La passività del sentire. Alterità e sensibilità nel pensiero di Levinas


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La passività del sentire. Alterità e sensibilità nel pensiero di Levinas

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Sebas lia n o Gala11 ti Crollo

l.,a passi vi Là del sen Lire Altcritù e se11sihilitù n1•l pcnsit•n) di L1•,-inas Quodlihet Studio

Indice

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Prefazione di Stefano Besoli

19

Introduzione

27

38 45

Capitolo primo L'ontologia della separazione e I'«Altro nel Medesimo» 1. L'ontologia della separazione e la creazione t!X nihi/o 2. 11 cogùo e l'idea dell'infinito 3. L'«Altro nel Medesimo»

51 61 69

Capitolo secondo Il «volto» deU' altro e la coscienza morule 1. 11 «v0lto» e l'altdoà al periodo tnScono a Friburso, cp ricorda di -=r avuto l'imJ>I :ss' 0,1c di a:sscrc andato da Himcrle di•= lnMltoHcidqgcr» (F.Poirié, /imml,11ud /Lllinos. liwù d

2}

lmR()lllf/JONH

stante, l'i11,prin1ing è senza dubbio husserliano", malgrado le critiche che in più occasioni Lcvinas ha rivolto oll'impostazione fenomenologica- si pensi solt.anto alla denuncio. del predominio dello. rappresentazione, che sarebbe o.Ila bo.se di ogni altro tipo di intenzionalità17• A ben guardo.re, lo. stessa concettualità si rivelo. essere di derivazione husserliana, almeno in larga parte, dal momento che Lcvinas fa ricorso ad alcune nozioni chiave dello. fenomenologia (certo rivisitandole), quali intenzionalità - che tuttavia subisce un'«inversione»11 - , «conferimento di senso» (Sinngebung), protenzione/ritenzione, sintesi passiva. Per tale motivo, questo lavoro dedica ampio spazio al confronto col pensiero husserliano. Per quanto concerne la ricezione del pensiero di Lcvinas, occone ricordare che se l'attenzione dei primi interpreti si era concentrata soprattutto sullo. questione etica, nel corso degli anni sono andate sviluppandosi delle nuove linee di ricerca, che hanno affrontato l'opera levinasiana da diverse prospertive, in vario modo collegate al forte ritorno della fenomenologia, nelle sue molteplici declinazioni, che si è avuto a partire dagli anni '80 e che è stato accompagnato da un rinnovato interesse per le tematiche religiose19• Lo stato della ricerca è attualmente assai diversilìcato, anche se è possibile individuare alcune linee di indagine che appaiono particolarmente rilevanti: in primo luogo, ci si è soffermati sui temi della sensibilità e della passività, in

mtrrtims, Actcs Sud, Aslcs 2.0062 , p. 78). Tuu.via, acanto ai ripetuti appn:zzamcnti per &i,, ,md 7.dt, e alla danmcia dd1a sua compnxnissionc con nazismo, Lcvinas c:spn:sso forti rinei confmnti del pensiero ddl'ultimo Hcidcggcr (cfr. ad es. E. Lcvinas, lfntr, nous. lissais surk pmsn-.J.foutre, Le Livn: dc Poche, Paris 199} (I• cd.1991), p. 126; tnd. iL di E. Bacarini, .,.,., noi. sJp,ns;zn..olf11/1ro,Jaca Book, Milano 1998, p.150). 1' Tra l'aluo, Lcvinas dichiara che "/'olJili et Jnfini si pn:scnta cune «una difesa ddls soggcttivilà» (E. Lcvinas, "/'olJilht Jnfini, cit., p. li; u-ad. iL p. 24). Hcidcggcr non avrebbe certo

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potutoscri-..:rlo. 17 Infatti, C8Ji afferma che per Husscrf- il quale su questo punto segue Bn:ntano- la rappn:scnwionc ~ «la forma di intauionalit.à che assicura il foadamcnto a tutte le altn:» (E. Lcvinas, "J"birmukfintuition d..ns t.. pbmommo/01,i"uk lliasm, Vrin, Paris2000 (l•cd. 19}0),

p. 86; u-ad. iL di V. Pcn:go, /.11 ,_;,, ddi'intllàion, neU../mommo/ORf,,di I liasm,a cura diS. Pctmsino, Jac:a Book, Milano 2002, p. 67). Si tratta di una critica che rimam co,unte nd corso dd1a sua riRcssioac filooolìc:a. cune risulta ad esempio da un sassiodcl 198}, l.11 a,nsama non-intmtionn,lk, in cui si dioc che nella fcnomcnol!PA di Hw:scrf vi è «un privilqjo del tcon:tico, un privilqjo dd1a rappn:scntaziooc [. .. ). E ciò malg..lo tutte le suggestioni opposle che si possono ugualmente ricavare dalla sua opera: intauionalità non tcon:tica, teoria dd1a l..t:bmswdl (del mondo dd1a vii.a), il ruolo del corpo propria. (Id., lfntr~ nous, ciL, p. 13}; t.rad. it. p. 158). 11 Cfr. E. Lcvinas, AMlmnmtqu'itrr, cit., p.81; traci. iL p. 60. 19 Sulla 'swha' tcolosica ddla fciK>mmOI~ frana:sccfr. D. Janicaud, I.e'""""'"' tbiok,y_iq..e,k t.. pbmommolo,ie/rtlllfWe, liditiom dcl'&:loa, Combas 1991.

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I.A PASSIYrrA DEI.SINnRf.

quanto dimensioni costitutive deUa soggettività20• Nelle pagine di Autrement qu'etre e degli scritti coevi sarebbe infatti presente un'ermeneutica della corporeità, o della 'carne', elaborata a panire dalla rivisitazione di alcune tematiche husserliane. La riflessione levinasiana sul soggetto incamato, in cui l'originaria sintesi paswa è quella del corpo sensibile, come luogo dell'affezione da pane di altri, è stata messa a confronto anche con i recenti contributi suUa tematica dcll'emboditnenl, in cui ci si concentra sul soggetto «in carne cd ossa», al quale la tradizione fenomenologica non ha mai peraltro smesso di volgersi. In secondo luogo, è stato affrontato lo snodo problematico tra la dimensione etica, che per Lcvinas riguarda le reiezioni a due, e l'ambito della «giustizia», in cui sono J>rescnti anche gli altri soggetti, che sono riassunti nella figura del «terzo». È la questione del rappono tra l'etica e le diverse istanze della vita in comune e della politica, che viene considerato a panirc dal riconoscimento della dimensione di passività che costituisce il soggetto, e che si riverbcrasuUc condizioni e suUc forme dcll'ethica/ agenc/1• Levinas non muove da uno spazio pubblico in cui i soggetti sono concepiti come eguali e autonomi, ma accede alla dimensione pubblica a panirc dall'«asimmetria» dcUa reiezione etica. Tale prospettiva richiede di ripensare i temi del riconoscimento e dcll'accoglienza, tenendo conto che l'etica levinasiana si configura in realtà come un'etica senv, riconoscimento, nella quale vi è una disgiunzione tra etica e conoscenza, che invece appaiono strettamente connesse nella concezione di Paul Ricocur. Quello di Levinas non è un pensiero sistematico, dal momento che i temi ritornano più e più volte12, come risulta in panicolare dai testi della maturità21. In questo senso, Autre,11enl qu'etre è forse la sua opera più 'eccessi-

20 Cfr. ad es. J.E. lmbinslci, Smsibilily ondSinp.u/,,nty. 'l'IH: Probkm o/ Phmommo/oa ùt f..n,in41, State Univcnity of Ncw Yorlc Pn:ss, Albany 2001; S. Gslanù Grollo (a cura di), l:mmoniul f..n,in41, /mommo/ot.i4, elia, soà4liù, «Discipline Fdosolìdie., XXIV, n. 1, Quodlibct, Macerata 2014. 21 Si vedano 1ra gli ahri B. llcrgo, f..n,i1141 &111>ttn lilhia ond Polilics. l'or 1he &,,uJy 1h,,, Adams 1he /;,,,,/,, Duqucsnc Univcnity Pn:.., PiusbursJ, 2003; B. Hofmcyr (cd.), R,,dio,/ p41. sÌllily. Rnhinl:inp. liJhù:,,{ Ap.m')' in I..n,inM, Springcr, Do«ldt 2009. 2l i> stato Dcrrida a souolinc:srcchc in 'J'a1oliih1 lnjìnilo sviluppo dei temi «si svolac con l'insistenza infUlÌl.a cldlc onde su una spiomii» (J. Danda, l.'kri1,- el li, dif/irma, Scuil, Paris 1967, p. 124; i.rad. iL di G. Paai, l.11 sai11uro e /,,dif/ermlll, introd. di G . Vattimo, Einaudi# Torino 1990, p. 10.S). 2 Per quanto coucu ne AJUrrmn,/ qu'ilrr, lo stesso Lcvinas awatc che i temi trattati in quest'opera non si prestano a uno «svogimcnto lincarco (cfr. E. Lcvinas, AUlrmtml q,/i1rr, cit., p. 37; i.rad. iL p. 15).

ll'ml(>l>tf/JONH

2.5

va', in cui ha luogo una radicalizzazione estrema, anche nel linguaggio24, che sollecita il pensiero sempre di nuovo; la scrittura è inquieta e sovente metaforica, oltre a fare ricorso a termini carichi di ambiguità. Questo lavoro si concentra per l'appunto su Autrm1enl qu'€tre e sugli scritti tarde~, nel tentativo di accostarsi ai testi attraverso un ascolto attento e capace di lasciarsi sorprendere da quanto di provocatorio è presente in essi, senza peraltro sottacerne i punti di maggiore criticità e gli esiti talora problematici. Gli scritti levinasiani chiedono infatti di essere seguiti tanto nelle analisi minuziose, quanto nelle rapide pennellate che disegnano delle figure dai tratti assai marcati, ma che non sempre riescono a nascondere oscillazioni e ripensamenti raramente dichiarati. Per questi motivi, non abbiamo avuto la pretesa di rendere sistematico un pensiero che non lo è; ciò nonostante, l'obiettivo è stato quello di organirtare la materia per temi e questioni, anche se, inevitabilmente, alcune problematiche ritornano in più occasioni e conoscono ulteriori approfondimenti, come le singole analisi che seguono si incaricheranno di mostrare. La possibilità di avere accesso agli inediti di Levinas, che sono in corso di pubblicazione - sono giii usciti tre volumi nell'ambito della nuovo edizione delle opere diretto da Jean-Luc Marion -, ha inoltre consentito una più circostanziata analisi delle ragioni che motivano la sua posizione filosofica nel corso del suo sviluppo2'. Per quanto concerne la struttura del lavoro, il suo nucleo centrale è rappresentato dai capitoli secondo, terzo e quarto, in cui sono a tema gli snodi fondamentali del pensiero levinasiano, con particolare riferimento ad Autremenl qu'etre. il «volto» dell'altro in quanto «non-fenomeno», i limiti della fenomenicità - in discussione con la «fenomenologia della donazione» proposta da Marion -, la coscienza morale, il trauma e la «sostituzione», la 24 A tale rig,wdo, Ricocur è arrivco a parlan: di ..ZCJTOrismo vub.ib (dr. P. Ricocur, A111rrmmt. l.te116~ .d'Autn:mcnt qu'ctn: ou a...ddà dc l'cs,cna: tfl!mm,,1111,I ILfJi111U, Puf, Paris 1997, p. 26; tnd. iL di I. Bcnclcui, Aurimmti. l~tt""' Ji Altrimc:nù che cssc:rc oal di là ddl'C$SCIID.di J:mm411116Jmn,u, Morcdliana, Brescia 2007, p. 34). 25 Jn panicolan:,, ò si sofTc:rmcrà sui soggj raccoki in l:k J)in, qui vimt il fi.d« e in lilltrr "°"'• ohrc che su alcune letture talmudiche, che peraltro Lc:vims ha tenuto distinte dalla sua produ>ionc lìlooolìc:a. La tradmonc ebraica è staia senza dubbio dctcnninantc ndl'dabonzionc del suo pensiero, anche se ocrom: riconosc=: che cali ha valuto soprauuuo mootrarc si• gnifica10 univ=ak ddl'cbraismo, non senza tensioni e ambiguità. Sul rappono con l'ebraismo si vcda almeno C. Owicr, J., ,,_,,~ tk fin/ì11i. l:mt11411116 lmnos ~, lo s,,urabibroiq~, Ccrf, Paris2002. 2 ' Si veda la pn:fnioncdi Marion al primovalumc dc:aJi inediti (dr. E. Lcvinas, c-ts tk a,ptiviti, suivi tk fmis sw I,, a,ptn,iJi ~, NOks pbilosopJ,iqws Jiwnn, sous la R:Sp. dc R. Calin et C. Cbalicr, p~. gménlc dc J.•L Marion, OcuvR:S I, Grassct/lmcc, Paris 2009, pp. J. VII; trad. iL di S. Faòoni, Qu,s,k,,,iJipri,ioni,, ~altri iMditi, Bompiani, Milano 2011, pp. .5-11).

