La Crisi delle scienze europee di Husserl 8843069179, 9788843069170

Nel maggio e nel novembre del 1935 Husserl teneva, a Vienna e a Praga, alcune celebri conferenze che costituiscono il nu

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La Crisi delle scienze europee di Husserl
 8843069179, 9788843069170

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BIBLIOTECA DI TESTI E STIJDI / FILOSOFIA

819

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Paolo Bucci

La Crisi delle scienze europee di Husserl

Carocci editore

1a ristampa, novembre 2018 1a edizione, gennaio 2013 ©copyright 2013 by Carocci editore S.p.A.,

Roma

Impaginazione e servizi editoriali: Pagina soc. coop., Bari

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione,

è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.

Indice

I.

Introduzione

I. I. 1 . 2. I.J.

La Crisi e l'evoluzione del pensiero husserliano La genesi e il contesto dell'opera L'idea husserliana di «filosofia come scienza rigorosa» e la polemica an tipositivistica Il confronto con Heidegger La Crisi e il mito spengleriano del «tramonto dell'Occidente» Fenomenologia e critica della psicologia La Crisi come «libro immaginario». I motivi ispiratori dell'opera La teleologia storica della Crisi e l'analisi intenzionale della storicità

1 .4. I. 5· 1.6. 1 . 7. 1. 8 .

2. 2.1. 2. 2. 2.J. 2.4. 2. 5.

Crisi delle scienze e crisi dell'umanità europea. La comprensione fenomenologica della modernità

In che senso è possibile parlare di una crisi delle scienze? La filosofia e la «forma spirituale dell'Europa» Crisi della filosofia e crisi delle scienze La fenomenologia e la filosofia moderna Motivi ispiratori e fonti della interpretazione husserliana di Galileo e della rivoluzione scientifica 2.6. La scienza della natura galileiana e il mondo della vita 2.7. Fenomenologia dei processi di idealizzazione: il problema dell' «origine della geometria» 2.8. La storia fenomenologica della gnoseologia moderna 2.9. Le scienze naturali e la psicologia 2.10. Il cogito cartesiano e l'intenzionalità 2 . 1 1 . La filosofia postcartesiana fra empirismo e razionalismo 2.12. La fenomenologia e il «cartesianesimo»

7 7 12 15 19 24 27 32 36

43 43 47 50 53 54 59 65 72 76 81 87 92

LA CRISI DELLE SCIENZE EUROPEE DI HUSSERL

97



L a fenomenologia trascendentale e i l mondo della vita

3·!. 3 . 2. 3·3· 3 · 4· 3·5· 3 . 6.

La Prefazione al seguito della Crisi Il mondo della vita e i limiti del trascendentalismo kantiano I l problema d i una scienza del mondo della vita Mondo della vita ed epoché trascendentale La costituzione trascendentale del mondo L'ego trascendentale e il paradosso della soggettività

97 IOO I07 III n6 I22



La fenomenologia trascendentale e la psicologia

129

4·!. 4. 2.

I29

4. 6. 4·7· 4. 8. 4· 9·

Soggettività psicologica e soggettività trascendentale La «fatale separazione» tra filosofia e psicologia e la crisi della filosofia trascendentale La critica della psicologia naturalistica Psicologia e mondo della vita L' epoché fenomenologico -psicologica e la fondazione della psicologia L' epoché e la vita intenzionale intersoggettiva Psicologia trascendentale e fenomenologia trascendentale Filosofia, scienza e storicità Storicità del mondo e filosofia

146 149 155 1 57 161



La fortuna dell'opera

169

5 · I. 5 . 2. 5·3·

La Crisi e il movimento fenomenologico Mondo delle scienze e mondo della vita in Patocka Interpretazioni sociologiche della Lebenswelt husserliana: Schiitz e Habermas La Crisi e la cultura filosofica italiana del secondo dopoguerra La Crisi e l a cultura filosofica francese: Merleau-Ponty e Der rida

169 176

Cronologia della vita e delle opere

201

Riferimenti bibliografici

203

4· 3· 4·4· 4· 5·

5-4· 5·5·

6

I3 2 136 142

181 185 194

I

Introduzione

I. I

La

Crisi e l'evoluzione del pensiero husserliano

La fenomenologia di Edmund Husserl (Prossnitz, 8 aprile 18 59-Friburgo, 27 aprile 1938) si trova all'origine non soltanto del pensiero di filosofi come Martin Heidegger e J ean -Paul Sartre, ma anche di alcuni dei più rilevanti sviluppi di discipline scientifiche come la psicologia, la psichiatria, la so­ ciologia e la linguistica. Al metodo fenomenologico s i sono in vario modo richiamati, pur all'interno di percorsi teorici anche assai divergenti rispet­ to all'originario insegnamento husserliano, non soltanto lo Heidegger di Essere e tempo, la cui enorme influenza si è in molti casi sovrapposta a quella husserliana, ma anche filosofi-psicologi come Maurice Merleau­ Ponty (oltre al già ricordato Sartre) , e psichiatri e sociologi come Ludwig Binswanger e Alfred Schi.itz. Quella del movimento fenomenologico è pe­ raltro una storia complessa e tutt' altro che lineare, nella quale si inserisco­ no figure di filosofi che, per quanto si siano richiamati ai testi husserliani, sono poi approdati a posizioni autonome e originali, tanto da incorrere nei severi giudizi dello stesso Husserl, che intenderà decretarne la estraneità al movimento da lui fondato . È questo il caso, ad esempio, di Max Sche­ ler e soprattutto dello stesso Heidegger, ai quali Husserl, sempre più iso­ lato nella difesa del " trascendentalismo " del primo volume delle Idee, rim­ proverava di non aver compreso «il senso autentico e profondo della fenomenologia»1• Fra i testi più influenti e discussi del filosofo moravo figura proprio la Crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale (questo il titolo

1. Lettera di Husserl a K. Lowith del 22 febbraio 1937, in E. Husserl, Brie/wechsel, hrsg. von E. Schuhmann und K. Schuhmann, Kluwer, Dordrecht-Boston-London 1994, vol. IV, Die Freiburger Schuler, p. 397 ( trad. i t. in E. Husserl, M. Heidegger, Fenomeno­ logia, a cura di R. Cristin , Unicopli, Milano 1999, p. 214). 7

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completo dell'opera del 1936) , che costituisce un " classico" della filosofia del Novecento, non soltanto per la ricchezza e complessità dei motivi ispi­ ratori, ma anche per la posizione di primo piano da essa assunta nella rice­ zione e diffusione del pensiero del fondatore della fenomenologia . N egli anni del secondo dopoguerra la Crisi ha svolto ad esempio un ruolo rilevan­ te sia nel dibattito filosofico italiano che in quello francese, tanto da rappre­ sentare uno dei principali motivi ispiratori per filosofie come quelle di En­ zo Paci e di Merleau-Ponty. Il particolare rilievo assunto dalla Crisi nella ricezione della fenomeno­ logia può essere spiegato abbastanza facilmente con il profilo generale di un'opera che, almeno a prima vista, sembra presentare caratteri in parte diversi rispetto ad altri lavori husserliani. A fronte di testi come le Ricerche logiche o le stesse Idee che, animati da un forte intento analitico, offrono esempi di rigorose descrizioni fenomenologiche dei vissuti intenzionali e delle loro strutture, l' opera del 1936 si propone innanzi tutto di offrire una diagnosi storico-epocale intorno alle ragioni della crisi dell'Europa e delle scienze europee. È accaduto così che la Crisi, un testo che affronta i temi della storicità e del rapporto tra filosofia e sapere scientifico, tra filosofia e società, sia stata accolta con particolare interesse da culture filosofiche, co­ me ad esempio quella italiana, nelle quali da sempre erano fortemente av­ vertiti motivi come quelli del compito e della funzione della filosofia di fronte alla società e alla storia. È possibile osservare in via preliminare che l'opera presenta due livelli di analisi, distinti e nel contempo strettamente correlati, l'uno stricto sensu fenomenologico, l'altro "metafenomenologico " o " metafilosofico " . N el primo caso la Crisi ripropone, arricchendolo, tutto l' " armamentario " concettuale presente nei precedenti lavori husserliani, a cominciare dalle nozioni di atto, di intenzionalità, di orizzonte ecc. I concetti-chiave della fenomenologia vengono ripresi per essere applicati ad ambiti tematici in parte nuovi o comunque fino ad allora poco esplorati da Husserl, a comin­ ciare da quello della storia e delle formazioni storicamente determinate del­ la vita intersoggettiva. La Crisi contiene esempi di indagini fenomenologi­ che su quell'ampio strato dell'esperienza «precategoriale», nelle sue forme individuali e intersoggettive, che viene designata con l'espressione «mondo della vita» (Lebenswelt) . Senza volersi addentrare ancora nella discussione di un concetto il cui uso da parte di Husserl risulta tutt'altro che univoco, è possibile tuttavia affermare che il contenuto specificamente fenomenolo­ gico dell'opera consiste principalmente in una fenomenologia della Le­ benswelt, cioè dell'insieme delle forme e dei modi attraverso i quali si attua la relazione originariamente vissuta del soggetto con il mondo, antecedente 8

