La poesia (PHerc. 188 e 1014) . Edizione, traduzione e commento 8870881989, 9788870881981

I libri sulla poesia di Demetrio Lacone rappresentano un grosso tentativo, seguito da Filodemo, di portare la filosofia

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La poesia (PHerc. 188 e 1014) . Edizione, traduzione e commento
 8870881989, 9788870881981

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DEMETRIO LACONE

LA POESIA

BIBLIOPOLIS

Accanto alla Poetica di Aristotele e ai vari trattati Sulla poesia, Sullo stile di Teofrasto e degli altri Peripatetici e alla trattatistica critico-letteraria fiorita in ambiente stoico, si collocano i libri Sulla poesia di Demetrio Lacone: essi rappresentano un grosso tentativo, seguito poi da Filodemo, di portare la filosofia epicurea allo stesso livello delle altre filosofie ellenistiche, dimostrando come i metodi di una gnoseologia fondata su basi empiriche siano validi anche per le arti che, in ogni caso, non concorrono al raggiungimento del sommo bene. Il primo libro, il cui interlocutore è Andromenide, discute la funzione dell’udito o della ragione come metodi e criteri di valutazione dei testi poetici. Il secondo libro, invece, affrontando contemporaneamente l’aspetto lessicale e sintattico del testo poetico, si inserisce nel vivace dibattito sulle figure e sul loro uso in rapporto ai generi letterari: le citazioni poetiche addotte ad esempio, non note da altra fonte, accrescono la nostra conoscenza della letteratura greca.

V

ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI

LA SCUOLA DI EPICURO Collezione di testi ercolanesi diretta da Marcello Gigante

volume nono

V

NAPOLI 1988

DEMETRIO LACONE

LA POESIA (PHerc. 188 e 1014)

Edizione, traduzione e commento a cura di Costantina Romeo

BIBLIOPOLIS

Questo volume è stato pubblicato con il contributo del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali

Proprietà letteraria riservata

v

ISBN - 88 - 7088 - 198 - 9 Copyright © 1988 by « Bibliopolis - edizioni di filosofia e scienze s.p.a. » Napoli, Via Arangio Ruiz 83

Alla cara memoria di mio padre Giacomo

'

INDICE

Prefazione



11

Abbreviazioni bibliografiche

»

13

1. La Poetica e il problema dell’attribuzione

»

21

2. L’autore

»

26

3. Le altre opere

»

33

a. L’argomento

»

41

b. Gli avversari

»

45

a. L’argomento

»

51

b. Identificazione degli avversari

»

51

»

66

a. Stato di conservazione

»

71

b. Ordine delle colonne

»

73

c. Lormato

»

73

d. Spazio scritto e spazio non scritto

»

74

e. Subscriptio

»

75

f. Segni diacritici

»

75

g. Scrittura e particolarità ortografiche

»

75

h. Correzioni

»

76

»

76

Introduzione

4. Il primo libro della Poesia

5. Il secondo libro della Poesia

6. Il destinatario romano

Premessa all’edizione 1. I PHerc. 188 e 1014

2. I disegni

INDICE

10

3. Le edizioni precedenti

»

77

4. La presente edizione

»

82

Tavole di concordanza

»

85

CoNSPECTUS SIGLORUM

»

91

CONSPECTUS SIGNORUM

»

92

Demetrius de poematis liber prior

»

93

Demetrius de poematis liber alter

»

99

Demetrio la poesia libro primo

»

129

Demetrio la poesia libro secondo

»

133

Libro I

»

141

Libro II

»

147

Index nominum

»

321

Index verborum

»

322

Index locorum a Demetrio laudatorum

»

329

Commentario

Indices

PREFAZIONE

Nel consegnare alla stampa questo lavoro desidero esprimere la mia profonda gratitudine al Prof. Marcello Gigante, che dieci anni or sono mi affidò lo studio dei libri Sulla poesia di Demetrio Lacone, oggetto della mia tesi di laurea prima e di quella dottorale poi, e che nel corso di questi anni è stato sempre prodigo di consigli e suggerimenti preziosi per la soluzione di alcuni punti difficili e controversi del testo. Un grato ricordo va anche al prof. Bruno Snell che, visti i primi risultati della revisione autoptica dei papiri,

mi

incoraggiò

nella

difficile impresa

del commento

all’opera demetriaca. Vorrei anche ringraziare il prof. Stephan Radi, col quale ho riveduto proficuamente il testo dei frammenti e delle testimonianze su Eschilo riportati da Demetrio; e ancora la prof. Francesca Longo Auricchio per la discussione dei passi della Retorica filodemea riportati da me nel commento, e, infine, i colleghi dell’Officina dei Papiri, in particolare Mario Capasso, sempre disponibili ad aiutarmi nei ripetuti controlli sull’originale.

Napoli, dicembre 1987 C.R.

'

'

.

ν



*

3

ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE

(A) Edizioni 1. Autori epicurei a) Demetrio Lacone: De Falco = V. De Falco, L’epicureo Demetrio Lacone (Napoli 1923) PHerc. 1012 Puglia = Demetrio Lacone. Aporie testuali ed esegetiche in Epicuro, a c. di E. Puglia, La Scuola di Epicuro, Collezione di testi

ercolanesi diretta da M. Gigante, 8 (Napoli 1988) PHerc. 1013 Romeo = C. Romeo, Demetrio Lacone sulla grandezza del sole (PHerc.

1013), «CErc» 9 (1979), pp. 11-35

PHerc. 1055 Renna = E. Renna, Nuove letture nel PHerc.

1055

(Libro

incerto di Demetrio Lacone), «CErc» 12 (1982), pp. 43-49

b) Diogene di Enoanda: Casanova = A. Casanova, I frammenti di Diogene d’Enoanda (Firenze 1984) Chilton = D. W. Chilton, Diogenis Oenoandensis fragmenta (Leipzig 1967) c) Epicuro: Arrighetti = Epicuro. Opere a cura di G. Arrighetti (Torino 19732) Nat. XXVIII Sedley = D. Sedley, Epicurus On Nature Book XXVIII,

«CErc» 3 (1973), pp. 5-83 d) Filodemo: Di I, Diels = Philodemos Uber die Gòtter erstes Buch, ed. H. Diels,

«Abh. Kònigl. Preuss. Akad. Wiss.» Philos.-hist. Kl. Tahrgang 1915 (Berlin 1916) Ind. Acad. = Academicorum Philosophorum Index Herculanensis, ed. S. Mekler (Berolini 1902, 1958) Lib. die. = Philodemi περί παρρησίας, ed. A. Olivieri (Lipsiae 1914) Po. A = [Φιλοδήμου περί ποιημάτων] Tractatus tres, ed. F. Sbordone in Ricerche sui Papiri Ercolanesi, II (Napoli 1976), pp. 1-113 Po. B — Ibid., pp. 115-187 Po. C = Ibid., pp. 189-267 Po. D = Due trattatifilodemei «Sulla Poetica» ed. trad. e comm. a c. di M. L. Nardelli in Ricerche sui Papiri Ercolanesi a c. di F. Sbordone, IV (Napoli 1983), pp. 1-52

14

ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Po. E = Ibid., pp. 55-69 Po. IV = F. Sbordone, Il quarto libro del περί ποιημάτων di Filodemo

in Ricerche sui Papiri Ercolanesi a c. di F. Sbordone, I (Napoli 1969), pp. 289-372 Po. V = Philodemos iiber die Gedichte fiinftes Buch griechischer Text mit IJbersetzung und Erlàuterungen von C. Jensen (Berlin 1923) Po. PHerc. 403 = F. Sbordone, Ancora un papiro ercolanese della Poetica di Eilodemo: N. 403 in Studi De Palco (Napoli 1971) pp. 343-352 = Id., Sui papiri della Poetica, pp. 251-261 Rh. Sudhaus I = Philodemi Volumina Rhetorica, ed. S. Sudhaus, I (Lipsiae 1892, Amsterdam 1964) Rh. Sudhaus II = Philodemi Volumina Rhetorica, ed. S. Sudhaus, II (Lipsiae 1896, Amsterdam 1964) Rh. Longo = Φίλο δήμου περί ρητορικής libros primum et secundum ed. F. Longo Auricchio in Ricerche sui Papiri Ercolanesi a c. di F. Sbordone, III (Napoli 1977) Sign. = Philodemus. On Methods of Inference, ed. by P. H. and E. A. De Lacy (Napoli 1978) e) Metrodoro: Kòrte = A. Kòrte, Metrodori Epicurei frammenta, «TCPh» Suppl. 17

(1890), pp. 531-597 2. Autori non epicurei a) Alceo: Voigt = E. M. Voigt, Sappho et Alcaeus. Fragmenta (Amsterdam 1971)

b) Dionisio di Alicarnasso: Comp. = Denys d’Halicarnasse, Opuscules Rhétoriques, III, La composition stylistique, Texte établi et traduit par G. Aujac et M. Lebel (Paris

1981) c) Dionisio Trace: Pecorella = Dionisio Trace. Τέχνη γραμματική Testo critico e comm.

a c. di G. B. Pecorella (Bologna 1962) d) Eschilo: Radt = Tragicorum Graecorum Fragmenta, III (Aeschylus), ed. S. Radt

(Gòttingen 1986) e) Euripide: Mette = H. J. Mette, Euripides (Insbesondere fùr die ]ahre 1939-1968) Erster Hauptteil: Die Bruchstiicke, «Lustrum» 12 (1967) Nauck = A. Nauck, Tragicorum Graecorum Fragmenta (Lipsiae 1889, Hildesheim 1964)

ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE

15

f) Presocratici: D.-K. = H. Diels - W. Kranz, Die Fragmente der Vorsokratiker (Berlin 197417) g) Sofocle: Radt = Fragicorum Graecorum Fragmenta, IV (Sophocles), ed. S. Radt

(Gòttingen 1977) h) Sofrone: Kaibel = G. Kaibel, Comicomm Graecorum Fragmenta, I (Berolini

1899, 1958) Olivieri = Frammenti della commedia greca e del mimo nella Sicilia e nella Magna Grecia, testo e comm. di A. Olivieri, II (Napoli 1970)

i) Teofrasto: Mayer = Fheophrasti περί λέξεως libri fragmenta collegit, disposuit,

prolegomenis instruxit A. Mayer (Lipsiae 1910) 1) Tragici minori: Snell = Fragicorum Graecorum Fragmenta, I (Didascaliae tragicae, catalogi tragicorum et tragoediarum,

testim.

et fragm.

tragicorum

minorum), ed. B. Snell (Gòttingen 1971) (B) Bibliografia Angeli - Dorandi = A. Angeli - T. Dorandi, Il pensiero matematico di Demetrio Lacone, «CErc» 17 (1987), pp. 89-103. Angeli - Colaizzo, I frammenti di Zenone Sidonio

=

A. Angeli - M.

Colaizzo, I frammenti di Zenone Sidonio, «CErc» 9 (1979), pp. 47-

133 Ardizzoni, Ποίημα = A. Ardizzoni, Ποίημα. Ricerche sulla teoria del linguaggio poetico nell’antichità (Bari 1953) Belardi = W. Belardi, Filosofia Grammatica e Retorica nel pensiero antico (Roma 1985) Bernabei = F. Bernabei, Studii sul Papiro Ercolanese n. 1014, «Gior¬

nale degli Scavi di Pompei» N.S. 2 (1870-1873), pp. 65-96 CatPErc = Catalogo dei Papiri Ercolanesi, sotto la direzione di M. Gigante (Napoli 1979) Cavallo, Libri scritture scribi a Ercolano = G. Cavallo, Libri scritture scribi a Ercolano. Introduzione allo studio dei materiali greci, Primo

Suppl. a «CErc» 13 (1983) Comparetti = D. Comparetti - G. De Petra, La Villa ercolanese dei Pisoni. I suoi monumenti e la sua biblioteca (Torino 1883, Napoli 1972) Croenert, Memoria = W. Croenert, Memoria Graeca Herculanensis

(Lipsiae 1903, Hildesheim 1963) Croenert, Kolotes = W. Croenert, Kolotes und Menedemos (Leipzig

1906, Amsterdam 1965)

16

ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Bemerkungen zu den Resten der Briefe Varros, «MH» 7 (1950), pp. 200-220

Dahlmann — H. Dahlmann,

GE = H. Gigante

Usener,

et

Glossanum Epicureum edendum curaverunt M. Lessico Intellettuale Europeo XIV (Roma

W. Schmid,

1977) GEL = H. G. 19739)

Liddell

- R.

Scott,

A Greek-English Lexicon (Oxford

Scetticismo = M. Gigante, Scetticismo e Epicureismo. Per l’avviamento di un discorso storiografico (Napoli 1981)

Gigante,

Marginalien = T. Gomperz, Marginalien, «RhM» 32 (1877), p. 477 = Hellenika. Etne Auswahl philologischer und philosophiegeschichtlicher kleiner Schriften II (Leipzig 1912), p. 231 Gomperz, Notizen = T. Gomperz, Herculanische Notizen, «WS» 2 (1880), pp. 139-142 Gomperz,

= A. Hausrath, Philodemi περί ποιημάτων libri secundi quae videntur fragmenta, «JCPh» Suppl. 17 (1889), pp. 213-276 Jensen Po. V = Philodemos uber die Gedichte fùnftes Buch griechischer Text mit Obersetzung und Erlàuterungen von C. Jensen (Berlin 1923) Lausberg = H. Lausberg, Elementi di retorica (Bologna 1967) Morpurgo-Tagliabue = G. Morpurgo-Tagliabue, Linguistica e stilistica di Aristotele (Roma 1968) Hausrath

= F. Mùnzer, Claudius RE III 2 (1899), 2777 = R. Philippson, ree. a De Falco, «PhW» 44 (1924) 313330, 648

MOnzer

Philippson

Papyrus 831 = R. Philippson, Papyrus Herculanensis 831 «AJPh» 64 (1943), pp. 148-162

Philippson,

Demetrio Lacone a Mileto = E. Mileto, «CErc» 13 (1983), pp. 21-24

Puglia,

Puglia,

La filologia degli Epicurei = E. Epicurei, «CErc» 12 (1982), pp. 19-34

Puglia,

Puglia,

Demetrio Lacone a La filologia degli

Afonia ed ermeneutica = G. M. Rispoli, Eufonia ed ermeneuti¬ ca: origine ed evoluzione di un metodo filologico e critico-letterario «Κοινωνία» 10/2 (1986), pp. 113-149

Pispoli,

Eufonia e poetica = G. M. Rispoli, Eufonia e poetica in testi erco anesi in Linguistica e Filologia. Atti del VII Convegno internaziona¬ le di linguisti (Brescia 1987), pp. 461-478

Rispoli,

Filodemo sulla musica = G. M. «CErc» 4 (1974), pp. 57-87

Rispoli,

Romeo,

Nicola Lucigmm = C.

Rispoli,

Romeo,

Filodemo sulla musica,

Nicola Incignano e i papiri

Z‘ Zf Con,nhui' dl‘ st°™ tela Officina de, pappi ercolanes, (Roma 1986), pp. 67-97 Aesthetica = A. (1 orino 1955)

Rostagn!,

Rostagni,

Scritti minori. I Aesthetica

ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE

17

Contributo = F. Sbordone, Contributo alla poetica degli antichi (Napoli 19692)

Sbordone,

Eufonia = F. Sbordone, Filodemo e la teorica dell’eufonia «RAAN» 30 (1955), pp. 25-51 = Sui papiri della Poetica, pp. 125-153 Sbordone, Eufonia e synthesis = F. Sbordone, Eufonia e synthesis nella Poetica di Filodemo, «MPhL» 2 (1977), pp. 255-282 = Sui papiri della Poetica, pp. 155-188 Sbordone,

Sbordone, Papiri della Poetica = F. Sbordone, Sui papiri della Poetica di Filodemo (Napoli 1983) Scott = W. Scott, Fragmenta Flerculanensia (Oxford 1885) Sudhaus, Der Mimus = S. Sudhaus, Der Mimus von Oxyrhynchos, «Hermes» 41 (1906), p. 275 Susemihl = F. Susemihl, Geschichte der griechischen Litteratur in der Alexandrinerzeit, I (Leipzig 1891) Tatarkiewicz = W. Tatarkiewicz, Storia dell’estetica. I. L’estetica antica (Torino 1979) Us. = H. Usener, Epicurea (Lipsiae 1887, Stuttgardiae 1966) Vogliano, Alceo = A. Vogliano, Alceo Fr. 102 DiehP (Lobel p. 56), «Acme» 1 (1948), pp. 261-263 Vogliano, Herculanensia = A. Vogliano, Flerculanensia, «AAT» 47 (1911-1912), pp. 91-99 Vogliano, Per un verso = A. Vogliano, Per un verso d’Alceo, «BFC» 32 (1925-1926), pp. 109-111 Vogliano, Spigolature = A. Vogliano, Spigolature Ercolanesi. Bergk P. Lyr. Gr. Ili4 p. 168 s., «SIFC» 18 (1910), pp. 285-287 Vooijs = C. J. Vooijs, Lexicon Philodemeum. Pars prior (Purmerend 1934) Vooijs-Van Krevelen = C. J. Vooijs-D. A. Van Krevelen, Lexicon Philodemeum. Pars altera (Amsterdam 1941) Zeller = E. Zeller, Die Philosophie der Griechen in ihrer geschichtlichen Entwicklung, IV (Leipzig 1865)

INTRODUZIONE

1. La

poetica e il problema dell’attribuzione

Non si è ancora raggiunta sufficiente chiarezza sulla paternità demetriaca dell’opera Sulla poesia, né sulla figura e sulla produ¬ zione di Demetrio Lacone epicureo, se ancora nel 1964 O. Hiltbrunner1 attribuisce a Demetrio Bizantino, filosofo peripate¬ tico del I sec. a.C., autore di un’opera περί ποιημάτων in quattro libri, il PHerc. 1014, che tramanderebbe il secondo libro di quell’opera, e F. Rebelo Gonqalves2 nel 1967 indica Demetrio Lacone come autore dell’opera περ'ι ερμηνείας. Va anche premesso che molti autori, parlando dell’opera Sulla poesia, si riferiscono essenzialmente al secondo libro di essa, cioè il PHerc. 1014, che, pubblicato nei volumi della Collectio Altera,3 ebbe senza dubbio maggiore diffusione di PHerc. 188, a lungo inedito e rivendicato a quell’opera soltanto nel 1906 dal Croenert.4

1 Demetrios, Kleine Pauly I (1964), 1469. L’Hiltbrunner afferma che i frammenti del II libro Sulla poesia di Demetrio Bizantino sono contenuti nel PHerc. 1012, invece che nel PHerc. 1014. Poi, a proposito di Demetrio Lacone epicureo, scrive queste strabilianti parole: «In Herculaneum wurden — leider unentzifferbare — Reste eines Papyrus gefunden, der Werke eines Epikureers D. enthielt». 2 De quorundam compositorum aduerbiorum accentu in Sapphus Alcaeique fragmentis commentariolum, «Euphrosyne» N.S. I (1967), pp. 147-150. 3 Herculanensium Voluminum quae supersunt Collectio Altera V (1865), ff. 1-21. 4 Kolotes, p. 107.

22

DEMETRIO LA POESIA

La sottoscrizione di PHerc. 1014 tramanda soltanto il nome dell’autore, Δημητρίου, senza l’appellativo Λάκωνος, per cui al primo editore del testo, il Lucignano,5 si pose il problema dell’identificazione dell’autore: l’Accademico si orientò verso Demetrio Bizantino, peripatetico, autore di molti libri Sulla poesia, ricordati da Ateneo;6 e intravide una conferma alla sua ipotesi nella col. LV, il cui testo è da lui cosi stabilito: ... κα[ί τά]| άληθή άν [μέν λ]ε[χ]θέ[ντα]| ύφ’ ήμών ράδιόν έστ[ιν |5 ν]ΰν ίδεΐν έπί [τοις εις ποη]|τας τοΐς προεκκε[ιμένοις]| υπό τή[ς] είσαγομέν[ης e tradotto: «Et facile est quidem nunc cernere vera dieta esse a nobis in iis quae ante tradita de poetis ab isagogica (nostra scriptione) fuerunt». Secondo il Lucignano, nel frammento si accennerebbe ad un’opera scritta dallo stesso autore sui poeti, che viene chiama¬ ta είσαγομένη, oppure questa είσαγομένη sarebbe parte del¬ l’opera περί ποιητών il cui quarto libro è ricordato da Ateneo. Ma, nella colonna ora citata, Demetrio, come si vedrà, affron¬ ta tutt altro problema: allude infatti alla protagonista di un mi¬ mo sofroneo, intitolato dal Wilamowitz Le donne che fanno co¬ lazione· insieme, chiamata Koikoa dall’autore per sottolineare, at¬ traverso l’onomatopea, l’ottusità della mente e il carattere servile di lei. La tesi di Lucignano incontrò tuttavia il consenso del Martini7 e del Jensen,8 i quali suggerirono un ulteriore collegamento tra il Demetrio Bizantino autore di PHerc. 1014 e il Demetrio citato da Filodemo nel V libro della Poetica?

5 L’Accademico preparò l’edizione di PHerc. 1014 tra il dicembre 1847 e il maggio 1850; l’illustrazione, approvata dall’Accademia il 24 luglio 1850, rimase a lungo inedita; in séguito fu pubblicata dal Bernabei, pp. 65-96; su tutto ciò cf. Romeo, Nicola Lucignano, p. 75s. e 96s.

6 Ath. X 452d, XII 548d, XIV 633a. 7 Demetrios, RE IV (1901), 2841s. 8 Cf. Jensen, Po. V, p. 97 n. 2. Col. IX 34s., p. 25 Jensen.

INTRODUZIONE

23

Anche il Gomperz10 dichiara Demetrio Bizantino autore di PHerc. 1014, ma, in assenza di altre indicazioni, è incerto se manifesti una personale convinzione o segua il Lucignano; e cosi pure il Wilamowitz,11 l’Edmonds12 e il Mette,13 i quali tutti, nelle rispettive raccolte, accolgono la ricostruzione del Gomperz per la col. XXXVIII, nella quale Demetrio afferma la contemporaneità di Eschilo e Cratete e l’imitazione, da parte di quest’ultimo, degli Edoni eschilei. Fu il Croenert14 a delineare una precisa distinzione tra Demetrio Bizantino peripatetico e Demetrio Lacone epicureo, attribuendo a quest’ultimo la composizione dell’opera Sulla poesia, comprendente i PHerc. 188, 1113, 1014; egli fondava la sua attribuzione essenzialmente su tre criteri: lessicale, ortografi¬ co, stilistico. Per quanto riguarda il lessico, il Croenert osservava l’occorrenza di vocaboli, άπαξ λεγάμενα, come per esempio il verbo έντροχάζω, nella Poetica15 e in PHerc. 1012, il libro demetriaco sulle Aporie testuali ed esegetiche in Epicuro,16 o la preferenza per sintagmi fissi come ζήτησις πραγματική,17 e συνάπτει δ’άκολούΦως,18 e per il verbo προέκκειμαι19 comuni sia al secondo libro Sulla poesia che al PHerc. 1012. Anche nell’ortografia i papiri demetriaci presentano una tradizione

10 Cf. Marginalien, p. 477 = Hellenika, p. 231; Id., Notizen, p. 142; Id. Philodem und die àsthetischen Schriften der Herculanischen Bibliothek, «SAAW» philos.-hist. Cl. 123 (1890), p. 4 n. 1. Seguono 0 Gomperz anche Scott, p. 32; Hausrath, p. 214; Susemihl, p. 154s. nn. 815-818.

11 Cf. Aischylos. Interpretationen (Berlin 1914), p. 245s. 12 The Fragments of Attic Comedy I (Leiden 1957), p. 153. 13 Die Fragmente der Tragòdien des Aischylos (Berlin 1959), p. 25. 14 Kolotes, p. 100s., 106s. 15 Cf. Po. II, col. XLVII 7s„ XLVIII 7s„ XLIX 5s„ LI 6, LXI 5s. 16 Col. XXXI 2 Puglia, LXXII 6. 17 Cf. Po. II col. XV 6s., LXI 3s. e PHerc. 1012 col. XLVI 4s., 16s. Puglia. 18 Po. II col. LVI 7s.; cf. τάκόλουθα δέ συνάπτει di PHerc. 1012 col. LXV 6s. Puglia.

19 Po. II col. LV 6; PHerc. 1012, col. XXXI 7s. Puglia, col. L 4.

24

DEMETRIO LA POESIA

unitaria, nel segnare la vocale η al posto di ει,20 all’interno della parola, davanti ad un’altra vocale; nello scrivere et al posto di Γ;21 nella crasi τάτό per ταύτό.22 Notevole affinità linguistica inoltre presentano PHerc. 1014, 1012 e 1013 nelle rispettive chiuse, in cui l’autore si rivolge a vari personaggi, ringraziandoli della collabora¬ zione e dell’aiuto offerti: le chiuse filodemee mancano di tale solennità e mai il Gadareno ringrazia i collaboratori per avergli prestato aiuto: già solo questo basta a concludere che i tre papiri sopra citati appartengono allo stesso scrittore. La presenza, infine, del nome dell’epicureo Metrodoro, in Po. II col. XIX 11, garantirebbe al libro la paternità di Demetrio Lacone. A questa stessa tesi contribuisce anche l’osservazione del Philippson,23 secondo la quale difficilmente uno scrittore del III sec. (Demetrio Bizantino) poteva dedicare la sua opera al romano Nerone e addirittura trovare in lui un collaboratore per i problemi di poetica. A queste osservazioni, vorrei aggiungerne almeno due, miranti a dimostrare l’adesione all’Epicureismo dell’autore della Poetica. Nella prima parte del secondo libro dell’opera, Demetrio appare impegnato a definire il metodo di indagine da applicare alla critica letteraria: per svelare l’esatto significato di una parola rara o una lezione dubbia, non bisogna fare ricorso a criteri aprioristici, ma a quella stessa indagine empirica, che gli Epicurei applicano al mondo fenomenico. Questa ζήτησις πραγματική, a cui Deme¬ trio fa riferimento per esprimere un giudizio critico sulla poesia 24

Cf., ad es., άλήθηαν di Po. II col. LV 3, σημηώσασθαι di PHerc. 1012 col. XLHI5s· Puglia, col. XLIV 1, XLV 12 etc.; ήμισήας di Geom. (PHerc. 1061) col. 7, 6s., p. 97 De Falco. Cf. κεκεινηκός di Po. I col. VII 4s., νεικήσαντι di Po. II col. LII 4s., γείνεσθαι di Ad Polyaem dubia V col. 2, 13, p. 107 De Falco. 22 Quest’ultimo argomento, almeno per la Poetica, non è valido, perché la lettura autoptica di P ha fornito un testo diverso, là dove il Croenert e il De Falco indicavano la crasi. 23 «PhW» 44 (1924), 238. 24 Cf. Po. II col. XV 4-7 e LXI 3-5.

INTRODUZIONE

25

non è tuttavia invenzione demetriaca: Diogene Laerzio informa (X 34) che era adottata dagli Epicurei in alternativa ad una ricerca fondata sulle semplici parole; Epicuro stesso ne aveva fatto uso per definire la sede della parte razionale dell’anima25 e il limite di precisione del linguaggio ordinario usato per esprimere concetti filosofici;26 Filodemo ricorrerà ad essa in tutte le sue polemiche sull ambiguità della lingua d’uso.27 Ancora: all’àmbito della teoria della

conoscenza

epicurea

appartengono

anche

i

termini

επιβλησία, απαξ λεγόμενον demetriaco forse corrispondente al piu frequente επιβολή, ed επιβάλλειν, da Demetrio adoperati in Po. II col. XV 8 e 12 in riferimento alla percezione del diletto

prodotto dalle poesie, e anche πρόληψις di col. XLII 12. Infine, un altro indizio mi sembra importante ai fini della nostra tesi: nella col. XVIII del secondo libro Sulla poesia, Demetrio ripropone i termini di una polemica, indirizzata dagli avversari contro i rappresentanti della sua stessa scuola, secondo la quale questi si sarebbero serviti di mezzi espressivi al di là della lingua comune; da altre fonti, che si esamineranno nel commen¬ to al luogo, sappiamo che Epicuro dovette più volte difendere l’uso del proprio linguaggio come in accordo con la consuetudine comune.

25 Cf. PHerc. 1012 col. XLVI Puglia; cf. anche Puglia, La filologia degli Epicurei, pp. 19-34 sp. 25-28. 26 Epic., Nat. XXVIII

fr.

10 col. I

a

4,

6,

10, 18, p. 42

Sedley, fr.

13 X

8,

p. 53,

XI 14, p. 54. 27 I luoghi filodemei sono da me indicati e discussi nel commento a col. XV 4ss.

2. L’autore

Prima della scoperta dei papiri di Ercolano, il filosofo epicureo Demetrio Lacone era poco piu di un nome, dovuto alle citazioni di Diogene Laerzio,1 Sesto Empirico2 e Strabone,3 che lo indicavano come un epicureo «illustre», allievo di Protarco di Bargilia, autore delle dimostrazioni specifiche che Sesto combat¬ te.4 Fu dunque merito del Croenert l’aver individuato, nella raccolta ercolanese, un gruppo di papiri, sicuramente rapportabi¬ li, per criteri stilistici, lessicali, paleografici, al filosofo epicureo, la cui versatile personalità ne usciva chiarita.5 Ben poche le notizie biografiche, riportate da altre fonti: fatta eccezione per la sua posizione di rilievo all’interno della scuola e per il discepolato con Protarco, tacciono su tutti gli altri particolari, per cui è incerta anche la data di nascita. Lo Schmekel,6 il Susemihl,7 il Natorp,8 ed il von Arnim9 fanno Demetrio contemporaneo o poco piu giovane di Zenone Sidonio

1 D. L. X 25-26. 2 S. E., P. Ili 137, M. Vili 348, X 219. 3 Strab. XIV 658. 4 Cf.

Gigante,

Scetticismo, pp. 164-169.

