I concetti teologici fondamentali dell'Antico e del Nuovo Testamento 8839904433, 9788839904430

Un'opera interdisciplinare e interconfessionale che rende accessibili i concetti essenziali e i temi centrali della

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Italian Pages 840/829 [829] Year 2009

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I concetti teologici fondamentali dell'Antico e del Nuovo Testamento
 8839904433, 9788839904430

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l concetti teologici fondamentali del­ l'Antico e del Nuovo Testamento so­ no stati pensati sia come un manua­ le per lo studio sia come testo di con­ sultazione.

È

un'opera che vuole rendere acces­

sibili i concetti e i temi centrali della Bibbia, essenziali ai cristiani per com­ prendere la loro fede. A questo scopo sono utilizzati i risultati più recenti del­ la ricerca sull'antichità, della storia so­ ciale, dell'iconografia, della filologia e dell'esegesi. Ideata come opera interdisciplinare, e in tal senso interconfessionale e attua­ le, offre una panoramica completa e orientamento preciso, diventando strumento indispensabile per la ricer­ ca biblica e facilitando l'accesso ai contenuti teologici in forma sintetica e con linguaggio comprensibile. Elabo­ rata in collaborazione tra specialisti di diverse confessioni cristiane, l'opera si configura come un compendio di teo­ logia biblica per teologi, studenti e quanti sono interessati alla conoscen­ za della Bibbia.

Editori dell'opera:

ANGELIKA BERLEJUNG, nata nel1961, è professoressa di Teologia dell'Antico Testamento, in particolare di Storia e Storia della religione di Israele e del suo ambiente circostante, nella Fa­ coltà di teologia evangelica dell'Uni­ versità di Lipsia.

CHRISTIAN FREVEL, nato nel1962, è pro­ fessore di Antico Testamento nella Fa­ coltà di teologia cattolica dell'Univer­ sità della Ruhr, a Bochum.

Lemmi principali

Christian Frevel

Antropologia Reinhard G. Kratz

Culto Klaus Neumann

Cultura e mentalità Thomas Hieke

Escatologia Rainer Kampling

Etica Bernd Janowski - Klaus Scholtissek

Idee di Dio Angelika Berlejung

Immagine del mondo l Cosmologia Thomas Kruger

Sapienza l Legge Hubert Frankemolle

Scrittura/ Comprensione della Scrittura Joachim Kugler

Soteriologia Angelika Berlejung -Annette Merz

Status sociale l Società e istituzione Ernst A. Knauf- Jurgen Zangenberg

Storia l Storiografia l Storia della salvezza

€78,00(i.i.)

Angelika Berlejung - Christian Frevel (edd.)

I CONCETTI TEOLOGICI FONDAMENTALI DELL'ANTICO E DEL NUOVO TESTAMENTO

Edizione italiana a cura di FLAVIO DALLA VECCHIA

QUERINIANA

Titolo originale: Angelika Berlejung - Christian Frevel (edd.) , Handbuch theologischer Grundbegrif/e zum Alten und Neuen Testament © 2006 by Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt © 2009 by Editrice Queriniana, Brescia

via Ferri, 75 - 25 123 Brescia (Italia!UE) tel. 03 0 23 06925 - fax 03 0 23 06932 internet: www .queriniana.it e-mail: [email protected] Tutti i diritti sono riservati. È pertanto vietata la riproduzione, l'archiviazione o la trasmissione, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, comprese la fotocopia e la digitalizzazione, senza l'autorizzazione scritta dell'Editrice Queriniana. ISBN 978-88-3 99-0443 -0 Traduzione dal tedesco di CARLO DANNA (Lemmi principali; Lemmi secondari: N-V); MARco Dr SERIO (Lemmi secondari: E-M) ; DINO PEZZEITA (Lemmi secondari: A-D). Stampato dalla Tipolitografia Queriniana, Brescia

PREFAZIONE

Sotto il titolo di I concetti teologici fondamentali dell'Antico e del Nuo­ vo Testamento (= Handbuch theologischer Grundbegri/fe zum Alten und Neuen Testament [HGAND) proponiamo un'opera di consultazione e di studio di tipo nuovo che, grazie alla collaborazione di studiose e di stu­ diosi noti in campo internazionale, è stata composta tenendo conto dei ri­ sultati più recenti conseguiti nel campo dell'esegesi e della teologia. Que­ sto Dizionario di Concetti teologici fondamentali dell'Antico e del Nuovo Testamento non è solo un dizionario di termini biblici, bensì anche un compendio di teologia biblica. In questo modo esso va incontro al diffu­ so e giustificato desiderio di avere i risultati dell'esegesi anche a disposi­ zione delle altre discipline teologiche. Esso dà delle informazioni attuali e complete a proposito di temi e concetti centrali della teologia dell'Antico e del Nuovo Testamento, presenta ed espone in maniera comprensibile quanto le ricerche effettuate nel campo dell'archeologia, della storia so­ ciale, della filologia, della storia delle religioni, dell'iconografia e dell'ese­ gesi hanno messo in luce negli ultimi decenni. Come complemento tiene anche conto di problematiche recenti dibattute nel campo della storia del­ la tradizione e della mentalità. Lo scopo è quello di portare a conoscenza di quanti sono impegnati a tempo pieno nella pastorale e nell'insegna­ mento della religione, degli studenti di teologia, di tutti gli interessati ad argomenti teologici e anche delle colleghe e dei colleghi specialisti nel campo della teologia e delle sue discipline complementari lo stato più re­ cente dell'esegesi e di farlo con un linguaggio attraente e comprensibile. Concetti teologicamente rilevanti sono presentati nel loro contesto e de­ scritti in maniera chiara nel loro uso linguistico. Fa ad essi da sfondo la storia della letteratura e la storia contemporanea, nonché linee di collega­ mento con l'ambiente circostante. Spesso si troveranno delle considera­ zioni complementari a proposito di singoli concetti o di sviluppi teologici storici verificatisi a Qumran e rimandi a scritti extracanonici protogiudai­ ci e antichi. Un'attenzione particolare è stata riservata alla presentazione delle affermazioni teologiche alla luce del loro sviluppo, del loro contesto

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Prefazione

e del loro collegamento con dati della storia della cultura e della menta­ lità. Un'altra preoccupazione è stata quella di evidenziare i legami lingui­ stici, tematici e teologici tra Antico e Nuovo Testamento. Il dizionario è diviso in due parti di diverso carattere. La prima parte presenta una panoramica introduttiva, che propone sot­ to forma di saggi, di 'lemmi principali' , dodici temi centrali della teologia. La seconda parte è strutturata in forma di lessico e presenta in maniera compatta concetti centrali sotto forma di 'lemmi secondari' . I lemmi principali sono costituiti da: - Concetti scelti, che rappresentano o condizionano in maniera rap­ presentativa un determinato discorso (anche a livello interdisciplina­ re) o un determinato campo concettuale. I 'lemmi principali' permettono alla lettrice e al lettare di farsi velo­ cemente un'idea di campi concettuali e tematici tra loro connessi e di discussioni attuali nel campo dell'esegesi, presentate in forma sinte­ tica e comprensibile. - Nei lemmi principali l'Antico e il Nuovo Testamento sono di regola trattati in maniera separata. Se tale separazione non risulta adeguata all'oggetto (Cultura e mentalità, Scrittura/Comprensione della Scrit­ tura) , i lemmi sono organizzati in maniera contenutistica e tematica. In linea di principio alla base di tutti i lemmi ci sono sempre una con­ cezione e una problematica che abbracciano tutta la Bibbia. Per met­ tere in luce questo fatto alcuni lemmi principali sono introdotti da una 'premessa' , che contiene l'essenziale di tutto l'articolo. - Se letti uno di seguito all'altro, i lemmi principali costituiscono un compendio o un breve manuale di teologia biblica. A ogni lemma principale corrisponde una serie compatta di lemmi se­ condari, che sono esposti in ordine alfabetico nella seconda parte lessico­ grafica. Tale collegamento è di volta in volta indicato nel sottotitolo del lemma. I lemmi secondari includono: Concetti scelti significativi, che fanno parte del rispettivo lemma principale e che sono idonei ad approfondire il tema del lemma prin­ cipale. I lemmi secondari offrono informazioni concentrate a proposito di lemmi teologicamente rilevanti. Questo permette di esporre in ma­ niera sintetica temi della massima importanza della teologia biblica. Anche i lemmi secondari sono di regola suddivisi in Antico (1. AT) e Nuovo Testamento (II. NT) , quando è oggettivamente opportuno procedere in questo modo. Essi danno poi anzitutto delle indicazio-

Prefazione

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ni a proposito dei lessemi, dei campi semantici e dell'uso linguistico del termine. Nei punti successivi, elencati con numeri arabi (per esempio: I. 2, I. 3 . o II. 2 ) , sono illustrati i contesti, i retroterra, gli sviluppi e le differenziazioni teologiche, tenendo ogni volta conto del legame fra tradizione dell'Antico e del Nuovo Testamento. - Se la divisione in base alle parti del canone biblico non è oggettiva­ mente idonea all'oggetto del lemma (per esempio: 'Unità/Moltepli­ cità ' ) , si dà la preferenza a una suddivisione in base al contenuto e al tema. Alla base di tutti i lemmi secondari ci sono una concezione e una pro­ blematica che abbracciano tutta la Bibbia. In alcuni lemmi tale con­ cezione e tale problematica sono illustrate in una 'premessa' , che an­ ticipa il contenuto di tutto l'articolo o fa delle osservazioni fonda­ mentali a suo riguardo. I lemmi secondari sono tra loro strettamente collegati da rimandi (per esempio: ---+ Alleanza/Patto) e messi di volta in volta in rappor­ to con il rispettivo lemma principale. Essi costituiscono, unitamente al loro rispettivo lemma principale, una solida introduzione al cam­ po temati co, che è ampliato con l'aiuto di concetti scelti e di una co­ noscenza specialistica. I lemmi secondari permettono di farsi in breve tempo e con facilità un'idea dell'argomento e costituiscono di per sé un dizionario di ter­ mini biblici. Sia i lemmi principali che quelli secondari sono seguiti da indicazioni bibliografiche, che servono ad approfondire l'argomento. In merito ab­ biamo volutamente rinunciato alla completezza. In particolare non citia­ mo i lessici relativi (per esempio: Theologische Realenzyklopiidie, Neues Bi­ bellexikon, Biblisch-Historisches Handworterbuch , Biblisches Reallexikon , Grande lessico dell'Antico Testamento [Paideia, Brescia 1 988ss.] , Grande lessico del Nuovo Testamento [Paideia, Brescia 1 963 - 1 992 ] , Dizionario ese­ getico del Nuovo Testamento [Paideia, Brescia 1 995ss.] , Lexikon /iir Theo­ logie und Kirche, Religion in Geschichte und Gegenwart, Lexikon /iir An­ tike und Christentum, Neuer Pauly ecc. ) . Le indicazioni bibliografiche scelte e d'importanza fondamentale servono ad approfondire ulterior­ mente il tema. Mentre nel testo i termini greci, accompagnati il più delle volte dalla lo­ ro traduzione, sono riportati anche con la loro rispettiva accentuazione, abbiamo rinunciato a riprodurre segni dell'alfabeto ebraico. I termini ebraici e aramaici sono riportati in una trascrizione semplificata (sulla scorta di E. }ENNI- C. WESTERMANN, Theologisches Handworterbuch zum

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Prefazione

Alten TestamentI, Miinchen - Ziirich 1 984\ XX-XXII [trad. it. , Diziona­ rio teologico dell'Antico Testamento l, Marietti, Torino 1 978] ) . Questo permette una più facile lettura del testo anche a un pubblico più vasto. Il modo di scrivere i nomi di luoghi e di persone segue la Bibbia CEI. n dizionario è completato da elenchi delle abbreviazioni, da un ampio glossario, da un indice dei nomi e da un indice analitico che tengono con­ to di tutte e due le sue parti. Grazie a questi ausili, nonché grazie all'elen­ co dei lemmi posto all'inizio, che permette di trovare rapidamente un lem­ ma, ne viene facilitato l'uso. Questo dizionario ha alle spalle una lunga e a volte movimentata storia, che va da quando è stato concepito fino a quando ha visto la luce. Molti hanno fatto la loro parte benemerita negli ultimi cinque anni per la buo­ na riuscita del progetto, cosa per la quale noi curatori li ringraziamo sin­ ceramente. Anzitutto ricordiamo gli autori, che hanno appoggiato spon­ taneamente con la loro collaborazione l'impresa di creare un compendio realmente 'diverso' e di nuovo tipo. La casa editrice ha assecondato fin dall'inizio il progetto, e per questo ringraziamo per tutti in modo partico­ lare il consulente editoriale dr. Bernd Villh auer. Un grazie particolare va, per il loro impegno deciso e infaticabile, ai col­ laboratori di Lipsia, Colonia e Bochum. Essi hanno a volte rinviato disin­ teressatamente propri progetti per favorire la buona riuscita del diziona­ rio, a partire dalle correzioni delle bozze fino agli elenchi e agli indici. Sen­ za l'appoggio fattivo di J an Dietrich, Johannes Klemm, Miranda de Schepper (Lipsia) , Stefan Gathmann, Sabine Jostock, Noni Molnar­ Hidvégi e Katharina Pyschny (Colonia!Bochum) i due curatori non sa­ rebbero riusciti a portare a termine il lavoro. Con l'aiuto di tutte le perso­ ne menzionate, al dizionario è stata data una forma, che ci fa fiduciosa­ mente sperare che esso risulterà utile per molto tempo e in molteplici mo­ di, che stimolerà ad approfondire gli argomenti con ulteriori letture e che troverà così lettrici e lettori interessati e benevoli. Angelika Berlejung Christian Frevel

PIANO DELL'OPERA

Lemmi principali Antropologia Culto Cultura e mentalità Escatologia Etica Idee di Dio Immagine del mondo/Cosmologia Sapienza/Legge Scrittura/Comprensione della Scrittura Soteriologia Status sociale/Società e istituzione Storia/Storiografia!Storia della salvezza

Lemmi secondari Alleanza/Patto Altare Amore Angelo Angoscia/Paura/Coraggio Anima Antenati Antico/Nuovo Anziano/Giovane Apocalittica/ Apocalisse Apostolo/Discepolo Ascensione al cielo/Rapimento Ascesi Astri Avversario/Satana/Diavolo Battesimo Bellezza Benedizione/Maledizione Canone Carne/Spirito Centro Chiesa/Comunità Cielo Circoncisione Città Comunità/Individuo Conoscenza Consiglio Corpo

Coscienza Creazione Crimine/Ingiustizia Croce Cuore Dea Decalogo Demonio Deserto/Steppa Destino Diaspora Dignità Diritto Divieto delle immagini Donna/Uomo Dubbio Educazione/Scuola Elezione Ermeneutica Esegesi Esercito/Milizia Esilio Esodo Esortazione/Parenesi/Predicazione Espiazione Essere misto/Cherubino Eternità Famiglia/Genitori Fede Festa Figlio/Bambino Gesù Cristo Gioia Giudizio Giudizio finale Giustificazione Giustizia Gloria Grazia Guerra/Pace Idoli Immagine Immagini di Dio Intelligenza

Piano dell'opera

lO

Intercessione Intertestualità Israele/Giuda Istruzione/Direttiva Lamento/Lamentazione Lavoro/Fatica Libertà Lode/Ringraziamento Luceffenebra Lutto Malattia/Guarigione Male Mangiare/Bere Mare/Acque/Diluvio Matrimonio Memoria/Ricordo Messaggero/Invio/Missione Messia Miracolo Misericordia Mondo sotterraneo/Al di là!Inferno/Sheol Monte Morte Nascita Nemico Nome Nomi di Dio Normatività Onore Ordine/Caos Orecchio/Ascoltare Padri Paradiso/Giardino/ Albero della vita Parola di Dio Parusia Passione Passione (di Cristo) Patria Pazienza Peccato Penitenza Perdono Persona Pienezza Popolo Possesso/Beni/Proprietà Potenza/Impotenza/Onnipotenza Povertà/Ricchezza Preghiera Primogenito/Erede Principio/Fine Profeta Promessa/Compimento Proprietà di Dio Prossimo/Amore del prossimo Provvidenza Purità/Impurità

Re Redenzione Responsabilità Resto Ricompensa Riconciliazione Rifiuto Risurrezione Rito/Rituale Rivelazione/Ispirazione Sabato Sacerdote Sacrificio Saggezza Salvezza Sangue Santità Schiavo/Schiava Scrivere/Scritto Segno Sequela Servo di Dio Sessualità Sicurezza Signoria/Signoria regale/Regno di Dio Sion Sofferenza Somiglianza Speranza Spirito Stato Stoltezza/Errore Straniero Tempio/Santuario Tempo Tentazione Terra/Paese Timore Tomba/Sepolcro Torah/Legge Tradizione Tributoffassa/Decima Ufficio/Carisma Ultima cena/Eucaristia Unità/Molteplicità Vangelo Vedova Vergine Vergogna/Pudore Verità Via Violenza Virtù Vita Vizio/Condotta errata Volontà Volto/Visione di Dio

LEMMI PRINCIPALI

Antropologia (a.) ---+ Lemmi secondari correlati: Anziano/Giovane, Carne/Spirito, Corpo, Cuore, Dignità, Donna/Uomo, Gioia, Malattia/Guarigione, Mangiare/Be­ re, Morte, Nascita, Sangue, Sessualità, Sofferenza, Somiglianza, Tom­ ba/Sepolcro, Vita, Volontà

Premessa. Che cos'è l'essere umano? La questione dell'essere umano, che affiora ripetutamente già nell' AT in passi di primaria importanza (Sal 8,5 ; 144 ,3 ; Gb 7 , 1 7 ; 15, 14; Sir 18,8), è in linea di principio una questione complessa. L'essere umano è l'unico essere a riflettere, con la sua ragione, sul proprio rapporto con il mondo e a cercare una definizione che rinvii al di là del mondo limitato. La questione dell'essere umano può essere po­ sta da diverse prospettive: per esempio da una prospettiva filosofica, so­ ciologica, antropologico-culturale, delle scienze naturali, etica o teologica e anche biblica. Nessuna prospettiva può rivendicare l'esclusiva o essere assolutizzata. Fra i grandi temi biblici la questione dell'essere umano, della sua origi­ ne, della sua essenza e della sua destinazione è una delle più importanti. La concezione cristiana dell'essere umano è influenzata in maniera deter­ minante dalla Scrittura e dal ricorso alla Bibbia. Pertanto la considerazio­ ne dell'a. bibli�a è indispensabile. Non esiste però l'immagine biblica del­ l' essere umano, bensì esistono soltanto degli aspetti che si completano a vicenda e che sono in parte anche contrastanti fra di loro, aspetti che la Bibbia immette nella discussione a proposito della questione antropologi­ ca. La Bibbia non offre alcuna soluzione preconfezionata per le questioni etiche, filosofiche o scientifiche concrete moderne della natura umana. L'umano può clonare esseri umani? Dove corre il confine della ---+ morte? L'umano quando comincia a esistere? Com'è possibile motivare la ---+ di­ gnità inalienabile dell'umano? Esiste la ---+ libertà dell'azione umana? A si­ mili pressanti questioni, che si concentrano come in un punto focale nel­ la questione 'Che cos'è l'essere umano? ' , non è possibile dare una chiara risposta con l'aiuto della Bibbia. Questo equivarrebbe a schierarsi in fa­ vore di un ricorso fondamentalistico alla Bibbia. Tuttavia non è possibile formulare una risposta cristiana in merito senza ricorrere al messaggio bi­ blico riguardante l'umanità. La Bibbia fa delle affermazioni su ciò che co­ stituisce l'essere umano, sui suoi errori e sulla sua buona riuscita, nonché sulla posizione degli umani nei confronti delle altre creature e nei con-

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Lemmi principali

fronti di Dio. L'a. biblica costituisce così un sistema di coordinate o una cornice, nella quale è possibile formulare e collocare una risposta cristia­ na a proposito dell'essere umano. Al riguardo una cosa importante è quel­ la di tener conto di tutto il contenuto delle affermazioni dei due Testa­ menti e di non farne frettolosamente un sistema. Poiché tale sistematizza­ zione non è qui possibile, proporremo un'introduzione per temi. E in me­ rito ci sembra cosa doverosa superare l'orientamento semantico. (l'a. è ela­ borata in base a concetti) predominante nella ricerca. I. AT. Le principali affermazioni antropologiche dell'AT ricorrono so­ prattutto nella letteratura sapienziale ( Gb, Sal, Qo, Pr, Sir, Sap) e nei rac­ conti delle origini ( Gen 1 , 1-1 1 ,26). Esse non sono sistematiche, né con il loro aiuto è possibile delineare una dottrina sistematica biblica. Possiamo articolarle in base alle /asi della vita (----+ Nascita, Infanzia, Giovinezza, Età adulta, Vecchiaia [----+Anziano] , Morte) , al genere letterario dei testi (affer­ mazioni sulla creazione, ----+ Lamento, sapienza proverbiale) , a concetti an­ tropologici (----+ Carne/Spirito, ----+ Cuore, ----+ Vita/-+ Anima ecc.) o per temi (----+ Lavoro, ----+ Libertà, ----+ Cultura, ----+ Sessualità) . Nessuna di queste arti­ colazioni risponde a una particolarità delle affermazioni bibliche, dovuta al fatto di pensare partendo dalla ----+ immagine del mondo. I. l. Le affermazioni bibliche sono fatte in contesti narrativi e poetici, non sono astratte ma concrete, non presentano una prospettiva unitaria, o una sintesi conclusiva e non sono approfondite in maniera concettuale o analitica. Esse si riferiscono piuttosto (in modo settoriale e complementa­ re) a singoli aspetti che in parte si escludono a vicenda, si completano o si sovrappongono, e sono quindi sempre pluridimensionali. n 'pensiero ebraico' , così come il pensiero del Vicino Oriente antico, non si preoccu­ pa di ridurre analiticamente la complessità del mondo, ma la salvaguarda mediante una molteplicità di affermazioni tra loro correlate che tengono conto di tutti gli aspetti. Dato questo presupposto, la suddivisione del­ l'essere umano in ----+ corpo e spirito (dicotomia corpo/anima) o in corpo, spirito e anima (tricotomia; ----+Vita) , tanto per fare un esempio, è estranea all'AT e al Vicino Oriente antico. Questo diventa chiaro se prendiamo in considerazione una topografia antropologica: il pensiero non è collocato, diversamente da come facciamo noi, nella testa, bensì soprattutto nel ----+ cuore, che è l'organo dell'intelletto e dei sentimenti, e anche nell'occhio che valuta e giudica. I sentimenti non si limitano al cuore, ma sono colle­ gati con tutto l'interno e con diversi organi (reni, fegato) o con la zona del collo e della gola (----+ Corpo) . Gli occhi e gli ----+ orecchi sono concepiti co­ me organi, che sono comunicativi e nello stesso tempo sociali. I concetti e i termini che riguardano l'organismo corporeo sono caratterizzati da

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un"ampiezza semantica' (B. Janowsk.i) , che si manifesta per es. nel fatto che 'ap h indica sia il naso che l'ira, o rebem sia il grembo materno che la misericordia. Questa differenza diventa chiara, se osserviamo le associa­ zioni della traduzione del Sal 16,9 nella Bibbia CEI, che induce a pensare a una separazione tra corpo e anima: «Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro». In ebraico per il termine 'anima' c'è qui il fega to (kabhedh) quale organo di forti sensazio­ ni emotive. ll � cuore (lebh) è qualcosa di molto di più di un semplice or­ gano delle emozioni, esso è piuttosto l'organo dell'intelletto. Perciò il ver­ setto esprime con l'intelletto (dimensione noetica) , con il sentimento (di­ mensione emotiva) e con l'organismo (dimensione vegetativa) , che costi­ tuiscono insieme un'unità integrale, il tutto della persona che trova sicu­ rezza presso Dio. L'essere umano è concepito come unità psicosomatica, nella quale la corporeità, l'emotività e lo spirito non contrastano fra di loro. Volontà ed essere non divergono. Funzione e significato vanno sempre insieme. Di conseguenza un'ostilità nei confronti del corpo è estranea all'a. veterote­ stamentaria, che coincide in molti punti con l'a. del Vicino Oriente antico (� Corpo) . Questo tratto fondamentale della concezione integrale e com­ plementare dell'uomo ci dice che l'a. veterotestamentaria combacia in molti punti con la moderna a. I. 2. Nell'AT la � vita è sempre per l'uomo uno stare in relazione, e una vita senza riferimento a (un) Dio non è concepibile. L'inizio e la fine del­ la vita umana non sono pensabili senza l'azione di Dio, perché la nascita e la morte sono nelle sue mani. Una caratteristica fondamentale dell'esse­ re umano è, secondo la Bibbia, la sua creaturalità, cioè la sua radicale di­ pendenza da Dio. Ciò è espresso dal secondo e più antico racconto della creazione ( Gen 2 ,4b-3 ,24) nell'azione plasmatrice e artigianale di Dio e nell'animazione mediante l'alito vitale divino ( Gen 2 ,7 ) . Se questo alito viene a mancare, l'uomo ritorna nella polvere (Sa/ 1 04,30; cfr. Gen 3 , 19; Qo 3 ,20; 12 ,7 ; Gb 10,9) . Nel gioco di parole tra 'adhama, 'polvere del suo­ lo' , e 'adham, 'essere umano' , sono espresse la conformazione dipendente dal creatore e la caducità dell'uomo. L'individualità e la personalità del­ l'essere umano sono fondate nella creazione. Nell'atto della creazione compiuto «nel seno materno» (Gb 3 1 , 15 ; Is 44 ,2 .24 ; Ger 1 ,5 ; 2 Mac 7 ,22s.) - l' AT non mostra alcun interesse per l'esatto istante in cui comincia ad esistere una vita umana (Sa/ 13 9, 1 3 - 1 6) - la � fede veterotestamentaria vede fondato un rapporto personale e inalienabile dell'uomo con Dio ( � Dignità) , a cui si fa riferimento nei momenti di difficoltà (Gb 10,8- 14; Sal 22 , 1 1 ; 7 1 ,6) . Accanto alla creaturalità e al fatto concomitante di essere co­ sì creato in una relazione con Dio si aggiunge, in maniera costitutiva, il fat-

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to di esistere in compagnia di altre creature. Anche questa volta è il se­ condo racconto della creazione, quello antropologicamente più impor­ tante e composto forse nell'VIII secolo, a formulare le affermazioni teolo­ gicamente rilevanti. L'essere umano si esplica pienamente soltanto nel rapporto bisessuale e dialogico tra la ---+ donna e l'uomo ( Gen 2 ,20.23 ) . Inoltre l'essere umano h a delle responsabilità nei confronti delle altre creature. Il suo linguaggio (Gen 2 , 19) e il suo dominio culturale ( Gen 2 , 15 ) lo pongono al di sopra degli animali che - diversamente dalle crea­ ture umane - rimangono deficitari come sua controparte sociale ( Gen 2 ,20) . il racconto della creazione e il racconto del giardino concepiscono la ---+ creazione in maniera antropocentrica e limitano la posizione degli umani mediante la responsabilità e mediante la loro autonomia morale nei confronti di Dio fondata nella libertà ( ---+ Etica) , che però non elimina la sua dipendenza da Dio. Anche il primo racconto della creazione ( Gen l, 1-2 ,4a) riconosce all'essere umano una limitata posizione particolare. Mediante l'affermazione della sua somiglianza con Dio ( Gen 1 ,26-28; ---+ Somiglianza) e mediante il compito di dominare affidatogli esso pone an­ cora più fortemente l'accento sulla sua responsabilità. Attraverso il com­ pito di dominare (---+ Signoria) affidatogli, che egli non esercita singolar­ mente e da solo, ma insieme agli altri, in---+ comunità ( Gen 1 ,26) , l'essere umano deve salvaguardare, come rappresentante di Dio, mediante un mo­ do di agire capace di promuovere la vita, l'-+ ordine buono insito nella creazione ( Gen 1 ,4 . 12 . 18.2 1 .25 .3 1 ) e respingere il caos che minaccia la vi­ ta. In ambedue i racconti della creazione l'essere umano è associato ad un éthos della responsabilità (---+ Etica) . Il compito e la destinazione dell'u­ manità sono dati con la relazione con Dio, e l' attività umana che plasma il mondo e la cultura trova nell'AT il suo limite in Dio e nel suo ordina­ mento amico della vita -( -+ Dio, creazione, libertà) . La limitata posizione particolare dell'umanità nella creazione non va concepita come antropo­ centrismo, ma nelle affermazioni dell'AT essa è descritta in termini fun­ zionali ed è sempre collocata in un contesto che parla di responsabilità verso le altre creature. I. 3. Accanto alla creaturalità compare, come costitutivo veterotesta­ mentario dell'essere umano, la sua caducità (l Cr 29, 14s.) . Nessun altro aspetto è fatto tanto fortemente oggetto di riflessione - soprattutto nella letteratura sapienziale - come l'inevitabilità della morte (---+ Morte) . L'es­ sere umano passa come l'erba (Sal 90,5 s . ; 103 , 15s.; cfr. 102 ,5 . 12 ; Is 40,7 s . ) , i suoi giorni scorrono e svaniscono come un'ombra ( Gb 8,9; 14,2 ; 1 7 , 7 ; Sal 3 9,7 ; 102 , 12 ) , ed egli ritorna nella polvere (Gen 3 , 1 9; Gb 10,9; 7 ,2 1 ; 34, 15 ; Sa/ 30,10; 90,3 ; 103 , 14 ; 104 ,29; Qo 3 ,20; 12,7 ecc.) . All'idea di una morta-

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lità inevitabile per gli umani si accompagna nell'AT un amore radicale per l'al di qua. L'uomo veterotestamentario vive completamente qui e ora e in seno alle sue relazioni che vanno in continuazione attualizzate. Una vita ben riuscita tende alla benefica vicinanza a Dio e alla presenza di Dio nel­ l'al di qua (Sal 3 7 ,7 ; 3 8 , 16; 42 ,6. 12; 43 ,5 ; 62 ,2 .6; 13 0,6; 13 1 ,3 ; Lam 3 ,24 ecc.) . Un aldilà, che sarebbe collegato a una forma di 'vita eterna' , rimane per lungo tempo estraneo alla fede veterotestamentaria, così come il su­ peramento del limite della morte ( ---+ Risurrezione, ---+ Mondo sotterraneo, ---+ Morte) . Perciò anche la relazione dell'uomo con Dio termina con la morte (Sal 88,6; 1 15 , 17 ; Is 3 8 , 1 8 ) . Solo a poco a poco, all'inizio in manie­ ra titubante con la rappresentazione di JHWH come divinità solare nel tar­ do periodo preesilico ( ---+ Astri) e più decisamente a cominciare dal v se­ colo, si impone l'idea che la potenza di Dio si estende sul regno della mor­ te, mediante la quale la ---+ speranza si indirizza, nella «luce dei viventi» (Sal 56,14; cfr. 27 , 13 ; 142 ,6) , al di là del regno della morte verso un com­ pimento postmortale (Sal 16,9s.; 22,28-32; 49, 10. 16; 73 ,23 s . ; 2 Mac 7 , 14 ) . I . 4. L'essere umano è contraddistinto nell' AT d a dignità e miseria. Nessuno dei due poli è passato sotto silenzio o assolutizzato. Anche se è creato come solo di poco inferiore a Dio e anche se è dotato di una dignità inalienabile e di una grandezza regale (Sal 8,6) , l'essere umano rimane pur sempre un essere debole e limitato (Sal 22 ,7 ) , che dipende radicalmente da Dio ed è a lui ordinato. L'inquietudine e il disorientamento, che si esprimono con la lontananza da Dio, fanno nell' AT parte del sentimento fondamentale dell'uomo (Sal 42 ,6; 43 ,5 ; 1 1 9, 146; Gb 14, 1 ; 17,3 ) , così co­ me l'esperienza della felicità (Sal 37 , 1 1 ; Qo 2 ,24-26; 5 , 17s.) e la speranza in un miglioramento (Sal 62 ,6; 7 1 ,5 ; Pr 23 , 1 8; Gb 4,6 ecc.). All a caducità fisica, che si manifesta nella ---+ malattia e nella morte, si aggiungono l'im­ perfezione morale e la peccaminosità degli umani (---+ Peccato) . Sull'idea della fallibilità riflette sobriamente Gen 3 , 1 -8, e vi riflette proprio come su qualcosa che, sullo sfondo di un ---+ 'paradiso' moralmente integro, non dovrebbe essere. La corruzione dell'essere umano constatata nella storia primitiva è un dato di fatto ( Gen 6,5 - 13 ; 8,2 1 ; 9, 1 1 ) , che conduce alla vio­ lenza e al disordine. L'essere umano, dal momento che pecca fin dalla na­ scita ed ha nella fallibilità una delle costituenti ineliminabili del suo esse­ re (Sal 14,3 ; 5 1 ,7 ; 53 ,4 ; 58,4; 130,3 ; 143 ,2 ; Gb 4 , 1 7 ; 14,4; 15 , 14- 16; 25,46) , ha bisogno dell'argine della ---+ Torah (Legge, ---+ Etica) e del ---+ culto, che gli dà la possibilità di espiare ( ---+ Espiazione) . All'idea realisti ca della fallibilità umana segue nell' AT solo in pochi passi una concezione, secon­ do la quale gli umani devono fuggire questo mondo terreno corrotto per sottrarsi al male morale. Nell' AT la visuale realistica dell'essere umano tende alla conversione e al miglioramento del comportamento per avvici-