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I.A PASSIYrrA rna.StNnRE

temporalità come «diacronia» e la sintesi passiva - attraverso un confronto con le analisi husserliane -, sensibilità e passività, corpo e incarnazione. Ma per poter affrontare tali questioni è necessario fare un passo indietro, prendendo anzitutto in considerazione il passaggio dall"ontologia della separazione' - che è collegata alla nozione di cre~one e al tema cartesiano dell'idea dell'infinito - alla concezione della soggettività come nfcn:ma tenuta da F"anl: nel 1957 al lii C.ol/oqu, ln1""4JiONJI tk Phmommolo,i, di Roy,wmont, a cui panccipÒanchc Lcvinu, nella quale viene discussa l'idea hllSSCllianadi «•ncutnliz>:an:• la lesi del m«ado°""'°1,,mmlc a un',pod,i interna al m«ado» (E. F"anl:, N4/,, und />isl4JfZ Pbn dcl So/"Ulil platonico, poiché il 'diverso' è pensalo in termini di ncptMtà (d'r.J. Dc:nida, /.'iailurr cl/,, Jiflirmce, al., ft.186; trad. iLp. 161). Cfr.Plat.•Sl,f,h.256d-257c. 1 Su qucstocfr. J.-M. Salanslàs, l.'mch,,i,,,,,,,,,1 kvwssim, in «&uclcs phénoménologiqucs,o,XXII, n.43-44, 2006, pp. 93-127, in part. p.117. 0

1.1.'(lNTOI.OC.IA Ol•JJ.ASliPARA1JONE 1.;i:«A1.TRO N~l.M~Dl':SIMOo

}1

che è funzionale all'idea di un soggetto «assoluto» in quanto assolutamente separato, che solo un appello etico proveniente dall'esterno (da un altro che dev'essere a sua volta assoluto) può scalfire. La peculiare ontologia levinasiana muove dalla necessità di evitare ogni indebita 'totalizzazione' tra il Medesimo e I'Altto, la quale è presentata come una performance che il soggetto può mettere in atto riferendosi a qualunque alterità, eccetto quella «metafisica» di altri. Per questo Levinas afferma che !'assolutamente Altro è Altri (Aumu]. ( ...) Né il possesso, (... ) né l'unità del concetto, possono legarmi ad altri. Assenza di una patria comune che fa del!'Altro lo Straniero; lo Straniero che viene a turbare la mia casa. Ma Straniero significa anche il libero. Su di lui non posso poure. Sfugge alla mia presa per un fatto essenziale [... ). Siamo il Medesimo e l'Altro19• Ma l'alterità dell'altto risulta salvaguardata solo se la coscienza, invece di mirare intenzionalmente ali' altro, si lascia sorprendere dalla parola che altri gli rivolge: ne deriva che la relazione tra il Medesimo è l'Altro è rappresentata dal linguaggio, attraverso il quale «l'Altro, malgrado il rapporto con il Medesimo, resta trascendente al Medesimo. La relazione del Medesimo e dell'Altro - o metafisica - si dispiega originariamente come discorso, nel quale il Medesimo, raccolto nella sua ipseità di "io~ [ ...], esce da sé»20• Tuttavia, è chiaro che la sconfessione (provocata dall' altto) dell'impostazione egologica non fa che confermarla. Levinas arriva persino a dire che «il volto parla. La manifestazione del volto è già discorso»21 - parola immediatamente significante, 'prima' di ogni datità sensibile. Occorre sottolineare che se qui la parola è originariamente quella che/'altro mi rivolge, la mia risposta (I'«uScita» da mc) rappresenta per Levinas l'unica modalità rispettosa nei confronti della sua alterità, sulla base dell'idea che ogni atto diverso dal parlare - tra cui in primo luogo la visione, metafora del pensiero - comporti la negazione di tale alterità. Nella prospettiva levinasiana le cose che il soggetto ha di mira non sarebbero realmente differenti da esso, dal momento che il pensiero è in grado di appropriarsene: «la possibilità di possedere, cioè di sospendere proprio l'alterità di ciò che è [ ... ] altro rispetto a mc - è il "'odo del Medesi-

19 E. Lc:vinas,

.,.otJili ~, ln/ìni, cit., p. 28; traci. iL p. }7. Il pronome inddinito invariabile own,i (che ncsli scritti wdi appare raramente) deriva dal latino"""• che indica un altro dì fronte a uno solo, a diffc:.n:n:za di olius, il quale dcsisna inVtte un altro di fronte a molti (cfr. F.P. Cigli., 1/n posso /.-i J.lf11DmO. f.,, 11,mni tkl pmsim, di lmno,, Ccdam, Padova 1988, pp. 195 sg.). :zc lvi, pp. 28 sa.; tnd. iL ibid. 21 Ivi, p.61; tnd. iL p. 64, corsivooostro.

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I.A PASSIYrrA Dlil.SINllRE

mo»22• Nel rappono con le cose si rivela la dimensione del mondo, che Le. vinas non riconosce affatto come istanza 'altra', in grado di scuotere le certezze del soggetto, al cui potere di senso risulta invel'SIMO>

ne effettiva»29 , ovvero qualcosa di altrimenti indeducibile. Tuttavia, la 'posizione' del soggetto non si produce più, come ancora avveniva in De l'existence à l'existant, attraversol'«ipostasi» dell'io che emerge dall'essere anonimoio, dallo sfondo neutro e impersonale dell'i/ y a, ma per mezzo della jouissance, che si concretizza nella felice condizione del «vivere di»11• In questo senso, «il godimento attua la separazione atea: deforma.lizza la nozione di separl!llione»l2. Levinas opera una contrapposizione tra «l'intenzionalità della rappresentazione» e «l'intenzionalità del godimento», la quale «consiste nel dipendere dall'esteriorità»13, cioè dal mondo in cui il soggetto corporeo si trovasituato, dai contenuti del vivere, che per l'appunto non sono oggetto di rappresentl!llione. Ma poiché il godimento non dà luogo a un movimento di trascendenza, la sussistenza separata dell'io si riduce ali'«interiorità», una dimensione che indica la chiusura del soggetto in se stesso, dalla quale gli altri risultano esclusi, tanto che per Levinas «la separl!llione per eccellenza è solitudine»14• Peraltro, questa condizione viene interpretata anche in chiave ontologica, sebbene la terminologia levinasiana riveli un'oscilla:aone, poiché se da un lato «l'io esiste come separato in virtù del suo godimento» - quindi è un essere separato -, dall'altro zionc: di l;,/;;J/,,,,1. - taminc: che: non è pn:scntc in 'J'oto/iJé cl fr,fì11i - in senso """tc:on:tico, come: soddisfazione: di un VUOlo. " lvi, p. U}; traci. ÌL p. 128. 14 dr. ivi, p. 122; traci. it. p. 118. All'interiorità Lcvinasha dedicato una confcn:nza tenuta nel 1956 al (:.o//q_c pbilosopbiquc, il cui manoocrilto non è pcR) pn:scntc ncsli a.rdùvi. lS lvi, p.57; traci. ÌL p. 61. "lvi, p.52: trad. ÌL pp.56 sg. IO «L'csscrc:

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I.A PASSIVTI'À Dl·l.SINllRF.

come una «relazione senza relazione», ovvero come «il legame che si stabilisce tra il Medesimo e l'Altro, senza costituire una totalità»JJ. Lo connessione lcvinosiana tra separazione cd egoismo comporta uno slittamento dal livello ontologico a quello etico, nel quole però si presenta un rischio, poiché «l'essere separato può rinchiudersi nel suo egoismo[ ... ). E questa possibilità di dimenticare la trascendenza d'Altri [ ...) attesta la verità assoluta, il radicolismo della separazione»11• Tuttavia, tale radicalità comporta un'ambiguità ineludibile: se da un lato, per poter entrare nella relazione etica con l'altro, e quindi per poter essere 'deposto', il soggetto deve essersi già posto come un essere separato, ancor prima dell'incontro con aulnJi, dall'altro lato la sua stessa ipseità richiede il concorso di altri. Levinos afferma sl che «l'identità dell'io gli proviene dal suo egoismo», ma dichiara altresl che «questo egoismo si fonda ovviamente sull'inlìnite'.CZa dell'altro che può attuarsi solo producendosi come idea dcll'Inlìnito in un essere separato»J9• Ciò significa forse che l'essere separato si dà come tale solo grazie alla relazione etica? Se cosl fosse, l'anima separata, che - come assicura Levinos - è «naturalmente atea», sarebbe in realtà già «religiosa»40, in quanto rivendicata da altri. Lo questione può essere affrontata anche da una diversa angolazione, interrogandosi su quale possa essere il principium indiuidua1ionis del soggetto, ma l'ambiguità si ripresenta: se infatti da una parte tale principio è rappresentato dall'egoismo, dall'altra esso è costituito dalla responsabilità per altri. Levinos è consapevole di questa situazione, tanto da specificare che «il movimento dc.ila separazione non si situa sullo stesso piano del movimento della trascendenza. [ ... ) È necessario che l'interiorità che garantisce la separazione [ ... ) produca un essere assolutamente chiuso su se stesso[.. .). Ed è necessario che questa chiusura non impedisca l'uscita fuori dell'interiorit໕•. Nel riconoscere la tensione slnJllurak derivante da un'ontologia della separazione, egli intende affrontarla distinguendo tra due livelli (e tra due ordini di necessità): «è dunque necessario che la chiusura dcll'essere separaJJ lvi, pp. 79, ,30; tnd. it. pp. 78, ,38. L'accc:aonc: lcvinasian.a di n:ligionc sembra richiamarsi all'ctimolosia del termine proposta In sii altri da Agco,ino, per il quale esso deriva da rcli~rc. riwun; collcpn:; w,a divcna etimologia fa invccc rifcrimatto a ,dq_=, ricollc:oonarc, riprendere. Sulla quc:stionc cfr. Il. Benveniste, ,~ tJ001bu'4irr dn instilUIÌOffs ~ n~s. VoL 11. Pouvoir, d,r,i~ rcli,ion, Minuit, Paris 1969, pp. 26.5 sgg.; traci it. di M. Liborio, Il ,_,,holt,riotk/k istiti,vo,,i ÌJldtxurop«. Voi 11. Pot=, diritto, rditio-, Einaudi, Torino 2001, pp.-48.5sgg_ 11 Ivi, p. 188; 1nd. it. p. 176. 19 lvi, p. 2}8; 1nd. it. p. 221. 40 Cfr. E.

Bonan,Soumo d~ss=. ln"4,inis,J pn,sino dil:mm,u,ud 1.,,.,;,.,.., pn:scnt. di

C. Vigna, Piaza Edìton,, Tn:viso2002, pp.1,31 sgg_ ◄I E. Lcvinas, '/'otGUJht ln/ìlli, cit., pp. 158 sg.; traci ÌL pp. 150 sg.

1. 1.'(lNrOl.oGIA DlilJ.ASliPAIW'JONE li 1:«Al.11!0 N~l. M~DliSIMO>

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to sia cosl ambigua che, per un verso, l'interiorità necessaria all'idea dell'infinito resti reak [ ... ]. Ma è necessario, per un altro verso, che nell'interiorità stessa[ ... ] si produca un'eteronomia»42 . Nelle pagine di Totalité et lnfini è quindi presente un'oscillazione tra autonomia ed eterono"1ia, tra una necessità di ordine ontologico, in cui si palesa il debito di Levinas nei confronti della concezione moderna del soggetto (che pure avversa), e una di ordine etico, che tuttavia può non realizzarsi, lasciando il soggetto nella sua condizione di egoismo. È ora possibile affrontare la rivisitazione levinasiana del concetto di creazione, che negli scritti inediti viene elaborato in una direzione inattesa, che non trova riscontro nelle pagine di Totalùé et Infini. In quest'opera, egli attribuisce una portata metafisica alla nozione biblica di creazione ex nihilo, che comporta la generazione di un essere separato, il quale sussiste autonomamente rispetto al creatore: di qui il «paradosso della creazione», in cui l'infinito«ammette un essere al di fuori di sé che esso non ingloba-[ ...] un essere separato»◄1• In questo senso, «l'idea di creazione ex nihilo esprime una molteplicità non unita in totalità. [ ... ] La creazione ex nihilo rompe il sistema, pone un essere al di fuori di qualsiasi sistema», al punto tale che «l'essenziale dell'esistenza creata consiste nella sua separazione nei confronti dell'lnfinito»l·:stMO>

}7

Questo passaggio risulta più chiaro se lo si accosta a una pagina di Totaiiti et In/ini, in cui Levinas qualifica la creatura come «un essere che, senza essere staio causa sui,[... ) è presso di sé»; si tratta quindi di un essere condi-1.ionato, che tuttavia, essendo «il primo rispetto alla sua causa», è «volon1~. Emerge qui il problema fondamentale della libeYtà dell'essere crealo, la quale appare inconciUabile con quella che per Levinas è l'ontologia tradizionale?. A raie proposito, egli sostiene che soltanto la condizione separata del soggetto crealo consente di pensare la nozione di Ubertà non come causa su?, ma come «esteriorità radicale dell'uno all'altro»; in questo modo, «I'essere trascendente non Umi la il soggetto con la sua es1eriori1ò»s9• In un'annotazione inedita, Levinas avverte la necessità di distinguere il concetto di creazione dalla «differenza onlologicu, che a suo avviso è inadeguata a descrivere la condizione creaturale del soggetto. Riferendosi implicitamente a Heidegger, egli osserva infatti che «la comprensione della creazione si situa al di qua della distinzione tra essere cd essente»'°. Tuttavia, occorre ribadire che, pur sottraendosi a una determinata impostazione ontologica, la creazione ex nihilo è parte integrante di una diversa ontologia, basala sulla nozione di separazione. Una relazione nella quale il Medesimo e l'altro restano separati non può essere prodotta dall'attività dell'intelletto, che può effettuare solo una sintesi dei due, ma si realizza come relazione elica, ossia nel «faccia a faccia». Per Levinas tale relazione è possibile solamente se sono io a realizzarla: «una relazione i cui termini non formano una totalità può dunque prodursi [ ... ) solo se è tale da andare dall'Io ali' Altro, come faccia a faccia, solo se è tale da deUnearc una distanza [ ... ) irriducibile a quella che l'attività sintetica dell'intelletto stabilisce tra i termini diversi»'1• In effetti, Levinas chiama elica quella relazione «i cui termini non siano uniti da una sintesi dell'intelletto [ ... ) e in cui tuttavia un termine [ ... ) abbia significalo per l'altro, i cui termini siano legati da un intrigo non esauribile né districabile dal sapcre»'2. Ne consegue che, per potersi rapportare all'altro, il soggetto dev'essere già insé: «perché l'alterità si producanell'ess= [ ...] occorre un lo[ ...]; il rap5' lvi, p.52; tnd. iL p.Y,. S7 Nella confcn:nza dal titolo l.n lwn1.nemmts si kaac infatti che «l'idea di tnsccndcma implia.ta dalla =-ziooc non è compo,111,ilc con la noo:ionc di csscn: implia.ta dalla lìlosolìa tndmonalc:: infatti come può una libcrtàcsscn: cn:ata.'> (E. Lcvinas, P1110lu1 Si/ma, òt.,pp. 187 sg.; tnd. iL p. 174). sa «Lalibcrtà non sui[ ... ]. La libertà ndlaaeazio..c:. Libcto pc:rché scparatoao (E. Lcvinas, C.11nutsua,ptiviti, àt., p. 287;tnd. it. p.291). s, lvi, pp..HJ sa,; tnd. iL pp. .}39sa, lvi, p. 369; tnd. ÌL p. 375. '1 E. Lcvinas, fot,,liiù1 ln/ìni, àt., p. 29; tnd. iL p. 37. '2 E. Lcvinas, lindiantur11nl r~m,mu, òt.,p.314; tnd. it.p.262.

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I.A PASSIVn'A DEI.SINJlRJ{

porto è attuato, da uno dei termini del rapporto, come il movimento stesso della trascendenza [ ...]. Noi conosciamo questa relazione [ ...] solo nella misura in cui la realizziamo. L'alterità è possibile solo a partire da ",e»". Lcvinas sente la necessità di sottolineare che è l'ego il punto di partenza della relazione con altri perché altrimenti essa verrebbe concepita dall'esterno, sl che l'io e l'altro sarebbero ricompresi in unn totalità. Soltnnto il movimento che va da me verso l'altro - come nrposta al volto dell'altro che mi interpella - può sottrarsi alla totalizzazione; in questa prospettivo, cioè senza uscire dalla relazione, io (un io sepnrato) posso accedere all'alterità di altri soltnnto a partire da me, chiamato a fare il primo passo verso di lui perché appellato dal suo volto. L'intera filosofia lcvinasinna è infatti una filosofia in pri111a persona, che in qunnto tale non consente uno sgunrdo pnnoramico'4. Non solo: tale impostazione preclude la possibilità di passare dalla prima alla seconda persona, dal momento che è soltnnto l'io che deve infinitamente all'altro. Non vi è alcuna reciprocità tra il soggetto e outrui, poiché la relazione etica è caratterizzata dall'«asimmetria»61: solo io sono responsabile, senza alcuna reciprocità possibile.