5 Cf. Kolotes, pp. 100-125 su cui cf. Koerte, ree. a Croenert, Kolotes, «GGA» 1907, p. 264 e W. Kroll, Demetrios, RE Suppl. III (1918), 330. A.

Schmekel,

Die Philosophie der mittleren Stoa (Berlin 1892), p. 340, 484.

7 Susemihl, p. 260. 8 P. Natorp, Forschungen zur Geschichte des Erkenntnisproblems im Altertum (Berlin 1888), p. 261ss. 9 H.

von Arnim,

Demetrios RE IV 2 (1901), 2842.

INTRODUZIONE

27

(160-75 a.C.); il De Falco,10 invece, fondandosi su Strabone, che afferma che Demetrio fu discepolo di Protarco, sposta Γάκμή di quest’ultimo al 170 e conseguentemente Γάκμή di Demetrio verso il 140, facendo cosi Demetrio di vent’anni piu anziano di Zenone Sidonio. La datazione del De Falco contrasta apertamente con alcuni dati: nel passo in cui Diogene Laerzio (X 25-26) elenca gli epicurei «illustri», è ricordato Demetrio dopo Zenone, e non ce motivo per credere che l’ordine cronologico fin qui rispettato debba essere proprio a questo punto sconvolto.11 Il rapporto che Demetrio intrattiene con Zenone Sidonio, di cui è testimonianza nel PHerc. 1012, presuppone la contemporaneità dei due epicu¬ rei, che si trovano a discutere gli stessi problemi e a difendere la filosofia del Giardino dagli attacchi esterni. Dallo stesso PHerc. 1012 si deduce anche che l’intervento zenoniano in difesa del testo di Epicuro era anteriore a quello di Demetrio, se il Lacone si pone criticamente rispetto ad esso.12 Anche nel PHerc. 1013 è rispet¬ tata la stessa successione: agli attacchi di Dionisio di Cirene alla teoria epicurea che il sole è tanto grande, quanto appare, risponde Zenone Sidonio, e alle ulteriori obbiezioni di Posidonio contro Epicuro e Zenone replica Demetrio con nuove dimostrazioni.13 10 De Falco, p. 6s. 11 II Gassendi, Animadversiones in decimum librum Diogenis Laertii qui est de

Vita, Moribus Placitisque Epicuri (Lugduni 1675), Π, p. 158s., aveva stabilito la

successione: Epicuro - Ermarco - Polistrato - Dionisio - Basilide - Protarco Demetrio - Diogene, compilatore delle Επίλεκτοι σχολαί - Apollodoro Zenone, accolta spesso da studiosi successivi, come lo der philosophischen Schulen

in Athen

Zumpt, Lìber den Bestand

und die Succession

der Scholarchen,

«Abhandl. der Kòn. Akad. der Wiss. zu Berlin» (1842), il quale tuttavia ammette che si possono considerare successori di Epicuro nello scolarcato, con sicurezza, soltanto Ermarco, Polistrato, Dionisio, Basilide, Apollodoro. Hanno seguito recentemente il

Gassendi

anche

T. Dorandi - G. Indelli

Guerra, Per la cronologia degli scolarchi epicurei,

- A.

Tepedino

«CErc» 9 (1979), p. 14ls., che,

allo scopo di inserire Protarco tra gli scolarchi epicurei, accettano anche la datazione alta per Demetrio Lacone, proposta dal 12 Cf.

Puglia, La filologia degli Epicurei, pp.

De Falco.

24-30

e Id., Demetrio Lacone a

Mileto, p. 21 n.l.

13 Cf.

Philippson,

«PhW» 44 (1924), 313-330 e C.

Romeo, Demetrio Lacone

sulla grandezza del sole (PHerc. 1013), «CErc» 9 (1979), pp. 12-17.

DEMETRIO LA POESIA

28

Nell’opera sui Metodi inferenziali Filodemo, dopo le teorie di Zenone che polemizza con gli Stoici, riporta il resoconto delle stesse polemiche redatto dal suo condiscepolo Bromio, e solo alla fine presenta il pensiero di Demetrio che, per quanto sintetico, si rivela assolutamente originale e indipendente da quello zenoniano.14 In assenza di indicazioni esterne, non resta che considerare gli accenni autobiografici che emergono dalle stesse opere di Demetrio. Nelle chiuse di due dei suoi libri, il PHerc. 1013 col. XXII e il PHerc. 1055 col. 23 De Falco = col. XXIV Renna, Demetrio

afferma che esse sono la redazione riveduta delle lezioni tenute in passato sul medesimo argomento. I due luoghi ripropongono il problema di un eventuale insegnamento assunto da Demetrio. Dal passo laerziano sopra citato, lo Zeller cercò di dimostrare che Demetrio fu a capo della scuola epicurea verso la fine del II secolo e l’inizio del primo, sùbito dopo Apollodoro.15 L’ipotesi fu respinta dal Natorp,16 dal Susemihl,17 dal Von Arnim18 e dal Croenert,19 il quale ultimo, pur ammettendo che un eventuale scolarcato di Demetrio potesse collocarsi solo tra quelli di Apollodoro e Zenone, ribadiva che non c’è nessun motivo per creare un vuoto tra il Tiranno del Giardino, vissuto all’epoca di Cameade e Zenone, vissuto all’epoca di Apollodoro e di Cameade. La notizia di Suida, in cui fino ad Augusto sono ricordati 14 διάδοχοι, non costringerebbe a cercare proprio nel II secolo persone che servano da riempitivo: dopo Zenone potrebbero essersi velocemente separati i discepoli principali. Ciò tuttavia non esclude, proprio sul fondamento dei due luoghi

Cf. P. H. - E. A. De Lacy, Philodemus, C)n Methods of Itiference, «La scuola di Epicuro» Collez. di testi ercolanesi diretta da M. Gigante 1 (Napoli 1978) pp 156-164.

IV p. 372 n. 4 e 5, 373 n. 2, 504 n. 4 16 Cf. p. 263. 15 Zeller,

17 Cf. II 260 n. 140. 18 Cf. 2842. 19 Cf. Kolotes, p. 123.

29

INTRODUZIONE

demetriaci citati, che il Lacone abbia tenuto scuola, per esempio a Mileto,20 dove trovò in Ireneo un amico e collaboratore nella ricerca filosofica, che Demetrio ricorda affettuosamente nella chiusa del PHerc. 1012 21 L’insegnamento di Demetrio a Mileto dunque può essere stato parallelo e concomitante con quello di Zenone Sidonio in Atene: tutti e due si mostrano impegnati nella difesa del verbo del Maestro in un momento in cui tendenze centrifughe all’interno della stessa scuola portavano allo smembramento dei sodali22 I temi e gli argomenti sviluppati da Demetrio e da Zenone mostrano però anche il tentativo di apertura della filosofia del Kepos alle esigenze dei nuovi tempi: gli έγκύκλια μαθήματα venivano ora affrontati e discussi sulla base dell’epistemologia epicurea senza per questo negare la linea ortodossa del pensiero del Maestro. L’interesse manifestato da Demetrio e Zenone verso la poetica, la retorica, la matematica fu interpretato nel senso di una dissidenza all’interno della scuola. Il punto di partenza è rappresentato proprio dal passo di Diogene Laerzio in cui i termini γνήσιοι e σοφισταί sono contrapposti e comprovano la scissione avvenuta nella stessa scuola. L’Hirzel23 attribuì il termine σοφιστής a Zenone, a Deme¬ trio Lacone, a Diogene di Tarso, a Orione, riferendo il pronome relativo a tutto il periodo. Lo Zeller, l’Usener e il Susemihl riferirono la proposizione relativa o soltanto ad άλλοι o a Diogene, Orione e agli altri. Il De Falco24 e il Castaldi25 sostennero che οΰς si riferiva soltanto ad άλλοι.

20 Cf.

De Falco, p. 8

e

Puglia, Demetrio Lacone a Mileto, pp.

21 Per l’identificazione di Ireneo cf. 22 Cf. 23 R. 1877),

22-24.

Puglia, Demetrio Lacone a Mileto, p.

Angeli - Colaizzo, I frammenti di Zenone Sidonio, pp.

Hirzel, Ontersuchungen zu Cicero’s philosophischen Schriften, 1

p.

23s.

52-54. (Leipzig

180.

24 De Falco, p. 8.

25 F.

Castaldi,

Epicurei genuini ed epicurei sofisti, «La Nuova Cultura»

(Napoli 1928), p. 4s.

DEMETRIO LA POESIA

30

Della fedeltà di Demetrio alla dottrina di Epicuro sono prova sia il libro sulle Aporie testuali ed esegetiche in Epicuro che quello Sulla grandezza del sole, nei quali il Lacone difende, secondo la più genuina tradizione epicurea, arricchita di nuovi argomenti, le teorie del Maestro. La stesura di opere particolari come la Poetica, la Geometria, le Aporie di Polieno rappresenta il tentativo, contemporaneo e concorde a quello zenoniano, di portare la filosofia epicurea allo stesso livello delle altre filosofie ellenistiche, dimostrando come i metodi di una gnoseologia fondata su basi empiriche siano validi anche per quelle τέχναι, le quali, tuttavia, non concorrono al raggiungimento del sommo bene. Accanto alla Poetica di Aristotele, e ai vari trattati Sulla poesia, Sullo stile dei peripatetici Teofrasto, Neottolemo di Pario, Demetrio Bizantino e Andromenide, e alla trattatistica critico-letteraria che fiori in ambiente stoico per opera di Aristone di Chio, Cratete di Mallo, Diogene di Babilonia si pongono il libro di Zenone Sull’utilità della poesia,26 e, ancora meglio, i libri Sulla poesia di Demetrio Lacone: la piu valida ed eloquente risposta dei due epicurei all’accusa di incultura rivolta contro la loro scuola.27 Ma1· le due chiuse dei PHerc.

1013 e 1055, sopra citate,

suggeriscono un’altra riflessione: in entrambi i casi Demetrio parla delle lezioni tenute come un fatto lontano nel tempo; sembra quindi delinearsi una cesura tra l’insegnamento e la stesura delle opere, che potrebbe spiegarsi col fatto che soltanto in un secondo momento, e, probabilmente, su richiesta dei personaggi (Quinto per PHerc. 1055, anonimo per PHerc. 1013) cui sono dedicati i due libri, Demetrio avesse messo per iscritto le lezioni tenute su un determinato argomento. Vorrei infatti sottolineare a questo punto un aspetto particolare di alcune opere demetriache: i libri Sulla poesia (PHerc. 1014), Sulla grandezza del sole (PHerc. 1013), Sugli dei (PHerc. 1055), il Trattato etico

26 Cf.

Angeli-Colaizzo, I frammenti di lenone Sidonio,

fr.

12, p. 75s. e

comm. p. 99s.

Cf. A. S. Pease, M. Tulli Ciceronis De natura deorum, I-H (Cambridge, Massachusetts 1935-1958), p. 381s.

INTRODUZIONE

31

(■PHerc. 831)28 hanno tutti un destinatario e trattano di un argomento specifico della filosofia epicurea; è probabile quindi che in questo modo l’Epicureo volesse aggiornare i potenti amici romani sulle attuali posizioni della sua scuola, riguardo specifici problemi.29 Ma il tempo intercorso tra le lezioni passate e la stesura dei libri potrebbe essere spiegato anche con un allontanamento di Demetrio

dal

luogo

d’insegnamento:

il

Croenert30

e

il

Dahlmann31 congetturarono infatti che il Lacone, come fecero in séguito Sirone e Filodemo, si fosse stabilito in Italia meridionale, dove avrebbe avuto rapporti con Nerone cui dedica il II libro Sulla poesia. L’ipotesi, se offre l’indubbio vantaggio di spiegare anche i rapporti di Demetrio con i Romani, ora meglio rappresen¬ tati grazie alla scoperta del nome Quinto nella chiusa dell’opera Sugli dei?2 lascia tuttavia senza soluzione il quesito come mai la sua presenza in Italia non abbia lasciato tracce in altre fonti. Bisogna quindi concludere aporeticamente che Demetrio può aver intrattenuto rapporti con i Romani in Asia Minore, a Mileto appunto, dove sarebbe venuto a contatto con rappresentanti di piu famiglie, perché Quinto non è un praenomen dei Claudii Nerones,33 che avrebbero dovuto comunque soggiornare in quel

28 Manca il nome del dedicatario, ma nella col. XV Kòrte, p. 587s. Demetrio si rivolge chiaramente ad un giovane i cui genitori avrebbero indirizzato alla via della saggezza; il testo, che ho controllato autopticamente sull’originale, diverge dal Kòrte: είς]|| τό ποήσαι σεαυτόν φρ[όνιμον]| και ήχθη[ς] τε καλώς [ύπ]ό γο|-

νέων πρ[ο]σέθηκάς [τε] τή άγω|γή ταύτη καί τό έξ εαυτού σω|5φρονικόν άναλόγως · ερρω|σαί τε τώι σώματι, έφ’ δ[σ]ον έν[δέ]|χεται τον θνητόν,

μεθέμε|νός τε τών περί τα τυχό{υ}ν|τα σπουδασμάτων

λόγων |10έπιμελή οιει καί μηδ[έ]ν άλ|λο πάσης έπιθυμίας άν[ωφε]|λές [τοϊς] φυσικο[ΐς ... 29 Una ipotesi analoga sembra formulata dal Philippson, Papyrus 831, pp. 148162. 30 Cf. Kolotes, p. 124. 31 Cf. Dahlmann, pp. 206-208. 32 Cf. Renna, p. 49. 33 Cf. MOnzer, 2777.

32

DEMETRIO LA POESIA

luogo il tempo necessario per assimilare la filosofia epicurea e collaborare con Demetrio a portare a termine il libro Sulla poesia; oppure, nonostante il silenzio delle fonti, Demetrio deve essere venuto in Italia, e, in tal caso, si potrebbe anche supporre che il nucleo originario della Biblioteca ercolanese, raccolto da Filode¬ mo ad Atene,34 in realtà appartenesse a Demetrio Lacone, di cui sono contemporanei la maggior parte dei rotoli che tramandano le sue opere.35

V

34 Cf. Cavallo, Libri scritture scribi a Ercolano, pp. 58-60.

33 Id., ibid., p.

59.

3. Le

altre opere

Volendo ora passare in rassegna rapidamente le opere che furono assegnate a Demetrio dal Croenert e quelle che gli sono state rivendicate in séguito, sulla base di criteri stilistici o paleografici, mi è sembrato opportuno raggrupparle per argomen¬ ti, perché risaltasse la varietà degli interessi di Demetrio e la sua competenza in campi diversissimi. 1) Opere di fisica: la fisica epicurea, con particolare riferimento al problema dell’infinità dei mondi sembra essere l’argomento del libro tramandato dal PHerc. 124. La paternità demetriaca è certa, perché nella subscriptio del rotolo è conservato il nome dell’auto¬ re, ma si è perduto il titolo dell’opera. È difficile cogliere analiticamente il contenuto del testo, a causa dell’estrema frammentarietà del papiro; il De Falco1 scorge in esso anche un accenno alla teoria epicurea dell’antropomorfismo degli dèi. 2) Opere di cosmologia: il PHerc. 1013, il cui titolo, perduto, era probabilmente περ'ι ήλιου μεγέθους, affronta un problema particolare della cosmologia epicurea, quello della grandezza del sole, ritenuta da Epicuro tale quale appare.2 Il libro, dedicato a un personaggio sconosciuto,3 raccoglieva le lezioni che in passato Demetrio aveva tenuto per difendere la nota teoria epicurea della

1 Cf.

De Falco,

p.

57s.

2 Cf. Arrighetti, p. 169 e M. Isnardi-Parente, Opere di Epicuro (Torino 1983), p. 365, 470.

3 Cf. «CErc» 6 (1976), p. 58 n. 35 e «CErc» 9 (1979), p. 33.

DEMETRIO LA POESIA

34

grandezza del sole, attaccata da awersari stoici, prima Dionisio di Cirene e poi Posidonio, e che aveva impegnato nella polemica, prima dello stesso Demetrio, anche Zenone Sidonio. Lo scritto si apre con un accenno alla potenza del sole, strumento della provvidenza (col. VI) coti riferimento all’obbiezione sollevata da Posidonio, secondo cui Epicuro avrebbe dovuto dedurre la grandezza del sole dalla sua potenza. Seguono poi ripetuti accenni alla distanza e al fatto che tra gli oggetti che cadono nell’àmbito dell’esperienza sensibile, quelli più vicini appaiono più evidenti, quelli più lontani più sfumati (coll. XI-XII); questa osservazione da parte stoica aveva creato serie difficoltà agli Epicurei, rimosse da Demetrio in qualche modo che la frammentarietà del papiro non consente di individuare. Infine Demetrio difende le tesi epicuree dal sillogismo posidoniano che, assumendo nella pre¬ messa il principio fondamentale della gnoseologia epicurea, cioè la piena corrispondenza delle rappresentazioni con la realtà esterna, in effetti minava non solo la tesi sulle dimensioni del sole, ma il legame tra gnoseologia e fisica. Rifacendosi ai fondamenti di essa, Demetrio ribadisce che il fatto che il sole appaia fermo non è una rappresentazione, ma una falsa opinione, perché la vista non può ingannare. All’interno di tutta questa discussione si inserisce alla col. XVIII una digressione sulla paura della morte; l’avversa¬ rio introduceva questo argomento per dimostrare che come Epicuro aveva sbagliato nella scienza della natura, cosi non aveva fornito alcun conforto di fronte alla morte.4 3) Opere di teologia: a) υπόμνημα περί -θεών: l’esistenza di quest’opera si deduce da col. XXIV di PHerc. 1055 in cui Demetrio afferma che, prima di scrivere l’opera contenuta nel papiro citato, che verte sul problema dell’antropomorfismo divino, aveva affrontato il pro¬ blema teologico in generale in uno scritto precedente. b) L’opera tramandata dal PHerc. 1055, senza titolo, era stata assegnata dallo Scotti a Metrodoro, ma l’attribuzione a Demetrio 4 Cf. Romeo, «CErc» 9 (1979), pp. 11-35.

35

INTRODUZIONE

Lacone, dimostrata dal Croenert, sul fondamento di un confronto stilistico con altre opere sicuramente demetriache, non ha lasciato piu dubbi. Il libro, dedicato al romano Quinto,5 raccoglie un corso di lezioni tenute in passato, ed ha una fisionomia tutta particolare, perché si incentra intorno ad un problema specifico della teologia epicurea, l’antropomorfismo degli dei. Ad una prima sezione (coll. IX-XIII) dedicata al concetto di μνήμη, che va ricondotto nell’àmbito del processo conoscitivo del divino6 e non come manifestazione della forza della memoria degli dèi, segue la trattazione della forma corporea della divinità (coll. XIV ss.); l’antropomorfismo divino è stabilito in base ad un’inferenza analogica, fondata sul confronto con gli uomini: gli dèi, che hanno in comune con gli uomini il λογισμός, non possono non condividerne anche la forma7. Oltre che dell’antropomorfismo degli dèi, Demetrio si occupa anche della loro immortalità: questa è spiegata col fatto che la divinità partecipa di una duplice natura, una simile a quella umana per quanto riguarda l’aspetto fisico e per la presenza del λογισμός, l’altra assolutamente diversa, dotata di una costituzione atomica piu sottile (τό λεπτομερέστερον), che la rende non percepibile dai sensi e diversa dalle cose sensibili perché è non generata ed immortale. Infine Demetrio illustra anche i tratti etici della divinità. Il trattato ha andamento polemico ed è indirizzato contro Stoici e Peripatetici. 4) Opere di Etica: si possono considerare appartenenti a questa sezione tre opere di cui le prime due erano state pubblicate dal De Falco, nel volume che raccoglie gli altri libri demetriaci; per la terza invece la paternità demetriaca è recente acquisizione. a) Alcune discussioni sulla condotta di vita. L’opera è conservata assai frammentariamente nel PHerc.

1006; il titolo è stato

5 Renna, p. 45.

6 Cf. E.

Renna,

Per la teologia epicurea in Demetrio, «CErc» 13 (1983),

pp.

25-28.

7 Cf. E. Renna, Considerazioni sulla concezione antropomorfica degli dei nel PHerc. 1055 in Atti del XVII Congr. Int. di Papirologia, II (Napoli 1984), pp. 447-451.

36

DEMETRIO LA POESIA

brevemente discusso dallo Schmid,8 che prospetta la duplice possibilità di leggere περί τινων συζητηθέντων [π]α[ρ]ά δίαιταν e anche [κ]α[τ]ά δίαιταν. Nell’opera sono affrontati argomenti etici come 1’ήδονή, Γόρμητικόν e il φόβος θεών; la citazione di Rodi in due luoghi indusse il Croenert9 a pensare ad un riferimento a episodi della biografia di Demetrio; il De Falco10 invece credeva che l’isola fosse ricordata a proposito dello stoico Panezio, con il quale polemizzerebbe il Lacone. b) La paternità demetriaca di PHerc. 1786 è certa, perché il nome figura nella subscriptio, ma manca il titolo; il testo, che si fonda sui disegni napoletani ed oxoniensi, in mancanza dell’origi¬ nale, è stato edito dal De Falco e poi dal Puglia,11 ma alcuni contributi testuali erano stati già dati dal Bignone;12 tratta di etica: le poche parole superstiti infatti accennano a distrazioni, a turbamenti, al dolore. E comunque insostenibile la tesi di De Falco,13 secondo il quale questo rotolo sarebbe un’aggiunta al PHerc. 1012. c) La paternità demetriaca per il PHerc. 831 è un’acquisizione abbastanza recente; pubblicato dal Kòrte14 tra le opere di Metrodoro, era stato poi considerato dal Bignone un trattato protrettico del primo Kepos indirizzato contro Aristotele.15 Fu il Philippson16 a proporre περί μετεωρισμού come titolo del¬ l’opera e la paternità demetriaca, fondandola su argomenti interni e su confronti linguistici e stilistici con altre opere

8 W. Schmid, Aus

der Arbeit an einem ethischen Traktat des Demetrios Lacon in

Epicurea in memoriam Hectoris Bignone (Genova 1959), p. 189 n. 21. 9 Kolotes, p. 112. 10 De Falco, p. 61.

11 «CErc» 10 (1980), pp. 49-52. E. Bignone, A proposito di una edizione dei papiri di Demetrio Lacone, «RIGI» 7 (1923), p. 184. 13 De Falco, p. 55s.

14 Cf.

Korte,

pp. 571-591, 594-597.

L'Aristotele perduto e la formazione filosofica di Epicuro, I (Firenze 1973 2) pp. 134-139. 16

Philippson,

Papyrus 831, pp. 148-162.

INTRODUZIONE

37

sicuramente demetriache; è chiaro quindi che il testo non figura nel volume del De Falco. Dopo gli ulteriori studi e approfondi¬ menti dello Schmidt,17 non ci sono piu motivi di dubitare dell attribuzione a Demetrio.18 Il libro, dedicato ad un giovane avviato dai genitori alla riflessione filosofica, addita nella filosofia e nella scienza della natura il mezzo per combattere eccitazioni strane e perturbanti. 5) Opere di compendio: Έγχειρίδιον: il titolo è tramandato dallo stesso Demetrio, PHerc. 1013 col. XVII 6-10 Romeo: βλε|π[έ]τω{ι} [δσ’ έστιν] εν τώι αύ|τ[ώ]ι βυβλειδ[ί]ωι καί έ|[πιγ]ραφομ[έν]ωι Ένχει|10ριδίωι. Superate le ipotesi del Croenert,19 che vedeva nell’ Έγχειρί¬ διον un’opera epitomativa dello stesso Epicuro o di Apollodoro Tiranno del Giardino, e del Philippson,20 il quale pensava che lo stesso PHerc. 1013 fosse intitolato Έγχειρίδιον sembra ormai dimostrato che Demetrio avesse scritto un’opera di compendio in cui fossero affrontati problemi di fisica e di etica.21 Il Puglia22 riporta alla medesima opera anche un passo di Demetrio, PHerc. 1012, col. LII, le citazioni demetriache in Sesto Empirico sul tempo e sulla dimostrazione e la sezione del de signis filodemeo in cui è citata un’opera demetriaca chiamata semplicemente Δημητριακόν, che per il Puglia equivarrebbe ad Έγχει¬ ρίδιον e opina che nell’opera fossero esposti in maniera polemica i principi chiave del sistema epicureo. Sicuramente rapportabili all’ Έγχειρίδιον

sono

le

due

citazioni

demetriache

che,

poiché cadono nell’àmbito di una trattazione sull’attendibilità

17 Die Netze des Seelenfaengers. Zur ]agdmetaphorik im philosophischen Protreptikos des Demetrius Lacon (Pap. Herc. 831), «PdP» 45 (1955), pp. 440-447; Aus der Arbeit an einem ethischen Traktat des Demetrios Lacon, pp. 179-195, e Lexikographisches aus herkulanensischen Texten, «CErc» 1 (1971), p. 58s. e n. 12. 18 Cf.

Gigante,

Scetticismo,

pp. 71-73.

19 Kolotes, p. 114 e 115 n. 516. 20 «PhW» 44 (1924), 320. 21 «CErc» 9 (1979), p. 26. 22 L’«Enchiridion» di Demetrio Lacone, «CErc» 16 (1986).

DEMETRIO LA POESIA

38

delle sensazioni e sul criterio per giudicare il sommo bene e il sommo male secondo natura, fanno ritenere che fossero questi i problemi fondamentali affrontati nell’opera, gli stessi che Epicuro aveva trattati nel Criterio. Per il Δημητριακόν citato da Filodemo si può facilmente pensare ad uno scritto di logica di Demetrio, in un solo libro, che il Gadareno utilizzava nel passare in rassegna le risposte epicuree alle obbiezioni degli Stoici, come aveva utilizza¬ to nella prima sezione i propri appunti delle lezioni di Zenone, e nella seconda la rielaborazione di Bromio. 6)

Opere di filologia filosofica:

agli interessi filologici e

grammaticali di Demetrio il De Falco riconduce le citazioni di Erotiano (vocum Hippocraticarum coll. p. 5.14 e 47.24), di Fozio, Bibl. s.v. ύπέρινος e dello Scoliaste ai Theriakà di Nicandro, v. 382, 662, 748, 781, presupponendo la stesura, da parte di Demetrio, di una spiegazione delle glosse ippocratiche e di un lessico ai Theriakà di Nicandro. Una attività filologica indipen¬ dente dagli interessi filosofici è inconcepibile in un epicureo; inoltre, tra tutte le testimonianze citate dal De Falco, la sola ascrivibile a Demetrio Lacone è Erotiano, p. 47.24, in cui è esplicitamente detto che si tratta dell’Epicureo; tutte le altre possono essere rapportate a Demetrio Cloro, che è molto citato, soprattutto negli scoli a Nicandro. Questa sola attestazione dunque non è sufficiente a provare l’esistenza di Glosse ippocrati¬ che redatte da Demetrio; credo invece che l’Epicureo avesse usato l’aggettivo κλαγγώδη, riferito ad δμματα, in una sua opera, probabilmente il trattato etico (PHerc. 831); e l’accezione che Demetrio diede ad esso viene contestata da Erotiano. La sola opera demetriaca superstite che tratti di filologia filosofica è quella tramandata da PHerc. 1012, anepigrafo,23 sulle Aporie testuali ed esegetiche in Epicuro. Scritto probabilmente a Mileto,24 il libro affrontava i passi più controversi e i punti più difficili della dottrina di Epicuro e ne forniva l’interpretazione; in qualche caso, specialmente quando era stato oggetto degli 23 Puglia, pp. 25-53.

24 Cf.

$

Puglia,

Demetrio Lacone a Mileto,

pp. 22-24.

INTRODUZIONE

39

attacchi polemici degli awersari, Demetrio esaminava il testo tràdito del Maestro, ne stabiliva la lezione corretta, confrontando le varianti e i possibili emendamenti. Spesso citava luoghi paralleli, tratti da testi poetici, per difendere l’uso linguistico di Epicuro.25 In questo modo il testo demetriaco propone i problemi più vari della filosofia di Epicuro: dal sommo bene (coll. LII-LIV) all’amore per i figli (coll. LXII-LXVIII), dalla polemica contro la teoria delle omeomerie di Anassagora (col. VI) alla teoria dei minimi atomici (coll. LVIII-LX); non è quindi un commentario continuo di un’opera singola di Epicuro, né un testo che discuta un aspetto particolare della dottrina del Maestro; il suo fine è di trasmettere la πραγματεία del Maestro nella forma più pura: dunque sono discussi i passi controversi senza discrimi¬ nazione dell’argomento o dell’opera da cui derivano. 7) Opere sugli έγκύκλια μαθήματα: in questo gruppo rientra¬ no i due libri della Poesia, di cui si parlerà più a lungo nei capitoli seguenti, un probabile libro sulla Retorica, uno sulla Geometria e le Aporie di Polieno. a) Il PHerc. 128 non figura tra i testi editi dal De Falco, perché era stato assegnato alla Poetica di Filodemo. Recentemente il Cavallo,26 datando il papiro al II sec. a.C., propone di attribuirlo a Demetrio, e il controllo autoptico, da me effettuato, seppure parziale, ha consentito l’identificazione del nome del filosofo megarico Eubulide e una discussione su una τέχνη πάγια, che presenta sorprendenti analogie con Phld., Rh. II coll. XLVIIXLVIII. Ciò induce a ritenere il rotolo un libro di Demetrio sulla Retorica. b) Per il trattato sulla Geometria, tramandato dal PHerc. 1061, oltre all’edizione del De Falco, che tuttavia omette alcune colonne del papiro, per le quali è necessario risalire alla edizione di Heiberg,27 disponiamo, per le coll. VTII-XVT, di un moderno 25 Id., La filologia degli Epicurei, pp. 29-33.

