I coralli di Darwin. I primi modelli evolutivi e la tradizione della storia naturale 8833917185, 9788833917184

Nell'immaginario comune il nome di Darwin è collegato inseparabilmente alla teoria dell'evoluzione attraverso

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I coralli di Darwin. I primi modelli evolutivi e la tradizione della storia naturale
 8833917185, 9788833917184

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HORST BREDEKAMP

I CORALLI DI DARWIN primi modelli evolutivi e la tradizione della storia naturale

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DI

di

Filosofia

Padova

Bollati Boringhieri

Horst Bredekamp

I coralli di Darwin I primi modelli evolutivi la tradizione della storia naturale

Bollati Boringhieri

Prima edizione ottobre 2006

© 2006 Bollati Boringhieri editore s.r.l., Torino, corso Vittorio Emanuele II, 86 I diritti di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento tota­ le o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati Stampato in Italia dalla GRAF ART - Officine Grafiche Artistiche - s.r.l. h



Titolo originale

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di Venaria Reale (To) ISBN 88-339-17 Darwins Korallen. Frühe Evolutionsmodelle und die Tradition der Naturgeschichte

© 2005 Verlag Klaus Wagenbach, Berlin Traduzione di Adamira Moschet tini

Schema grafico della copertina di Pierluigi Cerri

www. bollatibonnghieri. it

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Indice

Prefazione

I coralli di Darwin i. Il reperto (1834)

2. Dall’albero al corallo (i 837) I primi schizzi, 27

46

3. Il modello a coral-

M

o

i. Il modello ad albero, 18

Le alternative di Strickland (1840) Dall’albero alla carta, 49

3. Il model-

nr1832). 10 Vedi p. 9, epigrafe e p. 94, nota 8.

Capitolo primo

no al di là del limite della zona di separazione tra oggetto naturale e opera d’arte. Nel caso dell’Amphiroa orbignyana, l’intervento consiste nel fatto che Darwin ha visto, selezionato, staccato e preso con sé questo orga­ nismo per poterlo inviare a Londra, da dove ha percorso le varie tap­ pe della sua conservazione. Con il susseguirsi delle fasi di raccolta, classificazione, codificazione e conservazione, esso si è creato una pro­ pria aura, che a ogni fase lo fa penetrare più in profondità nella dimen­ sione propria delle opere d’arte. Darwin mostrerà che non si tratta di un caso. Si offre la possibilità paradigmatica di poter determinare quell’eccesso gestaltico che si accresce nelle cose quando queste ven­ gono rimosse dal loro contesto. Non è possibile sondare la forza di Darwin, questa è la tesi del presente saggio, se non lo si coglie anche come un iconologista costruttivo. Per verificare questa tesi è stato necessario esaminare i disegni fatti a mano da Darwin, il che è stato in parte possibile solo grazie all’im­ piego della lente di ingrandimento. Di primo acchito ciò potrebbe stu­ pire, data la non sublime qualità artistica degli schizzi darwiniani. Tut­ tavia, come risulterà da quanto segue, il valore della visualizzazione naturalistica è spesso determinato, più che dalla competenza manuale dell’esecutore, dalla sua capacità evocativa sui processi mentali.14 Poi11 Daston 2004, in particolare pp. 16-17. Latour (1999/2001, p. 286 e passim) stabilisce una contrapposizione tra oggetto (object) c

soggetto, contrapposizione che viene superata nella cosa (chose). Si tratta di tradurre gli ogget’ ti in cose. Dato che però la separazione tra soggetto e oggetto del mio giudizio è un presuppo* sto per il suo superamento, utilizzo oggetto in un senso analogo a quello attribuito da Latour a chose. La cosa di Latour è per me l’oggetto. 13 Alberti 2000, p. 142. 14 Riguardo a questo principio cfr. Bredekamp 2oosbc.

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dotto di proiezioni arbitrarie. Ciò vale in particolare per le «cose» c|^ ' esistono di per sé, indipendentemente dagli esseri umani, e che pj0 prio per questo «autoriferimento» sono significative al di là della loro pura esistenza.11 Ciò vale ancora più per gli «oggetti» toccati dagli uomini che si contrappongono al soggetto, nel senso del latino obice. re, per divenire il prodotto di una «obiezione» umana, quindi di proiezione attiva o persino di un intervento.12 Come suggerisce Leon Battista Alberti (1404-1472), proprio le incisioni semplici creano opere d’arte semanticamente pregnanti da forme naturali complesse.13 Non appena le cose naturali vengono toccate dagli uomini, si sposta­

Il reperto (1834)

17

» la cinematica del pensiero si mostra di solito nel movimento della mo che disegna prima e in modo più diretto che nella lingua, spesso particolare in apparenza più insignificante si rivela un elemento ;enziale. Questo saggio nasce appunto da un’attenzione portata, in iave storico-artistica, al marginale e al latente, lungo una linea che ecorre la moderna psicoanalisi e che ha trovato nella criminologia del x secolo il suo parallelo più stretto.15 Nelle mie intenzioni esso vorbbe inoltre impiegare nei riguardi della creazione storica degli oggetnaturali quella precisione morfologica che nel xix secolo collegò la oria dell’arte anche alla biologia.

15 Ginzburg 1986.

2.

