Dialoghi [1]
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DIALOGHI di

Lucίano Α CURA DI

VINCENZO LONGO

Volume primo

UNIONE τiPOGRAFICO-EDJτRICE TORINESE

Luciano di Samosata, pur non potendo essere annoverato fra i sommi della letteratura greca e pur essendo per qualche aspetto chiuso nel suo tempo, ebbe tutt �via il pregio di una sinceriHι caustica e battagliera, di una lucidita di visione e di giudizio, che gli hanno permesso di conservare fino ad oggi nella sua voce note fresche ed accattivanti. Ε questo deve dirsi comunque ven­ gano risolti i molti problemi che nascono dallo studio di un Autore, sotto il cui nome ci sono pervenuti pii:ι di ottanta scritti e la cui opera ha numerose e profonde radici nella copiosa e splendida tradizione letteraria della Grecia classica. Dei problemi, dunque, i pii;ι vitali riguarderanno l'autenticita e l'originalita di cosi vasta produzione. Per accennare al primo, diciamo subito che in un grosso qorpus come quello lucianeo era inevitabile s'infiltrassero degli scritti apocrifi: di questi alcuni sono stati individuati da tempo e, si puo dire, senza contrasti, altri, come suole accadere, sono stati e sono oggetto di controversia fra gli studiosi col risultato, in concreto, che sulla lοω autenticita pesa e pesera sempre Η dubbio. Il PΊtiZopatris, il Charidemus e il Nero 1 entrarono abusivamente a far parte del oorpus 2 e si e d'accordo nel considerarli spuri. Fra gli altri destano sospetti pii:ι gravi i seguenti: Amores, Cynicus, De astrologia, Demosthenis encomium, Ηalcyon., Longaevi 3 ; e a questi sono da aggiungere quanti si presentano in veste poetica, ossia gli Epigrammata, l'Ocypus, la Tragodopq(agra. Hanno susci­ tato, infine, dubbi pii:ι ο meno fondati otto · 1\ψuscoli : Abdicatus, Ι . Ι titoli degli scritti saranno ι·iportati sempre in latino. 2. Si veda Κ. MRAS, Die ί! berlieferung Lucians, p. 6, η. Ι (per ii coω­ pletamento di questa come di ogni altra indicazione biblίografica sommaria si rimanda alla Nota bibliografica) . Non si e cessato, tuttavia, di studiare le ragioni interne contro l'autenticita: recente e l'art. di R. ANASTASI, Appunti sul Charidemus ( c< Sicul. Gymn, », Ι 8, Ι965, pp. 259-283) , che rintraccia nell'opuscolo motivi platonici e isocratei, elaborati da un imita­ tore di Luciano. 3 · Ι titoli in questo e nei due successivi elencl1i sono in ordine seωpli­ cemente alfabetico . .

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De Syria dea, De parasito, Hippias, Iudicium vocalium, Lucius sive A.sinus, Patriae encomium, Pseudosophista. Ma se la questione deJI'autenticita investe un numero limitato di scritti, quella dell'originalita coinvolge l'intera opera lucianea implicandone la valutazione in sede di critica letteraria. C'e infatti chi ha sostenuto che Ιο scrittore di Samosata abbia soltanto ela­ borato, con abilita, materiale spesso topico, attinto da numerose e svariatissime fonti, e ha ridotto in tal modo al minimo l'apporto originale del suo ingegno 4; altri invece ne hanno messo in risalto le personali doti creative, la potenza ο l'agilita della fantasia, la singolarita delle concezioni teoretiche ed etiche nel panorama complesso e contraddittorio della spiritualita del suo secolo 5. Ma il Bompaire non ha potuto offrire pii:ι che un repertorio dotto ed informatissimo di fonti - e non c'e dubbio che Luciano pos­ sedesse una conoscenza ampia e profonda di tutta quanta la letteratura greca -; tuttavia, quando si tenga conto che il futuro brillante conferenziere non ebbe in gioventi:ι grandi maestri, ma in compenso studio direttamente e accanitamente i classici greci, sembrera del tutto naturale che di questa applicazione abbiano risentito in misura notevole la sua lingua e il suo stile. Certo non si puo negare che Luciano abbia avuto anche sul piano dei contenuti qualche autore prediletto, al quale parte della sua produzione, non tutta, deve molto - e penso al cinico Menippo in primo luogo -: si ricordi pero, in proposito, che la natura e la misura di questa dipendenza, nonostante gli sforzi del Helm 6, non sono precisabili a causa del naufragio quasi totale della produzione menippea. Resta comunque il fatto che la questione dell'originalita di Luciano si e trasformata, nelle mani di chi ha voluto negargliela completamente, in una questione di fonti, che non puo pretendere di approdare ad un giudizio generale sulla sua opera, ma puo rappresentare tutt'al pii:ι un elemento utile a formularlo. Sara meglio invece determinare brevemente le ragioni, per le quali il modesto provinciale asiatico e giunto ad essere conside4· Mi riferisco in particolare al Bompaire (per questo e per gli altri studiosi, di cui cito una sola opera, si vecla la Nσta bibliσgrafica) . 5 · Lo hanno fatto, ad esempio, il Chapman, il Gallavotti, il Quacqua­ relli. 6. Nel suo Luc. und Menipp egli ha cercato con ingegnoso acume di dimostrare, Javorando sugli scarsi fra1nmenti di Menippo, la totale cJipen­ denza di Luc. dal suo modello. Ma bisogna anche dire che l'americana McCarthy ha capovolto la tesi del Helm minimizzando l'incidenza del modello menippeo sulle libere creazioni di Luciano.

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rato, ad onta della concoπenza di nomi al suo tempo tanto piu noti di lui - e basterebbe ricordare Elio Aristide - l'ultimo grande della prosa greca. Ε un giudizio, questo, generalmente accettato, che mal si adatterebbe ad un abile plagiatore ο poco piu. Ε risaputo che Luciano, tempra di forte polemista, combatte una guerra senza soste contro i mali morali del suo secolo, pur vivendo la vita movimentata e brillante dei retori suoi contem­ poranei ; non si isolo, non assunse atteggiamenti ieratici, non si vesti ίη maniera singolare. Parve, insomma, uno dei tanti, un po' piu molesto, forse, per qualcuno. Ι suoi discorsi furono sempre eleganti e, inseriti nella piu pura tradizione atticistica, rivelarono non solo una scrupolosa preparazione sui classici, ma anche doti eccezionali di assimilatore; spesso, come i piu del suo tempo, peccarono di futilita. Ma egli ne creo altri di una forma nuova, continuando a parlare al suo pubblico attraverso i personaggi che introduceva a conversare e che erano dei, semplici uomini ο donne, ora vivi ora morti, ο addirittura entita astratte, cui dava vita la sua inesauribile fantasia. Qualche volta i dialoghi erano puramente drammatici, qualche volta erano intramezzati ο introdottida squarci naπativi ο descrittivi: il suo estro capric­ cioso non sopportava limiti ο regole. Allora il secolo si accorse che questo elegante parlatore colpiva nel segno e non gli per­ donava nulla; gli applausi diminuirono, si accesero contrasti, reagirono soprattutto coloro che si sentirono piu direttamente colpiti; e la reazione, talvolta, come quella dei Cinici per l'infamia gettata sul plateale suicidio di Peregrino, fu rabbiosa e ne mise in peτicolo l'incolumita personale. Luciano dunque, benche apparisse un professionista della pa­ rola come tanti, non lascio indifferenti i suoi contemporanei e suscito entusiasmi, ma piu ancora odi profondi ; e odi profondi non suscita chi e davvero uno dei tanti, chi e capace soltanto di τipetere e di imitare. Dovendosi riconoscere a Luciano, per tutto questo, una sua originalita, resta da vedere quali ne siano i carat­ teri salien ti. Le pagine piu equilibrate ed efficaci sull'argomento restano, dopo tanti anni, quelle di Mauι-izio Croiset 7 in una delle pochis­ sime monografie che tentano uno sguardo d'insieme sull'opera lucianea. Riconosciuto che Luciano non e stato ne un ricercatore ne un innovatore, che tutto quello che egli segna della sua im7· Mi riferisco in particolare alle pp. 286·324 del suo Essai.

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pronta appartiene in realta ad altri, ad eccezione del suo talento, lo definisce >; poi, nel territorio a perdita d'occhio, che si e spalancato davanti, la fantasia s'inoltra avida­ mente, galoppa senza freni essa sola; e ne nasce il capolavoro. Non ho citato che pochissime opere, le piu note, ma la con­ clusione e a portata di mano : se c' e vita perenne nella maggior parte degli scritti di Luciano, se questi non si sono confusi coi moltissimi degli innumerevoli « sofi.sti >> del suo secolo, cio si deve alla sua fantasia. L'altra qualita, che di per se - dicevamo - e un difetto, la leg"' gerezza, era un segno della sua origine : concordiamo col Croiset ιο, per il quale Luciano non. fu cosi profondamente greco come cre­ dette, ma resto « ardente e leggero >>, come sono i Siri, fi.no al termine della sua vita. Egli fu sempre l'opposto dε!ll'uomo dalle profonde convinzioni e dalle idee incrollabili, che del resto avreb­ bero avuto un altro fiero nemico nel suo spirito corrosivo. Gli sarebbe occorsa, per legarsi durevolmente a qualche principio, fi.losofi.co ο religioso, una fede, e Luciano fede non ebbe mai in nulla e in nessuno. Alcune dottrine lo attrassero, suscitaronσ in lui perfi.no degli entusiasmi, presto pero lo delusero; altre soprag­ giungevano e, al primo incontro, gli apparivano migliori. Ροί pronuncio contro tutte, nessuna esclusa, .una condanna totale 10.

Op. cit., p. 3·

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e definitiva, ma il suo atteggiamento predominante nei confronti delle varie scuole filosofiche fu quello della similitudine delle api (Pisc., 6) : egli coglie e compone armoniosamente i fiori piu vaή che trova nel prato della filosofia. Comunque, facesse proprie idee di dottrine diverse nello stesso tempo ο per un certo periodo aderisse a una scuola, per poi passare ad un'altra (come vogliono coloro che credono ad una evoluzione del suo pensiero) , saldi le­ gami non ebbe con nessuna. Disse bene il Martha 11 che « i grandi schernitori non si preoccupano di avere una dottrina ; si guar� dano bene dall'incatenarsi a un sistema >> e che « il modo piu sicuro di far la guerra e quello di non aver nulla da difendere >>. Solo che per Luciano alla base di un simile comportamento piu che un preciso proposito da attuare ci fu la sua naturale incostanza, la medesima, del resto, che gli impedi di restare fedele ad un'unica scelta stilistica: mentre era diffuso allora il costume di proporsi come modello un prosatore attico e a questo modello esclusiva� mente conformare lingua e stile (basti ricordare i casi di Arriano e di Elio Aristide), egli non ebbe un unico modello, ma - lo ha dimostrato il Bompaire - attinse un po' a tutta la grecita. Ed e chiaro, cosi, che, se per tutto questo Luciano puo essere definito leggero e volubile ο incostante, si potra ragionevolmente conclu� dere che tale leggerezza non ebbe merito molto minore della fantasia nel sottrarlo all'insidia della pedanteria, fosse di con� tenuti, fosse di forma. Che proprio queste qualita abbiano fatto originale lo scrittore di Samosata, e facile altresi dimostrare, se solo si osserva quella che gia egli stesso indico come creazione sua, vale a dire ii nuovo dialogo filosofico, per difendere il quale e per affermarlo egli asserisce di doversi battere su un doppio fronte. Nel « Due volte accusato >> immagina, infatti, che la Retorica gli rimproveri di aver abbandonato la via indicata da lei, la via seguita dagli ora� tori contemporanei nei loro discorsi�fiume, per aprirne una nuova sotto la spinta di una fantasia insofferente di tutto cio che e comune ed usuale; ma immagina, d'altro canto, che lo biasimi il Dialogo filosofico di tipo platonico per aver tradito la sua gravita annientandola con lo spirito corrosivo dei suoi per� sonaggi acuti ed arguti, ma irriverenti: insomma, la ripresa in chiave tutta critica ed irridente di una tradizione di enorme prestigio e qualificata da lui stesso come sintomo di colpevole ΙΙ. Les moralistes, p.

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1eggerezza, qιιando riporta, per controbatter1e, 1e accuse piu valide degli avversari. In realta, 1eggendo ιι Le vite all'incanto », « Il pescatore >> e, soprattutto, 1' « Ermotimo », il suo dialogo fi1osoficamente piu im­ pegnato, non si puo evitare l'impressione cl1e i1 brillante scrittore si sbarazzi con eccessiva disinvoltura di fi1osofi, 1a cui grandezza e importanza nella storia de1 pensiero non era piu possibile con­ testare : ancl1e i fi1osofi della triade somma, Socrate, P1atone, Aristote1e, sono valutati, all'asta, pocl1e monetine. Qui 1a 1egge­ rezza, si e tentati di conc1udere, si e trasformata in incosciente iconoc1astia, in gusto, fine a se stesso, di rifiutare 1a tradizione. Eppure il discorso piu seήo cl1e si possa fare su1 contenuto di pensiero dell'opera di Luciano comincia proprio di qui e, al di fuori dell'impegno di dimostrare questa ο quella tesi circa 1'evo1u­ zione di esso, e difficile negare cl1e egli abbia tentato di superare 1a fase dell'abbattimento degli idoli, per assumere una posizione filosofica personale, determinata dalla sua propria convinzione cl1e tutti i precedenti pensatori avessero fallito ogni 1oro scopo e mancato ad ogni 1oro promessa 12• Ma a nessun risultato positivo poteva pervenire eg1i stesso, se cio cl1e piu 1ο aveva impressionato ne1 panorama vastissimo della filosofia greca era stata proprio 1a contradditorieta dei risultati. Luciano appartiene ad un'eta cl1e non l1a piu il coraggio de1 dubbio e della ricerca, cl1e e stimo1ata dal dubbio e che al dubbio potrebbe riportare ; ad un'eta cl1e l1a sete di certezze e preferisce ο credere ο negare tutto, ab­ bracciare una. fede religiosa ο rifugiarsi nello scetticismo piu asso1uto, cl1e e ροί una posizione, come ben vide 1ο stesso Lu­ ciano, non meno dogmatica della prima. Un gruppo a parte costi­ tιιiscono tutti co1oro cl1e, al pari di Ermotimo e de1 suo maestro, professano una fi1osofia tradizionale, alcuni per guadagno, op­ portunismo, inerzia intellettua1e ο superbia, altri per la stessa esigenza, di cui dicevo, di credere in qualcl1e cosa ο a qualcuno; erano meno numerosi questi ultimi, gli ingenui alla maniera di Ermotimo, ma non certo moscl1e biancl1e, se Luciano ne l1a immortalato i1 tipo ne1 sιιο dialogo. Orbene, 1'atteggiamento definitivamente assunto dallo scrit­ tore con 1' « Ermotimo » nei confronti della fi1osofia, e senza dubbio maturato attraverso gli anni, non permette, a mio avviso, di pensare, come pensano alcuni, cl1e egli sia stato in quegli anni 12. Si puo confrontare sull'argomento il mio Luciano e l'« Ermotimo

».

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(dal 150 circa al r65 d. C.) ora un autentico cinico, ora un auten­ tico epicureo, soltanto peι-che οι-a dell'una οι-a dell'altι-a di queste dottι-ine fece pι-opι-i motivi ideologici ο strumenti polemici. In realta non esitό ad elaboι-aι-e spunti di filosofie diveι-se, sempre che non uι-tasseι-o il suo buon senso di uomo medio ed avesseω influenza diι-etta sul compoι-tamento dell'individuo e sui suoi ι-apporti con la societa ; e natuι-ale quindi la sua simpatia veΓSo dottι-ine che davano all'etica la paι-te maggiore e la sua di:ffidenza per le gι-andi costruzioni metafisiche. Luciano non nega una veι-ita supι-ema - ma questa veι-ita, imprecisabile dal punto di vista ontologico, e concetto geneι-ico come tωppi altι-i suoi -, nega - ed e il caι-dine del suo pensieι-o - la possibilita di cono­ scerla, giacche, se anche un· filosofo fosse giunto ο giungesse a possedeι-la, nessun cι-iteι-io esiste peι- pι-efeι-irla alla pretesa veήta di un qualsiasi altι-o filosofo. Questa posizione senza sbocco sul piano teoι-etico - e non nuova, ma comune con un ceι-to tipo di scetticismo pωfessato pι-ima dai Neo-accademici, poi, nello stesso ΙΙ secolo, dai cosiddetti Empiι-ici - poteνa esseι-e supeι-ata sol­ tanto quando l'inteι-esse del pensatoι·e si fosse spostato tutto sulla vita attiva; Luciano, che disprezzό gli Scettici piιτoniani peι- la lοω incapacita di aιψe (Vit. auct., 27), capi questo benis­ simo, ma qui ancoι-a una volta il suo discoι-so bι-ancola nel geneι-ico, giacche evidentemente ηοπ basta affeι-maι-e con passione sinceι-a che la vktu e nelle opeι-e e che 1' azione 'e l'unico mezzo efficace peι- liberaι-si dall'inappagabile ansia metafisica (cfι-. Herm., 79) . Ρeι- questo i1 Casteι- 13 defini « pigι-a e supeι-ficiale » la conclusione > sociale di Luciano, impegno che nei suoi scritti, indubbianιente, si manifesta in maniera assai esplicita, ma non e da aspettarsi che giunga alla richiesta, ο alla proposta, di nuove ο rinnovate strutture sociali, capaci di eliminare ο al­ meno attenuare le mostruose diseguaglianze, delle quali era vit­ tima allora tanta parte del genere umano. Luciano non mostra mai di credere che le condizioni delle classi piu ingiustamente trattate possano essere in qualche modo alleggerite, mentre piu -

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di una volta parla con entusiasωo della giustizia, dell'uguaglianza, della liberta, di cui godono i cittadini di uno stato perfetto: si vedano alωeno due brani, Herm., 23 e Catapl., r5. Ma nel priωo si tratta di una citta ideale ο, ωeglio, siωbolica, giacche e figura­ zione della virtu, che tutti egualωente subliωa ; nel secondo Mi­ cillo, il calzolaio introdotto a parlare, si trova nel regno dei ωorti, dove, si sa, poveri e ricchi si sono scaωbiati le parti : dunque uguaglianza, liberta, giustizia sono soltanto nella ωorte, e la fan­ tasia di Luciano si e fermata a lungo, quasi ad assaporarle, ί11 mezzo alle oωbre iωωaginando coωpiaciuta le interωinabili la­ ωentele dei ricchi e dei potenti, la noncuranza, l'iωperturbabilita e, perche no, la soddisfazione dei poveri. Ε siaωo tornati a dire che lo scrittore di Saωosata fu sollecitato soprattutto dal senti­ ωento e cla1la fantasia ; e che la sua superficialita gli iωpedl di approfondire discorsi che, coωe in questo caso, erano teπibilωente seri. Ο forse anche i1 suo scontento sociale era in qualche ωisura lenito da un fondo di fatalisωo, sul quale s'innestava la sua 11011 originale concezione dell'onnipotenza sovrana della Tuχ"'), la For­ tuna dei Roωani: il ωondo e seωpre stato, press'a poco, quello che e e tale seωpre sara, perche gli uonύ.ni sono egoisti, ingiusti, aωbi­ ziosi, avidi, prepotenti e cosl via - ne le prediche ο le utopie dei filosofi sono valse a ωigliorarlo nύ.niωaωente -, ωa per ciascuno in ogni ωoωento, secondo il capriccio della Fortuna, tutto puo caωbiare. Perche tentare, sovvertendo l'ordine costituito, di dare benessere ai poveri, di riscattare gli oppressi, di rendere tutti eguali, quando la Fortuna puo operare i piu inaspettati e claωorosi ωutaωenti e fare di un ωendicante un Γe? Luciano, per bocca di Menippo (Men., r6) , paragona una volta la vita degli uonύ.ni ad un grande corteo ωascherato, guidato dalla Fortuna, la quale si coωpiace spesso, durante la ωarcia del corteo, di scaωbiare fra due partecipanti l'abbigliaωento, che a ciascuno aveva assegnato in principio; ci sono delle proteste, ωa non servono a nulla; non protesta un attore tragico, quando e finita la rappresentazione : depone i panni di Agaωennone ο di Creonte e torna ad essere un povero diavolo. Qui Luciano ha vestito di un'iωωagine pittoresca la sentenza cinica che l'uoωo non possiede nulla, perche, qualunque cosa abbia, priωa ο dopo la deve restituire, ωa, ponendo in rilievo il capriccio onnipotente della sorte, seωbra volersi dar pace e adagiare nel pensiero che, se ogni realta e cosl facilωente ωutabile, chi oggi e povero puo non restare povero e ha ragione di sperare ogni giorno in un doωani nύ.gliore, chi e ricco puo teωere ogni

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giorno di perdere la sua ricchezza : che nessuno, di conseguenza, possa sentirsi al riparo dall'ingiustizia, che non siano necessaria­ mente sempre gli stessi a subirla, e in clefinitiva una forma di giustizia , e la Fortuna, clιe ne e dispensatrice, diventa in Luciano il grande diversivo del problema sociale. Cosi e verosimile che egli abbia soddisfatto, ο eluso, la sua esigenza di giustizia e di egua­ glianza fra tutti gli uomini; del resto non era egli stesso, giunto alla fama e all'agiatezza da modestissime origini, un esempio vivente e vistoso del potere equilibratore della Fortuna? Non e dunque il caso di faι- di lui un precursore di dottrine sociali che hanno preso consistenza soltanto in secoli vicinissimi a noi, ma non si puo ignorare il fatto, notevole per il suo tempo, che un letterato di grido all'epoca degli Antonini abbia messo il dito su una vecchia, trascurata piaga insistendo nel denunciarla, quando lo Stato ufftcialmente si compiaceva di aver assicurato ai cittadini condizioni stabili di benessere e di pace. Erano i tempi dell'alti­ sonante « Encomio di Roma » di Elio Aristide, dove si esaltavano la grandiosa missione storica di Roma, la sua insuperata ed insu� perabile potenza. Νοη c'era stato per l'impero momento meno adatto di quello per occuparsi delle miserie di una marea di schiavi e di nullatenenti, sulla cui fatica ήοη pagata ο pagata pochissimo pesavano tutti i lussi, gli agi e le ι-affinatezze dei ricchi di antica e di recente data. Ma Luciano non si uni al coro dei Graeculi osan­ nanti al padrone ronιano; non fu un > politico, inten­ diamoci, e accetto dall'autorita imperiale un'importante carica (cfr. la Nota biografica), pero, legato dalla sua particolare forma­ zione alla Grecia classica sentimentalmente oltre che cultural" mente, volle vedere nei Romani soltanto i caratteri proprii dei conquistatori, la superbia, la rozzezza, l'ignoranza, per contrap­ porli all'umanita, alla raffinatezza, alla cultura dei Greci vinti. Questa distinzione, certamente grossolana e parziale, gli permise almeno di osservare con occhio spregiudicato l'ordinamento so­ ciale, di cui i Romani erano responsabili, e di mettere in piena luce quanto gli scrittori ufficiali ignoravano ο fingevano di igno­ rare. Questa inclinazione a cogliere e a rappι-esentare gli aspetti negativi della natura umana nelle lοω manifestazioni sia pubbliche sia private, ma senza fare la voce grossa, senza prediche ne in­ vettive, sollecitando il riso anziche lo sdegno, fu il segreto del successo di Luciano e non tanto del successo presso i contempo­ ranei quanto di quello, ben pii:ι generale e convinto, che gli decre­ tarono i posteri dal medioevo bizantino ai nostri giorni.

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Verame11te l'amιnirazio11e dei dotti biza11ti11i che, a comi11ciare dal rx secolo, curaro11o la trascrizio11e e il comme11to delle opere di Lucia11o, 11011 era, e 11011 poteva essere, i11co11dizio11ata: 11egli scolii le espressio11i di lode e di co11se11so si alter11a11o curiosame11te co11 i11sulti e a11atemi, giacche lo scrittore che deride gli dei paga11i, i ftlosoft, i peccatori e il medesimo che 11011 crede i11 11uJla e com­ patisce chi crede i11 qualcosa. Comunque sia, Lucia11o ci e stato co11servato grazie aJl'i11teresse che proprio i11 qιιesti dotti seppe destaι·e, giacche 11egli ultimi secoli dell'impero, qua11do il paga11esimo combatteva la sιιa battaglia estrema co11tro il cristia11e·· siωo tiio11fa11te, rischio di essere completame11te dime11ticato : 110n poteva essere alleato efficace 11e dell'u11o 11e dell'altro. Ne mai, del resto, egli potra essere chiamato a co11fortare u11a qualsiasi posizio11e ideologica ; puo i11vece i11 og11i tempo, a11che 11el 11ostro, offrire l'i11seg11ame11to sempre attuale dello scι-ittore satirico ab­ basta11za acuto per ritraιτe i costumi dei co11tempora11ei coglie11� do11e l'uma11ita pere1111e, abbasta11za arguto per criticare e co11da1111are co11 la sola arma del ridicolo. Sopprimere il se11time11to del ridicolo - ammo11iva il Croiset 15 tutto spiega11do, e qui11di giustiftca11do, e piu pericoloso di qua11to si possa credere. U11a rapprese11tazio11e efficaceme11te comica, u11'immagi11e origi11ale pos­ S0110 pe11etrare ed imprimersi 11ella coscie11za lascia11do, come diceva il poeta Eupoli dell'eloque11za di Pericle, il pu11giglio11e nella car11e viva. U11'ultima obiezio11e, qua11do si i11sista sull'attualita di Lu­ cia11o, potrebbe riguardare proprio quella parte della sua satira, che ora chiamiamo sociale : si dira che i progressi compiuti i11 molti paesi dalla societa co11tempora11ea sulla via della giustizia e del­ l'eguaglia11za l'ha11110 portata troppo lo11ta11o da quella dell'im­ pero ωma11o del ΙΙ secolo d. C., perche qualcosa a11coι-a dello scrittore di Samosata riesca ad i11teressare, e a pu11golare, u11a coscie11za moder11a. Rispo11deremo che 11011 si vuole- 11e sarebbe possibile - che i11 Lucia11o si avverta 1111 qualche prese11time11to dei problemi sociali di oggigior110, e amιnettiamo che la sua satira e godibile ormai soprattutto come opera letteraria ; i11 misura, tuttavia, ta11tO maggiore qua11to piu viva e la Se11sibilita del let­ tore per quei problemi. Ma 11011 possiamo comu11que dire che sia superato l'ammo11ime11to implicito 11ella curiosa immagi11e delle « Epistole a Cro11o >>, par. 1 9 : « Co11sidera- scrive il Povero 11ella -

15. Op. cit., p. 393·

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prima lettera - un attore tragico che abbia un piede sollevato da terra di quanto lo sollevano i coturni, e l'altro scalzo. Se cammi­ nasse in queste condizioni, tu vedi che diventera necessariamente ora alto, ora basso a seconda del piede che mette avanti. Altret­ tanta e la disuguaglianza nella nostra vita )), Α questo punto converra soffermare lo sguardo, fino ad ora rivolto all'opera di Luciano nel suo significato e valore comples­ sivi, sulla tematica e i contenuti delle settantotto operette, che verranno accolte in questa edizione 16: e un altro passo sara fatto per un ulteriore avvicinamento del Lettore al suo Autore. Un gruppo notevole di scritti del corpus non esce dai vari pretesti di esibizione cari alla seconda Sofistica, come > cade certamente subito dopo il Ι 7 Ι d. C.) 17, si sente costretto a difendersi ; e la forma non puo essere che quella del discorso giudiziario. Pero, se consideriamo i rispettivi capi d'accusa, facile e la conclusione che, nonostante le occasioni reali, la materia e di peso talmente trascurabile, soprattutto nel seconclo, da far pensare a rinnovati pretesti di esibizione letteraria. Il primo intende scagionare l'Autore dall'accusa di incoerenza, che puo essergli rivolta, per aver prima commiserato e biasimato (nello scritto >, che investe nella figura-tipo di Lessifane il fanatico cacciatore non tanto di vocaboli propri del dialetto attico, quanto di vocaboli attici gia rari un tempo e poi caduti del tutto in disuso. Ma forse Luciano, nella sua foga poleιnica alimentata dalla fantasia, e andato oltre il segno arricchendo con la sua inventiva la rassegna delle storture linguisticl1e real­ mente esibite dalle sue vittime. Ι1 movimento dialogico l1a la precisa funzione di alleggerire un discorso tutto infarcito di parole astruse. Astruserie grammaticali, anziche lessicali, occupano per intero l'altro dialogo, « Il pseudosofista ο il solecista >> *, dove Luciano, qui non coperto - come nel precedente - dal consueto pseudonimo di Licino, ridicolizza rabbiosamente un sofista, che pretende di saper cogliere sulla bocca del prossimo la benche minima sgrammaticatura, ο solecismo, ma sulla sua non una ne rileva delle molte, lievi, sottilmente insinuate nel discorso. Ne « Il critico sbagliato ο sul giorno nefasto >> un tizio, a noi scono­ sciuto, che aveva riso dell'aggettivo &ποφpάς, ossia « nefasto >>, riferito di norma ad ή μέρα, ossia >, ma da Luciano a lui stesso in una frase rivoltagli per dileggio, viene punito con un attacco impietoso alla sua ignoranza e con la citazione di una serie di episodi umilianti, di cui e stato vittima. Un buon numero di altri scritti costituisce, a nσstro avviso, un gruppo che, al pari di un altro, meno numeroso, ma impor­ tantissimo, di cui ci occuperemo subito dopo, riteniamo inter­ medio fra i due grandi blocchi contrapposti, il >, gia trattato, e il >; e cio a parte ogni determinazione di ordine cronologico e a parte l'ipotesi di un periodo di transizione fra quello sofistico e il filosofico, ma perche l'uno e l'altro gruppo da un lato hanno profonde radici nella formazione e nell'attivita ·

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sofistica di Luciano, dall'altro attestano chiaramente i1 suo in­ teresse a prob1emi di maggiore attualita e di pii:ι 1arga umanita, e 1a sna ricerca della forma pii:ι adatta a1 tema sce1to. Il primo, dunque, dei due, pii:ι numeroso, e meno compatto : g1i argomenti sono vari, ora 1eggeri, ma non futili, ora impegnati nei campi diversi della storia, dell'educazione, della mora1e, de1 costume ; formalmente compaiono ora 1a diatriba, ora il dia1ogo, ora quello che noi chiameremmo trattato, e che a sua volta si organizza ora in forma episto1are ora in forma dia1ogica. Vere e proprie diatribe (i ce1ebri discorsi-invettiva, che furono 1'arma po1emica pii:ι caratteristica brandita dai Cinici) sono quelle che s'intito1ano « Contro un ignorante che compra molti 1ibri », « Su1 1utto », « Sui sacrifici >>: e avvertibile in tutte 1'influsso esercitato su Luciano da1 pensiero cinico in genera1e e da Menippo in par­ tico1are. Dai tito1i stessi e facile arguire che i tre attacchi sono sfeπati contro 1'esteriorita ipocrita e vana, contro i1 vuoto pau­ roso che sostituisce 1'intelletto e 1a coscienza in quanti preten­ dono di essere considerati dotti, so1o perche ammucchiano libri su 1ibri, ο in quanti riducono 1a re1igione ο i1 1utto ad un fastoso, comp1icato, e spesso ridico1o, ritua1e. « Su1 non credere facilmente alla ca1unnia >> e un po' meno diatriba e un po' pii:ι esercitazione retorica, ma l'argomento non e frivo1o e 1a requisitoria contro 1a ca1unnia trae 1a sua forza, e un suo pii:ι 1argo respiro, dalla de­ nuncia di que1 ma1e immenso che e 1'ignoranza, de1 qua1e si a1i­ menta non so1o 1a ca1unnia, ma una gran parte delle sciagure umane. Pii:ι legata a1 costume de1 tempo 1a 1unga 1ettera a un personaggio-tipo da1 nome trasparente di Timoc1e (= 1'ambi­ zioso) « Sui dotti che convivono per mercede >>, 1a qua1e, dipin­ gendo con ricca tavo1ozza, ravvivata dall'ironia, 1a vita dei dotti greci nelle case dei magnati romani, intende dissuadere g1i inte11ettua1i di 1ingua e di cultura elleniche, bramosi di denaro e di notorieta, dall'accettare 1e umi1iazioni che 1i aspettano nelle grandi case romane, dove imperano senza contrasto ottusita, pac­ chianeria, ignoranza. Appaiono in qua1che modo 1egati all'eser­ cizio sofistico i due dia1oghi « scitici >>, 1' > e il >, nei qua1i Luciano fa sfoggio di abilita dia1ettica e narrativa, con­ trapponendo costun1i e modi di vedere greci e scitici in omaggio alla passione de1 pubb1ico per tutto cio che fosse esotico ; e 1a Scizia per i popoli mediterranei era teπa di favo1osa 1ontananza. Il grande modello p1atonico incombe su entrambi i dialoghi, su11' > in partico1are, dove So1one difende contro 1e aΓgo-

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mentazioni opposte dal saggio scita l'importanza che presso i Greci ha la ginnastica nel processo educativo. Sul vecchio tema dell'amicizia verte la discussione nel « Tossari », che si anima del racconto di cinque aneddoti riferiti da ciascuno degli interlocu­ tori allo scopo di concludere se abbiano meglio inteso i doveri dell'amicizia i Greci ο gli Sciti. Una tale conclusione, tuttavia, non risulta dal dialogo Tossaή-Mnesippo (il rappresentante greco), ma e lasciata al lettore. Che il parassita sia un artista, come artista e il retol"e, vuol dimostrare con un sorriso scanzonato il dialogo « Sul parassita » *, che sorridendo si chiude con la preghiera di Tichiade (altro comune pseudonimo di Luciano) al parassita Simone, ragionatore e maestro, di accettarlo come suo primo discepolo. La tipica mentalita di Luciano, la sua piu ra:ffinata tecnica del dialogo, il suo fascino di narratore avvincente spiccano ne « L'amico della menzogna », dove ancora Tichiade riferisce a un ceι-to Filocle la conversazione, alla quale ha preso parte in casa di Eucrate, sessantenne filosofo : strane ed inquietanti storie di prodigi e di apparizioni sono narrate come vere da Eucrate e dai suoi amici, e stigmatizzate come fandonie assurde da τi­ chiade-Luciano, che conclude il dialogo dicendosi ancora nauseato per aver sentito tante bugie. Dallo stesso bisogno di smascherare il falso in ogni sua manifestazione nasce, piu severo nell'imposta­ zione, ma ben piu modesto nella resa, « Ι1 dialogo con Esiodo », in cui il solito Licino accusa con piglio diatribico il poeta Esiodo di aver dichiarato di essere profeta, ma di non aver mai fatto una profezia; naturalmente Esiodo scarica la responsabilita di quella dichiarazione sulle Muse, che gli hanno dettato i suoi poemi. Con una certa approssimazioηe si puo attribuire il termine moderno di trattato a due scritti che, formalmente, potrebbero definirsi uno lettera, l'altro dialogo: del trattato, come oggi si intende, non hanno l'ampiezza - e nemmeηo l'impersonalita - ; ma lo sviluppo organico dei rispettivi argomenti (« Come si deve scrivere la storia » e « Sulla danza >>) e l'intento piu ο meno coper­ tamente didascalico giustificano, sia pure con qualche riserva, tale definizione. Il primo fu sollecitato dal coro di elogiatori delle vittorie romane, che nella guerra partica (r6z-r65 d. C.) riscatta­ Γono le precedenti sconfitte : Luciano, mal sopportando che insulsi adulatori usurpassero il nome di storici, spiega a un ignoto Filone come, a suo giudizio, dovrebbe scriversi la storia. Le norme che egli impartisce, ragioηando lucidamente e infiorando il discorso di aneddoti dimostrativi, si assommano tutte nell'esortazione ad

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esercitare le due qualita essenziali dello stoτico, che dev'esseτe veridico nel registrare i fatti e obiettivo nel valutarli. ΙΙ secondo prese lo spunto dall'ostilita manifestata dal moralisnιo cinico­ stoico nei confronti dei danzatori mimici ο pantomimi, protetti invece e ammirati in quel momento da Lucio V�ro . ΙΙ lungo discorso sulla danza mimica, sulle sue origini, sui suoi illustri cultori, sulle sue benemerenze si atteggia, infatti, come un di­ battito fra Licino e il cinico Cratone, il difensore e l'accusatore; ma ii dialogo cede il posto ben presto ad un monologo, che e in­ sieme apologia ed elogio, e, per la sua dottrina, anche trattato, mai greve tuttavia e pieno sempre di buon senso e di buon gusto. Ricordiamo qui, infine, un anodino trattatello, « Ι longevi >> *: I'Autore dedica al nobile Quintillo un utile repertorio di re e di dotti, quasi tutti greci, per ciascuno dei quali e indicata la taτcla eta raggiunta. Non numeroso, ma importante per il valoι·e degli scritti che lo compongono, e ί1 secondo gruppo intermedio, il gruppo com­ patto delle opere narrative. Diciamo subito che per Luciano, alle cui doti di narratore abbiamo gia accennato, la narrativa non e mai fine a se stessa, cosicche, anche quando sαive i dιιe libri della « Storia vera >> (ο, secondo i migliori codici, « Storie veτe ») , cl1e ne sono il capolavoro, li scrive per bollare tutti coloro cl1e τaccontano e descrivono cio che e loro invenzione gabbandolo per la pnra veήta. Luciano dichiara che, peτ non mancar� egli solo della liberta di inventare favole, non raccontera nulla di vero, ma lo fara piu onestamente degli altri, perche almeno, in quanto a:fferma di mentire, dice la verita. Ε una specie di pen­ siero fisso qιιesto amore per la verita, una specie di caparbia coerenza, che confonde i doveri della storia coi diritti della poesia, che gli fa chiamare bugiardi non solo storici come Erodoto e Ctesia, ma anche poeti ο romanzieri, da Omero a Iambιιlo, cιιi nessuno aveva mai negato il diritto di sbrigliare la fantasia: evidentemente, secondo lui, avrebbero dovuto almeno dichiarare che mentivano! Ad ogni modo un po' per polemica, un po' asse­ condando la sua capricciosa inventiva egli l1a fatto della « Stoι·ia vera >> una delle opere piu curiose e a:ffascinanti della letteratura greca e, noi potremmo dire, il primo romanzo di fantascienza. Con la « Stoήa vera >> e inevitabile collegare gli scritti « Sulla dea sira >> e « Sull'astrologia », qualunque cosa si pensi circa la loro antenticita. In entrambi, ma specialmente nel primo, l'Autoι·e, che adopera il dialetto ionico-erodoteo, fa suo bersaglio Erodoto,

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quell'Erodoto cui Luciano addossa la responsabilita di aver rife­ rito come vere notizie non controllate ο palesemente inventate. L'attacco, pero, non e frontale : lo scΓitto (( Sulla dea sira )) rife­ ι·isce, contraffacendo perfettamente Erodoto, quanto l'Autore avrebbe veduto ο udito a Ieι·apoli in Siria riguardo al tempio e al culto della dea Atargatis (la greca Era) , cui la citta era sacra. Il discorso si allarga ai culti fenici, e inteιτotto da digressioni narrative e accoglie con apparente ingenuita stoΓie miracolose : all'Autore importa disincantare i1 lettore, indurlo, accumulando notizie incredibili e magari divertendolo, a rendersi conto che negli stoΓici di un certo tipo non si leggono cl1e fantasie. Meno efficacemente persegue lo stesso fine il pii:ι breve scritto « Sul­ l'astrologia », della quale in tono laudativo si risale alle origini egizie, si ripercorre il cammino in Grecia da Orfeo ai pii:ι noti indovini del mito, che furono anche asttologi, e si esaltano i benefici. Se il breve romanzo, che noi ora definiremmo « con­ densato », dal titolo « Lucio ο l'asino )) appartenesse con certezza a Luciano - ma Π dubbio, dopo tante discussioni, permaηe -, si aggiungerebbe alle precedenti opere narrative per la medesima carica polemica : la trasformazione di Lucio in asino e viceversa, che con ben altro spirito narro e interpreto Apuleio 18, poteva essere per Luciano non altro che una di quelle storie inCΓedibili, la cui incredibilita si compiaceva di mettere in rilievo raccontan­ dole. Le altre opeΓe narrative del Nostro servirono direttamente la guerra che egli dichiaro alla mistificazione e all'ipocrisia e che condusse ο smascherando gli impostoή ο narrando la vita di qual­ cuno dei pochi veri maestri di virti:ι. La « Vita di Demonatte », il filosofo cinico che Luciano frequento a lungo in Atene, non e propήamente una biografia, rήa una raccolta di fatti e detti alla maniera dei (( Memorabili )) senofontei : Demonatte e Γicor­ dato con ammirazione ed affettuoso rimpianto come uno dei pochissimi in quel tempo, che fecero onore alla filosofia. Α un altro di questi, a un certo Sostratό beota, dice lo stesso Luciano di aver dedicato un apposito scritto, a noi non pervenuto. Sdegno, disprezzo, ironia trionfano, per contro, nell'« Alessandro ο il falso profeta )) e nella « Morte di Peregrino )) : i due opuscoli hanno la forma della lettera, indirizzata a un Celso epicureo la prima, a r8. Ci sembra opportuno segnalare che recentemente si e voluto ve­ dere nel " Lucio ο l'asino >> attribuito a Luciano la fonte diretta delle > apuleiane (cfr. G. BIANCO, La fonte greoa delle Metamorfosi di Apuleio, Brescia, rg7r).

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un Cronio platonico la seconda. La forma epistolare serve a Luciano, si direbbe, per sottrarre gli scritti a quella obiettivita, che egli stesso aveva indicato come la prima dote di un resoconto storico : in una lettera si assolvono doveri di amicizia, ci si con­ fida, ci si sfoga. In realta tutte e due le volte il fatto personale ha preso la mano allo Scrittore : il racconto, un po' disordinato, delle imposture del falso profeta di Abonotico, come il rapido schizzo biografico e, poi, la descrizione del plateale suicidio del cinico Peregrino, non sono animati soltanto dallo zelo per la causa della verita contro tutte le menzogne, ma anche dall'odio implacabile nei confronti di persone, con le quali i colpi scambiati non erano stati solo verbali 19• νeniamo infine al blocco (( filosofico )), che poi significa impe­ gnato in senso, oltre che filosofico, anche religioso e sociale, e che e nettamente configurato non tanto per questo impegno, la cui forza d'urto e ora maggiore, ora minore, quanto per la comune forma dialogica. Ι1 dialogo e la creatura prediletta di Luciano, che di esso parla piu volte compiaciuto, ma che per esso e anche costretto a difendersi e a dare spiegazioni. Le accuse gli venivano da due parti e su due fronti egli condusse la sua miglior difesa, nel pieno della sua maturita di artista - a quarant'anni -, adope­ rando, invece di un'orazione continua di stampo tradizionale, proprio la nuova forma incriminata. Il « Due volte accusato )) ha, infatti, tutte le qualita piu originali del dialogo lucianeo : molteplicita di personaggi, mitologici astratti reali, da Zeus alla Giustizia al Siro (Luciano stesso), frazionamento dell'azione, mas­ sima disinvoltura nel cambio di scena (dal Cielo all'Areopago ateniese). Delle accuse della Retorica, da una parte, del Dialogo stesso, dall'altra, si e gia detto (cfr. Ρ· Ι4). La difesa del Siro, per contrasto coi fiumi di parole del costume retorico, e breve e succosa : la Retorica, sua consorte, lo ha tradito civettando, imbellettata come una sgualdrina, con la peggior canaglia, ed egli ha avuto ragione di abbandonarla ; il Dialogo gli deve esseΓe Γiconoscente per averlo liberato della muffa che lo ricopriva e averlo reso moderno, agile, piacevole. Tale infatti, dobbiamo Γiconoscerlo, e la maggior parte dei dialoghi di Luciano, dai piu complessi, ο piu arditi per una sceneggiatura che oseremmo defi­ nire cinematografica, ai piu semplici, che riproducono una breve conversazione fΓa due personaggi. Cominceremo, passandoli in rg. Cfr. la Nota biograjica, p. 43·

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rassegna, da un'opera composita che, tradizionalmente raccolta sotto l'unico titolo di « Saturnali )), comprende : un dialogo, in primo luogo, fra il dio Crono (il romano Saturno) e un suo sacer­ dote ; poi tre tavole di leggi precedute da una introduzione, con la quale il legislatore, dal nome trasparente di Cronosolone, di:ffida i ricchi dal violare quelle norme che, dettate a lui dallo stesso dio, regolano il loro comportamento verso i poveri durante i Saturnali ; quattro lettere, infine, di cui la prima e scritta da un povero a Crono, la seconda e la risposta di Crono al povero, la terza e ancora di Crono, ma indirizzata ai ricchi, la quarta e la risposta dei ricchi a Crono. Luciano, dunque, non si perita di trattare un tema unico valendosi di forme diverse, come sono qui il dialogo, creazione sua propria, e quel tipo di epistola attribuita a un dio, che fu invenzione del cinico Menippo. C'e indubbiamente altro in quest'opera di cinico in generale e di menippeo in parHcolare, ma la rielaborazioήe ha caratteri originali : quei sette giorni di ogni anno a dicembre, nei quali la celebrazione delle feste di Crono­ Saturno consisteva in una parvenza di ritorno all'eguaglianza e alla solidarieHt di tutti gli uomini, proprie del regno del vecchio dio, offrono a Luciano l'occasione di amare, e pungenti, conside­ razioni sulla realta sciagurata dell'attuale regno di Zeus, intristito dall'ingiusta distribuzione della ricchezza, tutta in possesso di pochi, e dei peggiori. Ma i doni e gli inviti, che i ricchi elargiscono ai poveri nei giorni di Crono, creano essi stessi dei problemi, e Luciano sembra gia intravedere in questi le piiι gravi remore, che in seguito intralceranno qualunque tentativo operato dalla societa per migliorarsi : fincM esisteranno poveri e ricchi, difficil­ mente potranno non odiarsi fra di loro, non riuscendo ne gli uni ne gli altri a sopportare quei difetti della natura umana, che la rispettiva condizione ingigantisce. Ancora la natura umana con le sue follie e di scena in alcuni dialoghi, tra i quali fanno spicco i prodotti migliori della vena satirica lucianea, esuberante di fantasia, ma non priva di sentimento. Lo Scrittore e sollecitato e in parte guidato dai modelli menippei nel « Menippo )), nell' « Ica­ romenippo )), nei « Dialoghi dei Morti )), nel « Viaggio agli infeι-i ο il tiranno )), nel « Caronte ))1 ma il « τimone ιι e soprattutto « Il sogno ο il gallo )) , « La nave ο le preghiere ιι ci danno la misura intera del suo talento. Menippo nel dialogo omonimo racconta a Filonide il viaggio da lui compiuto, vivo ancora, nell'Ade ; vi e sceso, aiutato da un mago caldeo, per chiedere al famoso indovino τiresia quale sia la vita migliore che si possa vivere. Si sente

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rispondere che e quella dell'uomo comune. Ma la linea del dia­ logo, occupato quasi per intero dal racconto di Menippo, devia piu volte e accoglie motivi diversi, che ricorrono in altri di questi dialoghi : l'inutilita clella filosofia, l'indegnita dei filosofi, le colpe dei ricchi e dei poveri e la loro punizione nella morte. Dagli inferi al cielo, per scrutare dall'alto la vita degli uomini : e il brusco mutamento di ιπospettiva, cui assistiamo passando dal « Me­ nippo >> all' si aρre con uno sfogo di Timone, che accιιsa Zeus di non curarsi di ρunire tutti coloro che, aρρrofittando della sua generosita, lo hanno ridotto ρovero al ρunto, da doversi guadagnare il ρane zaρρando la dura terra dell' Attica. Zeus si scuote dal sonno, muove Ermete, la Ric­ clιezza, la PoverHι ; e Timone, ρur tessendo l'elogio dell'ottima Poverta, ubbidisce al ρadre degli dei, che lo rivuole ricco, accet­ tando il tesoro dissotterrato dalla sιιa stessa vanga. In men che non si dica tornano i falsi amici, quelli che gli hanno fatto odiaι-e l'umanita, ma sono messi in fuga da una fitta sassaiola. Traendo ρartito dalla dottι-ina della metemρsicosi e divertendosi a lungo alle sρalle di Pitagora e delle sue teorie, Luciano ne . Durante il ritorno in Atene dalla visita a una grande nave a11corata al Pireo s'incontrano tι·e amici, fra i quali Licino, e camminando ne ritrovano un quarto, Adimanto. Questo ritorno dal Pireo - non sfuggin't a nessuno - e modellato sull'altro, celeberrimo, che diede occasione nella fantasia plato11ica al grande dibattito de « La repubblica >>. Adimanto (il nome e anch'esso platonico) era passato accanto agli amici senza vederli, inte11to a immaginare tutte le soddisfazioni, di cui avrebbe goduto, se fosse stato suo l'enorme reddito, che quella nave assicurava ogni anno al propι-ίetarίo. Licίno mostι-a il ι-ovescio de11a ιnedaglia con tanta efficacia, che Samippo vuol chiedeι-e agli dei non ric­ chezza, rna pote11za : il suo sogno e dίventaι-e re e sottometteie, novello Alessandτo, 1' Asia inteι-a. Lίcino lo dissuade descriven­ doglί le pauτe e i sospetti che avvelenano ognί istante del gioτno e della notte del tίι-anno. Yimolao, pei no11 esseι-e dίsi1luso anche lui, voιτebbe aveι-e da Ermete alcuni anelli magici, ai qualί chie­ deι-ebbe di viveι-e mίlle anni senza vecchiaia e senza malattie, dί possedeι-e una foτza eτculea, di esseι-e inesistίbile in amore, di poteι-, se necessario, spariι-e ο, nel caso, spostaι-si in un baleno da un punto all'altι-o della tena. Ε Licίno quale pι-eghiera fa? Νessuna : gli basta ridere delle preghίere degli amici. U11a parentesi serena, quasi sorridente, e aperta nella folta schiera dei dίaloghi « impegnati » da un gruppo di qui11dici mali­ ziosi cicalecci, spesso conclusi da un'abile battuta epigrammatica, gίunto a noi col titolo dί « Dialoghi delle meretrici ». Α rίgore, non manca nemmeno in questi il tema delle debolezze della 11atura umana, femminile soprattutto, ma, come debolezze ίηηοcιιe, sono guardate co11 una comprensίone e una bonarieta che, per simili scenette, e quasi οννίο definire menandree. Insomma, una volta tanto la satira e assente e il gioco dei sentίmenti, pur leggeri e supeι-ficiali, e ritratto con attenzione, con indulgenza e - occorre notarlo - con grande delicatezza. Ma non cosi innocua, secondo Lucίano, e stata Ia follίa ο , meglio, stoltezza dei tempi, che di una congerie, per lui assurda, di miti hanno fatto una relίgione. Certo, si e detto pίiι di una volta, la satira contro la relίgίone olimpica era gia superata dalla disistima ο dallΌblίo, in cui essa stava cadendo, ma e anche vero

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che Luciano combatte la fede traclizionale del mondo greco-ro­ mano, per combattere ogni altra fede in qualsiasi altro dio. Ε la colpa della religione, di qualunque religione, consiste per lui nel mortificare quel grande privilegio dell'uomo che e la ragione e nello sfruttarne, per contro, la credulita, debolezza fra le sue piu nocive ed umilianti. Inoltre, dobbiamo dirlo, gli dei dell'Olimpo con le loro leggende, gia avvilite da secoli di gretta interpreta­ zione razionalistica, offrivano facile bersaglio all'arguzia lucianea e materia docile per i bozzetti che ne erano animati. Ε infatti i ventisei πup ε!χεν Mras Macleod (dalla rec. γ) : πiΧν δσον, ο!μαι, πup ε!χε Jac. (dalla rec. β) . ώς είκ6ς· Mras : ώς είκ6ς, J ac. Πλ�ν δη Mras (dalla rec. γ) : '' Οη Jac. (dalla rec. β). Μόκονος Hemsterhuys Fritzsche (dal cod. Α) : �μ'Lν κ6νις Jac. I

.

I

I

ΝΟΤΑ CRiτiCA

ΙΟ,3,Ι

ro,5,2 ro,5,2 ro,6,3 10,6,4 ΙΟ,Ι2,4 ΙΟ,Ι2,5 ΙΟ,Ι3,3 ΙΟ,Ι4,6 ΙΟ,Ι4,6 ro,r6,5 ΙΟ,20,Ι 10,20,5

&ν �πίστεις Dindorf Macleod (dai coι:ld. rec.) : �πί­ στεις Jac. �ν Mras : εί codd. Jac. Εο γε· και &ξια Mras (dalla rec. γ) : ΚαΙ. &ξια Jac. ( dalla rec. β) . έν ττε κοινωνε�ς των όμοίων λόγων, ά.λλ' &φνω μετα­ βέβλησα.ι καt 6λως δπεροπτικ(j) τινι �οικα.ς. Ήaέως ()' &ν πα.ρa σου πυ&οίμην, 6-&εν οί5τως ά.τόπως �χεις κα.t τί τοότων α'�τιον. ΛΟΥΚ. τι γaρ &λλο γε, ω έτα.�ρε, η εύτυχία. ; ΕΤΑΙ. Πως λέγεις ; ΛΟΥΚ. Ό3ου πάρεργον Ί)κω σοι εύaα.ίμων τε κα.Ι. μακάριος γεγενημένος καt τουτο aη το ά.πο τΊjς σκηνΊjς 6νομα., τρισόλβιος. ΕΤΑΙ. Ήράκλεις, οί5τως έν βρα.χε� ; ΛΟΥΚ. Κα./. μάλα.. 1. La citazione riproduce il senso, ma non la lettera dell'espressione tucididea, che suona: « ά.μα:·ΙΗα: μ/:ν .&pά.σος, λογισμος aΙ: 1\κν ον φέρει (ΙΙ, 40, 3) » ossia : « . . l'inesperienza porta ardire, il ragionamento inde­ cisione >>. ...

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Luciano saluta Nigrino. Il piΌverbio dice « Portai nottole ad Atene )) piesuppo­ nendo che sia ridicolo portar la delle nottole, dal momento che ve ne sono molte. Ed io se, volendo dare una dimostra­ zione della potenza della mia parola, scrivessi un libro e lo inviassi a Nigrino, incapperei nel ridicolo, giacche spedirei davvero delle nottole ; ma poiche desidero confessarti, dicen­ doti solo quello che sento, cl1e sono conquistato completa­ mente dalle tue parole, sarebbe giusto ancl1e che non rien­ trassi nel detto di Tucidide che l'inespe�·ienza rende gli uoιnini arditi, il Iagionamento indecisi 1 : e infatti evidente che causa di un simile ardire non e solo l'inespeήenza, 111a anche l'amore , per la parola. Sta sano. NIGRINO Ο UN CARATTERE DI FILOSOFO Arnico, Luciano. [r] ΑΜ. Quanto seήo ed altero ti sei fatto al tuo ritorno I Νοη ti degni piu di guardarci, non ci concedi la tua com­ pagnia, non partecipi alle nostre conversazioni : sei cambiato all'improvviso e assomigli pιΌprio ad uno che gnardi dal­ l'alto in basso. Ιο amerei sapere da te coωe mai sei cosi strano e quale ne e la ragione. I�uc. Che altro vuoi che sia, amico ιnio, se non la buona sorte ? ΑΜ. Che cosa intendi dire ? I�uc. Sono da te di passaggio, felice e beato, e, per pren­ dere una parola dalla scena, « tre volte avventurato )). ΑΜ. Per Eracle, in cosi breve tempo ? Luc. Certo.

ΝΙΓΡΙΝΟΣ

Ι ΟΟ

ΕΤΑΙ . τι aε το μετιΧ τοuτό έστιν, έφ ' δτψ κα1. κο μ� ς, �να μ� έν κεφαλαίψ μόνψ εuφραινώμε&α, �χωμεν 3έ τι κα1. &κριβeς ειaέναι το παν &κοόσαντες ; ΛΟΥΚ. Ou ,f}αuμαστον είν'α ί σοι 3οκε'L προς Διός, &ντ1. μεν 3οόλοu με έλεό&ερον, &ντ1. aε πένψος ώς &λη.Β·ως πλοόσιον, &ντ1. aε &νο�τοu τε κα1. τετuφωμένοu γενέσ&αι μετριώτερον ; [z ] ΕΤΑΙ. Μέγιστον μeν ο ον- &τιΧρ ο\.Ιπω μαν&άνω σαφως δ τι κα1. λέγεις. ΛΟΥΚ. 'Εστάλην μεν εu&Ο τ�ς πόλεως βοuλόμενος ίατρον όφ.θ·αλμων &εάσασ&αι τινα· το γάρ μοι πά&ος το έν το ι ι " ς; ι ' ' βλεπωV' τε κα.�I μεγα. οΊJ, α.ω·ρ�α.ν φως α.να. ωστε τοΙ κα.�νοτα.τον, τοu όφ&α.λμοu μεν καt τ�ς περt α.uτον ά.σ&ενεία.ς έπελα.ν&α.νόμψ, \ \ \ οε " ' " ' ψuχψ ' μψ· ε' λελΊ)v ' (\·ε�ν ' τψ ο' ξuοερκεστερος εγ�γνο κατα.λ μ�κρον γιΧ.ρ τέως α.uτ�ν τuφλώττοuσαν περ�φέρων. [5 ] Προ·cων aε ές τόaε περ��χ&ψ, δπερ ά.ρτίως ή μ�ν έπεκά.λε�ς· γαuρός τε γιΧ.ρ uπο τοu λόγοu κα.t μετέωρός ε1μ� κα.t 6λως μ�κρον οuκέτι οuaεν έπ�νοω· aοκω γά.ρ μο� δμο�όν τι πεπον-θ·ένα.� προς φ�λοσοφία.ν, ο!όνπερ κα.t οί Ίνaοt προς τον ο!νον λέγοντα� πα.&ε�ν, δτε πρωτον �π�ον α.uτοu· -θ·ερμότερο� γιΧ.ρ δντες φόσε� π�όντες ίσχuρον ο6τω ποτον α.uτίκα. μάλα έξεβα.κχεό&ΊJσ fl ι > fl ι 1 ,ι 1 6 , ση rι 1 σε .βαπτον τον αγωνο,τετΊ)ν τους εχων ιματιον εv·εωρει, tΜντας έλε�σαί τε και παραιτεΊ:σ&αι και τοu κ�ρυκος &νειπ6ντος δη παpα. τον ν6μον έποίφεν έν τοιαότη έσ&�τ� &εώμενος, άνα­ βο�σαι μι� φων?J π&ντας &σπερ έσκεμμένους, συγγνώμΊ)ν &πο> ι > Ν > 1 ι 1 l! tι Ν ι ετερα. νεμειν αυτιv τοιαυτα γε αμπεχομενψ μι1� γαρ c.χειν αυτον Ταuτά τε οδν έπήνει και προσέτι τ�ν έλευ&ερίαν την έκε'i: και τ�ς a�αίτΊ)ς το άνεπίφ&ονον, �συχίαν τε και άπραγμοσόνΊ)ν, & a� Ιlφ.θ·ονα παρ' αύτοΊ:ς έσην. Άπεφαίνετο φ ιλοσοφί 1 (l οuuι:: ν καv·ο I ' , .,. ' λ ou τι γραφεται, οuχ ορωΝ τινα Ν ων ψ ετε uμεις, χωρις τρόπον αt συντάξεις τdι νόμψα, έφ ' ο!ς έτάχ&η τdι κατ' άρχάς, �ξοuσιν. 'Αλλ'/J.i:'ο\.Jτε όμiΧς ο!μαί ποτε ές τοσοuτον άμελείας τε (lκαt }( .}, "' ' •ιι..,ειν, " ' , 'Ψ αι τιναI μιι οικαια, ουτε, ει, καvυπαρορασεως ωστε επιτρε φήσετε τον ''. (l I εωε Ν α"λλων ανεκοπησαν , ' αι' τόλ μαι εuvυς , ' [4 ] Ως τοτε καιI των . •





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'

r . Ε il me�e attico corrispondente alla seconda meta di ottobι·efprima di novembre.

[r] Sotto l'arconte Aristarco del Falero, nel settimo giorno di Pianepsione 1 il Sigma accuso i1 Tau davanti al tribunale delle sette Vocali di violenza e di rapina dei suoi averi, di­ cendo di essere stato privato di tutte le parole col doppio taιι. [2] Vocali che ci giudicate, finche piccolo era i1 torto che mi faceva codesto Tau, il quale fa uso indebito del mio e approda dove non deve, non mi affiiggevo . troppo per i1 danno, e alcune delle cose che si dicevano fingevo di non sentirle per quel senso della misura cl1e, come sapete, io conservo nei rapporti con voi e con le altre lettere ; ma poiche egli e arrivato a tal punto di prepotenza e di illegalita da infiiggermi ancora altre violenze, non contento di quelle che piu di una volta ho passato sotto silenzio, sono ora co­ stretto a chiamarlo in giudizio davanti a voi che conoscete l'uno e l'altro. Oltre a cio non poca e la paιιra che mi prende, se penso alla mia espulsione : costui infatti, facendo qualcosa di sempre piu grave oltre il gia, fatto, mi caccera definitiva­ mente dal mio posto, cosicche, se taccio, corro il rischio di non essere neppure piu annoverato fra le lettere e di restare non altro che un sibilo. [3] Ε giusto, dunque, che non voi soltanto, che ora giudicate, ma anche le altre lettere tengano d'occhio il processo, giacche, se sara lecito a chiunque lo voglia spingere via qualcuno dalla posizione che e sua ad una che gli e estranea, e questo permetterete voi, senza le quali nulla affatto si puo scrivere, non vedo come le com­ binazioni delle lettere potranno conservare la legalita, in cui furono costituite inizialmente. Ιο penso che voi non giungerete mai a tal punto di incuria e di negligenza da permettere cio che non e giusto, ma dal canto mio, se voi cederete in questo processo, non dovro lasciar correre il torto che mi vien fatto. [4] Ε se il cielo avesse voluto che g. LucιANo

130

ΔΙΚΗ ΦΩΝΗΕΝΤΩΝ

ά.ρζαμενων παρανομε'i'ν, καt οuκ &ν έπολεμει μεχρι νuν το λάμβ13α τij) ρω 13ιαμφισβψοuν περt τ�ς κισ�ρεως καt κεφαλαργίας 2, οίlτε το γά.μμα τκα, abbiaιno un esempio di iper­ atticismo, giacche negli stessi autori attici non si tl"Ova che βασίλισσα. 8, Ι tre uccelli designati ίη greco rispettivamente da φ&:σσα, ν'i)σσα, κόσσυφος s'intendono straρpati al Sigma, ίη quanto pronunciati anch'essi col doppio τ in luogo del doppio σ. Aristarco, il celebre grammatico di Alessandria (2 1 6-143 a. C.) , aveva evidentemente negato che fosse dell'uso attico la pronunzia dei tre vocaboli col doppio τ.

4 [16], 8-9

133

Cibelo, una cittadina non brutta, colonia, come si dice, di Atene. Αvevo condotto con me l'ottimo Ro, il migliore dei vicini, e alloggiavamo in casa di un poeta di commedie, che si chiamava Lisimaco e che sembrava Beota di stirpe, ma desiderava essere detto originario del cuore dell'Attica . Presso questo straniero smascherai la prepotenza di codesto Tau. Infatti, fi.nche comincio con poco, pretendendo di dire tettarak01#a e tirandosi dietro temeron e siωili, pensai che per lui fosse un'abitudine sostenere che era roba sua ed ero rassegnato a sentirlo e non mi iιτitavo troppo peι- questo . [8] Ma da quando, dopo aver cominciato cosi, ebbe il coraggio di dire katt>ιteron ( = stagno), kattyma ( = suola) e pitta ( pece) e, senza arrossire, basilitta ( regina), privandomi delle lettere a me consanguinee e familiari, il mio sdegno e grande e brucio temendo che col tempo qualcuno dica anche tyka invece di syka ( = fi.chi) 7• Ε perdonatemi, in nome di Zeus, la giusta ira : sono scoraggiato per 1' abbandono di co­ loro che potrebbero aiutarmi. Ι1 pericolo investe cose della ιnassima importanza, se mi si sta pτivando di amicizie e di compagnie : strappandomi dal seno, per cosi dire, la gazza, uccello ciarliero, me la fece diventare kitta da kissa ; e mi tolse anche, nonostante i1 divieto di Aristarco, il palombo insieme con l'anatra e i1 merlo 8 ; mi rubo poi non poche api, ando in Attica e dal mezzo di essa ηφi illegalmente l'Imesso 9 sotto gli occhi vostri e delle altre lettere. [9] Ma perche dico questo ? Mi caccio da tutta la Tessaglia pretendendo di chiamarla Tettaglia e mi escluse da tutti ί mari non rispar­ miando nemmeno le bietole nell'orto, cosi da non lasciarmi neanche il proverbiale chiodo ;ιο. Ε perche sia dinιostrato che ίο sono una lettera tollerante, potete testimoniare voi stesse che non ho mai citato lo Zeta per avermi sfi.lato lo smeraldo e preso l'intera Smirne 11, ne il Xi che ha violato =

=

9· Piiι nota la fonna attica col doppio τ : l'Iωetto e una ωontagna dell'Attica celebre per il suo ωarωο ed il suo miele, ro. Si tenga presente che -.,.. ,;:,.. ι ....; l''''t"';..f'l';f> ΙΛ� σ6ι.l/\•u1Μiι-ι ι '"''"' ""U' . tmlr t-Utf/7'\. l:'f V �,•. i.:, : "_Α4 f d . .. ;t.;l"t �.� L..()ΙJf.' t.VJ {.,.. •ι·a ·t,.; ι§ � "((1ι.ί",:\1 �νj' λτος ανοιχιrη > (i � (i "> 1 και J.'I οε μου ο καινος οεσποτψ; και ανακ't)ρυχ..τη ' '' ι ι ων οικετΊJς ' ι ' "> � 't)τοι συγγενΊJς τις �,1 κολαc,!: �,1 καταπυγ εκ παιοικων τίμιος, ύπεξυρ't)μένος �τι τ�ν γνά&ον, &ντt ποικίλων καt παντο­ �απων ��ονων, &ς ��'YJ �ξωρος Δν ύπΊJρέτΊJσεν αύτψ, μέγα το μίσ&ωμα ό γεννα'Lος &παλαβών, έκε'Lνος μέν, 5στις &ν fJ ποτε, άρπασιΧμεν6ς με αύτ?) �έλτcμ &ε'L φέρων &ντt τοu τέως Πυρρίου � Δρόμωνας � Τιβίου Μεγακλ�ς � Μεγάβυζος � Πρώταρχος 14 μετονομασ&είς, τοος μάτ't)ν κεχ't)νότας έκείνους ές αλλ�λους &πα­ βλέποντας κατ:χ.λιπων &λΊJ&Ε:ς &γοντας το πέν&ος, ο!ος αύτοος ό &όννος έκ μυχοu τ�ς σαγ�νΊJς �ιέφυγεν ούκ όλίγον το �έλεαρ ' ' ' I ' (i ' ' ' ' λος και '> 1. εμπεσων κατοcπιων. 23 J ' Ο οι:: εις εμε: απεφοκα α..τροως [ ι "> J! � Ι 1( (i παχυοερμος α.ν..τρωπος, ι:;τι τ ,1ν πεο't)ν πεφρικως και ει> ποcριων &λλως μαστίξειέ τις, ()ρS·ιον έφιστιΧς το οος και τον μυλωνα &σπερ το 'Ανάκτορον προσκυνων, ούκέτι φορ't)τός έστι το'Lς έντυγχιΧ­ νουσιν, &λλιΧ τοός τε έλευ&έρους ύβρίζει και τοος όμο�οόλους μαστιγο'L &ποπεφώμενος εί και αύτψ τιΧ τοιαuτα �ξεστιν, &χρι ' Ι ' I "> ' I � I > I \ > μΊ) ακοuση εμοuκλεισαμενον τΊ)ν βο�σα.ντος. ΕΡΜ. Οόκοuν eπιβαίνωμεν ηaΊJ της 'Αττικης καί μοι �ποu eχόμενος της χλαμύaος, &χρι &ν προς την εσχατιιΧν &.φίκωμαι. ΠΛΟΥΤ. Εδ ποιε�ς, έμοί ίκανον ένaιαιτiΧσ&αι, τον αuτον I , \ I \ � � κοιι μοι Δ τοιuτοι κοιι τοιφον .� �\ ι: c,ενοςά.μιξία προς &ποιντοις σε βίον, uπεροτον έπίλο φι/ λ ιπον νενομο&ετ�σ&ω προς ,, < Ν ,, I ,, Ψ' \ , I \ ' '1) '1) εταφος '1) ' Ε ' λ εοu και αγνωσια κοιι ια· ος βωμος 6&λος πολός· καί το οίκτείραι aακρόοντα � έπικοuρ�σαι aεομένy.> παρανομία καί κατά.λuσις των έ&ων- μον�ρ'Υ)ς aε � aίοιιτοι � κοι.Θ·άπερεχv·ροι τοίς λόκοις, κοιί φίλος ε!ςτul τίμων. [43 ] α aε &λλοι ) Ν ) / \ I ) ποιντες προ σο μιλ'Υ)Ν σαιI τινι αuτων κοιι\ επι β ouλοι· και\ μίασμα· κοιί �ν τινα taω μόνον, ά.ποφριΧς � �μέρα· καί 5λως ά.ν�ριάντων λι.Θ·ίνων � χαλκων μ'Υ)�εν �μίν aι�φερέτωσαν' καί μ�τε κ�ρuκα aεχώμε&α παρ ' αuτων μ�τε σπονΜς σπενaώμε.Θ·α· � σ'Υ)μ aε 5pος gστω προς αuτοός. Φuλέτοιι aε καί φράτορες � έρΊ)μίοι , , I \ , \ ψ \ και\ uχροι\ και\ ανωφε ό ται κοιι\ '1)< πατρις αuτ'Υ) και λ'1)Ν ονοματοι ά.νο�των &.νaρων φιλοτιμ�ματοι. Πλοuτείτω aε τίμων ' μόνος καί , , / 1 ' ί &πάντων καt τρuφά.τω μόνος \ κα&' (\ Ν v·εοις v(\υ ετω κοιι όπερορά.τω έοιuτον κολακείας I � απ'Υ) ' λλοιγμενος· και εuωεπα νων φορτικων και χείσ&ω μόνος έαuτίi) γείτων καί 5μορος, έκσείων των rχλλων. Καί &ποιξ έοιuτον aεξιώσασ&αι aεΜχ&ω, �ν aέη ά.πο&ανείν, καί αότίi) στέφανον έπενεγκε'i:ν. [44] Καί �ν ο μα μeν gστω δ Μισάν­ &ρωπος �aιστον, τοu τρόποu aε γνωρίσματα auσκολία κοιί τρα­ χότΊ)ς κοιt σκαιότΊJς καί όργ� καί ά.παν&ρωπία· εί Μ τινα 'ίaοιμι ;J.. i ποταμuς πίττη κοιί έν πuρί κοιταaιοιφ&εφόμενον•ιν κοιί σβεννόναι ίκετεόοντα, < . Ν I I \ Ν παρατινα τοu χειμωνος ο ε' λαιy.> κατασβ εννuναι• και \

25. EURIPIDE, Danae, fι'. 3 26 Nauclt2. 26. Adattan1ento e parafrasi di una celebre ίll1ll1agine, che con1pare nei prin1issill1i versi (r-2 e segg.) deHa Ι « Olin1pica » di Pindaro.