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narsi al fine di una vita ben riuscita, che consiste nella vicinanza a Dio spe­ rimentata nell'al di qua (Sa/ 73 ,28 ) . Il. NT. Neppure nel NT viene proposta un'a. a s é stante. Mentre la maggior parte degli scritti si limita a fare delle affermazioni antropologi­ che in modo implicito, Paolo è l'unico a sviluppare delle affermazioni an­ tropologiche fondamentali sulla base di alcuni specifici concetti ( � Car­ ne, � Peccato, � Grazia, � Morte) . Nel suo pensiero non bisogna ovvia­ mente separare a. e � soteriologia e neppure a. e cristologia. Pure gli scrit­ ti giovannei partono da un profondo rapporto dell'uomo con Dio. Anche qui � Gesù Cristo è, come nel pensiero paolina, il punto prospettico a partire dal quale si parla dell'essere umano: questi fa una buona o una cat­ tiva riuscita a seconda che si decida in favore di Cristo o contro Cristo. II. l. La concezione a. di Gesù è contraddistinta dalla tensione fra � dignità e miseria e si muove tra due poli. Da un lato Gesù ribadisce la di­ gnità dell'essere umano fondata nella teologia della creazione, ma lo con­ sidera nello stesso tempo come uno che ha radicalmente bisogno di esse­ re redento: egli rimane fedele alla convinzione veterotestamentaria fonda­ mentale che l'essere umano è creato buono e accettato da Dio, e che è re­ sponsabile nei confronti della creazione, anche se nella sua predicazione non cita espressamente i testi dell' AT più rilevanti al riguardo. Ciò inclu­ de tutta la persona in tutte le fasi e per tutta la durata della sua vita. Ab­ braccia la sua socialità e la sua culturalità, così come la sua fallibilità e la sua finitezza. Ogni persona è ugualmente molto preziosa (Mt 12 , 12 ; Mc 2,27) e possiede una uguale inalienabile dignità, che è indipendente dalla nascita, dalla condizione sociale o dal sesso. Ciò si manifesta, ad esempio, nell'interessamento di Gesù per le donne e i bambini ( � Donna) , nel suo andare incontro agli emarginati e ai diseredati della società di quel tempo e nella sua attività in favore di malati e disabili (� Malattia) . li suo modo di agire rispecchia la sollecitudine di Dio, che si prende cura di ogni esse­ re umano (Mt 5 ,45 ; 6,25 -3 2 ; 10,29-3 1 ) . Nella scia dell'a. di un uomo no­ bile e regale, proposta nei racconti della creazione e della letteratura sa­ pienziale, egli pone in maniera radicale l'uomo al centro (2 ,27) e l'affida all'interesse misericordioso di Dio. Nello stesso tempo l'immagine dell'essere umano in Gesù è caratteriz­ zata dall'idea del giudizio imminente («il tempo è compiuto», Mc 1 , 15 � Giudizio finale) . La persona è posta di fronte alla decisione ultima e defi­ nitiva di sottomettersi alla signoria di Dio o di rifiutarla. Essa è così invi­ schiata nella colpa - e nella sua predicazione Gesù si rivolge inizialmente in maniera esclusiva alla 'comunità perduta' d'Israele - da non avere di per sé alcuna possibilità di salvezza. Ogni essere umano è impotente, po-

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vero e bisognoso davanti a Dio. Dio e la sua azione piena di grazia vanno così incontro all'essere umano, con l'avvento del suo Regno (--+ Signoria) , permettendogli di nuovo di esistere in una maniera pienamente valida e li­ berata. Ciò è possibile soltanto sulla base della sovrabbondante --+ grazia e dell' --+ amore del Dio misericordioso (Mt 18,23 -33 ) . Gesù, anteponen­ do la grazia di Dio alla --+ giustizia, non si pone soltanto nel solco della sto­ ria degli inizi (cfr. Gen 6,5 - 13 con 8,2 1 s . ; 9, 1 1 ) , bensì anche di afferma­ zioni cardine della Torah e dei --+ profeti a proposito della grazia essenziale di Dio ( cfr. le formule della grazia in Es 34,6s . ; Sal 1 03 ; Os 1 1 ecc. ) . Decisiva per la concezione gesuana dell'essere umano, che è accolta e tramandata nei vangeli sinottici, è la sua concezione di Dio. Come in tut­ ta la Bibbia, così anche in questo caso la concezione di Dio e quella del­ l' essere umano sono tra loro strettamente collegate. Gesù vede nel Padre il Dio premuroso, che vuole essere direttamente vicino agli umani (--+ Im­ magini di Dio) . Dio promette questa vicinanza in Gesù. Lo stretto legame parentale, che fonda uno stretto rapporto familiare tra Dio e l'essere uma­ no e che ha le sue radici già nell'AT, non differenzia affatto, e meno che mai in maniera radicale, il rapporto di Gesù con Dio dal giudaismo pri­ mitivo. La figliolanza divina, che pone la persona nella salutare vicinanza a Dio, significa parimenti un'esigenza etica molto alta (Mt 5 ,48; Le 6,3 6; Lv 1 1 ,44 ; 20,26; Dt 7 ,6- 1 1 ) . L'éthos dell'amore è fondato nella figliolanza divina e nell'amore quale dimensione essenziale di Dio (Mt 5 ,44 ; 19, 19; Le 10,27 ; Gv 13 ,34 ; 15 , 12 ; E/5 ,2 ; Lv 1 9 , 1 8 ) . Nella letteratura epistolare e nei vangeli Gesù è concepito e presentato, su questo sfondo, come l'essere umano esemplare (Gv 1 9,5 ; Le 23 ,47 ; Mt 9,8; 27 ,27 -3 1 ) , in base al quale è possibile definire in maniera nuova che cosa significhi essere umano. Egli è --+ immagine di Dio (Cal 1 , 15 ; l Cor 15 ,49) , e in lui - cioè nella sua uma­ nità - diventa visibile Dio (Gv 12 ,45 ; 14 ,6-9 ) . Egli è l'anello di congiun­ zione e il mediatore tra Dio e gli esseri umani (l Tm 2 ,5 ) . Quanto abbia­ mo detto per ultimo contraddistingue soprattutto l'a. paolina. Il 2. La singolarità dell'uomo Gesù, che ha dato se stesso in --+ croce e che là è stato rivelato come Figlio di Dio (Rm l ,4) , è fuori discussione per Paolo, anche se l'umanità di Gesù e il Gesù storico non svolgono quasi al­ cun ruolo in lui. Egli pensa piuttosto in maniera coerente sino in fondo quel che è insito in maniera esemplare nell'umanità di Gesù e nella sua vi­ cinanza a Dio, così come nell'idea della dipendenza radicale da Dio. Nel fare questo egli parte da due presupposti. Al di sopra di tutto c'è la convinzione che Dio vuole la salvezza degli umani: la volontà salvifica di Dio è universale e la sua azione tende alla --+ salvezza. L'essere umano, così recita il primo presupposto fondamentale, sta sotto l'ira giusta e giustificata di Dio (Rm 2) e, data la sua condizione

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di peccatore, non potrà reggere nel giudizio ( � Giudizio finale) . Come già nell'idea veterotestamentaria di giudizio, la perdizione definitiva non è condizionata dalla creazione, ma è, come conseguenza perdurante e non più eliminabile del proprio modo di agire e della propria libertà traviata, il «salario del peccato» (Rm 6,23 ) sancito nel giusto giudizio. n secondo presupposto dell'a. paolina è che tutti gli esseri umani vanno visti come sottoposti al peccato e che l'umanità è percepibile fin dall'inizio ( Gen 3 ) solo nel modo della trasgressione. Nessun essere umano può essere detto giusto, perché nessuno corrisponde in misura piena all a giustizia di Dio (Rm 3 ,9-20) . Pure qui Paolo si colloca nel solco di affermazioni dell'AT, che sottolineano l'universale peccaminosità degli umani (Sal 14,3 ; 5 1 ,7 ; Gb 14,4; 25 ,4-6; Gen 6,5 ) . n mondo è corrotto e pieno di peccato, e nes­ suno è escluso da questa condizione. Paolo chiama questo fatto Katà mipKa («secondo la carne») , una realtà in cui confluiscono elementi uma­ ni, mondani, reali, falsi e inevitabili. A esso si contrappone il Katà 1tVWJ.lU («secondo lo Spirito») , che contiene in sé aspetti che parlano di dono da parte di Dio, di grazia, di redenzione e di gratuità. In Cristo un 'nuovo Adamo' si contrappone al 'vecchio Adamo' corrotto e traviato. Con un'e­ segesi di natura midrashica di Gen 2s. Paolo contrappone il tipo all' anti­ tipo. Come la morte è entrata nel mondo per tutti a causa di uno solo, co­ sì la salvezza viene per tutti grazie alla morte di uno solo (l Cor 15 ,2 1s.45 .47 ; Rm 5 , 12 - 1 9 ) . L'essere umano, che nella fede nell'amore sal­ vante di Dio rimane soggetto, è salvato e trasformato da peccatore in giu­ sto mediante l'azione compiuta da Dio in Gesù Cristo. In tutto questo la cosa importante non sono «la volontà e gli sforzi dell'uomo, ma Dio che ha misericordia» (Rm 9 , 1 6 ) , che egli ha rivelato in Gesù Cristo. La stol­ tezza della croce corrisponde all'umanità misera e umiliata e, insieme, contrasta in maniera profondissima con la divinità di Dio (l Cor 1 ,25 ) . Per Paolo l'evento di Cristo fa d'ora in poi parte dell'umanità (Rm 8,29; l Cor 15 ,49) , in quanto l'azione salvante di Dio è divenuta in lui visibile e nella � fede in lui la grazia di Dio diventa sperimentabile per l'uomo. In Cristo (nel 'morire con' e nel 'risorgere con', Rm 6,8; Gal 2 , 1 9s.; 2 Cor 13 ,4 ; 2 Tm 2, 1 1 ; Col 2 , 12s.20; 3 , 1 .3 ) è così resa possibile a ogni essere umano una umanità - e nella teologia paolina una 'nuova' umanità - conforme alla creazione. Perciò Paolo può parlare della nuova creazione dell'essere umano in Cristo (2 Cor 5 , 17 ; Gal 2 ,20; Rm 6,3 - 1 1 ) . Con la liberazione dal peccato l'uomo recupera in Cristo la sua � santità (come santificazione, àytacrJ.l6, Stuttgart 1 9822, 27-44; H. MERKLEIN, Die Einzigkeit Gottes als di sachliche Grundlage der Botscha/t ]e­ su, in Io. , Studien zu ]esus und Paulus 2 , Tiibingen 1998, 154- 173 ; E PETERSON, ETc; 8s6c;, Gottingen 1926; W. SCHRAGE, Unterwegs zur Einzigkeit und Einheit Gottes, Neukirchen-Vluyn 2002 ; T. SODING (ed. ) , Der lebendige Gott, Miinster 1996; W. THO­ SING, Gott und Christus in der paulinischen Soteriologie l , Miinster 1989\ Io. , Studien zur neutestamentlichen Theologie, Tiibingen 1995 ; A. YEHOSHUA et alii, Der eine Gott der beiden Testamente, Neukirchen-Vluyn 1987 . BERND ]ANOWSKI (AT) l KLAUS SCHOLTISSEK (NT)

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(i./c . ) � Lemmi secondari correlati: Angelo, Astri, Avversario/Satana/Diavolo, Cielo, Città, Demonio, Deserto/Steppa, Essere misto/Cherubino, Lu­ ce/Tenebra, Mare/Acque/Diluvio , Mondo sotterraneo/Aldilà/Infer­ no/Sheol, Monte, Ordine/Caos, Paradiso/Giardino/Albero della vita, Sion, Terra/Paese.

I. AT. Per l'AT così come per l'ambiente che lo circonda bisogna di­ stinguere tra i. verticale e i. orizzontale del mondo. Tra i diversi piani e as­ si spaziali esistono delle possibilità di passaggio. Cosa di fondamentale im­ portanza è che il mondo degli umani lasciava trasparire il mondo degli dèi e che essi furono concepiti come tra loro collegati. Parimenti è possibile trovare una accanto all'altra concezioni diverse, perché non c'era alcuna necessità di procedere a una sistematizzazione unilineare. I. l. L'i. verticale del mondo contiene il � cielo e la � terra, i � mari e il � mondo sotterraneo (Sal 13 9,8ss.; Am 9,2s. ) ; riduzioni a cielo, terra e mare (in ebr. il più delle voltejam, non le acque originarie thehom o gli in­ feri) (Sal 8,8s . ; 33 ,6-8; 1 04 , 1b-26; 146,6, vedi tuttavia Sa/ 1 15 , 15 - 1 7 ) o a cielo e terra (che contiene i mari e il mondo sotterraneo) sono possibili (Gen 1 , 1 ; 2 , 1 .4a; Dt 3 ,24) . In Mesopotamia si trova spesso la triplice sud­ divisione cielo, terra, oceano delle acque dolci apsu, in Egitto a partire dal Nuovo Regno invece cielo, terra e mondo sotterraneo. Sembra che il cie­ lo e la terra siano stati nel Vicino Oriente e in Egitto fin dall'età arcaica la coppia basilare (il più delle volte padre cielo, madre terra; viceversa in Egitto) , mentre le parti sotterranee della terra furono differenziate solo più tardi (in Egitto a partire dal Medio Regno) . Secondo l'A T sotto la ter­ ra può trovarsi anche il mare originario inferiore ( Gen 7 , 1 1 ; 8,2 ; 4 9,25 ; Dt 33 , 13 ) , su cui ]HWH ha fondato la terra (Sal 24 ,2 ) . Colonne (Sal 75 ,4; 1 Sam 2,8), piedistalli (Sal 1 04 ,5 ) o fondamenta (Sal 82 ,5 ) possono sorreg­ gere il disco terrestre. L'esatto rapporto tra oceano originario sotterraneo thehom e regno dei morti se'al, così come il rapporto tra apsu e arallu in Mesopotamia non sono chiari. Nell'AT il mondo sotterraneo non è una dimora di JHWH e neppure sua esplicita ---* creazione. Diverso è il caso del cielo: questo appare come una volta solida, a cui sono fissati gli ---* astri; esso separa il mare originario superiore dalla terra ( Gen l ,6-8; Sal 148,4-

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6) . In testi tardivi esso può essere la dimora di }HWH (Sa/ 1 15 ,3 ; Qo 5 , 1 ) . In maniera analoga a Babilonia, anche nell' AT possiamo sentir parlare di più cieli (Sa/ 148,4; Dt 1 0 , 1 4 ) . Il cielo può anche essere immaginato come poggiante sui ---+ monti che si trovano ai confini dell'orizzonte rotondo (Gb 26, 1 0s . ) , mentre da parte sua la terra poggia sulle colonne del mondo sotterraneo (Gb 9,6; Sa/ 75 ,4 ) . I monti che si ergono all'estremità dell'o­ rizzonte costituiscono il confine tra la ---+ luce e le tenebre, perciò là sono collocate le porte del sorgere e del tramonto del sole (Sa/ 65 ,9) , cosa do­ cumentata iconograficamente in rappresentazioni del Dio sole mesopota­ mico o della porta egiziana del sole. Le acque superiori e inferiori sono il caos domato dal creatore; esso può essere personificato in vari mostri (Is 27 , 1 ; Gb 40,25ss.; Sal 74 , 13 s . ; 89, 1 0ss.) che una volta erano liberi, ma che furono vinti da Dio in occasione della creazione (Sal l 04 ,7s. ) . Diversi mi­ ti del Vicino Oriente antico, tra cui per esempio, l'epopea babilonese del­ la creazione enuma elish , fanno riferimento a questi eventi. Le acque ori­ ginarie rimangono (fino ad Ap 2 1 , 1 ) un pericolo per la terra e i suoi abi­ tanti, perché cercano di violare i suoi confini. ]HWH deve perciò costante­ mente conservare la sua creazione buona e intervenire contro gravi mi­ nacce (Sal 104,27 -3 0 ) . Affermazioni sulla nascita del mondo ricorrono spesso nell' AT, e in esse si incontrano i seguenti motivi: la nascita del mondo non è descritta come creazione dal nulla (creatio ex nihilo) , bensì è concepita come intervento in una. situazione già esistente, nella materia informe (Sap 1 1 , 17 ) o nelle profonde masse d'acqua ( Gen l , l ) . La divinità creatrice, nell'AT esclusivamente JHWH , può creare il mondo abitabile con una lotta (JHWH come guerriero) contro la massa dell'acqua personi­ ficata come mostro marino (Gb 7 , 12 ; Sal 74 , 13 s . ) . Un'altra possibilità fu vista nel fatto che la creazione risalirebbe a un atto plasmatore ( Gen 1 ,6ss.; Pr 8,27 -29) , mediante il quale ]HWH avrebbe posto dei confini alle masse dell'acqua o steso su di esse la superficie della terra (JHWH come architet­ to) . Infine in veste di 'signore degli animali' e della vitalità è lui che con­ serva e benedice la sua creazione ( Gen 1 ,22 .28ss . ) . Poiché negli schemi de­ scritti le masse dell' acqua non sono state eliminate, ma solo limitate e re­ spinte, la creazione rimane costantemente minacciata. Nell'AT 1'---+ ordine della creazione è sì considerato stabile e destinato a durare un certo tem­ po ( Gen 8,22 ; 9,8- 1 7 ) , però è anche considerato in linea di principio effi­ mero ( Qo 3 ,20) , cosa alla quale poterono riallacciarsi le varie concezioni dell'--+ escatologia e dell'--+ apocalittica. I. 2. L'i. orizzontale del mondo presenta la terra immaginata come un disco rotondo (Is 40,22 ) , ambito vitale degli esseri umani e dei suoi sup­ posti estremi confini (isole [Is 4 1 ,5 ] , monti che si stagliano all'orizzonte

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[Gb 26, 1 0] , oceano che lo circonda [Sal 72,8] ) . Le quattro estremità del­ la terra (Is 1 1 , 12 ; Ez 7 ,2 ; Ap 7 , 1 ) , che ne segnano la fine, scaturiscono dal­ le quattro direzioni del cielo (Gb 23 ,8s.) . Piantine di città, --)o templi ecc. mostrano che, a partire dal III millennio a.C. , lo spazio vitale fu quantifi­ cato, misurato e calcolato in Mesopotamia. Che nel VI secolo a.C. la pian­ tina della città fosse un'idea realizzabile per gli abitanti di Gerusalemme lo mostra Ez 4 , 1 . In Mesopotamia, in Egitto e anche nell'AT la costruzio­ ne di città e templi era uno dei compiti del --)o re, che traduceva in atto i desideri del suo Dio. Perciò le fondazioni corrispondenti potevano essere considerate come divine (5al 87 , 1 .5b) . L'i. orizzontale del mondo è spes­ so caratterizzata dal contrasto fra --)o città e steppa ( --)o Deserto) , fra centro e periferia o fra esterno e interno. Ciò vale in modo particolare per l'Egit­ to e la Mesopotamia, ma in parte anche per l'AT, nella misura in cui alla sua base ci sono delle tradizioni urbane. Per Israele, Giuda, Gerusalem­ me, così come per l'ambiente circostante l'AT, era una cosa ovvia pensa­ re di abitare sempre al centro della terra e che gli --)o stranieri abitassero in­ vece ai suoi margini e, quindi, nel regno del disordine, --)o nel deserto e in un paese demonizzato. La città è considerata lo spazio vitale della sicu­ rezza e della conservazione dell'ordine e, nella sua qualità di dimora e campo di azione degli dèi, è chiaramente qualificata in modo positivo. In­ vece la steppa è sinonimo di pericolo e di minaccia, perché a motivo del suo collegamento con il mondo sotterraneo e con i --)o demoni imprevedi­ bili è evitata anche dagli dèi. Il ben circoscritto territorio della città è cu­ stodito dagli dèi, in modo che la steppa presente da tutti i lati non possa penetrarvi. Solo se la loro ira permette che i demoni lascino la loro dimo­ ra, la steppa, questo equilibrio sfugge al controllo, per cui una città corre il continuo pericolo di diventare anch'essa un deserto. Gli ordinamenti so­ no allora aboliti, cosicché i demoni possono muoversi liberamente anche qui. Spesso la città è caratterizzata come un luogo che va mantenuto pu­ ro, mentre tutto quello che è sospettato di essere impuro è relegato nella steppa. Alla base di questa idea ci sono presumibilmente non solo motivi igienici, bensì anche motivi ideologici. Il centro della sfera interna ( = città) risiede nel tempio. li tempio, identificato in Mesopotamia con la 'collina santa' o con il --)o monte cosmico (quale centro della terra e polo opposto ai monti che si elevano all'orizzonte) , in concreto con il monte --)o Sion di Gerusalemme, rappresenta il collegamento tra l'asse spaziale orizzontale e quello verticale, perché esso è sia parte dei settori cosmici dell'oceano del­ le acque dolci, della terra e del cielo, sia dimora terrena della divinità. A proposito della dimora terrena di JHWH, l'AT conosce diverse tradizioni. Troviamo indicazioni geografiche molto concrete come in Seir (Gdc 5 ,4;

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Dt 3 3 ,2 ) o sul monte Safon, Sinai/Oreb o Sion, che a motivo del ---+ tem­ pio di Gerusalemme era considerato un luogo privilegiato. n corrispon­ dente programma iconografico, che è però testimoniato soltanto nell'AT, abbracciava un simbolismo vitale, celeste e cosmico (l Re 6s. ) . Nel Vicino Oriente il tempio è anche il nucleo di tutta la ---+ purità, di tutto l'ordine e di tutta la stabilità. Tale ordine irradia con decrescente intensità sulla città e sui suoi dintorni. Anche ogni soglia e ogni porta del tempio sono un con­ fine, che indebolisce la concentrazione dell'ordine man mano che si va verso l'esterno. Un altro confine è costituito dalle mura e dalle porte del­ la città, che separano l'interno e l'esterno, la città e l'hinterland. In corri­ spondenza al ruolo di soglie e di punti di passaggio svolto dalle porte del­ la città, vengono compiuti, in occasione di processioni, ---+ sacrifici, rituali ( ---+ Rito) e scongiuri, che hanno lo scopo di garantire l'entrata nella zona successiva. Santuari delle porte, che fanno parte di questo contesto, sono archeologicamente ben documentati in Palestina (per esempio, Betsaida, Dan) . La zona immediatamente fuori delle porte della città è un ambito dall'ordine molto precario, inadatto come dimora sia per gli esseri umani sia per gli dèi e che è quindi preso in considerazione solo come un terre­ no incolto, disordinato e demonizzato. L'azione conservante e rassicuran­ te del tempio e del suo ospite divino raggiunge la steppa o il deserto solo in una forma estremamente indebolita. Inoltre il deserto è un paesaggio permeabile agli inferi, per cui in esso soggiornano numerosi demoni che nuocciono a ogni persona che vi si avventura. L'AT condivide questa vi­ suale negativa del deserto con il suo ambiente circostante. n confine estre­ mo dell'i. orizzontale del mondo del cittadino del Vicino Oriente, che per­ cepiva già il territorio circostante e la steppa come estranei, è costituito dalle catene montuose che delimitano la sua area culturale. I monti sono perciò 'il confine del mondo'. In questo spazio vitale misterioso vivono gli avversari aggressivi dell'ordine da conservare, avversari che sono in parte concretizzati in nemici politici. Poiché i ---+ nemici politici esterni attacca­ vano sempre la città dalla montagna e dalla steppa, questi paesaggi furo­ no sperimentati come il punto di partenza e addirittura come il 'nido' di una incessante minaccia e ostilità, che metteva in pericolo la pace della città (Is 13 ,4; Gl 2 ,2 ecc. ) . Accanto alle tradizioni urbane ( = soprattutto gerosolimitane) dell' AT troviamo anche concezioni, che vedono la città dall'esterno e per le quali la campagna rappresenta la patria. In esse la città diventa il nemico e lo straniero, cosa che permette di concludere, per quanto riguarda la collocazione sociale di questi testi, a una cerchia di tra­ denti residenti nella campagna. All a base dell'ambivalenza veterotesta­ mentaria nei confronti della città sta forse il fatto che il territorio mon­ tuoso della Palestina era piuttosto inadatto alla costituzione di insedia-

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menti urbani. n paesaggio fatto di tanti piccoli avallamenti era caratteriz­ zato da villaggi e da strutture tribali contadine, cosicché le conquiste del­ la vita urbana (scrittura, capitale finanziario) rimasero limitate solo a po­ chi centri urbani prima di diffondersi di là nell'hinterland tradizionale e conservatore. Interessi contrastanti fra amministrazione statale o urbana, da un lato, e amministrazione non urbana della classe superiore contadi­ na e dell'élite della campagna ( � Status sociale) , dall'altro, acuirono, a partire dall'epoca dei re, il conflitto sociale fra coloro che consideravano la campagna solo come un capitale con le sue rendite per la città e coloro che vivevano della campagna e nella campagna, la coltivavano con le pro­ prie mani, ne consumavano i prodotti e vendevano soltanto eventuali ec­ cedenze. Dell'i. orizzontale del mondo fa parte anche l'idea del tempo e dello spazio. In termini molto concreti dobbiamo dire: lo spazio geografico co­ nosciuto dall'AT è circoscritto da Tarsis nel lontano Occidente, da Elam e dalla Media ad oriente, da Saba e da Adramaut a sud-est e dalle monta­ gne che delimitano il bassopiano siro-mesopotamico a nord. Esso abbrac­ cia il Mediterraneo con il levante al suo centro. I grandi imperi confinan­ ti dell'Egitto, dell'Assiria, di Babilonia ecc. sono concepiti come territori posti ai margini. La cornice temporale prospettata dall' AT (senza che il tempo rappresentato debba essere necessariamente identico al tempo del­ la nascita della rappresentazione letteraria) coincide - a eccezione di po­ chi sconfinamenti al di fuori del tempo con il � principio costituito dalla creazione del cielo e della terra ( Gen 1 , 1 ) e con il tempo finale (Is 60, 19), che è concepito come nuovo inizio con alcuni cambiamenti caratteristici ­ in larga misura con quel che l'archeologia della Palestina descrive come Età del Ferro e come epoca babilonese-persiana (circa 1200/1 150-332 a.C . , Fig. l, p. 79). I . 3 . Solamente pochi libri furono composti in epoca ellenistica e riflet­ tono eventi di tale epoca (Dn ; 1-2 Mac) , nella quale l'i. del mondo subì im­ portanti cambiamenti. Dopo la campagna di Alessandro (334-33 11323 a.C . ) , con la quale i greci avevano conquistato l'impero persiano, la cultu­ ra greca si era diffusa in tutta l'area del Mediterraneo fino all'India e al­ l'Afghanistan e, a partire dai diadochi ( = successori di Alessandro Ma­ gno) , si era trasformata da una cultura della cittàlp6lis nella cultura di un 'élite imperiale, che influenzò le culture conquistate ('ellenizzazione' ) e diede il via a processi di acculturazione di portata mondiale. La lingua, l'e­ ducazione, il modo di vivere, la tecnica, la visione del mondo, la filosofia e la cultura greca divennero normative e furono diffuse anche attraverso il sistema scolastico ginnasiale ( � Educazione) . N ella Giudea scoppiò nel II secolo a.C. , sotto il regno dei Seleucidi, un'aperta rivolta contro l'elle-

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nizzazione di Gerusalemme e della Giudea. La sollevazione dei Maccabei ( 1 67 - 1 64 a.C.) lottò con successo contro l'ellenizzazione violenta di Ge­ rusalemme tentata da Antioco IV Epifane. L'impero romano favorì la dif­ fusione dell'ellenismo (lingua, poesia, filosofia e i. del mondo, culto greco del sovrano) e, nella Palestina, dovette affrontare diversi partiti religiosi (sadducei, esseni di Qumran , farisei, zeloti) , che presero in maniera più o meno marcata le distanze dal mondo ellenistico e romano. I vari gruppi, pur rimanendo ampiamente concordi a proposito dell'origine del mondo, avevano posizioni diverse circa la fine del mondo o l'importanza del tem­ pio di Gerusalemme. I sadducei appartenevano alla classe superiore, era­ no teologicamente conservatori, attaccati al culto del tempio e alla ---+ T6rah scritta, nazionalisti e liberali quanto allo stile di vita; rifiutavano l'idea dell'esistenza di ---+ angeli e demoni, del ---+ giudizio finale e della ---+ risur­ rezione (Mc 12 , 1 8 par. ) . Il loro influsso regredì nel 63 a.C. con la conqui­ sta di Gerusalemme da parte di Pompeo, e solo nel 6 d.C. ridivennero di nuovo potenti come alleati dei romani e dominarono per mezzo dei laici ricchi ('anziani') il sinedrio ( ---+ Giudizio) . Gli esseni non compaiono nel­ l'AT/NT, ma sono ben documentati da Flavio Giuseppe e dai reperti di Qumran. Essi costituivano , in qualità di 'vero Israele', una ---+ comunità compatta con regole precise, tra le quali un ruolo importante svolgevano le norme rituali (specialmente relative alla ---+ purità) e le questioni del ca­ lendario (calendario solare) per distinguersi dal criticato tempio di Geru­ salemme (calendario lunare) . Il loro scopo era quello di vivere già nell'al di qua impuro in comunione con il mondo celeste puro. La loro i. del mondo era dualistica (mondo terreno contro mondo celeste) e la loro teo­ logia era di tipo escatologico ed era caratterizzata da un forte determini­ smo e dalla dottrina delle due epoche del mondo tra loro opposte e che si succedono l'una all'altra (= eoni) . Al momento del passaggio dall'eone at­ tuale a quello futuro pensavano che sarebbe scoppiata una lotta escatolo­ gica tra i figli della luce ( = gruppo di Qumran) e i figli delle tenebre ( 1 QM) . I /arisei provenivano forse dal gruppo dei 'pii' (l Mac 2 ,42 ; 7 , 13 ) , che avevano sostenuto i Maccabei. Essi accettavano, accanto alla tradizio­ ne giuridica scritta, anche quella orale e volevano realizzare nella vita quo­ tidiana l'ideale della purità sacerdotale (ovviamente lontano dal culto del tempio) . La vita pia del singolo era per loro più importante (dopo diversi conflitti con gli Asmonei) dell'influsso politico. Diversamente dai saddu­ cei professavano dottrine escatologiche come la speranza nel ---+ Messia, la risurrezione e il giudizio universale (At 23 ,8) . Gli zeloti sorsero senza dub­ bio dopo il 6 d.C. (allorquando la Giudea fu trasformata in una parte del­ la provincia romana della Siria e fu così sottoposta al dominio romano di-

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retto) e si concepivano come combattenti per l'esclusiva signoria di Dio in opposizione alla potenza occupante romana (Mc 12 , 1 3 - 17 ) , cosa che ebbe delle conseguenze politiche sotto forma di sollevazioni. La loro resistenza culminò nella prima guerra giudaica (66-70/73 d.C. ) . Essi attendevano l'imminente avvento del regno di Dio, che doveva essere instaurato con un impegno bellicoso nella tradizione della ---+ 'guerra santa' . I . 4 . L e religioni pagane del periodo ellenistico-romano erano di tipo politeistico, e la vita religiosa si svolgeva in seno al culto ufficiale, locale e privato. Tre sono gli aspetti importanti della religiosità della tarda anti­ chità, con cui anche gli scritti ebraici e cristiani si confrontarono: (a) Il culto di Zeus, concepito come dio del cosmo, che fu identificato con Jupiter (soprattutto con lo Jupiter Capitolinus [= Giove capitolino] ) e fu adorato come una specie di dio dell'impero. Tale culto era collegato con (b) il culto dell'imperatore, che legittimava il potere dello stato. Nel sovrano si manifestava il potere divino (rivendicato da Alessandro Magno in poi dai re greci, seguiti in questo dai romani) , per cui il sovrano aveva il dovere di prendersi cura dell'ordine divino e di realizzarlo. (c) Le reli­ gioni salvifiche, misteriche e terapeutiche rispondevano alla religiosità nel frattempo fortemente individualistica e al suo compito di promettere al singolo un aiuto e una vicinanza divina personale. Inoltre offrivano all'in­ dividuo un orientamento religioso e la soluzione positiva della ---+ morte in­ dividuale, facendogli balenare davanti agli occhi l'idea di una vita ultra­ terrena meravigliosa. Nello stesso tempo queste religioni univano i loro adepti in una salda comunità (o addirittura in associazioni segrete con complessi rituali di iniziazione) , comunità e associazioni fino ad allora sco­ nosciute negli ambienti pagani, ma via via sempre più apprezzate come un sostegno in tempi di una società individualistica. La maggior parte delle divinità, attorno a cui questi culti ruotavano, furono importate dall'O­ riente (Iside, Osiride, Cibele, Attis , Dea Syria, Adone, Mitra ecc. ) . L'e­ braismo e il cristianesimo, che predicavano un Dio personale, avevano una risposta positiva per la questione della morte, erano sorretti da una comunità compatta e potevano proporre un'---+ etica vincolante e capace di orientare la vita, esercitarono in quel periodo una grande forza di attra­ zione, forza che però fu indebolita dal loro monoteismo esclusivo, che tra l'altro li metteva in contrasto con il culto dell'imperatore, o dall' osservan­ za ebraica della ---+ Torah percepita come asociale. l. 5 . L'i. del mondo del periodo ellenistico-romano fu decisamente in­ fluenzata da un'interpretazione filosofica del mondo (cfr. At 17 , 1 8; Col 2,8), a proposito della quale occorre distinguere tre correnti importanti: (A) Epicuro/epicurei. Epicuro (34 1 -270 a.C.) aveva aperto nel 3 06 a.C. la sua scuola ad Atene. Il suo ideale era la serenità interiore (à'tapaçia) ,

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cioè la quieta felicità del saggio che si contenta di quel che ha e che vive senza paura della morte e senza timore degli dèi. Questa era la ---+ vita ve­ ramente ben riuscita e il giusto modo di goderla. L'esistenza degli dèi (e della morte) non era negata, ma era assolutamente irrilevante per l'uomo. (B) Stoàlstoici (rappresentanti: Seneca, Marco Aurelio, Epitteto) . Lo stoicismo, che nel I secolo d.C. ebbe una grande importanza, faceva risa­ lire tutto a un unico principio: nell'ordine del mondo era possibile rico­ noscere il l6gos divino. Questa conoscenza permetteva al singolo di avere un orientamento nel suo modo di essere e di agire: il saggio dovrebbe cor­ rispondere al l6gos divino riconosciuto, che permea il mondo, dovrebbe cioè vivere in maniera ad esso conforme. L'etica stoica si proponeva di orientare l'esistenza del singolo, che domina i propri sentimenti ed è il più possibile indipendente dalle vicende esteriori. Essa costituiva per il singo­ lo un solido punto di appoggio e gli infondeva la pace dell'anima. (C) Platone/platonici. Questa corrente, che cominciò a far sentire il suo influsso a partire dal I secolo d.C., era di tipo dualista e distingueva tra l'i­ dea e la sua manifestazione fenomenica, tra il vero essere e l'ente. Il Dio trascendente stava al di là degli enti sensibilmente sperimentabili. Dio e il mondo, la trascendenza e l'immanenza furono nettamente distinti fra di loro, e l'immortalità dell'--+ anima fu contrapposta alla mortalità del cor­ po. La condotta mirava ad assimilare al Dio trascendente e a superare il corpo, superamento di cui l'essere umano sarebbe capace a motivo della ragione divina in lui operante. l 6. D'importanza decisiva per l'i. del mondo della tarda antichità fu il fatto che gli scritti dei LXX composti in greco introdussero il termine gre­ co cosmo (Sap 2 ,24; 2 Mac 7 ,9), che in parte servì da sostituto della più an­ tica denominazione ' cielo e terra' e (come aiffiv) traduceva il termine ebraico 'oldm (---+ Eternità) . In seguito all'adozione di idee ellenistiche, l'u­ niverso fu visto come cosmo ordinato (cioè come unità spaziale contrad­ distinta da un ordine, da una bellezza e da una armonia eterna immanen­ te) e così denominato. Tipico dell'originario concetto biblico di cosmo è il fatto che esso collegava le idee spaziali contenute in tale termine con l'a­ spetto della storia della salvezza. Tipiche dell'ultimo periodo possono es­ sere considerate anche le speculazioni sull'imminente fine del mondo, fi­ ne che avrebbe preparato il terreno per un rinnovamento completo del mondo. Sotto l'influsso di una visione dualistica del mondo, che distin­ gueva in maniera netta due poli contrapposti (bene e ---+ male, ---+ luce e te­ nebre, angeli e demoni, Dio e satana, ---+ verità e menzogna) , nell'apocalit­ tica giudaica l'opera divina della creazione ordinata fu considerata come corrotta e rovinata dal ---+ peccato, dal caos, dall'--+ avversario/satana, dai demoni e da altre potenze ostili alla vita (4 Esd 4; Jub 1 0, 1 - 1 9 ) . Tutto il

