Codici latini Pico Grimani e di altra biblioteca ignota del secolo XVI esistenti nell'Ottoboniana e i codici greci di Pio di Modena 8821004163, 9788821004162


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Italian Pages 338 [348] Year 1938

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Codici latini Pico Grimani e di altra biblioteca ignota del secolo XVI esistenti nell'Ottoboniana e i codici greci di Pio di Modena
 8821004163, 9788821004162

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STUDI E TESTI 75

GIOVANNI

C ard.

MERCATI

BIBLIOTECARIO ED ARCHIVISTA DI S. R. CHIESA

CODICI LATINI PICO GRIMANI PIO E DI ALTRA BIBLIOTECA IGNOTA DEL SECOLO XVI ESISTENTI NELL’OTTOBONIANA

I CODICI GRECI PIO DI MODENA CON UNA DIGRESSIONE

PER LA STORIA DEI CODICI DI S. PIETRO IN VATICANO

CITTÀ DEL VATICANO BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA MDCCCCXXXVHI

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S T U D I E TE S T I 75

GIOVANNI

Card.

MERCATI

BIBLIOTECARIO ED ARCHIVISTA DI S. R. CHIESA

CODICI LATINI PICO GrRIMANI PIO E DI ALTRA BIBLIOTECA IGNOTA DEL SECOLO XVI ESISTENTI NELL’OTTOBONIANA

I CODICI GRECI PIO DI MODENA CON UNA DIGRESSIONE

PER LA STORIA DEI CODICI DI S. PIETRO IN VATICANO

CITTÀ DEL VATICANO BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA MDCCCCXXXVIII

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EDI PO TE S T:

E Civitate Vaticana, die 1 decembris 1937. f Fr. A lfonsus C. De R omanis, Ep. Porphyreonen. Vic. Gen. Civ. Vat.

RISTAMPA ANASTATICA - FOTO-LITO DINI - MODENA

1976

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ALLA SANTITÀ DI N. S

PIO PP. XI QUEL CH’IO VI DEBBO, POSSO DI PAROLE PAGARE IN PARTE, E D’OPERA D’INCHIOSTRO; NÉ CHE POCO IO VI DIA DA IMPUTAR SONO, CHÉ QUANTO IO POSSO DAR, TUTTO VI DONO.

XXIX NOVEMBRE MCMXXXVII

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AVVERTENZA Il presente volume di ricerche sopra codici Ottoboniani latini, de’ quali per l’addietro non m’ero occupato mai, si è formato non solo all’infuori di ogni previsione ma contro il proposito risoluto di ritornare coll’autunno 1935 a lavori abbandonati da decenni, che si credono di certa importanza e mi si è raccomandato da più parti di finire. Ciò è tanto vero, che nel volume Per la storia dei manoscritti greci di Genova, ecc., avendo per caso osservato un documento con­ trario al racconto solito del passaggio dei codici Cerviniani al Sirleto me ne volli sbrigare con un « parergon » per quanto fuori di posto, contenendolo dentro i limiti più ristretti senza andare al fondo : io non l’avrei fatto, e sarebbe stato meglio, se avessi anche solo sognato la possibilità d’intrattenermi in seguito alcun poco sui codici Ottoboniani. A riportarmi in alto mare fu l’idea di dovere metter prima in ordine un mucchietto d’inventari e frammenti d’inven­ tari antichi di manoscritti, supponendo ciò meno diffìcile e meno gravoso a me incanutito nel mestiere, e che me la sarei cavata dentro poche giornate; e fu poi per l’abitu­ dine incorreggibile di correr dietro al nuovo od ignoto per me, anche se piccino, e di osservare e non dissimulare i punti oscuri e per quella tormentosa smania di pescare il vero che non si acqueta se non col raggiungerlo o col disperarne, ed un pochino altresì per amore della regione dei Pico e dei Pio e mia, che mi vi sono intrattenuto finora vagando su e giù nei sensi più vari secondo che al momento sembrava utile tentare. Notare ed aggruppare i piccoli risultati delle esplorazioni, schiarire di mano in mano le difficoltà e i dubbi che o di faccia o di traverso non cessavano di sopravvenire, assicu­ rarmi che non mi abbandonavo a fantasie nè precipitavo a conclusioni eccessive e meno esatte, e provarlo a sufficienza, nel che più procedevo e più divenivo esigente, questa

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vm

AVVERTENZA

l’unica occupazione e preoccupazione nello scrivere e cor­ reggere, senza un pensiero di sorta al complesso die ne sarebbe venuto fuori in ultimo; proprio come solevasi fare un tempo nelle nostre montagne, dove si adattavano ed ampliavano le case in alto, in basso o di fianco secondo il bisogno e il comodo e il capriccio del proprietario, non ba­ dando ad altro, e così creando edifici fuori di ogni architet­ tura, per lo meno del passato. Di modo che nell’esprimere sul titolo i vari argomenti trattati non ho potuto mante­ nere l’ordine delle trattazioni dentro il volume stesso e non ho avuto il coraggio d’indicarvi alcune aggiunte domandatemi dal tipografo «in fugam vacui» e divenute all’atto mezze dissertazioni affatto inaspettabili, come su Lorenzo prete pisano e sul codice Ottoboniano delle poesie di Tito Ve­ spasiano Strozzi, tanto eteroclito e stravagante sarebbe ap­ parso il titolo. Pertanto anche questo volume sarà da pigliare pazien­ temente, come un secco giornale di una lunga esplorazione bibliografica durata fino alla compilazione degl’indici, a.1 quale sono state tolte le date e si sono aggiunte le osser­ vazioni posteriori, in margine se fatte a tempo, altrimenti nelle copiose correzioni ed aggiunte o dov’è capitato meglio prima, con l’inopportunità bonaria di certi vecchi, i quali per tema di scordare qualche cosa dicono quanto loro sov­ viene aprendo parentesi su parentesi e ripigliando ogni tanto il filo. E ciò è avvenuto tanto più facilmente in quanto che vi si tocca un’infinità di piccoli particolari slegati, accostati a poco a poco come i granelli di sabbia in una duna. Per mettere e lasciare tutto a posto e per non guastare le pro­ porzioni avrei dovuto comporre subito, secondo le intuizioni e le impressioni prime, e non pensare più oltre agli argo­ menti come se tutto fosse ormai deciso e sicuro, oppure ras­ segnarmi a non finirla più. Non ostante questo e non ostante che vi si trattino pochi capi, e non i principali, della storia del fondo Ottoboniano, lo scritto col mostrare in passando quanti codici più o meno

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A VVERTENZA

XX

pregevoli vi si nascondano (e avrei potuto di leggeri indi­ carne parecchi altri) richiamerà, spero, l’attenzione sopra esso fondo e moverà qualcuno a farne un buon catalogo, quale merita, e ad illustrarne insieme gli « anecdota », come mirabilmente ha fatto e va facendo il R. D. A. Wilmart sopra il fondo della regina Cristina. Inoltre stimolerà alla ricerca dei mss. latini Pico-Grimani, Pio, ecc., che vi si dimo­ strano in parte non ispregevole conservati, mentre i primi si credevano quasi del tutto periti e i secondi dispersi nè pili rintracciabili, nonché a somiglianti lavori e ricerche sopra gli altri fondi della Vaticana, i quali hanno ancora molti se­ greti da svelare. Ohe se un tale effetto sortirà principal­ mente fra quelli che godono l’invidiabilissimo privilegio di avere i tesori a portata di mano e di poterne, grazie alla comodità medesima, ricavarne con minore fatica il massimo frutto, mi sarà questo il più gradito compenso terreno delle fatiche spese in tal campo anziché in altri più attraenti e più gloriosi. In pari caso evidentemente trovansi anche le altre bi­ blioteche italiane formate con le spoglie di collezioni mi­ nori disperse lungo i secoli. E tante biblioteche estere al­ tresì, perchè d’Italia principalmente uscirono le migliaia di codici passati ad arricchire paesi, i quali o non ne avevano punto o pochi: i manoscritti non sono stati « falsificati in serie » come medaglioni, quadri e simili oggetti d’arte, ma vennero esportati davvero (diciamo così) gli originali. Tutta la difficoltà, spesso veramente insuperabile, sta nel riconoscerne l’origine, sia perchè i primi proprietari e i successivi acquirenti non pensarono a notarsi, sia perchè talora si cercò di nasconderla, sia finalmente perchè vari ca­ talogatori, non conoscendo nè inventari nè le segnature pro­ prie di quelle collezioni, non poterono capire ed apprezzare i segni di provenienza e trascurarono di riferirne come di minuzia insignificante o per lo meno indifferente rispetto all’oggetto proprio: i testi dei codici, e non tentarono iden­ tificazioni.

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X

AVVERTENZA

Perciò, siccome non v’è molta speranza, date le nostre condizioni, che stia per formarsi un corpo dei tanti vecchi indici italiani di manoscritti, compierà opera molto utile chiunque può, pubblicando gl’inediti pur se cattivi (i pe­ riodici bibliografici e i bollettini storici locali e gli atti ac­ cademici li accolgono non malvolontieri), però non nuda­ mente e crudamente, ma illustrandoli un poco col dare, ove restino, notizie sui possessori e sulle vicende della col­ lezione finché stette sul luogo, e indicare i segni o il tipo di segnatura e altrettali elementi giovevoli al riconoscimento, che sul luogo stesso è meno difficile raccogliere ma che i lontani — bibliotecari, possessori odierni, studiosi — non sanno invece come procurarsi e apprezzare. In lavori tali capiterà di sollevare un polverio molesto e per poco ac­ cecante, ma gli estimatori discreti compatiranno ciò come inevitabile allorquando uno non si arresti sulla porta ma si provi a penetrare e scrutare i locali abbandonati di bi­ blioteche morte da secoli e sepolte nell’oblio. Ringrazio i S.ri direttori Dr. Alfredo Braghiroli del R. Ar­ chivio di Stato in Modena e Dr. Paolo Halli dell’Estense per le agevolezze affatto straordinarie concessemi durante una brevissima visita a Modena; i fratelli Mons. Angelo, prefetto degli Archivi Yaticani, per comunicazione di documenti, e Prof. Silvio Giuseppe per le fotografie degl’inventari Pio; i R.ml Monsignori Augusto Pelzer, Stanislao dei C.u Le Grelle, Felice Ravanat canonico di S. Pietro in Yaticano, il Ch.mo P. Giuseppe Boffito barnabita, D. Tommaso Accurti e D. Gio­ vanni Mazzini per aiuti in dubbi e ricerche particolari; final­ mente e in modo particolare il S.r Dr. Augusto Campana, che gentilmente ha letto le seconde bozze e riveduto gl’indici, e mi ha non solo avvertito degli errori tipografici rimasti, ma anche di varie dimenticanze e sviste, alle quali ho riparato alla meglio senza rendergliene ogni volta merito per non iseompigliare le pagine. Oh quanto spesso falliscono, non ostante l’orrore delle inesattezze, ora l’occhio, ora la mano, ora la mente, fra tanti numeri e tante minuzie!

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INDICE 1 - SOPRA TALUNI MANOSCRITTI DI G. PICO DELLA MIRANDOLA E LE VICENDE DEI LIBRI DEI CARDO. DOMENICO E MARINO GRIMANI PAG.

1 - Codici Pichensi dei card. Marino Grimani desiderati dai card. Marcello Cervini e ora nell’Ottohoniana........................................................... 1 2 - Codici di Marino acquistati da Guglielmo Sirleto e rivenduti alla Va­ ticana ................................................... . . . . . . . 14 3 - Le sorti dei libri lasciati da Domenico e da Marino Grimani . . 26 4 - Di qualche altro manoscritto Pichense ora Vaticano latino . . . 34 II

- APPUNTI PER LA STORIA DELLA BIBLIOTECA DI ALBERTO E DI RODOLFO PIO DI CARPI

1 - La sorte dei codici latini del cardinale Rodolfo Pio . . . . 39 li - Vecchi indici dei codici greci P i o ........................................................... 58 III

- SOPRA UNA RACCOLTA CINQUECENTESCA DI CODICI ORA IN PARTE NEL FONDO OTTOBONIANO

Digressione: Lorenzo prete p isa n o ..........................................

.

75

.9 8

IV - I CODICI ALTEMPSIANI ACQUISTATI DA PAOLO V

106

Il Sirleto e i codici Cervini . . 136 Digressione: Per la storia dei codici di S. Pietro in Vaticano nei se­ coli xv e xvi. . , .........................................................................144 V - DJ ALCUNI MANOSCRITTI OTTOBONIANI NONCONOSCIUTI

169

APPENDICE 1 - INDICI DEI CODICI GRECI PIO

t - .4: L’inventario dei codici greci del conte Alberto signore di Carpi . 2 - R: L’inventario dei codici greci Pio trovati dopo la morte del card. Ro­ dolfo nel 1564 3 - I : L’indice alfabetico degli autori e delle opere esistenti nei mss. greci del card. Rodolfo P i o .................................................. 4 - 1 codici Modenesi greci coi numeri rispettivi di 1 e lì . . .

