungen, 115 Genesi A, I43, I52-3, I 56, I89, 294, 295n Genesi anglosassone, I52-3, 230, 294-5 Genesi antico sassone, 277, 28I-2, 287, 293-9 Genesi (Bibbia), 25, 62, 74, 88, I4I, I43n, I52, I 54· I78, 206, 230n, 298, 42I Genesi B, I 52-3, I 56, 294 Geoffrey di Monmouth, 350n, 42I-2, 43I, 462, 468n Georgiche, 68, 72 Gerberto di Aurillac, 234 Geròr, 20I, 385 Gerefa, 234 Gennania, 96, I44 Geremia, profeta, 91n Gerulflngi, 3I4 Gerusalemme, 35· 58, I59· I 64, I66n, 203, 238n, 35I, 36I, 405 Gesta Danorum, I02, 345n, 350, 362, 3 68, 45In, 462, 466 Gesta episcoporum, 365-6 Gesta Fresonum, 329 Gesta Hammaburgensis ecclesiae ponti.ficum, 349, 350n, 36on, 460 Gesta Normannorum, 35m Gherardo di Svevia, 33I Gibbons saga, 475 Giessen, 39 Ginnungagap, 384 Giorno del Giudizio I, I42n, I62 Giorno del Giudizio II, I 6m, I 62-3

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Giorgio di Cappadocia, 8 6 Goti, 19, 22, 31-6, 43-s. 47, 96, 183-4, 21 6-7, Giovanni, evangelista e santo, 37, 46, 75, 219, 356, 388, 397, 431, 466 Gotica Parisina, 39, 42, 44 76n, 82, 229, 3 S 4· 473n Gotica Veronensia, 42 Giovanni I, papa, 199 Giovanni Crisostomo, 34-5, 123 Gotica Vindobonensia, 39, 42, 44 Giovanni di Worcester, 220 Goticismo, 376, 420 Godand, 353, 387 Giovanni il Sassone, 214 Gottschalk di Fulda, 28on Giovenale Decimo Giunio, s8 Gower John, 237 Giovenco, 79, 151 Giraldus Cambrensis, 350n, 363n, 467n Graecismus, 373 Girolamo, santo, 37, 40, 1 66, 215, 227, Grdgds, 368, 404 Grammatica di .tElfric (Excerptiones de 230, 300 Gisl Illugason, 382 arte grammaticae anglice), 230-1 gramoty, 1 6 Giuda, 1 64 Giuditta, 144, 156, 189n Grega saga, 475 Giudizio (Universale), Giorno del Giu­ Gregorio di Tours, vescovo, 167n, 172n, 235, 320n dizio, 76, 108-9, 142, 152, 156, 159-60, 331 Gregorio Magno, papa, 19, 32, 61-2, 73, 179· 204-6, 231-2, 234· 162-4, 159, 199n, 207n, 214-5, 217-8, 225n, Giuliana, 142, 158, 1 65 Giuramenti di Strasburgo, 17, 121-2 227, 235, 36s, 474 Gregorio Nazianziano, 93 Gizurr Cigliadorate, 414 greppr, 399 Gjuki, 379-80, 392n, 396 gleoman, 399n Grettis saga Asmundarsonar, 475 Gloria, 73 Grimbaldo di Saint-Bertin, 214 glossae collectae, 61-3, 213 Grimm Wilhelm Karl, 375 Grims saga looinkinna, 475 Glossario di .tElfric, 230-1 Glossario di Épinal-Erfurt, 213 Grimur J6nsson Thorkelin, 167 Glossario Durham, 237 Grtenlendinga saga, 475 Glossario Harley, 213 Gruppo isidoriano (lsidor-Gruppe), 6s Guomundar saga biskups, 476 Glossario Laud, 237 glosse, 17-8, 22n, 59, 61-5, 81, 84-s. 98, 112, Guomundar saga djra, 439, 476 120, 123, 138. 157· 163. 213, 226, 23 S-?· Guomundar saga gooa (Prestssaga), 476 277, 28m, 299-301, 303, 332 Guòmundr Arason, vescovo, 470 Glosse bibliche di Mondsee (Mondseer Guòrun/Crimilde, 38on, 389, 39m, 392-8, Bibelglossen ), 62 40In glosse malbergiche, 122 Guglielmo diJumièges, 362n gooar, 457 Guglielmo di Malmesbury, 218n, 291-20 Gulaping, 358, 3 67 goooro, 434 Godwine, earl di Wessex, 223 Gull-POris saga, 475 Gorm Hraldsson il Vecchio, 351n, 451 Gundicario, re dei Burgundi, 183n Gothica Bononiensia, 37, 42-3 Gunnars saga Keldugnupsfifls, 475 gothicas litteras, 2m Gunnars pdttr ThiOrandabana, 475

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Gunnlaugr Illugason Lingua di serpe, 402 Gunnlaugr Leifsson, 367, 446n Gunnlaugr Loptsson, 460 Gunnlaugs saga onnstungu, 475 Gunther/Guthhere/Guntharius/Gunnarr, 106-7, 185, 391-6, 454 Gusisnautar, frecce infallibili, 462 Guthlac, 474 Guthlac, santo, 142, 1 65-6, 229 Guthlac A, 142n, 165-6 Guthlac B, 142n, 155, 165-6 Gut}iuda! Gotthla, 34 Hacs-Béndekpuszta, 42-3 HajliOaskrd, 367 Hafliòi Masson, 3 67 Hagano/Hagena/Hagen/Hogni, 1 o6-7, 185, 391, 393-7 Hakon m Sverrisson il Vecchio, re di Norvegia, 470 Hakon IV Hakonarson, 359, 36 9n, 417n, 418-9, 424-5· 448, 450, 452, 454· 457· 463, 466, 470-1 Hakon v Magnusson, 354n Hakon Hakonsson il Giovane, 470 Hakon il Buono, re di Norvegia, 191 Hakon Siguròarson,jar/ di Hlaòir, 363, 407n, 413, 452 Hdleygjatal, 421 Hdlfdanar saga Bronufostra, 475 Hdlfdanar saga Eysteinssonar, 475 Halfdan Guòr0òsson, re di Norvegia, 362 Hdlfs saga ok Hdlfirekka, 475 Hallr p6rarinsson, 427 Halsingelagh, 353 Hamòir, 397 Hans Ried, 96 Haraldr IV Gilli/Gillekrist (Servitore di Cristo), 362, 448

