Il vangelo di Gesù Cristo 8839904611, 9788839904614

Il Vangelo di Gesù Cristo è promessa di salvezza per tutta l'umanità. Imparare a vivere di nuovo questo messaggio,

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Il vangelo di Gesù Cristo
 8839904611, 9788839904614

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Il Vangelo di Gesù Cristo è promessa

Il CARDINALE WALTER KASPER, nato nel

di salvezza per tutta l'umanità.

1933, è stato professore di teologia

Imparare a vivere di nuovo questo

sistematica dal 1964 al 1989, poi per

messaggio, a testimoniarlo in modo

dieci anni vescovo delle diocesi di

convinto e a trasmetterlo come spe­

Rottenburg-Stuttgart in Germania, dal

ranza per il futuro è la grande sfida

1999 presidente del Pontificio Consi­

per la Chiesa del XXI secolo.

glio per la promozione dell'unità dei

Soprattutto in un tempo in cui la crisi

cristiani e membro della Congrega­

della fede è anche crisi del Vangelo

zione per la dottrina della fede e del

vissuto.

Pontificio Consiglio per il dialogo in­ terreligioso.

In questo libro il cardinal Walter Ka­ sper cerca di mettere a fuoco il con­

Tra le sue opere presso l'Editrice Que­

tenuto permanente del Vangelo per il

riniana:

lettore di oggi e lo fa in un linguaggio

Gesù Cristo; - Chiesa cattolica. Es­

comprensibile a tutti.

senza - Realtà - Missione.

-

Gesù il Cristo; - Il Dio di

Egli ne mostra la perenne validità e apre prospettive anche per una rinno­ vata trasmissione della fede cristiana. Il volume non è solo una riuscita intro­ duzione alla fede, ma anche un aiuto prezioso per una nuova evangelizza­ zione nel nostro tempo. L'opera raccoglie tre scritti (aggior­ nati): Introduzione alla fede; - Oltre la conoscenza. Riflessioni sulla fede cristiana; -Nuova evangelizzazione come sfida teologica, pastorale e spi­ rituale.

€ 28,00 (i.i.)

Walter Kasper

IL VANGELO DI GESU CRISTO '

QUERINIANA

Titolo originale:

Walter Kasper, Das Evangelium ]esu Cristi (Walter Kasper Gesammelte Schri/ten - Band 5)

© 2009 by Verlag Herder GmbH, Freiburg i. Br. © 2012 by Editrice Queriniana, Brescia via Ferri, 75- 25123 Brescia (Italia/UE) tel. 030 2306925 -fax 030 2306932 e-mail: [email protected] Tutti i diritti sono riservati. È pertanto vietata la riproduzione, l'archiviazione o la trasmissio­ ne, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, comprese la fotocopia e la digitalizzazione, senza l'autorizzazione scritta dell'Editrice Queriniana. - Le fotocopie per uso personale possono essere effettuate, nei limiti del 15% di ciascun volume, dietro pagamento alla SIAE del com­ penso previsto dall'art. 68, commi 4-5, della Legge n. 633 del22 aprile 1941. Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale, o comunque per uso diverso da quello personale, possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazio­ ne rilasciata da CLEARedi (www.clearedi.org).

ISBN 978-88-399-0461-4 Traduzione dal tedesco di

RasiNO GIBELLINI, DINO PEZZEITA, GIANNI FRANCEscaNI

www.queriniana.it Stampato da Grafiche Artigianelli - Brescia

D FSC

www.fsc.org

MISTO Carta de fonO geattte in maniera rnponaablle

FS C" C11 0257

PREFAZIONE

Questo libro contiene scritti che risalgono a tre diverse tappe del mio camino teologico. Tutti cercano di rendere accessibile il vangelo di Gesù Cristo ai lettori di oggi in un modo più comprensibile. V Introduzione alla fede rappresenta una prima forma di rendere conto della fede cristiana. Questa introduzione è stata da me presentata nei dif­ ficili anni dopo il concilio e le agitazioni studentesche negli anni 1 970 e 197 1 , prima a Miinster e poi a Tiibingen, come lezioni per uditori di tutte le facoltà, e inoltre in occasione di una settimana teologica per missionari e suore missionarie a Taiwan. Naturalmente il mio pensiero teologico è, nel frattempo, progredito sotto vari punti di vista. Tuttavia continuo ad incontrare sacerdoti e vescovi che mi dicono quanto queste riflessioni, apparse in molte lingue, in quel tempo di cambiamenti, li abbiano perso­ nalmente aiutati. Il volumetto Oltre la conoscenza cercava di offrire, nel 1 987, in una situazione già sostanzialmente più tranquilla, in una prospettiva pastorale una riflessione più teologico-fondamentale sulla questione: fede - che cos'è propriamente? Fede - di che cosa si tratta? Come si può rendere conto della fede? Il tema della nuova evangelizzazione mi ha tenuto occupato soprattut­ to da vescovo ( 1 989- 1 999). È diventato il tema chiave della mia attività pastorale. Il testo, che viene ora pubblicato per la prima volta, formava nelle sue versioni precedenti la base di relazioni tenute in diverse occasio­ ni. È stato continuamente rielaborato e negli ultimi anni essenzialmente ampliato. La versione che viene adesso pubblicata cerca di unire rifles­ sioni teologiche sui fondamenti con istanze e stimoli pastorali e vorrebbe così dare nuovi impulsi alla discussione pastorale soprattutto nei territori di lingua tedesca. Già nella mia prolusione a Miinster ( 1 964 ) e in una mia primissima pubblicazione (Dogma sotto la parola di Dio, 1 965 ) ho cercato di mo­ strare che il concetto di vangelo significa, sia nell'Antico che nel Nuovo