203 223 233 242

Il - INVENTARIO DI UNA RACCOLTA CINQUECENTESCA DI CODICI ORA IN PARTE

FRAGLI OTTOBONIANI

245

A gg iunte e c o r r e z i o n i .................................................................................265 I ndici - Godici m e n z i o n a t i ........................................................................ 293

ersone e cose

. 297

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TAVOLE I

- Scritture di Giovanni Pico della Mirandola. — 1-2. Ottobon. lat. 338, f. 12v, note a Genes. V ili, 20-22; e f. 29r, note a Gen. XIX, 20-21. V. p. 11. — 3. Vatic. lat. 3966, f. 43r, ricevuta del ms. Vaticano dello Speculum na­ turale di Enrico Batten.

II

- 1-2. Ottobon. lat. 607, f. 8V e 50v, correzioni e note di G. Pico a Giobbe, IV, 5-8, e XXXV, 10-11. V. p. 12.

Ili

- Autografi di Giorgio Trebisonda (p. 18 sg.). — 1. Vatic. gr. 1720, f. 24' (« De veritate fidei Christianorum », a Maometto II). —2. Vatic. lai. 2926, f. 143v (ad Paulum II, quod Io. euangelista non est adhuc mortuus).

IV

- Autografi di Elia del Medigo (p. 35 sg.). — 1. Vatic. lat. 4552, f. 6r (Quae­ stio Averois in librum priorum traducta per IJeliam Hebreum... Flo­ rentiae). — 2. Vatic. lat. 4553, f. 3V (De substantia orbis Averois).

V

- 1. Abraham de Baltnes (p. 48). Ottobon. lat. 1401, f. 1lr (Averrois paraphr. in Aristotelis rhetoricorum libros). — 2. Mag. Isaac hebreus francigena (p. 48sg.). Ottobon. lat. 2079 (De forma terrae et de figuratione corporum celestium ecc.).

VI

- Autografi di V. p. 57, n. Cappello in di possesso

Marco Musuro. — 1. Vatic. lat. 3067, sottoscrizione finale. 3, e 74. — 2. Palat, gr. 287, f. 287v, dedica di dono a Carlo data Venezia i l luglio 1510. — 3. Vatic. gr. 1314, f. l v, nota e indice di un ms. di Alberto Pio. V. p. 72.

VII - 1. Ottobon. gr. 258, f. l r, uno dei titoli inscritti sui codici della biblio­ teca ignota. V. p. 7 8 .- 2 . Vatic. lat. 14065, f. 12r, scrittura dell’inven­ tario della stessa biblioteca. V. p. 75. — 3. Vatic. gr. 1616, f. I1IV, le sigle sui codici del card. R. Polo. V. p. 117. V ili - 1. Ottobon. lat. 428, f. l r, n.° dei codd. del Sirleto e numeri dei libri del Cervini e titolo di chi nel 1574 c. corresse l’indice dei mss. Cerviniani in vista della vendita a Gregorio XIII. V. p. 112 e 140. — 2. Ottobon. lat. 435, f. Ir, numero dei codici del Sirleto, n.° dei libri del Cervini e titolo dei codd. Cervini della metà circa del sec. xvi. V. p. 140. — 3. Ot­ tobon. lat. 216, f. l r, n.° Cerviniano intatto. V . p. 140. — 4. Vatic. lat. 4932, f. Ir, numero dei mss. della Basilica di S. Pietro al cadere del sec. xv. V. p. 127. — 5. Inventario dei beni della Basilica di S. Pietro dell’an. 1361, f. Ixnnr, segnature dei codd. della Basilica. V. p. 150.

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SOPRA TALUNI MANOSCRITTI DI G. PICO DELLA MIRANDOLA E LE VICENDE DEI LIBRI DEI CARDINALI DOMENICO E MARINO GRIMAN1. 1. Codici Pichensi del card. Marino Grimani desiderati dal card. Marcello Cervini e ora nell’Ottoboniana. — 2. Codici di Marino acquistati da Guglielmo Sirleto e rivenduti alla Vaticana. — 3. Le sorti dei libri lasciati da Domenico e da Marino Grimani. — 4. Di qualche altro manoscritto Picliense ora Vaticano latino.

1. Ai 28 settembre 1546 moriva in Orvieto il cardinale Marino Gri­ mani possessore di un museo magnifico 1 e di una biblioteca non dispre­ gevole. Dei libri di questa M. Bernardino Maffei segretario di Paolo ILI mandava il 16 ottobre una lista a Guglielmo Sirleto, familiare del cardi­ nale Marcello Cervini legato pontificio al Concilio in Trento, affinchè vedesse « se ve fusse libro alcuno raro », e Guglielmo avendovene osservato trentatre che gli parvero notevoli ne informava lo stesso giorno il suo pa­ drone con la lettera seguente: 2 R.mo Mons.or mio molto osservando. Mr. Berardin Maffeo sta matina me mandò una lista de’ libri, quali erano de la bona memoria del card.le Grimani, acciochè io vedessi se ve fusse libro alcuno raro: ho visti alcuni, li quali me parche siano rari, et ¡nuanci che io rendi la lista al predetto, ho voluto advisar’ V. S. R.ma. 1. Pentateuchus manu scriptus et visus a Ioanne Pico iuxta septuaginta et haebraeos correctus. 3 2. Exodus, Josue, Iudicum, Regum manu scripti magna margine. 1 3. Prophetarum manu scriptus magna margine. 5 4. Psalterium correctum, Proverbiorum, Ecclesiastes glosatus et correctus manu Pici. 5. Psalterium correctum manu Pici. 1 Cf. P. P aschi.m , Le collezioni archeologiche dei prelati Grimani del Cinquecento, « Atti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia (serie III), Rendiconti », V (1928), 157-190. Sulla storia del codice Rossiano di cui si servì Mgr. Paschini, v. avanti, p. 25, n. 5. 2 Vat. lat. 6177, f. 20-2t (già 6-7). La pubblicò pressoché intera G. JBuschbell in Concilium Tridentinum. X. Iipistulanm i pars prim a (1916), p. 700, n.4, con brevi note di S. Merkle a cinque degli autori menzionati dal Sirleto. Riferirò con le sigle S. M. le note che giovano. Non segno le poche letture differenti del Busehbell, pago di assi­ curare che le sono inesattezze e non la lezione dell’autografo. Do un numero progres­ sivo ai manoscritti per citarli più comodamente. — Un buon riassunto della corrispon­ denza relativa a questi mss. ha ora dato T. F bkudenberger, Die Bibliothek des Kardinal D. Grimani, « Historisches Jahrbuch », LVI (1936), p. 24-26. 3 V. avanti, p. 10. 4 Y. p. 11. 5 V. p. 11. 1

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2 u

I - S O PR A T A L U N I M SS. D I G. P IC O

6. Abraam Avenanzer 1 super genesim et exodum manu scriptus. 7. Levi Gerson 2 in cantica canticorum visa et annotata a Pico. 8. Iob visus cum annotationibus eiusdem.3 9. Canticorum liber glosatus similiter. 4 10. Rabi Mose de Aegypto 5 manu scriptus. 11. Hieronymus de sancta fide 6 de veritate Christiana contra Haebraeos manu scriptus. 12. Baionis 7 epistolae manu scriptae. 1 « Aben Esra » S. M. s « Gersonides Levi » S. M. V. avanti, p. 22. 3 V. avanti, p. 11-13. 4 V. p. 38, n. 1. 5 11 notissimo Maimonide, che solevasi denominare così. V., ad es., l’inventario di consegna dei libri di Giovanni Pico al procuratore del card. Domenico Grimani in F. Ca­ lori Cesis , Gì-. Pico della Mirandola, * Memorie storiche della città e dell’antico ducato della Mirandola », XI (1897), p. 54 e 69. Egli lo trasse dall’Archivio di Stato in Modena: Cancelleria Ducale: Archivi per Materia: Letterati: Busta 57, come m’informò il genti­ lissimo S.r Direttore Dott. Alfredo Braghiroli, il quale anche me ne favorì una fotografia. Preferisco questo all’«Inventarius librorum Io. Pici Mirandulae» del Vatic. lat. 3436, ff. 263-296, composto vivente il Pico e riveduto, forse anche trascritto, dal Questenberg, che nel f. 263v notò « Io. Pici » sul titolo « Quaedam tua opuscula», perchè dal primo e non dal secondo provasi il passaggio dei libri al Grimani, ed anche perchè nel secondo fino al f. 284Tnon si distinguono per nulla i manoscritti dagli stampati, e dopo si trovano molti libri con le sigle « B. M. » davanti, che dubito non fossero del Pico, ma prestati a lui, forse dalla Biblioteca Medicea o dei Medici. Cf. l’inventario di consegna, Calori C esis , p. 69: « Libri n. 10 i quali no i forano notati et romasero sopra una casa propinqua ali Scripti del Conte parte erano greci et parte hebrei : e non forano notati perchè dice­ vano che alcuni erano di p ie tr o e alcuni hebrei volevano imprestado», con la nota del Laurenziano XXVIII, 13: « Olim Petri Medici Repertus inter libros Comitis Iohannis Mirandulani, » e le simili note del Laurenz. XXVIII, 20 e del Vatic. gr. 1698: « Olim Laurentii de Medicis repertus » ecc. (cf. Calalogus codicum astrologorum graecormn, I, 1898, Codices Plorentin., p. 3, 6, 21; «Studi e Testi » 46, p. 90 e 99). Disgraziatamente in ambedue gl’inventarii sono sfigurati spesso nomi e titoli, e il Calori Cesis, che talora ha letto male, non fece nulla per restituirli e non si curò di aggiungere un indice, così che è una pena ritrovare ciò che si desidera. — Oravi si rimedia coll’indice dell’edizione dell’inventario più antico fatta da P. K ibre, The Library of Pico della Mirandola, New York, 1936, pur datami dal S.r Braghiroli. All’editrice è sfuggitala parte del Questenberg nella copia del Vatic. lat. 3436, che notai nei Prolegomeni a M. T. Licer, de re p. ecc., p. 78, n. 4; e anzi non ne ha riferite le correzioni. K., p. 270, n. 9, propone come proba­ bile l’interpretazione di « B. M. » per « bombacenum manuscriptum », ma io non la credo possibile, per es., ai n. 1424-1426, nè conforme all’uso sia del tempo, sia dell’autore del catalogo che prima usa 1 p(apiro) ’ per i codici di carta. E poi come va che i codici « B. M. » non ritornano mai nell’inventario di consegna, mentre i precedenti vi si riscon­ trano quasi tutti? 0 Su lui cf. G. Marini, Degli archiatri ponlificj, I, 116 sgg. ; II, 335; The Jewisli Encyclopedia, VI, 552; Dictionnaire de Théologie catholique, Vili, 995 sg. ; A. Lijkyn Williams, Adversus Indaeos, A bird’s-eye idem of Christian Apologiae untilthe Re­ naissance (1935), 261-266. Fra gli Ottoboniani al n. 351 v’è una copia dell’opera del se­ colo xvi col segno C.iìi (cioè cassa 3a) che non oso dire indizio di provenienza dai Grimani, sebbene anche sul Vatic. lat. 7013, da loro proveniente, si veda segnato il numero della cassa (v. avanti, p. 25, n. 2). 7 « Vel intelligendum de Lupo de Baiona vel verosimilius de II. Bacone cuius opus: ‘ De mirabili potestate arlis et natuiae et de nullitate Magiae ’ (Parisiis 1542). etiam

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1 - C O D IC I P IC H E N S I D E L C A R D . M . G R IM A N I ORA O T T O B O N IA N I

3

13. Theodoritus de providentia Dei manu scriptus. 14. Innocentius tertius de sacramento missae manu scriptus. 15. Philonis opera.

