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Italian Pages 160 Year 1940
ADRIANO TILGHER
LA FILOSOFIA DI LEOPARDI
EDIZI°ONI DI RELIGIO ROM A - Via Montefaraone, 7
1940-XVIII , . ('
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IL PIACERE Lo Zibaldone di Leopardi contiene i materiali più o meno elaborati di almeno quattro libri : una T-0o'ria del Bello e dell'Arte, una Te01·ia della Società e della Civiltà,, una TeMia del P-iace?"e e 1m'Ane della Felic'ità (titoli, questi ultimi due, non miei, ma leopardiani), parte teorica la prima e pratica la seconda del Manuale di filosofia pratica, cui Leopardi vagheggiava di legare il suo nome. Innanzi tlltto, urge avvertire che di teorie del piacere Leopardi ne ha due, che non si accordano tra loro. Non averlo avvertito ha generato incomprensioni e confusioni senza :fine negli esegeti del suo pensiero, la maggior parte dei quali non rnno degli assi in fatto di analisi filosofica. Secondo la prima di queste teorie, l'esistente ama l'esfatenza propria, quindi ama il piacere. Il desiderio del piacere è innato e illimitato, e. perché illimitato aspira a un piacere eterno e infi;nito. Ma ciò che è essendo sempre individuale, cioè finito, nessun oggetto può mai dare che un piacere limitato. Inoltre, nessrm piacere è eterno, tanto vero che condizione del piacere è che duri poco e varii di contenuto, se no si logora con l'abita.dine. - O come al-
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-6trim(1nti Leopardi si t'SJlrime: l'uomo d(•1:idera il piacere, ma non v'è il pin,cere, v'ò questo o quel piacere sempr(' finito (' eircoseritto. - O ancom, con altra formula. cht> ricopre identico > (Elogio degli uccelli). È esrn che cl'ea il popÒlo dei sogni « che ingannando sotto pi'lì forme il pensiero degli uomini, figu1·assero lo1·0 quella pie-
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nezza, di non hi.tolUgibile f eUcitcì, che egli (Giove) non •vci4iPa, modo da r·iditrre in atto, e quelle immagini perplesse e indeter-niinate, delle qual-i esso medesimo ... non poteva produrre alcun e,.'lernpio reale» (Storia, del genere 11,mano). È per « la, •i,frtù del cai·o ùmnng-in.a,re » che l'uomo « -in suo chfoso pens-ier natiwa abbella Jlforte, deserto avviva» (Al conte Crirlo Pepoli). È essa la fonte maggiore della felicità umana. Qum;ta ne è l'eftetto e, reciprocamente, la cau:m, perché l'esercizio dell'immaginazione Y1.tolc felicità, momentanea o abituale (Zibaldone, p. 703). E poiché l'immaginazione .fiorisce nei corpi vigorosi e sani, non aduggiati dalla, ragione e daU'csperienza, cosi si spiega che le illusioni, fig1fo dc>ll'immaginazione e madri delle grandi e nobili azioni, vigoreggino « nel fior di gioventù, nel bello - A pril tl-egU anni » (Al conte Orirlo PepoU) e nelle età fanciullesche e primitive, in cui la ragione è debole e la fantaida potente, quale fu l'Antichità gTeco-romana.
IV.
L'AMORE Fra i fantasmi creati dal caro imrnaginar - abbiamo detto - primo e massimo è Amore : unico affetto che intra i m01·tali ha sede, al cui confronto tutti gli altri affetti,
Ai,a1·izia, .~uperbia., odio, disdegno, Studio > • .A Leopardi anche allora si affaccia il dubbio che la compassione p9trebbe nascere dal « timore di provar noi medesimi un male simile a quello che vediamo», ma lo respinge affermando nettamente: « tu vedrai, considerando bene, che c'è una compassione spontanea, del tutto indipendente da questo timore, e int-im·amente 1·ivolta al misero». (Zib., pp. 108-9). E cli compassione cosi intesa egli afferma che è capace non solo l'uomo ma anche l'a,nimale : « in casa mia v'm·a un cane che da un balcone gittava del pane a un altro cane sulla strada» (ibid., p. 209). Da questo più alto e più vero punto cli vista Leopareli afferma che « le cose son fatte pfll' amarsi scambievolmente, e la vita nasce da questo» e che « l'amore è la vita e il principio vivificante della natura, come l'odio il principio distru.ggente e mortale», il quale importa come sua conseguenza cc rodimento e consuma-
-35zimie i-nt&rna dell'o> (ibid., p. 59), in piena contraddizione con quanto egli di solito afferma : che all'uomo, pel fatto di esser connaturato l'amor di sé, è non meno connaturato l'odio di altri. Balena qui a LeoparsU H concetto che se v'è un amore dj altri come mezzo e strumento della felicità propria., amore che non è veramente amore ma 1,emplice appetito, v'è, da esso mdicalmente distinto, un altro amore, al quale soltanto spetta propriamente la qualifica cli amore, in cui il vivente ama aUri come alt.ri e perchè altri e non già sé in altri e attraver1,o altri (Storia del genere umano). È questo il punto in mli Leopardi supera la ristretta visuale • dell'amor di sé come passione fondamentale dell'uomo e si eleva, a un concetto più adeguato al senso profondo ch'egli aveva della vita e dell'uomo.
