La nuova biologia blu. Plus. Il corpo umano e la salute. Per le Scuole superiori. 8808747603, 9788808747600


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La nuova biologia blu. Plus. Il corpo umano e la salute. Per le Scuole superiori.
 8808747603, 9788808747600

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gr,

AGENDA 2 2030

«QuestAgenda è un programma d'azione per le persone, il pianeta e la prosperità. Essa persegue inoltre il rafforzamento della pace universale in una maggiore libertà. Riconosciamo che sradicare la povertà in tutte le sue forme e dimensioni, inclusa la povertà estrema, è la più grande sfida globale ed un requisito indispensabile perlo sviluppo sostenibile.»

-

ax

L' Agenda 2030 perlo Sviluppo

Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile

Gli Obiettivi prendono infatti in

Sostenibile è un insieme di linee guida e di azioni firmato nel 2015 dai governi di 193 Paesi membri dell'ONU. È un quadro di riferimento per riorientare l’umanità verso uno sviluppo sostenibile

sono universali e inclusivi e descrivono

considerazione i bisogni sociali,

le maggiori sfide dello sviluppo. Gli SDGs sono traguardi globali e cruciali perla sopravvivenza dell’umanità. Definiscono

come l'educazione, la salute, la protezione sociale, e considerano contemporaneamente il cambiamento climatico e la protezione dell’ambiente.

attraverso 17 Obiettivi (Sustainable

Development Goals, SDG$) per un totale di 169 «target» o traguardi. L'avvio ufficiale dell’Agenda ha coinciso con l’inizio del 2016, guidando quasi tutti i Paesi del mondo sulla strada da percorrere nell’arco dei prossimi 15 anni: i Paesi, infatti, si sono impegnati a raggiungerli entro il 2030.

limiti ambientali e indicano l’utilizzo sostenibile delle risorse naturali. Gli Obiettivi sono interconnessi e indivisibili e bilanciano le tre dimensioni

dello sviluppo sostenibile: = dimensione economica; = dimensione sociale; =» dimensione ambientale.

La caratteristica fondante dell’Agenda perlo Sviluppo Sostenibile è la sua universalità, la sua indivisibilità e la sua multidisciplinarietà. I destinatari dell'Agenda sono tutti i Paesi del mondo, da Nord a Sud senza distinzione geografica o sociale. Tutti quelli che la sottoscrivono devono adeguare il loro impegno per raggiungere uno sviluppo sostenibile. In questo modo,

@ OBIETTIVI sosteNIBILE NNW) ig {MMa:t:

Remi lia (PASS

(PVI (820

LAFAME

Come fare per raggiungere questi Obiettivi? Ognuno deve dare il proprio contributo: la società civile, igoverni e ogni singolo essere umano al mondo.

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tutti i Paesi possono essere considerati LAVORO DIGNITOSO [AP IRNRILI ECONOMICA

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alla pari e devono intervenire con urgenza cooperando tra loro.

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03) OBIETTIVI PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

L'Agenda 2030 dà seguito agli Obiettivi di Sviluppo del Millenio (Millenium Development Goalso MDGs) che l'hanno preceduta: gli SDGs sono traguardi importanti per lo sviluppo e ognuno di essi suona come un campanello di allarme per tutti Paesi, nessuno escluso.

L'ARCHITETTURA DEL CORPO UMANO

CAPITOLO

DATI Ciao,

—_ezy DIMMI LA TUA!

IN AGENDA come stai?

Abbronzatura

estiva

Adoro andare in spiaggia e stare tutto il giorno al Sole. Vedo che sei abbronzatissimo:

quale crema solare usi? Nessuna, altrimenti non mi abbronzo. lo ho la carnagione abbastanza scura di natura quindi il Sole non mi fa male.

Guarda il video, poi rispondi alle domande. 1. Qual è la percentuale di ragazzi che soffre di nervosismo? 2. Qual è la media degli undicenni che assume farmaci?

di GUARDA!

3. Qual è la percentuale di ragazze

che si sente giù di morale? 4. Qual è la percentuale di maschi e di femmine che considerano la propria salute buona?

E NAVIGA

Guarda che non è vero! Esporsi al Sole senza crema può essere davvero pericoloso e comunque rovina la pelle. Domande: 1. Con quale posizione sei d'accordo e perché? 2. Quali affermazioni non ti convincono e perché? 3. Cerca informazioni, argomenta la tua posizione e discutine in classe.

y IL

CAPITOLO

Il corpo umano è costituito da

differenti tessuti LEZIONE 1

che

si rigenerano grazie alle cellule staminali LEZIONE 4

si autoregola

può essere mantenuto in salute tramite

che formano

e apparati

attraverso l’omeostasi

la prevenzione e il controllo dei fattori di rischio

LEZIONE 2

LEZIONE 3

LEZIONE 5

organi, sistemi

I TESSUTI DEL CORPO

UMANO

I tessuti

si distinguono in

| sono gruppi

L

di cellule specializzate

n

tessuti

epiteliali 2

per una funzione 1

I

tessuti

°

muscolari 4

È

tessuti

e

di

tessuti

connettivi 5

°

nervosi 6

Lisa divisi in I

Figura 1 Una struttura rigidamente organizzata

epiteli

In questa immagine al microscopio ottico si apprezza la

di rivestimento,

struttura regolare e compatta dell'epitelio che riveste il colon.

ghiandolari e sensoriali 3

ll

Le funzioni dei tessuti epiteliali

Il tessuto epiteliale è costituito da sottili lamine o spessi strati di cellule di forma molto regolare strettamente unite (Figura 1). Alcuni epiteli sono semplici, cioè sono forma-

ui

I tessuti: cellule specializzate

Il corpo umano deriva dallo sviluppo di una sola cellula diploide, lo zigote, che si divide più volte generando cellule che si differenziano e si organizzano. Durante la

ti da un solo strato di cellule, altri invece sono stratificati, fatti di più strati sovrapposti. In entrambi i casi le cellule possono avere forma appiattita, cubica o cilindrica. Tutti gli epiteli hanno in comune alcune caratteristiche. » Lecellulesono strettamente connesse grazie alla pre-

vita embrionale, le divisioni cellulari avvengono solo per

senza delle giunzioni cellulari, che possono essere

mitosi, e così tutte le cellule posseggono il medesimo patrimonio genetico: 23 coppie di cromosomi. Mentre le cellule si dividono, si realizza un altro evento fondamentale per lo sviluppo: le cellule si differenziano, cioè si specializzano sia nella forma sia nella funzione. La diversità di forma e funzione è il frutto dell'espressione differenziata dei geni ed è determinata dal fatto che alcuni geni restano attivi, mentre altri vengono disattivati definitivamente. Il differenziamento cellulare porta alla formazione dei tessuti che costitui-

desmosomi e giunzioni occludenti. Tra una cellula e l’altra vi sono interstizi sottilissimi, e il materiale extracellulare è quasi del tutto assente. Poggianosuuna membrana basale, una struttura costituita da proteine e carboidrati che separa il tessuto epiteliale da quelli sottostanti; la membrana basale è la base di appoggio per la costruzione dell’epitelio e permette gli scambi con altri tessuti. Lecellule che poggiano sulla membrana basale conservano per tutta la vita la capacità di replicarsi: per questo gli epiteli si rinnovano una volta usurati; alcuni si rinnovano molto rapidamente, altri meno, in relazione alla loro collocazione e al loro compito. Gliepiteli non contengono vasi sanguigni e sono nutriti per diffusione dai tessuti sottostanti.

per una funzione

*

*

scono il corpo umano.

Nel nostro corpo, come in quello di tutti imammiferi, troviamo quattro tipi di tessuti: epiteliale, connettivo, muscolare e nervoso, ognuno dei quali comprende diversi sottotipi. RICORDA Lo sviluppo di un organismo parte da un'unica cellula, lo zigote, e poi attraverso il differenziamento si arriva alla formazione della complessa architettura del corpo umano.

»

RICORDA I tessuti epiteliali possono essere di più tipi, ma hanno alcune caratteristiche comuni: le giunzioni cellulari, una membrana basale, la capacità di rinnovarsi e l'assenza di vasi sanguigni.

C1 | L'architettura del corpo umano | C3

Tessuto è il termine che indica un insieme di cellule con struttura e funzione simili e con stessa origine embrionale.

Epitelio dal greco epi, «sopra», e thelé «capezzolo»; originariamente indicava solo il rivestimento di questa parte del corpo. Per estensione, indica

tutti i tessuti di rivestimento.

Figura 2 | principali tessuti epiteliali (A) Gli strati esterni della pelle sono costituiti da strati di cellule epiteliali. (B) Un tubulo renale è formato da un singolo strato di cellule epiteliali. (C) L'epitelio colonnare riveste le mucose. (D) Organi come lo stomaco

Epitelio squamoso stratificato: gli strati esterni della pelle (epidermide) separano l'ambiente interno dall'ambiente esterno.

Epitelio colonnare: riveste molti organi interni, come le vie aeree dei polmoni e l'intestino tenue.

sono rivestiti

da un epitelio ghiandolare dotato di cellule

Epitelio cubico:

N Cellule

tubuli e dotti con

— epiteliali

funzioni secretoria e di assorbimento.

secernenti.

cubiche 25 um

I principali tipi di tessuto epiteliale Grazie alle loro proprietà, gli strati di cellule epiteliali sono resistenti, ma anche in grado di deformarsi senza perdere coesione. In base alla funzione si distinguono tre categorie di epiteli. 1, Gli epiteli di rivestimento: ricoprono e proteggono la

Ghiandola dal «piccola ghianda», per via della forma di molte ghiandole umane.

C4

comprende cellule che secernono succhi digestivi e acidi.

singole cellule secernenti disperse nel tessuto. Nella maggioranza dei casi, tuttavia, le cellule secernenti formano un vero e proprio strato che si piega e si introflette, invadendo il tessuto sottostante. Si forma così una ghiandola, una struttura cava la cui superficie

sanguigni e definiscono i confini tra compartimenti del corpo. Gli epiteli che rivestono le cavità interne, in comunicazione con l'esterno, sono chiamati mucosee in genere sono epiteli semplici, mentre l’epitelio squamoso stratificato che costituisce il rivestimento esterno del corpo è detto epidermide (Figura 2A). In molti casi le cellule degli epiteli di rivestimento si specializzano per svolgere altri ruoli. Per esempio, le

interna è tappezzata di epitelio secernente. Le ghiandole possono essere di due tipi: endocrine ed esocrine. Le ghiandole esocrine restano in collegamento con l’epitelio sovrastante mediante un canale, il dotto, che riversa la sostanza secreta all’esterno o in cavità in comunicazione con l’esterno (sono ghiandole esocrine le ghiandole salivari e quelle sudoripare). Le ghiandole endocrine sono prive di un dotto escretore, e riversano le sostanze prodotte direttamente nella circolazione sanguigna. Gli epiteli sensoriali: sono costituiti da cellule spe-

cellule dell’epitelio renale (Figura 2B) sono in grado di

cializzate per recepire specifici stimoli provenienti

filtrare e trasportare sostanze di vario genere, controllando le molecole e gli ioni che lasciano il sangue e vengono riassorbiti o eliminati con l’urina. Le cellule dell’epitelio intestinale (Figura 2C) svolgono il trasporto selettivo di ioni e molecole nutritive e possiedono microvilli, strutture specializzate che aumentano la superficie di assorbimento e ottimizzano gli scambi di sostanze. Gli epiteli ghiandolari: sono costituiti da cellule che producono e secernono sostanze di varia natura come ormoni, latte, muco, enzimi digestivi o sudore (Figura 2D). Alcuni epiteli di rivestimento contengono

dall'ambiente esterno o interno, e trasmetterli al sistema nervoso. I recettori dell’odorato e del gusto, per esempio, sono cellule che rilevano specifiche sostanze chimiche. Le cellule sensoriali sono disperse negli epiteli di rivestimento e sono connesse a fibre nervose a cui trasferiscono le informazioni.

superficie esterna e le cavità interne, delimitano i vasi

latino glandula:

Cellule secernenti: il rivestimento dello stomaco

RICORDA Gli epiteli di rivestimento, che interne; ghiandolari sensoriali, costituiti ricevere stimoli.

si differenziano in vari tipi: ricoprono il corpo e le cavità con funzione secernente; da cellule specializzate per

Muscolo scheletrico: responsabile dei movimenti corporei volontari.

Muscolo cardiaco: responsabile della contrazione del cuore,

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15 um

Figura 3 | principali tessuti muscolari (A) Nel muscolo scheletrico, la disposizione regolare dei filamenti fa sì che le cellule abbiano questo aspetto striato. (B) Le cellule del muscolo cardiaco sono più piccole, presentano un solo nucleo e formano guaine di cellule contrattili elettricamente accoppiate. (C) Le cellule del muscolo liscio non hanno le tipiche striature visibili in quello scheletrico.

Muscolo liscio: fornisce la motilità agli organi interni, come nel tratto

digerente; controlla il diametro dei vasi sanguigni.

Il tessuto muscolare

muscolare scheletrico striato, il tessuto muscolare liscio e il

muscolo cardiaco sono diverse da quelle del muscolo striato per varie ragioni: sono molto più piccole e mononucleate; formano tra loro giunzioni serrate e si intrecciano in una rete tridimensionale resistente a eventuali strappi. Come risultato, le pareti del cuore possono resistere alle elevate pressioni esercitate dal sangue, senza pericolo che si verifichino danni o lacerazioni. Alcune cellule del muscolo cardiaco, dette pacemaker, sono specializzate nel generare e condurre i segnali elettrici che danno origine e coordinano le contrazioni ritmiche del cuore. Il sistema nervoso autonomo modula continuamente l’attività delle cellule

tessuto muscolare cardiaco.

pacemaker, ma tale modulazione non è essenziale per

Il tessuto muscolare è costituito da cellule di forma allungata che si contraggono per generare forze e producono movimento. Il meccanismo di contrazione è basato sullo scorrimento di filamenti sovrapposti costituiti da due tipi di proteine contrattili: l’actina e la miosina. La contrazione muscolare si verifica in risposta a uno stimolo proveniente dal sistema nervoso e consuma molta energia, fornita dall’ATP. Esistono tre tipologie di tessuto muscolare: il tessuto

1.

Il muscolo scheletrico striato (Figura 3A) è responsabile dei movimenti volontari (correre, sorridere ecc.)

e di alcuni movimenti involontari, tra cui la respirazione, le espressioni facciali, i tremori. I muscoli scheletrici sono tutti sotto il controllo del sistema nervoso, che ne comanda la contrazione. Il muscolo

scheletrico viene definito striato per l'aspetto a bande alterne osservabile al microscopio ottico (Figura 4 a pagina seguente). Le cellule del muscolo scheletrico, chiamate fibre muscolari, sono piuttosto grandi e presentano numerosi nuclei; si formano, nel corso dello sviluppo, attraverso la fusione di cellule embrionali dette mioblasti. Un singolo muscolo, come il bicipite, è composto da centinaia di migliaia di fibre muscolari; ognuna di esse è stimolata da una fibra nervosa che ne comanda la contrazione. 2.

Il muscolo cardiaco (Figura 3B) si trova solo nel cuore. Al microscopio ottico questo muscolo appare striato come il muscolo scheletrico; la sua contrazione,

però, avviene in modo del tutto involontario, senza stimoli provenienti dal sistema nervoso. Le cellule del

generare il battito cardiaco. 3.

Il muscolo liscio (Figura 3C) si trova nel rivestimento

di molti organi interni cavi, come l’intestino, la vescica urinaria e i vasi sanguigni, ed è sotto il controllo del sistema nervoso autonomo (che è involontario). Strutturalmente, le cellule hanno una forma a fuso e

ognuna è provvista di un solo nucleo. Sono definite «lisce» perché i filamenti di actina e di miosina non sono ordinati regolarmente, come nel muscolo sche-

letrico, e quindi non hanno il tipico aspetto striato. Nel tessuto muscolare liscio dei visceri, le cellule sono

organizzate in guaine che avvolgono l’organo; le singole cellule sono unite mediante giunzioni serrateche permettono loro di contrarsi in maniera coordinata. Inoltre la loro membrana plasmatica è sensibile agli stimoli di tensione.

scheletrico striato che permette i movimenti volontari, il muscolo liscio che riveste gli organi interni, e il muscolo cardiaco nel cuore.

C1 | L'architettura del corpo umano | C5

Tendini ——

Un muscolo scheletrico come il bicipite può essere scomposto in fasci di fibre muscolari.

Muscolo Tessuto >

connettivo

Ogni fibra muscolare è una cellula multinucleata che contiene numerose miofibrille.

"Singola fibra muscolare (cellula)

Figura 4 La struttura

del muscolo scheletrico

Un muscolo scheletrico è costituito da fasci di fibre muscolari. Ogni fibra muscolare è una cellula multinucleata con numerose

|

In ciascuna miofibrilla è possibile individuare le unità di contrazione chiamate sarcomeri.

Sarcomero

o

>

Singola miofibrilla

Ogni miofibrilla è formata da filamenti spessi di) miosina; e n filamenti sottili di actina molto ordinati.

Banda A Singolo sarcomero

Linea Z

Filamento di actina __Filamento di miosina

no —

miofibrille,

formate da filamenti di miosina e di actina ordinati,

che conferiscono il caratteristico aspetto striato al muscolo.

Titina” Dove sono presenti solo filamenti di actina la miofibrilla appare chiara; dove vi sono sia filamenti di actina sia di miosina la miofibrilla assume un colore scuro.

I tessuti connettivi Organo dal greco drganon, «strumento», che rimanda a érgon, «lavoro», da cui

deriva anche energia. Il senso è che gli organi svolgono funzioni specifiche.

I tessuti connettivi (Figura 5) riempiono gli spazi interni tra un organo e l’altro o tra un tessuto e l’altro, hanno funzioni di protezione, connessione e sostegno meccani-

co. Inoltre, alcuni svolgono particolari funzioni metabo-

liche indispensabili per tutto l'organismo. Il tessuto connettivo è costituito da cellule di forma varia (spesso irregolare) disperse in una matrice extracellulare formata da fibre proteiche immerse in una soluzione gelatinosa chiamata sostanza fondamentale. Le fibre proteiche sono componenti importanti della matrice extracellulare; la maggior parte delle fibre è costituita da collagene, una proteina che può formare fibre forti e resistenti all’allungamento. Queste fibre vengono usate come sostegno o connessione nella cute (o pelle), nei tendini e nei legamenti che collegano le ossa. Il collagene costruisce anche fibre reticolari molto sottili e ramificate,

che costituiscono una rete che garantisce forma e solidità strutturale ad alcuni organi.

C6

3pm

LineaZ

L'elastina è un altro tipo di fibra proteica presente nella matrice extracellulare dei tessuti connettivi. Può essere stirata fino a diverse volte la sua lunghezza a riposo e poi ritornarvi, proprio come un elastico. Le fibre composte di elastina sono più abbondanti nei tessuti che vengono regolarmente allungati, come le pareti dei polmoni e le grandi arterie. Esistono tipi di tessuto connettivo che differiscono sia per la componente cellulare sia per la quantità, la composizione e le proprietà della matrice extracellulare. I connettivi propriamente detti. Possono essere densi o

lassie contengono vari tipi di cellule in una matrice composta da acqua, sali e sostanze organiche di vario genere, e in parte da fibre di collagene o di elastina. 1. Nelconnettivo denso (Figura 5A) predominano le fi-

bre di sostegno costituite di collagene, che formano una struttura compatta e resistente. Per queste pro-

prietà il connettivo denso si trova nei tendini (che uniscono muscoli e ossa) o nei legamenti (che uniscono le ossa tra loro).

Strati di cellule ossee immerse

Tessuto adiposo: il grasso bianco avvolge e sostiene gli organi interni, fornisce isolamento termico e immagazzina sostanze di riserva; il grasso bruno produce calore.

Figura 5 I principali tessuti connettivi (A) I Il tessuto

de.

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adiposo :tyisce costituisce i|

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depositi di grasso

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corporeo. (B) Il tessuto connetivo denso si trova in tendini e legamenti. (C) Il tessuto osseo contiene

D

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in una matrice mineralizzata

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Ossa: forniscono strutture di sostegno per il

DIanco 80 pm

corpo che rendono possibile la generazione dei movimenti da parte del tessuto muscolare.

Fibre di collagene

i

fibre di collagene

é

immerse in una matrice mineralizzata. (D) Il sangue è l'unico tessuto connettivo fluido

250

ni

gigouli 3

| .

si Legamenti e tendini: connettono tra loro le ossa e i muscoli alle ossa.

2. Nelconnettivo lasso ci sono tutti i tipi di fibre; questo tessuto si trova nella cute e tra un organo e l’altro. È il tipo più diffuso di tessuto connettivo; forma le strutture reticolari al di sotto degli epiteli di rivestimento degli organi che comunicano con l’esterno. Il tessuto adiposo (Figura 58) svolge la funzione di deposito di lipidi. In questo tessuto la matrice extracellulare è quasi assente: le cellule hanno una forma sferoidale e ognuna di esse contiene una goccia lipidica di grandi dimensioni o tante minuscole gocce che la riempiono interamente. Il tessuto adiposo ha funzione di riserva energetica, protegge dai traumi gli organi interni e costituisce uno strato sottocutaneo con funzione isolante che contrasta la dispersione termica. I connettivi specializzati. Essi comprendono il tessuto osseo, la cartilagine e il sangue. Il tessuto osseo (Figura 5C) contiene fibre di collagene, ma deve la propria rigidità e la propria durezza a una matrice extracellulare ricca di cristalli di fosfato e carbonato di calcio insolubili. L'osso ha una triplice funzione: sostegno per i muscoli, protezione mecca-

nica, e riserva di sali di calcio per il resto del corpo. Questa funzione può realizzarsi perché all’interno dell’osso sono sempre attive cellule che producono e cellule che demoliscono la matrice, mantenendolo in

un equilibrio dinamico. Le cellule responsabili della crescita e del continuo rimodellamento dell’osso sono gli osteoblasti, gli osteociti e gli osteoclasti. Gli osteo-

Ro

a e

À .

i

EEC A

e e . Li: Cellule sanguigne: i globuli rossi trasportano i gas respiratori; i globuli bianchi sono coinvolti nelle risposte immunitarie.

blasti producono nuova matrice extracellulare che si deposita sulla superficie ossea. Queste cellule vengono gradualmente circondate dalla matrice stessa, da cui risultano infine incapsulate; quando ciò accade, esse smettono di depositare la matrice, ma continuano a sopravvivere all’interno di piccole lacune (cavità) dell’osso. Quando gli osteoblasti si trovano in

questo stadio vengono definiti osteociti. Gli osteociti rimangono in contatto gli uni con gli altri attraverso lunghe estensioni cellulari che corrono lungo sottili canali nell’osso. La comunicazione tra gli osteociti è molto importante per il controllo dell’attività delle altre cellule ossee. Gli osteoclasti sono le cellule che riassorbono l’osso, formando cavità e gallerie; contemporaneamente, gli osteoblasti continuano a lavorare depositando nuovo materiale osseo. L'azione reciproca degli osteoblasti e degli osteoclasti plasma e rimodella costantemente le ossa. Il sangue (Figura 5D) è l’unico tessuto connettivo flui-

do edè formato da cellule (come i globuli rossio eritrociti e i globuli bianchio leucociti) disperse in una voluminosa matrice extracellulare: il plasma. La cartilagine è formata da cellule chiamate condrociti, che producono una matrice extracellulare consistente ma gommosa grazie alle fibre di collagene mescolate con polisaccaridi e proteine. Le fibre di collagene rinforzano la matrice e si distribuiscono lungo tutte le direzioni come corde: in questo modo la cartilagine risulta flessibile e resistente.

C1 | L'architettura del corpo umano | C7

i um

Neuroni: comunicano informazioni dai sensori al sistema nervoso centrale, immagazzinano e integrano informazioni, comunicano i comandi ai muscoli e alle ghiandole.

Corpo [el2}|[T]E:Xg=) del neurone

Assone

Neuroni

20 pm



Astrociti —

Figura 6 | neuroni e le cellule gliali (A) Questo neurone umano consiste in un corpo cellulare, un certo numero di dendriti e un lungo assone che invia informazioni alle altre cellule. {B) Una sezio ne di tessuto dell'encefalo umano mostra gli astrociti, un tipo di cellule gliali. Le cellule gliali contribuiscono alla barriera ematoencefalica, che protegge l'encefalo.

La cartilagine si trova in diverse parti del corpo, come le articolazioni, la laringe, il naso e i padiglioni auricolari. È anche il componente principale dello scheletro embrionale, ma durante lo sviluppo la maggior parte viene sostituita dal tessuto osseo. RICORDA I tessuti connettivi comprendono quelli propriamente detti (connettivo denso e lasso, adiposo) e i tessuti connettivi specializzati (tessuto osseo, cartilagine e sangue).

RO Servoso

Il tessuto

Il tessuto nervoso è formato da due tipi di cellule: i neuroni e le cellule gliali. I neuroni sono cellule eccitabili, significa che possono generare e trasmettere segnali elettrochimici, chiamati impulsi nervosi. La trasmissione di questi segnali è velocissima. Ogni neurone è formato da un corpo cellulare che contiene il nucleo e gli organuli, da un assone e da uno o più dendriti (Figura 6A).I dendritisono estensioni citoplasma-

tiche corte e sottili che raccolgono i segnali provenienti da altri neuroni o da organi sensoriali e li trasmettono al corpo cellulare; questo elabora la risposta e la trasmette all’assone come impulso elettrico. L’assone è un prolungamento lungo e sottile che termina quasi a contatto con una cellula bersaglio (un altro neurone, una cellula muscolare, alcune ghiandole).

Glia: sostiene i neuroni in vari modi e modula i segnali; isola i processi neuronali; fornisce funzioni immunitarie per il sistema nervoso centrale.

Gli impulsi nervosi si spostano molto rapidamente lungo l’assone, fino alla terminazione che si trova in prossimità della cellula bersaglio. Qui attivano il rilascio di segnali chimici (i neurotrasmettitori) che si legano ad appositi recettori presenti sulla cellula bersaglio, stimolando una sua risposta. La zona che si trova tra assone e cellula bersaglio si chiama sinapsi. Nei neuroni, le informazioni viaggiano a senso unico: i dendriti le portano dall’esterno verso il corpo cellulare, l’assone invece trasmette l'impulso nervoso dal corpo cellulare verso l'esterno. Un neurone può avere anche moltissimi dendriti, ma ha sempre un unico assone che può ramificarsi nella parte terminale ed è quindi in collegamento con una o più cellule bersaglio. Nel tessuto nervoso sono presenti anche le cellule gliali (Figura 6B), che non generano né conducono segnali elettrochimici, ma provvedono a una varietà di funzioni di supporto peri neuroni: alcune fungono da sostegno e da filtro, altre forniscono sostanze nutrienti o contribuiscono a mantenere costante l’ambiente extracellulare; altre ancora isolano e avvolgono gli assoni di alcuni neuroni per rendere più efficiente la conducibilità. Nell’encefalo umano, la parte superiore del sistema nervoso, il numero di cellule gliali è di circa dieci volte superiore rispetto a quello dei neuroni. RICORDA Il tessuto nervoso è formato dai neuroni, che generano e trasmettono impulsi nervosi in tutto il corpo, e dalle cellule gliali, che li nutrono.

oratoccaate ERG 1. 2.

3.

Quale evento porta alla formazione dei diversi tessuti del corpo umano? Quali tipi di tessuti sono presenti nel corpo

1,

umano?

2.

Che cos'è una sinapsi?

C8

La giunzione occludente / membrana

basale separa il tessuto epiteliale dai tessuti sottostanti.

Le cellule deputate al riassorbimento dell'osso sono gli .................

Realizza un'infografica che riassuma i tessuti presenti nel corpo umano. L'infografica deve contenere un disegno anatomico (dell'intero organismo o di una parte), le illustrazioni dei tessuti, la loro descrizione e la loro posizione.

Un organo è composto da

tessuti.

ES

pr =

ORGANI, SISTEMI E APPARATI

Tessuto epiteliale Rivestimento, trasporto, secrezione e assorbimento

Il corpo umano

è formato da

è rivestito internamente da

organi, sistemi

membrane

e apparati 7

epiteliali 8

L_

Tessuto connettivo Sostegno, rinforzo ed elasticità

Tessuto

muscolare Movimento

di

I sistemi e gli apparati

Quando le funzioni di più tessuti vengono coordinate per svolgere un’unica attività, si forma un organo (come il cuore o lo stomaco Figura 7). A loro volta, gli organi possono essere raggruppati in sistemi o apparati (talvolta i due termini sono usati impropriamente come sinonimi). Un sistema è un’unità morfofunzionale costituita

da organi che condividono la stessa origine embrionale; i sistemi del corpo umano sono (Figura 8 alle pagine seguenti): nervoso, linfatico e immunitario, endocrino, schele-

trico, muscolare. Un apparato, invece, è un insieme di organi con origine embrionale diversa, che cooperano per svolgere le stesse funzioni; gli apparati sono (Figura 9 alle pagine seguenti): tegumentario, cardiovascolare, digerente, respiratorio, urinario, riproduttore. Alcuni di essi, come

l'apparato digerente, sono formati da organi in continuità fisica tra loro; altri, come il sistema endocrino, comprendono organi distanti l'uno dall’altro, ma correlati dal

punto di vista funzionale. Tutti gli apparati sono sostenuti dallo scheletro e dai muscoli e protetti dall’apparato tegumentario, che insieme delimitano due cavità, una dorsale e una ventrale, entro cui alloggiano i diversi organi. La cavità dorsale comprende il cranio e il canale vertebrale che protegge il sistema nervoso centrale, composto da encefalo e midol-

lo spinale. La cavità ventrale è divisa dal diaframma in quella toracica (che ospita il cuore e i polmoni) e in quella addomino-pelvica (in cui si trovano stomaco, fegato, genitali e la maggior parte degli organi).

All'interno di un organo, i tessuti sono specializzati in modi specifici.

Figura 7 Le pareti dello stomaco Un esempio della disposizione di tutti i tipi di tessuto in un organo.

I sistemi e gli apparati non si comportano in maniera indipendente, ma lavorano in modo coordinato al servi-

zio dell'intero organismo. L'apparato che si occupa del trasporto è l'apparato cardiovascolare: passando da un organo all’altro, il sangue permette gli scambi di sostanze chimiche e aiuta a mantenere costante l’ambiente interno. L'apparato cardiovascolare lavora insieme al sistema linfatico e al sistema immunitario che hanno il compito di difendere l'organismo. L'apparato che presiede alla digestione è il digerente, costituito da tutti e quattro i tessuti del corpo umano. Il sistema endocrino e quello nervoso esercitano un'azione di «controllo» sull'attività di tutti gli altri apparati e sistemi. RICORDA Il nostro corpo è formato da organi che a loro volta sono riuniti in sistemi e apparati che cooperano tra loro.

C1 | L'architettura del corpo umano | C9

Tessuto nervoso Gestione delle informazioni, comunicazione e controllo

Il sistema nervoso è formato dall'encefalo, dal midollo spinale, dai nervi e dagli organi di senso. Riceve gli stimoli esterni e interni ed elabora le risposte.

Il sistema muscolare è costituito da

___Muscolo

tessuto muscolare

Encefalo

__ Midollo spinale

scheletrico

scheletrico, che permette il movimento del corpo. | muscoli sono tenuti al loro posto grazie a tendini e legamenti.

VAR

Legamento

Tendine —

Le cellule del Purkinje sono neuroni specializzati del cervelletto, che costituiscono con i loro corpi cellulari la sostanza grigia cerebellare e con i

loro dendriti la sostanza bianca.

I muscoli scheletrici sono costituiti da fibre muscolari che contengono diverse miofibrille, formate da filamenti ordinati di actina e miosina, che gli conferiscono un aspetto striato.

Cellula;di oto

Sostanza

A gi4E)

Striatura di ar: (sil) DA ie

Immagine al microscopio confocale del cervelletto umano.

Corpo cellulare

Immagine istologica di una ® sezione di muscolo scheletrico

umano. (Ingrandimento, 250x)

Dendriti

Epitelio

Il sistema endocrino è composto da ghiandole che producono gli ormoni, sostanze che regolano il funzionamento degli organi e dell'organismo.

Figura 8 Sistemi e apparati, organi e tessuti che li costituiscono

A



Epifisi, ipofisi e ipotalamo

Sd

Si

AT

Tiroide e paratiroidi

| sistemi del corpo umano: endocrino, nervoso, muscolare, linfaticoimmunitario e scheletrico, e l'apparato respiratorio.

"n

FR

N

A

Ghiandole surrenali

n

ND

Gonadi

C10

A|\ I

=

Pancreas

La tiroide è una ghiandola costituita da follicoli tiroidei, vescicole chiuse da un epitelio follicolare, al cui interno è presente del materiale amorfo, la colloide, utilizzato per sintetizzare ormoni tiroidei,

:

Ai

5

È nt

A

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val

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Le” LA SA

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Cellula follicolare

follicolare

Colloide |

.

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5 Immagine istologica

p

(SEM) della tiroide umana. él » (Ingrandimento, 100x)

e e

Il sistema scheletrico è formato da ossa diverse {piatte, lunghe, brevi...) con funzione di sostegno, come la colonna vertebrale, e protezione, come il cranio e la gabbia toracica.

Vie

Cranio

fl

L'apparato respiratorio é costituito dai polmoni e dalle vie aeree superiori e inferiori. Garantisce gli scambi dei gas respiratori, trasferendo l'ossigeno al sangue, ed eliminando il diossido di carbonio.

aeree superiori

y

Osso piatto Gabbia toracica

Polmone

Colonna vertebrale

Vie aeree

inferiori

Osso breve

Osso lungo

Il tessuto osseo, compresa la dentina che costituisce i denti, si forma in prossimità di cellule chiamate osteoblasti e viene riassorbito da altre cellule chiamate osteoclasti.

La maggior parte delle vie aeree sono rivestite internamente da mucose, uno strato cellulare epiteliale dotato di ciglia che riceve nutrimento dalla sottostante

membrana basale. "',

-

&

PA

“o.

*“

Cellula'della Mia l' (eee

Immagine istologica (TEM) di un osteoclasta che riassorbe la dentina. (Ingrandimento, 2440x) Osteoclasto

Tessuto

connettivo

Immagine istologica - (TEM) dell'epitelio respiratorio del

DIN LsLat)

Follicolo

Nucleo

Membrana basale

Ciglia

Vaso sanguigno I linfonodi sono piccole masse di

Linfonodo

tessuto

spugnoso organizzate in follicoli, rivestite da tessuto connettivo e irrorate da vasi sanguigni che contribuiscono . alla difesa

‘ del nostro x

dA

VIS

ta

Immagine istologica di
SN

é

.

5. Le cellule si

trasformano in una massa di cellule pluripotenti. G

Figura 16 Due procedure per ottenere cellule staminali pluripotenti in laboratorio

.

gra

È possibile ottenere cellule staminali pluripotenti da embrioni umani, oppure inserendo in cellule dell'epidermide geni attivamente espressi in modo da trasformarle in cellule staminali.

È " si " Cellule del

Cellule del

Cellule del

tessuto osseo

tessuto muscolare

tessuto nervoso

Le staminali REG

adulte

Nell’adulto, le staminali si dividono producendo altre cellule che si differenziano per sostituire le cellule morte e mantenere l’integrità dei tessuti. La potenzialità rigenerativa del tessuto dipende innanzitutto dal numero di cellule staminali presenti. Nei tessuti che si rinnovano continuamente, il numero di staminali è molto elevato,

Fattore di crescita è un termine che si riferisce a proteine

capaci di stimolare la proliferazione e sie il differenziamento

cellulare.

ma sembra che alcune siano presenti anche nel sistema nervoso e nel muscolo cardiaco. Inoltre, la proliferazione e il differenziamento delle cellule staminali multipotenti e unipotenti (nell’adulto e nell’embrione) avvengono «a richiesta», cioè in risposta a specifici segnali come i fattori di crescita (in inglese growth . . ‘ao , factor) . o gli . ormoni. I fattori di 0crescita sono molecole segnale impiegate nella comunicazione cellulare. Durante la vita embrionale anche le cellule vicine influiscono sul differenziamento delle cellule staminali. Identificare i meccanismi che inducono una cellula

staminale a riprodursi è un punto chiave delle ricerche

k i

API

6. Le cellule vengono indotte a differenziarsi in cellule specializzate e sono trapiantate nel paziente.

sulla rigenerazione e sull’invecchiamento cellulare. Capire come indurre la proliferazione di staminali ha aperto nuovi scenari anche per i trapianti. Un altro filone di ricerca riguarda la possibilità di «azzerare» la specializzazione delle staminali adulte lasciando invariato il loro potenziale riproduttivo, allo scopo di generare staminali di tessuti diversi. Questa trasformazione si chiama

transdifferenziazione. Studi recenti hanno dimostrato che in alcuni animali le cellule staminali multipotenti sono dotate di una certa plasticità e possono andare incontro a transdifferenziazione. Altre ricerche, poi, hanno mo-

strato che le cellule dell’epidermide possono essere «alterate» e diventare pluripotenti; queste cellule vengono indotte a differenziarsi in molti tessuti. I ricercatori le hanno chiamate cellule iPSC (cellule staminali pluripotenti indotte). RICORDA La potenzialità rigenerativa dei tessuti dipende dal numero di cellule staminali adulte presenti e da specifici segnali.

Oratoccaate Gatti Da che cosa dipende la capacità rigenerativa di un tessuto?

C20

Le cellule pluripotenti / multipotenti possono originare solo alcuni tipi di cellule.

Cerca informazioni in Rete sulle cellule iPSC e scrivi un testo sulle possibili applicazioni.

eV I RZ110)

Le cellule staminali nella ricerca

L o studio delle cellule staminali è di grande attualità, sia per la ricerca scientifica sia per i temi etici che va a toccare. | motivi d'interesse che stimolano i numerosi studi in questo settore sono molteplici: in particolare, la ricerca sulle cellule staminali è estremamente promettente nel campo delle terapie a malattie neurodegenerative per le quali non esiste ancora una cura. Oltre all'ambito medico, lo studio delle cellule staminali fornisce eccezionali informazioni anche dal punto di vista evoluzionistico. Infatti, le staminali consentono ai biologi di approfondire la nostra storia evolutiva e quella degli altri esseri viventi attraverso l'analisi del processo di sviluppo embrionale che da un'unica cellula originaria porta alla formazione di un organismo complesso, costituito da miliardi di cellule differenti per forma e funzione. Le cellule staminali nella ricerca biomedica Nel corpo umano adulto sono presenti cellule staminali nel midollo osseo e in altri siti come il cervello e il derma: si tratta di cellule staminali unipotenti e multipotenti, che possono rispettivamente dare origine a uno o alcuni tipi di cellule. La ricerca su queste cellule e sul loro utilizzo non solleva particolari questioni etiche e giuridiche a condizione, naturalmente, che il prelievo e il trattamento avvengano con modalità che garantiscano la salvaguardia della persona interessata. Molto ricco in cellule staminali pluripotenti, che possono cioè dare origine a molti tipi di cellule, è il cordone ombelicale: in Italia è possibile donarne il sangue (raccolto in occasione del parto) per metterlo a disposizione della collettività. | problemi etici si pongono quando la ricerca si concentra sulle cellule staminali embrionali, che sono totipotenti possono cioè dare origine a tutte le cellule che compongono un organismo. Lo studio di questo tipo di cellule prevede l'utilizzo di embrioni umani e, pertanto, solleva importanti questioni etiche sulle condizioni in cui la ricerca debba essere svolta. L'argomento è delicato e vede la polarizzazione dell'opinione pubblica su due fronti opposti: da una parte si collocano coloro per cui gli embrioni sono esseri umani a tutti gli effetti e il loro utilizzo a scopi di ricerca non è eticamente ammissibile; dall'altra si schiera chi dichiara immorale non utilizzare una tale fonte per supportare la ricerca di terapie per malattie genetiche tuttora incurabili.

Sotto il profilo prettamente scientifico, l'aumento delle conoscenze sulla biologia delle cellule staminali ha, negli ultimi anni, consentito di ampliare le prospettive di azione terapeutica verso malattie per cui ancora non esistono cure rendendo queste cellule uno degli strumenti fondamentali della medicina rigenerativa. Lo scopo di questa branca della medicina è quello di rigenerare organi e tessuti danneggiati gravemente ripristinando la loro funzionalità. | suoi campi d'azione sono dunque molteplici, dal sistema nervoso nella lotta alle malattie neurodegenerative al tessuto epiteliale nella cura di ustioni e gravi malattie genetiche come la epidermolisi bollosa (Figura A), nota come malattia dei bambini farfalla, per cui la pelle diventa estremamente fragile. Lo studio delle cellule staminali e delle loro applicazioni nell'ambito della medicina rigenerativa può quindi migliorare le condizioni di vita di moltissime persone.

Un esempio di campo di studi dell'evo-devo riguarda l'origine e lo sviluppo dell'occhio. Animali che appartengono a specie distanti possiedono occhi con strutture completamente differenti che sembrano non avere nulla in comune nei processi di sviluppo da cui derivano. È il caso, per esempio, degli occhi dei vertebrati e di quelli composti degli insetti (Figura B). Lo studio dei meccanismi che

hanno portato allo sviluppo di queste strutture ha però rilevato l'esistenza di geni comuni a entrambi i processi. Com'è possibile che gli stessi geni possano originare strutture così differenti? La risposta si trova nel cambiamento dei meccanismi che regolano l'espressione genica nelle due specie. Lo studio delle cellule staminali, che da uno stesso corredo genetico possono dare origine a differenti linee cellulari, non si limita quindi al già di per sé importante ruolo che può svolgere nella lotta alle patologie ma può contribuire alla comprensione dei meccanismi evolutivi che hanno portato all'evoluzione della diversità animale.

Le cellule staminali e la scienza dell'evo-devo Un campo di studi che è andato affermandosi e arricchendosi negli ultimi trent'anni è quello della biologia dello sviluppo, abbreviata in evo-devo (dall'inglese evolution of development). Si tratta di una disciplina che investiga le modalità di sviluppo embrionale degli organismi appartenenti a differenti gruppi tassonomici traendo importanti

informazioni da diversi campi della biologia, dall'embriologia alla genetica di popolazioni. Infatti, la materia ha subito un fondamentale impulso in seguito alla scoperta dei geni che regolano e limitano le diverse fasi del processo di sviluppo embrionale e fetale.

Figura A Bambina affetta da epidermolisi bollosa, malattia genetica rara caratterizzata dalla fragilità della cute e delle mucose.

Figura B (1) Gli occhi composti della Drosophila melanogaster; (2) gli occhi diun mammifero, il lupo.

C1 | L'architettura del corpo umano] C21

PREVENZIONE E FATTORI DI RISCHIO ASSOCIATI ALLE MALATTIE La prevenzione

i è un insieme di

si basa sulla ricerca dei

azioni mirate a

fattori

prevenire l’insorgere

di rischio 17

Figura 17 Campagne al femminile contro il cancro al seno Numerose campagne di prevenzione puntano sull'importanza dello screening nella lotta contro il cancro al seno.

sE

della malattia 16

IE 6:

Di cosa parliamo quando parliamo di prevenzione

La prevenzione consiste nel promuovere il benessere e la salute della collettività. Nello specifico, ha il fine di ridurre, se non di evitare, l'insorgenza di una malattia tramite interventi mirati a individuare i fattori di rischio associati alla malattia e ridurne gli effetti. Esistono quattro livelli di prevenzione: 1. primaria, ha scopo di ridurre la comparsa di nuovi casi di malattia nella popolazione. Ne sono esempio i progetti di educazione alla salute nelle scuole e le campagne sulla modifica di comportamenti, come quelle antifumo promosse dai diversi governi; 2. secondaria, riguarda la diagnosi precoce di una malattia, ed è quindi volta a ridurne la progressione. Spesso si attua attraverso lo screening di popolazione. Un esempio sono le campagne di prevenzione rivolte alle donne, attraverso esami come Pap test e mammografia (Figura 17);

3. terziaria, ha lo scopo di ridurre la gravità e le complicazioni di malattie per cui non si guarisce. Consente di gestire le conseguenze mediche e psicologiche derivanti dalla malattia; 4. quaternaria, ha lo scopo di evitare forme di ipermedicalizzazione, cioè pratiche mediche non strettamente necessarie e suggerire terapie accettabili da un punto di vista etico. RICORDA La prevenzione riguarda una serie di interventi mirati a modificare abitudini e comportamenti così da ridurre l'insorgenza di una malattia.

C22

Conoscere i fattori di rischio e l'esposizione della popolazione

Conoscere i fattori di rischio e sapere a quali di essi la popolazione è potenzialmente esposta è fondamentale per stabilire linee guida di prevenzione e prendere misure in anticipo. Per fattore di rischio si intende una condizione o un comportamento che aumenta la probabilità di sviluppare una determinata malattia. Un fattore di rischio contribuisce allo sviluppo della malattia quando è associato ad altri fattori di rischio e la sua esposizione è prolungata nel tempo. Alcuni fattori di rischio sono definiti modificabili, in

quanto attraverso cambiamenti dello stile di vita o mediante assunzione di farmaci possono essere eliminati o ridotti; altri fattori sono non modificabilie riguardano caratteristiche come la predisposizione genetica, l’età e il sesso. I fattori di rischio modificabili possono essere legati a comportamenti e abitudini scorretti, per esempio una dieta squilibrata, l'abitudine al fumo di tabacco, uno stile

di vita sedentario, la mancanza di alcune vaccinazioni, l'assunzione di droghe e di alcuni farmaci. Numerosi studi, inoltre, confermano che l’inquinamento ambientale sia un fattore di rischio per l’insorgenza di più patologie: da quelle tumorali e dell’apparato respiratorio, alle malattie cardiovascolari. L'inquinamen-

to è un fattore di difficile categorizzazione e certamente meno modificabile dei precedenti, sia perché l’inquinamento atmosferico (particolato e polveri di varie dimensioni) sta divenendo «endemico» sia perché cambiare residenza non è sempre possibile o conveniente. Tra le linee guida di prevenzione per minimizzare i fattori di rischio legati all'inquinamento ambientale, ricordiamo: * l’usodimisure igieniche adeguate; * ilconsumo di carburanti più puliti e sicuri; * una gestione «ragionata» delle sostanze tossiche; * un migliore sfruttamento delle risorse idriche.

Secondo l’Organizzazzione Mondiale della Sanità (OMS),

diversi tipi di tumore. La sindrome metabolica è molto

circa il 24% di tutte le malattie nel mondo è dovuto all’esposizione a fattori di rischio ambientali modificabili. Sono fattori di rischio non modificabili fattori de-

diffusa nei cosiddetti «Paesi ricchi», dove l'esposizione a

mografici come l’età, il sesso e l’etnia, ma anche la pre-

senza di geni, che renderanno la possibilità di ammalarsi certa o più alta. Pensiamo alla fibrosi cistica e alla distrofia muscolare: hanno origine dal corredo genetico di un individuo e lo porteranno, a una certa età, ad ammalarsi sicuramente. Altre malattie, come l’asma o il diabete, potrebbero avere cause genetiche, ma il loro esordio di-

pende dalla storia dell'individuo: dall'interazione tra il genoma e i fattori ambientali a cui è esposto. Molto spesso, alcuni fattori di rischio pericolosi per la salute di per sé, lo diventano maggiormente se si presentano in concomitanza ad altri. In presenza di più fattori di rischio fisiologici, come sovrappeso, elevata pressione arteriosa e alti livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue, aumenta la probabilità che si instauri una condizione cronica chiamata sindrome metabolica, che, a sua volta, espone più facilmente a infarto e ictus, oltre che a

RISNISNA] PIia0O)

Medicina —— e farmacologia di genere

a medicina di genere è una branca recente delle scienze biomediche che ha l'obiettivo di individuare e analizzare le differenze che derivano dal genere di appartenenza dell'individuo sotto più punti di vista: anatomico e fisiologico, biologico, psicologico, sociale. La farmacologia di genere, invece, indaga e definisce l'efficacia e i rischi dei farmaci in relazione al genere. È stato dimostrato che le differenze, in caso d'insorgenza di malattia, si riflettono significativamente sia sulla genesi e il decorso di una malattia sia sulla risposta alle terapie (Figura A). Per «differenze di genere» si intendono non soltanto i caratteri sessuali primari e secondari degli individui, ma soprattutto un insieme di specificità che derivano sia dalla differente fisiologia e psicologia di uomini e donne sia dai diversi contesti sociali e culturali di riferimento (ruoli sociali, tratti di personalità, comportamenti, valori e influenze che la società attribuisce in maniera differenziale ai due sessi).

un alto tasso di inquinanti ambientali è spesso abbinata ad abitudini alimentari scorrette. Dal momento che molti fattori di rischio sono modificabili, è possibile per l'individuo impostare fin da giovane uno stile di vita adeguato. La tempestività è molto importante per la prevenzione, perché molti dei fattori di rischio menzionati portano a una malattia solo nel lungo periodo. Il nostro organismo possiede una certa resilienza agli stress, ma si ammala quando l’esposizione diventa prolungata o cronica. Inoltre, una prevenzione efficace è importante anche per ridurre costi e sforzi a carico del Sistema Sanitario Nazionale: se ogni individuo evitasse l'esposizione a fattori di rischio modificabili, si ridurrebbero drasticamente i costi derivanti da ricoveri, farmaci e terapie intensive. RICORDA I fattori di rischio si dividono in modificabili (come l'abitudine al fumo) e non modificabili (la predisposizione genetica o l’età).

In termini di salute e di risposta alle terapie,

donne e uomini sono diversi Sino a non molto tempo fa, la medicina occidentale considerava gli individui dei due sessi come organismi che «funzionavano» allo stesso modo. Nel corso dei secoli, infatti, i medici hanno preso come modello di riferimento il corpo maschile (di età media, peso nella norma e origine caucasica) e su di esso hanno costruito l'identikit delle malattie. Una delle diverse ragioni di questa scelta è che l'organismo femminile, dal punto di vista fisiologico, è più complesso di quello maschile: basti pensare alla variabilità dell'assetto ormonale (ciclo mestruale, gravidanza, menopausa), che rende il corpo della donna un modello di studio più complicato. Negli anni Ottanta del Novecento cominciò a delinearsi la consapevolezza che le donne non ricevevano cure adeguate alle proprie caratteristiche, subendo gravi diseguaglianze di trattamento. Nel 1993, la Food and Drug Administration pubblicò una serie di linee guida per lo studio delle differenze di genere nella valutazione clinica dei farmaci, nelle quali si esortava non soltanto all'inclusione delle donne nelle sperimentazioni, ma anche all'analisi dei dati in un'ottica di genere.

In Italia, nel novembre 2008, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha pubblicato un documento dal titolo La sperimentazione farmacologica sulle donne, nel quale si riconosce che: «nell'ambito della sperimentazione clinica dei farmaci le donne risultano essere soggetti deboli, o comunque non oggetto di adeguata considerazione in ordine alla loro specificità sia in senso quantitativo (numero di donne arruolate rispetto al numero di uomini) sia in senso qualitativo (analisi dei dati rispetto alla differenza sessuale)».

Grazie agli studi in farmacogenetica, poi, si è potuto dimostrare che le donne rispondono in modo diverso ai farmaci anche su base genetica.

= MU

Q|='d dae

Figura A Medicina e farmacologia di genere studiano nuovi modelli di salute, indagando le differenze tra i due sessi, così da trovare la cura migliore per entrambi.

SI

(i f3 11

S

oratoccaate figa 1.

Che cos'è la prevenzione primaria?

L'inquinamento ambientale è un esempio

2.

Quali fattori di rischio non possono essere

di fattore di rischio modificabile / non modificabile.

eliminati o ridotti?

Cerca in Rete di quanto è diminuta la letalità del tumore al seno dall'introduzione della mammografia come test di screening.

C1 | L'architettura del corpo umano] C23

x

ESERCIZI CAPITOLO

1,

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Completa la mappa inserendo i termini mancanti.

specializzato / liscio / sensoriale / muscolare / neuroni / connettivo / epiteliale / sistemi / omeostasi / di rivestimento / nervoso / organi IL CORPO UMANO

può

>

quattro tipi di ” tessuti

è costituito da

regolare l’ambiente interno

che formano —>

attraverso ll

............

dii

che costituiscono

apparati

.

che sono

suddiviso in

suddiviso in

ghiandolare

formato da

striato

suddiviso in

cellule gliali

propriamente detto

cardiaco

2.

Dai una definizione per ciascuno dei seguenti termini associati.

tessuti:

sistemi: apparati:

È un insieme di organi con origine embrionale diversa, che cooperano per svolgere le stesse funzioni.

connettivo denso:

Predominano le fibre costituite di collagene, che formano una struttura compatta e resistente.

connettivo lasso: membrana

mucosa:

membrana sierosa:

conduzione: convezione:

Avviene tipicamente nei fluidi, grazie agli spostamenti delle particelle.

staminali unipotenti:

Possono dare origine a un solo tipo di cellula.

staminali multipotenti: staminali pluripotenti: staminali totipotenti: recettore:

effettore:

Agisce modificando l'ambiente interno in base alle richieste del centro di regolazione.

fattori di rischio modificabili

Possono essere eliminati o ridotti tramite cambiamenti dello stile di vita.

fattori di rischio non modificabili

C24

anomalie cromosomiche. mutazioni nelle proteine.

Come definiresti la sinapsi?

Il centro di regolazione dell'organismo è:

il contatto tra due assoni.

l'ipotalamo.

il corpo cellulare di un neurone. una vescicola piena di neurotrasmettitori.

effetti dell'ambiente sul fenotipo.

una zona tra l'assone di un neurone e la cellula che contatta.

| tessuti epiteliali possiedono

Da quali proteine contrattili è formato il

DOD

[FD lD El

espressione differenziata dei geni.

BDAGEY

w

La diversità di forma e funzione dei tessuti del corpo è dovuta a

il centro di controllo del respiro. inesistente. situato nel cervelletto.

cellule gliali.

actina e miosina.

collagene ed elastina. è privo di proteine contrattili.

n

fa parte delle ghiandole salivari. Quale tra le seguenti non è una caratteristica delle fibre muscolari? sono specializzate nella ricezione degli stimoli.

DIE a

= =

Quale delle seguenti non è una funzione

I D DD E

bd N

ormoni.

specifici geni. molecole segnale. €

Quale tipo di prevenzione ha lo scopo

prevenzione quaternaria.

del tessuto adiposo:

funzione di riserva energetica.

18. [dI Quale tipo di prevenzione riguarda la

funzione isolante.

diagnosi precoce di una malattia?

funzione di sostegno.

prevenzione primaria.

funzione di protezione. Fornisci la definizione corretta di

sostanza caratterizzata da fibre di

condizioni relativamente stabili

collagene resistenti alla trazione.

nell'ambiente interno.

Pb

13

sostanza di cui si nutre il sistema nervoso umano.

la capacità dell'organismo di mantenere un adeguato apporto calorico.

[D]

PI

cellule staminali.

prevenzione secondaria.

le fibre della matrice extracellulare del tessuto connettivo.

sostanza che riveste i denti.

il processo grazie al quale gli organismi evolvono.

Dia?

staminali multipotenti.

prevenzione primaria.

è fondamentale per la sopravvivenza

omeostasi.

la)

la capacità dell'organismo di mantenere

[O]

Come definiresti il sangue?

staminali totipotenti.

evitare forme di ipermedicalizzazione?

è formato da ossa, legamenti e cartilagini.

sostanza fondamentale.

soluzione gelatinosa in cui sono immerse

staminali unipotenti.

prevenzione terziaria.

possiedono molti nuclei.

Fornisci la corretta definizione di

è formato dall'encefalo, dal midollo spinale, dai nervi e dagli organi di senso.

della specie.

derivano dalla fusione dei mioblasti.

sono stimolate ognuna da una fibra nervosa.

è composto da ghiandole che producono gli ormoni.

DOD

riversa all'esterno il suo contenuto.

È

Rd

ha un dotto escretore.

Quali tra le seguenti caratteristiche appartiene al sistema endocrino?

pb bi È

Bb

riversa il suo contenuto nella circolazione sanguigna.

staminali pluripotenti.

| fattori di crescita sono:

Una ghiandola è endocrina se

=

numerosi adipociti.

prevenzione secondaria. prevenzione terziaria. prevenzione quaternaria.

9. €

È un fattore di rischio non

modificabile: una scorretta alimentazione.

DE

giunzioni cellulari.

osseina e dentina.

DIE

tessuto muscolare?

= "si

3

cellule eccitabili.

DD E

pd

Le cellule del cordone ombelicale sono

l'età. la mancanza di alcune vaccinazioni. uno stile di vita sedentario.

caratteristica degli organismi omeotermi.

un tessuto connettivo fluido. una matrice extracellulare,

un tessuto epiteliale liquido. un liquido interstiziale.

C1 | Esercizi di fine capitolo | €25

25. Nelle seguenti affermazioni trova i termini errati e sostituiscili

20. Sottolinea l'alternativa corretta.

a)

b)

Lecellule epiteliali sono connesse attraverso giunzioni occludenti / comunicanti e gli spazi tra esse sono ricchi / privi di materiale extracellulare.

con quelli corretti.

a)

allo scorrimento di filamenti costituiti da cheratina e miosina presenti nella cellula. Esistono tre tipologie di tessuto muscolare: il tessuto scheletrico striato, il tessuto muscolare liscio e il tessuto muscolare cardiaco.

Iltessuto epiteliale poggia su una membrana / lamina basale costituita da proteine e lipidi / carboidrati.

c)

Tutti gli epiteli sono privi di terminazioni nervose / vasi sanguigni e si rinnovano rapidamente / lentamente.

b)

21. Leggi e completa il testo scegliendo tra i seguenti termini.

l'epidermide / la mucosa / esterna / interna / interne / rivestimento / stratificato / semplice / sensoriale / ghiandolare

d) a)

Le ghiandole................... , come quelle salivari e VEFOPETTTETOTTOTORE . possiedono un .................... cheriversa all'esterno la sostanza che viene secreta.

b)

Leghiandole...................

liberano le sostanze che producono,

Il tessuto scheletrico striato è responsabile di tutti i movimenti volontari e di alcuni involontari come la digestione. È costituito da cellule grandi, mononucleate e striate per la presenza di bande alternate. Il tessuto muscolare liscio costituisce la muscolatura involontaria presente nella parete degli organi interni cavi e nel rivestimento dei vasi sanguigni. È costituito da cellule affusolate e mononucleate che contengono le proteine contrattili disposte in modo regolare.

VEFOPETTTETOTTOTORE , l'epitelio di rivestimento che protegge la superficie VENPRTETETOTOTOTOTE del nostro corpo è un epitelio .................... mentre VENPRTETETOTOTOTOTE che ricopre le cavità .................... comunicanti con l'esterno, è un epitelio .................... . 22. Leggi e completa le seguenti affermazioni relative alle ghiandole.

Il tessuto muscolare è formato da cellule allungate che si contraggono e generano il movimento. La contrazione è dovuta

Il tessuto muscolare cardiaco è presente soltanto nel cuore. La sua contrazione è involontaria. Le cellule sono piccole e appaiono lisce e polinucleate. Le cellule pacemaker sono delle speciali cellule del

tessuto cardiaco che generano il segnale chimico che dà origine al battito cardiaco. Termini errati

Termini corretti

dette .................... ; direttamente nel .....................

c) d)

Le ghiandole endocrine possono essere .................... O raggruppate in .................... di cellule endocrine. Le ghiandole.................... sono costituite da un particolare VERUUETETETETECETRE chiamato epitelio .....................

23. Leggi e completa il seguente testo sul tessuto connettivo. Il tessuto connettivo è costituito da cellule immerse in una VEFOPETTTETOTTOTORE extracellulare, costituita da una sostanza VENPRTETETOTOTOTOTE e da fibre proteiche come il ...................., lafibra più abbondante, e l'.................... presente nei tessuti che si allungano regolarmente come polmoni e le grandi ................... . 24, Associa ciascuna caratteristica al tessuto a cui appartiene.

a. b. c. d. a

Comprende Può essere Può essere Può essere

le cellule gliali. ghiandolare. lasso. liscio. b

1, 2. 3. 4, C

Tessuto Tessuto Tessuto Tessuto

connettivo epiteliale muscolare nervoso d

26. Associa ogni funzione alle cellule che la svolgono. Funzione

Tipo cellulare

a. Generano e trasmettono gli impulsi

1. Cellule gliali

nervosi, b. Producono matrice cellulare nelle ossa. c. Producono la matrice extracellulare

2. Condrociti 3. Osteoclasti 4, Eritrociti

della cartilagine.

5. Neuroni

d. Forniscono i nutrienti alle cellule nervose. e. Riassorbono l'osso.

6. Osteoblasti

f. Trasportano l'ossigeno nel sangue. a

b

Cc

d

e

f

27. Descrivi la struttura e la funzione delle diverse tipologie di tessuto epiteliale.

C26

IPOTIZZA

RICERCA

28. La sudorazione è un meccanismo attuato dall'organismo per regolare la temperatura corporea attraverso la perdita di liquidi e la conseguente dispersione di calore. Ma la quantità di sudore che si produce è in relazione alla quantità di liquidi che si assume? In altri termini, se beviamo di più, sudiamo di più? Cerca in Rete informazioni che ti consentano di rispondere a questa domanda

29. Nel 2012, il medico giapponese Shinya Yamanaka ha ricevuto il premio Nobel per le sue ricerche sulla riprogrammazione delle cellule somatiche adulte in cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC). Aiutandoti con lo schema riportato qui sotto, cerca in Rete in che cosa consisteva il lavoro di ricerca per cui è stato premiato e perché risultava così innovativo.

e confronta i meccanismi e le funzioni della produzione di sudore

IT

con quelli della produzione di urina.

cellula staminale

pit RIPROGRAMMAZIONE DI YAMANAKA

DIFFERENZIAMENTO

.

AL UULLdi BENESSERE

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Li

PARITÀ [i {F9 i:

6]

I

NE pic Teieieta

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cellula adulta

e,

FAI UN PASSO IN PIÙ

32. Nel mondo ci sono un miliardo di giovani tra i 10 e i 19 anni. La loro condizione è però molto diversa a seconda della zona di provenienza o delle condizioni economiche in cui si trovano. All'interno della classe, formate dei gruppi di 3 persone. Ogni gruppo deve scegliere una nazione o una zona del mondo e fare una ricerca in Rete sulle condizioni medie di vita e di salute degli adolescenti. In particolare, concentratevi su:

Ciao, come stai?

= =

livellodiscolarizzazione; malattie più diffuse;

=

problemi ambientalie sociali;

= =

ricchezza media; accessoalle tecnologie.

Dopo aver trovato queste informazioni, il gruppo deve realizzare ANALIZZA LA NOTIZIA 30. Guarda il video in apertura di capitolo e scegli il termine corretto.

Secondo un'indagine del Ministero della Salute / Dipartimento delle politiche giovanili una percentuale del 89,4 / 92 % delle adolescenti gode di buona salute. Eppure queste adolescenti soffrono di nervosismo e irritabilità / insonnia. Come fascia d'età, assume farmaci il 64,3 % dei giovani di 13 / 15 anni.

un cartellone che riassuma queste informazioni. Includete nel

cartellone una cartina e una fotografia. Mettete insieme i cartelloni di tutti i gruppi per realizzare una mostra sullo stato di salute degli adolescenti nel mondo.

Res

CERCA ALTRE FONTI 31. Amarzo 2019 la rivista 7he Lancetha pubblicato i risultati di

XE

Watch the video

ZAN

and answer the questions.

>| Hi, how are you? GUARDA!

un'indagine sullo stato di salute degli adolescenti nel mondo. Lo studio ha confrontato lo stato di salute dei ragazzi che nel 1990 erano adolescenti con quelli che lo erano nel 2016. Scrivi un testo di 1000 battute per rispondere a queste domande. a

Qualisonole differenze?

