Dialoghi [2]
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DIALOGHI di

Lucίano Α CURA

DI

VINCENZO LONGO Volume secondo

UNIONE τiPOGRAFICO-EDITRICE TORINESE

© 1986 Unione TipogΓafico-Editήce Tol'ίnese .corso Raffaello, 28 - 10125 Tω·ino.

L'indice dei nomi e stato preparato da

PAOLA CARPINELLO.

Stainperla Artlst(ca Nazionale - Corso Siracusa 37 - ror36 Torino

ISBN

88-o2-o4oro-g

DIALOGHI

ΝΟΤΑ BIBLIOGRAFICA *

Studi di carattere generale.

G.

ANDERSON, «

Lucian. Theme and variat-ion i,n the secωιd sophistic,

Mnemosyne » Suppl. XLI, Leiden Brill, 1976.

G.

ANDERSON, Studies i1z Lucian's comic fiction, � '!' I ο/ > I � � επεσπασατο πατριωτις ουσα, μι:.\_;ν πρωτον ε�τα ΎJ< στολ.},•ι αυτuν μεντοι ou χαλεπως �μελλε και αuτον γνώσεσ&αι τον Άνάχαρσιν &τε γένους τοu δοκψωτάτου δντα και έν το'i.'ς πρώτοις Σκυ&ων. Ό 'Ανάχαρ­ σις δe πό&εν &ν έκε'i.'νον �γνω όμοε&ν� 6ντα, ΈλλΎJνιστι έσταλμένον, έν χρ(j) κεκαρμένον το γένειον, όεζωστον, άσίδΎ)ρον, �δΎJ στωμόλον, αuτων των 'Αττικων �να των αuτοχ&όνων ; 06τω μετεπεποίΎ)το uπο τοu χρόνου. [4] Άλλα Τόξαρις Σκυ&ιστι προσειπων αuτόν, Ou σό, �φΎJ , 'Ανάχαρσις &ν τυγχάνεις ό Δαυκέτου ; Έδάκρυσεν uφ ' �δον�ς ό 'Ανάχαρσις, δτι και όμόφωνον εuρ�κει τινά, και τοuτον είδότα δστις �ν έν Σκό&αις, και �ρετο, Σu δe πό&εν ο!σ&α �μiΧς, & ξένε ; Και αuτός, �φΎJ , έκε'i.'&έν είμι παρ ' uμων, Τόξαρις το6νομα, ou των έπιφανων, όστε και έγνωσ&αι &ν σοι κατ ' αuτό. Μων, �φΎJ, σu ό Τόξαρις ε!, περι οο έγω �κουσα ός τις Τόξαρις �ρωτι τ�ς ' Ελλάδος άπολιπων και γυνΙΧLΚΙΧ έν Σκυ&ίq. και παιδία νεογνα ο'Cχοιτο ές ΆS·�νας και νuν διατρίβοι κε'i.'&ι τιμώμενος uπο των άρίστων ; 'Εγώ, �φΎJ, έκε'i.'ν 6ς είμι, ε'C τις κάμοu λόγος �τι παρ' uμ'i.'ν. Οuκοuν, 7j δ ' ος ό 'Ανάχαρσις, μαS·ΎJτ�ν σου 'Cσ.θ·ι με γεγενΎJμένον και ζΎJλωτ�ν ' '�, I (> \ , , !11- � τουΝ ερωτος ον ΎJpΙΧσv· ΎJ ς, �uειν τ.},ιιν ' Ελλαuα., και\ καταI γε τΎ)ν εμπορίαν ταότΎJν άποδΎJμ�σας �κω σοι μυρία πα&ων έν το'i.'ς δια μέσου �� '' > L '' C> I Jh 11εγνωστο •ι ο Ύ) πρ�ν ΎJ"λ ιον ουναι, εv·νεσι, και\ ε�>I γε μ.},.ι σοι\ ενιοτυχον, όπίσω αΜ·ις έπt ναuν κατιέναι ο6τως έτεταράγμΎJν ξένα και &γνωστα πάντα όρων. 'Αλλα προς Άκινάκου 14 και Ζαμ6λξιδος 15 , των ΠΙΧ­ τρΦων �μ'i.'ν &εων, σό με, & Τ6ξσφι, παραλοφων ξενάγφον και δε'i.'ξον τα κάλλιστα των Ά&�νφιν, ε!τα και τα έν τ'{j όελλη '.Ελλάδι, νόμων τε τοός άρίστους και άνδρων τοuς βελτίστους και �&'Υ) και > � I / αυτων > \ � > !( / πΙΧνΎJγυρεις και\ β �ον και\ πο λ ιτε�αν, οι CJΙ.Πεp συI τε καγω μετα\ \ � > Ι .}, Ι� ). Cι Ι < �\ Ι I σε τοσαυτΎJν οοον Ύ)Κομεν, .ΚΙΧ� μιι περιιοης CJΙ.V'εα.τον αυτων αναστρεψ οντα. [5 ] τ ουτο ' Τ'" I � , ,, , � μεν, εφΎ) ο οι.,αρις, ΎJΚιστα ερωτικuν ειpΎJΚΙΧς, έπι τας &όρας αuτας έλS·6ντα ο'ίχεσS·αι άπιόντα. Πλ�ν άλλα &άρρει· ou γαρ δεν, ώς φ�ς, άπέλ&οις οuδ' &ν άφείΎJ σε pq.δίως � πόλις οuχ ο6τως όλίγα τα S·έλγΎ)τρα �χει προς τοός ξένους, άλλα μάλα έπιλ�ψετα�/ σου, ως >Ι � > I I I� < Ι � πα.ιοων, εισι, μεγυναικuς ετι μΎ)τε μΎ)τε ειι/ σοι Jh•ιοΎJ ,





,,

,

13. Cfr. nota r r . 14. Acinace e parola persiana e significa « scimitq,rra » . Qui pare che gli Sciti ne avessero fatto una divinita e che le offι·issel'O sacrifici come a Zamo1si. Dal Iupp, trag., 42 risulta invece, come s'e visto (cfr. nota 7), che Zamolsi sarebbe stato i1 dio dei Traci, la Scimitarra i1 dio degli Sciti. rs. Cfr. nota 7 ·

24- [68], 4-5

47

mico 13, vero buon genio, Tossari : prima lo aveva attirato la veste, tipica del suo paese, poi del resto non gli sarebbe stato difficile riconoscere Anacarsi, che era di famiglia nobilis� sima e uno dei primi fra tutti gli Sciti. Ma da che cosa Ana­ carsi avrebbe potuto riconoscere lui, vestito come un greco, ben rasato, privo di cinturone e senza spada, sciolto nella p arola, vero e proprio attico indigeno? Α tal punto i1 tempo lo aveva cambiato. [4] Ma Tossari, rivolgendogli la parola in lingua scitica : « Ν on sei tu per caso - disse - Anacarsi, figlio di Dauceto? ». Anacarsi scoppio in lacrime per la gioia di aver trovato uno che parlava la sua stessa lingua e che per di piu sapeva chi egli fosse fra gli Sciti, e chiese : « Ma tu come fai a conoscermi, ο straniero? ». « Anch'io - rispose l'altro - sono del vostro paese. Ι1 mio nome, Tossari, non e tra i piu in vista, cosi da esserti noto per se solo ». « Non sei tu dunque - riprese Anacarsi - quel Tossari, del quale ho sentito che, lasciata la moglie e i figli neonati in Scizia, per amore della Grecia se n'e andato ad Atene ed ora vive 1i onorato dai piu ragguardevoli cittadini ? ». « Sono io quello - rispose Tossari -, se da voi si parla ancora di me ». « Ebbene sappi - riprese Anacarsi - che io sono divenuto tuo discepolo e ardo del tuo stesso desiderio di vedere la Grecia. Questo e i1 negozio, per i1 quale mi sono messo in viaggio e sono venuto da te dopo aver subito mille traversie fra i popoli che erano sul mio cammino e, se non ti avessi incontrato, avevo gia deciso di tornare a imbarcarmi prima del tramonto del sole : a tal punto mi ero turbato ve­ dendo tutto strano e tutto sconosciuto. Ma ora tu, ο Tossari, in nome degli dei della nostra patria, di Acinace 14 e di Za­ molsi 15, prendimi in tua compagnia e guidandomi fammi ve­ dere quanto c'e di meglio in Atene e poi anche nel resto della Grecia, le leggi piu sagge, gli uomini piu grandi, i costumi, le feste nazionali, i1 modo di vivere e di governarsi, le cose, insomma, per le quali tu, ed io dopo di te, abbiamo fatto tanta strada : non lasciare ch'io riparta senza averle viste >>. [5] « Ben poco amore hai dimostrato - rispose Tossari - dicendo di an­ clartene, dopo essere arrivato proprio alle porte. Ma sta tran­ quillo : non te n'andrai, come dici, ne la citta ti lascera facil­ mente ; non sono cosi pochi gli allettamenti che ha per gli stra­ nieri e prendera tal possesso di te, che non ti ricorderai piu

ΣΙΠ'ΘΗΣ Η ΠΡΟΞΕΝΟΣ

μν�σ-θ·οι t. Ώς �· ?λν τάχιστα. πiiσα.ν taοις τ�ν πόλtν των 'Α-θ·'Υ)νων, μiiλλον �ε τ�ν Ελλάaα. 6λψ και τdι. Έλλ�νων καλά, έγω όπο&·�σο' ' .}, ' ' ' ' , ώς δ Κε'Lός 24 πά.ντα aε πράττειν και λέγειν, &.λλιΧ χρ� πά.ντα μεν κά.λων κινε'Lν , ώς φίλοι �μ'Lν τοιοuτοι γένοιντο· �ν γιΧρ τοu&' δπά.ρξη, ε\Jaια πάντα και πλοuς ο\Jριος και λειοκόμων � &ά.λαττα και δ λψ�ν πλησίον.

23. Ε Bacchilide, il noto poeta melico corale, nipote di Simonide, vissuto dal 5 1 8 al 430 circa a. C. Ι papiri di Ossirinco (la scoperta risale al 1898) ci hanno restituito di lui quattordici epinici e sei ditirambi. Il verso citato da Luciano e il frammento 15, Ι Diehl. 24. Espressione proverbiale indicante, secondo i1 gergo marinaresco, l'affaccendarsi in ogni modo e con ogni mezzo per ottenere uno scopo.

24 [68], Ι Ι

55

degno di riverenza e insomma e questo per noi l'unico bene pubblico, questo e la grande fortuna per tutti. Ebbene, se egli stesso ed il padre ti accogliessero e ti facessero loro amico, tutta la citta sarebbe tua ; essi non hanno da fare che un cenno della mano, nient'altro, e sulla tua sorte non ci sono piu dubbi >>. Tutti, Zeus mi sia testimone - se devo anche giu­ rare -, dicevano questo e, quando gia ne facevo esperienza, mi sembrarono aver detto un infinitesimo della realta. « Sostar non occorre - dunque, ne differire », come dice il poeta di Ceo 23, ma muovere ogni fune 24 e ogni cosa fare e dire, perche simili personaggi mi diventino amici. Se questo si avverera, tutto sara sereno e favorevole la navigazione, liscio il mare, vicino il porto.

25 [59] ΠΩΣ ΔΕΙ ΙΣΤΟΡΙΑΝ ΣΎ'ΓΓΡΑΦΕΙΝ *

COME SI DEVE SCRIVERE LA STORIA

* Ε un trattatello in foι·ma di lettera indirizzata a un certo Filone, per­ sonaggio a noi non altrimenti noto. Luciano, non incline per natura alla com­ posizione di scritti didascalici, fu sollecitato all'impresa dal pullulare di opere storiche ο pseudo-storiche, cui si assistette da quando Lucio Vero, frate11o dell'imperatore Marco Aurelio e da questo associato al trono, assunse il co­ mando supremo della peι·icolosa guerra partica (Ι62-Ι65 d. C.) . Lo scritto si divide nettamente in due parti, fι·a Je quali si colloca a mo' di cerniera i1 § 33 : la prima e la negativa e illustra, ravvivata dalla consueta verve polemica di Luciano, come non si deve scrivere la storia; la seconda e la positiva e con­ tiene ιιna serie di consigli e di avvertimenti clιe, utilizzando la buona cono­ scenza che l'Autore ha di tutta quanta la storiografia greca, insegna come si deve scrivere. Luciano, si sa, e piu efficace demolitore che costruttore e nella prima parte i1 suo spirito caustico trionfa nel faι·e giustizia dei « fiori » di tanti storici maldestri e in mala fede ; nella seconda, ovviamente meno vivace, si possono ammirare di lui il buon senso e l'equilibrio per quanto riguarda la precettistica formale, ma soprattutto l'insistenza nell'invito a salvaguardare quella dignita di uomo Jίbero, grazie a11a quale ]ο storico, non avendo nessuno da compiacere e nulla da guadagnare nel presente, puo fare della sua opera il tucidideo « possesso eterno », La datazione dello scritto non incontra diffi. colta : fu composto dopo Ja vittoria romana di Dura Europos (Ι63 d. C.), come risulta dai §§ 20 e 28, e prima del trionfo finale romano (Ι65 d. C.) , come ristιlta dal § 3 Ι .

[Ι] Άβ3ηρίτα.ις 1 φα.σl Λuσψάχοu 2 ��ΎJ βα.σιλεόοντος έμπεσε�ν ν6σΎJμα., ω κα.λε Φίλων, τοιουτο · πuριττειν μεν γ \ \ '1-1. Ι ι I (i προφανη� τ .},'Jν κολακειαν ει.,εργασασv·αι ου> οι:; γαρ κατα:\ τεχνην αυτο aραν tσασιν ooa' έπισκιάζουσι την &ωπείαν, &.λλ' έμπεσόντες ά&pόα πάντα και &.πί&ανα: και γυμνcΧ: aιεζίασιν. [r2] 'Ώστ' οοΜ τυγχά­ νουσιν ο ο μάλιστα έφίενται . ot γιΧρ έπαινοόμενοι προς αοτων μισοuσι ·

22. Cds'l erano chiamati nell'antica Atene i delatori di professione. Π loro nome era derivato da coloro che un tempo, quando era vietato di esportare fichi dalla citta, denunciavano i trasgressori del divieto (σi3κον = fico ; φοιlνω = = mostro) . 23. Il figlio di Agenor-e, fortissiι:ηo e gigantesco, i cui occhi sparsi per tutto il corpo erano piiι di cento e si chiudevano nel sonno ι:ηeta per volta ( cfr. νο!. Ι, pp. 219 e 26g). 24. Eracle, quando da Eurito, re di Eca!ia, gli fu negata la figlia Iole, benche avesse vinto la gara di tiro con l'arco, il cιιi premio era appunto la nιano della principessa, ιιccise Ifito, il figlio del re, che si era presentato a lui per proporgli di cercare insieme i bιιοi paterni. Ι1 furto di questi, infatti,

25 [59], Ι Ι-!2

6g

volgo e alla massa popolare, ma a coloω che ascolteranno come giudici e anche, per Zeus, come sicofanti 22, ai quali nulla pιιο sfuggire, percM hanno occhi piu acuti di Argo 23 e sparsi per tutto il corpo, e vagliano ogni cosa che si dice alla ma­ niera dei cambiavalute, cosi da gettar via subito le monete false e accettare invece quelle bιιone, legali e perfette nel conio : a questi bisogna gιιardare scrivendo la storia, degli altri non ci si deve curare nemmeno se scoppiassero a furia di elogi. Ma se, non facendo conto di quelli, addolcirai la storia oltre misura con invenzioni, lodi e ogni altro tipo di piaggeria, ben presto la renderai uguale ad Eracle in Lidia 24 : e probabile infatti che tu lo abbia visto dipinto in qualcl1e posto nell'atto di servire Onfale in abbigliamento ben strano per lui, e lei avvolta nella pelle leonina e armata della clava di lui, come se fosse davveiΌ Eracle, lui in camiciola color zafferano e so­ pravveste di porpora intento a cardare la lana sotto i colpi del sandalino di Onfale ; e la scena e ignωninosa, la veste e estranea al corpo e non vi si modella, la virilita del dio e inde­ corosamente effeminata. [π] Ι piu forse approveranno di te anche questo, ma quei pochi, che tu non tieni in considera­ zione, rideranno di gιιsto e fino alla sazieta vedendo l'ibrido, il disarmonico, il framn1entario della cωnposizione. Bella in­ fatti e la natura particolare di cia.scuna parte, ma se tu la cambi di posto, la medesima diventa brutta nel momento dell'uso. Tralascio di dire che le lodi ad uno, forse, riescono gradite, a colui che le riceve, ma agli altri moleste, e soprat­ tutto se contengono iperboli smoderate, coιne quelle che fab­ bricano i piu uccellando la benevolenza di cl1i riceve la lode e insistendo in esse fino a rendere la loro adulazione palese a tutti : evidentemente non sanno farlo a regola d'arte e non velano la piaggeria, ma partono d'impeto e tutto i1 loro rac­ conto e affastellato e scopertamente incredibile. [rz] Cosi non ottengono neppure cio che piu desiderano, poiche coloro che essi lodano, li odiano di piu e li evitano come adulatori - e addebitato da Eurito ad Eracle, aveva fornito al primo il pretesto per rifiutare Io!e all'eroe. Questi, che aveva ucciso senza ragione in un accesso di furore, essendo stato respinta da Euι-ito una sua proposta di ι-isarcimento, fu venduto schiavo, per un periodo di espiazione cl1e duro tre anni, da Ermete ad Onfale, regina della Lidia. Della vita umiliante che Eracle dovette condnrre come schiavo di Onfale parla qui appresso !ο stesso Luciano.

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ΠΩΣ ΔΕΙ ΙΣΤΟΡΙΑΝ ΣΥΓΓΡΑΦΕΙΝ

μiΧλλον καΙ. ά.ποστρέφονται ώς κόλακας, εο ποιοϋντες, καΙ. μάλιστα �ν ά.ν�ρώ�εις τιΧς γνώμας ώσιν. 'Αριστοβοολου 25 μονομαχ(αν γρά.­ ψαντος Άλεξά.ν�ρου καΙ. Πώρου 26, καΙ. ά.ναγνόντος αύτ \ > � � � (-γ>� I > I ' .ι οασπη 27 - ερρι ψ εν επι κεφαλην εν τq_> ποταμq_> τq_> ο�\ε ετΌγχανον � , , \ rl � l �\ ... " , � I κ \ ες το υοωρ επειπων, αι σο; οε ουτως εχρην, ω 'Α ριστό β ου λ ε, τοιαυτα ύπeρ έμοϋ μονομαχοϋντα καΙ. έλέφαντας έν1. ά.κοντ(q_> φονεόοντα. ΚαΙ. �μελλέ γε ο6τως ά.γανακτήσειν δ 'Αλέξαν�ρος, ο ς γε ού�Ε: την τοu &ρχιτέκτονος τόλμαν 'ήνέσχετο, ύποσχομένοu τον "Α&ω ε1κ6να ποιήσειν αύτοϋ καΙ. μετακοσμήσειν το iSρος εις δμοιότητα τοϋ βασι­ λέως, άλλα κόλακα εύ&ος έπιγνοος τον &ν&ρωπον ούκέτ' ού�' ές τα &λλα δμο(ως έχρΊjτο. [Ι3] Ποu το(νυν το τερπνόν έν τοότοις, έκτος ει μή τις κομι�?j ά.νόητος ε'l η, ώς χα(ρειν τα τοιαuτα έπαι­ νοόμενος, ών παρα πό�ας ot �λεγχοι ; 'Ώσπερ ot &μορφοι των ά.ν&ρώ­ πων, καΙ. μά.λιστά. γε τα γόναια το'Lς γραφεϋσι παρακελευόμενα ώς καλλlστας αύτaς γράφειV ' οtονται γaρ &μεινον �ξειν την 15ψιν, �ν ό γραφεος αύτα'Lς έρό-θ·ημά. τε πλε'Lον έπαν&ιση καΙ. το λευκόν έγκατα­ μtξη πολο τ. Τοιοϋτοι των συγγραφόντων ot πολλο( εισι το τήμεpον κα1. το 'L�ιον κα1. το χρειω�ες, ο τι &ν έκ τΊjς tστορ(ας έλπ(σωσι, &εραπεόοντες, οδς μισε'Lσ&αι καλως ε!χεν, ές μέν το παρόν κόλακας προ�ήλους καΙ. ά.τέχνους iSντας, ές τούπιον �ε ίlποπτον τα'Lς ύπερβολα'Lς την ολην πραγματε(αν ά.ποφα(νοντας. Ει �έ τις πά.ντως το τερπνον ήγε'Lται καταμεμ'Lχ&αι aεϊν τ7j tστορ(gι πά.σn, άλλα & σον ά.λη&ε(qι τερπνά. έστιν έν το'Lς &λλοις κά.λλεσι τοu λόγου, ών ά.μελήσαντες ot πολλο1. τιΧ μη�Ε:ν προσήκοντα έπεισκυκλοϋσιν. [r4] 'Εγω �· οδν καΙ. �ιηγήσομαι όπόσα μέμνημαι �ναγχος έν 'Ιων(qι συγγραφέων τινων, καΙ. νη Δια έν 'Aχoctqι πρφην ά.κοόσας τον αύτον τοuτον πόλεμον aιηγουμένωΥ" καΙ. προς Χαρtτων 28 μη�ε1.ς 25. Lo storico detto di Cassandrea dalla citta macedone, nella quale visse da vecchio ; e da vecchio scrisse la sιιa storia di Alessandro, i cui fram­ menti rivelano un particolare interesse per la geografia e l'etnografia. Ebbe fama di storico νeritiero e disinteressato, per cui molto facilmente l'aneddoto riferito qui da Luciano e falso. 26. Ι1 re dell'India che fronteggio Alessandro e da Iui fu sconfitto. 27. Ι1 fiume, l'odierno J elhum, che segnava il confine del regno di Poro e sul quale ί1 re indiano si attesto, pronto alla difesa. Alessandro riusci ad attraversarlo inosservato un poco piu a monte e dopo una battaglia dalla tattica originalissima sbaraglio Poro, che ebbe pero salva la vita e si fece alleato del Macedone.

25 [59], Ι 3-Ι4



fanno bene -, soprattutto se hanno carattere virile. Avendo Aristobulo 25 descritto un duello fra Alessandro e Poro 2σ, e avendo letto ad Alessandro proprio il passo della descrizione - credeva infatti di compiere cosa graqitissima al re attri­ buendogli falsamente alcune prodezze e inventando gesta piu grandi del vero -, questi, affeπato il libro - stavano navigando sul fi.ume Idaspe 27 -, lo fece volare in acqua aggiungendo : I ._,. , '�-' σε ουνΎ)τα:ι α. κα:� δπισχνείτο 3ια:ρρ�3Ύ)ν κα:! σα:φως, έπ! μείζον μeν α:'ίρειν τιΧ �μέτερα:, ι < Ι Ι ' Ι ως β α: ρ βα:ρους κα:τα:πολεμΎ)σειν α:υτος, τους ν κα:ιΙ �ρζα:τό γε τ�ς ίστορία:ς ο!5τως, α:�ηα: &μα: τ�ς του πολέμου ά.ρχ�ς 3ιεζιών- « Ό γιΧρ μια:ρ>. [r5] Cose dί questo ge11ere scήsse costuί. U11 altro, zela11te ίmίtatore di Tucίdide, dίve11uto la copίa il pίu possίbίle perfetta del suo modello, apri l'esordίo a11che lui come quello col suo proprίo nome, u11 esordίo di tutti il piu elega11te, profumato dί tίmo attίco. Vedί u11 po' : « Crepereίo Calpur11ίa11o dί Pompeίopoli scrίsse come ί Partί e ί Roma11i fecero la guerra fra dί loro, e comί11cίo subito qua11do scop­ pίo » 32• Dopo u11 tale esordio perche dίrtί i1 resto : qualί dί­ scorsί politicί te1111e ί11 Arme11ίa ί11troduce11do a parlare propήo l'ί11vίato dί Corcίra 33, ο quale peste scatep.o sui Νίsίbe11ί 34, che 11011 scelsero la parte deί Roma11ί, pre11de11dola a prestίto tutta ί11tera da Tucίdide, escluso il solo Pelasgίco e le Mura 33· Significa che lo storico, cui Luciano sta canzonando, nel suo pro­ posito di iιnitare Tucidide sempre e comunque, aveva riprodotto pedissequa­ mente, introducendo a parlare rappresentanti ufficiali di Roma in Armenia con lo stile e le argomentazioni dell'inviato di Corcira in Atene, la « deme­ goria >> (ο discorso politico ufficiale) pronunciata da quest'ultimo nel 434 a. C. in contraddittorio con l'inviato di Corinto, per ottenere l'appoggio ateniese contro l'attacco imminente degli stessi Corinzii, desiderosi di rivincita dopo la grave sconfitta di Epidamno (Thuc., Ι, 32-36). 34· La citta di Nisibi era adagiata in una fertile pianura sulle sponde del Djagdjag (Mesopotamia) . Ribellatasi ai Romani, fu riconquistata da Lucio Vero nel 162 d. C.

74

ΠΩΣ ΔΕΙ ΙΣ:ΤΟΡΙΑΝ ΣΎ'ΓΓΡΑΦΕΙΝ

λοιμώξαντες >, ΚΙΧG πάλtν έν έτέρcr μέρεt τΎ)ς καλΎ)ς tστορtας « 'Έaεσσα 45 μeν a� ο6τω τοϊς iSπλοtς περtεσμαραγεϊτο και �τοβος �ν και κόναβος &παντα έκε'i:να » , και (( Ό στρατ'Υ)γος έμερμ�ρtζεν φ τρόπcr μάλtστα προσαγάγοt προς το τε'i:χος 46 » . Ε!τα μεταζu οtJτως εότελΎ) ονόματα και a'ΥJμοτtκΟι και πτωχtκΟι πολλΟι παρενεβέβuστο, τό « Έπέστεtλεν δ στρατοπε­ ΜρχΥJς τii) κuρ(cr », και « Ot στραηωταt �γόραζον τΟι έγχρήζοντα », και (( '' Ha'YJ λελοuμένοt περι αότοuς έγίγνοντο >>, και τΟι τοtαuτα· &στε το πρiΧγμα έοtκός ε!ναt τραγcraω τον �τερον μεν πόaα έπ ' έμβάτοu όψψοu βεβΥJκότt, .\Μτερον aε σανΜλcr όποaεaεμένcr. [23] Και μ�ν και ftλλοuς 'L aotς &ν τΟι μeν προοίμtα λαμπρΟι και τραγtκΟι καt είς uπερβολ�ν μακρά. σuγγράφοντας, ώς έλπ(σαt iJ·αuμαστά. �λtκα τΟι μετΟι ταuτα πάντως &κοόσεσ&αt, το σωμα aε αότο το τΎ)ς tστορίας μικρόν τt και &γεννeς έπαγαγόντας, ώς και τοuτο έοtκέναt παtatcr, ε'L ποu 'Έρωτα ε!aες παtζοντα, προσωπε'i:ον Ήρακλέοuς πάμμεγα � ΤtτiΧνος πεptκεtμενον- εό.θ·uς γοuν ot &κοόσαντες έ7ttφ&έγ­ γονταt αότοίς τό, "Ωatνεν �ρος 47• Xp� aε ο!μαt μ� ο6τως, &.λλ' l5μοtα τΟι πάντα και δμόχροα ε!ναt και σuν�aον τ'(j κεφαλγj το &λλο σωμα, ώς μ� χρuσοuν μeν το κράνος ε'L YJ, &ώραζ aε πάνu γελοίος έκ pακων πο&εν � έκ aερμάτων σαπρ&ν σuγκεκαττuμένος και � &σπις otσu·tν'YJ και χοφίν'ΥJ περι ταϊς κν�μαtς. "Βοtς γdφ &ν &φ&όνοuς τ οtοότοu ς συγγραφέας, τοu ' Poaιou κολοσσοu 48 τ�ν κεφαλ�ν ναν­ νώaεt σώματι έπtτt-θ·έντας &λλοuς αδ �μπαλtν &:κέφαλο: τdι σώμα­ τα είσάγοντας, άπροοtμ(αστα και εό&uς έπι των πραγμάτων, ot ΚΙΧG προσεταφtζονταt τον Ξενοφ&ντα οδτως άρξάμενον' (( Δαρεtοu και Παρuσάτιaος πατaες γίγνονταt Μο )) 49, και &λλοuς των πα­ λαιων, οόκ εtaότες ώς auνάμεt τtνΟι προοtμtά έστt λελΥJ&ότα τοuς πολλοός, ώς έν &λλοtς aεCζομεν. [24] Καιτοt ταuτα πάντα φορΥ)τΟι �τt, l5σα � έρμ'Υ)νεtας � τΎ)ς &λλΥJς aιατάζεως άμαρτ�ματά έστt, το aε και περι τοuς τόποuς 45. Capoluogo della provincia di Osroene nella Mesopotamia, oggi OΙ·rhoa. 46. Il testo greco dei due periodi fra virgolette e infarcito di vocaboli tipici del lessico omerico, che ovviamente non e possibile restituire nella tra­ duzione. 47 · Motto proverbiale assai diffuso in Grecia, che si completava : « ... e partorl un topo », In Roωa lo acco1se Fedro dalla tradizione esopica svilup­ pandolo nella notissima favoletta (IV, 23) . Altrettanto noto il verso di Orazio ; Parturiunt montes, nascetur ridiculus mus (Ep. ad Pisones, ν. 139).

48. Gigantesca statua bronzea (pare fosse alta pii:ι di trenta metri), opera di Carete di Lindo (rv sec. a. C.}, pσsta a11'imboccatura (secσndσ una tι·adi­ zione iconografica assai diffusa) ο comunque nell'area del porto di Rodi. Rap-

25 [59]. 23-24

8r

macchina e il muro cadendo grandemente rimbombo '' e an­ cora, in un' altra parte dell' agghindata storia : « Edessa 45 cosi era avvolta dal fragore delle armi e la tutto era strepito e frastuono '' e « 11 condottiero ponderava in qual modo potesse avvicinarsi di piu al muro )) 46 • Poi in mezzo a questi si trovano inzeppati molti vocaboli semplici, popolari, volgari, come : « 11 capo accampamento mando una lettera al principe '' • « Ι sol­ dati compravano il loro fabbisogno )J, « Gia lavati se ne anda­ vano a zonzo J> e altre espressioni simili, sicche la cosa e para­ gonabile ad un attore tragico che con un piede poggi su un coturno, nell'altro calzi un sandalo. [23] Ε altή ancora vedrai che scήvono un proemio splendido, solenne ed esageratamente lungo, al punto che speri di udire senz'altro nel seguito cose stupende, ma il corpo stesso della storia che vi aggiungono e cosi piccolo e modesto, da potersi assomigliare a un bimbo, caso mai tu abbia visto un Amorino giocare, che si metta la maschera enorme di Eracle ο di un Titano : e evidente che subito gli ascoltatori commenteranno : « La montagna aveva i dolori del parto >> 47• Cosi non dev'essere, io penso, ma siano tutte le parti uniformi, omogenee e il resto del corpo propor­ zionato alla testa, in maniera che non abbia ad essere l'elmo d'oro e per contro la corazza rattoppata ridicolmente di stracci d'ogni risma ο di pelli marce, lo scudo di vimini, gli schinieri di pelle porcina. Molti, in realta, ne troverai di storici come questi, che mettono la testa del colosso di Rodi 48 su un corpo di nano ; altri viceversa ti presentano i1 corpo senza testa, privo cioe di proemio e subito in argomento, facendosi seguaci di Senofonte che comincio cosi : « Da Dario e Parisatide na­ scono due figli )) 49, e di altri antichi, ma ignorando che ci sono dei proemii di fatto e non di forma che ai piu sfuggono. Ε cio dimostreremo altrove. [24] Eppure tutti questi, che sono errori di espressione ο di ordinamento di parti, sono ancora sopportabili, ma sbapresentava il dio Elios (il Sole) e, considerata una delle sette meraviglie del mondo, voleva essere segno tangibile della ricchezza e della potenza dell'isola. Fu abbattuta dal terremoto che distrusse la citta di Rodi nel 227 a. C. 49· Trascrizione esatta (salvo due parole invertite nel testo greco, evi­ dentemente citato a memoria) della frase d'apertura dell' ιι Anabasi » di Se­ nofonte.

ΠΩΣ ΔΕΙ ΙΣΤΟΡΙΑΝ ΣΤΓΓΡΑΦΕΙΝ

αύτοος ψεύi3εσ.Sαι, ού παρασά.γγας liO μόνον, άλλα και στα.S·μοος δλους, τίνι τών καλών gοικεν ; Ε!ς γοuν οι5τω p�&ύμως συνήγαγε τα πράγματα, ο�τε Σόρl / Ν '' "' ' λ ωκοτος ' ψuχραν 57 ανα ημ�ν -προσηκοuσαν uσατος ες και\ ouoe;ν 'Πλ ειω i>ιήγησιν, ώς Μαuρ6ς τις t-π-πεuς Μαuσάκας τοιJνομα 6-πο i>ίψοuς ' \ ' Ν ' ' ' 'Πλανωμενος ανα\ τα._\ !!uρη καταλ α.J- β οι Σuροuς τινας των αγροικων, &ριστον -παρατι&εμένοuς, και ΙSτι τι:Χ μeν -πρωτα &κεϊ:νοι φοβη&εϊ:εν αότ6ν, ε!τα μέντοι μα3·6ντες ώς των φίλων ε'Cη κατεi>έζαντο και εtστίασαν- και γάρ τινα τuχε'i:'ν αότων &-ποi>εi>ημηκότα και αότον ές την των Μαόρων, &i>ελφοu αότ(j) &ν τ?j γ'(j στρατευομένου. Μu&οι το μετι:Χ τοuτο μακροι και i>ιηγήσεις, ώς &ηράσειεν αότος &ν τ?j Μα.u­ ροuσί� και ώς �i>οι τοuς έλέφαντας -πολλοuς &ν τ(j) αότ(j) σuννεμομέ­ νοuς και ώς u-πο λέοντος όλίγοu i>ε'i:'ν καταβρω&εί'ΙJ, και ήλίκοuς ίχ&uς έ-πρίατο &ν Καισαρείψ και ό &αuμαστος σuγγραφεuς &φε1.ς τι:Χς &ν Εόρώ-πcμ γιγνομένας σφαγι:Χς τοσαότας και έ-πεΜσεις και

55 · Sia epiteto di Ares, in quanto scortato in battaglia da Enio, la dea della strage, di lui fιglia, moglie ο soι·ella, sia, secondo una tradizione piu re­ cente, nome di un altro dio, fιglio di Ares e di Enio, e sempre il dio della guerra che si invoca. 56. Ε la celebre statua crisoelefantina (ossia lavorata in oro ed avoήo) di Fidia. 57· Se si pensa che ad ogni oratore in tribunale, ο nelle sale di esercita-

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85

naturale per Afranio si sgozzo sul sepolcro di fronte a tutti (ma, Enialio 55 mi ascolti, per uno sproloquio simile avrebbe meritato di n1oήre molto prima) . Quello racconto cl1e tutti i presenti che videro ammirarono ed elogiarono oltremodo Afranio. Ιο lo condannai anche per il resto, per aver ricordato - poco ci mancava - brodini ed ostriche e per aver pianto al ricordo delle focacce dolci, ma lo incolpai soprattutto per esser morto senza aver pήma sgozzato Ιο stoήco e regista del dramn1a. [27] Pur potendo, mio caro, elencarti molti altri stoήci si­ mili a questi, tuttavia, fatta menzione di pochi, passero subito alla seconda mia promessa, ai consigli sul coιne si potι·ebbe scrivere meglio la storia. Infatti ci sono alcuni che tralasciano ο sfiorano i grandi avvenimenti degni di n1emoria, mentre per goffaggine, insensibilita ed ignoranza di quello che si deve dire ο tacere si attardano a sviscerare i piu piccoli con molta insi­ stenza e diligenza, come se qualcuno non vedesse dello Zeus di Olimpia 56 la bellezza nel suo complesso, che e tanta e tale, non la lodasse e non la illustrasse a quanti non la conoscono, ma ammirasse la ήfinitura e la levigatezza dello sgabello, la linea armonica della base spiegando con molta cura tutto questo. [28] Ιο, ad esempio, udii un tale accennare alla batta­ glia di Europo in sette ήghe neppure intere e consumare, in­ vece, venti ο piu misure d'acqua 57 per un racconto insipido e di nessun interesse per noi su un certo cavaliere mauήtano di nome Mausaca che, girovagando per i monti spinto dalla sete, trovo alcuni contadini siή intenti a imbandire la cola­ zione; questi dapprima ne ebbero paura, poi pero, saputo che era amico, lo accolsero e gli diedero da mangiare. Ε infatti uno di loro per caso era stato fuoή in Mauήtania, poiche i1 fratello militava in questa regione. Seguiva un lungo racconto coi particolari che quello in Mauritania s'era dato egli stesso alla caccia e aveva visto molti elefanti pascolare in branco, che poco era mancato fosse mangiato da un leone, che a Ce­ sarea aveva comprato dei pesci enormi. Cosi il mirabile stoήco, tralasciate le stragi impressionanti di Europo, le necessarie zioni retoriche, si concedeva il tempo necessario per lo svuotamento di due clessidre (e le clessidre potevano funzionare ad acqua ο a sabbia) , vale a dire 24 ιninuti circa, si puo calcolare che qui Luciano parli, un ρο ' iperbolicaιnente, di quattro ο piu ore.

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ΠΩΣ ΔΕΙ ΙΣΤΟΡΙΑΝ ΣΥΓΓΡΑΦΕΙΝ

σπονΜ.ς &.ναγκαιας καl φυλακιΧ.ς καl &.ντιφυλακά.ς &χρι βα.θ·είοcς έσπέρας έφειστ�κει όρων Μαλχίωνα τον Σόρον έν Καισαρείqι σκά> ι '1>1 ' 'C I Ι ' I 'C κατε' λα ε, ταχ ωνουμενον' μ'Υ)Ι νυ� ε�1 οε ρους παμμεγε·' σCcεις α��ους β &ν καl συνεaείπνει μετ' αύτοu �a'YJ των σκάρων έσκευασμένων. "Απερ εί μ� ένεγέγραπτο έπψελως τ?) tστορίqι, μεγάλα &ν �με'ις �γνοΎ)κ6τες �μεν, καl � ζΎ)μLΙΧ ' ΡωμΙΧίοις &.φ6ρψος, εi ΜΙΧυσάκας ό Μαuρος aιψων μ� εορε πιε'ιν, &λλ' &aειπνος έπΙΧν�λ&εν έπl το στρατ6πεaον. Καίτοι πόσα &λλα μακρίf) &.ναγκΙΧι6τερα έκιiιν έγιiι νuν παρί'Υ)μι ; Ώς κΙΧl αύλΎ)τρlς �κεν έκ τΥ)ς πλφίον κώμΎJς αύτο'ις καl ώς aωρα &.λλ�λοις &.ντέaοσαν, ό Μαuρος μεν τίf} Μαλχίωνι λ6γχτιν, ό aε τίf) Μαυσάκqι π6ρπ'Υ)ν, καl &λλα πολλά. τοιαuτα τ�ς έπ' Εύρώ­ Π μάχΎ)ς αύτά. a� τα. κεφάλΙΧιΙΧ, Τοιγάρτοι εtκ6τως &ν τις ε'Cποι 1 μ,1,λ βλεπειν, Ι τοιουτους I \ ακαν..:ι·ας ' "' αυτu ' 1 (\ τας αυτους το\ μεν οε τοu τιΧ.ς παρ Ι fl � !(()(.πΙΧντα εωρ()(.κει, � < J. I ορακοντας και\ ουτως εφ'Υ) των ακρι ωστε τους Παρ&υαίων - σΎJμε'ιον aε πλ�&ους τοuτο αύτο'ις χιλίους γα.ρ ο!μαι ό aράκων &γει - ζωντας aράκοντας παμμεγέ&εις ε!ναι γεννωμένους έν τ?) Περσίaι μικρον ύπερ τ�ν ' lβ'Υ)ρLΙΧν 59, τοότους aε τέως μεν έπl Κοντων μεγάλων έκaεaεμένους ύψΎ)λΟUζ αiωρει'σ&αι ΚΙΧ� π6ρρω&εν έπελαυν6ντων aέος έμποιε'i:ν, έν αύτίf) aε τίf) �ργ έπειΜ.ν όμοu 'Cωσι, λuσαντες αύτοuς έπαφι&σι το'i:ς πολεμίοις &μέλει πολλοuς των �μετέρων οfSτω ΚΙΧταπο&�ναι ΚΙΧL όf.λλους, περισπεφΙΧ&έντων αύτο'i:ς, &.ποπνιγΥ)ναι καl συγκλασ.θ·�ναι' ταuτα aε έφεστιiις όρ&ν "' ' "' ' ' σκοπ'Υ)ν. ' ι ' 1 οενορου ' ασφα ' 6 ς, εν υ' ψ'Υ)λ ου� ποιουμενος τ'Υ)ν λε�ι μέντοι απu αυτ Καl εΌ γε έποLΎ)σε μ� όμ6σε χωρ�σας το'i:ς .θ·ΎJpLοις, έπεl ούκ &ν �με'i:ς οfSτω &αυμαστον συγγραφέα νuν ε'Cχομεν καl &.πο χεφος αύ­ τον μεγάλα καl λαμπρ τοότιι:> έργΙΧσάμενον- καl γI ψαι τα.ς Ι Ι \ ' οvσας, επισκω ιστοριας ουτω καλας α' λλα\ του χρ'Υ)σψου �νεκα· 61ς δστις &ν ταυτα ΚΙΧL τα. τοιαυτα φεύγη, πολο μέρος �a'YJ ές το όρ-Θ·ως συγγρά.φειν οοτος προείλ'Υ)φε, μiΧλλον aε όλίγων �τι προσ3εϊται, ε'ί γε ά.λ'Υ).&ι1:ς ι1:κεϊν6 φ'Υ)σιν � 3ιαλεκτική, ώς των &μέσων I Ι >1 .ι > I \ \1> \ το [ 33 ] και\ ο'Υ) 'Υ)< ·ιCιτατερου αρσις το\ ετερον παντως αντεισαγει. χωρ(ον σοι, φαL'ΥJ τις &ν, ά.κριβως ά.νακεκά..&αρται και αt τε &καν3αι, I > I < 1 I ... �\ Ι ' I των lυ.( λλων ερειπια εκκεκομμεναι τα\ οε οποσαι 'Υ)σαν, κοcι\ β ατοι εισι, Jfι3ΊJ έκπεφόρψαι, και ε'ί τι τραχύ, �a'YJ και τουτο λεϊόν έστιν /hστε οtκοΜμει τι �a'YJ ΚΙΧL αύτός, ώς 3ε(ζης ούκ ά.νατρέψαι μόνον το των &λλων γεννά.3ας &ν, άλλά. τι ΚIΧL αύτος έπινο�σαι 3εζιον και 8 ού3εις &ν, ά.λλ' ού3' δ Μωμος 71 μωμήσα.σ.&αι Μναιτο. [34 ] Φ'Υ)μι τοίνυν τον &ριστα ιστορ(αν συγγρά.φοντα. Μο μεν ταυτα κορυφαιότατοc < Cι >I .ι Ι I �I � / ο ιικοv·εν ερμ'Υ)νευτιεχοντα 'Υ)Κειν, συνεσιν τε πολιτικ,,ν και\ ουναμιν κήν, τ�ν μεν &aιaακτόν τι τ�ς φύσεως aωρον, � Μνοcμις Μ πολλ?j τ?j ά.σκήσει και συνεχεϊ τίj) πόν(f) ΚΙΧL ζήλ(f) των ά.ρχα(ων προσγετ , .,. l!υ..τεχνα. και, ουοεν , �, , ,, l αυτα μεν ουν εμου συμβ ου' λου γεν'Υ)μεν'Υ) εστω. � , ' 1 ι � ι , ' 1:' Ν 1 1 οεομενα· ου γαρ συνετους και ο�,εις αποφαινειν τους μ,, παρα' τ'Υ)ς φύσεως τοιούτους φ'Υ)σι τουτο �μϊν το βιβλLον' έπεt πολλου, μiΧλλον aε του ποcντος (&ν> �ν &ζιον, εt μεταπλά.σαι ΚΙΧL μετοcκοσμ�σαι τα. τ'Υ)λικοcυτα �Μνατο � έκ μολύβ3ου χρυσον ά.ποφ�ν11. ι � &ργυρον έκ �



·













66. Probabilmente l'odierna Mangalore, citHι dell'India meridionale sulla costa del Malabar. 67. La regione comρresa fra l'Idaspe (l'attuale Jelhum) e l'Indo. Per gli Ossidraci si veda, ancl1e vol. Ι, Mort. dial., 14, 5 e nota 27. 68. Cronache locali di Atene, che si moltiplicarono nei secoli rv e ΙΙΙ a. C. ed ebbero, nel corso di quest'ultimo secolo, i principali rappresentanti in Fi­ locoro ed Istro. 6g. Cioe « Storie della vittoria sμi Parti >>. 70. Sagalasso era citHι della Pisidia, regione dell'Asia Minore tra Frigia a nord e Panfilia a sud.

25 [59], 3 2 -3 4

chera per lettera da Muziride 66 ο dal paese degli Ossidraci 67• [32] Molte sono le sciocchezze di questo genere, che dicono per mancanza di cultura non vedendo cio che merita di essere visto, ma non riuscendo a esprimerlo adeguatamente nemmeno se lo vedessero, per dare poi concetto a forma a qualunque cosa gli venga, come si dice, sulla lingua anche a sproposito, e riponendo il loro vanto nel nιιmero dei libri e soprattutto nei titoli, che sono anch'essi del tutto ridicoli : « Del Tal dei Tali tanti libri di vittorie partiche >> e ancora : « Primo, secondo libro della Partide >> evidentemente come se fossero di un'At­ tide 68• Un altro con eleganza di gran lunga maggiore intitola : « Storie partoniciche 69 di Demetrio sagalassese 70 ; e questo non per mettere in burla e satireggiare opere storiche cosi belle, ma perche sia utile. Ε infatti chi eviti questi e simili errori si e gia accaparrato la parte maggiore del metodo di una corretta storiografia ο, piuttosto, ha bisogno ancora di poco, se e vero, come vuole i1 principio dialettico, che l'eliminazione di uno di due diretti opposti lo sostituisce automaticamente con l'altro. [33] Ebbene, dira qualcuno, il terreno te lo sei ripulito con scrupolo, spine e rovi, qιιanti ce n'erano, sono stati estirpati, i resti degli altri ingombri sono gia stati portati via ed ogni asperita e spianata : ora sei tu che devi costruire, per dimostrare che sei bravo non solo ad abbattere l'edificio degli altri, ma a creare anche tu qualcosa di intelligente, che nessuno, neppure Momo 71, riesca a criticare. [34] Orbene ίο dico che lo storico di prim'ordine si porta dalla nascita queste due principali qualita : l'intuito politico e la capacita di espres­ sione. Quello e un dono di natura non insegnabile, questa ammettiamo che si accresca col molto esercizio, con l'applica­ zione continna, con l'imitazione degli antichi. Sono dunque qualita, per le quali non si danno regole e che non abbisognano del mio consiglio : questo mio scritto, infatti, non dichiara di rendere intelligenti ed acuti quelli che tali non sono per na­ tura, giacche avrebbe un valore ben grande, anzi infinito, se fosse in grado di trasformare e ricostituire simili realta ο di

7 r . Π dio, il cui nome Herm., 20 e nota r,J ,

significa per l'appunto (( biasimo



Cfr. anche vol.

Ι,

ΠΩΣ ΔΕΙ ΙΣΤΟΡΙΑΝ ΣΥΓΓΡΑΦΕΙΝ

κασσιτέpοu η άπο Κόνωνος τίτοpμον η άπο Λεωτpοφί�οu Μίλωνα. 72 έξεpγάσασ.θ·αι. [35 ] 'Αλλ&. ποu το τΎjς τέχνης καί το τΎjς σuμβοuλΎjς χpήσιμον ; Οuκ ές ποίησιν των προσόντων, άλλ' ές χρΎjσιν αuτων την προσή­ κοuσαν- οίόν η &μέλει καt "Ικκος και ' Ηρό�ικος και Θέων 73 και ε'C ης 1Χλλος γuμνα.στής, οuχ όπόσχοιντο &.ν σοί ποu τον Περ�ίκκαν παραλαβόντες - ει �η οοτός έσην ό τΎjς μητρuιδίς έρα.σ&εις και �ι&. τα.uτα κατεσκληκώς, άλλa μη 'Αντίοχος ό τοu Σελε6κοu 74 άποφα.ίνειν ' Ολuμπιονίκην και Θεόιγένει τ '!-\ ' \ \ 1 1! " .,. μ'Υ) ειπειν uτι ο εV'ριος και μανικuς α.ν'iJ'ρωπος οuτος •ιν' οuοε 'Υ) σuμπασα πόλις των 'Αi!·ψαιων, �ν τ&. έν Σικελιq. 80 κακ&. ίστορ?J και τ�ν ΔΊJμοσ&ένοuς 81 λ�ψιν και τ�ν Νικιοu 82 τελεuτ�ν και ώς έ�ιψων και '

Ν

77 · La traduzione italiana non puo rendere quanto di specifico e di tecnico hanno i due verbi greci, i quali nell'uso militare apparentemente intransitivi, ma in realHι sottintendendo complementi oggetti come « esercito >> ο > e riferiti a soggetti come « comandante >> σ « cavaliere )), indicavano il movimento solidale - nella direzione indicata dal preverbio - del comandante col suo esercito ο del cavaliere ool suo cavallo. 78. La citHι della Calcidica alleata di Atene che, investita nel 349 a. C. da Filippo di Macedonia e debolmente soccorsa dagli Ateniesi nonostante Ie accese esortazioni delle « Olintiche >> di Demostene, fu presa e rasa al suolo nell'estate del 348 a. C. 79 · Ι1 demagogo ateniese che, dopo la morte di Pericle nella famosa peste (429 a. C.) , fu il piu acceso fautore della guerra ad oltranza contro Sparta. Dopo la vittoria ateniese di Sfacteria (425 a. C.) rifiuto un'offerta di pace degli Spartani. Cadde nel 422 a. C. ad Anfipoli, vinto da Brasida, che lascio egli pure la vita nello scontro. Cfr. anche vol. Ι, Tim., nota 2 Ι . 8ο. La spedizione contro Siracusa, caldeggiata da Alcibiade, che, partita trionfalmente da Atene nel 4Ι5 a. C., doveva risolversi in una catastrofe peι· Ie foι·ze ateniesi.

25 [59], 37-38

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rebbe la cetra e il flauto, e saprebbe tutto senza aver im­ parato. Ιη realta nessuna di queste cose farebbe, se ηοη le avesse imparate, ma se qualcuno gliele insegna, puo appren­ derle con la n1assima facilita e metterci le mani da solo. [3 7] Ed ora supponiamo che ci sia stato af.fi.dato un disce­ polo come questo, che ηοη sia tardo a capire e ad esprimersi, abbia occhio penetrante, sia capace di soluzioni pratiche, qιιando ci si affidi a lui, abbia mentalita di soldato, ma anche di cittadino, ed esperienza di capo militare, sia stato, per Zeus, qualclιe volta in un accampamento e abbia visto soldati eser­ citarsi ο disporsi in ordine di battaglia, conosca le armi e le macchine da guerra, sappia che significa « in colonna >> e « di fronte », come si manovrano i reparti di fanteria e quelli di cavalleria, pel"che e in quale senso si dice « muovere fuol"i » ο « muovere intorno » 77, e insomma non sia un sedentario capace solo di credere a cio che gli viene riferito. [38] Ma soprattutto e prima d' ogni altra cosa sia libero nel pensiero e ηοη tema nessuno ne speri nulla, che altrimenti sara simile a quei cattivi giudici, che giudicano a prezzo pro ο contro. Ε ηοη si curi che Filippo sia stato privato di un occhio ad Olinto 78, da Astere, l'arciere an:fipolitano, ma lo presenti tale qual eι·a ; ne che Alessandro poi si crucci per l'uccisione di Clito, crudel­ mente perpetrata du!"ante il banchetto, se vuole darne un I"esoconto obiettivo ; e nenιmeno si lasci impressionare da Cleone 79, potente nell'assemblea e padrone della tribuna, al punto da tacere che era un uomo rovinoso e folle, ne dall'intera citta di Atene, se rievochera il disastro di Sicilia 80, la cattura di Demostene 81 e la :fine di Nicia 82, la sete che sofferseω i 8 1 . Stratego ateniese che ebbe molta parte negli avvenimenti bellici del primo decennio della guerra del Peloponneso e che, inviato nella primavera del 413 a. C. con una flotta a Siracusa per dare nuovo iιnpulso all'assedio, le cui sorti volgevano al peggio, non riuscl ad impedire la disfatta delle forze ateniesi e, fatto prigioniero nell'ottobre dello stesso anno, fu giustiziato dai Siracusani. 82. Stratego ateμiese, dopo la morte di Peι·icle aveva guidato il partito oligarchico, di tendenze moderate, contro il bellicismo dei democratici do­ ιninati da Cleone. Partecipo per Ia sua carica ad impoι·tanti azioni di guerra nel periodo che si concluse nel 42 1 a. C. con la pace fra Atene e Sparta, che da Iui prese i1 nome. Nel 415 a. C. con Alcibiade e Lamaco fu nominato stratego per la spedizione di Sicilia. Tenne il comando, fra esitazioni e incertezze, du· rante tutta la rovinosa campagna, fino alla capitolazione dell'ottobre 413, due giorni dopo la resa di Demostene, e come Deιnostene fu ucciso in pubblico dai Siracusani.

g6

ΠΩΣ ΔΕΙ ΙΣΤΟΡΙΑΝ ΣΥΓΓΡΑΦΕΙΝ

ο!ον το 53ωρ �πινον και ώς έιρονεόοντο πίνοντες οι πολλοί. Ήγ�σε­ ται γά.ρ - δπερ 3ικαιότατον -...,- uπ' οu3ενος των νοuν έχ6ντων αuτος Ι οι\ "' I e ' (\_ tlf: � ' I ' Ι τ�,1ν αιτιαν, ψ τα\ οuστuχως επραχσ'Υ) ε'οειν Υ)οι\ ανο'Υ)τως γεγενΥ)μενΟG ως 3ιΥ)γ�ται· ou γιΧρ ποιψ�ς αuτων, άλλα. μψuτ�ς �ν. 'Ώστε κ&ν κα­ ταναuμαχωνται τότε, οuκ έκε'Lνος δ κατΟGΜων έστί, κ&ν φεόγωσιν, οuκ έκε'Lνος δ 3ιώκων, έκτος εt μ�, ει.Jξασ&αι aέον, παρέλιπεν' έπει ' • ' � ι • ' • ' • cι ι cι αuτα ,1 προς επανορv·ωσασ,ται τοuναντιον ειπων τοι' γε ειι σιωπ'Υ)σας έΜνατο, p�στον �ν ένι καλά.μφ λεπτ!p τον Θοuκu3ί3'Υ)ν &νοιτρέψαι μ€ν το έν τα'Lς Έπιπολοι'Lς 83 παρατείχισμα, κατα3uσαι 3€ τ�ν Έρμοκρά.­ τοuς 84 τρι�ρΎJ και τον κατά.ροιτον Γύλιππον 85 3ιαπε'Lραι μεταξu &ποτειχίζοντα και &ποταφρεύοντα τιΧς δ3ούς, και τέλος Σuρακοu­ σίοuς μεν ές τιΧς λι&οτομίας 86 έμβαλε'Lν, τοuς Μ 'Α&ψαίοuς περι­ πλε'Lν Σικελίαν και 'Ι ταλίαν μετιΧ των πρώτων τοu 'Αλκιβιά.3οu 87 έλπί3ων. 'Αλλ', ο!μαι, τιΧ μεν πραχS·έντα ο Με Κλω&Θ &ν �τι &νακλώ­ σειεν ouaε 'Άτροπος 88 μετατρέψειε. [39] Tou a� σuγγρ ω? έως • ' ,, οuναιτο, �ι !( � τοuτο � ,, !l ι ,, �,1 ' ' Cl ειπειν. επραχv·Υ), εργον αν ο�· οuκ α.χρι αν �;;ν , ως Α φοβ�ται ' ρτοξέρξΎJν ίοιτρος 89 αuτοu Ι > \ φειοομενος � > '1) ε' λεων ό μενος :;)_'I οuσωποuμενος, οuοε '1)'' αισχuν τι νεμων ·�σος ι3 ικαστ�ς, ε\Sνοuς &πασιν &χρι τοu μ� &ατέριr &.πονε�μα.ι πλε�ον , I I !;: I , Ν '1- I ' ,, λ ις, αuτονομος, β ι βλ ιοις c,ενος εν τοLς και\ απο α, βασιτοu οεοντος, λεuτος, οό τι τ�aε :η τ�aε Μξει λογιζόμενος, &.λλιΧ τί πέπρακται λέγων. [42] Ό 13' οον Θοuκuι3tι3'1)ς εό μάλα τοuτ' ένομο.θ·έτφε καt (}ιέκρινεν ά.ρετ�ν και κακtαν σuγγραφικ�ν, όρών μάλιστα &αuμαζό­ μενον τον Ήρό13οτον, &χρι τοu καt Μοόσας 93 Κλ't).θ·�ναι αότοu τα. β ιβλία· κτ�μα γάρ φφι μ iΧλλον ές &.ει σuγγράφειν '\Ίπερ ές το παρ­ ον 94 &.γωνισμα, και μ� το μu&ώ13ες ά.σπάζεσ&αι, &.λλιΧ τ�ν ά.λ�S·ειαν τών γεγενημένων &πολείπειν τοϊς 5στερον. Και έπάγει το χρ�σψον Ν

91. Filosofo cinico, scolaro di Diogene, partecipo in eΗι avanzata quale ufficiale di marina alla spedizione di Alessandro. Fu anche storico dell'im­ pι-esa, ma nella sna opera, considerata snbito poco attendibile, intese soprat­ tutto presentare Alessandro come il monarca ideale senofonteo, che aveva saputo realizzare le aspirazioni cosmopolitiche dei Cinici. 92. Si tratterebbe, secondo Tzetzes, di Aristofane : nell'edizione oxoniense di Aristofane dovuta a Hall e Geldart e il fr. 90! b. 93. La divisione dell'opera erodotea in nove libι·i risale alla grande filo­ logia alessandrina (si paι-la di Aristarco di Samotracia). L 'intitolazione di ogni libro ad una Musa e certo posteriore e Lnciano ne da qni la prima testi­ monianza. 94· Th�ιc., Ι, 22.

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fatti, e i1 solo carattere propήo della stoήa, e se qualcuno si accinge a scriverla, deve sacri:ficare alla sola VeriHι e disin­ teressarsi di ogni altra cosa : insomιna la norma e il metro consistono precisamente nel non badare agli ascoltatori di oggi, ma a coloro che s'intratterranno con l'opera in futuro. Per contω, chiunque rivolgesse la sua attenzione al presente, sa­ rebbe giustamente classificato fra gli adulatori, che la stoήa da tempo, anzi subito in principio, ha respinto come ha fatto la ginnastica con la cosmesi. Α proposito si ricordano queste parole di Alessandro : « Dopo morto, ο Onesicι-ito 91, toωerei volentieri per poco tempo in vita al solo scopo di apprendere come gli uomini allora leggeranno gli avvenimenti di oggi. Se ora 1i elogiano e 1i salutano con entusiasmo non meravi­ gliarti : ciascuno pensa, infatti, di attirarsi con questa non piccola esca la nostra benevolenza ''· Ε in realta ci sono alcuni adesso che credono ad Omero, benche abbia mitizzato la maggior parte delle gesta di Achille, portando come prova essenziale per la dimostrazione della sua veridicita soltanto i1 fatto che scrisse, qnando Achille non era piu tra i vivi ; e cio percM non trovano per quale ragione egli avrebbe mentito. [4 1] Cosi, dunque, dev'essere il mio storico : impavido, incorruttibile, libero, amico della franchezza e della verita, pronto a chiamare, come dice il poeta comico 92, :fico i1 :fico e barca la barca, deciso a non dare per amicizia ne a togliere per odio alcunche, a non avere compassione, vergogna ο ri­ spetto, giudice imparziale, benevolo con tutti, ma non fino al punto da concedere ad una delle dne parti piu di quanto le sia dovuto, straniero nei suoi libή e senza patria, indipendente, a nessun potere soggetto e, senza la preoccupazione di cio che ne pensi questo ο quello, espositore dei fatti accaduti. [42] Tucidide fisso molto bene queste norme e distinse la buona dalla cattiva storiografia vedendo Erodoto ammirato al punto che ai suoi libri fu dato il nome delle Muse 93• Egli dice infatti di scήvere con la sua stωi.a un acquisto per l'eternita piuttosto che un saggio di bravura per il presente 94 e di non far buon viso a1l'elemento fantastico, ma di lasciare ai posteri la veήta degli avvenimenti. Ε introduce il concetto dell'utile e quello che ogni peι-sona assennata potrebbe stabilire come fine della stoήa, che cioe gli uomini, se mai altra volta occorressero le

ΠΩΣ ΔΕΙ ΙΣΤΟΡΙΑΝ ΣΥΓΓΡΑΦΕΙΝ

ΙΟΟ

και θ τέλος &ν τις εο φpονων δπ6&οιτο ιστορίας, 6Jς ε'� ποτε και αο&ις τα δμοια καταλ&βοι, έχοιεν, ψησί, προς τιΧ πpογεγpαμμένα 95 άποβλέποντες εο χp�σ.&αι τοϊ:ς έν ποσί. [43 ] Και τljν μεν γνώμ:ην >I I < Ι Ι ,', Ι �� Ι � σε φωνΊ1ν καιI τ'Υ)ν εχων ο< σuγγpαφεuς Ύ)Κετω μοι, τ'Υ)ν τοιαuτψ τΎJς έpμΎ)νείας tσχόν, τ�ν μεν σφο8pιΧν έκεtν'Υ)ν και κ&pχαρον και σuνεχ� τα'i:ς πεpι68οις και άγκόλΎ)ν ταϊ:ς έπιχεφ�σεσι και τ�ν &λλΎ)ν τ�ς pψοpείας aειν6τψα μ� κομιaη τε.θΎ)γμένος ά.pχέσ&ω τ�ς γpαφ�ς, &λλ' εtpΎJνικώτεpον 8ιακείμενος. Και ό μεν νοuς σόστοιχος �στω και πuκν6ς, � λέξις aε σαφ�ς και πολιτικ�, οtα έπισ'Υ)μ6τατα 8Ύ)­ λοuν το δποκείμενον. [44] Ώς γtΧp τ'{j γνώμη τοu σuγγpαφέως σκοποuς δπε&έμε&α παppΎJσίαν και &λ�S·ειαν, οίίτω 8e και τ'{j φωvyj αuτοu ε!ς σκοπος ό πpωτος, σαφως 8Ύ)λωσαι και φαν6τατα έμφανί­ σαι το πpiΧγμα, μ�τε ά.ποpp�τοις και �ζω π&τοu όν6μασι μ�τε το'i:ς άγοpαίοις τοοτοις και ΚαΠΎ)λικο'i:ς, άλλ' 6Jς μεν τοuς Πολλοuς σuν­ t'i:ν αι, τοuς aε πεπαι8εuμένοuς έπαινέσαι. Και μ�ν και σχ�μασι κεκοσμ�σ.θ·ω άνεπαχ&έσι και το ά.νεπιτ�8εuτον μάλιστα �χοuσιν· έπει το'i:ς κατΎ)pτuμένοις των ζωμων έοικ6τας άποφα(νει τοuς λ6γοuς. [45 ] Και � μεν γνώμΎ) κοινωνείτω και πpοσαπτέσ&ω τι και ποι'Υ)τι­ κ�ς, παρ ' δσον μεγαλΎ)γ6pος και 8ιΎ)pμένΎ) και έκείν'Υ), και μ&λισ.&' όπ6ταν παpατ&ξεσι και μ&χαις και ναuμαχίαις σuμπλέκψαι· 8ε�σει γιΧp τ6τε ποιψικοu τινος άνέμοu έποupι&σοντος τΟ: άκ&τια και , 'Η 1. � ι � , , l( � ' και, επ τ'Υ)ν ναuν. u' ΨΎ)λΎ)ν κuμοιτων σuνοtοισοντος U � ς.\ I � I > ς. Ι ' \:"η γοuμενοις ότερον ε σε ασεκαστ προσεκα.ι\ εφορωντα, ' ) . I ' (\ I > > I '\ ' 1 χαριν η α.πεχιτειαν αφαιχοντα καL οuς εικα.σειεν υ..!(ν τις .ι).•1κιστα πρuς ρήσειν η προσ&1)σειν τοϊς γεγονόσι. Κ&νταu&α 1/-ι�η καt στοχαστικός τις καt σuν&ετικος τοu πι&ανωτέροu �στω. [48 ] Καt &πεLΜν &.θ·pοίση &παντα η τdι πλε'Lστα, πρωτα μεν δπόμνΥ)μά τι σuνuφαι­ νέτω αuτων καl σωμα ποιείτω &καλλες �τι καt &�ιάρ&ρωτον' ε!τα tπι.θ·εLς την τάξιν tπcι.γέτω το κάλλος ΚCI.L χρωννότω τ'{j λέξεL ΚΙΧL σχηματιζέτω καt pu.θ·μLζέτω. [49] Κα! ISλως &οικέτω τότε τ>. Τοuτ', εί σωφρονοL'Υ) ης, όπeρ πάσας τιΧς νuν eλπLaας &ε'Lτο &ν, ο6τως ολι­ γοχρονLοuς ο\5σας. [62 ] Όρ�ς τον Κνιaιον eκε1'νον &.ρχιτέκτονα, ο!ον eποιφεν ; Οtκοaομ�σας γιΧρ τον eπt τ?j Φάρ� πόργον, μέγιστον κα.t κάλλιστον �ργων &πάντων, ώς πuρσεόοιτο &π' αuτοu το1'ς ναuτιλ­ λομένοις eπt πολu τ�ς S·α.λάττΊJς καt μ� κα.ταφέροιντο εtς τ�ν Πα.­ � (\_ � 1 ενuο'1J'εν οικοuομ'Υ)σας &ς φασιν, οοσαν τu Κ I > >. Cosi nemmeno lui guaΓdo al momento ψesente e alla sua poca vita, ma al pΓesente e al futuω, :fino a quando la toπe fosse Γimasta in piedi e fosse duΓata la sua aΓte. [63] Cosi dunque si deve scΓiveΓe anche la stoΓia appog­ giandosi alla veΓita in vista della speΓanza futuΓa piuttosto che all'adulazione col fine di compiaceΓe chi e oggetto delle lodi nel momento pΓesente. Questo peΓ te il pΓincipio noΓmativo di una sto6a equanime. Ε se qualcuno si unifoΓmeΓa ad esso, potΓo diΓe che e andata bene e che ho scΓitto peΓ una necessita ; e se no, ho ωtolato la botte nel CI'aneo.

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ΑΛ ΗΘΟΥΣ ΙΣΤΟΡΙΑΣ * ΛοrοΣ ΠΡΩΤΟΣ

STORIA VERA LIBRO PRIMO

* Questo scritto, in due libι·i, e - come dichiara lo stesso Luciano (§§ r-z) un'opera di evasione, destinata ad alleggeriι·e la tensione mentale di chi sia da troppo tempo in1meι·so in una lettura che lo impegni seriamente. Ma anche Ι' Autore sembra volersi concedere, in un momento di tranquillita, una va­ canza dello spirito e, quasi invidiando tutti gli scrittori, di qualsiasi genere, che hanno narrato fatti e descritto personaggi incredibili, con la pretesa di essere creduti, scatena egli stesso la sua fantasia, ma, almeno, avvertendo i lettori che non devono credergli, perche non racconta nulla di vero. ln realta tuttavia, la prima sollecitazione a scrivere gli e venuta anche in questo caso dalla sua natura polemica. Insomιna, Luciano si diverte anche lui a leggere, soprattutto quando la mente e affaticata, le meraviglie che hanno l'aria di rivelare poeti coιne Omero, storici come Erodoto, romanzieri come Antonio Diogene e tanti altri, ma non puo sopportare che dichiarino solennemente il proposito di dire la pura verita. Ed egli cosl., mentre racconta di viaggi sulla Luna e ira le stelle, clel soggiorno nel ventre di una balena, delle esperienze vissute nell'isola dei Beati ο in quella dei Sogni, mentre descrive oggetti mai visti ed esseri mostruosi, usa ripetutamente le formule, di cui si servono quegli scrittori per garantire la veridicita della loro naπazione e ha cura di fornire le esatte misure di ogni cosa ο persona inventata. Ma e andato anche oltre, e purtroppo la nostra limitatissima conoscenza di opere della letteratura greca in genere e di quella romanzesca del Ι e π secolo d. C. in paι-ticolare, ci impedisce di precisare quanto. Avverte infatti lo stesso Luciano che ogni episodio della sua storia allude ad un poeta ο storico ο filosofo, che ciascun lettore potra ι·iconoscere da se : se anche noi lo potessimo, ma lo possiamo solo parzialmente, la « Storia vera >> l'ironia comίncia col titolo - non ci apparirebbe solo un'opera di evasione, ιna una parodia puntigliosa, con tutti gli eccessi proprii di un temperamento polemico, dell'inteι·a naαativa sto­ riografica ο parastoriografica greca. Ma, forse, il non poter riconoscere ogni volta a quale autore Luciano ha alluso giova ad una lettura piu distesa e peι·mette di abbandonarsi all'onda di uηa fantasia che, non importa qιιale -

[r] 'Ώσπερ τοϊς ά&λψtκοϊς και περι τ�ν των σωμάτων έπιμέ­ λειαν άσχολουμένοις οό της εόεξ(ας μόνον οόδε των γυμνασίων φροντ(ς έστtν, άλλα. και της κατι:Χ καιρον γtνομένΊJς άνέσεως - μέρος ) � Ι e Ι I ) ...., ...., t/ �\ υπο - ουτω γουν τΊJς ασκΊJσεως το\ μεγtστον οΊJ λαμβ ανουσtν αυτ,ιν και τοϊς περι τοuς λόγους έσπουδακόσtν �γοuμαt προσ�κεtν μετιΧ τ�ν πολλ�ν των σπουδαtοτέρων άνάγνωσtν ά.νtέναt τε τ�ν διάνοιαν I ,, , I � τον επεtτα καματον ακμαtοτεραν παρασκευα' ζεtν. [z ] Γ'εκαιI πρuς ' νοtτο δ &ν έμμελ�ς � άνάπαυσtς αότοϊς, εt τοϊς τοtοότοtς των άνα:. γνωσμάτων όμtλοϊεν, & μη μόνον έκ τοu ά:στείου τε και χαρίεντος ψtλην παρέξεt την ψυχαγωγ[αν, άλλά. τtνα και iJ·εωρ(αν οόκ άGμουσον έπtδε:ίξεταt, οί6ν τt και περι τωνδε των συγγραμμάτων φρον�σεtν όπολαμβ&.νω· ού γι:Χρ μόνον το ξένον της όπο&έσεως ούδε το χάρtεν I � , Ν !! I , ψε:υσματα επαγωγuν ου, �· ποtκ (λα τΊJς προαtρεσε:ως ε:σταt αυτοtς u uτt I � I > > !: ι � ' Πtv·ανως τε και εναλΊ)v·ως ε�ενΊ)νοχαμεν, αλλ' οτt και\ των σοt έκ τΎjς άναγνώσεως φανεϊσ&αt �με:λλον, [3 ] ο!ον Κτφίας ό Κτφι6χου 1 ό Κνίδιος, δς συνέγραψε πε:ρι της 'Ινδων χώρας και των παρ ' αύτοϊς &. μ�τε αύτος είδε μ�τε &λλου εtπ6ντος ήκουσεν. 'Έγραψε δΕ: και Ίαμβοuλος 2 περι των έν τ?j μεγάλη &αλάττη πολλι:Χ '



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materiale elabori, possiede ogni mezzo per sviluppare un racconto sempre fresco, colorito, scoppiettante di invenzioni. Si dice oggi che la « Storia vera >> e i1 primo romanzo di fantascienza : ebbene, quanto di propriamente fanta­ scientifico secondo Ja moderna accezione del termine troviamo in essa, i1 « folle volo >> nello spazio, ]ο speochio col quale dalla Luna si vede la Terra, gli occhi smontabili e via dicendo, abbiamo l'impressione, quanto meglio conosciamo Luciano, che sia frutto della sua fantasia, non allusione parodistica a momenti di opere d'altι·i. Ε accaduto che i1 gioco gli ha preso la mano ed egli ha finito per superare !η quelle che chiama menzogne i piu sfrenati « bugiardi >> che hanno illustrato le Jettere greche. Un gioco, questo, che dovette allietare gli ultimi suoi anni : dopo avere scritto i due libri che ci sono pervenuti, egli non pensava affatto di porre fine alla serie delle sue favolose avventure, se con­ cludendo i1 secondo si impegnava a raccontaι·ne di nuove ίη successivi libri .

[r] Come coloro che fanno vita sportiva e si dedicano alla cura del proprio corpo non hanno a cuore soltanto il benessere fisico ο l'allenamento, ma anche la distensione creata al mo­ mento giusto - la ritengono infatti la parte piu importante dell'esercizio -, cosi penso che anche a coloro che sono votati allo studio convenga, dopo la prolungata lettura di opere seήe, distendere la mente e prepararla ad affrontare con piu fresco vigore la fatica di poi. [2] Ma ad essi confacente diverrebbe il ήposo, se lo occupasse la compagnia di letture, che non solo procurassero il puro e semplice diletto deήvante dall'arguzia e dallo spirito, ma anche esibissero non volgaή riflessioni, il che e press'a poco quanto immagino che penseranno di questo scήtto ; ed effettivamente 1i allettera non solo la stranezza dell'argomento ο la lepidezza del proposito ο il fatto che io ho tirato fuoή menzogne di vaήo tipo coi modi persuasivi di chi non mente, ma il fatto che ciascuna delle cose narrate allude non senza forza comica a qualcuno di quegli antichi poeti, storici e filosofi, che hanno raccontato miracoli e favole in quantita e dei quali farei i nomi, se a te medesimo non si ri­ velassero dalla lettura, [3] come ad esempio Ctesia di Cnido, figlio di Ctesioco 1 , che scήsse del paese degli Indi e dei loro costumi, che ne vide egli stesso, ne altri senti illustrare. Anche I ambulo 2 scrisse un cumulo di cose incredibili sui paesi del Dei resto i bί.ografi di Luciano sono quasi unanimi nei ritenere Ia « Storia ve1·a ιι non anteriore ai Ι 8ο d. C., I'anno coi quale ha inizio ii periodo estremo, non sappiamo quanto Iungo, deiia sua vita (cfr., pero, Π, 27). Ι. Cfr . Quoιn. lιist. conscr., § 39 e nota 8g. 2. Sappiamo di Iambulo che visse nei Ι secolo a. C. e che in un racconto fantastico, sui quale ci informa Diodoro Siculo e che ora noi definiamo pre­ romanzo del tipo utopistico (ispirato forse aii'ideoiogia stoica), narro Ie in­ credibili vicende di un viaggio in paesi Iontani abitati da strane creature dai piu bizzarri costumi.

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ΑΛΗΘΟΥΣ ΙΣΤΟΡΙΑΣ , Ι

1 I > [6 ] ' �� ι ιμ πλεοντες πλσυν εκρατυναμην. μεραν μι::lν συν καιI νυκτα ουρ �τι τ�ς γ�ς όποφαινομένης σο σφόi>ρα βια(ως άνηγόμε&α, τη έπιοόση �)Ε: &μα ήλ(φ άνοcτέλλονη 5 τε &νεμος έπεi>(i)ου και το κϋμο: ηοξάνετο και ζόφος έπεγ(γνετο και οοκέτ' ooi>E: στε'i.'λαι τΊjν δ&όνην i>υνικτον Υjν. Έπιτρέψαντες σον τij) πνεόματι και παραΜντες tαυτοος έχειμα­ ζόμε&α ή μέρας έννέα και tβi>ομήκοντα, τη δγi>οηκοστη Ι)Ε: &φνω έκλάμψαντος ήλίου κα&ορώμεν οο πόρρω ν'Υjσον όψηλΊjν και i>ασε'i.'οcν, οό τραχε'i.' περιηχουμένην τij) κόμαη· και γοφ ήi>η το πολο τ�ς ζάλης κατεπέπαυτο 5• Προσσχόντες σον και άποβάντες ώς &ν έκ μα.κρiΧς ταλαιπωρίας ποΜν μΕ:ν έπι τ�ς γ�ς χρόνον έκείμε&α, i>ιαναστάντες i>E: 5μως άπεκρίναμεν ήμών αοτών τριάκοντα μΕ:ν φόλακας τ�ς νεως παραμένειν, ε'Cκοσι i>E: σον έμοι άνελ&ε'i.'ν έπι κατασκοπ?j τών έν τη νήσcμ. [7 ] Προελ&όντες i>E: 5σον σταi>(ους τρε'i.'ς 6 άπο τ� ς &αλάτ­ της i>ι' 6λης δρώμέν ηνα στήλην χαλκοu πεποιημένην, Έλληνικοϊς γράμμασι καταγεγραμμένην, άμυi>ρο'i.'ς i>E: και έκτετριμμένοις, λέγου­ σαν « 'Άχρι τοότων Ήρακλ�ς και Διόνυσος άφίκοντο >>. "Ή ν i>E: και 'Cχνη Μ ο πλησ(ον έπι πέτρας, το μΕ:ν πλε&ρια'i.'ον 7, το i>E: �λαττον­ έμοι i>οκε'i.'ν, το μΕ:ν τοu Διονόσου το μικρότερον, &άτερον i>E: Ήρα­ κλέους 8 • Προσκυνήσαντες i> ' σον προήειμεν· ο6πω i>E: πολΟ παρήειμεν και έφιστάμε&α ποταμij) ο!νον pέονη δμοιότατον μάλιστα ο!όσπερ δ Χϊός έστιν. "Αφ&ονον i>E: 1jν το pεuμα και πολό, &στε ένιαχοu και ναυσ(πορον ε!ναι Μνασ&αι. Έπήει οδν ήμ'i.'ν πολο μάλλον πιστεόειν τij) έπι τ�ς στήλης έπιγράμματι δρώσι τdG σημεία τ�ς Δ ιονόσου έπιi>ημίας. Δόξαν i>έ μοι και 5&εν &ρχεται δ ποταμος καταμα&ε'i.'ν, άνήειν παρdG το pεϋμα, και πηγΊjν μΕ:ν οοi>εμ(αν εδρον αοτοu, πολλdGς i>E: και μεγάλας άμπέλους, πλήρεις βοτρύων, παρdG i>E: τΊjν pιζαν tκάστης άπέρρει σταγων ο'ίνου i>ιο:υγοuς, &φ' i1ν έγ(νετο δ ποταμός. "Ή ν i>E: και ίχ.&·uς έν αοτij) πολλοος ti>ε'i.'ν , ο'ίνcμ μάλιστα και τΊjν χρόαν καl τΊjν γεuσιν προσεοικότοις ήμεϊς γοuν άγρεόσαντες αότών ηνας καl έμφαγόντες έμε&όσ.&·ημεν· &μέλει και άνατεμόντες αοτοος εόρ(σκομεν τρυγος μεστοός. "Υστερον μέντοι έπινοήσαντες τοος όίλλους ίχ&uς, τοος άπο τοu Μα.τος, παρα:μιγνόντες έκεράννυμεν το σφοi>ρον τ�ς οίνοφαγ(ας. [8 ] Τότε i>E: τον ποταμι\ν i>ιαπεράσαντες, �

5· Risulta da Diodoro (II1 55) che ftno a questo punto i1 § segue la falsariga di Iatnbulo. 6. Unita di misura lineare corrispondente a r85 metri. 7 · Un sesto dello stadio, quindi m. 30183. 8 . Ε chiaro qui il riferimento ad Erodoto1 il quale racconta (Π, 82) cl�e gli Sciti tnostι·ano l'impronta del piede di Eracle lungo il fiume τire (l'odierno Dniester) ; senonche parodicamente Luciano esageι·a Ia misura del piede, che pι·esso Erodoto ha la gia rispettabile lunghezza di cm. 90 ciι-ca.

26 [13], 6-8

πg

per una navigazione lunga e pericolosa. [6] Navigamn1o, dunque, per un giorno e una notte col vento propizio, ma non progredimmo gran che e la terra era ancora in vista. Il giorno seguente col sorgere del sole il vento crebbe, le onde ingrossa­ rono e si fece un buio tale che non era nemmeno piu possibile amn1ainare la vela. Cedemmo alle raffιche e ci lasciammo an­ dare restando settantanove giorni in balia dell'uragano; al­ l'ottantesimo, tornato d'improvviso a splendere il sole, ve­ diamo non lontano un'isola alta e selvosa in mezzo al fragore decrescente delle onde : Π colmo della burrasca, infatti, si era gia quietato 5• Approdati e sbarcati, giacemmo a terra per molto tempo come chi esce da un lungo disagio. Ci alzammo ·tuttavia e scegliemmo fra di noi trenta che rimanessero a sor­ vegliare la nave, venti che salissero con me a vedere che cosa c'era nell'isola. [7] C'eravamo inoltrati per una foresta al­ lontanandoci circa tre stadii 6 dal mare, quando vediamo una stele di bronzo con una scritta in caratteri greci, sbiaditi e logorati, che diceva : « Fin qui giunsero Eracle e Dioniso >>. Vicino sulla roccia v'erano due impronte, una di un pletro 7, 1' altra piu piccola : di Dioniso, a mio parere, la piu piccola, l'altra di Eracle 8• Mandato un bacio ήverente, proseguimmo e dopo un breve cammino arrivammo ad un fiume che scorreva vino, un vino in tutto simile a quello di Chio. La corrente era anψia e copiosa, al punto da essere qua e la navigabile� Ci tornava, dunque, molto piu spontaneo credere all'iscrizione della stele, in qιιanto vedevamo i segni del viaggio di Dioniso. Essendomi poi deciso a scoprire donde avesse origine il fiun1e, lo risalii contro corrente, ma invece delle sorgenti trovai molte grandi viti, ricolme di grappoli : accanto a ciascuna radice sgorgava una stilla di vino limpidissimo e da tutte queste in­ sieme era formato il fiume. Si potevano vedere in esso molti pesci, similissimi nel colore e nel sapore al vino. Infatti ne catturammo alcuni e mangiandoli ce ne ubriacammo : nel farli a pezzi, naturalmente, 1i trovammo pieni di feccia. In seguito pero pensammo di mescolare con questi i pesci d'acqua, e cosi temperavamo la robustezza del vino . . . mangiato. [8] Al­ lora, attraversato il fiume dove era guadabile, scoprimmo la

ΑΛΗ Θ ΟΊ'Σ ΙΣΤΟΡΙΑΣ , Ι

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YJ aιαβατος �ν, ε6ρομεν άμπέλων χρ�μα τεράστιον' το μeν γιΧρ άπο τ�ς γ�ς, ό στέλεχος αύτος εύερν�ς και παχός, το aε &νω γυνα�κες �σαν, 5σον έκ των λαγόνων &παντα �χουσαι τέλεια. Τοιαότ'Υ)ν παρ' �μ'!:ν τ�ν Δάψν'Υ)ν γράφου σιν &ρτι τοu 'Απόλλωνα ς καταλαμβάνοντας ,3: '� λαοοι ιισαν άποaενaρουμένψ. Άπο aε των aακτόλων &κρων έζεφόοντο αύτα'!:ς I I καιI μ'Υ)ν > I Ι Ι Ι < ' εκοκαιI τας κεφαλας και μεστοι β. οτρυων. οι κ μων �λιζί τε καt φόλλοις και βότρυσι. Προσελ&όντας aε �μας �σπά­ ζοντό τε και έaεζιοuντο, αt μeν Λόaιον, αt aε 'Ινaικ�ν, αt πλε�σταL aε τ�ν Έλλά.aα φων�ν προ�έμεναι. Και έφίλουν aε �μας το'!:ς στόμα­ σιν ' ό aε φ ιλ'Υ)iJ·εις αύτίκα έμέθυε και παράφορος �ν. Δρέπεσ&αι � I 1:':\. I .$, ετα;,1μιν επεvυμουνμέντοι ούοι:; ποιρε'!:χμιγνυσv·οcι ον τοu(\ καρποu, άλλC\' �λγουν καlουο έβόων άποσπωμέI I Ι ' > Ι Ι < Α τινες των κοιι κοιι νου. ι ρων πλ'Υ)σιάσαντες αύτα'!:ς ούκέτ' άπελόοντο, άλλ' έκ των αLaοίων έaέaεντο· συνεφόοντο γιΧρ καt συνερριζοuντο, καl ηa'Y J αύτο�ς κλάaοι έπεφόκεσαν ot Μκτυλοι καl τοι�ς �λιζι περιπλεκόμενοι 5σον ούaέπω και αύτοl καρποφορ�σειν �μελλον. [g] Καταλιπόντες aε αύτοuς έπt ναuν έφεόγομεν καt το�ς άπολειφ&ε'!:σι aι'Υ)γοόμει\}α έλθ·όντες τά τε &λλα καl των έταίρων τΥ;ν άμπελομιξίαν. Καl a� λαβόντες άμφο­ ρέας τινιΧς και ύaρευσάμενοί τε &μα καl έκ του ποταμοu ΟLνισάμενοι ι�

'ψ οιι οε τα.ς συνv·ΎJΚας β ουλ ομενοV' εγγροι κοιι\ ανοιστΎ)στΎJ' λη ΎJ' λ εκτρινη σαι έν μέσcμ τ(j) άέρι έπι το'i.'ς με&ορiοις. "Ωμοσοιν aε ' Ηλιωτων μεν ΠυρωνιaΎJς κcχι ΘερίτΎJς και Φλόγιος, Σεληνιτων οε Νύκτωρ κοιι Μ�νιος κοιι Πολυλοιμπ�ς >> 34• [ 2 1 ] ΤοιοιότΎJ μεν � είρ�νΎJ έγένετο · εύΜς �ε το τε'Lχος κα&ηρε'i.'το και �μ&ς τοός οιίχμαλώτους ιΧπέ�οσαν. 'Επει �ε άφικόμε&α ές τ�ν Σελ�νΎJν, ύπΎJντiοιζον �μiΧς κοιl ήσπάζοντο μετrk aοικρόeuν or τε έτα'Lροι και ό 'Εν�υμίων αύτός. Και ό μΕ:ν ήζ(ου με(νοιντά με ποιρ' οιύτ(j) κοινωνε'i.'ν τ�ς ιΧποικίοις uπισχνούμενος iJώσεGν προς γάμον τον έαυτοu ποι'i.'iJα • γυνα'Lκες γιΧρ ούκ εtσl ποιρ' οιύτο'i.'ς. Έγω �ε οΜοιμως έ7tει&όμΎJν, άλλ' ήζίουν ιΧποπεμφ&�ναι κάτω ές την .Θ·άλοιτταν. Ώς i>E: �γνω &Μνοιτ ον ον πεi.Θ·ειν, &ποπέμπει �μiΧς έστιάσοις έπτιΧ �μέρ('Ιjς, [22] "Α �ε έν τ(j) μετοιζό i>ιοιτρiβων έν τη Σελ�νη κοιτενόφα καινιΧ καl πα:ρά�οξα, •

34· Ι nomi degli Elioti mostrano cl1iaro il rapporto, rispettivamente, con u σιωκοντες. σι:; πο' λ ις αuτΎ) τοu Πλειάaων καt τοu ' Υάaων 42 ά.έρος, ταπεινοτέρα μέντοι πολu τοu Ζωaιακοu. Άποβάντες aε ?lν&ρωπον μeν ούaένα είJpομεν, λό­ χνοuς aε πολλοuς πεpι&έοντας καt έν τ?J ά.γορ� καt περt τον λιμένα aιατρίβοντας, τοuς μeν μικροuς καt &!σπερ πένψας, όλίγοuς aε των μεγάλων καt auνατων πάνu λαμπροuς καl περιφανε�ς. Οίκ�σεις aε αύτο'Lς καt λuχνεωνες ιaίq, έκάστφ πεποίψτο, καt αύτοt όν6ματα εΙχον, &!σπερ ot &ν3·ρωποι, καt φωνην προ'ίεμένων �κοόομεν, καt ούaeν �μiΧς �aίκοuν, ά.λλa καt έπt ξενίq, έκάλοuV' �με'Lς aε 8μως ' Ν Ν " ι ι � Ι( a ' Ν ετο ' β οuμεv·α, ' ' λ μΎ)σεν. τις Ύ)μων καιΙ οuτε σειπνΎ)σαι εφο οuτε uπνωσαι 'Αρχε'Lα aε: αύτο'Lς έν μέση τ?J πόλε ι πεποίψαι, ε;ν3·α δ ?lρχων αότων aιa νuκτος 8λΎ)ς κά&ψαι όνομαστt καλων �καστοV' 8ς a· &ν μη ι ι ι: ι � ' ζεται ' �l v·αναaι , ' τΎ)ν ' a uπακοuση, τα '' 1 ι > > ο '>'ις εγρα > I ταυτης < Ι απο ημερίf και1 εφ τον ώκεανον ηaη σαφώς έωρwμεν, γην δέ ούδαμοϋ, πλήν γε των έν τij) ά.έρι . και αύται δέ πυρώδεις ηδη και ύπεραυγεϊς έφαντάζοντο. Τ?) δέ τετάρτη περι μεσημβρίαν μαλακwς ένδιΜντος τοϋ πνεύματος ιι � (\ � ό με..:ι·α υοατος ε αυσαμεν,έπι•VC\'αυμασιως υπερηο κα�I υπερεχαφομεν και [30] Ώς δέ τοϋ καt συνιζάνοντος τ-fιν .fJ·άλατταν κατετf.fJ·ημεν. C\ < I I Ι Ι Ι < 'ψ εποιουμε..:ι·α κα� 'Ψ Ν I , I ' I , , απορρι αντες πασαν εκ των ποφοντων ευφpοσυνην ένηχ6με.fJ·α · και γΟ:ρ �τυχε γαλήνη οδσα και ε&στα&οϋν το πέλαγος. Ν � γlγνεσ.fJ·αι πολλάκις ευο�ίf κα�I " Εοικε δέ ά.ρχη κακων uυο μειζόνων � προς το I , I , I I ' Ν ' I β ε' λτιον μετα β οληI · γαρ ημεις μονοcς ημερας εν πλευσ I � � > I \ > \ παν ό και\ νησοuς και\ γαρ αuτοu προς μέρος τ'Υjς &αλάττης. Έπεl aε ηaη έ&ά3ες τ?j 3ιατριβ?j έγενόμε&α, I > < \ � < Ι \ επτα τα\ λαβ ων ζ ον ες των εταφων ε τ u"λην rcάντα βοuλόμενος. Οι.Jπω aε 15λοuς πέντε 3ιελ&ων στα3ίοuς εορον (\ (\ φερομενοu �\ L σε ' (: ou πολU καl ίερον Π οσει3ωνος, ώς ησv·αν έ3ήλοu μεv· ή αέπιγραφή, καl μετΟ>. Α cio risposi io : « Anche noi siamo uomini, ο padre, arrivati di fresco essendo stati inghiottiti l'altro ieri con tutta la nave. Ora ci siamo mossi volendo scoprire come sono le cose in questa foresta, che ci appariva grande e folta. Un dio, come sembra, ci ha guidato, perche ti vedessimo e sapessimo che ηοη siamo noi soli rinchiusi in questo bestione. Ε adesso dicci i tuoi casi, chi sei e come sei entrato qui >>. Ma quegli disse che ηοη avrebbe risposto ne chiesto notizie a noi, prima di averci fatto parte delle cose che aveva, perche fossero i doni ospitali ; cosi ci prese con lui e ci condusse in casa - se l'era costruita autosuffi.ciente, vi aveva approntato dei pa� glieήcci e l'aveva fornita delle altre comodita -, ci imbandi verdure, frutta secca e pesci, ci verso poi anche del vino e,

142

ΑΛΗΘΟΤΣ ΙΣΤΟΡΙΑΣ,

τιΚ έν τ'(j ν�σ� ' '�' ι ιt ' ι Ι ύ μας οι:; μεν 'Υ)< χω' ρ α εστιν' χρ ..\,'I ο< ρ αν uπως ουν'Υ)σομε .cι .τα τοσουτοις ι ' ιt ι ι '1-L " ' ι cι ι ''cι ευ·νεσι μαχεσv·αι και uπως β ιοτευσομεν. Π οσοι οι:;, εφ'Υ)ν εγω, παντες οuτοί ε1σι ; Πλείους, �φ'fJ, των χιλίων. 'Όπλα 3€: τίνα έστιν αύτοϊς ; ΟΜ�ν, έ!φ'Υ), πλ-Υjν τιΧ όστίΧ των 1χS·uων. Ούκοuν, �φ'Υ)V έγώ, &ριστ' &ν έ!χοι �ιιΧ μάχΊJς έλS·είν αύτοϊς &τε οuσιν &νόπλοις αύτοuς ' ' 'I' ' 1 ' κρατ'Υ)σομεν ' β ων ' ' λ ισμενους ' αοεως γε ωπ ει' γαρ αυτων, τον λ οιπον ο1κ1jσομεν. "Ε�οξε ταuτα, και &πελ&όντες έπt ναuν παρεσκευαζόμεS·α. Αtτία 3� τοu πολέμου έ!μελλεν έ!σεσ&αι τοu φόρου � ούκ &πό3οσις, ι " ;J., '�> cι ' 11-' ' ' ' Και' u'Y) •ιο'ΥJ τ'Υ)ς πρου·εσμιας ενεστωσ'Υ)ς. οι< μεν επεμπον α.παιτουντες τον 3ασμόν- ό 3� δπεροπτικως ά.ποκρινάμενος ά.πε�(ωξε τοuς &γγέ­ λους. Πρώτοι οον ot Ψψτόπο3ες και ot Παγουρί�αι χαλεπαίνοντες τi!) Σκιν.ΙJ.άρ

>. 50. Evidente il rapporto con quella sρecie di crostaceo, che anche ηοί chiamiamo paguro. 5 1 . Essendo ψ'ijττα quella che ηοί chiamiamo sogliola, il composto si­ gnifica « esseri dai piedi di sogliola ". =

145

trovaπo i Carciπochiή 48 e i Tiππocefali 49, che haππο stretto fra di loro uπ patto di amicizia e di alleaπza ; la regione di mezzo e abitata dai Paguήdi 50 e dai Psettopodi 51, geπia belli­ cosa e agilissima πella corsa ; la zoπa orieπtale, coπtigua alla bocca, e iπ massima parte deserta, esseπdo battuta dal mare, ma e quella che abito io, pagaπdo ai Psettopodi il tήbuto di ciπqueceπto ostήche. [36] Tale e il paese e voi dovete peπsare come potremo combattere coπtro taπte razze e come sopravvi­ veremo )), εφεσ�α.ν ο εκ ν'ησον τε α.υτ-'Υ)ν τ προς ουι/ ση εν Ι Ι > � κα.ι\ \ > \ κυ β ερν'Υ)τ'Υ)ς' εφειστ'Υ)κει α.υτοις τ'Υ)ν όξέως έκινοuντ-ο &σπερ τιΧ μα.κριΧ των πλοίων. [4r ] Το μεν οον πρωτον Μο � τρε�ς έωρωμεν, 6στερον �ε έφά.νφα.ν δσον έξα.κ6σιοι, κα.Ι. �ια.στά.ντες έπολέμουν κα.Ι. ένα.υμά.χουν. Πολλα.Ι. μεν οον άντίπρψ ροι συν'Υ)ρά.σσοντο άλλ�λα.ις, πολλα.Ι. �ε κα.t έμβλΊJ&ε�σα.ι κα.τεΜοντο, α.ί �ε συμπλεκ6μενα.ι κα.ρτερως �ι'Υ)γωνίζοντο κα.Ι. ού pq.�ίως άπελύοντο · ot γιΧρ έπ/. τ�ς πρqψα.ς πα.ρα.τεταγμένοι π!Χσα.ν έπε�είκνυντο προ&υ­ μία.ν έπιβα.ίνοντες κα.Ι. άνα.ιροuντες' έζώγρει �ε ού�είς. 'Αντl. �ε χεφων σι�ΊJpων πολύπο�α.ς μεγάλους έκ�ε�εμένους άλλ�λοις άπερ­ ρίπτουν, ot �ε περιπλεκ6μενοι τη 6λη κα.τε�χον α.ύτ�ν τ�ν ν1jσον. "Εβα.λλον μέντοι κα./. έτίτρωσκον όστρείοις τε άμα.ξοπλΊJ&έσι κα.Ι. σπ6γγοις πλεSρια.ίοις. [42 ] Ήγε�το �ε των μεν Α!ολοκέντα.υρος, των �ε Θα.λασσοπ6τΊJς 55• κα.Ι. μά.χΊJ αύτο�ς έγεγένψο, ώς έΜκει, λεία.ς �νεκα. · έλέγετο γιΧρ δ Θα.λα.σσοπ6τΊJς πολλιΧς ' "'άγέλα.ς

[ Ι το' \ I ι ι � ι ' τιοu. Μετ' ou' πολ u' σε οφv·α " 1 � > > - > I � \ ' β α•νομεν, I ' uσατος, α' λλα γα' λακτος κα• νΎJσος εν αuτιμ εφαιοuχ ενε νετο λεuκ� πλ�ρΎJς άμπ�λων. "'Ην �ε � ν�σος τuρος μ�γιστος, πάνu σuμπεπΎ)γώς, ώς 5στερον έμφαγ6ντες έμά&ομεν, π�ντε και ε'iκοσι στα�ίων το πεpίμετροV' α[ �e &μπελοι βοτρύων πλ�ρεις, ou μ�ντοι ο!νον, άλλdι: γάλα έξ αuτων άπο&λίβοντες έπίνομεν. ' Ιερον �ε έν μ�ση τη ν�σ άνιμκοΜμψο Γαλατείας 4 τ�ς ΝΎJρΎ)ί�ος, ώς έ��λοu το έπίγραμμα. 'Όσον �· οόν χρόνον έκεί έμείναμεν, 6ψον μεν � γ� και σιτίον uπ�ρχε, ποτον �ε το γάλα το έκ των βοτρύων. Βασι­ λεύειν �ε των χωρίων τούτων έλ�γετο Tuρ � Σαλμων�ως 5 , μετdι: τ�ν έντεu&εν άπαλλαγ�ν ταύτψ παρa τοu Ποσει�ωνος λαβοuσα τ�ν τιμ�ν. [ 4 ] Μείναντες �ε �μ�ρας έν τη ν�σφ π�ντε τη �κτη έξωρμ�­ σαμεν, α6ρας μ�ν τινος παραπεμποuσΎJς, λειοκύμονος �e ο6σΎJς τ�ς &·αλάττΎJς' τη όγΜη �ε �μ�ρqι πλ�οντες οόκ�τι �ια τοu γάλακτος, άλλ' ��ΎJ έν όιλμuρ(j} και κuαν(j} ιJ�ατι, κα&ορωμεν άν-θ·ρώποuς πολ­ λοuς έπι τοu πελάγοuς �ια&έοντας, &παντα �μίν προσεοικ6τας και -



2. Misnra li11eaι·e eqnivale11te a 4 cubiti (cfr. Hist. ver., Ι, 22, 11ota 37), qni11di a m. r,776. 3· Il dio, sempre sco11te11to, del biasimo (per cni cfr. a11che vol. Ι, p. 726, nota r4), che trovava da ridire sn qna11to gli dei facessero. Ι11 qnesto caso Momo pe11sava che i tori, aνe11do le cor11a sotto gli occhi, 11011 dovessero ab­ bassaι·e la testa per attaccare e potessero, di co11segne11za, veder meglio dove dirigere i loro colpi. 4· Galatea, per la qnale si veda Dial. mar., Ι (vol. Ι, pp. 292 segg.) , sim­ boleggiava la bia11ca lnmi11osita del mare di Sicilia, rna qni Lnciano ne fa la dea dell'isola del formaggio e del latte giocando snll'etimologia del nome (yάλα significa Jatte) .

27 [14], 3-4

Ι55

fino alla profondita di trecento orgle 2, tanto che, scesι dalla nave, potevaωo correre sul ghiaccio. Ma poiche il vento per­ sisteva e non riuscivaωo piu a sopportarlo, escogitaωωo un riωedio di questo genere - era stato Scintaro a espriωere i1 parere - : scavata nell' acqua una grossa buca, vi restaωωo trenta giorni accendendo il fuoco e cibandoci di pesci, che tro­ vavaωo scavando. Quando poi i riforniωenti vennero a ωan­ carci, usciωωo all'aperto, estraeωωo la nave dal ghiaccio che la bloccava e, spiegata 1a vela, ci lasciavaωo trascinare scivo­ lando coωe se navigassiωo senza oscillazioni ne scosse. Al qιιinto giorno era gia scoppiato un gran caldo e il ghiaccio si scioglieva trasforωandosi tutto un'altra volta in acqua. [3] Do­ po aver percorso circa trecento stadii approdaωωo in un'iso­ letta deserta, dove ci riforniωωo d'acqua - non ne avevaωo gia piu - e, abbattuti con le frecce due tori selvatici, salpaωωo. Questi tori non avevano le corna sιιlla testa, ωa sotto gli occhi, coωe pretendeva Μοωο 3 • Non ωolto dopo entraωωo in un ωare non d'acqua, ωa di latte, e in esso coωparve un'isola bianca, piena di viti. L'isola era una grandissiωa forωa di cacio ben rassodata, coωe accertaωωo dopo ωangiandone, che ωisurava venticinque stadii di circonferenza. Le viti erano piene di grappoli ; pero schiacciandoli ne ricavaωωo per bere non vino, ωa latte. In ωezzo all'isola era stato innalzato un teωpio, coωe indicava l'iscrizione, alla Nereide Galatea 4• Per tutto il tenψo che ci ferωaωωo qui la terra fu il nostro pane e coωpanatico, il latte dei grappoli la nostra bevanda. Si di­ ceva che su questi luoghi regnasse Ίiro, figlia di Salωoneo 5, la quale aveva ricevuto questo preωio da Posidone, dopo aver abbandonato la casa del padre. [4] Riωasti cinque giorni nell'isola, al sesto togliemωo gli orωeggi : ci accoωpagnava un vento leggero e il ωare era appena increspato. All'ottavo giorno, ωentre navigavaωo in acqua salata e blu, non piu nel latte, vediaωo ωolti uoωini correre sul ωare : soωigliavano in tutto

5 · Anche in questo caso Luciano ha chiamato in causa il mito di τiro {cfr. n.ial. mar., 13 e nota 18, vol. Ι, p. 3 1 8) , immaginando che Posidone la facesse regina di quest'isola in premio di aver accettato il suo amore e avergli generato i gemelli Pelia e Neleo, pel'che ha potuto giocare sul nome dell'eroina : τυρός, infatti, signi:fica formaggio.

ΑΛΗΘ ΟΎΣ ΙΣΤΟΡΙΑΣ,

Π

τα σώματα. και τα μεγέ&η, πλ�ν των ποaων μόνων' τα.uτα. γαρ φέλλινα. ε!χον- &φ ' οΌ aή, ο!μα.ι, και έκα.λοuντο Φελλόποaες 6 • Έ-3·α.υ­ μiζομεν οδν laόντες οο βα.πτιζομένους, &λλ' ύπερέχοντα.ς των κυμά­ των και &aεως όaοιποροuντα.ς. ο ι a� και προσήεσα.ν και ήσπάζοντο �μας Έλληνικ?j φων?j �λεγόν τε εlς Φελλ 1 > Q I I !;:' > >1 Ι (> 8 κ I οιι � "' ως αuτuν εν τα'οει των οικαζ ομενων εστ'f)v·uς . αι "'� αναχv-εντες μεν τέταρτοι. [7] "'Ην aε � μεν πρώτ-η aίκ'Υ) περt Α'Cαντος τοu Τελαμ&νος, ε'Cτε χρ� αότον σuνε�ναι το�ς �ρωσιν εΊτε καt μ� · κατ'Υ)­ γορε�το aε αότοu δτι μεμ�νοι καt έαuτον άποκτάνοι. Τέλος aε πολ­ λ&ν p'Υ)&έντων �γνω δ ' ΡαΜμαν.Sυς, νuν μεν αότον πιόμενον τοu έλλεβόροu 9 παραaο&�ναι Ίπποκράτει τ� Κφιμ ίατρ�, 5στερον aε σωφρον�σαντα μετέχειν τοu σuμποσίοu. [8] Δεuτέρα aε �ν κρίσις έρωτικ� , Θ'Υ)σέως ΚΙΧL Μενελάου 10 περt τ�ς Έλέν'Υ)ς aιαγωνιζομέ­ νων, ποτέριμ χρ� αότ�ν σuνοικε�ν. Καt δ ' ΡαΜμαν.Sυς &δίκασε Μενελάιμ σuνε�ναι αότ�ν &τε καl τοσαuτα πον�σαντι καt κινδuνr:: ό ­ σαντι τοu γάμοu �νεκα · καt γοφ αο τ� Θ'Υ)σε� καt &λλας εlνα.ι γu­ να�κας τ�ν τε Άμαζ6να 11 καt ηΧς τοu Μίνωος &uγατέρας 12, [9] Τρίτ'Υ) a' &aικάσ&'Υ) περt προεaρίας 13 'Αλεζάvaριμ τε τ� Φιλίπποu καt 'Αννίβqι τ� Καρχ'Υ)aονίιμ, καt �δοζε προέχειν δ 'Αλέξανδρος, καt &ρ όνος αότ� έτέ&'Υ) παρ � � < Ι ΚΙΧ�\ τ�,1ν προv·εσμιαν επιο'Υ)μιας επτα. [r rJ μ'Υ)I πλε' ον μ'Υ)νων

8 . Figlio cli Zeus e di Europa, fratello, quindi, di Minosse, e con questo e con Eaco, gia ίη Omero, uno dei t�·e giuclici dell'oltretomba. Ε ce!ebrato dal mito per la sua grande saggezza ed equita e per essere stato l'autore del co­ ' sicldetto codice cretese, primo monumento del diritto ellenico. g. La pianta medicinale usata nell'an.tichita come specifico contro l'epi­ lessia e contro la pazzia. ro. Lnciano ha scelto, per dar vita a qnesta disputa neglί Elisi, dne no­ tissimi eroi del mito, che aspirarono entrambi, �na ίη tempi e sitnazioni diffe­ renti, alla mano di Elena. Teseo la ι·api appena dodicenne, aintato da Piritoo, ιna pωprio peι· la sna eta ancora immatnra la tenne nascosta nel villaggio attico di Afidna affidandola all'amico Afidno e alla propria madre Etι·a. La liberarono poi i di lei fratelli Castore e Pollnce, i Dioscnri. Menelao fιι, piu tardi, ιιηο dei ιnolti principi gι·eci che chiesero ιιfficialmente la mano di Elena al patrigno Tin.dareo (il vero padre di Elena era Zens) ; in qnell'occasione nella qnale egli fιι ί1 favorito, ί1 pretendente ateniese non era piu Teseo, ma Menesteo, che ι·esse Atene ίη assenza e dopo la morte di Teseo. Secondo alcnne fonti, Elena genero a Teseo Ifigenia consegnandola poi ίη Argo, dnrante il viaggio di ritorno nel Peloponneso, alla sorella Clitemnestra. Riconosciιιta come legittima da Agamennone, Ifigenia fιι considerata da tntti figlia cli qne­ st'nltimo e di Clitemnestra.

27 [1 4], 7-1 Ι

Ι 59

Radamanto 8 • Condotti, dunque, davanti a lui, risultammo quarti nell'ordine di coloro che venivano giudicati. [7] Ι1 primo giudizio riguardava Aiace Telamonio, se dovesse stare ο no con gli eroi. Era accusato di essere impazzito e di essersi ucciso. Alla :fine, dopo un lungo dibattimento, Radamanto sentenzio che prima, bevuto dell'elleboro 9, fosse affi.dato ad Ippocrate, il medico di Cos, poi, una volta rinsavito, potesse partecipare al simposio. [8] Il s econdo era il giudizio di una vertenza amorosa : contendendo per Elena Teseo e Menelao 10, con quale dei due ella dovesse vivere, Radaωanto giudico in favore di Men�lao, poiche, per sposarla, aveva affrontato quel bel po' di fatiche e di pericoli ; per Teseo, d'altra parte, c'erano altre donne, 1'Amazzone 11 e le :figlie di Minosse 1 2 • [9] Per terza fu giudicata la questione della proedria 13 fra Alessandro, f1glio di Filippo, e Annibale cartaginese. Fu deciso che il di­ ritto spettava ad Alessandro e gli fu posto il seggio accanto a1 primo Ciro, il persiano. [ro] Poi, quarti, fummo introdotti noi ; ed egli ci chiese come mai ci fosse accaduto di mettere piede ancora vivi sul sacro suolo ; e noi gli raccontammo tutto per :filo e per segno. Cosi, dopo averci fatto allontanare, ri:flette a lungo consultandosi coi suoi con'siglieri sul nostro destino. Lo assisteva nella consultazione insieme con molti altri Aι·i­ stide il Giusto, l'ateniese. Quando gli parve opportuno, pro­ nuncio la sentenza : dell'eccessiva curiosita e dell'abbandono della patria rendessimo conto dopo morti ; per allora restassimo nell'isola un tempo stabilito, in comunione di vita con gli eroi, poi ce ne andassimo. Ε :fisso il termine di scadenza del sog­ g·iorno non oltre i sette mesi. [rr] Dopo di che ci caddero Ι Ι . La regina delle Amazzoni, contro Ie quali Teseo c01nbatte seguendo la spedizione di Eracle, era Ippolita ο, secondo un'altra versione del 1nito, Antiope. Di costei s'innamoro Teseo, la fece sua sposa e la condusse ad Atene. Quando ]e Amazzoni, per punire Teseo, condussero a lΟ!Ό volta una spedi­ zione, la battaglia decisiva ebbe luogo sul coiie ateniese dell' Areopago e Antiope, ο Ippolita, vi lascio la vita combattendo dalla parte di Teseo. 12. Arianna e Fedra, figlie entrambe di Minosse e di Pasifae. Daiia prima, innamoratasi di lui, Teseo fu aiutato, mediante i1 famoso filo, ad uscire dal Labirinto cretese, dopo avervi ucciso il Minotauro. Poi fuggl con lei nell'isola di Nasso; n1a qui la abbandono, per tornare ad Atene. Fedra fu, invece, in un ten1po successivo, Ia seconda moglie di Teseo, che egli sposo dopo la !UO!'te dell'Amazzone (Antiope ο Ippolita che fosse), dalla quale aveva avuto Ip­ polito. 1 3 · Ι1 diritto di occupare, in teatro, la p1·i!na fila di posti.