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mondo e il ---+ tempo furono visti come diretti verso un ultimo e definitivo confronto, da cui le odierne potenze del male sarebbero uscite sconfitte, mentre Dio ne sarebbe uscito vincitore ( 1 QM). Al pessimismo nei con­ fronti del mondo attuale, identificato con l'attuale epoca del mondo, si contrappose a poco a poco la speranza in una nuova epoca o eone e in un mondo rinnovato ( l QS 4 , 1 6ss. ; 1 Hen 48,7 ; 7 1 , 15 ; 2 Bar 15,7 ) . Soltanto nell' éschaton l'ordine e la sovranità divina si sarebbero pienamente impo­ sti e sarebbero diventati una realtà senza subire ulteriori attacchi. n pas­ saggio tra i due mondi/eoni era immaginato come un grande giudizio fi­ nale (Dn 7 ; Mt 25 ,3 1 -46) o come uno scontro di tipo bellico (Ez 3 8; Dn 10-12; Mc 13 ) , o ancora unendo fra di loro i due scenari in un grande dramma apocalittico (Ap), che si sarebbe svolto secondo un copione sal­ damente prestabilito. II. NT. L'i. del mondo del NT dipende in larga misura dalle tradizioni veterotestamentarie ed ebraiche. Il --+ cielo e la ---+ terra (Mt 5 , 1 8.34s. par. ) , in parte anche il ---+ mondo sotterraneo (Mt 1 1 ,23 par. ; Rm 10,6s.; Fil 2, 10s. ) , indicano i tre piani spaziali verticali. Il cielo e la terra possono in­ dicare, come un merismo, il mondo intero (Mt 5 , 18; 28, 1 8; At 4,24; Col 1 , 1 6) , mondo che tuttavia, attraverso l'uso del termine 'cosmo', fu conce­ pito alla luce delle corrispondenti idee ellenistiche e giudaiche. Nel NT ta­ li idee furono collegate con aspetti storico-salvifici e cristologici, che con­ feriscono loro una specifica forma. II. l. Nel NT cosmo indica l'universo nella sua unità (At 17 ,24; Gv 2 1 ,25 ) , che è tutto quanto ---+ creazione di Dio (Rm 1 1 ,36; 1 Cor 8,6) e a cui il L6gos partecipa in maniera determinante (Gv 1 ,3 . 10; Col 1 , 15s. ) . n cosmo sottostà alla ---+ provvidenza di Dio (At 17 ,26ss . ) , è luogo della co­ noscenza naturale di Dio (Rm 1 , 19s.; At 1 7 ,27 ) , è, come creazione di Dio, in linea di principio buono ( 1 Cor 10,26; Rm 14, 14.20) e possiede un ini­ zio e una fine (Mt 13 ,40; 24 ,2 1 ; 25 ,3 1ss.; 1 Cor 7 ,3 1 ) . Esso è caratterizza­ to ancor più fortemente che non nell'AT dal numero quattro, perché esi­ stono quattro venti (Mt 24,3 1 par.) , quattro direzioni del cielo (Ap 7 , 1 -8), quattro confini del mondo (Ap 7 , 1 ; 20,8) e quattro gruppi di angeli (Ap 7 , 1 ; 9, 14s. ) . Il cielo è la dimora di Dio, del Cristo risorto, degli ---+ angeli e anche metafora del tempo futuro, mentre la terra è sinonimo di dimora degli uomini, della ---+ chiesa e del tempo presente (Mt 6 , 1 0; 16,19; 1 8 , 1 8 ) . 2 Cor 12 , 1 -5 riprende l a tradizione ebraica, secondo l a quale esistevano più cieli. Luogo di soggiorno dei morti era l'ade sotto la terra. Là si sup­ poneva che ci fosse anche la geenna, considerata un baratro pieno di fuo­ co ove risiedeva come re l'angelo dell'abisso (---+ Avversario) (Ap 9 , 1 s. l l ; 20, 1 .3 ) e dove vengono gettati i riprovati da Dio (Mt 18,9).

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Tutto sommato il NT è meno interessato a schemi cosmologici del mondo presente e più al futuro storico-salvifico. Esso attende la -+ risur­ rezione dei morti (l Cor 15 , 12-34; l Ts 4 , 1 3 - 1 8 ) , un -+ giudizio finale con la -+ salvezza per i giusti e la dannazione per gli empi (Mt 25 ,3 1 -46; Rm 14,10; 2 Cor 5 , 10), nonché la -+ redenzione della creazione (Rm 8 , 1 8ss. ; -+ Soteriologia) . Come nelle concezioni ebraiche contemporanee, così anche nel NT un grande ruolo svolgevano angeli e -+ demoni, nei quali furono personificate forze e potenze positive e negative (per esempio, la -+ ma­ lattia) , che però sottostavano tutte quante a Dio (2 Cor 12,7 -9) . n NT ha recepito in larga misura la visuale pessimistica del mondo e la dottrina dei due eoni (Mt 12,32; 13 ,3 9ss. ; 24 ,3 ; 28,20; l Cor 1 0, 1 1 ; Eb 9,26; Gal 1 ,4) dell'apocalittica ebraica e le ha dato in -+ Gesù Cristo un nuovo centro. D'importanza decisiva è il fatto che al regno del peccato e delle potenze ostili alla vita è già succeduto fin da adesso il regno di Cristo, anche se non ancora nella sua forma definitiva, forma che esso assumerà soltanto nel­ l'éschaton o nel prossimo eone (Cv 12,3 1 ; Rm 8,2 1 s . ; Eb 6 , 1 s . ; Ap 1 1 , 1 5 ) . II. 2 . In Giovanni, che in modo simile a Paolo guarda con pessimismo al mondo attuale, stanno in maniera dualistica l'uno di fronte all'altro Dio e Cristo, da un lato, e il cosmo e il mondo degli esseri umani, dall'altro. Il mondo è di per sé creazione di Dio e del suo L6gos (Cv 1 ,3 s . 1 0s.; 1 7 ,5 .24 ) , m a è anche il regno delle tenebre (Gv 1 ,5 ; 3 , 1 9 ) . D i fronte al mondo sta il L6gos, che è la -+ luce (Gv 1 ,9; 8 , 1 2 ) . Il cosmo ha rifiutato (Cv 1 , 1 0s.) di accogliere la luce che Dio ha per amore inviato nella figura del Figlio suo per redimerlo ( Gv 3 , 16s. ; 4 ,42 ; 9,5 ) . n cosmo fu così riconosciuto come nemico di Dio ( Gv 12,3 1 ; 16,9- 1 1 ) , con la conseguenza che la venuta di Cristo non si è risolta per esso in salvezza, bensì in giudizio ( Gv 3 , 1 8ss.; 5,27 ; 9,3 9 ) . Il cosmo è pertanto teatro della venuta, della salvezza e del giudizio di Cristo. Esso si oppone a Dio e al suo L6gos, perché è piuttosto governato dal male e dal principe di questo mondo. La contrapposizione dualistica riguarda anche i discepoli e la -+ chiesa. I credenti sono ancora in questo mondo, ma non più di questo mondo (Gv 15 , 1 9; 1 7 , 15ss . ) . Essi sono nati da Dio e vivono in Cristo (Cv 1 , 12s.; 3 ,5 ; 15 , 1 -8). II. 3 . Paolo mette in risalto, sulla base della dottrina dei due eoni, il contrasto tra il cosmo/ eone presente e quello futuro. «Questo cosmo» (l Cor 3 , 19; 5 , 10; 7 ,3 1 ) , o «questo eone» (Rm 12,2; l Cor 1 ,20; E/ 1 ,2 1 ) è si­ nonimo dell'attuale mondo terreno, che è sottoposto a una potenza catti­ va e agli elementi del mondo ( Ga/ 4,3 .9; Co/ 2 ,8.20) e che aspira alla libe­ razione (Rm 8, 1 8ss. ) . Esso è caduto in balia del -+ peccato e della -+ car­ ne e va redento dalla -+ morte (Rm 5 , 12ss . ) . n contrasto fra Dio e il mon­ do è diventato manifesto per mezzo di Cristo, che ha redento il mondo terreno (2 Cor 5 , 19), per cui il cosmo è riconciliato con Dio (Co/ 1 , 1 8-23 ;

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Rm 8,20ss. ; 1 1 , 15 ; 2 Cor 5 , 17ss . ) . In Cristo il nuovo eone è già comincia­ to per i credenti ( Gal 1 ,4; 6 , 1 4 - 1 6 ) , che adesso appartengono già al regno di Cristo ( Col 1 , 13 s . ; 2 ,9ss . ) . La comunità vive nella convinzione che la po­ tenza dell'eone futuro opera per mezzo di Gesù Cristo già adesso, per cui satana è già stato in linea di principio detronizzato, anche se non è anco­ ra stato reso del tutto inoffensivo ( Col 2 ,8. 15 ; E/ 2 , 1ss. ) . TI regno definiti­ vo di Dio comincia con la ---+ parusia di Cristo ed è riservato all' éschaton . Il 4. Chi parla nella maniera più diffusa della fine della prima creazio­ ne e del crollo del mondo a più piani è l'Apocalisse. Nelle sue visioni, l'an­ tica creazione va incontro, attraverso diverse catastrofi naturali (oscura­ mento del sole, arrossamento della luna, sconquasso dei monti, caduta delle stelle e scomparsa della luce) alla sua fine spettacolare (Ap 6, 12ss . ) . L a volta del ciel cade sulla terra, l e tenebre avanzano, cosicché le opere della creazione originaria di Dio vanno in rovina per essere sostituite da una seconda nuova creazione. l mln di anni-20.000 20.000- 12 .500 12.500-9.400 9.400-6.400 6.400-5 .800 5.800-3 .3 00 3 .3 00-3 .000 3 .000-2 .700 2.700-2 .200 2 .200-2 .000 2.000- 1 .750 1 .750- 1 .550 1 .550- 1 .400 1 .400- 1 .3 00 1 .3 00- 1 .200/ 1 . 150 1 .200/ 1 . 150- 1 .000 1 .000-926/900 926/900-722/700 722/700-587 587-539/8 53 9/8-450 450-333/2 333/2-63 63 -324 d.C.

Paleolitico Epipaleolitico Natufiano Neolitico aceramico A-C Neolitico ceramico Calcolitico Antica età del bronzo I Antica età del bronzo II Antica età del bronzo III Antica età del bronzo IV Media Età del bronzo I Media età del bronzo IlA Media età del bronzo IIB Tarda età del bronzo I Tarda età del bronzo IlA T arda età del bronzo IIB Età del ferro I Età del ferro II Età del ferro IIB Età del ferro IIC Epoca babilonese Epoca persiana I Epoca persiana II Epoca ellenistica Epoca romana =

Fig. 1 : Tavola cronologica (tutte le datazioni sono a.C., salvo diversa indicazione) .

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I. W. HOROWITZ, Mesopotamian Cosmic Geography, Winona Lake 1998; B. }ANOWSKI - B. EGo (edd.) , Das biblische Weltbild und seine altorientalische Kontexte, Tiibingen 200 1 ; O. KEEL, Das sogenannte altorientalische Weltbild, in BiKi 40 ( 1 985 ) 157 - 1 6 1 ; J.P. WEINBERG, Die Natur im Weltbild des Chronisten, in VT 3 1 ( 198 1 ) 324-345 ; H. WEIP­ PERT, Altorientalische Welter/ahrung, in H. -P. MA1HYS (ed.) , Ebenbild Gottes - Herr­ scher iiber die Welt, Neukirchen-Vluyn 1998, 9-34; [AA.Vv., Il cosmo nella Bibbia, Dehoniane, Napoli 1982 ] . Il. E . ADAMS, Constructing the World, Edinburgh 2000; K . ERLEMANN - ]. ZANGEN­ BERG et alii (edd.), Neues Testament und Antike Kultur, Neukirchen-Vluyn 2004ss. ; H.­ J. KLAUCK, Die religiose Umwelt des Urchristentums, Stuttgart 1 995 - 1 996; ID. , Religion und Gesellscha/t im /riihen Christentum, Tiibingen 2002; K. MOLLER, Das Weltbild der jiidischen Apokalyptik und die Rede von ]esu Au/erstehung, in BzKi 52 ( 1 997 ) 8-18; R. SCHWINDT, Das Weltbild des Epheserbrie/es, Tiibingen 2002; D. ULANSEY, Die Ur­ spriinge des Mithraskults, Darmstadt 1 998; D. ZELLER (ed.), Religion und Weltbild, Miinster 2002 ; U.S. ]EFFERS, Il mondo greco-romano all'epoca del Nuovo Testamento, San Paolo, Cinisello B. 2004 ] . ANGELIKA BERLEJUNG ·

Sapienza/Legge (s ./l. ) Lemmi secondari correlati: Bellezza, Conoscenza, Consiglio, Decalogo, Diritto, Dubbio, Intelligenza, Istruzione/Direttiva, Orecchio/Ascoltare, Saggezza, Stoltezza/Errore, Via. ---+

Premessa. Per s. si intende la capacità di comportarsi con successo sul­ la base di una conoscenza della realtà, dei valori e delle regole dell'agire umano, nonché dei processi del mondo sociale e naturale, conoscenza che orienta e guida l'azione; anche questa conoscenza orientativa può già es­ sere detta s. La l. è costituita da regole giuridiche della convivenza in se­ no a una ---+ comunità; esse servono in modo particolare a risolvere casi di conflitto, sono valide per tutti gli appartenenti alla com unità, e la loro tra­ sgressione è punita con sanzioni. (Oltre a ciò si parla anche di l. morali o della natura, l. che però qui non prendiamo in considerazione) . La s. e la l. forniscono perciò, ognuna a proprio modo, regole e orientamenti per la condotta dell'uomo e mirano ambedue a una ---+ vita ben riuscita. La l. si occupa soprattutto della convivenza in seno alla comunità e dei suoi pos­ sibili conflitti, detta al riguardo delle regole che sono vincolanti per tutti gli appartenenti alla comunità e cerca di garantirne l'osservanza minac­ ciando delle pene. Invece la s. mira in primo luogo alla condotta della sin­ gola persona in seno alla comunità; a questo scopo le comunica delle co­ noscenze utili sulla base di ---+ tradizioni ed esperienze e cerca di convin­ cerla della loro bontà, cosa che però non le riesce nel caso di tutti gli es­ seri umani, ma solo nel caso dei 'sapienti/saggi' o dei 'semplici' ricettivi nei suoi confronti (contrapposti agli 'stolti' o ai 'denigratori') . Nell'AT la s. e la l. si sviluppano inizialmente l'una accanto all'altra, come tradizioni teologiche specifiche, nella letteratura sapienziale della Bibbia ebraica e nel Pentateuco (cosa che però non esclude affatto che alle loro spalle ci siano i medesimi tradenti e ricettori) . A mano a mano che esse si svilup­ pano, vengono anche stabiliti dei collegamenti tra di loro; negli scritti più recenti dell'AT greco la s. e la l. sono espressamente identificate tra di lo­ ro in Sir 24 e Bar 3s. I. AT: l. Il termine ebraico bokhma (cfr. bkhm 'essere sapiente', bakham 'abile, destro, esperto, saggio'), abitualmente tradotto con 's.', non indica solo la s., bensì anche l'abilità, la destrezza tecnica e il sapere pro­ fessionale di artigiani, prefiche, guerrieri, maghi o indovini, nonché la pru­ denza di governanti e dei loro consiglieri, che permette loro di raggiunge-

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re i loro scopi, anche se questi appaiono moralmente riprovevoli (cfr. Es 1 , 10; 2 Sam 1 3 ,3 ) . Come stile di vita, che non determina solo la scelta dei mezzi, bensì anche i fini da perseguire, bokhma ricorre soprattutto nella cosiddetta 'letteratura sapienziale' dell'AT, nel libro dei Proverbi di Salo­ mone (la cui introduzione racchiusa in Pr 1-9 risale solo al III secolo a.C . , mentre le raccolte di proverbi contenute in Pr 1 0ss. includono materiale più antico) , in Giobbe ( che risale probabilmente all'epoca persiana, ma contiene anche apporti più recenti come i discorsi di Eliu riportati in Gb 32-3 7 ) , in Qohelet (fine del III secolo a.C.) , nel Siracide (inizio del II seco­ lo a.C.) e nella Sapienza di Salomone (forse tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., in ogni caso dopo Sir) , però ricorre anche in altri ambiti testuali del­ l'AT del periodo persiano e ellenistico, come nella storia di Giuseppe, nei racconti di Daniele, nei libri di Tobia e di Baruc o nei Salmi (per esempio Sal 37; 49; 73 ) . Sotto il profilo formale, la letteratura sapienziale presenta una grande varietà di generi letterari, che vanno da brevi detti sapienziali a poesie didascaliche piuttosto lunghe, a dialoghi, a riflessioni fino a lun­ ghe trattazioni. Inseriti vi troviamo brani 'autobiografici' , racconti esem­ plari, allegorie, preghiere e inni o commenti di tipo 'midrashico' a testi bi­ blici. Alla base degli scritti sapienziali si presume che ci siano istituzioni so­ ciali come l'---+ educazione familiare, la formazione di funzionari e ---+ sa­ cerdoti, e anche le discussioni che si svolgevano tra i commensali dei cit­ tadini benestanti. Solo relativamente tardi troviamo in Israele chiari riferi­ menti a 'scuole' sapienziali vere e proprie (cfr. Sir 5 1 ,23 ) . Tema della letteratura sapienziale è anzitutto la condotta quotidiana a livello sociale: con il -+ re (Pr 16, 12ss . ) , il prossimo (Pr 25 , 17 s . ) , la moglie (Pr 3 1 , 10ss . ) , i figli (Pr 13 ,24 ) , i poveri e i bisognosi (Pr 1 7 ,5 ) . Gli uomini sono divisi in 'saggi e stolti' (Pr 10, 1 ) , 'giusti ed empi' (Pr 10,3 ) , 'ricchi e poveri' (Pr 1 0 , 1 5 ) , 'pigri e operosi' (Pr 1 0,4) ecc. La condotta raccoman­ data dalla s. include la ---+ giustizia (Pr 15,2 1 ) e la pietà («timore di }HWH»: Pr 10,27 ) , nonché virtù come la diligenza (Pr 12,24 ) , il riserbo (Pr 1 2 , 1 6 ) , l a modestia (Pr 1 1 ,2 ) , l'affidabilità (Pr 20,6) e l a disponibilità a d accettare insegnamenti e critiche (Pr 10, 1 7 ) . In questo senso i Pr raccomandano una condotta rispettosa verso Dio e il prossimo (e anche verso gli animali: Pr 12,10), una condotta che si ispira all'éthos tradizionale (Pr 1 5 ,5 ) e che è consapevole dei limiti dei progetti umani (Pr 2 1 ,3 0s . ) . I saggi sono anima­ ti dalla fiducia che un modo buono di agire (---+ Etica) è di regola a lungo andare fonte di benessere per l'essere umano (lunga vita, salute, ricchez­ za, prestigio, numerosi discendenti) , mentre un modo cattivo di agire è per lui fonte di sventure (Pr 10,24ss . ) . Per garantire questo «nesso fra l'a­ zione e la sua conseguenza» cooperano fra di loro }HWH e la comunità so-

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ciale (cfr. , per esempio, Pr 1 1 ,25 -27 : un modo buono di agire è ricambia­ to dal prossimo con un modo corrispondente di agire e con l'augurio di benedizioni e garantisce nello stesso tempo a chi lo pratica il compiaci­ mento di Dio) . Eventualmente la s., la giustizia e la pietà sono più prezio­ se del benessere esteriore (Pr 28,6) . Mentre Pr 1-9 conferma la fiducia nel «nesso fra l'azione e la sua con­ seguenza» e avvalora ancora di più di Pr 1 0ss. le corrispondenti aspettati­ ve dei 'saggi' (cfr. Pr 3 ) , il libro di Giobbe pone i suoi lettori di fronte al­ l'esperienza della -+ sofferenza immeritata di un 'giusto' esemplare. Esso solleva così il problema della cosiddetta teodicea: come si concilia l'ingiu­ stizia sperimentata del mondo con l'idea della giustizia di Dio? n libro di Giobbe discute diverse proposte di soluzione: Dio lascia soffrire gli esseri umani per mettere alla prova la loro pietà (Cb 1 s . ) ; davanti a Dio nessuna persona è pienamente 'giusta' (per cui in fondo non ci può essere alcuna sofferenza 'ingiusta': Cb 4 , 17ss . ) ; Dio è un sadico crudele (Cb 9,22s) ; con la sofferenza Dio educa l'essere umano (Cb 3 3 , 14ss . ) ; la sofferenza è una parte costitutiva del mondo quale -+ creazione di Dio ( Cb 3 8ss.) ecc. In ultima analisi però nessuna di queste spiegazioni viene presentata come la 'soluzione' del problema di Giobbe. Alla fine Giobbe cerca piuttosto di indurre Dio - con lamenti e accuse nei suoi riguardi o con la sua capito­ lazione davanti alla sua strapotenza? - a por termine al suo dolore. n problema della giustizia del mondo e di Dio è successivamente risol­ to da Qo, con riferimento ai racconti delle origini ( Gen 1-1 1 ) , in questo senso: nessun essere umano è realmente giusto ( Qo 7 ,20) , e perciò tutti gli uomini sono lasciati in balia del caso e della caducità quale 'giudizio' di Dio ( Qo 3 , 1 6ss. ) . Anziché lamentarsi di questa situazione e di lottare va­ namente contro di essa, l'essere umano dovrebbe sfruttare le possibilità di gioire (-+ Gioia) e di godere, che Dio parimenti gli concede (Qo 5 , 17s.) e far partecipare anche altri uomini a questo 'bene' supremo e unico (Qo 1 1 , 1 s . ) . Viceversa Sir ribadisce la giustizia di Dio e del mondo nel senso di un diverso trattamento dei 'giusti' e degli 'empi', che si verifica nel corso del tempo (Sir 3 9, 12ss . ) , al più tardi al momento della -+ morte di una per­ sona, e che può cambiare ancora una volta la valutazione di tutta una vita (Sir 1 1 ,25ss . ) . Mentre Cb ( 14 ,7ss.; diversamente 19,25ss . ? ) , Qo (3 , 1 9ss.) e Sir (4 1 ,3 s . ) escludono espressamente la possibilità di una retribuzione do­ po la morte, essa diventa nel Sal 49 e 73 e poi nel libro della Sapienza (3 , 1 ss.) la 'soluzione' al problema della teodicea. In tal modo però la bontà e la bellezza della creazione 'terrena' di Dio, difese da Qo e Sir ( Qo 3 , 1 1 ; Sir 39, 16) , diventano necessariamente problematiche. La riflessione critica delle tradizioni sapienziali conduce in Cb e Qo an-

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Lemmi principali

che a riconoscere i limiti delle possibilità umane di raggiungere la s. ( Gb 28; Qo 3 , 1 1 ; 7,23 s . ; 8, 1 6s . ) . Sulla base di questa conoscenza la s. accessi­ bile all'uomo è qui distinta dalla s. di Dio. Invece Sir e Sap pensano che Dio renda il pio partecipe della sua s. (Sir 1 , 1 - 1 0; Sap 7-9) . Pr 1-9 presenta la s. (secondo il modello -+ della dea egizia Iside?) come una persona nel­ la sfera divina, che si rivolge direttamente agli uomini e li ammaestra. Es­ sa era già presente al momento della creazione (Pr 8 ) , per cui nulla nel mondo le è ignoto o inaccessibile. Come pendant della s. può poi essere personificata come donna anche la -+ stoltezza (Pr 9, 13ss . ) . Fra le tradizioni teologiche dell'AT, la tradizione sapienziale si distin­ gue anche per il suo riferimento alla vita quotidiana della singola persona, per il suo carattere 'internazionale' solo poco influenzato da tradizioni culturali specificamente israelitiche (cfr. Pr 3 0s.; Gb e i paralleli a Pr 22, 17-24,22 nella dottrina sapienziale egizia di Amenemope) e per la sua disponibilità a riflettere criticamente sull' éthos tradizionale alla luce di nuove esperienze e di considerazioni razionali e a svilupparlo ulterior­ mente. Nella scia di questo sviluppo gli ultimi scritti sapienziali (Sir e Sap) desumono però poi in misura crescente elementi da altre tradizioni teolo­ giche (1. , -+ Storia, -+ Profezia, -+ Culto) e sviluppano linee (diverse ! ) di una sapienza specificamente israelitica, cercando di integrare tutta l'ere­ dità culturale dell'antico Israele. I. 2. L'A T conosce una serie di termini per indicare la 1., termini che dan­ no già un'idea della molteplicità delle loro funzioni (torah 'istruzione, inse­ gnamento, 1. ', boq 'criterio, obbligazione, pretesa, insegnamento, 1., ordina­ mento, determinazione, regola, prescrizione' , miSptJt 'sentenza arbitrale, decisione giuridica, determinazione giuridica, pretesa giuridica, -+ diritto', mi$wd 'compito, comandamento, diritto' ) . L. 'casistiche' menzionano le corrispondenti conseguenze giuridiche per casi e sottocasi diversi ('se . . . , al­ lora . . . ', per esempio Es 2 1 , 18ss . ) . Da queste vengono distinte le cosiddette l. 'apodittiche', come ad es. le norme giuridiche relative alla pena di morte (per esempio Es 2 1 , 12 . 15- 17) o i comandamenti e i divieti senza una deter­ minazione della pena ('Onora . . . Non uccidere . . . ' ecc. ) . il Pentateuco con­ tiene una serie di raccolte di leggi come, per esempio, il 'codice dell'allean­ za' (Es 20,22-23 ,33 ) , il diritto di privilegio (Es 34,17-24) , la l. deuterono­ mica (Dt 12-26) o la 'legge di santità' (Lv 17-26) , che contengono in parte raccolte parziali più antiche. In esse diritto ed éthos sono tra loro stretta­ mente uniti. Verosimilmente esse non fungevano da diritto codificato e da applicare direttamente, ma da manuali giuridici, che sulla scorta di giudizi, regole e principi esemplari dovevano comunicare la competenza per una giurisprudenza autonoma (cfr. Es 18, 13ss.; Dt 1 ,9ss . ) . Ciò vale in ogni caso

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per il Pentateuco nel suo insieme, che in parte contiene norme chiaramen­ te contraddittorie (per esempio, sulla pasqua in Es 12 e Dt 16 o sulla re­ missione di debiti e sulla liberazione degli schiavi in Es 2 1 ; Lv 25 e Dt 15 ) . Nel testo giunto sino a noi quasi tutte le l . del Pentateuco sono (secon­ dariamente) concepite come rivelazione di }HWH al Sinai/Oreb. Diversa­ mente dalle norme etiche fondamentali del -+ decalogo, che Dio ha comu­ nicato direttamente al popolo, le l. sono state trasmesse al popolo per mez­ zo di Mosè. Almeno il libro dell'alleanza e la l. deuteronomica furono, se­ condo Es 24,3 ss. ; Dt 26, 1 6ss. ; 28,69, sottoposte all'accettazione del popo­ lo e messe in vigore mediante la conclusione di un'alleanza. In questo mo­ do si sottolinea che Israele non deve osservare la l. per costrizione, ma sem­ plicemente perché ne ha --+ conoscenza (cfr. Dt 3 0 , 1 1 ss . ) . li fatto che Israe­ le non si sia comportato così è spiegato in Dt 29,3 (cfr. 3 1 ,2 1 .29; 32 ,6) , con lo sguardo retrospettivo al tempo della monarchia, dicendo che esso deve essere prima abilitato da JHWH a tale conoscenza, cosa che Dt 3 0,6 annun­ cia per il tempo successivo alla catastrofe del 587 a.C. Questo corrisponde ad aspettative profetiche come quella di Ger 3 1 ,3 1 ss., secondo la quale }HWH scriverà la l. nel --+ cuore degli israeliti, o quella di Ez 36,26s., se­ condo la quale Dio darà loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo, cosic­ ché essi potranno osservare la l. e la osserveranno. Quando gli oranti di Sal 3 7,3 1 ; 40,9 affermano di avere la L nel loro cuore e nel loro intimo, forse non pretendono solo di aver interiorizzato la l. in conformità alle direttive di Dt 6,6, ma affermano pure che la promessa di Ger 3 1 si è adempiuta in loro. I cosiddetti 'Salmi della L ' , cioè i Sal 1 ; 19; 1 1 9, documentano una 'pietà della L ', che non concepisce la L solo come ordinamento giuridico per Israele, ma come un orientamento complessivo della vita ('sapienza') per il singolo, e che pone le attese della --+ benedizione e maledizione le­ gate alla l. (Lv 26; Dt 28) in relazione con le singole persone. La nascita della --+ Tòrah mosaica è presentata nel Pentateuco come un processo piuttosto lungo. }HWH comunica a Mosè la l. sul Sinai in varie tappe (cfr. Es 20,2 1 ; 24 , 1 2 ; 3 4 , 1 ss . ) . Successivamente Mosè riceve altre prescrizioni nel santuario della tenda (Lv 1 , 1 ; Nm 1 , 1 ) , in parte ad hoc di fronte a casi e problemi concreti (Lv 24 , 1 0ss. ; Nm 15 ,32ss.; 36) . Nel Dt Mosè proclama ancora una volta a una nuova generazione di israeliti, do­ po un soggiorno di quarant'anni nel --+ deserto, tutta la Tòrah . In quel­ l'occasione in Dt 5 , così come in Es 20, il decalogo è anteposto come orientamento etico fondamentale alle lunghe e dettagliate prescrizioni giu­ ridiche. La cosiddetta 'formula canonica' (Dt 4,2; 13 , 1 ) stabilisce poi la forma definitiva della l. mosaica; Gs 24 ,25s. sembra però ammettere la possibilità che si possa 'continuare a scrivere' la L Inoltre nell'attuale con-

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Lemmi principali

testo canonico dell' AT anche affermazioni profetiche come Ger 7 ,22 ; 8,8; Ez 20,25 e Ez 40ss. dicono con chiarezza che la Torah non ha solo bisogno di essere spiegata e ampliata, ma che ha anche bisogno di essere recepita in maniera critica. Sir 24 ,23 e Bar 4 , 1 identificano la s. e la L Mentre Sir 24 considera la L come una fonte inesauribile di s. per tutti coloro che sono ad essa interes­ sati, secondo Bar 3s. la s. è solo per Israele e può essere da lui trovata so­ lo nella L Un collegamento fra s. e L si fa strada nella letteratura sapien­ ziale già prima (cfr. Pr 3 , 1 ; 3 ,3 con Dt 6,8; Pr 3 0,5s . ; Qo 12 , 13 ) . Nel Pen­ tateuco tale collegamento è adombrato in affermazioni relative alla ragio­ nevolezza e alla perspicuità della L (Dt 4 ,6ss.; 3 0 , 1 1 ss.) e alla s. necessaria per la sua applicazione (Dt 1 , 13 ) e per il suo insegnamento (Dt 34,9). An­ che nei cosiddetti 'Salmi della L ', cioè Sal 19 e 1 1 9, L e s. sono tra loro strettamente collegate. Il NT: l. Nel NT si parla spesso della s. (crO 'amore (di Dio) '. Questo amo­ re devoto contraddistingue anche l'atteggiamento degli uomini che, av­ volti dalla 'bontà, g.' di Dio, cercano di accogliere questa esperienza di g. come basidhfm 'pii' verso gli altri (l Sam 2 ,9; Sal 30,3 ; 149, 1 .5 .9 ecc. ) . Questa interpretazione teologica di besedh come atto di misericordia è ri­ presa dai LXX. II. NT: l. Nel NT l'uso di xuptç e di parole appartenenti allo stesso eti­ mo si riallaccia all'uso dei LXX ( Gen 3 9 ,2 1 ; Es 3 ,2 1 ; 1 1 ,3 ; 12,36; 34,6; Bar 2 , 14; Dn 1 ,9; Zc 12,10; Sap 8,2 1 ecc.), alla tradizione protogiudaica ( Test­ Ben 4,5 ; ]osAs 4,7 ; TestGd 2 , 1 ; OrSib 4 ,45s.; cfr. Filone, che concepisce la g. alla luce della teologia della creazione) e all'antichità greca (xuptç, 'ciò che è lieto', 'favore/dimostrazione di favore', ' ringraziamento' ) , facendo convergere tutte queste cose in una delle interpretazioni teologiche più si­ gnificative del NT. Nel NT e in particolare in Paolo la g. è quel concetto soteriologico fondamentale che caratterizza l'azione salvifica di Dio in ----)> Gesù Cristo, gratuitamente donata, in tutte le sue dimensioni. La g. di Dio, assunta nella - fede e cristologicamente determinata, schiude una nuova, riconciliata relazione con Dio e Gesù Cristo, con il prossimo e con se stessi, e giunge a compimento nella ----)> parusia del Kyrios. Nel NT oltre all'uso soteriologico-ermetico della g. si trova anche l'uso linguistico nor­ male dell'ambiente giudeo-ellenistico. II. 2. Sebbene Gesù non abbia parlato expressis verbis di g., bensì di ----)> misericordia, il dono gratuito, preveniente della g. da parte di Dio al suo ----)> popolo e a tutte le creature è un inconfondibile segno distintivo del suo annuncio del regno di Dio. La vicinanza del ---)> regno di Dio, resa possibi­ le dalla volontà salvifica di Dio e rivelata nell'annuncio di Gesù in parole e fatti, viene esposta e analizzata nelle parabole di Gesù, che trattano del perdono preveniente e della ----)> ricompensa 'abbondante' (Le 6,32-3 8; 14,16-24 ; 15; Mt 20, 1 - 1 6 ecc.), e si riflette nelle dichiarazioni di salvezza delle beatitudini (Le 6,20-23 ) e confluisce nella remissione dei peccati di Gesù, che è tanto esplicita (Mc 2 ,5 ; Le 7 ,48) quanto pratica (Mc 2 , 15 - 1 7 ; Le 7 ,36-50; 1 9, 1 - 10; Gv 8, 1 - 1 1 ) . Il regno di Dio vicino, che previene e sal­ va, per Gesù non viene messo in questione con la sua ----)> morte, ma è fon­ dato in modo irreversibile (Mc 14 ,22 -25 ) . II. 3 . La g . di Dio è , nella corrispondenza di Paolo, un concetto chiave della sua teologia. La dottrina paolina della giustificazione, secondo la quale la giustificazione si ottiene «non per le opere della legge» ma «per la fede» (Gal 2, 16) , sviluppa l'interpretazione paolina della g. di Dio in merito ai credenti ( ----)> Giustificazione) : la g. esercitata da Dio nella storia dell'alleanza con Israele, che culmina nel sacrificio della morte di suo fi­ glio Cristo Gesù, costituisce il motivo della giustificazione del peccatore e