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alle formazioni categoriali che si concretizzano innanzitutto nello sviluppo e nell'affermazione storica della razionalità scientifica. Quella della Crisi è soprattutto una fenomenologia della conoscenza «antepredicativa» o, co­ munque, una fenomenologia del common sense2, cioè una descrizione delle strutture intenzionali per il cui tramite si forma quella che oggi chiamerem­ mo !"' immagine manifesta " , prescientifica del mondo. L'ultima opera husserliana ha però anche un significato "metafenome­ nologico " o "metafilosofico " e, come tale, si interroga sui compiti della nuova filosofia fenomenologica di fronte alla crisi epocale che l'Europa stava attraversando fra le due guerre, crisi che, nella rappresentazione hus­ serliana, investe in primo luogo la filosofia e il suo rapporto con il sapere scientifico. Nel suo contenuto "metafilosofico " essa si presenta come una riflessione generale sulle ragioni della crisi della razionalità occidentale eu­ ropea e, nel contempo, offre una possibile via di uscita da quella stessa crisi, attraverso l' indicazione di un nuovo ideale di ratio filosofica, che coin­ cide alla fine con la stessa fenomenologia. In quanto opera stricto sensu fenomenologica, la Crisi si pone in diretta contin uità con l' itinerario fenomenologico husserliano, rappresentandone un completamento e, come già rilevava Paci, una sorta di compendio. Con essa viene approfondito il programma, già delineatosi almeno a partire dal primo volume delle Idee, di una «fenomenologia trascendentale» , che ha il compito di indagare le operazioni intenzionali che sono all'origine della costituzione degli oggetti. In realtà, le premesse della Crisi possono essere ricercate ancora più addietro rispetto agli anni nei quali Husserl si accinge­ va a scrivere il primo volume delle Idee. La relativa linearità dell'evoluzione del pensiero husserliano, caratterizzato più dal continuo approfondimento di alcuni grandi nuclei tematici che dalla presenza di vere e proprie svolte, autorizza ad affermare che uno dei principali motivi della Crisi è già in certo modo delineato fino dagli inizi della riflessione husserliana, che tro­ vava espressione nelle Ricerche logiche del 1901. L'opera del 1936 si presenta in questo senso come l'ultimo tentativo di approfondire uno dei temi cen ­ trali della fenomenologia in quanto analisi costitutiva, quello cioè del rap­ porto fra pensiero ed esperienza e, in modo più specifico, quello delle rela­ zioni che intercorrono fra le oggettualità ideali della scienza e l'esperienza intuitiva. Il problema del fondamento empirico del pensiero concettuale è all' at­ tenzione di Husserl fino dagli anni delle Ricerche logiche e di esso si può 2. Cfr. B. Smith, Common Sense, in B. Smith, D. W Smith (eds. ) , The Cambridge Companion to Husserl, Cambridge University Press, Cambridge 1995, pp. 394-5. 9

LA CRISI DELLE SCIENZE EUROPEE DI HUSSERL

trovare traccia già in alcuni dei testi di quello che talvolta, ma non del tutto a ragione3 , viene indicato come periodo «p re-fenomenologico» della p ro­ duzione husserliana4. Nelle Ricerche logiche il programma di una fondazio­ ne fenomenologica della logica pura comportava l'elaborazione di una teo­ ria generale della conoscenza, al cui interno era affermata la tesi secondo cui gli «atti categoriali» del pensare sono vissuti intenzionali complessi, che si fondano in ultima analisi sull'esperienza intuitivo-sensibile5 . Con il progressivo delinearsi, negli anni Venti, dell'impostazione «gene­ tica» della fenomenologia6, la tesi del radicamento empirico-intuitivo degli atti categoriali sarà ulteriormente approfondita, dando luogo a tentativi di analisi dell'origine delle formazioni logiche. In tali analisi, che trovano am­ pio sviluppo in opere come Logica formale e trascendentale e come Esperien­ za e giudizio, la ricerca dell'origine delle formazioni logico- ideali si spinge fino all'esplicitazione del loro fondamento «antepredicativo», cioè fino alla

3- Soprattutto a seguito della più attenta considerazione di un'opera a lungo trascu­ rata come la Philosophie der Arithmetik, viene ormai sempre più spesso sottolineata l'inopportunità di istituire distinzioni troppo nette fra periodo pre-fenomenologico e periodo fenomenologico, riconoscendo invece il carattere fortemente unitario del pen­ siero husserliano. Cfr. ad esempio S. Besoli, Introduzione a E. Husserl, Logica, psicologia e fenomenologia. Gli Oggetti intenzionali e altri scritti, a cura di S. Besoli, V. De Palma, il melangolo, Genova 1999, pp. 9-n, e R. Lanfredini, La filosofia dell'aritmetica e la fe­ nomenologia come scienza inesatta, in "Iride " , 37, 2002, pp. 646-7. 4· Cfr. ad esempio gli scritti contenuti nel cosiddetto Libro dello spazio , composti in vista di una (mai pubblicata) seconda parte della Filosofia dell'aritmetica. 5· Cfr. E. Husserl, Ricerche logiche, trad. it. a cura di G. Piana, il Saggiatore, Milano 1968, vol. II, p. 48 5. 6. Sulla distinzione tra fenomenologia statica e fenomenologia genetica, si veda V. Costa, l}estetica trascendentale fenomenologica. Sensibilità e razionalità nella filosofia di Edmund Husserl, Vita e Pensiero, Milano 1999, soprattutto pp. 27-48, e V. Costa, E. Franzini, P. Spinicci, La fenomenologia, Einaudi, Torino 2002, pp. 166-74. La distinzio­ ne si riferisce a due diverse modalità dell'analisi fenomenologica dei processi attraverso i quali awiene la costituzione degli oggetti nella coscienza: la prima modalità, quella statica , si presenta come un'analisi di tipo strutturale che, con riferimento al lato noeti­ co del processo costitutivo, deve specificare le differenti caratteristiche degli atti coin­ volti in tale processo ( distinguendo, ad esempio, le caratteristiche strutturali proprie degli atti percettivi da quelle degli atti immaginativi) e, con riferimento invece al lato noematico del processo, deve esplicitare i rapporti fondazionali che sussistono all'inter­ no di ciò che si manifesta nell'atto intenzionale (ad esempio, la percezione del movi­ mento di un corpo presuppone la percezione della sua figura) . L'analisi genetica della costituzione deve invece esplicitare le leggi di sviluppo che presiedono alla formazione delle diverse appercezioni oggettuali. IO

1. 1:\'TRO DUZIONE

messa in evidenza dei nessi che legano le formazioni concettuali alla dimen­ sione estetico-sensibile dell'esperienza, che si costituisce attraverso il p ro­ cedimento della «sintesi passiva»?. La Crisi si pone dunque come l'esito ultimo assunto dall' indagine costitutivo-trascendentale, attraverso la sua applicazione alla dimensione antepredicativa dell'esperienza, cioè a quello che ora Husserl chiama «mondo della vita» . L'opera del 1936 è però anche un testo che contiene un insieme di rifles­ sioni sul significato e sulla funzione della filosofia. Il tema del fondamento intuitivo delle formazioni concettuali e, in particolare, delle idealizzazioni di cui si avvale il sapere scientifico si salda nella Crisi con quello della rifles­ sione sulla storia, che è intesa da Husserl come ricerca intorno al " senso " immanente alla storia dell'Europa e della sua cultura. In realtà, nemmeno il tema della crisi della civiltà europea e della fun ­ zione della filosofia è del tutto nuovo. Esso è già presente i n testi preceden­ ti della produzione husserliana, a cominciare dal saggio Filosofia come scien­ za rigorosa del 19118, ma soprattutto negli articoli, scritti negli anni 1922-23 per la rivista giapponese " Kaizo " , che sviluppano una critica " etico-pratica " della scienza, a partire dal motivo , di evidente ispirazione fichtiana, della responsabilità morale, cioè della "missione " dell'uomo di fronte al mondo e alla storia9. Se considerata nella sua componente metafilosofica, però , la Crisi si presta meno a una lettura " continuista " , che guardi a essa soltanto come a un approfondimento di temi già presenti in fasi precedenti del pensiero husserliano. Se gli articoli del 1922-23 , pur anticipando già alcuni motivi della Crisi (a cominciare ad esempio da quello della idealizzazione della civiltà europea) 10, intendono soprattutto sottolineare l'assenza di una ragio­ ne scientifica in grado di guidare la prassi etico-sociale, cioè di garantire la 7· Sulla distinzione fra «genesi attiva» e «genesi passiva», che è interna alla feno­ menologia genetica, cfr. Costa, Franzini, Spinicci, La fenomenologia, cit. , pp. 174-80. 8. Cfr. E. Husserl, La filosofia come scienza rigorosa, trad. i t. a cura di C. Sinigaglia, Laterza, Roma-Bari 1994, pp. 96-7. 9· Dei cinque saggi preparati da Husserl i primi tre furono pubblicati sulla rivista nel 1923-24, gli altri due sono rimasti inediti fino alla loro pubblicazione in Husserliana, vol. XXVII, Au/siitze und Vortriige (I922-I937), hrsg. von Th. Nenon und H. R. Sepp , Kluwer, Dordrecht-Boston-London 1989. Gli articoli sono ora disponibili in traduzione italiana in E. Husserl, L'idea di Europa. Cinque saggi sul rinnovamento, a cura di C. Si­ nigaglia, Cortina, Milano 1999. Sui motivi fichtiani presenti nei lavori del 1922- 23, cfr. Costa, Franzini, Spinicci, La fenomenologia, cit. , pp. 221 -2. 10. Si veda in particolare il quinto dei saggi husserliani, Tipi/armali di cultura nello sviluppo dell'umanità, in Husserl, I:idea di Europa, cit. , pp. 86-7. II

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realizzazione di una «vita razionale»11, l'ultima opera husserliana, incorpo­ rando in un certo senso il motivo etico-pratico nella prospettiva fenomeno­ logico-trascendentale, sviluppa un 'analisi storico-filosofica delle ragioni che hanno condotto alla crisi della scienza e della civiltà europee. Per comprendere la filosofia della storia presente nella Crisi è necessa­ rio inoltre considerare non soltanto l'evoluzione interna del pensiero hus­ serliano, ma anche il contesto storico e filosofico nel quale si inserisce la diagnosi contenuta nell'opera, tenendo nel debito conto alcuni momenti della biografia del suo autore. Per quanto infatti quella di Husserl sia una vita povera di avvenimenti, che si identifica quasi totalmente con l'inces­ sante e quasi ossessiva meditazione filosofica, gli accenti accorati e perfino drammatici, con i quali egli parla nell'ultima opera di una «crisi radicale dell'umanità europea» , richiedono un'adeguata contestualizzazione, an­ che a partire da una considerazione delle conseguenze che sul fondatore della fenomenologia, filosofo di origine ebraica, avevano avuto le dramma­ tiche vicende della Germania del primo dopoguerra, che vide negli ann i Trenta il crollo della repubblica weimariana e l'instaurazione della dittatu­ ra nazista.