5 [25],

42-44

IJI

« Oro, la cosa pίu gradita ai mortali ! >> 25• Brίllί, ίnfatti, come fuoco ardente di notte e di gίorno 26• Vίenί, ο carίssίmo e amabίlissίmo ! Ora rίesco a credere che anche Zeus una volta sί sia trasformato in oro : quale fancίulla infatti non avrebbe aperto ίl seno a un cosi bell'amante che scendeva a goccia a goccίa attraverso il tetto ? [42] Ο Mίda, ο Creso, ο donί votivί dί Delfi, nulla proprίo eravate ίη confronto di τimone e della rίcchezza dί τimone, con la quale neppure il re dί Persίa puo competere ! Ο zappa e carίssίma pelle, e bello offrίrvί al Pan quί vicino ; ίο, comprata tutta la fattorίa e fatta costruire una torretta sopra il tesoro, sufficίente per abίtarvi ίο solo, penso che questa medesima, quando morro, sara la mίa tomba. Per il resto della vita, mίa volonta e mίa legge sίa quella dί non frequentare, di non riconoscere, dί non accogliere nessuno : amίco od ospite ο compagno ο altare della Pίeta son tutte chίacchiere, e aver compassίone dί chί pίange ο aiutare chi ha bίsogno e violazίone dί legge e sovvertimento di consuetudinί : solitarίa sara la mia vita come quella deί lupί e amico mί sara soltanto τimone [ 43], tutti gli altrί nemίci e ίnsίdiatorί ; del resto mί rίterro contaminato, se mί accompagnero con qualcuno dί essi. Ε se soltanto ne vedro uno, sara quello un gίorno nefasto : ίη una parola, per me non debbono dίfferire da statue dί pietra ο dί bronzo, non dovro rίcevere un loro araldo ne stίpulare ιιηa tregua : il deserto sίa il confine con essi. Comunita trί­ bale, gentίlizίa, contradaίola, la patrίa stessa sono nomί vanί ed ίnutίli, che sollecίtano l'ambizίone degli stolti. Sia ricco i1 solo τimone, non sί curί dί nessuno e se la spassί da solo, liberato dall'adulazίone e dalle lodi ίmportune ; sacrίfichi agli deί e banchetti da solo, vίcίno e confinante dί se stesso, scrollandosi gli altrί dί dosso. Ε resti stabi­ lito, che dia l'ultimo saluto a se stesso, quando dovra Ino­ rίre, e porti egli a se stesso la corona. [44] Sίa Mίsantropo il nome a luί piu caro e contrassegnί del suo carattere la ίntrattabilita, l'asprezza, la rozzezza, l'ίracondia, l'insocίa­ bίlita. Ε se vedessί qualcuno ardere nel fuoco e mί suppli­ casse dί spegnerlo, ch'ίo lo spenga con pece ed οlίο, e se il fiume d'ίnverno travolgera qualcuno e questί, tendendo le

172

ΤΙΜ ΩΝ

ψέρη, δ i)e τ!Χς χε�ρΙΧς όρέγων άντιλοcβέσ.f!·οcι aέψοcι, ώ&ε�ν κoct τοuτον έπt κεφοcλην βοcπτίζοντοc, ώς μΊ)ae &νοcκuψοcι aυνΊJ&είΊJ' I 'I J( ι I I I ' λΙΧ' β οιεν. Ε ισΊ)γΊ)σΙΧτο ι γοcρ οcν τ.),,1ν "ισΊJν οcπο οuτω τ ιμων τον νομον Έχεκροcτίaου Κολυττεός, έπεψ�φισε τ?) έκκλΊJσί� τίμων δ οcότ6ς. Ε!εν, τocuτoc �μ�ν aεaόχ&ω κoct &νaρικως έμμένωμεν οcότοϊς. [45 ] Πλην &λλιΧ περt πολλοu &ν έποιφάμψ &ποcσι γνώριμά πως τΙΧUτΙΧ γενέσ.f!·οcι, i)ιότι ύπερπλουτω· &γχόνΊJ γ!Χρ &ν το πρiΧγμοc γένοιτο ΙΧUτοϊς. Καίτοι τί τοuτο ; Φεu τοu τάχους. Ποcντοcχό&εν συν&έουσι κεκονψένοι κoct πνευστιωντες, οόκ o!aoc δ&εν όσφροcι­ νόμενοι τοu χρυσίου. Πότερον οδν έπt τον πάγον τοuτον &νοcβιΧς &πελοcόνω οcότοuς τοϊς λί&οις έξ ύπερaεξίων &κροβολιζόμενος, η τό γε τοσοuτον ποcροcνομ�σομεν είσάποcξ οcότοϊς δμιλ�σοcντες, ώς πλέον &νιί])ντο ύπερορώμενοι ; Τοuτο ο!μοcι καt &μεινον. 'Ώστε aεχώμε&ΙΧ �aΊJ οcότοuς ύποστάντες. Φέρ ' ·�aω, τίς δ πρωτος οcότων οδτός έστι ; Γνοc.f!·ωνίi)ΊJς δ κόλοcξ, δ πρφψ �ροcνον οcίτ�σοcντί μοι I ' I I ' I ' l t;' f (l ορει.,ΙΧς τον β ροχον, πιv·ους ο"λους ποcρ' εμοι πολλοcκις εμΊ)μεκως. 'Αλλ' εδ γε έποίΊJσεν &φικόμενος· οίμώξετοcι γιΧρ προ των &λλων. [46] ΓΝΑΘ. Οόκ έγΘ �λεγον, ώς οόκ &μελ�σουσι τίμωνος ' I ' (l I χ � (\ � -' � I � ocγocv·oυ οινορος οι v·εοι κοcιI κοcιI 4.,1οιστε ; οcφε Τ'ιμων ευμορφοτοcτε συμποτικώτοcτε. τΙΜ. Νη κoct σό γε, ι1 Γνοc.f!·ωνίaΊJ, γυπων άπάντων βορώτοcτε κoct &ν.f!·ρώπων έπιτριπτότοcτε, ΓΝΑΘ. Άεt φιλοσκώμμων σό γε. Άλλα ποu το συμπόσιον ; Ώς κοcινόν τί σοι �σμοc των νεοaιa&κτων aι&υράμβων �κω κομίζων. τΙΜ. Koct μην έλεγε�& γε �ση μ&λοc περιποc&ως ύπο τοcότη τ?) aικέλλη. ΓΝΑΘ. η τοuτο ; Ποcίεις, ι1 τίμων ; Μοcρτόρομοcι· ι1 Ήρά­ κλεις, ίοu ίοό, προσκοcλοuμοcί σε τροcόμοcτος είς "Αρειον πάγον 27• τΙΜ. Koct μην &ν γε μικρον έπιβροcΜνης, φόνου τάχοc προσ­ κεκλ�σομοcι, ΓΝΑΘ. ΜΊJaοcμως· &λλιΧ σό γε πάντως το τροcuμοc '�οcσοcι μικρον έπιπάσοcς τοu χρυσίου· aεινως γιΧρ 'Cσχοcιμόν έστι το φάρμοcκον. τΙΜ. 'Έτι γάρ μένεις ; Ι

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'

27. Antico triJJunale ateniese, clιe pι-ese il nome dal colle (πάγος) sacro ad A1·es, sul qnale aveva sede. Come organo gindiziario, giacche ebbe anche attribuzioni politiche, si occupava soprattutto di cΓimini contro la peΓsona.

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braccia, mi preghera di trattenerlo, lo respinga tenendogli i1 capo sott'acqua, perche non possa nemmeno rialzarlo : cosi riceverebbero la pariglia. Presento la legge τimone, figlio di Echecratide, del clemo di Colitto, la fece votare dall'assem­ blea il medesimo τimone. Bene ! questo sia deliberato e a questo a tteniamoci con fermezza. [45] Solo che ci terrei molto che tutti in qualche modo venissero a sapere che io sono enormemente ricco : si impiccherebbero per questo. Ma che avviene ? Ehi, che velocita ! Accorrono da ogni pa.rte impolverati e affannati sentendo, non so come, l'odore del­ l'oro. Saliro dunque sul colle qui presso e li Γespingero col­ pendoli con le pietre dall'alto, ο questa volta solo violero la legge mescolandomi con loro, perche si arrovellino di piu per il mio disprezzo ? Penso sia meglio cosi. Ε allora affron­ tiamoli subito e riceviamoli. Ch'io veda ! Chi e costui che e i1 primo ? Gnatonide, l'adulatore, quello che or non e molto, quando gli chiesi un prestito, mi porse un laccio, dopo aver vomitato in casa mia piiι di una volta orci interi di vino. Ma ha fatto bene a venire : piangera prima degli altri. [46] GNAT. Lo dicevo io che gli dei non si sarebbero dimenticati di un onest'uomo come τimone? Salve, ο τimone, bellissimo, piacevolissimo, simpaticissimo in compagnia. ΤΙΜ. Salve anche tu, ο Gnatonide, di tutti gli avvoltoi il piu vorace e degli uomini i1 piu furfante. GNAT. Sempre pronto al frizzo tu ... , ma dov'e il simposio ? Ιο sono venuto a portarti un ditirambo nuovo da cantare, la cui prima esecuzione e recente. ΤΙΜ. Ε invece canterai con molta passione un'elegia sotto i colpi di questo mio bidente. GNAT. Che e questo ? Tu mi batti, ο τimone? Chiamo un testimonio. Ο Eracle I Ahi, ahi ! Ιο ti cito davanti al1' Areopago 27 accusandoti di percosse. ΤΙΜ. Ma se aspetti un po', e probabile che mi citi per omicidio. GNAT. Ν ο di certo ! Curami piuttosto la ferita spalmandovi sopra un po' d'oro : e un efficacissimo emostatico. ΤΙΜ. Ε cosi aspetti ancora ?

1 74

ΊΊΜΩΝ

ΓΝΑΘ. 'Άπειμι· σu aε ού χαφ�σεις ο!Sτω σκαιος έκ χρ-φτοu γενόμενος. [47] τΙΜ. τίς οοτός έστιν ό πρασιών, ό &ναφαλαντίας ; Φιλιά()Ί)ς, κολάκων &πάντων ό βi)ελυρώτατος. Οuτος aε &γρον δλον παρ ' έμοu λαβιiJν καt τ?j &υγα.τρt προΊ:κα. Μο τάλαντα., μισ-θ·ον τοu έπα.[νου, όπότε �σα.ντά με πάντων σιωπώντων μόνος ύπερεπή­ νεσεν έπομοσάμενος ιjJΙ)ικώτερον είναι των κόκνων, έπειa� νο­ σοuντα. πρφψ εί()� με κα.t προσ�λ&ον έπικουρία.ς Ι)ε6μενος, Πλ'Υ)γιΧς ό γεννα.Ί:ος προσεν�τεινεν. [ 48 ] Φ ΙΛ. 'Ώ τ� ς &να.ισχυντία.ς. Νuν τlμωνα. γνωρίζετε ; Νuν Γνα.-θ·ωνί()Ί)ς φίλος κα.t συμπότ'Υ)ς ; Τοιγα.ροuν i)ίκα.ια. π�πον&εν ο!Sτως &χάριστος &ν. ΉμεΊ:ς aε οι πάλαι ξυν�&εις κα.t ξυν�φ'Υ)βοι κα.t a'Υ)μότα.ι δμως μετριάζομεν, ώς μ� έπιπ'Υ)aα.ν aοκωμεν. Χα.Ί:ρε, ω Ι)έσποτα., κα.t δπως τοuς μια.ροuς τοότους κόλακας φυλάξη, τοuς έπt τ�ς τρα.π�ζΊ)ς μόνον, τιΧ &λλα. aε κοράκων ούaΕ:ν aια.φ�­ ροντα.ς 28 • Ούκ�τι πιστευτ�α. των νuν ούaενί· πάντες &χάριστοι κα.t πον'Υ)ροl. Έγω aε τάλα.ντ6ν σοι κομίζων, ώς �χοις προς τιΧ κατε­ πείγοντα χρ�σ&α.ι, κα.& ' ό/)ον 'iji)'Y) πλ'Υ)σίον ήκουσα., ώς πλουI� I •ι τ ινα. πλ ουτον. '' Η κω τοιγα.ρουν τα.υτα. σε νουτο ι'Υ) ζ υπερμεγευ &ετ�σων· καίτοι σό γε ο!Sτω σοφος &ν ούaΕ:ν 'Cσως aε�ση των παρ ' έμοu λόγων, δς κα.t τίj) Νέστορι το a�ον πα.ρα.ιν�σεια.ς &ν. τΙΜ. 'Έστα.ι τα.uτα., ω Φιλιάa'Υ). Πλ�ν &λλιΧ πρ6σι&ι· κα.t σΕ: φιλοφρον�σομα.ι τ?j aικ�λλη. ΦΙΛ. "Αν&ρωποι, κα.τ�α.γα. τοu κρανίου ύπο τοu &χαρίστου, aι6τι τιΧ συμφ�ροντα. ένου&έτουν α.ύτ6ν. [49] τΙΜ. Ίaou τρίτος οοτος ό p�τωρ ΔΊ)μέα.ς προσ�ρχετα.ι ψ�φισμα. Ιiχων έν τ?j Ι)εξι� κα.t συγγεν�ς �μ�τερος είναι Μγων. 0\'Jτος έκκα.[/)εκα. παρ ' έμοu τάλαντα. μιiΧ.ς �μ�ρα.ς έκτίσα.ς τ?j π6λει - κατεaεaίκα.στο γιΧρ κα.t έ()�Ι)ετο ούκ &ποaιaοός, κ&γω έλε�σα.ς έλυσάμψ α.ύτ6ν -, έπειa� πρίj)ψ �λα.χε τ?j 'Ερεχ&'Υ)·taι φυλ'{j 29 aιανέμειν τΟ &εωρικΟν 30 κ&.γω προσ�λ&ον α ίτών τΟ γινόμενον, ούκ liφ'Y) γνωρίζειν πολίτψ �ντα. με. �

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28. Π testo ha un gioco di parole, intraducibile, fra κ6λα:ξ adulatore corvo. e κόpα:ξ 29. La tribu Eretteide e citata erroneamente, perchεJ il demo di Colitto, ο Collito, che era quello di Timone, apparteneva alla tribu Egeide. Demo poi corrisponde al nostro distretto (ο contrada). 3 0. Π greco .&εωρ ικόν allude chiaramente (.&εωp[α: significava in ori­ gine osservazione di rito sacro) al fine per cui !ο stato ateniese dava ai =

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5 [25] , 47" 49

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GNAT. Ιο me ne vado, ma tu ti pentirai di esserti tra­ sformato da gentiluomo in villano. [47] ΤΙΜ. Chi e costui che si avvicina, tutto pelato ? Ε Filiade, il piu disgustoso di tutti gli adulatori. Costui ebbe da me un intero fondo e due talenti di dote per la figlia come prezzo del suo elogio, quando io cantai ed egli solo mi ri­ coperse di lodi giurando che cantavo meglio di un cigno, ma non appena mi vide ammalato, or non e molto, e io andai da lui bisognoso di aiuto, il caro amico mi bastono. [48] FIL. Quale spudoratezza ! Adesso Iiconoscete Timone ? Adesso Gnatonide e amico e commensale ? Ε adesso, infatti, l'ingrato ha avuto il suo giusto. Ιο, pur avendo con Ίimone un'antica familiarita ed essendogli compagno di giovinezza e di contrada, tuttavia mi trattengo, perche non sembri che gli salti addosso. Salve, mio signore, e guardati da codesti sciagurati adulatori, che tali sono a tavola, ma per il resto non differiscono in nulla dai corvi 28 • Non bisogna piu fi­ darsi di nessuno al giorno d'oggi : sono tutti ingrati e malvagi. Ιο venivo a portarti un talento, perche te ne potessi servire per le piu urgenti necessita, ma per via, qui vicino ormai, ho sentito che sei Iicco di una ricchezza immensa. Percio sono venuto a darti questi consigli ; per quanto tu, che sei cosi saggio, non avrai forse bisogno delle mie parole, tu che potresti suggerire il da farsi perfino a Nestore. ΤΙΜ. Sara cosi, ο Filiade. Ma accostati. Anche te salutero col mio bidente. FIL. Gente, questo ingrato mi ha spaccato il cranio, percM gli daνο dei consigli opportuni. [49] ΤΙΜ. Ed ecco qui per terzo il retore Demea, che s' avvicina tenendo nella destra un decreto e dicendo di essere un mio parente. Costui verso alla citta in un solo giorno sedici talenti che erano miei : eia stato multato e messo in ca:rcere per non aver pagato ed io, mosso a pieta lo avevo li­ berato, ma non appena tocco alla tribu Eretteide 29 di distri­ buire il soldo dello spettacolo 30 e io andai da lui per chiedere quanto mi spettava, disse di non conoscermi come cittadino. cittadini poveri questa piccola somma (due oboli al tempo di Pericle), che era il prezzo dell'ingresso al teatro, dove si l'appresentavano gli spet-

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ΤΙΜ ΩΝ

[5ο] ΔΗΜ. Χαίρε, i1 τLμων, το μέγα 6φελος τοu γένοuς, "' � 'Α\}ψαίων, Ο το �pεισμα των το πρόβλημα τ� ς Έλλά.8ος καΙ. μ�ν σ'Υ)μος ι,uνει > I "'I 1( πα' λαι σε δ λ εγμενος πεpισε Cl.Κοuσον καιI αι< β ouλαιI αμφοτεpαι < I I I � ' δ Ύ)ψισμα, uπεp σοu γεγpαφα· μενοuσι. π p ό τεpον το ψ « Έπει8� τίμων δ Έχεκpατί8οu Κολuττεός, άν�p ou μόνον καλος κάγα&ός, άλλα καΙ. σοφος 6Jς οuκ ilλλος έν τ-{j Έλλά.8ι, παpιΧ πά.ντα χρόνον 8ιατελε'i: τιΧ ilριστα πpά.ττων τ-{j πόλει, νενίΚΎJΚε aε πuξ καΙ. πά.λψ καΙ. ()pόμον έν 'Ολuμπίgι μιiΧς �μέρας καΙ. τελείφ &.ρματι καΙ. σuνωpί8ι πωλικ?) - ». τΙΜ. 'Αλλ' ouaε έ&εώpφα έγω πώποτε ε1ς 'Ολuμπίαν. ΔΗΜ. τι οον ; Θε(.ι)p�σεις 6στεpον' τιΧ τοιαuτα aε πολλιΧ προσκε'i:σ&αι &μεινον. « ΚαΙ. �pίστεuσε aε uπεp τ�ς πόλεως πέρuσι προς 'Αχαpνα'i:ς 31 καΙ. κατέκοψε ΠελοποννΎJσίων Μο μοίρας - » . [5 Ι ] τΙΜ. Πως ; ΔιιΧ γιΧp το μ� �χειν 6πλα ouaε πpοuγpά.φψ έν τ! ποτε τρυφφην, Lκανον, η'' καρσαμον φLστον V'υμον ' "' λ Ν Ν 7 \ ' < / > 'I> 'Υ) εννεακρουνος t σε lΛ 35 δ σε τρLβ ων ουτος ποτuν ο Lγον των w,ωV' \ \ I ' "' ' τLμLωI" ' t ' ης .,. β ουλεL πορφυ ρ ιοος αμεLνων. T u χρυσων μεν ουσεν γαρ τερον των έν τοtς αLγLαλοtς ψηφίaων μοL aοκεt. Σοu aε αuτοu χάρLν έστάληv, ώς μ� aLαψ&ε(ρη σε το ΚάΚLστον το\.)το ΚαL έπLβουλ6τατον κτΊjμα δ πλοuτος, δ πολλο'Lς πολλάκLς α'lτως ά.νηκέστων συμφορων γεγενΊJμένος' εL γάρ μοL πεί-θ·οLο, μάλLστα μΕ:ν iJλον ές Ν "' ' ) "' \ ) � Ν " ) Ν � ) β αλεLς \ 'IJ'α t ουσεν την ανσρL αγα'ΙJ'φ οντL αυτuν αναγκαLον λατταν εμ '

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34· Non e senza interesse ricordare qui che lo Scoliasta, dopo aver ξipiegato che cosa fosse i1 μυττωτός, specie di torta d'aglio, osserva clιe la parola qui sembra alludere a quell'untume clιe lascia i1 brodo sull'orlo del piatto. Di un significato del genere non ·si ha altrove testimonianza, ma l'ipotesi dello Scoliasta e del tutto verosimile. 35· Appellativo della celebre fonte ateniese clal noιne cli Calliroe ( dalla bella corrente) . =

5 [25] , 55-5 6

r8r

e ci resta curvo sopra, come se si aspettasse di trovare la virtu nelle scodelle, ripulendo infine i piatti diligentemente con l'indice, per non lasciare neppure un pezzettino di agliata 34• [55] Ε sempre incontentabile, anche se prende la focaccia intera ο solo fra tutti il maiale - guadagno, questo, dell'ingordigia e dell'insaziabilita -, ed e senza freni quando e ubriaco, non solo fino al punto di cantare e di ballare, ma di insultare e di dare in escandescenze. Ε poi parla e parla fra i bicchieri - proprio allora piu che mai di temperanza e di compostezza : e ne parla, quando a causa del vino schietto gia sta male e balbetta ridicolmente, poi vomita e alla fine qualcuno lo prende su e lo porta via dalla sala aggrappato con entrambe le mani alla :flautista. Α parte poi che anche sόbrio non cederebbe a nessuno i1 primo posto nella menzogna, nella tracotanza ο nell'avarizia. Ma e anche i1 primo · degli adulatori, spergiura con la massima facilita, lo guida l'impostura, lo accompagna la spudoratezza e in­ somma e un campione di sapienza universale, di esattezza in ogni cosa, di perfezione nei campi piu disparati. Ε per la sua bravura presto piangera. Che e questo? Caspita, Tra­ sicle, quanto tempo e passato ! [56] TRAS. Ιο non sono venuto, ο τimone, per le stesse ragioni di questa gente, come invece sono accorsi, nell'attesa di argento, di oro e di lauti pranzi, quelli che sono rimasti abbagliati dalla tua ricchezza, per fare laΓgo sfoggio di adu­ lazione con un uomo semplice e prodigo come te.: tu sai infatti che per me pranzo sufficiente e un pane d'orzo e companatico gustosissimo una cipolla selvatica ο un cre­ scione ο, se mi voglio dar buon tempo, qualche granello di sale. Bevanda e la Fontana dei nove getti 35, e questo man­ tellaccio lo preferisco a qualsiasi veste di porpora. Α me l'oro non sembra affatto piu prezioso dei sassolini sulla spiaggia. Ed io sono venuto proprio per te, perche non ti lasci corrompere dalla ricchezza, questo possesso cos1 tristo ed insidioso, che a molti spesso ha causato irrimediabili sciagure. Se volessi darmi ascolto, la cosa migliore .e che tu la getti tutta a mare, dal momento che non e necessaria ad un uomo retto e capace di vedere la ricchezza della filq�

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ΤΙΜ ΩΝ

καt τον φ�λοσοφιας πλοuτον δραν auναμένέ 5τι πλειστοuς λι&οuς ξuμ­ φορ�σας έπ�χαλαζω π6ρρω&εν αuτούς ; ΒΛΕΨ. Μ� βάλλε, & ημων - &πψεν γάρ. ΤΙΜ. 'Αλλ' οuκ άναψωτι γε δμε'i.'ς oόae &νεu τραuμάτων.

36. Il medimno egίnetico era una misuι·a di capacita per aridi alquanto βuperiore a! medimuo attico, corrispondente grosso modo a 52 litri. 37· La chenice era la quarantottesima parte del medimno : in Attica quindi equivaleva a I. r,o8.

5 [25], 57-58

sofia ; non gettarla pero, amico, dove l'acqua e profonda, ma avanza finche ti aπiva all'inguine poco oltre il fran­ gente, e la veda ίο solo ; [5 7] se poi cosi non ti va, mettila presto fuori di casa in un modo migliore non lasciando a te stesso neppure un obolo, ma distribnendo fra tutti i biso­ gnosi a chi cinqne dramme, a chi una mina, a chi mezzo talento ; se pero qnalcuno e filosofo, e giusto che ne abbia il doppio ο i1 triplo ; a me poi - per qnanto ίο non chiedo per me, ma per farne parte ai colleghi bisognosi - basta che tιι mi riempia qnesta bisaccia, che non contiene neppure due medimni eginetici 36• Il filosofo deve accontentarsi di poco, deve limitarsi e non innalzare le sue pretese oltre la bisaccia. ΤΙΜ. Sono d'accordo, ο Trasicle : pero invece della bi­ saccia, se non ti dispiace, voglio riempirti la testa di bOtte, misnrandole col bidente. TRAS. Ο democrazia, ο leggi ! Sono colpito da questo maledetto in una citta che e libera. ΤΙΜ. Perche t'arrabbi, amico? Ε che ? τi ho forse de­ fraudato ? Ebbene, agginngero qnattro chenici 37 oltre la misnra. [58] Ma che e qnesto ? Arrivano in molti. Ecco la, Blepsia, Lachete, Gnifone, in ιιηa parola tutta la schiera di qnelli che piangeranno ; e allora perche non salgo sιι qnella roccia e facendo riposare il mio bidente, affaticato da tempo, non raccolgo qnante piu pietre posso e da lontano non le scarico a gragnuola sn qnella gente? BLEPS. Non colpirci, ο τimone : ce ne andiamo. ΤΙΜ. Ma non senza sangue, statene certi, ne senza ferite.

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ΑΛΚΥ'ΩΝ Η ΠΕΡΙ ΜΕΤΑΜΟΡΦΩΣΕΩΣ ( ? )

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ALCIONE Ο DELLA METAMORFOSI (?)

* Ε u n dialogo del tipo socratico, che non ha nulla d i lucianeo e che si ήtrova in due codici (il Parisinus r 8o7 e il vaticanus GraeCHS χ) in mezzo a dialoghi spurii di Platone. Favorino di Arelate, il neo-sofista filosofo poco piu anziano di Luciano, Ιο attribui ad un certo Leone, e Nicia di. Nicea (citato da Ateneo) piu precisamente ad un Leone Accademico, che dovrebbe essere il Leone di Bisanzio, frequentatore dell' Accademia e uomo politico avverso a Filippo Π di Macedonia,, citato da Plμtarco nella « Vita di Focione >> ( 14,4) . . Socrate spiega a Cherefonte,. sorpreso dal grido dolce e lamentoso· del� l'alcione, perche una serena giornata d'inven;o come quella si suole chia­ mare alcionia. ΑΙ discepolo, che ιiοιι crede nel mito metamorfico di Alcione, il Maestro ricorda alcuni fenomeni in natura, ogni giorno sotto i nostri occhi, non meno prodigiosi della trasformazione di Alcione. Cherefonte sembra accettare dal mito e dalle parole di Socrate soltanto l'esortazione alla fedelta coniugale.

ΧΑΙΡΕΦΩΝ1 ΣΩΚΡΑΤΗΣ.

[r ] ΧΑΙΡ. τις � φωνη προσέβα.λεν �μϊν, ώ Σώκρο:τες, πόρ­ ρω&εν ά.πο των α.1για.λών κα.ι τΎjς &κρα.ς έκείνΊJς ; Ώς �aεr:α. τα.ίς ά.κοα.ϊς. τι ποτ' &ρ ' έστι το φ&εγγόμενον ζιj>ον ; "Αφωνο: γιΧρ aη τά. γε κα.&1 6aα.τος .aια.ιτώμενα.. ΣΩ. Θα.λα.ττία. τις, ώ Χα.φεφ&ν, �ρνις ά.λκuων όνομα.ζομέν'ΥJ, πολό&ρψος κα.ι πολόaο:κρuς, περι �ς aη παλα.ιος ά.ν&ρώποις με­ μu&εuτα.ι λόγος φα.σι γuνα.ϊκα. ποτε οδσα.ν Αtόλοu τοu "Ελλψος &uγα.τέρα. κοuρίaιον &νaρα. τον α.uτΎjς τε&νε&τα. &ρψεϊν πό&ιμ φιλίας, Κ�ϋκα. τον Τρα.χίνιον τον Έωσφόροu τοu ά.στέρος, κα.λοu πα.τρος κα.λον uίόν- ε!τα. aη πτερω&είσα.ν aιά. τινα. aα.ιμονία.ν βοuλ'Υ)σιν ε1ς �ρνιiι·ος τρόπον περιπέτεσ&α.ι τιΧ πελά.γ'Υ) ζψοuσα.ν έκεϊνον, έπειaη πλα.ζομέν'Υ) γΎjν περι πασα.ν οuχ οrα. τ ' �ν εuρείν. [2 ] ΧΑΙΡ. Άλκuων τοuτ' �στιν, 8 σu φ�ς ; Ou πώποτε πρόσ­ &εν �Κ'Υ)Κόειν τ�ς φωνΎjς, άλλά. μοι ξέν'Υ) τις τιj> �ντι προσέπεσε· γοώa'ΥJ γοuν ώς ά.λΊJ&&ς τον �χον ά.φίφι το ζιj>ον. Π'Υ)λίκον aέ τι κα.t �στιν, ώ Σώκρα.τες ; ΣΩ. Ou μέγα.· μεγά.λψ μέντοι aιιΧ την φιλα.νaρια.ν εϊλ'Υ)φε πα.ριΧ &ε&ν τιμ�ν- έπι γιΧρ τfJ τούτων νεοττίq; κα.ι τιΧς ά.λκuονιaα.ς προσα.γορεuομένα.ς �μέρας ό κόσμος &γει κα.τιΧ χειμώνα. μέσον aια.φεροuσόις τα.ϊς εuaια.ις, ών έστι κα.ι � τημερον πα.ντος μαλλον. Οuχ όρ�ς ώς α.'ί&ρια. μεν τιΧ &νω&εν, ά.κuμα.ντον aε κα.ι γα.λ�νιον &παν το πέλαγος, lSμοιον ώς είπεϊν κα.τόπτριμ ; ΧΑΙΡ. Λέγεις όρ&ώς φαίνεται γιΧρ ά.λκuονtς η τ�μερον uπά.ρχειν �μέρα., κα.ι χ&ες aε τοια.uτ'ΥJ τις �ν. 'ΑλλιΧ προς &ε&ν, πώς ποτε χρη πεισ&Ύjνα.ι τοϊς έξ ά.ρχΎjς, ώ Σώκρα.τες, ώς έξ όρνί&ων γuνα.ϊκές ποτε έγένοντο � �ρνι&ες έκ γuνα.ικών ; Πα.ντος γιΧρ μαλλον ά.Μνα.τον φαίνεται παν το τοιοuτον.

CHEREFONTE, SocRATE.

[r] CHER. Quale voce ci ha raggiunti, ο Socrate, da lon­ tano, dalla spiaggia ο da quel promontorio ? Come e dolce all'orecchio ! Quale e mai, dunque, l'animale che emette questa voce? Quelli che vivono nel mare sono muti. SocR. Un uccello marino, ο Cherefonte, chiamato Alcione; che canta lamentosamente e piange, e intorno al quale gli antichi hanno lasciato una leggenda : in altri tempi una donna, figlia di Eolo di Elleno, piangeva, ricordando l'amore perduto, la morte del proprio legittimo sposo, Ceice di Trachis, figlio dell'astro Lucifero, bello come � il padre ; poi, per volonta di un dio, mise le ali al modo di un uccello e continua a volare sui mari alla ricerca di lui, poiche, pur avendo percorso tutta la terra, non e riuscita a trovarlo. [2] CHER. Ε questa e l'alcione, che tu dici? La sua voce, che non avevo mai udita prima, mi e giunta veramente strana : davvero lamentoso e il suono che essa emette. Ε quanto e grossa, ο Socrate? SocR. Non molto : grande pero e l'onore che ha ricevuto dagli dei per il suo amore verso lo sposo. Quando le alcioni fanno il nido, il cielo ci porta in pieno inverno giornate serenissime che si chiamano appunto alcionie, e oggi e una di queste pii:ι che altra mai. Non vedi come il cielo e terso e come il mare e tutto calmo senza un'onda, simile, si puo dire, ad uno specchio ? CHER. Ε giusto quello che dici : la giornata d'oggi infatti sembra alcionia e cosl press'a poco era anche ieri. Ma, per gli dei, ο Socrate, come si fa a credere a quello che hai detto in principio, che uccelli si trasformarono in donne ο donne in uccelli? Tutto cio mi sembra assolutamente impossibile.

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ΑΛΚΊΏΝ

[3 ] ΣΩ. '�'Ω φίλε Χαφεφων, έοίκαμεν �μεΊ:ς των auνατων τε καt &.auνάτων &.μβλuωποί τινες είναι κριταt παντελως aοκιμά­ ζομεν γιΧρ a� κατιΧ Μναμιν &.νS·ρ ωπίν'Υ)ν &γνωστον οδσαν και &πι­ στον καt &.6ρατοV' πολλιΧ ο ον φαίνεται �μtν καt των εuπόρων &ποpα καt των έφικτων &.ν�φικτα, σuχνιΧ μΕ:ν καt ί)ι' &.πεφίαν, σuχνιΧ aε καt aιιΧ ν'Υ)πι6τψα φρενων- τίi) 15ντι γιΧρ ν�πιος €Όικεν είναι πiΧς &ν&ρωπος, καt ό πάνu γ�ρων, έπεί τοι μικρος πάνu καt νεογιλΟς ό τοu βίοu χρόνος προς τον πάντα αtωνα. τι a· &ν, ώγα&�, ot &.γνοοuντες τιΧς των &εων καt aαιμονίων auνάμεις εχοιεν &.ν είπεΊ:ν, π6τερον auνατον � &.Μνατ6ν τι των τοιούτων ; Έώρακας, Χαφεφων, τρίτ'Υ)ν �μ�ραν 5σος �ν ό χειμών ; Κ&.ν έν&uμ'Υ)&�ντι γάρ τq> a�ος έπ�λ&οι καt τιΧς &.στραπιΧς έκείνας καt βροντιΧς &.ν�­ μων τε έξα.ίσια μεγ�&'Υ) • UΠ�λαβΕ:ν ?iν τις τ�ν ΟLΚοuμ�ν'Υ)ν fJ..πασαν καt a� σuμπεσεΊ:σ&αι. [4] ΜετιΧ μικρον aε &αuμαστ� τις κα­ τάστασις εuaίας έγ�νετο καt aι�μεινεν αι5τ'Υ) γε �ως τοu νuν. Π6τεpον όον ο�ε� ά.μ'Υ)χανώτερ6ν τι καL έργωa�στερον είναι τοιαuτψ αt&ρίαν έξ έκείν'Υ)ς τ�ς &.νuποστάτοu λαίλαπος Καt τα.ρα:χ�ς μετα­ &εΊ:ναι καt είς γα.λ�νψ &.ναγαγεΊ:ν τον &.παντα κόσμον, � γuναικος είί)ος μεταπλασ&Ε:ν είς 15ρνι&6ς τινος ποι�σα.ι ; Το μeν γιΧρ τοιοuτον 'I> I ' 1. Ν ' ' και' τα._\ παιοαρια Π'Υ)λ ον τα' παρ' .s,ημιν επιστα.μενα., τα.' πλαττειν � Κ'Υ)ρον 5ταν λάβη, ρ�aίως έκ τοu αuτοu πολλάκις llγκou με­ τασχ'Υ)ματίζει πολλιΧς ιaεων φύσεις. Ti!) aαιμο\ιίq> a� μεγάλψ καt ou σuμβλψ�ν uπεροχ�ν εχοντι προς τιΧς �μετ�ρας auνάμεις εu­ χερ� τuχον 'Cσώς &παντα. τιΧ τοιαuτα καt λίαν- έπεt τον 5λον οuρανον π6σtμ iινt σαuτοu aοχεΊ:ς είναι μείζω ; Φράσαις &ν ; [5 ] ΧΑΙΡ. τις I)' ά.ν&ρώπων, ώ Σώκρατες; νο�σαι Μναιτ' '' � ' Ν / ' '�>' γαρ \ ' ' / ειπειν εφικτ τι των τοιοuτων ; ·Quοε 6ν. αν 'Ι ονομασαι ΣΩ. ΟίSκοuν ί)� &εωροtμεν καt &.νS·pώπων προς ά.λλ�λοuς σuμβαλλομ�νων μεγάλας τινιΧς uπεροχιΧς έν ταΊ:ς auνάμεσι καt έν ταΊ:ς &.auναμίαις uπαρχούσας ; ' Η γιΧρ των &.νapων �λικία. προς τιΧ ν�πια παντελως βρ�φ'Υ), τιΧ πεμπταΊ:α έκ γενετ�ς � aεκαταΊ:α, &αtιμαστ�ν δσψ εχει' τ�ν aιαφοριΧν auνάμεώς τε καt &.auναμίας έν πάσαις σχεaον ταΊ:ς κατιΧ τον βίον πράξεσι, καt 5σα aιιΧ των Ν

6 [72], 3-5

[3] SocR. Caro Cherefonte, pare che delle cose possibili e di quelle impossibili noi siamo giudici veramente miopi ; giudichiamo infatti secorido le possibiliHι della natura umana, ignara, malsicura, cieca : molte cose fattibili ci sembrano irrealizzabili e molte raggiungibili irraggiungibili, parecchie per inesperienza, parecchie per l'infantilismo della nostra mente. In realta ogni uomo sembra un infante, anche quello che e molto vecchio, poiche veramente brevissimo, come quello di un neonato, e il. tempo della vita commisurato all' eternita. Ε allora pensi, ο mio caro, che coloro che igno­ rano la potenza degli dei e dei .demoni sarebbero in grado di dire se siano possibili ο impossibili cose come quelle di cui mi parli? Hai visto, Cherefonte, quanto era violento l'uragano l'altro ieri? Α considerare quei fulmini, quei tuoni e la forza scatenata dei venti, c'era da spaventarsi : si sarebbe potuto credere che sprofondasse tutta quanta la terra. [4] Ma poco dopo si fece un meraviglioso sereno, che dura fino a questo momento. Credi dunque che sia piu difficile e piu laborioso mutare in un sereno simile quell'irresistibile bufeι-a e quello sconvolgimento, e ripoι-tare alla calma il mondo inteι-o, ο tι-asformare la fιgura di una dόnna in quella di un uccello ? Similmente anche i nostΓi bambini, quelli che sanno modellare, quando prendono della creta ο della cera, facilmente e spesso nella medesima massa riplasmano molte foι·me di tipo diverso. Alla diviniHι, che ha poteri grandi e senza paΓagone superiori ai nostri, pωbabilmente e agevole, e molto, fare tutte queste cose. Ε infatti : di quanto credi che tutto i1 cielo sia piu grande di te? Potresti dirlo ? . [5] CHER. C'e ιιη uomo, ο Socrate, che possa pensare ο nominaΓe qualcuna di queste cose ? Non e possibile neppure parlarne. SocR. Ebbene, . non vediamo che anche fra gli uomini, se 1i paragoniamo fra di loro, vi sono grandi differenze nelle capa:cita e nelle incapacita? Gli uomini adulti rispetto agli infanti appena nati, di cinque ο di dieci giorni, presentano una differenza enorme di capacita e di incapacita in quasi tutte le azioni della vita, quelle che compiono valendosi dei ·

ΑΛΚΥΩΝ

τεχνων τοuτων οίJτως πολυμ'Υ)χάνων καΙ. 8σα �ιΟι τοu σώματος καΙ. τ�ς ψυχ�ς &ργάζονται• ταuτα γΟιρ το�ς νέοις, &σπερ ε!πον, παι�ίοις οΜ ' είς νοuν &λ&ε�ν �υνατΟι φαίνεται. [6] ΚαΙ. τ�ς tσχuος �ε τ�ς ένος άν�ρος τελείου το μέγε&ος άμέτρψον 8σψ �χει τ�ν ύπεροχ�ν προς &κε�να· μυριά�ας γΟιρ των τοιοuτων ε!ς .,\, 1 1 1 I 1 � '1 < Ν 'Υ)' λ ικια αν,1ρ παντελως πανυ πολλας χεφωσαιτ σ.ν ρ�σιως 'Υ)< γαρ &πορος ��που πάντων καΙ. άμ�χανος &ξ άρχ�ς παρακολου&ε� το�ς άν&ρώποις κατΟι φuσιν. Όπψίκα οδν &ν&ρωπος, ώς �οικεν, άν­ .θ·ρώπου τοσοuτ �ιαφέρει, τί νομίσωμεν τον σuμπαντα ούρανον προς τΟις �μετέρας �υνάμεις φαν�ναι &ν το�ς τΟι τοιαuτα &εω­ ρε�ν &φικνουμένοις ; Π ι3·ανον οδν 'Cσως Μξει πολλο�ς, 8σ'Υ)ν �χει το μέγε&ος τοu κόσμου τ�ν ύπεροχ�ν προς το Σωκράτους η Χαφεφωντος ε!�ος, τ'Υ)λικοuτον καΙ. τ�ν �uναμιν αύτοu καΙ. τ�ν φρόνφιν καΙ. �ιάνοιαν άνάλογον �ιαφέρειν τ�ς περl. �μιΧς �ια&έ­ σεως. [7] ΣοΙ. μεν οδν καΙ. &μοl. καΙ. &λλοις πολλο�ς τοιοuτοις οδσι πόλλ' &ττ' &Μνατα των έτέροις πάνυ p��ίων- έπε/. καΙ. αύ­ λ�σαι το�ς άναuλοις καΙ. άναγνωναι η γράψαι το�ς &γραμμάτοις γραμματικον τρόπον &�υνατώτερόν &στι τέως, �ως &ν ώσιν άνε­ πιστ�μονες, iou ποι�σαι γυνα�κας &ξ όρνί&ων η 8ρνι&ας έκ γυ­ ναικων. Ή �ε φuσις &ν Κ'Υ)ρί σχε�ον παραβάλλουσα ζίi)ον &πουν καΙ. &πτερον πό�ας ύπο&ε�σα καΙ. πτερώσασα ποικιλί� τε φ αι�ρu­ νασα πολλ'(j καΙ. καλ'(j καΙ. παντο�απ'(j χρωμάτων μέλιτταν άπέ�ειξε ' • t -'- ' � I Ί!. • � Ι ' t με' λιτος εργατιν, σοφ'Υ)ν v·εωυ ι:;Κ τε ων αφωνων κα� σ. ψ υχων πολλΟι γέν'Υ) πλάττει πτψων τε καΙ. πεζων καΙ. ένu�ρων ζΦων , τέχναις τισ/.ν ίεροc�ς, ώς λόγος, αί&έρος μεγάλου προσχρωμέν'Υ). [8] ΤΟις οδν ά&ανοcτων �υνάμεις μεγά.λας οίJσας &νψο/. καΙ. σμικρο/. παντελως 8ντες καΙ. οi.Jτε τΟι μεγάλα �υνάμενοι κα&οριΧν οίJτ' αi) τΟι σμικρά, τα πλείω �· άποροuντες καΙ. των περ/. �μiΧς συμβαι­ νόντων πα&ων, ούκ &ν ι!χοιμεν είπε�ν βεβαίως oi.Jτ' άλκυόνων πέρι οδτ ά.ΎJ6όνων- κλέος �ε μu&ων, ο!ον παρέ�οσαν πατέρες, τοιοuτον καΙ. παισl.ν &μο�ς, ω 8ρνι &ρ�νων μελ�έ, παρα�ώσω των σων δμνων πέρι, και σου τον εύσεβ� καΙ. φίλαν�ρον ι!ρωτα 0

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6 [72], 6-8

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tanti espedienti delle varie tecniche e quelle che compiono valendosi del proprio corpo e della propria mente : e chiaro infatti che ai bimbi, come dissi, in giovanissima eΗι queste non possono nemmeno venire in mente. [6] Della foι-za di un uomo maturo e incommensurabile la superioriHι Γispetto a quelli : e infatti un uomo solo potrebbe sopraffarne con faciliHι molte decine di 111igliaia. L'eHι, sprovvista da prin­ cipio di tutto e inerte completamente, e per natura com­ pagna agli uomini. Quando dunque, come sembra, un uomo differisce tanto da un altω uomo, che cosa dovremmo pen­ sare che possa apparire l'intero firmamento rispetto alle nostre capacita a coloro che arrivano a fare simili conside­ razioni? Oι-bene, a molti sembι-era forse credibile che quanto superiore e la grandezza dell'universo rispetto alla figura di Socrate ο di Cherefonte, nella stessa proporzione i poteri, l'intelligenza, il pensiero di quello superino le nostre dispo­ nibilita. [7] Per me, per te e per molti altri simili a noi sono impossibili molte cose per altri facilissime, se e vero che suonare i1 :flauto per chi non lo conosce e leggere ο SCΓi­ vere al modo dei maestri per gli analfabeti e piu impossibile, finche siano nell'ignoranza, del fare donne di uccelli ο uccelli di donne. Ε la natura getta li, per cosi dire, nel favo un essere senza piedi e senz'ali e fornendolo di piedi e di ali, rendendolo smagliante con una ricca e armoniosa varieta di colori, ne fa un'ape, l'intelligente elaboratrice del divino miele, e da uova senza voce e senza vita sbozza molte stirpi di animali volatili, terrestri, acquatici servendosi di certe arti sacre, come qualcuno dice, del grande etere. [8] Per concludere, noi che siamo mortali e infinitamente piccoli, che non siamo capaci di vedere ne le cose piccole, ne le grandi, che non sappiamo spiegarci la maggior parte dei fenomeni che ci riguardano direttamente, non potremmo parlare con certezza dei grandi poteri degli immortali in relazione alle alcioni ο agli usignoli. La fama del mito intorno ai tuoi canti, ο uccello che dai voce al tuo lutto, trasmettero ai 111iei figli cosi come a 111e la trasmisero i padri, e il tuo pio arilore verso lo sposo spesso celebrero alle mie donne a ·

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ΑΛΚΤΩΝ

πολλάκις uμν�σω γuναιξl ταϊς &μαϊς Ξαν&tππη τε καl Μupτοϊ 1 λέγων τά. τε &λλα, πpος 811: καl τιμ�ς ο�ας �τuχες παpιΧ &ε&ν. "Αpά. γε καl σό ποι�σεις τι τοιοuτον, ω Χαφεφ&ν ; ΧΑΙΡ. Πpέπει γοuν, ω Σώκpατες, καl τιΧ uπο σοu p1J&έντα 8ιπλασ(αν �χειν τ�ν παpά.κλ'Υ)σιν πpος γuναικ&ν τε καl &ν8p&ν όμιλίαν. ΣΩ. Οόκοuν &σπασαμένοις τ�ν 'Αλκu6να πpοά.γειν �a'YJ πpος &.στu καφος &κ τοu Φαλ1Jpικοu 2• ΧΑΙΡ. Πά.νu μeν οον· ποι&μεν ο\Sτως.

Ι. Mirto, πipote del graπde Arlstide, fu presa ίπ moglίe da Socrate, esseπdo rimasta vedova e povera, beπche ί1 filosofo fosse gia sposato cοπ Saπtippe : questo riferisce Plutarco citaπdo le sue foπti e la posizioπe ad esse coπtι·aria di Paπezio ( Vita Arist., 27, 3-4) . Diogene Laerzio (ΙΙ, 26) raccoglie, cοπ ques.ta, altre tradizioπi, secoπdo le quali Mirto sarebbe stata uπica moglie di Socrate prima ο clopo Saπtippe. Poiche Platoπe e Seπo­ foπte ποπ parlaho di Mirto, costei potrebbe essere stata accolta πella casa di Socrate seπza per questo coπviveι-e more �ι:ωriο cοπ lui.

6 [ 72], 8

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Santippe e a Mirto 1 raccontando fra l'altro quale onore ricevesti dagli dei. Farai anche tu, ο Cherefonte, qualcosa di simile ? CHER. Certo, ο Socrate, poiche opportunamente anche quello che hai detto tu costituisce una seconda esortazione all'amore coniugale. SOCR. Ma e tempo ormai, salutata Alcione, di lasciare i1 Falero 2 e rientrare ίη citta. CHER. Certamente. Facciamo cosi.

2, 11 porto pii:ι antico di Atene (pii:ι recente i1 Pireo) , situato a sud-ovest della citta. 13.

LucιANo.

7

[23]

Π ΡΟΜΗΘΕΥΣ Η ΚΑΥΚΑΣΟΣ

*

PROMETEO Ο IL CAUCASO

* Una cornice dialogica - i1 contraddittore di Prometeo e Ermete inquadra l'esibizione sofistica rappresentata dall'autodifesa del Titano, condannato da Zeus al supplizio del Caucaso soprattutto per aver dato la vita, e poi il fuoco, agli uomini. Nell'abile discorso le ragioni che giusti­ ficano la presenza dell'uomo sulla terra sono confortate da quelle che de­ nunciano !Όziosita, la meschinita, la stolta tirannide del dio, quale almeno era concepito dalla religione tradizionale. Non e precisabile la data di composizione, ma Luciano, non lontano dalla fase sofistica, ha tuttavia gia creato il « suo >> dialogo.

ΕΡΜΗΣ, ΗΦΑΙΣΤΟΣ, ΠΡΟΜΗΘΕΥΣ . [ r ] ΕΡΜ. Ό μΕ:ν Καuκασος, iL "Ηφαιστε, οοτος, φ τον &&λων τοuτονl ΤιτιΧνα προσ'Υ)λώσ&αι 8ε�σει· περισκοπώμεν aε �a'Y) κρ'Υ)μν6ν τινα έπιτ�aειον, ε'C ποu τ�ς χι6νος τι γuμν6ν έστιν, ώς βεβαι6τερον καταπαγΊJ τιΚ 8εσμοc καl οοτος &πασι περιφαν�ς � κρεμάμενος. ΗΦ. Περισκοπώμεν, iL Έρμ�· οt5τε γοcρ ταπεινον καl πρ6σ­ γειον &νεσταuρώσ&αι χρ�, ώς μ� έπαμόνοιεν αuτι'j) τα πλάσματα αuτοu οί &ν.θ·ρωποι, οt5τε μ�ν κατιΧ το &κρον, - &φαν�ς γοcρ &ν ε'C'Υ) τοϊς κάτω - &λλ' εl aοκεϊ κατιΧ μέσον ένταu&ά ποu uπΕ:ρ τ�ς φάραγγος &νεσταuρώσ&ω έκπετασ&εlς τω χεϊρε &πο τouτoul τoiJ Κρ'Υ)μνοu προς τον έναντ(ον. ΕΡΜ. EiJ λέγεις' &π6ξuρο( τε γιΧρ αί πέτραι καl &πρ6σβατοι πανταχό&εν, �ρέμα έπινενεuκuϊαι, καl τι'j) πoal στεν�ν ταότ'Υ)ν ό κρ'Υ)μνος �χει τ�ν έπίβασιν, ώς &κροποaψt μ6γις έστάναι, καl 5λως έπικαφ6τατος &ν ό σταuρος γένοιτο. Μ� μέλλε οδν, iL Προμ'Υ)&εu, &λλ' &νάβαινε καl πά.ρεχε σεαuτον καταπαγ'Υ)σ6μενον προς το 5ρος. [2 ] ΠΡΟΜ. 'ΑλλιΧ κ&ν uμεϊς γε, iL 'Ήφαιστε καl 'Ερμ�, κατελε�σατέ με παριΧ τ�ν &ξίαν auστuχοuντα. ΕΡΜ. Τοuτο φ�ς, iL Προμ'Υ).θ·εu, &ντl σοu &νασκολοπισ.θ·�ναι αuτίκα μάλα παρακοόσαντας το u έπιτάγματος ; 'Ή οuκ ίκανος ε!ναί σοι aοκεϊ ό Καuκασος καl &λλοuς &ν χωρ�σαι Μο προσπατ­ ταλεu&έντας ; 'Αλλ' ορεγε τ�ν aεξιά.ν' σο aέ, iL 'Ήφαιστε, κα­ τά.κλειε καl προσ�λοu καl τ�ν σφuραν έρρωμένως κατάφερε. Δος καl τ�ν έτέραν- κατειλ�φ&ω εu μάλα καl α5τ'Υ). ΕΌ �χει; Καταπτ�σεται aε �a'Y) καl ό &ετος &ποκερών το �παρ, ώς πάντα �χοις &ντl τ�ς καλ�ς καl εuμ'Υ)χά.νοu πλαστικ�ς.

[r] ERM. Ecco il Caucaso, ο Efesto, al quale dovremo inchiodare questo sciagurato Ίitano. Ma ceΓchiamo subito un dirupo adatto, se uno ve n'E� libero dalla neve, per fissare piu saldamente le catene e per rendere costui visibile a tutti, quando sara appeso. EF. Cerchiamo pure, ο Ermete, poiche non si deve croci.., figgere ne in basso ο vicino al suolo, acciocche non lo aiutino gli uomini, da lιιi plasmati, ne sιιlla vetta - che non potreb­ bero veder1o qιιanti stanno 1n basso -, ma, se ti pare, croci­ figgiamolo Β. in mezzo al di sopra della voragine con le braccia stese da codesto dirιιpo veΓso quello di fronte. ERM. Dici bene : le rocce infatti sono tagliate a picco e inaccessibili da ogni parte, leggermente . sporgenti dall'alto, ί1 dinιpo ha qιιesta base di appoggio per il piede, stretta cosi da starci appena con la pιιnta : e insomma la croce verrebbe molto a proposito. Non indugiare dιιηqιιe, ο Pro.., meteo, ma sali e preparati ad essere conficcato sιιlla mon­ tagna. [2] PROM. Ma voi, almeno, ο Efesto ed Ermete, abbiate compassione di me, che non ho merit:;ιto la mia sventιιra. ERM. Qιιesto vιιοi dire, ο Prometeo, che disιιbbidendo all'ordine siamo crocifissi immediatamente in vece tua? Ο non ti sembra sufficiente il Caucaso per contenere altri due inchiodati? Orsu tendi la destra ; e tu Efesto, tienila ferma, fissa i1 chiodo e cala con forza il martello. Dammi anche l'altra. Si fermi bene anche questa. Bene ! Presto arrivera in volo l'aquila per lacerarti il fegato, e coι>i avrai quanto ti e dovuto in compenso dell'opera tua di modellatore bella ed ingegnosa.

rg8

ΠΡΟΜΗΘΕΥΣ Η ΚΑΥΚΑΣΟΣ

[3 ] Π ΡΟΜ. "Ώ Κρ6νε ΚΙΧL ΊαπετΕ: ΚΙΧL σο ω μ�τερ, ο!α πέπον.θ·α ό κακο8αιμων οό8Ε:ν 8εLνον έργασάμενος ; ΕΡΜ. Οό8έν, ω Προμ'Υ).θ·εu, 8εLνον είργάσω, θς πρωτα μΕ:ν τ�ν νομ�ν των κρεων έγχεφLσ.θ·εtς οί\τως όί8Lκον έποL�σω ΚΙΧL ά.πΙΧτ'Υ)λ�ν, ώς σocuτ Δ.ιί, τΊ]ν 15λψ aε όφηρ�σ&ΙΧι . τ( οuν ; Δια τοuτο έχρ�ν, το τοu λόγοu, τ?j γ?j τον ΟlψΙΧνΟν άνΙΧμεμ'i.'χ&ΙΧι ΚΙΧt δεσμα καt στΙΧuροuς ΚΙΧl ΚΙΧUΚΙΧσον 15λον έπινοε'i.'ν ΚΙΧL ά.ετοuς κιΧτΙΧπέμπειν κα.ι το �παρ έκκολάπτειν j "0ρΙΧ γάρ, μή πολλήν τινΙΧ ταuτιχ κατ'Υ)γορ?j τοu άγΙΧνΙΧΚ't'ΟUντος ιΧΟτοu μικροψuχ(ιχν ΚΙΧt εuτέλειΙΧν τ�ς γνώμ'Υ)ζ ΚΙΧt προς όργΊjν εuχέρειΙΧν. '' Η τί γαρ &ν έπο(φεν οοτος 15λον βοuν άπολέσας, εί κρεων ολίγων �νεκα τ'Υ)λιΚΙΧUτΙΧ όργίζετΙΧι ; [ro] Καί­ τοι πόσ4-> οί ΓJ.ν,f)·pωποι εuγνωμονέστερον διάκειντΙΧι προς τα τοιαuτΙΧ, οδς είκος �ν ΚΙΧt τα ές τΊjν οργΊjν οξuτέpοuς είνΙΧι τ&ν ,f)·εων. 'Αλλ' 15μως έκείνων οuκ �στιν 15στις τcf> μα.γείρcι-> σταuροu &ν τιμήσαιτο, εί τα κρέΙΧ �ψων κα&εlς τον aάκτuλον τοu ζωμοu τι περιελ ιχμ'Υ)σΙΧτο 'Υ), οπτωμενων αποσπΙΧσΙΧς τι κΙΧτε β (\ ροχιτισεν, άλλα σuγγνώμψ ά.πονέμοuσιν ιχuτο'i.'ζ ' εί aε ΚΙΧt πάνu όργισ&ε'i.' εν, ,, ' ' ,, 'Ψ ' ' ' λ 'Υ) ανεσκο οπισ λ οuς ενετρι ΙΧντο 'Υ) κΙΧτΙΧ κορρ'Υ)ς !: �I .(\τ'Υ) επα.ταc,α.ν, . Κα.t περt μeν των aεκονσu οuδεtς πα.ρ' ιχuτο'i.'ς των τ'Υ)λικοότων �νεκΙΧ. κρεων τοσΙΧUτΙΧ, αίσχρα μeν κάμοt άπολογε'i.'σ&ΙΧι, πολu δe ΙΧίσχίω ΚΙΧτ'Υ)γορε'i.'ν έκείνcι->. [π ] Περt aε τ�ς πλιΧστικ�ς ΚΙΧt 15τι τοuς άν&ρώποuς έποίφΙΧ, καφος �δ'Υ) λέγειν. Τοuτο aέ, ω Έρμ�, ' ' ' ' ' � τ οποτερον τ'Υ)ν ΚΙΧτ'Υ)γοριΙΧν, οuκ (\ ' σ� ι ,.,..}, ιχιτιασv·ε . . 1ν r:;χον ο.,.� ωΙΧ ΚΙΧv·(\> I

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genere di beffe proprίe della mensa non sί devono rίcordare, ίο penso, e se anche nel colmo dell'allegrίa convίvίale e stato fatto ιιη torto, dobbίamo consίderarlo ιιηο scherzo e lascίare l'ίra Η nella sala del sίmposίo ; ma rίporre 1' odio per il giorno dopo, serbare rancore, conservare ιιηa collera stantίa non sί addίce - vίa - agli deί ne e d'altro canto regale ; che se sί tolgono aί sίmposii qιιeste lepίdezze, come sono beffe e motteggί, il satίreggίare e il canzonare, cίο che resta e ιιbrίa­ chezza, sazίeHι e silenzίo, cose trίstί e senza gioίa che non sί acldίcono affatto ad ιιη sίmposίo. Cosi pensavo che Ζeιιs non se ne sarebbe neppιιre rίcordato i1 gίorno dopo, nonche sdegnarsί a tal segno e rίtenere dί aver rίcevιιto i1 pίu grave deglί affrontί, solo perche qnalcιιno distrίbnendo le carnί, aveva gίocato uno scherzo per provare se chί sceglieva avrebbe rίconoscίuto la porzίone mίgliore. [9] Sιιpponί, tuttavίa, ο Ermete, che ίο abbίa commesso il fatto piu grave, J)On quello dί assegnare a Zeus 1a parte pίu pίccola, ma qnello dί sottrargliela per ίntero : e con cίο ? Bίsognava per qnesto mettere sossopra, come sί dice, cίelo e terra ed escogίtare catene, crocί e il Caucaso tutto e mandare aquile e aprίrmί il fegato ? Bada bene che cίο non denuncί ίη qnello stesso che mostra lo sdegno molta pίccίnerίa, vol­ garίta dί sentίmentί, ίnclinazίone all'ίracondia ! Cl1e cosa poi avrebbe fatto costui, se avesse perduto un intero bue, quando peι· poca carne si adonta in questo modo ? [ro] Quanto pίu giudiziosamente in situazioni simili si comportano gli uominί, che sarebbe naturale fossero .anche nell'ira piu im­ pulsivi degli dei ! Eppnre nessuno di essi infliggerebbe al cuoco la pena della croce, se bollendo la carne mettesse un dito nel brodo e ne leccasse un po' ο se tirasse fuori uno deί pezzi in cottura e lo inghiottisse : gli uomini perdone­ rebbero. Che se proprίo si irritassero, gli assesterebbero due pugni ο lo colpirebbero con uno schiaffo, ma nessuno presso di loro fu mai crocifisso per sίmili colpe. Ε circa la carne basta quanto ho detto, disonorante per me che mi difendo, ma piu disonorante per lni che mί accusa. [π] Ma ora e il momento di parlare clel fatto che ho plasmato gli uomini. Implicando questo ιιηa doppίa accusa, ίο non so qnale delle

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ΠΡΟΜΗ ΘΕΥΣ Η ΚΑΥΚΑΣΟΣ

μοu, πότερα ώς οΜε ολως έχρην τοuς άν&ρώποuς γεγονέναι, Ν ' - αuτοuς ' 1! ΙL :ιJ. ' ' α'λλ' υ.1! με ,• νον 4•ιν ατρεμειν γην υ.λλ ως uντας, •ι ως πεπλάσ&αι μεν έχρην, &λλον �έ τινα και μ� τοuτον έσχηματίσ&αι τον τρόπον ; Έγω �ε ομως uπερ άμφοϊν έρώ· και πρώτόν γε, ώς οu�εμία τοϊς &εοίς άπο τούτοu βλάβη γεγένηται, τών άν&ρώ� (l Ι I �Ι Ι J!. \ / παραχιτεντων, β ιον πων ε' ς τον πεφασομαι .. πειτα οε, οεικνuεινώς και συμφέροντα και &μείνω αuτοίς αuτιΧ παριΧ πολu � ει έρήμην και άπάν-θ·ρωπον συνέβαινε τ�ν γην μένειν. [12] '�'Ην τοίνuν

Ι � I και\ τΎJς αμ α.ν και\ το\ νεκταp επινομεν ενεφοpοuβ pοσιας γοuμεν με.θ·α ouaεv πο&οuντες. [ ! 7] ''Ο aε μάλιστά με &ποπνίγει, τοuτ' έστίν, δη μεμφόμενοι τ�ν &.ν.θ·pωποποιίαν κα1. μάλιστά γε τιΧς γuναϊ:κας, δμως έpiΧτε αuτων κα1. ou aιιχλείπετε κατιόντες, &pτι μεν ταupοι, &pτι aε σάτupοι κα1. κuκνοι γενόμενοι, κα1. .θ·εοuς έξ αότών ποιεϊ:σ&αι &.ξιοuτε. 'Αλλ' έχp�ν μέν, 'ίσως φ�σεις, &να­ πεπλ&σ&αι τοuς &.ν.θ·pώποuς, &λλον aέ τινα τρόπον, &.λλιΧ μ� �μr:ν έοικότας' κα1. τί &ν &λλο παpάaειγμα τοuτοu &μεινον πpοεστΎJ­ σάμ'Ι)ν, δ πάντως κάλΟν �πιστάμ'Ι)ν ; 'Ή &.σόνετον κα1. &Ύ)pιωaες �aει κα1. &γpιον &.πεpγάσ!Χσ&αι το ζίi)ον ; Κα1. πώς &ν � &εοϊ:ς �&uσαν � τιΧς &λλας uμϊ:ν τιμιΧς &.πένειμαν οuχ1. τοιοuτοι γενό' εκατομ ' β ας πpοσαγωσιν, ' ' ' � Jluταν μι:;ν ' "' τας � uμιν μενοι ; 'Αλλα' uμεις, ' οuκ όκνεϊ:τε, κ&ν έπ1. τον Ώκεανον έλ&εϊ:ν aέη « μετ &.μόμονας Αί&ιοπ�ας )) 6 • τον aε των τιμών uμϊ:ν και των &uσιών αΊτιον &.νεστιχupώκιχτε. Πεp1. μέν οον των &ν&pώπων κιχ1 ταuτιχ ικανά. [r8] '1Ha'Y) aε κα1 έπ1. το πup, εί aοκεt, μετελεόσομαι κα1. τ�ν έπονείaιστον ταότψ κλοπ�ν. Κα1. πpος &εων τοuτό μοι &πόκpιναι μ'Υ)aεν όκν�σας· �σ&' δ τι �μεϊ:ς τοu πupος &.πολωλέκαμεν, έξ 00 κα1 παp' &.ν&pώποις έστίν ; Οuκ &ν ε'Cποις. Α6τΎJ γάp, όίμαι, φόσις τοuτοu1 τοu κτ�ματος, οό3έν τι �λαττον γ(γνεται, ε'C τις κα1 &λλος αότοu μεταλ&βοι· ou y!Χp &.ποσβέvνuται έναuσαμένοu τινός• φ&όνος aε a� &ντιΚpuς το τοιοuτο, &φ' &ν μΎJaΕ:ν uμεϊ:ς �aικΎJσ&ε, τοuτων κωλ6ειν μεταaιaόναι τοϊ:ς aεομένοις. Καίτοι &εο6ς γε �ντας &.γα&οuς χp� είναι κα1 « aωτ�pας έ&ων » 7 κιχ1. �ξω φ.θ-όνου πα'vτος έστάναι . δπου γε κα1. εί το πiΧν τοuτο πup uφελόμενος Κατεκόμισα ές τ�ν γ�ν μΎ)a' δλως 't'L αuτο\) Κατα­ λιπών, ou μεγάλα uμiΧς �aικοuν' οuaεν γ!Χp uμεϊ:ς aεr:σ.θ·ε αuτοu � > I ' λ ' ι:;Jlψοντες τψ 1 ' αμ ' β pοσιαν ι-ιγοuντες μ'Υ)τε φωτος επιμ'Υ)τε μ'Υ)τε τεχνψοu aεόμενοι. [rg] οι aε &ν&pωποι κα1. ές τιΧ &λλα ' μeν Ι

Ι

·

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6. Π., I, 423. 7· Od., V I I I, 325.

7 [23],

!7-!9

209

avere il gregge, per il fatto che gli e necessario prendersene cura. Eppure questa fatica e piacevole e del resto nemmeno la preoccupazione e senza diletto, se permette di passare il tempo : che cosa faremmo noi, se non avessimo costoro, a cui provvedere? Staremmo in ozio, berremmo il nettare e ci riernpiremmo di ambrosia senza sentirne il minimo bi­ sogno. [Ι7] Ma piu di ogni altra cosa mi angoscia il fatto che, mentre mi rimproverate di aver fatto gli uomini e soprattutto le donne, vi innamorate di queste e non cessate di scendere sulla terra, trasformandovi ora in tori, ora in satiri e in cigni, e per di piu non vi vergognate di generare figli da esse. Ma gli uomini, forse dirai, dovevano essere plasmati, pero in un altro modo, non somiglianti a noi. Quale altro modello, allora, mi sarei p.roposto migliore di questo, che sapevo bello :fino alla perfezione? Oppure questo essere avrei dovuto farlo privo di intelligenza, bestiale e selvaggio ? Come avrebbero potuto, fatti in questo modo, sacrificare agli dei ο tributarvi gli altri onori? Ma voi, quando vi portano le ecatombi, non avete esitazioni, nemrneno se dovete andare fino all'Oceano ) 6 : pero colui . che vi ha procurato gli onori e i sacrifici lo avete crocifisso. Ε questo riguardo agli uomini basta. [r8] Ora, se ti pare, passero al fuoco e a questo vituperato furto. Ebbene, in nome degli dei, rispondimi senza esitare : abbiamo noi perduto una minima parte delfuoco, da quando si trova anche presso gli uomini? Ν οη potresti dirlo. Tale infatti, io penso, e la natura di questo elemento : non diminuisce, se anche un altro ne prende, giacche non si spegne, se ad esso si attizza. Ε invidia, per contro, se voi impedite di dispensare a chi ne ha bisogno certe cose, quando per esse non vi e stato fatto alcιιn torto. Eppure, per essere dei, bisogna essere buoni e « dispensatori di beni )) 7 e restare al di fuori di ogni invidia ; e quand'anche vi avessi sottratto tutto il fuoco per portarlo sulla terra, senza lasciarvene la minima particella, non vi avrei fatto un gran male, se e vero che voi non ne avete alcun bisogno non sentendo freddo, non cuocendo l'ambrosia, non necessitando della luce arti­ ficiale. [rg] Ε poi gli uomini ηοη fanno a meno del fuoco 14,

LucιANo,

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ΠΡΟΜΗ ΘΕΤΣ Η ΚΑ.ΤΚΑΣΟΣ

άναγκαί χρ&νται τ πυρί, μάλιστα aε ές ηΧς &υσίας, 8πως �χοιεν κνισiΧ.ν τιΧς άγυιιΧς και τοu λιβανωτοu &υμιiΧ.ν και τιΧ μ'Υ)ρία καίειν έπι των βωμ&ν. Όρω i3έ γε ύμiΧ.ς μάλιστα χαίροντας τ καπν και τ�ν εύωχίαν ταότψ �i)(στψ οtομένους, δπ6ταν ές τον ούρανον ή κν'ϊσα παραγίν'Υ)τιΧι (( έλισσομέν'Υ) περι καπν )) 8 , ' I I I I ψ " ' έρ� επιυ..,\ν γενοιτο τη� υμετ τοινυν 'Υ)' μεμ ις αυτ'Υ) 'Εναντιωτατ'Υ) &υμί�. Θαυμάζω aε 8πως ούχι και τον �λιον κελεόετε μ� κατα­ λάμπειν αύτοός' καίτοι πuρ και οοτ6ς έστι πολu &ει6τερ6ν τε και πυρωi3έστερον. 'Ή κάκει'νον αtτιiΧσ&ε ώς σπα&&ντα ύμ&ν το κτ�μα ; Ε�ρ'Υ)κα. Σφω i3έ, 6) Έρμ� και 'Ήφαιστε, ε� τι μ·η καλ&ς εtρ�σ&αι i3οκε'L, i3ιευ-&όνετε και i3ιεξελέγχετε, κ&γω αό&ις &πο­ λογ�σομαι. [20] ΕΡΜ. Ού p�i3ιον, > � ι� >Ι �' lf.. � ι ' 1 αuτιμ εκεινιμ το' εκπωμα, ο< σε 11τει εν παραοοιΊ)ν τιμ ΓανuμΊ)οει πιε't:ν καl λαβων έφίλει μεταξο καl προς τοος όφ&αλμοος προσ�γε καl αδ&ις ά.φεώρα ές έμέ· ταuτα aε �aΊ) σuνίειν έρωτικ&. ΙSντα. Καl έπl πολΟ μeν ή13οόμΊ)ν λέγειν προς σΕ: κα.l > χορσας λα' β ους εμΠΊ)ι,ας καιΙ εντειναμενος επτα καιI μαγασα υποv·εις έμελΦδει πάνυ γλαφυρ6ν, & 'Ήφαιστε, και έναρμ6νιον, ώς κάμε αύτij) φ&ονεϊν πάλαι κι&α.ρ(ζειν άσκοϊίντα.. 'Έλεγε 8ε � Μαϊα., ώς μ'Υ)δε μένοι τας ν6κτα.ς έν τij) οuρανij), άλλ' ύπο περιεργίας &χρι τοϋ �δου κατίοι, κλέψων τι κάκεϊ&εν δψαδ�. ' Υπ6πτερος δ' έστι και pάβδον τινα πεποίψαι &αυμασία.ν τ�ν Μναμιν, � , I , νεκρους. ψ υχαγωγει"' και καταγει τους ΗΦ. Έγω έκείνψ έ:δωκα αuτij) παίγνιον ε!ναι. ΑΠ. Τοιγα.ροϊίν άπέδωκέ σοι τον μισ&6ν, τ�ν πυράγραν ΗΦ. Εδ γε ύπέμνφας &στε βαδιοϋμαι άπολ1Jψ6μενος αuτ�ν, εt που, ώς φ�ς, εύρε&εί11 έν τοϊς σπαργάνοις. \

8

[Ι3]

ΗΦΑΙΣΤσr ΚΑΙ ΔΙΟΣ.

ΗΦ. Τι με, & Ζεϊί, χρ� ποιεΊ:ν ; "Ηκω lj_χων τον πέλεκυν όξuτατον, εί και λ(.θ·ον δέοι ΖΕΥΣ. Εδ γε, & 'Ήφαιστε· άλλα δ(ελέ 8όο κατενεγκών. ΗΦ. Πεφ� μου, εt μέμΊ)να. ; Πρ6σταττε έ&έλεις σοι γενέσ.θ·αι.