26 Libri scritture scribi a Ercolano, p. 59. 27 J. L. Heiberg, Quelques papyrus trattarti de mathémattques, «Oversigt over det Kgl. Danske Videnskabernes Selskabs Forhandlinger» (1900), pp. 154-171.

40

DEMETRIO LA POESIA

testo critico, riveduto autopticamente e accompagnato da tradu¬ zione e interpretazione, curato or ora da A. Angeli e T. Dorandi: emerge chiaramente la confutazione di alcuni punti del primo libro degli Elementi di Euclide.28 c) Lo scritto he aporie di Polieno è conservato nei PHerc. 1083, 1258, 1429, 1642, 1647, 1822 (olim 1692). Il De Falco, che ignorava l’esistenza di PHerc. 1083, riteneva che ciascuno dei restanti papiri contenesse un libro dell’opera; l’unico dato certo è che il PHerc. 1429 conteneva il quinto e ultimo libro. L’opera era stata scritta da Demetrio Lacone29 a sostegno30 delle obbiezioni che Polieno aveva sollevato nelle sue Άπορίαι agli Elementi di Euclide, attaccate dallo stoico Dionisio di Cirene. Il Sedley ha osservato che il frasario è quello della geometria euclidea, con eccezione dell’aggettivo έλάχιστος, di nessun significato partico¬ lare nella geometria euclidea, ma termine tecnico epicureo per indicare l’unità minima. Da ciò si deduce che alcune delle aporie di Polieno riguardassero l’unità minima e il tentativo, da parte degli Epicurei successivi, di conciliare le due cose. Il PHerc. 1696 è stato edito nel 1979 da M. Capasso e T. Dorandi,31 i quali hanno dimostrato che, sotto il numero d’inventario 1696, sono conserva¬ ti due papiri diversi. Di uno, il PHerc. 1696, rimangono solo quattro disegni, dell’altro, ora numerato come PHerc. 1822,32 esiste l’originale in pessime condizioni. Il Capasso ritiene che il PHerc. 1696 non debba attribuirsi a Demetrio, ma a Filodemo, del quale tramanderebbe uno scritto morale.

28 Angeli - Dorandi, pp. 91-99.

L attribuzione dello scritto a Demetrio Lacone risale al Croenert, Kolotes, p. Ili,

che

retti,

è

p.

stato seguito da tutti gli studiosi eccetto il

67,

Philippson, 329s.

attribuì 1 opera ad un Demetrio non epicureo, mentre

Il

Compa-

L. Hultsch,

Demetnos, RE IV 2 (1901), 2849 pensò ad un matematico del ΠΙ secolo. Per 1 accezione da dare al προς del titolo προς τας ΓΊολυαίνου απορίας, cf. Angeli-Colaizzo,

anche

I frammenti di Zenone Sidonio, p. 64 n. 183, 127 n. 705 e ora cf. pp. 99-103.

Angeli - Dorandi,

31 PHerc. 1696 e 1822, «CErc» 9 (1979), pp. 37-45. Cf. A. Angeli, M. Capasso, M. Colaizzo, T. Dorandi, G. ercolanesi non inventariati, «CErc» 8 (1978), p. 159,

Indelli,

Papiri

4. Il

primo libro della poesia

a) L·’argomento

Dell’ampio I libro sulla Poesia sopravvive una parte molto esigua, ma sufficientemente coerente da illuminare sull’argomento affrontato. Dopo un brevissimo accenno ai toni della voce o agli accenti che possono denunciare rozzezza (col. II) e al potere di seduzione della poesia (col. IV), probabilmente realizzato attraverso la rielaborazione dello stile, ricco di belle parole e fornite di qualità e quantità (col. VII), ci si sofferma sulla discussione degli organi preposti alla formulazione del giudizio critico sulla poesia: ad esso cooperano l’udito e la ragione, quest’ultima in misura preminente. Demetrio riporta evidentemente idee non sue (scrive infatti φασίν) e che nemmeno condivide, come mostrano βιάζεται di col. XIII 7s., usato anche da Filodemo per rilevare la contraddi¬ zione dell’avversario ed esprimere conseguentemente il proprio dissenso1 e πολλά φέρεσθαι di col. XIV 6. Ma se si confronta l’affermazione degli avversari con la teoria della conoscenza epicurea, si comprendono anche meglio i motivi della disapprova¬ zione di Demetrio: per gli Epicurei infatti l’udito, come tutti gli altri organi di senso, è άλογος;2 in quanto tale, costituisce criterio di verità,3 ma non è in grado di formulare giudizi di nessun genere:4 il giudizio, che è aggiunto dalla mente, non esercita

1 Phld., 2 Epic.,

Po. V col. XXV 17, Ep. Hdt. 33.

3 D. L. X 32. 4 Lucr. IV 384s.

p. 57 Jensen.

DEMETRIO LA POESIA

42

nessun controllo sulla sensazione e può essere anche errato,5 perché condizionato da fattori esterni, come, nel caso specifico della poesia, elaborazioni di scuola o pregiudizi; per cui quelle componenti che per una corrente critica o filosofica si presentano come elementi positivi nella valutazione di un genere, in un’altra epoca o in un àmbito diverso diventano tratti distintivi del suo scarso valore. Analizzando ora la posizione degli avversari demetriaci, si può dire che essa non trovi riscontro in quelle esaminate da Filodemo nella Poetica; nel quinto libro di quest’opera infatti il Gadareno discute e critica le teorie di Aristone di Chio, Cratete di Mallo, i κριτικοί, i quali tutti ritenevano l’udito, non la ragione, capace di valutare la buona composizione di un testo poetico. Il primo di essi, infatti, pur ritenendo buone poesie quelle che presentassero una buona elaborazione formale accanto ad un buon contenuto, porta¬ tore cioè di valori pedagogici, sconfinava poi nel più vieto formali¬ smo, quando sosteneva che una buona elaborazione formale è in grado di fare apparire positivo qualunque contenuto e che al giudizio di quella non è preposta la ragione, ma l’orecchio eserci¬ tato.6 Riporto il passo del quinto libro che ritengo il più importante di tutta la sezione dedicata da Filodemo ad Aristone, perché non solo emerge con grande chiarezza il punto di vista dello Stoico sull’argomento che ci interessa, ma perché si può inferire, dal¬ la polemica, con sufficiente sicurezza il punto di vista di Filo¬ demo, che quindi getta luce anche sulla posizione demetriaca

5 Epic., Ep. Hdt. 50-51; Lucr. IV 462-468; S. E., M. VII 210. 6 Cf. Phld., Po. V coll. XIII-XXI, pp. 37-49 Aristone di Chio e Cratete di Mallo cf.

Jensen.

Jensen, Po.

Sul pensiero estetico di

V, pp. 128-174; H. J.

Mette,

Sphairopoiia. Untersuchungen zur Kosmologie des Krates voti Pergamon (Miinchen 1936); P. Mette,

De Lacy,

Stoic Views ofPoetry, «AJPh» 69 (1948), pp. 241-271; H. J.

Parateresis. Untersuchungen zur Sprachtheorie des Krates von Pergamon

(Halle 1952);

G.

132, 136, 150;

pp. 79-81; A. M. pp. 256-290;

M. A.

Grube,

Sbordone, Ioppolo,

Rispoli,

poetica, pp. 469-475.

The Greek and Roman Critics (London 1965), p.

Contributo, p. 65 ss.;

Rispoli,

Filodemo sulla musica,

Aristone di Chio e lo stoicismo antico (Napoli 1980),

Eufonia ed ermeneutica, pp. 118-134;

Ead.,

Eufonia e

43

INTRODUZIONE

in proposito:7 κα|ταγελάστως δ’ έπ[ιτ]ίθετα[ι]| καί την σπουδαίαν σ[ύ]ν|θεσιν ούκ είναι λόγω[ι] κα|25ταληπτήν, άλλ’ έκ τής [κα]|τά την άκοήν τριβή[ς· δί]|Ολιομ μεν γάρ κ[αί τό την]| έπι[φ]αινομένην τήι | συνθέσει των λέξεων |30 ευφωνίαν είσάγειν καί | ταύτης άνατιθέναι την |[κρί]σιν τήι τριβήι τής ά|[κο]ής, άθλι[ώ]τερον δέ τό | τήν σύνθεσιν αυτήν τώ[ν]|35

λέξεων

διανοίαι

γνω||ριζομένην,

πάτερα

φαύ|-

[λω]ς ή σπουδα[ίως ε]χει, |[τα]ις άλόγοις άκ[οαί]ς καί | μηθέν πολυπραγμο|5νούσαις των έπιτευγμά|των ή διαπτωμάτων

|

άνάπτειν κα[ί] λόγωι φά|ν[αι μ]ή γνωρίζει[ν,

π]ώς | άπάσας έστιν άπο[διδό]|10ναι λόγων τάς ίδ[ιότη]|τας. «E in modo ridicolo prosegue dicendo che la buona forma non è afferrabile con la ragione, ma con l’esercizio dell’orecchio. È stupido anche l’introdurre il buon suono che si manifesta attraverso la collocazione delle parole e attribuire all’esercizio dell’udito il giudizio su quello (= buon suono). E ancora più stupido è connettere la collocazione delle parole, di cui soltanto la ragione può sapere se è attuata in modo spregevole o elegante, con la funzione irrazionale dell’orecchio che non è assolutamente capace di cogliere i successi e gli errori; ed è stupido affermare che non si può sapere col ragionamento in che modo è possibile esprimere tutte le particolarità linguistiche». Formalismo ancora più esasperato è nella posizione di Cratete, il quale dichiara che il contenuto è άτεχνος, cioè esula dall’arte: oggetto di valutazione è solo la forma, che viene giudicata dall’udito;8 e i κριτικοί, pensando che anche il contenuto debba essere sottoposto a giudizio critico, ritengono l’udito organo preposto a questo giudizio.9

7 Id., ibid., coll. XX 21 - XXI 11, pp. 47-49 Jensen. 8 Id., ibid.,

coll.

XXIII

20

- XXIV

7,

pp.

53-55 Jensen.

9 Id., ibid. col. XXIV 7-13, pp. 55 Jensen; sui κριτικοί cf. Jensen, Po. V, p. 137 s., 146 ss.; M. Pohlenz, Tò πρέπον. Ein Beitrag zur Geschichte des griecbischen Geistes, «NGG» Phil.-hist. kl. XVI (1933), pp. 53-92 = Kleine Schriften I (Hildesheim 1965), pp. 100-139; H. Gomoll, Herakleodoros und die κριτικοί bei Philodem, «Philologus» 91 (1937), pp. 373-384; Sbordone, Eufonia, pp. 25-51 = Sui papiri della Poetica, pp. 125-153;

Id.,

Filodemo contro Eracleodoro

44

DEMETRIO LA POESIA

La valutazione dell’organo sensorio come giudice di poesia è dunque rapportabile ad ambiente stoico; ma dall’opera sulla Musica di Filodemo sappiamo anche che lo stoico Diogene di Babilonia,10 sull’esempio di Speusippo,11 tentò di attenuare l’assoluto empirismo delle dottrine estetiche elaborate dai suoi predecessori, introducendo l’elemento cooperativo della ragione; siamo comunque ben lontani dal dualismo senso-ragione presente nei luoghi demetriaci, che è invece rintracciabile in alcuni passi degli Elementi armonici di Aristosseno. Questi, infatti, afferma che la trattazione musicale interessa due facoltà, l’orecchio e la ragione; perché per mezzo dell’orecchio noi giudichiamo le grandezze degli intervalli, per mezzo dell’intelletto ci rendiamo conto del loro valore (άνάγεται δ’ ή πραγματεία | εις δύο, εις τε την άκοήν καί εις την διάνοιαν· τη μέν γάρ άκοή κρίνομεν τα τών διαστημάτων μεγέθη, τη δέ διανοία θεω¬ ρού μεν τάς τούτων δυνάμεις),12 e, più oltre, chiarisce che la comprensione di una melodia consiste nel seguire, con l’orecchio e con la ragione, il succedersi delle note secondo ogni distinzione, perché in una produzione successiva consiste la melodia, come tutte le altre parti della musica. Infatti la comprensione musicale

nel Papiro Ercolanese 1676, «RAAN» 32 (1957), pp. 173-180 = Sui papiri della Poetica, pp.

189-198; D. M.

Schenkeveld,

«Mnemosyne» s. IV, 21 (1968), pp. 176-215; Id.,

Οί

κριτικοί

Sbordone,

in Philodemus,

Contributo, pp. 76-93;

Nuovi contributi alla Poetica di Filodemo (PHerc. 994), «CErc» 2 (1972), pp.

47-58 = Sui papiri della Poetica, pp. 83-104; Id., Eufonia e synthesis, pp. 255-282 = Sui papiri della Poetica, pp. 155-188; M. L.

Nardelli,

PHerc. 1676: contenuti di

un libro dell’opera filodemea Sulla Poetica in Proc. XVIth lnt. Congr. of Papyrology (Chico 1981), pp. 163-171; Rispoli, Eufonia ed ermeneutica, pp. 134-143; Eufonia e poetica, pp. 467-469.

Ead.,

Id.,

Mus. 126 Rispoli (= G. M.

Rispoli,

Il primo libro del περί

μουσικής

di

Filodemo, Napoli 1968), su cui cf. anche Ead., Filodemo sulla musica, pp. 78-80 e Ead., La «sensazione scientifica», «CErc» 13 (1983), pp. 91-101.

11 Cf. M.

Isnardi Parente,

Speusippo in Sesto Empirico, Adv. Matb. VII, 142-

46, «PdP» 24 (1969), pp. 203-214; p. 243.

Ead.

Speusippo. Frammenti (Napoli 1980)

Cf. Aristox., Harm. II 33, p. 42 Da Rios (Aristoxem Elementa harmonica, Roma 1954).

INTRODUZIONE

45

dipende da queste due facoltà: percezione sensibile e memoria, perché si deve percepire il suono presente e ricordare il passato (8τι δ’ έ το ξυνιέναι των μελωδούμενων τή τε άκοή καί τή διανοία κατά πάσαν διαφοράν τοίς γιγνομέ|νοις παρακολουθεΐν · έν γενέσει γάρ δή το μέλος, καθάπερ και τά λοιπά μέρη τής μουσικής, εκ δύο γάρ δή τούτων ή τής μουσικής ξύνεσίς έστιν, αίσϋήσεώς τε καί μνήμης· αίσθάνεσϋαι μεν γάρ δει τό γιγνόμενον, μνημονεύειν δε το γεγονός).13 Soprattutto quest’ultimo passo offre un confronto schiacciante con col. XIII di PHerc. 188, nella quale si dice che alcuni assumevano come organi preposti alla formulazione di un giudizio critico sulla poesia la natura e la parte irrazionale dell’anima, cioè la sensazione, e, insieme ad essi, l’intelletto e la memoria (μνήμη). Per questa via dunque mi sembra dimostrata la derivazione peripatetica delle dottrine esposte nel primo libro della Poesia. Ma c’è di più: nella colonna seguente a quella or ora citata, è attribuita ad Andromenide e alla sua scuola l’idea del coesercizio del senso e della ragione nel giudicare la poesia: bisogna quindi inferire l’adesione di questo critico letterario, del quale si tratterà nel capitolo successivo, alle teorie estetiche che circolavano all’interno del Peripato di Teofrasto e Aristosseno.

b) Gli avversari Avendo dunque letto con sicurezza il nome di Andromenide in col. XIV 7s. e rapportato a quest’ultimo le dottrine esposte nel I libro demetriaco della Poesia, pare opportuno passare in rassegna le altre notizie che derivano dalla Poetica filodemea e da una glossa di Esichio su questo personaggio. Il nome di Andromenide, infatti, prima della scoperta dei papiri ercolanesi, era noto solo dalla glossa di Esichio (Ένοδία· ’Άρτεμις καί κυνηγετικά· ώς Άνδρομενίδης); fu merito del Jensen averlo identificato nella col. XXI 33 del V libro Sulla poesia

13 Id., ibid., 39, p. 48 Da Rios.

46

DEMETRIO LA POESIA

e averlo supplito anche negli altri frammenti filodemei.14 I testi ercolanesi che tramandano il nome e le teorie di Andromenide sono dunque: 1) Phld., Po. V col. XXI23 - XXII1, pp. 49-51 Jensen: άλλαγάρ έ[π]εί καί τα | προς τούτον εΰτρέπισ|25ται, τά [παρά] τώι Κράτ[η|τι καίΐρόΐς θ]εωρήσαι· | άπο[τυγ]χάνει τοιγα[ρ]|οϋν [τή]ς Ήρακλεοδώρου | καί τών όμοιων δόξης-|30[ού γ]άρ την σΰνθεσιν, άλ|λά την έπιφαινομένην | [α]ύ[τήι] φωνή[ν] έπ[αι]ν[εΐ- | ώς κ]αί τής Άνδρομενίδ[ου, | πά]ν[τα] γε νομίζων ό|35[μολ]ογεΐν αυτόν καί διά || [πα]ντός τοΐς είρημένοις. «Ma poiché gli attacchi contro costui sono stati preparati, è tempo di esaminare il pensiero di Cratete. Questi dunque non concorda né con la posizione di Eracleodoro e compagni — poiché egli loda non la forma ma il suono che si manifesta attraverso essa — né con quella di Andromenide, sebbene ritenga di concordare in tutto e per tutto con le sue affermazioni». 2) Id., ibid. PHerc. 1073 fr. 1 (= Tr. B fr. 25 col. II, 18-27, p. 165 Sbordone): άπο]φηναμένου | [τοΰ Κράτ]ητρς ήγεμο|-20 νίαν δίδοσθαι το[ίς] επε|[σι, τοΐς δέ] πθεσιν συμμά|[χοις χρ]ήσθαι την πόη|σιν, καί τόν τε ποητήν,| [καθάπερ] Άνδρομενί|25[δης, τό τε πόημα] την τε | [πόησιν ώς ε]ίδος ήγεΐ|[σθαι τής] τέχνης. «Poiché Cratete afferma che alle parole va data Pegemonia, e che la poesia si serve dei sentimenti come alleati e il poeta, come dice Andromenide, sarebbe un aspetto dell’arte cosi come il componimento poetico e la poesia».

14 L’Hausrath, p. 235 aveva integrato in PHerc. 1073 fr. 67 alla 1. 24 il nome Ανδρομένης e di questo oscuro personaggio faceva un epicureo (cf. anche Kroll, Andromenes, RE, suppl. ΠΙ, 1918, 100); il Gomperz, Notizen, p. 141 invece

in

PHerc.

460

fr.

2

aveva

supplito

in

un

primo

momento

Ά[ριστοκλεί]|δης, successivamente (Za Philodem's Biichern von der Musik, Wien, 1885, p. 28) Α[ριστοτέ]|λης per la concordanza del pensiero esposto nel frammento con Arist., Probi. XIX 38 920b 29, Polii. Vili 1340b 17s., pervenendo alla conclusione che Filodemo avesse presente uno scritto dialogico di Aristotele.

47

INTRODUZIONE

3) Id., ibid. PHerc. 460 fr. 2 (= Tr. B fr. 25 col. ΠΙ, p. 167 Sbordone): ό δ’ Ά[νδρομενί]|δης, ούχ όμο[λογεΐν άν]| δόξειεν αύτ[οΐς άλλα ψεύ]|5δεσθαι, τιθ[είς ποητάϊς]| έπιτρέπει[ν τάς τής δι]|αλέκτου καί τής όνομα|σίας έξεργασίας, καί ποη|τών έργον ού λέγειν, δ|10 μηδείς, άλλ’ ούτως είπεΐν | [ώς] ούκ άν έτερος έρμη|[νεύσ]ειε, καί κάθαρσιν [έρ|μηνεί]ας καί Μου¬ σών [ρυθμούς] καί φωνάς καί [άρ|15μονία]ν έν αύ[ταΐ]ς κα[τα|σκευάζειν]· καί φύσε[ι τοίς | άνθρώπο]ις έπιμέλ{λ}ει[αν | ρυθμού] καί συγγένειαν εί|ναι Μούσαις αύτομαθή, |20καθάπερ έμφανίζειν | τούς των βρεφών υπό | τής ώιδής τής άγραμ|μάτου κατακοιμισμούς,

| καί ρημάτων κάλλη

καί |25 προς ακοήν καί γράμμα|τα λαμπ[ρά κά]κ τών ποι|ών καί ποσώ[ν] γραμμά||[των], «Andromenide non sembra concordare con loro ma smendrli, quando afferma che compito del poeta non è dire quello che nessuno dice, ma cosi come nessun altro lo direbbe, e fornire purezza di espressione e ritmi delle Muse e parole e armonie in esse; e che negli uomini è naturale la cura del ritmo e spontanea l’affinità con le muse, come manifesta l’addormentarsi dei neonati per effetto del canto inarticolato, e bellezza di parole anche all’udito e lettere splendide per qualità e quantità». Per l’affinità delle teorie esposte in questo frammento la Nardelli15 ha riferito ad Andromenide anche PHerc. 1081 fr. 44, nonostante non sia indicato esplicitamente il nome: καί μήν έκε[ΐνος | ε]ύ μ[έν φα]ίνεται λέγειν, | δτι π[ο]ητών έργον έσ|15τίν ου λέγειν δ μ[ηδ]είς, |[ά]λλ’ ούτως είπεΐν ώς | ούδ[είς] τών μή π[ο]ητών. «Inoltre quello sembra dire che compito dei poeti è non dire ciò che nessuno dice, ma dirlo in maniera tale che nessuno che non sia poeta (potrebbe dire)». La Nardelli16 conseguentemente attribuisce a questo critico letterario tutte le parti del Tractatus D in cui è enunciata la teoria che privilegia nel momento compositivo la scelta di belle parole.

15 P. XXIXs. 16 Pp. XXX-XXXII.

48

DEMETRIO LA POESIA

A parte la tesi dello Hausrath, seguito dal Kroll,17 che faceva di Andromenide un epicureo, per quello che riguarda l’indirizzo filosofico di questo personaggio, due orientamenti si contrappon¬ gono, quello di chi tende a farne uno Stoico: cosi il Jensen,18 che confronta la dottrina di Andromenide con quella sul μέλος e sul ρυθμός esposta da Dionisio di Alicarnasso, Comp. 12-18, dottrina riportata comunque dal Kroll19 ad antica fonte peripatetica, e il Giuffrida che accosta Andromenide al κριτικός Eracleodoro;20 e quello di chi ne fa un peripatetico, come il Rostagni e l’Ardizzoni, orientamento da me condiviso, per le argomentazioni in séguito esposte. Il Rostagni21 infatti colloca Andromenide nel IV sec. a C., contemporaneo di Neottolemo, per la partizione della poetica in ποίημα, ποίησις e ποιητής, in cui si ravvisa il sigillo teofrasteo, in rapporto alla rielaborazione degli insegnamenti di Aristotele da parte degli immediati successori; e l’Ardizzoni22 aggiunge nuovi argomenti alla tesi del Rostagni, dimostrando che la definizione andromenidea sulla bellezza delle parole concorda con quella di Teofrasto e che l’importanza da lui data alle φωναί e 3ΐ1’άκοή è connessa alla εξεργασία τής ονομασίας, cioè alla dottrina teofrastea della έκλογή των καλών ονομάτων.

Infine va

ricordata la posizione «eclettica» dello Sbordone,23 che, pur considerando Andromenide uno stoico, dichiara che aveva assimilato la tripartizione dell’arte poetica (ποίημα, ποίησις, ποιητής) ormai canonica nel Peripato. Volendo dunque evidenziare, dai luoghi filodemei sopra citati e dai trattati D ed E nonché dal I libro Sulla poesia di Demetrio, i

17 Cf. n. 14.

18

Jensen, Po.

V, p. 151.

19 Cf. Randbemerkungen, «RhM» 62 (1907), p. 92ss.

20 P.

Giuffrida, L’Epicureismo nella letteratura latina nell sec. a.C.

I (Torino

1940), p. 123s., n. 1. 21 Filodemo contro l’estetica classica. I. Composizione e nesso logico del V libro περί ποιημάτων, «RFIC» 1 (1923), pp. 401-423 = Aesthetica, pp. 411-414. 22 Ποίημα, pp. 87-90. 23

Sbordone, Contributo,

pp. 53-64.

49

INTRODUZIONE

nuclei intorno ai quali ruota il pensiero di Andromenide, va innanzitutto osservato il suo interesse per le glosse24 e quindi per le varietà dialettali: lo testimoniano infatti sia la glossa di Esichio, sia il rilievo dato da Andromenide ad Omero, per aver usato vocaboli attinti a tutte le lingue greche (έκ πάσης διαλέκτου): le critiche rivolte al poeta dagli altri filologi per la presenza di diversi apporti linguistici, da Andromenide venivano spiegate con la precisa intenzionalità poetica del compositore.25 Ne consegue quindi la preferenza, nel momento compositivo, per la selezione della parole (εκλογή τών ονομάτων) piuttosto che per la combinazione: compito del poeta è infatti scegliere parole fuori dal linguaggio comune, belle, anche per l’udito, per la presenza di lettere splendide (γράμματα λαμπρά) e per la qualità e la quantità. Andromenide sottolineava anche la naturale disposizione dell’uomo al ritmo, che lo rende simile alle Muse e che è dimostrata dall’effetto sedativo, che perfino un canto inarticolato ha sui neonati. Questo aspetto del pensiero andromenideo è confermato anche dalle coll. X e XIII del I libro della Poetica di Demetrio, in cui, rispettivamente, si afferma che le

affezioni provocate sugli organi sensori dall’afflusso dei suoni delle parole (τά τοιαΰτα τ[ών π]α|θών κατά την άλο|γον τής διανο[ίας] γει|νόμενα) si spiegano bene naturalmente (κατά [τήν

φ]ύ|σιν

πάντα

ε[ΰ

συ]ν|τ[ι]θέναι

δύν[αται

και]|

κ[α]ταλαμβ[άνεσθαι]) e la natura e l’organo sensorio insieme alla ragione e al ricordo vengono assunti a giudici di un componimento poetico. Queste osservazioni si possono bene rapportare a concetti pitagorizzanti di Aristotele sulla naturale disposizione degli uomini al ritmo e alla musica.26

24 L’interesse di Andromenide per le glosse va confrontato con quello di Neottolemo di Pario, su cui cf. H.J. Mette, Neoptolemos von Partorì, «RhM» 123 (1980), pp. 1-24, sp. T 1, 8, 9, 10, 12, 20. 25 Phld., Po. D ermeneutica,

p.

fr.

14, 23ss.,

p.

21

Nardelli, su cui cf. Rispoli,

143 s.

26 Probi. XIX 38, 920b 29; cf. Polii. Vili 5.

Eufonia ed

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DEMETRIO LA POESIA

Riassumendo, dunque, ad Andromenide possiamo ascrivere: 1) L’interesse per gli studi dialettali e per le particolarità grammaticali e linguistiche. 2) L’accettazione della partizione della τέχνη poetica in ποίησις, ποίημα, ποιητής, inaugurata da Neottolemo. 3) L’indicazione del compito del poeta nel: a) curare la rielaborazione della lingua e della nomenclatura; b) dire non ciò che nessuno dice, ma come nessuno lo direbbe; c) allestire purezza di espressione, ritmi delle Muse, parole belle anche all’udito e lettere stupende e costituite da qualità e quantità.

4) L’affermazione della naturale disposizione dell’uomo al ritmo e alla musica. 5) Il ritenere la ragione e l’udito organi preposti alla formula¬ zione del giudizio critico sulla poesia. Della materia distribuita da Andromenide nelle tre sezioni della sua τέχνη, i papiri ercolanesi di Demetrio e di Filodemo sembrano trasmetterci quella derivante dalla parte dedicata al ποίημα (I libro della Poetica di Demetrio Lacone) e al ποιητής (Phld., Po. PHerc. 460 fr. 2 = Tr. B fr. 25, col. Ili, p. 167 Sbordone e Tr. D ed E), manca quindi attestazione dei problemi affrontati nella sezione dedicata alla ποίησις.