Dall’albero al corallo (1837)

i. Il modello ad albero

Di ritorno dal suo viaggio intorno al mondo, Darwin formulò le sue prime idee sull’evoluzione cercando di riordinare i pezzi raccolti nel Naturai History Museum di Londra. Una prima riflessione annotata nell’estate del 1837 nel taccuino B segna il suo rifiuto dell’insegnamen­ to di Jean-Baptiste Lamarck (1744-1829) sull’evoluzione trasformatri­ ce: «I cambiamenti non sono il risultato della volontà di un animale, ma della legge dell’adattamento».1 Nella sua qualità di conservatore del Muséum d’Histoire Naturelle di Parigi, Lamarck era giunto alla convinzione che le specie si modificano per adattarsi a un ambiente in trasformazione. Aveva risolto il conflitto con il racconto biblico della creazione considerando questo processo non una evoluzione di nuove specie, ma il percorso per così dire intenzionale di specie che si trasformano entro i limiti della collocazione loro assegnata nell’or­ dine naturale. Lamarck aveva così giustificato la capacità di trasfor­ mazione delle specie senza dover sacrificare il dogma della creazione secondo il piano divino.2 Darwin aveva più volte stigmatizzato come «assurda l’idea di una trasformazione intenzionale delle specie».3 Subito dopo il primo attac­ co riportato nel taccuino, egli illustrò il suo rifiuto della tesi di uno svi1 Darwin 1987, B 21, p. 176: «Changes not result of will of animal, hut law of adaptation».

Cfr. Gruber 1974, p. i42' 2 Junker c Hossfeld 2001, pp. 49 sgg. 5 Darwin 1987, B 216, p. 224, B 214 e p. 225, B 216 nonché nota 1. Cfr. in generale Desmond e Moore 1991/1992!?, pp. 48 sgg.

Dall'albero al corallo (1837)

19

lappo interno, formulata da Lamarck con il disegno di un albero del­ l'evoluzione con una chioma rigogliosa: «Gli esseri organizzati rap­ presentano un albero. Ramificati in modo irregolare, alcuni rami mol­

to più ramificati. - Da qui i generi».4 Con questo modello Darwin motivò il fatto che la macroevoluzione non avviene per mezzo di svi­ luppi paralleli all’interno di singoli ceppi, ma mediante la lotta tra generi. La critica a Lamarck lo portò a ricorrere alla rappresentazione visiva di uno schema ad albero. Con «l’albero della vita» Darwin utilizzò un’immagine ampiamente diffusa, che era stata sfruttata per tutti i settori della scienza, del so­ ciale e del biologico. Una tradizione iconografica risalente fino all’al­ to Medioevo, che aveva come origine lesse e l’albero della vita cri­ stiano, e comprendeva vari tipi di alberi genealogici, come quelli in uso fin dal Medioevo (fig. 2) e quelli impiegati a partire dal xvi seco­ lo per dare attestazione visiva di genealogie documentate.5 Ancora più importante era il modello ad albero del neoplatonico Porfirio (233-304), che doveva fornire lo schema concettuale per in­ quadrare all’interno di un sistema naturale gerarchico tutti i suoi ele­ menti.6 Come mostra la xilografia di un’edizione stampata nel 1498 degli Opuscola di Tommaso d’Aquino (1224/25-1274) (fig. 3), il tron­ co ascende dalla specie uomo attraverso Vanimale, l’essere vivente e il corpo fino alla sostanza del genere al vertice della struttura.7 Con il genere annotato in alto a sinistra {genus) e la specie posta in basso a sinistra {species), i punti di partenza e di arrivo àelV arbor Porphyriana sono a tutt’oggi concetti di riferimento. Dato che in Porfirio le tappe della generalizzazione si susseguono in modo lineare, potrebbero esse­ re lette anche come scala o catena.8 E poiché tra i punti di tale linea directa sono inserite anche differenziazioni laterali, lo schema assume altresì l’aspetto di un albero. Non solo: dato che i rami sono rivolti variamente verso l’alto e verso il basso e le radici possono quindi svi4 Darwin 1987, B 21, p. 176: «Organized beings represent a tree. Irregularly branched some branches far more branched. Hence Genera». 5 Sull’albero della vita: Goetz 1965, fig. 117. Sul Medioevo: Schadt 1982; sul primo Rina­ scimento italiano: Klapisch-Zuber 1991; fondamentale per gli inizi dell’età moderna: Heck 2000, che sottolinea la distinzione tra albero genealogico e galleria degli antenati; esempi signi­ ficativi della dinastia asburgica: Barta 2001, pp. 52-57; in generale Klapisch-Zuber 2003. 6 W. Zimmermann 1953, pp. 77-78; Urbani 1991; Wöhler 1992, pp. 3-20; Wendler 2003, pp. 4-31. ‘ Tommaso d’Aquino 1498, p. ioóv; Cavarra 1991, p. 337. 8 Lovejoy i960.

Capitolo secondo 20

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Figura 2 miniatura, fine xn secol Albero genealogico carolingio, in Eccheardo d’Aura, Cronica, Erlangen, Biblioteca Universitaria, ms. 406, fol. 2041;.

Dall'albero al corallo (18 }?)

