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Italian Pages 160 [163] Year 2014
FRANCESCO GRANO
LA CITTÀ E LA NOni Il thriller metropolitano di Michael Mann
LUIGI PELLEGRINI EDITORE
Collana
Arte e spettacolo 4
FRANCESCO GRANO
LA CITTÀ E LA NOTTE Il thriller metropolitano di MICHAEL MANN
LUIGI PELLEGRINI EDITORE
Proprietà letteraria riservata © by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy
Stampato in Italia nel mese di dicembre 2014 da Pellegrini Editore Via Camposano, 41 (ex via De Rada) - 87100 Cosenza
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Alla mia famiglia con immensa gratitudine.
Presentazione Rintracciare sguardi: Michael Mann tra critica e cinefilia
Lavorare criticamente sul cinema di Michael Mann può sembrare un’impresa facile. Certo, nel corso del tempo la fama del regista ameri cano è cresciuta a dismisura, e Mann è divenuto, tra gli anni Ottanta e i Duemila uno dei registi di riferimento della nuova cinefilia, capace di lavorare in modo nuovo ed innovativo sui generi classici (in particolare il gangster movie e il thriller), di riattraversare le forme ormai stantie del serial televisivo anni Settanta e di rilanciarle verso nuove dimensioni. Lavoro sulle forme classiche del cinema americano, ibridazione, incrocio tra narrazione seriale e immagine cinematografica: Mann concentra nel suo lavoro pluridecennale tutti gli elementi che hanno caratterizzato la nuova critica cinefila e militante degli anni Novanta. I lavori critici di Alessandro Borri (2000), di Pier Maria Bocchi (2002) e di EX. Feeney (2006) attraversano non a caso gli anni Duemila, gli anni cioè della defi nitiva consacrazione di Mann come Autore simbolo del proprio tempo. Sembra dunque facile scrivere su Michael Mann, ma naturalmente non è così. Anzi, è proprio di fronte ad un cinema che “sembra” facil mente riconoscibile, che “sembra” offrire facili etichette critiche all’in terno delle quali accomodarsi facilmente, lo sguardo critico deve com piere uno sforzo ulteriore, trovare nuove strade, indagare più a fondo, creare nuove connessioni. Il cinema di Mann è un cinema che mette alla prova se stesso. Ecco una prima affermazione critica, quasi intuitiva, immediata, da verificare. Come? Ripensando alle immagini del regista di Chicago, alla modalità con cui Mann, film dopo film, lavora su un continuo spostamento delle modalità con cui il cinema classico americano (e decenni dopo il cinema della New Hollywood) mette in scena il mondo, un mondo già “cinematiz7
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Michael Mann
zato”, già leggenda, già mito. Il lavoro sui dettagli della merce in Miami Vice (la serie) è allora un primo indizio. Gli abiti Armani di Don Johnson, gli accessori fashion che costituivano l’arredamento quasi di ogni spa zio e di ogni corpo “invitato” nella serie (da Phil Collins a Miles Davis, passando tra gli altri per Julia Roberts e Laurence Fishburne), la musica stessa come merce immateriale e oggetto del desiderio (il brano In the Air Tonight di Collins che diventa oggetto di culto e parte integrante di una delle sequenze più famose della serie). Miami Vice rivoluziona le forme della serialità americana non solo e non tanto per gli elementi di novità narrativa che introduce nel poliziesco, né per la violenza e drammaticità degli eventi, ma soprattutto per aver' introdotto una pratica dell’oggetto, del frammento, del particolare che diventa oggetto del desiderio (l’abbi gliamento, la Ferrari, la musica, gli occhiali da sole, la barca). L’oggetto è la nuova forma del culto. Mann è produttore esecutivo della serie, ma di fatto ne è il deus ex machina, colui che: ne forgia la struttura profonda, che la trasforma in luogo del nuovo desiderio fine secolo. Fin dagli esordi, allora l’immagine per Mann è immagine seducen te, capacità di lavorare i dettagli, di costruire una narrazione a partire da un frammento, un elemento apparentemente posto al di fuori della narrazione, ma che di fatto la costruisce, ne costruisce l’atmosfera, ma linconica o drammatica, tragica o fredda. Ecco allora le superfici lisce e trasparenti di Heat, o la patina gial lastra che ricopre come un manto soffocante gli spazi di Manhunter, la fredda architettura degli uffici di Insider. Lo spazio diventa assoluto pro tagonista perché ingloba ed espande le caratteristiche dei personaggi manniani, corpi che abitano quegli spazi, che ne fanno parte, nella vita e nella morte. Eroi per caso, losers, figure tragiche condannate dalle fred de logiche del noir di ogni tempo, ultimi rappresentanti di un’epoca, sopravvissuti. Le figure che costellano gli spazi di Mann sono figure gal leggianti, sempre sul punto di scomparire sotto i flutti, di annegare, di essere travolti dalle onde. Possono essere apparentemente vincenti e su periori, come Nathaniel/Daniel Day-Lewis in L’ultimo dei Mohicani, De Niro in Heat o Tom Cruise in Collateral, Johnny Depp in Nemico pubblico, non importa. Ogni successo può rovesciarsi in una manciata di secon di nella tragedia più totale, la fragilità è parte integrante dell’esistenza nell’universo cinematografico di Mann. 8
Presentazione
È anche in questo modo che si configura l’attraversamento delle for me classiche e di quelle moderne del cinema di genere (del thriller o noir metropolitano in particolare) da parte del regista di Chicago: di fatto rispettandole, inglobandole — è come se ogni film di Mann contenesse le tracce genetiche di tutto il cinema gangster e noir, da Hawks a Scorsese — e al tempo stesso sospendendole in una sorta di sguardo immersivo, amniotico. Spesso, nei viaggi in macchina dei film di Mann (da Insider a Heat, passando per Nemico pubblico) si sperimentano tutte le velocità possibili, e ancora più spesso il viaggio sembra allungarsi a dismisura, diventare una sorta di passaggio in-hetween, di sospensione appunto. Gli spazi di Mann sono cioè attraversati dai personaggi-limite dei suoi film in tutti i modi possibili, dall’immobilità al movimento lento, fino alla velocità più estrema, segno di una vitalità che lotta contro l’ambiente ostile, facendone parte. Ecco allora tornare alla memoria la sequenza iniziale de Uuliimo dei Mohicani, con Nathaniel che corre all’interno della foresta, inseguendo la sua preda di caccia, in una serie di inquadrature mozzafiato che mostrano un corpo tipicamente manniano, immerso nel suo spazio e al tempo stesso capace di spingersi al limite, di saggiare la sua e la nostra resistenza. Spazi, movimenti, figure, corpi-limite e velocità di fuga, fragilità e potenza, forme ibridate del cinema di genere. Più si esplora il cinema di Mann più le facili etichette critiche mostrano la loro insufficienza pur mantenendo la loro validità. E da qui che nasce l’interesse di Francesco Grano per il cinema di Mann. Appartenente ad una nuova generazio ne critica, Grano affronta Mann come chiave per rileggere e rivedere il cinema del passato. Si tratta di una nuova operazione teorica che è di fatto alimentata e permessa dal cinema contemporaneo (che non necessariamente è il cinema attuale, visto che contemporaneo e attuale non sono la stessa cosa). Un cinema come quello di Mann, infatti, è un cinema contemporaneo in quanto mantiene un rapporto costante con le forme del passato, senza semplicemente citarle Indicamente, ma inse rendole in nuovi campi di tensione. L’importanza del libro di Grano — che personalmente ho visto nasce re anzitutto come tesi di laurea triennale, e poi crescere fino a diventare un preciso percorso di lettura critica del cinema di Mann (e soprattutto attraverso il cinema di Mann) — sta appunto in questo doppio movimen9
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to: da una parte il testo è un riattraversamento dell’opera del regista americano, dall’altra opera come un rintracciamento. Ogni film attra versato, quindi, conduce l’autore a rintracciare forme e generi del cine ma, filtrati a partire dalla modalità con cui Mann li riprende, li ibrida, li sospende, li immerge in spazi liquidi o trasparenti. Partendo da una messa in gioco della dialettica tra classico e mo derno, Grano riattraversa quella zona particolare che chiama del thriller metropolitano, analizzando i vari filmi che appartengono alla filmografia di Mann e sviluppando una serie di rapporti, connessioni, fili interni ed esterni che collegano immagini e corpi non solo alla personale poetica del regista americano, ma anche alla sua consapevole appartenenza ad una tradizione. Cosa particolare, la tradizione al cinema. Ogni regista che si con fronta con la tradizione, in un certo senso deve tradirla (per utilizzare un abusato gioco di parole), nel senso più profondo della parola, vale a dire attraverso un suo riposizionamento, un suo ripensamento. Le immagini di una tradizione cinematografica non possono essere replicate, pena la loro trasformazione in idoli immobili. L’immagine-movimento è per sua natura aperta, si connette in continuazione con nuove immagini che la riprendono e la trasformano. E ciò che costituisce in fondo la ricchezza di una cinematografia, e anche la malattia non mortale della cinefilia, il sapere che ogni film non replica qualcosa, ma si aggiunge a qualcosa, riprende una tradizione per trasformarla, aumentarla, ripensarla. Questa consapevolezza attraversa costantemente il testo di Grano e ne rivela il sottofondo squisitamente cinefilo, che se da una parte è attento alla necessità di costruire un’immagine monografica del cinema di Mann - dunque rintracciarne le costanti, i passaggi e i richiami da un film all’altro per riconoscere le tracce di una poetica unitaria — dall’altra non lo isola, ma lo riconnette ad una serie potenzialmente indefinita di immagini, di gangster e vite tragiche, di destini segnati ed esistenze al limite, di squarci notturni ed esistenze segnate dalla morte. E questa consapevolezza che oggi come oggi legittima un discorso critico. Daniele Dottorini
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Introduzione
Uno sguardo al passato: la elisi cinematografica degli anni Cinquanta e la nascita del Nuovo Cinema Americano
Sul finire degli anni ’50 il cinema americano viveva quella che oggi può - a maggior ragione - essere indicata come una “prima crisi” dell’intero sistema hollywoodiano classico. Causa di tale crisi è rintracciabile nella costante crescita, affermazione e intro duzione nelle case di milioni di americani della televisione e dei suoi contenuti (talk show di vario genere, notiziari televisivi, le prime serie tv, ecc.), che porta, ben presto, ad un crollo degli in cassi ed ad un calo dell’interesse e della presenza degli spettatori all’interno delle sale cinematografiche1. Il cinema stava vivendo,1
1 Geoff King, nel suo libro La Nuova Hollywood sottolinea, accuratamente, quali sono le altre cause, oltre al predominio televisivo, che portarono alla crisi cinematografica degli anni ’50: «[...] l’ascesa della televisione fu solo un aspetto di un più vasto pro cesso di trasformazione sociale che indebolì e mutò l’importanza culturale del cinema all’interno della società. Durante gli anni del dopoguerra ci fu una rapida espansione economica in America. Non tutti furono in vitati al banchetto della prosperità, come si può rilevare da studi di una protratta povertà e disuguaglianza, ma molti americani vi vevano in condizioni migliori che in passato. L’accresciuta prosperità non fu un vantag gio per tutti, certamente non per il cinema. Andare al cinema costa relativamente poco e non richiede un grande investimento di tempo e risorse. [...] Negli anni Cinquanta ci fu un notevole aumento di partecipazione ad altre occupazioni, specialmente sport e passatempi in famiglia che misero in crisi l ’abitudine di andare al cinema. Un altro fat-
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inesorabilmente, una fase di oblio causata dalla fruibilità e dalla concorrenza contenutistica e privata della televisione. Diversa si presentava invece la situazione c inematografica europea di quegli anni. Mentre negli Stati Uniti le grandi case di produzione lottano strenuamente per mantenersi in vita, nel vecchio continente il ci nema europeo entra nella sua maggior fase di ascesa sancita - da pubblico e critica - con l’affermazione della Nouvelle Vague2. Per la Hollywood classica si prospettava, sempre di più, l’i nesorabile tramonto della propria era d’oro ma, tuttavia, a partire dai primi anni sessanta del XX secolo, si sviluppa all’interno del sistema hollywoodiano un nuovo tipo di cinema, che passa con il nome di Nuovo Cinema Americano (conosciuto anche come Nuova Hollywood)3', movimento all’interno del quale, in breve, prende le mosse una nuova ondata di registi destinati a cambia re radicalmente il volto del cinema statunitense, come Brian De Palma che esordisce con Oggi sposi (The Wedding Party, 19631966), Martin Scorsese, Chi sta bussando alla mia porta? (Who's That Knocking at My Door, 1969), Francis Ford Coppola, To
tore importante fu uno spostamento di popolazione di dimensioni quasi epocali. Negli anni Cinquanta un grandissimo numero di americani si trasferì a vivere nei sobborghi. Questo fatto incise sul numero degli spettatori del cinema per una serie di ragioni. Le sale cinematografiche ubicate in periferia erano relativamente poche in quel periodo, prima dello sviluppo di complessi multisala in centri commerciali nei decenni succes sivi. [...]». G. King, La Nuova Hollywood. Dalla rinascita degli anni Sessanta all’era del blockbuster, 2004, pp. 31-32.
2 Movimento cinematografico francese che iniziò a muovere i primi passi dal 1960. Caratterizzato dal pensiero di un cinema alternativo ed innovativo, la Nouvelle Vague presenta una delle più importanti innovazio:ni dell’epoca: l’introduzione del concetto di autore che va a sostituire quello più classico di regista. 3 Sempre King tiene a precisare, giustamente, che il Nuovo Cinema Americano o Nuo va Hollywood era conosciuto, almeno nella sua prima fase (che va dagli anni ’60 fino alla fine degli anni ’70), anche come «Hollywood Renaissance». Ivi, p. 5. Per un ulteriore approfondimento e confronto si veda anche il testo di Franco La Polla, Il Nuovo Cinema Americano (1967-1975), 1978.
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Introduzione
night for Sure, (id., 1962), Woody Allen, Che fai, rubi? (What’s Up, Tiger Lily?, 1962), William Friedkin, Good Times (id., 1967), Sam Peckinpah, La morte cavalca a Rio Bravo (The Deadly Com panions, 1961), Mike Nichols, Chi ha paura di Virginia Woolf? (Who’s Afraid of Virginia Woolf?, 1966), Sydney Pollack, La vita corre sul filo (The Slender Thread, 1966) e, dagli anni ’70 in poi, George Lucas, L’uomo che fuggì dal futuro (THX1138, 1971), Steven Spielberg, Duel (id., 1971)4 Michael Cimino, Una calibro 20 per lo specialista (Thunderbolt and Lightfoot, 1974), Terren ce Malick, La rabbia giovane (Badlands, 1973), John Carpenter, Dark Star (John Carpenter’s Dark Star, 1974) e molti altri. I nuovi nomi dell’industria cinematografica danno vita ad un rinnovamento dei generi cinematografici. Rinnovamento che è ben visibile nel poliziesco, con la rivoluzione/innovazione del genere attuata da William Friedkin con II braccio violento della legge - The French Connection, 1971, nella fantascienza, Stanley Kubrick con 2001: Odissea nello spazio - 2001: A Space Odys sey, 1968, capolavoro in cui temi filosofici ed esistenziali si me scolano alla fantascienza. Ma 2001: Odissea nello spazio non è soltanto questo: è anche un monito sul predominio della tecno logia e delle intelligenze artificiali sull’uomo (tema, quest’ulti mo, che sarà, alla fine degli anni ’90, alla base del rivoluziona rio Matrix - The Matrix, 1999, di Andy e Lana Wachowski). Nel western (Il mucchio selvaggio - The Wild Bunch, 1969) grazie a Sam Peckinpah che rivoluziona e dà nuova linfa al genere (che già mostrava i primi segni di una fase “di tramonto”) portando sul grande schermo - per la prima volta - una rappresentazione
4 Ispirato ad un racconto breve di Richard Matheson, in origine Duel fu pensato, girato e trasmesso in televisione. Visto l’enorme successo di ascolti, l’anno seguente fu rimon tato e distribuito nelle sale cinematografiche.
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della violenza in modo crudo e realistico5; ma anche Arthur Penn con il suo Piccolo grande uomo (Little Big Man, 1970) contri buisce al rinnovamento del genere ribaltando i ruoli principali: per la prima volta gli indiani, nemici per antonomasia di tutte le figure pionieristiche, cavalleresche e di frontiera del western, assumono un ruolo di primo piano nelle vicende del film6) e, in particolare, nell’horror la cui la produzione a basso costo (della quale si potrebbe considerare il padrino Roger Corman) diventa un successo7: l’esempio più eclatante è dato dall’allora misco nosciuto George A. Romero, che con il suo La notte dei morti viventi (Night of the Living Dead, 1968) funge da apripista per il rinnovamento del genere ottenendo, al tempo stesso, un grande successo di pubblico e l’elevazione del suo film a vera e propria pietra miliare del cinema horror .
5 «In un certo senso si può dire che II mucchio selvaggio - come ogni opera veramente pionieristica - ha già in sé tutto quello che la poetica della violenza sarà in seguito. Esso segna l’esaurimento - attraverso l’accrescimento, la messa in evidenza, l’attenzione esasperata dei suoi elementi - di quella vera e propria retorica della violenza che carat terizza il recente cinema hollywoodiano. Letta superficialmente, la violenza del film è di tipico gusto barocco (molto caro al regista): ferite da cui sprizzano fiotti di sangue, incredibile agilità omicida di uomini moribondi, morti riprese ad un sadico rallenta tore, villaggi che divengono orrendi scannatoi, con tanto di giugulari allegramente e orribilmente recise. [...] Visto in questi termini, però, il film si presenta come esempio di retorica della violenza su un versante puramente quantitativo. Il realtà il barocco di Peckinpah si salda ad un discorso più serio: quello, appunto, relativo al rovesciamento etico del cinema western (e non) tradizionale». F. La Polla, Il Nuovo Cinema Americano (1967-1975), pp. 73-74. 6 Si veda, a proposito, il saggio breve di Lars Penning su Piccolo grande uomo in I migliori film degli anni ’70, pp. 26-31
7 Anche se, al giorno d’oggi, gli “azzardi” cinematografici low cost di quel periodo sono catalogati come B-Movies che, tuttavia, rappresentano per i cinefili odierni dei veri e propri cult.
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Introduzione
Un nuovo modo di pensare (efare) il cinema
Col Nuovo Cinema Americano, ben presto, cambia anche la “politica” hollywoodiana e il concetto stesso di fare film. Se in precedenza al regista spettava semplicemente il compito di tra sformare una sceneggiatura commissionata in un film e, quindi, era direttamente legato e dipendente alla produzione degli stu dios, gli esordienti vanno oltre il concetto di regista stesso e, se guendo l’esempio delle loro controparti europee (ispirandosi, in special modo, al movimento cinematografico francese della già citata Nouvelle Vague, di cui fanno parte Francois Truffaut, Clau de Chabrol, Jean-Luc Godard ed altri) fanno proprio il concetto di autore. Diversamente dal regista, l’autore non lavora su commis sione ma in proprio: dirige film basandosi su sceneggiature scritte da sé e - se possibile - si autoproduce cercando, in qualche modo, l’indipendenza dalle major cinematografiche8. Sono anni, questi, che vedono un totale rinnovamento nel concetto di fare cinema. Con il Nuovo Cinema Americano nasce un cinema indipendente9 in cui, finalmente, gli autori si sentono i veri e propri padri natura li e non putativi delle loro opere. Anche il modo di girare cambia. I nuovi autori mettono da parte i classicismi registici dell’epoca classica, per adottarne di nuovi: angolazioni di ripresa che vanno oltre i canonici 180° della macchina da presa, gli stacchi, continui e rapidi, tra un frame ed un altro, l’utilizzo di un montaggio di scontinuo e non continuo rispetto a quello classico, l’uso, a volte spropositato, dello zoom e via così10. La critica e gli studiosi di cinema più disparati sostengono che
8 Per un più vasto concetto di autore, si veda G. King, cit., pp. 108-110. 9 Per una panoramica sul cinema indipendente americano, è consigliabile la lettura della raccolta di saggi Off Hollywood, di Aa.Vv., 1991. 10 Per un approfondimento si veda G. King , ivi, pp. 46-56.
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la vera affermazione della Nuova Hollywood sia rappresentata da un trittico di film (nei quali sono visibili i nuovi tecnicismi regi stici sopracitati): Il laureato (The Graduate, 1967) di Mike Ni chols, Gangster Story (Bonnie and Clyde, 1967) di Arthur Penn e Easy Rider (id., 1969) di Dennis Hopper. I tre film citati sono la diretta conseguenza di un nuovo modo di intendere il cinema ma anche il prodotto della voglia di ribellione, libertà e innovazione che si percepisce durante la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70. La nascita della Nuova Hollywood, infatti, coincide con tutta una serie di eventi storici e culturali che cambiarono il modo di pen sare e, soprattutto, influenzarono quell’american way of life tanto propagandato. Il 1960 è l’anno che vede l’entrata degli Stati Uniti in uno dei conflitti più lunghi, contestati e aspramente criticati dal secondo dopoguerra in poi: il Vietnam. A questo va aggiunta tutta un’altra serie di eventi, quali: il movimento dei diritti civili, rivolte razziali: il black power. La controcultura, gli hippy, le droghe: il «potere dei figli dei fiori». I giovani, la musica e la moda pop. Le proteste con tro la guerra in Vietnam. La radicalizzazione studentesca e la «Nuova Sinistra». Una nuova ondata di femminismo e le richieste di riconoscimento dei diritti degli omosessuali. Speranze politiche, sogni e incubi. Kennedy, l’assassinio di Kennedy. Un altro Kennedy: un altro assassinio. Martin Lu ther King: assassinio. My Lai, la Cambogia e l’uccisione di studenti all’università del Kent State. Scontri nelle strade di Chicago f...]11
e - a conclusione - lo scandalo Watergate (1972) con le conse guenti dimissioni (1974) dell’allora Presidente degli Stati Uniti11
11 Ivi, pp. 18-19.
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Introduzione
Richard Nixon e la sconfitta militare con conseguente ritiro delle truppe statunitensi dal Vietnam (1973). E impossibile, quindi, non rintracciare nei primi tre grandi suc cessi del Nuovo Cinema Americano la diretta conseguenza degli eventi storici: «Gangster Story è essenzialmente la storia di due giovani belli, ma piuttosto confusi, che cercano di sfuggire alle pastoie di una vita provinciale»12 mentre «Il laureato si ispira in modo più diretto alla cultura dell’alienazione giovanile degli anni Sessanta»13 e Easy Rider sancisce e rappresenta «[...] la celebra zione della controcultura [.. .]»14. Superati gli anni ’60 e entrati nei ’70, la Nuova Hollywood co mincia a mettere a segno tutta una serie di grandi successi come II padrino (The Godfather, 1972)15 e il suo sequel II padrino - Parte II (The Godfather - Part II, 1974)16 di Francis Ford Coppola, «al quale compete [...] il titolo di “autore” [.. .]»1718 . Con II padrino e II padrino - Parte II, Coppola si aggiudica complessivamente ben 9 premi Oscar e altri numerosi premi e riconoscimenti (diversamente da come accadrà con la conclusione della trilogia sancita da II padrino - Parte III (The Godfather - Part III, 1990), dando vita al filone dei cosiddetti mafia movies™.
12 Ivi, pp. 19-20. 13 Ivi, p. 20. 14 Ivi, p. 22.
15 Mentre l’anno successivo sarà Martin Scorsese con il suo Mean Streets - Domenica in chiesa, lunedì all’inferno {Mean Streets, 1973) a mostrare la sua prima e personale visione (in parte autobiografica) del crimine; organizzato delle Little Italy newyorchese. 16 II 1974 vede anche il successo di critica e pubblico di Roman Polanski con China town {id., 1974).
17 Jòm Hetebriigge, Jiirgen Miiller, introduzione a I migliori film degli anni ’70, 2006, p.ll. 18 Anche se, come ha giustamente notato Harald Keller in I migliori film degli anni ’70, «Nessuno parla di “mafia” o di “cosa nostra” in questo film [...]». Jiirgen Miiller, I migliori film degli anni ’70,2006, p. 86.
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Tra // padrino e II padrino - Parte II si piazzano i successi, di critica e pubblico, de La stangata (The Sting, 1973) di George Roy Hill e quello che può essere considerato (dopo Gioventù bru ciata - Rebel Without a Cause, 1955 di Nicholas Ray e prima di Un mercoledì da leoni - Big Wednesday, 1978, di John Milius) il film generazionale e manifesto che propone e ricrea l’atmosfera degli anni ’60: American Graffiti (id., 1973) di George Lucas. L’anno successivo a II padrino - Parte II è Spielberg a con quistare le scene con Lo squalo (Jaws, 1975), uno dei primi film del Nuovo Cinema Americano a trovare larga distribuzione nelle sale cinematografiche. Spielberg bissa il successo nel 1977 con Incontri ravvicinati del terzo tipo (Close Encounters of the Third Kind), uno dei più poetici e affascinanti film di fantascienza di tutti i tempi. Lo stesso anno vede anche un nuovo successo di bot teghino per Lucas con il primo episodio di quella che, in seguito, diventerà a tutti gli effetti una saga: Guerre stellari (Star Wars, 1977). Sia il film di Spielberg, sia quello di Lucas aprono «[...] la strada al cinema blockbuster degli anni a venire»19. Nel frattempo autori come Michael Cimino consegnavano al pubblico le prime, personalissime e introspettive visioni sul con flitto che aveva visto l’impegno bellico degli Stati Uniti e che si era da poco concluso. Con II cacciatore (The Deer Hunter, 1978) Cimino mostra per la prima volta gli effetti che la guerra del Vie tnam ha avuto, a livello fisico e mentale, sui combattenti america ni, senza tralasciare gli aspetti più crudi e orrendi di tale conflit to20. A concludere il decennio provvede - nuovamente - Coppola con Apocalypse Now (id., 1979) altro grande, imponente film sul
19 Jòm Hetebriigge, Jiirgen Muller, cit., p. 15. 20 All’uscita de II cacciatore non mancarono critiche di vario tipo mosse contro Cimi no, in particolar modo riguardanti la cruda rappresentazione delle scene di guerra e di tortura subite dai protagonisti.
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Introduzione
Vietnam che, inizialmente, per tutta una serie di traversie, rischiò di trasformarsi in un vero e proprio disastro economico ma che, fortunatamente, non fu. Gli anni Settanta vedono sì grandi successi ma, parallelamen te, anche clamorosi flop come il musical-drammatico New York, New York (id., 1977) di Scorsese , e di veri e propri scandali quali Arancia meccanica (A Clockwork Orange, 1971)21 di Stanley Ku brick22, per la sua realistica e dura rappresentazione della violen za, Taxi Driver (id., 1976, sempre di Scorsese) e il suo inquietante e sociopatico protagonista che commette, alla fine del film, una vera e propria carneficina, e il film di John Carpenter Distret to 13 -Le brigate della morte (Assault on Precinct 13, 1976)23, quest’ultimo a causa delle numerosi e forti immagini di violenza ricorrenti (tra le quali la scena shock dell’omicidio a sangue fred do di una bambina per mano di un membro di una gang)24.
21 Mentre, in Italia, l’anno successivo a destare scalpore e scandalo sarà Ultimo tango a Parigi (Last Tango in Paris), 1972, di Bernardo Bertolucci, ndt. 22 È interessante, a proposito, riportare qui ciò che Nils Meyer, in I migliori film degli anni ’70, esplica all’inizio del suo saggio su Arancia meccanica: «Fino alla morte di Stanley Kubrick, cioè fino al 1999, la proiezione di Arancia meccanica era vietata. La ragione di questa censura, imposta dal regista stesso sul suo film a partire dal 1974, è un mistero che è scomparso con lui. Forse Kubrick non sopportava di essere continuamente accusato di esaltare la violenza o forse fu addirittura minacciato. L’unica cosa di cui siamo certi è che il film è rimasto per molto tempo al centro di una vivacissima discussione. E la causa risiede nel fatto che, primo fra tutti i registi, Kubrick ha osato rappresentare la violenza senza condannarla, e l’ha fatto in un’opera di altissimo valore estetico». Jiirgen Miiller, cit., p. 58.
23 Nell’intenzioni del regista, Distretto 13- Le brigate della morte è una sorta di rema ke del western di Howard Hawks Un dollaro d’onore (Rio Bravo, 1959), ndt. 24 Non va dimenticato che gli anni Settanta (e anche gli Ottanta) vedono la costante crescita della corrente delVexploitation (e delle sue varie ramificazioni o sottogeneri) e che, lo spettatore, cerca sempre più rappresentazioni realistiche e forti cercando, in po che parole, quelle “immagini shock” che nelle decadi antecedenti la società e l’opinione pubblica non tolleravano.
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La seconda crisi cinematografica: l’avvento delfilm di entertainment
Nonostante la Nuova Hollywood abbia conquistato il panora ma cinematografico, col finire degli anni Settanta, cominciano ad avvertirsi i primi scricchiolìi ed i primi segni di decadenza. Film come Guerre stellari segnano l’inizio dell’era del blockbu ster e dell’aumento del disinteresse verso un cinema, in qualche modo, impegnato e intellettuale, dirottando il gusto e i palati del pubblico verso un maggiore tipo di cinema con contenuti non impegnativi e scanzonati, dal sapore fumettistico e ove, gli onnipresenti effetti speciali, soddisfano gli occhi e le menti del pubblico medio. Si vira, quindi, da un cinema d’autore verso un cinema di puro entertainment, sancendo, così, un’inevitabile, disastrosa seconda crisi del cinema di allora e della Nuova Hol lywood.
Gli ultimi saranno i primi: Michael Mann e il suo lungo apprendistato
Nonostante l’imminente crisi che segna la conclusione di una decade “d’oro”, vi è, ancora, la possibilità per la “nascita” di nuo vi autori. Alla fine degli anni Settanta - fine che coincide con l’inizio della nuova crisi - emerge il nome di un altro giovane regista americano: Michael Mann. Questi esordisce nel 1979, decennio che ormai volge al termi ne e che ha visto l’ascesa dei nuovi autori e il tramonto del Nuovo Cinema Americano. Probabilmente è per questo che il suo affac ciarsi al cinema viene fatto coincidere con una generazione suc cessiva a quella degli anni ’70 (più coevo alla generazione degli anni ’80 di cui fanno parte Kathryn Bigelow e James Cameron). Forse è questo il motivo che ha spinto la critica di quel periodo a considerare Mann come regista di poco valore ed a sottovalutarlo per anni. Sorge naturale, quindi, domandarsi chi veramente sia 20
Introduzione
questo regista, quale sia la sua provenienza e come si inserisca e incastri nel rinnovato panorama cinematografico offerto dalle nuove leve.
Tra scrittura, televisione e cinema
Michael Mann nasce a Chicago il 5 febbraio del 1943 crescen do vicino al Patch, uno dei quartieri più duri della metropoli, si tuato sulla North Avenue. Una volta terminata con successo la scuola superiore, si iscrive aH’università del Wisconsin. E qui che, seguendo per puro divertimento un corso sul cinema, assiste alla proiezione del film L’ammaliatrice25 (Die Freudlose Gasse, 1925) di G.W. Pabst, che lo colpisce profondamente. Ma, il film che veramente convinse il giovane Mann a intraprendere la car riera cinematografica fu II dottor Stranamore, ovvero: come im parai a non preoccuparmi e ad amare la bomba (Dr. Strangelove or: Howl Learned to Stop Worrying and Love the Bomb, 1964) di Stanley Kubrick. L’anno seguente Mann si trasferisce in Inghil terra e decide di iscriversi alla London Film School. Dopo aver conseguito il diploma in tale scuola nel 1967, Mann dà vita ad una compagnia cinematografica, ovvero la Michael Mann Pro ductions. In seguito cominciò a lavorare per la sede londinese della 20th Century - Fox. Tra maggio e giugno del 1968, periodo in cui esplodono i moti studenteschi in Francia, Mann si reca a Parigi (sostenuto e finan ziato dalla rete televisiva NBC) per filmare gli scontri. Il sog giorno in Francia è l’occasione per dare alla luce il primo corto metraggio documentaristico del regista: Insurrection (id., 1968). Nel 1970, invece, vede la luce il suo secondo cortometraggio,
25 Conosciuto anche con il titolo La via senza gioia, ndt.
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Jaunpuri (o Janpuri), di cui poco si conosce26. Visti gli ottimi ri sultati ottenuti, nel 1971 Mann decide di ritornare negli Stati Uni ti. Durante questo anno decide, insieme all’amico Marv Kupfer, di partire per un viaggio da Chicago fino alla West Coast. Ciò che nascerà da questa esperienza è il documentario 17 Days down the Line (id., 1972), un reportage (tra l’altro mai distribuito) basato su interviste fatte a persone comuni. Nonostante Mann ambisca a lavorare per il cinema, il suo vero esordio avviene per la televisione e, prima di approdare alla re gia, comincia dalla scrittura. Infatti Robert Lewin gli proporrà di scrivere il primo episodio della serie televisiva Starsky & Hutch (id., 1975-1979). In seguito Mann scriverà diversi episodi di Sulle strade della California (Police Story, 1973-1978), Agente Pep per (Police Woman, 1974-1978), trovando anche il tempo di in ventare di sana pianta una serie, Vega$ (id., 1978-1981). Sempre nel ’79, messo da parte momentaneamente il lavoro da sceneg giatore realizza il suo primo lungometraggio, La corsa di Jericho (The Jericho Mile, 1979), film di genere carcerario pensato ori ginariamente per la televisione e solo in seguito distribuito nelle sale cinematografiche. Il film segue le vicende del detenuto Larry “Rain” Murphy (Peter Strauss) rinchiuso all’intemo del carcere di Folsom (California), la cui unica passione è la corsa. Sarà proprio quest’ultima a farlo notare dal direttore del carcere che chiederà al comitato olimpico di farlo partecipare alle Olimpiadi, ma purtrop po questo sogno non avrà luogo. Nonostante l’ambientazione e la tematica trattata (la vita carceraria), il film vinse due Emmy Award (miglior attore e migliore sceneggiatura) e un Director’s Guild of America Award (per la miglior regia di un film per la televisione). Ma il vero esordio cinematografico (il suo battesimo del fuo
26 Anche la data di produzione è incerta: alcuni fanno risalire il secondo cortometrag gio di Mann al 1970 altri, invece, al 1972.