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ΑΛΗΘΟΥΣ ΙΣΤΟΡΙΑΣ, Π

Τούντεϋ&εν ημ�ν αύτομάτων τών στεφάνων περιρρυέντων &λελόμε&α και ε1ς την πόλ�ν ήγ6με&α καl ε1ς το των Μακάρων συμπόσιον. Αύτη μεν σον ή πόλις πiΧσα χρυση, το aε τε�χος περικειτα� σμαράγ­ a�νον- πόλα� δέ ε1σ�ν έπτά, πiΧσα� μονόξυλο� κ�νναμώμ�νοι 14 • το μέντο� �δαφος της πόλεως καl ή &ντος τοϋ τείχους γη &λεφαντινη· ναοl aε πάντων &εών βηρόλλου λί&ου �κοδομημένο�, καl βωμοl &ν αύτο�ς μέγιστο� μονόλ�,()·ο� &με&όστ�νο�, &φ ' &ν πο�οσσ� τιΧς έκα­ τόμβας. Περι aε την π6λ�ν pε� ποταμος μόρου τοϋ καλλίστου το πλάτος πήχεων έκατον βασ�λ�κων 15 , βά,()·ος aε (πέντε), &στε νε�ν εύμαρώς. ΛουτριΧ δέ &στιν έν αύτο�ς ο!κο� μεγάλο� Μλ�νο�, τ> un'altra persona, ossia poco a destra, significava essere convitato di poco minor riguardo (si veda, per tale disposizione, vo!. Ι, De mero. oσnd., 14 e nota 14) . r8. Citaredo di Locri Epizefirii (presso l'odierna Locri in Calabria), fu noto per la sua rivalita col celebre . Aristone di Reggio, ma soprattutto per la leg­ genda, secondo la quale durante un'esibizione nei giochi pitici - i suoi con· correnti hanno noιni diversi nelle diverse fonti - gli si ruppe una corda della cetra, ma subito una cicala, posatasi sullo strumento, si sostitul col suo canto alla nota venuta meno, permettendo cosi al citaredo di concludere vitto­ riosamente la gara. rg. Citaredo e poeta melico, ossia autore di μeλη, componimenti cantati con l'accompagnamento della cetra (ο del flauto), visse nella ΙΙ meta del VII secolo a. C. Ε nota la leggenda, nata dalla sua bravura di musico, secondo la quale, quando i pirati lo costrinsero a gettarsi in mare dalla nave, fu salvato da un delfino accorso alle note, che dovevano essere le ultime, della sua cetra. Ι1 suo merito maggiore, secondo la tradizione, fu quello di aver cι·eato il co­ siddetto ditirambo ciclico, dal quale, secondo Aristotele, avrebbe tratto ori­ gine la tragedia. zo. Poeta melico monodico, nato a Teo sulle coste dell' Asia Minore, visse nella ΙΙ meta del VI secolo a. C. Segul le orme di Alceo e di Saffo, ma, ionico di oΓigine - e scrisse in dialetto e metri ionici - non ebbe dei poeti di Lesbo l'ardore di sentimento; tuttavia dai frammenti che abbiamo, sui temi simpo-

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e ιι11 belli55imo prato, che i11tOf110 ha U11 bo5CO fitto di alberi di og11i 5pecie, dal quale 5ce11de l'ombra 5ui convitati giace11ti. Letti di fiori 50110 5te5i per loro, me11tre a tavola 5ervo11o i ve11ti e portano ogni co5a ; 5olo non ver5a11o il vino, perche 11on ce 11'e bi5ogno : ci 50110 i11torno gra11di alberi di vetro, del vetro piu tra5pare11te, e frutti di que5ti alberi 5ono coppe di ogni fattura e di ogni grandezza. Qua11do qualcu11o giunge al 5impo5io, colte una ο due di que5te coppe, le mette in tavola, e 5ubito 5i riempio11o di vi11o. Co5i bevo11o e in luogo delle coro11e gli u5ig11oli e gli altri uccelli canori 5ceglie11do col becco i fiori dai prati vici11i li la5cia11o fioccare 5U di loro, me11tre li 5orvolano gorgheggiando. Vengo11o a11che co5par5i di profumi, e il modo e que5to : nuvole de115e, dopo aver a55orbito il pro­ fumo dalle 5orge11ti e dal fiume, 5ί ferma11o 5opra il 5ίηψο5iο e, qua11do i venti appena le premono, piovono u11a 5pecie di 5ottile rugiada. [r5] Α pra11zo poi 50110 i11trattenuti co11 mu5iche e canti ; e 5ί cantano loro 5oprattutto i ver5i di Omero ; e i11fatti egli 5te550 pre5ente e 5e la 5pa55a C011 loro giace11do a tavola poco 5opra Odi55eo 17. Ι cori 5ono formati di giovi11etti e di fa11ciulle : intona11o, e i115ieme conti11uano, il canto Eunomo di Locri 18, Arione di Le5bo 19, A11acreonte 20 e Ste5icoro 21 ; a11che que5to, infatti, vidi pre55o di loro, qua11do gia Ele11a si era riconciliata con lui. Dopo che hanno finito di cantaι-e que5ti, 5ί pre5e11ta un 5econdo coro di cigni, di ro11dini, di u5i­ g11oli. Quando anche loro ha11110 i11iziato il ca11to, allora l'i11siaci ed erotici da luί prediletti, emerge la figura di un poeta spesso vigoroso ed originale, comunque ben lontano dalla grazia leziosa di quei piu taι·di com­ ponimenti giunti a noi col titolo di « Anacreontiche "· z r . Soprannome, che significa « ordinatore di cori », di τisia, poeta melico corale di Imera (in Sicilia) ο, seconclo altri, di Matauro (presso Locri), vissuto fra il vrr e il vr secolo a, C. Nelle sue ampie odi, metricamente sisteιnate sui ritmi ricorrenti della « triade » (articolata in strofe, antistrofe, epodo), narro con taglio e sentimento lirico non solo i miti maggiori, e spesso dandone ver­ sioni diverse da quelle della tradizione epica, ma anche piu umili e meno note leggende locali. Delle odi stesicoree, che possono ben definirsi poemetti epico­ lirici, non possediamo, purtroppo, che scarsi e brevi frammenti. La riconci­ liazione con E!ena, di cui Luciano parla siιbito dopo, si ebbe quando Stesicoro nella sua « Palinodia )) ritratto, apportando al mito un'originale modifica (non Elena stessa, ma il suo fantasma avrebbe segulto Paride a Troia), quanto di lei aveva raccontato attenendosi alla tradizione omerica nel poemetto che a lei si intitolava. Castore e Polluce, i Dioscuri, fratelli di Elena, avevano punito con la cecita il Poeta, reo di aver cantato l'aclulterio della sorella. Con la riconciJiazione, sempre secondo la leggenda, Stesicoro riacquisto la vista.

ΑΑΗΘΟΥΣ ΙΣΤΟΡΙΑΣ, ΙΙ

π&σα 5λ'Υ) έπαυλε� των &νέμων καταρχ6ντων. [r6] Μέγιστον aε ,, "' ' "' ' ' I ' Ν I ! ' σ .), ,1 προς ευcρροσυν'Υ)ν εκε�νο εχουσι· Π 'Υ)γαι εισι συο παρα' το' συμποσιον, � μeν γέλωτος, � aε �aον�ς· έκ τοότων έκατέρας πάντες έν ά:ρχ?) τ�ς εύωχίας πίνουσι και το λο�πον �Μμενοι καt γελώντες aιάγουσι. ' Ν Ν / t/ ' Ν "' ' ' ·ειπειν [ Ι7 ] Β ου' λ ομαι σε και\ των επισ'Υ)μων ουστινας παρ) αυτο �ς έ&εασά.μ'Υ) ν' πάντας μeν τοΟς �μt-0·έους καt τοuς έπl '' Jλιον στρατεο­ σαντας πλ�ν γε τοu Λοκροu Α'Cαντος· έκε�νον aε μόνον έ:φασκον έν τ(j) των &σεβών χώρ I > � > �� > > σικψ, επzιυ,ι εκρατ'ΥJσεν' 'Υ)ν γαρ τις γραψιι� κατ αυτου επεν'Υ)νεγμέν'ΥJ ίJβρεως ύπο Θερσίτου 49 έφ' ο!ς αuτον έν τ?'J ποι�σει �σκωψε, καt ένίκφεν "Ομ'Υ)ρος Όaυσσέως συναγορεύοντος . [2r ] ΚατιΧ aε τοος αuτοος χρόνους άφίκετο ΚΙΧL Πυ&αγ6ρας ό Σάμιος έπτά.κις άλλιχγεtς κα1. έν τοσούτοις ζ�οις βιοτεύσιχς κιχ1. έκτελέσιχς τ�ς ψυχ�ς τaς περι6aους. 'Ήν aε χρυσοuς 5λον το aεζιον �μίτομον 50• Καt έκρί&ΎJ μΕ:ν συμπολιτεύσιχσ.θ·α ι ΙΧUτοϊ:ς, ένεaοιάζετο aε �τι π6τερον � π υv·ιχγορΙΧν (\ 'YJ" Ε>Ιuφορβ ον χρ'Υ)' αυτον ονομιχζειν. ' Ο μεντοι 'Εμπεοοκλ�ς �λ&ε μeν κα1. αuτ6ς, περ ίεφ&ος καt το σώμα 5λον &πτ'Υ)μένος 51 • ou μ�ν παρεaέχ&'Υ) καίτοι πολλιΧ tκετεύων. [22] Προ'C6ντος !)Ε: του χρόνου ένέστ'ΥJ ό άγιi>ν ό παρ' αuτοϊ:ς τιΧ Θανατούσια 52• ' Ηγωνο.θ·έτει aε 'Αχιλλεος το πέμπτον καl ΘΎJ' ' � �, τα' μι:;ν .�. ' αν "' !(λλα μακρον ,, ε,,ι'ΥJ λέγειν' τιχ' οε ουν κεφαυ., τu� ε'' β οομον. σευς λαια των πpιχχ&έντων aι'ΥJγ�σομαι. Πάλψ μeν ένίκφε Κάρανος ό &φ' ' Ηρακλέους 58 '08υσσέα περ1. τοϋ στεφάνου καταγωνισάμενος­ πυγμ� aε 'lσ'YJ έγένετο 'Αρείου 54 τε του Αίγυπτίου, δς έν Koρlν.S·cr '

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a questioni pedantesche, spesso oziose, della quale Luciano espriroe qui la sua condanna, irritato soprattutto dai ragionaroenti sottili, roa grettaroente razio­ nalistici, di cui Aι·istarco si valeva per espungere coroe spurii versi ο interi brani dei due poeroi. 48. Come si sa, l'azione dell'Iliade ha inizio dall'ira di Achille, che, strap­ patagli da Agaroennone l'aroata Briseide, si ι·itira nella sua tenda rifi.utando di corobattere. 49 · Il pitι brutto dei Greci sotto Troia, ed anche il pitι indisciplinato e petulante, rimbrottato aspranιente e bastonato da Odisseo per aver osato, nell'assemblea, attaccare Agamennone (Il., Π, 2 Ι Ι -277) . Luciano ne ha fatto un personaggio del sιιο oltretoτη.ba (si veda vol. Ι, Mσrt. dial., 25 e Quσm. hist. cσnscr., Ι4 e nota 29) . 50. Propriaroente sia in Diogene Laerzio, che ι·iferisce il particolare leg­ gendario (VIII, rr), sia nello stesso Luciano, che Jo utiJizza per ben due volte (Mσrt. dial., 20, 3 e Vit. auct., 6 - si vedano nel vol. Ι le note relative ai due passi -) , si parla di una όoscia d'oro, e solo lo scolio al priroo dei due passi lucianei citati pι·ecisa che e la destra. :Ε possibile che Luciano abbia tenuto presente un'aJtra fonte ο, meglio, abbia lavorato di fantasia estendendo aJ­ l'intera meta destra del corpo di Pitagora il dato che la tradizione liroitava alla coscia destra.

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interrogar1o clήedendo perche mai avesse cominciato il suo poeωa dal1'ira 48, ed egli disse che gli era venuto in me11te se11za averci a:ffatto pe11sato. Ε poi desideravo sapere a11che u11' altra cosa : se avesse scritto 1'0dissea prima dell'Iliade, come soste11go11o i piu ; ma egli 11ego. Che 11eppure era cieco, cosa a11che questa che dico11o di 1ui, 1ο capii subito ; e poiche ci vedeva, 11011 ebbi 11ea11che bisog11o di rivolgergli 1a doma11da. Il che feci per co11tro molte altre volte, qua11do m'accorgevo che era libero : 1ο avvicinavo e gli chiedevo qua1cosa, 1ui ri­ spo11deva a tutto di buo11 grado, specialme11te dopo aver vi11to 1a causa. Tersite 49 i11fatti aveva sporto co11tro di 1ui de11u11cia per oltraggio, perche 1ο aveva messo i11 ridico1o 11e1 suo poema. Ε Omero vi11se grazie alla difesa di Odisseo. [21] Ι11 que1 medesimo tempo arrivo Pitagora di Samo : trasformatosi sette volte e vissuto i11 altretta11ti a11imali, aveva co11c1uso il cic1o delle trasmigrazio11i dell' a11ima. La meta destra de1 suo corpo era tutta d'oro 50• Fu se11te11ziato che ve11isse accolto fra gli a1tri cittadi11i, ma si dubitava a11cora se si dovesse chiamare Pitagora ο Euforbo. Empedoc1e ve1111e a11che 1ui, bruciato e co1 corpo i11terame11te cotto 51 ; pero 11011 fu acco1to 11011osta11te 1e sue molte suppliche. [22] Passo de1 tempo ed ebbero i11izio i giochi che ce1e­ bra11o co1 11ome di Ta11atusie 52• Achille arbitro 1a qui11ta gara, Teseo 1a settima. Sarebbe lu11go parlare di tntto il resto : ri­ feriro sommariame11te 1' esito delle competizio11i. Vi11se 1a 1otta Carano, il pro11ipote di Erac1e 53, che batte Odisseo co11qui­ sta11do 1a coro11a. Ν e1 pugi1ato scesero i11 lizza 1' egizio Areo 54, che e sepo1to a Cori11to, ed Epeo clήude11do 1'i11co11tro i11 5 1 . Anche della fine leggendaria del celebre filosofo agrigentino, vissuto nel ν secolo a. C., Luciano ha fatto cenno altre due volte, in Mσrt. dial., zo, 4 e in Pisc., 2 (cfr, nel vol. Ι anclιe le note relative) , 52. Ossia " giochi dei morti >> dal nome greco della morte, che e .&άνοιτος. 53 · Capostipite, secondo una ricostruzione genealogica attribuita a Teo­ pompo (cfr. Diodoro Siculo, VII, 17), della casa reale di Macedonia. Si ι·i­ cordi che gia Isocrate riconobbe a Filippo !a discendenza da E1;acle (cfr. A d Phil., ro5-I 15). 54- Mentre dell'egizio Areo, grande pugile, non si sa piu di quanto dice qui Luciano - e cioe che si mostrava i1 suo sepolcro a Coι·into -, Epeo e per­ sonaggio doppiamente noto nelJ'epopea omerica : compare nell'Iliade (ΧΧΙΙΙ, 664 segg.) come vincitore della gara di pugίlato indetta nell'ambito dei giochi in onore di Patroc!o, ed e ricordato due volte nell'Odissea (VIII, 493 e ΧΙ, 523) come costruttore del fatale cavallo di legno, gι·azie a! quale i Greci po­ tel'Ono prendeι·e Troia.

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ΑΛΗΘΟΥΣ ΙΣΤΟΡΙΑΣ, ΙΙ

τέ&απται, καl Έπειοu άλλ�λοις σuνελ&6ντων. Παγκρατίοu 55 δε ιΧ&λα οό τί&εται παρ' αότοϊς. Τον μέντοι δρ6μον οόκέτι μέμν'Ι)μαι 5στις ενίΚ"ησε. Ποιψ&ν δε τγj μεν άλΊJ&ει� παριΧ πολU εκράτει "ΟμΊJ­ ρος, ενίκφε δε δμως ' Ησίοδος 5σ, ΤιΧ δε ιΧ-θ-λα �ν &πασι στέφανος πλακεlς εκ πτερών ταωνείων. [23] 'Άρτι δε τοu άγ&νος σuντετελεσμένοu �γγέλλοντο ot εν τc'J) χώρcμ τ&ν ιiσεβ&ν κολαζ6μενοι άπορρ�ζαντες τιΧ δεσμιΧ καl τ�ς φροuριΧς επικρατήσαντες έλαόνειν επι τ�ν ν�σον' �γεϊσ&αι δε αότ&ν Φάλαρίν 57 τε τον 'Ακραγαντϊνον καl Βοόσφιν 58 τον Αtγόπ­ τιον καl Διομfιδην 59 τον Θρ�κα: κα:l τοuς περl Σκε(ρωνα κα:l Π ιτuο­ κάμπτ'Υ)ν 60• Ώς δε ταuτα �κοuσεν ό 'Ραδάμαν&uς, εκτάττει τοuς �ρωας επι τ�ς �·c6νος �γεϊτο δε Θφεός τε καl 'Αχιλλεuς καl Α�ας 61 δ Τελαμώνιος �δ'ΥJ σωφρον&ν • καl σuμμ(ζαντες lμάχοντο καl ενίκ'Υ)σαν ot �ρωες Άχιλλέως τιΧ πλεϊστα κατορ&ώσαντος. Ήρίστεuσε δε καl Σωκράτ'Υ)ς lπl τc'J} δεζιc'J} ταχ&εlς πολU μiΧλλον η 5τε ζί;}ν επι ΔΊJλίcμ 62 έμάχετο. Προσι6ντων γιΧρ τεττάρων πολεμίων οόκ �φuγε και το πρόσωπον &τρεπτος �ν' εφ' ο!ς καl 6στερον έζηρέ&ΊJ 55 · La cc lotta libera )) degli antichi : all'impegno di tutte le possibilita tutto e di κpά.τος = fisiche dell'atleta allude i1 nome stesso, composto di παν = forza. 56. Luciano si e rifatto, per questa vittoria - ingiusta ai sιωi occhi - di Esiodo su Omero, ad una tradizione assai antica, che risale probabilmente alla scuola di Esiodo e che costituisce i1 nucleo di un trattatello biografico, rielaboι-ato in eta adrianea, giunto fino a noi col titolo di cc Certame di Omero e di Esiodo ». 57· Tiranno di Agrigento appartenente con pieno titolo a quella schiera di Siculi tyranni, che divennero nei classici sinonimo di raffinati torturatori. Falaride, aggiudicatasi Ia costruzione del tempio di Zeus nella cittadella di Agrigento, vi si trincero e, trasformati i lavoratori in soldati, s'impadronl del potere, che conservo dal 5.7ο al 555 a. C. Il pίu celebre strumento di sup­ plizio, di cui si compiacque Falaride, fu un toro di bronzό, nel cui corpo cavo egli introduceva la vittima. Poi vi accendeva sotto un fuoco e le urla del mal­ capitato, quando i1 metallo si arroventava, gli giungevano alle orecchie come muggiti di un toro. Ι1 primo ad esperimentare la tortura fu, per volere del tiranno, Perillo, l'artefice che l'aveva ideata e realizzata. Ai rapporti di Fa­ laride con l'oracolo del:fico Luciano dedico uno scritto so:fistico in due paι·ti (cc Falaride Ι » e cc Falaride Π ))) , che si puo leggere in questo volume. 58. Altro tiranno, questa volta mitologico, celebre per le sue nefandezze, Di origine libica, figlio di Posidone e di Libia, fondo una citta in Egitto, alla quale diede i1 suo nome, diventandone i1 signore. Quando per una sterilita dei campi, che durava da nove anni, l'Egitto si trovo allo stremo, Busiride accetto i1 consiglio di Tι·asio, un indovino che veniva da Cipro, secondo i1 quale la carestia sarebbe cessata, se egli avesse promesso di sacri:ficare a Zeus ogni anno uno straniero capitato nel suo paese. Busiride comincio proprio da 'frasio e poi continuo con tutti gli stranieri di passaggio, fino a quando - se­ condo una versίone del mito, da alcuni, fra i quali Isocrate (Busiris, 36 seg.), non condivisa per ragioni cronologiche - fu ucciso da Eracle. =

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parita. Per il pancrazio 55 non mettono premι ιη palio. La corsa non mi ricordo piu chi la vinse. F:ra i poeti in realta il migliore di graη lunga era Omero, tuttavia vinse Esiodo 56• In tutte le gare il premio era una corona intrecciata di penne di pavone. [23] Ι giochi erano appena terminati, quando fu annun­ ciato che coloro che espiavano nel luogo degli empii, spezzate le catene e avuta la meglio sulle guardie, movevano contro l'isola : li comandavano Falaride agrigentino 57, Busiride egi­ zio 58, Diωnede trace 59, Scirone e il Pitiocampte coi loro vi­ cini Go, Radamanto, non appena udi la cosa, schiero gli eroi sul lido : 1i comandavano Teseo, Achille e Aiace Telamonio, ormai rinsavito 61• Si scontrarono e si batterono. Vinsero gli eroi e fu Achille che contribui maggiormente al successo. Si distinse anche Socrate, che era stato assegnato all'ala destra, e molto di piu che a Delio 62, quand'era vivo. Infatti, assalito da quattro nemici, .non fuggl e resto impassibile ; per questo piu tardi gli fu riservato come premio del suo valore un ameno 59 · Mitico re dei Bistoni, popolazione. trace, figlio di Ares θ di Pirene. Irrispettoso degli ospiti, come Busiride, nutriva le sue quattro cavalle con la carne dei forestieri, ma anch'egli clovette fare i conti ·con Eracle ; e in questo caso il mito non presenta varianti, perche l'uccisionθ di Diomede e la conquista delle sue cavalle costituiscono una delle dodici ben note fatiche dell'eroe dorico. 6ο. Sia Scirone che Sini (il cui sopωnnome Pίtiocamptθ significa « pie­ gatore di pini ») appartenevano a quello stuolo di forzuti e spietati briganti, che infestavano la via dell'Istmo θ di cui fece giustizia sommaria Teseo (si veda la nota 43) . Scirone, figlio di Posidone, ο di Pelope, costringeva i viandanti a lavargli i piedi e, quando erano inginocchiati, 1i scagliava con un grai:ι calcio in mare ; Sini, figlio di Posidone, soleva piegare due alti pini (donde il sopran­ nome) e legare alle due cime lo sventurato passante, lasciando poi che gli alberi tornassero in posizione normale provocandone lo squartamento. Talora piegava un solo piηo e trasformava la vittiιna nel proiθttilθ di uηa gigantesca catapulta. Teseo 1i uccise applicando a ciascuno il supplizio, che aveva messo in opera a danno di tanti innocenti. Anche nel Bis accusatus, 8, Luciano ac­ comuna iιι un'unica citazione Falaride e Busiride coi due briganti doll'Istmo. 6r. Secondo la piu nota versione dθl mito, drammatizzata nell'ιι Aiace » di Sofocle, 1' eroe di Salamina - era figlio di Telamone, re di q uest'isola -, secondo per valorθ soltanto ad Achille, impazzl, e si suicido per la vergogna di aver fatto strage di pecore, anziche di Greci, in un accesso di follia, essen­ dogli state negate lθ armί di Achille, chθ anclarono invecθ per l'intervθnto di Agamennone a Odisseo (cfr, Quom. hist. conscr., nota 54). 62. Durantθ il ripiegamento dal santuario di Apollo Delio (presso Ta­ nagra, in Beozia) le forze ateniesi verso la fine del 424 a. C. subirono una dura sconfitta ad opera deί Beoti (cfr, Thuc., IV, 96 seg.). Qui Luciano allude al beιι noto passo del ιι Simposio » platonico (22r Α-Β) , dove Alcibiade elogia il comportamento coraggioso di Socrate, che peraltro giovo soltanto alla sua salvezza personale, poiche l'esercito era ormai sbandato.

Ι74

ΑΛΗ ΘΟΤΣ ΙΣΤΟΡΙΑΣ,

ΙΙ

α:όΊ"ίi) &ρ ιστε'i.'ον, κα:λ6ς τε κα:t μέγιστος πα:ράaεισος έν τίj) προα:στε((j), �ν&α: κα:t συγκα:λων τοuς έτα:(ρους aιεΜγετο Νεκρα:κα:aημ(α:ν 63 τον τόπον προσα:γορεύσα:ς. [24] Συλλα:βόντες ο ον τοuς νενικημένους κα:t aήσα:ντες αΌ&ις &πέπεμψα:ν �τι μiΧλλον κολασ.θ·ησομένους. 'Έγραψε aε καt τα:ύτην την μάχην 'Όμηρος κα:t &πιόντι μοι έ!aωκε τιΧ βιβλ(α: κομ(ζειν το'i.'ς πα:ρ ' ήμ'i.'ν &ν&ρώποις' &λλ' δστερον κα:t ταuτα μετιΧ των &λλων &πωλέσαμεν. "Ήν aε ή &ρχη τοu ποιήματος α:δτη, Νuν aέ μοι έ!ννεπε, Μοuσα:, μάχην νεκύων ήρώων. 1 I !i .,\, κατορV'ωσωσιν, επινικια κα:ιI εορτ,1ν τον Τότε a' οον κυάμους έψήσα:ντες, &σπερ πα:ρ' α:ότο'i.'ς νόμος έπειΜν Ι � ι ι ειστιωντο τα:\ > με,. πο' λεμον γάλην fιγοV' μόνος aε ταύτης οό μετε'i.'χε Πυ&αγόρα:ς, &λλ' &σιτος πόρρω έκα:.θ·έζετο μυσαττόμενος την κυα:μοφα:γ(α:ν. [25 ] '' Ηaη ae μηνων �ξ aιεληλυ.θ·ότων περt μεσοuντα τον �βaομον νεώτερα συν(στατο πράγμα:τα· δ Κινύρας δ του Σκιν.θ·άρου παϊ:ς μέγα:ς τε &ν κoct κα:λος �ρα: πολuν �aη χρόνον τΊjς Έλένης, κα:t α:5τη -� /!. � νεα:νισκον' aε τονση πολλάκις i::' οόκ &φα:νης ι;;.!_π ην έπιμα:νως &γα:πωσα: uΙ(λ uπο εc,α:νιστα:μενοι �;;ρ ωγοuν κα:t aιένευον &λλήλοις έν τίj) συμποσι(j) κα:t προ\Jπινον κoct μόνοι \ > � περι\ την ην. κα:ι\ λ α:νωντο ποτε \ του� τος κα:t τΊjς &μηχα:ν(α:ς έβουλεύσα:το δ Κινύρας ά.ρπάσα:ς την Έλένην - έaόκει aε κ&κεινη τα:uτα: - οrχεσ.θ·α:ι &πιόντας έ!ς τινα των έπι­ κειμένων νήσων, ήτοι ές την Φελλω η ές την Τυρόεσσα:ν 64, Συνω­ μότα:ς aε πάλα:ι προσειλήφεσαν τρε'i.'ς των έτα:(ρων των έμων τοuς &ρα:συτάτους. τφ μέντοι πα:τρt τα:uτα: οόκ έμήνυσεν' �πιστατο γιΧp ύπ' α:ότοu κωλυ.θ·ησόμενος. Ώς aε έaόκει α:ότο'i.'ς, έτέλουν την έπι­ βουλήν. Koct έπειaη νuξ έγένετο - έγω μΕ:ν οό πα:ρήμην· έτύγχοcνον γιΧρ έν τίj) συμποσι(j) κοιμώμενος - οί aε επει λα:.θ-όντες .,\, I .,\, &λλους fl τοuς ,1ν ,1ν εμα:V'ε &να:λα:βόντες την Έλένην όπο σπουaης &νήχ&ησα:ν. [26] Περl aε , το\ μεσονυκτιον α:νεγρομενος ο' Μενε' λα:ος, , τ ευν �\ κενην τΊjς γυναικός, �ει κα:-σ(\ βοήν οροιν τε �στη κα:t τονυ..�-π&aελφον ση εχουσα:ν' πα:ρα:λα:βων προς τον βασιλέα: τον 'ΡαΜμα:ν&υν. Ή μέρα:ς aε όποφα:ινούσης \ Ν � ε''λεγον οι σκοποι\ εμβ ιτην να:υν πολυ' ουτω βάσα:ς δ 'Ρα:Μμα:ν.θ·υς πεντήκοντα: των ήρώων εtς να:uν μονόξυλον &σφοaελ(νην παρήγγειλε aιώκειν' οί aε όπο προ&υμ(ας έλαύνοντες I

I

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>. Le due denonιinazioni indicano dunque chiara­ nιente la materia, di cui ciascuna isola e fatta. =

27 [14],. 24-26

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e grandissi:ωo parco alle porte della citHι, dove fra l'altro riuniva i co:ωpagni per i suoi dialoghi chia:ωando il luogo Necraccade:ωia 63 • [24] Catturati i vinti, li incatenarono e li rinviarono alla loro sede, perche fossero puniti ancora pιu dura:ωente. O:ωero descrisse questa battaglia e, quando :ωe n'andai, :ωi diede da poι·tare i libή fl'a noi vivi ; ma poi con le altre cose perdemmo anche quelli. L' esordio del poema era il seguente : Dimmi ora, ο Musa, degli eroi defunti la pugna.

In quell'occasione, cotte le fave - come e loro usanza quando hanno vinto una guerra -, imbandirono il convito della vittoria e celebrarono una grande festa. Non vi partecipo il solo Pi­ tagora, che sedeva in disparte digiuno detestando di mangiare le fave. [25] Passati ormai sei mesi, a meHι. del settimo scoppio un disordine. Cinira, il figlio di Scintaro, bello ed aitante, era da tempo innamorato di Elena e anche costei non nascondeva di arhare follemente il giovinetto. Spesso infatti durante il sim­ posio si scambiavano cenni e brindisi, e alzandosi essi soli passeggiavano per il bosco. Una volta infine, spinto dall'amor� e dalla disperazione, Cinira - ma era d' accordo anche Elena decise di rapirla e andarsene in una delle isole vicine, a Fello Tiroessa 64• Da tempo avevano associato a11a congiura tre ο a dei piiι arditi dei miei compagni. Di tutto que�to pero non disse nulla al padre, perchθ sapeva che glielo avrebbe impedito. Ε diedero esecuzione al complotto com'era piaciuto loro. Quando venne la notte ίο non c'ero, perche caso volle che stessi dor­ mendo nel luogo del simposio -, quelli presero Elena di sop­ piatto e in gran fretta salparono. [26] Intorno a mezzanotte Menelao si sveglio e, quando s'accorse che la moglie non era a letto, levo un grido e, preso con se il fratello, corse dal re Radamanto. Alle prime luci le vedette dissero di avere avvi­ stato la nave gia molto lontana. Fu cosi che Radamanto, iιn­ barcati cinquanta eroi su un'imbarcazione scavata in un'unico tronco di asfodelo, ordino l'inseguimento ; e quelli, vogando -

ΑΛΗΘ Ο 'Χ'Σ ΙΣΤ Ο ΡΙΑΣ, ΙΙ

' ' καταλαμβ ανουσιν ' ' \ περι\ μεσ'Υ)μ βριαν αυτους ες γαλ �κεανον έμβαίνοντας πλ'Υ)σίον τ�ς ΤυροέσσΎ)ς' παριΧ τοσοϋτον �λ&ον 3ια3ρiΧναι· και &να3ΎJσάμενοι τ�ν ναϋν άλόσει pο3ίνη κατέπλεον. ' Η μεν οον ΈλένΎJ έΜκρυέ τε και fισχόνετο και ένεκαλόπτετο, τοuς ΒΕ: &μφι τον Κινόραν άνακρίνας πρότερον ό ' Ρα.Μμαν&υς, ε'ί τινες και CJ.λλοι αότο'Lς συνίσασtν, &ς οό3ένα ε!πον, έκ τών αί3οίων 3�σα.ς 1 l( '" v.ρτι πρότερον τuν ακτωο'Υ) &πέπεμψεν ές τον των άσεβών χώρον μαλάχη μαστιγω­ &έντας. [27] 'ΕψΎ)φίσαντο 3ε και �μiΧς έμπρο-9·έσμους έκπέμπειν έκ τ�ς ν�σου τ�ν έπιοϋσαν �μtραν μόνΎ)ν έπιμε(ναντας. Ένταϋ&α 8� έγc� έποτνιώμ'Υ)ν τε και έΜκρυον στα �μελλον άγα.Θ·ιΧ καταλιπων αΟ&ις πλανΎJS·�σεσ&αι. Αότοt μέντοι παρεμυ.Θ·οϋντο Μγοντες οό πολλών έτών άφίξεσ&αι πάλιν &ς αότοός, καί μοι �3ΎJ .Θ·ρόνον τε και κλισίαν ές τοόπιον �πε3είκνυσαν πλΎJσίον τών &ρίστων. Έγω 3ε προσελ.Θ·ων τ(i) ' Ρα3αμάν&υι πολλιΧ tκέτευον είπε'Lν τιΧ μέλλοντα και δπο3ε'Lξαί μοι τον πλοϋν. Ό 3ε �φασκεν &φίξεσ&αι μεν ές τ�ν πατρ(3α πολλιΧ πρότερον πλανΎJ&έντα και κιν3υνεuσαντα, τον . aε χρόνον οόκέτι τ�ς έπανό3ου προσ:&ε'Lναι �&έλφεν' άλλιΧ a� και Βεικνύς τιΧς πλφίον ν�σους - έφαίνοντο 3ε πέντε τον &ρι&μόν, lJ.λλΎJ 3ε �Κτ'Υ) πόρρω.Θ·εν - tαότας μεν ε!ναι �φασκε τιΧς τών άσεβών, 'Αφ ' ων, �φ'Υ), �3Ύ) το πολύ πϋρ όρf{.ς καιόμενον, �Κτ'Υ) 3ε έκείν'Υ) των δνε(ρων � πόλις μετιΧ ταότΎ)ν Μ � τ�ς Καλυψοuς ν�σος, άλλ' οό3έ­ πω σοι φαίνεται. ΈπειΜν 3ε ταότας παραπλεόσης, τότε 3� άφίξη ές τ�ν μεγ&λΎJν �πειpον τ�ν έναντίαν τγj όφ ' δμών κατοικουμένη· ένταGS·α 3� πολλιΧ πα&ων και ποικίλα �&νΎJ 3ιελ&ων και άν&ρώποις ι ι ι ' ' ' τ ' εις ετεραν χρον ιμ ποτε Τοσαϋτα ε!πε. [28] Και &νασπάσας &πο τ�ς γ�ς μαλάχΎJς pίζαν ίhρεξέ μοι, ταότη κελεόσας έν το'Lς μεγίστοις κινΜνοις προσεόχεσ.Θ·αι· παρήνεσε 3ε καt ε'C ποτε &φικοίμΎ)ν ές τ�ν3ε τ�ν γ�ν, μ�τε πϋρ μαχαίρq: σκαλεόειν μ�τε S·έρμους έσ&ίειν μ�τε παι3ι όπερ -t·ιΧ δκτωκαί3εκα liτ'Y) πλφιάζειν' τοότων γιΧρ rλν μεμν'Υ)μένον έλπίΒας llχειν τ�ς είς I .,λ 'C '> 1J.. αμικτοις ,1ν •1πειρον. ε ις τον πλοϋν τ�ν ν�σον επιο'Υ)μ'Υ)σας &φίξεως. Τότε μεν σον τιΧJJ,• ι ι.,περt παρεσκευαζό­ ο

μψ, και έπε( καιρός �ν, συνειστιώμ'Υ)ν αότο'Lς. τη aε έπιοόση προσ­ ελ.Θ·ων προς "ΟμΎJρον τον ποιψ�ν έ�ε�&ΎJν αότοu ποι�σαί μοι

27 [14), 27-28

Ι 77

con lena, verso mezzogiorno raggiungono i fuggiaschi, cl1e stavano appena entrando nel mare di latte vicino a Tiroessa ; non riuscirono a scappare oltre. Presa a rimorcl1io la nave con un gherlino di rose, gli eroi fecero ritorno. Elena piangeva e piena di vergogna si copriva il volto, mentre Radamanto, dopo aver interrogato i compagni di Cinira per appurare se avessero avuto dei complici, poiche questi negarono, li fece legare per i genitali e li mando, non senza averli prima fustigati con la malva, nel luogo degli empii. [27] Decretarono di espellere anche noi dall'isola, prima che scadesse il termine, accordandoci di restare il solo giorno seguente. Allora io sup­ plicai e piansi, tali erano le delizie che avrei perdute con la prospettiva di riprendere il mio vagabondaggio. Ma quelli cercavano di consolarmi dicendo che entro non molti anni sarei tornato da loro e gia m'indicavano per il futuro il mio seggio e il mio posto a tavola vicino ai personaggi piu insigni. Ιο mi presentai a Radamanto e lo scongiurai di predirmi il futuro e di insegnarmi la rotta. Ed egli mi disse che sarei giunto in patria dopo molti viaggi e pericoli, ma non volle ancora aggiungere il tempo del mio ritorno ; mostrandomi, invece, le isole vicine - se ne vedevano cinque, mentre la sesta era lon­ tano - mi disse che quelle erano le isole degli empii : « Quelle da cui - aggiunse - gia vedi levarsi nn gran fuoco ; 1' altra, la sesta, e la citta dei Sogni. Dopo questa c'e l'isola di Calipso, ma non puoi vederla ancora. Quando le avrai tutte superate, arriverai al grande continente opposto a quello abitato da voi ; e dopo aver subito qui molte traversie, dopo aver visitato popoli diversi e aver dίmorato presso uomini selvaggi, col tempo raggiungerai l' altro continente >>. Altro non disse. [28] Ροί estrasse dalla terra una radice di malva e me la porse invi­ tandomi a rivolgere a questa la mia preghiera, quando fosse piu grave il pericolo. Mi avverti inoltre, se mai fossi giunto a quell'ultimo approdo, di non attizzare il fuoco con la spada, di non mangiare lupini, di non fare l'amore con un giovane al disopra dei diciotto anni ; se mi fossi ricordato di questi pre­ cetti, potevo sperare di tornare nell'isola. Allora, dunque, pre­ parai l'occorrente per la navigazione e, poiche era l'ora, parte­ cipai al loro banchetto. Il giorno seguente andai dal poeta Omero e lo pregai di fare per me un epigramma di due versi.

IJ8

ΑΛΗ Θ ΟΎ'Σ ΙΣΤΟΡΙΑΣ, ΙΙ

aιστιχον έπίγρα.μμα . κα.t έπειa� έποίφε, στ�λψ β'Υ)ρόλλου λί&ου ά.να.στ�σα.ς έπέγρα.ψα προς τίi) λιμένι. Το aε έπίγρα.μμα. �ν τοιόνaε· Λουκια.νος τάaε πάντα. φίλος μα.κάρεσσι &εοίσιν ε!aέ τε κα.t πάλιν �λ&εν έ�ν ές πα.τρίaα. γα.ία.ν. [zg] Μείνα.ς aε κά.κείν'Υ)ν 't'�ν �μέρα.ν τ�ς έπιοόσ'Υ)ς ά.ν'Υ)γόμψ τών �ρώων πα.ρα.πεμπόντων. "Εν&α. μοι κα.t Όaυσσεuς προσελ&ων λά&Ν τ�ς Πψελόπ'Υ)ς aίaωσιν έπιστολ�ν είς Ώγυγία.ν τ�ν ν�σον Κα.λυψοϊ κομίζειν. Συνέπεμψε aέ μοι δ ' Ρα.Μμα.ν&υς τον πορ&μέα. Να.ό­ πλιον 65, �ν ' εl κατα.χ&εί'Υ)μεν ές τα.ς ν�σους, μ'Υ)aεtς �μiΧ.ς συλλάβΊJ &τε κα.τ' &λλψ έμπορία.ν κα.τα.πλέοντα.ς. Έπεt aε τον εύώa'ΥJ ά.έρα προ'ίόντες πα.ρελ'Υ)λό&ειμεν, α.ύτίκα. �μiΧ.ς bσμ� τε aειν� aιεaέχετο ο!ον ά.σφάλτου κα.t &είου Κα.L πίτης &μα. κα.ιομένων, κα.t κνϊσα. aε πον'Υ)pα. κα.t ά.φ6ρψος &σπερ ά.π' ά.ν&ρώπων bπτωμένων, κα.t δ ά.�ρ ζοφερος κα.t δμιχλώa'Υ)ς, κα.t κα.τέστα.ζεν έξ α.ύτοu aρ6σος πιτ:­ τίν'Υ)' �κοόομεν aε κα.t μα.στίγων ψ6φον κα.t οίμωγ�ν ά.ν&ρώπων πολ­ λών. [30] Τα.ϊς μΕ:ν οδν &λλα.ις ού προσέσχομεν, fι aε έπέβ'Υ)μεν, τοιάaε �ν' κόκλιr μΕ:ν πiΧ.σα. κρ'Υ)μνώa'Υ)ς κα.t ά.πόξυρος, πέτραις κα.t τράχωσι κα.τεσκλ'Υ)Κυϊα., aένaρον a• ούaΕ:ν ouaE: f.Saωρ έν�V' ά.νερπό­ σα.ντες aε 5μως Κα.τα. τοUς Κρ'Υ)μνοuς προήεψεν aιά τινος ά.καν&ώaους κα.t σκολ6πων μεστ�ς ά.τρα.ποu, πολλ�ν ά.μορφία.ν τ�ς χώρα.ς έχοό­ σ'Υ)ς. Έλ&όντες aε έπt την εtρκτ�ν κα.t το κολα.στ�ριον πρώτα. μΕ:ν ' ' ζο μεν' το' μεν ' ' ' μα.' γα.ρ λ ο.οα.φος ε'ΙJ'α.υμα. α.υτο τ �•ιν φυσιν ' cι του� τοπου JΙ. , Come nome di una fonte si intendera >. 70. Si puo intendere come « notturna >> ο, piu precisamente, con riferi­ mento all'aggettivo ποιννόχιος = '>' \ 1. C\. I ' Ι ' κατε' λαβ ον χωραν, υφ ων . ες τ'Υ)ν οικειαν αποπεμφv·εις πολλοός τ�ς γυναικός μνφτ�ρας έν το�ς �μετέροις τρυφωντας· &ποκτείνας �έ &παντας ύπό ΤΊ)λεγόνου 6στερον τοu έκ ΚίpΚ'Υ)ζ μοι •

=

72. Sen1bra evidente il rapporto del primo con τιipα:ξις turbamento, sconvolgimento : dunque « Turbatore » e propriamente, nel regno del Sonno, « Portatore di incubi » ; del secondo con μιiτα:ιος vano + γένος stirpe : dunque, essendo Μα:τα:ιογέvης (nominativo) formato sul modello di Διογένης, « Stirpe del vano >>, che e nome, se pensiamo alla vanita dei sogηi, perfetta­ mente intonato, 73· 11 primo nome e riferito alla cosa che gli uomini sognano piu spesso, alla riccl1ezza: formato sul nιodello di Σοφοκλ'ijς si puo rendere, poiche κλέος sigηifica « gloria >>, « Gloria di ricchezza ». 11 secondo, di etimologia trasparente, alla fantasia, giacche visioni fantastiche, φαντα:σ[α:ι in greco, sono i sogni. 74· « La fonte della sonnolenza >>, se, come spiega lo Scoliaste, il nome deriva da κάρος = sonnolenza, torpore, =

=

27 [Ι4], 34-3 5

il tempio vιcιno al porto - ; a sinistra la reggia del Sonno. Questi e i1 sovrano del paese e si e nominato con le mansioni di vicere due satrapi, Tarassione, figlio di Mateogene 72, e Plutocle, figlio di Fantasione 73• In mezzo alla piazza grande 74 c'e una fonte che chiamano Careotide , e vicino i due templi della Menzogna e della Verita ; qui i cittadini hanno il sacro penetrale e l'oracolo, cui presiedeva vaticinando Antifonte 75, interprete dei sogni, al quale era toccato di ήcevere questo alto ufficio dal Sonno. [34] Dei sogni stessi, pero, ne la natura ne la forma erano identiche, ma alcuni erano alti, belli e di piacevole aspetto, altri piccoli e brutti, altή - cosl sembravano ­ dorati, altri ancora mescl1ini e ordinaήi. Ce n'erano poi anche di alati e mostruosi, ed altή come pronti per una processione con l'abbigliamento, alcuni di re, altri di dei, altri di altre si­ mili dignita. Molti di essi li ήconoscemmo, avendoli veduti tempo addietro a casa nostra, e furono questi che si avvici­ narono e ci salutarono come vecchi amici, ci presero con loro e dopo averci addormentato ci offersero una splendidissima e raffinatissima ospitalita e, oltre a rendere sontuoso ogni altro particolare della loro accoglienza, promisero che ci avrebbero fatti re e satrapi. Alcuni ci condussero nei nostri paesi, ci mo­ strarono i nostri cari e nello stesso giorno ci ήcondussero in­ dietι·o. [35] Trenta giorni ed altrettante notti restammo presso di loro dormendo e vivendo beati. Ροί, scoppiato all'improvviso un gran tuono, ci svegliammo e, saltati in piedi, prendemmo i1 mare dopo esserci forniti di viveή. Il terzo giorno dalla par­ tenza, approdati all'isola Ogigia, scendemmo a terra. Ed ίο pήma, dissigillata la lettera, ne lessi i1 contenuto, che era il seguente : « Odisseo saluta Calipso. Sappi che non appena, preparata 1a zattera, lasciai la tua isola, feci naufragio e a stento fui portato in salvo da Leucotea nella terra dei Feaci, dai quali riaccompagnato in patria trovai che molti preten­ denti di mia moglie se la spassavano in casa mia. Li ammazzai tutti, ma poi fui ucciso da Telegono, il figlio che ebbi da Circe, 75 · Anche se Antifonte e nome noto all'onomastica greca, e probabile che a questo come ai precedenti Luciano abbia voluto attribuire un significato allusivo. Si potrebbe pensare ad un collegamento, non etimologico, s'intende, ma fatto ad orecchio , col verbo &ντιφωνέω rispondo : e Antifonte era « Colui che rispondeva » a chi gli chiedeva l'interpretazione di un sogno. =

ΑΛΗ Θ ΟΥΣ ΙΣΤΟΡΙΑΣ,

Π

γενομένου ά.νηρέiJ·ην, καt ν\Jν είμι έν τ'{j Μακάρων νήσιv πάνυ μετα• Ι ' 1 σου� προΝ � � την � ' παρ α' σοι' uιαιταν ν ο ων τcv καταλ ιπειν και' τ�,1ν υπu επι τεινομένην ά.iJ·ανασίαν. "Ην οον καφοϋ λάβωμαι, ά.ποδρδ:ς ά.φίζομοιι προς σέ » . Ταϋτα μεν έδήλου ή έπιστολή, καt περ1 ήμων, �πως ζενισiJ·&μεν. [36] Έγω δε προελiJ·ωv όλίγον ά.πο τΎjι; &αλ&ττης εορον το σπήλαιον τοιοuτον ο!ον 'Όμηρος ε!πε, κοιt αύτην τοιλα� ' � 'Ως uo: 1!:α το, πρωτα '�-1 ' ι!λ ' λει.., ' την επιστο "' αβ ε και' επε σιουργουσαν. λην μεν έπt πολu έΜκρυεν, �πειτα δε παρεκάλει ήμiΧς έπt ζεν(� κoct είστία λαμπρως καt περt τοϋ 'Οδυσσέως έ7tυνiJ·άνετο καt περt τΎjς ' ' I ' '0'�-υσ,, την ' ο"Ψ ιν καιI ει' σωφρονοιη, ' ηνελοπης, οποια τε ειη κα·σ(Ί οιπερ ο σεuς πάλαι περt αύτΎjς έκόμπαζε 76 • κοιt ήμε�ς τοιαϋτα ά.πεκρινάμε­ π &οι, έζ ών είκάζομεν εύφρανε�σ&αι αύτήν. Τότε μεν οον ά.πελiJ·όντες έπt την ναϋν πλ"Ι)σίον έπι τΎjς ή'ί όνος έκοψήiJ·ημεν. [37] "Εω&εν δε ά.νηγόμε.θ·α σφοδρότερον κατιόντος τοϋ πνεόματος' καt δη χει­ μα,σ&έντες ήμέροις δυο τ?) τρίτη περιπίπτομεν το�ς ΚολοκυνiJ·οπε.ι­ ρατα�ς 77• "ΑνiJ·ρωποι Μ είσιν οοτοι &γριοι έκ των πλησίον νήσων ληστεόοντες τοuς παραπλέοντας. τa πλο�α δε �χαυσι μεγάλα κολο­ κόνiJ·ινα το μΎjκος πήχεων έζήκον't'α 78, 'ΕπειΜν γδ:ρ ζηράνωσι την κολόκυν&αν, κοιλ&ναντες αύτην καt έζελόντες την έντεριώνην έμπλέουσιν, ίστο�ς μεν χρώμενοι καλαμίνοις, ά.ντt δε τΎjς ό&όν"Ι)ς τcj) φόλλιv τής κολοκόνiJ·ης. Προσβαλόντες οον ήμ�ν ά.πο δυο πλη' ' ζον β α' λλ οντες τcv ' κατετραυματι ' ' ρωματων εμαχοντο και' πολλους σπέρματι των κολοκυνiJ·ων. Άγχωμάλως δε έπt πολU ναυμαχο\Jντες περt μεσημβρίαν ε'Cδομεν κατόπιν των Κολοκυν&οπεφατων προσ­ πλέοντας τοuς Καρυοναότας 79• Π ολέμιοι δε ijσαν ά.λλήλοις, ώς . "" e ι ' , ' Q_ lJ.. ,, � t: , , , , ,.. ' εuειι..,α ν' επει γαρ κακεινοι 11σ'ΙJ'οντο αυτους επιοντας, ημων μεν � I ' '�- ' ' ' ' ' 'ωλ ιγωρησαν, ' τραπό μενοι uε επ εκεινους εναυμαχουν. [3 8] ' Η μεις δε έν τοσοότ> - non appartiene, ovviamente, a Luciano, ma se ne spiega la presenza tenendo conto dell'attivita di quei fιlologi, che dai primi secoli dell'ellenismo in poi corredarono le loro edizioni critiche, dei tragici e degli oratori soprattutto, di un sommario, chiamato ύπό.&εσις, del contenuto di ciascuna tragedia od orazione. Considerando questa e la successiva cc de­ clamazione >> (cfr. vol. Ι, Intr., pagg. 23 seg.) alla stregua di vere e proprie

Un tale e salito sull'acropoli per uccidere il tiranno ; ηοη ha trovato lui, ma, ucciso il di lui fιglio, gli l1a lasciato la spada piantata nel corpo. Il tiranno, sopraggiunto e veduto i1 figlio gia morto, si e ιιcciso con la medesima spada. Quel tale che e salito e ha ucciso il figlio del tiranno, chiede la ricompensa come tirannicida ι. [r] Ιο che ho ucciso, ο giudici, due tiranni in un solo giorno, uno gΗι oltre la giovinezza, l'altro nel fior degli anni e piu che pronto a succedergli nelle sopraffazioni, sono venuto a chiedere un premio almeno per la doppia impresa, poiche, unico dei tirannicidi finora esistiti, l1o eliminato con un colpo solo due malvagi soppήmendo il figlio con la spada, il padre con l'amore del figlio. Ebbene, il tiranno ci ha pagato una pena adeguata a quel che ha fatto, vedendo, da vivo, 1norire il figlio ιιcciso pήma di lιιi, e infine costretto e il paradosso maggiore - a diventare tirannicida di se stesso. Suo figlio, invece, e morto per mano mia, morto, pero, si e posto al mio servizio per un'altra uccisίone facendosi, da vivo, complice del padre, ma del padre, dopo la morte, uccisω·e. [2] Dunque sono io quello che ha messo fine alla tirannide e mia e la spada che tutto ha compiuto ; ho invertito l'ordine delle esecuzioni e ho ήnnovato i1 modo della moite dei malvagi sopprimendo . io stesso chi era i1 piu forte e poteva difendersi, cedendo il vecchio alla sola mia spada. [3] Ιο pensavo che per questo avrei avuto da voi qualcosa di straoidinaήo e avrei Iicevuto premii in numero paή a quello degli uccisi, se e vero che vi ho liberato ηοη solo dai malanni presenti, ιna anche dal timore -

orazioni del genere giudiziario, uno dei primi " eclitori >> degli scritti di Luciano trovo naturale farle precedere da un loro " argomento >>.

Τ ΤΡΑΝΝΟΚΤΟΝ ΟΣ

200

κα.κων &λπίaος, κα.Ι. τ·�ν έλευ-θ·ερία.ν βeβα.ιον πα.ρα.σχών, οΜενος πα.ρα.λελειμμeνου κληρονόμου των &.aικημάτων' μετα.ξό aε κινaυνεόω τοσα.uτα. κα.τορ&ώσα.ς ά.γέρα.στος ά.πελ&ε'Lν πα.ρ ' όμων κα.Ι. μόνος στέρεσ&α.ι τ�ς πα.ριΧ των νόμων ά.μοιβ�ς, οδς aιεφόλα.ξα.. Ό μeν οΟν &ντιλέγων οότοσL aσκεί μοι ού Κ'Υ)aόμενος, ίf1ς φ'Υ)σι, των κοινων τοuτο ποιε'Lν, οcλλ' έπ/. το'Lς τετελευτ'Υ)Κόσι λε;λυπ'Υ)μένος ΚOCL ά.μυνό­ μενος τον έκείνοις τοu -θ·α.νάτου α.�τιον γεγεν'Υ)μένον. [4] 'Ύ'με'Ι.'ς aε ά.νάσχεσS·έ μου, ώ &νaρες aικα.στα.ί, προς όλίγον τιΧ έν τη τυρα.ννtaι f f f \ Ν ' Ν α.κρι ' β ως κα.ι\ γα.ρ το\ κα.ιπερ υμιν ο6τω μά.-θ οιτ' &ν τ�ς εύεργεσία.ς τ�ς έμ�ς, κα.Ι. α.ύτοl. μ&λλον εύφρα.­ νε'Lσ&ε λογιζόμενοι ών ά.π'Υ)λλάγ'Υ)τε. Ού γιΧρ &σπερ &λλοις τισl.ν ηa'YJ συνέβ'Υ) πολλά.κις, ά.πλ�ν κα.Ι. �με'Lς τυρα.ννιaα. κα.Ι. μία.ν aουλεία.ν όπεμείνα.μεν, oύae ένος όπψέγκα.μεν &πι&υμία.ν aεσπότου, ά.λλιΧ μό­ νοι των πώποτε τιΧ δμοια. aυστυχΊJσάντων Μο ά.ν&' ένος τυράννους \1> (l ' '�- ' εισοσιν μεγεv·ος σι'Υ)γουμενου· ε�χομεν κα.Ι. προς aιττιΧ ot aυστυχε'Lς &.aικ�μα.τα. aιηροόμεS·α.. ΜετριώΙ ' ' ' ' ' ' ο< πρεσβ υτΊJς προς τα.ς οργα.ς 'Υ)πιωτερος τερος πα.ρα.' πολ υ' κα.Ι. προς τιΧς κολΟCσεις βρα.Μτερος κα.Ι. προς τιΧς έπι&υμία.ς ά.μβλότε­ pοι;, ώι; &ν ήaη της ήλικLα.ς το μeν σφοaρότερον τ�ς όρμ�ς &πεχοό­ σΊJς, τιΧς aε των �aονων όρeξεις χα.λινα.γωγοόσΊJς. Κα.!. πρ6ς γε τ�ν &ρχ�ν των &.aικΊJμά.των όπο τοu πα.ιaος &κων προ�χ&α.ι &Μγετο, ού πάνυ τυρα.ννικος α.ύτος &ν, ά.λλ' ε'Cκων έκε(νψ φιλότεκνος γιΧρ '�- ' ;!:, I σε ές όπερβολ�ν έγeνετο, ιινώς �aειξε, κα.Ι.κα.�πά.ντα. δ πα.'Lς �ν α.ύτcj> κα.Ι. έκείνq> έπεί&ετο κα.Ι. �aικει ΙSσα. κελεόοι κα.Ι. έκόλα.ζεν οδς προστά.τ­ τοι κα.Ι. πάντα. όπΊJpeτει, κα.Ι. ΙSλως έτυρα.ννε'Lτο όπ' α.ύτοu κα.Ι. aορυ­ φόρος των τοu πα.ιaος έπι&υμιων �ν. [5] Ό νεα.νία.ς aε τ�ς μeν τιμ�ς πα.ρεχώρει κα.&' �λικία.ν έκείν α.l πα.ρ&ένοι ά.ν�γοντο, κα.Ι. εr τινες σφα.γα.Ι. κα.Ι. εr τινες φυγα.Ι. κα.Ι. χp'Υ)μάτων ά.φα.φeσεις \1> σορυφ



ιιν

.!.

εκεινος

28 [53], 4-5

ΖΟ Ι

di quelli futuri, e vi ho procurato una liberta sicura, non es­ sendo rimasto nessuno a raccogliere l'eredita delle sopraffa­ zioni. Ma nel frattempo, pur avendo conquistato un cosi g1·ande successo, rischio di congedarmi da voi senza un riconoscimento e di essere privato, io solo, della ricωnpensa prevista dalle leggi, che ho salvato. L'avversario, che mi sta di fronte, a me sembra che faccia quel che fa, non preoccupato, come dice, del bene pubblico, ma addolorato per quei morti e desideroso di vendicarsi di colui che e stato responsabile della loro fine. [4] Da canto vostro, ο giudici, sopportatemi per il poco tempo che impieghero ad esporvi i fatti della tirannide, anche se 1i conoscete perfettamente : ma e questo il modo per comprendere la grandezza del mio beneficio, e voi stessi vi sentirete piu felici considerando i mali, di cui vi siete liberati. Noi non su­ bimmo infatti, come gia ad altri spesso accadde, una singola tirannide ed una schiavitu, ne sopportammo le brame di un tiranno, ma soli fra quanti fino ad ora ebbero la stessa sfor­ tuna ci tenemmo due tiranni invece di uno e ci dividemmo - sciagurati ! - fra due serie d'iniquita. Il vecchio era molto piu moderato, piu facile a mitigare gli accessi d'ira, piu lento nelle punizioni, piu fiacco nelle passioni, poiche l'eta gia trat­ teneva gli impulsi troppo violenti e frenava il desiderio dei piaceri. Ε si diceva che fosse stato indotto dal figlio, contro la sua volonta, ad iniziare le sopraffazioni e non fosse per se stesso troppo tirannico, ma cedesse a quello : in realta amo i1 figlio esageratamente e lo dimostro. Il figlio era tutto per lui, che gli ubbidiva, eseguiva quanti misfatti ordinasse, pu­ niva chi gli comandasse di punire, gli prestava la sua opera per qualsiasi cosa ; in una parola, ne era dominato ed era i1 gendarme delle passioni del figlio. [5] Il giovane gH lasciava gli onori per ragioni di eta e rinunciava al nome solamente del potere, ma il nerbo e l'essenza della tirannide era lui ; con l'opera sua assicurava al governo fiducia e solidita, ma era anche il solo a cogliere i1 frutto delle sopraffazioni. Era lui che organizzava la guardia del corpo, che curava l'efficienza della guarnigione, che spaventava i sudditi, che sterminava i con­ giurati, lui che si portava via i giovinetti, che profanava i matrimonii ; da lui erano rapite le vergini, e ogni strage, ogni esilio, confisca, tortura, violenza, tutto osava il giovane. Il

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Τ"Χ'ΡΑΝΝΟΚΤΟΝΟΣ

' � κοιι' βασανοι και' u" β ρεις, παντα ταuτα τολ μηματα ' :},·ιν νεανικα. ' 'Ο ' γέρων δΕ: έκείνιμ �κολοό&ει καl σuνηδίκει καt έπήνει μόνον τα τοu παιΜς &δικήματα, καl το πρiΧγμα �μι'ν &φόρητον καS,ειστήκει· /Sταν γαρ αί της γνώμης έπι&uμίαι την έκ της &ρχης έξοuσίαν προσ­ λάβωσιν, οίιδένα /Sρον ποιοuνται των &δικημάτων. [6] Μάλιστα δΕ: έκεΊ:νο έλόπει, το εtδέναι μακράν, μiΧλλον δΕ: &·tδιον την δοuλείαν έσομένην καt έκ διαδοχης παραδο&ησομένην την πόλιν rlλλοτε rlλ­ λιμ δεσπότη και πονηρων κληρονόμημα γενησ6μενον τον δημον· ώς τοΊ:ς γε rlλλοις ou μικρά τις έλπlς α5τη, το λογίζεσ&αι καl προς αuτοος λέγειν, I > > I I > I '" ou ψLλ μLκpολογος τLς επL ' '�- I '1- 1 οuσε�ς, βοuλό­ τ�ν εν,ι�πα.τpL�α. εuεpγετε'!:ν πpοηp'Υ)μένος, ά.λλιΧ. βεβα.Lω-θ·�να.L μοL σε μενος τα. κα.τοp&ώμα.τα. τ?j �ωpε� κα.t μ� �Lα.βλ'Υ)&�να.L μ'Υ)�Ε: &�οξον > > > > Ι Ι Ι < α.τε Ι τ'Υ)ν εμ'Υ)ν ως λ'Υ)� κα.LΙ γεpως I I I I > � > < ' ι '�- ποLεLν � � εσuνα.το. 1] ο uτοσL [ ΙΟ α.ντL ψ'Υ)σLν οuκ κεκpψεν'Υ)ν. λεγεL ενuς uν πα.τ,ιp με·σC\ ' κα.L μ ε τψiΧ.σ-θ·α.L &έλοντα. κα.t �ωpειΧ.ν λα.μβά.νεLΨ ou γιΧ.p ε!να.L τupα.ν­ '\ '1-l ' έν�ε'f:ν (\τL '1-μοL τL κα.τιΧ_ τον νόμον, � οu�ε πεπpiΧ.χ&α.L ά.λλ νοκτόνον οκεpσ'1-�ιις οuσε μLσv·cμ ων οuσε σωpεα.ν, τit) �pγcμ τif) έμίt) πpος ά.πα.ιτφLν τ�ς �ωpεiΧ.ς. Πuν-θ·ά.νομα.L τοLνuν ' � πα.p ' ' � Τ' λ � ' � λ' ε' β ou ' α.ν'Υ) α.πα.LτεLς α.uτοu, L Ο uκ Ο uκ I; Οuκ �λεuiJ·έpωσα. ; Μ� τLς έπLτά.ττεL ; Μ� 1: 1τLς (\Οuκ έφόνεuσα. -θ·ον ; σ α.να.ι.,�α.ν γενεσ• α.L τ�,ιν επLχεφ'Υ)σLν }( '1-l κελεόεL ; Μ� τLς ά.πεLλε'L �εσπότ'Υ)ς ; Μ� τLς με των κα.κοόpγων �Lέφu­ σε εuλογον γεν ; Οuκ &ν ε�ποLς. 'ΑλλιΧ. πά.ντα. εLp�ν'Υ)ς μεστα. κα.t πά.ντες oL νόμοL κα.l έλεu&εpLα. σα.φ�ς κα.l �'Υ)μοκpα.τια. βέβα.Lος κα.l γά.μοL ά.νόβpLστοL κα.t πα.'L�ες ά.�εε'Lς κα.t πα.p &ένοL ά.σφαλε'Lς κα.t έοpτά.ζοuσα. τ�ν κοLν�ν ..s.•ιμων&.πάντων 1 εuτuχLα.ν � πόλLς. τLς ο Ον ό τοότων α.lτLος ' (\ j τLς οLπuν ; ; ό έκε'Lνα. λ'Υ)v·'Υ)ν μεν πα.όσα.ς, τα. �ε πα.pεσχ'Υ)μένος ; EL γά.p τις έστL πpο έμοu τψiΧ.σ&α.L �LΚα.Lος, πα.pα.χωpω τοu γέpως, έξιστα.μα.L τ�ς �ωpεiΧ.ς. EL �ε μόνος έγω πά.ντα. �Lεπpα.ξά.μ'Υ)ν τολμων, κLν�uνεόων, ά.νLών, ά.να.φων, κολά.-

28 [53], 9-ΙΟ

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pu11ire i1 superstite ? Egli e i11deg11o di me e della mia destra, soprattutto perche, ucciso dopo u11'impresa sple11dida, ardita, ge11erosa, riverserebbe il diso11ore sulla prima uccisio11e ; e allora bisog11a cercare u11 altro giustiziere dopo 1' esecuzio11e e 11011 moltiplicare la stessa. Veda, subisca la pu11izio11e, abbia la sp ada al fia11co : a questa affido il resto. Dopo aver deciso, io mi stavo allo11ta11a11do e i11ta11to quella - come avevo pre­ visto - la fece fi11ita e pose termi11e al dramma da me i11iziato. [9] Ιο so11o qui, du11que, a portarvi la democrazia, a dire a tutti pubblicamente che e l'ora di farsi a11imo, a darvi la buo11a 11ovella della liberta. Gia, du11que, voi godete dell'opera mia. L'acropoli, come vedete, e sgombra di uomi11i malvagi, 11es­ su11o coma11da, ma e lecito o11orare, giudicare, co11traddire se11za violare la legge, e tutto questo avete avuto grazie a me e alla mia audacia e i11 seguito all'uccisio11e di quel solo, alla cui morte il padre 11011 poteva sopravvivere. Ebbe11e, per questi meήti io chiedo che mi sia dato da voi il premio dovuto, 11011 perche sia avido di guadag11o ο sia d'a11imo gretto, 11e perche mi sia proposto di be11eficare la patria per mercede, ma perche voglio che il successo mi sia co11validato dal premio e la mia impresa 11011 sia calU1111iata 11e privata della sua gloria, come avverrebbe se fosse giudicata i11compiuta e i11deg11a di u11a ήcompe11sa. [ro] Ma l'avversario obietta e dice che 11011 faccio cosa ragio11evole, se i11te11do di essere o11orato e di ήcevere u11 premio : 11011 sarei, i11fatti, u11 tira1111icida e 11ulla avrei compiuto i11 accordo co11 la legge ; i11oltre, per la richiesta del premio, ma11cherebbe all'opera mia qualche cosa. Ε allora io gli doma11do : Che altro prete11di da me ? Ν011 presi la decisio11e? Νο11 salii ? Νο11 uccisi ? Νο11 libera.i ? Qualcu11o forse coma11da ? Qualcu11o impartisce ordi11i ? Qualche padro11e mi11accia? Qual­ che malfattore mi e sfuggito ? Νο11 puoi dirlo. Tutto, i11vece, e pie110 di pace, tutte le leggi vigo110, la liberta e sicura, la democrazia salda, le 11ozze se11za oltraggi, i fa11ciulli se11za paura, le vergi11i se11za peήcolo, la citta i11 festa per la comu11e fortu11a. Ebbe11e, chi e l'autore di ta11ti be11efici ? Chi colui che ha posto fi11e a quello stato di cose e ci ha procurato questo? Se c'e qualcu11o, i11fatti, che e giusto sia o11orato i11 vece mia, io cedo la ricompe11sa, ή11u11cio al premio. Ma se tutto ho com­ piuto io solo, osa11do, rischia11do, sale11do l'acropoli, uccide11do,

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ΤΥΡΑΝΝΟΚΤΟΝΟΣ

ζων, κελεύοντι· oi5 τι γένοιτ' &ν ά.τοπώτερον, &εραπεύειν έκ προστάγμα­ τος, ούκέ-θ·' ώς � τέχν'Υ) Μναται, ά.λλ' ώς δ πατ�ρ βούλεται ; 'Εβου­ λόμ'Υ)ν μΕ:ν σον τ�ν ίατρικ�ν καt τοιοuτόν τι έ:χειν φάρμακον, 8 μ� μόνον τοuς μεμ'Υ)νότας, ά.λλιΧ καt τοuς &atκως όργιζομένους παύειν έΜνατο, ινα καt τοuτο τοu πατρος το νόσ'Υ)μα ίασαίμ'Υ)ν. Νυνt aε τιΧ μΕ:ν τ�ς μανίας αύτι;> τέλεον πέπαυται,. τιΧ aε τ�ς όργ�ς μάλλον έπιτείνεται· καt το aεινότατον, τοίς μΕ:ν &λλοις &πασι σωφρονεϊ, κατ' έμοu aε τοu &εραπεύσαντος μόνου μαίνεται. Τον μΕ:ν σον μισ&ον τ�ς &εραπείας δράτε ο!ον ά.πολαμβάνω, ά.ποκ'Υ)ρυττόμενος ύπ' αύ­ τοu πιΧλιν καt τοu γένους ά.λλοτριούμενος aεύτερον, &σπερ aια τοuτ' ά.ναλ'Υ)φ-θ·εtς προς όλίγον, tν' ά.τιμότερος γένωμα.ι πολλιΧκις έκπεσων τ�ς οίκίας. [z] Έγω aε έν μΕ:ν τοϊς aυνατοτς ούaΕ:ν κελευσ&�ναι περιμένω· πρι{>'Υ)ν γοuν &κλ'Υ)τος �κον έπt τ�ν βο�&ειαν. 'Όταν aέ τι η τελέως ά.πεγνωσμένον, ούa ' έπιχεφεϊν βοόλομαι. 'Επt aε τ�ς γυναικος ταύτης είκότως καt ά.τολμότερός είμι · λογίζομαι γιΧρ ο!α πά&οιμ' &ν ύπο τοu πατρος ά.ποτυχών, θς οΜΕ: ά.ρξάμενος τ�ς &ερα­ πείας ά.ποκ'Υ)ρόττομαι. "Αχ&ομαι μΕ:ν σον, ω &νaρες />ικασταί, έπt

Un tίzίο, dίseredato, ίmparo la medίcίna. Avendo guarito con la somιnίnίstrazίone dί un farmaco il padre dίvenuto pazzo e consίderato ίnguarίbile dagli altrί medίcί, fu rίammesso nella famiglia. In seguίto gli viene ordίnato dί guarίre la matrίgna pazza e, poίche dίce dί non potere, viene dίseredato. [r] Non e una novίta, ne stupίsce, ο gίudicί, cίο che fa mίο p adre ίη questo momento, ne ora per la prίma volta e cosi ίη collera : questa legge l'ha sotto mano e a questo trίbunale cί vίene abίtualmente. Nuova ίnvece e la dίsgrazίa che mί capita adesso dί esser vίttima dί un'accusa non mia e dί rί­ schiare una pena per l'arte medίca, poίche non e ίη grado dί ubbίdίre a tuttί gli ordίnί dί costuί ; e di questo, dί curare a comando, non come puo l'arte, ma come vuole il padre, che cosa potrebbe esserci dί pίu assurdo? Ιο vorreί clιe la ιnedί­ cina conoscesse un farmaco capace dί liberare non solo dalla pazzίa, ma anche dall'ίra ίngίusta : cosi potreί guaήre anche questa malattίa dί mio padre. Attualmente la sua pazzίa e cessata del tutto, ma gli accessί d'ira stanno ίntensificandosί, e, quel che e il peggio, e calmo con tuttί gli altrί, mentre smanίa solo contro dί me, che l'ho curato. Ε ora vedete quale com­ penso ίο rίceva della cura : sono da luί dί nuovo dίseredato e per la seconda volta reso estraneo alla mίa famίglia, come se vi fossί stato ήaccolto per breve tempo al solo scopo dί rac­ cogliere maggίore ίnfamίa dall' essere caccίato dί casa pίu volte. [2] Νeί casί possίbili ίο non aspetto affatto dί essere sollecίtato : precedentemente ίnfattί sono corso ίη aίuto senza che alcuno mί chiamasse. Ma quando un caso e del tutto dίsperato, non voglio neppure mettercί mano. Per questa donna, pοί, e na­ turale che azzardί anche meno, considerando che cosa mί fa­ rebbe mίο padre, se fallissί, dal momento che mί trovo dίse-

ΑΠΟΚΗΡΥΤΤΟ\VΙΕΝΟΣ

222

τ?ί μψρυιif χα.λεπως έχοόση - χρ-ηστ� γιΧρ �ν - κα.t έπt τc'J} πα.τρt i)ι' έκείνψ ά.νιωμέν�, το aε μέγιστον, έτc' έμοωτc'{} ά.πειS·ε�ν ao.... "' I � � Ι β οκουντι και\ α.ι\ προστα.ττομα.ι υπουργειν ου υπερ και\ λ�ν τ�ς ν6σου καt ά.σ&ένεια.ν τ�ς τέχνΊJς. Πλ�ν ού aικαιον ο!μα.ι ά.πΟΚ'Υ)ρόττεσ&α.ι τον & μ� Μνα.τα.ι ποιεϊν μ'Υ)aε τ�ν ά.ρχ�ν ύπισχνοό"' > Ι Ι μενον. [3 ] Δ ι> α.ς μεν ουν καιΙ προτερον με, Νaιον συνιaε�ν έκ των παρόντων. Έγω aε κα.t προς έκείνα.ς μέν, ώς ο'Cομα.ι, ικα.νως τc'J) μετιΧ τα.uτα. βίιρ ά.πελογ'ΥJσάμψ, κα.t τα.υτt aε & νuν έγκα.λε�, ώς &ν ο!6ς τε &, ά.πολόσομα.ι μικριΧ ύμ�ν aι'Υ)γ'Υ)σά­ � συνα.μεν� μενος των έμων- δ γιΧρ aυσάγωγος κα.t' aυσπει1}�ς έγώ,�σι ' δ κα.τα:ι­ σχόνων τον πατέρα. κα.t &.νάζια. πράττων τοu γένους τ6τε μeν α.ύτc'{} τιΧ πολλtι. έκε�να. βοωντι κα.t aια.τεινομέν� όλίγα. χρ�να.ι ά.ντιλέγειν ! I ζf α.ιηα.ς α.πεκ'Υ)ρυ � ' I μετα.πεμπτος υ" ιον, εμν'Υ)σLΚα.Κ'Υ)σα. τ'Υ)ς σ&α.ι περιέμεινα.· oύae γοφ ε!χ6ν τι α.ύτc'{} �aιον έγκα.λε�ν, ά.λλιΧ πάντα. έκε�να. �ν ά.λλ6τρια. τιΧ άμα.ρτ�μα.τα; κα.t &σπερ �φ'Υ)ν �a'YJ, τ�ς ν6σου. �

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1 ριων >I οuτε

ι >I � Ι > >0 I � ει.,ετασας β ως ρησας καιI ακρι εκα:στα επεχε ροuν ηοη καιI τu� φαρμακον τε&α:ρρΎ)κότως ένέχεον, καίτοι πολλοι τών παρόντων δπώπτεuον την Μσιν και την �α:σιν aιέβαλλον και προς κατηγορίας παρεσκεuά­ ζοντο. [5 ] ΠαρΊjν aε ΚΙΧL ή μητρuιι:k φοβοuμένη και &πιστοUσC{, ou τ� μισε'i:ν έμέ, &λλa τ� aεaιέναι και &κριβώς εtaέναι πονήρως έκεt­ νον aιακε(μενον' ήπίστατο γι:kρ μόνη τck πάντα σuνοuσα και όμο­ aιαιτος τ?j νόσ�. Πλήν &λλ' t:γωγε οuaεν &ποaειλιάσας - ήπιστάμην �ι 1 Ν 1 ι ' �l πpοοωσοuσαν ou• ψ εuσ ό μεναι με τα1 σημεια οuοι:: την τεχν'ΥJν γαρ έπΊjγον την 'ίασιν έν καφ� τΎjς έπιχεφήσεως, καίτοι κ&μοί τινες τών φίλων σuνεβοόλεuον μη .\J·ρασόνεσ&αι, μη και aιαβολήν τινα μείζω ένέγκη μοι το &ποτuχε�ν ώς &μuνομέν� τον πατέρα φαρ­ μάκ� και μνφικακήσαντι ών έπεπ6ν&ειν δπ' αuτοu. Και το κεφά­ λαιον, σώος μεν οοτος εu-θ·ός 1jν και έσωφρόνει πάλιν και πάντα aιεγίγνωσκεν' ot παρόντες aε έ-θ·αόμαζον, έπήνει aε και ή μητρuιοc και φανερι:k πiΧσιν r)ν χαtροuσα κ&μοl εΜοκιμοuντι κ&κείν� σωφpο­ νοuντι. Οοτος a· οον - μαρτuρεi:ν γdφ αuτ� t:χω - μήτε μελλήσας ι ι � β ων, � , ι ι ' � 1 τu� παν 'ΥJΚΟUσε επειοη προσΛα μητε σuμ β ΟUΛ� όν τινα περι1 τοuτων τών παρόντων, t:λuε μεν την &ποκήρuξιν, utoν aε έξ δπαρχΊjς έποιεi:τ6 με σωτΊjρα και εuεργέτην &ποκαλών, και &κριβΊj πεi:ραν εtληφέναι όμολογών και περι τών �μπροσ&εν έκείνων &πολογοόμενος. Τοuτο γενόμενον εdφραινε μεν πολλοός, 8σοι παρΊjσαν χρηστοί, έλόπει ., , , , � ,ψ ο�� , , , � τοτε εκεινοuς, οσοις �σον γοuν αποκηρuι.,ις ηο�ιων αναΛ'ΥJ οε εως. Ε'�'� ou πάντας όμοίως ήaομένοuς τ� πράγματι, &λλ' εu&ός τινος και .ι

,

Ι. Questa norma si trova enunciata nei facenti parte dei Corpus Hippocratic·um.

Πeρ& τsχν'ί')ς. 3, uno dei 56 scritti

29 [54] , 5

225

corsi, dunque, non chiamato, ma non cominciai subito a cu­ rarlo ; non e nostro costume fare in questo modo e non e questo che ci prescrive l'arte : a noi insegnano di considerare prima di tutto se la malattia e curabile ο se e inguaribile e ha su­ perato i limiti della nostra scienza, e allora, se e trattabile, vi mettiamo mano e ci impegnamo a fondo per salvare l'am­ malato ; se invece vediamo che il male ha gia avuto la meglio ed e vittorioso, non interveniamo a:ffatto, osservando un'antica legge dei patriarchi dell'arte medica, i quali dicono che non si deve iniziare la cuι-a dei gia vinti 1 . Visto, dunque, che per il padre c'era ancora speranza e che il male non sopravanzava la scienza, dopo averne a lungo osservato e attentamente esa­ minato ogni sintomo, senz'altro vi misi mano e attesi con fiducia alla disti11azione del farmaco, benche molti dei pre­ senti sospettassero la mia prescrizione, mormorassero sulla cura e si preparassero ad accusarmi. [5] C'era anche la ma­ trigna, spaventata e incredula, non perche mi odiasse, ma perche aveva paura e sapeva periettamente che i1 marito era in cattive condizioni : lei so1a infatti era al corrente di tutto vivendo insieme. ogni giorno con la malattia. Nondimeno senza alcuna vilta - sapevo che i sintomi non mi avrebbero ingannato e l'arte non mi avrebbe tradito - io misi in atto la cura inter­ venendo al momento giusto, anche se alcuni amici mi consi­ gliavano di non azzardare, per timore che il fallimento atti­ ι-asse su di me una calunnia maggiore, qnella di esseΓmi ven­ dicato del padre ήcordando il male che mi aveva fatto. In­ somma, questi risano immediatamente, rinsavl e riacquisto il discernimento. Ι presenti erano ammirati ed anche la matrigna mi elogiava, mostrando a tutti di essere felice della mia gloria e del suo ritorno alla ragione. Mio padre dunque - gliene rendo testimonianza -, quando ebbe udito dai presenti tutta la storia , senza esitare e senza farsi consigliare da alcuno in materia, annullato l'atto con cui mi diseredeva, mi rifece daccapo figlio chiamandomi salvatore e benefattore, ammettendo di aver avuto una prova inequivocabile e giustificandosi dei suoi torti precedenti. Questo avvenimento rallegro i molti onesti che presenziavano, rattήsto tutti quelli, ai quali riesce piu gra­ devole una perdita di eredita che un riacquisto. Ε allora vidi, appunto, che non tutti erano ugualmente compiaciuti della ·

8 , LUCIANO, ΙΙ.

226

ΑΠΟΚΗΡΥΤΤΟΜΕΝΟΣ

χρ6αν τρεπομέν'Υ)ν καt βλέμμα τεταραγμένον και πρόσωπον ικαίως αύτο ποιeϊν Ι>οκ?)ς το (')' &παυστον τουτο και ά'tl>ιον και πολu και ΜΙ>ιον μεϊζον �aη της πατρικης έστιν έζουσίας. [πJ Μη Ι>ή, προς Διός, δ &νl>ρες Ι>ικασταί, συγχωρήσητε αύτίi) έκοόσιον \ � \ ' , ' λη ψ ιν πεποιημενcμ και\ λ υσαντι την ανα την γνωσιν του� πα' λαι καστηρίου και άκυρώσαντι την όργην αu&ις την αύτην τιμωρίαν άνακαλεϊν και έπι την έζουσίαν την πατρικην άνατρ&χειν, 1;ς �ζωρος �aη και gωλος ή προ&εσμία, και μόνcμ τοότcμ &κυρος και προl>ε­ Ι>απc

ουνατον

v..1!ο�ικον

29 [54) , Ι Ι-!2

23!

farlo. Ν οη ti e permesso di farti gioco delle leggi ne a seconda dei tuoi cambiamenti renderle ora ineffιcaci, ora efficaci e costήngere i tήbunali a ήunirsi, ne possono i giudici sedere coωe testiιnoni ο, meglio, come esecutori delle tue decisioni, una volta punendo un'altra riconciliando, sempre quando piace a te. Lo hai generato una volta, una volta lo hai allevato e una volta pure, in cambio di queste cose, puoi diseredarlo, quando, beninteso, sia evidente che lo fai secondo giustizia : ma se cio e continuo, perenne, copioso, facile, dilaga gΗι oltre i limiti dei diήtti paterni. [π] In noωe di Zeus, ο giudici, non perωettetegli, dopo che ha effettuato spontaneamente la mia reintegrazione, annullato la sentenza del precedente tri­ bunale, disarmato la sua ira, di tornare a chiedere la stessa punizione e di ricorrere ai diήtti paterni, scaduti ormai da molto tempo e per questo solo fatto non piu validi in quanto gia spesi : voi vedete che anche negli altή tiibunali, in caso di giudici scelti per sorteggio, se qualcuno crede che il verdetto sia stato ingiusto, la legge concede di sottrarre a quelli la causa ήnviandola ad un altro tήbunale ; ma non lo concede, nel caso che altή mettano insieme il collegio dei giudici secondo la propήa volonta e affidino loro il giudizio per averli essi stessi prescelti. Se si sono scelte liberamente delle persone, con le quali si poteva non impegnare affatto il nostro consenso, e giusto accettare la loro sentenza. Cosi anche tu, se hai ήaccolto, giudicandolo onesto, colui che potevi non riaccogliere piu, se ti fosse apparso indegno della famiglia, non potrai piu disere­ darlo : da te medesimo infatti e stata data testimonianza che non meήtava di subire un'altra volta questo trattamento, ed e gia stato riconosciuto onesto. Che il riaccoglimento sia irre­ vocabile e la riconciliazione sicura e doveroso, dunque, dopo un giudizio cosi confermato e il ricorso a due tήbunali, pήmo quello davanti al quale mi ήnnegasti, secondo il tuo, quando mutasti parere e annιιllasti l'altro : cancellando la sentenza pι·ecedente consolidi la decisione presa dopo. Fermati, allora, a quest'ultima e conserva inalterato il tuo proρrio giudizio ; devi essere un padre : lo hai stabilito, lo hai ponderato, lo hai convalidato. [rz] Ε nemmeno se io non fossi figlio naturale, ωa mi avessi adottato e poi volessi diseΓedarmi, penserei che ti sarebbe lecito, giacche cio che era possibile in origine non

ΑΠ ΟΚΗΡΥΤΤΟ ΜΕΝ ΟΣ

&παζ γενόμενον. Τον δΕ: καt φuσει καt αο3·ις προαιρισει καt γνώμη είσπεποιημένον, πως ε\Jλογον αο3·ις &πω3·ε�σ&αι καt πολλάκις της μιας οίκειότητος &ποστερε�ν ; Et δ ' οtκιτης &ν έτuγχανον, καt το μΕ:ν πρωτον πονηρον οίόμενος έπιδησας, μεταπεισ3·εtς δΕ: 6.1ς ούδΕ:ν ήδίκουν, έλεΜ·ερον &φηκας ε!ναι, άρ ' &ν σοι προς καιρον όργισ3·ιντι αΌ&ις έζην ές την δμοίαν δουλείαν έπανάγειν ; Ούδαμωc;. ΤιΧ γιΧρ � � I 1 β ε' β αια και\ \ ύπαρχειν τοιαυτα οι< νό μοι κυρια ΎπΕ:ρ μΕ:ν οον τοϋ μηκέτι έζε�ναι τοuτφ &ποκηρuττειν δν &παξ &ποκηρuζας έκων &νιλαβεν, �τι πολλιΧ είπε�ν �χων ΙSμως παuσομαι. [ Ι3] Σκέψασ3·ε δΕ: η&η ΙSντινα 6ντα με καt &ποκηρuξει . καl ού δή που τοuτό φημι, 6.1ς τότε μΕ:ν ίδιώτην, νϋν δΕ: ίατρόν- ούδΕ:ν γιΧρ &ν προς τοϋτο ή τιχνη συναγωνίσαιτο· ούδ' ΙSτι τότε μΕ:ν νέον, νuν δ! ηδη καt προβεβηκότα καt το πιστον τοu μηδΕ:ν &δικΊjσαι &ν παρα. της ήλικίας �χοντα· μικρον γιΧρ �σως καt τοuτο. 'ΑλλιΧ τότε μέν, εί καt μηδΕ:ν ήδικημένος, 6.1ς &ν �γωγε φαίην, &λλ' ούδΕ: εο πεπον&6.)ς � > !;' � αc,ιουσιν. οια παντuς παρητε�το της οίκίας, νϋν δΕ: σωτηρα �ναγχος καt εύεργέτην γε­ γενημινον, οο τί γινοιτ' &ν &χαριστότερον, σω&έντα δι' έμΕ: καt τηλικοϋτον κίνδυνον διαπεφευγότα το�ς τοιοuτοις εύ3·ος &μείβεσ&αι της 3·εραπείας έκείνης ούδένα λόγον �χοντα, άλλ' ούτωσt pCfδίως έπιλελησ&αι και έπt την έρημίαν έλαuνειν τον έφησ3·ιντ' &ν δικαίως ' ' ' ' 1 1 βε1 βλητο, μη' μονον ου' μνησικακησαντα, α' λλα' εφ ' ' [ ] ' Ο υ γαρ σμικρ όν, και σωσαντα και σωφρονειν παρασκευασαντα ; 14 '

'

'



ώ &νδρες δικασταί, ούδΕ: το τυχον εό πεποιηκως αύτον ΙSμως των τοιοuτων νϋν &ζιοuμαι. 'Αλλ' εί και οοτος &γνοε� τιΧ τότε, πάντες ύμε�ς 'lστε ο!ο:. ποιοϋντα ο:.ύτον κο:.t πάσχοντα. καt ΙSπως διακείμενον έγω παραλαβών, των μΕ:ν &λλων ίατρων &πεγνωκότων, των δΕ: οίκείων φιiυγόντων καt μηδΕ: πλησίον προσιινο:.ι τολμώντων, τοιοϋτον &πέφηνα, 6.1ς καt κατηγορε�ν Μνασ3·αι ΚΙΧL περt των νόμων διαλέ­ γεσ3·αι. Μ&λλον δΕ: δρ�ς, & πάτερ, το παράδειγμα · τοιοuτον 6ντα Ύ !: �ι �' ο �ς ' αοικως σε παρ ολίγον εc,ε Ο�ΙΧ νuν ή γυνή έστι, οπρος την άpχαίαν ψpόνησιν

29 [54] , 1 3-14

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fare, e ingiusto annullarlo una volta fatto. Ma i1 :figlio che e stato introdotto nella famiglia per via di natura e poi ancora per una libera scelta puo poi ragionevolmente essere respinto e piu volte privato di quest'unica parentela? Se io fossi uno schi avo e tu in un pήmo tempo, ritenendomi un cattivo sog­ getto, mi mettessi in ceppi, ma poi, venuto nella convinzione che non facevo niente di male, mi liberassi, ti sarebbe lecito, in seguito ad un occasionale impeto d'ira, riportarmi a quella medesima condizione di schiavo ? Nient'affatto. Le leggi esi­ gono che tali decisioni siano immutabili e sempre valide. Ma ora del fatto che a costui non e piu lecito diseredare chi ha diseredato una volta e poi reintegrato volontariamente, cessero di parlare, pur avendo ancora molte cose da dire. [13] Considerate invece chi sono io, che egli vuol diseredare ; e non intendo dire certamente che allora ero uno qualunque, mentre ora sono un medico - la mia arte non gioverebbe al­ l'attuale situazione -, ne che allora ero giovane, mentre ora sono gia avanti negli anni e la garanzia del non far male mi viene dall'eta : anche questo, forse, e poco importante. Allora, pero, mi escluse dalla famiglia senza aver ήcevuto, come posso ben dire, del male, , ma neppure del bene, ora mi esclude dopo che da me, recentemente, e stato salvato e bene:ficato ; e di questa puo esservi ingratitudine maggiore, del ricambiarmi subito con una simile azione, guarito e scampato a tanto peri­ colo, non facendo nessun conto di quella cura, del dimenticar­ sene, invece, cosi facilmente e del costringere alla solitudine colui che avrebbe potuto godere giustamente del male di coloro, ad opera dei quali era stato ingiustamente cacciato, ma che, per contro, non solo non serbo rancore, ma anche salvo e si appresto a ridare i1 senno ? [14] Ε infatti, ο giudici, non e piccolo ne comune il beneficio che gli ho reso ; tuttavia ora sono ritenuto meήtevole di un tale contraccambio. Ma anche se costui ignora quello che e stato, voi tutti sapete quali erano le cose che faceva e quelle che pativa e come era ridotto, quando lo presi in cura e, mentre gli altri medici non davano speranze e i famigliari lo evitavano non osando nemmeno avvicinar­ glisi, lo rimisi ip. condizione di poter sostenere un'accusa e discutere sulle leggi. Ma, meglio ancora, tu puoi vedere, ο padre, i1 modello di te stesso : quando ti riportai al senno di

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Α ΠΟΚΗΡ"Χ'ΤΤΟΜΕΝΟΣ

έπανήγοι.γον. Ού aη δίκαιον, το�αύτην μοι γενέσ-θ·αι τ�ν άμο�β�ν άντ' έκείνων ούδΕ: κατ' έμοu σε μόνου σωφρονε'i:V' lJτ� γοφ μ� μικρα ύπ' έμοu εύηργέτησα�, και άπ' αύτων ών έγκαλε'Lς δΥjλόν έστιV' δ � f: ' I ';" -v I '' ' εσχατο�ς ν γαρ ως εν ουσαν γυνα�κα και\ παμπονηρως εχουσαν ούκ tώμενον μ�σε'Lς, πως ού πολΟ μiΧλλον, 5τι σε των δμοίων άπήλ­ λαζα, όπεραγαπ�ς και χάρ�ν δμολογε'i:ς των οι5τω δε�νων άπηλ­ λαγμένος ; Σο δέ, 5περ άγνωμονέστατον, σωφρονήσας εύ-θ·ος ε1ς δ�καστήρ�ον άγε�ς ΚΙΧL σεσωσμένος κολάζε�ς ΚΙΧL έπι το άρχα'i:ον έκε'i:νο μ'Lσος άνατρέχεις κα1. τον αύτον άναγ�νώσκε�ς νόμον. ΚαλΟν � ' � ' ' ' ' των ' β ας τη� τεχνη γουν τον κα�' αμο� φαρμακων έπι τον tατρον όγ�αίνων μόνον. [15] ' Υμε'Lς δέ, ώ άνδρες � \ σωσαντα > ' ψ ετε ΚΙΧ�\ τον 7 I I Ι Ι τιιν επ�τρε ευεργετην τουτ κο έζελαόνε�ν ΚΙΧL τον σωφρονίσαντα μ�σε'Lν και τον άναστήσαντα τιμω\ ε�' τα\ μέγ�στα νυν κα�\ γαρ � � Ν γε τα\ ο υκ, >/ πο�ητε. \ 1 1 ι > Ι < α.μαρτανων ετυγχανον, τις ου' μ�κρα προοφε�λομενη χαρ�ς, ε1ς Υ)ν άποβλέποντα τοuτον κα1. �ς μεμνημένον καλως είχε των μev παρόντων καταφρονε'Lν, a� ' έκε'i:να δΕ: πρόχειρον την συγγνώμην (\ ' "' ' "' ' 'C ' αc,�ας IJ,χε�ν, και μ�σvΌν μάλ�στααποuιuως εt τηλ�καότη τ �ς � εύεργεσ(α τυγχάνοι, ός πάντα ύπερπα.ίε�ν τα μετα ταuτα. 'Όπερ οίμα� κάμοι προς τοuτον ύπάρχε�ν, λ ' 'ι' "> � ο�καστα�, α..,ε�ν δν IJ,σωσα, τuν και 8ς του βίου παντος χρεώστης &στ( μο�, και φ το είνα� ΚΙΧL το σωφρονε'i:ν και το συν�έναι παρέσχημα.�, και μάλ�στα 5τε οί "' ' (\ ο�κα�α ρεισv·α� ; &λλοι πάντες ηaηlJ..,1νάπεγνώκεσαν και �ττους είναι ώμολόγουν της νόσου. :}, μο�I πο�ε'i:ν την &μην εύεργεσίαν, δς οιlτε [r6] Τοuτο γαρ μείζω ιιν ο!μα� υίος &ν τότε οϋτε άναγκαίαν τΥjς S·εραπείας IJ,χων αtτίαν, άλλα έλεό­ S·ερος κα&εστως κα1. άλλότρ�ος, της φυσικΥjς αίτίας άφεψένος, 5μως / / / ' ε' βοηα.' λλ' λτος ου' λ οντης, λ ητος, αυτεπαγγε S·ησα, προσελ�πάρησα, tασάμην, άνέστησα και τον πατέρα. &μαυτ 1 & Ι I λητην πατρικην αποπ ρυττειν ετι τουτq.> ρώσαντι καl χρ·�σαμένq.> τοϊ:ς νόμοις οί>τε &.λλως δίκαιον, εοεργέην είς τιΧ τηλικαuτα γεγενημένον &.πω&εϊ:σ&αι καl τΊjς οίκίας παραι­ τεϊ:σ&αι, tκανως, ο!μαι, aέaεικται. [zo] "Η()η aιt καl έπ' αοτην την αίτίαν �λ&ωμεν τΊjς &.ποκηρό­ ξεως καl το �γκλημα έξετάσωμεν δποϊ:όν έστιν. Άνάγκ'Υ) δέ αοk}ις Ν

3 · Di queste leggi contro l'ingratitudine si parla spesso nelle esercitazioni ι·etoriche, e cio, se ce ne fosse bisogno, conferma la natura di questo scritto, mentre, per l'incertezza delle fonti, si dubita della loro esistenza stoι·ica. Se tralasciamo testi greci e latini piu recenti, che possono essere stati tutti in­ fiuenzati dalla tradizione retorica, l'autore piu antico che faccia parola di tali leggi e Senofonte, nei cui « Memorabili >>, Π, z, 13, Socrate rifeι·endosi, ovvia­ mente, ad Atene precisa che la citta non si cura di processare (il che nei ter­ nιini del diritto attico significa « non ha leggi, in forza delle quali il citt.adino possa chiamare in giudizio >>) chi si mostra ingrato verso una qualsiasi persona, ma soltanto chi e apparso tale nei confiOnti dei genitori.

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accuso me stesso del fatto che, sebbene sia i1 padre a ridurmi a cio, io lo amo, pur essendo odiato e non dovendo esserlo, e lo amo piu di quanto sarebbe giusto. Eppure e proprio la natura che impone ai padri di amare i :figli piu che ai :figli di amare i padri. Ma costui trasgredisce coscientemente sia le leggi, che si servono della famiglia per proteggere i :figli immuni da colpa, sia la natura che induce i genitori ad un forte attac� camento per i loro nati. Ε non e che, avendo motivi maggiori di affetto per me, a me paghi, con aggiunta spontanea, debiti maggiori di affetto ο che, per lo meno, mi imiti e mi emuli nell' amore ; anzi - ahime sventurato ! - addirittura odia chi lo ama, scaccia chi gli vuol bene, nuoce a chi lo bene:fica, di� sereda chi gli mostra i1 suo affetto e adopera contro di me le leggi, che sono favorevoli ai :figli, come se fossero loro avverse. Quanto assurdo, ο padre, e lo scontro, cui dai occasione, fra le leggi e la natura ! [rg] Non stanno le cose, non stanno come vuoi tu : interpreti male, ο padre, le leggi, che invece sono ben fatte. Ν on sono in guerra, quando si tratta di affetti, natura e legge, ma si accompagnano l'una con l'altra e combattono insieme per eliminare le ingiustizie. Se usi la violenza col tuo benefattore, fai torto alla natura. Perche dunque fai torto alle leggi e insieme alla natura? Tu alle leggi non permetti di essere buone, giuste, favorevoli ai :figli, le muovi piu volte contro un solo :figlio, come se fossero molti, e non lasci che si appaghino delle punizioni, mentre vorrebbero appagarsi dei buoni sentimenti dei :figli verso i padri ; per quanto, a dire i1 vero, non sono fatte per gli innocenti. D'altra parte le leggi concedono di intentare causa per ingratitudine 3 a quelli che non contraccambiano i1 bene:ficio ai loro benefattori. Ma colui che oltre a non contraccambiare ritiene giusto punire per il bene:ficio stesso che ha ricevuto, vedete se ha tralasciato un solo eccesso d'ingiustizia. Ebbene, che a costui non e piu lecito diseredare dopo aver esercitato gia una volta la sua facolta di padre ed essersi una volta servito delle leggi, e che non e, per altro verso, giusto scacciare un benefattore spintosi fιno a tal punto e bandirlo dalla sua casa, e stato dimostrato, credo, sufficien temente. [:zo] Ε veniamo subito alla causa stessa del diseredamento ed esaminiamo la natura dell'accusa. Ε necessario risalire

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ΑΠΟΚΗΡΥΤΤΟΜΕΝΟ Σ

έπl τ�ν γνώμ-ην &να8ραμεϊ'ν τοU νομο-θ·έτου. t'Ινα γάρ σοι τοUτο προς όλ(γον a&μεν, το έξείναι όσάκις &ν έ&έλης &ποΚ'Υ)ρόττειν, κα1 I ) I I 1 καταI γε του"' ευεργετου προσετι τ ταυτψ συγχωρ'Υ)σωμεν, οΟχ άπλώς, ο!μαι, οοaε έπ1 πάσαις α1τ(αις &πΟΚ'Υ)ρόξεις, Οοaε τoiJ&' ό νομο.Θ·έτ'Υ)ς φφίν, IS τι &ν τόχη ό πατ�ρ αίτιασάμενος, &ποκ'Υ)pυτ­ τέτω, κα1 &πόχρ'Υ) .Θ·ελ�σαι μόνον κα1 μέμψασi)·αι, Τ( γιΧρ &ν �aει aικαστ'Υ)ρίου ; 'Αλλ' όμiΧς ποιεί τοuτο, ω &νaρες aικασταί, σκοπείν εtτε έπ1 μεγάλοις κα1 aικαίpις ό πατ�ρ όργίζεται εtτε και μ�. Οοκ­ οuν τοuτο �a'YI έξετάσατε. "Αρξομαι aε &πο των μετα τ�ν μανίαν l ' t:'σωφροσόν'Υ εΜός. [2r ] τα μεν a� πρώτα �•1ν τ�ςει.,ουσιαν Ις τοu πατρος λόσις �ν τ�ς &ποκ'Υ)pόξεως, κα1 σωτ�ρ κα1 εύεργέτ'Υ)ς και πάντα �ν έγώ. Κα1 οοaέν, ο!μαι, τοότοις gγκλ'Υ)μα προσείναι έaόνατο. τα μετα ταuτα aε τί των πάντων αίτι� ; Τίνα &εραπείαν, τίνα έπιμέλειαν υίοu παρ�κα ; Πότε &πόκοιτος έγενόμψ ; τίνας πότους &καίρους, τίνας κώμους έγκαλείς ; Τίς &σωτία ; τίς πορνοβοσκος 15βρισται ; Τίς ήτιάσατο ; οοaε ε!ς. Κα1 μ�ν ταuτ' έστlν έφ ' ο!ς μάλιστα ό νόμος &ποκ'Υ)ρόττειν έφί'Υ)σιν. Άλλα νοσείν �ρξατο � μψρυιά. τι σον ; 'Εμο1 τοuτ' έγκαλείς κα1 νόσου aικ'Υ)ν &παιτείς ; 0\5, φφίν. [ 22] Άλλα τί ; Θεραπεόειν προσταττόμενος σοκ έ.Θ·έλεις, κα1 aια τοuτ' &ξιος &ν εt'Υ)ς &ποκ'Υ)ρόξεως &πει.Θ·ών τίi) πατρί. Έγω aε το μεν ο!α προστάττοντι αοτίi) όπακοόειν ο ο aυνάμενος &πει.Θ·είν aσκώ προς όλίγον όπερ&�σομαι· πρότερον aε άπλώς έκείνό φ'Υ)μι, ώς οο πάντα προστάττειν οί5τε τοότcμ aιaωσιν ό νόμος οί5τ' έμο1 το πεί­ &εσ&αι πiΧσι πάντως &ναγκαίον. 'Εν a· σον τοίς τών προσταγμάτων Ν ι • ' • ' νοσης • Ν και' 'Εαν τα' μεν εστι, τα' οργ'Υ)ς αοτός, έγω aε &μελώ· Μν των κατ' οίκον έπιμελείσ.Θ·αι κελεόης, έγω aε όλιγωpω· Μν τα κατ' &γρον έπισκοπείν προστάττης, έγω aε όκνώ, πάντα ταuτα κα1 τα τοότοις ΙSμοια εολόγους gχει τας προ ­ φάσεις και τας μέμψεις πiΧτρικάς τα aε &λλα έφ ' �μίν έστι τοίς παισίν, /)ντα των τεχνών κα1 τ�ς τοότων χρ�σεως, κα1 μάλιστα, εί μ'Υ)aεν ό πατ�ρ αοτος &aικοίτο . Έπεί τοι &ν τίi) γραφεί πατ�ρ ι I Jl ! Ι οuτ �σχυρα., κα.�I ταuτα. πδi.σιν 'Cσα.},'ιη οuτε δμοια. ο\5τε τ"ij κράσει επ� ο\5τε τ"ij συστάσει. Διά,

'�-' '�- ' •i μιι.}, α.πεφοκα ον μησε εc,αγωνιον μησε α. οτριον �'ι l(ιι.καφον ηγη-

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beπe, iπ cambio di tutto questo tu preteπdi di servirti della mia arte e vuoi essere padroπe di cose, che mi sοπο procurato, quaπdo tu mio padroπe ποπ eή? Sii gia coπteπto, se la volta precedeπte di mia spoπtaπea voloπta seπza doverti πulla ti ho beπeficato, giacche πeppure allora potevi preteπdere πessuπa gratitudiπe. [25] Certo e che la mia buoπa azioπe ποπ deve iπ futuro diveπtare uπ obbligo πe il beπeficio spoπtaπeo tra� sformarsi iπ uπ pretesto per imporre di farlo a chi ποπ vuole, πe deve affermarsi l'usaπza di curare per sempre, dopo aver guaήto uπο uπa volta, tutti coloro che il guaήto voglia : cosi, iπfatti, avremmo eletto a ποstή padroπi i pazieπti che cuήamo e iπ piu li avremmo pagati col prezzo del servirli come schiavi e dell'ubbidire a qualuπque ordiπe dato. Ε di questo che cosa di piu iπgiusto potrebbe esserci? Peπsi che ti sia lecito abusare della mia arte, per il fatto che, quaπdo ti ammalasti cosi gra� vemeπte, ti ho riportato alla salute? [26] Questo avrei potuto dire, aπche se costui mi avesse ordiπato uπa cosa possibile, ed io ποπ avessi ubbidito iπ πulla di πulla πemmeπo per costήzioπe. Ed ora seπtite aπche di qual geπere siaπo i suoi ordiπi : « Poiche curasti me - dice - quaπdo ero pazzo ed ora e impazzita mia moglie e soffre lo stesso male - questo iπfatti egli peπsa -, e gli altή giudicaπo ugualmeπte il caso disperato, meπtre tu, come hai dimostrato, puoi tutto, cura aπche lei e liberala subito dalla malattia ». Ε cio, a seπtirlo cosi, semplicemeπte, potrebbe sembrare assai ragioπevole, soprattutto a uπ profaπo, iπesperto di mediciπa ; ma, se vorrete ascoltare le ragioπi che esporro iπ favore della mia arte, appreπderete che ποπ tutto ci e possi� bile, che i caratteri delle malattie ποπ sοπο simili, πe medesima c la cura, πe i medesimi farmaci sοπο efficaci per tutte le iπ­ fermita, e allora ήsultera chiaro che tra il ποπ volere e il ποπ potere qualcosa corre uπa graπdissima differenza. Sopportate la mia elucubrazione su questo argomeπto e ποπ giudicatela di cattivo gusto πe irrilevaπte πe fuor di proposito ο iπtem­ pestiva. [27] lππaπzitutto la πatura e la complessioπe dei corpi ποπ sοπο ideπtiche, aπche se col massimo coπseπso si ammette che essi siaπo costituiti degli stessi elemeπti, ma alcuπi haππο parte maggiore ο miπore di alcuπi, altή di altri. Ε aπche dei corpi maschili dico che πeppure questi li haππο tutti uguali ο simili πe per complessioπe πe per costituzioπe. Ed ecco che

ΑΠΟΚΗΡΥΊ'ΤΟΜΕΝ ΟΣ

φορα aη καG μεγέ&ει κα( εtaει ό:νάγκη καG τι% νοσ�ματα έγγίνεσ&αι αότο�ς, κα( τιΧ μεν εόιατα ε!ναι κα( προς την 3·εραπείαν άναπεπτα­ μένα, τι% aε τέλεον άπεγνωσμένα κα( pζf3ίως άλισκ6μενα καG κατιά.φοροι, οίον νέοις μΕ:ν πλ�.fι·ος ώς το πολύ, γέροντα:ς aε κα:l 1>ια:­ βολ� &.καιpος κα:l bργ� &.λογος πολλάκις κα:τ' οίκείων έμπεσο\Jσα: το μΕ:ν πρωτον 1>ιετά.ρα:ξεν είτα: κα:τ' ολίγον ές μα:νία:ν περιέτρεψε· ' γυνα:ικων aε πολλιΧ κα:.fι·ικνε'!:τα:ι κα:l pq.1>ίως ές τ�ν ν6σον έπά.γετα:ι, μάλιστα: aε μ'!:σος κατά. τινος πολu � φ&6νος έπ' έχ&ρ� εότυχοuντι � ' � ' ι κα:τ' ο ι υποτυφομενα: λυπ'Υ) οργ'Υ)' τις κα:ι' μα:κριμ τα:υτα: χρ6νιμ έντρεφ6μενα: μα:νία:ν ά.ποτελε'i:. [3Ι ] Τοια:uτά. σοι, ω πά.τερ, κα:l � γυν� πέπον&ε κα:l Ίσως τι λελύπ'Υ)Κεν α:ότ�ν �να:γχος· οό1>Ε:ν γιΧρ έκείν'Υ) έμίσει, πλ�ν �χετα:ί/ γε κα:l οόκ &ν έκ των πα:ρ6ντων ύπ' ' �'Ι �'I ία:τροu .fι·ερα:πευ.fι·�ναι Μνα:ιτο·λ ιγον ώς ε'i γε: &.λλος τις ύπ6σχοιτο, ε� τις ά.nα:λλά.ξειε, μίσει τ6τε ώς ά.1>ικοuντα: έμέ. Κα:l μ�ν κά.κε'!:ν ο, '1 � ' ' " ' ι ω ,. πά.τερ, ουκ α:ν οκν'Υ)σα:ιμι και' ουτως τελεως ά.πέγνωστο, ά.λλ& τις �τι σωτ'Υ)ρία:ς έλπlς ύπεφα:ίνετο, οόκ &ν οό1>ε ο6τω pq.1>ίως nροσ'Υ)ψά.μψ οό1>' α:Q προχείρως φάρμακον έγχέαι έτ6λμφα: 1>ε1>ιL ι ι;ι αποκ'Υ)ρυι.,ης οι:; κοιιτοι τ/ 'i1> ' l( r/ > 'i1> 1 •Ιι;' 'i1> νομενος ουοεν κοιτα σου οεινον ευι.,ομαι. ' ο v.ν, uπερ μ'Υ) γενοιτο,

29 [54] . 32

minile. Ε pertanto qualcuno avrebbe sospettato, se il male avesse avuto un decorso contrario e i farmaci non avessero agito, che la cura fosse malevola e perfida. [32] Le condi­ zioni di tua moglie, ο padre, sono queste - e ti parlo dopo una 1unga osservazione -: non migliorera mai, neppure se berra mille e mille dosi del farmaco. Per questo non vale la pena di tentare, a meno che tu non stia spingendomi ad ιιη inevitabile fallimento e non voglia ricoprirmi d'infamia. La­ scia invece che io sia invidiato dai miei colleghi ! Se poi mi diserederai una seconcla volta, io, pur ήmasto solo al mondo, non ti augurero nulla di male. Se tu pero - e cio mai accada ! ricadrai nella malattia (cose come queste, rinfocolate, tendono a ritornare) , in che modo, in che modo dovro comportarmi ? τi curero, sappilo bene, in tal caso e non abbandonero mai il posto, che la natura assegno ai figli, ne dimentichero, per quanto stara in me, la mia famiglia. Se in seguito rinsavirai, devo credere che un giorno mi riaccoglierai? Vedi? Gia fa­ cendo quel che fai attiri e provochi 1a malattia. Sono due ο tre giorni che ti sei riavuto da un male di questa gravita e gia ti sforzi ed urli e, per colmo, ti adiri, passi allΌdio, invochi le leggi. Ahime, padre ! Questi segni erano il preludio della pazzia di quella volta.