Haraldr Gormsson Denteazzurro, re di Danimarca, 451 Haraldr Halfdanarson Chiomabella, 190n, 361-2, 452, 465 Haraldssona saga, 361 Haròar saga Grimkelssonar, 476 Hdttalykill, 425, 427, 452 Haukadalr, 366 Haukdala pdttr, 476 Hauksbok, 370, 380, 385 Hdvaròar saga lsftròings, 476 Heaney Seamus, I 67 Hebbel Friedrich, 465n Heòinn, 199n, 390 Heimir, 391n Heimskringla, 345n, 356, 361-2, 370, 385, 417, 435, 446n, 448, 449n, 451-2, 462, 475 heiti (okennt), 387, 406-9, 4II, 412n, 41 6n, 422-3, 426, 428 Hel, 394 Helgapdttr Mrissonar, 475 Heliand, 74-5, 106, 109, II3, II8n, 143n, 277, 280-6, 287n, 289n, 290, 292-4, 296-9 helmingar, 40 6 Helmold di Bosau, 350n Hemingspdttr Asldkssonar, 475 Henricus Dacus, 351 Henrik Harpestreng, 351 Herbarium (Pseudo-Apuleio), 238 Herford, 304 Heroides, 1 93 Herra /vaniLejonriddaren, 354-5 Hertig Frederik (av Normandie), 354-6 Hervarar saga ok Heiòreks konungs, 475 Heusler Andreas, II on, II5, 1 67, 174, 188n, 1 92n, 392, 398, 4II, 437-8 Hexaemeron, 349n Hexameron, 161 Hicila, 81 Hickes George, 181, 207n, 350, 374n

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Hild, badessa, 152. Hildesheim, 304 Hiltgunt di Borgogna, 106-7 hirò, 349, 446 Historia Anglorum ( Enrico di Huntingdon ), 220 Historia Apollonii regis Tyri, 237 Historia brevis regum Dacie, 349 Historia Brittonum, 224 Historia de antiquitate regum Norwa­ giensium, 345n, 361 Historia de gentibus septentrionalibus, 350 Historia de pr(o)eliis Alexandri Magni, 356 Historia de regibus Gothorum, Vandalo­ rum et Suevorum, 350n Historiae adversus paganos (Storie contro ipagani), 214, 219, 236n Historia ecclesiastica gentis Anglorum, 16, 137n, 139n, 143, 152, 214, 218, 310n Historia Francorum, 172n Historia Langobardorum, 96, 102n, 167n, 350n Historia Norwegie, 361, 363 Historia regum Britanniae, 422, 468n, 350n Historiarum Libri IV, 17n, 121 historia salutis, 58, 78n, 92, 95 Historia Sancti Olai, 357 Historia tripartita, 361 Hitardalr, monastero di, 345n Hjdlmpés saga ok Olvis, 475 Hlaòajarla saga, 475 Hlothere, re di Kent, 212 Hoe dae Friesen Roem wonnen/Hoe dae Fresen toefridom koemen, 330 Hcmsa-Mris saga, 439 hi!fuòstafr, 406 Hogni, 391, 393-7 Holar, 346n, 357n, 365-6, 459-60

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Homiliae in Evangelia (Gregorio Magno) , 207 Hrafokels saga Freysgoòa, 476 Hrafos saga Sveinbjarnarsonar, 476 Hrafos pdttr Guòrunarsonar, 476 Hrings saga ok Tryggva, 475 hroòr, 401 Hrolfr Kraki, 351 Hrolfi saga Gautrekssonar, 475 Hromundar saga Gripssonar, 475 Hromundarpdttr halta, 475 Hrosvitha/Rosvita di Gandersheim, 304 hryhent, 407 huld!gratia, 100 Hulda-Hrokkinskinna, 475 Hundingr, 389 Hymir, 386 Idisi, II7n, II8, 290 Ilario di Poitiers, santo, 81 Ildebrando, 99-104, 106, 46m Iliade, 174 illitteratus/illitterati, 15, 57, 285, 346 Illuga saga Griòar.fostra, 475 imitatio Karoli, 74 incantesimi/Zauberspruche/charms, 1 9, 24, II5, II?-9• 2oo, 2II, 237-9, 382, 385-6, 390, 404 Incantesimi di Merseburgo, 74n, II?-9 'incantesimi poetici', 118 Incantesimo delle nove erbe, 238 Incmaro di Reims, arcivescovo, 91n Incoronazione di Edgar, 188, 191, 223 Indovinelli, 142, 208-10 Indovinelli di Berna, 209 Indovinelli di Lorsch, 209 Indovinelli di Reichenau, 209 Indovinello f, 210 Indovinello S, 210 Indovinello I9 , 210 Indovinello 25, 21m Indovinello 20, 210

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Indovinello 30b, 142n Indovinello 42, 21m Indovinello 43, 211 Indovinello 46, 210 Indovinello 47, 211 Indovinello 6o, 142n, 202 Indovinello 63, 211 Indovinello Ss, 21on Indovinello SS, 211 Indovinello 90, 211n Ine, re di Wessex, 212 Inganno di Gylft!Gylfaginnig, 386, 404, 420-1, 423 Ingeld, 166, 1 68, 181, 184, 188, 351 Ingi Baròarson, re di Norvegia, 450 Ingiborg, regina di Norvegia, 451 Ingi Haraldsson il Gobbo, re di Norvegia, 362 Ingvi/Yngvi, 363, 364n, 369, 423 Inni di Murbach, 83-4 Inno alla creazione/Inno di c�dmon, III, 114, 143-4· 152, 178 Inno per l'Ascensione (Beda), 159 Institutiones grammaticae, 371, 373 Institutio oratoria, 371, 410n interpretamentum/interpretamenta, 61-2, 64, 84-5, 213 Interrogationes Sigewulft in Genesim, 230 Inventio Crucis, 164 Invettive di Loki/Lokasenna, 383, 386 Isidoro di Siviglia, santo, 14, 1 95n, 235, 300, 318n, 3son fsleifr Gizurarson, vescovo, 46on fsleifipdttr biskups, 476 Istigazione di Guorun/ Guornnarhvot, 384, 391n, 392n, 397· 398n, 46sn Istituzioni di politica (Wulfstan), 233 Italia, 32, 39, 43-5, 47, 185, 217, 313n, 445, 448n fvarr Ingimundarson, 382 fvens saga, 354, 470, 475

Jacopo da Varazze, 354, 431 farla sogur, 452 jarlmanns saga ok Hermanns, 475 jarnsioa/Hdkonarbok, 368 jarteckensbok, 354 jarteinsaga Guomundar biskups, 476 joculatorljocistalcitharistalpantomimus, 173n, 399n, 426 Jolles André, 17, 114 J6n Ogmundarson il Santo, vescovo, 346n, 460 ]onsbok, 368 jons saga belga, 346n, 476 jons saga leikara, 475 jons pdttr Halldorssonar, 476 Jorò, 386 Jordanes, 1 9, 96, 167n, 21 9n, 350n, 36m, 397· 462 Junius Franciscus, 143, 334 ]yske Lov, 349 Kaiserchronik, 319n, 471n KarlMagnus, 365 Karlskronika, 356 kenningar (kennt heiti), 1 06, 109, 150, 177, 182, 382, 387, 406-7, 409-11, 412n, 414-5, 416n, 418, 422-3, 425-6, 428, 454· 463 Ketils saga hcmgs, 475 King Edgar s Establishment ofMonasteries, 226 Kirialax saga, 475 Kjalnesinga saga, 476 Kla::ngr Porsteinsson, vescovo, 460 Kleiner Katechismus, 72n knittelvers, 355, 357 kniznik, 15 knarr, 397 Knutr IV Sveinsson, re di Danimarca, 367. 451 Knutr VI Valdemarson, re di Danimarca, 451n

