Internazionale 5/11 aprile 2024. Numero 1557. Una giornata a Budapest

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5/11 aprile 2024 Ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo

n. 1557 • anno 31

internazionale.it

4,50 €

Bhaskar Sunkara La promessa mancata di Biden su Cuba

Scienza Cose inaudite

Attualità Israele colpisce l’Iran

zerocalcare

Una giornata a Budapest Diario di un’udienza del processo a Ilaria Salis

SETTIMANALE • PI, SPED IN APDL 353/03 ART 1, 1 DCB VR • AUT 12,90 € • BE 8,60 € CH 10,30 CHF • CH CT 10,00 CHF D 11,00 € • PTE CONT 8,30 € • E 8,30 €

5/11 aprile 2024 • Numero 1557 • Anno 31 Gli scienziati hanno ricominciato ad ascoltare la musica delle stelle

Sommario 5/11 aprile 2024 Ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo

n. 1557 • anno 31

internazionale.it

4,50 €

Bhaskar Sunkara La promessa mancata di Biden su Cuba

Scienza Cose inaudite

Attualità Israele colpisce l’Iran

Una giornata a Budapest

zerocalcare

Domande

Una giornata a Budapest

SETTIMANALE • PI, SPED IN APDL 353/03 ART 1, 1 DCB VR • AUT 12,90 € • BE 8,60 € CH 10,30 CHF • CH CT 10,00 CHF D 11,00 € • PTE CONT 8,30 € • E 8,30 €

Domande a chi pensa che sia meglio continuare a sostenere militarmente l’Ucraina. Arrivati a questo punto non c’è il rischio di prolungare un conflitto il cui esito sarà comunque un negoziato in cui l’Ucraina dovrà fare delle concessioni territoriali? Fin dove è giusto spingersi nel sostegno all’Ucraina? Fino a mandare dei soldati e a entrare in guerra con la Russia? Sono state tentate tutte le soluzioni diplomatiche? È utile, per i paesi occidentali, isolare la Russia? Se la guerra va avanti, siamo sicuri che prima o poi Vladimir Putin non userà l’arma nucleare? Davvero gli ucraini, che tra l’altro hanno avuto finora almeno diecimila vittime tra i civili, sono ancora favorevoli alla prosecuzione della guerra? Come è possibile ignorare che l’industria militare e quella degli idrocarburi stanno facendo affari enormi con la guerra? u

Diario di un’udienza del processo a Ilaria Salis (p. 36). Disegno di Zerocalcare, colori di Alberto Madrigal.

Diario di un’udienza del processo a Ilaria Salis

Giovanni De Mauro

Domande a chi pensa che sia meglio smettere di sostenere militarmente l’Ucraina. Se fossimo al posto degli ucraini non cercheremmo anche noi di difendere la nostra libertà, combattendo contro chi vuole occuparci e invocando l’aiuto del resto del mondo? Abbiamo il diritto di chiedere a un paese di arrendersi pur di fermare una guerra? È accettabile che i confini di uno stato sovrano siano modificati con la violenza? Una sconfitta dell’Ucraina non rischierebbe di suggerire a Vladimir Putin che sia possibile invadere anche altri paesi? E cedendo a Putin non c’è il pericolo che altri dittatori seguano il suo esempio? In Ucraina non sono in gioco anche il futuro dell’Europa e i suoi valori democratici?

IN COPERTINA

ATTUALITÀ

18 Israele fa salire

19 21

la tensione con l’Iran Foreign Policy I dilemmi di Teheran L’Orient-Le Jour Cosa rivela la morte degli operatori umanitari France Inter TURCHIA

25 Il crepuscolo di Recep Tayyip Erdoğan Yetkin Report

PORTFOLIO

Cultura

80 Storie

dal mondo Le foto del World press photo

trasformano lo sport universitario The Atlantic BANGLADESH

30 Da cosa scappano i rohingya The Conversation PALESTINA

62 Il futuro perduto dei giovani di Gaza Financial Times SCIENZA

68 Cose inaudite Noēma ECONOMIA

75 La corsa al riarmo

Schermi, libri, suoni

14

Alice Rohrwacher

Le opinioni

RITRATTI

86 Kagiso Lediga. Risate per tutti Al Jazeera VIAGGI

88 Se il tempo

32

Bhaskar Sunkara

34

Cengiz Aktar

94

Giorgio Cappozzo

96

Nadeesha Uyangoda

98

Giuliano Milani

102 Claudia Durastanti

si ferma Neue Zürcher Zeitung

111

Stefano Feltri

Le rubriche CINEMA

6

con i Troisgros The New York Times

Dalla redazione di Internazionale

14

Posta

17

Editoriali

POP

119

Strisce

92 A tavola

STATI UNITI

28 Le ragazze

94

104 Un paese forgiato dalla poesia Nina Strochlic

121

L’oroscopo

122

L’ultima

Articoli in formato mp3 per gli abbonati

ECONOMIA E LAVORO

110 Nella vita non c’è solo il lavoro The Wall Street Journal SCIENZA

112 La crisi climatica fa sballare gli orologi Nature CORPO E MENTE

116 Dalla scrivania al divano The Observer

nel Pacifico Le Monde

Internazionale Kids è in edicola

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Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

5

internazionale.it/sommario

La settimana

KAREN BAKKER A PAGINA 71

Dalla redazione di Internazionale Per ritrovare gli articoli di cui si parla in questa pagina si può usare il codice qr o andare qui: intern.az/1Jmv

Internazionale.it Video

Articoli TURCHIA

ROMANIA

Un segnale di speranza La sconfitta del partito di Recep Tayyip Erdoğan alle elezioni amministrative dimostra che, anche in un paese autoritario, il potere può vacillare e cadere.

Rabbia e paura dominano le elezioni europee I partiti tradizionali tengono, ma guadagnano terreno due formazioni di estrema destra.

EUROPA

L’eccellenza senza sforzi di Nat King Cole After midnight, un disco degli anni cinquanta, ancora oggi in perfetto equilibrio tra jazz e pop.

MUSICA

ARTE

I piani sull’immigrazione Quali sono le politiche dell’Unione sulla gestione dei flussi migratori e cosa propongono i partiti in vista delle europee.

L’estrema destra avanza a Cipro Le politiche migratorie sono al centro della campagna elettorale nell’isola per le elezioni europee di giugno. Le forze nazionaliste usano il tema per guadagnare consensi. Secondo i sondaggi il partito sovranista Elam potrebbe ottenere un seggio al parlamento di Strasburgo. Il video di Arte.

24

Anche gli animali fanno un pisolino?

Di nuovo a Reggio Emilia

◆ L’articolo di copertina racconta che anche gli animali si riposano durante il giorno, ma a modo loro. I pinguini fanno sonnellini da quattro secondi, i delfini dal naso a bottiglia disattivano solo metà cervello, e le lontre hanno una tecnica originale per non andare alla deriva.

Il 10, 11 e 12 maggio torna il festival di Internazionale Kids a Reggio Emilia: un weekend di incontri, laboratori e spettacoli per un pubblico dagli otto anni in su, ma sono benvenute le persone di ogni età. Si parlerà di attualità, animali notturni, antifascismo, Barbie, rugby, economia, extraterrestri, Giappone, granchi blu, intelligenza artificiale, podcast, scrittura creativa insieme a tanti ospiti italiani e stranieri. Il festival è gratuito e si svolge in sei punti sorprendenti della città (c’è anche uno stadio!). Il programma è online su internazionale.it/kids. Per tutte le informazioni: [email protected]

In edicola e in digitale sull’app

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Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

ARCHIVIO SESSO

Contro il microtradimento “Ho una storia con un tizio sposato e non voglio che lui lasci la moglie. E per questo non facciamo sesso”.

La vita dopo un best seller All’inizio sei giovane e sconcertato dalle cose che vedi, poi all’improvviso sei tu a sconcertare i giovani. Elif Batuman racconta la sua vita da autrice di successo.

Podcast Felicità

◆ In copertina è il podcast di Internazionale per ascoltare l’articolo di copertina, questa settimana letto da Zerocalcare. All’inizio di ogni episodio del podcast l’editor che ha selezionato l’articolo spiega la sua scelta. In copertina esce il venerdì all’ora di pranzo ed è riservato a chi ha un abbonamento: può essere ascoltato solo dal sito di Internazionale o con la nuova app.

◆ Felicità è il terzo volume della collana ParoleChiave nata dalla collaborazione tra Rizzoli Bur e Internazionale. Cos’è? Esiste davvero o è una costruzione culturale? Dieci articoli esplorano uno dei motivi che più influenzano le azioni delle persone: la ricerca della felicità. Con l’introduzione di Daria Bignardi.

In libreria, 224 pagine, 18 euro

Libera interpretazione da un'illustrazione di Ana Žaja Petrak del 2012

agri festival il futuro della Terra è nelle nostre mani

ROMA 14 aprile dalle 10.30 alle 17.30

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Una domenica all’aria aperta tra natura e sana alimentazione stand e degustazioni con produttori bio, incontri con esperti di biodiversità, libri, racconti di viaggi e tante attività green

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ore 11.00 Tavola rotonda

Un'agricoltura per la salute dell'uomo e la salute del pianeta con Silvia Marzialetti giornalista Il Sole 24 Ore Radiocor Fabio Brescacin presidente di EcorNaturaSì Fabio Ciconte direttore Associazione Terra! Carlo Patacconi presidente di Agricoltura Nuova Modera Massimiliano Ossini conduttore Uno Mattina, Rai1

ISCRIVITI ALL’EVENTO e scopri il programma completo su naturasi.it/eventi o inquadra il qr code

evento GRATUITO

porta la tua borraccia

negozi e aziende agricole bio

Immagini Chi aiuta muore Striscia di Gaza, Palestina 2 aprile 2024 Uno dei veicoli dell’organizzazione non governativa World central kitchen colpito da un bombardamento israeliano che ha ucciso sette operatori umanitari: tre britannici, un polacco, un’australiana, un palestinese e un cittadino con la doppia cittadinanza statunitense e canadese. Le vittime erano a bordo di tre automobili centrate da missili lanciati da un drone. Si trovavano nella città di Deir al Balah, nel centro della Striscia di Gaza, per gestire una consegna di aiuti umanitari arrivati nella Striscia via mare. La consegna era stata concordata con l’esercito israeliano. Foto di Majdi Fathi (Nurphoto/Getty)

Immagini Piegato dal sisma Hualien, Taiwan 3 aprile 2024

Una squadra di soccorritori davanti all’Uranus building nella città di Hualien, sulla costa orientale di Taiwan. A causa del terremoto di magnitudo 7,4 che ha colpito l’isola il 3 aprile, l’edificio si è inclinato di sessanta gradi. Almeno nove persone sono morte e novecento sono rimaste ferite nel sisma più forte degli ultimi 25 anni nel paese. Foto di Lam Yik Fei (The New York Times/Contrasto)

Immagini Terra inospitale Dallol, Etiopia 24 marzo 2024 Un canyon nel deserto della Dancalia, nella regione degli Afar, nel nordest dell’Etiopia. In questa depressione – l’area si trova a un centinaio di metri sotto il livello del mare – si registrano alcune delle temperature più alte del mondo, con picchi di 51 gradi. Oltre a essere una destinazione turistica per i geyser e i vulcani, la Dancalia è un importante centro di produzione di sale. Secondo il Rift valley institute, dal lago salato Afdera si estrae l’80 per cento del sale venduto sul mercato nazionale. Questo settore redditizio ha attirato investitori da altre regioni etiopi. Foto di Michele Spatari (Afp/Getty)

[email protected] La psicoterapia non può durare per sempre u Da psichiatra e psicoterapeuta mi sorprende che diate spazio a uno psicofarmacologo di derivazione universitaria che afferma che si dovrebbe a un certo punto provare a interrompere sia la psicoterapia sia i farmaci (Internazionale 1553). Recenti studi confermano invece che smettere di prendere gli psicofarmaci porta quasi inesorabilmente a una ricaduta sintomatologica e che la psicoterapia è tanto più efficace quanto più dura nel tempo. Articoli del genere svalutano le ricerche scientifiche e l’aiuto che i pazienti possono ricevere dagli specialisti, proponendo un approccio rapido a problemi complessi. Andrea Pergami u Ho letto con interesse l’articolo dello psichiatra Richard Friedman. In generale concordo con il concetto espresso dall’autore, immedesimandomi sia come paziente sia come terapeuta. Nel primo caso ho sempre avuto il timore di di-

ventare “dipendente”, anche se riconosco che è necessario stabilire una sana e consapevole forma di “dipendenza” tra paziente e terapeuta. Nel secondo caso, in qualità di terapeuta, il mio approccio che definisco ibrido (cognitivo comportamentale e gestaltico) mi porta a favorire il più possibile l’autonomia e l’indipendenza dei pazienti. Non amo le terapie lunghe e dopo alcuni incontri (otto–dodici) propongo di variare la frequenza delle sedute da una alla settimana a una ogni quindici giorni. Ovviamente non è una regola fissa e la mia proposta di dilatare gli incontri varia da caso a caso, dalla persona e dalle tematiche che emergono. Questa modalità mi dà la possibilità di mantenere la relazione su un piano confidenziale ma professionale, e mai amicale. Inoltre mi permette di osservare il cambiamento avvenuto nel paziente, in me come terapeuta e nella relazione tra noi. Riesco a farlo solo da una metaposizione e con l’aiuto del mio supervisore. Angelo Stera

Catturare l’anidride carbonica

Un anno con

u Lo studio relativo alla cattura della CO2 dagli oceani (internazionale.it) è importante. Non bisogna dimenticare, però, che questi processi oggi sono sperimentali e sono il cavallo di Troia delle compagnie fossili, che investono nella cattura dell’anidride carbonica per continuare a vendere. Paolo Accorsi

Il sapore dei lamponi

Errata corrige u Su Internazionale 1555, nella rubrica “In rete” a pagina 84, il consumo di elettricità di Gpt-3 è di circa 1.300 megawattora (MWh). Errori da segnalare? [email protected] PER CONTATTARE LA REDAZIONE

Telefono 06 441 7301 Fax 06 4425 2718 Posta via Volturno 58, 00185 Roma Email [email protected] Web internazionale.it INTERNAZIONALE È SU

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Dear Daddy Claudio Rossi Marcelli

Andare dal medico Mia madre di 76 anni mi ha comunicato che non ha più intenzione di fare visite mediche di nessun tipo. Non le va più. Mi ha detto che quando starà male andrà al pronto soccorso e basta. Che devo fare? –Livia L’atteggiamento di tua madre non è così inusuale. Un articolo uscito nel 2020 sul Journal of Applied Gerontology dice che un quarto delle persone dai 65 anni in su ha la tendenza a evitare le visite mediche. Secondo questo studio, molto spesso la reticenza deriva da esperienze

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negative passate, dal costo delle visite e dalla convinzione di non averne bisogno. La giornalista Janice Neuman, in un articolo sul Washington Post del 2023, dava alcuni consigli per convincere un familiare ad andare dal medico, partendo da un assunto di base: cercare di comunicare bene e non trasformare il confronto in un conflitto. Alcuni di questi consigli erano: ascoltare i motivi del rifiuto, aiutare il parente a fare un’analisi dei costi e dei benefici mettendo l’accento su tutte le cose belle che può fare quando è in buona salute, e offrirsi

Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

di accompagnarlo dal medico, di stargli vicino durante la visita. Se poi sospetti che l’atteggiamento di tua madre sia dovuto a qualche forma di malattia degenerativa come la demenza o l’alzheimer, allora puoi anche forzare un po’ di più la mano, perché la sua ostinazione potrebbe essere un sintomo. Ma altrimenti l’unico strumento che hai è la persuasione dolce. Ricordandoti sempre che sulla vita e la morte – quindi sulla salute o la malattia – alla fine ognuno è libero di decidere per sé. [email protected]

Alice Rohrwacher

u Venivano a trovarci degli amici tedeschi d’estate con uno strano furgone, un camper con un doppio pavimento che nascondeva un vano abbastanza grande per contenere due bambini. Una volta giocammo a fare i sommozzatori: dal buco del coperchio mi buttarono giù un tubo di plastica per respirare, ma all’improvviso arrivò il proprietario e i bambini tirarono via il tubo. Persi tutti i denti davanti in un colpo solo. Per fortuna erano da latte! Il doppio fondo serviva per nascondere le persone e portarle via dalla Germania Est verso un ovest che s’immaginava più libero. Chris ha la mia età e ha passato il confine in costume da bagno, fingendo di fare una passeggiata nel bosco con la mamma e il papà in Ungheria, alla ricerca di lamponi. Non c’era nessuno nella torre di guardia lì, ma loro non lo sapevano. Cominciarono a correre pensando a ogni passo di essere un bersaglio, ma nessuno sparò e ce la fecero. Sono stati rifugiati a Vienna, poi sono finiti in una fabbrica della Germania Ovest. Chris non sa se i lamponi dell’ovest erano più succulenti, ma dice sempre: se non ci fosse stato un muro forse non saremmo scappati. Avremmo viaggiato. E così sogniamo un mondo in cui queste linee immaginarie difese da mura non esistono, dove il doppio fondo dei furgoni – e la pancia dei barconi o il tetto dei treni – serve solo a giocare, dove nessuno deve diventare bersaglio per poter viaggiare.

spring/summer 24

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TuTte le volTe che Non si è fatto i fatti suoi I REPORTAGE E LE STORIE DI IMPEGNO CIVILE DI ZEROCALCARE SONO EDITI DA BAO PUBLISHING

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Editoriali

La falsa democrazia indiana “Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante se ne sognano nella vostra filosofia” William Shakespeare, Amleto Direttore Giovanni De Mauro Vicedirettori Elena Boille, Chiara Nielsen, Alberto Notarbartolo, Jacopo Zanchini Editor Giovanni Ansaldo (opinioni), Carlo Ciurlo (viaggi, visti dagli altri), Gabriele Crescente (scienza, ambiente), Camilla Desideri (America Latina), Francesca Gnetti (Medio Oriente), Alessandro Lubello (economia), Alessio Marchionna (Stati Uniti), Stefania Mascetti (Europa, caposervizio) Andrea Pipino (Europa), Francesca Sibani (Africa), Junko Terao (Asia e Pacifico), Piero Zardo (cultura, caposervizio) Copy editor Giovanna Chioini (caposervizio), Anna Franchin, Pierfrancesco Romano (coordinamento, caporedattore) Photo editor Giovanna D’Ascenzi (web), Mélissa Jollivet, Maysa Moroni, Rosy Santella (web) Impaginazione Beatrice Boncristiano, Pasquale Cavorsi (caposervizio), Marta Russo Podcast Claudio Rossi Marcelli, Giulia Zoli (caposervizio) Web Annalisa Camilli, Simon Dunaway (notizie), Giuseppe Rizzo, Giulia Testa Internazionale Kids Alberto Emiletti, Martina Recchiuti (caporedattrice) Internazionale a Ferrara Luisa Ciffolilli Segreteria Monica Paolucci, Gabriella Piscitelli Correzione di bozze Lulli Bertini, Sara Esposito Traduzioni I traduttori sono indicati dalla sigla alla fine degli articoli. Giuseppina Cavallo, Stefania De Franco, Andrea De Georgio, Francesco De Lellis, Susanna Karasz, Giusy Muzzopappa, Andrea Sparacino, Francesca Spinelli, Bruna Tortorella Disegni Anna Keen. I ritratti dei columnist sono di Scott Menchin Progetto grafico Mark Porter Hanno collaborato Giulia Ansaldo, Cecilia Attanasio Ghezzi, Francesco Boille, Jacopo Bortolussi, Daniele Cassandro, Catherine Cornet, Sergio Fant, Claudia Grisanti, Ikyung Hong, Anita Joshi, Alberto Riva, Concetta Pianura, Francesca Spinelli, Laura Tonon, Pauline Valkenet Editore Internazionale spa Consiglio di amministrazione Brunetto Tini (presidente), Giuseppe Cornetto Bourlot (vicepresidente), Alessandro Spaventa (amministratore delegato), Antonio Abete, Giovanni De Mauro Sede legale via Prenestina 685, 00155 Roma Produzione e diffusione Angelo Sellitto Amministrazione Tommasa Palumbo, Arianna Castelli, Ester Corda, Alessia Salvitti Concessionaria esclusiva per la pubblicità Agenzia del Marketing Editoriale srl Tel. +39 06.69539344 - Mail: [email protected] Subconcessionaria Download Pubblicità srl Stampa Elcograf spa, Via Zanica 92, 24126 Bergamo Distribuzione Press Di, Segrate (Mi) Copyright Tutto il materiale scritto dalla redazione è disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale. Significa che può essere riprodotto a patto di citare Internazionale, di non usarlo per fini commerciali e di condividerlo con la stessa licenza. Per questioni di diritti non possiamo applicare questa licenza agli articoli che compriamo dai giornali stranieri. Info: [email protected]

Registrazione tribunale di Roma n. 433 del 4 ottobre 1993 Iscrizione al Roc n. 3280 Direttore responsabile Giovanni De Mauro Chiuso in redazione alle 19 di mercoledì 3 aprile 2024 Pubblicazione a stampa ISSN 1122-2832 Pubblicazione online ISSN 2499-1600 PER ABBONARSI E PER INFORMAZIONI SUL PROPRIO ABBONAMENTO Telefono 02 4957 2022 (lun-ven 9.00-19.00), dall’estero +39 02 8689 6172 Fax 030 777 23 87 Email [email protected] Online internazionale.it/abbonati Imbustato in Mater-Bi

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Financial Times, Regno Unito Il 19 aprile l’India darà il via a quello che è stato definito il più grande esercizio di democrazia elettorale della storia: un miliardo di persone parteciperà alle elezioni, che dureranno 44 giorni. Il primo ministro Narendra Modi ha parlato più volte del suo paese come “madre della democrazia”. Se è così, allora l’aumento della repressione contro i partiti d’opposizione suggerisce che la matriarca del governo rappresentativo è in cattiva salute. Gli attacchi alla libertà d’espressione e alle altre forze politiche hanno caratterizzato il governo del partito di Modi, il Bharatiya janata party(Bjp), specialmente dopo la vittoria alle elezioni del 2019. Il suo aggressivo nazionalismo indù ha eroso la tradizione laica dell’India. L’aspetto più allarmante è la frequenza con cui le istituzioni statali sono usate per soffocare i partiti e i politici avversari. Un esempio è il recente arresto di Arvind Kejriwal, governatore della regione di New Delhi dal 2015 e uno dei leader più in vista dell’opposizione, accusato di aver partecipato a una “frode” sulle vendite di alcolici. Poco prima dell’arresto, il partito del Congress, la principale forza d’opposizione, aveva annunciato che i suoi conti bancari erano stati congelati a causa di un contenzioso con

il fisco. Rahul Gandhi, leader del Congress, ha dichiarato che il partito non ha potuto pagare le spese della campagna elettorale. In realtà è sorprendente che il Bjp attacchi i suoi avversari, dal momento che secondo i sondaggi otterrà facilmente un terzo mandato. La distanza tra la retorica democratica del primo ministro Modi e la realtà è ormai evidente. La capacità di attirare investimenti, e di presentarsi come partner geopolitico credibile per i paesi che vogliono prendere le distanze da una Cina sempre più autoritaria, si basa soprattutto sull’immagine dell’India come stato democratico e di diritto. Spesso le democrazie occidentali hanno chiuso un occhio sui suoi passi indietro. Ma le cose stanno cambiando. Dopo che New Delhi ha convocato il principale diplomatico statunitense in seguito alle critiche per l’arresto di Kejriwal, Washington ha ribadito la sua preoccupazione. Gli altri paesi democratici dovrebbero essere altrettanto inflessibili. Proteggere le libertà politiche è nell’interesse sia della crescita e del benessere dell’India, sia delle ambizioni di Modi di rafforzare il ruolo del paese come punto di riferimento per la comunità internazionale. ◆ as

I governi dimenticano le donne The Guardian, Regno Unito Nel 2025 ci sarà il trentesimo anniversario della dichiarazione di Pechino, un momento storico per i diritti delle donne: 189 stati firmarono il testo conclusivo della conferenza e la first lady degli Stati Uniti Hillary Clinton affermò che “i diritti delle donne sono diritti umani”. Ma durante le celebrazioni la commissione delle Nazioni Unite incaricata di promuovere e valutare i progressi sull’uguaglianza di genere sarà guidata dall’Arabia Saudita, un paese noto per gli abusi nei confronti delle donne. La situazione della parità di genere, comunque, preoccupa un po’ ovunque. La Cina ha invitato le donne a “sostenere i valori della famiglia” e ha represso le campagne femministe; gli Stati Uniti hanno cancellato il diritto costituzionale all’aborto; in Afghanistan, dove le donne hanno già un accesso limitato all’istruzione, al mondo del lavoro e agli spazi pubblici, i taliban hanno annunciato il ritorno della condan-

na a morte per lapidazione. I politici del Gambia vogliono cancellare il divieto delle mutilazioni genitali femminili e la Corea del Sud vuole eliminare il ministero per l’uguaglianza di genere. Le donne soffrono in modo particolare le conseguenze della fame, che ha provocato un aumento della violenza sessuale, dello sfruttamento e dei matrimoni infantili. Secondo le Nazioni Unite, al ritmo attuale serviranno tre secoli per cancellare le leggi discriminatorie. All’origine della lentezza del cambiamento c’è soprattutto la generale mancanza d’impegno per difendere l’uguaglianza di genere. Troppi governi hanno dimenticato il messaggio della conferenza di Pechino, cioè che i bisogni delle donne sono una componente fondamentale dei diritti umani. I diritti sessuali e riproduttivi e la libertà di movimento spesso sono una questione di vita o di morte. ◆ as Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

17

Attualità

OMAR SANADIKI (AP/LAPRESSE)

Damasco, in Siria, il 1 aprile 2024

MEDIO ORIENTE

Israele fa salire la tensione con l’Iran Robbie Gramer, Foreign Policy, Stati Uniti L’uccisione di un generale iraniano in un attacco israeliano a Damasco potrebbe provocare la dura reazione di Teheran. E inasprire anche gli scontri con Hezbollah al confine libanese l 1 aprile un attacco aereo israeliano contro un edificio consolare iraniano in Siria ha ucciso un alto comandante della Repubblica islamica, segnando un brusco salto di qualità nella guerra latente in corso tra Israele e l’Iran all’ombra del conflitto nella Striscia di Gaza. Si tratta dell’ultimo assaggio di una più vasta campagna israeliana per colpire i comandanti iraniani e i leader dei gruppi armati fedeli a Teheran, come Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza. Ma questo attacco è diverso per due motivi, che annunciano una nuova potenziale ondata di violenza nella regione, innescata direttamente dall’Iran oppure dalle forze sue alleate, pesantemente armate. Il primo motivo ha a che fare con il

I

18

Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

bersaglio. Il generale Mohammad Reza Zahedi, che guidava in Libano e in Siria la Forza Quds, un reparto d’élite dei Guardiani della rivoluzione islamica, è stato l’ufficiale più alto in grado ucciso nell’attacco. Secondo un comunicato dei Guardiani della rivoluzione, sono stati uccisi anche il suo vice e altri cinque ufficiali. La morte di Zahedi rappresenta il colpo più duro subìto dal potente gruppo dopo l’attacco statunitense che nel gennaio 2020 ha ucciso Qassem Soleimani, capo della Forza Quds, incaricata delle operazioni militari e di intelligence di Teheran

LIBANO Cisgiordania Striscia di Gaza

ISRAELE EGITTO

SIRIA IRAQ

IRAN

GIORDANIA ARABIA SAUDITA Mar Rosso

QATAR

YEMEN 500 km

EMIRATI ARABI UNITI

all’estero. “Zahedi occupava una posizione di enorme potere”, afferma Charles Lister, esperto di antiterrorismo al Middle East institute di Washington. “Era l’uomo di punta per tutte le attività dei Guardiani e della Forza Quds in Siria e in Libano, da anni”, compresa la fornitura clandestina di armi a Hezbollah, che è considerato il soggetto non statale più armato al mondo. Il secondo motivo ha a che fare con il luogo. L’attacco ha colpito un edificio consolare accanto all’ambasciata iraniana a Damasco, radendo al suolo la struttura e danneggiando il complesso diplomatico. Secondo funzionari e analisti, l’edificio era usato come centro di comando per le operazioni dei Guardiani della rivoluzione in Siria, che sotto il presidente Bashar al Assad è un’alleata di vecchia data dell’Iran. Tuttavia, colpire un complesso diplomatico, o anche solo un edificio semiufficiale adiacente, rappresenta un’escalation potenzialmente molto grave. “Le sedi diplomatiche sono considerate spazi nazionali protetti e sovrani. Un attacco in quel luogo è come un attacco al paese stesso”, spiega Dalia Dassa Kaye, esperta di Medio Oriente al Burkle center for international relations dell’università della California di Los Angeles. “Per questo potrebbe essere un punto di svolta”.

Scenari preoccupanti Dal punto di vista iraniano, Teheran non solo ha perso un importante comandante nella regione, ma ha subìto un bombardamento sul suo territorio sovrano, anche se unicamente in termini diplomatici (c’è da dire che anche l’Iran e i gruppi suoi alleati non si fanno problemi ad attaccare le sedi diplomatiche di altri paesi quando ne hanno voglia). “Ci sarà senza dubbio una forte reazione iraniana”, sostiene Lister. “Quale sarà, e che forma avrà, è una questione ancora aperta”. La notizia è sconcertante per un’area già scossa da tensioni e conflitti a bassa intensità con la guerra tra Israele e Hamas sullo sfondo. “La regione è in fiamme, e tutto è connesso con quello che succede a Gaza”, ha detto il ministro degli esteri iracheno Fuad Hussein ai giornalisti durante la sua visita a Washington alla fine di marzo. “È molto pericoloso”. Il governo iraniano ha subito condannato l’attacco israeliano e ha promesso ritorsioni, ma come prevedibile non ha

spiegato in dettaglio in cosa consisteranno. L’Iran “si riserva il diritto di mettere in atto una reazione e deciderà il tipo di risposta e la punizione”, ha fatto sapere Nasser Kanani, portavoce del ministero degli esteri. Sulla base dei comportamenti passati della Repubblica islamica, tra le opzioni ci sono azioni che porterebbero Tel Aviv e Teheran più vicine a una guerra diretta – per esempio missili iraniani contro Israele – oppure rappresaglie più indirette, come colpire presunti obiettivi di intelligence israeliani in Iraq o, ancora, attacchi più duri e frequenti contro Israele lanciati dai gruppi alleati di Teheran. Uno scenario preoccupante si aprirebbe se l’Iran desse alle milizie alleate in Siria e in Iraq il via libera per riprendere gli attacchi contro obiettivi militari statunitensi, che erano diminuiti all’inizio di febbraio dopo una serie di bombardamenti statunitensi contro le milizie locali sostenute da Teheran. Ma potrebbero ricominciare, avverte Lister: “La reazione dell’Iran agli attacchi di Tel Aviv spesso consiste nel colpire gli statunitensi e non gli israeliani. Dal punto di vista iraniano, sono la stessa cosa”. Un altro degli scenari peggiori è quello di una rappresaglia che degeneri in una guerra aperta tra Israele e Hezbollah, il più potente gruppo armato filoiraniano. I tentativi di disinnescare le tensioni tra i due lungo il confine meridionale libanese, fatti anche da inviati di primo piano dell’amministrazione statunitense, finora sono naufragati. Da quando Israele ha invaso Gaza per distruggere Hamas dopo gli attacchi del 7 ottobre, Israele e Hezbollah si sono scambiati colpi in un conflitto a bassa intensità lungo il confine. Anche se nessuno sembra volere una guerra su vasta scala – neppure la milizia libanese – non significa che questa non possa inavvertitamente scoppiare a causa dei continui botta e risposta. Secondo Kaye “Hezbollah è il più importante sostegno non statale per Teheran, è il suo massimo strumento di deterrenza, quindi il rischio di un’escalation in quell’area è decisamente il più alto”. Lister aggiunge: “Prima dell’attacco del 1 aprile erano aumentate le tensioni al confine settentrionale di Israele. Questo vuol dire che la possibilità di un errore di calcolo oggi è molto più alta di ieri”. u fdl

L’ANALISI

I dilemmi di Teheran Soulayma Mardam Bey, L’Orient-Le Jour, Libano Negli ultimi mesi l’Iran ha usato le milizie sue alleate nella regione per evitare un conflitto diretto con Israele. Ma fino a quando potrà portare avanti questa strategia? una foto di famiglia dai colori sbiaditi, e molti dei protagonisti non ci sono più. Tra i nove uomini che posano uno accanto all’altro, alcuni hanno un volto conosciuto. Si distinguono Mustafa Badreddine, ex capo di Hezbollah in Siria, ucciso il 13 maggio 2016 in circostanze poco chiare; Imad Mughniyeh, capo militare del partito, morto il 12 febbraio 2008 a Damasco in un’operazione congiunta di Cia e Mossad; Mohammad Reza Zahedi, alto ufficiale dei Guardiani della rivoluzione iraniana, ucciso il 1 aprile scorso in un bombardamento attribuito a Israele contro il consolato della Repubblica islamica a Damasco; e Ahmed Kazemi, ex comandante dell’esercito iraniano, morto in un incidente aereo il 9 gennaio 2006. Al centro dell’immagine, Qassem Soleimani incrocia le braccia e guarda in basso. L’ex comandante in capo della Forza Quds dei Guardiani della rivoluzione è stato ucciso dagli Stati Uniti a Baghdad il 3 gennaio 2020. Accanto a lui c’è un Hassan Nasrallah dai tratti giovanili, ancora oggi capo di Hezbollah. La sua barba è diventata decisamente più bianca. Dopo l’uccisione di Mohammad Reza Zahedi, l’immagine è circolata molto sui social network. Gli alleati dell’Iran rendono omaggio al “martire” e a chi l’ha preceduto. Gli avversari celebrano una perdita particolarmente dura per la Repubblica islamica. In ogni caso, il bombardamento del 1 aprile segna una svolta nella guerra indiretta che Israele e Iran conducono da anni, perché colpire una rappresentanza diplomatica equivale a un attacco al terri-

È

torio iraniano. E, avendo quasi decapitato l’intero comando della Forza Quds in Siria e in Libano, ci si chiede quanto sia destabilizzata ora la rete di milizie regionali della Repubblica islamica. Quali piani ha in mente Teheran in un momento così cruciale? In un contesto ridefinito dall’assalto di Hamas a Israele il 7 ottobre 2023 e dalla guerra condotta da Tel Aviv nella Striscia di Gaza, il paradosso iraniano è evidente. Mai come oggi l’influenza regionale di Teheran appare tanto profonda. Eppure eccola qui, all’incrocio di strade che sembrano tutte condurla in un vicolo cieco.

Nascondere la realtà Certo, in più di quarant’anni il regime ha accumulato uranio di qualità militare sufficiente a produrre diverse bombe nucleari. È riuscito a sviluppare un vasto arsenale, oggi pietra angolare della sua strategia in Medio Oriente. E ha costruito una complessa rete di filiali nel territorio circostante, che può mobilitare a piacimento per accrescere la sua egemonia. Dall’inizio della guerra a Gaza, l’“asse della resistenza” di cui è a capo è impegnato in un conflitto a bassa intensità con Israele, mentre prende di mira gli interessi statunitensi in Siria e in Iraq. Tel Aviv e Hezbollah si attaccano a vicenda su entrambi i lati del confine libanese. Dalla metà di novembre i miliziani huthi, sostenuti dall’Iran, hanno intensificato gli attacchi alle navi che ritengono legate a Israele al largo delle coste dello Yemen. Ma questo attivismo fatica a nascondere la realtà. Rimane molto timido per un asse che giustifica ufficialmente la sua esistenza con la volontà di liberare la Palestina. Tanto più se si considera che oggi Israele sottopone la Striscia di Gaza all’inferno in terra e che il 26 gennaio la Corte internazionale di giustizia ha parlato di un “rischio plausibile di genocidio”. Per la Repubblica islamica, la Palestina è più un elemento per legittimare la sua presenza nella regione che una causa Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Attualità reale. Avrebbe potuto reagire in modo più aggressivo per salvare le apparenze di fronte alle perdite che Israele le ha inflitto dal 7 ottobre. Lo stato ebraico ha ucciso quasi 270 miliziani di Hezbollah, tra cui tre comandanti della brigata Al Radwan, un commando militare dispiegato nel sud del Libano. Alla fine di gennaio un attacco vicino a Damasco attribuito a Israele ha preso di mira Hojatollah Omidvar, vicecapo dell’intelligence militare della Forza Quds. Qualche settimana prima era stato eliminato anche Razi Moussavi, uno dei più influenti comandanti iraniani in Siria. In entrambi i casi, Iran e Hezbollah hanno mostrato i muscoli. In entrambi i casi, alle minacce non sono seguiti i fatti.