30 [1] ΦΑΛΑΡΙΣ ΠΡΩΤΟΣ *

FALARIDE Ι

* Saggio retorico di antica ed illustre ongιne (risaliva alla prima Sofi­ stica) era la difesa di nn personaggio mitologico ο storico di pessima repnta­ zione. Α nna prova simile non si sottrae Lnciano, il quale sceglie Falaride, il tiranno di Agrigento vissnto nel vr secolo a. C., famigerato per la sna crn­ delta, immaginando, in qnesto primo dei dne scι·itterelli omonimi, che l'apo­ logia conιposta per se dallo stesso tiranno venga pronnnciata a Delfi da nn membro della commissione agrigentina incaricata di offrire in voto ad Apollo il toro di bronzo che, raffinato strnmento di tortnra, e ora considerato da Falaride il simbolo della propria ginstizia. Ma qni, nonostante l'impalcatura retorica, non si tarda a riconoscere i1 vero Luciano, che ha cosparso l'auto­ difesa del truculento personaggio di un'ironia tanto piu gustosa in qιιanto e ovvio - s'immagina inavvertita dal personaggio stesso. Ne τisulta che le punte piu vistose di questa ironia corrispondono ai momenti piu appassionati ο agli argomenti piu speciosi dell'orazione, ai quali soprattutto Falaride si affida nel tentativo di restaurare la propria fama. Luciano ha cosl sorriso prima di noi dei principali, e nιai mutati, vanti di tutte le tiran11idi di tutti i tenιpi : dove uno solo comanda, cessano i rovinosi contrasti dei partiti e reg11a sovra11o I'ordi11e pubblico. Certo 11011 dimenticheremo questo tiranno, che chiede al dio di non aver piu bisog11o di punire e clιe afferma di aver pianto tante volte assiste11do alla fustigazione di una sua vittima. La natura dello scritto ci indιιce ad assegnarlo allo stesso periodo, giovanile, dei precede11ti esercizi retorici. Ma qui il talento dello scrittore sembra mostraι·e una certa insofferenza per quegli schemi : ci avviciniamo, forse, al grande rifiuto della parola fine a se stessa, dunque ai suoi quara11t'anni. -

[r] "Επεμψεν �μiΧ.ς, ω Δελφοί, δ �μέτερος �υνάστ'Υ)ς Φάλα.ρις &ζοντας τφ &εφ τον τα.uρον 1 τοuτον και uμ�ν �ια.λεζομtνους τιΧ εtκ6τα. uπέρ τε α.ύτοu &κείνου και του ά.να.&�μα.τος, 7Ων μεν οuν �νεκικ �κομεν, τα.υτά έστιV' &. �έ γε προς uμiΧ.ς έπέστειλεν, (τά�ε)· 'Εγώ, φ'Υ)σίν, ω Δελφοί, κα.t παριΧ πiΧ.σι μεν το�ς " Ελλ'Υ)σι τοιουτος uπολα.μ(> I < -ι < Ι > β ανεσv·α.ι οπο ιος ειμι, α.' λλα.I μ'Υ)I οποιον 'Υ)< ποφα.Ι των μισουντων κικιΙ φ&ονοόντων φ�μ'Υ) τα�ς των ά.γνοοόντων ά.κοα.�ς πα.ρα.�έ�ωκεν, ά.ντι των πάντων ά.λλα.ζα.(μψ &ν, μάλιστα. �ε παρ ' uμ�ν, 5σφ ιεροί τέ έστε και πάρε�ροι του ΠυS ίου 2 και μ6νον οό σόνοικοι και δμωρ6φιοι του &εου. Ήγουμα.ι γάρ, εl uμ�ν ά.πολογ'Υ)σα.ιμ'Υ)ν και πείσα.ιμι μάτψ &μος uπειλ�φ&αι, και το'i:ς &λλοις &πα.σι �ι' uμων ά.πολελο­ γ'Υ)μένος �σεσ&α.ι. Κα.λω �ε ων έρω τον &εον α.ότον μάρτυρα., δν οόκ �νι �� που πα.ρα.λογ(σα.σ&α.ι κα.t ψευ�ε� λ6γφ πα.ραγα.γε'i:V' ά.ν.θ·ρώ­ πους μεν γοφ ·ισως &ζα.πα.τ�σα.ι ρ*�ιον, &εον �έ, και μάλιστα τουτοv, �ια.λα&ε'i.'ν ά.Μνα.τον. [2 ] 'Eγcb γιΧρ οό των ά.φα.νων έν Άκράγα.ντι &ν, ά.λλ' εt κα.( τις &λλος εu γεγονcbς και τρα.φεις έλευ&ερ(ως και πα.ιaειqι προσεσχ'Υ)κώς, &ει aιετέλουν τ?) μεν π6λει a'Υ)μοτικον έμα.υτον παρέχων, το�ς aε συμπολιτευομένοις έπιεικ� και μέτριον, β(α.ιον �ε Ι. Per quel ohe riguarda la figuι·a storica di Falaride si veda, in questo stesso volume, la nota 57 a Ver. ltist., Π. Quanto al famoso toro di bronzo, legato indissolubilmente dalla tradizione al nonιe del tiranno, il primo a darne testimonianza fu Pindaro nella Pitica J, vv. 95-97 (del 476 a. C.), mentre il prinιo a far parola di Perilao, l'aι·tefice, e della punizione infiittagli da Fa­ laride - come JJuciano racconta in questo scritto (§§ Ι Ι e segg.) - fu Callimaco negli Α'ίτια, seguito poi da numerosi autori latini (nei quali Perilao diventa Perillo), da Cicerone a Ovidio, a Claudiano, a Paolo Orosio, fino a giungere al _nostro Dante (Inf., XXVII, 7-12). Da canto suo Luciano e il primo a far eco ad una tradizione di tutt'altro segno, le cui testimonianze piu esplicite si trovano in Eliano, Ateneo ed Eusebio di Cesarea, ma la cui origine e ben piu antica ed e facile ricondurre al santuario delfico. Luciano s'e valso ai suoi fini del presupposto di questa tradizione, cioe di un rapporto stabilito da Falaride, e accettato da Delfi, col celebre e potente oracolo. Senza questo rapporto, infatti, i1 tempio delfico non avrebbe divulgato il ι·esponso che Apollo diede ai congiurati agrigentini che gli chiesero come avrebbero potuto aggredire il tiranno. Rispose il dio che insieme con Zeus egli aveva stabilito

[r] Uomini di Delfi, ci ha mandato il signore nostro, Fa­ laήde, perche portassimo al dio questo toro 1 e vi dicessimo cio che e opportuno dire ήguardo a lui medesimo e al dono che offre. Queste sono le ragioni, per le quali siamo venuti ; i1 discorso che ci ha incaricato di fare e i1 seguente : « Ι ο darei qualunque cosa, ο uomini di Delfi, perche tu tti i Greci mi con­ siderassero quale sono e non quale mi ha consegnato alle orec­ chie di chi non mi conosce la voce propagata da coloro che mi odiano e mi invidiano, ma, piu di tutti, voi, in quanto siete consacrati al dio Pizio 2, state al suo :fianco e quasi vivete nella stessa casa e sotto lo stesso tetto. Ritengo, infatti, che, se ήusciro a discolparmi presso di voi e a persuadervi che la fama della mia crudelta e infondata, saro discolpato per mezzo vostro anche presso tutti gli altri. Come testimone di cio che diro chiamo il dio stesso, che non e certo possibile abbindolare e non certo fuorviare con discorsi ιnenzogneι·i : facile e, forse, ingannare gli uomini, ma passarla liscia con un dio, con questo soprattutto, e impossibile. [z] Ιο, che non ero in Agήgento un personaggio oscuro, ma se altri mai ben nato, liberalmente allevato, interessato alla cultura, in politica mi mostrai sempre democratico, coi miei concittadini sempre giusto e misurato : nessuno in quel pήmo tempo della mia vita poteva imputarmi che la morte di Falaride fosse differita di due anni e cansa del suo generoso comportamento verso Caritone e Melanippo. Ι1 tiranno, in realt(ι, aveva gra­ ziato i due amici, accusati di complotto contro di lui, per aveι· resistito senza tradirsi alla tortura. Ε tale tradizione, secondo un mio studio comparso ne11a Misce11anea Beltrami (Genova, 1954), risalirebbe attraverso lo scritto ιc Sugli oracoli » de11o stoico Crisippo ad Eforo di Cnma, il notevole storico di scuola isocratea che nel rv secolo a. C. scrisse in 30 libri, ι·idotti ora in frammenti, una storia generale di tutti i Greci. 2. Apo11o fu chiamato anche Pizio, per aver ucciso il serpente Pitone persecutore della madre Latona. La stessa radice e in Pito, altro nome di Delfi.

ΦΑΛΑΡΙΣ ΠΡΩΊΌΣ > > I > > ' λει μου \ \ \ 'Υ)"' υ< β ριστικον επεκα σκαιον ' ι ' ' � ' ι ' � (\ � '1-1ν '1- τους β ι�. 'ι'Εαυυ·εκαστονεωρων τ� προτερ� μοι πο•ι ουσεις ουσι:: ι ι '�- ' '�-' έπιβουλεύοντας καί έξ &παντος τρόπου ά.νελεϊν με λιτευομ&νους εκειν� τανανηα πεισ'Υ) σε ζψοuντας - διήρψο δε �μων τότε � πόλις - μίαν ταύτψ ά.πο­ φυγ�ν καί ά.σφά.λειαν εδρισκον, τ�ν αότ�ν &μα καί τ?j πόλει σωτ'Υ)­ ρίαν, εί έπι&έμενος τ?j ά.ρχ?j έκείνους μeν ά.ναστείλαιμι καt παύ' � ' ι · ' β ουλευοντας, σωφρονειν καταναγκασαιμι σαιμι επι τ'Υ)ν π ο' λ ιν '�-' &νδρες μέτριοι και καt �σαν γιΧρ οόκ ολίγοι ταuτα έπαινοuντες, σε φ ιλοπόλιδες, ot και τ�ν γνώμψ '}1δεσαν τ�ν έμ�ν και τ�ς έπιχειρ�­ σεως τ�ν ά.νά.γκψ. Τούτοις συναγωνισταϊς χρ'Υ)σά.μενος pq.δίως > I > Ι > Ι \ ουκετι < I [3 ] τ > � εκρατ'Υ)σα. οι< μεν εταραττον, α> λλ' υπ'Υ)κουον, έγω δΕ: �ρχον, �(\ πόλις δΕ: ά.στασίαστος �ν. ΣφαγιΧς δΕ: η ουντευυ-εν > I ' � επι > I > ' ζό μ'Υ)ν, β ε β ουλευκότων ειργα κατα\ των ε' λασεις 'Υ) '1-σ'Υ)μευσεις '1-\ τοιαuτα τολμιΧν έν ά.ρχ7J τ� ς δυναστείας καίτοι ά.ναγκαϊον (δν ουσε ) τιΧ μά.λιστα· φιλανS·ρωπίq. γιΧρ καί πρq.ότψι καί τεσποτικfι τις ά.πειλΎ} ά.ποτρόπαιά μοι κα1 ά.κοuσαι �ν. [4] "Ηδη δΕ: καί περί τοu ά.φεϊναι τ�ν ά.ρχ�ν καί κατα·θ·έσ&αι τΎ}ν δυναστείοcν έσκοπούμ'Υ)ν, 5πως μόνον ά.σφαλ&ς παύσαιτο &ν τις έννοων, έπεί τό γε &ρχειν αότο και πάντα πράττειν έπαχ&Ε:ς �δΎ) καί σον ψ&όν� καματ'Υ)ρον έδόκει μοι είναι • το δ ' οπως μΎ)Κέτι τοιαύτΎ)ς τινος &εραπείας δε�σεται � πόλις, τοuτ' έζ�τουν �τι. Κ&­ γω μeν δ ά.ρχαϊος περί ταuτα είχον, οί δΕ: �δ'Υ) τε συνίσταντο έπ' έμΕ: καt περί τοu τρόπου τ�ς έπιβουλ�ς καί ά.ποστά.σεως έσκοποuντο καί συνωμοσίας συνεκρότουν καί οπλα �&ροιζον και χρ�ματα έπο­ ρίζοντο και τούς ά.στυγείτονας έπεκαλοuντο και είς τ�ν ' Ελλάδα παριΧ Λακεδα:ιμονίους καί 'Α&ψαίους έπρεσβεύοντο· & μeν γιΧρ

Ζ57 nulla di violento ο di incivile ο di oltraggioso ο di protervo. Ma quando vidi che i miei avversarii politici complottavano cercandό in ogni modo di eliminarmi - la nostra citta era allora divisa in fazioni -, trovai che avrei imboccato l'unica ed in­ fallibile via di scampo per salvare me e la citta ad un tempo, se, conquistato il potere, avessi piegato quegli uomini, posto fιne ai loro complotti e costretto la citta a mettere giudizio : non erano pochi, infatti, coloro che approvavano questo di­ segno, uomini moderati e devoti alla patria, i quali conosce­ vano le mie intenzioni e 1a necessita dell'impresa. Valendomi dell'appoggio di costoro, ebbi facilmente partita vinta. [3] Da allora gli altή non si agitarono piu e ubbidirono, io governavo e la citta era concorde. Ν on facevo stragi, non infliggevo esilii ο confιsche, benche sia necessario osare azioni simili, special­ mente quando la signoria e all'inizio : speravo infatti ferma­ mente di indurli ·ad ubbidire con l'umanita, la bonta, la mitezza, l'imparzialita. Subito, in realta, mi ero accordato e riconciliato coi miei nemici, e ne feci ιιηa gran parte miei consiglieri e cωn­ mensali. Vedendo, poi, la citta rovinata dall'incuήa dei suoi capi, che erano stati quasi tιιtti ladri, anzi rapinatori del­ l'eraήo, la ristorai con afflussi di acque, l'adornai con la costru­ zione di edifιci, la ι-afforzai con ιιη circuito di mura, ne accrebbi facilmente le entrate pubbliche con l'opera diligente dei miei de1egati, mi presi cura della gioventu, provvidi ai vecchi, in­ trattenni il popolo con spettacoli, elargizioni, feste e banchetti comuni, mentre di violenze alle fanciulle, ο di corruzioni di giovinetti, ο di rapimenti di donne, ο di irruzioni di gendarmi, ο di una qualsiasi minaccia da parte del signore non volevo nemmeno sentir parlare. [4] Ma gia meditavo di lasciare i1 potere e di rinunciare alla signoria, pensando solamente come il ritiro sarebbe potuto essere sicuro, poiche il comandare in se e il provvedere a tutto mi sembravano ormai pesanti, fa­ ticosi e insieme bersaglio di invidia ; studiavo, poi, in che modo la citta avrebbe potuto non aver piu bisogno di una cura at­ tenta come la mia. Ε mentre io, l'antiquato, ero preso da questi pensieή, gli avversarii gia si coalizzavano contro di me, stu­ diavano i modi dell'insidia e della sollevazione, ordivano con­ giure, raccoglievano armi, si procuravano denaro, lanciavano appelli ai confιnanti, inviavano messi agli Spartani e agli Ateg , LucιANo, ΙΙ.

ΦΑΛΑΡΙΣ ΠΡΩΤΟ Σ

περt έμοu οιύτοu, εί λΊJψ&είψ, έaέ3οκτο �i>ΊJ αύτοΊ:ς καt δπως με αύτοχεφίqι 3ιασπάσασ&αι �πείλουν καt &ς κολάσεις έπενόουν, i>'Υ)μο­ σίqι στρεβλούμενοι έξε'Lπον. Tou μeν 8� μΊ)3eν πα&εΊ:ν τοιοuτον οί &εοt α'ίτιοι φωράσαντες τ�ν έπιβουλ�ν, καt μάλιστά γε δ Πύ-&ιος ονείρατά τε προ3είζας καt το&ς μΊ)νόσοντας gκαστα έπιπέμπων. [5] Έγω aε ένταu-θ·α �aΊJ όμιΧς, ω Δελφοί, έπt του αύτοϋ 3έους νϋν τελφον α.uτοu, παλαιiΧς σuν't),()'είας τ�ς προς αuτοος μν't)μο­ νεόσας. [ro] 'Όταν 3έ βοuλ'fJ&�τε τοuμον εί3έναι, τοός είσφοιτων­ τας εtς 'Ακράγαντα ξένοuς έρωτ�σατε δπο'i:ος έγώ περι αuτοός εtμι και εt φιλαν&ρώπως προσφέρομαι το'i:ς καταίροuσιν, 6ς γε καt σκοποος έπt των λιμένων �χω και πεu&�νας, τίνες 6.f)·εν κατα.πε­ πλεοκασιν, ώς κατ' &ξίαν τιμων &ποπέμποιμι αuτοός. 'Ένιοι 3έ και έξεπίτ't)l>ες φοιτωσι παρ ' έμέ, ο ! σοφώτατοι των Έλλ�νων, και ou φεόγοuσι τ�ν σuνοuσίαν τ�ν έμ�ν, 6σπερ &μέλει και πρφψ δ σο> > ' < t t 1 < 1 εμοu 1 Π uv·αγορας Cι < � ,:S: 't)μας, φυς uπι:;ρ > � ακ't)κοως' επει ιικεν ως α.Νλλα μι:;ν aε έπεφά,()·'t), &π�λ,()·εν έπαινων με τ�ς aικαιοσόν't)ς και έλεων τ�ς &ναγκαίας ώμότ't)τος. Ε!τα ο'Cεσ&ε τον προς τοος Μ·νείοuς φιλάν&ρω­ πον οί5τως &Ι>ίκως το'i:ς οtκ� ίοις προσφέρεσ.f)·αι, εt μ� η 3ιαφερόντως �ί)ίκψο ; [π] Ταuτα μέν ο ον δπέρ έμαuτοu &πολελόγ't)μαι δμ1'ν, �' eι � και' οικαια ' ι πειv·ω, ' Cι ' ' ' :1Α και\ επαινοu ' 'J μισοuς μα� λλον, ως εμαuτον α' λ't)v''t) •y ' � 1 , � υ..}.κ οuσαι , eι , � � ιtQ ιι 11t: , υ.. c, ια. περ οι:; τοu αναv·Ί)ματος κα.φος uμας οv·εν και, υπως τον ταuρον τοuτον έκτΊJσάμψ οuκ έκ3οος αuτος τριαντοποις τοLοότων έπL&uμ�σα.L κτ't)μ&των. 'Αλλα Περίλα.ος �ν τLς �μεaα.π6ς, χα.λκεuς μΕ:ν &γα.&6ς, πον't)ρΟς aε &ν.3·ρω­ πος. Οοτος πά.μπολu τ�ς έμ�ς γνώμ't)ς /)L't)μα.ρτ't)κως ς τον μeν Κολάζεσ&α.L7 σe �e τέρπεσ&α.L μετα.ζο κα.τα.uλοομενον. [rz] Έγω �ε 6.>ς τοuτο Ί]κοuσα., έμuσά.χ.3·ψ τ�ν κα.κομ't)χα.νία.ν τοu &ν�ρος ΚOCL τ�ν έπίνοLα.ν έμίσ't)σΟC τοu κα.τα.σκεu&σμα.τος ΚOCL οικείαν α.ότψ τψωρία.ν έπέ&'t)ΚΟC' κα.ί, 'Άγε a�, �φ't)ν, & Περίλα.ε, ει μ� κεν� &λλως δπόσχεσLς τα.uτά. έστL, �εϊξον �μϊν α.ότος εiσελ&ν τ�ν &λ�.3·εLα.ν τ�ς τέχν't)ς ΚOCL μίμ't)σΟCL τοος βοωντα.ς, �ν ' ειaωμεν ει κα.t ?: φ�ς μέλ't) �LOC των αόλων φ&έγγετα.L. Πεί&εταL μΕ:ν τα.uτα. δ Περί­ λα.ος, έγω Ι)έ, έπεt �νaον �ν, κα.τα.κλείσα.ς α.ότον πuρ δφ&πτεLν έκέ­ λεuον, Άπολά.μβα.νε, ειπών, τον &ζLον μLσ&ον τ�ς &αuμα.στ�ς σου τέχν't)ς, tν ' δ /)Laά.σκα.λος τ�ς μοuσLκ�ς α.ότος πρωτος α.όλ{jς. Κα.t δ μeν �(ΚOCLOC �πα.σχεν &πολα.Οων τ�ς αΟτοU εΟμ't)χαν(αζ' έγ /)e �τL �μπνοuν ΚOCL ζωντα. τον &νaρα. έζοcφε&�να.L κελεόσοcς, 6.>ς μ� μLά.νεLε το �ργον tνΙΧπο&α.νών7 tκε'Lνον μeν &τα.φον ΚΟCτΟC Κρ't)μνων p(πτεLν έκέλεuσα., κα.&�ρα.ς aε τον βοuν &.νέπεμψα. δμ'i:ν ά.να.τε&φ6μενον τ>. [π:] Quando udίi cio, ίnonίdii della maligna ίngegnosίta dί quell'uomo, detestai la :finalita della sua opera e gli ίnflissί la punίzione a luί approprίata : « Suvvia - gli dίssί -, ο Perίlao ; se la tua non e una pι-omessa vana e temeι-arίa, dimostι-amί, entι-andocί tu stesso, che il tuo marchingegno funzίona ed ίmίta una per­ sona che urla, perche dobbίamo sapere se rίsuonano attι-averso i flautί le melodίe che tu dίcί >>. Perilao ubbίdi, ίο, quando fu dentro, lo rίnchίusί e, dato l'ordίne dί accendere i1 fuoco, gli dίssί : « Prendίtί ίl compenso adeguato alla tua ammίι-evole abίlita ; cosi, essendo tu 1' autore della musίca, saraί anche il pι-ίmο a snonare ί flautί >>. Ed egli ebbe quanto era gίusto, godendosί ίl frutto della sua ίngegnosita ; ίο ordinai che fosse estratto ancora vίvo e palpitante, perche non contamίnasse 1' opera morendoci dentro ; pοί, luί, lo fecί gettare da un dίι-upo, il toro, dopo aveι-lo puι-ί:ficato, lo mandaί a νοί, perche fosse dedicato al dίο e νί fecί ίncidere ίl racconto dί ognί cosa, ίl nome dί chi lo dedίca, che sono ίο, dί Perίlao, l'arte:fice, il suo pι-ogetto, la mίa giustίzia, la punίzίone adatta a lui, le melodίe del bι-avίssίmo fabbro, la pι-ima pι-ova della musίca. [13] Vοί, ο uomίnί dί Del:fi, farete cosa gίusta offrendo un sacri:ficίo per -

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ΦΑΛΑΡΙΣ ΠΡΩΤΟΣ

ύπeρ eμou μετιΧ τών πρέσβεων, άναΑtέντες ae τον ταuρον eν καλ ι ι < � ι ι πον προορωμενος ανεστψ παραινεσων υμιν μ'Υ)τε υ' β aυνά.στψ εύσεβοuντα μ�τε άνά.&ΎJμα �a'YJ τίj} &είj) κα.fJ·ωμολογΎ)μένον άπαλλοτριοuν, και ταuτα τριων των μεγίστων ύπ6μν'Υ)μα είς άει γεν'Υ)σ6μενον, τέχνΎJς καλλίστΎJς και έπινοίας κακίστΎJς και aικαίας κολάσεως. [2] Έγω μεν οον και το ένaοιά.σαι ύμiΧς 15λως περι τούτου και �μϊ:ν προ&εϊ:ναι τ�ν aιά.σκεψιν, εt χρ� Μχεσ&αι το άνά.­ "'ε!ναι ' ι αο&ις άποπέμπειν, άν6σιον �a'YJ σε .fJ·ΎJμα � επιτρεπειν όπίσω νομίζω, μiΧλλον . ' aε ούa ύπερβολ�ν άσεβείας άπολελοιπέναι ούaεν γιΧρ &.λλ' � tερο­ συλία το πρiΧγμά. έστι μακρίj) των &λλων χαλεπωτέρα, 15σιμ τοu τα. J. 1 το μΎJaε τ�ν &.ρχ�ν το'i:ς &.νατιS·έναι 1 Ι 1 βουλοI �a'YJ &.νατεS·έντα. συλiΧν πρuς α.ποκ ε�ειν τu �ερuν ' ' και' ' [3 ] Δ εομαι ' ' ' � Δελφος μενοις ασε βεστερον. υμων αύτος ων και το tσον μετέχων τΊjς τε i)Ύ)μοσίας εύκλείας, εt φυλά.τ­ τοιτο, και τΊjς έναντίας ΜζΎJς, εt έκ των παρόντων προσγένοιτο, � � > t > •ι t ' πο' λ ιν αποcνβ ουσι ευσε μ'Υ)τε τ'Υ)ν λ μ'Υ)τ τοις τας άν&ρώπους aιαβά.λλειν ώς τα. πεμπ6μενα τίj) &είj) συκοφαντοuσοcν και ψ�φ Ι και\ απαγωγας και\ αρπαγας και\ του� μονον ούκ αύτόπτ'Υ)ς γεγεν�σ.θ·αι λέγων, δν 'Cσμεν ού�' &χρι τοu πλοίου &πο�ε�'Υ)μ'Υ)κότα. Χρ� �� τα μ�ν τοιαuτα μ'Υ)�� το'Lς πεπον.θ-έναι φάσκουσι πάνυ πιστεύειν �ι'Υ)γουμένοις - &�'Υ)λον γιΧρ εί &λ'Υ)&� � κατηγορε'Lν. .!. / - ούχ 5πως αύτοος & μ� έπιστάμε.θ·α λέγουσιν [7] Εί β ιας ετραγιμuει τυροιννου �· οον τι και πέπρακται τοιοuτον έν Σικελίq:, τοuτ' ού Δελφο'Lς &ναγ­ κα'!:ον πολυπραγμονε'Lν, εί μ� &ντι !ερέων ��'Υ) �ικασται ε!ναι &ξιοu­ μεν και, 13έον &ύειν και τ"&λλα &εραπεύειν τον &εον και συνανατι­ .θ-έναι εt πέμψειέ τις, σκοποuντες κα&�με&α ε� τινες των ύπ�ρ τον Ίόνιον 13ικαίως η &13ίκως τυραννοuνται. [8] Καt τα μ�ν των &λλων έχέτω 5πη βούλεται· �μ'Lν 13� &ναγκα'Lον, ο!μαι, τα �μέτερα αύτων εtaέναι, 5πως τε πάλαι 13ιέκειτο και 5πως νuν �χει και τι ποιοuσι λ sia stato composto certamente dopo i1 Ι 8ο d. C. risulta dal­ l'accenno al dio Marco, che presuppone la morte dell'imperatore. Ma poiche gli anni passavano e i1 culto e l'oracolo di Glicone continuavano a fiorire, Luciano, che aveva taciuto foι·se perche si era sentito troppo personalmente implicato, non pote, ne piu volle, sopportare la cosa e scrisse, senza, tuttavia, che i1 tempo avesse decantato nel suo animo ne lo sdegno ne i1 rancore.

[r ] Σο μΕ:ν �σως, & φίλτατε Κέλσε ι, μικρόν τι τοuτο καt φαu­ λον ο'ί ει το πρόσταγμα, προστάττειν τον Άλεξάν�ρου σοι τοϋ Άβω­ 2 τοu γ6ψοςκα�βίον και αοτοu και τολμ�ματα νοτειχίτου I I), I I Q. •ιν τρισχ�τεκμαφοιο 'Υ)τος αμυ·I σέπινοίας και μαγγανείας ές β ιβλίον έγγράψαντα πέμψαι . το aέ, ε'ί τις έ-θέλοι προς το &κριβΕ:ς �καστον έπεξιέναι, οο με�6ν έστιν � ηΧς Άλεξάν­ aρου τοu Φιλίππου 3 πράξεις &ναγράψαι· τοσοuτος εtς κακίαν οΌ­ � ' έκε�νος. τος, δσος εtς &ρετην &ναγνώ­ 1 σπουο�,),,ιν'Όμως aε εt μετα συγγνώμΊJς ιστορ�qι σε, � ένaέοντα το�ς 1στορουμένοις Q. 1 προσλογιε�σ&αι, '/' ' !:' σεσ-θ·αι μέλλοις και τα Q. προιc,εσιν ανV'ρωπου, ον ουκ αναγιγνωσκεσv·αL προς των πεπαιuευύποστ�σομαί σοι τον ιtθλον καt την Αογέου 4 βουστασίαν, εt καt μη ποcσαν, &λλ' ές Μναμίν γε την έμαυτοu &νακα-θ·�ρασ-θ·αι πειρά­ σομαι, όλίγους,;_•ι δσους των κοφίνων έκφορ�σας, ώς &π' έκε(νων ι ς,. I J!!:' παραοειγμα αιτ�αν, ι:; c,ομεν ' Ι � Ι 1' ΠOcrΊJ πασα ΊJν ΊJ κοπρος, ως λιοι β6ες έν πολλο�ς Ε:τεσι ποι�σαι έΜναντο. [2 ] Αtaοuμαι μΕ:ν οΌν ύπΕ:ρ &μφο�ν, ύπέρ τε σοu καt ύπΕ:ρ έμαυ­ τοu· σου μέν, &ξιοuντος μν�μη και γραψ{j παραaο&�ναι �νaρα τρισκο:' ' ι � ι • ' ' τοιαυτη και' τοφατοv, εμαυτου ποιουμενου επι � ' ' ' ' ' μένων �ν �ξιον, &λλ' έν πανa�μιμ τινt μεγίστιμ -θ·εάτριμ όρiΧσ-θ·αι ύπο πι&�κων � &λωπέκων σπαραττ6μενον. 'Αλλ' �ν τις �μ�ν ταύ' � ' ' ι ' έρη τ ν ' τι τοιουτ'Υ)ν επιφ και' αυτοι ες '

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Ι. Lo Scoliasta di Luciano identifica senz'altro questo Celso con 1'autore degli otto libri del ιι Discorso vero » contro i Cristiani, pubblicato intorno al Ι78 d. C. e minutamente confutato da Origene settant'anni dopo negli otto libri del ιι Contro Celso >>, Ε assai pΗι probabile, invece, che si tratti del filosofo epicureo vissuto al tempo degli Antonini, autore, fra l'altro, di un'opera contro la magia, nel quale Origene credette di riconoscere il suo antagonista del pre­ cedente secolo : epicureo e infatti il Celso, cui Luciano dedica 1'« Alessandro », e a lui in questo stesso scritto (§ zx) e attribuita un'opera « Contro i maghi >>. Per contro l'autore del ιι Discorso vero >>. e chiaramente filosofo accademico, non epicureo. Dovrebbero cos1 distinguersi due Celsi, vissuti press'a poco nello stesso periodo : l'anιico di: Luciano, di indirizzo filosofico epicureo, e l'autore del ιι Discorso vero », di indirizzo accademico.

[r] Tu forse credi, ο canssιmo Celso 1 , che sia poco impe­ gnativo il tuo invito a scrivere, e poi mandarti, la vita di Ales­ sandro di Abonutico 2, il ciurmatore, le sue macchinazioni, i suoi colpi di mano, le sue imposture; ma la cosa, se si volesse raccontare scrupolosamente ogni particolare, non e di minor peso che scrivere le imprese di Alessandro, figlio di Filippo 3 : tanto grande fu questo per il suo valore, quanto quello per la sua ribalderia. Tuttavia, se intendi leggere con indulgenza e aggiungere mentalmente al racconto cio che manca, mi sob­ barchero per te a.1la fatica e cerchero di ripulire, se non tutta, ma almeno al limite delle mie possibilit:'ι, la stalla di Augia 4, portando fuori pochissimi cesti percM tu da questi possa de­ durre quanto era tutto, e come indescrivibile nella sua quantiHι, il letame che tremila buoi poterono fare in molti anni. [z] Mi vergogno, veramente, per tutti e due, pcr te e per me stesso : per te, che vuoi sia affιdato alla tradizione letteraria un maledettissimo figuro, per me stesso, che profondo i1 mio zelo in una storia simile e nelle azioni di un uomo, che non meriterebbe di essere letto dalle persone colte, ma di essere sbranato da scimmie ο volpi sotto gli occhi di tutti in un enorme teatro popolare. Ma se qualcuno ci rivolgera questa accusa, saremo in grado da parte nostra di citare a mo' di

2. Citta della Paflagonia, regione dell' Asia Minore, che giungeva, insi­ nuandosi fra la Bitinia e il Ponto, a toccare la sponda meridionale del Ponto Eusino (!Όdierno Mar Nero) . 3 · Alessandro Magno, naturalmente. 4· Ι! re dell'Elide possessore di tremila buoi accolti in una sola, enorme stalla, mai ripulita prima che Eracle, compiendo cos1 la sua settima fatica, vi facesse passare i fiumi Alfeo e Peneo, dei quali aveva deviato il corso.

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ΑΛΕΞΑΝΔΡΟΣ

Η

ΨΕΤΔΟΜΑΝΤΙΣ

τον άνενεγκεϊν· καl Άρριανος 5 γιΧρ ό του 'Επικτ�του 6 μα4}ψ�ς, άν�ρ ' Ρωμαίων ιν τοϊς πρώτοις ΚΙΧL πα.ι3εί� πα.ρ ' 5λον τον βίον συγγεν6μενος, 5μοι6ν τι πα&ων άπολογ�σα.ιτ' &ν ΚΙΧL uπΕ:ρ �μων· Τιλλορ6βου γουν του ληστου κάκεϊνος βίον άνα.γράψοcι �ξίωσεν­ ·�μεϊς aε πολU ώμοτέρου ληστοu μν�μ't)ν ποιφ6με&α, 5σ > / λαμ β ανει τις αυτον εραστης γοης των σίους ύπισχνουμένων και χάριτας έπι τοις έρωτικοις και έπαγωyιΧς � \ (λ ΟΌ­ και Iκλ�ρων διtχδοχάς. τοις έχ&ροις και &ησαυρων άναπομπιΧς μαγειας καιI επιμσΙΧς v·εσπετος iδν εΟψυiΧ παιi)α ΚΙΧι προς ύπηρεσίαν των έαυτο\J πράξεων έτοιμ6τατον, 00 μειον έρωντα τΎjς κακίας τ'fjς αοτοu η αοτος τΎjς I Ν " ' λει υπουργιμ� και' και' τε ' ωρΙΧς της ύπηρέτη και διακ6νιμ χρώμενος. Ό δ' αοτος έκεϊνος i)ημοσίCf μΕ:ν l I �ν, �πίστΙΧτο ' !:' �� !)Ε: κατιΧ τΊjν Θωνος itχτρος i)'fj&εν εκεινου, ε'>επαωευσε αυτuν σ� ιετετοu Αiγυπτίου 20 γυναϊκα '

'

φάρμακΙΧ πολλιΧ μeν έσ-θλοc μεμιγμένα, πολλοc i)E: λυγρ& 21 • ών &πάντων κληρονόμος και aι&aοχος οΌτος έγένετο. "'Ην aε δ aιΜσκαλος έκεϊνος καl έραστης το γένος Τυανεuς των 'Απολλω­ νίιμ 22 't' Ι < Ι �Ι � Ι β � βλ /ιον αποσωσε�ν ε'fιχε, τ'Υ)ν σε εκαστα τοI μεν σεσ'Υ)μασμενον ως προς αuτο ά.π6κρ�σ�ν uπογεγραμμ�νψ, προς Ι::πος ά.μεφομ�νοu τοu &εοu περt δτοu τ�ς !::ρ ο�το. [20] "'Ην 13e το μ'Υ)χάνΎJμΙΧ τοuτο ά.ν13ρt μeν O�\ λ lιv·οις οuς μωσι α:ύτο'i:ς &λή&εια:ν ε�Μη ; Ο� μeν γιΧ.ρ άμφ1. τον Πλάτωνα: κα:1. ΧρύJ. 1;:' α:πεφ..:τ(t έγ�α:το· γα.ρ

52. Ε nel testo greco un tetrametro giambico catalettico, verso insolito per gli oracoli di Alessandro, che preferisce l'esametro omerico. Π Macleod ha aHacciato l'ipotesi clιe sia stato tratto da un poeta comico.

anche quindici domande alla volta. Del guadagno, pero, non si serviva lui solo ne lo tesaurizzava per arricchire, ma, cir­ condato . com'era fin da principio da molti aiutanti, servi, in­ formatori, redattori, conservatori e interpreti di oracoli, scri­ vani, sigillatori, ne faceva parte a tutti secondo i1 merito di ciascuno. [24] Presto uso anche mandare degli emissarii in regioni straniere, allo scopo di spargere fra le popolazioni voci riguar­ danti l'oracolo e di raccontare che egli aveva predetto il futuro� ritrovato schiavi fuggitivi, smascherato ladri e rapinatori, of­ ferta la possibilita di disseppellire tesori, risanato ammalati, risuscitato alcuni gia morti. Ci furono cosi un correre e un a:ffollarsi da ogni direzione, e sacrifici e doni votivi sempre doppii, per onorare anche il profeta e discepolo del dio. Ε infatti usci fra gli altri questo oracolo : Ordino di onorare il servo e vate mio ; di ricchezze infatti non m'importa molto, m 'importa invece del mio vate.

[25] Ma poiche molti fra gli uomini di senno, come ria­ vendosi da un'ubriacatura, si coalizzavano contro di lui, e soprattutto quanti erano seguaci di Epicuro, e poiche nelle citta a poco a poco si era scoperta ormai tutta la sιιa fιιrfan­ teria, e in particolare la tru:ffa della sacra rappresentazione, egli sfodero contro di loro uno spauracchio, dicendo che il Ponto era pieno di atei e di Cristiani, che osavano dire di lui le peg­ giori infamie, e ordinando di cacciarli a sassate, se volevano aver propizio il dio. Su Epicuro pronuncio un oracolo di senso analogo ; chiedendogli un tale che cosa facesse Epicuro nel­ l'Ade : « Sta nel fango - rispose - con ceppi di piombo >> 52 • Ε poi ti meravigli che l'oracolo sia stato portato alle stelle, quando constati che intelligenti e dotte erano le domande di quelli che lo frequentavano ? Ma, in generale, la gueιτa di Alessandro contro Epicuro non ammetteva tregue ne accordi ; ed e troppo naturale. Con chi altro, infatti, sarebbe piu giusto che fosse in guerra un impostore, amico della frode quanto nemico della verita, che con Epicuro, un uomo che ha esa­ minato a fondo la natura dell'universo e ha conosciuto, lui solo, la verita che e in esso ? Ε infatti i seguaci di Platone, di

ΑΛΕΞΑΝΔΡΟΣ Η ΨΕ1'ΔΟΜΑΝΤΙΣ

σLππον 53 και Πυ&αγόραν φιλοL και ε�ρ�νΊ) βα-θ·ε'LΙΧ πρός έκεινους �ψ δ aε &τεγκτος Έπικουρος - οδτω γδ:ρ αύτον ώνόμαζεν - �χ-θ·L­ στος aLκαιως, πάντα ταuτα έν γέλωτL και παLaL� τL&έμενος. ΔLο και τ�ν "ΑμαστρLν έμισεL μά.λLστα των ΠοντLκ&ν πόλεων, δτL �πι­ στατο τοuς περι ΛέπLaον 54 και &λλους δμοιους αύτο'Lς πολλοuς ένόντας έν τΊJ πόλεL' oύae έχρφμφaφε πώποτε ΆμαστρLανίi) &νaρι· δπότε ae και έτόλμ'Υ)σεν &aελφίi) συγκλψLΚΟU χρΊ)σμCj}a�σαL, κατα­ γελά.στως &π�λλαξεν ούχ εδρων οί.Ιτε αύτός πλάσασ&αL χρΊ)σμον aεξLον οί.\τε τον ΠΟL�σαL προς καφον αύτίi) aυνΊ)σόμενον' μεμφο,, ' � ' ' ' !: . ' αυτCJ) ' '�- ' ' '�' β ουλομενος οσυνψ προσται.,αL μενCJ) γαρ στομαχου ποσα υεLον μετιΧ μαλάχΊ)ς έσκευασμένον έσ&ιεLν οδτως �φΊ)' Μά.λβακα χοφειων tερΊJ κυμινευε σLπύaνCJ). [26] Πολλά.κLς μeν οδν, ώς προε'Lπον, �aεLξε τον aρ&κοντα το'Lς aεομένοLς, ούχ δλον, άλλΟ: τ�ν ούρaν μά.λLστα και το &λλο σώμα προβεβλΊ)Κώς, τ�ν κεψαλ�ν ae όπο κόλπου ά&έατον ψυλάττων. Έ-θ·ελ�σας aε και μεLζ6νως έκπλ�ξαL το πλ�-θ·ος όπέσχετο και λα­ λοuντα ποφέξεLν τόν &εόν, αύτον &νευ όποφ�του χρ'Υ)σμCJ)aοuντα. Ε!τα ού χαλεπώς γερά.νων &ρτΊ)ριας συνάψας και aLO: τ�ς κεφαλ�ς έκεινΊ)ς τ�ς μεμ1)χαν1)μέν1)ς προς δμοLότατΙΧ aLειρας, άGλλου τLνος �ξω&εν έμβοώντος, άπεκρινετο προς τaς έρωτ�σεLς, τ�ς ψων�ς aLδ: τοϋ ό-θ·ονινου έκεινου 'Ασκλ'Ι)ΠLΟU προπLπτούσΊJς. Έκαλοuντο aε οι χρΊ)σμοl οδτοL αύτόφωνοL, και ού ποcσLν έa(aοντο ούaε &νέaΊ)ν, άλλa το'Lς εύπαρύφως καl πλουσιοLς καl μεγαλοaώροLς. [27] Ό γοuν Σευ'Ι)ρLανίi) 55 aο&εις όπeρ τ�ς ές Άρμενιαν ε�σόaου τ&ν αύτο' ' ' ;ι; ' ' ' ' ' 1 ' εLσ " ' β ολ�•1ν ουτως γαρ φωνων καL' αυτος .1ν- προτρεπων επL τΊ)ν αυτσν �φ'Υ)' Πάρ&ους 'Αρμενιομς τε &oi!) όπο aουρl aαμάσσας νοστ�σεLς ' Ρώμ'Υ)ν καl ΘύμβρLaος άγλαον δaωρ στέμμοc φέρων κροτάψοLσL μεμLγμένον &κτινεσσLν 56 • 53 · Si veda, per il grande filosofo stoico, Ver. Mst., Il, § r 8, nota 39 · 54 · Si tratta molto probabilmente di quel τiberio Claudio Lepido, capo del collegio degli Augustali (sacerdoti adibiti al culto dell'imperatore) nel Ponto, cui e dedicata un'iscι·izione rinvenuta precisamente ad Amastri, porto ad ovest di Abonutico (C.I.G. 4 Ι49) . 55· Per Μ. Sedazio Severiano si veda Hist. conscr., § 2Ι ( e segg.) , nota 44· 56. La cσrona radiata (cinta di punte a mo' di raggi) era in origine attri­ buto di dei ed el'Oi, poi di imperatori divinizzati. Sempre in eta imperiale divenne, come la corona d'alloro, una delle insegne trionfali : e tale appare in questo passo.

32 [42], 26· 27

Crisippo 53 e di Pitagora g1i erano amici e con essi c'era pace asso1uta ; 1'« in:tlessibile '' Epicuro - cosi 1ο chiamava Iui - g1i era invece giustamente nemicissimo vo1gendo quelle sue mene in riso e in bur1a. Ε odiava Amastri piu di ogni a1tra citta de1 Ponto, perche sapeva che vi erano i compagni di Lepido 54 e mo1ti altri come 1oro ; e non diede mai nn responso a uno di Amastri. Quando oso dar1o a1 fratello di un senatore, ne usci ridicolizzato non avendo trovato ne il modo di comporre 1ui stesso un abile oraco1o ne 1a persona che avrebbe potuto far­ glie1o in tempo utile ; a quello infatti, che si 1amentava di un do1ore di stomaco, vo1eva prescrivere di mangiare un piede di maia1e, cucinato con 1a ma1va, ma si espresse cosi : In una sacra madia di porcine carni spargi la malva di comino.

[z6] Spesso, come ho detto prima, mostro il serpente a quanti 1ο chiedevano, non mettendone pero in vista tutto il corpo, ma in partico1are la coda e il resto, tenendo invece il capo nascosto in seno. Ma vo1endo impressionare ancora di piu 1a folla promise che avrebbe procurato che il dio par1asse e desse 1ui stesso 1'oraco1o senza intermediario. Quindi 1ego una all'a1tra facilmente delle trachee di gru, 1e fece passare attraverso 1a testa, quella che era stata congegnata ne1 modo piu somigliante a1 vero ; e cosi poteva rispondere alle domande, perche un altro da1 di fuori gridava nelle trachee e 1a sua voce prorompeva appunto attraverso 1'Asc1epio di lino. Questi ora­ coli si chiamavano autofoni e non venivano dati a tutti ne indi:fferentemente, ma agli alti gradi, ai ricchi, ai 1arghi di borsa. [27] Quello, ad esempio, reso a Severiano 55 circa 1a sua entrata in Armenia era anch'esso autofono ; incitando1o all'invasione A1essandro aveva detto cosi : Domati Parti e Armeni con la lancia fulminea, a Roma tornerai e all' acqua luminosa del Tevere portando la corona raggiante sulle tempie σο,

ΑΛΕΞΑΝΔΡΟΣ Η ΨΕΥΔΟΜΑΝΤΙΣ

, � κελ , , , ' λ' β αλε και' απ'Υ) ' ο< 'Υ) εκεινος λαξεν αuτ?j στρατι� δπο τοu Όσρ6οu κατακοπείς, τοuτον μεν τον χρ'Υ)σμον έξαφεϊ έκ των όπομνΎ)μάτων, έντί&Ύ)σι δε &λλον άντ' αuτοu·

ι ou> γαρ ' στρατον, &μεινον, μ� σοι &Ύ)λuχίτων τις άν�ρ τ6ξοu &πο l ε�σε 1λuγρον � εις Ε"/�τ ετcειο'Υ) ' λ ιv·ιος '� �' πεισ·σ τος π6τμον έπιπροr:εις παόση βι6τοιο φάοuς τε. > > 'Α σuι γ> επ

ε

[28 ] Και γαρ αο καt τοuτο σοφώτατον έπεν6Ύ)σε, τοuς μεταχρο­ νίοuς χρ'Υ)σμοuς έπt &εραπεί� προτε&εσπισμένων και . ιτων 'κακως Μ�•ι ρμενιοuς λ.!α.αν άποτετεuγμένων' πολλάκις γαρ τcρο μεν τ�ς τελεuτ�ς τοϊς νοσοu­ σιν δγίειαν έπ'Υ)γγέλλετο, άπο&αν6ντων δε χρφμος &λλος �τοιμος �ν παλινιμδων' ΜΎ)κέτι δίζΎ)σ&αι νοόσοιο λuγρ :ιj ς έπαρωγ�ν' ι ι ι ' ποτμος γαρ > εκφuγεειν

σοι.

[29] Εtδιbς δε τοuς έν Κλάριμ καt Διδόμοις καt Μαλλ(/} 57 καt αuτοuς εuδοκιμοuντας έπt τ?j δμοί� μαντικ?j ταότη φίλοuς αuτοuς έποιείτο, πολλοδς των προσιόντων πέμπων έπ' α.UτοUς λέγων · 'Ες Κλάρον (εσο νuν, τοuμοu πατρος ός 15π' άκοόσης. οuνατον � προφαν �,ις ouo > �> καt πάλιν' Βραγχιδέων άδότοισι πελάζεο και κλόε χρ'Υ)σμων. καt αο&ις· 'Ες ΜαλλΟν χώρε ι &εσπίσματά τ ' 'Αμ(pιλ6χοιο. [30] Ταuτα μεν έντος των δρων μέχρι τ�ς 'Ιωνίας καt Κιλι­ κίας καt Παφλαγονίας καt Γαλατίας. Ώς δε και ές την 'Ιταλίαν διεφοίτΎ)σε τοu μαντείοu το κλέος και ές την ' Ρωμαίων πόλιν ένέ­ πεσεν, οuδεtς δστις οuκ &λλος προ &λλοu �πείγετο, ol μεν cχότοt t6ντες, ol δε πέμποντες, και μάλιστα ol δuνατώτατοι καt μέγιστον ά.ξίωμα έν τ?j π6λει �χοντες, Φν πρωτος καt κορuφαι6τατος έγένετο ' Ροuτιλιαν6ς 58 , &νηρ τα μεν &λλα καλΟς καt άγα&ος καt έν πολλαϊς τάξεσι ' Ρωμα'ίκα'i:ς έξψασμένος, τα δε περt τοuς &εοuς πάνu νοσων 57· Si vedano, rispettivamente, le note 29, 30, 48. 58. Si vedano il § 4 e la nota 1 7.

32 [42], 28-30

Ροί quando, convinto, l'insensato Celta decίse l'ίnvasione e peri fatto a pezzί con tutto l'esercito da Osroe, tolse questo oracolo dagli attί e lo sostitui con un altro : Contro gli Armeni non lanciar l'esercito non ti conviene -, affinclιe non ti strappi vita e luce, dall'arco saettando contro di te fato di morte un uomo di femminile tunica vestito.

[28] Ed ebbe, ίη proposίto, un'altra accortίssίma trovata, gli oracoli « tardίvί )) destίnatί a rίmedίare a quellί che prίma erano stati datί malamente e avevano fallito la previsίone ; spesso ίnfattί preannuncίo agli ammalati la guarίgίone prima della loro morte, ma, appena erano deceduti, era pronto un altro oracolo con la ritrattazίone : Non cercar piu soccorso alla fatale infermita, che la tua morte e innanzi gli occhi ne ti e possibile fuggirla.

[29] Sapendo che ί profetί dί Claro, dί Dίdima e dί Mallo 57 godevano anch'essί dί buona fama per questa n1edesίma arte della predίzίone, cercava dί farseli amicί ίndίrίzzando ad essί moltί dί quellί che andavano da lui, e dίceva : Or dirigiti a Claro, affinche possa ascoltare la voce di mio padre.

Ροί ancora : Raggiunger devi i penetrali sacri dei Branchidi e gli oracoli sentire.

Ε ancora : Α Mallo va, allΌracolo di Anfiloco.

[30] Questo e cίο che accadde al dί qua deί confinί com­ prendentί la Ionίa, la Cilίcίa, la Paflagonίa e la Galazίa. Ma quando la fama dellΌracolo passo ίη Italia e ίrruppe nella cίtta dί Roma, non cί fu nessuno che non sί affannasse a precedere un altro e alcunί andavano, altrί mandavano, quellί specίal­ mente che avevano maggίor potere e prestίgίo nella cίtta. Il primo e il prίncίpale fra questί fu Rutiliano 58, uomo peraltro ίneccepίbile e passato al vaglio dί molte carίche nello Stato romano, ma ίη tema dί religίone ben poco equίlibrato : aveva

3 10

ΑΛΕΞΑΝΔΡΟΣ

Η

ΨΕΥΔΟΜΑΝΤΙΣ

και &λλόκοτα περι αύτων πεπιστευκΘς και εt μόνον &ληλψμένον που λίS·ον � έστεφανωμένον 59 S·εάσαιτο, προσπίπτων εύ&uς καt προσκυνων και έπι πολu παρεστΘς και εύχόμενος και τ&γα&ιΧ παρ ' αύτοu αtτων. Οuτος τοίvυν &κοόσας τιΧ περι τοu χρ'Υ)στηρίου μικροu ' εοε'Υ)σεν ' ' \ τ,1ν ' '�' εις ..λ εγκεχεφισμεν'Υ)ν ' ι αφεις ται,ιν '" μεν το' του� 'Αβ ωνου ' ' τείχος άναπτ�ναι. 'Έπεμπε 3 οuν &λλους έπ &λλοις- ot 3ε πεμπό­ μενοι t3ιωταί τινες οtκέται pqι3ίως έξαπατ'Υ)&έντες έπαν1Jεσαν τιΧ μεν tΜντες, τιΧ 3ε άκοόσαντες ώς καt tΜντες 3ι'Υ)γοόμενοι και προσ­ επιμετροuντες �τι πλείω τοότων, ώς έντιμότεροι ε!εν παριΧ τ(i) 3εσπότη. Έξέκαιον οuν τον &&λιον γέροντα καt ές μανίαν έρρωμέν'Υ)ν ένέβαλλον. [3r ] Ό σε ώς &ν τοϊς πλείστοις και 3υνατωτάτοις φίλος &ν περι1Jει τιΧ μεν δι'Υ)γοόμενος ώς &κοόσειε παριΧ των πεμφ&έν­ των, τιΧ 3ε και παρ ' αύτοu προση&είς. Ένέπλ'Υ)σε 3' οuν τ�ν πόλιν καl οιεσάλευσεν οοτος καl των έν τ'(j αύλ'(j τοuς πλείστους 3ιε&ορό> \ 'Υ)Πειγοντο > Ι > � κα·ιτ > � Ι β 'Υ)σεν, οι� αυτικα > fu l'attenta osservazione della vita umana, della quale fu chiamata « specchio », di Menandro in particolare l'approfondimento dei caratteri, un sottile velo di malinconia che avvolge i pur comici, ma non co­ micissimi eventi, la bonta che non fa difetto a nessuno dei suoi personaggi. Curiosa la fortuna della sua opera, ridotta a un certo numeω di sentenze monostiche nella tradizione manoscritta, ma restituita nella misura di com­ medie intere, ο quasi, dai papiri d'Egitto : bastera ricordare il caso dell'cc Ar­ bitrato >> e quello piu recente - la prinιa pubblicazione e del 1 958 - de « Il mi-

3Ι3

Ροί, quando i1 fanciullo pochi giorni dopo morl, si trovo in diffico1ta e ηοη sapeva che dire a chi 1ο metteva sotto accusa per essere stato i1 responso cosi prontamente smentito, ma fu 1ο stesso incomparabi1e Rutiliano a prevenir1o nella difesa dell' oraco1o spiegando che il dio aveva predetto propήo 1a morte de1 figlio e per cio stesso aveva ordinato di ηοη scegliere per 1ui nessun maestro vivente, bensi Pitagora ed Omero, morti da tempo, che allora, com'era naturale, i1 ragazzo fre­ quentava nell' Ade. Qua1e biasimo, dunque, e giusto muovere ad A1essandro, se riteneva opportuno consuωare teωpo con oωiciattoli siωili ? [34] Un'a1tra vo1ta gli chiese per se da chi era trasωigrata 1' anima in 1ui, e quello rispose : Prima fosti i1 Pelide, poi Menandro σι ; dopo, quello che adesso appari ; e ancora dopo un raggio di sole. Per ottanta anni oltre i primi cento tιι vivrai.

Mori invece settantenne, gia pazzo, senza aver atteso che si coωpisse 1a proωessa de1 dio. [35] Ε anche questo oraco1o era autofono. Quando poi una volta 1ο interrogo anche su1� 1' argom ento delle ηozze, 1' altro rispose espressaωente : Colei tu devi prendere in isposa, che da Alessandro e nata e da Selene.

Da teωpo egli aveva diffuso 1a voce che 1a :figlia, che aveva, gli fosse nata da Se1ene. Se1ene - cosi il racconto - era stata presa da aωore per 1ui, avendo1o veduto una vo1ta addor­ ωentato ; de1 resto, innaωorarsi dei belli, quando dorωono, e suo costume 62• L'accortissiωo Rutiliano ηοη esito, ωando sι'ιbito a prendere 1a fanciulla, ce1ebro 1e nozze, sposo sessan­ tenne, e visse con 1ei, propiziandosi 1a suocera Se1ene con intere ecatoωbi e credendo di essere diventato anche 1ui uno dei Ce1esti. [36] Ma A1essandro, una vo1ta che diede di piglio agli affari d'I talia, formu1o a1tri progetti seωpre piι'ι grandiosi e ωando schiere di portatori di oracoli in ogni punto dell'iωpero rosantropo », una delle piu antiche commedie di Menandro, che per essa rice­ vette il primo premio nelle Lenee del 3 1 7 a. C. 62. Selene infatti s'innamoι·o di Endimione, ί1 bellissimo cacciatore che aveva visto addormentato (si veda, nel Ι vol., Deσr. dial., r r ) .

ΑΛΕΞΑΝΔΡΟΣ Η ΨΕΥΔΟ ΜΑΝ'r!Σ

\ > < I I � β λως ασφα γενοιτ Ι 6 η τουτων, και σεισμους, ως αύτος όπισχνε'Lτο αότο'Lς. 'Ένα Μ τινα χρ'Υ)σμ6ν, αύτ6φωνον καt � 63 � λοψιμ ' ψ ' ' τιμ ' 6 ν, ες εν αυτ τα' ατο · το' �πος �ν' Φο'Lβος ά.κερσεκ6μΎ)ς λο ψοu νεφέλψ ά.περύκει, �/ I Καt τοuτο �ν και t8ε'Lν το έ:πος πανταχοu έπt των ΟΎ)v·Ύ)σειν, μ�.1 πυλώνων γεγραμ­ μένον ώς τοu λοψοu ά.λεξιφάρμακον, Το 8' ές τούναντίον τοL'ς πλει­ στοις προύχώρει· μάλιστα ;\:.αi

' !! "Cιγάρ τινα τύχΎ)ν αοται ιι υ..παντα κοιτΟ:εV'ν'Υ) σιεπεμ σε ,1ν οtκίο έκενώ&Ύ)σΙΧν, έν οι!ς το έ:πος έπεγέγραπτο. Καt μ� με νομίσης τοuτο λέγειν, ΙSτι 8ι0: το έ:πος ά.πώλλυντο ' άλλΟ: τύχη τινt οfJτως έγένετο. Τάχα 8€ καt ot πολλοt &οιρροuντες τ τον .fJ·εόν' καt �3ει 3οκιμα.σ&έντα.ς κα.ι προκρι&έντοις τοuς εύγενεστάτους κα.l ώρα.ιοτά.τους κοιι κάλλει 3ιαφέροντας πεμφ&Ίjνα.ι, οδς έγκλεισά.μενος &σπερ άργυρων�τοις έχρΊjτο, συγκα&εό3ων καt πάντα. τρόπον έμπα.ροιν&ν. Κα.l νόμον 3� έπεπο(ητο, ύπ�ρ ηΧ όκτωκα.ί3εκα �τη μη3ένα. τ(\> αύτοu στόματι 3εζιοuσ&α.ι μη3� φιλ�μαη άσπάζεσ&αι, άλλιl τοίς &.λλοις προτείνων την χείρα κύσαι μόνους τοuς ώρα(ους κατεφ(λει, κα.t έκα.λοuντο 66. Famiglie sacerdotali, i cui membri partecipavano di diritto alla cele­ brazione dei riti mίsterici eleusinii, gli Eumolpidi quali discendenti di Eumolpo, il musico figlio di Posidone e di Chione, che avrebbe insegnato la ιnusica ad Eracle e a cui si attribuisce l'istituzione degli stessi Misteri Eleusini ; i Cerici quali discendenti di Cerice, figlio di Ermete e di Erse, il primo araldo (κ'ijpυξ araldo) dei Misteri. =

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32 [42], 40 - 4Ι

portava la :fiaccola e celebrava l'ufficio sacro. Egli giaceva nel bel ιnezzo e appariva addormentato, mentre su di lui scendeva dal soffitto come dal cielo, invece di Selene, una certa Rutilia, moglie bellissima di uno dei procuratori di Cesare, innamorata veramente di Alessandro e da lui riamata, e sotto gli occhi di quel tήsto marito si scambiavano li in mezzo baci ed abbracci, che, se ηοη fossero state molte le :fiaccole, avrebbero forse rag­ giunto la loro naturale conclusione. Poco dopo egli ήentrava vestito con abiti sacerdotali in un profondo silenzio e diceva lui stesso a gran voce : "> 1 I I "" ' I > I > [45 ] αποοημιαν. ο< νεανισκος την οικη, μεv·(l> ην επεστη οιηγοuμενος Ό μέν ταuτα �λεγεν. Ό aε 'Αλέξανaρος &.γα.νακτ�σας έπι τ()) έλέγ­ Χ Ι "> Ι � περιεχον της σοφιας ταΙ οογματα, τανορος β ι βλ/ιων καιI κεφαλαιωοη �

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72. Porto allo sbocco del canale che collegava i1 Nilo col Mar Rosso. Era situato press'a poco dove oggi si trova Suez, allo sbocco dell'omonimo canale, che congiunge i1 Mediterraneo col Mar Rosso. 73 · Essendo l'acqua e il fuoco i due elementi indispensabili alla vita, per gli antichi « dividere con qualcuno l'acqua e i1 fuoco » significava « vivere con qualcuno » e, in particolare, « ospitare qualcuno nella propria casa ». Vi­ ceversa « escludere qualcuno dall'acqua e dal fuoco » significava « proibire a qualcuno di vivere in un certo luogo » e, quindi, « bandire », 74 · Sono quaranta aforismi, nei quali Epicuro compendio efficacemente la sua dottrina morale. Ci sono stati tramandati da Diogene Laerzio (πr sec.

32 [42] , 45-47

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presenza di molta gente; questi, infatti, si era avvicinato e aveva detto a gran voce : « Tu pero, Alessandro, persuadesti un tale della Paflagonia a portare davanti al governatore della Galazia i suoi schiavi per un giudizio capitale, perche avrebbero ucciso suo figlio, che studiava ad Alessandria, mentre il giovane e vivo, e vivo e tornato dopo la morte degli schiavi, dati da te in pasto alle belve. Era accaduto press'a poco questo : il giovane, una delle volte che ebbe a salpare per l'Egitto, poiche la nave risaliva :fino a Clisma 72, si lascio convincere a proseguire ancl1e lui la navigazione :fino in India, e, dal moιnento che ritardava, quegli sventurati dei suoi schiavi, credendo ο che fosse morto mentre navigava sul Nilo ο che fosse stato ucciso dai predoni - allora ce n'erano molti -, ritornarono annun­ ciando la sua scomparsa. Poi l'oracolo e la condanna, dopo la quale il giovane ricomparve e racconto il suo viaggio ». [45] Que­ sto disse. Alessandro, sdegnato perche gli era strappata la maschera e non sopportava la verita dell'accusa, ordino ai pre­ senti di prenderlo a sassate, ο si sarebbero dimostrati sacrileghi essi stessi e sarebbero stati chiamati epicurei. Ma, mentre quelli avevano gia cominciato a colpirlo, un certo Demostrato, che si trovava li di passaggio ed eι-a un cittadino fra i primi del Ponto, lo circondo delle sue braccia e lo salvo quando gia stava per essere lapidato, e molto giustamente : perche, infatti, doveva aver giudizio 1ui solo fra tanti dissennati e trane pro­ fitto dalla follia dei Paflagoni ? Tale il fatto che lo riguarda. [46] Se, quando venivano chiamati i richiedenti nell'ordine degli oracoli richiesti - il che avveniva il giorno prima che. fossero dati i responsi - e l'araldo domandava ad Alessandro se a quel tale il responso lo desse, egli dall'interno gήdava : « Ai corvi ! », nessuno piu accoglieva costui sotto il suo tetto ne con lui divideva l'acqua e il fuoco 73, ma doveva essere cacciato di terra in terra come empio, ateo ed epicureo - ed era questo l'insulto peggiore -. [47] Una cosa fece Alessandro particolarmente ridicola : avendo trovato le « Sentenze capitali » 74 di Epicuro, il piu bello dei libri, come sai, contenente in succinto i pήncipii della d. C.) , autore delle irnportantissime « Vite dei filosofi >> (in sione della Vita d! Epicuro. ΙΙ.

LUCIANO, Il,

χο

libri) , a conclu­

322

ΑΛΕΞΑΝΔΡΟΣ Η ΨΕΎ'ΔΟΜΑΝΤΙΣ

I \ • ' \ ξuI λων ' τ αγοραν ' κο μιI σας ες μεσ't)ν επι ως αότον καταφλέγων, καt τ�ν σποaον ές τ�ν &άλατταν έξέβαλεν �τι καt χρφμον έπιφ&εγξάμενος

Πuρπολέειν κέλομαι Μξας &λαο!:ο γέροντος οόκ εtaως ό κατάρατος δσων &γαS·&ν το βιβλίον έκε'tνο το!:ς έν­ � 11 '1-Ν I ι>καuσεν σuκLνων ο't)v·ε ,1ν ν τuγχάνοuσιν αlτιον γίγνεται καt δσ't)ν αότο!:ς είρ'ήν't)ν καt &ταραξίαν καt έλεuS·ερίαν ένεpγάζεται, aειμάτων μΕ:ν καt φασμάτων καt τερά­ των &παλλάττον καt έλπίaων ματαίων καt περιττ&ν έπι&uμι&ν, νοuν aε καt &λ'ή&ειαν έντιS·Ε:ν καt καS·α'tρον ώς &λΎJ&&ς τιΧς γνώμας οόχ uπο aq:aι καt σκίλλη 75 καt ταiς τοιαότο:ις φλuαρίαις, &λλα. λ6γφ όρ&ίj} ΚΙΧt &λ't)&είq: καt παρρφίq:. [48 ) 'Εν aE: το!:ς &λλοις gν τι καt μέγιστον τ6λμ't]μα τοu μιαροu &νaρος &κοuσοV ' �χων γαρ οό μικρα.ν έπt τα. βασίλεια καt τ�ν αόλ�ν τον ' Ροuτιλιανον εόaοκιμοuντα πάροaον, aιαπέμπεται χρ't)σμον τοu έν Γερμανίq: πολέμοu &κμάζον­ τος, δτε &εος Μάρκος 76 �a'tJ τοiς Μαρκομάνοις καt Κοuάaοις 77 σuνεπλέκετο. Ήξίοu aε ό χρφμος Μο λέοντας έμβλΎJ&�ναι ζ&ν­ τας ές τον " Ιστρον 78 μετα. πολλ&ν &ρωμάτων καt &uσιων μεγα.­ λοπρεπ&ν. ''Αμεινον aε αότον ε1πε'tν τον χρ't]σμόν'Ες aίνας " Ιστροιο aιιπετέος ποταμοiο έσβαλέειν κέλομο:ι aotouς Κuβέλ't)ς 79 &εράποντας, &�ροcς όρειτρεφέο:ς, και δσα τρέφει Ίνaικος &.Ύjρ > Ι \ > " " β Ι νίκ't) κα.t μέγα. κuaος &μ' είρ'ήνη έρα.τεινfj. Γενομένων aε τοότων, ώς προσέτα.ξε, τοuς μΕ: ν λέοντας aιαν'tJξαμέ­ νοuς ές τ�ν πολεμία.ν ot . βάρβαροι ξόλοις κατεtpγάσαντο &ς τινα:ς κόνο:ς � λόκοuς ξενικοός αότίκα aε το μέγιστον τραuμα τοϊς 'ήμε­ τέροtς έγένετο aισμuρίων ποuεuωοεα.ς σχεaον &&ρ6ων Ε!τα '1I [> α.νv·εα. και οτα.να.ς α.uηκα ο'1-> &πολομένων. εστα.ι ' έπ't)κολοό&φε τα. περt ΆκuλΎJ tα.ν γενόμενα κΙΧt ή παρα. μικρον έκεtν't)ζ τ�ς π6λεως &λωσις 8 0 • Ό aε προς το &ποβεβΎJΚΟς τ�ν Δελφι75 · Pianta delle gigliacee con grosso bulbo propria delle arene marittime mediterranee, chiamata anche, pertanto, cipolla marittima. Le squame del bulbo erano e sono usate in meclicina, e la citazione di Luciano in questo con­ testo si rifeiisce alla proprieta espettorante, gia nota allora, della pianta. 76. L'iιnperatoι·e Marco Aurelio. Essendo gli imperatori divinizzati dopo la morte, il fatto cl1e Luciano lo chiami dio significa che egli scriveva dopo il r8o d. C., l 'anno in cui Marco Aurelio morΊ.. 77· Dunque fra il 1 67 e il r68 d. C., giacclυc) i Marcomanni e i Quadi va­ Iicarono le Alpi Giulie, dopo aver travolto ιιn esercito romano di 2ο.οοο uomini, alla ftne dell'estate del 1 67 d. C. Posto l'assedio ad Aquileia e distrutta Oderzo,

sapienza dell'uomo, le porto in mezzo al foro, le brucio su legna di fico propήo come se bruciasse lui in persona e getto la cenere in mare, pronunciando poi, per di piu, un oracolo : Ordino che del vecchio, che di vista e privo, sian bruciate le sentenze.

Ν on sapeva lo scellerato di quanto bene e fonte quel libro per coloro cui viene in mano e quanta pace, serenita, liberta genera in essi ήscattandoli da terroή, fantasmi, mostri, spe­ ranze vane e passioni abnormi, suggerendo un cήteήo di veήta, puήficando davvero le loro menti, e non col fuoco della torcia ο con la scilla 75 ο sciocchezze simili, ma con la correttezza del ragionamento, con la sinceήta e la franchezza. [48] Ascolta ora, fra le altre, quella che e la piu grossa delle imprese spu­ dorate del turpe individuo. Avendo nella buona fama di Ru­ tiliano un'entratura di non poco conto a palazzo e a corte, diffuse un oracolo quando la guerra in Germania era nel suo pieno e il dio Marco 76 era gia alle prese coi Marcomanni e i Quadi 77• L'oracolo pretendeva che due leoni fossero gettati vivi nell'Istro 78 con molti profuωi e offerte sacrificali di gran pregio. Ma e meglio ήfeήre l'oracolo stesso : DellΊstro, fiume che da Giove scende, nei vortici comando di get.t.are due ministri di Cibele 79, montane fiere, e quant' erbe profumate nutre e quanti fiori il ciel dellΊndia : tosto sara vittoria, sara gloria grande insieme con la pace benamata.

Quando queste cose furono fatte, come egli aveva ordinatσ, i leoni raggiunsero a nuoto la riva nemica e furono abbattuti dai barbari a bastonate come cani ο lupi esotici, ma subito colpi ί nostή il terήbile disastro dei ventimila uomini peήti tutti, si puo dire, in una volta. Ροί seguirono gli avvenimenti di Aquileia e poco manco che questa citta venisse presa 80 • Ma lui di fronte al fatto accaduto tiro ίη ballo poco spiήtosadilagarono fino a Verona, ma nella primavera del 168 Marco Aurelio e Lucio Vero libeι·arono Aquileia e ricacciarono gli invasori oltre le Alpi. 78. Il nostro Danubio. 79 · Si veda la nota 38. 8ο. Si veda la nota 77 ·

3 24

ΑΛΕΞΑΝΔΡ Ο Σ

Η

ΨΕΊ'ΔΟΜΑΝΤΙΣ

κ�ν έκείν'Υ)ν άπολογίαν κα ι τον τοu Κροίσου χρφμον 81 ψυχρως παρ�γε, νίκψ μeν γοφ προειπεϊν τον &εόν, μ� μέντοι 3Ί)λωσαι, ' Ρωμαίων η των πολεμίων. [49] '' Η3'Υ) 3e πολλων έπl πολλο'ϊι; έπεσρε6ντων καt τ�ς πόλεως αότων 82 &λιβομέν'Υ)ς ύπο τοu πλ�&ους των έπι το χρ'Υ)στ�ριον άψικνουμένων καt τιΧ έπιτ�3εια 3ιαρκ� μ� , ι • Ν τους 1 νυκτερινους ι λαμ βανων 1 καλ ' χρ'Υ)σμους· εχουσ'Υ)ς, επινοει ' • ,, • � ' Ν ' ' β ιβλια επεκοιματο ως εφασκεν αυτοις ως παρα' γαρ ι τοu -θ·εοu άκοόων άπεκρίνετο, οό μέντοi σαψεϊς τοος πολλοός, άλλ' ουμενους \ I I I > ' ' J! λ I βόλ λ αμψι τα; ους και τεταραγμενους και μα ιστα ει και ποτε uναρ περιεργότερον κατεσφραγισμένον το βιβλίον. Οό γιΧρ παρακιν3υνεόων, (l οίόμε­ το έπελ&ον &.λλως ύπέγραφε χρ'Υ)σμοϊς πρέπον καt το τοιοuτον v·εασαιτο νος, καt �σάν τινες έξ'Υ)γ'Υ)ταt έπt τοότιr κα&�μενοι καt μισ-θ·οος οόκ I I > > � Ι τοιουτους πα.ρα\ των εκ λαμ βocτους χρ'Υ)σμους απο ο I ' ' κ ' � � Ν ' ' νοντων επι τη και λυσει αυτων. αι τουτο αυτων το' ι �ργον �ν- έτέλοuν γοφ ot έξ'Υ)γψαt τ 'Αλεξάν3ριr ' λ /ιγους ύπόμισ&ον λεγοντες '!:' 83 έκάτερος. � τάλαντον Άττικον [50] 'Ενίοτε 3e μ�τε έρομένου εc,'Υ)Ύ'Υ)σει οια τινος μ�τε πεμψ&έντος, άλλ' οό3Ε: 5λως �ντος έχpφμψ3ει προς �κπλ'Υ)ξιν των άνο�των, οtον ΚΙΧL τοuτο· '

'

'

'



Δίζεαι 5στις σ�ν &.λοχον μάλα πάγχυ λελΊJ&ως Καλλιγένεια.ν ύπeρ λεχέων σαλαγεϊ κατιΧ 3ωμα. ; Δοuλος ΠρωτογένΊJς, τ 3� σό γε πάντα πέποι&ας. 'Ώπυες γdφ έκεϊνον, ό 3 ' α.Ο&ις σ�ν παρcΧκοιτιν, I > > τα.uτ'Υ)ν υ'' β ρεως ' ' ' απ ' ' α.υτων ' � λ υγρα.' 'Αλλ' ' σοι φαρμα.κ � ' είσα't οις μ�τ' είσοράοις I ώς /μ�τ ,._., & ποιοuσιν. αντιοοσιν ιοιας αποηνων. ι 1 3Ε: κάτω "'..\, Εύρ�σεις ύπο σ λέχει άγχό-θ·ι τοίχου ο ιι επι τετυκται, προς κεφα.λ�ς· καt . σ� -θ·ερ&παινα σόνοι3ε Καλυψώ. τίς οόκ &ν Δ'Υ)μόκριτος 84 3ιεταράχ-θ·'Υ) άκοόσας όνόματΙΧ και τόπους

8r. Ι! fatto e raccontato da Erodoto (Ι, 53). Α Creso, che aveva chiesto se dovesse muovere contro i Persiani, !Όracolo delfico rispose che, se avesse attaccato i Persiani, avrebbe distrutto un grande inψero. Creso fu lieto .del responso, perche intese che l'impero destinato alla distruzione fosse quello persiano, ma, passato il confine del fiume Alys fra Lidia e Persia e provocata la guerra contro Ciro, fιι sconfitto e perdette il regno. La « difesa delfica >>, cui allude Luciano e che poi trasferisce nella variante dovuta ad Alessandro, fu molto facile : !Όracolo non aveva detto quale dei due iιnperi sarebbe stato distrutto. Si veda anche !ο stesso Luciano, I�ιpp. conf., 14. 82. Ι! possessivo plurale I I > > � � την μετ> ο β ως, κατεπτuσεν αν ακρι αuτων ; [52] "Αλλφ πάλιν ο6τε παρ6νη ο6τε δλως τινt 6ντι �φη &νεu \ I > I > < ψας σε τοu� ο< γαρ πεμ μέτροu, αναστρεφειν γείτονος Διοκλέους τήμερον, ληστων έπαχ&έντων Μάγνοu καt Κέ­ λερος καt Βοuβάλοu, ot καt η�η �έaενται ληφS·έντες. [5Ι ] Άλλα καt βαρβάροις πολλάκις �χρησεν, ε'C τις τγj πΙΧτρίφ �pοιτο φωνΊJ Σuριστ1. η Κελτιστί, ού pq.aίως Ε:ζεuρίσκων τινιΧς Ε:πι­ aημοuντας δμοε-θ·νεϊ:ς τοϊ:ς aεaωκ6σι. ΔιιΧ τοuτο καt πολΟς δ Ε:ν μέσφ χp6νος �ν τΎjς τε Μσεως των βιβλίων καΙ. τΎjς χρησμφaίας, ώς Ε:ν τοσούτφ κατιΧ σχολ�ν λόοιντ6 τε ot χρησμοt ά.σφαλ&ς καΙ. εύρί­ ι auνάμενο ι �καστα,σuνε�ς I 'f έρμηνεuσαι σκοιντο otε�τα οίος καtεπ�νοιαν δι τ(\} Σκύ&η ' λ �γον aο-Θ·ε1.ς χρησμος �V' /� ι 1 τε11'νηκεν οπ�σω· Μορφ�ν εύβάργοuλις είς σκι�ν χνέγχικραγκ λείψει uπu φάος 85 •

[53] Όλίγοuς aε καt των Ε:μοt �ο&έντων &κοuσοV' έρομένοu γάρ μοu εί φαλακρ6ς Ε:στιν Άλέξανaρος, καt κατασημηναμένοu περιέργως καt προφανως uπογράφεται χρησμος νuκτερείσιος, Σαβαρaαλάχοu μάλαχ 'Άττις &λλος �ν. Καt πάλιν έμοu Ε:ρομένου Ε:ν aόο βιβλίοις aιαφ6ροις τΎjν αύτΎjν Ε:ρώ­ τησιν, π6&εν �ν 'Όμηρος δ ποιητής, έπ' &λλοu καl &λλοu όν6ματος, \ > Ι � < Ι < \ � τφ ετερφ μεν uπεγρα uπο του� εμου ψ εν - έρωτη&εtς γιΧρ έφ ' 5 τι �κε, Θεραπείαν, �φη, αίτήσων προς όaύ­ νην πλεuροu
�Ι � f τινΙΧ Ι � Ι (\ ει> β ου' λει λ'Υ)ρον σ·σ οιι τ'Υ)ν ν 6 σον τ'Υ)ν οιυτου εποιινουντος' συI σε κοιτοισκεΜσοιι μου, gτοψος φ ιλικ�ν τοιότψ λειτουργ(οιν ύποστ�νοιι κοιt ποιροισχείν ηΧ ώτα, κοιt ιlίνευ Κ'Υ)ροu ποιροικοόειν τών φοιόλων Ρυνάμενος. 'Ώστε �P'YJ σιωπ�σομοι( σοι, κοιt λέγε όπ6σοι Μ·έλεις ώς μ'Υ)ΡΕ: άκοόοντ6ς τινος. [7] ΛΥΚ. Εο γε, ι1 Κράτων, κοιt τοότου έaε6μ'Υ)ν μάλιστα· ε'ίση γιΧρ μετ' όλ(γον εί λ�ρος ε!νοι( σοι Μζει τιΧ λεχ.&φ6μενοι. Καt πρώτ6ν γε έκε�νο πάνυ �γνο'Υ)κέναι μοι aοκε�ς, ώς ού νεώτερον το τ�ς όρχ�σεως έπιτ�Ρευμοι τοuτ6 έστιν σύΡΕ: χiJ·Ε:ς καt τι:pcJ>ΊJV άρζά­ μενον, ο!ον κ!ΧτιΧ τούς προπάτορας �μών � τούς έκε(νων, άλλ ' ot γε τάλ'Υ)iJ·έστατοι όρχ�σεως πέρι γενεαλογοuντες &μοι τ?'J πρώτη γενέσει των /Sλων φοιίεν &ν σοι κοιt �ρχ'Υ)σιν &νοιφuνοιι τι;> &ρχοι(ιμ έκε(νιμ "Ερωτι 11 συνοινοιφοινείσοιν' � γοuν χορείοι τών άστέρων Κοιt � προς τούς άπλοινε�ς τών πλοιν�των συμπλοκ� κοιt ε�ρυiJ·μος οιύτών κοινωνία κοιt ε�τακτος άρμον(α τΥjς πρωτογ6νου όρχ�σεως Ρε(γμοιτά έστι. Κατ' όλ(γον aε οιύζοινομέν'ΥJ κοιt τ�ς προ� το βέλτιον άεt προσ­ iJ·�κ'ΥJς τυγχάνουσοι νuν �οικεν ές το &κρ6τοιτον άποτετελέσiJ·οιι κοιt γεγεν�σiJ·οιι ποικ(λον τι καt ποινοιρμ6νιον κοιt πολόμόυσον άγαiJ·6ν. [8] Πρώτον aέ φοισι ' Ρέοιν 1 2 �σ.&ε�σοιν τ?j τέχνη έν Φ ρυγ(qι μΕ:ν τούς Κορόβοιντοις, έν Κρ�'ι-η aε τούς Κουρ�τα;ς όρχε�σ.&αι κελεuσοcι, κοιt ού τιΧ μέτριοι ί})νατο τ�ς τέχν'Υ)ς οιύτών, ο� γε περιορχοόμενοι aιεσώσοιντο οιύτ?j τον Δtοι, &στε καt σώστρα είκ6τως &ν ό Ζεύς όφε(λειν όμολογο('Υ) οιύτοϊς έκφυγων aιιΧ τ�ν έκε(νων �ρχφιν τοος ποιτρcJ>ους ό86ντοις 13 • έν6πλιος aε οιύτών � �ρχφις �ν, τιΧ ζ(φ'Υ) μεταξύ κροτοόντων προς τιΧς άσπ(Ροις κοιt Π'Υ)Ρώντων �νiJ·ε6ν 't'ι κοιt πολεμίκ6ν. Μετοc aε Κρψών ot κράτιστοι ένεργώς έπιτ'Υ)Ρεόσαντες οιύτο &ριστοι όρχ'Υ)στοιt έγένοντο, ούχ ot ιaιωτοιι μόνον, άλλα κοιt ot

Ι Ι . Dio primigenio, ηση i1 figlio giovinetto di Afrodite, che si . disse nato direttamente dal Caos e simboleggio la forza di attrazione, che spinge gli ele­ menti a unirsi fra di loro (cfr. Deor. dial., 2, Ι) . Ι2. Per Rea, la dea confusa dai Greci con Cibele, la Grande Madre, si veda A lex., nota 38. Ι3. Ai denti, cioe, del padre Crono, :figlio di Urano e di Gea, i1 quale, es­ sendogli stato predetto dalla madre che un figlio lo avrebbe detronizzato, soleva divorare i suoi figli. Zeus pero, i1 sesto nato, fu sostituito da Gea con una pietra avvolta in fasce,- che Crono divoro senza alcun sospetto (cfr. De

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l'anίmo. Ε ίnfattί, se essa produce tuttί questi effettί accom­ pagnandosί con la musίca e il rίtmo, non puo merίtare bίasimo, ma pίuttosto lode. CRAT. Ιο veramente non ho molto tempo per sentίre un pazzo che elogίa la proprίa malattίa; ma se νuοί versarmί addosso un po' della tua chίacchίera, ίο sono pronto a sotto­ pormί a questo trίbuto dί amίcίzίa e a prestartί ascolto potendo, senza cera, lasciarmί passare le tue scίocchezze da un orecchίo all'altro. Cosίcche ίο faccίo subίto silenzίo e tu dί' quello che tί gaΓba, come se non ti udίsse nessuno. [7] Lic. Bene, Cratone ! Era quello che desίderavo dί pίu : t'accorgeraί infattί tΓa poco se tί sembreranno chίacchίere le cose che sto per dίre. Prίma dί tutto ίο penso che tu sia com­ pletamente ίgnaro del fatto che la pratίca della danza non e nuova e non e comίncίata ίeri ο l'altro ίerί, come sarebbe aί tempί deί nostή ηοηηί ο dί quellί loro, che anzί gli studiosί pίu verίtίerί delle οrίgίηί della danza potrebbero dίre che contem­ poraneamente alla prίma formazίone dell'unίverso nacque anche la danza, comparsa ίnsίeme con Eros l'antico 11. Ε ίη Γealta i1 movimento cίrcolare degli astή, l'ίntήco deί pίanetί e delle stelle fisse, ί ben rίtmatί rapportί che li legano, la loro ben regolata armonίa dίmostrano l'esίstenza prίmordίale della danza. Crescendo a poco a poco e conquίstando progressίvamente il suo mίglioramento sembra ora aver raggίunto il punto culmί­ nante ed essere dίvenuta un bene multίplo, compίutamente armonίco, costίtuίto dί piu artί ίnsίeme. [8] Innanzίtutto dίcono che Rea 12, compίacίutasί dell'arte, ordίno ίη Frίgίa aί Corίbantί, in Creta aί Curetί dί danzare e dalla loro abίlita tΓasse non modesto giovamento, se con essa salvaωno Zeus danzandogli ίntorno, cosίcche gίustamente il dίο potrebbe ammettere dί dover loro il premίo peΓ la sua sal­ vezza, essendo sfuggίto grazίe alla loro danza aί dentί pa­ ternί 13 : questa danza - occoπe sapere - era armata ed essi nell'eseguίrla battevano le spade contro gli scudί e saltavano come fossero guerrίerί e ίnvasati. In seguίto ί Cretesί pίu va­ lorosί, pratίcando attίvamente l'arte, dίvennero ottίmί dansacr., 5). Α coprire i vagiti del neonato pensarono, come racconta qui Luciano, i Coribanti e i Cureti.

ΠΕΡ! ΟΡΧΗΣΕΩΣ

βιχσιλικώτεροι και πρ ωτεόειν άξιοuντες. Ό γοuν 'Όμ'Υ)ρος τον Μη­ ρ ιόνην ούκ αlσχuνιχι βουλόμενος, άλλrχ κοσμΎjσαι, όρχηστ-Υjν 14 προσ­ ε'Lπε, και ο6τως &ρα έπίσημος �ν και γνώριμος &πασιν έπι τ'{j όρχηστικ'{j, &ιστε ούχ ο� 'Έλληνες μόνον ταuτα �πίσταντο περι αύτοu, άλλrχ και ο� Τρωες αύτοι καίτοι πολέμιοι 6ντες έώρων γάρ, ο!μα.ι, κα.ι τ-Υjν έν τι'}) πολεμε'Lν αύτοu κουφότητα. κα.ι εύρυ&μίιχν, 1jν έξ όρχήσεως έκέκτητο. Φησι aέ πως ιbaε τα �Π'Υ)' Μηριόνη, τάχα. κέν σε κα.ι όρχηστήν περ έόντα �γχος έμον κα.τέπα.υσε. Κα.ι δμως ού κα.τέπα.υσεν α.ύτόν- &τε γΟ:ρ ήσκημένος έν τ'{j όρχηστικ'{j ρ�aίως, ο!μαι, aιε�ί�ρα.σκε τtχς έπ' α.ύτον άφέσεις των άκοντίων. [9] Πολλοuς �ε κα.ι &λλους των �ρώων εlπε'Lν �χων το'Lς α.ύτο'Lς έγγεγυμνα.σμένους κα.ι τέχνην το πρiΧγμα. πεποιημένους tκα.νον ήγοu­ μα.ι τον Νεοπτόλεμον, 'Αχιλλέως μεν πα.'Laα. 6ντα., πάνυ �ε �ια.πρέ­ ψαντα έν τ'{j όρχηστικ'{j κα.ι ε!�ος το κάλλιστον α.ύτ'{j προστε.Θ·εικότιχ, Πυρρίχιον 1& άπ' α.ύτοu κεκλημένον- κα.ι δ Άχιλλεuς τα.uτα. ύπερ τοu πα.ι�ος πυν.Θ·α.νόμενος μiΧλλον �χα.ιpεν, ο!μα.ι, � έπι τι'}) κάλλει και τ'{j &λλη &λκ'{j α.ύτοu. Τοιγα.ροuν τ-Υjν 'Ίλιον τέως &νάλωτον οόσα.ν ή έκεtνου όρχηστικ-Υj κα..Θ·ε'Lλε και εlς ��αφος κα.τέρριψε. [ro] Λιχ­ κε�αιμόνιοι μεν &ριστοι ' Ελλήνων ε!να.ι �οκοuντες πα.ρrχ Πολυ�εό­ κους κα.ι Κάστορος 16 κα.ρυατίζειν μα&όντες - όρχήσεως �ε και τοuτο ε!aος έν Καρόα.ις τ'Υ)ς - Λα.κωνικΎjς aιaα.σκόμενον - &.πα.ντα. μετα Μουσων ποιοuσιν &χρι τοu πολεμε'Lν προς α.ύλΟν κα.ι pυ-θ·μον κα.ι ε\.Ιτα.κτον �μβα.σιν τοu ποΜς κα.ι το πρωτον σόν&ημα. Λα.κε­ �α.ιμονίοις προς τ-Υjν μάχην ό α.ύλος έν�ί�ωσι. Τοιγα.ροuν κα.ι έκρά­ τουν &πάντων μουσικΎjς αύτο'Lς κα.ι εύρυ&μίας �γουμένης. ''Ι�οις a· &ν νuν �τι κα.ι τοuς έφήβους α.ύτων ού με'Lον όρχε'Lσ&αι � όπλομα­ χε'Lν μα.ν&άνοντα.ς δτα.ν γrχρ άκροχειρισάμενοι, κα.ι πα.ίσα.ντες και πα.ισ&έντες έν τι'}) μέρει, παόσωντα.ι, είς 6ρχησιν α.ύτο'Lς � &γωνία. r4. Eroe cretese alla guerra di Troia, seco11do solo a Idome11eo. Ε ricordato piu volte 11ell'Iliade per i suoi atti di valore. Il verso e mezzo che poco sotto Lucia11o riporta (esattame11te e 11011 « press'a poco », com'egli dice) appaι-­ te11go11o al ca11to XVI (6r7 seg.) e sorio messi i11 bocca ad E11ea, irritato co11tι-o Merio11e, che ha schivato agilme11te la sua la11cia. xs. Da11za guerriera, i11 origi11e, che si eseguiva i11 armi. Gia Archiloco 11e attribuiva l'i11νe11zio11e a Neottolemo, chiamato a11che Pirro, lieto per aver ucciso Euripilo (fr. rgo Bergk) , ma altri, fι-a cui Strabo11e, derivava11o il 11ome della da11za da 1111 certo :Pirrico, me11tre Aristotele lo metteva i11 relazio11e co11 πuρά, la pira, il rogo, pei:che la piπica sarebbe stata da11zata per la prima volta ai fu11erali di Patroclo. Quel che Lucia11o ci dice sull'espug11azio11e di Troia, resa possibile dall'abilita di Pirro 11ella da11za, 11011 trova co11ferma i11

3 3 [45], g-ro

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zatoή, e non solo i privati cittadini, ma anche i pήncιpι che aspiravano al trono. In realta Omero chiamo Meήone danza­ tore 14 volendolo onoraι·e, non screditare, ed era, evidente­ mente, cosi celebre e a tutti noto per l'arte della danza, che non solo i Greci sapevano questo di lui, ma anche gli stessi Troiani, benche nemici : vedevano infatti, io penso, la leggerezza e l'armonia dello schermire, che egli aveva acquistato dalla danza. Ι versi del Poeta sono press'a poco questi : Anche se danzator ti avrebbe presto la n1ia lancia, Merione, :finito . . .

e tuttavia non l o fini, giacche, esercitato com'era nell'arte della danza, facilmente, io credo, evitava i tiri dei giavellotti. [9] Pur potendo citare molti altri eroi che si sono dedicati a questi medesimi esercizii e ne hanno fatto un'arte, ritengo sufficiente nominare Ν eottolemo, che era figlio di Achille, ma anche si distinse molto in quest'arte e ad essa aggiunse la forma piu bella, che da lui ha avuto il nome di Pirrica 15 ; e Achille, venendo a sapere cio del figlio, ne fu piu lieto, io penso, che della sua bellezza e della sua forza. Ε fu proprio l'arte sua di danzatore che espugno Ilio fino a quel momento imprendibile e la rase al suolo. [ro] Gli Spartani, che hanno fama di essere i piu prodi dei Greci, appresa da Polluce e Castorc 16 la cariatide e anche questa una forma di danza che si pratica a Carie in Laconia -, non fanno nulla senza le Muse e arrivano al punto di combattere al suono del :flauto con passo ben regolato dal ritmo ; e il primo segnale per l'attacco e dato agli Spartani dal :flauto. Sta di fatto che, guidati dalla mιιsica e dal giusto ritmo, vincevano tutti. Ε oggigiorno puoi vedere ancora i loro adolescenti apprendere non meno a danzare che a combattere in anni : quando, infatti, hanno smesso di lottare con le sole mani, di colpire ed essere a loro volta colpiti, la loro gara finisce -

nessιιn'altra fonte. Cornιιnqιιe, nel π secolo d. C. la pirrica aveva perdιιto il sιιο carattere di danza gιιerriera e assιιnto qιιello di danza orgiastica legata al cιιlto dionisiaco. r6. Ε assai discιιtibile che gli Spartani possano aver appreso da Castore e Pollιιce, i Dioscιιri, fιgli di Ζeιιs e di Leda (cfr. vol. Ι, De merc. cond., nota 3), ιιna danza come la cariatide che, esegιιita originariamente in onore di Artell1ide Cariatide (cosl chiamata dal tempio di Carie a lei dedicato) e sempre da fan­ ciιιlle, difficilmente poteva annoverarsi fra le danze gιιerresche che altre fonti dicono siano state insegnate agli Spartani dai Dioscιιri .

ΠΕΡΙ ΟΡΧΙ-ΙΣΕΩΣ

τελευτιΧ, κα.t α.ύλΎJτΎJς μeν έν τc'J) μέσcr κά.θ·ψα.ι έπα.υλων κα.t κτυ­ πων τc'J) ποaί, ο[ aε κατά στο!,χον άλλ�λοις έπ6μενοι σχ�μα.τα. πα.ν­ το�α. έπιaείκνυντα.ι πρός pυ.θ·μόν έμβα.ίνοντες, &ρτι μeν πολεμικά, μετ' &λίγον aε χορευτικά, & Διονuσcr και 'Αφροaίτη φίλια.. [ π ] Τοιγα.ροϋν κα.t τό �σμα., δ μετα.ξu όρχοuμενοι �aουσιν, Άφροaίτ'ΥJς έπίκλ'Υ)σίς έστι και 'Ερώτων, &ς συγκωμάζοιεν 17 α.ύτο'!:ς κα.t συν­ ορχο!,ντο. Κα.t .θ·άτερον aε των 4σμάτων - δύο γ> come letteraln1ente omerica, notiamo che il testo non corrisponde cl1e nel νerbo a quello che possediaιno noi (« ... mentre l'aedo intonaνa il canto, νolteggiaνano ») . Ε molto probabile che i1 testo oιnerico di Luciano fosse

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in una danza, e un flautista siede in mezzo a loro suonando e battendo i1 tempo col piede, mentre quelli in fila, uno dietro l'altro, si esibiscono, procedendo con passo ritmato, in figure di ogni genere, ora in quelle guerresche, ora in quelle corali, che sono care a Dioniso e ad Afrodite. [rr] Ε difatti anche il canto che eseguono danzando e un'invocazione ad Afrodite e agli Αmοή, affincM partecipino al loro sollazzo 17 e alla loro danza. Uno dei due canti - ne cantano due - contiene un a indicazione sul modo di danzare : « Mettete avanti il piede, ο fanciulli - vi si dice -, e meglio sollazzatevi )), il che significa « danzate meglio >>. Lo stesso fanno quelli che danzano la co­ siddetta collana. [rz] La « collana )) e una danza mista di giovinetti e di fanciulle che danzano a turno e somigliano veramente a una collana ; precedono i giovinetti eseguendo danze adatte alla loro eta e tutte quelle che useranno piu tardi in guerra ; le fanciulle li seguono insegnando a danzare in coro elegantemente danze femminili : e la collana, di conseguenza e un intreccio di modestia e di virilita. Sono ugualmente una danza per gli Spartani le ginnopedie 18 • [r3] τi ήsparmio, poi, sia i versi che Omero ha dedicato nel canto dello Scudo 19 ad Aήanna 20 e alla danza corale, che per lei allesti Dedalo, percM penso che li abbia letti, sia i due danzatoή che guidavano i1 coro, chiamati dal poeta in quel passo saltatori, sia cio che egli dice nel medesimo « Scudo )) : « Ε giovani danzatori vol­ teggiavano )) 21, intendendo che questa era una bellissima figu­ razione elaborata da Efesto nello scudo. Che i Feaci traessero diletto dalla danza era assai naturale, essendo uomini raffinati e vivendo nella piu completa felicita. Ε infatti Omero ha im­ maginato che Odisseo ammirasse di loro soprattutto questo e ne osservasse « il balenio dei piedi )) 22• [r4] In Tessaglia la pratica della danza si sviluppo al punto che chian1aνano pήmi diνerso dal nostω, che, fra l'altro, potrebbe aνer subito l'interpolazione proprio di questi νersi (6ο4-6ο6), i quali tornano tali e quali in Odissea, IV, Ι 7-Ι9. Del resto, Luciano doνeνa leggerli altroνe nellό stesso canto, se, dicendo « sia cio che egli dice nel medesimo Scudo >>, lascia capire cl1e rispetto ai pΙΌ· cedenti si tJ;oνano nello stesso canto, ma in altro punto. 2 1 . Π νerbo έ3(νεον νolteggiaνano (cos!. probabilmente lo scrisse Lu­ ciano, nιentre i codici di Omero e quelli dello stesso Luciano, tranne Ν, danno έ3(νευον) fa parte del ν. 6ο6; ii sostantiνo « saltatori " (in Luciano κυβ ιστη τ'ij­ ρcις) si troνa, al duale, nel ν. 6ο5 . 22. Da Od., VIII, 265 . =

35 0

ΠΕΡΙ Ο ΡΧΗΣΕΩΣ

Chστε τοός προστάτας καt προαγωνιστιΧς αύτων προορχηστΎjρας έκά­ λουV' καt aηλοuσι τοuτο αt των &νaριάντων έπιγραφαι, ο\}ς το'i.'ς &ρι­ στεύσασιν ά.νιστασαV' Προ\Sκρινε γάρ, φησι, προορχηστΎjρα ά πό­ λις. Καt αοS·ις, ΕίλατLωνι τάν είκ6να 6 aαμος εο όρχησαμένctJ τάν μάχα.ν. [Ι5] Έω λέγειν, ΙSτι τελετην ού�e μLαν ά.ρχαLαν �στιν εύρε'i.'ν &νευ όρχήσεως, 'Ορφέως aηλαaη καt Μουσαιου 23, των τότε ά.ρίστων όρχηστων, καταστησαμένων αύτάς, Chς τι κάλλιστον καt τοuτο νο­ μο&ετησάντων σόν pυ&μ(i) καt όρχήσει μυεϊσ&αι. 'Ότι a· οδτως \ � " ' � ' I εκεινο σιωπαν εχει, τα\ μεν των αμυητων >lυργια !/. 1( /; �2;�,� πάντες ά.κούουσιν, ΙSτι τοός έξαγορεύοντας τιΧ μυστήρια έζορχείσ&αι σε α.-.ιον ι:;νεκα, λέγουσιν οί πολλοι [r6] 'Εν ΔήλctJ aέ γε oύae αί &υσιαι &νευ όρχήσεως, ά.λλιΧ σόν ταύτη καt μετιΧ μουσικΎjς έγιγνοντο. Παίaων χοροl συνελ&όντες ύπ' αύλ(i) καl κι&άρCf οί μeν έχόρευον, ύπωρχοuντο aε οί άριστοι προκρι&έντες έζ αύτων. τα. γοuν το'i.'ς χορο'i.'ς γρα­ φόμενα τούτοις �σματα ύπορχήματα 25 έκα.λε'i.'το καt έμπέπληστο � ι τοιουτων λυρα. ' των [Ι7] Καt τι.s,' I σοι τοός 'Έλληνας λέγω , /Sπου καt 'Ινοοt έπειΜν �ω.&εν ά.ναστάντες προσεύχωνται τον 'Ήλιον, ούχ Chσπερ ήμε'i.'ς την ' Ι ' � Ι � ' λ'Υ)"' ημων ' � ς ' εντε ευχην, χειρα κυσαντε α' λλ' εκεινοι ιστάντες cι τ'Ήλιον προς την ά.νατολην όρχήσει τονε�ναι σχηματ .).,1ν ά.σπιίζονται "' "' ' 1 ηγουμεv·α 1 τιΙζ οντες εαυτους σιωπη� και' μιμουμενοι του� και, του.). 1 cι . Διο καt τούτοις ίλεοuν­ τ6 έστιν ' Ινaων καt εόχη καt χοροt καt τ&υσLΙΧ ,1ν χορε�αν v·εου· ται τον &εον atς κoct ά.ρχομένης καt ουομένης τΎjς ήμέρας. [r8] Αί­ &ίοπες Μ γε καt πολεμοuντες σόν όρχήσει αύτο aρωσι, καt ούκ &ν ά.φείη το βέλος ΑίiΗοψ &.νηρ ά.φελci.Jν τΎjς κεφαλΎjς - ταύτη γιΧρ �

2 3 . Orfeo e Museo ci sono ben ·noti cωne divini ιnusici e cantori (divini, perchθ secondo il mito Orfeo era figlio di Apollo e de!la Musa Ca!liope, ο Po­ linnia, Museo fig!io di Selene, e, c01nunque, legato ad Orfeo per paι·entela ο amicizia) oltre che per aver istituito, il primo i ιnisteri che presero da lui i1 n01ne di orfici, il secondo i misteri eleusini, che avι·ebbe egli stesso introdotto in Atene. Richiaιnano, invece, la nostra attenzione le notizie circa l'iιnpiego deJla danza nelle iniziazioni misteriche, a noi del resto anche altιimeηti noto, e conferιnato qui dalla spiegazione etiιnologica che chiude il paragrafo (cfr. nota 24), ο circa il priιnato. di Orfeo e di Museo nella danza, che si aggiun­ gerebbe agli altri, attribuiti loro dal ιnito, nella ιnusica, nel canto, nella poesia, se non si potesse faci!mente pensare ad una proliferazione analogica di questi ultiιni. Secondo lo stesso Luciano (si veda, poco oltre, De astr., ΙΟ), Orfeo avrebbe insegnato ai Greci anche I'astrologia. 24. In realta il verbo έξοfχέομοιι (letteralιnente = daηzo fuori) assunse i1 significato di « svelare " con 1 oggetto specifico « i ιnisteri » ο, per estensione, un segreto qualsiasi ; con questo significato si alterna quello di « parodiare "• seιnpre con riferiιnento ai ιnisteri, attestato dallo stesso Luciano in Pisc., 3 3 ·

3 3 [45], 15-1 8

35Ι

danzatori i loro dirigenti e i loro campioni : lo provano le iscri­ zioni delle statue che innalzavano ai piu valorosi combattenti. « La citta - dice una - lo prescelse come pήmo danzatore >>, e un'altra ancora : « Questa effigie offerse il popolo a Ilazione, perche bene danzo la battaglia >>. [ r5] Tralascio di dire che non e possibile trovare nei tempi antichi una sola iniziazione misterica senza danza, evidente­ mente perche i misteri furono istituiti da Orfeo e da Museo 23, i migliori danzatori di allora, i quali con le altre, ritenendola opportunissima, stabilirono la norma cl1e l'iniziazione fosse accompagnata da ritmo e danza. Tant'e vero che, se e giusto tacere dei ήti per via dei non iniziati, tutti pero possono sentir dire comunemente di chi rivela i misteri che « danza fuori » 24, [r6] Α Delo nemmeno i sacrifici si facevano senza danza, ma vi s'introducevano danza e musica. Si raccoglievano cori di fanciulli e di questi ultimi alcuni da,nzavano e cantavano al suono del :flauto e della cetra, mentre quelli che fra di essi erano stati giudicati i migliori davano :figure al canto con la danza. Ι canti, infatti, che venivano scritti per questi cori si chiamavano iporchemi 25 e di simili composizioni la poesia lirica era piena. [r7] Ma perche sto a parlarti dei Greci, se anche gli Indi, quando, alzatisi al mattino, pregano i1 Sole, non fanno come noi che, baciata la mano, riteniamo che la nostra preghiera sia compiuta, ma, rivolti ad oriente, salutano i1 Sole con una danza, regolando essi stessi in silenzio i loro gesti e imitando i1 movimento circolare del dio : e questo rituale degli Indi e preghiera, danza corale, sacri:ficio. Percio si propiziano i1 dio, con tale mezzo, due volte, quando i1 giorno comincia e quando cade. [r8] Gli Etiopi, anche quando combattono, non lo fanno senza la danza, e nessun guerriero etiope lancerebbe i1 dardo, preso dalla propria testa - usano questa, infatti, come faretra

Ed e la prova linguistica, cui accennavo nella nota 23, della presenza, e del­ l'importanza, della danza nei riti di iniziazione misterica. 25. Fra i canti del genere melico corale l'iporchema, come indica il nome danzo seguendo un canto), era il piu strettamente stesso (da ύπορχέο μοιι collegato con la danza, per la quale, con ritmi sempre assai vivaci, era com­ posto. Come qui attesta lo stesso Luciano, che ricorda l'isola di Delo (cfιΌ Alex., nota 28}, l'ipoι·chema, almeno originariamente, era dedicato ad Apollo. =

35 2

ΠΕΡΙ ΟΡΧΗΣΕΩΣ

' Ν ' ' \ Ν / / χρωνται αΨη φαρετρας τα\ β ε'λ'Υ) - ει) αuτη ' ' ' ' ' ' ' Ν ' ' μ'Υ) προτερον ορχ'Υ)σαιτο και τcμ σχ'Υ)ματι απειλΎ)σειε προεκφο β Ύ)σειε τ?ι όρχ�σει τον πολέμιον. [rg] 'Άξιον �έ, έπεt την 'Ιν�ικην καt την Αί&ιοπιαν �ιεζελΎ)λό3·αμεν, καt ές την γειτονα αuτων Α'C­ γuπτον καταβ�ναι τ t t t t ψ ιν !(οιμα. ' I ' - σρωμενου σα.σμενου τεp κα.ι επι τιμη� α.υτων κα.ι τοσα.υτην κα.ι πα.ι3ιcΧν ώφέλιμον παρεχομένου . Θαυμάζω 3έ σου κ&κεϊνο, εί3ως ' Ομήρου κα.ι Ί-Ισιό3ου μάλιστα. έρα.στην 5ντα. σε - α.Ο&ις γcΧρ έπι τοuς ποιητcΧς έπάνειμι - πως &ντιφ&έγγεσ&α.ι tκείνοις τολμ�ς προ των πάντων 5ρχησιν tπα.ινοuσιν- ό μΕ:ν γcΧρ 'Όμηρος τcΧ f\3ιστα. κα.ι κάλλιστα. κα.τα.λέγων, ()πνον και φιλότητα. κα.ι μολπην κα.ι 5ρχηΙ κr.ιι\ ' ' ' ' ' ' ' 37 ωνομα.σε, σιν, τα.υτην μονην α.μυμονα. προσμα.ρτυρησα.ς ν .},,1 Δ ια. το �aυ τ'{j μολπ'{j, &περ &μφότερα. τ'{j ορχηστικ'{j πρόσεστι, κα.ι �aη γλυκερcΧ 38 κα.ι ορχη&μος &μόμων, 8ν σο νuν μωμiΧσ&α.ι tπινοε'Lς. Κα.ι πάλιν tν έτέρ� μέρει τΊjς ποιήσεως '

'

"Αλλ� μΕ:ν γcΧρ �3ωκε &εος πολεμήϊα. �ργα., &λλ� 3' ορχηστόν τε και ίμερόεσσα.ν &οι3ήν 39 • Ίμερόεσσα γcΧρ ώς &λη&ως � μετ' όρχήσεως �aη κα.ι 3ωρον &εων τοuτο κάλλιστον. Κα.ι �οικεν είς 3όο 3ιηρηκως ό 'Όμηρος τcΧ πάντα. πράγματα., πόλεμον και είρήνην, τοϊς τοu πολέμου μόνα. τα.uτα. ώς κάλλιστα. &ντιτε&εικέναι. [24] Ό aε Ήσίο3ος οό πα.ρ ' &λλου &κού32. La distinzione che Luciano sembra qui voler fare fra culto dionisiaco e culto bacchico potrebbe spiegarsi con la non perfetta identificazione fra Bacco, dio ι·omano di origine italica e di piiι ristrette attribuzioni, e Dioniso, dio greco di origine orientale, nella cui figura confiuiscono elementi di ben piiι complessa e profonda religiosita. 33· Il cordace era la danza sfrenata propria della commedia attica antica, la sicinnide era caratteristica del dramma satiresco, l'emmelia della tragedia. 34· Non risulta altrove che i Satiri avessero inventato questi tipi di danza e avessero dato a ciascuna un loro personale nome. Solo pei la sicinnide fonti antiche fanno il nome di Όmonimi inventori : alcune parlano di un certo Si­ cinno, altre di Sicinnide, una ninfa di Cibele. 35· Altro nome degli Etruschi.

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33 [45], 22-24

di averlo reso u11 perfetto da11zatore. Ε per questo suo merito ebbe da Era il compe11so di ricevere da Ares la decima parte dei suoi i11troiti di guerra. [22] Qua11to al culto dio11isiaco e bacchico 32, pe11so che 11011 aspetti di se11tire da me che tutto di esso era da11za. Tre esse11do, i11fatti, le da11ze piu adatte a caratterizzare i ge11eri, e cioe il cordace, la sici1111ide, la emmelia 33, i Satiri, gli accompag11atori di Dio11iso che le i11ve11taro11o, le chiamaro11o coi proprii 11omi 34, e Dio11iso si valse di quest'arte per sottomettere i τirreni 35, gli l11di e i Lidii, i11ca11ta11do ge11te cosi bellicosa co11 le da11ze dei suoi tiasi 36• [23] Cosicche, egregio amico, devi badare che 11011 sia empio mettere sotto accusa u11a pratica divi11a e mistica i11sieme, esercitata co11 zelo da ta11ti dei, dive11uta atto di culto i11 loro o11ore e capace di procurare ta11to diletto e, 11ello stesso tempo, u11'utile evasio11e. Ma di te mi stupisco per u11'altra cosa, be11 sape11do che sei u11 gra11de appassio11ato di Omero e di Esiodo - tor11o u11'altra volta ai poeti -, che possa osare co11traddirli, se elogia11o la da11za sopra og11i altra cosa : Omero, i11fatti, ele11ca11do le cose piu belle e piu piacevoli, i1 so11110, l'amore, i1 ca11to, la da11za, solo questa chiamo « irrepre11sibile » 37, atte­ sta11do poi per il ca11to che e piacevole ; e questi eleme11ti, il ca11to « dolce » 38 e la da11za « irrepre11sibile », che ora tu hai i11 me11te di ripre11dere, so11o legati e11trambi all'arte della da11za. Ε dice a11cora i11 u11' altra parte del suo poema : Ad uno i1 dio dono di gnerra le opre, la danza a un altro ed i1 soave canto

39,

Davvero soave e, i11fatti, il ca11to che accompag11a la da11za ed e questo i1 do11o piu bello degli dei. Ε Omero sembra aver diviso fra due, fra guerra e pace, tutte le cose esiste11ti co11trappo11e11do a quelle della guerra solo queste come somma­ me11te belle. [24] Esiodo, 11011 ave11do11e se11tito da altri, ma 36. Corrisponde a paι·ola greca intraducibile, con la quale s'indicava propriainente, coine nel nostro caso, un gruppo ο associazione di caι·attere religioso dedita al culto orgiastico di Dioniso, poi, per estensione, al culto di qualsiasi altro dio. Significo anche gl'Uppo ο brigata ο compagnia, priva di alcun caι·attere sacrale. 3 7 · Si tratta dei vv. 636 seg. del ΧΙΙΙ dell'Iliade. 38. L'aggettivo si trova nel ν. 637 ibid, 39. Il primo verso e il primo emistichio del secondo corήspondono a Π., ΧΙΙΙ, 730 seg. ; il secondo emistichio del secondo e tolto da Od., Ι, 42r .