16. Eusebius de euangelica praeparatione manu scriptus *1 et de demonstra­ tione: non specifica se e greco o latino, pure se potra vedere; quantunque ii card.le Cortese ha avuto l’uno et 1’altro stampato greco in Parisi, non e com­ parso anchora in librarie publice. 17. Sententiae diversorum doctorum in membranis manu scriptae. 18. Isidorus contra Iudaeos 2 manu scriptus. 19. Euangeliorum liber, epistolarum, Apocalypsis, et acta Apostolorum manu scripta et glosata manu P ici.3 20. Aliqui processus super primis tribus capitibus genes, manu scripti. 21. Aliqua Gregorii theologi et Ioannis Chrysoslomi manu scripta. 4 22. Aliquae quaestiones theologales manu scriptae. 23. Annotationes lacobi Naclanti 5 florenlini super materiem praedestina­ tionis manu scriptae. 24. Tractatus de processione Spiritus Sancti Manuelis Caleci contra errores graecorum ex graeco traductus 6 manu scriptus. 25. Defensio revelationum beatae Brigidae per v. Io. de Turre cremata 7 manu scripta.

sub titillo ‘ Epistola de secretis operibus artis et naturae ’ postea editimi est ». S. M. La seconda intelligenza è la giusta: cf. A. G. L ittle in « British Society of Franciscan Studies», III, p. 91 e 93. Di Giovanni Baconis o Baconthorp (sul quale v. B. M. Xiberta , De scriptorihus scliolasticis ex Orci. Canneliiarum, Louvain 1931, p. 167-240) non si conoscono epistole. NelPinventario di consegna dei libri del Pico, che per brevità dalla data della r ic e v u ta 13 febbraio 149S dirò dell’an. 1498 (Calori Cesis , p. 72): « E p isto le Bacconis ms. in papiro n. 285 », e in quello anteriore ora edito da P. Kibue , p. 176: « Epistola Baronis [sic] et alia. 285. 8 ». E qui e sotto cito di preferenza l’inven­ tario ultimo o di consegna dei libri del Pico, oltre che per la ragione detta sopra nella nota n. 5, specialmente perchè, avendo (come vedremo) il card. Domenico Grimani la­ sciato al nipote Marino con altri libri i codici latini in carta, è certo o quasi certo che Marino ne ebbe il ms. medesimo del Pico, specialmente allorché si tratta di codici rari, quale sembra quello delle « epistole » di Bacone. 1 Nell’inventario del 1498 (Calori C esis , p. 59): « Eusebius Panphili de preparatione evangelica grecus et rarus manuscriptus in papiro n. 349». 2 Cf. Patrol. lat., LXXXID, 449 sgg. ; L ukyn W illiams, Adv. Indaeos, pp. 215 sgg. e 282-292. 3 V. avanti, p. 10. 4 Questo ms. con opere del Nazianzeno e del Crisostomo fu saltato dal Buschbell. 5 Sul Nacchianti (-¡- 15.,9) v. F. Laijchert, Die italienischen literarisclien tìegner Lulhers (1912), pp. 584-612. Il N. nelle sue opere stampate trattò due volte della prede­ stinazione (ih., p. 589 e 595 sg.), e la seconda volta promise di dare in appendice (al commento cioè della lettera ai Romani, la ed. an. 1557) una « tractatio » anteriore in cui aveva spiegato diversamente la cosa, ma poi non la diede. Forse fu questa «tractatio » inedita, che il card. Marino ebbe. 6 Dal B. Ambrogio Traversari. Anche fra i libri del Pico « Opus manuelis Calee contra grecos manuscriptum in papiro n. 41 » (Calori Cesis , p. 70; e cf. K ibue, p. 203). 7 Cf. S. L ederer , Der spanische Cardinal Joli. von Torqitemada (1879), p. 64-79. Anche tra i libri del Pico « Defensio fratris Ioannis de Turacremata in articulos beate brigide in papiro manusoripta n. 317» (Calori C esis , p. 72; cf. K ibre, p. 197: «De­ fensio Brigidii »!).

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26. Tractatus de inquisitione Antichristi Oliverii patris praedicatorum 1 manu scriptus. 27. Ugo Etheranus de immortali Deo contra graecos de processione spiritus sancti2 manu scriptus. 28. Liber collectarius in sacra pagina Georgii Trapezuntii3 manu auctoris. 29. Opuscula Georgii Trapezuntii 4 manu scripta. 30. Tractatus compendii literalis divinae scripturae patris Petri Aureoli5 in membranis. 31. Liber qui dicitur Sintillarius moralis ex dictis sacrae scripturae 6 in mem­ branis manu scriptus. 32. Summa in theologia ex libris authenticis sumpta valde bona manuscripta. Questi libri, quanto al giudicio mio, son rari, et massime il pentateucho scritto a penna, et visto et corretto da Gioan Pico secondo li LXX interpreti et testo haebraeo. Credo saria bene che V. S. R.ma facesse opera d’haverlo, similmente tutti l ’altri, quali son stati revisti dal midesmo. Quando io harrò visto li libri, alhora potrò dar meglio informatione a V. S. R.ma; per adesso le scrivo quelli autori, li quali ho cavati da la lista che M. Berardino Maffeo m’ha fatto dare, vi è anchora vita Antonii Viennensis per beatum Athanasium aedita manu scripta.7 non posso dir’ si è greca o latina, perchè la lista noi dice, pure per dir’ manu scripta: credo che sia greca, questa se ritrova nella libraria, non altro, resto raccomandandome a V.S.Rma et prego N.ro S.or Idio che la conservi. Da Roma alii XVI di ottobre 1546 Servitor’ minimo di V. S. Rma Guglielmo Sirleto

1 Citato in N. A ntonio, Biblìotheca Hispana Vetus, II2 (1788), p. 282, n. 4 in fine. Si noti che nel ms. Grimani, se non errò il Sirleto o l’autore della lista, era detto dei Predicatori. Non sarebbe quindi il Bernardo Oliver eremitano, di cui il)., p. 155, n. 1, come ha creduto Kibre , p. 211. Anche nell’inventario Pichense del 1498 (Calori Cesis , p. 71) il raro « Olivernius de inquisitione antichristi in papiro manuscriptus n. 327 », o piuttosto «337 », come si legge nell'inventario anteriore che v’indica, senza nominare l’autore, «D uo tractatus de Antichristo » (K ibre, 1. c.). 2 Patrol. lai-, CI1, 233 sgg. E cf. P etit in Dictionnaire de Théol. cath., VII, 308 sgg. Nell’inventario del 1498 (Calori Cesis , p. 70): « Vgo Veteranus de immortali deo manu­ scriptus in papiro n. 289», e nell’anteriore: « Vgo Veterianus 289» (K ibre , p. 214). Il « Vietorinus » (K ibre , p. 209), che pare fosse « a stampa », non dev’essere stato l’Eteriano, ma il grammatico. 8 Non indovino l ’opera; penserei ad un sinassario composto o tradotto da Giorgio o alla rarissima Methodus et ratio, ad quarti reperivi possint a n n i t o t i u s fe s ta , quae celebranlur in Ecclesia Graecorum, stampata in greco a Jassy nel 1701, che A. Z eno , Dissertazioni Vossiane, li, p. 15, registra fra le opere del Trapezunzio. Ad ogni modo lo credo un ms. diverso dal seguente, che rimane ancora e non ha il L . coll. 4 Poiché probabilmente fu un ms. latino anziché un greco, non penso agli opuscoli — autografi — contenuti nel Vatic. gr. 1720, ff. 19-64, che nell’« Archivio storico italiano », an. 1920, II, p. 272, n. 1, provai essere un codice appartenuto al card. Domenico Grimani, bensì a quelli del Vatic. lat. 2926, di cui discorrerò a p. 18-19. Il Pico tra i ms. « in papiro » ebbe « Georgii Trapezuntii orationes quaedam » (Kibre , p. 293, n. 1625). 5 Cf. Am. T eelaert nel Dictionnaire de Théol. cathol,, XII, 1835 sgg. 6 Patrol. lat., LXXXVIII, 599 sgg. Cf. M. Ma nitius , Geschichte der laleinischen Literatur des Mitielalters, I, 422 s g .; II, 805. 7 Su questo 33.» ms. cf. avanti, p. 21, no. 71, al cod. Vatic. lat. 2950.

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F. 21 (8)”: Al R.mo Mons.or Car.le Santa Croce mio padrone oss.mo legato in Trento

li cardinale gli rispose, a volta di corriere, da Trento il 22 in questi term ini:1 M. Guglielmo cariss0. Questa sera ho ricevuta la vostra di xvi con la lista de parte de libri del Car.le Grimano bo. me. dela quale diligentia molto vi ringratio. D esiderarla haver le correttioni di que libri dela Bibia, che son corretti et apostillati di man del Pico, quando N. S.re si co ntenti; di che scrivo a M. Ber.“0 Maffeo, dal qualé potrete in ten .re la risposta. Quando si possino havere, mi farete piacere a pigliar cura che le si trascrivino fidelm.te Et se vi pa­ rerà da far copiare qualche altra cosa che sia buona et rara, potendosi fatelo fare, et Gio. B att.a pagarà quanto sia nec.ri0 Sono alcuni mesi ch’io hebbi di Francia il libro di Eusebio stam pato greco de euangelica praeparatione et demostratione (sic). Quel de praeparatione l’ho fatto incontrare col nostro in penna, et s ’è trovato molto corretto. Quel de dem ostratione (sic) ha de le finestre assai, et però ve lo m andarei volentieri, che io incontraste con quel che fu già del Pico, ogni volta che si potesse h a v e re .2 Mi farete piacere a scrivermi la risposta che il Maffeo vi darà, et come barete visti li libri, avisarmi più distintam .te quali son greci et quali son latini, et quel che ve ne pare. Che Dio vi guardi. Di Trento alii x xn di ottobre m.d .xlvi. (Di mano del Cervini) V.r M. Car.Ils S.tae -f.

E il dì seguente scrivendo al Maffei gli accennava alla fine la cosa e il proprio desiderio cosi: Ho inteso come vi sono capitati alle mani li libri del cardinale Grimano bo. me. Quando N. Sre si contentasse ch’io potessi far pigliar copia d ’alcune correttioni, fatte già dal Pico de la M irandola sopra la bibia, mi sarebbe gran­ dissim a grafia. E in tal caso M.r Guglielmo ne pigliarla la fatica. E t anco se ci fusse a ltra cosa di buono, mi farete piacere avvisarmene. 3

Il 30 (alli penultimo d’ottobre), rammentava al Sirleto la faccenda:4 ...A spetto de intendere quel che harete fatto col Maffeo delle correttione del Pico de la M irandola sopra la llibia et anco se a ltra cosa è di buono tra li libri del Car.Ie Grimani bo. me. come per le precedenti vi scrissi. Et però mi farete piacere con le prime ad avvisarm ene...,

1 Vatic. lat. 6178, f. 146L Le parole «il libro di Eusebio - si potesse havere » ha ed. B uschbkll, I. e. 2 F reudenberger,

p. 24, ha inteso « acquistale » (erwerben), ma dal passo intero mi jiare che qui « havere » significhi solo « ottenere a prestito » per una collazione. llCervini suppose che o nel ms. della Praeparatio o in altro del Pico si contenesse anche la De­ monstratio in greco, che egli non possedeva in ms., a quanto pare dagl’inventari della sua biblioteca. Il ms. Cerviniano della Praeparatio è l’odierno Ottobon. gr. 265. 3 Buschbell, p. 700. 4 Vatic. lat. 6178, f. 151r. Un piccolo frammento in Bcschbell, p. 948.

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I-

S O PR A T A L U N I M SS. D I G. P IC O

e così di nuovo il 7 novembre: Hieri hebbi la vostra del penultimo del passato. Et quanto a’ libri del Car.le Grimani et alle annotationi del Pico ch’io desideravo haver copia, aspetto de intenderne il segu ito...1

Il Sirleto gliel’aveva già scritto due giorni prima, il 6, ma la lettera giunse a Trento il 12, ond’egli replicava il 13 (f. 147r) : Per la vostra di vi del presente comparsa hieri intesi quanto havevate fatto col Maffeo per conio de libri. Piacciavi avvisare quel che da poi sarà seguito, et se finalmente tali libri si saranno potuti havere...,

e perchè il fin a lm e n te poteva essere preso come un segno d’impazienza ed una premura, il gentilissimo cardinale aggiungeva di propria mano ili calce: Quando fusse difficultà d’havere li libri, non si voi’ esser’ molesto a persona. Vester M. Carlls stae f. 2

Finora non si è ritrovata la lettera del 6 novembre del Sirleto, ma dalla risposta appare che le pratiche di lui presso il Maffei non avevano peranco raggiunto lo scopo, e altrettanto appare dai seguenti passi di tre altre lettere del novembre di Guglielmo che sono gli ultimi relativi alla faccenda notali dal Buschbell e da me. Ho reso la lista del Carle Grimani bona memoria al Maffei, et notati quelli libri che fanno al proposito per V. S. R.ma: ha promeso (così) far’ bona opera, et spero che i’haveremo. Non mancarò solicitarlo insiemi con M. Gioanbatt.a nostro. 3 M. Ber1“? Maffeo questi giorni è stato fuor’ con Sua S.la adesso è ritornato, et io non mancarò solicitarlo del fatto de li libri. 4 De li libri non ho scritto altro a V. S. R.ma perchè M. Berti.“0 Maffeo non m’ba detto cosa alcuna sopra zio. io non l ’ho voluto dar fastidio, massime havendomelo ordinato V. S. R.ma Ha detto non so che difficultà a M. Gioanbatt.a nostro, per la quale non se hanno detti libri. 56

Frattanto il Muffai stesso aveva risposto al Cervini il 17, ma per dirgli sulla faccenda dei libri del Pico unicamente che avrebbe cercato di ac­ contentarlo : Io vo tuttavia procurando d’havere gli libri del Pico della Mirandola per satisfare al desiderio di V. S.rla R.ma 6 1 Vat. lat. 6178, f. 153r ; B uschbell, p. 948, che mise puntini in luogo delle parole « et alle annotationi — copia ». La lettera del 30 ottobre del Sirleto manca. 2 Vat. lat. 6178, f. 147r ; B uschbell, p. 948, con qualche lieve differenza. 3 Vat. lat. 6177, f. 26r, « x di noembre » ; B uschbell, p. 948, con qualche diversità, di cui è grave solo « mancato » per « mancarò ». 4 Vat. cit., f. ®8v, 8 nov.; B uschbell, p. 949. 5 V at. c it., f. 30r , 27 nov. ; Buschbell , p. 949. 6 B uschbell, p. 729, 13.