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Prefazione

Testamento, un modo caratteristico di testimoniare la fede. Per quanto il vangelo non escluda affatto elementi dottrinali, esso unisce tuttavia atto e contenuto l'uno all'altro, così che non esprime una astorica dottrina astratta, ma un impegno e una promessa pronunciati concretamente nel­ la situazione. La promessa è il sì definitivo, detto una volta per tutte, di Dio all'uomo in Gesù Cristo. La fede, che risponde a tale sì di Dio, non è tuttavia un punto di vista rigido, ma, come dice soprattutto Paolo, è la nuova via che, nella forza di questa promessa, può essere percorsa attra­ verso tutte le oscurità del tempo nella incrollabile speranza nella vittoria pasquale della vita. Anche per questa pubblicazione devo un grazie a molte persone: agli editor, il professore dr. George Augustin e il dr. Klaus Kramer, all'editrice Herder, in particolare al dr. Bruno Steimer, ai collaboratori del Kardinal­ Kasper-Institut, il dr. Ingo Proft e Stefan Ley, a mia sorella professoressa dr. Hildegard Kasper per la revisione del manoscritto sulla nuova evan­ gelizzazione e alla Landesstiftung Baden-Wiirttemberg per il rilevante sostegno dato all'edizione completa dei miei scritti. Roma, festa dei santi Pietro e Paolo, 2009

card. Walter Kasper

INTRODUZIONE ALLA FEDE

INTRODUZIONE

Le dieci lezioni, che seguono, risalgono a un esperimento che è stato intrapreso nel semestre estivo 1 970 dall a Facoltà di teologia cattolica di Miinster e nel semestre estivo 1 97 1 dalla Facoltà di teologia cattolica di Tiibingen. L'occasione è stata data dal desiderio più volte espresso di avere un orientamento nel momento in cui la teologia contemporanea sta cercando un nuovo orientamento, così come di percepire un legame più stretto fra teoria e prassi. Per andare incontro a una tale necessità furono tenute queste lezioni a un pubblico di sacerdoti in cura d'anime, insegnanti di religione e catecheti, lezioni che vengono qui pubblicate in forma rielaborata e un po' ampliata. Esse servirono nel contempo a introdurre i nuovi studenti ai problemi fondamentali della teologia siste­ matica. Le lezioni tenute davanti a un uditorio così vario sono tra le espe­ rienze più belle della mia attività accademica di docente, e il fatto merita tanto più di essere sottolineato, in quanto simili " consolazioni" non sono proprio frequenti nell'attività che oggi si svolge nelle università. Ovviamente sono pronto ad attendermi che mi si chieda se queste lezioni siano da definire progressiste o conservatrici, se esercitino una funzione critica nei confronti della società e della chiesa o se siano al servizio del sistema. Questi slogan però non mi toccano. Ho cercato sem­ plicemente di far teologia con i miei uditori e ho avuto l'impressione che proprio questo si chiedeva e proprio questo interessava. n processo di un nuovo modo di pensare, in cui attualmente si trovano la chiesa e la teolo­ gia, può riuscire solo se ci si spinge verso il centro e se si realizza a partire dal centro. La parola " credere" definisce questo centro; essa abbraccia l'uno e il tutto dell'esistenza cristiana ed ecclesiale. Ciò che importa è fronteggiare da questa posizione centrale e fondamentale le esigenze dell'epoca moderna. Solo così la teologia può dare un certo contributo all'aggiornamento della chiesa. Che la teologia abbia una sua parte nella riforma della chiesa e abbia una sua responsabilità sociale, si può cogliere in modo esauriente e fon-