ΠΕΡ! ΟΡΧΗΣ:ΕΩΣ

σας, άλλ' taων αύτος �ω&εν εΜ·uς bρχουμένας τιΧς Μοόσας έν άρχ?j των έπων 40 τοuτο περι αύτων το μέγιστον έγκώμιον aιΎ)γε'i:ται, δη (( περι κρ�νrιν ίοειaέα π6σσ' άπαλο'i:σιν bρχεuνται )) τοu πατρος 41. τον βωμον περιχορεόουσαι. 'ΑλΜ. σu μέν, ω γενναίε, μονονουχl. S·εομαχων ύβρίζεις είς τ�ν bρχφτικ�ν. [25 ] Ό Σωκρ I > > > � κινοuμενων μεν γαρ αuτοι καιI ωρχοuντο· �σ&μα τ�ν > significa sgrammaticatura (gli abitanti di Soli, colonia ateniese in Cilicia, regione dell'Asia Minore, restarono famosi per il loro uso scorretto clel dialetto attico) , Qui e evidente l'estensione del significato a '' scorrettezza >> ο « stonatura >> in rapporto a qualsiasi norma ο convenienza, Quanto alla monodia di Eracle de:finita « solecismo », si puό pensare ai lamenti dell'eωe, bruciato dalla tunica di Nesso, nelle « Trachinie >> cli Sofocle, senonche tali lamenti non appartengono ad una ωonodia cantata da Eracle, bensl a ιιη d�ιο !irico άπο σκΎ)ν�ς fra l'eroe e il figlio lllo, ed Eracle

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uomo acconciato in modo da raggiungere una statura spro­ porzionata, poggiato su alti caliari e provvisto di una ma­ schera tirata sulla testa 46 e di una enorme bocca spalancata come per inghiottire gli spettatori - e non parlo dei cuscinetti sul petto e sul ventre, coi quali simula una grossezza posticcia e artificiale per non rendere piu evidente in una corporatura smilza la sproporzione dell'altezz·a -, un uomo, poi, che estrae dal suo proprio petto alte grida, che si piega in avanti e al­ l'indietro, che talora canterella i suoi giambi e, quel che e piu indecoroso, canta le sue disgrazie rendendosi responsabile solo della sua voce 47, giacche del resto si curarono i poeti, vissuti parecchio tempo prima ! Ε finche e un' Andromaca ο un'Ecuba 4s, il suo canto e sopportabile, ma quando entra in scena addi­ rittura Eracle ed esegue un canto a solo dimenticandosi di se stesso e non vergognandosi della pelle di leone e della clava, che porta alla cintura, un uomo di giudizio definirebbe la cosa giustamente un solecismo 49• [28] Ε infatti nell'accusa che tu movevi all'arte della danza, e cioe che in essa gli uomini iιni­ tano le donne, potrebbero essere accomunate la tragedia e la commedia, nelle quali, in fin dei conti, sono piu le donne che gli uomini. [29] La commedia, inoltre, ha fatto proprio i1 ridicolo, che e delle maschere per se stesse, di quelle, ad esempio, dei varii Davi, Tibii e dei cuochi 50, come parte del diletto che procura. Che l'aspetto del danzatore e tutto grazia e decoro non devo dirlo io : basta non essere ciechi per vederlo. Ma la stessa maschera e quanto di piu bello si possa immaginare, e adatta al draιnma, che costituisce il soggetto, e non tiene come quelle la bocca spalancata, ma chiusa : ha. molti, infatti, che gridano per lui. [30] Un tempo i danzatori cantavano e dan­ zavano essi stessi ; ma poiche i1 respiro, che si faceva affannoso quando si movevano, nuoceva al canto, seιnbro meglio che altri fornissero loro l'accompagnamento vocale. [31] Gli argo­ menti sono comuni alla danza e alla tragedia e quelli dell'una non entra in scena con la pelle di leone e la clava, ma e giacente a terra. Tut­ tavia Lιιciano puo sempι·e aver pensato a una tragedia a noi non nota. so. Si tratta di personaggi caratteristici della Commedia Nuova. Davo e Tibio ricorrono frequentemente come noωi di schiavi. Le ωaschere della Νέοι, come dimostrano importanti ritrovamenti archeologici, pur nell'ambito di tipi fissi, corrispondenti ai personaggi-chiave dell'intreccio, erano forte­ mente caratterizzate e, in paι·te almeno, ridicole.

ΠΕ ΡΙ ΟΡΧΗΣΕΩΣ

κεκριμέναι των τραγικων αί όρχηστικαί, πλ�ν δτι ποικιλώτεραι αοται καt πολυμα&έστεραι καt μυρίας μεταβολιΧς �χου σαι. [32] Et �ε μ� έναγώνιος � �ρχησις, έκείνην είναί φημι αίτίαν, το Μξαι το'i:ς άγωνο-θ·έταις με'i:ζον και σεμνότερον το πρiΧγμα � &στε είς έξέτασιν καλε'i:σ&αι. Έω λέγειν δτι πόλις έν 'Ι ταλίCf τοu Χαλκι�ι­ κοu γένους 51 � άρίστη καt τοuτο &σπερ τι κόσμημα τ αρχη > � ο> λ'ιγων ορχ'Υ)σεων ονοματα πλ'Υ)ν καταρι·ιψ'Υ)σασv·αι έπεμν�σ-θ·ψ τιΧς γενικωτέρας αύτων προχειρισάμενος' άλλιΧ τό γε έν τυ.θ·μι­ μαv·ης ιισ"ΙJ ού σιειμι, ο '1'�ςτο ά.κρότατον ά.φικνουμέν"Ι)ν, κ�ς καt μετρικ�ς και τ�ς σ�ς φιλοσοφίας μάλιστα, τ�ς τe φυσικ�ς και τ�ς �.θ·ικ�ς· τ�ν γοφ 3ιαλεκτικ�ν αύτ�ς περιeργίαν όί.καφον αύτ?j νενόμικεν. Ού μ�ν ούaε pψορικ�ς ά.φέστ"Ι)κεν, ά.λλcΧ και ταύτ"Ι)ς μετέ"' > τ. I) > εστιν, ων καιΙ ο κα.ι τ�ν '1I μιμουμέν"ΙJ φαίνε­ � (\ έν τα.ύτα.ις κ�ς, κα.'\]' ά.λλcΧ εύρυ&μίαν μάλιστα. χα.ι\ πα.V'ους επισεικτικ"ΙJ ιι'ΙJ'ους ται, ώς μ"Ι)aεν &.μείνω μ�τε Φειaία.ν α.ύτ�ς μ�τε 'Απελλ�ν 55 ε!ναι aοκε�ν. [36] Προ πάντων a� Μν"Ι)μοσύν"Ι)ν κα.ι τ�ν &υγα.τέρα α.ύτ�ς Πολύμνια.ν 56 �λεων �χειν αύτ?j πρόκειται και μeμν�σ&α.ι πεφiΧτα.ι &πάντων- κα.τcΧ γάρ τοι τον Όμ"Ι)ρικον Κάλχα.ντα. 57 τον δρχ"Ι)στ�ν είaένα.ι χρ� « τά τ' έόντα τά τ' έσσόμενα. πρό τ' έόντα », ώς μ"Ι)aεν αύτον aιαλαν&άνειν, ά.λλ' ε!να.ι πρόχeφον τ�ν μν�μ"ΙJν αύτων. Και το μεν κεφάλαιον τ�ς ύπο&έσεως, μιμψικ� τίς έστιν έπιστ�μ"Ι) και aεικτικ� κα.ι των έννο"Ι)&έντων έξα.γορευτικ� κα.ι των ά.φα.νων σα.φ"Ι)­ νιστικ�, κα.ι 15περ ό Θουκυaίa"ΙJς περι του Περικλέους llφ"fJ έπαινων τον όί.νaρα., τουτο και το του όρχφτου ά.κρότα.τον έγκώμιον ?J.ν εt"'), γνωνα.ί τe τcΧ aέοντα κα.t έρμψευσαι α.ύτά 58• έρμ"Ι)νεία.ν aε νυν τ�ν σα.φ�νεια.ν των σχ"Ι)μάτων λέγω. [37] Ή aε πασα. τ(j) Ιlργφ χορ"Ι)­ γία. � πα.λαιcΧ ίστορία. έστίν, ώς προε�πον, κα.ι � πρόχειρος αύτ�ς μν�μ"ΙJ τε κα.ι μετ' εύπρeπεία.ς έπίaειξις· ά.πο γcΧρ χάους eύ.θ·ος κα.ι '

54 · LibιΌ VII, 8r4 Ε - 8r6 C. 55 · Il pii:ι celebre scultore e il pii:ι celebre pittore del mondo antico, Fidia, nativo di Atene e vissuto al tempo di Pericle, Apelle, nativo di Efeso, ο di Colofone, e vissuto al tenψo di Alessandι·o Magno. 56. Polimnia era la Musa degli inni dedicati agli dei e agli eroi, ma eι·a spesso confusa con la ιnadre Mneπωsine ( Memoria), clιe pι·esiedeva alla facolta di apprendere e di ricordaι·e, donde la citazione di Luciano, nella quale viene accomunata con la madre. 57· Luciano allude a It., Ι, 70 seg. : nel primo dei due versi compare il =

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oggi di uso abituale nelle campagne. Del resto anche Platone nelle Leggi 54 loda alcune forme di danza, mentre altre decisa­ mente disdegna, clividendole in base al dilettevole e all'utile, per cui respinge quelle indecorose, presceglie e ammira le altre. [35] Sulla danza in se e per se tanto basta : allungare il cliscorso passando in rassegna tutti i particolari sarebbe di cattivo gusto. Ora ti esporro, invece, le qualita che deve posse­ dere il danzatore da parte sua, gli esercizii che deve aver cωn­ piuto, le cose che deve aver imparato e quelle con cui deve consolidare la sua opera, affinche tu sappia che quest'arte non e facile ne di facile impiego, ma giunge al vertice di ogni raιno del sapere, non della musica soltanto, ma anche della ritmica e della metrica e, soprattutto, della tua fllosofia, nella parte fisica e in quella etica, giaccM ha considerato la parte dialet­ tica, ai suoi proprii fini, uno spreco inopportuno di energia. Non si e astenuta, pero, dalla retorica, ma anche di questa partecipa, in quanto e capace di descrivere carattere e senti­ mento, cui ancl1e i retori tengono molto. Non e lontana nem­ meno dalla pittura e dalla scultura, ma vediamo che imita in particolare l'armonia di proporzioni loro propria, a1 punto che ne Fidia, ne Apelle 55 sembrano superarla. [36] La danza si propone, in pri1no luogo, di aver propizie Mnemosine e la di lei figlia Polimnia 56 e cerca di ricordare ogni cosa : infatti al pari del Calcante di Omero 57 il danzatore deve sapere « le cose che sono, che saranno e che sono state )) ' perche nulla gli sfugga, ma ne abbia sempre pronto il ricordo. La danza, inoltre, a volerne sintetizzare il contenuto, e una scienza mi­ metica e descrittiva, capace di dare espressioni ai pensieri e chiarificazione a cio che e oscuro ; il supremo elogio del danza­ tore potrebbe essere quello che disse Tucidide di Pericle vo­ lendolo lodare, e cioe il conoscere le cose necessarie e il farsene interprete 58, e interpretazione ora chiamo la chiarificazione operata dalle figure della danza. [37] La materia per l'azione e fornita inteΓamente, come ho gia detto, dalla storia antica, ricuperata prontamente nella memoria e decorosamente rapnome di Calcante, figlio di Testoι-e, nel secondo la frase che qui e citata subito dopo. 58. Thuc., Π, 6ο (con la variante in Luciano di αύτά. finale in luogo di ταuτα) .

ΠΕΡΙ ΟΡΧΗΣΕΩΣ

τ�ς πpώτΊJς τοu κόσμου γενέσεως ά.pζάμενον χp� αύτον &παντα εtΜναι &χpι των κατιΧ τ�ν Κλεοπάτpαν 59 τ�ν Αtγυπτίαν. Τούτcμ γdφ τij) aιαστ�μαη πεpιωpίσ-θ·ω �μίν � τοu όpχφτοu πολυμά&εια και τα aια μέσου μάλιστα 'Cστω, Ούpανοu 60 τομ�ν, ΆφροaίτΊJς 61 γονάς, Τιτάνων 62 μάχψ, Διος γέννΊJσιν, ' Ρέας ά.πάτψ, λί.θ·ου ύπο­ βολ�ν, Κρόνου aεσμά 63, τον των τριων &aελφων κλ�ρον 64• [38 ] Ε!τα έζ�ς Γιγάντων 65 έπανάστασιν, πυρος κλοπ�ν, ά.ν-θ·ρώπων πλά.­ σιν, ΠρομΊJ-θ·έως κόλασιν 66, 'Έρωτος tσχόν έκατέρου 67, και μετιΧ ταuτα Δ�λου πλά.νψ και ΛΊ]τοuς 68 ώaϊνας και Πύ&ωνος 69 ά.ναίpεσιν και Τιτυοu 70 έπιβουλ�ν καt το μέσον τ�ς γ�ς εύρισκόμενον πτ�­ σει των ά.ετων 7 1 • [39 ] Δευκαλίωνα έπι τούτοις και την μεγάλψ 59 · Ε la ben nota Cleopatra, regina d'Egitto d> (vol. Ι, pp. rg6 sogg,). 67. Por i duo Eroti ο, latinamonto, Amori, i1 primigonio ο l'irrosistibilo figlio di Afrodito, si voda la nota Ι ! . 68. Nossuna terra osando sfid,aro la collora dolla golosa Era, la piccola isola orranto di Ortigia oso accoglioro Latona, cho ivi sul monto Cinto partorl Apollo ο Artomido, avuti da Zous. In promio di quosta accoglionza l'isola fu chiamata Dolo ( = la luconto) e fu saldamonto fissata al fondo con quattro colonno (cfr. Dial. mar., ro) . 69. Ι1 mostruoso sorponto Pitono, cl1o sominava i1 torroro noi dintorni di Dolfi dando nel contompo rosponsi oracola!'i ο cho, istigato da Era, avova terrorizzato Latona in corca di un luogo dove partoriω, fu uccίso da Apollo, che lo trafisso con lo suo frocco a tro giorni appona dalla nascita, poi, in suo οηοι·ο, istitul i giochi pitioi. 70. Ι1 giganto Titio insidio Latona in un bosco sacro vicino a Dolfi ton­ tando di violontarla. Ma fu subito abbattuto dallo frocco di Apollo ο di Arto­ mido. Zous, cho pur ora padro di τizio, approvo l'immodiata puniziono ο con­ danno Titio nol Tartaro a rostaro por sompro inchiodato al suolo, montro duo avvoltoi gli avrobboro mangiato i1 fogato. 7 r . Una piotra rotonda nol tompio di Apollo a Dolfi sognava por i Groci l'όμφαλός ( ombolico) , ossia i1 contro dolla torra : accanto alla piotra sta­ vano duo aquilo d'oro, in ricordo dollo duo aquilo cho Zous avova mandato in volo, una vorso orionto, l'altra vorso occidonto ο cho, avondo volato alla stossa volocita, si orano incontrato di nuovo a Dolfi, ο procisamonto nol punto, sognato poi con la piotra, cho risulto in tal modo ossero i1 contro dolla torra. =

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έπ' έκείνου τοu βίου ναυαγίαν καΙ. λάρνακα μίαν λείψανον τοu ά.ν&ρωπείου γένους φυλάττουσαν καΙ. έκ λί&ων &ν.�}ρώπους πά­ λLν 72, είτα 'Ιάκχου σπαραγμόν καΙ. 'Ήρας Μλον καΙ. Σεμέλης κατάφλεξLν καΙ. ΔLΟνόσου ά.μφοτέρας τιΧς γονιΧς 73 καΙ. 5σα περ1. Ά&ψ&ς καΙ. 5σα περ1. ' Ηφαίστου καΙ. 'ΕρLχ&ονίου καΙ. τ�ν �ρLν τ�ν περ1. τ�ς ΆττLκ�ς καΙ. Άλφρ6&Lον καΙ. τ�ν πρώτην έν 'Αρείcμ πάγcμ κρίσLν 74, καΙ. 5λως τ�ν 'ΑττLκ�ν π&σαν μυ&ολογίαν. [40] ' ΕξαL­ ρέτως aε τ�ν Δήμητρας πλάνψ καΙ. Κόρης εf5ρεσLν καΙ. Κελεοu ξε­ νίαν καΙ. ΤρLπτολέμου γεωργίαν 75 καΙ. 'Ικαρίου ά.μπελουργίαν καΙ. τ�ν 'ΗρLγ6νης συμφοράν 76, καΙ. 5σα περ1. Βορέου καΙ. 5σα περ1. 'ΩρεL&υίας 77 ΚCΧL Θησέως ΚCΧL Αiγέως 78 • �τL aε τ�ν Μηaείας όπο­ aοχΊjν καΙ. αδ&Lς ές Πέρσας φυγΊjν 79 καΙ. τιΧς 'Ερεχ-θ·έως -θ-υγατέρας 72. Ε i1 mito del diluvio universale, noto a tutte le antiche religioni, dal quale Zeus volle che scampassero, per la loro rettitudine, i soli Deucalione e Pirra, l'uno figlio di Prometeo, l'altra di Epimeteo. Fu Prometeo che sug­ gerl a Deucalione di costruire la grande arca ed Ermete che, quando ii di­ luvio cesso, ordino ai due superstiti di gettare alle loro spalle le ossa della madre. Deucalione capl e getto alle spalle delle pie·tre, le ossa della madre Terra ; da queste pietre nacquero i nuovi uomini, da quelle gettate da Pirra le nuove donne. 73 · Dio di origine oscura, ma connesso in un primo tempo col culto eleusino di Demetra e Persefone, Iacco fu in seguito identificato con Dioniso Zagreo, ritenuto la prima incarnazione di Dioniso. Fu Zag!'eo, infatti, figlio di Zeus e di Persefone, che, affidato dal padre ai Cureti cretesi perche lo ce­ lassero alla gelosa Era, fu scovato dai Titani e, pur assumendo forme diverse, fu fatto a brani e divorato dagli stessi τitani, quando si muto ίη toro. Atena s'impadronl del cuol'e e lo consegno a Zeus che, secondo alcuni, lo inghiottl, secondo altri lo immise in Semele, la figlia di Cadmo da lui amata, affinche il frutto di questo amore fosse la seconda incarnazione di Dioniso. L'inganno di Era, ancora una volta gelosa, ai danni di Semele provoco l'inceneι·imento di costei e la doppia nascita di Dioniso. La dea, infatti, suggerl alla donna incinta di chiedere a Zeus di venire una volta da lei in tutta la sua potenza e Zeus, che aveva promesso all'amante di esaudire ogni sua pregl1iera, dovette acconsentire pur sapendo che i suoi fulmini l'avrebbero bruciata. Ε poiche cosl accadde, egli fece estrarre il feto dal corpo di Semele e lo introdusse in una sua coscia « partorendolo >> dopo tre mesi. Fu cosl che Dioniso nacque due volte (cfr. Deor. dial., g) . 74 · Nel mito attico Atena e la dea eponima di Atene, che ne ebbe il nome dopo la contesa per la signoria sull'Attica fra la stessa Atena e Posidone, chiusasi con la sentenza degli altri dei in favore della dea della sapienza, che alla citta offriva l'olivo e le regole per coltivarlo ; Efesto fu padre con Gea, ο con Atena, di Erittonio, la cui infanzia fu comunque protetta da Atena che lo chiuse, appena nato, in nn cestello affidandolo alle tre figlie di Cecrope, re dell'Attica, punl queste ultiιne costringendole a gettarsi dall'Acropoli pazze di terrore, perche avevano osato aprire il cestello e avevano visto nn mostro mezzo bimbo e mezzo serpente, lo educo, poi, e lo guido fino a farne il successore di Cecrope. Alirrozio, figlio di Posidone, era stato ucciso da Ares per averne violentato la figlia Alcippe. Gli dei accusarono Ares di omicidio volontario e si riunirono peι· gindicarlo sun'Areopago, i1 colle di Atene, che divenne sede dell'omonimo celebre tribunale. Fu questo, che mando assolto Ares, il pl'imo giudizio che vi si tenne.

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della vita, l'unica arca che salvo i resti del genere umano e la rigenerazione degli uomini dalle pietre 72, poi lo sbranamento di Iacco, l'inganno di Era, l'incenerimento di Semele, le due nascite di Dioniso 73, tutti i fatti riguardanti Atena e quelli riguardanti Efesto ed Erittonio, la contesa per l'Attica, Alir­ rozio e i1 pήmo giudizio sull' Areopago 74, e insomma tutto l'insieme dei miti attici ; [40] in particolare, poi, le peregrina­ zioni di Demetra, il ritrovamento di Core, l'ospitalita di Celeo, il lavoro agricolo di Trittolemo 75, la vite coltivata da Icario e il triste caso di Erigone 76, tutte le vicende di Borea e di Orizia 77, di Teseo, di Egeo 78 ; e inoltre l'accoglimento di Medea, la nuova fuga di costei in Persia 79, le figlie di Eretteo, quelle 75· Demetia peregrino per nove giorni e nove notti senza riposo ne cibo alla ricerca della figlia Core, rapita da Ade. Il decimo giorno capito ad Eleusi e, senza essere Iiconosciuta, fu accolta benevolmente dal re Celeo e invitata a restare come nutrice di Demofonte, il figlioletto del re appena nato. Saputa da Elio (il Sole) la verita, decise di non risalire in cielo e di rendere sterile la terra, finche non le fosse stata restituita la figlia. Ma, avendo Core gustato una melagrana nel mondo dei morti e non potendo piu, pertanto, liberarsi per sempre dalla soggezione di Ade, Zeus, preoccupato per l'imminente dίstiu­ zione del genere umano ormai ridotto alla fame, ottenne per i bιιoni uffici di Rea, madre sua propria, di Demetra e di Ade, che Core restasse ogni anno tre mesi con Ade e altri nove (ί mesi delle stagioni fruttifere) con la madre. Demetra, per ricompensare Celeo, inizio lui ai suoi misteri e al figlio di lui primogenito, Trittolemo, diede i semi del grano, un aratro di legno e un cocchio trainato da due serpenti con il compito di insegnare agli uomini la coltivazione del graηo. 76. Icario, ateniese del tempo del re Pandione, figlio e successore di Erittonio, avendo ospitato Dioniso, ne ebbe in compenso l'insegnamento della coltivazione della vite e un otre di vino, che distribul fra i pastori suoi vicini. Senonche costoro, quando si sentirono ubriachi, sospettarono di essere stati avvelenati e uccisero a bastonate Icario seppellendone il corpo sotto un pino. Lo ricerco la figlia Erigone e quando, grazie ai guaiti della cagna Mera, ne scoperse i1 cadavere, si impicco a quel medesimo pino. 77 · Borea, impetuoso come i1 vento del nord che personifica, non riuscendo ad ottenere da Eretteo, re di Atene, la mano della figlia Orizia, rapl la fan­ ciulla mentre danzava con la madre Prassitea in riva all'Ilisso, la trasporto sulla vetta di un monte e qιιi, avvolto da un manto di nubi, le uso violenza. Secondo un'altra versione del mito, la condusse iu Tracia, sua climora prefe­ ι·ita e qui la fece sua moglie. Figli cli Borea e di Orizia furono gli alati gemelli Calai e Zete, noti soprattutto per aver partecipato alla spedizione degli Argonauti. 78. Egeo, padre di Teseo, che gli nacqιιe a Trezene da Etra, e ricordato insieme col figlio soprattutto per l'equivoco che ne caιιso la morte. Reduce vittorίoso da Creta, dove aveva ucciso il Minotauro, Teseo dimentico di so­ stituire le vele nere, segno di lutto, con le bianche che aveva convenuto col padre di innalzare, se fosse tornato vincitore. Egeo credette cosl che il figlio fosse morto e si getto in mare, in quel mare clιe da lui prese il nome. 79 · Del mito di Medea e qιιi accennato il punto nel quale esso si riallaccia con quello di Egeo. Fu questi, infatti, che accolse l'eroina in Atene facendola sua sposa, quando fuggl da Cω·into dopo aver ιιcciso i proprii figli per vendi-

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καl τΟις Πανaιονος, 11 τε έν Θp�κη �πα&ον καl �πpαξαν 80 • ε!τα ό 'Ακάμας καl � Φυλλlς 81 καl � πpοτέpα aε τΥjς ' Ελένης άpπαγ� κοιl ή στpατεια των Διοσκοupων έπl τ�ν π6λtν 82 καl το ' Ιππολuτου πάS·ος 83 καl ' Η pακλειaων κάS οaος 84 • ΆττικΟι γΟιp καl ταuτα ε1κ6τως &ν νομ(ζοιτο. Ταuτοι μeν τΟι ΆS·ηνα(ων όλ(γα πάνυ aείγματος �νεκα έκ πολλων των παpοιλελεtμμένων aιΥjλ&ον. [4Ι ] ΈξΥjς aε Μέγαρα καl ΝΊ:σος καl Σκuλλα καl ποpφυpοuς πλόκαμος κα.l Μι­ νωος π6pος καl πεpl τ�ν εόεpγέτιν ά.χαptστ(α 85 • ο!ς έξΥjς δ KtS·oιtpcbν caι-si di Giasone. Ma anche da Atene Medea dovette fuggire, avenι1o tentato di avvelenare Teseo, quando si reco per la prima volta ad Atene, per farsi riconoscere dal padre. L'eliminazione di Teseo avrebbe dovuto assicurare a Medo, il figlio da lei generato con Egeo, la successione al trono. In questa sua seconda fuga porto con se il figlio e ottenne da Egeo una scorta ; che abbia avuto come meta la Persia non sappiamo da altre fonti, ma e possibile che tale versione del mito sia nata da quella, ben nota, che Medo con l'aiuto della madre avrebbe in Colchide restituito ad Eeta il regno usurpatogli dal fratello Perse e l'avrebbe poi ampliato conquistando la Media, che, pur geografica­ mente diversa, gia per i Greci antichi indicava anche la Persia. So. Essendo Pandione padre di Eretteo, cominceremo da quel « che su­ birono e che fecero in Tracia » le Pandionidi. Ottenuto da Tereo, re di Tracia, l'appoggio in una controversia tenitoriale col tebano Labdaco, Pandione, re di Atene (cfr. nota 76), gli diede per compenso la figlia Procne in isposa. Un anno dopo Tereo, che si era innamorato di Filomela, sorella minore di Procne, inganno Pandione con la falsa notizia della morte della moglie indu­ cendolo a inviargli Filomela e la violento prima ancora di sposarla, dopo essersi preoccupato di tagliar la lingua a Procne e di rinchiuderla nell'apparta� mento degli schiavi. Costei tuttavia, mediante il ricamo di alcune parole sul ιnanto nuziale che si tesseva per Filomcla, riuscl a informare la sorella del­ l'accaduto. Filomela libero Procne e questa, ucciso Iti, il figlioletto avuto da Tereo, gliene fece servire a tavola le carni. Quando si rese conto dell'atroce vendetta, Tereo, armato di una scure, insegu1 le due sorelle per farne scempio, ma gli dei impietositi mutarono Procne in rondine, Filomela in usignolo, Tereo in upupa. Pandione mor1 di dolore. Eretteo, il figlio che gli successe, durante la guerra che sostenne contro gli Eleusini, guidati da Eumolpo, figlio di Posidone, sacerdote dei loro misteri e re di Tracia, seppe dall'oracolo delfico che avrebbe potuto vincere, solo se avesse sacήficato la piu giovane delle sue sette figlie. Ozionia - questo era il suo nome - venne sacrificata, ma ai piedi di quello stesso altare si uccisero due altre sorelle di lei, Pandoι-a e PlΌtogonia, che avevano fatto il voto di uccidersi, se una delle sette fosse morta di morte violenta. Eretteo riuscl vittorioso e uccise personalmente Eumolpo, ma Po­ sidone ottenne da Zeus che i1 figlio fosse vendicato ed Eretteo fu incenerito da un fulmine. Delle altre sue figlie, oltre Oήzia, per cui si veda la nota 77, ricorderemo ancora Creusa, la quale, gia sposa di Xuto, profugo dalla Tes­ saglia, ebbe da Apollo Ione che, dopo le fortunose vicende dι·ammatizzate da Euripide nell'omonima tragedia, succedette ad Eretteo sul trono di Atene. Sr. Fillide, figlia di Filleo, re della Tracia, si innaιnoro perdutamente di Acamante, figlio di Teseo, clιe, partito per la guerra di Troia, aveva fatto sosta in Tracia. Non resistendo alla lunga attesa e convinta clιe egli avesse tradito i1 giuramento - e dubbio se il ritardo fosse dovuto, conclusasi gia la guena, a un incidente di viaggip ο al deliberato ritorno di Acamante ad Atene, dove divenne re -, si impicco ο, secondo altri, ιnol'l di dolore. Si noti che nella maggior parte delle fonti, come ad esempio in Ovidio (Heroides, Π), il nome

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di Pandione e le cose che subirono e che fecero in Tracia 80 ; poi Acamante e Fillide 81, i1 primo dei due rapimenti di Elena e la spedizione dei Dioscuri contro la citta 82, la :fine sciagurata di Ippolito 83 e i1 ritorno degli Eι-aclidi 84 ; anche queste infatti potrebbero essere considerate a buon diritto storie attiche. Ε queste degli Ateniesi, cl1e ho scorso a titolo indicativo, sono pochissime fra le molte che ho tralasciato. [4r] Ma citero ancora, nell'ordine, Megara, Niso, Scilla, i1 ricciolo purpureo, l'accorgimento di Minosse e la sua ingratitudine verso la bene­ fattrice 85 ; di seguito i1 Citerone, le sventure dei Tebani e dei di Acamante e sostituito da quello di Demofonte, altro figlio di Teseo e di Fedra. 82. Elena fu rapita una prima volta all'eta di dodici anni da Teseo, gia cinquantenne, impegnato iusieme col lapita Piritoo nell'impresa di procurare per moglie a ciascuno dei due una figlia di Zeus. Toccata in sorte a Teseo, la fanciulla, non ancora in eta da marito, fu da Iui condotta nel vίllaggio attico di Afidna e affidata alle cure della propria madre Etra. Mentre Teseo seguiva Piritoo nella folle gesta di forzare 1'Ade e rapire Persefone, i Dioscuri, fratelli di Elena, piombarono con un esercito in Attica e, saputo da Academo ο, secondo altri, dagli abitanti di Decelea, dove si trovava Elena, la liberarono, dopo aver distrutto Afidna. La " spedizione contro Ia citta », ossia contro Atene, si sarebbe conclusa disastrosamente per i concittadini di Teseo, se Me­ nesteo, momentaneamente sul trono ateniese, non avesse accolto in citta i Dioscuri come benefattori senza opporre Ia minima resistenza. 83. Per le circostanze della " fine sciagurata » di Ippolito, nella quale cul­ nιina l'omonima tragedia di Euripide, si veda sopra 1a nota 2. 84. Il ritorno degli Eraclidi, figli c discendenti di Eracle, nel Peloponneso, Ioro terra d'origine (Anfitrione, ufficialmente padre di Eracle, era figlio di Alceo, re di Tirinto) e qui citato - come avverte subito dopo lo stesso Lu­ ciano - peι· gli episodii di esso che riguardano 1'Attica. Fu Teseo, infatti, ο il figlio di 1ui Demofonte, che 11 accolse e non cedette, come invece aveva ce­ duto Ceice, re di Trachis, all'intimazione da parte di Euristeo di consegnar­ glieli. Atene sostenne gli Eraclidi anche nella guerra che ne nacque, la vinse e Illo, figlio di Eracle, pote uccidere Euristeo. La vittoria, peraltro, fu resa possibile dal nobile sacrificio di Macaria, l'unica figlia di Eracle, che si imιnolo secondo la predizione di un oracolo. Questo episodio e il nucleo tragico degli " Eι·aclidi » di Euripide. Trascorso un anno da un primo ritorno nel Pelo­ ponneso, guidato da Illo, gli Eraclidi, atterriti da una tremenda pestilenza, ripresero la via dell'Attica ritirandosi nella pianura di Maratona. Il ritorno defiιιitivo riusc!. soltanto alla quarta generazione. 85. Megara e la citta sul golfo di Salamina, sulla quale regnava Niso, fratello di Egeo, quando 1a cinse d'assedio Minosse, re di Creta, che intendeva aprirsi cos!. la via per Atene, obiettivo della sua spedizione, condotta per pu­ nire Egeo, che gli aveva fatto uccid,ere il figlio Androgeo. Durante l'assedio Scilla, figlia di Niso, si innamoro di Minosse e, per avere il suo amore, taglio al padre, mentre dormiva, il ricciolo purpureo (ο d'oro), al quale era legata la sua vita, e usc!. di nascosto dalla citta offrendo al re cretese i1 ricciolo del padre e le chiavi di Megara in cambio della promessa che l'avrebbe sposata. Minosse accetto, ma senza la minima intenzione, inorridito com'era del fatto, di tener fede alla sua parola. Ε qui probabilmente s'inseι·isce 1'« accorgimento di Minosse », di cui par1a qui Luciano e che non trova riscontro nelle altι-e

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καt τ πέν-θ·ει σιγΊj 88 καt τ>, quello di Odisseo. ros. Le peregrinazioni e la sorte di Enea dopo la celebre fuga da Troia col padre Anchise sιιlle spalle sono state variamente raccontate dai Greci, poi piu tardi utilizzate dai Romani - prima fonte e Nevio - allo scopo di colle­ gaι·e le loro oscure origini con un eroe cantato da Omero. Anche l'incontro di Enea con Didone, la fondatrice di Cartagine, immortalato nel canto IV del­ l'Eneide virgiliana, compare per la prima volta nel Bellum Poenicum. Lu­ ciano - notiamolo - accenna a questo episodio di tradizione recente, ma non fa parola di fatti che stabiliscano un rapporto fra Enea e le origini romane . ro6. Ι fatti drammatici riguardanti Oreste, sempre legati al dopoguerra troiano e quindi > a quelli citati precedentemente, seguono il matricidio, di cui si e detto nella nota 97, e si riallacciano alla sιιa assoluzione decretata dal tribunale dell'Areopago. Non tutte le Erinni si erano lasciate placare da Atena, per cui Oreste chiese a Delfi cωne avrebbe potuto liberarsi una volta per sempre dalle sue persecutrici. Gli fu risposto che avrebbe dovuto impadronirsi della statua di legno di Artemide, che si conservava nel Cher­ soneso tracico (l'odierna Crimea) . Ι rischi corsi da Oreste, e dall'inseparabile Pilade, in questo paese per trafugare la statua (argomento dell'« Ifigenia taurica >> di Euripide) sono quelle che Luciano definisce > di Mosco (π sec. a. C.), il grazioso epillio tradotto dal Leopardi. Ι Ι 6. Dei dιιe tori cretesi il pήmo e il bellissimo animale bianco, col quale, facendolo uscire dal rnare, Posidone sanziono il diritto affermato da Minosse di regnare in Creta alla morte del padre adottivo Asterione. Senonche Minosse sacrifico a Posidone, per ringraziarlo, non il bel toro mandato dal dio, come aveva promesso invocandolo, ma un capo qualunque del suo gregge. Posi­ done, irato, fece che Pasifae, la moglie di Minosse, si innamorasse di qιιel toro. Dal mostruoso accoppiamento, reso possibile dalle arti di Dedalo, nacque ί1 Minotauro (il secondo toro), che di taιιrino propriamente aveva soltanto la testa. Vergognandosi di ιιη simile essere, Minosse ίece costruire dall'inge­ gnoso Dedalo l'intricatissimo Labirinto, il palazzo dal quale non si poteva uscire. Ι Ι 7. Arianna, figlia di Minosse, innamoratasi di Teseo (cίr. nota 78), quando qιιesti accompagno a Creta i ίanciulli e le ίanciulle ateniesi da offrire in pasto al Minotauro - il tributo di sangue era stato imposto da Minosse per vendicare l'uccisione di Androgeo (cίr. nota 85) -, lo aiuto nel suo propo­ sito di uccidere il mostro dandogli i1 ίamoso filo che, legato all'ingresso del Labirinto, avrebbe permesso all'eroe di uscirne dopo aver compiιιto l'iιnpresa. Teseo, ucciso il Minotauro, riuscl a ίuggire da Creta e condusse con se Arianna ;

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Γλα.ϊ)κον, τ�ν Πολυ·t�ου μαντικ�ν ns, τον Τάλω, τον χαλκοuν τ�ς Κρ�τ'f)ς πεp(πολον 119 • [50] Κ&ν είς Α1τωλ(αν μετέλθ·ης, κ&κε� πολλΓί. � 1Spχ'f)σις καταλαμβάνει, τ�ν Άλ&αtαν, τον Μελέαγρον, τ�ν 'Αταλάντψ τον �αλ6ν 120' ΚΙΧ l ποταμο\1 καl Ηρακλέους πά­ ' λψ 121 καl Σειρ�νων γένεσιν 122 καl 'Εχινά�ων &νά�οσιν 123 καl μετα τ�ν μαν(αν Άλκμέωνος ο�κ'f)σιν 124 • ε!τα Νέσσον καl Δ'f)ϊα­ νε(ρας ζ'f)λοτυπ(αν, eφ ' � τ�ν έν Ο�τη πυράν 125 • [5Ι] 'Έχει καl c

l'abbandono, pitι tardi, nell'isola di Nasso, dove la raggiunse Dioniso, che la porto sull'Olimpo e, fattala sua sposa, ottenne per !ei da Zeus l'inllnorta!ita. Per Fedra, altra figlia di Minosse, si veda la nota 2 . π8. Dedalo, il ce!ebre costruttore e inventore ateniese (cfι· . nota π6), rincl1iuso egli stesso nel Labirinto con i1 figlio Icaro da Minosse, che meno di ogni altι·a cosa gli poteva perdonare l'aiuto prestato a Pasifae, riuscl a fuggire fabbricando per se e per i1 fig!io delle grandi a!i. Ma Icaro, disubbi­ dendo ai suoi avvertimenti, volo troppo in alto e, scioltasi la cera che teneva insieme le a!i, cadde nel mar Egeo. Deda!o raggiunse la Sici!ia, dove, alla corte del re Coca!o, Minosse riuscl con un trucco a scoprirne la presenza, ma a costo della vita, perche morl - e parve accidentalmente - facendo il bagno. G!auco, figlio di Minosse - che si tratti di questo Glauco, e non del G!auco fig!io di Antedone, ο di Posidone, confuso spesso con lui, e provato dalla sua citazione qui, nella >. Infatti, quando Giasone ventenne si presento, a Iolco, alla corte dell'usurpatore Pelia, per affermare i suoi di­ ι·itti al trono - era figlio di Esone, fratellastro di Pelia e sovι·ano legittimo della citta -, il re non contesto quei diritti promettendo al giovane che il regno sarebbe stato suo, se avesse riportato in patria il vello d'oro dell'ariete, sul quale Frisso era fuggito in Colchide (cfr. nota 94). Pelia pensava di sbarazzarsi cosl del nipote. 130. Alcesti, la piU. bella e piq, delle quattro figlie di Pelia, e nota soprat­ tutto peι· due episodii. Ancora fanciulla non volle aiutare le sorelle, quando queste, seguendo la perfida prescrizione di Medea, uccisero il padre e ne getta­ rono le meιnbra nell'acqua bollente, ceι·te di ridaι·gli cosl la giovinezza. Spo­ satasi, poi, con Admeto, re di Fere in Tessaglia e fratello di Esone, al quale Apollo aveva ottenuto una proroga della vita, se nel giorno fatale qualcuno della famiglia fosse stato disposto a moι·ire per lui, ella sola, venuto quel giorno, lo salvo sacrificando se stessa. Eracle, secondo la versione dell'« Alcesti >> euri­ pidea, ospite in quel momento dί Admeto, ebbe pieta dell'eroica sposa e lot­ tando con Tanato (la Morte) la restitu1 alla vίta. Secondo altri fu la stessa Persefone clιe, disapprovando lo scaιnbio, rimando AJcesti fra i vivi. r 3r . Quelli che Luciano chiama « i cinquanta giovani » sono i cinquanta (ma altre fonti parlano anche di cinquantacinque) eroi che, imbarcatisi sulla nave « Argo », seguirono Giasone in Colchide e fuιΌno chiamati Argonauti. Ne citeremo alcuni fra i piU. noti : Eracle, Oι·feo, Castore e Polluce, Calai e Zete, Anfiarao, Laerte, Peleo, Argo, il costruttore della nave, Tifi, il pilota, Meleagro e, unica donna, Atalanta. Il curioso paι·ticolare della chiglia par1ante dell'« Αι·gο >> ha buon rilievo nelle « Argonauticlιe >> di Apollonio Rodio (IV,

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futuro danzatore, Orfeo, il suo sbranamento, la sua testa par­ lante alla deriva in mare sulla lira 126• Emo e Rodope 127, la punizione di Licurgo 128 • [52] La Tessaglia ne ha ancora di piu, Pelia, Giasone 129, Alcesti 130, la spedizione dei cinquanta giovani, la « Argo '' e la sua chiglia parlante 131, [53] i fatti di Lemno 132, Eeta, il sogno di Medea, lo sbranamento di Ap­ sirto, le cose che accaddero durante la traversata 133 e, dopo 5 80 segg.) , il quale narra che il legno della quercia oracolare di Dodona, in­ serito da Atena nella chiglia della nave, assunse improvvisamente voce umana per proibire a Giasone e a Medea di imbarcarsi dopo la feroce uccisione di Apsirto, il fratellastιΌ di Medea (cfr. Gall., 2 e nota 3) . 132. L'isola di Lemno fu la prima tappa degli Argonauti, che s'intrat­ tennero a lungo con le donne del luogo, le quali, offese dai loro mariti, ave­ vano ucciso tutti gli uomini, giovani e vecchi. Solo lpsipile, fιglia del re Toante, fece fuggire il padre su una barca. Con lei si accompagno Giasone in quel periodo e da lei ebbe Euneo, i1 futuro re di Lemno. Quando gli Argo­ nauti lasciarono Lemno, Ipsipile, per essere venuta meno al patto con le altι·e donne salvando il padre, fυ venduta schiava a Licurgo, re di Nemea (cfr. nota 99) . Ι33· Questo ιι sogno di Medea >> non appartiene alla tradizione piu antica del mito. Si e pensato al sogno descritto da Apollonio Rodio (rπ sec. a. C.) nelle sue ιι Argonautiche >> (111, vv. 6r6-632) , culminante nella contesa fra i genitori di Medea e Giasone, risolta da lei in favore di Giasone, e interrotto nel vivo della protesta di quelli. Ma l'esistenza quasi costante in questo cata­ logo mitologico di un nesso fra un nome e l'altro, ci fa pensare qui, precedendo immediatamente il nome di Eeta, figlio del Sole e padre di Medea, al sogno attribuito all'eroina da Valeήo Flacco, il poeta latino del Ι secolo d.C. (Ar­ gonautica, ν, vv. 333-340), nel quale fra lei, che gli va incontro, e il padre s'interpone ergendosi altissimo il mare. Prima che il sogno si dissolva, Medea si vede nell'atto di uccidere i proprii figli. Quali siano state le circostanze dell'uccisione del fratellastro Apsirto da parte di Medea (cfr. nota Ι3Ι) non e ήferito concordemente dalle fonti. Comunque, sia stato gia il giovinetto nelle mani di Medea e sia stato ucciso da lei medesima, ο sia stato da lei attirato in un tranello e ucciso da Giasone alle foci del Danubio, ι·esta certo che Medea, per ritardare l'inseguimento dei suoi connazionali, ne fece a pezzi il corpo. ιι Le cose che accaddero dιιrante la traversata >> (degli Argonauti) e espressione assai vaga, che non chiarisce, innanzitutto, se si tratta del viaggio di andata ο di quello di ritorno. Avendo Luciano parlato siιbito prima del­ l'uccisione di Apsirto, si dovrebbe pensare al viaggio di ritorno, ma, come si sara notato, il nostro Α. inverte spesso, nell'ambito di un mito, l'ordine degli avvenimenti accennati, per cui e verosimile che egli abbia inteso, invece, il viaggio di andata, tanto piiι che gli episodii di quest'ultimo, essendo piu noti e cantati da molti poeti, meno degli altri avrebbero dovuto essere ignorati dai danzatori-mimi. Ne daremo un brevissimo cenno. La prima avventura e lo sbarco a Lemno, per il quale si veda la nota Ι 32 ; segue la generosa acco­ glienza degli Argonauti, passati nella Propontide (oggi Mar di Marmara), da parte del re Cizico, eponimo della citta, ucciso poi per errore dagli Argo­ nauti stessi, respinti nottetempo dalla tempesta in altro punto della penisola e scambiati clal re per pirati. 11 dolore di Eracle per la scomparsa del diletto lla, rapito dalle ninfe di una fonte in Misia, e i1 duro scontro di pugilato fra Polluce ed Amico, re dei Bebrici, terminato con la morte di qυest'nltiιno, sono noti anche per essere l'argomento di due epillii teocι·itei. Notevoli ancora 1' episodio dell'indovino Fineo, re di Salmidesso (nella Tracia bagnata dal

ΠΕΡΙ ΟΡΧΗΣΕΩΣ

λαον καt την Λαοaάμειαν J34• [54] Κ&ν εtς την Άσίαν πάλιν 3ια­ β?jς, πολλα κά.κε� 3ράματα· ή yιΧρ Σάμος εύ-θ·uς καt το Πολυκpά­ τους πά&ος καt τΎjς &υyατρος αύτοu μέχρι Περσών πλάνη 135, καl τα l!,τι ά.ρχαι6τερα, ή τοu Ταντάλου φλυαρία καt ή παρ ' αύτ()> -θ·εών έστίασις καt ή Πέλοπας κρεουρyία καt δ έλεφάντινος ώμος αύτοu 136• [55 ] Καt έν 'ΙταλίΟf aε δ Ήρι3ανος καt Φαέ&ων καt α'Cyεφοι ά.3ελ­ φαt &ρηνοuσαι καt ηλεκτρον 3ακρύουσαι 137• [56] Ε'Cσεται aε δ τοιοuτος καt τιΧς Έσπερί3ας καt τον φρουρον τΎjς χρυσΎjς όπώρας 3ράκοντα 138 καt τον 'Άτλαντας μ6χ&ον καt τον Γηρυ6νην καt την έξ Έρυ&είας /f,λασιν τών βοών 139• [57] Ούκ ά.yνοήσει aε καt τιΧς μυ&ικιΧς μεταμορφώσεις &πάσας, δσοι εtς 3έν3ρα � &ηρία � δρνεα I I \ καtνεα ' > yυναικων Ν υ.νσρες "",1λλαyησαν l( '1> I λεyω και\ !!uσαι εκ εyενοντο, τον καt τον Τεφεσίαν καt τοuς τοιούτους 140• [58] Καt έν Φοινίκη aε Ponto) , liberato dalle Aιopie ad opera di Calai e Zete (cfro nota 77), e, infine, il passaggio delle rocce Simplegadi, che stritolavano le navi nella loro morsa, riuscito grazie alle predizioni di Fineo e all'aiuto di Atenao Ι34ο Ι1 tessalo Protesilao, figlio di Ificlo, fu il primo della flotta greca a sbarcare in terra troiana, ma anche il primo, secondo un oracolo temuto da tutti, a cadereo Egli e, tuttavia, pitι noto per il suo dramma coniugale, essendo stato strappato dalla guerra a Laodamia, che aveva appena sposatao Costei, quando apprese la luttuosa notizia, prego gli dei che le restituissero il marito per sole tre ore; Zeus acconsentl e Protesilao torno sulla terra a dar vita alla statua di cera con i suoi tratti, che s'era fatta faιoe la sposao Ma quando scadde il breve tempo concesso, Laodamia segul il marito uccidendosi. Luciano invece immagina (Morto dialo, 23) che Protesilao ottenga egli stesso da Ade l'inconsueta « licenza »ο Ι35ο Policrate, il potente e crudele tiranno che governo l'isola di Samo dal 540 circa ao Co al 522 ao Co, fu spietatamente ucciso dal satrapo Orete di Magnesia sul Meandro, che lo aveva invitato allettandolo con promesse di doni e di amiciziao La fine era stata prevista - secondo il ben noto racconto erodoteo - dal faraone Amasi, quando il mare restitul a Policrate l'anello, di cui volontariamente si era pήvatoo Nulla sappiamo dalle fonti storiche di un viaggio in Persia della figlia del tiranno : di lei Erodoto (ΠΙ, r24) ri­ corda soltanto un sogno premonitore della morte del padreo Ma, se pensiamo alle vicende romanzesche intessute con scarso ossequio per la verita da tanta storiografia ellenistica nella tιoama costituita dai grandi eventi ο dalle grandi figure del passato, e facile immaginare come sia giunta a Luciano una notizia simile e altrettanto facile giustificarne la presenza in questo repertorio di fatti mitologici. Ι36ο Figlio di Zeus (ο di Oceano ο di Tmolo) e re della Lidia (ο della Fήgia) , poi della Paflagonia, Tantalo, che godeva di grande favoιoe presso gli dei e spesso partecipava ai loro banchetti, proprio per la sua loquacita si rese colpevole nei loro confronti svelando i segreti celesti. Ma fece di peggio : quando a sua volta offerse a casa sua un convito agli dei, per ιuettere alla prova la loro onniscienza, servl in tavola le carni del figlio Pelope (cfrο note 97 e π ο) ο Soltanto Demetra, distratta dal dolore per la perdita di Persefone (cfι0o nota 75) , non avvertl l'inganno e mangio la spalla sinistra di Pelope, che ella stessa poi sostitul con una d'avorio, quando Zeus volle che si ricom­ ponesse il cοφο di Pelope e gli si ridesse vitao Tantalo fu punito col ben noto supplizio nell'Adeo ·

di cιο, Protesilao e Laodaιnia 134• [54] Se ripasseraι ιη Asia, molti anche la sono i drammi, Samo, per pήma, e il caso scia­ gurato di Policrate e il viaggio della figlia fino in Persia 135, e gli altri piu antichi ancora, la loquacita di Tantalo, i1 convito che offerse agli dei in casa sua, il taglio delle carni di Pelope e la sua spalla d'avoήo 136• [55] In Italia ci sono l'Eridano, Fetonte e le sorelle divenute pioppi, addolorate e piangenti lacrime di ambra 137. [56] 11 danzatore, di cui parlo, cono­ scera anche le Esperidi, i1 drago custode dei frutti d'oro 138, la fatica di Atlante, Gerione e l'allontanamento dei bιιοi da Eritia 139• [57] Non ignorera, poi, nessuna delle metamorfosi mitiche, ne quanti furono mutati in albeή ο fiere ο uccelli, ne quante diventarono uomini da donne che erano, intendo dire Ceneo, Tiresia e altri come loro 140. [58] Conoscera anche, 1 37. Fetonte, figlio di Elio (il Sole) e di Climene (ο Roda), ottenuto dal padre il carro del sole, non riuscl a guidarne i focosi cavalli lungo i1 giusto percorso provocando gravissimi danni in cielo e in terra. Quando Zeus, peι· evitare una catastrofe, lo abbatte con un fulmine, il giovinetto cadde nel· l'Eridano (l'odierno Ρο) e le sorelle Eliadi, che lo piansero disperatamente, furono trasformate in pioppi e le loro lacrime divennero gocce d'ambra (cfr. Deor. dial., 25). 138. Alle Esperidi, figlie di Atlante, nel cui dominio montano si trovava il giardino di Era col melo dai fruttι d'oro, era stata affidata dalla dea la cu­ stodia dell'albero, che le aveva donato Gea per le sue nozze con Zeus. Era tuttavia ebbe ragione di non fidarsi troppo delle tre (ο pitι) ninfe e finl per inviare, guardia incorruttibile e instancabile, il drago Ladone. 1 39. La fatica di Atlante, i1 τitano figlio di Giapeto, e quella cui fu con­ dannato da Zeus per aver combattuto (ο guidato) la guerra fra i 'Γitani e i figli di Cl'Ono (cfr. nota 62), la fatioa cioe di sorreggere esternamente la volta oeleste. Ma qui e ricordata subito dopo l'accenno alle Esperidi e prima del­ l'accenno alla decima fatica di Eracle, propι-io per aver egli collaborato alla ι·iuscita dell'undicesima fatica dell'eroe, che consistette appunto nell'impadro­ nirsi di alcuni dei pomi d'oro del giardino di Era. Atlante, infatti, dopocM Eracle ebbe ucciso con una freccia il drago Ladone, colse tre mele d'oro, e pote farlo, perche lo stesso Eracle sostenne lui sulle spalle in quel frattempo la mole del cielo. Era, addolorata, trasforιno nella costellazione del Serpente il fedele Ladone. Ma, prima dei frutti d'oro, Eracle aveva dovuto portare ad Euristeo il magnifico bestiame di Gerione. Era costιιi un mostro con tre teste e tre corpi che si congiungevano alla cintola ; la sua dimora era l'isola di Eritla, ohe, s'identifichi ο no con l'isola sulla quale sorge Cadice, certo si trovava nel­ l'Oceano al di la delle cosiddette " colonne di Ercole >>, poste dall'eroe proprio nel corso di questa fatica. Eracle uccise il pastore e il cane, che custodivano il bestiame, e, infine, lo stesso Gerione; ροί, fra mille difficolta ed insidie, spinse i buoi fino in Grecia. 140. Amata da Posidone, la ninfa Cenide chiese al dio di trasformarla in un guerriero invulnerabile, e il dio acconsentl. Diventata Ceneo, ottenne numerose vittorie per i Lapiti, partecipo alla spedizione degli Argonauti (cfr. note 1 3 1 e 1 33) e alla caccia del cinghiale calidonio (cfr. nota 120), ma nella zuffa fΓa i Lapiti e i Centauri (cfr. nota Ι Ι 2) Ceneo, che non poteva essere ferito, soffoco sotto un mucchio di tronchi d'albero accatastati su di lui dai 13, LUCIANO, Il,

ΠΕΡΙ ΟΡΧΗΣΕΩΣ

Μόρρα:ν καt το Άσσόριον έκε'Lνο πέν3·ος μεριζ6μενον 141, κα:t τα:uτα: ε'ίσετα:ι, κα:t τιΧ νεώτερα: δe ΙSσα: μετιΧ τ�ν Μα:κεaόνων &ρχ�ν έτολμ�3·'1) ύπ6 τε Άντιπά:τpοu κα:t Σελεόκοu έπt τίj} Στρα:τονίκ'Υ)ς �ρωτι 142• [59] ΤιΧ γιΧρ Α!γuπτίων μuστικώτερα: /Sντα: ε'ίσετα:ι μέν, σuμβολι­ κώτερον aε έπιδείξετα:ι, τον "Επα:φον λέγω κα:t τον "Οσιριν κα:t τιΖς των &εων είς τιΧ ζίj)α: μετα:βολάς 143 • προ πάντων aε τιΧ περt τοuς �ρωτα:ς α:uτων κα:t α:uτοu το\.\ Διος κα:t είς ΙSσα: έα:uτον μετεσκεόα:σεν. [6ο] Εrσετα:ι aε κα:t τ�ν έν 'Άιaοu &πα:σα:ν τρα:γιμaία:ν κα:t τιΖς κολάσεις καt τιΖς έφ ' έκάστη αίτίας καt τ�ν Πειpί&οu κα:t Θ'Υ)σέως &χρι το\.\ ''Αιδοu έταιpεία:ν 144 • [6r ] Σuνελ6ντι aε είπε'Lν, ouaeν των ύπο το\.\ Όμ�pοu κα:t Ήσι6aοu κα:t των &ρίστων ποιψων κα:t μά­ λιστα: τ�ς τρα:γιμaία:ς λεγομένων άγνο�σει. Τα:uτα πάνu ολίγα: έκ πολλων, μιΧλλον aε άπείρων το πλ�3·ος έξελών τιΖ κεφα:λα:ιωaέστεpα: κατέλεξα:, τιΖ &λλα: το'Lς τε ποιψα:'Lς άφεtς �aειν κα:t το'Lς ορχ'Υ)στα:ϊς α:uτοϊς aεικνόνα:ι κα:t σοt πpοσεξεuρίσκειν κα:& ' όμοι6τ'Υ)τα: των προει­ ρ'Υ)μένων, &περ &πα:ντα: πρόχειρα: κα:t προς τον κα:ιρον �κα:στον τίj) οpχ'Υ)στ'{j προπεπορισμένα: κα:t προτετα:μιεuμένα: κε'Lσ&α:ι άνα:γκα:'Lον. [62] Έπεt ae μιμψικ6ς έστι κα:t κιν�μα:σι τιΖ �Μμενα: aείξειν ύπισχνε'Lται, άναγκα:'Lον αuτίj) ISπεp κα:t το'Lς p�τορσι, σα:φ�νειαν άσκε'Lν, ώς �κα:στον των aεικνuμένων ύπ' α:uτο\.\ a'Υ)λοuσ&α:ι μ'Υ)aενος tξ'Υ)γψοu δε6μενον, άλλ' ΙSπερ �φ'Υ) δ Πu3·ικος χpφμ6ς, aε'L τον Centauri. Tiresia, il celebre indovino tebano, divenne donna, quando uccise col suo bastone la femmina di due serpenti, che aveva veduto un istante prima accoppiarsi; ridivento uon1o sette anni piu tardi, quando, ripetutasi la stessa situazione nello stesso luogo, uccise col bastone il serpente maschio. Su questa doppia vita di Tiresia Luciano ha impostato un dialogo (Mσrt . dial., 28). Ceneo e Tiresia sono nominati insieme anche in Somnium seu Gallus, rg. r4r. Mirra (ο Smirna), figlia di Cinira, re di Cipro, era stata esaltata dallq. madre come piu bella di Afrodite; la dea si vendico facendola innamorare del padre. Soddisfq.tto il suo amore una notte, mentre questi era ubriaco, Mirra resto incinta di lui. Quando seppe, Cinira la insegul e le vibro con la spada un gran colpo, che pero taglio in due la pianta di mirra, nella quale la stessa Afrodite l'aveva mutata. Il neonato che c'era dentro era Adone, il futuro amante della dea, che finl azzannato da un cinghiale scatenatogli contro dal geloso Aι·es. La precedente allusione a Mirra, madre di Adone, fa pensare del seguente « lutto siro diviso in parti » che si tratti del lutto che si celebrava ritualmente per ognuna delle parti, ia dove si trovava, nelle quali era stato tagliato il corpo dell'egizio Osiride (cfr. nota r43) dal fratello Set (per il capo, pianto a Biblo in Fenicia, si veda di Luciano De Syria dea, 7) : Osiride, infatti, veniva identificato con Adone. Ι42. Si tratta di Antipatι·o, i1 maggiore dei figli di Cassandro cl1e portava il nome del grande nonno. L'azione da lui osata non puo essere, in questo contesto, che l'uccisione della madre, oltre, se vogliamo, la tentata uccisione del fratello Alessandro. Per Seleuco e Stratonice si veda Quσm, hist, cσnscr., 35 e nota 74 -

33 [45]. 59-62

in Fenicia, Mirra e il famoso lutto siro diviso in parti 141, e i fatti piu recenti, quelli che, da quando ebbero i1 potere i Ma­ cedoni, osarono Antipatro e, a causa dell'amore per Stratonice, Seleuco 142• [59] Ι miti degli Egizii li conoscera, ma, poicM sono troppo legati ai loro misteή, li rappresentera piιιttosto per simboli : alludo ad Epafo, a Osiride e alle tΓasmutazioni degli dei nei corήspettivi animali 143 ; ma, in primo luogo, sapra dei loro amori e di quelli dello stesso Zeus, oltre che di tutti i diversi aspetti che il dio assunse. [6ο] Conoscera, poi, per intero la tragedia che si svolge nell'Ade, i castighi, le caιιse di ciascuno di essi e il cameratismo di Piήtoo e Teseo, che li accompagno fin nell' Ade 144• [6r] Per farla breve, egli non ignorera nessuna delle cose narrate da Omero e da Esiodo, dai ιniglioή poeti e, soprattutto, dalla tragedia. Ιο ne ho estratto pochissime da molte, anzi innumerevoli, che erano e ne ho registrato i punti essenziali, lasciando le altre ai poeti percM le cantino, ai danzatori stessi perche le rappresentino, a te percM ne trovi ancora sul modello di quelle dette sopra, e tutte e necessario che, procurate e messe in serbo precedente­ mente, il danzatore le abbia sotto mano, disponibili per ogni occasione. [62] Ε poicM si vale dell'imitazione e s'impegna a ritrarre coi movimenti quel che e l'oggetto del canto, egli ha la stessa necessita dei retoή di praticare la chiarezza, in modo che ciascuna delle cose che fa vedere sia palese, senza aver bisogno di un illustratore ; occorre, invece, che colιιi che guarda la danza - e questo lo disse l'oracolo delfico - « capisca un muto

Ι43· Per Epafo, figlio di Zeus e di Ιο, si veda la nota 96 e si ricordi, giacche si parla subito dopo delle trasformazioni degli dei egizii in animali, che lo stesso Epafo fu identificato col bue Api. Osiride e il corrispettivo del greco Dioniso, col quale condivide la sorte dello sbι:anamento (cfr. note 73 e r4r) ; ricupe­ rati i quattordici pezzi del suo cadavere, la sorella e sposa Iside gli ridiede la vita e con lui genero il figlio Oros. Nell'aldila Osiride e giudice dei morti. Si osservera, infine, come, dal punto di vista della religione olimpica antro­ pomorfica, i Greci non potessero concepire il teriomoι·fismo della religione egizia se non come esito della trasmutazione di ciascun dio da ιιn'originale, immancabile figura umana. 1 44. Si allucle alla discesa dei dιιe eroi nell'Ade, di cui si e parlato nella nota 82. Teseo, aiutato da Piritoo a conquistarsi Elena, figlia di Zeus, aiuto a sna volta l'amico, quando qιιesti volle ι·apire Persefone, ugualmente figlia di Zeus, ma assai piu difficilmente raggiungibile. L'esito della spedizione nell'Ade fu disastroso : Teseo fu salvato da Eracle dopo quattro anni di tor­ ture, PiΓitoo non rivide piu la luce.

ΠΕΡ! ΟΡΧΗΣΕΩΣ

&εώμενον 6ρχησιν καt κωφοu συνιέναι καt μ� λαλέοντος ά.κούειν 145, [63] 'Ό a� και Δημ�τριον τον Κυνικον 146 πα-θ·εϊ:ν λέγουσιν' έπει γcΧρ και αύτος 5μοιά. σοι κατ-ηγόρει τ�ς όρχησηκ�ς, λέγων τοu αύλοu και των συρίγγων 147 και των χτύπων 148 πά.ρεργόν τι τον όρχηστ�ν είναι, μ'Υ)aeν αύτον προς το aρα.μα συντελοuντα, κινούμε­ νον aε &λογον &λλως ΚLν'Υ)σιν και μά.ταιον, ούaενος αύτ?) νοu προσ­ όντος, των aε ά.ν&ρώπων τοϊ:ς περt το πρ&γμα γοψευομένων, έσ-9-Ύjη Σ'Υ)ρικ?) κα.t προσωπε(cp εύπρεπεϊ:, αύλί{> τε καt τερετ(σμα­ σι και τ?) των �Μντων εύφων(qι, ο!ς κοσμεϊ:σ-θ·αι μ'Υ)aεν 13ν το τοu όρχ'Υ)στοu πρ&γμα: δ τότε κατcΧ τον Νέρωνα. εύaοκιμων όρχ'Υ)στης 149 ούκ ά.σύνετος, &ς φασιν, &λλ' εί και ης &λλος �ν τε ίστορ(ας μν�μη καt κιν�σεως κάλλει aιενεγκcbν έaε�S'YJ τοu Δ'Υ)μψρ(ου εύγνωμο­ νεστά.τψ, ο!μαι, τ�ν aέ'Υ)σιν, taεϊ:ν όρχούμενον, �πειτα κατ'Υ)γορεϊν αύτοu, κα.t ύπέσχετό γε &νευ αύλοu καt �σμά.των έπιaε(ξεσS·αι αύ­ τίi)· καt οδτως έποL'Υ)σεν' 'ήσυχ(αν γcΧρ τοϊ:ς τε κτυποuσι καt τοϊς αύλοuσι καt αύτίi) παρα.γγε(λα.ς τίi) χορίi) αύτος έφ ' έα.υτοu ώρχ�­ σατο τ�ν 'Αφροaιης και "Αρεος μοιχε(αν 150, 'Ήλιον μψύοντα και � � '1I I I ' β ουλευοντα ' τε "Η φαιστον επι αμφοτερους, τ'Υ)ν και' τοις σεσμοις 'Αφροaιην και τον "Αρ'Υ), σαγψεύοντα και τοος έφεστωτας &εοuς �καστον αύτων, καt αίaουμέν'Υ)ν μeν τ�ν Άφροaιτψ, ύποaεaοικ6τα aε και ίκετεύοντα τον '1Αρ'Υ) και 5σα τ?) ίστορ(qι ταύτη πρόσεσην, &στε τον Δ'Υ)μ�τριον ύπερ'Υ)σ&έντα τοϊ:ς γιγνομένοις τοuτον �παινον &ποaοuναι τον μέγιστον τίi) όρχφτ?) • ά.νέκραγε γcΧρ και μεγάλη τ?) φων?) ά.νεφ&έγξατο, 'Ακούω, &ν&ρωπε, & ποιεϊ:ς, ούχ δρω μόνον, άλλά. μοι aοκεϊ:ς ταϊ:ς χερσtν αύταϊ:ς λαλεϊ:ν. [64] Έπεt aε κατcΧ τον Νέρωνά. έσμεν τίi) λόγcp, βούλομαι και βαρβάρου &νaρος το Ι45· Libero adattamento del ν. 2 di un oracolo in cinque esa111etι·i, rife­ ι·ito da Erodoto (Ι, 47), col quale la Pizia volle dimostrare agli inviati di Creso di sapere anche quello che i sensi non percepiscono, compreso cio che il re stava facendo in quel preciso momento ; che era poi quanto egli aveva ordinato di chiedere al dio. 146. Noto per la sua mancanza di bisogni, veramente cinica, e per la sua liberta di parola, visse nel Ι secolo d. C. e la sua attivita d'insegnamento si svolse soprattutto a Roma sotto Nerone e sotto Vespasiano, ma da Roιna fu cacciato, poiclιe i suoi attacchi non risparmiavano nemmeno gli i111peratori, sia dall'uno che dall'altro. ΑΙ tempo di Nerone, infatti, presenzia alla moι·te di Trasea Peto, ma poco dopo e a Corinto (Luciano, A dversus indoctum, rg), mentre nel 71 d. C. e espulso da Ro111a con gli altri filosofi per un editto di Vespasiano. In ben diveι·sa luce lo pone una breve notazione di Tacito (Hist., IV, 40), che lo accusa di aver difeso un riconosciuto delatore ambitiosius quan1 lzonestius. Ε citato da Luciano anche in Demon., 3· Ι47 · La siringa (σόpιγξ canna), strumento a fiato di antica origine pastol'ale, era costituita di piu αίηηe, tenute insieme orizzontal111ente da due =

e oda chi non parla >> 145• [63] Il che dicono sia propiio cio che accadde a Demetrio il cinico 146• Moveva anche lui le tue stesse accuse alla danza dicendo che il danzatore e una specie di accessorio del flauto, delle siringhe 147 e delle percussioni 148, poiche non concorre con la sua persona allo sviluppo del dramma, ma esegue a caso movimenti assurdi ed inutili. Ε infatti - spie­ gava - la danza non ha alcun senso, tuttavia la gente si lascia incantare da quello che c'e intorno, la veste di seta, la bella maschera, il flauto e i suoi trilli, la voce aι·moniosa dei cantanti, tutte cose dalle quali l'esibizione del danzatore, che per se non e nulla, viene adornata. Percio il danzatore, che era ce­ lebre allora, al tempo di Nerone 149, non tanto sciocco, come si dice, ma superiore a qualsiasi altro nella capacita di ricordare i miti e nella grazia del movimento, rivolse a Demetrio la pre­ ghiera, io penso, piu ragionevole, quella di vederlo danzare e di accusarlo dopo, e s'impegno a esibirsi per lui senza flauto ne canti ; e cosi fece. Imposto silenzio ai battitori dei colpi, ai flautisti e allo stesso coro, danzo da se solo l'adulterio di Afrodite con Ares 150, la spiata di Elio, l'insidia e la cattura, da parte di Efesto, dell'uno e dell'altro, di Afrodite ed Aι-es, nella rete delle catene, la presenza sul posto di tutti gli dei ad uno ad uno, la vergogna di Afrodite, la soggezione e le sup­ pliche di Ares, e quanto altro appartiene a questa storia, al punto che Demetrio, entusiasta della prestazione, rese al dan­ zatore questa lode, cl1e e la massima : proruppe, infatti, in un'esclamazione e disse a gran voce : < > I Ι Ι ' μLμΊJσεως ύποκρLσLν γα:ρ τον α:ντα:· ορχουμενος υπερ β ολψ 171 εύΜς μα:Lνόμενον εLς τοσουτον ύπερεξέΑ�α:ντα: μετιΧ τ�ν �ττα:ν �,1ν ευοοκLμουντα: � (λ., κα:ι\ vυ.υ�

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>ζ /λ ει.,οκει

170. Per Semele si veda la nota 73, per Glauce la nota gz. 171 . Dopo la sconfitta nel giudizio per l'assegnazione delle armi di Achille

(cfr. nota Iog).

33 [45], 8! -83

Un tale che con la danza rappresentava la nascita di Zeus e il divoramento del figlio da parte di Crono, rappresento per errore le sventure di τieste, fuorviato dalla somiglianza dei fatti. Un altro, che impersonava Semele colpita dal fulmine, modello su di lei la figura di Glauce 170, che e di eta posteήore . Ma non dobbiamo, a mio giudizio, per causa di danzatori come questi condannare la danza medesima, ne dobbiamo odiare per se la pratica di essa : quelli, invece, devono considerarsi ignoranti - e lo sono -, mentre devono lodarsi coloro che fanno ogni cosa degnamente secondo le regole e il ritmo dell'arte. [8r] Insomma il danzatore deve essersi rifinito in ogni senso, cosi da essere in tutto rispondente al ritmo, bello, proporzionato, uguale a se stesso, irreprensibile, incensurabile, in nulla man­ chevole, dotato delle miglioή qualita mescolate insieme, pronto nella formulazione delle idee, profondo nella cultura e, soprat­ tutto, umano nel suo modo di pensare. In realta la lode degli spettatori potrebbe diventare per lui senza riserva, quando ciascuno di essi riconoscesse la propria vita ο, meglio, vedesse nel danzatore come in uno specchio se stesso e i suoi sentimenti ed atti abituali. Quando cosi e, infatti, gli uomini non possono nemιneno trattenersi per la gioia, ma si riversano in massa a portare il loro elogio, poiche ciascuno vede l'immagine della propria anima e riconosce se stesso : e veramente con quclla vista si adempie per essi il celebre detto delfico « Conosci te stesso )) ; ed escono dal teatro dopo aver appreso le cose che devono scegliere e quelle che devono fuggire ed essere stati istruiti in cio che prima ignoravano. [82] Come nell'oratoria, cosi anche nella danza quello che generalmente e detto eccesso di zelo si attua da parte di coloro che oltrepassano la misura giusta dell'imitazione sforzandosi piu del necessario e, se de­ vono far vedere qualcosa di grande, lo rappresentano enorme, se qualcosa di delicato, lo effeminano esageratamente, spin­ gendo d' altra parte cio che e virile fino al selvaggio e al be­ stiale. [83] Una cosa del genere mi ricordo di aver visto fare a un danzatore, prima d'allora di buona fama, intelligente del resto e veramente degno di essere ammirato. Costui, non so per quale contingenza, incappo in una interpretazione in­ decorosa per aver esagerato l'imitazione : danzando nella parte di Aiace, subito impazzito dopo la sconfitta 171, passo di tanto

ΠΕΡΙ Ο ΡΧΗΣΕΩΣ

πεσεν, όστε οuχ uποκρίνασ&αι μανίαν, &λλiΧ μαίνεσ&ο:ι αuτος εtκό­ τως &ν τινι �aοξεν' ένος γ!Χρ των τ Ν ο' λ"1:

' 'αλλ'χv·ΎJση Δ εσται, σu λ.},,1ν uφ � κcφο�αν ει.,εις, I '1' δ "Ομ'Υ)ρος '1'\ γdφ.}, περι τοu κuκεωνος &.λλcrεμπεοωτερος μεταaώσεις πιείV' 5περ '1' '1'\ σε ,1οονΎ)ς οuοε �γον τ�ς Έρμοu pά.βaou τ�ς χρuσ�ς λέγει, 5τι και « ά.νaρων gμματα &έλγει )) aι' αuτ�ς '

''

&ν έ&έλει, τοος a· αοτε και όπνώοντας έγείρει 177, τοuτο ά.τεχνως gρχ'Υ)σις ποιεί και τ!Χ gμματα &έλγοuσα και έγρ'Υ)γο­ pέναι ποιοuσα και έπεγείροuσα τ�ν aιά.νοιαν προς �καστα των aρω­ μ.ένων. ΚΡΑΤ. Και μ�ν �a'YJ έγώ, ω Λuκ�νε, πεί&ομαί τέ σοι και ά.να­ πεπταμένα �χω και τ!Χ ώτα και τ!Χ 6μμα.τα. Και μέμνΎ)σ6 γε, ω φιλ6τΎJς, έπειΜν είς το &έατρον �ης, κά.μοι παρ!Χ σεαuτίi) &έαν κατα­ λαμβά.νειν, ώς μ� μόνος έκεί&εν σοφώτερος �μ�ν έπανίης.

1 76. Od., Χ, 326. 1 77. Od., V, 47 (secondo emistichio) e 48.

33 [45], 85

decoroso e controllato da ricevere lodi per essere rimasto entro i limiti della danza e non aver trasceso nell'interpretazione. [85] Questi pochi, ο mio caro, fra i moltissimi risultati e modi di lavoro della danza ti ho esposto, perche tu non t'in­ quieti con me se sono un appassionato di tali spettacoli. Se poi volessi parteciparvi con me, io sono certo che ne saresti fortemente preso, non solo, ma diverresti pazzo per la danza ; e al punto che non avrei bisogno di dire a te le parole di Circe : Mi

meraviglio che, bevuta questa pozione, affattuι-ato non ne fosti 176 ,

Lo sarai, infatti, e non avrai, per Zeus, la testa d'asino ο il cuore di maiale, ma la tua mente si fara piu salda e tu per il piaceι:e non o:ffrirai ad altra persona neppure un poco di qιιel beveraggio, giacche cio che Omero dice della verga d'oro di Ermete, che per mezzo di essa « gli occhi incanta degli uomini » che vuole, altι-i che doι-mono risveglia

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proprio questo fa la danza, incantando gli occhi, rifacendoli svegli e rendendo attento il pensiero a ciascιιna delle azioni che si compiono. CRAT. Ma veramente, ο Licino, io ti do ascolto ora subito e tengo spalancati occhi ed orecchi. Ε allora ricordati, caris­ simo, quando andrai a teatro, di occupare vicino a te un posto anche per me, affinche non sia tu solo a ritornare di li piu saggio.

34 [46] ΛΕΞΙΦΑΝΗΣ *

LESSIFANE

* ln questo dialogo la satira di Luciano raggiunge ί suoi risultati migliori, anche se meno appaήscenti e di meno facile presa, sul terreno specifιco della lingua : tutti i fanatismi, ίη qualunque campo si esercitassero, sollecitaνano iιnmancabilmente la sua verve. Quando nella Nuoνa Sofιstica, agli inizii del rr secolo d. C., preνalse la corrente atticistica - e piu come ι·itorno al dialetto di Atene che come scelta di stile -, prima che tale scelta, affermandosi a sua volta, creasse ί ηuονί Senofonte e ί ηuονί Demostene, l'atticismo comincio ad aνere ί sιιοί fanatici e questi, con obiettiνi e metodi diνersi, proliferarono nel sottobosco rigoglioso dei retori ο, come si diceνa allora, Sofιsti di secondo e di terzo piano; e furono duri a morire, se pensiamo che Luciano attacca un Ioro gruppo, forse ί1 piu numeroso e insopportabile, ίη due scritti, diretta­ mente col « Lessίfane », indirettamente e parzialmente con « 11 maestro di retorica », ben oltre la meta del secolo. Ma chi erano e cosa νoleνano costoro ? Ateneo nei suoi « Sofιsti a banchetto " (ΠΙ 97 c segg.), la cui composizione e posteήore alla morte di Commodo (r92 d. C.), rίferisce la discussione fra un Cinico, chiamato Cinulco, e alcuni retori, ί1 cui capo riconosciuto e un certo Ulpiano e ί1 cui zelatore massimo e un certo Pompeiano. Ebbene, da Ateneo risulta che l'atticismo di questi « Ulpianei " e un ben singolare atti­ cismo : degli scrittori attici saccheggiano preνalentemente ί poeti della Com­ media Antica, da Magnete ad Aristofane, ma ί1 loro bottino risulta . quasi interamente di νocaboli non pίίι usati, di arcaismi, quindi. Presi, poi, dalla smania arcaistica in un senso che ricorda un aspetto tipico dell'arcaismo di Frontone imperante nella contemporanea letteratura latina, intendono ri­ pulire le parole di tutte le stratifιcazioni semantiche che col tempo, come accade, abbiano oscurato ο cancellato ί1 signifιcato originario dell'etimo. Ma, soprattutto, essi sono accaniti ricercatori di parole rare, attiche ο no, arcaiche ο no, e amatori a tal punto dell'inusato da creare νocaboli nuoνi ίη qualunque modo, compreso quello di rendere nuoνi ί νecchi inνecchiando ο rinnoνando ί1 loro signifιcato. Le coincidenze di metodo e di risultati, che giungono a esemplifιcarsi in νocaboli identici con identico signifιcato, proνano cl1e ί1 Lessifane di Lnciano e gli Ulpianei di Ateneo appartengono al medesimo gruppo

[r ] ΛΥΚΙΝΟΣ. ΛεξιφάΨΥJς δ καλος μετιΧ βιβλίου ; ΛΕΞΙΦΑΝΗΣ. Νη Δί' , & Λυκίνε, γράμμα έστl τψιν6ν η των έμων κομι�?j νεοχμ6ν. ΛΥΚ. '' Η�Ί) γάp η καl πεpl αύχμων �μ!.'ν γράφεις ; ΛΕΞ. Ού ��.,;α, ού�e αύχμον 1 είπον, ά.λλιΧ &ρα σοι το ά.pτιγpα­ φες ο6τω καλείν. Σu �ε κυψελ6βυστα �οικας �χειν τιΧ &τα. ΛΥΚ. Σύγγνω-θ·ι, & έταίρε· πολu γιΧp τοu αόχμοu το νεοχμον μετέχει. 'Αλλ' είπέ μ οι, τίς δ νοuς τc'J> συγγράμμαη ; ΛΕΞ. Άντισυμποσιάζω τc'J) 'Αρίστωνος έν αύτι'J). ΛΥΚ. Πολλοl μeν ot 'Αρίστωνες· σu �e δσον ά.πο τοu συμπο­ σίου τον Πλά.τωνά μοι ��οζας λέγειν. ΛΕΞ. Όρ&ως ά.νέγνως. Το �ε λεγόμενον 6.>ς &λλCf παντt ά.νόΊ)τον &ν �ν. ΛΥΚ. Ούκοuν όλίγα μ οι αύτοu &νάγνω&ι τοu βιβλίου, δπως μη παντάπασιν ά.πολειποίμΊ)ν τ�ς έστιάσεως νέκταρος γάρ τινος �οικας ο ίνοχο�σειν 2 �μίν ά.π' αύτοu. di ottusi pedanti. Ne consegue che non ci sentiamo di condividere l'ipotesi, sostenuta da pur autorevoli studiosi, che in Lessifane - nome di copertura dal signi:ficato trasparente di « esp ositore di vocaboli » - Luciano abbia vo­ luto colpire Giulio Polluce, l'autore suo contemporaneo di un lessico attici­ stico, !'Onomasticon, che fu sostenitore di un rigoroso purismo, non di un assurdo arcaismo. Pensiamo invece - e non siamo ί soli - che dietro Lessifane ci sia un u1pianeo, senza pretendere, naturalmente, di identi:ficarlo ο con lo stesso Ulpiano, il padre del famoso giurista, ο con Pompeiano, ο con qua­ lunque altro. Lo scritto sembra appartenere alla piena maturita di Luciano, al periodo della piu fertile inventiva e del massimo impegno polemico, agli anni, quindi, presumibilmente del suo pur saltuario soggiorno ateniese com­ preso fra il r65 e il r 7o d. C. r . Ηο reso - in questo particolare caso e stato possibile - con la rima tra implume e sudiciume l'omeoteleuto tra νεοχ μ όν ed αόχ μων e, nello stesso tempo, abbastanza esattamente, il signi:ficato dell'aggettivo e del sostantivo greci, che propriamente signi:ficano cc novello » e cc squallore "· Α questo pro­ posito e doveroso avvertire - anche se della cosa e facile a ciascuno rendersi conto - che le preziosita, le oscurita, le bizzarrie, i doppi sensi, gli arcaismi, soprattutto, con senso mutato ο no, del lungo brano, che Lessifane leggera del suo Contro- simposio (§§ 2-r5), e dei successivi interventi a lui attήbuiti

e

[r] LICINO. Ι1 mio buon Lessifane con un libro ? LESSIFANE. Si, per Zeus, ο Licino ; e uno scritto dei ιniei,

di ieri e tutt'a:ffatto implume. Lic. Ed ora ci fai leggere pure di sudiciume ? LEss. Ν ο di certo, e non ho detto sudiciume 1 : e tempo che anche tu chiami cosi quello che e appena scritto. Mi sembra pero che tu abbia le orecchie tappate di cerume. Lrc. Perdonami, amico : l'implume ha molta parte di sudi­ ciιιme. Ma dimmi : qual e l'argomento dello scritto ? LESS. Ε un Contro-simposio, il mio, rispetto a quello del figlio di Aristone. Lrc. Ι figli di Aristone sono molti ; ma tu, a quanto si puo dedurre dal simposio, credo intenda Platone. LEss. Hai dedotto bene ; ma cio che ho detto sarebbe inin­ telligibile per chiunque altro. Lrc. Ed ora, venendo al libro, leggimene un po', perche io non resti escluso del tutto dal convito : ho l'impressione che ne farai uscire, servendomi, nettare anziche vino 2 •

sono avvertibili esclusivamente nel testo gι·eco. Nella traduzione ho preferito, pertanto, chiarire almeno il senso del discorso precisando, magari con una breve parafrasi, il significato dei vocaboli, composti soprattutto, piu estranei all'uso corrente, piuttosto che ήcorrere ad una prosa italiana artificiosamente arcaica, non certo idonea a dar la minima idea dell'assurdo impasto lingui­ stico greco. In pochi casi mi sono permesso qualche parola ormai fuori d'uso, ma ho fiducia che la riproduzione piu esatta possibile del lessico e della sin­ tassi consenta al lettore di avvertire, almeno, la pretestuosita e l'oziosita di un testo, teso soltanto a sciorinare un indigesto materiale linguistico tutto di accatto. Nei casi piu notevoli di alterazione del significato di un vocabolo, arcaico ο no, e in quelli di doppio senso non mi e rimasta che la segnalazione in nota. z. Il verbo ο!νοχοέω, nel senso del generico χέω = verso, con l'oggetto νέκταρ e usato due volte da Oιnero (Π., Ι, 598 e IV, 3) e qui, evidentemente, Luciano ι·ichianιa la locuzione onιerica.

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ΛΕΞΙΦΑΝΗΣ

τI Ν 1 ΑΕ� καταI βαλε· συ\ I ευπορα ποι'Υ)σας .t:!.. ον τα ώτα �δΎJ &κουε. Άπέστω δε � έπιβόστροc � Κυψελίς 3• ΛΥΚ. Λέγε &α.ρρ&ν, ώς �μοιγε ο5τε Κόψελ6ς τις ο5τε Περίαν­ δρος έν τοϊ:ς ώσt κά-θ·ψα.ι. ΛΕΞ. Σκ6πει δ� μεταξό, δπως διαπεραίνομαι, ώ Λυκ'i.'ν ε, τον λόγον, ε1 εί!αρχ6ς τέ έστι καl πολλ�ν τ�ν εύλογίαν έπιδεικνόμενος καl εί!λεξις, �τι δε εύώνυμος. ΛΥΚ. ''Εοικε τοιοuτος ε!ναι σ6ς γε &ν. 'Αλλ' &ρξαι ποτέ. [2 ] ΛΕΞ. « Ε!τα δειπν�σομεν, � δ' 8ς ό Καλλικλ�ς, ε!τοc το δειλινον περιδιν-ησ6μεS·α έν Λυκείcμ 4 , νuν δε �3ΎJ καφ6ς έστι χρίε­ >J '�ο σ&αι το �λιοκαες προςπεοο� τ�ν ε�λψ S·έρεσS·α.ιοε '1- καt λουσαμένους μι:::\_ν καt εψωνιΧ I ... Ν ' Ν ' 'αρτοσιτε�ν' ' μοι κοcιI ω πα�, στλ και γε απιτ'Υ)τεα. Σ υ βόρσαν καl φωσώνια κα.l pόμματα. ναυστολεϊ:ν ές το βαλανε'i.'ον και τούπίλουτρον κομίζειν' �χεις δ� χαμiΧζε παρα τ�ν έγγυ&�κψ Μ' όβολώ 5 • Σο δε τί καl πράξεις, ω Λεξίφανες, �ξεις � έλινόσεις �τι αύτ6·& ι ; Κ&γώ, �ν δ ' έγώ, τρίπαλαι λουτι&· ούκ εύπ6ρως τε γαρ �χω καl τα &μφl τ�ν τράμιν μαλακίζομαι έπ' &στράβΎ)ς όχΎ)&είς. Ό γαρ &στραβΊ)λάτΎ)ς έπέσπερχε καίτοι &σκωλιάζων 6 αύτ6ς. 'Αλ­ λα καl έ\ι αύτίi) ούκ &κμ�ς �ν τίi) &γρίi) • κατέλαβαν γαρ τοος έργά­ τας λιγυρίζοντας τ�ν &εριν�ν φδ�ν, τοος δε τάφον τcr έμcr πατρl κατασκευάζοντας. Συντυμβωρυχ�σας οον αύτο'i.'ς καl το'i.'ς &ναχοuσι τα &νδΎ)ρα καt αύτος έκείνουςεγγιοα μεν '�-' 1 '1- διαφ�κα l!� οε, ψ'Υ) όλίγιχ συγχεφοπον�σιχς τοu τε κρόους �νεκιχ καl δτι καόμιχτα 7 �ν' ο!σ&α δε ώς έν κρόει σφοδρίi) γίνεται τα κοcόμιχτα. Έγω δε περιελ&ciιν τα &ρώματιχ σκ6ροΜ τε εορον έν αύτο'i.'ς πεφυκ6τα κιχt γ'Υ)πα.ττάλους τινας όνορόξα.ς κα.t τ&ν σκανδίκων κα.l βρα.κάνων 8 λα.χανευσάμενος, �τι δε κάχρυς πριάμενος - ο5πω δε ot λειμ&νες &ν&οσμίαι �σα.ν, ώς α.ύτοποδΊ)τl ι!

3· Il fittizio Cipselide e tratto da κυψέλΎ), che significa « cassa », ma ancl1e cavita delle orecchie » e « cerume ». Ε cio permette a Licino, subito dopo, cli giocare sul nome di Cipselo - a sua volta fatto derivaι·e da κυψέλΎ), la cassa nella quale sarebbe stato salvato da bambino -, i1 tiranno di Corinto che, conquistato i1 potere intorno alla meta del vπ secolo a. C., getto le basi della potenza della sua citta; a Cipselo, poi, si associa naturalmente il nome del di lui figlio Periandro, che in quarant'anni di dominio duro, ma illuminato - per i suoi rapporti con Arione si veda Dial. mar., 8, 2 - diede a Corinto una po­ tenza ed un prestigio, di cui mai ebbe a godere ; e fu annoverato fra i Sette Sapienti, 4· Il tempio di Apollo Liceo, situato ai piedi del monte Licabetto presso Atene, divenne famoso per aver ospitato la scuola di Aι·istotele. Si osservi tuttavia clιe, intendendo Lessifane contrapporre questo suo « Simposio » a quello di Platone, il dialogo da lui· letto a Licino deve riferirsi allo stesso tempo del « Simposio » platonico, collocato - come e noto - nel 4 1 6 a. C. 5· Per il valore dell'όbolo si veda Alex., nota 26. «

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4ΙΙ

LESS. Α terra chi si compiace d'ironia ! Ma finalmente, rese le orecchie accessibili, ascolta. Ε stia lungi Cipselide, l'ot­ turatήce 3. Lrc. Di' pure e non preoccuparti, che nelle mie orecchie non risiedono ne Cipselo, ne Peήandro. LESS. Osserva nel frattempo, ο Licino, come ίο svolgo i1 mio discorso, se ha un buon esordio e sfoggia una buona peήzia oratoήa, se ha buono lo stile e buona la scelta delle parole. Lrc. Se e tuo, penso sia tale. Ma comincίa una buona volta ! [z] LEss. « Ροί pranzeremo - dίsse luί, Callίcle -, ροί nel tempo pomeήdίano vortίcheremo nel Lίceo 4, ma ora e gia il momento dί ungere le partί che il sole rίarde, ήscaldarsί al suo tepore e, dopo essersί lavatί, mangiare del pane : certo e che ormaί occorre andare. Tu, ragazzo, pilotamί al bagno lo strigile, l'otre, l'ascίugatoίo, il ranno e porta il prezzo del mίο lavaggio : cί sono a terra accanto all'armadίo due όboli 5• Ma tu, ο Lessί­ fane, che cosa faraί ? Verraί ο indugeraί quί ancora? ». « Ιο pure - dίss'io - da gran tempo desidero lavarmί : non sono, infattί, ίη buona forma e sono fiaccato da una parte e dal­ l'altra del perίneo avendo cavalcato su dί una sella a sdraio. Il mulattiere accelerava, bencM saltasse egli stesso sull'otre 6 • Ma neppure ίη campagna poteί non fatίcare, giaccM trovaί ί mίetίtori che alzavano sonoro il canto estivo e preparavano la fossa per mίο padre. DopocM ebbί, dunque, scavato con loro la tomba e fatίcato di braccίa un poco anch'ίo con quellί che accumulavano il ήalzo, li congedaί per causa del gelo e percM compaήvano le brucίature 7 : tu sai che in un forte gelo sί for­ mano le brucίature. Ed ίο facendo il giro delle pίante aromatiche trovaί fra dί esse che era nato dell'aglio e, cavatί fuoή alcunί rafanί, cόltί deί cerfogli e delle bracane 8, compratί ίnoltre grani d'orzo secco, montaί sulla sella a sdraio, poίcM ί pratί 6. 11 verbo greco si riferisce propriamente ad un gioco che costituiva .il nucleo di certe feste popolari in onore di Dioniso, chiamate appunto Ascolie, e consisteva nel mantenere l'equilibrio saltando su un'otre unto, pieno di vino. Per estensione venne a significare anche, come nel nostro caso, > e, quindi, « procedere faticosamente >>. 7 · Gli arcaisti del tipo di Ponψeiano (si veda la nota introduttiva al « Lessifane ))) davano al sostantivo καu μα ( = bruciatura) anche il significato, in qualche modo antifrastico, di « segno ο lesione prodotta dal gelo >>. 11 che rientra nelle loro piu ο meno cervellotiche innovazioni semantiche. 8. Specie non bene identificata di erbaggio.

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ΛΕΞΙΦΑΝΗΣ

βα�ίζειν - ά.νατε&εις έπι τ�ν ά.στράβψ έΜρΎ)ν τον �ρρο'Ι' και νuν βα�ίζω τε ό�υνΎ)ρως και t�ίω &αμα. και μαλακιω το σωμα και �έομοιι �ιανεuσαι έν τij) f.J�ατι έπι πλεϊστον' χαίρω �ε μετιΧ κάματον ά.πο­ λοόμενος 9 • [3 ] Άπο-θ·ρέζομαι οον και αύτος (προς) τον παϊ�α, ' ' � γρυμεοπωλη με περιπαρα' τη- λ Ύ),, παρα\ τψ μένειν' καίτοι προΎ)γόρευτο αύτi!) έπι τιΧ γέλγΎ) ά.παντιΧν. 'Αλλ' είς !.1 � ::}, � γε, ώς δρω, πυριάτψ 10 τέ τινα (\ οπω ' λ ιοι σ 'J ον εικος καφον ούτοσι αύτος εκι· έμπολ�σας και έγκρυφίας κοιt γ�τεια και φόσκας και ο!βον τουτονι και λωγά, ,, I Ε< ό- γε, ώ πολ υπτυχον εγκατον φωκτας. νιον και\ τουΝ β Άτηκίων, 6η μοι &βατον έποίΎ)σΙΧς το πολu τΎjς δ�οu 11 • Έγω �έ, 1 κα�I το1 � �· 6ς, σίλλος,οuς ι';) �έσποτα, γεγένΎ)μΙΧι σε περιορων. Σu �ε ποu χ&eς έ�είπνεις ; Μων παριΧ ' Ονομακρίτψ ; 0\5, μα. Δί, �ν �· έγώ, ά.λλ' ά.γρόν�ε ψχ6μψ ψόττα κατατείνας' ο!σ&α �ε ώς φίλαγρός εtμι. '!μεϊς �ε '{σως c'ι'>εσ-θ·έ με λαταγεϊν κοττάβους 12• 'Αλλ' εtσιων ταuτά τε και 't'α. &λλα �Μνειν και τ�ν κάρ�οπον σμΎjν, ώς &ρι�ακίνας μάττοιτε �μϊν. [4] Έγω �ε ζΎ)ραλοιφ�σω ά.πελ&ών. Και �μεϊς, � �· δς δ Φιλϊνος, έγώ τε και 'Ονόμαρχος και ' Ελλάνικος ούτοσι έψό­ με-θ·α· και γιΧρ δ γνώμων σκιά.ζει μέσΎ)ν 't'Ύ)ν πόλον, και Μος μ� έν λουτρίψ ά.πολουσώμε&α κατόπιν των Καριμάντων 13 μετιΧ τοu σόρφακος βόζψ ώστιζόμενοι. Και δ ' Ελλάνικος gφΎJ, Έγω �ε κοιι �υσωπω· και γιΧρ τα. κόρα μοι έπιτε&6λωσ&ον και σκαρ�αμυκτω &αμα. και ά.ρτί�ακρός εtμι και τα. �μματά μοι φαρμακ� και �έομοιι ΆσκλΎ)πιά�ου 14 τινος όψθ·αλμοσ6φου, δς ταράζας και έγχέας μοι φάρμακον ά.περυ&ριiΧσαί τε ποι�σει τοuς όφiJ·αλμοuς και μΎ)κέτι λΎ)μαλέους ε!ναι μΎ)�ε �ιερον βλέπειν. [5 ] Τοιαuτα &ττα �ιεζιόντες da

g. Si noti che in greco &πολοόμενος (risultato di una contrazione attica &πολουόμενος) suona come il participio futuro medio di άπόλλυμι rovino. =

ro. Ηο preferito la spiegazione dello Scoliasta, che vede in questo e nel

seguente due tipi di pane diversamente cotti, a quella che, in base alla testi­ monianza di piiΊ poeti della commedia attica antica, intende πυpιάτ'Ι) conιe >. « Ed Ellanίco dίsse : Ιο ho la vista ίnferma : le due pupίlle mί sί sono ίntorbidate, ammίcco frequentemente, sono dί lacrima facile, gli occhί rίchίedono un medίcamento ed ίο ho bίsogno di u:n asclepίade 14 oftalmologo, il quale agίtando e versandomi il farmaco faccίa che ί mίeί occhί sί decongestίo­ nίno, non sίano pίu cίsposί e non abbίano lo sguardo umίdo >>. [5] In sίmίl modo dίscorrendo nοί tuttί presentί ce η ' andammo ; vimenti del gioco >>, ma nel senso, del resto attestato, di « apparecchi per il gioco del cOttabo >>, Ε chiaro infine che qui e nominato il cOttabo per sfoggio di erudizione spicciola in luogo di un qualsiasi gioco ozioso. Ι3, Si tratta, probabilmente, di una storpiatura - Luciano si compiace di attήbuire a Lessifane errori banalissimi (cfr. § 25) di Maricanti, che, plurale di una parola di origine forse scitica, con la quale il commediografo Eupoli (446-μο circa a. C,) bollo Iperbolo, significava « pederasti », r4. Asclepiadi erano chiamati tutti i medici, in quanto professavano l'arte di Asclepio (cfr. De salt., nota ro3), il dio medico, ed erano sotto il suo diretto patrocinio, -

ΛΕΞΙΦΑΝΗΣ

&παντες οι παρόντες ά.πήεψ.εν ' κά.πει3'ήπερ �κομεν είς το γυμνάσιον Ι Ι � ο< > > ο μεν τις ακροχεφισμ > � I ν κορuφαιαν αποεκεκαρμ'Υ)ν ως αν κ 6ννον καιI τσε � ou προ πολλ ou �•ιο·η απ'Υ)σ,.(>J'Ύ)μενοι , κεκομΎ)κώς· &λλος έ&ερμοτράγει, ό aε 'Υ)μει τον ν�στιν 17, ό aε &ραιιΧς ποιων τιΧς pαφαν'i:3ας έμuστιλδίτο τοu ιχSυΎ)ροu ζωμοu, &λλος ησ&ιε φαuλίας, ό aε έρρ6φει των κρι&ων. [6] Κ&πει3� καφος �ν, έπ' &γκωνος 18 έ3ειπνοuμεν ' �κειντο aε κα1. όκλα3ίαι κα1. ά.σκιΧνται. Το μΕ:ν a� 3ε'i:πνον �ν ά.πο σuμφορων 19• Παρεσκεόαστο aε πολλιΧ κα1. ποικίλα, 3ίχΎ)λα 6εια κα1. σχελί3ες κα1. �τριαία κα1. τοκά3ος 60ς το I I > β > ταγ'Υ)νοu εμ καιI λο εκ καιI μuττωτος καιΙ α' β uρτάκΎ) κα1. τοιαuταί τινες καρuκε'i:αι κα1. S·ρuμματί3ες κα1. &ρ'i:α ΚΙΧL I I < I � I I � > uπο τα οστραμελ ιτοuτται· των β 1 σελαχια πολλ._\,•ια και τον κινα το 3έρμα κα1. τεμάχΎ) ποντικιΧ των έκ σαργάνΎ)ς κα1. κωπα't3ες 2Ο κα1. 6ρνις σύντροφος κα1. &λεκτρuν ηa'Υ) &π>. ιι Ε disse lui - un mangiatore di cipolle nelle bische, uno scroccone e un buHone, che ha i capelli sempre lunghi, calzato di stivali da caccia ο di babbucce e con la tunica a due maniche ». « Ε al­ loι-a - diss'io -, ha pagato in qualche modo il suo conto alla giustizia ο ne e uscito mettendosela sotto il calcagno ? ». « Per la verita - disse lui -, quello che fino ad oggi camminava an­ cheggiando e gia inceppato 38 ; i1 magistrato infatti, bencM egli recalcitrasse, gli ha messo manette e gogna e lo ha fatto stare in ceppi e torcipiedi, cosiccM, essendo incatenato 39, l'infelice spetezzava per la paura, era avvolto dalla puzza e avrebbe pagato un prezzo per la sua vita » . [π] < < Me invece - disse lui, Eudemo - al crepuscolo mando a chiamare Damasia, atleta un tempo e di molte vittorie, ma fuori combattimento ormai per la vecchiezza : conosci la sua statua di bronzo sulla piazza. Ε 11011 interruppe di far pulizia i11 parte con la pece, in parte col fuoco ; doveva infatti spedire oggi la figlia da casa al ma­ rito e gia la abbelliva 40• Poi u11 guaio orripila11te capito a troncare la festa : suo figlio Dione, dispiaciutosi non so per quale motivo ο, piuttosto, colto dall'odio divino, s'impicco e, dovete saperlo, sarebbe perito, se io non fossi stato 1i e non lo avessi sottratto all'impiccagione e sciolto dal cappio e, assi­ stendolo a lungo in ginocchio, non lo avessi pizzicato cante­ rellando e tastandogli il polso nel timore che la. trachea no11 fosse piι'ι ininterrotta. Ma la cosa che gli giovo di piu fu questa, che premetti sulle sue estremita dopo averle tenute giu co11 entrambe le mani ». [rz] « Parli forse - diss'io - di quell'im-

40. Ave11do καλλύνω, di solito, cosa e 11011 perso11a come oggetto, ma 11011 pote11do αότήν riferirsi grammaticalme11te che alla figlia, si direbbe che 1' Α. abbia vo1uto farci pe11sare 11ello stesso tempo all'adornamento della fig1ia e all'abbe1limento della casa, suggerito, qnest'u1timo,. piu che dal verbo dalla stιΉttnι-a sintattica de1 breve periodo, o1tre che dalla possibilita di estrapo1are ιιη sostantivo ο tκία casa, cui riferire 1' anaforico αότήν, da1 precedente verbo �ξοικιεϊν, qni inιpι-oprio (έξοικίζω significa, propriamente, « bandisco »), 1a cni scomposizione etiαιo1ogica, condotta alla ιnaniera di Lessifane, porterebbe appnnto a ri1evarne 1Όrigine da έξ + οtκίας. =

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ΛΕΞΙΦΑΝΗΣ

καταπύγονα καt λακκοσχέαν, τον μύρτωνα καt σχινοτρώκταν 41 νεανίσκον, ά.ναφλ&ντα καt βλιμά.ζοντα, �ν τινα πεώ�ΊJ καt π6σ&ωνα α�σ&ΊJτΙΧι ; ΜίνS·ων έκε�ν6ς γε καt λαικαλέος. 'Αλλά. τοί γε τ�ν &ε6ν, � a• δς δ Ει5aΊJμος 42, &αuμά.σας - 'Άρτεμις γά.p έστιν αuτοϊς έν μέση τ?j αuλ?j Σκοπά.aειον 43 �ργον - ταύτη προσπεσ6ντες δ τε Δαμασιας καt � γuνη αuτοu πρεσβuτις �a'YJ ΚΙΧ� τ�ν κεφαλ�ν πο­ λιιΧς 44 ά.κριβ&ς tκέτεuον έλε�σαι σφiΧς � aε αuτίκα έπένεuσε, καt σως �ν, και νuν Θε6aωρον, μiΧλλον aε περιφαν&ς ' Αρτεμίaωρον 45 �χοuσι τον νεανίσκον. Άνέ&εσαν οδν αuτ?j τά. τε &λλα καt βέλΊJ καt τόξα, δη χαίρει τούτοις τοξ6τις γιΧρ καt έκΊJβ6λος καt τΊ)λέμαχος 46 � 'Άρτεμις. [13 ] Π ίνωμεν οδν, � a• δς δ Μεγαλώνυμος, καt γcφ καt λά.γuνον τοuτονt παρ'Υ)β'Υ)κ6τος �κω όμϊ:ν κομιζων καt τροφα­ λίaας τuροu καt έλαίας χαμαιπετεϊ:ς - φuλά.ττω a· αuτιΧς 6πο σφρα­ γϊ:σι &ριπ'Υ)aεστά.τοις 47 - και &λλας έλαίας νεuστaς ΚΙΧ� Π�λινΙΧ ταuτt ποτ�ρια, όξu6στρακα., εuπuνΜκωτα, ώς έξ αuτων πίνοtμεν, κoct ' t: ' I I I '1� \ πλ ΟΚΊJV. ' "' πα�, πλ εον πλακοuντα ε-. εντερων κρω β uλωοΊJ Σ u' σ'1- ' , ω τψ μοι τοu \Saα.τος �γχει, ώς μ� ΚΙΧρ'Υ)βαρε'i:ν ά.ρξαίμ'Υ)ν κιlτά. σοι τον ΠΙΧι3οβοσκόν 48 Καλ& έπ� σέ • rστε γaρ ώς ό3uν&μαι ΚΙΧ� aιέμπι­ λον �χω τ�ν κεφαλ�ν. [Ι4] ΜετcΧ aε τόν ποτόν σuνu&λ�σομεν ο!α καt &ττα έώ&αμεν- ou γιΧρ &καφ ον a�ποu&εν ένοινοφλύειν. Έπαινω τοuτο, �ν a· έγώ, καt γιΧρ δτιπερ 1Sφελ6ς έσμεν τ�ς ά.ττικίσεως &κρον. Εδ λέγεις, � a• δς δ Καλλ�κλ�ς το γιΧρ έρεσχΊ)λε�ν ά.λλ�λοuς σuχνά.κις λά.λΊJς &ΊJγά.νΊJ γίγνεται. Έγω Μ, � a• δς δ Ει5aΊJμος, '' , ,... Ι < I Ι > \ κρuος γαρ εσην - :J,'I> εu�., ,...οωροτερcμ uποπuκνα�. ο οιμι· κα�\ γαρ •ισιον αν χεψο&ν�ς ε!μι, ΚΙΧ� χλιαν&εtς �aιον &_ν ά.κούοιμι τ(;}ν χειpοσόφων �

41. Lo Scoliasta spiega che individui turpi come questo Dione masti­ cavano mirto e lentisco (pianta dal forte odore resinoso), per non riuscire disgustosi subito al primo incontro, 42. Sembra che Eudemo non tenga molto a identificare il Dione da lui salvato con l'omonimo giovinastro descritto da Lessifane : le particelle asse­ verative (ο i1 corrispettivo avverbio italiano), con cui si apre i1 suo discorso, possono rappresentare la risposta affermativa alla domanda di Lessifane, ma anche, se si elimina una qualsiasi pausa dopo di esse, legarsi al resto della frase per rilevarne la veridicita. 43· Ι1 celebre scultore nato a Paro nella Ι meta del rv secolo a. C. Le sue opere migliori (rico1·deremo 1Άpollo e 1a Baccante ebbra) si distinguono so­ prattutto pe:ι: vigore e impeto di movimento. 44· Ι1 testo greco presenta un insulso, e intraducibile, doppio senso, giacche πολιά.ς e anche un epiteto di Atena, che significa « protettrice della citta ». 45· Infatti Teodoro significa « dono di un dio », Artemidoro, specifica­ mente, > dall'uomo; a mio parere, inoltre, άvήροτος non ha qui il senso, attestato, di « non arato >>, bens1 quello, graιnmaticalmente corretto, e parallelo a « inac­ cessibile », ma mai documentato, di « non arabile >>.