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Knuts saga rika, 475 Kolskeggr Hamundarson il Sapiente, 369 Konrdos saga keisarasonar, 475 konunga ttvi, 3 6 9 Konung Alexander, 356 Konungsbok, 368n, 377 Kormakr Ogmundarson, 413 Kristinna !aga pattur, 3 68 Kroka-Rifs saga, 476 Kudrun, 96, 199n Kyrie eleison, 88-9, 92 Labov, 99 Lachmann Karl, 174 Lacnunga, 237-9 Lacuna ( Codex Regius 2365 4to ), 377, 383, 389-93· 465 Lacuna ottoniana/ottonische Liicke, 57, 119 lais, 358, 465, 468 Lamberto di Saint-Omer, 220 Lambeth Psalter, 213n Lamento della moglie, 141, 142n, 1 92-4, 201-2, 203n Lamento di Oddrun/ Oddrunargrdtr, 384, 391n, 392n, 395· 3 98n Lamento per la perdita deifigli/Sonatorrek, 3 98 Lamspringe, 300, 304 Landslog, 358 Lanfranco di Pavia, 71n Langfeogatal [Skjoldunga], 451 Ldrentius saga (biskups), 476 Lattanzio Firmiano, 161 laudes, 1 9, 92 laudes regiae, 92 Laufds Edda, 420 lausavisa!lausavisur, 398, 402-3, 413-5, 463 Laxdala saga, 439, 476 Layamon, 15m Lega anseatica, 314, 450

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Lega dell' Upstalbam, 323 Legenda aurea, 354, 431 legendae, 431 Legendarium antico svedese/Fornsvenska legendariet, 353 Leges, 22, 120, 121n, 311n Legge 'antica ' del Viistergotland!Aldre Viistgotalagh, 353 Legge/Lex salica, 95, 12on, 122 Leggenda e statuti di Magnus/Fan Magnus sauwen kerren, 321 Leggendario Cotton-Corpus, 229 Legge salica emendata, 121 Leggi sinodali/Synd riucht, Sinnethriocht, 320-2 Leioarvisir (ok borga-skipan), 366 leodslakkeo, 399n léoowyrhta, 399n Leofric, eorl di Merda, 223 Leofric, vescovo, 142n Leone III, papa, 321 Le razzie al seguito di re Enrico I, 188n Lettera a Sigrftyth, 231 Lettera a Sigeweard, 231 Lettera a Tito, 61 Lettera a Wulfgeat, 231 Lettera di Alessandro ad Aristotele, 236 Lettera per Wulfiige, 231 Levitico, 230n Lex castrensis siue curiae, 349 Lex Frisionum, 12m, 311, 313 Libello sull'Antico e sul Nuovo Testamen­ to (Libellus de veteri et novo testamen­ to), 231 Liber Evangeliorum, 74-5, 78, 81-2, 85, 8?. 89 Liber Faceti, 332 Liber Floridus (Lamberto di Saint­ Omer), 220 Liber Herbarium, 351 Liber historiae Francorum, 350n

l nd ice analitico

Liber Miraculorum (Gregorio di Tours), Lublino, 30I 235 Luca, evangelista e santo, 37, 40, 236, Liber monstruorum, I69 283n Liberpontificalis, 235, 366 Lucano Marco Anneo, 58, 79 Libri III de moribus et actis primorum Ludovico I il Pio, imperatore, I8, 74, 283, Normanniae ducum, 35m 3I5n, 3I9, 322n Libri historiarum x , 350n Ludovico II il Balbo, re di Francia, 90n Libro degli Islandesi/fslendingaboklLi­ Ludovico II, il Germanico, re dei Fran­ bellus Islandorum, 360, 36m, 3 63n, chi orientali, 74, 78, 90n, 94, Io8, I2I, 364n, 369 283 Libro dei debiti di Emsingo, 326 Ludovico III, il Giovane, re dei Franchi Libro dei Giudici (Bibbia), 23 0 orientali, 9 o, 94 Libro dei Numeri (Bibbia), 230 Ludovico III, re di Francia, 90, 94 Libro dei Re (Bibbia), 229, 359 Lupo, duca d'Aquitania, 97 Libro delle omelie/Homiliubok, 357-8, Lupo di Ferrières, 45 365 Lutero (Martin Luther), 69n, 72n, 282 Libro di Daniele (Bibbia), I 55 '"Libro di Giobbe, 66 Maccabei (Bibbia), 229 Libro di Giosue (Bibbia), 230 Magnus, jarl delle Orcadi, santo, 452, Libro di medicina di Bald (Leceboc), 474 237-9 Magnus Einarson, vescovo, 46on Libro di Rodolfo!Fan dis keysers Roluffi Magnus Eriksson, 356 riocht, 323 Magnus [Forteman], 32I-2, 329, 331 Lilla Rimkronikan, 356 Magnus 6lafsson, 376, 420 ljOòahdttr, 2oo, 375n, 425 Magnuss saga lagabtetis, 475 Lipsia, 28I-2 Magonza, I9, 22, 6In, 74, 78, 8on, 87, 97, literate culture, I5 28I, 283 literate society, I5 Mdgus sagajarb, 468, 475 Littera Brocmannorum, 325 litteratus/litterati, 13, 15, 57, 59n, 81, 346 Majuf, I 9 mdlahdttr, 375n, 402 liudari/liupareis, 3 99n Mallet Paul-Henri, 350 Liudger, I8, 311-2, 318 Mallum, 86, 122 Liutbert(o) di Magonza, vescovo, 22, mannfrteoi, 365n 75n, 78-8I mannjafnaor, 386, 394 Ljosvetninga saga, 439, 476 mansongr, 403, 427 LoddH.fnir, 385 Marco, evangelista e santo, 37, 236, 283n lojkvteoi, 40I Marie de France, 358, 465 logrétta, 368 Marner, I02 Logsogumaor, 373 Mar Nero, I9, 34, I93· I99 Loki, 379, 383-4, 386-7, 422n, 428 Martino di Opava, 354 Lokrur, 428 Martirologio anglosassone, I 99n, 235 Longino, I I 9 Martirologio di Usuardo, I64 Lord Albert Bates, 378