!. 2

La genesi e il contesto dell'opera Il nucleo fondamentale da cui scaturisce la Crisi opera, come vedremo, rimasta incompiuta è costituito dai testi delle conferenze che Husserl tenne a Vienna e a Praga, rispettivamente nel maggio e nel novembre del 1 93 5. Per quanto l'invito a tenere conferenze in sedi pubbliche anche di ri­ lievo fosse il sintomo di una fama ormai consolidata a livello internazionale, lo Husserl che, ormai settantaseienne, nel 193 5 si impegnava nella discussio­ ne sulle cause della crisi europea era un filosofo in larga misura emarginato dall'ambiente culturale tedesco, come del resto è testimoniato dalle sedi prescelte e anche dal fatto che i testi delle conferenze, rielaborati in forma di saggio, apparvero su una rivista, "Philosophia " , stampata a Belgrado. La crescente emarginazione, della quale lo stesso Husserl ebbe modo di lamen­ tarsi in alcune lettere1\ era dovuta a motivi sia politici che strettamente fi­ losofici. -

-

n . Cfr. soprattutto il saggio intitolato Rinnovamento. Problema e metodo, ivi, pp. 3-14. 12. Cfr. ad esempio la lettera a D. Mahnke del 4- 5 maggio 1933, in Husserl, Brief

12

1. 1:\'TRO DUZIONE

Dal punto di vista politico, Husserl, pensatore di origini ebraiche, subì, assieme a molti altri intellettuali del tempo, le conseguenze che ebbe per la società e per la cultura tedesca l' affermazione del regime nazista. Per quan ­ to si fosse convertito sin dal 1887 alla religione protestante, anche Husserl fu colpito dalle leggi antisemite promulgate dal regime nazista nel 1933 e fu radiato dal corpo accademico dell'Università di Friburgo, nella quale aveva insegnato fino al 1928. Dopo l' awento del nazismo, il fondatore della feno­ menologia dovette sperimentare un crescente isolamento culturale nella nuova Germania hitleriana, che, circostanza per lui più dolorosa, lo privava del diritto di annoverare le proprie opere «nella storia spirituale tedesca»13. Pur dichiarandosi certo di poter superare, nella fedeltà alla propria missio­ ne filosofica, «la personale minaccia del tempo», Husserl awertiva tutta la drammaticità della situazione generatasi a seguito dell'affermazione del na­ zismo, sul quale formulava un giudizio assai critico14. A rendere più acuto il senso dell'isolamento si aggiungeva l'adesione di Heidegger al partito nazista, culminata nel famoso discorso rettorale del 27 maggio 1933 , che conferiva ulteriori significati politico-ideologici a un dissidio che già era awenuto sul piano personale e filosofico15. Dal punto di vista filosofico, la fenomenologia husserliana, soprattutto dopo la pubblicazione nel 1913 del primo volume delle Idee, aveva suscitato vaste reazioni critiche in una parte degli stessi allievi che, a ragione o a torto , avevano colto in esse il documento di una vera e propria «svolta», «punto di awio di quel percorso " idealistico " che si svilupperà poi negli anni di Friburgo», università nella quale Husserl insegnò a partire dal 191616• Studiosi di diversa provenienza che, come Edith Stein, Theodor Conrad, Alexandre Koyré o Dietrich von Hildebrand, si erano awicinati al fondatore della fenomenologia negli anni del suo insegnamento a Gottinga, videro in Idee I 1' abbandono della prospettiva ontologico- realistica delle Ricerche logich e e il ritorno a una forma, per loro incomprensibile, di sogwechsel, cit. , vol. III, Die Gottinger Schule, pp. 491-502 (trad. it. parziale in Husserl, Heidegger, Fenomenologia, cit. , pp. 208-12). 13. lvi, p. 492 (trad. it. p. 208 ). 14. lvi, p. 494 ( trad. it. p. 2n: «Soltanto il futuro potrà giudicare se ciò che accadde nel 1933 era l'autentico presente tedesco e quali erano gli autentici tedeschi, se i tedeschi dei più o meno materialistico-mistici pregiudizi razziali oppure i tedeschi dei principi puri, ereditati dai grandi tedeschi, in una vita successiva piena di venerazione») . 15. lvi, p. 49 3 (trad. it. p. 209 ). 16. Cfr. E. Franzini, Introduzione a Idee I (E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, trad. it. a cura di V Costa, Einaudi, Torino 2002, vol. I, Libro primo. Introduzione generale alla fenomenologia pura), p. XII.

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gettivismo. A queste critiche si aggiunse ben presto il dissenso di Heidegger che, già nelle lezioni marburghesi del 1925 intitolate Prolegomeni alla storia del concetto di tempo, manifestava le sue perplessità nei confronti del " co­ scienzialismo " di Idee I, cogliendo in Husserl il pers istere di un legame con il razionalismo cartesiano, cioè con una idea di coscienza «pura», artificio­ samente separata dalla realtà mondana, che precluderebbe alla fenomeno­ logia la possibilità di rendere conto compiutamente del fenomeno stesso della intenzionalità17. La Crisi può essere quindi interpretata come l'estremo tentativo, da parte di uno Husserl in buona misura inascoltato e in certo modo oscurato dalla crescente fama della filosofia heideggeriana, di ribadire pervicacemen­ te la piena legittimità di una fenomenologia trascendentale, accettando allo stesso tempo la sfida di affrontare, secondo la prospettiva del trascenden­ talismo, i temi del mondo e della storia. Con l'opera del 1936 si assiste all'en­ nesima ed estrema riproposizione della questione metodologica, che Hus­ serl aveva affrontato incessamente nel corso della sua intera riflessione filo­ sofica, allo scopo di chiarire i procedimenti riduttivi in grado di garantire la scientificità della fenomenologia. Al momento della stesura della Crisi Husserl è ormai pervenuto all'idea che la fenomenologia debba assumere una forma trascendentale e che, di conseguenza, la sua fondazione metodologica debba prevedere, oltre a una riduzione fenomenologica e a una eidetica, anche una riduzione trascenden­ tale. Se con la prima delle riduzioni si ottiene una neutralizzazione dell'esi­ stenza degli oggetti dei vissuti intenzionali (un vissuto " ridotto " è un vissu­ to che può essere indagato fenomenologicamente, prescindendo dalla reale esistenza degli oggetti intenzionati) ; se la seconda impone di indagare i vissuti nelle loro forme ideai-tipiche, prescindendo quindi dai modi concre­ ti ed empirici della loro apparizione, la riduzione trascendentale dovrebbe consentire di isolare una forma ideale-astratta di soggettività, allo scopo di indagare le forme della " datità" degli oggetti alla coscienza. In termini più generali, l'acquisizione del punto di vista trascendentale all' interno della fenomenologia equivale all'introduzione della manz/estatività degli oggetti come principio caratteristico dell'indagine fenomenologica. Ciò non signi­ fica riconoscere nella coscienza trascendentale una struttura in grado di plasmare o di produrre, con le proprie forme a priori, la rappresentazione del mondo. Per quanto il linguaggio husserliano non sia esente da ambigui­ tà, appare tuttavia infondata una interpretazione che intenda ravvisare nelq. Cfr. ad esempio M. Heidegger, Prolegomeni alla storia del concetto di tempo, trad. it. a cura di R. Cristin , A. Marini, il melangolo, Genova 1991, pp. 134-8 e 161 -2.

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la fenomenologia trascendentale una posizione stricto sensu idealistica; la coscienza trascendentale si presenta piuttosto come il " luogo " , certo im­ prenscindibile, dell'apparire degli oggetti, che però si manifestano secondo modalità che, almeno in parte, dipendono da dinamiche interne ai conte­ nuti fenomenici stessi, che dunque si costituiscono attraverso quelle che Husserl chiama «sintesi passive»18. In quanto estrema riproposizione della questione metodologica, la Cri­ si può essere quindi così contestualizzata: I. quale punto di arrivo, non privo di elementi problematici, dell'ideale husserliano di una «filosofia co­ me scienza rigorosa» (PAR. 1.3 ) ; 2. come filosofia scientifica che, in quanto forma di «iperrazionalismo», si oppone a quelli che appaiono a Husserl esempi di filosofia irrazionalistica, o perché indeboliscono la prospettiva trascendentale ricadendo in una forma di antropologismo, come accadreb­ be in Heidegger (PAR. 1.4), o perché, come awiene in Spengler, propongono una interpretazione della razionalità filosofica in chiave storicistico-relativi­ stica (PAR. 1.5 ) ; 3· come tentativo di chiarire il senso della indagine fenome­ nologico-trascendentale della soggettività e, più in generale, della scientifi­ cità fenomenologica, attraverso un confronto serrato con la ormai costitui­ tasi psicologia scientifica, di ispirazione positivistico-naturalistica (PAR. 1.6) .