ΛΕΞΙΦΑΝΗΣ

ΣΩΠ . Μα Δί ' οό μικράν τινα. λέγεις τ�ν νόσον, ω Λυκ'i.'ν ε. ΒοΎJ&ΎJτέα. γουν τίj) &ν�ρt πάση μ'Υ)χα.νη κα.t - κα.τοc &εον γοcρ τ&ν χολώντων τινι φάρμακον τουτt κερα.σάμενος &πήειν, ώς πιων έμέ­ σειε - φέρε πρώτος α.ότος π'i.'-θ ·ι, ω Λεζίφα.νες, ώς ύγι�ς �μtν κα.t κα.-θ·α.ρος γένοιο τ�ς τοια.ότΎJς τ&ν λόγων &τοπ(α.ς κενω&ε(ς. 'ΑλλΟC πε(σ.{}ΎJ τ( μοι και τc'i.'i}ι και ?4ων gση. ΛΕΞ. Οόκ ο!�' δ κα.t �ράσετέ με, ω Σώπολι, σό τε κα.t Λυκ�­ νος, πιπ(σκοντες τουτουt του φαρμάκου. Δέ�οικα. γουν μ� πτ&μα. γένοιτό μοι τουτο τ&ν λόγων το π&μα. 60• ΛΥΚ. Πt-θ·ι κα.t μ� μέλλε, ώς &ν.&ρώπινα. ��'YJ φρονοίΎJς κα.t λέγοις. ΛΕΞ. 'Ι�οο πει&ομα.ι κα.t π(ομα.ι. Φευ, τί τουτο ; Πολος ό βορ­ βορυγμός. ' Εγγα.στp(μυ&όν τινα. �οικα. πεπωκένα.ι. [zr ] ΣΩΠ. "Αpζα.ι �� έμεtν. Βα.βα.t. Π p&τον τουτt το μ&ν, ' - το' � "" 11 7 " ' ' ει.,ε 'ο λ'YJ' λυv·ε cι το' κq;τα., ' ' α.υτοις ειτα. μετ' α.υτο 'ι ο uς κα.ι' ε�τα. επ &μΎJγέπΎJ κα.t λίj)στε κα.t ��που&εν κα.t συνεχΕ:ς το &ττα.. Βία.σα.ι �· ' '1> ' '1> ' ' ' - cι ''t" cι ουοε ουοε το' σκοροινα.σv·α.ι ουοε το' σκυ'λτο' τευτα.�,εσv·σcι εμ'Υ)μεκα.ς λεσ&α.ι 61• Πολλα �τι δπο�έ�υκε κα.t μεστ� σοι α.ότ&ν � γα.στ�p. "Αμεινον �έ, εί κα.t κάτω �ισcχωρ�σειεν &ν �νια.· � γουν σιλΎJποp­ �(α. μέγσcν τον ψόφον έργάσετα.ι συνεκπεσουσα. μετα του πνεόμα.τος. 'Αλλ' ��'YJ μΕ:ν κα.&α.ρος ούτοσt πλ�ν ε'C τι μεμένΎJχεν ύπόλοιπον έν " Λυ- πα.ρα.λα. β ων 1 α.υτ ' ' ι ' ό ν, ω σε το' μετσc' τουτο Σ v·' "'' το�ς κσcτω εντι:;ροις. κ'i.'νε, μετσcπσcί�ευε κσct �ί�σcσκε & χp� λέγειν. [:2:2] ΛΥΚ. 06τω ποι�σομεν, & Σώπολι, έπει�ήπερ �μ'i.'ν προω­ �οποίΎJτα.ι τα πα.ρα σου· κα.t προς σΕ: το λοιπόν, ω Λεξίφα.νες, � CΙ - cι ' ' σc' λ Ύ)v·ως ' ' ' λ ογοις ' cι ' λ εις ως ( ' εv·ε επα.ινεισv·σcι επι συμ β ουλ'YJ' · Ε '1�περ c:Jφ κ&ν το'i.'ς πλ�&εσιν εό�οκψέ'i.'ν, τα μΕ:ν τοια.υτα. πάντα. φευγε κα.t &ποτρέπου, &ρζάμενος �Ε: &πο τ&ν &ρίστων ποιΎJτ&ν κσct ύπο �ι­ �α.σκάλοις σcότοuς &ναγνοuς μέτι-θ·ι έπt τοος p�τορα.ς κα.t τyj έκεί­ νων φωνη συντρα.φεtς έπt τα Θουκυ�ί�ου κα.t Πλάτωνος έν κα.φίj) μέτι&ι, πολλΟC κσct τη κα.λη κωμφ�(ίf κα.t τη σεμνΊJ τρα.γφ�(ίf έγ6ο. Il gioco fonico-semantico imperniato sulla corrispondenza πτω μα­ πω μα permette in italiano un corrispettivo del tipo « sventura 11 - « cl1iusura "• che non rinuncia all'omeoteleuto e, con una leggera forzatura nel significato rispetto ai sostantivi greci, cla un'idea sufficiente del modo di baloccarsi con le paι·ole, proprio di questi retori. In verita πω μα vuol dire « coperchio >> (che in qualche modo chiude il torrente di parole di Lessifane) e πτω μα significa ρropriamente « caduta >> (in senso figurato, s'intende) . 6r. Tutti questi vocaboli che Sopoli elenca sono attestati come pura­ mente attici, e caratteΓistici di chi voleva ostentare con un certo numero di

34 [46], Ζ Ι -ΖΖ

SoP. Per Zeus, ο Licino, non e da poco 1a ma1attia che dici. Dunque bisogna aiutare il soggetto con ogni mezzo e, giacche per fortuna sono uscito dopo aver preparato questa medicina qui per un bilioso, affinche vomitasse bevendo1a, suvvia, ο Lessifane, bevila primo tu, per svuotarti di una ta1e stravaganza di paro1e e ridiventarci sano e mondo. Dammi retta, dunque, bevi e starai meglio. LESS. Ιο non so che cosa mi farete, ο Sopoli, tu e Licino, abbeverandomi di codesta medicina. Il vero e ch'io teιno che questa chiusura delle mie paro1e diventi per me una sventura 60• Lic. Bevi e non indugiare, che potrai :fina1mente pensare e par1are come un essere umano. LESS. Ecco ίο vi do ι·etta, e berro. Ahi ! Che e questo ? Il ribollimento e forte. Sembra che abbia inghiottito uno spirito che par1a da1 ventre. [zr] SoP. Comincia, su, a vomitare. Eh ! Eh ! Prima e uscito questo « forseche >> qui, poi, dopo di esso, 1'« eppoi », poi, dopo questi, il « diss'egli » e « in qua1che modo » e « ottimo mio » e « per vero » e, senza interruzione, il « varii ». Sforzati, tuttavia, e :ficca 1e dita in go1a. Non hai ancora vomitato il « dappresso », ne 1ο (( stiracchiarsi », ne 1'« indaffararsi » , ne lo (( scuoiare )) 61, Molte paro1e sono ancora in fondo e 1a tua pancia ne e piena. Sarebbe mcglio, sc a1cune potessero passare anche di sotto : certo 1a boria, erompendo fuori insieme con 1'aria, produrra un grande rumore. Ma quest'uomo ormai e purgato, sa1vo che qua1che residuo sia rimasto nell'intestino basso. Ma, dopo di cio, ο Licino, prendilo tu in consegna, educa1o diversamente e insegnagli quello che deve dire. [zz] Lic. Faremo cosi, ο Sopoli, da1 momento che da parte tua ci e stata aperta la via ; per i1 resto il consiglio riguarda te, ο Lessifane. Se vuoi, dunque, essere 1odato veramente e goder buona fama tra Η pubblico, evita e respingi ogni cosa che somigli a quelle di prima e, dopo aver cominciato dai poeti migliori e averli 1etti guidato da un maestro, passa agli ora.tori e, dopo esserti nutrito della loro lingua, passa a1 moιnento giusto alle opere di Tucidide e di P1atone, non prima, voglio dire, di essere stato a 1ungo esercitato dalla simpatica com« contrassegni » linguistici il proprio rigoroso purisιno. Ε ovvio che la tι·adu­ zione livella qualsiasi differenziazione dialettale presente nel testo greco .

ΛΕΞΙΦΑΝΗΣ

γεγυμνα.σμένος' πα.ρdι. γdι.ρ τούτων &πα.ντα. τdι. κάλλιστα. &.πα.ν&ισά­ μενος �ση τις έν λ6γοις' ώς νϋν γε έλελ�&εις σα.υτον το'i:ς δπο των κοροπλ&S·ων είς τ�ν &.γορdι.ν πλα.ττομένοις έοικώς, κεχρωσμένος μeν τ?'J μίλτcμ κα.ι τij) κυα.ν(j), το �· �ν�ο&εν π�λιν6ς τε κα.ι εΜρυπτος &ν. [23] 'Εdι.ν τα.uτα. ποι?jς, προς όλίγον τον έπι τ?'J &.πα.ι�ευσι� e!λεγχον δπομείνα.ς κα.ι μ� α.t�εσ&εις μετα.μα.ν&άνων, -θ·αφρων δμι­ λ�σεις το'i:ς πλ�&εσι κα.ι ού κα.τα.γελα.σS-� ση &σπερ νϋν ού�ε 3ιdι. στόματος έπι τij) χείρονι το'i:ς &.ρίστοις έ:ση, 'Έλληνα. κα.ι 'Αττικον 62 I λ I I ' Q Ν \ ' '1> ' ' ουντων σε τον μΎ)οε τοΝις σα.φεστα.τοις βα.ρ β α.ρων α.ριv·μειεν α.ποκα. σS·α.ι &ξιον. Προ πάντων 3ε έκε'i:νο μέμνφό μοι, μ� μψε'i:σS·α.ι των όλίγον προ �μων γενομένων σοφιστων τdι. φα.υλότα.τα. μΎ)�ε περι­ εσ&ίειν έκε'i:να. &σπερ νϋν, &.λλιΧ τιΧ μΕ:ν τοια.uτα. κα.τα.πα.τε'i:ν, ζ·ηλοϋν 3ε τdι. &.ρχα.'i:α. των πα.ρα.aειγμά.των. ΜΎ)�έ σε &ελγέτωσα.ν α.ί &.νε­ μωνα.ι των λόγων, &.λλdι. κα.τdι. τον των &.Sλψων νόμον � στερρά. σοι τροφ� συν�&ΎJς έ:στω, μάλιστα. �ε Χά.ρισι κα.ι σα.φΎ)νεί� &ϋε, &ν πάμπολυ λία.ν νϋν &.πολέλειψο. [24] Κα.ι δ τϋφος �ε κα.t � με­ γα.λα.υχία. κα.ι � κα.κο�&εια. κα.ι το βρενs.ύεσS·α.ι κα.ι λα.ρυγγίζειν &πέστω κα.ι το �ια.σιλλα.ίνειν τιΧ των Υ.λλων κα.ι οrεσS·α.ι 5τι πρωτος I Jl ' Ν "' I Ν ' I κα.�I μ.),.ιν κα.κεινο ου' μικρον, Ύ)ν τα.\ πα.ντων συκοφα.ντης. ι;;ση α.υτος, μiΧ.λλον �ε το μέγιστον &.μα.ρτάνεις, 5τι ού πρότερον τdι.ς �ια.νοία.ς των λέξεων προπα.ρεσκευα.σμένος έ:πειτα. κα.τα.κοσμε'i:ς το'i:ς p�μα.σι κα.ι το'i:ς όνόμα:σιν, &.λλdι. ην που p'ljμα. έ:κφυλον είSρης � α.ύτος πλα.­ σάμενος οίΎJ&?'Jς ε!να.ι κα.λ6ν, τούτcμ ζψε'i:ς �ιάνοια.ν έφα.ρμόσα.ι κα.ι ζΎ)μία.ν �γ?'J, &ν μ� πα.ρα.βύσης α.ύτό που, κ&.ν τij) λεγομένφ μΎ)�' άνα.γκα.'i:ον � ' ο!ον πρΦΎJν τον S·υμάλωπα. 63 ού�ε εt�cbς 5 τι σΎ)μα.ίνει, ' '1> ' I I ' ' � Ν πυ..�-ντες ψα.ς ουοεν εοικοτΙΧ τcμΝ υποκειμ υ..-1.περρι ένcμ. κα.ι\ οι' μι;;l. ν ��ιιιωται έτεS-�πεσα.ν δπο του ξένου ΠλΎ)γέντες τdι. ώτα., οί πεπαι�ευμέvοι �ε I ' ' ' Ν ' Ν '1> ' ' έλων. [ 25 ] Τ'ο οε επ α.μφοτεροις κα.ι\ σοι\ κα.ι\ _ τοις επα.ινουσιν εγ πάντων κα.τα.γελα.στότα.τον έκε'i:νό έστιν, 5τι δπερά.ττικος 64 ε!να.ι I I ' Ν '" Ν \ ' ' εις β ω μεν α.πΎ)κρι ο ς τοια.υτα. α.> di Dosiada 67, 1'« A1essandra >> di Licofrone 68 e opere di altri ancora, se c' e qualcuno nella lingua piu scia­ gurato di questi. Se seguirai con ze1o questi principii e i tuoi studii saranno diversi, avrai preso 1a ιniglior decisione per il tuo bene ; ιna se, senza avvedertene, scivo1erai nuovaιnente ne1 tuo perverso appetito, ίο, da parte ιnia, ho assolto i1 coω­ pito di avvertirti, tu, se e quando capirai di aver peggiorato 1a tua faιna, non potrai che dar 1a co1pa a te stesso. =

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35 [47] ΕΥΝΟΥΧΟΣ *

L'EUNUCO

* Noi ποπ sappiamo se si siaπo mai trovati a coπteπdersi uπa cattedra di filosofia peripatetica - e il relativo οποraήο di diecimila dracme - due per­ soπaggi, dei quali uπο euπuco', come quelli preseπtati iπ questo dialogo da Luciaπo ; e taπto meπo sappiamo se la disputa si sia svolta, sia pure approssi­ mativameπte, πei termiπi descritti qui da Liciπo a Paπfilo, cioe dallo scrit­ tore stesso a uπ amico. La realta puo aver offerto almeπo uπο spuπto alla faπtasia di Luciaπo, ma questa puo aver beπissimo lavorato iπ proprio sotto lo stimolo di uπa reazioπe sfavorevole da parte del liberissimo Sofista al prov­ vedimeπto di Marco Aurelio, iπ se illumiπato, ma capace di dividere filosofie e filosofi iπ ufficiali e πο. Certo e che quelle diecimila dracme ποπ potevaπo ποπ assimilarsi πella meπte di Luciaπo alle esche d'oro, cοπ le quali aveva immagiπato πel « Pescatore >> di pescare i falsi filosofi, falsi perche, secoπdo lui, se amaπo il deπaro, ποπ sοπο filosofi veri. Ε cosl. forse aπche la faπtasia, ma certameπte la veπa satirica si scateπaπo e mettoπo iπ moto uπa macchiπa, pesaπte, se vogliamo, ma perfetta πegli iπgraπaggi, che schiaccia a poco a poco le sue vittime fiπo ad aππieπtarle col feroce sarcasmo della coπclusioπe. Poiche Erode Attico, e ποπ uπa commissioπe di cittadiπi ateπiesi, esamiπava i filosofi πegli aππi dal 1 76 d. C. (istituzioπe degli stipeπdii) al 1 78 (morte del famoso retoι·e), πe coπsegue che il dialogo deve essere stato composto al piu presto πel 179 d. C.

[r ] ΠΑΜΦΙΛΟΣ. Πό&εν, ω Λuκϊνε, η τί γελων �μϊν &.φϊξαι ; 'Αεt μέν γιΧρ φαιaρος &ν τuγχάνεις τοuτt aέ πλέον τοu σuνή{)·οuς ε!ναί μοι aοκεϊ, έφ ' g't'f > I ' καιI παντα ικελΙΧ εκ τελεουσι καιI χρ 6('Υjν

I I � ' ζ οντο φονους εργα γυναικας εγαμεον, πριν περιεβ α' λλ οντο ι ' ι ' ' ' � τα μαντΎJLΙΧ αυπαρα' μαντεων ακουσοcι γαρ τέοισι ούκ ΙΕ.ξω &στρολογLΎJς �ν, &λλΟC παροc μeν Δελφο'i:ς παρ-θ·ένος ΙΕ.χει τ�ν προφψεLΎJν σύμβολον τ�ς παρ&ένου τ�ς ούρανLΎJς, κα1. aράκων όπο τ>. [r 5] Canzonandolo un certo Pitone, bel giovinetto della nobilta macedone, e, propostogli un quesito capzioso, invitandolo a darne la soluzione per sillogismo : « Ιο so - disse -, ragazzo mio, una cosa sola che il sillogismo sara conclusivo, ma tu sei passivo 16 » . Irritato dalla punta del gio� co di parole, ribatte l'altro minacciandolo : « Te lo faccio vedere subito l'ιιοmο », e lui ridendo chiese : « Vuoi dire che ce l'hai con te ? » . [r 6] Una volta che un atleta, deriso da lui perche era stato visto, pur essendo un olimpionico, avvolto in una veste ricamata a fiori, lo colpi al capo con una pietra e scorse il sangue, i presenti erano indignati come se ciascuno personal� mente fosse stato colpito e gli gridavano di andare dal pro� console, ma Demonatte : « Nossignori - disse -, non dal pro­ console, ma a cercare un medico ! » . [17] Poiche una volta andando per strada trovo un anello d'oro, espose un avviso in piazza pregando chi avesse perduto l'anello, chiunque ne fosse il proprietario, di presentarsi e di ritirarlo dopo averne indicato i1 peso, la pietra e il sigillo. Si presento un bel ragaz­ zetto dicendo di averlo perduto lui. Ma poiche non diceva nulla di sensato, lo interruppe : « Vattene, figliolo, e custodisci il gioiello tuo 17, perche questo non l'hai perduto » . [r8] Quando un senatore romano, che si trovava ad Atene, gli presento il proprio figlio, molto bello, ma femmineo e smidollato dicendo : « Mio figlio, che vedi qui, ti saluta » , Demonatte osservo : « Bello, degno di te e uguale alla madre ». [rg] Il cinico che professava la sua filosofia coperto da una pelle di orsa penso di chiamarlo non Onorato 18, com'era i1 suo nome, ιna Arcesilao 19. [20] Aven-

!7· Anche qui il motto arguto s'impernia su un doppio senso non ripro­ ducibile in traduzione : aα:κτόλιος, infatti, significa « anello )), ma anche « ano >>. Si capisce, cosl, facilmente quale ιι gioiello >> (il termine piu generico dovrebbe riecheggiare in qualche modo !ο specifico ιι anello >>) Demonatte consigli al giovinetto di custodire. r 8 . Di questo Cinico parla solo Luciano in questo luogo. rg. Evidentemente ιι Arcesi!ao >> non deve spiegarsi qui, secondo l'et\­ mologia corrente, come ιι difensore del popolo >>, bens1 come ιι co!ui che tiene a distanza il popolo >> (il verbo &ρκέω puo significare, sia pure con diverse costruzioni, l'una cosa e l'altra ; e λα:6ς e il coπispettivo di « popolo >>) .

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ΔΗΜΩΝΑΚΤΟΣ ΒΙΟΣ

εό&αιμονίας είναι &οκε�, Μόνον εύ&αίμονα, �ψη, τον έλεύ{J.ερον• έκείνου &e ψήσαντος πολλοuς έλευ&έρους είναι, 'Αλλ' έκε�νον νομίζω τον μήτε έλπίζοντά η μήτε &ε&ιότα· ό Μ, Και πως &ν, �ψη, τοuτό τις Μναιτο ; "Απαντες γιΧρ ώς το πολU τούτοις &ε3ουλώμε&α. Και μήν, �ψη, εt κατανοήσεις τα. των ά.ν&ρώπων πράγματα, εf5ροις &ν αύτα. ο\Sτε έλπί�ος ο\Sτε φόβου &ξια, παυσομένων πάντως και των ά.νιαρων και των �aέων. [2r] Π ερεγρίνου aε τοu Πρωτέως 20 έπι­ τψωντος αύτ>. [52] Domandandogli un tale se mangiasse anche lui le focacce col miele : « Pensi dunque - rim­ becco - che le api depongano il miele per gli sciocchi ? >> 41• [53] Avendo veduto nel Pecile 42 una statua con una mano tagliata, disse che un po' tardi gli Ateniesi avevano onorato Cinegiro 43 con una immagine di bronzo. [5 4] Ε ancora, visto che Ru:fino di Cipro - alludo allo zoppo del Peripato - passava molto del suo tempo passeggiando : « Non c'e essere - esclamo piu vergognoso di uno zoppo peripatetico ! >> 44• [55] PoicM una volta Epitteto 45 lo consiglio in tono di rimprovero di pren­ dere moglie e di avere dei :figli, giacche a un :filosofo si addiceva anche di lasciare alla natura un altro al proprio posto, gli ri­ spose nel modo piu tagliente : « Ε allora, ο Epitteto, dammi una delle tue :figlie >> 46• [56] Vale inoltre la pena di ricordare cio che disse ad Ermino l'aristotelico : sapendo che era un :fior di mascalzone e faceva un'in:finita di male azioni, ma aveva sempre in bocca Aήstotele e le sue dieci categorie : « Ermino - lo apostrofo -, tu sei degno veramente di dieci accuse >> 47• [57] PoicM gli Ateniesi, per emulare i Corinzii, meditavano di organizzare uno spettacolo di gladiatori, si presento ίη assemblea

45 · Cfr. nota 5 · 46. M a Epitteto non aveva figlie per i 1 semplice motivo che non era spo­ sato nemιneno lui. 47· Abbiamo anche qui un doppio senso intraducibile : in greco infatti κατ-ηγορtα, a paι-te !ο specifico, e ben noto, significato che assume nella filo­ sofia aristote!ica (anche per noi IO,

Il,

ΔΗΜΩΝΑΚΤΟΣ ΒΙΟΣ

ο:ύτοός, Μ� πρ6τερον, �ψη, το:uτο:, ω Ά&ψο:�οι, ψΎJφίσΎJσ&ε, &ν μ� τοu Έλέου τον βωμον κο:3·έλψε. [58] 'Ε1tει ae είς 'Ολυμπίο:ν ποτι1: έλ&6ντι ο:ύτ(j) ' Ηλε�οι είκ6νο: χο:λκ�ν έψ'Υ)φίσο:ντο, Μ'Υ)i)ο:μως τοuτο, �ψ'ΥJ, ω άtνaρες ' Ηλε�οι, μ� i)6ξψε όνειi)ίζειν το�ς προγ6νοις ύμων, δη μ�τε Σωκράτους μ�τε Διογένους είκ6νο: ά.νο:τε3·είκο:σιν. [59] " Ηκουσο: aε ο:ύτοu ποτε κο:!. προς τον *' * 48 τον των ν6μων �μπεφον το:uτοι λέγοντος, δτι κινaυνεόουσιν άtχρ'Υ)στοι ε'ίνο:ι οι ν6μοι, όtν τε ΠΟν'Υ)ροϊς rJ.ν τε ά.γο:&ο�ς γράψωντο:ι· οι μeν γcΧρ ού i)έοντο:ι ν6μων, οι 1)11; δπο ν6μων ούaeν βελτίους γίνονται. [6ο] των 1)11; Όμ�ρου στίχων �νο: �i)ε μάλιστα, Κάτ&ο:ν ' όμως 8 τ ' άεργος ά.ν�ρ 8 τε πολλcΧ έοργώς 49. [6r] Έπήνει 1)11: και τον Θερσίτ'ΥJν 50 Θς Κυνικ6ν τινο: a'Υ)μ'Υ)γ6ρον. [62 ] Έρωτ'ΥJ&εις ι:Jέ ποτε, τίς ο:ύτ(j) ά.ρέσκοι των φιλοσ6φων, έ!ψ'ΥJ, Πάντες μeν 3ο:υμο:στοί, έγω ae Σωκράτψ μeν σέβω, &ο:υμάζω aε Διογέν'ΥJν και φιλω 'Αρίστιππον 51• [63] 'Εβίω 1)11; �τ'Υ) όλίγου i)έοντοc των έκο:τον Υ.νοσος, Υ.λυπος, ούaένο: ένοχλ�σο:ς τι � ο:ίτ�σο:ς, φίλοις χρ�σψος, έχ&ρον ούi)ένα ούaεπώποτε έσχ'ΥJκώς και τοσοuτον �ρωτο: �σχον προς ο:ύτον 'Α3·ΎJI I Ν I " Jl. .$. ' I (\ ' ξο:νιστασv·ο:ι ναιοι τε ο:υτοιI καιI ο:πο:σο: ,1 Ελλ ας, ωστε πο:ριοντι υπε μeν τοuς άtρχοντας, σιωπ�ν 1)11: γίνεσ-θ·αι πο:ρcΧ πάντων. Το τελευ­ το:�ον 1)11; �i)'YJ δπέργ'Υ)ρως &ν άtκλψος είς �ν τύχοι πο:ριων ο!κίαν έi)είπνει και έκά3·ευaε, των ένοικοόντων &εο\1 τινο: έπιφάνειαν �γου­ μένων το πρiiγμο: κο:ί τινο: ά.γα3·ον aο:ίμονο: είσελ'Υ)λυ&έναι ο:ύτο�ς είς τ�ν οίκίο:ν. Παρι6ντα 1)11: αι ά.ρτοπώλιi)ες ά.ν.θ·ε�λκον προς αδτcΧς έκάστ'Υ) ά.ξιοuσο: παρ ' αύτ�ς λαμβάνειν των όίρτων, και τοuτο εότυχίσιν έαυτ�ς � aεaωκυ�ο: ς. 1 > I > I > ς-Ι >ς. Ι 1 ς. ειπων οιΠ'Υ) λαυτους· ο< οε ωων lJ,ιιο'Υ) ουοεν μετεγνωκοτας καιI οcυτος ,

48. Non doveva ιnancare qui, nell'originale, i1 nome proprio dell'espeι·to (come prova l'articolo determinativo), non1e, tuttavia, di cui non v'e traccia nei nostri manoscritti, poiche la sua caduta precede, evidentemente, la reda­ zione di entraιnbi gli archetipi della nostra duplice tradizione manoscritta ( cfι·. vol. Ι, Νota critica) . 49 · Il., ΙΧ, 320. so. Il soldato acheo brutto e petulante - cosl lo presenta Omero nell'epi­ sodio dell'Iliade, di cui e protagonista (ΙΙ, vv. 2 1 1 -277) -, che il Cinico consi­ dera invece un tribuno capace di sostenere le ragioni del popolo . Luciano ne

37 [9], ss-64

e disse : « Non prendete, ο Ateniesi, questa decisione, se prima non avete abbattuto l'altare della Pieta )), [58] Ε poich6 una volta che ando ad Olimpia gli Elei decretarono di erigergli una statua di bronzo : « Non dovete far questo, ο Elei, perche non sembri che rimproveriate i vostri antenati di non aver dedicato una statua ne a Socrate ne a Diogene )), [59] Un'altra volta gli sentii dire a . . . 48, esperto di legge, che le leggi ήschiano di essere inutili sia che vengano fatte per i disonesti che per gli onesti : questi, infatti, non hanno bisogno di leggi, quelli non sono miglioiati da esse )), [6ο] Dei versi di OmeiO recitava uno ίη particolare : Muoion lo stesso l'ιιοmο attivo e il pigro

49.

[6r] Lodava Tersite 50 peiche per lui era un Cinico capace di esporre le ι·agioni del popolo. [62] Quando una volta gli fu chiesto quale dei filosofi gli piacesse, Iispose : « Tutti sono an1mirevoli, ma ίο venero Socrate, ammiro Diogene ed amo Ari­ stippo )) 51• [63] Visse poco meno di cent'anni senza malattie e senza dolori, senza recar molestia ο chiedere nulla a nessuno ; utile agli amici, non ebbe mai un nemico, e gli stessi Ateniesi e la Grecia tutta nutrirono tanto affetto per lui, che, quando passava, le autorita si alzavano e tutti facevano silenzio. In ultimo, gia molto vecchio, pianzava e dormiva, senza esseie stato invitato, in qualunque casa, davanti alla quale si trovasse a passare, poiche gli abitanti vedevano nella cosa l'appaiizione di un dio e l'ingresso della buona sorte nella loro casa. Le panettiere, poi, quando passava, lo tiravano ciascuna a se pregandolo di prendere del pane da lei, e quella che glielo aveva dato pensava che cio fosse la sua fortuna. Anche i bambini gli portavano della frutta e lo chiamavano padie. [64] Quando ίη Atene si venne a una rottura fra i partiti, egli si presento all'assemblea e la sola sua comparsa fece tacere tutti ; ma non appena avverti che le loro volonta erano gia mutate, senza aprir bocca nemmeno lui, se n'ando. ha fatto altrove il prototipo dei brιιtti (si veda, in particolare, vol. Ι, llιJort. dial., 2 5). 51. Per Aristippo si vecla Ver. ltist., Π , 1 8 e nota 34·

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'λάγη. [65 ] ''Οτε �ε σuν�κεν ouκf&' ο!6ς τε α:ότ(j) έπικοupε'i.'ν, εtπων προς τοuς πα:p6ντα:ς τον ένα:γώνιον των Κ'ηpόκων π6�α:, Λ�γει μεν άγων των κα:λλ(στων &-θλων τα:μια:ς, κα:φος �ε κα:λεi μ'Υ)κέτι μέλλειν 02 > Ι ι > ι > κα:ιΙ τοu"' βι ου α:ποσχομενος ΙΧΠ'Υ) κα:ι1 πα:ντων το'i.'ς έντuγχάνοuσιν έφα:ινετο. [66 ] 'Ολιγον �ε προ τ�ς τελεuτrjς έρομένοu τινός, Πεpt τα:φ�ς τι κελεόεις ; Μ� πολuπpα:γμονε'i.'τε, �φΊJ' "' .. 'I' , I "' e> · οα:ισχρον , , , Ι I λv·ε εκε ινοu, φα:ιορος �ος α:ει Ί) γα:ρ με ; ο uκ ει. τι οuν όρνέοις ΚΙΧL κuσι βοραν προτε&�να:ι τ'Υ)λικοότοu ά.ν�ρος σωμα: ; Κοιι μ�ν οu�εν &τοπον, �φ'Υ), τοuτο, εί μέλλω ΚΙΧL ά.πο&οινων ζΦοις τισt (\ Ι ψ

� � I > Ι τ'Υ)ς τ ως παυ στον ταυτ'Υ)ν οργ'Υ)ν. [3] ΛΥΚ. Πέπαυσο τ�ς έπιπλά.στου κα1 aυσχεροuς ταuτ'ΥJς Ι � ' οτι τουτ "' .,), ' β Υ)σαν' ' > 39 • [26] Εί I)' εrκοσιν έτων &ποπεφφη πα�Μ τις, αύτος �μοιγε aοκε� πασχητιiiν &μφίβολον 'Αφροaίτην μετοca ιώκων' σκληροι γιΧρ oi των μελ&ν &πα.νaρω-θ·έντες �γκοι καt τραχο μΕ:ν &ντt του πάλαι μαλακου πυκασ-θ·Ε:ν ίοόλοις το γένειον, οί I)' εύφυε�ς μηροt -θ·ριξtν Θσπερεl pυπ&ντες· & I)' έστt '

36. Fatti storici, invece, non indiscrezioηi piu ο meno fondate, sono sia la mutilazione delle erme che una ίrriverente contraffazione dei ι·iti misterici di Eleusi, attribuite l'una e l'altra acl Alcibiade iιnmediatamente priωa della partenza della flotta ateniese per l'infansta spedizione ίη Sicilia (415 a. C.) . L a consegιιente accusa di empieta lo raggiunse a Siracusa, ιna Alcibiade sfuggl al processo rifugiandosi a Sparta. 37· Alcibiade tradl Atene passando dalla parte del nemico spaι·tano e dando a questo degli eccellenti consigli ai clanni della propria patria. Quello di fortificare Decelea, in eccellente posizione strategica a nord-est di Atene, fu certo i1 piu micidiale per Atene, messa ίη continuo allarme dalle scorrerie spartane, che dalla munitissima base raggiungevano facilmente qualsiasi punto dell'Attica. I�'accusa di tramare per farsi tίranno della sua citta era stata mossa insieιne con quella di eιnpieta.

38 [49], 25-26

e i discorsi fra le bevute divulgarono l'iniziazione di Eleusi 36? Ε chi avra ammesso di averlo amato, quando tradiva Atene, fortificava Decelea e preparava per la sua vita la tirannide 37 ? Ma finche non era ancora, secondo il divino Platone 38, pieno di barba, era amato da tutti ; quando, pero, si fu mutato da fanciullo in uomo, nell'eta in cui il raziocinio, prima imperfetto, assolve compiutamente la sua funzione, era odiato da tutti. Che cosa se ne conclude? Quelli che amano i giovinetti piu che la sapienza, iscrivendo su passioni turpi la verecondia dei non1i, dicono virtU la bellezza del corpo. Ma questo discorso, perche non sembή ch'io menzioni degli uomini insigni con spirito ostile, intendo si fermi qui. [25] Ε per poco scendendo dall'altezza del mio impegno al vostro piacere, ο Callicratida, dimostrero che l'intimita con la donna e di molto preferibile a quella paidica. In primo luogo ritengo che di ogni godimento procuri piu diletto quello che dura piu a lungo : un piacere rapido, infatti, vola via prima che se ne sia completata l'esperienza, e il divertimento e su­ periore in chi lo prolunga. Ε magari la grettezza della Parca avesse assegnato alla nostra vita lunghe scadenze, ed essendo ininterrotta la salute, nessun dolore ci logorasse lo spirito : passeremmo l'intero nostro tempo come una festa e un sollazzo 1 Ma poiche il demone maligno ci invidio gioie piu grandi, fra le disponibili per noi quelle che si protraggono sono le piu dolci. Orbene, la donna da quando e ancora vergine fino alla mezza eta, prima di incorrere definitivamente nelle rughe del­ l'estrema vecchiaia, e per gli ιιomini una compagna, il cni abbraccio e desiderabile, e anche se ha oltrepassato il fiore della giovinezza, tuttavia Ν σκοπειν uJ!λην παραI του λαμβ ανοντας ·ηοονην, α' λλ' εκεινο μερισαμένους οΌ τυγχάνουσιν ά.νηπαρασχε�ν ΙSμοια. Τοuτο �' οόκ &ν έπι παί�ων ε�ποι ης, ούχ οί5τω μέμηνεν, ά.λλ' δ μεν �ιΙΧ1}εtς, fι νομίζει · � ' !:' I \ I Ν \ �1. ' ' α;περχεται, �- I ηuονην ε dell'ora.toι·ia. a.ttica. scelti da.i filologi alessandrini. Quanto alla. ca.pacita persna.siva. di Pericle, i1 ben noto uomo politico che gniclό le soι-ti di Atene nel periodo del sno ma.ssinιo splendore, l'eta clιiamata., a.ppunto, di Peι-icle, ι-icordereιno solta.nto le parole del poeta. coιnico Enpoli, conteιn­ pora.neo e riva.le di Aristofane : « Sulle sue, labbra. risiedeva. la. persua.sione >>.

5 :2 0

ΕΡΩΤΕΣ

έ. 11>'>. c I ' ' \ οι:; προκο Ψαι, επει οιc παρα\ τοuτοu γuναιλ ογοι και\ φιλ οσοφειν uπc;p κων έπενο�&'Υ)σαν, άσμένως τ�ν &φορμ�ν �ρπακα· μόνος γcΧρ δ &ρρ'Υ)ν �ρως κοινον &ρετΎ)ς και ή3ονΎ)ς έστιν �ργον. Εόξαίμψ γιΧρ &ν, ε'Cπερ �ν έν auνατ υχης επιο α.ρρην ο;ρως σε φι λοσοφου κα.λον φα.ρμα.κα, μονος ταγμα.. Πδi.σι 9ε το�ς έκ του περιόντος εtς εuπρέπεια.ν Ίjσκημένοις �πετα.ι τιμ-Υ) πλειων η 5σα. τΊjς πα.ρα.υτιΧ χρεία.ς έπι�ε�τα.ι, κα.ι πά.ντη l , .. Cι , Ν .,. , ' κρειττον. "Αχρι μο;ν τουΝ α.να.γκα. ουν ο, βι ος α.μwιτης ι ου το, κα.λον , " ' '�- ' Ν , Ν , , , , ' 'tjν ουσεπω της κα.'\]'' Ύjμερα.ν πε ι ρας προς το β ελτιον ευσχολων, α.γα.πητως έπ' α.uτα. τα. ά.να.γκα.�α. συνεστέλλετο, τΊjς �ε ά.γα.&Ίjς �ιαίτης έπειγων ό χρόνος ou πα.ρέσχεν εf5ρεσιν. 'Επει�η �ε α.t μεν έσπευσμέ­ να.ι χρε�α.ι πέρα.ς εlχοv, οε ()έ των επιγιγνομένων &.ει λογισμοι τ'fiς ά.νά.γκης ά.φε&έντες ηuκα.ιρουν έπινοε�ν τι των κρειττόνων, έκ τοότου κα.τ' ολιγον έπιστΊjμαι συνηόζοντο. Τουτο �· ήμ�ν ά.πο των εUτε­ λεστέρων τεχνων �νεστιν εtΚά.ζειν. Αuτικα. πρωτοί τινες &ν&ρωποι γενόμενοι του κα.&' ήμέρα.ν λιμου φά.ρμα.κον έζήτουν, εί&' ά.λισκό­ μενοι τη προς το παρον έν�ειqG, τr)ς ά.πορια.ς οuκ έώσης έλέσ&α.ι το I εσιτουντο ('ι ' Ι ζα.ς ορυττοντες \ Ν ' I ' ια.ν ποαν ' κα.ι\ μα.λ,τα.κα.ς β ε' λτιον, τ .,\,.1ν εικα. ρι I

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57· Pei questo Έrσs antico, che, natσ dal Caos, cσstringe il Caos a rifu· giarsi nel Tartaro dando forma al tuttσ, si veda De salt., 7 e nσta Ι Ι . 58. Il., VIII, r5 .

38 [49], 32-33

noi siamo isolati, stranieή in terra straniera, e Cnido e luogo che privilegia Caricle ; tuttavia io non tradiro la verita lascian­ domi vincere dallo scoraggiamento. [32] Soltanto, ο Genio ce­ leste, assistimi al ωomento giusto tu, sapiente iniziatoie ai misteri dell'amicizia, Eros, che non sei l'infante dispettoso che si divertono a rappresentare le mani dei pittori, ma colui che il Principio col suo primo seme genero portandolo alla luce direttamente adulto : tu infatti desti forma al tutto estraendolo da una materia informe oscura e confusa 57• Cωne dunque avessi liberato l'intero universo da un unico sepolcro, costrin­ gesti il Caos che lo circondava a rifugiarsi nei recessi estreιni del Tartaro, dove ci sono veramente porte tutte di ferro e bωnzea soglia 58,

a:ffincM dalle catene di un carcere indistruttibile gli fosse im­ pedita la via del ritorno ; e spiegando nella notte buia una luce splendente, divenisti l'artefice di ogni essere animato e inanimato ; diffondendo poi fra gli uomini una straordinaria concordia, allacciasti i :fili del sacro sentimento dell'amicizia, a:ffinche l'amoie nascendo da un'anima ancora innocente e teneia e con essa crescendo giungesse alla perfetta maturita. [33] Le nozze sono state escogitate per la necessaiia continuita della spccic, mcntie soltanto l'amore maschile e una nobilc legge dell'animo filosofico. Ε a tutte le cose, che sulla base del superfluo curiamo mirando al decoro, tocca onore piu grande che a quante s'impongono gli obblighi del bisogno imιnediato, e in ogni caso il bello e superiore al necessario. Finche, dunque, la vita era incolta e non aveva ancora tempo per lo sforzo quotidiano di migliorarsi, si limitava volentieri alle sole ne­ cessita, e il tempo incalzante non consenti di trovare il giusto modo di vivere. Ma quando i bisogni urgenti ebbero termine, e le menti degli uomini che continuavano a succedersi, liberate dalla necessita, ebbero agio di pensaie a qualcosa di piu elevato, da questo momento si svilupparono a poco a poco le scienze. Ε questo ci e possibile aiguire dalle arti manuali piu comuni. Appena venuti al mondo, i primi uomini cercarono subito un Iimedio per la fame di ogni giorno e, sorpresi dal bisogno im­ mediato, non ·permettendo la mancanza di risorse di scegliere il meglio, si cibavano dell'erba trovata a caso, scavavano radici

ΕΡΩΤΕΣ

κα.( τ. Che cΈ� da meravigliarsi ? Le cose, che giustameπte si sceglie­ rebbero iπ base a υπ ragioπameπto, ποπ possoπo averle quelli che ποπ sοπο iπ grado di ragioπare per la loro stoltezza. Ε iπ realta, se Prometeo 59 ο qualche altro dio avesse assegnato a ciascuπ essere viveπte uπa meπte umaπa, ποπ li soddisfarebbero la solitudiπe e la vita sui moπti, πe avrebbero l'uπo πell'altro il loro cibo, ma al pari di ποi, costruiti dei tempii e abitaπdo ciascuπo il focolare al ceπtro delle sue proprieta, sarebbero cittadiπi goverπati da leggi comuπi. Che c'f�, duπque, di stra­ ordiπario, se esseri viveπti coπdaππati dalla πatura, che ποπ haππο avuto la sorte felice di ricevere dalla Provvideπza alcuπo dei beπefici che il raziociπio forπisce, sοπο stati privati, oltre che degli altri doπi, aπche delle passioπi maschili ? Ι leoπi ποπ haππο queste passioπi, e iπfatti πeppure filosofeggiaπo ; ποπ le haππο gli orsi, e iπfatti ποπ coπoscoπo le bellezze dell'amicizia. Per gli nomini, invece, l'intelligeπza nπita al sapere, scelta dopo ripetute prove la cosa piu bella, gindico gli amori maschili i piu costanti degli amori. [37] Pertanto, ο Caricle, non of­ feπdere con la crndezza del tno discorso il nostro decoro ac­ cumnlando racconti di vita dissolnta, degπi di sgualdriπe, e non nnificare nella citazione lΈros celeste cοπ l'infante, ma renditi conto, mntaπdo le tue conoscenze in simile materia troppo tardi nella vita - tnttavia almeπo ora devi farlo, giacche ποπ lo hai fatto prima -, che Eros e ηπ dio dnplice che ποπ va per uπa sola via ne sollecita le nostre anime con un'uπica ispirazione, ma l'nπo, poiche, io penso, ha uπa meπte del tntto iπfantile, πessnn ragioπameπto potendo tener le rediπi dei suoi peπsieri, concentra in larga misnra il sno potere nelle anime degli stolti e gli sta a cnore soprattntto il desiderio che ha l'notno della donna ; qnesto e il compagno di qnella momentanea violeπza che condnce, scatenata da nn iπcoπtrollabile impnlso, verso cio che si vnole. L'altro Eros iπvece, padre dei tempi di Ogige 60, visione anstera e sotto ogni aspetto degna di vene-

5 Ζ8

ΕΡΩΤΕΣ

χρόνων, σεμνον όφ&Ίjναι και πάντο&εν lεροπρεπες &έαμα, σωφρο1 > f , � � καιΙ ταις νοuντων ταμιας εμπνει, λαχόντες �λεω τοuaε τοu aαίμονος ήaονην ά.ρετ?) μεμιγμένην ά.σπα­ ΙJντως κατιΧ τον τραγικον 61 πνεόματα πνεϊ ό ζόμε&α· aισσιΧ 'Έρως, ένος aε όν6μα;τος οΌχ δμοια τιΧ πά&η κεκοινώνηκε· και γ ιΧρ Αιaω ς ώφελείας 6μοu και βλάβης ά.μφίβολός έστι aαίμωV' I Q � 'I� JJ,•1πια πα,των ι::καστοu σιανοιαις Αιaως fιτ' &νaρας μέγα σίνεται ήa' όνίνησιν. Ou μην ούa' 'Ερίaων γένος ΙΙστιν �ν, ά.λλ' έπl γαίαν γc'φ είσl Μω, την μέν κεν έπαινήσειε νοήσας, ή a• έπιμωμητή· aια a• &νaιχα &uμον ΙΙχοuσιν 62 • Οuaεν οον παράaοξον, εί πά&ος ά.ρετ?) κοινην προσηγορίαν ΙΙχειν ΙΙτuχεν, &στε ΙΙρωτα καλείσ&αι και την ά.κόλαστον ήaονήν και την σωφρονοuσαν ε�νοιαν. [38] Γάμοuς ο ον, φησί, το μηaεν οtει, και το iJ·Ίjλu τοu βίοu φuγαaεόεις, �να πως μείνωμεν &ν&ρωποι ; Ζηλω­ τον μεν 1jν κατιΧ τον σοφώτατον Εuριπίaην 63, εί aιχα τΊjς προς γuναϊκας σuνόaοu φοιτωντες έπι lεριΧ και ναοuς ά.ργόροu και χρu­ σοu τέκνα uπερ της aιαaοχΊjς έωνοόμε&α· ά.νάγκη γιΧρ βαρuν κα;τ' αuχένων ζuγον ήμϊν έπι&εϊσα τοίς κελεuομένοις πει&αρχεϊν βιά­ ζεται. Το μεν οον καλΟν αlρώμε&α τοϊς λογισμοϊς, είκέτω aε τ?) ά.νάγκη το χρειωaες. 'Άχρι τέκνων γuναϊκες ά.ρι&μος ΙΙστωσαν, έν aε το'Lς &λλοις &παγε, μή μοι γένοιτο. τίς γιΧρ &ν εο φρονων ά.νέ­ χεσ.&αι Μνικιτο έξ έωiJ·ινοu γuνικικος &ρα'Cζομένης έπικτήτοις σο­ φίσμασιν, 1jς ό μεν ά.λη&ως χαρακτηρ δίμορφος, ά.λλότριοι aε

κόσμοι

ο;ο ο;Ύjς

φόσεως ά.πρεπeς βουΥ.ολουσ�ν ;

[39] Et

γουν ά.πο

τΊjς νuκτέροu κοίτης προς ΙJρ&ρον &ν raoι τις ά.νισταμένας γuναϊκας, αίσχίω νομίσει &ηρίων 64 των πρω'tας &ρας όνομασ&ηναι auσκληaο­ νίστωV' Μεν ά.κριβως οtκοι κα&είργοuσιν αuτιΧς ούaενl των ά.ρ­ ρένων βλεπομένας γροcες aε και &εραπαινίaων ό σόμμορφος IJχλος έν κόκλ� περιεστiΧσι ποικίλοις φcφμάκοις καταφαρμακεόοuσαι τιΧ auστuχΊj πρόσωπα· ou γιΧρ 5aατος ά.κράτ� νάματι τον 6πνηλ0ν 61. Non e dato dί sapere chi sίa questo poeta e ii frammento e stato collo­ cato dal Naucl{ fra gli adespoti (η. 1 87) , ma si e pensato, con ragione, ad Eurίpίde, che esprime analogo concetto nell'« Ifigenίa ίη Aulide >>, vv. 548 e segg. 62. Ι quattl'O esametrί sono tratti da " Le opere e i giorni >> di Esίodo e sono, rίspettίvamente, i vv.. 3 18 (sospetto agli editori) , 1 1 (in gran parte ι·i­ maneggίato), 12, 13. 63. « Ippolito )), vv. 618 segg. 64. Risulta da Luciano (PsMtdolog., 17) che la scimmia e un animale, cl1e e di cattivo- augurio " vedere al mattino uscendo di casa >>. Ε, facile, quindi, che l'animale, che " poι·ta n1ale nominare )) appena alzati, sia sempre la scimmia.

razione, dispensiere di passioni moderate, spira ιnitemente sui pensιen di ciascuno e noi, se abbiamo la sorte di trovare pro­ pizio questo dio, accogliamo festosi il piacere insieme con la virtu : Eros in realta, secondo le parole del poeta tragico 61, « duplice soffio spira » e le passioni, non uguali, hanno in comune un unico nome ; anche il Pudore, infatti, e un genio ambiguo, benefico e malefico nello stesso tempo, il Pιιdore, che gli ιιοmίηί danneggia moJ.to e lor giova molto. Tιιttavia neppιιr delle Contese ιιηa e la specie, ma son dιιe sιιlla terra, e a ben capirla ιιηa si loderebbe, biasimevole e l'altra : i1 loro spirito e diverso 6 2 ,

Nulla, dunque, di straordinario, se alla passione e capitato di avere una denominazione comune con la virtU, cosi da chia­ marsi amore sia il piacere sfrenato sia l'affetto assennato. [38] « Dunque - si obietta - non conti niente le nozze ed esilii dalla vita il sesso femminile : a quale scopo poi? Come soprav­ vivera il genere umano ? >>. Certo, sarebbe desiderabile che, se­ condo il sapientissimo Euripide 63, senza accoppiarci con le donne ce ne andassimo per santuaήi e tempii a comprare in cambio di oro e di argento i figli destinati a succederci : la necessita, infatti, ci fa violenza ordinando di ubbidire con l'imporci sul collo un pesante giogo. Scegliamo dunque il bello col ragionamento e l'opportuno ceda alla costrizione del neces­ sario. Si faccia conto delle donne soltanto in relazione ai figli, per il resto via da me, non mi vengano davanti ! Chi, infatti, che abbia giudizio, potrebbe sopportare una donna che dal mattino presto cerca di abbellirsi cόn ingegnosi mezzi posticci, quando le sue vere fattezze sono sgraziate e ornamenti esteriori mascherano la naturale bruttezza? [39] In realta, se si ve­ dessero le donne alzarsi al matti11o dal giaciglio notturno, si giudicherebbero piu repellenti di quegli animali che porta male 11ominare nelle pήme ore del gior11o 64 ; per questo si chiudono accuratame11te in casa senza lasciarsi vedere da 11essu11 maschio. Delle vecchie e uno stuolo di servette belle come loro le attor11iano medicando co11 preparati varii le loro sciagurate facce : 11011 detergo11o, infatti, con acqua pιιra di fo11te il torpore la­ sciato dal so11no, per occuparsi subito di qualche affare pres-

53 0 '' Ι Ι ψ αμεναι Ι > > εχομενου κά.ρον > I απτονται πραγμααπονι τος, &λλ' αt πολλαι των aιαπασμά.των συν&έσεις τον &Ύ)a� τοu προσ­ ώπου χρωτα φαιaρύνουσιν, ώς aε έπι a'Υ)μοτελοuς πομπ�ς &λλο τι &λλΎJ των ύπΎ)ρετουσων έγκεχείρισται, λεκανίaας &ργυρiiς και προ­ χ6ους �σοπτpά. τε και κα&άπερ έν φαρμακοπώλου πυξίaων Ι!Jχλον, &γγεϊα μεστ ' απταιστου λ. !: έμοςμι:; ν καιI εύνο'ί­ El( ι::.Jlχειν. v..,αιτο �σται, καt φιλ�σωοι τοuς προς αύτον &πα.ς ό μισων έκε'i:νον κως �χοντας· εi aε ληστdις � Πολεμίους &εασαίμ'Υ)ν έπ' αύτον όρμων­ τας, όπλισαίμ'Υ)ν καt παρdι Μναμιν' κ&ν ά.πο&άνη, ζην ούκ ά.νέζομα.ι· τελευτα.ία.ς aε έντολdις το'Lς μετ' έκε'Lνον ύπ' έμοu στεργομένοις έπι­ &�σομαι κοινον ά.μφοτέροις έπιχωσαι τάφον, όστέοις aε ά.ναμίζαντα.ς Ν � ' ' ' [47 J ταυτα ' ' α' λλ'YJ' λων ' απ οστεα. τ'Υ)ν κονιν '' > ' < > \ I I ,-, � ερωτες, αλλ οι εμοι προς τους ου πρωτοι &εο'i:ς γείτων �ρω'ίκ� φρόν'Υ)σις ένομο&έησεν, έν οίς ό φιλίας �ρως 75 &χρι &ανάτου συνεζέπνευσεν . Φωκtς έκ ν'ΥJπίων �τι χρόνων ' Ορέ­ σην Πυλάaη 76 συνηψεν- &εον 77 aε των προς ά.λλ�λους πα&ων 1 ' ' έ ' 1 1 ' εφ ' 1 ως νος σκαφους του� λαβ οντες λευσαν- αμφοσυνεπ .), ' " μ'Υ)οε κωφ ,1νά.νήρουν ώς 'Αγαμέμνονος οιακριναι. πα'Li)ες, ύπ' ά.μφο'Lν τεροι Κλυτα.ιμν�σ-τραν .$, 1 !: > !: / \>> χαρα..,ουσιν οΑ'Cγισ&ος α..,ιους έφονεόετο ' τdις Όρέσην έλαυνοόσας Ποινdις 78 Πυλάi)ΊJς,1 ένόσει μiΧλλον, κρινομέν 81, ωostra11do l'a11imo 11011 solo di u11 i1111amorato, ma a11che di u11 padre. Ε qua11do fu se11te11ziato che, rima11e11do u11o dei due per essere ucciso, l'altro se 11e a11dasse a Mice11e per portare 8ο. Il senso ironico e evidente. 8r. Euι·ipide, « Ifigenia in TauΓide », vv. 3 Ι Ι seg.

ΕΡΩΤΕΣ

τεροι -θ·έλουσιν έκάτερος &ν &ο:τέρ di Platone (219 B-D) . 88. Fι·. 571 Pfeiffer.

ΕΡΩΤΕΣ

Αr&ε γά:ρ, ω κοόροισιν έπ' �μμα.τα. λίχνα. φιροντες, 'Ερχίος 89 ώς όμϊν &ρισε πα.ι�οφιλεϊν, ω�ε νιων έρόιμτε, πόλιν κ' ειJα.ν�ρον �χοιτε. Τα.uτ' είΜτες, ω νεα.νία.ι, σωφρόνως πα.ισ1.ν &.γα.&οϊς πρόσιτε μΊ)�e όλίγΊ)ς τιρψεως εrνεκεν τ�ν μα.κριΧν έκχιοντες ειJνοια.ν &χρι τ�ς &.κμ�ς πλα.στιΧ τιΧ του φ ιλείν πά&Ί) προβάλλεσ&ε, τον �· ούράνιον 'Έρωτα. προσκυνοuντες είς γ�ρα.ς &πο πα.ί�ων βιβα.ια. τΊ)ρείτε τιΧ πά:&ΊJ· τοϊς γιΧρ ο6τω φ ιλοuσιν ��ιστος μεν ό τοu ζ�ν χρόνος ού�ε­ μι&ς &.πρεποuς συνει��σεως παροικοόσΊ)ς, &οί�ιμοι �ε μετιΧ &&να­ τον είς πάντα.ς έκφο ιτωσι κλΊ)Μνες. Εί �ε �εϊ φιλοσόφων πα.ισ� πιστεόειν, α.ί&�ρ μετιΧ γ�ν έκ�έχετα.ι τούς τα.uτα. ζΊ)λοuντα.ς' είς �ε &.μείνονα. βίον &.πο&α.νόντες �χουσι τ�ς &.ρετ�ς γέρας το &φ-l}α.ρτον. [5ο] Τοια.uτα. τοu Κιχλλικρα.τί�ου σφό�ρα. νεα.νικως σεμνολογΊJ­ σα.μένου Χα.ρικλέιχ μεν έκ �ευτέρου λέγειν πειρώμενον έπισχον' &ρα. γιΧρ �ν έπt να.ϋν κα.τιένα.ι. Δεομινων �· I) τι φρονοίψ &.ποφ�­ να.σ&α.ι, �ι' όλίγου τούς έκα.τέρων λόγους &ρι&μΊ)σάμενος, Ούκ έξ όπογόου, φΊ)μί, ΚιΧL πα.ρΊ)μελΊ)μένως όμϊν, ω έτα.ϊρο ι, τιΧ των λόγων �οικεν &.πεσχε�ιάσ-D·α.ι, �ιΊ)νεκοuς �ε κα.t ν� Δί ' έρρωμένΊ)ς φροντί�ος ένιχργ� τα.uτ ' έστ1.ν rχνΊJ ' σχεΜν γιΧρ ού�έν έστιν 5 τι των λεκτέων είπεϊν έτιριμ Μνα.σ&α.ι πα.ρ�κα.τε. Κα.1. πολλ� μεv � των πραγμάτων � " < > > !: Ι I I ' '' λογων ευ"'α.ιμΊ)ν, εμπειρια., πλειων Ί) των α.ν υ υεινοτΊ)ς, ωστ εγωγε ε'Cπερ �ν έν �υνα.τij), γενέσ&ιχι ΘΊ)ρα.μινΊ)ς έκεϊνος ό Κό&ορνος 90, �ν ' > &μφω νενικΊ)κότες έξ rσου βα.�ίζοιτε. Πλ�ν έπει��περ &ν�σειν ούκ έοίκα.τε κα.1. α.ύτος έν τij) μετα.ξο πλij) περ1. των α.ύτων ού κικρικα. �ιοχλείσ&α.ι, το μάλιστα. πα.ρα.στιΧν ε!να.ί μοι �ίκα.ιον &.ποφα.νοuμα.ι. [5Ι ] Γάμοι μεν &.ν&ρώποις βιωφελες πρ&γμα. κα.t μακάριον, όπότα.ν εύτυχωντα.ι, πα.ι�ικοος �· �ρωτα.ς, ΙSσοι φ ιλίας άγνιΧ �ίκα.ια. προμνων­ τα.ι, μόνΊ)ς φιλοσοφίας �ργον �γοuμα.ι. Διο �� γα.μψέον μεν &πα.σι, '1πα.ι�ερα.στεϊν �ε έφείσ&ω μόνοις τοϊς σοφοϊς· �κιστα. γιΧρ έν γυνα.ιξ1.ν "

8g. Evidentemente un legislatore a noi altrimenti sconoscinto. Ι1 nome I1a snggerito l'ipotesi che fosse l'eponimo del demo attico di Erchia, ma I1a fatto anche pensare - cio che in Callimaco non stιφirebbe - che Erc11io possa preziosamente allndere a Senofonte, originario del demo di Ercl1ia. g o. Uomo politico ateniese rimasto famoso - a parte ii nomignolo di Cotnrno, !ο stivale degli attori tragici, per Ia teatralita della sna oratol'ia per Ia capacita di destreggiarsi nelle sitnazioni piu difficili assnmendo posi­ zioni sempre moderate. Cos!. nel 4 Ι Ι a. C. si stacco dal governo dei Qnattro­ cento, troppo dnro, e ne provoco Ia cadnta; nel 405, dopo ii disastro di Ego­ spotami, fn inviato a Sparta per trattare Ia pace e l'anno dopo rappresentb ancora nna volta la tendenza moderata in seno al govern.o dei Trenta τiranni contro gli eccessi terroristici di Crizia, dal qnale infine fn condannato a morte . ι

38 [49], 50-5!

54Ι

occhi golosi sui giovinetti, che, come Erchio 89 vi impose l'ami­ cizia per i fanciulli, cosi amiate la gioventu ; e avrete ιιηa citta di uomini valorosi ». Questo sapendo, ο giovani, accostatevi con giudizio ai fanciulli onesti e per un breve diletto non espri­ mete falsamente :fino alla maturita, disperdendo l'affetto che dura, i sentimenti dell'amicizia, ma venerando l'Eros celeste conservateli saldi dalla fanciullezza fino alla vecchiaia, giacche per coloro che amano cosi piacevolissimo e il tempo della vita, non abitando in loro la coscienza di nulla di sconveniente ; e dopo la loro morte raggiungono tutti le notizie cl1e li celebrano. Se poi si deve credere ai fanciulli amati dai filosofi, il cielo dopo la terra accoglie coloro che hanno teso con ardore a questa meta ; e quando sono morti passando a una vita migliore, hanno nell'immortalita il coιnpenso del!a virti:ι ». [5ο] Dopoche Callicratide ebbe pronunciato solennemente e con grande trasporto tale orazione, io fermai Caricle, che cer­ cava di parlare per la seconda volta : era tempo, infatti, di tornare alla nave. Ma, pregandomi quelli di manifestare il mio pensiero, tirate in breve le somme sui discorsi di ciascuno dei due : « Il vostro parlare - dissi -, amici miei, sembra non l'ab­ biate improvvisato sul momento senza preparazione, perche ci sono, invece, evidenti le tracce di una cιιra costante, per Zeus, e vigorosa : non c' e quasi nιιlla, infatti, di cio che e da dirsi, che abbiate lasciato ad un altro da dire. Grande e la cono­ scenza dell'argomento, ma maggiore e 1' effi.cacia della parola, al punto che io mi augurerei, se fosse possibile, di diventare Teramene, chiamato il Coturno 90, affinche poteste andarvene entrambi vincitori a pari merito. Α parte che, non sembran­ domi che ci ήnuncerete ed io stesso avendo deciso di non af­ faticarmi sullo stesso tema nell'intermezzo della navigazione, esporro il pensiero, che in questo momento mi pare sia il piι'ι giusto. [5r] Le nozze, quando hanno fortuna, sono per gli uomini una cosa utile alla vita e felice, mentre gli amoή paidici, quanti almeno cercano gli obblighi sacή dell'amicizia, sono faccenda della sola :filosofia. Per questo appunto tutti devono sposarsi, ma ai soli sapienti deve essere permesso l'amore per i giovinetti, giacche nelle donne e raήssimo che alligni una

5 42

Ε ΡΩ ΤΕ�

δλόκληρος &:ρετ� φόεται. Καt σu a·, ω Χαρίκλεις, μΎJaΕ:ν &:χ-θ·ε σ-θ?)ς, εί τα�ς Ά-θ·�ναις � Κόριν&ος ε�ξει. [52 ] Κ&:yω μΕ:ν όπ' αίaοuς I I < Ι > I < \ λόY I ζ οντος, ou> γαρ αποχρΎ) Ύ)ν uπομενειV' ρε�ν έρώμενον oua' &:παντικρu κα-θ·Ύ)μ�νοu και λαλοuντος &:κοόειν 92, I >I >I ' λλ' ωστcερ < βακ εpως πpωτον εχει oc -θ·μον 15ψεως, fνoc 'CaΊJ, κ&ν -θ·εά.σψοcι, πο&ε� προσάγω ν έφά.ψασ-θ·αι · > i: \ (\ ς έρασ&εί'Υ) τις τοu άγάλματος ΚΙΧL λαiJ·ων όπολειφ&ε!ς έν ίερI > \ λ μους τοιονσε ουτος και\ τους γρα ψατω εστω το\ παν' ο< ο\0> αυτος οψιJ'α βοώπίν 111 τινα πο��σας αύτ�ν. Συνεπ�λ�ψετα� �ε το\1 �ργου αύτ(\) καt δ Θ'Υ)βαϊος πο�ψ�ς, ώς ίο βλέφαρον 20 έζεργά.σασ&α� · καt φ �λο­ μει�� �ε "Ο μ'Υ)ρος ποι�σε� καt λευκώλενον καt pο�οΜκτυλον 21, καt ΙSλως τyj χρυσyj 'Αφρο�ίτη είκά.σει πολό ��κα�ότερον � τ�ν το\1 Βp�σέως 22• [9] Ταuτα μεν οόν πλαστών καt γραφέων καt πο�ψών παϊ�ες έργά.σοντα�. "Ο aε πασ�ν έπαν&εϊ τοότο�ς, � Χά.ρ�ς, μiΧλλον �ε πiΧσα� &μα δπ6σα� Χά.ρ�τες καt δπ6σο� 'Έρωτες περ�χορεόοντες, τίς &ν μιμ�σασ.θ·α� Μνα�το ; Π ΟΛ. Θεσπέσ�6ν τι χρ�μα, ω Λυκϊνε, φ�ς καt ���πετ�ς 23 ώς &λΊJ&ώς οίόν τ� τών έζ ούρανο\1 γένο�το. τι �ε πρά.ττουσαν ε!�ες αύτ�ν ; ΛΥΚ. Β�βλίον έν ταϊν χερο ϊν ε!χεν ές aόο συνε�λΊJμένον 24, καt I '�-' )J, \0 Cl , , I , , •ιΟ'ΥJ ανεγνωκένα�. Μεαυτου, το\ σε εφκε� το\ μέν τι αναγνωσεσυ·α� ταζu �ε προ'ίοuσα ��ελέγετο τών παρομαρτοόντων τ�νt ούκ ο!�α IS τι· ού γιΧρ ές έπ�κοον έφ&έγγετο. Πλ�ν με���ά.σασά. γε, ω Πο­ λόστρατε, δΜντας έζέφψε πώς οcν ε�πο�μί σο� ΙSπως μιΞ:ν λευκοός, �

IS. Questo edifi.cio, come og.ni altro adibito a luogo di riunione per con­ versazioni e conferenze, era chiamato Lesche, proprio perche la parola signifi.ca in greco cc riunione )), cc conversazione )), cc chiacchiera >> . La Lesche di Delfi. era stata offerta dai Cnidii. Ι6. Una fanciulla tessala che fu - cosl si tramanda - il primo amore di Alessandro Magno. In altre fonti il suo nome suona alquanto diverso (da Pancaste a Pancaspe) . ! 7· Figlia di Ossiarte, satrapo della Battriana, fu fatta pι:igioniera e poi sposa da Alessandro, che volle signifi.care con questo matrimonio la defi.nitiva pacifi.cazione, nell'ambito del suo impero, fra Greci e Persiani. Fu fatta ucci­ dere, insieme col figlio, da Cassandro nel 3ΙΟ a. C. Ι8. La similitudine omerica e sviluppata nei vv. Ι 4Ι- Ι46 di Π, IV. Ig. L'epiteto e omerico ed e frequentemente attribuito ad Era. 20. Il poeta e Pindaro, ma questo epiteto (fr. 307 Schroeder), che Luciano torna a citare in Pro imag., 2 6, non si trova in nessuno dei carmi pindarici a noi noti. 2 Ι . Ι tre epiteti, gli ultimi due in particolare, sono ben noti ai lettori dei poemi omerici.

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39 [43], 8 - g

559

gnoto faccia il colore adatto dei sopraccigli e il rosso delle guance nel modo che uso, quando fece per i Delfi la Cassandra nell'edificio delle conferenze 15, e faccia anche la veste, e questa risulti lavorata al massimo della finezza, cosi che siano attillati tutti i punti che devono esserlo, ma il piu di essa ondeggi al vento ; Apelle mostri la sua opera nel resto del corpo, che sara non troppo bianco, ma del rosso naturale del sangue, alla ma­ niera, in particolare, della sua Pacate 16 ; le labbra le faccia Aezione come quelle di Rossane 17 • [8] Ma e meglio ancora che, presenti sempre Eufranore e Apelle, prendiamo con noi Omero, il piu eccellente dei pittori : sia, infatti, il colore ge­ nerale tale quale egli distese sulle cosce di Menelao paragonan­ dole ad avorio leggermente imporporato 18 ; .e questo medesimo dipinga anche gli occhi facendo lei « dagli occhi bovini » 19• Collaborera all'opera con lui il poeta tebano cosi da farla « dalle iridi viola » 20 ; m a Omero la fara « amante del sorriso », « dalle bianche braccia », « dalle rosee dita » 21 e insomma paragonera « all'aurea Afrodite » molto piu giustamente lei che la figlia di Briseo 22• [9] Queste cose faranno gli scultori, i pittori, i poeti. Ma chi potrebbe imitare cio che fiorisce su tutte queste bellezze, la Grazia, ο, meglio, tutte quante le Grazie insieme e tutti gli Amori danzanti intorno a lei? PoL. Tu parli, ο Licino, di una creatura divina e veramente « caduta dal cielo » 23 come qualcosa di origine celeste. Ma che cosa faceva, quando la vedesti? Lrc. Aveva nelle mani un rotolo avvolto ai due capi 24 e sembrava che una parte stesse per leggere, l'altra avesse gia letta. Camminando conversava con uno degli accompagnatori, su quale argomento non so, perche non parlava in modo da essere udita. Solo che, quando un attimo sorrise, mostro dei denti, non saprei dirti come bianchi, come identici, come uniti : 22. Briseide e detta simile ιι all'aurea Afrodite » in Π., ΧΙΧ, 282. 23. Che fossero ιι cadute dal cielo » si raccontava di diverse statue di di­ vinita, a cominciare, per non scostaι-ci dallΌmerico mito troiano, dal famoso Palladio, la statua lignea di Atena, scesa dal cielo davanti alla tenda di Ilo, figlio di Dardano e avo di Priamo, nel luogo dove lo stesso Ilo, secondo le indicazioni dellΌracolo, stava per innalzare la cittadella di Troia, che da lui ebbe i1 nome di Ilio. 24. Si tratta di quello che i Romani chiamavano volumen, una piu ο meno lunga striscia di pergamena, che si avvolgeva intorno ad un listello di Iegno, chiamato umbilicus.

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ΕΙΚΟΝΕΣ

5πως aε σuμμέτροuς καt προς ά.λλήλοuς σuνηρμοσμένοuς ; Et ποu κάλλιστον 5ρμον εΊ:aες έκ των στιλπνοτάτων καt tσομεγε&ων μαργα­ ριτων, οί5τως έπι στίχοu έπεφόκεσαV' έκοσμοuντο aε μάλιστα τι'J) των χειλων έρu&ήματι. ' Υπεφαίνοντο γοuν, αuτο aη τοuτο Όμή­ ροu, έλέφαντι τίi) πριστι'J) 25 5μοιοι, οuχ οι μεν πλατότεροι αuτων, οι aε προέχοντες � aιεστηκ6τες ο!οι τα'Lς πλείσταις, άλλά τις πάν­ των ισοτιμία καt δμ6χροια καt μέγε&ος �ν καt προσεχεϊς δμοίως, καt 5λως μέγα τι iJ·αuμα καt iJ·έαμα πfί.σαν την ά.ν&ρωπίνην εuμορ­ φίαν uπερπεπαικ6ς. [ro] ΠΟΛ. 'Έχ' ά.τρέμας. Σuνίημι γοφ �aη πάνu σαφως fιντινα καt λέγεις την γuνα'Lκα τοότοις τε αuτο'Lς γνωρίσας καt τ'{j πατρίaι. Καt εuνοόχοuς aέ τινας �πεσ&αι αuτ'{j �φης. ΛΥΚ. Νη Δία, καt στρατιώτας τινάς. ΠΟΛ. Την βασιλε'L σuνοuσαν, ι1 μακάριε, την ά.οίaιμον ταότην λέγεις. ΛΥΚ. τι aέ έστιν αuτ'(j τοί5νομα ; ΠΟΛ. Πάνu καt τοuτο γλαφuρ6ν, ι1 Λuκ'Lνε, καt έπέραστον­ δμώνuμος γάρ έστι τ'(j τοu 'Αβρά.Μτα 26 έκείνη τ'(j καλ'{j. ΟΊ: σiJ·α πολλάκις ά.κοόσας Ξενοφωντος 27 έπαινοuντ6ς τινα σώφρονα καt καλην γuνα'Lκα. ΛΥΚ. Νη Δία, καt &ισπερ γε δρω ν αuτην οί5τω aιατέiJ·ειμαι, δπ6ταν κατ' έκε'Lν6 ποu ά.ναγινώσκων γένωμαι, καt μονονοuχt καt ά.κοόω λεγοόσ'Υjς αuτΊjς & πεποίηται λέγοuσα, και ώς &ιπλιζε τον όίνaρα καt ο�α �ν παραπέμποuσα αuτον έπt την μάχην. (π ] ΠΟΛ. 'Αλλ' , ώ &ριστε, σu μeν &ισπερ τινιΧ ά.στραπην παραaραμοuσαν &παζ εΊ:aες αuτην καt �οικας τιΧ πρ6χεφα ταuτα, λέγω aε το σωμα καt την μορφήν, έπαινε'LV' των aε τΊjς ψuχΊjς ά.γα­ .9·ων ά.iJ έατος εί ouaε οΊ:σiJ·α 5σον το κάλλος έκε'Lν6 έστιν αuτΊjς μακρι'J) τινι &μεινον καt &εοειaέστεροv τοu σώματος. ' Εγω aε σuνήiJ·ης γάρ είμι καt λόγων έκοινώνησα πολλάκις δμοε&νης &ν. Καt γάρ, ώς οΊ:σiJ·α και αuτ6ς, το !.ήμερον καt φιλάνiJ·ρωπον καt μεγαλ6φρον καt σωφροσUν'ΥJν ΚαL παιaείαν προ τοu κάλλοuς έπαινω· ι\ίζια γιΧρ προ­ κεκρίσiJ·αι ταuτα τοu σώματος" έπεt &λογον &ν εtη καt γελο'Lον, &ισπερ εt τις την έσ&Ίjτα προ τοu σώματος &αuμάζοι. Το a• έντελές, 25. In Od., XVIII, 196 e Penelope resa da Atena cc piu bianca di avorio segato )>, 26. Ossia Pantea. 27. In piu luoghi della " Ciropedia » (dal IV al VII libro) Senofonte rac­ conta, interrompendola e rip1·endendola, la storia - vera e propria novella -

39 [43], ΙΟ-ΙΙ

se ti e capitato di vedere una collana bellissima delle perle piu splendenti e tutte di grandezza eguale, ebbene in :fila cosi quelli erano per natura ; e nel rosso delle labbra avevano il loro massimo ornamento. Apparivano, dunque, simili - e questo e, a proposito, il paragone di Omero - ad avorio segato 25, e non erano alcuni appiattiti, altri sporgenti ο distanziati come nella maggior parte delle donne, ma tutti di egual pregio, colore, grandε;zza e ugualmente vicini : insomma, una grande meraviglia e una visione al disopra di ogni bellezza umana. [ro] PoL. Sta tranquillo : ho capito ormai con molta chia­ rezza chi e la donna che dici, perche l'ho ήconosciuta dalla tua stessa descrizione e dalla sua patήa. Dicevi anche che la seguivano alcuηi eunuchi. Lic. Si, per Zeus, e alcuni soldati. PoL. Ε allora costei, di cui parli, mio buon amico, e la celebrata amante dell'imperatore. LIC. Ε qual e il suo nome? PoL. Anche questo, ο Licino, e gentile ed amabile : e lo stesso della bella sposa di Abradata 26 ; e tu lo conosci per aver udito spesso Senofonte 27 lodarla come donna saggia e bella. Lic. Certo, per Zeus, ed io, quando leggeηdo mi trovo a quel punto, ho l'impressione di vederla e quasi sento dire da lei medesima cio che le e fatto dire e immagino come armava il marito e com'era quando si accomiatava da lui prima della battaglia. [π] PoL. Ma tu, ottimo amico, l'hai vista passare una sola volta, rapida come una folgore, ed e naturale che lodi cio che e esterno, intendo dire il corpo e le sue forme ; non hai visto, pero, le doti dell'anima e non sai quanto grande sia questa sua bellezza, di gran lunga piu preziosa e piu divina di quella del corpo. Ιο, infatti, la tratto fan1iliarmente ed essendo suo connazionale ho preso parte spesso a conversazioni con lei. Ε, come sai anche tu, io piu della bellezza lodo la cortesia, l'umanita, la nobilta dei sentimenti, la moderazione, la cultura, qualita che meήtano di essere anteposte a quelle del corpo, giacche sarebbe assurdo e ridicolo il contraήo, come se qual­ cuno ammirasse la veste anziche il corpo. Ε la bellezza perdella sposa bella e fedelissima che, morto il marito in battaglia, si uccide sul suo cadavere. ·

ΕΙΠΟΝΕΣ

ο!μαι, κά.λλος τουτό έστιν, δπόταν ές το αύτο συν�ρά.μη ψυχΊjς ά.ρετη και εύμορφία σ�ματος. ' Αμέλει πολλιΧς &ν σοι �είξαιμι μορ­ φΊjς μεν εο ήκοόσας, τα �ε &λλα αlσχυνοόσας το κά.λλος, ώς και μόνον φ&εγξαμένων ά.παν-θ·ε'i:ν αύτο και ά.πομαραίνεσ-θ·αι έλεγχ6με­ νόν τε και ά.σχημονουν και παρ' ά.ξίαν συνον πονηρ� τινι �εσποίνη τ?j ψυχ?j. Και αt γε τοιαυται δμοιαί μοι �οκουσι το'i:ς Αtγυπτίοις ίερο'i:ς κά.κε'i: γαρ αύτος μεν δ νειbς κά.λλιστός τε και μέγιστος, λί&οις το'i:ς πολυτελέσιν ήσκημένος και χρυσ 56• [:23] PoL. Ε vero ciό che dici, ο Licino : cosicche, se ti pare, rinnite insieme le immagini, quella del corpo che hai scolpito tu e quelle dell'anima che ho dipinto io, combiniamole tutte in una sola composizione, afiidiamo questa alla scl"ittura e offriamola all'ammirazione di tutti, contemporanei e posteri : cosi potrebbe essere piu durevole di quelle di Apelle, di Par­ rasio e di Polignoto, ed in se stessa, poi, si scosta di molto da opere simili, in quanto non e fatta di legno, di cera e di colori, ma e stata eseguita secondo le ispirazioni che venivano dalle Muse ed e l'immagine che potrebbe risultare della massima precisione, perche mostra la bellezza del corpo e insieme la virtu dell'anima.

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ΥΠΕΡ ΤΩΝ ΕΙΚΌΝΩΝ * DIFESA PER LE IMMAGINI

* Luciano ha accusato i1 colpo : Pantea, pur conψiacendosi di quel che di molto lusinghiero egli ha scritto in suo omaggio, non ha gradito che le lodi a lei rivolte non solo siano andate ben oltre i suoi meriti, ma addirittura si siano spinte fino a paragoni con divinita come Era ed Afrodite ; lo ha biasi­ mato pertanto sia come empio, sia - ed era cio che lo scottava - come adu­ latore. La replica dello Scrittore si concreta in un secondo dialogo, nella cor­ nice del quale, in luogo dell'elogio, e inserito un vero e proprio discorso di difesa. Intermediario fra Pantea e Licino e ancora ί1 fantomatico Polistrato. Ed e naturale che fra i varii, piiι e meno efficaci, argomenti addotti da Licino a sua discolpa risalti, lucida e precisa, dalle rispettive definizioni la differenza che intercorre fra ί1 lodatore e l'adulatore. Α parte questo « fatto personale » e la sincerita che continua ad animare ί1 nuovo elogio, riveduto e corretto, lo scritto non supera i pregi di abilita e di mestiere che contraddistinguono le op(')re « sofistiche » di Luciano. La datazione si deduce facilmente da quella de « Le immagini » : se abbiamo parlato per queste ultime del Ι63 d. C. al piu tardi, si puo assegnare ί1 secondo scritto, tenuto presente clιe un certo lasso di tempo doveva essere trascorso perche il primo fosse pubblicato (cfr. Pro imag., Ι4) e il secondo composto, agli ultimi mesi del Ι63 ο ai primissimi, ma non oltre, del Ι64 d. C.

[r ] ΠΟΛΥΣΤΡΑΤΟΣ. 'Εγώ σοι, . [6] Ella, dunque, deΓise tutte le peΓsone coωe queste che si abbandonano agli adulatoΓi, e aggiunse che ωolti sono disposti a faΓsi adulaΓe e ingannaΓe nello stesso modo non soltanto nei discoΓsi di elogio, ωa anche nei dipinti. « Ε infatti - disse - hanno una paΓticolaΓe pΓedile­ zione pei quei pittoή che li ΓitΓaggono in ωeglio >>. OsseΓνo, poi, che ci sono alcuni, i quali addiΓittuΓa oΓdinano agli aΓtisti ο di toglieΓe qua1cosa al naso ο di dipingeΓe piu neΓi gli occhi ο di aggiungeΓe un qualsiasi altω paΓticolaΓe che essi deside­ rino, e non si accoΓgono di coωnaΓe ΓitΓatti altΓui che a lοω non assoωigliano affatto. [7] Questo pΓess'a poco disse, lo­ dando lo scΓitto peΓ il Γesto, ωa una cosa sola non soppoΓ­ tando, che tu l'abbia paι-agonata a quelle dee che sono Ει-a

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φησί, μα.λλον aε δπερ &πα.σαν την &.ν.t}ρωπίνην φόσιν τa τοιαuτα. 'Εγω aέ σε οδa' έκε'Lνα ήξίουν, τα.'Lς ήρω·tνα.ις παρα.&εωρε�ν με Πη­ νελόπη καt 'Αρήτη κα.t Θεανο'L 11, οόχ 5πως &ε ων τα.'Lς &.ρ(σταις καt γaρ α.δ κα.t τόaε, Πάνυ, �φη , τa προς τοuς &εοuς aεισιaαψόνως κα.t ψοφοaεως �χω. Δέaια. τοίνυν μη κατιΧ την Κασσιέπειαν 12 ε!ναι aόξω τον τοιοuτον �πα.ινον προσεμένη· καίτοι Νηρη·tσιν έκείνη &.ντεξητάζετο, 'Ήραν aε κα.t Άφροaίτην gσεβεν. [8] 'Ώστε, ώ Ν ' ι Ν ' ' μεν ' ' λευσεν, α.υτη εκε μα.ρτυμετα.γρα.ψα.ι σε τα' τοια.υτα. Λ υκινε, ρα.σ{}α.ι τιΧς &ειΧς ώς &.κοόσης α.ότΊjς γέγρα.φα.ς, σε aε εtaένα.ι 8τι Ν � σοι ' f ' \ α.υτην βι ουτω περινοστουν, ωσπερ νυν ανιασει :ι). ,1 κειτα.ι, οό μάλα. εόσεβως οόaε δσίως ηΧ προς τοuς &e:οός. ΈΜκει τε: &σέβημα. έα.υτΊjς κα.ll πλημμέλημα. τοuτο Μξειν, εt ύπομένοι� τn οια.το1 βλ ων έν Κνιaιr κα.t τγj έν κήποις 13 δμοία. λέγe:σ&α.ι· κα.ί σε: ύπe:μίμνησκe: των τελευταίων έν τij) βιβλίιr πe:ρt α.ότΊjς e:ίρημένων, 5τι μετρίαν κα.t &τυφον �φης α.ότην οόκ &.να.τe:ινομένην ύπερ το &.ν&ρώπινον μέτρον, &.λλιΧ πρόσγειον την πτΊjσιν ποιουμένην 14, δ aε τοιuτα. e:tπων ' ' ' ' ' ' < ' Ν ' β t β α.' ζεις την γυνα.ικα., ως καιΙ α.να. υπερ α.υτον τον α.ότην &.πe:ικά.ζe:ιν. [9] Ήξίου aέ σε: μηaε &.ξυνετωτέρα.ν α.ότην ήγe:'Lσ&α.ι τοu 'Αλe:ξά.νaρου, δ ς τοu &.ρχιτέκτονος ύπισχνουμένουα τον 1 ουρα.νuν v·e:οιις "Α&ω 5λον μετασχηματίσe:Lν καl μορφώσe:ιν προς α.ότόν, ώς το �ρος &παν e:tκόνα. γe:νέσ&α.ι τοu βασιλέως, gχοντα. Μο πόλεις έν τα.�ν χe:ρο'Lν, οό προσήκα.το την τe:ρα.τεία.ν τΊjς ύποσχέσe:ως, &.λλ' ύπερ α.ότον ήγησά.μe:νος το τόλμημα �πα.υσe: τον &ν&ρωπον οό πι­ .9·α.νως κολοσσοuς &.να.πλά.ττοντα. κα.l . τον "Α&ω κα.τιΧ χώραν έrλν έκέλe:υσe: μηaε κα.τα.σμικ'ρόνe:ιν ()ρος οίSτω μέγα. προς μικροu σώ­ ματος δμοιότητα 15• Έπflνει aε τον 'Αλέξα.νaρον τΊjς μe:γαλοψυχ(ας κα.t &.νaριά.ντα. μείζω τοuτον τοu "Α&ω �λe:γe:ν α.ότοu &.νe:στά.να.ι έν τα.'Lς των &.e:t μe:μνησομένων aια.νοία.ις· οό γιΧρ μικρiΧς ε!να.ι γνώμης ύπe:ριae:'Lν οίSτω πα.ρα.Μξου τιμΊjς. [ro] Κα.t έα.υτην οδν το μεν πλάσμα. σου έπα.ινe:'Lν καt την έπίνοιαν των e:tκόνων, μή γνωρίζειν ' , , , , Ν e:γομοιοτητα.· μη1 γαρ των τηλ ικουτων γός, 5τι μηaε &λλην τινά., γυνα.�κά γe: οδσα.ν· &στe: &.φίησί σοι τα.ό'

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1 1 . Per nota 47· 12. Pel' 13. Per 14. Cfr. 15. Cfr.

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�' • ι:ι α.είγματα. Σο aε τα άν&ρώπινα ταuτα έπαίνει α.ύτην, μηί>ε δπερ τον π6ί>α �στω το δπ6ί>ημα 16, μη καt έπιστομίση με, φησίν, έμπεριπατοuσαν αύ­ τ(j) . Κάκε�νο aε είπε�ν σοι ένετείλατο. [π] Άκοuω, �φη, πολ­ λων λεγ6ντων - εί aε άλη&ές, δμε�ς ot &νί>ρες 'Cστε - μηί>' ' Ολυμ­ πίασιν έξε�ναι το�ς ν ικωσι μείζους των σωμάτων άνεστάναι τοος άνί>ριάντας, άλλα έπιμελε�σ&αι τοος Έλλανοί>ίκας 5πως μηί>ε ε!ς δπερβάληται την άλ1)-θ·εια.ν, και τ'/ιν έξέτα.σιν των άνί>ριάντων άκρι­ βεστέραν γίγνεσ.θ·αι της των ά&λητων έγκρίσεως. 'Ώστε 5ρα, �φη, μη αίτίαν λάβωμεν ψεύί>εσ-θ·αι έν τ(j) μέτρ((J, κ�τα ήμων άνατρέψωσιν ot Έλλανοί>ίκαι την ε1κ6να.. [r2 ] Ταuτα μεν �λεγεν έκείνη. Σο ΙSε σκ6πει, δ Λυκ�νε, 5πως μετακοσμ1)σεις το βιβλίον κα\ άφαιρ1)σεις τα τοιαuτα, μηaε σφα.λ?Jς προς τό -θ·ε�ον' ώς έκείνη πάνυ γε αύτυσχέραινε και δπέφριττε μεταζο άναγινωσκομένων και παρητε�το τοξε· το μεν γαρ πρωτον άκούων ούί>εν πλημμέλημα ένεώρων το�ς γεγραμ­ μένοις, έπει aε έκείνη έπεσημ1)να.το, και α.ύτος &ρχομα:ι τα 5μοια; γιγνώσκειν περι αύτων, και παραπλ1)σι6ν τι �πα-θ·ον ο!ς έπt των δρωμένων πάσχομεν - ην μεν πάνυ έγγύ&εν σκοπωμέν τι κα.ι δπο των όφ&αλμων αύτων, οΜεν άκριβες ί>ια.γινώσκομεν, ην aε άπο­ στάντες έκ τοu συμμέτρου ί>ιαστήματος tί>ωμεν, &παντα σαφως καταφαίνεται τα. εο καt τητι έπεγείρη έαυτ6ν- άλλ' εί μέλλουσιν δμ1)λικες φανε�σ.&αι, δ μείζων ' ' ' ψει και ταπεινοτερον αποφανε ι εαυτον. o εκεινος επικυ ι ' Ω σαυτως ' "'e;' και έν ταϊς τοιαύταις είκ6σιν ούχ ο\Jτως &ν&ρωπος μείζων γίνεται, '



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r6. Lo Scoliasta ci avverte che l'espressione era proverbiale.

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l'hai onorata cosi e mostra il suo rispetto per i tιιοi modelli ed esempii. Tu loda di lei quel che fa parte della sua umanita e il calzare non supeή la misura del piede 16 , « per non farmi inciampare - dice -, quando ci cammino dentro )), Ma anche questo ιn'incarico di rifeήrti : [ π ] « Ι ο sento molti dire - sono le sue parole -, e se sia vero lo sapete voi uomini, che neppure ad Olimpia e lecito che le statue, che sorgono in onore dei vincitoή, sίano piu alte dei loro corpi ; e infatti i giudici di gara hanno cura che nessuna supeή la statura reale e l'esame delle statue risulta piu scrupoloso della selezione degli atleti. Vedi, dunque, che non ci si rivolga 1' accusa d'ingannare nelle misure e che poi i giudici di gara non ci abbattano la statua J>. [rz] Questo disse lei. Tu, ο Licino, considera come possa modi­ ficare 1' opuscolo ed eliminare quelle tali cose ; e non mancare nei riguardi della divinita, perche lei era molto infastidita e durante la lettura rabbήvidiva e scongίurava le dee di essere benevole con lei : il che e una debolezza femminile e bisogna perdonargliela. Per quanto, se devo dire il vero, un'impres­ sione simile la ebbί anch'io : sulle prime, mentre ascoltavo, non osservai nulla di irriverente nello scritto, ma quando lo segnalo lei, ecco comincio anch'io ad aveme la stessa opinione e mi accade qualcosa di simile a quello che accade a tutti, quando guardiamo un oggetto : se lo osserviamo molto da vi­ cino ed e proprio sotto i nostri occhi, non distinguiamo nulla di preciso, ma se lo guardiamo dalla distanza giusta, si ήvela con chiarezza in tutti i suoi particolaή, belli e brutti. [r3] In realta paragonare una donna, che e un essere umano, ad Afro­ dite e ad Era che altro e se non deprezzare apertamente le dee ? In cose del genere, infatti, non tanto per via del confronto ciό che e piccolo diventa piu grande quanto ciό che e piu grande rimpicciolisce venendo abbassato fino al piu piccolo ; come ad esempio, se camminassero accanto un individuo altissimo e un altro bassissimo di statura, e poi occorresse pareggiarne l'altezza, in modo che l'uno non superasse l'altro, ciό non po­ trebbe farlo il piu corto, nemmeno se si sollevasse il piu possi­ bile sulla punta dei piedi, ma, se vorranno apρarire della stessa statura, il piu grande si curvera e si rendera piu piccolo. Cosi ugualmente nelle similitudini come le tue non tanto un uomo diventa piu grande, se lo si assomiglia a un dio, quanto la di-

ΥΠΕΡ ΤΩΝ ΕΙΚΟΝΩΝ

Ιfιν τις αότον .\J·ε(JJ &πεικάζ'{J, ώς το &ε�ον &.νάγκ'Υ) έλαττοuσ&αι προς το ένaέον έπικλιiJμενον' κcι.t γοφ ε1 μΕ:ν δπο &πορίας των έπιγείων έπt τcΧ οόράνια έκτείνοι τις τον λόγον, ηττον ' i'λν δ τοιοuτος cι.1τίαν �χοι δπο &σεβείας αότο aρ&ν- σο aε τοσαuτα: �χων κάλλΎJ γuνα:ικων Άφροaίτη κα:t ''Ηρ� ε1κάσα:ι α:ότ�ν έτόλμφα:ς οuaεν aέον. [Ι 4 ] 'Ώστε το &γα:ν τοuτο κα:t έπίφ&ονον &φα:ίρει, & Λuκϊνε· οό γcΧρ προς τοu σοu τρ6ποu το τοιοuτον, δς ouaε &λλως ρ4aιος προς τοuς έπα:ίνοuς καt πρόχειρος &ν έτόγχα:νες &λλcΧ νuν οόκ o!a' 5πως &.\J·ρόα:ν / I I I ' � � ψ ' επιοα ' τοu� τεως τ'ΥJν μετα:β ολ'ΥJν πεποι'Υ)σα:ι φειοοιλεuομενος καιI εκ μένοu &σωτος έν τοϊς έπαίνοις &ναπέφψα:ς. 'ΑλλιΧ μ'Υ]aε έκεϊνο α:ίσχuν&ΊJς , ε1 μe:ταρρu.\J·μιε�ς τον λόγον ηa'YJ aιαaεaομένον' έπεt κoct Φειaία:ν φα:σtν ο6τω ποι�σα:ι, δπότε έξεφγά:σα:το το�ς 'Ηλείοις τον Δία: 17 • στάντα: γcΧρ α:ότον κατόπιν των -θυρων, δπότε το πρωτον &να:πετάσα:ς έπεaείκνuε το �ργον, έπα:κοόειν των α:ίτιωμένων τι η έπα:ινοόντων' tJτι&το aε δ μΕ:ν τ�ν pϊ:να: ώς πα:χε�α:ν, δ aε ώς έπιμ'Υ]­ κέστερον το πρόσωπον, δ aε &λλος &λλο τι. Ε!τ' έπειa� cΧΠΎJλλάγη­ σα:ν OL .\J·εαταί, α:ο&ις τον Φειaία:ν έγκλεισάμενον έα:uτον έπα:νορ.\J·οuν κα:1 pu&μtζειν το &γα:λμοc προς το το�ς πλείστοις �ΟΚΟUν' ou γaρ I ' ., �I , ο'Υ)μοu ' Ν Ν ' ' οcναγκα:ιον ' εινα:ι σuμ β ouλ,\,1ν τοσοuτοu, α:' λλ' α:ει 'Υ]γειτο μικραν ύπάρχειν τοος πολλοος περιττότερον δρα.ν τοu έν6ς, κi'λν Φειaίας fι. Τα:uτά: σοι παρ' έκείν'ΥJς κομίζω κα1 οcότος πα:ραινω έτα:ϊ:ρός τε και ει.Jνοuς &ν. [r5] Λ!ΚΙΝΟΣ. Πολόστρα:τε, ο!ος &ν p�τωρ έλελ�&εις με· p�σιν γοuν ο6τω μακριΧν κα:t κα:τ'Υ)γορία:ν τοσαότ'Υ)ν έξεν�νοχοcς κα:τιΧ τοu σuγγράμμοcτος, &στε μ'Υ)aε έλπ(aα: μοι &πολογία:ς �τι κατα:λε(­ πεσ&α:ι. Πλ�ν &λλιΧ έκε�νό γε οό aικοιστικον έποι�σα:τε, κα:t μάI I � ' Ι ' � ΙΧUτ I ' �' () I Ω στε οuοεν Ν Ν !. ' ωει' κΙΧι' J,•1μεις v·α:uμΙΧστον, v·εοντιΧ κpΙΧτειν. μονον ι:οα:λ μεν οι.Jτε ι.Jaα:τος �μϊν έγχu&έντος 18 οι.Jτε &πολογ(α:ς &ποaο&είσ'f)ς. Μ&λλον aε τοuτο πάντων &τοπιiJτα:τον, OL α:ότο1. κα:τ�γοροι κα:t �ικοcσταt �τε. Πότερα a• οον έ&έλεις, &γα:π�σας το�ς έγνωσμένοις ''

17. La statua d'avorio e d'oro del dio in trono, destinata al grande tempio di Olimpia, che fu coιisiderata l'espressione piu alta dell'arte di Fidia. r8. Versaι·e nella clessidι·a Ia quantita d'acqιιa, che avrebbe segnato ii tempo di un discorso in giιιdizio, era ίΙ gesto materiale nel qιιale si concretava il diritto di sostenere Ia propria caιιsa.

vinita necessariaωente ne e diωinuita venendo ridotta in ra� gione di quel che manca al piu piccolo. Ebbene, se qualcuno spingesse il suo discorso fino ai modelli celesti per mancanza di :nιodelli terrestri, risulterebbe attenuata l'accusa che gli si muovesse di fare questo per empieta ; ma tu, pur avendo a disposizione la bellezza di tante donne, l1ai osato paragonare lei ad Afrodite e ad Era, quando non ce n'era alcun bisogno . [r4] Dunque, ο Licino, togli questo, che e eccessivo e suscita l'invidia ; del resto una cosa del genere non si adatta al tuo carattere, visto che in altή casi ti e capitato di non essere ne facile ne pronto alle lodi. Ora invece, non so come, ti sei mutato tntto in una volta elargendo generosamente e dal risparmiatore che eri prima sei venuto fuori uno scialacquatore di lodi. D'altra parte non vergognarti neppure di modificare il tuo discorso, anche se e gia pubblicato, dal moωento che dicono che anche Fidia abbia fatto cosi, quando esegui lo Zeus per gli Elei 17 : non appena, dopo averla scoperta, mostro la sua opera, stando dietro la porta ascoltava quelli che criticavano ο elogiavano qualcosa. C' era chi cήticava il naso perche grosso, chi il viso perche troppo lungo e chi un particolare, chi l'altro. Ροί, quando i visitatori se n'erano andati, Fidia, chiusosi nuovamente dentro, correggeva e modificava la statua secondo il parere della ωag­ gioranza, giacche non riteneva di poco peso il consiglio di tanta gente, ma pensava che necessaήamente i piu vedono meglio di uno solo, anche se questo e Fidia. Tali i moniti che ti porto da parte di lei e che ti rivolgo ίο personalmente, perche ti sono amico e ti voglio bene. [r5] LICINO. Non sapevo, ο Polistrato, che tu fossi un ora­ tore cosi bravo : effettivamente hai pronunciato contro il mio scritto un'orazione tanto lunga e un'accusa tanto valida, che non mi ήmane nemmeno piu la speranza di una difesa. Solo che in una cosa almeno non avete agito legalmente, tu soprat­ tutto, che hai condannato il libro in contumacia, in quanto non era presente i1 suo difensore. Ε facilissimo - penso e vincere, come dice il proverbio, correndo da soli. Di conseguenza non c'e da stupirsi se, non essendomi stata versata l' acqua 18 ne concessa la difesa, ho poi avuto la peggio. Inoltre - e questa e la cosa piu assurda di tutte - voi siete stati accusatori e giudici ad un tempo. Ε allora che vuoi? Non faro nulla accon-

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�συχίαν &γω � κατα. τον Ίμερα!:ον ποιητ-fιν 19 παλινφaίαν τιν.Χ συγγράφω, � (Jώσετέ μοι έφέσιμον &γωνίσασ&αι τ�ν (Jίκψ ; Π ΟΛ. Νη Δί' , ήνπερ �χης τι �ίκαιον είπε!:ν' οό γαρ έν &ντιι , ι ι , 'Ε γω1 λογιαν. ως συ1 ψης, α' ),λ' εν οις ποι'Υ)ση καl συνεξετάζεσ&αί σοι �τοιμος έπ1 τ�ς �ίκ'Υ)ς. [r6] ΛΥΚ. 'Αλλα. έκε!:νο &νιαρόν, ω Πολόστρατε, δτι μ� έκεί­ .}, Ι ). ν'Υ)ς παροόσ'Υ)ς ποιήσομαι τοuςφιιλλόγους· μακρ(/) γιΧρ &ν ο6τως &μεινον οε ο" 'ικοις, τ,1ν α.πο �ν. Νuν aε &νάγκη &π' έντολΎ)ς &πολογήσασ.fJ·αι. 'Αλλ' ε'l μοι τοιοu­ τος &γγελιαφόρος γένοιο προς αότ-fιν ο!ος πα:ρ ' έκείνης πρός με γεγένο�σαι, τολμήσω &ναρρ!:ψαι τον κόβον. Π ΟΛ. Θάρρει, ώ Λυκ!:νε, τοότου γε �νεκα, ώς οό φαuλόν με < I > � I Ι Ι > � β ραχεων ώς λογιας, ειπειν, τΎJς απο πεφωμενος &ν μFlλλον μν'Υ)μονεόσαιμι. ΛΥΚ. Καt μην πάνυ μεν ��ει μ οι μακρων των λόγων προς '> "f: .}_ ο6τω σφο(JριΧν την κατ'Υ)γορίαν. 'Όμως aε σια σοG �νεκα έπιτεμοuμαι υποκριτ,1ν εc,ων τ�ν &πολογίαν. Καt παρ ' έμοG τοίνυν τά�ε αότγj &πάyyελλε. Π ΟΛ. Μ'Υ)(Jαμως, ώ Λυκ!:νε, &λλ' &σπερ αότ�ς έκείν'Υ)ς παροόσ'Υ)ς Μγε τον λόγον, ε!τ' έγΘ μψήσομαί σε προς αότήν. I � � .. π ο υκουν · · ,, ' ω μεν ουτω σοι ο λυστρατε, I \ < > > � > I > � λ παρεστι και εκεινα οπό σα συ παρ αυτ'Υ)ς απ'Υ)γγειλας, �μFJ.ς aε χρ� των �ευτέρων λόγων ένάρχεσ.fJ·αι. Καίτοι - οό .s"' Ύ'κ " - οόκ ο!� ' δπως φοβερώ­ δ πέπον&αοοκει, γdφ Λbκνήσω προς επειο'Υ)περ σε είπε!:ν .ι ,1 '> ( '>.}, τερόν μοι το προεφ'Υ)κε πρFJ.γμα πεποίΎJκας, και ώς δρ�ς ιaρω τε ή(J'Υ) καl (JέΟ'Υ) αο ,1 � ' ' ' ' � '' ' ' μονονουχι οραν ο ιομαι και το πραγμα πολλ'Υ)ν μοι την ταραχ-fιν έμπεποί'Υ)κεν. 'Άρξομαι �· δμως' οό γιΧρ οtόν τε &ναauναι lfι�'YJ παροόσ'Υ)ς. .}, I " Π ΟΛ. πολλην την εύμένειαν έπιφα:ίνει τ(/) προσώπψ οοικα καιI Κα1 ν� Δίακαι αυτ,1ν φαι�ρα. γιΧρ ώς δρ�ς καl προσ'ΥJνής. 'Ώστε &αρρων λέγε τον λόγον. [Ι7] ΛΥΚ. 'Εγώ σε, ω γυναικων &ρίστ'Υ), μεγάλα, ώς φής, καt πέρα τοG μέτρου έπαινέσας ούχ δρω δ τι τ'Υ)λικοuτον έπήνεσα, �λίκον ...,. ) I I \ \ ...,. ) f: τψ προς το\ συ' τουτο εγκωμιον σεαυτ'Υ)ς .fJ·ε!:ον τψ�ν έν μεγάλφ τι&εμέν'Υ)' σχεΜν γιΧρ άπάντων τοGτο με!:ζον ών ε'lρ'Υ)κα περl σοu, ΚI ' I Ί' ' παρεργ(}> σε' β ουσιν, ουτοι και\ ταI αριστοι εν ε!εν. 'Ώστε εt πάντως μετακοσμ�σαι ��οι τον λόγον καl το &γαλμα: 1 (i >\ έπανορ-Ό·ώσασ&αι, &φελε�ν μεν ούκ &ν τιπρος τολμ�σαιμι αύτου, προσ-0·�­ ανv·ρωπους α.ν σω �ε καl τοuτο 6ς τινα κεφαλην τοu παντος gργου καl κορυφ�ν. I ' I I l σοι πανυ μεντοι πολλ'Υ)ν ομο λογω· 'Επ' εκεινφ '

έμου γΟ:ρ έπαιν�σαντος του σου τρόπου το μ�τριον καl 8τι μ'Υ)�εν � J. ' δ τ,ιν ύπερπετες μ'Υ)aε τuφου ποφων 6γκος των ' "'σοι κα�I μεστον ένεποίφ�εισεναι χα.ριν πραγμάτων, σu τιΚ τοιαuτα αtτια:σαμ�ν'Υ) του λόγου &πιστώσω του έπαίνου τ�ν &λ�-θ·ειαν' το γΟ:ρ μ� προαρπά.ζειν τΟ: τοιαuτα των έγκω­ μlων, &λλ' αt�ε�σ&αι έπ' αύτο�ς καί μεlζω � κατΟ: σΕ: ε!νcχι λ�γειν, μετρίας καί �'Υ)μοτικ�ς τινος �ιανο(ας �ε�γμά έστι. Πλ�ν άλλα 8σeι:>­ περ &ν προς το έπαινε�σ-Ό·αι αύτο ο6τω �ιακειμ�ν'Υ) τυγχάνης, το­ σοUτ(}> &ξιωτ�ραν ύπερεπαινεϊ:σ-Ό·αι &ποφαlνεις σεαυτ�ν. Καl σχε�ον ές τον τοu Διογeνους 20 λόγον περιελ�λυ&� σοι το πρ .Χγμα, δς έρο­ μ�νου τινός, 8πως &ν τις �ν�οξος γένοιτο, Et Μξ'Υ)ς, �φ'Υ), καταφρο­ ν�σειε· φα:l'Υ)ν γdφ &ν καl αύτός, ε� τις �ροιτό με, τινες εtσί μάλιστα επαίνου &ξιοι ; Όπόσοι έπαινεϊ:σ-Ό·αι μ� .fΜλουσιν. [r8] Άλλα ταυτα μεν 'Cσως έξαγώνια καl πόρρω τοu πράγματος. Ύπeρ �ε οδ χρ� &πολογ�σασ&αι, τουτό έστιν, 8τι τ?j έν Kνl�Cf> κocl τ?j έν κ�ποις καί "ljρ� καl Ά&ψ� τ�ν μορφ�ν &ναπλά.ττων ε'Cκασα· ταυτά σοι �κμετρα ��οξε καl ύπερ τον πό�α. Περί αύτων �� τοu­ των έρω. Καlτοι παλαιος οοτος δ λόγος, &νευ&uνους ε!ναι ποιψ&.ς καl γραφ�οcς, τοuς �ε έπαινουντας καl μ.Χλλον, ο!μαι, εt καί χαμαt καl βά�'Υ)ν 6σπερ �μεϊ:ς, άλλα μ� έπl μ�τρων φ�ροιντο. 'Ελεu&ερον Ι ' ...., Ι I I ' '' β ραχυτ'Υ)τα εστιν αυτου μετρον εις τι οe εποcινος γαρ I I < g ορ�, πως < α' λλα\ τουτο μονον ' ' � (\ Ού .{). μ�ν ταuτην μά.σεται καl ζΊ)λωτον μεγε-v·ος •ι ουσ &ποφανεϊ: τον έπαινοuμενον. (i ' 1;:' !( C\ ' &παρίας αύτο �ρ.Χν. [r9] 'Εκε�εγω βα�ωυμαι, μη καl σοl Μξω ύπ υπερv·αυνενομο-v-ετ'Υ)μενον, ει, ιι;παντος ''

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zo. Per questo notissiιno filosofo cinico si veda Ver. lιist., ΙΙ, r8 e nota 37 (cfr. anche Qttom. hist. conscr., 3 e nota 10) .

40 [so], r 8-rg

avrei disegπato altra a pnifereπza di quella. Di coπsegueπza, almeπo sotto questo aspetto, mi sembra ποπ solo di ποπ aver ecceduto πelle lodi, ma di aver parlato iπ modo assai iπferiore al tuo meήto. Coπsidera, duπque, quaπto sia importaπte cio che ho tralasciato, e quaπto decisivo per dimostrare la boπta di uπ carattere e la rettitudiπe di uπ aπimo, se e vero che tutti coloι-o, il cui primo peπsiero e il culto della diviπita, si rivelaπo πobilissimi aπche πei rapporti cοπ gli uomiπi. Ε cosi, se si dovesse rimaπeggiare il mio discorso e apportare correzioπi alla statua, ποπ oserei togliere πulla, meπtre di certo aggiuπ­ gerei questo come puπto culmiπaπte e vertice di tutta l'opera. Ma per ιιπ'altra cosa ammetto di doverti molta gratitudiπe, perche, aveπdo io lodato la moderazioπe del tuo carattere e il fatto che lo spleπdore della coπdizioπe odierπa ποπ ti ha ispirato πe alterigia πe boria, tu biasimaπdo tali affermazioπi del mio discorso hai coπfermato la verita della mia lode. lπ­ fatti ποπ abbraπcare subito gli elogi di questo geπere, ma vergogπarseπe e dire che sοπο eccessivi p er te e prova di misura e umaπita di seπtimeπti. D'altra parte, iπ quaπto tu sei cosi disposta πei coπfroπti delle lodi stesse che ricevi, taπto piu degπa ti mostri di essere lodata iπ sommo grado. Ε il tuo caso rieπtra πella risposta di Diogeπe 20, il quale, domandaπdogli un tale cωπe uπο potrebbe diveπtare famoso, rispose : « Se di­ sprezzasse la fama » ; e aπch'io, se qualcuπo mi domaπdasse : « Chi sοπο i piu degπi di lode? )), direi : « Quaπti ποπ accettaπo di essere lodati )), [r8] Ma queste cose forse sοπο margiπali e fuori proposito. L'accusa dalla quale devo difeπdermi e quella di aver parago­ πato, ritraeπdoti, la tua bellezza alla bellezza sia dell' Afrodite di Cπido e di quella dei Giardiπi, sia di Era e di Ateπa : cio ti e parso fuori misura e di troppo. Eppure e aπtico detto che poeti e pittori ποπ devoπo reπdere coπti, e meπo aπcora, io peπso, gli autori di elogi, aπche se, come ποi, ποπ camminaπo sollevaπdosi sui metri, ma al suolo passo per passo. L'elogio, iπfatti, e qualcosa di libero e ποπ ha uπa misura prefissata ο di luπghezza ο di brevita, ma coπsidera esclusivameπte il modo di esaltare e di reπdere iπvidiabile colui che e lodato. Noπdi­ meπo io non percorrero questa via, affi.πche ποπ ti sembri che lo faccia per maπcaπza di argomeπti. [rg] τi dico questo

ΥΠΕΡ ΤΩΝ ΕΙΚΟΝΩΝ

νο Μ σοί ψ'Υ)μι, τοιαότας �μ'!.'ν τcΧς ά.φορμcΧς των έπαινετικων τοότων I > � > 6 σι και\ ομοιωσεσι < < χp �'I ο;uν 'J' ως και\ εικ � επαινουντα λ6γων ε�ναι, προσ. το μ�γιστ6ν έστιν εu είκάσαι χρ�σ&αι, και σχεδον έν τοότcι> το ' δε εu &δε μάλιστ &ν κρίνοιτο, ούκ �ν τις το'!.'ς όμοίοις παραβάλλn ούδ' �ν προς το δποδε�στερον ποι�ται την παρά-θ·εσιν, ά.λλ' �ν προς το δπερ�χον ώς ο!6ν τε προσβιβάζη το έπαινοόμενον. Οtον ε'ί τις κόνα έπαινων ε'ίποι ά.λώπεκος ε!ναι μείζω αύτον � αίλοόρου, &ρά σοι δοκεϊ ό τοιουτος έπαινεϊν είδέναι ; Ούκ &ν ε'ίποις. Άλλα μην ούδ' εί λόκcι> φαί'Υ) 'ίσον αύτον δπάρχειν, ούδe ο5τως μεγαλωστt έπή­ νεσεν. Άλλtι. που το 'ίδιον του έπαίνου άποτελε'!.'ται ; "Ην ό κόων τ(j) λ�οντι έοικ�ναι Μγψαι καt μ�γε-θ·ος καt ά.λκ�ν. Ώς ό τον Ώρίω­ νος κόνα έπαινων �Ψ'ΥJ ποιψης 21 λεοντοΜμαν 22 αύτ6ν - οοτος γtι.ρ δη κυνος έντελης �παινος. Καt πάλιν ε� τις Μίλωνα 23 τον έκ Κρ6τωνος � Γλαυκον 24 τον έκ Καρόστου � ΠολυΜμαντα 25 έπαινέσοιι -θ·�λων �πειτα λ�γοι ίσχυρ6τερον �καστον αύτων γυναικος γεν�σ&αι, ούκ &ν ο'ίει γελασ&�ναι αύτον έπt τ?) ά.νοίσ.' του έπαίνου ; 'Όπου γε καt εί ένος ά.νδρος �λεγεν &.μείνω ε!ναι αύτ6ν, ούδε τουτο ά.π�χρ'Υ)­ σεν &ν εlς έ:παινον. 'Αλλa πως έπήνεσε ποι'Υ)της 26 εόδ6κιμος τον Γλαυκον, ούδe Πολυδεόκεος βίαν φ�σας ά.νοιτείνασ&αι &ν αύτ(j) έναντίας τtι.ς χεϊρας ούδe σιΜρεον 'Αλκμ�νας τ�κος 27 ; Όρ�ς όποίοις αύτον &εο'!.'ς ε'ίκασε ; Μ&λλον δ€ καt αύτων έκείνων &.μείνω ά.π�­ φψε. Καt ο6τε αύτος ό Γλαυκος �γανάκτ'Υ)σε το'!.'ς έφ6ροις των ά.&λψων &εοϊς ά.ντεπαινοόμενος οuτε έκεϊνοι �μόναντο � τον Γλαυ� ! ! '' ' Ι> I ' ως ' ασε ' β ουντα επαινον, α' λλα' ευσοκ�μουν ποι'Υ)τ'Υ)ν περι' τuν κον �,1 τuν &μφω καt έτιμωντο ύπο των Έλλ�νων, ό μεν έπι τ?) ά.λκ?), ό δ€ ποιψης έπί τε το'Ι:ς &λλοις και έπ' αύτ(j) τοότcι> μάλιστα τ(j) �σματι. Μη δΎj .&αυμάσης, ει καt αύτος είκάσαι βουλ6μενος, δπερ �ν τ(j) έπαινουντι ά.ναγκαϊον, ύψ'Υ)λοτ�ρcι> έχp'Υ)σάμψ τ(j) παραδείγματι, τουτο ύποβαλ6ντος του λόγου. [ 20] Έπει δ€ και κολακείας έπεμ2 1 , Pindaro, 22, Tale epiteto costituisce il framm, 74a, Schroeder, Orione era i1 bellis­

simo gigante cacciatore, figlio di Posidone, ucciso a Delo dal morso di uno scorpione per volonta di Artemide, che intendeva punirlo per l'offesa arrecata a una sua ninfa, 23, Per questo, che fu forse l'atleta piu fan:ωso dell'antichita, si veda Q uom, hist, conscr,, 34 e nota 72 e, in particolare, vοι Ι, Char,, 8 e nota 15, 24- Per quest'altro celebre atleta si veda vοι Ι, Herod,, 8 e nota Ι Ι , 2 5 . Atleta tessalo di eccezionale forza fisica : si veda Quom. hist. conscr,, 35 e nota 76 e, in particolare, vοι Ι, Herod,, 8 (dove i tre atleti sono ugualmente citati insieme) e nota ΙΟ, 26, Simonide di Ceo (556-467 a, C.) , poeta melico corale di vaιia ispira­ zione, ι·esto celebre per il pathos dei suoi canti funebri (notissimo quello che

40 [so], 20

invece, che i principii da cui partono i discorsi elogiativi sono tali che colui che elogia deve valersi di immagini e di simili­ tudini, e questa, a un dipresso, e la sostanza di un buon elogio, che tale potra giudicarsi soprattutto se non si faranno paragoni con le cose simili, ne si istituira il confronto con cio che e in­ feriore, ma si accostera il piι'ι possibile l'oggetto lodato a cio che e superiore. Se qualcuno, ad esempio, lodando un cane dicesse che e piι'ι grosso di una volpe ο di un gatto, ti sembre­ rebbe che costui sapesse lodare ? Non potresti affermarlo. Ma neppure se dicesse che e uguale a un lupo, gli farebbe una grande lode. In che cosa, allora, si realizza la natura parti­ colare dell' elogio ? Se si dira che il cane assomiglia al leone in gΓandezza e vigore, come disse il poeta 21, che, tessendo l'elogio del cane di Orione, lo chiamo « domatore di leoni » 22 : e questo, si, e un elogio perfetto del cane. Ma ancora, se un tale volendo elogiaΓe Milone di Crotone 23 ο Glauco di Caristo 24 ο Polidamante 25 poi dicesse che ognuno di essi era piι'ι forte di una donna, non pensi che sarebbe deriso per la stoltezza della lode? Ε neppure se dicesse che ciascuno era superiore ad un singolo uomo, cio basterebbe per un elogio. Come, in­ vece, un celebre poeta 26 lodo Glauco ? Dicendo che non avreb­ bero alzato le mani contro di lui ne la forza di Polluce ne i1 feπeo fιglio di Alcmena 27. Lo vedi a quali dei lo paragono ? Ο, meglio, lo dichiaro superiore a questi stessi. Ne il medesimo Glaιιco s'indigno di essere contrapposto nella lode agli dei protettori degli atleti, ο questi punirono Glauco ο il poeta come reo di empieta peΓ il suo elogio, ma entrambi ebbero buona fama e furono onorati dai Greci, l'uno per la sua forza, il poeta per gli altri canti, ma in particolaΓe proprio per questo. Non meravigliarti, dunque, se anch'io volendo fare dei para­ goni, cosa che a chi lodasse era necessaria, ho usato un termine di confronto troppo alto, ma me lo ha suggeήto la natura del mio discorso. [20] Ma poiche hai ricordato anche l'adulazione, immortalo i1 sacrificio dei trecento di Leonida) e per aver rinnovato l'epinicio, che celebrava le vittorie agonistiche, trasformandolo da rigido formulario in canto adattato alle singole personalίta deglί atleti vincitori. Ε del 520 a. C. l'epinicio · per Glauco di Caristo, dal quale e tratta Ia citazione che segue. 27. Ε il framn1. 23 Diehl2• Polluce, uno dei due Dioscuri, figlί di Zeus e di Leda, era invincibile pugile (cfι-. vol. Ι, Mort. dial., Ι e nota r). Il figlίo di Alcmena e Eι-acle.