Grazia

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al tempo stesso il presupposto per poter cogliere la g. giustificante nella fede e accoglierla in una nuova vita nello � spirito. In Rm 9-1 1 Paolo po­ ne l'accento sull'interazione tra � libertà superiore (Rm 9 , 15 . 1 8-24), � misericordia (Rm 9, 15s. 1 8.23 ) , g. di Dio (Rm 1 1 ,5s.29) e /edeltà incondi­ zionata all'alleanza, ovvero la � giustizia attiva di Dio (Rm 1 1 , 1 s. 29) . Egli fa riferimento a Es 3 3 , 1 9 (Rm 9 , 15 . 1 8) e a Is 29,16; 45 ,9; Sap 12 , 12 (Rm 9,20) e Ger 1 8,6 (Rm 9,2 1 ) per porre in risalto la libera scelta di Dio nel dono della g. Dio si oppone all'universalità della colpa umana per libera scelta, con la sua g. donata gratuitamente e dovuta unicamente alla sua giustizia (Rm 3 ,24s . ; 4,4; 6,23 ; 1 1 ,5 s . ) . Nella prospettiva della storia della salvezza l'atto della g. di Dio diviene concreto nella morte espiatrice di Gesù Cristo (Rm 3 ,24s. ; 5 ,2 1 ; l Cor 15,3b-5 ; Gal 3 , 13 ; 2 Cor 5 ,2 1 ; Rm 8,3 ; � Espiazione) . TI predominio del � peccato mette in luce la � pienezza della g.; esso non distrugge la g. di Dio, ma paradossalmente la innalza nella sua totale pienezza. Paolo insiste sul valore assoluto del sola fide, per­ ché ogni relativizzazione del sola fide implicava anche una messa in di­ scussione del sola gratza dell'azione salvifica di Dio in Gesù Cristo, dun­ que la morte espiatrice di Gesù Cristo non sarebbe stata capita e l'uomo sarebbe stato nuovamente orientato alla sua propria giustizia. Secondo Rm 6, 1 - 14 (cfr. l Cor 1 , 1 3 ; 6, 1 1 ; 1 0,2 ; 12,13 ; 15,29; Gal 3 ,27s.) la liberazione gratuita dei fedeli dal potere del peccato e la loro inclusio­ ne nel dominio della g. si manifestano nel � battesimo. Nel battesimo rivelazione della g. di Dio in Gesù Cristo porta alla giustificazione davanti a Dio sola gratia ( Tt 3 ,5 .7 ) , al dono dello Spirito (2 Tm 1 , 14; Tt 3 ,5 s . ) , e motiva l'attesa «della beata speranza e della manifestazione della gloria del grande Dio e Salvatore Gesù Cristo» (Tt 1 , 13 ) . La g. viene inte­ sa, in special modo in 1 Tm 1 , 14 , come potere salvifico escatologico che si concretizza nel dono della fede e dell'amore che si è manifestato in Gesù Cristo. I. B. ]ANOWSKI, Der barmherzige Richter, in R. SCORALICK (ed . ) , Das Drama der Barmherzigkeit Gottes, Stuttgart 2000, 33-91; R. SCORALICK, Gottes Giite und Gottes Zorn, Freiburg 2002 ; H. SPIECKEM!ANN, «Barmherzig und gniidig ist der Herr », in ID. , Gottes Liebe z u Israel, Tiibingen 200 1 , 3 - 19; G. VANONI, «Du bist doch unser Vater» (]es 63, 1 6), Stuttgart 1995 . II. N. BAUMERT, Zur Begriffsgeschichte von xapzç im griechischen Sprachraum, in ThPh 65 ( 1 990) 79- 1 00; M. THEOBALD, Die iiberstromende Gnade, Wiirzburg 1982 ; D. ZEL­ LER, Charis bei Philon und Paulus, Stuttgart 1990. BERND }ANOWSKI (AT) / KLAUS SCHOLTISSEK (NT) . . .

Guerra/Pace (g./p . ) ---+ Lemma principale: Etica

I. AT: l. Nella cultura ebraica la g. è espressa dai termini milbama ( 'lot­ ta, battaglia, armi' ) , $tibha (---+ 'Esercito, g. , servizio militare') e qerabh ( 'lot­ ta, g. ' ) , e la pace dal termine sal6m ( 'incolumità, salute, p . ' ) . I . 2 . L a guerra fa parte della realtà del mondo biblico; l a condizione geopolitica della zona d'insediamento delle tribù di ---+ Israele nell'area di interesse del potere egemonico di turno ha sempre spinto queste tribù a c� nflitti bellici (---+ Stato); di certo Israele nel corso della sua ---+ storia è sta­ to ogni volta vittima del fascino illusorio della g. Le descrizioni positive di eventi bellici nell' AT come imposizione del ---+ diritto di Israele e nella cir­ costanza concomitante, ritenuta imprescindibile nell'Ap, del sistema anti­ divino che perisce nel suo proprio potere pongono un problema erme­ neutico, perché sono teologicamente argomentate e legittimate. A questo punto deve intervenire l'analisi storica, perché essa dimostra che non tut­ te le testimonianze di una g. sono accertabili. Quando per esempio, nel Pentateuco e in Gs la partenza di Israele dall'Egitto (---+ Esodo) e la colo­ nizzazione del territorio vengono descritte come una pianificata azione militare (Nm 1 s . ; 26) , questo di certo non corrisponde alla realtà storica. Va invece riconosciuto che qui la g. viene presentata come un fondamen­ tale evento del passato. La proiezione di azioni militari nel passato fa per­ cepire l'insensatezza della guerra nel presente in cui è redatto il testo. I. 3. Lo stesso vale per il bando (berem ) , meglio tradotto con 'consacra­ zione allo sterminio' (Nm 2 1 ,2s.; Dt 7 ,2 .25 ; 20, 16- 18; Gs 6--8 ; Gdc 1 , 17 ; l Sam 15 ; l Re 20,35 -43 ) . Questo rituale bellico, non più esercitato in epo­ ca statale, viene ricordato nei testi come evento del passato. In quel fran­ gente Dio ha ordinato la distruzione della popolazione residente e della sua ---+ proprietà. Nello sterminio essi sono votati a un rito di passaggio di consegna a Dio. Dt 20, 1 8 dà una motivazione - lo sterminio ha luogo af­ finché non vi siano apostasie - che non si accorda con la concezione ori­ ginaria. Si tratta piuttosto di un atto militare che fa ---+ terra bruciata, e che tuttavia viene sacralizzato. La concreta ---+ responsabilità non viene asse­ gnata agli assassini ma a Dio. Il voto dello sterminio, nonostante la sua concezione brutale, rimanda a un timore, religiosamente fondato, dello spargimento di sangue, un timore che emerge dal tabù del sangue, come attesta l'AT (Gen 9,4; Lv 17 , 1 1 ; 20,9. 1 1 - 13 . 16.27 ; Nm 35,3 3 ; Dt 2 1 ,22s.;

Guerra/Pace

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Gs 2 , 1 9 ; 1 Re 2 ,3 7 ; ---+ Sangue) . Per la comprensione di questi testi all'a­ nalisi storica deve aggiungersi la critica teologica. Qui si vede chiaramen­ te che questa critica è largamente documentabile nella Scrittura, per il fatto che essa presenta la p. come struttura fondamentale che Dio ha assegnato alla sua - creazione.

I. 4. Poiché la Bibbia sa quale sia il terrore che la g. comporta per l'in­ tera creazione, la pace è considerata un bene supremo in cui si spera e che si chiede a Dio nella preghiera. Difatti la Bibbia ha una visione del mon­ do sufficientemente ampia per sapere che la vera p. non proviene dalle mani dei soldati, bensì da Dio soltanto. Stilom quindi non indica soltanto l'assenza di g. e di violenza, ma anche un benessere assoluto dell'intera creazione (Sa/ 72 ,3 -4 ; 85 ,9- 1 1 ) . La vera pace è possibile solo quando regna la ---+ giustizia. Dio ha inserito sdlom come ---+ ordine della sua creazione; la p. è dunque possibile, ma soltanto se gli uomini percorrono la strada del­ la p. e della giustizia (Lv 26,3 -6; Sa/ 29, 1 1 ; 3 4 , 1 5 ; 1 1 9, 165 ; Is 26,3 ; 32, 17s.; 48, 1 8 ) . In epoca postesilica l'idea della pace assume un accento marcata­ mente critico nei confronti del potere: la p. viene imposta da Dio indi­ pendentemente e contro il potere politico (Is 52,7 ; 54, 1 0. 13 ; 53 ,5 ) e ab­ braccia anche le altre nazioni (Is 55 ,3 -5 ) . Quando questa p. proviene da ---+ Sion e si propaga in tutto il mondo, la g., le armi e gli armamenti svani­ scono, e tutte le nazioni entrano a far parte della buona creazione di Dio (Is 2 ,2 -4 ) . Con un orientamento strettamente teologico questa concezione della p. acquisisce una significativa funzione critica: essa determina le con­ cezioni vigenti della p. e della g., le quali sono ogni volta soggette al dub­ bio dell'incompiutezza. La p. che non è realmente sdlom, ovvero istituzio­ ne della giustizia di Dio, resta una p. inadeguata. Secondo la concezione della Scrittura, non può esserci un eccesso di pace. Piuttosto, per ogni p. politica occorre chiedersi se con quella p. non si cerchi la propria giusti­ zia anziché la giustizia di Dio. II. NT: l . Nel NT il vocabolo per g. è 1tÒÀE! .tO> (]es 63, 1 6), Stuttgart 1995 ; E. ZENGER. Am Fu./3 des Sinai, Diisseldorf 1993 . Il. H. MERKLEIN, Christus als Bild Gottes im NT, in JBTh 13 ( 1 999) 53 -76; M. REISER, Jesus and Judgement, Minneapolis 1997 ; G. SCHELBERT, Abba, Vater! Stand der Frage, in FZPhTh 40 ( 1 993 ) 257-281 e FZPh Th 41 ( 1 994 ) 528-53 1 ; A. STROTMANN, - messaggero o mediatore (della salvezza) a compiere pub­ blicamente e efficacemente la missione affidatagli. L'o. è allora una parte­ cipazione all'autorità e sovranità di Dio e mira alla realizzazione e all'at­ tualizzazione della sua --->- volontà e signoria. Una simile partecipazione al­ la p. di Dio non è una limitazione, bensì modalità di affermazione della si­ gnoria di Dio. Paradigma determinante per la concezione neotestamenta­ ria della p. di Dio e del suo esercizio (òtaKovia) nel nome di Dio, nonché dell'o. W;oucria) , sono la missione e il destino di --->- Gesù Cristo: nell'an­ nuncio di Gesù in parole e opere è riconoscibile una rivendicazione di au­ torità e di rivelazione (cfr. Le 10,2 1 -24) , che pretende di attuare nella pro­ pria azione la promessa azione salvifica escatologica di Dio (Mc 1 , 14s. ; Le 4, 16-2 1 ; 7 , 1 8-23 ; 1 1 ,20; 12,56; 17,2 1 ) , fa entrare in azione con piena au­ torità le forze salvanti e liberanti della signoria di Dio (Mc 1 ,2 1 -45 ; 2 , 1 - 12 ; Le 13 , 10- 17) e interpreta in maniera definitivamente vincolante l a volontà santa di Dio nei confronti degli esseri umani (Mc 2 , 1-3 ,6; 7 , 1 -23 ; 10,2 - 12 ; 1 1 ,27-12,3 7 ) . Nella passione e nella morte l a piena potestà diaconale di Gesù si manifesta come dono proesistente della vita, che ha la capacità di salvare «i molti» (Mc 10,45 ; 14,24 ) . La --->- risurrezione di Gesù conduce al­ la sua elevazione, cioè al suo insediamento in una posizione divina e uni­ versale di comando (Fi/ 2,6- 1 1 ; Rm 1 ,3 s . ; Mt 28,16-20; Ap 1 , 12-20; 4-5 ; cfr. «Gesù è Kyrios» in l Cor 12,3 ; Rm 10,9s . ) . La --->- chiesa, quale comunità della sequela di Gesù Cristo, vive nel cam­ po della sovranità del suo Kyrios e deve seguire, richiamandosi a lui, «il

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Lemmi secondari

principio cristologico del potere» (J. Blank) . Essa partecipa alla missione plenipotenziaria di Gesù. L'apostolo Paolo esercita la sua piena potestà apostolica (2 Cor 10,8; 13 , 1 0), nella quale fa valere l'autorità magisteriale del Kyrios ( l Cor 7 , 10-12; 9,14; 14,3 7 ; l Ts 4 , 1 5 ) , espressamente come 'mi­ nistero della ---+ riconciliazione' (2 Cor 5 , 1 1 -2 1 ) . Di una piena potestà cronologicamente limitata e dipendente da Dio godono anche autorità politiche ( Gv 19, 10s.; Rm 13 , 1 -7 ) e p. sovraterrene (2 Mac 3 ,24; l Cor 15,24; E/ 1 ,2 1 ; 2 ,2 ; 6,12; Co/ 1 , 16; 2 , 1 5 ; l Pt 3 ,22 ; Ap 14,18; 18 , 1 ) , nonché gli agenti del ---+ male (Le 4,6; Ap 6,8; 9,3 . 10; 13 ,2 .5 .7 ) .

I. M. ALBANI, Der eine Gott und die himmlischen Heerscharen, Leipzig 2000; W. DIE­ TRIECH - C. LINK, Die dunklen Seiten Gottes 2, Neukirchen-Vluyn 20042; B. ]ANO\XTSKI, Konfliktgespriich e mit Gott, Neukirchen-Vluyn 2003 ; A. ScHOLE, Der dunkle Gott - ein Gott des Glaubens?, in EvTh 6 1 (2001 ) 24 1 -249. II. J. BLANK, Sul concetto di 'p otere' nella chiesa. Prospettive neotestamentarie, in Conc. 3/1988, 19-32; ]. GNILKA, Die /riihen Christen, Freiburg 1999; U. HECKEL, Kra/t in Schwachheit, Tiibingen 1 993 ; K. ScHOLTISSEK, Nach/olge und Autorità'! nach dem MkEv, in TThZ 100 ( 199 1 ) 56-74; ID., Die Vollmacht ]esu, Miinster 1 992 ; ID. , Voll­ macht im Alten Testament und Judentum, Paderborn 1 993 ; A. WEISER, Autorità"! im Al­ ten und im Neuen Testament, in H.]. TùRK (ed. ) , Autorità"!, Mainz 1 973 , 60-76. BERND }ANOWSKI (AT) / Kl.AUS SCHOLTISSEK (NT)

Povertà/Ricchezza (p ./r. ) ---+

Lemma principale: Status sociale/Società e istituzione

I. AT: l. Uno nasceva nella p . , nel bisogno (res, 'ani) o nella r., agiatez­ za ( 'oser, spesso affiancato da kabhodh, h an ) . Nella società del Vicino Oriente, dove la conservazione dello status qua costituiva la finalità più al­ ta, in antico le disuguaglianze (p./r.) erano considerate 'normali' . I . 2 . Anche per l ' AT essere povero o essere ricco faceva parte della vita quotidiana sociale: entrambe le situazioni erano accettate e, nella lettera­ tura sapienziale, addirittura legittimate come ordinamenti ( ---+ Ordine) sta­ biliti con la creazione (Pr 22 ,2 ; 29, 13 ; Sir 1 1 , 14 ) . Problematico era consi­ derato invece il caso di colui che, a motivo di circostanze avverse (disgra­ zia, ---+ malattia, ferita, disabilità, invalidità, ---+ morte, cattivo raccolto, espropriazione, inganno) , non poteva conservare lo status ereditato, vale a dire la sua partecipazione ai beni suddivisi (in qualsivoglia misura) , e di­ ventava povero. Questo succedeva soprattutto alle ---+ vedove e agli orfani, che a motivo della morte del marito/padre perdevano la loro sicurezza economica (2 Re 4 , 1 -7 ) , ma succedeva anche a uomini che a motivo di cat­ tivi raccolti, di espropriazioni o di richieste non solvibili di interessi fini­ vano in stato di servitù per debiti (Lv 25 ,3 9-4 1 ; Dt 15 , 12 - 1 8; Ger 34 ,8-22 ) . A questo impoverimento corrispondeva dall'altra parte l'ingiusto arricchi­ mento ( Os 12,9; Pr 23 ,4) , dal momento che si trattava di una redistribu­ zione dei beni (prima altrimenti) suddivisi, cosa che poteva avvenire solo a spese di un altro (mediante l'inganno, vedi Am 8,4-6b; Mi 6, 10s . ; o la co­ strizione, vedi l Re 2 1 ; Mi 2 , 1 -3 ) . Gli uomini che traevano profitto dal commercio, dalle gabelle, dagli affitti, dai ---+ tributi/tasse, dai pegni o da­ gli interessi (Am 5 , 1 1 s . ; 2 ,6b.8), che facevano quindi soldi con i soldi, era­ no considerati empi, disonesti e avidi di denaro ( Qo 5,9). Questo procurò ai fenici, abili commercianti, una fama quanto mai cattiva (Ez 26-28) . Per garantire e legittimare il successo economico, l'aumento di prestigio e di status contro il sospetto di imbroglio, si attribuiva tale successo alla fortu­ na o all'intervento di Dio (Gen 4 1 ,37ss . ; Gb 42 , 1 0; l Re 3 , 13 ) . In un si­ stema sociale così strutturato era anche possibile rivolgersi a una persona più altolocata - un 'patrono' - per ottenere per mezzo suo l'accesso a una diversa classe sociale o ad altre risorse (cfr. , per esempio, la preghiera ri­ volta a Eliseo quale patrono in 2 Re 4 , 1 -7 ) . Sulla base dell'idea del nesso intercorrente tra l'azione e la sua conseguenza ( ---+ Etica, ---+ Sapienza) la

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letteratura sapienziale vede la p. (qui: l'impoverimento e la perdita dello status) come una conseguenza della pigrizia o dello spreco (Pr 6,9- 1 1 ; 10,4s . ; 2 1 , 17.20; 23 ,20s.) e la r. (qui: mantenimento dello status, niente af­ fatto arricchimento ! ) come una conseguenza del comportamento buono verso Dio e verso gli esseri umani (Pr 1 0,4; 23 ,4 ; 28,20) , della sapienza e della conoscenza (-4- Intelligenza) (Pr 3 , 1 6; 8 , 1 8) o come dono di Dio ( Qo 5 , 18; 6,2 ) . La critica scaturita dall'esperienza, annunciata da Gb, ma ela­ borata solo da Qa, mette in discussione questo nesso tradizionale ( Qa 5,9-6,12; 9, 1 1 ) . Contro la sapienza di corte, la letteratura profetica tenne conto della situazione che, a partire dall'epoca della monarchia, vedeva molte persone divenire sempre più povere ed essere oppresse e sfruttate da élites e classi regnanti ( Ger 2 1 , 1 1 - 14; 22 , 1 3 - 1 7 ) , contrariamente a quel­ lo che sarebbe stato il compito di queste ultime, ovvero proteggere i po­ veri (Sal 72,2-4. 12- 14) ( -4- Status sociale) . I profeti chiedono perciò che si rispetti il diritto dei poveri ( 'anfl'antlw) , dei meno abbienti (dal) e dei bi­ sognosi ( 'eb;o n , rtls, misken ) (Am 2 ,6s . ; 3 ,9-15; 5 , 7 - 1 2 ; Is 5 ,8-10; 10,2 ; Os 12,8s.; Mi 3 , 1 -3 .9- 1 1 ; 2 , 1 -3 ; Ger 5 ,26-28; 17 , 1 1 ; Gb 34,28s . ; Sir 4 , 1 s . ) . Non si pensa a un'equità sociale nel senso di una suddivisione dei beni in una misura uguale per tutti, anche se la legislazione sociale del Dt (Dt 1 6, 1 820: protezione dei poveri in -)o giudizio; Dt 24 , 14s. : protezione dallo sfrut­ tamento; Dt 23 ,20s.: proibizione dell'interesse; Dt 24 , 1 0- 13 . 17b: limita­ zione del diritto di pegno, la cui necessità è testimoniata dall'astrakan l di Me�ad Fjashavyahu [VII secolo a.C . ; RENZ - R6LLIG, Inschri/ten I. l , 3 15 330] ) voleva eliminare gli abusi più gravi. Il condono dei debiti e le leggi relative agli anni giubilari furono più un programma che una realtà (Es 2 1 ,2 ; Lv 25 ,3 9-4 1 ; Dt 15 , 1 - 1 8 ; cfr. Is 6 1 , 1 -3 ; Ger 34 ,8-22 ; Ne 5 ) , cosicché nel periodo postesilico i problemi sociali (Ne 5 ; Zc 7 , l O; Ml 3 ,5 ; drastica­ mente descritti in Gb 24,2-4 .9- 12), aggravati dal ritorno dall'-4- esilio degli esuli in possesso di grandi capitali (Esd 2 ,64-69) e dalla politica finanzia­ ria persiana, poterono aumentare in misura quasi incontrollata. In maniera del tutto simile a come avviene intorno a Israele, i poveri stanno nell'AI sotto la protezione divina. Tale compito, svolto in Meso­ potamia dal dio Sole (il giusto giudice) , è assunto dal biblico ]HWH (Ger 20, 13 ; Is 57 , 15 ; Sal 9,13 . 1 9; 68,6s.; Pr 23 , 1 0s . ; Gdt 9, 1 1 ) . Con Sa/2 ,3 ; 3 , 12 la terminologia della p. assume un aspetto morale ed escatologico. I po­ veri sono idealizzati e identificati come quegli israeliti, che si sottometto­ no alla volontà di Dio. Secondo Is 6 1 , 1 il -)- messia è inviato ai poveri. Sol­ tanto lui renderà loro giustizia (Is 1 1 , 1 -5 ; Ger 23 ,5 s . ; 33 , 15 ) . Il. NT: l . Nel NT viene usato solo in un passo (2 Cor 9,9) , in una cita­ zione del Sal l l l , 9, il termine greco profano n�Wrlç, usato invece con fre­ quenza nei LXX a indicare la mancanza di un possesso materiale. Altrove

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la p. è sempre indicata con parole composte dalla radice mrox- (collega­ mento storico-linguistico con 'accovacciato'; cfr. l'ebraico 'nh 'curvato, piegato' ) . In merito viene adoperato quasi esclusivamente l'aggettivo n:'trox6ç 'povero (mendicante) ' . n sostantivo n:'troxsia ('p . ' , 2 Cor 8,2.9; Ap 2 ,9) e il verbo mroxwro ('diventare povero' , 2 Cor 8,9) sono decisamente rari. 1t'trox6ç indica il materialmente povero che non è in grado di provve­ dere a se stesso e dipende dal sostegno e dall'aiuto altrui ('mendicante') . Termini opposti sono l'aggettivo n:Àoucrtoç 'ricco' (di nuovo usato con maggior frequenza) e più raramente - soprattutto nella letteratura episto­ lare - anche n:Àoù'toç 'r. ' e n:ÀOU'tÉro/n:Àmniçro 'diventare ricco' e 'rendere ricco'. Sorprendente è la mancanza assoluta di questa terminologia negli scritti giovannei e nelle lettere cattoliche. Questi campi semantici sono adoperati soprattutto al di fuori dei vangeli anche in senso traslato per in­ dicare la r. di Dio (Rm 1 1 ,33 ) , la sua ----* grazia sovrabbondante (Rm 10,12; 1 Cor 1 ,5 ; 4,8 ecc.) o la kenosi ( 'spogliamento') di Dio nell'incarnazione (2 Cor 8,9; cfr. Fil 2 ,6ss. ecé. ) . Invece nei vangeli sta prevalentemente in pri­ mo piano la mancanza di beni e di risorse materiali necessarie per vivere o la loro sovrabbondanza procurata con il proprio lavoro o ereditata. II. 2. Le antiche società del bacino del Mediterraneo del I secolo d.C., rilevanti per i testi neotestamentari, sono contraddistinte da una forte stra­ tificazione. Esisteva solo una piccola classe superiore, che costituiva l' éli­ te dominante (meno del l O % di tutta la società) . Tra di essa c'era una per­ centuale piccolissima (circa l' l % ) di persone realmente ricche, che posse­ devano beni materiali in sovrabbondanza. n più delle volte si trattava di grandi proprietari terrieri aristocratici, le cui entrate provenivano dalle coltivazioni e dagli affitti (cfr. Mc 12 , 1 - 12 ; Mt 20, 1 - 16). Una classe media borghese mancava quasi completamente. Il segmento più vasto e più gran­ de era costituito soprattutto dalla classe inferiore senza potere e senza pre­ stigio, che era tuttavia in sé molto eterogenea. Essa era fatta di relativa­ mente poveri che si procuravano qualcosa di più del minimo indispensa­ bile per vivere mediante il ----* possesso e attività retribuite (artigiani, forni­ tori di servizi, mercanti, contadini padroni di un piccolo appezzamento di terreno) , e di assolutamente poveri, la cui esistenza era caratterizzata dal­ la mancanza dei fondamentali beni di sussistenza (cibo, abitazione, vesti­ ti) . Questi poveri - contadini senza un proprio pezzo di terreno, pescato­ ri, salariati, giornalieri, servi per debiti contratti, ----* schiavi, tutte le donne che vivevano sole, ----* vedove, prostitute - siccome non potevano procu­ rarsi sempre da soli il necessario per vivere dipendevano dal sostegno fa­ miliare e sociale (previdenza per i poveri ed elemosine, ----* Misericordia) . I membri della società di gran lunga più inermi e colpiti dalla p. erano le ----* donne che vivevano sole, le vedove e soprattutto i ----* bambini. C'erano più

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ricchi nelle ---+ città che in campagna e, viceversa, più poveri nei territori non urbanizzati e di stampo agricolo (---+ Città) . I poveri non mancavano solo di beni materiali, bensì anche di prestigio (---+ Onore) . Una volta che uno era caduto al di sotto del minimo necessario per vivere, un supera­ mento del confine della p. era sia economicamente che socialmente possi­ bile soltanto a fatica e di rado (---+ Cultura e mentalità) . Nel I secolo d.C. le condizioni politiche instabili, la concentrazione del­ la proprietà e l'alto carico fiscale statale nelle Tetrarchie (---+ Tributo) pro­ vocarono un crescente impoverimento dei piccoli contadini e degli affit­ tuari, che erano costretti a indebitarsi. Le drastiche misure prese contro i debitori impoveriti hanno trovato più volte eco nel NT (per esempio, Mt 5,25s. par. ; 1 8 ,23 -35). Di fronte a questa grave situazione economica non stupiscono la presa di distanza, testimoniata in continuazione nel NT, nei confronti del ---+ possesso e della r. accumulata (cfr. Mc 1 0,3 1 par. ; Gc l , lOs.; 5 , 1ss.; l Tm 3 ,8; l Pt 5 ,2 ecc.) e il rifiuto di qualsiasi avidità aso­ ciale (Rm 1 ,22; E/ 5 ,3 ; Eb 13 ,5 ; Tt 1 , 1 1 ecc. ) . Essi fanno parte delle idee ovvie in fatto di valori del mondo neotestamentario e non corrispondono soltanto alla realtà economica della Galilea e della Giudea nel I secolo d.C., bensì concordano nello stesso tempo con una linea di pensiero pro­ togiudaica, nella quale fu sviluppata la spiritualità dei poveri dei Sal e di Is (cfr. Qumran, che si autodefiniva 'comunità dei poveri' in 4Q 17 1 II, l O; III,lO; cfr. l QM 1 1 ,9; 13 , 13s.; 14,6s.; 1 QpHab 12,3 .6. 1 0 ecc. ) . La con­ vinzione fondamentale al riguardo era che Dio si occupa in maniera par­ ticolare dei poveri ( Gc 2 ,5 ) . II. 3. il fatto che Gesù s i sia rivolto in modo particolare ai poveri e ai diseredati non appartenenti alle élites concorda con una 'opzione per i po­ veri' del Dio d'Israele (cioè i poveri stanno sotto la particolare protezione di ]HWH) e con l'attesa escatologica di una ---+ redenzione dei poveri (Is 6 1 , 1s.; cfr. Is 4 1 , 17 ; 49, 13 ; 66,2 ) . Determinante non è qui tanto - come nei profeti veterotestamentari - una tendenza di critica sociale, quanto piut­ tosto un tratto proclamatorio. Nel suo modo di agire e nella sua predica­ zione Gesù traduce in pratica il vangelo come «lieto messaggio per i po­ veri» (Le 4 , 1 8s.; 7 ,22 ) . Egli promette ai poveri quella stessa BamÀé:ia (---+ Signoria) già cominciata con la sua comparsa (Le 6,20 par. ) . Tale promes­ sa, dato il suo legame con la persona di Gesù, con la rivendicazione da lui avanzata e con la sua azione salvifica, non va erroneamente fraintesa nel senso di una consolazione a buon mercato propinata ai poveri. La conso­ lazione consiste piuttosto nel cambiamento escatologico delle condizioni ed è fondata nell'essenza di Dio (---+ Misericordia) . Nella forma gesuana originaria della beatitudine, così come nella fonte dei l6ghia, non si parla in senso traslato della miseria dei poveri, bensì della loro miseria materia-

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le (cfr. Le 6,2 1 ) . Alla trasformazione matteana nei 'poveri in spirito' (oi mroxoi 'tep 1tVEU!J.an) si accompagna un'attenuazione, che protegge nello stesso tempo dalla falsa interpretazione, secondo la quale già la p. mate­ riale rappresenta di per sé una garanzia di salvezza. In Mc 10,17-22 .23 -3 1 par. la � sequela è radicalmente concretizzata come rinuncia al possesso in favore dei poveri. Il fatto che l'elargizione di elemosine corrisponda sia nell'AT che nel giudaismo primitivo alla � misericordia di Dio (cfr. Le 6,3 6) non rende meno perentorie le esigenze, condizionate dall'attesa prossima, di dedicarsi completamente al regno di Dio mettendo in prati­ ca la sequela. ll l6ghion del cammello e della cruna dell'ago, forse origi­ nariamente autonomo e adesso usato a mo' di commento (Mc 10,25 par. ), evidenzia che alla promozione dei poveri corrisponde la retrocessione dei ricchi (cfr. Mc 1 0,3 1 par.) , anche se non è possibile dedurne alcuna con­ danna o alcun declassamento etico generale della r. Le è considerato il 'vangelo dei poveri' non solo perché in esso i poveri svolgono un ruolo ancora più grande come destinatari dell'azione salvifi­ ca, bensì anche perché elementi della spiritualità dei poveri affiorano in tutto il vangelo a cominciare dal vangelo dell'infanzia (Le 1 ,5-2,52) e in­ fluenzano in maniera determinante la composizione. Nella sua etica del possesso si manifesta una presa di distanza ancora più chiara nei confron­ ti di qualsiasi r. (Le 1 ,52s . ; 6,24s. ) , che in qualità di 'mammona' (Le 16) si oppone diametralmente al vangelo, il quale esige una rinuncia totale al possesso (Le 12 , 15 . 16-2 1 ; 12,3 3 ; 14,33 ; 18,22 ecc.). Tali richieste mirano alla previdenza in favore dei poveri, come mostra il ricco pubblicano Zac­ cheo (Le 19,8s . ) , il quale dà almeno la metà del suo patrimonio ai poveri e diventa così il paradigma della sequela. In corrispondenza alla visione di un mondo senza poveri (Dt 15,4) Le adotta in At 2-5 l'ideale pitagorico­ platonico di una comunione dei beni come impulso socio-etico («avevano ogni cosa in comune», cfr. At 2 ,44; 4,32 ) . Definire in termini sintetici la ri­ nuncia alla proprietà privata in favore della vita comunitaria come «co­ munismo dell'amore» (E. Troeltsch) è da un lato fuorviante, perché non si tratta della collettivizzazione dei mezzi di produzione, ma d'altro canto calzante, perché fonda la ridistribuzione in favore dei poveri (ideale della � giustizia) sul comandamento dell'amore. Se l'ideale dell'uguaglianza dei beni di At 4,34s. nella primitiva comunità gerosolimitana sia una utopia letteraria fittizia dell'autore degli At o se la vendita della proprietà priva­ ta in favore della comunità sia stata effettivamente praticata per un certo tempo è cosa di cui si discute nella ricerca ( � Comunità) . Il 4. In At 6 , 1 s . si menziona una controversia sorta nella comunità di Gerusalemme a proposito di una minore attenzione prestata alle � vedo­ ve del gruppo degli 'ellenisti', controversia che fu risolta con l'elezione dei