γάρ, ώς έκέλευσας, μι� ΠλΊ)γ'{j διακόψαι. μου τ�ν κεφαλ�ν ές δ' οδν τι &λλο δπερ

8 [79], 7 [r r], 3, 8 [r3]

235

[3] ΑΡ. Ma tu non lo hai udito discorrere gia con argιιzia e scioltezza ; e vuole anche prestarci i suoi servizi. Ieri poi 1ιa s:fi.dato Eros e lo ha abbattuto subito prendendolo non so come per entrambi i piedi. Dopo, mentre riceveva le lodi, rubo il cinto di Afrodite, che se lo era stretto al petto per premiarlo della vittoria, e lo scettro di Zeus, che stava ancora ridendo ; e se il fulmine non fosse stato troppo pesante e fatto cli fuoco, gli avrebbe portato via anche quello. EF. Un bimbo terribile a quel che dici ι ΑΡ. Non solo, ma gia anche musico. EF. Ε questo da che puoi dedurlo? [4] ΑΡ. Avendo trovato in qualche posto una testuggine morta, fece di essa uno strumento : vi applico i bracci e li muni clel giogo, poi vi pianto i bischeri, sistemo il ponti­ cello e, stese sette corde, ne trasse una melodia delicatissima, ο Efesto, secondo le buone regole dell'armonia, al punto da invidiargliela anch'io, che da molto tempo suono la cetra. Inoltre Maia diceva che neppure di notte resta in cielo, ma per curiosita scende :fi.no all'Ade, evidentemente con l'inten­ zione di rubare qualcosa anche la. Ha le ali ai piedi e si e fatto una verga dal potere meraviglioso, con la qιιale conduce sotto terra le anime dei morti. EF. Gliela diedi io per giocattolo. ΑΡ. Cosi te ne ricompenso e la tenaglia . . . EF. Hai fatto bene a ricordarmene : andro a ricuperarla, se mi riuscira di trovarla, . come dici tu, nelle fasce. 8 [13]

EFESTO e ZEUS. EF. Che devo fare, ο Zeus ? Ιο sono venuto, come tu hai comandato, con l'ascia piu tagliente, buona anche, se fosse necessario, a spezzare delle pietre con un colpo solo. ZEUS. Benissimo, ο Efesto. Ed ora, giu con forza e spac­ cami la testa in dιιe ι EF. Mi tenti per vedere se sono impazzito ? Ordina dunque qualche altra cosa che νιιοi che ti faccia.

ΘΕΩΝ

ΔΙΆΛΟΓΟΙ

ΖΕΥΣ. Τοuτο αότό, aιαφε&�να( μοι το κραν(ον- εl oe ά.πει­ S·�σεις, οό νuν πp&τον όργιζομένοu πεφά.ση. 'Αλλα χp� κα­ &ικνε�σ&αι παντt τii) &uμii), μ'Υ)aε μέλλειν- ά.πόλλuμαι γιΧp ύπο ώa(νων, α� μοι τον έγκέφαλον ά.ναστρέφοuσιν. ΗΦ. ''Ορα, ω Ζεu, μ� κακόν τι ποι�σωμεν- όξuς γιΧρ ό πέλεκύς έστι καt οόκ ά.ναιμωτl οόaε κατιΧ τ�ν Είλ�&uιαν 3 μαιώσετα( σε. ΖΕΥΣ. Κατένεγκε μόνον, ω 'Ήφαιστε, &αρρ&ν- οΊ:aα έγιh το σuμφέρον. ΗΦ. 'Άκων μέν, κατο(σω Μ· τί γιΧρ χp� ποιε�ν σοu κελεύον­ τος ; τί τοuτο ; K6p'Y) �νοπλος 4 ; Μέγα, ω Ζεu, κακόν ε!χες έν τ?j κεφαλ?j • είκότως γοuν όξύ&uμος �σ&α τ'Υ)λικαύτψ ύπο τ{j μ�νιγγι παρ-θ·ένον ζφογον&ν και ταuτα �νοπλον' � ποu στρατόπεaον, οό κεφαλ�ν έλελ�&εις �χων. Ή aε Π'fja� και πuρριχ(ζει 5 και τ�ν &σπιaα τινά.σσει και το Μρu πάλλει και έν&οuσι�, και το μέγιστον, καλ� πά.νu κα� ά.κμα(α γεγένψαι �a'Y) έν βραχε�· γλαuκ&πις μέν, ά.λλlι. κοσμε� καt τοuτο � κόρuς. 'Ώστε, ω Ζεu, μα(ωτρά. μοι &π6aος έγγu�σας �a'Y) αότ�ν. ΖΕ!Σ. 'ΑΜνατα αίτεϊς, ω 'Ήφαιστε· παρ&ένος γιΧρ ά.εt έ&ελ�σει μένειν. Έγω a• οον τό γε έπ' έμοl οόaeν ά.ντιλέγω. ΗΦ. Τοuτ ' έβοuλόμψ• έμο� μελ�σει τιΧ λοιπά., καt �a'Y) σuναρ­ πά.ιJω αότ�ν. ΖΕ!Σ. Er σοι ρ4aιον, ο\Sτω ποίει· πλ�ν ο!aα δη &auνά.των έρ�ς. 9 [12] ΠΟΣΕΙΔΩΝΟΣ ΚΑΙ ΕΡΜΟΥ.

[r ] ΠΟΣ. 'Έ στιν, ω Έpμ�, νuν έντuχε�ν τii) Δι( ; ΕΡΜ. Οόaαμ&ς, ω Πόσειaον. Π ΟΣ. 'Όμως προσά.γγειλον αότi\).

3· Antica dea protettrice delle partorienti, figlia, seconclo Esiodo (Theog., ν . 922), di Zeus e di Era. 4· Pallade Atena, naturalωente. 5· Danza di uoωini arωati dal ritωo ωolto veloce.

8 [79), 9 [!2],

Ι

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ZEUS. Proprio questo, che mi spacchi il cranio : se mi disubbidirai, non sara questa la prima volta che sperimen­ terai la mia collera. Occorre calare il colpo con la massima energia e senza indugiare : muoio dalle doglie, che mi scon­ volgono il cervello. EF. Bada, ο Zeus, che non facciamo qualche guaio : l'ascia e tagliente e non ti fara partorire senza sangue ne alla maniera di Ilitia 3• ZEUS. Tu, Efesto, pensa a calare il colpo, e non temere : so io cio che mi conviene . EF. Contro voglia, ma lo calero : che si deve fare, quando dai un ordine ? Che e questa ? Una fancju11a arωata? 4 Un grosso incomodo avevi nel capo, ο Zeus ! Era ben naturale che fossi irritabile, portando viva sotto le meningi una tale fanciulla, e per di piu armata. Senza saperlo avevi un ac­ campamento in luogo della testa. Ed ora salta, danza la pirrica 5, agita lo scudo, scuote la lancia, e piena d'ardore e, cosa piu importante di tutte, ha raggiunto in breve tempo il fiore dell' eta e della bellezza : ha gli occhi di un azzurro cupo, ma l'elmo anche cosi l'adorna. In conclusione, ο Zeus, pagami la mia assistenza al parto fidanzandola fin d' ora a me. ZEUS. Chiedi una cosa impossibile, ο Efesto, giacche vorra rimanere sempre vergine. Ιο, per quel che dipende da me, non mi oppongo. EF. Questo volevo : al resto pensero io e me la rapiro subito. ZEUS. Se ti riesce, fa pure ; ma io so che desideri una cosa impossibile.

9 [Ι2] POSIDONE ed ERMETE.

[Ι] Pos. Ermete, e possibile ω·a avere un incontro con Zeus ? ERM. Assolutamente no, ο Posidone. Pos. Annunciami lo stesso.

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ΕΡΜ. Μη έν6χλει, φημί· &καφον γά.ρ έστιν, &στε οόκ &ν raοις αότον έν τίi) παρόντι. ΠΟΣ. Μων τ?j "Ηρqι σόνεστιν ; ΕΡΜ . 0\Sκ, &:λλ' έτερο�6ν τί έστι. ΠΟΣ. Συνίημι· δ Γανυμήaης �νaον. ΕΡΜ. Οόaε τουτο · άλλα μαλακως �χει αότ6ς. ΠΟΣ. Π6&εν, δ Έρμη ; Δεινον γαρ τουτο φής. ΕΡΜ. Αtσχόνομαι είπε'Lν, τοιουτ6ν έστιν. ΠΟΣ. 'ΑλΜ οό χρη προς &με &ε'i:'6ν γε 6ντα. ΕΡΜ. Τέτοκεν άρτίως, δ Π6σειaον. ΠΟΣ. 'Άπαγε, τέτοκεν έκε�νος ; 'Εκ τίνος; Οόκουν έλελ·�-θ·ει ' ' .... ήμδίς άνaρ6γυνος ίhν ; 'Αλλα οόaε έπεσήμανεν ηι γαστηρ αυτιμ 6γκον τινά.. ΕΡΜ. Εο λέγεις· οό γαρ &κείνη είχε το �μβρυον. ΠΟΣ. σι:aα· έκ της κεφαλης �τεκεν αΟ&ις &σπερ την 'Α&ηνiΧν­ τοκά.aα γαρ την κεφαλην �χει. ΕΡΜ. 0\Sκ, άλλα έν τίi) μηρψ έκόει το έκ της Σεμέλης βρέφος. Π ΟΣ. Εδ γε δ γεννα'Lος, ώς 6λος ήμ'Lν κυοφορεΊ: κα1 παντα­ χ6&ι του σώματος. 'Αλλα τίς ή Σεμέλη έστί ; [2] ΕΡΜ. Θηβαία, των Κά.aμου &υγατέρων μία. Ταότη συ­ νελ&ων έγκόμονα έποίησεν. ΠΟΣ. Είτα �τεκεν, δ Έρμη, άντ' έκείνης ; ΕΡΜ. Και μάλα, εt και παρά.aοξον είναί σοι aοκε�· την μεν γαρ Σεμέλην ύπελ&ουσα ή 'Ήρα - οίσ&α ώς ζηλ6τυπ6ς έστι '" ' " r: l r: ' � ηκειν αιτησαι παρα' του� Δ ιuς και' αστραπων πει'\J·ει μετα' βροντων παρ' α.ότήν- ώς aε έπείσ&η κoct �κεν �χων κoct τον κερα.υν6ν, άνεφλέγη δ 6ροφος, και ή Σεμέλη μεν aιαφ&είρεται ύπο του πυρ6ς, έμε aε κελεόει άνατέμ6ντα την γαστέρα τΊjς γυναικος ,, " αυτιμ ι ' ετι ' ' λες ' � τυ1 εμ ' J. ' '�>� ατε και1 επειο,1 ανακομισαι β ρυον επτα.μηνον' έποίησα, aιελων τον έαυτου μηρον έντί&ησιν, ώς άποτελεσ-θ·είη ένταυ-Θ·α, και νυν τρίτιμ �aη μηνι έξέτεκεν αότο και μαλακως άπο των ωaίνων �χει. ΠΟΣ. Νυν οον που το βρέφος έστίν ; ΕΡΜ. 'Ες την Νυσαν 6 άποκομίσας �aωκα τα�ς Νόμφαις άνατρέφειν Δι6νυσον έπονομασ-Θ·έντα.

6. Citta e monte omonimo in India.

8 [79], 9 [rz], 2

239

ERM. Non seccare, ti dico : non e il momento adatto e tu per ora non puoi vederlo. Pos. Ν οη sara in intimita con Era ! ERM. Ν ο : e cosa di altro genere. Pos. Capisco : c'e dentro Ganimede. ERM. Non e neppure questo. Non sta bene lui. Pos. Per quale ragione, ο Ermete? Ε strano quanto mi dici. ERM. Ε cosa tale che mi vergogno a dirla. Pos. Ma non devi, parlando con me che sono tuo zio. ERM. Ha partorito in questo momento, ο Posidone. Pos. Ma va ! Ha partorito lui? Ε a chi? Dunque ignoravamo che fosse un androgino ! Del resto il suo ventre non mostrava segno alcuno di ingrossamento. ERM. Dici bene : non era Η il feto. Pos. Lo so. Allora ha partorito nuovamente dalla testa cωne quando gli nacque Atena. La sua testa infatti ha il poteι-e di figliare. ERM. Νο : il bambino di Semele lo portava nella coscia. Pos. Grandioso ! . . . Questo concepisce in ogni paι-te del corpo ! Ma chi e Semele ? [z] ERM. Una delle figlie di Cadmo, una tebana. La se­ dusse e la ingravido. Pos. Ε poi paι-toι-1 invece di lei ? ERM. Certo, anche se la cosa ti sembι-a fuori dell'ordi­ naι-io. Infatti Era - tu sai come e gelosa - abbindolo Semele peι-suadendola a chiedeι-e a Zeus di andaι-e da lei coi tuoni e i lampi ; e poiche egli acconsenti e ci ando anche col fulmine, il tetto s'incendio, Semele brucio viva e Zeus mi ordino di tagliaι-e il ventre della donna e di poι-targli il feto di sette mesi ancora immaturo. Dopo che ebbi eseguito, aperta la sua coscia, ce lo mise dentro, perche Β si completasse ed ora, gia nel terzo mese, lo ha paι-torito ed e spossato dalle doglie. Pos. Ε ora dov'e il neonato ? ERM. L'ho portato a Nisa 6 e l'ho dato da allevare alle Ninfe. Ε stato chiamato Dioniso.

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ΠΟΣ. Οuκοuν άμφ6τεροc τοu Διονόσοu τοότοu κoct μ�τΊ)ρ κoct ποcτ�ρ ό &aελφ6ς έστιν ; ΕΡΜ. 'Έοικεν. ''Απειμι a' οον δaωρ ocuτ Ι > Ι > Ι � > Ν Ι οισκον 1! ωσπερ ειωv·ειμεν, ο< οι:; απο τοu� ανερρι τον ες τοΙ υ.νω, ΤαUγέτοu καταπνεόσας έπι κεφαλην τ(/) παι�ι ένέσεισε φέρων αuτ6ν, Δστε άπο τ�ς πλ'Υ)γ�ς α!μά τε pu�ναι πολο και τον πα'i:�ΙΧ εu&έως &πο&ανεϊν. ΆλλιΧ έγΘ τον μεν Ζέφuρον αuτίκα �μuνάμψ κατατοξεόσας, φεόγοντι έπισπ6μενος �χρι τοu �ροuς, τ(/) παι�ι �ε και τον τάφον μeν έχωσάμψ έν Άμόκλαις 17, �ποu ό �ίσκος αuτον κατέβαλε, καl &πο τοu α(ματος �ν&ος &να�οuναι την γ�ν έποί'Υ)σΙΧ ��ιστον, ω Έρμ�, και εuαν&έστατον άν&έων &πάντων, �τι και γράμματα �χον έπαιάζοντα τ(/) νεκρ φ&ονω· ' I Ί �I �' Υ ' επι σuI σε κιv·αpιc,ε καιI μεγα τ4>� ΚΙΧ' λλει κ6.μα, ω'!' "Απολλον, και φp6νει, κάγΘ έπt τ?'J εuεξίqι και τ?'J λόpqι· είτα, έπειΜν κοιμiΧσ&αι �έη, μόνοι κα&εu��σομεν. [2] ΑΠ. ΈγΘ μεν ΚΙΧL �λλως &ναφp6�ιτ6ς ε1μι ές τα έpωτικά . Μο γοuν, οΟς μάλιστα �γάπφα, την Δάφνψ και τον ' Ύ'άκιν&ον, ' I ' � l ι: ' λ ον γενεσv·αι ' ' με, ωστε " " οuτως Δαφν'Υ) εμισ'Υ)σε ει�λετο '>u 'Υ)• μι:;ν μiΧλλον � έμοl ξuνεϊναι, τον Ύάκιν&ον �ε δπο τοu �ίσκοu &πώλεσα, καl νuν &ντ' έκείνων στεφάνοuς �χω. ω

r7. Citta della Laconia poco lontana da Sparta ; ίη onore di Giacinto vi si celebravano annualιnente le feste chiaιnate appunto Giacinzie.

8 (79), 15 [IJ), Ι-2

da tempo anche lui, ma, disdegnato, non sopportava i1 di­ sprezzo. Ιο lanciai i1 disco in alto, al mio solito, e quello, so:ffiando dal Taigeto, lo porto a colpire al capo il fanciullo, cosi che dalla ferita usci molto sangue e la morte fu istan­ tanea. Ιο attaccai subito Zefiro con le mie frecce, inseguendolo fino alla montagna. Al fanciullo innalzai i1 tumulo in Amicle 17, dove lo colpi i1 disco, e dal suo sangue feci spuntare, ο Ermete, un fiore delicatissimo, i1 piu bello di tutti, che con le sue lettere piange ancora il morto. τi sembra che non abbia ragione di soffrire? ERM. Certo, ο Apollo ; e sapevi anche di esserti innamorato di un mortale. Non crucciarti dunque, se e morto.

IS [IJ]

ERMETE e APOLLO. [r] ERM. Ε pensare, Apollo, che zoppo di persona e fabbro di mestiere si e sposato le piu belle, Afrodite e Carite 18 • ΑΡ. Ε fortuna, Ermete. Ma quello che mi sorprende e che sopportino di stare con lui, specialmente qnando lo vedono grondante di sudore e curvo sulla fucina con la faccia piena di fuliggine. Ε bencM egli sia cosi, lo abbracciano, lo baciano e dormono con lui. ERM. Questo fa rabbia anche a me e mi fa invidiare Efesto. Ma tu spiega pure la tua chioma, ο Apollo, suona la tua cetra e va superbo della tua bellezza, come io vanto la mia corporatura e la mia lira ; poi, quando e i1 momento di dormire, dormiremo soli. [2] ΑΡ. Ma anche in altro modo ho sfortιιna in amore : pensa ai dιιe che ho amato di piu, a Dafne e a Giacinto. Dafne mi odio a tal pιιnto, che preferi diventare ιιη albero piιιttosto che darsi a me ; Giacinto lo perdetti ιιcciso da1disco, ed ora in vece loro ho soltanto delle corone. r 8 . Una delle Cariti ( ο, latinamente, Grazie) . Esiodo (Theog., 945 seg.) ne fa i! noιne, Ag!aia (cfr. Dial. deor., 20, 15 e nota 30, pag. 274) .

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ΘΕΩΝ ΔΙΑΛΟΓΟΙ

ΕΡΜ. Έγω aέ �aη ποτέ την 'Αφροaίτην - άλλα ού χρη αύχείν. ΑΠ. Ο!aα, και τον Έρμαφρόaιτον έκ σοu λέγεται τεκείν. Πλην έκείνό μοι είπέ, ε'ί τι ο!σ&α, πως ού ζηλοτυπεί ή Άφρο­ aίτη την Χάριν � ή Χάρις ταuτην ; [3] ΕΡΜ. 'Ότι, ω "Απολλον, έκείνη μΕ:ν αύτιρ έν τ?J Λήμν τοuς κuνας' έω γιΧρ λέγειν 15τι ού8e τιΧς τεκοuσας έμαιοuτο παρ&ένος γε αύτ� οδσα 20• ΛΗΤ. Μέγα, (}, 'Ήρα, φρονε'i:ς, 15τι ξuνει τι}> Διι και συμβαI � \ '� � ' � και\ σια σιλευεις αυτq>, πλ�ιιν α' λλ' ο" Ψομαι' τουτο υ' β ρι' ζεις ασεως Ι ι ι � .,. Q ' ες ' τιιν � σε μετ' ο' λ /�γον αυv·ις σακρυουσαν, οποταv σε καταλιπωv γην κατίη ταuρος 11 κuκνος γενόμενος. ·



17

[2Ι ]

ΑΠΟΛΛΩΝΟΣ ΚΑΙ ΕΡΜΟΎ'.

[r ] ΑΠ. Τι γελq.ς, ώ ΈρμΎ') ; ΕΡΜ. 'Ότι γελοι6τατα, ώ 'Άπολλον, ε!8ον. ΑΠ. ΕίπΕ: οδν, ώς και αύτος &κοuσας �χω ξυγγελiΧν. ΕΡΜ. Ή 'Αφροθlτ'Υ) ξυνοuσα τι}> 'Άρει κατεlλ'Υ)πται και ό 'Ήφαιστος �8φεν αύτοuς ξυλλαβών. Α Π. Πως ; ΉΜ γάρ τι έρε'i:ν �οικας 21 • 20. Anche se Aiteιnide e spesso identificata con Ilitia, dea protettrice dei paι·ti. 2 r . Ε la storia piccante resa celebie gia da Oιnero, che la fa cantaie dall'aedo Deιnodoco alla corte dei Feaci (Od., V I I I , 266-366) .

8 [79], r 6 [r8] , 2, Ι7 [zr], r

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una montatura. In realta egli stesso, il profeta, ignorava che avrebbe ucciso il suo amasio e non previde che Dafne lo avrebbe sfuggito, nonostante la sua bellezza e la sua chioma. Insomιna io non vedo come pote sembrare che tu avessi figli pii:ι belli di Niobe. [2] LΑτ. Questi figli, pero, la sterminatrice di stranieri e i1 falso profeta, so che ti brucia di vederli fra gli dei, spe­ cialmente ogni volta che una e complimentata per la sua bellezza e l'altro suona la cetra nel siωposio fra l'ammira­ zione di tutti. ERA. Mi fai ι-idere, Latona ! Ammiι-ato quello, che, se le Muse avessero voluto dare un giudizio obiettivo, sarebbe stato vinto nella gara di ωusica e scorticato lui da Marsia I Invece i1 poveretto e stato imbrogliato e, ingiustamente soccombendo, ha dovuto morire. Ε la tua bella :fi.glia e cosi bella, che il giorno che s'accorse di essere stata veduta da Atteone, temendo che il giovinetto andasse a dire quanto e brutta, sguinzaglio i suoi cani contro di lui. Ε sorvolo sul fatto che, essendo lei vergine, neppure le partorienti ha mai potuto assistere 20. LΑτ. Sei baldanzosa, ο Era, perche convivi con Zeus e condividi i1 trono con lui, e per questo insolentisci impune­ mente. Ma ti vedro ben presto piangere di nuovo, quando Zeus ti lasceι-a per discendere sulla terra sotto forma di toro ο di cigno.

17 [zr] APOLLO ed ERMETE.

[r] ΑΡ. Perche ridi, Erωete ? ERM. Perche ho veduto, Apollo mio, una cosa ridico­ lissima. ΑΡ. Faωmi sentire dunque ; cosi posso ridere anch'io. ERM. Afrodite e stata soι-presa a letto con Ares, ed Efesto li ha catturati insieme e 1i ha legati. ΑΡ. Come? Ηο l'impressione che ι-acconterai una sto­ riella divertente 21 •

ΘΕΩΝ ΔΙΆΛΟΓΟΙ

ΕΡΜ. 'Εκ πολλοu, οίμαι, ταuτα ειaως ε&ήρεuεν αuτοός, καt περί τ�ν εόν�ν άφαν� Οεσμα περι&εtς είργάζετο άπελ&ων έπt την κά.μινον' είτα ό μeν 'Άρης εσέρχεται λα&ών, ώς r)σαν καt εντος εγεγένηντο των &.ρκόων, περιπλέκεται μeν αuτο�ς τα aεσμά., εφίσταται aε ό " Ηφαιστος. 'Εκείνη μeν οον - καt γαρ �τuχε γuμνη οοσα - οuκ I '!' {) πως εγκα ·� �.\_ � � ' λu' ψ αιτο αιοοuμενη, ο• σο: ε�χεν Αρης τα μεν πρωτα aιαφuγε�ν επεφiΧτο καt �λπιζε pήξειν τα aεσμά, �πειτα aε σuνεtς εν &.φόκτq.> εχ6μενον έαuτον ίκέτεuε. [2 ] ΑΠ. τί οον ; Άπέλuσεν αuτον ό " Ηφαιστος ; ΕΡΜ. Οuaέπω, &.λλα ξuγκαλέσας τοuς &εοuς επιaείκνuται την μοιχείαν αuτο�ς' οί aε γuμνοt &.μφ6τεροι κάτω νενεuκ6τες ξuνaεaεμένοι ερu&ρι&σι, καt το &έαμα ηaιστον εμοt �aοξε μονο­ νοuχt αuτο γινόμενον το �ργον. ΑΠ. Ό aε χαλκεuς εκε�νος οuκ αlaε�ται καt αuτος επιaεικνό­ μενος την αlσχόνην τοu γάμοu ; ΕΡΜ. Μα Δί' , δς γε καt επιγελ(f εφεστως αuτο�ς. Έγω μέντοι, ει χρη τ&.λη&eς εlπε�ν, εφ&6νοuν τi)J 'Άρει μη μ6νον μοιχεόσαντι την καλλίστην &ε6ν, &.λλα καt aεaεμένιr μετ' αuτης. ΑΠ. Οuκοuν καt aεaέσ.θ·αι &ν δπέμεινας επt τοότιr ; ΕΡΜ. Σu a· οuκ &ν, ω �Απολλον ; 'Iae μ6νον επελ&ών- επαινέ­ σομαι γά.ρ σε, r)ν μη τα δμοια καt αuτος ε\.Ιξη ιaών. ·

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!8 [22]

ΗΡΑΣ ΚΑΙ ΔΙΟΣ.

[ r ] Η ΡΑ. Έγω μeν fισχuν6μην &ν, ω Ζεu, ε'l μοι τοιοuτος

uίος r)ν &1jλuς ο5τω και aιεφ&αρμένος δπο τrj ς μέ&ης, μίτρ� μeν &.ναaεaεμένος την κ6μην, τα πολλα aε μαινομέναις τα�ς γuναιξι σuνών, άβρ6τερος αuτων εκείνων, δπο τuμπά.νοις καt :)\αuλi)J καt I � ' και 8λως παντι μα� λλον εοικως κuμ βα' λ οις χορεuων, ι1 σοι τq.> πατρι \

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8 (79], 17 [2 1), 2, !8 (22], Ι

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ERM. Dava loro la caccia, perche credo che sapesse da molto tempo. Fu cosi che avvolse il letto di catene invisibili e se ne ando a lavorare alla sua fucina. Ares entra credendo di non essere osservato, ma Elios lo vede e dice tutto ad Efesto. Quelli vanno a letto e quando sono gia all'opera dentro la rete, le catene si intrecciano intorno a loro ed Efesto e η a sorprenderli. Lei, piena di vergogήa percM era nuda, non sapeva come coprirsi, Ares prima tento di scappare sperando di rompere le catene, poi, quando capi di essere in trappola, passo alle suppliche. [2] ΑΡ. Ε allora? Si e deciso Efesto a liberarlo? ERM. Non ancora, ma ha riunito gli dei e offre loro lo spettacolo della tresca. Quelli, nudi entrambi e a capo chino fra le catene, sono rossi di vergogna ; con tutto questo la visione pii:t divertente mi parve l'atto vicino al suo. culmine. ΑΡ. Ma il fabbro non si vergogna anche lui di esibire in pubblico la sua sventura coniugale? ERM. Νο, per Zeus ! Sta η e li schernisce. Ιο pero, se devo dire la verita, invidiavo Ares, non solo per aver sedotto la dea pii:t bella, ma anche percM si trovava incatenato con lei. ΑΡ. Α questa condizione, dunque, avresti sopportato di stare in catene ? ERM. Ε tu no, ο Apollo? Va soltanto a vedere, e avrai il mio elogio, se, dopo aver visto, non ti augurerai anche tu la stessa sorte.

18 [22]

ERA e ZEUS. [r] ERA. Ιο mi vergognerei, ο Zeus, se avessi un figlio simile, cosi effeminato e rovinato dal bere. Ha la chioma fasciata da una cuffia, e quasi sempre in compagnia di donne impazzite ed e pii:t delicato di loro, danza al suono di tamburi, di :flauti, di cembali e insomma assomiglia a chiunque altro, ma non a te. η, LUCIANO,

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ΖΕΥΣ. Και μην οοτ6ς γε δ &ηλuμίτρης, δ άβρ6τερος των γuναικων ou μ6νον, & 'Ήρα, την Λuaίαν έχεφώσατο και τοuς κατοικοuντας τον Τμωλον 22 �λαβε και τοuς Θρ�κας όπηγάγετο, άλΜ και έπ' 'Ινaοuς έλάσας τij:J γuναικείφ τοότφ στραηωηκ(j) τοός τε έλέφαντας ε!λε και τΎjς χώρας &κράτησε και τον βασιλέα προς όλίγον ά.ντιστΎjναι τολμήσαντα αίχμάλωτον ά.πήγαγε, και ταuτα πάντα �πραξεν όρχοόμe;νος &μα και χορεόων &όρσοις χρώ­ μενος κιττίνοις, με&όων, ός φής, και έν-θ·εάζων. Et aέ τις έπεχεί­ ρησε λοιaορήσασ&αι αότ(j) όβρίσας ές την τελετήν, και τοuτον έημωρήσατο η καταaήσας τοt:ς κλ�μασιν η aιασπασ-θ·Ύjναι ποι:ήσας όπο τΎjς μητρος &σπερ νεβρ6ν 23• Όρ�ς ός ά.νaρεt:α ταuτα και οόκ ά.νάξια τοu πατρ6ς ; Εί ae παιaια καl τρuφη πρ6σεσην αότοt:ς, οόaεις φ&6νος, και μάλιστα εί λογίσαιτ6 ης, ο!ος &ν οοτος νήφων �ν, 5ποu ταuτα με&όων ποιε'i:. [2] ΗΡΑ. Σό μοι aοκετς έπαινέσεσ&αι και το ε5ρημα αότοu, την &μπελον καl τον ο!νον, καl ταuτα δρων ο!α οί με&uσ&έντες ποιοuσι σφαλλ6μενοι και προς 5βριν τρεπ6μενοι και 5λως μεμη­ ν6τες όπο τοu ποτοu· τον γοuν 'Ικάριον, φ πρώτφ �aωκε το κλΎjμα, οί ξuμπ6ται αότοι aιέφ&εφαν παίοντες τα'i:ς aικέλλαις. ΖΕΥΣ. Οόaeν τοuτο φής· οό γοφ δ ο!νος ταuτα oόae δ Δι6νuσος ποιει:, το aε &μετρον τΎjς π6σεως και το πέρα τοu καλως �χοντος έμφορεt:σ&αι τοu ά.κράτοu. 'Ός a• &ν �μμετρα πίνη, ίλαρώτερος μeν και ήaίων γένοιτ' &ν- ο!ον aε δ 'Ικάριος �πα-θ·εν, οόaεν &ν έργάσαιτο οόaένα των ξuμποτων. 'ΑλλιΧ σu Ιtτι ζηλο­ τuπετν Ιtοικας, & 'Ήρα, και τΎjς Σεμέλης 24 μνημονεόειν, η γε 8ιαβάλλεις τοu Διονόσοu τdι κάλλιστα. 19 [23] ΑΦΡΟΔΙΤΗΣ ΚΑΙ ΕΡΩΤΟΣ.

[r ] ΑΦΡ. τι aήποτε, & 'Έρως, τοuς μeν &λλοuς -θ·εοός κατη­ γωνίσω &παντας, τον Δία, τον Ποσειaω, τQν Άπ6λλω, την ' Ρέαν, 22. Catena montagnosa in Lidia, la regione dell'Asia Minore teste citata da Luciano. 23. Chiara e la seconda allusione : l'oρpositore di Dioniso sbranato dalla sua stessa madre e Penteo, la cui tragica vicenda e rappresentata nelle " Baccanti >> di Euripide. La priιna sembra riferirsi a Licurgo, il re trace nemico del dio per istigazione di Era, senonche in nessun testo letterario a noi noto compare la punizione citata qui. Si e pensato pertanto che Lu-

8 [79], r8 [22], 2, 19 [23], Ι

25 9

ZEUS. Eppure costui, che ha la cuffia come le donne ed e piu delicato delle donne, non solo conquisto la Lidia, ο El'a, fece suoi schiavi gli abitanti del Tmolo 22 e sottomise i Traci, ma con questo esercito di donne ιnarciό contro gli Indi, catturo i loro elefanti, s'impadroni del paese, condusse prigioniero il re che per un po' aveva osato resistergli, e tutto questo fece danzando e guidando la danza col suo tirso cinto di edera, ubriaco, come dici tu, e invasato. Quando poi alcuni vollero biasimarlo insolentendo contro i suoi riti di iniziazione, egli li puni legando uno coi tralci e l'altro facendolo sbranare, come fosse un cerbiatto, dalla sua stessa madre 23 • Queste imprese, come vedi, sono coraggiose e non indegne del padre. Se poi a queste fanno corona divertimento e lusso, non c'e da dargliene carico, soprattutto se si consi­ dera che cosa sarebbe sobrio, quando ubriaco fa quello che fa. [2] ERA. Ed ora mi aspetto che elogi anche la sua inven­ zione, la vite e il vino, pur vedendo che cosa fanno quelli cl1e si sono sborniati : che barcollano, si danno alle violenze e insomma per il bere non ragionano piu. Ε infatti Icario, al quale per primo diede il tralcio, fιι ιιcciso dai suoi stessi coιnpagni di bevuta che lo colpirono con le vanghe. ZEUS. Νon ha senso quello che dici. Νe il vino ne Dioniso fanno questo, ma l'eccesso del bere e il buttar giu vino piu di quanto non stia bene. Chi beve model'atamente puo di­ ventare piu allegro e piu piacevole, n1a mai fare a nessuno dei compagni quello che fu fatto a Icaro. Ma tu, Era, ιni sembra che abbia in mente Semele 24 e che soffra ancora di gelosia, se disprezzi i piu bei mel'iti di Dioniso.

AFRODΠE ed ERos. [r] AFR. Perche mai, ο Eros, riuscito vittorioso su tutti gli dei, su Zeus, su Posidone, su Apollo, su Rea, su di me ciano abbia ricordato un'opera d'arte, un dipinto forse, raffigurante Licurgo inviluppato nei raιni della vite. 24. Per il n'ito di Semele si veda Dial. deor., g.

260

ΘΕΩΝ ΔΙΑΛΟΓΟΙ

έμe τ�ν μψέρα, μόνΎJς aε ά.πέχη τ�ς 'ΑSψiΧς και έπ' έκεtν'ΥJς &πυρος μέν σο� � a�ς, κεν� aε οtστων � φαρέτρα, σu aε &τοξος ε! και &στοχος ; ΕΡ. Δέaια, ω μ�τερ, αύτ�ν' φοβεριΧ γάρ έστι καt χαροπ� καt aεινως ά.νaρικ� · όπόταν γοuν έντε�νάμενος το τόξον 'lω έπ' αύτ�ν, έπισείουσα τον λόφον έκπλ�ττει με και ύπότρομος γίνομαι καt ά.πορρε� μου τιΧ τοξεύματα έκ των χεφων. ΑΦΡ. Ό "Αρ'Υ)ς γιΧρ ού φοβερώτερος �ν ; Καt δμως άφώπλισας αύτον καt νενίκ'ΥJκας. ΕΡ. ΆλλιΧ έκε�νος έκιllν προσίεταί με καt προσκαλε�ται, � 'Α&ψiΧ aε ύφορiΧται ά.ε(, κα( ποτε έγω μeν &λλως παρέπτψ πλφίον �χων τ�ν λαμπάaα, � aέ, ε'ί μοι πρόσει, φ'Υ)σι, ν� τον πατέρα, τ(\) aορατίιμ σε aιαπείρασα � τοu ποaος λαβομέν'Υ) καt ές τον Τάρταρον έμβαλοuσα � αύτ� aιασπασαμέν'ΥJ aιαφ&ερω. Π ολλιΧ τοιαuτα �πείλ'Υ)σε· καt όρ� aε aριμu και έπt τοu στ�S·ους �χει πρόσωπόν η φοβερον έχίaναις κατάκομον, δπερ έγω μά­ λιστα aέaια· μορμολύττεται γάρ με και φεύγω, δταν 'ίaω αύτό. [2] ΑΦΡ. ΆλλιΧ τ�ν μeν 'Α&ΎJνiΧν ae:aιας, ώς φ�ς, καt τ�ν Γοργόνα, καt ταuτα μ� φοβΎJ&εις τον κεραυνον τοu Διός. At aε Μοuσαι aια τι σοι &τρωτοι καt �ξω βελων εtσιν ; 'Ή κά.κε�ναι λόφους έπισείουσι καt Γοργόνας προφαίνουσιν ; ΕΡ. Αtaοuμαι αότάς, ω μ�τερ· σεμναt γάρ εtσι καl ά.εί τι φροντίζουσι καt περt �a�ν �χουσι καt έγω παρίσταμαι πολλάκις αύτα'i:ς ΚΎJλούμενος ύπο τοu μέλους. ΑΦΡ. "Εα και ταύτας, δη σεμναί· τ�ν aε "Αρτεμιν τίνος �νεκα ού ητρώσκεις ; ΕΡ. Το μeν δλον oύae καταλαβε'!:ν αύτ�ν ο!όν τε φεύγουσαν ά.εt aιιΧ των όρων- ε!τα και taιόν τινα �ρωτα �a'YJ έρ�. ΑΦΡ. τίνος, ω τέκνον ; ΕΡ. Θ�ρας καt έλά.φων και νεβρων, αίρe�ν τε aιώκουσα και κατατοξεύειν, καt δλως προς τ(\) τοιούτιμ έστίν- έπεt τόν γe &aελφον αύτ�ς, καίτοι τοξότ'ΥJν καt αύτον 6ντα καt έκΎJβ6λον 25 ΑΦΡ. Ο!aα, ω τέκνον, πολλιΧ έκε�νον έτόξευσας. -

25. Ε la traduzione letterale di έκΎ)βόλος, l'eρiteto oroerico di Aρollo, clιe qui ricorre, ovviaroente, a scoρo caricaturale.

8 [79], 19 [23], 2

z6r

tua madre, soltanto Atena risparmi e contro di lei la tua fiaccola e senza fuoco, senza frecce la faretra, tu privo di arco e di mira? ER. Ηο paura di lei, ο madre : fa spavento con quegli occhi di fuoco e cosi terribilmente maschia. Insomma, quando vado verso di lei con l'arco teso, agita il cimiero ed io resto sgomento, tremo tutto e l'arco mi cade dalle mani. AFR. Ma Ares non ti spaventava di piU ? Eppure tu lo disarmasti e ne sei vincitore. ER. Si, ma quello mi accoglie volentieΓi e mi chiama, Atena e sempre all'erta e ιιηa volta che le volai davanti tenendole accanto la fiaccola : (( Se ti fai vicino - disse -, te lo giuro per il padre mio , ti trafigga con la lancia ο ti prenda per un piede e ti getti nel Tartaro ο ti faccia a pezzi con le mie mani, certo ti togliero di mezzo ». Queste minacce mi fece ed altre simili. Ροί guarda sempre torvo e porta sul petto una faccia terrificante, che ha vipere per capelli. Di questa soprattutto ho paura : quando la vedo, mi terrorizza ed io fuggo. [2] AFR. Tuttavia tu hai paura, come dici, di Atena e della Gorgone, ma non del fulmine di Zeus. Ε le Muse percM si salvano dal tiro delle tue frecce ? Ο anch'esse scuotono dei cimieri e mostrano delle Gorgoni ? ER. Per loro ho rispetto, ο madre, poiche sono austere, hanno sempre qualche pensiero, attendono al canto ed io spesso mi fermo davanti a loro affascinato dalla me­ lodia. AFR. Lascia pure anche queste, perche sono austere ; ma Artemide perche non la ferisci ? ER. Ma quella non mi e possibile nemmeno sorprendeΓla : fugge sempre per le montagne. Ε poi coltiva gia un suo proprio amore. AFR. Per chi, figlio mio ? ER. Per la caccia di cervi e di cerbiatti, per catturarli inseguendoli, per abbatterli con l'arco : a questo e dedita con tutta se stessa. Tant'e vero che il fratello di lei, benche arciere anche lui e lungisaettante 25. . . AFR. Lo so, figlio, l o colpisti piu di una volta.

262

ΘΕΩΝ ΔΙΆΛΟΓΟΙ

20 [35 ] ΘΕΩΝ ΚΡΙΣΙΣ. ΖΕΥΣ, ΕΡΜΗΣ, ΗΡΑ, ΑΘΗΝΑ, ΑΦΡΟΔΙΤΗ, ΠΑΡΙΣ Ι-Ι ΑΛΕΞΑΝΔΡΟΣ. r. ΖΕΎΣ. Έρμ�, λαβων τοuτι το μ�λον &.πι&ι ές τ�ν Φρu­ γίαν παριΧ τον Πριάμοu παϊaα τον βοuκ6λον - νέμει ae τ�ς "l()ΊJς έν τ !: I \ < \ !: < � ι uποσε αuτιμ, παρηειν την πο' λ ιν, ο< σε ό ς με και\ "'εν�σας ) ) I I ) (λ � ι ! β β \ Ν uπο ε ρεγμενοι, επειοη ανεπαuσαμεv·α εν τιμ σuμποσ�ιμ �κανως κατ' αuτάς ποu μέσας νόκτας έπαναστιΧς δ γενναίος - αtaοuμαι aε λέγειν. ΑΠ. Έπείρα σε, Διόνuσε ; ΔΙΟ. Τοιοuτόν έστι. ΑΠ. Σ u aε τί προς ταuτα ; ΔΙΟ. τι γιΧρ !lλλο η έγέλασα ; ΑΠ. Εο γε, το μη χα.λεπως μηaΕ: &γρίως σuγγνωστος γάρ, εί καλόν σε ο\.Ιτως 6ντα έπείρα. ΔΙΟ. Τοότοu μΕ:ν �νεκα ΚΙΚι έπι σε &ν, {;) "Απολλον, &γάγοι την πείραν' καλος γιΧρ σu και κομήτης, ώς και νήφοντα &ν σοι τον Πρίαπον έπιχεφησαι. ΑΠ. 'Αλλ' οuκ έπιχεφήσει γε, {;) Διόνuσε· �χω γιΧρ μετιΧ της κόμης και τόξα. (

24 [4] ΕΡΜΟΥ ΚΑΙ ΜΑΙΑΣ. [r] ΕΡΜ. 'Έση γάρ τις, {;) μητερ, έν οuραν \ \ >ζ l > \ τα\ σει,ια, " ζ I ' " ' επι ει,Ύ)νεγκα.ν, σε αpτι μεν επι τα. λαια,I μετ> ο' λιγον καl ές το έναντίον τοu ap6μou ένίοτε, καl &νω καl κάτω, �λως ' I ' Ύ I "' ' Ν ,, (\ οuκ ε' β ou' λοντο α:uτοι · ο• σε ε�χεν uι! τι χp'Υ)σαιτο αuτοις. ενv·α [2 ] ΗΛ. Πάντα μΕ:ν �πιστάμψ ταuτα καl aιιΧ τοuτο &.ντεϊ.χον έπt πολU κα:t οuκ έπίστε:uον αuτ(J) την �λασιν' έπεt θΕ: κατελιπά.­ pφε aακρ6ων ΚΙΧL � μήτΎ)p ΚλuμένΎ) μετ' αuτοu, &ναβιβασάμενος έπt το &ρμα uπε&έμψ, �πως μΕ:ν χp� βεβΎ)κέναι αuτ6ν, έq)1 δπ6σον aε ές το &νω &φέντα uπερενεχ-θ·Ύ)να:ι, ε!τα ές το κάταντες αδ.&ις έπινε6ειν καt ώς έγκpατΎ) ε!ναι των �νιων καl μ� έφιέναι τ(J) &uμ(J) των �ππων' ε!πον aε καl �λ(κος δ κινauνος, ει μ� όρ&�ν I ' Ν \ ... ) βα:ς I "' 1 ) ' τοσοuτοu ε' λα:uνοι· ο σε πupuς και\ επι- παις γαρ Ύ)ν - επι \ ' (\ 'ψ > � I >ζ > .\ "' ' κu ας ες β α:v·ος αχα:νες ει,επλαγΎ), �πποι ως ως το εικος· οι σε ' I ' 1 ' I ,, (\ 1 !! τοu ησv·οντο οuκ uντα: εμι:: τuν επι β ε βΎ)Κοτα, καταφρονΎ)σαντες μεφακίοu έξετράποντο τΎ)ς δθοϋ καt τ& θειν& ταuτα έποίφαν' \ • I ' I ' I ' " " \ " ' τας οΎψ αι σεσιως Ύ)νιας αφεις, α:uτ δ σε 6 ς, ε,ι,χετο τΎΝ) ς μ..,λ1 εκπεση &ντuγος. ΆλλιΧ έκε�ν6ς τε �a'Y) �χει τ�ν aικψ κ&μοί, ώ Ζεu, ίκανον το πέν&ος. [3 ] ΖΕΥΣ. Ίκανον λέγεις τοιαuτα: τολμήσας ; Νuν μΕ:ν οδν σuγγνώμψ &πονέμω σοι, ές aε το λοιπόν, 'ήν τι δμοιον πα.ρανο­ μήσης � τινα: τοιοuτον σεα:uτο\1 aιάaοχον έκπέμψης, αuτίκα ε'lση, δπ6σον τοu σοu πuρος δ κεpαuνος πuρωaέστερος. 'Ώστε έκε�νον μΕ:ν αί &aελφαl &απτέτωσαν έπt τ(J) Ήριaαν(J), �ναπεp �πεσεν I ,, ' (\ I " ' " �,1λ εκτρον επ ' ' αuτcμ σακρuοuσαι εκσιφρεuv·ε�ς, και\ αιγεφοι γενέσ&ωσαν έπt τψ πά&ει, σu aε ξuμπΎ)ξάμενος το &ρμα - κατέα:γε aε ΚΙΧL δ puμος αuτο\1 κα:t &τερος των τpοχων σuντέτριπται �λαuνε uπαγαγων τοuς �πποuς. ΆλλιΧ μέμνΎ)σΟ το6των &πάντων. Ν




E: �ν Σuρακούσα�ς �στίν ; ΑΛΦ. Έπε�γ6μεν6ν με κατέχε�ς, & Π6σε�i>ον, περίεργα �ρωτων. ΠΟΣ. Εό λέγε�ς' χώρε� παριΧ τ�ν &.γαπωμένψ, καt &.ναi>uς &.πο τ�ς &αλ&ττ'Υ)ς ξuναναμίγνuσο τ?) Π'Υ)γ?) κα� �ν β8ωρ γίγνεσ&ε. r . Figlίe di Nereo, dio marino siιnboleggiante la bonaccia e, tracli­ zionalmente, di Doride (si veda, pero, Dial. mar., π e nota 15). Ι1 loro numero varia da cinqιιanta a cento : notissiιne Teti, la madre di Achille, Galatea, Anfitrite (cfr. Dial. ma-r., r, 9, rz) .

9 [78], 3 [3]

299

Pos. Coraggio, figlio mio ! Ιο ti vendichero, affi.nche tu sappia cl1e, se mi e iιnpossibile guarire la mutilazione degli occhi, certo e almeno che la sorte dei naviganti e in mio potere ; e lui naviga ancora.

3 [3] PosiDONE e ALFEO. [r] Pos. Che e questo, ο Alfeo ? Solo fra gli altri, sboccato in mare non ti mescoli con l'acqua salata, come e abitudine di tutti i fiumi, e non ti riposi lasciandoti andare, ma, re­ stando compatto attraverso i1 mare e conservando dolce la tua corrente, ancora puro e incontaminato corri non so dove immergendoti verso il fondo come i gabbiani e gli aironi. Ε fai pensare che in qualche parte rialzerai il capo e ricom­ parirai. ALF. Ε una faccenda d'amore, ο Posidone : non sma­ scherarmi. τi innamorasti anche tu piu volte. Pos. Sei innamorato di una donna, ο Alfeo, di una ninfa ο addirittura di una delle Nereidi ? 1 ALF. Νο, Posidone, ma di una fonte. Pos. Ε questa dove sgorga ? ALF. Ε una isolana di Sicilia, la chiamano Aretusa. [2] Pos . Conosco Aretusa, ο Alfeo : non e brutta, anzi e trasparente, zampilla filtrando da un luogo incontaminato, e l'acqua spicca sulle pietruzze apparendo su di esse tutta d' argento. ALF. Come e vero che conosci la fonte, ο Posidone ! Adesso dunque vado da lei. Pos. Va pure e buona fortuna in quest'amore. Ma dimmi una cosa : dove vedesti Aretusa, essendo tu Arcade e lei SiΓacusana ? ALF. Ιο ho fretta e tn mi trattieni, ο Posidone, doman­ dandomi delle quisquilie. Pos. Dici bene : va dalla tua amata e, riemergendo dal mare, mescolati con la fonte e diventate nn'acqua sola.

ΕΝΑΛΙΟΙ ΔΙΑΛΟΓΟΙ

300

4 [4] ΜΕΝΕΛΑΟΎ' ΚΑΙ ΠΡΩΤΕΩΣ. [r] ΜΕΝ. Άλλα ί\aωρ μέν σε γ(γνεσ&α�, ω Πρωτεu, οuκ ιΧπί&ανον, ένάλ�όν γε 1:\ντα, και Μνaρον, �η φορψόν, και ές λέοντα ae δπ6τε ιΧλλαγείΊ)ς, δμως ouae τοuτο �ξω π(στεως' εί ae και πuρ γ(γνεσ&α� auνατον έν &αλάττη οίκοuντα, τοuτο πάνu &αu­ μάζω και ιΧπ�στώ. Π ΡΩΤ. Μ� &αuμάσης, ω Μενέλαε· γίγνομα.� γάρ. ΜΕΝ. Ε!aον και αuτός· ιΧλλά μο� aοκεϊς - είρ�σετα� γαρ προς σέ - γοψε(αν τ�να προσάγε�ν τ(\) πράγματ� και τοuς όφS·αλ­ μοuς έξαπατ&ν τών δρΘντων αuτος ouaeν τοωuτο γ�γνόμενος. f ' f ' Ν

> Ι � I 1:' � \ < > > (> � οχηματος παρασο uπ ι:κηv·ειας επι φοραν, η< σε β ασα c, οu και\ απιaοuσα ές βά&ος fι.χανές, έκπλαγε�σΙΧ ΚΙΧ� τij} &άλπει &μα σuσχε­ &ε�σΙΧ ΚΙΧ� ίλιγγιάσασΙΧ προς το σφοaρον τΎ')ς πτ-1jσεως &.κρατ�ς tγένετο των κεράτων τοu κριοu, 6-Jν τέως tπείληπτο, ΚΙΧ� κατέ­ πεσεν &ς το πέλαγος. ΝΗΡ. Οί\κοuν &χρΎ')ν τ�ν μητέρα τ�ν Νεφέλην βοη&Ύ')σαι πιπτοuση ; ΠΟΣ. 'ΕχρΎ')ν- &.λλ' ή Μο�ρα τΎ')ς Νεφέλης πολλij) auνατωτέρα. Ι

rz. Elle, figlia di Atamante e di Nefele. 1 3 . Ιησ, secσnda spσsa di Atamante e quindi matrigna di Elle.

9 [78] , 9 [6]

3Ι Ι

9 [6] PoSIDONE e le NEREIDI. [r] Pos. Questo stretto, dove cadde la fanciulla 12, prenda da lei il nome di Ellesponto. Ε voi, ο Νereidi, raccogliete il cadavere e portatelo nella Troade, perch6 sia seppellito dalla gente del luogo. ΑΝFΠRΠΕ. Νο, Posidone. Sia sepolta invece nel mare che ha il suo nome : noi ne abbiamo pieta per i1 deplorevole trattamento che le ha inflitto la matrigna 13 • Pos. Questo, ο Anfitήte, non e lecito, ne d'altra parte e bello che ella giaccia li sotto la sabbia. Sara sepolta, come ho detto, nella Troade ο nel Chersoneso ; e per lei sara non piccola consolazione che fra non molto anche Ino subisca la stessa sorte e, inseguita da Atamante, si getti ηei flutti col figlio fra le braccia dall'alto del Citerone, la dove scende a picco sul mare. Perό bisognera salvarla per far piacere a Dioniso, perch6 Ino e stata la sua nutrice e balia. [2] ANF. Non si dovrebbe, malvagia com'e. Pos. Ma non e opportuno, ο Anfitrite, dispiacere a Dioniso. NER. Ε costei come ha fatto a cadere dall'ariete, se il fratello Frisso cavalca con sicurezza ? ·Pos. Ma e naturale : quello e un giovanotto ed e in grado di resistere alla velocita, mentre lei, montata senza espe­ rienza una cavalcatura insolita, guardando l'immensa pro­ fondita ne fu stordita e, presa nello stesso tempo dal caldo dell'aria e dalle vertigini per l'impeto del volo, lascio andare le corna dell'ariete, alle quali si era aggrappata fino a qιιel momento, e cadde in mare. NER. Ma quando cadde, non avrebbe dovuto aiutarla sua madre Νefele ? Pos. Αvrebbe dovιιto, ma la Parca e molto pii:ι potente di Nefele.

312

ΕΝΆΛΙΟΙ ΔΙΆΛΟΓΟΙ

10 [9] ΙΡΙΔΟΣ ΚΑΙ ΠΟΣΕΙΔΩΝΟΣ.

[r] ΙΡΙΣ. Τ�ν ν�σον τ�ν πλανωμέν'f)ν, ω Π6σειaον, �ν &πο­ σπασ&εϊσαν τ�ς Σικελίας \5φαλον έ!η ν�χεσ&αι συμβέβ'f)κε, ταότην, ψησιν .ό Ζεύς, στ�σον �aΎJ και &νιΧφψον και ποίφον �aΎJ a�λον 14 έν τίi) Αtγαί(J) μέσ(J) βεβαίως μένειν στΎ)ρίξας πάνυ &σφαλως aεϊται γάρ τL αύτ�ς. ΠΟΣ. Πεπράξεται ταuτα., ω 'Ίρι. τινα Μ δμως παρέξει αύτίi) τ�ν χρείαν &ναφανε.ϊσα και μΎ)κέη πλέουσα ; ΙΡΙΣ. Τ�ν Λψιb έπ' αύτ�ς aεϊ &ποκυ�σαι· ηaΎJ γιΧρ πον�ρως ύπο των ωaίνων έ!χει. ,. ' , Ν \ ο' ουρανuς 1 , '�- ' μΎ)\ ουτος, ,. ; ο υχ ΠΟΣ . 'Γ'ι ουν ικανος εντεκειν ; Ε ι' οε ,. &λλ' � γε γ� πiΧσα ούκ &ν Μναιτο ύποaέξασ&αι τιΧς γονιΧς αότ�ς ; ΙΡΙΣ. Οδκ, ω Π6σειaον- ή 'Ήρα γιΧρ δρκ(J) μεγάλ(J) κατέΛαβε τ:!Jν γ�ν, μ� παρασχεϊν τ?) Λψοϊ των ωaίνων ύποaοχ�ν. Ή τοίνυν Ν \ :}.,1ν. \ γαρ ' ), ιf ) / 6 ς εσηV' νΎ)σος αυτΊ) ανωμοτ α.φανΎJς [z] ΠΟΣ. ΣυνίΎ)μι. Στ�&ι, ω ν�σε, και &νάaυ&ι αοS·ις έκ τοu βυS·οu και μΎ)κέη ύποφέρου, &λλιΧ βεβαίως μένε και ύπ6aεξαι, ω εύaσμμονεστάτΎ), τοu &aελφοu τιΧ τέκνα Μο, τοvς καλ­ λίστους των &εων- και ύμεϊς, ω Τρίτωνες, aιαπορ&μεόσατε τ�ν ΛΎ)τιb ές αύτ�V' και γαλΎ)νιΧ &πα.ντα έ!στω. Τον aρ&κοντα. aέ, δς νuν έξοιστρεϊ αύτ�ν φοβων, τιΧ νεογνιΧ έπειΜν τεχ&?), αύτίκα μέτεισι και τιμωp�σει τ?) μΎ)τρί. Σο Μ &πάγγελλε τίi) Διι πάντα είναι εύτpεπ�· έ!στΎ)κεν ή Δ�λος' ήκέτω ή Λψιb �aΎJ και ηκτέτω. π

[ro]

ΞΑΝΘΟΥ ΚΑΙ ΘΑΛΑΣΣΗΣ 15•

[r] ΞΑΝΘ. Δέξαι με, ω &άλασσα, aεινιΧ πεπον&6τα και κατάσβεσ6ν μου τιΧ τραύματα. ΘΑΛ. τι τοuτο, ω Ε;άν&ε ; τις σε κατέκαυσεν ; 14. Il nome dell'isola, Delo, sarebbe appunto quest'aggettivo, che in greco suona 3Ίjλος : si tratta naturalmente di un aitiσn (cfr. CALLIMACO, Hymn. in Del., v. 53 e scolio ad lσc . ) . 1 5 . Ε necessario conservare il nome greco del nιaι·e, .&άλιχσσιχ, che e femminile, poiche nel dialogo il personaggio, accennando ad Achille

9 [78], ΙΟ [9], ΙΙ [Ιο], Ι

3 13

10 [9] IRIDE e PosiDONE.

[r] IR. L'isola errante, ο Posidone, che staccatasi dalla Sicilia fluttua ancora sott'acqua / ασε ακρι β ως ,, Cι , &παντα. ΘΕΤ. Ό 'Ακρίσιος δ πΙΧτηρ αύτΊjς ΚΙΧλλίστην οδ σαν έπαρ­ &ένευεν ές χαλκοuν τινα &&λαμον έμβαλώV' ε!τα, εί μΕ:ν &λη&Ε:ς ούκ �χω είπε"ιν , φασι a• οΌν τον Δία χρυσον γενόμενον pυΊjναι ,

r6. La figlia bellissima e Danae

'

e

i1 suo figlioletto Perseo,

9 [78], Ι Ι [Ιο], 2, ΙΖ [ΙΖ], Ι

ΧΑΝΤ. Efesto. Sono interamente carbonizzato - me ιn­ felice ! - e sto bollendo. TAL. Perche poi ti caccio il fuoco dentro ? ΧΑΝΤ. Α causa del figlio della vostra Teti : poiche suppli­ candolo, mentre faceva strage dei Frigi, non calmai la sua ira, ma addirittura ostruiva coi cadaveri la mia corrente, ebbi compassione degli sventurati e lo assalii con l'intenzione di sommergerlo, affinche impaurito fermasse le mani omicide. [:2] Allora Efesto - per caso era 1i vicino - portando, io penso, tutto il fuoco che aveva nella sua fucina, nell'Etna e ίη qualunque altro posto, mi venne addosso, brucio gli olmi e i tamerischi, abbrustoΠ i poveri pesci e le anguille e, me stesso facendo ribollire, mi ha quasi del tutto asciugato. Del resto puoi vedere tu come mi hanno ridotto le bruciature. TAL. Torbido, ο Xanto, e caldo, come e naturale ; il sangue viene dai morti, il calore, come dici tu, dal fuoco. Ed e giusto, ο Xanto : ti sei gettato contro mio nipote, senza il rispetto dovuto al figlio di una Nereide. ΧΑΝΤ. Non avrei dovuto aver pieta dei Frigi, che sono miei vicini? TAL. Ed Efesto non avrebbe dovuto aver pieta di Achille, che e figlio di Teti? 12 [!:2 J

DoRIDE e ΤΕτΙ. [r] DoR. Perche piangi, ο Teti ? ΤΕτ. Ηο veduto, ο Doride, un padre chiudere in una cassa la bellissima figlia, lei e il suo bimbo appena nato 16• Il padre poi ordino ai marinai di prendere la cassa e, quando si fossero allontanati molto da terra, di gettarla in mare, perche la misera perisse, lei e ii piccolo. DoR. Per quale ragione, ο sorella? Dimmi con esattezza tutto quello che sai. ΤΕτ. Acrisio, il padre, poicM era bellissima, la chiuse in una camera di bronzo, per conservarla vergine ; poi, se sia vero non saprei, ma si dice che Zeus mutatosi in oro filtro

3 16

ΕΝΑΛΙΟΙ ΔΙΑΛΟΓΟΙ

aιtΧ τοu όρόφοu έπ' αύτ�ν, aεξαμένψ aε έκείνψ ές τον κόλπον καταρρέοντα τον &εον έγκύμονα γενέσ&αι. Τοuτο αίσ&όμενος ό πατ�ρ, &γριός τις καt ζΎ)λότuπος γέρων, �γανοcκτφε καt ύπό τινος μe:μοιχεuσ-θ·αι οίΎJ&εtς αύτην έμβάλλει ές την κιβωτον &ρτι τετοκuίαν. [2] ΔΩΡ. Ή aε τί �πραττεν, δ Θέτι, όπότε κα&ίετο ; ΘΕΤ. 'ΥπΕ:ρ αύτ�ς μΕ:ν έσίγα, ω Δωρί, και �φερε την κατα­ Ι>ίκψ, το βρέφος aε παρ7Jτεϊτο μη άπο&ανεϊν aακρύοuσα και τ({) πάππετο ύπ' �μσu ταuτα πεπον&έναι καt aιtΧ τοuτο • f παρειχεν εαu't"'Υ)ν. Π ΟΣ. Σό γοcρ, ω 'Ενιπεu, ύπεροπτικος �σ&α και βραΜς, δς κόρΎ)ς οί5τω �αλ�ς φοιτώσΎJς όσΎ)μέραι παρtΧ σέ, άπολλuμένΎJς ύπο του �ρωτος, ύπερεώρας καL �χαφες λuπων αύτ�ν, � aε περι τtΧς 6χS·ας άλύοuσα καt έπεμβαίνοuσα και λοuομένΎJ ένίοτε ΎJi.lχετό σοι έντuχεϊν, σό aε έ&ρύπ..οu προς αύτ�ν. [ 2 ] ΕΝΙ Π. τι οδν ; ΔιtΧ τοuτο έχρ�ν σε προαρπάσαι τον Ν

!7· Il dio del fiume omonimo che bagna la Tessaglia.

9 [78], 12 [12], 2, 1 3 [13], r-2

3 !7

attraverso il tetto fino a lei, che, ricevendo il dio grondante nel suo seno, resto incinta. Quando s'accorse di cio il padre, vecchio spietato e geloso, s'iinbestiali e, pensando che fosse stata sedotta da qualcuno, la chiuse nella cassa non appena ebbe partorito. [2] DoR. Ε lei che faceva, ο Teti, qιιando venne rin­ chiusa? ΤΕΤ. In sιιa difesa non parlava rassegnandosi alla con­ danna, ωa scongiurava di .risparωiare il neonato piangenclo e, poiche era bellissiωo, ωostrandolo al nonno ; e il piccolo, che non sapeva la sua sventura, sorrideva al ωare. Se ci ripenso, ωi si rieωpiono gli occhi di lacriωe un'altra volta. DoR. Hai fatto piangere anche ωe. Ma sono gia ωorti? ΤΕΤ. Νο. La cassa galleggia ancora in vicinanza di Serifo custodendoli vivi. DoR. Perche allora non li salviaωo gettando la cassa nelle reti di questi pescatori di Serifo ? Ίirando le reti 1i salveranno certaωente. ΤΕΤ. Dici bene. Facciaωo cosi. Non devono ωorire ne lei ne il piccolo, che e cosi bello.

13 [!3]

ΕΝΙΡΕΟ 17 e PosiDONE.

[r] ΕΝΙΡ. Qιιesto, ο Posidone, dico la verita, non e bello : hai avvicinato la ωia ragazza con l'inganno, facendoti siωile a ωe, e le hai tolto la verginita. Ella credeva di sιιbire la cosa da ωe e per qιιesto si diede. Pos. Ma il fatto e clιe tιι, ο Enipeo, eri altezzosό e lento : ιιηa fanciιιlla cosi bella, che veniva tιιtti i giorni da te e ωoriva d'aωore, tιι la disdegnavi e ti coωpiacevi di farla soffrire. Andava sιι e giu per le tιιe rive, entrava in acqιιa, qιιalche volta si lavava sperando di incontrarti, e tιι facevi il difficile con lei. [2] ΕΝΙΡ. Ε che νιιοl dire? Per qιιesto tιι dovevi strapparωi 1' aωore priωa che lo godessi, fingendo di essere Enipeo

3 18

ΕΝΑΛΙΟΙ ΔΙΑΛΟΓΟΙ

�ρωτα καt κα&uποκρίνασS·αι 'Ενιπέα &ντt Π οσειaωνος ε!ναι καt κv:τασοφίσασ&αι τ�ν Τuρω 18 &φελ� κόρψ οόσαν ; ΠΟΣ. Όψe ζΊ)λοτuπε'Lς, ω 'Ενιπεu, uπερόπτΊJς πρότερον ί!:Jν­ � Τuρω aε ouaeν aεινον πέπον&εν οίομένΊJ uπο σοu aιακεκορεuσ&αι. ΕΝΙ Π. Οό μeν οόν- �φφ&α γιΧρ &πιων 5τι Π οσειaων �σS·α, θ καt μάλιστα έλόπφεν αuτ�ν' καt έγω τοuτο �aικ'Υ)μαι, 5τι τιΧ έμιΧ σό Ί)Uψραίνοu τότε και περιστ�σας πορφόρεόν τι κuμα, 5περ uμiΧς σuνέκρuπτεν &μα, σuν�σ&α τ?j παιaι &ντ' έμοu. ΠΟΣ. Ναί· σό γιΧρ οuκ �&ελες, ω 'Ενιπεu. 14 [14] ΤΡΙΤΩΝΟΣ ΚΑΙ ΝΗΡΗΙΔΩΝ. [r] ΤΡΙΤ. Το κΎjτος uμων, ω ΝΊJρΊJίaες, 8 έπt τ�ν τοu ΚΊJ­ φέως &uγατέρα τ�ν 'Ανaρομέaαν έπέμψατε, οlίτε τ�ν πα'Laα �aικφεν, ώς ο'Cεσ&ε, καt αότο �aΊJ τέ&νΊJκεν. ΝΗΡ. Ύπο τίνος, ω Τρίτων ; 'Ή δ ΚΊJφεός κα&άπερ aέλεαρ προ&εtς τ�ν κόρψ &πέκτεινεν έπιών, λοχ�σας μετιΧ πολλ�ς auνάμεως ; TPIT. Οlίκ· άλλιΧ 'Cστε, ο!μαι, ω 'Ιφιάνασσα, τον Περσέα, το τ�ς ΔανάΊJς παιaίον, 8 μετιΧ τ�ς μψρος έν τ?j κιβωτ(/) έμ­ βλΊJ&eν ές τ�ν S·άλατταν uπο τοu μψροπάτορος έσώσατε οίκτε(' I ρασαι αuτοuς. ΙΦ. oraα θν λέγεις είκος aε �a'Y) νεανίαν ε!ναι και μάλα γεννα'Lόν τε και καλΟν ιaείν. ΤΡΙΤ. Οοτος &πέκτεινε το κ�τος. ΙΦ. ΔιιΧ τί, ω Τρίτων ; Ou γιΧρ a� σ&στρα �μ'Lν τοιαuτα έκτίνειν αuτον έχρ�ν. [z] ΤΡΙτ. Έγω uμ'Lν φράσω το πiΧν ώς έγένετο· έστάλΊJ μeν οοτος έπt τιΧς Γοργόνας 19 &S-λόν τινα τοuτον τ(/) βασιλε'L έπιτελ&ν 20, έπεt aε &φίκετο ές τ�ν Λιβόψ r8. Figlia dell'eroe tessalo Salmoneo, ebbe da Posidone i gemelli Pelia e Ν eleo, cl1e piu tardi intervennero in difesa della madre uccidendone la n1atrίgna, cl1e la ιnaltrattava. Sposo poi lo zio Creteo, dal quale ebbe altri tre figli, fra i quali Esone, padre di Giasone. rg. Le tre mostruose figlie di Forco e di Ceto : i loro capelli erano ser­ penti, ί1 loro sguardo impietrava, avevano zanne di cinghiale e mani di bronzo. Delle altre d.ue, in1mortali, si parla poco, ιnentre notissiιna e Me­ dusa, uccisa, come nel dialogo si racconta, da Perseo. Ε Medusa e la Gor­ gone per antonoιnasia.

9 [78], Ι 4 [14] , Ι-2

invece che Posidone e ingannando una fanciulla semplice come e τiro? 18 Pos. Troppo tardi ti prende la gelosia, ο Enipeo : eri cosi borioso fi.no ad oggi ! Ε a τiro non e accaduto nulla di male, se ha pensato che l'opera sia stata tua. ΕΝΙΡ. Non e vero, perche andandotene lo dicesti di essere Posidone e questo la addoloro moltissimo. Α me hai fatto torto in quanto allora ti sei goduto quello che era mio e, avvolto da un'onda spumeggiante, che vi nascondeva en­ trambi, c' eri tu, in vece mia, con la ragazza. Pos. Si, perche tu, Enipeo, non l'avevi voluto. 14 [Ι4]

ΤRΠΟΝΕ e le NEREIDI.

[r] TRπ. ll mostro maήno che vi incaricaste voi, ο Nereidi, di nιandare contro Andromeda, la fi.glia di Cefeo, alla fan­ ciulla non ha fatto del male, come voi pensate, ed e gΗι morto lui. NER. Da chi ucciso, ο Tritone? Da Cefeo foι·se, che, esposta la giovane come esca, lo ha assalito dopo aver appostato ingenti forze ? ΤRπ. Νο : voi conoscete, credo, ο Ifi.anassa, Perseo il fi.glio di Danae, quello che, gettato in mare in una cassa insieme con la madre dal nonno materno, salvaste avendo avuto compassione di tutti e due. IFIANASSA. So chi vuoi dire, ed e verosimile che a que­ st'ora sia un giovane di bello e nobile aspetto. ΤRπ. Costui ha ucciso il mostro. IF. Perche, ο Tritone? Non e questo il prezzo che avrebbe dovuto pagarci per averlo salvato. [2] ΤRΠ. Vi diro tutto come accadde. Perseo mosse contro le Gorgoni 19 per eseguire con questa impresa un ordine del re 20 ; ma quando giunse nella Libia. . . 20. Si tratta d i Polidette, re di Serifo, l'isoletta alla quale approdo la cassa, dove erano rinchiusi madre e figlio (si veda Dial. mar., rz) . Costui voleva sbarazzarsi di Perseo per sposare Danae. Fu pietrificato dall'eroe con la testa di Medusa.

320

ΕΝΆΛΙοΙ ΔΙΆΛΟΓΟΙ

ΙΦ. Πως, ω Τρίτων ; Μόνος ; 'Ή και Γlλλοuς σuμμάχοuς �γe:ν ; ''Αλλως γοcρ Μσπορος � ό�ός. ΤΡΙτ. Διοc τοu ά.�ρος' δπόπτe:ρον γοcρ αuτον � Α&ΊJνiΧ �&ΊJκe:ν. 'Επe:ι �· οδν �κεν ISπou �ιητωντο, αt μεν έχά&e:u�ον, ο!μαι, ό �ε ά.ποτe:μων τ�ς Μe:�οόσΊJς τ�ν κe:φαλ�ν ί{Jχe:το ά.ποπτάμe:νος. ΙΦ. Πως ίΜν ; Ά&�ατοι γάρ e:ίσιν' � 8ς &.ν Ί�η, οuκ Γlν τι Γlλλο μe:τοc ταοτας . Ί�οι. ΤΡΙΤ. Ή 'Α&ψiΧ τ�ν ά.σπί�qι προφαίνοuσα - τοιαuτα γοcρ �κοuσα �t'l)γouμ�νou αuτοu προς τ�ν Άν�ρομ��αν και προς τον ΚΊ]φ�α 5στe:ρον - � 'ΑS·ψiΧ �η έπι τ� ς ά.σπί�ος ά.ποσηλβοόσΊJς tf:ισπe:ρ έπι τoiJ κατόπτρου παρ�σχe:ν αuτίj} ί�e:ίν τ�ν e:ίκόνα τ�ς Μe:�οόσΊJς' e:!τα λαβόμe:νος τ?) λαι� τ�ς κόμΊ)ς, ένορων �, ές τ�ν e:ίκόνα, τ?) �e:ξι� τ�ν &ρπ'Ι)ν �χων, ά.π�τe:μe: τ�ν κe:φαλ�ν αuτ�ς, και Πρtν ά.νe:γρ�σ&αι τοcς ά.�e:λφοcς ά.ν�πτατο. [3 ) 'Eπe:t �ε κατοc :τ-�ν παράλιον ταότ'Ι)ν Αί&ιοπίαν έγ�νe:το, ��'IJ πρόσγειος πe:τό­ μe:νος, όρ� τ�ν Άν�ρομ��αν προκe:ιμ�ν'ΙJν έπί τινος π�τρας προ­ βλ�τος προσπe:πατταλe:uμ�νψ, καλλίστ'Ι)ν, ω &e:o(, κοι&e:ιμ�ν'Ι)ν τοcς κόμας, �μίγuμνον πολό �νe:ρ&e:ν των μαστων- και το μεν πρ&τον οίκτe:ίρας τ�ν τόχ'Ι)ν αuτ�ς ά.ν'Ι)ρώτα τ�ν αίτίαν τ�ς κατα­ �ίΚΊJς, κατοc μικρον �ε άλοος �ρωτt - έχρ�ν γοcρ σe:σωσ&αt τ�ν παί�α - βοΊJ&e:ίν �t�γνω; και έπe:t�� τΟ Κ�τος έπήe:t μάλα ψο­ βe:ρον ώς καταπιόμe:νον τ�ν 'Αν�ρομ��αν, δπe:ραιωρΊJ&e:lς ό νεα­ νίσκος πρόκωπον �χων τ�ν &ρπ'Ι)ν τ?) μεν κα&ικνe:ίται, τ?) �ε προ�e:ικνος τ�ν Γοργόνα λί&ον έποίe:ι αuτό, το �ε τ�&νΊJΚΕ:ν όμοu και Π�Π'Ι)γe:ν αuτοu τα πολλά, ΙSσα e:!�e: τ�ν Μ��οuσαν· ό �ε λόσας � < < ' ' � "' � ι ι: ' � \ τΊJς παρv·e:νοu, uποσχων τ'Ι)ν χe:φα uπe:οe:ι.,ατο ακροτα' οe:σμα πο�ψl κατιοuσαν έκ τ� ς π�τρας όλισ&Ί)ρiΧς ο\SσΊJς,_ και νuν γαμe:ί έν τοu ΚΊJψ�ως και ά.πάξe:ι Ο(uτ�ν ές 'Άργος, &στe: ά.ντl &ανάτοu γάμον OU τΟν τuχόντα e:5ρe:το. [4] ΙΦ. Έγω ι-ιεν ou πάνu τίj} γe:γονόη Γlχ&ομαι· τί γοcρ � παίς ��ίκe:ι �μiΧς, e:'l η � μ�τ'Ι)ρ έμe:γαλαuχe:ίτο και �ξίοu καλ­ λίων e:!ναι ; ΔΩΡ. Πλ�ν ISη ο5τως &.ν �λγ'Ι)σεν έπl τ?) Sυγατρl μ�τ'Ι)ρ γe: οδσα.