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Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Marziano Capella, 66-7, 6 9, n 6, 350n Massime I, I42n, 204-5 Massime II, I40, 204-5 Massimiliano 1 d'Asburgo, imperatore, 96 Massimino, vescovo, 3 6 Matiere du Nord!Matter of the North, 463 Matrimonio del conte Ralph di Norfolk, I88n Matrimonio di Margaret e Malcolm (Margaret e Maleo m), I 88n, 22 3 Matreo, evangelista e santo, 2I, 37, 6s, 88, I 63, 236, 319, 357, 473n Matthias Flacius Illyricus, 282, 293 Mechthild di Magdeburg, 304 Medicina de quadrupedibus, 238 Melabok, 370 Melantone Filippo, 282 MelkOlfs saga ok Solomons konungs, 475 Menologio, I40, I 63 Meraviglie d'Oriente, I 43, 236 Merseburg/Merseburgo, II7, 300 Messaggio del marito, I42n, I92, I 93n, 202-3 Metri di Boezio, 148, I 95n, 2I7 Miògaròsormr/Jormungandr, 386, 4I0, 4I3 MiltonJohn, I43n mimus, 98, 399n Minnesang, 427 miracula, 353, 365, 447, 449n Mirmanns saga, 475 Mir sagi, 441 Mischprosa, 7I Mischsprache, 68, I2I missus, 320n Moòi, 398 Mondsee, monastero di, 6s Montecassino, monastero di, 62n moraliter, 76-8

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Morkinskinna , 361, 370, 435, 446n, 447-9, 475 Morte di Alfredo, I88, I9I Morte di Edgar, I88, I 91, 223 Morte di Edward, I88, I91 Mottuls saga, 475 Munchener Notker, 69n Munkapvera, monastero di, 345n Munkeliv-Bergen, monastero di, 345n Murbach, 83-4 Muspilli, 74, 82, Io8-n, II3, I20 mystice, n-8 Naumburg, 282 Navigante, I41, 142n, 163, I 66, I 9I-7, 203n, 2o8n Necrologium Lundensis, 349n Neemia, 40-I Nibelungen, Die, 46sn Nibelungenhort, Der, 46sn Nicea, 34 Nicolaus Andreae Granius, 374 Nicopoli, 37 Niòaross/Trondheim, 348, 457, 474n niOvisur, 40I, 403 Nikulas di Munkapvera, 366 Nikulds saga leikara, 475 Nitardo, abate, 17n, I2I Nitida saga, 475 Njoròr, 364, 369n, 422n Normanni, 24, 90-2, 95, 313n Norne, 389, 466 Notker 1 Balbulo/Balbulus, 66n, 67, 83, 359n Notker n, 66n Notker III di San Gallo, 57, 66-7I, n6, 120 Numa Pompilio, 326 Nuovo Testamento, 62, 75, 97, 109, I S 1-2, 1 S 8, 282 njgerving, 425 nykrat, 407

l nd ice analitico

Oddi, 366, 368, 377n, 425 Oddr Snorrason, 3 67 Oddrun, 393-6, 398 Odino/Òòinn/Wodan, u8-9, 302, 364n, 382, 384-6, 388, 390-1, 398, 409n, 4II, 414-5, 41 6n, 418, 421-2, 430, 449, 451, 465 Odissea, 174 Odoacre, re, 103 Offa, re di Merda, 184, 212 Offa/Uffi, 349 o.Jfuia, 353 ojljost, 407-8, 423n Ogmundar pdttr dytts ok Gunnars helmings, 476 Ohthere, 219 6Icifr Guòfriòsson, re di Dublino, 189 6Icifr Haraldsson il Santo, re di Norvegia, 357n, 358, 36on, 361-3, 367, 36 9n, 400, 4un, 41 6n, 426n, 429n, 432, 446, 448-51, 473n 6Icifr Tryggvason, re di Norvegia, 356, 36on, 361, 363, 366, 368, 36 9n, 393n, 430, 446n, 449· 466, 473n, 474n 6Icifr P6ròarson Scaldo-bianco, 372-3, 423, 451 6lafi saga belga, 357 6lafi saga hins belga, 475 6ldfi saga Tryggvasonar, 475 Oland, 353, 415n Olaus Magnus, 350 Olkofrapdttr, 476 Omelia IV (Vercelli), 161 Omelia v (Vercelli), 235n Omelia VIII (Blickling), 1 61 Omelia XI (Blickling), 234 Omelia XVIII (Vercelli), 235n Omelia xxi (Vercelli), 140n, 1 62 Omelia XXII (Vercelli), 235n Omelie Cattoliche, 227-9, 232 Omelie di Blickling, 142, 16m, 215, 228n, 234-5

Omelie di Vercelli, 228n, 234 Omelie su Ezechiele, 32 Omiliario di St. Pere, 235 Onorio di Autun, 359, 363n, 366 Oratio dominica, 69 Orazio Fiacco Quinto, 58, 166n, 350 ordalia, 321, 328-9, 395 Ordine del mondo, 142, 204n, 206 Origo gentis Langobardorum, 350n Orkneyinga saga, 439, 452, 475 Orosio (Paolo), 219 Orvar-Odds saga, 465, 475 Ostgotalagh, 35 3 Oswald, arcivescovo, 191 Oswald, vescovo, 225, 234 Otfrid di WeiBenburg, 22, 74-83, 85, 8790, u8n Ottaviano (Augusto Caio Giulio Cesa­ re), 318, 321, 324n, 326 Otto Decreti, 323 Ottone I il Grande, imperatore, 18, 57, 313n Ottone II, imperatore, 87 Ottone III, imperatore, 57, 96 Ovidio Nasone Publio, 58, 79, 107, 193, 2o on, 346n, 350 Owain, 470 Owen, re di Strathclyde, 189 Oxford, 62n, 83, 143, 216, 218, 221, 235, 236n, 238n, 294, 299, 300n, 334, 349, 358n Pdls saga biskups, 476 Pantera, 142n, 1 61, 170n, 207n Paolino d'Aquileia, 235 Paolo, santo, 89, 158n, 166n, 207, 298, 473 Paolo Diacono, 96, 102n, 167n, 227, 350, 361n, 362n, 366n, 462 Papiro di Arezzo, 42 Papiro di Napoli, 42