5. IL SECONDO LIBRO DELLA POESIA

a) L'argomento Sin dall’inizio della parte superstite di PHerc. 1014 Demetrio appare impegnato nel definire il metodo epicureo di indagine da applicare anche nel campo della critica letteraria; una λέξις, perché sia accolta o respinta, deve essere sottoposta a giudizio, a confutazione e a discussione, cioè ad essa non vanno applicati aprioristici criteri di selezione, ma la stessa indagine empirica, che gli Epicurei applicano al mondo fenomenico. A questa ζήτησις πραγματική Demetrio farà riferimento nel corso della sua opera, ogni volta che dovrà spiegare un luogo controverso o il significato incerto di una parola. Dopo un riferimento, per noi fugace, al problema della poeticità della commedia, il discorso si sofferma sul linguaggio poetico: quest’ultimo avendo come fine l’allontanare il lettore dalle esperienze quotidiane, si avvale di tutti quei mezzi stilistici (1 ’ornatus) che lo differenziano dal prosastico: parole rifiutate nella lingua d’uso, per la coincidenza di più significati all’interno dello stesso significante, che determina ambiguità e mancanza di chiarezza, requisiti indispensabili per la comunicazione, vengono invece accolte nel linguaggio poetico. Questo argomento offriva all’avversario l’opportunità di formu¬ lare l’accusa contro Epicuro e i suoi seguaci di usare un linguaggio al di là della consuetudine comune; Demetrio si difende in qualche modo, probabilmente richiamando anche l’autorità di Metrodoro, ma la frammentarietà del papiro non consente di dedurre di piu.

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Quando il testo riprende con una certa continuità, la discussio¬ ne verte su alcune parole, che appaiono smilze (στενα'ι φωναί) nello stile scritto, ma acquistano tutta la loro enfasi attraverso la mimica e la gestualità degli attori: l’allusione alla poesia dramma¬ tica è evidente e l’ipotesi è confermata dalle citazioni poetiche di col. XXX e XXXI; nella prima colonna, infatti, il verso del Licimnio euripideo, riportato dal Lacone, a parte la ripetizione concettuale che presenta nei due verbi φιμόω e αποκλείω e la mancanza di πρέπον di un tale linguaggio applicato a persona, invece che ad animali, offriva tuttavia all’attore la possibilità di mimare con i gesti l’azione imposta a parole; per la col. XXXI la ripetizione del verbo (κατέκτας) nel frammento poetico adespoto rientra nello stile che avvia alla recitazione. Dopo un brevissimo accenno alla interpretazione metaforica di un’espressione («il sorgere del cosiddetto astro»), probabilmente citata da un dramma che trattava vicende minori, legate alla guerra di Troia e alla morte di Ettore, viene ripresa la discussione su quelle parole smilze ma che riescono a manifestare con grande chiarezza (στεναί και έμφαίνουσαι φωναί), adoperate preferen¬ zialmente nella tragedia, e sulla capacità dell’udito di percepire le parole e le differenze tra esse, argomento questo che spiana la strada alla polemica, con la quale si apre la col. XXXVI: Demetrio infatti contesta all’avversario la capacità di formulare un giudizio critico sulla poesia e soprattutto di distinguere, tra i componimen¬ ti, quelli che possono considerarsi poesia in senso proprio e quelli che invece sono chiamati cosi, perché nella lingua d’uso non vi è un termine per definirli diversamente. Sembra a questo punto riproposta 1 antitesi tra il «poeta» e il «versificatore», tra i «componimenti poetici» e la «poesia», più volte discussa anche da Filodemo nei suoi libri della Poetica. Ma la polemica demetriaca è ancora piu acre, perché l’Epicureo accusa l’avversario di non cogliere l’ambiguità o, meglio, l’equivocità che è nel termine λέξις, cioè una nozione basilare e propedeutica alla critica letteraria. Con la col. XXXVII si chiude la sezione dell’opera, cominciata con la col. XXVII, in cui Demetrio ha discusso di un gruppo di parole, fornite di chiarezza semantica (dicono cioè

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significati comuni), ma che offrono una singolarità semiotica, perché presentano la fonetica o la grafia alterata: si tratta di quelle parole con allungamenti e accorciamenti, ritenute adatte da Aristotele allo stile poetico, quello tragico in particolare, perché conseguono il doppio effetto richiesto al linguaggio poetico: la chiarezza (semanticamente non si allontanano dall’uso comune) senza banalità. A conclusione di questa parte si apre una breve parentesi dedicata al problema dell’imitazione, la cui motivazione sfugge per la frammentarietà del papiro; a conferma dell’affermazione che il «valore» poetico dei componimenti non consiste nell’imita¬ zione dei modelli letterari che essi si propongono, Demetrio cita il caso di Cratete che avrebbe imitato il personaggio introdotto da Eschilo con successo negli Edoni, e nella colonna seguente riporta un frammento poetico adespoto, probabilmente sempre a vantag¬ gio della stessa tesi. Con la colonna XL comincia una nuova sezione perfettamente corrispondente a quella fin qui esaminata. In quest’ultima infatti il discorso si snodava su due livelli, da un parte veniva spiegato l’uso di parole semanticamente comuni ma con fonetica alterata, dall’altra si dimostrava come la paratassi asindetica, mettendo vicino sintagmi e proposizioni senza congiunzioni, richiedesse variazioni di tono della voce, e quindi avviasse alla recitazione: non è casuale infatti che tutte le citazioni in questa prima parte dell’opera derivino per lo più dai tragediografi; ed è quindi corretto inferire che lo stile sopra illustrato fosse legato al genere tragico. Anche nella seconda parte della trattazione, per un certo punto, è osservato lo stesso parallelismo: da una parte si discute delle parole semanticamente alterate, e quindi dei tropi come la metafora, la catacresi, l’allegoria, l’onomatopea, la metalessi, l’antonomasia, le glosse; dall’altra degli effetti negativi prodotti dall’asindeto, e cioè la sconnessione sintattica che sfocia nell’am¬ biguità. Le colonne XL-XLIII funzionano da cerniera tra le due parti: la particolare definizione di metafora riportata nella col. XL, cioè

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che è una similitudine abbreviata, in quanto in essa vengono eliminati gli elementi di collegamento o termini sincategorematici, offre la possibilità di sottolineare la funzione dei σύνδεσμοι: la mancanza di essi trasforma la similitudine in metafora, ma all’interno del periodo produce sconnessione sintattica, per cui, volendo recuperare un senso plausibile, è necessario operare una corretta separazione dei sintagmi della frase (διαίρειν: col. XLIII). Con la col. XLIV si apre l’ampia trattazione, che si estenderà fino alla col. LIV, di un tipo di poesia che Demetrio definisce ανυπότακτος, ma che, con notevole attendibilità, è da identifica¬ re nella poesia dei nomoi e dei ditirambi. La discussione è introdotta da un attacco polemico di Demetrio contro gli avversari che, consci dell’importanza delle congiunzioni ai fini della chiarezza e dell’univocità di interpretazione, notando il ricorrere di nessi particolarmente ambigui all’interno della frase, ne distorcevano le combinazioni, e si servivano di queste per affermare non solo la totale incomprensibilità della frase stessa, ma anche per negare il nome di poesia a quei componimenti che presentassero simili strutture (col. XLIV). Pur concordando sul fatto che è difficile operare una separazione logica e grammaticale (διαιρεί/v) all’interno delle poesie anypotakta, a causa dell’ambi¬ guità determinata dalla giustapposizione e dalla disarticolazione di frasi e di sintagmi, Demetrio nega tuttavia che le poesie di Polluce e di Eufronide e altri componimenti affini possano rientrare in questo genere letterario, perché presentano soltanto alcune parti sconnesse e contraddittorie (col. XLV), che sono tuttavia sanate e rese comprensibili con un’accurata separazione delle parole (διαστολή), che è un’operazione logica, non una semplice interpunzione di ordine grammaticale (col. XLVII). La discussione è interrotta dalla citazione di un frammento poetico (col. XLVI), non si sa se addotto dagli avversari a dimostrazione della totale incomprensibilità, o piuttosto da Demetrio per chiarire le sue affermazioni e per mostrare come, non ostanti le disarticolazioni e le contraddizioni, la corretta separazione dei sintagmi della frase porti alla comprensione del

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passo, il quale già comunque offriva una rappresentazione visiva delle vicende narrate e, come tale, era avvicinabile allo stesso genere delle poesie di Polluce e di Eufronide (col. XLVII). L’ambiguità connessa a questo genere poetico non derivava soltanto dalla incertezza nella separazione dei sintagmi della frase, ma anche dall’uso di figure retoriche, come la catacresi, che sono già esse stesse portatrici di ambiguità, o meglio di «equivocità», in quanto conservano nello stesso significante due significati: quello proprio e quello tropico. La duplicità semantica va chiarita, ovviamente, ogni volta con il contesto, ma quando esso è incerto, diventa dubbio anche il significato da attribuire al vocabolo. La digressione demetriaca sulla figura retorica della catacresi può anche essere spiegata con la necessità, avvertita da Demetrio, di chiarire bene la differenza tra la vera poesia e quei componimenti che sono definiti poesie solo perché nella lingua d’uso non c’è altro termine col quale chiamarle, ma che della poesia presentano solo le caratteristiche esterne (uso del verso, delle figure retoriche etc.). Ma la presenza di figure retoriche, tropi e allegorie, se fa del nomos e del ditirambo un genere letterario particolarmente curato

dai poeti-grammatici (col. XLIX), non è sufficiente tuttavia a farne vera poesia (col. LI). Si coglie ancora un accenno ad un autore, auleta e poeta al tempo stesso, di cui Demetrio dice che avrebbe ordinato i nuovi flauti (col. L) con allusione a riforme nel campo della fiautistica piu o meno analoghe e contemporanee a quelle operate nel campo della citarodia da Melanippide, Cinesia e Timoteo. Infine la spiegazione delle parti del nomos pitico, un tipo particolare di nomos auletico, cioè eseguito soltanto con lo strumento musicale, senza il sostegno della poesia (col. LII). Non doveva neppure mancare il riferimento alla citarodia o alla citaristica, come lascia supporre la traccia di col. LUI 12 κιθα-

ρ[-· Dopo il capitolo 11 la trattazione prosegue su un solo livello, che è quello delle figure poetiche, l’aspetto sintattico è lasciato da parte. A illustrazione dell’onomatopea è introdotto il nome Koikoa, che Sofrone diede alla protagonista di un suo mimo Le donne che fanno colazione insieme, coniandolo sul grugnito del

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maiale (κοΐ) o sul gracidare delle rane (κοάξ), volendo subito manifestare, attraverso il nome, l’incapacità della schiava straniera di pronunciare correttamente la lingua greca e la sua indole torpida. Con la col. LV dunque si inizia il capitolo dedicato al mimo, che prosegue fino alla col. LX: né meraviglia l’introduzio¬ ne, a questo punto, della discussione su un genere letterario, la cui poeticità era contestata dai vari orientamenti critici. Anche in questo caso, come per la poesia dei nomoi, il quesito doveva essere se la presenza di tropi e di figure retoriche, nel caso specifico, di onomatopea, metonomasia, antonomasia servano a fare di questi testi poesia: non conosciamo quale sia la posizione di Demetrio in proposito, ma è probabile che anche in questo caso, come per i nomoi, sia negativa; in quanto tale, essa concorda con quella filodemea: per due diverse vie i due Epicurei tendono ad escludere la poeticità del mimo: per Demetrio l’elaborazione dello stile, attraverso le figure retoriche e l’onomatopea, non è sufficiente a fare del mimo poesia, per Filodemo non lo è la presenza, in esso, di metri e di ritmi. Nonostante la negazione del valore poetico del mimo, Demetrio si sofferma tuttavia ad illustrare alcune parole, come τηγανιστόν e μώλυ, probabilmen¬ te adoperate da Sofrone nel componimento sopra citato, di cui era protagonista la serva Koikoa (col. LVII) e forse riporta un frammento in cui ricorre la seconda delle due parole usate (col. LVIII) e addirittura precisa il significato da assegnare al verbo κοικυλλειν nelle citazioni da Sofrone. Infine il discorso cade sull’uso delle glosse, cioè delle parole dialettali (anche queste quindi legate ad un genere letterario), che per 1 incertezza del significato danneggiano la comprensione di un testo poetico (col. LXI); viene riportato, come esempio, un frammento di Alceo (fr. 358 Voigt), in cui, adoperando l’autore il dialetto eolico, il senso del passo è compromesso dal ricorrere frequente di parole usate soltanto in quel dialetto. Demetrio dunque prima ne illustra lo schema ritmico-musicale (col. LXII), poi per spiegare il contenuto concettuale del passo adduce un passo parallelo, che è una sentenza che invita alla moderazione e al controllo di sé (col. LXIV), infine passa al commento-parafrasi

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del passo stesso, spiegando tutte le parole dialettali con la corrispondente forma attica (col. LXV). Dopo un lacunosissimo accenno ad una combinazione onoma¬ topeica di parole, il libro si chiude rapidamente, per la preoccupa¬ zione di Demetrio di non superare i limiti standard1 dell’estensio¬ ne del volume, come è invece capitato per il primo libro. Concludendo, l’Epicureo ringrazia l’amico e patrono (?) Nerone2 per la collaborazione offertagli nella stesura dell’opera. Si è discusso, da parte degli studiosi, se questo secondo libro rappresenti la fine di tutta l’opera o sia soltanto un libro di essa, cui potevano seguirne altri, e, per sostenere le due tesi opposte, ci si è serviti di πρώτον, adoperato da Demetrio alla fine del libro per designare quello precedente. Il Croenert3 dimostrò che spesso πρώτον è usato al posto di πρότερον, per cui la sua presenza nella conclusione del secondo libro della Poesia non osterebbe alla tesi che i libri fossero solo due: inoltre, una chiusa cosi solenne non si accorderebbe con la fine di un singolo libro; sembra piuttosto il sigillo di un’intera opera. Il Philippson, invece, ribadì il valore superlativo dell’aggettivo, ed era quindi incline a credere che i libri fossero più di due.4 Solo la scoperta, tra i nuovi rotoli papiracei, che potrebbero essere ritrovati in séguito al ripreso scavo della Villa dei Papiri, di libri sicuramente successivi al secondo della Poetica, potrà risolvere definitivamente la controversia; per il momento ci sembra di poter condividere la posizione del Croenert.

b) Identificazione degli avversari Se il primo libro dell’opera demetriaca Sulla poesia sembra incentrato sui criteri di giudizio dei componimenti poetici e sugli

1 Cf. Cavallo, Libri scritture scribi a Ercolano, p. 14. 2 Sulla identificazione del personaggio si tornerà nel capitolo 6 di questa introduzione. 3 Kolotes, p. 105s., cf. anche il commento a col. LXVL 4 «PhW» 44 (1924).

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organi, l’udito o la ragione (άκοή ο διάνοια) preposti a questi giudizi, il secondo libro invece è in gran parte dedicato alla trattazione, in alcuni casi molto accurata, in altri solo accennata, di figure poetiche come la metafora, la catacresi, l’allegoria, l’onomatopea, l’antonomasia e la metalessi: all’inizio del libro, inoltre, se la ricostruzione proposta è corretta, si tratta dell’elleni¬ smo e dei principi su cui esso si fonda, e cioè l’uso corretto delle congiunzioni, l’uso di espressioni facili da interpungere, l’evitare barbarismi e solecismi; a chiusura del libro invece viene affrontato il problema delle glosse. In altri termini l’argomento di questo libro sembra essere la trattazione di quei particolari ονόματα (γλώτται, ξενικά, διπλά, πεποιημένα), che rendono il linguag¬ gio poetico «ornato» e «straniato» (έκ τής είωθυίας διαλέκτου), allontanandolo dal linguaggio ordinario (το κύριον έξαλλάττουσα). Per questa via dunque il linguaggio realizza quella nobiltà ed eccellenza nello stile (τό μέγα καί περιττόν εν τή λέξει) ovvero uno stile bello e magnifico (φράσις καλή καί μεγαλοπρεπής), che fa la buona poesia (ποίημα χρηστόν).5 Il Lucignano, proprio per il rilievo dato alla σύνθεσις poetica e agli ονόματα in questo libro, considerò il PHerc. 1014 opera di un peripatetico del III secolo, Demetrio Bizantino,6 perché i seguaci di Aristotele diedero particolare importanza a questi aspetti dell’e¬ locuzione poetica. Ma, una volta rivendicata a Demetrio Lacone epicureo la paternità dell’opera, rimane da spiegare come mai essa contenga la trattazione delle figure retoriche e se la prospettiva da cui è affrontato il problema della poesia sia coerente con la concezione estetica di Demetrio e degli epicurei in generale. Va preliminarmente osservato che non c’è nessun brano nel PHerc. 1014, in cui siano esposte dichiaratamente le opinioni di Demetrio sulla poesia: solo qualche volta si possono dedurre indirettamente dalla polemica che l’epicureo svolge; il danno è forse da ascrivere alla frammentarietà del papiro (le cui colonne mancano sempre della parte superiore e inferiore) che rende

5 Per l’attribuzione a Teofrasto di questa teoria cf. Ardizzoni, pp. 69-78. 6 Cf. cap. 1.

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anche arduo, per le frequenti interruzioni, seguire lo sviluppo della trattazione. Il Croenert,7 che riuscì a cogliere gli attacchi polemici del Lacone in almeno tre colonne, sulle quali torneremo in séguito, pensò che il libro fosse rivolto contro gli Stoici che vedevano nel contenuto l’elemento predominante della poesia. Ma se l’interpre¬ tazione del Croenert è sostanzialmente corretta per l’individuazio¬ ne del carattere polemico del libro demetriaco, si rivela tuttavia insufficiente e incapace di spiegare l’interrogativo che si impone come urgente al moderno lettore: se cioè l’organizzazione e l’esposizione della materia risalgano a Demetrio stesso o siano piuttosto condizionate dalla struttura e dall’esposizione delle opere degli avversari che il Lacone confuta. In assenza di elementi interni al II libro che possano avallare una delle due ipotesi formulate, non resta che ripiegare sul confronto con l’omonima opera filodemea, la sola superstite in maniera sufficientemente estesa di tutta la produzione epicurea sull’argo¬ mento.8 Si può subito affermare che nessuno dei numerosi libri della Poetica di Filodemo affronti in modo altrettanto sistematico la trattazione delle figure poetiche, cosi come sono esposte nel libro di Demetrio. Solo della catacresi si discute sia nel V libro (PHerc. 1425) che nel PHerc. 403,9 ma in entrambi i casi l’attenzione non è soffermata sulla figura poetica e sul suo impiego, ma piuttosto sul fatto che essa consente di considerare «abusivamente» poesia quei componimenti che non potrebbero essere chiamati tali, perché non rispondenti ai requisiti richiesti. E comunque l’utilizzazione della catacresi a questo scopo, secondo i moderni interpreti, non sareb¬ be filodemea, ma dello stoico Aristone di Chio.10 Nel IV libro della Retorica11 invece, che potrebbe avere come sottotitolo 7 Cf. Kolotes, p. 106. 8 Per i papiri ad essa attribuibili e per i più recenti studi su di essi cf. il mio Filodemo: la «Poetica» in Syzetesis. Studi Gigante Π (Napoli 1983), pp. 565-583. 9 Cf. fr. 3, p. 254s. Sbordone; e in questo luogo l’occorrenza è assai dubbia come si può vedere dal testo, riportato nel commento al capitolo 2 di PHerc. 1014. 10 Cf. Jensen, p. 134ss. 11 Cf. Sudhaus I, pp. 170-179.

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περί λέξεως, Filodemo parla estesamente della metafora, dei suoi tipi, delle sue qualità, della sua applicazione, riprendendo espressamente Teofrasto. Filodemo dunque aveva inserito nei libri della Retorica l’esposizione delle figure poetiche, affrontata da Demetrio nella Poetica, perché riteneva il linguaggio «ornato» prerogativa non solo della poesia, ma anche della prosa d’arte e, quindi, elemento non discriminante tra l’una e l’altra. In tal caso assisteremmo, nell’àmbito della stessa scuola, ad un cambiamento di posizione che è meno insignificante di quanto si possa pensare, perché si riflette sul problema di definire che cosa fa di un testo un componimento poetico:

nel caso di Filodemo si deve

concludere che per lui il linguaggio «ornato» e ricco di figure poetiche non basta a fare «poesia». Né, d’altro canto, preoccupa la divergenza tra Demetrio e Filodemo, perché, in assenza di precise indicazioni del Maestro su questo problema, ciascuno aveva potuto risolverlo nel modo piu conveniente. Ma è possibile anche un’altra interpretazione ed è quella preferibile, cioè Demetrio, come Filodemo, polemizzando con l’avversario ne riporta il pensiero e, probabilmente, segue anche l’ordine di esposizione; per cui potremmo ricostruire la struttura dell’opera dell’avversario, una volta che sia stato identificato. Due sono le proposte di identificazione degli avversari del II libro della Poesia, quella del Croenert,12 e quella della Rispoli,13 che si orientano entrambi verso Pausimaco, ritenuto dal Croenert uno stoico, dalla Rispoli un κριτικός. 11 Croenert fondava la sua tesi sulle coll. IV, VII, XII, XXXVI, XLIV delle quali propose una ricostruzione coerente con l’interpretazione generale che forni della Poetica demetriaca, ma arbitraria. Lo studioso tedesco, infatti, sulle orme dello Hausrath, distingueva nella parte superstite di PHerc. 1014 due sezioni: la prima, che si estenderebbe all’incirca fino all’attuale col. XXIX, avrebbe trattato il problema generale della σύνθεσις, la seconda invece problemi particolari di alcuni testi poetici. Dell’intera

12 Cf. Kolotes, p. 106. 13 Cf. Eufonia ed ermeneutica, pp. 138-143.

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colonna IV il Croenert lesse solo il termine άμφισβήτησις, peraltro errato, intravide in essa la presenza degli avversari di Demetrio, che soltanto più tardi si rivelerebbero come Stoici. Ma se le congetture da me proposte sono plausibili e soprattutto se la separazione delle parole è corretta, l’interpretazione della colonna risulta diversa. Piu che in un’aperta polemica con gli avversari, Demetrio sembra in quella colonna impegnato a definire il metodo epicureo di conoscenza, che deve ovviamente essere applicato anche nel campo della critica letteraria. Una λέξις (è questo il termine più probabile da sottintendere ai due participi femminili) perché sia accolta o respinta, deve essere prima sottoposta a discussione, a giudizio, a confutazione e cioè ad essa non vanno applicati aprioristici criteri di selezione, ma la stessa indagine empirica che gli Epicurei applicano al mondo fenomeni¬ co. Questo sembra essere ora il significato della colonna. Nella col. VII il Croenert supplisce il nome di Pausimaco, che sarebbe lo stesso filosofo, stoico, contro il quale Filodemo si scaglia in una sezione del PHerc. 994. In un passo di questo (PHerc. 994 col. w 24 s., p. 15 Sbordone) dove ora lo Sbordone legge Παυσίμα[χος|25 ó κρι]τικός,14 il Croenert,15 invece, suppliva Παυσίμα[χος | ó Στω]ικός e, persuaso della adesione di questo personaggio alla Stoa, ne ricostruiva il pensiero a col. XII del II libro demetriaco della Poetica·. Pausimaco sosterrebbe che la σύνΦεσις, cioè la rielaborazione formale della poesia, non è utile. Le congetture del Croenert per la col. XII sembrano troppo ardite e non sufficientemente suffragate dalle tracce superstiti; e comunque tutta la sua interpretazione per questa parte della Poetica di Demetrio cade con la nuova lettura dello Sbordone che fa di Pausimaco un κριτικός, cioè un sostenitore dell’estetica dell’eufonia. L’esattezza della lettura dello Sbordone è anche confermata dalla coerenza del pensiero di Pausimaco con quello

14 Cf. anche F. Sbordone, Nuovi contributi alla Poetica di Filodemo (PHerc. 994), «CErc» 2 (1972), p. 58 = Id., Papiri della Poetica, p. 104. 15 Kolotes, p. 106.

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del gruppo dei κριτικοί, come emerge dal già citato papiro filodemeo. Se infatti il nome di Pausimaco è attestato solo in tre passi di PHerc. 994: 1) col. w 24 ss., p. 15 Sbordone: Παυσίμα[χος | ό κρι]τικός άρά γε δν |[έν ευη]χίαι τό καλόν 2) col. οϊαν|

χ

24 s. - col. y 1 ss., pp. 17-19 Sbordone: φωνή μέν γάρ

οΰτοι παρεισάγουσιν ού[δέ]

|τδν Παυ[σίμαχ](ον,

έπα)|νάγωμε[ν εις αύτ]όν,| (τέρψει) 3) col. e 21 ss. - col. f 1, pp. 31-33 Sbordone: [εί δ]έ φήι· «παρατεϋέν|[των άκ]οήι», ταύτόν ένό|[μισε Πα]υσίμαχος είναι | τ[δ] πρό[ς ά]κοήν ήδύ καί |25 τ[δ] χαλεπώς κα[ι] μετ’ ό||[χλήσ]εως έκ[φερό]με[νον tuttavia al suo pensiero sono rapportabili le teorie esposte e confutate da Filodemo da col. w a col. f: l’interesse di Pausimaco si soffermava sugli effetti acustici prodotti dalle parole, esaminate isolatamente, o ripetute secondo lo schema della παλιλλογία, o in unione con altri vocaboli che presentavano difficoltà di pronuncia. Per questo studioso vocaboli come κίς non infastidi¬ scono, se usati una sola volta, il disagio nasce dalla iterazione; per altri vocaboli, invece, come σάκος, l’effetto sgradevole si verifica in ogni caso. Pausimaco non si fermava però alla denuncia degli effetti negativi di alcuni suoni, ma individuava nell’uso omerico la scelta di vocaboli piacevoli e seducenti, la cui grazia poteva essere aumentata dalla ripetizione del medesimo termine anche in più versi. Dalla analisi necessariamente breve del pensiero di Pausimaco, quale si evince dal trattato di Filodemo, si può concludere che difficilmente questo personaggio anche in quanto κριτικός poteva rappresentare l’avversario di Demetrio, perché quest’ulti¬ mo sembra più preoccupato della semanticità delle parole poetiche che del loro effetto acustico; inoltre nel corso della discussione notevole importanza è data alle figure poetiche, cui invece Pausimaco non dedica grande attenzione.

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A questo punto dunque resta da chiedersi chi sia il personaggio o la scuola contro i quali il Lacone affila le armi della sua polemica. Le coll. XXXVI e XLIV appaiono determinanti a questo scopo. Nella col. XXXVI infatti Demetrio accusa l’avver¬ sario di non cogliere Pambiguità che è nella parola λέξις. Ancora una volta il confronto con Filodemo giova alla comprensione del nostro testo. Nel V libro della Poetica infatti le occorrenze di λέξις sono numerose; le più significative tuttavia sembrano essere quelle in unione con σύνθεσις: in col. X 35, p. 27 Jensen e col. XII 3, p. 31 si trova infatti σύνθεσις τής λέξεως; in col. XX 29,35, p. 47, col. XXVII 7, p. 61 e col. XXX 1, p. 67 invece σύνθεσις των λέξεων; è chiaro subito che λέξις nei primi due casi ha un significato diverso che nei tre luoghi successivi. L’espressione σύνθεσις των λέξεων, usata da Aristone di Chio e in un’anonima sentenza, pure rapportabile ad ambiente stoico, equivale a quella σύνθεσις τών ονομάτων, la cui teoria si trovava in nuce in Aristotele, ma fu elaborata soprattutto dagli Stoici Aristone di Chio e Cratete di Mallo, e infine da Dionisio di Alicarnasso: in base a questa teoria, il «poetico» consisteva nella combinazione delle parole e quindi nella presenza del metro. Ben diverso il significato di σύνθεσις τής λέξεως, che, probabilmente, è da considerarsi analoga a εξεργασία τής λέξεως di col. X 7, p. 27 Jensen;16 entrambe infatti indicano la rielaborazione dello stile, che è compito inderogabile del poeta: la prima espressione è attribuita chiaramente da Filodemo a Neottolemo di Pario, la seconda a Demetrio Bizantino, due peripatetici. L’accezione da questi data a λέξις concorda bene con quella attestata in alcuni luoghi della Retorica di Aristotele17 e con l’uso di Demetrio, autore del De elocutione (c. 193). Tutti questi indizi inducono a ritenere un peripatetico l’avver¬ sario di Demetrio.

16 Cf. Ardizzoni, Ποίημα, pp. 80-82 n. 5, dal quale tuttavia discordo nella conclusione che σύνθεσις τής λέξεως sarebbe formula filodemea, che si contrappone a σύνθεσις τών λέξεων di derivazione stoica. 17 Cf. almeno Arist., Rh. Ili capp. 1-10.

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DEMETRIO LA POESIA

Ma c’è di piu: la duplice valenza di άσύνδετος,18 presente nei testi di Aristotele, sembra anche illustrata dal nostro Demetrio Lacone. Se, infatti, nel capitolo 6 si sofferma sui vantaggi che la mancanza di congiunzioni offre per lo stile recitativo, nel capitolo 11 sottolinea i rischi dello stile sconnesso, deH’àoùvòeTog aristotelico interpretato nella seconda accezione; per questa via dunque Ράνυπότακτος di col. XXXVI 7s. e di XLV ls. potrebbe essere inteso appunto come corrispondente di άσύνδετος. Anche in questo capitolo, come in Arist., Rh. Ili 1407b 11-13, il correttivo è rappresentato dalla διαίρεσις o dalla διαστολή: Aristotele infatti osserva che, nel leggere Eraclito, si incontra difficoltà nell’individuare i punti di giuntura, le pause tra un sintagma e l’altro, come avviene in Bl per άεί che non si sa se va connesso con έόντος o con άξύνετοί; e in Empedocle, fr. 35 Diels,

14s. la διαιρεσις risolve il problema di incoerenza.