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co) di Mann avviene il 1981 con il film Strade violente (Thief) basato sul romanzo biografico The Home Invaders (id., 1975) di Frank Hoimer. Il film segue le vicende di Frank (un James Caan in stato di grazia) ladro professionista che si occupa, insieme alla sua piccola squadra, unicamente di furti di diamanti. L’opera pri ma manniana è un noir nel quale predominano i personaggi e i paesaggi urbani. Comincia così a delinearsi uno stile unico che sarà presente in tutta la sua filmografia. Nel 1983 gira La fortez za (The Keep) basato su un romanzo di Francis Paul Wilson. La seconda opera di Mann è un horror (che entra a pieno titolo nel new horror degli anni ’80 e - più precisamente - nel sottogenere del body horror27 promosso, tra i ’70 e gli ’80 da Ridley Scott con Alien - id., 1979, John Carpenter con La cosa - The Thing, 1982 e David Cronenberg con La mosca - The Fly, 1986)28 che mescola allo stesso momento il war movie e il fantasy. Lo stesso Mann afferma che «voleva trasformare la materia di partenza del film in un sogno espressionistico»29. Nonostante tutto quest’opera fu sottovalutata e considerata la più strana nel percorso manniano. Nel 1984 diventa produttore e ideatore, insieme ad Anthony Yerkovich, della serie televisiva Miami Vice - Squadra antidro ga (Miami Vice, 1984-1989). Con Miami Vice Mann «sancisce nella storia della televisione il cambiamento più radicale e mo derno [.. .]»30. Nel 1986 debutta un’altra serie televisiva (solo per
27 Sottogenere del new horror, incentrato sulle metamorfosi e mutazioni del corpo e delle sue dirette conseguenze. Il capostipite cinematografico a cui si fa risalire la nascita del sottogenere è L’astronave atomica del dottor Quatermass (The Quatermass Xperiment, 1955) di Val Guest. 28 Tutto il cinema cronerberghiano, in particolare a partire da II demone sotto la pelle (Shivers, 1975) fino a eXistenZ (id., 1999) è una produzione di genere body horror, ndt. 29 P.M. Bocchi, Michael Mann, 2002, pp. 44-45.
30 N. Lazzeretti, Speciale TV vintage: Miami Vice, “Close-Up.it - Storie della visione”, agosto 2009, p. 2.
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la televisione americana) che porta la sua firma, Crime Story (id., 1986-1988) poliziesco ambientato tra gli anni ’50 e gli anni ’60 in diverse zone degli Stati Uniti. La serie venne chiusa dopo solo due stagioni a causa della carenza di spettatori. Sempre nel 1986 vede la luce il terzo lungometraggio di Mann, Manhunter - Frammenti di un omicidio (Manhunter) tratto dal romanzo II delitto della terza luna31 (The Red Dragon, 1981) del lo scrittore Thomas Harris (famoso per aver dato vita al perso naggio del dottor Hannibal Lecter). Il film segue le vicende di un ex agente dell’FBI, Will Graham (William Petersen) richiamato in servizio per dare la caccia ad un serial killer soprannominato Dente di fata, che fa strage di famiglie durante le notti di luna piena. Nel 1989 dirige un film per la televisione basato su una sua sceneggiatura scritta verso la fine degli anni ’70. Il prodotto finale è LA. Takedown (trasmesso in Italia dalla pay tv con il titolo Sei solo, agente Vincent), poliziesco ambientato a Los Angeles. Da una costola di questo film televisivo nascerà, in seguito, quella che è considerata l’opera più grande del regista, ovvero Heat - La sfida. Abbandonate momentaneamente le trame e le ambientazioni urbane, nel 1992 gira il film storico-avventuroso L'ultimo dei Mohicani (The last of the Mohicans) basato sull’omonimo ro manzo di James Fenimore Cooper. Il film si aggiudica un premio Oscar per il Miglior sonoro, due premi BAFTA per il Miglior trucco e la Miglior fotografia, e una nomination al Golden Globe per la Miglior colonna sonora. Nonostante il grande successo delle sue prime opere, è nel 1995 che Mann dà vita a quello che è ritenuto il suo capolavoro: Heat - La sfida (Heat). La vicenda narrata nel film si svolge a
31 Successivamente edito in Italia con il titolo Dragone rosso, ndt.
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Los Angeles ove Neil McCauley (Robert De Niro, premio Oscar nel 1975 come Miglior attore non protagonista per II padrino Parte II e Miglior attore protagonista nel 1981 per Toro scatenato - Raging Bull, 1980, di Martin Scorsese), rapinatore professioni sta, insieme alla sua banda assalta un furgone portavalori, ma ben presto la rapina sfocia nel sangue. Sulle tracce di Neil e della sua banda si mette subito Vincent Hanna (Al Pacino, premio Oscar nel 1993 come Miglior attore protagonista per Scent of a Woman - Profumo di donna32 - Scent of a Woman, 1992, di Martin Brest) tenente della sezione rapine e omicidi della polizia di L.A. Con questo film Mann raggiunge la summa della sua produzione re gistica portando sul grande scherno un prodotto di mole e consi stenza elevata, affermando definitivamente (dopo Strade violente e Manhunter - Frammenti di un omicidio) il genere del thriller metropolitano (genere che riprenderà e amplierà a partire dagli anni 2000). Il 1999 vede la nascita del film inchiesta Insider - Dietro la verità (The Insider) basato su fatti realmente accaduti e succes sivamente ispirato dalla lettura dall’articolo L'uomo che sapeva troppo (The man who knew Too Much, 1996) di Marie Brenner pubblicato su “Vanity Fair”. La sesta opera di Mann è un’inchiesta cronachistica sulle lobby del tabacco americane e vede la parteci pazione (dopo aver già lavorato con il regista in Heat - La sfida) di Al Pacino (che interpreta il giornalista della Cbs Lowell Bergman) e del premio Oscar (per II Gladiatore - Gladiator, 2000) Russel Crowe (che interpreta Jeffrey Wigand, ex dipendente della Brown & Williamson). Con Insider - Dietro la verità Mann riporta sotto le luci dei riflettori l’imponente e, a volte, abusato potere dei me dia giornalistici e televisivi e non può non riportare alla mente il confronto con film di inchiesta (reale e non) come Tutti gli uomini
32 Omonimo remake di Profumo di donna (id., 1974) di Dino Risi.
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del presidente (All the President's Men, 1976) di Alan J. Pakula, Quinto potere (Network, 1976) di Sidney Lumet, Sindrome cinese (The China Syndrome, 1979) di James Bridges e il più contempo raneo ad Insider, Mad City-Assalto alla notizia (Mad City, 1997) di Costantin Costa-Gavras. Insider - Dietro la verità ottenne sette nomination agli Oscar ma non ne vinse neanche uno. Il nuovo impegno che porterà nuovamente Mann dietro la mac china da presa sarà Alì (id., 2001) biopic sul famoso pugile afro americano Mohammed Alì fornito di un nutritissimo cast. Fino al 2004 (eccetto la direzione, nel 2002, di uno spot pubblicitario per una nota casa automobilistica) M[ann si prende una pausa, anno in cui toma sul grande schermo con Collateral (id.) un thriller che si svolge nell’arco temporale di una sola notte per le strade di Los Angeles. Notte in cui si incrociano le strade e i destini di Max (il premio Oscar Jamie Foxx per il film Ray - id., 2005, di Taylor Hackford), un tassista disilluso e di Vincent (Tom Cruise) un kil ler professionista arrivato in città col compito di eliminare cinque obiettivi scomodi. Dal 2004, infatti, si può parlare di una sorta di trilogia del thriller metropolitano continuata nel 2006 con l’omo nima trasposizione cinematografica di Miami Vice (id., 2QIÒ6) e nel 2009 con Nemico pubblico (Public Enemies, 2009). Il primo segue le vicende dei detective della sezione narcotici del Miami Dade Police Department James “Sonny” Crockett (Colin Farrell) e Ricardo “Rico” Tubbs (Jamie Foxx, qui arrivato alla terza col laborazione con Mann dopo All e Collateral) infiltrati all’interno di un’organizzazione criminale dedita al traffico di droga, armi e softwares piratati. Il secondo, invece, è un biopic dalle sfumature noir che ricostruisce la vita e le vicende del famoso e leggenda rio rapinatore di banche americano John Dillinger (Johnny Depp) sulle cui tracce viene sguinzagliato l’agente dell’FBI Melvin Pur vis (il premio Oscar Christian Baie per il film The Fighter - id., 2010, di David O. Russell). Nel cast di quest’ultimo spicca anche l’attrice francese Marion Cotillaird (premio Oscar per il film La 26
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vie en rose - La Marne, 2007, di Olivier Dahan) nei panni dell’a mante del gangster. Certo, vista la varietà di generi con cui Mann si è cimentato lo si potrebbe classificare facilmente come un «regista di genere»33. Ma non è così. Mann è qualcosa di più, è «[...] un regista “classi co”, che applica le sue eccezionali doti [...] a delle solide narra zioni, senza sovraccaricare la storia con impalcature metalingui stiche [...]»34.
Ira Classico e Moderno: dai classici di Hollywood al Thriller Metropolitano
Tecnicamente Mann si ispira e si rifà ai grandi maestri dell’e poca d’oro del cinema americano, ovvero al sistema registico del la Hollywood classica. Per i suoi film Mann recupera, e mette in scena, tutta una serie di tecnicismi classici, quali i primi ed i primissimi piani, i campi lunghi con i quali mostra, in toto, le ambientazioni in cui le vicende filmiche si svolgono, l’adozione di più punti di vista e, su tutti, il campo/controcampo che diven ta, nella sua filmografia, un marchio di fabbrica; il recupero dei tempi lunghi, lenti ed espansi, l’uso delle panoramiche dall’alto e il montaggio continuo. Mann non dimentica e, anzi, accosta al modo di regia classica, quelli che sono i fondamentali princìpi della Hollywood classica: la drammatizzazione, la leggibilità, la gerarchizzazione e, in ultimo, l’illusione della realtà. Per il suo cinema Mann: [...] [si] spinge [...] indietro nel tempo, verso gli “artigiani” degli anni Quaranta-Cinquanta, quei piccoli (grandi) maestri
33 A. Borri, Michael Mann, 2000, p. 11. 34 Ibidem.
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dei generi che hanno fatto grande il cinema americano prima di essere riscoperti come autori [...]: [...] Anthony Mann, e poi Don Siegei, Robert Siodmack, per non parlare delle ban diere Hawks-Hitchcock e dei prediletti Ray-Fuller35.
Mann ingloba e assimila alla perfezione le lezioni del cinema classico hollywoodiano e - in modo particolare - quelle legate al cinema western classico, rappresentato da Howard Hawks e da John Ford (proprio da quest’ultimo Mann recupera l’utilizzo delle messe in scena di grandi ambientazioni perfettamente riconduci bili alle potenti spazialità del regista e di tutto il suo western). At tento all’intero panorama cinematografico intemazionale, Mann apprende, per quanto concerne il concetto di regista onnisciente che vede tutto, le lezioni del cinema russo d’avanguardia e della sua teoria del cine-occhio, di cui Dziga Vertov con il suo L'uomo con la macchina da presa (Chelovek s kino-apparatom, 1929) ne è l’ideatore. Ispirazione, per Mann, è anche il cinema successivo al periodo classico, che va dagli anni ’50 ai ’60: nella filmografia del regista di Chicago ne è esempio la rintracciabilità del modello del western moderno (o neo western) di Sam Peckinpah. Nonostante il nostro cineasta sia un regista americano (e - si potrebbe pensare - di parte) la sua attenzione si posa anche sui gusti e sulle varie correnti affermatesi al di fuori degli States. Mann volge lo sguardo anche ai maestri europei e, in particolare, è impossibile non rintracciare in sé ispirazione dal nostro Miche langelo Antonioni e alle spazialità (terrestri, marine e aeree) pre senti nella sua filmografia36.
35 Ibidem.
36 Basta confrontare Heat - La sfida e Miami Vice con L’avventura (id., 1960). Spe cialmente in Miami Vice, nelle scene in cui il mare ed il cielo solcato dalle nuvole vengono mostrati in un unico piano, è impossibile non rintracciare l’ispirazione al film di Antonioni.
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Quindi, definire Mann un regista classico nel cinema contem poraneo (la stessa, identica definizione che è stata data a Clint Eastwood, attore e regista, i cui film sono stati «elevati al grado di “classici” [...]»37 contemporanei) ne fa una figura moderna e nuova, capace allo stesso momento di essere un factotum delle proprie opere (oltre la regia scrive e produce i suoi film, facendoli completamente propri). Mann non misconosce la grande offici na filmica di Hollywood, al contrario, continua a lavorare al suo interno. Anche se rimane e si muove sempre in questo ambiente, «Michael Mann è un regista transhollywoodiano. Fa cinema den tro il corpo di Hollywood pur discostandosene, trascendendolo. I suoi film appartengono con forza ad una organizzazione dello spettacolo costruita secondo modelli consolidati da un secolo di lavoro, e con la stessa forza assumono connotati unici, cifre identificative che li staccano da ogni altro prodotto»38. I suoi film mostrano come il cinema sia mutato e come lui sia sopravvissuto all’epurazione di quest’ultimo. «Il suo, e di pochissi mi altri, è davvero l’ultimo cinema possibile [.. .]»39. Se Mann non è un regista di genere, tuttavia si deve ammettere che la specialità del suo cinema (nonché quello che è diventato il suo marchio di fabbrica) è il thriller, più specificatamente il thriller metropolita no. Ed è proprio in questo genere filmico che «[...] è [...] possi bile individuare un peculiare e potente Mann Touch»40. Nelle sue opere si trova uno stile individuale e unico. Ma «invece di rifarsi al modello più prossimo, il neo thriller urbano violento [...] Mann decide di viaggiare indietro nella storia del cinema americano fino
37 B. Benoniel, Clint Eastwood, 2010, p. 5. 38 P.M. Bocchi, cit., p. 18.
39 Ibidem.
40 A. Borri, cit., p. 13.
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ad atmosfere un po’ démodé»*1. Le radici del thriller metropolita no odierno, infatti, affondano nella cinematografia hollywoodiana classica. La fonte primaria da cui Mann attinge e trae ispirazione per i suoi film, è il genere del noir americano degli anni ’40 e ’50 e dai suoi maggiori esponenti: Jacques Toumeur (Le catene della colpa - Out of the Past, 1947), Fritz Lang (Il grande caldo - The Big Heat, 1953), ma anche John Huston (Il mistero del falco The Maltese Falcon, 1941), Billy Wilder (La fiamma del peccato - Double Indemnity, 1944) e, infine, Orson Welles (La signora di Shanghai - The Lady from Shanghai, 1947 e L'infernale Quinlan - Touch of Evil, 1958). Dal noir Mann recupera e rivaluta tutte le caratteristiche e gli elementi cardine di tale genere: lo stile scuro e cupo, gli «[...] intrecci di disperazione e intrappolamento che sfi dano le convenzioni hollywoodiame dell’happy end e del bene che trionfa sul male [...]»41 42, «i temi della paranoia e del tradimento, [...] dell’avidità e del desiderio in un mondo i cui parametri morali sono scomparsi [...]»43, «l’individuo sfasato [...] rispetto all’ordi ne sociale e condannato a pagarne le conseguenze»44,l’ambienta zione di un’«America metropolitana, che sposta nel contesto urba no le sue mitologie e le sue rappresentazioni della violenza»45 tutto «[...] all’insegna del pessimismo [.. .]»46. Dal noir sono recuperate anche le immagini delle città e delle strade bagnate dalla pioggia, così come le ambientazioni notturne.
41 A. Borri, Michael Mann, 2000, p. 33. 42 G.P. Brunetta, a cura di, Storia del cinema mondiale, volume II gli Stati Uniti (tomo n),2000,p. 1093. 43 Ivi,p. 1094. 44 Ivi,p. 1095.
45 Ivi,p. 1186. 46 M. Morandini, Le parole e le cose: appunti sul noir, “I grandi generi cinematografi ci: il Giallo e il Nero”, Volume 1 il cinema noir, supplemento a Ciak, n. 8, agosto 2001, p. 15.
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Anche nei personaggi manniani è possibile rintracciare tutte quelle caratteristiche tipiche dei personaggi del noir. infatti en trambi «hanno una collocazione ambigua tra la legge e la mala vita, o che sembrano rischiar di cadere in un mondo di crimine o pazzia»47.1 suoi personaggi sono gli stessi «uomini e donne sper dute nel buio. Fragili e, dunque, assoluti. Nel Bene e nel Male»48 che troneggiano nel noir classico. A ciò si aggiungono quei per sonaggi per i quali il proprio «[...] passato non è un fantasma di passaggio» ma si tratta di un presente «[...] reale, tangibile, minaccioso»49 difficile da dimenticare e lasciarsi alle spalle. Mann, però, non si ispira esclusivamente al noir, ma anche al genere gangsteristico degli anni ’30: ispirazione viene data dalla triade filmica di Mervyn LeRoy, William A. Wellman, Howard Hawks e Richard Rosson rispettivamente con Piccolo Cesa re (Little Caesar, 1930), Nemico pubblico (The Public Enemy, 1931) e Scarface - Lo sfregiato (Scarface, 1932) ai quali si ag giunge, in un secondo momento, Nicholas Ray con II dominatore di Chicago (Party Girl, 1958). La successiva evoluzione del noir stesso, ovvero il thriller vero e proprio e il poliziesco offrono, a Mann, altra linfa per il suo cinema. Infatti il genere gangster classico viene a coincidere con lo sviluppo urbano dell’America mentre, con il poliziesco degli anni ’50, si afferma definitivamen te quell’ambientazione urbana fatta di strade, edifici e realismo. «Lo spazio urbano diviene così protagonista di una nuova scan sione figurativa»50. Di tutte le figure classiche di tali generi, Mann ne recupera un’altra, venutasi ad affermare parallelamente (ma
47 Ivi,p. 1235. 48 P. Detassis, Sperduti nel buio, “I grandi generi cinematografici: il Giallo e il Nero”, Volume 1 il cinema noir, supplemento a Ciak, n. 8, agosto 2001, p. 14.
49 A. Silver, J. Ursini, Il Noir, 2012, p. 15. 50 G.P. Brunetta, cit., p. 1199.
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ultima) al noir e al gangster: «quella del killer solitario, il freddo professionista condannato a restare prigioniero della sua metico losità e a scontrarsi con l’organizzazione per cui lavora»51. Ultimo genere di ispirazione per Mann è 1’heist movie (o caper film)52 e in particolare i film Una pallottola per Roy (High Sier ra, 1941) e La furia umana (White Heat, 1949) di Raoul Walsh, Giungla d'asfalto (The Asphalt Jungle, 1950) di John Huston e Rapina a mano armata (The Killing, 1956) di Stanley Kubrick, i quali hanno influenzato in larga misura il cineasta di Chicago. Ma, oltre al noir americano e alle sue varie incarnazioni non ché evoluzioni, Mann volge l’attenzione anche a colui che è con siderato il maestro del noir francese: Jean-Pierre Melville e la sua filmografia di genere polar53. In particolare sono tre i film del cineasta francese direttamente interessati, ovvero Frank Costello faccia d'angelo (Le samourai', 1967), I senza nome (Le cercle rouge, 1970) e Notte sulla città (Un flic, 1972) i cui personaggi laconici sono diretta ispirazione dei personaggi manniani. Tutti questi aspetti e caratteristiche del cinema classico hol lywoodiano (e non solo), sono rintracciabili alla perfezione fin dalla prima opera cinematografica del regista. Stile che emerge con i suoi primi due thriller metropolitani degli anni ’80, ovvero Strade violente e Manhunter - Frammenti di un omicidio, e che si afferma con tutta la sua carica negli anni ’90 con Heat - La sfi da, per arrivare al nuovo millennio (dal 2004 al 2009) con quella che può essere considerata una trilogia (Collateral, Miami Vice, Nemico pubblico) dell’ampliamento urbano e non solo, perché fin dall’inizio il cinema di Mann è un cinema di figure, di personag gi, che si muovono all’interno e all’esterno delle grandi città, a
51 Zvz,p. 1205. 52 Film di rapina, ndt.
53 Poliziesco più noir, ndt.
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bordo di auto dalle carrozzerie riflettenti o motoscafi che solcano il mare, circondati dalle luci metropolitane e dal buio della notte. I film sopracitati sono strettamente collegati fra di loro da un unico fil rouge, in quanto tutti e sei presentano quelle che sono le caratteristiche del thriller metropolitano. Così: [...] una serie di temi e figure in continuo dialogo, in progres siva precisazione. Temi archetipici: la prigionia, la caccia, il duello, il doppio, la coppia, il confronto razionalità - caos, l’amicizia virile, l’amore contrastato e/o impossibile nelle più varie forme, l’analisi entomologica del microcosmo cri minale. Costanti narrative: il confronto - scontro tra un eroe romantico “solista” [...] e un nemico [...] a lui intimamente legato per diverse vie [...]. [...] Mann usa immergere le sue opere in un tipico spleen esistenziale, un umanesimo malinco nico e venato di ossessioni che è la sua cifra più caratteristica. Figure linguistiche: l’uso della musica per svelare atmosfere, esaltare momenti topici, legare le sequenze in vere e proprie “suites” audiovisive; l’uso del ralenti per sottolineature emo tive, figurative, dinamiche; l’amore per le strutture basate sul le “azioni a catena”. Peculiarità autoriali: la maniacale cura dei particolari [...]; l’amore per la geometria e l’attrazione per il vuoto e l’informale; la rara capacità di caricare di senso ciò che è compreso nella visione [...]. E, soprattutto, una convin ta fiducia nel cinema - cinema, emozionante e massimalista [...]54.
Mann porta alla luce un nuovo mondo lontano dal mainstream hollywoodiano, si potrebbe dire una New Hollywood all’interno della quale i suoi personaggi non si trovano, ma si muovono in
54 Ivi, pp. 13-14.
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un mondo diverso, che guarda indietro per affermare «[...] una postmodernità che si aggrappa al passato per rivitalizzare il com plesso di valori del cinema stesso»55. Per questo nei suoi thriller hanno rilievo e importanza le città, il mare, la notte, perché ogni singolo personaggio è in simbiosi con questi ultimi e ciò li rende vivi. «I suoi personaggi sono uomini e donne che sentiamo vi vere. Di conseguenza, e non prima, sentiamo respirare anche il mondo»56. Tuttavia, per carpire l’essenza del thriller metropolitano manniano è necessario avviarsi lungo un excursus volto ad approfon dire lo sviluppo di tale genere e, più specificamente, a mettere in risalto T interpretazione e la rivisitazione del genere che Mann ha messo in nuce nei suoi film. Questo è un percorso obbligatorio da seguire per chi vuole sa pere come Michael Mann abbia (ri)dato vita ad un genere che, nel susseguirsi degù anni, aveva perso di tono e come, nelle tre deca di interessate, sia riuscito a dar luce agli aspetti e le caratteristiche portanti delle trame, ai personaggi, alle situazioni, ai paesaggi ur bani presenti in questi film.
55 P.M. Bocchi, cit., p. 21. 56 Ivi, p. 23.
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1. Nascita di un genere: il thriller metropolitano
Con l’uscita nelle sale della sua opera prima, Strade violente (Thief, 1981), ha inizio il filone del thriller metropolitano di Mi chael Mann. Fin dai primi secondi della pellicola, sono ben visi bili le caratteristiche di questo genere ripensato secondo lo stile manniano. Si sente il rumore della pioggia mentre in sovraimpressione cominciano ad apparire i titoli di testa di colore blu elet trico. La prima scena che viene mostrata allo spettatore è quella di un auto che, dopo aver acceso i fari e fatto salire a bordo un uomo, si avvia per allontanarsi in un vicolo. I due uomini all’interno dell’auto controllano le frequenze radio della polizia, mentre in un edificio di fianco alla loro posizione vi è un altro uomo, in tuta e occhiali protettivi, intento a scassinare una cassaforte. L’intera azione ripresa è accompagnata dalla musica extradiegetica che incalza il ritmo della sequenza. Mentre l’uomo scassina la cassaforte, lo spettatore è come se partecipasse all’azione: Mann applica un virtuosismo registico e la macchina da presa adotta il punto di vista dello scassinatore, che guarda all’interno del foro praticato nella blindatura e fa sal tare gli ingranaggi di chiusura.
1.1 II crimine come dramma personale: Strade violente Questo è l’inizio di Strade violente film che - oltre a mostrare gli stilemi di questo genere - è un invito a prendere coscienza ed a riflettere sul fatto che il cinema classico ha oramai fatto il
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suo tempo e che deve lasciare spazio al nuovo avvenire. Tuttavia Mann cerca di recuperare il classicismo cinematografico per inse rirlo nel panorama della produzione del presente. «Strade violen te è in anticipo sui tempi, perché dà già a vedere la brillantezza di quell’immagine filmico-mediatica che di lì a poco sarebbe diven tata un segno distintivo del cinema [..-]»1. In effetti, il cinema degli anni Ottanta è qualcosa di diverso, di nuovo rispetto alla decade che lo ha preceduto. Se negli anni ’70 predominavano i manierismi sui generis, negli anni ’80 la situazione è differente: si cerca sempre più un concetto estetico con cui identificarsi. E tale concetto trova la propria forma ideale nell’adozione del punto di vista. Infatti «negli anni ’80, più che in qualsiasi altro periodo, il cinema si confronta con la natura fisica e psichica del vedere, riflette sui fondamenti dell’estetica cinematografica e si assume il compito di rendere visivamente percettibile il vedere»12. Nonostante l’inizio degli anni Ottanta non si presenti sotto il migliore degli auspici (l’inizio della decade è segnato dal disastro so flop economico e commerciale di Michael Cimino, I cancelli del cielo - Heaven's Gate, 1980, e non solo: al film di Cimino coincide l’altro flop commerciale The Blues Brothers - id., 1980, di John Landis ed i successivi flop di Blade Runner - id., 1982, di Ridley Scott, La cosa di John Cairpenter e Re per una notte - The King of Comedy, 1983 di Martin Scorsese)3, con Strade violente
1 P.M. Bocchi, Michael Mann, 2002, p. 30. 2 Haubner Steffen, Jurgen Miiller, introduzione a I migliori film degli anni ’80, 2011, p. 5.
3 Solo a distanza di qualche anno, sia The Blues Brothers, sia Blade Runner saranno rivalutati da critica e pubblico ed elevati ai titolo di veri cult. Nonostante la partenza sottotono degli anni Ottanta, film come ET. - L’Extra-Terrestre (E.T. The Extra-Terre strial, 1982) di Steven Spielberg, Terminator (The Terminator, 1984) di James Came ron, Velluto blu (Blue Velvet, 1986) di David Lynch, Platoon (id., 1986) di Oliver Stone
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1. Nascita di un genere: il thriller metropolitano
Mann applica alla perfezione il concetto estetico-visivo degli anni ’80 e, fin da subito presenta il protagonista del film, Frank (James Caan), mostrando il suo mestiere: quello dello scassinatore. Frank è un ladro che si occupa esclusivamente del furto di diamanti in sieme all’aiuto di Barry (James Belushi) e Joseph (William La Valley). Ma Frank possiede anche una vita normale di facciata: gestisce una concessionaria di automobili, indossa vestiti costosi e frequenta la cameriera di un bar, Jessie (Tuesday Weld). Ciò che risalta del personaggio di Frank,, è il fatto che lui è un uomo che non ha più tempo4: dopo aver passato molti anni della sua vita tra riformatorio e penitenziario di Folsom, Frank vuole costruir si una vita tranquilla, mettere su famiglia e recuperare il tempo perduto. I suoi unici scopi nella vita sono far uscire di prigione il “mentore-padre” Okla (Willie Nelson) e vivere insieme a Jessie. Il desiderio di Frank di (ri)coininciare una vita nuova e abban donare alle proprie spalle il passato, è rintracciabile e reso esplici to anche nel personaggio di Carlito Brigante (Al Pacino) nel suc cessivo thriller metropolitano Carlito's Way (id., 1993) di Brian De Palma. I due personaggi hanno più di un’analogia in comune: come Frank, anche Carlito nutre e sente un impellente bisogno di riappropriarsi di quella vita che il crimine gli ha strappato. Usci to di prigione grazie all’aiuto di David Kleinfeld (Sean Penn), il suo avvocato, Carlito cerca in tutti i modi di tenersi lontano dalle strade, dal crimine perché adesso è un uomo nuovo. Prende in ge stione un locale con lo scopo di guadagnare la somma necessaria per ritirarsi ai Caraibi e cominciare una nuova vita insieme alla sua ex compagna Gail (Penelope Ann Miller). L’identico leitmotiv è presente anche nello splendido ma - al
e Trappola di cristallo (Die Hard, 1988) di John McTieman, risollevano le sorti del cinema degli anni Ottanta, sancendo un vero e proprio successo di botteghino e critica. 4 In questo Frank è una sorta di proto Neil McCauley, ndt.
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tempo stesso - malinconico noir di John Woo, A Better Tomorrow (Ying huang boon sik, 1986); la voglia di ricominciare attanaglia i due amici ex gangster protagonisti del film: Ho (Lung Ti) che dopo un tradimento ordito alle sue spalle ha scontato tre anni di prigione e causato, “indirettamente”, la morte del padre ha come unico scopo di farsi perdonare dal fratello poliziotto Kit (Leslie Cheung) e cominciare una vita onesta, e Mark (Chow Yun-Fat), rimasto offeso ad una gamba e caduto in disgrazia. I due si re incontrano, si riuniscono e Mark ostenta ad Ho tutta la sua voglia di ritornare ad essere dei grandi e, così, di vendicarsi di chi li ha traditi. Ho non accetta, ma i continui soprusi e le violenze perpe trate verso le persone a lui care da parte dell’organizzazione di cui era membro, lo porteranno, insieme a Mark, ad impugnare nuovamente le armi ed a saldare i conti avviandosi, così, verso un catartico e sacrificale finale. In A Better Tomorrow il passato non può dimenticarsi facilmente , tantomeno lo si può cancellare in Carlito's Way ed in Strade violente. Per Frank, ben presto, l’imprevedibilità e il fato busseranno alla sua porta. Venuto a sapere dell’uccisione di uno dei suoi ac quirenti, Joe Gags (Hai Frank), e intenzionato a recuperare il suo denaro, Frank è costretto a recarsi da Attaglia (Tom Signorelli), un criminale a cui Gags era affiliato e, in seguito, ad entrare in contatto con il capo di Attaglia, Leo (Robert Prosky), un ricetta tore di Chicago che gestisce la maggior parte del riciclaggio di denaro della città. Leo offre a Frank la possibilità di lavorare per lui, due o tre colpi interessanti, e dopo potrà ritornare a lavorare in proprio. Frank è riluttante ad accettare ma le proposte allettanti di Leo lo convincono a lavorare per lui. Quello che Frank non sa è che tutto prenderà una piega diversa e sarà costretto ad imboccare la via della violenza. La particolarità che più colpisce del film è che Frank è il perso naggio assoluto dell’intera pellicola: è sempre presente in scena e tutto il mondo che lo circonda viene mostrato allo spettatore attra 38
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verso il suo sguardo. Si vede Frank al lavoro mediante il suo pun to di vista, quello dello scassinatore. Infatti «Frank è un operaio specializzato che combatte l’acciaio con trapano e fuoco [...]»5. Fin dall’inizio il doppio titolo della pellicola Strade violen te (nell’edizione italiana) e Thief (edizione originale) mostrano i campi paralleli su cui si svolge l’intero film: da una parte vi è l’identificazione del protagonista, dall’altra parte vi è la localiz zazione dei temi e tòpoi del noir, ovvero la violenza e l’ambien tazione urbana. Ed è proprio grazie a questi due elementi che, nel film, risaltano le spazialità e lo stile del regista. Mann costruisce le immagini mettendo in scena l’urbanità delle ambientazioni me tropolitane, avvolte dalla notte e dalle luci che si riflettono sulle carrozzerie delle auto e sulle strade bagnate dalla pioggia. Il colo re delle luci6 (che spazia dal bianco, giallo, rosso, fino ad arrivare al blu quasi spinottiano)7 restituisce allo spettatore la visione di una città (Chicago) notturna, la quale è fruibile solo dalle strade. In tutto questo Strade violente mostra la vita quotidiana dei professionisti del crimine8, che si muovono in un contesto urbano nel quale si trovano a proprio agio, come se fossero un tutt’uno con gli edifici che li circondano. Se c’è da paragonare l’accu rato e dettagliato professionismo degli scassinatori mostrato nel film di Mann, il diretto concorrente di Strade violente non può
5 A. Borri, Michael Mann, 2000, p. 40. 6 Mann stesso afferma che per lui il colore «è una forma espressiva [...]» con la quale altera «[...] la visione “cromatica” della realtà [...]» col fine di «[...] comunicare e trasmettere emozioni in maniera immediata e diretta». N. Lazzerotti, Lezioni di cinema - Michael Mann, “Close-Up.it - Storie della visione”, ottobre 2011, p. 3.