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Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Parafrasi antico svedese del Pentateuco/ Poemetto runico antico islandese, 3 74 Fornsvenska Pentateukparafrase, 353 Poemetto runico antico norvegese, 374 Parcevals saga, 475 Poemetto runico antico svedese, 374 Parigi, 64-5, I57· 2.I7, 334, 349n, 350, 352.-3, poeta di corte/Hofdichter, 115 368 Poetica, 2.0 Parker Matthew, 2.3I-2. Pound Ezra, I 97n Parry Milman, I46-8, 378 Praefatio ( Codex Brixianus ), 40, 43 Partalopa saga, 475 Praefatio in librum antiquum lingua SaPasquale n, papa, 345 xonica conscriptum, 2.82. Passio et miracula beati O/avi, 449n pragmatic literacy, I? Passio sancti Kanuti regis et martyris, Precetti, I42.n, 2.04, 2.06 349n, 472. Predica di Gernrode, 30I Pater Noster, 35, ?I -2., I42.n, 2.05n, 2.06 Preghiera di Wessobrunn, III, II4 Pelagio, 2.I8 Preghiera francone/Frankisches Gebet, Penuria d'oro/ Vellekla, 407 I14 Pericles (W. Shakespeare), 2.37 Primo canne di Guorun/ Guorunarkvioa Peri Didaxeon, 2.37n infyrsta, 384, 392. Peri henneneias, 66, 37I Primo canne di Helgi uccisore di Hun­ Per la perdita di bestiame, 2.38 dingr/Helgakvioa Hundingsbana in Pernice, I42.n, I6I fyrri, 383, 389, 465n Per un dolore improvviso, 2.38 "Principia arithmeticae, 66 Petros, 364 prisca cannina, I 9 Petrus de Dacia, 353-4 Prisciano di Cesarea, 2.6, 8I, 2.30-I, 37I, Piers Plowman, I46n 373 Pietra di Eggjurn (Eggja), Sogndal, 409n Prisco di Panion, 96, 167n, I88 Pietra runica diJelling-I, Vejle, 349 Processus judicii/Foerdgunghe des riuch­ Pietra runica di]elling-2., Vejle, 349, 45I tis, 32.7 Pietra runica di Karlevi, Oland, 4I5n Procopio di Cesarea, 47, 97, I67n Pietra runica di Rok, 356, 38I, 395 Profezia della veggentel Voluspd, II3, 380-I, Pietre di Balista, Uppland, 398 383-5· 42.2. Pietro Comestore, 353 Profezia di Gripir/Gripisspd, 378-9, 383, Pietro da Pisa, 85 390-I, 398, 465n Pipino, re d'Italia, 90n Prospero di Aquitania, 365 Pipino n di Herstal, 3IO Pipino il Breve, re dei Franchi, 95, 2.78n, Prudenzio Clemente Aurelio, 62., 79, 2.o 6n, 2.99-300 32.9 psalmista/psalta, 98 Placido, santo, 357 Pseudo-Apuleio, 2.38 Plegmund, 2.I4 Pseudo-Beda, 2.09 Poemetti runici, 2.08, 374 Poemetto rimante, I42.n, I9I-4, I97-8, Pseudo-Fredegario, I9, 369n, 42.I Pseudo-Matteo, 2.35 2.04 Psychomachia {Prudenzio), 2.06 Poemetto runico, I3 9· I44, 2.07-8, 374

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l ndice ana litico

quadrivium, 6on Quindici segni dd Giudizio Universale (I), 234, 33I Quinque claves sapientiae, 33I Quintiliano Marco Fabio, 26, 37I, 4Ion Rabano Mauro, I9, 22-3, 62, 66, 74-5, 8I, 88, 97· 279· 283 Racconto di Nornagestr/Nomagests pdttr, 377· 389. 39I, 394fl, 466, 475 Ragnarok, Io9, I7on, 384, 386, 422 Ragnarsdrapa, 401n Ragnars saga loobrokar, 465, 475 Ragnhild, santa, 353n Rassegnazione, I42n, I 92, I94· 20I-2 Ratpert di San Gallo, 88 Raupach Ernst, 46sn Ravenna, 43-4, I03n Rectitudines, 234 Redbad/Radbod, re, 3IO, 3I9, 328-9 Re Edgar, I88 Refr Gestson, 4I4 Reginn, 380, 383, 385, 390, 4Io, 46sn Registro 'generale' delle ammende, 320 Registro merciano, 22on-I Regola di Crodegango, I 6I, 226 Re Guglielmo, I88n Regula Pastoralis, 6I-2 Regularis concordia, 2I3, 226 Regula sancti Benedicti/Regula benedettina, 62-4, 84n, 8s, 225-6, 432 Reichenau, s9n, 63, 84, 87, ns. 209 rékit, 4n Relatio de translatione S. Margare/4 Roskildensis, 349n Remigio di Auxerre, 62, 67-9 Rémundar saga keisarasonar, 475 Renaud de Montauban, 468 Rerum gestarum Saxonicarum libri tres, 350n revelatio, s8 Reykdala saga (ok Viga-Skutu), 43 9, 476

Rezeptionstisthetik, I3 Richiamo alla preghiera, I 62 Riddarasogur, 358, 428, 463-4, 466, 468, 475 Rigspula, 377n, 380 Rimbert, 347n rimur, 355, 4I6, 420, 426, 463, 470 Rinascita carolingia, 23, 79 Rinascita ottoniana, 57 Riscatto della testa, I 98 Risveglia appetito lHungrvaka, 346, 3 6s-6, 460, 476 Rithmus teutonicus, 90 Robert, 'abate', 469-70 Rodolfo, duca di Svevia, 323n Rodolfo di Fulda, IO S Roger di Howden, 363n Rognvaldr (Kali) Kolsson jarl, 400, 40in, 42 S , 427, 430, 4 S 2 Rollone, duca, 466 Rovina, I42n, I92-4, 203 runa/rune, 39, nin, n2, ns, I39• I76, 20 6-8, 2Io, 3I2n, 372, 374, 377, 385, 4I8 runhent, 407, 424 Runica manuscripta, 374 Rus', I9 Sacco di Canterbury, I88 Sacco di Roma, 2I6, 2I9 Sachliteratur, SS Sacro Romano Impero, I9, 283, 3I3, 3I S, 3I9, 322, 323fl Sa::mundr Sigfusson il Sapiente, 36I, 363, 368, 376, 446n, 4 S I Saga degli abitanti del Vatnsdal! Vatnsdala saga, 43 9, 453, 4SS· 476 Saga degli abitanti di Eyr/Eyrbyggja saga, 433n, 439, 4 SS· 475 Saga degli Islandesi/fslendinga saga, 43 9, 4 SS· 459, 46I, 476 *Saga degli Skjoldungar/Skjoldunga saga, 446n, 449, 4 S I, 475

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Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