τ Α Α ε ε Ν ε .t r r Ν ε Ν τ α, Α ι Χ' Ω ι Ι Η 8 Λ Ι .QΙ•

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κιιι�ιι;rι7ΠJισι J\ιοtιιε�-ιJΟ, Oh νlιnμικ, lcM'8 uv.θοwμu./teιοι,το'Ιίθ'i -d.poιιn γιfλαχΙ •

IiΊ·ontespizio c1ell' edizione Alc1in�ι pι·ior cli Luciano (Venezia, Alclo Manuzio, 1503) .

32 Ι IF. Come, ο Tήtone? da solo ? ο conduceva con se degli alleati? Oltre tutto il cammino e difficile. ΤRΠ. Attraverso il cielo : Atena gli aveva messo le ali ai piedi. Quando dunque arrivo dove quelle vivevano, tagliata la testa di Medusa - mentre dormivano, io penso - se ne parti a volo. IF. Ma come ha potuto vedere, se e impossibile guardarle ? Chi le guarda, infatti, non guardera dopo di loro altra cosa. ΤRΠ. Atena protendendo il suo scudo - questo sentii cl1e raccontava lui, dopo, ad Andromeda e a Cefeo - Atena dunque gli fece vedere l'immagine di Medusa ri:flessa nel suo scudo come in uno specchio ; ed egli prese lei con la sinistra per i capelli e guardando l'immagine ri:flessa le taglio il capo con la spada ricurva che teneva nella destra ; poi volo via prima che le sorelle si svegliassero. [3] Ma quando fu qui presso la costa etiopica e gia volava vicino a terra, vede Andromeda giacere inchiodata su uno scoglio sporgente, bellissima, ο dei, coi capelli sciolti, nuda fin molto al disotto dei seni ; e prima, commiserando la sua sorte, volle sapere la causa della condanna, ma a poco a poco preso dall'amore - era destino infatti che la fanciulla fosse salvata - decise di soccorrerla e quando i1 mostro venne, spaventoso, per divo­ rare Andromeda, i1 giovinetto si libro sopra di esso e, sguai­ nata la spada, con una mano calava i colpi, con l'altra mo­ strando la Gorgone lo impietriva : ora e morto e la maggior parte del suo corpo, guardata da Medusa, e dura come la pietra. Perseo allora, sciolti i ceppi della fanciulla, la so­ stenne facendola appoggiare alla propria mano quando in punta di piedi discese dallo scoglio scivoloso. Ora la sta sposando in casa di Cefeo e la condurra ad Argo, cosicche in luogo della morte ella ha tlΌvato le nozze, e non col primo venuto. [4] IF. Ι ο non sono dispiaciuta molto di quel che e suc­ cesso : a noi che male ha fatto la ragazza, se la madre nella sua albagia pretendeva di superarci in bellezza? DoRIDE. Solo che cosi, essendo madre, avrebbe sofferto per la figlia. 2Ι. LUCIANO,

322

ΕΝΆΛΙΟΙ ΔΙΆΛΟΓΟΙ

ΙΦ. ΜΊ)κέτι μεμνΘμε&α., & Δωpί, &κείνων ε'C τι βάpβα.pος γυν� uπεp τ�ν &;ζίοιν &λάλφεν- tκοιν�ν γοφ �μϊ:ν τιμωpίοιν �aωκε φοβΊJ&εϊ:σοι &πι τ'(j πα.ιaι Χοιίpωμεν οον τij) γάμcμ. Ι5

[Ι5]

ZEΦl'POl' ΚΑΙ ΝΟΤΟ!.

[r ] ΖΕΦ. Ού πώποτε πομπ�ν &γω μεγοιλοπpεπεστέpοιν ε!aον &ν τ'(j &οιλάττη, άφ ' οο γέ εtμι και πνέω. Σu aε ούκ ε!aες, ω Ν6τε ; ΝΟΤ. τtνοι τοιuτψ λέγεις, ω Ζέφυpε, τ�ν πομπ�ν ; 'Ή τίνες ot πέμποντες �σοcν ; ΖΕΦ. Ήaίστου &εάμοιτος άπελείφ&Ί)ς, ο!ον ούκ &ν &λλο �aοις �η. ΝΟΤ. Πεpι την &pυ&pΟιν γΟιp &άλοιττοιν εtpγοιζ6μΊ)ν, &πέπνευσοι aε και μέpος τ�ς 'Ινaικ�ς, δσοι ποιpάλιοι τ�ς χώpοις' ούaεν οον οτaοι ων λέγεις. ΖΕΦ. ΆλλΟι τον Σιaώνιον Άγ�νοpοι ο!aοις ; ΝΟΤ. Νοιί· τον τ�ς ΕύpώπΊJς ποιτέpοι. τι μ�ν ; ΖΕΦ. Πεpι οιύτ�ς &κείνΊJς aιΊJγ�σομοιί σοι. ΝΟΤ. Μων δη ό Ζεuς &pοιστ�ς τ�ς ποιιaος &κ πολλοu ; Τοuτο γοφ και πάλαι �πιστάμψ. ΖΕΦ. Ούκοuν τον μεν �pωτοι ο!σ&α, τΟι μετΟι τοιuτοι aε �aΊJ &κουσον. [2] Ή μεν ΕύpώπΊ) κοιτελΊ)Μ-θ·ει &πι τ�ν �·c6νοι ποιίI I �\ � Ν J. ' \ ποιpοιλοι β ουσοι, ο' z ευς οε τοιυp I > 1 > β > - εμ αλόντα ες ι:;χειν αυτο και'I επικυ' λ ικα ετοιμον ζωροτερον �οuναι αότ \ J, .Λ ,1κε γαρ υ.ν ασφU και\ ο' λ 'ιγφ οιοc τ't)ς λεωφορου βραaότερον. 8 [r8]

ΚΝΗΜΩΝΟΣ ΚΑΙ ΔΑΜΝΙΠΠΟΥ.

ΚΝΗΜ. Τοuτο έκεϊνο το τ�ς παροιμίας ό νεβρος τον λέοντα. ΔΑΜ. τι πευον .�.c:πι' vΊΧνοcτφ, κακεινος ουκ α't)οως τ,1ν προσιετο. "Εaοξε a� μοι και σοφον τοuτο ε!ναι, &έσ&αι aια&�κας ές το φανερόν, έν αίς &κείνcμ καταλέλοιπιχ τ&μ& πάντα, ώς κάκείνος ζψώσειε και τα αύτα πράξειε. ΔΑΜ. τι οον a� έκεϊνος ; ΚΝΗΜ. "Ο τι μεν αύτος ένέγριχψε ταϊς �αυτοu aια&�καις ούκ ο!aα· έγω γοuν άφνω άπέ&ανον τοu τέγους μοι έπιπεσόντος, και νuν ' Ερμόλαος �χει τάμα &σπερ τις λάβραξ και το όίγκιστρον τοκεί, έκείνοι aε μη κληpονομε(τωσαν μόνον. ΙΟ [20] ΧΑΡΩΝΟΣ ΚΑΙ ΕΡΜΟΎ' ΚΑΙ ΝΕΚΡΩΝ ΔΙΑΦΟΡΩΝ.

' ' ως εχει ημιν τα πραγματα. Μ ικρον ' [ Ι ] ΧΑΡ . 'Ακουσατε '

''

'



'

μεν ήμ�ν, ώς όρiΧτε, το σκαφιaιον καΙ. ύπόσα&ρόν έστι καΙ. aιαρρεί τα πολλά, καΙ. ήν τpαπ?) έπ!. &οcτερα, οlχήσεται περιτραπέν, ύμε�ς aε &μα τοσοuτοι ηκετε πολλοc tπιφερόμενοι �κα.στος. "Ην οΌν 15. Figlio di Melanto di Pilo, divenuto re di Atene per ave1· concluso vittoriosamente una guerra battendosi in duello con Xanto beota, Codro, sacrificandosi per dar la vittω·ia alla patria contro gli Spartani, fu l'ultimo re degli Ateniesi, che rendendo omaggio alla sua magnanimita non vollero dargli un successore.

10 [77], 9 [Ig], 4, Ι Ο [zo], Ι

35 Ι

PoL. Ma io, ο Similo, ho sfruttato non poco i miei amanti che quasi mi adoravano ; e spesso facevo lo sdegnoso e ogni tanto ne lasciavo fuori qualcuno, mentre essi gareggiavano e cercavano di superarsi l'un l'altro nelle ambiziose premure per me. SrM. Ε alla fine come decidesti delle tue ricchezze? PoL. Α voce dissi a ciascuno che lo aνevo fatto erede e questi mi credeva e si apprestava ad adularmi meglio, ma il vero testamento era un altro e lasciai quello inνitando tutti a piangere. [4] SrM. Chi designo l'ultimo come erede ? Qualcuno, forse, della famiglia? PoL. Νο, per Zeus, ma un bel giovinetto frigio acquistato di fresco. SrM. Di quanti anni, ο PoJistrato ? PoL. Di circa venti. SIM. Ora capisco quali favori ti faceva. PoL. Pero meritava di ereditare assai piu di quelli, anche se era un barbaro e un gaglioffo ; ma gli stessi nobili gia lo corteggiano. Ε infatti ha ereditato da me ed ora fa parte della nobilta, pur avendo ancora il mento rasato e la pro­ nuncia barbara ; ma lo si dice piu nobile di Codro 15, piu bello di Nireo 16, piu intelligente di Odisseo. SrM. Non me ne importa : diventi anche il capo della Grecia, se si vuole. Α me basta che quelli non ereditino.

10 [20] CARONTE, ERMETE e diversi morti. [r] CAR. Sentite qual e la nostra situazione. Piccola, come νedete, e la navicella e un po' marcia e fa acqua dappertutto ; se si inclina da una parte, e spacciata perche si capovolge, e voi siete venuti in cosi gran numero tutti assieme portandovi addosso ciascuno molto bagaglio. Se vi imbarcherete con Ι6. Π piu bello nell'esercito dei Greci sotto Troia. Ε annoverato fra altre ce!ebri bellezze in Dial. Mσrt., Ι8, Ι ed e uηο dei personaggi in Dial.

Mσrt., 25.

3 52

ΝΕΚΡΙΚΟΙ ΔΙΆΛΟΓΟΙ

� Ι I > βΝ I J( μετα\ τοuτων εμ Ύ)τε, σεσια μετανοΎ)σΎ)τε, και\ μα' λ ιστα μ'Υ)\ uστερον όπ6σοι νείν οuκ έπ(στασ&ε. ΕΡΜ. Πως ο ον ποι�σαντες εuπλο�σομεν ; ΧΑΡ. Έγιh δμΖν φ ράσω· γuμνοuς έπιβαίνειν χρ� τδ:. περιττδ:. ταuτα πάντα έπt τ�ς �ϊ6νος καταλιπ6ντας' μόλις γι:Χρ &ν ΚΙΧL Ν Ν �� � ' !: -� Ν ιι 1. / (i ' βα..:rραν ' βαλ ων. αρα σε τ'Υ)ν απο τα επιπλα , ωσπερ ι:;φ'Υ)ν, απο έστιhς �ιαγίνωσκε αότοuς καt ά.ναλάμβανε γuμνοος έπιβα(νειν ά.ναγκάζων. [2] ΕΡΜ. Εο λέγεις, καt οδτω ποι�σωμεν. - Οuτοσt τίς ό πρωτ6ς έστι ; ΜΕΝ. Μένιππος Ιj,γωγε. 'Α:λλ' ί�οο � π�ρα μοι, ω Έρμ�, ΚΙΧL το βάκτρον ές τ�ν λίμν'Υ)ν ά.περρίφ&ων, τον τρίβωνα �ε οu�ε έκ6μισα εο ποιων. ΕΡΜ. 'Έμβαινε, & Μένιππε ά.ν�ρων Οίριστε, καt τ�ν προ­ Ν \ S> I ' ,, ' ' u' ψ Ύ)λou, εφ κu β ερν'Υ)τψ εχε εσριαν παριχ\ τον ώς έπισκοπ?Jς &παντας. [3] Ό κοιλος �' οδτος τίς έστι ; ΧΑΡ. Χαρμ6λεως ό Μεγαρικος ό έπέραστος, οδ το φίλ'Υ)μα �ιτάλαντον �ν. ΕΡΜ. Άπ6�u&ι τοιγαροuν το κάλλος ΚΙΧL τα χείλΎ) αότοίς φιλ�μασι καt τ�ν κ6μψ τ�ν βα&είαν ΚΙΧL το έπt των παρειων έρό&Ύ)μΙΧ ΚΙΧL το �έρμα δλον. "Εχει καλως, εt\ζωνος ε!, έπίβαινε ��Ύ) · [4] Ό �ε τ�ν πορφuρί�α οuτοσt ΚΙΧL το �ιά�Ύ)μΙΧ ό βλοσuρος τίς &ν τuγχάνεις ; ΛΑΜΠ. Λάμπιχος Γελιf>ων τlιpαννος. ΕΡΜ. τι ο ον, ω Λάμπιχε, τοσαuτα Ιj,χων πάρει ; ΛΑΜΠ. Τί ο ον ; 'Εχρ�ν, & Έρμ�, γuμνον �κει ν τόραννον Οίν�ρα ; ΕΡΜ. Τόριχννον μεν οό�αμως, νεκρον �ε μάλα· &στε ά.π6&οu ταuτα. ΛΑΜΠ . Ί�οό σοι ό πλοuτος ά.πέρριπται. ΕΡΜ. Καt τον τuφον ά.π6ρρ.ιψον, & Λάμπιχε, καt τ�ν uπε­ ροψίαν' βαρ�σει γdφ το πορ&μείον σuνεμπεσ6ντα. ΛΑΜΠ. Οuκοuν ά.λλι:Χ το �ιά�Ύ)μΙΧ t:ασ6ν με lj,χειν ΚΙΧL τ�ν έφεστρί�α. ΕΡΜ. Οό�αμως, ά.λλ!ι.. ΚOGL ταuτα Οίφες. ΛΑΜΠ. Ε!εν. τι ιj,τι ; Πάντα γι:Χρ ά.φ�κα, ώς όρ�ς.

ΙΟ (77], ΙΟ (20], 2-4

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questo, temo che piu tardi abbiate a pentirvene, specialmente quanti di voi non sanno nuotare. ERM. Come faremo dunque per essere sicuri nella navi­ gazione ? CAR. Ve lo diro ίο. Dovete imbarcarvi nudi lasciando sulla riva tutte queste cose superflue : anche cosi la barca puo accogliervi a mala pena. Sara tua cura, ο Ermete, di non accettare d'ora innanzi nessuno, che non sia spogliato e non abbia gettato, come dissi, anche il suo bagaglio. Mettiti a lato della passerella e, dopo averli identificati, falli passare costringendoli ad imbarcarsi nudi. [z] ERM. Dici bene : faremo cosi. - Tu, i1 primo, chi sei? ΜΕΝΙΡΡΟ. Sono Menippo. Ed ecco buttati nella palude, ο Ermete, bisaccia e bastone ; il mantellaccio non l'ho nem­ meno portato e ho fatto bene. ERM. Imbarcati, Menippo, che sei il migliore degli uomini e siedi al primo posto vicino al pilota su in alto per scrutare tutti. [3] Ε questa bellezza chi e ? CARMOLAO. Carmolao di Megara, l'amatissimo, i1 cui bacio valeva due talenti. ERM. Ε allora togliti di dosso la bellezza, le labbra con tutti i baci, la lunga capigliatura, l'incarnato sulle guance e la pelle in tera. Va bene, sei spedito : puoi imbarcarti. [4] Ε chi e costui che truce porta la veste di porpora e i1 diadema? LAMPICO. Lampico, tiranno di Gela. ERM. Perche mai, ο Lampico, sei qui con tanta roba? LAMP. Che dici, Ermete? Un tiranno doveva venir qui nudo? ERM. Un tiranno non certo, ma un morto si : percio deponi tutto. LAMP. Eccoti : ho gettato la ricchezza. ERM. Getta anche la boria, ο Lampico, e l'arroganza : entrando con te appesantirebbero la barca. LAMP. Lasciami tenere almeno il diadema e la sopravveste. ERM. Nient'affatto : metti via anche questi. LAMP. Ε sia l C'e dell'altro ? Ηο messo via tutto, come vedi. 23,

LUCIANO,

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ΝΕΚΡΙΚΟΙ ΔΙΆΛΟΓΟΙ

ΕΡΜ. Καl τ�ν ώμ6τψα καl τ�ν &.νοιαν καl τ�ν δβριν καl τ�ν όργ�ν, καl ταuτα &.φες. ΛΑΜΠ. '13ού σοι ψιλός ε1μι. [ 5 ] ΕΡΜ. "Εμβαινε �3ΊJ. Σο aε ο' παχύς, ο' πολύσαρκος τίς &ν τυγχάνεις ; ΔΑΜ. Δαμασίας ό άS·λψ�ς. ΕΡΜ. Ναί, �οικας' ο!3α γάp σε πολλάκις έν τα�ς παλαίστραις t3ών. ΔΑΜ. Ναί, 6) Έρμ�· άλλΟ; παρά3εξαί με γυμνον �ντα. ΕΡΜ. Ού γυμνόν, 6) βέλτιστε, τοσαύτας σάρκας περιβεβλ'Υ)­ μένον- &στε άπό3υ&ι αύτάς, έπεl καταΜσεις το σκάφος τον �τερον π63α uπερS·εlς μόνον- άλλΟ; καl τοος στεφάνους τούτους > I I ψ ον και\ τα\ Κ'Υ)ρυγματα. απορρι ΔΑΜ. ' 13ού σοι γυμνός, ς όρ�ς, άλΊJ&&ς εtμι καl 1σοστάσιος τοf:ς &.λλοις νεκρο�ς. [6] ΕΡΜ. 06τως &.μεινον άβαρ� ε!ναι · &στε �μβαινε. Καl σο 3Ε: τον πλοuτον άποS·έμενος, 6) Κράτων, καl τ�ν μαλακίαν aε προσέτι καl τ�ν τρυφ�ν μ'Υ)3ε τα έντάφια κόμιζε μ'Υ)3Ε: τα των προγόνων άξιώματα, κατάλιπε aε καl γένος καl Μξαν καl ε'� ) � I \ ) ι;' > I Ν και\ τας των ποτεI σε 'Υ)< π6λ ις ανεκ'Υ)ρυ�ε ανοριαντων επιγραφας, μ'Υ)Μ, δτι μέγαν τάφον έπί σοι �χωσαν, λέγε· βαρύνει γΟ;ρ καl ταuτα μν'Υ)μονευ6μενα. ΚΡΑΤ. Ούχ έκν μέν, άπορρίψω 3έ· τί γΟ;ρ &ν καl πά&ο ψι ; [ 7 ] ΕΡΜ. Β αβαf:. Σο 3Ε: ό �νοπλος τί βούλει ; 'Ή τί το τρό­ παιον τοvτο φέρεις ; ΣΤΡΑΤ. 'Ότι ένίκ'Υ)σα, 6) Έρμ�, καl �ρίστευσα καl � π6λις έτίμ'Υ)σέ με. ΕΡΜ. "Αφες uπΕ:ρ γ�ς το τρ6παιον- έν �3ου γΟ;ρ εtρ�ν'ΥJ καl � I \ �\ ,. ' �\ ' I I !I σε ουτος απο ουοεν uπλων οε'Υ)σει. γε τουΝ σχ'Υ)[8] ' Ο σεμνος ( ) \ ,... α_ I ( \ ) Ν ) ' ματος και β ρενvυομενος, ο τας οφρυς επ'Υ)ρκως, ο επι των φροντί3ων τίς έστιν, ό τον βα&ον πώγωνα κα&ειμένος ; ΜΕΝ. Φιλόσοφ6ς τις, δ Έρμ�, μiΧλλον 3Ε: γό'Υ)ς καl τερα� Ν ' J'. ι ' ωστε ' πολλ α.λ και' μεστος· 6 ουσον τειας απ και' τουτον' ο'' ψει γαρ γελο�α uπο τ� !ματίιμ σκεπόμενα. ΕΡΜ. 'Απ6&ου σο το σχ�μα πρ&τον, ε!τα καl ταυτl πάντα. "Ώ Ζεu, δσψ μΕ:ν τ�ν άλαζονείαν κομίζει, δσψ 3Ε: άμα&ίαν καl �ριν καl κενο3οξίαν καl έρωτ�σεις &πόρους καl λόγους άκαν&ώ3εις καl έννοίας πολυπλ6κους, άλλΟ; καl ματαιοπονίαν μάλα πολλ�ν Ι

Ι

10 [77], 10 [2ο], s-s

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ERM. C'E� ancora la crudelta, la stoltezza, la violenza, l'jracondia : 111etti via anche queste. LAMP. Ecco111i a te spoglio di tutto. [5] ERM. Adesso i111barcati. Ε tιι grosso e corpulento, chi sei ? DAMASIA. Da111asia, l'atleta. ERM. Si, 111i se111bra : ti conosco infatti per averti visto spesso nelle palestre. DAM. Si, Er111ete. Accetta111i, sono nudo. ERM. Νοη sei ηιιdο, carissi111o, avvolto in tanta carne ; percio levatela di dosso, perche affonderai la nave posandoci soltanto un piede. Ma getta anche queste corone e i diplo111i. DAM. Eccoti : sono, co111e puoi vedere, vera111ente nudo ed ho lo stesso peso degli altri 111orti. [6] ERM. Ε 111eglio essere cosi senza peso : i111barcati dunque. Ε anche tu, ο Cratone, deponi la ricchezza, la 11101lezza e lo sfarzo e non portare ne i doni sepolcrali ne la dignita dei tuoi antenati ; lascia la stirpe, la gloria, le ono­ Γificenze procla111ate dalla citta, le iscrizioni delle tue statue e non dire nennneno che peΓ te hanno innalzato un grande sepolcro : anche queste cose pesano se vengono ricordate. CRAT. BencM contro voglia, le gettero : che altro potι-ei faΓe? [7J ERM. Ah ! Che vuoi tu ar111ato di tutto punto ? Ε percM porti questo trofeo ? GENERALE. Perche ho vinto, Er111ete, 111i sono distinto e la citta 111i ha onorato. ERM. Lascia sulla terra il trofeo : nell' Ade c' e la pace e non vi sara bisogno di ar111i. [8] Ε chi e costιιi, serio, al111eno nell'aspetto, sussiegoso, con le sopracciglia inarcate e sopra pensiero, con la lunga barba fluente? ΜΕΝ. Un filosofo, ο Er111ete, ο piuttosto un i111postore pieno di ciur111eria. PeΓcio fa spogliare anche questo : vedrai che ha 111olte cose ridicole nascoste sotto il 111antello. ERM. Deponi pri111a l'abbiglia111ento e poi tutte queste cose. Ο Zeus, quanta 111illanteria ha su di se e quanta igno­ ranza, quanta voglia di litigaΓe e vanagloria e do111ande capziose e ragiona111enti spinosi e pensieri tortuosi, 111a anche

NEKPIKOI ΔΙΑΛΟΓΟΙ

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και λ�ρον ούκ &λίγον και 153-λους και μικρολογία.ν, νΊj Δία. και χρυσίον γε τουτι και ·Ιjδυπά.&εια.ν δε κα.t &.να.ισχυντία.ν και όργΊ)ν και τρυφΊjν και μαλακίαν· οό λέλη&ε γάρ με, εί και μάλα πε­ ρικρόπτεις αότά. Και το ψεuδος δΕ: &π6&ου και τον τuφον και το ο'ίεσ.θ·α.ι &μείνων είναι των &.λλων· ώς ε'ί γε ταuτα πάντα �χων έμβαί'Υ)ς, ποία. πεντηκ6ντορος δέξαιτο Υ.ν σε ; ΦΙΛ. Άποτί.θ·εμα.ι τοίνυν αότά, έπείπερ οf.Ιτω κελεόεις. [9] ΜΕΝ. 'Αλλοc και τον πώγωνα. τοuτον &πο&έσ&ω, iJJ Έρμ�, βαρύν τε 6ντα. και λάσιον, ώς δρ�ς πέντε μνα� 17 τριχων είσι τοόλάχιστον. ΕΡΜ. ΕΌ λέγεις· &π6&ου κα.c το\1τον. ΦΙΛ. Και τίς δ &ποκείρων �σται ; ΕΡΜ. Μένιππος ούτοσι λαβιiJν πέλεκυν των ναυπ'Υ)γικων &ποκ6ψει αότον έπικ6π f ' \ τη...., σοφιqι αργυριον ' , νεοΙJς επι υπει� αυτον. λη' ψ εται · ταυτα ΦΙΛ. Σο γάρ, & Μένιππε, οόκ &.χ&η &πο&ανών; ΜΕΝ. Πως, δς �σπευσα ι1:πι τον &άνατον καλέσαντος μη­ �ενός ; [ Ι Ζ] 'Αλλdι μεταζο λόγων οό κραυγή τις &κοόεται &σπερ τιν ων &πο γης βοώντων ; ΕΡΜ. Ναι, & Μένιππε, οόκ &φ' ένός γε χωρίου, &λλ' οί μ�ν ι1:ς τΎjν έκκλησίαν συνελ&όντες &.σμενοι γελωσι πάντες ι1:πι τ()) Λαμπίχου &ανάτqJ και ή γυνη αότοu συνέχεται προς των γυναικων και τJι παι�(α νεογνJι /)ντα όμοίως κ&κε�να UΠΟ των παί�ων βάλλεται &φ&όνοις τοϊς λί&οις &.λλοι �� Διόφαντον τον pήτορα έπαινοuσιν εν Σικυωνι επιταφίους λόγους �ιεζιόντα επι Κράτωνι τοότqJ. Και νΎj Δία γε ή Δαμασίου μήτηρ κωκ6ουσα εζάρχει τοu &ρήνου σον γυναιζιν επι τ Δαμασίqι· σ� �έ, & Μέ­ νιππε, οό�εις �ακρ6ει, κα&' ήσυχίαν �ε κεϊσαι μόνος. [ r 3] ΜΕΝ. Οό�αμως, &λλ' &κο6ση των κυνων μετ' ολίγον &ρυομένων ο'ίκτιστον επ' εμοι και των κοράκων τυπτομένων τοϊς πτεροϊς, όπόταν συνελ&όντες &άπτωσί με. ΕΡΜ. Γεννά�ας ε!, & Μένιππε. 'Αλλ' επει καταπεπλε6καμεν ήμεϊς, ύμε�ς μ�ν &.πιτε προς το �ικαστήριον εό&ε!:αν εκείνην προϊόντες, εγω �� και ό πορ&μεος &.λλους μετελευσόμε.θ·α. ΜΕΝ. Εόπλοείτε, & Έρμη · προ·tωμεν �ε και ήμεϊς. τι οον Ιf.τι και μέλλετε ; Πάντως �ικασ.Θ·ηναι �εήσει, και τιΖς κατα�ίκας φασιν είναι βαρείας, τροχοος και λl&ους και γuπας �ειχ&ήσεται I > (t I < I υπερ α> λλ'Υ)I λ ους β α),λομενοι οι< ο εv·εραπευον ταυτα μεν εγεγραπτο, τ?) κολακείψ καl ot μάντεις, of τε ά.πο των &στρων τεκμαφ6μενοι το μέλλον of τε ά.πο των όνεφάτων, &ς γε Χαλaαίων παίaες, ά.λλιΧ καl ό Πό&ιος αύτος &ρτι μεν 'Αριστέ� παρείχε το κράτος, &ρτι aε Μοφίχq.>, καl τιΧ τάλαντα ποτέ μέν &π' &κεϊνον, νuν a• &πl τοuτον 'iρρεπε. [ 2] ΔΙΟ Γ. τι οδν πέρας &γένετο, ω ΚράτΎJς ; Άκοuσαι γιΧρ &ξιον. ΚΡΑΤ. "Αμφω τε-θ·νιΧσιν έπl μιιΧς �μέρας, ot aε κλ�ροι &ς Εύν6μιον καl Θρασυκλέα περι�λ&ον &μφω συγγενείς 15ντας ούaε πώποτε προμαντευομένους ο\Jτω γενέσ&αι ταuτα . aιαπλέοντες γιΧρ ά.πο Σικυωνος &ς Κίρραν κατιΧ μέσον τον π6ρον πλαγίq.> περι­ πεσ6ντες τ(j) 'Ιάπυγι 19 ά.νετράπ'Υ)σΙΧν. [3] ΔΙΟΓ. Εδ &ποίΎJσα.ν. ' Η μείς aε όπ6τε &ν τ(j) βίq.> �μεν, ούaεν τοιοuτον &νενοοuμεν περl ά.λλ�λων- ο\Jτε &γώ ποτε ΎJΟξάμψ 'Αντισ&ένψ ά.πο&ανεϊν, ώς κλ'Υ)ρονομ�σαιμι τ�ς βακτ'Υ)ρία.ς α.ύτοϋ - ε!χε aε πάνυ καρτεριΧν &κ κοτίνου ποι'Υ)σάμενος - ο\Jτε ο!μα.ι σu ό Κράτ'Υ)ς έπε&όμεις Κλ'Υ)ρονομεϊν ά.πο&α.ν6ντος &μοu τιΧ κτ�­ ματα κα.l τον πί&ον κα.l τ'fιν π�ραν χοίνικας Μο &έρμων 'iχουσαν 20• �

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r8. Il., ΧΧΙΙΙ, 724- Natura!Ιnente nel testo ωnerico si tratta della prova di forza (chi dei due riesca a sollevare I'altro da terra) proposta da Aiace Telamonio ad Ulisse, mentre in Luciano si allude al sollevamento del cadavere, in altre parole al portar via i1 morto, I'operazione che ciascuno dei due cugini si augura di poter fare sull'altro.

ΙΟ [77], Ι Ι [2Ι], Ι-3

π

[2r]

CRATETE e DIOGENE. [r] CRAT. Conoscevi tu, ο Diogene, Merico il Γicco, quello molto ι-icco, di Coι-into, che aveva molte navi da caι-ico e di cui eia cugino Aι-istea, ι-icco anche lui, che soleva citaι-e la frase di Omeω Solleva tu me ο ίο te ιs ?

DIOG. Peι-che, ο Cι-atete ? CRAT. Eι-ano coetanei e si coι-teggiavano l'un l' altω peΓ l'eι-edita. Reseω pubblici i lοω testamenti, coi quali Meήco, se fosse moι-to pι-ima, lasciava Aι-istea padωne di tutto il suo, e Aι-istea Meι-ico, se se ne fosse andato pι-ima lui. Questo eι-a scι-itto ed essi si corteggiavano ceι-cando di supeι-aι-si a vicenda nell'adulazione ; e non solo gli indovini, quelli che peι- prediι-e il futuω si seι-vono delle stelle e quelli che si seι-vono dei sogni, quale pωle dei Caldei, ιna anche lo stesso Apollo pitico davano la vittoι-ia οι-a ad Aήstea, οι-a a Meι-ico e la bilancia tι-aboccava una volta dalla paΓte di quello e un'altι-a dalla paι-te di questo. [2] DIOG. Ε come ando a finiι-e, ο Cι-atete? Vale la pena di sentiι-lo. CRAT. Sono ιnoι-ti tutti e due nello stesso gioι-no e le eι-edita sono passate ad Eunomio e Tι-asicle, entι-aιnbi lοω paι-enti, i quali mai avevano pι-eveduto che le cose sarebbeω andate cosi : infatti mentι-e navigavano da Sicione a Ciπa, nel bel mezzo del viaggio, pι-eselΌ di fianco il vento iapigio 19 e si ωvesciaωno. [3] DIOG. Ε ben gli e stato ! Noi, quando eι-avamo in vita, llOll pensaνamo nulla di simile l'uno dell'altΓO : ne ίο mi auguι-ai mai che Antistene moι-isse, peι- eι-editaι-e i1 suo bastone - ne aveva uno robustissimo che si eι-a fatto di legno d'oleastΓO -, ne tu, Cι-atete, desideι-avi, io penso, eι-editaι-e alla mia moι-te le mie pωpι-ieta, la botte e la bisaccia con­ tenente due chenici 20 di lupini. rg. Vento di ovest-nord-ovest cui i Greci davano il noιne di iapigio, ίη quanto per loro spirava dalla Iapigia, l'odierna Ten·a d'Otranto. 20. Cfr. Tiιn., 57 e nota 37·

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ΚΡΑΤ. Οόa€ν γάρ μοι τοuτων �aει, άλλ' οόaέ σοι, ώ Δι6γενες & γap &χp�ν, σο τε 'Αντισ&�νοuς έκληpον6μ'Υ)σα:ς κα:t έγιi:ι σοu, πολλ� μείζω κα:t σεμνότερα: τ�ς Πεpσων άpχ�ς. ΔΙΟΓ. Τίνα: τα:uτα: φ�ς ; ΚΡΑΤ. Σοφία.ν, α:ότά.pκεια:ν, άλ�-θ·ε ια:ν, πα:pp'Υ)σία:ν, έλεu-θ·εpία:ν. ΔΙΟΓ. Ν� Δία:, μ�μν'Υ)μα:ι κα:t τοuτον aια:aεξά.μενος τον πλοuτον πα:pιΧ Άντισ-θ·�νοuς κα:t σοt �τι πλείω κα:τα:λιπών. [4] ΚΡΑΤ. 'Αλλ' οί &.λλοι �μ�λοuν των τοιοuτων Κτ'Υ)μά.των κα:t οόaεtς έ&εpά.πεuεν �μiΧς Κλ'Υ)pονομ�σειν προσaοκων, ές ae τΟ χpuσίον πάντες �βλεπον. ΔΙΟΓ. Εtκ6τως οό γap ε!χον �ν&α: &ν a�ξα:ιντο τιΧ τοια:uτα: πα:ρ ' �μων aιερρu'Υ)κ6τες δπο τpuφ�ς, κα:&ά.πεp τιΧ σα:πριΧ των βα:λα:ντίων- 6στε ε'ι ποτε κα:t έμβά.λοι τις ές α:ότοuς � σοφία:ν > Q. I :>),•ι α:' 'ΥJ"�'εια:ν, ς; ι Q. ' !:' Ι Ι :>),•ι πα:pp'Υ)σια:ν εc,επιπτεν εuvυς κα:ιI οιεpρει, τοu� πuv·λ ι Q. μ�νος στ�γειν οό auνα:μ�νοu, ο!6ν τι πά.σχοuσιν α:ί τοu Δα:να:οu α:οτα:ι πα:p&�νοι είς τον τετp'Υ)μ�νον πί&ον έπα:ντλοuσα:ι . το aιt χpuσίον όaοuσι κα:t 6νuξι κα:t πάση μ'Υ)χα:ν?j &φuλα:ττον. ΚΡΑΤ. ΟUκοϋν �μεϊς μεν �ξο μεν κάντα.ϋ&α. τόν πλοϋτον, ot aιt όβολόν �ξοuσι κομίζοντες κα:t τοuτον &.χpι τοu πορ&μ�ως.

12

[25 ]

ΑΛΕΞΆΝΔΡΟΥ, ΑΝΝΙΒΟΥ, ΜΙΝΩΟΣ ΚΑΙ ΣΚΗΠΙΩΝΟΣ.

[1 ] ΑΛΕΞ. Έμέ aε� πpοκεκρίσ&α:ι σοu, ώ Λίβu· άμείνων γά.p είμι. ΑΝ. Οό μeν οδν, άλλ' έμέ. ΑΛΕΞ. Οόκοuν ό Μίνως aικα:σά.τω. ΜΙΝ. τίνες aε έστ� ; ΑΛΕΞ. Οοτος μeν Άννίβα:ς ό Κα:pχ'Υ)aόνιος, έγιi:ι aιt ' Αλέξα:ν­ aρος ό Φιλίπποu. ΜΙΝ. Ν� Δία: �νaοξοί γε άμφ6τεpοι. Άλλa πεpt τίνος δμ�ν � �ρις ;

10 [77] . Ι Ι [2 1] , 4, Ι2 [2 5 ], Ι

CRAT. Infatti ne io ne tu, ο Diogene, avevamo bisogno di alcuna di queste cose : quelle che ci erano necessarie tu le ereditasti da Antistene, io da te, ed erano molto piu grandi e maestose dell'impero persiano. DroG. Quali cose vuoi dire ? CRAT. La sapienza, l'autarcl1ia, la verita, la franchezza, la liberta. DroG. Per Zeus, ricordo di aver ricevuto da Antistene anche qιιesta ricchezza e di averla lasciata a te ancora ιnaggiore. [4] CRAT. Ma gli altri non si curavano di simili possessi e nessuno ci corteggiava sperando di ereditare : tutti ave­ vano lo sguardo rivolto all'oro. DroG. Naturalmente : e infatti sfondati dalla mollezza come borse marce, non sapevano dove avrebbero potuto mettere le cose prese da noi, di modo che, se qualcuno avesse versato in essi ο sapienza ο franchezza ο verita, sarebbero uscite colando fuori subito per mancanza di un fondo che le trattenesse, come del resto accade qui alle figlie di Danao, che attingono acqιιa nell'orcio bucato. L'oro invece lo custo­ divano coi denti, con le unghie, con ogni accorgimento. CRAT. Ε cosi noi avremo la nostra ricchezza anche qui, quelli arriveranno portando con se un solo obolo e solo fin davanti al nocchiero.

1 2 [25] ALESSANDRO, ANNIBALE, MINOSSE e SciPIONE.

[r] ALESS. Mi si deve assegnare un posto davanti a te, ο Africano, percM sono supeήore io.

ΑΝΝ. Νο : dev'essere assegnato a me. ALESS. Ε allora giudichi Minosse. ΜΙΝ. Chi siete? ALESS. Questo e Annibale cartaginese ed io Alessandro figlio di Filippo. ΜΙΝ. Per Zeus, entrambi faιnosi ! Ma percM litigate ?

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ΑΛΕΞ. Περt προεaρία.ς φησ\ γιΧρ οοτος άμείνων γεγενΊjσ&α.� στρα.τηγος έμοu, έγω Μ, &ισπερ &πα.ντες tσα.σιν, ούχt τοότου μ6νον, άλΜ πάντων σχε3ον των προ έμοu φημt 3ιενεγκεϊν τιΧ πολέμια.. ΜΙΝ. Ούκοuν έν μέρει έκάτερος εtπάτω, σu �ε πpωτος δ Λίβυς λέγε. [2] ΑΝ. "Εν μεν τοuτο, ς aα.κτυ­ λίους α.ύτων μεο( μνοις 21 &πομετρΊjσα.ι κα.t τοuς ποτα.μοuς γεφυ­ ρωσα.ι νεκροϊς. Κα.t τα.uτα. πάντα. �πρα.ξα. ο6τε "Αμμωνος υίος όνομα.ζ6μενος ο6τε .θ·εος ε!να.ι πpοσποιοόμενος :η ένόπνια. τΊjς μητρος �ιεξιών 22, άλλ' δίν&ρωπος ε!να.ι δμολογων, στρα.τηγοϊς το: τοϊς συνετωτάτοις άντεξετα.ζ6μενος κα.t στρα.τιώτα.ις τοϊς μα.χι­ μωτάτοις συμπλεκ6μενος, ού Μή�ους καt 'Αρμενίους καταγω­ νιζ6μενος ύποφεόγοντας πρtν �ιώκειν τινιΧ καt τ τολμήσαντι πα.ρα�ιΜντας εύ&Uς τ-ljν νίκην. [3 ] 'Αλέξαν�ρος Μ πατρΦαν >I� 1 '�' 1 ' ,}, τηπαραλαβ ων ηu ξύλ σου πατάξας �ιαλύσω το κρανίον. ΧΑΡ. ΜάτΊJν οον �ση πεπλευκς τοσοuτον πλοuν. ΜΕΝ. Ό Έρμ�ς ύπeρ έμοu σοι &ποΜτω, δς με παρέ�ωκέ σοι. [2] ΕΡΜ. Ν� Δί ' l>νάμψ γε, εt μέλλω και ύπερεκτίνειν των νεκρων. ΧΑΡ. Ούκ άποστ�σομαί σου. ΜΕΝ. Τούτου γε .ενε:κα και νεωλκ�σας το πορ.&μείον παρά­ μενε· πλ�ν &λλ' δ γε μ� �χω, πως �ν λάβοις ; ΧΑΡ. Σ u �· ούκ ��εις ώς κομίζεσ.&αι �έον ; ΜΕΝ. "Ηι�ειν μέν, ούκ ε!χον �έ. τι ο ον ; 'Εχρ�ν �ια. τοuτο μ� &πο.&ανείν ; ΧΑΡ. Μόνος ο ον αύχ�σεις προίκα πεπλευκέναι ; ΜΕΝ. Ού προίκα, ώ βέλτιστε· και γaρ �ντλφα και τ�ς κώπΊJς συνεπελαβόμ�ν και ούκ �κλαον μόνος των &λλων έπι­ βατων. ΧΑΡ. Ού�έν ταuτα Προς πορ.&μέα· τον bβολΟν άπο�οuναί σε �εί· ού .&έμις &λλως γενέσ.&αι. [3] ΜΕΝ. Ούκοuν &παγέ με αο.&ις ές τον βίον. ΧΑΡ. Χάριεν λέγεις, �να και πλΊJγοcς &πι τούτ παριΧ τοu Αtακοu προσλάβω. ΜΕΝ. Μ� ένόχλει οον. ΧΑΡ. Δείξον τί έν τ?) π�ρq. �χεις. ΜΕΝ. Θέρμους, εt .&έλεις, και τ�ς ΈκάτΊJς το �είπνον 44• ΧΑΡ. Πό.&εν τοuτον �μί\ι, ώ Έρμ�, τον κύνα �γαγες ; Οtα Ν επι Ν απσ.ντων 1 Ν των ' J. ' β ατων ο'�-ε' και\ ε' λα' λει παρα\ τuν καταπλουν γελων και έπισκώπτων και μόνος ��ων οίμωζόντων &κείνων. ΕΡΜ. 'Αγνοείς, ώ Χάρων, δντινα &ν�ρα �ιεπόρ.&μευσας ; Ν ουοενuς ' l (l ... ' ' β ως ' ' '�- 1 αυτφ ' Ν με' λει. 0 υτος 'Ελευ'ΙJ'ερον ακρι εστιν ο' Μενιππος. ΧΑΡ. Και μ�ν &ν σε λάβω ποτέ ΜΕΝ. "Αν λάβΊJς, ώ βέλτιστε· �ις �e ούκ �ν λάβοις. ·

44· Evidentemente Menippo ha seguito il consiglio che Diogene gli ha fatto giungere attraverso Polluce (si veda Dial. Mort., Ι, Ι e nota 4) .

10 [77], 22 [2], 2-3

399

CAR. Esiste qualcuno che non abbia un obolo ? ΜΕΝ. Se ne esista un altro non saprei, ma io non l'ho. CAR. Eppure, ο sciagurato, se non pagherai, quant'E� vero Plutone, io ti strozzero. ΜΕΝ. Ed io colpendoti col mio bastone ti spacchero il cranιo. CAR. Dunque avrai fatto una navigazione cosi lunga per niente. ΜΕΝ. τi paghi per me Ermete, che mi ha consegnato a te. [2] ERM. Farei un bel guadagno, per Zeus, se per i morti mi mettessi anche a pagare. CAR. Νon mi stacchero da te. ΜΕΝ. Se e per questo, tira la barca in secco e aspetta ; ma una cosa che non ho come puoi prenderla ? CAR. Ε tu non sapevi che il prezzo bisogna portarselo ? ΜΕΝ. Lo sapevo, ma non l'avevo. Ε che vuol dire? Non dovevo morire per questo ? CAR. Dunque ti vanterai di aver viaggiato gratis tu solo ? ΜΕΝ. Non gratis, mio caro : e infatti vuotai la sentina, ti diedi una mano al remo e di tutti i passeggeri ero il solo che non piangesse. CAR. Α un nocchiero questo non interessa. Tu devi pagare l'obolo : non e lecito fare altrimenti. [3] ΜΕΝ. Ε allora riportami nuovamente alla vita. CAR. Spiritosa l'hai detta : cosi per questa faccenda mι prendo anche le bόtte da Eaco. ΜΕΝ. Non molestarmi dunque. CAR. Mostrami che cos'hai nella bisaccia. ΜΕΝ. Lupini, se ne vuoi, e la cena di Ecate 44• CAR. Da dove, ο Ermete, ci hai portato questo cane? Ε come blaterava durante la navigazione deridendo e sbef­ feggiando i passeggeri e solo lui cantando mentre quelli gemevano. ERM. Ignori, ο Caronte, chi hai traghettato ? Un uomo assolutamente libero : a lui niente importa. Questo e Menippo. CAR. Eppure se ti prendero . . . ΜΕΝ. Se mi prenderai, mio caro : ma due volte non puoi.

400

ΝΕΚΡΙΚΟΙ ΔΙ,ΑΛΟΓΟΙ

23 [28 ] ΠΡΩΤΕΣΙΛΑΟΥ, ΠΛΟΥΤΩΝΟΣ ΚΑΙ ΠΕΡΣΕΦΟΝΗΣ .

[Ι] ΠΡΩΤ. "'Ω �έσποτα καl βασLλεu καl �μέτερε Ζεu καΙ. σό Δ�μψρος &όγατερ , μ� όπερί�ψε �έφ�ν έρωτικ�ν. ΠΛΟ"Υ'Τ. Σό �ε τίνων �έη ;cαρ ' �μ&ν ; 'Ή τίς &ν τuγχάνεις ; ΠΡΩΤ. Εtμ1. μεν Πρωτεσίλεως δ 'Ιφίκλοu Φuλάκιος 45 σu­ στρατιώτ'Υ)ς τ&ν Άχαι&ν καΙ. πρ&τος άπο3·ανων τ&ν έπ' 'Ιλίq.>. Δέομαι �ε άφε&εlς προς όλίγον άναβι&να� πάλ�ν. ΠΛΟ"Υ'Τ. Τοuτον μεν τον gρωτα, ω Πρωτεσίλαε, πάντες νεκρο1. έρ&σι, πλ�ν οΜεlς &ν αuτ&ν τόχο�. Π ΡΩΤ. 'Αλλ' ou τοσ ζ�ν, 'Αί�ωνεu, έρ& gγωγε, τ�ς γuναικος �έ, �ν νε6γαμον gτι έν τ καταλ�πων �χ6μψ άποπλέων, ε!τα δ κακο�α(μων έν τ'{j άποβάσει άπέ&ανον όπο τοu "Εκτορος. Ό σον gρως τ�ς γuναικος ou μετρίως άποκναίει με, ω Μσποτα, καΙ. βοόλομαι κ&ν προς όλίγον όφ&εlς αuτ'(j καταβ�ναι πάλιν. [2] ΠΛΟ"Υ'Τ. Οuκ gπ�ες, ω Πρωτεσίλαε, το Λ�&'Υ)ς 6�ωp ; ΠΡΩΤ. ΚαΙ. μάλα, ω �έσποτα· το �ε πρiΧγμα όπέρογκον �ν. ΠΛΟ"Υ'Τ. Οuκοσν περίμε�νον· άφίξεται γaρ κάκείν'Υ) ποτ€ καΙ. οu�ε σε άνελ&ε�ν ��σε�. ΠΡΩΤ. 'Αλλ' ou φέρω τ�ν �ιατριβ�ν, ω Πλοότων' �ράσ&'Υ)ς �ε καΙ. αuτος ��'Υ) καΙ. ο!σ3·α ο!ον το έρiΧν έστ�ν. ΠΛΟ"Υ'Τ, Ε!τοc τί σε όν�σει μίαν �μέραν &ναβι&ναι μετ' όλίγον τa αuτa ό�up6μενον ; ΠΡΩΤ. Ο!μαι πείσειν κάκείνψ άκολοu3·ε�ν παρ ' όμiΧς, &στε &ν&' ένος Μο νεκροuς λ�Ψη μετ' όλίγον; ΠΛΟ"Υ'Τ. Ou &έμ�ς γενέσ3·αι ταuτα οu�ε γέγονε πώποτε. [3 ] ΠΡΩΤ. Άναμν�σω σε, ω Πλοότων' Όρφε� γaρ �ι' .,\, .,\, ' > ι ι 1 ' , ' "' ' Ν αuτ'Υ)ν ταuτ'Υ)ν τ'Υ)ν Ε uρuοιΚ'Υ)ν και1 τ,1ν α�τιαν τ,1ν παρεοοτε ομο' γεν� μοu ' Αλκ'Υ)στιν 46 παρεπέμψατε Ή ρακλε� χαριζόμενοι. ΠΛΟ!Τ. Θελ·�σεις �ε ο6τως κρανίον γuμνον &ν καΙ. &μορφον 45· Citta della Ί.'essaglia. 46. Veramente a me sembra che Protesilao, figlio di Ificlo, possa dirsi consanguineo di Alcesti solo per la comune discendenza da Posidone, molto piu diretta per Alcesti, il cui padre Pelia era figlio del dio, piu remota per Protesilao, dovendo passare attraverso Climene, madre di Ificlo, e il padre di costei Minia. Peraltro Pelia e Filaco, il padre di Ificlo, poterono consi-

ΙΟ

[77], 23 [28], Ι-3

23 [28] PROTESILAO, PLUTONE e PERSEFONE. [r] PROT. Ο signore e re e nostro Zeus e tu, figlia cli De­ llletra, non clisprezzate una preghiera cl'alllore. PLUT. Di che hai bisogno tu cla noi ο, prillla, chi sei ? PROT. Sono Protesilao cli Filace 45, figlio cli Ificlo, colll­ lllilitone clegli Achei e pήlllo clei lllorti acl Ilio. Prego cli esseΓ lasciato libero e cli toωaΓe a vivere per bΓeve telllp o. PLUT. Questo clesicleΓio, ο Protesilao, lo hanno tutti i lllOΓti, solo che nessuno puo soclclisfaΓlo. PROT. Ma il lllio, ο Aicloneo, non e clesicleΓio della vita, llla clella sposa, che abbanclonai fresca cli nozze ancoΓa nel talalllo peΓ saliΓe sulla nave ; poi, sventurato, lllorii peΓ lllano di EttoΓe nello sbaΓco. L'alllore clella sposa, clunque, llli toΓ­ lllenta fuor cli lllisura, ο signore, e vonei anche peΓ poco esseΓe visto cla lei e poi cliscencleΓe nuovalllente. [2] PLUT. Non bevesti, ο Pωtesilao, l'acqua clel Lete? PROT, Ε collle, ο signore ! Ma la cosa eΓa tωppo gΓancle. PLUT. Aspetta clu11que ! U11 giorno aπiveΓa a11che lei e tu 11011 avΓai piu bisogno cli ΓisaliΓe. PROT. Ma io non soppoΓto l'attesa, ο Plutone ; anche a te capito cli innallloΓaΓti e sai che significa alllaΓe. PLUT, Ε poi che ti gioveΓa toΓnaΓe a viveΓe un gioωo solo peΓ Γipienclere a lalllentaiti poco clopo ? PROT. Penso che la convinceio acl accolllpagnarllli cla voi, cosicche fia poco i11vece cli un lllOito ne pienclerai clue. PLUT. Νο11 e lecito che avvenga questo e ll011 e lllai avvenuto. [3] PROT. Ti faio Iicorclaie una cosa, ο Plutone : acl 0Ifeo pei questa llleclesillla Iagione consegnaste Euiiclice e, per colllpiaceie Eracle, lasciaste anclal"e la llll a consa11guinea Alcesti 46• PLUT. Ma ti sentil"ai cli colllparire cosi, quel teschio deraisi cιιgini, essendo quello figlio, per quanto adottivo, cli CJ·eteo, questo figlio di Deioneo, fratello di CJ·eteo; n1a si tiatta cli un vincolo cli lontana paientela, non cli consangιιineita. 26, LucιANo.

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τη καλη σου έκείνη νόμφη φαν�ναι ; Πως 3έ κάκείν'Υ) προσ�σεταί σε ού3έ 3υναμέν'1) 3ιαγν&ναι ; Φοβ�σεται γιΧρ εο ο!3α και φεό­ ζεταί σε και μάτην �ση τοσαUτ'Υ)ν δ3ον άνελ'Υ)λυ&ώς. ΠΕΡΣ. Ούκοuν, & όίνερ, σu και τοuτο tασαι και τον Έρμ�ν κέλευσον, έπειΜν έν τ� φωτt �3'1) δ Πρωτεσίλαος � κα&ικ6' μενον τη pάβ3 νεανίαν εύ-θ,uς καλον άπεργάσασ&αι αύτ6ν, ο!ος �ν έκ τοu παστοu. ΠΑΟΥΤ. Έπει Φερσεφ6νn συνδοκεϊ, &νο:yαyων τοuτον αΟ&ις I I 1 1 �I Ι I < λα β ων μεμν'Υ)σΟ μιαν 'Υ)μεραν. ποι'Υ)σον νυμφιοΨ συΙ οε 24 [zg] ΔΙΟΓΕΝΟΥΣ ΚΑΙ ΜΑΥΣΩΛΟΥ.

[r ] ΔΙΟΓ. οrΩ Κάρ, έπι τίνι μέγα φρονείς και πάντων �μων προτιμiΧσ&αι άζιοίς ; ΜΑΥΣ. Και έπι τη βασιλείt:f μέν, ω Σινωπεu, θς έβασίλευσα Καρίας μεν άπάσ'Υ)ς, �ρζα 3έ και Λυ3ων ένίων καt ν�σους 3έ τινας ύπ'Υ)γαγ6μ'Υ)ν και rχχρι Μιλ�του έπέβψ τιΧ πολλα τ�ς 'Ιωνίας καταστρεφ6μενος' και καλος �ν και μέγας και έν πολέμοις καρ­ τερ6ς· το 3έ μέγιστον, 15τι έν Άλικαρνασσ� μν�μα παμμέγε-θ,ε ς �χω έπικείμενον, �λίκον ούκ &λλος νεκρός, άλλ' ού3€ ο5τως ές κάλλος έζφκ'Υ)μένον, �ππων και άν3ρων ές το άκριβέστατον εί­ κασμένων λί&ου τοu καλλίστου, ο!ον ού3έ νεων ε6ροι τις &ν pt:f3ίως, Ού 3οκώ σοι 3ικαίως έπι τοότοις μέγα φρονείν ; [z] ΔΙΟΓ. 'Επι τη βασιλείt:f φ�ς και τ� κάλλει και τ� βάρει τοu τάφου ;

ΜΑΥΣ. Ν� Δί' έπι τοότοις. ΔΙΟΓ. ' Αλλ' , ω καλέ Μαόσωλε, ο\Sτε � ίσχuς έκείν'Υ) �τι σοι οι5τε � μορφ� πάρεστιν· εt γοuν τινα έλοίμε&α 3ικαστ�ν εύμορ­ φίας πέρι, ούκ �χω είπε'i'ν, τίνος gνεκα το σον κρανίον προτψ'f)­ &εί'Υ) &ν τοu έμοu· φαλακριΧ γιΧρ rχμφω και γυμνά, και τοuς ό36ντας δμοίως προφαίνομεν και τοuς όφ&αλμοuς άφηρ�με&α και τιΧς p'i:νας άποσεσιμώμε&α. Ό 3€ τάφος και οί πολυτελείς έκείνοι λί&οι Άλικαρνασσεuσι μέν tσως ε!εν έπι3είκνυσ&αι και φιλοτι­ με'!:σ-θ,αι προς τοuς ξένους, ώς 3� τι μέγα οίκο36μ'Υ)μα αύτοίς έστι·

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nudo e brutto che sei, alla tua bella sposa? Ε come da canto suo potra lasciarsi avvicinare, non essendo neppure in grado di riconoscerti? Si spaventera, lo so bene, fuggira da te e tu avrai risalito invano una via tanto lunga. PERS. Ebbene, marito mio, rimedia tu a questo e comanda a Ermete che, non appena Protesilao sara alla luce, lo tocchi con la sua bacchetta e lo faccia subito un bel giovane, cosi com'eι-a quando usci dal talamo. PLUT. Poiche e d'accordo Persefone, conduci su costui e rifallo giovane sposo. Tu ricordati che hai preso un solo giorno.

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DIOGE;NΈ e MAUSOLO. [r] DIOG. Ο Cario, per quale motivo ti mostri superbo e pretendi di essere anteposto a tutti noi? MAus. Intanto per la mia regalita, ο Sinopeo : io regnai su tutta la Caria, governai una parte dei Lidii, sottomisi alcune isole e arrivai fino a Mileto conquistando la maggior paite della Ionia ; poi ero bello, alto e forte in guerra e, cosa piu importante di tutte, ho sopra di me in Alicarnasso u11 sepolcro mo11ume11tale, quale altro morto 11011 ha, e abbellito co11 arte 11011 ordi11aria, poiche vi so11o ι-affigurati alla perfe­ zio11e uomi11i e cavalli 11el marmo piu sple11dido : cosi 11eppure u11 tempio si potrebbe tωvare facilmente. Per queste cose non ti sembra che abbia ragio11e di mostiarmi superbo ? [2] DIOG. Vuoi dire per la regalita, la b.ellezza e l'impo11e11za del sepolcro ? MAus. Si, per Zeus, per queste cose. DIOG. Pero, mio bel Mausolo, tu 11011 hai piι'ι 11e quella forza 11e quella forma, per cui, se facessimo giudicare a qual­ CU110 della 11ostra bellezza, 11011 saprei dire perche il tuo teschio potrebbe essere a11teposto al mio : so11o e11trambi completame11te calvi e 11oi mostι-iamo i de11ti 11ello stesso modo, siamo piivi degli occhi e abbiamo il 11aso ri11cag11ato. Il sepolcω e i marmi pregiati potra11110 serviι-e agli Alicar11assesi per far11e mostra e va11tarsi dava11ti agli stra11ieri di

ΝΕΚΡΙΚΟΙ ΔΙΆΛΟΓΟΙ > ς. ι ) λ α:uεLς ' ωΨ βε' λτLστε, οuχ οpω u!! τL α:πο α:uτοu7 Πλ�ιιν εL) μιι� σu' σε, τοuτο φ�ς, ISτL μοcλλον �μων &χ.!}οφοpε'!:ς όπο τΊ)λLκοότοLς λ(&οLς πLεζόμενος. [3 ] ΜΑΥΣ. ΆνόνΊ)τα: οδν μοL έκε�να: πάντα: κα:t 1σ6τιμος �στα:L Μα:όσωλος κα:t ΔLογένης ; ΔΙΟΓ. Οuκ tσότLμος, ω γεννα:Lότα:τε, ou γάp· Μα:όσωλος μΕ:ν γάp οlμώξετα:L μεμνΊ)μένος τ&ν όπΕ:p γ�ς7 έν οίς εuaα:Lμονε�ν αuτί)> άεί, άλλ' έν τ()> μετασχε'Lν πολλ&ν το τερπνον �ν. ΜΕΝ. Εο λέγεις, ω Χείρων. τα. έν �oou aε πως φέρεις, άφ ' ο ο προελ6μενος αuτιΧ �χεις ; 49 · In realta nel mito il centauro Chirone rinuncio all'immortalita - di qui trasse lo spunto Luciano per il suo dialogo - offrendola a Proιneteo, ma vi rinuncio dal gioι·no in cui una ferita, aperta nel suo ginoccllio da

ΙΟ [77], 25 [30], 2, 26 [8], Ι

[2] ΜΕΝ. Ma bellissimo non νenisti, credo, anche sotto terra ; le ossa sono uguali e il teschio potrebbe distinguersi da quello di Tersite soltanto per questo, che il tuo e fragile : lo hai debole infatti e non νirile. NrR. Eppure domanda ad Omero com'ero io, quando militaνo con gli Achei. ΜΕΝ. Di sogni mi stai parlando : io so questo che νedo e che hai ora, i tuoi contemporanei quello che aνeνi. NrR. Allora qui io non sono il piu bello, ο Menippo ? ΜΕΝ. Ne tu sei bello ne altri : nell'Ade infatti c'e la stessa considerazione per tutti e tutti siamo uguali. TERS. Α me basta anche questo. 26 [8] ΜΕΝΙΡΡΟ e CHIRONE. [r] ΜΕΝ. Ηο sentito, ο Chirone, che, pur essendo un dio, desiderasti di morire 49. CHIR. Ε νero questo che hai sentito, ο Menippo, e sono morto, come νedi, pur potendo essere immortale. ΜΕΝ. Che e mai quest'amore che ti prese della morte, cosa per i piu inamabile ? CHIR. Lo diro a te che non sei ottuso. L'immortalita non daνa piu alcun piacere. ΜΕΝ. Non daνa piacere il νedere, νiνendo, la luce ? Cr-π R. Νο, Menippo : il piacere infatti io lo intendo νario e non uniforme. Certo e che νiνendo e godendo sempre delle stesse cose, del sole, della luce, del cibo - ed erano le stesse le ore, le stesse le νicende della natura, ciascuna nell'ordine, come se una fosse al seguito dell'altra -, me ne saziai, poiche il piaceνole sarebbe stato non nella stessa cosa sempre, ma nello sperimentarne molte. ΜΕΝ. Dici bene, ο Chirone. Ε nell' Ade, da quando sei venuto per aνerlo preferito, come ti senti ? una freccia intinta nel sangue dell'idra di Lerna, comincio a procuraι·gli dolori insopportabili. Cosl Prometeo divenne immortale ed egli morl, ma Zeus lo trasformo nella costellazione del Sagittario.

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[2 ] ΧΕΙΡ. Οοκ ιΧ'ΥJI3ως, ω Μένιππε· � γαρ tσοημία πάνu 13'Υ)μοηκ� ΚΙΧL το πρiΧγμα οο13εν �χει το 13ι&φορον έν φωτt ε!ναι ή καt έν σκότ� · &.λλως τε ο6τε 13ιψΊ)ν &σπερ &.νω ο6τε πειν'/)ν 13εί, άλλ' &τελείς τοότων άπ&ντων έσμέν. ΜΕΝ. "Ορα, ω Χείρων, μ� περιπίπτης σεαuτ ΚΙΧL ές το αοτό σοι ό λόγος περιστ?'J. ΧΕΙΡ. Πως τοuτο φ�ς ; ΜΕΝ. "Οη εt των έν τ(/> β(� το /Sμοιον ιΧεt ΚΙΧL ταοτον έγένετό σοι προσκορές, και τάνταu&α /Sμοια 6ντα προσκορ'/) όμο(ως &ν '1- I I � (\ γενοιτο, και\ οε'Υ)σει μεταβ ολ'Υ)ν σε ζ'Υ)τειν τινα και\ εντεuυ·εν ες > > &.λλον βίον, /Sπερ ο!μαι ιΧΜνατον. ΧΕΙΡ. τι οδν &ν π&S·οι ης, ω Μένιππε ; ΜΕΝ. 'Όπερ, ο!μαι, φασί, σuνετον 6ντα άρέσκεσ&αι ΚΙΧL ιΧγαπiΧν τοίς παροuσι ΚΙΧL μ'Υ)Ι3εν αοτων ιΧφόρψον ο�εσ&αι. Ι

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27 [22] ΔΙΟΓΕΝΟΥΣ ΚΑΙ ΑΝΤΙΣΘΕΝΟΥΣ ΚΑΙ ΚΡΑΤΗΤΟΣ.

[r ] ΔΙΟΓ. Άντίσ&ενες καt Κρ&τ'Υ)ς, σχολ�ν &γομεV' &στε τ( I (i l 'l\ ' ' 1! ' C> ' τ'Υ)ς � ΚIΧV'Ooou v;πιμεν εu'\J'u περιπατ'Υ)σαντες, ο' Ψ ομενοι τοuς οuκ καηόντας, ο!οί τέ εtσι ΚΙΧL τ( �καστος αοτων ποιεί ; ΑΝΤ. Άπίωμεν, ω Διόγενες' ΚΙΧL γαρ &ν �Μ το S·έαμα γένοιτο, τοuς μεν 13ακρόοντας αοτων όρiΧν, τοuς aε ΚΙΧL ίκετεό­ οντας άφε&Ί)ναι, ένίοuς aε μόλις κατιόντας ΚΙΧL έπt τρά.χ'Υ)λον �&οuντος τοu Έρμου /Sμως ά.νηβαίνοντας ΚΙΧL ύπτίοuς ά.ντερεί13οντας οο13εν 13έον. ΚΡΑΤ. 'Έγωγ' οδν καt 13ι'Υ)γ�σομαι ύμίν & ε!Ι3ον, όπότε κα­ τήειν κατα τ�ν όί36ν. ΔΙΟΓ. Δι�γ'Υ)σΙΧι, ω Κρά.τ'Υ)ς' �οικας γ&ρ ηνα παγγέλοιΙΧ έρείν. [2 ] ΚΡΑΤ. Καt &.λλοι μεν πολλοt σuγκατέβαινον �μίν, έν ΙΧΟτοίς aε έπίσ'Υ)μοι Ίσμψό13ωρός τε ό πλοόσιος ό �μέτερος ΚΙΧL Άρσ&κ'Υ)ς ό ΜΎ)Ι3(ας 6παρχος καt 'Οροίτ'Υ)ς ό Άρμένιος. Ό μεν

10 [77], 27 [22], Ι-2

[2] CHIR. Non male, ο Menippo : infatti l'uguaglianza dί condizione e molto democratica e non fa nessuna differenza essere alla luce ο al buio ; oltre tutto poi non e necessario come lassu aver sete e fame, ma siamo esenti da questi fastidii. ΜΕΝ. Vedi, ο Chirone, di non contraddirti e che il tuo Γagionamento non si morda la coda. CHIR. Che vuoi dire ? ΜΕΝ. Che se 1' essere le cose della vita sempre uguali e le stesse ti procuro sazieta, anche le cose di qui, che sono uguali, potrebbero procurarti sazieta ugualmente e tu dovrai cercar di passare anche da qui ad un'altra vita, il che ritengo impossibile. CHIR. Che si potrebbe fare dunque, ο Menippo ? ΜΕΝ. Quello che si dice comunemente, i o penso : di ac­ cettare senza riserve, se si ha giudizio, la realta, non giudi­ candone nessun aspetto insopportabile.

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DIOGENE, ΑΝτΙSΤΕΝΕ, CRATETE.

[r] DIOG. Antistene e Cratete, dal momento che non ab­ biamo nulla da fare, perche non ce ne andiamo passo passo diΓettamente alla discesa a vedere com'e e che cosa fa cia­ scuno di quelli che discendono ? ΑΝΤ. Andiamo pure, ο Diogene : sara uno spettacolo gradevole vedeΓe alcuni di essi piangere, altri supplicare di essere lasciati, altri scendere con difficolta e, benche Ermete li spinga con una mano sul collo, contrastarlo tuttavia e inutilmente resistergli mettendosi supini. CRAT. lntanto ίο vi raccontero cio che vidi, mentre scen­ devo lungo la via. DIOG. Racconta, ο Cratete : pare che abbia da dire cose Γidicolissime. [2] CRAT. FΓa i molti altri che discendevano con me si distinguevano il nostro ricco Ismenodoro, Arsace, gover­ natore della Media, e Orete armeno. Ismenodoro, che era

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οδν 'Ισμ'Υ)ν6δωρος έπεφ6νεuτο γιΧρ δπο των ληστων περι τον Κι-θ·αφωνα ές 'Ελεuσ�να οίμαι βαδίζων - �στενέ τε και το τραuμα έν τα�ν χερο�ν είχε και τιΧ παιδία, & νεογνιΧ κατελελοίπει, &νε­ καλε�το και έαuτ(j) έπεμέμφετο τ�ς τ6λμ'Υ)ς, 8ς Κι-θ·αφωνα δπερ­ βάλλων καt τιΧ περι τιΧς 'Ελεv-θ·εριΧς 50 χωρία πανέρ'Υ)μα �ντα δπο των πολέμων διοδεόων Μο μ6νοuς οίκέτας έπ'Υ)γάγετο, καt ταuτα φιάλας πέντε χρuσιΧς και κuμβία τέτταρα με&' έαuτοu �χων. [3 ] Ό δΕ: ΆρσάΚ'Υ)ζ - γ'Υ)ραιος γιΧρ �δ'Υ) και ν� Δί' οuκ &σεμνος τ�ν �ψιν - ές το βαρβαρικον �χ3·ετο και �γανάκτει πεζος βα­ δίζων και �ξίοu τον �ΠΠΟν αuτ(j) προσαχ&�ναι • και γοcρ δ tππος αUτ� σuνετε&ν�κει, μιq.- πλΎ)γ?) &μφότεροι �ιαπαρέντες UπΟ Θρq:κ6ς τινος πελταστοu έν τ?j έπι τ J! c < I I Ι >\ � l! των [5 ] ' Ο υ.λλ ιππεuς καηεναι. ομοημος uμως ων ων'Y)ι,LOU και δέ γε ' Οροίτ'Υ)ς και πάνu άπαλος �ν τω π6δε και οόδ' έστάναι χαμαί, οuχ δπως βαδίζειν έΜνατο· πάσχοuσι δ ' αuτο &τεχνως > > > � ��ππων, Ι � ωσπερ \1� ακανJl, Μ � β ωσι απο των παντες, επ,ιv επιI > των 'Υ)σΟι � &ων βαίνοντες &κροποδψι μ6λις βαδίζοuσιν. 'Ώστε έπει κατα­ βαλ

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10 [77], 27 [22], 6-g

413

[6] ΑΝΤ. Durante la discesa ίο non mi mescolai neppure con gli altri, ma li lasciai gementi e, corso al battello, mi occupai un posto, per navigare comodamente, e, mentre navigavamo, quelli piangevano e soffrivano il mal di mare, ίο mi divertivo un mondo alle loro spalle. [7] . DroG. Tali dunque, ο Cratete e Antistene, i com­ pagni di viaggio capitati a voi ; con me discendevano Blepsia, l'usuraio del Pireo, Lampide, il comandante mercenario acarnano, e Damide, il riccone di Corinto. Damide era stato soppresso col veleno dal figlio, Lampide si era ucciso per amore dell'etera Mirtio, di Blepsia si diceva, poveretto, che fosse moΓto di fame e lo dimostrava apparendo pallido all'eccesso e magΓO fino all'osso. Ιο lo sapevo, ma domandai loro in che modo fossero morti. Ε a Damide, che accusava il figlio, dissi : . FrL. Non e costui Menippo il cane? Altri non e, se non sono guercio : e Menippo tutto intero. Ma che significa Ia stranezza del suo aspetto, il berretto di lana, la lira e la pelle di leone? Sara bene, pero, andargli vicino. Salve, ο Menippo ; da dove sei aπivato fra noi ? Ε molto tempo che non ti si vede in citta. ΜΕΝ. >. FrL. Per Eracle, non ci eravamo accorti che Menippo fosse morto. Ε poi e tornato a νivere daccapo? ΜΕΝ. της οι ou>._\, λ μονον, α.' λλα.I κα.ιI σοφιστ'Υ)ς τις ε!να.ι δοκε'i:ς. Άπόλuσον α.uτ6ν, ώ Έpμ�, κα.l μ'Υ)κέτι κολα.ζέσ&ω. "Ορα. δe μ� κα.l τοuς &λλοuς νεκροuς τcΧ. lSμοια. έρωταν διΜζης.