= = Qualicondizioni sono in aumento e quali in calo? =

=Peresempio, c'erano più giovani obesi nel 1990 o nel 2016?

=

E fumavano piùragazzi nel 1990 0 nel 2016?

C1 | Esercizi di fine capitolo | €27

cm

LA MEDICINA

_————— €ÈÒx DATI IN AGENDA Farmaci per tutti

DIMMI LA Omeopatia

TUA!

Ho un po' di febbre, quale farmaco potrei prendere? Ti consiglio questi sali minerali: sono omeopatici. Ma l'omeopatia non è una cura! I farmaci tradizionali intossicano il

nostro fegato, quelli omeopatici no.

Guarda il video, poi rispondi alle domande.

GUARDA!

1. Quante dosi di farmaci sono consumate ogni

Domande:

giorno in Italia? 2. In quale fascia d'età le donne consumano più farmaci degli uomini? 3. Quanto spende in farmaci un italiano in un anno?

1. Con quale posizione sei d'accordo e perché? 2. Quali affermazioni non ti convincono di una o dell'altra opinione e perché? 3. Sottolinea i titoli dei paragrafi che potrebbero

4. Che percentuale del costo dei farmaci consumati a

aiutarti ad approfondire questo argomento, cerca

testa in Italia è a carico del servizio

informazioni in Rete per argomentare la tua posizione e discutine in classe.

sanitario nazionale?

ez) NAVIGA

IL

CAPITOLO

La medicina molecolare

indaga

consente di applicare

le cause genetiche e molecolari delle malattie LEZIONE 1

aiuta ad affrontare

nuove strategie terapeutiche LEZIONE 2

vecchie e nuove epidemie e pandemie LEZIONE 5

come vaccini di ultima generazione LEZIONE 3

C28

| i trapianti LEZIONE 4

NE)

hf

que

SAIGON vada >

LA BASE MOLECOLARE DELLE MALATTIE Le cause delle malattie

oggi sono

studiate a livello geneticomolecolare 1

possono essere

mutazioni del DNA 2

L

CA

infezioni da patogeni 4

MAPARIARA Area

CHiii RIE inn (Si

Figura 1 Il giuramento dei medici Miniatura che mostra il momento del giuramento di Ippocrate.

che influenzano

la risposta alle terapie 3

La medicina molecolare indaga

i meccanismi delle malattie Una malattia è causata da qualsiasi evento in grado di danneggiare i nostri organi. A questo evento, il corpo reagisce provocando segni caratteristici, i sintomi, che possono coinvolgere anche organi diversi da quelli in cui si è verificato il danno originario. Perché succede questo? Studiando le caratteristiche dei principali organi e apparati del corpo umano, hai capito come le loro funzioni siano strettamente interconnesse e l’importanza di

mantenere l’omeostasi, cioè il corretto equilibrio di tutte le funzioni dell’organismo. Proprio perché sono dipendenti tra di loro, una disfunzione a livello di un organo o di un apparato provoca spesso reazioni di tipo sistemico, cioè che coinvolgono l’intero organismo. Questa è la condizione che comunemente chiamiamo malattia (o patologia).

Nell'antichità, si pensava che la malattia fosse dovuta al cattivo influsso di qualche divinità o fosse una punizione per colpe personali. Fu Ippocrate, medico greco vissuto nel V secolo a.C., il primo a intuire che le malattie

fossero dovute a squilibri dell'armonia interna dell’organismo. Per questo Ippocrate è considerato uno dei padri fondatori della medicina, nonché autore del Giuramento di Ippocrate (Figura 1), che viene prestato dai medici prima di intraprendere la professione, «Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per tutti gli dei e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo

le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto... In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò

per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l’altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi.». Dai tempi di Ippocrate a oggi, la medicina ha compiuto enormi progressi, ma è soprattutto negli ultimi cinquant’anni, con l'avvento della genetica e della bio-

logia molecolare, che si è spinta a cercare le cause che determinano l'insorgere di una malattia a livello molecolare. Queste scoperte hanno portato allo sviluppo di una nuova branca delle scienze mediche: la medicina molecolare, che si occupa di identificare i meccanismi genetico-molecolari alla base delle malattie. Queste alterazioni

molecolari possono essere di natura sia endogena, cioè partire dall’interno dell’organismo, sia esogena, ovvero derivare dal contatto con patogeni o con agenti fisici e chimici. Le malattie da avvelenamento da sostanze chimiche, per esempio, sono dovute a precisi eventi molecolari. Il cianuro, uno dei veleni più potenti, inibisce selettivamente l’enzima citocromo C ossidasi, bloccando così la catena respiratoria e rendendo inutilizzabile l’ossigeno trasportato dall’emoglobina. Questo evento causa la morte per anossia cerebrale, una condizione in cui

l'organismo è come fosse privato di aria. Il padre dell’informatica, il matematico Alan Turing, utilizzò proprio il cianuro per suicidarsi. Negli anni Trenta, Turing formalizzò il concetto di algoritmo e durante la Seconda Guerra Mondiale lavorò come crittoanalista del Regno Unito riuscendo nell’impresa di violare i codici tedeschi. RICORDA

Le cause che portano a sviluppare una

malattia sono state indagate dai tempi di Ippocrate. Oggi, grazie alle nuove scoperte, è possibile studiarne le cause genetico-molecolari.

C2 | La medicina di oggi] C29

Frequenti infezioni

polmonari Rinosinusite cronica



)

i

/

Poliposi —

nasale

/

Ingrandimento del cuore

/

/

Î

Problemi respiratori



Insufficienza pancreatica Sudore salato

l’intestino, le ghiandole sudoripare e salivari, dove regola la produzione del muco, del sudore e dei succhi digestivi.

Calcoli

biliari

La fibrosi cistica. Un esempio di malattia provocata da effetti diretti della mutazione è la fibrosi cistica. Si tratta di una malattia ereditaria autosomica recessiva: per svilupparla è necessario che entrambi gli alleli ereditati portino una copia alterata del gene interessato. Sono note almeno 150 mutazioni in grado di provocare la fibrosi cistica, ma la più comune è una delezione di tre nucleotidi nel gene per la proteina CFTR. Questa proteina codifica per un canale transmembrana che regola la fuoriuscita degli ioni cloruro dall’interno delle cellule. La delezione causa la perdita di una fenilalanina alla posizione 508 della proteina, che non è più in grado di regolare il traffico degli ioni cloruro. La proteina CFTR è espressa in numerosi tessuti tra cui gli epiteli delle vie respiratorie, il pancreas,

TT

Disturbi digestivi Steatorrea

L’alterazione della funzione di CFTR causa l'accumulo eccessivo di muco denso che ostruisce i dotti principali dei diversi organi, causando insufficienza respiratoria, insufficienza pancreatica, ostruzione intestinale, cirrosi epatica. I sintomi della malattia sono strettamente correlati agli organi in cui CFTR svolge la sua funzione, che quindi sono compromessi dalla mancata espressione di una proteina funzionale. La fibrosi cistica è una malattia grave per cui non esiste cura, ma sono disponibili farmaci in grado di alleviare i sintomi (Figura 2).

Figura 2 | sintomi della fibrosi cistica | principali organi colpiti dalla fibrosi cistica e i sintomi tipici della malattia.

IE) na

Le mutazioni del DNA sono alla base di molte malattie

Sappiamo già che cosa sono e come si generano le mutazioni del DNA e che queste causano alterazioni nella sequenza di basi del genoma di una cellula. Il risultato dell’alterazione può essere la mancanza di una proteina o la sintesi di una sua forma dalla funzionalità alterata,

che quindi causa una condizione di malattia. L’effetto delle mutazioni può essere molto complesso, ed è possibile distinguere effetti: * diretti, l'impatto dell’alterazione genetica sulla proteina codificata dal gene mutato è la causa diretta della patologia; + indiretti, la mutazione altera una proteina regolatrice e questo si ripercuote a cascata sulla funzione di molte altre proteine. Il risultato finale è l'insorgenza della malattia. È ormai noto che l’effetto delle mutazioni a carico di proteine regolatrici è collegato allo sviluppo dei tumori e di numerose altre malattie.

C30

La còrea di Huntington. Le mutazioni responsabili di patologie possono causare non solo la delezione degli amminoacidi in una proteina, ma anche la loro ripetizione,

cioè aggiunta. È il caso della còrea di Huntington. Si tratta di una malattia neurodegenerativa che compromette la coordinazione dei muscoli e causa un declino progressivo delle facoltà cognitive. Al contrario della fibrosi cistica, è una malattia ereditaria autosomica dominante: è sufficiente che uno solo degli alleli ereditati sia mutato. Il gene in questione è HTT, che codifica per la proteina «huntingtina». Questa proteina svolge importanti funzioni a livello dei gangli nervosi e la sua compromissione causa la degenerazione dei neuroni. Sintomi caratteristici sono la comparsa di movimenti involontari (la cosiddetta corea, da cui il nome della malattia) e la degenerazione delle facoltà cognitive. Negli individui sani, la sequenza al 5' della porzione codificante del gene HTTcontiene tra 10 e 26 ripetizioni della tripletta nucleotidica CAG. Questa tripletta codifica perl’amminoacido glutammina, per cui la proteina huntingtina normale presenta alla sua estremità N-terminale dalle 10 alle 30 glutammine. Il gene mutato, invece, ha

un numero di ripetizioni superiore a 30. L’eccessivo numero di triplette CAG rende questa regione soggetta a un’ulteriore amplificazione durante la replicazione del

e"

Î

È Gene normale 10- 26 ripetizioni

IUBMUARTA

se”

Figura 3 Proteine tossiche

|

Tripletta ALMA ripetuta

Gene mutato 37 - 80 ripetizioni

La mutazione del gene HTT, che porta alla

còrea di Huntington. Il gene H7T codifica per la proteina huntingtina,

che svolge importanti funzioni a livello dei gangli nervosi.

a

Proteina alterata

‘dose

Membrana plasmatica

a-

p-amiloide

\ Por

x

Proteina precursore

x

DI

x

——>

Enzimi di taglio

Figura 4 Le placche amiloidi La formazione delle placche amiloidi è un evento complesso, che implica mutazioni in numerosi geni.

DNA, a causa di errori di scivolamento delle DNA polimerasi. Come conseguenza, la huntingtina presenterà un numero di glutammine sempre maggiore all’estremità Nterminale. Quando questo numero diventa eccessivo (di solito superiore a 35), la funzione della proteina è alterata e svolge un effetto tossico sulle cellule nervose (Figura 3).

Anche in questo caso la sintomatologia è molto specifica e dipende dal tessuto in cui la proteina mutata svolge la sua funzione. Anche per la malattia di Huntington, attualmente, non esiste cura, ma solo farmaci in grado di aumentare l’aspettativa di vita. La malattia di Alzheimer. A volte una patologia può avere basi genetiche molto complesse, coinvolgendo mutazioni in molti geni i cui effetti, però, si sommano e

danno origine a un unico evento molecolare in grado di scatenare la malattia. Un esempio è la malattia di Alzheimer: una grave patologia neurodegenerativa, che causa demenza progressiva fino alla perdita totale delle facoltà

detti anche placche amiloidi, che distruggono la struttura del tessuto nervoso, bloccano la trasmissione degli impulsi e causano la morte dei neuroni. Una percentuale molto ridotta dei casi di malattia di Alzheimer è ereditaria ed è dovuta a mutazioni nei geni perla proteina precursore della f-amiloide, che generano la forma tossica presente nelle placche. Indagini genetiche hanno identificato almeno 20 geni le cui mutazioni sono collegate a un aumentato rischio di sviluppare la malattia. Uno di questi è una variante allelica della apolipoproteina E, coinvolta nel metabolismo dei lipidi. Le persone con questo allele mostrano un aumento fino a 15 volte del rischio di presentare placche amiloidi e di sviluppare l'Alzheimer. Questo rischio non è costante in tuttiigruppi etnici, suggerendo che altri fattori, genetici e ambientali, entrino in gioco. RICORDA Molte malattie, non soloi tumori,

sono

cognitive. Da un punto di vista molecolare (Figura 4), il

causate da mutazioni a livello del DNA; per esempio

segno caratteristico è l’accumulo, a livello del tessuto cerebrale, di ammassi composti dalla proteina B-amiloide,

la malattia di Alzheimer, la còrea di Huntington e la fibrosi cistica.

C2 | La medicina di oggi] C31

Per esempio, sappiamo che l’alimentazione, i comportamenti e le abitudini di vita sono strettamente correlati al rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, quali le coronaropatie che predispongono all’infarto, ma anche all’obesità e al diabete. Tuttavia, due individui che

vivono nello stesso ambiente e hanno stili di vita simili possono avere probabilità molto diverse di ammalarsi; questo dipende dalla loro particolare costituzione genetica. Infatti, sono i nostri geni che modulano la capacità dell’organismo di rispondere agli stimoli ambientali, allo stile di vita e all’alimentazione. Dato che non sappiamo se i nostri geni ci predispongono o meno a queste patologie, scegliere un’alimentazione e abitudini corrette è l’unico modo per diminuire il

Figura 5 BRCA1 e BRCA2 Mary-Claire

King (1946),

/

la genetista americana celebre per aver scoperto i geni BRCA1 e BRCA2.

Arteria normale



Hlusso

sanguigno

-—

normale

Lume

Aterosclerosi

dell'arteria

(stadio iniziale]

rischio di ammalarci. Allo stesso modo, è la nostra costi-

tuzione genetica che influenza la capacità di rispondere a una terapia: spesso due pazienti affetti dalla stessa patologia non rispondono nello stesso modo al medesimo trattamento farmacologico. Esistono alcuni geni che, se mutati su entrambi gli alleli, causano malattie genetiche, mentre negli individui eterozigoti (cioè coloro che ereditano solo una copia del gene mutato) aumentano il rischio di sviluppare certi tumori. Per esempio, gli individui omozigoti per mutazioni nei geni BRCAI e BRCA2 sviluppano una malattia genetica chiamata anemia di Fanconi, che causa la comparsa di

- Flusso sanguigna



ridotto

Atcumuli di colesterolo

Aterosclerosi

tumori in età infantile (Figura 5). Invece, la presenza di una sola copia mutata di questi geni aumenta il rischio di sviluppare tumori della mammella e dell’ovaio nelle donne e della prostata negli uomini. I geni BRCAI e 2, infatti, codificano per proteine coinvolte nella riparazione del DNA, per cui le cellule in cui solo una delle due

{stadio avanzato]

L'esempio della malattia di Alzheimer ci consente di introdurre un concetto molto importante nel campo della medicina molecolare: le mutazioni del DNA possono an-

copie è funzionale tendono ad accumulare mutazioni, a causa di difetti di riparazione. Per questo, gli individui che possiedono mutazioni in questi geni sono più esposti al rischio di sviluppare tumori. La presenza di certe combinazioni di geni non influenza soltanto il rischio di avere tumori. Studi genomici ed epidemiologici hanno evidenziato come il rischio di sviluppare l’aterosclerosi (Figura 6), la principale causa di infarto, risulti aumentato sia da fattori ambientali (sovrappeso, fumo di tabacco, dieta ricca di lipidi) sia da fattori genetici. I geni identificati sono coinvolti nell’espressione di molecole che partecipano: » almetabolismolipidico, come il recettore per le lipoproteine a bassa densità LDL, la apolipoproteina E o la lipasi epatica;

che non essere direttamente la causa di una malattia, ma

+

alcontrollo della pressione arteriosa, come l’angio-

aumentare il rischio di svilupparla. In altre parole, nello sviluppo di una patologia è molto importante l’interazione tra genotipo e ambiente.

»

tensina o i recettori B-adrenergici; alla coagulazione del sangue, come la trombina o il fattore VIII.

Flusso sanguigno —T molto ridetto Placca ateromatosa

Figura 6 Lo sviluppo dell'aterosclerosi La formazione di una placca, o ateroma, nel lume di un'arteria.

Le alterazioni del DNA e la risposta alle terapie

C32

V. î Il paziente risponde a dosi normali

GO

Il paziente risponde a basse dosi

@

Il paziente risponde ad alte dosi

GIG

Il paziente

risponde ad altro

G

Figura 7 Risposte terapeutiche diverse

Figura 8 Il virus dell'epatite C

La risposta alle terapie farmacologiche dipende dalla costituzione genetica di ogni persona.

Immagine al TEM di particelle del virus dell'epatite C (in giallo) che infettano una cellula epatica (in blu).

In generale, sono decine i loci genetici le cui mutazioni potenzialmente aumentano il rischio di aterosclerosi; per questo, limitare al massimo il contributo dei fattori ambientali, non fumando e adottando un'alimentazione

corretta, è estremamente importante. Comprendere la relazione tra i geni, il rischio di sviluppare una patologia e la risposta alla terapia sta aprendo la strada a quella che viene definita medicina personalizzata, ovvero un percorso di prevenzione o di terapia «disegnato» sul profilo genetico di ognuno (Figura 7). L'infezione da virus dell’epatite C (HCV),

per esempio, è ancora oggi una delle principali cause di cancro al fegato (Figura 8). Si stima che oltre 200 milioni di persone nel mondo siano infette da HCV, di cui decine

di migliaia svilupperanno il tumore se non saranno curate. Fino a pochi anni fa, l’unica terapia disponibile era la combinazione di un farmaco antivirale, la ribavirina,

con una proteina immunostimolante, l’interferone alfa. Tuttavia, si è visto che i polimorfismi nel gene IL28B,

codificante per una proteina coinvolta nella risposta immunitaria, erano in grado di influenzare l’esito della terapia. Alcune varianti del gene IL28B, infatti, potenziano gli effetti dei farmaci, mentre altre causano una signi-

ficativa diminuzione della loro efficacia. Come vedremo, grazie alle moderne biotecnologie, sono stati introdotti

farmaci in grado di colpire selettivamente proteine del virus HCV, consentendo di trattare con successo tutti i

pazienti, indipendentemente dal loro genotipo.

In sintesi, esiste una correlazione precisa tra il genotipo (la mutazione) e il fenotipo (dove si verifica la sintomatolo-

gia) per le malattie causate da alterazioni nella sequenza del DNA.I sintomi possono essere limitati a uno o pochi tessuti oppure colpire diversi organi, a seconda di dove venga espressa la proteina mutata. Inoltre, anche quando le mutazioni non scatenano direttamente una malattia possono aumentare il rischio di svilupparla o influenzare la risposta alla terapia. RICORDA La costituzione genetica di ciascuno può influenzare la probabilità di sviluppare una determinata malattia o la risposta alle terapie.

Quando i patogeni invadono l'organismo causano malattie Il nostro organismo è costantemente esposto all’attacco di microrganismi presenti nell’aria, nell'acqua, nel terreno o nell'ambiente domestico: sono virus, batteri, lieviti, muffe, funghi e protozoi. La maggioranza di questi microscopici organismi non causa effetti dannosi perché le nostre difese immunitarie li neutralizzano rapidamente. Tuttavia, numerosi agenti microbici sono in grado di penetrare, persistere e proliferare nell'organismo causando un'infezione, con la conseguente comparsa della malattia. Gli eventi molecolari che scatenano la malattia, però, possono essere molto diversi a seconda del patogeno.

C2 | La medicina di oggi] C33

molecola che fa da intermediario nella trasduzione del segnale). L'incremento di cAMP causa a sua volta l’iperattivazione di alcuni canali di membrana; la conseguenza è

l’entrata nel lume intestinale di grandi quantità di liquido (anche due litri all’ora) e sali. La grave dissenteria è il

tipico sintomo e può causare la morte per disidratazione. Il tetano e la malattia botulinica. Diverso è il meccanismo d’azione delle tossine prodotte dai batteri Clostridium tetani, agente del tetano, e Clostridium botulinum, che causa la malattia botulinica. Si tratta in entrambi i casi

Figura 9 Batteri e dissenteria

Shigella dysenteriae é l'agente eziologico della dissenteria batterica.

di neurotossine, cioè di molecole che agiscono a

livello

delle cellule nervose. La tossina tetanica penetra nei motoneuroni e blocca la trasmissione degli impulsi nervosi inibitori. Questo causa la contrazione involontaria di tutti i muscoli, la paralisi spastica. La tossina botulinica,

invece, degrada una proteina cellulare essenziale per il rilascio dell’acetilcolina, il neurotrasmettitore tipico delle giunzioni neuromuscolari. Questo causa l’inibizione della trasmissione degli impulsi nervosi eccitatori e la paralisi flaccida (cioè l’incapacità di contrarsi) di tutti i muscoli, compresi quelli respiratori. La tubercolosi. Uno dei più antichi microrganismi pa-

Figura 10 Il batterio del colera

Vibrio cholerae è il batterio responsabile del colera.

togeni per l’uomo è Mycobacterium tuberculosis, il batte-

Nel nostro corpo, in particolare nel tratto digerente, vive il nostro microbiota, cioè un numero di batteri più o meno identico a quello delle cellule che compongono un essere umano adulto. Il microbiota intestinale è composto da diverse specie batteriche commensali, cioè che si sono

adattate a vivere nell’organismo senza causare danni, e anzi sono essenziali per il nostro benessere. Tuttavia, esistono batteri patogeni, cioè in grado di scatenare malattie anche gravi. Uno dei meccanismi di infezione batterica più comune è il rilascio di tossine, sostanze di diverso tipo in grado di inibire funzioni cellulari essenziali dell’organismo. Alcuni batteri producono delle enterotossine, che esplicano la loro azione a livello dell’intestino.

rio responsabile della tubercolosi. Nella maggior parte dei casi il nostro sistema immunitario può controllare la proliferazione del batterio. Tuttavia, l'agente patogeno non viene mai eliminato, ma si insedia nei polmoni dove rimane in una condizione di latenza senza causare sintomi. L’abbassamento delle difese immunitarie può causarne la riattivazione e quindi portare alla malattia: il 5-15% delle persone infette svilupperà la tubercolosi durante il corso della vita. La tubercolosi è contagiosa e si trasmette per via aerea con le secrezioni respiratorie di un

individuo malato. Esiste una terapia farmacologica che cura l'infezione, ma la sua efficacia è andata diminuendo perla comparsa di ceppi multiresistenti ai farmaci. Nel 2017 sono stati segnalati oltre 160 000 casi di infezione

La shigellosi. Shigella dysenteriae (Figura 9), agente della dissenteria batterica o shigellosi, produce la tossina di

da batteri resistenti, di cui la metà in India, Cina e Russia.

Shiga che penetra nelle cellule dell’epitelio intestinale e distrugge specificamente l’RNA 28S, presente nella subunità maggiore dei ribosomi cellulari. Il conseguente blocco della sintesi proteica causa la morte delle cellule intestinali colpite e la distruzione dell’epitelio, favorendo la penetrazione dei batteri nei tessuti sottostanti e causando la grave dissenteria tipica della shigellosi.

rosi dei batteri. Ivirus sono elementi acellulari, costituiti da un involucro proteico, o capside, che racchiude il materiale genetico DNA o RNA (mai entrambi). La carat-

I virus presenti nella biosfera sono ancora più nume-

agente del colera, disattiva una via metabolica comple-

teristica principale dei virus è quella di essere parassiti intracellulari obbligati, ovvero di dover necessariamente penetrare in una cellula per potersi replicare. In seguito all’infezione virale, spesso la cellula muore; questo compromette la funzionalità di organi e tessuti e quindi provoca malattie. I meccanismi alla base delle malattie

tamente differente. Questa tossina, infatti, una volta pe-

virali sono molto diversi. Inoltre, un ruolo non secon-

netrata nella cellula, fa aumentare di oltre cento volte la

dario nello sviluppo dei sintomi è giocato dallo stesso sistema immunitario dell’ospite.

Il colera. La tossina prodotta da Vibrio cholerae (Figura 10),

concentrazione intracellulare di CAMP (AMP ciclico, una

C34

L'HIV, un vecchio nemico. L'infezione da HIV è una zoonosi, cioè una malattia infettiva degli animali che si

trasmette anche all’essere umano. L’HIV-1 (il sierotipo responsabile della pandemia), infatti, deriva da un retro-

virus analogo che infetta gli scimpanzé. Un antenato del virus degli scimpanzé ha acquisito la capacità di infettare stabilmente l’essere umano. Questo è successo probabilmente nelle zone rurali dell’Africa centro-occidentale, dove gli scimpanzé fanno parte della selvaggina cacciata dagli abitanti. Una fonte di trasmissione può essere stata il ripetuto contatto con il sangue degli animali infetti, durante la macellazione o il consumo di carne cruda. La caratteristica fondamentale dell’HIV è l’estrema selettività per le cellule che esprimono sulla loro superficie una proteina chiamata CD4. La CD4 è presente principalmente sui linfociti T helper, che svolgono un ruolo essenziale nella risposta immunitaria (vedi Capitolo C9). L'infezione da HIV causa la morte dei linfociti T helper,

Cervello:

canali

encefalite meninigite

Occhi

——T

retiniti

Polmoni ——___m pneumocistosi tubercolosi (sistemica) tumori

Pelle: tumori Stomaco e



intestino:

diarrea cronica tumori

la cui diminuzione al di sotto di un valore limite (circa

200 unità per uL di sangue) determina una grave immunodeficienza. In conseguenza dell’abbassamento delle difese immunitarie, il paziente infetto da HIV diventa suscettibile all'attacco da parte di altri patogeni batterici e virali che causano le cosiddette infezioni opportunistiche come polmoniti, micosi o tumori causati da virus (Figura 11). È in questo momento che il paziente entra

Figura 11 Le infezioni opportunistiche (A) Infezioni opportunistiche conseguenti all'AIDS. (B) Immagine al TEM di particelle dell'HIV che gemmano dalla superficie di un linfocita T.

attacca le cellule del sistema immunitario. Altri virus, come quelli dell’influenza, infettano le cellule degli epiteli delle vie respiratorie. Esistono anche virus generalisti,

nella fase di AIDS conclamato. Sono proprio le infezioni opportunistiche a determinare la morte del paziente, in assenza dei trattamenti farmacologici. Per la capacità di integrare il proprio genoma in quello della cellula infettata, l’HIV permane all’interno dell’organismo per tutta la vita dell’ospite e occasionalmente può riemergere. Oggi esiste una terapia farmacologica da assumere prima di entrare nella fase di AIDS conclamato e che dura tutta la vita. Essa consente di rendere cronica l’infezione, impedendo la progressione alla fase conclamata. La tra-

in grado di infettare più tessuti, che utilizzano recettori

smissione avviene principalmente tramite rapporti ses-

deve essere modulata perché non danneggi gli organi. Il virus Ebola è in grado di inibire la regolazione negativa

suali non protetti, per cui la prevenzione, basata sull’uso del profilattico, è l'arma migliore per evitare il contagio. La proteina CD4 è

il recettore dell’HIV, ma diversi

virus hanno recettori differenti e quindi infettano selettivamente cellule di tessuti diversi. Questa preferenza dei virus per particolari tipi cellulari e tessuti è detta tropismo virale e determina in gran parte il tipo di patologia provocato dall’infezione. Abbiamo visto come l’HIV

Rispondi 1. 2.

Checos'è una malattia? Dai una definizione del termine. Quale può essere il risultato di una mutazione nel DNA?

espressi su molti tipi cellulari; la gravità dei sintomi è resa più acuta dalla capacità del virus di interferire con il sistema immunitario. Il virus Ebola. Questo virus, trasmesso occasionalmente

all'essere umano dai pipistrelli, è in grado di infettare numerosi tessuti utilizzando un recettore presente sulle cellule endoteliali. L'organismo reagisce mettendo in atto la risposta immunitaria innata con la produzione di citochine infiammatorie. Tuttavia, l'infiammazione

del processo infiammatorio, causando quella che viene definita una «tempesta di citochine», che provoca febbre

elevatissima, dolori ed emorragie interne. RICORDA La malattia può essere provocata da un'infezione da parte di agenti patogeni, che possono essere batteri, virus e altri microrganismi.

Scegli le parole

Oratoccaate EG

La shigellosi / Il colera produce una tossina che penetra nelle cellule dell'epitelio intestinale e distrugge specificamente Vie. Li 285.

Costruisci una linea del tempo che parta da Ippocrate (V secolo a.C.) e arrivi ai nostri giorni (con la medicina molecolare), tracciando le principali tappe della storia della medicina.

C2 | La medicina di oggi | C35

emi

TTD

FARMACI «SU MISURA» Le nuove strategie terapeutiche sono possibili grazie alle

derivano da

J

contributi di differenti discipline 7

biotecnologie che disegnano «farmaci su misura» 5

un processo di sviluppo attraverso

‘e di controllo del farmaco 6

Imatinib

Proteina inibita

Figura 12 Il funzionamento di imatinib

La struttura di AbI (in verde) in complesso con imatinib.

5

Le biotecnologie consentono nuove strategie terapeutiche

Come abbiamo visto in questi esempi, anche per le malattie di origine batterica o virale l’evento (o gli eventi) che scatenano la patologia sono sempre da ricercarsi a livello molecolare. La conoscenza delle basi molecolari di molte malattie ha rivoluzionato anche la capacità di ideare farmaci e vaccini per poterle curare o addirittura prevenire. Identificare con precisione gli eventi molecolari responsabili dell'insorgenza di una malattia è il primo passo per mettere a punto strategie terapeutiche. Grazie alle moderne tecniche di biologia molecolare, oggi siamo in grado di disegnare molecole capaci di bloccare selettivamente le proteine, la cui funzionalità alterata

causa una patologia. Il farmaco imatinib. Un esempio di grande successo è

Abl, una proteina chimerica detta BCR-AbI. Questa variante è ancora in grado di stimolare la proliferazione cellulare, ma ha perso la capacità di essere regolata, per cui risulta costitutivamente attiva, cioè si esprime a livelli elevati

indipendentemente dalle condizioni. In altre parole, è come se un interruttore molecolare fosse sempre acceso «forzando» le cellule mutate a proliferare. Una volta identificata la causa molecolare, i biologi hanno messo a punto una strategia in più passaggi: * clonare il gene BCR-Abl; » esprimerela proteina in forma ricombinante; » ottenernelastruttura tridimensionale ai raggi X. A partire da queste informazioni, e grazie ai sofisticati approcci computazionali, i chimici hanno poi disegnato e sintetizzato la molecola imatinib, che si lega selettiva-

la messa a punto del farmaco imatinib (Glivec®*) per la

mente alla proteina inibendone l’attività. In questo modo è possibile «spegnere» l'interruttore molecolare respon-

terapia della leucemia mieloide cronica. Questa malattia è un tumore causato dalla proliferazione incontrollata

sabile della proliferazione (Figura 12). Nel 2001, prima dell’introduzione dell’imatinib, la sopravvivenza fino a

delle cellule staminali mieloidi, da cui derivano molte

cinque anni dei malati di leucemia mieloide cronica era

delle cellule presenti nel sangue: globuli rossi, macrofagi, piastrine. La base molecolare di questa malattia è una mutazione cromosomica: una traslocazione di un frammento del cromosoma? che si fonde con un frammento del cromosoma 22. La regione del cromosoma 9 contiene il gene perla proteina Abl, unimportante mediatore dei segnali di proliferazione cellulare. Questa proteina è finemente regolata e, in condizioni normali, si attiva solo in presenza di specifici segnali provenienti dall'ambiente esterno alla cellula. In seguito alla traslocazione, una porzione del gene Ab/ si fonde con una sequenza del cromosoma 22 detta BCR, per cui la traduzione inizia da un diverso

del 30% circa, oggi, la malattia può essere curata in oltre il 90% dei casi. La terapia a bersaglio molecolare. Molti altri farmaci

codone d’inizio (AUG) e produce, invece della normale

C36

contro il cancro sono stati ideati per colpire selettivamente le proteine alterate presenti nelle cellule tumorali. Questo approccio, chiamato terapia antitumorale a bersaglio molecolare, rappresenta oggi la frontiera più avanzata nel campo della chemioterapia peri tumori. Alcune di queste molecole sono state disegnate «su misura» per colpire specifiche proteine virali come la trascrittasi inversa, l’integrasi o determinate proteasi indispensabili per il ciclo virale. In questo modo è possibile garantire un’estrema specificità della terapia e quindi meno effetti

collaterali per il paziente. La terapia antiretrovirale ad

Screening di 10 000 molecole

elevata efficacia o HAART, introdotta a metà degli anni Novanta del secolo scorso, ha salvato milioni di vite.

Un approccio simile ha consentito anche lo sviluppo di nuovi farmaci antivirali, come quello contro l’infe-

Test su 100 molecole

zione da virus dell'epatite C (HCV) in grado di causare il

carcinoma epatico. La terapia con ribavirina e interferone è stata utilizzata per molti anni, ma era efficace solo nella metà dei casi trattati e aveva pesanti effetti collaterali. La possibilità di clonare, esprimere in forma ricombinante e determinare la struttura delle proteine virali necessarie alla replicazione del genoma di HCV (come la proteasi e la RNA polimerasi) ha aperto la strada al disegno di molecole specifiche contro questi bersagli. Oggi, i nuovi farmaci contro l’HCV consentono di trattare con successo quasi il 100% dei pazienti.

10 molecole

Ricerca dibase 0

Test pre-clinici circa 5 anni

Ricerca clinica

Figura 13 Lo sviluppo di un farmaco

farmaci che bloccano selettivamente le molecole

Linea del tempo che illustra le fasi dello sviluppo di un farmaco.

Sviluppare un farmaco è un processo lungoe costoso

Spesso ci si chiede perchè, scoperta la causa molecolare di una malattia, passi tanto tempo prima che venga messo

a punto un farmaco efficace. Per esempio, nel caso della leucemia mieloide cronica, sono trascorsi quasi vent’an-

ni dall’identificazione della proteina BCR-Abl all’introduzione terapeutica dell’imatinib. La risposta è che lo sviluppo di un farmaco è un processo molto lungo e che richiede l’unione di numerose competenze. Una volta identificato il bersaglio molecolare (aspetto che richiede molto tempo) è possibile dividere il processo di ideazione del farmaco in tre momenti principali: 1. ricercadibase per l’identificazione e l'ottimizzazione della molecola candidata; 2. test pre-clinici; 3. testclinici. Ciascuna di queste fasi può durare diversi anni: per sviluppare un farmaco occorrono circa dieci anni (Figura 13).

Fase 1: ricerca di base. Nella prima fase della ricerca di base è necessario mettere a punto dei sistemi in vitro per valutare se le molecole chimiche sintetizzate siano effettivamente in grado di bloccare l’attività della proteina bersaglio. Spesso questo richiede il clonaggio e l’espressione della proteina ricombinante. Inoltre, là dove è possibile, è di grande aiuto ottenere la struttura della proteina

tramite cristallografia ai raggi X. Una volta predisposto un test appropriato, i chimici iniziano a sintetizzare li-

Farmacovigilanza

20 anni

Uso commerciale del brevetto

RICORDA Recenti strategie terapeutiche, anche grazie alle biotecnologie, sono in grado di disegnare

T

Valutazione delle autorità sanitarie

circa 10 anni

Deposito del brevetto

alterate.

Autorizzazione al commercio di un farmaco

brerie di molecole che sono poi valutate sulla proteina bersaglio. Se la struttura della proteina è disponibile, si può procedere con un disegno delle molecole sulla base delle caratteristiche del bersaglio. Altrimenti, l’approccio è quello di valutare migliaia di molecole di diversa struttura nella speranza di trovarne una attiva. La prima generazione di molecole con caratteristiche interessanti viene ancora modificata per ottenere la migliore attività possibile, attraverso la sintesi di generazioni successive di derivati. Da questo processo deriva una famiglia di poche molecole candidate a diventare un farmaco. Fase 2: test pre-clinici. Il passaggio successivo è quello della ricerca pre-clinica, in cui si valuta l'efficacia di

queste molecole su sistemi più complessi, come cellule in coltura o modelli animali. Contemporaneamente, si considera anche la loro eventuale tossicità e ne vengono determinate le proprietà farmacocinetiche. Non è possibile stimare la durata di queste due prime fasi, dato che tutto dipende dalla possibilità di identificare molecole attive che abbiano le giuste proprietà farmacologiche. Spesso, molecole che appaiono ottime dopo la prima fase, fallisconoi test della fase pre-clinica e devono subire ulteriori modifiche; questo processo dura in media da 3 a 5 anni. Fase 3: test clinici. L'ultimo passaggio consiste nella sperimentazione clinica, che si divide in tre fasi della durata

complessiva di circa cinque anni e che si svolge sempre in centri ospedalieri, dopo aver ricevuto l'approvazione dei comitati etici. Anche in questo caso, molecole che hanno avuto successo negli studi pre-clinici possono fallire, ren-

C2 | La medicina di oggi | C37

25 anni

Possibile brevetto comunitario

dendo necessario un lavoro a ritroso di ottimizzazione. »

Nella fase clinica I (6-12 mesi) si arruolano 10-20

volontari sani a cui vengono somministrate dosi crescenti del farmaco in diverse formulazioni per verificare l'assenza di tossicità e la posologia (determinazione di dosi e di modalità di assunzione) migliore. »

Nella fase clinica II (12-24 mesi) viene arruolato un numero limitato di pazienti volontari (50 -100), a cui

viene somministrato il farmaco in confronto con la migliore terapia standard disponibile. Lo scopo è quello di verificare l’efficacia del farmaco nel ridurre o bloccare la malattia e di ottimizzare la posologia. »

Nella fase clinica III (2-3 anni) si amplia il numero di

soggetti, che può raggiungere anche diverse migliaia di individui. I pazienti sono suddivisi in gruppi o bracci sulla base delle particolari caratteristiche rilevanti per

l’uso del farmaco oppure respingere la richiesta, chiedendo ulteriori verifiche. Una volta approvato, il nuovo farmaco diventa disponibile per essere messo in commercio. Sviluppare un farmaco è quindi un processo lungo, complesso e con enormi costi di sviluppo: portare un farmaco a disposizione del paziente costa in media un miliardo di euro. Tuttavia, al momento non è possibile comprimere questi tempi. Ciascuna fase, infatti, serve non solo a mettere a punto una molecola con le caratteristiche desiderate, ma anche a garantire che i benefici derivanti dall’utilizzo del farmaco siano superiori agli effetti collaterali. RICORDA Il processo per la formulazione e la messa in commercio di un farmaco è lungo e costoso.

7À °

lo studio (sesso, età, stadio della malattia ecc.). La speri-

mentazione si effettua in centri ospedalieri, seguendo la modalità del doppio cieco: né il paziente né il medico che la somministra sanno se si tratta della terapia standard o di quella sperimentale. Solo il centro di coordinamento che raccoglierà tutti i dati sarà in grado di collegare un certo paziente (e i suoi parametri clinici) con la terapia somministrata. Così si garantisce l’assoluta oggettività dei risultati, che sono valutati sulla base di criteri predefiniti, detti endpoints. Questi variano in base al tipo di patologia presa in esame e possono essere di diversa natura (per esempio il raggiungimento di determinati valori negli esami ematologici, l’analisi degli

La medicina molecolare si avvaledidiverse competenze

Il primo a descrivere le basi molecolari di una patologia fu, nel 1949, Linus Pauling (1901-1994), premio Nobel

per la chimica. Si trattava dell’anemia falciforme, una malattia genetica causata da una mutazione nei geni per l’emoglobina. Da allora le tecniche di indagine molecolare hanno compiuto enormi progressi. Oggi la medicina molecolare è sempre più una disciplina traslazionale, cioè che coniuga i tradizionali ambiti della scienza medica coni contributi di molte altre discipline: genetica, biochimica, biologia molecolare, biologia cellulare, biofisica, chimica, bioinformatica. La medicina

effetti collaterali ecc.). Infine, un'accurata analisi statistica consente di valutare se,

moderna guarda sempre più all'aspetto molecolare: dalle tecniche diagnostiche basate sull’analisi del genoma, ai

nel gruppo con il trattamento sperimentale, questi endpoints sono stati raggiunti in maggior misura o più rapidamente rispetto al gruppo di controllo.

farmaci a bersaglio molecolare, fino alla terapia genica

La fase di commercializzazione del farmaco. Se le diffe-

renze sono statisticamente significative a favore del nuovo farmaco, la sperimentazione si considera conclusa e si può procedere alla richiesta di autorizzazione per la sua commercializzazione. Questa viene fatta raccogliendo

e all’uso delle cellule staminali. Allo stesso modo, oggi le grandi strutture ospedaliere non sono più solo luoghi di cura, ma anche centri di ricerca scientifica, spesso collegati strettamente alle università. Ippocrate sosteneva che non era possibile curare una malattia «senza conoscere la natura del tutto»; dopo oltre 2000 anni, la sua intuizione è ancora uno dei fondamenti

tutti i dati, sia della fase pre-clinica sia di quella clinica, e

della medicina moderna.

sottoponendoli alla valutazione delle autorità regolatorie governative presupposte. I dati vengono scrutinati da un comitato di esperti indipendenti che possono autorizzare

RICORDA La medicina molecolare indaga le cause molecolari grazie ai contributi di altre discipline.

(Oratoccaate atti © 1.

Qualè l'obiettivo delle recenti strategie terapeutiche della medicina molecolare? 2. Che cos'è la terapia tumorale a bersaglio molecolare? 3. Quanti anni occorrono per sviluppare un farmaco?

C38

1.

2.

Nella prima fase dei test pre-clinici / della ricerca di base si valuta, tramite sistemi in vitro, se le molecole sono efficaci. Durante la ricerca di base / fase clinica è di grande aiuto la cristallografia ai .

—Una tua amica si sta laureando in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche e deve preparare un progetto che mostri le fasi di sviluppo di un nuovo farmaco. Aiutala a scrivere il progetto, riassumendo le fasi necessarie dal deposito delbrevetto all'uso commerciale.

i YU

Fu il medico inglese Edward Jenner che, nel 1796, ideò

I VACCINI I vaccini

il primo vero vaccino antivaioloso. Jenner era un medico di campagna e aveva notato che le mungitrici che contrasono

—» oggetto di bufale 13 anche se

, sono sicuri 14

hanno avuto origine con

stimolano la memoria

»_ la variolizzazione 8

Lo

fino ad arrivare

Da Jenner ai vaccini di oggi

i

immunologica contro

evano una forma benigna di vaiolo vaccino, che causava

la comparsa di vesciche sierose sulle mani ma non dava altri sintomi, avevano una minore tendenza ad ammalarsi del vaiolo umano. Ipotizzò, quindi, che la malattia vaccina potesse conferire protezione nei confronti del terribile morbo. Ai tempi non si sapeva nulla né della

un patogeno 10

risposta immunitaria, né tantomeno dell’esistenza dei

consentono l’immunità

virus, per cui l’ipotesi di Jenner fu davvero rivoluzionaria. Per dimostrarla, prelevò del siero da una pustola di una

di gruppo 11

mungitrice e lo iniettò in un bambino di 8 anni, a cui

ai vaccini attuali 9

, contengono adiuvanti 12

Le origini [od della vaccinazione Come vedremo nel capitolo C9, un vaccino è una preparazione farmaceutica che stimola le difese immunitarie e conferisce una resistenza all’infezione di uno specifico agente patogeno, senza indurre la malattia. La nascita della vaccinazione è legata a una delle malattie infettive più diffuse e pericolose nei secoli passati: il vaiolo. Causata dal virus Variola virus, questa malattia era già presente ai tempi dell’Antico Egitto e se ne trovano tracce sulla mummia del faraone Ramses. Si stima che, solo nel XX secolo, il vaiolo abbia ucciso

poi inoculò il virus tramite variolizzazione. Il bambino non si ammalò. La vaccinazione di Jenner incontrò molte resistenze, ma poi venne resa obbligatoria in Inghilterra a partire dalla metà del XIX secolo e rimase alla base delle preparazioni dei successivi vaccini antivaiolo. Il vaccino antivaioloso era basato sull’inoculazione di un virus vivo, cioè ancora in grado di replicarsi, ma

non patogeno per l'essere umano. Tuttavia, per molte malattie umane non esiste un corrispondente patogeno

animale con proprietà simili alvaiolo vaccino. Un passo in avanti per la messa a punto di vaccini contro molte malattie umane si deve al microbiologo francese Louis Pasteur(1822-1895). Pasteur si interessò, tra le altre cose,

alla rabbia: una malattia virale trasmessa dagli animali con esiti spesso fatali. Nel 1885 Pasteur prelevò del tessuto cerebrale da conigli infetti e, dopo essiccazione, lo inoculò in un bambino che era stato morsicato da un cane rabbioso; il bimbo non si ammalò.

oltre 300 milioni di persone. Anche chi guariva spesso rimaneva sfigurato, in quanto il vaiolo causa la comparsa di vesciche su tutto il corpo. Le prime testimonianze di una vaccinazione contro il vaiolo risalgono alla Cina e all'India di oltre mille anni fa e venivano effettuate inalando le croste polverizzate prelevate dalle cicatrici delle persone sopravvissute alla malattia, in particolare quelle che avevano contratto la forma meno grave (Variola mi-

sapeva nulla, ovviamente). Si trattava di un vaccino a virus attenuato. Questa tecnica venne ulteriormente

nor) del vaiolo. Nei secoli successivi in Oriente si iniziò a

migliorata da un medico italiano, Claudio Fermi (1862-

inoculare direttamente questa polvere nella cute. Questo

1952), che agli inizi del XX secolo mise a punto una procedura di attenuazione del virus tramite trattamento con acido fenico. Il vaccino antirabbico attuale è basato su di

materiale conteneva ancora virus, ma il trattamento lo

aveva reso meno infettivo, per cui le persone sviluppavano un’immunità, anche se in circa il 2% dei casi potevano

ammalarsi. All’inizio del XVIII secolo, due medici italiani che operavano a Costantinopoli, Emanuele Timoni e Jacopo Pilarino, introdussero questa tecnica in Europa. Questa pratica, detta variolizzazione, continuò a essere utilizzata in molti Paesi fino al XX secolo. RICORDA La vaccinazione è stata una vera conquista contro malattie come il vaiolo.

Il trattamento per essiccazione aveva reso il virus mol-

to meno patogeno, mantenendo tuttavia la sua capacità di stimolare il sistema immunitario (di cui Pasteur non

un virus inattivato, cioè reso completamente innocuo tramite trattamenti chimici.

Traivaccini di maggiore impatto perla salute umana va annoverato certamente quello contro la poliomielite. Questa malattia è causata dal poliovirus e, in una ridotta percentuale di casi, è in grado di causare paralisi muscolare flaccida, portando alla perdita di funzione degli arti 0, se a essere colpiti sono i muscoli della respirazione, a morte. La poliomielite, ancora alla metà del XX secolo,

C2 | La medicina di oggi] C39

Il termine vaccino deriva dal vaiolo dei bovini, il vaiolo vaccino; la prima

malattia per cui è stato messo a punto un vaccino alla fine del XVIII secolo.

eterologhi, ha inoltre reso possibile la realizzazione di vaccini a subunità clonate, in cui i geni delle proteine

Figura 14 Il primo vaccino iniettabile anti-polio Jonas Salk mentre

somministra il vaccino contro la poliomielite a una bambina.

colpiva oltre 10 000 persone nel nostro Paese, soprattutto bambini, con numerosi casi di paralisi. Nel 1952, il medico americano Jonas Salk (1914-1995) mise a punto

un vaccino iniettabile basato su virus della poliomielite

responsabili dell’attivazione immunitaria vengono isolati e fatti esprimere in batteri o lieviti, da cui sono poi purificati. Altre strategie attualmente allo studio sono quelle basate su vaccini a DNA (o ricombinanti), in cui a essere iniettato non è l’antigene, ma il gene corrispondente sotto forma di molecola di DNA. Una volta all’interno delle cellule, il gene viene espresso e l’antigene esposto alla superficie, stimolando così la risposta immunitaria in modo più simile al meccanismo naturale. Si stanno sperimentando anche vaccini virali, in cui agenti virali vengono «disarmati», cioè resi non patogeni, grazie alla rimozione di tratti del loro genoma codificanti funzioni essenziali per la loro replicazione. Al posto di queste sequenze vengono inseriti i geni per gli antigeni di interesse. Questi virus così modificati agiscono da vettori, cioè sono ancora in grado di penetrare nelle cellule, ma non danno luogo a un'infezione. Tuttavia, il gene esogeno da loro portato viene espresso e l’antigene corrispondente presentato al sistema immunitario. Questa strategia attualmente è sperimentata, per esempio, per i vaccini contro l’HIV.

inattivati con trattamenti chimici; il vaccino venne au-

torizzato per l’uso nella popolazione nel 1955 (Figura 14). Nel giro di due anni i casi di poliomielite diminuirono drasticamente. Nel 1962, un altro medico americano, Albert Sabin (1906-1993), introdusse un vaccino a base di virus attenuati. Questo vaccino, somministrabile per via orale, era molto efficace anche nel prevenire la

trasmissione del patogeno ed è stato impiegato per la campagna di vaccinazione globale che oggi ha quasi del tutto eradicato la poliomielite nel mondo.

RICORDA Il primo vaccino fu ideato da Jenner e da allora sono stati fatti numerosi passi in avanti.

ill)

Come funzionano

i vaccini Quando un agente patogeno invade le cellule del nostro organismo, si attiva una complessa serie di eventi mo-

un tempo molto diffuse sono quasi del tutto scomparse

lecolari che portano all’attivazione del sistema immunitario. Cellule specializzate sono in grado di fagocitare l'agente patogeno e processare le sue proteine generando corti peptidi che sono poi esposti sulla superficie tramite le proteine MHC e agiscono da antigeni. Queste cellule

nei Paesi industrializzati, mentre molte altre (come mor-

presentanti l’antigene, o APC, possono spostarsi dal sito

billo, parotite e pertosse) hanno subito una riduzione

dell’infezione per andare a incontrare i linfociti T helper, che sono dotati di speciali recettori in grado di riconoscere uno degli antigeni presenti sulle APC, formando così un complesso cellula-cellula. Come conseguenza, vengono rilasciate molecole di segnale (citochine), che attivano i linfociti T citotossici e i linfociti B.I primi sono in grado di aggredire le cellule infette che espongono l’antigene corrispondente e distruggerle, mentre i linfociti B producono anticorpi in grado di legarsi specificamente all'agente patogeno che possiede l’antigene che le ha sti-

I vaccini oggi. Attualmente sono disponibili vaccini

contro numerose patologie sia virali sia batteriche. Grazie alle politiche di vaccinazione di massa, malattie

nell’incidenza di oltre il 90%. Inoltre, il vaccino antin-

fluenzale consente, ogni anno, di ridurre significativamente il numero di persone colpite da questa malattia. Per la preparazione dei vaccini, alle strategie classiche oggi si affiancano metodiche più sofisticate. Dato che spesso solo alcune componenti (proteine o lipidi) dei patogeni sono responsabili della risposta immunitaria, cioè agiscono da antigeni, sono stati introdotti i vaccini a subunità purificate, in cui le porzioni immunologica-

mente attive vengono isolate e purificate con tecniche chimico-fisiche. L'avvento delle moderne biotecnologie, che consentono di clonare ed esprimere i geni in sistemi

C40

molate, neutralizzandolo. Una parte dei linfociti B che producono questi anticorpi specifici permane nell’orga-

nismo sotto forma di cellule della memoria. In occasione

di un successivo incontro con lo stesso agente infettivo

f

Non vaccinato e sano

2 Vaccinato f e sano

2

Nonvaccinato,

hi Amman, e 9

e

che le ha stimolate, queste cellule sono rapidamente in grado di produrre anticorpi contro di esso, bloccandone

la diffusione. Il principio su cui si basa la vaccinazione è proprio quello di stimolare la memoria immunologica nei confronti di un agente patogeno, senza però provocare la malattia. Esponendo l'organismo a un virus o batterio attenuato o inattivato, così come agli antigeni purificati, si innesca la stessa cascata di segnali che verrebbe attivata in caso di infezione, portando così alla formazione di una popolazione di cellule della memoria. Quando la persona vaccinata viene a contatto con il vero agente infettivo, il suo sistema immunitario è già «avvertito» e in grado di neutralizzare rapidamente l’aggressore, prima che riesca a diffondersi nell’organismo provocando la malattia. RICORDA Il principio su cui si basa la vaccinazione è quello di stimolare la memoria immunologica contro un patogeno, senza provocare la malattia.

slll5i

Nessun individuo é vaccinato.

Il patogeno si diffonde facilmente nella "

Fn



NE Mm

individui

Il patogeno si diffonde nella popolazione attraverso gli individui non vaccinati.

L'importanza sociale dell'immunità di gruppo

Una cosa importante da ricordare è che la vaccinazione non protegge solo l'individuo che la fa, ma rappresenta uno strumento fondamentale per limitare la diffusione di malattie infettive all’interno della popolazione. È il concetto dell’immunità di gruppo (o di gregge). Per comprendere questo aspetto fondamentale delle vaccinazioni, è necessario ricordare che gli agenti infettivi hanno una diversa capacità di diffondersi. Ogni agente infettivo è caratterizzato da uno specifico parametro detto numero di riproduzione o R,. Questo numero riflette la capacità infettiva, cioè il numero di individui che possono contrarre la malattia a partire da una singola persona infettata. L'influenza ha unR, pari a 3-4, mentre il morbillo pari a 16. Questo vuol dire che, mediamente, una persona

affetta da influenza può infettare 3-4 persone, mentre chi ha il morbillo può passare la malattia a circa 16 persone. Quindi, il morbillo è molto più infettivo dell’influenza. Per controllare la diffusione dell'agente infettivo ed evitare un’epidemia, è necessario ridurre il valore R, per la popolazione bersaglio al di sotto di 1 (non c’è trasmissione). La strategia più efficace è aumentare il numero di persone immuni vaccinandole (Figura 15).

Questi valori si riferiscono a una popolazione «ideale» in cui tutti gli individui siano ugualmente suscettibili al virus. Se, però, una percentuale significativa delle persone è immune all’infezione, allora il singolo paziente avrà una probabilità inferiore di entrare in contatto con

La maggior parte

della popolazione è vaccinata. La diffusione del patogeno è limitata.

Figura 15 Come agisce l'immunità di gruppo Le vaccinazioni di massa impediscono la diffusione delle malattie infettive.

un individuo che può contrarre la malattia. Lo scopo delle vaccinazioni di massa è proprio quello di aumentare il grado di immunità generale all’interno della popolazione, così che l’agente patogeno non possa diffondersi causando un’epidemia. In generale, una quota di persone immuni pari o superiore al 95% è in grado di evitare il diffondersi di qualunque malattia infettiva. È importante ricordare che gli agenti infettivi non scompaiono con le vaccinazioni, ma sono sempre presenti nell'ambiente, quindi è essenziale mantenere nel tempo l'immunità di gruppo continuando a vaccinare la popolazione suscettibile. Per questa ragione si vaccinano regolarmente i nuovi nati, che altrimenti farebbero aumentare il numero di persone non immuni consentendo alle malattie di diffondersi nella popolazione. RICORDA L'immunità di gruppo è importante per proteggere quelle persone che per età o problemi di

salute non possono vaccinarsi.

C2 | La medicina di oggi] C41

1a2,,

Figura 16 Dentro i vaccini Gli adiuvanti presenti nelle composizioni vaccinali non comportano rischi per la salute.

EE) |

Miti da sfatare sui vaccini

Sebbene le vaccinazioni di massa negli ultimi decenni abbiano salvato la vita a milioni di persone e abbiano consentito la riduzione drastica delle epidemie da parte di molti agenti infettivi, ancora oggi nell’opinione pubblica si avverte una certa diffidenza nei confronti dei vaccini,

Lin:

dala

i

a (er

dh

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ber

spesso alimentata da vere e proprie bufale, relative alla loro presunta pericolosità. Vediamone alcune. Ivaccini causano l’'autismo? Si tratta di una delle bufale più diffuse su Internet. L'origine di questa notizia falsa

III nr

-

TTI

è

Che cosa c'è

| in un vaccino? Ivaccini hanno come principio attivo componenti molecolari dei patogeni dai quali devono proteggere. Si tratta di componenti presenti naturalmente nei batteri o nei virus e non sintetizzati artificialmente. Questa caratteri-

stica distingue i vaccini dalla maggior parte dei farmaci, che hanno come princìpi attivi molecole non presenti in natura o modificate in laboratorio rispetto ai corrispondenti composti naturali. In alcuni vaccini possono, però, essere aggiunti altri componenti, detti adiuvanti, con lo scopo di potenziare l’effetto immunostimolante (Figura 16). Gli adiuvanti sono necessari per fare sì che la

risposta immunitaria sia la più simile possibile a quella che si svilupperebbe naturalmente durante l’infezione. Infatti, la somministrazione degli antigeni sotto forma di vaccino non sempre è in grado di stimolare una risposta ugualmente efficace, soprattutto nelle persone con un sistema immunitario più debole, come gli anziani. Ivan-

taggi degli adiuvanti sono quindi quelli di consentire una riduzione della dose di antigeni da somministrare, una riduzione del numero di somministrazioni per vaccino, e di indurre una risposta immunitaria più duratura. Il principale adiuvante oggi utilizzato in alcuni vaccini è il sale di alluminio. Questo adiuvante in passato ha

è un lavoro scientifico, pubblicato sulla rivista Lancet

nel 1998 dal medico inglese Andrew Wakefield, in cui si sosteneva che la vaccinazione morbillo-parotite-rosolia provocasse un’'infiammazione cronica in grado di causare l’autismo. Già al momento della pubblicazione, vennero mosse critiche sulla qualità dei dati che si riferivano a soli 12 bambini e non paragonavano i casi di autismo tra vaccinati e non vaccinati. Immediatamente dopo la pubblicazione dell’articolo di Wakefield, numerosi centri di ricerca avevano iniziato studi clinici rigorosi per verificarne l’esattezza. Oltre 20 studi clinici effettuati in tutto il mondo su decine di migliaia di bambini hanno indagato la relazione tra autismo e vaccini. Il risultato unanime di tutti questi studi è che non esiste alcuna correlazione tra

la somministrazione di vaccinazioni e insorgenza della sindrome da malattia autistica. Inchieste successive hanno dimostrato che Wakefield aveva falsificato i suoi dati e che aveva ricevuto un compenso da parte di avvocati di famiglie di bambini affetti da autismo che volevano intentare una causa di risarcimento, per produrre dati a sostegno del presunto legame tra vaccino e autismo. Il lavoro è stato sconfessato dagli stessi coautori e ritirato dalla rivista. Wakefield è stato processato per frode scientifica e radiato dall’albo dei medici. I vaccini contengono sostanze tossiche? Si tratta di

un’altra notizia spesso usata per dimostrare che i vaccini sono dannosi per la salute a causa della presenza

suscitato timori, rispetto al fatto che l’alluminio è un me-

di mercurio e formaldeide. Innanzitutto, il mercurio cui

tallo e in alte dosi può essere tossico. Ma i dubbi relativi alsuo utilizzo sono del tutto ingiustificati. Imanzitutto, per legge il contenuto di alluminio nei vaccini è compreso tra 0,25 e 2,5 mg. Per confronto, ogni giorno con la dieta assumiamo dai 5 ai 20 mg di alluminio, che è un componente naturale di molti alimenti. L’OMS non annovera alcun rischio perla salute in conseguenza dell’as-

si fa spesso riferimento è il sale di etilmercurio chiamato anche tiomersale, utilizzato come antibatterico per evitare contaminazioni nelle preparazioni vaccinali e assicurarne la sterilità. Il tiomersale, tuttavia, non va

sunzione giornaliera di queste dosi di alluminio, che sono superiori a quelle somministrate in una vaccinazione.

causare danni. In ogni caso, da oltre 10 anni il tiomersale non viene più utilizzato nei vaccini che, quindi, ne

RICORDA Le sostanze adiuvanti consentono di potenziare l’effetto immunostimolante dei vaccini.

sono completamente privi. La formaldeide, invece, è un composto chimico prodotto naturalmente dal metabolismo di molti organismi animali e vegetali. Ad alte dosi

C42

confuso con il sale di metilmercurio. Quest'ultimo è un

composto tossico che si accumula nell’organismo, mentre il tiomersale viene eliminato dall'organismo senza

è tossica e può avere effetti cancerogeni. Nessun vaccino contiene formaldeide come principio attivo. Tuttavia, la formaldeide è utilizzata nella procedura di inattivazione dei patogeni che poi costituiranno gli antigeni dei vaccini; dopo la purificazione degli antigeni è possibile che tracce di formaldeide siano presenti in alcuni vaccini. La legge stabilisce che tale contaminazione in un vaccino non possa superare 0,1 mg. L'essere umano ha nel suo sangue costantemente una concentrazione di formaldeide prodotta dal metabolismo pari a 2,5 mg perlitro. Inoltre, 100 g di pera contengono 4-6 mg di formaldeide e 100 g di carote 1 mg. Quindi, la quantità di formaldeide eventualmente presente in un vaccino è largamente inferiore a quella costantemente presente nel nostro sangue, cui si aggiunge quella assunta con la dieta. Inoltre, la formaldeide ha un’emivita nell'organismo di circa 1 minuto e mezzo, prima di essere metabolizzata ed eliminata. La grande maggioranza dei vaccini è completamente priva di formaldeide, in quanto non viene utilizzata per la preparazione degli antigeni corrispondenti. Spesso si sente anche ripetere che i vaccini in realtà

sono inutili e vengono sviluppati e raccomandati dietro pressione delle multinazionali del farmaco a scopo di lucro. Si tratta delle tipiche «teorie del complotto», la cui inconsistenza è manifesta se si pensa che i vaccini rappresentano solo 1’1% del mercato globale dei farmaci, certamente non una delle voci di profitto più significative. RICORDA La diffidenza verso i vaccini è alimentata da false notizie, che non hanno fondamento scientifico.

fa

I vaccini sono sicuri?

Va ricordato che ogni vaccino prima di essere introdotto in commercio deve superare diverse fasi di verifica, inclusi gli studi clinici sull’essere umano (Figura 17). Inoltre,

l'approvazione all’uso viene data da enti regolatori quali la Food and Drug Administration americana o la European Medicine Agency europea e l’Agenzia Italiana del Farmaco per il nostro Paese. Tuttavia, anche le vaccinazioni possono dare origine a effetti indesiderati. Questi non sono però dovuti, come nel caso dei farmaci basati su molecole di sintesi, a fenomeni di tossicità dei princìpi attivi,

Figura 17 Effetti indesiderati Un arrossamento

nella zona della vaccinazione è una normale conseguenza della stimolazione del sistema immunitario.

ma sono tutti ascrivibili a conseguenze derivanti dalla sollecitazione del sistema immunitario (Figura 17) che,

come succede nel corso naturale delle infezioni, può dare origine a fenomeni di tipo infiammatorio acuto. Inoltre, soggetti particolarmente sensibili possono sperimentare reazioni allergiche. Tuttavia, una casistica basata ormai

sulla somministrazione di centinaia di milioni di dosi vaccinali consente di valutare la gravità e la frequenza di queste reazioni avverse in confronto alle conseguenze possibili delle malattie contro cui i vaccini ci proteggono. Ne emerge chiaramente un rapporto rischio/beneficio in assoluto favore dei vaccini. Le reazioni avverse più importanti alla vaccinazione contro il morbillo sono la comparsa di febbre e convulsioni, che scompaiono nel giro di poche ore, in un caso su 4000. Una persona su 40 000, invece, può manifestare

un calo nel livello di piastrine del sangue, che ritornano poi nella normalità nel giro di poco tempo. A confronto, chi si ammala di morbillo può sviluppare una polmonite in un caso su 20 oppure una encefalite, anche mortale, in un caso su 1000. Il rischio di morte per morbillo è stimato in circa 1/1000. Le autorità sanitarie mondiali, a partire dall’OMS, sulla scorta di innegabili e pluridecennali risultati scientifici, non hanno alcun dubbio nel raccomandare le vaccinazioni come lo strumento più efficace perla tutela della saluta pubblica dalle malattie infettive. RICORDA Gli effetti indesiderati derivati da una vaccinazione hanno un rapporto rischio/beneficio sicuramente a favore dei vaccini.