Saga degli uomini delle Ftetur/Ftereyinga Saga di Kormdkr Ogmundarson/Kormdks saga Ogmundarsonar, 4530, 476 saga, 43 9, 452, 475 Saga degli Yngligar/Ynglinga saga, 3630, Saga di Njdll il bruciato/Brennu-Njals saga, 381, 413, 439, 454, 476 3640, 449, 451n, 452, 4620 Saga dei Baglar/Boglunga sogur, 450, Saga di 6lafr Tryggvason/ 6lafr saga Tryggvasonar, 3940, 446, 4490 475 Saga dei confederati/Bandamanna saga, Saga di san Porldkr!Porldks saga belga, 460 454· 475 Saga dei Fratelli giurati/Fostbrceora saga, Saga di Sverrir/Sverris saga, 3830, 446, 448, 450, 452 4530, 475 Saga di Teoderico di Verona/Pidreks saga Saga dei Gotlandesi/Guta saga, 353 afBem, 103, 1850, 1980, 3460, 359, 377, Saga dei Knjtlingar/Knjtlinga saga, 351n, 389, 396-7, 424, 462o, 465, 468, 470-1 402, 451, 475 Saga dei vichinghi di ]om/]omsvikinga sagamaor, 438 Saga (Storia) della Conversione/Kristni saga, 452, 475 saga, 3640 Saga dei Volsunghil Volsunga saga, 377, Saghe antiche delle terre del Sud!Fom­ 379-81, 389-91, 393, 3940, 395-6, 401n, sogur Suorlanda, 46m, 468 430, 461o, 464o, 465, 475 Saghe degli (antichi) Islandesi o Saghe Saga della battaglia nella brughiera/ familiari/ Islendingasogur, 437, 452, Heioarviga saga, 439, 455, 476 456, 461, 464, 467, 469, 474-5 Saga di Asmundr uccisore di campioni/ SaghedeiBritanni/Breta sogur, 468, 476 Asmundar saga kappabana, 102, 475 Saghe dei cavalieri/Riddarasogur, 358, Saga di Bjom Campione degli abitanti del 428, 463-4· 466, 468, 475 Hitardal!Bjamar saga Hittklakappa, Saghe dei contemporanei/Samtioarsogur, 453· 475 457-8, 476 Saga di Carlo Magno e dei suoi paladini/ Saghe dei re/Konungasogur, 351n, 370, Karlamagnw saga ok kappa hans, 470 446, 464, 467, 475 Saga di Egill Skallagrimsson/Egils saga Saghe dei santi/Heilagra manna sogur, Skallagrimssonar, 417, 419, 430, 435, 433, 4380, 472 4530, 456, 475 Saghe dei vescovi/Biskupasogur, 45 7, 45 9, Saga di Gisli Suesson/ Gisla saga Sursso476 nar, 453, 475 Saghe del tempo antico (dei paesi del Saga di Gonfu-Hrolft!Gongu-Hrolfi sa­ Nord)!Fomaldarsogur Noròrlanda, ga, 462, 466, 475 461 Saga di Hdkon Hdkonarson/Hdkonar Saghe fantastiche o bugiarde/Lygisogur, saga Hdkonarsonar, 450, 475 430, 468 Saga di Hallfteor Scaldo turbolento/ saghe su Òlcifr il Santo, 358, 449 Hallfteòar saga vandrteòaskdld, 453 Saladioo ( Yiisufibn Ayyiib ) , 351 Saga di Hrol.fr Kraki [e dei suoi guerrieri] l Sallustio Crispo Gaio, 300 Hrolfi saga kraka (ok kappa hans), 170, Salmi, 40, 154, 157, 214, 217, 301, 375 381, 451n, 4620, 466, 475 Salmo 18, 206

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Salmo 2.8, I62. Salmo I36, I57 Salomone, re d'Israele, 2.06 Salomone, vescovo, So, 8m, 83 Salomone e Saturno I-II, I 6I, 2.05-6 Salomone e Saturno in prosa, I 6I Salterio, 66, 69-70, 12.on, I66n, 2.I3, 332. Salterio di Parigi, I 57· 2.I7 Salviano di Marsiglia, 33-4 Samsons sagafagra, 475 San Gallo, 57, 66, 6 9n, 72., 8m, us, I85 sangari/sangere, 3 99n sannkenningar, 4II-2., 42.2.n Santa Anastasia, chiesa di, 43 Sapienza (Bibbia), IS4 Saraceni, 32.9 Sassoni, 2.4, s6, 97· IOS, I 67n, I72., I83, I90, 2.78-So, 2.84n, 2.85, 2.88, 302., 309-u, 3I5 satyricus, 98, 399n Saulus saga ok Nikanors, 475 Saxo, 32.9 Saxo Grammaticus, I02., 348-5I, 356, 362., 368, 38In, 45I, 462, 464, 466 Saxones, 32.9 Scania, 349n Schmeller Johann Andreas, Io8, 280 Scienza deU'ornato linguistico/Mdlskruosjrd!oi, 373 scop, sco (p)f, I42, I68, I8o, I83-4, 2Io, 399n, 466 scurra, 399n Scyldingas, 45I Secondo carme di Guorun/ Guorunar­ kvioa onnor, 379· 384, 392.n, 3 94 · 46sn Secondo carme di Helgi uccisore di Hun­ dingr/Helgakvioa Hundingsbana on­ nor, 383-4, 388, 3 90 Secondo Glossario Corpus, 2.I3 Secondo incantesimo di Treviri per i ca­ valli, II9 Sedulio (Celio), ISI

Seneca Lucio Anneo, 6I senna, 389, 433n sensus spiritualis, 58, 76-8, I23 Senno JO (Agostino), 65 sermo altus, I2.2. Senno de symbolo contra Iudeos, Paganos et Arianos, Io8 sermo gravis, 373 sermo humilis/piscatorius/rusticus, 8on Senno Lupi ad Anglos, 2.32. sermo mediocris, 373 Sennones catholici, 2.2.7 Servio Mario Onorato, 42.5 Sesto Placito, 238 Shakespeare William, 2.37 Sidonio Apollinare, santo, 97 Sigeric, arcivescovo, 22.9 Sigfrid, santo, 353 Sigfrido/Sivrit/Siguròr, 379, 38on, 384, 388-97, 404-s. 43I, 46m, 465-6 Sighvatr 1>6ròarson, 399 Sigibert I, rex di Austrasia, 388-9 Sigmundr, 389-90 Signy, 390 Sigrgaros sagafrcekna, 475 Sigrgaros saga ok Valbrands, 475 Sigrun, 380, 389-90 Sigtryggr 6lafsson Barbadiseta, 402 Siguroar saga turnara, 475 Siguroar sagapogla, 475 Siguròr Magnusson il Pellegrino, re di Norvegia, 36I Silistra (Durostorum), 36 Simmaco Quinto Aurelio, I99 Sinfjocli, 379, 390 Sinfosio, 2.09, 2.II Sinossi norvegese, 360-I, 363, 368, 446, 449n Sir Gawain and the Green Knight, I46n Sjd!llandske Kirkelov, 349n sjuzet, 440-I Skaanske Kirkelov, 349n

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Skaanske Lov, 349 skdldasogur, 399, 453 skdldfl, 3 98 Skalholt, 365-6, 376, 459-6I Skanninge, 354 Skeireins, 37, 40, 42.-3 skelta, 32.0 Skeltanariucht seriore, 32.3 Skirnir, 2.0I, 379n, 383, 385 Skjoldr, 35I, 45I skothending, 406n Skuli Baròarson, 359, 4I7n, 4I 9, 42.4-5, 448 Smaland, 3 53 Smdlandslagh, 353 Smaragdo di Saint-Mihiel, 2.2.7 Snorri Sturluson, 2.0I, 35I, 356, 36I-4, 370n, 37I-3, 376-7, 379-82., 384-6, 390-I, 396-7, 406-I2., 4I4, 4I6-2.5, 42.7, 449-5I, 459. 462.n, 464n, 466 Sodermanland, 356 Sodennannalagh, 353 Sogno della Croce, I42., I58-9, I63, 2.35n, 474 Sogubrot affornkonungum, 475 Soliloquia (Soliloqui), 2.I4, 2.I7 Sorla saga sterka, 475 Sorli, 397 Spagna, 2.2., 44-5 spaklegu.frttòi, 365, 42.9 Speculum regale!Konungs skuggsjd, 359, 4I 9, 467n Spielmannsepik, 354 spilmen, 42.6 Spira, 45, 72.n spottvisur, 403 Sprachgebarde, I? Staòarhobbok, 368n stajhent, 42.7 Stagioni del digiuno, I 62. stdl, 406n Starkaòr, 35I