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sette (---+ Ufficio, ---+ Chiesa) . Da qui non possiamo solo dedurre che, attra­ verso la rinuncia ai legami sociali delle prime discepole e dei primi disce­ poli (---+ Apostoli) , nella primitiva comunità di Gerusalemme fosse sorto il problema di una p. comunitaria, ma anche che tale problema fu risolto sul piano comunitario con una previdenza in favore dei poveri (cfr. le benefi­ cenze della ricca T abita in favore delle vedove della comunità di Giaffa, At 9,3 6-4 3 ) . Pure la colletta fatta (una sola volta) da Paolo documenta una dimensione ecumenica e una previdenza almeno simbolica in favore dei poveri. La raccolta effettuata nelle comunità paoline in favore dei 'poveri di Gerusalemme' (Gal 2 , 10; l Cor 16, 1 -4 ; 2 Cor 8s. ; Rm 15 ,25-32 ; cfr. At 24 , 17 e forse anche 20,35), che nella ricerca è vista in parte come debol­ mente collegata con l'ideale della comunione dei beni, è un tributo vo­ lontario, che è concepito da Paolo come un segno dell'unità fra gli etnico­ cristiani e i giudeo-cristiani (Rm 15,26s., KotVffivia, comunione) concorda­ to nel concilio degli apostoli di Gerusalemme (Gal 2 ,9s. ) e dovuto come atto di gratitudine. I. F. CROSEMANN, Gottes Ort, in ID. , Kanon und Sozialgeschichte, Giitersloh 2003 , 1751 8 1 ; ID. , Israel, die VO!ker und die Armen, ibid. , 146- 153 ; ID. , Armut und Reichtum, in ID., Maflstab: Tora, Giitersloh 2003 , 208-22 1 ; E. Orro, Theologische Ethik des Alten Testaments, Stuttgart 1994; J. RENZ - W. RbLLIG, Handbuch der althebriiischen Epigra­ phik, Darmstadt 1995 ; M. ScHWANTES , Das Recht der Armen, Frankfurt a.M. 1 977; F. STOLZ, Aspekte religioser un d sozialer Ordnung im alten Israel, in ZEE 17 ( 1 973 ) 145159; W. THIEL, Die soziale Entwicklung Israels in vorstaatlicher Zeit, Neukirchen-Vluyn 1985'. II. M. AHRENS, Der Realitiiten Widerschein, Miinster 1995 ; C. BbTTRJCH, Idea! oder Zei­ chen ?, in NTS 49 (2003 ) 372-392 ; B. MALINA, Wealth and Poverty in the New Testament and Ist World, in Interp. 4 1 ( 1 987) 354-367 ; K. MINESHIGE, Besitzverzicht und Almosen bei Lukas, Tiibingen 2003 ; V. PETRACCA, Gott oder das Geld, Tiibingen 2003 ; L. SCHOTTROFF - W. STEGEMANN, ]esus von Nazareth - Hoffnung der Armen, Stuttgart 1990'; E.W. STEGEMANN - W. STEGEl\olANN, Urchristliche Sozialgeschichte, Stuttgart 1997 [trad. it. , Storia sociale del cristianesimo primitivo, EDB, Bologna 1998] . ANGELIKA BERLEJUNG (AT) / CHRISTIAN FREVEL (NT)

Preghiera (p . ) ---+ Lemma principale: Culto

Premessa. La p. (in ebraico tefilla, in greco npom:uxfl) è, accanto al ---+ sacrificio, la manifestazione e la reazione più naturale e più frequente del­ l'uomo all'esperienza del divino. Essa è caratterizzata dalla loquela e pre­ suppone il concetto di un Dio personale. Le sue forme fondamentali sono il -+ lamento (domanda) e la ---+ lode (ringraziamento) . A seconda del caso essa ha lo scopo di indurre la divinità a intervenire e ad aiutare o di mani­ festarle l'adorazione dell'arante. I confini che la separano dallo scongiuro e dalla contemplazione (mistica) sono fluidi. Nel caso della p. l'accento ca­ de sull'articolazione dell'esperienza della vita al cospetto della divinità; di conseguenza essa ha anche un carattere dialogico e anela a essere 'esaudi­ ta', ma non a essere 'soddisfatta' in maniera incondizionata. La fenomenologia della p. nella tradizione biblica e parabiblica è, per quanto variegata, abbastanza costante e si differenzia poco dalla prassi del Vicino Oriente antico e del mondo ellenistico e romano. Perciò di segui­ to non distingueremo tra AT e NT. l Fenomenologia. Tra i gesti della p. troviamo lo stare in piedi (l Sam 1 ,26; Le 1 8, 1 1 ; Mc 1 1 ,25 ) , l'inginocchiarsi ( 1 Re 8,54; Le 22 ,4 1 ) , la pro­ skynesis (prostrazione) (Gen 24,26; Mt 26,39) e lo stendere o l'alzare le mani ( 1 Re 8,22 .54; Sal 14 1 ,2 ; 1 Tm 2,8). Il luogo e il tempo sono liberi, ad eccezione della p. rituale prescritta nei giorni festivi e in determinate ore del giorno (Dn 6, 1 1 ; At 3 , 1 ; 1 0,9; Did 8,3 ; 4Q503 ) e da effettuare nel ---+ tempio di Gerusalemme (Le 1 8 , 1 0; At 3 , 1 ) o in direzione di esso ( 1 Re 8,44 ; Dn 6, 1 1 ) . Una particolarità fu l'abbigliamento giudaico per la p. svi­ luppatosi nel periodo ellenistico: il mantello della p. (tallfth rèS) con fioc­ chi (Nm 15,37ss.; Dt 22 , 12) e i filatteri (�phillfn , Mt 23 ,5 ) . Con il passare del tempo nella prassi della p. entrò a far parte, come suo saldo elemento, il digiuno (---+ Ascesi) abituale per il lamento e il -+ lutto (Ger 1 4 , 1 1s.; Dn 9,3 ; Ne 1 ,4 ; Tb 12,8; Le 2,37; At 13 ,2s. ) . Quali occasioni per pregare vengono menzionate nella tradizione, oltre ai tempi stabiliti, esperienze religiose e pratiche cultuali di ogni genere, per esempio, la richiesta di un oracolo ( 1 Sam 14,3 7 .4 1 ) , la promessa e l'a­ dempimento di un voto ( Gen 28,20-22 ; Gdc 1 1 ,29-40) , la scelta di un ---+ apostolo (At 1 ,24s . ) , l'istituzione di diaconi o anziani (At 6,6; 14,23 ) o l'in­ vio di missionari (At 13 ,3 ) . Anche visioni sono accompagnate da (digiuno e) p. o provocate da essi (Dn 2 , 1 9-23 ; 9,20ss.; At 9 , 1 1 s . ) .

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Inoltre sono sia eventi regolarmente ricorrenti sia eventi straordinari della vita quotidiana dell'uomo a motivare una p . : desiderio di avere un fi­ glio ( l Sam 1 , 1 0s.; Le 1 , 13 ) e conferimento del nome (Gen 29,3 1-3 0,24 ) , cibo e bevanda (5a/ 1 04,27s./145 , 15s.; Mt 6, 1 1 par. ; Mc 14,22s. par. ; 1 Tm 4,3 -5 ; --+ Mangiare) , incontri e combinazioni felici ( Gen 24 , 12- 14.26s . ; Le 2,28-32), --+ malattia e guarigione (2 Re 4,3 3 ; Is 3 8 ; Gc 5 , 14 - 1 6 ) , congedo (At 20,36) , morte (Le 23 ,46), --+ guerra (Es 15,2 1 ; Gs 7 ,7-9), catastrofi na­ turali (Ger 14,7-9) , bisogno e persecuzione (Gdc 15 , 1 8 ; At 4 ,24-3 0; Rm 15,3 0-32; Gc 5 , 1 3 ) . Nella misura in cui gli interessati non presentavano personalmente le loro p. davanti a Dio, queste erano articolate - soprattutto nella cornice del --+ culto - da un personale particolarmente qualificato o formato ( 1 Sam 7 ,5 ; 2 Re 4,3 3 ; 1 Cr 1 6 ; Ne 9 ) o d a uomini altolocati come il capofa­ miglia ( Gen 12,8; 13 ,4 ; 2 1 ,33 ; 26,25 ) , il -+ re ( 1 Re 8 ; 1 Cr 29, 1 0ss.) o l'-+ apostolo e colui che presiede la comunità ( Gc 5 , 14 ) . Una forma particola­ re di p. vicaria è l'-+ intercessione ( Gen 25 ,2 1 ; in favore dell'autorità Sal 72 , 15 ; Esd 6,10; Ger 29,7 ) , che nell'AT è considerata compito dei --+ pro­ feti (Gen 20,7 ; 1 Sam 7 ,5 ; 1 Re 13 ,6; Am 7 ,2.5; Ger 7 , 1 6 ecc.; Ez 9,8; 1 1 , 13 ; cfr. Gc 5 , 17s.) e che, sull'esempio dei profeti, è a volte praticata anche da Mosè (Es 32-34; Dt 9s. ) ed è elevata nel NT a dovere generale dei cristia­ ni (l Tm 2 , 1 s . ) . II. Testi. L a più ampia raccolta d i p. giunta fino a noi s i trova nel Sal­ terio. Degli inni e delle p. qui raccolte però solo pochissime provengono dal periodo più antico (preesilico) , mentre la maggior parte proviene dal periodo successivo (esilico e postesilico). I generi principali sono l'inno (lode) , che canta i classici temi mitologici della teologia politica di tipo ca­ naneo (regalità di }HWH , re, --+ Sion, ordine e conservazione del mondo), la lamentazione (lamento) e il canto di ringraziamento del singolo (lode) , che esprimono le dimensioni antropologiche di questa teologia. Sia i ge­ neri letterari che i modelli linguistici e i resti di testi antichi hanno il loro originario Sitz im Leben nel culto preesilico del tempio. Nel corso del tem­ po ambedue, generi e testi, furono ulteriormente elaborati, modificati e adattati alle nuove condizioni del tempo successivo. In questo modo i Sal­ mi, nella misura in cui non continuarono a essere adoperati nel culto del secondo tempio, persero la loro destinazione originaria e divennero, nella cornice della composizione del Salterio, p. personali. Questo sviluppo è testimoniato anche dai racconti biblici e parabiblici, dai vangeli e dalle lettere, che tramandano il più delle volte solo formula­ zioni di p. brevi, spontanee e legate alla situazione, come per esempio, il lamento in Gen 25 ,22 , la domanda in Gen 3 2 , 1 2 , e soprattutto esplicitano

Preghiera

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la benedizione molto amata nei racconti: «Benedetto sia ]HWH/sei tu, che . . . » , con cui si commentano e inquadrano eventi in un sistema religio­ so di riferimento o si introducono p. più lunghe (Gen 24,27 ; Tb 3 , 1 1 ) . Ol­ tre a ciò furono inserite nei racconti come interpolazioni p. note o create ex nova (Es 15 ; 2 Sam 22 ; l Re 8; l Cr 16; 29, 10ss. ; Esd 9; Ne l e 9; ag­ giunte a Dn 3 e Est; p. di Manasse; Tb; 1-3 Mac; Le l ; Gv 1 7 ) . A Qumran il Salterio fu assai amato e fu tramandato in numerose co­ pie. Il testo biblico vi è in parte diversamente raggruppato e completato con nuovi brani ( l l QPsa) . Accanto a esso vide la luce la raccolta delle Hodhaj6th ( l QH) , che, come gli inni e le p. del Sir e i Salmi di Salomone, testimoniano una tradizione viva e diffusa della p. Tale tradizione si sedi­ mentò anche nella formazione delle classiche p. giudaiche (Preghiera del­ le diciotto benedizioni, QaddiJ ecc.) e nel Padre nostro (Mt 6,9- 13 par. ) . L'appellativo 'Abbà, Padre' (Mc 14,36; Rm 8 , 1 5 ; Gal 4 ,6) o soltanto 'Pa­ dre' dato a Dio (Le 23 ,34) è degno di nota, ma non una creazione cristia­ na (cfr. Sap 14,3 ; Sir 23 , 1 ) . Come nel caso della formula finale 'Amen' , che conferma quanto detto e mira a farlo proprio, si tratta di un prestito dal­ la tradizione ebraica e aramaica precristiana. La letteratura della p. adotta anche altrove in maniera chiara il linguag­ gio rituale ambientato nel culto del tempio, ma percorre anche formal­ mente e contenutisticamente, come già nello stesso Salterio, proprie vie. Essa si muove non di rado accanto al tempio o addirittura in concorrenza con esso. Tanto all'interno quanto all'esterno del tempio la p. è conside­ rata un sacrificio (Sal l4 1 ,2 ; At 1 0,4) e prende sempre più il posto di que­ st'ultimo. Come il culto del tempio, così anche la p. recitata nelle case pri­ vate, nelle sinagoghe o per via vuole far partecipare al mondo celeste e al suo culto (Ap 8,3 s . ) . Dopo la distruzione del secondo tempio nel 70 d.C. la p. subentrò definitivamente al culto sacrificale. III. Teologia. Sotto il profilo teologico molte preghiere recenti sono di tipo dtr. e sono contraddistinte dalla confessione collettiva della colpa (Is 63 ,7ss . ; Esd 9; Ne l e 9; Dn 9). Riflettono la concezione del gruppo dei 'pii' (basidhim) fedeli alla Torah , che concepivano il loro come un tempo del perdurante -+ peccato e dell'ira divina e speravano nella fine preparata da Dio, nel -+ giudizio finale sui peccatori e nella salvezza (-+ Resto) dei pii. Una diversa concezione sostengono il Salterio che inizia con un riferi­ mento alla -+ Torah (Sal l ) ed ·è strutturato e suddiviso da dossologie in cinque 'libri' (Sal 4 1 , 14 ; 72 , 1 8s . ; 89,53 ; 106,48; 145 ; 146-150) , così come le preghiere ad esso vicine (contenute specialmente in Cr, Sir, Tb, Dn 1-6 comprese le aggiunte a Dn 3 , Est ecc.) . Esse provengono da cerchie di dot­ ti scribi (imbevuti di spirito sacerdotale e sapienziale) , che - pur guardan-

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Lemmi secondari

do con occhio (autokritico al culto e ferma restando la riserva escatologi­ ca - erano ben disposti nei confronti del culto del tempio e ponevano tan­ to il destino del loro ---+ popolo (e dei 'pii' nel popolo e tra i popoli) , quan­ to anche la loro vita personale, parimenti fondata sull'obbedienza alla Tò­ rah , sotto il segno della lode e del ringraziamento. Nelle Hòdhaj6th di Qumran possiamo vedere come un gruppo si sepa­ ri da queste cerchie e si rifugi in un dualismo apocalittico radicale: moti­ vo di ---+ lode e di ringraziamento hanno solamente gli illuminati, che Dio ha predestinato ed eletto per la ---+ vita nella ---+ comunità qumranica e per la partecipazione al mondo celeste concessa nell"adesso' ; tutti gli altri camminano nelle tenebre e sono da sempre e per l'eternità abbandonati in balia del peccato, dell'ira e del giudizio escatologico. Nella p. che il Signore Gesù ha insegnato, il Padre nostro, continua in­ vece a vivere la teologia della p. del Salterio orientata in senso escatologi­ co. Essa influenza anche il restante NT, specialmente la teologia lucana (Le 1 1 , 1ss.; 1 8 , 1ss.) e la tradizione cristiana primitiva (cfr. 1 Clem 59-6 1 ) . L a p . è anche qui indirizzata a Dio, m a è naturalmente influenzata dalla cristologia. Ciò trova la sua espressione nell'invocazione escatologica Ma­ rana tha («Signore nostro, vieni», 1 Cor 16,22 ; cfr. Ap 22 ,20), nelle dosso­ logie relative al Signore glorificato (Rm 9,5 ; 2 Pt 3 , 18; Ap l ,6; 5, 9- 13 ) , nonché nel ringraziamento «per [mezzo di] Cristo» per la ---+ salvezza con­ cessa da Dio (Rm 1 ,8; 5 , 1 1 ; 7 ,25) e nella p. «nel nome di Gesù» ( Gv 14,13s.; 15, 16; 16,23 s . ) . A proposito del compimento della p . non esiste al­ cun dubbio (Mt 6,5ss.; 7 ,7 - 1 1 ) . Il ruolo di consolatore e di mediatore del­ la preghiera è svolto fino al compimento escatologico dallo ---+ Spirito (Rm 8,26s.; Gv 4,23 s . ) . La preghiera a Gesù (2 Cor 12,7s . ; At 7 ,59; Rm 10, 12s.) . nmane un ' ecceziOne. .

O. CULLMANN, Das Gebet im Neuen Testament, Tiibingen 19972 [trad. it. , La preghiera nel Nuovo Testamento, Claudiana, Torino 1995 ] ; D.K. FALK, Daily, Sabbath, and Festi­ val Prayers in the Dead Sea Scrolls, Leiden 1998; W. FENSKE, «Und wenn ihr betet » (Mt 6, 5), Gottingen 1997 ; J. HEINEMANN, Prayer in the Talmud, Berlin 197 7 ; J.H. NEW­ MAN, Praying by the Book, Atlanta 1 999; B. NITZAN, Qumran Prayer and Religious Poe­ try, Leiden 1994 ; H. GRAF REVENTLOW, Gebet im Alten Testament, Stuttgart 1986; R.A. WERLINE, Penitential Prayer in Second Temple Judaism, Atlanta 1998; U. HEINE­ MANN, La preghiera ebraica, Qiqajon, Magnano 1986; C. VAGAGGINI (ed.), La preghiera nella Bibbia e nella tradizione patristica e monastica, Paoline, Cinisello B. 19882] . REINHARD G. KRATZ . . .

Primogenito/Erede (p ./e. ) --+ Lemma principale: Status sociale/Società e istituzione

I. AT: l. Il p . , in ebraico bekor, è generalmente il primo (uomo o ani­

male) che apre il seno materno ed è consacrato a JHWH (Es 13 ,2 ) . Pro­ priamente, tuttavia, per quanto riguarda la discendenza umana, solo il pri­ mo figlio di una donna (Es 1 1 ,5 ) o più spesso di un uomo (Gen 49,3 ; Dt 2 1 , 17 ) è considerato p. (resith) . Anche i primi prodotti agricoli di un an­ no, le cosiddette primizie (bikkur) , furono considerati come qualcosa di particolare e di riservato a ]HWH ( --+ Tributo) . Poiché normalmente il fi­ glio nato per primo eredita, in ebraico non esiste alcun termine specifico per dire e., mentre l'eredità è espressa mediante il termine nabafa o beleq. Il primo indica la proprietà inalienabile (soprattutto il terreno) , che è tra­ smessa a qualcuno. Il secondo indica in genere la quota assegnata. I. 2. Il p. degli animali è consacrato a ] HWH . Va sacrificato (Es 3 1 ,20; 13 , 12 ; --+ Sacrificio) , ma può essere riscattato con un prezzo corrispon­ dente (Nm 1 8 , 15ss . ) . Il diritto di JHWH su tutti i p. non è motivato in Es 22,28, mentre in seconda battuta è messo in relazione con l'uccisione dei p . egiziani in Es 13 , 14ss. Il p. umano teoricamente da sacrificare a ]HWH può, secondo Es 13 , 13 . 15 , essere riscattato. Secondo Nm 3 ,9.40ss.; 8,16 i !eviti sostituiscono i p . degli israeliti, che appartengono a ]HWH , cosicché la loro dedicazione a un santuario (e il riscatto mediante denaro; --+ Tem­ pio) diventa possibile. Nell'AT così come in tutto il Vicino Oriente anti­ co il primo --+ figlio maschio era il punto di svolta e il punto cardine delle regolamentazioni dell'eredità, nonché il garante del mantenimento della continuità genealogica. La sua posizione privilegiata nella regolamenta­ zione dell'eredità e il diritto di primogenitura non si trovano solo nell'AT, bensì anche nelle norme corrispondenti del Codice di Hammurabi e di al­ tre raccolte di leggi del Vicino Oriente antico. Il p. riceveva la --+ benedi­ zione paterna e il doppio in fatto di eredità (Gen 27 ,4; Dt 2 1 , 15ss . ) . Al­ l'interno della --+ famiglia egli aveva la posizione gerarchica più alta dopo i genitori. Nelle società patriarcali del bacino del Mediterraneo dopo la --+ morte del padre gli spettava la presidenza della famiglia. L'eredità anda­ va, a meno che il defunto non avesse disposto diversamente per scritto, anzitutto alla --+ vedova (Rt 4,3 .5 .9; 2 Re 4,2 ) , poi al figlio primogenito adulto. Le figlie avevano vita natura! durante diritto a essere mantenute con i beni ereditari della famiglia. In caso di --+ matrimonio esse riceveva-

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Lemmi secondari

no la loro parte di eredità come dote in denaro ( Gen 3 1 , 15 ) , dote che in caso di divorzio o di vedovanza riportavano con sé, qualora fossero tor­ nate nella casa dei genitori. Donazioni di case o di terreni fatte a figlie era­ no segno di grande ricchezza (Gdc 1 , 12ss.; l Re 9 , 1 6 ; Gb 42 , 15 ) . n dise­ redamento dei figli carnali era difficilmente possibile. Mentre in Mesopo­ tamia il motivo principale per infliggerlo era l'insufficiente cura dei geni­ tori da parte dei figli, Dt 2 1 , 1 8ss. e Es 2 1 , 15 - 1 7 prevedono per questo su­ bito la lapidazione. Norme particolari erano necessarie, quando la tra­ smissione ereditaria della proprietà doveva tener conto di casi particolari, nei quali non esistevano figli (ereditano le figlie, Nm 27, 1ss. ) , c'erano sta­ te delle adozioni ( Gen 48,9ss.) o erano presenti figli illegittimi ( Gdc 1 1 , 1 ss. ) . I . 3. In senso traslato anche un ---+ re (Sal 2 ,8) o ]HWH potevano avere co­ me nabala un ---+ popolo (Dt 4,20; Ger 10,16; l Re 8,5 1 ) , cosa dalla quale scaturiva un rapporto speciale e gerarchicamente strutturato tra le parti in­ teressate. ---+ Israele come parte dell'eredità di JHWH è spiegato nell'AT con diversi miti originari, che fanno risalire la costituzione di questa relazione all'inizio della storia della salvezza: da motivazione serve, per esempio, il fatto che JHWH ha tratto Israele fuori dall'Egitto (così nella letteratura dtn.-dtr., vedi Dt 4,20; l Re 8,5 1 ) , che Israele è stato eletto da JHWH (Sal 33 , 12) o che Israele è stato assegnato a }HWH come sua eredità in una as­ semblea originaria di dèi presieduta da Eljon (Dt 32,8s . ) . Importanza teo­ logica acquisì il termine nabala soprattutto con l'uso negli scritti sacerdo­ tale e dtn., in cui esso indica il possesso della terra d'Israele, che sarebbe stato promesso da }HWH al popolo di Dio e che gli sarebbe stato dato in eredità (da Gen fino a Gs) . Per P ed Ez 40-48 il bene ereditario 'paese' o terra fu suddiviso tirando a sorte fra le tribù (a eccezione di Levi, Nm 18,20ss.; 26,62) e i clan (Nm 26,52-56; 33 ,50-34,29; Ez 45 , 1 ) . n Dt chiama il paese bene ereditario del popolo di Dio, che gli è stato dato (Dt 4 ,2 1 .38; 12,9; 26, 1 ) unicamente attraverso la promessa e la garanzia di JHWH e che gli può essere sottratto per punirlo. Sullo sfondo di questa concezione c'è l'idea che il paese è di per sé proprietà di }HWH ( Ger 2,7; 12,7-9; 1 6 , 1 8 ; Sal 68, 10), data da questi a Israele perché potesse vivere. In caso di danneg­ giamento del feudo, il feudatario ha il diritto di cacciare il vassallo dal feu­ do. II. NT: l. Erede. Anche se termini riguardanti il diritto ereditario come KÀTJpOVO!lGÌV ('ereditare' ) , KÀTJpOVOJ.llU ('l'eredità' ) , KÀTJpOVOJ.lOç ( 'l'e. ' ) , KÀfipoç ('la parte di eredità' ) , , in .BiKi 42 ( 1 987 ) 104- 108; B . }ANOWSKI, Auslosung des verwirkten Lebens, in ZThK 79 ( 1 982) 25-59. II. H. BAARLINK, ]esu Leben, «ein Losgeld /ur viele» (Mc 1 0, 45), in ID. , Verkundigtes Heil, Tiibingen 2004, 98- 1 13 ; G. DAUTZENBERG, Reich Gottes und Erlosung, in l. BRO­ ER - ]. WERBICK (edd.), «Au/Ho/!nung hin sind wir erlost» (Rom 8, 24), Stuttgart 1987 , 43 -66; H . MERKLEIN, Paulus und die Sunde, in H . FRANKEMOLLE (ed.) , Sunde und Erlo­ sung im Neuen Testament, Freiburg 1996, 123 -163 . }OACHIM KOGLER

Responsabilità (r. ) ---+ Lemma principale: Etica

Premessa. n termine Verantwortung, 'responsabilità' , nella lingua tede­ sca è documentato a partire dal xv secolo; esso deriva dal linguaggio giu­ ridico e indica la difesa di un'azione che ha avuto luogo. Nel XX secolo es­ so è introdotto anche nel discorso etico. Oggettivamente e linguistica­ mente bisogna distinguere tra 'assumersi una r. ' e 'avere/portare una r. ', perché l'una cosa indica un atto libero, l'altra un debito solvibile, di cui si può richiedere il pagamento. Va esplicitamente ricordato che la r. va di­ stinta dal dovere. Anche se rimane ermeneuticamente difficile esaminare la Bibbia a proposito di un termine dell'età moderna che in essa non ri­ corre, quello che tale termine intende dire è certamente in essa reperibile. Più precisamente bisognerebbe domandarsi se il termine r. avrebbe mai potuto vedere la luce senza una connotazione teologica. I. AT. Memori della possibile critica teologica, va anzitutto ricordato che l' autocomunicazione di Dio come creatore premuroso, misericordio­ so e presente contiene elementi, che tendono a una assunzione di r. da parte di Dio nei confronti della sua ---+ creazione. Eccezion fatta per i rac­ conti della creazione, che contengono una specie di r. fondamentale di Dio, dobbiamo qui menzionare l'-+ alleanza con Noè. In Gen 8,2 1 s . ; 9,1 1 17 diventa contemporaneamente visibile, in un atto di autoobbligazione da parte di Dio, la sua r. verso la creazione, che egli conserverà e custo­ dirà. Ancora più avanti si spinge Gb. Qui la questione della r. dell'uomo diventa una questione della r. di Dio, che poi risponde addirittura all'uo­ mo (Gb 3 8 , 1 ) . Analogamente radicale è la domanda sollevata da Gedeo­ ne, che viene positivamente valutata, a proposito della sollecitudine di Dio per il suo ---+ popolo ( Gdc 6 , 13 ) . La questione della mancanza dell'aiuto di Dio nei Salmi (Sal 6,4; 13 ,2 ; 3 5 , 1 7 ; 74 , 1 0; 79,5 ; 80,5 ; 89,47 ; 94 ,3 ; 1 1 9,84) va letta come un ricordo della r. di Dio verso la sua creazione. Essa non è mai un'illecita sollecitazione di Dio, ma l'utilizzazione di una possibilità da lui stesso inaugurata, che nel ricordo delle azioni da lui compiute fa di nuovo sperare (Sal 12 1 ) . Per quanto riguarda l'essere umano e la sua r., di fondamentale impor­ tanza è il racconto della creazione. n fatto che la creazione sia affidata al­ l'uomo affinché ne usufruisca (Gen 1 ,28-3 0) non significa che egli la deb­ ba saccheggiare, bensì che la deve governare ( ---+ Signoria) bene e farla

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Lemmi secondari

prosperare, come risulta implicitamente dalla sua -+ somiglianza con Dio (Gen 1 ,26s . ) . Questo compito affidatogli da Dio di governare e di custo­ dire lo rende responsabile dell'opera di Dio. L'uomo quale essere creato da Dio per la -+ libertà è responsabile del proprio modo sbagliato di agi­ re (-+ Male) . Questo vale per Adamo ed Eva dopo la caduta nel peccato, così come vale per Caino; essi, direttamente chiamati da Dio a farlo, de­ vono rispondere del loro operato e portarne le conseguenze, che durano nel corso delle generazioni. Più precisamente la r. richiesta corrisponde al­ la -+ dignità dell'uomo quale controparte libera e responsabile di Dio. II. NT. Il principio del dialogo, che partendo da Dio raggiunge l'uomo, non autorizza l'uomo a comportarsi in maniera arbitraria, ma gli mette da­ vanti agli occhi la dimensione della sua esistenza. In questa luce la critica dei -+ profeti diventa un'esortazione a guardare in faccia la propria r. Qualcosa di simile vale per la tematica del giudizio: qui la r. diventa una r. permanente, che introduce l'uomo nell'esistenza escatologica (Mt 25 ,3 1 -46; 1 Cor 3 , 1 3 - 15 ; Eb 10,26-3 1 ; -+ Giudizio finale) . L'uomo ha la sua r. , che gli viene richiesta anche quando si trova in partenza coinvolto in qualcosa di voluto da Dio, come è possibile dedurre dal caso di Giuda (Mc 14,2 1 ) . Qui echeggia ancora una volta la domanda di Giobbe. A essa si può dare la risposta che si dà alla domanda relativa al mistero e alla so­ vranità di Dio (Rm 9,18-2 1 ) . I. P.M. }OYCE, Ezekiel and Individua! Responsibilily, in J. LUST (ed.) , Ezekiel and His Book, Leuven 1986, 3 17-32 1 ; J.S. KAMINS KY , Corporale Responsibility in lhe Hebrew Bible, Sheffield 1995 ; H.-P. MATHYS, Veranlworlungselhik im Alten Teslamenl?, in ID. , Vom An/ang und vom Ende, Frankfurt a.M. 2000, 256-266; P.J. NEL, Social ]uslice as Religious Responsibilily in Near Easlern Religions, in ]NWSL 26 (2000) 143 - 153 ; H.H. SCHMID, Anspruch und Grenze der Veranlwortung, in A. MEINHOLD - R. Lux (edd. ) , Gottesvolk, Berlin 199 1 , 136- 142 . II. J. ECKERT, Glaube und Wellveranlworlung im /riihen Chrislenlum, in W. SEIBEL ­ G. WENZ (edd. ), Was schulden die Chrislen der Well?, Regensburg 1998, 36-57 ; H. Jo ­ NAS, Das Prinzip Verantwortung, Frankfurt a.M. 1979 [trad. it., Il principio responsabi­ lità, Einaudi, Torino 199 1 ] ; B.S. RO SNER, Corporale Responsibility in l Corinthians 5, in BTS 38 ( 1 992 ) 470-473 ; H. SCHÙRMANN, Christliche Weltveranlwortung im Lichte des Neuen Testaments, in TH. SbDING (ed. ) , Studien zur neuleslamentlichen Ethik, Stuttgart 1990, 345-375. RAINER KAMPLING

Resto (r. ) ---+ Lemma principale: Soteriologia

Premessa. Il discorso del r. appartiene, quando si riferisce a esseri uma­ ni, all'ambito della ---+ soteriologia collettiva e presuppone un'esperienza o un'attesa della sventura. La sventura consiste nel quasi completo annien­ tamento, che risparmia solo un r. Il termine è pertanto ambivalente, in quanto il fatto che rimanga un r. dischiude naturalmente la possibilità di una rianimazione e di una ripresa. I. AT: l. Il termine 'r. ' è spesso reso in ebraico con se'erith ('ciò che è rimasto, il r. ') o con se'dr ('ciò che è rimasto, il rimanente') , in greco con ÀEÌ)..q..ta ('r. ' ) , ùn6ÀEt)l)lU ( 'rimasuglio') o in locuzioni con Àotn6ç; ('restan­ te' ) . I. 2. N eli' AT la concezione del r . affiora, per esempio, nella storia di Giuseppe nel contesto di una carestia che solo un r. di ---+ Israele supererà (Gen 45 ,7 ) , ma il più delle volte in relazione alla sventura in ---+ guerra, che riduce Israele a un r. Ciò è interpretato come un castigo divino per un pre­ cedente comportamento errato del ---+ popolo, come per esempio, in 1 Re 1 9 , 1 8 , dove }HWH annuncia a Elia che nelle prossime guerre egli lascerà come r. solo coloro che non adorano Baal. Fra le testimonianze presumi­ bilmente preesiliche occorre menzionare Is 7 ,3 , dove si racconta che Isaia va a trovare con il figlio, che porta il nome simbolico 'un resto ritornerà', il ---+ re Acaz. Quel che il ---+ nome del giovane ha lo scopo di significare non è molto chiaro, ma indica comunque qualcosa di minaccioso: se il re non confida in JHWH (7 , 9 ) , solo un piccolissimo r. ritornerà dalla battaglia annientatrice (concepita come giudizio punitivo divino) . Tale r. ha so­ prattutto la funzione di mostrare l'enormità della catastrofe. Affermazio­ ni negative a proposito del r. ricorrono anche in Ger. Dio annuncia nella sua ira anche l'annientamento del r. : «lo consegnerò i loro superstiti alla spada, in preda ai loro nemici» ( Ger 15, 9; cfr. anche 6, 9; 8,3 ) . Ciò mal­ grado si dischiude ancora una possibilità di salvezza. In Ger 42 si raccon­ ta che Geremia intercede ( ---+ Intercessione) per coloro che sono rimasti dopo la deportazione ( ---+ Esilio) ('r. di Giuda') e che ottiene da Dio que­ sta risposta: i superstiti non devono andare in Egitto. Ma poiché questo ---+ consiglio non viene seguito, in Ger 44 viene annunciata la distruzione di questo r. Durante e dopo l'esilio si sviluppa un discorso sul significato po­ sitivo del r. n r. diventa a poco a poco, quale base della restaurazione, il