Sotto pressione “Finora l’Iran ha esercitato quella che chiama ‘pazienza strategica’ per evitare di essere coinvolto direttamente in un conflitto con Israele. Sperava che nel frattempo la guerra a Gaza avrebbe compromesso la posizione regionale israeliana e lo status internazionale di Tel Aviv”, sottolinea Alex Vatanka, direttore del programma Iran del Middle East institute. “Ma questa ‘pazienza strategica’ ora è messa sotto pressione dalle centinaia di attacchi che hanno colpito obiettivi iraniani negli ultimi cinque mesi. Teheran ha sempre finto che fossero insignificanti e che non sarebbe caduta nella trappola”. Agli occhi della Repubblica islamica, infatti, Israele cerca di provocare la sua reazione per costringere Washington a entrare nel conflitto. “Quello che preoccupa l’Iran non è Israele, ma la possibilità di entrare in guerra con gli Stati Uniti. E cerca disperatamente di evitarlo”, insiste Vatanka. L’attacco del 1 aprile, tuttavia, rimescola le carte. “Teheran ha un problema di immagine. Se dici di essere molto forte, ma sei costantemente colpito e non reagisci, allora la tua forza non è più credibile”, riassume Vatanka. Finora l’Iran ha potuto chiudere un occhio sulle azioni israeliane che hanno colpito i suoi uomini in Siria. Dal suo punto di vista, Damasco è una “colonia”. Ma colpire il consolato significa colpire la madrepatria. Non reagire è come inchinarsi. Israele ha sfiorato il colpaccio. E sarà impossibile per Teheran trovare la giusta risposta per schivarlo. Le opzioni a sua disposizione sono abbastanza numerose, ma tutte rischio-

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se. Potrebbe reagire dal suo territorio? Difficile. Sarebbe un lasciapassare per la guerra totale. A meno che non lo faccia solo simbolicamente. Oppure potrebbe mobilitare i suoi sostenitori regionali. In passato, l’Iran ha spesso risposto agli attacchi israeliani contro i suoi interessi aumentando la pressione attraverso gli alleati, bersagliando in particolare le truppe statunitensi nella regione. Il punto ora è capire quali e in che territori. Quello siriano è difficile per l’Iran che, nonostante una forte presenza nel paese, è vulnerabile alle tattiche militari israeliane. Il Libano è lo stato dove i suoi alleati sono più professionali. Ma la situazione attuale è instabile e basterebbe un niente per spostare l’equilibrio da una guerra a bassa intensità a una totale, tanto più che l’opinione pubblica israeliana è favorevole all’apertura di un secondo fronte contro Hezbollah. Per il momento, una parvenza di equilibrio di forze ha permesso di contenere l’esplosione. Ma fino a quando? Restano lo Yemen e l’Iraq, dove la Repubblica islamica vede il maggior potenziale di sperimentazione strategica. Ma bisogna essere in due per giocare una partita a quattro mani. Tuttavia, Israele non sembra più disposto a distinguere tra azioni condotte dall’Iran o da un paese della sua sfera di influenza. “Nelle ultime settimane sono stati lanciati missili verso Israele da gruppi filoiraniani in Iraq, e Tel Aviv ritiene l’Iran responsabile. Questo solleva una domanda importante: la politica delle alleanze di Teheran può continuare? E per quanto tempo?”, conclude Vatanka.u adr

Al Jazeera u Il parlamento israeliano ha approvato il 1 aprile 2024 una legge che dà al governo il potere di bloccare “temporaneamente” le emittenti straniere considerate un rischio per la sicurezza nazionale. La misura sarà in vigore per un periodo di 45 giorni e potrà essere rinnovata. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato che “agirà immediatamente” per chiudere gli uffici locali di Al Jazeera. Per anni i funzionari di Tel Aviv hanno accusato l’emittente del Qatar di avere pregiudizi antisraeliani e le critiche sono aumentate dopo gli attacchi di Hamas in Israele il 7 ottobre 2023. Al Jazeera ha respinto quelle che definisce “calunnie” e ha ritenuto Netanyahu responsabile di “incitamento” all’odio e di mettere a repentaglio la sicurezza del suo personale in tutto il mondo. Bbc

Striscia di Gaza

La devastazione nell’ospedale Sally Ibrahim, The New Arab, Regno Unito l 1 aprile l’esercito israeliano si è ritirato dal complesso sanitario di Al Shifa, a ovest della città di Gaza, lasciando dietro di sé un’enorme distruzione e centinaia di cadaveri all’interno dell’ospedale e nei dintorni. Avichai Adraee, portavoce dell’esercito israeliano, ha dichiarato che i militari hanno “completato l’operazione” nella struttura e hanno lasciato la zona dopo un assedio durato circa due settimane. Le autorità della Striscia di Gaza hanno riferito che nel complesso e negli edifici circostanti sono stati trovati circa trecento corpi, tra cui persone con mani e piedi legati. L’ufficio stampa del governo di Gaza afferma che l’esercito israeliano ha ucciso circa quattrocento palestinesi nell’ospedale e nelle case circostanti, e lo accusa di aver commesso “crimini contro l’umanità”. Non appena l’esercito ha annunciato il suo ritiro, gli abitanti si sono precipitati ad Al Shifa per aiutare a recuperare i corpi delle vittime e dei feriti e cercare le persone ancora vive e bloccate dentro l’ospedale. Ma l’orrore di quello che si sono trovati davanti era totalmente inaspettato. All’interno dell’ospedale ci sono decine di corpi decomposti, alcuni dei quali sono stati travolti dai carri armati israeliani, mentre altri mostrano segni di un’esecuzione a sangue freddo. Nessun reparto dell’ospedale è rimasto operativo, la struttura è completamente fuori servizio, ha dichiarato il ministero della sanità palestinese. Il 18 marzo 2024 l’esercito israeliano aveva preso d’assalto Al Shifa, dopo averlo già attaccato nel novembre 2023. Secondo l’intelligence di Tel Aviv, i militanti di Hamas usavano il complesso come “centro di comando”. Le autorità di Hamas e varie organizzazioni umanitarie internazionali negano queste accuse. Finora Israele non ha presentato prove a sostegno delle sue affermazioni. u

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AFP/GETTY

Una delle auto dell’ong World central kitchen, Striscia di Gaza, 2 aprile STRISCIA DI GAZA

Cosa rivela la morte degli operatori umanitari Pierre Haski, France Inter, Francia Il governo israeliano è indifferente alle critiche per la sua gestione degli aiuti e per i metodi che ha adottato nella guerra, di cui i civili sono le prime vittime

T

ra le decine di migliaia di morti e feriti registrati nella Striscia di Gaza negli ultimi sei mesi, l’uccisione il 1 aprile di sette operatori umanitari in un attacco con un drone israeliano potrebbe sembrare un dramma come tanti altri. In realtà rivela che tipo di guerra sta conducendo l’esercito israeliano, di cui i civili sono le prime vittime. I sette operatori umanitari – cittadini britannici, polacchi, australiani, palestinesi e uno con doppio passaporto canadese-statunitense – si trovavano a Gaza con l’ong statunitense World central kitchen. Il loro intervento era stato concordato con l’esercito israeliano proprio per evitare quello che invece è successo, cioè l’attacco di un drone nel cuore della notte. “Sono cose che capitano durante

una guerra”, ha commentato il 2 aprile Benjamin Netanyahu. Il primo ministro israeliano ha dichiarato che si è trattato di un evento “non intenzionale” e ha promesso che sarà avviata un’inchiesta, ma la sua risposta non è assolutamente all’altezza della situazione e, soprattutto, dell’ondata emotiva che ha suscitato all’estero. “Inaccettabile”, ha commentato David Cameron, capo della diplomazia britannica (tre vittime avevano il passaporto britannico). Hanno avuto una reazione simile anche gli altri paesi coinvolti, Stati Uniti compresi, il cui presidente Joe Biden si è detto “indignato”.

Un tema centrale Ovviamente il punto non è stabilire se la vita di un operatore umanitario valga più di quella di un abitante della Striscia, ma soffermarsi su uno degli aspetti più atroci del conflitto: la questione degli aiuti destinati ai due milioni di civili che vivono in condizioni drammatiche a Gaza. È un tema centrale in questa guerra. Varie organizzazioni hanno parlato di “aiuti alimentari usati come armi”: un’espressio-

ne forte, che evoca possibili crimini di guerra. Non potendo fermare il conflitto, i paesi stranieri si sono concentrati sugli aiuti, ma si sono scontrati con una serie di ostacoli creati dalle autorità israeliane: una frontiera in gran parte chiusa, dove i camion passano con il contagocce; una situazione di pericolo generalizzato che ha causato duecento vittime tra dipendenti palestinesi delle organizzazioni umanitarie; la delegittimazione israeliana dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei palestinesi. Il risultato è che gli aiuti non arrivano o comunque non a sufficienza. Gli eventi del 1 aprile peggiorano la situazione: il giorno dopo alcune ong hanno sospeso la loro attività a Gaza per tre giorni, in segno di solidarietà con le sette vittime e per protesta contro la mancanza di sicurezza. Una nave che trasportava aiuti umanitari a Gaza è tornata verso Cipro, ritenendo che non ci fossero garanzie sufficienti per portare a termine l’operazione. Tutto questo finisce per gravare ulteriormente sulle condizioni della popolazione palestinese, in particolare nel nord della Striscia, minacciato dalla carestia. Il governo Netanyahu è indifferente alle critiche per la gestione degli aiuti, ma anche all’ondata emotiva internazionale suscitata dai suoi metodi. L’esecutivo dà la priorità alla caccia ai miliziani di Hamas, anche se questo significa imporre una punizione collettiva ai civili di Gaza. Forse è il caso di ricordare che il 25 marzo il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha votato a favore di un cessate il fuoco “immediato”. Sarebbe il momento di applicarlo, prima che succedano altre tragedie, intenzionali o meno. u as

Opposizione u Dal 31 marzo 2024, per almeno quattro giorni, migliaia di israeliani hanno protestato a Tel Aviv e a Gerusalemme, davanti al parlamento e alla casa del premier Benjamin Netanyahu, per chiedere le dimissioni del governo, le elezioni anticipate e un accordo “immediato” per la liberazione dei 134 ostaggi nelle mani dei miliziani di Hamas dal 7 ottobre 2023. Dopo essere scesi in piazza ogni sabato, i manifestanti si sono uniti alle famiglie degli ostaggi per esprimere il loro scontento verso le scelte dell’esecutivo. Il 2 aprile la polizia ha disperso i manifestanti con la forza e ha arrestato cinque persone. Haaretz

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@SUMINWAJUDITH (X)

Africa e Medio Oriente

RDC

Una premier a Kinshasa Il 1 aprile il presidente Félix Tshisekedi ha nominato a capo del governo Judith Suminwa Tuluka (nella foto), la prima donna a ricoprire quest’incarico nella Repubblica Democratica del Congo. Economista di 56 anni, Tuluka ha lavorato al Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo ed è stata ministra della pianificazione nell’ultimo governo congolese. “La sua nomina è considerata non solo un passo avanti per le donne, ma anche un’occasione per riformare e rafforzare il governo in un paese che ha davanti a sé molte sfide”, scrive Actualité.cd. Una priorità sarà l’emergenza nell’est, dove il gruppo armato ribelle M23 è arrivato alle porte di Goma, capoluogo del Nord Kivu. Tshisekedi, che ha più volte accusato il vicino Ruanda di appoggiare l’M23, ha criticato l’Unione europea. In un’intervista a Le Monde Afrique, Tshisekedi rimprovera a Bruxelles “di aver accordato venti milioni di euro di aiuti all’esercito ruandese, ufficialmente per combattere contro i jihadisti in Mozambico” e “di aver firmato un accordo sui minerali con il Ruanda, quando si sa che tutte quelle ricchezze sono sottratte illegalmente alla Rdc”. Secondo Bintou Keita, a capo della missione Monusco dell’Onu, “un congolese su quattro soffre di fame o malnutrizione. I profughi sono 7,1 milioni. Tra questi, 800mila hanno dovuto abbandonare le loro case negli ultimi tre mesi”.

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SENEGAL

SOMALIA

Dalle parole ai fatti

Rivolta nel Puntland

Sud Quotidien, Senegal

La regione semiautonoma del Puntland ha ritirato il 31 marzo il suo riconoscimento delle autorità federali somale, dopo che il parlamento di Mogadiscio ha approvato una riforma costituzionale che introduce, tra le altre cose, l’elezione diretta del presidente e gli permette di nominare il primo ministro senza l’approvazione del parlamento, scrive The East African. Finora la Somalia aveva votato con un sistema indiretto, in cui i rappresentanti dei clan facevano da intermediari. Secondo il governo le riforme sono necessarie per la stabilità politica, ma chi le critica pensa che l’esecutivo stia cercando di accentrare il potere. Le autorità del Puntland chiedono un referendum nazionale sulle riforme.

Il 2 aprile il presidente senegalese Bassirou Diomaye Faye ha prestato giuramento, entrando in carica come quinto capo dello stato nella storia del paese. In una delle sue prime decisioni ha nominato primo ministro Ousmane Sonko, leader del suo partito, il Pastef. Nel discorso d’insediamento, scrive Sud Quotidien, Diomaye Faye si è impegnato “a mobilitare tutti intorno a un progetto nazionale unitario”. Secondo il quotidiano è arrivato il momento di riempire di significato tutti gli slogan usati dal Pastef in campagna elettorale e dare senso alla rivendicazione di “sovranità nazionale”, vegliando sull’indipendenza e sul buon funzionamento delle istituzioni. L’economista Felwine Sarr, intervistato da Le Point, fa notare che la “sovranità” è al centro delle richieste dei giovani senegalesi e di altri paesi dell’Africa occidentale, convinti che la decolonizzazione economica, politica e simbolica non sia ancora finita. “I giovani pensano che se le risorse nazionali fossero sfruttate meglio, la situazione economica sarebbe diversa, e ci sarebbero lavoro e benessere per tutti”. ◆

GIBUTI

300 km

Hargeisa

Puntland Somaliland

Garowe

ETIOPIA

SOMALIA GUERRA

Le vittime dei droni “A marzo due attacchi aerei in Mali e in Somalia hanno ucciso decine di civili, mettendo in evidenza fino a che punto i droni armati di fabbricazione straniera abbiano cambiato il volto della guerra nel continente”, scrive Bloomberg. “Negli ultimi cinque anni vari governi africani – con pochi soldi ed eserciti allo sbando – hanno aumentato gli acquisti di droni turchi e cinesi, spesso in seguito ad accordi nel settore della sicurezza con i governi di Ankara e Pechino”. Questi apparecchi comandati a distanza costano molto meno degli aerei da combattimento (un caccia F35 della Lockheed Martin costa più di

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80 milioni di dollari): un drone iraniano Shahed costa centinaia di migliaia di dollari, un cinese Wing Loong II tra uno e due milioni di dollari, e un turco Bayraktar Tb2 fino a sei milioni di dollari. In alcuni tipi di conflitto, come quelli contro i gruppi jihadisti nel nord della Nigeria, in Somalia o nel Sahel, usarli si è rivelato particolarmente complicato, perché spesso piloti poco esperti e informazioni poco accurate hanno portato a errori gravissimi, finendo per uccidere i civili. Secondo l’ong Acled l’anno scorso le vittime civili di raid aerei e con i droni sono state 1.418, contro le 149 del 2020. NEWSLETTER Africana e Mediorientale sono le newsletter settimanali di Francesca Sibani e Francesca Gnetti con le notizie dall’Africa e dal Medio Oriente. Per riceverle: internazionale.it/newsletter

Oceano Indiano

Mogadiscio

IN BREVE

Etiopia-Arabia Saudita Il governo di Addis Abeba ha annunciato un piano per rimpatriare dall’Arabia Saudita circa 70mila etiopi che vivono nel paese arabo “in condizioni miserevoli”. Togo Il presidente Faure Gnassingbé ha chiesto il 29 marzo al parlamento di rivedere la riforma costituzionale, molto criticata dall’opposizione, che introduceva un sistema parlamentare al posto di quello presidenziale. Secondo i critici della riforma, questa avrebbe permesso a Gnassingbé di essere rieletto il prossimo anno, visto che il suo partito domina l’assemblea.

Sogno un lavoro dove comunicazione, arte e moda si incontrino. Chiara, 20 anni

open day 16 e 20 aprile iulm.it/openday

Europa Una sostenitrice di Ekrem Imamoğlu, Istanbul, 31 marzo 2024

I risultati Partito popolare repubblicano (Chp, centrosinistra) Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp, al governo) Partito dell’uguaglianza e della democrazia dei popoli (Dem, sinistra filocurda) Partito del movimento nazionalista Nuovo partito della prosperità (islamico) Partito della grande unione (islamico) Buon partito (nazionalista, laico)

Izmir

TURCHIA

Il crepuscolo di Recep Tayyip Erdoğan Murat Yetkin, Yetkin Report, Turchia L’opposizione vince a Istanbul, Ankara e altre grandi città, superando anche il partito del presidente. Le promesse del leader turco questa volta non sono bastate e elezioni amministrative turche del 31 marzo sono un punto di svolta per tre motivi. Il primo è che il presidente della repubblica e leader del Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp, conservatore e islamista) Recep Tayyip Erdoğan ha subìto una sconfitta che non si aspettava. Per usare l’espressione da lui usata durante il tradizionale discorso dal balcone, affiancato solo dalla moglie, è un punto di rottura per il potere dell’Akp al suo ventunesimo anno di governo. Possiamo dire che è cominciata la discesa. In secondo luogo Erdoğan si trova ora a dover fronteggiare due forti avversari che potrebbero batterlo nella prossima corsa per la presidenza del paese. Ekrem Imamoğlu a Istanbul e Mansur Yavaș ad

L

Ankara, entrambi del Partito popolare repubblicano (Chp, socialdemocratico e laico), sono diventati dei leader naturali nel panorama politico turco. Il terzo motivo è che il Chp, nel momento in cui sembrava più debole, dopo la disfatta alle presidenziali del 2023, ha ottenuto uno dei risultati migliori: Özgür Özel ha portato il partito sopra il 37 per cento. Con poco più del 35 per cento dei voti l’Akp di Erdoğan è diventato il secondo partito del paese. Sono tre anche i motivi che spiegano questa svolta. La crisi economica è il principale. È vero che nel 2023 c’erano le stesse difficoltà, ma allora pensionati e lavoratori avevano ancora fiducia in Erdoğan. Le continue vuote promesse alla vigilia delle elezioni, e il paragone fatto da Erdoğan, che ha definito le pensioni un “pozzo senza fondo”, come se non fosse lui stesso a scavare il pozzo dell’inflazione, sono stati la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Erdoğan ha pagato il prezzo di tenere in scarsa considerazione pensionati e lavoratori. Il secondo motivo è che dopo la disfatta del 2023 il Chp, con la nomina del nuovo leader Özgür Özel al posto di Kemal

Antalya

Ankara

FONTE: BBC

LKER ERAY (MIDDLE EAST IMAGES/AFP/GETTY)

Istanbul

Adana

u I risultati del voto del 31 marzo 2024 mostrano che a Istanbul buona parte degli elettori curdi ha sostenuto il sindaco uscente Ekrem Imamoğlu, del Partito popolare repubblicano (Chp), anche se la forza di riferimento della comunità curda, il Partito dell’uguaglianza e della democrazia dei popoli (Dem), aveva invitato a votare per i propri candidati. È la dimostrazione che i curdi si sono compattati in un voto contro Erdoğan. Lo provano anche i dati di grandi città come Ankara, Mersin, Adana, Bursa dove si è registrato un calo dei voti per il Dem a beneficio dei candidati del Chp. “Gli elettori curdi hanno fatto sentire la propria voce e potranno dare un nuovo dinamismo alla lotta politica. I quattro anni fino alle prossime presidenziali offrono un’opportunità unica per fondare una base sociale che solo il Dem è in grado di rappresentare”, scrive il sito d’informazione turco Bianet.

Kılıçdaroğlu, ha deciso di correre un rischio e puntare su una nuova concezione del movimento e un nuovo metodo di lavoro, e ha avuto successo. Con una squadra più giovane e il sostegno dell’organizzazione del partito è riuscito a battere Erdoğan. Gli elettori di Imamoğlu e Yavaș hanno contribuito in maniera fondamentale a questo risultato. Infine c’è l’arroganza. Erdoğan ha scelto i candidati dell’Akp a Istanbul e ad Ankara basandosi sulla logica secondo cui l’allievo non deve superare il maestro. I nomi dovevano garantire che gli elettori votassero di fatto per Erdoğan. La decisione di non accordarsi né con il Nuovo partito della prosperità (Yrp) né con il Partito della grande unione (Bbp), entrambi d’ispirazione islamica, è stata un segnale di arroganza da parte del presidente. Il prezzo pagato è stato la perdita delle amministrazioni di importanti città. u ga Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Europa GERMANIA

Che succede a palazzo

Berlino legalizza

UNIONE EUROPEA

La propaganda di Mosca A due mesi dalle elezioni europee del 9 giugno, le accuse sui tentativi russi d’influenzare l’esito del voto stanno mettendo in allarme le istituzioni comunitarie. Lo scandalo è venuto alla luce alla fine di marzo, quando il governo ceco ha sanzionato il sito Voice of Europe, che farebbe parte di una rete di disinformazione messa in piedi da Mosca per interferire nella campagna elettorale europea. Secondo il premier belga Alexander De Croo (nella foto) “alcuni agenti russi hanno pagato diversi deputati europei per diffondere la propaganda del Cremlino”. “Questo conferma i nostri sospetti”, ha detto la vicepresidente della Commissione Věra Jourová, “cioè che il Cremlino stia usando denaro e finti mezzi d’informazione per esercitare la sua influenza in Europa”. Dietro all’operazione, scrive Politico, ci sarebbe l’oligarca Viktor Medvedčuk, vicino al presidente russo Vladimir Putin. I fondi del bilancio statale russo destinati alla propaganda, miliardi di dollari

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FONTE: DEBUNK.ORG

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@PRINCEANDPRINCESSOFWALES (YOUTUBE)

OMAR HAVANA (AP/LAPRESSE)

REGNO UNITO

Il 1 aprile l’agenzia fotografica Getty Images ha dovuto spiegare la decisione di mettere una nota a margine del video (nella foto), diffuso il 22 marzo, in cui Kate Middleton rivelava di essere malata di cancro, scrive l’Independent. “Questo video è stato fornito da un’organizzazione terza e potrebbe non essere conforme alla politica editoriale di Getty Images”, recita la formula, usata di solito per materiale non prodotto internamente. All’inizio di marzo le agenzie internazionali avevano ritirato una foto che ritraeva la principessa con i figli, dopo che dal palazzo reale avevano ammesso di averla alterata digitalmente. Middleton non appare in pubblico dal 25 dicembre 2023, alimentando molte voci su problemi di salute o familiari. u

BULGARIA

Una crisi infinita La Bulgaria è precipitata in un nuova crisi politica e rischia di andare alle urne per quella che sarebbe la sesta elezione in tre anni. Il patto di governo siglato nel maggio 2023, che prevedeva una staffetta tra i conservatori di Gerb e i liberali di Continuiamo il cambiamento, non ha retto. E il 25 marzo la vicepremier Marija Gabriel, che avrebbe dovuto prendere il posto del premier liberale dimissionario, Nikolaj Denkov, non ha accettato l’incarico. Fallito il tentativo di far insediare un nuovo governo

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Denkov, il presidente della repubblica Rumen Radev ha dato un mandato esplorativo ai populisti di Itn, ma neanche loro hanno trovato una soluzione. Un nuovo voto anticipato sembra quindi inevitabile. Per l’uomo forte della politica bulgara, il leader di Gerb ed ex primo ministro Bojko Borisov, più volte accusato di corruzione, “questa è sicuramente l’opzione migliore”, scrive e-Vestnik. “Le riforme saranno rimandate, e anche l’elezione dei membri del consiglio superiore della magistratura, delle autorità di garanzia e dei servizi segreti. Solo così Borisov, che sta perdendo sempre più potere, potrà provare a mantenere il controllo dello stato”.

Dal 1 aprile in Germania per gli adulti è legale coltivare, possedere e consumare cannabis, ovviamente nel rispetto di regole precise. La novità è stata commentata dalla stampa di tutta Europa, in particolare dei paesi confinanti. “La prima cosa che va detta”, scrive il polacco Polityka, “è che la precedente politica era inefficace: il consumo e il traffico illegale prosperavano e, visto che la sostanza non causa gravi problemi sociali, per la polizia occuparsi di cannabis non era certo una priorità”. Favorevole alla scelta tedesca anche il francese Libération: “La legalizzazione – non la depenalizzazione, che non ha conseguenze sul traffico – è l’unico strumento attraverso cui lo stato può assumere il ruolo virtuoso del regolatore”.

IN BREVE

Portogallo Il 2 aprile si è ufficialmente insediato il governo guidato da Luís Montenegro, leader della coalizione di centrodestra Alleanza democratica. Non avendo una maggioranza, avrà bisogno del sostegno di partiti esterni alla coalizione. Frontiere Il 31 marzo la Romania e la Bulgaria sono entrate a far parte dello spazio di libera circolazione di Schengen, ma in modo ancora incompleto: sono stati eliminati i controlli alle frontiere aeree e marittime interne, ma rimangono in vigore i controlli ai confini di terra. Area Schengen Area Schengen limitata

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Il 10, 11 e 12 maggio torna il festival di Internazionale Kids a Reggio Emilia Un weekend di incontri e scoperte per parlare di ambiente, cinema femminista, social network, Giappone, extraterrestri, antifascismo, fumetti, peli, musica e molto altro Tutti gli eventi sono a ingresso gratuito Per informazioni: [email protected]

Inquadra il codice per scoprire il programma

Americhe STATI UNITI

Le ragazze trasformano lo sport universitario Alex Kirshner, The Atlantic, Stati Uniti Caitlin Clark, cestista dell’università dell’Iowa, è oggi la più popolare atleta statunitense. Il suo successo mostra il potenziale economico e culturale dello sport femminile aspetto che stupisce di più dell’incredibile stagione di Caitlin Clark riguarda il numero di persone che l’hanno vista giocare. Le partite della sua squadra di basket femminile universitaria, le Iowa Hawkeyes, hanno quasi sempre registrato il tutto esaurito. L’università dell’Iowa ha venduto tutti i biglietti per le partite casalinghe della stagione ad agosto del 2023, tre mesi prima dell’inizio del campionato. Clark ha riempito i palazzetti anche quando ha giocato in trasferta – con un aumento del 150 per cento degli spettatori rispetto alla media stagionale – dando una forte spinta all’economia di varie città. I biglietti per la partita di febbraio in cui Clark ha battuto il record di punti nel basket universitario femminile REBECCA GRATZ (NCAA PHOTOS/GETTY)

L’

sono stati i più cari di sempre, intorno ai 400 dollari sul mercato secondario. Due settimane dopo, quando la giocatrice ha superato anche il record maschile, i biglietti sono arrivati a costare fino a 546 dollari. Grazie a Clark, il basket universitario femminile riesce a competere con la Nba, il campionato professionistico maschile, in termini di ascolti televisivi. Mentre si giocano le finali della National collegiate athletic association (Ncaa), Clark è chiaramente l’atleta più famosa del basket universitario, forse dello sport universitario in generale. Il suo successo sta oscurando un cambiamento più ampio e radicale. Dopo decenni in cui sono state trattate come atlete di seconda classe, oggi le donne stanno superando gli uomini in popolarità, interesse e potenziale finanziario. Clark si è trovata al centro di una serie di cambiamenti epocali nell’economia dello sport universitario, affermandosi nel momento ideale per accelerarli e sfruttarli. La sua storia dimostra che non esistono limiti alla popolarità dello sport femminile. Vedere giocare Clark è un’esperienza ammaliante. Può segnare da qualsiasi

Caitlin Clark (al centro) dopo una partita. Iowa City, 25 , marzo 2024

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pozione del campo, e il modo in cui passa il pallone alle compagne fa pensare che abbia occhi anche dietro la testa. È brava a gestire la fama. Firma centinaia di autografi, si fa fotografare con ragazzi e ragazze e parla volentieri con la stampa. “Quando cerca di uscire dal campo dopo le partite, sembra di vedere i Beatles”, dice il giornalista sportivo Patrick Vint.

Sarà una donna Eppure cinque anni fa tutto questo talento e tutto questo carisma non sarebbero bastati a trasformare Clark in un fenomeno culturale. Lo sport femminile è stato sempre penalizzato dagli amministratori dei campus e dai dirigenti della Ncaa, che lo consideravano solo una casella da spuntare tra gli obblighi per garantire pari opportunità. Solo di recente i vertici dello sport hanno cominciato a vedere le attività femminili come un’occasione di crescita e non più come un obbligo. Parte di questo cambiamento nasce dalla constatazione di un fatto evidente da tempo: alle persone piace guardare gli sport femminili. Il softball universitario, praticato dalle ragazze, fa concorrenza al baseball, praticato dai ragazzi, e in alcuni casi ha più seguito. Gli ascolti sono in crescita per la ginnastica e la pallavolo. Un’altra svolta è arrivata nel 2021, quando l’Ncaa ha deciso, sotto una forte pressione politica e legale, di permettere agli atleti di sfruttare il loro nome e la loro immagine. Quel cambiamento ha creato un incentivo a usare i social media e a monetizzare il seguito online. Oggi gli sportivi universitari più famosi sono conosciuti in tutto il paese. Sono influencer con un elevato valore di mercato, e nella maggior parte dei casi sono donne. Sunisa Lee, ginnasta che ha vinto una medaglia olimpica e che fino al 2022 ha difeso i colori dell’università di Auburn, ha circa 3,1 milioni di follower tra Instagram e TikTok. A volte ha condiviso la palestra con Olivia Dunne, ginnasta dell’università della Louisiana, che ha 13 milioni di follower. Per avere un’idea della distanza con gli uomini, basta pensare che Jayden Daniels, uno dei giocatori di football universitario più noti, arriva appena a 200mila follower su Instagram. La nuova possibilità di far fruttare questa fama si combina con la crescita dell’apprezzamento per lo sport femmi-

FONTE: NATIONAL FEDERATION OF STATE HIGH SCHOOL ASSOCIATIONS

Da sapere Partecipazione delle ragazze agli sport liceali, percentuale 50 40 30 Dati non disponibili per gli anni accademici 2019-2020 e 2020-2021

20 10 0 1970

1980

1990

2000

2010

2020

CUBA

Gli insulti di Milei

Coinvolgimento russo

In un’intervista rilasciata alla Cnn il 27 marzo il presidente ultraliberista argentino Javier Milei ha definito il leader colombiano Gustavo Petro “un assassino terrorista” e il messicano Andrés Manuel López Obrador “un ignorante”, scrive El Tiempo. Come reazione a queste dichiarazioni, la Colombia ha ordinato l’espulsione di alcuni diplomatici argentini presenti a Bogotá. Sul social network X Milei ha detto di aver risposto agli insulti di Petro e López Obrador, che lo avevano rispettivamente paragonato a Hitler e definito un “fascista ultraconservatore”.

L’ambasciata statunitense. L’Avana, 18 marzo 2024

YAMIL LAGE (AFP/GETTY)

DIPLOMAZIA

PERÙ

Un’inchiesta giornalistica condotta per più di un anno dal giornale indipendente russo The Insider (la cui redazione è in esilio), dal settimanale tedesco Der Spiegel e dall’emittente tv statunitense Cbs e pubblicata il 1 aprile ha stabilito che la misteriosa sindrome dell’Avana potrebbe essere collegata a un’unità dell’intelligence russa. Il disturbo, che si manifesta con mal di testa, insonnia, nausea, vertigini e problemi alla vista, era comparso per la prima volta nel 2016 tra il personale dell’ambasciata statunitense all’Avana, a Cuba, e poi in altre sedi. In alcuni casi aveva colpito i familiari dei diplomatici. Secondo l’inchiesta, alcuni elementi suggeriscono che questi disturbi potrebbero essere stati causati dall’uso di armi a energia diretta maneggiate da persone dell’unità 29155 del Gru, il servizio d’intelligence militare russo. Il Cremlino ha negato ogni coinvolgimento e ha parlato di accuse senza fondamento. u

Lo scandalo dei Rolex

CANADA

SEBASTIAN CASTANEDA (BLOOMBERG/GETTY)

nile, generando un boom senza precedenti. I diritti per trasmettere le finali di basket femminile sono stati valutati 65 milioni di dollari, il triplo rispetto all’accordo precedente, firmato nel 2010. Clark, la punta di diamante di questo sport, ha ricevuto proposte da grandi aziende come Gatorade, Nike e Goldman Sachs. Alcuni opinionisti sostengono che la giocatrice dell’Iowa sia già arrivata all’apice del suo valore economico ancora prima di far parte della Wnba, il campionato professionistico femminile, dove l’anno prossimo guadagnerà appena 77mila dollari all’anno. La Wnba, infatti, non ha lo stesso seguito del basket universitario. Ma è anche vero che nessuna giocatrice è mai arrivata tra le professioniste con la stessa fama di Clark. La sua potenza economica è ancora più sorprendente se si considerano le dinamiche generali che regolano lo sport in questo momento. Con la rilevante eccezione dell’Nfl, il campionato maschile di football americano, oggi è difficile coinvolgere i tifosi. Il pubblico tende ad annoiarsi presto e i giovani sono più interessati ad altre attività. Visto che non riescono a convincere gli spettatori a restare seduti per tutta la durata degli incontri, le leghe sportive stanno valutando la possibilità di limitare la durata delle partite. Ma ora c’è una persona che sembra avere la capacità di spazzare via queste tendenze e dare al pubblico la sensazione che ogni partita sia l’evento più importante della storia dello sport. Questa persona è una donna. Anche se non sappiamo chi prenderà il suo posto come volto del basket universitario, possiamo scommettere che sarà un’altra donna. u as

“Sei ministri del governo di Dina Boluarte (nella foto) si sono dimessi il 1 aprile dopo l’apertura di un’inchiesta sulla presidente peruviana per arricchimento illecito”, scrive l’Afp. Il 30 marzo la polizia aveva perquisito l’abitazione e l’ufficio di Boluarte, accusata dalla procura di possedere vari orologi di lusso, tra cui alcuni Rolex, per il valore di migliaia di dollari e di averlo omesso nella sua dichiarazione dei redditi.

Mai stati tanti La popolazione canadese ha raggiunto i 41 milioni di abitanti, il numero più alto della storia. “Il paese ha aggiunto 1,27 milioni di residenti nel 2023, il tasso di crescita più rapido degli ultimi 66 anni”, scrive Semafor. Il dato si spiega con la crescita dei visti temporanei per stranieri. “Ottawa sta cercando di attirare immigrati qualificati

per far crescere la forza lavoro e l’economia”. La politica funziona, ma ha un prezzo: “L’inflazione nel settore degli affitti ha raggiunto il 10 per cento su base annua a gennaio, mentre il paese fatica a costruire nuove case”. Negli ultimi mesi il governo di Justin Trudeau, di centrosinistra, ha cercato di contrastare questa dinamica adottando misure per limitare i permessi d’ingresso rilasciati ogni anno dal Canada a studenti stranieri e residenti non permanenti.

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Asia e Pacifico

HENDRI (REUTERS/CONTRASTO)

Profughi rohingya dopo il naufragio, Ache, Indonesia, 21 marzo 2024

BANGLADESH

Da cosa scappano i rohingya R. Wells e M.W. Loomes, The Conversation, Australia A causa delle persecuzioni subite in Birmania, un milione di persone della minoranza musulmana si era stabilito nei campi profughi in Bangladesh. Ora in tanti fuggono anche da lì l 20 marzo un’imbarcazione carica di profughi rohingya salpata dal Bangladesh e diretta in Australia si è rovesciata al largo delle coste indonesiane. Settantacinque persone, tra cui nove bambini, sono state tratte in salvo, ma più di settanta risultano disperse. Non si è trattato di un incidente isolato. Negli ultimi mesi è aumentato il numero dei rohingya, una minoranza musulmana birmana non ufficialmente riconosciuta e perseguitata, che fuggono via mare dagli accampamenti dove vivono da anni in condizioni precarie. Secondo l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, tra gennaio e ottobre 2023 erano partiti dal Bangladesh in 1.783,

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e dopo il 1 ottobre il numero è cresciuto del 74 per cento, con un bilancio di 770 morti dall’inizio del 2023. A cosa è dovuto questo aumento? E in che modo la comunità internazionale dovrebbe rispondere a questa crisi umanitaria? Insieme a sei attivisti rohingya abbiamo fatto una ricerca nei campi profughi in Bangladesh per individuare i fattori che spingono a partire. I rohingya che oggi vivono in Bangladesh, poco meno di un milione, sono i sopravvissuti di una vasta operazione condotta nel 2017 dall’esercito birmano per scacciarli dallo stato del Rakhine, dove vivevano da generazioni. Si stima che durante l’operazione siano morte tra le 7.800 e le 24mila persone. L’Onu ha definito l’operazione un “esempio da manuale di pulizia etnica”.

to e violenze dalle autorità. Nel 2019 abbiamo intervistato 27 persone tra insegnanti, madri, leader religiosi, guaritori tradizionali, giovani e attivisti che vivono nei campi profughi bangladesi. Volevamo sapere quanto fossero consapevoli delle conseguenze psicologiche della persecuzione e dello sfollamento, e in che modo le descrivessero. Questa consapevolezza è importante perché la maggior parte dei servizi di salute mentale si basa su terminologie occidentali che includono concetti come “depressione”, “ansia” o “stress”, che però potrebbero non essere del tutto adatti a descrivere l’esperienza dei rohingya. Abbiamo scoperto che molti profughi usavano il termine sinta, “tensione”, che include i sentimenti di timore, preoccupazione e ansia e descrive l’esperienza di chi è apolide. Al centro del concetto di sinta c’è il sentirsi “senza opportunità” a causa dell’impossibilità di lavorare, studiare e spostarsi. Le persone intervistate hanno riferito che la mancanza di opportunità spinge a pensare troppo, provoca dolori fisici e conflitti in famiglia, tra le famiglie e con la comunità bangladese. Queste fonti di tensione sono peggiorate dopo il 2019 a causa degli arresti arbitrari, delle denunce inventate e delle incarcerazioni ordinate dalle autorità di Dhaka. Per i campi si aggirano diversi gruppi armati che dopo il tramonto rapiscono persone e chiedono alle famiglie i soldi del riscatto, trafficano droga e uccidono chiunque cerchi di protestare. Donne e bambine vengono aggredite e finiscono nella tratta di esseri umani. I campi sono recintati, come prigioni a cielo aperto. Questo significa che quando scoppia un incendio, cosa che avviene abbastanza spesso, i profughi sono in trappola. A gennaio a causa di un rogo settemila perBHUTAN INDIA

BANGLADESH

Apolidi Prima di essere costretti alla fuga, i rohingya per decenni sono stati discriminati, gli è stato negato il diritto di cittadinanza, all’istruzione e al lavoro e hanno subìto restrizioni alla libertà di movimen-

Dhaka Cox’s Bazar

BIRMANIA 140 km

Golfo del Bengala

sone sono rimaste senza un tetto. Nel frattempo, in Birmania, infuria la guerra civile, e alcuni rohingya sono stati uccisi da colpi di mortaio provenienti dall’altra parte del confine. Il Bangladesh, uno dei paesi più densamente popolati e poveri del mondo, non può da solo risolvere il problema. E gli aiuti internazionali per i rohingya continuano a diminuire. Cosa può fare la comunità internazionale per trovare una soluzione duratura al problema?