lO

Introduzione alla fede

dato dalle pagine che seguono. Come pure è sperabile che la lettura di queste pagine suggerisca che la teologia non ha proprio bisogno di fare del chiasso, per rivelarsi appassionante e interessante. Là dove la teologia rimane ferma al suo oggetto e si sforza di essere una comprensione viva della fede (fides quaerens intellectum) , allora essa diventa da sé una dimo­ strazione contro la mancanza di fede e di speranza dei reazionari all'in­ terno della chiesa, i quali proprio per questo credono di dover stringere la morsa della disciplina e di usare tutti i possibili intrighi politici, perché non sono per nulla convinti della bontà della loro causa. Là dove la teo­ logia si attiene al suo lavoro, diventa però anche una dimostrazione della fede e della speranza contro ogni awentata fuga in avanti, che svende una ricca eredità per il piatto di lenticchie dell'applauso problematico di chi peraltro già crede d'aver compreso che la causa della fede è perduta. I conservatori e i progressisti in questo si assomigliano. Con tali delimitazioni a destra e a sinistra sono contento di tirare di­ ritto per la mia strada. È facile imparare gli slogan, che da una parte o dall'altra procurano applauso. Al contrario il pensare teologico è più esigente. In una situazione, in cui l'arte del distinguere è sconfessata co­ me disonestà e debolezza, sarà bene riapprendere l'alta arte della disputa scolastica con il suo pro et contra. Il motto Zwischen den Zeiten [tra i tempi] deve essere oggi sostituito dal programma di combattere zwischen den Fronten [tra i fronti] . Chi denunciasse questa posizione come una teologia poco attraente dell'et-et, non ha compreso che il centro non è un tranquillo punto geometrico, ma un campo di tensione che non sopporta gli estremismi e che può essere descritto solo in riferimento a essi. Per questo le posizioni estreme sono molto più facili da sostenere. La media­ zione invece esige forza intellettuale. E proprio questa importa riattivare. Infatti, di fronte alla diffusa leggenda trionfalistica, secondo la quale la teologia odierna avrebbe fatto grandi progressi nei confronti della tra­ dizione, io ritengo desolante l'attuale stato della teologia. Dove si trova infatti nello sconcertante numero di contributi alla discussione un nuovo punto di partenza che sia convincente? Dove un'opera che regga il con­ fronto con le grandi opere della Tradizione? Le presenti lezioni non hanno la pretesa di offrire anche solo qual­ cosa come una nuova Summula della teologia. Tuttavia esse vorrebbero essere una introduzione ai problemi essenziali della teologia sistematica e presentare una loro impostazione sistematica. Non si vuole incitare all'entusiasmo, ma spingere a pensare. In questo modo le lezioni vogliono mostrare che la fede cristiana sa essere responsabile di fronte al pensie-

Introduzione

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ro moderno e che la teologia odierna, quando sia fatta con serietà, non conduce alla confusione, ma sa esigere ciò di cui espressamente si parla nell'ultima lezione: la dimensione di speranza della fede.

l.

LA SITUAZIONE DELLA FEDE

l. Crisi o kairos della fede

Deriva da Goethe la celebre espressione, secondo la quale l'intera sto­ ria sarebbe una lotta tra fede e incredulità. A molti questa lotta sembra oggi essere giunta al suo esaurimento. Essi pensano che sia diventata priva ormai di senso o già decisa definitivamente contro la fede. Per essi nella lotta tra fede ed incredulità si tratta ormai solo di una questione di parole, sulla cui validità non si può ricavare nulla di certo. Per que­ sto sembra a essi che la discussione sulla fede non rappresenti più una discussione sensata. La sentenza di Hegel e di Nietzsche sulla morte di Dio' è da essi considerata come descrizione appropriata della nostra odierna situazione sociale e intellettuale. Questa parola ambigua non vuoi certo dire che Dio sia morto in un senso biografico: sarebbe in sé un enunciato privo di senso. E neppure vuoi dire che Dio non "è": l'af­ fermazione infatti della non esistenza di Dio, presa in senso stretto, non è meno dimostrabile dell'affermazione opposta della sua esistenza. Con il discorso sulla morte di Dio si intende piuttosto che Dio è morto perché dalla fede non partono più impulsi atti a determinare la vita e la storia; che egli non è più vivo nella nostra vita di oggi e che gli enunciati della fede non riguardano più i problemi e le esperienze reali degli uomini. Non corrispondono più a nessuna questione e per questo non sono più sentiti come istanze. Per questo la spaccatura tra la fede e l'esperienza

1 Per la storia dell'espressione "morte di Dio", cf G. HASENHÙTTI.. , Die Wandlung des Gottesbildes, in Theologie im Wandel (miscellanea per il centocinquantesimo anno di fondazione della facoltà di teologia cattolica dell'Università di Tiibingen, 1817 - 1 967 ), Miinchen - Freiburg i. Br. 1967 , 228-253; ]. B ISHOP, Die «Gott-ist-tot-Theologie», Diisseldorf 1968 [ed. orig., Les théologiens de "la mort de Dieu", Cerf, Paris 1967 ] .