7 L’aggettivo si riferisce a Dante Spinotti, direttore della fotografia di Manhunter Frammenti di un omicidio, L’ultimo dei Molliconi, Heat - La sfida, Insider - Dietro la verità, Nemico pubblico. 8 Nicola Lazzerotti afferma che «il realismo applicato nella messa in scena è “rubato” dal mondo: Mann non immagina una rapina, ma mostra in maniera documentaristica come si scassina effettivamente una cassaforte [...]». N. Lazzerotti, cit., p. 2.
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che essere il film d’esordio di Michael Cimino Una calibro 20 per lo specialista (Thunderbolt and Lightfoot, 1974). Nel suo primo lungometraggio (che si rifà ai classici di genere, gli heist movie) Cimino, così come Mann, mostra con occhio chirurgico e meticolosa attenzione i preparativi prima di un grande colpo: ed ecco che i protagonisti della pellicola, John “L’artigliere” Doher ty (Clint Eastwood) e Caribù (Jeff Bridges) preparano, in simil modo come Frank e con meticolosa attenzione il piano e l’equi paggiamento necessario per il colpo alla banca. Nonostante la si militudine del professionismo mostrato, Una calibro 20 per lo specialista e Strade violente, viaggiano su binari completamente differenti e opposti. Il film di Cimino mantiene in qualche modo, nonostante il drammatico epilogo, un’aria scanzonata, mescolan do 1’heist movie con i generi del road movie910 e del buddy movie™. Strade violente, diversamente, mantiene sempre la drammaticità del noir, senza discostare e mettere da parte la vita che il protago nista, al di fuori del suo mestiere, possiede.
1.2 (Ricostruirsi una vita
Se, come si è detto, principalmente il film mette in scena la vita criminale, allo stesso momento mostra quella che per Frank potrebbe essere una vita normale. Infatti, in questo mondo che sembrerebbe popolato esclusivamente da uomini, vi è una figura femminile, ovvero quella di Jessie, l’unica persona che potrebbe donare a Frank una vita serena e lontana dal pericolo. E Frank
9 Sottogenere cinematografico al cui centro delle vicende vi è il viaggio lungo le strade americane, ndt. 10 Sottogenere cinematografico al cui centro delle vicende vi è l’amicizia tra due uo mini, di solito in pessime condizioni (economiche e sociali), che uniscono le loro forze per ottenere una situazione migliore di quella in cui vivono, ndt.
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non demorde, cercando di conquistare Jessie in tutti i modi, anche quando arriva con due ore di ritardo ad un appuntamento con lei. Solo perché è una donna, non significa che Jessie non sia capace di muoversi in questo mondo, al contrario, dimostra di essere for te, caparbia e determinata. «Il loro rapporto si mette in scena nella sequenza più bella e complessa del film. Il dialogo nell’autogrill a cavallo sull’autostrada è il documento emozionante, scandalo samente privato, dell’incontro di due esperienze che si confron tano e riflettono, quasi sospese fuori dal mondo violento in cui abitano»11. In questa scena Frank confessa a Jessie di essere un ladro e lei, a sua volta, confessa a Frank che ha vissuto un passato oscuro e al limite accanto ad un boss della droga; passato, que sto, che vuole lasciarsi alle spalle. Jessie può donare la felicità a Frank ma non può regalargli una famiglia completa, vista la sua impossibilità ad avere figli. È qui che rientra in scena Leo che, promettendo (e riuscendo) di far ottenere a Frank e Jessie l’ado zione di un bambino, lega Frank sempre di più a lui e al grande colpo programmato. Nel frattempo Frank si consulta con una sua vecchia cono scenza del campo metallurgico, la quale gli costruisce una barra di un particolare metallo in grado, quando infiammata, di forare anche l’acciaio più spesso. Tutto sembra andare bene per Frank ma un gruppo di poliziotti, di cui fa parte Urizzi (John Santucci) lo pedinano e, con una scusa, lo arrestano e lo portano in centrale, ove subisce un violento pestaggio da parte dei poliziotti col fine di farlo parlare. Ma Frank non tradisce i suoi compagni né Leo. Rilasciato, Frank porta avanti il piano per la rapina e, giunto il grande giorno, si reca, insieme a Barry e Joseph a Los Angeles. Lì, in una banca, Frank e i suoi mettono in campo tutte le loro capacità riuscendo, così, ad aprire il caveau e ad impadronirsi di
11 Zvz,p.44.
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ciò che sta al suo interno. Ed è proprio il colpo alla banca che, studiato e riuscito alla perfezione, apre uno spiraglio di luce per Frank che ora ha tutto: una donna, un bambino, la famiglia che aspettava di inserire nel suo patchwork costruito durante gli anni di prigione. Riesce anche a far scarcerare il suo amico Okla il quale, purtroppo, muore dopo poco tempo a causa di una malattia. È un duro colpo per Frank ma, tuttavia, la vita deve continuare. Dopo il grande colpo, Frank può godersi i frutti della sua nuo va vita. E Mann evoca questo momento in una delle scene più belle del film: Frank, Jessie ed il bambino, insieme al fedele ami co Barry e relativa consorte si concedono una passeggiata in riva al mare. Su una spiaggia baciata dal sole e dall’acqua cristallina, Mann evoca la felicità e la spensieratezza di Frank per aver rag giunto tutto ciò a cui ambiva.
1.3 Ritorno alla violenza Infatti Frank pensa che si stia avviando verso un futuro lontano dal crimine ma, in realtà, il suo futuro non esiste fin dall’inizio. «In Strade violente il mostro sembrerebbe essere in un primo mo mento il destino stesso, [...] da cui Frank desidera ardentemente fuggire. Eppure quando sta per realizzare il sogno di avere una casa, una moglie, una famiglia, ci rendiamo conto che il vero mo stro è Leo»12. Leo mostra le sue vere intenzioni quando Frank va da lui per riscuotere la parte che gli spetta del colpo. Non ottenendo ciò che gli è dovuto, Frank si ribella alla figura patema alternativa di Leo, dicendogli di voler uscire dal giro. Ma Leo gli dice che «lui gli appartiene, fino a quando sarà vecchio, distrutto o nuovamente
12 F.X. Feeney, Michael Mann, 2006, p. 33.
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in carcere», e minaccia la vita di Jessie e del bambino. Leo ha dimostrato il suo lato mefistofelico e Frank non può far altro che incassare ma non senza minacciare di far fuori Leo e i suoi. E la ribellione che dà il via e fa scivolare il film nel baratro della vio lenza e del non ritorno. Frank viene attirato in trappola e, colpito dagli uomini di Leo, assiste all’uccisione a sangue freddo del suo caro amico Barry senza poter intervenire ed evitarlo. Questa è la fiamma che in nesca la polveriera all’interno di Frank; è questa la molla che lo fa scattare ad avviare l’operazione di distruzione e di vendetta intorno a sé. Frank allontana Jessie e il bambino, in modo rude ma soffrendo al tempo stesso, con l’aiuto di Joseph. Da questo momento inizia una sorta di viaggio a ritroso per Frank [...]: un ritorno alla violenza, alla natura brutale, che Mann esplicita tenendo la macchina da presa puntata per alcuni secondi sulle fronde di un albero mosso dal vento nell’attimo in cui Frank è seduto solo nel prato di casa, nottetempo, men tre Jessie se ne va col bambino, prima che l’uomo dia avvio alla decostruzione materiale progressiva del proprio mondo13.
Frank distrugge la sua casa e il bar che frequentava facendoli saltare in aria. Incendia la sua concessionaria e, dopo aver dato un’ultima occhiata al suo patchwork, dà anch’esso alle fiamme, sogno di una vita che oramai è andato in fumo. Frank, silenzioso come un ninja, si intrufola in casa di Leo per uccidere lui e i suoi uomini, da solo, insieme alla sua fida Colt 1911. Riesce nel suo scopo: uccide Leo, uccide tutti i suoi uomini e, ottenuta la sua vendetta, Frank si avvia con passo da solitario verso un futuro che per lui è incerto.
13 P.M. Bocchi, cit., p. 33.
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Il finale di Strade violente colpisce duro come un pugno nel lo stomaco, con tutta la sua crudezza e disperazione. La scena dell’uccisione di Leo (che richiama in parte quella di Barry) è un esplosione di violenza e sangue, emotivamente sottolineata dall’attacco della musica elettronica dei Tangerine Dream14 e dal ralenti15 (ralenti che è presente nel momento della doppia ripresa dell’espulsione del caricatore della pistola di Frank), quasi come se fosse l’apoteosi dell’obiettivo raggiunto da Frank1617 . Diversamente da Quentin Tarantino che in Le iene11 (Reservoir Dogs, 1992) e Pulp Fiction (id., 1994) ostenta una violenza pla stica, esagerata e - si potrebbe dire - estatica18, o da quella iperre alista e cinetica alla Sam Peckinpah - si pensi alle due sparatorie, all’inizio e alla fine de II mucchio selvaggio - e di John Woo; per un paragone basta avere ben presente l’ultimo quarto d’ora di A Better Tomorrow II - Ying huang boon sik II, 1986, durante il qua le vi è la risolutiva sparatoria di vendetta all’interno di una villa, «con il sangue che schizza dappertutto, le ossa che si spezzano,
14 Gruppo musicale originario della Germania fondato negli anni ’60, famoso per il ge nere krautrock o musica cosmica. In seguito, il gruppo collaborò ancora con Mann per le musiche de La fortezza. Quella con Mann non fu l’unica collaborazione musicalecinematografica in quanto, durante il corso degli anni ’80, i Tangerine Dream compo sero altre colonne sonore per vari film, tra cui Risky Business - Fuori i vecchi... i figli ballano (Risky Business, 1983) di Paul Brickman, ma anche per Legend (id., 1985) di Ridley Scott e II buio si avvicina (Near Dark, 1987) di Kathryn Bigelow.
15 Mann, così come Sam Peckinpah, utilizza il ralenti per aumentare il pathos delle scene ma, allo stesso momento, per aumentare la carica emotiva all’interno delle situa zioni enfatiche. L’utilizzo del ralenti è presente in tutte le scene-chiave dei suoi film. 16 Come giustamente fa notare Alessandro Borri nel suo Michael Mann, l’intera sequenza finale, contraddistinta dall’attacco improvviso della musica in concomitanza all’azione vendicatrice di Frank, si può contrassegnare con il nome di “suites audiovi sive” .A. Borri, cit., pp. 48-49. 17 Edito in Italia anche con il titolo Cani da rapina, ndt. 18 Fino ad arrivare alla violenza splatter in Kill Bill vol. 1 (id., 2003) Kill Bill voi. 2 (id., 2004) e nel recente Django Unchained (id.., 2012).
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i proiettili che solcano e segnano incandescenti l’aria e le carni, nelle loro traiettorie imprevedibili [.. .]»19, ma anche la sparatoria finale all’interno della chiesa in The Killer (Die xue shuang xiong, 1989), la violenza, nei film di Mann, è di tipo reale, dura come può solo esserla quella nella vita di uomini costretti a ribellarsi, a regolare i conti per poter fuggire dal proprio passato nonché dal presente. In Strade violente, la violenza è sì brutale (come quella che mostrerà Friedkin, quattro anni più tardi, in Vivere e morire a Los Angeles - To Live and Die in LA., 1985, e che in parte aveva già anticipato ne II braccio violento della legge) ma lontana dagli scoppi di violenza improvvisi del scorse siano Quei bravi ragazzi (Goodfellas, 1990) e mai fine a se stessa e completamente priva di quell’autocompiacimento estetico che va tanto di moda in mol to cinema odierno. L’esplosione di violenza (finale e non) diventerà una costante nelle opere di Mann ma, tuttavia, è il regista stesso che dà la spie gazione perché tale elemento deve essere presente nei suoi film: Non mi piace nulla che sia gratuito. Il sesso gratuito, la vio lenza gratuita, la volgarità fine a se stessa. Per me ogni scelta deve essere funzionale alla creazione: ciascun elemento deve avere un ruolo nello svolgimento della scena o dell’azione, deve contribuire a determinare il significato con la maggiore efficacia possibile. Se questo accade, significa che è appro priato20.
La conclusione, con Frank che si avvia verso l’ignoto21, non è
19 M. Spanu, John Woo, 2001, p. 88.
20 F.X. Feeney, cit., p. 39. 21 Diversamente da ciò che accade nel finale di Carlito's Way in cui, ad un passo dalla salvezza, Carlito perde la vita.
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altro che un’amara parabola sulla situazione del cinema di allora attraversato da una crisi. Lasciato alle spalle il decennio prece dente (gli anni ’70) e imboccato il nuovo (gli anni ’80), si sa cosa si è lasciato indietro ma non cosa ci sarà per gli anni a venire. Mann lascia alle sue spalle il suo precedente percorso per intra prenderne uno totalmente nuovo. Con Strade violente Mann è riu scito a dimostrare che il cinema classico ha ancora una possibilità di riscatto come Frank e può avviarsi, anche se con incertezza, sulla strada del futuro. Strade violente diventerà il simbolo di un genere per il cinema dell’avvenire.
1.4 Cacciatori e prede: Manhunter — Frammenti di un omicidio Dopo aver esplorato il mondo dei professionisti del crimine in Strade violente e il mondo metafisico de La fortezza (The Keep, 1983), concedendosi la parabola televisiva (tra il 1984 e il 1989) della serie Miami Vice, Mann toma sul grande schermo nel 1986, con la sua terza opera: Manhunter - Frammenti di un omicidio (Manhunter). Basato sul romanzo II delitto della terza luna (The Red Dragon) di Thomas Harris, il film è un thriller psicologico nel quale (a differenza dei due film precedenti) Mann esplora i meandri più profondi e oscuri della mente umana. Così come iniziava Strade violente, anche questo film si apre con musica di sottofondo sulla quale cominciano a scorrere i titoli di testa, questa volta di color verde acido, quasi come a sottoline are e ad annunciare allo spettatore che quello che sta per vedere è qualcosa di ben diverso rispetto all’opera prima di Mann. La pri ma scena è quella del tettuccio di un furgone nero, lo stesso colore della notte. Subito dopo si passa alla soggettiva di qualcuno che, torcia alla mano, percorre le scale interne che portano al piano su periore di una villetta borghese, immersa nel buio, nella quale una famiglia sta dormendo fra le braccia del dio del sonno Morfeo. Lo 46
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spettatore vede attraverso questo personaggio: di fronte a lui vi è una famiglia che di li a poco verrà massacrata. Questo è l’inizio fulminante di Manhunter, che offre dalla pri ma scena il punto di vista di una personalità disturbata, negati va, che viola la privacy notturna e intima della famiglia. Ma, già nella scena successiva, Mann sembra voler far riprendere fiato allo spettatore rassicurandolo e - passando dalla notte al giorno - mostra due personaggi su una spiaggia, uno di spalle e l’altro a favore di camera, che si stagliano sullo sfondo quieto e armo nioso del mare. E in questa scena che Mann attiva un altro punto di vista, ovvero quello di Will Graham (William Petersen, che l’anno prima aveva interpretato il ruolo da protagonista assoluto, l’agente dei servizi segreti Richard Chance in Vivere e morire a Los Angeles)22, ex agente dell’FBI nonché il più esperto manhunter (l’equivalente del profiler odierno) di serial killer. L’uomo di fianco a Graham è Jack Crawford (Dennis Farina) il suo ex capo che, mostrandogli le foto della famiglia vista all’inizio del film, gli propone di tornare in servizio per catturare Dente di fata (so prannominato così poiché, sulle sue vittime, lascia il segno di un morso), il serial killer che ha già massacrato due intere famiglie durante gli ultimi due cicli di plenilunio. In questa scena si defi nisce l’identità che si celava dietro la soggettiva iniziale, ovvero quella di un serial killer. La prospettiva “criminale” del serial killer che Manhunter mette in scena non è certo nuova al cinema: basti pensare alle numerose prospettive in prima persona dell’operatore cinemato grafico e serial killer Mark Lewis (Carl Boehm) in L'occhio che uccide (Peeping Tom, 1960) di Michael Powell, o a quelle del piccolo (e, in seguito, adulto) Michael Myers in Halloween - La
22 E che, nel 1981, aveva proprio esordito, anche se in una piccola parte, proprio in Strade violente.
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notte delle streghe (Halloween, 1978) di John Carpenter, filtrate attraverso le visuali delle maschere che indossa rendendo, ancor più realistici, gli assassini! di cui Myers si macchia. Né tantome no è nuova la vicenda di un soggetto assassino: balzano subito alla mente il classico di Fritz Lang M -Il mostro di Dusseldorf (M - Eine Stadt sucht einen Morder, 1931), uno dei primi film in centrato su un assassino periodico, e il grande classico degli anni ’60 di Alfred Hitchcock, Psyco (Psycho, 1960) e il suo successivo Frenzy (id., 1972). Tuttavia, negli anni ’80, si assiste a quella che può essere definita una vera e propria “moda di genere” delle rap presentazioni su celluloide di figure assassine: nel 1980 Brian De Palma con Vestito per uccidere (Dressed to Kill) e Sean S. Cun ningham con Venerdì 13 (Friday the 13th, primo episodio di una lunga saga) inaugurano tale filone a cui, quattro anni più tardi, si unirà il primo capitolo di quella che, come Venerdì 13, diventerà una saga: Nightmare - Dal profondo della notte (A Nightmare on Elm Street, 1984) di Wes Craven23. Nonostante sia l’argomento, sia l’escamotage della prospetti va non siano nuovi in campo cinematografico, Mann attua il tutto in maniera nuova e singolare. Infatti, con le due prime scene di Manhunter, si completa il circuito visivo, il doppio punto di vista, sul quale si dipanerà la vicenda del film: da una parte Graham, dall’altra Dente di fata. Graham, sebbene riluttante e ancora pro vato daH’impresa che lo ha portato sul confine della pazzia, ac cetta nonostante l’opposizione di sua moglie Molly (Kim Griest). Forse la motivazione che lo convince ad accettare il caso è il fat to che anche lui ha una moglie e un figlio, quindi una famiglia (ovvero si immedesima). «[...] Manhunter precisa la volontà di
23 Rispetto al film di De Palma, sia l’opera di Craven, sia quella di Cunningham, pre sentano figure (ovvero quelle di Freddy BLrueger e di Jason Voorhees) orrorifiche e fantastiche ma che, tuttavia, rientrano nei canoni dei serial killer, ndt.
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Mann di far evolvere il poliziesco anni Settanta [...] in un com plesso new wave thriller [,..]»24. È ci riesce, mettendo in scena non la classica caccia tra poliziotto e criminale, ma tra “cacciatore di uomini” e serial killer. Nonostante il classicismo del tema (lo scontro tra bene e male) sia Graham sia Dente di fata, sono entrambi due personaggi bor derline, al limite della follia. Graham, per poter prendere il killer, deve pensare e agire come lui, deve completamente immedesi marsi nella mentalità contorta di questa figura. Lo stesso metodo con cui, tre anni prima, riuscì a catturare Hannibal Lektor25 (Brian Cox), un serial killer cannibale. Ma è proprio questa capacità e lo scontro quasi mortale con Lektor che l’hanno segnato, quasi an nientando il suo equilibrio mentale e psicologico. Graham, oltre che a livello psichico, porta con sé l’orrore di quello scontro, se gnato da una cicatrice sul suo corpo; cicatrice che non viene mai mostrata durante il film. Il passato non ferma Graham che parte per seguire il caso. La sua prima tappa è l’abitazione dell’ultima famiglia massacrata. Anche lui, come Dente di fata, arriva di not te, percorrendo gli stessi passi fatti da lui fino al piano di sopra ove è stata compiuta la strage. Graham sembra essere la nemesi di Dente di fata e quest’ulti mo è la nemesi del primo: entrambi vedono, sentono e pensano le stesse cose. Leggendo a voce i reperti della scientifica e del medico legale, Graham utilizza un registratore vocale per appuntare le sue dedu zioni, senza distogliere mai lo sguardo, se non per brevi secondi, dalla scempiaggine sanguinaria in cui si trova la stanza da letto
24 A. Borri, Michael Mann, 2000, p. 77.
25 Non si tratta di un errore. Mann decise di modificare il nome del personaggio di Thomas Harris da Lecter a Lektor, poiché voleva creare un personaggio profondo e autentico e non un prodotto archetipico (visto che Lecter è il protagonista di un ciclo di romanzi e relative trasposizioni cinematografiche).
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dei coniugi. Diversamente dal suo diretto successore, quel II si lenzio degli innocenti (The Silence of the Lambs, 1991) di Jona than Demme che deve molto al suo predecessore, in Manhunter Mann evita (se si esclude la scena in questione e quella in cui Graham visiona le foto dei rilievi della scientifica) di mostrare direttamente le prime due azioni omicide di Dente di fata, pre ferendo mostrare le conseguenze dei suoi atti in modo indiretto, quasi passivo. L’orrore che permea Manhunter è più psicologico che fisico in modo, così, da creare il giusto livello di suspense nello spettatore. Diversamente da Mann, Demme nel II silenzio degli innocenti non indugia, con la macchina da presa, a mo strare le conseguenze dirette e indirette degli omicidi perpetrati da Buffalo Bill, il serial killer del film. Demme punta ad alzare l’asticella dell’orrore fisico mentre Mann gioca sulla psiche, sul terrore cerebrale che si instilla nello spettatore e, parallelamente, in Graham che, dopo aver perlustrato la scena del crimine, nella sua stanza di albergo, visiona i filmini amatoriali delle famiglie trovati sulle scene dei delitti e comincia a ragionare come il killer. L’azione del vedere, in Manhunter, è fondamentale non solo perché si adottano due punti di vista ma perché il film intero è costruito sulla visione. Non si tratta, tuttavia, di una visione “voyeuristica” come quella del fotoreporter Jeffries (James Stewart), infortunato e costretto all’immobilità temporanea in La finestra sul cortile (Rear Window, 1954 di Alfred Hitchcock), che, per puro passatempo, comincia a spiare dalla finestra i suoi vicini che vivono dirimpetto, assistendo ad un presunto omicidio che, in seguito, si rivelerà reale e che proprio grazie al “vedere” verrà portato allo scoperto e risolto, ma attraverso il vedere Mann espo ne il male assoluto, i limiti impensabili fino ai quali può spingersi una persona. E la visione è anche riflesso. Sulle superfici lucide, sui vetri delle finestre, sugli specchi, nei quali Graham si riflet te e si osserva, cercando di inoltrarsi sempre più nell’indagine. Così come i pezzi di specchio che Dente di fata depone sugli 50
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occhi delle proprie vittime, che riflettono e immortalano le sue gesta e quasi, a dirla con Gilles Deleuze, a formare un’immaginecristallo capace di conservare per l’eternità le “opere” del killer26. «Manhunter [...] sembra esplodere di riflessi, come accadeva in Strade violente [...]. È un’opera in cui Graham guarda spesso attraverso vetri/finestre [,..]»27. Attraverso le finestre, le vetrate bagnate dalla pioggia si vedono, in tutto il loro splendore urbano, le città avvolte dal buio della notte. Città notturne nelle quali i personaggi si muovono e si incontrano. Manhunter è - soprattutto - un film di e sugli sguardi ma, come tutta la filmografia manniana, è un film di incontri.
1.5 Confrontarsi con il passato Ben presto, senza indizi veramente rilevanti, Graham deciderà di incontrare in carcere Lektor per chiedergli consigli sull’identità del killer. Stessa cosa che farà Clarice Starling (Jodie Foster) nel Il silenzio degli innocenti recandosi da Lecter per essere aiutata ed ottenere informazioni su Buffalo Bill. L’incontro riporta Graham al passato e lo proietta al presente, quasi come se per catturare il killer dovesse tornare al limite della follia. Mann, per rendere allo spettatore in senso di inquietudine e di insanità, in questa scena di incontro gioca con i colori, con i contrasti cromatici. La cella di Lektor è completamente bianca (pareti, pavimento, sbarre, let to, addirittura la sua tuta) quasi come a voler rappresentare una sorta di barriera, di zona neutrale che separa la mente umana dal baratro della pazzia. «In Manhunter la componente cromatica ha
26 Per ulteriori approfondimenti sull’immagine-cristallo si veda G. Deleuze, Cinema. Voi. 2: L’immagine-tempo, 1989.
27 P.M. Bocchi, cit., p. 49.
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compiutamente valore simbolico,psicologico (o psicopatologico) ed espressivo»28. L’unico accenno di colori accesi è il verde di alcuni libri su una mensola nella cella e il blu acquamarina della camicia di Graham. Il verde è il colore della follia mentre il blu è, per Graham, la salvezza, l’appiglio che lo àncora alla realtà. Incontrare nuovamente Lektor è insostenibile, tanto che Graham fugge dal carcere. Sarà questo momento di debolezza che lo por terà nuovamente ad incontrarsi/scontrarsi con Freddie Lounds (Stephen Lang), un giornalista che riuscì a fotografare Graham in ospedale dopo la lotta con Lektor. Saranno proprio questi due incontri a portare le indagini ad una svolta. Si scopre che Lektor ha una corrispondenza con Dente di fata e che lo ha messo a conoscenza dell’indirizzo dell’abitazione di Graham (e, nel cuore della notte, la polizia preleverà e porterà in un luogo sicuro Molly e suo figlio), mentre Lounds verrà utiliz zato da Graham e Crawford come esca per un’imboscata al serial killer, facendogli scrivere un articolo nel quale Graham deride Dente di fata. Ma la reazione di quest’ultimo non sarà quella di cercare e uccidere Graham, ma rapire Lounds e, dopo avergli dimostrato che lui non è Dente di fata ma il Dragone rosso, lo darà alle fiamme gettandolo in un parcheggio sotterraneo. «Que sta scena spaventosa è l’inizio della sequenza più inquietante del film, quella in cui penetriamo nella mostruosa “fortezza” del kil ler. Il vero nome del Dragone rosso è Francis Dollarhyde (Tom Noonan)»29. Dollarhyde è un tecnico che lavora in uno studio fotografico, nel quale è venuto in possesso dei filmati delle famiglie da lui, in seguito, massacrate. Mann, dopo aver mostrato in anticipo allo spettatore l’identità del killer, attua una digressione nel film: DoL
28 A. Borri, cit., p. 113. 29 F.X. Feeney, cit., p. 58.
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1. Nascita di un genere: il thriller metropolitano
larhyde chiede a Reba (Joan Alien), una dipendente cieca dello studio fotografico, di andare a casa sua. Lei accetta, non sapendo chi si cela dietro l’atteggiamento gentile di Dollarhyde. L’arrivo a casa di Dollarhyde e preceduto da un’insolita ma interessante scena. Francis porta Reba in un ambulatorio veterinario, conce dendole un’esperienza unica: le fa accarezzare, con il consenso del veterinario, una tigre anestetizzata. Scena alquanto insolita ma, al tempo stesso, accattivante, che funge da spartiacque tra l’anormalità e la furia omicida di Dollarhyde e la normalità e la bontà di Reba, e con la quale Mann riesce a far trapelare un resi duo di umanità dall’assassino. Arrivati a casa Francis comincia a vedere i filmini delle famiglie da lui eliminate30 ma Reba, l’unica persona che sembra placare il bisogno di uccidere del Dragone rosso, distoglie l’attenzione di Francis dai filmini e i due passano la notte insieme. L’istinto omicida sembra sopito dopo la notte passata insieme a Reba ma ben presto la mente insana di Dol larhyde, spinta da un’allucinazione e dalla gelosia, lo porterà ad uccidere un collega di Reba ed a rapire quest’ultima con l’intento di ucciderla per averlo tradito. È il finale del film che fa emergere tutto lo stile di Mann. Quando ormai manca mezz’ora al nuovo plenilunio e, quindi, ad un’altra potenziale strage di innocenti, Graham ha un’illumina zione: avvia una ricerca su dove siano stati sviluppati i filmini amatoriali delle famiglie. Da ciò si arriva ad un negozio della Getaway e, dopo aver sottoposto ad analisi le carte di identità dei vari dipendenti, l’unica persona che ha riscontri con le uniche prove biologiche in possesso dell’FBI (un capello biondo, le im
30 Stessa azione, stesso complesso da voyeur che inebria il protagonista de L'occhio che uccide nel rivedere più volte i filmini, da lui girati, delle sue vittime. Non è l’unico punto in comune che Mark Lewis ha con Francis Dollarhyde: anche l’operatore cine matografico trova, in qualche modo, un “risanamento” dalla sua furia omicida, cono scendo e frequentando la ragazza che vive insieme a sua madre nel suo stesso edificio.
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pronte di scarpe e l’altezza approssimativa) è Francis Dollarhyde. Adesso, così come lo spettatore, Graham ha finalmente il volto e il nome del suo “avversario”.
1.6 Nemesi: Poltro da eliminare
Così come la parte finale di Strade violente, negli ultimi dieci minuti della pellicola Mann esplica il suo stile, mettendo in sce na la resa dei conti finale. Graham, arrivato insieme a Crawford ed ai poliziotti alla casa di Dollarhyde, vede che il killer sta per uccidere Reba con un frammento di specchio e, senza perdere tempo, sfonda col suo stesso corpo la vetrata che lo separa dal killer entrando, così, nella dimora del mostro tappezzata da gi gantografie di scenari lunari e spaziali, che sembrano usciti da orrori di lovecraftiana memoria, rappresentanti la foiba e il delirio del killer. Come Frank di Strade violente e Glaeken Trismegestus (Scott Glenn) in La fortezza, Graham può finalmente regolare i conti con il suo doppio. Dollarhyde sfregia Graham su entrambe le guance con il pezzo di specchio, così come se volesse immor talare sulla pelle di Graham questo momento e, dopo averlo sca raventato facendogli perdere i sensi e, armatosi di fucile a pompa, risponde al fuoco, uccidendo, dei poliziotti che sono accorsi sulla scena. Quando toma indietro, ferito, per completare ciò che ha iniziato, Graham, ripresosi, lo fredda a revolverate (identica azio ne che la già citata Clarice Starling farà con Buffalo Bill nel finale del II silenzio degli innocenti). Così come il dottor Jekyll riesce ad uccidere Mr. Hyde, Gra ham uccide il Dragone rosso/Dollarhyde ma, a differenza dei per sonaggi stevensoniani, che sono condannati entrambi alla morte, il bene prevale sul male e Graham rimane in vita. L’ultima scena vede il ritorno di Graham da sua moglie Molly e suo figlio Kevin (David Seaman) che lo aspettano sulla spiaggia. I tre si stagliano 54
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sullo sfondo del mare, simbolo di pace interiore e di immensità; pace che finalmente Graham ha ritrovato fuori e dentro di sé, in special modo nella sua mente. Uccidendo Dollarhyde, Graham è come se fosse rinato, riportando tutta alla normalità ma, cosa an cora più importante, ha chiuso definitivamente i conti con i suoi spettri interiori del passato, annichilendo il baratro della follia. Nonostante sia un film incentrato su un serial killer e sull’uo mo che gli dà la caccia, Manhunter entra a pieno titolo nel filone del thriller metropolitano inaugurato da Mann, perché porta con sé tutte le caratteristiche di questo genere. Ma bisogna ammet tere che il film è qualcosa di nuovo. Si può ritenere, a maggior ragione, il capostipite dei nuovi film incentrati sui serial killer che sarà continuato da Demme con II silenzio degli innocenti e rinnovato da David Fincher con l’assassino/punitore biblico di Seven (Se7en, 1995) e da Wes Craven con la saga slasher31, “metacinematografica” e citazionista inaugurata da Scream (id., 1996)32 per poi arrivare, agli anni Duemila, alla rappresentazio ne del serial killer (per noia) e yuppie di Mary Harron nel suo American Psycho (id., 2000), e successivamente virare verso una deriva decisamente splatter e granguignolesca rappresentata da Saw - L'enigmista (Saw, 2004, di James Wan) e dai suoi, ripetitivi e svariati sequel, per infine approdare alle ricostruzioni storiche e cronachistiche di serial killer realmente esistiti messe in scena nuovamente da Fincher in Zodiac (id., 2007), e alla politica dei vari remake3334 e reboot3* (tra l’altro, nel 2002, Brett Ratner dirigerà
31 Sottogenere del cinema horror in cui un omicida seriale elimina le proprie vittime utilizzando armi da taglio, ndt. 32 A cui fanno seguito, in ordine cronologico, Scream 2 (id., 1997), Scream 3 (id., 2000) e Scream 4 (id., 2011), tutti diretti da Wes Craven.
33 Rifacimento di un’opera, ndt. 34 Riavvio di una serie o saga, ndt.
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il remake di Manhunter. Red Dragon - id.) degli omonimi film di Cunningham e Craven: Venerdì 13 (Friday the 13th, 2009) di Marcus Nispel e Nightmare (A Nightmare on Elm Street, 2010) di Samuel Bayer. Ma, al di fuori del genere e delle sue evoluzioni, «Manhunter è l’opera più sorprendente di Mann: quella in cui, puntando l’obiettivo per scrutare il reale, più vi si specchia dentro come i suoi personaggi; quello in cui più alto vibra il “suono in teriore” della forma»35. A differenza del finale di Strade violente, si potrebbe dire che la riconciliazione finale di Manhunter, quella tra Graham e la sua famiglia, sia una certezza, una conferma. Strade violente finiva con il futuro incerto di Frank e del cinema ma con Manhunter la fine è un nuovo inizio: il film è uno degli ultimi grandi degli anni ’80 che ha dato forma al cinema che, avendo superato il suo periodo incerto, finalmente ha ritrovato la giusta strada e sa cosa diventerà.