Il dovere di aiutare

Ruth Wells e Max William Loomes sono due ricercatori in psicologia e salute mentale all’università del New South Wales di Sydney.

ASEAN

Com’è popolare la Cina

Nove persone sono morte e novecento sono rimaste ferite nel terremoto di magnitudo 7,4 che ha colpito la costa orientale di Taiwan il 3 aprile. È stato il sisma più potente degli ultimi 25 anni e, scrive il Financial Times, ricorda quanto la catena di approvvigionamento dei semicoduttori sia esposta al rischio terremoti. La Tsmc, il maggior produttore di microchip al mondo, e altri fabbricanti minori hanno fermato i macchinari ed evacuato gli stabilimenti. Circa tre quarti degli impianti di produzione dei semiconduttori sono in Asia, dove si trovano quasi tutti quelli da cui escono i modelli avanzati di microchip. Molte di queste strutture sono in zone a rischio sismico.

Nikkei Asia, Giappone

Hualien, 3 aprile 2024

“Secondo un sondaggio del centro studi di Singapore Iseas-Yusof Ishak institute, più della metà dei paesi del sudest asiatico preferirebbe la Cina agli Stati Uniti se l’Asean, l’associazione che li riunisce, fosse costretta a scegliere tra le due potenze rivali”, scrive Nikkei Asia. È la prima volta che le preferenze per la Cina superano quelle per gli Stati Uniti. Nel 2023 il 39,8 per cento degli intervistati, tra cui rappresentanti del settore privato, dei governi, dell’accademia e di istituti di ricerca, erano favorevoli alla Cina. Il risultato dimostra la crescente influenza di Pechino nella regione, in particolare in Malaysia, Indonesia e Laos, dove grazie al successo della nuova via della seta la fiducia nei suoi confronti ha superato il 70 per cento. Decisamente dalla parte degli Stati Uniti gli intervistati nelle Filippine e nel Vietnam, a causa delle tensioni con Pechino nel mar Cinese meridionale, ma il calo di consensi nei confronti di Washington è generalizzato in tutta la regione. u GETTY

COREA DEL SUD

Dieci anni e tante domande

VCG/GETTY

In quanto partner regionale con molte risorse, l’Australia potrebbe avere un ruolo molto più rilevante nell’assistenza umanitaria, invece di concentrarsi solo sulla punizione dei trafficanti di esseri umani o degli stessi profughi respingendo delle imbarcazioni. Come dimostrano i recenti arrivi in Australia e in Indonesia, i respingimenti e gli arresti non affrontano le ragioni di fondo delle migrazioni forzate. Non “fermano le barche”. Al contrario sarebbe necessario che l’Australia, la Nuova Zelanda e gli altri paesi della regione esercitassero pressioni diplomatiche sulla giunta birmana affinché riconosca ai rohingya il diritto alla cittadinanza. E potrebbero contribuire a trovare una soluzione del conflitto in corso nello stato del Rakhine, per consentire ai profughi di tornare a casa. Inoltre dovrebbero aiutare finanziariamente le organizzazioni umanitarie che lavorano in Bangladesh per rispondere ai bisogni immediati dei profughi in termini di viveri, riparo, cure mediche, istruzione e sostegno psicologico. E dovrebbero aumentare le pressioni su Dhaka affinché migliori le condizioni di vita nei campi e dia modo ai profughi rohingya di avere di che vivere, consentendogli di lavorare legalmente. Infine sarebbe importante dare priorità alle opportunità di reinsediamento dei profughi in paesi terzi, soprattutto per gli sfollati negli anni novanta. Il reinsediamento offre una soluzione duratura alle persone che hanno bisogno di protezione internazionale, dandogli la possibilità di costruirsi una vita sicura e dignitosa. u gim

TAIWAN

La vulnerabilità dei microchip

GIAPPONE

Un cognome uguale per tutti Se il Giappone non cambia la legge che impone alle coppie sposate di scegliere un solo cognome, entro cinquecento anni tutti gli abitanti dell’arcipelago si chiameranno Sato, scrive il Mainichi Shimbun. Lo studio è parte della campagna per la revisione del codice civile ed è stato condotto dall’università del Tōhoku.

“Dopo dieci anni e due presidenti, le famiglie delle vittime della tragedia del Sewol stanno ancora aspettando le risposte alle loro domande”, scrive The Diplomat. Il 15 aprile 2014 il traghetto con a bordo 476 persone, più della metà studenti delle superiori, salpò da Incheon diretto all’isola di Jeju. Il mattino dopo l’imbarcazione s’inclinò e cominciò ad affondare. L’equipaggio aveva detto ai passeggeri di rimanere nelle cabine ad aspettare i soccorsi ma la guardia costiera

23 aprile 2014 salì a bordo solo dopo un’ora e attese che i passeggeri uscissero per portarli in salvo. Morirono 304 persone. Ancora oggi nessuno dei governi che si sono succeduti è riuscito a spiegare cosa successe e perché i soccorritori non intervennero. NEWSLETTER In Asia è la newsletter settimanale a cura di Junko Terao con notizie dall’Asia e dal Pacifico. Per riceverla: internazionale.it/newsletter

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Le opinioni

La promessa mancata di Biden su Cuba Bhaskar Sunkara l 6 aprile 1960 il diplomatico statunitense Lester D. Mallory scrisse una nota con cui chiedeva un embargo che “neghi a Cuba denaro e forniture, per ridurre i salari monetari e reali, e provocare fame, disperazione e la caduta del governo”. Sessantaquattro anni dopo, la politica che i cubani definiscono el bloqueo (il blocco) è ancora in vigore. Non ha raggiunto il suo obiettivo dichiarato di fermare la rivoluzione cubana, ma ha alimentato anni di disperazione e rabbia. Nel suo secondo mandato Barack Obama ha preso atto della situazione. Nel corso di una storica visita all’Avana nel 2016 ha dichiarato di essere venuto “per seppellire l’ultimo retaggio della guerra fredda nelle Americhe” e per “tendere una mano al popolo cubano”. All’epoca la sua amministrazione aveva già fatto dei passi concreti in questa direzione. Le restrizioni statunitensi sui viaggi e le rimesse erano state allentate, e le ambasciate dei due paesi avevano riaperto le sedi a Washington e all’Avana. Soprattutto Cuba era stata rimossa dalla lista dei paesi sostenitori del terrorismo, aprendo così alla possibilità di operare con le banche statunitensi che sono il cardine del sistema finanziario mondiale. Il regime di sanzioni più lungo della storia non era ancora completamente smantellato, ma erano stati fatti progressi enormi. L’elezione a sorpresa di Donald Trump ha cambiato tutto. Influenzato da politici cubano-statunitensi come Marco Rubio e da una lobby molto attiva a Miami, Trump ha ripristinato le restrizioni di viaggio e ha vietato le transazioni con le compagnie statali che rappresentano il grosso dell’economia cubana. Ma il gesto più provocatorio Trump l’ha fatto appena pochi giorni prima di lasciare l’incarico nel gennaio 2021, quando ha rimesso Cuba nell’elenco dei paesi sostenitori del terrorismo, nonostante Washington e L’Avana stessero collaborando nell’antiterrorismo e nonostante i tentativi riusciti di Cuba d’incoraggiare i gruppi guerriglieri latinoamericani come le Farc a mettere fine alla lotta armata. In campagna elettorale l’attuale presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva promesso un ritorno alla linea di Obama, ma finora non c’è stato un gran cambiamento. Di conseguenza, Cuba continua a essere isolata da importanti fonti di commercio e finanza, anche con aziende non statunitensi. Sono state anche queste difficili condizioni a causare le recenti proteste contro la mancanza di cibo e i blackout elettrici a Santiago, e le manifestazioni del luglio 2021 ancora più vaste e diffuse in tutta l’isola. I politici statunitensi più intransigenti vedono Cuba debole come non succedeva da decenni e pensano che aumentare la pressio-

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BHASKAR SUNKARA

ha fondato la rivista statunitense Jacobin. Questo articolo è uscito sul Guardian di Londra.

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ne sulla popolazione porterà alla fine del regime comunista. In realtà l’embargo ha rallentato le iniziative di riforma e ha permesso all’Avana di scaricare sulle forze esterne le colpe delle condizioni economiche del paese. La azioni contro Cuba cominciarono prima della nota di Mallory, subito dopo la vittoria delle forze rivoluzionarie di Fidel Castro contro la dittatura di Fulgencio Batista, avvenuta nel 1959. Per decenni gli Stati Uniti hanno definito Cuba un paese sostenitore del terrorismo, ma paradossalmente all’epoca Washington favoriva piccoli atti di sabotaggio industriale e attacchi ai civili, fino alla tentata invasione della Baia dei porci nel 1961. Nonostante questa pressione, il governo di Castro realizzò alcune importanti riforme. Ci fu una campagna di alfabetizzazione che raggiunse più di settecentomila persone, per lo più in aree rurali marginalizzate. I cubani ottennero inoltre una radicale riforma agraria, l’elettrificazione delle zone rurali, e la creazione di un sistema sanitario e scolastico gratuito e di qualità. Fu creato uno stato a partito unico, ma queste iniziative avevano un vasto sostegno e grande partecipazione. All’estero il lavoro di medici e tecnici cubani continua a essere apprezzato in tutto il mondo in via di sviluppo. Dopo la rivoluzione le brigate mediche cubane sono state inviate in più di cento paesi, compresa Haiti nel dopo-terremoto del 2010 e l’Africa occidentale durante l’epidemia di ebola. Negli ultimi vent’anni un’altra iniziativa ha curato tre milioni di pazienti affetti da problemi alla vista nei paesi in via di sviluppo. Il ruolo delle forze militari cubane è stato inoltre determinante nella sconfitta dell’apartheid. Al

Il presidente statunitense aveva annunciato un ritorno alla linea di Obama, ma finora non c’è stato un cambiamento

prezzo di migliaia di morti e feriti, Cuba e i suoi alleati angolani sconfissero l’esercito sudafricano in un’impresa che, nelle parole di Nelson Mandela, “ha distrutto il mito dell’invincibilità dell’oppressore bianco”. L’economia, però, poggiava su fondamenta fragili. Cuba diventò dipendente dal sostegno del blocco sovietico. I paesi del Consiglio di mutua assistenza economica (Comecon) fornivano petrolio, derrate alimentari e componenti meccaniche, offrendo uno sbocco commerciale per lo zucchero, il nichel e altre esportazioni cubane a prezzi superiori a quelli di mercato. Il sostegno del blocco orientale riuscì a mascherare alcune debolezze dell’economia statalizzata cubana, ma dopo il crollo del muro di Berlino la situazione economica a Cuba si fece catastrofica. Con l’aggravarsi del malcontento popolare nei primi anni novanta, Castro dichiarò un “periodo speciale in tempo di pace”. I progetti d’investimento furono sospesi, e i consumi di elettricità furono drasticamente ridotti, al pari delle razioni alimentari e di vestiti. Alcune fabbriche essenziali furono costrette a chiudere i battenti. La carenza di fertilizzanti e di pezzi di ricambio per i trattori fece sprofondare l’agricoltura. Nei primi anni novanta il pil di Cuba diminuì del 40 per cento. A Washington la crisi fu considerata un’opportunità per segnare un’ultima vittoria della guerra fredda. La Heritage foundation, un centro studi della destra statunitense, definì Castro non solo “anacronistico, ma pericoloso”, e fece pressioni per intensificare l’embargo in modo da produrre finalmente “il suo risultato desiderato di destabilizzare il governo comunista dell’isola”. L’amministrazione Clinton seguì il copione alla lettera. Eppure Cuba è sopravvissuta. Il paese si è aperto agli investimenti stranieri, ha promosso il turismo per incassare valuta forte e ha decentralizzato parte della sua economia. Ha trovato anche nuovi alleati: il Venezuela ha cominciato a fornire un aiuto finanziario e petrolifero essenziale in cambio dell’assistenza dei medici e degli insegnanti cubani. Le riforme hanno accelerato nel 2008 dopo che Raúl Castro ha preso il posto del fratello Fidel, con un modello tripartito di crescita che ha coniugato l’economia di stato tradizionale con gli investimenti internazionali e l’imprenditorialità privata. In termini di prestazioni economiche i risultati sono stati incerti, soprattutto nei settori dell’agricoltura e dell’energia, ma il governo è sulla strada giusta. La breve apertura di Obama aveva incoraggiato queste tendenze. La retromarcia di Trump non poteva arrivare in un

Gli Stati Uniti hanno un enorme debito con il popolo cubano per tutti questi anni di guerra economica momento peggiore per la popolazione cubana. Già sofferente per gli effetti sanitari della pandemia e per il suo impatto sul turismo internazionale, nel 2020 l’economia cubana ha subìto una drastica contrazione. Ai prezzi già alti dei prodotti alimentari e del carburante si è aggiunta l’incapacità del paese di commerciare articoli esclusi dalle sanzioni con la vicina superpotenza. In questo contesto anche il sistema sanitario e quello scolastico, per anni non toccati dall’austerità, hanno cominciato ad accusare il colpo. Ai cubani è stata tolta la possibilità di soddisfare le loro necessità materiali, senza che le ambizioni di Washington per un cambio di regime siano diventate in alcun modo più realizzabili. In campagna elettorale Biden aveva giustamente parlato della “politica fallimentare” di Trump verso Cuba. Una volta eletto, come detto, ha fatto poco per cambiare rotta. L’embargo ha influenzato 65 anni di sviluppo del paese: gli Stati Uniti hanno un enorme debito con il popolo cubano per tutti questi anni di guerra economica. Come minimo, Biden dovrebbe mantenere le sue promesse e cancellare Cuba dall’elenco dei paesi sostenitori del terrorismo. Gli Stati Uniti hanno stabilito rapporti diplomatici con il Vietnam, uno stato a partito unico con cui hanno perfino combattuto una guerra per anni. E non c’è motivo per cui non possano mettere fine alla guerra fredda con Cuba. Il messaggio statunitense dev’essere semplice: lasciamo che siano i cubani a decidere il futuro dell’isola senza coercizioni. È arrivato il momento di superare le obiezioni di una piccola lobby e di mettere fine a una politica che va contro gli interessi sia dei cittadini statunitensi sia dei cubani. u fdl Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Le opinioni

La fine di Erdoğan è ancora lontana Cengiz Aktar a stampa internazionale e i giornali vi- perché il 31 marzo ha presentato dei candidati e ha cini all’opposizione turca si sono af- conquistato qualche municipio. frettati a celebrare quella che hanno A queste elezioni ci sono stati tre tipi di voto: un precipitosamente definito “la vittoria voto di protesta, espressione del malcontento di aldell’opposizione” alle elezioni ammi- cuni (tra cui ci sono anche dei sostenitori del presinistrative del 31 marzo a Istanbul, ad dente); un voto utile dei cittadini curdi, che hanno Ankara e in molte altre città della Turchia. voluto vendicarsi di Erdoğan; e l’astensione di un I fatti, purtroppo, sono molto diversi. La sociolo- certo numero di elettori vicini al regime, che sono gia elettorale turca c’insegna innanzitutto che in un arrabbiati. In fin dei conti, Erdoğan ha perso solo il paese del genere, dove il controllo del 2,5 per cento dei consensi rispetto alle potere centrale sulle amministrazioni Le elezioni elezioni generali del maggio 2023, cioè locali è assoluto, un’elezione comuna- amministrative 1,2 milioni di voti. le non è mai stata in grado d’influenza- del 31 marzo non Tenendo conto di tutto questo, cerre molto le sorti della politica di gover- sono state vinte chiamo di esaminare cosa potrebbe no. Né tantomeno ha mai portato a un dall’opposizione. succedere da qui alle prossime elezioni voto anticipato, come si sente dire in Piuttosto, sono state generali dell’aprile 2028, in cui si rinquesti giorni da alcuni “esperti” male perse dal regime, noverà il parlamento e si sceglierà un informati. nuovo presidente. esclusivamente a Ultimamente c’è un po’ la tendenza Nell’immediato futuro, come ha causa dei suoi errori a scambiare i propri desideri per la reannunciato Erdoğan la sera dei risultaaltà. È vero che il regno islamofascista politici ti, ci saranno grandi operazioni punitidi Recep Tayyip Erdoğan ha esasperato ve contro i curdi, considerati i responla metà dei cittadini turchi e numerosi osservatori sabili degli insuccessi elettorali del regime in Turstranieri, ma manca ancora tanto per poter liberare chia e nel resto della regione. La magistratura ha il paese e il resto del mondo da questo leader autori- preso di mira fin dal primo giorno il sindaco della tario. provincia di Van, eletto con molti voti, con l’obiettivo Innanzitutto, né lui né la parte di popolazione che di destituirlo. Questa operazione fa prevedere altre beneficia in modo vergognoso del suo regime (una rimozioni sommarie in futuro. buona metà) sono pronti a lasciare il potere. Come Nel Kurdistan iracheno sta per essere lanciata tutti i governi totalitari, anche quello turco non si fa- una vasta operazione militare per installare una base rà da parte solo per una sconfitta elettorale. turca nella regione di Gora, a quaranta chilometri Inoltre le elezioni del 31 marzo non sono state dal confine turco. vinte dall’opposizione. Piuttosto, sono state perse Erdoğan sarà costretto a modificare la sua coalidal regime, a causa degli errori nella gestione econo- zione per allargarla a tutti i partiti islamofascisti e mica, del nepotismo, delle ingiustizie, della politica ultranazionalisti. Con questa nuova alleanza potrà filoisraeliana e del disprezzo nei confronti della gen- realizzare il suo sogno di far approvare una costitute comune. Per parafrasare le parole dello storico zione su misura per il suo regime. A tempo debito britannico Lord Acton, il potere assoluto di Erdoğan potrebbe inoltre passare il testimone al ministro deha finito per corrompere in modo assoluto la politica gli esteri Hakan Fidan, che ha un’impressionante turca. rete d’influenza nel paese e all’estero. L’opposizione non ha fatto molto per conquistare Il punto debole, anzi molto debole, del presidente voti. Negli anni la sua linea si è fondata essenzial- Erdoğan resterà l’economia. Le istituzioni economimente su tre capisaldi: sbarazzarsi di Erdoğan, tor- che turche sono a terra e le casse dello stato sono nare alle politiche che lo hanno preceduto e che non vuote. I bisogni del paese non potranno più essere sarebbero adatte a garantire un cambiamento, e soddisfatti dai soldi delle petromonarchie né dal deprendere le distanze dal partito filocurdo e dai curdi naro sporco procurato da trafficanti di ogni genere. È in generale. in questa condizione di nervosismo e fragilità che È chiaro che non si può aspirare al governo con nei prossimi giorni Erdoğan andrà a Washington per argomentazioni così deboli. Ricordo solo che il Nuo- incontrare il presidente statunitense Joe Biden. vo partito della prosperità (Yrp), ancora più islamista Il regime turco, arrogante, vendicativo ed econodel Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) di micamente alle strette, resta una fonte di repressioErdoğan, è considerato una forza d’opposizione solo ne e violenza nel paese e nella regione. u fdl

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CENGIZ AKTAR

è un saggista turco e professore di scienze politiche all’università di Atene. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è Il malessere turco (Il Canneto 2022).

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Zerocalcare legge questa storia nel podcast di Internazionale In copertina, disponibile da venerdì

nella nuova app di Internazionale e su internazionale.it/podcast Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Studenti palestinesi festeggiano la fine dell’anno accademico nella città di Gaza, il 31 maggio 2023

Il futuro perduto dei giovani di Gaza Heba Saleh, Mai Khaled e Raya Jalabi, Financial Times, Regno Unito

L’offensiva israeliana ha devastato scuole e università della Striscia. Gli edifici sono stati distrutti e una generazione di docenti e di studenti è stata decimata 62

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Beit Lahia Gaza

Striscia di Gaza (PALESTINA)

Wadi Gaza

Mar Mediterraneo

ISRAELE Khan Yunis

Rafah Valico di Rafah

EGITTO

er Yasser al Ostaz questo doveva essere l’ultimo anno all’università Al Azhar della città di Gaza prima di laurearsi in ingegneria. Ma il 7 ottobre 2023, esattamente una settimana dopo l’inizio delle lezioni, le sue speranze di portare a termine gli studi si sono infrante. Al Ostaz, originario del nord della Striscia, oggi vive in una tenda nella piccola città di Rafah, all’estremità meridionale del territorio. Qui più di un milione di persone minacciate dalla carestia si sono ammassate in cerca di riparo dall’offensiva militare d’Israele contro il gruppo armato Hamas,

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Valico di Kerem Shalom

lanciata in risposta al più sanguinoso attacco mai subìto dallo stato ebraico dalla sua fondazione nel 1948. Per i 2,3 milioni di abitanti della Striscia intrappolati in un territorio devastato da cinque mesi di bombardamenti sopravvivere è la prima preoccupazione. Ma molti sono profondamente angosciati per quello che ne sarà di loro quando le bombe avranno smesso di cadere. “Non è rimasto nulla dopo che le nostre case e università sono state distrutte”, dice Al Ostaz. “Penso di andarmene, ma non ho la minima idea di cosa fare”. “Un milione di domande” gli ronzano in testa e lui non ha risposte: “Gli anni che ho passato all’università varranno anche altrove o dovrò cominciare tutto da capo? Potrò viaggiare? Riuscirò a mettere insieme i soldi per partire?”. Prima della guerra nella Striscia di Gaza c’erano più di ottocento scuole e diciassette istituti di istruzione superiore, tra cui almeno sei università, ma molti sono stati danneggiati o completamente distrutti. L’università Al Azhar, frequentata da Al Ostaz, fu inaugurata nel 1991 da Yasser Arafat ed era considerata una delle più progressiste per la sua offerta formativa e per le classi miste. Ma quasi tutte le strutture sono state colpite dai bombardamenti israeliani. Un secondo campus nella vicina Al Mughraqa, finanziato da Marocco e Arabia Saudita, è ridotto in macerie. Quello che è rimasto in piedi ora ospita migliaia di persone sfollate. Decine di migliaia di studenti come Al Ostaz e gli oltre 600mila bambini del territorio hanno poche speranze realistiche di riprendere presto le lezioni. Per la popolazione sproporzionatamente giovane della Striscia – circa il 65 per cento ha meno di 25 anni – tornare in classe sarà una delle sfide più grandi da affrontare quando la guerra sarà finita. Le ripercussioni sul suo futuro sono gravissime. I professori universitari avvertono che la decimazione del sistema educativo di Gaza è una catastrofe che distruggerà

ulteriormente le vite dei palestinesi. L’offensiva israeliana non solo ha raso al suolo centinaia di scuole e università, ma ha anche ucciso molte persone istruite: studenti, giovani professionisti, personalità della cultura, insegnanti e professori universitari. Qualcuno dice che la perdita per la società palestinese è incalcolabile. “Sono stati smantellati il tessuto sociale delle comunità di Gaza e la loro capacità di ricostruirsi una vita”, afferma Ala Alazzeh, che insegna antropologia all’università di Birzeit, nella Cisgiordania occupata. “Pensate al numero dei professori uccisi. Le fondamenta del sapere sono state rase al suolo. Si tratterà di ripristinare non solo lo spazio fisico, ma anche le competenze e la formazione accademica. Se non usiamo la parola genocidio, possiamo parlare di ‘sociocidio’, la distruzione della società”.

Progressi a rischio Per molto tempo Gaza e la Cisgiordania avevano registrato uno dei tassi di alfabetizzazione più alti del mondo arabo, nonostante decenni di occupazione e i diciassette anni di blocco della Striscia. Nel settembre 2023 era al 98 per cento, secondo l’Ufficio centrale di statistica palestinese, dati paragonabili a quelli dei ricchi stati del Golfo. L’analfabetismo era crollato dal 13,9 per cento nel 1997 al 2,2 nel 2023. L’istruzione è stata uno dei primi settori ceduti dall’amministrazione israeliana a quella palestinese con gli accordi di Oslo del 1994, e riveste una grande importanza per la società. Le università di Gaza offrivano corsi di laurea in varie discipline e molti laureati, nonostante le restrizioni, sono riusciti a svolgere dei dottorati in occidente per poi tornare a lavorare nella Striscia, spiega Mkhaimar Abusada, che insegna scienze politiche all’università Al Azhar. “Storicamente i palestinesi investivano molto nell’istruzione dei loro figli”, aggiunge. “Negli ultimi diciassette anni, da quando Hamas ha preso il controllo della Striscia, l’alta disoccupazione ha scoraggiato i ragazzi dal seguire un percorso universitario. Ma per le ragazze che volevano cambiare la loro vita l’istruzione era l’unica strada”. Questi progressi oggi sono a rischio. Oltre ai danni alle infrastrutture, la perdita di vite umane ha ulteriormente impoverito la società di Gaza privandola di alcuni dei suoi giovani più promettenti. Tra di loro ci sono persone come Maisara Alrayyes, un medico di 28 anni che si è specializzato al King’s college di Londra grazie a una borsa di studio Chevening. Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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AFP/GETTY

Le macerie dell’università Al Azhar nella città di Gaza, il 15 febbraio 2024

Avrebbe potuto assicurarsi un lavoro ben pagato nel Golfo o in Europa, invece ha scelto di tornare a Gaza, dove lavorava per Médecins du monde, un’organizzazione umanitaria internazionale. “Era instancabile, molto preciso, affidabile, sempre gentile e con un grande senso dell’umorismo”, racconta Mads Gilbert, esperto di medicina d’urgenza che è stato insegnante di Alrayyes all’università Al Azhar e poi è diventato suo amico. Insieme avevano lanciato un progetto per formare gli studenti permettendogli di tenere corsi di primo soccorso aperti a tutti. Il 6 novembre Alrayyes è stato ucciso da un bombardamento israeliano con i suoi genitori e altri familiari. Anche lo specialista in gestione dei progetti Tariq Thabet, che non aveva ancora quarant’anni, aveva rifiutato una vita fuori da Gaza per fare la differenza lì. Thabet, che nel 2021 aveva vinto una borsa di studio Fulbright, aveva definito l’opportunità di studiare sviluppo economico alla Michigan state university, negli Stati Uniti, “un viaggio che ti cambia la vita”. Quando è tornato a casa nel 2022 si è dedicato ai giovani imprenditori di Gaza, dirigendo la struttura del college di scienze applicate creata per agevolarli. I suoi

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amici pensano che Thabet abbia aiutato migliaia di giovani a trovare lavoro, un sostegno essenziale nella Striscia, dove la disoccupazione si aggira intorno al 70 per cento. Thabet e più di dieci suoi familiari sono stati uccisi il 29 ottobre in un attacco aereo israeliano che ha colpito la loro casa nel centro di Gaza. Poi c’è Lubna Alyaan, una talentuosa violinista di quattordici anni morta il 21 novembre insieme a decine di parenti in un bombardamento che ha investito la casa di sua zia a Nuseirat, nel sud di Gaza. Alyaan, che frequentava il conservatorio nazionale di musica Edward Said, aveva impressionato gli insegnanti per la sua diligenza e la sua bravura, arrivando a studiare con musicisti di fama internazionale come Tom Suárez, ex componente dell’orchestra sinfonica di Baltimora e di altre orchestre negli Stati Uniti. Secondo Samar Ashour, insegnante e madre di tre figli, oggi sfollata a Rafah, “il futuro di un’intera generazione è in pericolo”. Ashour prova a ripassare le lezioni con i suoi bambini, ma dice che la più piccola, di sei anni, ha perso l’entusiasmo che aveva per l’apprendimento, perché è ancora sotto shock da quando una sua amica è stata uccisa. “Dice: ‘Non voglio

andare a scuola, non voglio andare da nessuna parte. Voglio solo stare con te, così moriamo insieme quando ci bombardano’”, aggiunge Ashour.

Doppi turni L’infrastruttura educativa della Striscia era già sotto pressione prima della guerra, secondo un rapporto di Education cluster, un gruppo di agenzie dell’Onu e altre organizzazioni umanitarie guidato da Unicef e Save the children. Le scuole operavano su doppi turni per far fronte alla domanda, le classi erano sovraffollate e l’orario scolastico era stato ridotto. I frequenti conflitti avevano provocato effetti anche sul benessere mentale dei bambini: quattro su cinque convivevano con “depressione, sofferenza e paura” già prima del 7 ottobre, afferma il rapporto. Ma dopo la sanguinosa incursione dei miliziani di Hamas nel sud di Israele, che ha provocato 1.200 morti e centinaia di ostaggi, Israele ha contrattaccato con una feroce offensiva militare, devastando il territorio nel tentativo di sradicare il gruppo islamista. Almeno 32mila persone sono state uccise nella Striscia finora, secondo le autorità sanitarie palestinesi. CONTINUA A PAGINA 66 »

Dalla Striscia di Gaza

Medici e artisti uccisi dalle bombe Il Financial Times ha ricostruito i profili di alcune persone morte sotto i bombardamenti israeliani in questi mesi Halima al Kahlout, nata nel 1994 Artista Le difficoltà della vita quotidiana nella Striscia di Gaza erano sempre presenti nella mente di Al Kahlout. Convogliava quelle esperienze nella sua arte, realiz­ zando dipinti, murales e sculture che esploravano temi come il diritto alla vita e alle cure mediche a Gaza, o l’emargi­ nazione delle donne. Per una mostra aveva realizzato gigantesche sculture in cartone di oggetti quotidiani e attrezzi taglienti, “per dire che questi strumenti possono farci risparmiare tempo e fati­ ca, ma possono essere dolorosi se usati contro le persone”. Questa violenza im­ maginata, spiegava, non era distante dalla realtà della vita di Gaza sotto oc­ cupazione. Al Kahlout era agli inizi della sua car­ riera ma sognava in grande e voleva mo­ strare la sua arte al mondo. “Stiamo perdendo giorno dopo giorno alcuni de­ gli artisti più creativi e dotati, che hanno portato bellezza, equilibrio e guarigione alla grande comunità di Gaza sotto as­ sedio”, ha scritto il rettore di un’univer­ sità dove Al Kahlout aveva dipinto il suo ultimo murale, dopo aver saputo della sua morte in un bombardamento israe­ liano il 29 ottobre. Refaat Alareer, 1979 Poeta e insegnante Refaat Alareer, pilastro della comunità culturale di Gaza, è ricordato dai suoi studenti come un maestro brillante e un poeta appassionato che adorava Shake­ speare. Docente di letteratura inglese e scrittura creativa all’università islamica di Gaza, considerava la lingua inglese “un veicolo per la liberazione e l’emanci­ pazione”, ha ricordato in un tributo su The Nation lo scrittore Jehad Abusalim. Alareer era stato tra i fondatori di We are not numbers, un progetto che affiancava

ai giovani scrittori palestinesi autori stra­ nieri esperti perché gli facessero da men­ tori. Aveva curato due volumi in inglese: Gaza writes back (2014) e Gaza unsilenced (2015). Critico accanito di Israele, Ala­ reer aveva perso un fratello e altri fami­ liari in un attacco israeliano nel 2014. Aveva dichiarato alla Bbc che l’attacco di Hamas del 7 ottobre era “legittimo e mo­ rale”, parole che l’emittente britannica aveva condannato come offensive. Alareer è stato ucciso da un attacco sulla città di Gaza il 7 dicembre, insieme a diversi familiari. Lascia una moglie e sei figli. La sua ultima poesia, If I must die, recitata dall’attore scozzese Brian Cox, ha avuto una vasta diffusione sui social network. Sirin Mohammed al Attar, 1984 Ginecologa e ostetrica Sirin al Attar lavorava per l’Unrwa, che fornisce servizi sanitari, educativi e di al­ tro tipo ai rifugiati palestinesi nella Stri­ scia di Gaza. È una degli almeno 165 di­ pendenti dell’agenzia delle Nazioni Uni­ te uccisi nella guerra finora. Laureata all’università Al Quds di Gerusalemme, aveva esercitato la sua professione a Ga­ za, in Giordania e in Arabia Saudita, im­ pressionando i colleghi per la sua dedi­ zione e la sua empatia verso i pazienti. “È stata una dei medici migliori, più stra­ ordinari e umani che io abbia mai incon­ trato e con cui ho avuto a che fare”, ha detto Ghada al Jadba, direttrice del pro­ gramma sanitario dell’Unrwa a Gaza. Attar è stata uccisa l’11 ottobre con una delle sue tre figlie in un bombarda­ mento sul campo profughi di Al Bureij nella zona centrale della Striscia. Ayat Khaddoura, 1996 Video blogger “Credi solo in te stessa”, aveva scritto Khaddoura sulla sua pagina Facebook. Totalmente a suo agio davanti alla tele­ camera, prima della guerra si era fatta un nome come video blogger, pubblicando post sugli argomenti più vari, dalle frago­ le palestinesi alle donne in politica. Quando Israele aveva lanciato la sua of­

fensiva, aveva cominciato a documenta­ re per i suoi follower di tutto il mondo arabo la dura vita dei palestinesi sotto i bombardamenti. Vivendo nel nord di Gaza, dove Israele inizialmente concen­ trava i suoi attacchi più pesanti, Khad­ doura pubblicava video sempre più tesi mentre i “rumori terrificanti” della guer­ ra si avvicinavano a casa sua. Il 20 novembre, in quello definito tra le lacrime come il suo probabile ultimo video, raccontava che le scene intorno a lei erano “estremamente terrificanti”. Khaddoura e molti altri suoi familiari so­ no stati uccisi quel giorno. Hammam Alloh, 1987 Nefrologo Alloh si era formato come nefrologo do­ po aver constatato il disperato bisogno di specialisti dei reni a Gaza, dove era nato. Dopo aver studiato all’estero per quat­ tordici anni, da due era tornato a casa e lavorava all’ospedale Al Shifa, il più gran­ de del territorio. Con lo scoppio della guerra, Alloh lavorava 24 ore su 24. In un’intervista a Democracy Now, a chi gli chiedeva perché non scappava verso sud in un momento in cui l’esercito israelia­ no cominciava a cacciare i civili dal nord della Striscia, aveva risposto: “Se io me ne vado, chi curerà i miei pazienti? Cre­ dete che abbia studiato medicina per pensare solo alla mia vita?”. L’11 novembre Alloh era andato dai suoceri per riposare tra un turno e l’altro. È stato ucciso quando un attacco aereo israeliano ha colpito la casa. Hiba Abu Nada, 1991 Poeta Con l’inizio della guerra, Abu Nada ave­ va fatto quello che faceva sempre: si era messa a scrivere. Pubblicava frammenti delle sue nuove poesie e battute sui so­ cial network, istantanee di una vita sotto assedio. I suoi post giravano molto, atti­ rando l’attenzione internazionale men­ tre a Gaza era già nota come poeta e scrittrice. In una delle sue ultime poesie pubblicate su X prima di essere uccisa aveva scritto in arabo: “La notte della cit­ tà è buia, se non per il bagliore dei razzi; silenziosa, se non per il suono delle bom­ be; terrificante, se non per il conforto delle preghiere; nera, se non per la luce dei martiri. Buonanotte Gaza”. Hiba Abu Nada è stata uccisa il 20 ot­ tobre in un bombardamento israeliano sulla sua casa di Khan Yunis. Aveva 32 anni. u fdl Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Palestina La guerra ha interrotto le attività nei 563 edifici che, con i doppi turni, ospitavano 813 scuole. Circa il 76 per cento delle strutture sono state danneggiate, molte in modo serio, afferma Education cluster. Inoltre, molte ora ospitano gli sfollati che probabilmente continueranno a stare lì anche dopo un cessate il fuoco, perché le loro case sono distrutte e non hanno un posto dove andare. “Le infrastrutture educative dovranno essere completamente ricostruite, e i materiali didattici sostituiti”, dice Education cluster, che stima un costo di almeno 855 milioni di dollari. Un’altra incertezza è il destino dell’Unrwa, la più grande agenzia dell’Onu attiva a Gaza, che si occupa dei rifugiati palestinesi e gestiva 183 scuole con circa 300mila iscritti. I finanziamenti all’agenzia sono stati congelati da Stati Uniti, Regno Unito e altri paesi dopo che Israele aveva accusato una decina di suoi operatori di Gaza (su un totale di 13mila dipendenti) di aver avuto un ruolo negli attacchi del 7 ottobre. L’Unrwa ha licenziato i dipendenti coinvolti e ha aperto un’indagine. Il collasso dell’Unrwa lascerebbe nel sistema educativo di Gaza un enorme vuoto difficile da colmare, affermano i funzionari dell’Onu.

Polvere e fumo Anche le università della Striscia sono state bersaglio delle bombe israeliane. Delle sei università principali, cinque sono state completamente o parzialmente distrutte. È stata rasa al suolo l’Università islamica di Gaza, affiliata a Hamas, che aveva 20mila studenti. Secondo Israele era un “importante centro di addestramento” per gli ingegneri di Hamas. Il rettore dell’università, Sofyan Taya, scienziato e studioso prolifico nel campo dell’ottica, è stato ucciso in un attacco aereo insieme alla moglie e ai cinque figli. Lo stato ebraico dichiara che è in corso un’indagine sulla demolizione dell’università Israa, nel sud della città di Gaza, fatta saltare in aria il 17 gennaio dai soldati israeliani che l’avevano usata come base per settanta giorni. Questo ateneo privato, indipendente e senza scopo di lucro, fondato nel 2014 – il cui motto era “il cambiamento verso la professionalità” – offriva corsi di medicina, ingegneria, finanza, giurisprudenza e scienze umane a circa quattromila studenti. Un filmato drammatico, girato dai militari, mostra il momento in cui l’intero campus crolla avvolto in una spessa nube di polvere e fumo.