2. Il cogito e l'ideo dell'infinito È ora necessario soffermarsi sulla rivisitazione deUa nozione cartesinna dell'idea dell'infinito che Levinas opera in Totolité et In/ini e negli scritti coevi, una nozione sulla quale tornerà lungo tutto il corso della sua riflessione filosofica, sia pure con accenti diversi. Anzitutto, vi è un aspetto da sottolineare, che a prima vista può lasciare sorpresi: la concezione cartesiana dimostra che l'idea di trascendenza è presente là dove non ci si aspetterebbe di trovarla, cioè nel cuore stesso del pensiero moderno, nel coglÌo. Si 01 E. Lcvinu, ·1"o(.Jilh1 l11jì,.,; cii., p. 29; ind. il. pp. }7 sg.

'4 La me» della

condizione di lini1czza del sosgctlo non gli pcrmctte di -=n: una «valuta d'insien:wionc (cfr. A. Pcpcrzali:, To 1he Olhn. An /111,od,mio,, 10 1he Philosopl,y o/ lim-

111111111d l.tvi11os, Punfuc Univcnity Pn::ss, Wat LafS)'Ctte, Indiana 199}, p. 29). 61 Cfr. E. Lcvinas, 1"a1.JiJh1 l11/ì11i, ci1., p.46; ind. iL p. 51. A tale fisuardo, è inlcn,ssanle not- che, DC8li Aui ddl11more, Kicrltcgaard subil.iscc in-=: una n:lmonc In infuù1ìi e n:ciproci1ìi: infllti, pur riconosca1do che !"amore Wc:sscn: in1cso come un«dcbi10 infuùlCD, che non può ripapio, csli $OSUCnC che «siamo di fronte a una n:ciproàli, baùnicso infmit.a, fra le due paro» (S. Kicrltcgaard, Somr Kù,ktJ1111tds Sl:,ifrn, Voi. 9, Sorm !Gcrlu,gaard r-onlcnins>c=1erct-Gad, Copcnhagcn2004, p. 181; ind. iL di u. Rqpna, (."/i •J1idelf11"'""· Alame ti/kssiorti au1i1111e i11 /"""" di disami, Morcdliana, BR:Scia 2009, p. 20}). Sul tema si veda S. t,ÌID (cfr.

J. Bcnoist, /.A!cogilo kwr.srim: /.,,.,;,,,u ,e/ /)nana, in J.-L Marion (dir.), limm41'Ud /.,,.,;,,,u.

PO$ÌIMlhl lf111'SCfflJ;,,,cr. Suivi dc, /.,,.,;,,,u "'"' pbinommolo,.i,e, Puf,Paris 2000,pp. 105-122, in put. p. 106). "R. Dcsartcs, ArVII, p. 28; ind. i1_ 0,-r /637-/649,a cura di G. BcJajoioso, Bompiani, Milano 2009, p. 719. &a E. Lcvinas, ,,,,,,,.,,,,.,., CÌI., p. 147; IJ'lld.iL p. 173. 9 & lbid.; ind. iL pp. 17} sg. In - • viè un rimando a un passo IJ'llllo dalla Krisis, in cui si dice che «la considcruionc radiale del mondo è una considcruionc sistc:ma.tica e in1crna della soggc«tività che si "esteriorizza" ncll'cstctiorità» (E. Hussc:rl, l>i,e Krisis tkr lism,piisd,m Wissmsch,,flffl ,,,,J ,li,. 1,a,,ru,,dmuk Phonommofoti,e. /;;,,,. liinkitu,,r. ;,, ,li,. phònommoft> ,_;,d,,. Pbifosophi,e, hng. YOn W. Bicmd, Hussc:rliana Bel. VI, Nij!,o(f, Don Hug 1959, p. I 16; ind. iL di E. Filippini, /.,a aùi ddk scim:_,e """'/>ll "I,, Jmommolo,.i4 trruanJm14k, pn:l. di E.Paci, ilSossiaton:, Milano 1961, p. 14}). 70 E. Lcvinas, ·1'bir,,i,. ,k fù,1ui1ion, cii., p. 86; ind. it_ p. 61. Ndla quin1a Ri«ret1 fotia, Hussc:rl alfcnna infatti che,.,,,_,,; visslllo ù,1mv0114k i un• ftl/JfJ,nm/llV0t1 (E. Husscrl, l.o,_;,d,,.1/,,,,.,,,,d""''-m. Il. Bd. I. Tnl 11,,,,.,,ud,,,,,,_mv,r Phonommofot.i,e und tkr /:n,m,,,,,;,, lusg. """ U. Panzer, Hussciliana Bel. XIX/I, Kluwcr, Dordrcch1-Boston-

.,-i-,,;,.

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I.A PASSIVITÀ D1(1.SINnRE

tanto rendere *nuovamente" presente, è ricondurre al presente stesso una percc-~ione attuale che scorre vie»: ciò significa «ricondurre all'instantaneità di un pensiero tutto ciò che sembra indipendente da esso. È in questo che la rappresentazione è costituente»71• Inoltre, egli sottolinea che «il pensiero comporta un prendere, un afferramento, una presa su ciò che è appreso e un possesso. Il *prendere" dell'apprendere non è puramente metaforico», ma ha una sua consistenza reale, dato che già la percezione prende; e il Begri//conserva questo significato di presa. Il «da,. W> [... ) è alla ponata del pensiero pensante[... ). Come se il pensiero pemasse secondo la sua misura per il fatto di potere - in quanto incarnato - rassiungere ciò che pensa. Pensiero e psichismo dell'immanenza [ ... ). È proprio questo il fenomeno del mondo (... ). Forse è questo che Husserl esprime quando afferma una correlazione -che è la correlazione- tra il pensiero e il mondo. [ ... ) L'attività del pensiero ha ragione di ogni alterità72•

Di qui la critica alla nozione di coscienza, la quale «implica presenza,

[ ...] il fatto-di-essere-dato. Esposizione all'offerramento, olla preso, allo com-prensione, all'oppropriazione»71• Tuttavia, Levinas sottolinea che al di quo dello coscienza intenzionale, diretta agli oggetti, vi è uno coscienza «immediata, mo senza mira intenzionale», e quindi «non-intenzionale», che dcv'essere distinta dalla «percezione interna alla quale essa sarebbe in grado di convertirsi»74• Ma poiché il telos della conoscenza è dominante, si è

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Non al mondo, bensl in questione»". Ciò signifìca che l'interiorità più profonda del soggetto non ha Wl Clllllttere gnoseologico ma etioo: sentire di dover rispondere, prima di ogni sapere. In questo senso, lilJ.ASliPAR/vJONE H I:«AJ.TRO N~l. M~Dl::stMO>

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nito nel finito, il più nel meno che si attua attraverso l'idea dell'Infinito, si produce come Desiderio», il quale si distingue dal bisogno perché «il Desiderato non lo riempie, ma lo swota»101 • Certo, Levinas afferma che «Altri [ ... )assomiglia a Dio» •m, è a sua immagine e somiglianza, ma ciò significa che Dio si rivela soltanto negli altri, e che il comando etico proviene da una dimensione che si sottrae alla presa del soggetto. In effetti, l'altro si presenta in una dimensione di «altezza» (sinaitica) e di «esteriorità»101, ed è per questo che la relazione etica è tale da escludere qualsiasi forma di reminiscenza, col risultato di rendere 'sterile' l'interiorità104• Levinas si mostra infatti assai critico nei confronti deUa maieutica socratica1~, tanto da affermare che «solo !'assolutamente estraneo può istruirci. E solo l'uomo può essermi assolutamente estraneo» 1°'; non certo le cose del mondo, oggetto della mira intenzionale. Detto altrimenti, affinché il comando etico possa 'rompere' la chiusura del Medesimo, «è necessario che Altri sia più vicino a Dio di quanto non lo sia lo. Il che non è certo un'invenzione deUa filosofia, ma il primo dato deUa coscienza morale»107•

3. L'«Altro nel Medesimo» In Autre111enl qu'etre la nozione di soggettività conosce un profondo mutamento, poiché Levinas si congeda dall'idea che il Medesimo sussista anzitutto per sé, e che soltanto grazie all'appello di altri si apra aUa relazione etica. In quest'opera egli sostiene infatti che il soggetto è originariamente affetto dall'altro, che lo convoca - lo ha da sempre convocato - secondo una -

quistato ncll'ipootasi»,comcacadc:va in l:k l'exium«ò l'nistml, ma«n00 èncppun: l1o che è il Mcdc:simo -che (... ) ha •)"identità come con1cnu10• -di I01alilie1 lnjìllÌ. Sosacno isolalo [... ] che ccrtamcntc incontrai l'ahm nel volto d'altri, [... ] ma solo in un sccondotcmpo,suc• C j. < di un'unità llltrava'SO la moltcplicitirappn:sc:ni. l'evento fondomcntalc di ogni pcnsÌcral> (Id., /in"'°"""""'' f aistma, CÌL, p. )2; traci ÌL p. 22).

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I.A PASSIVITÀ 1)1((. Sl'NllRf.

parla in prima persona118 - in un «Dirsi» che si colloca anteriormente rispetto ad ogni fenomenicità. In questa concezione, prima di essere incontrato ali'esterno, nel dominio delle relazioni intersoggettive, l'altro risiede da sen,pre - da tempo immemorabile - all'interno del sé, che è concepito per l'appunto come !'«Altro nel Medesimo»: trascendenza nell'ù11,11anenza, eteronomia radicale, che il soggetto scopre in sé ogni volta di nuovo nell'incontro con l'altro empirico119. Ne consegue che in Autrm,ent qu'etre perdono rilevanza le figure determinate - come lo straniero, la vedova e l'orfano - a cui Lcvinas si era riferito in Tota/ili et In/ini, proprio a causa della precedenza del trauma interno al soggetto rispetto all'apparire esterno dell'altro - a un simile livello di profondità, l'alterità non ha più nulla di egologjco. Al fine di chia.rire questa singolare collocazione dell'altro, Lcvinas fa ricorso ali'esperienza della maternità, in quanto «gest11Zione dell'altro nel medesimo» 120, che tuttavia resta come sospesa, incompiuta121, dato che, in quanto trascendenza 'interiorizzata', essa caratterizza costitutivamente il soggetto. La prossimità rappresenta dunque «la nascita latente del soggetto», che è tale in quanto è collocata «al di qua dcli' origine»122, tanto da sottrarsi ad ogni possibile recupero da pane della coscienza. Lcvinas sostiene infatti che «il Medesimo ha a che fare con A.Itri ancor prima che ( ...) l'altro appaia a una coscienza»m, d(d momento che quest'ultima è sempre in correlazione con un prescnte124• E necessario soffermarsi un momento su questo snodo 118 Occ:om:

nbodirc che l'cuca lcvinasiana è tk1111 in prima pcnona, quindi da una prospettiva qiologica - certo profondamente diversa da quclJa husscrliana - che pn:dudc osni

poss,1,ilità c l i ~ soltanto io sono infUÙl.amall~ ,cs.,.,....bilc. 119 A tale riguardo, si è sostenuto che «l'c:tia come 6losolla prima richiede appena un .J. trocmpirico poiché l'auc:n%ioncè pas1asulla traso:ndc:nxa nell'immanenza» (B. Jkrgo, l.n,iw Tkteottn l:tbic:s ..,,J PoliJic:s, ciL, p. 22:5). 120 Cfr. E. Lcvinas,AUlrmtml qu'itrr,cit.,p. 121; trad.it. p. 94. 121 Cfr. D. Frandt, l.'11,..f)tNlr-laUlr~. l.nmras ~, t,, Sll/fi/ìcation, Puf, Paris 2008, p. 70. 122 E. Lcvinas,AUlrmtmlqu'itrr, ciL,p.218; trad.iL p. 175. 121 Jvi,p. 46,trad. ÌL p.}1. 124 A tale proposito, in / /~n,tiqlg ~, 011.Jd.i Lcvinas offcrma che la cosciaua è la vita della pracma. Coscienza che si fa climauicarc a bcndìcio desii nsniprnmti: si ritira essa stessa dall',ppari,c per fare loro posto. La vita immcdiala, pn,.rillcssiw, [ ... ) anonima [ ..• ) della I-J.Sl'NllRf.

ha senso compiuto, poiché tale situazione non pennette di sentire e agire secondo responsabilità e giustizia. La vedova e l'orfano sono figure dellaftatemtià, a cui Levinas si riferisce pronunciandosi sul detto biblico «ama il prossimo tuo come te stesso»20• Dopo aver richiamato le difficoltà incontrate da Buber e Roscnzweig nel tradurre questa espressione, egli ricorda che l'ermeneutica della Scrittura richiede che ogni versetto venga riferito all'insieme del testo biblico, nel quale a suo giudizio «c'è se11,pre una priorità dell'altro in rappono a me» di qui la sua proposta di traduzione: «ama il tuo prossimo; è te stesso»21• L'«asimmetria» dell'etica levinasiana si traduce quindi in un privilegio della fraternità rispetto all'uguaglianza e alla cura (heideggeriana) di sé. Si noti peraltro che per Levinas il termine «fraternità» non rimanda tanto a un fatto 'naturale,22, cosa che risulterebbe avulsa dalla sua prospettiva teorica, quanto a un legame anteriore ad ogni scelta: in questo senso, «il fatto originario della fraternità è costituito dalla mia responsabilità di fronte 11 un volto che mi guard11 come assolutamente esttaneo»21 • In Totaltil et In/ini la relazione etica è istituita dall'appello- personale e concreto - che proviene dal volto dell'altro, non già, come nell11 morale kantiana, dall'imperativo categorico impersonale e BStratto. Ne consegue che l'etica di Levinas non è assimilabile a un11 forma di legalisma24, poiché il dovere (infinito) verso altri - puro dovere, necessariamente privo di 11rgomenti a suppono25, letteralmente fuori dal mondo - non procede da un11 legge BStratta, ma proprio dal volto di autrui, mentre in Kant «l'etica si subordinava[ ...] all'universalizza2ione della massima[ ...] (in cui era ceno in questione il rispetto della persona uman11, m11 in guisB di formula seconda e dedotta- dell'imperativo categorico)»2'. Per altri versi, l'etica levinasi11na si rivel11 invece assai prossima a quella kantiana: a tale riguardo, basti ricor20 Cfr. /.u 19,18; M122,}9. 21 E. Lc:vinas, /)d>in1tpù11im1 iifiJ«, ciL, pp.144 sa-;tnd. iL pp. 114sa22 «L'unità del sena,: umano è pn:cisamcnlc pouniorr ,JJ,, /Nlnnitò (E. Lcvims, ,tu,,.... mml qrlitrr, ciL, p. 258; tnd. it. p. 2ff7).