2

lupparsi su entrambe le estremità, l’essere umano può essere conside­

rato sia come punto di partenza di una generalizzazione, sia come risultato ultimo della specificazione. Il modello ad albero dì Porfirio consentì per molto tempo di igno­ rare il problema principale della filosofia della natura, cioè il fatto che

„„ar„ ex novo contraddicevano la creazione ori»; SPrdietutteeie°specie canonizzata nel mito cosmogoruco dell’AntiCo naie di tutte le sp Jel tronco, della scala o della catena tTu" permeuevt grazie alle possibilità offerte dalle sue infinit ’ differenziazioni interne, di trovare comunque una collocazione a Ulla

nuova specie, dato che si potevano sempre e

e tuare ulteriori suddi-

visioni in collegamento con i rami laterali dell albero. Fu soprattutto con la riscoperta del modello ad albero dinamico, circolare e combi-

nato di Raimondo Lullo (circa 1235-1315) che> a parure dal xvi secolo si ebbe una nuova attualizzazione di tale metafora grafica. La sua efficacia risiedeva nel fatto di potere sia realizzare classificazioni gerarchiche di concetti che legittimare forme ramificate flessibili.9

Ancora nel 1764 Charles Bonnet (i72nt ft Corali»««. Ljtbophytg.,

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Figura 4 Charles Bonnet, scala dell’ordine naturale, illustrazione trat­ ta da Idée d'une échelle des êtres naturels. i799.

Capitolo secondo

j brinato avrebbe fatto germogliare certi disposte in modo ra che sono imparentate

secondari ano

«letti

P J che non possono interporsi tra di essi».» g’J-

XtessoUannodPa Johann Philipp Rühng (r^-iSo?) con Un^ »rima a ramificazione differenziata mediante linee di collega«^ organizzate dall’alto verso il basso.

Antoine Nicolas Duchesne (i747’

A sua volta, nello stesso anno Present0 1

genealOgi.’

co (arbre généalogique) di un’unica specie, la frago a.

La rappresentazione figurativa di Pallas era un passo estremameli, te problematico. Da un lato si riallacciava alla metafora dell’«albero

della vita» che, nell’iconografia cristiana della stona della salvezza, simboleggia appunto la nuova vita generata dal morto legno della cro­ ce;15 12dall * * ’altro lato, tuttavia, si ritrovava pericolosamente in prossi­ mità del simbolismo della crescita, che nel regno degli artefatti uma­ ni e del progresso scientifico era consentito e richiesto, mentre era proibito dall’Antico Testamento. Rispetto all’utilizzo circolare e com­ binatorio dell’immagine tradizionale, la precaria modernità del model­ lo ad albero di Pallas consisteva nel fatto che, postulando due ceppi, suggeriva l’idea di crescita ed evoluzione. Si creava nuovamente una contraddizione tra l’immagine grafica e lo spazio testuale del lecito. Per contrastare l’impressione visiva, Pal­ las cercò di bloccare l’idea evoluzionistica, facendo dell’albero una im­ magine armonica dell’affinità, ma non dello sviluppo delle specie. 12 Pallas 1766, p. 24: «Truncus e principaliori generum affinium serie confertus, passim pro ramulis exsereret genera, quae istis laterali affittitati juncta interseri tarnen non possunt». Cfr. Pallas 1787, p. 48; Métraux 2001, p. 12. «Tabula Phytographica Universalis affinitates ordinum naturaliutn plantarum exhibens*, in Rüling 1766, dopo p. 36; cfr. Wendler 2003, p. 39. Duchesne 1766, pp. 225-26: «Si le Capiton VII n’est pas une plante originairement distincte du Fraisier, il est à croire qu’il est né du Fraisier verd, plutôt que de tout autre, ainsi qu on le voit dans 1 arbre généalogique: il a de commun avec lui, la solidité de ses fruits & k force de ses étamines, mais il en diffère par sa grandeur, par l’absence des appendices des feuil­ les qui se voient dans l’autre, par la forme des bouquets de fleurs, la disposition des calices à renverser & plus encore par la séparation de sexes sur deux individus. Le Fraisier écarlate X qui est Je Fraisier commun du Canada & de la Virginie, diffère, comme on l’a vu, du Fraisier* bois par un grand nombre de petits caractères; cependant, il ne peut guère avoir pris naissance que de cette race ainsi que je le marque dans l’arbre généalogique: l’influence du climat pa^,[ LrrTrPrOdì’A °) .pnncipraïX C^angcments> puisqu’on les observe également dans les de«' autres races d Amérique». Cfr. W. Zimmermann I95î> p 2?7 Berns 2000; Demandi 2002, pp, ,9, I?4 s P 37’

^all'albero al corallo (18 17) '

7//

25

Dato che scala, catena c albero venivano sempre definiti come model­ li di relazioni armoniche tra specie imparentate, quindi di uno stato e non di uno sviluppo, 1 immagine suggeriva più di quel che il pensiero

espresso in parole consentisse. Lamarck, che ttadusse Pallas in francese, fu il primo a chiudere questa forbice, c quindi non solo formulò una concisa teoria della trasfotinazione delle specie, ma la rappresentò in un diagramma che col­

legava 1 idea della scala con il modello di un albero genealogico in

perenne ciescita. Nella sua Philosophie zoologique del 1809 visualizzò 1 evoluzione delle specie in un tableau ramificato (fig. 5), il cui svilup­ po dall’alto verso il basso lo differenziava dal modello à&'arbor