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Gaza piange anche la morte di circa 95 professori universitari e ricercatori, secondo i funzionari palestinesi, tra cui 77 persone che avevano conseguito il dottorato e tre rettori. Neve Gordon, un israeliano che insegna diritto internazionale e diritti umani alla Queen Mary university di Londra, afferma che lo smantellamento del sistema educativo di Gaza porterà a un “de-sviluppo” del territorio. Secondo lui e altri accademici della British society for Middle Eastern studies questo risultato è una politica deliberata di Israele. Lo stato ebraico ribadisce di prendere di mira solo gli edifici legati a Hamas. “La natura sistematica degli attacchi, il numero di professori uccisi e scuole danneggiate dimostrano un’intenzionalità”, afferma Gordon, che avverte del rischio di una “fuga di cervelli causata da morte e distruzione”. Anche se nessuno sa con certezza cosa succederà in futuro nella Striscia – Israele dice di voler esercitare un controllo diretto sulla sicurezza –, gli studiosi ritengono probabile un esodo delle persone più qualificate. Il colpo inferto a tutti gli ambiti della quotidianità renderà molto difficile rifarsi una vita lì. Molti prevedono che la piccola classe media, che comprende anche gli educatori, cercherà opportunità all’estero. Gli universitari non possono neanche spostarsi in Cisgiordania perché, come spiega Alazzeh, le restrizioni israeliane alla libertà di movimento impediscono ai palestinesi di Gaza di continuare gli studi negli altri territori occupati. Mkhaimar Abusada afferma che le persone “cercheranno altri posti dove an-

dare. Se non per se stessi, per il bene dei loro figli, per questa generazione che si sta perdendo”. Secondo le sue stime, decine o centinaia di migliaia di persone vorranno emigrare: “È chiaro che nessuno vuole accoglierle, forse ricorreranno all’immigrazione illegale”. Dal 2007 migliaia di giovani sono già partiti “spinti dalla povertà, dalla disoccupazione e dalla mancanza di prospettive, verso la Turchia e l’Europa”, aggiunge Abusada. Anche se si raggiungerà un cessate il fuoco, l’impresa di ricostruire il sistema educativo di Gaza, fondamento per qualunque sviluppo futuro, è colossale. Tanto per cominciare, la distruzione delle abitazioni e delle reti elettriche rende impossibile replicare l’esperienza dell’insegnamento online fatta durante la pandemia di covid-19. La maggioranza degli abitanti della Striscia vive in tende o rifugi senza accesso alla tecnologia. Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano, ha promesso che non ci sarà nessuna ricostruzione prima della “smilitarizzazione di Gaza” e di un “generale programma di deradicalizzazione” nell’istruzione e in ambito religioso. Ma Ala Alazzeh afferma che Israele probabilmente otterrà l’esatto contrario: “Ci saranno più resistenza e più radicalizzazione. Non so come le persone lo affronteranno, ma sicuramente il trauma prenderà una forma collettiva”. Anche Abusada teme che la guerra porterà la nuova generazione su posizioni estreme: “Quelli che sono sopravvissuti dopo che tutta la loro famiglia è stata uccisa non dimenticheranno e non perdoneranno”. u fdl

Da sapere La protesta delle università italiane u Nelle università italiane cresce la protesta contro la distruzione del sistema educativo nella Striscia di Gaza, gli attacchi ai campus universitari e gli arresti di studenti e insegnanti in Cisgiordania, e per chiedere di sospendere le collaborazioni con istituti israeliani. u Il 19 marzo 2024 il senato accademico dell’università di Torino ha approvato a grande maggioranza, con un solo voto contrario e due astenuti, una mozione presentata dagli studenti per chiedere all’ateneo

di non partecipare al bando del ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci) per finanziare progetti congiunti di ricerca tra Italia e Israele. Qualche giorno dopo anche la scuola Normale di Pisa ha chiesto al ministero di rivalutare l’accordo con lo stato ebraico. u Almeno diciannove atenei stanno organizzando iniziative per chiedere la sospensione del bando prima della sua scadenza, prevista per il 10 aprile. u Più di duemila docenti, ri-

cercatori, bibliotecarie e tecnici hanno firmato una lettera aperta al Maeci per chiedere l’interruzione di ogni progetto di ricerca con Tel Aviv. Il rischio, sostengono, è che i finanziamenti possano servire a sviluppare tecnologie dual use, cioè che potrebbero avere un uso sia civile sia militare, “aggravando le responsabilità internazionali del nostro paese”. Lo scopo della lettera è “esercitare pressione sullo stato di Israele affinché si impegni al rispetto del diritto internazionale”. Ansa

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Scienza

DAMON WINTER (THE NEW YORK TIMES/CONTRASTO)

Un indigeno kamayurá nel lago Ipavu, in Brasile

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Per millenni la filosofia occidentale e la scienza hanno privilegiato la vista a scapito dell’udito. Ora il progresso delle tecnologie acustiche sta ridando al suono l’importanza che merita Karen Bakker, Noēma, Stati Uniti iù di quattrocento anni fa, nella cittadina olandese di Middelburg, un padre e un figlio inventarono un oggetto che avrebbe cambiato la storia, ma che loro considerarono un disastro. Armeggiando con le lenti di vetro, Hans e Zacharias Janssen inventarono il microscopio. Ma non lo fecero apposta. Gli Janssen erano all’avanguardia in un settore nuovo e altamente redditizio: la produzione di occhiali da lettura. Mentre cercavano di realizzare il paio di occhiali perfetto, scoprirono che potevano ingrandire gli oggetti allineando due lenti in un tubo cilindrico. Rimasero sbalorditi nel vedere che la combinazione di due lenti ingrandisce molto più di quanto non faccia una lente sola. Ma la visione era sfocata e il dispositivo troppo ingombrante per i clienti, quindi misero da parte la loro bizzarra scoperta. La macchina per ingrandire degli Janssen restò ignorata per quasi cent’anni prima che qualcuno la usasse. Antonie van Leeuwenhoek, un commerciante di tessuti olandese con un’istruzione elementare, costruì alcuni microscopi fatti in casa per uno scopo banale: controllare la qualità dei costosi tessuti che aveva acquistato dall’estero. Ma ben presto rivolse la sua attenzione anche al mondo che lo circondava, puntando i microscopi verso l’acqua del pozzo, la muffa, le api, i pidocchi, il lievito, le cellule ematiche, il latte materno (quello di sua moglie) e lo sperma (il suo). Ovunque volgesse lo sguardo, quegli strumenti rivelavano uno strano mondo di esseri che vivevano in ogni angolo del nostro ambiente, ma erano invisibili a occhio nudo. All’inizio Van Leeuwenhoek tenne segrete le sue scoperte per paura del ridicolo. Quando poi rivelò ciò che aveva visto, la raffinata società olandese disdegnò la sua strana propensione per l’ingrandimento delle sostanze corporee. Molti semplicemente si rifiutarono di credere all’esistenza di questi “animaluncoli”.

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Nonostante ciò, Van Leeuwenhoek scrisse centinaia di lettere alla Royal society di Londra, che – dopo la diffidenza iniziale e la visita di una scettica delegazione scientifica – alla fine accolse le sue scoperte. Le ricerche dell’umile mercante furono pubblicate insieme a quelle di sir Isaac Newton nella rivista dell’associazione. Il nuovo settore dell’osservazione microscopica affascinò presto scienziati e filosofi. I microscopi si diffusero come una sorta di protesi visive, occhi artificiali che aiutavano l’umanità a vedere cose nuove in modo nuovo, gettando le basi per scoperte sorprendenti. Lo studio del mondo microscopico rinnovò l’interesse per l’atomismo – un’antica teoria secondo cui ogni cosa è composta da minuscole particelle fondamentali – e avrebbe anche fornito nuovi modi per comprendere le infezioni e le malattie. Come sostiene la storica della scienza Catherine Wilson nel suo libro The invisible world, il microscopio è stato il catalizzatore della rivoluzione scientifica. Questo semplice dispositivo catturava un’idea complessa: la scienza poteva rivelare aspetti del mondo naturale che erano invisibili alla nuda percezione umana. Gli occhiali ci aiutavano a concentrarci sulla parola scritta, ma il microscopio permetteva agli esseri umani di scoprire regni completamente nuovi, estendendo il potere sia della vista sia dell’immaginazione. Più o meno nello stesso periodo, anche un altro fabbricante di occhiali olandese stava armeggiando con il vetro e si rese conto che gli oggetti distanti potevano essere ingranditi accostando lenti convesse e concave. La notizia si diffuse rapidamente in tutta Europa. L’italiano Galileo Galilei, che insegnava matematica all’università, modificò l’oggetto dei suoi studi e rivolse il suo telescopio verso le stelle. La maggior parte dei suoi contemporanei usava i telescopi per scopi militari, per spiare i nemici a terra e in mare. Nel Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Scienza giro di un anno, Galileo pubblicò le descrizioni del Sole, della Luna, delle stelle e dei pianeti nel suo Sidereus nuncius, che divenne uno dei trattati scientifici più diffusi dell’epoca. Nonostante le persecuzioni della chiesa cattolica, le scoperte di Galileo portarono ad abbandonare l’idea che la Terra fosse al centro dell’universo e gettarono le basi per nuove sfide ai fondamenti della scienza, della filosofia e della politica.

Il canto dei pesci In Europa la scienza dell’ottica aveva profonde radici culturali. Per gli antichi greci la vista era il più nobile dei sensi. I filosofi, da Platone a sant’Agostino, impiegavano immagini visive. Anche i termini scientifici oggi di uso comune riflettono una preferenza per la visione e il visibile: la parola “teoria” deriva dal greco theōreō (osservo), e il nome dato in seguito all’era della ragione e del trionfo scientifico – l’illuminismo – è una metafora visiva della luce che sconfigge l’ombra. Alla rivoluzione scientifica, l’ottica offrì sia macchine sia metafore. I telescopi hanno mediato rivoluzioni parallele nella scienza e nella filosofia dal cinquecento ai giorni nostri, e continuano a modificare la nostra comprensione dell’universo e il senso del nostro essere nel mondo. Il sociologo Marshall McLuhan sosteneva che le rivoluzioni culturali, politiche e scientifiche avvenute in occidente sono state stimolate non solo dall’ottica – il microscopio e il telescopio – ma anche da un’altra tecnologia ugualmente importante: la stampa. Inventata a metà del quattrocento, la pressa a caratteri mobili consentì la rapida diffusione della stampa e la produzione culturale standardizzata e automatizzata della conoscenza. Come osservava McLuhan, la stampa ha cambiato i comportamenti umani e le abitudini culturali, e anche i nostri modelli percettivi. Con l’ascesa della cultura visiva, le tradizioni orali sono andate sparendo. Man mano che la parola scritta permeava la nostra realtà, l’importanza della parola parlata e l’uso dell’udito come metodo per esplorare e comprendere il mondo andavano calando. I sensi che non sono coltivati tendono ad atrofizzarsi. Gli etnografi parlano da tempo dell’apparente sordità dei popoli occidentali che, cresciuti in una cultura ossessionata dalla visione e dalla parola scritta, hanno un udito meno sviluppato rispetto agli altri.

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Qualche anno fa l’antropologo brasiliano Rafael José de Menezes Bastos ha raccontato di un viaggio con i kamayurá, una comunità indigena della foresta pluviale amazzonica. Una sera, attraversando in canoa il lago Ipavu, nel nordest del Brasile, il suo amico Ekwa smise di remare e tacque. Quando Bastos gli chiese perché si fossero fermati, Ekwa rispose: “Non senti il canto dei pesci?”. Bastos non sentiva nulla. “Tornato al villaggio”, avrebbe scritto in seguito, “conclusi che Ekwa aveva vissuto una sorta di allucinazione, un momento di ispirazione poetica o di estasi sacra, e che l’episodio era stato solo un volo della sua immaginazione”. Tempo dopo, Bastos andò a un seminario di bioacustica organizzato da alcuni ricercatori dell’università di Santa Catarina, in Brasile, dove sentì il canto dei pesci. All’improvviso si rese conto che Ekwa “sembrava più un bravo ittiologo che un poeta vittima di un’allucinazione o di un delirio religioso”. Le orecchie di Bastos erano chiuse, mentre quelle di Ekwa erano aperte. Perfino i bambini kamayurá, ha scritto Bastos, erano in grado di sentire i suoni degli aerei e delle barche molto prima di lui. Nella lingua dei kamayurá, la parola anup (“ascoltare”) evoca anche l’idea di “capire”, molto più della parola tsak (“vedere”), che significa “comprendere” solo in senso strettamente analitico. Fare troppo affidamento sulla vista è considerato un comportamento antisociale, mentre una buona capacità di ascolto è associata a forme olistiche e integrate di percezione e conoscenza. Tra i kamayurá i migliori ascoltatori sono spesso i più versati nella musica e nelle arti verbali. Un riconoscimento speciale – il titolo di maraka´ùp (“maestro della musica”) – viene assegnato a quelli che, come Ekwa, sono in grado di percepire, ricordare, riprodurre e collegare i

Gli infrasuoni emessi dagli elefanti percorrono lunghe distanze e aiutano mandrie e famiglie a coordinare il loro comportamento

suoni di altri esseri. Questa capacità deriva sia da un talento innato sia da un allenamento costante. Le capacità interpretative dei kamayurá sono pari e in alcuni casi addirittura superiori alla comprensione scientifica occidentale: sono in grado di trarre conclusioni precise e accurate su quali specie o oggetti emettono determinati rumori, dove e perché. Il loro è un tipo di sapere concreto e relazionale, perché sono in costante dialogo con la vita non umana che li circonda. Si muovono attraverso la foresta ascoltando e conversando con animali, piante e spiriti, dicendogli che non intendono fargli del male e chiedendo in cambio di rimanere illesi. Bastos sostiene che questo “ascolto del mondo” acustico-musicale – che combina la precisione della scienza occidentale con le pratiche di sintonizzazione spirituale – è una forma di ecologia sacra. Forse anche gli antenati degli occidentali moderni possedevano questa capacità, ma abbiamo smesso di coltivarla molte generazioni fa. Privilegiando la vista rispetto all’udito, abbiamo smesso d’imparare ad ascoltare. Ma negli ultimi anni nuove generazioni di scienziati hanno cominciato a esplorare il mondo trascurato del suono – dal cosmo alle singole cellule – portando ad alcune scoperte straordinarie che, come quelle dei microscopisti dei secoli passati, rivelano mondi nascosti e insospettati.

L’eco del big bang Per millenni i movimenti dei corpi celesti, dai pianeti luminosi alle stelle più deboli, hanno offerto una guida pratica ai navigatori e una direzione spirituale agli oracoli. Ma alcuni segnali provenienti dalle stelle sono invisibili a occhio nudo. Gli astrofisici hanno sviluppato tecniche per convertire i dati dei segnali luminosi in audio digitale, usando l’altezza, la durata e altre proprietà del suono. Wanda Díaz-Merced, un’astronoma cieca, trasforma in suoni i percorsi del plasma nella parte più alta dell’atmosfera terrestre e ha inventato nuovi metodi per rilevare segnali quasi impercettibili in presenza di rumore visivo. Ma la conversione dei dati in segnali acustici – chiamata sonificazione – è ora usata anche da scienziati che non hanno problemi di vista, perché l’ascolto delle stelle aiuta a scoprire schemi ricorrenti che potrebbero sfuggire alle rappresenta-

RICARDO TELES (AGENTUR FOCUS/CONTRASTO)

Il lago Ipavu, in Brasile

zioni visive. La sonificazione ha portato a diverse scoperte sorprendenti, tra cui la presenza di fulmini su Saturno e l’ubiquità dei micrometeoroidi che si schiantano contro i veicoli spaziali. Anche le origini dell’universo possono essere sonificate. Poco dopo il big bang, onde giganti hanno viaggiato attraverso la materia densa e calda che costituiva l’universo primordiale. Queste onde comprimevano (e quindi riscaldavano) alcune regioni e ne allungavano (e quindi raffreddavano) altre. Quelle variazioni di temperatura possono essere rilevate ancora oggi nella radiazione cosmica di fondo a microonde, come echi delle onde d’urto originali del big bang. La radiazione cosmica di fondo (chiamata anche radiazione residua) ha una frequenza che non possiamo cogliere con i nostri occhi. Quando John Cramer, un astrofisico dell’università di Washington, li ha convertiti in suoni, questi segnali risuonavano come un forte ronzio “simile a quello di un grande aereo a reazione che vola trenta metri sopra di noi”. Oltre a leggere grafici e tabelle, gli scienziati hanno ricominciato ad ascoltare la musica delle stelle. Gli antichi ne sarebbero felici.

Anche la scienza della bioacustica apre una nuova finestra su mondi sonori non percepibili dall’orecchio umano. In tutto il pianeta il suono è un modo primordiale di veicolare informazioni ecologiche complesse. Una vasta gamma di specie, anche quelle prive di orecchie, è notevolmente sensibile al suono. Negli ultimi vent’anni scienziati e dilettanti hanno cominciato a usare registratori digitali per catturare i suoni della vita, dall’Artide all’Amazzonia. Gran parte di ciò che rilevano è al di sopra o al di sotto del nostro raggio uditivo. La scienza della bioacustica digitale può quindi essere paragonata agli albori dell’ottica: i registratori digitali, come i microscopi o i telescopi, estendono il senso dell’udito umano oltre i limiti percettivi del nostro corpo. Il minuzioso lavoro dei bioacustici ha rivelato che molte più specie di quanto si pensasse producono rumore. Inoltre ci stiamo rendendo conto che molti animali capaci di vocalizzare possono trasmettere informazioni complesse attraverso la comunicazione acustica. Un buon esempio sono gli infrasuoni degli elefanti. Questi pachidermi emettono onde sonore potenti e molto basse

(ben al di sotto della portata dell’udito umano) che percorrono lunghe distanze attraverso la foresta e la savana e aiutano mandrie e famiglie a coordinare il loro comportamento su grandi territori. Ancora più sorprendenti sono i segnali e i suoni che gli elefanti emettono in determinate situazioni, raccolti dagli scienziati in un dizionario con migliaia di voci. Gli elefanti africani, per esempio, hanno un segnale specifico per le api. Sono anche abili ascoltatori, in grado di distinguere le tribù che li cacciano da quelle che non lo fanno semplicemente ascoltando le loro voci e i loro dialetti. Anche alcune creature senza voce, a quanto pare, sono incredibilmente in armonia con i suoni. Steve Simpson, biologo dell’università di Exeter, nel Regno Unito, ha dimostrato che le larve di corallo sono in grado di distinguere tra i suoni delle barriere coralline sane e quelle degradate (preferiscono le prime) e perfino tra una barriera corallina qualsiasi e la loro barriera d’origine (preferiscono la seconda). Yossi Yovel, un neuroecologo dell’università di Tel Aviv, in Israele, ha scoperto che i fiori rispondono al ronzio delle api riempiendosi di un nettare più abbondante e più dolce in pochi minuti. Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Scienza Anche gli animali che vivono nel terreno fanno rumore, un cinguettio sotterraneo. Il mondo è pieno dei suoni della natura, per la maggior parte non percepibili dall’orecchio umano. Ma combinando la bioacustica digitale con l’intelligenza artificiale, gli scienziati hanno cominciato a cogliere la portata della comunicazione interspecie attraverso tutto l’albero della vita. Il team di Yovel ha addestrato un programma d’intelligenza artificiale a rilevare minuscoli cambiamenti nella frequenza degli ultrasuoni emessi dalle piante. In un esperimento condotto sulle piante di tabacco, l’algoritmo è stato in grado di rilevare se erano disidratate, sane o danneggiate semplicemente ascoltandole. Queste alte frequenze ultrasoniche sono ben al di sopra dell’intervallo uditivo umano, ma sono udibili dagli insetti. Spinti dalla consapevolezza che la natura è piena di comunicazioni interspecie, gruppi di ricerca interdisciplinari composti da informatici, biologi e linguisti stanno tentando di usare l’intelligenza artificiale e la bioacustica digitale per sviluppare strumenti per tradurle. Questo solleva profondi interrogativi etici. Quando abbiamo il diritto di raccogliere dati acustici non umani? Chi dovrebbe avere accesso a quei dati? Cacciatori? Pescatori? E quali sono i rischi, visti i pregiudizi inevitabilmente legati all’intelligenza artificiale? Ci sono anche profonde questioni filosofiche. L’esistenza di una comunicazione complessa in altre specie mette in discussione l’idea che il linguaggio sia una caratteristica esclusivamente umana? Queste scoperte inoltre creano nuove possibilità per garantire una voce politica agli esseri non umani, che potrebbero influenzare le politiche ambientali o, più in generale, il comportamento degli umani?

Sempre in ascolto Se il suono esiste ovunque e da sempre nel cosmo, la vita potrebbe in qualche modo essere in sintonia con la comunicazione acustica, e i fenomeni che riguardano gli esseri viventi – dalle malattie all’attività cerebrale alle relazioni simbiotiche – potrebbero essere tradotti e compresi attraverso l’acustica. Gli scienziati stanno trasformando i dati in suoni in modi nuovi: per esempio, i biofisici hanno usato la sonificazione come strumento didattico per spiegare il ripiegamento delle proteine. In medicina, il suono è usato dai neuroscienziati

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Le tecnologie sonore funzionano da protesi scientifiche: estendono il nostro udito, espandono i nostri orizzonti percettivi e concettuali per affinare la diagnosi dell’alzheimer, e dai cardiologi per rilevare variazioni sottili ma importanti nella frequenza cardiaca e nei segnali dell’elettrocardiogramma. Le tecniche di sonificazione sono state usate anche dai medici che cercano irregolarità nelle onde cerebrali per identificare tracce del deterioramento cognitivo che altrimenti potrebbero passare inosservati e per trovare segni precoci di crisi epilettiche nei bambini. I vantaggi vanno oltre la capacità di cogliere piccoli segnali che altrimenti rischiano di essere ignorati. Il nostro campo visivo è limitato a circa 180 gradi e gli occhi possono chiudersi. Ma possiamo sentire i suoni a 360 gradi e le orecchie sono sempre in ascolto. I dati visivi richiedono lo sguardo attento di un operatore sanitario, mentre i dati audio possono essere trasmessi per ottenere un intervento urgente. La sonificazione è al tempo stesso sottile e immediata. Oltre alla sua utilità diagnostica, il suono è importante per la salute in un altro modo: è rigenerante. Per esempio, la musica aiuta gli anziani affetti da demenza, un fenomeno ben documentato che illustra come i nostri neuroni rispondono alle canzoni e ai ritmi molto tempo dopo che la memoria e la cognizione si sono affievolite. La risposta dei mammiferi al suono va ben oltre il semplice rilassamento. Un gruppo di medici di St. Louis, negli Stati Uniti, ha recentemente completato uno studio in cui indirizzava onde sonore a bassa frequenza verso parti specifiche del cervello dei topi, inducendoli a uno stato simile all’ibernazione. Hanno anche ricreato lo stesso effetto nei ratti, animali che normalmente non vanno in letargo. Poiché la maggior parte dei mammiferi va in letargo e poiché moltissimi, compresi gli esseri umani, condividono strutture cerebrali simili, le persone potrebbero avere una capacità latente di ibernazione? Forse un giorno il suono aiuterà a

mantenere gli astronauti in uno stato di animazione sospesa durante i viaggi interplanetari.

Un’altra rivoluzione Secoli fa, prima dell’invenzione del microscopio, nessuno aveva idea che esistesse un mondo microbico pieno di strane forme di vita. Prima dell’invenzione del telescopio l’umanità era in grado di avere solo una vaga idea dei corpi celesti. Nessuno poteva prevedere la scoperta del dna e la capacità di manipolare il codice della vita, né lo sviluppo dei viaggi spaziali e la possibilità di visualizzare regioni lontane dello spazio profondo. L’ottica ha cambiato il posto dell’umanità nel sistema solare e nell’universo. La scienza dei suoni è l’ottica del ventunesimo secolo. Come i microscopi, le tecnologie sonore funzionano da protesi scientifiche: estendono il nostro udito, espandono i nostri orizzonti percettivi e concettuali. Stiamo incontrando nuovi paesaggi sonori in tutto il cosmo, imparando a conoscere l’universalità della produzione di significati acustici e la sensibilità primordiale che gli organismi viventi hanno per il suono. La scienza toglie l’umanità dal centro dell’albero della vita e la connette più strettamente al cosmo. Nel cinquecento e nel seicento, agli albori dell’ottica, il termine rivoluzione era usato per riferirsi ai corpi celesti che ruotavano e implicava un movimento ciclico piuttosto che un progresso lineare, un ripristino dell’allineamento piuttosto che una rottura con il passato. Il concetto di rivoluzione come rottura violenta e rifiuto del precedente ordine scientifico, politico ed economico si affermò solo nel settecento. La scienza dei suoni è una rivoluzione in questo secondo significato, ma potrebbe anche esserlo in quello più antico, un ritorno a qualcosa che una volta conoscevamo ma che abbiamo in gran parte dimenticato: l’importanza primordiale del suono per la vita, per l’universo, per il nostro corpo. Il mondo risuona tutt’intorno a noi. La scelta di ascoltare e lo sviluppo di nuove tecniche di sonificazione dei dati ci permetterà di percepire nuovamente il cosmo, la Terra e noi stessi. u bt L’AUTRICE

Karen Bakker è stata una ricercatrice e scrittice canadese. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è I suoni segreti della natura (Feltrinelli 2023).

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IL POSTO FISSO? SUL PALCO. Si può vivere di musica? Le professioni musicali, in un mondo sempre più multimediale, tra realtà virtuali ed immersive, si sono evolute anche loro, diventando sempre più specializzate, unendo creatività e ispirazione a sapienza tecnologica. Tante sono le figure richieste. Non solo musicisti, cantanti, compositori e songwriter, ma anche tecnici del suono, music producer, autori di musica applicata. Lo sanno bene i giovani allievi del Saint Louis College of Music, che nel cuore di Roma, studiano per diventare musicisti preparati ad affrontare le sfide di un settore lavorativo in continua espansione ed evoluzione. Il Saint Louis, Istituto AFAM riconosciuto dal MUR, è infatti il luogo dove da oltre 45 anni giovani appassionati di musica si trasformano in professionisti del settore.

La storia Dal 1976 il Saint Louis è fra le più importanti realtà didattiche musicali di eccellenza di respiro internazionale, diretto dal 1998 dal M° Stefano Mastruzzi, con oltre 1.800 allievi ogni anno provenienti da tutto il mondo e un corpo docente composto da oltre 120 musicisti di fama nazionale e professionisti del settore musicale. Nasce come uno dei primi e pochi jazz club della Capitale, negli anni 80 ospita i concerti dei più grandi jazzisti, mentre parallelamente cresce la didattica. Dal 1998 si espande come scuola di musica, aprendosi a tutti i generi musicali: non più solo jazz quindi, ma anche pop, rock, blues, musica elettronica, composizione, songwriting, produzione musicale e gli studi di tecnico del suono, fino a raggiungere nel 2012 il riconoscimento di Istituto AFAM da parte del MUR. Il Saint Louis apre ora anche una sede a Milano, ampliando così la possibilità di offrire un’educazione musicale di qualità.

OPEN DAY APRILE E MAGGIO 2024

Un ambiente internazionale Sono oltre 200 gli studenti internazionali che frequentano l’istituto, approfittando delle numerose classi che si svolgono in lingua inglese. Il Saint Louis, infatti, gestisce e coordina ogni anno numerosi progetti di respiro internazionale, sia di formazione con Erasmus+, che di produzione artistica, offrendo un ambiente inclusivo e stimolante per la crescita culturale e promuovendo opportunità di studio e lavoro oltre i confini nazionali.

A Milano per diventare producer Nella nuova sede di Milano, dal prossimo anno accademico, saranno attivati i corsi di Tecnico del suono, Musica elettronica, Musica applicata per la formazione di figure professionali attualmente fra le più richieste: tecnici del suono professionisti per concerti live, studi di registrazione e di montaggio per cinema e tv, music producer per progetti originali, eventi multimediali, installazioni artistiche e sonorizzazioni; autori di musica applicata per diverse industrie dell’intrattenimento come cinema, tv, gaming, musical, ma anche strumenti musicali virtuali e music libraries.

Al Saint Louis è possibile conseguire diplomi accademici di I e II livello in Jazz, Pop & Songwriting, Musica Elettronica, Composizione, film scoring e Musica applicata, Tecnico Del Suono. Inquadra il Qr Code per prenotare l’Open Day.

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Comunicazione di marketing a cura di Etica SGR S.p.A., società di gestione del risparmio che propone esclusivamente fondi comuni di investimento sostenibili. È necessario che l’investitore concluda un’operazione d’investimento solo dopo averne compreso le caratteristiche complessive e il grado di esposizione ai relativi rischi, tramite un’attenta lettura del KID e del prospetto informativo dei singoli fondi, che – unitamente alle informazioni sugli aspetti relativi alla sostenibilità ai sensi del regolamento (UE) 2019/2088, – sono messi a disposizione sul sito www.eticasgr.com. I destinatari del presente messaggio si assumono piena ed assoluta responsabilità per l’utilizzo delle informazioni contenute nella presente comunicazione nonché per le scelte di investimento eventualmente effettuate sulla base della stessa, in quanto l’eventuale utilizzo come supporto di scelte d’investimento non è consentito ed è a completo rischio dell’investitore.

Economia

EZRA ACAYAN (POOL/REUTERS/CONTRASTO)

Sull’isola di Mavulis, arcipelago delle Batanes, Filippine, 29 giugno 2023

La corsa al riarmo nel Pacifico Le Monde, Francia L’espansionismo e le minacce di Pechino, insieme all’aumento delle sue spese militari, spingono i paesi della regione a rafforzare le difese lla fine di una settimana di conclave nella Grande sala del popolo a Pechino, il 12 marzo i tremila parlamentari cinesi sono tornati a casa dopo aver approvato il bilancio annuale. Come negli anni precedenti, prevede un aumento delle spese militari del 7 per cento circa, due punti in più rispetto alla crescita economica prevista quest’anno.

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Le autorità cinesi spesso fanno notare che la somma destinata da Pechino alla difesa, pari a circa 214 miliardi di euro, è ancora molto inferiore a quella degli Stati Uniti (820 miliardi di euro). Nonostante questo, l’aumento costante del bilancio militare unito a una politica aggressiva – nei confronti di Taiwan, ma anche verso l’India, le Filippine e il Giappone – spinge diversi paesi della regione ad aumentare a loro volta le spese militari e a rafforzare la cooperazione reciproca. Il budget per la difesa taiwanese ha raggiunto così la cifra record di 17,3 miliardi di euro nel 2024. Il 16 febbraio Taipei ha annunciato un accordo con il gruppo Défense conseil international, legato al governo francese, per un valore di poco superiore a 72 milioni di euro. L’obiettivo

è modernizzare le sei fregate acquistate dalla Francia nel 1991, aggiornando gli equipaggiamenti elettronici che controllano i lanciamissili e i radar. In vista del viaggio del presidente cinese Xi Jinping a Parigi a maggio, Pechino per il momento non ha reagito. Questo è solo un esempio degli sforzi messi in campo dall’isola per avere una difesa in grado di scoraggiare una possibile invasione. A lungo convinta del fatto che gli Stati Uniti sarebbero arrivati in suo soccorso, oggi Taipei sa di essere vulnerabile e di aver bisogno di possedere una forza militare solida. Sta cercando di migliorare anche la flotta aerea. I suoi 54 Mirage 2000 ancora in attività sono vecchi. Dispone di 139 F-16 rimessi a nuovo dal costruttore statunitense Lockheed MarInternazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Economia tin, ma Washington rifiuta di fornire aerei più moderni, gli F-22 e gli F-35, perché teme una reazione di Pechino e perché, in caso di guerra, questi mostri di tecnologia potrebbero finire in mano cinese. L’acquisto di sottomarini discusso a Washington nel 2001 non si è concretizzato, ma a settembre del 2023 Taiwan ha presentato il suo primo sottomarino di fabbricazione nazionale. Dall’inizio del 2024, poi, la durata della leva obbligatoria è stata portata da quattro mesi a un anno. Il risultato delle elezioni parlamentari che si sono tenute il 13 gennaio rischia di arrestare questo processo di modernizzazione. Il 20 maggio la presidenza tornerà a Lai Ching-te del Partito democratico progressista, molto critico nei confronti di Pechino, ma il parlamento è diviso, con una ridotta maggioranza relativa per il Kuomintang (Kmt), il partito storico di Chiang Kai-shek, oggi favorevole a un riavvicinamento alla Cina. Questa situazione potrebbe bloccare o rallentare il voto di approvazione delle spese per gli armamenti, ritenuti indispensabili dalla presidenza. “Comprendiamo molto chiaramente e senza illusioni le ambizioni cinesi, ma non possiamo ignorare la realtà della prossimità geografica, dei legami commerciali e della forza militare cinese”, afferma Tso Chen-dong, docente di scienze politiche all’università nazionale di Taiwan e principale consigliere per gli affari esteri del Kmt. “Qual è di preciso l’idea di difesa nazionale di Lai Ching-te? E visto che deve ancora costruire sette sottomarini, come sarà evitare la corruzione? Sono domande che intendiamo porre al parlamento”.

Le Filippine intrecciano alleanze Se alcuni paesi asiatici, in particolare Malaysia, Indonesia e Singapore, ritengono come il Kmt taiwanese di essere troppo vicini alla Cina per potersi alienare le simpatie di Pechino, le Filippine hanno tagliato la testa al toro. All’inizio di marzo il presidente Ferdinand Marcos Jr. – eletto nel 2022 – era a Melbourne in occasione del vertice speciale che ha riunito l’Australia e i dieci paesi dell’Associazione delle nazioni del sudest asiatico (Asean). “Il rischio di guerra oggi è molto più alto che in passato”, ha avvertito. Si è anche congratulato per l’Aukus, l’alleanza militare tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito in funzione anticinese che prevede la fornitura di sottomarini nucleari statunitensi a Canberra. “Di fronte alle sfide e alle minacce che

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COREA DEL NORD CINA

GIAPPONE

COREA DEL SUD INDIA

TAIWAN

Isole Spratly

FILIPPINE

INDONESIA

AUSTRALIA Oceano Indiano

NUOVA ZELANDA

dobbiamo affrontare, penso che l’Aukus rafforzi la posizione dell’Asia, dell’Asean e dell’Indopacifico”, ha dichiarato Marcos. In aperto conflitto con Pechino che non ha mai riconosciuto la decisione con cui nel 2016 la Corte permanente di arbitrato dell’Aja ha bocciato le pretese cinesi sulla maggior parte del mar Cinese meridionale, e in particolare sulle isole Spratley – Marcos ha deciso di riavvicinarsi agli Stati Uniti. Lo testimonia la visita, il 6 febbraio scorso, del segretario alla difesa filippino Gilberto Teodoro Jr. all’arcipelago delle Batanes, situato a nord delle Filippine e a sud di Taiwan. Teodoro, arrivato sulle isole per ispezionare il cantiere di una base navale, ha chiesto di rendere le Batanes “la punta di lancia del dispositivo di difesa filippino nel nord” e di costruire delle strutture militari. Sono già in corso dei negoziati con Washington per finanziare insieme un nuovo porto. “Le Filippine farebbero meglio a non giocare col fuoco e a evitare di farsi manipolare, perché potrebbero bruciarsi”, ha avvertito Pechino l’8 febbraio. Il fatto che Manila si preoccupi delle mire cinesi su Taiwan dimostra la nuova dimensione dei rapporti di forza nella regione. “In caso di conflitto nello stretto di Taiwan, è difficile immaginare uno scenario in cui le Filippine non saranno coinvolte in un modo o nell’altro”, ha osservato a febbraio Marcos Jr. Legate da un trattato di mutua difesa in vigore dal 1951, Manila e Washington hanno deciso all’inizio del 2023 che l’esercito statunitense potrà usare le basi militari filippine. Prima di allora l’accesso era limitato a cinque basi, ora se ne sono aggiunte altre quattro, la maggior parte delle quali “nelle province filippine più settentrionali, ossia Cagayan e Isabela, particolarmente lontane dal teatro del mar Cinese meridionale”, sottolinea l’esperto di geopoli-

tica Richard Heydarian su Asia Times. Al tempo stesso Manila si riarma, stringe alleanze e denuncia le azioni di Pechino nell’arcipelago delle Spratley, dove la Cina si è impadronita di una manciata di atolli inabitabili per trasformarli in basi navali e aeree. I pescatori e i guardacoste filippini sono costantemente ai ferri corti con i guardacoste cinesi, che gli ordinano di “lasciare le acque territoriali cinesi”, a volte a colpi di cannone ad acqua o di laser accecanti. La posta in gioco di questa battaglia navale è Taiwan. La Cina vuole “mettere in sicurezza” il mar Cinese meridionale per ostacolare l’accesso agli Stati Uniti e ai loro alleati. In altri termini, se un giorno dovesse finire in mano cinese, Taiwan diventerebbe una sorta di nave ammiraglia che consentirebbe a Pechino di affermare il suo controllo sulle acque che separano la Cina dal Giappone, nel mar Cinese orientale. Mentre si moltiplicano gli incidenti, Marcos ha lanciato a gennaio un piano di modernizzazione dell’esercito che prevede investimenti per 32 miliardi di euro in dieci anni. La consegna, prevista entro il 2024, del sistema di missili da crociera BrahMos, di fabbricazione indiana “cambierà le carte in tavola, portando le Filippine nell’era supersonica”, si è rallegrato il consiglio per la sicurezza nazionale. Secondo François-Xavier Bonnet, ricercatore associato all’Institute de recherche sur l’Asie du Sud-Est contemporaine (Irasec), sono in preparazione altre acquisizioni: aerei multiruolo, sottomarini e navi da superficie. I sottomarini sono considerati essenziali come strumento di dissuasione. In gara per i contratti di fornitura ci sono il gruppo industriale francese Naval group, il sudcoreano Hanwha ocean e gli spagnoli di Navantia, sostiene Bonnet. La marina militare cinese – prima al mondo per dimensioni – preoccupa diversi paesi vicini, ma l’India teme soprattutto la fanteria. Dopo l’attacco lanciato nel 1962 dall’Esercito popolare di liberazione cinese (Epl) nell’Himalaya e la perdita di un’ampia parte del Ladakh, la minaccia cinese è ancora ben presente. Lo testimoniano gli scontri a giugno del 2020 su quelle cime ghiacciate, che hanno provocato la morte di venti soldati indiani e di un numero indefinito di soldati cinesi. In quell’occasione la Cina avrebbe rosicchiato duemila chilometri quadrati di territorio. Pechino rivendica in tutto o in parte le

MANISH SWARUP (AP/LAPRESSE)

Forze di difesa indiane il giorno della festa della repubblica, New Delhi, India, 26 gennaio 2024

regioni del Ladakh e dell’Arunachal Pradesh, ritenute parte del Tibet, annesso a sua volta nel 1951. Di fronte alle rivendicazioni della Cina – ma anche del Pakistan, contro cui ha combattuto tre guerre e che si è appropriato di una parte del Kashmir – l’India ha cominciato una corsa agli armamenti. Più di 50mila soldati indiani sono schierati sulla frontiera himalayana. Nonostante i suoi 1,45 milioni di soldati in attività, le forze armate indiane non sono paragonabili a quelle cinesi (forti di almeno due milioni di arruolati). Secondo gli esperti non saranno in grado di competere ancora per trent’anni, data la superiorità di Pechino in campo marittimo, cibernetico e spaziale. L’India ha un bisogno urgente di ringiovanire le sue strutture militari. La guerra in Ucraina ha aumentato le difficoltà, perché i fornitori russi (il 60 per cento degli equipaggiamenti in servizio in India sono di fabbricazione russa) non riescono più a consegnare materiali e pezzi di ricambio. Nel 2024 il bilancio militare indiano aumenterà del 4,7 per cento, raggiungendo così i 68 miliardi di euro, cioè l’1,9 per cento del pil. New Delhi intende al tempo stesso modernizzare gli equipaggiamenti e

rafforzare l’industria della difesa, che per il momento non riesce a soddisfare più del 30 per cento del fabbisogno. L’India è la seconda importatrice di armi al mondo e ha comprato dalla Francia 36 aerei Rafale, consegnati nel 2020 e nel 2022, e sei sottomarini di classe Scorpène nel 2005, realizzati nel cantiere navale di Mumbai. Parigi spera ancora di poter finalizzare la vendita di 26 nuovi aerei da combattimento e di altri tre sottomarini. Dagli Stati Uniti invece l’India ha comprato una trentina di droni da combattimento per un valore stimato di quasi 3,7 miliardi di euro. Le ambizioni del primo ministro indiano Narendra Modi coincidono con la volontà degli occidentali di rafforzare la loro presenza nell’Indo-Pacifico. Come sottolineato da Laxman Kumar Behera, docente all’università Jawaharlal Nehru, “nonostante il Partito comunista cinese (Pcc) si stia concentrando su quella che definisce la ‘riunificazione’ di Taiwan, le sue sempre più numerose incursioni nell’oceano Indiano, considerato da molti il cortile di casa di New Delhi, hanno messo la marina indiana in una situazione difficile. Questa dovrà cercare di rafforzare la collaborazione con altre forze navali che con-

dividono le sue stesse idee per contenere l’influenza cinese, in particolare a ovest dello stretto di Malacca”.