1. 3

L'idea husserliana di «filosofia come scienza rigorosa» e la polemica antipositivistica Alla questione del rapporto della fenomenologia con le scienze " positive " Husserl ha riservato una specifica attenzione fino dagli scritti che, prima ancora della stesura di Idee I, documentano la cosiddetta " svolta trascen­ dentale " del suo pensiero. Nelle lezioni sull'Idea della fenomenologia del 1907, ma anche in quelle sulla Logica e teoria della conoscenza del 1906-07, la definizione dell'ambito di indagine della «scienza fenomenologica» assu­ me il carattere di una polemica rivendicazione dell'autonomia metodologi­ ca della «nuova scienza» di fronte alle altre forme di sapere. Appare chiaro a Husserl che la costituzione della fenomenologia diventa possibile solo a partire dalla definizione di un nuovo metodo che tenga conto della diffe­ renza incolmabile che sussiste fra l' «atteggiamento filosofico» e quello «na­ turale» , proprio, quest' ultimo, del sapere positivo . 18. Si veda in proposito V. Costa, Il cerchio e l'ellisse. Husserl e il darsi delle cose, Rubbettino, Soveria Mannelli (cz) 2007, pp. 129- 52. 15

LA CRISI DELLE SCIENZE EUROPEE DI HUSSERL

La contrapposizione del programma fenomenologico all'impostazione della epistemologia positivistica si fa ancora più netta e più ricca di accenti critici nel celebre articolo apparso sulla rivista " Logos " nel 19n, che contie­ ne il progetto, ormai formulato in modo esplicito, di una «filosofia come scienza rigorosa». In Philosophie als strenge Wissenscha/t la critica di alcuni atteggiamenti metodologici e speculativi caratteristici della cultura filosofi­ co-scientifica del tempo si salda alla polemica contro lo scetticismo, già combattuto nei Prolegomeni come l'esito inevitabile di ogni ipotesi psicolo­ gistica circa lo statuto delle leggi della logica pura19. Nel «naturalismo» delle scienze positive, e innanzitutto della psicologia empirico-sperimenta­ le, e nelle filosofie storicistiche della Weltanschauung Husserl individua due manifestazioni differenti, e tuttavia strettamente correlate, di quel «negati­ vismo scettico» al quale si oppone il programma di una rifondazione su base scientifica della filosofia20• Tanto la «scepsi storicistica» quanto quella «naturalistica» trovano la loro comune origine in una esaltazione unilatera­ le della dimensione empirico-fattuale della conoscenza21• Alla «superstizione del fatto» propria sia dei «naturalisti» che degli «storicisti», Husserl contrappone il progetto di una filosofia fenomenologi­ ca che deve proporsi invece come una scienza di «essenze» . Nell'ideale di una «filosofia come scienza rigorosa» - proposto nell'articolo del 19n non senza accenti retorici, e con una intonazione polemica verso il programma della psicologia empirico-sperimentale destinata ad attenuarsi negli scritti successivi -, si esprime la fiducia nella possibilità di una indagine intorno all' «essenza» dello «psichico» che deve condurre alla riedificazione di una vera e propria «scienza filosofica» alla quale sia estraneo il relativismo delle filosofie della Weltanschauung. Relegate le filosofie storicistiche al ruolo di "sapienza " utile al più per guidare l' azione etico-politica, la filosofia feno­ menologica si propone invece di dare realizzazione all'ideale di una filosofia assoluta, la cui scientificità consiste soprattutto nella possibilità di configu­ rarsi come un sapere «privo di presupposti», caratterizzato dall'accesso intuitivo-puro alle «cose stesse». L'ideale di una filosofia scientifica trova ancora sviluppo nelle lezioni del semestre invernale 1923 - 24 che, con richiamo esplicito al modello aristo­ telico, Husserl riunisce sotto il titolo di Filosofia prima. Nel corso del 192324, documento di un lungo periodo di elaborazione di temi che troveranno poi sistemazione compiuta nelle grandi opere degli anni Trenta, dalle Me19. Husserl, Ricerche logiche, cit. , vol. I, pp. 138-9. 20. Cfr. Husserl, La filosofia come scienza rigorosa, cit. , p. 104. 21. Cfr. ivi, p. 97· 16

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dilazioni cartesiane fino alla stessa Crisi, il programma di una filosofia scien­ tifica si radicalizza in quello della ricerca di una disciplina che «precedereb­ be, per imprescindibile necessità interna, tutte le altre discipline filosofiche, che dovrebbero essere fondate su di essa sia dal punto di vista teoretico che da quello metodico»22• Ciò che Husserl si propone non è più soltanto l' af­ fermazione del compito fondazionale della filosofia rispetto al sapere scien­ tifico, ma la definizione dell' «idea di una filosofia prima» in grado di orien ­ tare la stessa ricerca filosofica. Secondo una prospettiva teorica nella quale, oltre agli espliciti richiami al modello cartesiano, affiorano in misura sempre più evidente motivi che provengono dalla tradizione dell'idealismo classico e, particolarmente, da quello fichtiano23, problema centrale della riflessione husserliana intorno ai compiti della filosofia diventa quello della individua­ zione di un principio in grado di offrire una giustificazione assoluta del sa­ pere. Considerato nella prospettiva dell'ultima opera husserliana, il corso del 1923-24 aggiunge al Leitmotiv della «filosofia come scienza rigorosa» soprat­ tutto due temi, destinati entrambi ad essere ripresi ampiamente nella Crisi, che corrispondono alle due parti in cui si suddividono le lezioni sulla Filo­

sofia prima. Il primo, sviluppato nella Storia critica delle idee, prima sezione del cor­ so del 1923-24, consiste in una interpretazione generale della storia della fi­ losofia, cioè nella delineazione di una teleologia storica, che deve servire da introduzione alla fenomenologia trascendentale. Per essa non viene offerta soltanto , come era già avvenuto nel primo volume delle Idee, una legittima­ zione sul piano metodologico, ma anche su quello storico, mostrando come l'idea di una fenomenologia trascendentale sia il telos implicito nella evolu­ zione della filosofia occidentale e, particolarmente, negli sviluppi del pen­ siero filosofico dell'età moderna. Il secondo tema, di carattere metodologico, è presente nella seconda parte del corso e consiste nella definizione di una nuova «via» verso la sog­ gettività trascendentale, che intende distinguersi da quella «cartesiana» se-

22. Il corso del 1923-24 si compone di due parti, intitolate rispettivamente Storia critica delle idee e Teoria della riduzione fenomenologica; traiamo la citazione da Storia critica delle idee, trad. it. a cura di G. Piana, Guerini e Associati, Milano 1989, pp. 26-7. 23. Giova ricordare che, soprattutto negli anni dell'insegnamento a Friburgo, Hus­ serl approfondisce lo studio dell'idealismo tedesco, come testimoniano le tre conferen­ ze sull'Idea /ichtiana di umanità, tenute fra 1'8 e il 17 novembre I9I7· Cfr. in proposito F. Rocci, Introduzione a E. Husserl, Fichte e Fideale di umanità. Tre lezioni, a cura di F. Rocci, ETS, Pisa 2oo6, pp. 9-44. 17

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guita in Idee I, attingendo la soggettività trascendentale non già attraverso la «messa in parentesi» dell'esperienza del mondo, bensì operando una «riduzione fenomenologica universale», che ha alla base quella che Husserl chiama anche «riduzione psicologica» . Ciò che Husserl prospetta è una " via psicologica" alla soggettività trascendentale, nella quale la dimensione tra­ scendentale della coscienza viene raggiunta attraverso un processo sospen­ sivo che tiene conto di quello messo in atto da una «psicologia pura» , orien­ tata in senso fenomenologico24. Secondo la prospettiva introdotta dalle le­ zioni del 1923 - 24, la delineazione dei caratteri di una filosofia scientifica com porta che vengano discusse sia la questione della possibilità di una «psicologia fenomenologica», sia quella del suo rapporto con la «fenome­ nologia trascendentale». Se considerata sullo sfondo della incessante riflessione husserliana in­ torno alla possibilità di una filosofia prima, la Crisi sembra segnare per certi versi una cesura, se non una radicale abdicazione all' ideale di una ri­ gorizzazione del sapere filosofico . Sono ben note le affermazioni contenute nell'Appendice XXVIII - «la filosofia come scienza , come scienza seria, rigo­ rosa, anzi apodittica - il sogno è fi'nito»- con le quali Husserl sembra p ren­ dere le distanze dall'ideale del rigore filosofico, che aveva caratterizzato l'intera sua riflessione. In realtà, come risulterà più chiaramente dall'analisi del testo, il tono pessimistico di quella affermazione riguarda non tanto l'inattuabilità in linea di principio dell'ideale di una filosofia come «scienza rigorosa», bensì la presa d'atto di come quell'ideale risulti indubbiamente di difficile realizzazione nel " clima" filosofico venutosi a creare fra le due guerre. La dolorosa constatazione presente nell'Appendice XXVIII deve es­ sere interpretata non già come la rinunzia definitiva alla fenomenologia come filosofia rigorosa, ma come una polemica, neanche tanto implicita, contro i risorgenti irrazionalismi, per Husserl rappresentati in primo luogo dalla «analitica esistenziale» heideggeriana e dallo storicismo relativistico spengleriano, che costituiscono altrettanti ostacoli all'attuazione del pro­ gramma di scientifizzazione della filosofia. D'altra parte la Crisi, pur mantenendo fermo l'ideale della rigorizzazio­ ne della filosofia e pur riproponendo la validità della prospettiva trascen ­ dentale, perviene a un approfondimento in senso storico-genetico di tale prospettiva. Nell'ultima opera husserliana, l'idea di filosofia come scienza

24. Per una discussione sulle differenti "vie " della riduzione fenomenologico-tra­ scendentale, cfr. I. Kern, Husserl und Kant. Eine Untersuchung uber Husserls Verhiiltnis zu Kant und zum Neukantianismus, Nijhoff, Den Haag 1964, pp. 195-239 . r8

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rigorosa subisce in parte un ripensamento, per effetto di un'apertura dell'a­ nalisi fenomenologica ai temi della storicità e della Lebenswelt.