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Fin qui i documenti conosciuti. Ne risulta: 1) che la lista dei libri del Grimani, anzi i libri medesimi, come interpretò il Cervini, erano « capitati alle mani » di Bernardino Maffei, non quale uomo privato di certo ma quale segretario di Paolo III, poiché si accenna ripetutamente alla condizione del beneplacito del Papa anche per prenderne copia. Ciò fu senza dubbio perchè la Camera Apostolica si era subito impossessata, secondo il diritto, dello spoglio del defunto prelato; 2) che il Cervini in conseguenza non richiese già di acquistare i libri ma solo la grazia di potere aver copia delle correzioni del Pico alla bibbia nominatamente e di qualche altra opera buona e rara che vi fosse, in altre parole di avere a prestito per il tempo necessario i libri accen­ nati ; 3) che il Maffei promise di servirlo per i libri del Pico e vi si ado­ però, sembra, ma trovò una (o più) difficoltà non indicata in particolare per cui il cardinale e il Sirleto non credettero conveniente d’insistere non volendo « esser molesto a persona » ; 4) che la difficoltà o le difficoltà incontrate ai 27 novembre del 1546 non erano peranco state superate. La difficoltà che dovette apparire grave, se non fu anche la disposizione testamentaria di Marino, che aveva lasciato «omnes libros meos ubicumque existentes grecos et hebreos cuiuscumque qualitàtis fuerint necnon latinos omnes manuscriptos in membranis, et illos etiam qui manu scripti sunt papiro qui iudicabuntur digni ut reponantur in bibliotheca, et hos ultimos arbitrio Iulii protonotarii apostolici alumni mei, » ai benedettini di S. Giorgio Maggiore in Venezia, e, se non si osservassero le condizioni da lui imposte, ai Domenicani dell’Osservanza e in ultimo ai Domenicani dei SS. Giovanni e Paolo, sempre di Venezia, *1 probabilmente fu l’opposi­ zione dei creditori, « a requisitione » dei quali, scriveva ai tre del dicembre il Madruzzi al Farnese, « sono depositati in Roma gli spolii del prefato 1 V. in E. A. C icogna, Delle iscrizioni Veneziane, IV, 597, n. 3, il « Ponto del te. stamento... celebrato l’anno 1546 die 21 7bre in Piacenza nelmonast. de’ can. Regolari » (punto che nella spartizione dei libri pare ricalcato su quello del card. Domenico; vedi avanti, p. 27, n. 1). Rispetto al terzo monastero designato come legatario, ove i primi due non adempissero le condizioni, merita di essere notato che fu scritto per Marino, e quindi di Marino, il codice 50 di S. Giovanni e Paolo, ora nella Marciana: v. D. M. B brardelli, Catalogus etc. in « Nuova raccolta d’opuscoli scientifici e filologici », XX, p. 203; M. V ogel, Die griechischen Schreiber cles MA, pp. 225 e 474. — Il protonotario «alunno» sarebbe mai quel figlio di Marino, «protonotario apostolico», che C icogna, 1, p. 173, ricorda col nome di Girolamo? Raschini, o. c., p. 160, lo dice suo nipote. — Nell’anno stesso 1546, il mese dopo, anche G. B. Egnazio legava · a’ monaci di S. Giorgio Maggiore tutti i greci codici impressi già nella stamperia Aldina » (G. degli A gostini in «Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici», XXX, p. 116); intendo, secondo il lin­ guaggio d’allora, i libri greci stampati da Aldo, non i mss. stessi greci, che dalle tre famiglie nobili nominate eredi si vendettero subito dopo la morte ad Ulrico Fugger e ora stanno nella Palatina. Cfr. K. Christ , « Zentralblatt fur Bibliothekswesen », XXXVI (1919), p. 51 sg., 65 sg.

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cardinale », 1 e si misero all’asta nell’aprile 1547 gl’indumenti e gli altri oggetti che stavano nelle camere del defunto e le argenterie, mentre le cose più preziose, cammei, medaglie, gemme, ecc., ch’erano parte dell’ere­ dità spettante alla S. Sede per diritto di spoglio, sequestrate dai banchieri Della Casa creditori principali, furono rivendicate da Paolo III quietan­ doli, e rimasero in possesso della Camera Apostolica fino al 3 gennaio 1551, in cui Giovanni Grimani patriarca di Aquileia, fratello del defunto, le ri­ scattò collo sborso di 3000 scudi e poi trasportò a Venezia nel proprio palazzo di Ruga Giuffa a S. Maria Formosa. 2 In tali condizioni non è da stupire che anche sulla biblioteca si facessero i conti (e si fecero davvero, come vedremo più oltre) e dall’erede universale e dai creditori, e che non siasi potuto disporne senza la volontà tutt’altro che arrendevole di co­ storo, timorosi di non riavere interi i loro crediti. Comunque, la faccenda dei libri postillati dal Pico non fu lasciata cadere del tutto e venne ripresa in buon punto e con una riuscita, se non piena rispetto al numero, migliore in altro riguardo, perchè il Cer­ vini, il quale aveva domandato semplicemente di poter copiare le anno­ tazioni, entrò in possesso di taluni almeno dei codici medesimi. Ce lo prova 1’« Index librorum manuscriptorum linguae latinae bibliothecae. Cervinae » conservato nel codice Vat. lat. 8185, f. 282 e sgg. 3 Ivi nella « Capsa n.° 4 » coi « libri ex primo ordine hoc est vetustissimis characte­ ribus conscripti » ossia coi libri più preziosi è segnata dopo il « numerus indicis », che era inscritto anche sui libri medesimi come segnatura e numero d’ordine nella biblioteca, e qui è ripetuto quattro volte perchè i volumi erano quattro e tutti erano stati segnati col medesimo numero, 4 1118 Biblia vel Novum et Vetus testamentum, novo quidem charectere (sic) 1118 sed cum pluribus annotationi bus et emendationibus in margine, matiu 1118 1118 Io. Pici Mirandulani, Volumina 4.or

L’attestazione, benché per la brevità somma dei titoli di quell’indice non così particolareggiata quanto piacerebbe a noi che vorremmo sapere se c’era tutta la Bibbia o no e quali parti in ciascun volume, è almeno chiara ed esplicita al riguardo della provenienza e delle postille Picbiane e fornisce indicazioni preziose per il riconoscimento, quali il numero dei volumi e la loro segnatura e l’età della scrittura, che è detta nuova, recente. 1 B uschbkll, p. 748, n. 5, d a una commendatizia per un tale, creditore di 1500 scudi. Invece F rkudenoebgbr , p. 28, ha congetturato che le difficoltà venissero da parte francese, la quale mirasse ad avere «gli eccellenti e rari libri greci » di cui il Pellicier nel 1540 aveva detto possessore il card. Marino. * Paschini , p. 180-162.

3 Per la storia dei mss. greci di Genova ecc., «Studi e Testi» 68, p. 187 e sgg. 4 Nella Cervinlana adunque, se si fu costanti, si numerarono le opere e non i vo­ lumi, e sotto lo stesso numero cadde alPoccorrenza anche più di un volume. Nella Sirletiana invece si diede ad ogni volume un numero proprio, come si vedrà alla p. 13.

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Non C’è quindi verun dubbio che il Cervini ebbe quattro volumi bi­ blici con postille del Pico o almeno credute tali, e che li tenne quanto mai preziosi perchè furono collocati in una cassa coi manoscritti più rari ed elencati con essi. Come precisamente e quando li ottenne non è possibile dire fino a che non se ne trovi una notizia particolare precisa. Dalla lettera 22 giugno 1547 del Sirleto al card. Cervini1 appare che i libri di Marino furono messiin vendita da una libreria qui in Roma ed egli ne comprò per sè undici manoscritti al prezzo di otto scudi; però fra questi comparisce bensì qualcuno della lista del 16 ottobre 1546, ma non i quattro volumi biblici postillati dal Pico. Il Sirleto non ve li avrà trovati, perchè sapendo quanto il Cervini li avea desiderati glieli avrebbe di certo presi per i primi a qualunque costo. Direi quindi che erano stati prima levati e messi da parte, o per disposizione del papa come codici d’interesse pubblico ec­ clesiastico per la grave causa allora dibattuta dell’autorità e della cor­ rezione della Volgata, o perchè il protonotario Giulio Grimani sia per le premure del Maffei sia per ingraziarsi costui e il potente cardinale Cervini sia per altre sue mire personali abbia creduto bene di cedere o donare quei volumi di carta, recenti e poco appariscenti, o perchè i creditori abbiano lasciato andare non ¡sperandone gran che. Nelle due ultime pos­ sibilità il Cervini li avrebbe avuti di proprietà sua; nella prima invece gli sarebbero stati lasciati in uso, e rimasti presso lui fino alla morte sarebbero passati agli eredi, come loro passarono con le molte carte di ufficio i manoscritti dell’Aleandro, tuttoché pigliati per la S. Sede. 2 Non li acquistarono, no di sicuro, gli eredi di lui. Ora l’importante è di sapere se i quattro codici siano perduti, come dà a temere il fatto che da tre secoli e più nessuno li conosce, e ben lo provano gl’inventari della Sirletiana, deH’Altempsiana e dell’Ottoboniana e le pubblicazioni dei dotti, 3 mentre il solo nome del Pico, entusiasti­ camente ammirato come la fenice degl'ingegni, li avrebbe fatto tenere carissimi ed esporre come una curiosità rara, ovvero se rimangano ancora in qualche parte misconosciuti e negletti. Ebbene — diciamolo subito — grazie al modesto indice della Biblio­ teca Cerviniana e grazie a quella piccolezza del numero di segnatura siamo assicurati di possedere annoia quei codici, e precisamente nel fondo Ottoboniano, che ritiene tanti manoscritti Cerviniani non ostante che li abbia acquistati Gregorio XIII e non il Sirleto. 4 1 V. avanti, p. 14 sgg. a Per la storia ecc., p. 187, n. 1, e 197, n. 2. 3 Ad es., il compianto P. H. Hiim,, Kardinal Wilhelm Sirlels Annotalionen zum Neuen Testament, « Biblische Stmtien », XIII, 2 (1908), p. 11. che riferì in sunto la cor­ rispondenza fra il Sirleto e il Cervini, non seppe dire nulla sui mss. biblici del Pico che pure interessavano gli studi di lui. Nè il Vercellone nè altri a mia conoscenza ne hanno indicato anche uno solo. 4 Cf. Per la storia ecc., p. 184 sg.

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Difatti nell'Ottoboniano latino 322 — codice cartaceo del secolo xv, in f.° minore (inni. 299 x 216), di carte 243, scritte con larghi margini — c’è un Nuovo Testamento (Vangeli, S. Paolo, Apocalissi, Alti, Lettere cattoliche), arricchito di postille in non pochi fogli da più di una mano, ma specialmente da una frettolosa e poco chiara, che talvolta annotò la lezione greca e a Matteo 5, 2 riferì Michea 5, 2 in versione letterale dall’ebraico. Ora questo volume, privo del numero del Sirleto ma col solito « Ex codicibus » del Duca Gian Angelo d’Altemps (seguito dal ti­ tolo, dell’inventario Altempsiano quasi certamente: « Iesu Christi Evangelium secundum Matthaeum, Epistolae B. Pauli Apostoli et Acta Apo­ stolorum ») e con le antiche segnature c a n c e lla te R. 2.2 (l’Ottoboniana dell’ordinamento di Francesco Bianchini) e H. II. 12 (un’Ottoboniana posteriore) presenta sul f. l r in alto il numero Cerviniano preciso. .U lti. Sull’inventario in uso dell’Ottoboniana esso compare semplicemente quale « Novum Testamentum cum notis marginalibus, praesertim in Evangelia et in Pauli epistolas », che non ferma, l’attenzione. Si osservi che il codice nel suo ordine meno comune corrisponde al 19 di quelli che il Sirleto notò nella lista dei mss. del cardinale Marino: «Euangeliorum liber, epistolarum, Apocalypsis et Acta apostolorum manu scripta et glosata manu Pici » (v. sopra, p. 3). Parimenti suH’Ottob. lat. 338, cartaceo, di 307 fogli scritti a larghi margini, dello stesso formato e tempo, non però dello stesso copista, conte­ nente il Pentateuco, si vede ancora abbastanza bene quantunque fu ra­ schiato, il numero Cerviniano .1118. A cominciare dal c. h del Genesi non poche fra le linee e nei margini le postille della predetta mano fret­ tolosa e poco chiara:1 vi sor.o riferite le varianti dei Settanta (0 ) e dell’Ebraico, talvolta in versione talvolta in originale, e non mancano citazioni degli altri interpreti greci (per es., ai f. 28v, 29r). Esso corrisponde al primo codice notato dal Sirleto nella lista Grimani: « Pentateuchus manu scriptus et visus a Ioanne Pico iuxta septuaginta et haebraeos correctus». Non ha il numero del Sirleto nè l’«Ex codicibus» e il ti­ tolo Altempsiano nè le segnature dei secoli xvn e xvm: male tolti pro­ babilmente coi fogli di riguardo dopo il 1748 nella Vaticana, allorché fu di nuovo rilegalo il volume. La legatura infatti è del tipo preferito per qualche tempo nella Vaticana circa la metà del secolo xvm, in baz­ zana marrone, ben presto logoratasi e rosa dagli anobii nel dorso, che fu rifatto alla peggio sotto Pio IX in questo come in tanti altri codici. Anche qui suH’Inventario Ottoboniano si segnò « Pentateuchus, cum notis mar­ ginalibus in Hebraeo, Septuaginta, aliisque versionibus Graecis, maxime in Genesim et Exodum », senza sospettare per ombra che fossero del Pico. E così già nell’inventario Altempsiano del codice Ottobon. lat. 2542, se è il « Phentateucum (così), in fol. » dell’Armario XXII (f. 41r), come credo, essendo l’unico Pentateuco in carta che.vi si registra.