Tokyo abbandona il pacifismo Corea del Sud e Giappone hanno a loro volta avviato un importante processo di modernizzazione e sviluppo dei loro strumenti militari per far fronte alle crescenti minacce cinesi, ma anche nordcoreane o russe. “La possibilità che la Russia aiuti in modo più diretto i programmi della Corea del Nord, come quello dei missili balistici intercontinentali o dei sottomarini nucleari, è molto preoccupante”, osserva Christopher Johnstone, specialista di Asia al Centro per gli studi strategici e internazionali (Csis), con sede a Washington. Tokyo e Seoul devono inoltre rispondere alle esortazioni di Washington, che nei due paesi mantiene in tutto 80mila militari ma vorrebbe che i suoi alleati regionali si occupassero di più di questioni legate alla sicurezza. Sarà questa la principale posta in gioco nella visita di stato negli Stati Uniti del primo ministro giapponese Fumio Kishida, prevista per il 10 aprile. All’inizio di marzo il Giappone si è detto interessato a un “partenariato tecnico” con l’Aukus. Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Economia Tra i diversi punti di scontro tra Tokyo e Pechino, la disputa territoriale per le isole Senkaku (in cinese Diaoyu) nel mar Cinese orientale costringe regolarmente l’esercito giapponese a intervenire. Tra aprile e dicembre del 2023 i caccia di Tokyo sono decollati 555 volte per rispondere a una minacciosa presenza di aerei e navi cinesi. D’altro canto Pechino moltiplica le manovre con la Russia, impegnata in una controversia con il Giappone sullo status delle isole a sud dell’arcipelago delle Curili. Una flotta sinorussa ha varcato nel 2021 lo stretto di Tsugaru, tra l’isola giapponese di Honshu e quella di Hokkaidō, nel nord, e lo stretto di Osumi, a sudovest del Giappone. In questo contesto di tensioni, e con l’obiettivo di rafforzare la difesa delle sue isole sudoccidentali (a partire dall’arcipelago di Okinawa, vicino a Taiwan, dov’è stanziato il grosso delle forze statunitensi in Giappone), Tokyo aveva annunciato a dicembre del 2022 una nuova dottrina per dotare l’esercito di “capacità di contrattacco”. Il testo sanciva l’abbandono della rigida posizione pacifista adottata con la costituzione del 1947, in cui si affermava la rinuncia del Giappone alla guerra. Lo sviluppo attuale è considerato conseguenza diretta del conflitto in Ucraina. “Dal 2022 il primo ministro Kishida si è detto che l’Ucraina di oggi potrebbe essere l’Asia orientale di domani”, osserva Christopher Johnstone. “Mentre nel 2014, dopo l’invasione russa della Crimea, il Giappone non era in prima fila tra le potenze del G7 che volevano rispondere a Mosca, oggi è uno dei principali fautori di questa linea”. Il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol e il primo ministro giapponese hanno partecipato nel 2023 a un vertice della Nato a Vilnius, e l’Alleanza atlantica ha evocato l’eventualità di aprire una sede a Tokyo. Iniziativa che Parigi, insieme ad altri paesi asiatici come Singapore, non vede di buon occhio. Nel frattempo Kishida ha promesso di portare entro il 2027 dall’1 al 2 per cento del pil il bilancio della difesa del Giappone. Nel 2024 aumenterà del 16,5 per cento, raggiungendo i 49 miliardi di euro. Questi impegni non piacciono alla popolazione, molto affezionata alla clausola pacifista della costituzione, e si scontrano con la necessità di modificare “l’approccio e la mentalità del governo in materia di politiche di difesa”, come ha os-

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servato Nozomu Yoshitomi, specialista in gestione dei rischi all’università Nihon.

Seoul tentata dal nucleare Dalla fine della guerra di Corea (19501953) Seoul ha dovuto affrontare l’ostilità di Pyongyang e ha mantenuto un esercito potente. L’intensificarsi dei lanci di missili e gli sviluppi nucleari della Corea del Nord incoraggiano il sud a continuare ad armarsi. Il leader nordcoreano Kim Jongun del resto nel dicembre 2023 ha definito la Corea del Sud “il nemico principale”.

Canberra comprerà almeno tre sottomarini a propulsione nucleare Sostenitore di una politica di fermezza verso Pyongyang, il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, eletto nel 2022, ha ottenuto un incremento del 4,5 per cento del bilancio per la difesa nel 2024, che raggiungerà i 41,2 miliardi di euro, cioè il 2,8 del pil. La strategia si è evoluta. Nel 2022 il Libro bianco sudcoreano sulla difesa individuava un sistema a tre assi che comprendeva attacchi preventivi contro le installazioni nucleari e i missili nordcoreani ai primi segnali di attività, la creazione di un sistema di difesa aerea e antimissile e l’infiltrazione di forze speciali per eliminare i dirigenti nordcoreani. Una postura molto aggressiva, ma, come ricorda il ricercatore Cho Sungmin dell’Asia-Pacific center for security studies (Apcss), “la Corea del Sud di trova nella condizione rara di stato non nucleare che deve far affidamento su capacità militari convenzionali per dissuadere un avversario dotato di armi nucleari”. Le dichiarazioni a favore dello sviluppo di un arsenale atomico di Seoul – un’idea respinta da Washington, che ha collocato la Corea del Sud sotto il suo ombrello nucleare – sono d’altro canto sempre più frequenti. “È possibile che il nostro paese introduca armi nucleari tattiche o che le fabbrichi internamente”, ha dichiarato Yoon Suk-yeol l’11 gennaio 2023. “Date le nostre capacità scientifiche e tecnologiche, potremmo averle in poco tempo”. L’Australia, un’isola continente tra l’oceano Pacifico e l’oceano Indiano, ha fatto il grande passo del nucleare. Secondo le autorità, oggi il paese ha di fronte la “pro-

spettiva di un grande conflitto nella regione che minaccia direttamente i suoi interessi nazionali”, a causa delle rivalità tra grandi potenze. Secondo Euan Graham, dell’Australian strategic policy institute, “l’equilibrio delle forze si è evoluto a favore della Cina. Quindi il solo mezzo per garantire la pace consiste nel ristabilirlo. È perciò necessario che diversi paesi si facciano carico di azioni di dissuasione convenzionali in modo da far aumentare i costi e i rischi per la Cina di qualunque avventurismo in campo militare”. Grazie all’Aukus, Canberra comprerà almeno tre sottomarini a propulsione nucleare statunitensi all’inizio degli anni trenta del duemila. In un secondo momento i tre paesi dell’alleanza coopereranno per fabbricare una nuova generazione di sommergibili d’attacco. Lo studio del governo sulla “flotta da combattimento di superficie a letalità migliorata” pubblicato il 20 febbraio prevede una flotta di 26 navi da guerra, quindici in più di quelle attualmente in possesso delle forze armate australiane. Un numero mai raggiunto dopo la fine della seconda guerra mondiale. Con questa spesa, del valore stimato di 6,5 miliardi di euro in dieci anni, si prevede che il bilancio australiano per la difesa raggiungerà il 2,4 per cento del pil negli anni trenta. Diverse imbarcazioni saranno armate con missili statunitensi Tomahawk, in grado di colpire lontano e in profondità. Canberra è preoccupata per l’attivismo di Pechino nel mar Cinese meridionale, ma è soprattutto la situazione nel sud del Pacifico a destare allarme. Ad aprile del 2022 il patto sulla sicurezza siglato tra Pechino e le isole Salomon ha rischiato di sfociare in un accordo su scala regionale che avrebbe danneggiato Australia e Stati Uniti. Negli anni quaranta del novecento gli Stati Uniti avevano concepito l’idea di “catene di isole” nel Pacifico, per contenere la Cina e l’Unione Sovietica. La prima è composta da Taiwan, Giappone e Filippine. La seconda, più a est, comprende i piccoli stati del Pacifico. La terza, ancora più a est, ingloba le Hawaii e la Nuova Zelanda. Una strategia regolarmente denunciata da Pechino e che oggi la Cina ha i mezzi per contrastare. Il riarmo dell’Indo-Pacifico è cominciato. u gim Questo articolo è stato scritto da Isabelle Dellerba, Sophie Landrin, Frédéric Lemaître, Simon Leplâtre, Philippe Mesmer, Brice Pedroletti e Harold Thibault.

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Portfolio

Storie dal mondo Il World press photo ha annunciato i vincitori regionali della 67ª edizione. I quattro premi finali saranno assegnati il 18 aprile

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Portfolio l 3 aprile sono stati annunciati i vincitori regionali della 67a edizione del World press photo, il più importante premio fotogiornalistico del mondo. I 31 vincitori e le sei menzioni d’onore sono stati scelti tra più di 60mila lavori fotografici e video, realizzati da 3.851 partecipanti di 130 paesi. Inoltre quest’anno la giuria ha assegnato una menzione speciale a due immagini che documentano la guerra tra Israele e Hamas. Dal 2022 le categorie dei premi sono diventate quattro: foto singole, storie, progetti a lungo termine e open format, dedicata a documentari brevi e altre opere visive. Oltre alla giuria globale, sono state create delle giurie continentali, ognuna delle quali esamina i lavori della propria area geo-

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grafica: Africa, Asia, Europa, Nordamerica e Centramerica, Sudamerica, Sudest asiatico e Oceania. La presidente della giuria globale quest’anno è Fiona Shields, a capo del dipartimento di fotografia del giornale britannico The Guardian. “Le immagini scelte sono state realizzate con rispetto, coraggio e profondità, spesso in circostanze inimmaginabili”, ha detto Shields. “Hanno una risonanza universale, che va oltre i paesi d’origine”. I vincitori finali della storia, del progetto al lungo termine, dell’open format e della foto dell’anno saranno annunciati il 18 aprile 2024 e le loro immagini faranno parte di una mostra che aprirà il 19 aprile alla Nieuwe Kerk di Amsterdam, nei Paesi Bassi, e sarà poi esposta in più di cinquanta paesi. u

Alle pagine: 80-81: Alejandro Cegarra, Venezuela (The New York Times /Bloomberg). Progetti a lungo termine, storie, Nordamerica e Centramerica. Ruben e Rosa, due migranti che cercano di raggiungere gli Stati Uniti viaggiando sul treno chiamato “la bestia”. Nella foto grande: Adriana Loureiro Fernández, Venezuela (The New York Times). Storie, Sudamerica. Un reportage sull’impatto ambientale e sociale dell’industria petrolifera in Venezuela.

Qui accanto: Mohammed Salem, Palestina (Reuters). Singole, Asia. Inas Abu Maamar, 36 anni, stringe il corpo di sua nipote Saly, 5 anni, uccisa insieme ad altri quattro familiari da un missile israeliano che ha colpito la loro casa a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza.

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Qui accanto: Mackenzie Calle, Stati Uniti. Open format, Nordamerica e Centramerica. Un progetto, che mescola finzione e realtà, sull’esclusione dal programma spaziale statunitense degli astronauti lgbt. Più a sinistra: Wang Naigong, Cina. Progetti a lungo termine, Asia. Jiuer con i suoi tre figli. Dopo la diagnosi di cancro, la donna ha deciso di sfruttare al massimo gli anni che le restano da vivere.

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Portfolio

Qui sopra: Zishaan A Latif, India. Menzione d’onore, Asia. Un gruppo di uomini della comunità miya, in Bangladesh, costruisce barriere contro le inondazioni per proteggere le terre. In alto: Lee-Ann Olwage, Sudafrica (Geo). Storie, Africa. Dada Paul e sua nipote, che lo aiuta da quando ha perdite di memoria. In Madagascar le persone che soffrono di demenza sono spesso discriminate. Qui accanto: Adem Altan, Turchia (Agence France-Presse). Singole, Europa. Mesut Hançer tiene la mano della figlia, uccisa nella loro casa crollata durante il terremoto che ha colpito il sud della Turchia.

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Nella foto grande: Jaime Rojo, Stati Uniti (National Geographic). Storie, Nordamerica e Centramerica. Un reportage sulla riduzione delle popolazioni di farfalla monarca. Qui accanto: Rena Effendi, Azerbaigian (VII Photo/National Geographic Society). Menzione speciale, Europa. Un viaggio nelle terre colpite dal conflitto nel Nagorno Karabakh. Più a sinistra: Julia Kochetova, Ucraina. Open format. Un lavoro sulla vita quotidiana in Ucraina durante la guerra. Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Ritratti

Kagiso Lediga Risate per tutti Wilfred Okiche, Al Jazeera, Qatar È un attore e regista sudafricano. Cresciuto in una township alla fine dell’apartheid, è stato tra i primi comici neri a intrattenere un pubblico di bianchi ricchi. Oggi realizza serie e film per Netflix uando da ragazz0 frequentava l’accademia d’arte drammatica a Città del Capo, negli anni novanta, Kagiso Lediga trovava noioso il fatto che nel programma fosse concesso tutto quello spazio al teatro e a Shakespeare. Era convinto che un ragazzo cresciuto a Pretoria come lui avesse visto cose molto più interessanti. Sua madre aveva studiato come infermiera, ma commerciava oggetti di seconda mano. Suo padre faceva il manager per un’azienda di trasporti e poi il rappresentante per una compagnia di assicurazioni. Da piccolo lo accompagnava spesso nei suoi giri porta a porta. Alla fine lasciò la scuola. Oggi però Lediga, uno dei comici e registi più prolifici del continente africano, vorrebbe aver preso più sul serio l’istruzione, anche se non rimpiange la sua decisione. “Di certo quella non era il genere di roba alla Spike Lee che volevo fare”, dice oggi. Per buona parte del pubblico sudafricano Kagiso Lediga, 45 anni, è un veterano della standup comedy nonché l’ideatore di The pure monate show, un varietà che è andato in onda solo dal 2003 al 2004, ma ha avuto comunque una grande rilevanza culturale. Per i fan che lo hanno conosciuto dopo, è l’attore e regista che nel 2017 ha ideato il dramma di formazione Matwetwe e la commedia romantica Catching feelings. Dopo un passaggio in alcune sale del

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paese, Catching feelings è diventato il primo film sudafricano offerto in streaming su Netflix. La risposta positiva al film ha fatto conoscere Lediga a un pubblico più vasto. Nel 2018 Netflix stava cercando di lanciare i suoi contenuti nel continente e per questo lavorava con i registi locali. Lediga ha proposto la storia di una spia donna che attraversava l’Africa a caccia di cattivi e segreti di stato. L’idea è diventata la serie di sei episodi Queen Sono, con Pearl Thusi nel ruolo della protagonista. Secondo Lediga, per un marchio globale come Netflix Queen Sono era la serie perfetta per far sentire la sua presenza in Africa. “È difficile trovare contenuti per un continente eterogeneo come il nostro. E con Queen Sono puntavano a questo. In Africa ci sono circa 1,5 miliardi di persone. La serie ha aperto una finestra su tutte queste diverse culture”, dichiara Lediga ad Al Jazeera in collegamento su Zoom da New York. In piena pandemia, però, è stata cancellata senza tanti complimenti, ribaltando la precedente decisione di fare una seconda stagione. Lediga ammette la delusione, e dichiara che gli piacerebbe tornare a quel progetto: “Queen Sono ha aperto molte porte. Vorrei farla diventare un film”. In seguito ha continuato a lavorare con Netflix su altri progetti tramite la so-

Biografia ◆ 1978 Nasce a Pretoria, in Sudafrica. ◆ 1995 Si trasferisce a Città del Capo per studiare arte drammatica. ◆ 2003-2004 Partecipa al programma satirico televisivo The pure monate show. ◆ 2017 Coproduce, dirige e interpreta il film romantico Catching feelings. ◆ 2018 È tra gli autori e i produttori esecutivi della serie di Netflix Queen Sono, che viene cancellata nonostante il successo.

cietà di produzione Diprente, che gestisce insieme alla sua compagna Tamsin Andersson. Classified, una serie per ragazzi che parla di uno studente delle superiori che si trasferisce dalla California a Johannesburg e si ritrova invischiato in un’attività di spionaggio internazionale, è stato concesso in licenza a Netflix per l’Africa e ha debuttato sulla piattaforma nel novembre 2023. Lediga è autore, sceneggiatore, showrunner e regista principale.

Un pesce fuor d’acqua Prima di diventare un autore di contenuti per le piattaforme, Lediga era un ragazzo curioso cresciuto a Pretoria, capitale amministrativa del Sudafrica. Anche sua sorella minore, Karabo, è un’autrice e regista e ha lavorato con lui. Quando aveva tredici anni i suoi genitori si separarono e lui andò a vivere con la madre, che lo incoraggiò a sviluppare il suo talento. La sua adolescenza coincise con la fine dell’apartheid. Dopo anni di sofferenze, il paese si stava aprendo al mondo. Lui era attratto dalle buffonate narrative di Bill Cosby e dal senso dell’umorismo di Woody Allen. Oggi ammette che entrambi sono stati uomini problematici. “Non so nemmeno come ho fatto a imbattermi in quei film nelle township di Pretoria”, commenta. Ispirandosi ai suoi idoli, Lediga voleva trasferirsi negli Stati Uniti per studiare cinema, ma sua madre non poteva sostenere quei sogni. Studiare arte drammatica a Città del Capo era la cosa più vicina al cinema, e se lo potevano permettere. Il comico racconta che all’inizio si sentiva come un pesce fuor d’acqua. “Pretoria era il quartier generale dell’apartheid, una specie di isola. Quando sono andato a Città del Capo è stato come se il mondo mi si aprisse davanti con tutta la sua follia”. Passava molto tempo con ragazzi che ave-

dafrica da poco indipendente, che aspetto poteva avere la standup comedy fatta per un pubblico generalista da un nero della classe operaia che aveva frequentato l’università. Poi è arrivata la televisione, con cui Lediga voleva ampliare il suo pubblico. In tv ha lanciato The pure monate show (monate significa simpatico in lingua tswana), una serie di sketch comici ispirati ai Monty Python. The pure monate show era trasmesso dalla tv nazionale e a sorpresa è stato un successo. Era l’occasione di Lediga, perché il pubblico rispondeva alle critiche irriverenti a politici, giornalisti e intellettuali. Nessuno era al sicuro dalla sua satira. Il programma è andato in onda per due stagioni prima di essere cancellato da un comitato editoriale conservatore. A distanza di vent’anni c’è ancora gente che lo avvicina per strada per chiedere se usciranno nuovi episodi.

KAGISO LEDIGA (FACEBOOK)

Spazio creativo

vano i soldi per realizzare i loro cortometraggi. Lui recitava in questi film e al tempo stesso assorbiva ogni sapere pratico. Così entrò in un giro di aspiranti registi. A un certo punto ha fatto la comparsa in una pubblicità diretta dal regista francese Luc Besson. Le sue esperienze, e il programma di studi che considerava noioso, lo allontanarono dalle aule e i suoi voti cominciarono a risentirne. Dopo il terzo anno abbandonò gli studi. La standup comedy era la via più facile per uno studente al verde, ma non fu facile costruirsi un profilo da professionista. In Sudafrica non c’erano molti comici di standup neri a cui ispirarsi, perciò non c’erano modelli da seguire. All’epoca il

settore era dominato dai comici bianchi come Leon Schuster che si dilettava nel blackface (quando gli attori bianchi si fingono neri riproponendo degli stereotipi razzisti). Esibendosi nei locali di Città del Capo e poi anche di Johannesburg, dove si era trasferito, Lediga imparò a raccogliere un nuovo pubblico. Spiega: “Facevo il comico per un pubblico composto prevalentemente da bianchi ricchi. All’epoca non c’erano stati veri scambi tra bianchi e neri, perciò provavo sempre una scarica di adrenalina quando entravo in una sala piena di persone che non sapevano se avrei fatto teatro di protesta o uno spettacolo comico. All’inizio era strano, poi però piano piano si lasciavano trascinare”. Lui era la risposta a chi si fosse chiesto, nel Su-

Il regista John Barker, che ha diretto alcuni episodi della trasmissione e in seguito ha collaborato molto con Lediga, lo definisce un personaggio interessante. “I film che ha fatto, i comici che ha aiutato... ha una mente geniale e una creatività incredibile. Se non ci fosse stato lui, Johannesburg sarebbe molto meno stimolante”. Dopo la delusione per la cancellazione del Pure monate show, Lediga e Barker hanno raccolto soldi per avviare la commedia Bunny chow. Il debutto al Toronto international film festival ha dato legittimità a Lediga come attore di cinema. Tornato alla televisione nel 2010 con Andersson e Loyiso Gola, che aveva lavorato a The pure monate show, hanno creato Late nite news, una trasmissione satirica settimanale condotta da Gola. Andata in onda per cinque anni, ha ricevuto due nomination agli Emmy, i più importanti premi statunitensi dedicati alle serie televisive. Lediga dice che il programma è stato interrotto perché aveva fatto il suo corso. “Erano tutti stanchi. E io volevo fare dei film”. Oggi lavora con le piattaforme di streaming ma ha presente i timori dei critici su queste storie, che rischiano di perdere autenticità per piacere al pubblico straniero. “Io sono un artista. Non faccio parte del settore dello streaming. Chi gestisce gli affari deve capire che genere di opere possono andare sulle loro piattaforme”, dice. E aggiunge: “Sono attratto dalle storie. E ogni storia può essere universale”. u gim Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Viaggi

Se il tempo si ferma David Signer, Neue Zürcher Zeitung, Svizzera Foto di Jonas Kako Helvetia, negli Stati Uniti, ha 38 abitanti. Fondata centocinquant’anni fa da immigrati svizzeri, conserva le antiche tradizioni elvetiche come andare a casa dei nonni nella campagna svizzera: su uno scaffale del ristorante Hütte (rifugio di montagna, in tedesco) sono sistemati delle fotografie ingiallite e un vecchio macina caffè, mentre alla parete è appeso un quadro che raffigura una salita all’alpeggio. Nella stanza sul retro un’armonica prende polvere sotto una lampada a petrolio. Le tovaglie sono a quadri bianchi e rossi, e il menù offre brasato marinato nell’aceto, rösti (un piatto tipico svizzero a base di patate), crauti con purea di mele, formaggio. Il ristorante Hütte si trova a Helvetia, nella West Virginia. Questo villaggio ha una doppia esistenza ma probabilmente la maggior parte delle persone ne conosce solo una, la versione fittizia, quella del videogioco Fallout 76. Siamo nel 2102 e dei sopravvissuti alla guerra atomica devono ripopolare Helvetia, una cittadina in rovina. Umani e robot vagano in un paesaggio contaminato in cui gli edifici sono identi-

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STAT I U N I T I PE N N SY LVA N IA OHIO

W E S T VIRGINIA Helvetia Pickens Charleston

VIRGIN IA 100 km

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ci a quelli dell’Helvetia reale. Il vero paese si trova negli Appalachi e ha 38 abitanti. Gli immigrati svizzeri cominciarono a stabilirsi qui dal 1869 perché il paesaggio collinare gli ricordava la loro terra. Helvetia è talmente isolata che i cellulari non prendono: per fare una telefonata devi usare il fisso del ristorante oppure la cabina telefonica a gettoni nel centro del paese. Il numero per le emergenze è gratuito. Per usare internet la soluzione migliore è la biblioteca, che ha il wifi e ospita l’archivio: tra le altre cose ci si può trovare la bandiera svizzera che gli immigrati portarono centocinquant’anni fa. Un altro punto di riferimento è la Kultur-Haus, la casa della cultura, che è insieme l’ufficio postale e spaccio del paese, che espone una collezione di maschere di carnevale in cartapesta. Oltre a formaggio e miele di produzione locale, ci sono i libri, come il ricettario Öppis guets vu Helvetia (Buona fortuna con Helvetia). Ma nessuno qui conosce lo svizzero tedesco.

Senza la scuola Helvetia è un posto tranquillo: sembrerebbe l’esatto opposto del villaggio del videogioco. Un’alternativa all’America moderna e divisa. Ma le cose non sono così semplici. Nei primi anni del novecento Helvetia raggiunse il numero più alto di abitanti, circa cinquecento, molti di loro lavoravano nelle miniere di carbone. Poi, però, è cominciato il declino dell’industria carbonifera, e ora sta per chiudere anche l’ultima miniera della zona. Helvetia è piena di case abbandonate e fatiscenti, la popolazione sta invecchiando. Per andare a scuola i pochi bambini rimasti devono raggiungere Pickens, il paese vicino, perché quella di Helvetia ha chiuso negli anni sessanta. La chiesa invece è ancora aperta, anche se la messa non è molto frequentata. I giovani se ne vanno perché non c’è lavoro e per fuggire da una vita che considerano noiosa. Helvetia condivide questo

destino con molte località della West Virginia, che è il quarto stato più povero degli Stati Uniti. La crisi degli oppioidi, qui particolarmente diffusa, ha causato dei morti anche a Helvetia. I suoi abitanti temono che il paese possa scomparire: è una sorta di paura collettiva della morte. Anche la scuola di Pickens si è ridimensionata pericolosamente. Un’eventuale chiusura potrebbe decretare la fine della piccola comunità che, senza famiglie, andrebbe verso l’estinzione, finendo per somigliare all’Helvetia postapocalittica di Fallout 76. Ecco perché gli abitanti considerano quel videogioco un monito inquietante. E si aggrappano

L’emporio di Helvetia. Stati Uniti, ottobre 2023

alle tradizioni: sperano che qui tutto possa rimanere come è sempre stato. La sera Dave Whipp ci invita a cena: c’è la raclette. Dopo mangiato, e con qualche bicchiere di vino in corpo, Joe McInroy ti­ ra fuori la chitarra e intona vecchie canzo­ ni svizzere come Gang rüef de Bruune con un forte accento statunitense. I testi sono stati tramandati di generazione in genera­ zione, ma ormai nessuno è in grado di ca­ pirli, così con il passare del tempo hanno subìto delle variazioni, come succede nel gioco del telefono senza fili: una genera­ zione sussurra qualcosa all’orecchio di quella successiva, che lo ripete nel modo più accurato possibile, ma comunque il

risultato finale ha ben poco a che vedere con il punto di partenza. Whipp è una sorta di storico del villag­ gio. Il tour di Helvetia comincia da un pra­ to dove c’è un vecchio capanno di legno: è qui che arrivarono i primi immigrati, quat­ tordici uomini e una donna, alla fine dell’autunno del 1869. Dopo aver affrontato il difficile viaggio da New York costruirono questa baita di tre metri per tre dove vissero il primo anno tutti insieme. Poi si unirono gli altri. Nel 1871 erano 32 persone. Ben presto si ag­ giunsero altri immigrati di origine svizze­ ra provenienti da varie zone degli Stati Uniti e del Canada, alcuni direttamente

dalla Svizzera. Tra loro c’erano molti pro­ fessionisti e lavoratori qualificati: murato­ ri, carpentieri, imbianchini, casari, mae­ stri, musicisti, sacerdoti, medici, orologiai e calzolai. Fu proprio questa concentra­ zione di competenze così varie ad attrarre sempre più persone. Nel 1874 la popola­ zione arrivò a 308 persone. Il cimitero del villaggio è pieno di nomi dal suono fami­ liare per uno svizzero: Wenger, Roth, Dae­ twyler, Arnett, Hofer, Bürki. Una delle poche persone che è andata via per poi tornare è Clara Lehmann, 38 anni. Lei qui c’è nata: “Ma da giovane vo­ levo solo scappare”. Si è trasferita in Min­ nesota per studiare arte e lì ha conosciuto Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Viaggi Le figlie di Clara Lehmann e le nipoti di Nancy Gain. Helvetia, ottobre 2023

il marito Jonathan, con cui poi si è sistemata a Chicago. “Stavo bene lì, ma poi è successa una cosa che non mi aspettavo: ho cominciato a sentire nostalgia di Helvetia”. A quel punto la coppia ha fatto una scelta atipica: dalla metropoli si è spostata nel villaggio e ha fondato Coat of arms, un’azienda di produzione video. Le chiedo se non considera strano aprire un’attività così moderna in un paese tanto isolato, con una connessione internet che va e viene. “All’inizio lo pensavamo”, racconta Lehmann, “poi però abbiamo cominciato a cogliere i vantaggi di una sede periferica: lontano dalla città abbiamo sviluppato un’altra prospettiva, più originale. E così ci distinguiamo da quello che fanno tutti”. A Helvetia non ci sono poliziotti, racconta Lehmann: “Quando hai un problema è meglio che cerchi un vicino con un’arma. La prima stazione di polizia è a un’ora di distanza”. Nonostante la presenza di un piccolo ambulatorio, anche le emergenze sono un problema. “Chiami l’ambulanza e intanto prendi l’auto e le vai incontro per raggiungerla a metà strada”. L’isolamento e i pochi abitanti hanno portato Helvetia a essere in qualche modo dimenticata dagli Stati Uniti. È unincorporated, non è inclusa nella struttura amministrativa ma ha il vantaggio di essere autonoma. Non ci sono né un sindaco né un’amministrazione locale: una volta, per gioco, gli abitanti hanno eletto primo cittadino Jessie, il cane del villaggio. Le questioni che riguardano la collettività sono gestite da club, formati da volontari non retribuiti. Gli abitanti di Helvetia vogliono essere certi che nessuno

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abbia troppo potere. La democrazia diretta di stampo svizzero qui è diventata una sorta di pacifica anarchia, e non sorprende che molti non si considerino né repubblicani né democratici: al momento del voto guardano più al candidato e al programma che al partito. Per giorni un ragazzo è stato con la sua canna da pesca sul torrente Buckhannon, vicino al ponte del villaggio, cercando di catturare una trota. A quanto pare è sempre la stessa: il ragazzo la vede nuotare ma lei non abbocca mai. “Tanto ho tempo”, ha osservato paziente. Sulla riva opposta una donna era con i piedi a mollo e salutava i passanti. È questa la spa di Helvetia. Ma sbaglia chi crede che qui la vita sia monotona e che tutti gli abitanti si somiglino: a essere “atipici” non sono solo Clara Lehmann e suo marito, ma un po’ tutti.

Duemila visitatori Thrayron Morgan produce formaggio: “La ricetta me l’ha data mia nonna”. Solo che, come per le canzoni, nel passaggio intergenerazionale gli ingredienti originali sono stati un po’ cambiati. Il formaggio è buono, ma con quello svizzero ha poco in comune. Ce l’hanno detto tutti che alla sua porta è meglio non bussare troppo presto: pare sia l’unica in paese a non essere mattiniera. Lei e il marito in casa custodiscono uno dei tesori di Helvetia: due corni alpini. Per le nozze d’argento hanno fatto un viaggio in Svizzera e, su incarico del villaggio, hanno comprato un corno alpino artigianale che alla comunità di Helvetia è costato un patrimonio. Morgan e il

marito Russell però non lo sanno suonare. A Russell piace incontrare gli amici per giocare a Jass, un tipico gioco di carte elvetico. “Può darsi che qui teniamo alla tradizione ancora di più che in Svizzera”, dice la donna. Nancy Gain abita nelle vicinanze con il marito e le due nipoti, intente a dare da mangiare alle pecore e a raccogliere le uova nel pollaio. Da uno scaffale prende un volume fotografico sui costumi tradizionali svizzeri: lei e altre donne usano foto e didascalie per cucire gli abiti tradizionali che indossano alle feste. Nel pomeriggio le ragazze si cambiano per andare alla Star band hall, dove incontreranno le figlie di Clara Lehmann per le danze popolari tradizionali e poiché i maschi scarseggiano due ragazze faranno da cavalieri. La storia di Fallout 76 è cominciata quando per le strade di Helvetia è stata vista un’auto con la telecamera sul tetto: gli abitanti non sapevano di cosa si trattasse. “Poi al ristorante sono arrivati dei ragazzi un po’ strani che hanno fatto domande sul cimitero e sui morti”, ricorda Lehmann. Nel 2018 il videogioco è arrivato sul mercato e ha conquistato subito 14 milioni di giocatori, che muovono i loro avatar in un villaggio che riproduce Helvetia nei minimi dettagli. Così nel 2019, nella data più importante del calendario – il giorno del carnevale di Basilea e la festa della primavera di Zurigo – il villaggio si è riempito di facce sconosciute. Durante la festa gli abitanti di Helvetia indossano maschere di cartapesta che si fanno da soli e danno fuoco a un pupazzo che rappresenta l’inverno che se ne va. Di solito oltre agli abitanti locali intorno al falò si riuniscono due o trecento visitatori dai paesi vicini. Ma quella volta sono arrivate duemila persone, soprattutto fan di Fallout 76. Alcuni di loro, con costumi futuristici ispirati al videogioco, avrebbero voluto dare vita a un loro corteo a tema Fallout 76. Per gli abitanti di Helvetia era troppo. “Ne abbiamo discusso durante un’assemblea della comunità”, ricorda Lehmann. E nel tentativo di mantenere l’equilibrio tra tradizione e innovazione, da buoni svizzeri hanno optato per un compromesso: “Potevamo offrire ai giocatori un tour dedicato, ma abbiamo capito che ci teniamo a mantenere intatto il carattere della festa e del villaggio”. u sk

“UN ESORDIO ENERGICO E TRAVOLGENTE” VOGUE

“ECCEZIONALE... UN’ESPERIENZA VISCERALE E SENSORIALE” DEADLINE

“MIA MCKENNA-BRUCE È UNA PROTAGONISTA STRAORDINARIA” VANITY FAIR

THE TIMES

THE GUARDIAN

THE TELEGRAPH

TIME OUT

PROVA 30 MOLLY GIORNI GRATIS MANNING WALKER mubi.com/internazionale UN FILM DI

ORA IN STREAMING

Cultura

Cinema

ZIPPORAH FILMS

Menus-plaisirs. Les Troisgros

A tavola con i Troisgros Manhola Dargis, The New York Times, Stati Uniti Il documentarista statunitense Frederick Wiseman dietro le quinte di un’istituzione dell’alta cucina francese entusiasmante documentario di Frederick Wiseman, Menus-plaisirs. Les Troisgros, racconta la storia di una dinastia di chef francesi che vivono e lavorano in una regione rurale della Francia centrale chiamata Ouches, circa cento chilometri a ovest di Lione. Tra le verdi colline e all’ombra di una quercia secolare, la famiglia Troisgros gestisce un famoso ristorante attivo dal 1930. L’attuale patriarca, Michel, che ha più di sessant’anni, cucina da una vita. Più che nella preparazione delle ricette, la sua attività consiste in un’espressione d’amore.

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“Cucinare” è un verbo che non rende giustizia ai piatti preparati meticolosamente nella cucina del ristorante Le Bois Sans Feuilles. Ma se vogliamo parlare di cucina, quella di Michel è di livello stratosferico. Il ristorante è un’istituzione: nel 1956 ha ricevuto la prima stella Michelin e mantiene tre stelle dal 1968. Da allora ha attraversato una serie di ristrutturazioni e cambiamenti di nome. Il padre e lo zio di Michel, Pierre e Jean, sono considerati due pionieri della nouvelle cuisine. L’emblema della loro creatività è il famoso salmone all’acetosella.