1.4

Il confronto con Heidegger In un testo pubblicato nel 1963 Hans-Georg Gadamer sottolineava l' ogget­ tiva convergenza fra il motivo husserliano della Lebenswelt, già presente in Idee II, e l'analisi del mondo sviluppata da Heidegger in Essere e tempo, precisando tuttavia che, negli anni in cui scriveva la Crisi, era ormai matu­ rata in Husserl la convinzione che la filosofia heideggeriana si fosse sempre più allontanata dal significato autentico della fenomenologia2s. Di fatto, a giudizio di Gadamer, fu proprio il successo di Essere e tempo a costringere Husserl «a una nuova riflessione» il cui risultato fu appunto la Crisi, la quale sarebbe dunque da interpretare come il tentativo «di fornire una ri­ sposta implicita» all'opera heideggeriana del 192726• Per quanto l' interpretazione di Gadamer appaia in parte riduttiva, non tenendo in debita considerazione le ragioni " interne" che hanno determi­ nato la genesi della Crisi, e dunque il fatto che essa sia anche lo sviluppo di motivi già presenti nelle prime fasi della riflessione husserliana, appare in ­ dubbio che una qualsiasi contestualizzazione dell'opera difficilmente po­ trebbe prescindere dal rapporto del suo autore con la filosofia heideggeria­ na e, in particolare, dalla impostazione assunta da tale filosofia dopo la pubblicazione di Essere e tempo. Non è questa la sede per affrontare una discussione generale sul rappor­ to Husserl-Heidegger, un tema peraltro sul quale è ormai disponibile una letteratura critica assai ampia27. Ciò che ci preme chiarire è da un lato a quale momento o fase del rapporto di Husserl con la filosofia heideggeriana corrisponda la pubblicazione della Crisi e, dall'altro, in quale specifico sen ­ so essa possa essere considerata una risposta a Heidegger. Stando a un aneddoto riferito da Herbert Spiegelberg28, Husserl ebbe a dire negli anni Venti: «la fenomenologia, siamo io e Heidegger e nessun

25. H. -G. Gadamer, Il movimento fenomenologico, trad. it. di C. Sinigaglia, Laterza, Roma-Bari 1994, pp. 51-2. 26. lvi, p. 57· 27. Cfr. in/ra, Riferimenti bibliogra/icz·. 28 . H. Spiegelberg, The Phenomenological Movement, Nijhoff, Den Haag 1960, vol. I, p. 352. 19

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altro» . Con queste parole il fondatore della fenomenologia dimostrava am­ piamente l' alta considerazione nella quale teneva Heidegger che, come pre­ ciserà in un saggio pubblicato nel 1963, fin dagli anni della sua prima forma­ zione si era awicinato alla fenomenologia attraverso la lettura delle Ricerche logiche29 . Divenuto nel 1916 collaboratore di Husserl a Friburgo, Heidegger approfondì ulteriormente lo studio della fenomenologia e il rapporto fra i due rimase di amichevole e proficua collaborazione anche dopo che, a par­ tire dal 19 23 , per interessamento dello stesso Husserl, il futuro autore di Essere e tempo ottenne la nomina a professore straordinario presso l'Uni­ versità di Marburgo. Come è noto, la circostanza che dette origine al dissi­ dio fra i due fu quella legata alla ben presto interrotta collaborazione in vista della stesura dell'articolo Fenomenologia per l' Encyclopaedia Britanni­ ca30. Dopo aver invitato Heidegger a offrire il proprio contributo, Husserl dovette constatare la presenza di insanabili motivi di contrasto con quello che riteneva fosse ancora un fedele continuatore della fenomenologia. In realtà, le obiezioni mosse da Heidegger alla interpretazione husserliana del­ la fenomenologia, che furono comunicate in forma esplicita in una corri­ spondenza epistolare31, convinsero Husserl della opportunità di procedere autonomamente alla redazione definitiva dell'articolo. La rottura con Heidegger, già in parte awenuta in questa circostanza, si fece definitiva dopo che Husserl approfondì la lettura di Essere e tempo, un testo del quale forse non aveva colto in un primo momento tutta la ori­ ginalità e la reale " eccentricità " rispetto alla propria interpretazione della fenomenologia. Il confronto puntuale con il pensiero heideggeriano, testi­ moniato da una serie di note redatte a margine di Essere e tempo e del libro su Kant e il problema della metafisica, convinse Husserl della radicale estra­ neità dell'opera heideggeriana tanto al metodo quanto al contenuto della ricerca fenomenologica32 e lo condusse ben presto a criticare pubblicamen 29. M. Heidegger, Il mio cammino nella fenomenologia, in Id. , Tempo e Essere, trad. it. a cura di C. Badocco, Longanesi, Milano 2007, pp. 9 5-105. 30. Per una puntuale ricostruzione della vicenda e, più in generale, per una discus­ sione del rapporto di Heidegger con la fenomenologia husserliana, cfr. R. Cristin, Hus­ serl-Heidegger: la fenomenologia in discussione, Introduzione a Husserl, Heidegger, Fenomenologia, cit. , pp. n-129. Ma cfr. anche C. Mockel, Ein/uhrung in die transzenden­ tale Phiinomenologie, Wilhelm Fink Verlag, Miinchen 1998, pp. 218 -24. 31. Cfr. lettera a Husserl del 22 ottobre 1927, in Husserl, Brie/wechsel, vol. IV, cit. , pp. 144-8 (trad. it. pp. 143-5). 32. Cfr. la lettera di Husserl a R. lngarden del 2 dicembre 1929: «Sono giunto al ri­ sultato che non posso ordinare quell'opera nel quadro della mia fenomenologia e che pertanto debbo purtroppo distaccarmene sia dal punto di vista del metodo sia nell'es20

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te Heidegger, prima nella Postilla alle mie Idee del 1930 e poi, l'anno succes­ sivo, con la conferenza berlinese su Fenomenologia e antropologia. La pubblicazione della Crisi si inserisce dunque in una fase nella quale è ormai maturato ampiamente il distacco di Husserl dalla filosofia heideg­ geriana, alla quale, in alcune lettere degli anni Trenta, egli si riferiva aspra­ mente come a un esempio di «geniale non scientificità» e come a una «oscu­ ra mistica dell'esistenza», ormai estranea al significato autentico del lavoro fenomenologico33. Si tratta ora di precisare in che senso la Crisi costituisca una risposta a Essere e tempo. Anticipando alcune considerazioni che saranno poi riprese nel commento al testo, possiamo affermare che la " risposta " husserliana riguarda principalmente tre grandi temi, dei quali Husserl aveva già discus­ so nelle sue Glosse a Essere e tempo: 1. lo statuto e il metodo dell'indagine fenomenologica; 2. il problema del rapporto fra soggetto-io e mondo; 3· il problema della tem poralità e della storicità. Per quanto riguarda il primo tema, con la Crisi Husserl intende riaffer­ mare il carattere costitutivo-trascendentale dell'indagine fenomenologica e, sul piano metodologico, la centralità della riduzione come procedimento del quale deve costantemente avvalersi la ricerca fenomenologica. Non a caso, già nelle note a Essere e tempo e in alcune corrispondenze epistolari, Husserl imputava a Heidegger proprio una mancata comprensione del p ro­ cedimento della riduzione. Per quanto Husserl, attraverso l'introduzione della nozione di mondo della vita, abbia ampliato l'ambito dell'indagine fenomenologica, includendovi l'insieme delle forme dell'esperienza ordina­ ria e prescientifica, in parte allontanandosi dal teoreticismo e dal coscien­ zialismo di opere precedenti come le Idee, egli rimane fermo nell' acquisi­ zione di una prospettiva trascendentale- costitutiva, secondo la quale le forme della Lebenswelt devono essere indagate a partire dal presupposto di una soggettività pura, ottenuta attraverso l'applicazione del metodo della riduzione. Se per lo Heidegger di Essere e tempo la fenomenologia diventa, in aperta polemica con l'impostazione husserliana, una ermeneutica dell'es­ sere del Dasein , cioè una interpretazione dei modi di essere dell'Esserci,

senziale anche dal punto di vista della cosa» (E. Husserl, Brie/e an R. Ingarden. Mit Erliiuterungen und Erinnerungen an Husserl, hrsg. von R. Ingarden , Nijhoff, Den Haag 1968, p. 56; trad. it. in C. Sinigaglia, Saggio introduttivo a E. Husserl, Glosse a Heidegger, a cura di C. Sinigaglia, Jaca Book, Milano 1997, p. 14) . 33· Cfr. rispettivamente la lettera ad A. Pfander del 6 gennaio 1931, in Husserl, Brie/wechsel, cit. , vol. n, Die Munchener Phiinomenologen , p. 184 ( trad. it. in Husserl, Heidegger, Fenomenologia, cit. , p. 187), e la lettera a K. Lowith del 22 febbraio 1937, cit. 21