21 E. Lcvinas, '/Ò(4UJi ,:f /,rfi,ù, cil., p.235; tnd. iL p. 219. Sul c:anuctt inclusivo della fralcmilà in Lcvinascfr. c. Oialicr, /m,rlJS. l:r,topi,: ,k fb,,_;,,, ciL, p. 115. 24 Cfr.J.-M. Salanslcis, /.,,,,;,.IIS 11n.w,1, Lcs Bcllcs Lcttn:s, Paris2006, pp. }7 SBl!2~ L'appello .U.. ,...,_..abili1à oo,on deve suggerire: una lin&lil.Ìlq,t1lsiasi», poicl,é «il vol10 sisnifìca di per SO, e quindi OOlOll si lnllta di spicpno» (E. Lc:vinas, 'JÒ(,Ji,i cl /,rfi,ri, cit., p. 292; tnd. iL p. 268). In quaro senso, l'ingiwrzionc dica ;. assimil,hilc alla ragion prmia bnlWl:I che, in quanto /i,h,mr d,r Vmn1tr/~ non richicdc: alcunaspqaiouc.Sul lcmacfr. P. Ha)'Bl. Hm""'"~ I.LIIÙrlJS, ~ d soaiti, ~ Paris 1995, pp. 54 seg. 2' E. Lcvinas, lk/)in, qrù 11imrii fiJ«, cit.,p.228; tnd. iL pp. 177 sa- Suqucstocfr.J.-L Marion, /YoUlnù ii findi,,iJ,,, in Id. (dir.), li11mra~ / ~. Posilivili cl lnr1,s,:md,,,r«_ cit., pp. 287-}08, in pan. pp. }01 SII-

I~ 11,«VOl.ll► Dl'JJ.'Al,11!01•: I.ACX)S(l~.M/.A MOAAIJl

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dare I'affennazione di Levinas secondo cui «la prossimità del prossimo nel suo traumatismo non mi urta solamente, ma mi esalta e mi eleva»27, affermazione che può essere accostata al tema kantiano del «rispetto», che sottomette e innalza il soggetto28• Ma l'appre-aamento di Levinas per Kant deriva principalmente dal fatto che il pensiero kantiano «trova un senso all'umano senza misurarlo con l'ontologia»29, prefigurando quasi l'idea levinosiano dcli' autre,nent qu'itre. L'altro si presenta in una dimen.sione di «alt=a»JO, ed è per questo che può mettere in questione in soggetto: a tal fine, «è necessario che Altri sia più vicino a Dio di quanto non lo sia lo. Il che non è certo un'invenzione della filosofia, ma il primo dato della coscienza morale»". In questa prospettiva, «Altri [ ...]assomiglia a Dio»12, è a sua immagine e somiglian:ta, sebbene il suo volto si sottrogga all'ambito della sensibilità. Tuttavia, a dispetto delle apparenze, tali affennazioni non derivano da premesse teologiche o confessionali, ma intendono 'tradurre' quel che il soggetto prova nel momento in cui avverte un dovere infinito verso l'altro, dovere che nessuna condotta virtuosa può colmare, dato che si accresce quanto più lo si assume - «più sono giusto e più sono colpevole»11• In questo senso, esso si distingue dal So/len kantiano e dal suo approssimarsi asintotico, poiché «il debito aumenta nella misura in cui si salda»14• Nel chiamare alla responsabilità, il volto dell'altro si trattiene han du 111ontk, sottraendosi alla visibilità, ed è solo grazie alla presenza del «terzo» - figura ineludibile, sulla quale ci soffermeremo in seguito15 - che i volti acquistano visibilità. In quanto tale, il volto si ritrae da ogni pre$e,cy1, eludendo ogni possibile protensione: in Autre111ent qu'itre Levinas affenna infatti 27 E. Lcvinos, A111,..,,,m1 qu'il,.., òt., p. 198;1nd. iL p. 157. 21 A questo proposito, Rirocur noca che in Kant

il rispetto introduce «un faitocc di possi,,i14 nel cuore stcs.so dd principio di autonomia» (P. Ricocur,Soi-mime a>mm~1111 IUJ/rr1 cit., p. 251; 1nd. iL p. 315). A sua wha, Lc:vinas «ndializza quel risvolto di eteronomia che pcnmnc: dcnlrO l'a..onomia lcanliam» (G. Palumbo, llll{11Ùll14m~ pw fJ,,o, wk11ia, 1roscmdm11Jk dellaC.rili01 tk/. I,, n,,fe,tp,,_ (Id., /)i~ I,, mort et k ump,,cit., p. 70; lnd. iL p. 104). IO Cfr. E. Lcvinos, 'l'otofiti~t ln/ìni, CÌL, p. 73; IJ'&d. iL p. 73. li E. Lcvinos, fi,,dicow,4,r/ f~xis,mce, òt. , p.241; 1nd. it.p.199. Jl E. Lcvinos, '/'otoliti~, ln/ìni, CÌL, p. 326; 1nd. iL p. 301. Anche l'io è Ìlnd/P /Ni, ma a Lc:vinas pn:mc anzitu1to$C0118iurvcla prcmincnxadcl soggetto rispetto ad altri. JJ lvi, p.274; 1nd. iLp. 250. ME. Lcvinos, AIII,..,,,,,,, qu•;,,.., òt., p. 27; 1nd. iL p. 16. l5 Clr.in/t11, cap. V.

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I.AP~VITADEI.Sl'Nllllli

che «al di fuori di ogni a priori - il prossimo mi concerne attraverso la sua singolarità esclusiva scnm opporire»Jt.. Si tocca qui un punto cruciale, che riguarda il rapporto con la fenomenologia husserliana. Lcvinas si sofferma sul tema nelle ultime pagine dell'opera - uno dei rari luoghi in cui si pronuncia su questioni di metodo17 -, sostenendo che le sue analisi «rivendicano lo spirito della filosofia husserliana», nel senso che si richiamano alla fenomenologia come «metodo di ogni filosofia», tanto da adottare I'«analisi intenzionale, nella misura in cui questa significa la restituzione delle nozioni all'oriz7.onte del loro apparire»; ma l'aspetto dirimente è che «l'apparire dell'essere non è l'ultima legittimazione della soggettività - ed è in questo che il presente lavoro si avventura al di là della fenomenologia»sa. Per quanto conce me la rei.azione con l'altro, egli sottolinea che «l'immediatezza è la defezione della rappresentazione in volto, in ~astrazione concreta" strappata al mondo, agli orizzonti»'9• A d.ispetto di quanto si potrebbe pensare, il volto del prossimo «sfugge alla rappresentazione; è la defezione stessa della fenomenalità», non tanto per eccesso, quanto per difetto: «non-fenomeno perché ~meno" del fenomeno»..,_ Ancor più che nelle opere precedenti, in Autrm1ent qu'etre Lcvinas dà prova di voler sottrarre il volto ali'ambito fenomenico41 • Per questo, non sorprende che a proposito della sua concezione si sia parlato di una phénoménologie sons phéno"1énolite~, trattandosi per l'appunto di «un'altra fenomenologia», che comporta la "E. Lcvinas, Alllrrmml qr,'ilrr,ciL, pp.137 SII,; trad. iLpp. 107 Sll17 In "/'otoliti ~I lnf,m csli llYCYa alTcnna10 che .da prcscntazionc e lo sviluppo delle nozioni uti.lixzate devono lutto al metodo fcnomcnologjca,o (E. Lcvinas, '/'otoliti cl lnf,m, ciL, p. 14; traci. it. p. 26). Sul ..nctodo trasccnclcntaleo adotwo in quest'opera (cfr. ivi, p. IO; traci. iL p. 2J), Lcvinss è 1oma10 in un dib11tti10 del 1975, souolincando che esso consiste scmp~ nel caan: il fondamcn10. [... ) Un'idea è pcsciò gjusti1Ìc:&1aquando ha uoYato il proprio fondamcn10, quando si sono moslnle le amdwo,,i ddla sua possi1,ilili»; 1u1isvia, csli pR:CÌsa che .,,c,n è il 1aminc "tnsccndcn1alc" che vom:i traucncrc, ma la nozione dì amlisi in1cm:ionalc. Penso che, malgrado lutto, ciò che faccio sia fcnomcnolosia, anche se non c'è ridimonc secondo le rqolc riclucste da Husscrl, anche se non tutla la mctoclologja husscrliana è rispettai.a» (Id., Oc [)in, qui 11im1 iì l'ù/«, ciL, pp. 139 sgg.; traci. iL pp. 111 SII,). Sul tema ddla ridu-

nonc dr. in/n1, ap. VI.

li E. Lcvinas, Alllrrmml qr,'ilrr, cit., pp. 280SII,; trad. iL pp. 226SII, 19 lvi, p. 146; traci. iL p. 114.

40

lvi, p. 141; traci. iL p. 110. Jacqucs Rolland lo dc:saivc come un «quasi•faKJCDC,... (cfr.

J. Rolland, P•taJ. 44 Sul tema cfr. S. Strasscr, Antipbé,,,,mi,,olo,Je et pbmommolo,fe lo pbilasopbie d'limm1111ud 1..,,,;,,"', in «Rcvuc philooophjquc dc Louvain», 75, lm, pp. 101-125. Domini• quc Praddlc sostiene che l'ambiguim di Lcvinas nei confronti della fcnomaiolop dipende in ultima analisi dal concnu,,,uiqw dn

J,,,,,

I.APASSIVITÀOHI.SINllRE

spcttiva lcvinasiana, poiché in essa il soggetto è inm1ediatan1mte affetto dalla prossimità dcli' altro, senza avere alcun bisogno di una trasposizione analogica che pane da un dato. Ma il punto cruciale è che Levinas si dimostra assai critico nei confronti dell'esigenza di una costùuvone dell'alter ego, tanto da sostenere che nella fenomenologia husserliana la trascendenza dell'altro «si riduce» all'immanenza49. Per Husserl, invece, è necessario mostrare il modo in cui, nel!' i111111anmza della coscienza trascendentale, si forma il senso dell'altro soggetto in quanto esistente per sé°. Per questo, nella quinta Meditazione cartesiana la costituzione dcli'estraneo si realizza per mezzo di un «trasferimento» del senso 'io' dal soggetto ali' altro, sl da esperirlo come un alter egd1• È grazie alla costante presenza a mc stesso del mio corpo vivo, al suo 'fungere' anche quando non è a tema, che l'altro risulta «appresentalo», per cui l'ego e l'alter ego si danno in un «appaiamento» (Paarung) originari~2• Al contrario, considerare l'altro come un alter ego significa, per Levinas, disconoscerne I'alteritàs1, tanto da renderlo a misura del soggetto. Questa tesi lcvinasiana è strettamente connessa alla sua interpretazione della correlazione noetico-noematica, secondo la quale essa comporta necessariamente un'adaequatio tra il pensiero e il pensato, tra cogito e cogitatum. Di conseguenza, l'altro «non trova posto nel noema di una noesi»; certo, nell'intenzionalità ,il:. Vnwd, dner Kn1ik tkr to,.udJm Vemunf,, hrsg. wn P. Ja.nssc:n, Husscrliana Bd. XVD, NijholT, Dai Hug 1974, p. 241; tnd. it. di G.D. Neri, l~,ia, form,,k e 1rru«ndmr,,k. S.ujo di aiJia, de/1,a n1,ione to,.i01, prcf. di E. Paci, Latc:rza, Bari 1966, p. 290). SI «Il secondo C80 [ ... ) è costituito CCllle a/,er e,;o, laddovc ciò a cui rimanda, ndl'c:sprc:ssionc: al,er e/lA il tcnninc: e,;o, sono io stesso in quello che mi apputicnc propriamente. L'a/,ro, conformemente al suo senso costituito, rinvia a mc stesso, l'altro è il rispecchiamento di mc stesso, e tuu.avia non è propriamente un rispecchiamento; un analogo di mc stesso, e tuttavia non è analogo rd senso usuale del lamino> Crvi, p. 125; tnd. ÌL p. 170). Si noli che in qucstO passo Htmcrf sembra c,gwc tra l'assirnilrionc ddl'altro all'io e il ricanoow/ot.o a,n fomotr, a cura diU. Perone, tnd. ÌL di M. Savcriano, C. Canullo e A. Cislashi, Roscnbcrs & Sdlic:r, Torino 2007, p . .35; il volume è la LraScrizionc dei seminari tenuti da Marion nel now:mbrc 2006 alla Scuola di Alta r-ormazionc Fd0506a di Torino ai qu.li abbiamo partccipaio. ~4 Cfr. ivi, p.51. In essa «nn c'è fondamento perché il suo scopo è lasciare i fenomeni apparire insé e da so (ivi, p. 4.3). 75 J.-L Marion, Rid,,aio,, ~, donotion. R«hndJa ,,,,. I /ussc,I, I ldtk,ur~t /,, pbmomin~ Jo,.i,, Puf, Paris 1989, p. 30.3; Lrad. iL diS. Cazz:and1j, Riduvon~ ~ donltVOfl~. R i ~ su I /u1-J.Sl'NllRf.

pria, mentre «l'etica è[ ...] l'ol di là dell'espmenQZ» 81• In questo senso, «ogni esperienza, per quo.nto passiva, per quo.nto accogliente, si trasforma subito in una ~ costituzione dcli'essere" che essa riceve, come se il dato fosse tratto da se stesso, come se fossi io ad attribuirgli il senso che appona»u. Marion estende invece il concetto di esperienza o.nche ai fenomeni non oggettivabili, tra i quali vi è il volto d'altri. A tale riguardo, egli ritiene che I'e«esso dell'intuizione rispetto al concetto - ferma restando la concezione husserliana del fenomeno come «riempimento» (Erfol/uniy del concetto da pane dell'intuizione81 -dia luogo a un «fenomeno saturo», che non è oggettivabile poiché eccede le condizioni di possibilità dell'esperienza84, le quali, poste dal soggetto (trascendentale), sono sempre riferite a oggetti. Di qui I'«equivocità» della no,:ionc di esperienza, che non risulta affatto limitata all'oggettualità, potendo invece trasgredire la propria accezione troscendmtole, tramutandosi in «contro-esperienza»85• Nei fenomeni saturi l'intenzionalità è contraddetta dall'eccesso di intuizione, la quale «vi dispiega un sovrappiù [suraoi't] che il concetto non può ordinaw.", come avviene nd caso del volto d'altri, il cui sguardo oppone resistenza a quello del soggetto. Il volto altrui è «una contro-intenzionalità, che non si manifesta diventando visibile, ma rivolgendomi il suo sguardo [ ... ], attraverso la responsabilità che suscita nei miei riguardi»11• Anche Lcvinas pone un limite all'attività costitutiva della s§fettività, ma I'«inversione» dell'intcn:cionalità espressa in AuJre,,1enJ qu'etre assume un rilievo eJico, dal momento che «la responsabilità per Altri - al contrario dell'intenzionalità [ ...] - non significa affatto lo svelamento di un dato [donne1 e la sua rece:cionc o percezione, ma I'esposiiione di mc ad altri, preliminare ad ogni decisione»89 • T aie connotazione etica risulta assente dal 81

E. Lc:vinas, Alllrmrmt qu'itrr, cii., p. 2J2;ind. iL p. 186, corsivo nosuo.

&l E. Lc:vinas,

lindicowronl l'rxistmu, ciL,p.263; ind. it.p.216. si riferisce alla «dcfmmonc comune del fa,omaio (Kant, Hussa!) - la quale mette in rclmx,ne due termini (intuizione e conce1to/signi1Ìazionc:) utilizzando solo due figure 81 Marion

del loro rappono (il difetto di intuizione e l'adeguazione), ma ~ la tena (l'eccesso d'intuizione:)» Marion, filoni do,,,,;, ciL, p.m; ind. iL p. 243). 84 T uaavia, ci si può domandan:: se: un fa,omaio che oltn:pas:a le condmoni di possibilità dcll'cspoioa.a ...aiti ana>ra il nome di falOIDCIIO (cfr. D. Janiaud, ,.,, pbinominalo,jr icl,,1«, llditions dc l'&fst, Paris 1998, p. 61). Su questo si valaJ.·L Marion, l.r viùbk rt k m>ili, Caf, Paris2005, pp. 165 sg.;ind. it. di C. Canullo, lltJÙUJÌk r ilritNlo,o, pn:f. di G. Dalm.s-

o.-L

so,Jaa Bc,clc, Milano2007,pp. 152flll!. 85 CCr.J.-L Marion,filont do,,ni, cit., pp. 300 sg.; ind.iL pp. 265 sg. 8' lvi, p.314; ind. iLp. 278. 11 J .-LMarion, lksun:roh, cit.,pp. 94sg. 81 CCr. E. Lc:vinas, A111rmrmtq,/itrr, cit., p.81; ind. iL p. 60. 89 Ivi, p. 221; ind. iL p. 1n. È singolare che Marion, ncl ripocun: questo passo lcvinasiano, dia anchc:l'in,p1 .,· ,ic dicondividedo (cfr.J.-L Marion, lk sun:roh, cit., pp. 94sg.).