La situazione della fede

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umana è uno dei più difficili problemi della predicazione e della teologia di oggi. Sulla base di questa spaccatura per molti non solo Dio, ma an­ che la questione su Dio è morta. Un ateo preoccupato, il cui cuore fosse inquieto finché non riposi in Dio (Agostino), è quasi diventato un caso pastorale felice (Karl Rahner) . L a conseguenza dell'indifferenza religiosa largamente diffusa è - alme­ no nei paesi occidentali - un allentamento della pressione esterna sulla chiesa. Questo crea all'interno della chiesa uno spazio alla libertà e alla discussione, quale non era possibile negli ultimi secoli, attestati più sulla difensiva e su una chiusura all'interno. Solo oggi ci è possibile un libero confronto e un positivo incontro con l'epoca moderna. Ciò porta tuttavia a un secondo fenomeno della crisi, a un pluralismo delle opinioni e a una polarizzazione dei punti di vista2• È vero che già in passato sono esistiti diversi indirizzi e diverse scuole teologiche così come diverse forme di spiritualità. Ma le differenze rientravano tutte più o meno all'interno di un comune ambiente e di un comune orizzonte di comprensione. Era possibile conoscere la posizione dell'altro e si poteva indicare dove e perché ci si differenziava da essa. Oggi tuttavia i punti di partenza, le categorie concettuali e l'intero sfondo vitale e culturale sono talmente differenziati che non è possibile neppure conoscere e comprendere tutte le diverse posizioni, senza dire poi se sia possibile armonizzarle da un punto di vista superiore. Queste differenze non riguardano solo questioni marginali o questioni di formulazione. Anche sulla questione che cosa sia il centro del messaggio cristiano e !"'essenza del cristianesimo" si svilup­ pano concezioni differenti e contrapposte. Per questo l'unica fede della chiesa corre il pericolo di perdere la sua univocità e la sua forza di testi­ momanza. Questa situazione è sperimentata da moltissimi cristiani come una crisi di fede. Con costernazione constatano che lo spirito del secolarismo si è insinuato anche nella chiesa e che anche nella chiesa, sotto la copertura del pluralismo e di una nuova interpretazione della fede, sono svaniti i confini fra verità ed errore. Essi credono che nell'epoca dell'eclissi di 2 Cf su questo K. RAHNER, Kleine Frage zum heutigen Pluralismus in der geistigen Situation der Katholtken und der Kirche, in ID., Schriften zur Theologie 6, Einsiedeln - Koln 1965 , 34-45 [trad. it., Un problema dell'odierno pluralismo vigente nella situazione spirituale dei cattolici e della Chiesa, in Nuovi saggi l, Paoline, Roma 1968, 6 1 -76] ; Io., Il pluralismo teologico e l'unità della professione di fede nella Chiesa, in Concilium 6/1969, 125-147; P. LENGSFELD - I. HERMANN, Die Alternative zum Te"or. Pluralismus in Theologie und Kirche, Diisseldorf 1970.

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Introduzione alla fede

Dio anche nella chiesa si è giunti a una profonda confusione degli spiriti e a una decadenza che giunge fino ai fondamenti. Essi rimandano ai vari tentativi di dare una nuova interpretazione della fede in senso immanen­ tistico e di assegnarle una nuova funzione nel senso delle ideologie di sal­ vezza intramondana. Nessun osservatore vorrà negare che esista almeno il pretesto per simili preoccupazioni. Ciò che tuttavia colpisce in tali ana­ lisi è il tono lamentoso e rassegnato che denuncia la mancanza di fiducia, di quella fiducia che è propria della fede. Appartiene essenzialmente alla chiesa di essere il campo di battaglia tra verità ed errore. La chiesa, che su ogni errore trionfa, è una grandezza di speranza escatologica; come tale essa tuttavia è motivo di coraggio e di fiducia, e non di lagnanze e di accuse. Dietro a un punto di vista di fede, che si presenta così radica­ le, ci sta in verità non una fede forte, ma una fede debole. Chi del resto interpreta tutti i problemi della chiesa attuale solo come crisi di fede, fa le cose troppo facili; pone a priori la posizione dell'altro dalla parte del torto e si sottrae così alla discussione e all ' impegno di cambiare la benché minima cosa nella chiesa. Anche questo può denotare una mancanza di prontezza alla conversione, che è uno dei tratti essenziali della fede. Noi procederemo con circospezione con lo slogan della crisi di fede. La parola "crisi" ha per la coscienza media solo un suono negativo. Crisi di fede significa qui solo rovina della fede. Nel senso originario, tuttavia, crisi significa situazione di decisione. In una situazione critica le struttu­ re e le forme sin qui date non sono più ovvie. E con questo si dà spazio alla libertà e possibilità all'azione. ll futuro è così aperto. Per questo una crisi può portare tanto alla rovina quanto può diventare un kair6s. Nella storia della chiesa e della teologia ci sono sempre stati tali punti critici di svolta. Si pensi alla svolta costantiniana, alla riforma gregoriana, all'epoca della Riforma. La fede ha dovuto in simili circostanze, di volta in volta, conservare la sua identità attraverso un immane processo storico di tra­ sformazione. È presumibile che noi oggi ci troviamo di nuovo a un simile punto di svolta epocale nella storia della chiesa e del dogma. Dove porti tale svolta, non è deciso a priori; è piuttosto deciso solo da noi. Questo è nella crisi attuale il kair6s della nostra situazione. Dobbiamo dunque porre la domanda: che cosa significa la fede cri­ stiana nei confronti della situazione moderna? Come si articola e come si realizza oggi? Qual è il suo luogo e il suo compito nella società attuale? Per arrivare a una chiara prospettiva per il futuro, dobbiamo innanzitutto cercare di capire con precisione l'attuale situazione della fede. Questo di nuovo è possibile solo con l'ausilio di una analisi storica. Essa solo ci

La situazione della fede

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permette di distinguere fenomeni effimeri da vaste prospettive storiche e di far chiaro nel bailamme degli slogan. Dobbiamo dunque considerare la nostra situazione nel più ampio contesto della storia dello spirito, della società e della teologia.