35 A. Borri, cit., p. 110.
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2. Caccia senza fine: Heat - La sfida
Con Strade violente e Manhunter - Frammenti di un omicidio, si è assistito al rinnovamento di un genere. Ma il thriller metropo litano manniano, per affermarsi pienamente nella cinematografia contemporanea e per far comprendere appieno le caratteristiche che lo rendono un genere unico, dovrà attendere fino al 1995 (anno che, tra l’altro, vede la nascita di altri grandi film): i dram matici Dead man walking - Condannato a morte (Dead Man Walking) di Tim Robbins e Via da Las Vegas (Leaving Las Vegas) di Mike Figgis; il biografico Apollo 13 (id.,) di Ron Howard, il fantascientifico e distopico Strange Days (id.,) di Kathryn Bige low, l’imprevedibile thriller I soliti sospetti (The Usual Suspects) di Bryan Singer, il già citato Seven di David Fincher; Casinò (Ca sino) di Martin Scorsese, 1’altro grande thriller metropolitano d’azione firmato John McTieman, Die Hard - Duri a morire (Die Hard With a Vengeance)1 e, infine, il primo, grande innovatore e apripista dei film di animazione digitale computerizzata Toy Sto ry - Il mondo dei giocattoli (Toy Story) di John Lasseter quando Mann, dopo il successo de L'ultimo dei Mohicani (The last of the Mohicans, 1992), riprenderà in mano una delle sue più lunghe e robuste sceneggiature, dando vita, così, a quello che critica e pubblico considerano il suo capolavoro: Heat-La sfida (Heat). «Parlare di Heat è parlare del cinema di Michael Mann. Heat1
1 McTieman aveva già diretto il primo episodio della saga di Die Hard, ovvero Trap pola di cristallo, ndt.
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è il testo in cui si coagulano tutte le sue idiosincrasie d’autore»2.
2.1 Pallottole e morte nella città degli angeli
Heat, così come Strade violente, comincia con una rapina ma, questa volta, ad un portavalori e in pieno giorno per le strade di Los Angeles. La banda, capeggiata da Neil McCauley (Robert De Niro) esegue il colpo con maestria mettendo in campo doti e tec niche paramilitari e riuscendo, così, ad impadronirsi delle azioni al portatore che il furgone trasportava. La situazione sembra sotto controllo fino a quando Waingro (Kevin Gage), testa calda nonché ultimo arrivato nel gruppo, uccide una delle guardie solo perché lo fissava. Neil, insieme agli altri due componenti della sua banda Chris Shiherlis (Val Kilmer) e Michael Cheritto (Tom Sizemore), sono costretti ad uccidere le altre due guardie ed a dileguarsi insie me al loro autista Trejo (Danny Trejo) prima che arrivi la polizia. Dopo il colpo, l’azione si sposta all’interno di un appartamento di Los Angeles, ove il tenente della sezione rapine e omicidi della po lizia di L.A. Vincent Hanna (Al Pacino) saluta sua moglie Justine (Diane Venora) e la sua figliastra Lauren (Natalie Portman) per poi recarsi al lavoro. Sarà proprio Vincent che, arrivato sul luogo della rapina si occuperà, insieme alla sua squadra, del caso. Vincent non può fare a meno di riconoscere la professionalità di chi ha effettua to il colpo e, ragionando, riesce a dedurre le motivazioni che hanno spinto i rapinatori ad uccidere le guardie di scorta. Da qui comincia la “caccia” ossessiva da parte di Vincent verso i rapinatori, che lo porterà ad incontrarsi e scontrarsi con la sua nemesi, ossia Neil. Con questo spettacolare incipit3, Mann proietta lo spettatore
2 A. Borri, Michael Mann, 2000, p. 165. 3 Spettacolare e realistica, la rapina con cui si apre Heat è, molto probabilmente, una
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2. Caccia senza fine: Heat - La sfida
all’interno del mondo di Heat\ un mondo fatto di personaggi ognu no con una propria storia, che si muovono all’interno di una Los Angeles spinottiana notturna quanto diurna. La storia e la presenza di un grande cast fanno la grandezza di Heat ma, ciò che lo rende ineguagliabile, è la volontà di Mann nel riunire nello stesso film i due mostri sacri del cinema della New Hollywood'. Robert De Niro e Al Pacino. «I due non sono solamente attori di prestigio: sono i simboli viventi di un’intera stagione del cinema americano. [...] Dal che emerge l’ambizione non tanto nascosta di Heat\ es sere “l’ultimo film” del Nuovo Cinema Americano, la sua estrema propaggine negli anni Novanta e, al tempo, la summa del thriller moderno [...]»* 4. Con Heat Mann dà vita alla sua magnum opus,
delle scene (insieme alla seconda rapina del film) che più ha influito sull’immaginario cinematografico e del pubblico negli anni ’90 e, sicuramente, anche degli anni 2000. In teressante è, a proposito, la realizzazione di tale scena. In un’intervista concessa nell’a prile del 1997 ad Alessandro Borri, Dante Spinotti, direttore della fotografia dei film di Mann, ne ha svelato i retroscena: «Abbiamo usato fino a 18 macchine da presa nella scena di Heat in cui il camion attacca il portavalori, comprese tre macchine lipstick video che abbiamo nascosto nel camion. È stata girata una volta sola. Il montaggio del momento dell’impatto poi è avvenuto con 5-6 inquadrature. C’era un meccanismo par ticolare: il camion doveva venire avanti a 25 miglia all’ora, quando colpiva il portava lori esplodevano due cariche che facevano saltare all’interno dei bulloni e partivano due compressori che davano una grossa spinta per rovesciare il camion. Quando si metteva di fianco c’erano quattro ruote d’acciaio, per dare il senso della poderosa spinta dell’at tacco il portavalori continuava a scivolare e spingeva le macchine verso l’autostrada». A. Borri, Tra Caravaggio e Kandinskj: Michael Mann da Manhunter a Heat - Intervi sta a Dante Spinotti, “Close-Up.it - Storie della visione”, aprile 1997, p. 4. 4 Ivi, p. 167. Nonostante Pacino e De Niro abbiano recitato entrambi, nel 1974, nel II padrino - Parte II, i due attori non si sono mai incontrati sul set (si dice che la causa stia in alcuni motivi concorrenziali tra i due) né tantomeno nel film di Coppola hanno condiviso un’unica scena, visto che interpretavano personaggi in lassi temporali diffe renti. Con 1’incontro e l’unione dei due attori sul set di Heat, Mann ha dato vita ad un evento epocale che ha fatto storia nel cinema. Evento che è stato ripetuto, anche se in tono minore, nel 2008 da Jon Avnet riunendo De Niro e Pacino nel thriller-poliziesco Sfida senza regole (Righteous Kill).
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sia per contenuti sia per mole (ma anche per durata)5, del thriller metropolitano', la storia di ampio respiro, i numerosi personaggi, Fintrecciarsi degli eventi, le ambientazioni urbane quasi stermi nate, portano alla rinascita del film totale nonché all’applicazione del «kolossal thriller»6. Gli elementi che rendono il film tale, sono proprio i personaggi e gli eventi che consegnano allo spettatore, nonostante si tratti di un thriller metropolitano - un senso di asso luta e armoniosa coralità (quella coralità di cui Robert Altman ne è il maestro: basti pensare ai suoi Nashville - id., 1975 e ad America oggi - Short Cuts, 1993, e di cui Paul Thomas Anderson, Magnolia - id., 1999, Paul Haggis, Crash — Contatto fisico - Crash, 2004, e in parte anche Spike Lee, Fa'la cosa giusta - Do the Right Thing, 1989 ne sono i diretti eredi). E rimanendo sul piano della coralità Mann, per ogni personaggio, si concede una digressione; quest’ul tima lo porta a svolgere un’attenta analisi sul destino.
2.2 Le strade del destino
I personaggi che creano e permettono il compiersi del proprio e dell’altrui destino, sono Vincent e Neil: Heat è un film circolare in questo senso: ciò che fa vedere all’i nizio è un segno della progressione degli eventi, sia per Neil che per Vincent. Con un’inquadratura dall’alto, poco dopo l’in cipit, vediamo Neil che cammina lungo una grossa freccia gial la disegnata sull’asfalto. È come se quella freccia fosse un sug-
5 Per durata e vasto numero di contenuti e, soprattutto, per la presenza di tempi lunghi e dilatati, Heat fa balzare alla mente il confronto con l’ultimo e grande capolavoro del nostro caro Sergio Leone, ovvero quel C’era una volta in America (Once Upon a Time in America, 1984) entrato di diritto nella grande storia del cinema. 6 Ivi, p. 168.
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gerimento di direzione da prendere per evitare la morte: Neil, andando in senso opposto , ci fa capire che le cose per lui da quel momento precipiteranno verso una caduta inarrestabile7.
Dopo il colpo Neil incontra Nate (Jon Voight), suo fidato amico nonché basista del gruppo, che gli consiglia di rivendere le azioni al portatore rubate al legittimo proprietario, Roger Van Zant (Wil liam Fichtner). Nate, inoltre, propone a Neil, dietro informazioni di Kelso (Tom Noonan), un grosso colpo ad una banca. Neil ac cetta ma prima deve cercare di porre rimedio all’errore del colpo. D’accordo con il resto della sua squadra tenta di uccidere Waingro nel parcheggio di un locale ma, il passaggio in strada di un’auto della polizia dà a quest’ultimo l’occasione per scappare. La fuga di Waingro contribuirà alla caduta di Neil ma, tuttavia, il fato sembra voler offrire a Neil un’occasione per poter chiudere con questa vita. In una tavola calda incontra Eady (Amy Brenneman), im piegata presso la libreria da lui frequentata. Neil, inizialmente re stio, dice alla donna di essere un commerciante di metalli preziosi. Andati nell’appartamento di lei (ove, in seguito, trascorreranno la notte insieme), Neil e Eady si spostano sul terrazzo per parlare di loro stessi e per conoscersi meglio. Qui avviene il primo dei tanti incontri tra personaggi; incontro, questo, dominato dallo sfondo notturno della città di Los Angeles, illuminata da migliaia di pun tini luminosi. In questa scena Mann, con la macchina da presa, è come se volesse abbracciare la città insieme a Neil e Eady, cercan do di creare quel pathos urbano tra uomini, donne e città8.
7 P.M. Bocchi, Michael Mann, 2002, pp. 85-86. 8 La città di Los Angeles diventa, nel film di Mann, una vera e propria protagonista. Il re gista di Chicago non esita a mostrare le diramazioni urbane e metropolitane della grande città degli angeli. Luminosa di giorno, la Los Angeles manniana la è anche di notte, illu minata da centinaia di migliaia di luci, pulsante e viva, diversamente dalla Los Angeles cupa, “infernale”, senza apparenti vie di fuga, e salvazione di Friedkin in Vivere e morire a
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Per Vincent, invece, la causa della sconfitta risiede proprio in Neil e nella dedizione al caso della rapina e al suo lavoro: tutti elementi che lo porteranno a fallire sul piano della vita privata. Vin cent brancola nel buio ma, così come per Neil, il destino gli conce de un’occasione: attraverso un suo informatore viene a conoscenza dell’identità di uno dei membri del gruppo che ha assaltato il portavalori. Mann, con maestria, riesce ad intrecciare i destini di Vincent e di Neil con un tocco di casualità lungo tutto lo svolgimento del film. E vero che Heat è il film, di tutta la filmografia manniana, che presenta il più elevato numero di personaggi, tuttavia è da Neil e Vincent che le vicende prendono vita e si intersecano. Intorno a loro ruota tutto un microcosmo dii figure ma, il perno su cui ruota questo piccolo universo è rappresentato da loro due, Vincent e Neil, che sono reciprocamente gli artefici dell’uno e dell’altrui destino. Analisi del fato a parte, Heat, così come Manhunter, è un film sul vedere. Mann concede allo spettatore la possibilità di vedere la storia dai diversi punti di vista con una novità. A differenza dei suoi precedenti lavori, Mann inserisce la visione del mondo attraverso gli occhi delle donne. Ebbene, in un film ove il maggior numero di personaggi sono uomini, vi sono donne che hanno un ruolo di primo piano; ruolo che dimostra agli uomini come il mondo e la vita ma schile siano, a volte, vuoti e vacui. Ed ecco che, in Heat, emergono tutta una serie di figure femminili che hanno un ruolo alla pari come le loro controparti maschili: Eady, la ragazza qualunque che cambia di colpo la vita del minimalista Neil; Charlene (Ashley Judd) la mo
Los Angeles, o da quella pervasa dalla corruzione e dai doppi giochi di LA. Confidential (id., 1997, di Curtis Hanson). La Los Angeles ripresa da Mann si distanzia dalla metropoli sconvolta dalle guerre tra bande di Colors — Colori di guerra (Colors, 1988, di Dennis Hopper) ma anche da quella nevrotica e sull’orlo del punto di non ritorno rappresentata da Joel Schumacher in Un giorno di ordinaria follia (Falling Down, 1993) e da quella multietnica,.renq/bba e razzista di American History X (id., 1998, di Tony Kaye). Nonostante nella L.A. manniana Bene e Male, legge e crimine convivano, la città, nel suo insieme, appare come un luogo equilibrato, in armonia, con tutto ciò che la circonda.
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glie di Chris, che lo tradisce e litiga sempre con lui a causa dei suoi problemi con il gioco d’azzardo ma che, per amore del loro figlio, in qualche modo lo perdona; Justine, terza moglie di Vincent, che ama il marito (ma al tempo stesso lo tradisce perché insoddisfatta) ma al quale non perdona tutte le mancanze di attenzioni della vita coniugale e la sua eterna ossessione e dedizione al lavoro. Oltre che per lo svolgimento della trama, i punti di vista sono, per Mann, spunti di riflessione. Ogni sequenza, ogni visuale, ogni sguardo traspirano quell’amore per il cinema che, con l’avvento de gli anni Settanta, si era smarrito. Heat riporta in auge il classicismo del cinema hollywoodiano aggiornandolo, tuttavia, agli anni No vanta. Mann riunisce un insieme di caratteristiche e aspetti del ci nema, unendoli alle nuove idee del cinema contemporaneo. Infatti: Heat [...] ha l’aura di un classico senza tempo, e come tutti i classici va al di là delle categorie contingenti [...]. Mann fa i conti con la storia del thriller, ne riassume tutte le possibili varianti. Ma con naturalezza [...]; semplicemente, le situazioni topos si adattano alla narrazione perché vi sono da sempre com prese: la funzione storica di Heat è un po’ simile a quella che Piccolo grande uomo ebbe per il western negli anni Sessanta. Il regista convoglia con nonchalance tutta una serie di riferimenti filmici, eletti a sostrato storico della suo nuova impresa. Sin dal titolo, dove spicca il richiamo a White Heat (La furia umana), grande classico di Raoul Walsh [...]. C’è Peckinpah: l’este nuante, amichevole caccia a distanza alla Pat Garrett e Billy the Kid (Pat Garrett & Billy the Kid, 1973)9. C’è Scorsese, quello di Quei bravi ragazzi e Casinò, per l’analisi dettagliata delle meccaniche del crimine [...]. C’è tanto John Woo: il melò [...] e il rapporto poliziotto - criminale, fulcro di The Killer [...].
9 Aggiunta del titolo originale fatta dall’autore, ndr.
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Vi è il rimescolamento delle coordinate Bene - Male che è alla base della tradizione noir [...]. La sua cultura è classica, attenta alle sfumature e al verosimile. Ma il rispetto, le attestazioni di stima, la fratellanza ideale tra Neil e Vincent - e il rispetto, la commossa partecipazione di Mann nei loro confronti - rivela lo stesso modus operandi. [...] C’è ancora in Heat, lo struggi mento, la ricerca del pathos dell’altro grande film romantico anni Novanta: Carlito’s Way di De Palma [...]. Altro confronto ineludibile, quello con i film di rapina (heist movies) del pas sato, sub-genere dai collaudati stilemi all’interno del thriller1011 .
Tutto un insieme di aspetti e caratteristiche che prendono vita nello svolgimento della storia. Come quando Neil, dopo aver con cordato con Van Zant lo scambio di denaro in cambio delle azioni, si reca al punto d’incontro; una terra di nessuno desolata, lontana dalla città e dalla civiltà. L’incontro è una trappola. Tuttavia Neil, non im preparato e coperto da Chris e Michael, uccide i sicari mandati per eliminarlo. Adesso, oltre a Waingro, c’è un altro conto da regolare. Non è difficile, in questa sequenza, rintracciare la similitudine con il genere western™ e con il duale di deleuzeiana memoria12.
10 A. Borri, cit., pp. 168,169,170,171.
11 Così come in Gli intoccabili (The Untouchables, 1987) di De Palma, considerato dai Morandini «[...] un gangster-film nelle cadenze di un western urbano [...]» ma anche ne I guerrieri della notte (The Warriors, 1979) e Ancora vivo (Last Man Stan ding, 1996) di Walter Hill, anche Mann non esita ad utilizzare le ambientazioni urbane (metropolitane e non) come terreno di scontro per le rese dei conti. Fin dai classici del genere western Ombre rosse (Stagecoach, 1939, di John Ford) e Mezzogiorno di fuoco (High Noon, 1952, di Fred Zinnemann), passando per lo spaghetti western Per un pu gno di dollari (id., 1964, di Sergio Leone), fino alle derive del neo western, le rese dei conti (finali e non) sono state l’apice, il fulcro principale della filmografia appartenente al genere. Nonostante Heat sia un film ambientato ai giorni nostri, Mann omaggia il duello del cinema western con grande maestria. 12 Si veda Gilles Deleuze, Cinema. Vol. 1: L’immagine- movimento, 1984, pp. 167-186.
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Così come è impossibile non ritrovare la classicità del polizie sco quando, dopo esser venuti a conoscenza dell’identità di uno dei componenti del gruppo di rapinatori, ovvero Michael, Vincent e la sua squadra cominciano a pedinare Neil e i suoi compagni. Nella scena del ristorante, nel quale sono riuniti Neil e i suoi uo mini con le rispettive famiglie (scena, questa, che presenta uno dei tanti momenti introspettivi del film, con Neil che vedendo i suoi uomini uniti con le loro famiglie e, così, sentendosi solo, si alza dal tavolo e telefona a Eady, dicendole se possono nuo vamente vedersi)13, Vincent è lì fuori, appostato insieme ai suoi uomini su un edificio di fronte, ostinato a identificare il resto del gruppo. Quando Neil e gli altri lasciano il ristorante, finalmente Vincent e i suoi hanno la conferma dell’identità dei rapinatori; tuttavia l’unico a loro sconosciuto è proprio Neil, il leader. Da questo momento, per Vincent, Neil è una preda alla quale darà la caccia. Vincent cercherà di incastrare Neil, Chris e Michael du rante una rapina notturna ad un deposito di platino. Ma il rumore prodotto dalla sbadataggine di un poliziotto nascosto insieme a Vincent e agli altri all’interno di un container, mette in allarme Neil e i suoi che, essendo già a conoscenza di essere pedinati, lasciano perdere senza portare via niente. In questa scena avviene il primo faccia a faccia tra Vincent e Neil: Vincent guarda sul mo nitor Neil e, nel momento in cui Neil sente il rumore provenire dal container, quest’ultimo guarda proprio nella direzione del contai-
13 Questo momento introspettivo trova la sua controparte nella cena di Vincent e colle ghi con rispettive famiglie. Solo che, se per Neil una telefonata serve per farlo sentire meno solo, una chiamata di servizio, legata all’omicidio di una prostituta uccisa proprio dal cane sciolto Waingro che, nel frattempo, comincia a mostrare segni di squilibrio, porta Vincent a lasciare sola la moglie insieme ai suoi colleghi con rispettive consor ti. Questo costerà a Vincent, dopo il ritorno dalla scena del crimine, un duro scontro verbale con sua moglie Justine la quale, a sua volta, conoscerà il cinismo e la durezza del carattere di Vincent, fondamentale per sopravvivere al suo lavoro, in una giungla urbana ove ogni giorno deve entrare in contatto con il sangue e la morte.
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nei, apparendo sul monitor come se guardasse proprio Vincent. Adesso tocca a Neil muovere. Facendosi pedinare di giorno Neil, con un escamotage, riesce a far giungere in un deposito container Vincent e gli altri, che ben presto si accorgono di essere caduti in una trappola volta a identificarli.. Neil, riuscito a fotografare Vin cent e i suoi, adesso sa chi gli sta dando la caccia. Mann, con manierismo, omaggia i generi del cinema classico senza trascurare i personaggi riuscendo, in queste tre scene inter connesse tra loro, a mettere in rilievo il rapporto poliziotto-crimi nale nonché il rapporto umano che si instaura tra Vincent e Neil. Rapporto che sfocerà in confronto quando Vincent, informato su gli spostamenti notturni di Neil, lo raggiunge, proponendogli di prendersi insieme una tazza di caffè. In questa scena, che vede il faccia a faccia più famoso della storia del cinema, i due personaggi mettono da parte i loro “ruoli effettivi” ovvero quelli professionali, confrontando la propria personalità. Da una parte Vincent, nevro tico, iperattivo, sempre pronto allo scatto14, dall’altra Neil, calmo,
14 Nonostante si dedichi anima e corpo al suo lavoro e alla “caccia” nei confronti di Neal e soci, la “nevrosi” che affligge Vincent è diversa da quella che attanaglia in Capitano di polizia Stanley White in L'anno del dragone (Year of the Dragon, 1985, di Michael Cimino) che, pur di portare a termine il suo obiettivo di incastrare il capo Triade di Chinatown, subisce pestaggi e agguati di vario genere ma non demorde; la nevrosi di Vincent non si avvicina neanche a quella di Richard Chance che in Vivere e morire a Los Angeles va al di là dei poteri che il suo distintivo da agente federale gli conferisce pur di vendicare il suo partner e incastrare colui che gli ha tolto la vita, arrivando a toccare i limiti che portano dalla legalità all’illegalità. Vincent non si ferma mai, è sempre in costante movimento come il Tenente (Harvey Keitel) protagonista del film di Abel Ferrara II cattivo tenente (The Bad Lieutenant, 1992) che si getta a capofit to, seppur sia corrotto e amorale, alla ricerca dei due colpevoli che si sono macchiati di un orrendo crimine. Vincent si avvicina al determinismo del Vicesceriffo Coogan (Clint Eastwood) di L’uomo con la cravatta di cuoio (Coogan’s Bluff, 1968, di Don Siegei) e a quello di Harry Callaghan (sempre Eastwood) in Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo (Dirty Harry, 1971, sempre di Siegei) ma non utilizza i loro stessi metodi brutali. Vincent, per etica e senso del dovere, è simile al Frank Serpico (sempre Pacino) dipinto da Sidney Lumet in Serpico (id., 1973): entrambi sono due ligi e onesti poliziotti, che
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preciso, riflessivo e distaccato. Uno è il contraltare dell’altro. Vin cent e Neil si chiedono reciprocamente se hanno una donna. Vin cent, per tutta risposta, afferma che il suo «terzo matrimonio or mai è irrecuperabile» mentre Neil dice di aver una donna ma, allo stesso tempo, espleta la sua filosofia di vita, ovvero che un uomo come lui «non deve affezionarsi a niente che non possa lasciare in 30 secondi se sente odore di sbirro dietro l’angolo». «Neil e Vincent sono uguali, seppure appaiono tanto diversi. Addirittura nella vita privata Neil è una brava persona, capace di emozioni e sentimenti per Eady [...], mentre Vincent è un disastro, litiga con tutti, è perennemente infuriato edl eccitato ed ha il cervello a mille e l’adrenalina in corpo per tutto il giorno. Eppure hanno una don na che è migliore di loro, che non li abbandonerà nel corso della storia, che darà ad ognuno di loro una chance»15. E un rapporto di stima (ma anche di insolita amicizia) quello tra Vincent e Neil, la stessa, insolita amicizia che si instaura tra il poliziotto Li (Danny Lee) e il sicario professionista John Chow (Chow Yun-Fat) protagonisti di The Killer di John Woo, e che li porterà, alla fine, a combattere, uno di fianco all’altro, contro un comune nemico. Ma anche quella tra i personaggi dell’agen te dell’FBI Johnny Utah (Keanu Reeves) infiltrato nel gruppo di surfisti/rapinatori di banche di cui ne è a capo l’enigmatico e sui generis Bodhi (Patrick Swayze), protagonisti dell’altro, grande film d’azione degli anni Novanta, quel Point Break - Punto di rottura (Point Break, 1991) che ha consacrato Kathryn Bigelow fra i grandi nomi nell’Olimpo di Hollywood. Woo con The Killer mostra, così come Mann fa con Heat, come si possano mettere
devono servire e adempiere i loro doveri. Quindi, quella che attanaglia Vincent non è una nevrosi da “giustiziere” ma è un complesso di dovere e di giustizia che lo porta a dedicare tutto se stesso al suo lavoro.
15 F. Chiacchiari, Heat - La sfida, “Cinefonim” anno 36 n. 1 gennaio/febbraio 1996, p. 59.
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momentaneamente da parte i propri ruoli, i propri ideali, per far fronte comune quando il caso lo chiede, mentre la Bigelow, con Point Break mostra come «[...] si instauri un codice d’onore che Utah osserverà [...] nei confronti dell’“avversario”»16. Nonostan te ci si possa anche immedesimare in queste amicizie “alternati ve” sia nel film della Bigelow, sia in quello di Woo (così come nel film di Mann), l’amicizia tra poliziotti e criminali è destinata - in modo tragico o no - a terminare) ma tuttavia, nel momento di sa lutarsi, Vincent lancia un monito a Neil, ovvero che se un giorno dovessero scontrarsi non avrà titubanza a scegliere tra la vita di un povero poliziotto e quella di un ladro e, quindi, a premere il grilletto. Tra tutti gli incontri presenti nel film, quello tra i due perso naggi chiave di Heat è il più carico di pathos nonché di umanità. Un incontro nel quale vengono a galla le debolezze dell’essere uomo. Ma Neil non è un uomo che si dà per vinto. Ostinato a portare a segno il colpo della banca, anche se ha proposto a Eady di andare a vivere insieme in Nuova Zelanda, Neil chiede ai suoi uomini se sono con lui fino in fondo. Chris e Michael non hanno titubanze, l’unico a ritirarsi è Trejo, che afferma di non riuscire a liberarsi dalla polizia che lo pedina. Neil rimedia un nuovo au tista, Donald Breedan (Dennis Haysbert), che conosce dai tempi passati in prigione a Folsom.
2.3 La città come luogo di scontro Il grande colpo ha inizio: la rapina procede con precisione mil limetrica e senza intoppi. Ma una soffiata fatta da Hugh Benny
16 M. Carobelli, Kathryn Bigelow. La compagnia degli angeli. Percorsi e sogni di una regista americana, 2005, p. 63.
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(Henry Rollins), faccendiere di Van Zant nonché informatore del la polizia, avvisa Vincent e i suoi della rapina in corso e, così, si recano subito sul posto. Ed è nella sequenza della rapina che Mann eleva alla massima potenza il thriller metropolitano. Con l’arrivo di Vincent e la polizia si scatena T inferno: lo scontro a fuoco è inevitabile e le pallottole cominciano a sibilare nell’aria. Neil cerca di fuggire con i suoi ma l’autista viene mortalmente colpito. Non resta che fuggire a piedi. Lì, nelle strade e nel traffi co della città degli angeli, Vincent e Neil si confrontano, creando il caos intorno a loro due. Mann trasforma la città, per l’occasio ne, in una grande arena di scontro17: i civili coinvolti nello spara toria cercano di ripararsi o fuggire mentre la polizia risponde al fuoco, ma gli agenti non possono far nulla contro le raffiche dei fucili d’assalto di Neil e soci. Solo Vincent e il suo team, giunti sul posto armati anch’essi di fucili d’assalto, riescono a tenere te sta ai rapinatori ed a corrergli dietro. Ma, ciononostante, molti po liziotti, tra cui Bosko (Ted Levine) membro del team di Vincent, cadono sotto il fuoco dei rapinatori mentre le auto della polizia vengono ridotte a veri e propri rottami18. Chris viene ferito ma Neil lo soccorre riuscendo, insieme, a fuggire dalla polizia a bor do di un’auto. Michael, invece, prende in ostaggio una bambina
17 Come, in scala “molto” ridotta, aveva fatto Kathryn Bigelow nel 1990 con il finale di Blue Steel - Bersaglio mortale (Blue Steel), nel quale la poliziotta Megan Turner (Jamie Lee Curtis) attua la resa dei conti finale con il suo compagno psicopatico e assassino Eugene Hunt (Ron Silver) per le strade della città di New York. 18 Come attentamente e giustamente osserva Alessandro Borri nel suo Michael Mann, «con la scena [...]» della «[...] famosa sparatoria in strada, entriamo nel campo dei massacri ipercinetici, il cui modello di riferimento è il Peckinpah de II mucchio selvag gio. In meno di sei minuti si susseguono piùi di duecento inquadrature. [...] La precisio ne balistica dei tagli dà un’impressione di lucida frenesia. Inoltre la situazione è assai più verosimile di come potrebbe sembrare a caldo (Mann ha avuto come consulente Andy McNab, eroe della guerra del Golfo): i banditi sono preparati, la polizia, allertata all’improvviso, ha armi leggere rispetto ai potenti mitra degli altri e ha paura di colpire innocenti». A. Borri, cit., pp. 201-202.
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ma, inseguito da Vincent, viene freddato, in un tesissimo e, all’ap parenza, infinito ralenti, con un colpo in testa da quest’ultimo. Heat è allora un thriller metropolitano dove «[...] Mann si in venta la più straordinaria scena di rapina che si sia mai vista al cine ma. Lunga, estenuante, cruenta, atroce, sanguinaria, infinita. Girata per le strade vere e in una banca vera [...] è costruita con una geo metria e dei tagli di montaggio tali da far partecipare all’azione, da far sentire lo spettatore al centro di quell’incredibile ed estenuante sparatoria per le vie di Los Angeles»19. E il girar le scene non su un set ma in una location urbana reale20, fa sembrare i personaggi come avvolti dalla città, dalla sua urbanità, quasi come se fossero un tutt’uno, un unico essere. L’uomo e la città, questo è il binomio essenziale che per Mann sta alla base del thriller metropolitano. Parlando di thriller metropolitano, è giusto affermare che: Heat rientra nella categoria dei grandi film urbani, pronun ciando l’ultima parola sulla città degli angeli, costituzional mente legata al noir da II grande sonno (The Big Sleep, 1946, di Howard Hawks)21 a LA. Confidential. L’abbiamo vista va riopinta e ludica in Omicidio a luci rosse (Body Double, 1984, di Brian De Palma)22, crudele e dispersa in Vivere e morire a Los Angeles [...]. Mann dipinge una L.A. nobilmente ecletti ca, dai capannoni industriali del porto alle terrazze affacciate sul mare di luci, dai centri degli affari a quelli della mala vita [...]. Mann riveste di eternità la fuggevolezza delle im
19 Ivi, p. 60.
20 Sempre Spinotti, nell’intervista concessa a Borri, afferma che «la location è [...]» per Mann «[...] fondamentale perché deve: portare, non attraverso il realismo ma at traverso qualcos’altro, a una situazione di emozione di tensione». A. Borri, cit., p. 2. 21 Aggiunta del titolo originale fatta dall’autore, ndr.
22 Aggiunta del titolo originale fatta dall’autore, ndr.
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pressioni urbane, riempie i primi piani con geografie di volti, quindi allarga a indagare le distanze delle notti losangeline con la stessa visione, chiara e duttile2324 .
E il realismo, il senso di partecipazione e immersione audio visiva totale dai quali viene avvolto lo spettatore, è anche dato dalla scelta registica di Mann di seguire i personaggi, durante la sparatoria, di fianco con la steadìcam, consegnando un punto di vista a 34 (poco sopra la spalla) che rende il taglio d’azione cine matografico ancora “più reale” della realtà, mostrando come si spari e ricarichi durante un poderoso scontro a fuoco come quello mostrato in Heatn.
2.4 Deviazioni di rotta e rese dei conti
Nell’ultima mezz’ora di Heat, gli eventi prendono un’acce lerazione iperbolica. Vincent, che in precedenza ha sorpreso sua moglie con un amante e quindi ha rotto con lei, si reca, dopo l’estenuante scontro armato, nella sua stanza di albergo, trovando
23 A. Borri, cit., p. 207.
24 «La messa in scena dell’azione nei miei film non è mai casuale, fa parte integrante della storia. Nessuna velleità adrenalinica in queste scene, ma solo la decisione di rap presentare qualcosa di consolidato nei personaggi e nella realtà filmica. Ogni movimen to e ogni inquadratura è predeterminata, connessa come il luogo in cui essa si svolge. C’è voluto molto a pianificare la scena di Heat: abbiamo portato i ragazzi a sparare in un campo di tiro, con proiettili veri e con veri militari; così, quando abbiamo girato, gli attori sapevano esattamente cosa aspettarsi e come muoversi [...]. Dal punto di vista della storia mi interessava mostrare lo scontro e l’efficienza di questi due professionisti [...]». N. Lazzerotti, Lezioni di cinema - Michael Mann, “Close-Up.it - Storie della visione”, ottobre 2011, pp. 2-3. Nel corso degli anni ’90 nessuno è riuscito a eguagliare la scena d’azione di Mann e, per rivedere al cinema scene d’azione di tale consistenza, bisognerà attendere il 1998 quando John Frankenheimer porterà sul grande schermo Ronin (id.).