I~ ll.«VOl.1U• Dl~J.'Al.TROI( I.ACO!ì(lf.N/.A MORAIJ(

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pensiero di Marion, il quale intende attenersi al piano dei fenomeni, escludendo ogni riferimento alla trascenden11J - i cui tratti rimangono tuttavia ambigw"° - e attuando cosl una radicalizzazione dell'immanenza. La contro-intenzionalità è propria dei fenomeni saturi am,e tali - «ogni tipo di fenomeno saturo [ . .. ] inverte l'intenzionalità»91 -, che Marion descrive seguendo la tavola kantiana delle categorie92: oltre ali'«evento», ali'«idolo», alla «carne» (chair) e al «fenomeno di rivelazione» - che comporta una saturazione della saturazione-, vi è il volto d'altri in quanto «icona»91• Se da un lato l'icona è «inguardabile», essendo caratterizzata da un'invisibilità essenziale, dall'altro essa «esercita o ritroso il suo sguardo su colui che l'affronta»94, chiamandolo alla responsabilità. Ciò nonostante, l'appello altrui può essere eluso, anche se «il disprezzo dello sguardo d 'altri non ha qui un senso innanzitutto etiro, ma l'accezione strettamente fenomenologica di ricusare, rifìutare ed evitare il faccia a faccia»95• Questo passo rivela che in Marion è del tutto sottaciuta la rilevanza etica della relazione con l'altro, che è ancora più evidente quando ci si sottrae alla responsabilità. Certo, egli riconosce che il volto «compie forse più di ogni altro fenomeno[ ...] l'operazione fenomenologica dell'appello», e tuttavia proprio per questo «deve definirsi non solamente come l'altro dell'etica (Levinas), ma più radicalmente come l'icona che impone il suo appello»9'. L'appello etico si limiterebbe pertanto o esemplificare un avvenimento fenomenologico più originario. :ionc hUSe "l'c sdusionc:dd tnscmdcnte (in senso) n:ak [mli"•, dato che la donuionc - tnscmdc:nza nc:ll'inumncma - «sOl8" pn:cisamcnte quando l'appa• nma di, ohn: a se 5'csa (immancma n:ak), l'ogctto che senza cli lei non poUd,bc: mai appariri/ftak libn14. S4uis,,/ ,J,,J,,ismo,Jaa Boole, Milano 2004, p.221). 120 E. Lcvinss, Hntrt """'• cit., p. 240; trad. iL p. 272. AIUcodorc dc Bocr, ma Lcvinas clicc di c:sscrc «assluwnmtc d'acrordo con questa formula, se 1raSCcndcntalc signifu:a una cctta antcrioritò (ibid.). Cfr. T. dc Bocr, A,, litbiul 'lirutsan,k,,1J Pbilosop/,y, in Id., 'fbe Ro1io,,,,/i1y o/ 'Jirutsandmu. S111din i,, tbe Pbilosop/,y o/ l:mm111111d lmNU, Brill, Lcidcn 1997, pp. 1-}2. Nd riconcoccn, la pn:minc:nxa dc:lla «dimensione CIIOiogico, il 1raSCcndcntalismoctico kvinasiano riprodum:bbc il ..u...cc:ndcntalumo noetico» di Hussc,I (cfr. A. Tormy, 1.'auhli dubim. /4fit,olfse ,k 1,,,.,;,,..._ pn:f. dc A. dc Muralt, Slatlcinc, GcnM 1999,p. 48}).

72

I.A PASSIVITÀ Ol•J. Sl'NllRf.

mc che si sia già nell'etica (l'Altro nel Mcdesimo)m, cd è per questo che la coscienza morale - se non la si oblitera -è ridestata, nelle singole situazioni, dall'appello dcll'altro. Si potrebbe dire che, nell'incontro con l'altro, il ing""d R.oum,àt., pp.62 sg.;tnd. iL pp. n sgg.

111. f.A 11iMPORAJ.ITÀ (:oME«OIACRONl,.,. I! Il. TRAUMARfJ)O(JBIJì

77

isolate, la cui associazione sarebbe operata dalla coscienza, occorre muovere dalla in,, I,, mort et k tm,ps, cit., p. 130; u-ad. iL p. 164). Sulla suu11ura ideologica ddl'intcmionalit.à cfr. D. Pradcllc, Y 11-1-il1111e pbi,,omino/o,je, cit., pp. 78 sg. 97 E. Lcvinos, "/"tru,u;md,,,,o, et inttlli1,ibi/iti, cii., p. 17; trad. il. p. 18. ll riferimento è a w, passo in cui affcnna che «viene in1c:rrogw. l'in1crufonalit.à [... ] per determinare a che e-osa essa tenda propriamente:» (E. Hw:scd, 1'"""'1k 1111d tn1ns:undmtokl.o,Jk,àL, p.15; Jnd. iL p.14). 91 E. Lc:vin&s, /:ntrrllOflS,ÒL, p. I¼; Jnd. iL p. 161. lndTctti, cali SOOlia>cche .d'intauionolit.à non è il SC!!Jào ddl'umano» (Id, I ~ I,, mort n k lffll/J$, ciL, p. 24; trad. iL p. 56). 99 E. Lc:vin&s, AIIITmrmt qu'itrr,àL, p. 32; trad. ÌL p. 21. Sulla prammità cfr. infa,,cap. IV. I001vi,pp. 134 sg.; u-adiL pp.104 sg. IOl lvi,p. 140; trad.iL p. 110. 1112 Si noù che Lc:vin&s è assè etilico nei confronli dd1a «nOZionc di raccclta (nel senso hcidcggcriano ddS-m,ln),.,che a suo giudizio è«inscpsrabilc dalla pn:scnzo (E. Lcvinos, l>in1, I,, mortet letmrps, cit., p. 244;trad. it. p. 28}).

Husscn

I.A PASSIYrrA Ol'J. Sl'NllRf.

92

prima che parlasse. Anacronismo che attesta una temporalità diversa da quella che scandisce la coscienza. Essa smonta il t~npo recuperabile [ ...J della memoria [ ... J. Nella prossimità si intende un comandamento venuto come da un passato immemorabilc»10I, che mi appella di nuovo quando incontro l'altro, il quale mi convoca senv, dover parlare104• Ciò significa che il tempo della prossimità, che riguarda la passività del corpo, differisce dalla temporalità della coscicnza105, poiché il soggetto non è in grado di rendere presente l'affezione «pre-originoria» che lo ha costituito come un essere vulnerabile. La prossimità rappresenta dunque «la nascita latente del soggetto», che è tale in quanto è situata «al di qua dell'origine, [ ... ) al di qua di un presente [ ...] ossumibilc»106, tanto da sottrarsi ad ogni possibile recupero da parte della coscienza, mentre nell'impostazione husserllana ogni forma di passività può sempre convertirsi in un contenuto coscienziale. Se dunque per Husserl nella vita di coscienza vi è uno «stratificazione fondamentale», che prevede a un primo livello «passività e ricettività» e a un secondo Uvello la «spontanea attività dell'io» 107, nella concezione levinasiano è presente un ulteriore strato, rappresentato dalla pura passività1011• 3. Il trauma redoublé e la «sostituzione» Lcvinas colloco la responsabilità per altri in un «passato pre-originorio», diacronico, con cui è possibile entrare in relazione non certo attraverso il pensiero, ma soltanto nella «risposta del responsabile [che) non tematizza il diacronico» 1119• Quel che egli intende dire è che la responsabilità non deriva dalle azioni che il soggetto ha compiuto nel passato, ma è costitutiva, i,,,, lo mort ,r k 1,mps, cit., pp. 244, 233; tnd. iL pp. 283,271. Clr. anche Id., I /11m1111ism, tk f Glllrr homm,, cit., p. 11; tnd. it. pp. 24 sg. lc:vinas intmdc eviwc l'e-

spressione «cSPCric:nza morale», perché essa «presuppone un sosaglli senso sembra csscn: dossico», mcnuc lcYinas si riferisce • un senso «d>c non sia tesi dossicu (ivi, p. 146; traci. iL p. 179). Si traltcn:bbc dunque di passan: dalla «In· sein,, I,, mort cl k tm,ps, cit., p. 247; tnd. iL p. 286). Certo, csli riconosce che: «l'intcrprct.uàonc cldl'affettività che: vuole: che: essa riposi sulla npprcscnwionc: è adc:guata nella mis:un in cui l'affettività è assunta come una tcndcma la cui aspirazione può cs:scrcsoddu!aua [ •.. ) o rimanere insoddisfarta [... ). Ogni aspirazione che: è concupiscenza[ ...) è riducibile alla npprcscnwionc: - ma non è certo che: ogni a;rcità, i cui movimenti sono fatica e la durata invecchiamento, che la passività della significazione [ ... ) non è atto, ma pazienza»". In sostanza, l'invecchiamento e il dc/ore rappresentano le modalità attraverso le quali il corpo si trova esposto all'alterità. 2. Materia, corpo, embodiment L'approfondimento del tema della sensibilità conduce Lcvinas a soffermarsi sul concetto di materia, con l'intento di sottrarlo alle diverse interpre:5' Ivi, pp.87 sg.; 1nd. iL pp. 65 sg.

j1 Clr.supn,,a.p. m. SI E. Lcvinas, Aulrrmmt qu'itr,, cit., p. 90; 1nd. iL p. 68. Altnm: qili sostiene che la pa• zicma è '41111/UN'DJI dJ tnnpa,,,, owcro un'attesa 4QD cui la sua intenzione d'auc:s:a è ri.mossL Poiché l'attesa mira, mentre la ps:àcma aucndc $CIUa aucndcn:, è auesa aucso, intenzione d'auc:so; ciò signi6a che «il tempo si dilTcrisa:, si t.raso:ndc all'infinito (Id., /)in,, I,, mori,, k tm,ps, cit., p. 159; ind. it. pp. 192 sg.), sicché t.alc attesa è«a-Dio [,i./Ji,,.J, tempo come a-Oiooo (ivi, p. 01; ind. iL p. 165). In altri lamini, «nella sua ps:àcnxo, il tempo si rifaiscc o si dclcriscc all'infinito. E in qu=a auesa senza aucso, l'intcnzioaalità ( .. . ) si in-.:nc in responsabilità per altri» (ivi, p. 162; 1nd. it. p. 197). 59 lvi, p. 88; 1nd. iL p. 66. L~mYCCc:hiamcnto è un «addio al mondo, [ •••) alla pn:sc:n%D (E. Lcvinas, fk l>iftl qui ,,;,,,, iifidtt,cit., p.87; ind. iL p. 7Z). 61 E. l..cvinas, Autr,mmtqu'itrr, cit., p. 93; ind. iL p. 70. In no(a Lcvinas rimanda alle analisi svolte in I), f ,,,;,,,,,,, ii fcxÙla111, dow: pc,i> il tema cldla fatica era stato affrontato a,n rifaimcntoall'«ipoousi,. del soggetto (cfr. Id., /), f~xiJ,mc,ii f,,,;,,,,,,,,cit., pp.41 SII&-, ind. ÌL pp. ZJ $88.).