10 [77], 30 [24], 3

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accusare l'arma stessa del delitto, che, essendo uno stru­ mento, serve l'impulso del primo che ha fornito la causa. SosTR. Bravo, Minosse, che addirittura arricchisci l'esem­ pio ! Ε se arrivasse qualcuno portando personalmente, ma per ordine del padrone, oro ο argento, a chi si dovrebbe essere grati ο chi registrare come benefattore ? ΜΙΝ. Colui che manda, ο Sostrato, giacche colui che porta e un esecutore di ordini. [3] SosτR. Dnnque non vedi che fai una cosa ingiusta punendo noi, che fummo gli esecutori degli ordini che dava Cloto ? Ε onorerai costoro, che prestarono mano alle bnone azioni altrui. Non si potrebbe dire infatti che agli ordini, dati col piu assoluto rigore, fosse possibile opporsi. ΜΙΝ. Ο Sostrato, se facessi nna rassegna diligente, ve­ dresti che molte altre cose non accadono secondo ragione. Tuttavia dalla tua domanda ricaverai il vantaggio di essere considerato non solo un brigante, ma anche un sofista. Scioglilo, Ermete, e non sia punito piu. Ma tu bada di non insegnare agli altri morti a fare domande come le tue.

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ΜΕΝΙ Π ΠΟΣ Η ΝΕΚΥΟΜΑΝΤΕΙΑ * ΜΕΝΙΡΡΟ Ο

LA NEGROMANZIA

* Ε questa l'opera che anche il titolo rivela come la pil). direttamente ispirata dalla Ν�κυια di Menippo : i « Dialoghi dei Moι·ti " ne sono, vero­ similmente, un piu originale sviluppo. Il Cinico racconta all'amico Filonide il suo viaggio in carne ed ossa neJl'Ade, non senza avet·e premesso le ragioni che lo hanno spinto ad affrontarlo e che si assomιnano nell'esigenza di apprendere dall'indovino Tiresia quale sia la vita migliore. Le contraddi­ zioni fra le storie immorali degli dei e la moralita delle leggi, tra filosofi e filosofi, e dei filosofi con se stessi non solo non avevano ι·isposto a quel sιιο interrogativo, ma gli avevano confuso le · idee, Η responsa di Tiresia e, invece, chiaro : la vita migliore e quella dell'uomo comune che, non pen­ sando, assapora l'attimo che fugge. Ma le invenzioni sono molte prima di tale conclusione e, naturalmente, sussiste per ciascuna il dubbio se sia dovuta a Menippo ο a Luciano : le ombre accusatrici delle malefatte com­ messe dal proprio corpo, quand'era vivo ; lo sconto sulla pena accordato ai poveri ; i potenti ridotti a mendicare ; il decreto del senato e del popolo dell'Ade, cl1e rimanda le anime dei ricchi a vivere centinaia -di migliaia di anni in corpi di asino. Ma a Luciano non esitiamo ad attribuire l'indi­ menticabile immagine della vita, che egli vede come una grande proces­ sione mascherata · condotta a suo capriccio dalla Fortuna.

ΜΕΝΙΠΠΟΣ ΚΑΙ ΦΙΛΩΝΙΔΗΣ.

[r] ΜΕΝ. "Ώ χαϊρε μέλα&ρον πρόπυλά .θ·' έστίας έμrjς, ώς &σμενός σέ γ' ε!�ον ές φάος μαλών 1 • ΦΙΛ. Ού Μένιππος οοτός έστιν ό κύων ; Ού μέν οuν &λλος, εt μ� έγω παραβλέπω· Μένιππος ISλος. η οuν αύτί}! βούλεται το ά.λλόκοτον τοu σχήματος, π'!:λος και λύρα και λεοντrj ; Προ­ σιτέον �έ 6μως αότί]). Χα'!:ρε, ώ Μένιππε· πό&εν ήμ'!:ν ά.φΊ:ξαι ; ΠολUν γιΧρ χρόνον ού πέφηνας έν τ?j πόλει. ΜΕΝ. "Ηκω νεκρ&ν κευ&μ&να και σκότου πύλας λιπών, �ν' "Αι�ης χωρ(ς cjSκισται .&εων 2• ΦΙΛ. Ήράκλεις, έλελή&ει Μένιππος ήμίΧς ά.Πο&ανών. Κ�τα έξ ύπαρχrjς ά.ναβεβίωκεν ; ΜΕΝ. 015κ, ά.λλ' Μτ' �μπνουν Άt�ης μ' έ�έξατο 3 • ΦΙΛ. ης �· ·� αtτία σοι τrjς καινrjς καl παραΜξου ταύτης ά.πο�ημίας ; ΜΕΝ. Νεότης μ' έπrjρε καt &ράσος τοu νοu πλέον 4• ΦΙΛ. Παuσαι, μακάριε, τραγ \1- \ \ I � ο'Υ) ευρισκον επισκοπων μw,ιστα τουτοις β ιαζό μενος· ποcροc\ γοcρ τ�ν Ιiγνοιοcν κοc!. τ�ν &.πορίαν πλείονα, &στε μοι τάχιστα χρυι: , � ''�... ' � ' '�' � � , , ' λει ο' μεν β /LOV' αμε οcυτων οcπεοει 'J' �Ι ε�ναι παραI τινος τουτων την κατα' β ασιν ε' λ v·οντα σιαπραι,αμενον παρα Τεφεσίαν τον Βοιώτιον μα&εϊ'ν παρ' αύτοu &τε μάντεως καt σοφοu, τίς έστιν δ &ριστος βίος καt δν &ν τις έ'λοιτο εδ φρονων­ καt aη ά.ναπηaήσας ώς ε!χον τάχους �τεινον εύ&δ Βαβυλωνος. Έλ&ων aε συγγίγνομαί τινι των Χαλaαίων σοφ&οόμενοί τε καt άποκλει6μενοι προς των οίκετων· δ aε μ6γις &ν ποτε άνατείλας αότοίς πορφuροuς τις � περίχρuσος � ?3ιαποίκιλος εόaαίμονας . 'ιοοντες, uε ,1σαν ένεκαλόπτοντο και άπεστρέφοντο, εί aε καl προσβλέποιεν, μάλα Ν I Ν τι καιI κολ ακευτικ ό ν, καιI ταυτα πως ο>fιει β αρεις "'σου λοπρεπες I < I I I τ I I < και υπεροπται παρα τον / ο ις μεντοι πενΊ)σιν 1/ L uντες β ων ; Ί)μιτe:λεια των κακων έaίaοτο, και aιαναπαυόμενοι πάλιν έκολά.ζοντο. Kocl μ�ν κ&κε'Lνα ε!aον τα μυ.Β-ώaΊJ, τον ' Ιξίονα καl τον Σίσυφον και τον Φρόγα Τάνταλον χοcλεπως 'iχοντοc ΚOCL τον γΊ)γεν� Τιτυόν, Ήράκλεις 5σος �κειτο γοuν τόπον έπέχων &γροu. [r5 ] Διελ­ &όντες .aε καl τοότους ές το πεaίον έσβάλλομεν το ' Αχεροόσιον, εύρίσκομέν τε αύτό&ι τοuς �μι&έους τε καl τας �ρω'ένας καl τον &.λλον 5μιλον των νεκpων κατdι. �&νΊJ καl κατdι. φuλα aιαιτωμένους, τοuς μΕ:ν παλοιιοός τινιΧς καl εύpωτιωντας Καί, &ς φΊ)σιν "ΟμΊ)ρος, &μενψοός 15; το ο ς a' �τι νεοcλε'Lς καl συνεστηκότας, καl μάλιστα τοuς Αtγυπτίους αύτων aια το πολυαρκΕ:ς τ�ς ταριχείας. Το μέντοι aιαγιγνώσκειν �καστον ού πά.νυ τι �ν ρ�aιοV' &παντες γdι.ρ &τεχνως &λλ�λοις γίγνοντοcι 5μοιοι των όστων γεγυμνωμένων· πλ�ν &λλdι. μόγις τε καl aια. πολλοu άνα&εωροuντες αύτοuς έγιγνώ­ σκομεν. "Εκειντο a' έπ' &λλ�λοις άμαυροl καl &.σΊJμοι καl ούaΕ:ν Ιtτι των παρ' �μ'Lν καλων φυλάττοντες. ' Αμέλει πολλων έν ταύτίj) σκελετων κειμένων ΚιΧL πάντων όμοίων φ9βερόν τι καl aιάκενον aεaορκ6των καl γυμνοuς τοuς όΜντας προφαιν6ντων �π6ρουν προς έμαυτ6ν, ίj}τινι aιακρίνοcιμι τον ΘερσίτΊ)ν &πο του καλοu Νφέως � τον μεταίτΊ)ν "�"Ιρον &πο του Φαιάκων βασιλέως � Πυρρίαν τον μά.γεφον &πο τοu 'Αγαμέμνονος ούaεν γαρ �τι των παλαιων γνωρισμάτων οcύτο'i:ς παρέμενεν, &λλ' 5μοια τdι. όστFJ. �ν, &.aΊJλα και άνεπίγραφα καl ύπ' ούaενος �τι aιακρίνεσ&αι aυνάμενα. '

Ν

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Ν

rs. In Omero l'aggettivo άμe:νΊ)νός e riferito a κάp'Ι)νΙΧ capi senza vigore (Od., Χ, 521 e ΧΙ, zg). Qui Omero e citato, mentre poco sopra (p,aι·. 14, fine) χοιλe:π&ς �χοντοι ( mal ι·idotto) e un'allusione discreta a Od., ΧΙ, ss:r. dove di Tantalo si legge χοιλέπ' &λγe:' �χοντιχ, ovvero « soffeι·ente di gravi doloι·i "· =

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441 molti dotti. [r 4] Ροί ci alloπtaπiamo dal tΓibuπale e arri­ viamo al luogo delle peπe. Qui, miσ caro, c'eraπo molte cose che facevaπo compassioπe a vedersi e a sentirsi : si seπtivaπo iπfatti lo schiocco delle fruste e iπsieme il gemito di quelli che arrostivaπo sul fuoco, si vedevaπo corde attorcigliate, gogπe, ruote ; la Chimera sbraπava e Cerbero azzaππava e tutti iπsieme veπivaπo puπiti, re, schiavi, satrapi, poveri, ricchi, meπdichi e tutti erano peπtiti di cio che avevaπo osato. Alcuπi di questi, morti da poco, vedeπdoli li ricoπoscemmo, ed essi si coprivaπo il viso e si voltavaπo e, caso mai ci avessero guardato, lo sguardo era servile e adulatorio, pur esseπdo stati duraπte la vita duri e sprezzaπti quaπto si possa immagiπare. Ai poveri pero era coπdoπata la meta delle peπe e avevaπo un po' di respiro prima che ricomiπ­ c.iasse la puπizioπe. Naturalmeπte vidi aπche i persoπaggi del mito, Issioπe, Sisifo, il frigio Taπtalo, mal ridotto, e Titio, il figlio della Terra - quaπto graπde, per Eracle ! - : occupava giaceπdo la superficie di uh campo. [r5] Oltre­ passati aπche questi, sboccammo πella piaπa dell' Acheroπte e vi trovammo i semidei, le eroiπe e la folla degli altri morti distribuiti per πazioπi e tribu, alcuπi aπtichi, disfatti e, come dice Omero, « seπza vigore » 15, altri aπcora receπti e beπ messi, gli Egizi specialmeπte per la luπga durata della loro imbalsamazioπe. Tuttavia ricoπoscerli ad uπο ad uπο ποπ era molto facile, giacche, scarπite le ossa, diveπtaπo tutti perfettameπte uguali gli uπi agli altri ; cio ποπ toglie cheι fissaπdoli a luπgo e ποπ seπza peπa, riuscissimo a ricoπoscerli. Giacevaπo gli uπi sugli altri, si vedevaπo male e ποπ si di­ stiπguevaπo fra di loro, πe coπservavaπo piu alcuπo dei particolari, che da ποi 1i reπdevano belli. Poiche molti sche­ letri verameπte giacevaπo πello stesso puπto .e avevaπo tutti ugualmeπte uπο sguardo vuoto e pauroso e mostravaπo πudi i deπti, io mi domaπdavo iπ che cosa potessi distinguere Tersite dal bel Nireo ο il meπdicaπte Iro dal re dei Feaci ο il cuoco Pirria da Agameππoπe, dal momeπto che πessuπo dei segπi distiπtivi di υπ tempo restava loro, ma le ossa eraπo uguali e, prive di uπa scritta e di uπ'iπdicazioπe qual­ siasi, ποπ potevaπo essere ricoπosciute piu da πessuπo .

442

ΜΕΝΙΠΠΟΣ Η ΝΕΙΠΌΜΑΝΊΈΙΑ

[r6] Τοιγ&ρτοt έκεϊνα δρώντι έθόκει μοι δ τών ά.ν&ρώπων βίος πομπ'{j τινι μακρ� προσεοικέναι, χορ'Υ)γεϊν aε καt aιατά.ττειν �καστα � ΤύχΙJ aιά.φορα καt ποικίλα τοϊς πομπευταϊς τdι σχ�ματα προσ&πτουσα.' τον μΕ:ν γdιρ λαβοϋσα, εt τύχοι, βασιλικώς aιε­ σκεύασε τιά.ραν τε έπι&είσα και aορυφ6ρους παραaοϋσα καt τ�ν κεφαλ�ν στέψασα τ γελασεται βλέψας των �ρωμένων' και πολό γε, ο!μαι, πρότερον τοu γελ&ν Ν Ν ' , β εις • π ότερ ' εuσε αuτοuς χρ'Υ) καλειν 'Υ) τουναντίον &εοϊς εχθροuς και κακο�αίμονας, ο� γε οι.Ιτω ταπεινον και &γεννeς το &εϊον uπειλ�φασιν, &στε ε!ναι &ν&ρώπων &ν�εeς και κολακεuόμενον ��εσ&αι και &γανακτεϊν &μελοόμενον' τΟι γοuν ΑtτωλικιΧ πά.Ο·ΎJ και τιΧς των Καλu�ωνίων σuμφοριΧς και τοuς τοσοότοuς φόνοuς και τ�ν Μελεάγροu �ιάλuσιν, πάντα ταuτα �ργα φασιν ε!ναι τ�ς ' Αρτέμι�ος μεμψιμοφοόσΎ)ς, 15τι μ� παρε­ λ�φ&Ύ) προς τ�ν .Ουσίαν uπο τοu Οtνέως 1 • οι.Ιτως όίρα βα&έως κα&ίκετο αuτ�ς -ή των ίερείων �ιαμαρτία. Καl μοι �οκω όρ&ν αuτ�ν &ν τ(i) οuραν(i) τότε μόνψ των &λλων &εων ες Οtνέως πεπορεuμένων, �εινΟι ποιοuσαν και σχετλιάζοuσαν ο�ας έορτ�ς &πολειφ&�σεται. [ 2] Τοuς �' ΙΧΟ Αt.&ίοπας και μακαρίοuς και τρισεu�αίμονας ε'Cποι τις όίν , ε'C γε &πομν'Υ)μονεόει τ�ν χάριν αuτοϊς ό Ζεός, �ν προς αuτον &πε�είξαντο �ώ�εκα έξ�ς -ήμέρας έστιάσαντες, και ταuτα &παγόμενον και τοuς &λλοuς &εοός 2 • 0\.\τως οu�έν, ώς �οικεν, &μίσ.Ο·ι ποιοuσιν ών ποιοuσιν, &λλΟι πωλοuσι τοϊς &ν&ρώποις τ&γα&ά, και �νεστι πρίασ&αι παρ' αuτων το μeν uγιαίνειν, ε! τόχοι, βο'ί�ίοu, το �ε πλοuτεϊν βο&ν τεττάρων, το �e βασιλεόειν έκατόμβΎJς, το �ε σων &πανελ&εϊν &ξ Ίλίοu &ς Πόλον ταόρων &ννέα 3, και το εκ τ�ς Αuλί�ος &ς 'Ίλιον �ιαπλεuσαι I

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r. Fu appιιnto Artemicle che scateno contro la citta etolίca di Calidone il feroce cinghiale, la cui uccisione fu causa indiretta clella morte di Me­ leagro, figlio di Eneo. Il giovane eroe, venuto a diverbio coi fratelli della madre Altea per le spoglie del cinghiale, 1ί ιιccise e la madre, per vendicaΓe i fratelli, lascio spegnere il tizzone ardente, al quale sapeva essere legata la vita del figlio, provocandone cosi la morte. Il mito di Meleagro, qui rife­ rito nella versione semplίficata clello Scolίasta cli Lιιciano, e antichissimo,

[r] Νο11 so se ci possa essere qua1cu11o cosi triste e addo1orato, che 11011 ήda, co11sidera11do11e 1a stupidiHι, di cio che fa11no gli stolti i11 occasio11e dei sacrifici, delle feste, delle processio11i dedicate agli dei e di cio che so11o 1e 1oro richieste, 1e 1oro preghiere, 1e 1oro opi11ioni su di essi ; e, prima di ridere, riflettera a 1u11go se debba chiamarli pii ο a1 co11trario 11emici degli dei e sciagurati, dal mome11to che reputa11o 1a divi11ita cosi ,meschi11a e ig11obile, da aver bisog11o degli uomi11i, da compiacersi di essere adulata e da sdeg11arsi di essere tra­ scurata : 1e tristi vice11de etoliche, ad esempio, 1e sciagure dei Calido11ii, 1e ta11te ιιccisioni, 1a fine di Me1eagro dico11o sia11o state tutte opera di Artemide, irήtata per 11011 essere stata i11vitata a1 sacrificio di E11eo 1 : cosi profo11dame11te 1'aveva co1pita 1a perdita delle vittime. Mi sembra di veder1a 11e1 cielo, allora, so1a me11tre gli altri dei so11o a11dati alla casa di Eneo, dare i11 ismaηie 11011 pote11do pe11sare di qua1e festa sarebbe stata privata. [2] Gli Etiopi, viceversa, si potreb­ bero dire beati e felici tre vo1te, se fosse vero che Zeus ricorda, per compe11sarli, il favore che gli fecero, qua11do 1ο te1111ero alla 1oro me11sa per dodici gior11i co11secutivi co11 gli altri dei a1 suo seguito 2• Cosi, a qua11to pare, 11ulla di cio che fa11110, fa11110 gratuitame11te, ma ve11do11o agli uomi11i i 1oro be11i, ed e possibile compraΓe da essi 1'essere sa11o, se e i1 caso, per u11 picco1o bue, 1' essere ricco per quattro buoi, 1' essere re per u11' ecatombe, i1 tor11are sa1vo da Ilio a Pilo per 11ove tori 3 e il 11avigare da Aulide ad Ilio per u11a persino anteriore all'Iliade, nella qιιale si legge in forroa diversa e piu coro­ plessa ( ΙΧ, 529-599) ; indiιnenticabile l'elaborazione poetica che ne fece Bacchilide nel V epinicio. 2. Cfr. ΙΖ., Ι, 423-425. 3 · Lo Scoliasta fa notare che da Oroero (Od., ΠΙ, 8-9) si deduce che ί tori sacrificati a Posidone in Pilo erano non nove, roa nove volte nove.

ΠΕΡΙ ΘΥΣΙΩΝ

παρ&�νοu βασιλικ�ς � μeν γιΧρ Έκάβ'Υ) το μ� άλωναι τ�ν πόλιν τότε έπρίατο παριΧ τ�ς , Α&Ί)νiΧς βοων aώaεκα και πέπλοu. Εί­ κ&ζειν aε χρ� πολλιΧ ε!ναι και άλεκτρuόνος καt στεφ&νοu καt λιβανωτοiJ μόνοu παρ' αuτο'Lς &νια. [3] Ταuτα aέ, ο!μαι, και δ Χρόσ'Υ)ς έπιστ&μενος &τε ίερεuς και γέρων κα1 τα &ε'Lα σοφός, έπειa� &.πρακτος άπήει παριΧ τoiJ ' Αγαμέμνονος, ώς &ν καΙ. προ­ aανείσας τij} , Απόλλων ι τ�ν χάριν aικαιολογε'Lται και άπαιτε'L τ�ν άμοιβ�ν κα1 μόνον οuκ όνειaίζει λέγων, "'Ω βέλτιστε "Απολλον, έγω μέν σου τον νεων τέως άστεφ&νωτον �ντα πολλάκις έστε­ φάνωσα καΙ. τοσαuτά σοι μ'Υ)ρία ταόρων τε καΙ. αίγων �καuσα έπ1. των βωμων, σu aε άμελε'Lς μοu τοιαuτα πεπον&ότος και παρ' ouaeν τί&εσαι τον εuεργέην. Τοιγαροuν ο5τω κατεauσώπ'Υ)σεν αuτον έκ των λόγων, &στε άρπασάμενος τιΚ τόξα και 6πΕ:ρ τoiJ ναuστά&μοu κα&ίσας έαuτον κατετόξεuε τij} λοιμφ τοuς ' Αχαιοuς αuτα'Lς �μιόνοις και κuσίν 4• [4] Έπεl aε &παξ τoiJ Άπόλλωνος έμν�σ&'Υ)ν, βοόλόμαι και τα &.λλα είπε'Lν, & περ1. αuτoiJ ο.ί σοφο1. των άν&ρώπων λέγοuσιν, οuχ δσα περ1. τοuς �ρώτας έauστόχ'Υ)σεν ouaE: τoiJ ' Υακίν&οu τον φόνον 5 ouaE: τ�ς Δάφν'Υ)ς τ�ν 6περο­ ψίαν, άλλ' δτι και καταaικασ&ε1.ς έπ1. τij) των Κuκλώπων &ανάτcp 6 κάξοστρακισ&ε1.ς aια τοiJτο έκ τoiJ οuρανοi) κατεπέμφ&'Υ) ές τ�ν γ�ν άν&ρωπίνη χρ'Υ)σόμενος τ?) τόχη · δτε a-η κα1 έ&�τεuσεν έν ΘετταλίC? παρ' 'Αaμ�τq> καΙ. έν Φρuγί'"? παριΧ Λαομέaοντι, παριΧ τοότcp μέν γε ou μόνος, άλλα μετιΧ τoiJ Ποσειaωνος άμφότεροι πλιν&εόοντες 6π' άπορίας ΚΙΧL έργαζόμενοι το τε'Lχος 7, και ouaε έντελ� τον μισ&ον έκομίσαντο παριΧ τoiJ Φρuγός, άλλα προσώφειλεν αuτο'Lς πλέον � τριάκοντα, φασι, aραχμιΧς Τρω'ίκάς. [5 ] 'Ή γιΧρ ou ταiJτα σεμνολογοuσιν οί ποιψα1. περ1. των &εων κα1 πολU τοότων ίερώτερα περί τε Ήφαίστοu καΙ. Προμ'Υ)&έως κα1 Κρόνοu καΙ. ' Ρέας καΙ. σχεaδν δλ'Υ)ς τΊjς τoiJ Δι ο ς οίκίας ; ΚαΙ. ταiJτα παρα­ καλ�σαντες τιΧς Μοόσας σuνcpaouς έν άρχ?) των έπων, 6φ' δν a� έ!ν&εοι γενόμενοι ώς το είκος �aοuσιν, ώς δ μΕ:ν Κρόνος, έπειa� > !;' 1 ο> > > � ταχιστα ει.,ετεμε τον ΠΙΧτερα τuν uρανον, ε' β ασι{ λεuε τε εν αuτcp και τα τέκνα κατ�σ&ιεν Chσπερ δ , Αργε'Lος Θuέσης 5στερον aε I

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4· Cfι·. Π, Ι, 35-52. 5 · Cfr. Diat De01'., 14. 6, Apollo aveva vendicato sui Ciclopi, fabbήcatori dei fulιnini di Zeus, la morte del figlio Asclepio, folgorato dal re degli dei per i successi della sua medicina, che rischiava di sottrarre gli uomini al loro destino ιnortale.

13 [30], 3·5

vergine regale : allora infatti Ecuba aveva pagato ad Atena dodici buoi e un peplo, percM non fosse presa la citta. Ε bisogna immaginare che presso di loro molte siano le cose in vendita al prezzo di un gallo, di una corona, ο di solo incenso. [3] Ε anclle Cήse, a mio avviso, sapendo questo coine sacerdote e anziaηo ed esperto nelle cose degli dei, quando torna senza aver ottenuto nulla da Agamennone, espone le sue ragioni, poiche sa di essere creditore nei con­ fronti di Apollo, ed esige di essere soddisfatto e quasi lo rimprovera dicendo : « Carissimo Apollo, io incoronai s11esso il tuo tempio, che prima non aveva corone e bruci.ai per te sugli altari tante cosce di tori e di capre, ma tu non ti curi di me, che ho subito un torto come questo, e non tieni in nessun conto il tuo benefattore '' · Ε difatti lo svergogno a tal punto con le sue parole, cl1e egli, afferrato l'ar.co e se­ dutosi in alto sopra le navi, saetto con la peste gli Acl1ei e insieme i muli e i cani 4• [4] Ma poiche ho fatto menzione di Apollo, voglio riferire anche quelle altre cose, che di lui raccontano i sapienti, non le sue disavventure amorose, l'uccisione di Giacinto 5 ο il disdegno di Dafne, ma il fatto che, condannato per l'uccisione dei Ciclopi 6 e per questo bandito dal cielo, fu mandato sulla terra perche si assog­ gettasse al destino degli uomini ; fu allora cl1e lavoro in Tessaglia alle dipendenze di Admeto e in Fl"igia alle dipen­ denze di Laomedonte, e presso quest'ultimo non solo, ma insieme con Posidone, poveri entrambi, mettevano mattone su mattone per costruire le mura 7 e neppure, dal Frigio, ricevettero intera la paga, giaccM resto con essi in debito, dicono, di piu di trenta dracme troiane. [5] Ο non sono queste le cose, e altre assai piu sovrumane di queste, che i poeti narrano in forma solenne di Efesto, di Prometeo, di Crono, di Rea e di quasi tutta la casata di Zeus ? Ε per di piu nei primi esametri invocano le Muse percM accompa­ gnino il loro canto, ed e naturale cl1e, ispirati da quelle, cantino che Crono, non appena ebbe evirato il padre Urano, prese a regnare in cielo e divoro i figli, come l'argivo τieste ; 7· Si tratta delle n1ura di Troia.

490

ΠΕΡΙ ΘΥΣΙΩΝ

ό Ζεος κλαπεtς δπο τ�ς ' Ρέας δποβαλομέν'ΥJς τον λί&ον ές την Κρ�τψ έκτε&εtς δπ' αtγος άνετράφ'Υ) κα&άπερ ό Τ�λεφος δπο έλάφοu καt ό Πέρσ'Υ)ς Κuρος ό πρότερον δπο τ�ς κuνός, ε!τ' ' ' '1' t:' \ \ εσχε l πατερα ' ,, , τοl σεσμωτ'Υ)ριον λασας και\ ες καταβαλ ων τ'Υ)ν ε � I I ' αγαv·η ΕΡΜ . "Αγε λα β ων τ�uν 'Ε πικοuρεων τuχη. σε, lf.ι"'fl .,ο ., καλω. τις Θνε'Lτοcι τοuτον ; "Εστι μΕ:ν τοu γελωντος Ε:κεινοu μα­ S·ψ�ς κα1. τοu με.θ·όοντος, ο5ς μικρί)) πρόσ.θ·εν &πεκ"t)ρόττομεν. "Εν � ' ' "' πλεων , � παρ ' οσον " , βεστερος ασε τuγχανει· τα' ο" ' σε ο '!''> �οεν αuτων, &λλα �aός κα1. λιχνει� φιλος. ΑΓΟ. Τις � τιμ� ; ΕΡΜ. Δόο μνα'L. ΑΓΟ. Λάμβανε· το aε'Lνα aέ, ΙSπως εLaω, τισι χαιρει των εaεσμάτων ; ΕΡΜ. Toc γλuκέα σιτε'Lται κα1. τοc μελιτώa"t) και μάλιστά γε τοcς Lσχάaας. ΑΓΟ. Χαλεπον ouaέv- Θνφόμε&α γοcρ αuτί)) παλά&ας των Καρικων 16• [20] ΖΕΥΣ. 'Άλλον κάλει, τον Ε:ν χρί)) κοuριαν Ε:κε'Lνον, τον σκu&ρωπόν, τον &πο τΎjς στοiΧς 17. ΕΡΜ. Εο λέγεις Ε:οικασι γοuν πολό τι πλΎj&ος αuτον περιI ' .j, ' I τ"t)ν μένειν των ΕΠL τ�ν &γορ!Χν &π"t)νηκότων. ΑUτ"t)ν αρετ,ιν πωλω, των βιων τον τελειότατον. Τις πάντα μόνος εLaέναι S·έλει ; ΑΓΟ. Πως τοuτο φ�ς ; ΕΡΜ. 'Ότι μόνος οοτος σοφός, μόνος καλός, μόνος aικαως &.νaρε'Lος βασιλεός p�τωρ πλοόσως νομο&έτ"t)ς κα1. τοc &λλα δπόσα Ε:στιν. ΑΓΟ. Οuκοuν, &γα&έ, κα1. μάγειρος μόνος, κα1. ν� Δια γε σκuτοaεψος κα1. τέκτων κα1. τοc τοιαuτα ; ΕΡΜ. ''Εοικεν. [21 ] ΑΓΟ. ' Ελ&έ, &γα&έ, κα1. λέγε προς τον Θνψ�ν Ε:μΕ: πο'Lός τις εt, κα1. πρωτον εL οοκ &χ&η πιπρασκόμενος κα1. aοuλος &ν. •

rs. Cognato del tiranno Dionigi . Ι, divenne discepolo affezionato di Platone, qιιando il grande filosofo nel 388 a. C. fece il suo primo viaggio a Siracusa. Da allora tra fortunose vicende mantenne fermo il proposito di abbattere la tirannide e dί rea!izzare nella sua citta !ο stato dei filosofi sognato dal Maestro. Che qui Dione voglia comprare - Socrate non deve meravigliare, se si e osservato che Luciano curiosamente ha prestato a Socrate la personalita e la filosofia di Platone; n�a gia Platone non aveva fatto Socrate portavoce del suo pensiero nella grandissima maggioranza dei Dialσghi ?

I.j. [27], 20-2!

5 19

CoMPR. Dione siracusano 15 • ERM. Prendilo e portatelo alla buon'ora. Chiamo te, la vita di Epicuro : e gia il tuo turno. Chi compra costui ? Ε discepolo di quello che ήdeva e dell'altro dissennato, che abbiamo messi all'incanto poc'anzi. Ma sa una cosa piu di essi, in quanto e piu irreligioso ; per il resto e amabile e amico della ghiottoneria. COMPR. Qual e il prezzo ? ERM. Due mine. CoMPR. Prendi : ma questo tale, perche io lo sappia, quali cibi gradisce? ERM. Mangia quelli dolci, quelli che sanno di miele e soprattutto i fichi secchi. CoMPR. Νessuna difficolta : gli compreremo schiacciate di fichi della Caria 16. [2ο] ZEUS. Chiamane un'altra, quella la rapata, toiva, quella del Portico 17. ERM. Dici bene : sembra che l'aspetti la moltitudine di coloro che sono andati al foro per l'incontro. Vendo la virtu in persona, la piu perfetta delle vite. Chi vuol sapere tutto egli solo ? CoMPR. Che cosa intendi dire? ERM. Che solo costui e sapiente, solo e bello, solo giusto, coraggioso, re, oratore, ricco, legislatore e tutto quanto altro esiste. CoMPR. Non sei dunque, carissimo, anche cuoco tu solo e, 1)er Zeus, conciatore, falegname e simili ? ERM. Sembra. [2r] CoMPR. Vieni, carissimo, e di' a me, che sono il tuo compiatore, le tue qualita e prima di tutto se non ti dispiace di essere venduto e di diventare schiavo.

r6. Merce della Caria e spesso sinonimo di merce scadente, quindi a buon mercato. r7. Ε la vita stoica, ch.e si vedra impersonata da Crisippo, il grande sistematω·e del primo stoicismo. Ε noto ch.e Stoa significa appunto Portico, giacche ad Atene, sotto il Portico Pecile ( dipinto), Zenone di Cizio fece conoscere la sua filosofia. =

5 20

ΒΙΩΝ ΠΡΑΣΙΣ

ΧΡΥΣΙ ΠΠΟΣ. Οuaαμως· ou γάρ έφ' �μί:ν ταuτά έστLν. ,� ' , , ' • Ν � .�. οuκ '!' "Ο σα οι:; εφ Ύ)μLν, ΙΧσLαφορα σuμβ ε' βΎ)Κεν. ε�νΙΧL ΑΓΟ. Ou μαν&άνω � και λ�γεLς. ΧΡΥΣ. τι φ� ς; Ou μανiΊ-άνεLς ISτL των τοLοότων τιΧ μ�ν έση προ't)γμ�να, ηΧ a' gμπαλLν άποπρο't)γμ�να 18 ; ΑΓΟ. ΟΜΕ: νuν μαν&άνω. ΧΡΥΣ. Εικότως ou γaρ ε! σuν�i}Ύ)ς τοί:ς �μετ�ροLς όνόμασLν ouae τ�ν ΚΙΧτΙΧλΎ)ΠτLΚ�ν φαντασίαν 19 gχεLς, ό ae σποuaα'i:ος ό τ�ν λογLκ�ν &εωp(αν έκμα&ων 00 μόνον τΙΧUτΙΧ οίaεν, άλλa και σuμβαμα και παρα.σuμβαμα 20 όπο'i'α και όπόσον άλλ�λων aLαφ�ρεL. ΑΓΟ. Προς τ�ς σοφίας, μ� φ&ον�σης κ&ν τοuτο εLπε'i:ν, τί ' > ι ' ι β αμα κα�1 τ�ι το' παρασuμ " � ' uπως οuκ το σuμ oLo β αμα· καL' γαρ � έπλ�γψ δπο τοu pu&μou των όνομάτων. ΧΡΥΣ. 'Αλλ' οοaεις φ&όνος· �ν γάρ ης χωλος &ν αuτ> suscitarono scalpore, e Luciano colse l'occa­ sione per preparare una sua difesa, clιe per vivacita ed estro non e inferiore a quelle. La successione dei due dialoghi nel tempo fu immediata. L'iηven­ zione iniziale dei filosofi redivivi si e forse ispirata all'idea animatήce de '' Ι demi » di Eupoli, i1 commediografo ateniese rivale di Aristofane. Ma quei filosofi sono anche scatenati e vorrebbero vendicarsi ferocemente di Luciano, che, per farsi applaudire dal suo pubblico, 1i ha messi alla ber­ lina. Parresiade, ossia lo stesso Luciano (cfr. l'Introduzione, p. 37), riesce ad ottenere di potersi difendere davanti al tribunale della Filosofia con l'assi­ stenza della Verita, fiancheggiata dalla Liberta e dalla Franchezza. Dio­ gene, valutato cosl poco nelle « Vite », pronuncia a nome di tutti i1 discorso di accusa. Parresiade replica dimostrando che non e i1 peggior nemico dei veri filosofi, ma i1 loro piu valido alleato, poiche attaccando senza pieta quelli che si dicono filosofi, ma disonorano la filosofia, difende e ήscatta la loro fama. Questa replica ha un tal successo, che l'accusato si trasforma in accusatore e tutti i ribaldi, che si fanno schermo di nomi venerati per coprire le loro scelleratezze, sono chiamati in giudizio. Una trovata di Luciano riuscira a catturare e punire i piu, che non si sono presentati : Η « pesca » armando l'amo di pezzettini d'oro . . .

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'1> σιαφuγη·

[r] ΣΩΚ. Βάλλε βάλλε τον κάτάρα.τον &φ&6νοις το�ς λL.θ·οις, έπ(βαλλε των βώλων, προσεπ(βαλλε καt των όστράκων, πα�ε I I τοις οις τον α' λ ιτ't)ριον, καιI σuI βα' λλε, ω1' μ't) Πλάτων- καt σu, ω Χρuσιππε, καt σu 13έ. Πάντες &μα ξuνασπ(­ σωμεν έπ' αuτόν, I



Ι

ώς πήρΊ) πήρηφιν άρήγη, βάκτρα aε βάκτροις 1 • Κοινος γcΧρ πολέμιος, καt οuκ �στιν 5ντινα uμων οuχ 6βρικε. Σu Μ, ω Διόγενες, ε� ποτε καt &λλοτε, χρω τί!) ξuλ�, μΊ)Ι3Ε: άνrjτε· 13ι136τω την άξLαν βλάσφ't)μος C:Jν. τι τοuτο ; Κεκμήκατε, ω ' ΕπL­ κοuρε κcΛ ' ΑρLστιππε ; Καt μ�ν οuκ έχρrjν. Άνέρες �στε, σοφοL, μνήσασ&ε aε .θ·οuρι13ος όργrjς 2 • [:2 ] 'Αριστότελες, έπισποu13ασον �τι &iΧττον. Εο �χει· Μλωκε το &Ί)ρLον- εtλήφαμέν σε, ω μιαρέ. Ε�ση γοuν αuτLκα ο6στινας 6ντας �μας έκακ't)γόρεις. Τί!) τρόπ� aέ τις αuτον και μετέλ&η ; ΠοικLλον γάρ τινοc έπινοωμεν &άνατον κατ' αuτοu πiΧσιν ήμ�ν έξαρκέσαι 13uνάμενον' κα&' gκαστον γοuν έπτάκις 13(καιός έστιν ήμ'ιν άπολωλέναι. ΦΙΛΟΣΟΦΟΣ Α. ' Εμοt μΕ:ν άνεσκολοπLσ&α:ι 13οκε1' αuτόν. ΦΙΛ. Β. Νη Δlα, μασ� ιγω&έντα γε πρότερον. ΦΙΛ. Γ. Τοuς όφ&αλμοuς έκκεκόφ&ω. ΦΙΛ Δ. Την γλωτταν αuτ�ν έ!τι πολu πρότερον άποτετμήσ&ω. ΣΩΚ. Σοt 13€: τι, ' ΕμπεΜκλεις, aοκε� ; ΕΜΠ . Έζ τοuς κρατrjρας έμπεσε�ν αuτόν 3, ώς μιf&η μΎ) λοι13ορε�σ&αι το'ις κρε(ττοσι.

Ι. Parodia di Il., Π, 363. 2. Π, VI, Ι Ι 2 e ΧΙ, 287, dove. φίλοι

σο φο ί e &λκ�ς

=

lotta con bpy�ς.

=

aιnici e stato sostituito con

:�:-.?;η�;- '

Ι ' λβει και\ φανερωτερον μενον τοις κομμασι αποστι λαμπροτερον γίνεται. Ύμεϊς δ' οόκ ο!δ' δπως οργίλοι καt &γανακτικοt γε­ γόνατε. η δ' οόν αότον &γχετε ; ΠΛΑΤ. Μίαν �μέραν ταότην παραιτησάμενοι Ί)κομεν επ' αότόν, ώς όπόσχη την &ξίαν &ν δέδρακε· φΊjμαι γιΧρ �μϊν διΎjγ­ γελλον ο!α �λεγεν επιων ες τιΧ πλΎj.θ'η κα&' �μων. [r5 ] ΦΙΛ. Είτα προ δίκης οόδε &πολογησάμενον &ποκτενεϊτε ; ΔΊjλος γοuν εστιν εtπεϊν τι &έλων. ΠΛΑΤ. Οίlκ, &λλ' επt σε το πιΧν &νεβαλόμε&α. Καt σοt &ν δοκ?J τοuτο, ποιΎjση τέλος τΊjς δίκης. I

I!

IS

[28], 14-15

549

questo ogni giorno. Ma ecco, sta gia venendo verso di noi. La vedi procedere lentamente sopra pensiero, composta nella persona, acca ttivante nello sguardo ? PARR. Ν e vedo molte siιnili nella figura, nel passo, nel modo di vestire. Ma fra di esse una ed una sola e la vera Filosofia. PLAT. Dici bene, ma dimostrera chi e, non appena avra aperto bocca. [1 4] FILOSOFIA. Incredibile ! Come mai sulla terra Platone, Crisippo, Aristotele e tutti gli altri, nelle cui persone si riassume la mia dottrina? PercM siete tornati in vita? Vi dispiaceva qualcosa di laggiU ? Avete l'aria di essere in col­ lera. Ε chi e questo prigioniero che vi tirate dietω ? Un viola tore di tombe, un omicida ο un ladro sacrilego ? PLAT. Di tutti i ladri sacrileghi, ο Filosofia, certo il piu empio : ha preso a parlare male di te, il piu sacro dei perso­ naggi, e di noi tutti, che, se qualcosa da te imparammo, l'abbiamo lasciato ai posteri. FIL. Ε cosi, percM uno qualunque vi l1a svillaneggiato, vi siete sdegnati, pur sapendo quali insulti mi sento rivolgere dalla Commedia durante le feste dionisiache e come tuttavia la consideri amica e non l'abbia chiamata in giudizio ne abbia presentato una regolare accusa, ma le permetta di lanciarmi i lazzi che sono nella natura e nella consuetudine della festa? So infatti che nessun danno potrebbe venirmi dal motteggio, ma al contrario ogni cosa bella, come 1' oro ι-ipulito dai colpi negli stampi, brilla piu luminosa e si rende piu evidente. Ma voi, non so percM, siete diventati collerici e intolleranti. Α quale scopo dunque lo tenete stretto ? PLAT. Ottenuto il permesso per questo giorno soltanto, siamo venuti a cercarlo, peι-cM paghi i1 fio di ciό che ha fatto. Erano giunte fino a noi voci cl1e ci informavano delle cose cl1e egli diceva contro di noi, quando si presentava alle folle. [r5] FIL. Ε cosi lo ucciderete senza processarlo e senza concedergli la difesa? :Ε chiaro, invece, che avra qnalcosa da dire. PLAT. Νο : rimettiamo a te l'intera questione. Ε se ac­ cetterai, metterai fine al giudizio.

550

ΑΛΙΕΥΣ Η ΑΝΑΒΙΟΥΝΤΕΣ

ΦΙΛ. Ίί φ�ς σό ; ΠΑΡΡ. Τοuτο αuτό, ω aέσποινα Φιλοσοφία, '\Ίπερ και μόν'ΥJ τ&λ'Υj·\Η:ς &ν εόρε�ν aόναιο· μόγις γοuν εόρόμψ πολλα iκετε6σας τό σοι φuλαχ&Ύjναι τ�ν 3ίκψ . ΠΛΑΤ. Νuν, ω κατάρατε, aέσποιναν αuτ�ν καλε�ς ; Πpc}Jψ aε τό &τιμότατον Φιλοσοφίαν &πέφαινες tν τοσοότcμ -θ·εάτρcμ &.ποκ'Υ)ρόττων κατα μέp'ΥJ Μ' δβολων �καστον εΊ:3ος αuτΎ)ς των λόγων. ΦΙΛ. Όρ&τε, μη ou Φιλοσοφlαν οοτός γε, &λΜ γόψας &ν3ρας tπι τ�) ·ή μετέpcμ δνόματι πολλα και μιαρα πράττοντας �γόpεuσε κακως. ΠΛΑΤ. Ε�ση αuτίκα, Ύjν t&έλης &κοόειν &πολογοuμένοu μόνον. ΦΙΛ. Άπίωμεν tπ ' "Αpειον πάγον 2\ μ&λλον 3€: tς τ�ν &κρό­ πολιν αuτήν, 6Jς &ν tκ πεpιωπrjς &μα καταφανη πάντα ε�'Υ) τα έν τ?) πόλει. [r6] ' Υμε�ς 3έ, ω φίλαι, έν τ?) Ποικίλη τέως πεpι, � ' �' I ' .), '' " ' πατ'Υ)σατε' ψ,ω γαρ uμιν εκσικασασα τ.1ν οικ'Υ)ν. ΠΑΡΡ. τίνες 3έ εtσιν, ω Φιλοσοφία ; Πάνu γάp μοι κόσμιαι και αuται 3οκοuσιν. ΦΙΛ. Άpετ� μΕ:ν ή &ν3pώ3'ΥJς α6τ'ΥJ, Σωφροσόν'ΥJ aε tκείν'ΥJ και Δικαιοσόν'ΥJ ή παρ' αuτήν. ' Η 3€: πpο'Υ)γοuμέν'Υ) Παι3εία, ή , Ν , " , � I �I ' " ' εστιν. .),,1ς τul χρω σε αuτ'Υ) καιI ασαφ αμuσρα μα .,\,•ι ' Αλψτεια ΠΑΡΡ. Οuχ όρω '\Ίντινα και λέγεις. ΦΙΛ. Τ�ν &καλλώπιστον tκείνψ οuχ όρ�ς, τ�ν γuμνήν, τ�ν όποφεόγοuσαν &ει και 3ιολισ&άνοuσαν ; ΠΑΡΡ. Όρω νuν μόγις. ' Αλλα τί οuχι και ταότας &γεις, 6Jς πλrjρες γένοιτο και tντελΕ:ς τό ζuνέ3ριον ; Τ�ν ' Αλή.&ειαν Μ γε και ζuνήγορον &ναβιβάσασ&αι προς τ�ν 3lκψ βοόλομαι. ΦΙΛ. Ν� Δlα, &κολοu-θ·ήσατε και όμε�ς ou χαλεπον γαρ μίαν 3ικάσαι 3lκψ, και ταuτα περι των ήμετέρων tσομένψ. [Ι7] ΑΛΗΘ. 'Άπιτε όμε�ς· tγω γαρ οu3Ε:ν aέομαι &κοόειν & πάλαι οΊ:3α όπο�ά tστιν. ΦΙΛ. ' Αλλα ήμ�ν, ω ' Αλή.θ·εια, tν Μοντι ζuν3ικά.ζοις &ν, 6Jς και καταμ'Υ)νόοις �καστα. Ν

21.

Cf1'. Tim., 46 e nota 27.

15 [28], I6·J7

55 Ι

FrL. Che dici tu?

ΡARR. Proprio la stessa cosa, perche tu sola, Filosofia 111ia signora, puoi trovare la verita : a stento, se devo dirlo, e dopo 111 olte suppliche ho ottenuto che si serbasse per te la cura del processo. PLAT. Adesso la chiami signora, ο 111aledetto ? Ma or non e 1110lt0 davanti ad altrettanto pubblico volevi dilllostrare che e la piu spregevole delle cose, lllettendo all'incanto per due oboli al pezzo ciascuna delle for111e della sua sapienza. FrL. Attenti pero alla possibilita che costιιi abbia paΓ­ lato 111ale non della Filosofia, 111 a di i111postoΓi che a nostω no111e COllllll ettono 111olte spoΓche azioni ! PLAT. Lo sapΓai subito, puΓche sia disposta ad ascoltaΓe la sua difesa. FrL. Andia111ocene sul colle di AΓes 21, ο 111 eglio sull'acω­ poli addiΓittuΓa : dall'alto abbΓacceΓelllo con un solo sguaΓclo tutto quello che avviene in citta. [r6] Voi fΓattanto, a111iche 111ie, passeggiate nel PoΓtico Dipinto : saΓo da voi, quando avΓo giudicato la causa. PARR. Chi sono, ο Filosofia? Mi selllbΓano anch'esse 111olto co111poste. FIL. Questa, viΓile, e la ViΓtu, quella la Saggezza e ac­ canto a lei la Giιιstizia. Le guida la CultuΓa, e quest'altΓa, un po' evanescente e dal coloΓito inceΓto, e la VeΓita. Ρ ARR. Νon vedo quale tu dica. FIL. Quella la senza tωcco, non vedi, che e nuda, fugge selllpΓe e si dilegua? ΡARR. La vedo οΓa a 111 ala pena. Ma peΓche non conduci anche queste ? Ι consiglieΓi saΓanno in nu111e ω pieno e legale. Ε poi intendo chialll aΓe al pωcesso co111e 111io avvocato la VeΓita. FrL. In no111e di Ζeιιs, venite anche voi con 111e : non e fastidioso giudicaΓe una sola causa, tanto piu che veΓteΓa su faccende nostΓe. [ 17] VERrτλ. Andate voi : io non ho alcun bisogno di sentiΓe delle cose che so da te111po co111e sono. FrL. Tuttavia saΓebbe oppoΓtuno, ο VeΓita, che tu fossi giudice con 111e, peΓ faΓ piena luce su ogni paΓticolaΓe.

55Ζ

ΑΛΙΕΎ'Σ Η ΑΝΑΒΙΟΎ'ΝΤΕΣ

ΑΛΗΘ. Οόκοuν έπάγωμαι και τω &εραπαινιο(ω τοότω σu­ νοικοτάτω μοι Sντε ; ΦΙΛ. Καt μάλα όπ6σας &ν έ&έλης. ΑΛΗΘ. 'Έπεσ&ον, δ Έλεu-ι}ερία και Παρρησια, με&' �μων, ώς τον οείλαιον τοuτονl άν&ρωπ(σκον έραστην �μέτερον 6ντα κινοuνεόοντα έπ' οu3εμι� προφάσει οικαίq. σωσαι οuνη&ωμεV' σο aέ, δ 'Έλεγχε, αuτοu περ(μενε. ΠΑΡΡ. Μη3αμως, δ οέσποινα, �κέτω σε και οΟτος, εt καί τις &.λλος' ou γ κατα βαρ β αροuς ο< τρ 6 πος �οεI κα.ι η< παιοεια Σολέας η Κuπρίοuς η Βαβuλων(οuς η Σταγεφ(τας 23• Κα(τοι πρ6ς '

'

,

'

22. Ι tι·e nωni inventati da Luciano per se e peΓ i suoi ascendenti sono chiaraωente allusivi. Paιτesiade (da πα.ppΊ)σtα.) e colui che parla Iibera­ ιnente ; Aletione (da ά:λ�S·εια.) e colui che ha Ia qualiHι di essere veritieι·o ; Elensicle (da �λεγξις e κλέος) e colui che ha Ia gloria, ii vanto di sιnasclιe­ Γare, criticare, biasimare.

15 [28], r 8-rg

553

VER. Dovrei du11que far νe11ire a11che queste due mie servette, che mi so11o i11separabili ? FIL. Ma certo e qua11te vuoi. VER. Ve11ite co11 11oi, ο Liberta e Fra11chezza : il 11ostro scopo e di poter salvare questo disgraziato omiciattolo, 110stω amatore, che e i11 pericolo se11za u11a giusta ragio11e. Tu i11νece, ο Co11futazio11e, resta qui. PARR. Nie11te affatto, ο mia sig11oΓa ; deve ve11ire a11ch'essa, se altri mai. ΡeΓ me ci sara da combattere 11011 co11tro bestie comu11i, ma co11tro uomi11i pie11i di se, che e diffi.cile cogliere i11 fallo, che troνa11o sempre qualche scappatoia : du11que la Confutazione e 11ecessaria. FIL. Ν ecessarissima certo ; ma meglio a11cora, se pre11di co11 11oi a11che la Dimostrazio11e. VER. Seguiteci tutte, dal mome11to che sembrate 11eces­ sarissime al processo. [r8] ARISTOTELE. Lo vedi, ο Filosofia? Fa sua partigia11a cο11tιΌ di 11oi la Verita. FIL. Ε poi temete, Plato11e, Crisippo e Aristotele, che, esse11do la Verita, possa me11tire per favorirlo ? PLAT. Questo 110, ma lui e U11 furbo matricolato e sa adulare ; e cosi riuscira a persuaderla. FIL. Coraggio l Νο11 c'e pericolo che si faccia la mi11ima i11giustizia : e qui prese11te la Giustizia. Saliamo du11que. [rg] Ma diιnmi tu : qual e i1 tuo nome? PARR. Parresiade figlio di Aletio11e, figlio di Ele11sicle 22 • FIL. Ε la tua patria? PARR. So11o siro, ο Filosofia, della regio11e dell'Eufrate. Ma che vuol dire questo? Ιο so che alcu11i degli avversari che mi sta11110 daνa11ti so11o di stirpe barbara 11011 me11o di me : la loro 11atura e la loro formazio11e 11011 so11o quelle degli abita11ti di Soli ο di Cipro ο di Babilo11ia ο di Stagira 23 • D' altra parte, ai tuoi occhi alme11o, 11essu11o, se il suo pe11-

23. Le citta noιninate, straniere ο considerate straniere dai Greci, furono tutte patria di notί filosofi, Soli dί Crisippo, Cizio, nell'isola dί Cipro, di Zenone, il fondatore dello stoicisιno, Babilonia di Diogene stoico, Stagira di Aristotele.

554

ΑΛΙΕΥΣ Η ΑΝΑΒΙΟΥΝΤΕΣ

Ι ' γενοLτο ουο εL την φων'Υ)ν βαp γε σεI ουοεν r;.ν ε' λαττων βcφος εLΎ) τLς, ε'ίπεp � γνώμΎ) όp.&� κα( aLκαία φαίνοLτΟ ΟΟσα, [20] ΦΙΛ. Εο λέγεLς' &.λλως γοuν τοuτο �p6μψ. Ή τέχν'Υ) Μ σοL τίς ; 'Άξων γιΧp έπίστασ.&αL τοuτ6 γε. ΠΑΡΡ. Μωαλαζών είμL κα( μLσογ6Ύ)ς κα( μLσοψευa�ς 1ιαt μLσ6τυφος κα( μLσω πiΧν το τοωυτωaες ε!aος των μLαpων &ν­ &pώπων' πάνυ aE: πολλοί είσLν, ώς ο!σ.&α, ΦΙΛ. ΉpάκλεLς, πολυμLσ� ηνα μέτεL τ�ν τέχνψ. ΠΑΡΡ. Εο λέγεLς' όpΕ?ς γοuν όπ6σοLς &πεχ.&άνομαL κα( ώς ΚLνaυνεοω aL' αότfιν. Οό μ�ν &λλιΧ κα( τ�ν έναντίαν αότη πάνυ '!''1I

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24. L'epiteto Poliade, col quale e qui nominata Atena, significa pro· tettl"ice della citta (da π6λις) . La sua statua era venerata nellΈι·etteo, il tempio di cui ancor oggi si ammirano i resti snll'Acropoli cli Atene.

rs [28] , 20-22

555

sieω fosse manifestamente vero e giusto, perderebbe stima per il solo fatto d'essere barbaro di lingua. [20] FIL. Dici bene ; ma non per questo ho fatto la do­ manda. Ε qual e la tua professione? Ε una cosa che vale la pena ch'io sappia. PARR. Ιο sono odiatore degli spacconi, degli impostori, dei bugiardi, degli albagiosi ; odio tutta la genia degli scel­ lerati di tale risma, e sono moltissimi, come tu sai. FrL. Per Eracle, la pωfessione che eserciti e piena d'odio. ΡARR. Dici bene : in realta tu vedi a quanti mi rendo odioso e quanti pericoli corro per essa. Tuttavia conosco molto bene anche quella contraria, intendo dire quella che ha principio dall'amore : infatti sono amante della verita, della bellezza, della semplicita e di tutte le cose cui per natura spetta l'essere amate ; solo che pochissimi sono degni di questa professione. Quelli invece che si trovano sotto la giurisdizione della contraria e hanno maggiore famigliarita con l'odio sono decine di migliaia. Ε per questo clιe una, non praticandola, rischio ormai di disimpararla, l'altra di conoscerla anche troppo bene. FrL. Eppure non dovresti : chi ha nozione di una cosa, dicono, ha nozione del suo contrario ; di conseguenza non distinguere le due professioni, e siano una sola, pur sem­ brando due. ΡARR. Qιιeste cose, ο Filosofia, le sai meglio tu, ma il mio compito e di odiare i perversi, di lodare ed amare i buoni. [ 2r J FrL. Eccoci giunti a destinazione : giudichiamo qui nel pronao di Atena Poliade 24• Τιι, sacerdotessa, disponi gli scanni per noi, ed ίο invito voi, frattanto, a rendere omaggio alla dea. PARR. Ο Poliade, siimi alleata contro i millantatori ri­ cordando quante volte ogni giorno li senti spergiurare ; le loro azioni poi, come colei che sorveglia, le vedi tu sola. Ora e il. momento di punirli. Ε se mi vedrai vacillare e le palline nere saranno di pilι , intervieni col tno voto e salvami. [22] Fπ. Bene : noi sediamo, pronti ad ascoltare i vostri discorsi, e voi, scelto uno fra tutti, che sia giudicato il mi­ glior accusatore, pronnnciate l'accusa e sostenetela con le

ΑΛΙΕΤΣ Η ΑΗΑΒΙΟΥΝΤΕΣ

�ιελέγχετε· πάντας γιΧp &μα λέγειν άμ�χανον. Σu �έ, ω Παρ­ ρφιά�ΊJ, άπολογ�ση το μετιΧ τοuτο. ΧΡΥΣ. τίς οδν &ν έπιτΊ)�ειότατος έξ �μων γένοιτο προς την �ίκψ σοu, ω Πλάτων ; 'Ή τε γιΧρ μεγαλόνοια &αuμαστη ΚιΧL � καλλιφωνία �εινως ' Αττικη ΚιΧL το κεχαpισμένον ΚIΧL πει.θ·οuς , ' , ι: ι ' β .Ι.e;ς και, τu1 επαγωγον και' το' ακρι μεστον Ί),, τε ι,uνεσις εν καιp ταI υμετερα, < > '!' I 'I' Jl, � ΎJν, κυ ψα ες σε μεν, ωσπερ αναγκαιον καιI τουσοε &παντας έ&αύμαζον &ρίστου βίου νομο&έτας /)ντας κα:l τοϊς έπ' αύτον έπειγομένοις χεϊρα όρέγοντας, τα κάλλιστα καl ξυμφο­ ρώτατα παραινουντας, εr τις μ� παραβαίνοι αύτα μΎ)8ε 8ιολι­ σ-θ·άνοι, άλλ' άτενeς άποβλέπων ές τοuς κανόνας οΟς προτε&είκατε, προς τούτους pυ&μίζοι καl άπευ&ύνοι τον έαυτου βίον. [3Ι ] Όρων aε πολλοuς ούκ �ρωτι φιλοσοφίας έχομένους, άλλα 86ξΎJς μόνον τ�ς ά.πο του πράγματος έφιεμένους, ΚΙΧL τα μεν πρ6χεφα ταυτα καl 8Ύ)μόσια καl όπόσα παντl μψεϊσ&αι p�8ιον εδ μάλα έοικότας άγα-θ·οϊς άν8ράσι, το γένειον λέγω καl το βά8ισμα καl τ�ν άνα­ βολ�ν, έπl aε του βίου καl τ&ν πραγμάτων άντιφ&εγγομένους τΜ φιλοσοφοϋντες και τον &κρατον οό φέροντες· οί lδιωται δe όπόσοι ξυμπίνουσι, γελωσι δηλαδΊj και καταπτύουσι φιλοσο­ φίας, εl τοιαϋτα καS·άρματα έκτρέφει. [35 ] Το δΕ: πάντων α'Cσχιστον, δτι μηδενος δεϊσ&αι λέγων �καστος αότων, &λλδ: μόνον πλούσιον ε!ναι τον σοφον κεκραγως μικρον 6στερον αlτεϊ προσελS·ων και &γανακτεϊ μΊj λαβών, δμοιον ώς ε'C τις έν βασι­ λικω σχήματι όρS·Ίjν τιάραν �χων και διάδημα και τα &λλα δσα βασιλείας γνωρίσματα προσαιτοίη των ύποδεεστέρων δεόμενος. 'Όταν μΕ:ν οδν αότοός τι Μη λαμβάνειν, πολuς ό περι τοϋ κοι­ νωνικον ε!ναι δεϊν λόγος και ώς &διάφορον ό πλοϋτος 36 καί, τί γαρ το χρυσίον � &ργύριον οόδΕ:ν των έν τοϊς αlγιαλοϊς ψηφίδων διαφέρον ; 'Όταν δέ τις έπικουρίας δεόμενος έταίρος έκ παλαιοϋ και φίλος &πο πολλων ολίγα αlτ?) προσελS·ών, σιωπΊj κα.t &παρία και &μαS·ία και παλινι:->δία των λόγων προς το έναντίοV' οί δΕ: 36, Cfr. Vit. auct., nota rS,

15 [28], 34-35

li rappresenta e si e vestito della loro figura, ma penso che di vederli frustare possano compiacersi, giacche non inter­ pretare abilmente il personaggio di un servo ο di un nunzio e piccolo danno, ma presentare indegnamente agli spettatori Zeus ο Eracle e cosa abominevole e vergognosa. [34] Ε poi cio cl1e e piu strano e questo, che la maggior parte di essi conoscono a menadito le vostre opere, ma vivono come se le leggessero e le studiassero al solo scopo di comportarsi nel modo opposto : e infatti tutte le cose che dicono, per esempio che disprezzano la ricchezza e la gloria, che giudicano buona e mite soltanto l'onesta, che non mostrano alcun rigιιardo per i potenti e parlano con loro da pari a pari, sono cose nobili, per gli dei, sagge e ammirevoli veramente. Essi pero insegnano queste stesse cose per mercede, restano in­ tontiti davanti ai ricchi e a bocca aperta davanti al denaro, sono piu rabbiosi dei botoli, piu paurosi delle lepri, piu adulatori delle scimmie, piu impudenti degli asini, piu rapaci dei gatti, piu litigiosi dei galli. Percio fanno ridere, quando si slanciano a gara su quelle meraviglie e si scambiano go­ mitate alle porte dei Γicchi, partecipando a cene affollatissime e anche in queste facendo lodi volgari, bevendo piu di quanto sia decoroso, mostrandosi incontentabili, facendo discorsi di filosofia, tra un bicchiere e l'altro, tanto cupi quanto inop­ portuni e non soppoΓtando il vin puro ; e la gente comnne che e li a bere con loro, ride naturalmente e sputa sulla filosofia, che alleva simile feccia. [35] Ma piu vergognoso di tutti e il fatto che ciascuno di essi dice di non aver bisogno di nulla e strilla che solo il sapiente e ricco, ma poco dopo va e chiede e s'arrabbia se non riceve, proprio come se un tale vestito da re, con la tiara rigida e il diadema e tutti gli altri contrassegni della regalita, pregasse gli inferiori di dargli ancora qualcosa. Quando sono loro che devono pren­ dere qualcosa, non finiscono di blaterare che bisogna essere generosi, che la ricchezza e (( indifferente )) 36 : (( e infatti che sono - dicono - l'oro ο l'argento, che non sono diversi in nulla dalle pietruzze delle spiagge? )) Quando invece si pre­ senta un compagno d'antica data ed amico che, bisognoso d'aiuto, chiede una piccola cosa delle loro molte, allora si-

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ΑΛΙΕΥΣ Η ΑΝΑΒΙΟΥΝΤΕΣ

πολλοι περ1 φιλίας έκε�νοι λόγοι κα1 ή &ρετη κα1 το καλον ούκ o!a' �ποι ποτ� ο'Cχεται πάντα ταuτα &ποπτάμενα, πτερόεντα ώς &λη.θ·&ς �πη 37, μάτην όσημέραι προς αύτ&ν έν τα�ς aιατριβα�ς 38 σκιαμαχοuμενα. [36] Μέχρι γοφ τοότου φίλος &:καστος αύτ&ν ές 6σον &ν μη &ργuριον η χρυσίον 7J προκείμενον έν τ (> 1 I > I � •1 ΠLV''Υ)ΚΟ ραουνει,

τu1 πορv,μειον

'>I οεοV' JJ.. '> ,1οΊJ

"' ουναμενοV'

[r] ΧΑΡ. Ε!εν, ω Κλω&ο'L, το μΕ:ν σκάφος τοuτο �μ'Lν πάλαι εύτρεπΕ:ς και προς ά.ναγωγ�ν εο μάλα παρεσκευασμένοV' 6 τε γιΧρ &ντλος έκκέχυταιQ_και tl δ� tστος ί.Sρ.θ,ωται και � ο&όνΊJ παρα­ Ί)v'Ί)ζ υοωρ κέκρουσται και των τε ούaέν, � 11, κωπων Iέκάστ'Υ) τετρόπωται, κωλόει κιv,αρι 'I ,1τοι αιει 6σον έπ' έμοί, το ά.γκύριον ά.νασπάσαντας ά.ποπλε'Lν. Ό aε Έρμ�ς \ � > � < < � � β I ορqις, ως β ατων, επι πα' λαι παρειναι γουν κενον \ � " ' ' ' ' λευκεναι τρις εστι τ'Υ)μερον αναπεπ και σχεaον ά.μφι βουλυτόν έστιν, �με'Lς aε ούaέπω ούaΕ: οβολΟν έμπεπολ�καμεν. Ε!τα δ Πλοuτων εο ο!aα 6τι έμe pqι&υμε'Lν έν >Ι � ' 1 < � I λΊJ1 ψ εται, και\ τα.υτα τουτοις υπο παρ ' α''λλCJ> ουσΊJς τΊJς αιτιας. Ό aε καλος �μ'Lν κά.γα&ος νεκροπομπος &σπερ τις &λλος κα.ι \ \ ' ψαι προς ( � ' \ ..... ανω ,, Λ I ' αυτος το' τΊJς πεπωκως αναστρε Ί)μας 1 � ' ' ' ' ' ' ' λελΊ)σται, και ' β ων ΊJ επι μετα των εφ'Υ) ζει παλ λόγους τινιΧς aιεξέρχεται έπιaεικνuμενος τον λ�ρον τον αuτοu, � � τ" οιοα τ,1ν τάχα που και κλωπεuει δ γεννάaας πα.ρελ&ών- μία γιΧρ αύτοu και α6τΊJ των τεχνων. Ό a' οον έλευ&εριάζει προς �μiΧς, και ταuτα έξ �μισείας �μέτιφος ί.Sν. I Jl, 11,

' ' "' ροσια τu1 Ί)οιον αφv,ονοV' ωστε ,1 [z] ΚΛΩΘ. τι aέ ; Ο!aας, ω Χάρων, εr τις ά.σχολία προσέ­ πεσεν αύτcj>, τοu Διος έπι πλέον aε'ΥJ&έντος ά.ποχρ�σασ&αι προς τα &νω πράγματα ; ΔεσπότΊJς aε κακε'Lνός έστιν. ΧΑΡ. 'Αλλ' ούχ &στε, ω Κλω&ο'L, πέρα τοu μετρίου aεσπό­ ζειν κοινοu κτ�ματος, έπει ούaΕ: �με'Lς ποτε αύτόν, ά.πιέναι aέον, ' ' �ν μεν ' ' ' 'Αλλ' εγω ' ' παρ ' Ί)μ κατεσχ'Υ)καμεν. αιτιαV' ι ' γαρ ά.σφόaελος μόνον και χοαι και πόπανα και έναγίσματα, τα a' &λλα ζόφος και δμίχλΊ) και σκότος, έν aε τcj) ούρανcj) φαιaρα πάντα ι ' β και' τε αμ πολλΊJ' και' νεκταρ μοι παρ' έκείνοις βραΜνειν �οικε. Και παρ' �μων μΕ:ν ά.νίπταται κα&άπερ έκ aεσμωτΊJρίου τινος ά.ποaιaράσκων- έπειΜν aε καφος κατιέναι, σχολfJ και βάaψ μόλις ποτΕ: κατέρχεται. "

[r] CARONTE. Tutto a posto, ο Cloto ! Questo nostro bat­ tello e in ordine da tempo e messo a punto perfettamente per salpare : la sentina e stata svuotata, l'albero alzato, la vela attaccata, ciascuno dei remi inserito nello stroppo e nulla impedisce, per quel che mi riguarda, di levare l'ancora e partire. Ma Ermete ritarda, e dovrebbe essere qui da tempo ; cosi, come vedi, la nave e priva di passeggeri, mentre oggi avrebbe potuto salpare gia tre volte. Ε quasi sera e non abbiamo ancora guadagnato nemmeno un obolo. Poi, lo so bene, Plutone credera che me la sia presa comoda, e la colpa e invece di un altro. Il nostro buon accompagnatore dei morti ha bevuto anche lui come qualsiasi altro l'acqua del Lete di lassu e s'e dimenticato di tornare da noi ; sono certo che ora fa la lotta con gli adolescenti ο suona la cetra ο sciorina discorsi sfoggiando la sua chiacchiera ο forse anche ruba, l'il­ lustre, e la fa franca : e questa pure una delle sue arti. Insom­ ma e per meta nostro e con noi si comporta come fosse libero. [2] CLOτo. Che ne sai tu, ο Caronte, se non gli sia soprav­ venuto un impegno? Zeus puo aver avuto bisogno di ser­ virsi ancora di lui per le faccende di lassu. Padrone e anche lui. CAR. Ma non al punto, ο Cloto, da spadroneggiare piu del giusto su un possesso comune, quando da parte nostra, ogni volta che doveva andarsene, non lo abbiamo mai trat­ tenuto. Ma io ne so la ragione : da noi ci sono soltanto asfo­ deli, libagioni di latte e miele, focacce, sacrifi.ci funebri e, per il resto, tetraggine, nebbia, buio ; nel cielo invece tutto e splendore, l'ambrosia e molta, il nettare abbondante, ed ecco perche mi pare che indugi piu volentieri da loro. Da noi vola via, come scappasse di prigione, poi, quando e il momento di ridiscendere, piano piano e passo passo ci vuol tutta che arrivi.