Porphyriana. Inoltre, poiché sul margine superiore non assumeva alcun

singolo punto come inizio, che invece veniva in modo bipolare, La­ marck creò una corrispondenza con i due ceppi del modello di Pallas e con la scala di Bonnet (fig. 4). Tale accostamento, che collegava la scala all’albero, consentì a La­ marck di riconoscere che «la scala animale inizia almeno con due rami particolari e nel suo percorso alcune ramificazioni sembrano inter­ romperla in certi punti».16 Tale contrasto fra trasformazione e stasi o interruzione risulta in particolare nei vermi posti in alto a sinistra (Vers) e nel gruppo a destra formato da infusori (Infusoires), polipi (Polypes) e radiati (Radiaires). Mentre questi restano stabili e quindi non producono alcuna ramificazione, dai vermi si diparte una linea punteggiata biforcata verso gli insetti, gli aracnidi e i crostacei, rag­ gruppati a destra, e verso gli anellidi, i cirripedi e i molluschi, più in basso a sinistra. Da questo gruppo tre punti vanno verso pesci e ret­ tili, che si suddividono a sinistra in uccelli e monotremi e a destra in anfibi. Questi a loro volta si ramificano a destra in cetacei e a sinistra in ungulati e unguicolati. L’indecisione di Lamarck tra la scala e i rami biforcati di un albero trovava la sua corrispondenza nel carattere compromissorio del suo modello naturalistico. Secondo la sua idea, le specie si sviluppano sul­ la base di una spinta al perfezionamento, ma non superano mai i limi­ ti della specie.17 La combinazione del momento statico e del momen16 Lamarck 1809/1994, P- 648: «L’échelle animale commence au moins par deux branches particulières [...], dans le cours de son étendue, quelques rameaux par aissent la terminer en cer tains endroits». 4 . . 17 Junker e Hossfeld 2001, pp. 49"57- '/a disposizione lineare che 1 aimarck

Capitolo secondo

26

463

ADDITIONS.

~

TA BLE AU

Servant à montrer Vorigine des différons animaux. Vers, •

Infusoires. Polypes. Radiaires.

Insectes. Arachnides. Crustacés.

Annelides. Cirrhipèdes. Mollusques.

Poissons. Reptiles.

Oiseaux. Monotrèmes. M. Amphibies. *



M. Cétacés. >

« M. Ongulés. M. Onguiculés. Cette série d’animaux commençant par deux Figura 5 Jean-Baptiste Lamarck, diagramma della trasformazione delle specie, da Lamarck, Philosophie zoo Logique, 1809.

Dall albero al corallo (1837)

to evolutivo viene raffigurata dal diagramma come unione fra testo e immagine. ‘ I concetti di generi animali, leggermente sfalsati gli uni rispetto agli alti i ma sostanzialmente posti a sinistra c a destra della linea centrale, ribadiscono il modello statico della scala, mentre le li­ nee punteggiate che partono dai vermi sottolineano lo sviluppo. Me­ diante il collegamento tra pioli della scala e rami Lamarck ha definito il suo trasformismo con un’immagine ambigua che, a seconda del pun­ to di vista, liusciva a rafforzare sia l’idea di una natura ben struttu­

rata, sia quella di una sua crescita evolutiva.

2.

I primi schizzi

Nel luglio 1837 Darwin si riallacciò al carattere compromissorio di tale modello. I primi diagrammi del taccuino B (fig. 6), realizzati poco dopo la menzione del modello ad albero, testimoniano che si ispirò alle linee punteggiate di Lamarck, che divennero il mezzo grafico per la rappresentazione di riflessioni portate avanti da un decennio. Il primo schizzo (fig. 7) mostra nella sua parte inferiore una sequen­ za di punti di questo tipo: essi si aprono a ventaglio verso l’alto per proseguire in linee tendenti verso l’esterno. Questi tre tratti mostra­ no come si differenziano le specie a seconda della loro appartenenza a uno dei regni naturali dell’acqua, della terra e dell’aria.19 La novità decisiva risiede nella differenziazione delle linee e dei punti. Mentre le linee indicano le specie ancora viventi dei tre regni naturali, i punti del tronco e dei rami si riferiscono a specie estinte. Dando testimonianza di uno sviluppo che si può ricostruire mediante i fossili, i punti rappresentano il regno dei morti nella natura: «In con­ siderazione della brevità della vita della specie [realizzata] in modo perfetto, la base dei rami è morta».20 Con questa differenziazione tra punti e linee Darwin aveva fornito alla sua epocale opposizione a propose tra gli organi della digestione, della respirazione, del movimento della riproduzione, dei sensi (nervi) e della circolazione rafforzò il simbolismo dell’equilibrio^ Cfr. Métraux 2001, p 16. 18 Sulla storia del diagramma come immagine: Bonhoff 1993; BoSen e Thurlemann -oc 3. 19 Darwin (1987, B 23, p. 176) parla di «triple branching in the tree of life owing to three “7 °We toe’: according .. shortness of life of species that i„ portato the biotta tanches deaden». Cfr. Voss foo,b. pp. ao-a. e ehe sottohnea il carattere antitetico del sistema di classificazione di Maclcay.

Capitolo secondo 28

v

Figura 6 Charles Darwin, primo e secondo diagramma evolutivo dal taccuino B, disegni a pen na, 1837. Cambridge University Library, ms. darw. 121, fol. 26.

Dall'albero al corallo (i8j7) 29

Figura 7 Charles Darwin, primo diagramma evolutivo, particolare di fig. 6.