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I.A PASSIVITÀ Olil.SINllRE

razioni che si sono succedute nella storia del pensiero. Tale concetto ha avuto un ruolo rilevante anche in ambito fenomenologico, già a partire da Husserl, cd è stato variamente riformulato in quegli autori che, successivamente, hanno inteso confrontarsi con la fenomenologia husserliana. In Aut"ment qu'etre la nozione di materia risulta ambigua, dal momento che Levinas opera una distinzione tra due diversi significati del termine: il primo, che appare dominante nell'ambito della tradizione filoso6ca, riguarda la «materia prima» che caratteru:za le cose in opposizione alla forma. Si tratta di uno strato passivo che è sottoposto al logos, alle categorie, nel senso che le cose «sopportano come •materia prima" il logos kerygmatico che mette in rilievo i loro tratti in questa materia»62• Ora, non può certo sorprendere che Levinas si mostri critico verso questa impostazione, dato che in essa il logos assume un ruolo determinante, a detrimento della componente sensibile e materiale. Ma egli avanza anche una seconda critica, poiché in tale prospettiva la materia conserva pur sempre un potere, nonostante la sua sottomissione alla forma: «la materia prima presentata come essere in potenza è ancora potenza di cui la forma tiene conto. Non a caso [ ...] per Aristotele la materia è causa. Questa è la verità dcli'ordine delle cose>l'. una verità che a suo giudizio si è imposta nella storia del pensiero. Nel prendere congedo da questa tradizione, Levinas sostiene che la passività del soggetto non risiede affatto nella sottomissione di una materia alla forma64 , sebbene esso si configuri ancora come materia, sia pure in un senso diverso. Infatti, il secondo significato del termine riguarda la materia che è propria della sogge11ivi1à «di carne e di sangue», la quale è più passiva della passività degli oggetti. Levinas parla infatti della «passività totale dell'05SCSsione - più passiva di quella delle cose»'5. La 'grammatica' della passività proposta da Levinas prevede dunque che essa sia separata da ogni atto, pura passività, prima del discrimine tra attività e passività - «sUscettibilità [ ...] che non può assumere ciò che riceve»". Al soggetto passivo non viene quindi ascritta alcuna causalità materiale, diversamente da quanto accade nella domina aristotelica, dove la materia in quanto potenza è pensata come causa": infatti, pur essendo indeterminata e inconoscibile, la p,ote by/e è causa (aitia1'3, per cui in realtà non è passiva, ma attiva. Al contrario, la passività &Z lvi, p. 174; tnd. iL pp. 07 sg. " lbid.; tnd. iL p. 08. 64 11 soggctlo è «so11omie ikm41ln' M1111,ump1e, dt., pp. 275 sg. Sul tcmJ1 dr. L Vanzago, C.osàffl'llJ e Jtnilii. / ,a sou.e11iui1ii Jmomnrolo,,iu nclk MdillZlioni airtnù,s,: e ndm1111osail1i di ncnm di I lussn/, Mimcsis, Milano 2008, pp. 95 sg. Nc:i testi wdi, in particolare nei manoscritti dd gruppoC, Husocrl fa riferimento alla .byko~ (11,.byk), intendendola come, il «nucleo c:suanco all'io 'lid,frrmde Kem I» (E. Husocrl, Spole '/'nu iibtr 7.n1ktmuilu1ion ( 1929-

19}4). l>ie C-M1111,ak,;p1e, hrsg. von D. Lohmar, Husscdiana Matcrialicn Bel. VIII, Springcr, Donlrcdit 2006, p. 110). Questo passo è d!Mo in N. Dc:praz, '/'rt111scmdt,,,ae1 ina,m41io,,_ IL 110/UI de fù,1enJ1j«1illilf a,m,ne Jtbùf ii sai eh"% //,asm, p~. dc R. 8cmct, Vrin, Paris 1995, p. 255, do.,, si sottolinea che la ~uzionc sa,ctica «richicdc un cambiamento di senso ddJ. .by/o, la quale diventa «w1'al1criti o ~ all'io st....,,., prcccdcntc alla di,:tiru;onc hyklmo,pbé. Si vala anche I. Polcshcbuk, '/'rt111sandmee .,,,J Smsibi/ity. Affmio,,, Senso1ion, ond NonmlfflllMdl (".,,,,sào,a,,n,, in «Lcvinas Studics., 11,2016, pp. 1-20, in put.. pp. 2 sg. 81 E.. Lcvinu, AUlrrmml ,,,,•;,,.,, dt., pp. 172 sa-; trad. iL pp. 136sg. 84 lvi, p.17,J;trad. iLp. 1}7. 15 Jvi, p. 186; 1nd. ÌL p . 147. 8' Cir. A. Ziclinslti, /""""'e tkMnko,,.Ponty el IJNÌMS, dt., p. 82.

1r1 Nella Pbmommolo,ie de I,, pe,ap1ion si legge infatti che «il mio intero corpo non è pc,

mc un aggrio. Lo tengo in un r sscs:so 'ndiviso e cono-

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I.A PASSlvn'À Olil.Sl'l'fnRf.

«lungi [ ... ) dal gonfiare l'anima, [ ... ) la contrae e l'espone nuda all'ala-o»88• Si tratta quindi di riconoscere che l'io «è una ricorrenza a sé a partire da un'esigenza irrecusabile dcll'altro, dovere eccedente il mio essere, dovere che si fa debito e passivirà estrema[ ... ). Ricorrenza che è •incarnazione"»". Che l'io incarnato precedo la coscienza è espresso per l'appunto dallo nozione di «ricorrenza», la quale rappresenta «l'ultimo segreto dell'incarnazione del soggetto - anteriore ad ogni riflessione, od ogni •appercezione", al di qua di ogni posizione, un •indebitamento" prima di ogni prestito», che si concretizza nella «denudazione al di là della pelle fino alla ferita [ ... ), vulnerabilità»w. Levinas sostiene che, nella convocazione alla responsabilità, la soggettività è un «termine irriducibile alla relazione e tuttavia in ricorrenza. [...) Il termine in riro"enZll sarà qui ricercato al di là - o prima - dclla coscienza»91. In particolare, egli sottolinea che «la riflessione su di sé della coscienza [ .. . ) non assomiglia alla ricorrenzapre-liminare delsestesso, all'uno [ . ..) di colpo costretto a sé», dal momento che la ricorrenza «è anteriore ad ogni distinzione tra momenti che potrebbero offrirsi a un'attivirà sintetiz. zante dcll'identifìcazione e della raccolta»92. Ciò signifìca che . In particolare, Lcvinas fa ricorso al termine «psichismo» al fine di descrivere la peculiare «animazione» del soggetto, intesa come «sfasamento [ . .. ] dell'identità: il medesimo impedito di coincidere con se stesso, [ ...] strappato alla propria quiete», dato che «lo psichismo dcli'anima è l'altro in mc [ ...]. Significazione possibile unicamente come incarnazione. L'animazione, il pneun,a stesso dello psichismo, l'alterità nell'identità, è l'identità di un corpo che si espone all'altro» 101. Ciò significa che l'anima è già fuori, nel!'esteriorità di un corpo esposto ad altri. Per questo, egli afferma che «I'animazione non è qui una metafora - ma una designazione( ... ) dell'altro nel 9' lvi, pp.162 sg., 169; ind.iL pp. 128sg., 13). 91 Clr. E. Plonowska Zian:k, 'l'h, lòibù:ol P.wio,,s o/iimmtu,ud 1.,,,,;-, in T . Clwucr

(cd.), frminist lntnpmolions o/ limmtu,ud /.n,inos, Pcnmylvmia State Univcnity Prcs:s, Uni~ Parlt ~1,pp. 78-95, in~~ P: 86. . E. Lcvims, Alllrmtml qlulrr, at., p. 170;tnd. IL p. 135. 99 Ivi, p. 83; ind. iL p. 62. Certo, Lcvinas ric-onoscc che «la rcspiruioncsi dice più sanplia:mc:n1c in termini bioloaim (ivi, p. In; tnd. it. p.224), ma in questo modo ciò che viene dc:saino non è la condi:àonc: pre-riJlcssiva della sosa,:tùvità (cfr. I. Palcshchuk, 1Jn/oldin1, / 1/nl, 'fou,o,J, 1b, Othn: 1.,,,,;,,,.,• Penp«tM o/ MOkmÌly aml1b, l•,minin,, in «Problcmm», 84,201), pp. 138-152, input. p. 140). IOO!vi,p. 181; trad.iL p. 14). IOI lvi, p. 111; tnd. iL p. 86.

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I.A PASSIYrrÀ Olil.Sl'NflRf.

medesimo» iaz, ovvero deUa costituzione fondamentale deUa soggettività. Non vi è una psiche che abita nel corpo prima della rdozione con altri, poiché l'animazione è precisamente il rivolgimento dell'interiorità neU'esteriorità - una 'conversione' da sempre avvenuta -, che si traduce neUa «nonindifferenzo» per l'altro1°1• L'incarnazione è intesa come una «passività assoluta»104, che si sottrae all'alternativa tra attività e passività, dal momento che in Autre111ent qu'etre essa non è affatto disgiunta dall'affezione da parte di altri. Il corpo proprio si costituisce come tale in quanto è affetto dall'altro, mentre neUe opere precedenti l'incarnazione del soggetto era pensata indipendentemente dall'appello etico proveniente da altri 1os. Al contrario, lo psichismo è sin dall'inizio «passività dcli'esposizione che va fino ali'esposizione dcli'esposizione, fino all'espressione o Di~1°'. Levinas opera inoltre una rivisitazione deUa relazione tra interiorità ed esteriorità, sostenendo che il soggetto è «costretto a sé, [ ... ) in sé come nella sua pelle -e nella sua pelle a un tempo esposto all'esterno»107• La pelle, solitamente intesa come confine del corpo, risulta completamente esposta all'esterno, nuda e vulnerabile1011• Per un verso, si ha qui una sorta di 'contrazione', dal momento che «l'io è in sé come neUa sua peUe, cioè già alle strette, male neUa sua pelle», per cui «si tratta di un ritrarsi, di un'anacoresi»; per altro verso, si deve riconoscere che «I' espressione MneUa sua pelle" non è una metafora dell'in sé: si tratta di una ricorrenza[ ... ) nelfazttempo che separa l'inspirazione dall'espirazione, la diastole dalla sistole [ .. . ). Il corpo[... ) è l'in se stesso della contrazione dell'ipseità e della sua esplosione» ii»_ La pelle non è dunque una mera superficie biologica, poiché rivela l'esposizione etica del soggetto, il suo essere vulnerabile, la sua «espirazione». L'altro rende s'l possibile l'ispirazione/inspirazione (inspiration) dd ICI! lvi, p. 11}; trad.iL p. 88. IOJ Cfr. ivi,

p.114; traci. iL ibid. 104 Cfr.ivi, p.165; trad. it. p. 131.

IOS Cfr. M. Vanni, l.'impa1ù,ru dnrrr,o,un, CÌL, p.}0. l06E. Lcvinas,A"1,.,,,mlqt/ilrr, ciL,p. 112; trad. iL p. 86. 107 lvi, p. 178; trad. iL p. 141. Ahrow: c:sJi parla dcll'«impoosibilisà di =cindcrc la rcsponsabiliti va>ol'.Jtn,,. come di un'«imposs,1,iliti più i,,,possibile di quella di uscin, dalla propria pdb (E. Lcvinas, l111111111ris,,,, tk f ouJrr bo,,,,,,,, CÌL, p. 12; traci. it. pp. 28 sg.). Sul tema cfr. R. Bcmc:t, 1:kta in1nprif41io,rs tk I,, vu/ni,4bi/,ii tk I,, ,-u (1 lussnl" r.,,.,;,,u), in «Rcvuc philo,ophiqucdc Louvain», 95, n.}, 1997, pp. 437-456. 108 1n quc:sto$CNO, .da pclk non è più protezione - è modslità dcll'c:sposizioac senza protc:zionc:» (E. Lcvinas, IJi~ i,, ,,,o,tel kt,mps,cit., p . 184; trad. iL p. 219). Cfr.anchc: Id., !in dia,wronl fnistmc,, cit., p . }22;trad. iL p. 269. In queste pagine Lc:vinas fa ricorso•~ empirici (scnso,ooac, matc:rialìtà, pclk), ma l'affctto/dTctto di questa cmpirici!à è dd tutto tras«ndc:nt.alc» Q.E. Drabinslci, Smsibi/ity turJSintp/,,rily, cit., p. 187). Il» E. Lcvinas, A,.,,.,,,,,,, qt/iltr, ciL, pp. 170 sgg.;trad. it.pp. 135 sg.

117

IV.Sl'NSlllll.rrA I( PASSlvrrA: MATI-JllA, INCARNA:f.lONf., PR~IMrrA

soggetto, ma si tratta di «un'inspirazione che è già espirazione [ ... ), senza ritorno», dove «l'inspirazione fino alla fine, fino all'espirazione - è la prossimità d 'Altri»110• La respirazione esprime dunque la kenosis del soggetto, poiché nell'espirazione esso si svuota incessantemente di sé. Ciò significa che la convocazione etica non è qualcosa a cui la coscienza può accedere mediante un processo cognitivo, ma è invece avvertita nella 'carne' stessa del soggetto, che risulta esposta all'altro. T aie «esposizione dell'esposizione» - per riprendere un'espressione citata in precedenza - si esprime in un «Dire» che è la disponibilità stessa del soggetto, la quale passa per il suo corpo, per la sua stessa pelle. In relazione a Lcvinas si è parlato di un'«ermeneutica della carne» 111, che tuttavia è almeno in pane debitrice nei confronti dell'impostazione fenomenologica, per la quale la coscienza è pura, in quanto distinta dalla realtà oggettuale (quindi non mondana), e al tempo stesso enrpirica, essendo incarnata in un corpo cheè collocato nel tempo e nello spazio. In effetti, Husserl ha trattato estesamente il tema dell'incarnazione, riconoscendo la necessità del soggetto incarnato sia per la costituzione del mondo, sia per I'esperienza dell'estraneo - che è la questione approfondita da Lcvinas -, la quale si configura come un'«intersoggettività del corpo vivo [Leib]»112, generata da un «appaiamento» (Paarung) pre-riflcssivo. Nella quinta Meditazione cartesiana Husserl differen:aa il corpo vivo dai corpi degli altri in quanto meri corpi fisicim, ma già in ldeen Il egli aveva elaborato la distin:&ione tra Leib e Korper, sostenendo che è soltanto il mio corpo ad avere «sensazioni l«ali=te [Enrpfindnisse]»1w, poiché non solo posso toccarlo (al pari di ogni altro oggetto), ma sento quando viene toccato, ed è questa peculiare susce11ibililà - per dirlo con un termine levinasiano - a caratterizzare il corpo vivo. Certo, Husserl riconosce che anche gli altri hanno un I IO Ivi, pp. 278 sg.; 1nd. it. p.22;5. Al rig,wdo,Jcan Grcisch ha parlato di unufcnomcno188), ndla qllllc .l'interiorità si h"bcra da se stessa» - sarebbe questo il senso della /tmt:tion mito in Lcvinas BJ'UX a «una n:spinmonc profonda fino al soffiospc:aa10 dal vento ddl'altcrità» (E. Lcvinas, Alllrmtmtqu'it~, cit., pp.276sg,; lnd. ÌL p. 223). 111 Cfr. B. Caspcr, l.11 tm,porolisotion dda d,ai,, inJ.-L Msrion (dir.), limmanlld /JNÌ1ras. PosiJiutiù1 lronscmdantt, cit., pp. 165-180, qui p. 166. 112 E. Husscd, /d,,,, 11,cit., p.297; tnd.iL p. 296. IIJ Cfr. E. Husscd, ("-,ni,,,,~ M,d;,01ionm, cit. , p. 128; lnd. iL p. 17}. 114 E. Husscd, /d,,,, Il, cit., p. 146; tnd. iL p. 148. li tcmùnc limpf,ndnis, che: in ln1m1io,,../i1i d sffl!4lion Lcvin&s Induce con .sm/4No, (dr. E. Lcvinas, /in fttistme~, cit., p. 217; 1nd. iL p. 179), si rifcrucc alle sensazioni in quanto sono awcrtilc n~I corpo. Su questo cfr. E. Wc:bcr, AnOlfflfiu tk fimmimorial A p,opos tk Autn:mcnt qu'ètn: ou au-ddà dc l'cs:scna: d'/im,,,,,n11d lmnas, in A. Miinstcr (dir.), /.11 di/fbmtt a,mm~ no,r-indi/fbma. filb~ ~, aliiniid,a. limmanlld lmnas, "IGmé, Paris 1995, pp. 69-96, in parL p. 76.

Josia della n:spinmono (dr. J. Grcisch, IL "'1.Ìto b,m,mn11iqw, cit., p.