PUN

"Oratoccaate fatti Che cos'è un vaccino? Chi fu a preparare il primo vaccino? In che cosa consiste un vaccino virale? Qual è l'importanza dell'immunità di gruppo?

1

2.

In alcuni vaccini gli ......................... hanno lo scopo di potenziare l'effetto immunostimolante. Il numero di riproduzione riflette la capacità ...................... di una malattia.

Cerca informazioni in Rete in merito alle tesi più utilizzate dagli antivaccinisti. Compila una lista delle principali affermazioni e verifica se e come sono state già smentite da pubblicazioni scientifiche.

C2 | La medicina di oggi] C43

LA SCIENZA DEI TRAPIANTI I trapianti

sono

, una scienza recente 15

vengono

effettuati » in Italia dagli anni Sessanta 16

possono grazie a

migliorare la qualità della vita di molte persone 18

donatori che dichiarano la volontà di donare 17

Figura 18 Il chirurgo Christiaan Barnard Nel 1967 fu il primo medico a effettuare un trapianto di cuore.

alli

La scienza dei trapianti comincia a inizio Novecento

La scienza dei trapianti è stata una delle più importanti conquiste della medicina del ventesimo secolo. Pur essendo relativamente giovane, ha fatto così tanti progressi da essere oggi una delle discipline mediche più avanzate sia dal punto di vista della ricerca sia da quello chirurgico. La nascita di questa disciplina si fa risalire al 1902, quando il chirurgo Alexis Carrel (premio Nobel per la medicina nel 1912) mise a punto la «tecnica della triangolazione» per le anastomosi dei vasi sanguigni, ovvero la loro connessione dopo una resezione, aprendo la strada alla moderna chirurgia vascolare e ai trapianti. Il primo trapianto di successo fu eseguito nel 1954 da Joseph Murray (premio Nobel perla medicina nel 1990): un trapianto di rene da donatore vivente, gemello omozigote del paziente ricevente. La scelta della coppia fu strettamente legata alla necessità di trovare un donatore perfettamente compatibile per ridurre al minimo il rischio di rigetto, primo grande impedimento alla riuscita dell’intervento; infatti, al tempo non si disponeva ancora di farmaci efficaci per il controllo della risposta immunitaria all’organo trapiantato. Che l’incompatibilità alla base del fenomeno del rigetto fosse di natura genetica e legata alla risposta

Sempre a metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, un gruppo di ematologi capitanati da Robert Schwarts e William Dameschek studiò come ridurre la reazione del sistema immunitario nei pazienti leucemici che, già allora, erano curati con il trapianto di midollo osseo. Le prime risposte arrivarono dalla sperimentazione in laboratorio di alcuni farmaci antileucemici che riducevano l’attività del sistema immunitario. Nel 1962 l’immunosoppressione chimica cominciò ad essere utilizzata nei pazienti tra-

piantati e la loro sopravvivenza passò da qualche mese a un anno, un risultato decisamente rivoluzionario per quel tempo. Non a caso, in quegli anni, la chirurgia dei trapianti fu costellata da molti successi: nel 1963 Thomas Starzl e James Hardy eseguirono rispettivamente il primo trapianto di fegato da vivente e il primo trapianto di polmone da donatore deceduto; nel 1967 fu la volta del

trapianto di cuore eseguito da Christiaan Barnard, forse il chirurgo più famoso del secolo scorso (Figura 18).

A partire dagli anni Settanta, la scoperta della ciclosporina, un metabolita prodotto dal fungo Tolypocladium inflatum, aprì la via ai farmaci immunosoppressori o antirigetto che sono stati determinanti per il successo dei trapianti.

immunitaria del ricevente, infatti, era stato già ipotiz-

zato da Peter Medawar (premio Nobel per la medicina nel 1960) che, nel corso della Seconda guerra mondiale,

aveva condotto degli studi sul tessuto epidermico allo scopo di curare i grandi ustionati.

C44

RICORDA La scienza dei trapianti è una conquista recente che ha richiesto lo sviluppo di diverse tecniche chirurgiche e lo studio dei meccanismi di immunosoppressione.

395

0000

Donatore vivente

n

ma]

Totale trapianti

3382 | 3321 | 3331)

“li

2793

Donatore deceduto

=

AI 2147 | 2162

1 2929.

‘94

‘95

‘96

‘97

‘98

3150

3327

2428 | 2386]

2932

2627082686082756

‘93

3250

3080131771 3109 | 3089

2153 | 3088

1498

1992

3725 | 3813

3698

—l

pancreatico; M) Carcinoma ovarico sieroso di alto grado; N) Cancro della prostata; 0) Epatocarcinoma; P) Glioblastoma; Q) Carcinoma mammario; R) Carcinoma endometriale sieroso; S) Carcinoma

T

75)

G-_-

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150 1

Aim

Adenocarcinoma esofageo; J) Carcinoma gastrico; K) Carcinoma endometriale; L) Adenocarcinoma

+

gT|\X%”

(77

Cancro del colon; H) Tumori della testa e del collo; I)

500 p297 0

A

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a cellule squamose; F) Linfoma non-Hodgkin; G)

1000 |

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a'B'e'D'EF'GH I IK L'MNO Pa RS TU vWwxv' —T—_—

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Mutageni

Tumori solidi dell'adulto

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|

Pediatrici

Liquidi

Figura 4 La mappa genetica dei tumori umani Per ogni tumore è indicato il numero di mutazioni somatiche (immagine tratta da Science del 29 marzo 2013).

JO

Oncogéni

|_@41meoncosoppressori

|

cellule mature e differenziate, tuttavia questi geni possono riattivarsi in seguito a una mutazione, inducendo

Le alterazioni genetiche all’origine di un tumore possono essere di natura molto diversa, tuttavia tra le prime modi-

ficazioni che i ricercatori hanno individuato nelle cellule tumorali ci sono quelle alla base del controllo della divi-

sione cellulare. Si tratta di alterazioni che possono essere paragonate ai comandi di un'automobile; per mettere in moto una macchina è necessario fare due cose: premere il pedale dell’acceleratore e lasciare quello del freno. Nel genoma umano succede qualcosa di analogo: gli oncogéni sono i geni che «premono l’acceleratore» per stimolare la divisione cellulare; i geni oncosoppressori «tirano il freno» per inibirla. Il primo indizio che gli oncogéni fossero coinvolti nella trasformazione maligna delle cellule derivò dalla scoperta di tumori animali indotti da alcuni virus. In molti casi, questi virus introducono nel genoma dell’ospite un oncogéne la cui espressione stimola la divisione cellulare in modo anomalo. In breve si scoprì che gli oncogéni virali hanno degli equivalenti nel genoma delle cellule ospiti e furono individuate diverse decine di oncogéni cellulari. Gli oncogéni solitamente sono «spenti» nelle

la proliferazione. In altri casi, gli oncogéni controllano l’apoptosi, ma se vengono attivati in seguito a una mutazione possono ostacolare il processo apoptotico, permettendo alle cellule che sarebbero destinate a morire di continuare a dividersi. Per dare origine al tumore, tuttavia, non basta che una mutazione attivi un oncogéne: all’insorgenza del tumore contribuisce anche l’inattivazione dei geni oncosoppressori. A differenza dell’attivazione di un oncogéne, che dipende da un solo allele mutante, la completa inattiva-

Oncògeno è un

zione di un gene oncosoppressore richiede che entrambi gli alleli siano inattivi, cioè richiede due mutazioni. È dunque necessario molto tempo perché in una cellula entrambi gli alleli mutino e insorga un cancro sporadico. Al contrario, gli individui colpiti dalle forme con predisposizione ereditaria di solito nascono già con almeno un allele mutante di un gene che può aumentare il rischio.

aggettivo sinonimo di cancerogeno,

,

mentre oncogéene

è un sostantivo che indica un gene il cui malfunzionamento

può condurre all’insorgenza di un tumore.

RICORDA Nel genoma, oncogéni e oncosoppressori regolano il ciclo cellulare e possono contribuire alla trasformazione maligna delle cellule.

(Oratoccaate figa 1.

Inchecosasi differenzia il cancro da altre

1

patologie? 2.

Quale caratteristica delle cellule tumorali

riguarda il loro genoma?

2.

Le cellule tumorali hanno un potenziale riproduttivo limitato / illimitato. Le cellule tumorali sono insensibili / sensibili ai segnali di crescita.

Cerca altre informazioni su uno dei tumori della Figura 4 (come la diffusione nella popolazione, il tasso di guarigione, i fattori di rischio) e realizza un dépliant informativo.

C3|La biologia del cancro | C63

spontaneamente 10* mutazioni per ogni gene (ovvero una mutazione ogni cento milioni di paia di basi), a causa

LE CAUSE DEL CANCRO Le cause del cancro

sono

possono essere

favorite da

» infiammazione cronica 6

, predisposizione genetica 7 fattori ambientali, ereditari o casuali 5

> virus oncogeni 8 , comportamenti

e abitudini scorretti 9

dei limiti di accuratezza dei sistemi di riparazione del DNA. Ogni singolo gene, quindi, avrebbe 10% occasioni di sviluppare una mutazione. Tra queste cellule mutanti, molte presenteranno difetti genetici e di conseguenza non ubbidiranno più ai sistemi di controllo della proliferazione cellulare. Per fortuna, non basta un’unica mutazione in un unico gene a trasformare una cellula normale in una tumorale: con una certa variabilità tra tipi di tumori, nella genesi del cancro è necessario che si manifestino contemporaneamente nella stessa cellula più mutazioni che possono portare al cancro. RICORDA La trasformazione tumorale è un evento legato al verificarsi di più fattori insieme: ambientali, ereditari e casuali.

° sostanze cancerogene 10

I fattori che provocano il cancro Le mutazioni del DNA che possono portare a una crescita tumorale sono indotte da diversi fattori che interagiscono tra loro.

*

fattori esterni o ambientali che possono indurre mutazioni nel DNA sono detti mutageni quando esistono elementi sufficienti per ritenere che un mutageno possa provocare il cancro, tale sostanza viene definita cancerogeno. Gli agenti mutageni comprendono, tra le altre cose, alcuni composti chimici pre-

-

*

senti nel fumo di tabacco e nei conservanti, i raggi ultravioletti, le radiazioni ionizzanti e le infezioni da parte di alcuni virus. Ifattoridi predisposizione ereditaria comprendono mutazioni di uno o più geni trasmesse dai genitori ai figli. Ifattoricasuali come gli errori nella replicazione del DNA che si verificano durante la divisione cellulare. Per una questione statistica, questi errori si verificano

più spesso nelle cellule che si dividono di frequente, come le cellule della cute e dell’epitelio intestinale. Tuttavia, l'errore che può dare luogo a un tumore può verificarsi anche nelle cellule staminali; in questi casi il danno è maggiore perché tali cellule, pur dividendosi raramente, vivono molto più a lungo delle altre (vedi paragrafo 18).

Nel corso della vita di un essere umano avvengono all’incirca 10° divisioni cellulari; anche in assenza di mutageni, a ogni divisione, si stima che si verifichino

C64

RA

Diverse condizioni favoriscono lo sviluppo del cancro

Per fare in modo che una cellula tumorale attecchisca nel tessuto di origine o che formi metastasi in altri distretti del corpo occorre che il microambiente che circonda tale cellula sia permissivo o quanto meno tollerante alle perturbazioni interne. L'organismo umano è ricco di sistemi di controllo che rilevano le più piccole variazioni. Questi meccanismi di difesa si sono affermati nell’evoluzione per la capacità di avvertire fin dal primo istante traumi e infezioni. In tal caso, si attivano i meccanismi di riparazione cellulare che liberano specifiche molecole segnale allo scopo di eliminare l'eventuale invasore o riparare il tessuto danneggiato. Lo spiegamento di forze è ciò che si chiama infiammazione. Nel caso di un trauma o di un'infezione, l’infiammazione si esaurisce in breve tempo. Se però la per-

turbazione è causata da cellule tumorali che si stanno riproducendo, lo stato infiammatorio persiste nel tentativo di eliminarle (Figura 5). Quando il tentativo non ha

successo, l'infiammazione da acuta diventa cronica e si instaura uno stato di emergenza continua, come quello di una ferita che non si rimargina, capace di creare un ambiente alterato e favorevole al cancro. Il tumore, a sua volta, agisce sul sistema immunitario, rendendolo tollerante e insensibile alla proliferazione cellulare. RICORDA Tra i fattori che favoriscono la crescita di un cancro ci sono lo stato di infiammazione cronica e la capacità di un tumore di inibire il sistema immunitario.

Fattori cm estrinseci Infiammazione acuta

o infezione

Alcuni fattori fe di trascrizione

lea Fattori intrinseci

sono attivati nelle cellule tumorali ,

Attivazione degli

Citochine e altre molecole

oncogéni

Generazione | (genitori)

Generazione Il

Ò

È

segnale sono prodotte dalle cellule segnale

}

Generazione III

Le cellule coinvolte nella risposta infiammatoria e tentano invano di distruggere le cellule tumorali

3

®

9

6)

O

Si instaura un'infiammazione cronica legata al tumore

EN SO 0

giungono sul sito del tumore

Individuo sano Portatore sano

Tumore ereditario Tumore sporadico

Figura 5 L'infiammazione cronica indotta dal cancro Se il sistema immunitario non riesce a eliminare il

Figura 6 Predisposizione ereditaria al tumore

problema, si instaura un meccanismo di infiammazione

Anche gli individui che non sono portatori di una mutazione ereditaria possono sviluppare lo stesso tipo di tumore in forma sporadica.

cronica che favorisce la crescita del cancro.

0) =

Quando la predisposizione

I test genetici vanno effettuati in centri accreditati dal

è scritta nel DNA

Sistema sanitario nazionale, soltanto dopo che un gene-

Il cancro è una malattia comune (solo in Italia si dia-

gnosticano circa mille casi al giorno) e capita che più membri della stessa famiglia ne siano colpiti. Nella maggioranza dei casi sì tratta di abitudini e comportamenti poco salutari, per esempio il fumo o errate abitudini alimentari.

Ma è sempre così? I tumori a predisposizione ereditaria, che si originano da mutazioni nelle cellule della

linea germinale, colpiscono soprattutto famiglie dove i casi di cancro sono particolarmente numerosi; un esempio è costituito dalle mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 che predispongono al cancro della mammella, dell’ovaio e ad altri tipi di tumore. Oggi esistono test genetici per diagnosticare alcune delle mutazioni più conosciute, ma per sospettare che un tumore origini da una predisposizione ereditaria occorre che si verifichino alcune condizioni: 1. più di un parente stretto deve avere lo stesso tipo di tumore; 2. nello stesso lato della famiglia sono presenti alcuni rari e specifici tipi di cancro; 3. iltumore si manifesta in età relativamente precoce.

È importante ricordare che possedere una mutazione che predispone al cancro non corrisponde alla certezza di sviluppare la malattia, ma costituisce soltanto un fattore di rischio aumentato. Questo sgnifica che nelle persone che possiedono questa mutazione le probabilità di avere un determinato tumore sono maggiori rispetto a chi non ha la mutazione.

tista abbia verificato le indicazioni. Gli esperti, insieme a un servizio di sostegno psicologico, aiutano le persone che si sottopongono ai test a comprendere e interpretare i risultati, e a valutare le opzioni preventive. Chi è portatore di mutazioni che predispongono a un tumore ha diverse opzioni a disposizione, a seconda del tipo di cancro: sorvegliare di frequente gli organi a rischio; ricorrere a terapie con farmaci preventivi, se disponibili; scegliere, ove possibile, la strategia più radicale,

ossia la chirurgia preventiva. I test genetici possono aiutare le persone a rischio di alcune forme tumorali a predisposizione ereditaria, specialmente quando la mutazione è associata a una probabilità relativa piuttosto alta di ammalarsi. Per esempio, la mutazione del gene APC può portare allo sviluppo di un tumore del colon. Sottoponendosi a regolari colonscopie, chi ha la mutazione può intercettare le forme sia benigne (polipi) sia maligne (carcinomi)

non appena sì manifestano e sono più facili da curare. Casi analoghi, seppure con probabilità diverse di sviluppare la malattia, riguardano le mutazioni dei geni

BRCA1 e BRCA2, oppure le mutazioni del gene RET per il tumore alla tiroide; sapere di essere portatori permette di intensificare i controlli fin dalla giovane età (Figura 6). RICORDA Alcune mutazioni che predispongono al cancro si trasmettono lungo la linea germinale; con i test genetici vengono diagnosticate le mutazioni più conosciute.

C3|La biologia del cancro | C65

|

i

°

I virus checausanoi

9 tumori

Studiando i tumori in laboratorio, in cellule in coltura

e negli animali, gli scienziati hanno scoperto un gran numero di virus capaci di causare il cancro. Col tempo, divenne chiaro che molti di questi virus, con un genoma fatto di DNA o RNA, sono in grado di infettare alcune cellule in coltura trasformandole in tumorali. La capacità di un virus di causare il cancro è dovuta alla presenza di oncogéni nel genoma virale; in effetti il concetto di oncogéne è emerso proprio da questi studi. Gli oncogéni virali di solito hanno origine da infezioni avvenute in qualche remoto progenitore umano, nel corso delle quali alcuni geni umani si sono integrati per intero o parzialmente nel genoma virale. Virus a DNA. Il meccanismo che porta un virusaDNA a causare un tumore può essere di vario tipo: in alcuni casi può verificarsi l'integrazione del genoma del virus in un Proto-oncogéne

proto-oncogéne cellulare che viene attivato; in altri, la

è un gene normale che codifica proteine regolatorie del

causa risiede nell’attività incontrollata di un oncogéne virale, che altera il comportamento della cellula infettata e delle cellule che da essa derivano. Virus a RNA. Nel caso di un virus a RNA le cose sono un po’ più complicate: una volta penetrato in una cellula, lPRNA a filamento singolo del genoma virale produce una copia di DNA a doppio filamento grazie all’enzima

ciclo cellulare, ma può diventare un

oncogéne a causa di mutazioni o di un

aumento della sua espressione.

virale trascrittasi inversa. La copia di DNA viene, quindi,

integrata nel genoma della cellula ospite sotto forma di provirus. A questo punto, il provirus può essere replicato

e trasmesso alle cellule figlie, oppure essere trascritto in RNA per costruire nuove particelle virali. Una volta che il provirus si è integrato nel genoma cellulare, si comporta a tutti gli effetti come un virus a DNA. Oggi sappiamo che circa un quinto dei tumori umani è causato da un’infezione. Tuttavia, l'infezione da sola non basta a causare un cancro, altrimenti non si spiegherebbe come mai il 90% circa della popolazione riesca a convivere, per esempio, con una vecchia infezione da virus di Epstein Barr (il virus responsabile della mononucleosi infettiva), e solo in alcuni soggetti lo stesso virus induca il linfoma di Burkitt, un tumore del tessuto linfatico. Di fatto le infezioni da virus, come le mutazioni ereditarie, costituiscono solo un fattore di rischio aumentato, e solo

una piccola percentuale di persone che si sono infettate sviluppa un tumore; perché questo accada, occorrono anche un sistema immunitario debilitato e altre condizioni non ancora del tutto note. RICORDA Circa un quinto dei tumori umani è causato da un’infezione virale, che però da sola non basta a causare un cancro.

C66

:

Il cancro e il caso: l’importanza

©

dicomportamenti e abitudini

Il corpo di un adulto è costituito da circa 15 milioni di milioni di cellule. Per formare quel corpo, il DNA di una singola cellula uovo fecondata si è aperto, replicato e richiuso almeno 15 milioni di milioni di volte nelle cellule della propria progenie. In realtà, lo ha fatto molte volte di più, dato che tante cellule (del sangue, della cute, dell’intestino) hanno vita molto breve e sono continuamente

sostituite. Con questi numeri, gli errori casuali durante la replicazione del DNA sono statisticamente inevitabili e non tutti possono essere riparati. La probabilità di sviluppare un cancro è quindi una probabilità composta, che dipende da almeno tre fattori: 1. erroridireplicazione che capitano casualmente; 2. mutazioni che conferiscono una predisposizione ereditaria; 3. mutazioni indotte da agenti biologici, chimici o fisici, presenti nell'ambiente interno o esterno. Il peso di ciascuno di questi fattori varia a seconda del tipo di tumore: per esempio, il tumore del polmone è influenzato fortemente dal terzo fattore, tramite il fumo

di tabacco, mentre tumori come quello del pancreas, per cui sono poco noti specifici fattori di rischio, sembrano causati soprattutto da mutazioni casuali. La ricerca fa molto per prevenire i tumori causati da agenti chimici fisici, e anche per diagnosticare precocemente le mutazioni che predispongono ereditariamente al cancro, offrendo opzioni preventive e terapeutiche ai portatori. Molto sta a ognuno di noi: dobbiamo aver cura di non esporci ai fattori di rischio più noti come il fumo, i raggi UV o un’alimentazione squilibrata. La European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition (EPIC),

che ha seguito per oltre 15 anni più di 500000 persone in 10 Paesi europei, ha osservato che le probabilità di morire a causa di un tumore (ma anche di patologie cardiovascolari o di diabete) si riducono fortemente se

si mantengono a lungo alcuni comportamenti virtuosi: +

non fumare;

» + *

fareattività fisica ed evitare la sedentarietà; moderare la quantità di alcol; mangiare almeno cinque porzioni al giorno di frutta e verdura;

»

limitare il consumo di carni rosse, soprattutto quelle

lavorate; contrastare, conilricorso ai vaccini disponibili, alcune infezioni come l’HPV o l’epatite; + proteggerela cute quando ci sì espone al Sole. Gli esperti stimano che più di 4 casi di cancro su 10 potrebbero essere evitati con cambiamenti nelle abitudini e nei comportamenti. *

Gruppo

Caratteristica

Numero di sostanze

1

Cancerogeni per | 120

l'essere umano

2A

Probabilmente cancerogeni

2B

Possibilmente cancerogene

81

|289

Esempi

Asbesto, benzene, HPV, raggi UV, radiazioni ionizzanti, fumo di tabacco, aflatossine, bevande alcoliche, carne processata, nichel, carni rosse lavorate Steroidi anabolizzanti, dibenzoapirene (dalla combustione di carbone e legname), carni rosse non lavorate DDT, sostanze

bituminose, cloroformio, cobalto, piombo

Mu um mu mr

26% 0 più 20% - 25,9% 12% - 19,9% 7% - 3,9% meno del 7% nessun dato

Tabella 7 Cancerogeni certi, probabili e possibili

Figura 8 Il fumo tra i giovani

Per ciascun caso va tenuta in considerazione la dose di sostanze assunte e il rischio relativo.

Questa mappa mostra, a livello mondiale, la prevalenza dell'uso di tabacco tra i giovanissimi.

La prevenzione è una garanzia? Uno stile di vita salutare non equivale alla certezza di non avere un tumore, ma

Alcuni esempi di prodotti o agenti fisici presenti nei gruppi l e 2 sono riportati nella Tabella 7.

aumenta le probabilità di evitarlo, riducendo il rischio.

Il fumo di tabacco. Il fumo di tabacco è uno dei cancero-

Gli studi degli epidemiologi mostrano, infatti, che le persone che non hanno mai fumato hanno probabilità molto più basse di sviluppare o morire di cancro rispetto ai fumatori. Un’analogia automobilistica aiuta a chiarire il concetto: per evitare un incidente non basta essere un

geni più potenti e pericolosi. Contiene diverse migliaia di sostanze delle quali circa 60 sono responsabili dell’insorgenza di tumori non solo del polmone e del cavo orale, ma anche della mammella, della prostata e dell’intestino. Non vanno poi dimenticati i numerosi effetti collaterali e i problemi di salute derivanti dal fumo, oltre la correlazione con i tumori. Tra le sostanze presenti nel fumo di tabacco una delle più importanti è il benzene, la cui esposizione cronica è stata associata all’insorgenza delle leucemie. Gli effetti dannosi del fumo sono così potenti da manifestarsi anche in chi è esposto al fumo passivo. Nonostante programmi di informazione e prevenzione, l’uso del tabacco tra i giovani sta rapidamente crescendo in molti Paesi tra cui l’Italia. Tramite la Global Youth Tobacco Survey, un'indagine internazionale sull’uso del tabacco, in Italia è risultato che un ragazzo su 5 e una ragazza su 4 fumano sigarette o fanno uso di tabacco già

guidatore attento e prudente, ma le statistiche dicono

che i guidatori poco prudenti fanno mediamente più incidenti. RICORDA Seguire abitudini e comportamenti salutari evitando certi fattori di rischio, riduce molto le probabilità di sviluppare un tumore.

PIET] Le sostanze |»

cancerogene

Nelle classificazioni, il termine «cancerogeno» non si-

gnifica che l'esposizione a quell’agente causerà di certo il cancro; una sostanza è cancerogena se è certo che agisca in modo da aumentare la probabilità di insorgenza di uno o più tipi di cancro. La IARC, l’Agenzia Internazionale per

la Ricerca sul Cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, classifica le sostanze che si sospettano essere cancerogene per gli esseri umani in cinque gruppi (o classi):

* +

gruppol, sostanze cancerogene; gruppo2A, sostanze probabilmente cancerogene;

+

gruppo2B, sostanze possibilmente cancerogene;

* +

gruppo 3, sostanze non classificabili; gruppo4, sostanze probabilmente non cancerogene.

a 13-15 anni (Figura 8). Sul mercato, attualmente, sono

in vendita numerosi prodotti che in teoria potrebbero aiutare i fumatori ad abbandonare la sigaretta. Tra questi, la cosiddetta sigaretta elettronica, ovvero un dispositivo che consente di inalare vapore con quantità variabili di nicotina. La sigaretta elettronica potrebbe essere utile a controllare la dipendenza da nicotina, evitando il catrame e altre sostanze tossiche, tuttavia non è ancora chiaro

se sia efficace come strumento per smettere di fumare. La nicotina contenuta in questi prodotti, inoltre, non è innocua, ma favorisce l'ipertensione e il diabete e può

interferire con lo sviluppo neurologico.

C3|La biologia del cancro | C67

salsicce e in generale tutte le carni che hanno subito un qualsiasi trattamento; le carni rosse sono invece quelle non lavorate di maiale, manzo, agnello, cavallo e così via.

I dati epidemiologici indicano che il consumo di 50 g al giorno di carne lavorata fa aumentare del 18% circa il rischio relativo di sviluppare un tumore al colon-retto per chi ne mangia molta e di frequente, rispetto a coloro che ne mangiano poca e di rado. Per quanto riguarda la carne rossa non lavorata, le prove non sono così forti da poterla definire «cancerogena» ma solo «probabilmente cancerogena» (Figura 9). L'effetto cancerogeno potrebbe essere Figura 9 «Probabilmente cangerogena» Attualmente, non ci sono sufficienti prove per definire cancerogena la carne rossa.

Esistono, poi, le cosiddette sigarette a riscaldamento del tabacco, il cui contenuto di nicotina è simile a quello delle sigarette comuni, mentre il livello di altre sostanze tossiche sembra essere inferiore. La nicotina presente in questi prodotti può dare dipendenza, e il rischio di cancro e di altre malattie può non essere inferiore rispetto a quello delle sigarette classiche, ma mancano ancora studi

conclusivi a riguardo. Il modo migliore di ridurre il rischio di cancro e di migliorare la propria salute è smettere completamente di fumare. InItalia esistono almeno 400 centri antifumo che possono aiutare ad abbandonare questa pericolosa abitudine. La radiazione solare. I raggi UV provenienti dal Sole sono classificati come cancerogeni (gruppo 1) per la loro capacità di danneggiare il DNA delle cellule epiteliali e dei melanociti e favorirne la trasformazione in cellule tumorali. L'esposizione incontrollata alle radiazioni so-

lari è stata associata con l'insorgenza di carcinomi della pelle, che rappresentano i tumori più frequenti negli uomini, mentre nelle donne sono secondi solo ai tumori della mammella. I melanomi (che derivano dalla tra-

sformazione dei melanociti) sono meno frequenti, ma la loro incidenza è raddoppiata negli ultimi 15 anniedèin continua crescita. La misura preventiva più efficace per evitare questi tumori consiste nell’evitare i raggi solari durante le ore più calde e utilizzare, quando ci si espone, una protezione solare adeguata.

dovuto al ferro contenuto nel gruppo eme dell’emoglobina e della mioglobina. Con il suo alto potere ossidante, il ferro può danneggiare il DNA soprattutto quando rimane a contatto a lungo con la mucosa dell’intestino. In aggiunta, dalla digestione della carne si potrebbero formare

alcuni composti che alterano il microbiota dell’intestino. Inoltre, negli insaccati e nelle carni lavorate si trovano composti azotati (nitriti e nitrati) e idrocarburi policiclici

aromatici che agiscono direttamente sul DNA. Cancerogeno sicuro o probabile? È improprio e privo di senso affermare che mangiare una fetta di salame sia come fumare una sigaretta. Questo possibile fraintendimento è dovuto al fatto che non si tratta di una classificazione della pericolosità intrinseca di ciascuna sostanza, ma di una misura del relativo grado di certezza con cui gli scienziati possono esprimersi, in base alle prove raccolte, sulla cancerogenicità di una sostanza. In altre parole, una sostanza è in classe 1 se gli scienziati hanno raggiunto prove sufficiente ad affermare che è cancerogena negli esseri umani a determinate dosi ed esposizioni. Una sostanza in classe 2 o 3 potrebbe essere altrettanto cancerogena, ma è possibile che l’effetto sia troppo piccolo o

raro, 0 che gli studi siano inadeguati. Per lo stesso motivo per il quale non si può stilare una classifica di pericolosità tra sostanze appartenenti a gruppi diversi, non è possibile nemmeno fare paragoni tra agenti cancerogeni dello stesso gruppo. Infatti, la classificazione IARC non si occupa dei meccanismi con cui una sostanza può causare tumori: il suo ruolo è di «fotografare» nel tempo quanti decessi da tumore nella popolazione si possano associare all'esposizione a una determinata sostanza.

La carne rossa semplice e lavorata. Nel 2015, la carne

lavorata è stata classificata come cancerogena (gruppo 1) e la carne rossa come probabile cancerogena (gruppo 2A).Tra le carni lavorate si annoverano salumi, wurstel,

RICORDA

I cancerogeni sono sostanze

che aumentano le probabilità di sviluppare un determinato tipo di cancro.

Oratoccaate Rigi 1. 2.

Quali sono i principali fattori ambientali che possono indurre mutazioni? Che misura ha ideato la IARC?

C68

| fattori esterni 0....................... ... che possono indurre mutazioni nel DNA sono detti

Spesso si sente dire che è impossibile che gli insaccati siano cancerogeni come il fumo 0 i

raggi UV. Spiega il motivo del fraintendimento.

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La lotta al cancro I numeri

diagnosi precisa 11

utilizza

> la radioterapia 14

precoce 12 «

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sull’efficacia — della terapia 17

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del cancro in Italia

377, , la chirurgia 13

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Figura 10



169000

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ALLA CURA

richiede una

Eur vr:

, l’immunoterapia 16

Quanto ci si ammala e quanto si sopravvive? Per l’anno 2018, gli epidemiologi dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) e gli esperti dell’Associazione AIOM hanno stimato 373 300 nuove diagnosi di cancro: sono più di 1000 casi al giorno, soltanto in Italia. Le stime parlano di 194000 nuove diagnosi negli uomini, in lieve diminuzione, e stabilità invece nelle donne, con 178 000 nuovi casi (Figura 10).

La buona notizia è che la sopravvivenza media all’insieme di tutti i tipi di cancro è ben oltre il 50% ed è in continuo miglioramento: un risultato dovuto soprattutto alla ricerca, che per questo va economicamente sostenuta. Un altro dato positivo è che l’Italia ha il più alto tasso di sopravvivenza al cancro tra i Paesi europei: nel 2018, gli italiani che convivono con una diagnosi di tumore sono stati circa 3 milioni e 400 000. L'invecchiamento è un fattore di rischio determinante peril cancro; in Italia si vive sempre più alungo, soprattutto da quando igiene, vaccini e antibiotici hanno fatto scomparire tante malattie infettive che un tempo abbassavano l’aspettativa di vita. Oggi, le persone in una fascia d’età in cui è più probabile ammalarsi di tumore sono particolarmente numerose a causa del cosiddetto «baby boom», un aumento delle nascite del tutto eccezionale che si è verificato tra

ar Rex! Tiroide

Ogni anno l'Associazione

Italiana Registri Tumori (AIRTUM) stila un rapporto, riferito

agli anni

Tasso di EINE ® Diagnosi

0-44 Anni

di tumore,

45-59 Anni

divisi per fascia

precedenti. Qui è indicato il tasso di incidenza per 100 000 abitanti dal 2010 al 2014,

suddivisi

per area

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Tasso di incidenza per 100000 abitanti

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—— 60-74Anni 75 + Anni

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99000 0

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7335

5134

geografica e per sesso.

Centro

della popolazione. Per esempio, il rischio di ammalarsi di un tumore associato a obesità negli Stati Uniti è pari a circa il 20%, contro il 5% nel Regno Unito. RICORDA Le diagnosi di cancro in Italia sono più di 1000 al giorno, ma la sopravvivenza media per tutti i tipi di cancro è in crescita.

lla)

7048

4823

L'importanza di una diagnosi precoce

Molti Paesi, tra cui l’Italia, hanno programmi di scree-

ning di popolazione per alcuni tipi di cancro. Gli screening sono offerti solo per i tipi di tumore per i quali è dimostrato che un test permette di ottenere diagnosi precoci in modo affidabile, così da salvare vite umane in

modo accettabile e sicuro per chi deve sottoporsi al test e per gli enti sanitari che ne devono sostenere l’organizzazione e i costi. Sono esami pensati per una popolazione

il 1959 e il 1964.

sana nella fascia di età più a rischio per la comparsa di

Inumeri del cancro variano molto e riflettono le differenze nelle predisposizioni ereditarie, nell’alimentazione, nei comportamenti e nello stato di salute generale

una certa malattia, e da ripetere con una data frequenza.

In Italia sono attivi screening per il tumore della mammella, della cervice uterina e del colon.

C3]La biologia del cancro | C69

64010 429,30

La diagnosi serve al medico a stabilire quale sia la cura più adatta. Se il tumore è nelle prime fasi di crescita, confinato a un organo operabile, può essere rimosso da un intervento chirurgico. Per molti tumori maligni, però,

la diagnosi avviene quando la malattia è già estesa ad altri organi, per cui si ricorre a una combinazione di trattamenti, per esempio un intervento chirurgico seguito da una radioterapia e da una terapia farmacologica (per esempio, la chemioterapia). Mentre le terapie chirurgiche e radianti hanno effetto locale, le terapie farmacologiche permettono di colpire le cellule tumorali che hanno metastatizzato in diversi organi anche molto distanti dal punto di origine del tumore. Figura 11 L'esame istologico svela le cellule tumorali

RICORDA

La microfotografia mostra cellule cancerose (in alto con i nuclei

del suo grado e dello stadio clinico è il primo passo per stabilire le cure più appropriate.

molto colorati) nell'epitelio della vescica urinaria. Queste cellule

mostrano la crescita caotica e disordinata tipica del cancro.

Una diagnosi precisa del tipo di tumore,

Gli esami di screening, come la mammografia, il Pap test

A

e la ricerca di sangue occulto nelle feci, sono in grado di rilevare tumori in una fase molto precoce e, in alcuni casi, anche di prevenire lo sviluppo di un cancro. Come ogni procedura, anche gli screening non sono perfetti (in rari casi possono mancare delle diagnosi o individuare tumori dove non ci sono) e inoltre possono comportare dei rischi quando espongono a radiazioni ionizzanti o sono invasivi. Tuttavia, gli studi di popolazione confermano che il bilancio tra rischi e benefici è positivo.

di rimuovere le masse solide La chirurgia è usata da molti anni per curare i tumori solidi ed è particolarmente efficace per eliminare masse tumorali circoscritte e piccole metastasi. La rimozione chirurgica del tumore è molto importante anche per consentire una diagnosi più precisa. In-

Una diagnosi precisa permette di scegliere una terapia adeguata. Per stabilire se una persona ha un tumore, il

medico pone in genere alcune domande sulla storia medica, personale e familiare, quindi richiede alcuni esami. I più comuni sono gli esami del sangue, l'ecografia, la tomografia computerizzata (TC), la risonanza magnetica

La chirurgia permette

fatti, solo dopo la rimozione di un tumore operabile il

patologo può effettuare un esame istologico (Figura 11) e dare informazioni conclusive sulle caratteristiche del tessuto di origine, sulla sua dimensione effettiva e sull’aspetto dei margini del tessuto rimosso (questo ultimo aspetto è fondamentale per confermare che la chirurgia abbia eliminato il tumore).

lo stadio clinico della malattia, cioè se il tumore è loca-

Mentre in passato era molto invasiva, la chirurgia oncologica ha via via sviluppato tecniche che permettono di rimuovere i tumori risparmiando il più possibile i tessuti sani. Un esempio eclatante è il caso del tumore della mammella: i primi interventi chirurgici prevedevano l'asportazione completa della mammella (mastectomia totale). Oggi sappiamo che la mastectomia totale è, nella maggior parte dei casi, eccessiva e comunque non evita la ricomparsa della malattia. A questo approccio drastico si preferisce dunque quello della chirurgia conservativa, soprattutto per tumori di piccole dimensioni e ben localizzati che, grazie ai controlli di screening sempre più diffusi, rappresentano la gran parte dei tumori diagnosticati.

lizzato in un organo o se è diffuso agli organi adiacenti, o ancora se ci sono metastasi in altri organi. A volte non è possibile stabilire l'origine di un cancro: in questi casi nella diagnosi si parla di tumore primitivo sconosciuto.

RICORDA La chirurgia offre maggiori possibilità di cura per molti tumori solidi, in particolare quelli che non sono ancora diffusi ad altre parti del corpo.

ela tomografia a emissione di positroni (PET). Nella mag-

gior parte dei casi è necessario fare anche una biopsia, una procedura chirurgica che prevede la rimozione di un campione di tessuto e l’esame al microscopio da parte di un patologo per vedere se sono presenti delle cellule tumorali. La diagnosi, di solito, contiene informazioni

sul tipo quanto spetto a Inoltre,

C70

di tumore e sul grado della le cellule appaiono anomale quelle del tessuto normale da è particolarmente importante

malattia, ossia su al microscopio ricui esse originano. stabilire quale sia

A) !

La radioterapia danneggia il DNA delle cellule tumorali

La radioterapia si esegue utilizzando radiazioni ionizzanti emesse da una macchina, che agiscono danneggiando il DNA delle cellule tumorali e impedendone la proliferazione (Figura 12). Sebbene anche le cellule normali

possano essere danneggiate dalle radiazioni, la loro capacità di riparazione è maggiore di quella delle cellule tumorali. Questa differenza tra cellule tumorali e sane

fa sì che gli effetti collaterali della radioterapia siano in genere più contenuti di quelli della chemioterapia, che è basata sull’uso di farmaci. Circa il 40% dei pazienti riceve la radioterapia come parte del trattamento, da sola o in combinazione con te-

rapie farmacologiche. Questa terapia può essere usata per trattare tumori inoperabili, per ridurre la dimensione di un tumore prima dell’intervento, oppure dopo la chirurgia per distruggere le cellule tumorali rimaste. La sensibilità alla radioterapia varia da un tipo di tumore a un altro. Sebbene la maggior parte dei pazienti venga trattato con radioterapia esterna (i raggi X sono cioè emessi da un apparecchio esterno), in casi particolari si può ricorrere alla radioterapia interna, mediante sostanze radioattive (per esempio, iodio peri tumori della tiroide) introdotte nell’organismo. RICORDA La radioterapia agisce sulle cellule tumorali perché i loro sistemi di riparazione del DNA sono meno efficienti di quelli delle cellule sane.

sii

Le terapie a base di farmaci o di cellule

Il prontuario di terapie contro il cancro è ampio e variegato quasi quanto la diversità delle malattie da trattare. Tra i primi farmaci sviluppati contro il cancro ci sono i chemioterapici, che colpiscono selettivamente le cellule che si riproducono di più. Efficaci contro molti tipi di tumori, i chemioterapici causano, però, effetti collaterali

importanti perché colpiscono anche le cellule sane che si riproducono in modo rapido, come quelle del sangue, della cute e dell’intestino. Nonostante la tossicità, le che-

mioterapie sono ancora oggi efficaci contro molti tipi di tumore per i quali non esistono alternative. Accanto ai chemioterapici, si possono usare specifi-

che terapie ormonali, specie per i tumori sensibili agli

Figura 12 La radioterapia Se non è necessario un intervento operatorio, viene pianificato un numero variabile di sedute di radioterapia a seconda della condizione del paziente e dell'entità del tumore da curare.

maco tamoxifene è spesso impiegato per la terapia del tumore della mammella per la sua capacità di mandare in cortocircuito lo stimolo degli estrogeni. Il farmaco si lega al recettore per gli estrogeni, ne blocca il funzionamento e impedisce che l’ormone naturale si possa legare a sua volta. Recentemente, la ricerca ha sviluppato terapie per colpire in modo mirato le molecole difettose presenti in alcuni tumori. Il primo di questi farmaci a bersaglio molecolare è stato l’imatinib, usato con successo contro un particolare tipo di leucemia, le cui cellule tumorali presentano un’alterazione cromosomica, detta «cromosoma Philadelphia», da cui deriva una proteina anomala responsabile della malattia. L’imatinib agisce in modo mirato prevalentemente su questa proteina, espressa nelle cellule tumorali, risparmiando le cellule sane. I chemioterapici convenzionali vanno assunti solo per il tempo necessario a uccidere le cellule tumorali. Invece, molti farmaci a bersaglio molecolare bloccano la capacità del tumore di crescere senza però ucciderlo e per questo devono essere assunti in modo continuativo per moltissimo tempo; a volte, come nel caso dell’imatinib, in pazienti con leucemia mieloide cronica, per tutta la vita.

ormoni. In questi tumori, come quello della mammella,

delle ovaie e della prostata, le cellule possiedono i recettori per specifici ormoni, i quali agiscono stimolando la crescita del tumore; la terapia ormonale permette di interferire con questo meccanismo. Per esempio, il far-

RICORDA I chemioterapici sono sostanze che colpiscono selettivamente le cellule che si riproducono di più, ma esistono anche terapie ormonali e farmaci a bersaglio molecolare.

C3]La biologia del cancro | C71

Terapie cellulari. Sono trattamenti che hanno l’obiettivo

di aumentare la capacità di alcune cellule del sistema immunitario di colpire il tumore. Per queste terapie, alcune cellule T sono estratte dal tumore del paziente e quelle che si dimostrano più attive ed efficaci contro il cancro vengono cresciute in laboratorio per 2-8 settimane. A volte, queste cellule sono modificate geneticamente e in gergo vengono dette cellule CAR T, dall’inglese

Figura 13 Utilizzo delle cellule CART

Microfotografia elettronica a scansione

(SEM) colorata artificialmente di una cellula cancerosa della mammella (in rosa) attaccata da una cellula CART (in giallo).

Chimeric Antigen Receptor T cells (Figura 13). Quindi sono

infuse nuovamente nel paziente, che nel frattempo ha fatto cicli di chemioterapia e di radioterapia per ridurre la quantità delle altre cellule immunitarie meno efficaci contro il tumore. Anticorpi monoclonali anti-cancro. Si tratta di proteine

del sistema immunitario progettate e prodotte in laboratorio affinché si attacchino a specifici bersagli che si trovano sulla superficie delle cellule tumorali. Una volta sul bersaglio, gli anticorpi portano farmaci o contrassegnano tali cellule in modo che possano essere viste e distrutte meglio dal sistema immunitario stesso. Vaccini terapeutici. A differenza dei vaccini che preven-

Figura 14 Nano-vaccini sperimentali Immagine al SEM di una cellula dendritica (in blu) presentata con nano-vaccini

gono le malattie infettive, i vaccini terapeutici dovrebbe-

(dischi gialli).

ro stimolare la risposta del sistema immunitario contro

Questi sono dischi porosi di particelle di silicio caricati con molecole immunostimolanti e antigeni tumorali.

Le cellule dendritiche attivate con i nano-vaccini sono iniettate nuovamente nell'ospite per stimolare una risposta antitumorale per il trattamento dei tumori.

loi

L'immunoterapia, nuova strategia contro il cancro

Uno sviluppo recente delle terapie contro il cancro è la cosiddetta immunoterapia, una strategia che aiuta il sistema immunitario a combattere il cancro. Quando

le cellule tumorali proliferano, è anche perché sono in grado di nascondersi dal sistema immunitario. Alcune immunoterapie rendono le cellule tumorali più «visibili» al sistema immunitario, il quale può individuarle e distruggerle. Altre immunoterapie stimolano il sistema immunitario a funzionare meglio contro il cancro. Esistono, infatti, diversi tipi di immunoterapie. Inibitori dei checkpoint. Sono farmaci che tolgono i

le cellule tumorali (Figura 14).

Altri trattamenti utilizzati nelle immunoterapie includono le cosiddette citochine, proteine prodotte dalle cellule immunitarie stesse e capaci di attivare o inibire la risposta dell'organismo contro diverse minacce, tra cui le cellule tumorali. I due principali tipi di citochine utilizzate nella terapia contro il cancro sono gli interferoni e le interleuchine. Tra i trattamenti contro il cancro, le immunoterapie

sono la scoperta più recente e il loro uso, in crescita, è ancora limitato ad alcuni tipi di tumore in cui sono state sperimentate con risultati positivi e quindi approvate dagli enti regolatori. Al pari delle altre terapie contro il cancro, anche le immunoterapie possono causare seri

effetti collaterali. RICORDA L'immunoterapia è un trattamento abbastanza recente e utilizzato solo in certe forme di cancro. Si basa sull'uso del sistema immunitario per combattere le cellule tumorali.

«freni» ai linfociti T, le cellule del sistema immunitario altrimenti inibite dall’uccidere le cellule tumorali. Que-

sti farmaci non colpiscono direttamente il tumore, ma interferiscono con la capacità delle cellule tumorali di eludere gli attacchi delle nostre difese. L’americano James P. Allison e il giapponese Tasuku Honjo hanno ricevuto il premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 2018 per la scoperta di questa terapia.

C72

Come valutare l'efficacia delle terapie? Ogni terapia contro il cancro è passata attraverso una sperimentazione che prevede diversi passaggi: una sperimentazione preclinica in laboratorio e una sperimentazione clinica negli esseri umani.

Fase

Obiettivo

Numero di soggeti

1

Valutare la sicurezza del farmaco a diverse dosi.

Pazienti volontari con tumore per i quali non esiste una terapia con dimostrata efficacia.

2

Determinare se il farmaco è attivo e tollerabile inun piccolo gruppo di pazienti.

3

Verificare se il composto è più efficace della terapia standard in un gruppo più ampio di pazienti e in più ospedali.

1000-10000 pazienti volontari.

Approvazione

La European Medicines Agency (EMA) valuta i risultati dello studio clinico e approva o rifiuta la commercializzazione del farmaco. Dopo l'approvazione dell’EMA, l'Agenzia Italiana del

Dopo l'approvazione l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) stabilisce se il nuovo farmaco può essere rimborsato dal Sistema sanitario nazionale.

Farmaco (AIFA) stabilisce se il nuovo farmaco può essere rimborsato dal Sistema sanitario nazionale. Negli Stati Uniti il compito è affidato alla Food and

Drug Administration {FDA). Figura 15 Test in vitro | primi test effettuati su un nuovo farmaco avvengono in vitro, cioè su cellule selezionate accuratamente e fatte crescere in laboratorio.

Per stabilire se una nuova molecola può diventare un farmaco efficace, i primi test vengono eseguiti in cellule cresciute in laboratorio (in vitro). Le cellule utilizzate dovranno essere selezionate con cura (Figura 15): per esem-

pio, un farmaco può essere efficace sulle cellule di tumore del colon-retto, ma non aver alcun effetto su quelle della

mammella. Questi test in vitro possono durare anni e solo dopo una lunga selezione un farmaco viene «promosso»

Tabella 16 Le fasi della sperimentazione Per poter mettere in commercio un farmaco sono necessari in media dieci anni di sperimentazioni.

Soltanto i farmaci che hanno superato tutte le fasi di sperimentazione preclinica sono ammessi all’utilizzo negli esseri umani: anche in questo caso, prima che il farmaco sia distribuito a tutti, dovrà essere testato inizialmente in gruppi ristretti di pazienti e poi in studi più ampi. Scopo di ogni sperimentazione clinica è stabilire a quali dosi la cura è tollerabile ed efficace contro un determinato tipo di tumore (Tabella 16).

alla fase successiva, quella dei test sugli animali (in vivo).

Soltanto le terapie che superano una sperimentazione

Un nuovo farmaco può sembrare molto prometten-

clinica controllata e rigorosa possono essere approvate dalle autorità regolatorie: per l’Italia, l’ European Medicines Agency (EMA) e l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).

te in cellule in coltura, ma non possiamo prevedere se

sarà davvero efficace o avrà gravi effetti collaterali fino a quando non sarà testato in un organismo completo. Nonostante gli esseri umani siano molto diversi da animali come i topi, gran parte dei processi biologici sono condivisi: molte molecole hanno le stesse funzioni, molti

segnali molecolari seguono gli stessi circuiti e i farmaci possono funzionare in modo analogo in organismi diversi. Anche gli effetti tossici, per esempio al cuore o ai reni, si possono riscontrare in diverse specie oltre a quella umana, solo però se il farmaco è studiato in un organismo completo.

. 100-300 pazienti volontari.

Ai pazienti possono anche essere offerte terapie in corso di sperimentazione: in questo caso essi sono arruolati in uno studio clinico che ha lo scopo di valutare se nuovi farmaci siano più efficaci e meno tossici di quelli già disponibili per un dato tumore.

RICORDA Le terapie usate di routine contro i tumori hanno ricevuto l'approvazione delle agenzie regolatorie europee e italiane, l'EMA e l'AIFA.

Oratoccaate EGGziB 1.

Perché l'invecchiamento è considerato un fattore di rischio per il cancro? Che cosa significa chirurgia conservativa?

1

3.

Perquali tumori viene usata la

2.

4,

radioterapia? Inche cosa consiste l'immunoterapia?

2.

Le principali citochine utilizzate nella terapia contro il cancro sono gli

Ipotizza di voler sviluppare un nuovo farmaco

Il tamoxifene si lega al recettore per gli e ne blocca il funzionamento.

antitumorale e disegna un diagramma di flusso che riassuma le diverse fasi che deve attraversare la molecola da te scelta per poter essere approvata dalle autorità regolatorie del farmaco.

C3]La biologia del cancro | C73

LIE €)

QUANDO ILTUMORE RITORNA I tumori

possono ritornare per

si combattono grazie a

futuro sarà isolare queste cellule dalla massa tumorale per capire che cosa rende una cellula tumorale anche staminale, e così sviluppare terapie ancora più mirate RICORDA Le staminali del cancro potrebbero costituire la riserva del tumore, in grado di far ripartire la crescita di un cancro anche dopo anni.

S55)

Resistenza alle cure

è

emetastasi

Il tumore è una massa di cellule non omogenee che cambiano nel tempo. Tra queste cellule ve ne sono alcune la presenza di cellule staminali delcancro 18

la formazione dimetastasi 19

i e La parola

metastasi deriva dal greco metdstasis,

che significa «spostamento»; in oncologia indica cellule maligne che si staccano dal tumore originario

e si diffondono in altri organi dove possono generare altri tumori.

un’oncologia sempre più precisa 20

Le cellule staminali =

del cancro

Negli ultimi anni del secolo scorso, i ricercatori hanno scoperto che nei tumori sono presenti alcune cellule, chiamate staminali del cancro, che si dividono più ratamente delle altre. Quando lo fanno, dalla loro divisio-

ne asimmetrica ha origine una cellula tumorale e una staminale tumorale. Per tale caratteristica, e per il fatto che resistono alle terapie, queste cellule sarebbero la «riserva» del tumore: a distanza di mesi o perfino anni dai trattamenti, potrebbero essere loro a dare nuovamente origine a un cancro che sembrava scomparso. La maggioranza dei farmaci antitumorali colpisce cellule che si dividono rapidamente, mentre le staminali del cancro crescono con lentezza e quindi sfuggono alla cura. Per essere risolutiva, una terapia antitumorale dovrebbe eliminare anche quella piccola frazione di cellule staminali tumorali che sostiene la malattia nel tempo. Non tutti gli scienziati sono convinti che le staminali tumorali siano una categoria separata e identificabile di cellule. Per definire l'identità di una cellula, i biologi ricorrono spesso allo studio di particolari molecole della membrana che chiamano «marcatori», ma a volte essi si trovano su più cellule. Inoltre, le cellule sono entità dina-

miche che continuano a mutare di aspetto e di identità: come è possibile che da una cellula staminale tumorale ne nasca una tumorale, così può succedere che da una cellula tumorale si origini una cellula staminale tumorale. Ecco perché non è facile stabilire con certezza se una cellula è anche staminale oltre che tumorale. Con queste premesse si può dire, con cautela, che le staminali del cancro sono circa l’1-3% della massa di cellule di cui è formato un tumore solido. La sfida del

C74

sensibili da subito alle terapie, mentre altre sono insensibili alle cure fin dall’inizio, o accumulano mutazioni

che le rendono resistenti dopo che la terapia è cominciata. Spesso è da queste cellule particolarmente resistenti che hanno origine le metastasi, le colonie secondarie del tumore che si formano in altre parti dell'organismo. Esse derivano in genere da cellule in cui si sono accumulate molte mutazioni che le hanno rese capaci di migrare e sopravvivere in tessuti diversi.

La formazione di metastasi è in genere indice di uno stadio più avanzato della malattia. È bene ricordare che non tutte le cellule tumorali possono disseminarsi: la capacità metastatica dipende da molte variabili, come il tessuto d’origine, i difetti genetici accumulati, la possibilità di entrare nel circolo linfatico o sanguigno. L’intero processo di formazione di una metastasi può essere suddiviso in fasi (Figura 17): dall’espansione delle cellule del tumore primitivo alla formazione di nuovi vasi

sanguigni (angiogenesi); dal distacco dal sito d’origine al viaggio nel circolo sanguigno; fino all’approdo a un nuovo tessuto. Solo pochissime cellule tumorali (quelle che hanno accumulato mutazioni e sono più «aggressive») riescono a stabilire una colonia in un punto distante dell'organismo. Anche una volta raggiunto il nuovo tessuto, non è comunque detto che la cellula formi una metastasi: perché ciò avvenga, il nuovo microambiente deve essere adatto alla crescita del tumore. Questo ricono-

scimento reciproco è definito teoria del seed and soil (cioè «seme e terreno»). I fattori genetici che stabiliscono che cosa faccia di un tessuto un terreno fertile per l’attecchimento del seme (la cellula metastatica) sono ancora in

gran parte sconosciuti; scoprirli potrebbe permettere in futuro di capire perché alcuni tumori formano metastasi solo in certi tessuti. RICORDA Le cellule che causano metastasi resistono alle terapie, sono in grado di migrare e crescere in tessuti diversi.

Tumore primitivo

Rottura della membrana basale

Figura 17

Il tumore invade

Come nascono le metastasi

Alcune cellule tumorali possono staccarsi dal tumore primitivo e raggiungere, attraverso i vasi sanguigni

Le cellule tumorali invadono il nuovo tessuto

Metastasi

Le cellule tumorali aderiscono

i

i capillari sanguigni

sulla superficie dei capillari

o linfatici, altri

distretti corporei, dove possono originare metastasi.

dll)

Verso un'oncologia più precisa

Fino a oggi, la diagnosi di un tumore era affidata soprattutto al patologo che, analizzando un campione di tessuto

prelevato dal paziente o uno striscio di sangue, stabiliva la presenza o meno di un tumore in base all’aspetto delle cellule. Oggi, il patologo dispone di nuovi strumenti per effettuare una diagnosi più precisa. Fin dalla loro origine, infatti, le cellule tumorali rila-

sciano nel sangue frammenti di DNA, RNA, proteine o altro materiale biologico che i ricercatori possono rilevare e cercare di interpretare. Una volta individuati i materiali rilasciati dal tumore nel sangue, i ricercatori possono cercare informazioni, per esempio sui geni nell’atlante genomico del cancro e negli archivi di dati sulla genetica dei tumori, che si stanno arricchendo di casistiche. Una diagnosi più accurata, basata anche sulle caratteristiche molecolari del tessuto, è uno strumento potente

che permette ai ricercatori di scegliere la terapia più adatta o addirittura di sviluppare nuovi farmaci più specifici, come nel caso dell’imatinib. Anche nel campo della pro-

gnosi le varianti genetiche possono dare informazioni utili, perché esistono mutazioni associate a tumori più aggressivi, cui devono essere riservati trattamenti più intensi e duraturi, e mutazioni che invece accompagnano

tumori meno aggressivi, che richiedono cure di mantenimento meno pesanti.

Conoscere bene i geni che possono dare origine al cancro è un ottimo punto di partenza per affinare le cure di cui hanno bisogno ciascun paziente e ciascun tumore. In altre parole, stiamo facendo i primi passi nella medicina di precisione (detta anche medicina personalizzata): una rivoluzione rispetto a poche decine di anni fa, quando si ignoravano le caratteristiche molecolari che distinguono un tumore da un altro e un paziente da un altro, e si tentava di curare tutti utilizzando la stessa identica terapia. RICORDA Una diagnosi più precisa, basata non solo sull'aspetto delle cellule tumorali, è uno strumento

potente per scegliere la terapia più adatta per ogni tipo di cancro.

Oratoccaate fatti 1,

1,

2.

Che cosasonole cellule staminali del cancro? Dache cosa deriva una metastasi?

3.

Quali sono i vantaggi di una diagnosi

2.

più precisa in oncologia?

Le cellule staminali del cancro / metastasi derivano in genere da cellule in cui si sono accumulate molte mutazioni. La medicina di precisione è detta anche medicina oncologica / personalizzata.

L'attecchimento di una cellula tumorale metastatica in un organo dipende da molti elementi. Fai una ricerca e stila una lista dei fattori che determinano lo sviluppo di metastasi in un organo piuttosto che in altri.

C3]La biologia del cancro | C75

LA RELAZIONE TRA

INQUINAMENTO E CANCRO L'inquinamento atmosferico e il cancro

sono

probabilmente

|

studi

in relazione

tra di loro 21

sz

a

Secondo —

epidemiologici

su vasta scala 22

L'inquinamento atmosferico è cancerogeno?

L'inquinamento atmosferico rappresenta uno dei principali fattori di rischio per la salute umana, soprattutto perché l’esposizione a inquinanti dispersi nell’aria è continua e di solito di lunga durata, di conseguenza può portare a effetti cronici. Tuttavia, la comprensione (in termini quantitativi) del ruolo degli inquinanti atmosferici sulla salute è un campo di studi complesso. È di questo che si occupa l’epidemiologia ambientale, che studia la distribuzione dei casi di malattia nello spazio,

nel tempo e nei diversi sottogruppi della popolazione, e quindi la correlazione con l’esposizione ai principali fattori di rischio (Figura 18).

Misurare l’impatto di un fattore di rischio complesso come l'inquinamento atmosferico sulla salute del singolo individuo, in particolare quando si tratta di malattie a lenta formazione come i tumori, è molto difficile poiché,

ogni volta che emerge un effetto sulla popolazione generale, bisogna verificare la presenza di eventuali fattori confondenti, come il fumo di tabacco e le altre abitudini di vita, l'alimentazione e persino le caratteristiche genetiche di una certa popolazione. Questi fattori confondenti, infatti, possono essere all’origine di un aumento dei casi di cancro e quindi rendere difficile la lettura dei dati sia a livello di gruppo sia del singolo. La relazione tra smog e aumento dei casi di cancro, specie del polmone, è stata dibattuta a lungo perché gli studi epidemiologici condotti in diversi Paesi davano risultati discordanti. Attualmente, però, una cosa è certa: l’inquinamento atmosferico è molto dannoso per la salute, come dimostrano i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)

C76

Figura 18 Un'esposizione pericolosa La misura dell'esposizione agli inquinanti atmosferici rappresenta uno dei nodi cruciali negli studi di epidemiologia ambientale.

che parlano di oltre 3 milioni di decessi prematuri ogni anno nel mondo a causa delle polveri sottili e degli altri inquinanti presenti nell’aria; tra questi decessi alcuni sono legati a tumori. È noto da tempo che l'inquinamento atmosferico ha delle componenti che possono facilitare la trasformazione delle cellule sane in cancerose. Sostanze come il benzene, gli ossidi di azoto e gli idrocarburi policiclici aromatici hanno un accertato effetto sul DNA. Inoltre,

numerose ricerche epidemiologiche hanno dimostrato che i polmoni di chi abita in città sono più frequentemente infiammati perché lo smog mantiene attivi i fenomeni infiammatori. Come abbiamo visto, l’infiam-

mazione, specie quando è cronica, è a sua volta un fattore che promuove il cancro non solo nei polmoni, ma in tutti i tessuti e organi. L'impatto dello smog sul rischio di cancro è più indiretto e difficile da dimostrare, dato il lungo tempo di sviluppo della malattia, ma la maggior parte degli epidemiologi ritiene che le cosiddette polveri sottili e in particolare il PM2,5 (il particolato fine con particelle di diametro inferiore a 2,5 micrometri) siano traiprincipali responsabili del legame tra inquinamento atmosferico e aumento del rischio di tumore. Da dove viene e dove va ad accumularsi il particolato

fine? Per quanto riguarda le fonti di emissione del particolato atmosferico, accanto a fonti quali il traffico stradale, le combustioni non industriali (riscaldamento residenziale) e le combustioni industriali, bisogna tenere conto

del ruolo delle emissioni dovute alle attività dell’agricoltura e degli allevamenti intensivi di animali, che nel 2014 sono arrivate a contribuire per una quota del 10,7% sul totale. Lo stato di qualità dell’aria nei Paesi europei,

Italia inclusa, e la conseguente esposizione ambientale della popolazione sono oggetto di continuo monitoraggio. Nel 2014, la European Environment Agency (EEA) ha pubblicato un report in cui le stime medie per le aree urbane hanno dimostrato come la popolazione italiana sia stata molto spesso esposta a valori maggiori rispetto ai limiti stabiliti dalla normativa europea. Queste particelle microscopiche sono in grado di penetrare nell’organismo, raggiungere le parti più profonde dei polmoni ed entrare nel circolo sanguigno, causando infiammazione e altri danni. Nello specifico, il PM2,5 è una polvere in

grado di penetrare nel tratto tracheobronchiale (trachea, bronchi, bronchioli). RICORDA Gli studi epidemiologici riguardanti l'impatto dello smog sul rischio di cancro sono complessi, tuttavia mostrano che una relazione esiste.

un’ampia quota di casi di tumore del polmone. Per ogni incremento di 5 microgrammi per metro cubo di aria di PM2,5, il rischio relativo di ammalarsi di tumore del polmone aumenta del 18%, mentre cresce del 22% a ogni

aumento di 10 microgrammi per metro cubo di aria di PM10.Irisultati dicono anche che non esistono limiti al di sotto dei quali l’effetto nocivo svanisce: si sono infatti registrati incrementi dei casi di cancro del polmone anche in gruppi esposti a soglie di inquinamento inferiori ai limiti europei. Ciò vuol dire che ogni ulteriore riduzione della concentrazione del particolato nell’aria può contribuire a diminuire in maniera significativa il numero di persone che si ammalano di cancro del polmone. I risultati sono stati talmente convincenti che l'Agenzia internazionale perla ricerca sul cancro (IARC) ha annun-

ciato il 17 ottobre 2013 di avere incluso l’inquinamento atmosferico e le polveri sottili tra le sostanze di classe 1, ovvero quelle sicuramente cancerogene. Qual è la dimensione del rischio? Il rischio di ammalarsi

x NE] di

di tumore del polmone a causa dello smog è quindi rilevante, ma non più importante di altri (Comportamenti

Uno studio su larga scala conferma l'aumento del rischio

Nel luglio 2013, la rivista Lancet Oncology ha pubblicato i risultati di uno studio molto ampio (che superava i limiti riscontrati in studi precedenti) condotto in 36 diversi centri europei, che ha coinvolto circa 300 000 persone tra 143ei73 anniinben nove Paesi. I dati ottenuti, che fanno

parte del progetto ESCAPE (European Study of Cohortes for Air Pollution Effects), riguardano persone tenute in osser-

e abitudini, ereditarietà e genetica, alimentazione, età,

virus, caso). Un aumento della concentrazione di polveri sottili si lega a un aumento di rischio relativo dei casi di tumore del polmone, ma non è un aumento paragonabile a quello causato dall’abitudine al fumo di tabacco, che fa crescere il rischio di questo tumore del 1000-2000%, secondo la American Lung Association. Sebbene il rischio sia basso in assoluto, il suo impat-

vazione per 13 anni. Durante lo studio, sono stati registrati i cambi di resi-

to finale è elevato dato il grande numero di persone nel mondo esposte a inquinamento atmosferico. La buona

denza e le abitudini di vita di ogni persona, per mettere in relazione l'eventuale comparsa di un tumore polmonare con il grado di inquinamento delle aree in cui hanno abitato. Nel corso del periodo di osservazione si sono ammalate di cancro al polmone 2095 persone. Di ognuna di esse è stata studiata l’esposizione alle polveri sottili (PMI10 e PM2,5), legate soprattutto all’inquinamento da traffico, ma anche ad altre sostanze prodotte dai riscaldamenti o dalle industrie. I risultati dello studio. I dati ottenuti confermano quello che era già stato suggerito da studi precedenti, ma questa volta su un’amplissima base campionaria: le microparticelle inquinanti presenti nell’aria sono responsabili di

notizia è che lo smog, come il fumo di tabacco, può esse-

re contenuto con apposite misure di tutela della salute pubblica, oltre che con un comportamento individuale responsabile, che limiti l’uso dell'automobile durante i periodi di massimo inquinamento e le emissioni di fumi dalle caldaie. La cosa più importante, però, è evitare di sommare un ulteriore rischio a rischi già esistenti: tutti dovrebbero evitare il fumo di tabacco e chi abita in città ha una ragione in più per farlo. RICORDA Uno studio su vasta scala ha accertato che

l'inquinamento atmosferico e le polveri sottili sono fattori di rischio per il tumore del polmone.