Quattro ore Menus-plaisirs è il 44° documentario di Wiseman, il primo dopo City Hall (2020), sull’edificio che ospita il comune di Boston. Tra City Hall e Menus-plaisirs, Wiseman ha effettuato una rara incursio-

ne nel mondo della finzione con Un couple, una biografia della moglie di Tolstoj, Sofja. Wiseman si concentra spesso sulle istituzioni e in particolare sulla tensione tra l’organizzazione – con i suoi spazi, le sue norme e i suoi rituali – e le persone che le animano. I titoli brutalmente descrittivi dei suoi documentari sono una firma d’autore che si mantiene intenzionalmente generica. Uno degli aspetti più gratificanti del suo lavoro è la capacità di trasformare il generale nello specifico. Wiseman ha diretto, montato e prodotto Menus-plaisirs, un’eroica testimonianza lunga quattro ore, mezz’ora in meno rispetto a City Hall. Il documentario è appassionante. Gran parte degli eventi descritti si svolge dentro lo spazio luminoso e ispirato alla natura del Bois Sans Feuilles, all’interno di un complesso di metà ottocento restaurato dalla famiglia qual-

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Menu plaisirs. Les Troisgros

che anno fa. La struttura comprende anche un boutique hotel gestito dalla moglie di Michel, Marie-Pierre. Wiseman mostra anche un altro ristorante dei Troisgros, Le Central, nella vicina città di Roanne, prima di effettuare una visita più rilassata in un terzo locale, La Colline du Colombier, che è nelle campagne circostanti. L’approccio di Wiseman è analitico, dialettico e solo apparentemente diretto. Come d’abitudine nei suoi documentari, in Menus-plaisirs sono del tutto assenti la musica, una voce narrante, testi descrittivi, titoli dei capitoli e altri espedienti a cui di solito i registi ricorrono per tenere viva l’attenzione. Wiseman usa invece immagini di luoghi specifici – il documentario comincia mostrando la stazione ferroviaria di Roanne e subito stacca sul ricco mercato contadino – che stabiliscono immediatamente una forte collocazione spaziale. In altre parole, il regista trascina lo spettatore nel mondo descritto dal documentario. Poi, faccia dopo faccia, inquadratura dopo inquadratura, scena dopo scena, aggiunge infiniti dettagli. Il film è diviso in sezioni che descrivono i ritmi della gestione di un ristorante. Il primo segmento (che, per comodità, possiamo chiamare “preparativi”), presenta Michel e i suoi figli: César, che cucina insieme al padre e ad altre decine di persone al Bois Sans Feuilles, e il più giovane Léo, chef della Colline du Colombier. I

due figli s’incontrano al mercato, dove frugano tra mazzi di barbabietole e ravanelli, verdure dall’aspetto impeccabile e grappoli di funghi orecchioni. Poi si vedono con il padre per discutere le variazioni sul menu. Le immagini, infine, ci portano nel Bois Sans Feuilles.

Tutto sul cervello È nella spaziosa cucina del ristorante, animata da un quieto brusio, che il documentario prende slancio. Wiseman passa da una postazione all’altra: uno chef sfiletta sapientemente un grosso salmone mentre un altro taglia con estrema precisione delle costolette. In un’altra area del locale, Michel e un sommelier discutono di alcune costosissime bottiglie di Borgogna. Intanto un esercito di camerieri si prepara a garantire un servizio fulmineo ai clienti del ristorante. Menus-plaisirs ha tutte le virtù di un film di Wiseman, ma l’attenzione riservata alla bellezza del cibo preparato e servito con passione lo rende un’esperienza seducente, anche se non tutte le pietanze sono facilmente apprezzabili. Per esempio, dopo aver visto il film mi sento un po’ troppo esperta della cottura delle cervella di bovino. Quando arrivano i clienti (chiamiamo questa sezione “servizio”), il ritmo della cucina accelera all’improvviso. Chiunque abbia mai apprezzato un grande cuoco in

azione (dal vivo o in uno dei tanti show televisivi) sa quanto sia gradevole e perfino ipnotico osservare un artista della cucina mentre trasforma l’ordinario in straordinario. Wiseman è sensibile agli scorci e al suono della cucina, di cui fanno parte il rumore incalzante dei coltelli e il sibilo delle pentole. Il regista rende onore al duro lavoro individuale e alla coordinazione tra gli chef. Queste cucine, più che palcoscenici dell’ego, sono teatri di placida intensità. Dopo il movimentato servizio Menusplaisirs allarga il proprio sguardo, mostrando gli chef mentre incontrano i fornitori in un piccolo allevamento, in una cantina e in una sala di stagionatura. Il rispetto reciproco è palpabile. La conversazione è schietta e spesso vira verso la sostenibilità. Ognuno di questi interludi potrebbe diventare un documentario a sé, ma combinati insieme espandono il ritratto sfaccettato di una famiglia la cui cucina è passione, estetica, etica ed espressione d’amore. Nelle cucine dei Troisgros emerge innegabilmente un genio individuale, ma anche un colossale sforzo collaborativo che rende il documentario un’adeguata metafora del cinema. “Tutto è splendido”, ammette un commosso Michel parlando del suo ristorante. Lo stesso si può dire di questo film, tanto gradevole quanto profondo. u as Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Cultura

Schermi Documentari

In rete Falsi condivisi

Girls state Apple Tv+ Cinquecento ragazze del Missouri riunite per un esperimento: simulare una campagna elettorale e formare un governo, affrontando da donne e adolescenti le questioni che dividono un paese in crisi di democrazia. Madu Disney+ Anthony Madu, 12 anni, ha lasciato Lagos per una delle scuole di danza più prestigiose al mondo, la Elmhurst ballet school di Birmingham, dove inseguire il suo sogno affrontando con determinazione ostacoli e imprevisti. QatarGate. La corruzione nell’Ue Arte.tv Ricostruzione del più grave scandalo di corruzione dell’Unione europea, emerso nel dicembre 2022, con arresti di deputati e sequestri di valigie di denaro contante ricevute da paesi terzi con l’obiettivo d’influenzare la politica europea. The antisocial network Netflix Dall’ascesa di QAnon all’assalto al congresso, analisi del funzionamento della disinformazione online e di come comunità virtuali di adolescenti solitari si siano trasformate in minacce a coesione sociale e senso di realtà. The mushroom speaks Dafilms.com Marion Neumann esplora con studiosi e appassionati l’affascinante universo dei funghi: capaci di resistere, rigenerarsi, connettersi e collaborare, i funghi potrebbero indicare un rivoluzionario futuro possibile per il pianeta.

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Serie tv Nell. Rinnegata Disney+, 8 episodi L’autrice britannica Sally Wainwright in patria è conosciuta soprattutto per la qualità costante delle sue serie, come Last tango in Halifax e Happy valley, di solito ambientate nello Yorkshire. Stavolta si sposta a sud, nell’Oxfordshire, nel settecento. E si diletta con il sovrannaturale, perché Nell

(Louisa Harland, Derry girls) è una ragazza di umili origini dotata di superpoteri, che dovrà usare per contrastare la magia nera di nemici aristocratici. Sfruttando elementi più o meno comici e magici, la serie aggira gli evidenti anacronismi e nel complesso è divertente, anche se non memorabile. The New York Times

Francesca Mani ha 14 anni, è del New Jersey e a ottobre è stata vittima di un deepfake: tra i suoi compagni di scuola circolavano immagini dov’era nuda. Erano false, generate da un’intelligenza artificiale. A raccontare la sua storia è il quotidiano britannico The Guardian, che ha lavorato per mesi a un’inchiesta stabilendo che l’app usata per creare le foto è stata ClothOff. Da allora la ragazza, insieme alla madre, ha intrapreso vari viaggi a Washington, per sensibilizzare il congresso statunitense sul tema. La proposta di legge ora in discussione vuole finalmente rendere reato la condivisione di questo tipo di immagini false, oltre a garantire alle vittime il diritto d’intraprendere un’azione civile presso un tribunale federale. Gaia Berruto

Televisione Giorgio Cappozzo

Nonne Ugo Gregoretti, che meglio di altri seppe raccontare i costumi del paese attraverso la tv, apprezzerebbe il lavoro del suo giovane collega Leonardo Parata, autore e inviato di Propaganda live (La7). Citando l’immarcescibile posta del cuore, viaggia per l’Italia incontrando coppie di anziane a cui girare le domande di anonimi navigatori su turbamenti d’amore e sesso. Le risposte, pronunciate il più delle volte in un dialetto che Parata deve tradurre per il pubblico, sono esilaranti per

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forma e contenuto. Le nonne non si fanno scrupoli nel dare consigli, improntati al libertinismo più sfrenato in fatto di sessualità e alla cura più attenta quando si parla di sentimenti. Corna, dimensioni, consigli su dove nascondersi per consumare e su come gestire i maschi, soluzioni perentorie su come uscire da rapporti tossici. Nell’ultimo episodio, le comari di Taranto descrivono il loro mondo attuale abitato da amanti deceduti, amori affetti da Alzheimer e mariti estinti,

con lessico libero e disincantato. Sono saggissime e sfrontate nei loro consigli, senza pudori né ansie ideologiche. Spiazzano lo stesso Parata, la cui premura da nipote che teme di osare troppo viene puntualmente disorientata dallo sguardo aguzzo di queste nonne che, sedute su panchine, muretti o sedie di paglia, sembrano osservare dal greto del fiume il passaggio di segreti, rimpianti e ferite di una memoria privata da inchiodare finalmente a un sorriso. u

I consigli della redazione

Priscilla Sofia Coppola, in sala

Il teorema di Margherita Anna Novion, in sala

troppo leggero su una ragazza di dodici anni, intelligente e un po’ solitaria, in ansia per l’arrivo dell’adolescenza. Il film, su cui aleggia la figura dell’autrice del romanzo, è presentato come una ricostruzione anni settanta e non come un’attualizzazione che avrebbe comportato l’aggiunta di elementi lgbt. Sospetto che un dramma originale, sempre ambientato negli anni settanta, non potrebbe permettersi di rendere invisibili i gay come fa il film. Peter Bradshaw, The Guardian

DR

Tatami

Tatami Di Guy Nattiv, Zar Amir Ebrahimi. Con Arienne Mandi, Zar Amir Ebrahimi. Georgia/ Stati Uniti 2023, 147’. In sala ●●●●● Presentato come il primo lungometraggio codiretto da una regista iraniana e un israeliano, Tatami è in parte film sportivo, in parte thriller politico. Durante i mondiali di judo a Tbilisi, in Georgia, l’atleta iraniana Leila (Arienne Mandi) è la sorpresa del torneo, tranne che per la sua allenatrice Maryam (Zar Amir Ebrahimi, anche regista del film). Ma è pure un problema per il governo di Teheran che vorrebbe evitare la finale con un’atleta israeliana. Un’eventuale sconfitta sarebbe un’umiliazione insopportabile, quindi Leila riceve l’ordine di ritirarsi. Guy Nattiv e Zar Amir Ebrahimi fanno un ottimo lavoro mostrando come situazioni complesse che prendono spunto da questioni politico-sociali possano alimentare efficacemente il cinema di genere, perché Tatami potrebbe funzionare bene anche solo come film sportivo, senza la pressione in più per la situazione atroce che devono affrontare l’atleta e la sua allenatrice. Catherine Bray, Variety

Monkey man Di e con Dev Patel. Stati Uniti/ Canada/Singapore/India 2024, 121’. In sala ●●●●● “Ti piace John Wick?”, chiede un trafficante d’armi al giovane eroe all’inizio del film. È un metamomento che allude a una delle influenze più evidenti di Monkey man. Ma per fortuna non siamo di fronte a un John Wick in versione indiana. Monkey man ha un’energia sua e un motore alle spalle che vuole dimostrare la sua potenza. Quel motore è Dev Patel, autore, regista e interprete del film. La trama prende spunto dalla classica storia di vendetta – l’eroe senza nome (Kid) vuole giustizia per la morte della madre – aggiungendo ingredienti presi dalla mitologia indiana e dalla politica contemporanea. In generale dà la sensazione di qualcosa di nuovo ma, soprattutto, è divertente. Nick de Semlyen, Empire Ci sei Dio? Sono io, Margaret Di Kelly Fremon Craig. Con Abby Ryder Fortson, Rachel McAdams. Stati Uniti 2023, 106’. PrimeVideo ●●●●● Questo adattamento del classico anni settanta di Judy Blume, è un film dolce e fin

Autobiography. Il ragazzo e il generale Di Makbul Mubarak. Indonesia/Francia/Germania/ Polonia/Singapore/Filippine/ Qatar 2022, 116’. In sala ●●●●● Rakib diventa l’assistente personale di un generale in pensione che si è presentato alle elezioni municipali. Mentre il padre è in prigione, il ragazzo deve dare prova di lealtà a quest’uomo perverso, che agisce secondo i codici del paternalismo e della violenza. Venendo da una famiglia di funzionari che hanno servito sotto la dittatura e cittadino di un regime in cui l’autoritarismo è sempre in agguato, l’indonesiano Makbul Mubarak mette

in discussione l’idea di autorità in un film cupo e angosciante, che sarebbe stato più efficace se l’autore, invece d’indugiare sulla psicologia dei personaggi, avesse fornito una descrizione più ampia della situazione politica e sociale del paese. Jacques Mandelbaum, Le Monde The beautiful game Di Thea Sharrock. Con Bill Nighy, Micheal Ward. Regno Unito/Stati Uniti 2024, 95’. Netflix ●●●●● In questo commovente dramma sportivo, il sempre dignitoso Bill Nighy e una manciata di archi narrativi combattono una formula un po’ trita. Mal, un talent scout in pensione, sta reclutando una squadra di calcetto per i mondiali dei senza tetto. Al talentuoso Vinny si uniscono un eroinomane, un disoccupato, un cleptomane e un immigrato, ognuno in cerca di riscatto. Il film è sdolcinato, ma fuori del campo funziona. Tuttavia le sequenze calcistiche che dominano il finale sono noiose in modo letale. Kevin Maher, The Times NEWSLETTER Schermi è la newsletter settimanale di Piero Zardo su cosa vedere al cinema, in tv e sulle piattaforme di streaming. Per riceverla: internazionale.it/newsletter

DR

Film

Steve! (Martin) 2 episodi, Apple Tv+

Monkey man Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Cultura

Libri Regno Unito

I libri italiani letti da un corrispondente straniero. Questa settimana Michael Braun del quotidiano berlinese Die Tageszeitung.

L’importanza del passaparola

Gabriele Pedullà, Nadia Urbinati Democrazia afascista Feltrinelli, 160 pagine, 17 euro ●●●●● Giorgia Meloni ha ribadito mille volte che per lei il fascismo appartiene al passato e che non prova nessuna nostalgia per quel regime. Ma come sottolineano Pedullà e Urbinati, Meloni vuole consegnare alla storia anche l’antifascismo, secondo lei “anacronistico” e superato. Questo impulso antiantifascista si può vedere come un riflesso condizionato, comprensibile per la leader di Fratelli d’Italia. Ma, argomentano Pedullà e Urbinati, sotto c’è più di una semplice idiosincrasia contro i vecchi nemici. C’è tutto un progetto politico di trasformazione della democrazia italiana, quella nata dalla resistenza e codificata nella costituzione, quella sì, antifascista. Infatti mentre i padri e le madri costituenti avevano ben presente l’opposto della democrazia, il fascismo, Meloni vuole abolire questa contrapposizione, propugnando una democrazia afascista, svuotata dei valori guida, la libertà e l’uguaglianza intese non come pure formalità giuridiche ma come traguardo. Realizzerebbe così una democrazia svuotata del conflitto sociale, della partecipazione, sostituendola con una “decidente”: una democrazia del capo. Una lettura preziosa per capire dove vuole arrivare Meloni e quanto è radicale il suo progetto di trasformazione della democrazia italiana. u

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Tra i giovani britannici è diventata molto popolare la letteratura giapponese. Buona parte del merito si deve ai social network I romanzi giapponesi tradotti in inglese stanno vivendo un boom nel Regno Unito, soprattutto grazie all’influenza di social network come TikTok, con l’ormai celebre #BookTok, e di piattaforme come YouTube, attraverso cui si muove il passaparola. Come riporta il Guardian, nel 2023 i romanzi stranieri tradotti in inglese hanno venduto circa due milioni di copie. Un quarto, la quota maggiore, erano giapponesi. A rallegrarsene è Adam Freudenheim, amministratore delegato della casa editrice Pushkin Press che pubblica diversi autori e autri-

KENTARO TAKAHASHI (THE NEW YORK TIMES/CONTRASTO)

Italieni

Sayaka Murata

ci giapponesi. Per esempio La ragazza del convenience store, di Sayaka Murata, tradotto e pubblicato in inglese nel 2018, all’inizio del 2024 ha avuto un balzo nelle vendite, proprio grazie al clamore generato dalle recensioni degli utenti di social e piattaforme. Il feno-

meno riguarda anche opere più vecchie, come la serie noir di Seishi Yokomizo sul detective Kosuke Kindaichi, pubblicati originariamente tra gli anni quaranta e cinquanta, che dal 2019 a oggi hanno venduto duecentomila copie. The Japan Times

Il libro Nadeesha Uyangoda

Triangolo familiare Elisabetta Carbone La voce e le cicale Prospero Editore, 296 pagine, 18 euro È bello leggere un libro che è profondamente legato a una città e, in un eccesso di ambientazioni milanesi e romane, Bologna è un piacevole cambio di scenografia. Di questi tempi, qualsiasi libro di un’autrice italiana che accenni appena a una relazione sentimentale rischia di essere bollato come romance. Non è così per l’esordio di Elisabetta Carbone, che esplora la psicologia

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del legame tra Tamara, aspirante cantante lirica, e suo padre Giacomo, noto direttore d’orchestra, e tra Giacomo e Debora, sua vecchia compagna di università. Il rapporto fra i tre è forse segnato da una frase che Tamara riversa su Debora, quasi come una conseguenza: “Mio padre, di me e di Marta, non vuole sapere niente. La vita gliel’abbiamo guastata. Ti manda i fiori perché tu, a lui, la vita, gliela aggiusti, gliela rimetti insieme”. Tra genitorialità fallimentare, amore narcisista, idea di fami-

glia che trascende i vincoli di sangue, il ritmo del romanzo di Carbone procede come una pulsazione delle vene quando la superficie si lacera in una ferita. Il dolore – fisico, sentimentale, della malattia – è la traccia da seguire, a ritroso nei flashback, e avanti nel presente di tutti i giorni, per svelare l’intricata rete di segreti e non detti che uniscono le vite di queste tre figure. Un libro capace di dire moltissimo per sottrazione: l’autrice trattiene la trama e l’attenzione di chi legge. u

I consigli della redazione

Yasmina Reza James Brown si metteva i bigodini Adelphi

Il romanzo

Alia Trabucco Zerán Pulita Sur, 239 pagine, 18 euro ●●●●● Quando finiscono le pagine, quando il libro si chiude, quando non c’è più una sola lettera da leggere, la voce di Estela è ancora lì e risuona nella mente di chi ha letto Pulita e non riesce a farla tacere. Estela, domestica in una famiglia di professionisti benestanti di Santiago del Cile, prende la parola e non molla la presa perché la scrittrice Alia Trabucco Zerán (Santiago del Cile, 1983) è soprattutto un’autrice di voci. Scritto come un lungo monologo, il romanzo comincia quando la bambina di casa, Julia, annega. Quella tragedia segna il ritmo da thriller di tutto il libro in cui la domestica spiega quella morte e racconta come ci si è arrivati. La narratrice racconta anche la sua vita da contadina nel sud del paese, l’idea di lavorare solo per un po’ nella capitale e le complicazioni che le impedirono di abbandonare quel destino servile per tornare alla sua vita di prima. Pulita è il terzo libro di Alia Trabucco Zerán, che in passato era un’avvocata specializzata in diritti umani finché non si è arresa, intrappolata dalla letteratura. Il suo primo romanzo, La sottrazione, è stato un debutto folgorante che l’ha inserita nella lista del Man Booker international prize e le è valso il premio per il miglior romanzo inedito del ministero della cultura cileno. Quel romanzo ha causato anche un terremoto nel suo paese perché dava voce ai figli della dittatura di Augusto Pino-

SERGIO TRABUCCO (RCW LITERARY AGENCY)

Piccole violenze invisibili

libribox.jpg Alia Trabucco Zerán chet con irriverenza e l’irriverenza non si sposa bene con l’inamidata vergogna che questa memoria storica è solita vestire. Poi, nel 2019, è arrivato il saggio Las homicidas, che dà voce a donne che diventano assassine per evadere dallo spazio domestico in cui sono confinate. “Durante la scrittura di Pulita”, racconta l’autrice, “ho fatto molta attenzione ai dettagli, niente di più. E all’interno di quella famiglia benestante ho visto proliferare scene di una violenza minima ma brutale. La fotografia di una domestica in uniforme che tiene l’ombrello per fare ombra al suo datore di lavoro sulla spiaggia o l’insolita, indignata discussione su un’altra domestica che aveva usato una piscina privata e poi la questione del personale segregato durante la pandemia… non è stato difficile immaginare una famiglia normale e vedere quanta violenza consideriamo accettabile. Nella normalità c’è sempre qualcosa di terrificante”. Débora Campos, Revista Ñ

Ottessa Moshfegh McGlue Feltrinelli

Malachy Tallack Il grande Nord Iperborea

Shelley Jackson Riddance Rina, 584 pagine, 22 euro ●●●●● Riddance è un romanzo sconvolgente che si basa sull’idea dell’incomunicabile. Si svolge in un istituto per balbuzienti in cui una direttrice megalomane di nome Sybil Joines addestra i suoi alunni a parlare con i morti, un atto di negromanzia che a sua detta richiede una completa cancellazione del sé. La vicenda si svolge nel 1919, quando il fiorire dello spiritualismo e dello spiritismo coincideva con lo sviluppo delle moderne tecnologie della comunicazione. La contraddizione “di provare a pensare in modo razionale e scientifico a cose che sono immaginarie o spirituali” è il paradosso intellettuale che guida la scrittura di Shelley Jackson. Riddance è un assemblaggio frankensteiniano di finti ritagli di giornale, spartiti musicali, strane fotografie, diagrammi di esercizi di dizione e curiosità assurde tra cui una “mappa speculativa del necrocosmo”. Questi materiali sparsi (e mostruosi) sono rigorosamente organizzati in sezioni. Ce n’è anche una intitolata “Lettere a scrittori morti” che contiene un elenco di gotici corrispondenti come Edgar Allan Poe ed Emily Brontë. Nella sezione “Letture” ci sono estratti da un finto manuale intitolato Principi di necrofisica sul ventriloquio dei defunti che asserisce: “Per cedere la tua bocca alla voce di un altro devi sopprimere quella che un tempo pensavi fosse la tua voce”. Un’istruzione che sembra adattarsi sia alla comunicazione con i morti sia all’atto di scrivere romanzi. E Shelley Jackson non vede molta differenza tra le due cose. Hermione Hoby, The New Yorker

Tatiana Salem Levy Oscura foresta La Nuova Frontiera, 128 pagine, 16,50 euro ●●●●● Se penso alle mie letture femministe e ricordo alcune delle storie che ho vissuto, mi viene la nausea. Eppure, non mi è mai successo niente di simile a quello che è successo a Júlia, la protagonista di Oscura foresta, l’ultimo libro della scrittrice carioca Tatiana Salem Levy. Allora perché parlare di femminismo, di abusi, di me stessa e delle altre donne? Perché ogni giorno, anche se inconsciamente, temiamo l’orrore che viene narrato in quest’opera immensa e potente. Ogni giorno noi donne, soprattutto quelle con figlie femmine, recitiamo una sorta di mantra nevrotico e infinito: “Sono viva”. Questa narrazione appartiene a tutte noi. Questo dolore deve appartenere a tutte noi. Júlia è stata violentemente stuprata. È quasi svenuta. È quasi morta. Ha passato mesi a vomitare ricordando quel momento che l’aveva spezzata per sempre. Anni dopo ha dei figli e sente il bisogno di raccontare questa storia. Salem Levy non solo descrive in modo preciso e vivido questo delitto avvenuto a Rio de Janeiro, sulla Vista chinesa (un belvedere dove molti fanno jogging ammirando la bellezza della città), ma va oltre e ci punta una pistola alla tempia, ci lacera, ci trafigge, ci violenta. È una letteratura necessaria, commovente e terribile. Sento ancora l’odore di spazzatura nell’aria e chiedo a tutti intorno a me “lo senti anche tu?”. È un libro sulle donne spezzate e sulla luce che può emanare da loro. Sull’essere vivi e continuare. È un libro fantastico. Tati Bernardi, Folha de S.Paulo

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Cultura

Libri ce: uccidere la nuova premier. Come ho ucciso Margaret Thatcher è un romanzo arrabbiato e spietato e proprio questa è la sua forza. Brandon Robshaw, The Independent David Von Drehle Il mondo di Charlie Longanesi, 256 pagine, 16 euro ●●●●● Il giornalista David Von Drehle ha scritto libri su Abraham Lincoln e John F. Kennedy. Nel suo nuovo bestseller, Il mondo di Charlie, l’opinionista del Washington Post si occupa di un personaggio molto più vicino a lui, un uomo che considerava un suo amico. Charles Herbert White era un anestesista in pensione, un veterano della seconda guerra mondiale e un grande narratore di storie che viveva accanto all’autore nei sobborghi di Kansas City. A cominciare dal 2007, quando i Von Drehle si erano trasferiti in quella zona, fino al 2014, quando White

morì a 109 anni, i due avevano fatto lunghe chiacchierate nel piccolo tinello dell’anziano signore. Non cercavano di carpire il senso della vita e Von Drehle non registrava le loro conversazioni. Sicuramente all’inizio non aveva intenzione di immortalare le vicende del suo vicino di casa. L’autore era rimasto colpito dall’approccio stoico dell’amico su tutto, dall’educazione dei figli all’invecchiare. Dopo la morte di White Von Drehle ha cominciato a ragionare sulle cose che il suo amico aveva passato – due guerre mondiali, una pandemia e la grande depressione – e ha capito che ai suoi figli potrebbero capitare sfide simili in questo secolo tumultuoso. “Charlie ha vissuto a pieno una vita incredibilmente lunga”, scrive Von Drehle, “ma è un uomo comune che potresti incontrare per strada o in sala operatoria”. Charlie H. White era uno straordinario uomo qualunque. Elisabeth Egan, The New York Times

Non fiction Giuliano Milani

Le sue prigioni Daria Bignardi Ogni prigione è un’isola Mondadori, 168 pagine, 18,50 euro A lungo Daria Bignardi ha frequentato le carceri italiane: come giornalista, come volontaria e come familiare. In questo libro racconta le persone che ci ha incontrato, i ragionamenti e le emozioni che le hanno provocato. Alternando il tempo dei ricordi e quello della scrittura (che avviene su un’isola, metafora della condizione carceraria) procede a un confronto sempre più siste-

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matico tra le proprie esperienze e quelle di chi vive dentro. Mostra in modo efficace come in carcere le contraddizioni e i conflitti del mondo di fuori divengano più intense e più dure da sopportare. Gli interlocutori sono diversi: innocenti, gente che è finita dentro a causa di una sfavorevole situazione di partenza, qualcuno che ha fatto una scelta. Tutti appaiono però accomunati dalla consapevolezza della propria condizione. Come le spiega un detenuto: “Siamo come topi in gabbia e qualunque cosa suc-

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ceda, dall’epidemia al terremoto, noi ce la becchiamo”. Per questo – spiega – mentre il mondo nel 2020 scopriva il covid, nelle carceri scoppiarono delle rivolte in cui morirono, nell’indifferenza quasi generale, tredici persone, ufficialmente per abuso di psicofarmaci. Così, ancora, rivela che in prigione la condizione delle donne è molto più dura di quella degli uomini. In carcere tutto diventa più difficile da sostenere, dal caldo alla paura, dal senso di colpa alle relazioni interpersonali. u

Religione LEONARDO CENDAMO (GETTY)

Anthony Cartwright Come ho ucciso Margaret Thatcher Alegre, 256 pagine, 17 euro ●●●●● Nel 1979, lo zio di Sean, che aveva nove anni, votò per il partito conservatore di Margaret Thatcher. Il nonno di Sean lo prese a pugni così forte da finire in ospedale con una mano fratturata. Anche il padre di Sean ha votato Tory ma ha tenuto la cosa per sé. Questo romanzo, scritto alternativamente dal punto di vista di Sean da ragazzo nel bel mezzo degli eventi e da adulto guardando indietro, è un resoconto commovente e talvolta amaramente divertente della devastazione economica provocata dal governo conservatore nelle zone industriali delle West Midlands negli anni ottanta. L’orecchio di Cartwright per il dialetto locale della città di Dudley è davvero brillante. Mentre le cose per la famiglia di Sean vanno sempre peggio, lui concepisce un piano auda-

Marilynne Robinson Reading Genesis Virago Press In quest’opera, colta ma accessibile, di esegesi biblica, la scrittrice e saggista Marilynne Robinson (Stati Uniti, 1943) accompagna i lettori in un viaggio attraverso il libro della Genesi. Jacob L. Wright Why the Bible began Cambridge University Press Jacob L. Wright (docente di studi biblici all’università Emory di Atlanta, in Georgia) analizza perché e come “il corpus letterario più influente che il mondo abbia mai conosciuto” sia nato “in una regione remota del mondo antico”. Catherine Chalier Il nous créa à son image Bayard Commento del primo libro della Torah che ne mette in evidenza la modernità dei problemi affrontati. Catherine Chalier è una filosofa francese, nata a Parigi nel 1947. Catherine Coldstream Cloistered Chatto & Windus In questo penetrante memoir l’ex suora londinese Catherine Coldstream descrive i dodici anni passati in un monastero carmelitano nel Regno Unito e le circostanze che l’hanno portata ad andarsene. Maria Sepa usalibri.blogspot.com

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Cultura

Libri Ragazzi Un’altra vita Ted Hughes Il borsellino della sirena e altre poesie Mondadori, 304 pagine, 17,50 euro Le poesie sono plasmate dai crateri della Luna. Sono luce e ombra. Sono quello che non sappiamo di avere. Proprio per questo la poesia è adatta ai più giovani. Gli permette di volare dove non è permesso volare. Leggere poesia ci aiuta a rimanere in vita. In particolare leggere le poesie di Ted Hughes, riproposte da Mondadori con le sognanti illustrazioni di Raymond Briggs, ci porta a desiderare mondi che con la modernità abbiamo dimenticato. Hughes ha avuto una vita difficile, con il suicidio della moglie Sylvia Plath come spartiacque. Ma riesce a trovare una vita alternativa nella poesia, in particolare quelle per ragazzi. In ogni sua poesia ci sono fantasia, ironia, leggerezza. E personaggi indimenticabili come Nessie la maleducata. Sono le poesie di un padre che deve consolare i figli piccoli dopo il suicidio di una madre, ma sono anche le poesie dove Hughes ritorna il bambino che insieme alla sorella passeggiava nella brughiera. È un uomo che si sente contrapposto alla natura, visto che non la abita più, ma grazie alla parola scritta rimane comunque legato a tutto ciò che vola e che striscia. È il linguaggio, un inglese immaginifico tradotto magistralmente da Riccardo Duranti, a permeare tutto. E a rendere ogni verso indimenticabile. Igiaba Scego

Ricevuti Giulia Siviero Fare femminismo Nottetempo, 192 pagine, 16,50 euro Un libro di racconti e storie, ma intessuto di elaborazione teorica, che invita a recuperare una genealogia femminista radicale. Valeria Roma Ignorare l’assenza Meltemi, 302 pagine, 20 euro Trasformazioni sociali e culturali, sogni individuali e desiderio comune di liberazione: un’antologia letteraria sulle storie del popolo palestinese.

Fumetti

Cartografie dell’amore Mattotti-Zentner Il rumore della brina Logos, 144 pagine, 21 euro Far percepire i movimenti minimi o il visibile più prossimo all’invisibile, dal fruscio tra gli alberi al movimento dell’erba o di una nuvola, è sempre stato tra gli intenti centrali della poetica di Lorenzo Mattotti. Il rumore della brina, pubblicato nel 2001 a puntate sul Frankfurter Allgemeine Zeitung, vede nuovamente Mattotti insieme al grande sceneggiatore argentino Jorge Zentner dopo il visionario Caboto, concepito nel 1997 e incentrato su Sebastiano Caboto, l’esploratore contemporaneo di Cristoforo Colombo. Qui, il protagonista fugge dai “mostri del rumore”, fantomatici uccelli giganti dalla sagoma nera che incombono fin dall’inizio. Gli autori, in perfetta simbiosi, creano una mi-

rabile narrazione dove all’esplorazione fisica del mondo, saldata a quella dell’anima che si fa oscurità (Caboto), succede, all’inverso, quella dell’esplorazione interiore (Samuel Darko, uno di noi) che si fa esplorazione sofferta ma luminosa del mondo fisico. Andando quasi agli antipodi degli antipodi, cioè dalla desertica Patagonia a un’Europa indefinita, la cartografia caotica del mondo diviene altrettanto indefinita e si muta in caos dei sentimenti amorosi. Equivalendosi magistralmente: per la prima volta i paesaggi del sentimento si fanno paesaggi del mondo e viceversa. Tutto è rovesciato. Invece del racconto di formazione, un grande viaggio spirituale di riformazione. Verso la terra, concreta, della conquistata maturità. Francesco Boille

Hugo Pratt Wheeling Cong, 264 pagine, 35 euro Epopea sulla guerra d’indipendenza americana riproposta integralmente in un’edizione cartonata a colori e accompagnata da testi di vari autori, tra cui l’intervista di Vincenzo Mollica a Pratt. Francesca Balestrieri, Luca Balestrieri Tecnologie dell’impero Luiss University Press, 208 pagine, 18 euro Se la tecnologia pervade sempre di più ogni aspetto della vita umana, tenere il polso del suo sviluppo diventa l’elemento decisivo attorno al quale ruotano i nuovi equilibri di potere del mondo. Odile Cornuz Fucile Gabriele Capelli Editore, 168 pagine, 18 euro Una serie di oggetti comuni costituisce la struttura di un romanzo originale in cui l’autrice esplora le dinamiche e i segreti di una famiglia.