Demetrio Lacone o il suo avversario riconosce la difficoltà di διαιρεϊν le poesie sintatticamente sconnesse, ma propone la διαστολή per recuperare il senso di essa (μηδ’ ασύνετα). Concludendo, per tutti i parallelismi che il testo demetriaco offre con la problematica affrontata da Aristotele, ma soprattutto per la grande importanza data alla scelta di parole lontane dall’uso comune per la fonetica o per la semantica, riteniamo un peripatetico l’avversario di Demetrio, probabilmente Andromenide, lo stesso del primo libro: di questi conosciamo infatti la preferenza per le parole belle per la qualità e la quantità delle lettere,19 capaci di manifestare con particolare evidenza rappresentativa. Se dunque sono ascrivibili a lui, o ad un rappresentante del Peripato dopo Teofrasto le teorie estetiche che Demetrio confuta nel II libro, attraverso la discussione demetriaca è anche possibile risalire alla originaria disposizione dell’argomento all’interno della τέχνη di Andromenide. Tutta la materia che Demetrio indiretta-

18 Cf. Belardi, p. 134s. 19 Cf. Dem. Lac., Po. I (PHerc. 188), col. VII 1 e Phld., Po. B fr. 25 col. III. Phld., Po. D fr. 7 coll. I-Π, p. 11 Nardelli.

INTRODUZIONE

65

mente riporta deriva dalla sezione dedicata al ποίημα. Dopo la precisazione che il linguaggio poetico è assolutamente diverso da quello prosastico soprattutto per Yornatus da esso utilizzato, si passava a spiegare in che cosa consistesse Yornatus e cioè nella scelta di parole foneticamente alterate ma dotate di chiarezza semantica, tali da essere preferite nella tragedia, e nella scelta di parole foneticamente comuni ma semanticamente alterate, come la metafora, la catacresi, l’allegoria, l’onomatopea, l’antonomasia, la metalessi e infine l’uso delle glosse, di quelle parole tratte dai diversi dialetti greci e legate ad un genere letterario specifico, che Andromenide mostra di prediligere anche in Omero.21 Sono esse infatti con la loro ricercatezza e austerità a dare al lettore la sensazione di vedere esseri eroici.22

21 Id., ibid. fr. 14, 23ss., p. 21 Nardelli. 22 Id., ibid., fr. 4, p. 5 Nardelli.

6. Il destinatario romano

Alla fine del II libro della sua opera Sulla poesia Demetrio ringrazia il romano Nerone per aver collaborato con lui nella stesura di quella parte dell’opera. L’aggettivo (φίλτατε) col quale si rivolge al personaggio è lo stesso che usa per il destinatario anonimo del libro Sulla grandezza del sole,1 per Quinto, dedicata¬ rio del libro Sugli dèi2 e per il compagno di dottrina Zenone Sidonio.3 Il Croenert4 ha osservato che è lo stesso aggettivo adoperato da Filodemo per il patrono Pisone5 e per il condiscepo¬ lo Bromio.6 Il rapporto di Demetrio e Nerone era dunque improntato a stima e ad affetto, certo non gli stessi che nutriva per Zenone. È improbabile infatti che Nerone fosse un compagno di dottrina, ma piuttosto un uditore o forse il patrono di Demetrio. Quest’ultima deve essere solo un’ipotesi, dal momento che è strettamente legata alla biografia di Demetrio, che, come si è visto, è estremamente povera di dati. È incerto per tanto anche se Demetrio incontrò Nerone e Quinto a Mileto o in Italia, perché il soggiorno di Demetrio a Mileto è bene attestato,7 assolutamente

1 Cf. col. XXII, p. 20 e comm. p. 33. 2 Cf. Renna, p. 47. Cf- PHerc. 1012 col. XLIV 2; L 6 Puglia; cf. Angeli-Colaizzo, Iframmenti di Zenone Sidonio, p. 50.

4 Kolotes, p. 125. Phld., AP XI 44 = XVIII in M. Gigante, Epigrammi scelti (Napoli 19882) p. 43. 6 Id., Rh. I 64, 14 = 115, 14 Longo.

7 Cf. Puglia, Demetrio Lacone a Mileto, pp. 21-24.

INTRODUZIONE

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ipotetico invece quello in Italia. In ogni caso, la cosa che meraviglia di più è il rapporto instaurato da Demetrio con un rappresentante di una famiglia di piu antica e conservatrice tradizione aristocratica in un’epoca in cui la diffusione dell’epicu¬ reismo a Roma coinvolgeva soltanto i livelli sociali più umili.8 Il Croenert9 aveva avanzata l’ipotesi di identificare il Nerone del II libro Sulla poesia con T. Claudius Nero, figlio di Tiberio, nipote di Appio,10 monetiere nell’84 e successivamente legato di Pompeo nella guerra contro i pirati; ma ritrattò la sua proposta subito, perché il personaggio gli sembrava troppo più giovane di Demetrio, i cui limiti cronologici egli collocava tra il 160 e il 90. Il Dahlmann,11 però, ha giustamente fatto osservare che se si possono considerare valide le conclusioni del Croenert per la contemporaneità di Zenone e Demetrio, non si deve intendere dimostrata la data di morte del Lacone, collocata nel 90. Zenone, infatti, nel 78, ormai senex, era tuttavia vivo. Il Dahlmann inoltre ipotizzava che T. Claudius Nero, amico di Demetrio, fosse anche il destinatario dell'Epistula ad Neronem di Varrone, autore di un’opera specifica de poematis in tre libri. L’ipotesi del Dahlmann diventa ancora più suggestiva se si tiene conto dell’orientamento filosofico di Varrone, lo stoicismo, che bene si innestava sulle sue tendenze austere e conservatrici che auspicavano il ritorno alla più genuina tradizione romana. È quindi probabile che Varrone, vedendo sviato dagli insegnamenti di un Epicureo il rappresentante di una delle famiglie romane più ricche di tradizioni, abbia tentato di recuperarlo agli antichi valori, indirizzandogli una lettera, il cui contenuto non è ricostruibile per la frammentarietà del testo e, forse, un trattato Sulla poesia, che facesse da contraltare a quello dell’epicureo

Demetrio.

8 Cf. M. Gigante, Ricerche Filodemee (Napoli 19832), pp. 25-34. 9 Kolotes, p. 124. 10 Cf. MOnzer, 2777. 11 Cf. Dahlmann, pp. 206-208.

V ■V

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PREMESSA ALL’EDIZIONE

ί

\

1. I PHERC. 188 E 1014

a. Stato di conservazione I due libri dell’opera Sulla poesia di Demetrio Lacone, tramandata dai PHerc. 188 e 1014, piuttosto frammentari, furono svolti entrambi nel 18051 rispettivamente da A. Lentari e da L. Catalano, assistito quest’ultimo da G. B. Casanova, che esegui anche i disegni di PHerc. 1014 nello stesso anno o in quello successivo. I due papiri hanno subito grave danno dallo svolgi¬ mento: i pezzi superstiti conservano, all’incirca, la parte centrale delle colonne, di cui mancano sempre le prime e le ultime righe e anche i margini superiori ed inferiori. Del PHerc.

188 in tutto oggi abbiamo 8 pezzi, che ci

restituiscono 19 colonne, conservate in 3 cornici e cosi distribuite: cr. 1: pz. I (coll. I-III) cr. 2: pz. II-V (coll. IV-XIV) cr. 3: pz. VI-Vili (coll. XV-XIX) 2 La parte superstite del libro, circa la settima parte del rotolo originario,3 è dunque molto esigua, se si tiene conto che lo stesso

1 Dunque sotto la direzione di J. Hayter (1802-1806, su cui cf. F. Longo Auricchio, John Hayter nella Officina dei Papiri Ercolanesi in I Papiri Ercolanesi III, I Quaderni della Biblioteca Nazionale di Napoli, Serie V 2, Napoli 1980, pp. 159-215), e ciò spiega sia la presenza dei disegni oxoniensi, sia il fatto che questi ultimi, eseguiti contemporaneamente allo svolgimento, conservino sovrapposti e pezzi di papiro, ormai mancanti sia nell’originale che nell apografo napoletano. 2 Per le misure dei pezzi cf. CatPErc, p. 101. 3 II calcolo è, naturalmente, approssimativo, in quanto non si fonda su indicazioni sticometriche, assenti in questo caso, ma sul rapporto istituito tra la

72

DEMETRIO LA POESIA

Demetrio, nella chiusa del secondo libro Della poesia, affermava di aver oltrepassato con il primo libro i limiti della συμμετρία,4 che doveva corrispondere, grosso modo, ai limiti del massimo «standard» di estensione di un rotolo, valutata intorno ai 10 metri.5 Piu cospicua è la parte superstite di PHerc. 1014, che tramanda 66 colonne su 24 pezzi, sistemati in 16 cornici: cr.

1: pz. I-II (coll. I-VT)

cr.

2: pz. III-IV (coll. VII-XII)

cr.

3: pz. V (coll. XL-XLIII)

cr.

4: pz. VT (subscriptio)

cr.

3: pz. VII (coll. XIII-XVI)

cr.

6: pz. VIII-IX (coll. XVII-XX)

cr.

7: pz. X (coll. XXI-XXVI)

cr.

8: pz. XI-XII (coll. XXVII-XXXI)

cr.

9: pz. XIII (coll. XXXII-XXXV)

cr. 10: pz. XIV-XV (coll. XXXVI-XXXIX) cr. 11: pz. XVI-XVII (coll. XLIV-XLVII) ;cr. 12: pz. XVIII-XIX (coll. XLVIII-LI) cr. 13: pz. XX-XXI (coll. LII-LV) cr. 14: pz. XXII (coll. LVI-LVIII) cr. 13: pz. XXIII (coll. LIX-LXII) cr. 16: pz. XXIV (coll. LXIII-LXVI).6

parte superstite di PHerc. 188 (m. 1,45) e la lunghezza massima ‘standard’ di un rotolo papiraceo (m. 10 ca), e ancora sul rapporto tra le colonne tradite del nostro testo (22) e quelle (100) che di solito aveva un papiro ercolanese, secondo le indicazioni di W. Croenert, Die Ueberlieferung des Index Academicorum «Hermes» 38 (1903), p. 402 = Studi ercolanesi, trad. it. a c. di E. Livrea, Collana di Filologia Classica diretta da M. Gigante (Napoli 1975), p. 199. Cf. Po. II col. LXVI 5ss. άλλα | γάρ iva μή καί τούτο | άσύμμετρον ποήσω|μεν τό υπόμνημα, κα|θάπερ τό πρώτον, αύτού |10 καταπαύσω{ι} την γραφήν. Per il commento ad loc. cf. infra. 5 Cf. Cavallo, Libri scritture scribi a Ercolano, p. 16. 6 Per le misure dei pezzi cf. CatPErc, p. 224.

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Molto più cospicua la parte superstite di questo papiro, che può rappresentare quindi circa la metà del rotolo originario. Lo stato di conservazione della cornice 1 di PHerc. 188 e delle cornici 1, 2, 5, 7 di PHerc. 1014 non è molto confortante: un susseguirsi continuo di sottoposti e sovrapposti rende spesso difficile la collocazione dei vari tratti di scrittura attestati; nelle ultime cornici invece la situazione è indubbiamente migliore.

b. Ordine delle colonne Il problema piu arduo è stato rappresentato dalla sistemazione delle colonne contenute nella cornice 3, una volta accertato il disordine delle cornici: nella cornice 4 infatti è contenuta la subscriptio che si trovava alla fine dell’opera. I criteri esterni si rivelano poco persuasivi per la sistemazione di quelle colonne ed è stato necessario ricorrere a criteri contenutistici: per i motivi esposti nel commento al luogo ho sistemato la cornice 3 tra la cornice 10 e la 11, numerando conseguentemente le colonne in essa contenute da XL a XLIII.

c. Formato In mancanza di indicazioni sticometriche alla fine di entrambi i papiri, essendo questi sempre mutili nella parte superiore e decurtati in quella inferiore non è possibile ricostruire la fisionomia originaria dei rotoli. La sola notizia, abbastanza vaga, in verità, relativa al PHerc. 188 è fornita dallo stesso Demetrio nella chiusa del II libro: esso sarebbe stato άσύμμετρον, dove¬ va quindi oltrepassare i limiti standard della lunghezza del ro¬ tolo.7 La scrittura di PHerc. 188, anche nella parte finale su¬ perstite, è ampia come quella di PHerc. 1014, non rivela quindi necessità di guadagnare spazio.8 Volendo prestare fede alle parole

7 Cf. Cavallo, Libri scritture scribi a Ercolano, p. 18s. 8 Cf. Id., ibid.

DEMETRIO LA POESIA

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di Demetrio si può supporre che il primo libro fosse distribuito in due rotoli e che PHerc. 188 rappresenti soltanto uno di essi.

d. Spazio scritto e spazio non scritto Anche per questo aspetto lo stato di conservazione di P non consente di stabilire con sicurezza l’altezza della colonna, e di conseguenza il rapporto tra altezza e larghezza all’interno della colonna stessa,9 né il suo formato in rapporto all’altezza comples¬ siva del rotolo: la perdita dei margini superiori ed inferiori di P e, conseguentemente, delle righe iniziali e finali anche delle ultime colonne di PHerc. 1014, che sono le meglio conservate, impedi¬ scono di ricavare questi dati e di confrontarli con quelli forniti da Cavallo. Si può invece solo dire che l’altezza maggiore superstite dei pezzi di PHerc. 188 è di cm. 10,1 e contiene 10 linee di scrittura, invece quella di PHerc. 1014 è di cm. 16 per 22 linee di scrittura: confrontando questi dati con quelli standard (cioè 30-34 linee in 18 cm. disponibili) si nota subito non solo che i caratteri hanno una altezza superiore alla media, ma anche che lo spazio tra una linea e l’altra è maggiore. Anche la larghezza delle colonne, cm. 7,5 per PHerc. 188 e cm. 8 per PHerc. 1014 è paragonabile con quella di PHerc. 1672, 908/1390 e 831, non con quella (cm. 5-6) più frequentemente documentata nei papiri ercolanesi, con un numero di lettere oscillante tra un minimo di 13 e un massimo di 20, con una media quindi di 16-17 lettere per linea. Per quanto riguarda l’allinea¬ mento dei margini laterali, sul lato destro non è assolutamente rigoroso. Degli spazi non scritti, l’unico valutabile è il vacuo intercolonnare di

15

mm.

circa.

Nel pezzo contenente la

subscriptio si nota un άγραφον terminale di 18-20 cm. Questo consente di dedurre che lo scriba non fosse condiziona¬ to da particolari limiti di spazio.

9 Cf. Id„ p. 19.

»

PREMESSA ALL'EDIZIONE

75

e. Subscriptio Il PHerc. 1014 presenta disposti su 4 linee il nome dell’autore, la preposizione (περί), il titolo dell’opera (ποιημάτων), il numero all’interno di questa. La subscriptio è posta sulla destra di col. LXVI, l’ultima di PHerc. 1014, separata da questa dallo spazio di circa due colonne: essa quindi occupa una posizione consueta nei papiri ercolanesi.

f. Segni diacritici I segni di interpunzione sono rappresentati dalla paragraphos e dall’ άνω στιγμή. Delle 10 paragraphoi che ricorrono in PHerc. 188, 8 sono semplici, due si presentano come una diplè. Non è stato possibile osservare la incidenza paragraphos + spatium vacuum, perché questo ricorre sempre in lacuna. Né sono stati osservati altri segni di interpunzione o diacritici, ma bisogna tenere presente la lacunosità di PHerc. 188. Nel PHerc. 1014 ricorrono solo paragraphoi lineari, e su 55 casi osservati, 36 (= 65,45%) non sono accompagnate da spatium vacuum, 19 (= 34,55%) si. La μέση στιγμή ricorre solo alla fine di col. LXIII 3. Il comma si incontra una sola volta in ΑΥΤΟΥ di col. LXVI 9.

g. Scrittura e particolarità ortografiche La scrittura dei due papiri, inserita dal Cavallo nel Gruppo B, che comprende anche altri papiri demetriaci {PHerc. 1013, 1061), è databile tra il II e il I secolo a.C., ed è ampia, veloce, con frequenti tratti di unione tra Y e T, C e T, A e I. L’A e il Λ hanno la tendenza alla verticalizzazione delle linee oblique discendenti da destra verso sinistra, mentre le linee discendenti da sinistra a destra sono molto oblique e allungate; talvolta ΓΑ, col taglio ad angolo retto, unito con leggera curva all’asta anteriore, pure curvilinea, somiglia molto alla minuscola. E, Θ, O, C invece sono

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molto stretti e schiacciati, privi della consueta rotondità; il T ha il tratto orizzontale più spesso e più lungo a sinistra ed è vergato con maestosità, come il Μ, N, Δ e Π. L’andamento della linea è, perciò, molto vario; talvolta lo scriba riempie lo spazio vuoto con uno svolazzo. Per quanto riguarda l’ortografia, il N non è mai assimilato davanti a gutturale; al posto di Γ è scritto sempre εΐ; ει, seguito da vocale, diventa η.

h. Correzioni Il PHerc. 1014, data la maggiore estensione, offre una più vasta campionatura di interventi e correzioni, che, possiamo dire subito, sono della stessa mano che ha vergato il testo. La correzione è sempre effettuata dallo scriba tracciando due sbarrette oblique ad incrocio sulle lettere sbagliate e trascrivendo quelle corrette più in alto (come in col. XLIII 3), l’espunzione di lettere invece è operata o mediante una sbarretta sulla lettera da eliminare o mediante un puntino posto al di sopra della lettera stessa. In due casi (col. XXX 8 e XLIV 4) si osserva l’aggiunta interlineare di alcune lettere.

2. I Il PHerc.

DISEGNI

188 fu disegnato prima del 1853 da Vincenzo

Corazza, che esegui i disegni di 8 frammenti e in piu una linea dell’ultima colonna. Questi disegni napoletani (N), in numero di 4, non incisi, furono riveduti nel 1916 dal Bassi, che si limitò ad -annotare accanto ad alcune lettere «rotto» oppure «caduto». Gli apografi oxoniensi (O), anteriori a quelli napoletani, riproducono un numero maggiore di lettere, che completano le lacune presenti in N e nel papiro. Essi (Ο I 236-241) riportano complessivamente 10 frammenti: i disegni 239 e 238d, che non hanno corrisponden¬ za in N, copiano rispettivamente la colonna III e IV, manca tuttavia il disegno corrispondente all’ultima colonna del papiro. Il PHerc. 1014 fu disegnato per la prima volta dal Casanova

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nell’anno dello svolgimento o in quello successivo. Questi disegni oxoniensi furono pubblicati nel 1824. I disegni napoletani invece furono eseguiti in più riprese: una prima volta Carlo Orazi tra il 1809 e il 1811 disegnò 25 frammenti, quelli che agli Accademici sembravano conservare un maggior numero di lettere; gli altri, ritenuti indegni di essere pubblicati, furono trascurati. Successiva¬ mente, essendo stata affidata l’edizione del papiro al Lucignano, furono eseguiti i disegni di altri 7 frammenti; quando poi nel 1864 ci si accinse a pubblicare finalmente il papiro nei volumi della Collectio Altera, furono disegnate ed incise altre 4 tavole, contenenti complessivamente 7 frammenti, appartenenti ai pezzi conservati nelle cornici 5, 6, 7, 8. Cosi furono numerati, disegnati ed incisi di séguito frammenti che non si succedevano nell’origina¬ le. Il Bernabei, in séguito ad esame dell’originale, restituì la successione dei frammenti, e lo Scott, avvalendosi dei dati forniti dal Bernabei, costituì una tavola di concordanza tra la numerazio¬ ne dei frammenti in P e i corrispondenti disegni oxoniensi e napoletani. Egli però non riuscì a dare una collocazione a 4 disegni oxoniensi, che non hanno corrispondenza in N; l’ispezio¬ ne di P permette di dare un posto anche a questi disegni: Ο III 608 d è la colonna successiva a quella numerata fr. 9; Ο III 626 corrisponde all’ultima colonna (= col. LXII) del pezzo contenuto nella cornice 15; l’inchiostro, in questo caso, è molto sbiadito e forse, proprio per questo, gli Accademici napoletani non la numerarono e non la fecero disegnare; Ο III 627a riproduce un sovrapposto appartenente al primo pezzo della cornice 1; Ο III 626 C corrisponde ad un sovrapposto del primo pezzo della cornice 2.

3. Le

edizioni precedenti

Il testo del primo libro Sulla poesia di Demetrio Lacone rimase a lungo inedito. Il Croenert,10 per primo, pubblicò alcuni assaggi 10 Croenert, Kolotes, p. 107.

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del papiro, ovviamente limitati e non definitivi, che egli stesso ebbe modo di rettificare e accrescere, in séguito a parziale autopsia dell’originale. Sono passi non continui, spesso di una colonna vengono riportate solo poche parole: lo stesso Croenert ammetteva che una lettura più attenta dell’originale avrebbe potuto dare buoni risultati. Ai frammenti già editi dal Croenert, il De Falco, nell’edizione di tutte le opere del Lacone,11 potè aggiungere qualche altro passo, tralasciò tuttavia parecchie lettere del papiro. Parte del PHerc. 188 il De Falco ritenne il PHerc. 1113. Svolto e disegnato nel 1827 da G. B. Casanova e Francesco Casanova, quest’ultimo papiro non esiste più; si conservano, sotto quel numero, soltanto una scorza e otto disegni, che riproducono tredici frammenti editi in VH2 XI 3-10. A proposito di PHerc. 1113 gli Accademici caddero in errore: infatti dei disegni raccolti nella medesima copertina i frr. 1-4 sono di una mano, i frr. 5-13 sono di un’altra mano e in un foglio della stessa copertina si trova scritto: «avvertasi che questa scorza fu trovata in due caratteri diversi»; infatti i disegni dei frr. 5-13 portavano prima i n. 1-8, che in séguito furono cancellati e sostituiti dai n. 5-13. Il Croenert in un primo momento attribuì tutto il papiro (frr. 113) all’opera di Demetrio;12 poi,13 constatando che la scorza superstite aveva una scrittura diversa da quella di PHerc. 188 e 1014, e che anche il colore era decisamente più scuro di quello dei papiri citati, negò l’appartenenza dei frammenti all’opera Sulla poesia di Demetrio. Il Bassi, nel maggio 1911, annotava sulla copertina dei disegni napoletani: «I disegni, contenuti in questa copertina, di 1113 debbono appartenere a due papiri, certo i framm. 1-4 sono di una scrittura, quelli degli altri quattro di un’altra». E inoltre osservava: «dal confronto della fot. VI 1574 con i disegni dei framm. 1-4 di 1113 risulta che c’è grande somiglianza fra le due scritture». Infatti l’apografo oxoniense VI

11 De Falco, p. 82. 12 Croenert, Kolotes, p. 107. 13 lbid. p. 107 n. 506a.

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1574, eseguito da G. B. Malesci e numerato erroneamente come 1106, è il disegno corrispondente al fr. 1 N, mancante, a destra, di alcune lettere. Il De Falco, constatando che i frr. 1-4 di PHerc. 1113 «sono di scrittura grande, emergente, con le curve ben pronunziate ... la mano è perfettamente identica a quella di 188 e 1014», rivedicava i frammenti all’opera di Demetrio.14 Ma le lettere più caratteristiche di PHerc. 188 e 1014 sono essenzialmente diverse da quelle disegnate nei frr. 1-4 di PHerc. 1113; e, comunque, in mancanza dell’originale, non sembra attendibile rivendicare i frammenti all’opera di Demetrio, fondan¬ dosi su presunte concordanze paleografiche. Vanno fatte altre osservazioni: in PHerc. 1113 fr. I 10 si trova la forma γίνονται, in fr. II 3s. γινομέ|νων, a 1. 6 dello stesso frammento έγίνετο, laddove in PHerc. 188 col. X 6s. si riscontra γει|νόμενα e in PHerc. 1014 col. XLIV 2 γείνε[ται], col. LUI 6 γείνεται. In PHerc. 1113 fr. Ili 9 ricorre la parola σημιώματα: la grafia i per ει è attestata in altri papiri,15 ma non si trova mai né in 188 né in 1014; infatti nei due papiri è costante la grafia ει per f, cosi in PHerc.

188 col. VII 4s. κ[ε]κει|νηκός, col. XIII 4

κρείνε[ιν], col. XV 4 κρείνει e in PHerc. 1014 col. XXX 6 Εύρειπίδηι e 7s. φειμώσ[α]|τ’, col. LII 4s. νεικήσαν|τι e 10 νείκην, col. LVI 8 κεινεΐ, col. LX 9 μείμων. Sarebbe strano che lo scriba nel terzo rotolo muti la grafia adoperata per gli altri due. Per quanto riguarda il contenuto, i frr. 1-4 di PHerc. 1113 trattano indubbiamente di poetica: si parla di ονόματα — il termine ricorre frequentemente16 in questi brevi passi — e di una συμπλοκή τών ονομάτων; compaiono poi i φάσματα e i σημιώματα17 e si accenna successivamente ad una μανία ευφροσύνη , una saggia follia, con probabile allusione all’ispirazione poetica.

14 De Falco, p. 82.

15 Cf. Croenert, Memoria, p. 26. 16 Cf. fr. ΠΙ 5, 7; fr. IV 1. 17 II termine, al plurale, ricorre solo in Vii. Philonid., p. 11 Croenert.

DEMETRIO LA POESIA

80

Escluso Demetrio Lacone, l’autore rimane incerto; tuttavia il ricorrere di συμπλοκή τών ονομάτων, cui Filodemo accenna in due luoghi della sua ampia opera, potrebbe far rientrare questi frammenti nella sfera della poetica filodemea. Ben più complessa la storia del II libro della Poetica demetriaca: studiato dall’Accademico Nicola Lucignano,18 che ne appron¬ tò l’edizione dal dicembre 1847 al maggio 1850, benché avesse ricevuto l’approvazione dell’Accademia nel luglio dello stesso anno, rimase inedito fino al 1870, quando cioè il Bernabei, dopo una verifica dell’originale, decise di pubblicarlo. L’edizione del Lucignano è di quelle solite degli Accademici napoletani: testo, traduzione e note in latino; frequenti sono gli errori di lettura e le forzature del testo tramandato dai disegni. Il saggio non compren¬ de tutti i frammenti disegnati, ma s’inizia dal fr. X e prosegue fino al fr. XXXIII.

Nella Praefatio l’editore pone il problema

dell’attribuzione del libro, assegnato poi al peripatetico Demetrio Bizantino, e della divisione della materia all’interno di esso; delinea l’esistenza di due parti, l’una dedicata alla composizione poetica, l’altra alle figure retoriche. La pubblicazione del testo nei volumi oxoniensi e in quelli della Collectio Altera ebbe un peso determinante per lo studio del papiro: i filologi d’oltralpe furono particolarmente stimolati dalla presenza di passi poetici e soprattutto di un frammento di Alceo, altrimenti sconosciuto. Cosi alcuni passi restituirono il Bergk, il Blass, l’Hoffmann, l’Headlam, altri il Gomperz, il Kaibel, il Mekler; nessuno di questi studiosi vide il papiro. Il Croenert19 pubblicò parecchi brani tratti da questo PHerc. 1014. Non è però un’edizione vera e propria: il Croenert prende in esame solo alcuni frammenti sparsi desunti da punti diversi dell’intera opera; supplisce e commenta con profondo acume e grande dottrina passi che sono i più tormentati di tutta l’opera; dà una unitarietà a frammenti che spesso, per lo stato del papiro, appaiono slegati. Suo merito più grande è l’avere individuato il 18 Cf. Romeo, Nicola Lucignano, p. 75 s. 19 Kolotes, p. 100, 106s., 119 n. 522, 130 n. 542, 183.

PREMESSA ALL’EDIZIONE

81

carattere polemico del libro, anche se identifica l’avversario di Demetrio in uno Stoico. Il Wilamowitz, da una lettura fornitagli dal Croenert, ricostrui¬ va un frammento del Licimnio euripideo, preludio di quella sua edizione del papiro da più parti annunciata,20 ma purtroppo non realizzata. Il Vogliano, additando la necessità dell’autopsia del papiro per la soluzione di parecchi problemi testuali, ritornò egli stesso più volte21 su un luogo disperato del frammento di Alceo, ma soltanto nel 1948 perveniva alla soluzione. Intanto il De Falco aveva curato l’edizione di questo papiro:22 per la prima volta il PHerc. 1014 veniva presentato non più per brevi citazioni, ma quasi per intero. Il De Falco tralasciò infatti alcuni frammenti, appartenenti ai primi pezzi, e di molti pubblicò solo qualche parola, mentre una lettura attenta dell’originale recupera un testo più esteso e intelligibile. Ma se l’edizione defalchiana segna un passo in avanti, perché offre un testo più ampio rispetto a quello del Croenert, non si può affermare altrettanto per l’interpretazione dell’opera demetriaca: il testo greco non è corredato di traduzione, l’apparato critico è spesso deficitario nella segnalazione dei supplementi, e nelle note, molto scarne in verità, il De Falco si limita a presentare le osservazioni di altri studiosi, senza discuterle. Né affronta il problema della composizione dell’opera

(adotta infatti supinamente la tesi

dell’Hausrath) né del carattere polemico di essa e dell’identifica¬ zione degli avversari; per questo aspetto era necessario rifarsi al Croenert. Anche il Philippson23 propose importanti contributi alla ricostituzione del testo, anche se in molti casi si lasciò fuorviare da congetture peregrine e cervellotiche.