Lamarck la forza d’urto dei due più semplici elementi geometrici. Per la prima volta l’evoluzione naturale possedeva una forma visiva. Alla destra dell’immagine principale si ramifica una linea che deve evidentemente fare risalire l’origine dei pesci alle organizzazioni più semplici.21 Anche in questo caso il tratto centrale inferiore è punteg­ giato, cosa che indica che qui sono rappresentate le specie estinte. Le linee continue dell’elemento posto tra le due immagini non sono sta­ te finora oggetto di alcun commento, vista la modestia delle sue di­ mensioni; probabilmente si tratta del modello base della biforcazione

21 Darwin 1987, B 26, p. 177: «It is thus fish can be traced right down to simple organization».

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Figura 8 Charles Darwin, secondo diagramma evolutivo, partk/>hre d



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di una specie che si deve osservare a titolo esemplificativo r,.e" amo: to delle specie ancora viventi/2 Sopra di esse segue, infine, in p,nv, che sfocia in una linea per indicare uno sviluppo che si evolve in se stes­ so, come se qui il modello lamarckiano dovesse essere indicato some ;n caso particolare. Anche il secondo schizzo di Darwin, che cerca di rend prcnsibile la complessa derivazione degli uccelli dai pesci, varie possibilità offerte dalle linee punteggiate punteggiate e e continue varie possibilità continue 'fig, * « * a * - oll erte dalle linee - -22 23 All origine del diagramma, una linea punteggiata, rappresentante spe­ cie fossili, tende a sinistra verso l’alto, mentre a destra un segno trac­ ciato con mano tremolante indica un ramo di specie ancora viventi. U 22 Voss 2003b, p, 22, 23 Darwin 1987, B 26 e 27, p. J77; Gruber 1974, p j 36

iìalì'albcro al corallo

i7)

differenza rispetto alla Combinazione operata da Lamarck tra scala c albero risulta evtd< me anche in questo schizzo. Grazie all’utilizzodclsou'T '.T"k I'"'"r't '■api’rescn,bu'c k' Riunte fino a noi solo sotto tot ma di essile, la temporalizzazione della storia naturale raggiunge mia pto.ondttà di dimensione che trasforma il biologo in un «geocronologo •. Gli schizzi di Darwin rivestono un significato difficilmente sovrastimabile dal punto di vista della storia della scienza e della civiltà, per­ ché leggono per la prima volta i tradizionali modelli dell’albero della vita e ddi alheio della natura non come progetto dato, ma come pro­ cesso che si sviluppa nel tempo.21 La rottura che questo procedimen­ to introduce rispetto alla storia della creazione secondo l’Antico Testa­ mento, è paragonabile alla destituzione copernicana della Terra come centro dell’universo. 1 due schizzi sono privi di valore dal punto di vista estetico, e lo stesso Darwin ha spesso lamentato la propria mancanza di talento arti­ stico, contrariamente a molti dei suoi sostenitori, come per esempio Hooker.24 25 Colpisce quindi ancor più il fatto egli che sia stato comun­ que in grado di visualizzare la sua epocale svolta. I disegni testimonia­ no che l’idea forse più azzardata di Darwin nacque, in certo qual mo­ do a tentoni, in quell’alternanza tra appunti e schizzi che, nonostante il loro semplice aspetto, possedevano una evidenza schiacciante.

Il modello a corallo

Con le loro ramificazioni le due figure fanno pensare ad astrazioni di quell’«albero della vita» che Darwin aveva proposto come mo­ dello evolutivo. Tuttavia, questa associazione viene immediatamente messa in discussione dal fatto che, con la sua ramificazione più lina, la chioma di sinistra del secondo diagramma (fig. 8) fa piuttosto pen­ sare a un cespuglio. L’apparenza non inganna. La caratici isiica u cezionale dei disegni non risiede solo nel fatto che essi rappresentano la prima visualizzazione della teoria evoluzionistica, ma anche net 24 Sui precursori di questa tcmporalizzoionc della storia naturale l rpvrucs ’• vi sgg.; Bredekamp 2000, pp. 72 /6. Barlow 195^. PP 77 7^

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itudcrinwnlu del modello fiel albero in una visualizzazione t; ,

allcriHilJW. t )jk A quanto pare, nel momento in cui diede forma grafica all’

zinne naturale, furono chiari a Darwin quei punii deboli della t ni dell’albero dir fin dal Medioevo avevano prestato il fianco a^ lidie in particolare I iiiimulabilita della sua direzione di i'» Questa era stata rifiutala soprattutto in riferimento agli alberi . ' logici sociali, in cui la nobiltà risultava collocata al vertice. J|^n? detto Maestro Petrarchista (primo terzo del xvi secolo), in una^

sue interpretazioni dello scritto di Francesco Petrarca (1304-137/,? remedin ulriusque fortunati, aveva pubblicato una satira del modelt albero, in cui dei contadini imprigionali in basso tra le radici venc°^

nuovamente mostrati sulla sommila dell’albero in attività piùgod^ recce, con lo zampognaro che poggia entrambi i piedi sul papa sedut un gradino piu in basso (fig. 9).26 Nel campo delle scienze naturali, Vitaliano Donati fi7r 7-1762) ave va proposto nel 1750, come alternativa alle rappresentazioni a scalat­ aci albero, il modello della rete per sviluppare un sistema di organi?, zazione che, essendo un intreccio di nodi e fili, era più elastico di tut­ ti i tentativi di differenziazione interna lineare; «In ciascheduno di tali ordini, 0 Classi, la Natura forma la sua serie, ed ha li suoi insen­ sibili passaggi da anello in anello delle sue catene. Oltre di che gli anel­ li d’una catena talmente sono uniti con quelli d’un’altra, che ad una rete piuttosto, che ad una catena le naturali progressioni si dovrebbe­ ro rassomigliare, essendo, per dir così, tessuta di vari fili, che tra loro hanno scambievole comunicazione, correlazione, ed unioni».27 Inserendosi nella tradizione di tale critica del modello ad albero, Darwin ha apposto in cima ai suoi schizzi la seguente affermazione: «L’albero della vita dovrebbe forse chiamarsi il corallo della vita».2’ Le ulteriori spiegazioni chiariscono che in questa fase delle sue rifles­ sioni il condizionale aveva un uso puramente retorico. Osservandole parti atrofizzate dei coralli Darwin poteva respingere la tesi lamarckiana di una trasformazione continua a favore di un dramma incentrato su morte e sopravvivenza: «Base dei rami morta; per cui i passaggi non si possono vedere. - Ciò è nuovamente inconciliabile con la successio26 Berns 2000, pp. 156-57, 27 Donati 1750, p, xxi; efr, Métraux 2001, p. io, ,* Darwin 1987, B 25, p, «The tree of life should perhaps he called the coral 0 1c