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Cultura

Suoni Sarah Koenig e Dana Chivvis Serial - Guantánamo The New York Times A novembre del 2024 saranno passati dieci anni da quando Serial ha trasformato il podca­ sting da passione di pochi a fe­ nomeno di massa, raggiungen­ do dieci milioni di ascoltatori in poche settimane. Dopo una seconda stagione da dimenti­ care e una terza forse troppo complessa, Serial torna con la quarta, la prima a essere rea­ lizzata dopo l’acquisizione da parte del New York Times. Dall’apertura della base statu­ nitense di Guantánamo invece di anni ne sono passati quasi ventitré. Aperta a Cuba dal presidente G.W. Bush conte­ stualmente all’invasione dell’Afghanistan, doveva servi­ re per trattenere, processare e condannare sul posto i leader del terrorismo internazionale di matrice islamica. In realtà a finire nel campo sono stati più che altro sconosciuti o al mas­ simo soldati semplici, non cer­ to personalità di spicco. Eppu­ re, nonostante oggi la paura di attentati sul territorio statuni­ tense sia diminuita, le forze politiche continuano a voler tener in piedi quella prigione al limite della legalità, che detie­ ne ancora circa trenta persone e costa alle casse dello stato quasi 13 milioni di dollari l’an­ no. Oggi sono proprio i lavora­ tori di Guantánamo a spingere per una chiusura, proprio per­ ché ne riscontrano ogni giorno la scarsa efficacia. Anche per questo hanno cominciato a raccontare cos’è successo tra le mura del campo. Jonathan Zenti

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Un musicista originario dell’Africa ha cambiato la storia culturale del paese La tratta degli schiavi nell’o­ ceano Atlantico non ha por­ tato solo alla colonizzazione del continente africano, ma ha anche condotto a continui sforzi per colonizzare le menti e la coscienza della diaspora africana. A Trini­ dad e Tobago il ritmo carai­ bico del calypso è emerso co­ me un modo per gli schiavi di comunicare, deridere i loro padroni e mantenere un sen­ so d’identità. Dopo l’aboli­ zione della schiavitù nel 1838, Laventille fu abitata da molti ex schiavi e diventò un centro di resistenza cultura­ le. È qui che Oluko Imo è na­

BANDCAMP

Audio Da Trinidad e Tobago Cronache Eredità rivoluzionaria da Guantánamo

Oluko Imo to nel 1951. Il cantante e poli­ strumentista sarebbe diven­ tato un faro della resistenza culturale, un artista social­ mente impegnato la cui mu­ sica sarebbe servita da atto di sfida contro la cancella­ zione dell’africanità della diaspora. Unendo l’eredità del calypso con l’afrobeat e il

jazz della Nigeria, Imo esplorò e rivendicò il legame tra Trinidad e il suo popolo, quello yoruba, che ha radici nell’Africa occidentale, e di­ ventò un collaboratore di Fe­ la Kuti, di cui fu amico. Quando Imo è morto nel 2007, nel suo paese natale era relativamente sconosciu­ to. “Anche se non c’è più, il messaggio che ha trasmesso in tutte le sue canzoni e nelle sue composizioni è ancora si­ gnificativo”, dichiara la vedo­ va, Grace Imo. “La sua musi­ ca, come quella di Fela, è un’arma”. Si può dire con cer­ tezza che, dopo tutti questi anni, il messaggio di Imo re­ sta più importante che mai. Megan Iacobini de Fazio, Bandcamp Daily

Canzoni Claudia Durastanti

Il dono della sintesi Un disco compatto e memorabile, che lavora sulla sintesi, ma che arriva dopo un tempo ragionato: Proteggimi da ciò che voglio, il nuovo album dei La Crus, esce quasi vent’anni dopo Infinite possibilità e un album dal vivo del 2008 che era inteso come un congedo. In realtà ci sono due recuperi dal catalogo di Mauro Ermanno Giovanardi – come Io confesso con Carmen Consoli – e da quello della band, la riconoscibile Come ogni volta proposta insieme a Colapesce e Dimartino. Tolti gli accenni documentali, come accompagnare il ritorno

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di un gruppo che nella sua carriera ha fatto della sintesi un elemento fondamentale? Un sunto tra il cantautorato malinconico sempre in bilico tra la parola recitata e una parola affidata invece alle sue proprietà più sonore e poetiche, il tutto levigato da stili che invece appartengono alla parte più blues della new wave (a saperla trovare, e questo è uno dei meriti storici dei La Crus). Proteggimi da ciò che voglio, titolo che evoca un po’ i C.S.I. e un po’ Oscar Wilde, in realtà scarta di lato mettendo da parte sia una dimensione più trascenden­

tale del vivere sia una più edonista, per portare avanti una critica neanche tanto accennata al lavoro che sbrana i rapporti di solidarietà e lancia insulti all’indolenza. Nella title track si parla appunto di voler essere difesi da quello che si fa, perché questo fare si mangia il tempo personale e collettivo. Ricercato, coraggiosamente leggero quando necessario, il nuovo disco dei La Crus è un attacco diretto alla “povertà del mondo”. Ed è una fortuna che sappia esprimersi attraverso canzoni che uno ha voglia di ricordare. u

Pop Scelti da Giovanni Ansaldo

Adrianne Lenker Bright future 4AD

The Black Keys Ohio players Nonesuch

Beyoncé

glio. L’avvincente ballata di omicidio/vendetta Daughter sfocia improvvisamente nell’aria italiana Caro mio ben, mentre Spaghettii sovrappone un rap tagliente e violento al funk brasiliano. Cowboy Carter non lascia nulla al caso e dimostra che Beyoncé sa come si sta al centro del rodeo. È un disco storico, probabilmente inevitabile. Ma una volta che la polvere della sua audacia si è depositata, non sembra in grado di diventare un classico. Alan Pedder, The Line of Best Fit Empress Of For your consideration Giant Music ●●●●● Negli ultimi dieci anni Lorely Rodriguez, in arte Empress Of, si è mossa con facilità tra synth pop spensierato e ballate introspettive. Anche quando è orientata su suoni più commerciali lascia venire a galla influenze particolari, come i Cocteau Twins o Imogen Heap. Il suo quarto album è sensuale, i ritmi electropop e dance sono propulsivi, ma il suo approccio come cantante e produttrice, è intricato e inatteso. For your consideration si esprime al meglio proprio attraverso la

voce, mentre i testi parlano di amanti segreti e nuove avventure. Anche quando la musicista tira fuori stati d’animo vulnerabili non perde l’impeto con cui ha cominciato. Rodriguez tiene in piedi abilmente un gioco di equilibri tra la sua visione concettuale e la voce. Così ci trascina in un’orbita in cui racconta ogni piccola sfumatura del desiderio. Eric Torres, Pitchfork Lucas Debargue Fauré: musica per piano solo Lucas Debargue, piano Sony Classical ●●●●● Gli appassionati della musica

per piano di Gabriel Fauré (1845-1924) hanno a disposizione molte integrali su disco di alto livello, dal classico Jean-Philippe Collard (Erato) a sorprese come Kathryn Stott (Hyperion). Oggi Lucas Debargue si segnala portandoci qualcosa di nuovo. Sappiamo da tempo che Fauré non era un decadente vaporoso e il pianista francese lo conferma con energia. Spesso più rapido dei suoi concorrenti discografici, suona sempre con grandissima chiarezza. Il suo Fauré è indiscutibilmente solare, con piani sonori perfettamente bilanciati e un’architettura saldissima. L’uso dello straordinario pianoforte Opus 102 di Stephen Paulello è particolarmente adatto alla lettura di Debargue. Ma sarebbe un grave errore limitarsi a questa prima impressione, perché c’è anche una sottigliezza costante. Questa è un’integrale che non scavalca necessariamente le altre, ma s’impone per l’originalità e una profonda onestà. Jacques Bonnaure, Diapason NEWSLETTER Musicale è la newsletter settimanale di Giovanni Ansaldo su cosa succede nel mondo della musica. Esce ogni lunedì. Per riceverla: internazionale.it/newsletter

KAIO CESAR

Beyoncé Cowboy Carter Columbia ●●●●● Questo è il secondo capitolo dell’odissea in tre atti di Beyoncé. Pieno d’intermezzi e parti parlate, a volte Cowboy Carter sembra eccessivamente impegnato nel costruire una narrazione a scapito dell’ispirazione. Ci offre 79 minuti comunque ricchi di spunti interessanti. Arrivato dopo cinque anni di studio negli archivi della musica country statunitense, l’album è inteso sia come continuazione di Renaissance del 2022 sia come momento autonomo. Beyoncé ricontestualizza la musica country come una forma d’arte che attinge da tradizioni che vanno ben oltre quello che i guardiani bianchi del genere vorrebbero farci credere. Il disco suona come un teatro di rivista: insieme alla cantante texana sotto i riflettori ci sono pionieri del country (Dolly Parton, Willie Nelson e la mai abbastanza celebrata Linda Martell), provocatori pop (Miley Cyrus, Pharrell Williams), il gigante del crossover Post Malone e artisti emergenti del country nero Tanner Adell e Shaboozey. Il sipario si apre con la potente Ameriican requiem: Beyoncé non perde tempo nell’esporre le sue credenziali nazionali e polemizzare con la parte più tradizionalista del paese. Le questioni familiari dominano la prima parte del lavoro: il divorzio dei genitori (16 carriages) e la crescita delle figlie (Protector). Nella rielaborazione creativa di Jolene di Dolly Parton, più che supplicare l’amante del marito Beyoncé mostra i denti. È nei momenti fuori copione che l’album funziona me-

BLAIR CALDWELL (PARKWOOD ENTERTAINMENT)

Album

Mace MĀYĀ Universal

Empress Of Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Pop Un paese forgiato dalla poesia Nina Strochlic ra una buia sera di febbraio quando un giovane professore di matematica somalo ha deciso di pubblicare una poesia su Facebook. Seguendo la tradizione dei suoi antenati, portatori di una cultura orale fino a un passato ancora recente, l’ha pronunciata ad alta voce, scandendo il ritmo:

E

Quando ho capito che non ci sono né pozzi scavati per voi né soccorritori in arrivo e che i leader eletti per servire la nazione hanno corrotto ogni risorsa;

NINA STROCHLIC

è una giornalista statunitense che racconta le migrazioni, i conflitti e le persone interessanti incontrate in tutto il mondo. Ha collaborato con National Geographic. Questo articolo è uscito sul giornale culturale statunitense Noēma con il titolo A country shaped by poetry.

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Poi ha caricato la registrazione sul suo profilo. Nel Somaliland recitare poesie era un passatempo comune tra gli uomini che guidavano carovane di cammelli e le donne che tessevano stuoie per coprire le capanne dai tetti a cupola. Proprio come le vite dei nomadi che le declamavano, anche le poesie erano cicliche. Spostandosi, i cantori si portavano appresso animali e poesie. A ogni tappa di quella migrazione annuale, le donne ripetevano i versi mentre costruivano le abitazioni di paglia e gli uomini li recitavano portando le greggi ad abbeverarsi. Ma le poesie avevano anche una funzione pubblica: potevano essere usate per difendere un caso davanti a un giudice o per risolvere un conflitto tra due famiglie. E quei versi avevano una forza che poche altre nazioni potevano capire. Nel Somaliland, una regione autonoma situata nella punta settentrionale della Somalia, la poesia aveva scatenato guerre, rovesciato governi e spianato strade verso la pace. La voce del professore di matematica, accompagnata da una fotografia che lo ritraeva su una spiaggia burrascosa, proseguiva: quando ho visto parlamentari che invece di servire la nazione, temere Allah, essere vicini alle persone più deboli, che si erano riunite sotto il sole cocente per votarli quando avevano avuto bisogno di loro; raggiunto il loro scopo, hanno dimenticato i diritti della gente,

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tradito le loro promesse diventando affaristi vendendo la loro dignità e le vostre risorse naturali.

Xasan Daahir Ismaaciil scriveva poesia nel tempo libero con lo pseudonimo Weedhsame. Quella sera del 2017, mentre declamava quei versi , non sapeva ancora che il suo nome sarebbe entrato nella rosa dei poeti riveriti nel paese come saggi dei tempi moderni. Non era consapevole di aver appena avviato un dibattito poetico, e che quel dibattito avrebbe scosso la nazione. questa poesia inquieta come un canto per gli agnelli questa poesia che geme la responsabilità mi impone di parlare a voi le circostanze impongono di ascoltare.

Quando aveva finito, il testo superava i trecento versi e il video durava più di dieci minuti. Cominciando a scrivere poesia, da adolescente, Weedhsame aveva avuto la sensazione di liberare qualcosa che portava da sempre dentro di sé. I suoi primi testi parlavano di amore, anche se non aveva mai avuto una ragazza. Il ritmo lo attirava più delle parole. Ma quando aveva preso a scrivere di corruzione, tasse, cattiva gestione delle risorse e nepotismo, le parole erano sgorgate. Non era strano: nella società somala poesia e politica s’intrecciavano. Per un poeta denunciare le ingiustizie che vedeva era considerato un dovere. E nel Somaliland le ingiustizie non mancavano, a partire da quelle imposte dal mondo esterno. Dato che poche nazioni avevano riconosciuto l’autonomia di quel piccolo territorio, il suo popolo era escluso dalle istituzioni internazionali. L’isolamento era cominciato ufficialmente nel 1991, quando una guerra civile aveva portato alla separazione del Somaliland dalla Somalia. In realtà, si trattava del ritorno a una frontiera tracciata dai colonizzatori britannici e italiani alla fine dell’ottocento, con la creazione del Somaliland britannico (1884) e della Somalia italiana (1889). Dopo la guerra e la conquista di una parziale indipendenza, nel Somaliland le ingiustizie erano diventate meno visibili, senza però sparire. Le persone si lamentavano della corruzione, del nepotismo e

GABRIELLA GIANDELLI

della repressione. I soldi degli aiuti esteri finivano nelle tasche dei politici, e la musica e il teatro che avevano reso celebre il Somaliland erano presi di mira da leader religiosi ultraconservatori. Gli esempi di quelle ingiustizie erano ovunque. Così, quando Weedhsame cominciò a scrivere poesia, fece quello che generazioni di poeti avevano fatto prima di lui: si guardò intorno. All’inizio i suoi testi sulla corruzione non suscitarono molta attenzione. Anni dopo, però, sarebbero stati imparati a memoria da una generazione alla disperata ricerca di qualcuno che dicesse la verità.

essuno sa dire a quando risalga il primo dibattito poetico del Somaliland. Per secoli, la poesia è stata presente in ogni aspetto della vita delle persone. Si potrebbe riempire un’intera enciclopedia con le norme poetiche racchiuse nella mente dei poeti somali. Ci sono stili per i componimenti d’amore e stili usati nei testi nazionalisti durante la lotta per l’indipendenza; stili pensati per essere accompagnati dall’oud, uno strumento a corde mediorientale; e un metro più breve e rapido riservato alle donne.

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Pop

Storie vere L’abbondante pioggia caduta al Woburn safari park, un parco zoologico nel Regno Unito, ha formato un grande stagno nello spazio occupato dagli orsi bruni. Il custode Tommy Babbington ha avuto un’idea per farli divertire: ha messo un pedalò a forma di cigno nell’acqua. “L’orso bruno è il più diffuso nelle foreste del Nordamerica”, ha spiegato la Bbc, “una zona dov’è improbabile trovare gigantesche imbarcazioni di plastica”. Eppure agli orsi il pedalò è piaciuto molto, e hanno cominciato a salirci sopra per giocare. “Cerchiamo sempre d’inventare modi per arricchire l’habitat degli animali con nuovi stimoli”, ha detto Babbington.

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A metà dell’ottocento, quando l’esploratore britannico Richard Burton raggiunse la punta del Corno d’Africa, scoprì con stupore che ogni capo somalo aveva un suo poeta personale, incaricato di esaltare la sua figura e di difendere l’onore del clan. “È sorprendente che un dialetto privo di scrittura possa essere tanto ricco di poesia ed eloquenza”, osservò mentre si trovava in quello che è l’attuale Somaliland. “Il paese brulica di ‘poeti, poetastri, poetucoli e poetacci’: la posizione di ognuno in letteratura è accuratamente definita, come fosse stato oggetto di un secolo di recensioni”. Negli anni il popolo somalo provò diciotto diversi sistemi di scrittura, ma la storia e la cultura continuarono a essere tramandate oralmente e memorizzate attraverso canzoni, poesie e testi teatrali. Solo nel 1972 la lingua somala adottò una forma scritta standardizzata. Per oltre un secolo, il Somaliland ha sofferto a causa del colonialismo, della dittatura, della guerra civile e della crisi economica. A volte le tensioni erano così forti che sembravano esplodere sotto forma di versi. Mentre i giornalisti erano spesso messi a tacere, i poeti erano più liberi di esprimere pubblicamente le loro rimostranze e di vederle diffondersi. Una poesia poteva ispirarne un’altra, e poi un’altra e un’altra ancora. Quando un dibattito – chiamato Silsilad (catena) – era al culmine, poeti vicini e lontani intervenivano con i loro versi, declamando i componimenti in pubblico e affidandosi alla memoria dei presenti perché li facessero circolare. In seguito la tecnologia gli avrebbe permesso di registrarli su cassetta e distribuirli nella diaspora, dove sarebbero stati copiati e condivisi. Quando Weedhsame ha pubblicato la sua poesia su Facebook, erano passati decenni dall’ultimo dibattito poetico nel Somaliland, che secondo alcuni aveva gettato le basi per il rovesciamento della dittatura. Nel 2017 il parlamento doveva decidere se permettere agli Emirati Arabi Uniti di costruire una base militare nella città portuale di Berbera. Con sgomento, Weedhsame ha visto la proposta passare senza una vera discussione. Si è chiesto se dietro ci fosse stato un giro di mazzette. Sentendosi frustrato e impotente, ha pensato ai suoi figli, al loro futuro, e si è messo a scrivere. La poesia, intitolata Il querelante, si presentava come un dramma giudiziario in cui lui stesso accusava il governo di corruzione. A differenza dei poeti del passato, Weedhsame non si è nascosto dietro allegorie o metafore. Il querelante era il componimento più esplicito che avesse mai scritto. Da matematico, Weedhsame odiava fare affermazioni che non poteva dimostrare, ma per lui quel voto era stato troppo. Weedhsame sapeva che la poesia era in grado di smuovere emozioni più di altre forme di protesta. Ma fu comunque sconvolto quando il testo è diventato virale. Aveva sfogato le sue frustrazioni senza

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realizzare che migliaia di somali in tutto il mondo provavano le stesse emozioni. Mentre le visualizzazioni aumentavano a colpi di decine di migliaia, dal Canada ad Abu Dhabi le persone lasciavano commenti sotto il suo post. L’hanno chiamato candidati alle presidenziali e leader dei partiti di governo e di opposizione, alcuni per ingraziarselo, altri per lamentarsi, altri ancora per minacciarlo e tentare di corromperlo. Weedhsame non poteva camminare per strada o andare in giro in macchina senza ricevere commenti entusiasti. Il suo telefono squillava continuamente. Negli Stati Uniti il poeta Cabdullaahi Xasan Ganey, suo amico, ha visto la poesia e ha deciso di rispondere. Sarebbe intervenuto come testimone dell’accusa in un’aula di tribunale allestita online da Weedhsame. Ha scritto un lungo componimento su come il paese fosse stato tradito dai suoi politici: Gli oppressi hanno detto: “Per quanto amara, la verità è necessaria: voi cedete gli aeroporti, mettete in vendita i porti, esportate i minerali, o fate da intermediari; disorientate la gioventù, la vendete ai trafficanti. In nome di Allah, vi siete messi in pericolo; siete privi di coscienza”.

In un dibattito ci devono essere almeno due parti, e ben presto è intervenuto un altro poeta, Daaha Cabdi Gaas, prendendo le difese del governo e chiamando Weedhsame e Ganey traditori che negavano lo sviluppo economico del paese: Nella mia mente e nel mio cuore spirituale è come se ai poeti fosse stato detto che la poesia ha lo scopo di attaccare ingiustamente il governo; sappiate che è una tragedia e un guaio usare la poesia come una lama affilata.

Dopo di lui un altro poeta ha impersonato un giudice che dava ragione a Weedhsame. Ben presto si sono moltiplicate le reazioni e i commenti al post. Weedhsame aveva riportato in vita una tradizione che risaliva ai suoi antenati: il dibattito poetico. La poesia somala è quasi sempre metrica e allitterativa, con versi che ruotano intorno a una sola lettera. Il querelante usava la m, e chi interveniva doveva seguire quella struttura, tanto che il dibattito poetico prese il nome di Miimley (quello in m). Mentre la diffusione delle catene precedenti, che dipendevano dalle cassette, era stata lenta e costante, quella del Miimley è stata fulminea. Nei due mesi seguenti Weedhsame si è occupato di coordinare la pubblicazione delle poesie, controllando che non ci

fossero riferimenti a rivalità etniche prima di condividere le ultime reazioni sulla sua pagina Facebook. “Abbiamo adottato la poesia come lingua per trasmettere questioni d’importanza vitale”, spiega Weedhsame. “Siamo ancora una società orale. Dipendiamo dalle parole recitate dai nostri poeti”. uando Radio Hargeisa fu lanciata, nel 1941, non aveva niente da mandare in onda. La poesia e la musica somale non erano praticamente mai state registrate, ma la necessità di avere una programmazione cambiò tutto. Secondo alcuni ricercatori, il 1941 fu l’anno in cui la poesia somala fu registrata per la prima volta. Prima ancora di trasmettere canzoni, Radio Hargeisa diffondeva poesia. L’archivio dell’emittente – una stanza nel centro di Hargeisa, piena di scaffalature alte fino al soffitto – è di fatto un archivio della storia somala. Quando nel 1988 scoppiò la guerra civile, chi lavorava in radio si diede da fare per salvare l’archivio, trafugando le cassette fuori città o sotterrandole sotto l’edificio. Dopo la guerra, il nuovo ministero dell’informazione cominciò a raccogliere il materiale che trovò in città. Oggi, quelle cassette sono la più ampia col lezione storica in possesso del governo del Somaliland. Il Centro culturale Hargeisa si è invece dedicato a recuperare quelle sparse nel mondo. Le cassette tappezzano i muri del centro. L’archivista è una studente di 21 anni, Hafsa Omer, che cerca di tenere insieme gli studi di psicologia, l’impegno nella squadra di pallacanestro locale e il lavoro di catalogazione delle poesie e delle canzoni dei suoi antenati. Nel Somaliland in cui è cresciuta Omer, la guerra era al centro di tutto. La vicina Somalia è stata a lungo considerata uno stato fallito dalla comunità internazionale. Il Somaliland offre poche opportunità a chi vuole produrre cultura. L’ascolto di quelle cassette ha aperto gli occhi a Omer. “Mi ero fatta l’idea che i somali non fossero svegli, che non fossero capaci di far cominciare qualcosa”, spiega. Scoprendo i dibattiti poetici che avevano agitato la generazione dei suoi genitori, ha cambiato idea. “All’epoca pensavano a noi, immaginavano il mondo come sarebbe stato dopo cinquanta o settant’anni”. Dall’archivio online che ha costruito nel corso degli anni, Omer seleziona una cassetta. Comincia con una poesia, seguita dalla morbida cadenza di un conduttore radiofonico: “Sono Xasan Mohamed, e qui con me c’è Yusuf Shaacir per parlare delle poesie del Siinley” Il poeta Yusuf Shaacir aveva imparato a memoria ogni testo del Siinley (quello in s), un dibattito poetico che si era svolto agli inizi degli anni settanta del novecento. Shaacir ricostruiva la storia di quel dibattito inframmezzandola di versi che conosceva a memoria. Il Siinley, spiegava, nacque spontaneamente da una canzone contenuta in uno spettacolo scritto da Cabdi Aadan Xaad, noto come Cabdi Qays. In

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GABRIELLA GIANDELLI

quella canzone, Qays si chiede dove si trovi l’aldilà: nelle stelle, sulla terra, tra le montagne? La canzone risvegliò qualcosa in Mohamed Ibrahim Warsame, detto Hadraawi, considerato il padre della poesia somala. Dal 1969 la Somalia, che all’epoca comprendeva il Somaliland, era governata da Mohamed Siad Barre, brutale dittatore che esercitava il suo potere attraverso un sistema chiamato “socialismo scientifico”. Hadraawi interpretò l’aldilà su cui s’interrogava Qays come una forma di ricerca della libertà e della giustizia, una via di fuga dalla repressione. La canzone gli sembrava offrire lo spunto per una discussione sul governo, e decise di rispondere con una poesia. Cominciò così uno scambio poetico tra Qays, che nel frattempo si era trasferito a Gibuti, e Hadraawi, che viveva a Mogadiscio, in Somalia. Ben presto il simbolismo e l’allegoria presero il sopravvento. “Io mi chiedo: è carne il tendine? È ricchezza la carità?”, scriveva Qays in uno dei testi. “Il dito medio è uguale al pollice?”. Evocava una storia raccontata dalle loro madri, che parlava di un cammello con una casa sulla groppa. Si chiedeva se i gemiti di dolore potessero dare vita a una canzone. Ben presto da Gibuti, Mogadiscio e Hargeisa venti poeti si unirono allo scambio, offrendo criptiche visioni personali sullo stato della nazione. C’erano stati altri dibattiti poetici prima di allora. All’inizio del novecento la catena Halac dheere si era interessata all’etica dell’ospitalità tra due clan. Era durata quasi dieci anni, coinvolgendo otto poeti. In quei versi, uno dei clan era stato definito avido, cosa che aveva lasciato una macchia indelebile sulla sua reputazione. Qualche decennio dopo, la catena Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Pop Guba (quello che brucia) aveva coinvolto due generazioni di poeti nell’arco di quasi trent’anni, ed era stata accusata di aver fomentato due guerre tribali. “La bocca è una lama tagliente”, avrebbe detto in seguito uno dei poeti. Ma la catena del Siinley era diversa. I suoi versi erano talmente avvolti in simboli e codici che pochi capivano esattamente di cosa parlassero. Di amore? Di politica? Era una gara a chi possedeva il vocabolario più ricco? Perfino alcuni dei poeti sembravano non cogliere i temi su cui si esprimevano. Un partecipante paragonò le poesie a una tempesta di sabbia, confessando di non capirne l’esatto significato. Dietro il velo della metafora, toccavano gli argomenti più scottanti del momento, come l’unificazione del popolo somalo in una sola nazione. Era tutto jaantaa rogan (che in somalo letteralmente significa scarpa rovesciata), cioè privo di direzione. Vent’anni dopo, ritrovandosi a una conferenza a Gibuti, quei poeti si sarebbero chiesti quale fosse il senso delle rispettive poesie. Ma nonostante quell’opacità, la dittatura aveva capito che una poesia dalle parole forti poteva minacciare il suo potere e le cassette furono rapidamente vietate. Durante il programma, il conduttore osservava che, nonostante il caos, la repressione del governo aveva permesso di rivelare il vero senso di quelle poesie: “Molte persone pensano che il Siinley abbia aperto la strada alle critiche contro il governo”. Hadraawi fu arrestato e messo in carcere, dove sarebbe rimasto cinque anni. Ma era troppo tardi. I cittadini somali ascoltavano le cassette al riparo sotto le coperte e le nascondevano nel tetto di casa prima di passarle ad amici. Erano “assetati di voci critiche verso il governo”, spiegava il poeta Shaacir durante l’intervista radiofonica. “Ciò che dà senso a una poesia è la comunità che l’ascolta. E ogni comunità la interpreta secondo i suoi bisogni. Il Siinley era qualunque cosa servisse alla persona che lo ascoltava”. E poco dopo diede vita a un dibattito poetico così potente da rovesciare il governo. reare un archivio di tradizioni orali è un po’ come cercare di acchiappare le foglie mentre cadono da un albero. La sfida è stata raccolta da Abdirahman Yusuf Ducaale, il cronista non ufficiale del Somaliland. Tra la fine degli anni ottanta e la caduta di Barre nel 1991, Ducaale ha combattuto nella guerra per l’indipendenza del Somaliland, interrompendo il suo lavoro di raccolta per poi riprenderlo da ministro dell’informazione del nuovo governo. La sua casa, in una zona tranquilla e sabbiosa di Hargeisa, è piena di fogli, ritagli di giornale, verbali di riunioni, fotografie, cassette e film. Ci sono perfino i bastoni che un tempo hanno sostenuto i leader del Somaliland. Una collezione che ripercorre a grandi linee la storia della nazione. La produzione letteraria di Ducaale occupa un

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tavolino nel suo salotto: libri su poeti famosi e oscuri, sulla guerra e sulla pace. In questo momento sta dettando il suo ultimo volume a uno studente dato che, a 75 anni, la sua vista comincia ad annebbiarsi. Quando Ducaale decide di scrivere un libro, comincia da zero. Per la biografia del suo poeta preferito, un contadino analfabeta di nome Timacadde, è andato di casa in casa, raccogliendo i versi imparati a memoria da chi viveva nel suo villaggio. Cerca un video su YouTube e lo mette, accompagnando i versi. “Con una voce simile, Timacadde penetrava nelle orecchie della gente”, spiega. Ogni poeta aveva una melodia che lo contraddistingueva. Quando un poeta non aveva una voce abbastanza potente, poteva assumere dei cantanti professionisti per assicurare la diffusione dei suoi testi. “Abbiamo usato la poesia in tempi di guerra, l’abbiamo usata in tempi di pace, l’abbiamo usata per combattere il colonialismo”, spiega Ducaale. “Per questo era in costante evoluzione”. Per scrivere Deelley: una profezia che si è avverata, il suo libro sul più importante dibattito poetico del Somaliland, ha rintracciato tutte le decine di poeti coinvolti, inviandogli un questionario. I risultati della sua ricerca riempiono 468 pagine. Quel dibattito cambiò il Somaliland per sempre. Nel 1979 il poeta Maxamed Xaashi Dhamac, noto come Gaarriye, pubblicò un testo intitolato Il tribalismo non offre alcun rifugio. La società somala è fondata su una serie di complessi alberi genealogici legati a cinque clan, i quali a loro volta discendono da due fratelli. Questo sistema alimenta conflitti e dinamiche politiche. Alla fine degli anni settanta, il governo di Siad Barre decise di contrastare il potere di quelle alleanze tribali lanciando un dibattito, e incaricò Gaarriye di avviarlo. La poesia di Gaarriye, che in somalo comincia con la parola dugsi, diede il via a una catena allitterativa basata sulla lettera d. Una cinquantina di poeti contribuì alla catena, che fu ribattezzata Deelley (quello in d). In sei mesi le poesie arrivarono a essere quasi settanta e il governo ritirò il suo sostegno all’iniziativa. A differenza di quel che era successo qualche anno prima con il Siinley, ora nessuno si nascondeva. Ben presto le poesie furono rivolte contro il governo. “Per la prima volta le persone criticavano apertamente il regime”, ricorda Ducaale. Non volendo imprigionare i poeti, rischiando l’impopolarità, Barre organizzò una cerimonia di premiazione al teatro nazionale. Distribuendo medaglie, pensò, avrebbe fatto capire che il dibattito era finito. Il piano fallì: un anno dopo, il Deelley era ancora in corso. L’anno seguente, nel 1982, nacque il Movimento nazionale somalo, che sarebbe diventato la principale forza di opposizione durante la guerra civile scoppiata alla fine degli anni ottanta. “Fu come una prova generale della lotta armata”, osserva Ducaale. “Un modo con cui le persone potevano provare a esprimersi davanti al dittatore e criticarlo”.

ggi, i poeti più anziani ricordano l’e­ poca in cui poesia e politica cospira­ rono insieme per costruire una nuo­ va nazione. Dopo una brutale guerra civile durata tre anni, nel 1991 la dittatura finì e il Somaliland si se­ parò dalla Somalia per formare un suo governo. Al­ cuni poeti si fecero avanti per aiutare a risolvere an­ tiche rivalità e trovare una strada verso la pace. Erano una decina, noti come i poeti della riconci­ liazione. Oggi Jamac Cali Xassan, detto Gaashaan­cade, ha i capelli grigi e cammina con un bastone. Ricorda i giorni in cui i leader tradizionali si riunirono per eleggere il primo presidente, mentre i poeti si riuni­ vano per recitare i loro versi. Erano molto amati. I politici invitavano Xassan nelle loro case e le casset­ te con le sue poesie erano spedite ai somali della diaspora. Quando la conferenza ufficiale sulla riconcilia­ zione finì, gli fu chiesto di restare e registrare casset­ te. Passò più di due mesi seduto in una stanza a reci­ tare a memoria le sue poesie mentre venivano regi­ strate, anche dieci alla volta. “La poesia ci dice chi siamo, è la nostra letteratura, è la nostra cultura”, spiega. “Voglio che le persone usino questa cultura”. I poeti del Somaliland sono guide con una re­ sponsabilità sociale pesante. Weedhsame, che oggi ha quarant’anni, sa che quasi nessuno presta atten­ zione alle lezioni della storia. Nella sua cultura, que­ ste lezioni sono ancora trasmesse attraverso la poe­ sia: le persone si rivolgono ai poeti per analizzare la società e rivelare ciò che è nascosto. “Ogni poeta è in un certo senso un politico”, so­ stiene Weedhsame. “I poeti non hanno posizioni politiche ma sono le voci della società”. I suoi predecessori speravano che le loro poesie si sarebbero diffuse naturalmente grazie alle cassette. Oggi Weedhsame condivide i suoi testi con le 314mi­ la persone che lo seguono su Facebook. Scrivendole, si allontana dalla tradizione orale e al tempo stesso la preserva. E i suoi follower prestano attenzione. Quando il Miimley si è concluso, oltre novanta poeti avevano contribuito con circa centoventi poe­ sie ufficiali e no. Aveva coinvolto più poeti e prodotto più testi di ogni altro dibattito, molto velocemente. Circa sei mesi dopo, il Somaliland ha eletto un nuo­ vo presidente. I candidati hanno discusso di corru­ zione, risorse naturali, riconoscimento internazio­ nale, tutti temi sollevati dal dibattito poetico. Muse Bihi Abdi, che poi ha vinto, ha voluto perfino incon­ trare i poeti per parlare delle loro osservazioni. Quel riconoscimento è stato una soddisfazione per Weedhsame. “Hanno capito che una generazio­ ne di giovani poeti è in grado di organizzarsi”, dice, “e che possiamo influenzare i voti della gente”. Weedhsame sa che la corruzione contro cui si è battuto infesta ancora la politica, ma per lui quel di­ battito ha ricordato ai politici che non possono igno­ rare la poesia. I poeti sono riusciti a lungo ad avanza­ re delle critiche, anche se mascherare le loro opinio­

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GABRIELLA GIANDELLI

ni sotto forma di versi non sempre li ha protetti. Du­ rante il regime autoritario di Barre, alcuni furono arrestati, uccisi. Altri ancora accettarono soldi dal governo e restarono in silenzio o aderirono alla linea del partito. “La poesia permette alle persone di dire cose che altrimenti non potrebbero esprimere”, scrive Chri­ stina Woolner, un’esperta di poesia somala dell’uni­ versità di Cambridge, nel Regno Unito, in uno studio sul Miimley di prossima pubblicazione. “E così crea uno spazio per un bilancio collettivo della sfera de­ mocratica del Somaliland di oggi e di domani”. Ogni generazione porta un nuovo sguardo alle abitudini della generazione precedente, compreso il modo di fare poesia. Per catturare l’attenzione sem­ pre più sfuggente delle persone, gli stili poetici di oggi prediligono versi più corti e dinamici. Anche le parole cambiano, ora che le tribù nomadi s’insedia­ no nelle città e che i dialetti cedono il posto a una lingua più uniforme. Ma ogni nuova poesia immette una cultura orale nel mondo moderno. Negli ultimi anni il governo del Somaliland ha represso la libertà di espressione im­ prigionando un gran numero di poeti e di giornalisti. La loro persecuzione ha però ispirato proprio quello che il governo sperava di soffocare: un dibattito poe­ tico. È intitolato Liinta xoorka leh, dal nome di una bevanda servita ai detenuti nelle carceri del Somali­ land, tra cui ci sono appunto poeti e giornalisti. Il dibattito non è durato a lungo, e non ha suscitato la stessa attenzione del Miimley, ma è stato un fatto nuovo e importante. Una nuova tappa in una lunga e onorata tradizione. u fs Internazionale 1557 | 5 aprile 2024

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Economia e lavoro

ED JONES (AFP/GETTY)

New York, Stati Uniti, 5 novembre 2021

STATI UNITI

Nella vita non c’è solo il lavoro Greg Ip, The Wall Street Journal, Stati Uniti Dopo la pandemia di covid-19 c’è stato un cambiamento profondo: per molte persone l’occupazione non è più l’unica cosa che conta ggi il mercato del lavoro statunitense è in una situazione paragonabile al periodo precedente alla pandemia. La disoccupazione è altrettanto bassa, la quota di adulti nella forza lavoro altrettanto alta e i salari crescono, al netto dell’inflazione, più o meno allo stesso ritmo. Sotto la superficie, però, tutto è cambiato profondamente. Carriera e lavoro non sono centrali nella vita degli statunitensi, che vogliono più tempo per se stessi e la famiglia e più flessibilità su quando, dove e come lavorare. Gli effetti sono già visibili. C’è una persistente carenza di personale, soprattutto per i lavori considerati meno invitanti, per esempio perché richiedono una presenza o orari fissi. Questo ha alterato il potere negoziale di datori di lavoro e dipendenti, costringendo i primi ad adattarsi non solo pagando salari più alti, ma anche dando la

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priorità alla qualità della vita consentita dall’offerta di lavoro. Certo, se dovesse aumentare la disoccupazione, parte del potere negoziale dei dipendenti potrebbe sfumare. Altre cose però resteranno. Storicamente i frutti della crescita economica sono divisi tra il capitale e il lavoro. Una parte della quota che tocca al lavoro assume la forma di servizi: orari più brevi, più benefit, più stabilità e più vantaggi. Nel mercato attuale questi servizi sono sempre più centrali nelle richieste dei dipendenti e nelle offerte delle aziende.

Postazioni virtuali Come le guerre vissute dalle generazioni passate, la pandemia è stata una pietra miliare, perché ha modellato sia le vite sia i mezzi di sostentamento della generazione attuale. Il covid-19 ha influito sulla capacità di lavorare di milioni di persone, che sono morte, si sono ammalate o sono state costrette a fermarsi per evitare il virus o per prendersi cura dei familiari. Inoltre, il virus ha spostato decine di milioni di lavoratori da postazioni materiali a postazioni virtuali. Alcuni si sono sentiti liberi ed entusiasti della situazione, altri si sono

sentiti isolati e l’hanno odiata. Alcuni hanno provato entrambe le sensazioni. In tutti i casi, il risultato è stato un indebolimento dell’attrazione esercitata dal posto di lavoro: secondo un sondaggio, nel 2017 era molto importante per la definizione della propria identità per il 24 per cento delle persone; nel 2021 la quota era scesa al 17 per cento. Il punto non è che la gente odia il lavoro o il capo. È solo che ci sono cose più importanti, e questo si manifesta in molti modi: i lavoratori sono più propensi a prendersi i giorni di ferie a cui hanno diritto, un giorno di malattia quando si ammalano e tutti i congedi parentali che i datori di lavoro (sempre più accomodanti) sono disposti a offrire. Espressioni diffuse come “abbandono silenzioso” o “lavora in proporzione al tuo stipendio” colgono in pieno questi atteggiamenti, spesso attribuiti alla generazione Z (le persone nate tra la fine degli anni novanta e gli anni dieci del nuovo secolo). Questo è ingiusto. Gli anziani hanno cominciato a lamentarsi dei giovani giudicandoli presuntuosi e poco seri fin dai tempi di Aristotele e da allora non hanno più smesso. Oltretutto la generazione Z deve affrontare carichi che i loro genitori non avevano, non ultima la seccatura del covid-19. Molti giovani genitori sono stati costretti a restare a casa con un bambino piccolo febbricitante a causa di politiche di tolleranza zero a scuola e nei servizi educativi. Inoltre, cosa ancora più importante, questa tendenza non è limitata ai giovani. L’economista Yongseok Shin, della Washington university di St. Louis, e due suoi colleghi hanno rilevato che dopo la pandemia l’offerta di lavoro è crollata drasticamente a causa di una minore partecipazione alla forza lavoro e del minor numero di ore lavorate da chi era ancora in attività. La partecipazione alla manodopera si è complessivamente ripresa, e lo stesso vale per le ore di lavoro delle donne. Nel 2023, però, gli uomini hanno lavorato trenta ore in meno rispetto al 2019, e questo calo si è concentrato soprattutto tra i laureati ad alto reddito. Shin ha una teoria: questi uomini erano quasi tutti stacanovisti, lavoravano di più e percepivano uno stipendio più alto rispetto alla maggior parte dei colleghi; poi all’improvviso il lavoro da remoto gli ha permesso di ridurre le ore senza rimetterci. “Con la pandemia pensi: ‘Sto andando fuori di testa, voglio

Turni fissi La ritrovata consapevolezza dei lavoratori influisce sull’economia. A dicembre negli Stati Uniti il 5,4 per cento dei posti era va­ cante e a gennaio il 40 per cento delle pic­ cole imprese aveva almeno una posizione scoperta. I più colpiti sono i posti che ri­ chiedono la presenza con turni fissi. Nel settore del tempo libero e dell’ospitalità, dal 2019 a oggi le retribuzioni per mansio­ ni non dirigenziali sono aumentate dell’8 per cento in più rispetto alla media, e que­ sto può essere considerato un premio per persone che devono lavorare in presenza e in orari fissi. La prevalenza del lavoro da remoto è evidente nei grattacieli semi­ vuoti nei centri delle città. Le aziende hanno fatto pace con il la­ voro da remoto. Christian Ulbrich, ammi­ nistratore delegato del gruppo edilizio Jll, ha dichiarato che l’azienda vuole che tutti i lavoratori sentano di far parte di una squadra. Allo stesso tempo, però, ritiene che la presenza fisica sia importante per le mansioni di cui non è facile misurare la produttività. All’inizio della sua carriera, ha detto, ha avuto “la possibilità di sedere accanto al capo e ascoltare le sue conver­ sazioni telefoniche. Quello che ho impa­ rato in quel periodo è straordinario”. È anche vero, però, che se la presenza fisica non è più importante allora è meglio esternalizzare il lavoro. “Nel settore fi­ nanziario, se una persona lavora senza andare in ufficio, perché non assumere qualcuno in India o nelle Filippine?”, ha detto Ulbrich. All’inizio dell’anno la Ups ha licenziato dodicimila persone in tutto il mondo, soprattutto dirigenti, e ha ordina­ to agli altri di tornare in ufficio cinque giorni alla settimana. L’anno prossimo sono previsti altri tagli simili. Ma è impro­ babile che la minaccia del licenziamento susciti nei dipendenti la stessa sottomis­ sione di un tempo. Molti hanno scoperto che ci sono cose più importanti del lavoro e pur di averle sono disposti ad accettare molte sfide, compresa la minaccia di per­ dere il posto. u gim

CINA

GERMANIA

Dal telefono all’auto elettrica

Le prime navi ecologiche

Il produttore di smart­ phone cinese Xiaomi ha annunciato il lancio del suo primo modello di au­ to con motore elettrico. La Su7, scrive la Cnbc, sarà venduta a 215mila yuan (trentamila dollari), meno dei 245mila yuan chiesti per la Model3 del­ la Tesla. La Xiaomi, tut­ tavia, ha riconosciuto che il prezzo della Su7 non permette di compensare i costi di produzione. Do­ po l’annuncio l’azienda ha ricevuto ordini per cinquantamila vetture in appena 27 minuti. Le consegne dovrebbero co­ minciare alla fine di apri­ le. Secondo l’amministra­ tore delegato Lei Jun, la Xiaomi è in grado di pro­ durre una Su7 ogni 76 secondi. NEWSLETTER Economica è la newsletter settimanale a cura di Alessandro Lubello che racconta cosa succede nel mondo dell’economia. Per riceverla: internazionale.it/newsletter

Amburgo, Germania, 28 marzo 2024

AXEL HEIMKEN (PICTURE ALLIANCE/GETTY)

un migliore equilibrio tra lavoro e vita pri­ vata’”, dice Shin. “Se sei l’unico a provar­ ci, hai paura di essere tagliato fuori da promozioni e bonus. Ma se ti rendi conto che tutti quelli intorno a te stanno facendo lo stesso, ti senti più sereno quando cerchi di ristabilire un equilibrio tra lavoro e vita privata”.