1 V. la tavola 1.

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1 - C O D IC I r i C H E N S l D E L C A E D . M . G R IM A N I ORA O T T O B O N IA N I

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Un terzo volume col numero Cerviniano intatto .1118. sul f. l r è l’Ottobon. lat. 1763, cartaceo, di 384 fogli scritti con margini larghissimi dalla medesima mano che scrisse l’Apocalissi nell’Ottobon. lat. 322, f. 266 sgg., e del medesimo sesto, e rilegalo e riparato ancor esso nel dorso preci­ samente come il 338. Contiene i Profeti maggiori e minori ma senza note del solito postillatore, il quale sembra non li abbia studiati di pro­ posito sopra questo esemplare almeno. Conserva gli antichi fogli di ri­ guardo in pergamena, e sopra quello a principio nel rctlo restano le an­ tiche segnature presso gli Ottoboni: R . I . 55 (c a n c e lla ta ! è del Bian­ chini) e M. V. 3 ( in t a tta ; posteriore), e la nota di Pier Luigi Galletti: « In novo indice mss. Codicum Othobonianoruin 1763 », e nel verso la linea in rosso: « Liber D. Grimani C a r .n s s. Marci, » e poi « l’Ex Codi­ cibus... Libri Prophetarum » Altempsiano. Manca il numero del Sirleto. Non essendovi note del Pico è inutile riferire la descrizione dell’inv'entario Ottoboniano: ma va notata Fenorme distanza nel numero dai due codici precedenti, che ben dimostra che i tre non furono riconosciuti per vo­ lumi di uno stesso esemplare nonché di una stessa provenienza. Al tempo dell’inventario Altempsiano ora Ottobon. lat. 2542 i « Libri Prophelarum, in fol. », di carta (non di pergamena, chè altrimenti vi sarebbe indicata), stavano ancora uniti al Pentateuco Ottob. lat. 338, ma lo precedevano. Pre­ ziosissima per noi la nota di proprietà di Domenico Grimani, avendo egli comprato la biblioteca del Pico e lasciato i suoi codici latini di carta al nipote Marino, come si dimostrerà a p. 27. Io non dubito che il nostro 1763 sia appunto il terzo dei codici di Marino notati dal Sirleto: « Prophe­ tarum manu scriptus m a g n a m a rg in e » . Almeno finora non ho ritrovato il secondo dei codici predetti — regi­ strato già nell’inventario della biblioteca del Pico1 — «Exodus, Iosue, ludicum, Regum manu scripti m a g n a margine », che comparisce ancora nell’inventario Altempsiano, ora Ottobon. lat. 2542, f. 39v, all’Armar. XXI, presso l’armario dei due precedenti (« Exodus Iosue ludi­ cum, Regum lib. quatuor, in fol. ») e nell’alfabetico «Index Bibliothe­ cae Altempsianae » del codice Barberiniano lat. 3123, già XXXIX, 27, f. 141 (« Bibliae pars, scilicet Exodus, Iosue, Iudiees, Reges ibid. [cioè in scriptura sacra] 19»): ma suppongo che in quello pure fosse il numero Cerviniano . 1118. Nella speranza che col tempo capiti ancor esso sotto le mani mie o altrui,2 benché il titolo trascritto dal Sirleto non ci faccia aspettarvi postille del Pico, segnalo un altro più importante, F8 notato dal Sirleto: « Iob visus cum annotationibus eiusdem », cioè del Pico. Questo Giobbe è l’Ottobon. lat. 607, cartaceo, di 60 fogli scritti, con margini larghissimi, del medesimo sesto che i mss. predetti e della mano medesima che scrisse i vangeli nel Nuovo Testamento del Pico Ottob. lat. 1 « Exodus usque ad libros regum inclusive manuscriptus in p a p iro n. l)lJ pulcra littera scriptus». Calori Cesis , G. Pico, p. 38. 2 Trovato! È l’Ottobon. lat. 760, del tutto simile agli altri volumi indicati. Ha il n.° 1118 e il «Liber D. Grimani ... » ma nessuna postilla del Pico.

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T - S O P R A T A L U N I M SS. D I G. P IC O

322, ff. 1-171. Fu bene rilegato in pergamena sotto Pio VI e il cardinale bibliotecario Francesco Saverio de Zelada (1779-1801), senza toglierne a principio i due fogli pergamenacei di riguardo con le seguenti note pre­ ziose sul f. IIr : « G. pa. 1 | mittatur roma(m) ad comitem Antoniu(m) | d(e) la mirandula 1Detur Dino Iacobi Ghuccij » e fra « Mirandula » e « Detur », d’altra mano: « Iob comm(en)tatum », e con la segnatura Ottoboniana (?) S. II I . Cod: 50 (mutato da 40) sul f. Ilv. Nel f. primo cartaceo vedesi ri­ petuto dalla mano più antica: « Mittatur rhomam ad Ul(ustr)em D. Co­ mitem antonium mirandulam », a cui diverse mani aggiunsero al di sopra la segnatura Ottobon., poi c a n c e lla ta , E. I. 5 3 2 e al di sotto quella po­ steriore M. VI. 6., che è intatta; segue l’Altempsiano « Ex Codicibus... Conversio quaedam libri Iob diversa a nostra communi », completato da un settecentista con « Cod. singularis ». Il titolo « Conversio... », che è appunto quello dell’inventano Altempsiano, Ottobon. lat. 2542, f. 39v, Armar. XXI («Conversio quaedam libri Iob diversa a nostra Communi, in fol. ») e dell’indice alfabetico Altempsiano, Barberin. lat. 2123, f. 30r («Conversa quaedam... communi. Ibidem [cioè «in sacra scriptura »] n.° 28 »), e così anche l’altro, più significativo sì e tuttavia non osser­ vato, a quanto pare, da interessati, dell’inventario Ottoboniano ancora in uso: « Anonymi versio libri Iob diversa a Vulgata cum notis interlinearibus et marginalibus autographis », mostrano evidentemente che non si comprese o non si avvertì più che il destinatario della cassa in Roma era proprio il fratello di Giovanni Pico, Antonio, conte della Mirandola, e che non si sospettò nemmeno per ombra che nel libro potesse trovarsi un’opera di Giovanni, e un’opera considerevole. Ivi difatti al seguito di*

1 Così panai scritto anziché 3- Intendo « capsa prima », e che il libro si dovesse consegnare a Dino. «Dino di lachopo di Dino di Jless. Ghuceio morto 1503», che col fratello « Gio. di Iacopo di Dino di Mess. Ghuccio » fu uno dei Savonaroliani ammoniti dalla Signoria Fiorentina nel maggio e giugno 1498 (v. G. Gambi , Istorie, II, pp. 131 e 132, in I ldefonso ni S. Lbigi, Delizie degli eruditi Toscani, XXI), appare il « com­ messo » del conte Antonio nella consegna della biblioteca di Giovanni Pico al Pizzamano procuratore del card. Domenico Grimani (v. Calobi Cusis , G. Pico, p. 76, e avanti, p. 26, n. 3). Si capisce quindi bene che volendo spedire il libro al conte in Roma lo si affi­ dasse ad un uomo che godeva la fiducia di lui e probabilmente aveva già goduto quella di Giovanni, amico del Savonarola Dico il libro, non la cassa nella quale stava prima e alla quale era assegnato, e della quale pertanto portava il numero, perchè in tal caso Lordine sarebbe stato scritto sulla cassa e non sul libro. Non so poi se l'ordine stette in connessione con la vendita (come, ad es., di uno che tenesse in prestito per copiarla o per esaminarla la versione e, saputo il trasporto della biblioteca Pichiana in Roma, abbia voluto restituire al fratello in Roma il manoscritto) oppure seguì in altro tempo e per tu tt’altro motivo. Comunque, non sarà fuor di luogo osservare che nell’inventario dell’accennata consegna alla line della «capsa dentro n. 2 fo ra n. 1» compariscono * Quinterni S ui [intendo di Giovanni], n. 6 [il numero progressivo della segnatura] b ib e llu s ex s ui s e x t r a c t u s » (C alori Gesis , p. 72), che potè essere il nostro codice notato come cavato fuori o assente, sia poi che Dino l’abbia dovuto spedite dopo a parte, sia che l’abbia avuto a tempo di rinchiuderlo nella propria cassa prima della spedizione. 2 Poiché la medesima segnatura c’è anche sull’Ottobon. lat. 1783, sembra risultarne che il Bianchini abbia trovato ancora insieme i due mss,

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L - C O D IC I P IC H E N S I D E L C A R D . M . GRIM A N I ORA O T T O B O N IA N I

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una copia dei capi 1-11, 4 secondo la Volgata, però con numerose ver­ sioni dall’Ebraico fra le linee e ne’ margini non rare postille e anche qualche parola ebraica (f. 21v) della mano frettolosa e poco netta che dissi, segue una versione addirittura nuova dei capi 11-42, scritta non più a linee piene ma in altrettante linee quanti sono i versi ebraici fuorché in 42, 7-16,con correzioni e note non poche della mano predetta, insomma un lavoro originale del Pico, che meglio delle altre correzioni e postille mostra gli studi biblici ed ebraici di lui. Anche questo manoscritto come i precedenti non ha il numero del Sirleto, tanto che verrebbe il dubbio che la Bibbia del Pico non abbia appartenuto a lui e sia entrata nella collezione del Sirleto al tempo in cui fu dei Colonna o del duca Gian Angelo d’Altemps, se nell’inventario di vendita della Sirletiana 1 non comparisse fra i mss. latini teologici ai numeri 369 372 un esemplare che mi sembra del lutto corrispondente al Cerviniano 1118: 369 2 Biblia cura annot. in margin. defìciunt libri a paralip. usque ad 370 371 372 Ecclesiast. et Macabeorum in 4. volum.

e fra gl’in folio al n. « 277 lob historia cu ni scholiis in papyro », che può corrispondere al nostro Ottobon. lat. 607. La quale congettura se fosse vera, come panni, ne risulterebbe che presso il Sirleto i quattro volumi dell’esemplare della Volgata adoperato dal Pico per le sue note erano ancora tenuti insieme e stette anche la sua nuova traduzione di Giobbe, però a certa distanza da quelli, e che già allora, per lo meno dai compilatori dell’inventario, non si sapeva più che i cinque codici veni­ vano dal Mirandoìano e contenevano, almeno tre, scritture autografe di lui; altrimenti l’avrebbero senza dubbio rilevato. Adunque tre — anzi quattro (v. p. 11, n. 2) — dei volumi che nell’« index bibliothecae Cervinae» sono detti di Giovanni Pico certissimamente si con­ servano nell’Ottoboniana, inoltre uno con la sua versione di Giobbe; ma si conservano lontani l’uno dall’altro, sotto segnature assai diverse, sino dal secolo xvii almeno, e hanno legature nuove delle più ordinarie; segni manifesti che non si conobbero nè come parti di uno stesso esemplare della bibbia, nè come libri assai preziosi quali per le postille del Pico avevali creduti il Cervini, e che non si ebbe manco il sospetto vi fosse alcun che del Mirandoìano, come ben mostrano gl’inventari e gli indici alfa­ betici, muti affatto al riguardo. Onde non fa meraviglia che lungo i tre ultimi secoli non siano stati mai riconosciuti i codici predetti dai biblio­ 1 Vat. lat. 6163, f. 281v e -2T*V; «Mélanges d’Archéol. et d’Histoire », XI, 479. Sul catalogo cf. «Stadi e Testi », 68, p. 200 sg. s Da 9 scende una obliqua, che s’incontra ad angolo retto con un’obliqua ascendente dal n. 372, ad esprimere che i quatlro volumi erano di uno stesso esemplare di Bibbia.