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ΚΑΤΑΠΛΟΥΣ Η ΤΥΡΑΝΝΟΣ

[3 ] ΚΛΩΘ. ΜΊJκέτι χαλέπαινε, & Χάρων- πλφίον γιΧρ αuτος οοτος, ώς όρ�ς, πολλοός τινας �μ'i:ν &γων, μiΧλλον aε &σπερ τι αίπόλιον ά&ρόοuς αuτοuς τη pάβa σοβων. 'ΑλλιΧ τί τοuτο ; Δεaεμένον τινιΧ έν αuτο'i:ς καt &λλον γελωντα δρω, �να aέ τινα και π�ραν έξ'Υ)μμένον και ξόλον έν τη χεφι �χοντα, aριμu ένο­ ρωντα και τοuς &λλοuς έπισπεόaοντα. Οuχ όρ�ς aε και τον Έpμ�ν Ι� > 1 Ι }._ Ι >� � αuτuν ιορωτι ι-εομενον καιI τωΙ ποοε κεκονιμενον καιI πνεuστιωντα ; Μεστον γοuν &σ&ματος αuτί{) το στόμα. τι ταuτα, & Έρμ� ; τις � σποua� ; Τεταραγμένος γιΧp �μ'i:ν �οικας. ΕΡΜ. τι a' IJ.λλο, & Κλω&οϊ, � τοuτονι τον &.λιτ�ριον άπο­ aράντα μεταaιώκων όλίγοu aει:ν λειπόνεως uμίν τ�μερον έγε­ νόμψ ; ΚΛΩΘ. τις a' έστίν ; "Η τί βοuλόμενος άπεaίaρασκε ; ΕΡΜ. Touτt μΕ:ν πρόa'Υ)λον, 5τι ζ�ν μiΧλλον έβοόλετο. 'Έση aε βασιλεός τις � τόραννος, άπο γοuν των όauρμων καt &ν άνα­ κωκόει, πολλ�ς τινος εuaαιμονίας έστερ�σ&αι λέγων. ΚΛΩΘ. Ε!&' ό μάταιος άπεaίaρασκεν, ώς έπιβιωναι auνά­ μενος, έπιλελοιπότος �a'Y) τοu έπικεκλωσμένοu αuτί{) ν�ματος ; [ 4] ΕΡΜ. ' Απεaίaρασκε, λέγεις ; Et γιΧρ μ� ό γενναιότατος οοτος, ό το ξόλον, σuν�ργ'Υ)σέ μοι και σuλλαβόντες αuτον εa�σαμεν, κ&ν ι'ι)χετο �μiΧς άποφuγών' άφ' 00 γάρ μοι παρέaωκεν αuτον I Ι 'Υ) "Ατροπος, παρ ' ufl λ'Υ)ν τ.),ιιν ο< ο�ον αντι::Lτεινε καιI αντεσπα, καιI τωI πόaε άντερείaων προς το �aαφος ou παντελως εΜγωγος �ν­ ένίοτε aε και ίκέτεuε καt κατελιπάρει άφε&�ναι προς ολίγον άξιων καt πολλιΧ aώσειν uπισχνοόμενος. Έγ Μ, &σπερ είκός, οuκ άνίειν όρων &.auνάτων έφιέμενον. Έπει aε κοιτ' αuτο a� το στόμιον �μεν, έμοu τοuς νεκροός, ώς �&ος, άπαρι&μοuντος τί{) Αtακί{) 1 κάκείνοu λογιζομένοu αuτοuς προς το παριΧ τ�ς σ�ς &.aελφ�ς 2 πεμφ&Ε:ν αuτί{) σόμβολον, λα&ιi>ν οuκ o!a' δπως ό τρισκατάρατος άπιν ι'ι)χετο. Ένέaει οόν νεκρος ε!ς τί{) λογισμί{), και ό Αtακος άνατείνας τιΧς όφρuς, Μ� έπι πάντων, & Έρμ�, φφί, χρω τη κλεπτικη, &λις σοι αί έν οuρανί{) παι3ιαί . τιΧ νεκρων •

,

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r. Figlio di Zeus e padre di Peleo e Telamone, fu stimato ί1 piu giusto degli uomini e, dopo la sua morte, posto a fιanco di Minosse e Radamanto come giudice dei morti. Ε nominato ίη Dial. Mort., 1 3 , 4 e r6, 2 ed e per­ sonaggio in Dial. Mort., 20. 2 . La sorella di Cloto, che qui segna il numel'O dei morti di volta in volta affidati ad Ermete e ίη Dial. Mort., 30, 2 assegna a ciascuno ί1 destino, e Atropo, nominata poco sopra, che, come si sa, aveva l'ufficio di troncare

J6 [19], 3-4

[3] CLOτ. Non essere piu inquieto, ο Caronte : e proprio lui che si avvicina e, come vedi, ci conduce molta gente, anzi li spinge uno sull' altro con la verga come fossero un gregge di capre. Ma che e questo ? Vedo fra di essi uno legato, un altro che ride e un terzo con una bisaccia a tracolla e un bastone in mano, che guarda torvo e sollecita gli altri. Non vedi poi lo stesso Ermete grondante di sudore, impolverato nei piedi, ansimante ? Il fiato grosso non gli fa chiudere la bocca. Che c'e, Ermete? Cos'e questa corsa ? Ci sembri stra­ volto. ERM. Che altro puo esserci, ο Cloto, se non che, per inseguire questo furfante che eΓa scappato, e mancato poco che oggi vi disertassi la nave ? CLOτ. Chi e ? Che cosa si proponeva scappando? ERM. Che volesse vivere di piu, e chiaro. Poi, a giudicare almeno dai gemiti e dai lamenti, che gli uscivano mentre diceva di essere stato privato di una grande felicita, dev'es­ sere un re ο un tiranna. CLOT. Ε cosi lo stolto scappava, come se potesse vivere ancora, dopo che e finito il filo che gli e stato assegnato ? [4] ERM. Scappava, dici ? Se questa degnissima persona, che ha il bastone, non mi avesse aiutato e, una volta ripreso, non lo avessimo legato, ci sarebbe sfuggito. Da quando Atropo me lo a:ffido, non fece altro durante tutto il cammino che resistermi e tirare in senso opposto, puntava i piedi per terra e non mostrava la minima docilita ; talvolta supplicava chie­ dendo con insistenza di essere lasciato per un ρο' e promet­ tendo molti doni. Ιο, come e naturale, non lo lasciavo, ve­ dendo che desideΓava una cosa impossibile. Ma mentre eravamo proprio davanti all'imboccatura ed io, come al solito, contavo i morti per Eaco 1, ed Eaco ne riscontrava il numero in base alla nota inviata da tua sorella 2, lo stramaledetto elude, non so come, la mia sorveglianza e sparisce. Mancava dunque un morto nel conteggio ed Eaco, inarcando le ciglia, mi dice : « Non usare, ο Ermete, l'arte del furto in tutte le occasioni : bastano gli scherzi che fai in cielo. Ι calcoli dei per ogni uomo lo stame della vita, filato dalla terza sorella, Lachesi. Tre erano infatti le Moire ο, latinamente, Parche (cfr. Dial. mar., g, z) .

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ΚΑΤΑΠΛΟΥΣ Η �ΎΡΑΝΝΟΣ

�ε &κριβ� και οuaαμως λα&ε1'ν auνοcμενα. τέτταρας, ώς δρ�ς, προς το1'ς χιλίοις �χει το σόμβολον έγκεχαραγμένοuς, σο aέ μοι παρ' �να �κεις &γων, εί μ� τοuτο φ�ς, ώς παραλελόγισταί σε � 'Άτροπος. Έγω aε έρu&ριοcσας προς τον λόγον ταχέως δπεμ­ ν�σ&ψ των κατιΧ τ�ν δaόν, κ&πειa� περιβλέπων ouaαμou τοuτον < '!' >Ν ' ' t .,}, '!' � ' �� ως ειχον ταχοuς κατα' τ'Υ)ν ε�οον, τ.1ν αποορασιν εοιωκον σuνεις &γοuσαν προς το φως· ε�πετο aε αu&αίρετός μοι δ βέλτιστος οοτος, και &σπερ &πο 6σπλΎ)γγος &έοντες κατελαμβοcνομεν αuτον �a'Y) έν Ταινοcρφ 3 • πcφιΧ τοσοuτον �λ&ε aιαφuγε1'ν. [5] ΚΛΩΘ. Ί-Ιμε1'ς aέ, ω Χοcρων, όλιγωρίαν �a'Y) τοu Έρμοu κατεγινώσκομεν. ΧΑΡ. Τί οον �τι aιαμέλλομεν ώς οuχ ίκαν�ς �μ1'ν γεγεν'Υ)­ μένΎ)ς aιατριβ�ς ; ΚΛΩΘ. Εο λέγεις έμβαινέτωσαν. Έγω aε προχειρισαμέν'Υ) ' ' ' β αvραν � '� ' ,� ' και' πcφα' τ'Υ)ν απο επιτο' β ι βλιον ζ ομι::ιν'Υ), ως εvος, καvε \ \ ' Cι J! � � ' ' !l ' ' βαινοντα ι::καστον αuτων οιαγνωσομαι, τις και ΠΟ·V'εν και uντινα τε&νεως τον τρόπον' σο aε παραλαμβοcνων στοίβαζε και σuντί&ει . � �' � \ '1 � ' β αλ ou· σuI σε, ω... ' Ε ρμ'Υ), τα\ νεογνα\ ταuτι\ πρωτα εμ τι' γαρ σ.ν και\ &ποκρίναιντό μοι ; ΕΡΜ. ' Ιaοό σοι, ω πορ&μεο, τον &ρι.Θ·μον οοτοι τριακόσιοι μετιΧ των έκτε&ειμένων. ΧΑΡ. Βαβα1' τ� ς εuαγρίας. Όμφακίας �μι'ν νεκροος �κεις &γ ων. ΕΡΜ. Βοόλει, ω Κλω.Θ·ο1', τοος άκλαόστοuς έπι τοότοις έμβιβασώμε&α ; ΚΛΩΘ. Τοος γέροντας λέγεις ; 06τω ποίει. Τί γοcρ με aει προcγματα �χειν τιΧ προ Εuκλείaοu 4 νuν έξετοcζοuσαν ; Οί δπeρ έξ�κοντα δμε1'ς ποcριτε �a'Y). τι τοuτο ; Οuκ έπακοόοuσί μοu βε... ' \ � � ' ' ' I ' ' ./_ βuσμενοι Δε'Υ)σει τ�.\ ωτα uπο των ετων. αροcταχα και\ τοuτοuς μενον παραγαγε1'ν. ΕΡΜ. ' Iaoo ποcλιν οοτοι auε1'ν aέοντες τετρακόσιοι, τακεροι ποcντες και πέπεφοι και κΙΧ&' &ραν τετρuγ'Υ)μένοι. ΧΑΡ. ΜιΧ Δί' , έπε ι άσταφίaες γε πάντες �a'Y) είσί. [6] ΚΛΩΘ. Τοος τραυματίας έπι τοότοις, ω Έρμ�, παροc3· L'odierno capo Matapan, nel quale si apriva un antro che, per le sue esalazioni mefitiche, si riteneva l'ingresso dell'Ade. 4· Espressione proverbiale indicante cose lontane nel tempo e dimen­ ticate. Sotto l'arconte Euclide (403-402), infatti, debellati ί Trenta τiranni,

χ6 [19], s-6

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morti sono precιsι e nulla puo sfuggire. Sulla nota, come vedi, ne sono segnati mille quattro e tu arrivi conducendoli tu tti fuorche uno ; a meno che non dica che Α tropo ti ha imbrogliato >> . Arrossii a queste parole e subito mi ricordai cli quanto era accaduto durante il cammino e, poiche guar­ dando intorno non lo vidi in nessun posto, capii che era scappato e lo inseguii quanto pii:ι velocemente potevo per la via che porta alla luce ; mi seguiva di sua volonta que­ st'ottima persona e correndo come se ci avessero alzato le sbaπe lo raggiungemmo che era gia al Tenaro 3 : per cosi poco non riusci a svignarsela. [5] CLOT. Ε noi, ο Caronte, gia accusavamo Ermete di negligenza. CAR. Ma perche indugiamo ancora, come se non bastasse il ritardo che abbiamo ? CLOτ. Dici bene : s'irilbarchino. Ed io, preso in mano i1 registro, mi mettero al solito accanto alla passerella e, mentre s'imbaι·cano, 1i esaminero ad uno ad uno domandando chi sia, di dove sia e in che modo sia morto. Tu ricevili e stipali tutti insieme e tu, Ermete, porta subito q, bordo questi neonati qui : che cosa potrebbero rispondermi ? ERM. Ecco a te, ο nocchiero : questi sono trecento, com­ presi gli esposti. CAR. Una buona caccia veramente ! Sei venuto a portarci dei morti acerbi. ERM. Vuoi, ο Cloto, che dopo questi imbarchiamo i non pianti? CLOτ. Intendi i veccl1i? Fa pure. PercM dovrei prendermi la briga di indagare su cose accadute prima di Euclide? 4 Voi sopra i sessanta passate , subito. Che succede? Non mi odono : hanno le orecchie tappate dagli anni. Bisognera forse trasportare di peso anche questi. ERM. Ed eccoti questi altri trecentonovantotto, tutti molli, invece, e maturi e vendemmiati al momento giusto. CAR. Νο, per Zeus : se e gia tutta uva passa ! [6] CLOT. Dopo questi, ο Ermete, fa entrare i morti per fιι decretatr> ιιn'amnistia, che cancellava la validita di qιιalsiasi provvedi­ mento preso prima di quell'anno. 38.

LUCIANO,

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ΚΑΤΑΠΛΟΙ'Σ Η ΤΙ'ΡΑΝΝΟΣ

γαγε· και πρωτοί μοι ε�πατε 5πως άπο&ανόντες �κετε· μiΧλλον "'' , \ I � , \ � σε αUτΎJ προς τα\ γεγραμμενα uμας επισκε ομαι. π ολ εμοuντας άπο&ανε�ν �aει χ\}�ς έν Μuσί� τέτταρας έπι' Ψτο�ς όγaο�κοντα και I !:' I , � Γω β αρΎ)ν. l ' 0 "'uαρτοu uιον μετ ' αuτων τυν ΕΡΜ. Πάρεισι. ΚΛΩΘ. Δι' �ρωτα αuτοuς άπέσφαξαν έπτά., και ό φιλόσοφος ΘεαγένΎJς 5 aια τ�ν έταίραν Ί-�ν Μεγαρ6&εν. ΕΡΜ. Οuτοιι πλφίον. ΚΛΩΘ. Που a• ot περι τΎ)ς βασιλείας uπ' άλλ�λων άποS·ανόντες ; ΕΡΜ. ΠαρεστiΧσιν. ΚΛΩΘ. Ό a• uπο του μοιχου και της γuναικος φονεuS·είς ; ΕΡΜ. Ίaοό σοι πλφίον. ΚΛΩΘ. Τοuς έκ aικΟGστΎJpίων aητα παράγαγε, λέγω a� τοuς έκ τuμπάνοu και τοuς άνεσκολοrησμένοuς. Ot a• uπο ληστων άπο&ανόντες έκκαίaεκα που είσιν, ί1 Έρμη ; ΕΡΜ. Πά.ρεισιν ο�aε ot τραuματίαι, ώς όρ�ς. Τας a� γu­ να�κας &μα βοuλει παραγάγω ; ΚΛΩΘ. Μάλιστα, και τοuς άπο ναuαγίων γε &μα· και γαρ τε&νiΧσι τον 6μοιον τρόπον. Και τοuς άπο του πuρετου Μ, και τοότοuς &μα, και τον tατρον μετ' ωJτων Άγα&οκλέα. [7] Που a• ό φιλόσοφος Κuνίσκος, δν �aει της ΈκάτΎJς το aε'Lπνον 6 φα­ γόντα και τα έκ των κιΧ&αρσίων �α και προς τοότοις γε σΎ)πίαν ώμ�ν άπο&ανε�ν ; ΚΥΝ. Πάλαι σοι παρέστΎJκα, ί1 βελτίστΎJ Κλω&οϊ. η aέ με &aικ�σαντα τοσουτον ε�ασας &νω τον χρόνον ; Σχεaον γαρ 6λον μοι τον &τρακτον έπέκλωσας. Καίτοι πολλάκις έπεφά.&Ύjν το νΎ)μα aιακόψας έλ&ε�ν, άλλ' οuΚ o!a' 6πως &ρρΎ)κτον �ν. ΚΛΩΘ. "Εφορόν σε και tατρον είναι των άν&ρωπίνων άμαρ­ τΎJμά.των άπελίμπανον. ' Αλλ' �μβΟGινε άγα&?j τόχη. ΚΥΝ. Μα Δί', εt μ� πρότερόν γε τοuτονι τον aεaεμένον έμβιβασόμε&α· aέaια γαρ μ� σε παραπείση aεόμενος. [8] ΚΛΩΘ. Φέρ' �aω τίς έστι. '

"

5· Personaggio ρrobabilmente fίttizio : non e certo il Teagene cinico, cl1e Luciano introduce nel De mrrt. Per., 3-7.

16 [19]. 7-8

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ferite ; e voi per pι-imi ditemi in che modo siete stati uccisi. Ο meglio controllero io stessa sulla base delle mie carte. Ieri dovevano morire combattendo in Misia ottantaquattro uomini e con loro Gobare, figlio di Ossiarte. ERM. Ci sono. CLoτ. Sette si uccisero per amore e i1 filosofo Teagene 5 per 1' etera di Megara. ERM. Son questi qui, vicino. CLoτ. Dove sono quelli che si sono uccisi l'un l'altro per il regno? ERM. Stanno qui. CLoτ. Ε quello ammazzato dalla moglie e dall'amante di costei? ERM. Eccotelo vicino. CLoτ. Ε ora fa passare quelli dei tribunali, intendo diι·e gli impalati e i crocifissi. Ε i sedici trucidati dai briganti dove sono, ο Ermete ? ERM. Questi, come vedi, ci sono. Vuoi che insieme faccia passare le donne ? CLoτ. SJ., ed anche quelli dei naufragi, dato che sono morti nello stesso modo ; poi, ugualmente insieme, quelli uccisi dalla febbre, e con loro il medico Agatocle. [7] Dov'e i1 filosofo Cinisco, che doveva moι-ire per aver mangiato il pasto di Ecate 6, le uova dei sacrifici espiatoι-i e in piu una seppia cruda ? CINISCO. Da tempo ti sono accanto, ottima Cloto. Ma che cosa ho fatto di male, perche dovessi lasciarmi su tanto tempo ? Hai filato per me quasi l'intero fuso. Eppure ho tentato piu di una volta di spezzare il filo e di venire, ma, non so perche, non si poteva ronψere. CLoτ. τi lasciavo perchβ fossi sorvegliante e medico delle colpe degli uomini. Imbarcati, suvvia, e buona fortuna ! CIN. Ah no, per Zeus, se prima non faremo salire questo qui legato : temo che ti abbindoli con le sue preghiere. [8] CLOτ. Fammi vedere chi e. 6 . Per ii pasto d i Ecate si veda DiaZ Mort. , Ι , Ι , nota 4 e Vit. auct., Ι ο . Ε chiaro cl1e s ί tratta di filosofo cinico, cui ben s i adatta i i nomignolo Cinisco = cagnolino.

ΚΑΤΑΠΛΟΥΣ Η ΤΥΡΑΝΝΟΣ

ΚΥΝ. Μεγαπtν&ΥJς ό Λακu8ου 7, τόραννος. ΚΛΩΘ. Έπίβα�νε σό. ΜΕΓ. ΜΥJ8αμ&ς, ω Μσπο�να ΚλωS·οϊ, άλλά με προς ολιγον �ασον άπελ&εϊν. Είτά σο� αύτόματος �ξω καλοϋντος μΥJ8ενός. ΚΛΩΘ. τι 8e �στιν οο χάρ�ν άφ�κέσ&α� S·έλε�ς ; ΜΕΓ. Τ�ν οίκίαν έκτελέσα� μο� πρότερον έπιτρεψον' �μ�­ τελ�ς γαρ ό 86μος 8 καταλέλε�πτα�. ΚΛΩΘ. ΛΥJρε1:ς άλλα �μβα�νε. · ΜΕΓ. Ού πολuν χρόνον, ω Μοϊρα, αlτ&· μίαν με �ασον μεϊνα� τ�ν8ε �μέραν, &.χρ� &ν τι έπ�σκ�ψω τ?j γυνα�κι περι τ&v χρΥJμάτων, gν&α τον μέγαν είχον &ΥJσΙΧυρον κατορωρυγμένον. ΚΛΩΘ. 'ιΑραρεν- ούκ &ν τuχο�ς. ΜΕΓ. Άπολε�τα� οδν ό χρυσος τοσοϋτος; ΚΛΩΘ. Ούκ άπολεϊτα�. Θάρρε� τοuτου γε �νεκα· Μεγακλ�ς γαρ αύ:τον ό σος άνεψ�ος παραλ�ψετα�. ΜΕΓ. "Ω τ�ς . δβρεως. Ό έχ&ρός, δν ύπο τ�ς p�&υμιας gγωγε ού προαπέκτε�να ; Ν ι ι ι " ι σο� ετΥJ τετταρακα�� επ�β �ωσετα� αυτος' ΚΛΩΘ" . ' Εκε�νος κοντα και μ�κρόν τι πρός, τας ΠΙΧλλακι8ας και τ�ν έσ&�τΙΧ και τον χρυσον 6λον σου παραλαβών. ΜΕΓ. Ά8�κεϊς, ω Κλω&οϊ, τάμα το1.'ς πολεμ�ωτάτο�ς 8�ανέ­ μουσα. ΚΛΩΘ. Σο γιΧρ ούχι Κυ8ιμάχου αύτα ΙSντα, ω γεννα�ότατε, παρε�λ�φε�ς άποκτείνας τε αύτον και τα πα�8ια gτι έμπνέοντι έπ�σφάξας ; ΜΕΓ. Άλλα νuν έμα �ν. ΚΛΩΘ. Ούκοuν έξ�κε� σο� ό χρόνος ��YJ τ�ς κτ�σεως. [9] ΜΕΓ. 'Άκουσον, ω Κλω&οϊ, &. σο� 18LCf μΥJ8ενος άκοuοντος ε1πεϊν βοuλομα.ι· ύμεϊς 8e άπόστητε προς ολίγον. "Αν με άφ?jς άπο8ρiΧνα�, χίλ�ά σο� τάλαντα 9 χρυσίου έπ��μου 8ώσε�ν ύπ�σχ­ νοϋμα� τ�μερον. '

'

7 · Questi, come aJ._tri nomi proprii di questo scritto, non hanno una precisa reaJta storica. Ε clliaro invece perche i1 tiranno sia stato chiamato Megapente, che signifιca « grande lutto "· 8. Le due parole si trovano in Π., Π, 7or e Luciano l1a ftnto di frain­ tenderle introducendole come spiegazione de!la frase che precede. In realta le parole di Omero, che sono riferite a Protesilao, il primo greco mω·to sotto Troia (cfr. Dial. Mort., 23) , non signifιcano cl1e la casa sia stata la·

J6 [19]. 9

597

.CrN. Megapente, :figlio di Lacido 7, tiranno. CLOT. Α bordo tu ! MEGAPENTE. Ν ο, ο Cloto mia signora, ηο ! Permettimi di Γisalire peΓ un poco. Dopo verro ίο spontaneamente, senza che nessuno mi chiami. CLOT. Per quale ragione desideri tornaΓe Ηι? MEG. Devi prima lasciarmi completare la mia abitazione : (( incompleta la casa )) 8 e rimasta. CLOT. Chiacchiere ! Imbarcati, suvvia. MEG. Non ti chiedo molto tempo, ο Parca : permettimi di restare questo solo giorno, fincM non abbia dato a mia moglie un'incombenza riguardante i1 patrimonio, mostran­ dole dove tenevo sotterrato il grande tesoro. CLOT. Ε gia deciso : e una cosa che non puoi ottenere. MEG. . Tanto oro andra dunque perduto ? CLOT. Non andra perduto. Coraggio, se e per questo ! Lo prendera tuo cugino Megacle. MEG. Quale insolenza ! Il nemico che non ho pensato di uccidere ίο per primo. CLOτ. Proprio lui, e ti sopravvivera un po' piu di qua­ rant'anni dopo aver preso le tue concubine, le tue vesti e tutto il tuo oro. MEG. Sei ingiusta, ο Cloto, se destini i miei beni ai miei peggiori nemici. CLOT. Νο, perche erano di Cidimaco, ο valentuomo, quando te li prendesti uccidendo lui e sgozzancΊ.o su di lui, ancora vivo, i suoi :figlioletti. MEG. Ma adesso erano miei. CLOT. Vuol dire che per te il tempo di possederli e onnai :finito. [g] MEG. Ascolta una cosa in privato, ο Cloto, lontano da orecchie indiscrete : scostatevi un momento voi. Se mi lascerai scappare, prometto di darti oggi mille talenti 9 di οω coniato. sciata incompiuta, ma che essa, nel senso di famiglia, e rimasta incompleta (ο, piu letteralmente, completa a meta) per la partenza dello sposo. 9· Per il talento come moneta si veda Tin2., rz, nota ro.

59 8

ΚΑΤΑΠΛΟΤΣ Η ΤΤΡΑΝΝΟΣ

ΚΛΩΘ. "Ετι γιΧρ χρuσ6ν, & γελοίε, κα.1. τάλα.ντα. aιιΧ μν�μ'f)ς �χεις ; ΜΕΓ. Κα.1. τοuς Μο κρα.τΎ)ρα.ς, εt βοόλει, προσ&�σω, ο5ς �λα.βον ά.ποκτείνα.ς Κλε6κριτον, �λκοντα.ς έκάτερον χρuσοu ά.πέφ­ &οu τάλα.ντα. 10 έκα.τ6ν. ΚΛΩΘ. 'Έλκετε α.uτ6ν- �οικε γιΧρ οuκ έπεμβ�σεσ&α.ι �μϊν έκών, ΜΕΓ. Μα.ρτόρομα.ι uμ&ς, ά.τελ�ς μένει το τεϊχος κα.1. τιΧ νεώρια.· έζετέλεσα. γιΧρ &ν α.uτιΧ έπιβιοuς πέντε μ6να.ς �μέρα.ς. ΚΛΩΘ. ' Αμέλφον' &.λλος τειχιεϊ. ΜΕΓ. Κα.t μ�ν τοuτο γε πάντως ε6γνωμον α.tτω. ΚΛΩΘ. Το ποίον ; ΜΕΓ. Εtς τοσοuτον έπιβι&να.ι, μέχρι &ν uπα.γάγωμα.ι Πέρσα.ς κα.1. Λuaοϊς έπι&ω τοuς φ6ροuς κα.1. μνΎ)μα. έα.uτ(j) πα.μμέγε&ες 'Ψ ω δποσα. I I ' ' α.να.στ'f)σα.ς επιγρα. επρα.ι..,t: α. μεγα.' λα. κα.ιI στρα.τ'f)γικα.I πα.ρα.I τον βίον. ΚΛΩΘ. Οοτος, οuκέτι τα.uτα. μία.ν �μέρα.ν α.ίτείς, ά.λλιΧ σχεaον ε�κοσιν έτων aια.τριβ�ν. [ro] ΜΕΓ. Κα.ι μ�ν έγγuψιΧς δμϊν �τοιμος πα.ρα.σχέσ&α.ι τοu τάχοuς κα.1. τΎ)ς έπα.ν6aοu. Et βοόλεσ&ε aέ, κα.1. &.ντα.νaρον uμϊν ά.ντ' έμα.uτοu πα.ρα.aώσω τον ά.γα.πψ6ν. ΚΛΩΘ. "'Ω μια.ρέ, 8ν 'f)6χou πολλάκις uπ�ρ γΎ)ς κα.τα.λιπεϊν ; ΜΕΓ. Πάλα.ι τα.uτα. 'f)uχ6μψ · νuν1. a� δρω το βέλτιον. ΚΛΩΘ. "Ηζει κ&κεϊν6ς σοι μετ' όλίγον uπο τοu νεωστ1. βα.σιλεόοντος ά.νηρ'f)μένος. [π ] ΜΕΓ. Οuκοuν ά.λλιΧ τοuτ6 γε μ� ά.ντείπης & Μοϊρά μοι. ΚΛΩΘ. Το ποίον ; ΜΕΓ. Εtaένα.ι βοόλομα.ι τ&. μετ' έμ� 6ντινα. �ζει τον τρ6πον. ΚΛΩΘ. "Ακοuε· μ&λλον γ > '' � I με ι::1lασον μονον. \

I > cι � > � λιπων χρuσuν τοσοuτον καιI αργuριον βλεπτος, απο καιΙ εσ'ΙJ'Ύ)τα και �πποuς και 3ε'i:πνα και πα'L3ας ώραίοuς και γuνα'i:κας εuμόρ­ φοuς ε!κότως �νιiΧτο και άποσπώμενος αuτων �χ&ετο· ou γαρ >0 � cι ι . ι � ιt ι ο '!''1-' �σ uπως κα'ΙJ'απερ ι�.ocr τινι προσεχεται τοις τοιοuτοις 'Υ)• ψuχ'Υ)1 και οuκ έ&έλει άπαλλάττεσ&αι p1f3(ως &τε αuτο'i:ς πάλαι προστε­ τΎ)κU'i:α· μiΧλλον aε CJσπερ &ρρ'Υ)κτός τις οΟτος ό 3εσμός έστιν, 1 > > " > ι > ' λει καν '1- '1- ' cι ι σuμβε' βΎ)Κεν αuτοuς• cr.,. σεσεσ'ΙJ'αι αμε απαγη τις αuτοuς μετα βίας, άνακωκόοuσι και ίκετεόοuσι, και τα &λλα 15ντες .θ·ρα­ σε'i:ς, 3ειλοι προς ταότΎJν εδρ(σκονται τ�ν έπt τον 'Άι3ψ φέροu­ σαν όaόν' έπιστριi:φονται γοuν είς τοuπίσω και &σπερ οί 3uσέ­ ρωτες κ&ν πόρρω&εν άποβλέπειν τα έν τί]) φωτι βοόλονται, οία '1- '1- f > f > > f < '1- 1 > � αποσισρασκων ο< ματαιος εκεινος εποιει και\ παρ αI τ.},, 1ν οσον κανταu&ά σε καταλιπαρων. [Ι5] Έγω aε &τε μΎ)3εν �χων ένέχuρον έν τί]) βίcr, οuκ άγρόν, ou σuνοικίαν, ou χρuσόν, ou σκεuος, ou '1- I . , ' I ' '1- ' ο μόνον 'Υ)• "Ατροοuκ εικονας, σο�.οαν, ε�κοτως εu,, ζωνος �,1ν, καπεLοΎ) πος �νεuσέ μοι, &σμενος άπορρ(ψας τ�ν σμίλΎ)ν και το κάττuμα - ΚρΎ)ΠL3α γάρ τινα έν τα'i:ν χερο'f:ν είχον -'- άναπΎ)3�σας εu&lJς άνuπό3Ύ)τΟς οόaε τ�ν μελαντ'Υ)ρ(αν άπονιψάμενος εlπόμψ' μiΧλλον aε �γοόμψ ές το πρόσω όρων. οuaεν γάρ με των κατόπιν έπέ­ στρεφε και μετεκάλει. Και ν� Δ(' �3ΎJ καλα τα παρ' δμ'i:ν πάντα όρω• τό τε γαρ !σοτιμ(αν &πασίν είναι και μΎ)3ένα τοu πλΎ)σίον 3ιαφέρειν, δπερ�3ιστον έμοι γοuν 3οκε'i:. Τεκμαίρομαι 3e μΎJ3' aπαιτε'i:σ&α� τa χρέα τοuς όφε(λοντας ένταu&α μ'Υ)3ε φόροuς δποτελε'i:ν, το aε μέγιστον, μΎ)3ε pιγοuν τοu χειμωνος μ'Υ)aε νοσε'i:ν μ'Υ)3' δπο των 3uνατωτέρων pαπ(ζεσ&αι. Εtρ�ν'Υ) aε πiΧσα και τa πράγματα ές το �μπαλιν άνατετραμμένα· �με'i:ς μεν οί πένψες γελωμεν, άνιωνται aε και ο!μώζοuσιν OL πλοόσιοι. [r6] ΚΛΩΘ. Πάλαι οδν σε, ω Μίκuλλε, γελωντα έώρων. τι aε �ν 15 σε μάλιστα έκίνει γελiΧν ; ΜΙΚ. 'Άκοuσον, ω τιμιωτάτΎJ μοι &εων- παροικων !Χνω τί]) τuράννcr πάνu άκριβως έώρων τα. γιγνόμενα παρ' αuτί]) καί μοι έΜκει τότε tσό&εός τις είναι· τ�ς τε γαρ πορφόρας το &ν&ος Ι

'

I

,

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,

'

Ι6 [19]. IS-16

6os

la stessa di quella dei ricchi : le nostre vite sono, come si dice, diametralrnente. opposte. Il tira;nno, che durante la vita si sentiva felice, temuto ed ammirato da tutti, e naturale che, avendo lasciato tanto oro ed ·argento, tanti vestiti e cavalli e banchetti e bei fanciulli e donne stupende, se ne affiiggesse e non sopportasse di essere stΓappato a queste cose : l'anima infatti, non so perche, ci si attacca come a un vischio e non e disposta ad allontanarsene facilmente, poiche da tempo si e fusa con esse, ο piuttosto e come una catena infrangibile questa, con la qua}e e capitato loro di essere legati, e quando sono condotti via con la forza, gΓidano e supplicano e, mentre in tutto il resto mostravano coraggio, davanti a questa strada che porta all'Ade si scopre che sono vili. Ε infatti si vol­ tano indietro e vogliono rivedere pur da lontano, come i sofferenti d'amore, le cose che sono alla luce : cio che fa­ ceva quell'insensato scappando lungo la strada e qui scon­ giurando te. [r5] Ιο invece, poiche non avevo pegni nella vita, non campi, non case, non oro, non n:ιasserizie, non fama, non ritratti, naturalmente ero libeΓO da impacci e a un solo cenno di Atropo gettai volentieri il trincetto e la suola - avevo infatti una scarpa fra le mani - e saltato subito su scalzo, senza nemmeno ripulirmi dal nero, la seguii, anzi la precedetti guardando avanti, giacche nessuna delle cose che erano dietro m'induceva a voltarmi ne mi richiamava. Ε invece vedo gia, per Zeus, che le cose da voi sono tutte invitanti : a me, devo dire, piace immensamente che tutti abbiano gli stessi diritti e nessuno sia superiore al vicino. Ne deduco che qui non c'e gente che sia costretta a soddi­ sfare i debiti, ne che paghi tributi; ne - ed e cio che piu importa - che soffra il freddo d'inverno, che sia ammalata, che venga percossa dai piu potenti. Vi e pace dappertutto e la situazione e rovesciata : noi poveri ridiamo, i ricchi soffrono e si lamentano. [r6] CLOT. Da tempo ti vedevo ridere, ο Micillo ; ma cos'era cl1e ti faceva rideΓe di piU? Mrc. Ascolta, ο piu augusta fra le dee : lassu abitavo vicino al tiranno e, vedendo molto bene quello che avveniva nella sua casa, lo consideravo, allora, pari a un dio ; vedevo

6ο6

ΚΑΤΑΠΛΟΎ'Σ Η ΤΎ'ΡΑΝΝΟΣ

δρών έμακά.ριζον, κα� των άκολου&οόντων τΟ πλ�&ος κα.t τΟν χρυσον και τιΚ λιS·οκόλλψα έκπώματα και τιΧς κλ(νας τιΧς ά.ργυ­ ρόποaας· ilτι aέ και � κνίσα � των σκευαζομ�νων είς το aεϊπνον ι C'L ι ' ι ι ,ι ι ' 1 ΚΙΧ�Ι τρισοι λβ ιος μοι ύπερανv·ρωπος απεκναιε με, ωστε τις ανΎ)ρ κατεφα(νετο ΚΙΧL μονονουχι καλλ(ων και ύψ'ηλότερος ISλιρ π�χει βασιλικt;) 13, έπαιρόμενος τ?) τόχη και σεμνως προβα(νων και έαυτον έζυπτιάζων και τοuς έντυγχάνοντας έκπλ�ττων' έπει aέ ά.πέ&ανεν, αύτός τε παγγέλοιος lhψ&ΎJ μαι ά.πσaυσά.μενος τ�ν τρυφ�ν, κά.μαυτοu ilτι μιΧλλον κατεγ�λων, οίον κά&αρμα έτε&�­ πειν ά.πο τ�ς κν(σΎJς τεκμαιρόμενος αύτοu τ�ν εύaαιμον(αν και μακαρ(ζων έπι τt;) α�ματι των έν τ?) Λακωνικ?) &αλάττη κοχλ(­ aων 14• [17] Ού μόνον aέ τοuτον, ά.λλιΧ και τον aανειστ�ν Γν(­ φωνα ιaων στένοντα ΚΙΧL μεταγιγνώσκοντα, ΙSτι μ� ά.πέλαυσε των χρ'Υ]μάτων, ά.λλ' &γευστος αύτων ά.πέ&ανε τt;) ά.σώτφ ' Ροaοχάρει τ�ν ούσ(αν ΚΙΧτΙΧλιπών, - οοτος γaρ &_γχιστΙΧ �ν αύτt;) γένους ΚΙΧL πρωτος έπL τον κλ�ρον έκαλείτο παριΧ των νόμων - ούκ ε!χον ΙSπως ΚΙΧτiΧΠΙΧUσω τον γέλωτα, και μάλιστα μεμν'Υ]μ�νος ι ' ι � , , 1 , 1 , 1 1 '1λεως ως ωχρος αει και1 αυχμΎ]ρος το1 μετωπον αναπ ιιν, φροντισος ΚΙΧL μόνοις τοίς aακτόλοις πλουτων, ο!ς τάλαντα ΚΙΧL μυριάaας έλογ(ζετο, κατιΧ μικρον συλλέγων τιΧ μετ' όλ(γον έκχυ&φόμενα προς τοu μακαρ(ου ' Ροaοχά.ρους. 'Αλλa τι ούκ ά.περχόμε&α �aΎJ ; Και μεταζu γιΧρ πλέοντες τιΧ λοιπιΧ γελασόμε&α οίμώζοντας αύτοuς όρωντες. ΚΛΩΘ. 'Έμβαινε, �νΙΧ και ά.νιμ�σ'Υ)τΙΧι ό πορ&μεuς το ά.γκό­ ριον. r8. ΧΑΡ. Οοτος, ποί φέρη ; Πλ�ρες �aΎJ το σκάφος αύτοu περ(μενε είς αϋριον' ilω&�ν σε aιαπορ&μεόσομεν. ΜΙ Κ. 'Αaικείς, & Χάρων, gωλον �aΎJ νεκρον ά.πολιμπά.νων­ ά.μέλει γρά.ψομα( σε παρανόμ ων έπι τοu ' Ραaαμά.ν&υος. οrμοι των κακων- �aΎJ πλέουσιν' έγιb aε μόνος ένταu&α περιλελε(ψομαι. Κα(τοι τ( ού aιαν·ήχομαι κατ' αύτοός ; Ού γιΧρ Μaια μ� ά.παγο, ' J'l IJ.'IC'L ι ' ο' β ολον ' ι::.Jlχ ω ' "�- ' τον ρευσας αποπνιγω •ιοΎJ τεv·νεως · ΙΧιλλως τε ουσε τα πορ&μεϊα. κα.τα.βα.λείν. ΚΛΩΘ. τι τοuτο ; Περ(μεινον, & Μtκυλλε· ού &έμις οGτω σε aιελ&είν. '

ίΙ

1 3 . Rispetto al cubito nonnale, cl1e eqιιiva!eva a 24 dita ( cubito regio misιιrava tre dita ίη piu.

=

m.

0,443),

16 [19], Ι 7-Ι8

607

infatti lo splendore della porpora, la folla dei cortigiani, l'oro, le coppe incrostate di gemrne, i letti dai piedi d'ar� gento, e mi pareva felice ; e poi mi solleticava il profumo delle carni che venivano preparate per il pranzo, al punto che mi appariva come un uomo supeήore, tre volte beato, quasi piu bello, piu alto di tutto un cubito regio 13, quando, innalzato dalla foι·tuna, incedeva maestosamente col capo indietro e il petto in fuori e sbalordiva chi s'imbatteva in lui : ma quando mori, lui, spogliato del suo lusso, mi apparve soltanto ridicolo, ma ancora di piu deήdevo me stesso per aver ammirato un cosl sozzo :figuro, immaginando che fosse felice da quell'odore di grasso e giudicandolo tale per via del sangue delle conchigliette del mar Laconico 14, [! 7] Ε non solo questo vidi, ma anche l'usuraio Gnifone che gemeva ed era pentito, perche non s'era goduto la sua riccl1ezza ed era mol'to prima di gustarne i1 sapore, lasciandola allo scostu� mato Rodocare, che gli era piu stretto congiunto e dalle leggi era cl1iamato all' eredita per piimo : e ridevo a non :finire, soprattutto se ricordavo com'era sempre pallido e smunto, con la fronte segnata dalle preoccupazioni, ricco soltanto nelle dita, con le quali contava i talenti in decine di migliaia di monete, raccogliendo a poco a poco quello che appena dopo Rodocare avrebbe beatamente disperso. Ma perche non ce n'andiamo ancora? Le altre risate ce le faremo durante la navigazione vedendo quelli disperarsi. CLoτ. Imbarcati : cosl i1 nocchiero puo levar l'ancora. [r8] CAR. Ehi, tu, dove vai? La barca e gia piena ; aspetta qui :fino a domani : ti traghetteremo di buon mattino. MIC, Non e giusto, ο Caronte, che abbandoni un morto del giorno prima : ti denuncero a Radamanto, siine certo, per aver violato la legge. Ahime, che guaio I salpano gia, ed io restero qui solo. Ρeι·ο, perche non nuoto verso di loro? Sono gia morto e non ho paura di annegare, se perdo le forze ; del resto non ho nemmeno l'obolo per pagare i1 passaggio. CLOT. Cos'e questo ? Aspetta, Micillo : non e lecito che passi in questo modo. Ι4. Pregiata era la porpora che si estraeva dal murice del Πlar di La­ conia.

6ο8

ΚΑΤΑΠΛΟΊ:'Σ Η ΤΥΡΑΝΝΟΣ

ΜΙΚ. Κοιt μ�ν tσως uμων ΚΙΧL προκοιτοιχ&�σομοιι. ΚΛΩΘ. ΜηΜμως, ά.λλcΧ προσελάσοιντες ά.vοιλάβωμεν οιuτ6ν, ΚΙΧL σό, ω Έρμ�, σuνοινάσποισον. [rg] ΧΑΡ. Ποu νuν κοι&εi)εϊτοιι ; ΜεστcΧ γcΧρ πάντα, ώς όρ�ς. ΕΡΜ. Έπt τοuς &μοuς, εί i)οκεϊ, τοu τuράννοu. ΚΛΩΘ. Κοιλως ό ΈρμΊjς ένεν6-φεν. ΧΑΡ. ΆνάβQGινε σον κα.ι τον τένοντα τοu ά.λιτ-ηρίοu ΚΙΧτΙΧ­ πάτει . �μείς I)� εuπλοωμεν. ΚΥΝ. "Ώ Χάρων, κοιλως �χει σοι τcΧς ά.λη&είοις έντεu&εν I >I ' ,\ "' � 1 μεν 1 ο' β ολον ' οuκ σοι κοιτοιπλεuσοις· εχοιμι ειπειν. ' Εγω' τον α.ν οοuνοιι > � I • < � \ \ \ > "I � !: ' l πλεον γαρ οοοεν εστι τΎJς ΠΎ)ρΙΧς, ψ ορqις, και τοuτοuι τοu "'uλou· τ'&.λλοι I)� �ν ά.ντλείν έ&έλης, �τοιμος κοιL πρόσκωπος είναι· μέμψη I)� οuΜν, �ν εu�ρες ΚΙΧL κοιρτερ6ν μοι έρετμον i) I � I Ν L Ι I ο> � τουτον α.σκαρσα.μυκτι προσι:ο βλε ψεν. υ μ'Υ)ν κα.ι των κο λασεων το προς ώμότ'ΥJτα. κα.ινουργον α.ύτοu τίς &ν aι'ΥJγ�σα.σ.3·α.ι Μνα.ιτο, δς γε μ'ΥJaε των οίκειοτάτων &πέσχετο ; Κα.l τα.uτα. δτι μ� &λλως κεν� τίς έστι κατ' α.ύτοu aια.βολ�, α.ύτίκα. εrση προσκαλέσα.ς τοuς �



r6 [19], 25-26

6r5

RAD. Vattene pure nelle isole dei Beati a stare coi mi­ gliori ; ma prima accusa il tiranno che hai detto. Chiama degli altri. [25] Mic. Anche il caso mio e semplice, ο Radamanto, e breve e l'esame che richiede : compilo, che sono nudo da tempo. RAD. Chi sei? Mic. Il calzolaio Micillo . . RAD. Bene, Micillo : sei puro perfettamente, non ti sι vede i1 minimo segno. Vattene li accanto a Cinisco. Ed ora chiama il tiranno. ERM. Venga Megapente, figlio di Lacido. Dove ti giri? Avvicinati qui. Chiamo te, il tiranno. Caccialo nel mezzo, ο τisifone, a spintoni sul collo. RAD. Ε il momento per te, ο Cinisco, di pronunciare la tua accusa e provarla : l'uomo e qui accanto. [26] CIN. Per la causa nel suo complesso non ci sarebbe bisogno nemmeno di fare un discorso, giacche quale soggetto sia costui lo saprai subito dai marchii. Tuttavia ti scopriro anch'io l'individuo e te lo faro veder meglio con le mie parole : le azioni compiute da quest'uomo tre volte rnale­ detto, quand'era privato cittadino, penso di tralasciarle ; ma quando, accornpagnatosi coi piu facironosi e raccolta una guardia del corpo, insorse contro il potere legale e si fece tiranno, uccise piu di diecimila persone senza giudizio, in­ camero i beni di ciascuno e, giunto al colmo della ricchezza, non tralascio nessuna forma d'intemperanza. Uso ogni cru­ delta ed ogni violenza a danno degli sciagurati cittadini, violentando fanciulle, oltraggiando giovinetti e maltrattando i sudditi in ogni modo. Della sua alterigia poi, della sua boria, della sua aπoganza verso quanti si presentavano a lui tu non potresti infliggergli una pena che fosse adeguata : si sarebbe potuto guardare senza batter palpebra piu facil­ mente il sole che costui. Non solo, ma chi potrebbe descrivere in fatto di punizioni le trovate crudeli di un uomo che non risparmio neppure i suoi piu intimi? Ε che queste non sono calunnie contro di lui prive di ogni fondamento, saprai subito chiamando coloro che da lui sono stati uccisi ; anzi,

6r6

ΚΑΤΑΠΛΟ1'Σ Η Τ1'ΡΑΝΝΟΣ

δπ' αότοu πεφονεuμένοuς' μiΧλλον ί3ε όίκλψοι, ώς δρ�ς, πάρεισι καt περιστάντες όίγχοuσιν αότόν. Οuτοι πάντες, ω ' ΡαΜμαν.θυ, προς τοu &λιτΊ)ρlοu τε&νiΧσιν, οι μεν γuναικων gνεκα εόμόρφων /: "' πε�ρα: έγεγένψο, μ'Υ)Μ, & 3·εοt, γένοιτο - &λλιΧ �οι'Υ)γουμ πολλοl των ές ει.,υρ'Υ)μ τον βtον τοϋτον έμπεπτωκ6των έξ'Υ)γ6ρευον πρ6ς με, οί μ€ν �τι έν τ(j} κα:κ(j) 6ντες, &πο�υρ6μενοι δπ6σα: κα:l δπο�α: ΙLπα:σχον, οί �ε &σπερ έκ �εσμωτ'Υ)ρ(ου τινος &πο�ράντες ούκ &'Υ)�ως μν'Υ)μο­ νεύοντες &ν έπεπ6ν3·εσα:ν -"' ' &λλιΧ γcΧρ εύφρα:ίνοντο &να:λογιζ6μενοι lf.. J(λλ τρα:γιμοια:ς α. ,1 οtων &π'Υ)λλάγ'Υ)σα:ν. ' Αξιοπιστ6τεροι �ε �σα:ν οοτοι �ιιΧ πάσΊ)ς, ώς ε1πε�ν, τ�ς τελετ�ς �ιεξελ'Υ)λυ.θ-ότες κα:ι πάντα: έξ &ρχ�ς ές C\ _j, "' τέλος έποπτεύσα:ντες. Ού παρέργως οον ού�ε &μελως έπ�κουον οι προσενεχv·εισα: ,1 α:ύτων κα:3·άπερ να:υα:γtα:ν τινιΧ κα:l σωτ'Υ)ρ(α:ν α:ύτων πα:ράλογον > ένων, ο'>'ιοιΙ εισιν ένοι τα:ς κεοι προς το ις ιεροις φαλάς, συνάμα: πολλοι τιΧς τρικυμίας 2 κα:ι ζάλα:ς κα:l &κρωτ�ρια: κα:l έκβολιΧς κα:ι ίστοϋ κλάσεις κα:ι Π'Υ)�α:λίων &ποκα:υλ(σεις �ιε­ ξι6ντες, έπι πιΧσι �ε τοuς Διοσκούρους έπιφα:ινομένους 3, - οtκε�οι > '>' f γα:ρ της τοια:υτ'Υ)ς ον εκ μ'Υ)ουτοι γε - τιν ' χα:ν�ς 3·εον έπι τ λαμ β ανο�εν ως παρ(ί\.\ πλ ε�ονων επ�τραγιrοοuσ�ν, auστuχε'Lς μόνον, &λλιΧ και &εοφ�λε'Lς τ�νες ε!να� aοκοuντες. [2 ] Ot aε τοuς έν τα'Lς οίκLα�ς χε�μωνας και τιΧς τρ�κuμLας και ν� Δια πεντακuμLας τε και aεκακuμLας, εL ο!όν τε εLπε'Lν, a�'Υ)γοό­ μενο�, καl ώς το πρωτον εLσέπλεuσαν, γαλ'Υ)νοu uποφα�νομένοu τοu πελάγοuς, και 5σα πράγματα παριΧ τον πλοuν 5λον δπέμε�ναν � a�ψωντες � ναuτ�ωντες � δπεραντλοόμενο� τη &λμη, και τέλος ώς προς πέτραν τ�να 6φαλον � σκόπελον &πόκρ'Υ)μνον περφρ�­ ξαντες το Μστψον σκαφLaων &&λ�ο� κακως έξεν�ξαντο γuμνοι > � � Ι � > Ι > ι ι κα�I τη� τοuτων των αναγκα�ων· εν κα�\ παντων ενοεε�ς ο�,\_,1 τοuτο�ς a�'Υ)γ�σε� έΜκοuν μο� τα πολΜ οοτο� δπ' ΙΧLσχόνΊ)ς έπ�κρόπτεσ&α� και έκόντες ε!να� έπ�λαν&άνεσ&α� αότων- &λλ' �γωγε κ&κε'Lνα και ε'C τ�ν' &λλα έκ τοu λόγοu ξuντ�&εις εuρLσκω προσόντα τα'Lς το�αότα�ς ξuνοuσια�ς, οuκ bκν�σω σο� πάντα, & καλ€ Τιμόκλε�ς 4, a�εξελ&ε'Lν ' aοκω γάρ μο� έκ πολλοu ηa'Υ) κατανενο'Υ)κένα� σε τοότιr τί]} βLιr έπ�βοuλεόοντα. [3] Και πρωτόν γε, δπψLκα περι των το�οότων δ λόγος ένέπεσεν, ε!τα έπήνεσέ τ�ς των πα­ ρόντων τ�ν το�αότψ μ�σ&οφοριΧν τρ�σεuaαLμονας ε!να� λέγων ο!ς μετιΧ τοu τοuς φLλοuς �χε�ν τοuς &ρLστοuς ' ΡωμαLων και aε�πνε'Lν aε'Lπνα πολuτελ� και &σόμβολα και ΟLκε'Lν έν καλί]} και &ποa'Υ)­ με'Lν μετd: πάσΊ)ς pq.στών'Υ)ς και �&ον�ς έπι λεuκοu ζεόγοuς, εL τόχο�, έξuπτ�άζοντας, προσέτ� καl μ�σ&ον τ�ς φ�λLας και &ν εο πάσχοuσ� τοότων λαμβάνε�ν οuκ bλLγον έστLν' - &τεχνως γιΧρ &σπορα και &ν�ροτα το'Lς τοωότο�ς τιΧ πάντα φόεσ.θ·α� - δπότε > I \ 'r f. I προς οον ταuτα κα�\ τα\ τοLαuτα )]..,,1κοuες, εωρων 5πως εκεχψε�ς αuτιΧ καl πάνu σφόaρα προς το aέλεαρ &ναπεπταμένον παρε'Lχες το στόμα. Ώς οον τό γε �μέτερον εLσαu&Lς ποτε &ναLτων � μ'Υ)aε �χης λέγε�ν ώς δρωντές σε τ'Υ)λ�κοuτο μετιΧ τ�ς καρLaος &γκ�στρον � ' ' ' � ' πρ�ν � ι ' ι ' λΙΧβ ομεv·ΙΧ ΚΙΧτΙΧΠ�νοντΙΧ ΟUοε εμπεσε�ν τ� λΙΧψ� ΟUΚ επε περ�εσπάσαμεν ouaε προεaΊ)λώσαμεν, &λλιΧ περ�μεLναντες έξελ' > > 1 > � \ αγ ΚΙΧ�\ εμπεπ'Υ)γ όαναγκ'Υ)ν κομενοu σuρ ό μενον κα�I προς ό τος )/,φ'Υ) μενον δραν, 5τ' οuaεν 6φελος έστωτες έπεaακρόομεν· 5πως μ� 't'ΙΧUτΙΧ λέγης ποτ� πάνu ε()λογα, �ν λέγ'Υ)τΙΧ�, και &φuκτα �μ'Lν,
l (i \ \ 1 τψ γναυον μ'Υ)\ ψ και\ πpuς λα β ων πεφuσ'Υ)μένψ αποπεφωμενος, πάνu όξέα μ'Υ)�ε &φuκτα μ'Υ)�ε &νιαpιΧ έν τοίς τpαuμασι φαίνψαι βιαίως σπωντα καt άμάχως άντιλαμβανόμενα, �μiΧς μεν έν τοίς �ειλοίς ΚΙΧL �ιοc τοuτο πεινωσιν άνάγpαφε, σεαuτον �ε παpακα­ λέσας &αppείν έπιχε(pει τΊJ &γpqι, εt .3·έλεις, κα&άπεp δ λάρος 6λον πεpιχανων το �έλεαp. [4] ' ΡΊJ-3·�σεται �ε ό πiΧς λόγος το μεν 6λον �σως �ιοc σέ, πλ�ν άλλ' oi5 γε πεpt των φιλοσοφοuντων ύμων μόνον, οu�ε δπόσοι σποu�αιοτέραν τ·�ν προα(pεσιν πpοε(� ' < 6 1 α' λλαI και1 πεpι1 γpαμματιστων λ οντο εν τ�� β ��, και1 pΊJτ pων και\ μοuσικων και 6λως των έπt παι�είαις σuνείναι ΚΙΧL μισ&οφορείν � \:' '1- \ < . � !/ κοινων I > / > !;' < I των σε ως επ�παν και\ ομοιων c,uμ βαιαc,ιοuμενων. uντων νόντων &ποισι, ��λον ώς ΟUΚ έξαίpετα μέν, αίσχ(ω �ε τιΧ αuτιΧ 15ντα γίγνεται τοίς φιλοσοφοuσιν, ε1 των όμοίων τοϊ'ς Υ.λλοις άξιοϊντο και μ'Υ)�εν αuτοuς σεμνότερον οι μισ&οΜται &γοιεν. "Ο τι �' ?λν οον δ λόγος αuτος έπιων έξεuρ(σκη, τοοτοu τ�ν αtτίαν μάλιστα μεν οι ποιοuντες αuτο(, �πειτα. �ε οι ύπομένοντες αuηΧ �(καιοι �χειν· έγω �ε &ναίτιος, εt μ� άλΊJ-3·ε(ας καt παppφίας έπιτ(μιόν τί έστι. Τοuς μέντοι τοu &λλοu πλ�&οuς, ο!ον γuμ­ ναστάς τινiΧς � κόλακας, i�ιώτας ΚΙΧL μικροuς τοcς γνώμας και ταπεινοuς αuτό&εν άν&pώποuς; οι5τε άποτpέπειν &ξιον των τοιοu­ των ξuνοuσιων - ou�e γιΧp ?λν πεισ&είεν - οιJτε μ�ν αίτιiΧσ-3·αL καλως �χει μ� άπολειπομένοuς των μισ&ο�οτων, εt ΚΙΧL πάνu I '1> � . > > I \:' \ < ) αuτων πολλα\ u< β p�I ζοιντο uπ γαρ και\ οuκ αναc,ιοι - ι::� πιτ'Υ)σειοι τ�ς τοιαότΊJς �ιατpιβ�ς - &λλως τε οu�ε σχοϊεν &ν τι &λλο, προς 6 τι χp� άποκλ(ναντας αuτοuς παpέχειν αύτοuς !νεpγοuς, &λλ' �ν τις αuτων άφέλη τοuτο, &τεχνοι αuτ(κα Κ(J.L &pγot και πεpιττο(

17 [36], 4



molto giuste, se saranno dette, e a cui non potro oppoπe che non sono colpevole di non averti avvertito in tempo, ascolta tutto da principio e, prima che sia tardi, considera a tuo agio dall'esterno, non dall'interno della pήgione, la rete gia di per se e le nasse senza via d'uscita, poi prendi in mano la curvatura dell'amo, la sua punta ripiegata al­ l'indietro, i rebbi del tridente, prova le une e gli altri contro la guancia gonfia e, se risultera che, non molto acuminati ne sicuri ne dolorosi nella ferita, non tirano violentemente e non agguantano iπesistibilmente, scrivi me nel numero dei vili che per questo sono anche affamati e tu, facendo animo a te stesso, intraprendi la caccia, se vuoi, come i1 gabbiano, che dell'esca fa un solo boccone. [4] Il discorso quant'e lungo sara fatto, nella sua sostanza, certamente perche e utile a te, ma tuttavia non riguarda soltanto voi filosofi, ne quanti hanno dato alla loro vita un indirizzo piu severo, ma anche i maestri elementari, i retori, i musici, quelli insomma che non disdegnano di convivere e di inse­ gnare per mercede. D'altra parte, poiche per lo piiι capitano a tutti ugualmente le stesse cose, e evidente che, se i filosofi sono considerati alla stregua degli altri e chi li paga non li tratta con maggior rispetto, la loro posizione, in quanto identica rispetto a quella degli altri, anziche privilegiata e piu disonorante. Ad ogni modo, qualunque cosa i1 discorso porti alla luce nel suo naturale svolgimento, e giusto che di essa abbiano la colpa innanzitutto quegli stessi che l'hanno fatta, poi quelli che l'hanno sopportata : io non ne sono responsabile, a meno che non vi sia una punizione per la verita e la francl1ezza. Per contro non val la pena di dissua­ dere da simili convivenze gli appartenenti alla massa, come maestri di ginnastica ο adulatori, gente ignorante, piccola di cervello e per ciό stesso miserabile, giacche non si lasce­ rebbero neppure convincere, ne e giusto, veramente, far­ gliene una colpa, se non si staccano da chi 1i paga, per quante prepotenze subiscano - a una vita di questo genere sono adatti e non ne sono indegni -, tanto piu che neppure l'avreb­ bero un'altra occupazione, alla quale indirizzarsi e nella qιιale mostrarsi attivi, ιnentre, se fossero pι-ivati di quella,

628

ΠΕΡ! ΤΩΝ ΕΠΙ ΜΙΣΘΩΙ ΣΥΝΟΝΤΩΝ

είσιν. Ούaeν οδν ο\Jτ' αύται 8εινον πάσχοιεν &ν ο\Jτ' έκε�νοι ύβρι­ σται 8οκο�εν έc; τ�ν ά.μί8α, φασίν, ένουροuντες έπι γάρ τοι τ�ν ί.ίβριν ταύτψ έξ ά.ρχ�ς παρέρχονται ές τιΧς οίκίας, καt � τέχν'Υ) φέρειν και ά.νέχεσS·αι τιΧ γιγνόμενα. Περι 8e ών προε'i.'πον των πεπαι8ευμένων &ξιον ά.γανακτε�ν και πεφiΧσ&αι ώς �νι μάλιστα μετάγειν αύτοuς και προς έλευ&ερίαν ά.φαφε�σ&αι. [5] Δοκω aέ μοι καλως &ν ποι�σαι, εt τιΧς αίτίας, &φ ' ών έπt τον τοιοuτον βίον ά.φικνοuνταί ηνες, προεξετάσας 8είξαιμι ού πάνυ βια(ους ούa' ά.ναγκα(ας· οί.ίτω γιΧρ &ν αύτο�ς � ά.πολογία προαναφο�το και � πρώτ'Υ) ύπό&εσις τ�ς έ&ελο8ουλείας. ot μeν a� πολλοι τ�ν πεν(αν και τ�ν των ά.ναγκαίων χρε(αν προ&έμενοι ίκανον τοuτο προκάλυμμα ο'Lονται προβεβλ�σ&αι τ�ς προς τον β(ον τοuτον αύτομολ(ας, και ά.ποχρ�ν αύτο�ς νομ(ζουσιν εt λέγοιεν ώς ξυγ­ γνώμ'Υ)ς &ξιον ποιοϋσι το χαλεπώτατον των έν τίi) β(ιμ τ�ν πεν(αν Sιαφυγε�ν ζψοuντες είτα δ Θέογνις πρόχειρος καt πολU τό, πiΧς γιΧρ ά.ν�ρ πενίη 8ε8μ'Υ)μένος 5 καt 6σα &λλα 8ε(ματα ύπeρ τ�ς πεν(ας οί ά.γεννέστατοι των ΠΟι'Υ)­ των έξενψόχασιν. Έγω 8' εt μΕ:ν έώρων αύτοuς φυγ�ν ηνα ώς ά.λ'Υ)&ως τ�ς πεν(ας εύρισκομένους έκ των τοιούτων ξυνουσιων, ούκ &ν ύπΕ:ρ τ�ς &γαν έλευ&ερ(ας έμικρολογούμ'Υ)ν προς αύτούς έπει aε - ώς δ καλός που ρ�τωρ �ψ'Υ) 6 - το�ς των νοσούντων σιτ(οις έοικότα λαμβάνουσι, τίς �τι μ'Υ)χαν� μ� ούχt καt προς τοuτο κακως βεβουλεuσ&αι 8οκε'i.'ν αύτοuς ά.εt μενούσ'Υ)ς δμο(ας ' Ν Ν ι ' �I \ εισαε� I και\ τu1 λ αμ' ; π εν ια γαρ αυτο ις τ'Υ)ς υποv·εσεως τουΝ β ιου βάνειν ά.ναγκα'i.'ον καt ά.πό&ετον ούaeν ούaΕ: περιττον ές φυλακ�ν, &λλιΧ το 8ο&έν, κ&ν ao&'{j, κ&ν ά.&ρόως λ'Υ)φ&'{j, πiΧν ά.κριβως και τ�ς χρε(ας έν8εως καταναλ(σκεται. Καλως aε είχε μ� τοιαύτας τινιΧς ά.φορμιΧς έπινοε'i.'ν , αt τ�ν πενίαν τ'Υ)ροuσι παραβο'Υ)&οuσαι ' ' f f ' Ν f και\ υπερ γε τουΝ τοιουτου μονον αυτη, α' λλ' α�\\ τε' λ εον ε' ξαφ'Υ)σουσι,

ν. 177 Sil!oge " di Teognide. 6. Dice infatti Demostene (Phil., ΠΙ, 33) del cibo dei ιnalati che non e in giado ne di gnarirli ne di farli morire.

5 · Riproduzione parziale , con piccola variante iniziale, del

della

cc

Ι7 [36], 5

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eccoli disoccupati, oziosi, i11utili. Νο11 subirebbero, du11que, essi stessi 11essu11 particolare torto, 11e quelli, ori11a11do, come si dice, 11el pitale, sembrerebbero prepote11ti : e i11fatti e11tra11o 11elle case aspetta11dosi :fi11 da pri11cipio questa prepote11za e il loro mestiere co11siste 11el sopportare pazie11ta11do cio che accade. Ma co11 gli uomi11i di cultura, di cui ho detto prima, e giusto sdeg11arsi e cercare, per qua11to e possibile, di persuaderli a cambiare strada e di rive11dicarli alla liberta. [5] Ora pe11so che farei cosa opportu11a, se, dopo aver esa­ mi11ato i motivi, per cui alcuni arriva11o ad u11a vita di tal ge11ere, dimostrassi che 11011 S011Q molto pressa11ti 11e im­ presci11dibili : cosi si sottrarrebbero loro preve11tivame11te la materia per la difesa e il primo presupposto di questa schiavitu volo11taria. Ι piu mette11do i1111a11zi la poverta e il bisog11o pe11sa11o di aver trovato u11 parave11to adatto per la loro diserzio11e verso questa vita e rite11go11o sufficie11te dire che, cerca11do di sfuggire alla realta piu dura della 11ostra esiste11za, alla poverta, fa11110 cosa meritevole di compatime11to ; e poi ha11110 pro11to Teog11ide e i1 be11 11oto Infatti l'uom da poverta domato

.

.

.