Oratoccaate fatti 1. 2. 3.

Perché l'inquinamento atmosferico è tanto pericoloso per la salute? Perché è complicato misurare l'impatto sulla salute dell'inquinamento? Che cos'è il particolato atmosferico?

1

2.

L'. studia gli effetti degli inquinanti atmosferici sulla salute. Lo smog fa parte delle sostanze cancerogene di gruppo 1 / 2.

Cerca altre informazioni sul progetto ESCAPE e riporta che metodo è stato utilizzato per correlare la comparsa di un tumore ai polmoni con il grado di inquinamento delle aree in cui le persone coinvolte abitavano.

C3]|]La biologia del cancro | C77

BOE ONLINE

ESERCIZI CAPITOLO

1,

è

Mettiti alla prova con 20 esercizi interattivi

Costruisci la tua Di

MAPPA INTERATTIVA

Completa la mappa inserendo i termini mancanti.

ambientali / angiogenesi / ciclo cellulare / ereditari / immunitario / instabile / multifattoriale / mutazioni / oncosoppressori / proliferazione / raggi UV

indica un

gruppo

i

è una malattia .

è correlato alla JP

di malattie

presenza di

caratterizzato da

Do

2

qSREOE

l

cioè dovuta

i

a più fattori

LZ

dieci caratteristiche

_......................

nei geni che

comuni

incontrollata

regolano il

i

i

casuali

IS

i diagnosticabili

|

mediante

tra cul

test genetici MINARE =», 3232323233333 RI induzione dell'

come

come

oncogéni

2.

» fumo di tabacco

Daiuna definizione per ciascuno dei seguenti termini associati. Indica una proliferazione cellulare anomala, che può essere limitata a una sede circoscritta (tumore benigno) oppure dare origine a metastasi (tumore maligno).

tumore: cancro:

tumore sporadico: tumore ereditario:

oncogéni: oncosoppressori:

agenti cancerogeni: agenti mutageni: Include le abitudini e i comportamenti salutari adottati, che contribuiscono a diminuire la probabilità di

prevenzione:

sviluppare un tumore. diagnosi: epidemiologia ambientale:

epidemiologia:

C78

Studia la distribuzione dei casi di malattia nello spazio, nel tempo e nei diversi sottogruppi della popolazione, e quindi la correlazione con l'esposizione ai principali fattori di rischio.

una malattia virale.

da un solo allele mutante.

Che cosa sono i «fattori ambientali»

capitano casualmente.

= £

sostanze esterne che agiscono da mutageni.

alle ossa. al cervello. al seno e all'ovaio.

alla pelle.

DE

tumore già esistente.

su pazienti volontari. tramite simulazioni a computer.

virus a RNA.



. Le cellule staminali del cancro non sono: nella probabilità di sviluppare un cancro?

cellule staminali usate per curare la malattia.

errori casuali di replicazione.

resistenti alle terapie.

predisposizione ereditaria. contatto con persone malate.

rapide nella loro divisione. la «riserva» del tumore.

sostanze mutagene.

. Per ogni incremento di 5 pg/m? di aria di PM2,5 il rischio di ammalarsi di tumore

. Una sostanza probabilmente cancerogena appartiene al gruppo

al polmone aumenta del:

4,

22%

3.

2A. [D]

1.

. Non è un esame di screening per la diagnosi di tumore la spirometria.

il Pap test.

l'ecografia.

[D] la PET.

degli antibiotici.

del sistema immunitario stesso.

30% 4% . Di che cosa si occupa l'epidemiologia

del ruolo degli inquinanti atmosferici sulla salute. del ruolo di una dieta scorretta sulla salute. dell'effetto dell'azione umana sulla salute

dei vaccini attenuati. di anticorpi di sintesi.

18%

ambientale?

. L'immunoterapia si basa sull'uso

RIPA A

I geni BRCAT e BRCA2 predispongono al cancro

[n] PI

è un termine tecnico dell'ecologia. indicano la diffusione per zona geografica dei casi di tumore.

DOD a o

[o] |]

per l'insorgenza del cancro?

errori nella replicazione del DNA che

su animali.

plasmide.

Ss

da entrambi gli alleli mutati.

DAOAGGE

dall'inibizione di un oncosoppressore.

ww

I lp Pl [> N

dall'attivazione di un oncosoppressore.

. I test in vitro utilizzati per valutare un

su cellule cresciute il laboratorio.

12. Quale di questi fattori non è implicato

oncogene?

di un tumore liquido.

proto-oncogene cellulare che si attiva.

Db

Da che cosa dipende l'attivazione di un

della formazione di un tumore.

farmaco sono effettuati:

GDO

il differenziamento cellulare.

di guarigione.

genoma in un

OS

l'integrità del sistema immunitario.

di uno stadio avanzato della malattia.

È

l'embriogenesi.

[>] I [D Pl

El dl n

i processi infiammatori.

gruppo 3.

i cancerogeni ambientali.

11, Talvolta i virus a DNA integrano il loro

controlla

gruppo 2B.

DD

mutata in alcune forme di tumori,

mutazioni in determinati geni.

il quoziente di intelligenza.

I

db vi

La proteina Apc, che spesso risulta

gruppo 2A.

. La formazione di metastasi è indice

DPIEIbI

le cellule tumorali sono stimolate dall'infiammazione.

sono scarsamente irrorati dal sangue.

pb bb È

. Un test genetico viene utilizzato

per individuare

hanno un DNA instabile.

D DI È

è il sintomo di un tumore.

sono insensibili ai segnali di apoptosi.

DD El

Db

o

biologica dei tumori?

non influenza il sistema immunitario.

diminuisce la malignità del tumore.

gruppo 1.

ID]

Quale tra queste non è una caratteristica

[D] nervoso.

favorisce il progredire del tumore.

degli animali.

[o]

[D] Pl

ematopoietico.

. Il fumo di tabacco appartiene al

Uno stato infiammatorio cronico

DAIGE®

epiteliale.

muscolare.

E

w

I carcinomi, i tumori più diffusi, derivano dal tessuto

dell'effetto dell'azione umana sull'ambiente.

C3 | Esercizi di fine capitolo | C79

22. Sottolinea l'alternativa corretta.

a)

Le cellule tumorali, a differenza di quelle normali, sono insensibili / sensibili ai segnali di crescita e a quelli che bloccano la crescita.

b)

Le cellule tumorali non attivano la morte cellulare programmata / degradazione cellulare, che elimina le cellule danneggiate.

c)

Esse hanno un potenziale canceroso / riproduttivo illimitato e non

25. Associa le definizioni al termine corrispondente.

a. b. C. d.

TGF-B_

1. Implicata nel controllo dello sviluppo del sistema

Apc

Notch Stat

immunitario.

2. Implicata nello sviluppo dell'embrione. 3. Legata al differenziamento cellulare. 4. Coinvolta nei processi di anticoagulazione e infiammazione. b

muoiono dopo un determinato numero di divisioni.

d)

Inducono l'apoptosi / angiogenesi, cioè il processo con cui si formano i nuovi vasi sanguigni e producono enzimi litici / metastasi, che sono colonie di cellule tumorali diffuse in distretti

26. Associa ciascun termine alla definizione corrispondente.

distanti dal sito del tumore primario.

Le cellule tumorali hanno un DNA stabile / instabile e vengono stimolate dall'infiammazione / dalla temperatura presente nell'ambiente che le circonda.

. Gruppo1 Op

f)

Utilizzano vie metaboliche anomale e sfuggono al controllo del sistema immunitario / nervoso dell'organismo.

. Gruppo 2A

DAN

e)

. Gruppo 2B . Gruppo 3 . Gruppo 4

1. Sostanze probabilmente cancerogene 2. Sostanze possibilmente cancerogene 3. Sostanze probabilmente non cancerogene 4, Sostanze cancerogene

5. Sostanze non classificabili Cc

d

e

23. Sottolinea l'alternativa corretta.

Esistono test genetici per diagnosticare alcune delle malattie /

27. Associa ciascuna terapia alla definizione corrispondente.

stretto con un diverso / lo stesso tipo di tumore, nello stesso

lato della famiglia devono esserci comuni / rari e specifici tipi di

molecolare

e. Terapia ormonale

Possedere una mutazione che provoca / predispone al cancro non

Immunoterapia

un fattore di rischio / una prova in più. 2h, Leggi e completa le seguenti affermazioni riguardanti i fattori che provocano il cancro.

| fattori ambientali che possono indurre mutazioni nel DNA sono chiamati ........ .

b)

Se esistono elementi sufficienti per ritenere che un mutageno possa provocare il ................................. , tale sostanza viene definita... .

c)

I mutageni comprendono alcuni composti chimici presenti e nei conservanti, i raggi VEROPTOT TOTO OTO TOT CETO TTTTOTORE . le radiazioni ionizzanti e le infezioni da parte di alcuni .......................... |

d)

. Radioterapia . Chemioterapia . Chirurgia . Farmacia bersaglio

cancro, e il tumore si deve manifestare in età avanzata / precoce.

corrisponde / corrisponde alla certezza di sviluppare la malattia, è

a)

OOC

mutazioni più conosciute. Per ipotizzare che un tumore origini

da una predisposizione naturale / ereditaria occorre che si verifichino determinate condizioni: deve esserci più di un parente

Sono chiamati fattori di ................................. le mutazioni di

uno o più geni trasmesse dai genitori ai figli.

1 È molto efficace per eliminare masse tumorali circoscritte e piccole metastasi. 2. Utilizza radiazioni ionizzanti emesse da una macchina per danneggiare il DNA delle cellule tumorali e impedirne così la proliferazione. 3. Utilizza farmaci che agiscono selettivamente sulle cellule in attiva proliferazione; comporta molti effetti collaterali. . Usata per i tumori che risultano sensibili agli ormoni.

. Bloccano la capacità del tumore di crescere senza però ucciderlo; devono essere assunti in modo continuativo per

moltissimo tempo. . Ne esistono diversi tipi, ma tutti funzionano aiutando il sistema immunitario a combattere il cancro. d

f

28. Rispondi al massimo in dieci righe. a) Perché gli screening di popolazione e i test genetici non vengono somministrati a tappeto su tutta la popolazione?

b) Questo non permetterebbe di avere un numero superiore di diagnosi precoci di tumore?

C80

e

RIFLETTI E DESCRIVI

RICERCA E SPIEGA

29. La prima causa del tumore al polmone è il fumo di sigaretta e le campagne di prevenzione per il tabagismo sono iniziate intorno al 1960. Cerca in Rete la percentuale di fumatori, l'incidenza (cioè

il numero di nuovi casi diagnosticati) e la mortalità per tumore al polmone nell'ambito della popolazione italiana degli ultimi

vent'anni per gli uomini e per le donne. Poi rispondi alle seguenti domande. a) Qualè l'andamento per gli uomini? E per le donne? b) Comespieghi questa differenza legata al genere?

30. Si stima che più di 4 casi di cancro su 10 potrebbero essere evitati con cambiamenti nelle abitudini e nei comportamenti di ciascuno di noi. In Rete è consultabile l'infografica realizzata dal Word Cancer Research Fundin collaborazione con l'American Institute for Cancer Research sulle principali raccomandazioni per la salute pubblica al fine di evitare l'esposizione ai fattori di rischio per il cancro più conosciuti (https:/www.wcrf.org/dietandcancer). Forma assieme ad altri tuoi compagni di classe un gruppetto di lavoro individuate l'infografica citata qui sopra e per ciascuna indicazione cercate

c)

Qualè la percentuale dei fumatori e delle fumatrici? Come è

altre informazioni. Preparate un intervento di 10 minuti per

d)

cambiata nel tempo? Che considerazioni puoi fare?

fate degli esempi ed esprimete la vostra opinione.

3 SALUTE E BENESSERE

esporre la questione al resto della classe in cui mostrate dei dati,

LVL LLIUL

CERCA ALTRE FONTI

32. La Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro è un ente che dal 1965 si occupa di raccogliere fondi, promuovere la ricerca e informare la popolazione sul tema del cancro. Nel loro sito Internet hanno creato una sezione chiamata Guida ai tumori, che propone

una scheda informativa su decine di tumori. Cerca in Rete questa guida e seleziona 5 malattie di cui hai sentito parlare. Per ciascuna di esse scrivi un testo di 500 battute che riassuma le informazioni di base: che cos'è, quali organi colpisce,

quanto è diffusa, come si cura. FAI UN PASSO IN PIÙ

33. Il tumore e le cure necessarie per curarlo incidono molto

Sotto il segno del cancro

pesantemente sul corpo dei pazienti. Ciononostante, esistono

diversi casi di persone che, una volta guarite, tornano a fare sport

ANALIZZA LA NOTIZIA 31, Guarda il video in apertura di capitolo e completa la tabella.

Il tumore più diffuso in Italia

in modo molto intenso. Alcuni arrivano a correre maratone, altri a

fare gare in bicicletta o di arrampicata. Se conosci una persona che ha una storia simile, prova a intervistarla e poi racconta la sua storia con un testo di 2000

Il numero di casi di tumore del colon-retto registrati nel 2019 Il tumore che colpisce di più gli UOMEME

battute. In alternativa, cerca in Rete la storia di una persona che ha avuto una vicenda simile e scrivi un testo di 2000 battute che la descriva. eree

La regione in cui si registrano più tumori Il numero di casi di tumore

registrati in Calabria

Sd cane

NS

Watch the video

ZAN

and answer the questions.

o Under the cancer sign

C3 | Esercizi di fine capitolo | €81

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L'APPARATO TEGUMENTARIO E IL SISTEMA MUSCOLOSCHELETRICO E

DATI

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AGENDA

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e velocisti

Se Usain Bolt corresse una

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o 42 km è molto diverso.

Lenz



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x E sempre una corsa:

è

cambia soltanto la durata. 4.

Guarda il video, poi rispondi alle domande. 1. Quanto tempo deve durare l'attività fisica Î

Î

x

giornaliera secondo VOMS?

La potenza e la capacità (sio) [gere] gi Male e RS NNE

2?

OMM

GUARDA!

raccomandazione dell'OMS?

Domande:

3. Qual è la percentuale di giovani che svolge almeno due ore di attività fisica alla settimana?

1. Con quale posizione sei d'accordo e perché? 2. Quali affermazioni non ti convincono dell'altra

opinione e perché?

. Qual è la percentuale di giovani che svolge almeno tre ore di attività fisica alla settimana?

. Qual è la percentuale di giovani che svolge almeno sei ore di attività fisica alla settimana?

_

o

discipline sono molto diverse.

2. Qual è la percentuale di giovani che rispetta la

3. Cerca informazioni in Rete che ti consentano di argomentare la tua posizione e discutine in classe.

=

NAVIGA

IL

CAPITOLO

L’apparato tegumentario e il sistema muscolo-scheletrico

sono influenzati

si suddividono in

da

|

sono soggetti a

allenamento e prestazioni sportive

LEZIONE 4 apparato tegumentario LEZIONE ]

sistema muscolare LEZIONE 2

C82

sistema scheletrico LEZIONE 3

patologie dell'apparato tegumentario LEZIONE 5

patologie del sistema muscolo-scheletrico LEZIONE 6

Follicolo pilifero

Pelo

Ghiandola sebacea

L'APPARATO TEGUMENTARIO L’apparato tegumentario è costituito da la cut

epidermide composta da

> e derma

La cute riveste il nostro corpo La superficie corporea esterna è rivestita dalla cute (0 membrana cutanea o pelle), un involucro che può essere considerato come un vero e proprio apparato, il tegu-

mentario, perché dotato di proprietà particolari. La cute è il nostro apparato più grande per superficie e per peso: negli adulti riveste un’area di 2 m? e pesa circa 5 kg. Nonostante abbia uno spessore estremamente limitato (da un massimo di 4 mm nella pianta del piede a un minimo di 0,04 mm nelle palpebre), la pelle ha la funzione di rivestire e proteggere l’intero corpo e i suoi organi. Il pH acido della sua superificie permette inoltre di ritardare lo sviluppo di alcuni microrganismi. A livello della cute, sono presenti recettori sensoriali che danno origine alle cosiddette sensazioni cutanee, esse includono sia le sensazioni tattili, come pressione, vibrazione e solletico,

sia quelle termiche come il caldo e il freddo. I recettori sensoriali cutanei contribuiscono quindi a mantenere

costante la temperatura corporea, impedendo all’organismo di disidratarsi. Anche il dolore è una sensazione cutanea e di solito è indicatore di un danno imminente o effettivo ai tessuti. Nella cute sono presenti anche vari annessi che si sviluppano già a livello embrionale e svolgono diverse funzioni fondamentali; essi comprendono ghiandole sudoripare, che producono il sudore, ghiandole sebacee, che producono il sebo oleoso che mantiene morbida la pelle, peli (e capelli) e unghie (

).

L’apparato tegumentario poggia su uno strato costituito prevalentemente di tessuto adiposo che lo collega ai tessuti più profondi: il tessuto sottocutaneo, che isola termicamente il corpo e lo protegge dagli urti meccanici. CIVICA RICORDA

Gli annessi cutanei (A) Dettaglio al microscopio elettronico a scansione di un

follicolo pilifero, dal quale emerge un pelo, con annessa ghiandola sebacea; (B) sezione della cute al microscopio elettronico a scansione, con particolare su una ghiandola sudoripara nel derma.

| apparato tegumentario e Il sistema muscolo-scheletrico | €83

Fusto del pelo =



Strato corneo Muscolo erettore del pelo

Epidermide

(lE \

i —

Strato basale

E

(germinativo)

nd

fi V/

Derma

} Figura 2 La cute

_—

In questo disegno schematico sono illustrati i vari componenti della cute umana, divisa in cue sai sovrapposti Epi

ermi

È PIÙ

superficiale, e il derma

|

al suffisso -cita fa

precedere cherato-, dal greco kéras, «corno»; lo strato

dell’epidermide in cui si trovano i cheratociti viene definito strato corneo.

\

(

/

Ghiandola sebacea

Melanocita -cita, melano-, dal greco mélas, «nero»; bruno-nerastra è la melanina di cui sono ricchi i melanociti.

Follicolo pilifero . . Ghiandola sudoripara

Terminazioni

nervose libere

che alloggiano nel derma sottostante, e i follicoli piliferi. L’epidermide è priva di vasi sanguigni e fibre nervose.

La cute è formata da uno strato esterno di tessuto epite-

Derma. È formato da tessuto connettivo, è resistente,

liale, l'epidermide, e dal sottostante strato connettivale, il derma (Figura 2).

ricco di fibre di collagene ed elastina ed è irrorato dai vasi sanguigni. Grazie ai meccanismi di vasodilatazione e

Epidermide. È un epitelio squamoso stratificato che

vasocostrizione, contribuisce alla regolazione della tem-

viene continuamente rinnovato; contiene diversi tipi di

peratura corporea: quando la temperatura interna sale, i vasi sanguigni del derma si dilatano e il sangue disperde calore verso l’esterno; se invece la temperatura corporea scende, i vasi vengono chiusi e il calore non si disperde. Il derma contiene anche recettori tattili, terminazioni nervose libere per il dolore e cellule specializzate nella difesa, come i fagociti. Nel derma troviamo le ghiandole sebacee e le ghiandole sudoripare. Sul torace dei mammiferi si trovano le ghiandole mammarie: ghiandole sudoripare modificate che, nelle femmine, producono il latte. Ogni mammella ha una sporgenza pigmentata, il capezzolo, dove sboccano le aperture dei dotti galattofori da cui fuoriesce il latte. Internamente, ogni ghiandola è costituita da /obiseparati da tessuto adiposo e connettivo; i lobi sono suddivisi in lobuli più piccoli, chiamati alveoli, che secernono il latte.

cellule epiteliali e poggia su uno strato basale costituito da cellule in attiva proliferazione. Le più numerose sono i cheratociti che producono una grande quantità di cheratina, resistente e idrorepellente. Le cellule dello strato basale (o strato germinativo) che appoggia sul derma, si dividono rapidamente generando ogni giorno milioni di nuove cellule, che vengono spinte verso gli strati più superficiali arricchendosi amano a mano di cheratina. Lo strato più esterno (o strato corneo) è costituito da cellule

antepone al suffisso

wArteriola

/

Le componenti della cute

cheratocita

—_m Rae



sottocutaneo

volta poggia sul tessuto sottocutaneo.

Venula



5

Tessuto

sottostante, che a sua

Il termine

lx. pai

Fibra nervosa

appiattite fortemente cheratinizzate, che muoiono e si sfaldano. L’epidermide viene sostituita interamente in circa un mese e mezzo. Nell’epidermide sono presenti anche particolari cellule, dette melanociti, che producono la melanina, un pigmento scuro che protegge dai danni delle radiazioni solari.I melanociti hanno prolungamenti molto sottili che si insinuano tra le altre cellule dell’epidermide. Quando l’epidermide viene esposta alla luce solare, la produzione di melanina aumenta e i prolungamenti formano una sorta di «ombrello» protettivo. Dall’epidermide derivano anche le ghiandole sudoripare e sebacee,

C84

RICORDA La cute è è formata dall'epidermide, lo strato di tessuto epiteliale esterno, e dal derma, lo strato interno, formato da tessuto connettivo e ricco di vasi sanguigni.

Figura 3

IL SISTEMA MUSCOLARE

Muscoli da acrobati

In un organismo non ci sono solamente i muscoli che consentono il movimento, ma anche la muscolatura liscia e quella cardiaca.

Il sistema muscolare

comprende tre tipi di muscoli 1 muscolo

muscolo

muscolo

liscio 9

scheletrico 2

cardiaco 10

costituito da

i miofibrille 3

i giunzioni neuro-muscolari 6

Figura 4

appaiono striate a causa della disposizione

Il tessuto

regolare delle unità costituenti il tessuto.

muscolare striato

Le cellule di

|

che consentono

che costituiscono

un

—r.=_\tm2t2=——_ao___=

grazie a miosina e actina 5

iI LEE

scheletrico formano fibre così grosse che in alcuni grandi muscoli molto attivi sono visibili a occhio nudo.

le unità motorie 7

isotonica 0 isometrica 8

5)

5) Tre tipi di muscoli

er RT

pda NTPEPE MER

muscolo .

la contrazione muscolare 4

Fibre di collagene

Le cellule del muscolo scheletrico

che forma

e

MEIN VINI bb, I) PERE

8? i@it:3 UILdigi (8)il),

4

n

jp; ji i

18)



| UND pere, ARMI

(TRN Ret

at

II muscolo scheletrico

Le informazioni provenienti dall'ambiente e raccolte dai recettori sensoriali sarebbero inutili se il sistema nervoso non potesse attivare processi di risposta adeguati. È questo il compito degli organi effettori, che nell'organismo umano sono di due tipi: le ghiandole e i muscoli. I muscoli ci consentono ogni tipo di movimento, interagendo con ossa e articolazioni. Questo sistema integrato è chiamato sistema muscolo-scheletrico. Quando si parla di muscoli, di solito si pensa a quelli

Il muscolo scheletrico è anche detto muscolo striato, a causa del suo tipico aspetto a bande alterne (Figura 4), mentre l'aggettivo scheletrico si riferisce al fatto che questi muscoli si attaccano agli elementi dello scheletro rendendo possibile la maggior parte dei movimenti del corpo. Tutti i muscoli scheletrici presentano tre caratteristiche comuni: * siinseriscono sulle ossa per mezzo dei tendini;

dei sollevatori di pesi, ma il tessuto muscolare è anche il

* sono responsabili dei movimenti volontari. Esistono anche delle eccezioni: i muscoli respiratori sono controllati sia volontariamente sia involontariamente; anche altri muscoli scheletrici volontari possono muo-

tessuto dominante nel cuore (o miocardio) e nelle pareti di altri organi cavi dell'organismo; nel complesso rappresenta quasi la metà della massa corporea (Figura 3). Esistono tre tipi di muscoli: striato, liscio e cardiaco,

che differiscono per struttura cellulare, localizzazione e modalità di stimolo. Tutti e tre, però, utilizzano lo stesso

+

sono formatida tessuto muscolare;

versi involontariamente, come accade nel riflesso patellare, che vedremo nel Capitolo C12.

Le cellule del muscolo scheletrico, chiamate fibre

meccanismo di contrazione, che comporta un «accorcia-

muscolari, sono molto lunghe (anche 30 cm) e sono cellule

mento» delle cellule muscolari. Grazie a questa proprietà

plurinucleate, cioè contengono numerosi nuclei che derivano dalla fusione, nel corso dello sviluppo embrionale

i muscoli sono responsabili di tuttii movimenti del corpo e sono le «macchine motrici» dell’organismo.

del tessuto, di numerose cellule mononucleate.

Un singolo muscolo, per esempio il bicipite (che conRICORDA Esistono tre tipi diversi di muscoli: striato, liscio e cardiaco, ma tutti utilizzano lo stesso meccanismo di contrazione.

sente di flettere il braccio), è composto da fasci paralleli

di centinaia di migliaia di fibre muscolari tenute insieme da tessuto connettivo, che fornisce resistenza e sostegno

C4 | L'apparato tegumentario e Il sistema muscolo-scheletrico | C85

bos

x

Vi

Muscolo scheletrico

Fibre musoolari

Pa

Perimisio

Periostio

‘i. Epimisio

Tendine

Fascicolo

Tendine

Perimisio

Osso —

Fibra muscolare

;

/ ,

.

3

de TT

di fibre "i

_— —

3

/

e

=

muscolari

SA

|.

——

ce)

V

motorio a

x

x

/ 7

Sarcoplasma Sarcolemma

Z/ f# F

|

Endomisio P Fibra muscolare

Muscolo deriva

Nell’antichità i muscoli in flessione devono aver

ricordato dei topolini che guizzano sotto la cute.

Miofibrilla Filamento

Figura 5 Il connettivo attorno al muscolo Il tessuto connettivo circonda ogni singola fibra (endomisio), i fasci di fibre (perimisio) e l’intero muscolo (epimisio), per poi fondersi con i tendini inseriti sulle ossa.

Bicipite viene dal latino biceps, «con due capi», e allude al fatto che il muscolo è composto da due diverse parti confluenti in un'unica massa.

Le miofibrille muscolari

Le fibre muscolari hanno un’organizzazione interna

dal latino musculus,

che significa «piccolo topo».

5

Ne/e_L: Capillare

e

FE

Immagine al TEM di un muscolo scheletrico attaccato all'osso per mezzo dei tendini.

Neurone

*

x Striature-—

Figura 6 | tendini uniscono i muscoli alle ossa

Endomisio

x

(e)

Perimisio

9

Ik

Sezione trasversale

9:

_

SX

e

Miofibrilla

È /

5 *

Fascio

/

altamente specializzata (Figura 7A e Video 8): i nuclei si

trovano in posizione marginale, addossati alla membrana plasmatica chiamata sarcolemma, da cui partono i tubuli trasversali (o tubuli T) che penetrano dalla superfìcie verso l’interno di ogni fibra e prendono contatto con il reticolo endoplasmatico della fibra muscolare, detto reticolo sarcoplasmatico. Il citoplasma, che prende il nome di sarcoplasma, è occupato quasi interamente da strutture allungate e cilindriche, le miofibrille, formate

da un gran numero di filamenti proteici contrattili di due tipi: i filamenti sottilisono formati da molecole di actina e i filamenti spessi sono costituiti da molecole di miosina. Quando si innesca la contrazione muscolare, i filamenti

e consente al muscolo di contrarsi con forza senza strapparsi. Ogni singola fibra muscolare è circondata da una

di actina e di miosina scorrono gli uni sugli altri in maniera telescopica.

delicata lamina di tessuto connettivo, l’endomisio. Molte

Nella miofibrilla, i filamenti di actina e di miosina

fibre muscolari sono poi avvolte da una membrana fibrosa più spessa, il perimisio, e formano un fascio di fibre.

sono disposti in maniera ordinata in modo da formare

L’intero muscolo è, infine, circondato da un rivestimento

Ogni sarcomero è costituito da filamenti sovrapposti di actina e miosina, che creano il caratteristico disegno a bande. Ogni banda è indicata con una lettera:

connettivale ancora più resistente, l’epimisio, che si fonde conitendini (Figura 5).I tendini permettono l’unione dei muscoli alle ossa e sono costituiti perlopiù da fasci paral-

unità strutturali chiamate sarcomeri (vedi Figura 7B).

+

gliestremisono delimitati dalle linee Z, a cui si anco-

*

rano i filamenti sottili di actina; nella parte centrale si trova la banda A, che appare

leli di fibre di collagene (Figura 6), grazie ai quali possono

passare sopra prominenze ossee ruvide che lacererebbero i tessuti muscolari, ben più delicati. RICORDA I muscoli scheletrici sono formati da tessuto muscolare striato, permettono movimenti volontari e si innestano sulle ossa grazie ai tendini.

C86

scura e contiene tutti i filamenti di miosina;

»- lazonaHelabandalappaiono chiare e sono le zone in cui i filamenti di actina e miosina non si sovrappongono quando il muscolo è rilassato. Va notato che la bandaI comprende parti di due sarcomeri adiacenti e

Un muscolo scheletrico è costituito da fasci di fibre muscolari. Fibra muscolare

Tessuto

connettivo

Fasci di fibre muscolari Nucleo — Sarcolemma ——

Singola miofibrilla

PR

Filamento di actina

Ogni fibra muscolare è una cellula plurinucleata che contiene numerose Figura 7

miofibrille, a loro volta formate da filamenti spessi di miosina e filamenti sottili di actina molto ordinati.

La struttura

del muscolo , scheletrico

2

aaa

Filamento

di miosina

\e_____j

(A) Un muscolo scheletrico è costituito da fasci di fibre muscolari e ogni fibra contiene diverse

Banda A i

Singolo sarco S

GUARDA! | sarcomeri sono le unità di contrazione.

miofibrille,

formate da filamenti spessi di miosina e filamenti sottili di actina ben ordinati. (B) La struttura del sarcomero è responsabile del

PRI

LineaZ

Filamento diactina

Filamento Linea M

di miosina

Titina Linea Z

Dove sono presenti solo filamenti di actina la miofibrilla appare chiara; dove ci sono sia filamenti di actina sia di miosina la miofibrilla assume un colore scuro.

caratteristico

aspetto striato che si osserva al microscopio elettronico.

Video 8 Il sistema muscolare

Sarcomero deriva dal greco sdrx, «carne», e méros, «parte»,

quindi, poiché la

contiene filamenti sottili, mentre la zona H «scompare» durante la contrazione, quando i filamenti actinici scivolano l’uno verso l’altro nel centro del sarcomero, sovrapponendosi totalmente ai filamenti miosinici. La striatura scura all’interno della zona H è chiamata linea M ed è costituita da proteine citoscheletriche che connettono i filamenti di miosina. I filamenti di miosina sono mantenuti in posizione dalla titina, la proteina più grande del corpo che si estende per tutta la lunghezza del sarcomero, da una linea Z all’altra. Ogni molecola di titina è posizionata al centro di un

fascio di miosina. Tra le estremità dei fasci di miosina e le linee Z, le molecole di titina sono molto allungabili,

come la corda elastica del bungee. Nel muscolo scheletrico rilasciato, la resistenza allo stiramento è dovuta

in gran parte all’elasticità delle molecole di titina. È l’alternanza di bande A più scure e bande I più chiare a conferire alla fibra muscolare il tipico bandeggio.

carne è formata prevalentemente da muscolo, il senso è «unità che forma il muscolo».

Sarcolemma è un termine composto sempre dal suffisso sdrx, «carne», unito a

lemma, «involucro,

buccia»; quindi RICORDA

Il muscolo scheletrico è costituito da

fasci di fibre muscolari; ogni fibra contiene molte miofibrille formate da filamenti di miosina e actina.

C4 | L'apparato tegumentario e Il sistema muscolo-scheletrico | C87

identifica la membrana che

ricopre le fibre muscolari.

Filamento di miosina

Singolo sarcomero x

Monomero

Filamento di actina

Tropomiosina

di actina

Troponina

|

HpbporirpiiiiiA | | “mene i

e

TT]

ì

I Molecola di miosina

Figura 9 | filamenti di actina e miosina scorrono uno sull'altro

Catena polipeptidica lineare

| filamenti di miosina presentano teste globulari e code polipeptidiche; i filamenti

La troponina presenta tre subunità: una lega l’actina, una la tropomiosina e la terza lega gli ioni Ca?*.

di actina sono costituiti da due catene attorcigliate l'una sull'altra, avvolte da

catene di tropomiosina e punteggiate a intervalli regolari dalla troponina. Muscolo rilasciato LineaZ

Actina

Linea M

Miosina

\

——_



(

+

Zona H Muscolo contratto

Titina

Banda |

N

CN

v Banda A

Figura 10 Lo scorrimento dei filamenti Il disegno caratteristico delle bande momento in cui l’unità contrattile si al microscopio elettronico portarono dello scorrimento dei filamenti nella

del sarcomero cambia nel accorcia. Le immagini ottenute alla formulazione dell'ipotesi contrazione muscolare.

globulare

miosina e la troponina, indispensabili perla contrazione muscolare. Nel muscolo rilassato, il legame della miosina

con l’actina è bloccato perché la tropomiosina riveste i siti di legame miosinici sull’actina; i nastri di tropomiosina, aloro volta, sono tenuti in posizione dalle molecole di troponina. Come vedremo, l’azione della tropomiosina e della troponina è determinata dalla presenza di ioni Ca?* all’interno del reticolo sarcoplasmatico: gli ioni Ca?*, infatti, si legano alla troponina causando lo spostamento della tropomiosina che libera i siti di legame della miosina permettendo il legame con l’actina. Nella Figura 10 si può osservare la diversa disposizione dei filamenti di actina e miosina nel sarcomero di un muscolo in contrazione e di un muscolo rilassato. Quando il muscolo si contrae, i filamenti sottili di actina scivolano

all’interno della zona occupata dai filamenti di miosina, scorrendo su di essi. Le teste miosiniche si muovono come i remi di una barca, tirando verso di sé le molecole di

Per comprendere il modo in cui il modello dello scorrimento dei filamenti spiega la contrazione muscolare è anzitutto necessario esaminare la struttura delle mole-

actina dei filamenti sottili. Di conseguenza, il sarcomero si accorcia e il disegno delle bande cambia: la zona He la banda I diventano più strette, per scomparire del tutto quando il muscolo è contratto al massimo. I filamenti sottili e spessi, invece, non cambiano la loro lunghezza durante la contrazione, si limitano a sovrapporsi gli uni agli altri. Lo scorrimento dei filamenti e l’accorciamento

cole di actina e di miosina (Figura 9).

dei sarcomeri, a loro volta, determinano l’accorciamento

La miosina. Le molecole di miosina dei filamenti spessi sono allungate e presentano un’ampia testa globulare. Ogni filamento spesso è formato da varie molecole di miosina disposte parallelamente, con le teste proietta-

delle fibre muscolari.

0

La contrazione muscolare

te lateralmente verso l’esterno (come l’estremità di una

mazza da golf). Come vedremo, le teste servono per «agganciare» i filamenti di actina durante la contrazione muscolare e, inoltre, hanno un'attività ATPasica, cioè idrolizzano l’ATP.

L'actina. Le molecole di actina hanno una forma globulare e si dispongono nei filamenti sottili come due fili di perle avvolti a elica. Nei solchi che si formano tra le catene si trovano altre due proteine regolatrici, la tropo-

C88

AI termine della contrazione, quando il muscolo si

rilassa, i filamenti sottili scorrono nel verso opposto e il sarcomero riprende la sua fisionomia iniziale. La contrazione muscolare è un processo che avviene solamente in risposta a un impulso nervoso che giunge alle giunzioni neuromuscolari; inoltre, la contrazione richiede la presenza di ATP, come fonte energetica, e una certa quantità di ioni calcio. RICORDA

Durante la contrazione muscolare i

filamenti di actina e miosina scorrono uno sull'altro e il sarcomero si accorcia.

1. Gli ioni Ca?* sono liberati dal reticolo sarcoplasmatico

Filamento

2. Gli ioni Ca?* si legano alla troponina e vengono esposti i siti di legame per la miosina sui filamenti di actina.

__,,

di actina

: - Troponina

3a. Le teste di miosina si legano all'actina.

7. Se gli ioni Ca?* ritornano nel reticolo sarcoplasmatico, il muscolo si rilassa.

3b. il rilascio di P, dà inizio al ciclo.

8. Se gli ioni Ca?* rimangono disponibili nel sarcoplasma, il ciclo si ripete e la contrazione

muscolare continua. Mo

La

ET [ASS

Cee

[inning

4, Le teste della miosina cambiano conformazione e i filamenti scorrono uno sull'altro.

6. LATP viene idrolizzato; la testa della miosina torna nella sua conformazione distesa. L'ADP e il fosfato rimangono legati alla miosina, «caricandola» di energia. 5. L'ADP viene rilasciato; l’ATP si lega alla miosina, causando il

Figura 11 La contrazione muscolare

distacco dell'actina.

Quando gli ioni Ca?* si legano alla troponina, sono esposti i siti dell'actina in grado di legare la miosina. Finché i siti di legame e l'ATP sono disponibili, i cicli d'interazione tra actina e miosina continuano e i filamenti scorrono l'uno sull'altro.

di

(DS

Il meccanismo molecolare

»

leteste della miosina idrolizzano l’ATP;

della contrazione

»

l’energia rilasciata dall’ATP cambia la conformazio-

Lo scorrimento dei filamenti è possibile perché le teste della miosina hanno la capacità di legarsi a specifici siti presenti sull’actina formando ponti molecolari tra i filamenti spessi e i filamenti sottili. Nel muscolo a riposo, questi legami non si formano perché la tropomiosina e la troponina presenti nei filamenti di actina sono posizionate in modo tale da occupare i siti di attacco per le teste di miosina. Quando giunge un impulso nervoso, queste molecole regolatrici cambiano forma e lasciano esposti i siti di aggancio. Si forma così il legame che avvia una serie di eventi che causano l’accorciamento del sarcomero (Figura 11): + quando si lega a un filamento di actina, la testa di

miosina si piega e causa lo scorrimento del filamento sottile di circa 5-10 nm, rispetto al filamento spesso;

ne della testa della miosina, causandone il distacco

dall’actina e determinando il ripristino della conformazione iniziale, in modo da potersi nuovamente attaccare all’actina. L'ATP è necessario per rompere i legami tra actina e miosi-

na e questo spiega perché i muscoli si irrigidiscono subito dopo la morte, provocando il rigor mortis; infatti, poiché con la morte cellulare la produzione di ATP cessa, i filamenti spessi restano agganciati ai filamenti sottili e i muscoli si contraggono. RICORDA

Il meccanismo molecolare della

contrazione fa sì che le teste della miosina possano legarsi a specifici siti sull'actina, creando ponti molecolari tra i due filamenti.

C4 | L'apparato tegumentario e Il sistema muscolo-scheletrico | C89

Neurone motorio

ki

1, Il potenziale d'azione (freccia nera) arriva nel

Fibra

Giunzione

terminale del motoneurone e di conseguenza vengono rilasciate vescicole di ACh.

Potenziale



Na

neuromuscolareN

2. La sinapsi genera un

d'azione

potenziale d'azione che diffonde nelle cellule...

/

e

3... causando il rilascio degli ioni Ca°* immagazzinati nel reticolo sarcoplasmatico.

(4 Mn

Reticolo sarcoplasmatico

|

5. Gli ioni Ca?* vengono,

poi, riassorbiti dal reticolo

stimolando la

sarcoplasmatico, mettendo fine alla contrazione muscolare.

contrazione muscolare.

Il potenziale d'azione a livello della giunzione neuromuscolare si diffonde attraverso la fibra muscolare grazie a una rete di tubuli T, provocando il rilascio di Ca?* dal reticolo sarcoplasmatico. Terminazioni assoniche

assonico è chiamata placca motrice, mentre lo spazio

tra il terminale assonico e il sarcolemma costituisce la fessura sinaptica.Lesinapsitral’assonedelmotoneuronee la placca motrice del muscolo costituiscono lagiunzione neuromuscolare. Seguendo la Figura 12, vediamo in che modo l’insor-

gere di un potenziale d’azione a livello della giunzione neuromuscolare attiva la fibra muscolare:

Fibra del muscolo scheletrico

nelmomento in cui un potenziale d'azione arriva, la

membrana presinaptica (del motoneurone) rilascia acetilcolina, che depolarizza la membrana postsinaptica (il sarcolemma della fibra muscolare);

+

*

Figura 12 La giunzione neuromuscolare



estremità di queste diramazioni si espandono in bottoni sinaptici, ricchi di vescicole contenenti un neurotrasmettitore. La regione disarcolemma vicina alterminale

*

Sarcolemma 4, Gli ioni Ca?* rilasciati diffondono nel sarcoplasma,

Assone

suddivide in diramazioni terminali che si avvicinano al sarcolemma di una fibra muscolare, senza toccarla. Le

»

quandovieneraggiunto il valore soglia, ilsarcolemma genera un potenziale d’azione che viene rapidamente trasmesso a tutta la superficie della fibra muscolare; ilpotenziale d'azione si trasmette al centro del sarcoplasma attraverso una rete di tubuli T, provocando il rilascio di ioni Ca?* dal reticolo sarcoplasmatico; la presenza di Ca” causa la liberazione dei siti di legame per la miosina sui filamenti sottili, innescando la contrazione muscolare.

RICORDA Le interazioni tra actina e miosina sono controllate da potenziali d'azione generati dai motoneuroni, che raggiungono la fibra muscolare a

livello della placca motrice.

L'unità

Figura 13 Un'unità motoria L'assone di un singolo motoneurone si ramifica e forma numerose terminazioni assoniche che innervano più fibre del muscolo scheletrico.

5

II meccanismo molecolare della giunzione neuromuscolare

Anche le cellule muscolari sono «cellule eccitabili» come

i neuroni. La loro membrana plasmatica può generare e condurre potenziali d’azione, che inducono la contrazio-

ne delle miofibrille e quindi producono il movimento. Nelle fibre del muscolo scheletrico tutti i potenziali d’azione vengono generati dai motoneuroni. A contatto con un muscolo scheletrico, l’assone di un motoneurone si

C90

A motoria Le terminazioni assoniche dei motoneuroni sono generalmente molto ramificate e possono formare sinapsi con centinaia di fibre muscolari. Tutte le fibre attivate da un singolo motoneurone costituiscono un'unità motoria (Figura 13) e si contraggono simultaneamente in risposta ai potenziali d’azione provenienti da quel motoneurone. Ogni muscolo può essere costituito da molte unità motorie. Ci sono due modi perincrementare la forza della contrazione di un muscolo: 1. aumentare la frequenza dei potenziali d’azione in un singolo motoneurone; 2. coinvolgere nella stimolazione un numero maggiore di motoneuroni. Nei muscoli responsabili di piccoli movimenti, come quelli delle dita e degli occhi, il motoneurone può innervare anche solo una o poche fibre muscolari main un

Temporale Sternocleidomastoideo ——

Sottospinato

Trapezio

————

Deltoide —___—

Grande pettorale —T

Tricipite

Bicipite del braccio

del E edio

——

Retto dell'addome

———

Brachioradiale ——

—— ———

Retto del femore {quadricipite)

_ —-

Grande dorsale

Obliquo Medio gluteo

Bicipite femorale

Tendine

Legamento

Tibiale

cnemio ——— Gastro

TT

7

Tendine di Achille (calcaneale) %

Pi; \

@&..:

Î

#

\.. è

Figura 14 | principali muscoli scheletrici Il sistema muscolare umano, in visione anteriore (A) e posteriore (B).

muscolo in cui si producono anche grandi forze, comeil

bicipite, un motoneurone innerva un ampio numero di fibre muscolari. A livello della singola fibra muscolare, un potenziale d’azione produce l'insorgenza di un'unica scossa. Se i potenziali d'azione vengono generati molto rapidamente, saranno indotte più scosse prima che le miofibrille abbiano avuto il tempo di ritornare alla

il muscolo che si contrae e produce l’azione desiderata si definisce agonista o primo motore; + il muscolo che si rilascia viene definito antagonista. Inoltre, molti muscoli del corpo sono sempre impegnati a svolgere la loro funzione: per esempio, i muscoli che ci aiutano a mantenere la postura sono sempre al lavoro per opporsi alla forza di gravità. +

loro condizione di riposo. Come risultato, le varie scosse

Il tono muscolare, continuamente regolato dal siste-

si sommano e la tensione generata dalle fibre aumenta, diventando sempre più intensa. La Figura 14 illustra i principali muscoli scheletrici superficiali del corpo umano. Molti di essi sono disposti a coppie opposte nelle articolazioni:

ma nervoso, è generato dall’attività di una quantità di unità motorie piuttosto piccola, ma di numero variabile. RICORDA Tutte le fibre muscolari attivate da un solo

motoneurone costituiscono un'unità motoria.

C4 | L'apparato tegumentario e Il sistema muscolo-scheletrico | C91

A

Contrazioni isotoniche

Le cellule del muscolo liscio non hanno le striature dovute alla distribuzione regolare dei filamenti di actina e miosina.

e isometriche Le contrazioni muscolari possono essere di due tipi: isotoniche oppure isometriche. Nella contrazione isotonica la tensione (cioè la forza

della contrazione) sviluppata dal muscolo rimane pressoché costante, mentre il muscolo cambia la sua lunghezza. Questo tipo di contrazioni permette i movimenti del corpo e lo spostamento di oggetti: prendere un libro dal tavolo comporta contrazioni isotoniche del muscolo bicipite del braccio. Nella contrazione isometrica la tensione generata non basta a superare la resistenza dell’oggetto da muovere e la lunghezza del muscolo non cambia; si producono

contrazioni isometriche quando si cerca di sollevare uno

Figura 15 Il muscolo liscio Le cellule sono più piccole di quelle striate e hanno un solo nucleo.

scatolone che non si muove perché troppo pesante. Le contrazioni isometriche sono importanti per mantenere

depolarizza, raggiunge il livello di soglia e genera po-

la postura e sostenere oggetti in posizione fissa.

tenziali d’azione che causano la contrazione. Quindi, la

contrazione della muscolatura liscia avviene dopo che RICORDA

Le contrazioni muscolari si dividono in

è avvenuto l'allungamento; più lo stimolo di tensione è

Da un punto di vista strutturale, le cellule della mu-

forte, maggiore è la contrazione. Anche i neurotrasmettitori del sistema nervoso autonomo possono modificare il potenziale di membrana delle cellule della muscolatura liscia: per esempio, l’acetilcolina (dal parasimpatico) promuove la depolarizzazione delle cellule muscolari liscie del tratto digerente, mentre la noradrenalina (dal simpatico) promuove l’iperpolarizzazione, diminuendone la contrazione. Il tessuto muscolare liscio è importante per il movimento delle sostanze all’interno del corpo e per la regolazione del volume degli organi. Le contrazioni prolungate

scolatura liscia sono le cellule muscolari più semplici

di fasci ad anello di muscolo liscio, detti sfinteri, impe-

(Figura 15). Anche le fibre del muscolo liscio contengono

discono al contenuto degli organi cavi di fuoriuscire, consentendone l'accumulo temporaneo.

isotoniche (a tensione costante) e isometriche

(lunghezza del muscolo costante).

«LI

Il muscolo

liscio I muscoli lisci forniscono la forza che permette la contrazione di molti organi interni come vescica, stomaco,

tuttii visceri cavi e le vie respiratorie; inoltre, controllano

il flusso ematico nei vasi sanguigni.

filamenti di actina e miosina, ma differiscono dalle cellule del muscolo striato per tre ragioni: 1. sono più piccole e contengono un solo nucleo; 2. le molecole di actina e miosina non sono ordinate; 3. si contraggono se subiscono un allungamento o se vengono stimolate dal sistema nervoso autonomo. Le cellule sono organizzate in guaine che avvolgono l’organo e le singole cellule presenti in una guaina sono a diretto contatto l’una con l’altra grazie a giunzioni serrate, di conseguenza, il potenziale d’azione generato nella membrana di una cellula può diffondere attraverso la guaina. In una sinapsi elettrica come questa, le cellule di una guaina si contraggono in maniera coordinata. La membrana plasmatica (o sarcolemma) delle cellule

del muscolo liscio è molto sensibile agli stimoli di tensione. Se la parete del tratto digerente viene sottoposta a un allungamento, come durante il passaggio del cibo, il sarcolemma delle cellule che subiscono la tensione si

C92

RICORDA La muscolatura liscia permette la contrazione di gran parte dei nostri organi interni, che vengono controllati dal sistema nervoso autonomo.

ll)

Il muscolo cardiaco

Il muscolo cardiaco si trova nell’organismo in un'unica sede, il cuore, di cui forma gran parte delle pareti. Assomiglia sia al muscolo scheletrico sia al muscolo liscio: è striato, ma è anche involontario e non soggetto a regolazione cosciente. Al pari del muscolo scheletrico, il muscolo cardiaco ha un aspetto striato grazie alla disposizione regolare di filamenti di actina e di miosina in sarcomeri; tuttavia, le cellule del muscolo cardiaco sono assai più piccole e sono dotate di un unico nucleo.

Le cellule cardiache, inoltre, sono ramificate e formano delle interdigitazioni con le cellule adiacenti, incastrandosi le une con le altre: in questo modo si viene a creare una struttura a rete molto resistente. Questa caratteri stica consente alle pareti del cuore di resistere alle alte pressioni che si generano nel pompare il sangue, senza correre il rischio che il tessuto si strappi. Le cellule muscolari adiacenti sono tenute assieme

I dischi intercalari collegano reciprocamente cellule adiacenti. O

Cellula muscolare

Disco intercalare Singole cellule formano interdigitazioni, dando origine a un reticolo di fibre.

da strutture dette dischi intercalari (Figura 16). I dischi

intercalari contengono giunzioni con funzione meccanica che assicurano la coesione tra gli elementi cellulari. Sono anche presenti delle giunzioni comunicanti che garantiscono continuità tra il citoplasma delle cellule cardiache: questo consente una rapida diffusione dello stimolo elettrico che determina la contrazione simultanea di un elevato numero di cellule e quindi il battito cardiaco. Una differenza molto importante tra la muscolatura scheletrica e quella cardiaca è costituita dalla fonte della stimolazione. Infatti, mentre i muscoli scheletrici si contraggono soltanto quando vengono stimolati dall’acetilcolina liberata da un motoneurone, la contrazione del muscolo cardiaco, normalmente, non richiede una

Disco intercalare

stimolazione nervosa. Il battito dipende da fibre muscolari cardiache specializzate, che agiscono da stimolatori per l’inizio di ogni contrazione. Il ritmo automatico delle contrazioni cardiache è detto autoritmicità ed è mantenuto costante dal pacemaker intrinseco del cuore. In condizioni normali di riposo, il muscolo cardiaco si contrae e rilascia in media circa 75 volte al minuto, però in particolari circostanze e per brevi periodi, come quando si corre, il cuore può essere stimolato dal sistema nervoso a contrarsi con velocità più elevata. Ormoni e

neurotrasmettitori regolano il ritmo cardiaco. Questo continuo lavoro muscolare richiede un apporto costante di ossigeno e di nutrienti, perciò i mitocon-

dri delle fibre muscolari cardiache sono più grandi e più numerosi di quelli delle fibre scheletriche e producono la maggior parte dell’ATP occorrente per la respirazione cellulare aerobica. RICORDA Il muscolo cardiaco riveste le pareti del cuore; è involontario e striato, ma le sue cellule sono mononucleate e ramificate tra loro.

Rispondi 0 1. 2. 3.

Che cosa si intende con sistema muscoloscheletrico? Qualè l'organizzazione di una fibra muscolare? Quali fattori determinano la contrazione muscolare?

Figura 16 Il muscolo cardiaco (A) Le cellule danno origine a un reticolo resistente in grado di opporsi alla pressione del sangue pompato attraverso il cuore. (B) In questa immagine al TEM del muscolo cardiaco si notano i dischi intercalari e numerosi mitocondri,

Sceglie parole — 1. 2. 3.

Latitina / troponina aiuta a mantenere in posizione i filamenti di miosina. Imuscoli ......................... permettono la contrazione di molti organi interni. La... è la regione di sarcolemma vicina al terminale assonico.

Oratoccaate Gg Scrivi un testo di 10 righe sugli effetti della presenza di giunzioni serrate e sinapsi elettriche nel muscolo liscio che riveste il piloro, lo sfintere muscolare che collega lo stomaco al duodeno. Spiega anche perché le sinapsi chimiche non sarebbero funzionali.

C4 | L'apparato tegumentario e Il sistema muscolo-scheletrico | C93

-— _

— d

IL SISTEMA SCHELETRICO

Gli osteoblasti depositano nuova matrice ossea, riempiendo i canali scavati dagli osteoclasti.

Il sistema scheletrico |

è costituito da

si divide in

svolge

i

i

cartilagine e tessuto osseo 11 |

funzioni importanti 12

è i

collegato ai muscoli grazie alle articolazioni

—__

scheletro assile 15

scheletro —appendicolare 16

compattoo spugnoso 13

incontinuo rimodellamento 14

ls

come quelle sinoviali 18

in un sistema di leve 19

Lo scheletro è fatto di cartilagine e tessuto osseo

Il termine

scheletro deriva dal greco skeletos, che significa «corpo disseccato».

Lo scheletro dei vertebrati è formato da due tipi di tessuto connettivo, la cartilagine e il tessuto osseo, che sono prodotti da due diversi tipi di cellule, rispettivamente i condrociti e le cellule del tessuto osseo. La cartilagine. I condrociti, le cellule della cartilagine, producono una matrice extracellulare costituita da una miscela resistente e gommosa di polisaccaridi e proteine

Tessuto osseo invecchiato

Gli osteociti sono osteoblasti

che rimangono intrappolati Gli osteoclasti demoliscono il vecchio tessuto osseo.

17

Piccolo vaso sanguigno Matrice ossea neoformata

dalla matrice che loro stessi hanno prodotto.

Figura 17 Il tessuto osseo Le ossa vengono costantemente rimodellate dagli osteoblasti e dagli osteoclasti.

osteoblasti depositano nuova matrice ossea sulla superficie delle ossa, finché rimangono intrappolati all’interno dell’osso; a questo punto, cessano di depositare matrice ossea ma continuano a esistere all’interno di piccole lacune (cavità) ossee. In questo stadio, essi prendono il nome

ticolazioni, dove le ossa si muovono le une rispetto alle

di osteociti. Nonostante le notevoli quantità di matrice ossea tra un osteocita e l’altro, queste cellule rimangono in contatto reciproco tramite lunghe estensioni cellulari che si insinuano in minuti canali ossei. La comunicazione tra osteociti è importante per il controllo delle attività delle cellule che depongono o rimuovono il tessuto osseo. Le cellule che riassorbono l’osso sono gli osteoclasti, che derivano dalla stessa linea cellulare che produce i globuli bianchi del sangue. Gli osteoclasti erodono l’osso, scavando cavità e canali. Gli osteoblasti seguono gli osteoclasti

altre. Nella maggior parte dei vertebrati, la cartilagine costituisce la componente principale dello scheletro embrionale, che viene in gran parte sostituito da tessuto osseo durante lo sviluppo.

tra osteoblasti e osteoclasti rimodella costantemente le ossa, permettendo loro di rigenerarsi dopo le lesioni e di adattarsi alle sollecitazioni.

(soprattutto fibre di collagene). Le fibre di collagene si

estendono in tutte le direzioni della matrice e forniscono alla cartilagine resistenza ed elasticità. Questa matrice si sviluppa nelle porzioni dello scheletro che richiedono sia resistenza sia elasticità, come la superficie delle ar-

Il tessuto osseo. Come ogni connettivo, anche il tessuto osseo è costituito non solo da cellule, ma anche da una

abbondante matrice da esse prodotta e in cui sono immerse. Anche la matrice ossea contiene fibre di collagene, mala durezza del tessuto osseo è dovuta al contenuto di cristalli insolubili di fosfato di calcio della matrice extracellulare. Le ossa, infatti, costituiscono un deposito di calcio per l'organismo e si trovano in equilibrio dinamico conil calcio solubile nei liquidi extracellulari; equilibrio che viene controllato dagli ormoni tiroidei calcitonina e

e depositano nuova matrice ossea. Pertanto, l'interazione

RICORDA

Lo scheletro umano è costituito da

cartilagine e tessuto osseo, il quale contiene tre tipi cellulari: osteociti, osteoblasti e osteoclasti.

Le funzioni delle ossa Lo scheletro assolve molte importanti funzioni oltre a coadiuvare i muscoli in quella motoria.

paratormone (vedi Capitolo C10).

Protezione degli organi interni. La gabbia toracica pro-

Le cellule del tessuto osseo sono gli osteoblasti, gli osteociti e gli osteoclasti che, come vedremo, provvedo-

tegge il cuore e i polmoni, il cranio protegge l’encefalo, le vertebre proteggono il midollo spinale. Quasi tutti gli organi vitali e le ghiandole sono protetti da ossa.

no al continuo rimodellamento dell’osso (Figura 17). Gli

C94

Forma e impalcatura del corpo. La stessa forma corpo-

rea dipende dalla nostra struttura ossea, la quale sostiene meccanicamente l’intero organismo. Assitenza alla funzione respiratoria. La gabbia toracica svolge un ruolo attivo nelle fasi della respirazione. Alcune ossa contengono il midollo osseo rosso, che produce anche i globuli rossi, deputati al trasporto dell’ossigeno ai tessuti. Senza ossigeno, i mitocondri non potrebbero produrre ATP nel corso della respirazione cellulare. Riserva di calcio. Alcuni dei minerali circolanti nel san-

gue si trovano immagazzinati nelle ossa. Uno di essi, il calcio, è importante per le sue funzioni fisiologiche (la contrazione muscolare e la trasmissione degli impulsi nervosi) oltre a contribuire alla regolazione del metabolismo cellulare e alla coagulazione sanguigna. Le ossa sono fondamentali per il controllo dell’omeostasi del calcio: quando il sangue presenta un eccesso di ioni Ca”, essi vengono immagazzinati nelle ossa, mentre quando la calcemia (concentrazione di calcio nel sangue) cala, il minerale viene prelevato dalle ossa. Figura 18 Il tessuto osseo spugnoso Immagine al SEM del tessuto osseo spugnoso che mostra le numerose trabecole.

Collabora con il sistema immunitario e linfatico. Il midollo osseo rosso, durante l’infanzia, produce anche i globuli bianchi, o leucociti, che si concentrano negli or-

gani linfatici e sono coinvolti nella difesa dell'organismo contro gli agenti patogeni e le cellule tumorali.

+

Contributo alla funzione digestiva. Le ossa mascellari

sono la sede dei denti e il punto di inserzione dei muscoli della masticazione. Movimento. Nell’essere umano e negli altri vertebrati l’efficienza della locomozione dipende da uno scheletro che si definisce «articolato», cioè composto da ossa connesse tra loro da articolazioni, e dotato di muscoli inseriti proprio sulle ossa stesse. RICORDA Le ossa proteggono gli organi interni, sono una riserva di calcio, danno forma al corpo, assistono la respirazione e collaborano con i sistemi linfatico, immunitario e digerente.

Leossalunghein genere hanno una parte allungata di osso compatto, detta diafisi, che si espande alle due estremità, le epifisi, formate, invece, prevalentemente da osso spugnoso. Costituiscono tutte le ossa degli arti tranne la patella (rotula) e le ossa del polso e della

*

»

»

caviglia. Leossabrevisono generalmente cubiformi e costituite principalmente da osso spugnoso. Sono ossa brevi quelle del polso e della caviglia. Leossapiatte sono sottili, appiattite e di solito incurvate. Hanno due strati esterni di osso compatto che racchiudono uno strato di osso spugnoso; sono le ossa del cranio, le coste e lo sterno. Leossairregolari sono quelle che non rientrano nei gruppi precedenti. Includono le vertebre (che formano la colonna vertebrale) e le ossa dell’anca.

resistente, grazie alla rete tridimensionale interna del-

Se osservi la Figura 19 alla pagina seguente, noterai che l’epifisi è attraversata da una sottile linea di tessuto osseo che ha un aspetto un po’ diverso da quello circostante. Questa linea epifisaria è un residuo della piastra epifisaria, una piastra piana di cartilagine ialina che invece è ben visibile nell’osso in accrescimento di un individuo giovane. Le piastre epifisarie determinano la crescita in

le trabecole. L'architettura di uno specifico osso dipende

lunghezza delle ossa lunghe, che si arresta alla fine del-

dalla sua posizione e dalla sua funzione, ma molte ossa

la pubertà. A quel punto, le piastre epifisarie vengono sostituite da osso e resta solo la commessura epifisaria. Questa evoluzione del sistema scheletrico legata all’età si osserva anche in altri distretti.

olo

Le caratteristiche delle ossa

Da un punto di vista strutturale, l'osso può essere definito compatto o spugnoso (Figura 18). La caratteristica dell'osso spugnoso è quella di essere leggero ma molto

presentano sia regioni compatte sia spugnose. In base alla forma, le ossa vengono classificate in quattro gruppi: lunghe, brevi, piatte e irregolari.

C4 | L'apparato tegumentario e Il sistema muscolo-scheletrico | C95

fe” Cartilagine



0ss0

spugnoso

i

SN

Metafisi

Epifisi pIùiSI

articolare Osso spugnoso

prossimale

950

SPU&

Se

Midollo osseo rosso

Metafisi

i

— Linea epifisaria

iosa

GRIM al(e(o] Eta

——

(SETE

+

= Osso compatto

d_

Endostio

=

Gli osteoblasti depositano l'osso

instrati. Nelle

3 &

5

ossa lunghe questi + Stratiformano tubi

= +

concentrici paralleli

=

lungo l'asse

Ra

principale dell'osso.