20 21

Kroll, Demetrios RE Suppl. Ili (1918), 329 s. Vogliano, Spigolature, pp. 285-287, Herculanensia, pp. 91-97, Per un verso,

pp. 109-111, Alceo, pp. 261-263. 22 De Falco, pp. 82-96. 23 «PhW» 44 (1924).

DEMETRIO LA POESIA

82

Per un lungo periodo si attenuò l’interesse dei filologi intorno a questo papiro (gli editori di Alceo non lessero direttamente Poriginale, ma si fondarono sul testo del Vogliano) fino a quando il Lasserre propose una restituzione arbitraria delle colonne XLVI e XLVII, utilizzate per ricostruire l’epodo Vili di Archiloco, che suscitò gli interventi tempestivi del Vogliano e del De Falco. Vorrei infine ricordare i contributi parziali del Diehl,24 del Maas,25 del Lobel,26 del Merkelbach27 sulle coll. LXIII e LXV che riferiscono il frammento di Alceo e la sua parafrasi. Non ostanti i progressi compiuti su alcuni passi di PHerc. 1014, in particolare quelli che tramandano citazioni poetiche, non si disponeva tuttavia di una edizione attendibile: quella del De Falco, alla quale era comunque necessario ricorrere per una visione d’insieme dell’opera, si presentava insoddisfacente. Si avvertiva quindi l’esigenza di una edizione completa della Poetica demetriaca, verificata sull’originale e corredata di una traduzione e di un commentario che permettessero di cogliere il taglio filosofico e filologico degli argomenti trattati, e di apprezzare l’opportunità dei numerosi passi poetici riportati dall’autore.

4. La presente edizione

Nei confronti del De Falco ho potuto utilizzare, oltre ai disegni napoletani ed oxoniensi, anche il microscopio binoculare, che mi ha consentito di leggere molto più e meglio del precedente editore. I papiri non sembrano essersi ulteriormente deteriorati dall’e¬ poca in cui furono eseguiti i disegni napoletani, per cui non solo è stato possibile verificare le letture del De Falco, ma anche le

24

Diehl, Anthologia lyrica Graeca (Lipsiae 1936), p. 140.

25 Cf. Vogliano, Per un verso, pp. 109-111.

26

Lobel-Page, Poetarum Lesbiorum Fragmenta (Oxford 1955), p. 274. Merkelbach, Literarische Texte unter Ausschlusse der christlichen, «APF»

16 (1956), p. 92.

PREMESSA ALL’EDIZIONE

83

lezioni dei disegni, che si sono rivelati in molti casi scorretti. Per il PHerc. 188 si è potuto pubblicare un testo molto più esteso e coerente di quello defalchiano, tale che ha permesso di dare contorni più definiti alla figura di Andromenide. Ancora più rilevanti i risultati per il PHerc. 1014: alle poche parole pubblicate per alcune colonne dal De Falco si sostituisce ora un testo continuo per alcune linee. Da frammenti che sembravano irrilevanti è stato possibile identificare citazioni poetiche non note da altre fonti o testimonianze che aiutano a chiarire tragedie perdute di Eschilo: ne risulta largamente accresciuta la nostra conoscenza della letteratura greca. Dato il grosso numero di nuove letture, ho considerato come testo base quello da me costituito, indicando in apparato i supplementi dovuti ai precedenti editori. Per il frammento di Alceo, per non appesantire eccessivamente l’apparato, ho rinviato al commento la discussione dei numerosi contributi, non fondati sul controllo diretto dell’originale. Dei due libri ho fornito una traduzione più precisa possibile corredandola di un commentario puntuale che possa aiutare il lettore nei punti più controversi dell’opera. Nell’intento di rendere accessibile lo scritto demetriaco a una più vasta cerchia di lettori, ho seguito i criteri di edizione inaugurati in questa collana: il testo è continuo, non in colonne come si presenta nel papiro, e diviso in capitoli: una sbarretta verticale separa ciascuna linea del papiro dalla successiva, mentre le colonne sono separate da due lineette; i numeri interni indicano le linee del papiro. Per le citazioni poetiche, ho seguito la disposizione dei versi, comunque la lineetta verticale indica la fine di rigo nel papiro.

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:. li

TAVOLE DI CONCORDANZA

Demetrio Lacone. La poesia, libro I (PHerc. 188) I

0

N

De Falco

240 239 238d

1

II

237a 237b

2 3

VI VII

238c

4

IX

241.1 241.2 236a 236b

5 6 7 8

X XI XII

disegno non numerato

XV

Romeo I II III IV V VI VII Vili IX X XI XII XIII XIV XV XVI XVII XVIII XIX

II

Romeo I II III IV V VI VII Vili IX X XI v XII XIII XIV XV XVI XVII XVIII XIX

De Falco

N

0

II

1

240 239 238d

VI VII

2 3

237a 237b

IX

4

238c

X XI XII

5 6 7 8

241.1 241.2 236a 236b

XV

disegno non numerato

Demetrio Lacone. La poesia, libro II (PHerc. 1014) I

o

N

De Falco

7

627a

11 13 15 627c 611 612

1 2

627d

3

18 19 20 21 22

4

26

609a

5

31

609b 610

6 7

34 35

Romeo I II ni IV V VI VII Vili IX X XI XII XIII XIV XV XVI XVII XVIII XIX XX XXI XXII XXIII XXIV XXV XXVI XXVII XXVIII XXIX XXX XXXI

DEMETRIO LA POESIA

88

N

De Falco

Romeo

607 608c 608d 604a 604b 603 c 603 d

8 9

36 37 38

10 11 12 14

41 42 43 44

601 602 605c 605d 614 606d 606c 613 615a

13 16 18 17 19 20 15 22 21

45 46 47 48 49 50 51 52 53

XXXII XXXIII XXXIV XXXV XXXVI XXXVII XXXVIII XXXIX XL XLI XLII XLIII XLIV XLV XLVI XLVn XLVIII XLIX L LI LII LUI LIV LV LVI LVII LVIII LIX LX LXI LXII LXIII LXIV LXV LXVI Titolo

0

V

615b 624 626 625 620 621 622 623 616 617 618 619 600

23 24 26 27 29 25 30 31 28 32 33 disegno non numerato

55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67

II

Romeo I II III IV V VI VII Vili IX X XI XII XIII XIV XV XVI XVII XVIII XIX XX XXI XXII XXIII XXIV XXV XXVI XXVII XXVIII

De Falco

N

7

O

627a

11 13 15 627c 18 19 20 21 22

1 2

611 612

3

627d

26

4

31

5

609a

DEMETRIO LA POESIA

90 Romeo XXIX XXX XXXI XXXII XXXIII XXXIV XXXV XXXVI XXXVII XXXVIII XXXIX XL XLI XLII XLIII XLIV XLV XLVI XLVII XLVIII XLIX L LI LII LUI LIV LV LVI LVII LVIII LIX LX LXI LXII LXIII LXIV LXV LXVI Titolo

De Falco

N

O

34 35 36 37 38

6 7

609b 610

8 9

41 42 43 44

10 11 12 14

607 608c 608d 604a 604b 603c 603d

45 46 47 48 49 50 51 52 53

13 16 18 17 19 20 15 22 21

601 602 605 c 605d 614 606d 606c 613 615a

23 24 26 27 29 25 30

615b 624 626 625 620 621 622 623 616 617 618 619 600

55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67

31 28 32 33 disegno non numerato

CONSPECTUS SIGLORUM

P - PHerc. 188 et 1014 O = Apographum Oxoniense N = Apographum Neapolitanum Lucignano = N. Lucignano, editio supra laudata Bernabei = F. Bernabei, opus supra laudatum Bergk = T. Bergk, Poetae Lyrici Graeci III4 (Lipsiae 1900-1915), pp. 168-170 Gomperz = T. Gomperz, Marginalien, opus supra laudatum Gomperz, Notizen = T. Gomperz, opus supra laudatum Hausrath = A. Hausrath, Pbilodemi περί ποιημάτων libri secundi quae videntur fragmenta, «JCPh» Suppl. 17 (1889), p. 213ss. Mekler = S. Mekler, Exegetisch-kritische Beitràge zu den Fragmenten der griechischen Tragiker, «Jahresbericht iiber das K.K. ElisabethGymnasium in Wien» 1903, p. 6 Croenert = W. Croenert, editio supra laudata Croenert, Memoria — W. Croenert, opus supra laudatum Wilamowitz = U. von Wilamowitz-Moellendorff, Lesefruchte, «Hermes» 44 (1909), p. 451 De Falco = V. De Falco, editio supra laudata Philippson = R. Philippson, «PhW» 44 (1924), pp. 313-330 Vogliano, Per un verso = A. Vogliano, opus supra laudatum Diehl = E. Diehl, Anthologia lyrica Graeca, I (Lipsiae 19362), p. 140 Gallavotti = C. Gallavotti, Saffo e Alceo. Testimonianze e frammenti II (Napoli 1947-1948), p. 50 (Napoli 19572), p. 30 Vogliano, Alceo = A. Vogliano, opus supra laudatum Lasserre = F. Lasserre, Les epodes d’Archiloque (Paris 1950), pp. 148-150 Vogliano, Prolegomena = A. Vogliano, «Prolegomena» I (1952), pp. 134-137 Lobel = E. Lobel - D. Page, Poetarum Lesbiorum Fragmenta (Oxford 1955), p. 274 Merkelbach = R. Merkelbach, Literarische Texte unter Ausschlusse der christlichen, «APF» 16 (1956), p. 92 Treu = M. Treu, Alkaios (Miinchen 19632), p. 188s.

CONSPECTUS SIGLORUM

92

Gigante = M. Gigante, qui ad hanc editionem conficiendam mecum supplementa communicavit add. con. corr. edd. exp. interp scrips. suppl.

= = = = = = = =

addidit coniecit correxit editores expunxit interpunxit scripsit supplevit

CONSPECTUS SIGNORUM

[M] {a}

[a]

ΓαΊ

[·]"

[-]

= = = = = = = = =

littera dubia vel mutila littera supra lineam scripta littera a scriba deleta littera ab editore deleta littera ab editore addita littera ab editore suppleta littera ab editore correcta litterarum vestigia lacuna ubi litterarum deperditarum numerus definiri potest = lacuna ubi litterarum deperditarum numerus definiri non potest

[DEMETRIUS DE POEMATIS LIBER PRIOR]

, «





*

%

.

1. -]Μ[-I-]ΝΑΡ[-I-]ΙΝΕΙ[-| - -

I

-]ΦΙΕ[-] II1 [οί] τόνοι άγρ[οικ]ίαν [-] | άμφαγε[ιρ .

Π

.]ΘΕ[-] | πά[σι]· τέχν[η-] | ΟΜ[-1|-] ΕΝ . ΚΑ .

III

. |3 σημ[αίνειν-] άκοής | ΩΝ ΜΟΚ[. . . .] εκ τ[ώ]ν |5 >

ΚΑΛΑ . [-]Η[. .] . Ε[-]|Α[-]ΩΝ[. . .]OC|[- -]ΑΤ[- - - | - - —]C[— - - | - - —]Α[— - - ||

2. ή τού] ποήματο[ς] γο[ητεία —]|ΑΥΤΑΙ ήδύ[-] | έν

IV

τήι[-] | τούτο [-] |5 ΑΘΟΥ τα [-] | EC0AI τ’ άρετήν [_ _ _] || C[- - -] | ΟΝ[- - -] | CA[- - -] | Τ[- - -] |5

V

κρε[ίνειν-] [ Δ[-] | ΤΟΙ[-1|-] ΠΑ| [-]ΤΕΥ |

VI

[-]ΡΔΗ | [-]ΙΝ |5 [-]ΗΝ | [-]ΟΥ | [-]ΔΙ | [— -]ΑΝ | [-λ]όγοι | [-]||

primum edidi

I

2 άπέ[χ]ϋε[ια] De Falco

3 tantum τέχ[νη] De Falco

5 sqq. litterae

II

suprapositae: ]YCINAT[-|-] ACINA[-|-] ΠΕΡΙΗ[-|-] HA[-]|Δ[. . .] ΥΟΦΕΡΩΝΙ OC[. .]X[.]ONZ[, φέρ[ειν De Falco 1 P periit

5 sqq. in dextera parte suprapositae litterae leguntur:-

IH

_]ΔΗ|[-]MH|[-]ΚΑΘΑ|[-] ΠΟ[.]Υ|[-]ATAN|[-] . HON 2 sqq. litterae suprapositae:-]ΝΩΝΥΓ|[-]EIPO[-|-]ΠΕΡΙ[

IV

- |-]ΕΦΑΝΙ . ΟΓΕΙ ,.,· primum edidi

V-VI

96

DEMETRIUS

3. κ[αλά γρ]άμ[ματα·] έχε[ι δέ τό] | ποιόν δτι γέγ[ο]νεν

VII

τ[ό] | την αίσθησιν τ[έρπον] καί | τό πο[σ]όν έστιν τό κ[ε]κει|5νηκός ταύτην· διαλ|λάττουσα δέ ταύτης | έστ[ίν ή] συμπαθητική | κατά [διάνοι]αν ΟΠΕΡΙ[-] | . ΟΥΝ κ[α]ί Τ . . Π . . ΚΑ |10 [-]0[. . .]καί | [4.-μηδέ ποή||μ]ατι τέρπ[ει ε’ι ά|κ]ατάσκεν[ον λεί]ποι

VIII

τό[ν]

|

νο[ΰ]ν·

[ταΰτα

μέν]

δι|δάσκομε[ν

εν]

τοΐς

[.

,]|5N[.]XHC [καί λ]οιπο[ΐς]| ΖΕΩ . . ΕΡ[. . ,]ΕΛΤ[-| — —]OC καθ’ δν α[ύτόν] | φαντασιοϋ[τ]αι πολ[λά]|κις [τ]ή(ι) διανοί[αι. ,]Μ[-·]|10ΝΤ[-] | ΘΟΚΑ[-|-]ΙΤ[— -II

IX

5.-]Ε|[-]ΤΗ I [-]ΝΑΔ | [-]ΤΡΕΙΝ |5 [-] άκοή | [-]CCY | [-]Ι | [-]ΩΓΟΔ[-|-] | ΕΙ .

X

ΚΕ |10 [-]THC || [-]ΠΟΗ[-] | . Ϊ^)ΑΛ[. ,]ΤΡΟΙ[. . . κα]|θόλου συνθή[κη.]ΤΑΙ | τά τοιαΰτα τ[ών π]α |5θών κατά την άλο|γον τής διανο[ίας] γει|νόμενα, κατά [τήν φ]ύ|σιν

VII

πάντ[α]

ε[ύ

συ]ν|τ [ι]θέναι

1 paragraphus tantum in P

δΰν[αται

καί]

|10

3 π[οούν] suppl. Gigante, tantum τήν

αΐσθη[σιν] Croenert, ού μόνον] τήν αίσΰη[σιν, άλλα] καί De Falco

4

κ[ε]κεινηκός con. Croenert, τόπον ΚΩ . |ΝΗΚΟ De Falco, σ]κω|ληκο[σκώληξ Philippson Vili -IX Vili X

5 sq. ά[λ]|λ[ά]ττουσα De Falco

primum edidi 4 ΔΑΚΟΜΕ[-]TOI Ο, ΔΛ[.]ΚΟΜΕ[-]TON N 4 tantum

]τάτήι[-De Falco

5 sq. κατά τ[ό]ν αλο|γον De Falco,

κατά τ[ή]ν άλογον [άκοήν] (vel αΐσάησιν) Philippson De Falco

8 tantum πάντ[α]

97

DE POEMATIS LIBER PRIOR

καταλαμβ[άνεσθαι-] | Θ[.] . AA[-] ||. . [-] | . . [__

XI

-] I · C[—] I · [—] I5 N[-] I OH [-] | M[-1|-] .

XII

• · I [-] · · I [-]M|[-]C | [-]A || [εί μέν γάρ φη]σι

XIII

[κατά] | την [οίκείαν] φύσιν το | πόημα [δε] πώς εχει | κρείνε[ιν] καί κατά το |5 άλογον [δια]νοίας και με|τά συν{θ}έσεως και μν[ή]|μης πρόδηλον ώς βιά|[ζε]τα[ι-] δυνάμε|[νος-]CX[. .]ΞΕΘ[-|Π-]ΓΑΡ[-1|

6.-]ΚΑ[-] | ποή[μα]τος ήδ[ύ-|-] . Ν φαμέν

XIV

[ούν τό την διά|νοι]αν μετ’ άκο[ής] κρι|5[τ]ικ[ήν] είναι ποή[ματος] | πολ[λά] φέρεσϋαι [-] | ΛΑΚΙ[-] καί Άνδ[ρο]|μενί[δηι·] εί μεν γάρ φ[α]|σιν την διάνοιαν μ[ε]|10τά

ΧΙ-ΧΙΙ

primum edidi 2 εί δέ]| τήν [διάνοιαν λέγο]υσιν Croenert, εί δέ μόνον κατά]| την [διάνοιαν κρίνο]υσιν Philippson προσηκει Philippson Philippson

3 εν οίς π[ρ]οσέχει Croenert, έν οίς

4 suppl. Croenert

6 espunxi, συνθέσεως Croenert

nert, qui antea μι|μήσ[εως scripserat

XIII

5 άλογον [ά]κο[υσμ]α 6 sq. μν[ή]|μης Croe¬

7 δηλόνως βιά|[ζεται Croenert, qui

postea πρόδηλον ώς βία | [άνα]τρ[έπουσ]ι coniecit, πρόδηλον ώς βία [έντροχάζει] Philippson 1-5 primum edidi Falco

8 sq. δυνάμε|[θα δέ Croenert 3 suprapositae litterae: OYCIN

6 τό]πον De

7 sq. καί άνα|μένει De Falco, εί μέγ γάρ φ[η]|σιν Croenert

9

sq. suppl. Croenert, qui antea φ[η]|σίν την διάνοιαν μ[άλι]|στα τής άρ|[ετής αίτιον είναι coniecerat

10 αίσίίά]νε[σθαι De Falco

XIV

DEMETRIUS

98 XV

τής άκ[οής κρ]είν[ειν |-] τα π[οή|ματα-] || ΟΝ ΚΡ . ET . NT . σημαίν[ε]|τ[αι .] . C τοϋτ’ αλογον | Γ[.] τινά μεν ή | άκοή κρείνει τοΰ ποή|5ματ[ος], τινά δ’ ή διά|νοια, ή, τοϋτ[ό] φασιν, ώς | τα πλ[εΐσ]τα κ[ρε]ίνει τρ[ΰ] | πο[ήμα]τος

XVI

[-II-]Α[. . ·]Η[-| - - -]ΥΤ[. .

. Κ[-I - -

-]ΙΚΑ . ΕΝΟΙΔΗ Δ[-|-]ΑΙΚΑ πλεΐστ[ον-|5 * * * --]ΘΗ[.]ΚΑ[-Γ-]Ω0[-]Π[-|-] - . [-| — XVII

-]ΗΤ[-|10-]ΗΝ[-1|-]Τ . Τ[-|-]Π[.]ΧΗ[. .] . Γ . I PAI EC[: .]PEC I [-]Ω[-|5-]C[-|-] .

XVIII [-|-]Α[-I-]Η[-II-πο]|1ήμα[τ]α[-| .] εις

τον

[μ]ετα

[τούτον]

|

υπομ[ν]η[μ]ατισ[μόν

|

επι]βαλούμ[ενος-|5-]Ε[-|-] γάρ Κ[-|| XIX

τού]των πραγματή|[α]ν.

V

XV

5 ΝΤΑ litterae suprapositae, τιν[ά δ’ ή] διά|νοια con. Croenert, ΤΙΝΤΑ De Falco

XVI

6 sqq. nunc primum legi

6 suprapositae litterae: ΘΑΙ

7 sq. in margine dextero litterae supraposi¬

tae -JENAI ΤΩΙ [-|-]FIEPCENKP[XVII-XVIII XIX

vestigia tantum in P suppl. Croenert

DEMETRIUS DE POEMATIS LIBER ALTER

>

1.-] καί 0[-I-]ΩΝ ΛΕ[-|-]ΤΑΙ Κ[-|

I

-]ΘΟΚ[-II1-] ΑΝ [-|-] . Μ . . ΔΙΩΝ[-| -

II

—]ΜΗ[. . ,]ΤΕΙΝ[-|-]ΤΟ[. . .]ΦΑ . ΟΝ[-|6--]HCET[-|-]ΡΤ[-II1-]ΑΛΦΕ[-|-]

III

πραγμα[τικ-|-]ΤΑ[-|-]ΞΟ[- II1_

IV

σθε]τησαμένη | [και . . . .]ΠΗ[. .]μένη διά | [κρίσιν καί] δι’ άμφισβή|[τησιν καί] δι’ ελεγχος |5 [.ζήτ]ησις δ[έ — - |9-] ΧΟΥ[-|10-—]ΓΡΑΥ[-|-]ΟΡΘΥ[-| -]ΔΕΛ[-|15-]ΤΩ[-|-]Α[-II1-]Τ[-

V

I-ΩΝ[-I4-]ECECT[-I5-]ΡΟ[-I7 - -]ΤΩ[-|-]C[-|-]Μ[-I11-]ΝΟ[- -]ΟΜ[-|-]Ω0 ΤΙΑ[-|-] ΕΚΔΗΛ[-|15 - -

primum edidi

^

5 Ρ periit

II

3 tantum άμφισβή|[τησις Croenert πό]ησις De Falco

4 διελέγχοι[το De Falco

IV

6 sqq. suppositae litterae:-]ATAY[-|

-]ΜΕΝΙΩ[-|-] δέ σώμα[-|-]ΟΛ[3 P periit

5

1.6 cecidit in Ρ

10 P periit

13 sq. desunt in Ρ

V

DEMETRIUS

102 VI

-]NEI ΑΓ[-II4-]KA[-I5-σ]ημαιν[ειν-| — -]OA . AE[-|-]ΔΕΦ[. . .]Π[-|-]IAIT[-| - -]Π . ΔΑ[-] Γ EY [-] | EN[-] | OY[-| - -]OC[-|-]N[-]N[-|15-]A[-|-]ΩΝ EN[_ _ _ | π _ _ _]OY[- — |20—-]A[-|23 — -]ΦΕΜ[-

VII

2. έμ[φαιν-] | ’Αλκ[αΐος-] | λέγ[εται-] | Οαπ[φω -] |5 ΑΚΩΟ έσ[τί-] | άλογο[ν-] |u τή[ς-] | MAXON [-] | ώσπερ ó [-] | KI[. . .]Δ[-] |15 ΟΩ[. .

Vili

.]ΠΙ[-] | ΔΙΦΑ[-] II1 AY[-] | ΤΩΜ[-] | ΓΑ[-] | Δ . N[-] |5 N . [-—] | ΗΓ[-] |8 ΤΟ B[-] | ΤΩ[-]

IX

r T[-] I . . [—] I CY[—] I.. [—] | M[-II1-] Δ[-|-σύνθ]εσιν[-|-]T[-|-] ΟΤ[-|5 -] AIOC[-]ΗΝ I [-] ΔΙΚ[-I-]ΤΩ[-]ΑΛ[—] | συνθέσε[ις . . λ]έγει [-] | είδος[.]δακνο[-]

VI

ante 1. 4, tres fere 11. desiderantur in P

7 sq. suppositae litterae:-]

APN[-|-] ON [-1. 18 sq. desunt in P VII

1-4 primum legi

5 ΛΚΩΟ έστ[ίν De Falco

1. 21 sq. desiderantur in P 7-10 litterae supraposi-

tae: είναι τή[ν-|-]ΠΟΗΜ[-|-] ΙΑΝ[-|-]ΤΑΥ[-, quas autem eidem columnae De Falco attribuit et ita restituit: είναι την σ [ύνθεσιν

|

των]

ποημ[άτων]

[Άντί]μαχον proposuerim VIII-XI Vili

sq.

[Παυσί]μαχον

Croenert,

13 sqq. primum dispexi

nunc primum edidi 1 sqq. suprapositae litterae:-]N[-|-]AM[-|-]N ΔΙΑΝ[— - |-] ΕΡΩ[-

IX

11

7 supraposita: ΤΑ

3 sqq. suprapositae litterae:-]πόημα[-|-]ΩΧΑ[-|-]ΚΩΛΩΔ[-|-]ETAI TI[- - - |-]ΠΕΙ[-|-]TA[- 8 [συ]νθέσε[ως] De Falco

9 sqq. suppositae litterae: [-]ON[-

103

DE POEMATIS LIBER ALTER

|10 . C και [-I13-ό]τι τά μέν [-|-]NOYC[|15-]Ν[-|-]Μ[-II1-]Α | [-]ΘΕ | [-]Α

X

|| [-]ΝΟ [-|-]Τ[- - - |-].Μ[...]ΝΚ[-|

XI

αύτή]ς τής ζη[τήσεως |5-ά]π[αι]το[ΰ]ση[ς-|-] την [κ]ωμω[ιδίαν |-διαιρετικόν [-|-]ΜΗ ΟΙΔ[__ |-]ΤΗΝ[-II1-]OCA[-|-]ΓΕ[. . .]ΟΝ[—

XII

- |-]ΤΟΝ ΑΛΛΗ[-I-]ΗΚΕΝ ΦΗ[-|5-]Η είναι την C[-|-τώ]ν ποημ[άτων-|-]ΔΙΑΝ[— - |-]ΤΑΥ[-

j

3.-]QC[- — |-] άκτ[ών-|-]ΠΟΙΟ[- —

XIII

- γ]άρ τι ση[μαίνει-|5-]ΤΑ μέν εί[-|-]τά τριττ[υ-|-]λεγομε[ν-|-] άκτών[-|-] αυτά [-|10-]ΤΙ κα[ί-|-] των [-|-]ν σημ[αίνει-|-] ΛΕΙ[-|-συν]απτο[-|15-] πόη[μ]α[-|-]ΤΑ[-|-]ΔΟΚ[-|-]ΑΤΩ[— |-]0EC[-|20-]ΠΟΔ[-|-]ΑΚΑΕ[-| -

-] | παρά [-] | ΑΟΝ[-]

11 sq. Ρ periit

3 sqq. suprapositae litterae in margine dextero:, [-]AY[-|-]AAAK[-] | E. άρετή | [-]TA|[-]Π[-

XI

4 tantum τής

ζη[τήσεως De Falco una cum col. VII ed. De Falco

4 sqq. φη[σίν δε άνωφε|5λ]ή είναι την

σ [ΰνθεσιν | τώ]ν ποημ[άτων] Croenert

ΧΠ

7 διάν[οια] vel [ί]δίαν propo-

suerim primum edidi -]ΤΩΝ[-

7 sq. suprapositae litterae: —

] ΓΟΜΕ[—

|

XIII

104 XIV

DEMETRIUS

--] ZH [-I-]N[-II1-]NO . C[-I-]ON[— -] | I . [. .]CIC[. . . . ,]TA[-|-]ΝΑΦΟ.ΥΙΝ[-] |5 n[.]TQC

κ[ατάσ]κευος

[ή]

λ]ογ[οει]|δές· γλώτ]|τ[αν]

φαίν[εται

μέν

έκφέρεσ[θ]αι

πε|φ[ε]υγυίά γάρ]

[και

|

[έστι

τ[ή]ν

βαρβάρα[ν

διη]ρτημένην

|10

το

τ[ών

π]οι|ημάτων μή[. . ,]Α[-] | CYNAΦOYC έκ[-] |13 . Ν[—] |15 [.]ΗΟ[. ,]ΙΚ . . ΑΙ[-|-]Α[·-| —]ΦΕ[-|

XV

-]Υ[-|-]ΟΥ[-1|2 Π . . ΤΑ[-]ΜΑ[-]| κα[ί] έκ[.

.]ΤΟΙ

.

.

CATO

τής

|

εις

πάντα

[ποήμα]|5τα

τ[ετραμμένης] | πραγματικ[ής ζητή]|σεως· παρά γάρ [αύτή]|ν έπιβλησίαν τώι | [άν]αι[ρου]μένωι ύπ[ό] |10 τής ποημά[τ]ων ή[δο|νή]ς εί ταϊς . Υ σ[υ]ν[ω]ν[υμί]|αις έπιβάλλοντο[ς και] | σ[υνιέ]ντος καί [-|-]Π[-|15-]ΜΑ . C[-| - -

XIV

3 suppositae litterae:-]A[. . .] ATA[_

1-7 prirrìum legi et supplevi 5

sq.

tantum

πεφευγυία

De

Falco

7

post

-δες

spatium

7 sq. suppositae litterae: [. ,]Ω[-]ΔΗ . 0[-|_] ΤΩ0

vacuum

TA[-] AI[-, tantum φαίν[εται] et [τή]ν βαρβάρα[ν De Falco legi et supplevi, tantum έκφέρεσ[θ]αι et [ποη]|μάτων De Falco

8 sq. 13 Sqq.

[καί | διά]νοια[ν είναι μέρη των ποη]|μά[των καί λέξιν καί ήθη καί μυ]|θον . . . De Falco usus litteris in Oxoniensi apographo servatis, quae desunt in P XV

14 P periit 1 P perut

5 exempli gratta supplevi

De Falco ]CIA[

|

συνθέ]|σεως,* vacuum Falco

4 sq. tantum εις πά[ντα ποήμα]|τα

2 sq. primum legi

]po[

j

5 sqq. suppositae litterae:6 sq. πράγμα κ[ατά τής

]TA[-

παρά[-De

Falco

7

post

-σεως

spatium

8 ΤΩΙ: ex ΤΩΝ a scriba correctum in P, έπιβλησίαν των De 9 sq. tantum ύπ[ό] | τή[ς] ποήμα[τος De Falco

primum legi et supplevi

12 tantum έπιβάν[τος De Falco

10 sqq. mine

105

DE POEMA™ LIBER ALTER

-]ΠΟΙ[-I-]TEE[. .] βαρβα[ρ-| — ]ΓΜΑΙ[— | -]N BA.I[-|20-]TO[-|-]ΩΝ[-| - -]IE[-|-]T[-] II1 T[. . .]M . . YN[.