2. I fondamenti dell'epoca moderna

Se vogliamo comprendere il nostro presente, dobbiamo partire dall'il­ luminismo modemo3• Certamente è la rivoluzione più significativa fatta dall'Occidente. L'illuminismo è oggi tutt'altro che superato; al contra­ rio, solo oggi ci ha pienamente raggiunto. È vero che l'illuminismo è un processo, che attraversa tutta la storia dello spirito occidentale. L'illumi­ nismo incomincia già con i filosofi ionici della natura e di nuovo è dato trovarlo con i sofisti e con gli stoici. Già essi cercano di interpretare il mito razionalmente e di spiegarlo allegoricamente. Per questo, con He­ gel, si può comprendere tutta la storia occidentale come il processo di una progressiva presa di possesso, da parte dell'uomo, della sua libertà. Questa storia della libertà, tuttavia, all'inizio dell'epoca moderna è entra­ ta in un nuovo stadio. La libertà e il pensiero si fanno consapevoli di sé e critici. È noto che Kant ha definito l'illuminismo come , 65-84 [trad. it., ll dogma sotto la parola di Dio, Queriniana, Brescia 1968. 69-98] .

La

verità della fede

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nel cui avverarsi trova conferma il presupposto originario. La verità non la si può tener stretta, la verità piuttosto è un risultato. Verità e storia stanno qui in rapporto immediato. La verità della fede sarà totalmente palese solo escatologicamente, quando Dio sarà tutto in tutte le cose ( l Cor 1 5 ,28) . La verità della fede, che sperimentiamo ora, è solo l'anticipa­ zione, che funge da segno, di questa visione escatologica nelle condizioni dell'attuale situazione del mondo. Così la fede è possibile solo in riferi­ mento alla speranza.

2. La via tradizionale della fondazione della fede

ll Nuovo Testamento non ha ancora rielaborato i molteplici aspetti

di questa comprensione della verità in una teoria completa della fon­ dazione della fede. Solo quando, nel corso nell'epoca moderna, si è ap­ profondito il conflitto tra la fede e una comprensione della verità orien­ tata alla costatabilità razionale, si è tentato di sviluppare una tale teoria della fondazione della fede nella cosiddetta dottrina dell'analysis fideP 1• Ma già a priori ci si trovava in una morsa. Da una parte si doveva difen­ dere la responsabilità umana dell'atto di fede. Una fede cieca sarebbe disumana e irresponsabile. Per questo si doveva mostrare come l'atto di fede possa essere posto in modo onesto dal punto di vista intellettuale. D'altra parte la fede non avrebbe più potuto rimanere fede, se la si fos­ se dimostrata razionalmente. Per questo la questione della fondazione della fede è sempre stata per i teologi una croce e un supplizio. Il magi­ stero ecclesiastico ha condannato entrambi gli estremi: il razionalismo teologico, che risolve la fede nel sapere, e il fideismo, per il quale la fede è un salto nel buio, una pura intuizione52• Per trovar la strada tra questi due estremi si distingue, nell'apologetica tradizionale, tra il vero

5 1 Cf nell'ampia bibliografia le esposizioni sintetiche di F. MALMBERG, Analysis /idei, in LThK2 I ( 1 957) 477-483 ; H. FRIES, Glaubensmotiv, in LThJ(2 4 ( 1 960) 943 -945 ; ]. ALFARO, Glaubensmotiv, in Sacramentum mundi 2 ( 1 968) 409-423 [trad. it. , Fede (motivo dz), in Sacramentum mundi 3 , Morcel­ liana, Brescia 1975, 780-783 ] ; K. RAHNER, Glaubenszugang, in Sacramentum mundi 2 ( 1 968) 4 14-420 [trad. it. , Fede (accesso alla), in Sacramentum mundi 3, Morcelliana, Brescia 1975, 750-758] . 52 DH 3008-3014; 303 1 -3036. Su questo H.J. PorrMEYER, Der Glaube vor dem Anspruch der Wis­ senscha/t. Die Konstitution uber den katholischen Glauben "Dei Filius" des I. Vatikanirchen Konzils

58

Introduzione alla fede

fondamento e motivo della fede, che è da cogliere nella fede stessa, e i motivi di credibilità, che devono rendere umanamente responsabile l'affermazione della fede. Come motivi di credibilità si adducono normalmente i segni che già nel Nuovo Testamento hanno un certo ruolo come segni della fede: miracoli e profezie. n loro compito, secondo la teoria tradizionale della fondazione della fede, è di far vedere - a guisa di segni - che nella rive­ lazione entra in gioco qualcosa di più che non forze puramente naturali e umane. In un orientamento più recente dell'apologetica, che va sotto il nome di metodo dell'immanenza e il cui principale rappresentante è Maurice Blondel, al posto di questi motivi esterni di credibilità entrano motivi intrinseci, che devono indirizzarsi non tanto alla ragione quanto alla disponibilità soggettiva alla fede. Si cercava di dimostrare come la fede corrispondesse ai bisogni soggettivi dell'uomo, si sottolineava la sua intrinseca bellezza e significatività, si mostrava che era in grado di dare una risposta ai problemi sociali dell'uomo. Un terzo orientamento, il co­ siddetto "metodo della provvidenza " , non rimandava ai segni presenti nella storia della salvezza, ma alla chiesa, che appare come «un grande e perenne motivo di credibilità ed una testimonianza irrevocabile della sua missione divina» e questo «a causa della sua mirabile diffusione, della sua santità esimia e della inesausta fecondità nelle opere buone, a causa della sua cattolica unità e della sua invitta stabilità»53• Questi tre metodi hanno tutti le loro difficoltà. Questo è chiaro già a prima vista nel caso del metodo menzionato per ultimo. Per molti uomini oggi la chiesa nella sua forma concreta rappresenta più un impedimento che un aiuto alla fede. Per lo stesso motivo anche gli argomenti addotti dal secondo metodo non finiscono per convincere. Essi rimangono astrat­ ti, se non sono praticati in modo credibile nella comunità dei credenti. Il cristianesimo deve provare nella pratica che esso corrisponde alle questioni e alle necessità dell'uomo e della società. Per quanto riguarda il primo metodo già Lessing54 ha fatto la distinzione tra miracoli e profe­ zie, che io stesso esperimento, e quelle di cui vengo a sapere solo per via