LA CRISI DELLE SCIENZE EUROPEE DI HUSSERL

concepita come indagine preliminare in vista della possibilità di affrontare la Seins/rage, per Husserl la fenomenologia resta un 'analisi costitutivo-tra­ scendentale degli atti intenzionali dell'io puro. Nel ribadire, con la Crisi, la propria fedeltà al punto di vista trascendentale, Husserl non fa che confer­ mare i motivi di dissenso che già si erano espressi nella Postilla alle Idee e nella conferenza su Fenomenologia e antropologia. Ciò che per Heidegger è uno sviluppo conseguente della disciplina fondata dall'autore delle Idee (tanto da poter qualificare senz'altro Essere e tempo come un 'opera di feno­ menologia, e da riconoscere apertamente come la stessa Seins/rage abbia potuto porsi su di un " terreno " già preparato dalla Sesta delle Ricerche lo­ giche husserliane34) appare invece a Husserl come un evidente travisamento della prospettiva fenomenologica, che consiste nella ricaduta in una forma di "antropologismo " . La pretesa heideggeriana di affermare una idea di fenomenologia come ermeneutica dell'essere del Dasein è in realtà la con­ seguenza di un sostanziale fraintendimento della riduzione trascendentale, secondo cui ogni formazione di senso, com presa quella del mondo della prassi vitale nella quale il soggetto è immerso con la sua corporeità, deve essere indagata nel suo processo di costituzione trascendentale a partire da una soggettività fenomenologicamente ridotta. A proposito del secondo tema, che si lega strettamente al precedente, la Crisi risponde in modo esplicito all'analitica esistenziale heideggeriana soprattutto attraverso il «paradosso della soggettività», discusso nei para­ grafi 53 e 54· Anticipando anche in questo caso motivi che saranno più ampiamente affrontati in sede di commento al testo, preme soprattutto sot­ tolineare il significato antiheideggeriano della soluzione del paradosso pro­ posta da Husserl. Se la soggettività si presenta a prima vista in una situazio­ ne paradossale, consistente nel fatto che essa è allo stesso tempo parte del mondo, co-appartenente a esso, e soggetto che costituisce il mondo attra­ verso i suoi atti intenzionali, il paradosso trova poi soluzione, ancora una volta, con l'applicazione del procedimento della riduzione, cioè con il rico­ noscimento del fatto che l'ego, colto nella sua purezza, debba comunque costituire il punto di avvio di un qualunque tentativo di chiarire fenomeno­ logicamente la relazione soggetto-mondo. Husserl sembra muovere da una iniziale " concessione" a Heidegger: nella formulazione del paradosso di una soggettività che è innanzitutto par34· Cfr. in proposito J. Taminiaux, Le régard et l'excédent, Nijhoff, La Haye 1977, pp. 156-82 ( trad. it. con il titolo Considerazioni su Heidegger e le {{Ricerche logiche" di Husserl, in S. Poggi, P. Tomasello, a cura di, Martin Heidegger. Ontologia, fenomenolo­ gia, verità, LED, Milano 1995, pp. 229-55). 22

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te del mondo, non si possono non avvertire le suggestioni dell'analitica esistenziale heideggeriana, che coglie nell' «essere nel mondo» il tratto co­ stitutivo dell'essere del Dasein. Nella insistenza husserliana sulla co-appar­ tenenza dell'io alla Lebenswelt e, in particolare, al mondo delle relazioni intersoggettive, non è difficile avvertire gli echi del motivo heideggeriano secondo cui il Dasein è, in virtù della sua «gettatezza», «già da sempre» presso il mondo e in un «con -essere» (Mit-Sein ), cioè in una relazione con gli altri. La soluzione del paradosso si presenta tuttavia nella forma di un esplicito distacco da Heidegger, che riteneva di cogliere nel fondatore della fenomenologia una mancata comprensione della sua prospettiva " antologi­ ca" , e il permanere, invece, di una impostazione ancora molto vicina al coscienzialismo cartesiano. Se per Husserl la filosofia heideggeriana è vizia­ ta da una forma di antropologismo, Heidegger ravvisa invece nel trascen­ dentalismo husserliano il persistere di un ingiustificato privilegiamento di una nozione di coscienza pura, assunta come campo tematico della ricerca e concepita ancora secondo una nozione di essere inteso come semplice «presenza» o datità. Heidegger non intende escludere la possibilità di una indagine trascendentale- costitutiva, ma ribadire che, secondo la sua pro­ spettiva antologica, una qualunque indagine costitutiva deve essere prece­ duta dall'analisi dei modi di essere del Dasein . Per Heidegger, è la costitu­ zione esistenziale del Dasein che rende possibile il processo costitutivo­ trascendentale e non viceversa. La mancata comprensione husserliana di questo punto è indice, secondo Heidegger, del fatto che Husserl è rimasto legato a una idea di essere come semplice «presenza», precludendosi la possibilità di cogliere l' «esistenza» (intesa come trascendenza nella finitez­ za) come specifico modo di essere del Dasein. Anche in questo caso, come nel primo, ci troviamo di fronte a due im­ postazioni filosofiche difficilmente conciliabili: da una parte Heidegger che rivendica il significato fondamentale della Seins/rage e, su questa base, di una analitica esistenziale che muova da una chiarificazione del modo di essere del Dasein; dall'altra Husserl che, nelle note a margine di Essere e tempo, ribadisce il primato della costituzione trascendentale come unica via attraverso la quale la stessa Seins/rage può essere affrontata. Per quanto riguarda il terzo tema, è possibile intravedere elementi di connessione fra Heidegger e lo Husserl della Crisi. L'esplicita apertura del­ l"' astorico " Husserl al mondo della storia e il tentativo di ripensare il moti­ vo della temporalità-storicità attraverso le categorie di una fenomenologia dei nessi intenzionali risentono probabilmente della lettura di Essere e tem­ po, anche se non va dimenticato che Heidegger era stato a sua volta attento lettore delle lezioni husserliane sulla Coscienza interna del tempo (il cui pri23

LA CRISI DELLE SCIENZE EUROPEE DI HUSSERL

mo nucleo risale al 190 5 ) , delle quali aveva curato anche, nel 1928, l'edizione definitiva destinata alla pubblicazione35. Prescindendo dalla difficile que­ stione della determinazione delle influenze reciproche che su questo punto si sono avute fra Husserl e Heidegger, ci limitiamo a sottolineare quello che appare come un elemento comune tanto alla concezione husserliana quan­ to a quella heideggeriana della storicità. Per entrambi la storicità si presen­ ta come un carattere derivato, che rinvia a una struttura più profonda che è quella della temporalità. Tanto per Husserl come per Heidegger la storicità della vita umana nel suo complesso, l' appartenenza dell'uomo a un mondo storico è una conseguenza del fatto che la temporalità costituisce la struttu­ ra fondante della soggettività. Al di là di questo elemento di connessione, affiora tuttavia una differenza che la stessa Crisi contribuisce a sottolineare: se per Heidegger la storicità si fonda sulla tem poralità del Dasein, e quindi sul carattere intrinsecamente temporale delle strutture esistenziali del Da­ sein (a cominciare dalla «cura», che tutte le riassume) , per Husserl la tem ­ poralità originaria è quella della coscienza, che è temporale in virtù dei nessi intenzionali che si istituiscono fra i vissuti coscienziali. Anche in que­ sto caso, la questione della temporalità originaria viene affrontata non at­ traverso l' analitica esistenziale del Dasein, ma con l'esame della «coscien za interna del tempo» , cioè attraverso l'analisi delle strutture intenzionali del­ la coscienza trascendentale, che costituisce l'autentico ambito di indagine della fenomenologia36.

La

1. 5

Crisi e il mito spengleriano del , cioè come un insieme di operazioni compiute su forme-limite primitive, senza che si abbia ormai la 24. Husserl non manca tuttavia di riconoscere l'importanza dell'«idealismo plato­ nico» che, concependo le idee come «archetipi» degli oggetti reali, «aprì la via al pen­ siero logico, alla scienza "logica " e razionale» (p. 308 e cfr. p. 297). 6o

2.

CRISI DELLE SCIENZE E CRISI DELL ' UMANITÀ EUROPEA

consapevolezza dell'originario radicamento di tale «prassi ideale» nella «prassi reale» della misurazione25 (pp. 5 5- 8 ) . I l contributo fondamentale d i Galileo viene illustrato soprattutto nel paragrafo 9b -e e consiste, secondo Husserl, nell' aver esteso allo studio del­ la realtà fisica i requisiti metodologici caratteristici della geometria pura. Quella della scienza galileiana è quindi una natura idealizzata, i cui oggetti, non diversamente da quelli della geometria pura, non trovano immediata corrispondenza nei corpi dell'esperienza prescientifica (cfr. p. 59). Sul significato della «matematizzazione della natura», iniziata con la scienza galileiana, si sofferma in particolare la già menzionata Dissertazione I, nella quale Husserl si propone di chiarire l'idea di natura (88• Certamente, già negli anni precedenti il pensiero husserliano aveva conosciuto in Francia una prima ricezione, ad opera soprattutto di Emmanuel Lévinas, curatore dell'edizione francese delle Meditazioni carte-

gia " , n.s. , XII, 1963, pp. 74-84, ora in Id. , Avventure e disavventure della filosofia, cit. , pp. 267-82. 86. Ferrari, La filosofia italiana dal secondo dopoguerra al dibattito attuale, cit. , p. 83. Da ricordare ad esempio, oltre all'intensa attività di traduzione di Enrico Filippini, i contributi di Giovanni Piana, Stefano Zecchi, Carlo Sini e Andrea Bonomi. 87. Cfr. Zecchi, La fenomenologia in Italia: diffusione e interpretazioni, cit. , p. 193. 88. Cfr. Costa, Franzini, Spinicci, La fenomenologia, cit. , p. 278. 194

5.