2

Osso compatto

——

Diafisi —

Canale midollare

o i Arteria nutritizia Periostio

AI centro del tubo si trova un canale contenente i vasi sanguigni e i nervi.

Figura 20 I sistemi di Havers Immagine al microscopio a luce polarizzata del tessuto osseo compatto; le linee cementanti separano i sistemi di Havers. Metafisi

collegamento tra il sistema dei canali centrali si compie

Figura 19 La struttura di un osso lungo Vista anteriore in sezione

longitudinale di un osso lungo di un adulto (nel settore dell'epifisi).

grazie ai canali perforanti, che penetrano nell’osso comna nisi

- Cartilagine articolare

Lungo la diafisi (vedi Figura 19), si nota un cilindro cavo di osso compatto che circonda una cavità centrale, il canale midollare. Nel bambino, in questa sede si trova il midollo

patto perpendicolarmente alla diafisi. Grazie ai sali di calcio depositati nella matrice, l’osso è uno dei materiali più duri dell'organismo e, pur essendo relativamente leggero, ha una considerevole capacità di resistere alla tensione e alla compressione. La componente organica della matrice (specialmente il collagene)

rosso emopoietico, da cui prendono origine gli elementi

assicura, invece, la flessibilità dell’osso e la sua grande resistenza alla rottura. I sistemi di Havers adiacenti, inol-

cellulari del sangue. Nell’adulto, invece, il canale midol-

tre, sono isolati gli uni dagli altri dalle cosiddette linee

lare è essenzialmente una sede di accumulo di tessuto

cementanti, che delimitano ogni unità. In caso di rottura,

adiposo, il midollo giallo, mentre il midollo rosso si trova

le fratture tendono a fermarsi a livello delle linee cementanti riducendo i danni all’osso.

soltanto nelle cavità dell’osso spugnoso delle ossa piatte e nelle epifisi di alcune ossa lunghe. La diafisi è rivestita e protetta esternamente da una membrana di tessuto connettivo fibroso, il periostio, mentre l’endostio che tappezza tutte le superfici interne, simile al periostio ma più sottile, è deputato al nutrimento e alla formazione di nuovi osteociti. Centinaia di fibre collagene (fibre di Sharpey) ancorano il periostio all’osso sottostante. La maggior parte delle ossa compatte dei mammiferi è composta da unità strutturali definite sistemi di Havers, anche detti osteoni. Ogni sistema di Havers consiste di una serie di sottili cilindri ossei concentrici, tra i quali si trovano lacune ossee che contengono gli osteociti

RICORDA In base alla struttura interna abbiamo due tipi di osso: compatto e spugnoso. Le ossa, inoltre, si classificano in: lunghe, brevi, piatte e irregolari.

A

Accrescimento e rimodellamento dell'osso

Come sappiamo, lo scheletro è formato da cartilagine e osso: i tessuti più resistenti dell'organismo. Quello dell'embrione,

però, è formato

da cartilagine

ialina,

mentre nel bambino gran parte della cartilagine è già

(Figura 20). Al centro del sistema di Havers è presente

stata sostituita da osso. Da adulti, la cartilagine rimane

uno stretto canale in cui alloggiano vasi sanguigni e ner-

soltanto in regioni isolate come il dorso del naso, parte delle coste e le articolazioni. Il processo di formazione dell’osso, detto ossificazione, comporta, infatti, la progressiva sostituzione del tessuto cartilagineo con tessuto os-

vi. Altri minuscoli canali, i canalicoli, si distribuiscono a

raggiera dai canali centrali a tutte le lacune e formano un sistema di trasporto che attraversa la matrice dura dell’osso, garantendo alle cellule il rifornimento nutritizio. Il

C96

seo e avviene in diverse fasi (Figura 21).

In primo luogo, il modello di cartilagine ialina viene completamente rivestito da matrice ossea a opera delle

1, Nell'embrione si ha la formazione di un modello cartilagineo.

Cartilagine —

cellule che formano l’osso, gli osteoblasti, destinati a

essere inglobati nella matrice ossea e a trasformarsi in osteociti. Per un breve periodo, quindi, il feto ha «ossa»

fatte di cartilagine avvolte da tessuto osseo. Nelle ossa lunghe, mano a mano che il tessuto cartilagineo viene sostituito dall’osso, si crea uno spazio interno che forma il canale midollare. Alla nascita, la maggior parte della cartilagine ialina è già stata sostituita da osso, tranne che in due regioni: le cartilagini articolari (che rivestono le

Centro di ossificazione

|

2. Formazione

del centro di

primario

ossificazione primario.

3. Formazione della

cavità midollare e irrorazione sanguigna nell'osso in via di sviluppo.

estremità delle ossa) e il disco epifisario (vedi Figura 21).

Nuova cartilagine si forma continuamente sia sulla superficie esterna della cartilagine articolare sia nel disco epifisario (più distante dal canale midollare). Contemporaneamente, la vecchia cartilagine viene distrutta e sostituita da matrice ossea. Mentre si allungano, le ossa in accrescimento devono anche allargarsi, per mantenere le giuste proporzioni. Gli osteoblasti del periostio aggiungono tessuto osseo sulla superficie esterna della diafisi; contemporaneamente, sulla superficie interna, gli osteoclasti distruggono l’osso. Dal momento che questi due

Cavità midollare

|

Centro di —_

Osso

compatto .

ossificazione »

)

secondario

y

4, Sviluppo del centro di ossificazione secondario.

Disco epifisario

|

processi si verificano circa allo stesso ritmo, il risultato è

un aumento della circonferenza dell’osso e la sua crescita in larghezza. Il processo mediante il quale le ossa aumentano il loro diametro è detto accrescimento per apposizione. Il controllo ormonale dell’accrescimento osseo. Pri-

ma della pubertà, i principali ormoni che stimolano la crescita ossea sono l’ormone della crescita (GH) prodotto

Cartilagine articolare

Cartilagine epifisaria

\ Osso —spugnoso

5. Formazione della cartilagine articolare e del disco epifisario.

dall’ipofisi, e i fattori di crescita insulino-simili (IGF) pro-

Figura 21 Il processo di ossificazione

dotti dall’osso stesso e anche dal fegato, in risposta alla

Le ossa si formano direttamente da un'impalcatura di tessuto connettivo oppure a partire da un modello cartilagineo morfologicamente simile all'osso maturo.

stimolazione di GH. Anche gli ormoni tiroidei e l’insulina (prodotta dal pancreas) stimolano la crescita ossea. Durante la pubertà vengono liberati in maggiori quantità estrogeni e androgeni, responsabili dell’«impennata» della crescita adolescenziale. Di solito, l'accrescimento

gue è troppo elevata, il calcio è depositato nella matrice ossea sotto forma di cristalli di sali di calcio. Il rimodellamento dell’osso. In particolar modo per le

dello scheletro termina con l’adolescenza, quando i di-

ossa lunghe, è necessario il mantenimento delle normali

schi epifisari vengono completamente sostituiti da osso. Tuttavia è sbagliato pensare che lo scheletro, una volta

proporzioni e la giusta resistenza, via via che il corpo aumenta di dimensioni e di peso. La plasticità dello scheletro è evidente in persone costrette a letto o che non praticano attività fisica: le loro ossa tendono a perdere massa e ad atrofizzarsi, non essendo più sottoposte a carichi o tensioni. L'assunzione e la liberazione di calcio e il rimodellamento osseo operano insieme. L'azione esercitata sullo scheletro dalla contrazione muscolare e dalla forza di gravità determina dove deve avvenire la

terminata la crescita delle ossa lunghe, sia una struttura inerte che non si modifica più. L’osso, infatti, è un tessuto

dinamico e attivo che viene continuamente rimodellato in risposta a variazioni di due parametri: 1. illivello di calcio nel sangue; 2. la forza esercitata sullo scheletro dalla gravità e dai muscoli. Quando la concentrazione del calcio nel sangue scende sotto il livello normale, le paratiroidi sono stimolate a

distruzione o la formazione di matrice ossea, affinché

rimanga il più possibile robusto e funzionale.

rilasciare in circolo l'ormone paratiroideo (PTH), che attiva

gli osteoclasti a distruggere l’osso per liberare ioni calcio nel sangue. Quando la concentrazione del calcio nel san-

sono processi continui e regolati da ormoni.

C4 | L'apparato tegumentario e Il sistema muscolo-scheletrico | C97

MW

Scheletro assile

Osso ——

W Scheletro appendicolare MW

Scatola

Cartilagine 6

parietale

cranica Mascella

Steno —___

- Sutura

Cranio

___

. wMandibola

=

Clavicola | Cinto Scapola | scapolare

o

SSO frontale

Osso sfenoide

— Osso

Osso — Costa —PT_l



Omero

colonna

Radio

vertebrale

Ulna

nasale

temporale

Osso zigomatico

Osso —T occipitale Processo sedi?

Mascella

mastoideo Condotto

O

Direzione della forza

O

Movimento di carico

h

Ful ulcro

RICORDA Le ossa e le articolazioni costituiscono un sistema di leve che si muove grazie ai muscoli.

rr? \—_—

_——-— Braccio della . resistenza

Braccio della

potenza

rr Braccio

potenza

Braccio della resistenza

tl Leva di primo genere

La muscolatura estensoria della testa ne equilibra il peso.

3

Bracdl N della

resistenza

potenza

i A

Leva di secondo genere I muscoli del polpaccio permettono di equilibrare il peso del corpo.

Braccio prata

/

Leva di terzo genere I muscoli del braccio permettono di sollevare un carico.

Figura 28 Sistemi di leve All'interno del corpo umano sono presenti leve di primo, di secondo e di terzo genere.

oratoccaate Gai 1. 2.

Quali sono le principali funzioni delle ossa? Quali ossa sono irregolari?

1.

La diafisi è rivestita esternamente dal .....

3.

Quali ormoni regolano l'accrescimento dell'osso?

2.

Gli osteoblasti / osteociti sono destinati a trasformarsi in osteoblasti / osteociti.

C102

Fai una ricerca in Rete e realizza un'infografica che illustri il funzionamento dell'articolazione temporomandibolare. Utilizza le figure di questa lezione come esempi.

4__D

Forza sostenuta dalle fibre muscolari veloci e lente Fibre a contrazione veloce

Il sistema muscolo-scheletrico

NULLA]

N o

Tensione

LO SPORT E I TRAUMI CORRELATI

AS

200.600

è caratterizzato da diversi tipi di fibre muscolari 22

che possono essere

può essere soggetto a traumi da sport 24

Fibre a contrazione lenta

E

SE

1000 1400 1800

Si

200.

Tempo (millisecondi)

ii

600

e

Tempo (millisecondi)

Figura 29 Fibre a contrazione veloce e fibre a contrazione lenta

Le fibre a contrazione veloce generano una forza intensa rapidamente ma hanno una scarsa resistenza; le fibre a contrazione lenta generano forze minori ma hanno maggiore resistenza.

che richiedono Fibre glicolitiche rapide o fibre bianche. Le fibre rapide

potenziate

riabilitazione 25

Tipi di fibre muscolari

hanno un metabolismo glicolitico: ricavano la maggior parte dell'ATP tramite la glicolisi. Possiedono molti enzimi glicolitici e un'abbondante riserva di glicogeno ma rispetto alle fibre rosse lente hanno una minore quantità di mitocondri, vasi sanguigni e mioglobina. Sono

scheletriche

definite bianche per il loro colore pallido, dovuto alla

dall’allenamento 23

_

3

|_—_@9

Esistono tre tipi di fibre muscolari scheletriche, definiti in base agli enzimi che utilizzano per ricavare energia e al tipo di miosina che contengono. Ogni muscolo comprende tutti e tre i tipi di fibre, ma in differente percentuale a

seconda dell’azione principale che svolge. Fibre ossidative lente o fibre rosse. Le fibre muscola-

ri lente hanno un metabolismo ossidativo: contengono molti mitocondri da cui ottengono la maggior parte dell’ATP usato per ricavare energia tramite fosforilazione ossidativa. Poiché la fosforilazione ossidativa richiede grandi quantità di ossigeno, queste fibre sono ricche di vasi sanguigni e contengono molta mioglobina, responsabile del loro colore rosso scuro. La miosina qui localizzata utilizza ’ATP lentamente: di conseguenza la velocità di accorciamento del muscolo è bassa. Questo è il motivo

per cui queste fibre sono dette anche fibre lente. Le fibre lente hanno un'alta resistenza all’affaticamento, grazie all'elevato apporto di ossigeno con il sangue e alle abbondanti riserve energetiche sotto forma di acidi grassi e glicogeno (Figura 29): la contrazione può essere quindi mantenuta a lungo. I muscoli con elevata percentuale di fibre lente sono adatti a svolgere un lavoro aerobico

scarsità di mioglobina. La miosina di queste fibre utilizza velocemente l’ATP, la formazione di legami tra actina e miosina è rapida, di conseguenza la velocità di accorciamento muscolare è alta. Per questo motivo, queste fibre sono denominate anche fibre rapide. La resistenza all’affaticamento delle fibre rapide è bassa, perché l’attività elevata della miosina esaurisce l’ATP troppo velocemente rispetto alla velocità di rifornimento (vedi Figura 29).

La contrazione è quindi rapida e potente ma può essere mantenuta solo per breve tempo. Le fibre a rapide sono adatte a svolgere lavori di breve durata, e che richiedono la massima forza. Nell’organismo umano, i muscoli con maggior percentuale di queste fibre sono quelli deputati allo svolgimento di lavori di forza e movimenti veloci. Un esempio è il bicipite, con cui è possibile sollevare un discreto peso, ma non reggerlo a lungo. Fibre muscolari intermedie. Sono fibre con proprietà intermedie tra quelle delle fibre ossidative lente e glicolitiche rapide. Si tratta di fibre rosse, quindi con metabolismo principalmente ossidativo, ma possiedono una miosina con elevata attività, che consente una contrazio-

ne rapida. La forza sviluppata e la resistenza all’affatica-

e di lunga durata. Nell’organismo umano, i muscoli più

mento di queste fibre sono intermedie, e possono essere

ricchi di questo tipo di fibre sono i muscoli posturali che consentono di mantenere posizioni statiche per lungo tempo. Un esempio è il muscolo soleo, il muscolo posterio-

in parte modificate tramite l'allenamento.

re della gamba, la cui contrazione continua è necessaria

per rimanere in posizione eretta.

i

ORI]

1000 1400 1800 2200 2600 3000 3400

RICORDA I tipi di fibre muscolari differiscono tra loro per rapidità di contrazione, forza sviluppata e resistenza all’affaticamento.

C4 | L'apparato tegumentario e Il sistema muscolo-scheletrico | €103

Tipo di fibre e prestazione atletica

Allenamenti aerobici e resistenza muscolare. L’allena-

Mezzofondista

Maratoneta

Velocista

mento aerobico consiste in esercizi prolungati e a bassa intensità di lavoro. Questo tipo di esercizio favorisce il metabolismo ossidativo delle fibre, incrementandone il

Fibre a

Fibre a

contrazione

contrazione

veloce

lenta

Figura 30 Fibre a contrazione veloce e fibre a contrazione lenta I muscoli scheletrici in queste tre immagini sono costituiti da fibre a contrazione lenta,

in rosa, e a contrazione veloce, in azzurro. Le frecce rappresentano la durata del lavoro muscolare (lunghezza) e la velocità (spessore) nella corsa.

ll)

Allenamento muscolare e prestazione sportiva

La prestazione di un muscolo dipende dalla composizione delle sue fibre (Figura 30). Esiste anche un'influenza

genetica sulla prestazione: uno stesso muscolo in persone diverse può avere una differente composizione in fibre. Si può migliorare la prestazione sportiva attraverso l’allenamento, che modifica, seppur limitatamente, le proprietà delle fibre muscolari. Diversi tipi di allenamento producono effetti differenti: un'attività anaerobica, come il

numero di mitocondri e il contenuto di enzimi implicati nella fosforilazione ossidativa. La densità dei capillari che riforniscono il muscolo di sangue e la quantità di mioglobina nelle fibre muscolari aumentano, facilitando la diffusione di ossigeno nel muscolo: di conseguenza, un determinato carico di lavoro può essere sostenuto più a lungo, perché le fibre possono continuare a produrre ATP. Poiché il diametro delle fibre può ridursi lievemente, la forza sviluppata dalla contrazione diminuisce. Le fibre rosse lente sono più adatte a svolgere questo tipo di esercizio; le fibre intermedie assumono caratteristi-

che più simili a quelle delle fibre lente. Nel complesso, l'allenamento aerobico comporta maggior resistenza muscolare senza aumento della massa e riduzione della forza massima sviluppata. Nonostante l'allenamento consenta di ottenere buoni miglioramenti, il fattore più importante rimane comunque quello genetico: a parità di allenamento, infatti, ha maggiori probabilità di eccellere in attività sportive ad alta resistenza (per esempio la maratona) una persona

con percentuale elevata di fibre lente nei muscoli, rispetto ad una persona con percentuale elevata di fibre rapide, e vale l'opposto per quanto riguarda gli esercizi di forza.

sollevamento pesi, aumenta la potenza muscolare, cioè

la forza massima che un muscolo può generare, mentre un'attività aerobica, come il jogging, incrementa la resistenza muscolare, la capacità di protrarre un lavoro muscolare nel tempo. Allenamenti anaerobici e potenza muscolare. L’allena-

mento anaerobico consiste in esercizi che prevedono la GUARDA!

contrazione intensa e ripetuta di gruppi muscolari sottoposti a un carico, fino al loro completo affaticamento.

Lo stress causato dall’esercizio stimola la sintesi di nuovi v

v

h,AE,

L'allenamento anaerobico promuove la

potenza muscolare, quello aerobico la resistenza.

I traumi A da sport Praticare uno sport apporta indiscussi vantaggi al benessere dell’organismo, ma espone le strutture muscolo-ten-

dinee e osteo-articolari al rischio di sviluppare patologie

filamenti di actina e miosina nelle fibre muscolari, e in-

da sovraccarico o lesioni traumatiche (Video 31). Le sedi

crementa il loro contenuto di enzimi glicolitici. L'aumento del numero dei filamenti di actina e miosina accresce

maggiormente soggette a traumi o patologie croniche da sovraccarico dipendono dal tipo di sport, ma complessivamente sono l’arto superiore, ginocchio, caviglia e

il diametro della fibra e la forza massima sviluppata dalla Video 31 Gli infortuni sportivi

RICORDA

contrazione. Con l’aumento del metabolismo glicolitico diminuiscono i vasi sanguigni e il contenuto di mioglobina della fibra, quindi la resistenza si riduce perché arriva meno ossigeno al muscolo e si produce meno ATP. Le fibre bianche rapide del muscolo sono le più coinvolte in questo processo; le fibre intermedie acquisiscono caratteristiche simili a quelle delle fibre rapide. Nel complesso, l’effetto dell’esercizio anaerobico è la produzione di masse muscolari più voluminose e potenti ma soggette a maggior affaticabilità e minor resistenza al carico.

C104

colonna vertebrale (Figura 32).

Le patologie da sovraccarico si sviluppano gradualmente, e le cause principali sono l’esecuzione di movimenti ripetitivi per un tempo prolungato, praticare uno sportin condizioni non ottimali (come scarso allenamento o insufficiente riscaldamento) e le alterazioni anato-

miche congenite (come piede piatto, scoliosi, varismo o valgismo del ginocchio). Le lesioni traumatiche sono legate a eventi casuali, come uno scontro o una caduta, che provocano un danno acuto e doloroso.

(ovvero una prima fase di esercizio aerobico, di intensità moderata), allenamento tecnico (di intensità maggiore), e defaticamento al termine dell’esercizio. Vanno sempre rispettati i tempi di recupero dall’affaticamento tra un esercizio e l’altro, e ambiente e attrezzatura devono essere

ottimali. Questi aspetti sono fondamentali per prevenire infortuni e patologie da sovraccarico.

Le contratture, o crampi, sono contrazioni muscolari involontarie, dovute ad affaticamento muscolare in assenza di lesioni.

RICORDA L'attività sportiva, se eseguita in condizioni non ottimali, espone al rischio di lesioni traumatiche o patologie da sovraccarico.

ZA °

La riabilitazione sportiva

In caso di infortunio, la riabilitazione sportiva serve a ristabilire la funzionalità normale dell’articolazione o dell’arto interessato nel minor tempo possibile. Dopo la visita medica e l'esecuzione degli esami diagnostici, il medico, insieme ad altri professionisti come il fisioterapista, pianifica il progetto riabilitativo, che procede per fasi:

Figura 32 Un braccio fratturato In questa radiografia colorata si vede

la frattura di ulna e radio.

Le lesioni traumatiche sportive possono riguardare i

1. fase di fermo, subito dopo il trauma;

muscoli, le articolazioni, e le ossa. Anche la cute può es-

2. fase di recupero, 3. fase di ricondizionamento. Durante la fase di fermo, l’obiettivo è assicurare il riposo assoluto della parte traumatizzata, mantenendo però l'efficienza del sistema cardiovascolare attraverso esercizi che non coinvolgono il distretto infortunato. Superato il danno acuto, inizia la fase di recupero che consiste nell’allenamento della forza muscolare tramite esercizi di potenziamento modulati e mirati. In questa fase, l’allenamento è mirato anche alla componente neurologica per

sere coinvolta, possono formarsi lividi, o vere e proprie ferite in associazione a contusioni o fratture. Le lesioni traumatiche più comuni sono le contusioni muscolari, seguite da contratture (o crampi), distorsioni o lussazioni articolari e fratture ossee.

Per ridurre il rischio di infortunio sportivo o patologia cronica è bene prestare attenzione allo stato di salute prima di intraprendere una pratica continuativa o avanzata. Innanzitutto, è buona norma sottoporsi auna

visita medica che certifichi l'idoneità all’attività sportiva. In caso di pratica agonistica la certificazione di idoneità è obbligatoria, inoltre si eseguono valutazioni mediche periodiche, di cui si occupa il medico di squadra. Esistono diversi fattori di rischio che predispongono ainfortuni sportivi: ad esempio, l’affaticamento musco-

lare, che rende i muscoli più sensibili ai microtraumi; l'allenamento inadeguato, come in caso di insufficiente

migliorare la coordinazione e ridurre le recidive. Infine, il

ricondizionamento, consiste nel riabituare gradualmente la parte infortunata all'esercizio. La sua durata dipende dalla durata del tempo di fermo post-traumatico, dal tipo di infortunio, da caratteristiche individuali e dal tipo di sport praticato. La ripresa dell’attività sportiva dopo la riabilitazione richiede assenza di dolore, completa gua-

rigione del tessuto, recupero completo della mobilità

riscaldamento o di esercizi troppo intensi; anomalie ana-

dell’articolazione (se coinvolta) e recupero di una forza

tomiche congenite, che possono favorire l'insorgenza di

pari ad almeno il 75-80% di quella normale.

sindromi dolorose. Un buon allenamento deve comprendere diverse fasi: riscaldamento iniziale e stretching, condizionamento

RICORDA La riabilitazione sportiva si articola in tre fasi: di fermo, di recupero e di ricondizionamento.

oratoccaate agi 1.

Qual è

la differenza tra fibre muscolari

1,

lente e fibre muscolari rapide? 2.

Qualè la differenza tra potenza e resistenza muscolare?

2.

Il sollevamento pesi aumenta la potenza / resistenza muscolare. La fibre muscolari lente hanno un'attività

ATPasica più bassa / alta di quelle veloci.

Fai una ricerca in Rete e documentati su che tipi di esercizi sono preferibili per una persona che vuole allenare le fibre rosse e per una che vuole allenare le fibre bianche.

C4 | L'apparato tegumentario e Il sistema muscolo-scheletrico | C105

LE PATOLOGIE DELL'APPARATO TEGUMENTARIO L’apparato tegumentario

è soggetto a dermatiti 26

» infezioni virali 31

atologie degli P 5 è . annessi cutanei 27

Î

|

Tu 7 » infezioni batteriche 32 Figura 33 Il patch test

patologie eritemato desquamative 28

|

, parassitosi 33

Per identificare gli allergeni che provocano dermatite allergica da contatto di esegue un semplice patch test.

» tumori: il melanoma 34

malattie bollose 29. , ustioni 35

infezioni fungine 30

i)

Infiammazioni della 7

pelle:ledermatiti

La dermatite è un’infiammazione della pelle che si mani-

tatto con l’allergene può avvenire anche indirettamente,

festa con eczema, un eritema pruriginoso a chiazze rosso-

perinalazione o ingestione: in questo caso le manifesta-

rosate con vescicole e bolle soprattutto sui margini. Le zone coinvolte possono apparire gonfie. Con l'evoluzione dell’eczema la cute inizia a desquamarsi e le vescicole vengono sostituite da croste puntiformi. In alcuni casi l’eczema può divenire cronico e la cute diventa spessa e secca nelle zone coinvolte. Le forme di dermatite più

zioni cutanee sono diffuse (dermatite sistemica). Nel caso il

Gli allergeni

comuni sono la dermatite allergica da contatto, la dermatite

sono sostanze

irritativa da contatto e la dermatite atopica.

di varia natura,

generalmente innocue, ma che possono provocare reazioni allergiche in individui

predisposti.

rativa: alcune categorie di lavoratori sono soggette a un contatto prolungato con allergeni in alte concentrazioni, diversi a seconda della professione. La dermatite allergica da contatto si sviluppa in maniera rapida e intensa e le manifestazioni riguardano in genere la zona a diretto contatto con l’allergene. Per esempio, dermatiti di cuoio capelluto, viso e collo possono essere causate da allergeni contenuti in tinte per capelli, cosmetici o gioielli. Il con-

La dermatite allergica da contatto (DAC) è causata

contatto con l’allergene si protragga a lungo, anche dopo la diagnosi, l’eczema può diventare cronico o recidivare. La diagnosi di dermatite allergica da contatto prevede l'esecuzione del patch test, che consiste nell’applicazione di cerotti contenenti gli allergeni più comuni (ogni cerotto un allergene diverso), per identificare quelli che causano una reazione allergica locale (Figura 33). La dermatite irritativa da contatto (DIC) ha manife-

principalmente dall’esposizione ad allergeni ma esistono alcuni fattori predisponenti. È una malattia infiammatoria da ipersensibilità ritardata, per cui la reazione allergica si sviluppa qualche ora dopo il contatto con l’allergene. La predisposizione alla DAC può essere dovuta a fatto-

vermici, alcune piante, e, in alcuni individui, anche il con-

ri di natura genetica, a patologie cutanee preesistenti,

tatto molto prolungato con l’acqua. La manifestazione

al contatto prolungato con l’allergene o a una sua elevata concentrazione nell'ambiente. Sono allergeni, per esempio, gli acari della polvere, alcuni pollini, la pelle e gli escrementi di alcuni animali, il nichel presente nei gioielli. La DAC è molto spesso legata all’attività lavo-

cutanea consiste prevalentemente in eritema e desqua-

C106

stazioni simili alla dermatite allergica, ma non ha natura immunitaria. La causa dell’infiammazione cutanea, in questo caso, è il contatto diretto e protratto con agenti irritanti di vario genere, come detersivi, solventi, acidi,

mazione, mentre la comparsa di vescicole e prurito è meno frequente. L’eczema rimane localizzato alla zona coinvolta, non ci sono forme diffuse di dermatite irrita-

tiva da contatto. Per la diagnosi sono utili soprattutto le

informazioni fornite dal paziente (anamnesi), mentre il patch test risulta sempre negativo. La DIC si manifesta

più frequentemente rispetto alla dermatite allergica. La dermatite atopica infine, è dovuta ad una predi-

sposizione personale all’atopia (reazione da ipersensibilità immediata), cioè una risposta immunitaria anomala a

stimoli innocui. È una patologia cronica che si manifesta con eczema pruriginoso, talvolta associato a ispessimento della cute. Spesso si associa ad altre patologie legate all’atopia, come asma e rino-congiuntivite (febbre da fieno). La terapia consiste nell’evitare i fattori scatenanti (allergeni, irritanti), idratazione locale tramite creme emollienti, terapia anti-infiammatoria con steroidi nelle fasi acute. RICORDA La dermatite è un’infiammazione della cute che si manifesta con eczema. Le più comuni sono la dermatite allergica da contatto, la dermatite irritativa da contatto e la dermatite atopica.

"

Le patologie degli annessi cutanei

L’acne è una patologia infiammatoria del complesso pilosebaceo formato dal follicolo pilifero e dalla ghiandola sebacea (vedi Figura 2). Si manifesta con macule rossastre rilevate, che si trasformano in pustole, noduli o cisti e

possono lasciare cicatrici dopo la loro scomparsa. La comparsa di queste lesioni è preceduta dalla formazione del comedone, un accumulo di cheratina e sebo nel

follicolo pilifero. La presenza di comedoni facilita l’infezione del follicolo da parte del batterio Propionibacterium acnes, che causa infiammazione e comparsa delle lesioni caratteristiche. La forma comune di acne viene definita acne volgare, e la sua comparsa è favorita da alterazioni della produzione ormonale, soprattutto in situazioni di stress. Le zone più colpite sono fronte, guance, mento, collo, spalle e dorso. Esistono anche forme di acne, dette esogene, in cui la causa diretta è uno stimolo esterno, come farmaci (acne iatrogena), creme o gel (acne cosmetica), raggi UV (acne estiva). Infine, le forme di acne accompagnate a sintomi sistemici, come febbre e dolori articolari, si

identificano come acne fulminante. La terapia dell’acne è antibiotica e si protrae per lunghi periodi di tempo. La rosacea è un’infiammazione cronica del complesso pilosebaceo caratterizzata da aumentata produzione di sebo che colpisce principalmente donne di età compresa trai30ei50 anni. Si manifesta con eritema facciale persistente e dilatazione dei capillari, soprattutto su guance e naso. Possono comparire pustole su fronte, naso e mento. Le cause sono multiple e comprendono fattori dietetici,

br. -

Figura 34 La psoriasi Oltre alla tipica placca color bianco-argenteo, la psoriasi coinvolge spesso anche le unghie.

endocrini, sbalzi di temperatura ed esposizione al sole, che spesso agiscono in associazione. Il trattamento prevede protezione solare e terapia antibiotica locale. L’idrosadenite suppurativa è un’infiammazione cronica delle ghiandole sudoripare apocrine, un tipo di ghiandole localizzate soprattutto nella regione ascellare e inguinale. L’infiammazione causa la formazione di noduli dolorosi che si trasformano in ascessi. Il trattamento prevede il drenaggio del pus e la terapia antibiotica. RICORDA Le principali infezioni del complesso pilosebaceo sono l’acne e la rosacea. L’idrosadenite suppurativa è una patologia delle ghiandole sudoripare apocrine.

Mameni

Le patologie eritemato-desquamative

La psoriasi è una malattia infiammatoria cronica della cute, che si manifesta con eritemi a chiazze coperti da

una placca color bianco-argenteo dovuta a ispessimento dello strato corneo della cute (Figura 34). Le lesioni cutanee riguardano soprattutto cuoio capelluto, nuca,

gomiti, ginocchia e regione sacrale, provocando sempre prurito e desquamazione. Nella maggioranza dei casi sono coinvolte le unghie, con piccole depressioni (pitting), striature, macchie biancastre o giallo-brunastre, ispessimento o rottura. Le basi della psoriasi sono genetiche, ma esistono fattori esterni che influiscono sul suo sviluppo, come il fumo di sigaretta, alcuni farmaci, infezioni e

stress. La psoriasi comune è definita psoriasi volgare o a placche, esistono anche altre forme particolari di psoriasi con manifestazioni cutanee differenti. Spesso la psoriasi è accompagnata da patologie di distretti diversi dalla cute, come le articolazioni (artrite psoriasica). Il trattamento

C4 | L'apparato tegumentario e Il sistema muscolo-scheletrico | €107

bolle sono superficiali e sirompono facilmente; spesso le lesioni coinvolgono anche la mucosa orale. Non c’è prurito. Nel pemfigoide bolloso le bolle sono più profonde, più resistenti alla rottura e molto pruriginose. Le mucose non sono coinvolte. Colpisce principalmente individui anziani. In entrambi i casi, la diagnosi richiede il prelievo di un campione cutaneo ed esami del sangue per cercare gli autoanticorpi che causano la malattia. La terapia consiste in antinfiammatori steroidei. RICORDA Il pemfigo volgare e il pemfigoide bolloso sono malattie autoimmuni della cute caratterizzate Figura 35 Lesione da Tinea corporis

dalla formazione di bolle.

La lesione si allarga in senso centrifugo ed è caratterizzata da desquamazione ai bordi.

= I 30 prevede l’utilizzo di differenti tipi di farmaci, in base alla gravità della patologia. L'esposizione al sole migliora le lesioni. Il lichen planus è una malattia infiammatoria della cute, caratterizzata da macule pruriginose rosso-violacee con striature biancastre soprattutto su polsi e avambracci. Possono essere presenti lesioni delle unghie e delle mucose orale e genitale. Le cause sono attualmente sconosciute, e la terapia consiste in farmaci antinfiammatori steroidei. La pitiriasi rosea di Gibert è una patologia cutanea che riguarda soprattutto ragazzi e giovani adulti, e si manifesta con chiazze rosso-rosate sul tronco. La sua evoluzione è tipica: inizialmente compare una singola chiazza ovalare (chiazza madre) che si allarga, con eritema sui bordi e desquamazione centrale. Entro pochi giorni compaiono altre chiazze, uguali ma più piccole. Le chiazze scompaiono da sole nell’arco di un mese circa e non causano prurito. La causa è probabilmente un’infezione virale.

Infezioni fungine della cute

Molte micosi cutanee sono infezioni causate da un particolare tipo di funghi, definiti dermatofiti. Le infezioni

da dermatofiti sono dette dermatofizie, e si distinguono in superficiali e profonde. Le infezioni da dermatofiti, soprattutto quando non trattate, possono diventare croniche e provocare reazioni dermatofitidi, cioè reazioni allergiche diffuse, che si manifestano con macule e

vescicole asimmetriche e intensamente pruriginose. Si risolvono definitivamente solo con la guarigione dell’infezione originaria. Dermatofizie superficiali (tigne). Sono comuni mico-

si in cui il fungo colonizza lo strato corneo della cute, i peli, icapelli o le unghie. Il nome dell’infezione dipende dalla sua localizzazione, e ognuna può essere causata da

diversi dermatofiti. Le più comuni dermatofizie superficiali sono: * Tineacorporis: può riguardare qualunque zona della cute. Si manifesta con lesioni anulari che si allargano in senso centrifugo, con eritema e desquamazione ai bordi. Man mano che la lesione si allarga, la cute

RICORDA Le principali patologie cutanee che si manifestano con eritema e desquamazione sono psoriasi, lichen planus e pitiriasi rosea.

*

Le malattie i

Il pemfigo volgare il pemfigoide bolloso sono due patologie cutanee croniche che si manifestano con la formazione di bolle contenenti liquido, localizzate soprattutto su tronco e arti. Entrambe sono causate da una reazione autoimmune, cioè una reazione del sistema immunitario verso i tessuti dello stesso organismo. Ci sono alcune differenze tra le due patologie. Nel pemfigo volgare le

C108

+

bollose +

+

nella regione centrale guarisce e qui l'infezione può riprendere facendo assumere alla lesione un aspetto a bersaglio (Figura 35). È più frequente nei bambini. Tinea faciei: riguarda la cute del viso, le lesioni hanno aspetto indefinito. Tinea manum: riguarda la cute della mano con manifestazioni simili a quelle della tinea corporis. Tineacruris: riguarda la cute della faccia interna delle cosce, della regione ano-genitale, glutea e dell’addome. Si manifesta con chiazze simmetriche con eritema e desquamazione, senza guarigione della cute nelle zone centrali. Tinea pedis: provoca lesioni della cute soprattutto tra le dita e sulla pianta del piede, ma si può estendere ai

+

lati e sul dorso del piede. La sudorazione e l’ambiente caldo-umido delle calzature favoriscono l’infezione. Tinea capitis: riguarda il cuoio capelluto e i capelli. Sulla base del fungo responsabile, sono possibili tre diverse manifestazioni. Nella forma microsporica, la più comune, il fungo colonizza esternamente il

+

capello, che si spezza a pochi millimetri dal bulbo: ne risultano estese aree di alopecia apparente. Nella forma tricofitica, il fungo colonizza a tutto spessore il capello, che si spezza all’uscita dal bulbo: ne risultano aree di alopecia temporanee. Nella forma favosa, il fungo colonizza il bulbo e cresce insieme al capello. La distruzione del bulbo provoca alopecia definitiva. Tinea barbae: l'infezione riguarda i follicoli piliferi

Figura 36 Il fungo del mughetto Infezione da Candida albicans che si manifesta con una patina biancastra sulla lingua.

della barba, e le manifestazioni sono le stesse della ti-

*

nea capitis. È frequente in uomini adulti che lavorano a contatto con gli animali. Tinea unguium: infezione delle unghie di mani e piedi, spesso legata a una predisposizione personale. Le unghie sono giallastre e ispessite.

Dermatofizie

profonde.

Sono patologie rare, dovute

all'estensione di una dermatofizia superficiale agli strati profondi dell’epidermide e al derma, con conseguente risposta infiammatoria. Il kerion celsi è una manifestazione infiammatoria della tinea capitis, con formazione di croste e produzione di pus così diffusa e abbondante da arrivare ad espellere i capelli, che si sfilano dal cuoio capelluto senza dolore. L’alopecia che ne consegue può essere permanente. Colpisce soprattutto bambini che vivono a stretto contatto con gli animali e in condizioni igieniche precarie. La sicosi è una manifestazione infiammatoria della tinea barbae. Consiste nella comparsa di pustole che si raggruppano a formare placche arrossate e dolenti, ricoperte da croste giallo-brunastre. Può causare aree di alopecia definitiva. Le dermatofizie granulomatose profonde sono mol-

» * *

vulvovaginite, arrossamento della mucosa e perdite biancastre pastose; paronichia, rossore e gonfiore lungo i margini dell’unghia con possibile produzione di pus; intertrigine candidosica, placche rosse localizzate

nelle pieghe cutanee; La pitiriasi versicolor è una patologia dovuta a infezione cutanea dal lievito Malassezia furfur. Si manifesta con la comparsa di macchie biancastre, rosate o marroncine,

con lieve desquamazione, sulla cute di tronco e arti. Di solito, le macchie permangono a lungo anche dopo guarigione, e le recidive di infezione sono frequenti. L'infezione riguarda soprattutto giovani e adolescenti, e si sviluppa in presenza di condizioni favorenti, come umidità ed eccesso di sebo. Per la terapia delle infezioni fungine si utilizzano farmaci antimicotici, per via sistemica (orale) o locale

(tramite l'applicazione di creme). RICORDA Le dermatofizie superficiali sono le micosi cutanee più frequenti. Le dermatofizie profonde e infezioni cutanee da lieviti sono più rare.

to rare, caratterizzate da granulomi intorno ai follicoli

piliferi, potenzialmente in qualsiasi regione cutanea. Infezioni cutanee causate da funghi non dermatofiti. Le candidosi sono infezioni dovute da Candida albicans,

un lievito che vive anche sulle mucose degli individui sani, ma che in alcune situazioni può causare patologie. Le condizioni favorenti sono umidità e macerazione della cute, diabete, alterazioni del sistema immunitario

e uso prolungato di antibiotici. Alcune tra le principali candidosi sono: *

* +

candidosiorale, placche biancastre sulla mucosa orale;

mughetto (Figura 36), patina bianca sulla lingua; perlèche, eritema e ragadi agli angoli della bocca;

E i=

Infezioni virali della cute

Uno dei principali virus responsabili delle virosi cutanee è l’herpes simplex virus (HSV).I tipi più comuni sono: » HSV-1, responsabile del comune herpes labiale caratterizzato dalla comparsa di vescicole contenenti liquido sulle labbra. In alcuni casi l'infezione coinvolge anche cavo orale, occhio o narici. Il contagio

*

avviene tramite contatto. HSV-2, responsabile dell’herpes genitale che si manifesta con vescicole multiple di cute e mucose delle regioni genitali. Il contagio avviene per via sessuale.

C4 | L'apparato tegumentario e Il sistema muscolo-scheletrico | C109

La famiglia dei Papillomavirus (HPV) comprende molti

virus, alcuni dei quali sono responsabili di infezioni cutanee con manifestazioni peculiari:

*

Verruche: lesioni cutanee singole o multiple, rilevate, tondeggianti e irregolari, con colorito giallo-grigiastro. La cute è ispessita, e la compressione causa

*

dolore. Di solito si formano su gomiti, palmi delle mani, piante dei piedi, dorso delle dita. Possono essere causate da diversi virus, in particolare HPV-1,2e 4. Condilomiacuminati: protuberanze rosate singole o multiple, delle dimensioni di pochi millimetri. Coin-

volgono la cute delle regioni anale, genitale e dell’orofaringe, e possono causare dolore o fastidio. Trai virus responsabili dell’infezione, molto contagiosa, ci sono

»

HPV-6 e 1, e la trasmissione avviene per via sessuale. Tumore del collo dell’utero: causato dall’infezione di HPV-16 e 18.

RICORDA Le più comuni infezioni virali della cute sono causate da herpes simplex virus. | papillomavirus sono responsabili della formazione di verruche e condilomi.

Figura 37 L'impetigine è tipica nei bambini Le croste brunastre intorno a bocca e narici sono tipiche dell'impetigine.

Ms Una possibile manifestazione dell'infezione da parte di entrambi i virus è il patereccio erpetico (giradito), cioè l'infezione della cute intorno all’unghia. La terapia delle infezioni da herpes consiste nell’utilizzo di farmaci antivirali, e serve soltanto a risolvere le manifestazioni dell’infezione. I virus erpetici, infatti,

rimangono latenti all’interno di alcune strutture nervose e l'infezione può riattivarsi successivamente. Il varicella-zoster virus è un altro virus della famiglia dell’herpes, ed è responsabile della varicella e dell’herpes zoster. La varicella è una malattia cutanea che si manifesta con la comparsa di macule su tutto il corpo, che si trasformano in vescicole e poi in croste che possono lasciare cicatrici. È tipicamente infantile ma può verificarsi in forma più grave anche negli adulti. L’herpes zoster o fuoco di Sant'Antonio è la riattivazione dell’infezione, e si

manifesta solo in adulti che hanno già avuto la varicella. Le lesioni cutanee in questo caso sono localizzate e molto dolorose, accompagnate da una sensazione di bruciore. Il Poxvirusè responsabile di un’infezione detta mollusco contagioso, che si manifesta con piccole protuberanze tondeggianti con avvallamento centrale, il cui schiacciamento causa fuoriuscita di materiale biancastro. Le ma-

Infezioni batteriche

della cute Le più comuni infezioni batteriche della cute sono piodermiti, infezioni causate da batteri che producono pus, in particolare stafilococchi e streptococchi. Si possono distinguere infezioni locali, più comuni, e infezioni generalizzate, di solito gravi. Le piodermiti locali possono riguardare epidermide, derma o follicoli piliferi. Infezioni dell'epidermide. L'impetigine si manifesta con eritema e vescicole o bolle intorno alla bocca e alle narici,

la cui rottura provoca la formazione di croste giallo-brunastre. È un'infezione molto contagiosa tipica di neonati, bambini e adolescenti (Figura 37). È causata da Staphylococcus aureus. L'eritrasma è un’infezione da Corynebacte-

rium minutissimum, più frequente nel sesso maschile e nei diabetici. Si manifesta con chiazze giallo-brunastre e desquamazione sulla faccia interna delle cosce e nelle pieghe inguinali (zone tra coscia e inguine), può coinvolgere anche le ascelle. Ha una caratteristica colorazione rosso corallo quando illuminata con lampade particolari usate per la diagnosi. L’intertrigine consiste in eritemi molto pruriginosi con desquamazione nelle pieghe cutanee, come cavi ascellari e pieghe inguinali. È causata

nifestazioni riguardano la cute di tronco, arti e viso, non

da Staphylococcus aureus e Pseudomonas aeruginosa , ma

sono dolorose e spesso guariscono da sole. L'infezione è molto contagiosa e la trasmissione avviene per contatto.

anche da alcuni funghi. La cheilite angolare consiste in irritazione e arrossamento degli angoli della bocca, dove

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si formano piccoli tagli dolorosi. È favorita dall’accumulo di saliva che macera la cute di questa zona, soprattutto in

persone senza denti o con dentiera. È causata da diverse specie batteriche, ma anche da alcuni funghi.

Infezioni del derma. L’erisipela è un'infezione da streptococchi, che si manifesta inizialmente con febbre e brividi, a cui segue la comparsa di un eritema rilevato a margini netti, su viso o arti inferiori. Possono essere presenti anche pustole e bolle e la lesione si presenta calda e dolorosa. La cellulite è una patologia con manifestazioni simili a quelle dell’erisipela, ed è causata dagli stessi batteri. Coinvolge anche il tessuto sottocutaneo, ed

è quindi un’infezione più profonda. L’ectima è un’infezione da Staphylococcus aureus o Pseudomonas aeruginosa,

che consiste nella formazione di bolle e pustole cutanee che causano ulcere quando si rompono. In alcuni casi, la causa iniziale è un’impetigine che diventa profonda fino a coinvolgere il derma. Infezioni dei follicoli piliferi. La follicolite piogenica

è generalmente causata da Staphylococcus aureus. Consiste nella comparsa di macule rilevate con eritema e piccole pustole, centrate da un pelo, che possono lasciare cicatrici alla loro scomparsa. Il foruncolo consegue alla follicolite, quando l’infiammazione diventa profonda e distrugge il follicolo pilifero. Si manifesta come un rilievo arrossato e dolente, da cui fuoriescono pus e residui del follicolo. Spesso lascia cicatrice depressa rotondeggiante, e può succedere che il pelo non ricresca. La presenza di più foruncoli raggruppati è definita favo. Infezioni cutanee generalizzate. L’epidermiolisi stafilococcica acuta, o sindrome di Ritter, è una patologia

ganismo ospite. Le più comuni parassitosi cutanee sono

cui una specie, il

la pediculosi, la ftiriasi e la scabbia. Le pediculosi sono infestazioni da pidocchi che ri-

parassita, danneggia

causata da un'infezione cutanea da Staphylococcus aureus,

guardano capelli e cuoio capelluto e superficie corporea.

che produce una tossina capace di danneggiare gli strati superficiali della cute. Si manifesta con formazione di bolle che si rompono, provocando il distacco degli strati superficiali dell'epidermide. La cute sottostante sembra ustionata. Colpisce neonati e bambini, e può essere grave se non trattata. La sindrome dello shock tossico è una patologia molto grave, causata da una diversa tossina prodotta da Staphylococcus aureus. È caratterizzata da eru-

La pediculosi delcapoè dovuta all’insetto Pediculus humanus capitise può riguardare chiunque ma è più frequente nelle bambine. Il pidocchio si nutre del sangue dell’ospite, e quando si riproduce le uova rimangono adese alla radice

zione cutanea diffusa, febbre alta e grave abbassamento

della pressione (shock), può causare il decesso. Può essere correlata all’uso dei tamponi interni. La terapia delle infezioni batteriche è antibiotica, ed è diversa in base alla gravità dell'infezione ed al batterio che la causa.

essere locali o generalizzate. Le infezioni locali possono coinvolgere epidermide, derma e follicoli piliferi.

Figura 38 Le uova dei pidocchi si chiamano lendini Le femmine di Pediculus humanus capitis depongono uova che restano adese ai capelli.

lla)

Infestazioni parassitarie della cute

Le parassitosi cutanee sono ectoparassitosi, ovvero in-

festazioni che si limitano alla superficie esterna dell’or-

dei capelli (Figura 38). Può causare prurito di intensità

variabile. La pediculosi corporea è più rara ed è dovuta a Pediculus humanus corporis, che vive sugli indumenti, dove depone le uova. È solitamente legata a situazioni di scarsa igiene e si manifesta con prurito intenso, accompagnato da lesioni da grattamento. Il morso del pidocchio, oltre a dare prurito, può consentire l’inoculazione cutanea di batteri, causando patologie come tifo epidemico e febbre delle trincee. La ftiriasi (o pediculosi del pube) è un’infestazione da Phthirius inguinalis, pidocchio che vive alla base del pelo nella zona inguinale, dove causa intenso prurito. La cute infestata manifesta macule rosee, dovute all’effetto delle secrezioni del pidocchio.

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Il parassitismo è una situazione in

la specie che lo ospita.

Figura 39 Le zecche del genere /xodes possono trasmettere la malattia di Lyme (A) Una zecca attaccata all'ospite umano e (B) il tipico eritema a bersaglio indicatore della malattia.

GUARDA!

Video 40 Gli effetti dei raggi UV e l'abbronzatura

Figura 41 Il melanoma è un tumore della pelle | melanomi sono normalmente asimmetrici, hanno bordi irregolari, colore disomogeneo, dimensioni maggiori di 5-6 mm e si modificano nel tempo.

La scabbia è un’infestazione cutanea dell’acaro Sarcoptes scabiei hominis. La femmina del parassita scava dei cuni-

in alcuni tipi di melanomi, detti melanomi nodulari, è

coli nello strato corneo della cute, dove depone le uova.

precoce e rapida. La guarigione dal melanoma è possibile

L'infestazione tipica si manifesta con vescicole negli spazi tra le dita delle mani, che corrispondono alle estremità

soprattutto se viene rimosso quando è ancora in fase iniziale; quando il tumore si diffonde o dà metastasi invece,

dei cunicoli scavati dai parassiti. In alcuni casi il percorso del cunicolo è visibile sulla cute. Alcuni parassiti che, pur nutrendosi del suo sangue

la guarigione è più difficile. Le condizioni che possono predisporre allo sviluppo di un melanoma sono: esposizione ai raggi UV senza ade-

non vivono sull’organismo ospite, possono essere mediatori di infezioni, attraverso l’inoculazione di batteri

ro di nevi sulla cute e nevi con caratteristiche anomale

tramite morso o puntura. È il caso delle zecche del genere Ixodes, responsabili della trasmissione del batterio Borrelia burgdorferi che causa la malattia di Lyme, infezione con manifestazioni cutanee, articolari, nervose e cardiache. La manifestazione cutanea è tipica, e consiste in uneritema con aspetto a bersaglio (Figura 39). Se non curata, la malattia di Lyme diventa cronica, e può avere conseguenze gravi, soprattutto neurologiche e articolari.

compaiono solo dopo la fase di crescita verticale, che

guata protezione, pelle chiara, familiarità, elevato nume(Video 40).

Il criterio ABCDE è una regola mnemonica che consente di ricordare gli aspetti dei nevi cutanei da tenere sotto controllo valutandone la asimmetria (A), i bordi irregolari (B), colore disomogeneo (C), le dimensioni (D,

diametro maggiore di 5-6 mm) e la loro evoluzione (E, cambiamenti nel tempo) (Figura 41). Quando presenti,

queste caratteristiche possono suggerire che non si tratti di un normale nevo, ma di un melanoma iniziale, che de-

RICORDA Le infestazioni parassitarie della cute umana sono ectoparassitosi e le principali sono la pediculosi, la ftiriasi e la scabbia.

AE)

Il melanoma è un tumore maligno della cute

Il melanoma è il tumore maligno più pericoloso della pelle, perché molto aggressivo. Deriva di melanociti,

ve essere valutato tramite visita dermatologica. Il dermatologo esegue una dermatoscopia, un esame che valuta le caratteristiche microscopiche dei nevi, per distinguerli dai melanomi. Se si sospetta che un nevo sia in realtà un melanoma, deve essere rimosso chirurgicamente. Sulla base dello stadio si decide se eseguire una terapia farmacologica e di quale tipo. La classica chemioterapia non funziona molto sul melanoma, quindi non è quella utilizzata di preferenza.

cioè le cellule che producono la melanina, e si sviluppa

dapprima in orizzontale diffondendosi sulla superficie della cute, successivamente in verticale, diffondendosi

agli strati cutanei più profondi. Le metastasi di solito

C112

RICORDA Il melanoma è un tumore molto aggressivo della pelle, che deriva dai melanociti. È fondamentale diagnosticarlo quando è ancora in fase iniziale.

6)

Testa

Lesioni da calore:

e collo

le ustioni Le ustioni sono lesioni cutanee da calore per contatto diretto con solidi, liquidi o vapori ad alta temperatura. Le ustioni possono essere causate anche da agenti cau-

7

7

Artisuperiori

9%

stici (come acidi forti e basi forti), elettricità o radiazioni ionizzanti.

ciascuno

La gravità dell’ustione dipende da alcuni fattori: la profondità, l’estensione sulla superficie corporea, le regioni coinvolte, le lesioni interne in caso di inalazione. In base alla profondità le ustioni si classificano in: * Ustioni di I grado: coinvolgono solo l’epidermide. La

Tronco

—___

Vena e arteria renale



Vena e arteria iliache comuni

Valvola aortica

Aperta

Figura 4 Le valvole semilunari Grazie alle valvole cardiache il sangue può fluire in tutto l'organismo.

dal corpo al

e

Vene — polmonari

Vene — epatiche

Valvola polmonare.

trasportano il sangue ossigenato dai polmoni al cuore sinistro, che lo pompa al

interna

Arteria carotide

i

Il cuore destro e il cuore sinistro lavorano in sincronia, perciò ogni contrazione del cuore spinge simultaneamente il sangue sia nella circolazione polmonare sia nella circolazione sistemica. Seguiamo ora (Figura 5) il percorso del sangue nei due circuiti. 1

L'atrio destro riceve il sangue povero di ossigeno (deossigenato) dalla vena cava superiore e dalla vena cava inferiore; queste vene dall’ampio calibro raccolgono il sangue che torna al cuore rispettivamente dalla parte superiore e inferiore del corpo. Dall’atrio destro, il sangue passa attraverso una valvola atrio-ventricolare, chiamata valvola tricuspide, nel

ventricolo destro. La maggior parte del sangue entra nel ventricolo mentre il cuore è rilassato, nell’inter-

vallo tra i battiti. Subito dopo la fine di questo periodo di riempimento passivo del ventricolo, l’atrio si conFigura 2 Il funzionamento dell’apparato cardiovascolare Nel cuore umano, il sangue fluisce dal cuore destro ai polmoni, poi al cuore sinistro e quindi a tutti i distretti corporei.

I movimenti del sangue GUARDA!

nel cuore Il cuore umano è un organo muscolare cavo, diviso in due atri e in due ventricoli. Gli atri ricevono sangue dalle grandi vene e ciascuno di essi lo trasferisce al sottostante ventricolo; i ventricoli spingono con forza il sangue nei due circuiti, quello sistemico e quello polmonare (Figura 2 e Video 3). Per facilitare il flusso del sangue, nel

cuore sono presenti quattro valvole: due valvole atrio-ventricolari, poste fra atri e ventricoli, Video 3 Come funziona il cuore

impediscono il reflusso del sangue nell’atrio quando il ventricolo si contrae; due valvole semilunari (la valvola del tronco polmonare e la valvola aortica), posizionate fra i ventricoli e le

arterie maggiori, prevengono il reflusso di sangue nei ventricoli quando questi si rilassano (Figura 4).

C128

trae e aggiunge un piccolo volume di sangue a quello già presente nel ventricolo. Il ventricolo destro a questo punto si contrae, portando alla chiusura della valvola atrio-ventricolare e pompando il sangue in una grande arteria che immediatamente si suddivide in due arterie polmonari, dirette ai polmoni. Nei polmoni le arterie si ramificano; all’interno dei

capillari, il sangue si carica di ossigeno e si libera del diossido di carbonio. Il sangue ossigenato passa dai capillari alle vene polmonari, che si dirigono dai polmoni all’atrio sinistro. Dall’atrio sinistro il sangue entra nel ventricolo sinistro attraverso un’altra valvola atrio-ventricolare chiamata valvola bicuspide, o mitrale (Figura 6). Come

accade nella porzione destra del cuore, la maggior parte del riempimento del ventricolo sinistro è passiva. Il ventricolo, però, si riempie completamente grazie alla contrazione atriale che avviene subito dopo la fine del periodo di riempimento passivo.

Vena cava superiore

|

Arteria polmonare

i

AI polmone

= \lJene polmonari 6

Dal polmone

Figura 5

Dal polmone

+” 4. Dal circuito polmonare il sangue ritorna all'atrio RoRe sinistro...

1. Il sangue deossigenato proveniente dai tessuti del corpo entra nell'atrio destro...

La circolazione

sanguigna all’interno del cuore

Il flusso del sangue nei vasi è garantito dal funzionamento del cuore e delle valvole, che permettono

5.... e fluisce attraverso una valvola atrioventricolare nel ventricolo sinistro.

2.... e passa attraverso una valvola atrio-ventricolare al ventricolo destro.

3. Il ventricolo

6. Il ventricolo sinistro pompa il sangue attraverso la valvola aortica nel

destro pompa il sangue attraverso

al sangue di

la valvola

raggiungere

polmonare

simultaneamente

ne circuito

entrambi i circuiti.

polmonare.

.

circuito sistemico.

/ Vena cava

discendente

inferiore

7. Le pareti del ventricolo sinistro sono potenti muscoli che si contraggono con un movimento che prende Li . , . . origine dalla porzione basale. L'aumento di tensione che si genera chiude la valvola bicuspide e quando la pressione nel ventricolo sinistro è abbastanza alta si apre la valvola aortica: così il sangue si riversa nell’a. o . . orta per ricominciare il proprio percorso attraverso il corpo.

Figura 6

La valvola bicuspide . 0 mitrale In questa immagine al Imagine microscopio elettronico (SEM) sono

RICORDA La circolazione polmonare inizia nel .

.

cviceni È



ventricolo destro con le arterie polmonari (o tronco

corde

tendinee

che tengono

polmonare) e termina nell'atrio sinistro con le vene

unita la valvola

polmonari; la circolazione sistemica parte dal

alla parete

ventricolo sinistro con l’aorta e si conclude nell'atrio

interna del cuore.

destro con le vene cave.

oratocca ate EER 1.

Quali sono i due circuiti distinti che

1,

2.

caratterizzano l'apparato cardiovascolare dei mammiferi? Qualè il vantaggio di avere un cuore diviso

2.

3.

in quattro camere distinte? Dove si trovano le valvole semilunari?

4.

Dove si trova la valvola mitrale?

Piccoli vasi chiamati venule / arteriole drenano i letti capillari e si uniscono insieme a formare le vene.

Il sangue deossigenato / ossigenato proveniente dai tessuti del corpo entra nell'atrio destro / sinistro dalla vena cava superiore e da quella inferiore.

Immagina di dover dare istruzioni precise a una cellula del sangue che deve percorrere l'intero tragitto della circolazione sanguigna. Parti dall'atrio sinistro e scrivi una lista numerata con gli spostamenti che la cellula del sangue deve compiere per ritornare al punto di partenza.

C5 | La circolazione sanguigna | C129

L'ATTIVITÀ DEL CUORE Il cuore sì contrae (7

seguendo

un organo cavo con una parete

un ciclo cardiaco 4

di tre strati 3

grazie a

Figura 7 L'anatomia del cuore Immagine 3D del cuore da tomografia computerizzata.

impulsi elettrici che determinano il battito cardiaco 5

65

L'anatomia del cuore

Il cuore, nell’essere umano, è un organo grande quanto un pugno chiuso, situato nella cavità toracica, dietro lo

sterno ein mezzo ai polmoni. Ha una forma quasi conica, ma leggermente asimmetrica con l’apice spostato verso sinistra (Figura 7). Il ventricolo sinistro costituisce l’apice

e buona parte del lato posteriore, mentre il ventricolo destro si trova nella parte anteriore. La parete del cuore è costituita da tre strati: 1. l’endocardioè il sottile strato epiteliale che riveste le cavità interne e forma le valvole;

nelle arterie. Inoltre, le pareti del ventricolo sinistro sono

più spesse di quelle del ventricolo destro: il ventricolo sinistro deve, infatti, spingere il sangue attraverso un percorso di molti più kilometri di vasi sanguigni rispetto al ventricolo destro e deve quindi esercitare una pressione maggiore. Il miocardio riceve nutrimento e ossigeno dalle arterie coronarie, che derivano da una ramificazione dell’aorta. Le coronarie corrono sulla superficie del cuore e formano un sistema di vasi che irrora le pareti di atri e ventricoli. Da qui il sangue viene poi drenato direttamente nell’atrio destro dalle vene cardiache. RICORDA L'anatomia del cuore è strettamente legata alla funzione che svolge. È un organo cavo la

cui parete è formata da tre strati: l'endocardio, il miocardio e l’epicardio.

2. il miocardio è lo strato muscolare, forma la struttura

vera e propria della parete ed è rinforzato internamente da connettivo fibroso denso;

3. l’epicardioè una sottile membrana sierosa che lo riveste esternamente.

Esternamente all’epicardio si trova un’altra membrana fibrosa che collega il cuore allo sterno e al diaframma, mantenendolo in posizione nel torace. Questa membrana fibrosa esterna, insieme all’epicardio, costituisce il pericardio. Tra queste membrane c’è un sottile strato di liquido che funziona da lubrificante. Nella Figura 5 hai potuto osservare che le pareti del cuore, pur avendo sempre la medesima struttura in ogni parte, hanno diverso spessore. Lo strato del miocardio è

più sottile negli atri rispetto ai ventricoli, perché questi ultimi devono fornire al sangue la spinta per muoversi

C130

du‘

Il ciclo cardiaco

Atri e ventricoli alternano fasi di rilassamento, nelle quali si riempiono di sangue, e fasi di contrazione dove si svuotano, spingendo il sangue nei due circuiti. Queste fasi interessano contemporaneamente i due lati del cuore e si alternano in modo che il flusso del sangue sia sempre unidirezionale gli atri ricevono il sangue che proviene dalle grandi vene e lo spingono nei ventricoli; questi a loro volta si contraggono e pompano il sangue nelle arterie principali. L'intera sequenza costituisce il ciclo cardiaco, che ha una durata di circa 0,8 secondi e comprende due fasi: la sistole, cioè la fase di contrazione, e la diastole,

cioè il rilassamento (Figura 8).

«Tum»: i ventricoli si contraggono, le valvole atrio-ventricolari si chiudono e la pressione nei ventricoli aumenta finché le valvole aortiche e polmonari si aprono.

L'atrio si contrae.

Valvola aortica

Valvola polmonare

n

Ng

Atrio sinistro

vd



«Ta»: i ventricoli si rilassano; la pressione nei ventricoli scende alla fine della sistole; la pressione adesso è maggiore nell'aorta e nell'arteria polmonare, per cui le valvole aortiche e polmonari si chiudono.

Il sangue viene pompato fuori dai ventricoli, nell'aorta e nell'arteria polmonare.

I ventricoli si riempiono di sangue.

I

lo |

Atrio —*

destro a

Valvole 7

Ventricolo

atrioventricolari

destro

i

“Ventricolo sinistro

Diastole

125 Fi

8 igura

.

Il ciclo cardiaco L'insieme della sistole e della

Pressione nell'aorta,

diastole dei ventricoli viene ‘iL

*

»

100 ) 75

oume nel ventricolo

sinistro, mL

definito ciclo cardiaco. Il grafico mostra i

Pressione

cambiamenti del

nel ventricolo

volume e della pressione nel

sinistro, Crne

solo ventricolo sinistro.

(

)

Qu 50

25

65 mL

0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5 0,6 Tempo (secondi)

0,7

0,8

Diastole (0,4 s): il miocardio è rilassato, le valvole atrio-ventricolari sono aperte e il sangue entra spontaneamente negli atri e nei ventricoli; le valvole semilunari sono chiuse.