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I-S O P R A

T A L U N I M SS. D I G. P IC O

tecari e dagli studiosi del Pico, e, se non ci metteva sull’avviso e sulle piste il mediocrissimo catalogo della Cerviniana, si sarebbe continuato ad ignorarli forse per altri secoli, finché non fosse venuto per caso alle mani di qualcuno familiare con la scrittura del Pico l’uno o l’altro dei volumi con annotazioni di lui. Oh i servizi che rendono anche i documenti più umili ! 1 Molti forse desidererebbero qui una buona notizia delle postille del Pico e specialmente della sua traduzione di Giobbe dall’Ebraico, ma ciò, oltre che mi porterebbe fuori dell’argomento propostomi in questo fascicolo e già senz’altro pesante, richiederebbe uno studio che non ho fatto e non posso fare. Vi si ponga qualche giovane in cerca di tesi di laurea; im­ parerà non poco e, se anche alla fine non troverà grandi cose, porterà un contributo graditissimo alla conoscenza del prodigioso attraentissimo Mirandolano, che tuttora si ama e si ammira grandemente. 2

2. Ho ricordato (p. 9) che libri del card. Marino Grimani erano in ven­ dita qui a Roma nel giugno 1547, otto mesi dopo la morte, e che il Sirlelo, sebbene allora povero in canna, ne comperò undici manoscritti per otto scudi — forse tutto il peculio che teneva da parte, — contento e felice di averli avuti a « grandissimo mercato ». Ecco il passo, per noi qui importantissimo, della lettera « da Roma alli XXII di giugno 1547 » al card. Cervini a Bologna, 3 in cui gioiosamente l’informa dell’acquisto e gl’indica in particolare i codici, riferendone per lo più fedelmente, se non integramente, i titoli che presentavano, come diremo più avanti. Ho visto un de questi dì li libri de la bona memoria del carle Grimani in una libraria, che si vendevano, et ne ho comprati questi scritti a penna.* ' Altro bel caso simile. Nell’Ottobon. lat. 238, del secolo xvi, c’è una versione latina delle epistole canoniche greche — « Canones Patrum » sul f. Ir — e del commento del Balsamone, evidentemente scritta dal traduttore medesimo. Nell’inventario che dedica tre pagine e mezzo alla descrizione del contenuto non una parola sul traduttore, e così nell’in­ dice alfabetico sotto « Aurelii » (!) non si accenna al cod. 238. Fortunatamente si legge ancora, benché cancellato, sul manoscritto il numero Cerviniano .1299. (f. Ir in alto). Ora nel nostro « Index bibliothecae Cervinae » (Vat. lat. 8185, f. 283v) sta precisamente « 1299 Canones patrum Graecorum Gentiano Herveto interprete eiusdem manu scripti, euius libri plura sunt capita». Che l’attribuzione meriti piena fede, già ce ne assicure­ rebbe il fatto che Genziano fu uno dei dotti familiari del Cervino ed usato da lui, ma lo dimostrano gli altri autografi dell’Hervet conservati nella Vaticana (Regin. lat. 2023, f. 200; Vat. lat. 6191, f. 231-233; 6192, f. 583; 6193, f. 449 ; 6194. ff. 37 e 586) e l’edizione fat­ tane a Parigi'nel 1561 in fine ai Canones Sanctorum Apostolorum, Conciliorum generalium ... Gentiano Herveto interprete. * V. A. J. F estogière, Studia Mirandulana, « Arehives d’Histoire doctrinale et littéraire du Moyen Age », VII (1932), p. 143 sgg. 3 Citato dal B atiffol , L a Vaticane de Paul I I I à Paul V, p. 14, ma liberamente e inesattamente così: « J ’y ai acheté douze manuscrits... ». Indi il n. 12 in F reudenn erger, p. 26. I mss. invece furono 11.

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Itinerarium §ditum a Paulo Sanctonino R.mi D. Marci Barbi earllsl tempore quo R. p.r D. P. pontifex Capulanus ad partes Germaniae officium in pontifi­ calibus subditis s. aquilensi ecclesiae impensurus profectus est. 2 2. Alius libellus, ubi sunt epigrammata manu scripta, Romae reperta et alibi, sunt etiam multa epilaphia. 3 3. Alius, in quo scripta est vila Gregorii Nazanzeni e graeco versa, et vita beati Antonii conversa ab Evagrio presbytero ex graeca, quam scripsit Athanasius, quam ab Evagrio versam fuisse beatus Hieronymus testis est in scri­ ptoribus ecclesiasticis. 4 4. Levi Gersonide commentariorum in Cantica Canticorum Solomonis per Mythridatem ad Picum traductio, qui liber nunquam fuit impressus. Tractatus de resurrectione mortuorum qditusa sapientissimo viro Rabi Moyse Maimonide traductus per Mithrydatem ad Picum. Hic tractatus continetur cum supra dicti Gersonidis commentariis. 5 5. Epicteti opusculum conversum a Nicolao Sipontino, idem invenitur im­ pressum a Politiano versum. 6. Simplicii in Epictetum commentaria a fratre Bernardino Colioretano do­ minicani ordinis theologo in la tinum versa. 6 7. Liber Rabi Moysi Aegyptii, qui dicitur dux neutrorum vel dubiorum, qui liber quamvis sit impressus, hic tamen manu scriptus multo emendatior est. 7 8. Alius liber, in quo omnia, haec continentur. Georgii Trapezuntii Cretensis de laudibus eloquentiae. Eiusdem in funere Michaelis Fantini. Guarini Invectiva in Georgium et rhetoricorum suorum improbatio. Trapezuntii ad Guarini invectivam responsio. Eiusdem ad illustrem Leonellum de invectiva Guarini et responsione sua. De litteris regis Tureorum, ut dicebantur, ad papam Nicoiaum, quod non ab eo rege sed a Pogio Florentino scriptae sunt, Georgii Trapezuntii ad filium. Eiusdem ad Iacobum Marcellum lugentem mortem filii pueri. Eiusdem ad Nicolaum Saguntinum, et loannem equitem rhodiensem et Ni­ colaum de Piccolominibus et papam Pium II di (sic) fortunis suis. Eiusdem ad papam Paulum II quod loannes Evangelista non est adhuc mortuus. Eiusdem ad eundem de quaestione Hieronymi et Augustini super legalibus. Eiusdem aliquae epistolae et praefatio in Leges Platonis ab eo traductas. Eiusdem ad papam Paulum II de sanctificatione matris Domini nostri ab utero. Eiusdem ad liegem Alfonsum de recuperandis locis sanctis. Vituperatio (sic) Reip. Platonis ad liemp. Venetorum. 8 9. Alius libellus Sebastiani de Rubeis canonici civitatis Austriae ad R.mum Car!em Grimanum patriarcham Aquileien. pro lege barbarum. 9 10. Logica Ioannis Damasceni versa ab Hilarione monacho, quae impressa est, sed perquam mendosa. 11. Libri de oratore, quorum primus habet aliquas annotationes, in eodem volumine est et orator. 10 1 Siri, qui tralasciò le parole successive: « S. Marci Pal.li;,2 calco­ lando che col tempo gli sarebbe venuto « bisogno de dinari... ». Difatti il bisogno si direbbe che venne nella primavera del 1549, avendo il Sirleto a mezzo aprile ceduto alla Vaticana diciotto manoscritti — fra cui nove di quelli del card. Marino compri nel giugno 1547 — per dodici scudi in tutto, di cui il Cardinal bibliotecario Cervini ordinò il pagamento con mandato del 16 aprile:3 il bravo ed onesto calabrese dev’essersi accontentato del semplice rimborso o appena più. I codici, secondo le sagge disposizioni del nuovo cardinale bibliotecario, venivano segnati il 17 nel registro apposito, ora Vatic. lat. 3963, dei « libri [che] ven­ nero in Libraria sotto Marcello Cervino Car.1 Sta », f. 3r-4r, ai n.1 64-80. Dei Grimaniani due soli mancano: la « Logica Ioannis Damasceni versa ab Hilarione monacho, quae impressa est,4*il sed perquam mendosa », che invero non ho finora trovata nè fra gli Ottoboniani nè fra i Vaticani, e 1 Vat. lat. 6177, f. 329'-33lr (già 315-317). Anche qui ho dato io un numero progres­ sivo ai mss., che non c’è nell’originale. Ho lasciato a posta, segnandoli con sic, due errori notevoli, e senza segno il « sonno » verso la line, che il Sirleto anche alire volte scrisse in vece di « sono » (v. p. 17, n. 2). a Vatic. lat. (5178, f. 117r. La lettera è in data « xxij . di Giugno », senza fallo per una svista del segretario che probabilmente doveva scrivere « xxvu ». La data « xxn » della lettera del Sirleto è confermata dalla risposta, che la riferisce. 3 V at. la t. 3965, f. 7V; D orez , Le registro tlcs dépenses de la Bibliothèque Vaticane de 1548 à 1555 nel Fasciculus J. W. Clark die., p. 171. 4 Nelle prime edizioni latine del Santo, per es. nella Veneta del 1514, f. I sgg., col titolo « Hilarionis monachi Veronensis ex Damasceni Logicis interpretatio », che invece taluni supposero di Burgundione (Fabricius-H ari. es , IX, 692; F. B donamict, Burpundio Pisano, p. 28, in « Annali delle Università Toscane », XXVIII, 1909). La direi fatta o ri­ veduta in Roma circa il 1478, parendomi esso l’«Hilarion» che agli 11 dicembre 1477 pigliò dalla Vaticana a prestito «Damasceni L ogica et P h ilo so p h ia m in d u o b u s voluminibus ex papyro in nigro et paonatio » e l’Iliade (Muntz-Fabre , La Bibl. du Vatican au l i '« siècle, p. 279) Sopra Barione veronese v. M. A rmellini , Bibliotheca Benedictino-Casin., I, 223 sg. ; S. Makfei, Verona illustrata, 11,114; Giultari G. B., Edis ioni di opere veronesi quattrocentine, «Il Propugnatore», VI, part. II, 217-220, dove però sostiene l’errore [messo in voga dal Vossio e ripetuto dal Matfei] che a lui si deve il Supplemento delle vite dei Santi del Voragine uscito a Milano nel 1494 (mentre è di D. barione Lantieri m ila n e s e ; cf. A rgelati , Script. Mediai., 781 sgg.), pretendendo s a stato un «arbitrio del tipografo editore... raggiunta di Mediolanensis dopo il nome del monaco barione». — Alle opere del veronese aggiungasi il Compendium librorum Aristotelis in naturali et morali philòsophia et metaphysica, che rimane nel Vat. lat. 3009, — l’esemplare medesimo di dedica a Sisto IV’, che gliene aveva domandato copia

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l’Epitteto tradotto dal Perotti, che avrei detto il Vatic. lat. 3027, se non contenesse troppi altri scritti di cui mi pare diffìcile che il Sirleto abbia ta­ ciuto affatto. Dei codici rimanenti, fra cui notevoli i canti 2° e 3° dell’Iliade tradotti dal Poliziano,*1 non so dire come e da chi il Sirleto li avesse avuti: può averne trovati anche a Campo de’ fiori, dove egli talora fece qualche acquisto.2 Ecco la lista dei manoscritti ceduti. Vi segno con un asterisco i co­ dici del Grimani compri nel giugno 1547, e al numero progressivo del registro aggiungo fra parentesi il numero che loro ho dato io nell’estratto, pubblicato sopra, della lettera del Sirleto. Dopo indicherò a ciascun nu­ mero il ms. Vaticano corrispondente, eccetto che per tre o quattro dif­ ficili a riconoscersi come non rari e insufficientemente descritti. Die 17 aprilis 1549 empti a d. Guilelmo Serleto. 64.

Ca. Caesaris Vita. B. Nicolai Vita. B. Hieronimi epistola de liberorum officiis erga parentes. Tiberii et Gaii vita. M. Antonii vita. M. Bruti vita. M. Catonis vita. Pyrri regis Epirotharum vita. Virgilii vita. Aesopi vita. Horatii vita. Ex papiro. *05. (8) Gieorgii (sio) Trapezuntii de laudibus eloquende sermo primus. Eiusdem oratio funebris in funere Michaelis Fantini. Eiusdem responsio ad. Invectivam Guarini pro defensione rethoricae sue. Eiusdem epistolae ad Nicolaum Saguntinum et ad Pont. Pium II. Eiusdem sermo ad Paulum secundum quod loanties evangelista non sit adhuc mortuus, neque morietus (sic) usque ad tempora antichristi. «cum in Tarquiniis essemus», elegantemente scritto da Pietro Ursuleo, vescovo di Sa­ tinano, « quo etiam praeter doctrinam exactissimam expeditiorem politioremque in scri­ bendo invenies neminem». Sull’Ursuleo v. B , A Dictionary of Miniaturists, 111, 334 sgg.; G. Mazzatinti, La Biblioteca dei re di Aragona di Napoli, p. ix sg.; ma questi non conobbero il nostro ms. nè seppero della fortuna di Pietro, divenuto vescovo di Sa­ tinano (1474) e poi di S. Severo (nel 1484, anno in cui morì). Cf. R ., Hierarchia ca­ tholica medii aevi, IP, pp. 231 e 23(5. 1 Dall’essere registrati sotto un solo numero e dal venire nominato alia line il tra­ duttore risulta che i due canti stavano in un codice solo come lo sono nel Vatic. lat. 3298 (v. p. 23); altrimenti, si sarebbe potuto anche pensare che stesse ciascun canto da sè, come lo sarà stato il precedente canto 1°. 2 Ad es. il S. Cipriano, di cui nella lettera del 23 luglio 1552 al Cervini (Vatic. lat. 6177, f. 394, già 379): « Mando l’indice [ib., 396-7] di li trattati chi sonno in quel Cypriano che comprai in campo de fiore ». k a d l k y

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*66. (2)

*67. (9) 68.