Dall'albero al corallo (1837)

1



4

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Figura 9 . . • -1 rMaestro Petrarchista, albero degli uomini, xilografia, 1532

viri

Capitolo secondo

plicai> delle specie in una carta in cui la tappte. le 'elaZÌOnldiaraXtioni vegetali non e piu un modello formale, ma sentazione di ramti ud Q dl un albero £ ow uno stratagemmi. metodolog di estivo non pe tridimensionale sulla superficie di un foglio bidi. Rionale, e quindi di utilizzare il metodo della cartografia: «Coffle mostriamo la forma di un albero tracciandola su un foglio di carta, o disegnandone i singoli rami e foglie cosi anche il sistema naturale può

essere rappresentato su una carta». Con la sua gerarchia di tronco, ramo e rametto, l’immagine dell’al­ bero collideva con l’idea di Strickland di un’irregolare suddivisione delle specie in natura: «L’affinità tra gli animali potrebbe non essere lineare o circolare, ma irregolare come la suddivisione tra terra e acqua, e quindi adatta a essere rappresentata in una carta: tuttavia non me­ diante una teoria organizzata a priori ma, come in una esplorazione geografica, sulla base di lunghe osservazioni».18 Privilegiando dunque una rilevazione cartografica, Strickland spostava la questione dall’or­ ganizzazione sistematica della natura al metodo della sua rappreseninaiTX QUC C j ?oteva °^rire biologia, secondo lui, non era un

della raom-M tOf C c j11^1210111 naturali, ma una sistematizzazione clusione metodolZ1°ne .a }oro Regolarità. In questa profonda conland finalizzata allT^ "T maggior merit0 dell’opera di Strickegli trovò il suo puntoT*-122*2*0116 natura> e proprio in questo di incontro con Darwin.

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Kii/ntruzione del diagramma originale di Darwin, 1975.

Dagli schizzi circolari al diagramma (1851-58)

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do verso il basso, nella direzione dell’osservatore e del presente. A dif­ ferenza di quanto accade nelle specie da B a L, che proseguono per la loro strada in modo invariato, A mostra cambiamenti estremi nelle sue strutture a ventaglio. Da sottospecie che si suddividono in modo sem­ pre nuovo restano di volta in volta solo singoli ceppi in grado di so­ pravvivere, per cui, alla fine di un numero di generazioni alla decima potenza, sono sopravvissute solo a, h ed l. Per contro in M si ramifi­ cano sempre le due possibilità m e z, dove Darwin aveva probabil­ mente in mente la tesi di Wallace delle specie precedenti di volta in volta estinte; sopravvive solo l’esemplare della fila m. Il diagramma II deriva dal precedente, estrapolando le linee coro­ nate da successo, e descrive in dettaglio processi alternativi; di seguito viene ripetuta la serie delle specie iniziali. Il diagramma III mostra i risultati di dieci unità evolutive, e il diagramma IV fa vedere che dopo un ulteriore lasso di tempo dalle due sottospecie esterne di A se ne sono formate sei nuove, che E ed F continuano a esistere immutate e che M si è adesso differenziata in tre sottospecie. Tutte le altre spe­ cie si sono estinte. I primi due diagrammi (I e II) si differenziano già a colpo d’occhio dal modello naturalistico di Bronn per il fatto che sono orientati dall’alto verso il basso, nella tradizione della grafica evoluzionistica di La­ marck. Inoltre non si deve sottovalutare il fatto che Darwin non indi­ ca mai linee a forma di ramo, ma file di punti, come quelle che aveva utilizzato, sull’esempio di Lamarck, nel suo primo diagramma a coral­ lo (fig. 7) e anche in seguito in forma più semplice (fig. 23). L’ele­ mento base dei suoi ventagli rivolti verso il basso corrisponde al trian­ golo che aveva disegnato nel margine dell’articolo di Wallace sul modello ad albero (fig. 27). Indicando le serie di generazioni con linee punteggiate, Darwin utilizza come modello evolutivo la semantica dei rami corallini pietrificati. La descrizione introduttiva sottolinea il grado di problematicità del diagramma e corrisponde qui, in opposizione al suggestivo modello ad albero immaginato da Bronn, al carattere ipotetico della linea pun­ teggiata: «Questo diagramma mostra il modo in cui, secondo me, le specie derivano da se stesse, e quindi verrà illustrato in dettaglio; mostra inoltre numerosi punti incerti e difficoltosi».27 Nella sua illu27 Stauffer 1975, pp. 238-39: «This diagram will show the manner, in which I believe spe­ cies descend from each other & therefore shall be explained in detail: it will, also, clearly show several points of doubt and difficulty».