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VII.
L'AMOR DI PATRIA La filosofia morale di Leopardi culmina nella esaltazione. dell'Amor di pat1·ia. Dove le illusioni che rendon bella la vita operano col massimo di vigore; là fiammeggia .Amor di patria ; doV(~ sono spente, là patria è nome vano :-1enza soggetto. La pienezza della vita sociale si rivela. in un amor di patria ..,esaltato e intransigente. Conw mai partendo dall'amore cli sé si può arrivare a veder l'apice della fiamma vitale nell'amor cli patria, L'amor proprio oscilla fra due termini estremi : l'uno, quando l'individ110, privo di immaginazioni e perciò nudo cli illusioni, non ama che sé (nel senso del sé faico ), pone nella sua epidermide i confini del suo io, e allora l'amor p1·oprio è egoismo - l'a]tro, quando l'individuo, grazie all'immaginazione, estende il Ruo io fino a farlo coincidere con tutti gli uomini, , pPn,arP Vnti, è fac·ilità > (Zib1,ler int.11re:-;se al contPnuto dell'atto, lo slancio di una matlre ehe si gPtta 1wl fnoeo per salvare il suo bambino, ad e1-wmpio, può non essere immorale, ma mora.IP certamentP non è. Dottrina ehe alle orecchie di Leo1ianli sarebbe suonata strana, incomp1·ensibil1•, assur,fa, mostruosa. Per LPOJ)ardi, al contrario, l'atto morale l•roico magnanimo è nient'altro che un impulso, i;oltanto chP, invece di essere diretto a un ogget,t;o finito dato dai sc•n~i e controllato dalla ragione (tale è l'atto egoistico) è :mseitato da un'illu-
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sione, cioè diretto a 1m oggetto 'indcfùnito (patria gloria onore virtù libertà ecc.) creato dall'jmmagina.zione. Che la, moralità di 1m atto ~fa costituita precisamente dal suo essere puro di ogni impulso, dal suo essere conforme a. una pm·a norma, razionale e condiziona.to da quc·sta, a Leopardi non :--arehbC' mai entmto in te:-;ta. Né sono congetture arhitrariP queste mie. L'etica leopardiana (co:,a poeo o punto notata) tende tutta alla Rvalu.tazione del dovere. Ben lungi dall'e:-;tingncre le 1mssioni con la l'agione (quello che vorrà Kant) bisogna al contrario convertire la ragione in passione, far si che virtil dovere eroismo diventino essi pas~ione, e8clama Leopardi in un luogo memorabile dello Ziblildone (pp. 293-4) dove riecheggia Helvétim, c, attravcrrn HPlvétius, Spinoza. E altrove : per css(•re magnanimo non basta la persuasione, ma questa deve diventare passione (p. 125). L'atto morale è per Leopardi fuoco, fiamma, slancio in avanti : pereiò nou può essere figlio di una facoltà come la ragione legata (secondo lui) a ciò che è, che, pel fatto di essere, è r,;empre finito. . Su que>st,i fondamenti Leopa,rcli nega la primitività del dovere: la natm·a non ci ha messo in cuore ness1m dovere verso neRs1m altro essere (mt:'llO che verso la prole e per un eerto tempo solamente), tanto vero che l'uomo primitivo ammazza l'uomo senza provare nessun rimorso (I)p. 209-10, 249-50). I doveri sono creazione sociale, derivano dallli credenze, e variano eon esse (pp. 363-4). Ma v'è cli più : nell'agire conforme al dovere wlo perché do-
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-62vne (nel che per Kant è la sola e veramoralità)Leopardi tende a vedere qualcosa di profondamente immorale. In uua pagina, dPllo Zibaldone in cui rixuona come un presagio di Nietzi;;che, egli scrive che in molti che praticano l'onestà ciò che li spinge per que1la via 11011 è l'amore della virtù, ma la pigrizia, la debolezza, la viltà : la via retta. appare ad essi conie la meno pericolosa,, la sola palesemente permessa, a uscir dalla quale bisognerebbe osare combattere rischiare, ciò a cui essi rcpugnano. Molti sono galantuomini perché vogliono che la società li difenda S> : allora il s