69. *70. (I) *71. (3) 72. *(7) 73. *74. (4) *75. (11) 76. 77. *78. (6) 79. 80.

Eiusdem ad Paulum secundum de questione Hieronimi et Augustini, an Petrus vere reprehensus sit a Paulo. Eiusdem de comparatione reip. Yenete ad remp. Platonis. Eiusdem epistola ad Nicolaum quintum. Eiusdem de sanctificatione matris Domini Nostri. Eiusdem ad Alfonsum regem Arragonum de recuperandis locis sanctis. Ex papiro. Epigrammata Rome reperta et alibi. in rub.°. Sebastiani de Rubeis canonici civitatis Austriae pro lege barbarorum (sic) opusculum. in pao(natio). Marci Evangelium litteris vetustis scriptum. Ipochratis et Diogenis epistolae e greco verse a Ranutio Aretino ad Nicolaum V. in nigro. Itinerarium Pauli Sanctonini quo tempore in Germaniam profectus est legatus. in rubro. Vita Gregorii Naziazeni e greco in latinum. Vita beati Antonii a beato Athanasio scripta et ab Evagrio presbi­ tero in latinum versa. Senecae epistole et opera ex membrana. Rabbi Moysi Egiptii liber qui dicitur Dux neutrorum vel dubiorum: in extremo libro sumatim recensentur omnia precepta que singulis libris veteris testamenti continentur. Joannis Stobei collectanea in latinum versa. Levi Gersonidae commentaria in Cantica Canticorum per Mitridatem ad Picum traductio. M. T. Ciceronis de oratore libri 3. Eiusdem de optimo dicendi genere. Eiusdem de claris oratoribus. Aristotelis Phisicorum libri octo per Gieorgium (sic) Trapezuntium versi. Homeri Hias lib. 2.us. Eiusdem catalogus Naucum (sic) lib. tertius, per Angelum Politianum e greco versibus conscriptus. Simplicii commentariorum in Epicteti enchiridion tractatus aliquot in latinum versi. Ioannes Gramaticus super generationem et corruptionem. Io. Stobeus latinus factus.

Passiamo aH’identifìcazione o riconoscimento dei manoscritti. 64. È il Vatic. lat. 2945, come provano la scelta e l’ordine delle vite Plutarchee e gli scritti cristiani curiosamente frammischiati alle vite. I testi agiografìci indicò il P. Poncelet, Catalogus codicum hagiographicorum latinorum Bibliothecae Vaticanae, p. 97 sg. Non è uno dei mss. del card. Grimani acquistati dal Sirleto nel giugno 1547. 65. È il Vat. lat. 2926 (cartaceo), che contiene tutti gli opuscoli indi­ cati qui e nella lettera 22 giugno 1547 del Sirleto, il quale anzi non fece altro che ricopiarvi, accorciando e non senza un grave errore, l’indice prefìsso al codice da Giorgio Trapezunzio stesso, come appare dalla po­ sizione della « Equiparalo ( Vituperatio Siri.!) R. p. Platonis ad Rem p. Venetorum » ivi messa in fine, mentre nel codice sta al f. 168, tra la

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prefazione alle Leggi di Platone e l’opuscolo sulla perpetua virginità 1 della Madonna. N’è dunque sicura la provenienza dal card. Marino benché non ne presenti alcun segno. Il codice è pregevole come miscellanea di vari scritti originariamente separati, messi insieme prima in un oidine e poi in un altro, e riveduti dallo stesso Giorgio e in parte trascritti da lui. 2 Lo ritengo identico agli « Opuscula Georgii Trapezuntii manu scripta » che il Sirleto notò nella lista dei libri del card. Marino (n.° 29); non so se anche alle « Orationes quaedam » di G. T. dell’inventario del Pico(v. sopra, p. 4, n. 4). Va ricordato che il card. Domenico Grimani, dal quale suppongo proveniente il ms., possedette altresì un codice autografo di opuscoli greci del Trebizonda, 3 che non oserei identificare coll’enig­ matico « Liber collectarius in sacra pagina Georgii Trapezuntii manu auctoris » della stessa lista dei libri del card. Marino (ib., n.° 28). Questi due o tre mss. autografi Domenico avrà probabilmente acquistato dai discendenti, rimasti in Roma, 4 del battagliero e sfortunato cretese. 66. È il Vatic. lat. 3616 (cartaceo), elegantemente scritto, che porta il titolo preciso: « Epigrammata Romae reperta et alibi», e conserva tut­ tora la bella legatura, probabilmente veneziana, di marrocchino con fregi d’oro e l’immagine della Fortuna impressi sui piatti. Neppure in esso un segno della provenienza dal Grimani, che ora c’è svelata; come c’è sve­ lata la via e il tempo della sua entrata nella Vaticana. Vi si contiene una buona silloge epigrafica, trascurata nel Corpus inscript, latin., che T. Mommsen e G. B. de Rossi 5 credettero di fra Giocondo, ma E. Ziebarth e A. Silvagni6 ritengono sommamente affine alla silloge Liciniana, se non proprio del misterioso accademico Publio Licinio stesso. Nei ff. 74-75 due estratti da Asterio di Amasea, ricopiati dalla Biblioteca di Fozio, di mano del Sirleto, se non erro. 67. È il Vatic. lat. 3571 (cartaceo), rovinatissimo dall’inchiostro cor­ rosivo ma che un tempo dovette apparire decoroso essendo di scrittura assai netta e larga e in legatura paonazza, sostituita nel secolo xix da una comune legatura in pergamena : lo direi l’esemplare stesso presentato 1 Questa, e non l’inimacolata concezione dell’odierno linguaggio che il titolo Do poteva far pensare, Giorgio vi difende. 2 Sono autografi, oltre l’indice, i ff. 90-98, 1.38-163, 186-190. Sai f. primo r. in alto il n. 393. che può essere del secolo xv. 3 Ora Vatic. gr. 1720, ff. 19-64. Presenta tuttora il n. «285», ch’ebbe presso il cardinale, e così si descrive nell’Index volumimim graecorum Bibliothecae D. Card. Grimani (Vat. lat. 3960,1, f. 9V): «285 tìeorgius [prima « Gregorius») trapezuntius de ventate lìdei christianae. Eiusdem epistola ad Manuelem, aliae quaedam epistolae ». Darò nella tavola III un saggio della scrittura tanto greca quanto latina di Giorgio perchè non se ne ha, o per lo meno non sono alla mano. Cf. M. V ookl, Die griechischen Schreiber, p. 85. 4 Sul tiglio Andrea (f 1496), v. W. von H ofmann, Forschungen su r Geschichte der kurialen Behörden, li, 114, 123. «0 tutti o parte» del libri di Giorgio pervennero al genero di Andrea, Evangelista Maddaleni de’ Capodiferro: 0. T ommasini in « Atti R. Acc. dei Lincei», S. IV, voi. X, p. 11 (indicatomi dal Dr. Augusto Campana). 5 lnscription"s christianae V. Romae, II, 1, p. 396. 0 inscri.pt. Christ. V. R., N. S., I (1922), p. xxxv, n. 23. s a n c tif ic a lio n e M a t r i s D o m in i n o s t r i a b u te r o

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al card. Marino, al quale è dedicato l’opuscolo. L’autore si dice in testa: « Sigismundus de Rubeis Collegiatae Ecclesiae S. Mariae Civitatis Austriae canonicus» e sottoscrive la dedica «Ex Foro Iulio, quod Civitatem Austriae appellant, Tertio Nonas Seplem. mdxxxi ». Vi confuta la declamazione (dell’udinese Pierio Valeriano, uscita nel 1529) Pro sacerdotum barbis, pervenuta al Rossi poco dopo che un tale, « nuper quidem bonus ipse episcopus », aveva, secondando la volontà di Marino, smesso la barba che s’era messo a portare in segno di lutto.1 Un ms. adunque ch’era ovvio supporre proveniente dal card. Marino, anche se non l’attestava il Sirleto. Sul Rossi, di Burano, che del 1538 successe nella sede di Caorle allo zio Pietro Rossi rinunziante e la tenne fino a circa il principio del 1542 v. Cappelletti, Chiese d'Italia, IX, 501; van Gulik-Eubel, p. 166. 68. Forse il Vatic. lai. 4341, membranaceo, del secolo xii, anziché l’altro simile S. Marco con la glossa, Vatic. lat. 4206, proveniente da Fonte Avellana. 69. È il povero Vatic. lat. 4490, scritto in Napoli da Luca « de Aspera [Aspra] Sabinae dioc. » (f. 81v) nel dicembre-gennaio 1480/1. Dal titolo a principio: « Renuttii Aretini in hippocratis medici epistolas e greco ad Nicolaum quintum in latinum conversas prefatio » chi registrò il codice male ricavò che anche le lettere di Diogene erano nella versione di Rinuccio: se egli avesse letto i versi e la prefazione che le precedono si sarebbe accorto che sono invece nella versione di « Francesco » Aretino (il Griffolini) e dedicate a Pio II, come nel Vatican. lat. 1781 (cf. Nogara, Codices Vaticani latini, III, 237). Egli inoltre, tirando alla corta, non accennò punto al resto del contenuto: il Tiranno, ossia YHieron di Se­ nofonte, tradotto da Leonardo Aretino; VInvectiva in ypocritas dello stesso Aretino; l’Ad ducem indoctum di Plutarco, e la falsa lettera di Virgilio a Mecenate (cf. Nogara, ib., 27); ciò che osservo (e lo farò anche qualche altra volta) affinchè i silenzi e gli errori di queste vecchie liste non inducano a crederli prove di codice diverso. 70. È il Vatic. lat. 3795 (cartaceo), con la preziosa relazione della visita pastorale alle chiese Aquileiensi d’Oltralpe compiuta negli anni 1485, 1486 e 1487 da Pietro Carlo vescovo di Caorle. 2 L’ha scritta il San­ tonine « Rm>. D. Marci Barbi Car.Hs S. Marci Pat(riarc)hq Aquil. secre­ tarlo », così nel titolo,3 e non già il card. Barbo medesimo, come com­ prese G. M. Mazzuchelli, Gli scrittori d’Italia, II, 1, p. 318.4 II Grimani, 1 « Qui tura pullatus barbam moeroris causa sibi promiserat, intellexit te velle illum barbam deponere; quod sine mora fecit». Non so chi fosse questo tale, della diocesi di Aquileia (credo), divenuto vescovo circa il 1530/1. Curioso quel rigore di Marino, eccle­ siastico tu tt’altro che austero, contro le barbe. 2 Dal 1473 (1470 Gams e Eubel) al 1513: Cappelletti , IX, 500. 3 V. sopra, p. 15, n. 1. Sulla relazione cf. A. M. Q uirinus, Tiara et purpura veneta (1761), p. 70-72, e il mio articolo Una visita a Cilli del 1487 nel volume di « Scritti in onore di Bartolomeo Nogara » che uscirà nel 1937. La relazione verrà pubblicata da G. Vale fra gli « Studi e Testi ». 4 Tanto che poi venne in mente al Cicogna, II, p. 258, che fosse 1’« Oratio in consi­ storio habita cum ex Hungarica legatione rem eant».