Anche gli atri sono ancora in diastole, perciò la pressione interna è bassa in tutto il cuore e il sangue, proveniente

Sistoleatriale (0,1 s): durante questa fase brevissima

dalle due circolazioni, entra liberamente nel cuore.

gli atri si contraggono e si svuotano, spingendo con forza tutto il sangue nei ventricoli che sono ancora in diastole. »

Diastole 130 mL

mmHg ( Vol

St) E

Sistole ventricolare (0,3 s):i ventricoli cominciano a

contrarsi e la pressione al loro interno diventa più alta di quella negli atri, così il sangue si muove vorticosamente e le valvole atrio-ventricolari si chiudono, producendo un rumore sordo e profondo. La pressione nei ventricoli cresce fino a provocare l'apertura delle valvole semilunari, così il sangue fluisce nell’aorta e nelle arterie polmonari. Nel contempo, gli atri sono passati nella fase di diastole e si rilassano riempiendosi di sangue. Al termine della sistole ventricolare inizia un nuovo ciclo:iventricoli entrano in diastole e le valvole semilunari

sichiudono con un rumore breve e acuto, a causa dell'alta

pressione presente nell’aorta e nelle arterie polmonari.

Imovimenti di chiusura e apertura delle valvole sono semplici eventi meccanici, che dipendono dalle differen-

ze di pressione presenti sui due lati della valvola e non implicano un lavoro attivo. Valvole difettose possono produrre un flusso turbolento di sangue e generare un suono anomalo conosciuto come soffio cardiaco. Si definisce frequenza cardiaca il numero di battiti del cuore al minuto (generalmente, tra 70 e 75 nell'adulto); la gittata cardiaca corrisponde, invece, al volume di sangue che un ventricolo riesce a «pompare» in un minuto (in un maschio adulto, circa 80 mL/sistole). RICORDA

Il ciclo cardiaco è l'insieme di sistole e

di diastole degli atri e dei ventricoli, che hanno la funzione di spingere il sangue nei due circuiti.

C5 | La circolazione sanguigna | C131

0,9

1,0

Sistolee

diastole dal greco

systello: «io stringo insieme», cioè «con-

traggo» e diastello: «io apro».

Cuore a riposo (diastole)

Contrazione del ventricolo (sistole)

Contrazione Lello)

.

) _— Fascio

di His

Atri

- es

Nodo seno-atriale

di fibre

(pacemaker)

> Fibre

di Purkinje

Nodo ——°

Figura 9 Il battito cardiaco Le cellule pacemaker del nodo seno-atriale danno inizio al battito cardiaco generando impulsi elettrici.

05

Il nodo seno-atriale si attiva; gli impulsi elettrici si diffondo negli atri che si contraggono.

Il battito cardiaco

Il muscolo cardiaco è in grado di contrarsi autonomamente grazie ad alcune particolarità di struttura che lo contraddistinguono. In primo luogo, le cellule del musco-

lo cardiaco sono in contatto l’una con l’altra attraverso giunzioni serrate; ciò consente allo stimolo che determina

Pacemaker, in inglese, significa «che fornisce il ritmo» e il senso del termine è evidente.

la contrazione di diffondersi velocemente da cellula a cellula, così da determinare la contrazione contemporanea di grandi gruppi di fibre muscolari. La contrazione coordinata è indispensabile per pompare il sangue in modo efficace. In secondo luogo, alcune cellule muscolari cardiache, chiamate cellule pacemaker, possono dare origine al battito cardiaco senza stimolazione nervosa. Il pacemaker primario del cuore è un nodo di cellule

Il nodo atrio-ventricolare si attiva, inviando impulsi lungo le fibre di conduzione; i ventricoli si contraggono.

2. Ilfascio di His: costituito da fibre di cellule muscolari cardiache modificate, che non si contraggono, ma trasmettono molto rapidamente gli impulsi elettrici. Queste fibre corrono tra atri e ventricoli ramificandosi

poi a destra e sinistra, verso gli apici dei ventricoli. 3. Le fibre di Purkinje: si diramano dal fascio di His attraverso la massa muscolare del ventricolo. Un normale battito cardiaco ha origine con un impulso prodotto nel nodo seno-atriale (Figura 9). Questo impul-

so si diffonde velocemente attraverso gli atri (grazie alle giunzioni serrate), causandone la simultanea contrazione. Poiché non esistono giunzioni serrate tra le cellule degli atri e quelle dei ventricoli, gli impulsi elettrici non diffondono direttamente ai ventricoli, che non si contraggono all’unisono con gli atri. La contrazione degli atri

muscolari cardiache modificate, chiamato nodo seno-

stimola il nodo atrio-ventricolare, che, con un leggero

atriale, localizzato al limite tra la vena cava superiore e l’atrio destro. Questo sistema è in grado di generare ritmicamente impulsi elettrici, che si propagano in modo ordinato, prima agli atri poi ai ventricoli, grazie alla presenza di un sistema di conduzione che riesce a coordinare la contrazione del muscolo cardiaco. Questo sistema di conduzione comprende, oltre al nodo seno-atriale, tre diverse componenti. 1. Il nodo atrio-ventricolare: un nodo di cellule muscolari cardiache modificate situato al limite tra gli atri e i ventricoli.

ritardo, genera impulsi condotti ai ventricoli attraverso il fascio di Hise le fibre di Purkinje. Questi, poi, diffondono lo stimolo alla massa muscolare dei ventricoli dal basso,

causandone la contrazione. Il sistema nervoso non genera il battito cardiaco, ma può accelerarlo o rallentarlo influenzando l’attività del pacemaker e la frequenza degli impulsi che trasmette. RICORDA

Le cellule pacemaker situate nel nodo

seno-atriale del cuore producono autonomamente gli impulsi elettrici che avviano il battito cardiaco.

oratoccaate fa 1.

Che cos'è l'endocardio?

1.

Da quale strato è costituita la struttura

vera e propria della parete del cuore? 3.

Da che cosa è formato un ciclo cardiaco?

C132

La fase di contrazione del ciclo cardiaco è detta diastole / sistole.

2.

Il numero di battiti cardiaci al minuto è detto frequenza / gittata cardiaca.

Cerca informazioni in Rete sul pacemaker artificiale, scopri come funziona e chi è stato il primo paziente a dipendere da questo dispositivo. Scrivi una scheda di 5000 battute.

A

Gli strati tissutali Arteria

pressione, alcune sono calate di |

> Le arterie possiedono

I VASI SANGUIGNI

j——

c

N

molte fibre di

=

elastina che

I vasi sanguigni





Sy

.

i Strato ——.

>

.

di elastina

ermettono

comprendono

- Tessuto

il reflusso del

sangue.

l i

i >

Strato di casta

-

alte pressioni.

impediscono

>;

x

-— Muscolo— liscio

POTE ‘oro di alle resistere

|

Valvolaee Endotelio-—

=Z

2

— D

connettivo

O

arterie e arteriole 6

una rete di capillari 7

Organizzazione . . dei vasi sanguigni nel sistema

vene e venule 8

came)

(> | se RI

DO

WA

\

_

x

7

05

Arteria

/

qd

oa

circolatorio

3

\



7

” Ven era

Capillari

0

Le arterie

e le arteriole Le arterie portano il sangue dal cuore ai tessuti e devono

(Q

Caratteristiche dei vari tipi di vasi sanguigni Alta

.

27.

.

Pressione sanguigna media (mmHg)

sopportare una pressione sanguigna notevole e intermit-

tente (massima in sistole, minima in diastole). La pressione e la velocità del sangue si riducono ogni volta che le arterie si ramificano, sia a causa dell’attrito sia perché il volume del sangue si distribuisce in più vasi. In ogni caso, pressione e velocità devono mantenersi elevate per consentire al sangue di raggiungere la periferia del corpo. Pertutti questi motivi le pareti delle arterie sono molto spesse e formate da tre strati: un epitelio monostratificato chiamato endotelio, che riveste il lume interno,

uno strato di tessuto muscolare liscio e uno strato di connettivo nel quale abbondano le fibre di collagene e di elastina. La componente elastica è importante perché consente alle arterie di resistere alle alte pressioni del

Xx Velocità (cm/s)

Bassa |

td Arteria grande

Arteria piccola

Arteriole

Capillari

Venule

Vena

Figura 10 Anatomia dei vasi sanguigni (A) Le differenti caratteristiche anatomiche delle arterie e delle vene rispecchiano

le diverse funzionalità. (B) Il sangue del sistema arterioso si riversa nei letti capillari, dove avvengono gli scambi dei nutrienti e delle sostanze di scarto con le cellule del corpo. Il sistema venoso riporta il sangue al cuore. (C) Il grafico mostra la pressione e la velocità del sangue nell'area relativa a ogni vaso.

sangue proveniente dal cuore (Figura 10A). Le fibre ela-

stiche si allungano a ogni sistole e si accorciano a ogni diastole, favorendo così l'avanzamento del sangue. Come risultato, il flusso di sangue è più omogeneo di quello che sarebbe in un sistema di condotti rigidi. La componente muscolare è importante soprattutto nelle arteriole: le cellule della muscolatura liscia nelle pareti delle arteriole permettono a questi vasi di restringersi (vasocostrizione) o dilatarsi (vasodilatazione), variando così

la quantità di sangue che fluisce al loro interno e la sua distribuzione ai tessuti del corpo. RICORDA La funzione delle arterie è quella di trasportare il sangue dal cuore a tutti i tessuti, per questo le pareti sono spesse e ricche di elastina.

dei capillari I letti capillari sono

situati tra arteriole e venule

(Figura 10B e 10C) e formano una rete fittissima: la mag-

gior parte delle cellule del corpo si trova, rispetto a un capillare, a una distanza che non supera il doppio del diametro della cellula stessa. Le necessità metaboliche delle cellule sono soddisfatte grazie agli scambi di sostanze tra sangue e fluido interstiziale attraverso le pareti dei capillari. Per questo, nei capillari il sangue fluisce molto lentamente, in modo da facilitare gli scambi. Occorre tenere presente che le arteriole sono molto ramificate e ognuna di esse dà origine a un ampio numero di capillari. Anche se ognuno di essi ha un diametro così piccolo che gli eritrociti devono passare uno dietro l’altro, il

C5 | La circolazione sanguigna | €133

Il termine arteria (dal greco artdo, «io collego») inizialmente indicava la trachea, che trasporta l’aria

al corpo, poi passò a indicare le arterie.

Valvola chiusa 4 4 4 Il muscolo si contrae:

Valvola aperta

5

‘\1_ _

—_&— —

4

4

y

\

ea

Questa compressione spinge il sangue delle vene verso il cuore e una valvola ne impedisce il reflusso.

Il sangue viene spinto in avanti

dalle contrazioni muscolari. Valvola aperta

La contrazione dei muscoli scheletrici

Il muscolo si rilascia:

comprime le

Valvola chiusa

/ |

TE

=

vene. La pressione retrograda è dovuta alle contrazioni degli

arti, a quelle dei muscoli e, in alcune regioni, alla gravità. Figura 11 Un flusso a senso unico Le vene sono provviste di valvole che impediscono al sangue di fluire a ritroso e le contrazioni dei muscoli scheletrici concorrono a spingerlo verso il cuore.

letto capillare nel suo complesso ha una capacità molto maggiore di accogliere il sangue di quanto non abbiano le arteriole. Per questo il flusso diventa lento e costante. Le pareti dei capillari sono costituite da un singolo strato sottile di cellule endoteliali che circondano una cavità di dimensioni ridottissime. In molti tessuti del corpo, soprattutto nell’intestino e nelle ghiandole endocrine, i capillari presentano piccoli fori detti fenestrazioni, chiusi da un sottile diaframma, che li rende più permeabili rispetto alla membrana endoteliale. All’interno dei capillari, mentre il sangue fluisce, alcune sostanze diffondono. Di conseguenza, il sangue che entra in un capillare modifica gradualmente la sua composizione. Nella circolazione sistemica, per esempio, il sangue entra a una estremità del capillare ricco di O, e privo di CO, ed esce all’estremità opposta, privo di O, e ricco di CO.. La situazione opposta si verifica nei capillari della circolazione polmonare. Questi scambi sono permessi dall’endotelio molto sottile dei capillari.

Le venule e le vene raccolgono il sangue che confluisce dai capillari e lo riportano verso il cuore, ma per svolgere questo compito devono risolvere alcuni problemi. Prima di tutto, la pressione del sangue che fluisce dai capillari alle venule è estremamente bassa ed è insufficiente a spingere il sangue verso il cuore. Inoltre, le pareti delle vene sono più sottili di quelle delle arterie ma sono meno elastiche, cioè non rispondono alla dilatazione ritornando prontamente alla condizione iniziale. Per questo motivo il sangue tende ad accumularsi nelle vene e più del 60% del volume totale di sangue di un individuo a riposo si trova nelle vene. Il flusso sanguigno attraverso le vene che si trovano sopra il livello del cuore è favorito dalla gravità; sotto il livello del cuore, il ritorno venoso avviene contro gravità. La forza che spinge il sangue da queste regioni al cuore è la compressione delle vene dovuta alle contrazioni dei muscoli scheletrici che le circondano. Quando i muscoli

si contraggono, i vasi vengono compressi e il sangue è spinto attraverso di essi. Il flusso di sangue può essere temporaneamente bloccato durante una prolungata contrazione muscolare, ma quando il muscolo si rilassa, il

sangue è nuovamente libero di fluire. Per impedire che la contrazione muscolare spinga il sangue nella direzione sbagliata, molte grandi vene degli arti inferiori contengono valvole a nido di rondine, costituite da lembi di tessuto che dalle pareti sporgono all’interno del vaso. Le valvole si aprono a senso unico e impediscono il reflusso del sangue (Figura 11). Per gli arti inferiori questi accorgimenti sono essenziali: grazie alle valvole presenti nelle vene delle gambe, le contrazioni dei muscoli agiscono come pompe vascolari ausiliarie quando camminiamo o corriamo. Se invece si resta immobili a lungo nella stessa posizione, la gravità causa

l'accumulo del sangue nelle vene della parte inferiore del corpo ed esercita una pressione sui letti capillari, con la fuoriuscita di fluidi verso lo spazio intercellulare. RICORDA

RICORDA La fitta rete di capillari scambia le sostanze nutritive con il liquido interstiziale.

Le vene e le venule

>

Le venule e le vene raccolgono il sangue

dai capillari e lo portano al cuore grazie a contrazioni muscolari e valvole a nido di rondine. ACTIVE Pr (82 eta ea tia

1. 2. 3. 4.

Qualè la funzione delle arterie e da quale caratteristica anatomica è garantita? Come sono fatte le pareti dei capillari? Che cosa contengono molte delle grandi vene degli arti inferiori e perché? Cosa sono le fenestrazioni?

C134

1.

2.

Le vene raccolgono il sangue che confluisce dai capillari e lo portano verso i polmoni / il cuore. Il flusso sanguigno attraverso le arterie / vene che si trovano sopra il livello del cuore è favorito dalla densità / gravità.

A 10)

Immagina di dover costruire artigianalmente un modello dei vasi sanguigni: che materiali utilizzeresti per ogni componente della loro struttura per mantenerne la funzione? Per

esempio, lo strato di elastina potrebbe essere in gomma.

I globuli rossi devono passare attraverso i capillari singolarmente, uno dietro l'altro.

SCAMBI E REGOLAZIONE DEL FLUSSO SANGUIGNO

— Parete dei capillari Nucleo della cellula endoteliale Cellule endoteliali

Il flusso sanguigno

è regolato

consente

scambi tra

localmente

da un centro

liquido

dalle arteriole

di controllo

interstiziale

10

nervoso 11

e sangue 9

La parete dei capillari è formata da uno strato di cellule endoteliali. Il liquido può fuoriuscire dagli spazi tra cellule adiacenti.

LET a (=) capillare

Globuli rossi

4 fl

Mitocondrio —

Figura 12 Un passaggio stretto | capillari hanno un diametro molto piccolo e il sangue vi scorre molto lentamente.

00

Gli scambi tra liquido interstiziale e sangue

Nei capillari (Figura 12) hanno luogo gli scambi tra sangue e liquidi interstiziali secondo modalità differenti. La maggior parte delle sostanze si muove attraversando la membrana plasmatica delle cellule endoteliali che riveste i capillari. Le sostanze liposolubili e molte piccole molecole passano per diffusione (un tipo di trasporto passivo), muovendosi da un’area dove si trovano a una concentrazione maggiore verso una a concentrazione inferiore; alcuni ioni e piccole molecole polari possono attraversare le membrane all’interno di vescicole, per endocitosi o esocitosi (trasporto attivo). Piccole molecole

entrano o escono attraverso le fessure intercellulari o i pori dei capillari fenestrati. I capillari che si trovano nei differenti tessuti, comunque, sono diversamente selettivi. Tutti i capillari sono permeabili all’O,, al CO, al glucosio e a piccoli ioni come sodio (Na*) e cloro (CIY). Per quanto riguarda altre sostan-

ze vi sono significative differenze da tessuto a tessuto: i capillari del cervello, per esempio, lasciano passare poche sostanze, mentre quelli del tratto digerente sono assai meno selettivi. RICORDA Gli scambi tra il liquido interstiziale e il sangue avvengono nei capillari con modalità diverse a seconda delle sostanze e del tessuto che

attraversano.

dll)

Il controllo del flusso sanguigno

I meccanismi di scambio descritti richiedono un preciso controllo del flusso sanguigno. Un primo livello di controllo si attua a livello locale variando la quantità di sangue che fluisce attraverso un letto capillare in relazione alle esigenze del momento. Ciò è possibile per due ragioni. * Laretecapillare nel suo complesso è molto vasta e viene utilizzata in condizioni di riposo solo in minima parte. Si può quindi aumentare e ridurre l’afflusso di sangue aumentando o riducendo il numero di capillari impegnati. + Insecondoluogo, le arteriole che alimentano un letto capillare sono dotate di «anelli» di muscolatura liscia, chiamati sfinteri precapillari, posti all’esterno del vaso proprio nel punto di passaggio tra arteriola e capillare. Se gli sfinteri precapillari sono contratti, limitano il rifornimento del sangue al letto capillare; se invece sono rilassati e l’arteriola è completamente aperta, la pressione sanguigna spinge il sangue nei capillari. Contrazione e rilassamento avvengono in risposta a precisi stimoli chimici. Se in un tessuto la concentrazione di O, è troppo bassa e quella di CO, è troppo elevata, gli sfinteri si rilassano aumentando il rifornimento di sangue. In questo modo il tessuto riceve una maggior quantità di O, ed elimina più CO,: questa risposta è conosciuta come iperemia.

C5 | La circolazione sanguigna | €135

Iperemia dal greco hypér, «sopra», e haima, «sangue», da cui deriva anche il diffuso prefisso emo-.

Significa «eccesso di sangue». In generale,

tutte le attività che aumentano il metabolismo di un tessuto inducono anche iperemia.

I meccanismi di autoregolazione locale hanno anche effetti più generali, perché influenzano la pressione e la composizione del sangue arterioso. Se molte arteriole d'improvviso si dilatano, il sangue fluisce attraverso molti più letti capillari e la pressione arteriosa scende. Se questi letti capillari forniscono CO, al sangue in contemporanea, la concentrazione di CO, nel sangue che torna al cuore aumenta molto. Il sistema nervoso e quello endocrino rispondono a questo cambiamento variando la velocità della respirazione, la frequenza del battito cardiaco e la distribuzione del sangue, per adeguarsi ai bisogni metabolici dell'organismo.

Rene \

d - Ghiandola surrenale

Il controllo nervoso

Adrenalina

e ormonale

Il midollo

allungato è una struttura del sistema nervoso localizzata nella zona che raccorda il midollo

spinale e l’encefalo

Aumenta il battito cardiaco e la pressione

Il sistema nervoso autonomo controlla la frequenza cardiaca e la costrizione dei vasi sanguigni grazie a un centro di controllo cardiovascolare situato nel midollo allungato. Il centro di controllo riceve informazioni da appositi recettori, che segnalano i cambiamenti della pressione e della composizione del sangue (Figura 13). I recettori per la pressione, barocettori, sono situati nelle pareti delle grosse arterie che portano il sangue al cervello: l’arco aortico e le arterie carotidee. Il meccanismo di risposta alle variazioni di pressione è un esempio di feedback negativo. Quando i recettori segnalano un

1.

3. 4.

Quali sostanze attraversano i capillari?

Sono più selettivi i capillari del cervello o quelli del tratto digerente? Come vengono regolate la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca? Da cosa sono attivati i chemocettori?

C136

1,

2.

Diminuisce il battito cardiaco e la pressione arteriosa. $

arteriosa.

co

cal

Quando la pressione Il

aumento della pressione, il centro di controllo rallenta il

battito cardiaco e determina una vasodilatazione a livello delle arteriole periferiche. Se invece la pressione nelle grandi arterie scende, l’attività dei recettori di tensione diminuisce e il centro di controllo stimola la vasocostrizione delle arteriole e l'aumento della frequenza del battito cardiaco. Un'altra informazione che induce il centro di controllo cardiovascolare ad aumentare il battito cardiaco e la pressione sanguigna proviene dai chemocettori del midollo allungato, dell'arco aortico e delle arterie carotidee. Questi chemiosensori vengono attivati dall'aumento dei livelli di CO, e dalla diminuzione dei livelli di O.

Chemocettori nel midollo allungato segnalano elevate concentrazioni di CO, nel sangue.

Centro di controllo cardiovascolare nel midollo allungato

RICORDA Le arteriole sono vasi che regolano la distribuzione del sangue nei letti capillari.

EI

\

Centri cerebrali superiori

Quando la concentrazione di

arteriosa aumenta si attivano barocettori nell'aorta e nell'arteria carotidea,

CO, nel sangue si abbassa si attivano chemocettori nell'aorta e nell'arteria carotidea.

Figura 13 Regolazione della pressione sanguigna Il sistema nervoso autonomo controlla la frequenza cardiaca in risposta alle informazioni su pressione e composizione del sangue provenienti dal midollo allungato.

RICORDA La pressione sanguigna e la frequenza cardiaca sono regolate grazie a un centro di controllo

cardiovascolare.

li si verifica quando aumenta il rifornimento di sangue e

Trova tre situazioni in cui la frequenza

ossigeno a un tessuto. pressione / concentrazione e si trovano

una patologica. Per ognuna di esse descrivi quali potrebbero essere i meccanismi di azione che le caratterizzano. Per farlo aiutati

nelle arterie che vanno al cervello.

con una ricerca in Rete.

I barocettori sono i recettori per la

cardiaca aumenta: una fisica, una emotiva e

sma, e gli elementi figurati, cioè cellule o frammenti il di cellule. Gli elementi figurati sono eritrociti, piastrinee leucociti. Solo i leucociti sono vere e proprie cellule: gli eritrociti sono cellule anucleate e le piastrine frammenti cellulari. Se un campione di sangue viene centrifugato, le due componenti si separano e la porzione cellulare si stratifica nei diversi elementi in base al peso. Il plasma rappresenta il volume maggiore e si trova nella parte alta della provetta, mentre gli eritrociti si trovano sul fondo; tra questi due troviamo un sottile strato definito buffy coat

LA COMPOSIZIONE DEL SANGUE Il sangue

è costituito da

elementi figurati 12

plasma 16

radice greca kytos,

«cavità», nel senso di cellula. Leukds significa «bianco», erythrés «rosso».

che contiene leucociti e piastrine (Figura 14).

originati

Gli elementi figurati

La percentuale in volume di plasma si aggira in media intorno al 54-58%. La percentuale del volume occupato dagli eritrociti si chiama ematòcrito. Normalmente il valore dell’ematocrito è circa il 42% nella donna e il 46% nell’uomo, ma questi valori possono cambiare considerevolmente: per esempio, essi sono più alti nelle persone che vivono e lavorano ad altitudini elevate, perché la bassa pressione dell’ossigeno stimola una maggiore produzione di eritrociti. Gli eritrociti sono gli elementi

e il plasma

figurati più abbondanti, perciò il valore dell’ematocrito è

attraverso

come

l’emopoiesi

eritrociti

leucociti

piastrine

17

13

14

15

i cui antigeni definiscono

lE

In leucociti ederitrociti igruppi sanguigni 18

molto più alto del valore del buffy coat: leucociti e piastrine che rappresentano infatti solo 1’1% del volume totale.

Il sangue costituisce circa l’8% del peso corporeo e ha un volume diverso a seconda dell’età, del sesso e del peso dell'individuo. In un uomo adulto il volume sanguigno è di circa 5-6 litri. Nel sangue si distinguono due componenti diverse, una porzione plasmatica e una porzione

cellulare, rispettivamente una matrice fluida, detta plaIl sangue viene

RICORDA Il sangue è una soluzione acquosa in cui si distinguono due componenti: il plasma e gli elementi figurati (eritrociti, leucociti e piastrine).

=

prelevato da una vena

“Se

del braccio, posto in una provetta e centrifugato.

100% —

Acqua

Trasportati dal sangue:

Sali

Proteine plasmatiche

Sodio, potassio, calcio, magnesio, cloruro, | bicarbonato

Albumina, protrombina, fibrinogeno, immunoglobuline

vitamine) =» Prodotti di scarto del metabolismo

Equilibrio osmotico,

l 085 Platani

Equilibrio osmotico,

Solvente

tamponamento del pH,

= Nutrienti (come glucosio,

| tamponamento del pH,

(

regolazione dei potenziali | coagulazione, di membrana risposte immunitarie

e >)

l c Lore. "calore

50% Ematocrit

MAtocrito if

Strato

Eritrociti

(globuli rossi)



Leucociti

Piastrine

| (globuli bianchi)

(frammenti

|

leucocita no” piastrinico

| cellulari) Basofilo

Eosinofilo

Neutrofilo

Linfocita

Monoacita

(buffy coat)

»

y-

10%

0 sii

Figura 14 La composizione del sangue Il sangue è costituito da una soluzione acquosa (il plasma) in cui sono sospesi numerosi tipi di cellule.

4-6 milioni Trasporto di ossigeno e di diossido di carbonio

2

“> 5000-10 000 Demolizione di cellule estranee, produzione di anticorpi; ruoli nelle risposte allergiche

C5 | La circolazione sanguigna | €137

&@

250 000—| 400000 Coagulazione del sangue

EE)

Neutrofilo

I globuli rossi o eritrociti

Gli eritrociti, o globuli rossi, sono gli elementi figurati più abbondanti nel sangue. I globuli rossi dei mammiferi sono cellule anucleate: essi infatti perdono il nucleo durante il processo di differenziamento. Hanno forma

Linfocita

di dischi biconcavi e sono molto flessibili, ciò conferi-

sce loro un’ampia superficie per gli scambi gassosi e la capacità di transitare attraverso i capillari più stretti. Il loro citoplasma contiene quasi esclusivamente molecole di emoglobina, una proteina che si lega all’ossigeno a livello dei polmoni e lo rilascia nei tessuti. Gli eritrociti sono trasportatori di gas: trasportano la maggior parte dell’O, presente nel sangue e contribuiscono anche al trasporto di CO, dai tessuti ai polmoni. Il numero di eritrociti è variabile, ma sempre elevatissimo: di norma vi sono da 4 a 6 milioni di eritrociti per mm' di sangue (Figura 15). Proprio perché sono così numerosi, gli eritrociti influenzano la viscosità del sangue: se sono troppi il sangue diventa più denso e scorre a fatica, se invece il loro numero è basso il sangue è più fluido e scorre più rapidamente. Gli eritrociti hanno vita breve: ognuno di essi circola per circa 120 giorni. Quando invecchia, la sua membrana diventa meno flessibile e più fragile, perciò i vecchi eritrociti possono rompersi mentre si piegano per adattarsi ai capillari. La milza, un organo vicino allo stomaco,

Eritrocita

Figura 15 Gli eritrociti sono gli elementi più abbondanti Un campione di sangue al microscopio ottico presenta soprattutto globuli rossi e qualche altro elemento figurato.

Esistono diversi tipi di leucociti: + igranulociti: caratterizzati dalla presenza nel citoplasma di grossi granuli visibili. In base alla colorazione assunta al microscopio ottico, si dividono in neutrofili (che hanno affinità per i coloranti neutri), eosinofili (che si colorano con quelli acidi) e basofili (affini a coloranti basici).

+

ilinfociti: comprendono linfociti T, linfociti B e cellule natural Killer(NK). Partecipano alle difese specifiche:

dapprima riconoscono un agente patogeno, poi lo at-

presenta molte cavità, dette seni venosi, che servono come

taccano in modo mirato. La risposta mirata implica

riserva di eritrociti: quando i vecchi eritrociti si rompono, i residui sono recuperati e degradati.

quasi sempre la produzione di proteine circolanti nel sangue chiamate anticorpi. +

RICORDA Gli eritrociti sono gli elementi figurati più abbondanti. Loro principale funzione è quella di

trasportare l'O, e il CO, circolanti nel sangue.

imonociti: sono i leucociti più grandi, caratterizzati

da un grosso nucleo a forma di ferro di cavallo. Vediamo come agiscono i globuli bianchi in caso di infezione. I primi a rispondere sono i granulociti neutrofili, che fagocitano i microrganismi estranei; contemporaneamente, essi rilasciano speciali enzimi come il lisozima,

A)

I globuli bianchi o leucociti

Ileucociti possiedono un nucleo e sono molto più grandi e meno numerosi degli eritrociti: 1 mm di sangue umano ne contiene in media 7000, ma il loro numero può variare in un intervallo considerevole. I leucociti hanno funzioni difensive: possono attaccare virus, batteri o altri organismi estranei e in molti casi

riconoscono e neutralizzano anche le cellule tumorali. Tuttiileucociti possono abbandonare l’apparato cardiovascolare ed entrare negli spazi intercellulari, quando sono richiamati da segnali chimici emessi dalle cellule in presenza di organismi o sostanze estranei. Gli stessi segnali di richiamo inducono anche la proliferazione dei leucociti.

C138

che distrugge la parete dei batteri. I monociti impiegano più tempo per raggiungere il sito di infezione; una volta arrivati si trasformano in macrofagi, cellule di grandi dimensioni che possono fagocitare molti più microbi rispetto ai neutrofili. Allo stesso tempo, i granulociti eosinofili e basofili lasciano i capillari e passano nel liquido interstiziale. Qui gli eosinofili svolgono azione fagocitaria e rilasciano enzimi che concorrono a combattere l'infezione, mentre i basofili liberano sostanze come l’eparina e l’istamina, che intensificano la risposta infiammatoria e sono coinvolte nelle reazioni allergiche. I tre tipi di linfociti (B, Te NK) sono i principali «combattenti» che intervengono nella risposta immunitaria. I linfociti B si possono differenziare in cellule della memoria e plasmacellule. Le plasmacellule producono anticorpi

1. Una lesione alla parete di un vaso sanguigno espone fibre di collagene, alle quali aderiscono piastrine, che diventano adesive.

2. Le piastrine secernono sostanze che inducono la

3. Il coagulo di fibrina sigilla la

contrazione del vaso. Le piastrine adesive formano un tappo e iniziano a formare un coagulo di fibrina.

ferita fino a quando la parete del vaso guarisce.

della

Sistema | sottomucosa — nervoso enterico

Rete nervosa

Ghiandola

tra gli strati

/

muscolari

La Soto

cosa

.

Strato di -

contiene i SÌ ema nervoso enterico.

della

sa

muscolatura circolare

|

Lume

\

orientate circolarmente intorno al canale; il più ester-

sottomucosa

no è il foglietto muscolare longitudinale, le cui cellule sono orientate longitudinalmente rispetto al canale. I muscoli circolari stringono il tubo digerente, mentre i muscoli longitudinali lo accorciano. L'attività coordinata dei due foglietti muscolari genera onde di contrazione che permettono il rimescolamento e la progressione del cibo lungo il tubo digerente. Que-

IW Strato di muscolatura longitudinale

Figura 7 Gli strati di tessuto del canale alimentare In tutte le sezioni del tubo digerente dei vertebrati, l'organizzazione degli strati di tessuto è la stessa, ma le diverse regioni sono caratterizzate da adattamenti specializzati.

5 La tonaca è un

capo di vestiario

tipico di frati e suore. Per estensione,

in medicinaè

sti movimenti, che sono involontari, sono chiamati

L'anatomia

dell'apparato digerente Dall’esofago all’intestino crasso il tubo digerente è ri.

o.

.

vestito da quattro strati di tessuto (Figura 7) chiamati

—tonache. Come abbiamo visto nel Capitolo C1, il tubo di

Igerente




la fase meccanica Il cibo viene introdotto nell’apparato digerente attraverso la bocca o cavità orale, dove è masticato e mischiato con la saliva. La bocca è delimitata dalle labbra, dalle guance, dal palato duro (anteriore) e dal palato molle (posteriore). Nella cavità orale avviene la prima digestione meccanica: il cibo viene triturato dai denti e poi mescolato con l’aiuto

Un materiale duro chiamato smalto, composto principalmente di fosfato di calcio, ricopre i denti.

\

Radice

+

sf

hd

>

Gengiva

È|

i

BI n°

te -- 7

Sia la corona che la radice contengono uno strato di un materiale osseo

tI

a oo 44

chiamato dentina...

|

gdo t

o

... all'interno del quale si trova la cavità

n:

della polpa che contiene vasi sanguigni, nervi e le cellule che producono la dentina.

della lingua e della saliva. Alla cavità orale, infatti, sono

annessi lingua, denti e tre paia di ghiandole salivari: le parotidi, situate davanti e sotto le orecchie, le sottomandi-

bolari e le sottolinquali. Le ghiandole salivari. Sono ghiandole esocrine che secernono la saliva, una miscela fluida composta per oltre 11 99% di acqua. La saliva ha anche una funzione protet-

Cemento (fissa il dente

Osso

Nervi e vasi sanguigni

Membrana periodontale

all'osso)

Figura 8 La dentatura umana (A) Gli esseri umani sono onnivori e possiedono una dentatura mista e

(B) ogni dente è costituito da tre strati differenti.

tiva; contiene, infatti, un enzima chiamato lisozima che

è in grado di uccidere i batteri. La salivazione, ovvero la secrezione della saliva, è controllata dal sistema nervo-

so autonomo. Normalmente, viene sempre prodotta una quantità di saliva sufficiente a inumidire la cavità orale e la lingua, mentre in condizioni di forte stress prevale la sensazione di «bocca secca». Grazie alla salivazione, nella cavità orale comincia anche la digestione chimica ad opera dell’amilasi salivare che viene secreta dalle ghiandole salivari e mischiata con il cibo mentre questo viene masticato. L’amilasi idrolizza l’amido, liberando molecole di maltosio (un disaccaride).

I denti. L'essere umano si è adattato a una dieta onnivora e presenta una dentatura caratterizzata da una composizione mista di denti (Figura 8A). Tuttii denti hanno la stessa struttura generale suddivisa in tre regioni (Figura 8B):

la corona, che è la porzione visibile sopra la gengiva;

la radice, incuneata in cavità delle ossa mandibolari e mascellari chiamate alveoli, il colletto, cioè la linea di

giunzione tra la corona e la radice. Sia la corona sia la radice sono costituite da dentina, un tessuto connettivo calcificato che conferisce al dente la sua forma.

A livello della corona, la dentina è ricoperta da un materiale estremamente resistente chiamato smalto, com-

posto principalmente da fosfato di calcio. Lo smalto è la sostanza più dura dell’organismo e ha il compito di proteggere il dente. Nella radice, la dentina è rivestita da uno strato di cemento, una sostanza ossea che si attacca all’osso alveolare. All’interno della dentina si trova la cavità della

polpa, contenente le cellule che producono la dentina, i vasi sanguigni, i vasi linfatici e i nervi che attraversano la radice attraverso sottili canali radicolari.

C7 | L'apparato digerente | C183

O

ID

Deglutizione

Peristalsi Esofago

\

- Cibo _— Palato molle

-— Lingua —

Bolo alimentare

Faringe

Rilassamento __—dei muscoli circolari

— Epiglottide

Laringe —T ___— zl

Trachea

Contrazione dei muscoli circolari

A)



Contrazione dei — muscoli longitudinali

Glottide — Sfintere esofageo

Esofago

Sfintere esofageo

superiore

1. Il cibo è masticato e la lingua spinge il bolo alimentare verso la parte posteriore della bocca; i nervi sensoriali avviano il riflesso della deglutizione.

—T/

inferiore 2. Il palato molle viene sollevato mentre le corde vocali si avvicinano per

chiudere la laringe.

3. La laringe si solleva e si

Sfintere

sposta in avanti prima di essere chiusa dall'epiglottide; lo sfintere esofageo si rilassa; il bolo alimentare entra nell'esofago.

pilorico

Figura 9 Deglutizione e peristalsi

4. Le contrazioni peristaltiche spingono il cibo fino allo stomaco.

(A) Il cibo spinto verso la parte posteriore della bocca attiva il riflesso della

deglutizione. (B) Una volta che il bolo alimentare è entrato nell'esofago, la peristalsi lo spinge nello stomaco.

Nella cavità orale il cibo si trasforma in bolo. Raramente le sostanze presenti nel bolo vengono assorbite a livello del cavo orale, perché la degradazione chimica è troppo limitata. Solo alcuni farmaci riescono ad attraversare la mucosa buccale e a passare nel sangue. Il bolo masticato viene spinto verso la gola dalla lingua. Quando il cibo entra in contatto con il palato molle ha inizio la deglutizione, che spinge il bolo attraverso la faringe (a livello della quale si uniscono la cavità orale e le vie nasali) fino all’esofago. L'esofago è un «tubo» muscolare che corre posteriormente alla trachea; ha inizio dalla parte posteriore della faringe e attraversa il diaframma connettendosi alla parte superiore dello stomaco. La deglutizione. La deglutizione è un processo che comprende un'importante serie di riflessi. Prima di tutto, per evitare che il cibo entri nella trachea, la laringe si chiude e una piega di tessuto, chiamata epiglottide, ne ricopre

l'ingresso (Figura 9A). Dopo il passaggio del bolo, le vie respiratorie si riaprono e la respirazione riprende. Giunto nell’esofago, il bolo è spostato verso lo stomaco da movimenti di peristalsi (Figura 98). Come abbiamo visto, la

muscolatura della parte alta dell’esofago è scheletrica ed è controllata dal sistema nervoso volontario, mentre per la parte rimanente si tratta di muscolatura liscia. La muscolatura liscia del canale alimentare si contrae in risposta allo stiramento, che si verifica quando un bolo di cibo raggiunge l’esofago; i muscoli reagiscono contraendosi, spingendo il cibo verso lo stomaco. Perché la contrazione della tonaca muscolare dell’esofago non spinge mai il cibo all’indietro? La rete di neuroni posta tra i due foglietti muscolari coordina i muscoli in modo che la contrazione sia sempre preceduta da un’onda

C184

anticipatoria di rilassamento; così, quando un tratto dell’esofago si contrae, il segmento situato subito a valle si

rilascia e il bolo viene spinto in quella direzione. In questo modo, la peristalsi si propaga lungo il tubo digerente, spingendo verso lo stomaco il bolo alimenta-

re. Il movimento a ritroso del cibo dallo stomaco nell’esofago è impedito dallo sfintere esofageo. Questo sfintere normalmente è contratto, ma le ondate peristaltiche lo spingono a rilassarsi quanto basta per far passare il cibo dall’esofago nello stomaco. RICORDA Nella cavità orale inizia la fase meccanica della digestione, alla quale segue la digestione chimica e poi la deglutizione.

lo

Nello stomaco procedono digestione meccanica e chimica

Lo stomaco è un organo a forma di sacco allungato e si trova subito sotto il diaframma. Il cardias è la zona che circonda lo sfintere esofageo, il fondo è la porzione superiore (posta al di sopra di questo sfintere), mentre la parte più grande ripiegata è detta corpo; infine, la regione inferiore, più ristretta, è il piloro (Figura 10A).

La principale funzione dello stomaco è quella di immagazzinare il cibo e di mescolarlo; perciò questo organo è espandibile, e dopo un pasto può arrivare a contenere fino a 1,5 L di alimenti. Per rendere possibile tale espansione, la muscolatura liscia dello stomaco è poco sensibile allo stiramento. Lo stomaco ha anche funzioni secretorie. L’epitelio che riveste la sua mucosa, infatti, si introflette a forma-

A

Anatomia dello stomaco

O

Mucosa gastrica del rivestimento dello stomaco

Q

Le azioni delle cellule principali e delle cellule parietali del rivestimento dello stomaco

Sfintere —_esofageo inferiore

Pep sinogeno

Pepsina

i Cellule principali {secernono enzimi)

|

Sfintere

s&

HCI

Fossetta gastrica | Un pH basso converte il pepsinogeno in pepsina. La pepsina così formata attiva altre molecole di pepsinogeno attraverso un processo chiamato «autocatalisi».

Mucosa gastrica

(cellule epiteliali secernenti muco)

Cellule parietali (secernono acido cloridrico)

Le fossette gastriche corrispondono a profonde

pieghe dell'epitelio mucoso dello stomaco che ospitano cellule ghiandolari gastriche.

Figura 10 Lo stomaco in azione (A) Lo stomaco è formato da zone diverse e da una serie di ripiegamenti.

(B) Le cellule delle fossette gastriche secernono HCI e pepsinogeno. Le cellule mucose secernono muco che protegge lo stomaco.

re profonde depressioni chiamate fossette gastriche, che contengono tre tipi di cellule secretrici (Figura 10B e 10C):

1. le cellule principali secernono il pepsinogeno, un enzima in forma inattiva; 2. le cellule parietali producono acido cloridrico (HCl), che ha il duplice scopo di uccidere i microrganismi che raggiungono lo stomaco e di convertire il pepsinogeno nella sua forma attiva, la pepsina, un enzima in grado di digerire le proteine; 3.

le cellule mucose, infine, secernono muco.

La miscela di acido cloridrico e pepsina costituisce il succo gastrico, un miscuglio acido che potenzialmente sarebbe in grado di danneggiare la mucosa. Il pericolo è scongiurato grazie all’azione delle cellule mucose, che rivestono

le pareti dello stomaco con uno strato di muco protettivo. Questo muco contiene anche sostanze tampone che mantengono il pH sulla superficie della mucosa vicino alla neutralità ed enzimi chiamati inibitori delle proteasi che riducono il danno provocato dagli enzimi gastrici. RICORDA Lo stomaco è un organo espandibile che ha come funzione principale quella di immagazzinare e rimescolare il cibo.

li

Dallo stomaco all’intestino tenue

Quando il bolo raggiunge lo stomaco, le pareti si distendono e il pH tende ad aumentare; queste variazioni danno luogo a impulsi nervosi che stimolano la secrezione del succo gastrico e attivano le onde di mescolamento, modesti

movimenti peristaltici prodotti dalla tonaca muscolare. In questo modo, il cibo si mescola al succo gastrico e di-

venta un liquido denso chiamato chimo. Mentre la digestione meccanica procede, ha inizio la digestione chimica delle proteine, che vengono idrolizzate e trasformate in brevi peptidi a opera della pepsina. Ogni onda di mescolamento spinge piccoli spruzzi di chimo nell’intestino tenue attraverso lo sfintere pilorico (che è parzialmente aperto), mentre la maggior parte viene spinta nuovamente indietro verso il corpo dello stomaco. In questo modo, lo stomaco umano si svuota gradualmente nel corso di un periodo di circa quattro ore, senza sovraffaticare l’intestino. RICORDA Nello stomaco il cibo si mescola al succo gastrico e diventa un liquido denso chiamato chimo, che gradualmente viene spinto nell'intestino tenue.

(Oratoccaate agg 1,

Quali sono le ghiandole salivari presenti nella cavità orale? Che cosa accade alle proteine nello stomaco?

1. 2.

All'interno della dentina si trova la cavità della. ....................... . Lo strato esterno del tratto gastrointestinale è il perimisio / peritoneo.

Un team di biotecnologi ha modificato dei topi per fargli produrre pepsinogeno

dalle ghiandole salivari, tuttavia essi non digeriscono le proteine in bocca. Perché?

C7 | L'apparato digerente | C185

LA SINERGIA TRA INTESTINO, FEGATO E PANCREAS La digestione

pancreas

15

si conclude

prosegue nell’

nell’

__L_

intestino tenue 12

grazie a

> fegato 13

intestino

in cui

crasso 17

che svolge

Figura 11 | microvilli intestinali

L'immagine al microscopio elettronico (SEM) mostra la serie

si assorbono gli ultimi nutrienti 16

funzioni metaboliche 14

ordinata di microvilli (in giallo) che fa da contorno alla parete

dell'intestino.

all)

La digestione chimica nell'intestino tenue

Nell’intestino tenue avvengono diversi processi: 1. prosegue la digestione di carboidrati e proteine; 2. hannoinizio la digestione dei lipidi e l’assorbimento delle sostanze nutritive. L’intestino tenue è un organo molto esteso, con un diametro di circa 2,5 cm e una lunghezza di circa 6 m

in un adulto. Per facilitare l'enorme mole di lavoro che deve svolgere, la parete dell’intestino tenue è riccamente

pieghettata e sulle singole pieghe si trovano miriadi di piccole estroflessioni digitiformi chiamate villi. La membrana delle cellule che rivestono la superficie dei villi, a sua volta, possiede minuscole proiezioni chiamate microvilli. Villi e microvilli conferiscono all’intestino un’enorme superficie interna per l'assorbimento (Figura 11). Data la sua lunghezza, e considerati i villi e i microvilli,

La bile, nell’antica Grecia, era uno

dei quattro umori (succhi) del corpo umano;

in particolare, era associata alla collera. Per questo una persona che si infuria facilmente è definita biliosa.

l’area della superficie interna dell’intestino tenue è più o meno la stessa di un campo da tennis (circa 250 m?). Le cellule che rivestono l’intestino tenue svolgono due diverse funzioni: 1. secernono muco e piccole quantità di enzimi che vanno a costituire il succo enterico; 2. assorbono le sostanze prodotte nella digestione. L'intestino tenue può essere diviso in tre sezioni . La parte

iniziale, chiamata duodeno, è la porzione più corta (circa 25 cm) ed è collegata direttamente al piloro; questo è il sito dove si completa la digestione. Nel digiuno (lungo circa 2,5 m)e

nell’ileo (che misura circa 3,5 me che si col-

lega all’intestino crasso attraverso lo sfintere ileo-cecale) ha invece luogo il 90% dell’assorbimento delle sostanze nutritive.

C186

La digestione nell’intestino tenue richiede l’intervento di molti enzimi specializzati, ma solo una piccola parte di questi enzimi viene secreta dalle cellule ghiandolari della mucosa. La maggior parte è fornita da due organi ausiliari che non fanno parte del canale digerente: il fegato e il pancreas. RICORDA Nell'intestino tenue prosegue la digestione delle proteine e dei carboidrati, comincia la digestione dei lipidi e l'assorbimento dei nutrienti.

«lE

Il fegato svolge più funzioni

Dopo la cute, il fegato è il secondo organo del corpo umano in ordine di grandezza: in un adulto pesa circa 1,4 kg ed è situato al di sotto del diaframma, nella parte destra

dell'addome. È avvolto da una capsula di tessuto connettivo, la capsula di Glisson, circondata dal peritoneo. Sul bordo anteriore, verso il basso, si trova un piccolo sacco

a forma di pera, la cistifellea detta anche colecisti. Il fegato svolge varie funzioni collegate in generale con il metabolismo. Per quanto riguarda la digestione, esso ha il compito di sintetizzare la bile, una miscela fluida di sali e pigmenti biliari, colesterolo e altri lipidi. Una volta che è stata prodotta dagli epatociti, la bile entra nei canalicoli biliari; questi si riversano nei dotti biliari,

che a loro volta si fondono formando il dotto epatico. Più avanti, il dotto epatico si unisce al dotto cistico proveniente dalla cistifella per formare il dotto biliare comune coledoco, che sbocca nel duodeno insieme al dotto pancreatico, che proviene dal pancreas. La bile non contiene enzimi

e quindi non svolge direttamente un’azione digestiva, ma ha il compito di emulsionare le grosse gocce di lipidi che giungono nell’intestino, trasformandole in minuscole goccioline.

I lobuli epatici sono le unità funzionali del fegato e sono costituiti da epatociti, cellule epiteliali specializzate disposte a raggiera attorno a una vena centrale.

7

Lobulo epatico

Epatociti

Quando l’intestino è vuoto, la bile prodotta dal fegato

si raccoglie nel dotto epatico, passa nel dotto cistico e viene immagazzinata nella cistifellea. Quando, invece, arrivano alimenti ricchi di lipidi, un segnale ormonale provoca una contrazione delle pareti della colecisti, che spreme la bile nel dotto cistico e da qui scorre attraverso il coledoco per raggiungere il duodeno. Il ruolo della bile. Per comprendere il ruolo della bile nella digestione dei lipidi puoi pensare all’olio e all'aceto usati per condire l'insalata. Mischiato all’aceto, l’olio, che

è idrofobico, tende ad aggregarsi in grossi globuli. Per questa ragione molti condimenti già pronti perle insalate includono un emulsionante, cioè qualcosa che impedisce alle goccioline di olio di aggregarsi insieme. La bile contiene i sali biliari che, emulsionando i lipidi presenti nel chimo, aumentano notevolmente l’area superficiale dei lipidi esposti alle lipasi (gli enzimi che li digeriscono). Un’estremità di ogni molecola di sale biliare è idrofobica e lipofila, mentre l’altra è idrofilica. Le molecole di bile inseriscono le estremità lipofile nelle goccioline di lipidi, lasciando che le estremità idrofiliche sporgano all’esterno. Di conseguenza, i sali biliari impediscono alle goccioline di unirsi in globuli di grasso che prendono il nome di micelle. Il fegato è suddiviso in lobi costituti da unità funzionali chiamate lobuli (Figura 12); ogni lobulo è composto da

lamine di cellule epitetali specializzate chiamate epatociti, disposte a raggiera attorno a una vena centrale. Nel fegato sono presenti anche minuscoli elementi cellulari chiamati cellule di Kupfferche hanno il compito di distruggere i globuli rossi senescenti, i batteri e in generale i materiali estranei che arrivano al fegato trasportati dal sangue venoso. RICORDA Il fegato è un organo ausiliario all'apparato digerente che contribuisce alla digestione sintetizzando la bile, una miscela fluida che emulsiona le grosse gocce lipidiche.

Il fegato AREO) e il metabolismo Poiché l’alimentazione non è un processo continuo, il nostro organismo ha bisogno di immagazzinare parte delle sostanze prodotte dalla digestione per immetterle nella circolazione in base alle proprie necessità. Un ruolo chiave in questo processo è svolto dal fegato.

Vena centrale —_

Ramo dell'arteria — epatica Sinusoidi

Ramo della vena



porta

Dotto biliare

Figura 12 | lobuli epatici In questo particolare è mostrata la struttura di un lobulo epatico del fegato.

Tutto il sangue che lascia il tratto digerente scorre fino al fegato attraverso la vena porta epatica, una grossa vena che trasporta il sangue fino ai sinusoidi (piccoli spazi tra gli epatociti; vedi Figura 12). Qui le cellule del fegato as-

sorbono le sostanze nutritive provenienti dall’intestino, le immagazzinano oppure le convertono nelle molecole di cui l’organismo ha bisogno. Glucosio, saccarosio e fruttosio sono usati per sintetizzare il glicogeno, gli amminoacidi per produrre proteine, mentre i lipidi sono immagazzinati come trigliceridi. In presenza di elevati livelli sanguigni di molecole nutrienti, il fegato leimmagazzina sotto forma di glicogeno e trigliceridi; al contrario, quando i livelli sono bassi, ne

rilascia di nuove. Il fegato sintetizza anche le proteine del sangue a partire dagli amminoacidi in circolo. Il fegato possiede una grandissima capacità di convertire tra loro le molecole ad alto contenuto energetico; le sue cellule, infatti, possono trasformare i monosaccaridi in glicogeno. Inoltre può convertire in glucosio amminoacidi e molecole come il piruvato e il lattato (in un processo chiamato gluconeogenesi). Infine, il fegato è anche il principale controllore del metabolismo dei lipidi, attraverso la produzione di lipoproteine. Una lipoproteina è una particella composta da un nucleo idrofobico di lipidi e colesterolo, ricoperto da uno strato di proteine idrofiliche che le permettono di rimanere sospesa in acqua. Le lipoproteine sintetizzate dal fegato possono essere classificate in base alla loro densità. I lipidi hanno una bassa densità, mentre le proteine han-

no un’alta densità; quindi, quanto maggiore è il rapporto tra lipidi e proteine presenti in una lipoproteina, tanto minore sarà la densità di questa.

C7 | L'apparato digerente | C187

Fonte

Il fegato produce

Enzima

Ghiandole salivari

e secerne bile,

Stomaco

Azione

amilasi salivare

amido + maltosio

— pepsina

Pancreas

amido + maltosio

lipasi

lipidi + acidi grassi e glicerolo

nucleasi

acidi nucleici + nucleotidi

tripsina

proteine + peptidi

chimotripsina

proteine + peptidi

carbossipeptidasi

Intestino

proteine + peptidi

amilasi pancreatica

. peptidi + peptidi più brevi e amminoacidi

amminopeptidasi . peptidi + peptidi più brevi

tenue

e amminoacidi

dipeptidi > amminoacidi

enterochinasi

tripsinogeno & tripsina

nucleasi

acidi nucleici + nucleotidi

maltasi

La cistifellea immagazzina bile, che contribuisce alla digestione dei lipidi. Dotto pancreatico

lattosio + galattosio e glucosio

saccarasi

saccarosio + fruttosio e glucosio

Tabella 14 | principali enzimi dell'apparato digerente umano Il pancreas esocrino produce enzimi digestivi e una soluzione di bicarbonato.

Figura 13 | dotti della cistifellea e del pancreas Le vie di collegamento tra dotto epatico, che diventa coledoco, e dotto pancreatico.

Lelipoproteine ad alta densità (in inglese High Density Lipoproteins, HDL) rimuovono il colesterolo dai tessuti e lo portano al fegato, dove può essere usato

per sintetizzare la bile. Le HDL consistono in un 50% di proteine, 35% di lipidi e 15% di colesterolo. + Lelipoproteinea bassa densità (Low Density Lipoproteins, LDL) trasportano il colesterolo nell'organismo affinché sia utilizzato nelle biosintesi oimmagazzinato. Le LDL sono costituite per il 25% di proteine, per il 25% di lipidi e per il 50% di colesterolo. + Le lipoproteine a densità molto bassa (Very Low Density Lipoproteins, VLDL) contengono soprattutto trigliceridi destinati alle cellule adipose di tutto il corpo. Le VLDL consistono in un 10% di proteine, 70% di lipidi e 20% di colesterolo. Perla loro funzione nella regolazione del livello ematico di colesterolo (le LDL lo fanno aumentare, mentre le HDL lo rimuovono), le LDL sono talvolta chiamate «coleste-

rolo cattivo» e le HDL «colesterolo buono».

metabolici: immagazzina i nutrienti e li converte nelle molecole di cui l'organismo ha bisogno.

C188

maltosio + glucosio

lattasi



Duodeno dell'intestino tenue

»

dipeptidasi

Si

Il pancreas esocrino ed endocrino

Il pancreas è una grossa ghiandola posizionata al di sotto dello stomaco (Figura 13) ed è composto da una frazione

esocrina e da una frazione endocrina: * lecelluleesocrine producono una miscela di enzimi digestivi che costituisce il succo pancreatico; +

lecelluleendocrine, che costituiscono le isole pancreatiche o isole di Langerhans, producono diversi ormoni

(tra cui l’insulinae il glucagone, coinvolti nel metabolismo del glucosio), che dal sangue raggiungono tutte le cellule. Il succo pancreatico si riversa nel dotto pancreatico, che confluisce con il dotto biliare comune per poi sfociare nel duodeno. Questo liquido limpido e incolore contiene acqua, numerosi enzimi digestivi (Tabella 14) e ioni bicar-

bonato (HCO;) utili a neutralizzare l’acidità del chimo

proveniente dallo stomaco: gli enzimi intestinali, infatti, funzionano meglio a pH neutro o lievemente basico. Alcuni degli enzimi del succo pancreatico vengono rilasciati in forma inattiva, come il tripsinogeno (precursore della tripsina). Una volta attiva, la tripsina può agire su altre molecole di tripsinogeno grazie a un meccanismo a feedback positivo. Tripsina, chimotripsina e carbossipeptidasi continuano la digestione delle proteine iniziata nello stomaco. RICORDA Il pancreas è una ghiandola suddivisa in una parte esocrina e una parte endocrina.

ES

L'assorbimento

Nella maggior parte dei vertebrati l'enorme superficie di assorbimento è

nell'intestino tenue Le fasi finali della digestione delle proteine e dei carboidrati e l'assorbimento dei loro componenti avvengono tra i microvilli dell'intestino tenue (Figura 15).

Le cellule epiteliali che rivestono la mucosa secernono numerose peptidasi che «tagliano» i polipeptidi in tripeptidi, dipeptidi e singoli amminoacidi, più facili da assorbire. Le stesse cellule epiteliali producono anche gli enzimi maltasi, lattasi e saccarasi, che agiscono sui disaccaridi trasformandoli in monosaccaridi assorbibili:

Dei villi simili a dita aumentano l’area superficiale delle

Questi villi sono a loro volta ricoperti da microvilli, che

pieghe intestinali.

dovuta alla lunghezza

aumentano

dell'intestino tenue e al ripiegamento del suo rivestimento.

ulteriormente la superficie di assorbimento.

7

Microvilli

Chilifero Microvilli

Villi

Pliche ——%

|

intestinali

4 7

glucosio, galattosio e fruttosio (vedi Tabella 14). Chi è intollerante al lattosio, smette di produrre l’enzi-

-—

7a

Cellula -

epiteliale

N

1)

ma lattasi durante l’infanzia e ha perciò difficoltà a digerire il lattosio (lo zucchero presente nel latte). Il lattosio è un disaccaride e non può venire assorbito senza essere scisso nelle sue parti costituenti: glucosio e galattosio. Il lattosio non assorbito finisce per essere metabolizzato dai batteri dell’intestino crasso, provocando nei soggetti

Vasi sanguigni

Capillari —®

- Vaso linfatico

Figura 15 L'area della superficie intestinale Aumentare al massimo la superficie di assorbimento del canale alimentare incrementa la capacità di assorbimento dei nutrienti,

intolleranti crampi addominali, flatulenza e diarrea.

Le cellule dell’epitelio intestinale assorbono le sostanze nutritive e gli ioni inorganici tramite vari meccanismi

che comprendono la diffusione semplice, la diffusione facilitata, l’osmosi, il trasporto attivo e il cotrasporto. RICORDA Nella mucosa dell'intestino tenue, le cellule dell'epitelio intestinale assorbono i nutrienti che derivano dalle fasi finali della digestione.

3.

il retto, la cui parte finale termina con l’ano, è circonda-

GUARDA!

to da uno sfintere esterno di muscolatura scheletrica (volontaria).

Una volta che il chimo raggiunge il colon, ha luogo la fase finale della digestione dovuta ai batteri che lo popolano; la flora batterica o microbiota (Video 16) fermenta qualsiasi residuo di carboidrati (rilasciando gas), decompone le proteine rimaste e sintetizza vitamine, come alcune

Lv

L'intestino crasso assorbe acqua e ioni inorganici

La motilità dell’intestino tenue spinge gradualmente i suoi contenuti nell’intestino crasso. Questo è largo circa 6,5 cme lungo 1,5 me traccia un percorso a U rovesciata

attraverso la cavità addominale (vedi Figura 6).

La parete dell’intestino crasso è composta dai quattro strati tipici del tubo digerente ed è rivestita da un epitelio semplice, privo di microvilli. Questo tratto si divide in tre regioni: 1.

ilcieco,è collegato all’ileo tramite lo sfintere ileo-cecale e alla cui estremità si trova l’appendice;

2. il colon, che è la porzione più lunga e che sale sul lato destro, gira a sinistra in corrispondenza del fegato, attraversa tutto l’addome e poi curva verso il basso;

del gruppo Be la vitamina K. A questo punto la maggior parte delle sostanze nutritive originariamente presenti nel chimo è stata rimossa, ma rimangono ancora ioni inorganici e molta acqua. Il colon assorbe l’acqua e gli ioni, producendo feci semisolide. Le feci sono immagazzinate nel retto fino almomento della loro eliminazione. L’assorbimento di troppa acqua da parte del colon può causare costipazione (o stipsi). La condizione opposta, diarrea, si verifica quando viene assorbita troppa poca acqua; in questo caso, viene espulsa

con le feci l’acqua presente nel colon.

Video 16 La flora batterica intestinale e gli antibiotici

Costipazione deriva dal latino constipare,

«ammassare», e viene utilizzato

per indicare due condizioni molto diverse, come la

stitichezza e il raffreddore.

RICORDA Nell'intestino crasso hanno luogo le fasi finali della digestione e vengono assorbiti gli ioni inorganici e l'acqua in eccesso con la produzione delle feci, immagazzinate nel retto e poi espulse.

Coratoccaate EST Gli enzimi digestivi deputati all'assorbimento nell'intestino tenue sono secreti esclusivamente dalle cellule della mucosa gastrica?

Il cieco / retto, la cui parte finale termina con l'ano, è circondato da uno sfintere esterno di muscolatura scheletrica, quindi involontaria / volontaria.

In farmacia è possibile acquistare l'enzima lattasi in gocce. Se un intollerante al lattosio ne assume alcune gocce prima di bere del latte che cosa succederà e perché?

C7 | L'apparato digerente | C189

Cibo nello stomaco

IL CONTROLLO DELLA DIGESTIONE La digestione è regolata

Rilascio di gastrina dalle cellule della mucosa gastrica

Un pH basso

inibisce il rilascio . . di gastrina

da un controllo

L

trina

}

circola

nel

a ST cito ne sangue e ritorna allo stomaco I

La gastrina stimola la secrezione di HCI e pepsina e aumenta la motilità dello stomaco

nervoso e un controllo ormonale 18

che consente di

regolare la glicemia 19

«ll

Un duplice controllo

Il controllo della digestione, dell’assorbimento e del metabolismo cellulare avviene su due livelli: il controllo e la coordinazione dei processi digestivi tramite stimoli nervosi e ormonali; la gestione dei nutrienti assorbiti così da renderli disponibili per tutte le cellule dell'organismo. La cosiddetta «acquolina in bocca» è un riflesso involontario, e molti di questi riflessi autonomi coordinano le attività di diverse parti del tratto digerente. Un altro esempio è l’introduzione di cibo nello stomaco che stimola la peristalsi nel colon e favorisce la defecazione. Il tratto digerente è fornito di un «sistema nervoso» intrinseco, proprio e indipendente: il sistema enterico. In questo modo, i segnali nervosi possono viaggiare da una regione all’altra del canale digerente senza dover essere elaborati dal sistema nervoso centrale (SNC). Una

delle funzioni del sistema nervoso enterico è la coordinazione della motilità. Naturalmente questo sistema nervoso intrinseco può comunicare con il SNC e rice-

verne informazioni, ma il suo ruolo principale è quello di coordinare le varie attività di tutto il tratto digerente. Le attività dell'apparato digerente e delle ghiandole annesse sono regolate anche da numerosi ormoni (Figura 17). Il primo ormone individuato nel duodeno

fu chiamato secretina perché provoca la secrezione dei succhi digestivi da parte del pancreas. In risposta alla presenza di lipidi e proteine nel chimo, la mucosa dell’intestino tenue secerne la colecistochinina, un ormone che stimola la colecisti a rilasciare bile e

il pancreas a rilasciare gli enzimi digestivi. La colecisto-

C190

Rallenta i movimenti dello stomaco

L'aumento della motilità dello stomaco incrementa il passaggio di chimo acido all'intestino tenue

Grassi indigesti e proteine nel chimo

Acido nel chimo

Rilascio di colecistochinina dalla mucosa intestinale

La bile liberata dalla cistifellea emulsiona i grassi

Rilascio di secretina dalla mucosa intestinale

Rilascio di enzimi digestivi dal pancreas

\_l

Rallenta i movimenti dello stomaco

i

La soluzione di bicarbonato liberata dal pancreas neutralizza l'acido

f

Digestione del cibo

Figura 17 Ormoni e digestione Circuiti a feedback di alcuni ormoni nel tratto digerente.

chinina e la secretina, inoltre, rallentano i movimenti

dello stomaco e quindi l’ingresso del chimo nell’intestino tenue. Ogni volta che sono stimolate dalla presenza di cibo, cellule presenti nelle parti più a valle della mucosa gastrica secernono nel sangue un ormone chiamato gastrina. La gastrina in circolo raggiunge cellule localizzate in aree della parte superiore della parete gastrica, dove stimola le secrezioni e i movimenti dello stomaco. Il rilascio di gastrina inizia a essere inibito quando il pH dello stomaco è inferiore a 3 (feedback negativo). RICORDA Le varie fasi della digestione sono coordinate da un duplice controllo: ormonale e nervoso. Anche la disponibilità dei nutrienti assorbiti è regolata attraverso i circuiti a feedback del sistema nervoso enterico e di alcuni ormoni.