XVI

Α]|χι[λ]λέα μέν [.] | ΕΠ[. .] κυκλή[σαντα ό] | ποιητής· Πρία[μον] |5 δε παραγεινό μ [ενον] | πρό[ς] την Εκτορο[ς] άπ[ο]|λύτ[ρ]ωσιν· επομένου[ς] | δ’α[ύτ]ώι [τούς] Φρύγα[ς]· | έπειτα . ΑΤ[. .]ΤΗΙ[-]|10ΤΑ[. . . ,]Β[. . . .]ΥΠΟ[-] | ΠΟΥ Τ[. .] . Α[-]|Α[-]ΤΥ[-]|ΑΡΑ[— -]|ΝΑ[--]|15Μ[-

4.-II1-]Ε . Κ[-|-]ΝΕΡΟ[-|-

XVII

συν]-θέσεως[-|-]ΡΜΕΝΑ[-|5-]α λέγετ[αιI-]Τ[-|-]AACA TIC[-|-] μέρος Ν[-| — -] πίκραν . 0[-|10-] ΟΝΩ . Τ[-|-] κοινώ[ς-~ _ |-]ΛΟ[. .]ΠΙ[-1-]υ[— I—] · · [—-|15--

2-8 Aeschyli Phryges, p. 366 Radt

1-4

legi

et

supplevi

4

tantum

ποητής

De

Falco

5

XVI

παραγ [γ]έλ[λειν] De Falco, παράγει ν[ύ]ν «CErc» 8, παραγεινον[χα suppleveram, Sulle tracce di poeti tragici, p. 429, Radt tantum πο[η]τήν De Falco

6 sqq. primum legi et supplevi,

8 δ’ α[ύτ]ωι con. Gigante

1 supposita: - - -]ΛΩ[- - - 1 sqq. dispexi, tantum συν]θέσεως De Falco P

5 tantum λέγετ[αι] De Falco

6 sq. litterarum vestigia in

9 sq. suppositae litterae:-]KA[-|-]N . PI[-

κοι[νότης De Falco

12 sqq. primum legi

11

XVII

106

DEMETRIUS

-]CXHP[-I-]OK[-I -—]OK[-I-]CQC[— - |-]INHCE[-I-]EK[-I20-]ABOIA . . ΑΔ[-|-] . A . AH[-|-]K[-|-]Π[-ó] XVIII II δέ τέθει[κε τούτο] το σ[ύν]|θετ[ο]ν· χρησαίμ[εθα] | δ’άν [. .]άρτυσιν 0[. .]C | κ[α]τά πολλά την κοι|5[ν]ήν συνήθηαν έκβε|[β]ηκόσι[.]δέ καθ’ εν | [εκασ]τον [[π]] ρυθμόν· ού|τ[ε] δέ IC[. .]ΟΙΕ[. . .]ΠΟΝΕ|[. . .]Ν άπά[γοι]μεν άν |10 [~ —]ΟΚ . Η I [-]ΥΨ[-|12-]Π[-] I14 POC[—] Γ5 HCIC[. . . ·]Τ[-I-]ΤΟ[. ,]ΟΙΧ[-I-]ΠΑ[. ,]ΟΟΕΩΟ[-|-]Κ[-|-]ΛΕ[-] |20 ΨΥ[- XIX

-]ΤΟ[- — | —]Β[— -]ΤΗ[- — | -]ΥΤΟ|Γ[-]ΡΩΙ

- -] ΑΔΥ[- - -] |β Τ[- -

Τ[-]|Τ[-]τά

μέν|

Κ[- -

-]ΕΠΑΟ|5Α[- - -]Ν[. ,]θ| .[-]ΕΙΝΟΤ[-]|Ε [- -]ΝΟΜΕ[-]|ΦΑΡ [-]ΑΝ | ΤΩ[-]Τ[-] |10 μερος[—] | καί Μητροδω[ρ-] | ΑΤΟ [-]ΤΟΥ | [-]Κ[-

XX

5.-] II1 Κ[-]|Τ[-] |ΔΕ[-]|ΡΑΝ[-]|5ΔΕ[- -

XXI

-]|ΝΑ[-]|ΝΟΙ[-II1-]ΜΟ[-]Τ[-]|3[τ]ώι ποίημα [τι-|-]Α ΤΟΥΤ[-]Η|5[-]άτελές[-| -

ΧΧΙΙΙ-ΧΧ XVIII

nunc primum edidi

έκβή[ναι] scrips. De Falco

9 sqq. suprapositae litterae:-]KO[-| —

-]OZA[-|-]T[-|-]ZHA[XIX

5 sq. tantum παν

2 sq. suppositae litterae:-]ΝΥΠ[— | -]AIA[-

13 P periit

1 sqq. suprapositae litterae in margine dextero:-]ONT[-|-]YCYN[-|-]ΠΙΔΥ[-|-]ΘΟΚΑ[-

11 sq. καί

Μητρόδω[ρος δέ] | πολλ[ήν] τούτ[ου ποιείται έπιστροφήν Croenert

XXI

una cum col. XXII edidit De Falco

2 P periit

7 ψεύδ[ει] De Falco

DE POEMATIS LIBER ALTER

107

-]NOH[-|-]ψευδ[ές-|-]AHM[-|-]Y μή εί[-|10-]ΩΝ ΛΑ[-|-] . . . [-|-] . .[— - |-]ΥΝ[-|-] . [.]Α . Α[-|15-] . . [-| --]ΑΠ[-|-]ΕΙ[-II1-]Η . Ε . ΩΝΕ[-| - -

XXII

-]ΚΑ[-|-]0[. . .]Τ[-|-] κσθάπερ [-|5 — -]ΙΠΤΟΥ[-|-] ποημ[α]χ[-|-]ΟΙ. ΗΝ τών[|-]έάν έχείη [-]|ΤΙ καί ΚΑΥ[-|10-]ΠΟΝ[

|

-]ΒΑ[-1 —]. Υ[-II1-]ΥΚΕ|[-]ΟΙ. Α[—

XXIII

|-]YCAI . . AC . . ΡΤΚΑ|[.]ΘΛΕ[. . . .]CT[. . .]Ε|5[. . .]MONOC[-]ΕΝ[-]|ΝΗΤΑ ού φων[-|-]Ω[. . ,]Ν[-|-]ΝΩΝ[-|-] φωνής [-|10-] ποη[μ - - - |-]ΘΕΜΟΙ [-|-]YCO . Ν[-|

]Δ .

Ν[-|-]ΛΗΜ[-|15-]ΜΗ[-|-] . . . [-| -]ΟΓ[-I-]δέ[-I-]ΤΩ0 . [-I20-]ΤΥ . ΑΙ[-II1-]Ν . Α[-I-]Υ[-I-]ΠΤ[-I — -]ΔΙΑΘ[-|5

XXIV

]ΝΙ[-|-]ΟΤ[-|-]ΚΟΠ[—

- |-] φαίν[ειν-|-] ΤΟ[-|10-]ΚΑ[-| — -]ΑΡ[-|-]Μ[-] II1 Ν[-] | . [-] | κωμ[ωιδία —

XXV

-] |4 ίδιον [-] |8 τα πο[ήματα-]| . ΤΩ[-|10-] . ΟΛΑ . 0[-|-]ΤΑ[-] | Α[. . .]Α . ΛΟ[-]|ΑΟ[. . . .]Τ[-II1-]ΤΑ[-I-]Ι[-I-] ποιη[μα-| -

XXVI

-- κω]μω[ιδία] Κ[-]|5 τας μέν [. . . .]Κ[. .]ΠΙ | [. . .]ΥΑ[.

una cum col. XXI edidit De Falco nunc primum edidi 5-7 P periit

6 ποήμ[α]τ[α] De Falco

XXII XXIII xxiv xxv

108

DEMETRIUS

,]ON[. .] κρείν[ει-|-]ΕΔ[-|-]TEN[-|-] περιφέ[ρειν-|10-ή κατ]άσκευ[ος-|-]γάρ ΠΑ[-|-]IIAC[-|-]Τ[-|-]ΝΥ[-|15 —]ΙΝΑΓ[— | —] . Ε[-— |-] . . [—- |-]ΥΔ[-

XXVII

6.-] . Α[-|-0]YCI[-| .]Η[. . . . ψε]υδομ[έ]|νου[ς

τοΰ

σ]ημαινο|5μέν[ου

των

σ]τενών

φωνώ[ν], α[ι] διά των | [σ]χημ[α]τισμών δέ | των περ[ί] τούς ύπο|[κ]ρι[τάς

έμφαί]ν[ο]υσ[ι]·

|10

τα

[δέ]

των

XXVIII

[γ]ραμμα|τικ [ώ]ν [-]|ΠΟΤ[-] ||* κατα[-]|ΠΟΝΕ[—

XXIX

-]|ΠΡΟΓ[-]|Π[-] |5 . . [-II1-] AOC | [-]ΕΤΑΙ

XXX

I [-]Τ|[-]ΟΝ|[-]ΤΟ || [-]CA[. . I .]Ν[. .]EC[. . . .]ΛΟΥ . έπί | [.]QAHC[. . . το]ΰτο συν|άψαι βα[ρύτερό]ν έστιν· |5 τοιούτο [γάρ] έστιν καί | [τ]ό παρ’ Εύρειπίδηι εν | Λ[ι]κυμνίωι· «φειμώσ[α]|τ’ αυτού κά{ι}πο'κ'λείσα|τ[ε σ]τόμα»

XXX 7-9 Euripidis Licymnius fr. 920 a Snell = fr. 649 Mette

XXVII

nunc primum edidi, tantum 7 συνδέ]σμων et 8sq. τούς ύπο|[κ]ρι[τάς De Falco

XXVIII-XXIX

xxx

4 sq. suppositae litterae:-]A[-|-] HCOY[-

primum edidi 1-4 legi et supplevi

5 τοιαύτ’ άττα εστιν καί Nauck2, τοιο[ύ]τό[ν τί

έστ]ιν Croenert apud Wilamowitz, τ[οιαύτά τινά] έστιν De Falco

6 τ[ό]

suppl. Croenert apud Wilamowitz, quod autem omiss. Bernabei, Nauck2, De Falco παρα Ευριπιδηι scripss. Bernabei et Nauck2 primus Dobree agnovit

7 sqq. suppl. Wilamowitz

7 L,icymnium Euripidis 8 αυτόν De Falco

apud Philippson, τούτου καί πόλεις A Nauck2, De Falco

9 [τό σ]τόμα

109

DE POEMATIS LIBER ALTER

δεσμοί[ς] δέ |10 [.]C άντι [-|-]T[. ,]B[-| -—]δέ [-|15-]N©EC[-|-]AK[-|21-]©EC ΓΕΝ[-|-]0[-] II1 κακώς δράσα[ντι· άλί]|αστα

XXXI

ταϋτα [γ’] έπ[ίπο]|να ούτως· «φεΰ

κα[τέκ]|τας,

προφέ|ρονται·

κατέκτας

Π[έρ]ραμον

Πέρ[ρα]|5μον

μ[ετα|ληπτ]έον

βαγάταν»

[ράι]στον

εκ

Πρι[ά]|μου, τ[ό] δ[έ βαγ]άταν | Ρ . . . [.]ΗΝ[. . . |10 . . . .]Ν [-I11-]ΝΑ[-|15-]Κ[-|-]ΤΑ[-| —]ΡΗ[-|-]ΟΥ[-II1-]ΔΑ[-|-]ΜΕ[-|

XXXII

-]ΟΝ[-συντι|θ]έασιν ώ[ς .... έ|5πί]πονα κ[αί κατ]α|[σκε]υαστά [λέγο]ντες | [.]Ω . ΤΟΝ[. . . .]ΗΜΩΝ | Α[. ..].... τούτο δή[ποτε] | συνήπτ[ετο] τώι προκ[ει]|10μένωι καί [λ]εγ[ο]μένωι| προς πρόσωπ [ον και λέ]|γεται ΑΦ[-] | εί δέ φω [νή τις.] | . C . Τ . . Ω . Α[-] |15 Ο . . [-| -]ΑΙΑΝΟ . Ν . [-

XXXI 3-5 fragmentum tragicum incerti auctoris

De Falco apud Philippson, δεσμοίς δέ legi, δέον . . δε lamowitz

Croenert apud Wi-

11 sqq. litterarum vestigia in P et O

primum edidi, tantum τάτά [ύ]για[ί]νει. (1. 2), τούτω[ι] (1. 3), όπερ (1. 4) et προφ[έ|ρ]ονται (1. 5) De Falco

5 βαγάταν Ρ, [τ]άν άταν Gigante

sq. μ[έν | ληπτ]έον conieceram

7 [ράι]στον Gigante

-

8

sqq.

6

12-14 Ρ periit

1-6 legi et supplevi, tantum έλεινώ[ν ε1ν]α[ι] (1. 4) De Falco ήμών De Falco

7 tantum

7 sq. suprapositae litterae: [-]AYA|[-]KYNO[— primum

edidi,

[λεγο]μένωι καί [-] De Falco

προκ[ει]|μένωι

suppl.

XXXI

Gigante,

tantum

XXXII

110

DEMETRIUS

7.-] II1 των ΠΑ[-εί]|πών

XXXIII

«την

[του]

άστ[ρου]|

τού

λεγομένου

ΚΕ[.

,]|[[ME]]NO[[Y]]C επιτολήν» με|5ταφορικώς είρήσ[θ]αι | τοΰτο [.]0[-] | τ[οι]οϋτο[ς.]nOC| τ[. .] όμμα[τα-] | τόπου ΤΗ[--] |10 είσίν δ’ ο'ι Π[-| εν] τοϊς 'Έκτορ[ος-|-]ΙΚΟΥ[-|-]ΔΙΑ ΧΟΥ[-|-]CA[-Γ - χχχΐν

_]φ[-]|17 ΒΡ[-]|19 · Ν[-II1-]ΗΝ[-|έ]πιτο[λ]ή Ρ[-]|ΙΝ[. ,]ΝΙ[.]ΙΤΑΤ[-] | ΝΑΙΕΙΤΑΙ στεναί [και] |5 έμφαίνουσαι φων[αί |-]ΠΕΙΦ . AOC . ΥΠΩ[-]|ΤΙ. 0[. . ,]Ρ . CACT . .[-| το] λεγόμενον [--

XXXV

- | .]Ν . τωι AOCOC[-||χ-]ΑΙΟ | [——]|Τ[-] . Λ[. . .]NIC | ΕΜ[-] μέν[-] |5 ΑΡΝ . Λ[. . .] λεγου[σ-] | ώσπερ [ή] άκοή έμ[βάλλει] | λεγ[ομέν]ης [φωνής τίνος·] | ΟΤ[- - -]|ΤΑ[-]ΔΡΥΠ[-] Γ Ω[. ,]Α[XXXIII 2-4 incerti auctoris fragmentum 1 sq. [εί]|πών Mekler, Philippson, τών.[λο]ι|πών De Falco

XXXIII

2

[κατ]άστ[ασιν] De Falco, [τού] άστ[είως ύπ’ Άρά]|του (?) Philippson 3

sq.

Κε[βρή]|[[με]]νο[[υ]]ς vel

Κέ[λαι]|[[με]]νο[[υ]]ς

[ι]|μένου Mekler, κε[ρω]]μένου Philippson Philippson, [ο]ύ| τα φον[ι]κώς De Falco

proposuerim,

4 sq. [με]|ταφορικώς Mekler, 6 τ[ά]τό.OT . . De

Falco

7 τ[οι]ούτ[ος άνθρω]πος coniecerim, Τ . ΟΥΤ.OC . . De

Falco

8 x[ò] όμμα vel τ[ά] ομματα Mekler, το[ϋ] όμμα[τος] De

Falco

9 τόπου τι[νός] De Falco

10 [άμαρτάνου]σιν δ’ οί π[οιηταί]

Mekler, είσίν δ’ οί τ[ρόποι καί εν τοϊς Φρυξίν] De Falco

11 [έν] τοίς

'Έκτο[ρος λύτ]ρο[ις] Mekler, [ή] τοϊς 'Έκτο[ρος λύτροις] De Falco . PO · . . . Τ. De Falco XXXIV

1-4

primum

dispexi

dispexi

4

E.

TAICTENA

Bernabei

5

6 tantum φίλος De Falco

7

8 tantum λέγομεν De Falco

primum edidi

12 .

14 sqq. liti, vestigia tantum in P

έ[π]αινοΰσαι φων[αί] De Falco

XXXV

κε-

.

.

9 litt. vestigia in P

4 supraposita:-]ΔΕΠ[-

111

DE POEMATIS LIBER ALTER

8.-II1-ού πο]λυωρήσει δέ | [ποημά]των· καί πώς

XXXVI

λέ|[γει πο]ήματα [α]ύ[τ]ά, ώς| αν ού β[λέ]πων δτι λέξις |5 κοινώς μέν λέγεται | φωνή έναρϋρος εν ώι | τρόποι καί ή άνυπό Ιτ^κτ^ς; [λ]έξις ίδίω[ς] | δέ φωνή ένα[ρΦ]ρό[ς έσ|10τι]ν [-|-]ΚΟΙ καί μήπ[οτε-|-]Τ[-| ·]ΥΑ[· ·]Π[.]CIN|[- - -]ΤΗ[- — |Γ - - -]Π[.]0[.]Υ[. ,]ΘΕΝ

|

[κ]αί

έκβεβήκα|[σι]ν,

τ[ό]|

[ση]μαντικώς τό

γε

ση[μ]αντικά τ[ι]|5νος

κοινόν είνα[ι]·

XXXVII

ούκ ταύτα

δ’[αύτ]α | παρά τ[οΐς τ]ραγω(ι)δ[οποι|ο]ΐς καί [παν]τελώς δι[α]|φ[α]ίνε[ται κ]αλόν [-] | TEC ΚΕ . Υ[. . ·]ΤΩΙ[-] |10 Γ . . Τ . Ν[-I11-]Μ[-I14-]Μ[-I15-]Κ[. •]CA[-

1 ού conieci, πο]λυωρήσει suppl. Gigante, αύ[ξ]ήσει De Falco De

Falco,

[όνομά]των

ANYFIO|T[.]KTAC

Philippson

3

suppl.

De

2 suppl.

Falco

7

xxxvi

sq.

P, corr. De Falco, πάνυ π[ερ] | τ[αύτ]ας Lucignano, post

άνυπό|τ[α]κτΓο1ς interpunxi

8 [ή] δ[οκεΐ] . . . Lucignano

[λέ]|γετα[ι] ή ένα[ρθ]ρο[ς| φ]ων[ή] De Falco

8 sqq.

9 supraposita littera:

- - —]A[- - ante 1. 1 [ού δοκούσι έκεΐνοι τά| πράγματα δηλοϋσθαι] Lucignano .Η . . . Τ . ΟΕ . . De Falco Lucignano

3

γε

De

Falco

έκβέβηκεν Croenert, Memoria

2 suppl. Lucignano

1 .

2 sq. έ|[π]ε[ί]

έκβεβήκα|[σι]ν

Lucignano,

4 sq. [τό γέ]|νος Lucignano

5 post

3

sq.

είνα[ι] interpunxi, [ού] ταύτα [λέγω] Lucignano, [ού] ταΰτά [φαμε]ν De Falco

6 sq. τ[ούς τρ]αγω[δούς δέ] | ώ[ς] Lucignano, tantum τ]ραγωδ ο [ΐς]

Croenert, Memoria, τ[οΐς τ]ραγωδοΐ[ζ δέ τού|τ]ο De Falco Lucignano

8 [κ]α[λ]όν De Falco, [κ]αί δν[τα μέν] . . . Lucignano

τ[ής μέν τρα]γω[δίας] De Falco 13 P periit

7 sq. suppl.

10 sqq. litt. vestigia tantum in Ρ

9 12-

XXXVII

112

DEMETRIUS

9.-] II1 ΝΩ[. . ,]δ’ ο[ύκ έ]πέ[χ]ει[ν] | ποήμ[α]τ’ ά[ρε]τήν

XXXVIII

[κα]ί | γ[ε] ικανόν έφ’ ενός ύπο|δείγματο[ς]· ό γ[ά]ρ δή Κρά|5της κατά τον αύ[τόν] | χρόνον γε[γο]νώς [Αίσ]|χΰλωι, τούτου διά των | Ήδ'α/'νών [εύ]δοκιμήσ[αν|τος-]τών |10 XXXIX

[-]HCA[-]ΓΑΙΤΩ|12[-]ΚΑ[-II1 ^ -]|Π[- -]|ACINH[-]ΦΟΝ[-]|ΠΡΟΠ[. . . ,]ΑΓΑΙ[. . .]|5 «ΤΟ[.]ΟΝ άζομένοις ΚΡ[. .]|Τ[.]ΤΟΝ ΤΕΝΕ[. . ,]|CI[. .]ΙΤΑΔΑ . Ο» [-]| . MANE [. . .] και Ρ[-|-]ΠΙ[_]ΘΕΡΑΙ [. ,]ΤΡ[-I10-]ΛΕ[.] . . [-]|ΤΥ[-]|ΧΑ[-

V

XXXVIII 4-9 Aeschyli Edones Τ 69 Radt = Crates Τ 8 Kassel - Austin ΧΧΧΓΧ 5-7 Fragmentum poeticum incerti auctoris

1 supplevi, [ε]ίτ’ έ[χει τήν] Lucignano, Η . . E Bernabei, NO....O.H

XXXVIII

■ · I ε[χειν] De Falco

2 suppl. Lucignano

3 γ[ε] ικανόν scripsi, έφ’

ενός Philippson, [τό] καλ[ό]ν [ό]φε[λ]ος Lucignano, De Falco

4 sqq.

suppl. Gomperz, Marginalien (Nauck2, Mette, Radt), ό [γάρ] δ[ή δ]ι’ ά|της Lucignano, ΟΓ . Ρ . Π 47 sq.

KPA|THC Bernabei, τραγωδία Croenert, Memoria, p.

5 sqq. [μι]|αρόν [α]ν γ’ έ[στι]ν, ώ[ς έν Αίσ]|χύλω Lucignano ΗΔΟΝΩΝ

Ρ,

Ο,

Ν,

corr.

Gomperz,

Marginalien,

8 ηδονών

εύ[δ]οκιμηθέν|[τος] Lucignano, [εύ]δοκιμηθέν|[τος] De Falco

XXXIX

IPperiit

2 sq. [κατάστ]|ασιν (sic) De Falco

4 qq. [πράγματα δε]

π[α]ρ[έχει]| το[ΐς] όνομαζομένοι[ς] κρι|τ[ικο!ς] Bernabei, De Falco

DE POEMATIS LIBER ALTER

113

10.-II1-x]ò πόη[μα-|-]ΗΝΑΙ· ένθέν|[δε

XL

π]αρά τισιν έπιχο|[μή χοΰ ό]μοίου λέγεται |5 [ή μεχα]φορά· χό γάρ μ[ετα|βαίνειν έκ τ]ών συνδέσ[μ]ω[ν | συμπλεκ]χικών ε[ίς | χό άσύνδετ]ον ΚΑΘΥΠΕΡ|[. . . .] E[.]CIN [χ]ούχων λέI10 [γονχαι. . .] τα μεχαφο|[ρικά.έ]πιτομή γε | [-χοΰ ό]μοί[ου-]|β δη[-] | ζη[χ]ο[ΰσιν] χα[-] | περί

XLI

όνομάχ[ων-|-]ΠΡΟ[-] |5 OCIAEIN[-]|Ρ[.] πραγ[μαχικ-|-]ΠΕΙΟΥ[-]ΔΙΕΠ[-|8-] ΥΖ[-|10 - - -]CΥ[- — II1 — -]ΤΡΑ [-|-]C γάρ[-

XLII

-|-]Μ . . Τ[-|-] ώστ[ε-|5 περί χών] δεικνυμέ|[νων ήμ]φεσβήχει | [-]ΤΩΝ TACHC | [-] έρομένω(ι) | [-ζηχ]οΰνχων |10 [εί μετ]αβαίνει. . Ω| [καί] ζηχο[ΰσι]ν δχι καί| [ή] πρόλη[ψις] ΖΗΕΩ|13[-]ΙΖΗ[|15-]ΤΟΥ[-I-]Ν . ΩΝ[-I-]ΝΟΝ[-|18 — -]TOC[-I20-]ΕΡΩ[-I-]0[-I-]ΟΥ[-

nunc primum edidi

XL-XLIII

2 sqq. ένθεν | f-]αρα scripseram, suprapositae litterae:-]N[-| — -]NA[-|-]ΛΛΑ[-|-]ΩΟ[-|-]N[-

XL

7

γραμμα]χικών suppleveram 1 sqq. suprapositae litterae:-]ΟΠΑΝ[-]KATA[-|-] TOIYT[— |-]ΕΩΝ[-|-]A[-|-] TACA[-

XLI

6 πράγ[μα]

scripseram 7 sqq. suprapositae litterae: - - -]OA[--]|ΠΑΙ[- - -]|ΑΓΛ[- - -] | πραγμ[αχι.κ]ώι [τρόπωι] | ΟΝΟΥ . Η[-]|ΥΤΑ[-]Φ

XLII

DEMETRIUS

114 XLIII

|_]M[-II1-]TEIN, έπεί τό|νον ζητοΰσιν δια[ί]|ροντες· των σχιζ[ό]ν|των ταύτην τ[ήν έ]|5πιζήτησιν καί ζ[η]|τούντων εί «αίμα» έ|χη κα[ί π]άλιν εί| «ΜΑ[. . . .» έ]χη καί πά|λ[ιν εί-έχ]η[-]|10 δέ καί [. .]ITHC έτέρα | ζή[τησ]ις ή σχιζ[ο]|μένη [-] κατα[-

11. --|Ρ-- ποή]ματος [πε]ρ[ί | σ]υ[νδέσ]μων

XLIV

γείνε[ται· | οΰτω] γάρ καί τάς συν[θέ|σει]ς εν [τ]ή(ι) λ[έ]ξει γε[νομέ|5νας] παραγόμενοί τινες | [κα]ί τήν δλην λέξιν | δοκ[εΙ]ν μηδέν σημαί|[νειν] νομίζουσιν μη|δέ ταΰτ’ είναι ποήμα|10[τ]α· πρώτο[ν μεν] νο[μί|ζον]τες ώς [.| . .] εκλεξε[σι] των ρη[μ]ά|[τ]ων {ΟΝ} έστ[ί.| μ]έρος [τ]ο[ϋ-|15 τα]ΰτα δ[έ γά]ρ [αύ]τά π[οή|ματα.]Ρ . ΜΕ[. .]|ΩΙ[-]ΠΑΡ[. . .]EC |[-]ΛΟ[-|-]Ω[-

XLIII

1 supraposita: ΟΝΚΡΑ unde Κρά[της] con. Croenert Ρ σχιζ supra στιχ scriptum

XLIV

3 σχιζόντων: in

3-5 suppl. Croenert

1 sq. [δει δέ καί τών| σ]υ[νδέσ]μων Lucignano, [τούτο περί | σ]υ[νδέσ]μων De

Falco

3

συ[ν|τιθ]έν[αι]

suppl.

λ[έξ]ει[ς· sq.

Croenert, άλ|λά]

ή[δ]η

De

Lucignano,

γε[νο|μένας]

sq.

τάς

τάς

συν^έΙσεις

τά]ς

5

τινες

Gomperz

6 suppl. De Falco, [τώ]ι Gomperz, [ήδη κα]ί Croenert δλην Ρ,

Croenert,

Falco

εΐ

4

δοκ[οΰ]σιν

De

3

Croenert

Ο, ονην Ν, μόνην Lucignano

Croenert,

Falco

7 suppl. Gomperz, δ’ ο[ύν, καί] Lucignano, De

Falco

7

sq.

suppl.

Gomperz, σήμα| [σ]υν[δέτου] μιτούσιν Lucignano, σημαί|[νειν καί] Croenert, De Falco

10 sqq. legi et supplevi, tantum π[ρ]ώτο[ν μέν] Lucignano,

πρώτο[ν μέν] ώς De Falco

115

DE POEMATIS LIBER ALTER

II1 .]T . . P[-ά]|νυπό[τ]ακτα ποή[μα]|τα δύσκολον μεν δ[ιαι]|ρεϊν

καί

τά

'γάρ'

Πολυδ[εύ]|5κους

καί

XLV

τα

Εύφ[ρ]ωνίδου | διηρτημένα μέν τι|να καί ψευδή προφα|[νώς] σημαίνει,

καθό|[λ]ου

δ’

ούκ

εστιν

άνυ|10π[ό]τακτ[α·

τοι]οΰ[το| γά]ρ εστιν [. . .]Ι . . [δι]|ά ταύτη[ς τής αίτιας πα]|ρ’ Όμήρωι [το έπος ού]| ήδ^ άρχή· «οίη [δ’άμμορος |15 . . . Ώ]κεαν[οΐο-»

I-]ΤΑΗ[-|-]Π[-II1-]Τ[-|-]Υ[.