und die unvero!fentlichten theologischen Voten der vorbereitenden Kommission (Freiburger Theol. Stud. 87) , Freiburg - Basel - Wien 1 968. H DH 3013. 5 4 G . E . LESSING, Uber den Beweis des Geistes und der Kra/t ( 1777 ) , in Ges. Werke VIII, Berlin 1956, 9-16 [trad. it., Sul cosiddetto «argomento dello spirito e della forza», in Religione storia e società, La Libra, Messina 1973. 169- 179] . ·

La verità

della fede

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storica che altri dicono di averli sperimentati. Non è possibile fondare la certezza della salvezza soltanto su tale certezza storica. A tale scopo oc­ corrono «prove dello spirito e della sua forza». Per questo Lessing esige che la credibilità della fede sia esibita all'interno dell'esperienza attuale. Che cosa intenda dire egli, lo indica citando alla fine del suo scritto il te­ stamento apocrifo dell'apostolo Giovanni, le leggendarie parole del sene­ scente Giovanni: «Figlioletti, amatevi». La credibilità della fede, dunque, deve farsi avanti nella pratica della fede, nell'amore. Esso è il segno e il miracolo che rende la fede concretamente credibile55• Ecco, dunque, il risultato della critica delle diverse vie proposte per di­ mostrare la credibilità della fede: non è possibile dimostrare la credibilità della fede solo per via astratta e intellettuale. Se ne fa carico alla comuni­ tà dei credenti. La credibilità della fede dipende in modo decisivo dalla credibilità della chiesa. È inutile proclamare astrattamente che la fede è al servizio della libertà dell'uomo, quando nello stesso tempo si pratica nella chiesa un sistema di non-libertà e di paura, quando tutti gli impulsi di una vita libera vengono sorvegliati con sospetto e vengono repressi. È inutile intonare il canto della fraternità di tutti gli uomini e poi tenere an­ cora in piedi un regime assolutistico. La prova della credibilità della fede oggi soprattutto è possibile solo a condizione di impegnarsi nel contem­ po per una riforma della chiesa. Solo singoli cristiani e singole comunità di cristiani, che con tutta la loro vita testimoniano la fede, possono essere segno credibile56• Tutti questi modi di provare la credibilità della fede non sono ancora una prova della fede. Essi fondano soltanto l'estrinseca possibilità, respon­ sabilità e signifìcatività della fede, ma non adducono l'intrinseca evidenza di ciò che si crede. Essi si fermano nell'atrio della fede (praeambula fidei)57• n motivo intrinseco e il fondamento vero della fede, secondo la dottrina tradizionale, che in questo punto è stata accolta nella definizione del con­ cilio Vaticano I, è solo l'autorità di Dio rivelante (auctoritas Dei revelantis) , di cui si deve dire che non può né ingannare né ingannarsi58• La verità e la veracità di Dio, dunque, sono il motivo ultimo di certezza della fede.

55 Cf H.U. VON BALTHASAR, Glaubha/t ist nur Liebe, Einsiedeln 1963 [trad. it., Solo l'amore è credi­ bile, Boria, Torino 1965 ] . 5 6 Questo nesso è a ragione continuamente evidenziato d a H . KONG, Die Kirche, Freiburg i . Br. 1967 [trad. it. , La Chiesa, Queriniana, Brescia 1972]. 57 Cf G. MuscHALEK, Praeambula fidei, in LThK! 8 ( 1 963 ) 653 -657. 58 DH 3 008.