«ED

Il controllo

9

©]

della glicemia Il glucosio è uno dei nutrienti più importanti; questo zucchero è necessario per la respirazione cellulare, ma solo poche cellule ne posseggono riserve sufficienti anche se devono consumarlo continuamente per sopravvivere. È

importante disporre di un sistema che controlli l’attività metabolica del fegato per mantenere costante il tasso di glucosio nel sangue (o glicemia). In condizioni normali, il tasso di glucosio nel sangue è controllato dal pancreas mediante la produzione di due ormoni: insulina e glucagone. Questi ormoni vengono prodotti da gruppi di cellule endocrine disperse nel pancreas: le isole di Langerhans. Nelle isole di Langerhans una parte delle cellule (cellule a/fa) produce il glucagone,

Aumento dell'insulina

in circolo

. . . Produzione di energia metabolica, sintesi di grassi,

Stimola

sintesi di glicogeno

il pancreas

a secernere insulina Riduzione della glicemia ematica

Il glucosio nel sangue aumenta

Regolazione

oltre il valore normale

del glucosio nel sangue

mentre altre (cellule beta) producono l’insulina. I due or-

moni hanno un effetto antagonista: l’insulina abbassa la glicemia, mentre il glucagone la innalza. Dopo un pasto, i livelli di glucosio nel sangue aumentano a causa della digestione e dell’assorbimento dei carboidrati; nello stesso tempo, le cellule beta del pancreas rilasciano l’insulina, che ha un ruolo fondamentale nel

Assunzione di glucosio da parte delle cellule

F

x

/

si abbassa oltre il valore

$

normale

Il livello di glucosio nel sangue aumenta vi

Stimola

il p pancreas a secernere

ilascio di di glucosioi Rilascio nel sangue È

dirigere il glucosio nei siti in cui deve essere usato o accu-

mento, l'utilizzo o l'accumulo di glucosio.

Il glucosio entra nelle cellule per diffusione facilitata mediante specifici trasportatori di membrana; nei muscoli scheletrici a riposo e nel tessuto adiposo, questi trasportatori sono contenuti in vescicole citoplasmatiche fino a quando l’insulina non si combina con i propri recettori sulla superficie della cellula e attiva l'inserimento dei trasportatori nella membrana plasmatica. Nelle cellule adipose, invece, l’insulina inibisce la lipasi e promuove la sintesi di lipidi a partire dal glucosio. Nel fegato, l’insulina attiva un enzima che fosforila il glucosio in modo che non possa diffondere all’esterno, aumentan-

do l’efficienza dell’assorbimento cellulare; nelle cellule epatiche, l’insulina attiva anche enzimi che catalizzano la sintesi del glicogeno. Quando la glicemia diminuisce, cala anche il rilascio di insulina, limitando così l’assor-

glucagone

4

mulato. Gli effetti dell’insulina variano in base ai tessuti,

anche se in generale questo ormone promuove l’assorbi-

i

Il glucosio nel sangue

Aumenta il glucagone in circolo _

Demolizione di glicogeno nel fegato

»

Figura 18 La regolazione della glicemia Insulina (azzurro) e glucagone (arancione) mantengono l'omeostasi del glucosio in circolo.

glucagone, i cui effetti sono opposti a quelli dell’insulina. Il glucagone stimola le cellule del fegato a degradare il glicogeno e ad attivare la gluconeogenesi, di conseguenza il fegato produce glucosio e lo rilascia nel sangue. Bisogna ricordare che esiste un tessuto che non cambia mai la propria fonte energetica: il sistema nervoso. Le sue cellule, infatti, richiedono un rifornimento costante

di glucosio e possono usare altri tipi di combustibile solo in modo molto limitato.

bimento del glucosio da parte della maggioranza delle cellule (Figura 18).

RICORDA Gli ormoni secreti dal pancreas (insulina

Se, invece, la glicemia scende al di sotto di un certo livello, entra in azione un altro ormone pancreatico, il

e glucagone) sono responsabili del metabolismo glucidico e quindi della glicemia.

Oratoccaate Eigzi 1. 2.

Comesichiama il sistema nervoso proprio del tratto digerente? Qual è la funzione del glucagone?

3.

Qual è l'effetto della gastrina?

1. 2.

La cisteina / colecistochinina rallenta i movimenti dello stomaco. Dopo un pasto, i livelli di insulina nel sangue aumentano / calano.

Il diabete è una malattia molto diffusa legata alla regolazione del glucosio nel sangue. Cerca in Rete quali sono le cause, i sintomi e le terapie e crea una scheda di 1000 battute.

C7 | L'apparato digerente |C191

È

ABITUDINI, CARENZE E DISORDINI ALIMENTARI L’alimentazione

deve considerare

Riposo 864 min

ESE)

Camminata

=

Jogging

>» il bilancio energetico di un organismo 20

|

x

Tempo (ore)

se scorretta può causare

x

denutrizione o ipernutrizione

carenze

disordini

intossicazioni

nutrizionali

alimentari

da alimenti

21

22

23

24

se si supera la

dose giornaliera accettabile 25

ll)

L'alimentazione e il bilancio energetico

I fabbisogni energetici di un animale devono essere soddisfatti dall’ingestione, dalla digestione e dall’assimilazione del cibo. Nella nostra specie il consumo energetico basale (o metabolismo basale), cioè dell’organismo a

La Caloria (Cal) è l’unità standard dell’energia utilizzata dai nutrizionisti.

Equivale a una kilocaloria (kcal)

pari a 1000 calorie (con l’iniziale minuscola). Una

caloria è la quantità di calore necessario per aumentare di 1°C un grammo d’acqua.

riposo,

è mediamente di 1300-1500 Calorie (Cal) al giorno per una donna adulta e di 1600-1800 Cal/giorno per un uomo adulto. Il metabolismo basale è influenzato da diversi fattori, tra cui l’età, il sesso, il peso corporeo e l’attività degli ormoni tiroidei. Al metabolismo basale occorre poi aggiungere l’energia richiesta per tutte le attività fisiche. Un individuo impegnato in un lavoro sedentario consuma circa il 30% delle Calorie per l’attività della muscolatura scheletrica; in un individuo impegnato in un lavoro

Yogurt magro alla fragola, 175 grammi 130 Calorie

|

Cheeseburger, circa 110 grammi 530 Calorie

Panino al tacchino {carne bianca) 215 Calorie

| |

Pizza ai quattro formaggi, diametro 25 cm 1300 Calorie

Figura 19 L'energia contenuta nel cibo Grafico del tempo impiegato da una persona per consumare la quantità di energia introdotta con alcuni alimenti.

fisico pesante l’attività della muscolatura scheletrica può consumarne fino al 95%. Le componenti del cibo che forniscono energia sono i lipidi, i carboidrati e le proteine. I lipidi forniscono 9,5 Cal/grammo, i carboidrati 4,2 Cal/

grammo e le proteine circa 4,1 Cal/grammo (Figura 19). Confrontando le calorie ingerite con le calorie consumate, possiamo ricavare il bilancio energetico e capire se la quantità e la qualità di cibo ingerito è proporzionale all'effettivo bisogno dell’organismo.

li

Denutrizione, ipernutrizione e obesità

Quando

la nostra alimentazione

non è sufficiente a

soddisfare il fabbisogno energetico (denutrizione), l’organismo inizia a metabolizzare le proprie biomolecole, cominciando con i composti di riserva energetica: il glicogeno e i lipidi. Quando le riserve di lipidi sono quasi esaurite, l'organismo si affida al consumo di proteine. Se questa situazione si protrae troppo a lungo, finisce per

l'alimentazione e le calorie consumate consente di

danneggiare organi e apparati, fino a portare alla morte

ricavare il bilancio energetico di un organismo.

per denutrizione (Figura 20 e Figura 21).

C192

MONDO 22,9%

Europa e Asia centrale 8,9%

Asia orientale

e regioni del Pacifico

®

°

è

Percentuale di bambini malnutriti

Ol

@ 03:

America latina e Caraibi

> 40%

Asia

Ndr

meridionale

©

? 0!"

Mn

30 — 39% 20 — 29% 5- 19%

centrale e occidentale

x "i PE

Figura 2 Una cellula endocrina intestinale Immagine al TEM in cui sono visibili i granuli secretori (in rosso scuro) contenenti l'ormone serotonina, derivante dall'amminoacido triptofano.

non sono solubili nel sangue, una volta in circolo

bersaglio. Anche se la risposta dipende dalla natura della

devono legarsi a specifiche proteine di trasporto per poter raggiungere le cellule bersaglio.

cellula bersaglio, il meccanismo d’azione dell’ormone

Gli ormoni derivati da amminoacidi (Figura 2) so-

no molecole formate da singoli amminoacidi, spesso modificati e uniti ad altri gruppi. Alcuni di essi sono idrosolubili, mentre altri sono liposolubili. RICORDA Gli ormoni si dividono in peptidici, steroidei o derivati da amminoacidi.

65

Gli ormoni idrosolubili e liposolubili

La maggior parte degli ormoni diffonde attraverso i fluidi extracellulari e si raccoglie nel circolo sanguigno, arrivando così in tutti i distretti dell'organismo. Quando uno di questi ormoni raggiunge una cellula che possiede un recettore specifico, dal legame prende origine una risposta che comporta sempre una variazione dell’attività cellulare. Gli effetti possono essere diversi: + aumento del ritmo della divisione cellulare; * variazione della permeabilità cellulare; * attivazione o disattivazione di specifici geni, con variazione della sintesi proteica; * cambiamento della velocità di alcune reazioni metaboliche. È importante ricordare che la stessa molecola segnale può provocare risposte diverse in cellule differenti; l’effetto di un ormone, quindi, non dipende dalla sua natura chimica, ma dall’interazione con la specifica cellula

C270

dipende dalla sua natura chimica: gli ormoni liposolubili agiscono diversamente rispetto agli ormoni idrosolubili. La natura chimica degli ormoni è correlata alla posizione che i loro specifici recettori occupano nella cellula. 1. Gli ormoni liposolubili diffondono attraverso la membrana plasmatica e raggiungono i propri recettori che si trovano nel citoplasma o nel nucleo della cellula. Una volta avvenuto il legame, il complesso

formato dall’ormone liposolubile e dal suo recettore entra nel nucleo e si lega al DNA, in corrispondenza di specifici geni che vengono attivati o disattivati. In tal modo l’ormone interferisce con l’espressione del gene da parte della cellula (Figura 3).

2. Gli ormoni idrosolubili non possono attraversare con facilità la membrana plasmatica; i loro recetto-

ri si localizzano pertanto sulla superficie cellulare. I recettori sono costituiti da grosse glicoproteine che sporgono sia sulla superficie esterna sia sulla super-

ficie interna della membrana; la parte rivolta verso il citoplasma si chiama dominio citoplasmatico. Una volta che l'ormone si è legato al recettore, il dominio citoplasmatico mette in moto una cascata di reazioni (Figura 4) che attivano o disattivano enzimi respon-

sabili della risposta cellulare finale o raggiungono il nucleo e modificano l’espressione genica. RICORDA Il meccanismo d'azione degli ormoni dipende dalla loro natura chimica ed è correlato alla posizione dei recettori nella cellula bersaglio.

1. Il complesso recettore-chaperone non può entrare nel nucleo.

9

Versante extracellulare MUCO

O OI

OLIO

—Segnale (cortisolo) (

N

1. Le subunità a legano

2. Un cambiamento conformazionale a

plasmatica

l'insulina (il segnale).

livello delle subunità pf trasmette il segnale della presenza di insulina al citoplasma.

e"

|

iu

@

3... inducendoneun

"

Insulina

VILKKKGLUL,

Versante intracellulare

i

Recettore per

2. Il cortisolo

il cortisolo

cambiamento di forma

entra nel

che provoca il rilascio del

citoplasma e si lega al proprio

chaperone.

recettore... Proteina chaperone

Versante intracellulare

4. In questo modo permette al recettore e al cortisolo di entrare nel nucleo.

do

Gruppi”

fosfato

Recettore

de

per l'insulina

(DD

Proteina bersaglio — 7 iu a 4.... e catalizza la fosforilazione

vB,

rr

(_} Ù

| \

Risposte cellulari

3. Il segnale

dell'insulina attiva il dominio proteina chinasico del

di proteine bersaglio, inducendo

RR

una cascata di risposte chimiche all'interno della cellula.

si trova nel Toplama.

Nucleo

>

Trascrizione

mrRna /\/XM/UX Figura 3 Il recettore del cortisolo, un ormone liposolubile Il recettore per il cortisolo è legato a una proteina chaperone, cioè «accompagnatrice». Il legame induce il rilascio di tale proteina e permette al recettore di penetrare nel nucleo della cellula, dove svolge il ruolo di fattore di trascrizione.

Cellule e ghiandole

endocrine Il sistema endocrino non è formato da organi in continuità tra loro. Alcune cellule endocrine sono presenti come entità autonome in altri tessuti; per esempio, gli ormoni del tratto digestivo vengono secreti da cellule endocrine isolate e sparse nella mucosa dello stomaco e dell’intestino tenue (vedi Figura 2). Quasi tutti gli ormoni,

comunque, sono secreti da aggregati di cellule endocrine che formano organi secernenti definiti ghiandole endocrine. Nella Figura 5 a pagina seguente, sono schematizzate le principali ghiandole endocrine presenti nel corpo umano: ipofisi, ipotalamo, pancreas, tiroide e paratiroidi, gonadi (ovaie e testicoli), surreni, timo e ghiandola pinea-

le (o epifisi). Le gonadi e il pancreas hanno funzione sia esocrina sia endocrina e presentano cellule con attività endocrina dall’aspetto differente, frammiste a cellule con

attività esocrina. Inoltre, ovaie, testicoli e timo svolgono ruoli fondamentali nel funzionamento di altri apparati: il timo è la sede dello sviluppo dei linfociti T mentre le

Figura 4 Il recettore per l'insulina, un ormone idrosolubile L'ormone insulina si lega a un recettore proteico che possiede due copie di due diverse subunità polipeptidiche (due a e due f). Quando due molecole di insulina si legano alle subunità extracellulari a del recettore, le subunità f subiscono un cambiamento conformazionale che le trasforma in una proteina chinasi. La fosforilazione modifica la conformazione e l'attività delle proteine bersaglio, che danno inizio alla risposta cellulare all'insulina.

ovaie e i testicoli producono i gameti. Anche l’ipotalamo è una ghiandola particolare essendo parte integrante del sistema nervoso centrale. Quasi tutte le ghiandole endocrine sono formate da tessuto epiteliale, come le ghiandole esocrine. A differen-

za di queste ultime, però, non hanno un sistema di dotti e non riversano il secreto sulla superficie del corpo o delle mucose, ma secernono gli ormoni nel liquido interstiziale, che li trasferisce al sangue; per questo, sono riccamen-

te vascolarizzate. Le uniche ghiandole endocrine che non sono formate da tessuto epiteliale sono: l’ipotalamo, la

parte posteriore dell’ipofisi e l’epifisi. * L'ipotalamo, una formazione impari e mediana dell’encefalo, sede di importanti funzioni vegetative, è costituito da neuroni. Alcuni neuroni ipotalamici, chiamati cellule neurosecretrici, hanno

anche la

capacità di produrre ormoni, che vengono rilasciati dai loro prolungamenti direttamente nella circolazione sanguigna. Le cellule neurosecretrici trasmettono segnali elettrici e secernono ormoni.

C10|Il sistema endocrino | €271

Epifisi Melatonina: contribuisce al corretto alternarsi dei ritmi circadiani.

Ipotalamo Gli ormoni stimolanti o inibenti il rilascio di altri ormoni controllano l'attività secretrice

Tiroide

vengono trasportati fino all'ipofisi posteriore e da qui vengono secreti nel circolo sistemico.

dell'ipofisi anteriore. L'ADHe l'ossitocina Trijodotironina e tiroxina (T, e T,}: stimolano il metabolismo cellulare. Calcitonina: stimola la deposizione di calcio nelle ossa. Ipofisi anteriore o adenoipofisi

Ormone stimolante la tiroide (TSH} innesca Paratiroidi

Paratormone (PTH} stimola il rilascio di calcio dalle ossa. Ghiandola surrenale Porzione corticale Cortisolo: è responsabile delle risposte metaboliche allo stress. Aldosterone. contribuisce alla regolazione dell'equilibro idro-elettrolitico. Porzione midollare Adrenalina e noradrenalina: provocano l'immediata

attivazione della risposta «combatti o fuggi». Gonadi Ovaie Estrogeni sostengono lo sviluppo e il mantenimento dei caratteri sessuali femminili. Progesterone. provoca i cambiamenti fisiologici della gravidanza. Testicoli Testosterone: sostiene lo sviluppo e il mantenimento dei caratteri sessuali maschili.

l'attività secretrice della ghiandola tiroide. Ormone follicolo-stimolante (FSH} nelle femmine promuove la maturazione del follicolo ovarico; nei maschi la spermatogenesi. Ormone luteinizzante (LH} nelle femmine provoca l'ovulazione e stimola la produzione di estrogeni e progesterone da parte delle ovaie; nei maschi stimola la produzione di testosterone.

Ormone adrenocorticotropo (ACTH} stimola la corticale del surrene a produrre cortisolo.

Ormone della crescita (GH} stimola la sintesi proteica e l'accrescimento somatico. Prolattina: stimola la produzione di latte da parte della ghiandola mammaria.

——

Ipofisi posteriore o neuroipofisi Riceve dall'ipotalamo due neurormoni, li immagazzina e li rilascia. Ossitocina. stimola l'attività contrattile dell'utero e la fuoriuscita di latte dalla ghiandola mammaria. Ormone antidiuretico (ADH} riduce l'escrezione di acqua da parte del rene. Timo (ridotto in età adulta) Timosina: contribuisce all'attivazione dei linfociti T.

In alcuni organi e tessuti a funzione non endocrina ci sono cellule che producono e secernono ormoni Organo/tessuto Tessuto adiposo Cuore Reni Stomaco Intestino Cute

Pancreas (isole di Langerhans)

Ormone Leptina Peptide natriuretico atriale Eritropoietina Gastrina Secretina, colecistochinina, serotonina Vitamina D (colecalciferolo)

Insulina: stimola l'assunzione e l'utilizzo del glucosio da parte delle cellule. Glucagone: stimola il rilascio di glucosio da parte del fegato. Somatostatina. rallenta le funzioni dell'apparato gastroenterico compreso il rilascio di insulina e glucagone.

Figura 5 Il sistema endocrino Le cellule che producono e secernono ormoni possono essere organizzate in veri e propri organi, le ghiandole endocrine; oppure possono essere diffuse in tessuti a funzione non ormonale.

*

L'ipofisiè collocata sotto l’ipotalamo a cui è unita mediante un peduncolo. La parte anteriore dell’ipofisi (adenoipofisi) è una ghiandola endocrina vera e propria: produce ormoni ed è formata da cellule epiteliali; la parte posteriore (neuroipofisi) non produce ormoni ma contiene i prolungamenti di alcuni gruppi di cellule neurosecretrici dell’ipotalamo ed è la sede in cui gli ormoni prodotti da queste vengono rilasciati nel sangue. Come vedremo, l’ipofisi e l’ipotalamo hanno una grande importanza nel controllo ormonale perché mettono in relazione l’attività endocrina con quella nervosa ed esercitano un controllo sulle altre

ghiandole.

C272

L'epifisi(o ghiandola pineale) è una piccola ghiandola localizzata alla base del cervello, che produce l’ormone melatonina. Questo ormone viene rilasciato con il

buio, mentre l'esposizione alla luce ne inibisce il rilascio; di conseguenza, si può considerare un indicatore della durata della notte. Nella nostra specie, infatti, la melatonina può contribuire a coordinare i ritmi biologici giornalieri al susseguirsi della luce e del buio (ritmi circadiani). RICORDA Il sistema endocrino comprende sia cellule endocrine isolate sia vere e proprie ghiandole endocrine.

65

La secrezione

Condizioni esterne

sn»

= Azione

msi]

stimolatrice — Azione inibitoria

o

ormonale L'attività di secrezione di tutte le ghiandole endocrine non è indipendente né continua, ma viene modulata in

risposta a stimoli di varia natura. * Lamaggior parte delle ghiandole viene attivata da ormoni prodotti da altre ghiandole. In genere, il controllo parte dall’ipotalamo che rilascia particolari ormoni (i neurormoni ipotalamici) che inducono l’adenoipofisi a produrre altri ormoni specifici che, a loro volta,

Feedback negativo Feedback negativo

Ipofisi anteriore

stimolano altre ghiandole. Per esempio, l’ormone luteinizzante(LH) prodotto dall’adenoipofisi, stimola le

ovaie a produrre estrogeni e progesterone e i testicoli a produrre testosterone. *

Altreghiandoleendocrine, invece, vengono stimolate

da sostanze disciolte nel sangue: quando la concentrazione si modifica, la ghiandola risponde producendo l'ormone. Agiscono in questo modo il pancreas endocrino, la cui attività è regolata dalla glicemia, e le paratiroidi, che rispondono alle variazioni della calcemia. * Inalcuni casi, le ghiandole si attivano in risposta a un impulso elettrico prodotto da cellule nervose. È il caso delle cellule surrenali che secernono adrenalina quando vengono stimolate da segnali nervosi nelle situazioni di pericolo. Indipendentemente dal tipo di stimolo che attiva la ghiandola, il controllo non è quasi mai unidirezionale: di solito, le ghiandole sono influenzate dalle molecole prodotte dalle loro cellule bersaglio tramite un mecca-

Figura 6 Il controllo della secrezione ormonale La catena di segnali ormonali parte dall'ipotalamo e, passando per l'ipofisi anteriore, raggiunge le ghiandole endocrine ed è controllata da vari feedback negativi.

050

Sinergia tra sistema endocrino e sistema nervoso

Gli ormoni regolano l’ambiente interno agendo direttamente sul metabolismo cellulare. Il nostro organismo, però, vive in un ambiente mutevole da cui riceve stimoli e a cui deve rispondere. Delle relazioni con l’ambiente esterno si occupa il sistema nervoso, che agisce in modo

molto diverso dal sistema endocrino. Gli stimoli ester-

nismo di feedback negativo (Figura 6) che implica una

ni, infatti, dopo essere stati convertiti in impulsi nervosi

serie di passaggi: 1. lo stimolo attiva la ghiandola che secerne l'ormone; 2. il tasso ormonale aumenta e le cellule bersaglio ri-

vengono trasportati dai nervi sotto forma di segnali elettrici che viaggiano molto velocemente; inoltre, la stretta connessione tra neuroni, organi sensoriali e organi effettori rende la risposta nervosa ancor più rapida e puntuale, anche se di breve durata. Il sistema endocrino, invece, agisce lentamente, in modo più diffuso, ma più duraturo rispetto al sistema nervoso. Per comprendere la differenza tra il sistema nervoso e il sistema endocrino, puoi pensare al primo come a una rete telefonica, che invia messaggi precisi, lungo linee

spondono;

3. l'aumento della concentrazione dell'ormone o la produzione di un segnale da parte delle cellule bersaglio inibisce l’attività della ghiandola che non produce più l'ormone.

L'attività della ghiandola, tuttavia, rimane solo sospesa: quando il tasso ematico di ormone scende sotto un certo livello, il segnale viene riattivato e il sistema riprende a funzionare. In questo modo, la produzione dell’ormone avviene in modo ciclico e la ghiandola alterna fasi di attività a fasi di riposo. Talvolta si verifica anche un feedback positivo, come nel caso degli ormoni prodotti dalle gonadi femminili. RICORDA La secrezione ormonale non è continua, ma viene regolata in risposta a diversi stimoli esterni e interni tramite meccanismi a feedback.

ben definite, a destinatari specifici; viceversa, il sistema

endocrino assomiglia più a una rete televisiva che invia un messaggio meno personale ma in grado di essere recepito da chiunque abbia un televisore acceso e sintonizzato sul canale giusto. RICORDA Nonostante il sistema endocrino e quello nervoso abbiano modalità d'azione molto differenti, essi lavorano in sinergia per coordinare le risposte e regolare il metabolismo cellulare.

C10|Il sistema endocrino |C273

L'interazione tra sistema A) endocrino e sistema nervoso Nonostante le notevoli differenze di funzione e di strategia, il sistema endocrino e quello nervoso devono necessariamente interagire: non è possibile garantire un equilibrio interno senza tener conto delle nostre relazioni con il mondo esterno o reagire a eventi imprevisti senza una risposta cellulare adeguata. Le relazioni tra i due sistemi avvengono in due modi. 1, Esistono sostanze chiamate neurotrasmettitori che servono da segnale in entrambi i sistemi: trasmettono l'impulso nervoso e vengono prodotti come ormoni da alcune ghiandole endocrine. Ciò consente di ottenere risposte più complesse e generali che coinvolgono funzioni e apparati diversi. Un esempio di neurotrasmettitore è l'adrenalina, che viene prodotta non solo dalle cellule nervose, ma anche dalle ghiandole surrenali in situazioni di stress e paura. Per capire come agisce l'adrenalina, immagina di stare camminando in un bosco e di imbatterti improvvisamente in una vipera: istintivamente farai un balzo all’indietro, il tuo cuore inizierà a battere con un ritmo sostenuto e si attiverà tutta una serie di meccanismi di autodifesa. Il balzo indietro e l’aumento del ritmo del battito cardiaco sono la risposta veloce a comandi impartiti dal sistema nervoso, che nello stesso tempo stimola le cellule endocrine delle ghiandole surrenali a rilasciare adrenalina. Nell’arco di alcuni secondi, questa molecola si diffonde nel circolo sanguigno e si distri-

1. Il cervello avverte il pericolo e segnala ai muscoli delle

2. ...e segnala alle ghiandole surrenali di rilasciare adrenalina nel circolo sanguigno scatenando una serie di effetti.

gambe di arretrare immediatamente...

) Ghiandola

surrenale

Il fegato degrada il glicogeno

Il cuore batte con maggiore

per rilasciare glucosio (fonte

velocità e

di energia)

intensità.

nel circolo

Aumenta

sanguigno.

la pressione arteriosa.

Vasocostrizione a livello gastrointestinale e cutaneo,

Le cellule adipose

con maggiore

rilasciano

afflusso di

acidi grassi

sangue ai

(ulteriore

muscoli.

fontedi ; energia) nel circolo sanguigno.

buisce in tutto l'organismo, attivando i meccanismi

che fanno parte della cosiddetta risposta «combatti o fuggi» (Figura 7). Un secondo livello di interazione riguarda l’ipotalamo e l’ipofisi, che agiscono come un sistema unico controllando l’attività della maggior parte delle ghiandole endocrine.

— -

»

Figura 7 La risposta «combatti o fuggi» Di fronte a una minaccia, il sistema

RICORDA L'interazione tra sistema endocrino e nervoso è garantita dalla secrezione di neurotrasmettitori.

nervoso stimola le ghiandole surrenali a rilasciare adrenalina, che induce le risposte al pericolo.

oratoccaate Rag Quali sono le molecole segnale usate dal sistema endocrino e come agiscono? Come funziona la secrezione paracrina?

Quali sono le caratteristiche degli ormoni steroidei?

Da che cosa dipende l'effetto di un ormone e il suo meccanismo d'azione? Quali organi hanno sia funzione endocrina sia esocrina?

C274

L'epifisi / ipofisi è una piccola ghiandola localizzata alla base del cervello, che produce l'ormone melatonina / prolattina. Vie agiscono da molecole segnale sia per il sistema endocrino sia per quello nervoso. Gli ormoni liposolubili / idrosolubili

diffondono attraverso la membrana plasmatica.

Costruisci un grafico che contenga i seguenti termini: condizioni esterne, ipotalamo, fattori ipotalamici, ipofisi anteriore, tropine,

ghiandola endocrina, ormone. Metti in relazione questi elementi con delle frecce per indicare le azioni inibitorie (rappresentate

con frecce rosse) o le azioni stimolatrici (rappresentate con frecce verdi). Spiega il grafico in un breve testo di 10 righe.

L'ipofisi umana ha le dimensioni di un mirtillo, eppure questa ghiandola

IPOFISI E IPOTALAMO

secerne numerosi ormoni.

1. | neuroni

L’ipofisi

ipotalamici sintetizzano l'ormone antidiuretico e l'ossitocina, e li trasportano all'ipofisi posteriore.

è suddivisa in

ipofisi posteriore o neuroipofisi . che secerne i neurormoni ADH e ‘uu. ossitocina 8

sten controllato da

il cui rilascio è

_————__——n l’ipotalamo che . produce fattori ‘ee di rilascio e fattori di

ipofisi anteriore 0 adenoipofisi che secerne tropine e altri cinque .q ormoni «e specifici 9

inibizione 10

Assoni RES dei neuroni ipotalamici

Peduncolo ipofisario Capillari

+

Ipofisi — osteriore

La neuroipofisi (0 ipofisi posteriore) non è una vera ghiandola, perché rilascia nella circolazione due ormoni peptidici che non produce: l’ormone antidiuretico(ADH) e l’ossitocina, che sono sintetizzati dalle cellule neurosecre-

trici dell’ipotalamo. Poiché sono prodotti da cellule nervose, l’ADH e l’ossitocina sono considerati neurormoni. Le cellule dell’ipotalamo li producono e li accumulano in vescicole, che vengono poi trasportate lungo gli assoni

sanguigno in entrata si

P

T Ipofisi

anteriore

2. | neurormoni sono rilasciati nell'ipofisi posteriore e diffondono nei

La neuroipofisi o ipofisi posteriore

Flusso |

sa

capillari ... p

05

Ipotalamo

“ Sévst 2a 0a

” —

lasci 'ipofisi 3... poi i lasciano l'ipofisi posteriore entrando nel circolo ematico

Figura 8 La neuroipofisi | due neurormoni peptidici prodotti dall'ipotalamo sono immagazzinati e rilasciati dall'ipofisi posteriore.

2. L'ossitocina viene rilasciata in notevoli quantità al momento del parto. Essa stimola la muscolatura dell’utero a contrarsi e aiuta l'espulsione del feto; dopo il parto induce la produzione del latte. La suzione esercitata dal bambino, o il suo pianto, attivano un

fino alla neuroipofisi. Qui, le vescicole si accumulano

meccanismo

finché un impulso nervoso non stimola il rilascio del loro

te l’allattamento, il bambino stimola la secrezione dell’ossitocina nella madre; l'ormone, quindi, induce

contenuto nel sangue (Figura 8): 1. L'ormone antidiuretico (ADH) agisce sui reni au-

mentando il riassorbimento dell’acqua: quando la secrezione di ADH è elevata, i reni producono un volume molto modesto di urina altamente concentrata; viceversa, quando viene secreto poco ADH, il volume di urina prodotta dai reni è notevole ed è molto diluita. La neuroipofisi è stimolata a incrementare il rilascio di ADH quando la pressione arteriosa si abbassa o quando nel sangue aumenta la concentrazione di alcuni elettroliti (lo ione sodio). ADH è noto anche

con il nome di vasopressina perché, ad alte concentrazioni, provoca un aumento della pressione del sangue.

di feedback positivo poichè, duran-

la contrazione delle ghiandole mammarie provocandone la spremitura. Quello appena descritto è un buon esempio di come il sistema nervoso integri le informazioni provenienti dal mondo esterno e di come contribuisca al controllo delle funzioni ormonali. Ma anche gli ormoni possono influenzare il sistema nervoso. L'ossitocina, per esempio,

stimola gli animali a mettere in atto le cure parentali. RICORDA La neuroipofisi riceve dall'ipotalamo due neurormoni: l'ADH e l’ossitocina. A loro volta, gli ormoni ipofisari influenzano il sistema nervoso.

C10| Il sistema endocrino | €275

Ossitocina deriva dal greco oxys, qui nel senso di «rapido», e t6kos, «parto», con il senso di «sostanza che accelera il parto».

Antidiuretico significa che si oppone (anti) alla

diuresi (dal greco didduron, «far passare l'urina attraverso...»).

Neuroni — ipotalamici

I neurormoni stimolano o inibiscono il rilascio di ormoni da parte delle cellule dell'adenoipofisi: ormone tireotropo è TSH ormone corticotropo 2 ACTH ormone gonadotropo 2 LH, FSH ormone lattotropo è Prolattina ormone somatotropo è GH

>

Gli assoni dei neuroni iipotalamiciici secernono i neurormoni i

ld - Flusso sanguigno

e cartilagineo. Questo ormone oggi è disponibile come farmaco. La prolattina stimola la crescita delle ghiandole mammarie e la produzione e secrezione di latte nelle femmine dei mammiferi.

Le endorfine e le encefaline sono oppioidi endocrini; nell’encefalo, esse svolgono un ruolo di neurotrasmettitori nelle vie che controllano la sensazione dolorifica. Infine, l’ormone melanocito-stimolante modula la pigmentazione della cute.

in entrata

RICORDA L'adenoipofisi produce sia ormoni che controllano altre ghiandole endocrine sia ormoni che agiscono direttamente su specifiche funzioni.

- Vasi sanguigni

in prossimi capillari.tà dei

Ipofisi Sr)

anteriore

Ipofisi posteriore

«GI a

fa

Gli ormoni dell'adenoipofisi «TT

vengono rilasciati nel

circolo sanguigno.

i

.

"

Figura 9 L'adenoipofisi Le cellule dell'adenoipofisi sintetizzano tropine che controllano altre ghiandole.

ll

Il controllo sull'adenoipofisi

L'ipotalamo controlla l’attività endocrina dell’adenoipofisi producendo alcuni neurormoni chiamati fattori di rilascio e fattori di inibizione. Questi neurormoni, diversamente dall’ossitocina e dall’ADH, vengono libe-

rati in prossimità dei capillari del sistema ipotalamo-

A

L'adenoipofisi

ipofisario (vedi Figura 9).

o ipofisi anteriore

Finora sono stati identificati i seguenti neurormoni ipotalamici, con funzione stimolante o inibitoria: * ifattori di rilascio e di inibizione della prolattina; * ifattori di rilascio e di inibizione dell’ormone somatotropo; + ilfattore di rilascio dell’ormone adrenocorticotropo;

L'adenoipofisi è una vera e propria ghiandola che produce ben nove categorie di ormoni peptidici o proteici. *

+ Endorfinaèil termine coniato da morfina, una

droga che imita gli effetti naturali delle endorfine, con il prefisso greco éndon, «dentro»,

per indicare la sua origine interna.

Quattro ormoni, detti tropine (Figura 9), controllano l’attività di altre ghiandole endocrine; la tireotropina (TSH) agisce sulla tiroide, l'ormone adrenocorticotropo

(ACTH) agisce sulle ghandole surrenali e le due gonadotropine, l’ormone luteinizzante (LH) e l'ormone follicolo-stimolante (FSH) agiscono a livello delle gonadi. Ogni tropina è prodotta da cellule ipofisarie distinte. Cinque ormoni agiscono su specifiche funzioni: l’or-

mone della crescita (GH), la prolattina, l’ormone melanocito-stimolante (MSH), le encefaline e le endorfine. L'ormone della crescita, detto anche ormone somatotropo,

agisce su una grande varietà di tessuti per stimolare la crescita dell’organismo. Uno dei suoi effetti principali è quello di incrementare l’assimilazione di amminoacidi da parte delle cellule; inoltre, induce il fegato a produrre alcuni messaggeri chimici chiamati somatomedine, che a loro volta stimolano la formazione del tessuto osseo

*

i fattori di rilascio e di inibizione dell'ormone melanocito-stimolante.

Il controllo ipotalamico è molto importante per adeguare l’attività dell’ipofisi ai cambiamenti ambientali. L'ipotalamo, infatti, raccoglie informazioni sulle condizioni dell'ambiente interno ed esterno all'organismo tramite segnali neuronali e ormonali che lo raggiungono con il circolo sanguigno. Se viene interrotta questa connessione, la liberazione degli ormoni ipofisari avviene indipendentemente dai cambiamenti ambientali. RICORDA L'ipotalamo regola l’attività dell'adenoipofisi producendo fattori di rilascio e fattori d i inibizione. ve.

*

Oratoccaate Razzi 1.

Perché la neuroipofisi non è una vera e propria ghiandola?

1.

2.

Quandoè rilasciata l'ossitocina e come agisce? Che cosa sono le endorfine?

2.

3.

C276

La prolattina / L'ossitocina stimola la secrezione di latte. L'ipotalamo controlla l'attività esocrina /

L'acromegalia è una situazione clinica apparentemente simile a quella del

endocrina dell'adenoipofisi producendo

gigantismo. Cerca informazioni in Rete su queste due patologie e prepara una tabella in

fattori di rilascio e di sintesi / inibizione.

cui ne evidenzi le differenze e le somiglianze.

DI Sezione trasversale della ghiandola tiroide - Cellule che Follicolo

TIROIDE E PARATIROIDI

producono calcitonina

La tiroide Lume

produce

—_

follicolare

è costituita da

follicoli che

l'ormone

calcitonina e

contengono

tiroideo

paratormone

colloide 11

12

13



O

Cellule epiteliali del follicolo

Produzione di ormoni T, e T, da parte della tiroide Capillare —,

loni ioduro

che stimola

la produzione di vitamina D 14

«ELI

La struttura della tiroide

La tiroide è costituita da un tessuto che comprende strutture sferoidali cave dette follicoli, entro i quali è conte-

1. La cellula epiteliale capta lo iodio. Cellula epiteliale Molecole di tirosina 2. Le cellule sintetizzano polimeri di

nuta una sostanza chiamata colloide (Figura 10A). Nelle

tirosina-tireoglobulina.

pareti dei follicoli sono presenti due tipi di cellule che producono due tipi di ormoni con funzioni diverse e indipendenti. 1. I tireociti, disposti attorno al lume follicolare, produ-

3. La tireoglobulina viene coniugata allo iodio e rilasciata nel follicolo.

cono il cosiddetto ormone tiroideo (TH), che è in realtà una miscela di due molecole chiamate tiroxina e trilodotironina: la tiroxina (0 tetraiodotironina, T,) è costituita da due molecole dell’amminoacido tirosina

legate a quattro atomi di iodio; la trilodotironina (0 T,) ha la stessa struttura della tiroxina ma contiene solo tre atomi di iodio. 2. LecelluleC,chesitrovano traitireociti e il connettivo di rivestimento del follicolo e non si affacciano verso il lume, secernono la calcitonina.

6. Gli enzimi lisosomiali scindono la tireoglobulina per dare due molecole contenenti due residui di tirosina (T,eT,) rilasciati nel sangue. 5. Gli endosomi

si fondono con i lisosomi.

et

Lume follicolare

Tireoglobulina iodurata

Figura 10 La tiroide è formata da numerosi follicoli (A) Immagine al microscopio ottico che mostra i follicoli delimitati da cellule

epiteliali (o tireociti). (B) | tireociti sintetizzano la tireoglobulina e la uniscono allo iodio; essa viene immagazzinata nel follicolo e in seguito rielaborata dai tireociti che ne ricavano T, e T,.

nismo necessita di ormone tiroideo, i tireociti inglobano

la tireoglobulina per endocitosi e la frammentano, otte-

Tiroide e tiroxina non

nendone tante piccole molecole di tiroxina (T)) e triiodotironina (T,) che sono rilasciate nel circolo ematico.

comune: il primo termine viene

L'ormone

In genere, la tiroide rilascia T, e T, in un rapporto di 4 a 1; tuttavia, il T, ha una maggior attività biologica e, una volta che il T, ha raggiunto le cellule bersaglio, un enzima lo trasforma in T,. Per la produzione di T, e T, in ogni caso è indispensabile lo iodio. Se al momento della sintesi di tireoglobuli-

tiroideo

na c'è una sufficiente disponibilità di ioni ioduro, dalla

RICORDA La tiroide ha una struttura composta da follicoli contenenti colloide, circondati da cellule di due tipi: i tireociti e le cellule C.

La produzione dell'ormone tiroideo è abbastanza com-

frammentazione di questa glicoproteina si ottengono

plessa (Figura 10B). Dapprima i tireociti producono una glicoproteina, la tireoglobulina, che viene secreta nel lume

numerose molecole di T, e di T,; viceversa, nel caso in

edèil componente principale della colloide. AI momento del passaggio nel lume follicolare, la tireoglobulina viene legata a un certo numero di atomi di iodio. Quando l’orga-

4. La tireoglobulina viene captata tramite endocitosi.

cui la disponibilità di iodio sia scarsa, le molecole liberate dalla scissione di tireoglobulina non conterranno iodio e di conseguenza non potranno legarsi ai recettori specifici per questi ormoni presenti nelle cellule bersaglio.

C10| Il sistema endocrino | €277

hanno un'etimologia

dal greco thyreos,

«scudo», ed éid0s, «forma», e descrive l’aspetto della

ghiandola; il secondo termine viene invece da tyros,

«formaggio», da cui è stata estratta la prima volta.

L'ormone tiroideo incrementa il metabolismo cellulare nella maggior parte dei tessuti e svolge un ruolo cruciale durante lo sviluppo e la crescita, in quanto promuove l’assorbimento di amminoacidi e la sintesi proteica. Un'insufficienza tiroidea durante il periodo fetale o infantile è causa di gravi ritardi nello sviluppo. L'attività della tiroide è controllata da ipotalamo e ipofisi: 1. l’ipotalamo produce il fattore di rilascio della tireotropina (TRH) che raggiunge l’adenoipofisi;

pe e

le cellule ipofisariche, stimolate dal TRH, si attivano e producono l’ormone tireotropina (TSH);

3. il TSHstimolala tiroide a produrre l’ormone tiroideo. L'ipotalamo percepisce informazioni relative all’ambiente esterno (come la temperatura) e a quello interno e regola di conseguenza l’entità della secrezione di TRH. La catena di eventi è, inoltre, sottoposta a un controllo a feedback negativo: l'ormone tiroideo presente in circolo inibisce la risposta delle cellule ipofisariche al TRH. In questo modo, quando i livelli di ormone tiroideo sono elevati viene rilasciato meno TSH; quando invece la

concentrazione di ormone tiroideo nel sangue è troppo bassa, il TSH prodotto dall’ipofisi aumenta. Inoltre, l’ormone tiroideo esercita un feedback negativo anche sulla produzione e sul rilascio di TRH da parte dell’ipotalamo.

gf

2.

=

Figura 11 Il rimodellamento osseo Gli osteoclasti (in rosa) sono cellule multinucleate che rimodellano costantemente l'osso secernendo proteine specifiche per dissolvere la matrice ossea.

*

modificare la quantità di calcio eliminata dai reni;

*

modificare la quantità di calcio assorbita dall’apparato digerente; agiresuldeposito di calcio nel tessuto osseo e sul suo riassorbimento.

*

Questi meccanismi sono controllati dalla calcitonina,

dall’ormone paratiroideo, o paratormone, e dalla vitamina D. Questa vitamina non viene prodotta da ghiandole endocrine, ma dalla cute, e agisce su stimolo del para-

RICORDA La produzione dell'ormone tiroideo incrementa il metabolismo ed è regolata in base alla disponibilità di iodio.

EE)

La calcitonina e l'ormone paratiroideo

La regolazione dei livelli ematici di calcio è di cruciale importanza nell’omeostasi dell'organismo, in quanto una deviazione dai normali livelli, in eccesso o in difetto, può

causare gravi conseguenze a livello di vari apparati. È difficile tenere sotto controllo la calcemia perché soltanto lo 0,1% del calcio presente nell'organismo si

trova nei liquidi extracellulari; una quantità pari all’1% circa si trova nel comparto cellulare, mentre il 99% è depositato nelle ossa sotto forma di fosfato di calcio. L’osso

è un tessuto particolare che viene continuamente rimodellato a opera degli osteoclasti(le cellule che demoliscono l'osso, Figura 11) e degli osteoblasti (le cellule che lo producono). L'azione degli osteoclasti provoca un aumento della calcemia nel sangue, mentre quella degli osteoblasti la fa diminuire. Il meccanismo di regolazione della

tormone. La calcitonina e il paratormone sono ormoni antagonisti: vengono prodotti in risposta a stimoli opposti e l’uno agisce in senso contrario rispetto all’altro per garantire il mantenimento dell’omeostasi del calcio. La calcitonina. È prodotta dalla tiroide e agisce su più livelli (Figura 12): aumenta la perdita di calcio attraverso le urine; inibisce l’attività degli osteoclasti e incrementa

il deposito nel tessuto osseo; diminuisce l'assorbimento di calcio a livello gastroenterico. Il paratormone. È prodotto dalle paratoroidi. Nella nostra specie, il paratormone (PTH) è la molecola chiave della regolazione dell’omeostasi del calcio e viene prodotto dalle cellule delle paratiroidi, quattro ghiandole poste nel collo in prossimità della tiroide. Queste cellule presentano chemiorecettori che monitorano la concen-

trazione di calcio nel sangue: quando la calcemia aumenta, inibiscono la sintesi e il rilascio di paratormone; viceversa, una diminuzione dei livelli di calcio sortisce effetti opposti. Il paratormone aumenta la calcemia in diversi modi: attiva il rimodellamento osseo, stimola il

rene a riassorbire il calcio e ne aumenta l’assorbimento a livello intestinale.

calcemia, pertanto, deve essere molto sensibile e poter

rilevare variazioni anche minime. Esistono vari sistemi perregolare i livelli di calcio ematico, che coinvolgono i

reni, l'apparato digerente e il tessuto osseo:

C278

RICORDA È fondamentale per l'organismo che la calcemia sia mantenuta costante attraverso gli ormoni calcitonina e paratormone.

La vitamina D con attività ormonale

ELI

Con il termine vitamina si intende una sostanza di cui .

.

.

.

13

l'organismo ha bisogno, seppur in piccola quantità, ma che non è in grado di sintetizzare da solo; pertanto, le vi.

* tamine devono essere assunte con la dieta. Dalmomento,


È L'ippocampo ha un ruolo chiave nella memoria.

Struttura e funzioni

— Ippocampo

del diencefalo

de

Il diencefalo (vedi Figura 18B) è posizionato in profondità sotto gli emisferi cerebrali e comprende tre strutture. 1. Il talamo è costituito da masse di sostanza grigia organizzate in nuclei intervallati da sostanza bianca. I nuclei talamici sono l’«anticamera» del cervello:

— ____L'amigdala controlla la

essi infatti rappresentano una stazione intermedia

per le vie sensoriali provenienti dal midollo spinale, dal tronco encefalico, dal cervelletto e da altre zone

dell’encefalo. Il talamo dapprima suddivide i dati in categorie (per esempio, gli impulsi tattili provenienti dalla mano), elimina il «rumore di fondo» e infine

invia isegnali «ripuliti» alla corteccia, dove verranno interpretati e integrati. 2. L'ipotalamo si trova al di sotto del talamo e sopra all’ipofisi; nonostante le sue dimensioni ridotte, l’i-

potalamo controlla la maggior parte delle attività corporee connesse all’omeostasi, coordinandosi con l'apparato endocrino. L'ipotalamo, inoltre, controlla le attività involontarie del sistema nervoso, regola l’attività dell’ipofisi (collegato a esso tramite il peduncolo ipofisario) e la produzione di ormoni, coopera con il sistema limbico nella produzione delle emozioni, regola i comportamenti alimentari, la temperatura corporea e i ritmi circadiani.

3. L'epifisio ghiandola pinealeè un piccolo prolungamento del diencefalo che produce la melatonina, l’ormone che regola i periodi di attività giornalieri o stagionali in base alla quantità di luce proveniente dall’ambiente esterno.

i

risposta in caso di paura.

Figura 20 Il sistema limbico È la porzione più antica del telencefalo, in termini evolutivi.

ll)

Struttura e funzioni

del tronco encefalico Il tronco encefalico (vedi Figura 18B) è la parte dell’encefalo compresa tra il midollo spinale e il diencefalo; ha una lunghezza di circa 7 cm e lo spessore di un pollice. Si divide in tre regioni. 1. Il mesencefalo, porzione del tronco encefalico, col-

lega il ponte e il cervelletto con il diencefalo. Qui si trovano grossi fasci di fibre su cui viaggiano le informazioni tra il midollo spinale e le aree cerebrali superiori. I nuclei del mesencefalo comprendono il nucleo rosso e la sostanza nera, fondamentali perla regolazio-

ne del controllo dei movimenti (la degenerazione dei neuroni della sostanza nera è associata alla malattia di Parkinson).

2. Il ponte sitrovatra mesencefalo e midollo allungato, anteriormente al cervelletto, e comprende nuclei e fasci di fibre che connettono i distretti dell’encefalo. 3. Il midollo allungato o bulbo continua con il midollo spinale. Nella sostanza bianca del bulbo si trovano

RICORDA Sotto gli emisferi cerebrali troviamo il diencefalo che comprende il talamo, che è la parte

tutte le vie sensoriali (ascendenti) e motorie (discen-

centrale dell'encefalo, l'ipotalamo, che controlla

nale. Inoltre esso contiene numerosi nuclei, tra cui

moltissime attività dell'organismo come l'omeostasi, e l’epifisi, che tramite la melatonina regolai cicli giornalieri o stagionali.

il centro cardiovascolare (che regola la frequenza e l'intensità del battito cardiaco) e il centro respiratorio (che controlla il ritmo respiratorio di base).

denti) che si estendono tra l’encefalo e il midollo spi-

C12 | Il sistema nervoso | €353

Amigdala dal latino amygdala, «mandorla», con

allusione alla sua forma; lo stesso vale per la struttura chiamata

ippocampo, il cui aspetto ricorda un cavalluccio marino.

Il talamo prende nome da thdlamos,

che in greco indica la camera da letto, vale a dire la stanza

più interna della tipica dimora greca; in effetti, il talamo si trova proprio al centro dell’encefalo.

Midollo spinale

gono anche informazioni relative all'’ambiente esterno,

Sostanza grigia

all’udito, alla vista e all'organo dell’equilibrio. Infine, esso

riceve dalla corteccia cerebrale informazioni essenziali peril controllo del movimento. Il cervelletto integra tut-

Sostanza bianca

te queste informazioni e, come un direttore d’orchestra, Meningi spinali Pia madre {interna)

Nervo a” spinale

3

Aracnoide (intermedia)

AA\\{&

P

21 î Figura Le meningi

Sezione trasversale

———€—

\

Dura madre (esterna)

Spazio — —subaracnoid

confronta la «partitura» programmata dalla corteccia cerebrale con l’effettiva «esecuzione» dei muscoli, suggerendo loro come interpretare al meglio il comando motorio. Ciò consente di controllare costantemente la postura del corpo e di coordinarne i movimenti senza che ne abbiamo coscienza. RICORDA II cervelletto è la sede di controllo dei movimenti corporei; ha la forma di una cupola e anch'esso è diviso in due emisferi.

del midollo

spinale in cui

Le cavità e i rivestimenti del SNC

sono messi

in evidenza le meningi (dura madre,

Nel sistema nervoso centrale sono presenti alcune cavità: il canale ependimale nel midollo spinale e quattro

aracnoide e

ventricoli a livello dell’encefalo. Due ventricoli laterali,

pia madre) e lo spazio

paragonabili a fessure lunghe e strette, sono collocati

subaracnoideo.

negli emisferi; il terzo si trova nel diencefalo, mentre il

A livello del tronco encefalico si trova anche la formazione reticolare, un intreccio di neuroni e fibre nervose che

contribuisce a controllare i movimenti e regola lo stato di sonno e di veglia. RICORDA Tra il midollo spinale e il diencefalo c’è il tronco encefalico che si divide in mesencefalo, ponte e midollo allungato.

l’aracnoide

«li

«ragno») si chiama così perché sembra una ragnatela. Le

madri sono così chiamate perché proteggono il cervello come un figlio; una è «devota» (pia), l’altra

è «spessa» (dura in latino).

Struttura e funzioni del cervelletto

(dal greco ardchne,

Il cervelletto si trova al di sotto del cervello, in posizione posteriore rispetto al bulbo e al ponte. È una struttura a forma di cupola, formata da due emisferi ricchi di circonvoluzioni: la superficie esterna è costituita di sostanza grigia, mentre la parte sottostante è formata da sostanza bianca. Il cervelletto riceve costantemente informazioni relative allo stato delle articolazioni, alla tensione dei tendini e al livello di contrazione dei muscoli. Vi giun-

quarto tra il bulbo e il midollo spinale. Queste cavità sono comunicanti tra loro e contengono il liquido cerebrospinale, prodotto per filtrazione del sangue dai grovigli di vasi capillari situati nelle pareti del terzo e del quarto ventricolo (plessi corioideî). Il liquido cerebrospinale ha diverse funzioni: fornisce nutrimento ai neuroni, contiene globuli bianchi e anticorpi, elimina le sostanze di

scarto. Esso viene continuamente rinnovato grazie a un equilibrio tra produzione (circa 400 mLal giorno) e riassorbimento da parte dei vasi venosi. L’encefalo e il midollo spinale sono avvolti da tre membrane di tessuto connettivo chiamate meningi (Figura 21): partendo dall’esterno troviamo la dura madre (la più robusta), l’aracnoide e la pia madre. L’aracnoide ha una struttura molto lassa, e lo strato tra l’aracnoide e la

pia madre contiene un velo sottile di liquido cerebrospinale che protegge dagli urti. RICORDA Il SNC presenta una cavità detta canale ependimale, quattro ventricoli contenenti il liquido cerebrospinale e tre membrane, le meningi.

(Oratoccaate Gaga pWUNA

. Qual è il compito del midollo spinale? . Qual è

1.

la struttura del cervello?

. Quali strutture comprende il diencefalo? Come è organizzato il cervelletto?

C354

2.

Il sistema limbico è la parte più esterna /

Realizza un modellino tridimensionale

profonda del diencefalo / telencefalo.

scomponibile del sistema nervoso centrale.

Il talamo / L'ipotalamo controlla le attività

Utilizza i materiali che preferisci ma fai in modo che sia il più accurato possibile.

involontarie del sistema nervoso.

PER SAPERNE

Se non si dorme si muore? Di certo negli esseri umani e negli altri mammiferi non dormire porta a gravi conseguenze sulla

Perché dobbiamo dormire?

(sinapsi) meno utili tra i neuroni e rafforzando

salute, ma stranamente non sappiamo se una

prolungata e totale mancanza di sonno sia fatale. Esiste una rarissima malattia ereditaria, l'insonnia familiare fatale, che porta inevitabilmente all'incapacità di dormire e alla morte, ma è probabile che l'esito sia dovuto anche alla degenerazione complessiva del sistema nervoso causato dalla malattia. Molti esperimenti su animali hanno indicato che l'assenza totale di sonno sembra essere letale dopo qualche giorno, ma è difficile distinguere l'effetto della pura insonnia dall'esaurimento fisico dovuto alla continua attività. In almeno una specie, il

na domanda semplicissima, eppure uno dei più grandi enigmi irrisolti della scienza. Passiamo un terzo della nostra vita in uno stato di incoscienza, assolutamente necessario per il nostro benessere (Figura A). Ma non abbiamo ancora nessuna buona idea del perché. Tutti gli animali dormono? Per quanto ne sappiamo, sì. Non dormiamo solo noi o i mammiferi, ma tutti i vertebrati, inclusi i pesci. Dormono anche gli invertebrati, come gli insetti, al punto che i moscerini della frutta, Drosophila melanogaster, sono proprio uno degli organismi che gli scienziati utilizzano per studiare il sonno! Perfino animali dal sistema nervoso molto semplice dormono, come il microscopico verme nematode Caenorhabditis elegans, che ha solo 302 neuroni. La medusa cassiopea non ha un sistema nervoso centrale, ma di notte rallenta i movimenti e risponde meno agli stimoli, e si può

moscerino della frutta, è stato recentemente

scoperto che la mancanza pressoché totale di sonno non altera la sopravvivenza. La mancanza di sonno, anche di poche ore, è però pericolosissima nella vita pratica. Alla guida, per esempio: il cervello infatti tende a compensare con dei «microsonni», periodi di pochi secondi di incoscienza, che possono essere abbastanza per causare gravi incidenti.

quindi dire che dorma (Figura B).

Che cosa succede se non dormiamo? Negli esseri umani il sonno è fondamentale per la buona salute. Periodi prolungati senza sonno possono portare anzitutto a disturbi psichici (come psicosi e allucinazioni), abbassamento della temperatura corporea, crampi. La carenza cronica di sonno è legata a disturbi nella concentrazione e alla depressione, ma anche all'obesità, al diabete e a un abbassamento delle difese immunitarie.

La fase non-REM è caratterizzata da diversi

; Veglia

da un sonno profondo e

E i sogni? | sogni sono un mistero nel mistero: non abbiamo veramente idea di che cosa siano. È possibile che siano semplicemente un sottoprodotto dell'attività cerebrale: il nostro cervello inventerebbe storie per dare un senso al «rumore di fondo» del cervello durante il sonno. Tuttavia, potrebbero anche essere un utile strumento cognitivo: i sogni ci mettono davanti a situazioni che, per quanto bizzarre, possono essere considerate una simulazione di eventi reali, addestrandoci ad affrontarli.

A che cosa potrebbe servire il sonno?

L'unica cosa che sappiamo è che non serve semplicemente a riposare. C'è chi pensa che il sonno sia necessario per ripulire il tessuto cerebrale da scorie (che si accumulano durante l'intensa attività di veglia) e a riparare danni. Si sa che il sonno aiuta la memoria, e potrebbe essere necessario per l'apprendimento a lungo termine: per esempio sfrondando le connessioni

E] | Ammmara,/o plat

Aa fr AA

Figura B La medusa cassiopea (Cotylorhiza tuberculata) rallenta le proprie funzioni vitali durante la notte.

Veglia

Av

stadi, alcuni dei quali corrispondono al sonno a onde lente, caratterizzato

quelle utili. È possibile anche che il sonno si sia evoluto semplicemente come uno stato di riposo che ottimizza l'efficienza dell'organismo quando non serve essere attivi, un po' come iperiodi di letargo. Altre funzioni fisiologiche poi potrebbero essersi associate, durante l'evoluzione, a questo periodo di riposo, rendendolo indispensabile per la salute.

REM Fasi Non-REM Stadio 1 StadioPv 1

irtatnnyrltinlprpesaini ni

ristoratore.

Stadio 2

Stadio 2 [mv gorirA pfmac.

d03 3

Stadio 3

4

Tempo (ore)

Il sonno a movimento rapido

degli occhi (REM, Rapid Eye Movement) deve il suo nome al

movimento dei bulbi oculari, In questa fase facciamo i sogni più vividi e gli incubi.

Fase REM

[Mpa 0

_LiffvAe tare -

-

10

20

Tempo (secondi)

Durante un ciclo di sonno, solitamente, attraversiamo diverse fasi di sonno profondo e di sonno REM.

Figura A Grazie a degli elettrodi sul cuoio capelluto, l'attività elettrica della corteccia cerebrale viene misurata e (1) si ottiene un tracciato, l'elettroencefalogramma, che evidenzia (2) le diverse fasi di attività cerebrale che l'essere umano attraversa durante un ciclo di sonno.

C12 | Il sistema nervoso | €355

5

Nervo frenico n"

Î

Nervo muscolocutaneo —, \

DI

-

GI

ro 7

ML

Nervi cervicali (8 paia)

o

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T6

NN

è costituito da

è coinvolto nel

Ul

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ana WN

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periferico

allungato

Cq C2

\

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Nervo radiale Nervo uln

AL LR) Re)

x i)

Nervo ascellare Nervo mediano

Il sistema nervoso

si



il

IL SISTEMA NERVOSO PERIFERICO (SNP)

À

» 0)

»

T7

Nervi toracici

Ue

in? paia)

î nervi cranici 23

ll]

processo del riflesso spinale assieme al midollo spinale 24

I nervi spinali

e i nervi cranici I nervi spinali, che fanno parte del sistema nervoso periferico (SNP), collegano il midollo spinale ai recettori

sensoriali, ai muscoli e alle ghiandole di tutto il corpo. Esistono in tutto 31 paia di nervi spinali, che prendono il nome dalla zona della colonna vertebrale da cui emergono (Figura 22A). I nervi spinali sono nervi misti, cioè

Nervi

T10

Ò

2,

E, “

&

intercostali (toracici)

aji

i nervi spinali e i

i

;

;

Ò

Nervo ileoinguina Nervo femorale + Nervo otturatori Nervo gluteo

superiore

Nervo gluteo

inferiore

— coccigei paio) i

Nervo ischiatico

Nervo pudendo

contengono sempre una componente afferente e una componente efferente.

+

La componente afferente è formata da assoni sensoriali che penetrano nel corno dorsale del midollo tramite la radice dorsale e trasmettono informazioni dirette al SNC (Figura 22B). Siamo consapevoli di alcuni di questi messaggi (come il tatto, il dolore, la temperatura esterna), mentre non lo siamo di altri

+

come quelli riguardanti il controllo omeostatico (la pressione sanguigna, la temperatura corporea).I corpi cellulari di questi neuroni si trovano all’esterno del midollo, nei gangli spinali. Lacomponente efferente è formata da assoni i cui corpi cellulari si trovano nel corno ventrale del midollo spinale e che lasciano il corno ventrale stesso. Questi assoni, che formano la radice ventrale del nervo, trasportano informazioni provenienti dal SNC dirette ai muscoli e alle ghiandole. Le vie efferenti possono essere distinte in base al tipo di effetto: quella volontaria rende possibile l'esecuzione dei movimenti volontari; quella involontaria o autonoma controlla le funzioni vegetative (la motilità intestinale o la secrezione degli enzimi digestivi).

C356

O

Ganglio della radice

dorsale

Radice dorsale

Nervo spinale

Cordone laterale

4

/

|

|

/

f

/ /

/

di sostanza bianca

del nervo spinale

f

N

Corno grigio

/E

Corno grigio dorsale i

Cordone posteriore di sostanza bianca — Assone di un

/

neurone sensitivo

vs

Corno grigio laterale

fi

Pri

Radice ventrale

del nervo spinale

Ì

]





Corpo cellulare I un neurone

sensitivo

(

|

. Cordone anteriore

Impulsi nervosi Tot oriali

|

di sostanza bianca

/

Corpo cellulare — di un motoneurone

/

Impulsi nervosi diretti agli organi effettori

(muscoli e ghiandole)

Assone di un motoneurone

Figura 22 Il midollo spinale e i nervi spinali (A) Veduta posteriore del midollo spinale e di parte dei nervi. (B) Sezione trasversale del midollo spinale toracico.

‘1. Una percussione con il martelletto stira il tendine del ginocchio, stimolando il recettore presente a livello del muscolo estensore (il

2. Un recettore di

3. Il neurone sensoriale forma un contatto diretto con un motoneurone a livello del corno ventrale del midollo spinale.

stiramento scatena un

potenziale d'azione.

Radice dorsale {nervi afferenti)

quadricipite).

\

Materia bianca

\



Il riflesso

Corno dorsale

na

—— Via sensoriale (afferente)

Figura 23

Materia grigia

\Via motoria

(efferente)

patellare L'informazione sensoriale raggiunge il midollo spinale attraverso le corna dorsali (in rosso), mentre il messaggio motorio lo abbandona tramite le corna ventrali (in blu).

\

{nervi efferenti) Motoneuroni

4, |l motoneurone conduce il potenziale d'azione al muscolo estensore, provocandone la contrazione.