59 2

):'ΠΕΡ ΤΩΝ ΕΙΚΟΝΩΝ

νήσ-θ·ης, gτt μΕ:ν και σο μtσεϊς τοuς κολακtκοός, tπαtνω μέν σε, και ούκ tχρην &λλως. ΈS·έλω aέ σοt aιακρϊναt και aιορίσαt τ6 τε τοϋ tπαtνοϋντος �ργον και την τοu κ6λακος όπερβολήν. Ό μΕ:ν οδν κ6λαζ δίτε της χρείας �νεκα της tαυτο\J tπαtνων, ά.ληiJ·είας ae όλί­ γην ποtοόμενος την πρ6νοtαν, δίπαντα ύπερεπαtνεϊν ο'Cεταt aεϊν, tπtψευaόμενος καl προστι.&εlς παρ ' αότοu τcΧ πλείω, ιi:ι ς μη &ν όκνη­ σαt καt τον Θερσίτην 28 εύμορφ6τερον &ποφηναt τοu 'Αχtλλέως καl τον Νέστορα φάναt των έπl 'Ίλιον στρατευσάντων τον νεώτατον είναt . aιομ6σαtτο a· &ν και τον Κροίσου υ ίον όζυηκοώτερον είναt τοϋ Μελάμποaος 29 καt τον Φtνέα όζότερον aεaορκέναt τοϋ Λυγκέ­ ως 30, �νπερ μ6νον κερa&ναί τt tλπίση tπl τίJ) ψεόσματt. Ό aέ γε ) \ τουτο J!. ) "' (ι Ν I Ν / ι '' ψ ευσαtτο αυτο επαtνων ουχ τt :}_,1 προσ·ιτ εtη των uπως ουI ο ' αν μηaε ολως προσόντων, τdι. a· ύπά.ρχοντα αύτίi) φόσεt &γα-θ·ά., κ&ν I μεγα' λα η'!' , παραλαβ ων > I > ιζ \ επηυc,ησε μη\ πανυ καt\ καt\ με�l ζ ω απεφηνε· τολμήσεtεν &ν είπεϊν, �ππον tπαtνέσαt .&έλων φόσεt κοϋφον ών �σμεν ζΦων και aρομtκ6ν, οτt /

Ν

'Άκρον tπ' ά.ν.&ερίκων καρπον .&έεν ούaε κατέκλο: 31 • Καt πά.λtν ούκ &ν όκνήσεtε φά.ναt « &ελλοπ6aων aρ6μον Ζππων » 32• Καl �ν οtκίαν tπο:tν?) κο:λην καt &ρtστα ΚΙΧ't'εσκευασμένην, ε'Cποt &ν· Ζην6ς που τοιήaε γ' ' Ολυμπίου �νaο-θ·εν αύλή 33 • Ό aε κ6λαζ τοuτο το �πος κ&ν περl της συβώτου καλόβης 34 ε'Cπω, I I Ν ' !!. I ' (\ ο' εt, μονον τt παρο:\ του συ β ωτου λα β ε�ν ελπ�σεtεν' uπου Κυναt'il'Ος Δημ'Υ)τρίου τοu Πολtορκητοϋ 35 κ6λαζ &πάντων αύτίj} των προς την Ν

28. Per questo prototipo dell'uomo brutto si veda Quom. lιist. conscr., 14 e nota 29 (cfr. anche vol. Ι, Mort. dial., 25). 29. Il figlio di Creso, ί1 ι·e di Lidia vissuto nel vr secolo a. C., le cui ric­ chezze divennero proverbiali, era sordomuto. Melampo, celebre indovino, fratello di Biante, uno dei sette Sapienti, ebbe la facolta di intendere le voci di tutti gli animali, degli uccelli in particolare, ma anche un udito talmente fine da percepire ί suoni, coi quali ί vermi sotto teπa comunicavano fra di loro. 30, Fineo e ί1 re di Tracia, che gli dei vollero cieco, ma al quale concessero il dono della profezia (si veda De salt, nota 133) ; Linceo ί1 re di Messene, la cui acutezza di vista passo in proverbio (cfr. vol. Ι, Tim., 25 e nota r 8) . 3 ! . Il., χχ, 227. 32. Della frase, cosl com'e, ignoriamo la fonte, mentre ιι i cavalli dai piedi di turbine >> compaiono nell'Inno Omerico ad Afrodite (ν. 2 1 7), in Siω.onide (framm. rg Diehl2) , in Pindaro (Nem., Ι, vv, 6-7 e framm. 221, vv. r-2, Schroecler) . 33 · Od., IV, 74· 34· Tra una citazione oιnerica e l'altra la capanna non puo essere che quella del porcaio dell'Odissea, cioe di Eumeo.

40 [soJ, 20

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ίο tί lodo per i1 fatto che odii gli adulatorί e non dovrebbe essere altrίmentί ; ίο vorreί tuttavίa per te dίstίnguere defi­ nendoli i1 compίto del lodatore e gli eccessί dell'adulatore. Orbene, l'adulatore, poίche loda per i1 proprίo utile e poco sί preoccupa della verίta, pensando dί dovere ad ognί cosa la lode massίma mente e aggίunge i1 pίu dί sua fantasίa, al punto che non esίterebbe a proclamare Tersίte 28 pίu bello dί Achille e a dίre che Νestore era i1 pίu giovane dί coloro che partecί­ parono alla spedizίone contro Πίο ; e gίurerebbe che i1 figlio dί Creso aveva l'udίto pίu fine dί Melampo 29 e Fίneo la vίsta pίu acuta dί Lίnceo 30, se solo sperasse dί rίcavare un guadagno dalla menzogna. Invece coluί che della stessa cosa fa 1' elogίo non solo non mentίrebbe ne aggίungerebbe nulla dί cίο che non esίste affatto, ma, prese ίη consίderazίone le buone qualita che essa per natura possiede, anche se non sono dί molto rί­ lievo, le ίngrandίsce e le fa apparίre pίu rilevantί ; e oserebbe dire, se volesse lodare un cavallo agile per natura e veloce fra quantί anίmali conoscίamo, che Sulle punte correa senza spezzarle dei frutti delle spighe 3 1 ,

Ε nemmeno esίterebbe a parlare dί una « corsa dί cavallί daί pίedί dί turbίne » 32• Se poi lodasse una casa bella e ottima­ mente arredata, direbbe : Tal dell'Olimpio Zeus, dentro, la reggia 33,

L'adulatore, per contro, userebbe queste parole anche per la capanna del porcaίo 34, se solo sperasse di avere qualcosa dal porcaio ; ed e i1 caso dί Cineto, l'adulatore dί Demetrio Polior­ cete 35, i1 quale, esaurίte tutte le ίdee utίli all'opera sua, lodo 35· Figlio di Antigono Monoίtalmo, uno dei diadochi di Alessandro, De­ metrio, detto il Poliorcete ( assediatore di citHι) per la sua abilita nel con­ durre gli assedii, sostenne il padre, fino alla sua morte nella battaglia di Ιpso (301 a. C.), nella lotta per la costituzione di un grande stato unitario, che continuasse quello di Alessandro, e nella sua politica filellenica, che culmino nella creazione di una lega ιnilitare degli stati greci diretta dal padre e da lui medesimo (302 a. C.). Riconosciuto dal rivale Lisimaco nel 293 a. C. re dei Macedoni, assunse i1 nome di Demetrio Ι dando inizio a una dinastia che ebbe fine solo con la ι:onquista romana. Rivolte in seguito le sue mire all' Asia, si trovo di ίronte Lisimaco e, in Siria, Seleuco, del quale, dopo il tradimento di gran parte del suo esercito, finl prigioniero morendo poco dopo, cinquanta­ quattrenne, nel 283 a. C. =

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κολακείαν καταναλωμ�νων έπfινει uπο βΎJχος ένοχλοόμενον τον Δη­ μ�τριον, δτι έμμελως έχρ�μπτετο. [2r ] Ou μόνον aε τοuτο έκα­ τ�ροu αuτων γνώρισμά έστι, το τοuς μeν κόλακας οuκ όκνεΊ.ν και ψεόaεσ&αι τοu χαρίσασ&αι �νεκα τοΊ.ς έπαινοuμ�νοις, έζαίρειν aε τοuς έπαινοuντας τα uπάρχοντα πεφiΧσS·αι · άλλα κάκείνιr ou σμικρί]) aιαλλάττοuσιν, δτι OL μeν κόλακες, έφ ' δσον ο!όν τε αuτοΊ.ς, χρωνται , ι < εν αuταις ταuταις σωφρο β ολ αις, οι επαινοuντες ταις uπερ νοuσι κα� έντος των δρων μ�νοuσι. Ταuτά σοι άπο πολλων όλίγα κολακείας και έπαίνοu άλΎJ&οuς aείγματα, ώς μ� πάντας uποπτεόης τοuς έπαινοuντας, άλλα aιακρίνης κα� παραμεψ?)ς τί]) οtκείιr μ�τρCJ) '�-' πρόσαγε έκάτερον. [22 ] Φ�ρ ' οδν, εt aσκεΊ., το'i:ς 6π' έμοu είρΎJμ�­ σε κα�1 νοις τοuς κανόνας άμφοτ�ροuς, ώς μά&ης ε'ίτε τοότιr ε�τ' έκείνιr έοίκασιν' έγω γαρ εt μ�ν τινα &μορφον οδσαν �φΎ)ν τί]) έν Κνίaιr άγάλματι όμοίαν, γόΎJς &ν κα� τοu KuναLS·ou κολακικώτερος �ντως νομιζοίμ'Ι)ν' εt aε τοιαότην uπάρχοuσαν ο�αν πάντες 'ίσασιν, ou πάνu έκ πολλοu aιαστ�ματος �ν το τόλμΎJμα. [23 ] Τάχ' &ν οδν φαίΎJς, μiΧλλον ae �a'l) ε�ρΎ)Κας, έπαινε'Ι.ν μ�ν σοι ές το κάλλος έφε(σ!}ω • άνεπίφ&ονον μ�ντοι ποι�σασ&αι τον �παινον έχρ�ν, άλλα μη &εαΊ.ς άπεικάζειν &ν.&ρωπον οδσαν. Έγω Μ - �aΎJ γάρ με προ&ζεται τάλΎJS·eς εtπεΊ.ν - ou &εαΊ.ς σε, δ βελτίστη , ε'ίκασα, τεχνιτων aε άγαS·ων aΎJμιοuργ�μασι λί&οu κα� χαλκοu � έΜφαντος πεποιΎJμ�I I > > > > f ο';'ψαι > γεγενΎ)μενα οuκ ασε νοις. ·τα' εtκάζειν- έκτος εt μη σu τοuτο ε!ναι την ΆS·ψiΧν uπεlλ'Ι)φας το uπο Φειaίοu πεπλασμ�νον � τοuτο την οuρανίαν 'Αφροaίτην, δ έποίΎJ­ σε Πραζιτ�λΎJς έν Κνίaιr ou πάνu πολλων &των. 'Αλλ' δρα μη &σεμ­ (ΊεtκόνιΧς (Ί νον � τα τοιαuτα περι των &εων aοξ&ζειν, i':Jν τάςβ "-ι::γε '1- ' ,( ς άλΎJ&εΊ.ς σε vπ ανV'ρωπων ανV'ρωποις άνεφίκτοuς ε!ναι άν&ρωπίνη μιμ�σει �γωγε uπολαμβάνω. [24] Et aε και δτι μάλιστά σε αuταΊ.ς έκείναις ε�κασα, οuκ έμον τοuτο ouaε έγω πρωτος ταότψ έτεμόμψ την όΜν, άλλα πολλοι και άγα&οι ποιΎJταί, και μάλιστα ό πολίτ'Ι)ς ό σος "ΟμΎJρος, δν και νuν άναβιΙ Ι ι σuναγορεuσοντα μοι, ΎJο\ > μΎ)χανΎJ\ μΎ)\ ' και\ > β ασομαι σuν έμοι ά.λωναι. 'Ερ�σομαι τοίνuν αuτόν, μiΧλλον aε σe 6πeρ αuτοu - κα� γαρ aιαμνΎ)μονεόεις εδ ποιοuσα τα χαρι�στατα των έρραψψ aΎ)μ�νων αuτί]) - τί σοι έκεΊ.νος aσκεΊ., όπόταν περ� τ�ς αtχμαλώτοu λ�γη τ�ς ΒρισΎJ'taος, δτι χρuσΊJ οuσεμ�α Άφροaίτη tκ�λΎJ έπ�ν&ει Π&'1l I οuχ�I τον αuτuν Ν

Ν

,

,



,

Ν

40 [soJ, 21-24

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Demetrio afflitto dalla tosse, perche scatarrava ιnelodicaιnente. [2r] Ma non sono questi soltanto i segni distintivi degli uni rispetto agli altri, e cioe che gli adulatoή non esitano a ιnentire per compiacere chi lodano, mentre i lodatori cercano di esal� taι-e cose che sono reali : essi di:fferiscono per quest'altro, non insignificante, particolare, che gli adulatori usano le iperboli fino all'estremo delle loro possibilita, mentre i lodatori sono moderati anche in queste e si contengono entro i giusti limiti. Eccoti, di molti, pochi contrassegni dell'adulazione e della vera lode, affinche tu non sospetti tutti i lodatori, ma distingua e misuri col loro proprio metro gli uni e gli altri. [22] Orbene, se non ti dispiace, applica alle cose che ho detto i due tipi di comportamento e capirai se si adattano all'uno ο all'altro : io infatti, se avessi detto simile alla statua di Cnido una donna brutta, sarei stato ritenuto a buon diritto un ciarlatano e un piu sperticato adulatore di Cineto ; ma poiche cosi ho parlato di una donna che e tale quale tutti conoscono, l'ardimento non e stato di troppo lunga gettata. [23] Tu forse dirai, anzi hai gia detto : « τi sia concesso lodarmi peι- la mia bellezza ; ma avresti dovuto rendere inattaccabile la lode, e non para� gonarmi a dee, quando sono una mortale >>. Ιο pero - a questo punto mi spingera lei a dire la verita - non alle dee, signora, ti ho assomigliato, ma alle opere di buoni artefici, fatte di pietra, di bronzo ο di avorio. Ε penso non sia empio assomigliare a creature umane cose fatte da creature umane ; a meno che tu non abbia creduto che la materia plasmata da Fidia sia Atena e che quella che lavoro Prassitele non molti anni or sono sia 1' Afrodite celeste. Bada invece che non sia sconve:ι:ιiente avere opinioni simili riguardo agli dei, le cui vere immagini io ritengo siano inaccessibili all'imitazione degli uomini. [24] Ma se an­ che ti avessi assomigliato quanto piu e possibile alle dee stesse, non sarebbe stata questa una mia invenzione ne avrei per­ corso questa via io per primo, giacche molti valenti poeti lo fecero e soprattutto il tuo concittadino Omero, che ora invitero a salire in tribuna per sostenere la mia causa, ο non ci sara cavillo che gli eviti di essere condannato con me anche lui. Chiedero dunque a lui, anzi a te per lui - giacche hai il merito di ricordare a memoι-ia i suoi versi piu belli - come lo giudichi, quando della prigioniera Briseide dice che « simile all'aurea

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!'ΠΕΡ ΤΩΝ ΕΙΚΟΝΩΝ

τροκλον 36 • ε!τα: μετa μικρόν, ός οuχ ίκα:νον εi μ6νη τη Άφροaιτη ' εοικuια: εστα:ι, .....

,,

Ε!πε a• όi.ρα: - ψ"fJσι - κλα:ιοuσα: γuν� εtκu'i.'α: &εησιν 37• Όπ6τα:ν οόν τιΧ τοια:uτα: λέγη, μισε'i.'ς κά.κε'i.'ν ον κα:t ά.πορρLπτεις το βιβλιον, � aιaως α:uτij) έλεu-θ·εριά.ζειν έν τij) έπα:ινcμ ; 'Αλλa κ&ν > I > \ οΙ Ν εστιν οιl γε τοσοuτος σuI 15 στις α:uτον έπt τοuτcμ ήτιά.σα:το, oua� δ μα:στ[ζα:ι τολμ�σα:ς α:uτοu τ�ν εiκ6να: 38 oua' δ τa ν6&α: έπισ"f)μψά.μενος τ&ν έπ&ν έν τη πα:ρα:γρα:φη τ&ν όβελ&ν 39• Ε!τα: έκε[νcμ μ�ν έφε&�σετα:ι βά.ρβα:ρον γuνα:!;κα, κα:l τα:uτα: κλα:ιοuσα:ν, τη χρuση 'Αφροaιτη εiκά.σα:ι, έγω aέ, rνα: μ� τΟ κά.λλος εtπω, aι6τι μ� ά.νέχη ά.κοuοuσα:, ΟUΚ &ν πα:ρα:βά.λλοψι &ε&ν εiκ6σι γuνα:r:κα: φα:ιaρaν κα:t μειaι&σα:ν τιΧ πολλά., 15περ &εο'i.'ς δμοιον όi.ν&ρωποι �χοuσιν ; [25] Έπt μέν γε τοu 'Αγαμέμνονος δρα: 15σψ α:uτος φειaω έποι�σα:το τ&ν &ε&ν κα:t ός έτα:μιεόσα:το ' ' ' ' ' ι '�· ψ"f)σι κα:ιΙ κεφα: ._}, � ! ως �I � τα:ς εικονα:ς μεν μ.ι σcμς, ες το σuμμετρον' α:ιων σεσωκεν, ouo 'Cκελον α:uτον ε!να:ι τii) Διι, τii) ''Αρε'L a� τ�ν ζώνψ, στέρνον a� τij) Ποσειa&νι 40, aια:φ&ν τον όi.ν-θ·ρωπον κα:τιΧ μέλ1J προς τοσοuτων &ε&ν εiκ6να:ς' κα:t α:ο πά.λιν βροτολοιγίi) 41 'Άρε·t φ"f)σιν ('Έκτορα:) 15μοιον ε!να:ι κα:l όi.λλον &λλcμ, &εοειa� 42 τον Φρuγα: τον Πριά.μοu, κα:1. -θ·εοεικελον 43 πολλάκις τον Π 1Jλέως. 'ΑλλιΧ έπά.νειμι α:ο&ις έπ1. τ I > Ι τοuς α:uτοuς α:' λλα:I κα:ι\ Εuφ6ρβοu κ6μ1)ν τα:'i:ς Χά.ρισιν 46 ά.πε(κα:σε, κα:t τα:uτα: α:rμα:τL aεaεu-

ι [2 6] ο u' μονον

36. Il., ΧΙΧ, 282. 37· Il., ΧΙΧ, 286. 3 8 . Ι1 cinico Zoilo di Anfipoli (rv sec. a. C.), chiamato

'Ομ't)pομάστιξ,

ossia >, divenne famoso non tanto per il gesto ι·icordato qui da Luciano, quanto per aνer esposto in un'opera con il titolo di 'Ομ't)pο­ μάστιξ la sna critica demolitrice nei confronti di Om.el'o. 39· AΓistarco di Sam.otracia (216-143 circa a. C.) e il celebre gram.m.atico e filologo della scuola alessandrina, che pubblico due rigorose edizioni critiche di Omero conedandole di am.pii com.menti. In queste condanno i versi - troppi (\ (\ ,}, �'.. τ.ιν οι:: invero -, che in base a criteriiα:ν'(/'ρωποuς di analisi interna puram.ente V'εο ις, soggettivi gindico spurii, m.ediante una lineetta, 1'όβελ6ι; appnnto, segnata a fianco di ciascuno.

40 [so], 25-26

597

Afrodite » piangeva Patroclo 36 e poco dopo, come se non ba­ stasse la somiglianza con la sola Afrodite, aggiunge : Disse la donna simile alle dee allor piangendo 37,

Ebbene, quando dice cose di questo genere, detesti anche lui e butti i1 libro ο gli concedi di lodare in liberHι? Ma anche se non glielo concederai tu, glielo hanno concesso i tanti secoli trascorsi, e non c'E� chi l'abbia accusato per questo, non colui che oso fustigarne l'immagine 38, ne colui che segnalo i versi spurii tracciando una lineetta accanto ad essi 39 • Ε cosi ad Omero si permettera di assomigliare all'aurea Afrodite una donna barbara, e per di piu piangente, mentre ίο non potrei paragonare ad immagini di dee, non dico la bellezza, perche tu non sopporti di sentirlo, ma una donna splendente e quasi sempre sorridente, atteggiamento che e uguale negli uomini e negli dei? [25] Osserva quanto risparmio fece egli stesso degli dei riguardo ad Agamennone e come appropriatamente distribui i paragoni ; dice infatti che negli occhi e nel capo era simile a Zeus, nella cintola ad Ares, nel torace a Posidone 40, divi­ dendo l'uomo in parti corrispondenti ai paragoni con altrettanti dei, e ancora dice che Ettore era simile ad Ares « sterminio di mortali » 41 e chi ad un dio chi all'altro, che il Frigio figlio di Priamo era « di divino aspetto » 42 e spesso che i1 figlio di Peleo era « simile a un dio » 43 • Ma ritorno ai modelli, coi quali si confrontano le donne : tu, certamente, senti il Poeta dire a Diana simile ο all'aurea Afrodite 44,

e quale vien Diana giu per la ωontagna 45 ,

[:z6] Ed egli non solo paragono a dei gli uornini come tali, ma alle Cariti 46 persino la chioma di Euforbo, pur. bagnata di

i

40. Il., Π, 478 seg. 4r. Il., ΧΙ, 295 e ΧΙΠ, 8ο2. 4Ζ. Il. , ΠΙ, r6. 43· Jl., Ι, Ι3Ι e ΧΙΧ, Ι55 · 44 · Od., ΧVΠ, 37 e ΧΙΧ, 54 (primo termine del paragone e in entrambi casi Penelope). 45. Od., VI, r o2 (Ia sirnilitudine e riferita a Nausica) . 46. Le Grazie dei Rornani (si veda Quom. hist. conscr., nota 28).

598

ΥΠΕΡ ΤΩΝ ΕΙΚΟΝΩΝ

μένην 47. Και 5λως τοσαuτά έστι τιΧ τοιαuτα, ώς μηοeν είναι μέρος Ν , ι ''Ω Ν ι ποιησεως, ο> (η. 24) - e Mnesippo, il Greco ; la disputa fra i due che, convinti della superiore nobilta e abnegazione degli amici appartenenti ai loro rispettivi popoli, si cimentano in una sfida giurando ciascuno di raccontare secondo verita cinque stoι-ie esemplari di amici ; i1 racconto vivace, anche se non sempre lucido, dei dieci episodii ; la trovata finale della « partita pari >> suggellata dallo stabilirsi di una relazione di amicizia e di ospitalita fra i due contendenti. :ti[el ΙΙ secolo d. C. il romanzo greco, in piena fioritura, abbondava di in­ trecci avventurosi e trasportava spesso la fantasia dei suoi lettori in paesi lontani ai margini della civilta, dei quali descriveva gli usi e i costumi piu strani : Luciano si valse certamente di questo materiale narrativo tenendo conto dei gιιsti e degli inteι·essi dei suoi lettori, ο ascoltatori. Il dialogo s'immagina tenuto nel tempo in cui fu scritto, ma questo tempo non ci e dato di stabilire con certezza. Indizii interni al dialogo (e quindi ne­ cessariamente malsicuri) farebbero pensare che sia stato composto iι� Asia (in Bitinia, ad Amastri ?) poco prima del ritorno dell'Autore in Atene, quindi nell'inverno, a voler precisare, tι·a il 1 64 e il 1 65 d. C.

[r] ΜΝΗΣΙ ΠΠ ΟΣ . τι φ�ς, ili Τ6ξαρι ; Ι Θόετε ' Ορέστη τκαt ε�εν' νεκρο� .,\,,1μ ιν Πυλά�η 1 ύμείς ot Σκu-θ·αι καt -θ·εοuς ε!ναι πεπιστεuκατε αύτοuς ; ΤΟΞΑΡΙΣ. Θuομεν, ώ Μν�σιππε, &όομεν, ού μ�ν &εοός γε οt6μενοι ε!ναι, &λλιΧ &ν�ρας &γα&οuς. ΜΝΗΣ. Νόμος �ε �μίν καt &ν�ράσιν &γα&οίς &πο-θ·ανοϋσι &όειν &σπερ &εοίς ; ΤΟΞ. Ού μ6νον, άλλα καt έορταίς καt παν'ηγύρεσι τψωμεν α�τούς. ΜΝΗΣ. τι &'ηρώμενοι παρ ' αύτων ; Ού γαρ �� έπ' εύμενειqι &uετε αύτοίς, νεκροίς γε οΌσιν. Ν ' " ' ' ' Ν ' Ν το.... .!::!. . Ο υ' χειρον μεν ισως, ει και οι l κτε�νουσι ι ευμενεις λεα ού μ�ν &λλιΧ καt προς τοuς ζωντας &μεινον οtόμε&α πράξειν μεμν'Υ)­ μένοι των άριστων καt τιμωντες &πο&ανόντας' �γοuμε&α γαρ ο\Sτως &ν �μίν πολλοuς όμοιους αύτοίς έ&ελ�σαι γενέσ&αι. [2] ΜΝΗΣ. Άλλα ταuτα μεν όρ&ως γιγνώσκετε. Όρέσην �ε καt Πυλάa'Υ)ν τ(νος μάλιστα &αυμά.σαντες tσο&έους έποι�σασS·ε, καt τα\)τα έπ�λυ�ας ύμίν 6ντας, ΚΙΧL το μέγιστον πολεμ(ους ; ΟΊ γε, έπεL σφiΧς ναυαγιqι περιπεσ6ντας ot τότε Σκύ-θ·αι συλλαβόντες &π�γον ώς τ?) Άρτέμι�ι κατα-θ-ύσοντες, έπι&έμενοι τοίς �εσμοφύλαξι καt Ν Ν , 1 1 ' τ'Υ)ς και' τ'Υ)ν φρουρας επικρατ'Υ)σαντες τον τε βασι tέρειαν 2 παραλαβόντες, άλλα καt τ�ν 'Άρτεμιν 3 α�τ�ν &ποσυλ�­ σαντες t{ιχοντο &ποπλέοντες, καταγελάσαντες τοϋ κοινοϋ των Σκυ­ &ων 4• 'Ώστε εi �ια ταuτα τιμiΧτε τοuς &ν�ρας, ούκ &ν φ&άνοιτε !06.

r. Per Oreste e Pilade si veda A m., 47 e nota 76 oltre De salt., 46 e nota

2 . Ifigenia, sorella di Oreste, sottratta prodigiosamente da Artemide al coltello del sacrificatore in Aulide e fatta dalla dea sua saceι·dotessa nel paese dei Tauri (si veda, sotto, la nota 4) . Ε da notarsi che il nιodo e i particolari della fuga di Oreste e Pilade con Ifigenia raccontati qui da Luciano rispecchiano una versione del mito contrastante con quella che utilizzo Euripide nella sua " Ifigenia fra i Tauri >>, nella quale i due amici fuggono non uccidendo, ma ingannando il re Toante. La versione lucianea e esattamente quella che gli Sciti ellenizzati fecero propria tra le diverse del mito greco e che riprodussero negli affresclιi del tempio di Oreste, descritti, poco sotto, al § 6. 3· Qui la dea e identificata con la sua statua.

[r] MNESIPPO. Che dici, ο Tossaή ? Voi Sciti sacήficate a Oreste e a Pilade 1, perche li credete dei ? TosSARI. Sacrifichiamo, ο Mnesippo, e vero, ma non pen­ sando che siano dei, bensi uomini. MNES. Ε voi usate sacήficare agli uomini retti, quando sono morti, come agli dei? Toss. Νοη solo, ma 1i onoriamo anche con feste e convegni nazionali. MNES. Ε che cosa cercate di avere da loro ? Certo, se sono morti, non sacήficate per ottenerne la benevolenza. Toss. Non sarebbe male, forse, se anche i morti ci volessero bene ; tuttavia pensiamo che ci andra meglio anche coi vivi, se ricorderemo i migliori e li onoreremo, quando sono morti ; ήteniamo infatti che in questo modo molti sarebbero disposti a rendersi simili a quelli. [2] MNES. Ε questo che pensate e giusto. Ma per quale ragione in particolare ammirando Oreste e Pilade, li avete considerati pari agli dei, pur essendo per voi forestieri e - cio che e il colmo - nemici? Eppure, quando gli Sciti di allora li pι·esero, dopoche erano incappati in un naufragio, e li impή­ gionarono per sacrificarli ad Artemide, essi, aggrediti i car­ ceήeή e sopraffatta la guardia, uccisero il re e, presa con se la sacerdotessa 2, ma anche rubata la stessa Artemide 3, fug­ girono per mare facendosi beffa della comunita degli Sciti 4 • 4 · Si tenga presente che questi Sciti, coi quali viene be:ffata da Oreste e Pi!ade l'intera comunita cui appartengono, altri non sono che i Tauri del dramma euripideo, abitanti quella penisola del Mar Nero che i Greci chiama­ rono Chersoneso Taurico e noi oggi Crimea. Pare anzi che i Tauri abbiano costituito in questa penisola il piu antico stanziamento delle nomadi tribu scitiche, le quali occuparono un vasto terήtorio mai ben definito, ma che puo considerarsi compreso, nella sua estensione minima, fra i corsi inferiori del Dnestr e del Don. Ι! Don e citato come confine tra gli Sciti e i Sarmati al § 39 di questo scritto.

6ο6

ΤΟ ΞΑΡΙΣ Η ΦΙΛΙΑ

πολλοuς δμοίοuς αότο�ς έζεργασάμενοι. Καt τοόντεu&εν αότοt �3ΊJ προς τα παλαιιΧ σκοπε�τε, εt καλως �χει \ψ�ν πολλοuς εtς την Σκu­ &ίαν ' Ορέστας και Πuλά3ας καταίρειν. Έμοt μΕ:ν γιΧρ 3οκε�τε τά­ χιστα &ν ο6τως άσεβε�ς αότοι και &&εοι γενέσ-θ·αι των περιλοίπων S·εων τον αότον τρόπον \ψ�ν έκ τ'ijς χώρας άποζενω&έντων' ε!τ', ο!μαι, άντι των &εων &πάντων τοuς έπ' έζαγωγ{j αότων �κοντας &ν3ρας έκ-θ·ειάσετε και ίεροσόλοις uμων οuσιν &όσετε ώς &εο�ς. [3] Εί γιΧρ μη άντt τοότων ' Ορέστψ καt Πuλά3ψ τιμiΧτε, άλλ' είπέ, τί &λλο, δ Τόζα:ρι, άγα&ον uμiΧς είργάσαντο, άν&' δτοu, πάλαι οό "'tεοuς ε!ναι 3ικαιώσαντες αότοός, νuν το �μπαλιν &όσαντες αότοΊ:ς S·εοuς νενομίκατε καt ίερείοις όλίγοu 3εϊν τότε γενομένοις ίερε'i.'α νuν προσάγετε ; Γελοϊ'α γιΧρ &ν ταuτα Μζειε καt uπεναντία τοϊς πάλαι. ΤΟΞ. Καt ταuτα μέν, δ Μν�σιππε, γενναϊα των άν3ρων έκεί­ νων, & κατέλεζας. Το γιΧρ Μο 6ντας ο6τω μέγα τόλμΊ]μα τολμ�σαι και τοσοuτον άπο τ�ς αότων άπάραντας έκπλεuσαι είς τον Πόντον άπείρατον �τι τοϊς "ΕλλΊJσιν 6ντα πλην μόνων των ι1:πι τ�ς Άργοuς ι1:ς την Κολχί3α στρατεuσά.ντων 5, μη καταπλαγέν1:ας μ�τε τοuς μό&οuς τοuς έπ' αότiiJ μ�τε την προ�γορίαν κατα3είσαντας, f5τι &ζενος 6 έκαλε�το, ο!α, ο!μαι, άγρίων έ&νων περιοικοόντων, καt C\ 1 � ' εα 1 ' � ίως χρΊ)σασυ·αι ' � πραγματι " < ' λωσαν, οuτως επειοΊJ τιμ ανορε καιI μ.1.), άγαπ�σαι εί 3ιαψεοζονται μόνον, άλλα; τιμωρΊ)σαμένοuς τον βασιλέα τ�ς 6βρεως και την ''Αρτεμιν άναλαβ6ντας άποπλεuσαι, πως ταuτα . οό &αuμαστα καt &είας τινος τιμ�ς &ζια. παριΧ πάντων, δπόσοι άρε­ την έπαινοuσιν ; 'ΑτιΧρ οό ταuτα �με�ς 'Ορέστη καt Πuλά.3η ένι3όντες Ί)ρωσιν αότοϊς χρώμε&α. [ 4] ΜΝΗΣ. Λέγοις &ν �3ΊJ δ τι το σεμνον και &ε�ον &λλο έζειργάσαντο · έπεt gσον έπt τ(j) πλ(j} και τη άπο3Ί]μίqι πολλοuς &ν σοι &ειοτέροuς έκείνων άπο3είζαιμι τοuς έμπόροuς, καt μάλιστα τοuς Φοίνικας αότων, οόκ ές τον Π6ντον οΜΕ: &χρι τ�ς Μαιώτι3ος και τοu Βοσπόροu 7 μόνον έσπλέοντας, άλλιΧ πανταχοu τ�ς Έλλη5· Per il mito degli Argonauti cfr. De salt., 52 seg. e le note dalla Ι 3 Ι alla Ι33· 6. L'appellativo corrente di Ε\Sξεινος (trascritto Eusino) fu attribuito al Ponto (l'odierno Mar Nero) proprio peι· antifrasi ι·ispetto ad ''Αξεινος, in qιιanto significa, al contrario, « ospitale >>. Luciano ha usato naturalmente la forma attica &ξενος ίη luogo di &ξεινος, che, come la sua antitetica, e la forma ionica, la piu antica e la piu comune, dal momento che gli Ioni, navigatori e colo­ nizzatori, furono i primi a diffondere tra gli altri Greci notizie sul Ponto. 7· La Palude Meotide e l'odierno Mare d'Azov, e questo Bosforo e quello che gli antichi chiamavano Bosforo Cimmerio e oggi e lo Stretto cli Kerc, che mette in comunicazione il Mar Nero col Mare d' Azov.

41 [57], 3 - 4

Ne consegue che, se voi li onorate per questo, farete pΓesto a rendere ιnolti simili a loro. Ε di qui potete voi stessi dedurre, alla luce delle vicende antiche, se sia bene ρer voi che in Scizia approdino molti Oresti e Piladi. Α me sembra infatti che in tal caso, se gli dei rimasti si allontanassero nello stesso modo dal vostro paese, voi medesimi diventereste empii ed atei ; e poi - credo - divinizzerete, per sostituire tutti quanti gli dei, gli uomini venuti a portarveli via e sacrificherete come a dei a quelli che sono stati per voi ladri sacrileghi. [3] Se non per questo, allora, onorate Oreste e Pilade, dimmi, ο Tossari, quale altro beneficio vi resero, per cui, mentre prima non ave­ vate trovato giusto che fossero dei, ora viceversa offrendo loro sacrifici li considerate dei, e ora portate vittime ad uon1ini che allora poco manco che diventassero essi vittime . Ε cio puo sembrare ridicolo e inconciliabile con il cωηportamento di un tempo. Toss. Certo sono coraggiose, ο Mnesippo, le gesta di quegli uomini da te descritte. Ε infatti l'osare in due un'impresa cosi audace e, tanto allontanandosi dalla loro terra, entrare con la nave nel Ponto, non tentato ancora dai Greci, esclusi soltanto coloro che, imbarcati sulla « Argo >>, parteciparono alla spedizione in Colchide 5, il non lasciarsi impaurire dalle leggende di quel mare e non temerne il nome, che significava « inospitale >> 6, perche abitato tutto intorno - io penso - da popoli selvaggi, il dominare cosi arditamente la situazione, quando furono catturati, e il non accontentarsi di scampare con la fuga, ma intraprendere la rotta del ritorno, dopo aver punito il re della violenza arrecata e aver ricuperato Arteιnide, tutto cio puo non essere ammirevole e degno di onori divini da parte di quanti lodano il valore ? Pero non questo vedendo in Oreste e Pilade, noi li annoveriamo fra gli eroi. [4] MNES. Dimmi allora che cos'altro feceω di nobile e di divino, giacche per quanto riguarda il viaggio per ιnare e alla volta di un paese straniero, io potrei citarti molti altri piι'ι divini di quelli, i mercanti, e fra di essi i Fenici in particolare, che si spingevano non solo nel Ponto ο fino alla Palude Meotide e al Bosforo 7, ma navigavano per ogni angolo sia del mare .

6oS

Τ Ο ΞΑΡΙΣ Η ΦΙΛΙΑ

ν ικ�ς και βαρβαρικ�ς -θ·αλιf.ττ-ης ναuτιλλομένοuς • &πασΙΧν γιΧρ ο\'.ίτοι ' ' Ν ' ειπειν, ' ' ως " ' λον, παντα αιγια εκαστον έ:τος όψe τοu μετοπώροu εtς την αuτων έπανιασιν. 0()ς κατιΧ τον αuτον λόγον &εοδς νόμιζε, και ταuτα κα.π'ήλοuς ΚΙΧL ταριχοπώλιχς, εt τόχοι, τοuς πολλοuς αuτων δντας. [5 ] ΤΟΞ. "Ακοuε 13-ή, ώ &αuμάσιε, και σκόπει κα&' 5σον ημε:'Lς "' � ΚΙΧ�I ..>. CΙ ' οιερεuνΎ)σΙΧμενοι α.κτιιν των &γα&ων ΚΙΧv· &ν13ρων κρ(­ ot βάρβαροι εuγνωμονέστερον uμων . περι νομεν, ε'l γε έν "Αργει μeν και Μuκ-ήναις oul3e τάφον έ:ν13οξον �στιν tl3ε'Lν Όρέστοu η Πuλά.Ι3οu, παρ ' ημ'Lν 13€ και νεως &πο13έ13εικται αuτο'Lς &μα &μφοτέροις, &σπερ εiκος �ν, έταιροις γε οόσι, και &u­ σιαι προσάγονται και η &λλ'Υj τψη &πασα . κωλύει τε οu13έν, 5τι ξένοι �σαν, &λΜ μη Σκό&αι, &yα&οδς κεκρισ&αι και uπο Σκu&ων των άριστων &εραπεόεσ&αι. Ou γιΧρ έξετάζομεν 5&εν ot καλοι ΚΙΧL άγα&οι εLσιν, oul3e ψ&ονοuμεν, εL μη φ ιλοι 5ντες άγα-θ·ιΧ είργάσαντο, έπαινοuντες 13Ε: & Ε!πραξαν, ο!κειοuς αuτο&ς &πο των έ:ργων ποιοό-­ με&α. '' Ο 13€ 13η μάλιστα καταπλαγέντες των ά.ν13ρων έκεινων έπαι­ νοuμεν, τοuτό έστιν, 5τι ημ'Lν �13οξαν φιλοι ΟΟτοι 13η &ριστοι ά.ποcν­ των γεγεν�σ&αι και τοLς &λλοις νομο&έται ΚΙΧταστ�ναι, ώς χρη το'Lς φ ιλοις ά.π&σΎJς τόχΎ)ς κοινωνε'Lν. [6] Και & γε μετ' &λλ'ήλων η uπeρ &λλ'ήλων gπα&ον ά.ναγράψαντες ot πρόγονοι ημων έπι στ'ήλΎJς χαλκ�ς &νέ-θ·e:σαν ε!ς το Όρέστειον και νόμον έποι-ήσαντο, πρωτον τοuτο μά.&ΎjμΙΧ και παι13e:uμα το'Lς ΠΙΧισι το'Lς σφετέροις ε!ναι την στ'ήλΎ)ν ταότ'Υ)ν και τιΧ έπ' ΙΧUτ�ς γe:γραμμένα 13ιαμν'Υ)μονεuσαι. Θοcτ­ τον γοuν τοί.ίνομα gκαστος &ν αuτων έπιλά&οιτο τοu πατρος η τιΧς Όρέστοu και Πuλάl3οu πράξεις ά.γνο-ή σειεν' ά.λΜ και έν τii) πe:ρι­ βόλcμ τοu νεω τιΧ αuτιΧ δπόσα η στ'ήλΎ) 13Ύ)λο'L γραφα'Lς 8 uπο των παλαιων e:iκασμένα 13εικνuται, πλέων ΌρέστΎ)ς &μα τii) φ ιλcμ, e:!τα έν τοLς κρ'Υ)μνο'Lς 13ιαφ&αρεισΎjς ΙΧUτCJ} τ�ς νεως σuνειλ'Υjμμένος και προς την &uσιαν παρεσκεuασμένος, και η 'Ιφιγένεια �13Ύj κατάρχεται ' ' ' I ' I τοuΝ ετεροu ' Ν κατανηκρuI επι ταI αuτων' 13εσμιΧ γέγραπται και φονεόων τον Θόαντα και πολλοuς &λλοuς των Σ ,, I ' Iφ ιγενειαν ' ' ' λεοντες, καιI τε' λ ος αποπ εχοντες τ'Υ)ν καιI &εόν. οι Σκό&αι 13€ &λλως έπιλαμβάνονται τοu σκάφοuς �I3Ύj πλέον"'I σε

"' "' ll. "' I το�χοu ιιο'Υ) εκοεοuκως

8." ΝSi ha ragione di credere clιe gli affreschi descritti qui da Luciano, che � κuv·ων, τιιν piu volte si e cimentatό nella descrizione di opere pittoriche, siano realmente esistiti in un tempio, altrettanto reale, di una citta scitica ellenizzata. ΙΙ tempio, dedicato , ad Oreste, era propriamente quello clιe i Greci chiamavano ήρij)ον ( tempιo sacro ad un eroe) , =

4Ι [57], 5 -6

6og

greco sia del barbaro esplorando, per cosi dire, ogni costa ed ogni spiaggia anno per anno prima di ritornare a casa ad au­ tunno inoltrato. Ε qιιesti, sulla stessa base, devi considerarli dei, benche la maggior parte di essi siano rivenduglioli e, magari, venditori di pesce in salamoia. [5] Toss. Ascolta dunque, amico caro, e osserva quanto pii:ι assennato del vostro e il giudizio di noi barbari sugli uomini buoni, se e vero che ad Argo e a Micene non e possibile vedere nemmeno un sepolcro noto come di Oreste ο di Pilade, mentre da noi e stato dedicato loro, a tutti e due insieme - com'era naturale - in quanto compagiιi, addirittura un tempio e si tributano loro sacήfici e ogni altra onoranza ; e il fatto che erano stranieri, e non Sciti, non ha impedito che fossero giu­ dicati buoni e fossero venerati dai piu autorevoli degli Sciti. Noi infatti non indaghiamo sulla provenίenza dei galantuomini, ne li invidiaιno, se, pur non essendo amici, hanno compiuto nobili azioni, ma elogiando il loro agire ne facciamo dei nostri per questi loro meήti. Ma cio che di quegli uomini ci ha colpito e che lodiamo e soprattutto il fatto che ci e sembrato si siano dimostrati gli amici migliori mai esistiti ed abbiano stabilito per gli altri la legge che gli amici devono condividere ogni sorte. [6] Ε i nostή antenati, registrate su una stele di bronzo le disavventure che subirono in compagnia e in difesa l'uno dell'altro, la consacrarono nel tempio di Oreste e fecero la legge che per i loro figli il primo oggetto di apprendimento dovesse essere quest a stele e il pήmo mezzo di formazione imparare a memoria quel che c'era scritto sopra. Ε in realta ciascuno di essi avrebbe piu facilmente dimenticato i1 nome del proprio padre che ignorato le gesta di Oreste e Pilade ; inoltre nel recinto chiuso del tempio si mostrano, riprodotti dagli antichi in una serie di dipinti 8, tutti gli stessi fatti che espone la stele : Oreste naviga insieme con l'amico, poi, sfa­ sciatasi la nave sugli scogli, e catturato e preparato per il sa­ crificio, e Ifigenia gia inizia su di loro i riti preliminari ; sulla parete di fronte egli e dipinto nel momento in cui si e gia li­ berato delle catene e sta uccidendo Toante e ωolti altri Sciti ; infine prendono il largo portando Ifigenia e la dea. Gli Sciti si aggrappano inutilmente alla nave che gia salpa appendendosi 20,

LUCIANO,

Il,

61ο

ΤΟΞΑΡΙΣ Η ΦΙΛΙΑ

τος έκκρεμοιννόμενοι τ&ν πηaοιλιων 9 κοcι έποινοιβοιινειν πειρώμενοι, ε!τ' ούaεν άνόσοιντες ot μeν οιύτ&ν τροιυμοιτιοιι, ot aε και aέει τοότου I Ν "Ε • , I " ιστοι τις αν οποσην οιπονηχονται γην. καιI ύπερ άλλήλων εί5νοιοιν έπεaεικνυντο, έν τ'{j προς τούς Σκυ&οις συμ­ πλοκfί. Πεποίηκε γιΧρ ό γραψεύς έκάτερον άμελοuντοι μεν τ&ν κιΧ&' έοιυτον πολεμιων, άμυν6μενον aε τούς έπιψερομένους &ατέρIιση κα.v· μένοι. Και τοuτό έστιν �μ'i.' νετεροu � μεγίστ'ΥJ ίκετΊJρία. aε '� � ' !:' ι αc,ι βοος προσιόντες ων, των κρεων τοu otιερεuσας οίκεϊοι και των &λλων δ βοuλό­ μενος μο'i.'ραν �καστος λαβΘν έπιβcΧς τ?) βόρση τον aεζιον πόaα Ι'ιπισχνε'i.'ται κατcΧ Μναμιν, δ μeν πέντε ίππέας ποφέζειν άσίτοuς και άμίσ.θ·οuς, δ aε aέκα, δ aε πλείοuς, δ aε δπλίτας � πεζοός δπό·



di preπdersi iπ moglie la figlia, perche era dichiarato propήe­ tario di dieci tazze d'oro, di ottaπta carή a quattro posti, di molti buoi e pecore. Cosi, duπque, egli tributo oπore piu graπde a molto bestiame, a tazze cesellate e a carή pesaπti che a uomiπi di valore. Ιο persoπalmeπte, ο amici, sofiro per eπtrambe le cose : sοπο iππamorato di Mazea e l'offesa iπ mezzo a taπti uomiπi mi ha ferito seriameπte ; ma peπso che aπche voi siate stati iπgiuriati πella stessa misura, giacche, se e vero che dopo il πostro patto viviamo come fossimo uπ solo uomo soffreπdo delle stesse cose e godeπdo delle stesse cose, a ciascuπo di ποi e toccato uπ terzo del disoπore ». « Νοπ solo - iπcalzo Loπcate -, ma ciascuπo di ποi e stato ofieso tutto iπtero, quaπdo tu hai ricevuto uπ iπsulto come questo ''· [47] « Che faremo adesso ? '' chiese Maceπte. « Dividiamoci il compito - rispose Loπcate - : io prometto ad Arsacoma di portargli la testa di Leucaπcίre, tu gli devi ήportare la sposa )), « Ε cosi sia fatto - disse Ma­ ceπte -. Ma tu, ο Arsacoma, πel frattempo, poiche dopo tutto questo verosimilmeπte ci sara bisogπo di uπ esercito per la guerra, raccogli e prepara, meπtre ci aspetti, armi, cavalli e quaπto piu e possibile delle altre forze. :Ε facilissimo che tu riesca a guadagπare molti alla πostra causa, esseπdo tu uπ valoroso e ποπ pochi aveπdo uπ qualche legame cοπ ποi, ma soprattutto se ti sedessi sulla pelle di bue ''· Cosi decisero, ed uπο, Loπcate, parti subito, cosi come si trovava, per il Bosporo, Maceπte per il paese dei Maclii, eπtrambi a cavall o, Arsacoma restaπdo iπ patήa parlo cοπ i suoi coetaπei, armo uπ contiπ­ geπte formato di suoi fidi e alla fiπe sedette sulla pelle. [48] L'usaπza, che abbiamo ποi, della pelle coπsiste iπ questo : quaπdo qualcuπo, offeso da uπ altro, νuole veπdicarsi, ma vede che le sue forze da sole ποπ sοπο adeguate, sacήficato uπ bue, πe taglia a pezzi le carπi e le cuoce, poi, stesa a terra la pelle, vi siede portaπdo le maπi dietro le spalle come quelli che sοπο legati per i gomiti. Ε questa e per noi la piu pressaπte richiesta di aiuto. Esseπdo esposte sulla pelle le cami del bue, gli iπ­ timi e chiuπque altro lo voglia si avviciπaπo e, preso ciascuπo uπ pezzo, posaπo sulla pelle il piede destro e promettoπo, se­ coπdo le loro possibilita, di mettere a disposizioπe, chi ciπque cavalieri seπza vitto πe paga, chi dieci, chi piu, chi di faπti con armatura ο leggeή quaπti puo, chi, il piu povero, soltaπto

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σους &ν ΟόνΎ)ται, ό ΟΕ: μ6νον έα.υτΟν ό πεν�στατος. 'Α&pοίζεται οδν έπι της βόρσης πολu πλη&ος ένίοτε και io τοιοuτο σόνταγμα βε­ βαι6τατ6ν τέ έστι συμμεϊναι και &πρ6σμαχον τοϊς έχ-θ·ροϊς &τε και �νορκον �V' το γοφ έ·ιτ ιβηναι της βόρσης I I , , , , ' καιI επει , 1v-ελεν ομνυειν, εις τον ουρανον ανατεινας ΜΎJ' γενομενων σό γε ένταυ&α, εtπε, μη καί τις ύπί�ηται των δρώντων έφ ' 6τ>. « Ηο udito anch'io - intervenne Leucanore che si sta raccogliendo un contingente con la pelle, ma ignoravo che si formasse contro di noi e che lo sollecitasse Arsacoma J>. « Eppure - riprese Loncate - i preparativi si fanno contro di te. Ma Arsacoma e mio nemico : n'J,i odia perche sono stimato piu di lui dagli anziani e in tutto ho fama di essere nvgliore ; e se tu mi prometti 1' altra tua figlia Barceti - neppure per il resto io sono indegno di voi -, fra non molto verro e ti portero la sua testa >>. « Te la prometto >> disse i1 re fortemente spaven­ tato : aveva capito, infatti, che l'ira di Arsacoιna era causata dal fatto delle nozze e, questo a parte, aveva sempre temuto gli Sciti. Ma Loncate : « Giura - insistette - che osserverai i1 patto e ηοι1 lo rinnegherai >>. Cio avendo allora gia ottenuto ed essendo il re pronto, alzate le mani, a giurare : « Non qui - egli disse - : nessuno di coloro che vedono deve sospettare 1' oggetto del nostro giuramento ; entriamo invece nel tempio

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δρκωμοτουμεν, άλλ' είς το ίερον του 'Άρεως τουτt είσελ&όντες, έπικλεισάμενοι τας &όρα.ς όμνόωμεν, άκουσάτω �e μΊ]�εLς' εί γάρ τL τοότων πό&οιτο 'Αρσα.κόμα.ς, Μ�ια. μ� προ&όσψα.ί με του πο­ λέμου χείρα. ού μικραν ��ΊJ περιβεβλΊ]μένος. Εtσίωμεν, �φΊ] δ βα.σι­ λεός, ύμείς �e άπόστψε gτι πορρωτάτω· μΊ)�εtς �ε πα.ρέστω ές τον νεών, 15ντινα. μ� έγcb καλέσω. 'Επεt �e οί μeν είσ�λ&ον, οί �ο­ ρυφ6ροι �e άπέστφα.ν, σπα.σάμενος τον άκινάΚΊJν έπισχcbν τ?) έτέρζf το στόμα., ώς μ� βο�σειε, πα.ίει πα.ρα τον μα.στόν, ε!τα. άποτεμων τ�ν κεφα.λ�ν ύπο τ?j χλα.μό�ι �χων έξήει, μετα.ξο �ια.λεγ6μενος ��&εν α.ύτ� καt �ια ταχέων �ξειν λέγων, ώς �� έπί τι πεμφ-θ·εtς ύπ' έκείνου. Koct ο6τως έπt τον τόπον άφικόμενος, �ν&α. κα.τα.�ε�ε­ μένον κα.τα.λελοίπει τον �ππον, άνα.βας άφιππάσα.το είς τ�ν ΣκυΔΙ 1: �1 • ' ' ' eιι ' ' - επι ' ' πολυ' α.γνοψrα.ντων το' γεγο.ηα.ν. ιωc,ις οι:; ουκ εγενετο α.υτοu, νος των Βοσπορα.νων, κα.t 15τε �γνωσα.ν, ύπeρ τ�ς βα.σιλεία.ς στα.σια.­ ζόντων. [5r] Τα.uτα. μeν δ ΛογχάτΊJς έ!πρα.ξε κα.t τ�ν ύπόσχεσιν άπεπλ�ρωσε τ(j) 'Αρσα.κόμα. πα.ρα.�οuς τ� ν κεφα.λ�ν του Λευκάνο­ ρος. Ό Μα.κέντΊJς �e κα.&' δ�ον άκοόσα.ς τα έν Βοσπ6ρ>. « Entήamo - approvo il re - ; e voi state il piu lontano possibile : nessuno si faccia vedere nel tempio, se non lo chiamo io >>. Ε quando essi entrarono, mentre le guaι-die del corpo erano rimaste fuori, estratta la scimitarra e chiusagli la bocca con l'altra mano, perche non chiamasse aiuto, lo colpi al petto, poi gli taglio la testa e usci tenendola sotto la tunica e fingendo nel frattempo di parlare con lui e di dirgli che sarebbe tornato prestissimo, propήo come se lo avesse mandato per qualcosa. Cosi, giunto al luogo, dove aveva lasciato legato il cavallo, monto in sella e cavalco veι-so la Scizia. Non ci fu insegui­ mento, poiche i Bosporani per molto tempo ancora ignorarono quello che era accaduto, e, quando lo seppero, si trovarono impegnati nelle lotte per la successione al trono. [5r] Questo fece Loncate e mantenne la pωmessa consegnando ad Arsa­ coma la testa di Leucanore. Macente arήvo fra i Maclii, dopo aver sentito in viaggio dei fatti del Bosporo, e, ήfeήta ad essi per primi la notizia dell'uccisione del re : « La citta - disse -, ο Adirmaco, chiama sul trono te, che sei suo genero ; dunque tu monta per prima cosa a cavallo e raccogli la successione comparendo in mezzo a loro finche la situazione e confusa. La fanciulla, pero, deve seguirti viaggiando dietro sui carri : cosi guadagnerai piu facilmente alla tua causa la maggioranza dei Bosporani, che avranno modo di vedere la figlia di Leuca­ nore. Ιο sono un Alano e sono paι-ente di questa giovane per parte di madre : Leucanore infatti sposo Mastira, che era una di noi, e io sono venuto ora da te per incarico dei fratelli di Mastira, che vivono in Alania, i quali ti esortano a partire al piu presto per i1 Bosporo e a non lasciare che i1 potere passi nelle mani di Eubioto, che essendo fratello spuήo di Leucanore non abbandona la sua amicizia per gli Sciti, mentre odia gli Alani >> 31 • Questo disse Macente, che vestiva e parlava come gli Alani : Alani e Sciti, infatti, hanno in comune abbigliamento e lingua, salvo che gli Alani, a di:fferenza degli Sciti, non por­ tano i capelli molto lunghi. Macente, pero, assomigliava loro anche in questo e aveva accorciato la sua chioma di quanto ·

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α.ύτο�ς και ά.ποκεκάρκει τ�ς κ6μΎJς δπ6σον είκος �ν �λοιττον κομiΧν τον Άλανον το\1 Σκό&ου · &στε έπιστεόετο aια ταuτα και έa6κει Μοιστείρας και Μαζαίας συγγεν�ς είναι. [52 ] Και νuν, �φΎJ , ω Άδόρμαχε, έλαόνειν �τοιμος &μα σοι έπι τον Β6σπορον, �ν έ&έλης, μένειν τε, εί Μοι, και τ�ν πα�aα &γειν. Τοuτο, �φΎJ, και μiΧλλον, δ 'Αδόρμαχος, έ.θ,ελ�σαιμ' &ν, ά.φ ' α�ματος ΙSντα σε Μαζαίαν &γειν. "Ην μΕ:ν γaρ &μα �μ�ν �ης έπι τον Β6σπορον, ίππε� ένι πλείους &ν γενοίμε.Θ,α· εί δέ μοι τ�ν γυνα�κα &γοις, ά.ντι πολλ&ν &ν γένοιο. Ταuτα έγίνετο · και δ μΕ:ν ά.π�λαυνε παραaοuς τij) Μακέντη &γειν τ�ν Μαζαία.ν ΠΧρ.θ,ένον �τι οΌσαν. Ό aε �μέρας μΕ:ν έπι τ�ς άμάζΎJς �γεν αύτ�ν, έπει aε νuζ κατέλαβεν, &να&έμενος έπι τον tππον - έτε­ &εραπεόκει aε �να σψίσιν &λλον ίππέα �πεσ.θ,αι - ά.ναπΎJa�σας και αύτος ούκέτι παρa τ�ν Μαι&τιν �λαυνεν, ά.λλ' ά.ποτραπ6μενος εtς τ�ν μεσ6γειαν έν aεζι(f λαβd>ν τα Μιτραίων 32 ISρΎJ, aιαναπαόων μεταζu τ�ν πα�aα, τριτα�ος έτέλεσεν έκ Μαχλόων ές Σκό&ας. Και δ μΕ:ν tππος αύτ(j), έπειa� έπαόσατο το\1 aρ6'μου, μικρον έπιστaς ά.πο.θ,ν �σκει. [53 ] Ό aε ΜακέντΎJς έγχειρίσας τ�ν Μαζαίαν τij) 'Αρσακ6μq., Διf�εζο, είπε, και παρ ' έμου τ�ν ύπ6σχεσιν. Του aε προς το ά.νέλπιστον του &εάματος καταπλαγέντος και χάριν δμολο­ γουντος, Παυε, �φΎJ δ ΜακέντΎJς, &λλον με ποιων σεαυτου · το γaρ χάριν έμοι δμολογει"ν έφ ' ο!ς �πραζα τοότοις τοι6νaε έστιν &σπερ &ν εί � ά.ριστερά μου χάριν εtaείΎJ τ?) aεζι(f, aι6τι τρω&ε�σάν ποτε αύτ�ν έ&εράπευσε και φιλοφρόνως έπεμελ�.θ'ΎJ καμνοόσΎJς. Γελο�α τοίνυν και �μει"ς &ν ποιοι"μεν, εl πάλαι ά.ναμιχiΜντες και ώς οt6ν τε �ν είς �να συνελ&6ντες �τι μέγα νομίζοιμεν είναι, εί το μέρος �μ&ν �πραζέ τι χρφτον ύπΕ:ρ ISλου του σώματος· ύπΕ:ρ έαυτο\1 γaρ �πραττε μέρος δν του ISλου εt πάσχοντος. 06τως μΕ:ν δ ΜακέντΎJς �φΎJ τij) Άρσακ6μq. χάριν δμολογ�σαντι. [54] Ό aε 'Αδόρμαχος ώς �κουσε τ�ν έπιβουλ�ν, είς μΕ:ν τον Β6σπορον ούκέτι �λ&εν - ηaΎJ γaρ Εύβίοτος �ρχεν έπικλΎJ&εtς έκ Σαυροματ&ν, παρ ' ο!ς aιέτρι' ' και' στρατιαν ' πολλ.),,1ν συναγαγων � επανε ' σε ' αυτου ' ' "' ' την λ(\..των β εν - εις aια τ�ς όρειν�ς είσέβαλεν ές τ�ν Σκυ.θ,ίαν- και δ Εύβίοτος ού μετa πολu και οtτος είσέπεσεν &γων πανaΎJμει μΕ:ν τοuς "Ελλψας, ' Αλα­ νοuς aε και Σαυρομάτας έπικλ�τους έκατέρους aισμυρίους· ά.ναμί-

311. Sono, oggi, le cosiddette Alture del Donez.

4Ι [57] , 52 -54

era verosimile che un Alano la ρortasse ρiι'ι corta di uno Scita : di conseguenza venne creduto e ρer questo tutti ρensarono che fosse ρarente di Mastira e di Mazea. [52] « Ε ora - continuo -, ο Adirmaco, sono ρωηtο sia a cavalcare con te fino al Bosρoro, se tιι lo vuoi, sia a rimanere qui, se necessaήo, e conduπe la ragazza >>. « Questo ρreferirei - disse Adirmaco -, che condu­ cessi Mazea, che e del tuo sangue. Se tu, infatti, venissi con noi al Bosρoro, il nostro numero aumenterebbe di un solo cavaliere ; ma se mi conducessi mia moglie, assolveresti i1 com­ pito di molti >>. Ε cosi avvenne : egli ρarti dορο aver consegnato a Macente, ρerche la conducesse, Mazea, che era ancora ver­ gine ; questi di giorno la fece stare sul caπo, ma quando so­ ρraggiunse la notte, la mise a cavallo - aveva ρrocurato che un altro solo cavaliere 1i seguisse - e, balzato in sella anche lui, non ρrosegui lungo la ρalude Meotide, ma devio verso l'entroteπa e, lasciati a destra i monti dei Mitrei 32, i1 terzo giorno, ρur facendo nel frattemρo ήρosare la fanciulla, con­ cluse i1 viaggio dalla Macliene alla Scizia. Ι1 cavallo ; quando ebbe terminato la corsa, rimase ancora un ρο' in ρiedi, ροί mori. [53] Macente, data Mazea in mano ad Arsacoma disse : « Eccoti, mantenuta anche da me, la ρromessa >>. Ε ρoiche l'altro, commosso alla vista insρerata, esρrimeva la sua rico­ noscenza : « Smetti - esclamo Macente - di considerare me e te due ρersone diverse : esρrimermi riconoscenza ρer questo che ho fatto e come se la mia sinistra fosse riconoscente alla destra ρer averle medicato una feήta e averla curata amorevol­ mente durante l'infermita. Ebbene, anche noi faremmo una cosa ridicola, se, dορο esserci da temρo mescolati insieme e, ρer quanto era ρossibile, uniti in una sola ρersona, ήtenessimo ancora una gran cosa che una ρarte di noi recasse un ρο' di ιιtile al corρo intero : oρererebbe infatti in suo ρroρrio favore essendo ρarte del tutto che viene beneficato >>. Cosi disse Ma­ cente ad Arsacoma, che gli aveva esρresso la sua riconoscenza. [54] Adirmaco, quando seρpe dell'inganno, non ρrosegui verso i1 Bosρoro, dove ormai regnava Eubioto, richiamato dal ρaese dei Sarmati, ρresso i quali viveva, ma, tornato in ρatήa e raccolto un grande esercito, irruρρe in Scizia ρassando ρer la zona montuosa ; anche Eubioto non molto dορο vi entro con� ducendo tutti i Greci in massa e ventimila fra Alani e Sarmati, ·

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ξα:ντες aε τα στρα:τεύμα:τα: ό Εύβ(οτος κα:t ό 'Αδόρμα:χος, έννέα: μυριάaες &πα:ντες έγένοντο κα:t τοότων το τρLτον tπποτοξ6τα:ι. κα:t γαρ α:ύτος μετέσχον τ�ς έξ6aου α:ύτοϊς έπιaοος Ή μεϊς aέ I > > τη � βυρση ' < Ν εκα:τ 6ν - ου> πολλ \ πολυ' μα:χΊ)ς Ι < Ι ι κα:ρτερα:ς πα:ρερρ'Υj'Υjμετερα: επι γνυτο ή φάλα:γξ, κα:t τέλος είς Μο aιεκ6π'ΥJ το Σκυ&ικον &πα:ν, κα:l το μΕ:ν ύπέφευγεν ού πάνυ σα:φ&ς ήττ'Υjμένον, άλλ' άνα:χώρ'Υjσις έaόκει ή φυγή· ούaε γαρ ot 'Αλα:νοt έτ6λμων έπt πολΟ aιώκειν' το aε ήμισυ, 15περ κα:t �λα:ττον, περισχ6ντες ot Άλα:νοl κα:l Μάχλυες �κοπτον πα:ντα:χ6&εν άφ&6νως άφιέντες τ&ν οίστ&ν κα:l άκοντLων, &στε πι:Χνυ έπονοuντο ή μ&ν ot περιεσχ'Υjμένοι, κα:l lήa'YJ προ ·tεντο ot πολλοt τα 15πλα:. [55 ] 'Εν τοότοις aε κα:l ό Λογχάτ'ΥJς κα:l ό Μα:κέντης Ι \ > ι '1>/ 11> IJ.•1o'I>'Yj τ IJ.•ιλ οια: μεν &ν έπl πολΟ κτείνοντες, εί μ� �ππ> del Corpus Lu­ cianeum dovrebbe essere il riassunto - ci sono oscurita in taluni passaggi da episodio a episodio e il tessuto stesso narrativo e talvolta .smagliato -, un riassunto che si discute, e si continuera a discutere, se appartenga a Luciano ο se, non appartenendogli, sia finito tra i suoi scritti magari a causa del nome del protagonista. Apuleio, da canto suo, ha avuto in mano molto piu proba­ bilmente il roιnanzo clel Patrense che il riassunto attribuito al Nostro. Ma torniamo al problema che piu ci interessa, concludendo con le ragioni fonda­ mentali pro e contro l'appartenenza di questo scritto a Luciano. Il fatto che l'opera sia un riassunto non esclude di per se che l'autore ne sia lo stesso Lu­ ciano : anche a prescindere dalla subscriptio del cod. Γ, che dice chiaramente « Epitome di Luciano delle Metamorfosi di Lucio >>, non e assurdo supporre che il Samosatense si sia preparato un riassunto del romanzo di Lucio con l'intento di riscriverlo parodiandolo, e poi non ne abbia fatto piu nulla ο a noi nulla sia giunto. Comunque sia, uιιa paι'te degli studiosi riconosce nello scritto ιnolte particolarita dell'usus scribendi lucianeo e lo giudica autentico. Viceversa la frettolosita di questa prosa, che assume qualche volta l'aspetto dell'imperizia, taluue strutture sintattiche tarde ο volgari, e - vorremmo aggiungere un'osservazione marginale di contenuto - la parte, sproporzionata­ mente lunga rispetto alla concentrazione del riassunto, dedicata dall' Autore agli amori di Lucio con la servetta Palestra, quando e facile avvertire che Luciano non aιna l'oscenita fine a se stessa, sono ragioni valide almeno quanto le contrarie e inducono a pensare ad altro autore, difficilιnente identificabile, di eta poco piu tarda. Resta ad ogni modo il fatto che questo rapido som­ mario delle avventure di Lucio, trasformato per errore in asino, fino al suo ricupero della conclizione umana, risulta, nonostante la varieta del racconto e le sugg·estioni simbolistiche, un'opera sciatta, appena ravvivata da qualche tocco di uιnorisιno.

[r ] ΆπfJειν ποτε ές Θετταλίαν- ην �έ μοι πατρικόν τι συμβό­ λαιον έκε'i.' προς &ν&ρωπον έπιχώριον- �ππος Μ με κατ9jγε καt τα σκεόη καt -θ·εράπων �κολοό&ει ε!ς. Έπορευόμην οόν τ�ν προκει­ μένην όΜν- καί πως �τυχον καt &λλοι άπιόντες ές 'Ύπατα πόλιν τ9jς Θετταλίας, έκε'i.'&εν 6ντες' καl άλ&ν έκοινωνοuμεν ι, καt ο6τως ' � ' ' ι ' ηοη εκε�νην τιιν οοον λεαν ι .,\, ανυσαντες πλησ�ον αργα της πο' λεως ι "� '�' ημεν, κ&γω �ρόμην τοuς Θετταλοός, ε'ίπερ έπίστανται &ν�ρα οt­ κοuντα ές τιΧ 'Ύπατα, "lππαρχον το\5νομα. Γράμματα �ε οcύτI Q. > 1ορqις C Ν f ληι.,ασα ' !:'> � ψ ιλ ον > f ' τον μαv·ητην. αυτου επιπρωσον και\ εφη, παρακε(μενον, τοότ 6Ψ πεπτωκε ' !:' συνεχε � ' ωστε βτιναι.,ας οι.,ειαν κινου, γαρ αφες παρεμ ολην λέλυται καΙ. δ()ωρ 8λος �ση σοι δ ά.νταγωνιστής. Έγω ()e �()η μέγα &ναγελ&ν, Έ&έλω, �φ'Υ)ν, και αύτ6ς, ώ ()ιΜσκαλε, παλαίσματα όλίγ' &ττα έπιτάζαι, σο ()e ύπάκουσον έπαναστ&σα ΚΙΧL κά&ισον, ε!τα \ και\ καταματτου, ' ψαι \ ' παρα κατα\ οιπον και' με προς τοu ' Ηρακλέους περιλαβοuσα �()η κοίμισαν. κα�Ι ε Ί'�τα κα�I Ν

χετο πετομένΎ) �ι6: τ�ς &uρί�ος. [Ι3 ] Έγω �ε 6ναρ έκε�νο οtόμενος δρfί.ν το�ς �ακτόλοις τών έαuτοu βλεφάρων �πτόμψ, ou πιστεόων το�ς έμαuτοu όφ-9-αλμο�ς ο6-9-' δτι I I 'Ω , , / β οτι εγρΎ)γοpασιν. ς βλεποuσιν μο' λ ις δη μ� κα-9-εό�ω, έ�εόμψ τότε τ�ς Παλαίστρας πτερώσαι κάμε , I )Ν I I τοuΝ φαρμακοu εασαι με· Ύ)' β ouλο' και' μψ γιΧρ πείΝ μα-9-ε�ν εt μεταμορφω-9-ε(ς έκ τοu άν&ρώποu κα( τ�ν ψuχ�ν ορνις �σομαι. Ί-1 �ε το �ωμάηον ύπανοίξασα κομίζει τ�ν πuξί�α. Έγω �ε σπεό�ων ��ΎΙ άποΜσας χρίω 5λον έμαuτόν, και (\ '�- ' '�- ' 6ρνις μεν ouv' ou>((\ >γίνομαι δ �uστuχ�ς, άλλά μοι οuριΧ 6πισ&εν έξ�λ&ε, καιI ραοεως σε επεισv-Ύ)ν και ot Μκτuλοι πάντες I •Ι > > < ' uπο ηηωμΎ)ν αuτΎ)ν, οσΎ) ανη βλεπων > '1-1 :ι), τα�ς χερσ( τuψαμένΎ) το I πρόσω­ γενόμενος. [Ι4] Ί-1 �ε άμφοτέραιςοuοιον και 'J πον, Τάλαινα, ε!πεν, έγώ, μέγα εrργασμαι κακόν- σπεόσασα γιΧρ �μαρτον έν τ?j δμοιότψι τών πuξί�ων καl ?ί..λλψ �λαβον οuχ( τ�ν τιΧ 7tτεριΧ φόοuσαν. ΆλλιΧ -9-άρρει μοι, ώ φίλτατε· p�ων γ&ρ ή τοότοu -9-εραπεία· pό�α γιΧρ μόνα εt φάγοις, άποΜση μεν αuτίκα το κτ�νος, J! (\ J! J! '1- I �ε έραστ�ν μο ι τον έμον αο-9-ις άπο�ώσεις. Άλλά μοι, φίλτατε, τον οuναμις, uνος uρνιv·ος uνος τ�ν μίαν νόκτα ταύτψ ύπόμεινον έν τίj) lSν, 6ρ&ροu �ε �ραμοuσα τ Ν , , σοι , και, φαγων καταψ , μοu τα, αuτα ώτα καl το λοιπον �έρμα. [Ι 5 ] Έγω �ε τ6: μεν ?ί..λλα lSνος �μψ, τιΧς �ε φρένας και τον νοuν &ν&ρωπος έκε�νος δ Λοόκιος, �ίχα τ�ς φωνΎjς. ΠολλιΧ σον κατ ' έμαuτον μεμψάμενος τ�ν Παλαίστραν έπt τ?j άμαρτί� �ακων το χε�λος άπήειν �ν-9-α �πιστάμΎ)ν έστώτα τον έμαuτοu �ππον καl &λλον άλΎ)-9-ινον ονον τον Ίππάpχοu. Ot �ε αtσ&ό­ ·ι '�(\ , Ύ μενοί με εrσω παpιόντα, �είσαντες μ� τοuειπε χόρτοu κοινωνος ροοα Ύ)σασσ._�_ αuτο�ς ιαv·Ύ)σΊJ. οισω Ν , I , I ' " επεισεpχομαι, τα ωτα κατακ ετοψοι αμuνειν τοις "

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I ποσιν

68r

distintivi degli uccelli, e altro non era che un corvo notturno. Quando si vide fornita di ali, gracchiando forte e al modo di quei corvi, si alzo in volo ed usci per la finestra. [r3] Ιο, pen­ sando che quello che vedevo fosse un sogno, mi toccaνο le pal­ pebre non credendo che i miei occhi vedessero ne che fossero svegli. Quando a stento e a rilento mi convinsi che non dormivo, allora pregai Palestra di provvedere anche me di ali e di farmi volare ungendomi di quella mistura. Volevo infatti accertare con l'esperienza se, una volta mutate le sembianze umane, fossi uccello anche nell'anima. Ε lei, aperta la stanza, porto il vasetto. Ιο, spogliatomi subito e in fretta, mi unsi tutto e per mia sfortuna non diventai un uccello, ma di dietro ωi usci fuori la coda e le dita se n'andarono tutte non so dove ; avevo complessivamente quattro unghie, e queste non erano altro che zoccoli ; mani e piedi mi divennero le zampe di una bestia, le orecchie si allungarono e s'ingrandi la faccia. Quando mi guardai da tutte le parti, mi vidi asino e non avevo piu una voce d'uomo per rimproverare Palestra. Rovesciando in basso il labbro e con la mia stessa figura di asino guardandola di sotto in su dicevo, per quanto mi era possibile, che, se ero diventato un asino invece di un uccello, la colpa era sua. [r4] Ε lei colpendosi il viso con tutte e due le mani : « Che di­ sgraziata - esclamo - ! Ηο fatto un grosso disastro : nella mia fretta, a causa della somiglianza dei vasetti, ho sbagliato e ne ho preso un altro, non quello che fa spuntare le ali. Coraggio, pero, tesoro I Ε cosa che si rimedia piuttosto facilmente : se solo mangerai delle rose, ti spoglierai subito della bestia e a me restituirai il mio amante. Suvvia, tesoro, pazienta dentro l'asino per questa notte soltanto : poi domattina verro di corsa a portarti le rose e, appena le avrai mangiate, guarirai >>. Disse cio accarezzandomi le orecchie e tutta l'altra pelle. [r5] Ιο per il resto ero un asino, ma nei sentimenti e nella ragione, voce a parte, ero Lucio, l'uomo di prima. Biasimata a lungo in cuor mio Palestra per l'errore e morsomi i1 labbro, me ne andai dove sapevo che stavano il mio cavallo e un altro asino, vero, di Ipparco. Questi, quando s'accorsero che entι-avo nella stalla, temettero che arrivassi per dividere coh loro il foraggio e, abbassate le orecchie, si preparavano a difendere il ventre con le zampe : io, che avevo capito, mi ritirai in un posto oltre

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τ?j γαστρί· κ&γΘ συνεtς πορρωτέρω ποι τ�ς φά.τνΥJς &ποχωρ�σας έστΘς έγέλων, δ �έ μοι γέλως όγκΥJ&μος 1jν. Ταuτα �· &ρ ' ένεν6ουν προς έμαυτ6ν- Δ τ�ς &καίρου ταύτ'ΥJς περιεργίας. τι �έ, εl λύκος παρεισέλ&οι � όίλλο η &ΥJρίον ; Κιν�υνεύεταί μοι μΥ)�εν κακον πε­ ποιΥJκ6τι �ια;φ&αρ�ναι. Ταuτα; έννοών �γν6ουν δ �υστυχ�ς το μέλλον κακόν. [r6] Έπεt γιΧρ 1jν ��'YJ νuξ βα,Ο·εϊα καt σιωπ� πολλ� και ,, I " 1: (\_ . « Αvete tutto pronto - rίspose la vecchia -, molti panί, orcί di νίηο vecchίo ; ed ίο vi ho cucίnato della carne dί selvaggina ». Allora, lodata la vecchίa, sί spogliarono e sί unsero davanti al fuoco, poi attingeηdo e versandosi addosso l'acqua calda contenuta ίη una conca sί fecero un bagno ίmprovvίsato. [21] Poco dopo arrίvarono molti giovanί portando una gran quantita dί oggetti d'oro e d' argento, vesti e molti ornamenti femmίnίli e maschili. Ε di tutto sί feceω parte l'uno con l'altro. Quando ebbero deposto nell'ίnteωo questa roba, sί lavarono anche loro nello stesso modo. Il seguito fu un pasto ab­ bondante e un lungo conversare dί assassίnί a sίmposίo. La vecchia mίse dell'orzo davanti a me e al cavallo, ma questo, timoroso di me, naturalmente, suo compagno di pranzo, ίn­ ghίotti l'orzo ίη gran fretta. Ed ίο, quando vedevo la vecchίa uscίre, mangiavo uno deί panί dί dentro. Il gίorno dopo, la-

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aέ ύστεροctq. κοcτοcλιπόντες τγj γροc(q. νεοcνίσκον �νοc οί λοιποι πάντες έ!ζω έπl το έ!ργον &.πήεσοcν. Έγω aε έ!στενον έμοcυτον κα.l τ�ν &.κρι­ β� φρουρά.V' τ�ς μέν γο;p γρα.ος κα.ταφρον�σα.ι �ν μοι κα.l φυγεϊν έκ των έκεtν'Υ)ς όμμάτων aυνα.τ6ν , ό aε νεα.ν(σκος μέγα.ς τε �ν κα.l \ I ι > \ > � l ' I >Iεφερε κα.ι\ τ'Υ)ν α.ει ε'' βλ επε, κα.ι\ τul ι,'Cιφος α.ει επ'Υ)γε. vC\· υραν φο β ερuν [ zz ] Τρισl aε 6στερον �μέραις μεσοόσ'Υ)ς σχεΜν τ� ς νυκτος &.να.στρέφουσιν οί ληστα.(, χρυσίον μεν οόaέ &.ργόριον οόaέ &λλο οόaεν κομ(ζοντες, μ6ν'Υ)ν aε πα.ρ&ένον ώρα.(αν, σφ6aρα. κα.λ�ν, κλάου­ σα.ν κα.l κα.τεσπα.ρα.γμένψ τ�ν έσ&�τα. κα.ι τ�ν κ6μ'Υ)V' κα.ι κα.τα.&έ­ μενοι α.ότ�ν έ!νaον έπι των στιβάaων &α.ρρεϊν έκέλευον κα.l τ�ν γρα.ϋν έκέλευον &.ει έ!νaον μένειν κα.ι τ�ν πα.ϊaα. έν φρουρ� έ!χειν. Ή aε , /f '� Jl Ν α.' λλα.\ πα.ντα. f Ν οuτε Ν τι ι:_r:> πιειν, 'Ι''Γελεν ουτε πα.ις ι:;Κλα.ε και\ εμφα.γειν τ�ν κ6μ'Υ)ν τ�ν α.ύτ�ς έσπάρα.ττεV' &στε κα.t α.ότος πλ'Υ)σtον έστ>. « Si - dice un altro -, gettiamolo : sara il capro espiatorio della nostra banda >>. Ε cosi si schiera­ rono tutti contro di me, ma io, sentendo questo, da allora ίη poi camminai sulla mia ferita come se fosse stata di un altro : la paura della morte, infatti, mi aveva reso insensibile al dolore. [23] Quando rientrammo dove alloggiavamo, tolta la roba a noi dalla groppa, la deposero in buon ordine e si adagiarono per il pranzo. Quando poi fu notte, se ne uscirono per ricuperare

6go

ΛΟΤΚΙΟΣ Η ΟΝΟΣ

των σκευων &νασωσαι. Τον �ε &&λιον τοuτον 6νον, �φη ης αύτ&ν, τί έπάγομεν &χρηστον έκ της όπλης ; Των �ε σκευων & μεν ήμε�ς ο(σομεν, & �ε ό �ππος. Καt &πfιεσαν τον �ππον &γοντες. Νδξ �ε �ν λαμπροτάτη έκ της σελήνης. Κ&γω τότε προς έμαυτον ε!πον, "Α-Θλιε, τί μένεις �τι ένταu&α ; Γuπές σε καt γυπων τέκνα �ειπνή­ σουσιν. Ούκ &κούεις ο!α περ/. σοu έβουλεύσαντο ; Θέλεις τ Ι Ι � > η< λ 'ιφ εν κτηνει ψ � και\ λψφ ψ �,ι ' '''C l( άποS·νήσκειν καΙ. μηδe έαυτην άποπνίξαι r.ι.. μ φω τα μeν γαρ &λλ ει.,ω έ:χειν· ί:Jσα πείσεται σηπομένου τοu ί:Jνου τη τε όδμη καΙ. τοίς σκώληξι πεφυρμένη έ& λέγειν. Τέλος δe ot γuπες δια τοu 5νου παρεισιόντες Q I (λ (λ Jl. ε'ίσω καΙ. ταότην ώς έκείνον 'ίσως καΙ. ζ&σαν �τι διασπάσονται. ωρqι v·ερμοτατφ καv·ε εισv·αι αε�I κτε�νοντι

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avevi deciso di fuggire, eri sano, eri piu veloce di un cavallo e avevi le ali >>. Α queste parole seguiva il bastone ed io per questi aωωoniωenti avevo gia una piaga nel fianco. Quando fuωωο rientrati, trovaωωo la vecchia appesa alla roccia per una cqrda : teωendo, coωe e naturale, i suoi padroni a causa della fuga della ragazza, si era iωpiccata stringendo il cappio al collo. Quelli, aωωirata la vecchia per i suoi nobili sentiωenti, la sciolsero dall'appiglio e, col nodo ancora intorno al collo, la lasciarono cadere giu nel burrone, legarono invece la fan­ ciulla nell'interno, poi ωangiarono e fu lunga la bevuta. [ 25] Ν el fratteωpo non tardarono a discutere fra di loro della fanciulla : « Che facciaωo - disse uno di loro - della fuggitiva? >>. « Che altro - rispose un secondo - se non buttarla giu sulla vecchia ? Per quanto e stato in lei, ci ha sottratto ωolta ricchezza e ha tradito l'intera nostra banda. Voi sapete, aωici, che, se costei avesse raggiunto i suoi di casa, nessuno di noi sarebbe ancora vivo : tutti, infatti, sareωωo stati presi, perche gli avversari ci avrebbero attaccato predisponendo un piano. Vendichiaωoci dunque della nostra neωica, che pero non deve ωorire cosi facilωente, cadendo sulla roccia : escogitiaωo per lei la ωorte piu dolorosa e prolungata e tale che la uccida dopo averla tenuta in vita per una lunga tortura. Poi cercarono il ωοdο della ωorte, e uno disse : « So che approverete la trovata inge­ gnosa. L'asino deve ωοήre, perche e un poltrone, ora finge anche di essere zoppo e per di piu e stato aiutante e inserviente della fuga della ragazza : questo, dunque, all'alba sgozziaωolo, apriaωogli la pancia e tiriaωone fuoή tutti gli intestini ; quella brava ragazza ωettiaωola, invece, ad abitare nell'asino, con la testa fuoή, perche non soffochi subito, ωa con tutto il resto del corpo nascosto dentro, affinche, ricucita ben bene la pelle, una volta che lei ci sia entrata, possiaωo gettarli fuoή tutti e due agli avvoltoi preparando loro un insolito pasto. Consi­ derate, aωici, l'intollerabilita della tortura, che consiste, priωa, nel vivere con un asino ωorto, poi nell'arrostire dentro una bestia al sole caldissiωo dell'estate e ωorire di faωe a poco a poco e non potersi neωωeno strangolare : tralascio, infatti, di dire quante altre saranno le sue sofferenze, quando, putre­ facendosi l'asino, sara intrisa di fetore e di verωi. Infine gli avvoltoi entrando dentro attraverso l'asino dilanieranno coωe

ΛΟΥΙΠΟΣ Η ΟΝΟΣ � > \ > > I � μεγα' λ "' ' ' οc�μοcτος. 'Εγω aε τα.uτοcτ .όρων τιΧ πρωτοc οσοντων �τρεμον έστώς, μ� ποτε 1ν χρεία: τyj &ει'J) κα.Ι. όνείου οc(μοcτος γ�νοιτο. 'ΕπειΜν aε κοcτοcκ6ψειοcν " ' ι � ' � ' των ' ουτως εοcυτους, εκ περιεστ'Υ)κοτων συνε' λεγον ο' β ολους κocl. 3ροcχμά.ς &λλος lσχά.3ας κocl. τυροός κocl. οΊνου κά.3ον έπ�3ωκε (\ aε έκ τοότων έτρέφοντο κocl. πυρων μέ3ψνον κocl. κρι&ων τι'J) gνcr. οι v·εοcτων ' κocl. τ�ν έπ έμο1. κομιζομένΊJν &εον έ&ερά.πευον. [38 ] Κοcί ποτε εtς κώμ'Υ)ν τινιΧ οcuτων εtσβοcλ6ντων ·ήμ ipν νεανίσκον των κωμψων μέγαν &γρεόσαντες εtσά.γουσιν ε�σω �ν&οc κατοcλόοντες �τυχον. 'Έπειτα �ποcσχον έκ τοu κωμ�του δσοc συν�&ΊJ κocl. φίλα: τοιοότοις &νοσίοις . κιν> 20• Questi fanciullini erano una torma di pederasti, soci di Filebo, e tutti applaudirono alle grida, perche pensavano che il comperato fosse veramente un uomo. Ma quando videro che lo schiavo era un asino, lo canzonarono subito cosi : « Questo, che conduci, non e uno schiavo bensi il tuo sposo : da dove Ιο hai preso ? Possa tu da queste fauste nozze attingere fortuna e partoήrci presto puledri di tal razza ! ». [37J Ε risero, ma il giorno dopo si disposero all'opera, come essi stessi dicevano, e, abbigliata Ia dea, me la ιnisero in groppa. Ροί uscimmo dalla citta e an­ dammo in giro per la campagna. Quando entravamo in un paese, io, che portavo la dea, mi fermavo e il gruppo dei flau­ tisti suonava una musica frenetica, mentre gli altri rotavano il capo, gettata la benda che lo avvolgeva, sporgendolo in basso dal collo e con la spada si facevano dei tagli nelle braccia e ciascuno passando la lingua fra i denti tagliava anche questa, cosicche in un istante tutto era pieno di sangue svirilizzato. Ιο, vedendo cio, temevo in un primo tempo, mentre ero Η fermo, che alla dea una volta ο l'altra occorresse anche sangue di asino. Dopo di essersi tagliuzzati in questo modo, racco­ glievano fra gli spettatοή che li attorniavano οboli e dracme ; altri davano fichi secchi, formaggi, un orcio di vino e un me­ dimno di grano e di orzo per Ι' asino. Con questi mezzi essi si ιnantenevano e onoravano la dea che portavo su di me. [38] U na volta che facemmo irruzione in un paese, data la caccia a un aitante giovinotto del luogo, lo introdussero dove si trovavano ad alloggiare. Ροί si fecero fare dal paesano quanto era abituale e caro a simili eιnpii pederasti. Ιο, sopraffatto dal dolore per la mia trasforιnazione, volli gridare : « Ο Zeus crudele, arriva fino a questo punto la sventura che io sopporto ! », ιna dalla gola usci non la mia voce, ma quella dell'asino ed eιnisi un grande raglio. Capito allora che dei paesani avessero perduto un asino, per cui, avendo udito il mio urlo mentre lo cercavano, entrarono in casa senza dir niente a nessuno, coιne se io fossi stato di loro propήeta, e vi sorpresero i pederasti intenti alle loro pratiche innominabili ; e una grande ήsata si levo dai nuovi aπivati. Corsi fuoή, diedero notizia a tutto il paese della scostumatezza dei sacerdoti. Ε costoro, terήbilιnente veΓ­ gognandosi che quelle pratiche fossero state scoperte, partirono ι

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ΛΟΎ'ΚΙΟΣ Η Ο Ν Ο Σ

νυκτος �ν&εν έξήλασαν, και έπειaη έγένοντο έν τ?) έρήμιμ τΊjς ό8οu έχαλέπαινον και 6ψγίζοντο έμοι τ 21(i μάστιγι παίοντες όλίγον έ8έησαν άποκτεϊναι, κελεuοντές λων με ,1οη καταv·εμενοι γυμνuν τοu λοιποu &φωνον είναι &εοφόρητον. Και μην και άποσφάζαι μετ>. Il cuoco, approvato il piano della moglie disse : μέτpcr 6ντα εtς δπ6νοιαν �ρχονται των τολμ'Υ)μάτων των έμων, και προελ&6ντες ώς είς το βαλανεϊον ά.πι6ντες, �πειτα. τιΧς &uρας σuγκλείσαντες, προσβαλ6ντες &π'{j τινι τιΧ 6μματα τ�ς &uρας έσκοποuντο τ&ν3ον. Κ&.γω τότε μΎJ3�ν τοu Ι "' 1 aόλοu εtaως �ρίστων προσελ&ών. Ot cιa� τιΧ μ�ν τριχι πρωτα έγέλων όρων­ και1 τu οερμα. επαν'\]'οuση τες &ριστον &πιστον" ε!τα a� τοuς όμο3οuλοuς έκάλοuν έπι τ�ν έμ�ν &έαν, και γέλως πολUς �ν, &στε και ό 3εσπ6τ'Υ)ς αότων �κοuσε τοu γέλωτος, &opuβou 6ντος �ζω&εν, και ήρετο τί έστιν έφ ' φ τοσοuτον ot �ζω γr:.λωσιν. Έπει 3� �κοuσεν, έζανίσταται τοu σuμποσίοu κάι 3ιακuψας ε�σω όρ� με σuος αγρίοu μερί3α κατα.πίνοντα, και μέγα έν > β ΟΎJσΙΧς Ι > \ > \ τοu� > Ι I > I >Ι καγω επι γε' λ ωτι ανα ειστρεχει εισω. 3εσπ6τοu κλέπτΎJς &μα και λίχνος έαλωκώς. Ό a� πολuν ε!χεν έπ' έμοι γέλωτα, και τιΧ μ�ν πρωτα κελεuει με ε�σω &γεσ&αι εlς το έκείνοu "

(ι '1ο σφοορα 'ΥJΧV'Ομ'Υ)ν

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cuocere il pane e lavorare le focacce al miele. Questi fratelli stavano sempre insieme, alloggiavano nello stesso posto e tenevano 1nescolati insieme gli strumenti dei loro mestieri. Dopo avermi comprato, sistemarono anche me dove alloggia­ vano loro. Questi dopo il pranzo del padrone portavano a casa tutti e due molti avanzi, uno di carne e di pesce, l'aJtro di pane e focacce. Dopo avermi chiuso dentro con questa roba e destinato cosi ad una sorveglianza per me dolcissima, loro se ne andavano a farsi il bagno ed io, rivolto un solenne addio all'orzo chc mi stava davanti, mi davo tutto alle arti e ai gua­ dagni dei padroni e dopo tanto tempo mi ήmpinzavo di cibo umano. Quelli al loro rientro non si accorsero, sulle pήme, della mia ingordigia a causa della quantita dei bocconi esposti e perche io rubavo il mio pranzo ancora con paura e parsimonia. Ma quando, resomi conto che non sapevano assolutamente nulla, io presi a sgranocchiare i pezzetti piu sapoήti e molte altre cosine, e loro finirono per accorgersi del danno, pήma si guardarono reciprocaωente con sospetto e si chiamarono l'un l'altro ladro e rapinatore dei beni comuni e svergognato, poi furono entrambi attentissimi e i bocconcini vennero contati. [47] Ιο passavo la mia vita nel piacere e nell'abbondanza e il ωiο corpo col suo nutrimento naturale si era fatto nuovamente bello e la pelle risplendeva del pelo che vi fioriva sopra. Ma i due valentuomini vedendo me grosso e grasso, e l'orzo non consumato, ma sempre nella stessa quantita, cominciarono ad avere il sospetto delle mie audaci iωprese e, usciti col pretesto di andare al bagno, chiusero poi la porta e, accostati gli occhi a un buco di essa, guardarono dentro. Ιο in quel momento, non sapendo niente del loro tranello, mi ero appressato al mio pasto. Loro, 1i per li, alla vista dell'incredibile pranzo non cessavano di ridere, ma poi chiamarono, perche mi vedessero, i loro compagni di servitu e le risa divennero tante, che il pa­ drone le udi, perche lo schiamazzo era dilagato fuori, e chiese qual era il motivo per cui quelli di fuori ridevano tanto. Quando lo seppe, si alzo dal convito, sbircio dentro e vide me nell'atto di divorare un pezzo di cinghiale ; scoppio in una risata rumo­ rosa e corse dentro. Ιο mi dispiacqui molto di essere stato scoperto ladro e ghiottone in presenza del mio signore. Questi rise a lungo su di me, e, prima, ordino di condurmi nella sala

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ΑΟΥΚΙΟΣ Η ΟΝΟΣ

σuμπόσιον, gπειτα τράπεζάν μοι παρα&είναι ε!πε καt ε!ναι έπ' αότ?} πολλα των /)σα. μ� auνα.τον &λλιγ 6νιγ κα.τα.φα.γε'Lν, κρέα. λοπάaα.ς ζωμοος ίχ&uς, τοuτο μΕ:ν έν γάριγ 26 κα.ι έλα.ίιγ κατακειμένοuς, τοuτο aε νάπuϊ έπικεχuμένοuς. Κ&γω τ�ν τόχην όρων �aη άπαλ6ν μοι προσμειaιωσαν και μα&ων /)τι με τοuτο μόνον το παίγνιον &νασώσει, καίτοι �aη έμπεπλησμένος /)μως ήρίστων τ?) τραπέζη παραστάς. Το aε σuμπ6σιον έκλονε'Lτο τcj) γέλωτι. Καί τις ε!πε, Και πίεται ο!νον οοτος ό 6νος, �ν τις αότcj) έγκερασάμενος έπιacj)· και ό aεσπ6της έκέλεuσε κ&γω το προσενεχ\}Ε:ν �πι ον. [ 48] Ό aε ο!ον είκος όρων με κτημα παράaοξον τ�ν μΕ:ν τιμ�ν τ�ν έμ�ν κελεόει των aιοικητων τινι καταβαλε'Lν τcj) έμΕ: Δνησαμένιγ και &λλο τοσοuτον, έμΕ: aε παρέaωκεν &πελεu.\}έριγ των αuτοu τLVL νεανίσκιγ και ε!πε κατηχε'Lν /)σα ποιων μάλιστα. ψuχαγωγε!:ν αότον auναίμην. τ�) aέ γε ρ�aια ήν πάντα· uπήκοuον γd:ρ εΜ·u είς &παντα aιaασΚ6μενος. Και πρωτον μΕ:ν κατακλίνεσ&αί με έπι κλίνης &σπερ &ν&ρωπον έπ' &γκωνος έποίησεν, ε!τα και προσπαλαίειν αότcj), και μ�ν και όρχε!:­ σ,\)·αι έπι τοος Μο έπανιστάμενον όρ&ον και κατανεόειν και &να­ νεόειν πρ δς τG:ς φωνάς, και πάν.&·' lJσo: έlJuνάμ:ην μeν και lJίχα τoiJ μαν.f)·άνειν, ποιε!:ν' και το πρiΧγμα περιβ6ητον ήν, 6νος ό τοu aεσπό­ τοu, οίνοπ6της, παλαίων, 6νος όρχοόμενος. Το aε μέγιστον, 5τι προς τd:ς φωνιΧς &νένεuον έν καιρc{) και κατένεuον' και πιε'Lν aε όπ6τε &ελήσα.ιμι, ητοuν το'Lς όφ&α.λμο'Lς τον οίνοχ6ον κινήσα.ς. Κα.ι OL μΕ:ν έ&α.όμαζον το πρiΧγμα. ώς πα.ράaοξον &γνοοuντες &ν&ρωπον έν τcj) > \ 'I- \ > ι > '' Ι \ ' κα.ι\ τ�•ιν εκεινων σε τρuφην εποιοuμην αγνοια.ν. ονιγ κειI μεν ον ' εγω μην και βα.aίζειν έμάν.f)·α.νον και κομίζειν τον aεσπ6την έπt νώτοu ΚΙΧL τρέχειν aρ6μον &λuπ6τατον και τcj) &ναβάτη &νοcίσ&ητον. Κα.ι σκεόη μοι ήν πολuτελη, και στρώμα.τα πορφuρiΧ έπιβάλλομαι, και χαλινοος είσεaεχ6μην &ργόριγ και χρuσcj) πεποικιλμένοuς, κα.ι κώaω' � ' μοu με' λος μοuσικωτατον ' �' [49 ] ' Ο οε '" ' νες ει,ηπτοντο εκφωνοuντες. Μενεκλης ό aεσπ6της ήμ&ν, &σπερ �φην, έκ της Θεσσα.λονίκης aεuρο έληλό&ει έπ' α(τ(� τοιαότη· uπέσχετο τ?) πατρίaι &έοcν πα.ρέ­ ξειν &νaρων 8πλοις προς &λλήλοuς μονομαχε!:ν είaότων' κα.ι οί μΕ:ν &νaρες της μάχης �aη ήσα.ν έν πα.ρασκεu?), κα.ι &φ!:κτο ή πορεία. '

26. Ι1 γ&pος era, precίsamente, salsa dί ίnterίora dί pesci varίamente

condίta.

dove pranzava, poi disse di mettermi davanti ιιηa tavola e di disporvi molti cibi, scelti fra tιιtti qιιelli che a ιιη altro asino sarebbe stato impossibile mangiare, come carni, ostriche, mi­ nestre, pesci, in parte affogati in salsa di mare 26 e in olio d'oliva, in parte cosparsi di senape. Ed io, vedendo che ormai la fortιιna mi sorήdeva affabilmente e avendo capito che soltanto qιιesta scenetta mi avrebbe salvato, benche fossi gia pieno, mi ac­ costai alla tavola e consιιmai il mio pasto. La sala tremava per le risate. Ε qιιalcιιno disse : « Qιιest'asino berra anche del vino, se qιιalcιιno glielo mescera e glielo dara )) ; il padrone imparti l'ordine ed io bevvi qιιello che mi fιι portato. [48] Ε cosi lιιi, come e natιιrale, vedendo in me ιιη oggetto straordi­ nario ordino ad ιιηο dei sιιοi intendenti di versare a chi mi aveva comprato il doppio del mio prezzo e mi consegno ad ιιη sιιο giovane liberto dicendogli di insegnarmi a fare tιιtto qιιello che avrebbe potιιto divertirlo di piu. Ε tιιtto a costιιi fιι facile : in ogni cosa che m'insegnava io gli ιιbbidivo subito. Prima mi fece sdraiare sιι ιιη letto e appoggiarmi sιιl gomito come ιιη ιιοmο, poi mi fece lottare con lιιi e anche danzare alzandomi dritto sιιlle dιιe zampe, far cenno di si e di no secondo le sιιe parole e fare tιιtto qιιello che potevo senza impararlo. Della cosa si sparse la voce, dell'asino di qιιel signore, che beveva vino, che lottava, che danzava ; e c'era il fatto, il piu impres­ sionante, che ίο alle parole che mi si rivolgevano rispondevo accennando di no e di si al momento opportιιno ; e qιιando volevo bere, chiedevo il vino al coppiere con ιιη Inovimento degli occhi. Qιιelli si meravigliavano di cio come di cosa stra­ ordinaria ignorando che nell'asino c'era ιιη ιιοmο, mentre io della loro ignoranza facevo il mio benessere .. Imparai, inoltre, ad andare a passo d'ιιοmο e a portare in groppa il mio padrone correndo nel modo che al mio cavalcatore riιιscisse meno fasti­ dioso e meno avvertibile. Ι miei finimenti erano preziosi, mi fιι messa ιιηa gιιaldrappa di porpora, mi si applicarono dei freni tempestati d'oro e d'argento, e portavo appesi dei sonagli che prodιιcevano ιιηa mιιsica melodiosissima. [49] Menecle, il no­ stro padrone, era andato li, come dissi, da Tessalonica per il motivo che aveva promesso a1la sιιa citta natale di offrire ιιηο spettacolo di gladiatori. Gli ιιomini stavano gia preparando i combattimenti ed era venιιto il momento di mettersi in viaggio.