6

e qua11ti altri spauΓacchi sull'argome11to della poverta ha1111o messo i11 giro i poeti me11o dig11itosi. Ebbe11e, se ίο vedessi che i11 simili co11νive11ze trova11o νerame11te u11o scampo dalla poverta, 11011 so:fisticherei co11 loro ragio11a11do di li­ berta assoluta ; ma poicM ricevo11o u11o stipe11dio che « asso­ miglia - come disse il gra11de oratore 6 al cibo dei malati ))1 quale altro cavillo puo impediΓe di pe11sare che la loro de­ cisio11e abbia fallito a11che questo :fi11e, se e vero che i11 so­ sta11za la loro vita rima11e sempre la stessa? La poverta i11fatti e perpetua, il guadag11are 11ecessario, 11ulla si mette da parte, 11011 v'e super:fluo da custodire, ma cio che e dato, a11che se e dato, e a11che se e preso tutto i11 U11a volta, vie11e speso fi11o all'ultima mo11eta e 11011 basta a soddisfare il bisog11o. Ε sarebbe be11e 11011 pe11sare a certe risorse che, come queste, lascia11o i11tatta la poverta aiuta11do co11tro di essa solta11to u11 poco, ma ad altre che la elimi11i11o radi­ calme11te, e per u11a cosa del ge11ere avresti dovuto forse, -

ΠΕΡ! ΤΩΝ ΕΠΙ ΜΙΣΘΩΙ ΣΥΝΟΝΤΩΝ I I � I � • � >1 ς &.λΊJS·ως οεόμ:::ν ον. [g ] ΤιΧ μεν τοίνυν προς τιΧς ξυνουσίας αύτούς &γοντα. καt &.φ' &ν αότούς φέροντες έπιτρέπουσι τοϊς πλουσίοις χρ�σ.&αι προς 5 τι &ν έ.&έλωσι, ταuτά έστιν η 5τι έγγότα.τα. τοότων, πλ�ν ::: t μ� κ&κείνων τις μεμν�σS·αι έζιώσειε των καt μόνη τ?Ί Μζη έπαφο­ μένων τοu ξυνε'ίναι :::ύπατρίοαις τε κα.t εύπαρόφοις &.νοράσιν' είσt γιΧρ ot καt τοuτο περίβλεπτον καt όπερ τούς πολλούς νομίζουσιν, Ι

8. Per l'episodio dei Lotofagi si veda Od., ΙΧ, 82.-104.

17 [36], 8-g

mente, ma d'altra parte lasciano sperare, perche temono che la disperazione strappi l'innamorato alla grande passione e lo renda disamorato ; e cosi gli sorήdono e gli promettono che gli faranno del bene, che lo compiaceranno, che un giorno se ne daranno cura generosamente. Ροί si trovano vecchi entrambi senza accorgersene, fuor dell'eta l'uno di essere innamorato, l'altro di concedersi. In conclusione du­ rante tutta la vita nulla hanno fatto se non sperare. [8] Ora non e forse molto biasimevole sopportare qualsiasi cosa per sete di piaceΓe, anzi e perdonabile uno che ami i1 piacere e per averne la sua parte rivolga ad esso tutti i suoi pensieή ; ma e forse vergognoso ed abietto vendersi per esso : e molto piu gradevole il piacere che viene dalla liberta. Tuttavia una qualche comprensione si dovrebbe a chi ottenesse lo scopo, ma sopportare molti disagi solo per· la speranza del piacere penso sia ridicolo e stolto, tanto piu che si vede che le tribolazioni sono certe, palesi e necessarie, mentre quello che si spera, in qualunque godimento consista, fino ad ora in tanto tempo non e mai avvenuto e, a ragionare con obiettivita, non e verosimile che avvenga in futuro. Ι com­ pagni di Odisseo, quando mangiarono i1 dolce loto 8, non si curarono degli altri e di fronte al piacere prese11te disde­ gnaro11o il loro dovere, per cui, se l'a11ima loro era presa da quel piacere, 110ll e del tutto irragionevole che abbiano dime11ticato il dovere. Ma vivere affamato accanto ad u11 altro che sazio del loto no11 te ne fa parte, co11 la sola spe­ ra11za di poterne u11 giorno assaggiare, e restare imprigionato dimentica11do cio che e giusto e doveroso, quanto e ridicolo, per Eracle, e meήtevole veramente di colpi omerici ! [g] Le ragioni du11que che li spi11go11o alla co11vivenza e per le quali porta11o e affidano se stessi ai ricchi perche 11e facciano cio che vogliono, sono queste ο altre molto simili a queste, a me11o che 11011 si rite11ga oppoitu11o far menzione a11che di quelli che so11o sollecitati soltanto dalla 11otorieta che si acquista convive11do co11 persone 11obili e poιnposame11te vestite : ci sono alcu11i i11fatti che pe11sa11o che a11che questo renda celebri e superioή agli altri, quando ίο per parte mia 11011 accetterei di convivere e di essere visto convivere 11em-

ΠΕΡ! ΤΩΝ ΕΠΙ ΜΙΣΘΩΙ ΣΎ'ΝΟΝΤΩΝ

ώς �γωγε τούμον ·ι aων ούθe βασ�λε'L τi!) μεγά.λ(J) 9 αύτο μόνον συνε'Lνα� καt συνιbν δρiΧσ&α� μΊ)θεν χρΊ)στον &πολαόων τ�ς ξυ­ νουσιας θεξαιμψ &ν. [ro] Το�αότΊJς θε αύτο'Lς τ�ς ύπο&�σεως ο\.ΙσΊJς , φέρε �θΊJ προς �μiΧς αύτοuς έπωκοπ�σωμεν ο!α μεν προ τοu εισθεχ.f!·�να� καt τυχε'Lν ύπομένουσ�ν, ο!α θε έν αύτ(i) �θΎ} ΙSντες πάσχουσ�ν, έπt πiΧσ� θε �τ�ς αύτο'Lς � καταστροφη τοu θρά.­ ματος γιγνετα�· ού γαρ θη έκε'Lνό γε ειπε'Lν έστ�ν, ώς ει καt ΠΟνΊ)ρα ταuτα, ε\.ΙλΊ)πτα γοuν καt ού πολλοί) θε�σε� τοu πόνου, άλλα &ελ�σα� θε'L μόνον, ε!τά. σο� πέπρακτα� το πiΧν εύμαρως άλλα πολλ�ς μεν τ�ς θ�αθρομ�ς θε'L, συνεχοuς θε τ�ς .(J.υραυλιας, �ω&έν τε έξαν�στά.μενον περψένε�ν cb&οόμενον καt &ποκλε�ό­ μενον καt &ναισχυντον ένιοτε καt όχλΊ)ρον θοκοuντα ύπο &υρωρi!) κακ&ς συριζοντ� καt όνομακλ�τορ� 10 Λ�βυκ(/) ταττόμενον καt μω&ον τελοuντα τ�ς μν�μΊJς τοu όν6ματος καt μην καt έσ&�τος ύπέρ την ύπ&ρχουσαν Μναμ�ν έπ�μελΊJ&�να� χρη προς το τοu &εραπευομένου &ξιωμα καt χρώματα αιρε'Lσ&α�, ο!ς &ν έκε'Lνος �θψα�, ώς μη &π�θης μΊ)θε προσκροόης βλεπ6μενος, καt φ�λο­ π6νως �πεσ&α�, μiΧλλον θ$ �γε'Lσ.θ·α� ύπο των οικετων προω&οό­ μενον καt {f)σπερ τ�να πομπην &ναπλΊ)ροuντα. Ό θέ oύae προσβλέ­ πε� πολλ&ν έξ�ς �μερων. [π ] "Ην θέ ποτε καt τα &ρ�στα πρά.ξης, καt 'lθη σε καt προσκαλέσας �ρψαι τ� ων &ν τόχη, τότε \ l( ' ' C\ ' �� ' �· ' ' ' ' ·� σ .1 τοτε πολυς μεν ο �ο ρως, αv·ρ ό ος σ ε ο '�λ �γγος κα� τρομος α.καφ ο ς καt γέλως των παρόντων έπt τγj &ποριψ καt πολλάκ�ς &ποκρι­ νασ&α� θέον, τις �ν δ βασ�λεuς των ' Αχα�ων, (in realta fra i tre, disposti su tre lati della ιnensa, quello a sinistι·a guardando dal lato }ibero) , chi avesse occupato un posto clel lectus medius, cui seguiva, sempre da sinistra a destra, il lectus sumιnHs, poteva dirsi « al disopra del padrone >>. Si noti che il primo posto da sinistra, il locus imus, clel lectus medius, era il posto di maggior riguardo, chiaιnato anche, per questo, locιιs consularis. Dunque l'ospite era tanto piu onoΓato quanto meno « al disopΓa >> del padrone si trovava.

vantaggi enormi e che lo stipendio definito non sia risibile e ti sia pagato pacificamente nel momento in cui ti necessita, cl1e anche moralmente sia valutato piu di uno dei tanti, che abbia finito con quelle fatiche, col fango, leΆ corse, le veglie e, culmine dei tuoi desiderii, donna con le gambe distese facendo soltanto quelle cose, per le quali fosti assunto in principio e sei pagato. Cosi dovrebbe avvenire, ο τimocle, e non sarebbe un gran male, piegato il collo, sopportare un giogo leggero, facile a sostenersi e, quel che piu conta, in­ dorato. Ma molto ci manca, anzi . . . tutto : migliaia infatti sono le cose insopportabili per un uomo libero che accadono durante la convivenza stessa. Considera tu medesimo uden­ dole di seguito, se sono cose che puo sopportare uno che abbia avuto dimestichezza, sia pure per brevissimo tempo, con la cultura. [r4] Comincero, se ti pare, dal primo pranzo, nel quale, come e giusto, consumerai il preludio della futura convivenza. Subito, dunque, ti si avvicina per annunciarti di venire a pranzo un servo non inurbano nei modi e questo e il pήmo che devi farti amico ficcandogli nella mano, per non sembrare maldestro, cinque dracme come minimo ; lui si schermisce, dice « Via ! », « Ι ο da te ? >>, « Per Eracle, non sia mai I », ma alla fine si lascia persuadere e se ne va ridendoti sgangheratamente sulla faccia. Tu ti sei preparato una veste pulita, ti sei azzimato meglio che hai potuto, ti sei lavato e arrivi timoroso di essere il primo : e di cattivo gusto infatti, come arrivare per ultimo e offensivo. Ε cosi tu sei entrato, dopo aver atteso che il tempo opportuno fosse nel suo giusto mezzo, tutti ti hanno accolto onorevolmente e un tale ti ha preso e ti ha fatto accomodare poco al disopra del ricco 14 con dne che sono, probabilmente, vecchi amici di lui. [r5] Tu, come se fossi entrato nella casa di Zeus, ti meravigli di tutto e resti imbambolato per ognuna delle cose che si fanno, che per te sono tutte strane e mai viste ; la seιΎitu ti guaΓda e ciascuno dei pΓesenti ha l'occhio su di te aspet­ tando che cosa farai, ne della cosa si disinteressa il signore medesimo, che anzi ha ordinato a qualcuno dei servi di os­ servare se volgi spesso e di sfuggita lo sguardo ai suoi figli ο a sua moglie. Gli accompagnatoΓi dei commensali, ve·

ΠΕΡΙ ΤΩΝ ΕΠΙ ΜΙΣΘΩΙ ΣΥΝΟΝ'ΓΩΝ

ά.ποβλέψεις οί μεν γιΧρ των συν�ειπνων ά.κόλου&οι δρωντες έκ­ πεπλΊ)γμένον ές τ�ν ά.πειρίαν των �ρωμένων ά.ποσκώπτουσι τεκ­ μ�ριον ποιοόμενοι τοϋ μ� παρ' &λλφ πρότερόν σε �ε�ειπνΊ)κέναι καt το καινον είναί σοι το χειρόμακτρον τι&έμενον' &σπερ οδν ε1κός, 1�ίειν τε ά.νcΧγκΊ) ύπ' ά.ποριας καt μ�τε �ιψωντα πιείν αίτείν τολμiΧν, μ� Μξης ο1νόφλυξ τις είναι, μ�τε των 15ψων παρατε. ' ξ ιν εσκευασμενων '�' ' ' η. ' ' ' εφ v·εντων ποικι1 λων και' πρό ς τινα τα εισεναι IS τι πρωτον � δεότερον τ�ν χείρα ένέγκης ύποβλέπειν οδν ές τον ΠλΊ)σίον �ε�σει κά.κείνον ζΊ)λοuν καt μαν&cΧνειν τοϋ �ειπνου τ�ν ά.κολου&ίαν. [r6] ΤιΧ �' &λλα ποικίλος ε! καt &ορόβου � ' ' ' � ' εκαστα των πραττομενων εκπεπ πρuς λΊ)γμενος, πλε' ως τJ.,1ν ψ υχΊ)ν, καt &ρτι μεν εόδαιμονιζεις τον πλοόσιον τοϋ χρυσοϋ καt τοϋ έλέφαντος καt τ�ς τοσαότΊJς τρυφ�ς, &ρτι �ε οtκτειρεις σεαυτόν, ?>ς το μΊ)�εν ων ε!τα ζ�ν ύπολαμβcΧνεις, ένίοτε �ε κά.κείνο εtσέρ' ' ' τινα β ιωση ' β ιον ' . τον / 1!ιι :1), � ' J(� ει' τις περLπά.τφ aLατί&εταL σχολ�ν 23• [z6] Σu a' &&λως ' �' βαο'Υ)ν � ' � αναντα ι '' πολλα' καL' καταντα τα' οε παραοραμων, τα' μεν - τοLαότΎ) γά.ρ, 6>ς ο!σ&α, � π6λLς - περLελ&ιi>ν taρωκά.ς τε κα1. πνευστL�ς, κά.κε(νου ένaον τLνL των φίλων, προς 8ν �λ&ε, aLα­ λεγομινου, μ'Υ)aε 5που κα&(ζης έχων όρ&ος όπ' ά.πορlας ά.ναγL­ γνώσκεLς το βLβλ(ον προχεφLσά.μενος' έπεLΜν aε &σLτόν τε κα1. ' ' ' ι J. 1( πον'Υ)ρως αωρL περL' αυτο α.ποτον Ύ) νυ' ξ καταλα' β η, λ ουσα.μενος που σχεaον το μεσονUΚτLον �ΚεLς έπ/. το aε'f:πνον οuκι&' όμοίως �ντψος ouaε περίβλεπτος το'f:ς παροuσLν, ά.λλ' �ν τLς &λλος έπ::: LG. νεαλ εστερος, ' ' '' ' I ' ι ' συ,ι καL' ουτως ες τ.,\,•1ν ατLμοτατΎ)ν τοωησω ες σε' λ v·η γωνίαν έξωσ&ε/.ς κατά.ΚεLσαL μά.ρτυς μόνον των παραψερομινων, τa όστfλ, εL έφίκοLτΟ μιχρL σοu, κα&ά.περ ot ΚUνες περLεσ-&ίων � το σκλΎ)ρόν τ�ς μαλά.χΎ)ς φuλλον, {j) τa &λλα συνεLλοuσLν, εL όπερ­ οφ&είΎ) όπο των προκαταΚεLμινων, &σμενος όπο λψο\1 παροψώ�' Ύ) α"λλΎ) u'' β ρLς απεστLν, }( '1 " " φuν α' λλ' οuτε εχεLς μενος. 0 υ' μ.1ν .,\, ουοε · . μόνος - ou γaρ ά.ναγκα'L6ν έστL κα1. σε των αuτων ά.ε1. το'Lς ξινοLς κα1. ά.γνώστοLς ά.ντLΠΟLε'Lσ&αL . ά.γνωμοσόνΎ) γ!Χρ a� τοuτό γ ε οtiτε � 5ρνLς όμοία τα'Lς &λλαLς, ά.λλa τiJ> μεν πλΎ)σίον παχε'Lα κα1. πψελ�ς, σο/. aε νεοττος �μ(τομος � ψά.ττα τLς όπόσΚλΎ)ρος, f5βρLς &ντLκρυς κα1. ά.τψ(α. Πολλά.κLς a' εL έπLλ(ποL &λλου τLνος αLψνL­ aιως έπLπαρόντος, ά.ρά.μενος ό aLά.κονος τ!Χ σο/. παρακε(μενα ψιρων έκεlνφ παρατι&εLκεν όποτον&ορόσας, Σu γ!Χρ �μιτερος ε!· τεμνο­ μινου μεν γ!Χρ έν τiJ> μισφ � συός όπογαστρ(ου � έλά.φου, χρ� έκ παντος � τον aLανιμοντα tλεων έχεLν � τ�ν ΠρομΎ)&ιως μεριaα φιρεσ&αL, όστα. κεκαλυμμινα τ7Ι πψελ7Ι. Το γ!Χρ τφ μεν όπερ '� ' ll ' " ' ι ι παρεσταναL, ι:οστ' αν σε' τ.,\,•1ν λ οπαοα απαγορευση εμφορουμενος, σε aε οf5τω ταχιως παpαapαμε'f:ν, τ(νL ψοpψον έλευ&ιpφ ά.νap/. κ&ν δπ6σψ αt έλοιφοL τ�ν χολ�ν �χοντL ; Κα(τοL οΜιπω έκε'Lνο έψψ, 5τL των &λλων �aLστόν τε ΚOCL ποιλαL6τατον ο!νον ΠLνόντων μόνος σU ΠΟνΎ)pόν τLνα ΚΙΧL παχuν π(νεLς, &εpαπεuων ά.ε/. έν ά.pι

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23. Facile doppio senso, dal ιnoιnento clιe, coιne si sa, il noιne di Peι·i­ pato alla Scuola aristotelica e derivato dal portico, sotto il quale Maestro e discepoli discutevano passeggiando : περlπατος infatti significa >.

17 [36], 26

ma tie11e opportu11ame11te la co11versazio11e del. .. Pel"ipato 23• [26] Ε tu disgraziato, che οΓa gli sei corso acca11to, ora passo passo hai fatto lu11ghi giri per salite e discese - cosi e la citta, tu lo sai -, sei sudato e affa1111ato e, me11tre lui i11 casa di un amico, dal quale si e recato, sta parla11do co11 questo, tu i11 piedi, perche 11011 sai 11emme11o dove sederti, leggi, se11te11doti a disagio, il libro cl1e ti eri messo sotto ma11o ; qua11do poi ti sorpre11de la 11otte privo di cibo e di bevanda, ti lavi malame11te e arrivi a ce11a fuor di tempo i11toωo alla mezza11otte, 11011 piu come pΓima 011orato e ammirato dai prese11ti, cM, se di u11 altro la data d'i11gresso e piu fresca, tu retrocedi e cosi, respi11to 11ell'a11golo piu umilia11te, giaci testimo11e solta11to delle pieta11ze servite, rosicchia11do come i ca11i gli ossi, se fi11o a te ci arriva11o, ο, costretto dalla fame, ma11gia11do vole11tieri per coωpa11atico, se e stata trascurata da quelli che S0110 prima di te, la foglia dura della malva, co11 la quale avvolgo11o le altre. Νο11 ma11ca tuttavia 11eppure quest'altra offesa : tu solo 11011 riesci ad avere u11 uovo - 11011 e 11orma assoluta che possa prete11dere sempre le stesse cose degli stra11ieri e degli sco11osciuti : sarebbe impro11titudi11e ! - e la tιιa galli11a 11011 e uguale a quella degli altri, ωa il vici11o 11e ha u11a grossa e grassa, tu u11a mezza pollastriήa ο u11 colombo piuttosto duro, il cl1e ti offe11de paleseme11te e ti umilia. Spesso poi, 11el caso che le provviste faccia11o difetto per l'arrivo di qualcu11 altro, il servitore ti toglie i cibi che hai dava11ti e, ωormora11do « Tu sei dei 11ostri JJ, se li porta per offrirli a quello ; ed e u11 fatto che, qua11do i11 mezzo al tavolo si taglia u11a pa11cetta di ωaiale ο di cervo, 11011 ti resta che aver propizio colui che fa le porzio11i ο pre11derti la parte di Prometeo, vale a dire ossa avvolte 11el grasso. Ε i11fatti che il piatto si fermi vici11o a quello che e prima di te, fi11cM 11011 si sia sta11cato di rimpi11zarsi, e dava11ti a te passi cosi veloceωe11te e sopportabile per u11 ιιοmο libero, a11che se avesse qua11ta bile ha11110 le cerve ? Ε 11011 ti ho detto a11cora cl1e, me11tre gli altή bevo11o u11 vi11o squisito e vecchissimo, tu solo lo bevi cattivo e spesso, cura11do sempre di berlo i11 bicchieΓi d'arge11to ο d'oro, percM 11011 si scopra dal

ΠΕΡΙ ΤΩΝ ΕΠΙ ΜΙΣΘΩΙ ΣΎΝΟΝΤΩΝ

γόρI 1 > 1 I τοιοuτοu πα.ντων οστρα.κοu, β 'ιοu ξελ 1 επειτα. λ 1 φ'Υ)σl, μετα.πεσόντος 2 έκων έα.uτον φέρων ές aοuλεlα.ν ο5τω περι­ φα.ν� κα.t περlβλεπτον ένσέσεικε ; Πόσοι Μlaα.ι κα.t Κρο�σοι κα.t Πα.κτωλοt 3 8λοι μετέπειcrα.ν α.ότον ά.φεΙνα.ι μeν τ�ν έκ πα.laων φlλψ κα.t σόντροφον έλεu&ερlα.ν, προς α.uτ I �\ � εν οuσχερ'Ι)� πα.σχων uστατcμ ΚOCL\ σχεοον •ιo'IJ κα.L\ ποLων, γ'Ι)ρqι οε δπι1:ρ τον οΜον ο6τως &γεννΊj λατρείαν έπανηp'fJμ�νοu και μονο­ νοuχt κα.l έμπομπεόοντος α.uτγj· 1\σcμ γοuν π&σLν έπLσ'Ι)μ6τερος ε!να.L 1)οκε�ς, τοσοότcμ κατα.γελα.στ6τερος &ν ΜξεLα.ς ε!ναL, &ντL­ φωνοuντος τοu νuν βίοu τ βLβλίcμ. [5] Κα.ίτοL τί �ε� ΚΟCLνΊjν έπt σι1: κα.τ'Ι)γορίαν ζψε�ν μετιΧ τΊ]ν &α.uμαστΊjν τραγcμ1)ίαν Μ­ γοuσοcν μLσ& σοφLστ�ν, 1\στLς οuχ οcδτ &εάτpq_> �οκγj· iiλλoL �e το τοu ΠL&�ΚΟU πεπον&�ναL σε ψ�­ σοuσLν, δν Κλεοπάτρqι τγj πάνu φασt γεν�σS·αL · έκε�νον γιΧρ 1)L1)αχ&�ντα τ�ως μeν όρχε�σ&αL πάνu κοσμίως κocl έμμελ&ς κα.l έπt πολΟ &αuμάζεσ&αL μ�νοντα έν τ>. [8] Queste cose e tante altre simili potrebbero dirsi pronunciando l'accusa, come tu faresti, in un campo cosi vasto' e capace, anche, di fornire infiniti appigli ; ma anch'io sto gia considerando a quale difesa debba affidarmi. La cosa migliore per me non e ricorrere, volgendo vigliaccamente le spalle e non negando di essere colpevole, alla solita difesa di tutti - intendo dire la sorte, donia durante l'ambasceria del 346 a. C., costrinse i1 primo a ritirare l'ac­ cusa pronunciando contro di lui l'orazione e τ�ν Τόχην καt Μο'Lραν 17 και Είμαρ­ μένψ - και παραιτε'Lσ-θ·αι συγγνώμην �χειν μοι τοος έπιτιμωντας ειΜτας ώς ούl>ενος ήμε'Lζ κόριοι, ά.λλ' 6π6 τινος κρείττονος, μiΧλλον aε μιiΧς των προειρημένων ά.γ6με-&α ούχ έκ6ντες, ά.λλ' ά.ναίτιοι παντάπασιν 6ντες ών &ν λέγω μεν η ποιωμεν ; "Η τοuτο μeν κομιl>?j taιωτικ6ν, και oua' &ν σό με, ω φιλ6ης, ά.νάσχοιο τοιαόην άπολογίαν προ·ί σχ6μενον και συνήγορον τον "Ομηρον παραλαμ"' βοcνοντα και τΟC έκείνοu �ΠΎ) pαψιμl>οuντα, Μο'Lραν I)' οί!τινά φημι πεφυγμένον �μμεναι ά.νi)ρ &';ν 18 και τ6 γεινομένιμ έπένησε λίνιμ, 5τέ μιν τέκε μήτηρ 19 , [9] Et aε τοuτον ά.φεtς τον λόγον ώς ou πάνυ ά.ξι6πιστον έκε'Lνο λέγοιμι, μητε ύπο χρημάτων μήτε ύπ' &λλης τινος έλπίaος τοιαό­ της aελεασ-&εις όποστΎ)ναι την παροuσαν συνουσίαν, ά.λλοc την σόνεσιν και ά.νl>ρείαν και μεγαλ6νοιαν τοu &.νaρος &αυμάσας έ-&ελΎ)σαι κΌινωνΎ)σαι πράξεων τουλοπρε­ πέστατον είναι και ταότη χείριστον νεν6μισται. [ro] τι οον rJ.λλο, εt μήτε ταuτα μήτε έκε'f:να λέγειν ι5οκε'f:, uπ6λοιπ6ν έστιν η δμολογε'Lν μηδe �ν ύγιeς είπε'Lν �χειν ; Μία μοι 'Cσως έκείνη &γκυρα �τι &βροχος, όδόρέσ-&αι το γΎ)ρας και την ν6σον καt μετοc Ι Ι I < � και\ πασχειν /(\ ..), πενιαν παντα ως ποιειν αναπε�vουσαν, τοuτων τ.1ν έκφόγοι τις αύτήν· καt έν τ γαρ τΊJν &ξιον. ' Εκε�νος μ�ν ο5τως σu 3' εΊτε την γνώμψ σκέψαιο, πάνυ ,, � ' Ι( ' ευφΊjμος καιI αυτΊ). ευρΊ)σεις, ει τε τ.),,1ν γλ ωτταν, εuνουν [ 19 J ''Ε οικα 3' ένταu&α �3ΊJ γενόμενος εtκότως &λλο τι φοβ�σεσ&αι, μ� τισι < Ι I � < I I > 1: > 1 1: ω εc,επιτΊJοες � ι Ί)μαρτΊ)Κεναι, ως τ.),,1ν απο λογιαν σοι., ταυτΊJν συγγρα� � I I λ 'Α � γε, ω.,. φι'λτατε σκ ΊJπιε, τοιουτον φανΊJνΙΧι τον ψαψι. και ε�ΊJ λόγον, ώς μη ά.πολογίαν, ά.λλ' έπι3εtξεως ά.φορμην είναι 3οκε�ν. I

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Ι9 [64}, !8-19

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segno di timidezza, di semplicita e di un animo che non ha nulla di volgare ο di artificioso, giacche in questi casi l'ec­ cessiva baldanza non e lontana dall'insolenza e dalla spu­ doratezza. Ε a me sia dato di non fare nessun errore simile, ma, se cio accadesse, di mutarlo in parola di buon augurio. [r8] Ebbene, si dice che al tempo del primo Augusto sia capitato press' a poco questo : l'imperatore ebbe la sorte di emettere una sentenza giusta e di liberare da un'accusa capitale un uomo che eι·a stato denunziato ingiustamente, e questi proclamando a gran voce la sua gratitudine disse : « La mia riconoscenza, ο imperatore, per aver giudicato male e ingiustamente ! )), Ι cortigiani s'indignarono ed erano pronti a fare a pezzi quell'uomo, ma Augusto disse : « Cessate la vostra ira : non la sua lingua importa giudicare, ma la sua mente )), Cosi lui, ma tu, se esaminerai la mia mente, la troverai molto ben disposta, se la lingua, pronta al buon augurio anch'essa. [rg] Arrivato a questo punto, credo pero che sia ragionevole un altro timore, e cioe che a qual­ cuno sembri che il mio sbaglio nascondesse l'intento di scriveι·e questa apologia : ma accada pure, ο carissimo Asclepio, che il discorso appaia tale da sembrare non un'apo­ logia, bensi il pretesto di un' esibizione letteraria J

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ΕΡΜΟτΙΜΟΣ Η ΠΕΡΙ ΑΙΡΕΣΕΩΝ * ΕRΜΟτΙΜΟ OVVERO INTORNO ALLE SCUOLE FILOSOFICHE

* Sui quarant'anni Luciano coιnpose questo dialogo, che nella sua pro­ duzione occupa un posto tutto particolare. Della nuova forιna dialogica egli sta proponendo i priιni ιnodelli, e l'cc Erιnotiιno " presenta alcuni dei caratteri clιe 1i distinguono piu esteriorιnente, ιna non ha certo dei migliori !a sceneggiatura fantasiosa, !a variet1ι dei personaggi, la battuta frizzante. La ragione e che l'artista bizzarro dovette . iιnpegnarsi in quest'opera, e seι·iaιnente, con la dottrina e col raziocinio, non con la fantasia : si trattava di assumere e di giustificare un suo definitivo atteggiamento nei confronti della filosofia dogmatica e dei suoi proseliti pretenziosi, incasellati nelle varie scuole e tutti illusi di possedere l'unico vero. La rappresentazione e seιnplice, !ο scontro diretto ; a Licino, il pensatore libero che ragiona con la propria testa e non s'intruppa, e di fronte Ermotiιno, il sessantenne gregario stoico, che cc crede » nella dottrina dei suoi ιnaestri e spera di rag­ giungere, con la verit1ι, la felicit1ι che gli e stata promessa, ιna e seιnpre lontana. Le argoιnentazioni di Licino sono stringenti, ιnassiccio J!incalzare delle prove, to!te a prestito in gran parte dai conteιnporanei Scettici eιnpirici (cfr. !Ίntroduzione, p. 16) . Ermotimo resiste a lungo e alla fine, quando deve riconoscere di aver perduto tanti anni della sua vϊta, e desolato, ma la sua rinuncia alla filosofia, per tornare ad essere un coιnune ιnortale, e clecisa e irrevocabile. La battagli a vittoriosa - tiene a precisare l'avver­ e stata condotta in funzione non specificaιnente anti-stoica, ma sariό genericaιnente anti-dogιnatica. Per rendere credibile il risultato ottenuto dal suo alter ego, Luciano non poteva permettersi di apparire ne leggero, ne sbrigativo, anzi e sci­ volato qualche volta nell'opposto difetto della prolissit1ι, riuscendo tut­ tavia ad essere appassionato e vivace quel tanto da non lasciar ιnai cadere, nel lettore, l'iιnpressione di aver davanti due persone vive di due diverse idee, non due diverse idee legate ciascuna per pura coιnodit1ι didattica ad un noιne di persona. -

45• LUCIANO.

[r] ΛΥΚΙΝΟΣ. 'Όσον, & Έρμ6τιμε, τι]) βιβλίιμ ΚiΧL τ"ij τοu βα�ίσματος σπου�"ij τεκμ'ήρασ&αι, παρα τον �ιΜσκαλον έπει­ γομένιμ gοικας' ένεν6εις γοuν τι μεταξu προ'ίων ΚiΧL τα χείλΎ) �ιεσάλευες 'ήρέμα όποτον.S·ορόζων καt τ�ν χε'Lρα &�ε κάκε'Lσε μετέφερες &σπερ τινα p�σιν έπt έαυτοu �ιατι&έμενος, έρώτΎ)μα �η τι των άγκό'λων συντι&εtς � σκέμμα σοφιστικον άναφροντίζων ώς μΎ)�ε δ� ' λ ους φοιτωντα � εωρακα, παρα\ τους και\ ως το\ πο λυ' ες βιβλίον έπικεκυφ6τα και όπομν'ήματα των συνουσιων άπογρα­ φ6μενον, ώχρον άεt όπο φροντί�ων και το σωμα κατεσκλΎ)κ6τα. Δοκε'i:ς Μ μοι &λλ' οό�Ε: 6ναρ ποτε ά.νιέναι σεαυτ6ν, οι5τως δλος

r , Ippocrate, che nacque appunto a Cos intorno al 460 a, C,

[r] LICINO. Α giudicare dal libro, ο Ermotimo, e dal passo frettoloso si direbbe che stia correndo dal maestro. Ε infatti rimuginavi qualcosa mentre andavi, movevi le labbra mormorando appena e portavi la mano in questa e in quella direzione, come se preparassi mentalmente un di­ scorso, mettendo insieme una domanda a trabocchetto ο ripassando un problema sofistico ; e questo allo scopo di non concederti una pausa nemmeno quando cammini per strada, ma di essere sempre occupato facendo qualcosa di serio che potrebbe esserti utile per i tuoi studi. ΕRΜΟΠΜΟ. Per Zeus, ο Licino, e press'a poco cosi : riandavo alla conversazione di ieri ripercorrendo con la memoria ogni cosa. Occorre, io penso, non trascurare nessuna occasione sapendo che e veω quello che e stato detto dal medico di Cos 1, e cioe che « la vita e breve, ma lunga l'arte >>. Eppure egli diceva questo della medicina, materia piu facile ad apprendersi ; ιna la filosofia e irraggiungibile anche con molto tempo, se non si guarda ad essa vegliando attenta­ mente con occhi sempre fissi e sbarrati. Ε non riguarda cose da nulla il rischio di essere un miserabile che si annienta nella turba folta degli ignoranti ο di ottenere la felicita dandosi alla filosofia. [z] Lic. Hai parlato di un premio davvero meraviglioso ; ma penso che tu non ne sia lontano, se devo immaginarlo da tutto il tenψo del tuo filosofare e anche dalla fatica smoderata, alla quale mi sembra che ti assoggetti ormai da molto : infatti, se ben ricordo, sono circa vent'anni che non ti vedo far altro che andare dai maestri, stare continuamente curvo sui libή, stendere gli appunti delle lezioni, pallido e rinsecchito per i tuoi pensieri. Ε credo che tu sia cosi spro­ fondato nello studio, da non rilasciarti nemmeno in sogno.

ΕΡΜΟΤΙΜΟΣ Η ΠΕΡΙ ΑΙΡΕΣΕΩΝ

ε! έν τc'J) πράγματ�. Ταuτ' οον σκοπουμέν(J) μο� φαινη ούκ ές μακρΟιν έπ�λ�ψεσ.θ·α� τ�ς εύaα�μον(ας, εr γε μ� λέλΥJ&ΙΧς �μiΧς ΚΙΧL πάλα� αύτ?) συνών. ΕΡΜ . Πό&εν, ω Λυκ'i:ν ε, δς νuν δίρχομα� παρακόπτε�ν ές τ�ν δaόν ; Ή ο' Άρετ� πάνυ πόρρω κατck τον Ήσ(οοον 2 οlκε'i: t " � t > .,\,ιιν μακρος > 7 αυτ σως ΚΙΧ�Ι τρ'Υ)χυς, τε ΚΙΧ�I ορ· ΚΙΧ�Ι εστ�ν ο< ο Ύψος επ ίορώτα ούκ όλιγον �χων το'i:ς δοο�πόρο�ς. ΛΥΚ. Ούχ ίκικνΟι ο ον (ορωτικι σο�, ω Έρμότ�με, ΚΙΧL ώοο�­ πόρψα� ; ΕΡΜ . 0(), ψΥJμι· ούaΕ:ν γckρ &ν έκώλυέ με πανευοαιμονα ε!να� έπt τc'J) δίκρ(J) γενόμενον· το οε νuν &.ρχόμε&α �τ�, ω Λυκ'i:ν ε. [3] ΛΥΚ. ΆλλΟι τ�ν γε &.ρχ�ν δ αύτος οοτος Ήσ(οοος �μ�συ τοu παντος �ΨΥJ ε!να� 3; &στε κατck μέσψ τ�ν δίνοοον είναι σε �OYJ λέγοντες ούκ &ν άμάρτο�μεν. ΕΡΜ . Ούaέπω ούaε τοuτο· πάμπολυ γΟιρ &ν �μ'i:ν �νυστο. ΛΥΚ. ' ΑλλΟι ποu γάρ σε φώμεν τ�ς δοοu τυγχάνε�ν ΙSντΙΧ ; , , ι κατω , Ν ' ΕΡΜ . ' Εν τΏ Ν "ετ�, ω"' Λυκ�νε, υπωρε�q υ..1( ρτ� προ βα�νε�ν β�ικζόμενον' όλ�σ&Υ)ρck οε κικt τραχε'i:α καt οε'i: χε'i:ρα όρέγοντος. ΛΥΚ. Ούκοuν δ ο�Μσκαλός σο� τοuτο ίκανος πο��σα� δίνω&εν έκ τοu δίκρου κα&άπερ δ τοu Όμ�ρου Ζεος 4 χρυσ�ν τ�νΙΧ σεφΟιν κικ&�εις τοος αύτοu λόγους, ύφ' ων σε &.νικσπf(. οΥJλαο� ΚIΧL &.να­ κουφ(ζε� προς αύτόν τε κοιt τ�ν 'Αρετ�ν οιύτος προ πολλοu &.νοι­ βεβΥJκώς. ΕΡΜ . Αύτο �φφ&ικ, ω Λυκ'i:ν ε, το γ�γνόμενον- δσον γοuν έπ' έκειν(j) πάλiΧ� &ν έσπάσμψ δίνω ΚΙΧL συν�ν αύτο'i:ς, το ο' έμον �τ� ένοε'i:. [4] ΛΥΚ. ΆλλΟι .θ·αρρε'i:ν χρ� καt &υμον �χε�ν άγα&ον ές το τέλος τ�ς δοοu δρώντΙΧ καt τ�ν δίνω εύοαψονιαν, κικt μάλ�στα έκεινου ξυμπρο&υμουμένου. Πλ�ν άλλΟι τ[νικ σο� έλπιοα ύπο' , �I " , ζεν επ� L L ' ' το1 ακρον β Υ)σομο:ν(j) φα�νε� ως οΥ) ; ' Ες νο:ωτα ε�κα π ότε rJ.νΙΧ ��σεσ.Θ·αι σε, ο!ον μετck τck μυστ�ρ�ΙΧ τck &λλα 5 � Πικνα&�να�α ; ''

,

z.

Erga, z8g-zgz (cfr; anche Men., 4 e nota 6) . 3· Erga, 40. 4· Π., VIII, rg. 5· Essendo i1 dialogo ambieι�tato in Atene (le Paηatenee, nominate

subito dopo, erano celebrate in onore di Pallade Atena ad Atene) , i « secondi » misteri (cosi intendo i1 testo dei codici, che ho ripristinato) ηοη possono essere che i « piccoli » misteri eleusini, che si svolgevano ίη oηore di Perse­ fone nel mese di Antesterione, l'ottavo del calendario attico (r5 febbraiof Ι5 marzo) e pertantό seguivano anche nel tei:npo ί « graηdi », che avevano

Ebbene, quando penso a questo, ho l'inψressione che fra non molto ti sarai impossessato della felicita ; a meno che tu non sia con lei gia da tempo e noi non lo sappiamo. ERM. Ma come, ο Licino, se comincio adesso ad adoc-: chiare la via ? La Virtu, secondo Esiodo 2, abita molto lon­ tano e i1 sentiero che porta a lei e lungo, ripido ed as1πo e spreme non poco sudore ai viandanti. Lic. Signifi.ca, ο Ermotimo, che non hai sudato ne cam­ minato abbastanza ? ERM, Ν ο, ti dico : nulla infatti mi impedirebbe, se fossi sulla vetta, di essere completamente felice. Ma siamo ancora al principio, ο Licino. [3] Lic. Pero i1 medesimo Esiodo ha detto anche che i1 principio e la meta del tutto 3, cosicche non sbaglieremmo, se dicessimo che sei gia a meHι della salita. ERM. Νο, nemmeno qui sono ancora : avrei fatto, in tal caso, moltissima strada. Lic. Ma allora a che punto dovremmo dire che ti trovi del tuo cammino ? ERM. Ancora in basso ai piedi del monte e mι avvω, impiegando ogni mia forza, a})pena adesso ; e scivoloso ecl aspro e c'e bisogno di chi porga una mano. LIC. Ma questo e in grado di farlo il tuo maestro calando dalla vetta, come lo Zeus di Omero 4 una catena d'oro, i suoi insegnamenti, coi quali e naturale che ti tiri su e ti sollevi fi.no a se e alla Virtu, avendo compiuto l'ascesa egli stesso molto tempo prima. ERM. Hai detto proprio quello che sta avvenendo, ο Licino ; solo che, se dipendesse da lui, sarei stato tirato su da un pezzo e vivrei con loro. Sono io, invece, tuttora in difetto. [4] LIC. Ma bisogna aveι· fi.ducia e stare di buon animo tenendo 1' occhio fi.sso alla conclusione del viaggio e alla felicita di lassu, soprattutto perche egli condivide il tuo de­ siderio. Del resto quale speranza ti prospetta circa il tempo in cui arriverai ? Ha calcolato forse che sarai sulla ciιna il prossimo anno, dopo i secondi Misteri 5, ad esempio, ο dopo le Panatenee ?

710

ΕΡΜΟτΙΜΟΣ Η ΠΕΡ! ΑΙΡΕΣΕΩΚ

ΕΡΜ. Όλιγον φ�ς, & Λuκ�νε. ΑΥΚ. ' Αλλ' �ς τ�ν έζ�ς όλuμπ�ά.aα. ; ΕΡΜ. Κα.t τοuτο όλιγον ώς προς ά.ρετ�ς &σκφ�ν κα.t εοaα.�­ μονια.ς κτ�σ�ν. ΑΥΚ. ΜετcΧ Μο μΕ:ν a� όλuμπ�ά.aα.ς πά.ντως � πολλ�ν γ' &ν δμων pq.Sυμ(α.ν κα.τα.γνοι'Υ) τ�ς, ε� μ'Υ)a' �ν τοσοότφ χρ6νφ Μ­ να.σ&ε, 8σον τρ1ς ά.πο Ήρα.κλειων στ'Υ)λων ε�ς Ίνaοuς ά.πελ&ε�ν, ε!τ' �πα.νελ&ε�ν ρ�a�ον, ε� κα.t μ� εu&ε�α.ν μ'Υ)a' ά.εt βα.aιζο� τ�ς, ά.λλ' �ν το�ς a�α. μέσοu �&νεσ� περ�πλα.νώμενος. Κα.ιτο� π6σφ Ι Ι (> � \ U(.κρα.ν, Ύ l( τ'Υ)ν v·ωμεν ε�να.� τ�ν�\ β ou' λε� u< ψ'Υ)λοτερα.ν κα.�\ λ �σσοτερα.ν �φ' �ς δμ�ν � Άρετ� ο�κε�, τ�ς Ά6ρνοu �κειν'Υ)ς 6, �ν �ντος όλιγων �μερων ' Αλέζα.νaρος κα.τcΧ κρά.τος ε!λεν ; [5] ΕΡΜ. OuaE:ν 8μο�ον, & Λuκ�νε, oua' �στ� το πρiΧ.γμα. το�οuτον, ο!ον σu ε�κά.ζε�ς, ώς όλιγφ χρ6νφ κα.τεργα.σ&�να.� κα.1 άλωνα.�, oua' &ν μuριο� ' Αλέζα.νaρο� προσβά.λλωσ�v- �πεt πολλοt ' οuκ � οε :$. ' ο' λ '�γο� μα.' λα. ' ' '1-' ι:;να.ρχοντα.� .�. ' '' ο�ι α.ν�οντες α.ν •1σα.ν. Νuν μεν �ρρωμένως κα.1 προσέρχοντα.� �πt ποσ6ν, ot μΕ:ν �πt πά.νu όλιγον, ot aε �π� πλέον, �πε�Μν aε κα.τιΧ μέσψ τ�ν όΜν γένωντα.� πολ­ λο�ς το�ς ά.π6ρο�ς ΚΙΧ� auσχερέσ�ν �ντuγχά.νοντες ά.ποauσπετοuσ( τε κα.1 ά.να.στρέφοuσ�ν ά.σ&μα.ινοντες κα.1 taρωτ� pε6μενο�, ou φέ­ ροντες τον κά.μα.τον. 'Όσο� a' &ν ε�ς τέλος a�α.κα.ρτερ�σωσ�ν, οοτο� προς το &_κρον ά.φ�κνοuντα.� ΚΙΧ� το ά.π' �κε(νοu εuaα.�μονοuσ� &α.uμά.σ�6ν τ�να. β(ον τον λο�πον β�οuντες, ο!ον μuρμ'Υ)ΚΙΧς ά.πο 'tOU ' (1(.l!λλοuς. ' � ' τ�να.ς τοuς u'' ψ οuς επ�σκοποuντες ΛΥΚ. Πα.πα.τ, & Έρμ6τψε, �λικοuς �μiΧ.ς ά.ποφα.ινε�ς, ouaE: κα.τcΧ τοuς Πuγμα.ιοuς �κεινοuς, ά.λλcΧ χα.μα.�πετε�ς πα.ντά.πα.σ�ν �ν χρίj) τ�ς γ�ς. Ε�κ6τως δψΊ)λcΧ γcΧρ �a'Y) φρονε�ς Κα.� &νω&εv­ �με�ς a� ό σuρφετος ΚΙΧ� 8σο� χα.μα.1 �ρχ6μενο� �σμέν, μετcΧ των &εων κα.ι δμiΧ.ς προσεuζ6με&α. δπερνεφέλοuς γενομένους κα.� ά.νελ­ S·6ντα.ς ο! πά.λα.� σπεόaετε. ΕΡΜ. Ε� γcΧρ γένο�το κα.ι ά.νελS·ε�ν, & Λuκ�νε. ' ΑλλcΧ πά.μ­ πολu το λο�π6ν. [6] ΛΥΚ. 'Όμως οuκ �φ'Υ)σ&α. όπ6σον, ώς χρ6νφ περ�λα.βε�ν. luogo nel mese di Boedromione (r5 settembι-e{I5 ottobre) , terzo nello stesso calendario. Anche per le Panatenee si dovra comunque pensare alle « pic­ cole », celebrate ogni anno, piuttosto che alle « grandi >>, celebrate ogni quattro anni. 6. Cfr. Diat. Mort., 14, 6 e nota 28.

:z.o

[7ο), s- 6

JII

ERM. Dici poco, ο Licino. Lic. Per la prossima Olimpiade, allora, ci sarai? ERM. Ε ancora poco per l'esercizio della virtu e l'acquisto della felicita. Lτc. Dunque fra due Olimpiadi senz'altro ; ο vi si po­ trebbe rimproverare di molta pigrizia, se non ci riuscite neppure nello spazio di tempo che, basterebbe largamente per andare e tornare tre volte dalle colonne di Eracle all'India, anche a voler deviare talvolta dalla via diritta e girovagare fra i popoli che sono in mezzo. Diversamente, di quanto vuoi che supponiamo sia piu alta e piu ripida la vetta, sulla qnale abita la vostra Virtu, rispetto alla famosa Aorno 6, che Alessandro prese a viva forza in pochi giorni ? [5] ERM. Ν on c' e confronto, ο Licino ; il nostro obiettivo non e, come tu lo immagini, tale che si possa espugnare e prendere in poco tempo, neppure se lo attaccassero migliaia di Alessandri : altrimenti sarebbero in molti a salire. Ma non e cosi : non pochi cominciano con molta energia e vanno avanti per un certo tratto, alcuni per uno molto breve, altri per uno piu lungo, ma quando sono arrivati a meta strada e trovano una quantita di passi diffi.coltosi e mala­ gevoli, si scoraggiano e tornano indietro ansimando e su­ dando, perche non sopportano la fatica. Quanti invece resistono sino alla fine, raggiungono la vetta e da quel mo­ mento sono felici : il resto della loro vita e meravigliosa e dall'alto vedono gli altri giu simili a formiche. Lτc. Caspita, Ermotimo, ci fa ben piccoli la tna imma­ gine, alti nemmeno qua11to i famosi Pigmei, ma proprio adere11ti alla crosta terrestre ! Ed e 11atnrale : alto tu senti ormai e dall'alto. Noi che siamo volgo, 11oi tutti che cam­ miniamo sulla terra pregheremo 11011 solo gli dei, ma a11che voi, che avete superato le 11ubi e siete saliti dove da tempo bramate. ERM. Si, ο Lici11o, purche ci riuscisse di salirci. Ma i1 tratto che resta e molto lungo. [6] Lτc. Pero non mi hai detto quanto, in modo da com­ misurarlo al tempo.

ΕΡΜΟ'rΙΜΟΣ Η ΠΕΡΙ ΑΙΡΕΣΕΩΝ

ΕΡΜ. Oua' ιχuτος γοcρ ο!aιχ, ω Λuκ'i:νε, τά.κρLβές εLκάζω μέντοL ou πλε(ω τ&ν ε'iκοσLν έτών �σεσS·ιχL, μεS·' & πάντως ποu έπ1. τί!) &κρcμ έσόμε&ιχ. ΛΥΚ. ΉράκλεLς, πολU λέγεLς. ΕΡΜ. Κιχ!. γοcρ περ1. μεγάλων, ω Λuκ'i:νε, OL πόνοL. ΛΎ'Κ. Τοuτο μeν �σως ά.λΎJ&ές· uπeρ ae τών ε'LκοσLν ετων, δτL βLώση τοσιχuτιχ, πότερον ό aLaάσκιχλ6ς σοu κιχ&uπέσχετο, OU μόνον σοφός, ά.λλοc κιχ!. μιχντLκος &ν � χρ'Υ)σμολ6γος τLς � δσοL τιΧς Χιχλaιχεων 7 με&όaοuς έπ(στιχντιχL ; Φιχσ1. γοuν εLaένιχL τιΧ τοLιχuτιχ· ou γοcρ a� σέ γε εLκος έπ1. τί!) &.a�λcμ, εL βLώση μέχpL προς τ�ν ' Αρετ�ν, τοσοότοuς πόνοuς ά.νέχεσ&ιΧL κιχ!. τιχλιχLπωρε'i:ν νόκτωρ κιχ!. με&' �μέριχν οuκ εLaότιχ, ε� σε Πλ'Υ)σ(ον �a'YJ τοu &κροu γενόμενον το χρειbν έπLστοcν ΚιχτιχσπάσεL λιχβόμενον τοu ποaος έξ ά.τελοuς τΎjς έλπ(aος. ΕΡΜ. "Απιχγε· aόσφΎJμιχ γιΧρ τιχuτιχ, ω Λuκ'i:νε. ' Αλλ' ε'LΎJ βLώνιχL, ώς μ(ιχν γοuν �μέριχν εuaιχψον�σω σοφος γενόμενος. \ .S, � τοσοuτων ' \ των Ι ΛΎ' κιχμιχτων •ι μ I� ιχ � κ . κιχL LλεLς ' I μ�,1 σuΙ εv·ι:: ' ζΎ)τω� οιuτο· τLκως ιχνοι οινοιγΚΎ) γαρ οuτως, επε� σοιφέσi'ερον εLπε'i:ν ειaιhς IJ.μεLνον. [22] 'Έστω a� μοL � μέν άρετη τοLόνaε τL, ο!ον πόλLς τLς εuaοι(μονοις �χοuσοι τούς έμπο­ λLτεuομένοuς - ώς φοι(Ύ) &ν δ 3Laάσκιχλος δ σος έκε'i:&έν πο&εν cΧψLyμένος - σοφούς ές το άκρότιχτον, &νaρε(οuς IJ.ποιντοις, aL­ κοιιοuς, σώφρονοις, όλ(γον &εων cΧΠοaέοντοις' ο!ιχ aέ πολλιΧ γ(γνετοιL ποιρ' �μϊν, &ρπιχζόντων κοιl. βLοιζομένων κιχ/. πλεονεκτοόντων, οΜέν &ν 'CaoLς, φιχσ(ν, έν έκε(νη τ?j πόλεL τολμώμενον, &λλιΧ έν εLρ�νη κιχ/. δμονο(Cf ξuμπολLτεόοντοιL, μ&λ' εLκότως· & γιΧρ έν τοιϊς &λλοιLς πόλεσLν, οΊ:μοιL, τdις στ&σεLς κιχ/. ψLλονεLκ(ιχς έγε(ρεL κοιl. &ν �νεΚιχ ' ι � "' ' ' ' ι ' β ou λεuοuσLν ' εκε�νοLς. επL λ�λΎJ' λοLς, τιχuτιχ 'λ/\ εστLν εκποοων πιχντιχ Ou γιΧρ οι.ίτε χρuσ(ον �τL οtίτε �aονιΧς οι.ίτε aόξοις δρωσLν, ώς aLοιψέρεσ&οιL Περ/. οιuτων, cΧλλtΧ ΠcΧλοιL τ�ς πόλεως έξελΎ)λcΧΚCΧσLν οιuτιΧ ΟUΚ &νοιγκοι'Lοι �ΥΎJσάμενοL ξuμπολLτεόεσ&ιχL. 'Ώστε γιχλΎ)"



Ι5· Cfr. Tim., 25

e

nota Ι8.

'





20 [70], 2 1-22

petto delle finestrelle, in modo che diventasse noto a tutti, quando fossero spalancate, cio che voleva e pensava e se mentiva ο diceva la veήta. Quello dunque giudicava cosi degli uomini, perche ci vedeva poco, ma tu hai la vista piu lunga di Linceo 15 e vedi, a quanto pare, attraverso il petto le cose che ci sono dentro e ti si sono rivelate tutte, al punto che tu sai non solo cio cl1e ciascuno vuole e pensa, ma anche chi sia di due il migliore ο il peggiore. [2r] ERM. Scherzi, ο Licino. Ιο ho scelto per ispirazione divina e non mi pento della scelta : questo mi basta. Lic. Tuttavia, amico, non vuoi parlarne ancl1e a me e lascerai che mi perda restando nella turba dei piu? ERM. Non ti piace nulla di quello che dico ! Lic. Νο, caro : non vιioi dire nulla che possa piacermi. Ma poicM tu ti chiudi intenzionalmente e ci invidi la possi� bilita di diventare tuoi pari nella filosofia, io tentero nei limiti delle mie capacita di trovare da me il criteriσ infalli� bile per giudicare di queste cose e di fare da me la scelta piu sicura. Ascolta anche tu, se vuoi. ERM. Certo che lo voglio : forse dirai qualcosa di notevole. LIC. Prestami attenzione e non deήdermi, se conduco la mia ricerca in modo del tutto dilettantesco : e cosi necessa� riamente, perche tu non vuoi parlare con maggior chiarezza, pur sapendo meglio le cose. [22] Immagino, dunque, che la virtu sia come una citta, i cui abitanti vivano felici - come direbbe il tuo maestro, che di la in qualche modo e tornato -, sapienti al massimo, coraggiosi dal primo all'ultimo, giusti, saggi, di poco inferiori agli dei ; e nessun misfatto vedresti osare in questa citta - cosi dicono - del genere di quelli che si vedono numerosi da noi, dove c'e gente che rapina, fa violenza, si arricchisce a dannσ degli altή : la vivono in pace e concordia, ed e piu che natul'ale, giacche tutte quelle cose che - a mio giudizio - nelle altre citta scatenano lotte di fazioni e rivalita, da loro non esistono piu. Non vedono infatti piu ne oro, ne piaceή, ne gloria, cosi da farne oggetto di contesa, ma ritenendole cose non necessaήe alla convivenza civile, da tempo le hanno scacciate dalla citta. Per questo

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Ε Ρ ΜΟΤΙΜΟΣ Η ΠΕΡ! ΑΙΡΕΣΕΩΝ

νόν τινα. ΚΙΧ� ΠιΧνευδα.ίμονα. βίον βιοuσι ξον εuνομί!f ΚΙΧ� ίσότψι και έλευS·εpί!f και το'Lς &.λλοις &γα.&ο'Lς. [23] ΕΡΜ. η οον, ι1} Λυκ'Lνε ; Οuκ &ξιον &.πα.ντα.ς έπι&υ� με'Lν πολίτα.ς γίγνεσS·α.ι τ�ς τοια.ότ'Υ)ς πόλεως μ�τε κάμοιτον uπολογιζομένους τον έν τ'{j όδ� μ�τε προς το μ�κος τοu χρόνου &πα.γορεόοντα.ς, εt μέλλουσιν &φικόμενοι έγγρα.φ�σεσ&α.ι και α.uτο� και με&έξειν τ� ς πολιτείας ; ΛΥΚ. Ν-fι Δί', ι1} Έρμότιμε, πάντων μάλιστα. έπι τοότ σπουδα.στέον, των δ' !lίλλων άμελψέον, ΚιΧ� μ�τε πατρίδος τ�ς έντα.u&α. έπιλα.μβανομέν'Υ)ς πολΟν ποιε'Lσ&α.ι τον λόγον μ�τε πα.ιδων η γονέων, Βτ είσίν, έπικα.τεχόντων και κλα.υ&μυριζομένων έπι� κλ!Χσ&α.ι, &λλ&. μά.λιστα. μεν κ&κείνους πα.ρα.κα.λε'Lν έπι τ-fιν α.uτ-fιν > I

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Ι Ι Ι \ εκεισε� ου γαρ οεος μ'Υ) σε τις α.ποκλειση κα.� γυμνον εκεισε ,1κοντα.. [24] �' Ηδ'ΥJ γά.ρ ποτε και &λλοτε πρεσβότου &νδρος �κουσα. διε� ξιόντος Βπως τ&. έκε'L πράγματα. �χοι, κα.ί με προίiτρεπεν �πεσ&α.ί ot προς τ-fιν πόλιν' �γ�σεσ&α.ι γ&.ρ α.uτος και έλ&όντα. έγγράψειν και φυλέτψ ποι�σεσ&α.ι και φρα.τρία.ς 1β μετα.8ώσειν τ�ς α.uτοu, ώς μετ&. πάντων εuδα.ιμονοί'ΥJν.· « &λλ' έγω ou πιS·όμ'Υ)ν » 17 uπ' ά:νοία.ς κα.� νεότψος τότε, προ πεντεκα.ίδεκα σχεδον έτων- tσως γ&.ρ &ν α.uτ&. �δ'Υ) ά:μφι τ&. προάστεια. και προς τα.'Lς πόλα.ις �ν &ν. 'Έλεγε δ' οον περ� τ�ς πόλεως, ε'l γε μέμν'Υ)μα.ι, &λλα. τε πολλα ΚΙΧ� δη και τά.δε, ώς ξόμπα.ντες μεν έπ�λυδες ΚΙΧ� ξένοι . ε!εν, α.ίJ&ιγεν-fις δε οuδε ε!ς, άλλα ΚΙΧ� βαρβάρους έμπολιτεόεσ&α.ι πολ­ λοος και δοόλους και ά:μόρφους και μικροος και πέν'Υ)τα.ς, κα.t Βλως μετέχειν τ�ς πόλεως τον βουΜμενον- τον γ&.ρ δ-fι νόμον α.Uτο'Lς οuκ ά:πο τψ'Υ)μάτων ποιε'Lσ&α.ι τ-fιν έγγρα.φ-fιν οuδ' ά:πο σχ'Υ)μάτων η μεγέ&ους η κάλλους οuδ' ά:πο γένους οuδε λα.μπρων έκ προγόνων, &:λλ&. τα.uτα. μεν οuδε νομίζεσ&α.ι παρ' α.uτο'Lς, ά:ποχρ�ν δ' έκά.στ προς το πολίτ'Υ)ν γενέσ&α.ι σόνεσιν και έπι­ Sυμία.ν των κα.λων και πόνον ΚΙΧ� το λιπα.ρες και το μη ένδοuνα.ι >

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Ι6. Suddivisione su basi religiose e politiche all'interno delle tribu (φυλα! in greco) , che erano i gruppi maggiori,_ fondati su basi etniche, nei quali si divideva la popolazione della citta greca. In eta classica le tribu ad Atene erano dieci.

20 [70], 23-24

73 1

vivono una vita tranquilla e pienamente felice con buone leggi, eguaglianza, liberta e ogni altro bene. [23] ERM. Ε allora, ο Licino, non e gi\].sto che tutti desi-: derino diventare cittadini di una citta come questa senza tener conto della fatica del viaggio ne cedere alla sua lunga durata, se intendono giungervi, esservi ascritti anch'essi e partecipare alla vita pubblica? LIC. Per Zeus, ο Ermotimo, questa e la cosa di cui bisogna darsi pensiero piu che di tutte ; delle altre non si deve aver cura e non fare molto conto della patria di qui, che ci vuole per se, ne lasciarsi smuovere se figli ο genitori, quando ci siano, tentano di trattenerci piangiucchiando, ma preferi­ bilmente esortare anche quelli al medesimo viaggio, se poi noiι . volessero σ non potessero, scrollarseli di dosso e incam­ minarsi direttamente per quella citta felicissima gettando anche la veste, se ci si aggrappassero cercando di tratten,erti, nella tua impazienza di correre : non c'e da temere infatti che ti chiudano fuori, anche se arriverai la nudo. [24] Gia altre .volte udii un vecchio narrare come vanno le cose di la e mi esortava a seguirlo nella citta : mi avrebbe guidato egli stesso e all'arrivo mi avrebbe iscritto e fatto membro di una tribu e della sna stessa fratria 16, perche fossi felice con tutti gli altri ; « ma io non l'ascoltai >> 17 allora - sono passati circa quindici anni - per l'insipienza della gioventu : a quest'ora forse sarei gia nei sobborghi e in prossimita delle porte. Diceva dunqιιe della citta, se ben mi rammento, molte cose e fra le altre che erano tutti stranieri venuti da fuori e nessuno era nato Β, ma ci vivevano come cittadini molti che erano barbari, schiavi, brιιtti, piccoli, poveri, e insomma acquistava il diritto di cittadinanza chiιιnque lo volesse ; la loro legge infatti consentiva l'iscrizione non .i n base al censo ο alla figura ο all' altezza ο alla bellezza, ne alla famiglia ne agli antenati illustri, che anzi le loro con­ suetudini non prevedevano nemmeno queste differenze, ma a ciascuno per diventare cittadino bastavano intelligenza, aspirazione al bene, resistenza alla fatica, costanza, non 17. Cos! si apre il

v.

201 di Π., V.

732

ΕΡΜΟΤΙΜΟΣ Η ΠΕΡΙ ΑΙΡΕΣΕΩΝ

μ'Υ)aε μΙΧλΙΧΚισ&�νΙΧι πολλοίς Ί-οίς aυcrχερέσι ΚΙΧτiΧ τ�ν δaον έν­ τυγχά.νοντΙΧ, ώς δστις &ν τΙΧUτΙΧ έπιaειξ'Υ)τΙΧι ΚΙΧl aιεξέλ&η πορευό­ μενος &χρι προς τ�ν πόλιν, ΙΧuτιΚ.ά. μά.λΙΧ πολίτ'Υ)ν gντΙΧ τοuτον, δστις &ν YJ, ΚΙΧl tσότιμον &πΙΧσι• το aε χειρωv � κρειττων � εUΠΙΧ­ τριa'Υ)ς � &γενν�ς � aοuλος � έλεΜ·ερος οόaε 1:\λως ε!νΙΧι � λέγεσ&ΙΧι έν τη πόλει. [25 ] ΕΡΜ. Όρ�ς ω Λυκϊνε, ώς ou μά.τ'Υ)ν οtιaε περl μικρων κά.μνω πολιτ'Υ)ς έπι&υμων γενέσ&ΙΧι κΙΧl ΙΧUτος οδτω ΚΙΧλ�ς κΙΧt εόaΙΧίμονος πόλεως ; ΛΥΚ. Και γ&.p α.ύτός, ώ ( Ερμότ�με, τών α.ύτων σο� εpω και οuκ �στιν 1:1 τι &ν μοι προ τοότων εuξΙΧιμ'Υ)ν γενέcr&ΙΧι. Et μεν οον Q. ( • ότι κιχt μιιχν όi>ον όi>οιπορ�σιχντι τιχότψ, �πειτα. S·εων τις ά.νιχβιωνιχι ποι�σειε Πλάτωνιχ κιχt Πυ-3-ιχγόριχν κιχt ' ΑριI ' ' Ν' ""'' ;>). \ στοτε'λ 'ην κιχι\ τους rι.λλ ους, οι' σε περισταντες ερωτιpεν με 'I και ν� Δί' ές i>ικαστ�ριον ά.γαγόντες 6βρεως �καστος i>ικάζοιντο λέγοντες, "'Ω βέλτιστε Λυκίνε, τι πα-3-ιbν η τίνι ποτΕ: πιστεόσας Χρόσιππον καt Ζ�νωνα προετιμ'Υ)σΙΧς �μων, πρεσβυτέρων ι>ντων παριΧ πολό, χ-3-Ε:ς καt πρφψ γενομένους, μ�τε λόγου μεταi>οuς �μίν μ�τε πεφοc-3-εtς 15λως ων φοcμέν ; Et ταϋτα λέγοιεν, τ( &ν &ποκριναιμψ αύτοϊς ; 'Ή έξαρκέσει μοι, &ν εtπω 15τι Έρμο­ τιμιp έπεισ-3-ψ φιλιp ά.νi>ρί ; Άλλα φικϊεν &ν, o!i>' 15't'ι, ' Ημείς, ω Λυκϊ'νε, ούκ rσμεν τον Έρμότιμον τοϋτον ι>στις ποτέ �στιν, ούi>Ε: έκείνος �μ&ς· &στε ούκ έχρ�ν &πάντων καταγιγνώσκειν ούi>Ε: έρ�μψ �μων καταi>ιαιτοcν ά.νi>ρt πιστεόσαντα μιαν όi>Ον έν φιλοσοφιqι ΚΙΧL ούi>Ε: ταότψ tσως ά.κριβως κα.τανο�σαντι. οι i>έ γε νομο-3-έται, ω Λυκίνε, ούχ ο6τω προστάττουσι τοίς i>ικοcστΙΧίς ποιείν, ούi>Ε: τοu έτέρου μΕ:ν ά.κοόειν, τον aε �τερον ούκ έFJ.ν λέγειν uπeρ έαυτοU & οrεται ξυμφέρειν, ά.λλ' όμο(ως ά.μφοίν ά.κροFJ.σ-3-αι, ώς p�ον ά.ντεξετάζοντες 'τοuς λόγους εuρίσκοιεν τά.λΊ)-3-� τε Κ\/.L ψευi>�, ΚΙΧL �ν γε μ� ο6τω ποιωσιν, έφιέναι aιaωσιν ό νόμος εtς �τερ ον i>ικασ�ριον. [31 ] Τοιαϋτα &ττα εtκος έρεϊν αύτοός. ''Η τάχ' &ν τις αύτων ΚΙΧL προσέροιτό με, Εtπέ μοι, λέγων, ω Λυκi:νε, Ν

2 r . 11 fondatore della filosofia stoica (cfr. Vit. auct., 20 e nota 17) .

20 [70], 30-31

739

guide migliori ne piloti piu esperti degli Stoici, e se un giorno vorrai giungere a Corinto, dovrai seguire loro camminando sulle orme di Cήsippo e di Zenone 2ι : non sara possibile altrimenti . Lrc . Vedi, ο Ermotimo, quanto e comune quello che hai detto ? Che io non arriverei a Corinto, se non con lui, po­ trebbero dirlo sia chi viaggia con Platone, sia chi segue Epicuro, sia gli altri. Ne segue che bisogna credere a tutti, il che e assolutamente ήdicolo, ο non credere a nessuno, cosa questa di gran lunga la piu sicura, finche non troviamo chi e sincero. [3ο] Facciamo un'ipotesi : io, trovandomi come mi trovo adesso nella condizione di non sapere ancora chi fra tutti sia quello che dice la verita, scelgo la vostra parte credendo a te, che mi sei amico, ma conosci soltanto le convinzioni degli Stoici e cammini per questa sola via ; accade poi che un dio faccia tornare in vita Platone, Pi­ tagora, Aristotele e gli altri, e costoro, venendomi intorno ο addirittura trascinandomi in tήbunale e accusandomi cia­ scuno di violenza, mi domandino : « Carissimo Licino, che male ti abbiamo fatto noi ο a chi hai creduto per anteporre Cήsippo e Zenone, nati ieri e l'altro i�ri, a noi, che siamo di molto piu anziani, senza concederci la parola ne far la minima prova di cio che diciamo ? >>. Ebbene, nel caso che mi parlassero cosi, che cosa potrei rispondere ? oppure mi bastera dire che mi ha persuaso 1' amico Ermotimo ? Ma essi direbbero - lo so : « Noi, ο Licino, non conosciamo questo Ermotimo, chiunque egli sia, ne lui noi ; e percio non dovresti condannarci tutti processandoci in contumacia solo perche hai aeduto ad un uomo che in filosofia ha con­ siderato un'unica via, e anche questa forse non molto atten­ tamente. Ι legislatori, ο Licino, non ordinanb ai giudici di far cosi, di ascoltare uno e di non permettere all'altro di dire cio che ritiene utile nel suo inteι-esse, ma di prestare oι-ecchio all'uno e all'altro nello stesso modo, per trovare piu facil­ mente il vero e il falso confrontando le opposte ragioni, e se cosi non fanno, la legge concede di appellarsi ad un altro tribunale >>. [31] Questo press' a poco dovrebbero dire. Ο forse uno di loro potrebbe anche domandarmi : « Dimmi, ο Licino, -

740

ΕΡΜΟΤΙΜΟΣ Η ΠΕΡΙ ΑΙΡΕΣΕΩΝ

εt τιζ Αt.!Ηοψ μ1JaεπωΠοτε &.λλους ά.v&ρωπους ιaων, ο!ω �μεΖς έσμεν, aια. το μ� ά.ποaεa1)μ1)κέναι το παράπαν, �ν τινι συλλόγq') των Α1&ιόπων aιισχυρίζοιτο και λέγοι μ1Jaαμ6S·ι τ�ς γ�ς ά.νiJ·ρω­ πους είναι λευκοος � ξανS·οος μΎ)aε &.λλο τι � μέλανας, &ρα � ' � ,.. � ' " • ' ' I � πιστευοιτ αν υπ αυτων ; Η ειποι τις σ.ν πρuς αυτuν των πρεσ βυτέρων Αί&ι6πων, Σο aε a� π6&εν ταuτα, ώ S·ρασότατε, ο!σ&α ; Ou γιΧρ ά.πεa�μφας παρ' �μων οuaαμόσε ouM είaες ν� Δία τιΧ παριΧ τοΖς !lλλοις δποίά. έστι. Φαίψ &ν �γωγε aίκαια έρωτ�σαι τον πρεσβότην. 'Ή πως, ώ Έρμότιμε, συμβουλεόεις ; ΕΡΜ. 06τω· aικαιότατα γιΧρ έπιπλ�ξαι aοκεΖ μοι. ΛΎΚ. Και ydφ �μοιγε, & Έρμότιμε. 'ΑλλιΧ το μετιΧ τοuτο οuκέτ' οίaα ε1 δμοίως και σοι aόξει . έμοι μεν γιΧρ τοuτο και πάνυ aοκεΖ. [32] ΕΡΜ. Το ποΖον ; ΛΎΚ. 'Επά.ξει a1Jλαa� δ ά.ν�ρ καt ψ� σε ι πρ6ζ με δ>aέ πως· ά.νά.λογον τοίνυν κείσ&ω τις �μίν, & ΛυΚίνε, τιΧ Στω'Cκων μόνα ε1Μς, κα&ά.περ δ σος ψίλος οδτος δ Έρμότιμος, ά.ποa1Jμ�σας aε μ1Jaεπωποτε μ�τε ές Πλάτωνος μ�τε παριΧ τον ΈΠίκουρον μ�τε (\λ(.υς παρ' !lλλον τινά.. Ε1 τοίνυν λέγοι μΎ)aεν ο6Ί-ω καλον είναι μ1Ja' ά.λ1J&ες παριΧ τοίς πολλοίς, οία τα. τ�ς Στοaς 22 έστι και & έκείν1) φφίν, οuκ &ν εuλόγως &ρασος ε!ναι aόξειεν &.ν σοι περι πάντων &ποφαινόμενος, και ταuτα �ν εϊaως, οu·aεπωποτε έ ξ Α1&ιοπίας τον �τερον πόaα προελS·ων ; τι βοόλει ά.ποκρίνωμαι . ' αυτf{) ; ΕΡΜ. Το ά.λψέστατον έκεΖνο aψαa�, δτι �μεΖς τιΧ μεν Στω'Cκων και πάνυ έκμά.νiJ·ά.νομεν πα:S·ων μισε'i.'ς φιλοσοφία:ν κα:Ί. ι1:ςριστ,ις τοος ΛΥΚ. �Ω Έρμότιμε, Ύ]τις μΕ:ν ή &.λ�&ειά. &στιν δμε'i.'ς &ν &μειvον ε�ποιτε ot σοφοί, σο τε κα:Ί. ό aιΜσκα:λος &γω aε τό γε τοσοuτον ο!aα:, ώς ou πά.νυ ηaε'i.'ά. &στιν α:uτ-Υ) το'i.'ς &.κοοουσιν, &.λλιΧ πιχ.ρευaοκιμε'i.'τα:ι δπο τοu ψεοaους πα:ριΧ πολΟ· εu7φοσω­ πότερον γdιρ &κε'i.'νο κιχ.Ί. Ί3ιιΧ τοuτο ηaιον- ή aε &τε μηaΕ:ν κίβaψον

28. Cfr. Dial. Mort., 7, Ι

e

nota Ι 3 .

20 (70), 5Ο-5 Ι

nessuno puo scegliere fra molte cose la migliore, se non le ha provate tutte, per cui chi sceglie senza prova ricerca i1 vero piu divinando che giudicando ? Non dicevamo cosi ? ERM. Si. Lic. Ε dunque assolutamente necessario che noi viviamo tutti quegli anni, se abbiamo in anίmo di scegliere bene, dopo aver provato ogni scuola, di fi.losofare, dopo aver scelto, e di essere felici, dopo aver fi.losofato ; ma, prima di aver fatto questo, noi danzeremo, come si dice, al buio inciampando in cio che capita e pensando, perche non cono­ sciamo i1 vero, che la pήma cosa che ci viene fra le mani sia quella che cerchiamo. Se anche poi lo trovassimo imbatten­ doci in esso per un colpo di fortuna, non potremo sapere con certezza se e quello il vero che cercavamo, giacche molti sono simili fra di loro e ciascuno pretende di essere il piu vero di tutti. [5ο] ERM. Mi sembra, ο Licino, non so come, che tu dica de11e cose ragionevoli, ma - diro la veήta - mi rattristi non poco conducendo meticolosaιnente questo esame, quando non ve n'e alcun bisogno. Ε probabile che oggi io sia uscito di casa in mal punto e in mal punto, una volta uscito, abbia incontrato te : dimostrando che la ricerca della verita, in quanto necessita di tanti anni, e impossibile, mi hai gettato in braccio al dubbio, quando ero gia vicino alla speranza. L1c. In realta, amico, sarebbe piu giusto che rimprove­ rassi a tuo padre Menecrate e a tua madre, comunque si chiamasse - io non lo so -, ο piu ancora alla nostra natura di non averti fatto longevo come τitono 28, ma di avere stabilito che come essere umano tu vivessi al massimo non piu di cent'anni. Ragionando con te ho trovato quel che risulta dal Γagionamento. [51] ERM. Ν ο : sei prepotente come sempre, e non so per quale motivo tu odii la fi.losofi.a e ti prenda gioco dei fi.losofi.. Lic. Ο Ermotimo, che cosa sia la verita potreste dirlo meglio voi sapienti, tu e i1 tuo maestro : io so questo sol­ tanto, che per se non e molto gradita a chi l'ascolta e in popolaήta e di molto superata dalla menzogna, che e piu bella e per questo piu gradita ; ma la verita, cosciente di

ΕΡΜΟΤΙΜΟΣ Η ΠΕΡ! ΑΙΡΕΣΕΩΝ

έοωτ?j σuνει3u'i.'α μετιΧ παρρ'Υ)σίας 3ιαλέγεται τοίς ά.ν&ρΘποις, καt 3ιdι τοuτο &χ&ονται αuτη. Ί3οu γέ τοι, καt σο νuν &χ&η μοι τά.­ λ'Υ)&Ε:ς &ξεuρόντι περt τοuτων μετιΧ σοu καt 31)λd.Ισαντι οtων �ρωμεν �γΘ τε καt σο, ώς ou πάνu pq.3ίων' &σπερ ει ά.ν3ριάντος �ρων > ι < JZ 1 1: ' "' z! ι Ι 15τιμ αν πρωτιμ εντuχης, κα., η και\ σuμφιλ οσοφ'Υ)σεις, τοuτιμ κεϊνος �ρμαιον ποι'ήσετα( σε ; [53] ΕΡΜ. Και τί σοι ά.ποκρινα(μ'Υ)ν &ν �τι, 8ς οιsτε αuτόν τινα κρίνειν οίόν τε είνα ι φ�ς, �ν μ� φοίνικας �τ'Υ) βιώση πάντας Ι ' \ ι ι l( � λ ιμ περιιων κuκ εν καιI πεφωμενος, οuτε τοις προπεπεφαμενοις πιστεuειν ά.ξιοίς οuτε τοίς πολλοίς �παινοuσι καt μαρτuροuσι ; ΛΥΚ. τίνας φ�ς τοος πολλοος εί86τας καt πεπε ιραμένους &πάντων ; Ει γάρ τις τοιοuτός �στιν, tκανος �μοιγε καt είς, καt � � ' '� ' ""Ην σε �' ' ' ' ' � ' τι ' έτι πολλων οuσεν σε'Υ)σει. οuκ λ εγης, ε�σοτας τοuς οuκ τό πλ�&ος αuτων προσάξετα:ί με πιστεόειν, &χρι &ν � μ'Υ)3Ε:ν � &ν εtΜτες περt &πάντων ά.ποφαίνωνται. ΕΡΜ. Μόνος 3Ε: σο τά.λ'Υ)&Ε:ς κατεί3ες, οί aε &λλοι ά.νό'Υ)τοι &ποιντες, 15σοι φιλοσοφοuσι. '

""

'

20 [70], 52-53

essere immune da doppiezze, parla agli uomini francamente e percio questi s'inquietano con lei. Ed ecco che anche tu ora t'inquieti con me, perche insieme con te ho trovato i1 vero a conclusione della nostra indagine e ho dimostrato che una cosa come quella, di cui abbiamo desiderio tu ed io, non e molto facile : come se ti prendesse desiderio di una statua e pensassi di farla tua credendola una persona viva, ed io, vedendo che e pietra ο bronzo, ti avvertissi per ami­ cizia che jl tuo e un desiderio impossibile, e tu allora pen­ sassi che io ti sono nemico, percM ho impedito che ti illudessi nella speranza di cose mostruose e irraggiungibili. [52] ERM. Vuoi dire dunque, ο Licino, che non dobbiamo filosofare, ma vivere ignoranti ed oziosi? Lic. Ma dove me lo hai sentito dire questo ? Ι ο non dico che non si deve filosofare, ma, poiche filosofare si deve e, se ci sono molte vie, ciascuna delle quali pretende di con­ durre alla filosofia e alla virtu, e ignota peraltro la vera, dico di fare una scelta scrupolosa. Ε intanto ci e apparso impossibile scegliere la migliore delle molte che ci vengono proposte, senza entrare in ciascuna e provarla ; poi si e visto che la prova e piuttosto lunga. Ε tu come la pensi? - te lo domandero ancora una volta - : seguirai il primo che incontri e filosoferai con lui, ed egli ti considerera un dono piovutσ dal cielo ? [53] ERM. Che cosa potrei ancora Iisponderti, quando dici che non si e in grado di giudicare, se prima non si sono vissuti gli anni della fenice andando in giro da tutti e pro­ vando, e non ti sembra giusto credere a quelli che hanno gia provato ne ai molti che offrono lodi e testimonianze ? Lic. Chi intendi che siano ί molti che sanno e che hanno provato tutti? Se qualcuno ne esiste, a me ne basta uno solo : non avro bisogno di molti. Ma se intendi quelli che non sanno, non ci sara numero di essi tanto grande, che mi induca a credergli, finche, nulla sapendo ο una cosa sola, esprimeranno i1 loro giudizio su tutte. ERM. Tu solo hai veduto la verita : quanti altri fanno filosofia sono sciocchi.