' LA FORTUNA DELL OPERA

siane89 e autore di un saggio giovanile sulla teoria husserliana della intuizio­ ne90, e di Jean -Paul Sartre che, muovendo da un interesse per la fenomeno­ logia degli atti immaginativi91, è poi approdato, nel quadro di una interpre­ tazione in chiave psicologico-esistenziale della filosofia husserliana, a una riflessione sui temi della libertà della coscienza e del suo «essere nel mondo»92• Merleau-Ponty resta tuttavia il punto di riferimento fondamentale della ricerca fenomenologica francese, colui che, attraverso un confronto diretto con i testi husserliani (compresi quelli, allora inediti, del secondo volume delle Idee) , ha aperto nuovi orizzonti dell'analisi fenomenologica, rappre­ sentati soprattutto dai temi della percezione e della corporeità. I principi ispiratori della ricerca di Merleau-Ponty e della sua interpretazione della fenomenologia husserliana appaiono già chiari nelle pagine introduttive dell'opera del 1945 , nelle quali alla domanda «che cos 'è la fenomenologia?» il filosofo francese risponde che «essa è lo studio delle essenze», subito dopo precisando però che la fenomenologia «è anche una filosofia che ri­ colloca le essenze nell'esistenza e pensa che non si possa comprendere l'uo­ mo e il mondo se non sulla base della loro " fatticità "»93. Pur non disconoscendo la dimensione trascendentale dell'analisi fe­ nomenologica, la linea di ricerca di Merleau-Ponty muove da un 'origina­ le reinterpretazione di alcuni concetti-chiave della riflessione metodolo­ gica husserliana, come quelli di «riduzione» e di «essenza» , per affermare una idea di fenomenologia in quanto analisi del «mondo» , inteso quale unità originaria che precede la polarità intenzionale fra soggetto e ogget­ to. Così, i richiami husserliani alla necessità di concepire la riduzione co­ me un procedimento che richiede di essere continuamente riattivato sono interpretati come il segno di un 'impostazione metodologica che riconosce implicitamente il radicamento originario e imprescindibile della coscien ­ za nella realtà mondana, tanto che «la riduzione fenomenologica» deve

89. Quello predisposto da Lévinas sarà peraltro l'unico testo disponibile delle conferenze husserliane, fino all'edizione tedesca pubblicata nel 1950 nella Husserliana. 90. E. Lévinas, La théorie de l'intuition dans la phénomenologie de Husserl, Alcan , Paris 1930. 91. Esemplare in questo senso è il saggio I: imaginaire del 1940, tradotto in italiano con il titolo Immagine e coscienza, Einaudi, Torino 1970. 92. Si veda in proposito Costa, Franzini, Spinicci, La fenomenologia, cit. , pp. 278-84. 93· M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, trad. it. a cura di A. Bono­ mi, Bompiani, Milano 2003, p. 15. 19 5

LA CRISI DELLE SCIENZE EUROPEE DI HUSSERL

essere considerata «la formula» non già «di una filosofia idealistica» ben­ sì «di una filosofia esistenziale»94; e, allo stesso modo, la riduzione eideti­ ca viene riguardata non già come il fine, bensì come il mezzo della ricerca fenomenologica, il cui vero scopo è quello di cogliere il mondo nella sua «fatticità»95. A partire da questa lettura in chiave anticoscienzialistica e "anticartesia­ na" della fenomenologia, Merleau-Ponty valorizza in modo specifico il te­ ma husserliano della Lebenswelt, interpretata innanzitutto come mondo della esperienza percettiva, al cui centro viene posto il «corpo proprio». La percezione costituisce l'esperienza vitale fondamentale per il cui tramite il «corpo proprio» entra in contatto con il mondo e, allo stesso tempo, si ri­ vela come luogo di intersezione originario nel quale soggetto e mondo si confondono: «il corpo proprio è nel mondo come il cuore nell' organismo: mantiene continuamente in vita lo spettacolo visibile, lo anima e lo alimen­ ta internamente, forma con esso un sistema»96. L'esito ultimo della ricerca merleau-pontyana sarà rappresentato, come è noto, dal lavoro incompiuto, pubblicato postumo, Il visibile e l'invisibile, nel quale il richiamo alla nozione husserliana di «mondo vissuto» diviene parte di una nuova antologia che si propone di tematizzare la dimensione «grezza» dell'essere carnale, antecedente alla distinzione fra soggetto e og­ getto . In questa prospettiva, la Lebenswelt husserliana diventa l' «essere selvaggio»97, indagato dalla filosofia, che non è più soltanto il mon do dell'e­ sperienza prescientifica, ma il "luogo " di incontro e di scambio - che Mer­ leau-Ponty designa con il termine «chiasma» - fra «visibile» e «vedente», fra «toccato» e «toccante» , ma anche fra «visibile» e «invisibile». Secondo la prospettiva dell'ultimo Merleau-Ponty - che si richiama peraltro ad alcu­ ni risultati delle analisi, contenute nella stessa Crisi, intorno alla nozione di «orizzonte» percettivo -, il tema della Lebenswelt viene ripensato nei ter­ mini di una antologia del mondo in quanto chiarificazione della trama na­ scosta di significati che accompagnano l'esperienza fenomenica. L' antolo­ gia fenomenologica si configura in questo caso come esplicitazione degli orizzonti di senso impliciti nella esperienza del mondo, la cui " latenza " rende possibile la stessa manifestazione di ciò che è «visibile» , secondo un

94· lvi, p. 23. 95· lvi, p . 26. 96. lvi, p. 277. 97· Cfr. ad esempio M. Merleau-Ponty, Il visibile e l'invisibile, trad. it. a cura di A. Bonomi, Bompiani, Milano 2003, pp. 185-6.

5.

' LA FORTUNA DELL OPERA

intreccio e una «reversibilità» di visibile e invisibile, che Merleau-Ponty non esita a indicare come «verità ultima» dell' essere98• Se a Merleau-Ponty la Crisi offre soprattutto, attraverso il motivo della Lebenswelt, lo spunto per procedere, oltre Husserl, verso la definizione di un 'antologia del mondo in quanto co-appartenen za originaria di soggettivo e oggettivo, per Jacques Derrida l'ultima opera husserliana diventa il termi­ ne di riferimento per una riflessione sul motivo della genesi o ancora - per richiamare in parte il titolo del saggio contenuto in uno dei libri più impor­ tanti del filosofo francese - su quello del rapporto fra «genesi» e «struttura»99. Nel saggio, che rielabora il testo di una conferenza pronun­ ciata nel 1959, Derrida riprende alcuni risultati cui era pervenuto attraverso il suo approfondito studio del pensiero husserliano e che erano stati esposti nel suo primo lavoro, scritto negli anni 1953- 54, dal titolo Il problema della genesi nella filosofia di Husserl. A partire da un esame della posizione as­ sunta dal primo Husserl nell'ambito del dibattito su antipsicologismo e psicologismo, Derrida coglie nel rapporto e nella tensione fra genesi e strut­ tura un Leitmotiv dell'intera fenomenologia, come indagine nella quale la ricerca di invarianti strutturali dell'esperienza non è mai disgiunta, fino dalla prima opera husserliana, la Filosofia dell'aritmetica, da un tentativo di affrontare in termini non psicologistici il problema della formazione di que­ gli stessi invarianti. Seguendo questa linea interpretativa, Derrida pone in evidenza, della Crisi, soprattutto il motivo della teleologia storica, cogliendo in esso l'esito ultimo, ma soltanto in parte risolutivo, della tensione fra l'istanza struttura­ le e quella genetica. Accanto alla «direzione logica» e a quella «egologica», la fenomenologia genetica si sviluppa secondo una «direzione storico-teleo­ logica»: l'analisi fenomenologica della genesi non mira soltanto alla ricerca dei fondamenti antepredicativi della logica e alla definizione dei processi di formazione dell' ego , ma anche alla individuazione del telos della storia, che si presenta alla coscienza fenomenologica nei termini di un «compito pra­ tico infinito», di una idea regolativa di ragione, che si rivela progressivamen­ te come logos della storia100• D'altra parte, quella della storia «non è un' eidetica fra le altre» , poiché in essa è compresa la «totalità degli essenti» : secondo Derrida, la teleologia storica della Crisi rappresenta il tentativo estremo di portare a conciliazione 98. lvi, p. qo. 99· Cfr. ]. Derrida, «Genesi e struttura» e la fenomenologia, in Id. , La scrittura e la differenza, trad. it. a cura di G. Pozzi, Einaudi, Torino 1990, pp. 199-218. 100. Cfr. ivi, pp. 212-4. 197