ΛΟΎΚΙΟΣ Η ΟΝΟΣ

Έξελαόνομεν �ω.&εν, κ&.γω τον 3εσπ6τψ �φερον εr ποτε χωρίον εrΊJ τ�ς δ3ου τραχu ΚΙΧL τοϊς όχ�μασLν έπLβαίνεLν χαλεπ6ν. Ώς 3e ,, ' ' ' ' ' οστLς επL ουκ κατε' β Ί)μεν ' Θ" εσσαλ ουκ \ \ \ \ Ι ' Ι ' ' μακρου� προελΊJλ εκ Lν εμψ· ΊJ γαρ εμΊ) ΚΙΧL τψ το πολυπρόσωπον ΚΙΧL το ά.ν.&ρώπLνον των έμων όρχΊ)μάτων ΚΙΧL ΠΙΧλΙΧLσμάτων, ' Αλλ' δ μeν 3εσπ6τΊJς τοiς έν3οξοτάτοLς των αύτου πολLτ&ν παρα τον π6τον έ3είκνυέ με ΚΙΧL τα παρά3οξα έκεϊνα τα έν έμοt παίγνLα έν τif) 3είπνιp παρετί-θ,εL. [50] Ό 3e έμος έπLστάτΊJς πρ6σο3ον εuρεν έξ έμου πολλων πάνυ 3ραχμων - κατακλείσας γάρ ικαt τοϊς βουλομένοις "' � ιτάμα με �ν3ον ε!χεν 13ε'Lν έμe καt V'εΙΧν ΊJΠε�γετο επ�Ι έστωτα,ον�ΚΊ)ν, ,1ν ψ J! � Ι 1: C\ε1σεκ6μLζον &.λλος παρά3οξαυ �ργα OL 3 'υV'εL ΚΙΧ�I οοc,ΙΧ τ.),.1νμLσ.&ου τ�ν .&όραν �νοLγεν. &.λλο τL των έ3ω3tμων, μάλLστΙΧ το έχ.&ρον εtνΙΧL lJνου γαστpι 3οκουν' έγιiJ 3e �σ.&Lον. 'Ώστε όλίγων �μερων τif} 3εσπ6τη καt τοϊς έν τ'(j π6λεL συναρLστων μέγας τε καt πίων 3εLνως �3ΊJ έγεγ6νεLν. Καί ' ' \ ' παρε Lν LΚΙΧνΊ), ποτε γυνΊJ\ κεκτΊ)μενΊJ, ου' μετρLΙΧ τΊ)ν �σω 13εiν έμe άρLστωντΙΧ ε1ς �ρωτά μου .&ερμον έμπίπτεL, τουτο μeν το κάλλος 13ουσα του lJνου, τουτο 3e τif} ΠΙΧρα3όξιp των έμων έπLτΊJ3ευμάτων εiς έπL.&υμίαν συνουσίας προελ.&ουσΙΧ' και 3Lαλέγε­ τ1ΧL προς τον έπLστάτψ τον έμον ΚΙΧL μLσ.&ον αύτίi) ά3ρον ύπέσχετο, εL συγχωρ�σεLεν αύτ'(j σον έμοL τ�ν νuκτΙΧ ά.νΙΧΠΙΧUσεσ.&ΙΧL' κά.κεiνος , ' 1 ' ' ' � εμου μΊ), λαμ βαε Lτε ανυσεL τL ' J! ψ �3ΊJ κά.κ του συμπο­ i: ' [51 ] Κά.πεL3� έσπέρα τε �ν νεL τον μLσ.&6ν. V'Ουσα. υ c,ενΊJ λ" σίου &φ�κεν �μοcς δ 3εσπ6τΊJς, ά.ναστρέφομεν �ν.&α έκα.&εό3ομεν, καt τ�ν γυναϊκα εδρομεν πάλαL ά.φιγμένψ έπι τ�ν έμ�ν εύν�ν. Κεκ6μLστο 3e αύτ'(j προσκεφάλΙΧLΙΧ μαλακα ΚΙΧL στρώματα εrσω κατέ.&εντο καt χαμεόνLον �μϊν εύτρεπeς �ν. Ε!τα ο� μeν τ�ς γυναLκος .&ερά­ ποντες ΙΧύτου που ΠλΊJσίον προ του 3ωματίου έκά.&ευ3ον, � 3e λuχνον ι �' ' I: �πεLτα •Ι&πο3υσαμένΊJ �ν3ον �καLε ι μέγαν τίi} πυρt λαμπ6μενον' παp­ ουοεν φροντ�σας, ε �τε ΚΙΧ�1 εκε�νΊJ εc, έστΊJ τif) λόχνιp γυμν� δλΊJ καt μόρον �κ τLνος ά.λαβάστρου προ � χεαμένΊJ τpuτcp ά.λείφεταL, κά.μe 3e μυρίζεL �ν.&εν, μάλLστα τ�ν pϊνά μου μόρων ένέπλΊJσεν, ε!τά με κατεφίλφε καt οία προς αύτ�ς έρώ­ μενον καt &.ν.&ρωπον 3Lελέγετο καί με έκ τ�ς φορβεLiΧς λαβομένΊJ έπL τΟ χαμεuνLον είλκε' κά.γιiJ ού3έν τL του ΠΙΧρΙΧΚΙΧλέσαντος ε[ς τουτο 3ε6μενος κα.t orνcr 3e ΠΙΧλΙΧLif} πολλίi} ύποβεβρεγμένος ΚΙΧL τίi} χρί­ σματL του μόρου ο1στρΊ)μένος ΚΙΧL τ�ν ΠΙΧL3ίσκψ 3e δρων πάντα '

'

"

·



C'incamminammo all' alba ed io portavo i1 padrone ogni volta che un tratto di strada era scabroso e difficile a percorrersi coi carri. Quando scendemmo a Tessalonica, non c' era chi non corresse allo spettacolo e a vedere me, perche la mia fama, che era la fama soprattutto della mia versatilita e dell'umanita delle mie danze e delle mie lotte, mi aveva preceduto di un gran tratto. Ma il padrone mi mostro ai suoi piu ragguardevoli concittadini durante la bevuta finale imbandendo come parte del suo convito quelle mie straordinarie scenette. [5ο] Il mio sorvegliante trovo il modo di ricavare da me l'introito di mol­ tissime dracme : mi teneva chiuso in una stanza e a quelli che volevano vedere me e le mie straordinarie imprese apriva la porta a pagamento. Quelli portavano chi un cibo chi l'altro, ma soprattutto cio che pareva non confacente allo stomaco di un asino ; ed io mangiavo. Ε cosi in pochi giorni prendendo i miei pasti col padrone e coi cittadini ero diventato ormai spa­ ventosamente grosso e grasso. Ε una volta una donna fore.­ stiera di non modesta ricchezza e di egregio aspetto, entrata per vedermi mangiare, s'innamoro ardentemente di me, un po' vedendo la bellezza dell'asino, un po' spinta al desiderio del­ l'amplesso dalle mie straordinarie prestazioni. Parlo con il mio sorvegliante e gli promise un lauto compenso, se le avesse permesso di dormire con me la notte ; e quello, senza darsi pensiero se la donna avrebbe avuto ο no qualche soddisfazione da me, intasco il compenso. [5r] Quando fu sera e il padrone ci congedo dalla sala del convito, tornammo dove dormivamo e trovammo lei gia arrivata al mio letto. Erano stati portati per lei soffici cuscini, si erano stese delle coperte e cosi il nostro letto a terra era allestito. Ι servi della donna dormivano li vicino davanti alla camera, mentre lei dentro accese una grande lucerna che risplendette della sua fiamma ; poi, spogliatasi, comparve accanto alla lucerna tutta nuda e, versato dell'olio odoroso da un vasetto di alabastro, si unse di questo e ne co­ sparse anche me riempiendomi di profuιno soprattutto il naso, poi mi bacio teneramente, mi parlo come ad un suo amato, che fosse un uomo, e, presomi per la cavezza, mi tiro fino al letto. Ιο, che non avevo bisogno di chi mi incitasse a questo, che ero fradicio di vino vecchio, stimolato dal profumo di cui ero unto, e vedevo la fanciulla bella in ogni parte, mi

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κα.λην κλίνομαι, κα.ι σφ6aρα. ήπ6ροuν δπως ά.να.βήσομα.ι την όi.ν&ρω­ πο\1' κα.ι γιΧρ έζ δτοu έγεγ6νειν δνος, σuνοuσία.ς &.λλ' οόaε τΊjς δνως I ) I I \ γuνα.ικι\ εχρησα.μην ετuχον α.( ψ α.μενος, κα.ι\ μην κα.ι τοuτ6 μ' ε1ς aέος οόχι μέτρων ήγε, μη οό χωρήσα.σα. ή γuνη aια.σπα.σ&'(j, κ&.γω &σπερ &.νaροφ6νος κα.λην aώσω aίκην. Ήγν6οuν aε οόκ εtς aέον aεaιώς' ή γιΧρ γuνη πολλο�ς το�ς φ ιλήμα.σι, κα.ι τού­ τοις έρωτικο�ς, προκα.λοuμένη ώς είaεν οό κατέχοντα., &σπερ &.νaρι f ε >fισω ο"λον πα.ρα.κειμενη πεpι βα.' λλετα. ί με κα Iι Κ&.γω μεν ό aειλΟς έaεaοίκειν �τι κα.ι όπίσω &.πΊjγον έμα.uτον ά.τρέμα., ή aε τΊjς τε όσφύος τΊjς έμΊjς εtχετο, &στε μη δποχωρε�ν, κα.ι α.ύτη () 2( εtπετο το φεuγον. Έπει aε ά.κρ κα.ι προσaε�ν ' '-'ιβως έπείσ&ην �τι μοι uνψ οuοε σuνηv·οuς προς την τΊjς γuνα.ικος ήaονήν τε κα.ι τέρψιν, &.aεως λο ιπον δπηρέ­ τοuν έννοούμενος ώς ούaεν εtην κα.κίων τοu τΊjς Πασιφάης 27 μοι­ χοu. Ή aε γuνη οΙSτως ήν όi.ρα. ές τιΚ ά.φροaίσια. έτοίμη κα.ι τΊjς ά.πο τΊjς σuνοuσία.ς ήaονΊjς ά.κ6ρεστος, &στε δλην την νύκτα. έν έμοt \1> f ζ έaα.πάνησεν. [52 ] 'Άμα. aε τ'(j ήμέρq.l(α.ρα.σα. ή μεν ά.να.στιΧσα. ά.πήει σuνiJ·ε­. πα.ρεοει.,α.το μένη προς τον έπιστάτην τον έμον οtσειν έπι το�ς α.ύτο�ς τον μισ&ον τον α.ύτον τΊjς νuκτ6ς. Ό aε &μα. μεν πλοuσιώτερος έκ των έμων γενησ6μενος κα.ι τ. Ε introdussero da me una donna che era stata condannata ad essere sbranata dalle fiere e le ordinarono di avvicinarmi e di accarezzarmi. [53] Ροί, quando infine fu il giorno, in cui il mio padrone doveva cele­ brare la sua munifica festa, decisero di farmi entrare nel teatro. Ε vi entrai cosi : c' era un gran letto di tartaruga indiana intar­ siato d'oro e su questo, adagiato me, adagiarono al mio fianco

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�μ(Χς έπ�-θ·Ύ)Καν �πί τινος μΎ)χαν�ματος και ε'Cσω είς το 3·�ατρον παρεν�γκαντες ΚΙΧτ�&Ύ)καν έν τij} μ�σιμ, και οί &.ν&ρωποι μ�γα άνε­ βόφαν και κρότος πάσΎ)ς χειρος έξ�λατο έπ' έμοί, και τράπεζα I , I , , , Ν >I Ν πολλα' εσκεuοcσμενα παρεκειτο αuτη εκειτο τρuεπ φωντες &.ν-θ ·ρωποι έν i3είπνιμ �χοuσι. Και πα'Li3ες �μ'Lν παρειστ�κεισαν οίνοχόοι καλοι τον ο!νον �μ'Lν χρuσίιμ i3ιακονοόμενοι. Ό μ�ν οδν .s, I ι! έμος &στς �πισ&εν έκ�λεu� με άριστiΧV' έγωuσα a� δίμα ,1μιν έπιστάτΎ)ς και μ�ν ήi3οόμψ έν τij) &εάτριμ κατακείμενος, &μα a� έi3εi3ίειν μ� ποu &.ρκτος η λ�ων άναΠΎ)i3�σεται. [54] 'Εν τοότιμ i)� τινος &_ν-θ·Ύ) >f (\ , ' (> (> ' \ , , \ � (\ I" � 'Ε εμην πατριοα. < νταυv·α v·εοις σωτηρσιν εv·υον και αναv·ηματα ανεv·ηκα, μα Δί' ούκ έκ κυνος πρωκτου, το aη του λόγου 30, άλλ ' έξ �νου περ ιεργίας aια μακρου πάνυ, καt ο6τω aε μόλις, ο�καaε άνασω&είς. '

30. Un'espressione νolgare, passata - sembra - nell'uso comune, della quale troνiamo due esempii in Aristofane (« Acarnesi », ν. 863 ed « Eccle­ siazuse », ν. 255) . Da questi si deduce che indicaνa il disprezzo per qualcuno, inνitato dal parlante a indirizzare in c ... al cane una sua azione (quelle del soffiare e del guardare, rispettiνamente nei due casi) . Volgarita a parte, l'espres­ sione nostra corrispondente - inadatta, peraltro, al contesto greco - potrebbe essere « da casa del diaνolo >>.

42 [39], 5 6

luί, non puoί mentίre ! » e, alzatosί dί slancίo dal seggίo, mί abbraccίo, mί bacίo pίu volte e mί condusse a casa da luί. Nel frattempo arrivo anche mίο fratello portandomί del denaro e molte altre cose, mentre i1 govematore con pubblica sentenza, cl1e tuttί ascoltarono, mί rilascίava. Scesί al mare, adocchίammo una nave e νί ίmbarcammo i1 bagaglio. [56] Ιο pensaί allora che fosse un' ottίma ίdea quella dί andare dalla donna che sί era ίnnamorata dί me quand'ero un asίno, ίmmagίnando che nella mίa attuale figura d'uomo le sarei apparso pίu bello. Leί mί accolse con pίacere, dίvertίta - credo - dalla stranezza della cosa, e mί supplico dί pranzare e dί dormίre con leί ; ίο assentii ritenendo che meritasse i1 castίgo degli deί l'asίno che, coperto dί tenerezze, s'ίnsuperbίsse, ora che era dίventato un uomo, e disprezzasse la donna ίnnamoratasί dί luί. Pranzo, cosi, con leί, mί ungo dί molto olio profumato e m'ίncorono dί rose, ίl fiore dilettissίmo che mί ha salvato rίportandomί fra gli uomίni. Quando fn notte fonda e tempo dί dormίre, e an­ ch'ίo mί alzaί dal bancl1etto, vollί spogliarmί come per farle qualcosa dί molto gradίto e mί present aί nudo pensando che certamente nel confronto con l'asίno le sareί pίacίuto ancora dί pίu. Ma quella, quando vίde che avevo tutto come un uomo, mί sputo addosso dίcendo : « Vίa da me e dalla mia casa, e a dormίre va ίη qualche posto lontano da quί ! », e domandando io : « Ma qual e i1 grosso torto che tί ho fatto ? ». « Ι ο - rίspose -, per Zeus, dormίvo allora con 1' asίno e non con te, perche ero ίnnamorata non dί te, ma dell'asίno che tu eή, e pensavo che tuttora conservassί e tί trascίnassί dίetro, almeno, solo i1 grande contrassegno dell'asίno maschίo. Tu ίnvece seί venuto da me trasformato da quel bello e utile anίmale ίη un a scίmmίa ». Ε chί ama ίmmedίatamente ί servi ordίnando che mί sollevίno sulle spalle e mί portίno fuori della casa. Caccίato fuorί da.vantί all'ingresso, nudo ed elegantemente coronato e profumato, ab. braccίaί la nuda terra e dormii con leί. All'alba corro nudo alla nave e racconto al fratello la mίa rίdίcola dίsavventura. Ροί, alzatosί un vento favorevole, salpίamo dalla cίtta e ίη pochί gίοmί raggiungo la mίa patrίa. Quί sacήficai e offersί donί vo­ tίvί agli dei salvatorί essendo tomato sano e salvo a casa dopo lunghissίmo tempo e cosi a stento, non, ίη nome dί Zeus, dal culo del cane, secondo ίl detto 30, ma dalla curίosίta dell'asίno.

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ZEUS CONFUTATO

* Da posizioni ciniche - e il tempo dell'influsso di Menippo - Luciano si appresta a un sommario riesame della dottrina stoica del fato, della provvi­ denza e della divinita. Ma l'interlocutore di Cinisco (nomignolo di Luciano cinico ο aggrazianιe11to del 11ome stesso di Cinico) 11011 e un rappresentante di quella dottrina, bensl. Zeus, il quale, affermando l'on11ipotenza del fato, e delle Parche, non riesce ad evitare che dalle conclusioni dell'avversario discenda l'assoluta inutilita di u11a religione che concepisce e venera dei sprov­ visti di u11 minimo di potere, oltre che di dignita. Due colpi in uno, dunque, contro una filosofia, per la quale il rigore logico avrebbe dovuto essere un vessillo, e co11tro l'esistenza stessa delle divi11ita olimpiche. La trovata fun­ ziona e la sua realizzazione in termini di freschezza e di vivacita scenica com­ pete, ad onta del maggior impegno filosofico, con quella dei " Dialoghi dei morti )), la cui citazione qui e d'obbligo per una coincidenza che e anche di con­ cetto : nel dial. η. 30 il brigante Sostrato mette in difficolta Minosse, il giudice dell' Ade, con le stesse domande, con cui Cinisco costringe Zens ad ammettere che, se e vero che tutto accade per volonta ineluttabile del fato, agli uomini 11on spetta il merito delle bnone azioni, ma nemmeno va addossata la colpa delle cattive. Solo che, con spirito piu scanzonato, Minosse viene introdotto a fare, peι· cosl. dire, uno strappo alla regola esonerando Sostrato dalla puni­ zio11e, purche non insegni ad altri morti a rivolgere domande come le sue. Dicevamo che i1 presente dialogo appartiene al periodo " menippeo )) (con il « Viaggio agli inferi >> ha i11 comune il perso11aggio di Cinisco), per cui lo si dovrebbe pensare composto fra il r6o e il r 65 d. C., l'a11no che chiude il cosid­ detto periodo filosofico di Luciano ; poco dopo potrebbe essere stato scritto, con gli altri 13�κασιν, &φuκτα ε!ναι δπόσα &ν αοται έπιν�σωσι γεινομένιι-> έκάστιι-> 2• ΖΕΥΣ. Και πάνu &λη&Ίj ταuτα · οu/3Ε:ν γάρ έστιν δ τι μη αι Μοϊραι 13ιατάττοuσιν, άλλιΧ πάντα δπ6σα γlγνεται, όπο τίj) τοότων άτράκτιι-> στρεφόμενα εu&uς έξ άρχΊjς �καστον έπικεκλωσμένην �χει την άπόβα:σιν, &έμις &λλως γενέσS·αι. Ύ'Ν και ou "' ' ' 1 1 ' ' "0 ' όταν ο' αuτος ' "' οπ ετεριι-> μερει της [ 2 ] Κ .ι • Οuκοuν μηρος εν ποι�σεως λέγη, ,

Μη και δπΕ:ρ μο�ραν aόμον "Αc/3ος ε1σα:φίκηαι 3, και τιΧ τοιαuτα, ληρε�ν 13ηλα13η φήσομεν τότε αuτόν ; ΖΕΥΣ. Και μάλα:· οΜΕ:ν γιΧρ &ν οί\τω γένοιτο �ξω τοu ν6μοu aε δπ6σα μΕν &ν έκ των Μοφων, οόaε δπΕ:ρ το λίνον. Οι ποιηται ft"' I "' ηv·η "' Μοuσω"' κατεχομενοι ' ' των &13 , ωσιν, αλ ταuταI εστιν ' δπόταν aε � J. Non ho conservato in qιιesto caso i rispettivi nomi greci, « Eimarmene >> e " Moire », riuscendo i latini .Fato e Parche, entrati nel comune uso letterario, piu immediatamente significativi per il lettore italiano. 2. Adattamento del primo emistichio di Il., ΧΧ, 128 e XXIV, 210 (cfr. anche Esiodo, Theog., 219) . 3 · Il., χχ, 336.

[r] CINISCO. !ο iιon ti annoiero, ο Zeus, chiedendoti cose come ricchezza, oro, regni, quelle che piu invocano gli altri, ma che a te non e facile elargire - vedo che in realta non ascolti quasi mai le loro preghiere -; ma vorrei avere da te una cosa sola, e facilissima. ZEus. Quale, ο Cinisco ? Non te la neghero, infatti, soprat­ tutto percM la tua richiesta, come dici, e moderata. CIN. Rispondi a una rnia non diffi.cile domanda. ZEus. La preghiera e veramente modesta e si puo esaudire subito : domanda tutto quello che vuoi. C!N. Ecco qua, ο Zeus : hai letto certamente anche tu i poemi di Omero e di Esiodo ; ebbene, dimmi se e vero cio che essi hanno detto nei loro versi circa il Fato e le Parche 1, e cioe che qualunqu e sorte abbiano assegnato queste col loro filo a ciascuno che nasce 2, e inevitabile. ZEUS. Ε verissimo : non ν' e nulla, infatti, che le Parche non dispongano, ma di tutte quante le cose che avvengono, filate dal prillo del fuso di costoro, ciascuna ha pronto subito da principio il filo del proprio esito, e non e lecito che accada altrimenti. [2] C!N. Dunque, quando lo stesso Omero in un'altra parte della sua opera dice : ·

Affinche tu ηοη giunga nella casa di Ade a dispetto della Parca 3,

e altre cose del genere, diremo che in tal caso evidentemente parla a vuoto ? ZEUS. Ma certo ! Nulla infatti potrebbe accadere al di fuori delle disposizioni delle Parche ne a dispetto del loro filo. Ora, qualunque cosa cantino i poeti, quando sono ispirati dalle

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άφωσιν αοτοδς αt &εαι και κα&' αδτοuς ποιωσι, τότε aη και σφάλ­ λονται και ύπεναντ(α τοι'ς πρότερον 13ιεξ(ασι· και ξυγγνώμη, εί &ν&ρωποι �ντες άγνοοuσι τάλη&ες άπελS·όντος έκε(νου, δ τέως παρ­ ον έρραψ> - cosJ. suggeri­ rebbe il nome italiano -, ma sia la buona che la cattiva sorte, secondo i1 si­ gnificato del nome latino. 5· Sono i vv, r S-27 di Il., VIII. Q.uesta tronfia minaccia di Zeus Luciano fece oggetto di un dialogo fra Ares ed Enηete (cfr. vol. Ι, Deor. dial., zr). Si veda anche Iupp. trag., 14.

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Muse, e vera ; ma, quando le dee 1i lasciano e quelli creano da soli, ecco che allora sbagliano e contraddicono cio che hanno detto pήma. C'e da scusarli, pero, se, essendo uomini, perdono la percezione del vero, dopo che se n'e andato l'essere, che, presente fino a quel momento, cantava per mezzo loro. ' CIN. Bene : prendiamola cosi. Ma ήspondimi ancora a questo : non sono tre le Parche, Cloto, Lachesi - credo - e Atropo ? ZEUS. Certo. [3] CIN. Ma allora chi sono mai i1 Fato e la Fortuna 4 si fa un gran parlare anche di loro - e quanto possono l'uno e l'altra ? quanto le Parche ο un po' di piu? Sento dire da tutti che nulla esiste che abbia maggior potere della Fortuna e del Fato. ZEUS. Ν on e lecito che tu sappia tutto, ο Cinisco. Ma a quale scopo mi hai fatto la domanda sulle Parche ? [4] CIN. Pήma pero, ο Zeus, devi dirmi un'altra cosa, se queste e la Fortuna e i1 Fato comandano anche su di voi e se e inevitabile per voi pendere dal loro filo. ZEus. Ε inevitabile, ο Cinisco. Ma percM hai sorriso ? CIN. Mi sono venuti in mente quei versi 5 che Omero ti ha fatto dire nell'assemblea degli dei, quando 1i minacciavi di appendere i1 mondo ad una corda d'oro : dicevi infatti che tu avresti calato dal cielo la corda, e gli dei tutti insieme, se aves­ sero voluto, appendendosi ad essa si sarebbero sforzati di ti­ rarla giu, ma in realta non ci sarebbero ήusciti, mentre tu, quando ti fosse piaciuto, tutti facilmente -

con terra e maι· li avresti sollevati 6•

Ebbene, allora mi sembrava di doverti ammirare per la tua forza e mi sentivo i bήvidi nell'ascoltare quei versi ; ma ora vedo anche te con la corda e le minacce appeso - lo dici tu ad un filo sottile. Α me pare, dunque, che con maggior ragione potrebbe vantarsi Cloto, in quanto tira su a.nche te pendente dal fuso, come i pescatori sollevano i pesci pendenti da1la canna. [5] ZEus. Non so che cosa vogliano dire queste tue domande.

6. Ε il ν. 24 di Il., VIII e fa paι·te del gruppo di versi sopra citati : toccato, per necessita sintattica, il solo verbo.

e

ri­

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ΖΕΥΣ ΕΛΕΓΧΟΜΕΝΟΣ

ΚΥΝ. Έκεϊνο, ω Ζεu· Κχρ6ς, περLπα.τ &'>ν, ψLλοσ6ψοU το χρ &'> μ' �χων j Έμοl προσα.νά.&οu, λα.βέ με σόμβοuλον πόνων, μη κοcτα.φρονήσης οίκέτοu φλuα.ρίοcς 1• Α ΘΗΝΗ. Noct πά.τερ �μέτερε, Κρονίι>η, 6πα.τε κρεL6ντων, γοuνοuμο:( σε .&εC.: yλο:uκ&>πις, τριτογένεLα, έξα.όι>α., μη κεu&ε ν6cμ, �να. ε'Cι>ομεν �ι>η, τίς μ�τLς ΜκνεL σε κοcτιΧ φρένα καl κα.τιΧ &uμ6ν, η τ( βα.ρό στενά.χεLς &χρ6ς τέ σε ε!λε πα.ρεLά.ς 2 ; ΖΕΥΣ. Οuκ �στLν οuι>εν ι>εLνον ωa· είπε'Lν �πος, ou(')€ πά.S·ος ou(')€ ξuμφοριΧ τραycμ/)Lκή, �ς οuκ &ν &ρα.Lτ' &χ&ος � S·ε&>ν φόσLς 3• ΑΘΗΝ. "Απολλον, ο�οLς φροψίοLς &ρχεL λ6yων 4• ΖΕΥΣ. "'Ω πο:γκά.κLστα. χ&6νLα. γ�ς παLι>εόματα. 5, σό τ' , ω Προμη&εσ 6, ο!ά. μ' ε�ργα.σα.L κακά.. ΑΘΗΝ. τι (') ' έστί ; Προς χορον γιΧp οtκείων έρε'Lς 7• ΖΕΥΣ. "Ώ μεγοcλοσμα.ρά.γου στεροπiΧς pοίζημα., τί pέξεLς ; e comico : Damide, che ha impresso un suggello di ingegnosa iι-onia al suo trionfo, fugge sghignazzando, inseguito da τimocle che, armato di un coccio, vorrebbe scannarlo. Α Zeus non resta che esprimere la propria ammirazione per il vincitore. Lo Zeu$ tragedo e vicinissimo nel teιnpo allo Zeus conjutato : forse !ο segue immediatamente. Ι . Dobbiamo avvertiι·e che Ermete si e espresso in trim.etri giambici (i versi del dialogo tragico, e comicρ), non potendo risaltare tale particolarita - che rispecchia parodisticamente la tensione tragica creata sull'O!impo dalla preoccupazione di Zeus - dalla versione in prosa che usiamo darne. Tale av­ vertenza non sara necessaria altra volta, poiche tutti gli interventi in trimetri, che seguono, sono tratti da Euripide e si presentano, pertanto, regolarmente virgolettati. 2. Atena si rivolge al padre con esametri di Omero appena ritoccati : il v. Ι corrispondente a Od., Ι, 45 e ΙΖ., VIII, 3 1 (con leggera variante iniziale), i1 v. 2 alle prime due parole di piu versi, come Od., VI, 1 49, ΙΖ., ΧΧΙ, 74 ed altri ancora (e completato da clue frequentissimi epiteti di Atena) , il v. 3 a Il., Ι, 363 e XVI, Ι9 (con variante finale), il v. 4 al secondo emisticl1io, for­ mulare, di piu versi come ΙΖ., Ι, Ι93 ecc. (solo, naturalmente, col secondo

[r] ERMETE. Ο Zeus, perche, pensieroso, parli da solo con te stesso passeggiando, pallido, con la cera del filosofo ? Con­ fessati con me, prendimi come consigliere nelle tue angosce, non disprezzare le chiacchiere di un servo 1. ΑΤΕΝΑ. Si, padre nostro, sommo dei sovrani, ο Cronide, ti supplico, io la dea dagli occhi verde-azzurri, Tήtogenia, parla, affincM sappiamo, non celarlo : qual pensiero ti rode nella mente e nel sentir? Perche sono profondi i tuoi sospiή e pallide le guance? 2 ZEus . « Non v'e nessuna parola cosi terήbile, ne affiizione ne sventura degna di tragedia, delle quali non potrebbe assu­ mere il peso la natura degli dei >> 3. Ατ. « Per Apollo ! Con quale proemio cominci il tuo di­ scorso ! » 4• ZEus. (( Ο rampolli sciagurati della terra 5, e tu, ο Pro­ meteo 6, quanto male mi hai fatto ! ». Ατ. (( Che c'e ? Parlerai ad una cerchia d'intimi » 7• Ο fragor dell a folgore dal grande ZEUS. rimbombo, che farai ? emistichio) , il v. 5 per i1 primo emistichio al primo emistichio di Il., Ι, 364 (con qualche adattamento), per ί1 secondo emisticl1io al secondo emistichio di Π, ΠΙ, 35 (con adattamento di un pronome) . 3 · Sono i vv. r-3 dell'« Oreste » di Euripide (con una necessaria variante al v. 2 e una al v. 3). 4 · Ε il v. 538 dell'« Eracle » di Euripide (con mutamento del numero del sostantivo finale) . 5· Ε stato ritenuto un verso euripideo di tragedia sconosciuta (fr. 939 Nauck2), 6. La colpa di Prometeo nei confronti di Zeus e quella di aver plasmato l'uomo con la creta (donde « rampolli della teιτa ») e di avergli infuso i1 soffio della vita. Per Prometeo si veda De salt., 38 e nota 66 (cfr. Iupp. conj., 8). 7· Altro triιnetro giaιnbico attribuito ad Euripide (fr. 940 Nauck2) .

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ΗΡΑ. Κοίμισαν &ργάν, ει μ� κωμq.>aίαν, & Ζεu, aυνάμε-D·α δποκρίνεσ-θ·αι μΊJaε pαψq.>aεϊν &σπερ οδτοι μΊJaε τον Είψιπίaψ ΙSλον καταπεπώκαμεν, &στε σοι uποaραματουργεϊν. [ 2] Άγνοεϊν �μiΧς νομίζεις τΥjν αlτίαν τ�ς ΜπΊJς �τtς έστί σοι ; ΖΕΥΣ. Οuκ ο!σ&', έπεί τοι κ&ν έκώκυες μέγα 8• Η ΡΑ. Ο!aα το κεφάλαιον αuτο &ν πάσχεις ISτt έρωτικόν έστιν· I !l(l I Ι I � < 1 < κωκυω γε υπο ιιοΊJ πολλακις υ< β ρισ,.(\τ εισα υπu σου� ταI ου> μΊ]ν ι:;v·ους Jj,"> τοιαuτα. Εiκος γοuν �τοι Δανάψ τινα � ΣεμέλΊJν � Εuρώπψ 9 αο&ις εuρόντα σε άνιiΧσ&αι δπο τοu �ρωτος, ε!τα βουλεόεσ&αι ταuρον � σάτυρον � χρυσον γενόμενον pυ�ναι aια τοu ορόφου εtς τον κόλ­ πον τ�ς άγαπωμένΊJς' τα σΊJμεϊα γαρ ταuτα, ο1 στεναγμο/. καΙ. τα Μκρυα καΙ. το ώχρον ε!ναι, οuκ Υ.λλου του � �ρωτός έστιν. ΖΕΥΣ. 'Ώ μακαρία, �τις έν �ρωτt καΙ. ταϊς τοιαόταις παιaιαϊς ο'Cει τιΧ πράγματα �μϊν ε!ναι. Η ΡΑ. 'ΑλΜ τί Ιlλλο, εί μ� τοuτο, &νι� σε Δία /Sντα ; [3 ] ΖΕΥΣ. 'Εν έσχάτοις, & 'Ήρα, τα &ε&ν πράγματα, καΙ. τοuτο a� το τοu λόγου, έπi ξυροu �στΊJκεν, εΊτε χρ� τtμiΧσ&αι �μiΧς �τι καΙ. τα γέρα �χειν τάν τ?'J γ?'J εΊτε καΙ. �μελ�σ&αι παντάπασι καΙ. το μΊ]aεν ε!ναι aοκεϊν. Η ΡΑ. Μ&ν � γίγαντάς τινας αΟ-θ-ις � γ� �φυσεν, � ο[ ΤιτiΧνες aιαρρ�ξαντες τα aεσμα καΙ. τ�ς φρουρiΧς έπικρατ�σαντες αό&ις �μϊν έναντία αΊρονται τα ISπλα 10 ; ΖΕΥΣ. Θάρσει, τ&. νέρ&εν άσφαλ&ς �χει &εοίς 11• Η ΡΑ. τι οον Υ.λλο aεινον &.ν γένοιτο ; Οuχ δρω γάρ, 15τε μ� τιΧ τοιαuτα παpαλυπεϊ, έφ ' /Sτq.> Π&λος � ΆριστόaΊJμος 12 άντi Διος �μϊν άναπέφψας. [4] ΖΕΥΣ. Τψοκλ�ς, & 'Ήρα, ό Στωί:κός καΙ. ΔiΧμις ό 'Επι­ κοόρειος 13 χ-θ·ές, οuκ ο!aα 6-θ·εν σφίσιν άρξαμένου τοu λόγου, προ­ νοίας πέρι aιελεγέσ&ΊJν παρόντων μάλα συχν&ν καΙ. aοκίμων άν-θ·ρώ8. Ancora un probabile fragm. euripideo (η. 293). g. Per gli amoι-i di Zeus con Danae, Semele, Euι-opa si vedano di De salt., rispettivamente, le note roo, 73, 1 15. Le tι-asfoι-mazioni di Zeus, alle quali

si fa cenno subito dopo, sono momenti notevoli nei miti di Danae e di Euι-opa, mentre quella in satiro, peι- la conquista di Semele evidentemente, e un par­ ticolaι-e che ci da Luciano. ro. Per la lotta sostenuta dai Titani contι-o gli dei olimpici e la lοι-ο pι-i­ gionia dopo la sconfitta si veda De salt., nota 62, per la rivolta dei Giganti, s6hiacciata dai medesirni dei, si veda lo stesso scritto, nota 65. r r . Ε il ν. 1 17 delle « Fenicie » di Euripide opportunamente adattato. 12. Due noti attoι-i tι-agici vissuti nel rv secolo a. C. al tempo, pι-ess'a poco, di Demostene. Sono citati insieme anche in Apσl., 5 (cfι-. vol. Ι) .

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ERA. Calma la tua ira, ο Zeus, perche io non sono in grado di recitare commedie, ne di declamare poemi come costoro, e non ho inghiottito tutto Euripide, in modo da sostenerti nel dramma il secondo ruolo. [2] Credi che io ignori la causa del tuo dolore ? ZEUS. « Non la conosci, che molto gemeresti » 8 • ERA. So che la ragione di fondo delle tue pene ha a che fare con l'amore ; pero non gemo, per l'abitudine ormai con­ tratta di ricevere da te ogni momento offese di questo genere. Ε dunque e verosimile cl1e, trovata nuovamente una qualche Danae ο Semele ο Europa 9, tu sia tormentato dall'amore e mediti, di conseguenza, di trasformarti in toro ο in satiro ο in pioggia e di scioglierti attraverso il tetto in seno all'amata : questi sintomi, infatti, i sospiri, le lacrime, l'esser pallido, di altro non sono che di amore. ZEUS. Beata te, che credi che le mie brighe dipendano dal­ l'amore e simili passatempi ! ERA. Che altro, allora, ti tormenta, se non questo? Tu sei Zeus ! [3] ZEUS. La situazione degli dei, ο Era, e allo stremo e, proprio come dice i1 proverbio, sta sul filo di un rasoio se dob­ biamo ancora essere onorati e avere gli omaggi che ci rendono sulla terra ο invece essere del tutto trascurati e non essere considerati piu nulla. ERA. La terra ha forse generato un'altra volta dei giganti ο i Titani, spezzate le catene e sopraffatta la guardia, levano nuovamente le armi contro di noi 10? ZEUS. « Coraggio ! Le cose di sotto per gli dei sono tran­ quille 11 » . ERA. Che altro, dunque, di spaventoso potrebbe essere ac­ caduto? Non vedo infatti, se non ti preoccupano quelle, una ragione per cui ti presenti a noi come fossi un Polo ο un Ari­ stodemo 12 invece che Zeus. [4] ZEUS. Timocle stoico, ο Era, e Damide epicureo 13 ieri - non so da dove sia cominciato il loro discorso - hanno con­ versato sulla Provvidenza alla presenza di moltissimi e illustri 13. Ι nomi dei rappresentanti delle due scuole filosofiche sono chiara­ mente fittizii.

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πων, 5περ μάλιστα ήνίασέ με· και δ μεν ΔiΧμις οί5τ' ε!ναι S·εοΌς �φασκεν οί5τε δλως τα γιγνόμενα έπισκοπεϊ:ν η �ιατάττειν, δ Τι­ μοκλης �ε δ βέλτιστος έπεφiΧτο συναγων(ζεσ-θ·αι ήμϊ:V' ε!τα δχλου πολλοu έπφρυέντος ού�εν πέρας έγένετο της ζυνουσίας �ιελό&ησαν ' ' Ν 'ψ ' επισκε τα' λοιπα' και' νυν γαρ πάντες εtσίν, δπότερος κρατήσει και &λη&έστερα Μζει λέγειν. ΌρiΧ­ ι Ν (\ (\ C\ ' εσv·αι εσαυ· σις μετεωροι συνv·εμενοι, τε τον κίν�υνον, &ς έν στενίi) παντάπασι τα ήμέτερα, έν ένι &ν�ρι κιν�υνευόμενα ; Και �υοϊ:ν S·άτερον η παρεωρiΧσS·αι &νάγκη όνόματα ε!ναι μόνον Μζαντας η ημiΧσS·αι &ς προ τοu, ην δ Τιμοκλης δπέρ­ σχη Μγων. [5 ] Η ΡΑ. Δεινα ταuτα &ς &λη-9·&ς, και ού μάτην, & Ζεϋ, έπετραγφ�εις αύτοϊ:ς. ΖΕΥΣ. ΣΌ �· . [rz] ΕΡΜ. 'Ιδοο πάλιν &λλο δόσλυτον καt τοuτο · χαλκ& μεν γαρ ά.μφοτέρω έστον και τέχνΊ)ς τ�ς αύτ�ς, Λυσίππου έκάτερον το Δ < , ι ' γενος, τα ες ατε και το, ,

'

,

ό Διόνυσος οότοσt καt Ήρακλ�ς. Πότερος ο�ν αύτ&ν προκα&ε­

δεϊται ; Φιλονεικοuσι γάρ, ώς δρ�ς. ΖΕΥΣ. Διατρίβομεν, δ Έρμ�, πάλαι δέον έκκλφιάζειν- &στε \ ,, ' οντων, η, νυν μεν αν εκαστος JL ι 1 Ν Ι Ι Ι < < γαρ, ως ορqcς, λ την - πολ εκκ ,,

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32. Per la Pnice sί veda Amor., '2.9 e nota 46. 33 · La punta intendeva, probabilmente, colpire i sofisti, ο buona parte di essi, i quali, brillanti nelle loro preparatissime recitazioni, non osavano, magari, aprire bocca, per timidezza ο incapacita di improvvisare, in una pub­ .5, I (\ blica assemblea. Ί)σια υv·εωτατΊ) ιι u11- ιατεταραγμαι

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che occupi con una delle due natίche l'ίntera Pnίce 32? Ε cosl farai meglio a presenzίare stando in piedί, curvo sui convenuti. [r:z] ERM. Ma ecco dί nuovo un altro problema di difficile soluzίone : Dίoniso, questo qui, ed Eracle sono entrambί di bronzo, sono dello stesso livello artίstίco, essendo l'uno e l'aitro opera dί Lίsίppo, e, quel che pίu conta, della stessa nobilta di sangue, in quanto figli di Zeus. Ebbene, quale dei due siedera davantί ? Lίtigano ίnfattί, come vedί. ZEUS. Perdίamo del tempo, ο Ermete, ωentre l'asseωblea clovrebbe essere gia aperta. Per ora, dunque, sίedano alla rίn­ fusa, cίascuno dove vuole ; ίη seguito sara ίndetta unΆasseωblea su qnesto argoωento, ed ίο sapro allora quale ordίne si dovra stabίlire per lοΓΟ. [r3] ERM. Per Eracle, coωe schίaωazzano al loro solito lancίando le grida di ognί gίorno : I οιυτους πρuς οινοιρρα ΕΡΜ. το ποϊ'ον ; ΖΕΎ'Σ. Κέκλυτέ μευ πάντες τε &εο( πiΧσοιί τε &έοιινοιι 36• ΕΡΜ. 'Άπαγε, iκοινως κα( προς ήμiΧς πεπαρφ�ηταί σοι τδ: πρωτοι. Πλην εί �οκεϊ, το μεν φορτικον των μέτρων CJ:.φες, σu �ε των Δημοσ&ένους �ημηγοριων των κατδ: Φιλίππου 37 ήντινοι &ν < 1 � ' d � 1: Ι ' CΙ ' λης, ι,υνειρε ' λλαττων· ρητοεv-ε ο' λιγα ενα ουτω γουν OL! πολλ οι\ νυν ρεόουσιν. ΖΕΎ'Σ. Εο λέγεις έπίτομ6ν τινα pητορείοιν κα( pqι�ιουργίοιν τοιό­ την εί$πορον τοίς ά.πορουμένοις. [r5] ΕΡΜ . 'Άρξοιι �· οον ποτε. ΖΕΎ'Σ. Άντ( πολλ&ν CJ:.ν, ω CJ:.ν�ρες &εοί, χρημάτων ύμiΧς έλέσ&οιι νομίζω, εί φανερον γένοιτο ύμϊν δ τι �ήποτε CJ:.ρα τοuτ6 έστιν, έφ ' δτcr νuν ξυνελέγητε. "Οτε τοίνυν τοu&' ο\)τως �χει, προσήκει προ­ &όμως ά.κροiΧσ&αί μου λέγοντας. Ό μεν οόν παρ τί]) χpφμί]) ; ο uκοuν ' Ν "' ' ' I ' αuτον ο 't'L καL καL 'Υ)μLν εpμ'Υ)νεuοLς αν ;J, � ΖΕΎ.ι'Σ •ιu'YJ λέγεL, ΜΩΜ. Πά.νu πp6a'Υ)λα, ώστε οΜέν �μ'Lν ΘεμLστοκλέοuς 62 aε�σεL . ψ'Υ)σί γιΧp το λόγLον οuτωσί aLαpp�a'YJν γ6'Υ)τα μέν είναL τοuτον, uμiΧς aε 6νοuς καν-θ·'Υjλίοuς ν� Δία καt �μL6νοuς, τοος ΠLστεόοντας αuτφ, oua' ΙSσον ά.κρίaος τον νοuν �χοντας. [32 ] Η ΡΑΚ. Έγω δέ, ω πά.τερ, εt καt μέτοLκ6ς εLμL, οuκ ' I I , Ν ' I \ τα\ � Ν I μοL εLπεLV' γαρ οποταν οκν'ΥJσω ιι ;J, � !:' (\ uοκοuντα uμως •ιU'YJ ι,uνελv·οντες aLαλέγωνταL, τ'Υ)νLκαuτα, ήν μέν δ Τψοκλ�ς uπέpσχη, έά.σομεν πpοχωpε'i:ν τ�ν ξuνοuσίαν uπέp �μών, ήν δέ τL έτεpο'i:ον ά.ποβαίνη, τότε �a'YJ τ�ν στοιΧν αuτ�ν �γωγε aLασείσας, εL aοκε'L, έμβαλώ τί]} Δά.μLaL, ώς μ� κατά.pΙΧ't'ος &ν uβρίζη ές �μiΧς. ΖΕΥΣ. Ήpά.κλεLς, ω Ήpά.κλεLς, &γpοLΚον τοuτ' ε�p'Υ)κας καt aεLνώς ΒοLώηον 63, ξuναπολέσαL ένt πον'Υ)pί]) τοσοότοuς καt πpοσέτL ''

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62. Allusione all'acume, con cui Temistocle, l'abilissimo condottiero cl1e vinse a Salamina, iiiumino gli Ateniesi incapaci di interpretare i vv. 4-7 del­ l'oracolo delfico, di cui si e parlato sopra nella nota 45 · In essi si diceva che Zeus concedeva ad Atena (la dea s'identifica con la sua citta) come unico luogo inespugnabile « un muro di legno ». Temistocle spiegό perche senza dubbio alcuno si dovesse intendere che il muro di legno erano le navi, sulle quali il dio consigliava agli Ateniesi di rifugiarsi abbandonando la citHι (Ero­ doto, VII, 141-143). 63, Eracle fu generato da Zeus e Alcmena in Tebe, capitale deJla Beozia, quindi poteva ben dirsi beotico, ma l'aggettivo, avendo i Beoti fama di ottusi, esprime il disprezzo di Zeus per questo suo figlio tanto forte, ma cosΊ. poco intelligente.

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occhi roteanti, i capelli dritti, i movimenti frenetici e insomma tutto e invasamento e brivido mistico. [31] ΑΡ. Udite questo oracolo di Apollo veggente intorno alla dura contesa, che impegnarono uomini dal grido acuto e arma�i di solidi motti. Della zuffa tra i sibili, che alte:rni vincon, di qua e di la sulle alte punte della compatta bure numerosi sferrano i colpi. Ma quando gli artigli dell'avvoltoio adunchi la locusta afferreranno, allora le cornacchie di pioggia apportatrici per la volta estrema gracchieranno. La vittoria sara dei muli, l'asino col capo cozzera contro i suoi veloci :figli. ZEus. Cos'e questa sghignazzata, ο Momo ? Quanto ci ac­ cade non e certo ridicolo. Smettila, disgraziato : i1 riso ti sof­ fochera. ΜοΜ. Ma come e possibile, ο Zeus, con un oracolo cosi chiaro ed evidente ? ZEus. Ε adesso potresti spiegare anche a noi che cosa si­ gni:fica. ΜοΜ. Ε tanto evidente, che non avremo nessun bisogno di un Temistocle 62 : in questo modo, infatti, il responso dice esplicitamente che costui e un imbroglione e che voi che gli credete siete degli asini da carico, per Zeus, e dei muli, e non avete nemmeno il senno di una locusta. [32] ERACLE. Ιο, ο padre, anche se sono un immigrato, non esitero tuttavia ad esprimere il mio parere : quando si saranno ritrovati e avranno ripreso il dibattito, allora, se τi­ mocle avra la meglio, lasceremo proseguire la discussione su di noi, ma se la cosa :finira diversamente, allora, se lo permetti, io subito, dato uno scrollone al portico stesso, lo faro cadere su Damide, perchβ impari, il maledetto, ad oflenderci. ZEUS. Per Eracle, ο Eracle, e grossolano e terribilmente beotico 63 questo che hai detto, di annientare insieme con un solo malvagio tanta gente e per di piu il portico e col portico

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τήν στοιΧν α.ύτί{) Μα.ρα.&ωνι κα.l Μιλτιά8η κα.l Κυνα.ιγείριμ 64• Και Ι Ι � I >Ι < Ι \ μετουτων ετι ρητορευοιεν την πως γίστην εlς τοuς λόγους ύπ6·θ·εσιν ά.φηρημένοι ; "Αλλως τε ζωντι μέν σοι 8υνα.τον �ν rσως &ν τι κcΧι πρδi.ζα.ι τοιοuτον, ά.φ ' 00 aε &εος γεγένησα.ι, μεμά&ηκα.ς, οίμα.ι, ώς α.ι Μο'i'ρα.ι τιΖ τοια.uτα. μ6να.ι Μ­ να.ντα.ι, ήμε'i:ς aε &.κυροι α.ύτων έσμεν. !;' ! λ ι.,υμπεσοντων ι-ητορες υ..>\ν ΗΡΑΚ. Ούκοuν κα.ι ό1τ6τε οι τον λέοντα. � τήν \J8ρα.ν 65 έφ6νευον, α.ι Μο'i:ρα.ι 8ι ' έμοu έκε'i:να. gπρα.ττον ; ΖΕΥΣ. Κα.t μάλιστα.. ΗΡΑΚ. Κα.t νuν �ν τις ύβρίζη εtς έμΕ: � περισυλων μου τον νεων � ά.να.τρέπων το &.γα.λμα, �ν μή τα.'i:ς Μοίρα.ις πάλα.ι 8ε8ογμένον � ' ' ' tJ, ουκ ω α.υτον ; ΖΕΥΣ. Ού8α.μως. ΗΡΑΚ. Ούκοuν &.κουσον, ω Ζεu, μετιΧ πα.ρρΎJσία.ς έγω γάρ, ώς ό κωμικος �φη, &.γροικ6ς εtμι τήν σκάφΎ]ν σκάφην 66 λέγων' ει τοια.uτά έστι τα. ύμέτερα., μα.κριΧ χα.ίρειν φράσα.ς τα.'i'ς ένταu&α. ιψ κα.t lερείων α.�μα.τι ές τον �8ην &.πεψι, δπου με επιτρι τιμα.'i:ς κα.t κνίση το τόξον gχοντα. κ&ν τα. εt8ωλα. φοβήσετα.ι των ύπ ' έμοu γυμνον πεφονευμένων &ηρίων. ΖΕΥΣ. ΕΌ γε, οrκο&εν ό μάρτυς 67 , ψΎJσίν- ά.πέσωσάς γ' &ν οον τί{) Δάμι8ι τα.uτα. εtπε'i:ν ύποβα.λών. [33] 'ΑλλιΧ τίς ό σπου8γj προσιων οοτος, ό χα.λκοuς, ό ε\Jγρα.μμος κα.l εύπερίγρα.πτος, ό ά.ρχα.'i:ος τήν ά.νά8εσιν τΥ')ς κόμης ; Μδi.λλον 8Ε: δ σ6ς, ω Έρμη, ά.8ελφ6ς έστιν, ό ά.γορα.'i:ος 68 , ό πα.ριΧ τήν Ποικίλψ· πίττης γοuν ά.να.πέπληστα.ι όσημέρα.ι έκμα.ττ6μενος ύπο των ά.ν8ρια.ντοποιων. τι, ω πα.'i:, 8ρο­ μα.'i:ος ήμ'i:ν ά.φ'i:ζα.ι ; "'Η πού τι έκ γΥ')ς νεώτερον ά.πα.γγέλλεις ; ΕΡΜΑΓΟΡΑΣ 69• Ύπέρμεγα., ω Ζεu, κα.l μυρία.ς τΥ')ς σπου8Υjς 8ε6μενον. ΖΕΥΣ. Λέγε �8η, ε'l τι κα.l &.λλο ήμiΧς έπα.νιστάμενον λέλη&εν. ΕΡΜΑΓ, 'Ετύγχα.νον μΕ:ν &.ρτι χα.λκουργων \Jπο πιττούμενος στέρνον τε κα.l μετάφρενον' '

64. Il portico e il celebre Portico Dipinto (il Pecile) , sulle pareti del quale era dipinta la battaglia di Maratona con i suoi eroi , fra cui Milziade, lo stra­ tego vincitore , e Cinegiro , il fratello di Eschilo , per il cui gesto di valore si veda Demon., nota 43 · 65. Il leone di Nemea (prima fatica) e l'idra di Lerna (seconda fatica) . 66. Non e identificabile l' autore del verso , che e il frammento comico ade­ spoto zz7 Kock. 67. Ε un proverbio che - c'informa lo Scoliasta - si diceva a proposito di coloro che pι·esentavano un testimone a loro carico : in realta, nel nostro caso, Eracle, dio, ha fatto una dicl1iarazione contraria alla causa degli dei.

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Maratona, Milziade e Cinegiro 64• Se tutto cio crollasse, come potrebbero ancora declamare gli oratori, privati dell'argomento principale dei loro discorsi ? Senza contare che, fincM eri νiνο, potevi forse fare qualcosa di simile, ma da quando sei diventato un dio, hai imparato, io penso, che soltanto le Parche possono cose del genere, mentre noi non abbiamo il diritto di farle. ER. Allora, anche quando uccidevo il leone ο l'idra 65, erano le Parche che lo facevano per mezzo mio ? ZEus. Certissimamente. ER. Ε se ora qualcuno mi rechera offesa rubando qualcosa dal mio tempio ο abbattendo la mia statua, non potro strito­ larlo, se non lo hanno deciso, tempo addietro, le Parche? ZEus. Niente affatto. ER. Ε allora ascolta, ο Zeus : ti parlero francamente. Ι ο come disse il poeta comico « sono uno zotico e chiamo scafa la scafa >> 66 • Se la vostra condizione e questa, io dico un b el­ l'addio agli onori di qui, ai vapori di grasso e al sangue delle vittime e me ne vado nell' Ade, dove le ombre delle fiere che ho ucciso scapperanno davanti a me e al mio arco nudo. ZEUS. Bene ι Il testimone e di casa, si dice 67 : certo che, se avessi suggerito a Damide di dire queste cose, avresti sal­ vato la situazione ! [33] Ma chi e questo che arriva di fretta, bronzeo, ben disegnato e profilato, antico, a giudicare dai capelli legati in alto ? Ο meglio : e tuo fratello, ο Ermete, quello della piazza 68, quello accanto al Pecile. Pero e tutto pieno di pece per i calchi che ne traggono ogni giorno gli statuarii. Giovinotto, percM sei arrivato da noi di corsa? Hai qualche novita dalla terra, vero ? ERMAGORA 69• Una piu che importante, da prendere enor­ memente sul serio. ZEus. Di subito se ignoriamo qualche altra rivolta scop­ piata contro di noi. ERMAG. (( Or non e molto gli statuarii casualmente m'im-

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68. Si tratta della statua di Ermete 'Αγοpα.ϊος (della piazza, appunto, il luogo dove si trovava) . Zeus ne parla come di « fratello » di Erm(')te, perche, ritraendo le sembianze del dio, doveva ovviamente somigliargli. 6g. Al semplice « Ermete >> Luciano sostituisce « Ermagora >>, che fonde nome ed epiteto alludendo nello stesso tempo all'abilita oratoria del dio, in quanto Ermagora, nativo di Temno, era stato un famoso maestro di 1·etorica, fiorito intorno al rso a. c.

ΖΕΥΣ ΤΡΑΓΩΙΔΟΣ

&ώραξ aέ μοι γελο'Lος ά.μφt σώματι πλασ.�}εtς παρηώρψο μψ"f)λ?j τέχνη σφραγ'L'Sα χαλκοu πιΧσαν έκτuποόμενος όρ& S' !Jχλον στείχοντα καί τινας Μο ώχροuς κεκράκτας, πuγμάχοuς σοφισμάτων, ΔιΧμίν τε καt -70 ΖΕΥΣ. Παuε, ω Έρμαγόρα βέλτιστε, Εαμβίζων- οίSα γιΧρ οlίστινας λέγεις. 'Αλλ' έκε'Lνό μοι φράσον, εί πάλαι ξuγκροτε'Lται αuτο'Lς � �ρις. ΕΡΜΑΓ. Ou πάνu, ά.λλ' έν ά.κροβολισμο'Lς �τι �σαν ά.ποσφεν­ Sον&ντες ά.λλ�λοις πόρρω&έν πο&εν λοιSοροόμενοι. ΖΕΥΣ. τι οον �τι ποιε'Lν λοιπόν, ω &εοί, � ά.κροιΧσS·αι έπικό­ ψαντας αuτ&ν ; 'Ώστε ά.φαιρείτωσαν αt 7Ωραι τόν μοχλόν �a"f) καt ά.πάγοuσαι τιΧ νέφ"f) ά.ναπεταννότωσαν τιΧς πόλας τοu οuρανοu. [34] Ήράκλεις, �σον τό πλ�&ος έπt τ�ν ά.κρόασιν ά.πψτ�κασιν. Ό aε Τιμοκλ�ς αuτός ou πάνu μοι ά.ρέσκει uποτρέμων καt ταρατ­ τόμενος· ά.πολε'L &παντα οδτος τ�μερον- S�λος γοuν έστιν ouS' ά.ντά­ ρασ&αι τ> di Euripide riproducendo soltanto la prima parola del ν. 866 (έτόγχοινον) e, quasi per intero, il ν. 87 1 (sono sostituite le sole ultime due parole) . 71. Adattamento di Π., VII, 195.

ΖΕΥΣ ΤΡΑΓΩΙΔΟΣ

τΙΜ. τι φ� ς ; 'Απρον6-ητα. οόν τα.uτα. &πα.ντα. ; ΔΑΜ. Να.ί. τΙΜ. Ούa' ύπ6 τLνL &ρα. -θ·εί!) τάττετα.L � των ΙSλων έπψέλεLα. ; ΔΑΜ. 06. τΙΜ. Πάντα. aε εLκ'(j φέρεται ά.λ6γιr φορ� ; ΔΑΜ. Να.ι ΤΙΜ. Ε!τ' &ν-θ·ρωποι τα.uτα. ά.κοόοντες ά.νέχεσ&ε κα.1. ού κα.τα.­ λεόσετε τον ά.λιτ�ριον ; ΔΑΜ. τι τοuς ά.ν&ρώπους έπ' έμε πα.ροξόνεις, & Τψ6κλεις ; "Η τ(ς &ν ά.γα.να.κτε'i:ς ύπερ των .θ·εων, κα.1. τα.uτα. έκεινων α.ύτων ούκ ά.γα.να.κτοόντων j 0� γε ούaεν aεινον aια.τε&εικα.σι με πάλα.L ά.κοόοντες, ε'C γε ά.κοόουσιν. ΤΙΜ. 'Ακοόουσι γάρ, & Δδί.μι, ά.κοόουσι, κα.ι σε μετια.σι ποτε χρ6νιr. [37] ΔΑΜ. Κα.1. π6τε &ν έκε'i:ν οι σχολ�ν &γοιεν έπ' έμέ, το­ σα.uτα., ώς φ�ς, πράγματα. έ!χοντες κα.1. τιΧ έν τί!) κ6σμιr &πεφα. το ' 11- ' σει πω .,1,•1μυνα.ντο ι πλ�ΊJv·ος οντα. ο 'ικονομουμενοι ; "Ωστε ουοε '' ι :r. ων � έπιορκε'i:ς ά.ε1. κα.1. των &λλων, �να. μ� κα.1. α.ύτος βλα.σφΊ)με'Lν ά.να.γκά­ ζωμα.ι πα.ριΧ τιΧ ξυγκειμενα.. Κα.ιτοι ούχ · δρω �ντινα. &ν &λλψ έπι­ aειξιν τ�ς α.ύτων προνοια.ς μειζω έξενεγκε'i:ν �aόνα.ντο � σε κα.κ6ν κα.κως έπιτριψα.ντες. 'ΑλλιΧ a�λoL εLσιν ά.ποaΊJμοuντες ύπερ τον Ώκεα.νον 'Cσως μετ' ά.μόμονα.ς ΑL&ιοπ�α.ς 72 έ!&ος γοuν α.ύτο'i:ς συνεχως Lένα.L πα.ρ ' α.ύτοuς μετιΧ 3α.'i:τα. κα.1. α.ύτεπα.γγέλτοις ένιοτε. [38] τΙΜ. τι προς τοσα.ότΊJν ά.να.ισχυντια.ν ε'CποψL &ν, (j} Δδί.μL ; ΔΑΜ. Έκε'i:ν ο, & Τιμ6κλεις, 8 πάλαι έγω έπ6&ουν ά.κοuσα.ι σου, ΙSπως έπεισ&·ης ο'Cεσ&α.L προνοε'i:ν τοος &εοός. � ΤΙΜ. Ή τάξις μεν πρωτον των γινομένων έ!πεισεν, ό �λιος � I '\ ' \ ' \ 1: \\ \ ιων ' ' \ οοον κα.τα.\ τα.υτα. κα.L\ ωρα.ι τρεπομενα.L α.ει τ ,1ν α.υτΊJν κα.�� σελΊJνΊJ κα.1. φυτιΧ φυ6μενα. κα.1. ζί!)α. γεννώμενα. κα.1. α.ότιΧ τα.uτα. ο\Jτως εύμΊJ­ χάνως κα.τεσκευα.σμένα., ώς τρέφεσ&α.ι κα.1. έννοε'Lν κα.1. κινε'i:σ&α.ι κα.1. βα.aιζειν κα.Ι. τεκτα.ινεσ&α.ι κα.1. σκυτοτομε'Lν, κα.1. τi!Gλλα.· τα.uτα. προνοια.ς έ!ργα. ε!να.ι μοι 3οκε'i:.

72. Il periodo riecheggia Π., Ι, 423, dove pero il soggetto e Zeus e la de­ terminazione di luogo e ιι verso l'Oceano ». Non e facile spiegare perche Lu­ ciano - salvo un tapsus mnemonico - abbia mutato ιι verso » in ιι oltre ».

ΤΙΜ. Che dici? Dunque tutto questo che vediamo non e governato da provvidenza alcuna? DAM. Ε cosi. ΤΙΜ. Dunque la cura dell'universo non dipende da alcun dio ? DAM. Νο. ΤΙΜ. Ε tutto procede a caso con moto irrazionale? DAM. Si. ΤΙΜ. Dopo di che voi uomini sopportate di ascoltare queste cose e non lapiderete 1' empio? DAM. Perche, τimocle, inciti la gente contro di me? Ε chi sei tu per sdegnarti in favore degli dei, quando non si sdegnano essi stessi ? Ι quali, per la veήta, pur ascoltandomi da tempo, ammesso che mi ascoltino, non mi hanno mai fatto nessun male. ΤΙΜ. Ti ascoltano, ο Damide, ti ascoltano e col tempo, un giorno ο l'altro, ti puniranno. [37] DAM. Ε quando troveranno il tempo per me, se, come dici, hanno tanto da fare amministrando le cose del mondo, che sono senza numero? Ε cosi non hanno ancora ήpagato nemmeno te dei tuoi spergiuri e - per non essere costretto a insultare anch'io contro gli accordi - di tutto il resto. Eppure io non vedo quale altra prova potrebbero offήre della loro provvidenza piu convincente che dando a te malvagio la mala morte. Ma invece, evidentemente, se ne sono andati oltre l'Oceano, nel paese forse degli irreprensibili Etiopi 72 : e loro abitudine, infatti, andare continuamente da costoro a pran­ zare, qualche volta anche senza essere invitati. [38] ΤΙΜ. Che cosa potrei dire, ο Damide, di fronte a tanta impudenza? DAM. Quello, ο τimocle, che da tempo desideravo sentirti dire : come ti sei convinto a credere che gli dei agiscano in modo provvidenziale. ΤΙΜ. Mi ha convinto in pήmo luogo l'ordine dei fenomeni naturali, il sole che percorre sempre la stessa via e cosi la luna, le stagioni che mutano, le piante che crescono, gli esseri viventi che nascono, e questi stessi cosi abilmente congegnati, da nu­ tήrsi, pensare, muoversi, camminare, edificare, fabbricare scarpe, e cosi via : queste mi sembrano opere di una provvidenza.

ΖΕΤΣ ΤΡΑΓΩΙΔΟΣ

ΔΑΜ. Αuτ6 ποu το ζΎ)τοόμενον, ω Τιμ6κλεις, ξuνΙΧρπάζεις οuaέπω γιΧρ a�λον ει προνοίqι: τοuτων �ΚΙΧστον ά.ποτελε'i:τΙΧι. 'Αλλ' ()τι μΕ:ν τοιαuτά έστι τα. γινόμενα φαίψ &ν ΚΙΧι ΙΧUτ6ς' ou μ�ν αuτίκα πεπε'/:σ.&αι ά.νάγκ'Υ) και uπ6 τινος προμ'Υ).&εLΙΧζ αuτιΧ γ(γνεσ-θ·ΙΧι' ftνι γιΧρ ΚΙΧι rlλλως ά.ρξάμενα νuν όμο(ως και ΚΙΧτιΧ τΙΧuτιΧ ξuνLστΙΧσ-θ·αι, σU aε τάξιν ΙΧuτων όνομάζεις τ�ν ά.νάγκψ, ε!τα aψΙΧa� ά.γανακτfι­ σεις, ε% τίς σοι μ� ά.κολοu.&οί'Υ) τιΧ γιν6μενΙΧ μέν, όποϊά έστι, κατα­ ρι.&μοuμέν(J) και έπΙΧινοuντι1 οtομέν(J) aε ά.π6aειξιν ταuτα ε!ναι το\) και προνοίqι: aιΙΧτά.ττεσ.&ΙΧι ΙΧUτων �καστον. ".Qστε κατα. τον κωμι­ κ6ν' τοuτι μΕ:ν uπομ6χ-θ·'t)ρον, &λλο μοι λέγε 73• [39 ] τΙΜ. Έγω μΕ:ν οuκ ο!μΙΧι και &λλ'Υ)ς έπι τοότοις aεϊν ά.ποaείξεως. 'Όμως a· οδν έρω· ά.π6κριναι γάρ μοι. '' ΟμΊJρ6ς σοι aοκει' ΠΟι'Υ)τ�ς rlριστος ε!ναι ; ΔΑΜ. ΚΙΧι μάλα. τΙΜ. Οuκοuν έκείν(J) έπείσ.&ψ τ�ν πρ6νοιΙΧν των .&εων έμφΙΧ­ νίζοντι. ΔΑΜ. 'Αλλ' , ω .&αuμάσιε, ποι'Υ)τ�ν μεν ά.γα.&ον "Ομ'Υ)ρον γεγε­ ν�σ.&ΙΧι πάντες σοι ξuνομολογfισοuσι, μάρτuρα as άλΊJ.&� περι των τοιοότων ο\.Ιτε έκεϊνον ο\.Ιτε &λλον ποι'Υ)τ�ν οuaένα . ou γιΧρ ά.λ'Υ).&είο:ς μέλει αuτο'i:ς, ο!μαι, ά.λλιΧ τοu Κ'Υ)λε'i:ν τοUς άκοuοντας, και aιιΧ τοuτο μέτροtς τε κατ4aοuσι και μu-θ·οις Κατ'Υ)χοuσι κα:ι δλως &πα:ντα: uπερ τοu τερπνοu μ'Υ)χανωνται. [40] ΆτιΧρ ηaέως &ν και ά.κοόσαιμι, ο!στισι μάλιστα έπείσ-θ·ΊJς των Όμfιροu· clρoc ο!ς περι τοu Δ ιος λέγει, Θς έπεβοόλεuον ξuνa�σαι αuτον η .&uγάτ'Υ)ρ και δ &.aελφος και η γuνfι 74 ; Και ε'ί γε μ� τον Βριάρεων 75 η Θέτις έκάλεσεν, έπε­ πέaΊJτο &ν ημϊν δ βέλτιστος Ζεuς ξuναρπασ.&είς. 'Αν.&' ών καl ά.πο­ μν'Υ)μονεόων τΊJ Θέτιaι τ�ν χάριν έξαπατ� τον 'Αγαμέμνονα 6νεφ6ν τtνα ψεua� έπιπέμψας, Θς πολλοι των Άχαιων ά.πο.&άνοιεν 76• Όρ�ς ; ΆΜνατον γιΧρ �ν αuτίf) κεραuνον έμβαλ6ντι καταφλέξαι τον 'Αγαμέμνονα αuτον &νεu τοu &.πατεωνα aοκει'ν. "'Η έκεϊνά σε

73· Ε il frammento comico adespoto 476 Kocl�. 74· Di qιιesto complotto fra Pallade Atena, Posidone ed Era, sventato da Teti, e fatto cenno in Π, Ι, 397-400. 75· In Il., Ι, 401-406 si precisa che Teti imped'ι che Zeus fosse messo in catene chiamando in soccorso il gigante Briaι·eo (Egeone per gli ιιomini), il quale, munito di cento mani e di una forza sιιperiore a quella del padre Urano, fece desistere i congiurati dal loro proposito solo sedendosi accanto a Zeus.

44 [21], 39-40

Tu dai per scontato, ο τimoc1e, quello che e 1' oggetto della nostra ricerca : e infatti non e ancora assodato se ciascuno di questi fenomeni si compie ad opera di una provvidenza. Che i fenomeni siano quali tu dici, posso conceder1o anch'io, ma non e necessaήo trame immediatamente 1a convinzione che essi si producano per una qua1che preveggenza : e possibile infatti che, pur cominciati per caso, ora si continuino sempre uguali e nello stesso modo, e tu chiami quella che e necessita ordine 1oro ; poi naturalmente ti sdegnerai, se qualcuno non ti seguira, quando enumeri ed esa1ti i fenomeni nei 1oro aspetti e pensi che cio sia 1a prova de1 fatto che ciascuno di essi sarebbe predisposto da una provvidenza. Ε cosi, secondo 1' espressione de1 poeta comico, (( Questa e piuttosto brutta, dimmene una a1tra '' 73• [39] ΤΙΜ. Ιο non credo ci sia bisogno di un'u1teriore dimostrazione, ma 1a faro 1ο stesso : rispondimi. On1ero ti sembra un poeta sommo ? DAM. Certamente. ΤΙΜ. Ebbene, e 1ui che, rappresentando 1a provvidenza degli dei, mi ha persuaso. DAM. Pero, ragguardevo1e amico, che Omero sia stato un buon poeta te 1ο concederanno tutti, ma non che 1ui ne a1cun a1tro poeta siano testimoni veritieή in argomenti simili : ad essi, infatti, non importa, penso, della veήta, ma di affascinare gli asco1tatori, e per questo li incantano coi metή, ne sollecitano 1'interesse coi miti e insomma escogitano ogni mezzo per di1ettarli. [4ο] Ma ίο sentirei anche vo1entieri quali versi di Omero in particolare ti hanno persuaso : forse quelli, nei quali racconta di Zeus che 1a figlia, il fratello e 1a moglie congiurarono per metter1o in catene 74? Ε se Teti non avesse chiamato Bria­ reo 75, i1 nostro ottimo Zeus sarebbe stato sopraffatto e inca­ tenato. In cambio, restituendo a Teti il favore non dimenticato, inganno Agamennone con un sogno menzognero, che gli mando, afnnche cadessero mo1ti degli Achei 76• Vedi ? Gli era impossi­ bile inceneήre Agamennone co1pendo1o con un fu1mine ed evitare cosi di apparire un ingannatore. Oppure ti hanno inDAM.

76. Il., Π, 5 segg. Il sogno menzognero inviato da Zeus ad Agamennone lo esortava ad attaccare con tutto l'esercito, perche gli dei avevano deciso una­ nimi la caduta di Troia.

ΖΕΊ'Σ ΤΡΑΓΩΙΔΟΣ

I � ' ' , ' ' Δ επεσπασαντο α:κοuοντα, ως μαλιστα εις gτρωσε τ�ν 'ΑφροaίτΎJν, ε!τα τον "ΑρΎJν αuτόν 'Α&ΎJνiΧς παρακε­ λεόσει 77, μετα μικρόν aε αuτοι ξuμπεσόντες οί &εοt έμονομαχοϋντο 78 άναμtξ οί &ρρενές τε καt αί &�λειαι, και 'Α&Ύ)νiΧ μΕ:ν "ΑρΎ)ν 79 κοιτα ­ γωνίζεται, &τε καt προπεπον'Υ)κότα, ο!μαι, έκ τοϋ τραόματος, δ παρα τοϋ Διομ�aοuς εtλ�φει, t Ι κα� βωμοος αύτων. ΔΑΜ. Ού πά.ντας έ!γωγε τοος βiuμούς, ω Τψ6κλε�ς. τε γιΧρ καt aε�νον ά.π' αύτων γιγνετα�, ει -θυμ�αμάτων και εύωaιας ε ισt μεστοι ; Τοος a• έν Ταόρο�ς τ�ς Άρτέμ�aος �aέως &ν έπε�aον έκ βά.&ρων έπt κεφαλ�ν ά.νατρεπομένους, έφ ' ων το�αuτα � παρ&ένος εύωχου­ μένΊJ �χαφε 96• ΖΕ!Σ. Τουτt π6&εν �μ�ν το &μαχον κακον έπΊJχε� ; Ώς aαψ6νων ούaενος άν�ρ φειaετα�, ά.λλ' έξ άμάξΊJς 97 παρρφ�άζετα� καt μάρπτε� έξειΊJς, δς τ ' αrτ�ος δς τε και ούκι 98 • ΜΩΜ. Και μ·fιν όλιγους &ν, ω Ζεu, τοος ά.να�τιους εδρο�ς έν �μ�ν' και που τά.χοc προ·�ων ό &ν&ρωπος &.ψετοc� κoct των κορυφοcιων τ�ν6ς. [45] τΙΜ. Ούaε βροντωντος &ρα τοu Δ�ος ά.κοόε�ς, ω &εομάχε ΔiΧ.μ� ; ΔΑΜ. Κοcι πως ού μέλλω βροντ�ς ά.κοόε�ν, ω Τψ6κλε�ς ; Ει a• 1 ' 'ο Ζευς � ' > �Cl t Cl ! 'I> Ι ο β ροντων εστ�, συ1 υ..l! με�νον οcν ε�οε�ΊJς εκε�v·εν ποv·εν ποcρ()(.λ των &εων ά.φ�γμένος' έπει ο� γε έκ Κρ�τΊJς �κοντες &λλα �μ�ν a�ΊJ"

92. Coπispondono ai nostri busti; poggiavano su una colonna ο su un piedistallo quadrangόlare. Ι1 nome e chiaramente in rapporto col dio Ermete. 93 · Cfr. Iupp. conj., r4 e nota rs. 94· Lo sciagurato sardiano (Sardi era la capitale della Lidia) e, natural­ mente, Creso. Per il talento cfr., sopra, la nota Ι9. 95 · Apollo. 96. La fanciulla e Ifigenia. Per questi sacrifici umani offeι-ti ad Artemide si veda Τοχ., 2 e nota 2 . 97· L'espressione era pι-overbiale nel significato di \ > > �.;.υμπεπεισμενοι > \ > � καv· ' τα\ ακατια ' τις εφεστως και εμπιπλ ας έττοντες, ,1οΎJ οι ερ εκυ β ερνα καΙ. �σωζε τ�ν ναuν ; ΔΑΜ. ΚαΙ. μάλα. τΙΜ. Ε!τα � ναuς μeν ούκ &ν �πλει μ� κυβερνωμένΎJ, το aε � I ' ' ' ' ον τουτο ακυ β ερν'Υ)τον ο >ιει και' αν'Υ)γεμονευτον ΖΕΎ'Σ. Εο γε, συνετως ό Τιμοκλ�ς ταuτα καΙ. ίσχυρως τ(i) παρα3είγματι. [47] ΔΑΜ. 'Αλλ' , ω &εοφιλέστατε Τιμόκλεις, τον μeν κυβερ­ ν�ην έκε'Lνον ε!3ες &ν ά.εl. τιΧ ξυμφέροντα έπινοοuντα καΙ. προ καφοu .(λ �� '!' ,1 σε ε�ς παρασκευαζόμενον καΙ. προστάττοντα το'Lς ναύταις, ά.λυσιτελeς aε ού3Ε: &λογον ού3Ε:ν ε!χέ τι � ναuς, δ μ� χρ�σιμον πάντως καΙ. ά.ναγκα'Lον �ν προς τ�ν νιχ.υτιλίαν αύτο'Lς' ό 3e σος οοτος κυβερν�ης, δν τ'{j μεγάλη ταύτη ν'Υ)t έφεστάναι ά.ξιο'i:ς, κα/. οι ξυνναuται αύτοu ού3eν !luλ ; ' ό μeν πρότονος, εύλόγως ού3Ε: κατιΧ τ�ν ά.ξίαν 3ιατάττουσιν, ά.λλφερεσv·ο:ι < > > I > \ � I > έ τ'Υ)ν πρ 'I � ,ι > ι ' I 1 ( J, l κα.τω υ.. το ις χειροσι, ,1ν κα.ι συσσιτους εστιν α.μεινοσι α.μεινους α.υτuν " β ου \ νικ'Υ)ν φερετα.ι. πλ'Υ)σιστιος επι I ΖΕΥΣ. 'Ορ.&ως, .),ω Μωμε, εtκάζεις. Ό δ ' ούδι1:ν tσχυρον ό κα:ι τ ,1ν Τιμοκλ�ς έπιvοε�, άλλ� τιΚ κοιvιΧ ταUτα και κα.&' �μέραν &λλα έπ' &λλοις εύπερίτρεπτα πάντα έπα:ντλε'i:. [51 ] τΙΜ. Ούκοuν έπεt τ�ς νεως το παράδειγμα ού πάνυ σοι ίσχυρον είναι gδοξεν, &κουσον ηδ'Υ) τ�ν tεράν, φα.σίν, &γκυρα:ν κα:t �ν ούδεμι� μ'Υ)χαν� ά.πορρ�ζεις. ΖΕΥΣ. τι ποο;' &ρα. κα.t έρε� ; Ι

Ι Ο Ι . Per Focione si veda Ver. hist., Π, nota 28. 102. Ρeι· Sardanapalo si veda Iupp. cσι�f., nota 23.

44 [21], 49-51

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meπtre chi e bravo πel tuffarsi, svelto a salire d'uπ balzo sul­ l'aπteππa, e il solo esperto πell'eseguire tutte le operazioπi utili e adibito a vuotare la seπtiπa ; πello stesso modo accade aπche fra i passeggeri che uπ tipo da forca siede iπ uπ posto di privilegio viciπo al comaπdaπte ed e trattato cοπ riguardo, uπ altro, ο pederasta ο parricida ο ladro sacrilego, riceve i piu alti oπori e occupa il poπte piu alto della πave, meπtre molte persoπe per beπe sοπο ammucchiate πella stiva e quelli che valgoπo verameπte meno di loro cammiπaπo sulle loro teste : peπsa, ad esempio, come πavigaroπo Socrate, Aristide, Fo­ cioπe 101, che ποπ avevaπo πemmeήo il paπe i:n quaπtita suffi­ cieπte, e πemmeπo potevaπo steπdere le gambe sul tavolato :nudo accaπto alla seπtiπa, fra quaπte comodita, iπvece, Callia, Midia, Sardaπapalo 102, che si sfreπavaπo πel lusso e sputavaπo sui sottoposti. [49] Cose come queste avveπgoπo sulla tua :nave, sapieπtissimo Timocle ; e percio i πaufragi ποπ si coπtaπo. Ma se uπ capitaπo, che esercitasse i1 comaπdo, v.edesse e di-: sponesse ogπi cosa, iπ primo luogo ποπ igπorerebbe quali sοπο fra i preseπti a bordo i buoπi e quali i cattivi, poi darebbe a ciascuπo il suo giusto secoπdo il merito e i posti migliori iπ alto accaπto a se ai migliori, i peggiori iπ basso ai peggiori, farebbe qualcuπo dei migliori suo commeπsale e coπsigliere, e quello dei mariπai che fosse zelaπte sarebbe πomiπato addetto alla prora ο al coπtrollo di uπ lato della πave ο preposto, comuπque, agli altri, meπtre l'iπfiπgardo e lo scioperato sarebbero battuti sul capo cοπ la fuπe ciπque volte al giorπo. Ε cosi, illustre amico, questo tuo esempio della πave ha trovato uπ cattivo capitano e rischia di capovolgersi. [5ο] ΜοΜ. Ιπ questa partita ormai Damide procede secoπdo correπte e fila a go:nfie vele verso la vittoria. ZEUS. Il tuo paragoπe e giίιsto, ο Momo. Timocle ποπ for­ mula uπ peπsiero che abbia nerbo, ma sbrodola uπa dopo l'altra queste baπalita dell'uso giorπaliero, che si abbattoπo tutte facilmeπte. [51] ΤΙΜ. Ε allora, se il paragoπe della πave ποπ ti e sem­ brato molto efficace, ascolta l'ancora, come si dice, di salvezza, che ποπ riuscirai a troπcare cοπ πessuπ mezzo. ZEus. Che cosa mai dira? ·

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ΖΕΥΣ ΤΡΑΓΩΙΔΟΣ

τΙΜ. 'Ί8οις γιΧρ εi &κ6λου&α ταuτΙΧ ζυλλογίζομαι, και ε� Π'Υ) • ' • ' � '· "' ' εισι β ωμοι,' εισι 6ν σοι περιτρε' Ψα ι. Ε' ; ι γαρ και' v·εοι αυτα' ουνατ άλλιΧ μ�ν εiσι βωμοί, εtσιν Cfρα και &εοί. η προς ταuτα φ�ς j ΔΑΜ. ''Ην πρότερον γελ!ι.σω ές κ6ρον, &ποκρ ινοuμαί σοι. τΙΜ. 'ΑλλιΧ t!οικας ού8e παόσεσ&αι γελων- εtπe 8e 5μως 5πΊJ σοι γελο�ον �8οζε το εtρΊ)μένον ε!ναι. ΔΑΜ. 'Ότι ούκ αtσ&ά.νη · &πο λεπτ�ς κρ6κΊJς έζαψά.μεν6ς σου I '!' < \ \ � I τιr� β ωμους � \ "' 1( ε�ναι v·εους τΊJν υ,γκυραν, και\ ταυτα ιεραν ΟΟσαν' τu1 γαρ ε!ναι ζυν8�σας ο�ει iσχυρον ποι�σασ&αι &π' αύτων τον δρμον. 'Ώστε έπει μΊJ8eν &λλο τοότου φ�ς �χειν εtπε�ν ίερωτερον, &πlωμεν ��ΊJ. [52 ] τΙΜ. Όμολογε�ς τοίνυν �ττ�σ&αι προαπιων ; ΔΑΜ. Ναί, ώ Τιμ6κλεις. Σο γιΧρ &σπερ οί ύπ6 τινων βιαζ6μενοι έπt 't'οΟς βωμοος �μ�ν κατικπέφευγοcς. '' Ωσ't'ε, ν� 't'�ν &γκυραν τ�ν ίερ&ν 103, έ&έλω σπείσασ&αι �8ΊJ προς σε έπ' αύτων γε των βωμ&ν, �ς μΊJκέτι περι τοότων έρίζοιμεν. τΙΜ. Εtρωνεόη ταuτα προς έμέ, τυμβωρόχε και μιαρe και κατά.π't'υστε και μαστιγία και κοc&αρμα. Ού γιΧρ �σμεν οοτινος μeν πατρος ε!, πως 8e � μ�τηρ σου έπορνεόετο , και �ς τον &8ελφον άπέπνιζας και μοιχεόεις και τιΧ μεφ&κια 8ιαφ&είρεις, λιχν6τατε και &ναισχυντ6τατε ; Μ� φεuγε 8' οον, �ς και ΠλΊJγιΧς παρ ' έμοu ι ι ι ' ι ι: � � ' ' απε ' ' λv·ης· ;J,> di Menandro, la com­ media restituitaci per circa due terzi da un papiro egiziano, il cosiddetto Cairense, nel 1905. e

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ΤΙΜ. Devi vedere infatti se questo mio sillogismo e conse­ guente e se ti e possibile in qualche modo capovolgerlo. Ebbene, se ci sono altari, ci sono anche dei ; ma ci sono altari, dunque ci sono anche dei. Che cosa obietti a questo ? DAM. τi rispondero, se prima avro ήsο fino a soddisfarmi. ΤΙΜ. Ηο l'impressione pero che non finirai mai di ήdere. Spiegami, tuttavia, perche ti e sembrato ήdicolo quello che ho detto. DAM. Perche non ti accorgi che Πιncora, anche se e di sal­ vezza, e legata a un filo sottile : infatti, collegando l'esistenza degli dei all'esistenza degli altari, pensi sia robusto l'ormeggio che hai fissato a questi. Dunque, poiche tu aff:ermi di non aver nulla che salvi piu di cio, andiamocene subito. [52] ΤΙΜ. Allora, andandotene prima, ammetti di essere stato sconfitto ? DAM. Si, τimocle, perche tu hai fatto ήcorso agli altari come quelli che sono perseguitati dalla violenza di qualcuno. Di conseguenza io sono disposto - e garante sia l'ancora di sal­ vezza 103 a stήngere subito un accordo con te sugli altari stessi allo scopo di chiudere per sempre la nostra disputa su questo argomento. ΤΙΜ. Tu fai dell'ironia su di me, spogliatore di tombe, ri­ baldo, scellerato, pendaglio da forca, sudiciume ! Credi che non sappiamo, luridissimo e svergognatissimo individuo, di qual padre sei figlio e come tua madre faceva la prostituta, che hai strangolato tuo fratello, seduci le donne e corrompi i ragazzi ? Ν οη fuggire, che te ne devi andare dopo che ti ho ben pestato ! Ecco, ti scannero ora subito, schifoso come sei, con questo coccio che ho in mano. [53] ZEUS. Uno, ο dei, corre via ήdendo, l'altro lo segue ingiuriandolo, perche non sopporta lo scherno di Damide, e pare stia per colpirlo alla testa col pezzo di vaso. Ε noi che facciamo a questo punto? ERM. Mi sembra che il poeta comico non abbia sbagliato dicendo : « Ν on ti e capitato nessun guaio, se fai finta di niente >> 104. Dov'e poi l'enorme sciagura, se pochi uomini se ne vanno via persuasi della cosa ? Quelli che pensano il contrario sono molto piu numerosi, la gran massa dei Greci e tutti i barbari. -

8οο

ΖΕ"Χ'Σ ΤΡΑΓΩΙΔΟΣ

ΖΕΥΣ. 'Αλλά, ώ ΈpμΎj, το τοu Δα.pείου πάνυ κα.λ&ς �χον έστίν, δ ε!πεν έπt τοu Ζωπόpου· &στε κα.t α.ύτος έβουλ6μην &ν �α. τοιοuτον �χειν οίον τον ΔiΧμιν ζόμμα.χον Ύ) μυpία.ς μοι Βα.βυλ&να.ς 105 ύπάpχειν.

ros. Zopiro, nobile tenuto in gι·ande consideι·azione da Dario I, visto che i Persiani dopo ben diciannove mesi non erano riusciti a prendere Babi­ lonia, si taglio orecchie, naso e capelli, si staffilo e, d'accordo con Dario, si fece accogliere come disertore dai Babilonesi raccontando di essere stato con­ ciato cosl dal suo re per avergli consigliato di rinunciare all'assedio ; dichiaro che intendeva vendicarsi e chiese che gli venisse affidato l'esercito. Natural­ mente fu creduto e accontentato. Quando si fu guadagnato la piena fiducia dei Babilonesi uccidendo molti dei suoi durante una sortita, aprl le porte della citta ai Persia.ni. Cosl Babilonia fu presa e Dario pronuncio, e soleva ripetere, la frase riferita qui da Luciano in una forma un po' diversa da quel!a del racconto di Erodoto (111, Ι54·Ι6ο), nel quale il re persiano dice che « vorrebbe che Zopiro non avesse patito quello sfregio piuttosto che posse­ dere altre venti Babilonie (111, r6o) >>.

44 [21], 5 3

8or

ZEus. Pero, ο Ermete, qui calza molto bene cio che disse Daήo di Zopiro ; cosicche vorrei anch'io avere come alleato un solo uomo del tipo di Damide piuttosto che possedere mi­ gliaia di Babilonie ιοσ.

�6. LUCIANO,

ΙΙ.

45 (22] ΟΝΕΙΡΟΣ Η ΑΛΕΚΤΡΥΏΝ *

IL SOGNO Ο IL GALLO

* La sfuriata del calzolaio Micillo contι-o Η suo gallo, c,he· lo ha svegliato menire stava sognando di essere diventato ricco, e la felice invenzione che apre piacevolmente un dialogo, la cui sostanza di pensiero non offre nulla di nuovo rispetto a quella di molti altri, risalendo alla stessa matrice cinica. Tuttavia Luciano non 111anca di trovate capaci di 111ovi111entare e di colorire anche l'elogio della vita dei poveri, la sola felice, per i Cinici, perclιe e secondo na­ tura, contrapposto alla descrizione di tutte le angosce, le paure e le 111alattie che tor111entano i ricchi : ed ecco 111essa a frutto la 111ete111psicosi - il gallo e la reincarnazione di Pitagora -, la quale rende credibile il linguaggio u111ano del pennuto e 111oltiplica il valore dei suoi giudizii sui diversi 111odi di vivere, avendo egli acquisito l'esperienza di 111olte e diverse vite vissute sia in corpi u111ani, di uo111ini e di donne, sia in corpi di ani111ali ; poi ancora il banchetto in casa del ricco Eucrate con la quasi topica figura del filosofo-pedagσgo, malandato, ma pronto a ingozzarsi, che rovina il pranzo al povero Micillo, sciorinandogli le sue insulse astruserie ; e infine il ιnuta111ento di scena che si realizza grazie alle virtu 111agiche di una piu111a di coda del gallo, al cui tocco aprendosi le porte di casa dei vicini ricchi, il gallo stesso, ancora nottete111po, acco111pagna Micillo a vedere, senza essere visti, cio che essi fanno. La conclu­ sione e scontata, ma raggiunta cosl con perfetta naturalezza : il calzolaio deve convincersi che la sua felicita, e insie111e la sua ιnoralita, sono ben superiori a quelle di un qualsiasi ricco. Lo scritto appartiene al 111edesi111o periodo dei due precedenti, cioe agli anni che vanno dal r6o al r 65 d. C.

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> ('ι #, "> l ευV •ιu'YJκάκ�στε Κι:;κpαγεν, 'υς σέ, ά.λεκτρυών, ό Ζεuς αύτος [ r ] ΜΙΚΥΛΛΟΣ. Άλλtι. , ,_, I � •Ι ' ουτω κα�I οc,υφωνον με πλ ουτουντα ε�ε καt �3ίστ(j} όνείρατ� ξυν6ντα καt &αυμαστ�ν εύaαψονίαν εύ3αψο­ νοuντα a�άτορ6ν τ� καt γεγωνος ά.ναβο�σας έπ�γεφας, ώς μ'Υ)aε "> I >[ l ι:;χο�ς επορVCι'ρευομεuυναιμ'Υ)ν, νόκτωρ γοuν τ�ν νυκτuς πολU σοu μ�αρωτέραν πενίαν a�αφόγοψ�. Καίτο� εr γε χρ� τεκμαίρεσ&α� τ'{j τε �συχίq. πολλ'{j �τ� οdση καt τίi) κpόε� μ'Υ)aέπω με το 6ρ&ρ�ον &σπερ ε�ωS·εν ά.ποπ'Υ)γνόντ� - γνώμων γιΧρ οοτος ά.ψευaέστατ6ς μο� προσελαυνοόσ'Υ)ς �μέρας - ού3έπω μέσα� νόκτες εισίν, ό 3e όi.Uπνος οοτος &σπερ το χρυσοuν έκε�νο κώ3�ον 1 � I Ι > > < I I χαφων γε· φυ λαττων αφ εσπερας α' λλ' ουτ� ά.μυνοuμα� γιΧρ ά.μέλε� σε, ην μόνον �μέρα γέν'Υ)τα�, συντρίβων τ'{j βακτ'Υ)ρίq., νuν γοcρ μο� προcγματα παρέξε�ς μεταπ'Υ)aων έν τίi} σκ6τ(j). ΑΛΕΚΤΡΥΩΝ. Μίκυλλε 3έσποτα, 4Sμψ τ� χαρ�ε�σ&αί σο� � < Ι < Ι 'Ι > Ι ως οποσον αν προ λαμ β ανων τ'Υ)ς νος ά.νόε�ν τιΧ πολλιΧ των �ργων- ην γοuν πρtν �λ�ον ά.νίσχε�ν μίαν Κρ'Υ)π�3α έργοcση, προ ό(}oiJ �ση τοuτο ές τιΧ ό!.λφ�τα πεπον'Υ)Κώς. Ει aέ σο� κα&εόaε�ν �a�ον, έγω μeν �συχάσομαί σο� καt πολU ά.φω­ ν6τερος �σομα� των ιχ&όων, σu aε δρα δπως μ� 6ναρ πλουτών λ�­ μώττης ά.νεγρ6μενος. [2] ΜΙΚ. 'Ώ Ζεu τεροcστ�ε καl ' Ηροcκλε�ς ά.λεξίκακε, τί το κακον τοuτ' έστίν ; Άν&ρωπ�κως έλοcλΊJσεν ά.λεκτρυών. ΑΛΕΚ. Ε!τοc σο� τέρας ε!να� 3οκε� το το�οuτον, ει όμ6φωνος ύμ�ν ε ιμ� ; ΜΙΚ. Π&ς γιΧρ ού τέρας ; 'Αλλ' ά.ποτρέπο�τε, ώ &εοί, το aε�vον ' ά.φ �μων. ΑΛΕΚ. Σό μο� 3οκε�ς, ώ Μίκυλλε, κομ�aη ά.παί3ευτος ε!ναι μ'Υ)aε ά.νεγνωκένα� τιΧ Όμ�ρου πο��ματα, έν ο!ς καt ό τοu Άχr:λ-

Ι. Nulla di piu conteso, infatti, nel mito greco del vello d'oro, il vello dell'ariete volante, che aveva tι·asportato in salvo Frisso da Iolco alla Colchide (cfr. De salt., 42 e nota 94) e che piu tardi fu IΌbiettivo della spedizione degli Argonauti (cfr. ancora De Salt., 52 seg. e note 1 29 e Ι3Ι·Ι33)·

[r] MICILLO. Possa Zeus in persona stήtolarti, maledetto gallo, cosi invidioso e di voce cosi stήdula : ero ricco, ero in compagnia di un sogno piacevolissimo, vivevo una felicita favolosa e tu, perche nemmeno di notte potessi sfuggire alla poverta, che e assai piu malvagia di te, col tuo gήdo pene­ trante e altisonante mi hai svegliato. Eppure, se si deve giudi­ care dalla quiete, che e ancora molta, e dal freddo, che non mi stecchisce ancora, come e solito all'alba - questo e per me il segnale infallibile dell'arrivo del giorno -, non e tuttora mezza­ notte ; e questb qui, insonne come se facesse la guardia al vello d'oro 1, finita appena la sera, ha gia stήllato ; ma se ne pentira ! τi puniro infatti - siine certσ - fracassandoti le ossa a basto­ nate : lascia solo che venga giorno, cM ora saltando qua e la nel buio mi daresti troppo da fare. GALLO. Padrone Micillo, io pensavo di favorirti prendendo alla notte per te quanto avessi potuto, perche tu fossi in grado alzandoti presto di finire la maggior parte dei tuoi lavori ; e infatti, se farai anche una sola scarpa prima che sorga il sole, questa fatica l'avrai anticipata per il tuo pane. Pero, se ti piace di piu dormire, io me ne staro quieto e saro piu muto di un pesce, ma bada che, ricco in sogno, non debba aver fame dopo esserti svegliato. [2] M1c. Ο Zeus dei miracoli, ο Eracle che proteggi dal male, che cos'e questo maleficio ? Un gallo l1a parlato come un uomo. GAL. Allora a te sembra che sia un prodigio, se uso la vostra lingua? M1c. Come puo non essere un prodigio ? Ο dei, allontanate da noi il malanno ! GAL. Mi pare, ο Micillo, che tu sia del tutto incolto e che non abbia letto i poemi di Omero, nei quali anche Xanto, il cavallo di Achille, dato un bell'addio al nitήto, sta li a dialo-

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ΟΝΕΙΡΟΣ Η ΑΛΕΚΤΡΥΩΝ

λfως �ππος ό Ξ&νΗ·ος μακρdι χαίρε�ν φρ&σας τ(j) χρεμετίζε:�ν �στηκεν rl I >I ' μεσcι> I < ψ ' ' ωσπερ λ εγομενος επη τcι>� πολ εμ di Apollonio Rodio, IV, νν. 580 segg. (cfr. De salt., 53 e nota 1 3 1) . Aggiungiamo che Dodona, citta del­ l'Epiω, era sede di un iιnportante oracolo di Zeus (cfr. Amor., 3 1 e nota 55) . 4· Od., ΧΙΙ, 395 seg. Tali procligi erano i segni dell'ira di Elios contιΌ i compagni di Odisseo, che si erano cibati dei buoi sacri al dio. 5 · Ε la pura trascrizione di άλεκτpυών, ί1 nome greco del gallo, che nel mito etiologico riferito qui da Lιιciano e ancora nome proprio di uomo.

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gare in mezzo al combattimento recitando interi esametri, non rinunciando alla metrica come faccio ora io 2• Quello, inoltre, profetizzava e prediceva i1 futuro, ma non si pensava facesse nulla di straordinario e clιi ascoltava non invocava il dio che tiene lontano il male considerando cio che ascoltava un maloc­ chio da scongiurare. Ε allora, che cosa avresti fatto, se ti avesse parlato la chiglia della nave Argo ο la quercia a Dodona avesse profetizzato con una sua propria voce 3 ο se avessi visto pelli camminare e carni di buoi muggire, mezze cotte e infilate negli spiedi 4? Ε anch'io, che sono agli ordini di Ermete, i1 piu lo­ quace e il piu facondo di tutti gli dei, oltre che compagno vostro di vita e di ιηensa, non era difficile apprendessi la lingua degli uomini. Ma se tu mi promettessi di mantenere i1 segreto, non esiterei a dirti la ragione piu vera della mia comunanza di linguaggio con voi e l'origine di questa mia favella. [3] Mic. Ma non c'e peήcolo che sia un sogno anche questo, che un gallo conversi cosi con me? Dimmi dunque, ottimo amico, che cosa d'altro e causa del tuo parlare. Circa poi la promessa che io tacero e non lo diro a nessuno, perche devi temere? Chi, infatti, mi crederebbe, se raccontassi qualcosa affermando di averlo sentito dire da un gallo ? GAL. Ascolta dunque. Il discorso che ti faro, ο Micillo, so che non potrebbe essere piu incredibile ; e infatti questo che ora di fronte a te ha l'aspetto di un gallo non molto tempo addietro era un uomo. Mic. Veramente ho sentito una volta qualcosa di siιηile sul vostro conto, e cioe che un giovinetto, un certo Alettrione 5, era diventato amico di Ares e si accompagnava al dio nei sim­ posii, nelle baldoήe, nei convegni amorosi ; e, in particolare, Ares conduceva con se Alettrione, quando andava da AflΌdite a consumare con lei l'adulterio 6, e poiche sospettava soprat­ tutto di Elios che, se li avesse veduti, 1i denunciasse ad Efesto, lasciava sempre i1 giovinetto fuori della porta, perche al sor­ gere del sole li avvisasse. Poi una volta Alettrione si addor­ mento e tradi senza volere la sua consegna di sentinella ; Elios si feι-mo furtivamente su Afrodite ed Ares, che dormivano 6. Si ricordera che ί1 legittimo consorte di Afrodite era Efesto, il dio zoppo sempre affaccendato nella sua fucina sotto l'Etna a fabbricare i fulmini per Zeus.

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ΟΝΕΙΡΟΣ Η ΑΛΕΚΤΡΤΩΝ

"Αρε� &φρ6ντ�a� &ναπαuομένιμ a�α. το π�στεόε�ν τον Άλεκτρu6να μ'Υ)νUσΙΧ� &ν, ε'l τ�ς έπtο�· και οδτω τον "Ηφα�στον παρ ' Ήλ[οu μα&6ντα σuλλαβε�ν αuτοος περ�βαλ6ντα και σαγ'Υ)νεόσαντα το�ς aεσμο�ς, &. πάλα� μεμ'Υ)χάν'Υ)το έπ' αuτοός 7 • &φε&έντα ae �ς &φεt-θ·'Υ) τον ''Αρ'Υ) &γανακτ�σΙΧ� κατdι τοu 'Αλεκτρu6νος και μεταβαλε�ν αuτον ές τοuτι το 6ρνεον αuτο�ς 5πλο�ς, �ς �τ� τ�ς κ6ρu&ος τον λ6φον �χε�ν έπt τη κεφαλ?j, και a�α. τοuτο δμάς &πολογοuμένοuς τφ 'Άρε�, 5τ' ouaeν 6φελος, έπε�Μν α'lσ-θ·ΊJσ-θ·ε &νελεuσ6μενον τον �λων, προ πολλοu βοάν έπ�G'Υ)μα�νομένοuς τ�ν &νατολ�ν αuτοu. [4] ΑΛΕΚ. Φασι μeν και ταuτα, & Μικuλλε, το a· έμον έτzI >I > α' λεκτρu6να σο� μετα βέβ'ΥJΚΙΧ. I ΝI τ� γεγονε κα�\ πανu εναγχος ες ροων ΜΙΚ. Πώς ; Έ&έλω γιΧρ τοuτο μάλ�στα ειaένα�. ΑΛΕΚ. Άκοόε�ς τ�να. Πu&αγ6ραν Μν'Υ)σαρχιa'ΥJν Σάμ�ον ; ΜΙΚ. Τον σοφ�στ�ν λέγε�ς, τον &λαζ6να, δς ένομο&έτε� μ�τε κρεών γεόεσ&α� μ�τε κuάμοuς έσ&ιε�ν, �a�στον έμοι γοuν 6ψοv έκτράπεζον &ποφα[νων, �τ� aε πε[&ων τοuς &ν&ρώποuς �ς προ τοu Πu&αγ6ροu Ει.Ιφορβος 8 γένο�το ; Γ6ΊJτά φα.σ� και τερατοuργον τον &ν&ρωπον & &λεκτρuών. ' ΑΑΕΚ. Έκε�νος αuτος έγώ σοι ειμ� δ Πu&αγ6ρας, &στε παu' , &γα&έ, λο�aοροόμεν6ς μο� και ταuτα οuκ εtaως ο!6ς τ�ς �ν τον τρόπον. ΜΙΚ. Τοuτ' αό μακρφ έκεLνοu τερατωaέστερον, &λεκτρuων φ �λ6σοφος. Etπe aε lSμως, & Μν'ΥJσάρχοu πα�, lSπως �μ�ν &ντι μeν &ν-θ·ρώποu 6ρν�ς, &ντι aε Σαμ[οu Ταναγρ�κος 9 &ναπέφ'Υ)νΙΧς' ou π�&ανα. γιΧρ ταuτα ouaε πάνu π�στεuσα� ρ�a�α, έπει και Μ' �a'YJ μο� τετ'Υ)ρ'Υ)κένα� aσκώ πάνu &λλ6τρ�ΙΧ έν σοι τοu Πu&αγ6ροu. ΑΛΕΚ. τα. πο�α ; ΜΙΚ. ''Εν μeν lSτ� λάλος ε! και κρακτ�κ6ς, δ aε σ�ωπάν ές πέντε lSλα �τ'Υ), ο!μα�, παρήνε�, gτερον aε και παντελ&ς παράνομον' ou γιΧρ �χων lS τ� σο� παραβάλοψ�, κuάμοuς χ&eς �κον �ς ο!σ-θ·α �χων, και σu ouaε μελλ�σας &νέ:λεξας αuτοός· ωστε � έψεuσ-θ·α[ σο� &νάγκ'Υ) 7· Per questo noto episodio, raccontato la prima volta nell'Odissea, si veda De salt., 63 e nota ISO. 8. In realta, per dimostrare la sua dottrina della metempsicosi (la suc­ cessiva trasmigrazione delle anime in corpi di uomini ο di animali ο in piante) , avrebbe riconosciuto lo scudo di Euforbo, il guerriero troiano figlio di Pantoo e di Frontide, prima di poterne leggere il nome nella parte posteriore del­ l'arnese. In tutto il presente dialogo la nota credenza pitagorica e ampiamente - e spiritosamente - sfruttata. g. Tanagra, citta della Beozia sulla riva sinistra dell' Asopo, era famosa per gli allevamenti di polli in generale, di galli da combattimento in parti­ colare. Per questo Micillo si aspetterebbe cl1e il gallo come tale fosse originario

8og

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senza preoccupazioni credendo che, se fosse sopraggiunto qual­ cuno, Alettrione lo avrebbe segnalato. Cosi Efesto, informato da Elios, li sorprese avvolgendoli e irretendoli con le catene, che aveva fabbricato da tempo per loro 7• Liberato poi come fu liberato, Ares scateno la sua collera contro Alettrione e lo muto nell'uccello che sei con tutta l'armatura, in modo che portasse ancora sul capo il cimiero dell'elmo, e per questo voi pensando di giustificarvi di fronte ad Ares, ora che non serve a nulla, quando avvertite che il sole sta per salire, gridate molto tempo prima per segnalare la sua levata. [4] GAL. Dicono anche questo, ο Micillo, ma il mio caso e stato diverso ed io mi sono mutato in gallo molto recentemente. Mrc. Come? Voglio sapere questo piu di ogni altra cosa. GAL. Hai sentito di un certo Pitagora, figlio di Mnesarco, nativo di Samo? Mrc. Vuoi dire il sofista, il ciarlatano, che prescriveva di non assaggiare carni e di non mangiare fave, bandendo dalla tavola un cibo che a me almeno piace moltissimo, e inoltre cercava di convincere la gente che prima di essere Pitagora era stato Euforbo 8 ? Dicono, ο gallo, che fosse un ciurmatore e uno stregone. GAL. Ebbene, quel Pitagora sono io in persona, cosicche, mio caro, devi smettere di insultarmi, tanto piu che non saι che uomo ero io per mia natura. Mrc. Ma questo e un prodigio ben maggiore dell'altro : un gallo filosofo I Dimmi tuttavia, ο figlio di Mnesarco, come mi sei uscito fuori uccello anziche uomo e samio anziche tana­ grio 9 : cio, infatti, non e convincente ne molto facile a credersi, dal momento che mi pare di aver gia osservato in te due cose che a Pitagora sono veramente estranee. GAL. Quali ? MIC. Una e che tu sei loquace e schiamazzi, mentre lui raccomandava di tacere, credo, per cinque anni interi ; l'altra che sei completamente fuori legge : non sapendo, infatti, che cosa gettarti, ieri sono venuto, come ricorderai, con delle fave, e tu, senza un attimo di indugio, le hai beccate. Ν ecessariamente ·

di Tanagra. Allo speciale addestramento di questi animali si fa poi cenno sotto, al § 8, dove i1 gallo e definito un « atleta », che non ha sfigurato ad Olimpia.

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ΟΝΕΙΡΟΣ Η ΑΛΕΚΤΡΥΏΝ

κocl &λλ€fJ ε!νοcι � Πu-θ·οcγόρqι gντι ποcροcνενομΊJκένοcι κocl το rσον I I I e "ι\ \ > ' τοuΝ φοcγοντοc ως οcν ει' τψ κεφοcλψ β ΊJΚενοcι ΊJσε κuοcμοuς βεβρώκεις 10• [5 ] ΑΛΕΚ. Ou γαρ ο!σ&οc, ω Μίκuλλε, �τις οcίτίοc τοότων οuδΕ: τα πρόσφοροc έκάστ({J βί€fJ. Έγω δΕ: τότε μΕ:ν οόκ �σ&ιον των κuάμων, έφιλοσόφοuν γάρ· νuν aε φ&γοιμ' &ν, όρνι&ικ� γαρ κocl 1 �πως οόκ άπόρρψος �μϊν � τροφ�. Πλ�ν . άλλα εr σοι φίλον, &κοuεποcτρuς Ν Ν ' π f f f ' κοcι\ εν ' τοuτο νuν ειμι προτερον ε' β ιοτεuσοc εκ κocl &τινοc τΎ)ς μετοcβολΎ)ς έκάστΊJς άπολέλοcuκοc. ΜΙΚ. Λέγοις &ν - ώς �μοιγε uπ:ψ�διστον �ν το &κοuσμοc γένοιτο, &στε εr τις οcΖρεσιν προ-θ:είΊJ, πότεροc μαλλον έ&έλω σοu άκοόειν τα τοιοcuτιΧ διεξιόντος � τον ποcνεuδοcίμονοc 6νεφον έκεϊνον οcο&ις όραν (Ί / έλοίμψ· ο5τως άδελφα ο " , ' I με εσκευαζομην, ο< σε επε� επ�στραφε�ς ΚΙΧ�Ι ε> π�I πολ υ' ενοο�ασας, πά.νυ σκυ&ρωπον ε!aε, Πά.ρ�-3·�, �φη, και σύ, ω Μtκυλλε, ΚΙΧL συν­ aε(πνε� με&' ήμ&ν' τον υιον γιΧρ έγcb κελεύσω έν τ?j γυνα�κωνιτ�a� μετcΧ τΊjς μητρος έστ�ιΧσ&α�, ώς σό χώραν �χης. 'Εσήε�ν οον μά.την λύκος χανcbν ΠΙΧρ Οι. μ�κρ6ν 17, αισχυν6μενος 8τ� έaόκουν έζελ't)λΙΧΚένΙΧ� το'ϋ συμποσ(ου τb πα�aιον το'ϋ Εύκράτους. Κά.πε�aη κατακλ(νεσ&α� 18 καφος �ν, πρ&τον μeν ά.ρά.μενο� ά.νέ&εσΙΧν τον Θεσμ6πολ�ν ούκ ά.πραγμ6νως μιΧ Δία πέντε ο!μα� νεανίσκο� εύμεγέ&ε�ς ύπαυχέν�ΙΧ ι � ι " ι � ' I / ' ο�αμενο� ' τιμ ' � παντοv·εν, ως περ�β υσαντες αuτcμ εν σχηματ� ΚΙΧ�' επ� πολό καρτερε�ν Μνα�το. Ε!τα: μηaενος ά.νεχομένου πλησ(ον κατα­ κε�σ&α� αύτοu 19 έμe ύποκατακλ(νουσ� φέροντες, ώς δμοτρά.πεζο� ε'Cημεν. Τούντεu&εν έaε�πνο'ϋμεν, ω Πυ&αγ6ρα, πολύοψ6ν τ� ΚΙΧL Πο�κ(λον aε�πνον έπL χρυσοu πολλοu κα:ι ά.ργύρου• ΚΙΧl έκπώματΙΧ �ν χρυσιΧ και a�ά.κονοt ώρα�ο� ΚΙΧL μουσουργοt και γελωτοποωt "' 1 !: 1 " ' πλην ' ΙΧ' λλ' εμε ' ' ε' λυπε� ' "1 η' ο�ατρ� βη, ΚΙΧ�' u!! λως ηο�στη μεται,υ, τ�ς ην ού μετρ(ως δ Θεσμ6πολ�ς ένοχλ&ν ΚIΧL ά.ρετήν τ�νΙΧ πρ6ς με a�ει;�ων ΚΙΧL a�Μσκων ώς αι Μο ά.ποφά.σε�ς μίαν κατά.φασ�ν ά.ποτελοuσ� και ώς ει ήμέρα έστ(, νόζ ούκ �στ �ν, ένίοτε aε και κέρατα 20 �φασκεν ·

17. La frase era prove�·biale e verosimilmente in rapporto con una favola, che fa parte della raccolta esopica (275 Halm), nella quale il lupo aspetta invano che una vecchia metta in atto la minaccia �·ivolta a un bimbo di farlo mangiare . dal lupo, se non cessasse di piangere. r8. Gli antichi, come si sa, mangiavano adagiati su appositi lettucci, non seduti. Ig. Per IΌrdine dei posti al tavolo conviviale, .sempre regolato dal conto in cui era tenuto il convitato dal padrone di casa, si veda vol. Ι, De merc. cond., nota 14. 20. Ε un altro, questo, dei molti sofismi, di cui si compiacevano gli Stoici per irretire ο sconcerta�·e i loro avversarii, e consisteva nel seguente ragiona·

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Νessuno - disse - deve tradire i propήi doveή, e tanto meno il filosofo, anche se mille malattie si ergono ad ostacolarlo : Eucrate, infatti, pensera che io lo abbia disdegnato >>. >. Entrai dunque, dopo che poco era mancato restassi a bocca asciutta come il lupo 17, vergognandomi perche era come se avessi cacciato dalla sala il figlio di Eucrate. Quando fu il momento di sdraiarsi ιs, cinque - mi parve robusti giovanotti pήma sollevarono Tesmopoli depone11dolo nel suo lettuccio, per Zeus, no11 senza difficolta, e gli stiparo11o tutto intomo dei cuscini, perche ήma11esse nella posizione giusta e potesse resistere a lungo in essa ; poi, 11011 sopportando 11essuno di giacere accanto a quello, portaro11o me al posto che seguiva il suo 19, perche fossimo vicini di tavola. Dopo di che, ο Pitagora, gustammo un pranzo dalle molte e vaήe ghiot­ tonerie, presentate su u11a gran quantita d'oro e d'argento ; e c'erano coppe d'oro, servitoή di bell'aspetto e i11sieme musici e buffoni : insomma il trattenimento era piacevolissimo, se non fosse stato per Tesmopoli che mi affliggeva fuor di misura i11fastidendomi col parlarmi di virtu e con l'inseg11armi che due negazioni fanno U11'affermazione e che, se e gior110, 11011 e 110tte ; e talvolta diceva che io avevo delle coma 20• Sciocchezze del

ΣΙΜΩΝ. ο uκοuν εκε�να ασφαε Q � ψ della sua satira, che ama colpire piu volte i medesimi obiettivi, come i filosofi " pro­ fessionisti >> boriosi ed ipocriti ο l'inconsistenza della teologia mitologica e anche filosofica, stoica in particolare, ma il viaggio di Menippo in cielo, pur se ammettiamo che sia frutto dell'inventiva del geniale Cinico, ben rappre­ senta la trasposizione in termini fantastici del punto morto a cui aπivo la critica, globale del pensiero greco, particolare del pensiero stoico, alla quale Luciano si dedicava in quegli anni e che culmina nella stesura dell'« Ermo­ timo >> (cfr. vol. Ι, pagg. 7os-8o3). In questo " Icaromenippo >> la varieta con­ traddittoria dei risultati ottenuti dalla ricerca filosofica greca ha una sua par­ ziale esemplificazione nelle teoήe dei " fisiologi » intotno alla natura e allΌri­ gine dell'universo. Ed essendo l'universo una realta concreta, benche solo in minima parte accessibile ai nostri sensi, l'uonio che pensa e in nome della ragione non puo affidarsi a cio che non e razionalmente dimostrato - come Luciano -, di fronte alle molte e diverse verita, ognuna delle quali potrebbe essere accettata soltanto con un atto di fede, ο si rifugia, in sede filosofica, in una definitiva " sospensione di giudizio >> - come Licino nell'« Ermotimo >> e cessa di pensare ο, valendosi della fantasia, si mette le ali e vola a vedere coi proprii occhi l'unica verita : e la fantasia, come gia coi miti platonici, sup­ plisce la ragione. Lo scritto appartiene allo stesso periodo (r6o- r 6s d. C.) dei tre precedenti, che, forse, segue anche nel tempo collocandosi cos1 fra quelli e 1'« Ermotimo », composto dall' Α. a quarant'anni e, quindi, intorno al r65 d. C.