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in bagno la figliastra Lauren che ha tentato il suicidio a causa delle trascuratezze del vero padre. Vincent presta i primi soccorsi a Lauren, pregando che sopravviva e, mentre corre in ospedale, avverte Justine che subito lo raggiunge. Il folle gesto di Lauren, in tutta la sua tragicità, dà la possibilità a Vincent di riunirsi con sua moglie ma, cosa più importante, è che per un attimo Vincent prende coscienza della propria vita. Nel frattempo Neil sa che qualcuno ha tradito; messo al sicuro Chris, Neil si reca da Trejo trovandolo in fin di vita. Quest’ultimo gli dice che Waingro lavora per Van Zant e che è stato lui a far fal lire il colpo. Saputo ciò che voleva, Neil mette fine alle sofferenze dell’amico e si reca da Van Zant e lo uccide. Adesso non resta che fuggire e lasciarsi alle spalle tutto, tranne Eady. Tornato da lei, che nel frattempo ha appreso dai notiziari della rapina e della spa ratoria, Neil le confessa il suo vero lavoro e la convince a fuggire. Mentre si trovano in auto per raggiungere l’aeroporto Neil viene contattato via cellulare da Nate, che lo informa che Waingro si trova nell’hotel dell’aeroporto. La rabbia e la necessità di pareg giare i conti portano Neil a deviare il suo percorso. Come Frank di Strade violente, Neil è un uomo che non ha più tempo (lo afferma lui stesso, più volte, durante il film) ma, per la vendetta, trova il tempo necessario. Entra nell’hotel, si traveste da addetto della se curity e, facendo scattare l’allarme antincendio, nel caos totale ri esce ad entrare nella stanza di Waingro ed a ucciderlo, non prima di averlo obbligato a guardarlo negli occhi. Vincent viene avvisa to dell’emergenza all’hotel dell’aeroporto che, tra l’altro, era già tenuto sotto controllo dalla polizia, a seguito dell’arresto di Hugh Benny, il quale ha confessato a Vincent dove si trovava Waingro. Vincent si scusa con sua moglie ma quest’ultima lo giustifica, lasciandogli svolgere il proprio lavoro. Arrivato sul posto Vincent nota, tra tutta quella baraonda, un’auto ferma e, subito dopo, vede Neil uscire dall’hotel. Un sorpreso Neil scorge Vincent; ormai braccato guarda un ultima volta Eady, lasciandola lì da sola, ap74
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plicando quel mantra che ha ripetuto per tutto il film. Vincent si butta all’inseguimento di Neil. La resa dei conti, il duello finale tanto cercato tra i due avviene, vicino una delle piste dell’aero porto, nel buio della notte interrotto, solo per alcuni secondi, dalle luci di segnalazione per gli aerei. I due si sparano addosso, senza colpirsi poiché nascosti entrambi dall’oscurità. Nel momento in cui si avvicina alle spalle di Vincent, Neil viene tradito dalle luci che, accendendosi al momento sbagliato, proiettano la sua ombra. Vincent la vede e si volta velocemente, sparando a Neil che si accascia su alcuni bidoni. Avvicinandosi a Neil, che gli ricorda la promessa fatta nel loro incontro nella tavola calda - ovvero che non sarebbe mai più andato in prigione - Vincent gli concede un ultimo gesto che tutti vorrebbero ricevere prima dell’addio finale: Vincent (sulle toccanti note extradiegetiche di God Moving Over the Face of the Waters del compositore Moby), tiene la mano ad un Neil ormai morente. È un gesto di pietà, quella pietà già mostrata con l’omonima statua presente all’inizio del film e, alla quale, Neil passa di fianco. Ma è anche il suggellamelo di rispet to reciproco. Allo stesso tempo, però, la stretta di mano è un ge sto di rassegnazione; rassegnazione che traspare e si carpisce dal volto di Vincent e dal suo sguardo25 che volge all’orizzonte, certo di aver adempiuto al suo compito ma incerto sul proprio futuro26.
25 Lo stesso sguardo di rassegnazione è rintracciabile sul volto di Deke Thorton (Robert Ryan) capo dei bounty killer in II mucchio selvaggio: arrivato sul posto della famosa sparatoria finale, e vedendo il cadavere senza vita ma, quasi, in una posa di morte glo riosa, di Pike Bishop (William Holden) capo del mucchio, Thorton volge lo sguardo altrove, verso altri confini, rassegnato per aver perso il motivo e l’uomo che lo spinge vano verso una quasi “eterna caccia”. 26 Ma la stretta finale tra i due protagonisti può, a maggior ragione, essere intesa come una metafora sul cinema classico e sul cinema moderno. Heat, come è già stato sug gerito, fonde alla perfezione elementi classici e moderni e quindi, nella scena finale, si potrebbe vedere e leggere altro: il cinema moderno ha vinto sul classico? Oppure è il cinema classico che si è ripreso una rivincit a trionfando sul moderno?
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Possiamo anche credere che il moralismo hollywoodiano non ammetta un cattivo “vincente”, e forse Mann ha “dovuto” chiudere la storia così. Ma Neil ha la morte negli occhi dal la prima inquadratura. Il suo sguardo freddo, gelido, sembra proprio quello di uno che è al di là della vita, al di là dell’es sere umano. Perché dope» aver rinunciato per tutta la storia alle sue vendette personali per dedicarsi al colpo in banca e a deviare la polizia che lo» pedina, dopo aver avuto tutto [...] ed essere tranquillamente a un passo dalla salvezza e da un futuro possibile, perché deve “deviare” per un impossibile e insensata vendetta? Perché, è banale ma è l’archetipo, egli è tendenzialmente un eroe tragico, che racchiude in sé tutto il dramma, il pessimismo dell’uomo di oggi. Un dramma, un vuoto, un’impossibilità ad uscire fuori dagli schemi preconfe zionati che condivide in pieno anche Vincent, che non si “sal va” perché poliziotto, ma perché in qualche modo “redento” dell’uccisione di quel suo ingombrante ed ossessivo doppio. Ma il finale, con Neil morente sanguinante sopra un bidone e Vincent che gli stringe — teneramente - la mano è una delle scene più commoventi che mai un thriller abbia mai avuto. Distrutta la metà cattiva (di se stesso) quella che rimane prova pietà e compassione per quel suo io dilaniato27.
Alla fine di Heat l’unico personaggio che si salva è quello di Chris che, tornando a casa ove lo aspetta una trappola da parte della polizia, viene “salvato” dallo sguardo e da un gesto di Char lene, sua moglie, consentendogli in qualche modo di imboccare la via per la redenzione e per una nuova vita lontana dal crimine e, a caro prezzo, lontana da lei. E un sacrificio, un tacito addio quello tra Charlene e Chris ma che, tuttavia, permette al rapinatore di
27 F. Chiacchiari, cit., p. 60.
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fuggire dalla polizia e da un futuro fatto di prigione. Heat è un film epico in tutta la sua grandezza. E una gran de lezione sul fare cinema. Un poliziesco dai toni malinconici e nostalgici nonché parabola ultima del confronto tra la classicità del cinema e le sue nuove incarnazioni. Ma, «allo stesso tempo, all’interno della filmografia manniana, Heat sarà il vertice di una “trilogia thriller" e la summa dell’opera del regista»28. Heat era ed è ancora oggi il capolavoro del thriller metropolitano nonché il punto di riferimento per le future generazioni cinematografiche, le quali si ispireranno alla grande lezione di cinema di Mann così come ha fatto, nel 2010, l’attore, regista, sceneggiatore e produt tore Ben Affleck, girando e interpretando il film The Town (id.), uno splendido thriller metropolitano nel quale, per trama, storie, personaggi e scene d’azione, sono rintracciabili tutta una serie di rimandi all’opera manniana. Non è nascosto, quindi, che con The Town Affleck ha voluto omaggiare il grande e storico film di Mann.
28 A. Borri, cit., p. 167.
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Mann, negli anni Novanta, porta a compimento quella che può definirsi una trilogia cominciata negli anni Ottanta con Strade violente, proseguita con Manhunter - Frammenti di un omicidio e conclusa con Heat - La sfida, rinnovando il genere del thriller metropolitano. Genere, questo, intriso di stilemi della cinemato grafia hollywoodiana classica. Dopo Heat, Mann mette da parte momentaneamente il thriller da lui tanto amato per esplorare nuo vi confini: quello del cinema di inchiesta e cronachistico con Insi der - Dietro la verità (The Insider, 1999), e quello della biografia sportiva con Alì (id., 2001). Dopo essersi concesso tale parabola registica Mann, nel 2004, segna il suo ritorno al thriller metropolitano aggiornandolo, si potrebbe dire, alla versione 2.0 senza, tuttavia, abbandonare gli elementi caratteristici portanti dei suoi tre lavori precedenti. La sua nuova fatica è Collateral (id.) film sorprendente quanto inno vativo1, ambientato per le strade cittadine e per la maggior parte
1 Una delle grandi novità presenti nel filmi è l’uso del digitale. Infatti per la maggior parte (esclusa una sequenza) l’intera nuova opera di Mann è girata in digitale. Lo stesso digitale che troverà ampio spazio nei successivi Miami Vice e Nemico pubblico. Nicola Lazzeretti, a proposito dell’uso del digitale, afferma che «[...] Mann [...] giustifica la sua scelta proprio in virtù della possibilità tecnica che il digitale consente oggi: vedere colori e luce che in altro modo non potrebbero essere colti, andando oltre i limiti della capacità umana». N. Lazzeretti, Lezioni di cinema - Michael Mann, “Close-Up.it - Sto rie della visione”, ottobre 2011, p. 2.
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all’interno di un taxi2, con il quale Mann inaugura una nuova tri logia del thriller metropolitano della quale faranno parte, in se guito, Miami Vice (id., 2006) e Nemico pubblico (Public Enemies, 2009). Come i suoi precedenti lavori, Collateral è un film di incontri (e scontri) casuali e non, che, così come le vicende narrate, av vengono nell’arco temporale di una sola notte.
3.1 L’imprevedibilità della vita: Collateral Siamo a Los Angeles. Max (Jamie Foxx), autista di taxi che lavora solo di notte, svolge il suo lavoro con precisione e atten zione. Conosce a menadito la città e le sue infinite strade, nonché scorciatoie. Questa sua peculiarità dimostra, fin dall’inizio, come: il cinema di Michael Mann è anche una mappa stradale. I suoi personaggi agiscono in un contesto metropolitano enunciato - da loro, nel film - con una precisione certosina. Nei film di Mann, il personaggio, se deve andare da A a B, lo dice chia ramente, citando zone, vie, quartieri. [...] Ma ciò che preme a Mann non è dimostrare la saggezza da lavoratore onesto di Max, quanto la topografia del contesto in cui egli è e verrà in essere3.
2 Sul binomio città notturna - viaggio in auto sono da citare il capolavoro di Scorsese Taxi Driver, il quale ha mostrato le peregrinazioni notturne e allucinate di Travis Bickle (Robert De Niro) e il più recente Drive (id., 2011) di Nicolas Winding Refn, nel quale la maggior parte delle notti sono «[...] passate; dal protagonista a vagare in macchina» (da “Drive”, di Nicolas Winding Refn di Sergio Sozzo, “Sentieri selvaggi”, 2011). 3 P.M. Bocchi, Città di uomini, uomini di città - Collateral di Michael Mann, “Cinefo nim”, anno 44, n. 9, novembre 2004, p. 13.
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Le panoramiche dall’alto che seguono il taxi solcare le stra de cittadine permettono, allo spettatore, di immergersi in quel contesto, in quell’ambientazione urbana ove prenderanno vita le vicende di Collateral nonché le metamorfosi notturne dei suoi personaggi facendo emergere - allo stesso tempo - le loro carat teristiche psicologiche e personali. Max porta sempre con sé, nell’aletta parasole del taxi, una car tolina raffigurante un’isola tropicale, sulla quale si “ritira” men talmente per qualche secondo ogni volta che le chiacchiere banali di alcuni clienti e la monotonia della vita quotidiana diventano insostenibili, ma anche per fantasticare sul suo sogno: avere una propria compagnia di limousine. Il primo cliente della serata è Annie (Jada Pinkett Smith), un’avvocatessa. Scambiando qual che parola con lei durante il tragitto, Max viene a conoscenza del suo impegno legale contro un’organizzazione criminale. Portata a destinazione nel minor tempo possibile (Max, infatti, ha scom messo che sarebbero arrivati a destinazione in poco tempo) Annie riceve in dono la cartolina da Max e quest’ultima, in cambio, gli lascia il suo numero di telefono. Dopo Annie, sul taxi di Max sale un uomo. Questi dice a Max che è in città per concludere un’importante affare e che deve fare cinque fermate più il ritor no all’aeroporto. Offre a Max seicento dollari per avere il taxi a disposizione tutta la notte. Max, all’inizio titubante, accetta e, suggellando l’affare con una stretta di mano, si presenta al suo cliente, dicendogli di chiamarsi Max e il cliente fa lo stesso: il suo nome è Vincent (Tom Cruise). Alla prima fermata, mentre Max sta aspettando nel retro di un edificio il ritorno di Vincent, il corpo di un uomo piomba sul taxi. Visibilmente sconvolto Max scopre, dalle parole di Vincent, che dietro l’aspetto di uomo d’affari cordiale e ordinato di quest’ul timo si nasconde un’altra professione: quella del killer profes sionista a pagamento, cinico e freddo. Minacciato e senza vie di fuga possibili, Max è costretto da Vincent ad occultare il cadavere 81
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nel bagagliaio ed a collaborare per tutta la notte portandolo a de stinazione. Dopo che Vincent e Max si allontanano con il taxi, il detective della narcotici Fanning (Mark Ruffalo) arriva sulla scena del crimine. L’assenza del suo informatore (la vittima di Vincent) in casa, i vetri rotti, le macchie di sangue sulla strada e i segni di pneumatici inducono Fanning alla conclusione che il suo informatore è stato ucciso e portato via.
3.2 Un lungo viaggio di notte La dinamica degli eventi di Collateral è abbastanza chiara: il primo omicidio di Vincent non è andato come avrebbe dovuto (Vincent spara alla vittima ma, quest’ultima, trovandosi davanti ad una finestra, si schianta sul taxi di Max), e l’errore dell’esecu zione innesca un effetto domino: quella che era cominciata come una notte normale per Max si trasforma, ben presto, in un viaggio dantesco in una Los Angeles spettrale quanto, come dice lo stesso Vincent, “disconnessa”. Ma, al di fuori della casualità e dall’im prevedibilità, la lunga notte losangelina di Max è Vincent è stret tamente generata, si potrebbe dire, da un determinismo umano volontario: In Collateral, è lo stesso Max a richiedere le vicissitudini che gli accadono durante la notte. E Max che mette la retromarcia per recuperare un cliente, Annie, che già aveva superato, e che non lo ha apparentemente chiamato. E Max che richiama Vincent dopo che questi gli chiede se è libero e, non avendo risposta, passa ad un altro taxi. E Max, dunque, a coinvolgere i protagonisti della sua trasformazione notturna. Se non aves se inserito la retromarcia, e se non avesse richiamato Vincent, forse niente sarebbe successo. Il tassista di Collateral già da subito tradisce inconsapevolmente la posizione che crede di 82
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possedere nella vita e nella città, quella, appunto di elemento collaterale4.
Lo stesso determinismo che in Heat - La sfida portava Neil McCauley a deviare, ad un passo dalla salvezza, per un’(in)utile vendetta, è insito, quindi, in Max. Una volta che gli eventi (gene rati da lui stesso) hanno preso una piega inaspettata non si può più tornare indietro. Max non può fair niente per impedire a Vincent di portare a termine il suo compito. Può solo fare una cosa: guidare e portare Vincent ai suoi obiettivi. In una visione metaforica e alle gorica, Max funge da traghettatore per Vincent poiché, quest’ul timo, non è altro che un angelo della morte, per il quale una vita in meno non fa la differenza, specialmente in una città come Los Angeles nella quale, un uomo morto sulla metropolitana, viene notato solo dopo tante ore. Vincent, in realtà, è già “morto” dentro (fin dalla prima scena in cui compare, quella iniziale all’aeropor to, Vincent è come se fosse un fantasma che cammina tra le per sone che non si accorgono della sua presenza5) mentre Max, con i suoi sogni e aspirazioni continuamente non realizzati, è come se non avesse mai preso completamente quella materialità necessa ria per vivere. Quello che avviene tra i due personaggi di Colla teral è, come dice lo stesso Mann, «una collisione tra due vite»6. Collisione, tuttavia, complementare, perché è proprio Vincent che, in qualche modo, funge da mentore per Max permettendo la sua trasformazione in qualcosa di veramente materiale.
4 Ivi, p. 14.
5 Un po’ come il killer professionista Ghost Dog (Forest Whitaker), “fantasma” tra i vivi, in Ghost Dog: Il codice del samurai (Ghost Dog: The Way of the Samurai, 1999) di Jim Jarmusch o il Frank Costello (Alain Delon) del classico Frank Costello faccia d’angelo di Jean-Pierre Melville.
6 Michael Mann, Città di notte: sul set di Collateral, backstage presente nel disco n. 2 del dvd di Collateral.
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Max e Vincent si muovono in una città quasi “immateriale” e fantasmagorica ma che, tuttavia, prende la sua forma nei riflessi sui vetri degli edifici e sulle strade bagnate. Città che sembra, in una scena, inghiottire e far sparire il taxi con dentro Max e Vin cent dietro una cortina di fumo di alcune ciminiere industriali. Per Mann: La città, [...], in ogni sua più minuziosa articolazione, deve risultare dal film, esattamente come il meccanismo di un mestiere; deve avere un’identità, un nome. A volte serve un cartello stradale o una segnaletica, a volte basta, appunto, un nome pronunciato. In ogni caso, è l’identificazione corretta che conta. In Collateral, essa si mischia a una sorta di meta fisica dell’assunto [...]. Ognuno di questi personaggi [inclusi quelli della trilogia precedente, ndt] ha a che fare con la o le città in cui si trova a svolgere la propria funzione. La metro poli, intesa come organismo materiale, è per la fantasmaticità delle figure manniane una specie di evidenziatore. Le strade, con nome e cognome, sono per Mann strumento - ulteriore, ma non minoritario - attraverso cui indicare i nomi e cognomi e le occupazioni dei suoi personaggi. Per mezzo di esse Mann definisce un volto e un carattere. Ancora di più, dunque, in Collateral, che è una corsa all’interno di Los Angeles con tap pe precise. Dietro o accanto i personaggi, c’è sempre, sempre, un pezzo di città, un’intuizione losangelina, uno scorcio di metropoli7.
Portato a compimento il secondo omicidio (durante il quale, oltre la vittima designata, Vincent è costretto ad uccidere due ba lordi che si erano impossessati della sua valigetta per colpa di
7 P.M. Bocchi, cit.,p. 13.
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Max) Vincent si fa portare da Max in un locale di musica jazz, dicendogli di voler fargli ascoltare della buona musica: Vincent, infatti, è un intenditore nonché appassionato di questa. Mentre si trovano lì, Vincent chiede ad una cameriera di poter parlare con Daniel (Barry Shabaka Henley) il proprietario del locale. I tre, rimasti soli dopo la chiusura del locale, dialogano sulla mu sica jazz. Vincent, affascinato dalle storie di Daniel, gli dice che non vede l’ora di raccontare ai suoi mandanti del dialogo tenuto con lui. Daniel, infatti, è il terzo obiettivo della serata. Vista la passione in comune, Vincent concede a Daniel una possibilità di salvezza: se risponderà correttamente ad una domanda sul jazz avrà salva la vita. Daniel dà la sua risposta ma Vincent, con ful minea rapidità, lo fredda con tre colpi in testa e, mentre adagia la testa del jazzista sul tavolo e declama la risposta corretta, sembra esitare nel lasciare quel corpo lì da solo. Sul suo viso compare un’espressione di pentimento, quasi come se l’aver ucciso una persona con la sua stessa passione avesse portato via una parte di sé. Max, che nel frattempo era corso fuori sotto shock per non aver potuto impedire l’omicidio, viene raggiunto da Vincent che lo costringe, nuovamente, a risalire sul taxi ed a portarlo al suo quarto obiettivo. Nel frattempo Vincent viene a conoscenza che la madre di Max si trova in ospedale. Vincent, così, costringe Max ad andarla a trovare insieme a lui. All’interno di un ascensore dell’ospedale, i due incontrano Fanning. Quest’ultimo si trova lì per identificare il suo informatore tra alcuni cadaveri giunti in obitorio. Fanning scopre che una delle vittime è un criminale col legato (così come il suo informatore scomparso) ad un signore del narcotraffico, Felix (Javier Bardem) contro il quale doveva testimoniare. Inoltre osservando altri due cadaveri scopre che ad uccidere i tre è stata la stessa persona, poiché presentano lo stesso modus operandi. Nel frattempo Vincent si intrattiene con Ida, la madre di Max. Approfittando della distrazione di Vincent, Max prende la 85
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valigetta del killer contenente il Pda con la lista degli obiettivi. Scappando dall’ospedale viene rincorso da Vincent e - sotto gli occhi increduli di quest’ultimo - lancia da un cavalcavia la vali getta. Vincent, non avendo più la lista degli obiettivi, costringe Max ad assumere la sua identità, poiché ha sempre mantenuto l’a nonimato del suo aspetto ai suoi “datori di lavoro”, per recarsi nel locale di Felix e recuperare la Usta. I due si recano sul luogo: Max riesce ad entrare e sa che, se sbaglierà, per lui è finita. Calandosi in un ruolo per lui nuovo, ovvero quello del killer freddo e duro, Max riesce a recuperare la lista da Felix ed a consegnarla a Vin cent. Nel frattempo Fanning, recatosi da alcuni agenti dell’FBI che sorvegliano il locale di Felix, vede, su uno dei monitor di sorveglianza Max e il taxi con il tettuccio rientrato collegandolo, così, alla scena dell’omicidio del suo informatore. Fanning, inol tre, intravede sui sedili posteriori del taxi una seconda persona. I federali, avvisati dell’uccisione di uno dei loro testimoni, decido no di andare a prelevare un altro testimone, nonché quarto obiet tivo di Vincent, che si trova all’intemo del Fever, un night club. Vincent e Max convergono verso il Fever, non sapendo che agenti dell’FBI, Fanning e alcuni sicari di Felix (incaricati di far fuori Vincent/Max se qualcosa andasse storto) si stanno recando nello stesso luogo. Come da tradizione del thriller metropolitano Mann, nella se quenza che fa da preludio a quella dell’arrivo al night club, carica il climax con un crescendo di inquadrature mostrando come, nella città degli angeli, di lì a poco si scatenerà l’inferno. Mentre il taxi e gli altri veicoli, ripresi dall’alto, sfrecciano per le strade quasi deserte di L.A., Mann mostra cosa succede al loro interno: nel taxi, Vincent, calmo e sicuro, è pronto a portare a compimento il suo quarto obiettivo; nei mezzi dei federali e in quelli dei sicari, invece, gli occupanti preparano e controllano le armi. Nonostante la tensione e la suspense che viene a crearsi, Mann si concede, in questa sequenza, una digressione introspettiva avvolta da un vuo86
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to sonoro: mentre sta guidando Max rallenta, fermandosi comple tamente, poiché due coyote attraversano la strada di fronte al taxi. Il silenzio è interrotto solamente dalla musica extradiegetica che accompagna i primi piani dei volti di Max e Vincent: il primo vol to è rassegnato, il secondo, invece, è quasi come se fosse colpito nel suo spirito. Rapportando questa breve micro-sequenza di in terludio al genere del thriller metropolitano, si può affermare che: i coyote sono espressione di un mondo selvaggio che si è adat tato nonostante tutto alla realtà urbana di Los Angeles. [...] Il particolare è al tempo stesso realistico e simbolico: sono due e il secondo sembra riluttante a seguire l’altro. Si tratta for se di un’immagine speculare di Vincent e Max? Oppure, dal momento che Max sembra indifferente, mentre Vincent rea gisce con un silenzio rapito, i due coyote ci dicono qualcosa solo del personaggio di Vincent? Dell’interpretazione di Tom Cruise, colpiscono soprattutto l’intensità animalesca e l’atteg giamento guardingo, eppure l’apparizione di queste creatu re sembra rispecchiarne anche l’umanità. Il secondo coyote, quello che esita, ci appare allora come un accenno al dissidio interiore del protagonista. Max, al contrario, è un uomo tutto d’un pezzo e questo è il suo unico limite. Evade dalla sua vita rifugiandosi in sogni ad occhi aperti che non si sono mai avverati, fantastica per anni sulla creazione di una compagnia di limousine, solo per non fame niente. E tentato dall’idea di telefonare alla bella avvocatessa, Annie, ma dice a se stes so che non lo farà. [...] Ci sono aspetti di lui che nemmeno Vincent può conoscere e, quando Max riuscirà a ritrovare un po’ del suo vecchio equilibrio, alla fine di questa lunga notte, giocherà questa carta a suo vantaggio8.
8 F.X. Feeney, Michael Mann, 2006, pp. 174-175.
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Max è uno sconfitto, un uomo disincantato ma, nonostante le vicissitudini in cui si è trovato coinvolto, riuscirà a ribaltare la si tuazione a suo favore. Vincent, invece, per quanto sia “vuoto” ha ancora, dentro di sé, qualche frammento di umanità e sentimento ma che, in contrasto con qualche tipo di conflitto interno, viene presto messo a tacere. Il suo volto, una maschera ormai crepata, fa, anche se per pochi secondi, riaffiorare il suo essere umano. Come Nikita (Anne Parillaud), la killer professionista dei ser vizi segreti protagonista del film di Luc Besson Nikita (id., 1990) che, nonostante abbia ricevuto un addestramento duro e mirato a trasformarla in una macchina di morte non riesce, tuttavia, a sop primere i suoi sentimenti e le sue emozioni, ma anche Léon (Jean Reno), il sicario professionista, vera e propria macchina da guer ra, fredda e priva di emozioni, protagonista di Léon (id., 1994, sempre di Besson) che mostra, dopo aver salvato la vita alla figlia dei suoi vicini - unica superstite di un massacro - un lato umano e capace di emozioni che lo porteranno, infine, al proprio sacri ficio pur di garantire la salvezza e un futuro alla ragazzina che gli ha cambiato la vita. Anche John Chow, nel già citato The Kil ler, a causa del grave errore che lo ha portato, involontariamente, all’accecamento di Jennie (Sally Yeh), mostra le sue debolezze e i suoi sentimenti, cercando di rimediare al grave danno perpetrato; così come John Lee (Chow Yun-Fat), altro killer professionista, che in Costretti ad uccidere (The Replacement Killers, 1998) di Antoine Fuqua, non riesce a portare a compimento una missione (uccidere il figlio del poliziotto che ha causato la morte del figlio del suo boss) scatenando, così, l’ira dei suoi mandanti e diven tando la preda da trovare ed eliminare. Il killer professionista di Mann riesce - anche se per un istante - come i personaggi bessoniani e quelli di Woo e Fuqua, a mostrare un piccolo cedimen to, imperniato di tacita emozione e sentimento. Ma, momenti di umanità a parte, Vincent è determinato a portare a compimento il suo lavoro. Arrivati al night club Vincent entra portandosi dietro 88
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Max, per poterlo utilizzare come copertura. Il locale è straripante di persone e, la musica ad alto volume, non fa che aumentare il senso di spaesamento. Ma Vincent riesce ad inquadrare lo stesso il suo bersaglio, circondato da numerose guardie del corpo. Vin cent si apre una strada tra la massa di persone per raggiungere il suo obiettivo ma, l’arrivo dei federali, scatena il caos più totale. Tra le urla di panico e la fuga dei fruitori del locale (costellata dalla caduta di numerose vittime innocenti sotto il fuoco incro ciato), Vincent ingaggia un duro combattimento corpo a corpo e uno scontro a fuoco con le guardie del corpo del testimone. Nonostante le difficoltà, Vincent riesce ad eliminare il suo quarto obiettivo. Fuori dal locale Fanning, che è riuscito a portare in sal vo Max (sapendo che non è lui il killer) perde la vita sotto i colpi di Vincent. Insieme a Max, Vincent riesce a fuggire.
3.3 Punto di rottura
È rimasto soltanto un obiettivo della lista ma Max, esasperato da tutto quello che ha vissuto durante la notte e dall’uccisione di Fanning, ha con Vincent un duro scontro verbale e, rifiutandosi di collaborare, accelera facendo capottare il taxi. Vincent, tuttavia, riesce ad uscire dal taxi capovolto ed a scappare. Max scopre, vedendo tra i rottami il Pda con la lista degli obiettivi, qual è l’ultimo bersaglio: Annie. A Max non resta che cambiare le carte in tavola, ovvero risvegliare quella parte equilibrata di sé sopita da tempo. Spetta a lui salvare Annie. Impossessatosi della pistola di Vincent, rimasta tra i rottami del taxi, e di un telefono cellulare di un passante, Max si lancia all’inseguimento per raggiungere Annie e salvarla da Vincent. Riesce a contattarla telefonicamente dicendole che Vincent sta andando da lei per ucciderla. «Il momento culminante di Collateral è un’appassionante suc cessione di sparatorie, inversioni di marcia, inseguimenti, fughe, 89
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rese dei conti. Inizia nella torre dove Annie lavora (disseminata di superfici di vetro), prosegue sulla metropolitana di Los Angeles (lastre di vetro e porte scorrevoli) e culmina con un confronto pacato e leale tra i due avversari»9. Così come inizia, Collateral termina: fra le strade e gli edifi ci di vetro di Los Angeles circondati dalla notte e dalle migliaia di luci che, in qualche modo, la rischiarano. Vincent, uccide la guardia dell’edificio e, in possesso nuovamente di un’arma, trova Annie. Max riesce a raggiungere l’ufficio di Annie riuscendo, dopo aver ferito di striscio Vincent, a portarla in salvo. Mentre fuggono dall’edificio, Max sintetizza ad Annie gli accaduti della notte, dicendole che Vincent è stato mandato da Felix, l’uomo coinvolto nel caso giudiziario di cui lei si sta occupando. Raggiunta miraco losamente la metropolitana, i due salgono su di essa, non sapendo che Vincent li ha inseguiti ed è riuscito, anche lui, a salire a bordo. Ormai alle strette e senza via d’uscita Max è costretto ad ingag giare uno scontro a fuoco con Vincent, ormai diventato la sua nemesi, il quale urla contro Max che ciò che sta facendo è il suo lavoro. Separati da una porta scorrevole i due, in un momentaneo attimo di buio, aprono reciprocamente il fuoco. Tornata la luce nel vagone, Vincent nota di essere ferito all’addome e si siede su un sedile. Max lo raggiunge e cerca, in qualche modo, di tranquil lizzarlo poiché sono quasi giunti alla prossima fermata. Vincent accenna un lieve sorriso nei confronti di Max, come se volesse ammettere la lealtà verso di lui ma anche la sconfitta, dicendogli: «Un uomo sale sulla metropolitana qui a Los Angeles e muore. Pensi che se ne accorgerà qualcuno?».
9 Ibidem.
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3.4 Uomo, città e destino Queste sono le ultime, lapidarie, parole che Vincent, pochi se condi prima di morire, riserva a Max. Parole che rispecchiano il suo status di elemento perso nell’immensità del mondo. Vincent muore in quella città a lui non gradita, ove tutto ha avuto inizio. Ciononostante: Vincent, cadavere sul sedile della metropolitana, è inquadrato frontalmente e in campo medio, con il vetro del finestrino alle spalle che lascia entrare un panorama di luci arancione, grigi e vapori. Non c’è stacco, non c’è rilievo. La mimesi tra uomo e città è completa, e ha raggiunto il suo punto di non ritor no. Dopo che entrambi hanno tentato di combinarsi e hanno lottato, adesso sono un tutt’uno. Vincent è fantasma che si adagia dentro Los Angeles, trovando la pace della morte. Il metrò, la sua tomba, senza che nessuno se ne accorga [...], si immerge nella luce di un’alba metropolitana che è pietà per i suoi morti1011 .
Vincent, che aveva tentato in tutti i modi di tenersi lontano da quella realtà urbana, si è fuso con essa, diventando un unico es sere. Max, invece, ha completato la sua metamorfosi ritrovando il coraggio, la grinta e la personalità soprafatte dal grigiore e dal la monotonia della sua vita. Cambia il suo ruolo trasformandosi, a suo malgrado, da vittima a carnefice11. Max non fa altro che
10 P.M. Bocchi, cit., p. 14.
11 E un completo ribaltamento dei ruoli quello che avviene in Collateral. La muta zione di Max che passa, dal ruolo di vittima passiva a quello di ostinato combattente per la propria e altrui salvezza, ricorda quella di David Sumner (Dustin Hoffman), il tranquillo e mite professore di matematica protagonista del film di Peckinpah Cane di paglia (Straw Dogs, 1971) che, dopo aver subito denigrazioni e soprusi di vario tipo, si
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effettuare una scelta e: questo è importantissimo per comprendere sia il senso idea le del film, che l’essenza totale del cinema tutto di Mann. Il cineasta di Chicago è regista di scelte individuali, che dise gnano soltanto a posteriori un universo e una visione. Non c’è nessuna entità astratta che governa il mondo, né un Dio né il destino. [...] E l’uomo che sceglie per sé. E se si tratta quasi sempre di inseguire un pessimismo, l’umanesimo di Mann si palesa nella rettitudine morale di ogni persona. [...] In Col lateral è Max che sceglie, ma, con un ribaltamento di ruoli nuovo per il cinema di M[ann, non è lui che perde la partita. Finora, nel cinema di Mann è la persona che ha fatto una scel ta a finire [...]. Qui però la scelta di Max opera uno slittamento di risultato su Vincent. E se questa transizione appare un’apertura finalmen te ottimistica nel cinema di Mann, soprattutto per la mutazio ne di Max stesso, che da collateral è andato trasformandosi in essential, dimostra comunque che nell’universo manniano un rapporto binario implica sempre la morte di uno dei due fatto ri. Le coppie nei film di Mann si sbriciolano e non solo quelle che riguardano “il lavoro”. In Collateral, è Max che sceglie per sé Vincent, ma è anche Max che sceglie di eliminare Vin cent. H killer, se fa una scelta, è quella di portare fino in fondo il suo mestiere. Ma è Max che decide di ribaltare il taxi e di soccorrere Annie. L’uomo collaterale sceglie il coraggio, impugna la pistola e sopravvive. Non è (più) un fantasma,
trasforma in carnefice nel momento in cui i giovinastri del paese assediano la sua casa mettendo a rischio la sua vita e quella di sua moglie. Ma anche quella dell’avvocato Sam Bowden (Gregory Peck) che nel finale de II promontorio della paura (Cape Fear, 1962, di J. Lee Thompson) mette in atto una vera e propria lotta, senza esclusione di colpi, contro il criminale Max Cady (Robert Mitchum), pur di salvare la sua famiglia.