LA CRISI DELLE SCIENZE EUROPEE DI HUSSERL

le due «esigenze» fondamentali dalle quali è mossa fin dall'inizio l'indagine fenomenologica, quella «strutturalista», che mira a descrivere forme ordi­ natrici nella loro legalità interna, e quella «genetista», che si propone invece come ricerca dell' «origine e del fondamento della struttura». Sottoposta a questa continua tensione fra le due «esigenze», la fenomenologia approda a una vera e propria «metafisica della storia», nella quale la struttura di un telos del divenire storico diventa l' «orizzonte» che consente alla fenomeno­ logia di incorporare temi e motivi, primo fra tutti quello della concreta esperienza vitale, a prima vista estranei all' «apriorismo fenomenologico e all'idealismo trascendentale»101• Fin dal suo primo scritto Derrida riconosceva la centralità del motivo della «genesi» nella fenomenologia husserliana come motivo che, conti­ nuamente riaffiorando, mette alla prova l'impianto trascendentale della indagine fenomenologica e il procedimento stesso della riduzione, in quan­ to operazione metodologica in grado di neutralizzare ogni riferimento a una genesi storica e «mondana» dei sign ificati102• Già in quella prima ope­ ra, tuttavia, il rapporto di Derrida con la fenomenologia appariva, per quanto centrale, allo stesso tempo animato da un forte intento polemico che, alla luce degli sviluppi successivi del suo pensiero , potremmo definire, almeno in parte, «decostruttivo». L' esame della teleologia storica della Cri­ si conduce, per Derrida, a un esito essenzialmente fallimentare, poiché l' apertura della fenomenologia trascendentale ai temi della storicità, se da un lato testimonia l' impossibilità di prescindere dal problema della genesi del senso, sancisce allo stesso tempo «l'insuperabile profondità e l'irridu ­ cibile insufficienza della filosofia husserliana della genesi»103 . La teleologia trascendentale della Crisi, introducendo il motivo di una genesi intersog­ gettiva del senso, «salvava» la fenomenologia, ma la «salvava contraddi­ cendola», poiché trasformare l' attività trascendentale in un ' attività «sovra­ soggettiva», il cui senso costituito non può essere esperito in modo eviden ­ te in un soggetto concreto , sembra «smentire tutti i risultati anteriori della fenomenologia»104. L'attenzione dedicata dal giovane Derrida al motivo della genesi e a quello della teleologia storica costituisce la diretta premessa per gli ulterio­ ri sviluppi di una riflessione teorica che - si pensi al saggio del 1962 dedicaror. lvi, pp. 215 e 202. 102. Cfr. J. Derrida, Il problema della genesi nella filosofia di Husserl, tra d. it. a cura di V. Costa, Jaca Book, Milano 1992, p. 56. 103. lvi, p. 249. 104. lvi, p. 255.

5.

' LA FORTUNA DELL OPERA

to a L)origine della geometria di Husserl, a La voce e il fenomeno del 1967, fino al più recente Oggi l'Europa ha continuato a dialogare con la feno­ menologia husserliana e con la stessa Crisi. Senza poter affrontare in manie­ ra approfondita la questione del rapporto di Derrida con la filosofia husser­ liana105, ci limitiamo a ricordare che il testo del 1953 - 54, terminando con la constatazione del fallimento della teleologia storica della Crisi, come di un progetto che in certo modo rimaneva «al di qua della fenomenologia», apri­ va lo spazio per una riflessione sulla genesi del senso, che intenderà liberar­ si dai limiti del «logocentrismo» e del «fonocentrismo» husserliano. E ciò sarà possibile, per il Derrida filosofo della dz//érance e della scrittura, recu­ perando la domanda, già husserliana, intorno alla genesi del senso, ma sot­ traendola a un'impostazione, ancora fortemente debitrice verso forme di pensiero proprie della metafisica classica, che intendeva reperire i significa­ ti come datità presenti all'intuizione, in una forma nella quale si riduce quanto più possibile l'influenza del medium linguistico. Il fallimento della teleologia della Crisi, reso evidente anche dall'esito eurocentrico della me­ ditazione storica husserliana contro il quale Derrida non mancherà di pole­ mizzare106, offre il punto di partenza per ripensare il tema della genesi non all'interno di un trascendentalismo ancora ispirato a una "metafisica della presenza " , ma secondo una nuova prospettiva teorica per la quale il senso, mai dato in un presente puntuale, si genera soltanto nella «contaminazione» e nella «differenza» fra le diverse dimensioni del flusso temporale. È anche vero, d'altra parte, che all'elaborazione derridiana di una filo­ sofia della scrittura come elemento costitutivo per una teoria della ragione non è stata estranea la lezione della Crisi che, nella celebre Appendice III dedicata alla Origine della geometria, stabiliva una stretta connessione fra scrittura e genesi del senso. Come lo stesso Derrida riconosceva nella sua Introduzione al testo husserliano, in essa si trova già abbozzata una «feno­ menologia della cosa scritta» che non soltanto in dividua nella scrittura una forma di aggettivazione del senso, ma che pone anche il problema di come la codificazione sia costantemente esposta al rischio di introdurre uno scar­ to rispetto a un senso originario che deve essere riattivato. «L'atto di scrit­ tura autentico» comporta certo l'apertura di un campo trascendentale «mediante e in direzione del noi», ma l'incorporazione nei segni linguisti­ ci mette in pericolo il contenuto ideale-oggettivo del senso, «cioè il suo senso di verità». Ciò che quindi Husserl avrebbe iniziato a tematizzare è -

105. Si veda in proposito V. Costa, La fenomenologia della contaminazione, Intro­ duzione a Derrida, Il problema della genesi nella filosofia di Husserl, cit. , pp. 7-43. 106. Cfr. in proposito Costa, Franzini, Spinicci, La fenomenologia, ci t. , pp. 291-2. 199

LA CRISI DELLE SCIENZE EUROPEE DI HUSSERL

proprio la questione della «scomparsa della verità» e quindi della scrittura come ciò che genera uno s carto e, allo stesso tempo, serba traccia, rispetto a un'origine mai del tutto riattivabile. «Ciò che scompare è ciò che si an­ nienta ma anche ciò che cessa, in modo intermittente o defin itivo, di appa­ rire di fatto senza tuttavia essere colpito nel suo essere o nel suo senso d'essere. Determ inare il senso di tale "scomparsa" della verità, questo è il più difficile dei problemi posti da [;Origine e da tutta la filosofia husser­ liana della storia»107.

107. Derrida, Introduzione a Husserl. L'origine della geometria, cit. , p. 147. 200

Cronologia della vita e delle opere

1859

Edmund Husserl nasce 1'8 aprile del 1859 a Prossnitz, cittadina morava.

1876

Terminati gli studi liceali, si iscrive all'Università di Lipsia, dove studia astronomia.

1878

Si trasferisce a Berlino, dove frequenta le lezioni di due celebri matemati­ ci, Weierstrass e Kronecker.

1883

Si laurea con una tesi sul calcolo delle variazioni, che discute all'Universi­ tà di Vienna.

1884- 86

Segue a Vienna, dove si è stabilito, le lezioni di filosofia di Franz Brentano, la cui influenza è stata determinante, soprattutto per quanto concerne il tema della intenzionalità e per la scelta di dedicarsi professionalmente allo studio della filosofia.

1887

Sposa una giovane maestra ebrea di Prossnitz, Malvine C. Steinscheider, dalla quale avrà tre figli. N ello stesso anno, viene nominato Privatdozent all'Università di Halle. Durante il " periodo di Halle " si dedica soprattut­ to a ricerche di logica e di filosofia della matematica.

1891

Pubblica il suo primo libro, la Filosofia deltaritmetica.

1900

Esce il primo volume delle Ricerche logiche, i Prolegomeni alla logica pura.

1901

Pubblica la seconda parte delle Ricerche logiche, che comprende sei ricer­ che. Alla fine del 1901, viene nominato professore straordinario all'Univer­ sità di Gottinga.

1906

Ottiene la nomina a professore ordinario. Durante il periodo di Gottinga (1901-16) si dedica intensamente allo sviluppo della fenomenologia, che diventa punto di riferimento per studiosi varia provenienza e di varia for­ mazione, quali Adolf Reinach, Theodor Conrad, Moritz Geiger, Alexan­ dre Koyré, Roman Ingarden e Edith Stein .

1911

Pubblica l'articolo Filosofia come scienza rigorosa.

201

LA CRISI DELLE SCIENZE EUROPEE DI HUSSERL

1913

Vengono pubblicate le Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica. A seguito della pubblicazione del I volume delle Idee nel­ lo "J ahrbuch fiir Philosophie und philosophische Forschung " , si sviluppa un ampio dibattito all'interno del "movimento fenomenologico " e alcuni esponenti di esso assumono una posizione critica nei confronti dell'idea­ lismo fenomenologico proposto da Husserl.

1916

Viene nominato professore all'Università di Friburgo, succedendo a Heinrich Rickert. Il trasferimento a Friburgo favorisce l'incontro di Hus­ serl con il giovane Martin Heidegger, con il quale stabilisce un rapporto di collaborazione, anche se, soprattutto negli anni immediatamente suc­ cessivi alla fine del conflitto mondiale, si manifestano dissensi fra i due a proposito dell'interpretazione della fenomenologia.

1923

Viene chiamato a insegnare all'Università di Berlino, ma decide di rima­ nere a Friburgo, dove p rosegue la propria attività di studio e di insegna­ mento.

1927

Con la pubblicazione di Essere e tempo, Heidegger prende ormai distanza dalla fenomenologia husserliana, ma il " dissidio" fra Husserl e il filos ofo di MeBkirch si era già manifestato in occasione della difficile collaborazio­ ne in vista della stesura della voce Fenomenologia per l' Encyclopaedia Bri­

tannica. 1928

Si ritira dall'insegnamento, dedicandosi interamente all'elaborazione dei numerosi manoscritti. Escono, a cura di Heidegger, le Lezioni sulla feno­

menologia della coscienza interna del tempo. 1929

Pubblica Logica formale e trascendentale, nel X volume dello "J ahrbuch fiir Philosophie und philosophische Forschung " . Su invito della Société

française de Philosophie e dell'Institut d' É tudes germaniques, pronuncia alla Sorbona le celebri conferenze, che saranno pubblicate con il titolo

Meditazioni cartesiane. 1935

Si reca il 7 maggio a Vienna, per tenere una conferenza su La filosofia

nella crisi dell'umanità europea (ripetuta il 10 maggio) , e, nel novembre, p ronuncia a Praga alcune conferenze su La crisi delle scienze europee e la

psicologia. 1938

Dopo essersi ammalato gravemente, muore il 27 aprile, all'età di 79 anni.

202

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