6. La gamba si estende,

Interneurone spinale

Corno ventrale

5. In questo circuito polisinaptico, un potenziale d'azione viene trasmesso da un neurone sensoriale attraverso un interneurone spinale che inibisce il motoneurone del muscolo flessore

_

antagonista (il bicipite femorale).

I nervi cranici originano dall’encefalo. Nella specie umana si distinguono 12 paia di nervi cranici; per la maggior parte sono misti, ma possono avere una prevalenza senso-

parte dai recettori di stiramento presenti nel tendine del muscolo estensore della gamba (il quadricipite femora-

riale o motoria. I primi due (olfattivo e ottico), che sono

le). Quando il martelletto stimola il tendine, che si tro-

esclusivamente sensoriali, non fanno parte del sistema nervoso periferico, ma sono una continuazione del siste-

va sopra il ginocchio, l’effetto viene percepito come uno stiramento del muscolo. I recettori generano una serie di potenziali d’azione che raggiungono il midollo attra-

ma nervoso centrale. Tra gli altri, il trigemino (il quinto)

e il vago (il decimo). RICORDA 1 nervi spinali collegano il midollo spinale ai recettori sensoriali e agli organi effettori. | nervi cranici partono o terminano nell’encefalo.

AZ

I riflessi spinali

Il midollo spinale (che fa parte del SNC) non è solo una via di transito, ma può generare semplici risposte invo-

lontarie senza coinvolgere l’encefalo. Il processo tramite cui il midollo spinale riceve un’informazione, la integra ed elabora una risposta viene definito riflesso spinale. Un esempio è costituito dal riflesso rotuleo o patellare, ovvero quello che il medico provoca colpendo il ginocchio con un martelletto, appena sotto la rotula (Figura 23).

Nel caso del riflesso patellare, l’informazione sensoriale

verso un assone afferente. A livello del corno ventrale, il neurone sensoriale forma una sinapsi con un motoneurone, inducendo una sua risposta in termini di potenziali

d’azione. Questi potenziali d'azione vengono trasmessi al muscolo estensore della gamba, che si contrae distendendosi e facendo muovere la gamba. Oltre ad attivare la contrazione di un muscolo, il segnale sensoriale deve disattivare il suo antagonista, ovvero quello che provoca il movimento opposto (come il bicipite femorale, che provoca la flessione della gamba). Tale coordinazione avviene grazie a un interneurone, che stabilisce con il motoneurone del muscolo antagonista una sinapsi inibitoria. RICORDA I riflessi spinali sono sequenze involontarie di azioni in cui il midollo spinale può generare risposte senza coinvolgere l'encefalo.

Oratoccaate Eizzi o 1.

3.

Qualè la funzione dei nervi spinali? Quanti nervi cranici possiede l'essere

umano e di che tipi sono? Che cosa sono i riflessi spinali?

Lo stimolo sensoriale / motorio raggiunge il midollo spinale attraverso le corna dorsali / ventrali e lo stimolo sensoriale / motorio lo abbandona tramite quelle dorsali / ventrali.

Fai una ricerca e individua quali sono le cause della nevralgia al trigemino e quali altre neuropatie legate a questo nervo cranico

esistono. Realizza una scheda riassuntiva.

C12 | Il sistema nervoso | C357

«ll

Le azioni del sistema simpatico e parasimpatico

LA DIVISIONE AUTONOMA DEL SNP Il sistema nervoso autonomo

è suddiviso in sistema enterico e sistemi ortosimpatico e parasimpatico 25

ll

induce azioni antagoniste sugli organi effettori 26

Il sistema nervoso autonomo

Il sistema nervoso periferico (SNP) è suddiviso in due componenti: il sistema nervoso somatico, che è costituito da neuroni sensoriali e motori, e il sistema nervoso autonomo (SNA), che controlla le azioni involontarie e regola l’ambiente interno (Figura 24). II SNA comprende

Simpatico deriva dal greco synpdthos che significa, letteralmente, «sofferenza in comune».

a sua volta due grandi gruppi di neuroni che costituiscono la divisione ortosimpatica (o simpatica) e quella parasimpatica, e il sistema nervoso enterico. In genere, le prime due divisioni inducono azioni contrarie a livello degli organi effettori, cioè se una provoca l'aumento

Indipendentemente dal fatto che appartenga al simpatico o al parasimpatico, ogni via efferente del SNA inizia da un neurone colinergico (cioè che ha come neurotrasmettitore l’acetilcolina) il cui corpo cellulare è localizzato a livello del tronco encefalico o del midollo spinale. Queste cellule vengono chiamate neuroni pregangliari, in quanto il secondo neurone della via efferente, con il quale esse stabiliscono una sinapsi, è collocato a livello di un ganglio autonomo, una struttura posta esternamente al sistema nervoso centrale. L’assone del neurone postgangliare esce dal ganglio e raggiunge gli organi effettori per stabilire sinapsi con le sue cellule bersaglio. Le cellule nervose postgangliari del simpatico utilizzano come neurotrasmettitore la noradrenalina; i neuroni postgangliari della divisione parasimpatica, invece, sono prevalentemente colinergici. Le cellule effettrici degli organi raggiunti sia dalle terminazioni simpatiche sia da quelle parasimpatiche rispondono in maniera opposta alla noradrenalina e all’acetilcolina. Ne è un esempio il funzionamento del nodo seno-atriale (localizzato nella parete cardiaca dell’atrio destro) che è il pacemaker cardiaco fisiologico, in quanto da esso si genera spontaneamente e autonomamen-

tività del parasimpatico potrebbe essere riassunta dalle parole «digerisci e rilassati»: esso infatti rallenta l’attività cardiaca, abbassa la pressione arteriosa e stimola l’attività dell'apparato digerente.

te l'eccitazione del miocardio (vedi Capitolo C5). Sia la stimolazione dell’innervazione simpatica del cuore sia la somministrazione locale di noradrenalina provocano un aumento dell’attività delle cellule del pacemaker e, di conseguenza, un incremento della frequenza cardiaca. Stimolando la componente parasimpatica o impiegando acetilcolina al posto di noradrenalina si diminuisce l’eccitabilità delle cellule seno-atriali e si abbassa la frequenza cardiaca. I due compartimenti del SNA si distinguono anche dal punto di vista anatomico. » Icorpicellulari dei neuroni pregangliari del parasimpatico si localizzano nel tronco encefalico e a livello della regione sacrale; i neuroni simpatici sono collocati nel tratto di midollo spinale compreso tra la regione cervicale e quella sacrale. » Lamaggior parte dei gangli simpatici è organizzata a

Il sistema nervoso enterico. Il sistema nervoso enteri-

formare due catene, situate una a destra e una a sini-

co (chiamato anche sistema metasimpatico) è localizzato nello spessore della parete intestinale, nel pancreas e

stra della colonna vertebrale; i gangli parasimpatici

dell’attività di un effettore, l’altra ne causa la diminuzio-

ne. Il simpatico e il parasimpatico si differenziano per le loro diverse funzioni, e anche in base alle caratteristiche anatomiche e ai neurotrasmettitori che utilizzano.

Le attività del sistema ortosimpatico. Sono quelle che producono la cosiddetta risposta «combatti o fuggi»: l’aumento della frequenza cardiaca, l'innalzamento della

pressione arteriosa, e tutti imeccanismi che preparano l'organismo a una situazione di emergenza. Le attività del sistema parasimpatico. Al contrario, l’at-

sono, invece, molto vicini agli organi effettori.

nella cistifellea; la rete enterica controlla le secrezioni

di questi organi e l’attività della muscolatura liscia. RICORDA

Le azioni involontarie sono controllate

dal sistema nervoso autonomo (SNA) suddiviso in ortosimpatico, parasimpatico, e sistema enterico.

C358

RICORDA Le due suddivisioni ortosimpatica e parasimpatica inducono azioni antagoniste sugli organi effettori. Le cellule nervose postgangliari del simpatico utilizzano la noradrenalina; quelle del parasimpatico l’acetilcolina.

DIVISIONE PARASIMPATICA

DIVISIONE ORTOSIMPATICA

Costrizione pupillare

.

Dilatazione pupillare

.

)

i:

Inibizione della salivazione

“e

Stimolazione della salivazione

Costrizione delle vie aeree

cranici

Rilasciamento delle vie aeree

Cervicale

Rallentamento del battito cardiaco

Aumento

del battito cardiaco

Toracica +«

Stimolazione della digestione

Inibizione della digestione Ganglio celiaco

Blanda stimolazione dell'assunzione di glucosio e sintesi di glicogeno

Stimolazione della demolizione di glicogeno e del rilascio

Lombare4

di glucosio Stimolazione

(|

dell'attività

}1

intestinale

i ())(

Sacrale 4 Stimolazione della contrazione della vescica urinaria

Stimolazione

|

Inibizione

della secrezione

dell'attività

di adrenalina e

intestinale

di noradrenalina

) %

Ganglio mesenterico inferiore

Catena dei gangli simpatici

Stimolazione dell'erezione del pene o del clitoride

Rilasciamento della vescica urinaria

——»* Neuroni noradrenergici (postgangliari)

Stimolazione

——


\

nervoso centrale, dove l’informazione è tradotta in uno

gustativi, sono continuamente sostituite, ma i neuroni



5.

.

,

meccanicamente, alterando il potenziale di membrana

più importanti sono cinque. 1. I dischi di Merkel si trovano negli strati superficiali

della cellula che genera potenziali d’azione. La frequenza dei potenziali d’azione così prodotti comunica al SNC l'intensità dello stimolo fisico ricevuto.

del derma, hanno sensibilità relativamente bassa, si adattano lentamente e forniscono di continuo informazioni su ciò che è a contatto con la cute.

C13|Gli organi di senso C379

Umami deriva

dalgiapponesee Significa «saporito, gustoso».

E

E

O

Fuso neuromuscolare

——

neuromuscolari vengono

allungati...

L

Muscolo

— Fuso

neuromuscolare cui

n do

x

5. Infine, alcuni dendriti dei neuroni sensoriali si avvol-

tiramento

in contatto con un oggetto, le terminazioni nervose vengono stimolate. Nella cute esistono anche terminazioni nervose libere che sono sensibili agli stimoli dolorifici e al calore.

OA

Neurone sensoriale

2a. ... i neuroni sensoriali associati trasmettono potenziali d'azione al SNC. Questi segnali stimolano i motoneuroni che promuovono la contrazione muscolare.

Muscolo Tendine

Impulsi del neurone sensoriale

O

TN

Organo tendineo di Golgi

gono intorno ai follicoli piliferi; quando i peli entrano

RICORDA

Il tatto è dovuto alla presenza di cellule

recettoriali che percepiscono la distorsione fisica o la pressione che viene esercitata sulla cute.

Impulsi del neurone sensoriale

ì

Carico & N

e

di” mu

>

uo +



Muscolo

(E

Fibre

i

LT

ad

,,

Carico sul muscolo

©

sd

collagene

7

I

_ Organo

pa

tendineo

L1b. Gli organi di Golgi

\&

percepiscono il carico e misurano la forza della contrazione muscolare. Quando la contrazione diventa troppo intensa...

\

di Golgi iN& €

\ Neurone

\ Tendine

sensoriale

2b....i neuroni sensoriali inviano

potenziali d'azione al SNC che inibisce i motoneuroni e il muscolo si rilassa.

I recettori ds di tensione Inogniistante riceviamo informazioni riguardanti la posizione degli arti e le sollecitazioni subite dai muscoli e dalle articolazioni attraverso i nostri meccanocettori. Queste informazioni sono essenziali per il controllo della postura e per la coordinazione dei movimenti. I meccanocettori che si trovano nel muscolo scheletrico sono detti fusi neuromuscolari (Figura 7A). Sono recettori di tensione, fibre modificate inserite nel tessuto connettivo

2. I corpuscoli di Meissner si trovano anch'essi in superfi-

del muscolo e innervate da neuroni sensoriali. Ogni volta che il muscolo si allunga, anche i fusi subiscono uno stiramento, e i neuroni trasmettono lo stimolo sotto forma di potenziali d'azione al SNC, che usa l'informazione per aggiustare la forza della contrazione del muscolo in accordo conilcarico a cui è sottoposto. Per

cie soprattutto nella cute glabra, sono molto sensibili

esempio, mentre ci versiamo una bibita siamo in grado

ma si adattano in maniera piuttosto rapida: essi forni-

di mantenere il bicchiere nella stessa posizione nonostante il carico del braccio aumenti mano a mano che il bicchiere si riempie. Un altro tipo di meccanocettori cellulari, gli organi

Figura 7 | recettori di tensione (A) | segnali dai fusi neuromuscolari al SNC promuovono la contrazione muscolare. (B) L'organo di Golgi inibisce

contrazioni muscolari troppo intense.

scono, quindi, l'informazione tattile che riguarda an-

che piccoli cambiamenti su ciò che entra in contatto con la superficie corporea. Il rapido adattamento di questi sensori tattili è il motivo per cui, per apprezzarne la forma e la consistenza, si fa ruotare un piccolo oggetto tra le dita piuttosto che stringerlo in maniera statica: mentre si ruota l’oggetto, infatti, non si fa altro che stimolare ripetutamente i corpuscoli di Meissner. I corpuscoli di Ruffini, situati nella profondità del derma, si adattano lentamente agli stimoli e sono capaci di rilevare le vibrazioni a bassa frequenza. I corpuscoli di Pacini, ancora più profondi, si adattano rapidamente agli stimoli e rispondono alle vibrazioni caratterizzate da frequenze elevate.

di Golgi (Figura 7B), si trova nei tendini e nei legamenti

e fornisce informazioni sull’entità della forza generata dalla contrazione muscolare. Se una contrazione è eccessiva, i potenziali d’azione generati dall’organo di Golgi inibiscono i motoneuroni, causando il rilassamento del

muscolo e proteggendolo da possibili strappi. RICORDA I fusi neuromuscolari e gli organi di Golgi ci informano sulla posizione e sulle sollecitazioni subite da muscoli, tendini e legamenti, permettendoci di controllare la postura.

(Oratoccaate fat 1. 2. 3.

Come funziona il senso dell'olfatto? Che cosa comporta il fatto che la lingua sia soggetta a una forte usura? Dove si trovano e che funzione hanno i corpuscoli di Ruffini?

C380

1. 2.

I dischi di Merkel si trovano negl i strati profondi / superficiali del derma. | corpuscoli di Pacini si adattano lentamente / rapidamente agli stimoli con frequenze. ...........................

Non tutti quelli che noi definiamo «sapori» sono in realtà percepiti dal senso del gusto. Fai una ricerca su come percepiamo i cibi piccanti

come il peperoncino o il wasabi e prepara un intervento di 5 minuti da fare in classe.

00

L’orecchio e la percezione dei suoni

Gli stimoli che percepiamo come suoni sono in realtà onde di pressione. Il sistema acustico è l'orecchio interno,

L'UDITO E L'EQUILIBRIO

che si trova nel cranio, all’interno dell’osso temporale. L’orecchio medio e l’orecchio esterno sono le vie di tran-

TEA

sito del segnale. Esaminiamo ora la loro struttura e le loro funzioni (Figura 8).

consente

*

L'orecchio esterno comprende il padiglione auricolare,

»

pano; il timpano è una membrana che ricopre la parte terminale del canale uditivo e che vibra in risposta alle onde di pressione che percorrono il canale stesso. l’orecchio medio è una cavità piena di aria che si

che raccoglie le onde sonore, il canale uditivo e il tim-

la percezione

il senso

dei suoni 9

dell’equilibrio 10

sviluppa nell’osso temporale al di là della membrana timpanica. La cavità è in connessione diretta con

Panoramica del sistema uditivo umano 1. Le onde sonore viaggiano attraverso il canale uditivo e fanno vibrare la membrana timpanica.

L'orecchio medio e l'orecchio interno

Ent

2. Gli ossicini

ovale creano onde di pressione Canale semicircolare

trasmettono le vibrazioni della membrana timpanica alla finestra ovale della coclea.

nei canali cocleari pieni di liquido.

del sistema vestibolare Nervo

vestibolococleare Staffa >> Ossicini

Incudine — Martello

N

ervo vestibolare



Nervo

Membrana timpanica

(



acustico

(«timpano»)

Canale uditivo Orecchio medio

Trombadi Eustachio

Orecchio interno

Coclea

Onde di — pressione {in aria)

— Padiglione auricolare

Finestra ovale (sotto la staffa)

L'organo di Corti

Stereociglia = ciliata Sellula |

Nervo

acustico

Membrana 4 tettoria

Trombadi Eustachio

Onde di pressione {in aria)

Sezione trasversale della coclea Canale vestibolare —__ Membrana vestibolare

Organo — di Corti Membrana basilare

Finestra rotonda



Canale — medio 4

4, Le onde di pressione flettono le membrane nel canale cocleare.

Membrana basilare 5. Quando la membrana basilare si flette, vengono piegate le stereociglia presenti sulle cellule ciliate nell'organo di Corti.

6. | movimenti delle stereociglia vengono trasdotti in potenziali d'azione nel nervo acustico.

Canale —timpanico

=

Nervo acustico

Figura 8 Le strutture dell'orecchio umano Il nostro orecchio utilizza le cellule ciliate per trasdurre le onde sonore in potenziali d'azione,

C13 [Gli organi di senso C381

la faringe attraverso la tromba di Eustachio. Grazie

5. Leonde pressorie dell’endolinfa trasmettono vibrazio-

al collegamento con la cavità orale, anche la trom-

ni alla membrana basilare, che spinge le cellule ciliate

ba di Eustachio è piena d’aria: pertanto la pressione dell’aria tra l'orecchio medio e l’ambiente esterno è in equilibrio. L'orecchio medio contiene tre ossicini,

dell’organo di Corti contro la membrana tettoria. 6. La flessione delle stereociglia stimola le cellule ciliate a rilasciare neurotrasmettitori in corrispondenza delle sinapsi con i neuroni sensoriali. 7. Ineuroni generano potenziali d’azione di frequenza proporzionale all’intensità dello stimolo, che percorrono il nervo cocleare. Gli assoni del nervo acustico terminano nel midollo al-

il martello, l’incudine e la staffa, che trasmettono

*

la vibrazione della membrana timpanica a un’altra membrana flessibile localizzata in corrispondenza di un'apertura, la finestra ovale. L'orecchiointernosisviluppa dietro la finestra ovale ed è formato da un labirinto osseo costituito da una serie di cavità che si aprono nell’osso temporale. Il labirinto osseo contiene un fluido, detto perilinfa, che circonda il labirinto membranoso, formato da vesci-

Coclea deriva dal latino choclea, «chiocciola», con evidente riferimento alla sua struttura.

cole e canalicoli che seguono la forma del labirinto osseo e contengono l’endolinfa. Le cavità del labirinto comprendono la coclea (che contiene l’organo dell’udito) e l'apparato vestibolare, che costituisce invece l’organo dell’equilibrio. Il sistema acustico. La componente acustica dell’orecchio interno è la coclea, una lunga camera che si avvol-

basilare e la membrana

tettoria (vedi

Figura 8). Disposto sulla membrana basilare si trova l’organo di Corti, che è il vero organo dell’udito. L'organo di Corti contiene cellule ciliate dotate di stereociglia, che sono in contatto tramite il proprio apice con una rigida struttura di copertura, la membrana tettoria. I potenziali

d’azione generati dalle cellule ciliate localizzate in posizioni differenti lungo l’organo di Corti si propagano attraverso il nervo acustico e vengono trasmessi dal nervo termine coniato unendo otés, «orecchio», con lithos, «pietra»; in effetti sono una sorta di sassolini dell’orecchio.

La frequenza si misura in Hertz,

che corrisponde a una vibrazione al secondo.

RICORDA L'udito ci permette di percepire i suoni come onde di pressione poi elaborate nell'orecchio e trasmesse al SNC. Nell'orecchio interno si trova l'organo di Corti, considerato l'organo dell'udito.

ge a forma di elica, assottigliandosi via via. Una sezione trasversale della camera rivela che essa è composta da tre canali paralleli separati da due membrane fibrose, sil) la membrana

Otolita è un

lungato, sullo stesso lato dell’encefalo; da qui risalgono

all'area uditiva primaria nel lobo temporale della corteccia, in parte incrociandosi e passando sul lato opposto. In questo modo, sia l’area uditiva primaria di destra sia quella di sinistra ricevono informazioni da entrambe le orecchie.

cocleare (o vestibolococleare) a regioni differenti della

corteccia uditiva dell’encefalo. Che cosa accade quando, per esempio, le onde sonore prodotte delle corde di una chitarra raggiungono l’orecchio? 1. Le vibrazioni della corda creano nell’aria delle onde di compressione. 2. Le onde, raccolte dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo dell’orecchio esterno, fanno vibrare il timpano alla stessa frequenza del suono emesso. 3. Daltimpano, la vibrazione viene trasmessa al martello, all’incudine e alla staffa; gli ossicini la amplificano (cioè intensificano le onde sonore) e la trasmettono

alla finestra ovale. 4. Le vibrazioni della finestra ovale producono onde di compressione nel liquido all’interno della coclea; le onde attraversano il canale superiore, risalgono tutta la coclea e infine passano nel canale inferiore.

C382

L'orecchio interno e l'equilibrio

Nell’orecchio interno si trova anche l’apparato vestibolare, che costituisce l’organo dell’equilibrio (Figura 9A). Esistono due tipi distinti di equilibrio, l’equilibrio statico e l'equilibrio dinamico. L'equilibrio statico. Fornisce informazioni riguardanti il mantenimento della posizione del corpo rispetto alla forza di gravità e serve a mantenere la postura e l'equilibrio. I recettori per l'equilibrio statico si trovano sulle pareti interne di due vescicole chiamate utricolo e sacculo, in corrispondenza di una regione specializzata, detta macula, che rileva la posizione della testa nello spazio. La macula, infatti, contiene cellule ciliate le cui ciglia sono

immerse in una sostanza gelatinosa cosparsa di cristalli di carbonato di calcio, detti otoliti (Figura 98). Quando la

testa si muove, gli otoliti e la membrana si spostano provocando la flessione delle stereociglia e la trasmissione dello stimolo al nervo vestibolare. L'equilibrio dinamico. Corrisponde al mantenimento della posizione del corpo inrisposta a movimenti improvvisi come la rotazione, l'accelerazione e la decelerazione,

ed è affidato ai tre canali semicircolari membranosi. I canali sono orientati secondo le tre direzioni dello spazio; ciascuno mostra una porzione ingrossata (ampolla), all’interno della quale si trova una cresta contenente

un gruppo di cellule ciliate sormontate da una cupola gelatinosa contenente gli otoliti. I movimenti del capo

O

Vista attraverso un canale semicircolare fino alla cupola

Canale semicircolare

. . Li . . Nei canali semicircolari, le cupole gelatinose vengono premute da una parte o dall'altra quando i cambiamenti nella posizione o. . . . della testa causano lo scorrimento del liquido nei canali stessi.

Condotto —delcanale semicircolare

Flusso del liquido ——_

$ Cupola Stereociglia

= Cupola

TS Cere ©

—_ Cellula di sostegno 6

Fibre nervose

sensoriali dr

.

sai

‘di

Gli otoliti sono granuli di carbonato di

.

Direzione del movimento del corpo

p

calcio che si trovano sulla superficie di una sostanza gelatinosa (la membrana otolitica). O

Dinamica delle stereociglia x nel sacculo e nell’utricolo Stereociglia

HAY ;

Forza di gravità

j sui Otoliti

A9n00 apo

Cellula ciliata

‘ot

Forza di gravità Direzione delmovimento



Fibre nervose

Cellula

di sostegno

o

j

del corpo ——_—_—____»

ORRORI NU

Lia

sensoriali

j

A causa dell’inerzia della massa di otoliti, quando la testa cambia posizione o quando subisce un'accelerazione o una decelerazione, la membrana otolitica piega le cellule ciliate.

Figura 9 Gli organi dell'equilibrio (A) Nell'orecchio interno di un essere umano l'organo dell'equilibrio comprende tre canali semicircolari e due organi vestibolari. (B) Gli otoliti danno informazioni su posizione della testa e movimento.

modificano la posizione dei canali semicircolari, generando correnti nell’endolinfa che agisce sulle cupole, le quali a loro volta flettono le stereociglia. Ciò innesca un segnale elettrico nelle cellule ciliate che sitraduceinuna sequenza di potenziali d'azione lungo i neuroni sensoriali del nervo vestibolare. Gli assoni che costituiscono le vie dell’equilibrio en-

il midollo spinale (per regolare il tono muscolare) sia la corteccia motoria (peril controllo dei movimenti) Quando il sistema vestibolare e il sistema visivo entrano in conflitto si possono verificare disturbi legati —all’equilibrio, come il mal di mare o il mal d’auto.

trano nel midollo allungato e si dirigono al cervelletto; da qui partono e arrivano varie vie che coinvolgono sia

dell'equilibrio: l'apparato vestibolare. Esso presiede sia all'equilibrio statico sia all'equilibrio dinamico.

Rispondi 1.

RICORDA Nell'orecchio interno troviamo l'organo

Scegli le parole —

Inquali strutture avviene la percezione delle onde sonore?

1.

2.

Quale struttura connette l'orecchio medio

2.

3.

alla faringe? Qual è la componente acustica

4.

dell'orecchio interno? Dove si trova l'organo dell'equilibrio?

3.

(oratoccaate ESD — —_

L'equilibrio statico / dinamico è affidato ai tre canali semicircolari Mmembranosi.

Tra gli esami che interessano l'orecchio interno, c'è la stimolazione calorica del

Dal timpano / Dalla coclea, la vibrazione

labirinto. Cerca informazioni in Rete sulla

viene trasmessa al martello, all'incudine e alla i... 0.

—procedura e sugli obiettivi di questo esame e scrivi una scheda di approfondimento in

Gli stimoli che percepiamo come suoni sono onde di............

.

cui evidenzi il meccanismo che provoca la vertigine e il grado di invasività del test.

C13 [Gli organi di senso C383

Muscolo ciliare

Sclera 4

/

_A Epitelio

pigmentato

Legamenti

L'ORGANO DELLA VISTA

Retina

sospensori “»

+

L’organo della vista

Nervo ottico Cornea

è



Lenteo

riceve informazioni

l'occhio, costituito

da tre strati: cornea,

Fovea

che

coroide e retina 11

, visive grazie aconie bastoncelli 12

| _/

(

cristallino

Umore __ vitreo

. Arteria (rosso)

{

e vena (blu) centrali

Punto cieco

Figura 10 Gli occhi sono come macchine fotografiche Le lenti degli occhi focalizzano l'immagine su strati di fotocettori cellulari.

li

La struttura dell'occhio

Il sistema di lenti di una macchina fotografica mette a fuoco un'immagine invertita su una pellicola nello stesso modo in cui il cristallino dell'occhio focalizza un'immagine sulla retina.

I nostri occhi mettono a fuoco le immagini su una superficie interna che è sensibile alla luce, proprio come le macchine fotografiche. L’occhio è una struttura sferica del diametro di circa 2,5 cm (bulbo oculare), contenente un mezzo fluido che

ne mantiene la forma. Il bulbo oculare, protetto da due pieghe cutanee chiamate palpebre, è rivestito esternamente da tre strati (Figura 10).

1. Il rivestimento più esterno dell’occhio è un robusto strato di tessuto connettivo biancastro chiamato sclera. Nella porzione anteriore, la sclera diventa trasparente e forma la cornea. La sclera e la porzione interna delle palpebre (ma non la cornea) sono ricoperte da un epitelio chiamato congiuntiva. 2.

Sottolasclerasitrovala coroide, una membrana ricca

di vasi sanguigni e di melanociti (da qui il colore mar-

Per la visione di oggetti vicini, i muscoli ciliari si contraggono, producendo una curvatura nel cristallino.

Per la visione di oggetti lontani, i muscoli ciliari si rilassano e il cristallino assume una forma più appiattita.

rone scuro). La melanina ha la funzione di assorbire

la riflessione e la diffusione della luce all’interno del bulbo, che disturberebbero la visione. Anteriormente la coroide presenta un foro circolare, chiamato pupilla, circondato dall’iride, un anello muscolare pigmentato che dà all’occhio il suo colore. I muscoli dell’iride, che sono sotto il controllo del sistema nervoso autonomo, regolano la quantità di luce che entra nell’occhio attraverso la pupilla: in presenza di luce

Figura 11 L'accomodazione Per mettere a fuoco oggetti a distanze diverse bisogna cambiare la forma delle proprie lenti.

sullo strato sensibile alla luce (la retina). I nostri oc-

chi, per mettere a fuoco gli oggetti, alterano la forma del cristallino grazie alla presenza dei muscoli ciliari. Questo processo è chiamato accomodazione (Figura 11).

steriormente all’iride si trova il cristallino, una lente

3. Laretinaèl’involucro più interno del bulbo oculare, corrisponde al «sensore» della macchina fotografica, ed è il punto d’inizio della via visiva. L'interno del bulbo oculare. Il cristallino divide l’interno del bulbo oculare in due cavità, la camera anteriore e la

che ha il compito di mettere a fuoco i raggi luminosi

camera posteriore.

intensa, il sistema parasimpatico fa contrarre imusco-

li circolari dell’iride, restringendo la pupilla; quando la luce è scarsa, il sistema simpatico attiva i muscoli

radiali, che provocano la dilatazione della pupilla. Po-

C384

+

Cornea

La camera anteriore dell’occhio, posta davanti al cristallino, è piena di umore acqueo, un liquido simile a quello cerebrospinale, che mantiene la forma

Lu

Lente,

- Retina

_

2... e viene

Nervo

PP

assorbita

ottico

daibastoncelli e dai coni

dell’occhio e nutre il cristallino e la cornea, entrambi

sul fondo della

privi di vasi sanguigni. Dietroalcristallinositrovala camera posteriore, una cavità più grande contenente una sostanza gelatinosa trasparente chiamata umore vitreo.

RICORDA L'occhio umano è in grado di mettere a fuoco le immagini; l'involucro più interno è la retina: il punto d'inizio della percezione visiva.

ll

I fotocettori della retina

La retina è costituita a sua volta da due strati. Lo strato pigmentato è una pellicola di cellule contenenti melanina posta tra la coroide e lo strato nervoso. Lo strato nervoso, invece, è un'estensione periferica dell'encefalo che

comprende i fotocettori e i neuroni che collaborano per trasmettere l'informazione visiva alla corteccia. I fotocettori, che si trovano in profondità nello strato nervoso,

comprendono i coni e i bastoncelli. I bastoncelli. I bastoncelli (circa 100 milioni nell’essere

umano) sono cellule sottili e allungate, più numerosi nelle aree periferiche della retina. Non permettono la visione a colori, ma discriminano varie tonalità di grigio. I coni. Più grossi dei bastoncelli, sono in grado di discriminare i colori. La retina possiede circa 5 milioni di coni, la cui densità è massima a livello della fovea, che corri-

sponde al centro del campo visivo. Perraggiungere ed eccitare queste cellule, la luce deve attraversare l’intero spessore della retina. Siccome i coni si attivano solo in presenza di intensa luminosità, essi contribuiscono poco alla visione notturna, che dipende principalmente dai bastoncelli. Una volta eccitati, i coni e i bastoncelli rilasciano neurotrasmettitori diretti alle cellule bipolari, che hanno la funzione di modulare l’informazione (Figura 12). A loro volta, le cellule bipolari

formano sinapsi cone cellule gangliari, che costituiscono lo strato più anteriore della retina. In risposta ai neurotrasmettitori, le cellule gangliari generano potenziali d’azio-

Rispondi

1. La luce viaggia attraverso strati di

retina.

neuroni trasparenti (cellule gangliari, amacrine, bipolari e orizzontali.

Verso ilÈ nervo ottico

,

Figura 12

Assoni

L'informazione

delle cellule

A

A +e

{ Cellula

Cellula

| amacrina

bipolare Cono

ZZZ

Î

$

2

x

Fotocettori Bastoncello

ere

Sclera

=

\

TZ

}

© e

© E

La retina umana i possiede cinque strati di neuroni che ricevono

visiva,

Retina

gangliari

visiva

ed elaborano l'informazione

7

|

*

Cellule gangliari*” 4. ... e infine converge sulle cellule gangliari, i cui assoni arrivano al cervello.

Cellula orizzontale \

=E) a _ Epitelio pigmentato

3. L'informazione visiva viene processata attraverso diversi strati di neuroni...

ne, inviando al cervello l’informazione visiva. Gli assoni

delle cellule gangliari si uniscono insieme a costituire il nervo ottico; la posizione in cui il nervo ottico emerge dalla retina, e attraverso cui passano i vasi sanguigni, è chiamata punto cieco, infatti in questo punto non sono presenti fotocettori. La sensibilità alla luce dei coni e dei bastoncelli (fotosensibilità) è garantita da una speciale famiglia di pigmenti, chiamati opsine. Nell’essere umano esistono tre opsine dei coni, distinte sulla base della componente

cromatica a cui sono più sensibili. I bastoncelli, invece, contengono un solo pigmento, la rodopsina. La fotosensibilità dipende dalla capacità delle opsine di assorbire l'energia luminosa dei fotoni e di subire di conseguenza un cambiamento di conformazione. Quando la rodopsina si modifica, nella cellula avviene una cascata di reazioni che si conclude con una variazione del potenziale di membrana e il rilascio di neurotrasmettitore. RICORDA RICORDA

La retina riceve ed elabora

le informazioni visive grazie ai fotocettori della retina: i coni e i bastoncelli.

Scegli le parole —

(Oratoccaate RGB

1.

Qual è la struttura del bulbo oculare? . Qual è la funzione dell'iride?

1,

Nella... si concentra la densità massima di coni.

Che cosa hanno in comune il bulbo oculare e una macchina fotografica? Realizza una

3.

Dove si trova e quale funzione svolge l'umor acqueo? Dove sono concentrati i bastoncelli

2.

Il nervo ottico / cristallino divide l'interno del bulbo oculare in due cavità. Lostrato.................... è

presentazione multimediale di 10 slide in cui confronti gli elementi funzionali in comune. Prova a partire da questi elementi: cristallino,

una pellicola di cellule contenenti melanina.

diaframma, retina, obiettivo.

4,

e a che cosa servono?

3.

C13 | Gli organi di senso C385

E

€)

LE PATOLOGIE DEGLI ORGANI DI SENSO Le patologie degli organi di senso

comprendono le

patologie dell’olfatto 13

patologie del gusto 14

patologie dell’orecchio 16

tra cui anche quelle

dell'udito 15 ME]

dell’equilibrio17

patologie dell’occhio 19

tra cui anche quelle

della vista 18

Le patologie

dell'olfatto Con il termine disosmie si indicano le alterazioni della percezione olfattiva che possono essere quantitative o qualitative. Alterazioni quantitative. Consistono nell’aumento (iperosmia) o nella riduzione della percezione degli sti-

moli olfattivi, che può essere parziale, (iposmia) o completa (anosmia). L'iperosmia, o iperestesia olfattiva, è un’aumentata sensibilità agli stimoli olfattivi che può comportare la percezione di stimoli comunemente non

avvertibili. Si manifesta in seguito patologie (soprattutto malattie neurologiche, emicrania, disturbi d’ansia o malattie psicosomatiche) ma anche in condizioni fisiologiche, come durante la gravidanza: in questo caso si parla di iperosmia gravidica e si verifica con il rilascio di prolattina dall’ipofisi. Dal punto di vista evolutivo, servirebbe

ad allontanare la madre da sostanze potenzialmente nocive peril feto e ad aumentare la sua sensibilità all'odore del proprio piccolo per favorire il reciproco riconosci-

mento e stabilire il legame di attaccamento madre-figlio indispensabile per i cuccioli di mammifero. L’iposmia è una riduzione della percezione degli stimoli olfattivi che può dipendere da un’ostruzione delle cavità nasali, per esempio a causa di deviazione del setto nasale o infiammazione con congestione delle mucose nasali. L’iposmia può anche essere legata a traumi cranici o malattie degenerative del sistema nervoso. Infine, con il termine anosmia si indica la completa incapacità di percepire gli

C386

Figura 13 L'anosmia può essere legata alla presenza di polipi nasali Questa TC consente di visualizzare un polipo nasale (in rosso).

stimoli olfattivi. L’anosmia può essere legata a rinite allergica, presenza di polipi nasali (Figura 13), tumori delle cavità nasali o malattie degenerative del sistema nervoso (come malattia di Parkinson e malattia di Alzheimer).

L’anosmia è un segno tipico della sindrome di Kallman, malattia ereditaria in cui si associano anosmia e mancato sviluppo sessuale. Alterazioni qualitative. Sono percezioni distorte degli stimoli olfattivi e comprendono

parosmia, cacosmia e

fantosmia. Nel caso della parosmia, uno stimolo olfattivo viene percepito con caratteristiche diverse da quelle reali. Può essere legata a malattie neurologiche, come l’epilessia, o psichiatriche. La cacosmia è una condizione che comporta la percezione eccessiva di cattivi odori o percezione di cattivi odori non presenti. Può essere dovuta a gravidanza, presenza di patologie delle cavità nasali, come infezioni o neoplasie, o patologie del sistema nervoso centrale, come epilessia, neoplasie e malattie

degenerative. Nel caso dalla fantosmia, si verificano allucinazioni olfattive (osmeni), che consistono nella percezione di odori in assenza di stimoli olfattivi reali. Può associarsi a patologie psichiatriche, come schizofrenia, e neurologiche, come epilessia. L'invecchiamento provoca naturalmente una riduzione della capacità di percepire stimoli olfattivi, in questo caso specifico si può parlare di presbiosmia, ovvero un’iposmia legata all’invecchiamento e non a una patologia o lesione delle cavità nasali o del sistema nervoso. Un'altra possibile patologia che riguarda il senso dell’ol-

fatto è l’agnosia olfattiva, in cui, pur essendo normale la

*

percezione dello stimolo, esso non viene correttamente

riconosciuto a causa di un disturbo delle aree olfattive della corteccia cerebrale (per esempio in conseguenza *

di un ictus).

Il senso dell’olfatto è intimamente collegato a quello del gusto, per questo motivo le alterazioni olfattive sono spesso associate ad alterazioni gustative. RICORDA Le alterazioni dell'olfatto vengono definite disosmie e si classificano in alterazioni quantitative ed alterazioni qualitative della percezione dello stimolo olfattivo.

Le patologie del gusto La percezione dei gusti è il risultato di un’elaborazione un

xerostomia:secchezza del cavo orale dovuta a ridotta salivazione. È presente in diverse patologie, come la sindrome di Sjogren, malattia autoimmune che colpisce in particolare le ghiandole salivari e lacrimali; sindromedella bocca urente: sindrome caratterizzata da una sensazione dolorosa diffusa della lingua e del cavo orale, in assenza di lesioni che possano giu-

+

stificarla. Si associa solitamente a diabete mellito, ipovitaminosi e patologie dei nervi periferici; traumieustionilocalizzati alla lingua o al cavo orale;

*

carenze nutrizionali, in particolare di vitamina A e

B,,; *

patologie o lesioni del sistema nervoso che si localizzano alle aree gustative della corteccia cerebrale. Un esempio attuale di ageusia spesso combinata ad anosmia è quella che colpisce il 60% degli individui affetti da COVID-19, la patologia provocata dal virus SARS-CoV-2. Spesso, questi sintomi, che possono presentarsi assieme

complessa di stimoli, che derivano non solo dal senso del

o separatamente, si manifestano all'esordio della malat-

gusto ma anche da quello dell’olfatto. Le alterazioni della sensibilità gustativa possono essere primarie, quando il

tia e talvolta sono anche gli unici sintomi di infezione, ma possono comparire anche successivamente ad altre

senso del gusto è coinvolto direttamente, o secondarie,

manifestazioni. Al momento in cui scriviamo, (gennaio

quando sono conseguenti a una disosmia. Non è raro, infatti, che un’iposmia o un’anosmia, indotte, per esempio, da un normale raffreddore, interferiscano con la normale percezione dei gusti. Analogamente a quanto riportato per le alterazioni olfattive, le alterazioni della percezione gustativa sono definite genericamente disgeusie e possono essere dovute ad alterazioni quantitative e qualitative. Le alterazioni quantitative consistono nella riduzione della capacità di percezione degli stimoli gustativi, che è definita ipogeusia quando è parziale e ageusia quando è completa. Ipogeusia ed ageusia possono presentarsi in forma globale, che riguarda tutti i gusti, oppure dissociata, cioè limitata solo ad uno o alcuni dei gusti fondamentali (dolce, amaro, aspro, salato, umami). Le alterazioni qualitative consistono nella percezione distorta degli stimoli gustativi, sono definite parageusie. Le disgeusie primarie possono derivare da grande varietà di patologie differenti che coinvolgono il cavo orale in modo specifico o derivano da patologie complesse. Condizioni che comunemente si associano ad alterazioni della percezione gustativa sono: + stomato-glossiti: infiammazioni di mucosa del cavo orale e lingua. Possono essere causate da patologie infiammatorie, come il lichen planus, o da infezioni fungine, come le candidosi del cavo orale o l'infezione da Aspergillus niger, favorita da condizioni di immunodepressione e caratterizzata da una colorazione nerastra della lingua;

2021), i meccanismi causali sono ancora in fase di studio. La scomparsa di questi sintomi avviene spesso entro un

mese, ma le tempistiche di risoluzione possono variare in base alla loro intensità iniziale. Nei pazienti con sintomi più intensi, infatti, la scomparsa di ageusia e anosmia può avvenire in un lasso di tempo maggiore, anche se comunque entro un mese si verificano spesso dei miglioramenti.

La permanenza di questi sintomi per tempi prolungati nonè correlata a una maggior aggressività dell’infezione, essi infatti possono persistere anche dopo l’eliminazione del virus. RICORDA Le sono definite se riguardano o secondarie,

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alterazioni della percezione gustativa disgeusie. Possono essere primarie, direttamente il senso del gusto, se dipendono da una disosmia.

Le patologie

dell'udito

La riduzione della percezione degli stimoli uditivi è definita ipoacusia quando è parziale, e sordità quando è completa. L’ipoacusia può essere di percezione o di trasmissione. L’ipoacusia di percezione, o neurosensoriale, è dovuta a lesioni o alterazioni della coclea o delle vie nervose uditive, e può essere genetica o acquisita. La

forma genetica è presente dalla nascita, molto spesso in assenza di altre patologie e meno frequentemente nel contesto di sindromi più complesse, come la sindrome di

C13 [Gli organi di senso C387

svolge funzione sia protettiva, poiché ostacola l’ingresso di microrganismi e polveri, sia lubrificante del condotto

uditivo. Il suo accumulo può però provocare un’occlusione del condotto uditivo esterno: la rimozione deve essere eseguita dal medico otorinolaringoiatra, mediante lavaggio del condotto con acqua calda, iniettata con una leggera pressione. Il condotto uditivo esterno può essere parzialmente ostruito anche a causa di micosi, infezioni erpetiche, neoplasie o corpi estranei. Altre cause possibili di ipoacusia da trasmissione sono la perforazione del timpano, le otiti medie, che ostacolano il movimento degli ossicini, la timpanosclerosi, ovvero un irrigidimento della membrana timpanica, e l’otosclerosi, patologia che deter-

L’esame audiometrico

Figura 14 | dispositivi di protezione dell'udito sono importanti

è un esame che consente di rilevare quantitativamente

L'esposizione a stimoli uditivi eccessivi sul posto di lavoro può portare allo sviluppo di ipocusia o sordità professionali.

la percezione degli stimoli uditivi del paziente.

Alport (ipoacusia neurosensoriale, alterazioni oculari e glomerulonefrite) o la sindrome di Usher (ipoacusia neu-

rosensoriale e retinite pigmentosa). La diagnosi precoce delle ipoacusie neurosensoriali congenite è importante per prevenire alterazioni dello sviluppo del linguaggio spesso associate. L’ipoacusia neurosensoriale acquisita compare dopo la nascita e le cause sono molteplici: utilizzo di farmaci tossici per le strutture dell’orecchio interno (come alcuni antibiotici o alcuni chemioterapici), esposizione a stimoli uditivi eccessivi legati all’attività lavorativa (ipoacusia professionale o sordità professionale, Figura 14), infezioni virali che causano un’ipoacusia improvvisa o sordità improvvisa, che scompare velocemente, in poche ore o giorni, o neoplasie, in particolare il neurinoma del nervo stato-acustico. Non è raro che le ipoacusie neurosensoriali acquisite si accompagnino ad acufeni, ovvero suoni o rumori che vengono percepiti in assenza di un reale stimolo uditivo corrispondente. L'invecchiamento causa una riduzione progressiva della percezione degli stimoli uditivi di origine neurosensoriale, definita specificatamente presbiacusia. L’ipoacusia di trasmissione è dovuta ad alterazioni della catena degli ossicini dell’orecchio medio (incudine, martello e staffa) o della membrana timpanica. Le cause comprendono tutte le condizioni che possono ostacolare la normale mobilità della catena degli ossicini e del timpano. La causa più comune in assoluto è l’occlusione del condotto uditivo esterno da parte di un tappo di cerume, una secrezione giallo-brunastra prodotta da particolari ghiandole, dette ceruminose, del condotto uditivo ester-

no. Contiene principalmente cheratina e acidi grassi e

C388

mina una ridotta mobilità della staffa. L’esame audiometrico è fondamentale per lo studio delle ipoacusie. In base ai risultati dell'esame, si possono distinguere le ipoacusie di trasmissione dalle ipoacusie neurosensoriali e si possono identificare le differenze di entità del deficit uditivo tra un orecchio e l’altro. RICORDA La riduzione della percezione degli stimoli uditivi è definita ipoacusia (neurosensoriale e di trasmissione).

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Le principali patologie dell'orecchio

Otite esterna. È un’infiammazione del condotto uditivo esterno dovuta nella maggior parte dei casi a infezione da parte del batterio Pseudomonas aeruginosa. I sintomi principali sono otalgia (mal d’orecchio), otorrea (fuoriuscita

di secrezioni dall’orecchio) e congestione della cute che riveste il condotto uditivo esterno provocandone un restringimento causa di ipoacusia temporanea. Di solito si manifesta in forma acuta, con insorgenza rapida. I maggiori fattori di rischio sono il prolungato contatto del condotto uditivo esterno con l’acqua delle piscine, che altera il pH cutaneo e favorisce l’infezione, o piccole abrasioni cutanee

dovute all’uso improprio di cotton fioc. La terapia consiste nella pulizia del condotto uditivo esterno, eseguita da uno specialista, e la somministrazione di antibiotici. Nei

diabetici e nelle persone con deficit del sistema immunitario, l’infezione può diffondersi dalla cute alle strutture più profonde che circondano il condotto uditivo. In questo caso si parla di otite esterna maligna, che può portare a conseguenze gravi come l’osteomielite (infezione ossea) dell’osso temporale o meningite. L’otite esterna micoticaè un'infezione fungina del condotto uditivo esterno, di solito causata da Candida albicans o Aspergillus niger. Sono favorite dalla presenza di otiti esterne batteriche ricorrenti. La terapia in questo caso è antimicotica.

Figura 16 L'otoscopia Questo esame consente la diretta visualizzazione dell'orecchio medio.

Figura 15 Il batterio Streptococcus pneumoniae Lo Streptococcus pneumoniae è il batterio che provoca più frequentemente l'infezione che causa otite media acuta.

Otite media. L'otite media acuta è un’infiammazione della mucosa dell’orecchio medio provocata da infezione da parte di microrganismi piogeni, in particolare Streptococcus pneumoniae (Figura 15), il più frequente in assoluto, seguito da Haemophilus influenzae e Moraxella catarrhalis. L’otite media acuta evolve attraverso diverse fasi: 1. fase infiammatoria: caratterizzata da ipoacusia da trasmissione e lieve otalgia che si accentua con la deglutizione; 2. fase purulenta: caratterizzata da peggioramento dell’ipoacusia, per accumulo di pus nell’orecchio medio, peggioramento dell’otalgia e febbre elevata; 3. fase perforativa: si verifica una perforazione della membrana timpanica, che consente la fuoriuscita delle secrezioni purulente dalla cassa del timpano. Persiste una lieve ipoacusia, dovuta alla perforazione

del timpano, e scompaiono otalgia e febbre; 4. faserisolutiva: chiusura della perforazione timpanica senza conseguenze. Le otiti medie ricorrenti o recidive possono andare incontro a complicanze, come l’incompleta guarigione della perforazione del timpano, o la diffusione dell’infezione a strutture vicine, come i labirinti (/abirintiti), osso temporale (petrositi e mastoiditi), le meningi (meningiti) o il cervello (ascessi cerebrali, encefaliti).

La patologia dell'orecchio medio è legata anche alla funzionalità delle tube uditive (trombe di Eustachio),

che normalmente assicurano la ventilazione, la difesa

della mucosa e il drenaggio delle secrezioni. Spesso la disfunzione tubarica ha un ruolo nella patogenesi delle otiti medie, specialmente se ricorrenti o infantili. Una forma di otite media simile a quella acuta, ma legata in modo specifico ad alterazioni delle tube uditive, e tipi-

ca dell’infanzia, è l’otite media effusiva, in cui la cavità timpanica si riempie di liquido provocando ipoacusia, ma senza infiammazione. L’otite media cronica è un’infiammazione che dura da oltre tre mesi, caratterizzata

da otorrea, ipoacusia per compromissione della catena degli ossicini, possibile perforazione del timpano ed erosioni dell’osso temporale, che contiene le strutture

dell’orecchio medio e interno. La forma più comune, definita semplice, è legata a disfunzioni delle tube uditive,

che favoriscono processi infiammatori ricorrenti, che poi diventano cronici. Un'altra possibile causa di otite media cronica è il colesteatoma, cioè un accumulo progressivo nell’orecchio medio di cheratina desquamata, che deriva dalle cellule epiteliali di rivestimento. L'otoscopia è la tecnica diagnostica fondamentale che permette la visualizzazione diretta dell'orecchio medio (Figura 16). L’esame batteriologico, soprattutto nelle for-

me acute, può essere di supporto nella scelta della terapia antibiotica. Spesso è necessaria anche la terapia con antinfiammatori. In caso di otite media ricorrente o cronica la rino-faringoscopia può essere utile per la valutazione degli orifizi interni delle tube uditive, della mucosa del rinofaringe e delle strutture circostanti. Labirintite. La labirintite acuta è un’infiammazione dell'orecchio interno, che contiene le strutture della coclea e dell’apparato vestibolare. Di solito si sviluppa dall’estensione di infezioni dell’orecchio medio, in segui-

C13|Gli organi di senso C389

I1nistagmo è un movimento laterale

rapido e ripetitivo degli occhi. Si tratta di un movimento involontario, quindi non controllabile,

dovuto a cause

fisiologiche o patologiche.

to a infezioni semplici delle vie aeree o a causa di una frattura traumatica dell’osso temporale. Si manifesta con vertigini gravi, nistagmo, percezione illusoria di suoni o acufeni e riduzione dell’udito, spesso accompagnati da febbre e dolore. Le infezioni di origine batterica possono essere caratterizzate da produzione di pus e in genere sono più gravi e possono causare danni permanenti dell’udito e dell’equilibrio, mentre le forme virali sono più semplici e spesso si risolvono senza conseguenze. Per la diagnosi si esegue la TC del cranio, per valutare il coinvolgimento dell’osso temporale. La RMN è utile in caso di complicanze, come ascesso cerebrale. La terapia consiste in antinfiammatori, antibiotici per via endove-

nosa e può essere necessario inserire un drenaggio per il pus. Le labirintiti croniche hanno durata maggiore rispetto a quelle acute, e impiegano qualche settimana per risolversi. Isintomi sono più lievi, e consistono in particolare in vertigini, spesso associate a nausea e vomito. RICORDA Le infiammazioni dell'orecchio sono di solito causate da infezioni. L'otite esterna riguarda l'orecchio esterno, l’otite media riguarda l'orecchio medio e la labirintite riguarda l'orecchio interno.

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Times

Le patologie dell'equilibrio

La vertigine è definita come una sensazione illusoria di movimento rispetto all'ambiente circostante, diversa dalla semplice sensazione di instabilità corporea, che talvolta viene definita pseudo-vertigine. La vertigine può essere classificata in base al tipo di percezione in: + vertigine oggettiva: percezione di un movimento dell'ambiente circostante rispetto al corpo; + vertigine soggettiva: percezione di un movimento del corpo rispetto all'ambiente circostante. In base alla sede del meccanismo che la causa, invece, la vertigine può essere anche distinta in: » vertigine periferica: dovuta ad una lesione dell’orecchio interno;

*

vertigine centrale: dovuta ad una lesione delle vie nervose vestibolari. In linea di massima, le vertigini oggettive sono di origine periferica, mentre le vertigini soggettive sono di origine centrale. Vertigini periferiche. Le principali cause di vertigine

la testa e non sono dovute a patologie gravi. È dovuta a una patologia del labirinto, che consiste in un distacco

degli otoliti dalla macula dell’utricolo a causa di eventi vascolari o traumatici. Si manifesta con crisi di vertigine parossistica con nistagmo, a insorgenza improvvisa, in particolare in posizione sdraiata o inclinando il capo all’indietro. Le vertigini sono dovute al fatto che gli otoliti liberi possono muoversi all’interno del labirinto. La malattia di Ménière è una malattia progressiva dell’orecchio interno, dovuta all’accumulo eccessivo di endolinfa all’interno del labirinto vestibolare. Si manifesta con crisi parossistiche di vertigine e nistagmo, con ipoacusia neurosensoriale e acufeni, accompagnati da nausea e vomito. Le crisi durano diverse ore e ipoacusia

e acufeni sono in genere monolaterali. La neuronite vestibolare consiste in un'improvvisa perdita della funzione di uno dei due apparati vestibolari, provocata da un’infiammazione della branca vestibolare del nervo stato-acustico. La causa è in genere un’infezione da Herpes simplex, ma può associarsi a una notevole varietà di infezioni, soprattutto delle vie aeree. Si manifesta con vertigine e nistagmo, che si risolvono spontaneamente. Vertigini centrali. Le vertigini centrali si distinguono dalle vertigini periferiche per l'assenza di nistagmo e possono essere dovute a molte cause diverse. Molte malattie neurologiche si accompagnano a vertigine: le cause più frequenti sono patologie di origine vascolare, con riduzione del flusso ematico ad aree del sistema nervoso deputate al controllo dell’equilibrio, malattie degenerative, neoplasie e traumi. L’identificazione della causa alla base della vertigine si basa sui sintomi e la storia clinica del paziente. La terapia dipende dalla causa stessa e consiste in farmaci antivertiginosi e terapia specifica della patologia di base, eventualmente associati a farmaci antiemetici (che con-

trastano nausea e vomito). RICORDA Le vertigini sono percezioni illusorie di movimento rispetto all'ambiente circostante. Si classificano in soggettive, di origine centrale, e oggettive, di origine periferica.

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Le patologie della vista

periferica sono la cupololitiasi, la malattia di Ménière e la

I difetti della vista possono essere legati a una patologia

neuronite vestibolare. La cupololitiasi, o vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB), è una patologia che provoca vertigini intense che si manifestano in specifiche posizioni del-

o lesione dell’occhio, della retina, delle vie nervose ottiche e della corteccia visiva.

C390

I principali difetti legati ad alterazioni o patologie oculari sono:

Figura 17 | principali difetti della vista (A) Nell'occhio miope i raggi che arrivano da lontano vengono messi a fuoco davanti alla retina. La correzione avviene per mezzo di una lente concava che fa divergere i raggi. (B) Nell'occhio ipermetrope i raggi verrebbero messi a fuoco posteriormente alla retina. La correzione avviene con una lente convessa che fa convergere i raggi luminosi. (C) Nell’occhio astigmatico i raggi sono deviati dalla forma irregolare della cornea. La correzione avviene con lenti che compensano l'irregolarità della curvatura.

Miopia. Condizione per cui una persona vede bene da vicino ma non da lontano. Si verifica quando il bulbo oculare è più lungo rispetto alla norma. I raggi paralleli provenienti da lontano vengono messi a fuoco anteriormente alla retina, quindi sulla retina si formano immagini sfocate. La correzione della miopia prevede l’uso di lenti divergenti (Figura 17A). Ipermetropia. Condizione per cui una persona vede bene da lontano ma non da vicino. Si verifica quando il bulbo oculare è più corto rispetto alla norma. In questi casi, il fuoco dell'immagine cade posteriormente alla retina, causando una visione sfocata. La correzio-

ne dell’ipermetropia semplice prevede l’uso di lenti convergenti (Figura 17B). Esiste anche una forma di ipermetropia congenita complicata da ambliopia e più difficile da correggere. La ambliopia, definita anche «sindrome dell’occhio pigro» consiste nella ridotta visione da parte di uno dei due occhi, in assenza di lesioni che possano giustificarla. È la causa principale di ridotta acuità visiva nei bambini. Astigmatismo. Visione sfocata del bordo degli oggetti, dovuta a una curvatura irregolare della superficie di cornea o cristallino che provoca una mancata convergenza dei raggi su un unico fuoco (Figura 17C). L’astigmatismo può essere semplice, se le linee focali cadono sulla retina, miopico o ipermetropico, se le linee focali cadono rispettivamente davanti o dietro

la retina, e misto se le linee focali cadono sia davanti sia dietro la retina. La correzione prevede l’utilizzo di lenti cilindriche.

Presbiopia. Consiste nella progressiva perdita della capacità di mettere a fuoco le immagini, che si verifica naturalmente durante il processo di invecchiamento. È dovuta a una perdita progressiva di elasticità del cristallino, che comporta una ridotta capacità di ac-

comodazione. Miodesopsie. Visione di piccoli elementi fluttuanti, puntiformi o filiformi, all’interno del campo visivo, che si spostano con il movimento degli occhi. Sono dovuti a una non perfetta trasparenza del corpo vitreo, che proietta delle ombre sulla retina, percepibili come se fossero presenti nel campo visivo. Possono

presentarsi anche in assenza di patologie. Metamorfopsie. Alterate percezioni delle forme e delle dimensioni: le immagini sono percepite come deformate, eccessivamente grandi (macropsia) o eccessivamente piccole (micropsia). Sono dovute ad

alterazioni a carico della macula, regione della retina da cui dipende l’acuità visiva. Fotopsie. Dette anche fosfeni, consistono nella visione di lampi o flash luminosi, anche colorati. Si asso-

ciano a diverse patologie retiniche, come il distacco della retina o la retinopatia diabetica, ma anche a patologie non oculari, come alcune forme di emicrania.

C13 | Gli organi di senso C391

DI

Campo

Campo

sinistro

destro

O

* Difetti visivi Occhio sinistro

Scotoma.Perdita della visione di un punto del campo visivo, che può essere più o meno esteso. È dovuto a una lesione incompleta a livello della retina, delle vie nervose ottiche o della corteccia visiva. Questo difetto non è sempre percepibile consciamente, ma viene

Occhio destro

Nervo ottico

2 ?

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sempre rilevato durante la visita oculistica.

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A 1

4

e

Corteccia visiva

primaria

Figura 18 | principali difetti del campo visivo Rappresentazione grafica delle lesioni delle vie nervose ottiche (A) e dei corrispettivi difetti visivi (B).

Patologie e lesioni delle vie nervose ottiche provocano di solito difetti del campo visivo (Figura 18).

»

Cecità monoculare. Può essere dovuta a lesioni del nervo ottico nel punto in cui esce dal bulbo oculare o a patologie come le neuriti ottiche (infiammazioni del nervo ottico). Può anche essere dovuta a patologie della retina, come nel caso di occlusione vascolare dell’arteria retinica o della vena retinica, che deter-

*

mina un ostacolo al normale flusso ematico. Emianopsia. Perdita della visione di metà campo visivo in seguito a lesioni delle vie nervose ottiche dal

Ilchiasma

chiasma ottico in poi. È un difetto visivo bilaterale:

velati delle vie nervose ottiche in cui una

ogni occhio perde la visione di una . metà . del campo o. ) visivo, che può essere la stessa (emianopsia omonima)

ottico è il punto

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Il dimorfismo sessuale

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STORIA

Consiglio del prof:

Consiglio del prof:

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Le figure femminili di Tasso

La donna nel romanzo

La famiglia tra Antico Regime

La figura della donna è da sempre centrale

del Settecento inglese

e codice napoleonico

nella letteratura italiana. Il Medioevo celebra

Con la nascita del romanzo, luogo privilegiato

La struttura della famiglia è uno specchio

una donna amando la quale si può giungere

in cui la nuova middle class inglese vuole

di quella dell'intera società: la struttura

alla perfezione dell'anima. Con Petrarca le

specchiarsi e autocelebrarsi, si delinea una

patriarcale ai tempi dell'Antico Regime si

cose cominciano a cambiare e il Cinquecento

nuova figura di donna, non più oggetto di

fonda sull'ineguaglianza dei diritti tra uomo e donna. La Rivoluzione francese rappresenta

propone, finalmente, figure femminili

seduzione o ispirazione poetica, ma soggetto

complesse e molto più vicine alla realtà

dinamico e motore della trama. La centralità

un enorme passo in avanti verso la parità fra i

come le eroine della Gerusalemme liberata di

del ruolo femminile viene già annunciata dal

generi, che il Codice napoleonico in gran parte

Torquato Tasso.

titolo di alcuni famosi romanzi di Defoe e

tradisce.

Richardson. Moll Flanders, Pamela e Clarissa sono eroine che oppongono la propria astuzia, tenacia e volontà, alla violenza, alle ingiustizie

e ai limiti della società patriarcale borghese.

| SPUNTI

PERIL COLLOQUIO | €415

Titolo originale: Life: The Science of Biology, Eleventh Edition © 2017 by Oxford University Press Sinauer Associates is an imprint of Oxford University Press AII Rights Reserved

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Stampa: La Fotocromo Emiliana Via Sardegna 30, 40060 Osteria Grande (Bologna) per conto di Zanichelli editore S.p.A. Via Imerio 34, 40126 Bologna

— Controllo esecutivo: Tiziano Cornegliani î — Nuovi disegni: Elisa Botton, Thomas Trojer î — Stesura e revisione delle lezioni sulle patologie degli apparati: lrene Marconi, Marco Pivato, Tiziana Urli — Stesura del capitolo La biologia del cancro: Lisa Vozza î — Stesura del capitolo Le frontiere della medicina: Giovanni Maga î — Stesura delle schede Strano ma vero: Stefano Dalla Casa, Massimo Sandal, Lisa Signorile i — Stesura della scheda Sono davvero leggere le «droghe leggere»?: Silvia Bencivelli î — Stesura degli esercizi: Laura Lo Giudice, Chiara Velli î — Stesura delle mappe: Laura Lo Giudice : — Stesura delle attività Dati in agenda: Claudio Dutto î — Stesura dei moduli CLIL: Sara Chiappara î — Stesura della scheda Gli integratori: aggiungere ciò che manca alla dieta e rilettura del paragrafo // consumo di carne rossa e processata: Chiara Segré, responsabile supervisione scientifica per Fondazione Umberto Veronesi ed Elena Dogliotti, biologa nutrizionista, supervisore scientifico per Fondazione Umberto Veronesi — Stesura Spunti per il colloquio: Lorenzo Lancellotti, Maria Chiara Caputo, Michele Collina, Nicola De Pasquale, Giulio Santagada

i — Rilettura critica del capitolo // sistema nervoso: Marcello D'Amelio : — Stesura della lezione La scienza dei trapianti a cura dell'Ufficio comunicazione del Centro Nazionale Trapianti tt! t

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î — Coordinamento redazionale: Claudio Dutto : — Redazione: Lara Rossi î — Segreteria di redazione: Deborah Lorenzini, Rossella Frezzato î — Divisione Media Digitali: Maurizio Mattioli, Serena Gradari, Gabriella Abbate Guarda! E - Coordinamento redazionale: Claudio Dutto î — Redazione: Lara Rossi î — Progettazione esecutiva e sviluppo software: Yoomee Srl, Bologna