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che era e resta Vincent. [...] La persona comune di Collateral smette l’illusione e abbraccia il reale12.
Max, insieme ad Annie, scende dalla metropolitana che riparte subito dopo, lasciando lì da solo il corpo di Vincent. Durante que sta notte, Max è riuscito a riappropriarsi della propria esistenza. Di questo deve proprio ringraziare Vincent che, attraverso il suo ruolo di mentore/padre e i suoi discorsi esistenziali, ha illumina to a Max la strada da seguire per poter cambiare ed emergere in quella città soffocante. Max e Annie camminano sotto un cielo che comincia a rischiararsi sopra una città senza (apparente) fu turo. Tuttavia: al termine della notte, Max conosce di sé qualcosa che forse avrebbe preferito non sapere. [...] Essere condotti fuori: po tersi voltare, una volta oltrepassata la soglia che sembrava in valicabile, e guardare da un punto di vista nuovo tutto ciò che prima ci era familiare. Nascere una seconda volta per capire che, da qui in poi, sarà necessario ri-nascere continuamente. Per sopravvivere. Max conosce di sé, ora, qualcosa che pro babilmente non sa se amare o temere. [...] Vincent e Max si incontrano/scontrano sul confine di questa richiesta. Il sogno è stato affidato nella man i di chi ha promesso di poterne fare qualcosa. Nella giungla d’asfalto della megalopoli, è Vincent che apre la strada a Max13.
Anche se intriso da un pessimismo di fondo, Collateral è il film più introspettivo, «è veramente il film più aperto di Mann»14.
12 Ivi, p. 15.
13 A. Piccardi, Era mio padre, “Cinefonim”, anno 44, n. 9, novembre 2004, p. 16. 14 P.M. Bocchi, cit., p. 15.
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Un film in cui un viaggio in auto funge da analisi, acuta e attenta, sul rapporto uomo-città nonché sullo status, sociale e non, che ogni individuo ricopre al suo interno. Mann ha mostrato l’aspetto selvaggio della città da dietro un vetro15, come a voler, per una volta, separare l’uomo dalla vita urbana. Mette in scena due personaggi, due poli completamente opposti ma complementari che, alla fine, è come se diventassero una sola persona; l’unica (forse) in grado di poter sopravvivere alla dura vita cittadina e fuggire dalla realtà chiusa della metro poli. A differenza degli altri film, ove la fuga era (im)possibile, in Collateral i personaggi fuggono dalla realtà e mutano, ma a caro prezzo. Ma è proprio la rappresentazione della città, con i suoi per sonaggi i cui destini si incrociano, che fa di Collateral un film attento alle problematiche dell’uomo contemporaneo. Nonostante l’aspetto - si potrebbe dire - sociologico, Collate ral è un grande thriller contemporaneo; il capostipite, il soggetto originario di una nuova generazione di thriller metropolitani del XXI secolo.
15 Michael Mann, Città di notte: sul set di Collateral, backstage presente nel disco n. 2 del dvd di Collateral.
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4. L’ampliamento di un genere
Con Miami Vice (id., 2006), il thriller metropolitano raggiunge la vetta di un livello totalmente differente rispetto alle sue ante cedenti incarnazioni. Nonostante faccia parte della nuova trilogia del thriller, Miami Vice è qualcosa di diverso ed inaspettato e, anche se rispecchia pienamente il classicismo e “Varia di fami glia^ della filmografia manniana precedente, «[...] Miami Vice non è niente di previsto. Non è la sintesi né l’aggiornamento della serie omonima [...]. Non è un film di genere, anche se ne ha la superficie»1. Ed è proprio questa stravaganza, questo essere un thriller non thriller ma che, tuttavia, prende forma e si svolge sempre in un contesto urbano (come i precedenti thriller metropolitani), che rende Miami Vice un prodotto interessante, incentrato sulle derive degli animi umani nonché capace di mostrare l’ampliamento dei confini del genere al di fuori delle grandi città.
4.1 Undercover cops: Miami Vice
A Miami, i detective di polizia Sonny Crockett (Colin Farrell), Rico Tubbs (Jamie Foxx) e la loro squadra, lavorano sotto coper tura nel sottobosco criminale. A seguito della brutale uccisione di
1 P.M. Bocchi, Miami Vice eccentrico - L'orizzonte degli eventi, “Cinefonim”, anno 46, n. 8, ottobre 2006, p. 19.
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La città e la notte. Il thriller
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due agenti dell’FBI infiltrati in una rete criminale e del suicidio (causato dall’essere stato scoperto e dall’assassinio della propria moglie) del loro informatore nonché amico Alonzo Stevens (John Hawkes), Sonny e Rico, d’accordo con il loro superiore, il te nente Martin Castillo (Barry Shabaka Henley) e con il permesso dell’agente speciale dell’FBI Fujima (Ciaran Hinds) decidono di infiltrarsi nel traffico di droga di Josè Yero (John Ortiz). Yero, tuttavia, fa capo ad un potente criminale dell’America Latina, Arcàngel de Jesus Montoya (Luis Tosar). Rico e Sonny riescono ad infiltrarsi nell’organizzazione di Yero il quale, anche se riluttante, accetta la loro collaborazione. I due riescono ad incontrare la vera mente dell’organizzazione, ovvero Montoya e la sua moglie factotum Isabella (Gong Li). Ot tenuta la fiducia di Montoya, Sormy e Rico cominciano a lavorare per lui. Ma rincontro tra Sonny e Isabella, ben presto, farà scoc care la passione tra i due. Non fidandosi dei nuovi arrivati e aven do le prove della relazione tra Sonny e Isabella, Yero (spinto dalla gelosia e da un sentimento latente e non corrisposto che nutre nei confronti della donna) ne mette al corrente Montoya, facendo se questrare per ritorsione Trudy (Naomi Harris) compagna di Rico e membro della loro squadra. Rico e Sonny riescono a trovarla ed a portarla in salvo, ma a caro prezzo (a seguito di un esplosione Trudy entra in coma). Sonny e Rico, insieme alla loro squadra, si trovano sempre più alle strette arrivando, così, all’inevitabile resa dei conti, durante la quale i distintivi e le identità reali spuntano fuori.
4.2 Fuga dalla realtà (e da un genere) Ad un primo sguardo, Miami Vice sembrerebbe coerente e coeso con la produzione filmica di Mann: vi sono i personag gi, ognuno con un proprio background personale, la città (questa 98
4. L’ampliamento di un genere
volta non L.A. ma Miami) misteriosa e attraente, notturna ma, allo stesso momento, luminosa2, rintracciarsi delle vicende, però, analizzando in profondità il tessuto filmico, viene fuori ciò che Miami Vice vuole mettere veramente in scena. Un elemento che ha trovato già spazio in Collateral (e anche in Heat): la fuga. Se in Heat la fuga non era resa possibile dalle deviazioni di percorso (esistenziali e non) dei personaggi, mentre quelli di Col lateral attuavano una “fuga” parziale dalla realtà modificando il proprio Io, in Miami Vice la situazione è differente. I suoi perso naggi sanno quello che vogliono e sanno come ottenerlo. Per loro non basta solamente la città, l’ambiente urbano circo scritto, ma vogliono molto di più ed è per questo che attuano una fuga. Sem pre in Collateral Vincent suggeriva a Max di adattarsi, di seguire il flusso. Ed è ciò che fanno Sonny e Rico indossando un’altra identità, quella dell’infiltrato: si adattano alle regole del mondo fuori da Miami rischiando, però, oltre alla vita, anche di perder si in se stessi. Quindi «Collateral e Miami Vice corrono altrove, verso territori che non sono più quelli di Neil McCauley e Vincent Hanna. [...] In Heat [...] i personaggi sbandavano su coordinate territoriali fiss(at)e. In Miami Vice a sbandare sono personaggi e territorio»3.
2 Come afferma Nicola Lazzerotti nella suia recensione a Miami Vice, «altra protago nista della storia è Miami, [...] che [...] mostra in antitesi e in maniera assolutamente inconsueta l’immaginario comune. Ripresa quasi esclusivamente di notte, la città viene evidenziata grazie anche al sontuoso uso dell’alta definizione digitale, nel suo moderno degrado, sporca, ruvida, fredda, illuminata appena dalle luci al neon e dai riflessi dei grattacieli di cristallo e acciaio che la dominano». N. Lazzerotti, Miami Vice, “CloseUp.it - Storie della visione”, ottobre 2006, p. 2. In fondo, tra la Miami anni Ottanta protagonista dello Scarface (id., 1983) di Brian De Palma e quella protagonista del film di Mann, non è cambiato molto: entrambe le rap presentazioni rimangono ricettacolo di perdizione, ove la criminalità e il narcotraffico fanno da padroni e in cui, vita e morte, legge e crimine, bene e male si incrociano e mescolano quotidianamente.
3 Ibidem.
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La fuga, in Miami Vice, si rende necessaria nel momento in cui la doppia vita (di poliziotto e di infiltrato) comincia a me scolarsi ed a confondersi sul confine bene-male. La confusione dei “ruoli” è già stata al centro dello splendido e struggente film di Mike Newell, Donnie Brasco (id., 1997). Nel film di Newell l’agente dell’FBI Joseph Pistone (Johnny Depp), infiltrato, con Valias di Donnie “il gioielliere” Brasco, in una gang di criminali italoamericani, comincia, ben presto, a perdere i contatti con la realtà e con la sua vera identità: agli incontri con i suoi superiori e colleghi che dirigono l’operazione, Joe/Donnie urla contro di loro «di chiamarlo Donnie e non Joe, perché così si confonde»4, comincia ad utilizzare, nei brevi momenti di pausa familiare con cessi dalla sua doppia vita, il gergo italoamericano mentre parla con sua moglie che cerca di riportarlo alla realtà. E più si lega alla figura di Benjamin “Lefty” Ruggiero (interpretato da un sempre grandissimo Al Pacino) “faccendiere” del clan, più diventa uno di loro, uno della famiglia. Ma la confusione che attanaglia i per sonaggi di Miami Vice e quello di Donnie Brasco, è la stessa ed identica che si insinua negli infiltrati di The Departed - Il bene e il male (The Departed, 2006), il capolavoro di Martin Scor sese, in cui l’agente della polizia Billy Costigan (Leonardo Di Caprio) infiltrato nella gang di Francis “Frank” Costello (Jack Nicholson), confonde sempre più quale sia la sua vera identità, trovandosi, involontariamente ma direttamente, a partecipare ad azioni criminali. Così come Colin Sullivan (Matt Damon) agente di polizia che, in realtà, è un infiltrato di Costello nel corpo di polizia, il quale comincia, ad un certo punto, a non passare più le informazioni vitali al suo vero capo.
4 Così come accadeva all’omonimo Sonny Crockett (Don Johnson) televisivo che, a volte, non sapeva più chi veramente fosse.
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4. L’ampliamento di un genere
È la confusione dei ruoli, la crisi di identità5 che porta Sonny a “fuggire”, insieme ad Isabella, verso lidi sconosciuti. L’esempio più eclatante del film è il viaggio in motoscafo dalla Florida a Cuba, su un oceano calmo che sembra un continuum con il cielo, che diventa fuga d’amore, di passione ma - soprattutto - di sal vezza e libertà. Ed è proprio l’amore per Isabella che spinge Son ny sino al limite, ove legale e illegale si confondono, ed a fuggire. Tuttavia, al di fuori dei percorsi esistenziali, il viaggio in mo toscafo, allo stesso momento, rappresenta l’abbattimento di quei confini urbani imposti dalle megalopoli. Mann, infatti, non solo fa compiere numerosi viaggi sull’acqua ai personaggi di Miami Vice, ma anche per aria. Per Mann, Miami si è evoluta in alto, qua si in aria. E dall’alto sembra che la realtà si perda6. Ecco, quindi, che per allontanarsi sempre più da quella realtà troppo stretta, i personaggi di Miami Vice ampliano la propria geografia d’azione: Rico e Sonny, con le loro identità fittizie da infiltrati, fanno la spola in aereo tra Argentina, Brasile, Haiti, Paraguay e Florida. Ma, quando la fuga non è realizzabile fisicamente, ecco che a fuggire è lo sguardo, come quando Sonny, durante una visita ad un informatore, si distacca dal resto del gruppo per guardare ver so l’oceano, verso l’orizzonte quasi (ir)raggiungibile. Per Mann i paesaggi acquatici, l’oceano, rappresentano la cal ma, la pace interiore dei suoi personaggi. Quella stessa pace in teriore che ostentava Neil McCauley in Heat vivendo, appunto, in un semplice ed essenziale appartamento che si affacciava sulle placide acque dell’oceano. E lo sguardo, come negli altri film di
5 Che si ritrova anche al centro delle vicende del noir metropolitano di Phil Joanou, Stato di grazia (State of Grace, 1990). 6 Michael Mann, Miami e oltre: girare in esterni, backstage presente nel disco n. 1 del dvd di Miami Vice.
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Mann, riveste anche qui un ruolo di primo ordine7, dimostrando come «ciò che accade in Miami Vice [...], è in realtà una storia dell’occhio che non passa per la ri-codifica dei generi [...], ma attraverso una storia del mondo raccontata come progressiva per dita e riconquista del principio d’individuazione e percezione»8. Così come Collateral, che mostrava il rapporto uomo-città, Miami Vice esplica il dramma dell’uomo contemporaneo urba nizzato in costante fuga. Infatti: il flusso continuo filmico di cui Miami Vice è espressione e frazione trova una sua identica corrispondenza al flusso con tinuo esistenziale delle vite e delle vicende dei suoi protago nisti: ed entrambi sono specchio e corrispondenza del flusso continuo [...] dell’esistenza all’alba del Terzo Millennio. Se quindi nella sua forma cristallizzata dalle esigenze del Cine ma Miami Vice è un frammento delle vite di Sonny Crockett e Rico Tubbs [...], quel che questo frammento mostra è il costante e necessario tentativo di quegli stessi protagonisti d’individuare e cristallizzare ulteriori momenti/frammenti nel fluire delle proprie vite. La costante di Miami Vice è appunto quella di mostrare personaggi che, calati all’interno di un qua-
7 Sempre Nicola Lazzerotti, nella sua recensione a Miami Vice, sottolinea che 1’«aspet to innovativo della messa in scena è l’utilizzo che il regista fa degli elementi naturali come il mare e il cielo, che assumono un senso di ambiguità, di un altrove pericoloso, dove il pericolo è evidenziato dai tuoni notturni o da uno sguardo verso l’orizzonte, verso il Sud America che amplifica la carica empatica, l’enfasi emotiva. Sono infatti sufficienti questi pochi elementi per creare una tensione narrativa nello spettatore unica e disarmante». N. Lazzerotti, Miami Vice, cit., p. 2. Mann, quindi, fa volgere lo sguardo dei suoi personaggi verso l’orizzonte, verso il cielo quasi infinito e puntellato di nuvole per creeire quello straniamento necessario per supe rare quel senso di tensione e paura che la vita da infiltrati implica direttamente nei suoi personaggi (e, anche, negli spettatori). 8 G.A. Nazzaro, Amori, pixel e altre infiltrazioni, “Cinefonim”, anno 46, n. 8, ottobre 2006, p. 24.
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dro generale che dovrebbe per loro essere indirizzo e regola di condotta, sono alla costante ricerca di momenti di distrazione; punti di fuga da loro stessi cercati e creati verso i quali sono risucchiati ed assorbiti9.
Però, quando la fuga sembra essere ad un passo dalla realizza zione, la “vera” realtà viene a scontrarsi con l’altra realtà, ovvero quella delle doppie vite, della vita sotto copertura. Attaccati negli affetti (il rapimento di Trudy) i personaggi di Miami Vice abban donano ogni loro sogno, ogni loro speranza di una vita possibile al di fuori della quotidianità e, costretti a confrontarsi (e scon trarsi) nuovamente con la violenza del reale, imbracciano le armi tornando nei confini definiti della città. Il ritorno alla realtà implica, inevitabilmente, l’applicazione della giustizia perché Sonny e Rico, anche se infiltrati al fianco di criminali, sono poliziotti, tutori della legge. Ed ecco che nella resa dei conti finale, quella con Yero e i suoi uomini, Sonny, Rico e la loro squadra tolgono fuori i distintivi e nella dura sparatoria finale, durante la quale la notte è illuminata dalle deflagrazioni degli spari dei fucili d’assalto, si riprendono quello che era stato, in qualche modo, per loro rimosso: le proprie vere identità. Ma nel finale di Miami Vice c’è anche lo spazio necessario per un personalissimo pareggiamento dei conti: Rico uccide Yero, l’uomo che ha fatto rapire e torturare Trudy e che adesso, dopo il sanguinoso salvataggio in extremis attuato da Rico, Sonny e gli altri della squadra, lotta tra la vita e la morte. Vi è, in questa scena, un certo autocitazionismo (non gratuito) di Mann: l’uccisione di Yero, graficamente, ricorda quella di Leo per mano di Frank in Strade violente (con il sangue che, in entrambi i casi, schizza sul
9 F. Gironi, La fuga necessaria e impossibile, “Cinefonim”, anno 46, n. 8, ottobre 2006, p. 22.
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le pareti) mentre l’azione in sé porta l’analogia con l’attuazione della vendetta di Neil nei confronti di Waingro. Mann non mette da parte l’elemento azione-causa che era presente nella sua prima trilogia ma, al contrario, lo inserisce anche nel finale di Miami Vice così da mostrare, come nei finali delle sue precedenti opere, sia i vincitori che i vinti.
4.3 Essere se stessi Alla fine di Miami Vice, l’unica persona che riesce veramente a “fuggire” è Isabella, grazie all’ultimo gesto di amore di Sonny. Portandola via dal luogo dello scontro, Sonny, grazie all’aiuto di un amico, permette a Isabella di tornare a quella che una volta era la sua vita. «Andrai a Cuba» dice Sonny a Isabella, «e lì nessuno ti seguirà... nemmeno io»', con queste parole Sonny, che fino a poco prima dello scontro non aveva rivelato a Isabella chi veramente fosse, afferma la propria identità, quella di poliziotto che deve adempiere al suo dovere in una città che ne ha estremamente biso gno. Sonny rinuncia al vero amore nei confronti di Isabella ed ai sogni di fuga per rimanere in quella città, che si riflette sull’acqua, perché in fondo lui stesso è (in qualche modo) parte della città. L’ultima scena, che vede il risveglio dal coma (e, quindi, del ritorno alla vita) di Trudy è un barlume di luce, speranza e di ritorno alla normalità ed a quella realtà che, sia Sonny sia Rico, si erano lasciati alle spalle assumendo l’ingombrante identità di “criminali”. In un’ottica critica è più che giusto affermare che «con Miami Vice Michael Mann ha realizzato un film dai contorni indefiniti, volutamente privo di un inizio e privo di una fine [...]»10, ma è
10 Ivi, p. 21.
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pur vero che con esso ha avuto il coraggio di osare, di andare oltre il cinema contemporaneo (e anche oltre il thriller metropolitano stesso), facendone una sorta di ibrido e prova di regia sui generis. Nonostante ciò che si pensi (e si possa pensare) «preme [...] sot tolineare quanto un’opera come Miami Vice percorra non soltanto una nuova via alla coralità, che finalmente possa cancellare quella meccanicistica promossa da tanto cinema promosso, ma anche sen tieri ripidi verso una generosità di sguardo e di “visione sulle cose” che - viene da dire - non meritiamo. Miami Vice squarcia il genere per ridefinirlo completamente in nome di un pessimismo contem poraneo in grado di lasciare spiragli insostenibili all’amore»11.
4.4 II crimine degli anni ’30: Nemico pubblico L’ampliamento dei confini del thriller metropolitano e il tema della fuga sono ripresi da Mann in Nemico pubblico (Public Ene mies, 2009). Rispetto a Miami Vice, i cui i personaggi delineavano con pre cisione le proprie scelte e vie di fuga, «Nemico pubblico [...], cerca di soffermarsi mentre racconta di un uomo la cui filosofia non conosce futuro e il cui stile di vita non gli concede tempo»11 12. Stati Uniti, 1933. Durante gli anni della Grande depressione, John Dillinger (Johnny Depp), amante del lusso e del vestir bene, insieme alla sua banda composti! da Baby Face Nelson (Stephen Graham), Pete Pierpoint (David Wenham), Homer Van Meter (Stephen Dorff) e John “Red” Hamilton (Jason Clarke), rapinano una dietro l’altra le principali banche del Paese, agendo in modo
11 P.M. Bocchi, cit., p. 19. 12 P.M. Bocchi, Il tempo non si è fermato, “Cinefonim”, anno 49, n. 10, dicembre 2009, p. 5.
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organizzato e preciso con tempi cronometrati. Dillinger colpisce le banche ma rispetta i piccoli risparmiatori, tralasciando i loro guadagni. Ben presto Dillinger diventerà popolare, grazie anche alla stampa che lo rappresenta come una sorta di eroe. Ma il di rettore dell’FBI, J. Edgar Hoover (Billy Crudup), non tollera che un rapinatore nonché criminale diventi ‘T idolo” del popolo e per questo manda contro Dillinger l’agente federale Melvin Purvis (Christian Baie) esperto nel dare la caccia ai gangster. Formata una task force, di cui fa parte anche l’esperto poliziotto Charles Winstead (Stephen Lang) e della quale Purvis ne è a capo, l’esper to agente federale riesce ad avvicinarsi sempre più a Dillinger. A Chicago, città in cui si rifugia ogni qualvolta che un colpo va a buon fine, John Dillinger conosce e si innamora, ricambiato, di Billie Frechette (Marion Cotillard) una ragazza che lavora come guardarobiera in un hotel. Billie diventa la compagna di John, il quale decide di portare a compimento un ultima serie di rapine per poter abbandonare questa vita ed andare a vivere lontano con lei. Ma, il vivere una vita al limite, fatta di crimine e di rischio, porterà Dillinger verso il drammatico e (quasi) (in)evitabile epi logo della sua esistenza. In Nemico pubblico quella che ben presto entra in scena è una vera e propria “caccia” che richiama gli echi di quella oramai leggendaria e ultra citata caccia di Vincent Hanna nei confronti di Neil McCauley in Heat - La sfida. Dillinger e Purvis, così come lo erano Neil e Vincent, sono l’uno il contraltare dell’al tro. Da una parte Dillinger, il rapinatore, la leggenda, l’uomo che viene rappresentato come il fomentatore del malcontento dei cittadini ma che per le sue rapine è il nemico di una nazione in tera e che necessita, drasticamente, di essere eliminato, dall’altra Purvis, incorruttibile, cavalleresco ed etico, instancabile ed effi cientissimo agente federale, che utilizza i nuovi mezzi messi a disposizione dal potere di Hoover per combattere il crimine, ma dai quali si discosta con disgusto (come quando Billie, a seguito 106
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dell’arresto, verrà interrogata con metodi brutali dagli uomini di Purvis il quale, entrando in stanza e con all’aiuto di Winstead l’agente rude ma cavalleresco -, ferma con rabbia i suoi uomini e soccorre Billie) ogni qual volta tali mezzi diventano sopruso sulla dignità umana. Ma Purvis è, al tempo stesso, un rappresen tante della legge che non si fa scrupoli a premere il grilletto ed ad uccidere, mettendo in campo le sue abilità di ottimo tiratore, nei confronti di un fuggitivo (si veda l’inseguimento e l’uccisione di Pretty Boy Floyd, interpretato da Channing Tatum, all’inizio del film)13. Sono due mondi diversi quello di Purvis e Dillinger: due mon di, due universi contrari ma che, tuttavia, entreranno in contatto in un faccia a faccia (Heat docet) nella prigione di Tucson, Arizona, ove Dillinger verrà rinchiuso a seguito di una prima cattura. Ma nessuna cella può fermare Dillinger il quale, con maestria e inge gno, riuscirà ad evadere.
4.5 L’impossibilità difermarsi
Diversamente da Miami Vice,, nel quale il tempo sembrava di latarsi superando persino le leggi della fisica, in Nemico pubblico la questione è alquanto differente. L’essere un criminale, il ricer cato n. 1 dell’intera nazione, comporta, inevitabilmente, la man canza di qualcosa. Dillinger, consapevole di questa mancanza, non fa altro che affermarla: lui è un uomo che non ha tempo. Così come Neil McCauley, che in Heat ripeteva più volte di non avere
13 II personaggio di Melvin Purvis, figura storica reale, ricorda l’efficienza di un altro (e realmente esistito) noto agente federale: Eliot Ness, che negli anni ’30 ha dato la caccia ad Al Capone e al quale, nel 1987, è stato data incarnazione cinematografica con il volto di Kevin Costner nel film Gli intoccabili (The Untouchables, 1987) di Brian De Palma.
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più tempo a disposizione, Dillinger fa lo stesso cercando, però, di accelerare quello che è il flusso regolare del tempo. Per lui: [...] un colpo, un affare, il corteggiamento e l’amore sono questioni di pochi secondi. Al giornalista che gli chiede quan to impieghi a rapinare una banca, risponde «Oh, circa un mi nuto e quaranta secondi. Esatti»; a Billie che, al bancone del guardaroba, incredula e spiazzata resiste alle sue richieste con un banale «non so niente su di te», John le fa la sintesi della propria infanzia (è cresciuto in una fattoria di Mooresville, nell’indiana; la madre morì quando lui aveva tre anni e il pa dre lo picchiava perché non conosceva un modo migliore per educarlo) e delle proprie passioni («Mi piace il baseball, i film, i bei vestiti, le auto veloci, il whiskey e tu») in una man ciata di secondi, terminando con «Che altro c’è da sapere?»14.
Non essendoci tempo a disposizione, la fuga, in Nemico pub blico, si trasmuta ben presto in accelerazione, perché se la tempi stica di una rapina è questione di un minuto e qualche secondo, la fuga, per Dillinger e soci, diventa esclusivamente questione di pochi secondi; secondi preziosi per poter fuggire dalla polizia, lasciandosi alle spalle l’atto criminale appena compiuto ma anche la presenza ingombrante della città. I personaggi di Nemico pub blico non fuggono (rispetto a quelli di Miami Vice) verso luoghi esotici o ricercati, ma in luoghi incontaminati e fuori dalla quoti dianità, in cui la metropoli non ha ancora messo radici. Ed ecco, quindi, che il thriller metropolitano, calato nel contesto epocale degù anni ’30, amplia i propri confini urbani (s)confinando nei paesaggi rurali e naturali. Boschi, campagne e fattorie sottrag gono, quasi prepotentemente, la scena alla tanto acclamata città.
14 Ibidem.
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In Miami Vice, così come in Strade violente, Manhunter e Heat, la pace interiore era rappresentata dal mare e dal contatto (visivo e fisico) che i personaggi avevano con esso. In Nemico pubblico, in vece, i personaggi ritrovano il proprio equilibrio nei boschi imma colati lontani dal frastuono e dalla vita caotica della città. Dillinger, anche se incarna alla perfezione l’uomo moderno e metropolita, riesce a trovare in questi luoghi quegli attimi di pace, seppur brevi, che la vita criminosa non concede. Ma, anche in luoghi talmen te placidi, da un momento all’altro può scatenarsi l’inferno, come quando a Little Bohemia, baita isolata tra i boschi, Purvis e gli altri G-Men scatenano i loro mitra Thompson contro il rifugio di Dillin ger e dei suoi uomini spezzando, così, la quiete notturna. Questi sono i rischi del “mestiere” e Dillinger lo sa bene, così come è cosciente che: [...] una volta intrapresa una simile carriera, non esiste alcu na possibilità di uscirne; e prima o poi, [...] nasce la consa pevolezza di essere dei morti che camminano, anzi coirono, costretti a scappare da uno stato all’altro e a eleggere l’auto mobile a unica vera dimora fissa, perennemente mobile lungo le strade di una fuga che sfuma incessantemente in un nuovo inizio e che non possiede alcuna reale direzione15.
In questo caso l’auto, in Nemico pubblico, riveste il ruolo di simulacro, di unico mezzo in grado di poter realizzare la fuga oltrepassando i confini cittadini. E sempre l’auto rappresenta un microcosmo a sé stante in grado di dare a Dillinger quel poco di tempo necessario per sparire dopo le rapine16.
15 L. Malavasi, Nemici Pubblici, “Cinefonim”, anno 49, n. 10, dicembre 2009, p. 9. 16 Lo stesso concetto è rintracciabile nel capolavoro di Arthur Penn Gangster Story in cui i personaggi sono perennemente in costante movimento e fuga.
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Il vivere senza sosta comporta, ben presto, la mutazione del la fuga in ripetizione continua, ciclica. Ma, nonostante tutto, il dover ricominciare nuovamente daccapo è, per Dillinger, irrile vante. A lui non importa se oggi si trova in un luogo e domani in un altro, non gli importa se deve abbandonare in tutta fretta il posto in cui si trova. «[...] Gli spazi per Mann si aprono dove non ci sono confini né punti cardinali, e contengono i personaggi con un sentimento di “non aderenza” che li lascia inevitabilmente staccati. In un film che non ha tempo e dove i tempi sacrificano prima di tutto l’umanità gentile delle persone, il set è anch’esso fuori tempo»17. A Dillinger pensare al domani non interessa. A Billie dice che «la sola cosa importante è dove uno è diretto». E «dove sei di retto?» gli domanda Billie a John, e lui «ovunque abbia voglia! E ti porterò con me». Dillinger sa che il suo status di criminale condanna la sua vita ad una precarietà assoluta. Per questo cer ca, in tutti i modi, di imboccare le vie senza ostacoli per poter raggiungere ciò a cui ambisce e desidera. Nella sua vita fuori dal tempo, Tunica persona per cui trova i giorni, le ore e i minuti necessari è Billie. Con lei il tempo sembra fermarsi, quasi sospe so nel suo fluire. Billie è veramente l’unica cosa bella nella vita di John; l’unica in grado di concedergli quel tempo assente ma tanto inseguito. Al suo fianco ogni attimo sembra non avere fine. Nonostante non ci sia tempo «di attimi lunghi Nemico pubblico e il cinema di Mann abbondano [...], ma in un film che racconta l’impossibilità di un uomo alla sosta, un paio di secondi sembra davvero un’eternità»18. Tuttavia «Mann [...] scopre che anche un paio di secondi in più è troppo poco»19.
17 P.M. Bocchi, cit., p. 6. 18 Ivi,p. 5. 19 Ibidem.
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Billie è l’unica persona in grado di “salvare” e di dare a John una possibilità di riscatto per poter cominciare una nuova vita. Ma, quando ormai è ad un passo dalla salvezza, ecco che il desti no bussa alla porta di Dillinger. In una trappola ordita dalla poli zia e dai federali, Billie viene arrestata. Billie, trascinata con forza dagli agenti, guarda John per un’ultima volta. Ma non si tratta di uno sguardo di rancore o di rabbia. E uno sguardo di salvezza (di versamente dall’ultimo, fulmineo sguardo intriso di morte che si scambiano Clyde Barrow - Warren Beatty e Bonnie Parker - Faye Dunaway) nel finale di Gangster Story, pochi secondi prima di trovare la morte sotto il fuoco di centinaia di proiettili esplosi in un agguato della polizia), rivolto a John che, Colt 1911 in pugno, vuole tentare un gesto estremo pur di non perdere la sua amata. Dillinger intuisce il tacito gesto di Billie e risale in auto. Allon tanandosi da lì, Dillinger, in lacrime, ha a disposizione un bre ve attimo per poter vedere l’ultima volta la sua Billie, che viene portata via. Consapevole che non la rivedrà più, quello sguardo e quell’attimo infinito rimarranno per sempre dentro di sé. Sapendo che ormai Dillinger è rimasto solo (i suoi uomini sono stati uccisi durante l’assalto a Little Bohemia), Purvis sfrut ta la situazione a suo vantaggio: minaccia l’ultimo contatto rima sto a Dillinger, la romena Anna Sage (Branka Katie), dicendole di deportarla se non li aiuterà ai catturare Dillinger. Costretta a collaborare ed a tradire John, una sera Anna comunica a Purvis che si recherà insieme a Dillinger al cinema. Preparato l’agguato finale, all’uscita dalla sala, ormai con le spalle al muro, Dillinger viene ucciso, sotto gli occhi quasi increduli di Purvis, da Charles Winstead. Morente, Dillinger sussurra alcune parole a Winstead. Billie, venuta a sapere dell’uccisione di John, riceve la visita in prigione di Winstead, il quale le confessa che prima di morire John ha detto alcune parole rivolte a lei: «Bye bye, Blackbird». Billie, in lacrime ma in silenzio, comprende che John, anche se era alla fine della sua esistenza, ha trovato, come faceva in vita, il tempo per le ili
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parole che non è riuscito a dirle quando l’ha persa per sempre. Ma con queste parole, Dillinger ha dimostrato a Billie di non averla dimenticata e che, anche nel suo ultimo viaggio della vita terrena, lei sarà sempre con lui, in un mondo ove il tempo non scorre.