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'vero Israele' e il latore dell'identità del popolo. Al r., che in Is 4 ,3 (e Mi 4,7 ? ) è addirittura detto 'santo' , si dischiude la possibilità di salvezza e di continuare a scrivere la storia della salvezza. In Ger 50 la comunità esilia­ ta a Babilonia è il r. , a cui Dio dona il perdono della colpa e il ritorno in patria (Ger 50,20) . Pure in Ez c'è, accanto alla minaccia di annientamen­ to (Ez 5, 10; 6,12; 9,8) , anche l'attesa della ---+ salvezza per gli esiliati a Ba­ bilonia (Ez 6,8; 12, 16; 14,22 ) . L'ambivalenza fra annuncio della sventura e attesa della salvezza è caratteristica del testo seriore di Is 10,20-23 , che dà un'interpretazione positiva del nome simbolico 'un resto ritornerà' (Is 10,2 1 ) . Nel contesto dell'annuncio del regno di pace messianico di Is 1 1 viene promesso anche il ritorno in patria del r. (Is 1 1 , 1 1 . 1 6). Per la profe­ zia postesilica di restaurazione, che non è documentata solo nei libri di Ag e Zc, ma anche in rielaborazioni e ampliamenti di libri di altri profeti, la salvezza per il r. , che adesso si raduna a Gerusalemme come nuovo, po­ tente e giusto Israele, è un tema importante (Mi 2 , 12 ; 4,7; 5,2 .6s. ; 7 , 1 8 ; So/ 2,7.9; 3 , 13 ; Ag 1 , 12 ; Zc 8,6. 1 1 s . ; 9,7 ; 14,2 ) . Pure per il libro di Esd è chia­ ro che i ritornati in patria come r. hanno la p ossibilità, grazie alla miseri­ cordia divina, di costruire un nuovo Israele (Esd 9,8) . Naturalmente se es­ si non si comporteranno bene (per esempio, se non si separeranno dalle mogli provenienti da 'popoli stranieri') , anche il r. sarà annientato e tutto Israele finirà (Esd 9, 14s. ) . l 3. Il richiamo postesilico al r . come base per un nuovo e vero Israele è portato avanti nel giudaismo primitivo, per esempio a Qumran. Come mostra, per esempio, il Rotolo della Guerra, la coscienza dell'elezione del­ la setta poggia sull'applicazione esclusiva dell'idea di r., positivamente in­ tesa, al proprio gruppo. La comunità si concepisce come r. ( 1 QM 13 ,8; 14,8) , che Dio si è eletto quale 'popolo eterno' e che ha fatto entrare nel­ la 'luce' ( 1 QM 13 ,9) , mentre tutti quelli che non appartengono alla co­ munità (popoli stranieri e altri ebrei) sono 'figli delle tenebre' ( 1 QM 1 ,7 ecc.), condannati dall'ira di Dio 'all'annientamento senza r. ' ( 1 QM 14,5 ; cfr. anche 1 ,6; 4 ,2 ) . Pure in 4 Esd l a salvezza non è per tutto Israele. Solo un r. vedrà la salvezza e la fine del mondo (4 Esd 6,25 ) e vivrà nel regno (intermedio) del -+ messia quattrocento anni di felicità (7 ,28) . A questo r. il Messia 'procurerà ---+ gioia' fino al giorno del ---+ giudizio finale ( 12 ,3 ) . II. NT. In ---+ Gesù Cristo l'idea del r . non svolge alcun ruolo (per la ter­ minologia, cfr. I. AT: 1 . ) . Tutto Israele ha fallito e tutto Israele riceve da Dio una nuova offerta di salvezza. Pure l'ultima 'pecorella smarrita' viene cercata e trovata (Mt 1 8 , 12s. par. ) . Nel NT soltanto Paolo mostra una esplicita concezione del r., e precisamente quando discute del ---+ destino d'Israele (Rm 9- 1 1 ) . Partendo da Is 10,22s. e Is 1 ,9 egli afferma in Rm 9,25-27 che Dio può eleggere e rigettare liberamente ( ---+ Libertà; ---+ Gra-

Resto

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zia) e mette questa sovranità in relazione anche ad Israele, di cui solo un r. sarà salvato, e soltanto per la misericordia divina. Egli riprende di nuo­ vo l'idea del r. (Rm 1 1 ,5-7 ) , quando parla della salvezza escatologica di Israele come di un ---+ miracolo della ---+ giustizia divina. Al riguardo cita 1 Re 1 9, 1 8, dove si parla del r. che }HWH lascerà sopravvivere (Rm 1 1 ,2-4 ) , e l o applica al comportamento degli ebrei del suo tempo nei confronti del vangelo. Soltanto un r. è disposto ad accogliere il messaggio salvifico del­ la ---+ redenzione in Gesù Cristo, gli altri sono induriti. Per non interpretare erroneamente questa teologia del r. di Paolo in senso antiebraico occorre ricordarsi che la sua intenzione fondamentale in questa sezione è quella di ribadire l'---+ elezione di Israele e la fedeltà di Dio verso il suo ---+ popolo. Dio non ha ripudiato Israele. La maggioranza del popolo ebraico rifiuta il messaggio di Cristo, ma tale rifiuto persegue una finalità storico-salvifica, perché serve alla salvezza dei pagani. Inoltre un r. ha pur sempre accolto la ---+ fede, e Paolo spera nella salvezza escatologica di tutto Israele (Rm 1 1 , 12 .26) . Perciò il r. credente può essere concepito in senso positivo come primo passo verso la salvezza definitiva di Israele per grazia di Dio. I. J. HAUSMANN, Israels Rest, Stuttgart 1987 ; H.-M. PFAFF, Die Entwicklung des Rest­ gedankens in ]esaja 1-39, Frankfurt a.M. 1996; R. RENDTORFF , Israels 'Rest', in A. GRAUPNER (ed. ) , Verbindungslinien, Neukirchen-Vluyn 2000, 265-279. II. W. KELLER, Gottes Treue - Israels Heil, Stuttgart 1998. }OACHIM KOGLER

Ricompensa (r. ) � Lemma principale: Escatologia

Premessa. Non si esaminerà qui il significato che l'ambiguo termine r. ha nel linguaggio quotidiano, bensì unicamente quello traslato che pos­ siede nel linguaggio escatologico. I. AT: l. Le � promesse fatte ad Abramo sono dette in Gen 15 ,1 una 'grande r. ' (§akar) . In questo modo viene concretizzata nel singolo caso di Abramo una convinzione fondamentale che permea molti testi dell' AT: Dio ricompenserà il giusto e lo retribuirà (Slm piel, ' retribuire, ricompen­ sare'; ntn, 'dare'; subh hifil, 'riportare indietro, risarcire' ) secondo la sua � giustizia. Ciò può essere formulato sotto forma di desiderio o di sup­ plica (Rt 2,12 ; l Sam 24,20; l Re 8,32/2 Cr 6,23 ; Sir 3 6,21) , di (sicura) pre­ dizione per il futuro come in l Sam 26,23 ; Sa/ 19,12 (ebr. 'eqebh rabb, 'grande r. ' ) ; Pr 11,31; Sir 2,8; 3 ,14s . ; 11,17 .22 ; 12 ,2 ; 16,14 ; 35 ,13 ; Is 49,4 (pe'ulld, 'acquisto, r. ' ) , di assicurazione da parte di un � profeta (2 Cr 15 ,7 ; Is 61,2 .8; Ger 31,16), di esperienza concreta del giusto nella pre­ ghiera di ringraziamento come in 2 Sam 22 ,21 (gml, 'fare [del bene] a qualcuno') o di esortazione a compiere tempestivamente del bene prima del � giudizio finale (Sir 51,3 0 ) . Tenuto conto della peccaminosità radi­ cale dell'uomo, si esprime la fiducia che Dio ristabilirà la giustizia nel ca­ so di colui che si rivolge a lui fiduciosamente e che non lo ripagherà se­ condo la sua colpa (così Eliu in Gb 3 3 ,27 ; inoltre Sa/ 103 ,10). I . 2. Da un lato la convinzione fondamentale che i giusti sono ricom­ pensati può essere formulata con l'aiuto del tema sapienziale classico, che parla del nesso tra azione e conseguenza (Pr 12 ,14 ; 13 ,21; 14 ,14 ; � Etica) , ma può anche essere risolutamente espressa dicendo che Dio provvederà a ricompensare (Pr 19,17 ; 24 ,12 ; 25 ,22 ) . Di conseguenza si esorta a non farsi giustizia da soli (Pr 24,29) . Il corrispondente rovescio della convinzione della r. per i giusti consi­ ste nella ritorsione per le cattive azioni degli empi: Dio punirà i malvagi e ripagherà la loro ingiustizia. Pure questo può essere espresso sotto forma di desiderio e di supplica nella � preghiera (2 Sam 3 ,39; Sal 28,4; Gb 21,19 [messo in discussione con scetticismo in Gb 21,31] ; 2 Cr 24 ,22 ) , di constatazione (Sal 31,24 ; Sir 12 ,6; 17 ,23 ) , di messa in guardia dal giudizio che irrompe improvviso (Sir 5 ,7 ; 18,24 ) . La r. o la ritorsione per il com­ portamento peccaminoso del � popolo sono annunciate sotto forma di

Ricompensa

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predicazione profetica del giudizio (Is 65 ,7 ; Ger 13 ,24s.; 15 ,13 ; 16,18; 17 ,3 ; Ez 7,9; Os 9,7 ; cfr. anche la retrospettiva storica del Sal 99,8; spe­ cialmente contro i ---+ sacerdoti: Os 4,9; Ml 2 ,1-9; 3 ,3 ) . La vendetta di Dio è annunciata ai ---+ nemici, che hanno oppresso o opprimono ---+ Israele, sot­ to forma di profezia salvifica, cosa che in senso inverso significa appunto salvezza (---+ Resto) per Israele (Dt 3 2 ,35 .41; Is 34,8; 35,4; 66,6.15 ; come supplica nel canto di lamento: Lam 3 ,64 ; Sal 79,10; 91,8). La r. per i giusti e la vendetta per i nemici di Dio sono riassunti anche in un altro assioma: Dio retribuirà ogni essere umano secondo il suo com­ portamento. Questa formulazione è neutrale e aperta e ricorre, per esem­ pio, in l Re 8,3 9/2 Cr 6,30; Gb 34,11.3 3 ; Sal 62 ,13 ; Pr 24 ,12 ; Ger 17 ,10; 25 ,14 ; 32,19 (cfr. anche Ger 5 0,29; 51,24 .56: parole di giudizio contro Ba­ bilonia) . L'idea che Dio retribuisce gli uomini secondo le loro azioni vie­ ne precisata nel senso che il castigo corrisponde esattamente alle azioni cattive precedentemente compiute (cfr. Gdc 1,7 ; 2 Mac 4,38; 8,3 3 ; 9,1-29; Sap 12 ,26s. ecc . ) . Se la r. non arriva in questa vita, arriverà dopo la ---+ mor­ te. Quest'idea è presente solo negli scritti recenti dell'AT (cfr. 2 Mac 12 ,45 ; Sap 3 ,13 -15 ; Sir 11,26 [?] ) ed è un tema molto importante soprat­ tutto in Sap. Un grande problema nasce per gli esseri umani (non solo del tempo bi­ blico) quando sembra che non valga più la pena vivere in maniera giusta e secondo le direttive (---+ Istruzione; ---+ Torah) di Dio. Allora si finisce per parlare in maniera fatalistica, come mostra Ml 3 ,13 -15 . La grande attesa riguardo al futuro è perciò che Dio ristabilisca di nuovo il nesso tra l'a­ zione e la sua conseguenza, in modo che diventi di nuovo visibile la diffe­ renza tra il giusto e l'empio (Ml 3 ,18) . Questo desiderio può aumentare talmente nelle vittime, negli oppressi e negli ingiustamente trattati da pro­ vare gioia - secondo una visuale molto umana - per la morte degli empi (Sal 58,11), gioia che si accompagna alla soddisfazione per il fatto che il principio «C'è un premio per il giusto» (Sal 58,12 ) rimane invece valido. Il NT: l. Il concetto di r. può essere espresso in greco con i termini �tcr96ç ('r. ' ) , àvran68o�a ( 'r. ' ) o anche 86crtç ('dono' ) e Ò\jfCÙVtov ( 'stipen­ dio ' ) . II. 2. L e linee della concezione veterotestamentaria della r . sono in par­ te portate avanti, in parte accentuate in maniera nuova e precisate. Così la r. in ---+ cielo è esplicitamente promessa a coloro che sono perseguitati (Mt 5 ,12 par. ) . Come motivazione viene addotta la sorte dei profeti veterote­ stamentari, più precisamente potremmo pensare al quarto canto del servo di Dio (in particolare a Is 53 ,12 ; ---+ Servo di Dio), ma anche alle tradizio­ ni apocrife (per esempio, alle Vitae prophetarum) . Un altro aspetto della precisazione e della focalizzazione della convinzione fondamentale che

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Lemmi secondari

anche coloro che fanno elemosina (-+ Misericordia) , pregano e digiunano riceveranno la loro r. consiste nel dire che ciò non deve essere fatto in pubblico, ma nel segreto: Dio vede anche questo e lo ricompenserà, men­ tre coloro che ostentano la loro religiosità hanno già ricevuto la loro ri­ compensa (Mt 6, 1 -6 . 1 6 - 1 8 ) . Inoltre vengono forniti alcuni criteri concreti a proposito delle azioni per le quali ci si può attendere una r. celeste: per esempio, per il fatto di accogliere e provvedere a un -+ profeta o a un giu­ sto (cioè ai primi predicatori ambulanti cristiani; Mt 10,4 1 s . ; Mc 9,4 1 ) , di amare senza precondizioni (Mt 5 ,46) , di prestare senza -+ speranza di re­ stituzione (Le 6,35 ) , di invitare poveri come ospiti (la retribuzione avrà luogo al momento della risurrezione dei giusti: Le 1 4 , 1 4 ) , di confessare la propria colpa (come fa il buon !adrone in -+ croce: Le 23 ,4 1 -43 ) . La para­ bola dei lavoratori della vigna (Mt 20, 1 - 16) mostra, da un lato, che nessu­ no riceve la r. senza aver collaborato (tutti hanno lavorato nella vigna) e, dall'altro, che gli ultimi ricevono inaspettatamente molto: la bontà e la mi­ sericordia di Dio sono incommensurabili e gratuite (-+ Proprietà di Dio; -+ Grazia) . Dio rimane Dio, in quanto la r. non è calcolabile; ma nello stes­ so tempo l'uomo è preso sul serio come essere moralmente operante, che porta la -+ responsabilità del proprio modo di agire. Accanto a ciò viene recepita da una larga corrente l'idea che Dio retri­ buirà ciascuno secondo le sue azioni (Mt 6,27 [il Figlio dell'uomo] ; Rm 2,6; 2 Cor 5, 10; 2 Tm 4 , 14; Ap 2 ,23 [il Figlio di Dio] ; 22 , 12 [il Gesù al suo ritorno] ) . Strettamente a ciò collegata è la ricezione del -+ consiglio sa­ pienziale di non farsi vendetta da soli (Pr 24,29) e di lasciare che sia Dio a farla (Rm 12,19; Eb 10,30; sempre con riferimento alla lezione dei LXX di Dt 32,35.4 1 ) . In corrispondenza si trovano anche passi che minacciano agli oppressori e agli ingiusti la vendetta di Dio (2 Ts 1 ,6.8; 2 Pt 2 , 1 3 ) e che promettono ai perseveranti la piena r. (2 Gv 8; così anche Eb 10,35 ; 1 1 ,6; Ca/ 3 ,24) . In questo senso anche l'apostolo Paolo dichiara che rice­ verà la r. se la sua opera risulterà valida ( l Cor 3 , 14 ) . Dall'altro lato egli ar­ gomenta in l Cor 9 , 17 - 1 9 che dovrebbe ricevere una r. se predicasse il vangelo per una sua libera decisione. Le cose però non stanno così, per­ ché egli si sente addirittura costretto a predicare il vangelo o, appunto, in­ caricato di farlo. Di conseguenza vede la sua 'r. ' nel rinunciare a tutto per non dipendere da alcuno e guadagnare così quanti più individui può. Queste affermazioni, che appaiono in parte paradossali e contraddittorie, hanno lo scopo di scardinare, quando si tratta della predicazione del van­ gelo, le attese abituali in fatto di -+ lavoro e retribuzione (per esempio, Le 10,7 ) . Dai versetti successivi però si vede che Paolo si aspetta comunque una 'corona della vittoria' ( l Cor 9,24s. ) .

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II. 3. L'idea della r. è teologicamente approfondita nella dottrina pao­ lina della ---+ giustificazione. Paolo si interroga circa il motivo della giusti­ ficazione di Abramo: se tale motivo fosse costituito dalle opere, Abramo riceverebbe la debita r. , che non sarebbe una grazia. Ma Abramo si vide accreditare la sua ---+ fede (non le sue opere) come ---+ giustizia (Rm 4 , 1 -4 ) . Paolo contrappone quindi r . (J..ncr86ç) e grazia (xaptç) e sottolinea la sal­ vezza per grazia. Così dicendo deve difendersi dal fraintendimento che bi­ sognerebbe rimanere nel ---+ peccato, affinché la grazia diventi tanto più potente (Rm 6, 1 ) o che si potrebbe tranquill amente peccare, perché si sta­ rebbe appunto sotto la grazia (Rm 6 , 15 ) . Egli mette pressantemente in guardia dal pericolo di cadere schiavi del peccato, perché la r. del pecca­ to è la ---+ morte, mentre il dono (xaptcrJla) di Dio è la ---+ vita in Cristo Ge­ sù (Rm 6,23 ) . Pertanto in Rm si delinea un movimento argomentativo piuttosto lungo: Paolo mostra anzitutto che Dio giudicherà in maniera giusta e che retribuirà ciascuno secondo le sue opere (Rm 2 ,6) , e da qui diventa chiaro che ogni uomo (greco o giudeo che sia) non può che falli­ re. In questo modo Paolo prepara il terreno per la giustificazione dell'uo­ mo da parte di Dio per grazia, appunto non sotto forma di ricompensa per le sue opere, e respinge così chiaramente una concezione unilaterale e in­ genua dell'idea biblica della r. nel senso di un necessario automatismo o addirittura di un diritto dell'uomo nei confronti di Dio, diritto che con­ trasterebbe anche con il pensiero dell'AT. E nello stesso tempo riesce a proporre una concezione teologica seria del bisogno di redenzione da par­ te dell'uomo e dell'azione salvifica di Dio.

I. K. KocH, Um das Prinzip der Vergeltung in Religion und Recht des Alten Testaments, Darmstadt 1972. II. G. BORNKAMM, Der Lohngedanke im Neuen Testament, in ID. , Studien zu Antike und Urchristentum, Munchen 19703, 69-92 ; B. CHARETIE, The Theme o/ Recompense in Matthew's Gospel, Sheffield 1992 ; H. GrESEN, Christliches Handeln, Frankfurt a.M. 1982 ; K.H. SCHELKLE, Lohn und Stra/e nach dem Neuen Testament, in BzLe 10 (1969) 89-95 . THOMAS HIEKE

Riconciliazione (r. ) ---+ Lemma principale: Soteriologia

Premessa. La colpa e il ---+ peccato distruggono la compagine ordinata di una ---+ comunità. Qui la r. ha una funzione salutare per ristabilire la rete delle relazioni tra gli umani e soprattutto tra l'essere umano e Dio. I. AT: l. L'atto del riconciliare è espresso nell'AT specialmente con il verbo kpr piel ('espiare, riconciliare' ) . I. 2. La r . è un'azione attiva che ripara le conseguenze deleterie o addi­ rittura mortifere del peccato. Essa non è una prestazione umana, ma un dono della grazia divina. Soggetto della riconciliazione è sempre }HWH . Egli toglie via il peso del peccato (Sal 64 ,5 ) , lo lava ( Ger 18,23 ) e rende pu­ ri (2 Cr 3 0 , 1 8ss. ) . Quando Dio opera la r. , il peccato cessa di esistere e di­ venta possibile la ---+ salvezza come salvataggio di ---+ Israele o del singolo (Sal 79,9). Anche là, dove nella r. entra in gioco l' attività umana, l'atten­ zione continua a rimanere incentrata su Dio : il ---+ servo di Dio dà la sua ---+ vita in sacrificio per la colpa ( 'asam) e porta la colpa dei molti (Is 53 , 1 - 12 ) , ma è Dio ad averlo eletto come suo servo (Is 52 , 13 ; 53 , 1 1 ) e a trasporre su di lui la colpa (Is 53 ,4-6). Pure la possibilità del compimento rituale della r. nel ---+ culto è un dono della grazia di Dio. Quando il ---+ rito (soprattut­ to del giorno dell'espiazione; Lv 16) opera mediante la ---+ morte vicaria della ---+ vittima l'espiazione e la r. e salva così la vita dell'uomo peccatore, allora }HWH ha posto il fondamento per questa operazione: egli ha dato al­ l'uomo il -+ sangue come mezzo della r. (Lv 17 , 1 1 ) . II. NT: l . L'atto del riconciliare è espresso nel NT specialmente con il verbo Ka'!a)Jimcrro ('riconciliare') e con il sostantivo Ka'!aUayi} ('r. ' ) . II. 2. Gesù, anche s e non parla esplicitamente di r . , traduce in atto me­ diante parole e opere l'amore misericordioso di Dio per l'uomo, special­ mente per i peccatori. Qui, come anche altrove nel NT, la r. è, in confor­ mità alla tradizione veterotestamentaria, un'azione di Dio che non può es­ sere compiuta dall'essere umano. Questo non significa tuttavia che l' azio­ ne umana sarebbe superflua. La r. compiuta da Dio va estesa mediante at­ ti di r. dall'uomo così liberato (Mt 5 ,24; Le 12,58; l Cor 7 , 1 1 ) . Paolo pro­ lunga in senso cristologico la concezione veterotestamentaria della r. Egli interpreta ---+ Gesù Cristo, con l'aiuto di metafore cultuali (cfr. yom kippur; ---+ Festa), come il luogo della r. Il ---+ peccato è vicariamente trasposto su Gesù come sull'animale sacrificale (2 Cor 5 ,2 1 ) . Nella ---+ morte di Gesù

Riconciliazione

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Dio compie la r. sotto forma di annientamento del peccato e dona al pec­ catore la ---+ giustificazione. Paolo concepisce il suo apostolato come servi­ zio reso a questa r. (2 Cor 5 , 1 8-20). Nella ---+ soteriologia deuteropaolina la r. assume una qualità cosmica. Dio riconcilia l'universo mediante il ---+ san­ gue di Cristo ( Col 1 ,20-22 ) . E/ 2 , 14 - 1 6 spiega la r. come uccisione dell'i­ nimicizia nella persona di Cristo, mediante la quale viene eliminata la li­ nea di divisione fra giudei e pagani. Frutto di questa r. che abbatte le bar­ riere è la ---+ chiesa. In l Gv 2 ,2 ; 4 , 1 0 (Dio dona Gesù come sacrificio di espiazione e rivela così il suo ---+ amore) e soprattutto in Eb, per spiegare l'effetto salvifico della morte di Gesù, si fa ricorso alla tradizione dello yom kippur: nel sangue del sommo sacerdote Gesù si opera la r. e si ma­ nifestano la ---+ grazia e la ---+ misericordia di Dio (Eb 2 , 1 7 ; 9,12- 15 ) . I. R ALBERTZ, Kult, Kon/likt und Versohnung, Miinster 200 1 . II. G . FISCHER - K . BACKHAUS, Siihne und Versohnung, Wiirzburg 2000 [trad. it . , Espia­ zione e riconciliazione, EDB, Bologna 2002 ] ; T. KNOPPLER, Siihne im Neuen Testament, Neukirchen-Vluyn 200 1 . }OACHIM KOGLER

Rifiuto (r. ) --+ Lemma principale: Escatologia

Premessa. Nel linguaggio biblico il termine r. è usato in due accezioni principali: da un lato il r. consiste nell'eliminare una o più alternative me­ diante un processo di scelta o di decisione, dall'altro nel revocare una pre­ cedente scelta o --+ elezione. I confini tra le due accezioni sono però flui­ di. I. AT: l. Il termine principale per dire r. è m's (' disprezzare, dileggiare, rifiutare', l Sam 15 ,23 .26; 16, 1 ; cfr. At 13 ,22 ) . Il r. da parte di Dio ha, in contesti diversi, come oggetto: il santuario di Silo nel Sal 78 ,60 (espresso con n(S, 'gettare via, rifiutare' ) , Efraim in Os 8,5 ; 9, 1 0- 17 (espresso con m's e znb , 'rifiutare' ) , il Regno del nord in 2 Re 1 7 ,20 (m's) , il Regno del sud, la casa di Davide o l'unto (Sal 89,3 9 ) , Gerusalemme (2 Re 23 ,27 ) , tutto il --+ popolo in Dt 3 2 , 1 9 ) (n'�, ' dileggiare, rifiutare') o in maniera più diffe­ renziata gli eroi, il -+ re, i--+ sacerdoti (Lam 1 , 15 ; 2 ,6; Os 4 ,6; espresso con slh piel, n'� e m's) , infine tutti coloro in cui il popolo vanamente confida (Ger 2,3 7 ) . I . 2. Il r . da parte di Dio è anzitutto collegato con l'elezione: per esem­ pio, Giacobbe è eletto a scapito di Esaù, cosa che successivamente è in­ terpretata come r. di Esaù e di Edom (per esempio, Ml 1 ,3 ; Eb 12 , 1 7 ) ; in termini meno spettacolari sono espresse, in occasione dell'unzione di Da­ vide, la sua elezione e il r. dei fratelli maggiori (1 Sam 16,7 ) . Il più delle volte tuttavia, quando Dio rifiuta, si tratta della revisione di una prece­ dente elezione. Così Dio rifiuta Saul, precedentemente scelto come re, perché questi ha mancato in tre modi: non ha confidato in Dio e non è co­ sì riuscito a salvare militarmente --+ Israele; si è comportato più volte co­ me un giudice ingiusto nei confronti di Davide; e infine ha disprezzato più volte le chiare indicazioni della --+ Torah (per esempio, evocando il defun­ to Samuele, l Sam 28,3 -25 ; cfr. Dt 1 8 ,9- 14) . Il messaggio della presenta­ zione postesilica di questo caso paradigmatico è chiaro: esorta (--+ Esorta­ zione) a confidare in Dio, a praticare la --+ giustizia e a osservare la Torah. Chi non lo fa finisce per essere rifiutato. Il r. da parte di Dio è sempre preceduto da un chiaro e grave comporta­ mento errato dei rifiutati, che a volte può anche essere formulato così: il po­ polo ha rifiutato Dio (per esempio, Dt 3 1 ,20; l Sam 8,7 ; 10,19; 2 Re 1 7 , 1 5 ; Ger 8,9; 15,6; Os 8,3 ) . Pertanto il r . d a parte di Dio è sempre presentato co-

Rifiuto

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me un giusto castigo, per es. , per l'adorazione di dèi stranieri o per il di­ sprezzo delle direttive ( ' Istruzione) divine. La concezione, secondo cui il comportamento umano errato provoca l'ira divina, cosa che a sua volta comporta la punizione e il r. , è molto diffusa nella storia delle religioni. A Israele il r. da parte di Dio appare come un castigo adeguato soprat­ tutto per quanto riguarda le catastrofi del 722 e del 597 /587 a.C. La pre­ sentazione della fine di Israele e di Giuda come r. permette di non vede­ re in tale fine l'impotenza del Dio d'Israele, bensì al contrario di mettere in risalto la potenza efficace sempre più grande di Dio nella storia e di non escludere il rinnovamento dell'-+ alleanza. Perciò in La m 3 ,3 1 viene espressa la -+ speranza che Dio non rifiuti per sempre, e in un oracolo pro­ fetico di salvezza Ger 33 ,24-26 annuncia la promessa che Dio non riget­ terà -+ i discendenti di Giacobbe e di Davide. Al di là del piano politico dell'elezione e del r. di Israele come popolo di Dio si trova anche l'idea del r. di singoli a motivo di determinati com­ portamenti sbagliati. I salmi lo testimoniano in vari modi: Sal 15 ,4 (non bi­ sogna mettersi dalla parte del rifiutato) ; Sal 5 1 , 13 (supplica) ; 53 ,6 (con­ statazione) ; 60,3 . 12 ; 88,15 (-+ Lamento) ; 1 1 9, 1 1 8 (esortazione; cfr. anche l Cr 28,9; Sir 4 , 1 9 ) ; cfr. anche l Cor 9,27. A ciò corrisponde la convinzio­ ne di Eliu che Dio non rifiuta immotivatamente (Gb 36,5 ) . II. NT: l. Nel N T il r . d a parte di Dio è descritto il più delle volte con il verbo ànoòoKtjl 'ulli'iç in Le 1 1 ,20; 17 ,20s . ; con un linguaggio in parte simile gli scritti di Qumran parlano della partecipazione degli oranti alla s. regale celeste di Dio e del­ la imminente realizzazione della s. regale di Dio sulla terra; cfr. i Canti del sacrz/icio del sabato; il Rotolo della guerra). La vicinanza della s. regale di Dio, che comincia a prendere piede nella missione di Gesù, mira al radu­ no e alla preparazione escatologica del popolo di Dio ---+ Israele, che Ge­ sù chiama alla conversione (---+ Penitenza) , alla ---+ fede e alla ---+ sequela. Gesù, per annunciare l'avvento della s. regale di Dio, si serve di una serie di parabole che evidenziano i diversi aspetti di tale venuta e della sua at­ tuale efficacia (specialmente le parabole della semina e del raccolto, del contrasto, delle nozze e del giudizio) . Egli manda i suoi ---+ apostoli e di­ scepoli ad annunciare in suo nome l'avvento di tale s. (Mc 6,7 - 12 ; Le 9, 1 1 0 ; 10, 1 - 12) e insegna loro a pregare per il suo avvento (Mt 6 , 1 0 ) . L a de­ cisione in favore o contro questa offerta salvifica escatologica di Dio è quanto mai urgente, non ammette dilazioni (Mt 9,2 1 s . ; 10,5 - 15 ; 22 , 1 - 10; 25 , 1 - 13 ) e coincide con la decisione presa nei confronti dello stesso ---+ messaggero Gesù (Mc 8,3 8 ; Mt 10,32s . ; Le 15 ) . Nonostante il rifiuto su lar­ ga scala opposto alla sua predicazione del regno di Dio, proprio nel bel mezzo di tale rifiuto e anche di fronte alla morte imminente Gesù rimane incrollabilmente fedele al proprio messaggio e celebra in compagnia dei dodici una cena testamentaria di addio (---+ Ultima cena) , con la promessa che parteciperà di nuovo ad essa quando il regno di Dio sarà compiuto (Mc 14,25 ) . La sua ---+ risurrezione dai morti è concepita e predicata da co­ loro che ne sono stati testimoni come diretta conferma del messaggero e del suo messaggio da parte di Dio stesso. Essa è anche, quale inizio irre­ versibile della risurrezione universale dei morti e al di là delle azioni sim­ boliche escatologiche del Gesù terreno, una realizzazione della s. regale di Dio in via di affermazione, che vince pure l'inevitabile ---+ morte. Questo kérygma pasquale costituisce la base di un rinnovamento e di una conva­ lida della predicazione della venuta della s. di Dio, in particolare anche dell'attesa di un suo imminente arrivo (Mc 9, 1 ; Mt 10,23 ; l Ts 4 , 15 ; l Cor 15 ,5 1 ) . L'ekklesia postpasquale (---+ Chiesa) ha il compito di predicare (Mc 13 , 10; 14,9; At 8 , 1 2 ; 19,8) , nella sequela di Gesù, il -+ vangelo di Dio co­ me 'vangelo del regno' (Mt 4,23 ; 9,35) e di applicare ai credenti i benefici

Signoria/Signoria regale/Regno di Dio

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della s. regale di Dio che sanano la creazione (Mc 6,7 - 12 ; 16, 17s.; Lc 4, 1630; 9, 1 - 10; 1 0, 1 - 12 ; At 4 ; 5 , 12 - 1 6 ecc. ) . In Gv l'espressione gesuana e si­ nottica 's. regale di Dio' è in larga misura sostituita dal teologumeno 'ave­ re la ---+ vita (eterna) ' (ma cfr. Gv 3 ,3 .5 ) . I primi cristiani sperimentano l' ekklesia come lo spazio vitale e benefico, dove fanno sentire il loro effet­ to le forze della s. di Dio (cfr. la dottrina paolina dei carismi l Cor 12; 4 ,20; Rm 1 4 , 1 7 ; ---+ Ufficio) . In analogia all'attività sanante di Gesù, l' ekklesia postpasquale ha il compito di sanare, di riconciliare, di mitigare le sofferenze e di sostenere a beneficio degli individui e delle comunità la causa della ---+ giustizia su scala planetaria, e ha la promessa di poterlo fa­ re. Senza una prassi messianica che faccia propria l'opzione gesuana in fa­ vore dei poveri (Mt 5 ,3 s.6) , qualsiasi discorso cristiano relativo all 'iniziata venuta della s. regale di Dio sarebbe non credibile e vuoto (Mt 5,20; 6 , 1 0.33 ; 7 ,2 1 ; l Cor 6,9s . ; Gc 2 ,5 s . ) . La comunità che segue Gesù Cristo sta perciò fondamentalmente al servizio dell'imminente avvento della s. regale di Dio, verso cui cammina, a cui chiama (l Ts 2 , 1 2 ; l Cor 15 ,50; Gal 5,2 1 ) e nella quale un giorno Dio sarà 'tutto in tutti' ( l Cor 15 ,28; cfr. Ap 2 1 , 1-22 ,5) . I. B. }ANOWSKI, Das Konigtum Gottes in den Psalmen, in ID. , Gottes Gegenwart in Israel, Neukirchen-Vluyn 2000, 148-2 13 .334s.; O. KAISER (ed. ) , Texte aus der Umwelt des Al­ ten Testaments, Giitersloh 1981ss. ( TUA TI ; M. LEUENBERGER, Konzeptionen des Ko­ nigtums Gottes im Psalter, Ziirich 2004. II. M. HENGEL, Konigsherrscha/t Gottes und himmlischer Kult im ]udentum, Urchri­ stentum und in der hellenistischen Welt, Tiibingen 199 1 ; H. MERKLEIN, ]esu Botscha/t von der Gottesherrscha/t, Stuttgart 19893 [trad. it, La Signoria di Dio nell'annuncio di Gesù, Paideia, Brescia 1994] ; R. SCHNACKENBURG, Gottes Herrscha/t und Reich, Frei­ burg 19654 [trad. it., Signoria e regno di Dio, il Mulino, Bologna 197 1 ] ; H. SCHORMANN, Gottes Reich - ]esu Geschick, Freiburg 1983 [trad. it. , Regno di Dio e destino di Gesù, Jaca Book, Milano 1 996] . BERND J ANOWSKI (AT) l KLAUS SCHOLTISSEK (NT)