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Statuti degli abitanti del Brokmerland, 32.5-6 Statuti dell'Upstalbam del IJ2J, 32.3n, 32.7 Statuti di Hunsingo del I2f2 , 32.5 Statuti superiori/ Urkeran, 32.2. Stazio Publio Papinio, s8. IO?, I74 stef, 406, 4I5n Steinun Refsdottir, 4I3 Stephannos, 364n stile 'appositivo', I S O, I75n, I9I stile 'colto', 437, 438n, 472. stile 'cortese/di corte ', 437 stile 'ermeneutico ', 2.2.5-6 stile 'formulare', I46, I48, I58, 2.2.2. stile 'ornato/florido', 437 stile 'semplice' /'popolare '/'della saga', 437, 438n Stjorn, 359 Storia ecclesiastica, 35-6 Strage dei Nibelunghi/Drdp Niflunga, 379· 384. 393-4 Strengleikar, 358, 470, 472., 475 stuòlar, 406n Sturla 1>6ròarson, 450-I, 459 Sturlaugs saga starfiama, 475 Sturlubok, 370 Sturlu saga, 439, 476 Sturlu pdttr, 476 Summa :Antequam ', 32.7 Summa Coloniensis, 32.6 Summa de arte praedicatoria, 2.0 Sunnia, 40 Sva�d�la saga, 476 Svava, 389-90, 39In Svealand, 353 Svegòir, 364 Sven Aggesen, 349 Sverrir, 360, 362., 369, 430, 450, 470, Svetonio Tranquillo Gaio, 2.I4 Svinjelbnga saga, 476 Symbolum, n2. Symbolum apostolorum, 72.n

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Tabella Hungarica, 42 Tacianus/Daciano, 86 Tacito Publio Cornelio, 96, 105, 144, 167n, 462n Tatwine, 209 Tavola Rotonda, 355 Taziano, 63-5, 74n, 120, 28on, 283n, 289n Tebaide, 174 Tegernsee, 62 Teoderico, l'Amalo, re dei Goti d' Italia, 43, 45, 47, 103, 185, 188, 198-9, 2o on, 21 6n, 318, 356, 381, 388, 395, 431, 462n, 471 Teoderico II, re dei Visigoti, 97 Teoderico di Austrasia, I 98n Teodoro di Tarso, arcivescovo, 137-8, 213 Teodosio II, imperatore, 318n, 324n Teodulfo di Orléans, 45 Teofano, 87 Tertulliano Quinto Settimio Florence, 1 66n Terzo canne di Guorun/ Guòrunarkviòa in priOja, 384, 392n, 395, 398 Tetralogia, 465n Textus Roffinsis, 212 Theodericus monachus, 361 Theophilus, vescovo, 34 Thesaurus (Linguarum veterum septen­ trionalium thesaurus grammatico-cri­ ticus et archteologicus), 181, 350 Thet Freske Riim, 232 theudisca lingua/ theotisca lingua [ ] , 21 Thomas Becket, santo, 367, 474 Thomas d'Angleterre, 469 Tiohiiradslagh, 353 Tolkien,John Ronald Reuel, 18, 170, 174, 186n Tommaso d'Aquino, santo, 353 tragicus, 98 Trattati grammaticali islandesi, 26, 364-5, 370-2, 374, 399, 415, 420 Tristia, 193 ...

Tristrams saga ok !sondar, 359, 469 trivium, 6on trol� 413, 423n, 430, 454· 462 Turingi, 1 9, 56, 329 Tyr, u5n, 386, 422n Pdttr afRagnars sonum, 475 Pjalarjons saga, 476 Pj6ò6lfr di Hvfnir, 369, 40 0, 40m Porbjorn Grinfia di corno, 40 0, 402 Mroar saga hreòu, 476 Mroar saga kakala, 43 9, 476 Porgill, santo, 353 Porgils saga ok HajliOa, 430, 439, 444, 46In, 476 Porgils saga skaroa, 367, 439, 476 Porlakr RW16lfsson, vescovo, 46on Porlakr P6rhalsson, santo, 460-1, 473n Porleifipdttrjarlaskdlds, 476 P6rr, 170n, 302n, 382, 386-7, 410, 412-3, 421, 422n, 428, 466 Porskftroinga saga, 476 Porsteins saga hvita, 476 Porsteins saga SiOu-Hallsonar, 476 Porsteins saga Vlkingssonar, 475 Porsteins pdttr btejarmagns, 475 Porsteins pdttr stangarhoggs, 476 Porsteins pdttr tjalds14oings, 476 Porvalds pdttr viòforla, 476 Prymlur, 428 Pulr!Pyle, 399 pulur (sg. pula), 183-4, 385, 408, 420, 423 Pjddar riddarasogur, 468 Pjòingar helgar, 365-6, 429 Pyrvi, regina, 349 Uccisione di re Edward, 188n Ugo, abate, 91n Ugo di Bologna, 350n Ugo di San Vittore, 3 62n Ugo (Hugo von Sitten ), vescovo, 66

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Uiliarit/Wiljarip, 43-4 Ulflj6tr, 367 Unni, 100, 103, 106, 164, 183-5, 188, 318, 388, 466 Uppland, 352.n-3, 356, 398 Upplandslagh, 353 Utrecht, 17, 6m, 310n, 311, 313n, 32.0-1 Valacchia, 34 Valafrido Strabone, 35, 62., II5, 303 valchirie, 385 Valdemar I, 350 Valdemar n Valdemarson il Vittorioso, re di Danimarca, 451-2. Valdemars SJ�llandske Lo v, 349 Valdimars saga, 475 Valeriano, imperatore, 36 Valhol, 385 Valla-Ljots saga, 476 Valland, 394 Vallo di Adriano, 1 6 Vanagloria, 142., 161 Vangeli di Lindisfarne, 2.13, 2.35 Vangeli di Rushworth, 2.13, 2.35 Vangelo di Giovanni, 40, 43, 2.35 Vangelo di Luca, 40 Vangelo di Matteo, 37, 65, 319 Vangelo di Nicodemo (Evangelium Nicodemi), 156 Vani, 384-5, 408 Vdpnftròinga saga, 439, 476 Vastergotland, 353-4 vates, 98 Vecchio Skeltanariucht, 32.0, 32.2.n, 32.3 Venanzio Fortunato, santo, 97, 167n, 2.03n Ventiquattro Leggi della Regione, 317-9, 32.2., 32.6 Verona, 42.-3, 462.n, 470 Versus cuiusdam scoti de alphabeto, 375 Versus de poeta et interprete uius codicis, 2.82.