Jtto,,,,,,,,,,

118

I.A PASSIVITÀ Dlil.SINnRf.

Leib, ma tale riconoscimento awiene attraverso un procedimento per anak,gia, che muove dal mio corpo, mentre in Levinas è a panire dall'altro che

si costituisce la 'carne' del soggetto. La disamina levinasiana del corpo sensibile ne mette in luce la vulnerabilità nei confronti di autrui, ponendo I' accento su una dimensione di passività assoluta che né Husscrl né MerleauPonty avevano ammesso. La tematica dcli' e111bodù11ent è attualmente oggetto di dibattito ncll'ambito delle scienze cognitive, in cui sono presenti diverse accezioni del termine. In panicolare, l'idea levinasiana di considerare il corpo come il 'lu0go' della relazione con l'alterità è stata messa a confronto con q uelle concezioni che contestano gli approcci intellettualistici sinora dominanti 11s. Si tratta infatti di riconoscere che il smna è animato anche da altro, cd è per l'appunto grazie al concetto di psichismo che Levinas intende evitare il dualismo mente/corpo. Nel suo caso, si potrebbe parlare di una 'psicosomatica' - dato che la nozione di anima (o, meglio, la PJ:Jche) non è affatto concepita come pura interiorità distinta dal corpo-, in cui è a tema l'embodied subject, che si costituisce in relazione all'altro secondo una modalità non cognitiva. La concezione lcvinasiana è quindi carattemzata dall'idea di una 'presenza' sensibile dell'alterità all'interno del sé, dal momento che lo psichismo è inteso come «avere-l'altro-nella-propria-pelle». Tuttavia, Levinas intende distinguere questo singolare 'intrigo' dalle analisi di Merleau-Ponty, secondo il quale «l'altro uomo e io stesso "siamo come gli elementi di una sola intercorporeità"», per cui «la comunità "estesiologica" fonderebbe l'intersoggettività»116. Nel sottolineare che «il modo in cui si toccano le due mani» rimane il modello per Merleau-Ponty, Levinas nota che «l'idea che una sensibilità possa accedere ad altri altrùnenti che non mediante la "gnosi" del toccare, o del vedere - siano pure uno sguardo e un contatto pelle a pelle [chair-à-chair] - sembra estranea alle analisi dei fenomenologi», tanto da domandarsi se la relazione etica «non si imponga attraverso una separazione radicale tra le due mani che, appunto, non oppanengono olio stesso corpo, né o un'ipotetica o soltanto metaforico intercorporeità»117. L'intrigo sensibile con l'altro - «avere-l'altro-nella-propria-pelle» - non significa dunque che i corpi cadano nell'indistinzione, in uno sona di 'monismo' della carne che Levinas denuncio come metaforico. L'alterità dell'altro dev'essere asse>I IS Cfr. J.W. Kruc:acr, I.fflMSWI R,f/«Jions on Somdlialy .,,,J IN l:tbiaJ SJ/, in «lnquùy», 51, n. 6, 2008, pp. 603~6, in part. p. 616. 116 E. L:vinas, I lor, ,u;~,, ciL, p. 150; tnd. iL p.106; q - citaiiooc e la succc:ssiva sono 1n11c do/)., fin1n,ubi«1ivili. NO/ff surM~kou-Ponty. Cfr. M. Mcrlcau-Ponty, s,-,,,n, Gallimard, Paris2001 (I" cd. 1960), p. 274; tnd. it.

  • , d.to che in questo mutamento di prospettiva la prossimità si ridua: a una mera rclazionc (cfr. ibiJ.). Sul ..acna> cfr. i,,/ro,ap. V. 127 «La prossimità è il mio approssimarmi all'aluo. (E. Lcvinas,A111rrmm1 q,/it", cit., p. 21:i; traci. iL p. 172). 128 Ivi,p. 149; tnd.iL p. 117. 129 Ivi, p. 1}4; tnd. it. p. 104. rclazionc con altri è «l'immc:D (E. Lcvinas, /)d)in, qui vimtiÌ fiJ«, cit., p. 129; tncl iL p. 104). ll0 lvi, p. 142; tnd. iL p. 111.

    u

    IV.Sl'NSIBll,ITA E PASSIVITÀ: MA'O'.RIA,INl, e quindi non è né il parlante, né l'agente, né il soggetto di uno narravone e nemmeno il soggetto di i111putavone 111orale - rune figure della soggettività concreta, allo quole si rivolge invece un'ermeneutica tkl sé, che si colloca al di là dell'alternativa tra il cogito che si pone e il cogito spezzato (briseì'. Passando ora dal livello «ontologico» o spee11lativo o quello esperienziale, nel decimo studio di Soi-111bne co111me un autre Ricoeur ritiene che «il corrispettivo /enon1enologico della meta-categoria di olterità sia la varietà delle esperienze di passività»9, la quale si declina in tre diverse forme, rappresentate dal corpo proprio, o came (chair), dall'estmneo e dalla roscieni:a 111orale (Gewinen). Nel pensiero levinasiano avrebbe invece luogo uno «riduzione» di tale alterità ali'altro soggetto, poiché nel suo caso «il modello di ogni alterità è altri [autn11]» 10. T unavia, occorre domandarsi per quale ragione Levinas ponga l'accento su tale forma di alterità, il che, sia detto per inciso, non comporta affatto la negazione delle altre. Per quanto concerne nello specifìco I' «affezione dell'ipse od opera del1'altro da sé», e quindi la «dialettica del Medesimo e dell'Altro», Ricoeur è del!'avviso che sia «impossibile costruire uniloterolmcnte questa dialettica, sia che si tenti con Hussed di derivare l'alter ego dall'ego, sio che con E. Levinas si riservi oll'Altro l'ini7.iativo esclusiva dell'assegnazione del sé allo responsabiliw11. Per questo, egli propone uno «dialettica incrociata del sé e dell'altro da sé», nello quale «il movimento che dall'altro viene verso di me [ ... ] ha la priorità nella dimensione etico, il movimento dall'ego all'alter ego conserva uno priorità nella dimensione gnoseologico»l2 • Tuttavia, l'ingiunzione proveniente dall'altro è comunque oggetto di discernimento, il che comporta la necessità di un momento di carattere conoscitivo. Ricoeur riprende questa tematica nel teno studio di Parroun tk la reronnaissance, ribadendo che Husserl e Levinas presentano due versioni contrapposte della 'Ibid. 7 1vi, p. IS;trad. iLp. 82. 8 Cfr. ivi, p. 22; IJ'ad. ÌL p. 86. 9 lvi, p. 368; u-ad. iL p. 432. IOlvi, p. 408; u-ad. iL p. 472. 11 Jvi, p. 382; tnd. iL p. 44612_IYÌ, p5!, 3~3, 386; IJ'ad. iL pp.457,_450.Atalc ~.~ ~che: la«11 ..._. 1 ·": anaJosja,. di C\D parla Husscs! ndla qwnta ddlc Mtdi,_,, -,_e e una ~nsp 611--,c di senso [che] non produa: il senso alkrddl'J,,,. qp, ma il sensoqp, OIM:fOchc: l'alimè un «mio wmk, cioè qualcuno che, a,,w me, dia: • .,.,. CIVi, pp. 386 sg.; u-ad. iL p. 451). Sulla lcnura ricocwiana della quinta Medi/4/ÌOM atrkÙINI cfr. P. Ricocur, A f ia:,k tk I,, p ~ e , dt., pp. 233-272; ld.,.SO.:mime a>mme unlllllrr, cit., pp. 382 sas-;tnd. iL pp. 446 ssg.

    127

    V. 11.«TI'lt'/i)»: DAAllllW/AGI.I AI.TRI

    «dissimmetria originaria» tra l'io e l'altro; pur riconoscendo che «ciascuno dei due approcci possiede una propria legittimità»1l, egli rimane persuaso dello necessità di uno via mediana, che tenga conto sia della reciprocità che della radicale dissimmetria tra il sé e l'altro da sé. Nel denunciare il fatto che la distinzione tra idem e ipse non troverebbe posto nel pensiero levinnsiano14, Ricoeur sostiene che in Levinns «l'identità del Medesimo si collega con un'ontologia dello totalità che la mia ricerca non ha mai assunto e nemmeno incontrato»15, la quale avrebbe prodotto uno separazione cosl radicale da costringere l'alterità a un'esteriorità altrettanto radicale (quanto meno in Totalitiet lnfim)". Inoltre, egli dichiara a più riprese che Levinas non avrebbe distinto l'io dal sé 17 - che per giunta non sarebbe considerato «nd senso della designazione, ad opera dd sé, di un soggetto di discorso, di azione, di racconto, di impegno etico»"-, anche se infine dovrà ammettere che tale d.istirucione è presente nelle pagine di Autremmt qtlitre, come diremo in seguito. Ma il dissenso tra i due autori deriva principalmente dal fatto che, secondo Levinas, il soggetto non può essere compreso a partire da quello che egli stigmatizza come il compiacimento della «stima di sé» - che invece per Ricoeur ha già un carattere etico -, anche se ciò non significa che non si debba tenerne conto19• In Soi-metne rom,ne un autre la stima di sé acquistn significato sulla base del fatto che la valutazione positiva di determinate Il P. Ricoc:ur, p.,,..,.,n dtl• rm,nn,,iss,,,,,;r. /rois i11idn, Stoclc.Paris 2004,p. 228;uad. iL di F. Polidori, Pnr:oni dJ riamosàmm10. '/ ir Sludi, Cortina, Miw>o 2005, p. 176, Si rada qui il araucn: 'ccwncnico' del pensiero di Ricoc:ur, il quale tan:a c:ostantcma,te di concilw,: e intcsrvc conlributi divcni e persino discordanli 14 In n::alti, in un altro conteslo csli ammette che ndle pagine di A111mwm1 qu'i1rr .ulla «ricom:n%0 del sé vi è ..l'abboxzo di un:adistin>ionc [. .. ) Ira l'idcntiti-idm. e l'idcntiti-ips,,o (P. Ricoc:ur, /;m,,,,,,,,,J /,:vi,r41, pmsn,rd,, 1imol-,,,..1,,; in Id., l.-:c1ura). A,a/ron1iim ,k /,, pbilosopbi~,Sew, Paris 1994, pp. 8}-105, quip. 104). ISP. Ricoc:ur, Sc,i,mi,,,~_,,,,,.. ""4111,r, cit., p. Jlf7; t.rad. iL p. ~I. Secondo Ridwd Cobcn, Ricoc:ur non ha potuto incaatrvc qUCSl:a o n t ~ dd1a totaliti perché «:tulle k sue ÙM,,, stiguioai opcnnoall'intcmo dicsss [ ... J.11 pcnsicrodi Lcvinas, pcrcontro,articola qUCSl:atot.Jiti «ccdc:ndola e rompendola - da un'angolatura morale, da un'akczza» (R.A. Cohcn, Me>r,J Sd/bood. A /,:vi,rù,r Rapo,,s~ 10 Ri-,,, on /,:vi,ws, in R.A. Cohcn, J.L Mani, (a!s.), Riron,r 41 ,1,,01/Nr. 'fk l':lbic:r o/ Suhjmir,i/y, State Univcrsity of New York Prcss, Alb.ny 0

    2002{!,_P-1Z7-160, qui p. 147). Su quc:sto cfr. supnr, c:ap. l. 11 Cfr.P. Ricoc:ur, Soi-mimeamim~11114'111rr, cit., pp. Jlf7,J91; uad. iL pp.~I. 455. 11 lvi, p.Jlf7; uad. iLp.451. 19 Lcvinas afferma infatti che «n0n si tnlta [ . . •)- secondo un'opinione che[ ... ) Paul Ricocur, forse a tono, ci aun1>uiscc- [ . .. ) di una mancanza di stima nei confronLi di se stessi» (E. Lcvinas, Nomi propri, cit., p. XX; la cituionc è tralta dalla prefazione all'cd. italiana). Sul tema si veda anche lo scambio cpistolan: tra i due, pubblicato in J.•C. Acschlimann (éd.), f':Jbiqu~ ~, rr,r,onubi/ùi. p.,.,J Riron,r, &lit:ions dc la &connièn:, Ncudwd 1994, pp. J5-J7.

    128

    I.A PASSIVITA OEI.SINJlRf.

    azioni si riflette sull'agente?>, quindi attraverso un'«evidenza esperienziale [évidence expériencie//e]» 21 confinante con la sensibilità - vi è qui un punto di contatto con Lcvinas -, la quale si traduce nell'attestavone di aver agito bene. Ricoeur afferma che l'attestazione è «una sorta di credenza», anche se non si tratta di una credenza «dossica» (io credo che), dal momento che l'attestazione (io credo in) si avvicina piuttosto alla testimonianza22• In questa concezione il sé si costituisce proprio attraverso la stima per se stessi, che comunque è sempre mediata. socialmente, dato che il soggetto si confronta con una serie di standard di azione che derivano da una valutazione intersoggettiva. Muovendo dalla tesi della priorità dcli'etica rispetto alla morale, Ricoeur opera inoltre un'equiparazione tra la dimensione sociale della moralità (la relazione con altri) e la normatività21, che invece Lcvinas colloca a un livello ulteriore, quello della «giustizia», poiché ritiene che il volto dcli'altro esprima un comando diverso dalla legge; di qui la sua presa di distanza rispetto a Kant. Si noti peraltro che la critica ricoeuriana nei confronti di Kant, che è formulata nell'ottavo studio di Soi-mbne co111111e un aulre, potrebbe essere riferita anche a Levinas24, nel senso che l'ingiunzione (in questo caso proveniente dall'altro) arriverebbe troppo presto, tanto da prendere il posto che spetta. invece al momento etico della stima di si!S, che avrebbe un carattere teleologico. La posizione di Ricoeur al riguardo trova espressione nell' assunto secondo il quale «soltanto un sé può avere un altro da sé»2', la cui legittimazione discende per l'appunto dall'individuazione della stima di sé come momento riflessivo originario, al quale tuttavia non è estranea una dimensione dialogica, che viene formulata in termini di «sollecitudine». Ora, è interessante notare che il concetto ricoeuriano di sollecitudine si richiama a una logica di carattere economico, essendo «basato fondamen-

    20 Cfr. P. Ricocur, Sai-mimc a,mmc 1111 OIJlrr, cit., pp. 202,208; tnd. iL pp. 266, Z72. 21 Cfr. ivi, p. 211; tnd. il.p. 275. 22 Cfr.ivi, p.33; i.rad. iL p. 98. 21 Cfr. R.A. Col,cn, MorrJSd/bood, ciL, p.129. 24 Cfr. P.L Bourgccis, Rioon,r tUld l.evm,u. SoliciJwk in Reàp,ocity tUld Soli1wk in l:xi, 1 ~in RA. Col,cn,J.L Musi, (c:ds.), Ria,,w4fAnoth..,.,cii_,pp.109-126, in part.p. 118. Per questo, egli sostiene che «se l 'in,ejwmonc: ad opera ddl'aluo non è solidale con l'a11csauionc di sé, essa perde il suo araucrc di inaiwmonc:. in manan%a ddl'c:sislc:ma di un cssc:r-in,eiunla>, 1an10da obict~ a Lcvinas che ..!'inaiunDOCIC è originariamente aucstaionc:» (P. Ricocur, Sai-mimux,mmc 1111 ""'"• cit., p . 409; i.rad. iL p. 473). Cfr. P. Kanp, Rico,wmt~ 11,ideu_..,.ct I.MIIIIS. l.'11fFtT11tt1tion on,i,,dire m~ i'lllkSlllhOn ont~ct /'injonaio,, iihù,,,e, inJ. Grcisch (éd.), P.,,/ Ria,,w. 1.'hnml,,n,tiquc ò l'icakdc /,, p ~ c , Bcauchcmc, Paris 199.5, pp. 2}5-2:;9,in part. pp.254S811, 26 lvi, p.219; i.rad. iLp. 283.