[r] ΜΕΝΙ ΠΠΟΣ. Ούκοuν τρισχίλιοι μΕ:ν �σαν ά.πο γ�ς στά­ aιο ι 1 μέχρι προς τ�ν σελ�νΎJν, ό πρωτος �μτν στοι&μός τούντεuS·εν aε έπt τον �λιον )J.'Io&νω ποιροισάγγοιι 2 I που πεντακόσιοι· το a· ά.πο 1 1 ως οιυτuν ,1oYJ \ και \ ' \ \ I ' • ' ό πολ ιν τΎJν τουτου ες του Δ τον ουροινον τΎJν οικρ &νοaος κοιt τοιuτ' &ν γένοιτο εύζώνιμ ά.ετij) μιiΧς �μέρας. ΕΤΑΙΡΟΣ. Τί τοιuτοι προς Χαρίτων 3, ω Μένιππε, ά.στρονο­ μετς κοιt �συχ(j πως ά.νοιμετρετς ; Πάλαι γαρ έποικροωμοιί σου ποιροι­ κολου&ων �λίους και σελ�νοις, �τι aε τα φορτικα τοιuτοι στοι&μοός τινοις κοιt ποιροισάγγοις ύποξενίζοντος. ΜΕΝ. Μ� &οιυμάσης, ω έτοι�ρε, εt μετέωροι κοιt aιοιέριοι aοκω σοι λοιλε�V' το κεφάλαιον γαρ a� προς έμοιυτον λογίζομαι τ�ς ΙJ.νοιγχος άποaΎJμίοις. ETAIP. Είτα, ωγοι&έ, κοι&άπερ οί Φοίνικες &στροις έτεκμοιίρου τ�ν όaόν ; ΜΕΝ. Ού μα Δία, άλλ' έν οιύτο�ς το�ς &στροις έποιοόμΎJν τ�ν ά.ποaΎJμίοιν. ΕΤΑΙΡ. Ή ράκλεις, μακρόν τινοι τον 6νεφον λέγεις, ε'C γε σοιυ­ τον IJ.λοι&ες κοιτοικΟψΎJ&εtς ποιροισάγγας δλους. [2] ΜΕΝ. 'Όνειρον γάρ, ω τάν, aοκω σοι λέγειν θς ά.ρτίως &φτγμοιι ποιρα τοu Διός ; ETAIP. Πως �φφ&οι ; Μένιππος �μτν aιοπετ�ς πάρεστιν έξ ούροίνοu ; ΜΕΝ.(\ Κοιt μ�ν έγώ σοι παρ ' οιύτοu έκr:: ίνου τοu πάνυ Διος �κω (/ο \ ). 1. α Ma no, per Endimione 36 protesto lui - : non sono venuto per farmi pa­ gare, ma ho sentito qualcosa dentro di me, quando ti ho visto triste. Sai, pero, che cosa devi fare peι· acquistare una vista acuta? >>. [r4] >. α Non sai - incalzo lui - di esserti messo l'ala destra di un'aquila? ». α Certo - risposi -. Ma che c'e di comune fra un'ala e un occhio? >>. α C'e - spiego - che l'aquila e fra tutti gli animali quello che ha la vista piu penetrante, al punto che e l'unico a ficcare lo sguardo nel sole, ed e autentica aquila regina, se fissa i raggi senza battere palpebra >>. α Cos1 si dice - ammisi -, e sono gia pentito di non aver sostituito, salendo qui, i miei occhi con quelli dell'aquila. Invece sono arrivato incompleto e solo in parte fornito degli attributi regali, per cui assomiglio ai rampolli che diciamo illegittimi e diseredati ». α Eppure - continuo - ti e possibile avere ora subito un occhio regale ; e infatti, se vorrai sollevarti un poco tenendo ferma l'ala del­ l'avvoltoio e agitando soltanto l'altra, l'occhio destro, in corri-

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ΙΚΑΡΟΜΕΝΙΠΠΟΣ Η ΤΠΕΡΝΕΦΕΛΟΣ

�τερον ούaεμία μ'Υ)χανη μη οuκ &.μβλότερον 13εi3ορκέναι τΊjς μερ(i3ος I I , , I � ο τ'Υ)ς χεφονος. εγω, ει μονος "Αλ ις, βλέποι • oύaev γιΧρ &ν �λαττον γένοιτο, tπεl καl τοuς τέκτονας πολ­ Μκις έωρακέναι μοι 13οκω &ατέρ I I I > I > I � λυ περιε'λαμψ ε ταχιστα; με φως πα.μπο α.υηκα: I I I I , τεως λ κατακυ' Ψας γουν ες παντα και τ·�ν γΊjν έώρων σαφως τιΧς πόλεις, τοuς &.νθ·ρώπους, τιΧ γιγνόμενα, '1- !:' 1 �πραττον οtόμε­ '1:>. &.λλιΧ !! καl όπόσα καl ιιν ο'1-> uνταou ηΧ εν δπαί&ρ μέγα. φρονοuντα., δτι aα.κτυλίους τε είχεν όκτω κα.ι φιάλα.ς τέττα.ρα.ς, πάνυ κα.t έπt τοότcr &ν έγέλων. Το γcΧρ Πάγγα.ιον 59 δλον α.ύτοτς μετάλλοις κεγχρια.τον �ν το μέγε&ος. [rg] ΕΤΑΙΡ. "'Ω μα.κάριε Μένιππε τ�ς πα.ρα.aόξου &έα.ς. Αι aε \ , \ \ ' ' Δ ιος πο' λεις προς κα.ι\ ο ι α.υτοι Π't) ΜΕΝ. Οίμα.ί σε πολλάκις �a'tJ μυρμ�κων ά.γορcΧν έωρα.κένα.ι, τοuς μeν είλουμένους πεpι το στόμα. τοu φωλεοu κά.ν τc'i) μέσcr πολι­ τευομένους, ένίους aε έξι6ντα.ς, έτέρους aε έπα.νιόντα.ς α.Ό&ις είς 1 < 1 > 1 ' π ο' λ ιν' α.ρπα.σα.ς τ't)ν ο< μεν τις τ κ 6 προ ν εκφερει, ο< :η κυάμου λέπος :η πυροu ήμίτομον .θ·ετ φέρων. Είκος aε είνα.ι πα.ρ ' ' Ν \ ' ις κα.τα.\ λ6γον τουΝ μυρμ't)κων τινα.ς κα.ι\ α.υτο β 'ιου κα.ι\ ' "

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� CL l! �il cittadino che 1 si assumeva il carico finan· λ ικοι σ� ιεφα.ινοντο ; α.νωυ·εν σ.,�, ιι 5 1 , Corego si diceva in Atene uς.νσρες e organizzativo degli spettacoli tragici e comici. ziario 52. La citta era a nord-ovest di Corinto ; la pianura qui citata la sepa­ rava dal mare. 53· Centro agricolo poco a nord di Maratona, appartenente al demo che da Maratona prendeva il nome. C\ \_ �' Atene (Aristofane I 54· Centro e demo κα.ιagricolo που·ι: :;ν 'Jν omonimo a nord-est diσε .,\, vi ambiento i suoi " Acarnesi ») . 55 · Qui misura agricola corrispondente a r o.ooo piedi quadrati (il piede �� equivaleΎa a 30 cm. circa) . οικοσο μους 56. Ε noto tuttavia che la fisica atomistica fu accettata da Epicuro (per il quale si veda Alex., 1 7 e nota 44), ma concepita da Democrito (cfr. Alex,, Ι 7 e nota 43). 5 7 · Regione del Peloponneso orientale ίra la catena del Parnon e il mare Egeo, incuneata fra 1' Argolide a nord e la Laconia ad ovest.

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posti e non la pensano mai nello stesso modo, finche il co­ rego 51 non caccia ciascuno di essi dalla scena dicendo di non aveme piι'ι bisogno. Da allora in poi sono tutti uguali, oι-mai, nel silenzio, non discordando piι'ι in quel loro canto promiscuo e sregolato. Ma in quel teatro vero, dalle n1olte e varie rap­ presentazioni, tutto cio che accadeva era decisamente ήdicolo. [r8] Α me veniva da ήdere soprattutto per quelli che conten­ devano per i confini di un pezzo di terra e per quelli che si facevano un vanto di coltivare la piana di Sicione 52 ο di avere a Maratona le campagne di Enoe 53 ο di possedere ad Acarne 54 mille pletri 55 : in realta, poicM l'intera Grecia, come allora mi appariva dall'alto, era grande quattro dita, l'Attica - credo era in proporzione molte volte piι'ι piccola. Di conseguenza pensavo quanto era poco cio di cui potevano ancora andaι­ superbi i nostri ricchi : avevo l'impressione, infatti, che quello di loro che possedeva piι'ι pletri coltivasse uno solo degli atomi di Epicuro 56, Ε nel dare uno sguardo anche al Peloponneso, vidi la Cinuria 57 e mi venne in mente per quanto piccolo luogo, certo non piι'ι grande di una lenticchia egizia, caddero in un solo giorno tanti Argivi e tanti Spartani 58• Se poi vedevo qualcuno superbo del suo oro, perche possedeva otto anell� e quattro coppe, anche di costui ridevo molto, giacche l'intero Pangeo 59 con tutte le sue miniere era grosso quanto un grano di miglio. [rg] ΑΜ. Beato te, ο Menippo : che straordinaήa visione ! Ε le citta - dimmi, in nome di Zeus - e i singoli uomini come apparivano dall'alto? ΜΕΝ. Penso che tu abbia veduto spesso in un assembra­ mento di formiche alcune che si aggirano intorno all'imbocca­ tura della tana e trattano pubblicamente le questioni della comunita, altre che escono, altre ancora che rientranσ nella citta ; e l'una porta fuori i ήfiuti, l'altra, arraffate da qualche parte una buccia di fava ο la meta di un chicco di grano, corre a portarle. Ed e naturale che nella societa degli uomini come, 58. Questo combattimento per il possesso della τireatide, l'estremo lembo settentrionale della Cinuria, e ricordato da Erodoto (Ι, 82) e utilizzato da Luciano altra volta, in analoga situazione, in un altro dialogo menippeo (cfr. vol. Ι, Char., 24 e nota 29) : dall'alto di un cumulo di celebri montagne Ermete mostra a Caronte i feroci e stolti comportamenti degli uomini. 59. Catena montagnosa della Macedonia non - lontana da Filippi.

ΙΚΑΡΟΜΕΝΙΠΠΟΣ Η ΥΠΒΡΝΕΦΕΛΟΣ

ί)ημαγωγοος καΙ. πρuτάνεις καΙ. μοuσικοος καΙ. φιλοσόφοuς. Πλ-Υjν α� γε πόλεις αuτο'Κς &νί)ράσι τα'Κς μuρμηκια'Κς μάλιστα έ L , I ,, ' , απενεγκαι παρ , εμοu ρεσ β ειαν, εφη, τινα\ ou, χαλεπ,.,\,1 ν και\ οιοησιν τ I \ > I \ > αιτιαν και 'f)ρωτα τις ετι λε ιπεται των > φ Μ ετα έλλείποιεν 'ΑSψα'L οι τα Διάσια 68 τοσοότων έτων, και εt το ' Ολυμ­ πίειον 69 αύτ(j) έπιτελέσαι aιανοοuντο:ι, και εt συνελ�φS·1Jσαν οί τον έν Δωaώνη νεων 70 σεσυλ1Jκότες. ' Επεt aε περt τούτων ά.πεκρινά­ μ'f)ν, Εtπέ μοι, Μένιππε, �φ'f), περι aε έμοu οί &ν&ρωποι τίνα γνώμ'f)ν �χουσι ; τίνα, �φ'f)ν, aέσποτα, η τ�ν εύσεβεστάτ'f)ν, βασιλέα σε πάν­ των ε!ναι S·εων ; Παίζεις �χων, �φ'f)' το aε φιλόκαινον αύτων ά.κριβως ο!3α, κ&ν μ� λέγης. "'Ην γάρ ποτε χρόνος, δτε και μά.ντις έδόκουν (> I � { αύτοίς καL lατρΟς καL πάντατ( ' [ :29 J Καπειοη ι ' '�> ' παρησαν ' λησιαν. κηρυττειν εκκ ()(,παντες, ()(,ρχεται λέγειν- την μέν αίτίαν του ξυναγαγε'i:ν ύμ&ς δ χ.θ·ιζος οδτος ξένος παρέσχηται· πάλαι �ε βουλόμενος ύμϊν κοινώσασ&αι περt των φι­ λοσόφων, μάλιστα ύπο τΊjς Σελήνης και &ν έκείνη μέμφεται προτρα' ' ' I ' ' ' παρατειναι τ.),,1ν οιασκε 1 εγνων μηκετ '1> ' επι πλεον πεις γαρ ψ ιΨ γενος Ν Ν ' \ 1 I ' ' ' ' (\ ' / ' ' λασαν αργον φι λοτι ανv·ρωπων εστιν ου πρu πολλου τι:μ β ι > 95• Ebbene, costoro si divisero in sette, escogitarono labirinti di teorie l'un dall'altro diversi e si diedero i nomi di Stoici, di Accademίci, di Epicurei, di Peri­ patetici ed altri ancora molto piu ridicoli di questi ; poi si pa­ ludarono del nome augusto della virtu e, inarcate le soprac­ ciglia, allungata la barba, se ne andarono in giro coprendo costumi disgustosi con un abbigliamento tutto falso, somi­ gliantissimi agli attori tragici, dei quali, tolte la maschera e babilita dell'Inno, del quale il pseudo-lucianeo Demosthenis e1�comium (§ Ι9) cita i prirni sei versi, indicati dallo Scoliasta corne aοuσι και τιΧς των λόγων &παρίας εκaιΜσκουσι, και πpος μεν τοuς μα-θ·ψιΧς καρτερίαν &ει και σωφροσόνψ επαινοuσι και πλοότου και �aον�ς καταπτόουσι, μόνοι ae και κα-θ·' έαυτοuς γενό­ μενοι τί &ν λέγοι τις δσα μeν εσ-θ·lουσιν, δσα ae &.φρο8ισιάζουσιν, δπως δe περι'λείχουσι των οβολων 97 τον pΌπον ; Το δe πάντων aει­ ν6τατον, δτι μ'Υ)Μν αuτοι μ�τε κοινον μ�τε 'ί8ιον έπιτc:λοuντες, &λλ' &χρειοι και περιττοι κα&εστωτες ο�τε ποτ' εν πολέμιι-> εναρω.μιοι ο�τ' ενι βουλΊJ 98, δμως των &λλων κατ'Υ)γοροuσι και λόγους τινιΧς πικροuς συμφορ�­ σαντες και 'λοιθορίας Καινaς Ε:κμεμε'λετ'Υ)Κότες Ε:πιτιμ&σι και Ονει3[­ ζουσι το'r,ς Πλ'Υ)σίον, και οi'Jτος αuτων τα. πρωτα ψέρεσ&αι 8οκε'r, θς &ν μεγα.λοφων6τατ6ς τε η και tταμώτατος και προς τιΧς βλασφ'Υ)μlας -θ·pασότατος. [3Ι ] Καίτοι τον 8ιατειν6μενον αuτον και βοωντα και κατ'Υ)γορο\Jντα των ίlλλων ην �ρη, σU 8e 8� τί πράττων τυγχάνεις � τl φωμεν προς &εων σε προς τον βίον συντελειν ; Φα.l'Υ) &ν, εt τα. \ (/ ! � μεν •\ Ν ,:j, ' \ α (\ � •.τε {l / 'λ οι λ εγειν, ' λ'l)v''l) �ι ο καια και 'I) γεωργειν οτι π'λειν 'I στρατευε\ I a lf.. "/ I Ι �\ � � κέκpαγα σε σ·u·αι •ι τινα τεχν'Υ)ν μετιεναι περιττον ε�ναι μοι σοκει, και αuχμω και ψυχρολουτω και &νυπόθψος τοu χειμωνος περιέρ­ χομαι και όσπεp δ Μωμος 99 τα. όπο των &λλων γιγνόμενα συκο­ φαντω, και εt μέν τις όψών'Υ)Κε των Πλ'Υ)σ(ον πολυτελως � έταίpαν Ιt.χει, τοuτο πολυπραγμονω και &γανακτω, εt ae των φίλων τις � έταίρων κατάκειται νοσων επικουρίας τε και &εραπεlας 3ε6μενος, &.γνοω. Τοιαuτα μέν εστιν ύμιν, δ -θ·εοl, ταuτα τα. -θ·pέμματα. [32] Ot ae a� Έπικοuρειοι αuτων λεγόμενοι μάλα a� και ύβρισταl εtσι και ou μετρίως ·η μων κα-θ·άπτονται μ�τε επιμελεισ-θ·αι των &ν-θ·ρω­ πlνων λέγοντες τοuς &εοuς μ�τε ιlλως τα. γιγνόμενα επισκοπειν­ όστε όρα ύμιν λογlζεσ-θ·αι, 8ιότι �ν &παξ οότοι πεισαι τον βίον aυν'Υ)-θ·ωσιν, ou μετρίως πειν�σετε. Τlς γdφ &ν �τι -θ·όσειεν ύμιν πλέον ou8eν �ξειν προσ8οκων ; "Α μεν γap � Σελ�ν'Υ) αtτιιΧται, πάντες 96, 97 · 98. 99 ·

Cfr. nota 46. Cfr. A le;ι:., nota 26. Il., π, 202. Per questo dio si veda Ver. hist., Π, 3 e nota 3 ·

la veste ricamata in oro, cio che resta e un ometto ridicolo assoldato per lo spettacolo con lo stipendio di sette dracme 96, [30] Bench6 tali siano, disprezzano tutti gli uomini, degli dei raccont ano cose strane e, raccogliendo ragazzetti facili da in­ gannare, esaltano col linguaggio della tragedia la tanto de­ cantata virtu, insegnano i problemi privi di soluzione, e mentre davanti ai discepoli lodano sempre il dominio di se e la tempe­ ranza, quando restano soli e indescrivibile quanto mangino, quanto si sfrenino nell'amore e come asportino leccando la sporcizia degli oboli 97• Ma la cosa piu intollerabile e che, non svolgendo nessuna attivita ne pubblica ne privata, ma essendo inutili e super:flui, ne in guerra mai, ne in consiglio stimati

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tuttavia accusano gli altri e, messe insieme alcune frasi pun­ genti, studiate ingiurie di nuovo tipo, censurano e biasimano quelli che hanno vicino ; e chi ha la voce piu forte, e piu pro­ tervo, e piu insolente nelle contumelie e considerato il piu bravo. [31] Eppure, se a quello stesso cl1e sforza la voce, strilla e accusa gli altri si domandasse : « Ma tu in fin dei conti che cosa fai ο quale, per gli dei, dobbiamo dire che sia il tuo contributo a1la societa ? >>, risponderebbe, se volesse dire il giusto e il vero : « Ν avigare ο lavorare la 'terra ο fare il soldato ο esercitare un mestiere a me sembra inutile, e dunque grido, mi tengo sudicio, prendo il bagno freddo, giro scalzo d'inverno, come Momo 99 critico le cose che fanno gli altri e, se uno che ho vicino e stato prodigo nella spesa per il pranzo ο ha l'amica, io m'intrigo e mi mostro sdegnato, mentre, se un amico ο un collega giace ammalato, bisognoso di aiuto e di assistenza, io non ne so nulla )), Eccovi, ο dei, com'e questa razza di gente. [32] Ε quelli di loro che si dicono Epicurei sono veramente molto tracotanti e ci attaccano senza ritegno dicendo che gli dei non si curano delle cose degli uomini e non controllano affatto cio che accade, cosicch6 e tempo per voi di rendervi conto che, non appena costoro saranno riusciti a persuadere l'umanita, voi soffrirete non poco la fame. Chi, infatti, ancora vi sacrifichera non aspettandosi di ricavarne alcun vantaggio ? Le accuse che muove la luna le avete sentite tutti dallo stra-

ΙΚΑΡΟΜΕΝΙΠΠΟΣ Η ΤΠΕΡΝΕΦΕΛΟΣ

�κοόσατε του ξένου χ&ες ;;; ι'Υ)γουμένου· προς ταυτα βουλεόεσ3·ε & και τοίς ά.ν3·ρώποις γένοιτ ' &ν όφελψώτατα και ήμίν ά.σφαλέστατα. [33 ] Είπόντος ταυτα του Δι ο ς η έκκλφία ;;; ιετε3·ορόβψο, ΚΙΧL > " Ι t > Ι ψ ον, ες κεραυνωσον, καταφ λ ε' βό ων απαντες, ' βά.ρα&ρον 100 , ές τον Τά.ρταρον , ώς τοuς Γίγαντας 101 • Ησυχίαν 3ε . ό Ζεuς αο3·ις παραγγείλας, "Εσται ταυτα ός βοόλεσ3·ε, �φ'Υ), και Ι !:' 'Q ευv·υς επιτρι τοΙ πά.ντες έπιτρίψονται αύτ?j ;;; ιαλεκτικ?), πλην τόεc,ον, γε νυν ε!ναι ού &έμις κολασ&�ναί τινοι· !ερομ'Υ)νία γά.ρ έστιν, ώς rστε, μψ&ν τοότων τεττά.ρων, και �a'YJ την έκεχειρίαν 102 περι'Υ)γγειλά.μ'ΥJν. Ές νέωτα σον άρχομένου �ρος κακοL κακ&ς άπολουνται τ(i} σμερ;;;αλέ> (opera di Licofι-one) , xxxrv, 25. Alessandria, χχχπ, 44· Alessandro (di Abonut.ico, falso profeta) , ΧΧΧΙΙ, Ι ; 4 ; 5 ; 6 ; 9 ; r o ; π3 ; Ι 2 ; 13 ; Ι 4 ; Ι 7 ; Ι 8 ; Ι 9 ; 222; 25 ; 2 ] ; 3 Ι ; 332; 35 ; 3 6 ; 395 ; 40 ; 43 ; 44 ; 45 ; 46 ; 47 ; 49 ; 5 3 ; 54 ; 55 ; 562 ; 582; 6ο. Alessandro (Magno) , xxv, Ι 23 ; 38 ; 40; XXVII, 92; ΧΧΧΙΙ, Ι ; 7 ; Ι 5 ; XL, 92. Alessandro (di Feι-e) , XLVI, Ι 5 . Alettrione, XLV, 3 5 • Alfeo, χχχπΙ, 48. Alirrozio, χχχπΙ, 39· Alis (fiume) , XLIIr, Ι 4 ; XLIV, 20 ; 43· Alopece (demo dell' Attica), XLI, 27. ιι Altare >> (opeΓa di Dosiada) , XXXIV, 25. Altea, χχχπr, 50. Amastri, ΧΧΧΙΙ, 252 ; 5 6 ; 5 7 ; XLI, 57· Amastriani, XLI, 6ο. Amazzone ( = ΙppolitajAntiope) , XXVII, 8. Amazzone (statua di Fidia) , xxxrx, 4 ; 6. Amizoce (scita) , XLI, 38 ; 39; 402 ; 4 Ι ; 43· Ammone, XXXVI, 82. Amori ( = Eroti) , χχχπr, Ι Ι ; XXXVIII, Ι ; 22 ; ΧΧΧΙΧ, 9 ; XLH, Ι-Ι (sing.). Anacarsi, xxrv, 3�; 4� ; 6 ; 8 2 ; 92; Ιο. Anchise, XXXVIII, Ι 6. Androgeo, ΧΧΧΙΙΙ, 49· Androιnaca, χχχrπ, 27. Andromeda, xxv, Ι 2 ; 5; χχχrπ , 44 (costellazione) . * Anemodromi, xxvr, Ι32•

Anfiarao, χχχπ, Ι 9 . Anfiloco. χχχπ, Ι 9 ; 29. Anfione, ΧΧΧΙΧ, 14. Aniti (gli accusatori per antonoma­ sia), XXXVII, Ι Ι . Annibale, χχνπ, 9. Antifilo (amico) , XLI, 273 ; 282 ; 29 ; 30 3 ; 3 Ι 2 ; 322 ; 332; 342• Antifonte (interpl'ete dei sogni) , χχνπ, 33· Antigone, χχχπr, 43. Antigono (Monoftalωo, diacloco di Alessandro) , XLVI, 1 5 . Antiωaco (poeta) , χχνπ, 42. Antioclιia, ΧΧΧΙΙΙ, 76, Antiochiano (atleta), xxv, 30. Antioco (ι·e di Siria, figlio di Seleιιco) , XXV, 35 ; XLVI, Ι 5 . Antipatro, ΧΧΧΙΙΙ, 58. Antiope, XLIV, 5· Antistene (filosofo cinico), χχχνπ, 48. Αηιιbί, XLI, 282 ; 32 ; XLIV, 8 ; XLVI, 24. Apelle, ΧΧΧΗΙ, 35 ; ΧΧΧΙΧ, 3 ; 7 2 ; 8 ; 23. Api (divinita egizia) , xxxvr, 7· Αpollo, XXV, Ι 62 ; 30 ; XXVI, 8 ; ΧΧΧ, Ι Ι ; ΧΧΧΙ, 8 ; XXXIl, Ι Ο2 ; Ι 3 ; Ι 4 ; 3 6 ; 38 ; 43 ; ΧΧΧΙΙΙ, 25 ; 45 ; XXXVI, 23 ; XXXVIII, 46; ΧΧΧΙΧ, 16; XLIII, 14; XLIV, Ι ; 6 ; Ι ο ; 26; 28 ; 3ο ; 3 1 ; 43 ; XLV, Ι 6 ; XLVI, 24 ; 2 7 ; 28. Αpollonio (di Calcide, filosofo stoi­ co), χχχvπ, 3 Ι 2• Apollonio (di τiana, filosofo pitagoΓico), ΧΧΧΙΙ, 5 · Apsirto, ΧΧΧΙΙΙ, 5 3 · Aqιιileia, χχχπ, 4 8 . Arabia Felice, XXVII, 5 ; XXXVIII, 40 (Arabia) . Aι·bace (eιιηιιcο) , XLVI, Ι 5 . Arcadi, xxxvr, 26. Arcadia, χχχπr, 48.

INDICE DEI ΝΟΜΙ

Arcesilao (soprannome) , χχχνπ, 19. Archelao (at.tore tragico), xxv, Ι . AΓchemoro, ΧΧΧΙΙΙ, 4 3 · Archibio (medico), XLV, 1 0 . Architele (meιnbro dell'Areopago), XXIV, Ι . Areo (pugile), χχνπ, zz. Areopago, XXIV, 2 ί ΧΧΧΙΙΙ, 39 ί XXXVIII, 29. Ares, XXV, 82 ; ΧΧΧΙΙΙ, 20 ; 2 Ι ; 633 ; XXXVI, 202 ; 223 ; 2 7 ; XXXVIII, 13 ί 30 ί XL, 252 ί XLI, 50 ί XLIV, 402 ί XLV, 36· Arete, xxxrx, 1 9 ; XL! 7· Areteo (cittadino di Corinto) , XLI, zz3 ; 23 2· Argivi, XXV, 5 1 ; XXXVI, 1 22 ; XLVI, r8. Argo ( citt}ι), XXXVIII, 30 ; 4 7 ; XLI, 5 ί XLV, 1 3 . Argo (mostro ιnitologico), xxv, r o ; ΧΧΧΙΙΙ, 43· Argo (nave degli Aι·gonauti), ΧΧΧΙΙΙ, 52 ί XLI, 3 ί XLV, 2. AΓgonauti, XXXVII, 3 Ι. Arianna, ΧΧΧΙΙΙ, Ι3 ί 49· Arione, XXVII, Ι 5 . Aristarco (:filologo alessandrino), XXVII, 20. Aristide, XXVII, ΙΟ; ΧΙ,ΙΙΙ, 1 6 ; XLIV, 48. Aristide (di Mileto, aιιtore di una raccolta di novelle) , xxxvrπ, Ι , Arist_ippo, XXVII, Ι 8 ; XXXVII, 62. Aristobιιlo (stoΓico), xxv, Ι Ζ . AΓistodemo (attoΓe tragico), :XLIV, 3 ί 4Ιο Aristodeιno (ateniese) , χχχπ, 4· Aristofane, xxvr, 29. Aristone, xxxrv, Ι 2. Aristotele, ΧΧΧΙΙΙ, 2 ί 70 ; XXXV, 4 ί 9 ί XXXVII, Ι 4 ; 56. Arιneni, χχχπ, 27 2 . Armenia, xxv, z ; 1 5 ; z 6 ; 29 ; 302 ; 50; ΧΧΧΙΙ, 27.

8gr

AΓmonide (flaιιtista), χχπΙ, z2; 3 · Aniano (stoΓico), χχχπ, z . AΓsacoma (scita), XLI, 44 ; 453 ; 46 ; 473 ; 48 ; 50 6 i 5 Ι ; 53 2 ; 54; 55 2 · AΓsace, XLVI, Ι52. AΓtaseΓse, xxv, 39. AΓtemide, XXXIV, I z 2 ; XLI, z2 ; XLI, 3 ί XLIV, 40 ; 44 ί XLVI, 24. AΓtemidoω (appellativo iωnico) , XXXIV, Ι Ζ . Ascalafo, XXXVI, 20. Asclepiadi, XXIV, Ι . Asclepio, xxv, Ι 6 ; χχχπ, Ιο ; I 3 i Ι 43 ί I 5 i z 6 ; 38 ; 43 i 5 8 ; ΧΧΧΙΙΙ, 45 ί XXXVII, 27 2 ί XLIV, 2 Ι ί 26 ί XLV, Ι 6 ; XLVI, 24. Asia, XXIV, 5 ί ΧΧΧΙΙ, 2 ί 9 ί ΧΧΧΙΙΙ, 5 4 ί XXXVII, 30; XLI, Ι 7 , Aspasia, ΧΧΧΙΙΙ, 25 ; XXXV, 7 ί XXXVIII, 30; ΧΧΧΙΧ, I 7 i XI"V, Ι93; XLV, zo2. AssiΓi, χχχΙ, 8; XLIV, 42. AsteΓe (aΓcieΓe) , xxv, 38. Astianatte, χχχπΙ, 76. Atalanta, ΧΧΧΙΙΙ, 50. Atamante, ΧΧΧΙΙΙ, 42 ; 67 ί XXXVI, Ι4, AtaΓneo, xxxv, 9 . Ate, ΧΧΧΙΧ, Ζ Ι . Atena, ΧΧΙΙΙ, 4 i ΧΧΧΙΙΙ, 3 9 ί XXXIV, Ι 9 ί XXXVI, 22 ί XXXVII, Ι Ι ί ΧΧΧΙΧ, 22 ί XL, Ι 8 ί 23 ; XLIV, 5 ί 35 ί 402• Atene, XXIV, I 2 i 42 ; 5 ; 7 ; 9 ; xxv, 3 8 ; χχχπ, 3 8 ; χχχνπ, 1 4 ; r 8 ; 64 ί XXXVIII, 24 ; 29 ; 5 Ι ί ΧΧΧΙΧ, 4 ; XLI, Ι 9 ί Ζ Ι ; 5 7 ; XLIV, Ζ Ι ; XLVI, 6. Ateniesi, XXIV, Ι 2 ; z 2 ; π ; xxv, Ι 5 ί 382 ; 5 1 ; ΧΧΧ, 4 ; ΧΧΧΙΙΙ, 40 i χχχνπ, Ι Ι3 ί 34 ί 53 ; 572 ί 63 ; 67 ; XLVI, Ι6 ί 24. Atlante, χχχπr, 56. Atos (monte), χχν, Ι Ζ ; xL, 93•

INDICE DEI ΝΟΜΙ

Atreo, xxv, 8 ; χχχrπ, 43 ; 67 ; XXXVI, Ι22, Atride (patronimico di Agamen­ none) , XLV, 25 . AtiΌpo (Parca), xxv, 38 ; XLIII, 2 ; π. Attalo (Ι, r e d i Pergamo) , XLVI, Ι 5 . Atteone, χχχrπ, 4 Ι . Attica, ΧΧΧΙΙΙ, 39 ; XLVI, Ι 8 . Atticione, xxxrv, 3 · Attide (cronaca locale ateniese) , xxv, 32. Attis (divinita), XLIV, 8; XLVI, 27. Attis (nome proprio), χχχπ, 53· Augia, χχχπ, r . Augusto Ottaviano), (Cesare ΧΧΧΙΙΙ, 34· Ausoni ( = Romani), χχχπ, π . Autolico, xxxvr, 202• Avito (Lucio Lolliano), χχχπ, 57· Babilonesi, xxxvr, g. Babilonia, ΧΧΧΙΙ, Ι 6 ; XLIV, 53 (plur.). Bagoa (filosofo paripatetico) , χχχν, 4 ; 52; 6 ; g ; π ; 1 3 . Barceti, XLI, 50. Baste (scita), XLI, 432• Battra, χχχπ, 43· Battriana, XLV, Ι7. Battriani, xxv, 5· Beati (Isola dei Β.), χχνΙΙ, 6; 35 ; XLIII, 17 (plur.). *Beati (popolo) , XXVII, Ι Ι . Belitta (scita) , xLr, 432• Bellerofonte, χχχrπ, 42 ; xxxvr, Ι3. Bendis (dea dei Traci), XLIV, 8 ; XLVI, 24. *Bene, ΧΧΧΙΙΙ, 70. Beozia, ΧΧΙΙΙ, Ι . Berea, XLII, 34· Bisanzio, χχχπ, 6. Bitinia, χχχπ, 6 ; 9; ΙΟ ; Ι 8 ; 572 ; ΧΧΧΙΙΙ, 2 Ι .

*Blacia (pianura) , χχνπ, 33· Borea, ΧΧΧΙΙΙ, 40 ; XLVI, 2 5; 26. Boristeniti, XLI, 6 Ι . Bosforo (stretto del Β.), xxrv, 3 ; XLI, 4 · Bosporani (popolo) , XLI, 44 ; 46 ; 5ο ; 5 Ι ; 55· Bosporo (regno) , XLI, 442 ; 47 ; 49 ; 5 Ι 2 ; 522 ; 54; 56. Bramani, XLI, 34· Branchidi, χχχπ, 8 ; 29. Brasida, xxv, 49· Briareo, XLIV, 40. Briseide, XL, 24. Briseo, ΧΧΧΙΧ, 8 . Bt·uzzio, ΧΧΧΙΙ, 2 Ι . Bubalo (brigante) , χχχπ, 52. * Bucefali (tribu) , χχνπ, 443 ; 47 · Busiride, χχνπ, 23. Cadmo, χχχπr, 4Ι 2. Cafereo (promont.orio), XLIV, Ι 5 . Calamide (scultore) , xxxrx, 4 ; 6. Calcante, ΧΧΧΙΙΙ, 36. Calcedone, χχχπ, 9; ΙΟ2• Calipso, χχvπ, 27; 29 ; 35· Calipso (schiava) , χχχπ, 5 ο. Callia, XLIII, Ι 6 ; XLIV, 48. Callicle, xxxrv, 2 ; Ι4. Callicratida, XXXVIII, 9; Ι Ο ; Ι Ι ; Ι 3 ; Ι 4 ; Ι72 ; 25 ; 2 7 ; 30; 50, Calligenia, χχχπ, 50. Calliωaco, XXV, 5 7 ; XXXVIII, 49· Calliωorfo (ωedico) , xxv, Ι 6. Calliope, xxxvr, Ι ο ; xxxrx, Ι 4 ; Ι6. Callisto, ΧΧΧΙΙΙ, 48. Calva (punta ; doppiosenso) , xxxrv, Ι5. Candaule, XLII, 28. Caos, ΧΧΧΙΙΙ, 3 7 ; XXXVIII, 32. Capaneo, ΧΧΧΙΙΙ, 76. Cappadocia, xxvr, Ι 3 ; χχχπ, 55 ; XLVI, 26. Caraωbi (punta di C.) , XLI, 57· Carano, χχνπ, 22.

INDICE DEI ΝΟΜΙ

* Carcinochiri, xxvr, 3 5 ; 38. *Careotide (fonte), χχνπ, 33. Caι·icle, XXXVIII, 9 ; 102 ; Ι Ι ; Ι 3 ; 1 42 ; 1 73 ; r 8 ; 292; 30; 3 1 ; 35 ; 36 ; 37 ; 50 ; 5 1 ; 522. Cal'iclea (moglie di Demonatte) , XLI, 132; 14 ; 1 5 ; 1 6 8 ; I J2. Carie, χχχrπ, ro. Caι·imanti ( = Mal'icanti), xxxrv, 4 · *Carionauti, χχνπ, 37 ; 38 . Carisseno, XLI, 223 ; 232. Caristo (citta), XL, Ι 9 . Cariti, XXIV, 9 , XXV, Ι 4 ; ΧΧΧΙΙ, 4 ; XXXVII, Ι ο ; XL, 2 6 ; XLVI, Ι . Carmolao, XLI, 24. Caronte, xxxvri, 45· Carope, XLIII, r 6. Cassandl'a, χχχΙΧ, 7. Cassio (C. Avidio, console), xxv, 3Ι. Cassiopea, ΧΧΧΙΙΙ, 44 ; XL, J . Caspio, xxv, Ι 9 . Castalia (fonte), XLIV, 30. Castore, ΧΧΧΙΙΙ, Ι Ο ; XXXVIII, 46. *Caulomiceti, χχνΙ, Ι 62. Cecrope, XLV, 26. Cefeo, χχχπΙ, 44· Celeo, χχχπΙ, 40. Celere (brigante), χχχπ, 52. Celesti (dei), χχχπ, 35; XLVI, 2. Celso (filosofo epicureo), χχχπ, Ι ; Ι]; 2Ι. Celta ( = Severiano) , χχχπ, 2 7. Celti, xxv, 5 ; 3 Ι ; XLIV, Ι 3 . Cencrea (fortezza ωιnana), xxv, 29. *Cencroboli, XXVI, Ι 3 . Ceneo, χχχπΙ, 57 ; XLV, Ι 9. Centauri, ΧΧΧΙΙΙ, 48 ; XLIV, 2 Ι . Ceo (isola), xxv, Ι Ι . Ceraιnico (quartiere ateniese), XXIV, 3 ; XLIV, Ι 5 ; XLVI, 34· Cercione (brigante), XLIV, 2 Ι . Ceι·copi, χχχπ, 4· Cerici (collegio sacerdotale), χχχπ, 39·

Cesare (attributo dell'inψeratore) , ΧΧΧΙΙ, 3 9 ; XLII, Ι 62. Cesarea, xxv, z82. Cetego (Μ. Gavio Cornelio, consolare) , XXXVII, 30. Chelidonie (isole) , χχχνπΙ, 7 . Cherea (orefice), XXXIV, 92. *ChiaΓezza, XXXIV, 23. Cl1io, XXVI, 7; XXVII, 20 ; 40. Chiomadoro (appellativo di Euforbo) , XLV, 1 3 . Cibele, ΧΧΧΙΙ, 48. Cicladi, XXVI, Ι5 ; XLI, IJ. Cidimache, XLI, 25. Cilici, ΧΧΧΙΙ, 19; XLVI, Ι 6. Cίlίcia, ΧΧΧΙΙ, 192 ; 30 ; XXXVIII, 7 . Cillenii (abitanti di Cillene), XLIV, 42. Cillenio ( = Ermete) , XLVI, 34· Cinegiro (fratello di Eschilo) , XXXVll, 53 ; XLIV, 32. Cineto (adulatore), XL, 20 ; 22. Cinici, xxxv, 7; χχχvπ, 50. Cinira, XXVII, 252 ; 2 6 ; 3 Ι . Cinisco (diιninutivo di Cinico), XLIII, 1 ; 3 ; 4; 8 ; 9; 1 2 ; 14 ; 16 ; Ι 7 ; 18 . *Cinobalani, xxvi, Ι 6. Cinuria (regione del Peloponneso) , XLVI, Ι8. Cipro, XL, 2 7. Cipselide ( = « Ottuι·atrice ))) , XXXIV, Ι . Cipselo, XXXIV, Ι . Circe, χχvπ, 35 ; xxxni, 46 ; 85 ; XXXVI, 24. Ciri (il Grande e il Giovane) , XXVII, IJ. Ciro (il Grande), XXVII, 9 ; XLIII, 14 ; :XLIV, 43. Ciro (il Giovane) , XLV, 25. Ciπa (porto) , xxxr, 4· Citerone, ΧΧΧΙΙΙ, 4Ι ; ΧΧΧΙΧ, 14. Claro (citta) , χχχπ, 8; 292 ; 43· Clearco, XLV, 25.

INDICE DEI ΝΟΜΙ

Cleone, xxv, 38. Cleopatra, χχχπ1, 37· Clinia (ora�ore), XLV1, 16. Clinia (amico) , χχχ1ν, 19. Clinia (padre di Pericle) , χχ1ν, Ι Ι . Clisma, χχχπ, 4+ Clitemnestra, ΧΧΧ1ΙΙ, 43 ; XXXV1II, 47· Clio, ΧΧΧ1Χ, 1 6. Clito, xxv, 38. Cloto (Parca) , xxv, 3 8 ; XLII1, 2 ; 4; 6; π ; 15. Cnidia ( = Afrodite) , χχχvπ1, 54· Cnidii, XL1V, 10. Cnido, XXV, 622; XXV1, 3 ; XXVII, 3 1 ; XXX1V, 7 ; XXXV1II, Ι Ι 3 ; 1 6 ; 31 ; 5 3 2 ; ΧΧΧ1Χ, 4 ; 62 ; XL, 8 ; 18 ; 22. *Cobalusa (isola) , χχvπ, 46. Cόccona (sCΓittore di cronacl1e lo­ cali) , χχχπ, 6 ; 9 ; Ιο. Colchide, XLI, 3 . Coliacli (dee della maternita), XXXVII1, 42. *Colocintopirati, χχνπ, 372. Colofone, χχvπ, 20 ; XL1V, 30. Colosso di Rodi, XLV1, 122 . Conone, xxv, 34· *Contese, XXXV1II, 37· *« Contro-simposio )) (opera di Les­ sifane) , XXX1V, Ι , Copaide (lago), xxxrv, 6. Coraci (appellativo di Oreste e Pilade) , XL1, 7• Corcira, xxv, Ι5. Core ( = Persefone), χχχ1π, 40. Corebo, XXXV1II, 53· Coiibanti, ΧΧΧΙΙΙ, 8 ; 79 ; XLV1, 27. Corinto, xxv, Ι7; 29 ; χχνπ , 22; ΧΧΧΙΙ1, 42 ; XXXV1II, 9; 5 Ι ; XL1, 222 ; XLV, 23. Corinzii, χχν, 3 ; 29 ; χχχvπ, 5 7 ; XL1V, 9 · Coronide, χχχΙΙ, 14 ; 38 . Corono, xxv1, 29. Cos, χχνπ, 7·

*Cottifione, XXV1, 29. Coturno ( = soprannome di TeΓa­ mene), XXXVIII, 50. Craneo (colle di CoΓinto) , xxv, 3 ; 29 ; 63. Cratete (filosofo cinico) , χχχvπ, 48 ; XLV, 202. Cratone, χχχπr, r ; 2 ; 42 ; 54 ; 6 ; 7 · Creonte, ΧΧΧΙΙ1, 42. CΓepereio Calpurniano, xxv, 1 5 . Creso, χχχπ, 48 ; XL, 2 0 ; XL1II, Ι Ζ ; Ι 4 ; XL1V, 43 ; XLV, 23. Creta, ΧΧΧΙΙ1, 8; 492 ; XL1V, 45· CΓetesi, ΧΧΧΙΙ1, 8. Crisippo, XXVII, Ι 8 ; χχχπ, 25 ; ΧΧΧΙΙ1, 2 ; XLV1, 24. Cristiani, χχχπ, 25. Cronide ( = Zeus) , XL1V, Ι ; XLV1, 33· CΓonio, xxv, 2 Ι . Crono, ΧΧΧΙΙ1, 3 7 ; 47 ; 8ο ; XXXV1, 2 Ι 2 ; XL1V, 2 6 ; XLV, Ι 3 ; Ι4. Cωt.one, XL, Ι9. Ctesia (di Cniclo, storico), xxv1, 3 ; XXVII, 3 Ι . Ctesioco, xxv1, 3 · Cιιreti, ΧΧΧΙΙ1, 8 .

Dafne, XXV1, 8 ; ΧΧΧΙΙ1, 48. Damasia, XXXIV, Ι Ι ; Ι 2 . Damide, XL1V, 42 ; 5 ; Ι 62 ; Ι73 ; Ι 8 ; 2 2 (plιιΓ.) ; 24 ; 25 ; 2 9 ; 322 ; 3 3 ; 342 ; 35 ; 36 ; 38 ; 4Ι ; 44 ; 45 ; 50 ; 532· Damone, XL1, Ι 93 ; 20 2 • Danae, ΧΧΧΙΙ1, 44 ; XXXVII, 47 ; XLIV, 2 ; 5 · Danae (nome proprio) , χχχvπ, 47· Danao, ΧΧΧΙΙ1, 44· Dandamide (scita), XL1, 3 8 ; 39; 4ο4; 4Ι ; 42. Dario (ΡΓiιnο) , XXV, 23 ; XL1V, 53· Dattili Idei, χχχπ1, 2 Ι. Daιιceto (padre di AnacaΓsi) , XX1V, 4·

INDICE DEI NOl\1!

Davi (sclιiavi della Comnιedia Nuova), ΧΧΧΙΙΙ, 29. Decelea, XXXVIII, 24. Decl"iano (sofista) , XLII, 2 2. Dedalo, ΧΧΧΙΙΙ, Ι 3 ; 49 ; XXXVI, 14 ; r 62 ; ΧΧΧΙΧ, 2 1 ; XLV, 23 ; XLVI, 22. Deianiι·a, ΧΧΧΙΙΙ, 50. Delfi, ΧΧΧ, r 2 ; 5 ; 9; 1 2 ; 1 4 ; ΧΧΧΙ, r 2 ; 3 2 ; 7 ; 8 2 ; r o2 ; ΧΧΧΙΙ, 8 ; 43 ; XXXVI, 23 ; XLIV, 3 0 ; XLVI, 24, Delfi (abitanti c1i D.), xxxrx, 7· Delio (sede del tempio di Apollo in Beozia) , χχνπ, 23 . Delo (isola), ΧΧΧΙΙ, 8 ; ΧΧΧΙΙΙ, r 6 ; 38. Demetra, ΧΧΧΙΙ, 40 ; XLVI, 27. Demetrio (filosofo cinico), χχχrπ, 633 ; XXXVII, 3 · Demetήo sagalassese (pseudosto­ rico) , χχν, 3 2. Demetrio (amico) , XLI, 27 2 ; 3 0 2 ; 3 1 ; 3 2 ; 3 3 5 ; 3 42 ·

Demetrio Poliorcete, XL, 20 2 . Democrito (di Abdeι·a), xxxrr, η ; 50. Demonatte, XLI, 1 3 ; 1 73 . cinico) , (filosofo Demonatte χχχνπ, r 2 ; 2 ; 3 ; 12 2 ; 13 ; Ι 4 ; r 6 ; r 8 ; 2 r ; 24 ; 2 7 ; 3 0 ; 38 ; 39 ; 45 ; 5°· Demostene (generale ater:ιiese), χχν, 3 8 ; 49· Demoster:ιe (oratore), XLIV, 1 4 ; 15 ; 23· Demostrato, χχχπ, 45. *Dendriti, XXVI, 22. Dessifane, χχν, 62. Deucalione, χχχπr, 39· Diana, XL, 25 2 • Diasie, XLVI, 24. Diclima, ΧΧΧΙΙ, 29 ; 43 ; XXXVI, 23 . Didone, ΧΧΧΙΙΙ, 46. Dimeneta, xxrv, 2. Dinia (noιne proprio) , xxxrv, r o2 ; XLI, 12 4 ; r 4 ; r 5 ; r 64 ; 1 74 ; r82.

Dinomene, XLI, 30. Dio (Medico) ( = Asclepio), XLII, 6. Diocle (nome proprio) , χχχπ, 52 ; xxxv, 4 ; 5 ; 6 ; 7 2 • Diogene (Sinopeo), xxv, 33 ; χχνπ, r 8 ; χχχνπ, 48; 58 ; 62 ; XL, 1 7. Diomede (nιitico re trace) , χχνπ, 2 3 ; XLIV, 402. Dione (nome proprio) , xxxrv, Ι Ι ; Ι2. Dione (uomo polίtico siracnsano) , XI,V, 25. Dionisie, ΧΧΙΙΙ, 2. Dionisio (Π il Giovane, til'anno) , XLV, 23. Dioniso, XXVI, 73 ; ΧΧΧΙΙΙ, Ι Ο ; 22 2 ; 39 ; xxxvπr, 8 ; r z ; XL, 2 7 ; XLIV, Ι2 ; 2Ι ; XLVI, 27. Dioscuri, ΧΧΧΙΙ, 4; ΧΧΧΙΙΙ, 40 ; XLV, 20. Diotima, XXXV, 7 ; ΧΧΧΙΧ, 1 82 • Dipilo, XXIV, 2. Dirce, XLII, 23. Dodici (nιagistratura ateniese) , XLIV, 26. Dodona, XXXVIII, 3 Ι ; XLV, 2 ; XLVI, 242 • Dosiada, XXXIV, 25. Drimilo, XLV, 14.

Eacide ( = Aclιille) , xxxvrπ, 5 ; 54· Eaco, χχχ, 7· Eagro, XXXVI, Ι Ο . Ebe, XXXVIII, 1 4 . Ebrei, χχχπ, 1 3 . Echinadi, ΧΧΧΙΙΙ, 50. Ecuba, ΧΧΧΙΙΙ, 27 ; XLV, 1 7. Edessa, xxv, 22. Edesseni, χχν, 24. Edipo, ΧΧΧΙΙΙ, 4 1 . Eeta, ΧΧΧΙΙΙ, 52. Efesii, XLI, r 3 . Efeso, XLI, 1 2 ; 1 4 ; XLVI, 24. Efestione, XL, 27.

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Efesto, ΧΧΧΙΙΙ, Ι 3 ; 39 ; 63 ; XXXVI, 22 ; XLIII, 8 ; XLV, 32• Efialte (gigante) , XLVI, 23. Egeo, ΧΧΧΙΙΙ, 40. Egiali, ΧΧΧΙΙ, 57· Egina, XLIII, Ι6. Egisto, ΧΧΧΙΙΙ, 67 ; XXXVIII, 4 7· Egitto, XXIV, 5; Ι 5 ; ΧΧΧΙΙ, 44 ; ΧΧΧΙΙΙ, Ι 9 ; 44 ; XLI, 272 ; 33 ; XLV, Ι 8 ; XLVI, 24. Egizii, ΧΧΧΙΙΙ, 59; XXXVI, 5 2 ; 7 ; Ι ο ; XL, 2 7 ; XLIV, 42 2 ; XLVI, Ι 6 (Egiziani) . Elato, XLV, Ι 9 . Elei, χχν, 5 Ι ; χχχνπ, 58 2 ; XL, Ι4. Elena, χχνπ, 8 ; Ι 5 ; 25 3 ; 26; ΧΧΧΙΙΙ, 40 ; 45 ; XXXV, 3; ΧΧΧΙΧ, 22 ; XLV, Ι 7, Eleusi, XXXVIII, 24. Eliade (discendent.e di Elio) , XXXVIII, 2. Elicona, ΧΧΧΙΧ, Ι 6 ; XLIV, 26 2 • Elide, ΧΧΧΙΙΙ, 47· Eliea, χχχνΙπ, Ι 8 . Elio, ΧΧΧΙΙΙ, 42 ; 63 ; XXXVIII, 7 (Elios) ; 8 (Elios) ; XLIV, Ι Ι ; XLV, 33 (Elios) . *Elioti (abitanti di Elios) , XXVI, η ; 1 9 ; 205• Elisio (pianura), XXVII, Ι 4 ; XLIII, Ι 7, Ellade, XXXVIII, 7 ; 4 7 · Ellanico, XXXIV, 42• Emo, ΧΧΧΙΙΙ, 5 Ι . Empedocle, XXVII, 2 Ι ; XLVI, Ι 3 3 ; Ι4. Empusa, ΧΧΧΙΙΙ, 1 9 . Endimione (re degli Ippogipi) , XXVI, Ι Ι ; Ι 4 ; Ι 9 ; 2 Ι 2 ; 2 7 ; χχχνΙ, Ι 8 (pastore amato da Selene) ; XLVI, 13 (re degli Ip­ pogipi) . Endimione (appellativo) , χχχπ, 39· Enialio ( = Ares) , xxv, 26. Enea, ΧΧΧΙΙΙ, 46 ; XXXVI, 20 2 •

Eneo, XLIV, 40. Enoe, XLVI, Ι 8 . Enomao, χχχπΙ, 47· Eolo, ΧΧΧΙΙΙ, 46. *Eolocentauro, χχνΙ, 42 3 • Epafo, ΧΧΧΙΙΙ, 59· Epeo, χχνπ, 22. Epicurei, χχχν, 3 ; xLVI, 29; 32. Epicuro, XXVII, Ι 8 ; ΧΧΧΙΙ, Ι 7 ; 25 6 ; 43 ; 47 ; 6 Ι ; xLIV, Ι 9 ; 22 (plur. ) ; XLVI, Ι 8 . Epipoli, xxv, 38 ; 5 7 · Epitteto, ΧΧΧΙΙ, 2 ; XXXVII, 3 ; 55 2• Era, ΧΧΧΙΙΙ, 2 Ι 2 ; 3 9 ; ΧΧΧΙΧ, 7 ; XL, 72 ; Ι 3 2 ; Ι 8 ; 26 ; XLIV, 3 ; 5 · Eracle, χχν, 8 ; 9 ; Ιο2 ; Ι 9 ; 23 ; XXVI, 5 ; 72 ; XXVII, 22 ; ΧΧΧΙΙ, 4 (Difensore) ; χχχrπ, 4 ; 27 ; 41 ; 5ο ; 73 ; 78 ; χχχΙν, Ι 9 ; xxxvrr, Ι ; XXXVIII, 3 ; Ι 4 ; ΧΧΧΙΧ, Ι ; XLII, Ι Ο ; XLIV, Ι 2 ; Ι 3 ; 2 ! ; 32 2 ; 3 4 ; XLV, 2 ; 6 ; I J3 ; 29 ; XLVI, Ι ; 27. Eraclee (celebrazioni in onore di Eracle) , XXXVIII, Ι . Etaclidi, ΧΧΧΙΙΙ, 40. Erchio, XXXVIII, 49· Eridano, ΧΧΧΙΙΙ, 55· Erigone, ΧΧΧΙΙΙ, 40 . Erimanto, XLVI, Ι Ι . Erinni, XXXVIII, 4 7. Eritia, ΧΧΧΙΙΙ, 56. Erittonio, ΧΧΧΙΙΙ, 39· Eretteo, ΧΧΧΙΙΙ, 40. Ermagora, xLIV, 33· Ermeo, xL, 27. Er111ete, ΧΧΧΙΙΙ, 78 ; 85 ; XXXVI, 20 2 ; xxxνirr, 46 ; χχχΙχ, Ι 6 ; XLIV, 5 ; 62 ; 7 ; 9 ; Ι ο ; 1 2 2 ; 142 ; Ι 8 ; 33 ; 4ο ; 53 ; χLν, 2 ; 28 3 ; XLVI, 2 2 ; 27 ; 34• Er111ia, xxxv, 9. Erωino, XXXVII, 562• Ermocrate, χχν, 38. ErmodoiΌ, xLVI, Ι 6 ; 26.

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Eroc1e (τiberio Claudio Attico Ε., rappresentante della Nuova So­ fistica) , χχχνπ, 242 ; 33· Erodico, xxv, 35· Erodoto, χχν, r 8 ; 42 ; 54 ; χχvπ, 5 ; 3 Ι ; ΧΧΧΙΙΙ, 78 ; XXV, 2 (plurale ; appellativo) . Erofilo, xLνr, Ι 6 . E,ros, XXV, Ι ; ΧΧΧΙΙΙ, 7 ; :XXXVIII, Ι Ι ; 30 ; 32 ; 374; 49• Eroti ( = Amori) , χχχπΙ, 38. Eschine, ΧΧΧΙΧ, 17. Esiodo, XXVII, 22 ; ΧΧΧΙΙΙ, 23 ; 24 ; 6 Ι ; XXXVI, 22 ; XXXVIII, 3 ; XLIII, Ι ; XLVI, 27. Esopo, χχνπ, r 8 ; XLVI, r o. Esperidi, :χχχπΙ, 56. Esteωσ (mare ; Oceano Indiano) , χχν, 3 1 . Eta, ΧΧΧΙΙΙ, 50 ; XXXVII!, 54· Etiopi, ΧΧΧΙΙΙ, Ι 8 ; XXXVI, 32 ; 5 ; r o ; XLIV, 3 7 ; 42. Etiopia, XXV, 1 5 ; ΧΧΧΙΙΙ, 19. Etna, XLVI, 1 3 . Etolia, χχχΙπ, 50. Ettore, XXV, 14; ΧΧΧΙΙΙ, 762 ; XL, 25. Eubioto, xLr, 5 1 ; 543. Eucrate, XLV, 7 ; 8 ; 9 ; ro2 ; π 2 ; Ι 2 2 ; 3 2 2 ; 33· Eudamida, XLI, 223 ; 232• Eudemo, XXXIV, 9 ; π ; 12 ; 14; 1 5 . Eudianatte, XXVI, 15. Euforbo, χχνπ, z r ; xL, 26; χLν, 4 ; 13 ; 1 5 ; r 6 ; 1 7 ; 20. Euforione (poeta) , xxv, 57· Eufranore (pittore), xxxrx, 72; 8 ; XLIV, 7 · Eufrate, xxv, 24. Eumolpic1i, χχχπ, 39. Eumolpo (re di Tracia) , χχχνη, 34· Eunomo (citarec1o), XXVII, !5. Eupatore (τiberio Giulio, re del Bosforo) , χχχπ, 57· Euribato (ladro e traditore) , χχχπ, 4· 2 9 . LUCIANO,

ΙΙ.

Euripide, XXV, Ι ; XXXVIII, 38 ; XLIV, Ι ; 412 ; XLV, 19. Euristeo, XLIV, 21. Europa, ΧΧΧΙΙΙ, 49 ; XLIV, 2. Europo, χχν, io ; 24 ; 284• Eutidico, xLI, 1 9 3 ; . 2ο2 ; 2 1 . Evagoι·a, XL, 27.

Falal'ide, χχνπ, 23 ; χχχ, r ; 9; 142 ; ΧΧΧΙ, Ι ; 4 ; Ι ! . Falete (divinita dei Cillenii) , XLIV, 42· * F'antasione, χχνπ, 33· Faone, XL, :i. FaιΌ (isola) , xxv, 62 ; XLVI, 12. Fato, XLIII, r ; 3 2 ; 4; 5; r o ; π3 ; Ι 4 ; 1 5 ; Ι 6 ; 1 8 ; 192• Favorino (sofista) , χχχνΙi, 12. Feaci, XXVI, 3; XXVII, 35 ; ΧΧΧΙΙΙ, !3.

Febo, ΧΧΧΙΙ, Ι Ι ; 36 . Fedra, ΧΧΧΙΙΙ, 49 ; 2 (plur.) . Fedro, XXXVIII, 24 ; 3 1 2• *Fello (patria dei Fellopodi) , χχνπ, 42 ; 25. *Fellόpodi, XXVII, 4· Fenicί, ΧΧΧΙ, 8; ΧΧΧΙΙ, 1 3 ; XLI, 4; XLVI, Ι ; 16. Fenicia, ΧΧΧΙΙΙ, 58. Fetonte, χχνΙ, 122; 1 3 ; r 63 ; r83 ; Ι9 ; 28 ; ΧΧΧΙΙΙ, 55 ; XXXVI, 1 94• Fidia, XXV, 5 1 2 ; ΧΧΧΙΙΙ, 35 ; ΧΧΧΙΧ, 3 ; 42 ; 6 ; XL, 143 ; 23 ; XLIV, 72 ; XLV, 24 ; XLVI, 24. Filebo, XLII, 362. Filenide, XXXVIII, 28. Filino, XXXIV, 4 ; 5 · Filippo (Π, re di Macedonia) , χχν, 3 ; 38 ; ΧΧΧΙΙ, Ι ; XLIV, 14. Fillide, ΧΧΧΙΙΙ, 40. Filone, xxv, Ι : 4; 22 ; 24 ; 29. Filottete, ΧΧΧΙΙΙ, 46. Fineo, xL, 20. *Flogio, xXVI, 20. Focea, XXXIV, 7·

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Focide, xxxvπr, 4 7· Focione, XXVII, Ι 7; XLIII, Ι 6 ; XLIV, 48. Foloe (gruppo montuoso) , XLVI, Ι Ι . *Fortuna,, XLI, 2,6 ; XLIII, 3 2 ; 4· Frigi, ΧΧΧΙ, 8 ; XLIV, 42. Frigia, ΧΧΧΙΙΙ, 8. Frigio ( GanimedΙJ), XLVI, 2. Frinonda (malfattore), χχχπ, 4· Frisso, xxxvr, Ι4. Fωntide, xxv, 2 Ι . Frontone, xxv, 2 1 . =

Gaio (fratello di Lucio) , XLII, 5 5 · *Galassia, xxvr, Ι6. Galatea, χχvπ, 3 . Galazia, xxv, Ι 9 ; χχχπ, 9 ; Ι 8 ; 3 ° : 44· Gallia, xxxv, 7· *Gallo (tempio del G. ) , χχvπ, 3 2 ; 33· Ganimede, XXXVIII, Ι 4 ; XLIV, 2 Ι ; XLVI, 2 7. Genetillidi (dee della nascita) , XXXVIII, 42. *Genio (celeste), xxxvπr, 32 . Gerani (catena montuosa), XLVI, Ι Ι, Geresto (porto) , XLIV, 25. Gerione, ΧΧΧΙΙΙ, 5 6 ; XLI, 62. Geti, XXV, 5 ; XLVI, Ι 6 2 • Giacinto, XXVII, !72 ; Ι 9 ; ΧΧΧΙ.Π, 45· Giaro, XLI, 1 7 ; Ι 82• Giasone, ΧΧΧΙΙΙ, 52. Giganti, ΧΧΧΙΙΙ, 38 ; XLVI, 33 · Gilippo, xxv, 3 8 . Gindane (scita) , XLI, 6 Ι 3• Giorno (divinita etiope) , xLrv, 42. Giove, χχχπ, 48. Germania, χχχπ, 48. Glauce, χχχrπ, 42; 8ο. Glauco (figlio di Minosse) , χχχιπ, 49· Glauco (atleta) , XL, Ι 94,

Glicone (appellativo di Asclepio) , χχχπ, Ι 8 2 ; 3 8 ; 3 9 ; 40 ; 433 ; 55 ; 5 8. Gnifone (usuraio), XLV, 30. Goche (suddito di Sardanapalo), XLIII, 1 6 . Gorgone ( Medusa) , xxv, Ι 9 ; ΧΧΧΙΧ, Ι . Gorgoni, ΧΧΧΙΙΙ, 44 ; ΧΧΧΙΧ, Ι 4 . Grande Madι·e, χχχπ, Ι 3 . *Grazia, xxxrx, 9· Grazie, XXXIV, 23 ; ΧΧΧΙΧ, 9 ; XLV, Ι 3 . Greci, ΧΧΙΙΙ, Ι ; 2 2 ; XXIV, 8 ; XXVI, π ; Ι 4 ; 22 ; χχχ, Ι ; Ι ο ; Ι 4 ; ΧΧΧΙ, 7 ; ΧΧΧΙΙΙ, 8 ; Ι ο ; Ι 7 ; XXXV, 7 ; XXXVI, Ι ο2 ; Ι Ι ; Ι 2 ; Ι 5 ; 20 ; XXXVII, Ι ; 4 ; XXXVIII, 54 ; XL, Ι 9 ; XLI, 3 ; 92; Ι Ο (sing.) ; Ι Ι ; 54 ; 55 ; XLII, 2 ; XLIV, 20 ; 53 ; XLV, 18. Grecia, ΧΧΙΙΙ, 2; XXIV, Ι ; 4 2 ; 5 2 ; 73 ; 8 ; ΧΧΧΙ, 8; XXXVII, 3 0 ; 63 ; XLI, 62 ; XLVI, Ι Ι ; Ι 3 ; Ι 8 ; 23 ; 26. *Guerra, xxv, 2 ; XLVI, 8. =

lacco, ΧΧΧΙΙΙ, 39· Iadi (costellazione) , xxvr, 29. Iambulo (storico) , xxvr, 3. Iberia (regione della, Persia set­ tentrionale), xxv, 29 ; 50. Icario (mare) , χχχπr, 40 ; xxxvr, Ι5. Icario (padre d i Penelope) , xxxrx, 2 0 ; XLVI, 3 · lcaro, ΧΧΧΙΙΙ, 49 ; XXXVI, 1 5 ; ΧΧΧΙΧ, 21 ; XLV, 23 ; XLVI, 3 · Icco (maestro d i ginnastica) , xxv, 35· Ida (ιnoηte) , χχχπ, 2. *Idaιnargia (citta) , χχvπ, 46. Idaspe, xxv, Ι 2 . ldra, ΧΧΧ, 8 ; XXXVIII, 2 ; XLIV, :21 .

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Ieronimi ironico) , (appellativo XXX1V, ! 1 . l:figenia, XL1, 62. Ila, XXVII, 1 7 . Ilazione (danzatore-guerriero tes­ salo), χχχrπ, 14. Iliade, XXVII, 20. Πίο ( = Troia), χχvπ, 1 7 ; χχχΙΙΙ, 9 ; XL, 20; XLV, 17. Imera, XL, 15. lιnetto, XLV1, 1 1 . lnaco, ΧΧΧΙΙ1, 43· lndi, XXV, 5; XXVI, 3; ΧΧΧΙΙ1, 172 ; 22. India, xxv, 3 Ι ; χχχπ, 44 ; 48 ; ΧΧΧΙΙ1, 1 9 ; XL1, 34; XLV1, 1 1 . Indo, xxv, 3 Ι . Inni (opera d i PindaΓO), XLVI, 27 . Ino, ΧΧΧΙΙ1, 42 ; 67. Ιο, χχχπ1, 43· lolao, ΧΧΧ,. 8; XXXVII1, 2. Ioni, XL1, 1 2 . lonia, XXV, Ι 4 ; ΧΧΧΙΙ, 30 ; ΧΧΧ1ΙΙ, 79 ; ΧΧΧΙΧ, 2 ; XL1, 1 5 . Ionico (golfo ; = mare Adriatico), XXXVII1, 6. !onio (mare), ΧΧΧ1, 4 ; 7 ; XL1, Ι 9 . *lonopoli (citta), ΧΧΧΙΙ, 58. Ipata, XLII, 12. Iperborei, xxxr, 8. Iperide (:filosofo cinico) , xxxvrr, 48 . lpparco (ospite d i Lucio), XLII, 1 3 ; 2 ; 3 2 ; 4 2 ; 5 ; 7 ; 1 5 ; r 6. lppocrate, xxvr, 7· *Ippogerani, xxvr, 1 3 . *lppogipi, XXVI, Ι Ι 3 ; 1 3 ; 15 ; 1 7 ; 2 J ; 29. lppolito, ΧΧΧΙΙΙ, 40 ; XXXVII1, 2. *Ippominneci, xxvr, 12 ; 1 6. Ipsipile, xxxn1, 44· Iside, XLV, 1 8 . Isidoto, xxv, 9. Issione, xxv, 572. Istro ( = Danubio), χχχπ, 482• Jtalia, XXV, 38 ; 50 ; XXVI, 34 ; ΧΧΧΙΙ, 30 ; ΧΧΧ1ΙΙ, 2 1 ; 32; 55 ;

Sgg

XXXV, 12 ; 3 6 ; 3 8 ; 5 3 ; XXXVIII, 6 ; Ι Ο ; XLI, r 8 ; Ι 9 ; 24 ; XLV, Ι 7 . Jtalioti, ΧΧΧΙ, 8 ; ΧΧΧΙΙΙ, 67.

Labdacidi, ΧΧΧΙΙΙ, 4 Ι . *Lacanotteri, XXVI, Ι 3 ; 15. Lachesi (Parca), xLIII, 2 . Laconia, ΧΧΧΙΙΙ, Ι Ο. Laide (moglie di Diogene) , χχvπ, r8. Laio, XLIII, 1 3 . Laodamia, ΧΧΧΙΙΙ, 5 3 · Laomedonte, xLIII, 8. Larissa, X LII, 3 ; Ι Ι . Latona, ΧΧΧΙΙ, 38 ; ΧΧΧΙΙΙ, 3 8 . Latona (moglie di Evagora, re di Cipro) , XL, 2 7 ; XLIV, 40. Lazi, XLI, 44· Lemnia (statua di Atena), xxxrx, 4 ; 6. Le11111iadi, XXXVIII, 2 . Lemno, ΧΧΧΙΙΙ, 53· Leogora, χχχ, 9· Leotro:fide (corego) , xxv, 34· Lepido (τiberio Claudio) , χχχπ, 25 ; 43 2 • Lerna, XXV, 2 9 ; XXXVIII, 2. Lesbii, XXXVIII, 30. Lesbo, XXVII, Ι 5 ; ΧΧΧΙΧ, !8. Lesbonatte (di Mitilene, retore), ΧΧΧΙΙΙ, 69. Lessifane, xxxrv, r ; 2 ; r 6 ; r 8 ; 202 ; 22 . Leucanore (re del Bosporo) , XLI, 44 ; 45 ; 47; 50 ; 5 Ι 4• Leιιcotea, χχvπ, 35. Libia, XLVI, 15; 26. Libii, XXXVI, 8. Libιιrni, XXXVIII, 6. Licambe, XXXVIII, 3· Liceo (scιιola di Aristotele) , χχχvπ, Ι 4 ; XXXVIII, 3 Ι . Liceo (tempio di Apollo) , xxxrv, 2 . Licino (interlocιιtore di Cratone) , ΧΧΧΙΙΙ, r ; 2 ; 42 ; 52 ; 6 ; 7 ; 85 .

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Licino (interlocutore di Lessifane), XXXIV, Ι Ζ ; Ι 9 ; 203 ; 2 Ι . Licino (interlocutore di Panfilo) , XXXV, Ι ; 2 ; 5 ; 6 ; Ι Ι . Licino (interlocutore di Teomne­ sto) , XXXVIII, 2 ; 4· Licino (interlocutore di Polistra­ to) , xxxrx, Ι ; 2 ; 3 ; 4 ; 9 ; Ι ο ; Ι 4 ; Ι 5 ; Ι 7 ; 23 ; XL, Ι ; 8 ; Ι 2 ; Ι 3 ; Ι 62 ; 29. *Licnopolί, XXVI, 29. Licofrone (poeta) , xxxrv, 25. Licuι-go, XXVII, Ι 7; ΧΧΧΙΙΙ, 5 Ι ; XXXVI, 25. Lidί, ΧΧΧΙ, 8 ; ΧΧΧΙΙΙ, 22. Lidia, XXV, Ι Ο ; XLIV, 30 ; XLVI, 26. Lido ( = Creso) , XLV, 25. Linceo, XL, 20 ; XLVI, Ι 2 . Lisia (giovane amato d a Platone) , XXXVIII, 24. Lisimaco, XXV, Ι ; XLVI, 1 5 . Lisippo, XLIV, 9 ; Ι 2 . Lisone, XLI, Ι 2 ; Ι 5 . Locri (Epizefiri), XXVII, Ι 5 . Loncate (scita) , XLI, 44 ; 462 ; 4 72; 49 ; 502 ; 5 Ι ; 553· Lotofagi, ΧΧΧΙΙΙ, 4· Luciano (l'autore) , xxvn, 2 8 ; ΧΧΧΙΙ, 55· Lucifero ( = pianeta Venere) , xxvr, Ι 2 ; Ι 5 ; 2ο; 28 ; 32. ;Lucio, XLII, 2; Ι 5 ; 55· Luna (pianeta) , XXVI, Ι 2 ; Ι 5 ; Ι92 ; 20 ; 2 Ι ; 222; XLVI, 20.

Macedoni, ΧΧΧΙΙ, 6 (sing.) ; ΧΧΧΙΙ, Ι 6 ; ΧΧΧΙΙΙ, 58 ; XXXVIII, 29. Macedonia, XXIV, 9 ; ΧΧΧΙΙ, 6 ; XLII, 34 ; 46. Macente (scita) , XLI, 44 ; 46 ; 473 ; 5 Ι 3 ; 52 ; 533 ; 552• Macliene (regno) , XLI, 44 ; 52 ; 56. Maclii, XLI, 45 ; 46 (sing.) ; 47 ; 5 Ι ; 54 ; 553 ; 6ο. Magno (brigante) , xxxn, 52.

Malchione (contadino siro), xxv, 282• Mallo, χχχπ, 292. Maratona (battaglia, affrescata sul­ le pareti del Portico Dipinto) , XLIV, 32 ; XLVI, Ι 8 (cίtta) . Marco Aιιrelio, χχχπ, 48. Marcomanni, χχχπ, 48. Marianta (scita) , XLI, 50. Marsia ( = SilenofSatiro) , χχπr, Ι . Marsiglia, XLI, 24. Mastira (moglie cli Leucanoι-e) , XLI, 5 !3, Mateogene, χχvπ, 33 . Mauri, xxv, 3 Ι . Mauritania, xxv, 283. Mausaca (cavaliere maιιl"itano) , xxv, 283. Mazea (figlia di Leucanore) , XLI, 442 ; 45 ; 46 ; 5 Ι ; 522 ; 5 3 · Medea, χχχπΙ, 4ο; 53· Media, xxv, 302 ; xxv, 50. Medιιsa, XXV, Ι ; ΧΧΧΙΧ, Ι . Megalonίmo, XXXIV, 92 ; Ι 3 . Megapole, XLII, 2 8 . Megal"a, ΧΧΧΙΙΙ, 4 Ι ; XLVI, 6 . Melampo, XL, 20. Meleagro, ΧΧΧΙΙΙ, 50. Meleti (gli accusatori peι- antono­ masia) , XXXVII, Ι ! ; XLIII, !6 (Meleto) . Melίcerte, ΧΧΧΙΙΙ, 42. Melitide, XXXVIII, 53· Melpomene, ΧΧΧΙΧ, Ι4• Memnone (il colosso) , XLI, 27· Men ( dio frigio) , XLIV, 8 ; 42 . Menandro, χχχπ, 34· Meneceo, χχχπr, 43· Menecle (padrone di Lucio) , XLII, 49· Menecrate, XLI, 243; 253; 262. Menelao, XXIV, 9 ; XXVII, 82 ; 26 ; ΧΧΧΙΧ, 8 ; XLV, Ι 72• Menfiti, XLIV, 42 . Menio, XXVI, 20. *Menippeo (mare), XLVI, 3·

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Menippo, XLVI, Ι ; 22; 8 ; Ι Ι ; Ι 2 ; 1 3 ; r 6 ; 1 7 ; Ι 9 ; 2ο2 ; 23 ; 242 ; 34· Mentore (vetraio) , xxxrv, 7· *Menzogna, χχvπ, 33.. Meotide (palude) , XLI, 4 ; 45 ; 52� Merione, ΧΧΧΙΙΙ, 82• Mesopotamia, xxv, 24 2; 302 ; 3 1 . Metapontini, XLV, r 8. Metrodoro (discepolo di Epicuro) , ΧΧΧΙΙ, Ι 7 ; XLIV, 22 (plιιr. ) . Mίcene, ΧΧΧΙΙΙ, 43 ; XXXVIII, 4 7 ; XLI, 5 · Micillo, XLV, Ι ; 2 ; 3 ; 4 ; 5 ; 6 ; 8 ; 9 ; r r 2 ; Ι3 : 1 4 ; Ι5 ; Ι73 ; Ι 8 ; Ι 9 ; 2 Ι ; 23 ; 2 42 ; 282 ; 292 ; 30 ; 33· Mida, xLv, 6. Midia (nemico di Demostene) , XLIII, Ι 6 ; XLIV, 48. Mileto, XXV, 9; Ι4 ; ΧΧΧΙΧ, Ι 7 ; XLV, Ι9. Milone (atleta di Crotone), xxv, 34 ; XL, Ι9. Milziade, XLIV, 32. Minosse, χχχνπ, 8 ; χχχ, 7 ; χχχπr, 4Ι ; xxxvr, 2ο2 ; XLIII, 1 82. Minotauro, χχvπ, 44· Mirmidoni, XLVI, Ι9. Mirone, XLIV, 72 ; XLV, 24. Mirra, ΧΧΧΙΙΙ, 58. Mίrtilo, ΧΧΧΙΙΙ, 47· Μίsί, XXV, 49 ; XLVI, Ι Ι . Misia, χχχπ, 2 . Mίtilene, ΧΧΧΙΙΙ, 69. Mitra (dio) , XLIV, 8. Mitrei (monti dei Μ.) , XLI, 52. Mnemosine, χχχπr, 46. Mnesarco (padre di Pitagora) , xxxrv, I g ; XLV, 42 ; Ι7. Mnesippo, XLI, Ι ; 3 ; Ι 8 ; 2Ι ; 35 ; 38 ; 42 ; 44 ; 6ο ; 62. Mnesiteo (armatore) , XLIV, Ι53• Momo, XXV, 33 ; XXVII, 3 ; XLIV, Ι 9 ; 2 2 ; 26 ; 3ο; 3 Ι ; 42 ; 43 ; 45 ; 50; XLVI, 3 1 . *Morte, XLI, 38. Mura Lunghe, xxv, Ι5.

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Musa (della poesia epica) , xxvrr, 24. Μιιse, XXV, 8 ; 14 ; 42 ; ΧΧΧΙΙΙ, 1 0 ; 24 ; ΧΧΧΙΧ, 23 ; XLIII, 2 ; XLIV, 26 ; XLVI, 2J. Museo, ΧΧΧΙΙΙ, 15. Muziride (citta) , xxv, 3 1 .

Narciso, χχνπ, 1 7 ; 19. *Natura, XXXVIII, 19. Nauplio (pilota degli Argonauti) , XXVII, 29 ; 3 1 ; 32 ; 46. Nausica, xxxrx, 19. *Necraccademia, xxvrr, 23. Nefele, ΧΧΧΙΙΙ, 42. *Nefelocentaιιri, xxvr, r 6 ; r 8 ; 28. *Nefelococcigia, xxvr, 29. *Negreto (fonte) , xxvrτ, 33· Nemea, ΧΧΧΙΙΙ, 43· Nemesi, XLII, 35· Neottolemo, xxxrrr, 9 . Nereide ( = Galatea) , xxvrr, 3 ; XL, 7 (Nereidi) . Nerone, ΧΧΧΙΙΙ, 63 ; 644. Nesso, ΧΧΧΙΙΙ, 50. Nestore, XXVII, 1 7 ; XL, 20. *Nicea (ipotetico nome di citta) , xxv, 3 1 . Nicia, xxv, 3 8 . Nicostrato (atleta frigio) , xxv, 92. Nilo, ΧΧΧΙΙ, 44 ; XLI, 27. Ninfe, XLIV, 6. Niobe, ΧΧΧΙΙΙ, 41 ; XL, 27. Nίreo, XXXVIII, 23 ; XL, 2. Nisibeni, xxv, 15. Nisibi (citta della Mesopotamia), xxv, 15. Niso, ΧΧΧΙΙΙ, 41. *Nitterione, XXVI, 15, *Nittiporo (fiume) , χχνπ, 33· *Nittore, XXVI, 20. Noto (vento), XLVI, 25 ; 26. *Notte (divinita), xxvrr, 332. Nunιa (Pompilio), χχvπ, 17.

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Oceano, xxvr, 52 ; 29 ; 34 ; XLIX, 6 ; 37 ; XLVI, 1 2 . Odissea, XXVII, 20. Odisseo, xxvr, 3 ; χχνΙΙ, 1 5 ; 20 ; 22 ; 29 ; 35 ; 362 ; - ΧΧΧΙΙΙ, 3 ; 1 3 ; 462; 83 2 ; XXXVI, 24 ; XXXVIII, 23. Ogige, XXXVIII, 37· Ogigia (isola) , χχνΙΙ, 29 ; 35. Olimpia, χχΙΙ, 4; xxv, 2 7 ; 35 ; XXXVII, 58 ; XL, Ι ! ; XLV, 8 ; XLVI, 24 ; 25. Olimpiade (madre di Alessandro Magno) , χχχΙΙ, 7 . Olimpio (appellativo) , xxxrx, 1 7 ( di Pericle) ; XL, 20 ; XLVI, 24 (di Zeus) . Olimpo, xxrii, Ι (personaggio mi­ tologico) ; XLVI, π (monte) . Olinto, xxv, 38. Omero, xxv, 14; 40 ; 49 ; 5 7 ; xxvr, 3 ; 1 7 ; χχνΙΙ, 1 5 ; 2ο3 ; 2 2 ; 24 ; 28 ; 32 ; 3 3 ; 3 6 ; ΧΧΧΙ, 8 ; ΧΧΧΙΙ, 33 ; 532 ; 5 7 ; ΧΧΧΙΙΙ, 4 ; 8 ; 1 3 2 ; 233 ; 3 6 ; 6 r ; 85 ; XXXIV, 15 ; XXXVI, 222 ; XXXVII, 60 ; XXXVIII, 23 ; xxxrx, 82; g ; r 2 ; 1 5 ; 20 ; 2 1 ; 2 2 ; XL, 242 ; 262 ; 28 ; XLIII, Ι ; 2 ; 4 ; XLIV, 6 ; r o ; 392 ; 402 ; XLV1 2 ; 6 ; 8 ; 1 3 ; 1 7 ; XLVI, 2 ; π ; r 6 ; 2 7 ; 29. Onesicrito (filosofo cinico) , xxv, 40, Onfale, xxv, r o2• Onomacrito, xxxrv, 3; 4· Onorato (filosofo cinico) , xxxvii , rg. *Onoscelee (appellativo) , χχνΙΙ, 46 ; 47· Ore, XLIV, 33 ; XLVI, 26. Oreo, XLIV, 25. Oreste, ΧΧΧΙΙΙ, 46 ; XXXVIII, 4 73 ; XLI1 r ; 2 ; 2 (pluιΌ ) ; 32; 5 ; 63 ; 7 ; 82 ; 35· Orfeo, ΧΧΧΙΙΙ, 1 5 ; 5 1 ; XXXVI, 1 06 ΧΧΧΙΧ, 1 3 .

Orione, XL, rg. Orizia, ΧΧΧΙΧΙ, 40. Oros, XLV, Ι 7. Orsa Maggiore, xxvr, 1 3 . Osiride, ΧΧΧΙΙΙ, 5 9 · Ospite Medico (appellativo), xxrv, Ι. Osroe, xxv, Ι 8 ; r g ; 2 1 ; 3 1 ; ΧΧΧΙΙ, 27. Ossidraci (paese degli 0.), χχν 3 1 . Oto (gigante) , XLVI, 23.

Pacate, ΧΧΧΙΧ, 7· Paflagoni, ΧΧΧΙΙ, 9; Ι Ι ; Ι 5 ; Ι 7; 39 ; 45· Paflagonia, χχχΙΙ, Ι Ι ; 3 0 ; 4 Ι ; 45. *Paguridi, XXVI, 35 ; 36. Palamede, XXVII, Ι 7 ; ΧΧΧΙΙΙ, 46. Palestra, XLII, 2 ; 3; 5 2 ; 6; 7 ; 8 2 ; r o ; π ; Ι 2 ; 1 3 2 ; Ι 5 ; Ι 6 ; 27. Pan, ΧΧΧΙΙΙ, 48 ; XLVI, 27. Pandione, ΧΧΧΙΙΙ, 40 ; ΧΧΧΙΧ, 1 3 . *Pandionide (tragedia ο ditirambo), ΧΧΙΙΙ, Ι . Panfilio (golfo) , XXXVIII, 7· Panfilo, xxxv, r ; 3 2• Pangeo (catena montuosa), XLVI, r8. *Pannichia (fonte) , xxvn, 33· Pantoo, XLV, 1 3 ; !7· Parche, XXXVIII, 25 ; XLIII, Ι 2 ; 2 (sing.) ; 22 (plιιr.) ; 32 ; 5 2 ; 72 ; 9 (sing.) ; Ι ο (sing.) ; ro2 (plur . ) ; π (sing.) ; π 3 (plur.) ; 123 (pluιΌ ) ; 12 (sing.) ; Ι 82 (sing.) ; r g ; XLIV, 25 ; 323• Paretonio (porto), xxv, 62. Paride, ΧΧΧΙΙΙ, 45· Parisatide, χχν, 23. Parmenione, XLV, 25. Parnaso, XXXVII, Ι . Parnete, XLVI, Ι Ι . Paιτasio (pittore) , xxxrx, 3 ; 23. Paι·tenio (di Nicea, poeta) , χχν, 57·

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Partenopi (plur. di Partenope) , ΧΧΧΙΙΙ, 2. Parti, XXV, I 5 i 24; 2 9 ί ΧΧΧΙΙ, 2]. *Partide (narrazione pseudost.ori­ ca) , xxv, 32. Pasifae, ΧΧΧΙΙΙ1 49 ί XXXVI, Ι6 ί XLII, 5 Ι . Passeggi ( = Peripato) , XLVI, 2 Ι . Patre, XLII, 2 ; 5 5 · Patroclo, XXXVIII, 542 ; XL, 24 ; XLI, Ι Ο ί XLV, Ι ] . *Pelaωo, XXVI, 3 8 . Pelasgico, xxv, Ι 5 . Peleo, XL, 25. Pelia, ΧΧΧΙΙΙ, 52 ί XL, 2. Pelide (patroniωico di Aclιille) , ΧΧΧΙΙ, 34· Pella, ΧΧΧΙΙ, 6; Ι 2 ί 1 5 . Pelope, ΧΧΧΙΙΙ, 54· Pelopea, ΧΧΧΙΙΙ, 43· Pelopidi, ΧΧΧΙΙΙ, 43· Peloponneso, XLVI, Ι 8. Pelusioti, XLIV, 42. Penelope, XXVII, 29; 36 ί ΧΧΧΙΧ, 2 0 ; XL, 7· Pentelico (ωonte) , XLIV, Ι ο . Penteo, ΧΧΧΙΙΙ, 4 Ι . Perdicca, xxv, 35 ; XLV, 25. Peregrino Proteo (filosofo cinico), XXXVII, 2 Ι2, Pergaιno, XLVI, 24Periandro, XXVII, Ι ] ί XXXIV, Ι . Pericle, XXIV, Ι Ι ί XXV, 2 6 ; ΧΧΧΙΙΙ, 3 6 ; XXXVIII, 2 9 ; 30 ; XLV, I g2. Perilao (fabbro), χχχ, r r 2 ; Ι 23 ; Ι 3 . PeΓipatetici, xxxv, 3 2 ; XLVI, 29. Peripato, XXXV, 3 ; XXXVII, 54Perseo (111itico eroe), xxv, Ι 2 ; ΧΧΧΙΙ, Ι Ι 2 ί 58 ί ΧΧΧΙΙΙ, 44· Persia, XXV, 29 ί ΧΧΧΙΙΙ, 40 ί 54 ί XLVI, Ι Ι . Persiani, xxv, Ι 4 ί Ι 8 2 ; 49 ; xxxr, 8 ί XXXVIII, 52 ; XLIV, Ι 3 ί 20 ί 42 ί XLV, 23. Persiano ( = Artaserse Mneωone) , XLV1 25.

Peto (medico) , xxxn, 6ο. *Pieta, XXXVII, 57· Pilade, XXXV1II, 474 ί XLI, Ι ί 22 ί 3 2 ; 5 ; 6 ; 7 ; s ; 35· Pilo, ΧΧΧΙΧ, Ι3. Pindaro, XLV, 72• Pireo, ΧΩ V, Ι 5 ί XXIV, 3· Piritoo, ΧΧΧΙΙΙ, 60 ; XLI, 10. *Piωnide, xxvr, 20. Pinica (danza) , xxxnr, g. Pirrone (filosofo scettico), XLVI, 25. Pisa, XLIV, 25 ί XLVI, 24Pitagora, χχvπ, 2 Ι 2 ; 23 ; χχχ, Ι ο ; ΧΧΧΙΙ, 44 ; 25 ί 332 ; 402 ; XXXVII, I 4 2 i XLV, 45 ; 5 ί 6 ; ] ί 9 ί Ι Ι ί Ι 3 ί Ι 5 ί Ι]2 ί Ι 93 ί 202, Pitioca111pte, XXVII, 23 ; XLIV, 2 Ι . Pito ( = Delfi) , χχχ, 7 (il dio di Ρ.) ; XXXVIII, 48. Pitone (ιnostro mitologico), χχχπr, 38. Pitone (nobile 111 aceclone) , xxxvn, Ι5. Pizio ( = Apollo) , χχχ, Ι ; 4 ; xxxr, 4 ; Ι 2 ί XLIV, 28 ; 43 (Pitico) . Platea, XXXVIII, Ι 8 . Platone, XXVII, Ι ] ; Ι 9 ί ΧΧΧΙΙ, 25 ; ΧΧΧΙΙΙ, 2 ί 34 ί 69 ί XXXIV, Ι ί 22 ί XXXVII, Ι 4 ί 33 ί XXXVIII, 242 i XLVI, 24. Platonici, xxxv, 3 · Pleiacli, xxvr, 29. Plιιtocle, XXVII, 33· Pnice (colle di Atene), xxxvπr, 29 ; XLIV, Ι Ι . Podalirio, χχχπ, 1 1 2 ; 38 ; 59· Polibio (nome proprio), χχχνπ, 40. Policleto, ΧΧΧΙΙΙ, 75 i XLIV, 7· Polidamante (atleta) , xxv, 35 ; XL, Ι9. Polignoto, ΧΧΧΙΧ, 72 ; 2 3 . Poliido, ΧΧΧΙΙΙ, 49· Policι·ate, ΧΧΧΙΙΙ, 54· Polideuce (sclliavo), χχχvπ, 243 ; 33· *Polilaωpe, XXVI, 20.

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Polimnia (figlia di Mnemosine) , ΧΧΧΙΙΙ, 3 6 ; ΧΧΧΙΧ, 1 6. Polistrato, ΧΧΧΙΧ, Ι ; 42 ; 6 ; Ι2 ; Ι5 ; Ι 6 ; Ι 9 ; zo ; z z ; XL, Ι 5 ; r 62 ; z8 ; 29. Polluce, ΧΧΧΙΙΙ, ΙΟ; 78 ; XL, Ι9. Polo (attore tragico) , XLIV, 3; 4 Ι . Poιnpeiopoli, xxv, Ι5. Pontici, ΧΧΧΙΙ, Ι 7. Ponto, χχχπ, Ιο 2 ; π (Eusino) ; 25 2 ; 4 Ι ; 4 5 ; 5 7 ; ΧΧΧΙΙΙ, 64 ; 79 ; xxxrv, 6 ; xLr, 3 ; 4· ( = Pecile) , Dipinto Portico XXXVII, Ι 4 ; 53 ; XLIV, Ι 6 ; 33 ; XLVI, 2Ι ; 34· Poro, xxv, Ι2. Posidone, xxv, 8 2 ; xxvr, 32 ; 3 4 ; 38 ; XXVII, 2 ; 3 ; ΧΧΧΙΙΙ, 42 ; XL, 25 ; XLIV, 9 ; 252 ; XLV, 24 ; XLVI, 2]. Posidonio (nome proprio), XL, 27. *Poverta, XLV, 22. Prassitele, XXV, Ι ; XXXVIII, Ι Ι ; Ι 5 ; Ι 6 ; ΧΧΧΙΧ, 4 ; 63 ; XL, 23 ; XLIV, :ι;ο ; XLV, 24. Priamo, XL, 25. Priapo, ΧΧΧΙΙΙ, 2 Ι . *Principio, XXXVIII, 3 Ι . Prisco (generale roniano) , xxv, zo. Prometeo, ΧΧΧΙΙΙ, 38 ; XXXVIII, 9 ; 3 6 ; 43 2 ; XLIII, 8 ; XLIV, Ι . Proteo, χχχπr, Ι92. Protesilao, χχχπr, 53· Protettore dell'amicizia (appella­ tivo di Zeus) , xLνr, 3 · Protogene (schiavo), χχχπ, 50. *Provvidenza, xxxvπr, 22 2 ; 3 6 ; XLIII, 9 ; Ι ο ; Ι 6 ; Ι 9 ; XLIV, 4 · *Psettopodi, XXVI, 352 ; 36. *Psillotossoti, xxvr, Ι 33• *Pudore, XXXVIII, 372• Punitrici (dee) , XXXVIII, 47·

Quadi, ΧΧΧΙΙ, 48.

Radamanto, χχvπ, 6; 7; 8 ; η; Ι 8 ; 23 ; 263 ; 27 ; 29 ; χχχ, 7· Rea, ΧΧΧΙΙΙ, 8 ; 3 7 ; XLV, Ι3. Regilla, XXXVII, 33· Rodi, XXV, 23 ; XXVI, Ι8; XXXVIII, 7 ; XLI, 27 ; XLVI, Ι2. Rodii, XLIV, Ι Ι . Rodiesi, XLIV, Ι Ι . Rodope, ΧΧΧΠΙ, 5 1 ; ΧΧΧΙΙΙ, 2 (plur.) . Roιna, χχχπ, 2 7 ; 30 ; 37· Romani, xxv, Ι 5 3 ; Ι 8 ; zo ; 2 Ι ; z 8 ; 30 ; 49 ; ΧΧΧΙΙ, 2 ; 48 ; ΧΧΧΙΙΙ, 20. Rossane, xxxrx, 7· Rosso (mare) , χχχνπr, 4Ι. Rufino (di Cipro, filosofo peripate­ tico), XXXVII, 54· Rutilia, ΧΧΧΙΙ, 39· Rutiliano (Publio Mummio Sisen­ na), χχχπ, 4 ; 3 0 ; 332 ; 35 ; 3 9 ; 48 ; 542 ; 55 ; 5 7 ; 6ο 2•

Sabazio (dio frigio), XLVI, 27. Sacerdote (nome projπio) , χχχπ, 432• Saffo, XXXVIII, 30 ; ΧΧΧΙΧ, !8. Saggi (i Sette S.), χχνπ, I J . Salamina, XXXVIII, 52; XLIV, 20. Salii, χχχπr, zo. *Salmoneo, χχνπ, 3· Salvatori (appellativo degli dei), xxv, 62. Samii, xxxrv, Ι9 (sing. = Pitago­ ra) ; XLI, Ι2. Samo, XXVII, 2 Ι ; ΧΧΧΙΙΙ, 54; XLI, Ι 6 ; XLIV, 42 ; XLV, 4 ; Ι9. Samosata, xxv, 24. Sardanapalo, XLIII, Ι 6 ; XLIV, 48. Sarmati, XLI, 38 ; 39 ; 40 ; 40 (sing.) ; 4Ι ; 542• Sarpedone, xxvr, Ι7. Satiro (attore) , XLIV, 4 Ι . Satiri, χχχπr, 2 2 ; 79· Saturnino, χχν, 2 Ι . Scilla, χχχπr, 4 Ι .

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Scimitarra ( = Acinace) , XLI, 384; 56. Scintaro, XXVI, 36; 37 ; XXVII, Ι ; 2 ; 6 ; 25 ; 4 Ι . ScilΌ, ΧΧΧΙΙΙ, 46. Scirone (brigante) , χχνπ, 23 ; XLIV, 2Ι. Sciti, xxrv, Ι 3 ; 2 (sing.) ; 3 ; 4 ; 7 (sing.) ; 9 ; ΧΧΧΙΙ, 5 Ι (sing.) ; XXXVII!, 46 ; XLI, Ι ; 22 ; 52 ; 63 ; 7 3 ; 82 ; 10 ; Ιο (sing.) ; π ; 26 ; 35 ; 41 2 ; 42 : 452 : 492 : 5Ο ; 5Ι3 ; 5 Ι (sing.) ; 55 ; XLIV, Ι 3 ; 42 ; XLVI, Ι 5 ; Ι6. Scίzia, XXIV, Ι ; 4 ; 7 ; 8 ; ΧΧΧΙΙΙ, 4 6 ; XXXVIII, 47 ; XLI, 22; 35 ; 5 Ο ; 52 ; 54 ; 5 6 ; 5 7 ; 59 ; 6ο ; 62 ; XLVI, 26. Scopa, XXXIV, Ι 2 . *Scorodomac11i, xxvr, Ι 3 . Scotussa, χχν, 35· Seicento (magistratura marsigliese) , XLI, 24 ; 26. Selene, xxxrr, 354; 392• *Seleniti, xxvr, Ι 8 ; 204• Seleuco (Nicatore), χχν, 35 ; XL, 5 ; XLV, 25 ; XLVI, Ι 5 . Seleuco (Antipatro) , χχχrπ, 58. Semele, ΧΧΧΙΙΙ, 39 ; 8ο ; XLIV, 2. Senofonte, χχν, 23 ; 39 ; xxxrx, Ι ο ; χχν, 2 (plur.) . Senofonte (nome proprio) , χχχπ, 56. Seveήano (Μ. Sedazio) , χχν, 2 Ι 2 ; 2 5 2 ; 2 6 ; ΧΧΧΙΙ, 27. Sibilla, ΧΧΧΙΙ, Ι Ι . Sicilia, XXV, 382; XXVI, 34 ; XLI, Ι 9 ; ΧΧΧΙ, 7· Sicione, XLI, 2 2 ; XLVI, Ι 8. Sidone, XXXVIII, 26. Sidonio (sofi.sta) , χχχνπ, Ι4. Sife, XXXIV, 6. Sileno, XLVI, 27; Silone Afranio (centurione), χχν, 26.

gos

Similo (comandante di nave) , XLI, Ι 92 ; 2 Ι . Simone, XLV, Ι46; 283; 292 ; 30. Siιnonide (nome proprio), XLV, Ι4. Sindiani, XLI, 55· Sinope, XXVII, Ι 8; ΧΧΧΙΙ, Ι Ι , Sinopeo ( = Diogene) , χχχνπ, 5· Sipilo (monte della Lidia) , xxxrx, Ι. Sίracusa, χχν, 57· Siracusani, χχν, 38; XLV, 25. Sirene, ΧΧΧΙΙΙ, 3; 42 ; 50; ΧΧΧΙΧ, Ι4. Siri, xxrv, 9; χχν, 24 (sing.) . Siria, χχν, 29 ; 30. Sirio, XXVI, Ι 6, Siro (schiavo) , XLI, 283 ; 33 ; 34 · Sisifo, XLIII, Ι 8 ; XLV, 26. Sisinne (scita) , XLI, 573 ; 59; 6ο2• Smirne, XXVII, 20 ; ΧΧΧΙΧ, 22 ; 3 . Socrate, XXVII, Ι 72 ; Ι 9 ; 23 ; ΧΧΧΙΙΙ, 25 ; XXXV, 9 ; XXXVII, 4 ; Ι Ι 2 ; 5 8 ; 62 ; xxxvπr, 3 Ι ; 482 ; 49; 5 4 ; ΧΧΧΙΧ, Ι 7 ; Ι 8 ; XLIII, Ι 6 ; XLIV, 48. Socratici, xxxvrπ, 23. Sofisti, xxxrv, 23. Sofronisco, χχνπ, Ι 7. *Sogni (citta dei S.) , χχνπ, 2 7 ; 32. Sole, XXVI, Ι22; Ι 8 ; Ι 9 ; 28; ΧΧΧΙΙΙ, Ι 7 ; XXXVI, Ι 93 ; 22. Solone, XXIV, 6; 72; 8 5 ; 9; Ι Ι . Sonno (porto del S.), χχνπ, 32 ; 332• Sopoli (medico) , xxxrv, Ι82; Ι 9 ; 2σ3 ; 22. Sosandra (statua di Calamide), ΧΧΧΙΧ, 4 ; 62, Sosilo (stalliere) , XLV, 29. Sostrato (filosofo cinico) , χχχνπ, Ι 2, Sostrato (ateniese), χχχπ, 4· Sostrato (architetto) , χχν, 62 ; XXXVIII, Ι Ι . Sparta, ΧΧΙΙΙ, 3 ; ΧΧΧΙΙΙ, 45 ·

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INDICE DEI ΝΟΜΙ

Spartani, χχχ, 4 ; χχχπΙ, Ιο2 ; 12 ; XXX.VI, 25 ί XXXVIII, 30 ί XLVI, r6; r8. Sparti (figli dei denti del drago), ΧΧΧΙΙΙ, 4Ι. Spatino (n1edo) , X.LVI, Ι5. Stenebea, ΧΧΧΙΙΙ, 42. Stesicoro, χχνπ, Ι5. Stinfalo (palude di S.) , XLIV, Ζ Ι . Stoici, χχνπ, Ι 8 ; x.xxv, 3 ί 7 ; XLIV, 2 7 ί XLVI, 29. Stratonice (n1oglie di Seleuco) , ΧΧΧΙΙΙ, 58 ί XL, 5 ί XLVI, 15. *Strutobalani, XXVI, Ι3. Sunio (capo) , XLI, 27. Sura (fortezza ron1ana) , xxv, 29. Taigeto, XLVI, Ι Ι . *Talassopote, XXVI, 422• Talo, ΧΧΧΙΙΙ, 49· Tanai, XLI, 39· *Tanatusie, χχνπ, 22. Tantalo, xxv, 572; ΧΧΧΙΙΙ, 54 ; XXXVIII, 53 ί ΧΧ.ΧΙΧ, Ι ί XLIII, Ι7 (plur.) ; η; Ι8. Tarantini, x.Lv, r 8 . *Tarassione, xxvrr, 33· Targelia, xxxv, 7· *Taricani, XXVI, 35 ; 38. Tartaro, XXXVI, 2 Ι 2 ; XXXVIII, 3 Ι ί XLIII, 8 ί XLVI, 33· Taso, XXV, 35 ί XXXVIII, 27. Tauride, XXXVIII, 4 7 ί XL!V, 44· Teagene (atleta) , xxv, 35· Teano, XXXVIII, 30 ; ΧΧΧ.ΙΧ, r 82 ; I g ; XL, 7· Tebani, ΧΧΧΙΙΙ, 41 , Tebe, ΧΧΙΙΙ, Ι ; ΧΧΧΙΙ, Ig ί ΧΧΧΙΙΙ, 76. Telefo, XLV, z6. Telegono, XXVII, 35 ί ΧΧΧΙΙΙ, 46. Telesilla, XXXVIII, 30. Tello, χχνπ, Ι7. Ten1i, XLIV, Ig. Ten1istocle, XLIV, 3 1 .

Teodoro (appellativo ironico) , XXXIV, Ι Ζ . Teogonia (opera d i Esiodo) , X.LVI, 27. Teon1nesto, XXXVIII, Ι ί 3 ί 5 ί 53 ί 54· Teone, xxv, 35. Teopon1po, xxv, 59. Teosseno, χχ.Ιν, 8. Teran1ene, χχ.χνπΙ, 50. Tericle (vasaio), xxxiV, 7· Terite, χχνΙ, zo. Terra, XXXVII, 44· Tersicore, χχχΙχ, Ι4. Teι-site, xxv, 1 42 ; χχνπ, zo ; XX.XVII, 6Ι ί XL, 20. Teseo, χχνπ, 82; Ig; zz ; 23 ; ΧΧΧΙΙΙ, 40 ; 6ο ; XLI, Ι Ο ί XLV, Ι72ί XLIV, 2 Ι . Tesn1oforie, XXXVIII, ΙΟ. Tesn1opoli (filosofo) , XLV, r o2 ; Ι Ι2 • Tespie, XXXVIII, Ι Ι ί Ι7. Tessaglia, ΧΧΧΙΙΙ, Ι4 ί 52 ί XLII, Ι2• Tessali, XLII, Ι ί XLVI, Ig. Tessalonica, XLII, 46 ; 492• Tessitrice ( Cloto) , χχν, 38. Teti, XLIV, 402. Tevere, χχχπ, 27. τianeo ( = Apollonio di τiana) , ΧΧΧΙΙ, 6. τibii (schiavi della Con1n1edia Nuo­ va), ΧΧΧΙΙΙ, 2 9 ί XLV, 29 (sing.). τieste, ΧΧΧΙΙΙ, 43 ί 67 ί 80 ί XXXVI, Iz3. τigrane (non1e di On1ero) , χχνπ, 20. τigrapate (re dei Lazii) , XLI, 44· τigri, xxv, I g ; 30. Tilloboro (brigante), χχχπ, 2. τin1ocle, XLIV, 4 3 ; 5 ; Ι62 ; 172; Ι82; 25 ; 27 ; z8 ; z g ; 32 ; 34; 352 ί 36 ; 382 ; 4 Ι ί 422 ί 44 ί 45 ί 462 ; 47 ί 49 ί 5Ο ί 52. τin1ocrate (non1e proprio) , χχχ, g. τin1ocrate (neo-sofista) χχχπ, 5 7 ; ΧΧΧΙΙΙ, 6 g ί XXXVII, 3 . =

ι

INDICE DEI ΝΟΜΙ

Timone, χχνπ, 3 Ι . Timoteo, χχπr, Ι4 ; 2 ; 3 · Tindaro, χχχπr, 45 · *Tinnocefali, xxvr, 35 ; 38. Tio, χχχπ, 432• Tiresia, ΧΧΧΙΙΙ, 5 7 ; XXXVI, Ι Ι 2 ; 242 ; XXXVIII, 2 7 ; XLV, Ι 92• *TilΌ, XXVII, 3· *τiroessa (isola) , χχνπ, 25 ; 26. Tirreni, ΧΧΧΙΙΙ, 22. Titani, ΧΧΧΙΙΙ, 2Ι ; 3 7 ; 79 ; XLIV, 3 ; 4· Titanio, χχν, 2 Ι . Titio, XXV, 5 7 ; ΧΧΧΙΙΙ, 38 ; XLIII, Ι7 (plur.). Titormo, xxv, 34· Tiziano, xxv, 2 Ι . Toante, XLI, 6. Tolomeo (di Lago, Soter) , XLV, 252• Tolomeo (ΙΙ, Filadelfo) , XLVI, Ι5. Ton, χχχπ, 5 . Torre (presso Sinope) , χχχπ, Ι Ι . Tossari (scita) , xxrv, Ι 2 ; 3 2 ; 45 ; 5 ; 6 ; 8 ; 9 ; ΙΟ. Tossari (nome proprio) , XLI, Ι ; 3 ; 8 ; Ι Ι ; Ι 9 ; 2 Ι ; 23 ; 3 4 ; 3 8 ; 5 6 ; 58 ; 5 9 ; 62 . Traci, XXV, 49 ; XLIV, Ι 3 ; 42 ; XLVI, Ι Ι ; Ι5. Tracia, ΧΧΧΙΙ, 9; 1 8 ; ΧΧΧΙΙΙ, 40 ; 5 Ι ; XXXVII, 34; XLVI, 24. Trezene, XLIV, 2 Ι . Tricca, χχχπ, Ι Ι . Tritogenia (appellativo di Atena) , XLIV, Ι . *Tritonomendeti, xxvr, 35 ; 38 ; 39· Trittolemo, ΧΧΧΙΙΙ, 40. Troia, ΧΧΧΙΙΙ, 46 ; XLV, Ι72. Troiani, ΧΧΧΙΙΙ, 8 . Tucidide, xxv, 2 (plιιr.) ; 5 ; Ι54; r8 ; Ι9; 252 ; 38 ; 39; 42 ; 5 4 ; 57 ; ΧΧΧΙΙ, 8 ; ΧΧΧΙΙΙ, 3 6 ; XXXIV, 22.

υndici

(magistratura XLIII, !6. Urano, χχχπr, 37·

ateniese)

'

Vento (dio scita) , XLI, 383 ; 56 ; XLVI, 26 (plur.) . *Verita, xxv, 4ο ; χχνπ, 33· Vologeso (ΠΙ, re dei Parti) , xxv, 14; 19; 31. Xanto (cavallo di Achille) , XLV, 2. Zacinto, XLI, 19; 2 Ι . Zamolsi (dio scita) • , xxrv, Ι ; 4 ; XXVII (trace) ; XLIV, 42 . Zefiro, XXVII, Ι2 ; ΧΧΧΙΙΙ, 45 ; XLVI , . 26. Zenodoto (filologo), χχνπ, 20. Zenone (nome proprio) , XL, 2]. Zenone (filosofo stoico) , χχχνπ, Ι4. Zenotenιi, XLI, 242 ; 253 ; 26. Ζeιιs, ΧΧΙΙΙ, 4; XXIV, 2 ; 6 ; Ι Ι ; XXV, 83 ; r o ; Ι 4 ; Ι5 ; Ι 6 ; 2 7 ; 3 7 ; 49 ; XXVI, Ι 7 ; ΧΧΙΧ, Ι Ι ; ΧΧΧ, 8 ; ΧΧΧΙΙ, 4 ; Ι 4 ; 40 ; ΧΧΧΙΙΙ, 8 ; 3 7 ; 45 ; 47 ; 59 ; 8ο ; 85 ; XXXIV, Ι ; 3 ; Ι5 ; 20 ; XXXV, 4 ; XXXVI, Ι 9 ; 203; 2 Ι ; 22 ; 27 ; χχχvπ, 3ο ; XXXVIII, Ι ; 6 ; Ι 4 ; Ι 6 ; Ι 7 ; 29 ; 50; ΧΧΧΙΧ, 42; Ιο2 ; 20 ; XL, 3 ; Ι 4 ; Ι 6 ; 20 ; 25 ; XLI, Ι Ι ; Ι2 ; 35 ; XLII, 6 ; 38 ; 562 ; XLIV, 4Ι2 ; XLIII, Ι 2 ; 4 ; 5 ; 6 ; 8 ; 92 ; Ι 2 ; Ι5 ; Ι 6 ; Ι 8 2 ; Ι 9 ; XLIV, r 2 ; 2 ; 52 ; 62 ; 8 ; Ι Ι ; Ι2 ; Ι 3 ; Ι 4 ; 1 9 ; 2 Ι 2 ; 2 4 ; 3 Ι 2 ; 32 ; φ2 ; 44 ; 45 4 ; XLV, Ι ; 2 ; 7 ; Ι Ι ; Ι5 ; 23 ; 293 ; XLVI, Ι 2 ; 2 3 ; 8 ; Ι Ι ; Ι 4 ; Ι 7 ; r g2 ; 2ο2 ; 2 Ι ; 222 ; 232 ; 2 4 ; 253 ; 26 ; 27 ; 28 ; 332• Zeusi, ΧΧΧΙΧ, 3· Zodiaco, xxvr, Ι 8 ; 28 ; 29. Zopiro, XLIV, 53·

INDICE DELLE TAVOLE

Frontespizio della traduzione latina delle Opere di Luciano curata da Erasmo da Rotterdam . . . . . . . . . . p. r gz Frontespizio dell'edizione delle Opere di Luciano curata da J. Bourdelotius . . . . . . . . . . . . . . » 4 r6

L'esordio di Lucio ο l' asino [4Ζ (39)] secolo xrv . . . . . . . .

ω

un codice del .

.

.

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L'esordio dell'Icaromenippo ο l'ιιιο 1nο sopra le nιιfbi [46 (z4) ] i n u n codice del secolo χ . . . . . . . . . . . . .

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6 7z

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832

INDICE DEL VOLUME

Νota bibliografica Ν ota critica Armonide Lo scita ο l'ospite pubblico Come si deve scrivere la storia Storia vera (libro primo) . Storia vera (libro secondo) Il tirannicida . Il diseredato (?) Falaride Ι Falaride Π . Alessandro ο il falso profeta Sulla danza Lessifane . L'eunuco . . Sull'astrologia (?) La vita di Demonatte Gli amori (?) . . . . Le immagini . . . . . Difesa per le immagini . Tossari ο l'amicizia Lucio ο l'asino (?) Zeus confutato . . Zeus tragedo Il sogno ο il gallo Icaromenippo ο l'uomo sopra le nubi .

.

Indice dei nomi . . Indice delle tavole

p.

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7 9 31 4Ι 57 ΙΙ3 151 1 97 21 9 2 53 26 9 279 337 407 433 445 461 487 549 575 603 667 72 7 747 803 847

)) 88 9 )) 9 09