4.6 Fuggire dalla storia Se Miami Vice metteva in scena il dramma dell’uomo contem poraneo in fuga dalle preoccupazioni della vita, Nemico pubblico è la messa in scena del dramma di un uomo in fuga dalla storia. Dillinger è figlio della storia ed è proprio la storia che ne ha fatto quello che è. Infatti: il Dillinger di Mann è un intreccio fragile e complesso di sen timenti in cui, più che negli altri casi, la Storia [...] entra in quanto predestinazione. Il lutto perenne che sembra attraver sare il volto di Johnny Depp deriva da questo conflitto tra l’illusione di possedere la libertà - e di esaltarla attraverso l’azione criminale - e la consapevolezza di essere, come tutti, una piccola vittima della Storia20.
Scegliendo la via del crimine, Dillinger, uomo senza tempo, ha cercato in qualche modo di ribellarsi a quel contesto storico-so ciale (la Grande depressione) che aveva reso tutti privi di libertà21 (lo stesso contesto sociale che porta Bonnie Parker e Clyde Bar row a ribellarsi contro le istituzioni, ma anche Bertha “Boxcar”
20 L. Malavasi, cit., p. 10. 21 Diversamente dal gangster megalomane Tony Montana di Scarface, il quale scalava la classifica del potere per il proprio arricchimento, il Dillinger di Mann trova, nelle sue azioni, delle motivazioni quasi sociali.
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Thompson - Barbara Hershey e Bill “Big” Shelly - David Carra dine, capigruppo dei rapinatori e assaltatori di treni e banche in America 1929 - Sterminateli senza pietà - Boxcar Bertha, 1972) di Martin Scorsese). Il Dillinger di Mann termina la sua corsa nella storia all’uscita da un cinema, proprio il luogo in cui storia e realtà, a volte, vanno a confluire. Oltre a ricostruire la vita del più famoso nemico d’America22, con Nemico pubblico Mann ha portato sotto la luce dei riflettori una delle parti buie e drammatiche della storia Americana, «re stringendo l’azione all’osservazione, tagliando fuori la cronaca e la biografia e lasciando affiorare dal genere “vita del bandito” lo schema di forze, energie e urti tra la propria storia, quella che viag gia con le pallottole e quella che resta, impassibile sullo sfondo»23. Muovendosi tra thriller metropolitano e realtà storica, in Ne mico pubblico-, Mann entra nel mito di Dillinger non per rinnovarlo o rove sciarlo, ma per aggiornarlo, trasformando il Nemico pubblico numero uno in un’icona [...] perfettamente contemporanea, perché presa in trappola dal mistero di chi dover essere di fronte alle proprie azioni |...] nella storia violenta e irrespon sabile che gli scorre accanto24.
Con questa operazione filmica, Mann non ha fatto altro che dare nuovamente linfa ad una figura, tanto reale quanto leggen daria capace, oggi, di identificarsi e confrontarsi con l’uomo con temporaneo.
22 Come, in parte, aveva già fatto John Milius al suo esordio con la sua opera prima, Dillinger (id., 1973). 23 Ibidem. 24 Ibidem.
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5. Giunti alla fine...non restano che i titoli di coda
5.1 Tra crisi e innovazione: riflessioni su cinema e uomo I thriller metropolitani di Michael Mann hanno visto la luce in un arco temporale abbastanza ampio, che copre dal 1981 al 2009. In queste tre decadi si è assistito alla ripresa e alla costante in novazione di tale genere accostandogli, di pari passo, il cammino evolutivo del cinema hollywoodiano. Ma, al di fuori dei percorsi filmici, nei suoi film Mann ha esplicato varie riflessioni sull’uo mo - contemporaneo e non - e sul rapporto che egli instaura col suo habitat, ovvero la città, nonché il suo ruolo e destino all’intemo di essa. Come in precedenza già affermato, l’affacciarsi di Mann al ci nema, a cavallo tra la fine degù anni ’70 e gli inizi degli anni’80, viene a coincidere con la decadenza del Nuovo Cinema Ameri cano che aveva, all’inizio degli anni ’60, risollevato le sorti di Hollywood e spazzato via la prima, grande crisi in cui verteva il cinema durante quegli anni, e l’inizio di una seconda crisi. Infat ti, tra i ’70 e gli ’80, i maggiori registi si erano trovati di fronte ad una vera e propria “frattura” di stile. Molti si lasciavano alle spalle la sicurezza di un cinema capofila ma, entrando nel nuovo decennio, nel quale erano sempre più richiesti film meno cerebra li e più da divertissement, non furono poche le incognite che si trovarono di fronte. Tuttavia, anche se il suo esordio venga a coincidere con uno dei momenti meno rosei che la storia del cinema contemporaneo 115
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abbia mai conosciuto, Mann recuperando tutta una serie di classi cismi della vecchia Hollywood, riesce a superare tale momento di rottura affermando, così, una sua personalissima New Hollywood intrisa di stilemi classici. Parallelamente al recupero del classici smo, Mann ha messo in piedi, attraverso la sua filmografia, una sorta di percorso metaforico sul cinema stesso. Con Strade violente Mann ha esplicato la sua visione del thril ler consegnando, al pubblico, una storia e dei personaggi dai toni crepuscolari1. Il suo protagonista, Frank, è un uomo “del passa to”, quasi un “old last man”, che si trova a dover fare i conti ed a adattarsi al mondo contemporaneo che lo circonda, così come i registi dovettero adattarsi con il nuovo avvenire del cinema. Mann, attraverso la figura di Frank nonché la storia dell’intero film, ha messo in scena non solo quello che era (e sarebbe stato, in seguito) il thriller metropolitano, ma anche la grave crisi cinema tografica in cui la Nuova Hollywood era piombata in quegli anni. Così è impossibile non rintracciare nel finale di Strade violente il pessimismo in cui si trovava immerso il cinema di quel tempo1 2. Frank, dopo aver portato a compimento il suo circuito di ven detta, si avvia su una strada (del futuro) buia e incerta. La stessa strada incerta che il cinema di allora stava percorrendo. Fortunatamente, nel 1986, tale crisi sembrava volgere al termi ne. Nella sua terza opera, Manhunter - Frammenti di un omicidio, opera classica quanto nuova, i personaggi si volgono al passato
1 In modo simile a Clint Eastwood che nei suoi II texano dagli occhi di ghiaccio (The Outlaw Josey Wales, 1976), Il cavaliere pallido (Pale Rider, 1985) e Gli spietati (Unforgiven, 1992) è riuscito a rappresentare un affresco di antieroi malinconici e, appunto, crepuscolari. 2 Lo stesso, uguale pessimismo in cui è immerso Vìvere e morire a Los Angeles di William Friedkin. Ed è Friedkin stesso ad affermare che «Dentro Vivere e morire a Los Angeles c’è tutta la mia rabbia, tutta la mia insoddisfazione per che cosa è diventato il cinema americano». R. Menarmi, William Friedkin, 2003, p. 73.
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5. Giunti alla fine.. non restano che i titoli di coda
per risolvere le incognite del presente, ma anche per esorcizzare i propri (e non) fantasmi interni. Will Graham, ritornando in pista per poter fermare Dente di fata deve fare i conti con il passato; lo stesso passato a cui si rivolge Mann per poter affermare nuo vamente il cinema durante questo periodo di crisi. Graham, ucci dendo Dente di yhta/Dollarhyde mette la parola fine sul proprio angosciante passato. E nell’azione di Graham è insita la volontà di Mann stesso di riaffermare quel cinema che ormai sembrava caduto nel baratro del finito. Con Manhunter e il suo, riconci liante finale, Mann ha dato il via ad un nuovo inizio riuscendo, così, a dare nuova forma al cinema permettendogli di imboccare la giusta strada. Superata la grave crisi cinematografica, per Mann è giunto il momento di dedicarsi anima e corpo al thriller metropolitano. Nel 1995 tutte le sue idiosincrasie d’autore e gli stilemi del genere vedono la luce in Heat - La sfida. Con esso il thriller metropoli tano si afferma in tutta la sua grandezza e in tutte le sue potenzia lità. Diversamente dai suoi precedenti lavori, in Heat Mann rende la città (elemento cardine del genere) una vera e propria prota gonista sempre accanto ai personaggi. Neil e Vincent sono, fin dall’inizio, destinati ad incontrarsi e scontrarsi nella megalopoli, in quella città degli angeli ove bene e male si ritrovano. Infatti, in Heat, la città è il luogo ove i destini si creano e si compiono ma è anche il luogo in cui tutti i regolamenti dei conti, i confronti e gli scontri confluiscono e si effettuano. Neil, Vincent (e tutti gli altri personaggi) sono, indissolubilmente, legati alla metropoli e il loro destino è insito in essa. Diversamente da Strade violente e Manhunter, intesi come metafore filmiche della crisi cinemato grafica, con Heat, Mann pone, nel contesto degli anni ’90, l’ulti mo nostalgico confronto tra il cinema classico e le sue nuove for me portando, allo stesso tempo, a compimento una prima trilogia del thriller metropolitano. Nel 2004, con Collateral Mann inaugura una nuova trilogia 117
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thriller incentrata sull’ampliamento dei confini urbani e sul tema della fuga. Collateral presenta tutte le innovazioni stilistiche e cinematografiche del nuovo millennio ma, tuttavia, è intriso degli stilemi classici che hanno reso unici i precedenti lavori manniani. Così come in Heat, i personaggi di Collateral si incontrano e si scontrano, ribaltando le proprie vite e i propri destini, senza nota re «[...] le impercettibili conseguenze di grandi eventi, le conse guenze enormi di piccole scelte»3. Vincent, killer spietato, “spet tro” che si muove in una Los Angeles quasi metafisica, cambia involontariamente la vita di Max, autista di taxi sconfitto dentro. Nell’arco temporale di una sola notte, Vincent porta a compimen to, in modo imprevedibile, il proprio destino, concedendo a Max una seconda opportunità di rinascita. I cambiamenti personali, in Collateral, avvengono nei confini ben delineati della metropoli, tra quegli edifici di vetro e quelle strade buie e trafficate da cui è impossibile fuggire. E proprio la trasformazione di Max a rappre sentare l’unica possibilità di fuga da una realtà dura e, purtroppo, limitata. Lo stesso tema della fuga, presente in Collateral, è ripre so in Miami Vice e Nemico pubblico. In Miami Vice la fuga prende le sembianze di unico mezzo per poter andare oltre la città stessa, di fuoriuscire dai confini e, così, ampliarli. La città è troppo piccola per i personaggi, e quindi ecco che Sonny e Rico attuano una costante fuga per poter superare i limiti urbani imposti. Ma non sono solamente i personaggi a fuggire, in quanto è il film stesso ad attuare una fuga dal gene re del thriller metropolitano. Miami Vice, infatti, scardina quelle che sono le caratteristiche del genere cercando di andare oltre, di ottenere qualcosa di totalmente nuovo ma, così come i suoi personaggi sono costretti a rinunciare alle proprie fughe, visto l’impellente richiamo della realtà, anche Miami Vice, alla fine,
3 A. Borri, Collateral, “Close-Up.it - Storie della visione”, ottobre 2004, p. 2.
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ritorna su quelle che sono le coordinate del genere, rispecchiando pienamente i tòpoi classicheggianti del thriller manniano. Nemico pubblico (che con Miami Vice forma una sorta di ditti co), invece, cerca di soffermarsi sulla fuga costante di una figura mitica, John Dillinger, costretto, dalla mancanza di tempo, a non fermarsi. Il personaggio di Dillinger, in Nemico pubblico, è un dead man walking in fuga costante dalla città e dalla società. Ma è proprio lo status a cui è costretto a rendere (ir)realizzabile la propria fuga non solo dai confini metropolitani, ma dalla storia stessa. Con Collateral, Miami Vice e Nemico pubblico, Mann ha esplicato un’acuta e attenta analisi sul rapporto uomo-città e sulle relazioni (umane e non) che vanno ad intrecciarsi. Contempora neamente, Mann è riuscito a mostrare, attraverso il discorso fil mico, il dramma (reale) dell’uomo contemporaneo, incapace di abbandonare e uscire dai confini delle città. Attraverso la sua personalissima rivisitazione e visione del thriller metropolitano, Mann ha reso partecipe lo spettatore del lo sviluppo di tale genere nel passare degù anni. Sviluppo che, tuttavia, non ha abbandonato quelle radici native che hanno reso possibile ciò. Mann, a distanza di anni, non ha mai messo da parte quegli aspetti e quei temi portanti di tutta la sua filmografia del thriller metropolitano', la città, luogo ove tutta ha inizio ma ha anche fine, le strade, che portano ogni singolo individuo verso il compimento del proprio destino, le ambientazioni notturne, il mare, luogo, ma anche simbolo, di riflessione e pace interiore, i temi della caccia, dell’incontro/scontro, del confronto con l’altro, della violenza (si veda Sam Peckinpah) ma anche del rispetto, dell’amicizia, della lealtà che viene ad instaurarsi fra i vari per sonaggi (si veda tutto il secondo cinema hongkonghese di John Woo). Ed è proprio il grande amore che Mann dedica ai suoi per sonaggi a rendere uniche le storie dei suoi film. Tuttavia i per sonaggi manniani, pur incarnando quelle figure classiche della 119
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migliore Hollywood, non sono tipici, perché ognuno di loro, in realtà, è un (anti)eroe. Essere un ladro o un poliziotto, un killer o un tassista ha poco importanza nel mondo manniano, poiché ogni singolo personaggio porta con sé un passato (ad esempio molti personaggi provengono da Folsom, un carcere californiano, ndt) che è impossibile cancellare. Infatti: [...] lo status, le reazioni di un uomo quando il futuro, l’e sterno sono cancellati, i sogni caduti, i ricordi martellano la testa. A Mann interessano il delitto, il crimine, come specchio deformato della vita, in cui tutti possono specchiarsi e vedere quello che avrebbero potuto essere se... E anche questa, delle possibilità abortite, del condizionale passato, è una delle os sessioni del regista di Chicago [.. .]4.
È il passato, così come le ossessioni, portano, inevitabilmente, i personaggi alla sconfitta ed alla propria decostruzione umana. Questo è il principale leitmotiv esistenziale che lega tutte le figure dei film di Mann.
5.2 Un cinema in continua (rinascita Probabilmente, visto il motivo conduttore e la riproposizione del background tematico, entrambi perfettamente rintracciabili in ogni sua singola opera, si potrebbe facilmente arrivare alla con clusione che tutto il cinema di Mann è una costante ripetizione. Ma tale affermazione sarebbe piuttosto inesatta, in quanto non bisogna commettere «l’errore di considerare Mann un maestro della fotocopia artistica. Il regista non usa infatti indulgere in cita
4 A. Borri, cit., pp. 27-28.
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zioni testuali, ama invece rielaborare, rivitalizzandole, le strutture classiche, i grandi schemi sempre validi della tradizione, le trame archetipiche in cui insufflare nuovi corpi e sguardi»5. Ogni singolo thriller metropolitano, porta con sé l’insita vo lontà di Mann di comunicare allo spettatore sempre qualcosa di nuovo, qualcosa che ancora manca nelle varie riflessioni cinemauomo-mondo. E attuando tale rielaborazione classica evolvendo, al tempo stesso, il genere, permette a Mann di «[...] stratificare i messaggi in serrate composizioni dialettiche»6. Nonostante la sua piena affermazione nel panorama cinema tografico mondiale, ancora oggi «[...] per Mann si nota un’anti patica tendenza a dire sempre: “Sì, ma.. .”»7, senza riconoscere il ruolo di primo piano che gli spetta tra i grandi nomi del cinema del presente. Vero è che il debutto cinematografico di Mann è avvenuto abbastanza tardi, rispetto ad altri suoi colleghi che, in breve tempo, riuscirono a far conoscere il proprio nome. E giusto affermare che: anche la sua formazione è eterodossa: ha studiato infatti a Londra, per poi condurre un apprendistato nel settore televi sivo. Ma le fonti spirituali e la dialettica economica del suo cinema sono le stesse: la nostalgia dell’apparato mitologico hollywoodiano, messo in crisi e restaurato al tempo stesso; il conseguente percorso dal film indipendente al kolossal, mas sima espressione deH’iniagerie filmica; l’esplorazione dei generi in chiave autoriale; il concepire in grande e autonoma mente le tappe della propria arte8.
5 Ivi, p. 37.
6 Ivi, p. 160 7 Zvz,p. 12. 8 Ivi,p. 10.
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Ma, al di fuori del tardo debutto e degli studi londinesi, si potrebbe aggiungere che, ad alimentare l’avversità critica nei confronti di Mann, sia proprio «la sua applicazione “classica” ai generi e, in parallelo, l’apparente eclettismo stilistico, la scarsa prolificità, la saltuaria applicazione alla televisione»9 e, conside rando che la maggior parte della sua filmografia è incentrata sul thriller metropolitano, si potrebbe dire quindi che: Mann è un “regista di genere”. Qualifica forse insufficiente, se non desueta, ora che tutti sono considerati autori. [...] Ma lo stile con cui Mann interpreta questo ruolo in fondo ana cronistico è del tutto nuovo: produttore, sceneggiatore, regi sta, all’occorrenza operatore, autore completo dei suoi film. Proprio con questo accentramento di funzioni si compie gran parte del passaggio di consegne dei vecchi directors, [...], alla coscienza dei nuovi authors1011 .
L’argomento trattato in questa sede è ben precisato e definito ma, tuttavia, non si deve pensare a Mann come l’unico iniziatore del nuovo thriller metropolitano e quindi a considerarlo un regista senza valore, visto che anche altri registi, precedenti e contempo ranei a Mann, si sono cimentati con tale genere. Sono da ricor dare i vari episodi della serie Ispettore Callaghan (1971-1988)11 iniziata da Don Siegei, ma anche II braccio violento della legge e Vivere e morire a Los Angeles di William Friedkin. Ed è proprio Vivere e morire a Los Angeles che, insieme a Strade violente e
9 Ibidem. 10 Ivi,p. 12. 11 A cui fanno seguito Una “44 Magnum” per l’ispettore Callaghan (Magnum Force, 1973) di Ted Post, Cielo di piombo, Ispettore Callaghan (The Enforcer, 1976) di James Fargo, Coraggio...fatti ammazzare (Sudden Impact, 1983) di Clint Eastwood e Scom messa con la morte (The Dead Pool, 1988) di Buddy Van Hom.
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Manhunter «[...] rappresenta uno dei vertici del cinema metro politano degli anni Ottanta [...]»12. Da non dimenticare L’anno del dragone di Michael Cimino, né Ridley Scott con il suo Black Rain - Pioggia sporca (BlackRain, 1989), e Brian De Palma con Gli intoccabili (The Untouchables, 1987) e Carlito’s Way, film che presenta tutta una serie di caratteristiche del thriller metro politano come «la stazione ferroviaria e la metropolitana, tappe di un itinerario labirintico della metropoli che il genere coltiva da sempre, il night club, [...], i vicoli sordidi, le strade malinconiche e umide di pioggia [.. .]»13. A questi sono da aggiungere l’oramai “classico” thriller me tropolitano incentrato sulla violenza urbana e sulla giustizia som maria, ovvero quel II giustiziere della notte (Death Wish, 1974, di Michael Winner) del quale Neil Jordan, nel 2007, ne ha fatto quasi una sorta di rifacimento (al femminile) con il suo II buio nell’anima (The Brave One). Ultimo (per ordine di tempo e con temporaneità) che rientra nel filone del thriller metropolitano è lo splendido e notturno noir di Nicolas Winding Refn Drive (id., 2011), «[...] [...] opera di un regista che mostra di apprezzare la lezione di Michael Mann senza lasciarsi andare troppo, però, ad un ripetitivo citazionismo»14.
12 R. Menarmi, cit., p. 73. 13 R. Nepoti, Brian De Palma, 1995, p. 111.
14 S. Salviano Miceli, Drive, “Close-Up.it -- Storie della visione”, maggio 2011, p. 2. Basta vedere l’inizio di Drive, durante il quale il protagonista si muove a bordo di un’automobile per le strade notturne di Los Angeles fungendo da autista per due rapi natori, per carpire la citazione relativa all’inizio di Strade violente. Ma il citazionismo di Refn nei confronti di Mann non si ferma solo all’ incipit', per tutta la pellicola vi sono altri rimandi alla filmografia del regista di Chicago (vedi, ad esempio, le auto che si muovono nella notte, riflettendo sulle proprie carrozzerie i riflessi della città di Los Angeles illuminata da centinaia di luci al neon; gli intrecci e le “deviazioni” di rotta a cui sono soggetti i personaggi e, infine, l’uso del ralenti per enfatizzare le scene cariche di suspense e pathos, ndt).
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Anche se Mann si è concentrato su questo specifico genere, bisogna riconoscergli che «la sua carriera registica appare sin golarmente stratificata, cosicché a ogni esperienza ne è seguita un’altra dalle sembianze inaspettate Anche lo stile [...], il suo approccio cambia da film a film»15. È Mann stesso a dare le motivazioni che l’hanno spinto verso un cinema diverso, lontano dalle etichette cinematografiche tra dizionali: Io faccio solo film con uno sguardo personale. Non ho schemi del tipo: adesso faccio un film commerciale, adesso ne faccio uno personale; non lavoro in quel modo. I miei film poi non sono delle piccole produzioni, sono sempre grandi, ambiziosi film personali. Essendo anche sceneggiatore, io scrivo le sce neggiature che voglio, perché farle scrivere ad altri significa dipendere dal sistema16.
In tutti questi anni di lavoro, Mann ha voluto mostrare e dimo strare allo spettatore, come il cinema, ancor prima di essere puro intrattenimento, sia amore per la vita. E: il senso della vita di Mann è la ragione per la quale fa cinema, e per cui i suoi film sono così lunghi e larghi: perché la vita è larga e lunga, dai tempi incommensurabili, spesso vuoti ma sempre pieni, grondanti passione e dolore, amore e sangue. Il cinema di Michael Mann sembra fondarsi sugli elementi na turali dell’uomo, amore e sangue, appunto, quasi non ci fosse altro. Dentro quei due cardini, quei due coefficienti umani che il cinema, soprattutto quello hollywoodiano, è andato dimen-
15 Zvz,pp. 12-13. 16 P.M. Bocchi, Michael Mann, 2002, p. 5.
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ticando, esiste l’uomo. Mann se ne è accorto. Di film in film, la lotta per 1’esistenza e il ruolo dell’uomo in essa diviene sempre più importante, proprio perché sempre più consape vole dell’inevitabile fallimento17.
L’unica certezza è che con il suo cinema, e i suoi thriller me tropolitani, Mann è riuscito a portare sul grande schermo, sotto forma di metafore filmiche, quelle che sono le tematiche e le reali situazioni dell’uomo che vive il mondo di oggi. «C’è da guardare a Mann come all’unico vero sperimentatore moderno del cinema hollywoodiano»18. Ma, anche se lui ha svol to, e continua a svolgere, un grande ruolo all’interno della storia del cinema, vi è la certezza che «nessun critico si permetterà mai di citare Michael Mann tra i più straordinari “autori” del cinema mondiale, ma in fondo, [...], quello che importa è che quest’uo mo, questo grande cineasta, continui a regalarci pellicole immen se [,..]»19.
17 Tvz, pp. 21-22. 18 P.M. Bocchi, Miami Vice eccentrico - L’orizzonte degli eventi, “Cinefonim”, anno 46, n. 8, ottobre 2006, p. 18. 19 F. Chiacchiari, tìeat - La sfida, “Cinefonim”, anno 36 n. 1 gennaio/febbraio 1996, p. 60
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Filmografia completa, schede tecniche, sceneggiature e produzioni
Cortometraggi:
Insurrection Titolo originale: id. Regia: Michael Mann Anno: 1968
Jaunpuri (o Janpuri) Titolo originale: id. Regia: Michael Mann Anno: 1972
17 Days down the Line Titolo originale: id. Regia: Michael Mann Anno: 1972
Lungometraggi:
Strade violente Titolo originale: Thief Anno: 1981 Regia: Michael Mann Soggetto: dal romanzo The Home Invaders di Frank Hoimer Sceneggiatura: Michael Mann 127
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Produttore: Jerry Bruckheimer, Ronnie Caan Produttore esecutivo: Michael Mann Fotografia: Donald Thorin Montaggio: Dov Hoenig Musica: Tangerine Dream Effetti speciali: Russel Hessey Scenografia: Mel Boume Costumi: Giorgio Armani, Jodie Lynn Tillen Paese di origine: USA Durata: 122’ Genere: Thriller Visto censura: Vietato ai minori di 14 anni Interpreti principali: James Caan (Frank), Tuesday Weld (Jessie), Ro bert Prosky (Leo), James Belushi (Barry), Willie Nelson (Okla), Dennis Farina (Carl), Tom Signorelli (Attaglia), Nick Nickers (Nick), William La Valley (Joseph), Hal Frank (Joe Gags), William L. Petersen (barista).
La fortezza Titolo originale: The Keep Anno: 1983 Regia: Michael Mann Soggetto: dal romanzo La fortezza di Francis Paul Wilson Sceneggiatura: Michael Mann, Francis Paul Wilson Produttore: Colin M. Brewer, Gene Kirkwoo, Howard W. Koch Jr. Produttore esecutivo: Michael Mann Fotografia: Alex Thomson Montaggio: Dov Hoenig Musica: Tangerine Dream Effetti speciali: Nick Allder Scenografia: John Box Costumi: Anthony Mendleson Paese di origine: USA Durata: 96’ Genere: Horror Visto censura: Per tutti Interpreti principali: Jurgen Prochnow (Capitano Woermann), Gabriel 128
Filmografia completa, schede tecniche, sceneggiature e produzioni
Byme (Maggiore Kaempffer), Ian McKellen (Theodor Cusa), Scott Glenn (Glaeken Trismegestus), Alberta Watson (Èva Cusa), Robert Prosky (Padre Fonescu).
Manhunter - Frammenti di un omicidio Titolo originale: Manhunter Anno: 1986 Regia: Michael Mann Soggetto: dal romanzo II delitto della terza luna (The Red Dragon) di Thomas Harris Sceneggiatura: Michael Mann Produttore: Dino De Laurentiis Entertainment Group Produttore esecutivo: Michael Mann Fotografia: Dante Spinotti Montaggio: Dov Hoenig Musica: The Reds e Michael Rubini Effetti speciali: Gusmano Cesaretti Scenografia: Mel Boume Costumi: Colleen Atwood Paese di origine: USA Durata: 121’ (124’ edizione estesa dell’HBO inedita in Italia) Genere: Thriller Visto censura: Per tutti Interpreti principali: William L. Petersen (Will Graham), Tom Noonan (Dente di/ata/Francis Dollarhyde), Brian Cox (dr. Hannibal Lektor), Joan Allen (Reba), Kim Griest (Molly Graham), Dennis Farina (Jack Crawford), Stephen Lang (Freddie Lounds), David Seaman (Kevin Graham). L'ultimo dei Mohicani Titolo originale: The Last of the Mohicans Anno: 1992 Regia: Michael Mann Soggetto: dal romanzo L'ultimo dei Mohicani di James Fenimore Coo per e dalla sceneggiatura del 1936 di Philip Dunne Sceneggiatura: Michael Mann, Cristopher Crowe 129
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Produttore: Michael Mann, Hunt Lowry, Morgan Creek Productions Produttore esecutivo: Michael Mann Fotografia: Dante Spinotti Montaggio: Dov Hoenig, Arthur Schmidt Musica: Trevor Jones, Randy Edelman Effetti speciali:Thomas L. Fisher Scenografia: Wolf Kroeger Costumi: Elsa Zamparelli Paese di origine: USA Durata: 112’ Genere: Avventura/storico Visto censura: Per tutti Interpreti principali: Daniel Day-Lewis (Nathaniel “Occhio di falco”), Madeleine Stowe (Cora Munro), Russel Means (Chingahgook), Eric Schweig (Uncas), Jodhi May (Alice Munro), Steven Waddington (Mag giore Duncan Heyward), Wes Studi (Magna), Maurice Roeves (Colon nello Edmund Munro), Patrice Chereau (Generale Montcalm).
Heat - La sfida Titolo originale: Heat Anno: 1995 Regia: Michael Mann Soggetto: Michael Mann Sceneggiatura: Michael Mann Produttore: Michael Mann, Art Linson Produttore esecutivo: Pieter Jan Brugge, Amon Milchan Fotografia: Dante Spinotti Montaggio: Dov Hoenig, Pasquale Buba, William Goldenberg, Tom Rolf Musica: Elliot Goldenthal, Brian Eno, Michael Brook, Teqe Rypdal, Moby Effetti speciali: N/D Scenografia: Neil Spisak Costumi: Deborah L. Scott Paese di origine: USA Durata: 171’ 130
Filmografia compieta, schede tecniche, sceneggiature e produzioni
Genere: Thriller/poliziesco Visto censura: Per tutti Interpreti principali: Al Pacino (Tenente Vincent Hanna), Robert De Niro (Neil McCauley), Val Kilmer (Chris Shiherlis), Jon Voight (Nate), Tom Sizemore (Michael Cheritto), Diane Venora (Justine), Ashley Judd (Charlene), Amy Brenneman (Eady), Wes Studi (Detective Casals) Ted Levine (Bosko), Mikelti Williamson (Sergente Drucker), Natalie Port man (Lauren), Dennis Haysbert (Breedan), William Fitchner (Roger Van Zant), Tom Noonan (Kelso), Kevin Gage (Waingro), Hank Azaria (Alan Marciano), Susan Taylor (Elaine Cheritto), Danny Trejo (Trejo), Kim Staunton (Lilian), Henry Rollins (Hugh Benny).
Insider - Dietro la verità Titolo originale: The Insider Anno: 1999 Regia: Michael Mann Soggetto: basato sull’articolo The Man Who Knew Too Much di Marie Brenner Sceneggiatura: Michael Mann, Eric Roth Produttore: Michael Mann, Pieter Jan Brugge per Touchstone Pictures Produttore esecutivo: Michael Mann Fotografia: Dante Spinotti Montaggio: William Goldenberg, Paul Rubell, David Rosenbloom Musica: Lisa Gerrard, Peter Bourke Effetti speciali: John E. Gray Scenografia: Brian Morris Costumi: Anna Sheppard Paese di origine: USA Durata: 157’ Genere: Thriller/drammatico Visto censura: Per tutti Interpreti principali: Al Pacino (Lowell Bergman), Russel Crowe (Jef frey Wigand), Christopher Plummer (Mike Wallace), Diane Venora (Liane Wigand), Philip Baker Hall (Don Hewitt), Lindsay Crouse (Sha ron Tiller), Debi Mazar (Debbie De Luca), Stephen Tobolowsky (Eric Kluster), Colm Feore (Richard Scruggs), Bruce McGill (Ron Motley) 131
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Michael Mann
Gina Gershon (Helen Caperelli), Michael Gambon (Thomas Sandefur), Rip Tom (John Scanlon).
Alì Titolo originale: id. Anno: 2001 Regia: Michael Mann Soggetto: Gregory Alien Howard Sceneggiatura: Stephen J. Ri vele, Christopher Wilkinson, Eric Roth, Michael Mann Produttore: Michael Mann, Paul Ardaji, A. Kitman Ho, James Lassiter, Jon Peters, Gusmano Cesaretti, Kathleen M. Shea, John D. Schofield, Michael Waxman Produttore esecutivo: Howard Bingham, Lee Caplin, Graham King Fotografia: Emmanuel Lubezki Montaggio: William Goldenberg Musica: Lisa Gerrard, Pieter Bourke Effetti speciali: N/D Scenografia: John Myhre Costumi: Marlene Stewart Paese di origine: USA Durata: 158’ (Versione cinematografica), 168’ (Versione estesa Direc tor ’s Cut) Genere : B iografico/sportivo/drammatico Visto censura: Per tutti Interpreti principali: Will Smith (Cassius Clay/Muhammad Alì), Jamie Foxx (Drew “Bundini” Brown), Jon Voight (Howard Cosell), Mario Van Peebles (Malcolm X), Ron Silver (Angelo Dundee), Jeffrey Wright (Howard Bingham), Mykelti Williamson (Don King), Jada Pinkett Smith (Sonji), Nona Gaye (Belinda), Barry Shabaka Henley (Herbert Muhammand), Giancarlo Esposito (Cassius Clay Jr.) Albert Hall (Eli jah Muhammad), Ted Levine (Joe Smiley), James N. Toney (Joe Fra zier), Charles Shufford (George Foreman), LeVar Burton (Marthin Lu ther King Jr.).
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Filmografia completa, schede tecniche, sceneggiature e produzioni
Collateral Titolo originale: id. Anno: 2004 Regia: Michael Mann Soggetto: Stuart Beattie Sceneggiatura: Stuart Beattie Produttore: Paramount Pictures Produttore esecutivo: Michael Mann Fotografia: Dion Beebe, Paul Cameron Montaggio: Jim Miller, Paul Rubell Musica: James Newton Howard, Antonio Pinto, Tom Rothrock Effetti speciali: N/D Scenografia: Sandy Reynolds-Wasco Costumi: N/D Paese di origine: USA Durata: 120’ Genere: Thriller Visto censura: Per tutti Interpreti principali: Tom Cruise (Vincent), Jamie Foxx (Max), Jada Pinkett Smith (Annie), Mark Ruffalo (Detective Fanning), Peter Berg (Richard Weidner), Bruce McGill (Agente dell’FBI Pedrosa), Barry Shabaka Henley (Daniel), Javier Bardem (Felix), Irma P. Hall (Ida), Jason Statham (uomo con la valigetta).