    V. 11,«l'ER'/,O»: DAAlfllW/AGl,I Al,TRI

    129

    talmente sullo scambio fra dare e ricevere,;n, il quale può risultare sbilanciato verso uno dei due estremi (il séo l'altro), a differenza della mutualità che caratterizzerebbe invece la philia descritta da Aristotele28. Per questo, egli ritiene necessario riequilibrare «la dissimmetria del faccia a faccia», dato che, in caso contrario, «una dissimmetria non compensata spe-acrebbe lo scambio del dare e del ricevere»:z,. Ne deriva che la sollecitudine appare pienamente realizzata soltanto se lo scambio è eguale, mentre in Levinas vi sarebbe uno sbilanciamento radicale dal lato dell'altro, il quale si «assolve» da ogni relazione, restando dunque «irrelato» - in realtà, la prospettiva levinasiana non intende tanto descrivere una relazione dall'esterno, quanto esprimere l'incontro con l'altro, cioè il . del dono inimlo - una modalità del ria:vcn:: che si basasulla gnlÌ· tudinc, e in francese «"gratitudine" si dice anche "riconoscenza" (rra,nf11ÙsS1111c.-J» (ivi, p. }51; trad. iL I» 271). li esprime dunque sia l'ano del riconosccn: sia la ricoDOSC'CNll, cioè la s,aritudinc che deriva dall'c:sscn:: riconoociuti. Jjl lvi, p.222;trad. iLpp.285 sg. li CCr. R.A. Cohcn, Morr,/Sd/bood, cit., p.1)2.

    termine,..,.,..,..,,._,,..

    130

    I.A PASSIVITÀ DEI.SINllRf.

    lontariamentc»12, per cui la responsabilità non può essere causata da un «istinto di •benevolen7.a naturale"»". In questo senso, solo l'alterità dell'altro può convertire il soggetto in un essere morale. Si è detto che per Ricoeur il momento originario è rappresentato dalla struttura teleologica del soggetto, la quale si configura nei termini di una spontaneità benevola che, in connessione con la stima di sé, si traduce in sollecitudine. Nella concezione levinasiana la situazione è assai diversa, dal momento che l'origine del senso è collocata al livello della sensibilità intesa come passività: il sé avverte di essere responsabile nel suo stesso sentire, nella prossimità dcli'altro percepita come un trauma al quale non può sottrarsiJ.4. In questa prospettiva, la passività del sensibile si configura come qualcosa di radicalmente diverso dall'intenzionalità, «il cui subire è anche sempre un assu111ere», dato che per Levinas «ciò che affetta una coscienza [ ... ) lascia, attraverso l'intervallo dello spazio e del tempo, il tempo necessario all'accoglienza»lS. Invece, nell'urgenza dell'appello il tempo viene meno, tanto che «riprendersi per un presente di accoglienza è già prendere le distanze e non incontrare il prossimo»}(,. Nel passo appena citato dcv'essere sottolineata la parola «presente», poiché essa indica la dimensione temporale in cui il soggetto può deliberare e agire, mentre l'aspetto singolare della concezione levinasiana è che il prossimo ha provocato il soggetto da sempre, in un tempo immemorabile, che non è mai stato presenten. Se per Levinas il sé non è in grado di incontrare l'altro attraverso una qualche forma di accoglienza, in Soi-111bne co1111ne un autre Ricoeur sostiene invece che una «risposta responsabile all'appello dcli'altro» può avere luogo solo attribuendo al soggetto una «capacità di accoglimento, di discriminazione e di riconoscimento», risultante da una «struttura riflessiva»; la necessità del discernimento deriverebbe dal fatto che «l'alterità dcli'Altro non si lascia riassumere in [ . .. ) una delle figure dcli' Altro, quella del maestro che insegna, dal momento che bisogna considerare quella di colui che offende» 11, ed è chiaro che occorre distinguerle nelle situazioni concrete. A tal fine Ricoeur fu appello alle «risorse di bon~ che sarebbero proprie di «un essere che non detesta se stesso»", ovvero di un soggetto che ha stima di sé. Ciò significa che, per poter ricevere l'altro, il sé dovrebbe possedere già l2 E. Lcvinos, AM1rr11r,n1 qu'itrr, cit., p. 25; tnd. ÌL p. 11 lvi, p. 177; tnd. iL p. 140.

    15.

    "'CJr.sup,,,,ap. IV. IS E. Lcvinos, Autrrmmtqu'itrr,cit., pp. 160sg,; tnd. ÌLp. 117. " lvi, p. 140; tnd. iL p. 110, comvo nostro. n Clr.,up,,,,ap. m. 11 P. lucocur,Soi-mim~am,m~""""'"• òt.,p. 391; tnd.iL p. 455. 19 lvi, p.222; tnd. iLp. 285.

    V. 11.«TI'lt'/l)»: l>AAllllWIAGI.I AI.TRJ

    l}I

    un'au1osussis1enza morale, certifìcata dalla stima che ha di se stesso, mentre in Levinas phiqucs dc Suasbourp, 2002 (lm11os ,1 I.o po/itiq~). pp.57-90, in pan. pp. 76 sg., in cui ci si ricoll~ al pensiero di Hannah Armdt. 77 E. Lcwiu, lintrt: 110UJ, cit., p. 126; tnd. iL p. 151. Cfr. M. Hcidcag,:r, Sn,, ,,,,,/ 7.nt, cit., pp. 117 sgg.; uad. it. pp. 148 sgg. A questo pn,posito, Mulènc Zaradcr -.che pc:r Lcvinas «l'c:sscnzialc, ncll'cn:dità che ci viene da Gcrusalcmmc ( .. •], non è C vi è iiJnc,l'llm (M. Zaradcr, // ,kl,;10 ÌmpfflS4lo, cii., f; 169). . . . . Cfr. E. Lcwiu, l:ntr,110UJ,at., p. 104; uad. 11. p. 127. 79 Su questo dr. sup,o, cap. Il. lfl41Ìvil4, in M. Durante (a cura dì),

    V. 11,«'ll'X/.C)>: DAAlfll!II/AGI.I AI.TRI

    1}9

    I'«ossessione» provocata dall'altro, cioè il richiamo a una responsabilità che è sempre in debito, non viene meno a seguito di nessuna azione, fosse pure

    la più giusta possibile nelle condizioni datt!IO. La coscienza di ognuno, in quanto coscien:ta morale, si palesa in questa risposta - o assen:to di risposta, o indifferenza - ali'altro, ma solo perché ognuno è già da sempre chiamato alla responsabilità. La giustizia è inquietata dall'appello etico, il quale si palesa neUa «cattiva coscienza deUa giustizia», che è chiamata a essere sempre più giusta «:in nome, in ricordo deUa bontà originaria dell'uomo verso il suo altro»". In questo senso, la cattivo coscienza della giustiva è ciò che appeUa incessantemente le istituzioni e gli individui in quanto cittadini, membri di uno Stato82. Lcvinas riconosce che «forse è qui I'ecceUenza stessa deUa democrazia il cui liberalismo di fondo corrisponde aU'incessante rimorso profondo della giustizia»81• A tale riguardo, egli sembra istituire una sorta di gerarchia, sostenendo che «è in nome deUa responsabilità per altri [ ... ] che tutto il discorso deUa giustizia si mette in movimento»84. Ne deriva che soltanto l'etica può 'trattenere' la giustizia in prossimità dell'altro.

    3. Il rapporto tra etica e politica Lo snodo cruciale tra la dimensione etica e l'ambito deUa giustizia chiama in causa il rapporto t.ra etica e politica, nel!'ambito del quale, a parere di Levinas - in questo memore deUe vicende novecentesche -, soltanto l'etica (intesa come dovere infinito verso altri) può preservare la politica dalla violenza e dal totalitarismo. Non per nulla, egli si esprime sulla questione con parole assai chiare: «non credo aUo status deUa giustizia che sarebbe radicalmente indipendente dall'etica, dalla valori=ione deUa santità»~. L'ine80 «Più

    sono giusto e più sono rolpcvab (E. Lcvinas, "fo,,Jùi e/

    ÌL p.250). Il E. Lcvinas, finlre1'0flS,cit., p. 242; dt., p. 157; ind. ÌL p. 1,5.5.

    1,,r,,,;, cit., p. 274; tnd.

    ind. ÌL p. 274.Cfr. anchcld.,A fhn,"dn

    MIÌOIIS,

    82 Cfr. M. Abcmour, 1;,,,,,..,,~ lmflos. l.'ifltn",.o tklfumturo. ·r,., mndpO/ilia, e po/ilie4, dialoghi con D. Cohcn-1.cvin.u, a cura di G. Pintus, Inschibbolcui, Roma201}, pp. 76 sg. 81 E. Lcvinas, lintre "°"', dt., p. 242; lrld. iL p. 274. A!tnM:qli afferma che lo Stato dc:mocnuico rappresenta un'ccccz:ioac alla rqola tirannica del potcn:: politico» (Id., Nouw//n /«tura 10/mudi,,.,a, Minuit, Paris 1996, p. 64; trad. iL di B. Caimi, Nww klllll'e 10/mudiche, SE, Milano 2004, p. 66; la citaxionc è trait.a dalla lettura talmudica intitolata ,1,,../,dà dc ffilo1

    Jo,,sffiw). 84 lbid. Pertanto, la diaconÒI e la aznJos dovn:bbcro «ispi....., l'ethos di ogni comuniti che abbi.a ascolta1ola voce ddl'Ahroc. (A. Pcpcrzalc, You:1111~/ turd 1111ique,cit., p. 201). ~ E. Lcvinas, A111rrmm1 ~ swoi,, avcc dcs étudcs dc G. Pctitdcmangc et J. Roll.nel, Osiris, Paris 1988, p. ~-

    140

    I.APASSIVITÀOHI.SINllRE

    sausta esigenza etica (la cattiva coscienza della giustizia) non si traduce solo nell'azione individuale, ma richiede uno Stato e delle istituzioni che siano in grado di 'incarnare' tale esigenza. In questa prospettiva, le istituzioni rappresentano una condizione di possibilità della giustizia, condizione necessaria ma non sufficiente, dal momento che il mero rispetto della legge nella sua universalità da parte dei membri della società non equivale affatto alla giustizia - quest'ultima, infatti, non è riconducibile senza resto alla legalità, come abbiamo detto in precedenza. L'astrattezza e la formalità che contraddistinguono la legge comportano una 'traduzione' del comando etico AAlfllW/AGI.I Al.TRI

    sentano una risposta collettiva a tale responsabilità, ed è per questo che J>=no esigere legittimamente il rispeno di tutti i membri della società. La situazione di «non-indifferenza» per l'altro - che Levinas chiama anche «fraternità», in un'equivoca prossimità col mono della République - è pre-politica (e persino pre-personale, se la 'persona' è una categoria giuridica), dato che precede l'idea degli individui eguali in quanto membri di uno stesso genere. Ciò significa che la comunità politica è una rela:done tra eguali alla cui base sta una rela:done ineguale, in quanto asimmetrica. Lo Stato lcvinasiano conosce una sorta di 'decentramento', accomunabile a quanto sublto già da sempre dal Medesimo: se l'altro ha 'ferito' l'io preoriginariamente, la responsabilità ha decentrato lo Stato sin dall'inizio, incrinandone la sovranità- se lo Stato risponde a giustizia, se rispena la dignità dei cittadini. Al contrario, Levinas considera l'idea del contratto sociale non diversamente da una guerra condona con mezzi appena più civili, ritenendo che una civilirrazione e uno Stato non possano sorgere da una molteplicità di egoismi, neppure limitandol.t-w. Si noti che tale impostazione non è senza conseguenze per quanto riguarda la possibilità di porre l'ordinamento sociale di fronte alle proprie responsabilità. A tale riguardo, Lcvinas si domanda che differenza ci sia i'n,, I,, mon rt k rmrps,cit., p. 22};

    tnd. it. p. 260. v. lvi, p.180; trad. iLp. 143. ll rifcrimc:ntobiblicoè ls. 6_8. JS lvi, pp. 22} sg.; traci. iL p. 179. Sul tema della voce cfr. R. Calin, 1""'"'4S rt fn:aption ds, sai, ciL, pp. ID "88, lIRlli> l!«l>lilTO>

    1.53

    nient'altro da dire«1. Solo in questo caso il Detto è già espressione, cioè esposizione di sé, nell'immediate:aa. Sinora ci si è concentrati sulla modalità attraverso la quale il soggetto incarnato - sensibile, assolutamente passivo - si dice ad altri, in un «Dire senza Detto». Ma Lcvinas sostiene che occorre «seguire nella significazione o nella prossimità o nel Dire, la nascita latente della conoscenza e dell'essenza, del Dctto»41• Ciò che consente e al tempo stesso richiede la nascita del Detto è la presenza del i/Jnffll., hrsg. wn F.-W. wn Hmmann, c.....rn1a11splv- Bd. 11, ~ rnann, Fn.nkfwt LM. 2006, pp. 51-79; trad. iL di G . Gurisani, ldmliJJ e d i f f - Addpl,i, Milano 2009, pp.53-98). '4 «J1 Nome[ .•. ] al di là ddl'csscnza [ ... ) si chiama Dio> (E. 1.cvws, A"'rtmm1qu'i1rt, cit., 89; traci. iL p. 67). 5 lvi, p. 151; trad. iL pp. 118 sg. In un aluo passo qiji alferrna esplicitamente che ..!'Infi. nito si 1mv,:n:bbc smentito nc:lla prova che il finitovom:bbc dare della sua uuccndc:ru:a:,. (ivi, p. 238; traci. it. p. 191). Quanto al termine 'trascmdcnza', esso è impiegato senza alcun prcsuppooto teologico. i! inw:a: l'cc«dcrua della vits che opi teologia suppone» (E. Lcvinas, /i,,. lr

    cedenti - «concetti suscitati dal tentativo di dire la trascendenza»" -, attraverso i quali sia possibile espri"1ere l'Assoluto. Per tale ragione, egli rivendica il fatto che in quest'opera il