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Vespasian Psalter, 2.15 Vestmannalagh, 353 Vetus Latina, 40 Viaggio di Brynhildr verso gli inferi/ Helreiò Brynhildar, 380, 384, 391, 392.n, 394-5 Viaggio di Skirnir/For Skirnis/ Skirnismdl, 2.01, 379n, 383, 385 viòkenningar, 411-2., 42.2.n Viòurr, 398 Viga-Glums saga, 439, 453, 476 Viglundar saga, 476 Viktors saga ok Bldvus, 475 Vilhjdlms saga sjoòs, 475 Vilmundar saga viòutan, 475 Vincenzo di Beauvais, 359, 371 Virgilio Marone Publio, 58, 61, 66, 68, 79, 1 66n, 174, 300, 350, 401n, 42.1 Visby, 353 Visigoti, 3 4 visuorò, 406 Vita ..IElfredi regis Angul Saxonum, 2.14, 2.2.4 Vita Anskarii, 347n Vita Antonii, 347n Vita Christinae Stumbelensis, 353 Vita di Ludovico il pio/ Vita Hludowici imperatoris, 315n Vita di Maria Egiziaca, 2.15 Vita di 6Icifr Tryggvason (Oddr Snorrason), 368 Vita di san Chad, 2.15 Vita di san Cristoforo, 143 Vita di sant'Eadmund, 369n Vitae, 18, 164, 2.2.9n, 365-6, 431, 438, 459, 447· 473-4 Vitae di Svetonio, 2.14 Vitae patrum, 3 66, 431 Vita etpassio sancti Kanuti, 349n Vita Karoli Magni, 97, 2.14 Vita Oswaldi, 187n Vita sancti Aure/ii, 70

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Vita sancti Canuti ducis, 349n Vita sancti Guthlaci, I66, 2.35 Vita sancti Liudgeri, 3I2.-3 Vitaliano, papa, I 9 Vite dei santi (.JElfric), I39-40, 2.2.8-9 Volsunga rfmur, 42.8 Volsunghi, 356, 388 Volsungr, 388, 390 Volundr/Welund/Velent, I85, I98, 2.oon, 38?. 47I Vul6.la/Wulfila, 2.3, 36-40, 44 Vulgata (Girolamo), 70-I, 75, 2.30, 2.3 6, 353 Wrerferth, vescovo, I39· 2.I4, 2.I8 Wagner Richard, I8, 465n Waldere, I02., IO?, I66, I74n, I84-5, I98, 388n Waldone, 8o Walter di Chatillon, 431 Waltharius, 2.0, Io6-7, I84, I85n, 388n Walther und Hildegund, IO? Weltchronik, 354 Werwulf, 2.I 4 West Saxon Gospels! Old English Gospels, 2.36

wicingas, I 9 Widsith, I06, I42., I44· I5I, I 6 6, I82.-4, I88, I99n, 2.04n, 2.I9n, 2.3 6n Widukind, duca, 2.78 Widukind di Corvey, I8, 350 Wihtred, re di Kent, 2.I2. Willehad, 311, 3I8, 32.9 Williram di Ebersberg, 69-7I, 74 With4rlagsrethl Vederlov, 349 Wittenberg, 2.82. Witzlaw di Riigen, 354n Wolfdietrich A, 96 Worms, 72. wopbora, 399n WulfedEadwacer, I42.n, I9I-4, I99-2.00 Wulfsige, vescovo, 2.31 Wulfstan, arcivescovo, I39-40, I9I, 2.2.5-6, 2.2.8n, 2.31-4, 2.37 Wulfstan, viaggiatore, 2.I 9 Yggdrasill, frassino/asse del mondo, 385 Ymir, gigante, 113, 385, 4IO, 4I7 Ynglingar, 3 63n, 3 64n Yngvars saga vfòfiJrla, 475

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Gli autori

Marco Battaglia insegna Filologia germanica all' Università degli Studi di Pisa. I suoi ambiti di ricerca comprendono la costituzione etno-linguistica dei Germa­ ni e il rapporto tra 'barbari ' e civiltà classica; la mitologia e il diritto germanici ; la civiltà letteraria norrena; la relazione tra oralità e scrittura, la tradizione nibelun­ gico-volsungica e le sue riscritture. Nel 2o10 ha curato l'edizione del volume La tradizione nibelungico-volsungica ( ETS, 2010) ed è autore dei volumi I Germani. Genesi di una cultura europea ( Carocci, 20 13) e Medioevo volgare germanico (Pisa University Press, 2016'). Maria Rita Digilio insegna Filologia germanica all' Università degli Studi di Siena. Si occupa di linguistica, letteratura e filologia del sassone antico, dell'an­ glosassone e dell'alto tedesco antico, studiandone testi poetici e in prosa, con un interesse marcato per il dato manoscritto, la costruzione sintattica e il lessico ( Thesaurus dei saxonica minora, Artemide, 200 8 ), A questi interessi si è aggiunto in anni più recenti lo studio della letteratura cortese e delle riscritture di testi germanici medioevali in autori moderni (Th. Mann,J. L. Borges). Marusca Francini insegna Filologia germanica all' Università degli Studi di Pa­ via. I suoi interessi scientifici comprendono la traduzione dei Vangeli nel Me­ dioevo germanico, la Bibbia gotica, l'onomastica longobarda, le saghe scaldi che e le Riddarasogur norrene, e la tradizione eroica nella poesia anglosassone. Ha pubblicato il volume Edizione sinottica del Vangelo di Giovanni in gotico del Co­ dex Argenteus (Sestante, 2009 ). Giulio Garuti Simone Di Cesare ha insegnato Filologia germanica presso l'U­ niversità Alma Mater Studiorum di Bologna. Svolge attività di ricerca negli am­ biti della storia della runologia, della frisistica, della ricezione e riscrittura (anche trasmutazionale) dei testi della materia nibelungico-volsungico-teodericiana. Simona Leonardi insegna Filologia germanica all' Università Federico n di Na­ poli. Nelle sue ricerche si è concentrata soprattutto su questioni di semantica diacronica e sincronica, di pragmatica storica, di metaforologia e di analisi della

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Le civiltà letterarie del Medioevo germanico

conversazione. È autrice di 'Libro: 'leggere: 'scrivere' in area linguistica tedesca tra medioevo e prima eta moderna. Un 'analisi semantica di tre parole chiave (Kiim­ merle, 2.000) e, insieme a Elda Morlicchio, di La filologia germanica e le lingue moderne (il Mulino, 2.009). Alessandro Zironi insegna Filologia germanica all' Università Alma Mater Stu­ diorum di Bologna. Al centro dei suoi interessi di ricerca vi sono la lingua, la let­ teratura e la cultura gotiche, indagate soprattutto in merito agli aspetti connessi all 'interrelazione fra la produzione manoscritta e il contesto socioculturale. In questo, ha rivolto particolare attenzione agli aspetti codicologici della produzio­ ne manoscritta gotica e all'uso liturgico dei testi tramandati, sia in età tardoantica sia presso le genti germaniche, fra le quali soprattutto i Longobardi. A questi terni ha dedicato diversi interventi scientifìci, fra i quali il volwne L 'eredita dei Goti. Testi barbarici in eta carolingia (Fondazione Centro i taliano di studi sull'alto Medioevo, 2.0 09).

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