. .

XLVI

1 sqq. supplevi, ή ύπό[χα]κχά ποχ’ [όν]|χα Lucignano, [α]νυπό[χ]ακχά ποχε

XLV

.]ACCO[-|«οί]ον περ[ί ί]ωγαΐς | [. . . .] έπεσεν μυκαρίς

XLV 14 s. Hom., II. XVIII 489 = Od. V 275 XLVI 3-8 incerti auctoris fragmentum

[δν]|χα

De Falco

3

scripsi

apographo Oxoniensi adiuta,

òv [διοα]|ρέω Lucignano, δύσκολον δι[αι]|ρεΐν De Falco dispexi

4 sq. π[ρός κριχι]|κούς Lucignano

[ύμ]ΐν ιδού Lucignano, Εύφαινίδου Croenert πρόφα[ν|χ’ αν ] Hausrath

σημαίνει[ς]; καδ’

4 'γάρ' ipsa

5 suppl. Hausrath, εύ 8 sqq. suppl. Croenert, Lucignano, προφ[ερόμε|να]

9 sqq. supplevi, αν ύ|π[ό]χακ[χα] Lucignano, άνυ|πόχακχα

πο[ήμαχ]α Croenert, De Falco De Falco

[δ|λο]υ

δύσκολον

11 δ[ύσκολον] De Falco

12 suppl.

12 sqq. supplevi 2 sq. και χού|χο καν] δν π[ερ σήωπμς C Ω 3 δνπε[ρ ,]ΩΓΑΙΟ De Falco, κα]θάπε[ρ 'χ]ώ γ’α’ίσ[χρ]ως

1 sq. primum dispexi Lucignano

Philippson, [ή x]ò (ά)πε[ρρ]ώγασι ώς Lasserre, [χέν]ονχες dubitanter proposuit Vogliano, Prolegomena

4 [δχ’ επ]εσεν, [μ]υκά ή Lucignano, έπεσεν

μυκήσαις Croenert, Philippson, [ε]πεσεν ΜΥΚΑΗ De Falco, [xò έ]πεσεν· μύκ(εω) Lasserre, μύκαις Vogliano, Prolegomena, μυκαση scripseram

5

XLVI

116

DEMETRIUS

|5 [. . . . όιά δ’] έπτατο Δη|[οΰ]ς ίνις τοΐον πάν | [άγ]λαα διέ[κ] γαίης | [ε]υ [μ]ορφον» παραπλή|[σι]ρν δέ τ[ρό]πον [. ,]Η[. |10-]C[. .]ΠΡ[— -]ΠΕΡ[-|-]ΟΛ[-]| παΐ[ς-] | άγλ[αα-]| πραγμ[ατικ]ωι [τρόπωι-] |15 ΟΝΟΥΓ.Η[-] | ΥΤΑ[— XLVII

-]Φ |Ρ [-]ΡΕ|ΟΥ [-] | τής δ’ [αύτ]ής έχεται | και ταΰτα ιδέας,

φαν|5τασίαν

a

άπ[οδ]ίδωσιν

διηρτημένων

|

κοιν[ό]|τητος έντροχαζού|σης φωνών· μετά | διαστολής δ[έ κ]αί προ|10ενεχθέντα [καί π]οηϋέν|τ[α] φ[α]ί[νετ]α[ι μ]ηδ’ ά|[σ]ύνετα [.γ]άρ | [έσ]τιν κα[ί-|-]ICA[—

sq. [φωνή γ]έ π[άσ]α το τη|[ρε]ΐν Lucignano, [άμα δ’] έπ[τ]ατο τή|[φ]ιν Philippson, τένοντες δ]έ π[αρ]ά το τή|[κουσ]ιν Lasserre, [προσ]έπτατο De Falco, Archiloco

6 δ τοΐον πάν [δέ] Lucignano, ΐστ{ο}ιον πάν Philipp¬

son, ιστοί ο(ύ) πάν[υ] Lasserre, σίνις τοίον πάν scripseram

7 γαίης De

Falco, Archiloco, [οϊο]μαι, δι’ [δν] γν[οί]ης Lucignano, [ά]λλά AIC. γ[νο]ίης De Falco, [ά]λλά δίς [^ά]γ[εν] ής Philippson, [ά]λλα δίς [έ]π[ο]ίησ[ε τό] Lasserre

8 sqq. [εί] παραπλή|[σιο]ν

8 [άμ]ορφον suppl. Lucignano

δέ [τι, (καί π]ολ[λά| δή έν]τρ[έχει τοιούτων| άν] περ) [φύλασσε μή] ... Lucignano, παραπλή |[σιο]ν δέ τ[οιαύτα] πολ[λά De Falco, Lasserre

13

sqq. restituì adiuta litteris suprapositis col. XLI XLVII

1 sq. dispexi

2 [ταύτα δέ] suppl. De Falco

Falco, δ[έ αύτ]ής Vogliano, Prolegomena

3 δ[ιαστολ]ής De

4 καί τά [έσ]τ[ιν] δέ ά [σοι]

Lucignano, τα[κ]τ[ή]ς ιδέας De Falco, τα[ύ]τ[α] ιδέας Vogliano [τό] μετα|φραστόν, [ώ]ς δ[εΐ, καί] προ|ενεχθέν[τ]α Lucignano Croenert, De Falco, [ϊ]διαι Vogliano, Prolegomena

8 sqq. 9 δ’ [εύ]

10 sqq. suppl. Croe-

nert, [καί δ]ηθέν|τα φ[ωναίς πολλαίς, τά] δ’ ά|[σ]ύνετα Lucignano

12

sqq. dispexi, [ώς πλειστα γ]άρ| [έσ]τιν, κα[δηλα] . . . Lucignano, [οΰτω γ]άρ | [έσ]τιν κα[ί . . .De Falco

117

DE POEMATIS LIBER ALTER

-]|15AIOC[-]|17 ΔΕΓ[-II1-]CT . Y I καί

XLVIII

[κα]τάχρησ[ι]ν λέ[γειν, τής έπικατη|γορίας άπ’ άλλ[ω]ν μέν |5 καταρξαμένης, έπι|διατ[εινο]ύσης δε έπ’ άλ|λα κα[ί έπί τ]ινα έντρο|χάζ[ουσαν] κοινότητα· | τού[τωι γ]άρ τώι τ[ρόπωι]|10 και ό [ζωγρ]άφος άνα|χθει[ς] ά[πό] του ζώ(ι)α γρά|φοντ[ος . . .]ΔΙ . . . ΩΝ|[. . ,]ΙΕΠ[-]|ΥΛΑ . ΚΑ[-]ΥΘΑ[|15-]Π . Γ[-I-]ΕΝ[-I18-]ΤΑ[-I20 — -]Α[-|Ρ-έ]|jcì δ[ι]άτασιν [χρ]η[στή]ν | καί έπί την ένκλ[ισ]ιν ή

XLIX

| τοιαύτην κατάστα|5σιν, διά την έν-

τρο|χάζου[σ]αν κοινότητα, | δθεν δη καί τα τοιαΰ|τα των ποημάτω|ν ή γράφουσιν οί γραμ|10μα[τικοί] ή εύρίσκου[σι]ν | τα[-]ΤΕΙ[-]|θΔΕΙ[-]Υ[-]|ΤΕΝ[. ,]Α[- -]|14ΤΕΩ[-

1

[τούτο

χρή]

De

Falco

έπιδιαπ[ιπτο]ύσης Croenert, De Falco

2-8

suppl.

Croenert

9 suppl. De Falco

5

sq.

XLVIII

10 sqq.

και ό [φιλόσο]φος ANA|XOEI .... τού ζωάγρήα] De Falco, ό [ΑΙσχύ]λος (?) άνα|χοήν [αντί] τού ζωάγρι[α| θύειν λέγει] Philippson vestigia tantum in P

12 sqq. litt.

14 v λας κα[ι.EA De Falco

1 sq. suppl. Philippson, εΐ πάσαν ποι|ε]ΐ διά[τ]ασι[ν, μή ποτ’ αν] Lucignano, δθεν δέδοικα μή |ο]ύ διάτασιν [έχ]η[ι, έά]ν De Falco

3 suppl. Philipp¬

son, καί έπί τήν ένκλ[ί]νη[ι] Lucignano, De Falco

5 [ή τινα] τήν

Lucignano, [ή έ]π[ί τ]άτήν De Falco, [ή έ]π’ [ά]λλην Philippson

9 sqq.

μέν [αίρο]ύσι οί γρ[αμ]|μα[τικοί, εύ]ρίσκου[σι]ν | τ[ά περ . . .] Lucignano, μέν [άθετο]ύσιν οί γραμ|ματ[ικοί, εύ]ρίσκου[σι]ν | τ[ά δέ . . .]ΟΥ[. . . De Falco, άπ[ο]γράφουσιν scripseram

XLIX

118

DEMETRIUS

I18_]EN[-II1-]A[-|3-] τούτο | τέ[ϋηκε περί] κρο[ύ]μα|5τος· [προς δε] ποήματα | τό γράφ[ει]ν καί ταυ [τα]| οίά περ έστι [λέγ]ομεν [οΰ]|τως· τούς νέους [αύ]λού[ς] | Πυθ[ί]ους

καί

κ[ατ]αρι[θ]|10με[ΐσ{>αι

καί

συ]ντάξα[ι

νομί]|ζο[ντα.] πρώτον | [-]ΩΝ . AI . C | [-] ΔΙ [— |-]AC[-] |Ρ TP . . Κ . . τ[αύτα μετά] | τρόπ[ων καί άλλη]|γοριών καί τ[όνων λέ]|γεται πο[ή]ματα δι[ά]|5 την κατά τ[όν ν]όμον | έντροχάζου[σαν κοινό]|τητα· πρ[ώ]τ[ον

2 Ρ periit

3 Τ ούτος De Falco, ούτος Philippson

4 [καί τότ’ αν

κατά νόμον | [εύ μέν τα ποή]ματα Lucignano, tantum κρο[ύ]μα Croenert, τέ[ϋηκε

κατά

τ]ό[ν

νό]μον

De

Falco,

τέ[ϋηκεν

ουδέ

τ]ό[ν

νό]μον

5 sq. [εύ μέν τα ποή]ματα] [γ]ράφ[ομε]ν Lucignano, . . . είναι

Philippson

π]οήματα | τό γράφ[ειν] De Falco, [είναι καί τό π]όημα τα|ύτό. γράφ[ει] δε 6 καί τα [δε] Lucignano, καί τά De Falco, Philippson

Philippsep

7

πέρ έστι[ν τ]ό μέν [ού] Lucignano, οίάπερ έστί[ν· τ]ό μέν De Falco, 8 [δέ] τούς λ[όγ]ους, [άλ]λ’ ού Lucignano, ΤΩΙ τούς ν [έ]ους

Philippson [άλ]λ’

ΟΥ

De

τούς

Falco,

νέους

(se.

νόμους)

άλλ’

ού

(τούς)

9 sqq. [καλ]ούς [ν]αί κ[αί] άρί|[στους τούς σύ]ντάξα|[σθαι·

Philippson

καί τα] πρώτ’ ού Lucignano, ΠΥ . . OYCTAI κ[αί] ΑΡΙ| . ΜΕ . . . . [συ]ντάξα[ς]

| ΖΟ.πρώτον De Falco, Πυ[θί]ους τε κ[αί]

'Αρμ[α]|τε[ίους συ]ντάξας Philippson 1

[καί

δει καί]

Lucignano,

[τούτο

δέ περί]

De Falco,

[διά τών]

Philippson

2 sq. suppl. De Falco, τρό[πων μάλιστα δ’ άλλη]|γοριών

Lucignano

3

Philippson

4 (τά δέ) π[οήμα]τα De Falco

δ’

άριστα]

Lucignano,

τ[ών

κ]α[ί

πε]ζοτ[άτοις|

ο]ύν

[τ]ά

πρ[ώ]τ’

άλλων]

De

Falco,

4 sq. δι’ [άρε]|τήν

5 suppl. De Falco, τ[όν δέ ν]όμον Lucignano

edd. [δέ

τ[ά

[άν

6 sq. supplevi, εν όντα]

Lucignano,

εντροχάζου[σαν . . . ,]| . ΥΝ . από τ[ούτο δέ καί] De Falco, έντροχάζου[σαν καί τοι]|αΰτ [α] άπό τ[ών αύτώ]ν Philippson

8 suppl. Philippson, λέγ[ω]

119

DE POEMATIS LIBER ALTER

μένγάρ] | λέγ[ο]μέν [τι] ποήμα[τος] | βία[ν εχ]ειν [. . .]ΕΤ[— -]|10 ούκ [-] | ΤΟ[-] | ΚΑ[-]ΞΕΩ[-]| ΕΙ[έ]κβε|βη[κ-] ΤΟ ΕΥΝ|15Η[-]Ν[-|-] γάρ ΑΕ|[—] δ[ι]ά τοϋ |Ρ [-]Υ ΑΥ[-] | ΘΕ . Υ . . Α[-μ]ε|τά

LII

τοϋτο [σ]πονδήο[ν, δ]|τε τώι θεώι νεικήσαν|5τι σπονδάς έπιτελοϋ|σιν οι περιοι[κ]οϋντες τον | [τ]όπον έκεϊνον· είτα μέ|ρος έπόησεν τό λεγόμε|νον κατα[χ]όρηον, εν ώι |10 [διά] την νείκην ό

[θεός]

[ύ]ποσυ[ρ]ιγμόν,

|

εχον

χορεύ[ε]ι· το[ϋ

τό δ’

επί πά[σ]ιν

δρ]άκοντος

|

έν

|

τώι

κ[ατα|στρέφειν] τάδ’ εσ[χατα |15 συρίγματ]α Β . QC[-| - -]ΑΙΝ 0Π[-|18-]Α[-]|β ΛΕΚ[-1-]. . Κ[- -

LUI

_ |-]ΤΟ[-] | ΤΩ[. .]έν τοϊς[-] |5 ΜΕΝΩ . E . OIC Μ[-] | γείνεται Δ[-] | κατ[ά . . .]Κ[-] | NOC τοϋ ΜΕΝ[-]|9ΤΗΝ[-]|ηΤ[-]ΩΝ

|

[.

.

.] καί

κιϋαρ[ωιδικός-|-]Ν έμφα[ίνειν-] | Ε[. . .]ΜΕΝ[-

μ[έν χά] π[ο]ήμα[χα] . . Lucignano, λέγ[ο]μ[εν χά] ποήμα[χα] De Falco βία[ν έχει]ν De Falco, Philippson

10 sqq. litt. vestigia tantum in P

2 καί ή μεχά Bergk, επεται μεχά De Falco δχε

Bergk,

σπ]ονδ[εΐ]οι

Hausrath

καχαχόρηον Croenert, καχαχόρευσιν Bergk Bergk

9

3 suppl. De Falco, σπονδή, 6

sq.

suppl.

Bergk

LII

9

10 μεχά Bergk, θεός suppl.

11 suppl. Bergk, xò δ’ έπί dispexi, έχι δ’ έπί Bergk, έπί πά[σι χό]

Philippson

12 suppl. Croenert, xò συριγμόν Bergk, εχον xoò Bergk,

έχονχο[ς scripseram

13 sqq. έν χώι έσχάχωι sive έν χ. έσχ. άγώνι Bergk,

[άγώ|νί φόνον De Falco primum edidi

LUI · LIV

120

DEMETRIUS

— |15-] δίδωσ[ι-II1-] δίχα [-|-]ME[- — | -]ΔΟΥ[-] καί [-|-]Ν[-]CH . Ο . 0[-|5 —]ΙΝ[-] άπο | [-]θ|[-] . προ[-]ΑΡΟ| [-]Δ . ECTAI[-|-]ΥΝ . . ΕΝ[-]ΝΕ|10[-]OIC[- -]ΑΡ|[-]Π . Ν . [—- -] ΒΑ|[-]Η|[-

12.-] |Ρ ΩΑΝΙΝ ΤΑ[-δο|κ]ιμάζειν QOYC . κα[ί τήν]| άλήϋηαν τ[ο]ΰ λεχθέ[ντος] | ύφ’ ημών ρά(ι)διόν έστ[ιν] I5 συνιδείν έπι[βάλλον]|τας τοίς προεκκειμέ[νοις] | υπό τής είσαγομέν[ης]

γυναικός·

|

Κοικόαν

μεν

γαρ

|

ώνοματοπόησεν |10[τή]ν [δ]ούλην ξενίζ[ου|σαν] ή [φ]ησιν καλό[ν-|-]ΑΘ . . HC φησί[ν Εύ|ρει]πίδσυ ΑΤΙ .

V

LV Sophronis fr. 17 Kaibel, Olivieri

tantum ]δίχα[ De Falco 1 sq. suppl. De Falco

2 κα[ί τά Lucignano

3 άλήθηαν [τών

λ]ε[χ]θέ[ντων De Falco, αληθή άν [μέν λ]ε[χ]θέ[ντα Lucignano, άληθή άν (vel κατ’ άλήθείαν) Kaibel ποη]τάς

Lucignano,

ώνοματοπόησεν 116 Falco

5 sq. suppl. De Falco, v]ùv ίδείν επί [τοίς εις σ]υνιδεΐν

Lucignano,

έπ[ακολουθοΰν]|τας

παρωνοματοπόησεν

Kaibel

Croenert,

9 Memoria,

γάρ

p.

10 sqq. αυτήν ξενιτ Kaibel, π[λ]ήν ξενίζ[ειν dubitanter proposuit De

121

DE POEMATIS LIBER ALTER

PA|[- - -]EI[-I15-]HT[-f εργον [-| ,]EN[. .

LVI

.]H τής περ[ι |-]Ω [. . κ]οινότητ[ός]| φησιν [και] δίδωσι[ν αί]|1 * * 4 5 * * * *σχρρί3 [του] έργου· [τού]|το [δ’ ίσ]χ[υ]ρώς βλέπ[ων], | συνάπτει δ’ άκολού|θως, κεινεΐ παν οίο[σο]ύν | θάσσον δ πάλιν [συνεκ]|10δοχικώς άφέ[στηκε |τ]ών π[ροει]πομέν[ων] Η|[-]Α[-1|-]Π[. ,]Υ[-|-]ΤΟΝ ΚΕΙ[. ,]ΤΗΝ

LVII

I [-]ΑΙ [.]QC[-|-]ΑΤΑΙ [. .]Ι καί κατά |5 [μετο]νομασίαν

[όν]όμα|[τι

χρ]ήσθαι

τη[γανισ]|τόν

λεγόμενον [ώς . . πα|ρ]ειμένον άντί του μώ|λυ· δ παρήκται άπό των |10 μωλυομένων· ταϋτα | δ’ έστίν τά βραδέως έ|ψόμ[ε]να· τά γυναικ[ώ]ν| ώς [π]αρά [κ]αί την νω|-θράν [σ]ύν[εσ]ιν ΤΑΤΟΛΕ|15 ΓΟ . ΑΤΩΙ μη[δ]έν σοι Α| Α[. .

3 [κο]ινότητ[α έν|τροχάζουσα]ν De Falco

1 sq. primum legi

6

LVI

[δ’ ίσ]χ[υ]ρώς con. Gigante, τ[σύτοις μέν] ώς βλέ[πεις Lucignano, [τούτοις,] ώς βλέπ[εται De Falco [έκ]δοχικώς εύ|στό]χως

suppl. έκφ[έρω

8 κεΐν’ εί παν οί[ον ο]ύν Lucignano

De

Falco,

συνεκ]δοχικο')ς έκφέ[ρεται

Lucignano,

Croenert, De

Falco

9 sq.

παλι[λλογών 11

ΩΝ

[λεί]πομεν De Falco 4 sq. suppl. Croenert, κατ’ [άν|το]νομασίαν [φα]ίν[εται De Falco, φαίνε]ται [προς την άντο]νομασίαν Lucignano άρετήν

Lucignano

Lucignano Lucignano

11

7 εστι

sq. καί

6 suppl. De Falco, κεκτ]ήσθαι τή[ν

α]

λέγομεν Lucignano

13 οΰ παρά Lucignano

α[ύ]τά τ’ [αν Lucignano

βραδύ

ή| 12

[ά]νειμενον γυναικ[ι]κώς

14 suppl. De Falco, δέ φ]ύ[σιν]

15 τάτώι Croenert, Memoria

LVII

DEMETRIUS

122

LVIII

·]ΟΙΤ[. . .]H ENT| TP[-]PA[-]| Π[-] |Ρ ΚΟΙΗ[--]ΠΑ|ΡΗ[-]|Τ[-]| μέν [-]Η[-|5 . . .]Ω[.]Α[—]|ΑΙ[-]Τ[-] | συμφώνως τα[ΰταις] έπί|κειται τό· «εν μώλυ πόησα OTl| KAZECKAnOH[. .]» έμ| 10φαίνονται [. . .]ΩΤ[-]|Π . ΕΙ . έργον . Κ[-] | βραδέ[ω]ς ΚΑ . Α[-|-]ΤΟΔ[-]| το παρ’ ύπό[νοιαν |15-] . ΑΙΡ[-| .]Η [Αί]σχύλ[ος |-]ΕΝ ΗΝ[-| —

LIX

-]C ECT[-| ,]ΕΘΡ[-||α-]Τ . . [---]| ,ΛΑΓ . ΝΗ[—] | Η . . ΑΖΑ ΑΠ[. . . .] άρθ(ρ)α | [κ]ινών δετών [μεί]μων |5 εί δή από α[ύ]θε[κάστω]ν | [.]ΕΝ άρΦ(ρ)α κινών [. . .]ΠΟ | μετά τούτο δε ’καΤ άντονο|μασίαν έχει καί μετά|ληψιν· τό μέν γάρ «[ό]ΐ|10εσσι» τάτόν έστι[ν] τώι «α[ί]|πολώ τάς Α[. .]HCEIC» | τό δε «[. .]Ι[.]ΚΟ[. . .]ΙΤΕ» πα|ρείλη[π]ται ά[ν]τί τού| Cn[. . .] άντί γάρ τού |15 ώς [. . . .JON [. . . . έ]οικεν | Δ . [. . .]ΤΟΔ[. . ,]ΜΗ[-]|NI[.]EC[. .]ΑΙ[-|-]ΛΟΥΠ[-

LVIII 8 s. fragmentum comicum incerti auctoris (Sophronis?)

LVIII

6 xfoùxo και μέν], Lucignano κ[αί έν]

1 sqq. vestigia tantum in P χ[ούχωι αύχός De Falco

7 sqq. dispexi, συμφωνώ, έχι [εί μή] έπίκειχαι,

χό εν μ[ώλ]υ πο[ή]σαί χι καί έοικ’ ά[ν] Lucignano

9 sq. dispexi, εί

[δ’έ]μ|φαίν[ω]νχαι [χά πάνχα χά]χ|χ[ειν εί περ [όμ]όν Lucignano βρα[δύ

πώ]ς,

Lucignano LIX

καί

[μώλυ,

καί

|

άνείμενον]

χό

δ[οκεΐ

12

μένχοι

καί

14 suppl. Croenert, παρ’ ΰπό[θεσιν Lucignano

1 sqq. vestigia tantum in P

5 ά[σ]ϋε[νών] suppl. Lucignano

|[μέ]ν άρθ[ρ]α κινών [καί χό]χ[ε Lucignano [εί] κ[αί, μά]λ’ έπί νήψις Lucignano

6 [à]v

9 sq. άν[χ]ον[ο]|μασίαν ελε, 10 χάχόν έσχ[ιν αύ]χώι De Falco

123

DE POEMATIS LIBER ALTER

— |20-]AE[-|P-]ώς άντί του «ά[ν]|θρώποις [.

LX

.]Α[. . .]ποη[σά]|μενο[ς.]Μ[. . ,]ATIC | ζητού[ντω]ν α κατά

τον

|5

τόπον

τον

περί

ποη|μάτων·

τοιαΰτ[α

κοι]|κύ[λλ]ειν [γ]άρ εν προφοραΐς | ταΐς έκ τών Σώ[φρ]ονος | μείμων τοΐς όψι[μ]αΦέσιν

|10

[.

.

.

αί]ρείσθω·

τά δέ

πράγ|[ματα . .] κα[ι τ]ών [. ,]Η[-|-]ΝΔ[-]Η[-| -]ΙΗ[-]ΙΔ | [-]ΜΕΝ[-]Α|15[-]C0AI[13. . AI . ΟΝΟ . . Δ[.] | ΟΙ καί ΕΙ[-] | ΤΙΝ [-

LXI

ζή] |τησις πραγματική |5 αΰτη· διά γάρ την έν|τροχάζουσαν άδηλό |τητα περί τούν γ[λωσ]|σήμασίν είσιν Άλκαί|ό[ς] τε καί Σαπφώ κ[εκακώ]|10μενοι, καί εί τής έ[μ]μέ|[τρο]υ ταύτα ίδέα[ς έ]χε|ται καί ένρύθμου ή ζή|τησ[ι]ς συν[έ]στηκεν· | ΚΕΝ[.

γλωσσήμ[α]|15σιν

.]ΝΕΙ

Κ[.

.

·]ΤΑ[-

-

—]| ρητορ[ικ]ό [ν] γάρ π[ολι|τι]κ[άν . .] . ΕΙ[-|-]ΠΟ .

2 legi, ά[ν]|·θρώπαυ C, ά[νθρω]πον De Falco nert, Falco

Memoria

6

sq.

suppl.

De Falco

5 sq. ποιημάτων Croe-

LX

9 το[ΐς π]ά{1εσιν De

10 αί]ρείσθω suppl. Gigante, τραγ[φ]δ De Falco

2 sq. [άναγκαΐά έσ|τιν ή τής άληθείας ζή]|τησις Lucignano

7 τούν i.e.

το έν scripsi, τοϋ[το εν] Lucignano, τού[τ’ έ]ν De Falco, περιτουν = περιττοί εν? Vogliano, Per un verso, γ[λωσ]σήμασιν suppl. Croenert, Memoria, σήμασιν Lucignano, ποήμασιν Bergk

8 διό καί Lucignano

9 άττικαις δή

φω[ναϊς προ|σέχουσι] Lucignano, κ[αλο]υμ[ενοι De Falco, κ[α'ι οί] δμ[οιοι]? Vogliano, Per un verso

10 sq. έ[μ]μέ|τρου μεν] τά Lucignano

ένρύθμου omisit Vogliano, Per un verso

13 συνέστηκεν Vogliano, Per un

verso, ή ζή|τησις μεν αύ]τή [μ]έν Lucignano, . . . [εσ]τηκεν De Falco 14 ... το δ]έ γλώσσημ[α De Falco

12

15 sqq. vestigia in P

LXI

DEMETRIUS

124

LXII

CI II1 [. . .]ΘΑ[.]TON | π[ολλάκι]ς αύτώ[ι] φαίνε|ται· [συνιστ]άνουσιν δ’ οί | [ρ]υθμοί καί [διά] τάς με|5ταβ[ο]λάς

[τ]ώ[ν

φ]θ[όγγ]ων

|

καί

διά

το[ύς

προ]-

φ[ε]ρομέ|νους κα[ι τούς] χρ[ό]νους ή|μικέ[νο]υς· [άνευ δ’] άρσε|ως ή τ[ά]σε[ως ό χ]ρό[ν]ρ[ς] |10 γείνεται κενός· έπεί άν | [. . ,]CrE [.] ME|NOIC έφιστάνε[ι-| . .]ΑΚ[— -]ΚΑ[-|-]ΓΜ[-|15-λοι]πούς CY . 0[-| — -]Π . . ΟΝ[-|-]Χ . γάρ ΚΥΔ[-|-] . ΥΛ[-|Ρ LXIII

^_uu] οίδ’ άρισ|[τος] εΓμνεναι πώνων· | [αί] δε κεν ήγ[ανέα]ς πε|[δάσει] φρένας οίνος ού δι|5ώξιος. κάτω γάρ κεφά|λαν κατίσχει τον/"ον | θάμα θύμον αίτιάμε|νος, πεδαδευόμεν^ς | τά κ’ ει -

LXIII 1-11 Alcaei fr. 358 Voigt

LXII

1 litt. vestigia in P

2 dispexi, αύτ[α δέ] φαίνεται De Falco

tantum εγκαλεΙ De Falco

7 sq. apri [νους De Falco

4

11 sqq. vestigia

in P LXIII

1 ]οι δ’ άρισ[τος Diehl, οίδα Pisani, φάρμα||κον μελιάδε’ οίνον εύ] ο’ί(ϊ)δ’ αρισ|[τον έο]ν Vogliano, Alceo άίτ[α | π]όνω[ν] Vogliano, Alceo

2 ενμεναι Ρ, εμμεναι πώνων Bergk, μεν, 3 [αί] δέ κεν ή[σιν άδυ]ς edd. priores, ή

[πόλυ]ς Friedlaender, [αί] δέ κεν ή [γλΐ>κυ]ς Diehl, [αί] δέ κεν ή[σσονο]ς Diels apud Treu

4 suppl. Lobel e col. LXV, πέρ τάν φρένα/ο'ινος Reinach-

Puech, πεδά[ση] Vogliano, Alceo

5 ού δι|ώξιος dispexit Vogliano, Alceo,

ούδ’ έάτεος vel ού διώ(κ)τεος Diehl, διώ(κ)τεος vel διώκετος Gallavotti, ούλιώτερος Blumenthal, διω(κ)τέος Diels apud Vogliano, Alceo

8

DE POEMATIS LIBER ALTER

125

πη