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Introduzione alla fede

In questa definizione sono degne di nota due cose. In primo luogo si parla dell' auctoritas Dei revelantis e non dell' auctoritas Dei imperantis. Non si tratta solo del punto di vista dell'autorità. Non si dice semplice­ mente: Dio ha rivelato così e così, e basta. Un tale positivismo della fede, che risulta essere il punto di vista della obbedienza, non corrisponde alla dottrina della chiesa. La certezza della fede si fonda piuttosto nell'eviden­ za e autorità della verità di Dio. Questo significa che non si può - come oggi capita spesso - ridurre i problemi della fede a problemi di obbe­ dienza. Le questioni della fede non si possono in nessun modo ridurre a questioni di obbedienza ecclesiastica. Noi non crediamo alla chiesa, ma crediamo perché e in quanto siamo convinti della verità di Dio rivelante. Un secondo punto è rimarchevole nella definizione del concilio Vati­ cano I. li fondamento della fede non sono né i miracoli e le profezie né la chiesa e le sue dichiarazioni magisteriali; fondamento della fede è solo la verità di Dio. La fede non significa un ritenere per vero sulla base di azioni miracolose e di proposizioni dichiarate autoritativamente; essa piuttosto sta o cade, a seconda che uno sia disposto o no ad affidarsi a Dio come fondamento e fine della sua esistenza. Si crede in Dio, ma non nei dogmi o nella chiesa; è Dio che si crede, non tanto la chiesa. Nessun dogma riesce a comprendere in forma adeguata questo che è il vero contenuto della fede. La verità di Dio è sempre più grande di tutti gli enunciati che noi possiamo formulare su di essa. Per questo possiamo e dobbiamo distinguere tra il fondamento della fede e le rappresentazioni e gli enunciati che risultano sempre condizionati storicamente. Siccome Dio come fondamento proprio della fede rimane in definitiva non disponibile e irraggiungibile per la conoscenza umana, l'uomo può conoscere Dio solo nella fede e riconoscerlo come autorità, se egli stesso si dà a conoscere. Ogni tentativo dell'uomo, basato sulle sue forze, di co­ gliere Dio, finirebbe con l'essere una violazione; ogni umano conoscere, che si basi sulle sue forze, risulta alla fine un dis-conoscere. Noi cerche­ remmo di cogliere Dio secondo le condizioni delle nostre facoltà conosci­ tive, lo finitizzeremmo e lo degraderemmo a un nostro idolo. Per questo lo stesso rendere possibile la conoscenza di Dio deve rimanere faccenda propria di Dio. Dio deve donare all'uomo le stesse condizioni, poste le quali egli possa coglierlo. Solo così egli rimane il Signore della sua parola e solo così lo stesso essere-Dio di Dio può diventare fondamento della nostra certezza di fede. Questo intendeva la teologia scolastica con la sua teoria della luce della fede e della grazia illuminante della fede. La grazia della fede non riguarda un contenuto oggettivo della fede, ma la

La verità della fede

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condizione, data da Dio stesso, della possibilità della fede. Essa crea la connaturalità e congenialità della conoscenza umana al suo oggetto. Per questo la grazia della fede non è un tappabuchi per ciò che manca al mo­ do umano di conoscere: essa dà piuttosto un nuovo potere di visione e una nuova acutezza, che sola ci abilita a comprendere pienamente i segni della fede. Per questo, seguendo Pierre Rousselot, si parla spesso di «oc­ chi della fede»59• Più biblicamente si dovrebbe parlare qui dello Spirito Santo. Egli è la potenza attualizzante del regno di Dio, che con la Pasqua ha fatto definitiva irruzione; per il suo tramite siamo introdotti ad un nuovo inizio; in lui possiamo già ora anticipatamente sperimentare i segni del veniente regno di Dio.

3. Rendere conto della fede, oggi

Con ciò che precede abbiamo esposto a grandi tratti la fondazione teologica della fede. È una esposizione tuttavia che lascia insoddisfatti. Là dove cessano le spiegazioni teologiche, incominciano i nostri odierni problemi. Il rimando a Dio come a fondamento ultimo e garante della fede poteva valere per un tempo in cui Dio e la sua autorità erano un presupposto ovvio e accolto da tutti senza discussione. Nella nostra epoca post-illuministica il rimando a una verità assoluta, che esige un'ob­ bedienza incondizionata, deve apparire come rottura del dialogo e come espressione di un pensiero autoritario. Sono in prima fila i rappresentanti di un razionalismo critico, Karl Popper, Hans Albert, William Bartley e altri, a vedere in ogni pensiero teologico e filosofico, che s'interroga su un fondamento ultimo della certezza, una rottura del dialogo, una fuga nell'impegno e insieme il pericolo di un monopolio teoretico con richie­ ste infallibili di obbedienza, persecuzione e discriminazione per quanti la pensano diversamente. A un pensiero che si fonda infallibilinente su se stesso essi contrappongono il principio del fallibilismo. Non si devono formulare princìpi dogmatici e assoluti, ma solo princìpi ipotetici, prov-

59 P. RoussELOT, Die Augen des Glaubens, Einsiedeln 1963 [trad. it., Gli occhi della /ede, Jaca Book, Milano 1977 ] . Cf inoltre E. KuNZ, Glaube - Gnade - Geschichte. Die Glaubenstheologie des Pie"e Rousselot. Frankfurt a. M. 1969.