Miami Vice Titolo originale: id. Anno: 2006 Regia: Michael Mann Soggetto: Anthony Yerkovich Sceneggiatura: Michael Mann Produttore: Michael Mann, Pieter Jan Brugge Produttore esecutivo: Anthony Yerkovich Fotografia: Dion Beebe Montaggio: William Goldenberg, Paul Rubell Musica: John Murphy Effetti speciali: Illusion Arts, Entity FX, Pixel Playground, Eden FX, 133
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Michael Mann
Pacific Title Scenografia: Victor Kempster Costumi: N/D Paese di origine: USA Durata: 124’ Genere: Poliziesco/thriller Visto censura: Per tutti Interpreti principali: Colin Farrell (James “Sonny” Crockett), Jamie Foxx (Ricardo “Rico” Tubbs), Gong Li (Isabella), Naomie Harris (Tru dy Joplin), Ciaran Hinds (Agente I BI James Fujima), Barry Shabaka Henley (Tenente Martin Castillo), Luis Tosar (Arcangel de Jesus Mon toya), John Ortiz (Jose Yero), Justin Theroux (Larry Zito), Elizabeth Rodriguez (Gina Calabrese).
Nemico pubblico Titolo originale: Public Enemies Anno: 2009 Regia: Michael Mann Soggetto: N/D Sceneggiatura: Ronan Bennett, Ann Biderman, Michael Mann Produttore: Bryan H. Carroll, Michael Mann, Kevin Misher Produttore esecutivo: G. Mac Brown, Robert De Niro, Jane Rosenthal Fotografia: Dante Spinotti Montaggio: Paul Rubell, Jeffrey Ford Musica: Elliot Goldenthal Effetti speciali: N/D Scenografia: Nathan Crowley Costumi: Colleen Atwood Paese di origine: USA Durata: 143’ Genere : Thriller/gangster/drammatico Visto censura: Per tutti Interpreti principali: Johnny Depp (John Dillinger) Christian Baie (agente dell’FBI Melvin Purvis), Marion Cotillard (Billie Frechette), Stephen Lang (Charles Winstead), David Wenham (Pete Pierpont), Ja son Clarke (John “Red" Hamilton), Channing Tatum (Pretty Boy Floyd), 134
Filmografia completa, schede tecniche, sceneggiature e produzioni
Stephen Dorff (Homer Van Meter), Stephen Graham (Baby Face Nel son), Giovanni Ribisi (Alvin Karpis), Billy Crudup (J. Edgar Hoover), John Ortiz (Phil D’Andrea), Lili Taylor (Sceriffo Lillian Holley), Emi lie de Ravin (Anna Patzke), Leelee Sobieski (Polly Hamilton), Carey Mulligan (Carol Slayman), Branka Katie (Anna Sage). Blackhat Nuovo film di Michael Mann annunciato negli scorsi mesi e in fase di produzione. Da indiscrezioni si tratterebbe di un cyber-thriller. L’uscita dovrebbe essere prevista per il gennaio 2015.
Film Televisivi
La corsa di Jericho (film realizzato per la rete televisiva ABC e in se guito distribuito nelle sale cinematografiche) Titolo originale: The Jericho Mile Anno: 1979 Regia: Michael Mann Soggetto: Patrick J. Nolan Sceneggiatura: Michael Mann, Patrick J. Nolan Produttore: Tim Zinneman per ABC Produttore esecutivo: N/D Fotografia: Rexford Metz Montaggio: Arthur Schmidt Musica: Jimmie Haskell (Versione televisiva), James Di Pasquale (Ver sione cinematografica Effetti speciali: N/D Scenografia: Stephen Berger Costumi: N/D Paese di origine: USA Durata: 97’ Genere: Drammatico Visto censura: N/D Interpreti principali: Peter Strauss (Larry “Rain” Murphy), Richard Lawson (R.C. Stiles), Roger E. Mosley (“Cotton”), Brian Dennehy 135
La
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Michael Mann
(“Doctor D”), Geoffrey Lewis (Dott. Billy Janowsky), Billy Green Bush (Earl Gulliver), Ed Lauter (Jerry Beloit), Beverly Todd (Wylene), William Prince (Presidente del comitato olimpico), Miguel Pinero (Rubio). Sei solo, agente Vincent Titolo originale: LA. Takedown Anno: 1989 Regia: Michael Mann Soggetto: Michael Mann Sceneggiatura: Michael Mann Produttore: Michael Mann, Patrick Markey Produttore esecutivo: N/D Fotografia: Ronald Victor Garcfa Montaggio: Dov Hoenig Musica: Tim Truma Effetti speciali: N/D Scenografia: Dean Taucher Costumi: Patricia Field Paese di origine: USA Durata: 93’ Genere: Thriller/poliziesco Visto censura: N/D Interpreti principali: Scott Plank (Vincent Hanna), Alex McArthur (Pa trick McClaren), Michael Rooker (Bosko), Ely Pouget (Lilian), Vincent Guastaferro (Michael Cheritto), Richard Chaves (Casals), Victor Ri vers (Arriaga), Laura Harrington (Eady), Clarence Gilyard Jr. (Musta fa Breedan), R.D. Call (Harry Dieter), Peter Dobson (Chris Shiherlis), Xander Berkeley (Waingro), Juan Fernandez (Harvey Torena), CaryHiroyuji Tagawa (Hugh Benny), Robert Winley (Nate), Mimi Lieber (Elaine Cheritto), Jentry Tuvil (Charlene).
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Filmografia completa, schede tecniche, sceneggiature e produzioni
Serie Televisive
Sceneggiatore Sulle strade della California (Police Story, 1973-1978) Agente Pepper (Police Woman, 1974-1978) Starsky & Hutch (id., 1975.1979) Regia
Vega$ (id., 1978-1981, Michael Mann dirige l’episodio pilota)
Co-creatore e produttore esecutivo
Miami Vice - Squadra antidroga (Miami Vice, 1984-1989) Crime Story (id., 1986-1989) Drug Wars: The Camarena Story (id., 1990) Drug Wars: The Cocaine Cartel (id., 1992)
Sceneggiature
River of Promises (id., 1977, Film per la televisione) Vigilato speciale (Straight Time, 1978, collaborazione alla sceneggia tura non accreditata) Vega$ (id., 1978-1981, Serie televisiva) La corsa di Jericho (The Jericho Mile, 1979, Film per la televisione (in seguito distribuito nelle sale cinematografiche) Swan Song (id., 1980, Film per la televisione) Strade violente (Thief, 1981) La fortezza (The Keep, 1983) Manhunter - Frammenti di un omicidio (Manhunter, 1986) Sei solo, agente Vincent (LA. Takedown, 1989, Film per la televisione) L'ultimo dei Mohicani (The Last of the Mohicans, 1992) Heat - La sfida (Heat, 1995) 137
La città e la notte. Il thrttt.fr
metropolitano di
Michael Mann
Insider - Dietro la verità (The Insider, 1999) Alì (id., 2001) Miami Vice (id., 2006) The Kingdom (id., 2007) Nemico pubblico (Public Enemies, 2009) Blackhat (id., 2015)
Collaborazioni
I cinque della squadra d'assalto (Band of Hand, 1986, produttore ese cutivo)
Apparizioni/partecipazioni di Michael Mann Serie Televisive
Kojak (id., 1973-1978) nell’episodio By silence Betrayed (1976) nel ruolo di Dave Laverne & Shirley (id., 1976-1983) , nell’episodio Citizen Krane (1977) nel ruolo di Lackey M*A*S*H (id., 1972-1983), nell’episodio Major Topper (1978) nel ruolo del sergente Glassberg.
Documentari
Howard Hawks - American Artist (id., 1997, di Kevin Macdonald) Chicago Filmakers on the Chicago River (id., 1998, di D.P. Carlson)
Regia Spot Televisivi
Lucky Star (id., 2002, Spot pubblicitario per la casa automobilistica Mercedes-Benz) 138
Filmografia completa, schede tecniche, sceneggiature e produzioni
Produzioni
L'ultimo dei Mohicani (The Last of the Mohicans, 1992, regia di Mi chael Mann) Heat - La sfida (Heat, 1995, regia di Michael Mann) Insider - Dietro la verità (The Insider, 1999, regia di Michael Mann) All (id., 2001, regia di Michael Maim) Collateral (id., 2004, regia di Michael Mann) The Aviator (id., 2004, regia di Martin Scorsese) Miami Vice (id., 2006, regia di Michael Mann) The Kingdom (id., 2007, regia di Peter Berg) Hancock (id., 2008, regia di Peter Berg) Nemico pubblico (Public Enemies, 2009, regia di Michael Mann) Le paludi della morte - Texas Killing Fields (Texas Killing Fields, 2011, regia di Ami Canaan Mann) Blackhat (id., 2015, regia di Michael Mann)
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Bibliografia
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Supporti multimediali
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Indice dei nomi
17 Days down the Line (id.), 22 2001: Odissea nello spazio (2001: A Space Odyssey), 13
Besson, Luc, 88 Bigelow, Kathryn, 20, 44, 59, 69, 70n,71n
A Better Tomorrow (Ying huang boon sik), 38 A Better Tomorrow II (Ying huang boon sik II), 44
Black Rain - Pioggia sporca (Black Rain), 123 Blade Runner (id.), 36 e n Blue Steel - Bersaglio mortale (Blue Steel), 71n
Affleck, Ben, 77 Agente Pepper (Police Woman), 22 Alì (id.), 26 Alien (id.), 23
Allen, Joan, 53 Allen, Woody, 13 Altman, Robert, 62 America 1929 - Sterminateli senza pietà (Boxcar Bertha), 113 American Graffiti (id.),IS American History X (id.), 64n America oggi (Short Cuts), 62
Anderson, Paul Thomas, 62 Apocalypse Now (id.), 18 Apollo 13 (id.), 59 Arancia meccanica (A Clockwork Orange), 19 e n
Bale, Christian, 26,106 Bardem, Javier, 85 Bayer, Samuel, 56 Beatty, Warren ,111 Belushi, James, 37 Benoniel, B., 29n Bertolucci, Bernardo, 19n
Bocchi, 7,105n, Bocchi, Pier Maria, 7, 23n, 29n, 34n, 36n,43n,5In,63n,80n,84n,91n, 93n,97n, 105n,llOn, 124n,125n Boehm, Carl, 47 Borri, Alessandro, 7, 27n, 29n, 30n, 39n,44n,49n,52n,56n,60n,61n, 66n, 71n, 72n, 73n, 77n, 118n, 120n Brenneman, Amy, 63 Brickman, Paul, 44n Bridges, James, 26 Bridges, Jeff, 40 Brunetta, G.P, 30n, 3 In Buffalo Bill, 51 Caan, James, 23,37 Cameron, James, 20,36 Cane di paglia (Straw Dogs), 9In Cani da rapina, 44n Carlito's Way (id.), 37, 38, 45n, 66,
123 Carobelli, M., 70n Carpenter, John, 13,19, 23,36,48 Carradine, David, 113
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Indice dei nomi
Casinò (Casino), 59,65 C’era una volta in America (Once Upon a Time in America), 62n
Cunningham, Sean S., 48 e n
Chabrol, Claude, 15
Dark Star (John Carpenter’s Dark Star), 13
Che fai, rubi? (What’s Up, Tiger Lily?), 13
Cheung, Leslie, 38 Chiacchiari, E, 69n, 76n, 125n Chi ha paura di Virginia Woolf? (Who’s Afraid of Virginia Woolf?),
13 Chinatown (id.), 17n Chi sta bussando alla mia porta? (Who’s That Knocking at My Door), 12 Cielo di piombo, Ispettore Callaghan (The Enforcer), 122
Cimino, Michael, 13, 18 e n, 36, 40, 68n,123 Clarke, Jason, 105 Collateral (id.),26,32,79,80,81,82, 83 e n,84,89,90,9In,92,93,94 en, 99,102,117,118,119 Collins, Phil, 8 Colors - Colori di guerra (Colors),
64n Coraggio...fatti ammazzare (Sudden Impact), 122n
Corman, Roger, 14 Costa-Gavras, Costantin, 26 Costner, Kevin, 107n
Damon, Matt, 100
Davis, Miles, 8 Day-Lewis, Daniel, 8 Dead man walking - Condannato a morte (Dead Man Walking), 59
Deleuze, Gilles, 5 In, 66n Delon, Alain, 83n Demme, Jonathan, 50,55 De Niro, Robert, 8,25,60,61 e n, 80n De Palma, Brian, 12,37,48 e n, 66 e n,99,107,123 Depp,Johnny, 8,26, 100,105,112 Detassis, P., 3 In Di Caprio, Leonardo, 100 Die Hard - Duri a morire (Die Hard With a Vengeance), 59 e n Dillinger (id.), 113n Distretto 13 - Le brigate della morte (Assault on Precinct 13), 19 e n Django Unchained (id.), 44n Donnie Brasco (id.), 100 Dorff, Stephen, 105 Drive (id.), 80n, 123 e n Duel (id.), 13 e n Dunaway, Faye, 111
Crash - Contatto fisico (Crash), 62
Eastwood, Clint, 29, 40, 68n, 116n, 122n Easy Rider (id.), 16,17 E.T. - L’Extra-Terrestre (E.T. The Extra-Terrestrial), 36n eXistenZ (id.), 23n
Craven, Wes, 48 e n, 55 e n, 56 Crime Story (id.), 24 Cronenberg, David, 23 Crowe, Russel, 25 Crudup, Billy, 106 Cruise, Tom, 8, 26,81
Fa’ la cosa giusta (Do the Right Thing), 62 Fargo, James, 122 Farina, Dennis, 47 Farrell, Colin, 26,97
Costretti ad uccidere (The Replace ment Killers), 88
Cotillard, Marion, 26,106 Cox, Brian, 49
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Indice dei nomi
Feeney, EX., 7,42n, 45n, 52n, 87n Fenimore Cooper, James, 24 Fichtner, William, 63 Figgis, Mike, 59 Fincher, David, 55, 59 Ford Coppola, Francis, 12,17 Ford, John, 28,66n Foster, Jodie, 51 Foxx, Jamie, 26, 80,97 Frank Costello faccia d’angelo (Le samouraì), 32,83n Frankenheimer, John, 73n Frank, Hai, 38 Frenzy (id.), 48 Friedkin, William, 13,45, 63n, 116n, 122 Fritz Lang, 30 Fuqua, Antoine, 88
Gage, Kevin, 60 Gangster Story (Bonnie and Clyde), 16,17,109n, 111 Ghost Dog: Il codice del samurai (Ghost Dog: The Way of the Sa murai), 83n Gioventù bruciata (Rebel Without a Cause), 18
Gironi, F, 103n Giungla d’asfalto (The Asphalt Jun gle)^!
Glenn, Scott, 54 Gli intoccabili (The Untouchables), 66n,107,123 Gli spietati (Unforgiven), 116n Godard, Jean-Luc, 15 Good Times (id.), 13 Graham, Stephen, 105 Griest, Kim, 48 Guerre stellari (Star Wars), 18,20 Guest, Vai, 23n
Hackford, Taylor, 26
Haggis, Paul, 62 Halloween - La notte delle streghe (Halloween), 47 Hanson, Curtis, 64 Harris, Naomi, 98 Harris, Thomas, 24,46,49n Harron, Mary, 55 Hawkes, John, 98 Hawks, 9 Hawks-Hitchcock, 28 Hawks, Howard, 19n, 28,31,72 Haysbert, Dennis, 70 Heat - La sfida (Heat), 8, 9, 24, 25, 28,32,39n, 59,60 e n, 61 e n, 62, 64, 65n, 66 e n, 69, 70, 72, 73, 75n, 76, 77, 79, 83, 99, 101, 106, 107,109,117,118 Hershey, Barbara, 113 Hetebriigge, Jóm, 18n Hill, Walter, 66n Hinds, Ciaran, 98 Hitchcock, Alfred, 48,50 Hoffman, Dustin, 9 In Hoimer, Frank, 23 Holden, William, 75n Hopper, Dennis, 64n Howard, Ron, 59 Huston, John, 30,32 I cancelli del cielo (Heaven’s Gate), 36 I guerrieri della notte (The Warriors), 66n I solid sospetti (The Usual Suspects), 59 Il braccio violento della legge (The French Connection), 13,45,122 Il buio nell’anima (The Brave One), 123 Il buio si avvicina (Near Dark),^An Il cacciatore (The Deer Hunter), 18 en
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Indice dei nomi
H cattivo tenente {The Bad Lieute nant}, 68n H cavaliere pallido {Pale Rider}, 116 H demone sotto la pelle {Shivers}, 23n Il dominatore di Chicago {Party Girl}, 31 Il dottor stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba {Dr. Strange love or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb}, 21 Il giustiziere della notte {Death Wish},
123 Il Gladiatore {Gladiator}, 25 11 grande caldo {The Big Heat}, 30 11 grande sonno {The Big Sleep}, 72 Il laureato {The Graduate}, 16,17 Il mistero del falco {The Maltese Fal con}, 30 Il mucchio selvaggio {The Wild Bunch}, 13,14n, 44,71n, 75n Il padrino {The Godfather}, 17 H padrino e n padrino - Parte n, 18 H padrino - Parte II {The Godfather Partii}, 17,18,25,61n Il padrino - Parte in {The Godfather -Partili}, 17 Il promontorio della paura {Cape Fear}, 92n Il silenzio degli innocenti {The Silen ce of the Lambs}, 50,54,55 Il texano dagli occhi di ghiaccio {The Outlaw Josey Wales}, 116n Incontri ravvicinati del terzo tipo {Close Encounters of the Third Kind), 18 Insider - Dietro la verità {The Insi der},8,9,25,26,39n Insurrection {id.}, 21 I senza nome {Le cercle rouge}, 32
Ispettore Callaghan, 122 e n Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è
150
tuo {Dirty Harry}, 68n Jarmusch, Jim, 83n Jaunpuri {id.}, 22 Joanou, Phil, 10 In Johnson, Don, 8, lOOn Jordan, Neil, 123 Judd, Ashley, 64 Katie, Branka, 111 Keitel, Harvey, 68n Keller, Harald, 17n Kill Bill vol. 1 {id.}, 44n Kill Bill vol. 2 {id.}, 44n Kilmer, Vai, 60 King, G., 12n, 15n King, Geoff, lln Kubrick, Stanley, 13,19 e n, 32
L.A. Confidential {id.}, 64n, 72 La corsa di Jericho {The Jericho Mile}, 22 La cosa {The Thing}, 23,36 La fiamma del peccato {Double In demnity}, 30 La finestra sul cortile {Rear Window},
50 La fortezza {The Keep}, 23, 44n, 46, 54 La furia umana {White Heat}, 32 L’ammaliatrice {Die Freudlose Gas se}^!
La morte cavalca a Rio Bravo {The Deadly Companions}, 13 La mosca {The Fly}, 23 Landis, John, 36 Lang, Fritz, 48 Lang, Stephen, 52, 106 L’anno del dragone {Year of the Dra gon}, 68n,123 La notte dei morti viventi {Night of the Living Dead), 14
Indice dei nomi
La Polla, E, 14 La Polla, Franco, 12 La rabbia giovane (Badlands'), 13 La signora di Shanghai (The Lady from Shanghai), 30 Lasseter, John, 59 La stangata (The Sting), 18 L’astronave atomica del dottor Quatermass (The Quatermass Xperimenf), 23n L.A. Takedown (id.), 24 La Valley, William, 37 La via senza gioia, 2In La vie en rose (La Mónte), 26 La vita corre sul filo (The Slender Th read), 13 Lazzerotti, N., 23n, 39n, 73n Lazzerotti, Nicola, 79n, 99n, 102n Lee Curtis, Jamie, 71n Lee, Danny, 69 Lee, Spike, 62 Legend (id.), 44n Le catene della colpa (Out of the Past), 30 Le iene (Reservoir Dogs), 44 Léon (idi), 88 Leone, Sergio, 62n, 66n LeRoy, Mervyn, 31 Levine, Ted, 71 Lewin, Robert, 22 Li, Gong, 98 L’infernale Quinlan (Touch of Evil), 30 L’occhio che uccide (Peeping Tom), 47,53n Lo squalo (Jaws), 18 Lucas, 18 Lucas, George, 13,18 L’ultimo dei Mohicani (The last of the Mohicans), 8,9,24,39n, 59 Lumet, Sidney, 26,68n L’uomo che fuggì dal futuro
(THX1138), 13
L’uomo con la cravatta di cuoio (Co ogan ’s Bluff), 68n L’uomo con la macchina da presa (Chelovek s kino-apparatom), 28 Lynch, David, 36n Mad City - Assalto alla notizia (Mad City), 26 Malavasi,L., 109n, 112n Malick, Terrence, 13 Manhunter - Frammenti di un omici dio (Manhunter), 8, 24, 25, 39n, 46, 47, 48, 50, 51, 55, 56, 59, 64, 79, 109,116,117,123 Mann, Anthony, 28 Matheson, Richard, 13n Matrix (The Matrix), 13 McTieman, 59n McTieman, John, 37n, 59 Mean Streets - Domenica in chiesa, lunedì all’infemo (Mean Streets), 17n Melville, Jean-Pierre, 32 Menarmi, R., 116n, 123n Meyer, Nils, 19n Mezzogiorno di fuoco (High Noon), 66n Miami Vice - Squadra antidroga (Miami Vice, 8, 23, 26, 28n, 32, 46, 79n, 80, 97, 98, 99 e n, 100, lOln, 102 e n, 103,104,105,107, 108, 109, 112, 118, 119 (differen ziare la serie dal film) Michael Cimino, 36 Michelangelo Antonioni, 28 Milius, John, 113n Miller, Penelope Ann, 37 M - Il mostro di Dusseldorf (M - Eine Stadt sucht einen Mòrder), 48 Mitchum, Robert, 92n Moby, 75 151
Indice dei nomi
Morandini, 66 Morandini, N., 30n Miiller, Jiirgen, 17n, 18n, 19n, 36n
Nashville (z’J.), 62 Nazzaro, G.A., 102n Nelson, Willie, 37 Nemico pubblico (The Public Enemy), 31 Nemico pubblico (Public Enemies), 8, 9, 26, 32, 39n, 79n, 80, 105, 106-110,112,113,118,119 Nepoti, R., 123n Newell, Mike, 100 New York, New York (id.) 19 Nichols, Mike, 13,16 Nicholson, Jack, 100 Nicolas Winding Refn, 123 Nightmare (A Nightmare on Elm Stre et), 56 Nightmare - Dal profondo della notte (A Nightmare on Elm Street), 48 Nikita (id.), 88 Nispel, Marcus, 56 Nixon, Richard, 17 Noonan, Tom, 52, 63 Notte sulla città (Un flic), 32 Oggi sposi (The Wedding Party), 12 Ombre rosse (Stagecoach), 66n Ortiz, John, 98 Pabst, GW., 21 Pacino, Al, 25, 37, 60, 61 e n, 68n, 100 Pakula, Alan J., 26 Parillaud, Anne, 88n Pat Garrett e Billy the Kid (Pat Gar rett & Billy the Kid), 65 Peck, Gregory, 92n Peckinpah, 65,71n, 91n Peckinpah, Sam, 13,28,44,119
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Penn, Arthur, 14,16,109n Penning, Lars, 14n Penn, Sean, 37 Per un pugno di dollari (id.), 66n Petersen, William, 24,47 Piccardi, A., 93n Piccolo Cesare (Little Caesar), 31 Piccolo grande uomo, 14n, 65 Piccolo grande uomo (Little Big Man), 14 Pinkett Smith, Jada, 81 Platoon (id.), 36n Point Break, 70 Point Break - Punto di rottura (Point Break), 69 Polanski, Roman, 17n Pollack, Sydney, 13 Portman, Natalie, 60 Post, Ted, 122n Powell, Michael, 47 Profumo di donna (id.), 25n Prosky, Robert, 38 Psyco (Psycho), 48 Pulp Fiction (id.), 44
Quei bravi ragazzi, 65 Quei bravi ragazzi (Goodfellas), 45 Quinto potere (Network), 26
Rapina a mano armata (The Killing), 32 Ratner, Brett, 55 Ray, 26 Ray-Fuller, 28 Ray, Nicholas, 18,31 Red Dragon (id.), 56 Reeves, Keanu, 69 Refn, 123n Reno, Jean, 88 Re per una notte (The King of Come dy), 36 Risky Business - Fuori i vecchi... i
Indice dei nomi
figli ballano (Risky Business), 44n Robbins, Tim, 59 Rollins, Henry, 71 Romero, George A., 14 Ronin (id.), 73n Rosson, Richard, 31 Roy Hill, George, 18 Ruffalo, Mark, 82 Ryan, Robert, 75n Santucci, John, 41 Scarface - Lo sfregiato (Scarface), 31,99n,112n Scarface (id.), 99n, 112n Scent of a Woman - Profumo di don na (Scent of a Woman), 25 Schumacher, Joel, 64n Scommessa con la morte (The Dead Pool), 122n Scorsese, 9,19,65,80n Scorsese, Martin, 12,17n, 25, 36,59, 100 Scott, Ridley, 23,36,44n, 123 Scream (id.), 55 Scream 2 (id.), 55n Scream 3 (z’J.), 55n Scream 4 (z’J.), 55n Seaman, David, 54 Serpico (z J.), 68n Seven (Se7en), 55,59 Sfida senza regole (Righteous Kill), 61n Shabaka Henley, Barry, 85,98 Siegel, Don, 28,68n, 122 Signorelli, Tom, 38 Silver, A., 3 In Silver, Ron, 7In Sindrome cinese (The China Syndro me), 26 Singer, Bryan, 59 Siodmack, Robert, 28 Sizemore, Tom, 60
Sozzo, Sergio, 80n Spanu,M.,45n Spielberg, 18 Spielberg, Steven, 13,36n Spinotti, 72n Spinotti, Dante, 39n, 6 In Starsky & Hutch (id.), 22 Stato di grazia (State of Grace), 10In Steffen, Haubner, 36n Stewart, James, 50 Stone, Oliver, 36n Strade violente, 25, 35, 36, 38, 39, 40,42,44,45,46,47n,51,54,56, 59,60,74,79,103,109,116,117, 122,123n Strade violente e Manhunter - Fram menti di un omicidio, 32 Strade violente (Thief), 23, 35 Strange Days (id.), 59 Strauss, Peter, 22 Sulle strade della California (Police Story), 22 Swayze, Patrick, 69
Tarantino, Quentin, 44 Tatum, Channing, 107 Taxi Driver (id.), 19,80n Terminator (The Terminator), 36n The Blues Brothers (id.), 36 e n The Departed - Il bene e il male (The Departed), 100 The Fighter (id.), 26 The Home Invaders, 23 The Killer, 65,69, 88 The Killer (Die xue shuang xiong), 45 The Town (id.), 77 Thief, 39 Thompson, J. Lee, 92n Ti, Lung, 38 Tonight for Sure (id.), 12 Toro scatenato (Raging Bull), 25 Tosar, Luis, 98
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Indice dei nomi
Toumeur, Jacques, 30 Toy Story - Il mondo dei giocattoli (Toy Story), 59 Trappola di cristallo, 59n Trappola di cristallo (Die Hard), 37n Trejo, Danny, 60 Truffaut, Francois, 15 Tutti gli uomini del presidente (All the President's Men), 25
Vestito per uccidere (Dressed to Kill), 48 Via da Las Vegas (Leaving Las Ve gas), 59 Vivere e morire a Los Angeles, 47,63 e n,68n,116n,122 Vivere e morire a Los Angeles (To Live and Die in LA.), 45 Voight, Jon, 63
Ultimo tango a Parigi (Last Tango in Paris), 19n Una “44 Magnum” per l’ispettore Callaghan (Magnum Force), 122n Una calibro 20 per lo specialista, 40 Una calibro 20 per lo specialista (Thunderbolt and Lightfoot), 13, 40 Una pallottola per Roy (High Sierra), 32 Un dollaro d’onore (Rio Bravo), 19n Un giorno di ordinaria follia (Falling Down), 64n Un mercoledì da leoni (Big Wednesday), 18 Ursini, J., 3 In Van Hom, Buddy, 122n Vega$ (id.), 22 Velluto blu (Blue Velvet), 36n Venerdì 13 (Friday the 13th), 48,56 Venora, Diane, 60 Vertov, Dziga, 28
Wachow ski, Andy, 13 Wachowski, Lana, 13 Walsh, Raoul, 32,65 Weld, Tuesday, 37 Welles, Orson, 30 Wellman, William A., 31 Wenham, David, 105 Whitaker, Forest, 83n White Heat (La furia umana), 65 Wilder, Billy, 30 Wilson, Francis Paul, 23 Winding Refn, Nicolas, 80n Winner, Michael, 123 Woo, 69,70, 88 Woo, John, 38,44,65,69,119
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Yeh, Sally, 88 Yun-Fat, Chow, 38,69,88
Zinnemann, Fred, 66n Zodiac (zJ.), 55
Ringraziamenti
Ringrazio il professore Daniele Dottorini per aver cu rato la premessa del presente saggio e per aver risposto ogni volta, con ottimi consigli, ad ogni mio dubbio e in certezza. Un ringraziamento speciale va al Dott. Walter Pelle grini, il quale ha permesso la realizzazione del presente lavoro. Infine, un ringraziamento agli amici dell’ufficio com posizione della Luigi Pellegrini Editore, Lino Palermo e Stefania Chiaselotti per la professionalità, la pazienza e la dedizione dimostrata durante la genesi di questa mia prima pubblicazione. Grazie.. di vero cuore.
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Indice
Presentazione di Daniele Dottorimi
Pag-
7
Introduzione
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11
1. Nascita di un genere: il thriller metropolitano 1.1 II crimine come dramma personale:
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35
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35 40 42
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46 51 54
2. Caccia senzaJine: Heat — La sfida 2.1 Pallottole e morte nella città degli angeli 2.2 Le strade del destino 2.3 La città come luogo di scontro 2.4 Deviazioni di rotta e rese dei conti
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59 60 62 70 73
3. Il thriller metropolitano degli anni 2000 3.1 L’imprevedibilità della vita: Collateral 3.2 Un lungo viaggio di notte 3.3 Punto di rottura 3.4 Uomo, città e destino
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79 80 82 89 91
Strade violente 1.2 (Ri)costruirsi una vita 1.3 Ritorno alla violenza
1.4 Cacciatori e prede: Manhunter —
Frammenti di un omicidio 1.5 Confrontarsi con il passato 1.6 Nemesi: l’altro da eliminare
157
La città e la notte. Il thriller metropolitano di Michael Mann
4. L’ampliamento di un genere 4.1 Undercover cops: Miami Vice 4.2 Fuga dalla realtà (e da un genere) 4.3 Essere se stessi
pag. 97 » 97 » 98 » 104
4.4 II crimine degli anni ’30: Nemico pubblico 4.5 L’impossibilità di fermarsi 4.6 Fuggire dalla storia
5. Giunti allafine.. .non restano che i titoli di coda 5.1 Tra crisi e innovazione: riflessioni su cinema e uomo 5.2 Un cinema in continua (ri)nascita
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105 107 112
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115
115 » 120
Filmografia completa, schede tecniche, sceneggiature e produzioni
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127
Bibliogrcfia
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141
Indice dei nomi
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Stampato da Pellegrini Editore - Cosenza
I paesaggi industriali mi commuovono” Michael Mann
Cosa spinge un regista come Michael Mann a portare - sul grande schermo - storie di uomini (e di donne) che vivono e si muovono nelle grandi metropoli statunitensi? Non è certo un semplice gusto estetico/stilistico che ha indicato tale scelta al cineasta di Chicago. No, c'è di più. Nel mettere in see na storie di criminalità, di dolore e dispera zione, nel mostrare figure di spietati rapinatori e di poliziotti ligi al dovere, Mann espli ca quella che, dopo oltre quarantanni di attività sul set, è la sua personalissima, più intima filosofia di vita: l'uomo fa parte della città, è un "pezzo"di essa. E da essa prende le mosse, prende forma il destino - (in)evitabile - di ogni singolo uomo. Ecco perché nei suoi film (a partire da Strade violente, Manhunter - Frammenti di un omicidio, Heat - La sfida, fino ad arrivare a Collateral, Miami Vice e Nemico pubblico) il rapporto uomo-città riveste un ruolo di rilievo: anche noi, così come i personaggi manniani, viviamo ogni giorno la realtà di un contesto urbano, il quale porta ad incon tri (o scontri) con il prossimo. Obiettivo del presente saggio è quello di m ettere in luce, di mostrare al lettore (che sia cinefilo o meno) come Michael Mann sia rii uscito - attraverso una visione quasi antropologica - a dare vita a svariate riflessioni s ull'uomo e sul di lui destino legato inesorabilmente alla metropoli in cui vive.Tutto questo è rintracciabile nel genere cinemato grafico del thriller metropolitano tanto caro a Mann. Genere nel quale convergono, si incontrano (e si fondono) stili e figure dellei migliore filmografia hollywoodiana classi ca (e non solo) e immaginari più vicini a n oi, il tutto sotto l'occhio attento di uno dei grandi registi del presente. Perché La città e la notte non è soltanto un li bro sul cinema di Michael Mann ma è - allo stesso momento - un excursus, un'indagine che analizza come dagli anni '50 sino alla New Hollywood (per poi arrivare alle forme cinematografiche odierne), il cinema si sia "evoluto"e autori come Mann abbiano contribuito a tale sviluppo della Settima arte.
Francesco Grano (Cosenza, 1990) si è laureato in Scienze della Comunicazione e Dams presso l'Università degli Studi della Calabria. Attualmente è studente del corso di studi di Laurea Magistrale in Linguaggi dello Spettacolo, del Cinema e dei Media nel medesimo ateneo. Grande appassionato della Settima arte e dei più grandi "mostri sacri" della cinematografia internazionale del passa to (come Fritz Lang, Howard Hawks, John Ford, Friedrich Wilhelm Murnau, Vittorio De Sica, Roberto Rossellini) e del presen te (Stanley Kubrick, Martin Scorsese, Brian De Palma, Clint Eastwood, John Carpenter, Kathryn Bigelow, Christopher Nolan). Il presente saggio su Michael Mann, segna il suo debutto come autore.
ISBN 978-88-6822-241-3
9788868 222413
In copertina, fotogramma di
€14,00
Collateral