ΕΡΜ Ο ΊΊΜ ΟΣ Η ΠΕΡΙ ΑΙΡΈΣΕΩΝ

I 'I> ' ' ΑΥΚ. κατα: ψευση μου, ω.. ' Ε ρμοημε, λεγων ως εγω προτι.S"η μί πη έμα:υτον των &λλων � τάττω 5λως έν τοϊς εtΜσι, κα:1. ού μν'Υ)μονεόεις ων �φ'Υ)ν, ούκ α:ύτος εt�ένα:ι τά.λ'Υ)&ες ύπερ τοuς &λλους �ιιχτεινόμενος, ά.λλα μετα πάντων ιχύτο ά.γνοε'i:ν δμολογ&ν. [54] ΕΡΜ. 'Αλλ', ω Λυκϊνε, το μεν έπ1. πάντα:ς έλ.S·εl'ν χρΊjναι καΙ. πεφα:&Ίjνα:ι ων φα:σι καΙ. το μ� &ν &λλως έλέσ&αι το βέλτιον � ο\5τως, ε6λογον 'ίσως, το aε τ?) πείρ!j' έκάι:;τη τοσαuτα: �τ'Υ) ά.ποθιΜνα:ι, πα:γγέλοιον, &σπερ ούχ ο!όν τε ον ά.π' όλίγων κατα:­ μα:&εϊν τα πάντα:. Έμο1. θe κα:1. π!Χνυ p�θιον ε!να:ι θοκεϊ το τοι­ οuτον κα:1. ού πολλΎjς �ια:τριβΎjς θεόμενοV' φα:σί γέ τοι των πλαστων ηνα:, Φει�ία:ν ο!μα:ι, �νυχα μόνον λέοντος taόντα ά.π' έχείνου ά.ναλελογίσ&α:ι, �λ(κος &ν δ π&ς λέων γένοιτο κα:τ' ά.ξία:ν τοu

> Ν v.λλ α.ς, υπερεc,επιπτες α.πομηκυνων ως ες γενεα.ς το1 πρα.γμα. ύπερ�μερον γίγνεσ&α.ι τ&λη.Θ·ες τοϋ έκά.στου βίου· τελευτων �ε κα.t τοϋτο α.ύτο ούκ &νεν�οία.στον &ποφα.ίνεις, &.�ηλον εlνα.ι λέγων, ε'ιτε ε\Sρητα.ι προς των φιλοσοφούντων πάλα.ι τ&λη&ες εΊτε κα.l μ�. ΛΥΚ. Σο �ε πως, ω Έρμόημε, Μνα.ιο &ν έπομοσά.μενος ειπε'i:ν �η ε\Sρψα.ι προς α.ύτων ; ΕΡΜ. Έγω μεν ούκ &ν όμ6σα.ιμι. ΛΥΚ. Κα.ίτοι πόσα. &λλα. πα.ρε'i:�ον έκών σοι έξετάσεως μα.κριΧς κα.l α.ύτιΧ �εόμενα.. [68] ΕΡΜ. ΤιΧ πο'i:α. ; ΛΥΚ. Ούκ &κούεις των Στω'ίκων � ' Επικουρείων � Πλα.τω­ νικων είνα.ι φα.σκόντων τοός μεν ει�ένα.ι τοuς λόγους έκάστους, " I J.!:' I τους ο'I' ε\ μη, κα.ιτοι τα. γε α."λλα. πα.νυ Ο(.c,ιοπιστους οντα.ς ; I

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20 [70], 67-68

queste. Ε sembra che noi, contrariamente a quel che do­ vremmo, andiamo di fretta verso la fine, prima di aver tro­ vato i1 principio. Prima bisognerebbe, io penso, che risultasse provato che e stato conosciuto il vero e che uno dei filosofi ne ha conoscenza perfetta ; poi la cosa che viene subito dopo questa sarebbe cercare colui al quale si deve dare ascolto. ERM. Cosicche, ο Licino, tu dici questo, che, se anche saremo passati attraverso tutte le filosofie, neppure allora potremo in nessun modo trovare il vero. Lrc. Non chiederlo a me, carissimo, ma ancora una volta al solo ragionamento ; e forse ti risponderebbe che non lo potremo mai, finche resti incerto se sia una di quelle cose che dicono quei signori. [67] ERM. Allora, a quanto dici tu, non troveremo mai il vero ne mai filosoferemo, ma dovremo abbandonare la filosofia e vivere la vita degli ignoranti. Proprio questo si conclude da quanto dici, che filosofare e impossibile e, al­ meno per un essere umano, irraggiungibile : sostieni infatti che chi ha intenzione di filosofare deve scegliere prima di tutto la filosofia migliore, e la scelta ti e sembrata scru­ polosa soltanto a patto che scegliessimo la piu vera, dopo essere passati attraverso tutte le filosofie. Poi, calcolando il numero degli anni sufficienti per ciascuna, hai esorbitato allungando la durata della cosa fino ad altre generazioni, cosi che il vero veniva a trovarsi oltre i1 tempo della vita di un individuo ; poi alla fine dichiari non indubitabile questa stessa cosa, dicendo che e incerto se i1 vero sia stato trovato dai filosofi in passato oppure no . Lrc. Ε tu, ο Ermotimo, come potresti giurarlo che e stato trovato ? ERM. Ιο non lo giurerei. Lrc. Del resto quante altre cose ti ho taciuto intenzional­ mente, bisognose anch'esse di un lungo esame ! [68] ERM. Quali? Lrc. Non senti da quelli che proclamano di essere Stoici ο Epicurei ο Platonici, che alcuni di essi conoscono ogni parte della loro dottrina, altri no, pur essendo per tutto il resto .degni di grande fiducia?

ΕΡΜΟΤΙΜΟΣ Η ΠΕΡ! ΑΙΡΕΣΕΩΝ

ΕΡΜ. ' Αλη&Ίj ταuτα. ΛΥΚ. Το τοίνυν �ιακρίναι τοuς εtΜτας ΚΙΧL �ιαγνωναι άπο των ούκ είΜτων μέν, φασκόντων Μ, o\J σοι �οκεί πάνυ ι!:ργω�ες είναι ; ΕΡΜ. Κα!. μάλα. ΛΥΚ. Δεήσει τοίνυν σέ, εt μέλλεις Στω'ίκων τον &ρ ι στον I .,. (t ει> και\ μ,1� επι Ι Ι > \ παντας, > � > \ τους εισεσ'ΙΓαι, α> λλ' ουν επι πλειστους αυτων ι!:λ&είν καΙ. πεφα&Ύjναι καΙ. τον &μείνω πpοστήσασS·αι �ιΜσκαλον, γυμνασάμενόν γε πρότερον καΙ. κριτικ�ν τ(Δν τοιοότων Μναμιν πορισάμενον, ώς μή σε λάS·η ό χείρων προκpι&είς. Κα!. σu ΚΙΧL προς τοuτο δρα 6σου �ε!: τοu χρόνου, οδ έκν παρΎjκΙΧ �ε�ις μ� σu άγανακτήσης, καίτοι τ6 γε μέγιστ6ν τε &μα καΙ. άναγκαιό­ τατον ι!:ν τοίς τοιοότοις, λέγω �η τοίς ά�ήλοις τε καΙ. άμφιβόλοις, �ν τοuτ6 ι!:στιν, ο!μαι· καΙ. μόνη σοι αι5τη πιστη καΙ. βέβαιος ι!:λπ!.ς ι!:π!. την &λή&ειάν τε καΙ. ει5ρεσιν αύτΎjς, tlλλη �ε οΜ' �τισοuν η το κρίνειν ΜνασS·αι καΙ. χωρίζειν άπο των άλη&ων τιΧ ψευ�Ύj ύπάρχειν σοι καΙ. κατιΧ τοuς &ργυρογνώμονας �ιαγιγνώσκειν & τε �� � λα και\ α / βση και\ ακι και\ ει ποτε τοιο:υI την σοκιμα ,... f � \ συναμιν \ ε"'ετασιν \ )].. ' t: ' ' \ την των τινα και τεχνην πορισαμενος 11εις επι λεγομένων • εt �έ μή, εδ 'ίσ&ι ώς ού�eν κωλόσει σε τΎjς pινος �λκεσ&αι ύφ' έκάστων η &αλλ � χαιΙ ψ εuοος ' πεντε uν, ο�ον, ouv·oν τι αuτcp ει>I τις λεγοι ταI οις έπτα ε!ναι και σο πιστεuσειας αότ(j) μ� &ρι.Θ·μ�σας έπι σαuτοu, έπάξει 3Ύ)λα3� 5τι και τετράκις πέντε τετταρεσκαί3εκα πάντως έστι και μέχρι &ν 5τοu έ&ελ�ση, ο!α και � &αuμαστ� γεωμε­ τρία ποιε�· κ&.χείν'Υ) γαρ τοuς έν &.ρχ?'J &λλ6κοτά. τινα αίτ�ματα αίτ�σασα και συγχωρ'Υ)&�ναι αότ?'J &.ξιώσασα οό3Ε: σuστ�ναι 3uνά.μενα, σ'Υ)με�ά. τινα &μερ� καΙ. γραμμας &πλατε�ς και τα τοιαuτα, έπι σα·&ροiς τοiς .Θ·εμελίοις τοuτοις 40 οίκο3ομε� τα τοιαuτα και &.ξιοi είς &π63ειξιν &λ'Υ)&� λέγειν &πο ψεu3οuς τ�ς &.ρχ�ς όρμωμέν'Υ). [75 ] Κατα ταότα τοίνuν καΙ. uμε�ς Μντες τας &.pχας τ�ς προαιρέσεως έκάστης πιστεuετε το�ς έξ�ς και γνώρισμα τ�ς &.λη&είας αότων τ�ν &.κολοu&ίαν �γε�σ&ε ε!ναι ψεu3� οδσαV' ε!τα οί μΕ:ν uμων έναπο&ν�σκοuσι τα�ς έλπίσι, πρ1.ν ί3ε�ν τ&λ'Υ)S·Ε:ς καΙ. καταγνωναι των έξa:πατ'Υ)σάντων έκείνων, οί 3Ε: κ&ν .α'Cσ&ωνται ' !: '' "' γεν6 μενοι, οκνοuσιν ), ' ο' ψε' ποτε γεροντες ' ' ' � α.ναστρεεc.,'Υ)πατ'Υ)μενοι 'Υ)ΟΎ) φειν αί3οuμενοι, εί 3ε�σει τ'Υ)λικοuτοuς αό-rοuς �ντας έξομολο,,

40. L'immagine e stata confrontata con Sesto Empirico, Pyrrh. lιypot .. e A dvers. Math,, ΠΙ, r o.

Ι, 1 73

20 [70], 75

79 1

uomo con tre teste e sei mani. Νon appena tu accettassi il racconto, senza darti la pena di verificare se sia possibile, ma credendoci, quegli aggiungerebbe anche il resto che ne consegue, e cioe che lo stesso uomo aveva anche sei occhi e sei orecchie ed emetteva tre voci insieme e mangiava con tre bocche e aveva trenta dita, non come ciascuno di noi dieci in due mani, e, quando doveva combattere, tre mani tenevano uno scudo ciascuna, leggero ο di vimini ο pesante, delle altre tre una calava la scure, un'altra lanciava l'asta, la terza maneggiava la spada. Ε chi potrebbe non credergli piu, quando dicesse queste cose, se e vero che conseguono dal principio ? Questo bisognava verificare subito se si do­ vesse accettare e ammettere che fosse cosl ; ma una volta che tu lo hai concesso, il resto dilaga e non si fermera mai e non e facile piu non credere, perche e conseguente e conforme rispetto al principio gia ammesso : il che sta accadendo anche a voi. Poiche per amore e per entusiasmo non avete esaminato come erano le cose a ciascun ingresso, voi andate avanti tirati da una conseguenza dopo l'altra, senza considerare la possibilita che esista qualcosa di conseguente, ma falso, come in questo esempio : se un tale dicesse che due volte cinque fa sette e tu gli credessi, senza fare il calcolo per conto tno, non c'e dubbio che aggiungera che quattro volte cinque fa necessariamente quattordici e cosJ. di seguito finche ne avra voglia, che e poi .quello che e capace di fare la celebratissima geometria, la quale, ponendo a coloro che sono al principio certi ωostruosi postulati che non possono avere consistenza - punti indivisibili, linee prive di larghezza e cose del genere e chiedendo che le si concedano, innalza su queste marce fondamenta 40 quelle sue costruzioni e pretende di dimo­ strare delle verita partendo da un principio falso. [75] Nello stesso modo anche voi, ammettendo i principii di ciascuna scuola, credete alle cose che ne conseguono e pensate che tale conseguenza, che pure e falsa, sia un contrassegno della loro verita ; poi, alcuni di voi muoiono sperando ancora, prima di aver veduto il vero e condannato quegli impostori, altri, anche se si accorgono di essere stati ingannati - ma troppo tardi, quando gia son divenuti vecchi -, esitano a

Ε Ρ Μ Ο ΤΙΜΟΣ Η ΠΕΡΙ ΑΙΡΕΣΕΩΝ

γ�σα:σ&α:ι δη πράγματα: πα:ιaων �χοντες οο συνιεσα:ν ' &στε Ε:μ­ μένουσι το�ς α:Ότο�ς δπ' α:tσχύνΊJς κα:ι Ε:πα:ινοuσι τιΚ παρόντα: κα:t όπ6σους &ν Μνωντα:ι προτpέπουσιν Ε:πι τιΚ α:Ότά, ώς &ν μη μόνοι έξΊ)πα:τΊ)μένοι &σιν, &λλιΧ �χωσι πα:ρα:μυ&ία:ν το κα:ι πολλοuς κα:ι Ιlλλους τιΚ δμοια: πα:&ε�ν α:Ότο�ς· κα:ι γιΧρ α:δ κ&κε�νο όρωσιν, δτι �ν τ&λΊJ&eς ε'ίπωσιν, οοκέη σεμνοι &σπερ νuν κα:ι δπeρ τοuς πολλοuς Μξουσιν oόae Ί-ιμ�σοντα:ι όμοίως. Οοκ &ν οδν έκόντες ε'Cποιεν είaότες, &φ' ο�ων Ε:κπεσόντες δμοιοι το�ς Ιlλλοις Μξουσιν. Όλιγοις a' &ν πάνυ Ε:ντύχοις δπ' &νaρεια:ς τολμωσι λέγειν δη Ε:ξ't)πάτψτα:ι κα:ι τοuς Ιlλλους &ποτρέπειν των όμοίων πειρωμέ­ νους. Et a' οδν ηνι τοιούτcμ Ε:ντύχοις, φιλα:λ�&ΊJ τε κάλει τον τοιοuτον κα:ι χρ't)στον κα:ι aικα:ιον κα:ι, ει βούλει, φιλόσοφον' οο γιΧρ &ν φ&ον�σα:ψι τούτcμ μ6νcμ τοu όνόμα:τος οί a' Ιlλλοι � ooaeν &λΊJS·eς 'Cσα:σιν οίόμενοι εtaένα:ι � είΜτες &ποκρύπτοντα:ι δπο aειλια:ς και α.tσχύνΊJς κα:ι τοu προημιΧσ&α:ι βούλεσ&α.ι. [76] Καί­ τοι προς τ� ς 'Α&ψιΧς Ιlπα.ντα: μeν & �φ't)ν, Μσωμεν α:Ότο\1 κα:τα:­ βα:λόντες κα:t λ·ή&ΊJ τις �στω α.Ότων &σπερ των προ Εοκλείaου Ιlρχοντος 41 πρα:χ&έντων, δποS·έμενοι 3e τα:uτ't)ν φιλοσοφια:ν όρ&ην ε!να:ι την των Στω·ικων, Ιlλλψ aε μΊJa' �ντινα:οuν, Ίaωμεν εt Ε:φικτη α:δτΊJ κα:t 3υνα:τ� Ε:στιν, � μ&.τψ κ&.μνουσιν όπόσοι Ε:φιεντα:ι α:Ότ�ς· τιΧς μeν γιΧρ δποσχέσεις άκούω &α:υμα:στάς τινα:ς, �λικα: εοaα:ψον�σουσιν οί Ε:ς το άκρότα:τον Ε:λ&όντες' μόνους γιΧρ τούΝ ' "'C (i Tlu μετα: τα:υτα: τους πα:ντα: συλλα:βόντα:ς ει.,ειν τα: τcμΝ 15ντι α:γα:v·α:. aε σο &ν Ιlμεινον εtaειΊJς, ε'ί τινι Ε:ντετύχΊJκα:ς Στω·ικφ τοιούτcμ των Ιlκρων, ο�cμ μ�τε λυπε�σ&α:ι μ�&' δφ' �aον�ς κα:τα:σπιΧσ&α.ι μ�τε όργιζεσS·α:ι, φ&όνου aε κρειττονι κα:ι πλούτου κα:τα:φρο­ νοuντι κα:ι συνόλως εοaα:ιμονι, όποϊον χρη τον κανόνα: ε!να:ι κα:ι γνωμονα. τουΝ κα:τα:\ τ�,1ν α:ρετ't)ν β /�ου, - ο γα:ρ κα:�I κα:τα: μικροτα:τον Ε:νaέων άτελ�ς, κ&ν πάντα: πλείω �Χη - εt ae τοuτο οοχι, οοaέπω εΌ3α:ίμων. [77] ΕΡΜ. Οο3ένα: τοιοuτον ε!aον. ,

\

,

I

41. Cfr. Catapl., 5

e

nota 4·

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'

I

\

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\

I

20 [70], 76-77

793

voltarsi indietω pei la veigogna di dovei Iiconosceie alla lοω eta che non avevano capito di faie un gioco da bam­ bini : e cosi Iimangono nella stessa compagnia pei veigogna, esaltano la lοω condizione ed esoitano quanti piu possono a faila pωpiia, allo scopo di non esseie i soli ad esseie stati ingannati e di tωvaie, viceveisa, un confoito nel fatto che molti altii hanno subito la lοω stessa soite ; e anche questo capiscono, che, se dicesseω la veiita, non appaήiebbeω piu, come appaiono, ήspettabili e al disopia del volgo, ne sa­ Iebbeω ugualmente onoiati. Non diiebbeω dunque sponta­ neamente, pui sapendolo, da quali piivilegi decadιιti appa­ Iiiebbeω uguali a tutti gli altii. Ben pochi, invece, ne in­ contieiai, che abbiano il coiaggio di diie che sono stati in­ gannati e di distoglieie gli altή dal faie il medesimo tentativo. Me se uno cosi lo incontiassi, chiamalo puie amico della veiita, onesto, giusto e anche, se vuoi, filosofo : a lui solo non negheiei questo nome. Gli altii ο non sanno nulla della veiita e αedono di sapeila ο, se anche sanno di non sapeila, non lo dicono pei vilta, pei veigogna e peiche vogliono esseie dei piivilegiati. [76] Ad ogni modo, in nome di Atena, lasciamo peideie tutto quello che ho detto e dimentichia­ mocene come di tutti i fatti avvenuti pήma dell'aicontato di Euclide 41, e supponendo, invece, che la vostia filosofia stoica sia la giusta, e nessun'altia, νediamo se e Iaggiungibile e possibile ο se quanti la peiseguono faticano invano. Sento infatti pωmesse meiavigliose ciica la felicita che godianno quelli che aπiveianno alla cima piu alta : essi soli conqui­ steianno e possedeianno ogni veiO bene. Alla domanda che segue potiesti Iispondeie meglio tu : hai mai incontiato uno Stoico, di quelli in alto, tale da non soccombeie al doloie, da non esseie tiascinato in basso dal piaceie, da non adiiaisi, da esseie supeήoie all'invidia, da dispiezzaie la Iicchezza, e in una paωla, felice, cio che dev'esseie la noima e l'indice della vita viituosa - giacche chi manca, sia puie in misuia minima, e impeifetto, anche se avesse tutto in abbondanza -? Ma se cosi non e, non e ancoia felice. [77] ERM. Nessuno ho mai visto cosi.

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ΕΡΜΟΤΙΜΟΣ Η ΠΕΡΙ ΑΙΡΕΣΕΩΝ

ΛΥΚ. Εο γε, (]') Έρμ6,ημε, δτ� οό ψεό8η έκών. Εtς τί 8 ' οον άποβλέπων φιλοσοφε�ς, δταν δρ%ς μ�τε τον 8ιΜσκαλον τον σον μ�τε τον έκείνοu μ�τε τον προ αότοu μ'Υ)8' &ν εtς 8εκαγονίαν άναγάγης μ'Υ)8ένα αότων σοφον άκριβως και 8ιιΧ τοuτο εόaαί­ μονα γεγεν'Υ)μένον ; Οόaε γcΧρ &ν έκε�νο όρ.&ως ε�ποις, ώς άπ6χρ'Υ), κ&ν πλφίον γένη τ�ς εόaαιμονίας, έπει οό8εν 6φελος· δμοίως γιΧρ �ξω τοu ό8οu έστι και έν τc'j) δπαίS·ρι:μ δ τε παριΧ τ�ν S·όραν �ξω έστως και δ π6ρρω, 8ιαλλάττοιεν 8' &ν, δτι μ&λλον οότος άνιάσεται όρων έγγό.&εν ο�ων έστέρψαι. Ε!τα �να πλ'Υ)σίον γένη τ�ς εόaαιμονίας - 8ώσω γcΧρ τοuτ6 σοι - τοσαuτα πονε�ς κατα­ τρόχων σεαuτ6ν, και παρα8ε8ράμ'Υ)κέ σε δ βίος δ τοσοuτος έν άκ'Υ)8ίq: και καμάτι:μ και &γρuπνίαις κάτω νενεuκ6τα. Και εtσαu.&ις πον�σεις, ώς φ�ς, &.λλα ε�κοσιν �τ'Υ) τοόλάχιστον, �να όγ8ο'Υ)κον' I ) I ) I !! Ι τοuτ'Υ)ς γενομενος � ει τις εγγu'Υ)τ'Υ)ς εστι σοι, vτι β ιωση τοσαuτα - δμως �ς έν το�ς μ'Υ)8έπω εό8αιμονοuσιν ; Et μ� μ6νος ο'ίει τεόξεσ.&αι τοότοu και αίρ�σειν 8ιώκων δ προ σοu μάλα πολλοι κάγα.&οι και ώκότεροι παρcΧ πολΟ 8ιώκοντες οό κατέλαβαν. [78 ] ΆλΜ καt κατάλαβε, εt 8οκε'i:, καt �χε δλον συλλαβών, το μεν 8� πρωτον οόχ όρω δ τι ποτ' &ν ε'ί'Υ) τάγα.&6ν, ώς άντάξιον 8οκε'i:ν των π6νων των τοσοότων. 'Έπειτα ές π6σον �τι τον λοιπον χρόνον άπολαόσεις αότοu γέρων �8'1) και παντος �8έος �ξωρος &ν και τον �τερον π68α, φασίν, έν τΊJ σορ(j) �χων ; Et μ� τι ές &λλον, ω γεννα�ε, βίον προγυμνάζεις έαuτ6ν, ώς ές έκε�νον έλ.&ων I < l( '/' >'/' \ ι! ι! � vμοιον ως ()(,μεινον οιαγαγοις, εισως vντινα τρ 6 πον χρ'Υ)\ β ιοuν, ε'ί τις ές τοσοuτον σκεuάζοι τε και εότρεπίζοι ώς 8ειπν�σων &μεινον, &.χρι &ν λά.&η δπο λιμοu 8ιαφS·αρείς. [79 ] Άλλιl μ�ν οόa' έκε�ν6 πω κοιτανεν6'Υ)κας, ο!μαι, ώς � μεν άρετη έν �ργοις 8�ποu έστίν, ο!ον έν τc'j) 8ίκαιοι πράττειν και σοφcΧ και άν8ρε�α, δμε�ς 8ε - το 8ε δμε�ς δταν ε'ίπω, τοος &.κροuς των φιλοσο­ φοόντων ψ'Υ)μί - άφέντες ταuτα ζψε'i:ν και ποιε�ν p'Υ)μάτια Μ­ στψα μελετ&τε και σuλλογισμοος και άπορίας και το πλε�στον ,,

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Lτc. Mi compiaccio, Erφotimo ! Tu non menti sapendo di mentire. Ma a qual punto fermo guardando tu filosofi, quando vedi che ne il tuo maestro, ne il maestro di questo ne alcuno dei suoi predecessori, neppure se risalissi alla decima generazione, sono stati sapienti nel vero senso della parola e per qιιesto felici? Non avresti ragione, infatti, di dire neanche questo, che alla felicita basta soltanto avvi� cinarsi : cosa che, invece, non serve a nιιlla, perche si trova ugualmente fuori della soglia e all'aperto quello che sta accanto alla porta e quello che ne sta lontano, con la diffe� renza, se mai, che il primo soffrira di pii:ι vedendo da vicino di quali cose e privato. Poi, per avvicinarti alla felicita - ti concedero che possa avvicinarti -, ti consumi in tutti questi sforzi e tanta parte della tua vita ti e passata nel� l'insoddisfazione, nella fatica, nelle veglie che ti fanno cion­ dolare il capo ; e seguiterai a faticare, come dici, altri vent'anni almeno, per trovarti tuttavia, all'eta di ottant'anni - se qualcuno garantisce che vivrai tanto -, fra coloro che non sono ancora felici ; a meno che non creda che otterrai lo scopo tu solo e che inseguendolo raggiungerai cio che mol­ tissimi prima di te, bravi e di te assai pii:ι veloci, inseguirono, ma non presero. [78] Ebbene prendilo tu, se ti . pare, prendilo tutto e tientelo stretto ; ma, per prima cosa, non vedo qual bene mai potrebbe apparire un compenso ade­ guato per tante fatiche ; e poi, per quanto tempo ancora ne godrai, tu che sei gia νeGchio, fuori tempo per ogni piacere e, come si dice, con un piede nella fossa? Salvo che non ti stia esercitando, mio ottimo amico, per un' altra vita con la prospettiva di stare meglio, una volta arrivato, sapendo in che modo si debba vivere, proprio come se uno pωtraesse la pι·eparazione e l'elaborazione dei cibi, per pranzare meglio, fino al punto di non accorgersi di morir di fame. [79] Del resto tu non devi aver capito ancora neppure questo, che la virti:ι - non c'e dubbio - si risolve in azioni, come sarebbe nell'agire con giustizia, con saggezza, con coraggio, mentre voi - e quando dico voi, intendo i primi dei vostri filosofi -, trascurando queste cose, vi dedicate a cercare e a creare povere definizioncelle, sillogismi, problemi, consumate in

ΕΡΜΟτΙΜΟΣ Η ΠΕΡ! ΑΙΡΕΣΕΩΝ � '\ I Ν κριΧτη εν α:uτοις, κα:λτοu β'ιοu επι τοuτοις σια:τρι/β ετε, και ος α.ν λίνικος όμ�ν �οκε�· &φ' &ν, ο!μα:ι, ΚOI:L τον �ιΜσκα:λον τοuτονt -θ·α:uμάζετε, γέροντα: &ν�ρα:, ί)τι τοος προσομιλοuντα:ς ές &πορία:ν κα:&ίστησι κα:t ο!�εν ώς χρ� έρέσ&α:ι κα:t σοφίσα:σ&α:ι κα:t πα:νοuρ­ y'ijσα:ι και ές &φuκτα: έμβιΧλε�ν, κα:t τον κα:ρπον &τεχνως &φέντες - οδτος �ε �ν περt ηΧ έ!ργα: - περt τον φλοιον &σχολε�σ&ε τιΧ φόλλα: κα:τα:χέοντες &λλ�λων έν τα:�ς 6μιλία:ις. 'Ή γιΧρ &λλα: έστtν & πράττετε, ίh cΕρμότLμε, πάντες �ω.&εν είς έσπέραν ; ΕΡΜ. 0\Jκ, &λλιΧ τα:uτιΧ. ΛΥΚ. 'Ή οδν οόχt κα:t ορ-Θ·ως ης φαί 'Υ) τ�ν σκιιΧν όμας &ΊJ­ ρεόειν έάσα:ντα:ς το σωμα: � τοu ί)φεως το σόφα:ρ &μελ�σα:ντα:ς τοu 6λκοu, μαλλον �ε το ί)μοιον ποιε�ν &σπερ ε'C ης ές 8λμον ()�ωρ έκχέα:ς όπέριμ σι�'Υ)ρ πισος'

'\ σ.

I ">' σε εποιΊ)σεν

[Ι ] Ή ροaότοu ε�&ε μεν κα.t τιΧ &λλα. μLμ �σα.σ&α.L auνα.τον �V' τ1. �τοuτ6 1 προσ�ν α.uτ(i), - μείζον γ&.ρ εuχ�ς ou π&ντα. ψημt &σα.κα.ι υ μεν γε - άλλιΧ κιΧν �ν έκ των &πάντων, ο!ον � κάλλος των λόγων � άρμονία.ν α.uτων � το ΟLκε'Lον τη Ίωνίq: κα.t προσφueς � τ�ς γνώμΊ)ς το πεpLττον � δσα. μuρ(α. κα.λιΧ έκε'Lνος &μα. πάντα. σuλΙ Ι � > μLμΊ)σLν > Ι τοLς > ι � εLς λα. β ων περα. τΊJς ε' λ επL σuγγράμμα.σL κα.t ώς πολλοu &ξως το'Lς " ΕλλφLν δίπα.σLν έν βρα.­ χε'i: κα.τέστΊJ, κα.t έγώ κα.t σο κα.t &λλος &ν μψφα.ίμεS·α.. Πλεο­ σα.ς γιΧρ ο�κο&εν έκ τ�ς Κα.ρlα.ς 2 εU&ο τ�ς Έλλάaος έσκοπε'Lτο προς έα.uτον δπως &ν τάχLστα. κα.t ά.πρα.γμονέστα.τα. έπίσΊ)μος κα.t , .. , , cι, σuγγρα.μμα.τLα.. , , κα.L, 6τα. I,),'> οuν περLβ ΟΊ)τος γενοLτο α.uτος ,1οΥ) v·εν , περLνοστοuντα. νuν μεν Α&ψα.ίοLς, νuν aε ΚορLν&ίοLς ά.να.γL­ νώσκεLν � ' ΑργείοLς � Λα.κεaα.ψονίοLς έν τ(i) μέρεL, έργωaες κα.t μα.κρον �γε'Lτο ε!να.L κα.t τρLβ�ν ou μLκριΧν έν τ(i} τοLοοτψ �σεσ&α.L' ο\5κοuν �ξ(οu aLα.σπiΧν το πρiΧγμα. ouae κα.τa aLα.ίρεσLν ο\)τω κα.τ' ολίγον ά.γείpεLν κα.t σuλλέγεLV τ�ν γνωσLν, έπεβοολεuε aέ, εL auνα.τον ε'CΊJ, ά.&ρ6οuς ποu λα.βε'Lν τοος 'Έλλψα.ς δίπα.ντα.ς. Ένί­ στα.τα.L οον ΌλΟμπLα. τα μεγάλα., κα.t δ Ήρ6aοτος τοuτ' έκε'Lνο �ΚεLν οι νομ(σα.ς τον Κα.Lp6ν, 00 μάλLστα. έγλ(χετο, πλ�&οuσα.ν ' ' • ι , ι στων σuνεL� πα.ν't)γuρLν, τΊ)pΊJσα.ς των α.πα.ντα.χ α.ρ τΊ)ν λεγμένων, πα.ρελ&ών ές τον 6πLσ&6aομον ou S·εα.τ�ν, ά.λλ' ά.γω­ νLστ�ν πα.ρε'Lχεν έα.uτον Όλuμπίων �aων τιΧς ιστορία.ς κα.t κψων τοος πα.ρ6ντα.ς, δίχρL τοu κα.t Μοοσα.ς ΚλΊJ&�να.L τιΧς β(βλοuς α.uτοu, έννέα. κα.t α.uτιΧς οί5σα.ς. [2 ] '' HaΊJ οον &πα.ντες α.uτον '(ιaεσα.ν πολλ(i} μiΧλλον � τοος ΌλuμπLονίκα.ς α.uτοος' κα.t οuκ �στLν δστLς ά.ν�κοος �ν τοu Ί-lροaότοu 6ν6μα.τος, οι μεν α.uτοt ά.κοοσα.ντες έν Όλuμπίq:, οι aε των έκ τ�ς πα.νΊ)γορεως �κ6ντων πuν&α.ν6μενοL,

z . Erodoto nacque (verso il 480 a. C.) ad Alicarnasso, citta della Caι-ia, regione dell' Asia Minore.

[r] Di Erodoto magari si potessero imitare anche le altre qualita, e non dico tntte quelle che aveva - perche cio avan­ zerebbe ogni desiderio -, ma di tntte anche una sola, come lo splendore dei vocaboli ο la loro concatenazione ο la nativa proprieta del dialetto ionico ο l'eccellenza del suo giudizio ο un'altra fra le innumerevoli bellezze, che ha radunato in­ sieme scoiaggiando ogni speι·anza di imitazione ; ma quel che fece per i suoi scritti e come sall in breve tempo nella considerazione di tutti i Greci, potremmo imitailo io, tu e chiunque altro. Salpando dalla sua patiia, la Caria 2, di­ rettamente per la Grecia, rimuginava dentro di se come egli stesso e i suoi libii sarebbero potuti diventare illustri e famosi nel modo piu rapido e piu semplice. Andare in giro e leggerli ora agli Ateniesi, ora ai Corinzi ο agli Argivi ο agli Spaitani a turno ritenne che fosse lungo e faticoso e che gli sarebbe costato un ritardo non indifferente : cosi non volle dividere l'operazione e mettere insieme la noto­ rieta a poco a poco pezzo per pezzo, ma penso di sorprendere da qualche parte, se fosse stato possibile, tutti i Greci riuniti. Erano imminenti i grandi giochi olimpici ed Erodoto, giudi­ cando che fosse questa l'occasione tanto agognata, aspetto che il Iaduno fosse al completo, inclusi i migliori, che gia erano convenuti da ogni paite, e, presentatosi nel vano posteriore del tempio, si mostro in veste non di spettatore, ma di partecipante ai giochi recitando le sue Storie e in­ cantando i presenti al punto che i suoi libri, che erano nove anch'essi, furono chiamati coi nomi delle Muse. [2] Cosi gia lo conoscevano tutti molto di piu degli stessi olimpionici ; e non c'era chi non avesse sentito il nome di Erodoto, qual­ cuno per averlo udito egli stesso ad Olimpia, altii perche lo apprendevano da quelli che erano toiUati dai giochi e, se

8oS

ΗΡΟΔΟ'rΟΣ Η ΑΕ'rΙΩΝ

κoct εί ποό γε ψα.νει'Υ) μόνον, &aεικνuτο &ν τ aα.κτόλιμ, Οοτος &κείνος Ήpόaοτός έστιν ό ηΧς μάχα.ς ηΧς ΠερσικΟις ' Ια.στl σuγ­ γεγρα.ψώς, ό τΟις νικα.ς �μων uμν�σα.ς. Toιocuτoc &κείνος άπέ­ λα.uσε των tστοριων, έν μι� σuνόaιμ πάνa'Υ)μόν τινα. κoct κοιν�ν ψ�ψον τ�ς ΈλΜaος λα.βιbν κoct άνΙΧΚ'Υ)ρuχi}ε/.ς οόχ uψ' ένος μΟι Δια. κ�ρuκος, άλλ' έν &πάση πόλει, gi)·εν �κα.στος �ν των ΠΙΧν'Υ)­ γuριστων. [3 ] 'Όπερ \)στερον κα.τα.νο�σα.ντες, έπιτομόν τινα. τα.ότψ όaον ές γνωσιν, ' Ι ππια.ς τε ό έπιχώριος α.ότων σοψιστ�ς 3 κocl Πρόaικος ό Κείος 4 κocl 'Ανα.ζιμέν'Υ)ς ό Χίος 5 κocl Πωλος ό ' Ακρα.γα.ντίνος 6 κocl Γlλλοι σuχνοl λόγοuς �λεγον άεl κocl α.ότοl προς τ�ν πα.ν�γuριν, άψ' ών γνώριμοι έν βρα.χεί έγtγνοντο. [4] Κα.l τι σοι τοuς πα.λα.ιοuς έκεινοuς λέγω σοψιστΟις κocl σuγ­ γρα.ψέα.ς . κoct λογογράψοuς, 5ποu κα.l τΟι τελεuτα.ία. τα.uτα. κα.t ' Αετιωνά ψα.σι τον ζωγράψον, σuγγράψα.ντα. τον ' ΡωζάνΊ)ς κoct ' Αλεζάνaροu γάμον, είς ' Ολuμπια.ν κocl α.ότον άγα.γόντα. τ�ν είκόνα. έπιaειξα.σ&α.ι, &στε Προζενιaοcν, Έλλα.νοaικψ τότε 5ντα., �σ.D·έντοc τ'{j τέχνη γα.μβρον ποι�σα.σ&α.ι τον ' Αετιωνοc. [5 ] Koct τι το &ocuμoc &ν�ν τ'{j γροcψ'{j α.ότοu, �ρετό τις, ώς τον Έλλα.νο­ aικψ aι' α.ότο οόκ έπιχωριιμ τ>. Tale frutto egli raccolse dalle Storie, ricevendo in un solo consesso il voto plebiscitario dell'intero popolo greco e sa­ pendo il suo nome gridato non, per Zeus, da un solo araldo, ma in ogni citta, di cui fosse originario ognuno dei parteci­ panti al raduno. [3] Notata questa scorciatoia per la noto­ rieta, Ippia, i1 sofista nativo di quei luoghi 3, Prodico di Ceo 4, Anassimene di Chio 5, Polo di Agrigento 6 e molti altri pronunciarono anch'essi i loro discorsi sempre davanti agli spettatori radunati e grazie ai discorsi in breve divennero noti. [4] Ma poi perche ti cito quegli antichi sofisti e scrittori di storie ο di cronache locali, quando anche ultimamente dicono che il pittore Aezione, avendo dipinto le nozze di Rossane e di Alessandro, porto anche lui il quadro ad Olimpia e lo espose, con la conseguenza che Prossenide, che allora era giudice panellenico, ne ammiro l'arte e fece Aezione suo genel'O. [5] Ma che cosa c'era nel suo dipinto, ha chiesto qualcuno, di tanto meraviglioso, che per questo il giudice panellenico tratto i1 matrimonio della figlia con Aezione, clle non era suo conterraneo ? Il quadro e in Italia ed io lo vidi, cosicche potrei descrivertelo. Bellissima e la camera col letto nuziale, e Rossane, una splendida fanciulla, siede guardando a terra, timida e pudica di fronte ad Alessandro, che e in piedi. Di alcuni Amorini, che sorridono, uno stando dietro scosta i1 velo dal capo di Rossane e la mostra allo sposo, un altro molto servizievolmente le toglie un sanda­ letto dal piede, perche possa gia coricarsi, un altro ancora, preso Alessandro per i1 mantello, lo trascina verso Rossane tiΓandolo con molta forza, mentre i1 re medesimo porge una ·

mizzo con Isocrate e Teopompo. Fu maestro di Alessandro, per il quale, verosimilmente, compose la " Retorica ad Alessandl'O "• che ci e giunta fra le opere di Aristotele. Si dice sia stato insuperabile nelle improvvisa­ zioni. 6. Nato intorno alla meta del V secolo a. C., fu brillante sofista della coι·rente gorgiana; con Gorgia fu ad Atene nel 427 a. C. e, forse, piu tardi nello scorcio del secolo. Ε noto soprattutto come personaggio del " Gorgia >> platonico. Cfr. Pisc., 22 e nota 25.

8το

Η ΡΟ Δ ΟΤΟΣ Η Α,ΕΤΙΩΝ

πάροχος ae και νυμφαγωγος ' Ηφαιστίων 7 συμπάρεστι a�aα καιο­ μένψ �χων, μεφακίιΊΙγ�σασ&α.ι· δ Ζευξις έκεϊνος &ριστος γραφέων γενόμενος τα 3Ί)μώ3Ί) και τα κοινα ταυτα ούκ �γραφεν, � 6σα πάνυ όλίγα, �ρωας � &εοος � πολέμους, άεl aε καινοποιείν έπεφiΧτο και τ ι άλλόκοτον &ν καl ξένον έπι­ νο�σας έπ' έκείνιμ τ�ν άκρ(βειαν τ�ς τέχνΊ)ς έπε3είκνυτο· έν aε τοίς Γlλλοις τολμ�μασι καl &�λειαν Ίπποκένταυρον 4 δ Ζευξις έποίΊ)σεν, άνατρέφουσάν γε προσέτι παι3ίω Ίπποκενταόρω 3ι3όμω κομι3?) νΊ)πίω. Τ�ς εtκόνος ταότΊ)ς άντίγραφός έστι νυν ' Α&�νφι προς αύτ�ν έκείνψ άκριβεϊ τ?) στά&μη μετενψεγμένΊ)' το &ρχέτυπον 3' αύτο Σόλλας δ ' Ρωμαίων στρατΊ)γος έλέγετο μετα των &λλων είς ' Ιταλίαν πεπομφέναι, ε!τα περl Μαλέαν 5, ο!μαι, καταΜσΊ)ς τ�ς δλκάi>ος, άπολέσ&αι &παντα καl τ�ν γραφ.fιν. Πλ�ν άλλα τ�ν γε είκ6να τ�ς εtχόνός ε!3ον, και α.ύτος ύμϊν, ώς &ν οίός τε &, 3είξω τij) λόγιμ, ού μα τον Δία γραφικός τις &ν, άλλα πάνυ μέμνΊ)μαι ού προ πολλου ιaων �ν τινος των γραI ' l( I I (t I l ' · υ.ν τ �,1ν τ έχνΊ)ν ταχ τοτε φ έ ων ' Α '11'Ί) νΊ)σι· και τu υπερ'Ιl'αυμασαι μοι καl νυν προς το σαφέστερον 3Ί)λωσαι συναγωνίσαιτο. [4] Έπι χλ6Ί)ς εύ&αλους � Κένταυρος α6τΊ) πεποίψαι 6λη ' l ο tι μεν τ !:J..r1 tlιππ ... ψ (1 (11 . I � προσα.γωγΊJς τρεπομεν'ΥJ 111Χνυ·α.νε� τ'Υ)ν !!u �ν εκ υ·α.τερου ε�ς τοI �τερον ύπα.γομένΊJ. Των νεογνων aε το έν τί!) ν'ΥJΠL(!) 5μως &γρων κα.l έν τί!) άπα.λί!) �a'YJ φοβερ6ν, κα.l τοuτο &α.υμα.στον οtον �aοξέ μο�, κα.ι \ (\ Ι Ι '/' ασπ��.,οντας τοuς χαλκοv·ωρακας επι τεττcφων σε αuτων, ες βαv·ος Ν \ Ι < < Ι > \ Ι (\ τ�•1ν και ε�κοσι τεταγμeνοuς οπλ'ιτας, επ� κερως ο εκατεpωv·εν �ππον aισμuρlαν οοσαν, έκ aε τοu μέσοu τιΧ &ρματα έκπΊ)aησε­ σS·αι μέλλοντα aρεπαν1)φ6ρα όγaοηκοντα και σuνωρίaας έπ' αuτοϊς atς τοσαότας, ταuτα δρων πάνu ΠΟνΊ)ριΧς ε!χε τιΧς έλπ(aας, ώς &μάχων 15ντων έκείνων αuτίj)· έκεϊνος γιΧρ aι' όλίγοu τ�ς στραηiΧς C\ > '1-.1_ > ' 1:' ' τοuπαρασκεuασvΈισΊ)ς εκειν11ς κατ' α�.,ιαν ou> μεγαλωση\ ouoo: πολέμοu &φίκετο κομιa?) όλίγοuς &γων, κα( τοότων πελτασηκον το πολ& κα( ψιλικόν' οι γuμν�τες aε uπeρ �μισu τ�ς στρα.ηaς .,. "Ω ' '�- ' ' - IJ.. 'I' - ) , ΧΙΧ, 6. Filiade, ν, 47, 48. Filippide, ΧΙΧ, 3 · Filippo (π, re d i Macedonia) , 1, r z ; x, I2, I ; IJ, Ι 3 ; Ι 4, Ι ; χΙ, Ι7· Filolao (filosofo pitagorico) , ΧΙΧ, 5· *Filosofia, χν, 9, ΙΟ2, Ι Ι, Ι3, Ι4, Ι 52, Ι6, Ι8, Ι9, zo, 23, 242, 252, 26, 292, 32, 3 82, 40, 42, 44, 46, 472, 52 · Fineo, ν, Ι 8 ; Χ, 28, Ι . Focesi, Χ, Ι4 , 2 ; ΧΙΙ, 1 2 . Fortuna, dea, ΙΙΙ, 202 ; ΧΙ, Ι62; ΧνΙΙ, 20, 2 7 ; ΧΧ, 28. * Franchezza, :χν, Ι 7. Freωebonda (la F. : appellatiνo di Ecate), xr, z o. Fήgi, ΙΧ, ΙΙ, J , z ; Χ, 2 , z ; 29, Ι ; ΧΙΙΙ, Ι 4 ; Χν, 38 ; (sing.), Χ, Ι5, Ι .

Frigia, νΙΙΙ, 20, Ι , 3 , 5 , Ι 2 , Ι 3 ; Χ, Ι2ί 4 ; Χ!ΙΙ, 4· Frigio (= Laoωedonte) , ΧΙΠ, 4· Frine, ΧνΙ, 22. Frisso, ΙΧ, g, z . *Frode, χνπ , 42 . Ftiotide, χ, Ι5, Ι . Galatea, ΙΧ, Ι , Ι2, 42. Galati, χΙχ, 9 ; xxrr, 8, g, Ι ο, ΙΙ. Galene, ΙΧ, 5, Ι2. Galli, χ, Ι2 , z . Gallia, ΧνΙΠ, 1 5 . Ganiωecle, νπΙ, 4 , Ι , 3 , 4 ; 5 , 4, 5 ; 6, z ; 9, Ι ; 20, Ι . Gargaro, νetta del ωonte Ida, νΙΙΙ, 4 , 2 ; 20, Ι, 5 · Gela, χ, ΙΟ, 4· Gelone (tiranno di Siracusa) , χχ, 34> 3 5 · Giacinto, νΙΠ, 2, 2 ; Ι4, Ι ; Ι5, z2 ; Χ, Ι8, Ι ; ΧΙΠ, 4 ; (plur.), ΧνΠ, 35· Giapeto, νπ, 3 ; νΙΠ, 2, Ι ; 7, Ι. Giasone, νΙπ, 2 6 , Ι ; χχ, 73 · Giganti, ν, 4 ; νπ, Ι 3 . *Giustizia, χν, Ι 6, Ι 8 , 402. Glauco (atleta), ΧΧΙ, 8. Glicerio, χνΙ, ΙΖ. Gnatonide, ν, 45, 46, 48. Gnifone (parassita) , ν, 58. Gnifone (usuraio) , ΧΙν, 23 ; χνΙ, Ι7. Gobare, χνΙ, 6. Gorgia, χν, 22. Gorgone ( = Medusa) , νrn, Ι9 , z ; ΙΧ, Ι4 , 3 · Gorgoni, νπΙ, Ι9, 2 ; ΧΧ, 72 . Granico, fiuιne della Misia, χ, Ι2, 4· Greci, χ, Ι2, 4; IJ, z ; Ι4 , 2, 3 ; Ι8, z ; 20, Ι ; ΧΙ!, 8 ; ΧνΙΙ, Ι 7 ; ΧΧΙ, Ι 2, 7 ; ΧΧΙΙ, z ; (sing.), ΧνΠ, 40.

INDICE DEI ΝΟΜΙ

Grecia, ΙΙΙ, 3, !2, Ι 7 2 ; ν, 50; νΙΙΙ, 2 0 , 1 5 2 ; Χ, 9 , 4 ; Ι 2 , 4 ; Ι8, z ; 2 0 , z ; ΧΙ, 22 ; ΧΙν, 6 ; ΧΧ, 7 Ι . Iberia, χ , Ι2, 2 . Icario, νΙΙΙ, Ι8, 2 2 ; 22, Ι . Ida (ωonte della Frigia), νΙΙΙ, 4, 2, 3 2 ; 5, Ι, 2, 4, 5 ; ΙΙ, Ι ; Ι2, Ι 2 ; 20, Ι, 3, 5, 6, 1 3 ; ΙΧ, 5, z 2. * Ideale, χχ, 7 Ι . Idoωeneo, χ, 20, r . Ifianassa (Nereide) , ΙΧ, Ι4, r . Ificlo, χ , 23, r . Igea, ΧΙΧ, 1 5 . *Ignoranza, χν, 45· Ilio, νΙΙΙ, 20, ! 6 ; ΙΧ, 2, Ι ; Χ, 2], Ι ; 25, Ι ; ΧΙΙ, 234; ΧΙΙΙ, 2 2 ; χν, 3 8 . Illirii, χ , Ι4, 2 . Iωeneo, νΙΙΙ, 20, r 6 ; ΧΧΙ, 5 . Iωero, νπΙ, 2 0 , 1 5 2, r 6. Iωesso, ν. Iωetto. Iωetto, ωonte dell'Attica, Ιν, 8 ; ν, 7 ; ΧνΙΙ, 35· Inaco (dio fluνiale dell'Argolide) , νΙΙΙ, ] ; ΙΧ, 7, Ι . Inaco (fiuωe dell'Argolide) , χπ, 23 . Indi, ΙΙΙ, 5 ; νΙΙΙ, Ι8, r ; Χ , Ι4, 3 ; χχ, 27. India, ΙΧ, Ι5, r ; Χ, Ι2, 5 ; ΧΧ, 4, 7 ! . Indiano, oceano, ΙΧ, Ι5, Ι . Indopatra, χνΙ, 2 Ι . Ino, ΙΧ, 8 , Ι ; 9, Ι . * Interesse, ν, 13. Ι ο , νΙΙΙ, J2• Iolao, χ, 5, 2 . Ionia, Χ, Ι 2 , 4 ; 24, Ι ; ΧΙΙ, 5 · Ionio, ωare, χχ, z8. Iperbolo, ν, 30. Iperborei, χχ, 27. Ippia (sofista), χν, 22 ; ΧΧΙ, 3 ·

Ippocentauri, χχ, 72 ; χχπ, 3 ; (sing.), ΧΧΙΙ, 3 , 4, !2 . Ippoclide, ΧνΙΙΙ, 1 5 . Ipponico, ν, 24. Iride, ΙΧ, ΙΟ, Ι ; ΧΙΙΙ, 8 . Iro, ΧΙ, 1 5 ; ΧΙΙ, 22. Iside, νΠΙ, 3 . Isωenodoro, χ, 2 7 , z2• Issione, νΠΙ, 6, Ι, 3, 42, 5 ; ΧΙ, 1 4 ; ΧΙΙΙ, g ; Χν, ! 2 . Isso, citta della Cilicia, χ, Ι2, 3, 4; ΧΙΧ, 8 . Istωo (corinzio), ΙΧ, 8, r . Istro (fiuωe) , χπ, 5 · Itacese ( Odisseo), Ιχ, 2, r . Italia, Χ, Ι2, 2, 6 ; ΧΙ!, 5 ; ΧΧΙ, 5 ; ΧΧΙΙ, 3. Italici, χ, Ι 2 , 6. =

Lachete (adulatore) , ν, 58. Lacide, ΧνΙ, 8 , 25. IJacone ( Polluce), χ, Ι , 4· Laconico, ωare, χνΙ, r6. Laerte, χ, 2 9 , Ι . Lago, ΙΙ, 4 · Laωpico, Χ, ΙΟ, 43, Ι Ζ . Laωpide, χ , 27, 72• Laωpsaco, νΙΠ, 23, z . Laoωedonte, ΧΙΙΙ, 4Latona, νΙΙΙ, Ι6, Ι, 2 ; ΙΧ, ΙΟ, r2, z2. Lebadea, χ, J, Ι, 2; ΧΙ, 22. Leda, νπΙ, 20, 1 4 ; 2 4 , 2 ; 2 6 , 2 . Leωnii, ΧΙΙΙ, 6. Leωno, νΙΙΙ, Ι5, 3· Lerna, boι·go e fonte dell'Argo­ lide, ΙΧ, 6, Ι, 23. Lete, ν, 5 4 ; χ, IJ, 6 ; 23, z ; ΧΙ!, 2 ! ; ΧνΙ, Ι, 28. *Letto, χνΙ, 27 3 • Libano (catena ωontuosa nella Siria ωeridionale), νπΙ, ΙΙ, r . *Liberta, χν, 17 ; χνπ, 23. Libia, ΙΧ, Ι 4 , 2 . Licaone, χ , 28, 3· =

INDICE DEI ΝΟΜΙ

Liceo (ginnasio in Atene), χ, Ι, Ι ; χν, 52. Licino (= Luciano) , χχ, Ι, 22, 3 2, 4, 52, 63, 8, Ι Ο, Ι Ι, Ι2, Ι 3 , Ι 52, Ι 6, Ι 8, Ι 9, 2 Ι 2, 2 3 , 25, 272, 29, 303, 3 Ι, 32, 332, 352, 37, 38, 4 Ι , 42, 44, 46, 48, 50, 52, 54, 58, 632, 66, 6g, 7 Ι , 86. Licoreo, punta del Parnaso, ν, 3 · Lidi, χ , 2 , 2 ; 24, Ι ; χπ, Ι 2 ; ΧΙΙΙ, Ι 4 ; ΧνΙ, g ; (sing. = Creso) , ΧΙΙ, Ι 3 . Lidia (regione dell'Asia Minore), νΙΙΙ, IJ, 2 ; Ι8, Ι ; 20, Ι2 ; Χ, Ι2, 4 ; Ι7, Ι ; XII, 5, 9, Ι22. Lίnceo, ν, 25 ; χ, 28, Ι ; χπ, 7 ; χχ, 20. I�isiιnaco (commediografo) , Ιν, 7. Lossia, appellatiνo di Apollo, ΧΙν, Ι4, *Lucerna, χνΙ, 273• Lucifero (stella del mattino) , νΙ, Ι . *Lusso, ν, 32. Macedoni, χ , Ι 2 , 3 , 4 ; IJ , 3 ; Ι4, 4 ; ΧΧΙ, 7, 8 ; ΧΧΙΙ, Ι Ι . Macedonia, χχΙ 7 . Maia, νΙΙ, 5 ; νΙΙΙ, 7 , Ι , 4 ; 22, 2 ; 24, 2 ; χπ, Ι . Malea, promontorio, χχπ, 3 · Mandrobnlo, χνπ, 2 Ι . Maratona, νΙ π, 22, 3 ; ΧΙ, Ι 6 ; ΧΙΧ, 3 · Margite, χχ, Ι 7 . Marsia, VΙΠ, Ι6, 2 . Massagetide (la Μ . = Tomiri), ΧΙΙ, Ι 3 · Mansolo, χ, 24, 2, 3 2 ; ΧΙ, Ι 7. Meandrio, ΧΙ, Ι 6 ; xrr, Ι 4 . Medea, χ, 28, 2 2 ; χνπΙ, Ι ο ; χχ, 73· Medi, χ, Ι 2 , 2 ; Ι4, 2 ; 27, 5 : ΧΙΙ, g . Media, χ , 27 , 2 . ,

Medusa, ΙΧ, Ι4, 2 2 , 3 · Megabizo, ν , 22. Megacle (nome di persona potente), ν, 22 ; χνΙ, 8 . Megapente, χνΙ, 8 , 25, 272• Megara (citHι), Χ, ΙΟ, 3 ; ΧνΙ, 6, Megillo, Χ, Ι, 3; ΧνΙ, 22. Melanto, χ, 6, 5 · Meleagro, Χ, Ι5, 3 ; ΧΙΙΙ, Ι , Meleto, χν, ΙΟ. Menadi, νπΙ, 2, 2; 2 2 , 4· Meneceo, ΧΙ, Ι6. Menecrate, χχ, 50. Menelao, ΙΧ, 4, Ι , 2, 3 ; Χ, Ι9, Ι . Menippo, χ , Ι , Ι ; 2 , Ι 2 ; 3 , Ι, 2 ; ΙΟ, 22, g3, Ι Ι , Ι 22, Ι3 ; Ι7, Ι , 2 ; Ι8, Ι, 2 2 ; 20, Ι , 3, 42, 5, 6 2 ; 2Ι, Ι , 2 ; 22, 3 ; 25, Ι 3 , 2 ; 26, Ι2, 2 2 ; 28, Ι, 2 ; ΧΙ, Ι4, 2, 82, Ι 7, 22 ; χν, 26, *Menzogna, χν, 45· Merico, χ, ΙΙ, Ι 4 . Metimna, citta neJl'isola di Lesbo, ΙΧ, 8, Ι , 2 . Miccione, discepolo cli Zeusi, ΧΧΙΙ, 7· Micene, χπ, 232• Micillo, χνΙ, Ι4, Ι 6, Ι8, 20, 2 Ι 2, 22, 252 • Micono, isola delle Cicladi, χ, Ι, 3 · Mida (l'e d i Frigia), ν , 42 ; χ , 2, Ι ; 20, 2 ; ΧΙ, Ι 8 ; ΧνΙΙ, 2 0 ; ΧνΙΙΙ, Ι , Mida (nome di scl1iaνo) , χνΙ, Ι Ι ; ΧΧ, Ι Ι, Ι2, Migdonii, ΧΙΙΙ, ΙΟ. Mileto, χ, 24, Ι . Milone (atleta di Crotone) , ΧΙΙ, 8 2 ; ΧΧΙ, 8 . Minosse, χ, Ι2, Ι, 2, 4, 5, 6 ; JO, Ι 2, 2 ; :ΧΙ, Ι Ι , Ι 2 . Mirone (scultore) , Ι , 8 ; χχ, Ι 9 . Mirrina (cagna) , χνπ, 3 4 · Mirtio (etera) , χ , 27 , 72• Mirto (conψagna di Socrate) , VI, 8.

INDICE DEI ΝΟΜΙ

Misia, χνΙ, 6. Mitrobarzane, ΧΙ, 6, g, Ι Ι , 2 2 . Momo ( dio Biasimo) , τπ, 3 2 ; χχ, 202• Muse, νηΙ, Ι6, 2 ; Ι9, 2 ; ΙΧ, 5, Ι ; ΧΙΠ, 5 ; χν, 6 ; χνπ, 25 ; ΧΧΙ, Ι . =

Narciso, χ , Ι8, Ι . Nauplio, Ιν, 5· *Necropolio, demo, Χ Ι , 20. Nefele, ΙΧ, 9, 22• Nemea, νπΙ, J. Nereide, ΙΧ, π, 2 ; (plur. ) , ΙΧ, 3, Ι ; 5, 2 ; 9, Ι ; Ι4, Ι ; Ι5, 3 . Nessuno ( Odisseo) , ΙΧ, 2 , Ι , 2, 4 ; ΧνΙ, 14, Nestore, ν, 48, χ, IS, 2 ; 20, 4 ; ΧΙ, Ι 8 ; ΧΧ, Ι 2 . Nigrino, ΠΙ, A d Nigr. ep., 2 , 3 7 · Nilo, νrri, 3 · Ninfe, νπΙ, 9 , 2 . Niniνe, χπ, 233• Niobe, Ι , 14; νΠΙ, Ι 6 , Ι ; ΧΙν, 25. Nireo, ν, 23 ; χ, 9, 4; Ι8, Ι ; 25, Ι 2 ; ΧΙ, 15. Nisa (citta e monte in India) , νΠΙ, 9, 2 . Niso, ΧΙΠ, Ι 5 . Noto, ΙΧ, 7 , Ι , 2 ; Ι5, Ι , 3 · =

Oceano, νπ, η ; Χ , Ι2, 5 ; ΧνΠΙ, Ι5. Ocello, Ο . lucano, pitagorico, ΧΙΧ, 5 · Odisseo, ΠΙ, rg ; ν , 2 3 ; ΙΧ, 2 , Ι , 2 , 3 ; Χ , 9 · 4 ; IS, Ι , 3 ; 20, χ ; 29, Ι , 2 2 ; ΧΙ, 8, Ι 8 ; χπ, 2 Ι ; ΧΙΧ, 2 ; ΧΧ, 59· Olimpia, ν, 4, 502, 53 ; χχ, 39, 43 ; ΧΧΙ, 2 , 4· Olimpiade (madre di Alessandro Magno) , χ, IJ, Ι . Olimpίadί, ΧΠ, Ι 7 ; ΧνΠ, Ι 3 ; ΧΧ, 4 ; ΧΧΙ, 7 ; (sing.), ΧΧ, 4·

Olimpo, χ π , 33• Omero, Ι, 5; ! Π , 3 , 6, 1 7 ; χ, ΙΙ, r ; Ι2, 3 ; Ι6, 5 ; 20, 2 ; 25, r , 2 ; ΧΙ, Ι , 3 , Ι5 ; ΧΙΙ, 3 , 4 , 5 , 72, 19, 233 ; ΧΠΙ, 8 2 ; Χν, 3 3, 42 ; ΧνΙΙ, Ι 6, 25 ; ΧνΙΠ, 8 ; ΧΧ, 3, 28, ΧΧΙΙ, 2, Onfale, νΙΙΙ, IJ, 2 . Ore (dee), νΠΙ, Ι Ο , Ι ; ΧΙΠ, 8, Orete, χ, 27, 2, 5; χ π , 14. Oreste, χΙν, 223. Orfeo, χ, 23, 3 ; ΧΙ, 8 ; χν, 2. *Orgoglio, ν, 32. Osiride, χ, IJ, 3· Ossa, monte della Tessaglia, xrr, 3 2, 43· Ossiarte, χνΙ, 6. Ossidraci, popolo dell'India, χ, Ι4, 5 · Otriade, xrr, 24. Pa:fii, ΧΠΙ, 10. Palamede, Ιν, 5 ; χ, 20, 4; ΧΙ, r8. Pan, ν, 42 ; νπΙ, 4, r ; 22, 3, 4 ; ΧΠΙ, 14. Panatenee, feste ateniesi, ΠΙ, 14; ΧνΠ, 37 ; ΧΧ, 4· Panope, ΙΧ, 5, Ι, 2. Parca, ΙΧ, 9, Ι ; χ, Ι9, 2 ; JO, 22 ; ΧνΙ, 8, Ι Ι ; ΧνΙΙΙ, 82. Parche, ΧΠ, Ι6; ΧνΙ, 14. Paride, νΙΠ, 20, Ι , 2, 3 , 4, 5, 7, r o2, r Ι , Ι6; χ, Ι9, r2, 2. Parnaso, xrr, 3 , 53, 6. Parrasio (pittore) , χνπ, 42. Parresiade ( Luciano), χν, Ig, 22, 232, 28, 38, 3 92, 40, 462, 47. 48, 50, 5 1 , 522• Partenio (monte dell'Arcadia) , νrri, 22, 3 · Pattoli (plur. di Pattolo, :fiume della Lidia) , χνΙΙΙ, Ι . Pegaso, Ι , 1 5 . Pelasgico (zona e mura ateniesi) , χν, 4 2 , 47· =

INDICE DEI ΝΟΜΙ

Peleo, ΙΧ, 5, Ι ; Χ, Ι5, Ι . Pelio, monte della Tessaglia, χπ, 3. 42 • Pelopidi, νπΙ, 20, 14. Peloponneso, χπ, 24. Pene (le Ρ.), ΧΙ, 9, Ι Ι . Penelope, νπΙ, 22, Ι , 2 . Penia (dea) , ν , 2 9 , 3 1 , 32 2, 3 6, 38. Penteo, χν, 2. *Pentimento, χνπ, 42. Peoni (popolo della Macedonia noι·d-occidentale) , χ, 14, 2 . Perdicca (generale di Alessandro Magno) , χ, IJ, 2 . Periandro (tiranno di Corinto) , ΙΧ, 8, 2 . Pericle, ν, Ιο. Peripatetici, χχ, 1 4, r62. Peripato, χν, 43 ; χνπ, 2 5 . Persefone, νΙΠ, ΙΙ, Ι ; χ , 23, 3 ; ΧΙ, 9· Perseo, ΙΧ, Ι4, Ι, 2, 3 ; ΧΙν, 2 5 . Persia, ν, 42. Persiani, ΠΙ, 2 Ι ; Χ, Ι4, 2 ; ΧΠ, 9 ; ΧΙΙΙ, 5 ; ΧνΙ, 9 ; ΧΧ, 33· Pianepsione, mese attico, Ιν, r . Pieta (dea), ν , 42 · Pigmei, χχ, 5 . Pilo (citta della Trifilia, patria di Nestore) , ΧΙΠ, 2 . Pireo, χ , 2 7 , 7 ; χν, 47· Piriflegetonte, χ, 20, Ι ; 30, Ι ; ΧΙ, Ι Ο ; ΧΠ, 6 ; χνΙ, 28, Piritoo, νΙΠ, 6, 3 · Pirria (nonιe di νari schiaνi) , ν, 22 ; χνπ, 232 ; (cuoco), ΧΙ, Ι 5 . Pirria ( = Pirrone scettico) , ΧΙν, 27. Pirro (re d'Epiro), ΧΙΧ, Ι Ι . Pisa (citta dell'Elide), χχΙ, 8 . Pisei, ΧΙΙΙ, Ι Ι , Pitagora, χ , 20, 3 ; χν, 4, ro, 25, 26, 32, 37, 43 ; ΧΙΧ, 5 ; ΧΧ, 14, 30, 33. 35. 46, 482, 63. Pitagorici, χν, 43 ; ΧΙΧ, 5·

Piti, ninfa, νΙΠ, 22, 4· Pito ( = Delfi), ΧΙΧ, 4· Pittaco, χ, 2 0 , 4· Platone, ΠΙ, r8; χ, 20, s ; χν, Ι , 4 , 8 , Ι 4, Ι 8, 22, 25, 26, 32, 37, 49 ; ΧνΠ, 24, 25 ; ΧΙΧ, 4, 6 ; ΧΧ, Ι4, Ι 5, 27, 29, 30, 32, 33, 344• 35, 36, 46, 483, 63, 85 ; (plur .) , χχ, 35· Platonici, χν, 43 ; χχ, Ι 62, 36, 48, 68. Pluto, ν, ro2, Ι Ι , 20, 27, 29, 322, 34 . 36, 372• 3 9 · Plutone, ν, 2 Ι ; νπr, 24, Ι ; χ, 2 , Ι 3 ; 5, 2; 6, Ι, 5; Ι 6 , 2; 22, Ι ; 2J, 2, 3 ; ΧΙ, Ι ο ; ΧΠ, 2 ; ΧνΙ, Ι , Poliade ( Atena), χν, Ζ Ι2. Policleto (scultore) , Ι, 8, 9 ; ΧΙΙΙ, Ι Ι. Policrate (tiranno di Sanιo) , ΧΙ, Ι 6, Ι 7 ; ΧΙΙ, Ι 4 . Polidanιante (atleta) , ΧΧΙ, 8 . Polifemo, Ιχ, Ι , Ι , 3 ; 2 , Ι , V. anche Ciclope. Polinice, χΙχ, 2 . Polissena, ΙΙΙ, Ι Ι ; χν, 3 Ι . PolistΓato, χ , 9 , Ι , 2 , 4 · Polluce, νΙΙΙ, 26, Ι 4 ; Χ, Ι, Ι , 3 (dinιinutiνo) . Polo (attore), ΧΙ, Ι 6 ; χνπΙ, 5 · Polo (sofista), χν, 22 ; ΧΧΙ, 3 · Ponto (Eusino, nιare) , χΙν, 7· Poro (re dell'India), χ, Ι2, 5· Portico (Ρ . Dipinto) , ΧΙν, 20 ; χν, Ι 3 , Ι 6 , 52. Posidone, νΙΙΙ, 7, Ι ; 9, Ι 2 ; Ι9, Ι ; 2Ι, 2 ; 26, 2 ; ΙΧ, Ι, Ι ; 2, 2, 4 ; J , Ι 2, z ; 5, r 2 ; 6, Ι , 3 2 ; 8, Ι ; 9 , Ι ; ΙΟ, Ι 2 ; IJ, Ι , 22 ; Ι5, 3 ; ΧΙΙ, 7 ; ΧΙΙΙ, 4, Ι Ι ; Χν, 33, 47, 5 Ι ; χχ, 20. Poto, dio, νπΙ, 20, Ι 6 . Prassitele (scultore), Ι , 8 ; χrπ, ΙΙ, *Prepotenza, ν, 32. =

INDICE DEI ΝΟΜΙ

Priamo, νπΙ, 20, Ι ; ΙΧ, 5, 2 ; ΧνΠ, Ι Ι ; (ρlur.), ΧΙ, Ι 6 , Priapo, νπΙ, 23, Ι2, 22. Pritaneo, χν, 46. Prodico, χν, 22 ; χχΙ, 3 . Prometeo, π , Ι2, 22, 72 ; νπ, Ι , 2, 3 , 4, 6, Ι 4, 202 ; νΙΠ, Ι, 2 ; ΧΙΠ, 5, 6 ; χνπ, 26. ν. anche Titano. Prossenide (giudice olίmpico) , χχΙ, 4, 6 . Protarco, ν , 22. ΡιΌteο, ΙΧ, 4 , Ι , 3 ; ΧΙΠ, 5· Protesilao, χ, Ι 9 , Ι 2, 2 ; 23, Ι 2, 2, 3 · Prusia (Ι, re di Bitinia) , χ , Ι2, 6 . Pteodoro, χ , 7, Ι 2, 2 2 . Radamanto, ΧΙ, 2, Ι Ο, 2 Ι ; ΧνΙ, Ι 3 , Ι 8, 232, 25, 26, 272. Rea, ΠΙ, 37 ; ν, 6 ; νΙΠ, ΙΟ, 2 ; Ι2, Ι2, 2 ; Ι9, Ι ; ΧΙΠ, 52, 7, Ι Ο, Ι Ι . *Resistenza, ν, 3 Ι . Reteo (promontorio nella Troade) , ΧΙΙ, 23. *Ricchezza, xνrr, 42. Rodocare, χνΙ, Ι 72. Roma, ΠΙ, Ι5 ; χνπ, Ι 7 . Romani, ΠΙ, 3 0 ; ΧνΙΙ, 3 , 24 Rondinella (nomignolo di traνestito) , xνrr, 3 3 · Rossane (moglie d i Alessandro Magno) , ΧΧΙ, 4, 53, 6 . Sabino, χνΙπ, Ι , 2 . Saffo, χνπ, 36. *Saggezza, xv, Ι6. Saleto (legislatore crotoniate) , ΧνΙΠ, 4 · Salmoneo, ν , 2 . Samo, xrr, Ι 4 ; χrν, 3 · Santippe, νΙ, 8 . *Sapienza, ν , 3 Ι , 32, 3 3 · Sardanapalo, χ , 2, Ι ; 2 0 , 22, 6 ; ΧΙ, Ι 8 ; ΧΙΙ, 23.

Sardi (citta della Lidia), χπ, g ; χνπ, Ι 3 . Satiro (attore) , ΧΙ, Ι 6 . *Scheletrione, ΧΙ, 20. Scilla, χπ, 7 . Scipione (Afl'icano Maggiore), χ, Ι 2 , 7 3 • ν. anche Africano. Scironidi, scogli, ΙΧ, 8, Ι . Scita ( Tomiri, ν . ) , xrr, Ι 3 . Sciti, ν π , 4 ; νπΙ, Ι 6 , Ι ; 23, Ι ; Χ, Ι2, 5 ; Ι4, 3 ; (sing . ) , ΧΙΠ, Ι 3 . Scizia, νΙΙΙ, Ι6, Ι ; 23, Ι ; ΧΠΙ, 6 . Selene, νπΙ, ΙΟ, 2 ; ΙΙ, Ι ; Ι2, Ι ; ΧΠΙ, 7 • Seleuco (Nicatore, re di Siria) , ΧΙΧ, Ι Ο . Semele, VIII, g, 1 2, 22 ; ΙΒ, 2 ; 24, 2 . Senofonte (storico), Ι, I J . Seri, popolo dell'Asia orientale, ΧνΙ, 2 Ι . Serifo, isola delle Cicladi, ΙΧ, Ι2, 22 • Serse, χ, 20, 2 ; ΧΙ, Ι 7 . *Servitu, χνπ, 42. Sfacteria, isola presso Pilo, ΧΙΧ, 3 · Sίcίlίa, ΙΧ, J , Ι ; ΙΟ, Ι ; Χ , 9 , 2 ; 20, 5 ; ΧΠ, 5 ; ΧΙν, Ι 2 ; ΧΙΧ, 3 ; ΧΧ, 7 Ι . Sicione, χ, Ιο, Ι2 ; ΙΙ, 2 . Sidone, νΙΠ, 24, 2 ; ΙΧ, Ι5, Ι . Sigeo, promontorio nella Tι-oade, ΧΙ!, 2 3 . Silla, χχπ, 3 · * Sillogismo , χν, 39, 40. Similo, χ, 9, Ι, 3 · Simmica, χνΙ, 22. Simonide (di Ceo) , Ιν, 5 · Sinope, χ, Ι6, 5 · Sinopeo ( = Diogene cinico) , χ, 24, Ι. ν. an