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visori e limitati, i quali poi devono essere sottoposti all'esperimento e al vaglio critico. A un pensiero chiuso e monolitico essi contrappongono un pensiero aperto e pluralistico. Non ci si deve illudere: questo modo di pensare corrisponde a una mentalità oggi largamente diffusa. Si è stanchi di eterne controversie teoretiche e ci si vorrebbe limitare a questioni concrete, suscettibili di una risposta e di una soluzione razionale. n rifiuto della questione di un fondamento ultimo si trova anche in altri indirizzi filosofici, come nella tarda filosofia di Martin Heidegger o nella dialettica negativa di Theodor W Adorno. Qui si manifesta con tutta evidenza un nuovo orientamento fondamentale del pensiero, che non necessariamente - già a priori e sotto ogni aspetto - è estraneo alla teologia. Qui si fanno valere nuovi spunti di pensiero che già da tempo la filosofia e la teologia negativa, specialmente la mistica, conoscono. In questa tradizione è sempre stata viva la coscien­ za della irraggiungibilità e inaccessibilità dell'assoluto. Comunque è stato Tommaso d'Aquino che, nella linea della tradizione della teologia nega­ tiva, ha riconosciuto che noi conosciamo di Dio ciò che non è, piuttosto che ciò che è60• Se si prende sul serio questo esser-nascosto di Dio, allora non lo si introduce come fondamento, su cui si possano fare calcoli, e come garante del nostro sistema teologico ed ecclesiastico. Proprio chi crede in un Dio sempre più grande deve sempre rimanere aperto a nuove espenenze e a nuove conoscenze. Purtroppo non si è sempre tenuto saldo questo profondo principio. In fondo si è voluto saper troppo di Dio in teologia e nella predicazione. E questo vale non da ultimo delle moderne teorie della fondazione della fe­ de. Nel modo in cui esse pongono e rispondono alla questione del fonda­ mento ultimo della certezza della fede, sono profondamente influenzate dalla filosofia moderna da Descartes in poi, nella quale ci si interrogava sul fondamento ultimo della certezza della conoscenza. In entrambi i casi si cercava con procedimento analogo di progettare e di comprendere la realtà partendo da un unico punto. Tuttavia un tale modo sistematico di procedere con il pensiero non trova riscontro nella comprensione biblica della verità. Come abbiamo mostrato, la Scrittura non rimanda indietro a un fondamento ultimo certo in se stesso, ma in avanti al futuro anticipato attraverso la risurrezione di Cristo. La certezza di fede è una certezza di speranza. Ciò significa che la fede sarà sempre contestata nella storia e

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ToMMASO n'AQUINO, Summa theologiae I, q. 2 proemium; cf DH 806.

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che il credente ha la sua fede non semplicemente dietro di sé, ma sempre davanti a sé. Qui vale la parola: «Signore, credo ! aiuta la mia incredulità» (Mc 9,23 ) . Non· c'è solo un simul iustus et peccator - posizione possibile anche da un punto di vista cattolico - ma anche un simul fidelis et in./ide­ lt'S'1 . La fede del credente è sempre in gioco. La fede non è pertanto un sistema chiuso, ma un sistema aperto. Per questo dobbiamo ripensare a nuovo la dottrina tradizionale della certezza di fede e del dubbio di fede e opporci definitivamente al tenta­ tivo clericale di una sintesi integralista in una comprensione monolitica della verità. Proprio perché la fede è essenzialmente una fede di speranza escatologica, deve continuamente esporsi al metodo dell'esperimento e della critica. Nel confronto con gli altri progetti e concezioni dell'esi­ stenza deve dare 12 rova che ad essa appartiene il futuro, perché dischiude futuro all'uomo. E una fede sempre in cammino; una fede che costante­ mente deve scrutare i segni. Essa non è la posizione dei beati possidentes, che dall'alto dell'incensurabilità distribuiscono censure, ma dev'essere solidale con quanti domandano e cercano. Anzi essa dev'essere perfino ispirazione al cercare e al domandare. Non dev'essere solo un asilo di si­ curezza, ma anche una casa di santa irrequietezza. Tuttavia la teologia deve opporsi in un punto decisivo al metodo del trial and errar, almeno là dov'esso è portato alle sue estreme conseguen­ ze. Questa posizione, infatti, è proprio così aperta, come dice di essere o non chiude piuttosto l'uomo nella sua finitezza con una intolleranza al­ trettanto dogmatica? Risponde in modo adeguato alla questione del sen­ so dell'uomo, alle esigenze della sua libertà e del suo pensiero? Non pone essa cartelli di divieto là dove lo spirito umano vuole e deve procedere oltre nell'interrogare? Non è proprio dell'uomo porsi nell'orizzonte del tutto? n vincolo ultimo non è tale da portare non alla non-libertà, bensì alla libertà, perché ci preserva dal disperderci - un disperdere che asser­ visce - nell'attimo che passa? Nella libertà dell'altro non incontriamo noi un appello incondizionato, che in nessun modo può essere sottoposto all'esperimento? E può la libertà finita dell'uomo essere ciò che è ultimo, se nella profondità e nel fondo della realtà non opera la libertà? Non è dunque contraddittorio parlare di una autorità assoluta della libertà, e non è questa una descrizione di ciò che noi intendiamo, quando parliamo di Dio e della sua signoria?

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} .B. METZ, L'incredulità come problema teologico, in Concilium 3/1965, 72-92.

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Ci troviamo qui al punto focale dell'attuale discussione e al motivo vero dell'attuale crisi di fede. È qui che si prendono le decisioni ultime. Ecco la domanda: verità, senso, libertà sono progettate e "fatte" soltanto dall'uomo, oppure, verità, senso e libertà sono poste prima davanti alla decisione umana? Si deve dire che la libertà assoluta e il senso assoluto "è", oppure che tale senso " si fa" solo tramite il farsi dell'uomo? Sono permesse, magari richieste, anche nell'ambito di un pensiero storico delle asserzioni ontologiche? Si può e si deve dire, nella fede, che Dio "è" co­ me futuro assoluto dell'uomo e che solo in questo