Sion ( S . ) ---+ Lemma principale: Immagine del mondo/Cosmologia

l AT: l. L'ebraico Sijjon (etimologia controversa) , in greco Ltrov, è ori­ ginariamente il nome proprio dell' acropoli di Gerusalemme conquistata da Davide (2 Sam 5 ,6ss . ) . In seguito a tali eventi questa parte della città fu chiamata ---+ città di Davide ( l Re 8, 1 ) , dove si trovavano le tombe dei re (finora non localizzate) . In seguito il nome fu adoperato per indicare tut­ ta Gerusalemme (Is 4,3 ; 3 0 , 1 9; Ger 1 4 , 1 9) o anche il monte del tempio (Mi 3 , 12 = Ger 26, 1 8 ; Is 2 ,2s. = Mi 4 , 1 s . ; Zc 8,3 ) , a cui quale ---+ monte di JHWH erano collegate numerose idee teologiche (reperibili nei canti di Sion Sal 46; 48; 87 ; 1 1 Q05 22) e attese escatologiche. Il termine ricorre soprattut­ to in Is, Sal, Ger e Lam. l 2. Nel linguaggio cultuale S. indica Gerusalemme quale città di JHWH e la sua dimora, il -+ tempio, che è pensato come posto su un monte san­ to. Questo è, secondo la concezione veterotestamentaria dopo il trasferi­ mento dell'arca e dopo la costruzione del tempio di Salomone, il luogo dove ]HWH dimora e troneggia come ---+ re (Is 8 , 1 8; Sal 2 ,6; 9,12; 74,2 ; 1 1 0,2 ; 146, 10), il luogo d a cui egli garantisce il benessere della sua città, della sua casa reale (di Davide) , di Giuda e del paese (Sal 1 1 0; 134,3 ). Per­ tanto Gerusalemme è la città di Dio o la città di JHWH (Is 60, 14) e la città santa (Is 48,2 ; 52 , 1 ; Ne 1 1 , 1 . 1 8 ) . S. è eletta (Sal 68, 17 s . ; 78,68; 132 , 1 3 ) e il punto di partenza della teofania di JHWH (Is 3 1 ,9) e del suo intervento sal­ vante (Sal 14,7; 20,3 ; 134,3 ) , ma anche del suo ---+ giudizio finale (Am 1 ,2 ) . A S. furono collegati motivi della teologia del tempio del Vicino Oriente antico, allorché vi furono collocati - contro la realtà effettiva - il monte degli dèi del nord (in Ugarit Safon, cfr. Sal 48,3 ; Is 2 ,2 = Mi 4 , 1 ) , il mon­ te cosmico del mondo unitamente all'asse e al fondamento del mondo (Is 14,32; 28,16; Sal 78,68s . ; Ez 5 ,5 ) , nonché la sorgente del fiume del para­ diso (Sal 46,5 ; Ez 47 ; Zc 13 , 1 ; 14 ,8) , ed essa fu considerata il centro del mondo (Sal 48,3 ; 50,2 ) . Pure la geografia teologica del ---+ paradiso è in­ centrata su di essa. Qui il ---+ popolo e il singolo possono incontrare Dio (Sal 42 ,3 ; 84,3 .8). Il santuario e il trono di JHWH svettano qui nel -+ cielo, per cui gli assi spaziali si incrociano: S. e il tempio sono il cielo terrestre (Is 6; Sal 78,68s . ) . La tradizione di S. che promette a Gerusalemme la pro­ tezione di }HWH (Is 14,32 ) , forse in seguito al fatto, interpretato come un ---+ miracolo, che il re assiro Sennacherib l'aveva risparmiata nel 701 a.C.,

Sion

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è relativizzata nella sua validità illimitata, visto che la promessa della pro­ tezione divina vale solo qualora i gerosolimitani si comportino secondo la --+ volontà di }HWH (Is 1 8s.2 1 -28; 1 0,32ss . ) , per cui la distruzione della città per mano dei babilonesi (5 87 a.C. ) poté essere addebitata all'empio comportamento dei suoi abitanti (così già Mi 3 , 10ss . , ripreso in Ger 26, 1 8 ) . Le Lam sono lamenti sulla S. distrutta, che furono forse adoperati in occasione della ridedicazione del tempio (5 15 a.C . ) . La predicazione salvifica del Dtis annunciò alla S. e alla Gerusalemme distrutta (Is 40,9; 4 1 ,27; 46, 13 ; 5 1 ,3 ; 52,7ss.) un ristabilimento completo e condizioni para­ disiache, che non trovarono attuazione dopo l'esilio, anche se la dimora di ]HWH su S. (Zc 2 , 14 ; 8,2s.) e la ripresa della dinastia davidica (Zc 9,9) , ini­ zialmente attraverso la luogotenenza del davidide Zorobabele, nonché la ricostruzione della città e del tempio furono intese come possibilità. S. di­ venne in seguito il punto focale di diversi temi escatologici e dell'attesa profetica per il futuro nella forma del pellegrinaggio dei popoli a S. (Is 2 ,2ss . ; 18,7 ; 1 QM 12,13 ; 19,5 ) , del vano assalto dei popoli contro S. (Is 1 7 , 12 - 1 4 ; 29,5-8), della --+ salvezza escatologica su S. (Is 25 ,6s.; 3 3 ) e del­ la visione escatologica della Gerusalemme celeste. I. 3. Strettamente collegato con S. è anche il discorso della 'figlia di S.', che consiste nella personificazione della città di Gerusalemme come giova­ ne --+ donna (Is 1 ,8; 52 ,2 ; 62 , 1 1 ; Mi 1 , 1 3 ; Lam 2 , 1 ss. ) . Lo sfondo storico-re­ ligioso va ricercato nell'idea corrente (vicino-orientale e greca) della dea della città, che nel Vicino Oriente antico era la partner del dio della città e nel periodo ellenistico fu venerata come Tyche della città (--+ Dea) . Essa ga­ rantiva il benessere della città in cui era presente. TI discorso di S. come fi­ glia permette di presentare la relazione tra }HWH e la sua città secondo un modello interpretativo corrente, stretto e personale, nel quale S. funge da parte protetta; attraverso la metafora del -+ matrimonio tra }HWH e S. vie­ ne confermato il perdurante rapporto di fedeltà tra i due partner (Is 49,18; 54, 1 .5 ) . S. diventa di conseguenza da madre --+ vedova o da moglie/sposa una prostituta svergognata (Is 1 ,2 1 ) , qualora venga meno ai suoi doveri ver­ so il proprio marito }HWH (Lam 1 , 1 ) . Nel suo cammino che va dall'iniziale avvenenza, passa attraverso la rovina provocata dalla sua infedeltà e arriva al suo finale ristabilimento per mano di }HWH, S. è strettamente collegata con la --+ storia del popolo di Dio, così come essa è delineata nell'AT. Il. NT: Nel NT S. (per il termine vedi sopra) non svolge alcun ruolo si­ gnificativo. I pochi passi che ne parlano citano l'AT (Mt 2 1 ,5 ; Gv 12 , 15 ; R m 9,3 3 ; 1 1 ,26; l Pt 2,6), fanno un paragone antitetico con l a rivelazione di Dio al Sinai (Eb 12,22) o ne parlano come del punto di partenza degli eventi escatologici (Ap 14, 1 ) .

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Lemmi secondari

l. F. HAHN - F.-L. HOSSFELD et alii (edd.) , Zion, Frankfurt a.M. 1993 ; H.-J. HERMIS­ SON, , in ZNW 7 5 ( 1 984) 86- 106; O. BOCHER, Die heilige Stadt im Volkerkrieg, in ID., Kirche in Zeit und Endzeit, Neukir­ chen-Vluyn 1 983 , 1 13 - 132; P.R. DAVIES, From Zion to Zion, in T.L. THOMPSON (ed.), ]erusalem in Ancient History and Tradition, London 2003 , 1 64- 170; B. EGO , , in Welt und Umwelt der Bibel 16 (2000) 15-19; P. SoLLNER, ]erusa­ lem, die hochgebaute Stadt, Tiibingen 1998; K.H. TAN, The Zion Traditions and the Aims of]esus, Cambridge 1 997 . ANGELIKA BERLEJUNG

Sofferenza (s . ) ---+

Lemma principale: Antropologia

Premessa. La Bibbia non parla della s. in quanto tale, bensì della s. in­ dividuale o collettiva concreta. La s. fa parte della condizione fondamen­ tale dell'uomo, l'uomo però la combatte e spera di non esserne colpito. La Bibbia se ne occupa e cerca di venirne a capo con l'aiuto di molteplici stra­ tegie, che possono essere sussunte sotto le parole chiave ---+ lamento, con­ solazione, sopportazione, opposizione e spiegazione. l AT: l. In corrispondenza alle sue peculiarità, manca nella lingua ebrai­

i neote­ 'soffrire' e naeoç 'sofferenza'. L' AT descrive piuttosto la s. con sinonimi o metafore più perspicue come dolore, amarezza, colpo, ---+ malattia, debolezza, piaga, ---+ angoscia, infelicità, prostrazione, affanno, tribolazione ecc. Un buon esempio in questo senso è rappresentato dal Sal 22 , un salmo ricco di immagini, dove l'arante si vede circondato da ani­ mali pericolosi come bufali, leoni e cani e si sente versato come acqua. La s. e la malattia non coincidono e non sono certo scambiabili in tutto e per tutto, però nella malattia la s. diventa visibile e viene verbalmente espres­ sa nella maniera più chiara. l 2. «Perché il mio dolore è senza fine e la mia piaga incurabile non vuole guarire? Tu sei diventato per me un torrente infido, dalle acque in­ costanti»: così il ---+ lamento espresso da Geremia in Ger 15 , 1 8. Questo passo è paradigmatico per il discorso biblico sulla s. La s. è spesso vista come un sinonimo della malattia e del dolore, la condizione fisica e lo sta­ to d'animo non sono nettamente distinti fra di loro. Data la visuale inte­ grale dell'uomo, la s. fisica e quella psichica non vengono separate l'una dall'altra. La s. sta in un rapporto causale con Dio ed è espressione di una turbata relazione con lui. Essa può essere concepita come mancanza di in­ teressamento da parte di Dio o, in forma più netta, come azione di Dio che ferisce l'uomo. Perciò il luogo genuino, dove la s. viene espressa, non so­ no le riflessioni che teorizzano in maniera sapienziale, bensì il lamento. I. 3. Tutte le forme che coartano la vita sono sperimentate come s., so­ prattutto la malattia e i dolori, la povertà materiale, le vessazioni da parte di ---+ nemici, la mancanza di figli e di diritti. Per la spiegazione della s. il comportamento dell'uomo è d'importanza decisiva. Fondamentale è l'i­ dea (---+ Intelligenza) che il modo di agire dell'uomo e le conseguenze che ca un tennine astratto come s. Pure nei LXX ricorrono raramente stamentari 1tUEòv Kncr8év'ta) . Nel NT la s. dell'essere umano con Dio come compito nei confronti della creazione non viene presa molto in considerazione. Essa indica una qualità dell'essere umano. E solo Gc 3 ,9 dà per scontato il fatto che la s. con Dio è insita nell'uomo. La s. con Dio dell'inizio appare come una qualità andata perduta soprat­ tutto dove si parla della s. di Cristo con Dio e dove nella nuova creazione l'uomo è a lui conformato e 'reso simile' . Adamo, peccando, entra in con­ trasto con l'---+ immagine di Dio, secondo la quale egli è creato. E poiché tutti gli esseri umani sono creati secondo il 'vecchio' Adamo, a tutti man­ ca da sempre la s. con Dio a motivo del ---+ peccato, per cui in Rm 3 ,23 Paolo può arrivare a concludere: «Tutti hanno peccato e sono privi della ---+ gloria di Dio». Invece al 'nuovo Adamo' , che è senza peccato, la s. con Dio spetta in maniera particolare. Egli è immagine di Dio (2 Cor 4 ,4 ) , per cui gli uomini che in lui sono ricreati nella ---+ fede possono di nuovo di­ venire partecipi della s. con Dio (Rm 8,29; l Cor 15,49) . Le affermazioni di Paolo poggiano pertanto sulla cristologia e spostano la s. dell'uomo con Dio dal piano della creazione dell'inizio al piano della redenzione della fi-

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Somiglianza

ne (---+ Antropologia) . L'affermazione che Cristo è l'immagine di Dio ha i suoi precedenti nelle speculazioni sulla sapienza, come, per esempio, in Sap 7 ,24-27 , dove la ---+ sapienza è immagine della bontà di Dio, 'lo spec­ chio terso della potenza di Dio', e in Filone di Alessandria, per il quale l'immagine di Dio è il l6gos, attraverso il quale tutto il mondo è creato. Questa linea di pensiero è ripresa nell'inno di Co/ 1 , 15, dove tutta la crea­ zione è stata fatta in ordine al Cristo preesistente, che è 'l'immagine del Dio invisibile' e che nell'incarnazione entra nel mondo come rappresen­ tazione efficace di Dio. II. 2. Soltanto sullo sfondo di una nuova creazione in Cristo è possibi­ le comprendere il problematico midrash di l Cor 1 1 , dove l'uomo è pre­ sentato come riflesso di Cristo e alla ---+ donna viene riconosciuta, a quan­ to pare, solo una s. con Dio derivata dall'uomo. Poiché qui la donna è, contrariamente alla lettera di Gen 1-3 , subordinata all'uomo in quanto creata dopo di lui, tale affermazione corre il pericolo di entrare in contra­ sto con Gen 1 ,26s., dove si sottolinea che la s. con Dio appartiene in ugual misura all'essere umano creato maschio e femmina. III. La s. con Dio, anche se non occupa una posizione centrale nella Bibbia, va tuttavia considerata come l'affermazione più alta dell' antropo­ logia biblica. La differenza in merito tra i due Testamenti non va cancel­ lata. L'affermazione di Gen 1 ,26s. relativa al compito nei confronti della creazione, e sempre valida, non può essere rimossa dalle affermazioni neo­ testamentarie fatte a partire da Cristo che hanno per oggetto la ---+ reden­ zione. Dal punto di vista della teologia biblica esse rimangono ugualmen­ te valide. L'affermazione della s. con Dio interpretata in maniera funzio­ nale ribadisce la ---+ responsabilità dell'uomo nei confronti della creazione, mentre l'affermazione della s. con Dio interpretata in maniera qualitativa ci dice che l'uomo peccatore adempie solo in misura limitata il compito af­ fidatogli da Dio e riesce a farlo unicamente per mezzo della redenzione. l. W. GRoss , Gen 1, 26.27: Statue oder Ebenbild Gottes?, in JBTh 15 (2000) 1 1 -3 8; N. LOHFINK, Die Gottesstatue, in ID. , Im Schatten deiner Fliigel, Freiburg 20002, 29-48; R. 0BERFORCHER, Biblische Lesearten zur Anthropologie des Ebenbildmotivs, in A. VONACH - G. FISCHER (edd. ) , Horizonte biblischer Texte, Gottingen 2003 , 13 1- 168. Il. H. MERKLEIN, Christus als Bild Gottes im NT, in ]BTh 13 ( 1 998) 35-75; S. VOLLEN­ WEIDER, Der Menschgewordene als Ebenbild Gottes, in H.-P. MATHYS (ed. ) , Ebenbild Gottes - Herrscher iiber die Welt, Neukirchen-Vluyn 1998, 123 - 146; [G.M CARBONE, L'uomo immagine e somiglianza di Dio, ESD, Bologna 2003 ] . CHRISTIAN FREVEL .

Speranza (s. ) --+ Lemma principale: Escatologia

I. AT: l. Il concetto di s. è normalmente espresso con la radice ebraica qwh (circa 80 volte, di cui 32 con il sostantivo tiqwa, 's. ' ) , meno frequen­ temente con la radice Jbl ('aspettare, perseverare') , raramente con bkh ('aspettare ardentemente/fiduciosamente' ) e con sbr ( 'sperare, attendere'). Il tema - se si eccettuano le --+ promesse del paese e della discendenza, che costituiscono un motivo di s. - non è quasi mai formulato nel Pentateuco e ricorre piuttosto nella letteratura profetica e nei Salmi. Molto spesso l'oggetto esplicito della s. (e del verbo 'sperare') è Dio: per esempio, Sal 25 ,3 .5 .2 1 ; 69,7 ; 13 0,5 ; cfr. Pr 20,22 ; Lam 3 ,25 ; Is 8 , 1 7 ; 25 ,9; 40,3 1 ; 49,23 ; 5 1 ,5 ; Ger 14,22 ; Os 12,7 . Alternative sono, per esempio, la s. nella --+ sal­ vezza per mano di Dio (Gen 49, 1 8 ) , l'attesa di azioni che incutono timore (Is 64 ,3 ) , la s. nel -+ nome buono di Dio (Sal 52, 1 1 ) . Quando non è indi­ cato alcun oggetto, la s. è un bene in sé (per esempio, Ger 29, 1 1 ; Ez 37 , 1 1 ; Os 2 , 1 7 ; Zc 9,12; Gb 8 , 13 ; 1 7 , 15 ; Pr 1 1 ,7 ; 24 , 14 ) . l 2 . Ma la s. può anche essere vana e l'attesa rimanere delusa. Così in Is 5,2 .4 Dio attende invano, nella sua qualità di padrone della vigna, una buona vendemmia; alla s. nella --+ luce viene risposto con le tenebre (Is 59,9; Ger 13 , 16); specialmente Giobbe si lamenta del fatto che la s. uma­ na nella --+ ricompensa del salariato è vana ( Gb 7 ,2 ) e che l'unica sua s. ri­ mane il -+ mondo sotterraneo (Gb 1 7 , 13 ) . Nell'AT fonte ultima della s. è di continuo Dio, e nella maggior parte dei casi dietro le affermazioni che parlano di s. c'è la ferma --+ fede (l'attesa connotata in maniera positiva) nell'intervento di Dio nella --+ storia contro ogni probabilità. Quanto più l'uomo si rende conto della propria finitezza e dell'infinità di Dio, tanto più forte diventa la s. (cfr. per esempio, Sa/ 3 9,4 -8) . La s. poggia sulle mol­ teplici --+ promesse di Dio (specialmente sulle promesse legate alla --+ al­ leanza da lui stipulata con Noè, Abramo, Mosè e Davide) . Pertanto la s. non ha per oggetto solo la --+ salvezza individuale, ma può anche atten­ dersi la salvezza del -+ popolo: così Ger 3 1-3 3 spera un rinnovamento del­ l' alleanza, e la riunificazione di Israele e di Giuda in un'unica nazione co­ stituisce l'oggetto della s. di Ez 3 7 , 15-28. Nel campo individuale l'AT menziona tutta la gamma degli stati d'ani­ mo che vanno dal pessimismo alla s. Così troviamo dei forti contrasti tra Gb, libro che critica aspramente l'idea di un'esistenza animata dalla s., e

Speranza

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Sal, libro nel quale viene spesso espressa una fiducia ardente in Dio (per esempio, Sal 23 ; 27 , l ) . Perfino nelle lamentazioni germoglia la s. (per esempio, Sal 3 9,8; Lam 3 , 1 8-29) , e anche per lo spietato realista Qo i vivi hanno più s. dei morti (Qo 9,4 ) . Infine elementi di s. ricorrono dove me­ no ce lo aspetteremmo, cioè in mezzo alle immagini apocalittiche della battaglia finale ( � Apocalittica) e del giudizio, per esempio, in Is 25 ,6-8; Gl 4, 16; Ml 3 ,23 s. II. NT: l . Il termine greco per s. è ÈÀn{ç ('s.') e, rispettivamente, ÈÀniçco ( 'sperare ' ) . Oltre a questa terminologia, che non ricorre quasi mai nei van­ geli, troviamo una molteplicità di espressioni per indicare la fiducia in Dio, la cui bontà e la cui � misericordia sono affidabili e le cui � pro­ messe sono adempiute - un'idea di s. che è onnipresente nel NT. II. 2. Nei vangeli sinottici e negli At troviamo l'aspettativa che le pro­ messe dell'AT sono adempiute nel � Messia Gesù e che saranno adem­ piute in occasione della sua (seconda) venuta. Di conseguenza in essi pre­ domina un'atmosfera piena di s. e di desiderio: il regno di Dio ( � Signo­ ria) quale evento salvifico sta per arrivare (per esempio, nell'immagine della messe di Le 10,2 , inoltre di 10,9; nella domanda del Padre nostro di Le 1 1 ,2 ) . La s. si muove tra il 'già' e il 'non ancora' : Mc 1 , 15 esorta alla � fede di fronte all'avvento del regno di Dio, Mc 13 ,3 3 -37 a vigilare costan­ temente, perché non conosciamo il momento di tale avvento. Nel corso di questa attesa perseverante la comunità è piena di s., perché sa che Gesù ha promesso di essere sempre presente (Mt 18 ,20; 28,20) . Specialmente in Luca troviamo dei punti di aggancio con la s. escatologica dell' AT e più specificamente nel suo vangelo dell'infanzia (Simeone: Le 2 ,25 ; Anna: 2 ,3 8; gli uditori del Battista: 3 , 15 ) . Negli At risulta ripetutamente chiaro che Paolo condivide l'attesa escatologica della � risurrezione dei morti con vasti ambienti del giudaismo (At 23,6; 24 , 15 ; 26,6s.; 28,20) . Gv sottolinea da un lato che, con la prima venuta di Gesù, la � salvez­ za è già realizzata (per esempio, Gv 6,47 ) e, dall'altro, che Gesù si limita a precedere i suoi e a preparare loro una dimora presso il Padre celeste (per esempio, Gv 14 , 1 -3 ; 1 7 ,24) . Anche in lui la s. in una � vita eterna è colle­ gata con il comportamento in questo mondo e con la sequela di Gesù (cfr. per esempio, Gv 12,25s) . II. 3. Nella letteratura epistolare incontriamo varie volte la triade 'fede, s. e carità' (� Amore) (cfr. l Cor 13 , 13 ; l Ts 1 ,3 ; 5 ,8; Col 1 ,4s.; Eb 10,22 24; in parte con una diversa successione) . Paolo dovrebbe aver desunto questa terminologia dalla tradizione, ma fu probabilmente lui a coniare la formula triadica quale sommario cristiano dell'esistenza escatologica nel­ lo stato di giustificazione. Di fronte a una sopravvalutazione entusiastica dei doni dello Spirito e della certezza della redenzione egli pone perciò,

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Lemmi secondari

nella triade di fede, s. e carità, l'accento su una realizzazione concreta­ mente valida della vita cristiana in seno a una condizione completamente contraddistinta dalla fede. 1 Ts 1 ,3 evidenzia un ulteriore aspetto della s.: la costanza/perseveranza (in greco U1toJlovft) , che a volte può prendere il posto della s., specialmente quando si tratta della fedeltà nel discepolato (per esempio, Tt 2 ,2 ; 1 Tm 6, 1 1 ; 2 Tm 3 , 10; Ap 2 , 1 9 ) . Anche Paolo è così fermamente convinto del suo 'essere in Cristo' da riporre pienamente la propria fiducia in questo fatto (2 Cor 3 ,4 . 12 ) e da sperare in una piena ria­ bilitazione nella forma di una gloriosa risurrezione (2 Cor 5 , 1 - 10; Fil 1 ,23 ; 3 ,20s.). Secondo Rm 8 , 1 8-3 0 tutta la ---+ creazione condivide la s. nella ---+ salvezza ed è nelle 'doglie del parto' , un fatto questo che, unitarnente al­ l'idea della ---+ redenzione per mezzo di ---+ Gesù Cristo, gli permette di tro­ vare la formulazione: «Nella s. noi infatti siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di s.; infatti, ciò che uno già vede, co­ me potrebbe sperarlo ?» (Rm 8,24 ) . Egli vede in Abramo (cfr. Gen 15,5s.) un grande modello del fatto che a volte occorre sperare in questo modo contro ogni umana evidenza, per cui conia l'espressione della s. contro ogni s. (Rm 4 , 1 8) . II. 4 . li nesso tra consolazione e s . ricorre, tra l'altro, in contesti nei qua­ li i due aspetti sono visti quasi come sinonimi: secondo Sap 3 , 1 8 nel giu­ dizio non c'è consolazione né s. per i peccatori, però Sir 17 ,24 ricorda che Dio concede la conversione a quanti si pentono e consola quanti sono sen­ za s. La consolazione e la s. sono strettamente congiunte fra di loro nella letteratura epistolare neotestamentaria: 2 Ts 2 , 1 6 mette in parallelo i due termini nell'augurio di benedizione; in Eb 6 , 1 8 la consolazione scaturisce dal fatto di afferrarsi alla s. offerta da Dio in Cristo; in 2 Cor 1 ,7 Paolo esprime la s. che i corinzi possano partecipare con lui alla consolazione che viene da Cristo. Degno di nota è Rm 15 ,4 , dove la s. scaturisce dalla consolazione della Scrittura, un'idea espressa già in 1 Mac 12,9. In linea generale possiamo dire che, dove compare il motivo della consolazione, a esso va associata anche la s. (per esempio, Sal 94 , 1 9; 1 1 9,50; Is 40, 1 ; 5 1 , 12 ; 54, 1 1 ; 6 1 ,2 ; 66, 1 1 . 13 ; Ger 3 0 s . ; A t 13 , 15 ; R m 12,8; 2 Cor l ; 1 Ts 4 ) . II. 5 . Nelle lettere deuteropaoline e in quelle pastorali Cristo è il fonda­ mento della s. (cfr. per esempio, Col 1 ,27 ; 1 Tm 1 , 1 ; Col 1 ,23 ) che ci at­ tende nei ---+ cieli, che elargisce una grande ricchezza (E/ 1 , 18) e che con­ duce all'-+ unità (E/ 4 ,4 ) . Senza Cristo e senza l'-+ alleanza con Dio non c'è s. (E/ 2 , 1 2 ) , e neppure la ricchezza terrena è un motivo per sperare ( 1 Tm 6 , 1 7 ) . Nelle lettere cattoliche viene posto l'accento - di fronte alla cre­ scente persecuzione - sulla perseveranza (Gc 1 ,2-4; 1 Pt 4 , 14 ) , che è ne­ cessaria allorché il 'mondo' chiede conto della s. che in virtù della risurre­ zione di Gesù riempie i credenti ( 1 Pt 1 ,3 .2 1 ; 3 , 15 ) . 1 Gv 3 ,2s. vede come

Speranza

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oggetto della s. la visione di Dio così come egli è. Eb 6,18s. usa l'immagi­ ne dell'ancora quale simbolo della s., che poggia sul Dio fedele (Eb 10,23 ; 3 ,6) e ha come modelli una 'nube di testimoni' (Eb 1 2 , 1 s . ) . Pure l'Ap esor­ ta a perseverare con pazienza (cfr. soprattutto le lettere di Ap 2s.) e lascia intravedere alla fine l'imminente ritorno di Cristo (Ap 22,7 . 12 .20) . I. R.P. KNIERIM, Hope in the Old Testament, in ID. (ed. ) , The Task o/ Old Testament Theology, Grand Rapids 1995 , 244-268; W.H. SCHMIDT - J. BECKER, Zukun/t und Hof/­ nung, Stuttgart 198 1 ; C. WESTERMANN, Das Ho//en ùn Alten Testament, in ID. , For­ schung am Alten Testament l, Miinchen 1964, 2 19-265 . II. H. GIESEN, Ho//nung au/ Heil /iir alle - Heilsgegenwart /iir die Glaubenden (l Petr 3, 1 8-22), in ID., ]esu Heilsbotscha/t und die Kirche, Leuven 2004, 399-45 1 ; U. MELL, Die Entstehungsgeschichte der Trias «Glaube Ho//nung Liebe» (1 . Kor 13, 13), in ID. - U.B. MùLLER (edd . ) , Das Urchristentum in seiner literarischen Geschichte, Berlin 1999, 197226; G. NEBE, Hof/nung bei Paulus, Gottingen 1 983 ; K. SCHMOCKER, Elpis oder Hof/­ nung, Bern 1998; T. SbDING, Die Trias Glaube, Ho//nung, Liebe bei Paulus, Stuttgart 1992; K.M. WOSCHITZ, Elpis, Wien 1 979. THOMAS HIEKE

Spirito (s . ) ---+ Lemma principale: Idee di Dio

l AT: l. Il termine ebraico ruab, 's.', ha il significato fondamentale di 'vento, respiro, s . ' , con i due significati di 'vento' e di 'respiro, s . ' difficili da distinguere fra di loro nel singolo caso. Nel significato di 'vento' ruab indica un fenomeno naturale come la brezza leggera (Is 57 , 13 ) , il vento tempestoso ( Gn 1 ,4 ecc.) o il vento orientale (Es 10,13 ecc. ) , che soffia dal ---+ deserto (Ger 13 ,24) e fa seccare le piante (Ez 1 7 , 1 0 ecc. ) . Le espressio­ ni che contengono il termine 'vento' non evidenziano solo la caducità del­ la ---+ vita e il giudizio punitivo di Dio (Sa/ 1 03 , 15 ; Os 13 , 15 ecc. ) , ma an­ che la nullità degli idoli (Is 4 1 ,29; Ger 14,22 ) . Tra lo spirare del vento e l'azione di Dio esiste uno stretto collegamento: i venti sono i suoi ---+ mes­ saggeri (Sal 104,4; cfr. Sa/ 148,8) , ed egli li fa uscire dalle sue camere (Ger 10,13 ecc.) . In questo contesto si discute in maniera controversa il signifi­ cato di ruab in Gen 1 ,2 («la ruab 'etahfm era in movimento/aleggiava sulla superficie dell'acqua») : 's. di Dio' o - più verosimilmente? - 'forte tem­ pesta/vento' ? In ogni caso questo sintagma è una specie di 'accensione ini­ ziale' per l'evento della creazione descritto nel v. 3 . Nel significato di 're­ spiro, s.' ruab indica, parallelamente a nesama in Is 42 ,5 ; Gb 33 ,4 (cfr. Gen 2,7 ecc.) , la forza elargita da Dio, che costituisce e conserva la vita. Essa costituisce la vitalità di tutti gli esseri viventi, specialmente dell'uomo (Gen 6,3 . 17; 7,22; Sal 1 04,29s. ecc., scettico Qo 3 , 1 9-2 1 ) , e provoca addi­ rittura la rianimazione delle ossa morte (Ez 3 7 ,5. 9s.; 2 Mac 7 ,2.3 ) . Il carat­ tere dinamico di 'respiro' e 's.' viene espresso anche mediante l'uso di ruab per indicare energie psichiche come l'ira (Gdc 8,3 ) , il coraggio (Nm 14,24), l'eccitazione (Ez 3 , 14 ) , l'-+ angoscia ( Gb 7 , 1 1 ) , il dolore (Is 6 1 ,3 ) e l'umiltà (Sa/ 5 1 , 19). Il termine parallelo antropologico più importante per questo uso di ruab è lebhllebhabh ---+ 'cuore' quale centro emotivo, cogni­ tivo e volitivo dell'uomo (Gs 2 , 1 1 ; Is 57 , 15 ; Ez 20,32; Sal 32,2 ; Qo 7 ,9 ecc.; ---+ Antropologia; ---+ Carne) . l 2. I racconti dell'attività dello s. di Dio nella ---+ storia d'Israele co­ minciano, conformemente alla successione canonica dei libri biblici, con Mosè (Nm 1 1 , 1 6- 19) e Giosuè (Dt 34,9), continuano nei racconti dei sal­ vatori del libro dei Gdc (Otniel: Gdc 3 , 1 0; Gedeone: Gdc 6,3 4 ; Iefte: Gdc 1 1 ,29 ecc.) , nelle tradizioni di Saul-Davide ( l Sam 16, 13 ; 2 Sam 23 ,2 ) e nella prima profezia ( l Sam 10,10; 19,20-24) , fino ad arrivare ad Ezechie-

Spirito

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le, considerato come dotato in modo particolare di s. (Ez 2 ,2 ; 3 , 12 . 14; 8,3 ecc. ) , e al ---+ servo di Dio, che lo s. di Dio abiliterà a diffondere la giusti­ zia tra i popoli e a trasmettere loro la ---+ T6rah (Is 42 , 1 -4 ) . Nell'ultimo pe­ riodo lo s. è collocato molto vicino a Dio, senza però essere ipostatizzato - in modo analogo alla 'donna sapienza' (Pr 8,22 -3 1 ) - in un essere divi­ no (ciò avviene solo a Qumran 1 QS 3 , 13 -4 ,26 ecc. ) . Le speranze relative al tempo finale (---+ Escatologia) si ricollegano alle tradizioni storiche d'I­ sraele e alla storia della loro ricezione esilica e postesilica, ma le trasfor­ mano notevolmente, come risulta dal collegamento dello s. di Dio con l'at­ tività messianica in Is 1 1 , 1 ss. (cfr. Is 6 1 , 1 -3 ) e dalle attese, che si accom­ pagnano all'attività dello s. nel -+ popolo d'Israele (Ez 3 6,26s.; 3 7 ,5 . 10. 14; 3 9,29 ecc. ) . Infine alcuni salmi recenti testimoniano che le persone pie sperano di percorrere la via dei comandamenti e dell'obbedienza sotto la guida dello s. e la implorano (Sal 5 1 , 12-24; 143 , 1 0). II. NT: l . n NT condivide la convinzione veterotestamentaria e giudai­ ca della vicinanza potentemente efficace di Dio nello S. o mediante lo S. da lui promanante (rrvSÙJlfl [éiytov] 'vento, respiro' ) . Nello s. umano (det­ to similmente 1tVSÙJlfl) è insita un'affinità creaturale all'azione dello S. di Dio (cfr. Mt 5 ,3 ; Rm 1 ,9; 8, 16; l Pt 3 ,4 ) . II. 2 . n N T racconta fondamentalmente le tappe del suo primo svilup­ po dovuto all'azione dello S. in e per mezzo di ---+ Gesù Cristo, nonché, sempre grazie alla sua azione, in e per mezzo dei credenti. In Paolo, Gv e Mt 2 8 , 1 9 troviamo alcune prime testimonianze trinitarie. Uno stretto collegamento dello S. con la metaforica veterotestamenta­ ria e giudaica del /uoco (niJp) , che indica la vicinanza e la presenza salvan­ te, proteggente, santa e giudicante di Dio, ricorre nella contrapposizione tra il ---+ battesimo con l'acqua di Giovanni e il battesimo in s. e fuoco di Gesù. Il Battista minaccia l'imminente giudizio di fuoco di Dio (---+ Giudi­ zio finale) , che annienterà quanti si oppongono alla ---+ volontà santa di Dio (Mt 3 , 10- 1 2 ) . Anche nella predicazione di Gesù il fuoco ricorre come motivo del giudizio (Le 9,54 ; 12,49; Mt 7 , 19; 13 ,40.42 .50; Mc 9,43 .48; Le 16,24; cfr. Gv 15,6; l Cor 3 , 13 - 15 ) . II. 3. Sarebbe possibile esporre tutta la teologia di Paolo partendo dal­ la sua teologia dello S . : egli, che si sa pneumaticamente dotato sotto ogni aspetto, presenta la risurrezione e la glorificazione di Gesù come opera dello S. (Rm 1 ,4 ; 6,4 ; 8, 1 1 ; 2 Cor 13 ,4 ; cfr. l Tm 3 , 16; l Pt 3 , 18) e lo stes­ so Risorto come pneuma (2 Cor 3 , 1 7 ) . Grazie alla sua risurrezione ad ope­ ra di Dio Gesù diventa lo 'pneuma datore di vita' (rrvSÙJlfl çcpo1totoùv, l Cor 15 ,45 ) , la 'primizia' ( l Cor 15 ,20.23 ) della nuova ---+ creazione. Questa identificazione tra Kyrios e pneuma va concepita dinamicamente come presenza di Cristo nell' azione dello S. Una verità fondamentale per Paolo