Il 28 marzo è partita dal porto di Amburgo la prima nave portacontainer tedesca alimentata con metanolo ricavato dalle biomasse, un carburante in grado di contenere sensibilmente le emissioni di gas serra, scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung. La Ane Maersk, un’imbarcazione della compagnia danese Maersk in grado di trasportare 16.600 container, dovrebbe permettere di ridurre le emissioni di anidride carbonica fino a 280 tonnellate al giorno. Entro la fine del 2024 la Maersk vuole dotarsi di otto navi a metanolo, che consentirebbero di “evitare una quantità di emissioni superiore a quella prodotta da una città come Copenaghen”. u

Micro Stefano Feltri

Batteria scarica Per mesi gli investitori hanno seguito in modo quasi ossessivo tutti gli in­ dicatori dell’inflazione: i segnali di un raffredda­ mento dei prezzi – o perfi­ no di una recessione – fa­ cevano salire le borse, per­ ché indicavano che le ban­ che centrali avrebbero presto ridotto i tassi d’in­ teresse. Oggi la stessa attenzio­ ne un po’ morbosa è riser­ vata alle vendite di auto elettriche. Il 2024 è partito fiacco sia per la statuniten­

se Tesla sia per la cinese Byd, le due aziende che si contendono il primato di produttori di auto con mo­ tore elettrico. Nei mesi scorsi un po’ tutti i grandi gruppi automobilistici avevano cominciato a ri­ durre i prezzi per cercare di guadagnare quote in un mercato in crescita ma che si regge ancora molto sugli incentivi pubblici alla do­ manda. Il problema è proprio che quella domanda non decolla o, almeno, non

quanto si sperava. Nel 2023 l’industria automobi­ listica mondiale ha pro­ dotto 10,5 milioni di auto elettriche, e in base alle proiezioni attuali dovreb­ be fabbricarne diciotto milioni nel 2025. Ma non è affatto chiaro se ci sarà qualcuno disposto a com­ prarle. L’auto elettrica è solo una bolla? No, perché è decisiva per la transizione ecologica. Ma i produttori dovranno ridurre i prezzi. Parecchio. u

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Scienza GEOFISICA

La crisi climatica fa sballare gli orologi Elizabeth Gibney, Nature, Regno Unito Lo scioglimento dei ghiacci polari sta modificando la forma della Terra e alterando la sua velocità di rotazione, facendo saltare i complessi calcoli che determinano l’ora esatta l cambiamento climatico comincia ad alterare la nostra misurazione del tempo. Secondo uno studio pubblicato su Nature lo scioglimento delle calotte glaciali rallenterà la rotazione terrestre al punto da rinviare di tre anni il prossimo secondo intercalare, il sistema usato dal 1972 per allineare l’ora ufficiale degli orologi atomici a quella basata sulla rotazione del pianeta. Secondo l’analisi di Duncan Agnew, geofisico della Scripps institution of oceanography di La Jolla, in California, il riscaldamento globale rinvierà dal 2026 al 2029 l’esigenza di ricorrere al secondo intercalare. Questo strumento causa grossi problemi informatici, tanto che gli scienziati hanno deciso di eliminarlo, ma non prima del 2035. Il prossimo aggiustamen-

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to è particolarmente temuto dai ricercatori, perché è probabile che per la prima volta sarà necessario sottrarre un secondo invece di aggiungerlo. “Non sappiamo come comportarci”, spiega Felicitas Arias, ex direttrice del reparto Tempo dell’Ufficio internazionale dei pesi e delle misure di Sèvres, Francia. In termini metrologici il ritardo “è positivo”, aggiunge Arias, perché prima del 2035 potrebbero essere necessari meno secondi intercalari del previsto. Secondo Agnew, però, questo non dev’essere certo considerato un punto a favore del riscaldamento globale. “ Le conseguenze negative sono enormemente più grandi”. Per millenni il tempo è stato misurato con la rotazione terrestre, e il secondo era definito come una frazione di quello necessario al nostro pianeta per compiere un giro su se stesso. Ma dal 1967 si usano gli orologi atomici, che si basano sulla frequenza della luce emessa dagli atomi. Oggi il tempo ufficiale della Terra, o tempo coordinato universale (Utc), è misurato da circa 450 orologi atomici, e ogni tanto viene inserito un secondo intercalare per mantenerlo in linea con la durata di un

giorno naturale. Gli orologi atomici sono più precisi perché restano stabili per milioni di anni, mentre la velocità di rotazione terrestre varia. Agnew ha usato dei modelli matematici per analizzare le conseguenze di fenomeni geofisici noti sulla rotazione, e ha potuto prevedere quelle sui futuri secondi intercalari. Da milioni di anni la velocità di rotazione sta calando, quindi di tanto in tanto un minuto dell’Utc deve durare 61 secondi per consentire alla Terra di recuperare. Il rallentamento è causato dalla forza di attrazione esercitata dalla Luna sui mari, che crea attrito, e spiega sia perché le eclissi di duemila anni fa sono state registrate a orari diversi da quelli che ci saremmo aspettati basandoci sulla velocità di rotazione odierna sia perché gli studi dei sedimenti indicano che 1,4 miliardi di anni fa un giorno durava 19 ore. Nell’arco di periodi più brevi, invece, i fenomeni geofisici fanno fluttuare la velocità di rotazione, spiega Agnew. Al momento è influenzata dalle correnti nel nucleo terrestre liquido, che dagli anni settanta stanno accelerando la rotazione della crosta esterna. Per cui il secondo intercalare è servito con minore frequenza, e se la tendenza proseguirà sarà completamente eliminato dall’Utc.

Un pianeta più piatto Lo studio di Agnew suggerisce che questo potrebbe succedere più tardi del previsto. I dati satellitari sulla gravità terrestre dimostrano che dai primi anni novanta il pianeta sta diventando meno sferico e più piatto per via dello scioglimento dei ghiacciai in Groenlandia e in Antartide, che ha spostato enormi masse d’acqua dai poli verso l’equatore. Come un pattinatore rallenta quando allontana le braccia dal corpo e accelera quando le avvicina, così l’acqua che si allontana dall’asse terrestre rallenta la rotazione del pianeta. Il risultato delle correnti del nucleo e del cambiamento climatico è comunque un’accelerazione della rotazione, ma Agnew ha scoperto che senza l’effetto dello scioglimento dei ghiacci bisognerebbe togliere il secondo intercalare tre anni prima del previsto. Agnew spera che la sua scoperta sia un incentivo ad agire contro il cambiamento climatico. “Ero già preoccupato, ma ora abbiamo un’ulteriore conferma della gravità della situazione”, conclude. u sdf

FISICA

Occhi puntati sull’eclissi

La corsa dei muoni

L’8 aprile un’eclissi solare totale attraverserà diagonalmente tutto il Nordamerica, dalla costa messicana del Pacifico all’isola di Terranova, in Canada. La Luna sarà alla giusta distanza dalla Terra per apparire grande quanto il Sole e oscurarlo completamente. La copertura durerà da un minimo di trenta secondi a un massimo di quattro minuti e 20 secondi, nella cittadina messicana di Mazatlán. L’eclissi totale è di grande interesse per gli astronomi, in particolare per lo studio della corona solare, la parte più esterna e più calda dell’atmosfera della stella, scrive New Scientist. Dalle immagini catturate con filtri e telecamere si possono calcolare le temperature delle particelle solari. Il progetto Citizen Cate 2024, che coinvolge 35 squadre di cittadini scienziati, prevede di usare telescopi identici lungo il percorso dell’eclissi per scattare immagini con cui realizzare un film di un’ora ad alta risoluzione.

Science, Stati Uniti Il Large hadron collider (Lhc) del Cern, un anello di 27 chilometri tra Francia e Svizzera che permette di far collidere fasci di protoni ad alta energia, è lo strumento più potente a disposizione dei ricercatori per studiare il comportamento delle particelle subatomiche. Nel 2012 ha portato alla scoperta del bosone di Higgs, ma la speranza che potesse far luce su altre questioni irrisolte, come l’esistenza della materia oscura, è rimasta finora delusa. Per questo il Cern ha in programma di costruire un acceleratore ancora più potente, con una circonferenza di quasi cento chilometri, che però non sarà pronto prima del 2070. Intanto negli Stati Uniti si sta valutando una soluzione alternativa: un acceleratore di muoni, particelle cariche con una massa molto inferiore a quella dei protoni. Un piano per lo sviluppo di questa idea era stato abbandonato nel 2016, ma a dicembre una commissione federale ha deciso la ripresa degli studi. Un acceleratore di muoni avrebbe dimensioni e consumi di energia molto minori rispetto all’Lhc, ma porrebbe grandi sfide tecnologiche, come la creazione di campi magnetici estremamente potenti per contenere i fasci di particelle. ◆

NEWSLETTER Artificiale è la newsletter settimanale di Alberto Puliafito con le ultime notizie sull’intelligenza artificiale. Per riceverla: internazionale.it/newsletter

IN BREVE

BRUNO KELLY (REUTERS/CONTRASTO)

NEUROSCIENZE

I cani capiscono I cani sono in grado di capire che alcune parole si riferiscono a degli oggetti in modo simile agli esseri umani. Uno studio pubblicato su Current Biology sull’attività cerebrale di diciotto cani ha dimostrato che il ricordo di un oggetto si attivava quando ne era pronunciato il nome. Gli autori della ricerca vogliono ora indagare se questa capacità è specifica dei cani o se è presente anche in altri mammiferi.

NASA/JPL-CALTECH/R. HURT (IPAC)

ASTRONOMIA

ECOLOGIA

Gli alberi sono davvero altruisti? L’idea che gli alberi di una foresta possano comunicare tra loro tramite le micorrize, le reti simbiotiche tra le loro radici e i funghi sotterranei, usandole per aiutarsi a vicenda, ha avuto molto risalto negli ultimi anni. Ma alcuni ricercatori non sono ancora convinti della validità di questa ipotesi, scrive Nature, perché le prove scientifiche non sarebbero sufficienti. L’idea ha comunque ravvivato il dibattito sui funghi sotterranei, uno degli elementi più trascurati degli ecosistemi forestali (nella foto, la foresta amazzonica in Brasile).

Astronomia Il pianeta lhs 3844b (nell’immagine) potrebbe avere una faccia perennemente illuminata e l’altra sempre al buio. Questa condizione potrebbe essere comune tra gli esopianeti che orbitano molto vicino alla loro stella, ma il caso di lhs 3844b è il primo in cui è stata provata in modo convincente. Lo studio è uscito su The Astrophysical Journal. Tecnologia. Due studi pubblicati su Nature propongono soluzioni ai problemi che limitano lo sviluppo dei computer quantistici. Uno ha messo a punto un protocollo per ridurre il numero di qubit necessari alla correzione degli errori, che potrebbe permettere di costruire macchine più piccole. L’altro ha sviluppato un processore che funziona a temperature di poco superiori a un grado kelvin, una temperatura bassissima ma comunque superiore a quelle attuali.

SALUTE

Cambiare aria per legge Secondo un articolo pubblicato su Science si dovrebbe rendere obbligatorio in tutti gli edifici pubblici il controllo della qualità dell’aria. Nelle società industrializzate le persone trascorrono il 90 per cento del tempo al chiuso, ma la maggior parte dei paesi non ha standard di qualità e soglie per gli inquinanti. Non viene neanche rilevata la presenza di agenti patogeni. Imporre il rispetto di requisiti minimi della qualità dell’aria negli edifici pubblici potrebbe migliorare la situazione.

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HANNIBAL HANSCHKE (REUTERS/CONTRASTO)

Il diario della Terra Il nostro clima

Polemiche in alta quota

Esplosivi Le vecchie bombe inesplose non diventano meno pericolose con il passare del tempo. “Uno studio sulle granate della seconda guerra mondiale ha dimostrato che uno degli esplosivi di cui sono composte sta diventando più sensibile agli impatti”, scrive New Scientist. Si tratta dell’amatolo, una miscela di tritolo e nitrato d’ammonio sviluppata durante la prima guerra mondiale e ancora in uso. Gli ordigni inesplosi sono un problema che riguarda molte parti del mondo. Oltre a inquinare l’ambiente con il rilascio di sostanze tossiche, le bombe e i proiettili di artiglieria (nella foto) sepolti nel suolo o nei fondali marini rappresentano una minaccia per le persone. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Royal Society Open Science.

Il colera in Somalia preoccupa Cicloni Almeno 18 persone sono morte e ventimila hanno dovuto lasciare le loro abitazioni a causa del passaggio del ciclone Gamane in Madagascar. Colera Secondo le Nazioni Unite dall’inizio del 2024 in Somalia sono stati registrati quasi 4.400 casi di colera, molti più che negli anni precedenti. Le vittime sono state 54, di cui il 60 per cento bambini di meno di cinque anni. Terremoti Un sisma di magnitudo 7,4 ha colpito la costa orientale di Taiwan, provocan-

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do almeno nove morti e novecento feriti. È il terremoto più forte ad aver colpito l’isola dal 1999. ◆ Una scossa di magnitudo 5,7 è stata registrata al largo della costa occidentale della Grecia. Inondazioni Il governo del Kazakistan ha ordinato l’evacuazione di circa 16mila persone a causa delle inondazioni più gravi della storia recente del paese. Caldo Nelle Filippine centinaia di scuole hanno sospeso le lezioni in presenza a causa di un’intensa ondata di caldo. Polvere Nubi di polvere provenienti dal Sahara hanno raggiunto diverse regioni europee, tra cui l’Italia, la Svizzera, il sud della Francia e la Grecia (nella foto Atene). Secondo uno studio in attesa di pubblicazione la frequenza di

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LOUISA GOULIAMAKI (REUTERS/CONTRASTO)

Radar

questi fenomeni, che un tempo erano comuni solo nei mesi estivi, è aumentata notevolmente negli ultimi anni. I motivi sarebbero legati al cambiamento climatico: la siccità che ha colpito gran parte del Nordafrica, favorendo l’erosione del suolo, e l’alterazione della circolazione atmosferica nel Mediterraneo occidentale, con i venti che soffiano più spesso verso nord dal continente africano. NEWSLETTER Pianeta è la newsletter settimanale di Gabriele Crescente con le ultime notizie sulla crisi climatica e sull’ambiente. Per riceverla: internazionale.it/newsletter

◆ L’università di Harvard, negli Stati Uniti, ha fermato il suo programma di sperimentazione sulla geoingegneria solare, che aveva suscitato molte polemiche, scrive la Mit Technology Review. Il test, chiamato Scopex, prevedeva di disperdere carbonato di calcio, acido solforico e altre sostanze nella stratosfera, la parte di atmosfera compresa approssimativamente tra i dieci e i cinquanta chilometri sopra la superficie terrestre. Il materiale avrebbe dovuto essere trasportato in quota da un aerostato, che avrebbe effettuato misurazioni sulla dispersione delle sostanze e sulla riflessione della luce. Questi dati avrebbero potuto essere utili per pianificare le future applicazioni della geoingegneria solare. “Il concetto alla base di questa tecnologia è contrastare il riscaldamento globale spruzzando nell’atmosfera minuscole particelle in grado di riflettere la luce solare”, scrive la Mit Technology Review. La maggior parte degli studi in questo campo è stata svolta con simulazioni in laboratorio o con modelli al computer, ma le sperimentazioni sul campo hanno sempre suscitato forti proteste, a causa della possibilità di pericolosi effetti collaterali come la diminuzione delle precipitazioni e della produzione agricola in alcune parti del mondo. Nel frattempo la National oceanic and atmospheric administration degli Stati Uniti ha cominciato a raccogliere dati di base dalla stratosfera, scrive Nature. L’obiettivo è capire meglio le possibili applicazioni della geoingegneria solare.

Il pianeta visto dallo spazio 24.06.2022

L’atollo di Aldabra, alle Seychelles

Isola di Picard

Laguna

EARTHOBSERVATORY/NASA

Mangrovie

Oceano Indiano Nord 5 km

◆ L’atollo di Aldabra, nell’oceano Indiano, è uno dei più grandi al mondo. Composto da antiche barriere coralline emerse che circondano una laguna poco profonda, è noto per le centinaia di specie endemiche che ospita, compresa la testuggine gigante di Aldabra. Aldabra si trova quattrocento chilometri a nord del Madagascar e seicento a est della costa africana, e appartiene alle Seychelles. Le maree entrano ed escono dalla laguna attraverso i canali tra le isole perimetrali, la cui elevazione massima è di appena otto metri sopra il livello del mare. A causa della sua posizione

remota e della mancanza di acqua dolce, la presenza umana sull’atollo è molto ridotta. Sull’isola di Picard esiste una stazione di ricerca dal 1971, ma il turismo è limitato e attentamente controllato. Aldabra fa parte del patrimonio dell’umanità dal 1982 ed è tutelata dalla convenzione di Ramsar sulle aree umide dal 2009. L’atollo contiene molti habitat diversi che hanno favorito l’evoluzione di varietà uniche di flora e fauna. Quando il livello degli oceani era più alto l’acqua ha completamente sommerso le isole almeno una volta, spazzando via ogni for-

Situato a quattrocento chilometri dal Madagascar, questo atollo corallino contiene molti tipi di habitat diversi, che hanno favorito l’evoluzione di specie uniche



ma di vita. I reperti fossili indicano la presenza di un uccello della famiglia dei rallidi incapace di volare prima della sommersione, e di un altro uccello simile che ha perso la capacità di volare dopo che le acque si sono ritirate, sfruttando la mancanza di predatori terrestri e l’abbondanza di cibo. Aldabra presenta sette tipi diversi di ambiente umido, tra cui acque poco profonde e praterie sottomarine. Le mangrovie coprono gran parte dei bordi della laguna, offrendo siti per la nidificazione degli uccelli acquatici e fonti di nutrimento per tartarughe, squali e altre specie marine.–Nasa

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Corpo e mente

MRPLISKIN (GETTY)

organizzare “riunioni in movimento”. “I Paesi Bassi e il Regno Unito vivono condizioni paragonabili, anche se nei Paesi Bassi la percentuale di persone che stanno sedute più di otto ore al giorno è del 64 per cento, dunque quasi due terzi della popolazione è a rischio”, spiega la ricercatrice Lidewij Renaud. “È un problema individuale ma anche sociale”.

ATTIVITÀ FISICA

Dalla scrivania al divano Senay Boztas, The Observer, Regno Unito La sedentarietà fa male alla salute. Il problema non è solo quante ore restiamo seduti al lavoro, ma anche cosa facciamo nel tempo libero, come dimostra una ricerca olandese pesso si pensa che gli olandesi siano un popolo di giganti in perfetta salute che amano girare in sella alla loro bicicletta per una terra pianeggiante. Tuttavia alcune ricerche suggeriscono che in realtà sono “i più sedentari d’Europa”, con uno stile di vita che provoca migliaia di morti premature. Gli esperti di salute pubblica chiedono un intervento urgente per arrestare il cosiddetto “disturbo da uso eccessivo della sedia”, che si sta diffondendo sempre di più nei paesi occidentali. Un rapporto dell’istituto di ricerca olandese Tno pubblicato il 15 marzo 2024 rivela che ogni anno la sedentarietà costa al governo olandese 1,2 miliardi di euro

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ed è all’origine di ventunomila morti premature causate da disturbi cardiovascolari, diabete di tipo 2 e cancro. Gli studi indicano che gli avvocati sarebbero addirittura più a rischio dei camionisti. “Siamo i campioni d’Europa nello stare seduti”, afferma il cardiologo Leonard Hofstra, secondo cui l’uso eccessivo della sedia crea dipendenza. “Stare seduti fa male perché il flusso sanguigno ristagna. Quando facciamo esercizio, migliaia di chilometri di vasi sanguigni generano monossido di azoto, una sostanza fondamentale per l’organismo. Il monossido di azoto dilata i vasi sanguigni, previene la formazione di colesterolo cattivo ed evita i coaguli e le infiammazioni. Ecco quanto è importante l’esercizio fisico per la nostra salute. Dunque il nostro paese è in una pessima situazione”. L’istituto di ricerca Tno afferma che la tendenza a lavorare seduti in ufficio è così dannosa da rappresentare un rischio professionale, e invita i dipendenti a interrompere l’attività lavorativa per fare esercizio, a lavorare in postazioni in piedi e a

Un’abitudine consolidata Le ragioni di questo fenomeno non sono così scontate come si potrebbe pensare. Gli olandesi, infatti, sono tra i popoli più sportivi d’Europa. Il problema è cosa fanno nel resto del tempo. “Le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità prevedono che bisognerebbe fare un’attività fisica d’intensità da moderata a vigorosa per trenta minuti al giorno, ma si tratta di una piccola parte della giornata, considerando che un individuo resta sveglio per circa sedici ore”, sottolinea Renaud. “In realtà non siamo abbastanza consapevoli delle nostre abitudini. Quando guardiamo una serie tv, non ci rendiamo conto di stare seduti sul divano. Quando pranziamo non facciamo caso al fatto di essere seduti a tavola. Quando lavoriamo ci sentiamo produttivi e non pensiamo che siamo seduti davanti a una scrivania. Soltanto negli ultimi quindici anni abbiamo cominciato a capire che quello che facciamo per quindici ore e mezza è importante”. Nel 2022 i lavoratori olandesi sono rimasti seduti in media per 8,9 ore al giorno, di cui più della metà durante la giornata lavorativa (e per un’ora sui mezzi di trasporto). Gli avvocati, gli economisti e i lavoratori del settore della tecnologia sono “i più seduti al lavoro”, con 7,3 ore al giorno, anche più dei camionisti, che si fermano a 7,2 ore. Secondo uno studio dell’Eurobarometro gli olandesi maggiori di 16 anni che stanno seduti per più di 8,5 ore al giorno sono il 26 per cento, una quota molto al di sopra della media europea (che è dell’11 per cento). Secondo il Tno, che ha basato i propri calcoli su uno studio britannico, ridurre questa percentuale di un quarto permetterebbe di evitare 5.200 “morti da uso eccessivo della sedia” all’anno. Il problema, legato alla prevalenza di posti di lavoro nell’industria dei servizi, sembra essersi aggravato a causa dell’incremento del lavoro da casa dopo la pandemia,

oltre che dal fatto che ormai la tecnologia (dall’intrattenimento ai servizi di consegna ultrarapidi) ci permette di ricevere direttamente sul divano tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Alcuni mesi fa il consiglio dello sport olandese ha invitato il governo a spingere la popolazione a trascorrere più tempo in piedi. Erik Scherder, esponente del consiglio e professore di neuropsicologia alla Vrije Universiteit di Amsterdam, spiega che l’esercizio fisico ha un impatto anche sul cervello, e per questo invita i suoi studenti a fare tre minuti di squat, i piegamenti sulle gambe, ogni mezz’ora di lezione. “Se i bambini stanno seduti tutto il giorno a scuola e poi tornano a casa per giocare al computer invece di fare attività all’aria aperta, la situazione diventa preoccupante”, spiega. “Le reti neuronali che gestiscono il moto si sovrappongono in parte a quelle coinvolte nel calcolo matematico e nella comprensione del linguaggio. Se non facciamo esercizio fisico, ostacoliamo lo sviluppo di altre funzioni”. u as

Da 2.31 a 5.30 2 ore e 30 minuti, o meno Da 5.31 a 8.30 8.30 o più Nessuna risposta 40

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FRANCESCO CARTA (GETTY) LITTLE BROWN RABBIT (GETTY)

I paesi europei in cui si passa più tempo seduti in una giornata tipo, percentuale

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I veri effetti del digiuno

I bambini, come gli adulti, non ridono solo quando sono felici. La risata, scrive The Conversation, ha almeno tre funzioni a seconda dell’età: i neonati ridono per imitare i genitori e ricevere approvazione; i bambini dai due ai cinque anni lo fanno davanti a situazioni strane; superati i cinque anni capiscono le battute e la risata serve anche per comunicare disapprovazione. Ridere con i genitori può migliorare il comportamento e il benessere dei figli, e contribuire al loro sviluppo emotivo.

In Europa

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ALIMENTAZIONE

PSICOLOGIA

Perché ridono i bambini

Il digiuno è stato a lungo legato alla spiritualità, ma oggi è diventato una dieta alla moda: spingendo l’organismo ad attingere alle sue riserve, provoca una perdita di peso e migliora alcuni parametri biologici. Può anche modificare il microbiota e aiutare la digestione. D’altra parte però, avverte Le Figaro, le diete basate sul digiuno non sono adatte a tutti e possono favorire lo sviluppo di disturbi alimentari. Inoltre se non si mangia per più di ventiquattro ore si possono avere vertigini, ipoglicemia, problemi gastrointestinali e alterazioni dell’umore. Digiunare ha anche un impatto sociale e psicologico, perché i pasti sono spesso al centro delle relazioni sociali. u

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Paesi Bassi

Vero o falso?

Danimarca Repubblica ceca Grecia

È meglio dormire senza mutande

Cipro

Lussemburgo Belgio Finlandia Romania

u Secondo un’indagine dell’Eurobarometro del 2022 sullo sport e l’attività fisica, il 26 per cento degli olandesi trascorre seduto più di otto ore e mezzo al giorno tra lavoro, studio e tempo libero. In Italia il 7 per cento degli intervistati ha dichiarato di passare più di otto ore e mezzo al giorno seduto. Le persone che praticano sport con una certa regolarità sono il 31 per cento, contro il 56 per cento di chi dice di non praticare mai un’attività sportiva. Nonostante la crescente importanza attribuita all’attività fisica nei paesi europei, soprattutto dopo la pandemia, i tassi di inattività rimangono “allarmanti”.

FONTE: EUROBAROMETRO

Svezia

u Vero (quasi). Indossare biancheria intima attillata impedisce una corretta aerazione delle aree genitali, dove la pelle è più sensibile. Nelle donne, in particolare, può aumentare il rischio di sviluppare vaginosi batteriche o candidosi, infezioni caratterizzate dall’alterazione del normale ph vaginale provocata anche da un aumento dell’umidità o del livello di calore. Secondo il ginecologo britannico Saurabh Phadnis

dell’ospedale Nuffield health St. Bartholomew di Londra, indossare biancheria intima aderente o sintetica durante la notte può anche scatenare o peggiorare condizioni come eczemi o dermatiti, causare eruzioni infiammatorie o semplicemente dare prurito. Tuttavia, l’esperto di sonno britannico James Wilson ricorda che bisogna anche considerare il lato igienico. In media una persona emette gas intestinale tra le quindici e

le venti volte al giorno, anche durante il sonno, e secondo una ricerca australiana insieme ai gas possono uscire microscopiche quantità di materiale fecale che contengono batteri presenti nell’intestino. “Si tratta di una scelta personale”, afferma Wilson. “Ma, considerando che gli indumenti funzionano da filtro, potrebbe essere più igienico indossare biancheria intima”. The Guardian

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RIPOSO 7 miliardi di esosomi vegetali, la quintessenza della natura.

L’assunzione in quantità adeguata di frutta e verdura è fondamentale per mantenere un buono stato di salute e garantire al nostro organismo la quota di antiossidanti necessari per la protezione dal danno cellulare. Exocomplex® RIPOSO contiene esosomi vegetali estratti da limone, arancia rossa e bionda, ciliegia, papaia, kiwi e asparago che vantano azione antiossidante. Gli integratori non vanno intesi come sostituti di una dieta varia ed equilibrata e di uno stile di vita sano.

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Peanuts, 1960 Charles M. Schulz, Stati Uniti

Buni Ryan Pagelow, Stati Uniti

War and Peas E. Pich e J. Kunz, Germania

Strisce

Mafalda, 1964 Quino, Argentina

PEANUTS ©PEANUTS WORLDWIDE LLC. DIST. DA ANDREWS MCMEEL SYNDICATION. RIPRODUZIONE AUTORIZZATA. TUTTI I DIRITTI RISERVATI

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AGENZIA NAZIONALE PER LE NUOVE TECNOLOGIE, L’ENERGIA E LO SVILUPPO ECONOMICO SOSTENIBILE

L’oroscopo

Rob Brezsny Lo scrittore Eric G. Wilson, dell’Ariete, afferma: “Gli stati emotivi più oscuri come il dubbio, la confusione, l’alienazione, la disperazione favoriscono un’esperienza del sacro più profonda e duratura rispetto alla gioia”. Non sono d’accordo. So per certo che una splendida comprensione della sacralità della vita è possibile anche grazie a una gioia luminosa. Chi promuove il potere dell’infelicità è prigioniero di un’abitudine mentale tipica di quella parte di civiltà che sta morendo. Nelle prossime settimane, Ariete, avrai molte opportunità per scivolare nella sacra consapevolezza grazie alla tua gioia di vivere.

TORO

Riusciranno gli esseri umani a smettere di distruggere l’ambiente? A neutralizzare il fondamentalismo che cerca di soffocare la nostra fantasia e limitare le nostre libertà? Riusciremo a sopravvivere all’autoritarismo che minaccia la democrazia? Scusa se ti chiedo di pensare a queste tristi realtà. Ma è un ottimo momento per riflettere sul mondo che stiamo creando per i nostri discendenti e per fare qualcosa a servizio del futuro. Medita su questa frase tratta dal libro di Lewis Carroll Attraverso lo specchio: “Quella che funziona solo all’indietro è una memoria scadente”.

ILLUSTRAZIONI DI FRANCESCA GHERMANDI

GEMELLI

Il geniale Galileo Galilei (1564–1642) regalò molti tesori alla scienza e all’ingegneria. Un’enciclopedia riassume così la sua eredità: “Fu il padre dell’astronomia osservativa, della fisica classica dell’era moderna, del metodo scientifico e della scienza moderna”. Purtroppo molte idee di Galileo erano in conflitto con il cattolicesimo. La chiesa lo perseguitò per anni, arrivando addirittura ad arrestarlo. Alla fine il Vaticano si è scusato, ma solo 350 anni dopo la sua morte. Mi aspetto che anche tu, Gemelli, nei prossimi mesi proporrai metodi e possibilità innovativi che sfideranno le convenzioni. Sospetto, comunque, che non dovrai aspettare molto per avere giustizia. CANCRO

È il momento perfetto per dimostrare il tuo amore. Come? Potresti cominciare con

l’essere premuroso, sensibile e tenero. Potresti dire alle persone che ami bellissime verità, rivelazioni che le facciano sentire profondamente apprezzate. Potresti offrire regali o benedizioni che desideravano da tempo ma che non avevano mai ottenuto. Potresti fargli una serenata con le loro canzoni preferite, oppure scrivere una poesia o regalargli un simbolo che ispiri la loro ricerca spirituale. Per coronare la tua gentilezza, racconta come hanno cambiato in meglio la tua vita. LEONE

Il naturalista e ornitologo William Henry Hudson (1841-1922), del Leone, diceva: “Non sono un amante dei prati. Preferisco vedere margherite a migliaia, edera, pilosella e denti di leone con i loro splendidi fiori piuttosto che un prato troppo ben curato”. Nelle prossime settimane, t’invito ad adottare il suo atteggiamento. Scegli sempre la bellezza indisciplinata invece che l’ordinata irreggimentazione. Preferisci la vitalità rigogliosa all’efficienza. Unisci il tuo destino a influenze che eccellono in espressività creativa, geniale fertilità e sentimenti profondi. P.s. Il giornalista Michael Pollan ha detto: “Un prato è la natura sotto un regime totalitario”. VERGINE

Ti faccio i complimenti per la tua capacità di aiutare altre persone ad accedere alle loro risorse e attivare le loro potenzialità. Spero che sarai ben ricompensata per il tuo splendido servizio. In caso contrario, nei prossimi

mesi cerca di capire come fare. Considera questi due modi: migliora la tua capacità di aiutare te stessa ad accedere alle tue risorse e attivare le tue potenzialità; sii schietta nel chiedere aiuto alle persone che aiuti.

fare l’amore a lungo e con lentezza. Qualcos’altro, Sagittario? Fai un elenco e svolgi questi compiti con la stessa vivacità e determinazione che dedicheresti a un obiettivo importante. CAPRICORNO

BILANCIA

Non considero l’eclissi solare un cattivo presagio. Al contrario, credo che possa eliminare un vecchio karma stantio. In alcune occasioni, l’ho vista spazzare via debiti e detriti emotivi che si erano accumulati per anni. Come interpreteremo allora l’eclissi solare totale che elettrizzerà la tua casa astrologica dell’intimità e dell’unione nei prossimi giorni? Penso che sia un momento favorevole per essere tanto coraggiosa da migliorare i tuoi rapporti più importanti. Quali abitudini e schemi sei pronta a reinventare? Quali nuovi atteggiamenti sei disposta a sperimentare? SCORPIONE

Quando siete al vostro meglio, voi Scorpioni non siete manipolatori invasivi ma catalizzatori. Siete istigatori di trasformazione, resuscitatori di energia morta, risvegliatori di menti intorpidite. Le persone che influenzi potrebbero non essere consapevoli del fatto che desiderano essere influenzate da te. Potrebbero pensare che tu glielo stia imponendo, quando in realtà sei semplicemente il tuo io genuino e intenso e loro cercano di accedere alla tua sfrenata capacità di guarigione. Nelle prossime settimane, tienilo presente. SAGITTARIO

È arrivato il momento di concedere grandi favori al tuo bellissimo io. Comincia a divertirti con un periodo di rigorosa cura di te stesso: una visita medica, un appuntamento dal dentista, dal terapeuta, dal parrucchiere e dall’agopuntore. Prova nuove cure e cerca la magia giusta per aumentare la tua energia. Spero che ti concederai anche lussi come un massaggio, una lettura psichica, cibi raffinati, un film emotivamente potente, musica emozionante e

I prossimi giorni saranno un periodo favorevole per lottare con un angelo o giocare a scacchi con un diavolo. Avrai una capacità straordinaria in ogni regolamento di conti o collaborazione con le forze spirituali. La tua intelligenza pratica ti sarà utile negli incontri con enigmi irrazionali e sovrannaturali. Ecco un consiglio importante: non dare mai per scontato che un essere umano o divino sia più santo o più saggio di te. Avrai un talento speciale nel trovare soluzioni anche ai dilemmi più complicati. ACQUARIO

Il tuo organo del mese è il naso. Forse ti sembrerà fortemente impensabile ma dico sul serio: prenderai decisioni sensate e farai scelte intelligenti se coinvolgerai completamente il tuo naso. Quindi ti consiglio di privilegiare ed esplorare tutto ciò che ha un buon profumo. Valuta bene ciò che gli aromi possono rivelare. Se c’è un accenno di cattivo odore o una nota piccante, rivolgiti altrove. Il modo di dire “vai a naso” sarà particolarmente appropriato. P.s. Ti consiglio di esporti a una vasta gamma di profumi che danno energia e migliorano l’umore. PESCI

Qual è il momento migliore per chiedere un aumento di stipendio o un profitto? Nel sistema che uso io, è più probabile che il periodo compreso tra 30 e 60 giorni dopo il tuo compleanno produca buoni risultati. Un altro momento va dai 210 ai 240 giorni dopo il tuo compleanno. Queste stime possono essere in parte fantasiose e giocose, ma nella mia filosofia le azioni fantasiose e giocose hanno un posto d’onore. Le profezie si autoavverano più facilmente se le consideri esperimenti divertenti invece che regole serie da prendere alla lettera.

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internazionale.it/oroscopo

ARIETE

COMPITI A CASA

Immagina che ogni cosa e ogni luogo della tua vita siano sacri.

BLOWER, REGNO UNITO

L’ultima

IÑAKI Y FRENCHY, SPAGNA

Vladimir Putin a Recep Tayyip Erdoğan: “È così che si vince un’elezione”.

TRUANT, FRANCIA

“Cosa le fa male?”. “Gaza”.

BURNS

CHAPPATTE, SVIZZERA

Pasqua.

In Germania dal 1 aprile l’uso ricreativo della cannabis è legale. “Téo ha deciso di prendere in mano la sua vita e studiare il tedesco”.

“Una volta che ti riprendi dai trecentosessantotto messaggi che ci sono voluti per organizzare tutto questo, è davvero bello ritrovarsi insieme”.

Le regole Al cinema 1 Appena si spengono le luci si smette di parlare. 2 Hai preso popcorn, caramelle e una bibita? È un film, mica una festa. 3 Chi arriva a spettacolo cominciato si siede dove capita. 4 Se un telefono comincia a squillare e non smette, probabilmente è il tuo. 5 Piangere sul finale va bene, singhiozzare no.

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