Capitol» quarto

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strazione del diagramma, che prosegue per pagine e pagine esami­ nando possibilità sempre nuove di come le specie restano stabili o si trasformano a velocità diversa, Darwin ritorna piu volte sul fatto che senza l’immagine non si può avere una rappresentazione dell intero processo posto in essere dalla selezione naturale, ma che deve sempre essere chiaro che essa ne costituisce solo una schematizzazione. La tabella della specie M, in particolare, viene caratterizzata come una forma ideale che non può essere generalizzata. «Non e mia convin­ zione che il processo sia generalmente così semplice come è rappre­ sentato in M, dove una semplice varietà w1'10 si è affermata per sele­ zione naturale in ogni fase della successione».28 Appaiono quindi ancora più significativi tutti quegli elementi, con i quali Darwin ha distrutto o alterato l’armonica simmetria del suo diagramma. Già nella spiegazione introduttiva della disposizione del­ le specie A-M egli afferma: «Le distanze irregolari delle lettere in­ tendono mostrare il modo usuale in cui le specie si rapportano, suddi­ videndosi in modo irregolare in piccoli sottogruppi, anche quando, come in questo caso ipotetico, sono in stretta relazione tra loro».29 Riguardo alla rilevanza di questa indicazione, disturba il fatto che nel­ la versione del diagramma pubblicata nel 1975 (fig. 30), che è corren­ temente ritenuta una trasposizione esatta del disegno originale (fig. 29), proprio questo punto sia stato soppresso. Ordinando le lettere in mo­ do regolare con distanze costanti tra loro, si elimina quell’elemento di irregolarità al quale Darwin aveva attribuito tanta importanza. L’originale conservato nell’archivio darwiniano della Cambridge University Library serba una sorpresa ancora maggiore. Il foglio, in colore blu, rigato in modo quasi impercettibile, è stato incollato al manoscritto e con la sua altezza di 40,8 cm colpisce l’osservatore come fosse un manifesto. Le righe di intestazione dei diagrammi I-III sono formate da lettere maiuscole, che sono state stampate, ritagliate, incol­ late ed evidenziate con un punto a penna. La colla ha dato a questa striscia un colore bruno che conferisce alle lettere un carattere irre­ quieto, quasi sporco, che ben si adatta al tentativo di Darwin di miti* 78 Stauffer «975, p. 242: «I do not suppose the process generally to have been so simple as seketed"^ 3 S"npIc in each stagc of descent has been naturfll'V 2- StkU-fkr.k975,

239: W rl?C uncclual distances of the letters may represent the ordinary

stand 1me^ally’rcGVEd^X^r ‘h1™17

Dagli schizzi circolari al diagramma ( 18^1 *>8)

gare l’aspetto asettico del diagramma. A ciò si aggiunge che nel dia­ gramma I, vicino all’ultima lettera incollata, la M, egli ha tramato piò volte a matita le lettere N c 0. La voluta irregolarità delle righe di intestazione appaio poi nel fatto che la striscia delle lettere e stata tagliata da Darwin tra C e D, D ed E, F e G, L ed M, per potere varia re e ritmare la distanza tra loro. Tutto ciò è completamente scompar so nella versione a stampa. Lo stesso vale per la finezza con cui Darwin aveva inserito le ulte­ riori iscrizioni. Nei diagrammi I e II dalle lettere maiuscole A ed M si diparte una serie di strutture lineari punteggiate, in parte con ra­ mificazione a ventaglio, indicate mediante lettere minuscole con nume­ ri arabi in esponente. I gruppi di punti superiori sono tracciati a pen­ na; sotto di essi solo le linee centrali sono a penna, mentre i ventagli sono disegnati a matita. Oltre a queste linee a penna e a matita si rilevano segni a matita di tracciati, correzioni e integrazioni. Così un gruppo di ventagli pun­ teggiati va da z6 fino al di sopra della linea z7-/7. Difficile da scorgere anche con la lente di ingrandimento, un ampio triangolo si apre infi­ ne in corrispondenza di z7 e della base zzz10, triangolo che Darwin non ha rafforzato o evidenziato a penna in alcun punto (fig. 31): una sor­ ta di regno delle ombre che cresce al margine di quella linea delle z che, a differenza della corrispondente fila delle m, non riesce a man­ tenere stabile nessuna variante. E forse questo insieme di sviluppi irre­ golari che conferisce ai diagrammi di Darwin il loro maggior effetto, perché testimonia la sensibilità con cui il ricercatore, peraltro non parti­ colarmente dotato dal punto di vista artistico, ha realizzato le sue visua­ lizzazioni. La cura mostrata da Darwin nel rappresentare l’evoluzio­ ne in un’immagine modello fa impallidire la prospettiva di inflessibile durezza evocata dall’immagine della quercia dello scettico Wallace. Inoltre, nella sua trasposizione, Darwin ha evitato tutto quel che avreb­ be potuto far pensare al ramo dell’albero di Bronn. Sul margine destro, infine, si trova una indicazione al compositore tipografico, che fa ancora una volta riferimento alla distanza irregola­ re tra le lettere nelle righe di intestazione e definisce le modalità di esecuzione fin nei minimi particolari (fig. 32): «Stampare su una pagi­ na separata che possa essere ripiegata in modo che sia possibile una visione d’insieme. Attenzione alla distanza delle lettere tra loro; le let­ tere sarebbe auspicabile che fossero piccole; attenzione alle catene di

'N

V

Capitolo quarto

Figura 31 Particolare di fig. 29.