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Lemmi secondari

è la seguente: Dio stesso è e rimane l'origine dello S. e agisce attraverso di lui per la ---+ salvezza degli uomini (1 Ts 4 ,8; 1 Cor 2 , 1 1 ; 3 , 1 6; 6, 1 1 ; 12,3 ; Rm 8,9. 1 1 . 14 ecc. ) . Lo S. concesso ai cristiani nella loro ---+ fede (cfr. Gal 3 , 1 -5 ) e nel loro battesimo (cfr. Rm 6; 8) li apre a Dio e li orienta a lui: lo S. di Dio è il mezzo di comunicazione tra Dio e Cristo così come tra Dio o Cristo e i credenti (Gal 4,6; Rm 8 , 1 0s . ; cfr. E/ 2 , 1 8-22 ) . Perciò lo S. di Dio è anche il fondamento della donata ---+ giustizia davanti a Dio (cfr. Gal 3 , 14; 5 ,5 ; Rm 8, 1 - 1 1 ; ---+ Giustificazione) . Senza lo S. nessuno può confes­ sare che Gesù è Kyrios (1 Cor 12,3 ). In questa prospettiva Paolo presenta tutta la ---+ vita ecclesiale e l'esistenza individuale cristiana come una vita e come un'esistenza animate e guidate dallo S. (1 Cor 12-14; Gal 5 ; Rm 8). Lo S. rende possibile l'appartenenza a Cristo (Rm 8,9) , l'inserimento in qualità di membra nel suo corpo (1 Cor 1 2 , 13 ) e la partecipazione alla sua figliolanza, condizione della partecipazione alla ---+ gloria eterna presso Dio (Gal 4,4-7 ; Rm 8,14- 1 9 ) . Lo S. di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, risusciterà anche i credenti per una vita imperitura (Rm 8 , 1 1 ) . II. 4. I vangeli descrivono l'attività e la vita di Gesù come un'attività e una vita piene di S. e guidate dallo S . : personalmente dotato dello S. di Dio (cfr. le tradizioni del suo battesimo Mc 1 ,9- 1 1 par. ) , egli è uno che 'battezza con S. e fuoco' (Mt 3 , 1 1 par. ; cfr. Is 3 0,27 s.) e supera la tenta­ zione nel deserto (Mc 1 , 12s. par. ) . In virtù del dono dello S . , di cui gode, compie potenti azioni pneumatiche (cfr. Mt 12,28; ---+ Miracolo; esorci­ smi) . Secondo Mt 12 ,9-2 1 nella sua attività sanante 'si adempie' la ---+ pro­ messa di Is 4 1 , 1 -4 riguardante il prediletto ---+ servo di Dio, sul quale Dio pone il suo S. I vangeli dell'infanzia attribuiscono il suo concepimento verginale all'azione dello S. (Mt 1 , 1 8-20; Le 1 ,35) . Specialmente Le pre­ senta Gesù come il messaggero messianico della gioia, come l'unto bene­ fico di Dio (Le 1 ,35; 3 ,2 1 s.; 4 , 14-2 1 ; 6,20; 7 ,22 ; At 4 ,27 ; 10,3 8 ) . Nella scia dell'effusione dello S. (At 2 , 1 - 13 ; 8 , 1 4 - 1 7 ; 10,44-48) gli At (e Le) vedono tutta la vita dei primi cristiani come una vita missionaria guidata dallo S. di Dio (At 8,29.3 9; 1 0 , 1 9 ; 15 ,28 ecc. ) , che dota profeticamente tutti i cre­ denti (At 2 , 16-2 1 ; cfr. Gl 3 , 1 -5) e li abilita a rendere la testimonianza mis­ sionaria. Lo S. di Dio guida la comunità dei credenti e, in particolare, gli ---+ apostoli e i testimoni del vangelo «fino ai confini della terra» (At 1 ,8). Il compito matteano di battezzare impartito da Gesù conosce già la for­ mula triadica: «Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19). Prima della Pasqua Gv concentra l'attività dello Spirito sull'attività di Gesù (Gv 1 ,32s. ) , per poi sottolineare dopo la Pasqua il dono dello S. per mezzo del Risorto (Gv 7 ,3 8s . ; 1 9,3 0; 20,22 ; cfr. la teologia del battesimo di Gv 3 ,3 -8). Lo S. del Padre o lo S. di Gesù, che nel discorso giovanneo

Spirito

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di addio è detto il 'Paraclito' (napaKÀ:rrmç = 'Consolatore, Aiutante, In­ tercessore ' ) , è il dono pasquale per eccellenza fatto da Gesù ai credenti, che si affidano alla testimonianza e alla guida piena di discernimento (cfr. Gv 1 6 , 1 3 ) dello S. (cfr. Gv 14, 1 6s.26; 15,26; 16,7- 1 1 . 13 - 15 ) . li culto cri­ stiano deve svolgersi nello ' S . e nella ---+ verità', che Gesù Cristo rivela e che egli stesso dinamicamente è (Gv 4 ,23 ; 6,63 ) . La base profonda della pneumatologia giovannea è la convinzione che Dio stesso è nella sua iden­ tità relazionale S. (Cv 4 ,24 ) . L'autore dell'Ap attribuisce le sue visioni all'azione dello S. e concepi­ sce se stesso e il proprio scritto come una testimonianza ispirata e profeti­ ca (Ap 1 , 10; 2,7; 4,2; 1 9 , 1 0 ; 22 ,6-2 1 ) . Di continuo troviamo nel NT l'e­ sortazione a discernere gli 'spiriti' , per vedere se essi provengono dallo S. di Dio, uno e /andante l'-+ unità ( l Cor 12,4 ) , oppure no (l Ts 5 , 1 9-2 1 ; 1 Cor 1 2 , 1 0 ; 1 Gv 4 , 1 -6 ) . l. M . BAUKS, Die Welt a m An/ang, Neuk.irchen-Vluyn 1997; H . SCHONGEL-STRAU­ MANN, Ruab bewegt die Welt, Stuttgart 1 992 . II. ].D.G. DUNN, ]esus and the Spirit, London 1975 ; G.D. FEE, God's Empowering Pre­ sence, Peabody 1 994; F.W. HORN, Das Angeld des Geistes, Gottingen 1992 ; B. VON KIENLE, Feuermale, Bodenheim 1993 ; W. THOSING, Gott und Christus in der paulini­ schen Soteriologie, Mi.inster 19863; M. WELKER, Gottes Geist, Neukirchen-Vluyn 20053; [Y. CONGAR, Credo nello Spirito Santo, Queriniana, Brescia 1999] . BERND }ANOWSKI (AT) / KLAUS SCHOLTISSEK (NT)

Stato (s . ) --+ Lemma principale: Status sociale/Società e istituzione

I. AT: l. Come forma di s. l'AT conosce solo la monarchia (malkhuth, mamlakha) . Un termine più generico è --+ 'signoria' (memsald, mimsal) ; idee come quelle di s. nazionale o di democrazia sono tipiche dell'età mo­ derna e non sono applicabili a --+ Israele e Giuda. I. 2. Lo s. è una forma di vita, nella quale alcuni individui essenzial­ mente amministrano, organizzano e proteggono tutti quelli che produco­ no, trasformano o agiscono. n primo s. fu una città-s. , una specie di pa­ lazzo o di --+ tempio ampliato, sede del governo e del commercio e teo­ craticamente organizzato. Capo dello s. era il --+ re, che nei primi s. era dio (per esempio, in Egitto) , re-sacerdote (per esempio, tra i sumeri) o som­ mo sacerdote (per esempio, in Assiria ancora nel I millennio a.C.) e co­ struiva e specializzava progressivamente il proprio apparato di funzionari. n diritto di governo dello s. e del suo capo era dedotto da un dio il più delle volte maschile, che aveva un rapporto particolarmente stretto con il re. Egli era il dio dello s. e della dinastia. In linea generale bisogna distin­ guere tra città-s. (costituite da una città e dal territorio circostante) e s. ter­ ritoriali (costituiti da più città con i rispettivi territori governati dal cen­ tro) , dove questi ultimi sembrano essersi sviluppati dai primi grazie a guerre vittoriose e a federazioni. Distintivi di una statualità territoriale so­ no considerati l'esistenza di uno specifico linguaggio e scrittura ammini­ strativi, un'architettura monumentale in pietra per gli edifici statali, una massiccia produzione di ceramica, la costruzione di edifici statali ammini­ strativi tra loro coordinati, situati in più località, che permettono di rico­ noscere una organizzazione centrale e interessi sovralocali (per esempio, difesa territoriale dei confini, provvigioni non solo su scala locale, centri amministrativi operanti su scala sovraregionale) . I. 3 . L'inizio dei due piccoli s. montuosi di Israele e di Giuda, nell'Età del Ferro, è biblicamente collegato con Saul e Davide. Stando al racconto dell'AT, la nascita della monarchia sotto il bellicoso re Saul portò già con Davide e con suo figlio Salomone alla nascita di un unico regno, che ave­ va per capitale Gerusalemme e che avrebbe abbracciato le tribù del nord e del sud (una specie di impero formatosi dopo diversi successi in guerra) , regno che poi sotto Geroboamo I/Roboamo si sarebbe diviso in due regni separati ( l Re 12 ) . Questo evento è chiaramente qualificato sul piano teo-

Stato

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logico in maniera negativa da una prospettiva davidico-giudaita, perché per gli autori/redattori veterotestamentari l'unità del regno sotto un leader davidico-giudaita era l'ideale. Data la mancanza di fonti primarie, gli eventi storici non possono più essere ricostruiti con chiarezza, comunque i reperti archeologici mostrano che, a partire dal X secolo a.C. , il regno del Nord e quello del Sud della Palestina si svilupparono in maniera sempre più indipendente l'uno dall'altro, con il Nord che superò nello sviluppo della organizzazione statale, nella tecnica e per densità di popolazione il Sud. Il risultato della formazione di stati a ovest del Giordano consistette in ogni caso nella formazione di due stati, di Israele e di Giuda, che in se­ guito cooperarono e rivaleggiarono fra di loro. Anche nell' AT si intrave­ de in certi periodi un predominio del Nord sul Sud (2 Re 14). Il grado di organizzazione dei primi s. in Palestina è controverso. In ge­ nere si tende a pensare che il regno del Nord abbia conosciuto una po­ tenza militare, economica e politica maggiore del regno meridionale di Giuda, che forse non perse mai il carattere di uno s. monarchico tribale dei davididi, costituito da Giuda-Gerusalemme con apparati amministra­ tivi appena abbozzati e pianificazioni centralistiche. In ambedue i regni lo s. era organizzato attorno al re e ai suoi funzionari. Gli ---+ uffici erano ere­ ditari; quelli di cui abbiamo testimonianza sono: figlio e figlia del re, il ser­ vo/ministro ( 'bd) del re, il comandante della città (§r h 'r) , il direttore del palazzo ( 'sr'l hbyt), il sovrintende ai servi della gleba ('sr'l hmst l'araldo (mzkr) , lo scriba (spr) e il ---+ sacerdote (khn). La madre del re deteneva chiaramente l'ufficio più alto che nello s. potesse essere assegnato a una ---+ donna. L'economia dei piccoli s. di Israele e di Giuda era quella agricola di sussistenza e del piccolo commercio locale, ma col tempo furono pro­ dotti sempre più olio e vino per l'esportazione. Con lo s. videro la luce an­ che beni della corona, cioè possedimenti regali amministrati da funziona­ ri e lavorati da servi della gleba (1 Sam 8 , 1 2 ) . Essi servivano ad approvvi­ gionare il re e la sua corte (1 Re 4 ,7 ) . Questi aveva bisogno per le sue co­ struzioni di lavoratori forzati (1 Re 5 ,27-3 2 ) , architetti e artigiani e, per il suo ---+ esercito, di soldati e mercenari. Il commercio a lunga distanza ave­ va la sua sede nelle città ed era dominato dallo s. (1 Re 1 0,28s . ) . A partire dal IX secolo a . C . il regno del Nord e quello del Sud caddero nella sfera d'influenza dei vicini imperi di Aram-Damasco, dell'Assiria e di Babilonia, cui dovettero presto pagare un tributo (2 Re 15 , 1 9s . ; 16,8s. 17s.; 1 7 ,3 ) , cosa che finì per gravare sui contadini che già dovevano pagare del­ le tasse locali. La fine dello s. d'Israele con la conquista della capitale Sa­ maria nel 722 a.C . , cui nel 587 a.C. seguì la fine dello s. di Giuda con la distruzione di Gerusalemme, pose termine al tempo della statualità e in­ serì gli ex regni nel sistema provinciale dei grandi imperi dell'Assiria e di

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Lemmi secondari

Babilonia. A partire dal tempo dell'---+ esilio, a cui con la deportazione as­ sira e poi con quella babilonese la classe superiore fu condannata, non po­ chi considerarono fallita la forma di s. della monarchia. In questo conte­ sto e in quello successivo all'esilio si collocano le affermazioni critiche nei confronti del re contenute nell'AT (Gdc 9; l Sam 8 ) . Dopo il tempo del­ l'esilio Giuda!Jehud rimase sempre una provincia, ma sotto il dominio persiano e sotto il governatore Zorobabele (un davidide) coltivò la ---+ spe­ ranza nella restaurazione della monarchia davidica (Ag 2 ,20-23 ; Zc 4,610a) , speranza che però andò delusa. La provincia di Jehud fu sottoposta a un governatore, che non era di origine davidica e non avanzava pretese davidiche (Neemia; Ne 5 , 14; 12 ,26) . L'amministrazione interna era gesti­ ta da una cerchia sacerdotale e da un ceto aristocratico con due presiden­ ti (cfr. Ne 5,7). Poiché il sommo sacerdote assunse sempre più funzioni re­ gali, spesso si afferma che lo Jehud postesilico sarebbe stato retto da una teocrazia. Ciò è poco verosimile, perché come apparati dirigenti c'erano pur sempre il governatore e gli anziani. Secondo la presentazione dell' AT la guida della provincia fu assunta dagli esuli ritornati da Babilonia, che si prefissero di fare di Jehud un'entità specifica nel solco di Giuda e del re­ gno del Nord (Israele) e di sottrarlo all'influsso del mondo dei popoli vi­ cini. Onde costruire questa identità come 'popolo di Dio Israele' (---+ Po­ polo) furono importati i meccanismi di delimitazione ( ---+ circoncisione, osservanza del ---+ sabato, prescrizioni alimentari, divieto dei ---+ matrimoni misti) sviluppati nelle comunità esiliate e se ne impose l'osservanza agli abitanti di Jehud. La ---+ comunità si presenta nella Bibbia come una co­ munità religiosa raccolta attorno al tempio, ma in realtà presentava chiari tratti della politica reale (per esempio, governatore, moneta, import-ex­ port) . Alla formazione di un nuovo s. attorno a Gerusalemme si arrivò so­ lo in seguito alle rivolte dei Maccabei, allorché da esse si sviluppò nel 143/142 -37 a.C. lo s. degli Asmonei, che fu governato da una dinastia non davidica, appunto gli Asmonei. Essi riuscirono in questa loro impresa gra­ zie all'appoggio dei Seleucidi e, poi, dei romani. Il NT: l. n NT, in proporzione, parla di rado del rapporto con lo s. ro­ mano adoperando una terminologia 'politica' , cosa che già di per sé evi­ denzia la lontananza degli autori neotestamentari dallo s. Manca una ri­ flessione teoretica sullo s. (o ne troviamo tutt'al più qualche spunto in Rm 13 , 1 -7 ) . n termine 1tOÀ.i'tGUJ..LU (' comunità, s . ' ) ricorre solo in Fil 3 ,20 come termine opposto alla comunità terrena: i cristiani sono cittadini di uno s. celeste (cfr. la Gerusalemme celeste, Gal 4 ,25s.) . n termine 1tOÀ.ttsia nel senso di 'diritto di cittadinanza' ricorre in At 22 ,3 8, mentre nel senso di 's.' con riferimento a ---+ Israele è utilizzato in E/2 , 12 , ma per essere anche qui sostituito con la nuova con-cittadinanza (m.>f.L1tOÀ.hat) dei pagani in se-

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no al ---+ popolo dei familiari di Dio rinnovato per mezzo di Cristo (E/ 2 , 1 9 ) . Nel NT il verbo noAt'tsUOJlUt non significa 'governare lo s . ' , bensì in­ dica la condotta davanti a Dio (Fil; At 23 , 1 ; 1 ,27 ) . L' autore dell'Ap parla dell'odiato s. romano il più delle volte in formule cifrate (allegoria del mo­ stro che esce dall'abisso quale simbolo dell'imperatore romano: Ap 13 ; la visione della prostituta Babilonia, simbolo di Roma: Ap 17s.). Nel NT una prospettiva che tiene conto dei governanti è a volte adottata da Le: «Nel­ l'anno quindicesimo dell'impero (ilYEJlOVtu) di Tiberio . . . » (Le 3 , 1 ) . Stan­ do alla testimonianza soprattutto degli At, Luca conosceva molto bene i meccanismi dell'amministrazione dell'impero e di quella locale nelle città. n più delle volte lo s. entra in scena (indirettamente in corrispondenza al­ la prospettiva dei cristiani) nella persona del capo o del funzionario re­ sponsabile dello s. Viene menzionato l'imperatore (Kuìcrup, �ucrtAs6ç) che al di sopra di tutti riscuote le imposte (---+ Tributo; Mc 12,14. 16s.; Le 23 ,2 ) , legifera (Le 2 , 1 ; A t 1 7 ,7 ) e rappresenta l'ultima istanza giuridica (At 25 ,8. 10-12.2 1 ; 26,32; 27 ,24; 2 8 , 1 9 ) . Inoltre sono menzionate autorità lo­ cali, che dipendono in prevalenza direttamente dall'imperatore romano o da funzionari imperiali. In questi casi si tratta il più delle volte delle loro funzioni di giudici e di responsabili del mantenimento dell'---+ ordine pub­ blico, e precisamente in veste di re ( �ucrtA.s6çl-sìç) , etnarca (2 Cor 1 1 ,32), proconsole responsabile dell'amministrazione della provincia ( àvOumi'tot; At 13 ,7s. 12; 1 8 , 1 2 ; 19,3 8 ) , governatore, cioè prefetto o procuratore (ilYEJlCÙV/-6vsç, genericamente: Mc 13 ,9; 1 Pt 2 , 14; Pilato: Mt 27 ,2 ecc.; Fe­ lice: At 23 ,24 ecc.; Pesto: 26,3 0 ) . Inoltre sono menzionati rappresentanti quanto mai vari dell'-+ esercito romano, magistrati e l'aristocrazia urbana (At 13 ,50; 1 6 , 1 9s.22 ; 17,6.8; 19,35 ) . Come termini generici per indicare autorità/funzionari ricorrono gli uni accanto agli altri èl;oucrim e lipxut!lipxoVLEç (Le 12 , 1 1 ; Rm 13 , 1 .3 ; Tt 3 , 1 ) ; nella maggior parte di que­ sti passi è possibile anche un'altra traduzione, perché tanto èl;oucriu quan­ to àp:dl possono indicare, sia al singolare che al plurale, il singolo funzio­ nario, ma anche l'autorità, il suo potere e la sua funzione in senso astratto (cfr. Le 20,20; Rm 13 ,2 ) . II. 2. Non casuale è nella maggior parte dei passi neotestamentari rife­ riti allo s. il discorso delle azioni intraprese da istanze statali contro Gesù e i suoi seguaci. n NT e autori romani offrono una massiccia testimonian­ za della criminalizzazione dei seguaci di Gesù da parte di autorità romane e urbane già nel I secolo d. C. Si pensi solo alla crocifissione di Gesù, alle ripetute flagellazioni, incarcerazioni, minacce, espulsioni e fughe di Paolo (2 Cor 1 ,8s. ; 6,5 ; 1 1 ,23 .25 ; Fil 1 ,7 . 12- 14.30; 2 , 1 7 ; Fm 9. 13 ; 2 Tm 2 ,9; 3 , 1 1 ; 4 ,6-8. 1 6s . ; At 13 ,50; 14,5s. 19; 16,20-40; 17, 10. 13 ; 1 8 , 12 - 1 7 ; 2 1 ,33-28,3 1 ) , dei suoi colleghi missionari (Rm 16,4.7; Fm 23 ; Col 4 , 10; A t 16,22 ; 19,29) ,

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Lemmi secondari

alle persecuzioni delle sue comunità ( l Ts 1 ,6; 2 , 14; 3 ,3s.7; At 17 ,6s . ) , non­ ché all'esecuzione capitale di Paolo a Roma (presupposta in At 20,22s.3 8; 2 1 , l 0- 14), alla cacciata degli ebrei che credono in Gesù da Roma sotto l'imperatore Claudio nel 49 d.C. (At 1 8,2 ; Svet. Claud. 25 ,4 ) , all'esecuzio­ ne capitale di un gran numero di seguaci di Gesù a motivo di un presun­ to incendio sotto Nerone (Tac. ann. 15 ,44 ) , all'incarcerazione di Antipa a Smirne e al suo martirio a Pergamo (Ap 2 ,9s. 13 ) , nonché ai numerosi eventi anonimi comparabili, che si possono dedurre da Mc 13 ,9. 12s. Dal­ le fonti è possibile desumere una serie di motivi di questa criminalizzazio­ ne. Poiché in 2 Cor 6,5 Paolo stesso menziona delle à.Ka-racr-racrim ('tu­ multi'), possiamo muovere dal fatto che la sua predicazione della risurre­ zione di Gesù provocò disordini, per cui l'autorità procedette contro di lui per turbamento dell'ordine pubblico. Qualcosa di simile possiamo pre­ sumere dietro la notizia di Svetonio, secondo la quale Claudio avrebbe cacciato da Roma «gli ebrei che, aizzati da Chrestus, provocavano conti­ nuamente tumulti». Svetonio considera erroneamente Chrestus (= Cristo, la cui messianicità e pretesa autorità erano oggetto del contendere) l'au­ tore del conflitto. In At 17 ,6s.; 24,5 viene riportata l'accusa che i cristiani sarebbero i fautori di un movimento di rivolta contro l'imperatore su sca­ la mondiale: «Quei tali che mettono il mondo in agitazione sono anche qui [ . . . ] . Tutti costoro vanno contro i decreti dell'imperatore, affermando che c'è un altro re, Gesù» (cfr. l'accusa mossa contro Gesù in Le 23 ,2s. ! ) . Si discute se questa interpretazione della missione cristiana sia da intendere come conseguenza degli eventi presupposti dall'editto di Claudio (così A. Cineira) o se rifletta invece quell'aggravarsi della situazione che è com­ prensibile soltanto dopo la ---+ guerra giudaica (E.W. Stegemann - W. Ste­ gemann) . In ogni caso un'accusa così formulata sfociava in un processo politico per alto tradimento. La condanna dei cristiani a motivo di un pre­ sunto incendio sotto Nerone presuppone che fossero già noti come una minoranza associata a pregiudizi, accusata di misfatti ed emarginata. Le accuse che vengono menzionate in questo contesto (odio contro il genere umano, profanazione del tempio, bestemmie contro gli dèi, cfr. At 19,3 7 ; Tac. ann. 15 ,44,4 ) erano già state prima rivolte al giudaismo e sono in­ dubbiamente una sua eredità. Ma diversamente dagli ebrei i cristiani pro­ venienti dal paganesimo non erano protetti, nel loro modo di vivere di­ vergente da quello dell'ambiente, da alti privilegi. Quale altro fattore, che contribuì alla criminalizzazione dei cristiani, va menzionata la loro non partecipazione ai ---+ culti statali, in particolare al culto dell'imperatore, co­ sa che procurò loro l'accusa di asébeia ('empietà' ) . Questo divenne un pe­ ricolo specialmente sotto Domiziano, che promosse fortemente il culto dell'imperatore e perseguitò l'asébeia e il 'modo ebraico di vivere' di nati

Stato

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non ebrei come delitto di lesa maestà. L'aggressiva polemica profetica del­ l'Ap ( 13 , 1 -4 . 14s.) rispecchia questa situazione, ma anche la duplice opera lucana prende chiaramente posizione, pur con tutta la sua accentuazione apologeticamente motivata dell'affidabilità politica dei cristiani, contro l'autodivinizzazione di sovrani (At 12 ,20-23 ; 10,25s.; 14 , 1 1 - 1 8; Le 4 ,5-8) e traccia così il confine della lealtà politica. La condanna dei cristiani a mo­ tivo solo del loro nome (del nomen ipsum), che è presupposta nella corri­ spondenza fra Plinio il Giovane e l'imperatore Traiano (Plin. epist. 10,96s . ) , segna una nuova fase del rapporto tra i cristiani e lo s. romano, su cui nel NT non si riflette ancora. II. 3. La serie di esortazioni alla lealtà verso lo s. ricorrenti nella lette­ ratura epistolare neotestamentaria, lealtà che si esprime nell'obbedienza alle disposizioni delle autorità, in una � vita pacifica, cioè lontana da ogni agitazione, nel pagamento delle tasse (� Tributo) e nella preghiera per i governanti (Rm 13 , 1 -7 ; l Pt 2 , 1 3 - 1 7 ; l Tm 2 , 1s.; Tt 3 , 1 ) , va letta, alla luce del contesto descritto sopra, non tanto come un riconoscimento dello s. dettato dal cuore, quanto piuttosto come un tentativo di attenuare me­ diante testimonianze di lealtà le violente tensioni in atto. Esse si collocano con tutti i loro elementi in una continuità storico-tradizionale con para­ gonabili esortazioni del giudaismo ellenistico, che reagì allo stesso modo alla situazione di dover vivere e di voler sopravvivere come minoranza osteggiata e in parte criminalizzata nello s. romano (cfr. Pr 8, 15s.; Sir 10,4; 1 7 , 1 7 ; Philo legat. 23 6.279s.; Ios. bel.Iud. 2, 140) . I. G.W. A.HLSTROM, Royal Administration and National Religion in Ancient Palestine, Leiden 1982 ; J. CONRAD, Oberlegungen zu Bedeutung und Beurteilung der Kritik an Ko­ nigtum und Staat innerhalb des Alten Testaments, in A. MEINHOLD - R. Lux (edd.), Gottesvolk, Berlin 1 99 1 , 9 1 -97 ; R. KESSLER, Staat und Gesellscha/t im vorexilischen fu­ da, Leiden 1992 ; lo. , Chiefdom oder Staat?, in C. HARDMEIER - R. KESSLER et alii (edd.), Freiheit und Recht, Gutersloh 2004, 12 1 - 140; R.G. KRATZ, Israel als Staat und als Volk, in ZThK 97 (2000) 1 - 1 7 ; N. LOHFINK, Krieg und Staat im alten Israel, Barsbuttel 1992 ; H.M. NIEMANN, Herrscha/t, Konigtum und Staat, Tubingen 1993 ; K.-D . SCHUNCK, Ho­ herpriester und Politiker?, in H.M. NIEMANN - M. AuGUSTIN (edd.), Altes Testament und Heiliges Land, Frankfurt a.M. 2002 , 6 1 -7 1 . Il. D . ALVAREZ CINEIRA, Die Religionspolitik des Kaisers Claudius und die paulinische Mission, Freiburg 1999; K. HAACKER, Der Romerbrie/als Friedensmemorandum, in NTS 3 6 ( 1 990) 25-4 1 ; H.-J. KLAUCK, Das Sendschreiben nach Pergamon und der Kaiserkult in der ]ohannesof/enbamng, in Bib. 73 ( 1 992 ) 153 - 1 82 ; M. LABAHN - }. ZANGENBERG (edd. ) , Zwischen den Reichen, Tubingen 2002 ; V. RIEKKINEN, Romer 13, Helsinki 1980; E.W. STEGEMANN - W. STEGEMANN, Urchristliche Sozialgeschichte, Stuttgart 1995 [trad. it. , Storia sociale del cristianesimo primitivo, EDB, Bologna 1998] . ANGELIKA BERLEJUNG (AT) / ANNETTE MERZ (NT)

Stoltezza/Errore ( s ./e. ) ---+ Lemma principale: Sapienza/Legge

I. AT: l. L'ebraico biblico dispone di una serie di termini per parlare di s. o e. (cfr. per 's., stupidità, semplicioneria' : 'iwweleth , holeloth , kesel, kesflùth , nebhala, sekhel, sikhlùth , pethi, per 'stolto, stupido, sempliciotto' : 'ewfl, ba 'ar, kesfl, sakhal, peth� per 'essere stolto, stupido' : b'r, ksl, nbl, skl, per e.: mesùgha, feghagha, toh0ld, per 'errare': sgh , t'h ) . Sul piano termino­ logico non distingue con precisione tra s. ed e. nei campi della conoscen­ za, dell'---+ etica e della religione. I. 2. Stoltezza è il termine opposto a ---+ saggezza o ---+ a sapienza. Di con­ seguenza possono essere detti stolti tanto una singola azione (Sal 3 8,6; 69,6) quanto l'atteggiamento e il carattere di un uomo (Pr 1 ,7 ) . La s. di un'azione può consistere nel fatto che si adoperano mezzi inadeguati per raggiungere un determinato scopo ( Qa 1 0 , 1 0 . 15) o nel fatto che si perse­ guono fini e scopi che contraddicono le convinzioni etiche o religiose cor­ renti (Sal 69,6) . Nelle affermazioni veterotestamentarie relative alla s. abi­ tuale il più delle volte non si tratta tanto di una mancanza di intelligenza (Pr 14, 1 ; 2 1 ,20) , quanto piuttosto di un orientamento della vita che è con­ siderato sbagliato da punti di vista etici e religiosi (Is 32 ,6) . Soprattutto la letteratura sapienziale delinea un'immagine stereotipata dello stolto, che disprezza consigli e ammonimenti perché si considera saggio e sapiente (Pr 12 , 1 5 ; 23 ,9; 28,26) , non impara nulla dagli errori (26, 1 1 ) , è importuno ( 12 ,23 ; 13 , 16), privo di autocontrollo ( 14,29; 1 7 , 12) e pigro (Qa 4,5 ) e con il suo comportamento danneggia il prossimo e la società (Pr 1 0 , 1 8 .23 ) . Essa esprime nello stesso tempo la convinzione che questi comportamenti siano a lungo andare rovinosi per lo stolto ( Gb 5 ,2ss.; Pr 10,8; critico al riguardo Qo 2 , 1 3 - 16) . Inoltre la s. può essere vi­ sta nel fatto che non si osserva un comandamento di JHWH ( l Sam 13 , 1 3 ) , che in politica estera s i confida nell'aiuto di grandi potenze anziché in ]HWH (2 Cr 16,9) , che si pensa che non esista alcun Dio (Sal 14 , 1 ; 15 ,2 ) o alcuna retribuzione ultraterrena (Sap 1-5 ; da questa [tardiva] visuale ap­ paiono poi necessariamente come 'stolti' dei 'saggi' più antichi come Qo o Sir) . I. 3. Le azioni stolte possono essere fatte risalire al carattere stolto di un uomo (Pr 10,23 ) o al fatto che egli agisce - per esempio, sotto la momen­ tanea pressione del desiderio (---+ Vizio) - senza riflettere ragionevolmente

Stoltezza/Errore

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(2 Sam 13 , 12s. ) . Ma esse possono anche dipendere dal fatto che un uomo si trova nell'errore circa la validità dei fini da perseguire, circa l'idoneità dei mezzi per raggiungere un determinato fine (2 Sam 13 , 12s.) o circa le conseguenze e i fenomeni concomitanti del suo modo di agire (Pr 7 ,22s. ) . Tali e . possono essere favoriti da (falsi) -+ profeti (Ger 23 , 13 .32) o da cat­ tivi governanti (Ger 50,6) , e pure Dio può 'sedurre' un uomo ( l Re 22 ,2022 ; Ez 14,9) . Secondo Nm 15 ,22-3 1 possono essere cultualmente espiate soltanto tra­ sgressioni dei comandamenti di ]HWH che sono state commesse inavverti­ tamente o per e., mentre quelle volontarie sono in linea di principio puni­ te con la -+ morte (cfr. Lv 4s. ) . Ciò può indurre a dichiarare come 'inav­ vertite' anche trasgressioni intenzionali al fine di rendere possibile la loro espiazione cultuale (cfr. Lv 5 ,20ss . ) . Invece Qo 5 ,5 esorta a riconoscere la propria colpa e a non minimizzarla dichiarandola un e. o una 'inavvertenza ' . Ben difficilmente un uomo può evitare di incorrere in singoli casi in e. e sbagli (Sa/ 19,13 ; Sir 1 9 , 1 6 ; Qo 7 ,20) , per cui, per conoscerli ed evitarli, ha bisogno dell'aiuto di Dio (Sal 25 ,8; Is 19,24 ) . La -+ Torah (Sal 1 9,8) e gli insegnamenti della sapienza (Pr 1 ,4) rendono saggi gli ingenui. Secon­ do Gb 1 1 , 12 anche una testa vuota può diventare saggia. Sal 49, 1 1 e 73 ,22 evocano esperienze corrispondenti. Viceversa una serie di affermazioni di Pr considera gli stolti incorreggibili (per esempio, Pr l ,7 .22 ; 18,2 ; 27 ,22 ) e raccomanda perciò di metterli in riga con la forza (-+ Violenza; Pr 10,13 ; 1 9,29) . Qui diventa riconoscibile il pericolo di trascurare la formazione di massa privilegiando la 'sapienza' di pochi sapienti, pericolo che una con­ cezione elitaria dell'-+ educazione può correre. Su di esso richiama ironi­ camente l'attenzione Qo 1 0, 1 : meno s. (tra la massa) è più preziosa di mol­ ta sapienza (di una ristretta cerchia di sapienti) . II. NT: l. Il NT parla di ' s . ' (Jlropia 's. ', JlffipaivEtv 'essere stolto, rende­ re stolto' , Jlffipoç 'stolto, insipiente', a