Figura 3 Charles Darwin, istruzioni al tipografo, penna, aggiunta al diagramma originale (fig-

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Dagli schizzi circolari al diagramma (iSy 1 58)

punti e 11 attlni. I numeri nelle lettere minuscole devono essere i pili piccoli possibile. Le lettere maiuscole (e le altre) devono essere dispo ste in ogni diagramma nell’esatta posizione stabilita. Spero clic i quattro diagrammi stiano tutti su una pagina». La cura con cui Darwin ha incollato, scritto, disegnato o illustrato il suo diagramma dell’evoluzione è ammirevole. È quindi ancora piu sconcertante il fatto che la stampa del 1975 tradisca l’originale in ino do così grossolano. Elimina tutte le differenziazioni interne, per cui non è più visibile quel che era a penna e quel che era a matita, cioè cosa era stato scritto prima e cosa era un’integrazione; inoltre manca­ no tutte le differenziazioni nel tracciato delle linee, che non erano in nessun caso sempre dritte. Un abile disegnatore ha emendato lo stile irrequieto, e anche incerto, della mano di Darwin: tutto quel che ren­ deva vivo il suo diagramma è scomparso. Ml

50 «Compositor: To be printed on (separate) page to be folded out and so all exposed Attend to distance of capital letters from each other; the letters had better be smaller: attend the chains of dots and hyphens. The numbers to small letters to he the very smallest possible The capital (and other) Letters in each Diagram to match exactly in position. - 1 hope the 4 Diagrams will go in length of page».

5-

La tavola della Origin of Species (1859)

I. La forma Darwin interruppe la stesura del suo lavoro sulla «selezione natura­ le» nel giugno 1858, appena ricevette il famoso manoscritto che Wal­ lace aveva redatto nella solitudine della Malesia, e che conteneva il succo delle riflessioni di Darwin. «Non ho mai visto una coincidenza più stupefacente» raccontò al geologo Charles Lyell, per concludere con rassegnazione: «Così tutta la mia originalità, per quanto grande fosse, verrà annientata».1 Dato l’imminente pericolo di perdere il diritto di priorità, Darwin consacrò i mesi seguenti fino al marzo 1859 a salvare il salvabile:2 condensò in fretta e furia V Origin of Species par­ tendo dal materiale raccolto nei suoi manoscritti e non esitò a trala­ sciare tutte le note.3 Non dimenticò tuttavia il suo diagramma pie­ ghevole (fig. 33), che divenne una delle immagini più influenti mai prodotte dal pensiero naturalistico.4 Rispetto al modello del manoscritto (fig. 29) la nuova tavola inclusa nel testo a stampa mantiene il sistema base delle specie indicate median­ te lettere e dei loro sviluppi caratterizzati mediante linee e ventagli, anche in questo caso le distanze tra le specie sono variate in funzione dei loro rapporti: i gruppi A-D e G-L sono staccati rispetto alla coppia centrale E-F, e presentano a loro volta distanze interne diverse. 1 Darwin a Lyell, 18 giugno 1858, in Darwin 1985-, voi. 7, p. 107: «I never sa*' striking coincidence [...] So all my originality, whatever it may amount to, will be snia. Cfr. Darwin 2000, p. 196. 2 Shermer 2002, pp. 118 sgg. 3 Brooks 1984, pp. 229 sgg. 4 Gruber 1988, p. 132.

La tavola della ( bigio ol Spc< ics (t8'j(j)

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D’altra parte, proprio questo complesso di elementi comuni la ri saltare le differenze con evidenza ancora maggiore. Al posto dei quat tro diagrammi, il doppio foglio è tutto occ upalo da ima sing,ola imma gine. E soprattutto questa non è orientata dall’alto in basso, verso l’osservatore, ma si sviluppa in senso inverso. Particolarmente do quente e la differenziazione della linea punteggiata. Le undici lineeche dal margine inferiore dell’immagine vanno verso le lettere.- non sono né continue né punteggiate, ma tratteggiate. Esse indicano gli enormi e indefiniti periodi di tempo in cui le specie genitrici designa­ te dalle lettere maiuscole sono derivate da progenitori comuni? I fasci A-D e G-L proseguirebbero quindi dopo il ricongiungimento in un’o­ rigine comune per riunirsi in un punto determinato con le lince E ed F; per questo motivo le loro lince idealmente convergono. Le linee tratteggiate si ripetono nel settore superiore, all’interno delle righe orizzontali XI-XIV, dove, analogamente a quanto avviene nella par­ te inferiore dell’immagine, indicano gli enormi periodi di tempo attra­ versati dalle specie e dai generi appena formati. Le lince punteggiate del grande settore che va dalla riga orizzontale inferiore non numera­ ta fino alla riga X, invece, delimitano intervalli di tempo talmente picco­ li da potere riconoscere lo sviluppo interno delle specie. Anche quando l’intervallo delimitato dalle righe orizzontali verso cui salgono le linee punteggiate indica rispettivamente migliaia, decine di migliaia, milio­ ni o centinaia di milioni di generazioni, questo rappresenta comunque una unità di misura temporale notevolmente inferiore rispetto alle linee tratteggiate delle arce esterne.6 Con la zona delle lince punteg­ giate l’osservatore scorge un ambito temporale più piccolo, comeposto sotto una lente d’ingrandimento. Il diagramma si presenta quin­ di come rappresentazione simultanea di varie prospettive temporali. Gli strati orizzontali I-X mostrano come le due specie dominanti A c I producono varianti sempre nuove di se stesse sotto forma di lince punteggiate di diversa lunghezza, verticali o ramificate verso l’al­ to. Di regola le linee punteggiate che salgono verso l’esterno prose­ guono in qualità di vincitrici nella lotta per la sopravvivenza, mentre le linee punteggiate che terminano dopo un breve tratto caratterizza­ no le varianti estinte. ' Darwin 1859/2001, pp. 123-24. (‘ Darwin 1859/2001., pp. 117, 124.

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