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stato patriarca di Aquileia, avrà avuto di colà il codice, come n'ebbe carte, o piuttosto l’ereditò dallo zio Domenico, pure patriarca di Aquileia e cardinale del titolo di S. Marco, al quale può averlo offerto il Santonino desideroso di essere anche con lui il cancelliere vescovile come lo era stato col Barbo.1 71. È il Vatic. lat. 2950 (cartaceo), rilegato sotto Paolo V e col dorso rinnovato al tempo di Pio IX, che conserva ancora l’antico foglio di guardia col n. 8 — è l’ottavo difatti dei mss. rivenduti dal Sirleto, — ma non presenta alcun segno del Grimani. Contiene appunto le Vite di S. Gregorio Nazianzeno e di S. Antonio abbate, e questa precisamente col singolare titolo : « Beati Antonii V i e n n e n s i s vita per Beatum Athanasium edita », che colpì il Sirleto quando lo lesse nella lista dei libri del card. Marino (sopra, p. 4). V. la descrizione in Poncelet, o. c., p. 98. 72. Sotto questo numero furono segnati due codici diversi : un Seneca piuttosto ampio, con « e p i s t o l e et o p e r a , ex membrana » che non so indicare, e un Maimonide corrispondente, credo, al Vatic. lat. 4274, car­ taceo, della fine del secolo xv, che un « Petrus Bergolochus Bononiensis scripsit: cuius sigillimi hoc est >$ì NP », perchè ha proprio lo stesso ti­ tolo: « Liber Rabi Moysi egiptii: Qui dicitur Dux n e u t r o r u m : vel d u b i o r u m », e presenta alla fine, bene messi in vista con tanti capo­ versi, i precetti e il libro da cui ciascuno di essi è tratto, secondo che osservò il registratore. Inoltre il codice ha una nota della mano di Gio­ vanni Pico (f. 1Q, quindi proviene da lui, e pare appunto quello così indi­ cato nell’inventario della consegna al procuratore del card. Domenico Grimani:« L i b e r Babi Moisi e g i p t i i qui dicitur dux n e u t r o r u m vel d u b i o r u m manuscriptus in papiro n. 312» (Calori Cesis, p. 54; cf. Kibre, p. 155, n. 235), e non l’altro alquanto diversamente indicato: « Rabi moises de egiptho in thè dux neutrorum Liber magnus manuscriptus in papiro n. 294 » (Calori C., p. 69; Kibre, p. 213, n. 694). Prima dell’« In­ cipit » del Maimonide rimangono le due ultime righe di testo e 1’« Explicit Liber Questionimi Pbilonis » sul Genesi, che hanno dato al Pico l’oc­ casione di annotarvi accanto nella sua brutta scrittura: « deficit hicuna charta ultima huius quaestionis q u e ......est cum philone ». Ne risulta che nel ms. completo precedevano le Questioni sul Genesi di Filone, e queste erano state staccate e messe altrove 2 o per comodità o per collocarle secondo il canone adottato nella biblioteca del Pico. Difatti negl’inven­ tari dei libri di lui compariscono « Questiones Philonis Iudei in Genesim manuscripte in papiro n. 43 » (Calori C., p. 69; cf. Kibre, p. 182, n. 471), 1 Cf. le lettere di M. A. Sabellico citate da G. G. Liuuti, Notìzie delle vile ed opere, scrilte da’ letterati del F riuli, IV (1830), p. 40 e seg. Il Sabellico riuscì ad ottenergli l’ufficio. Difatti una lettera or ora pubblicata di Antonio Franceschinis, che sarebbe po­ steriore al 1508, è dirètta « Paulo Sanctonino s c rib a e p a tr ia r e h a li » (G. Vali:, TI p iù antico manuale di storia del Friuli, «Accademia di Udine », 1936, p. 9 e 50). Dalla lettera risulta inoltre che Paolo visse fino al 1509 almeno. 2 Così fu spezzato qualche ms. greco presso il card. D. Grimani, come osservai nell’« Archivio stor. ital. » an. 1920, voi. Il, p. 273, n. 5.

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che il Sirleto forse con ebbe la ventura di trovare insieme nella libreria dove fece il suo acquisto. Egli nella lista dei libri di Marino aveva no­ tato come il Maimonide così « Philonis opera » (v. p. 3, n.° 15). Se il Filone del Pico esiste ancora in qualche parte, non sarebbe difficile riconoscerlo alla rigatura e scrittura e ad altre esteriorità spiccate del nostro ms. 73. Forse il Vatic. lat. 2938, cartaceo, della fine del secolo xv, auto­ grafo del traduttore, probabilmente Giacomo Aurelio Questenberg. Vedi « Rendiconti della Pontif. Accademia Rom. di Archeologia », Vili (1932), p. 256, n. 28. 74. Già notato dal Sirleto nell’ottobre 1546 (v. p. 2, n.° 2). È il Vat. lat. 4273, cartaceo, in f.°, di carte 78, comprese le bianche, con la modesta ma piacente copertura originale in pergamena, che conserva sul f. Iv il « Líber D. Grimani Gar.lls S. Marci » e quindi non lascia dubbiosi sulla provenienza. Vi si contiene: nei ff. 1-2V «Vuiliè1 harabice prohemii per Mithrydatem traductio. $, n. 8.

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alioqui sagax et solertis ingenii »,1 la disavventura del Ferrario è da sup­ porre avvenuta nel pontificato di S. Pio V. Difatti ne ho trovato dipoi la prova nella dedica del De adoratione a S. Pio V e in una data del ms. che la contiene. Notevole, e ci servirà dopo, la memoria del contratto col Bindoni per la stampa. Notevole pure la menzione del codice visto in Firenze, dove ora veniamo a sapere ch’egli fu per certo tempo, come fa capire P« habui », assai più significativo (parmi) di un semplice « vidi ». Anche la sottoscrizione (f. ITO1), nella quale si dichiara monaco di S. Giorgio Maggiore di Venezia, confermando in ciò l’attestazione di D. Girolamo da Potenza, merita di essere riprodotta: Hos libros D. Cyrilli summa fide et labore e graeco in latinum vertit D. Amb.s Ferrarius Mediolan.8 Monachus Casinensis et Sancti,Georgii Maioris Venetiarum cum aliis tribus: sunt enim septem, quos sanctiss.8 vir ac praecla­ rissimus Cyrillus composuit mox post illud opus cui titulum fecit De adoratione et cultu in spiritu et veritate, quod absolvit septemdecim libris habito sermone cum Palladio, quos etiam libros ego latinitate donavi. Amb.s qui supra. Adesso fermiamoci un momento al f. 125v, che ha delle note critiche al testo dei seguenti passi biblici: Genes. 8, 7; 36 (38 cod.), 24; Exod. 34, 5; 1 Paralip. 3, 22; Psalm. 22 (21 cod.), 26; 26, 4; Prov. 3, 14; Feci. 10, 1; Sap. 9, 4; Eccli. 4, 9; 16, 9; Is. 13 (3 cod.), 18. Nel Vatic. lat. 3528 queste note furono ricopiate sui ff. 150-154 dopo il libro IV, e vi seguono senza interruzione quelle studiate dal P. Hòpfl. Vi furono adunque rico­ piate quando seguiva ancora al f. 125 il f. 165 del Vatic. lat. 6236, che com­ pieva il quaternione, ora di soli sette fogli (119-125). Così esse appariscono posteriori anche materialmente — inoltre vi sono correzioni e aggiunte — alla copia della versione, come del resto sarebbe apparso anche dai passi conosciuti dal P. Hòpfl, se egli avesse pubblicato la nota a Geremia 34, 14, dove sostenendo la lezione « sex anni » contro « septem anni », insieme all’autorità dei LXX, dell’Ebraico e del contesto adduce pure il De adora­ tione: « et sic exponit D. Cyrill. hunc locum allegorice tractans in 7. lib. de adorat, et cultu in spiritu et veritate, quem ego cum aliis sexdecim latinitate donavi ». 2* Risultano dunque le dette correzioni non anteriori alle note pubbli­ cate sopra e quindi non anteriori al 1568. Ma le scrisse D. Ambrogio per la Commissione della Vulgata istituita da S. Pio V nel 1569 o le appuntò per se medesimo, sia pure per comu­ nicarle all’occorrenza? Sto per la seconda alternativa, perchè mi par dif­ ficile non solo che egli scrivendo per la Commissione usasse espressioni 1 V. sopra, p. 176, n. 3. 2 Ivi stesso a S. Matteo 8, 28, ricorda il suo Origene: «Sic cap. 8 Lucae G e rg e s­ se n o r u m etiam legendum ut eruditissime docet Orig. in commentariis in Ioannem lati­ nitate donatis a me D. Amb.° Ferrario mediolanensi et m onacho S. G eorgii m a io ris V e n e tia ru m ».

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così ardite che toccavano anche l’antico traduttore latino: «Ergo hic i n s i g n i t e r omnes errarunt interpretes» (a Hier. 34); «Et m i r u m q u a m h a l l u c i n e n t u r hic vel eruditissimi interpretes nescientes quod esse accusativi casus et vertendum fuisse per quam scilicet aquam » (a t Petr. 3, 21), ma che egli le proponesse la nota così laconica al Gen., « Cap. 38. [sic] equas callidas », senza aggiungere una ragione qualsiasi e senza nemmeno riportare la lezione chiamata in dubbio : « aquas calidas » del cap. 36. Quindi non so valermi del preteso lavoro per la Commissione di S. Pio V come d’un indizio che l’avessero riconosciuto innocente e liberato e in certo modo compensato facendogli l’onore di consultarlo. 7. La traduzione dei libri V1I-XVII De adoratione et cultu in spirita, et veritate rimane nell’Ottob. lat. 756 (già ms. teologico 296 dei Sirleto), di ff. 183, tutti ricoperti con carta giallastra, che ne rende penosa la lettura. Esso è in parte autografo. Al principio fu a g g i u n t a la dedica: B eatiss.0 papae Pio quinto Pont. Max. et opt. consecrat hos undecim libros D. Cyrilli Archiepiscopi Alexandriae de adoratione et cultu in spiritu et veri­ tate D. Amb.8 Ferrarius M ediolan.8 monachus Casinensis nunc recens a se lati­ n itate donatos et antehac a nemine versos, *1 sex priores libros (constat enim totum opus ex septemdecim) t r i b u s fere abhinc annis cum vertisset, eosque Gaspari de Bindonis bibliopolae Venetiis ut excudendos curaret servatis ser­ vandis tradidisset, am pliss.0 Card. Morono per epistolam nuncupatoriam con­ secravit. Atque utinam faxìt Deus opt. max. u t quemadmodum opus est m ultiplex et erudituro et dignum quod omnium studiosorum m anibus teratur, sic feliciter in splendore ac luce hominum libere, summi ac tam optimi Pontificis benigni­ tate versari possit. Sunto autem haec et omnia alia mea iudicio sanctae Rom. Ecclesiae subiecta. Idem Amb.8

Alla fine altra umile protesta: Hos omnes undecim libros cum aliis sex prioribus eiusdem operis ego D. Amb.8 Mediolan.8 e graeco in latinum verti, summa diligentia et fide (quae interpretis est prim a laus) usus, ut sanctae Ecclesiae quae vires meae pusillae poterant offerrem. F ax it Deus opt. max. si functus probe fuisse probi interpretis officio iudicabor a iudicibus optimis, u t in splendore ac luce omnium versentur: sin [minus cancell.\ vero iudicatum fuerit interpretis culpa detritum fuisse aliquid in tam sanctiss.0 atque eruditiss." opere, id vel Vulcano detur, vel in tenebris squalleat. Sunto autem haec omniaque alia mea iudicio sanctae Rom. Ecclesiae subiecta.

Simile remissività e cautela si osserva anche in alcune a g g i u n t e marginali, quali, ad es., « Consulendi sunt theologi hoc in loco, ut etiam 1 Anche di questa opera S. Pietro Canisio, nel t. II, p. 149-160, aveva pubblicato il 1. I, ma il Ferrarlo non lo seppe.

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in omnibus aliis ante aeditionem... » (f. 95r) ; « Consule hanc totani disputationem cum theologis probis et cubi viris graece peritis an sensus authoris sit probe redditus, antequam liber exeat in lucem » (f. 134r) ; remissi­ vità veramente non nuova in l ui 1 ma che si comprende benissimo dopo Paolo IV e dopo le molestie che il pover uomo aveva sofferto dal S. Of­ ficio per ragioni (possiamo inferirlo) di teologia. Altre due note da considerare. Nel f. 8T, a principio del 1. VITI, dove aveva tradotto « cum laribus familiaribus » (cf. Patrol. gr., LXVIII, 536, 12), annotò : « oai/ioa(i/ habebat meum exemplar : oei/iaai erat et recte in exemplari2 111.mi Card. Sirleti viri eterna memoria digni » (che però non è da prendere per un elogio di defunto e per una prova della sopravvi­ venza di D. Ambrogio all’ottobre 1585, risultando dall’inventario dei libri del Sirleto che il nostro ms. della versione era divenuto proprietà di lui ; v. « Mélanges d’Archéoi. et d’Hist. », XI, 480, n.° 296); annotò e conseguen­ temente corresse « vel terroribus ». E nel f. 65r : « Finis libri decimi die ult.a Anni m . d . lxvii ». Da quanto precede risulta: 1) che circa tre anni prima della dedica a S. Pio V il Ferrarlo aveva consegnato al libraio Gaspare Bindoni il manoscritto dei primi sei libri del De adoratione con una dedica al card. Morone, che era protettore dei Cassinesi; 2) che allo spirare del 1567 egli, in carcere a Roma, era giunto al termine del libro X, ossia vi aveva finiti i quattro libri V1I-X, e quindi per certo vi aveva già passato qualche tempo, direi alcuni mesi almeno; 3) che vi dovette restare parecchio anche dopo, avendovi finito i libri XI-XVII, non solo, ma atteso dipoi a decidere sulla dedica promessa a più cardinali visitanti le carceri. Poiché il contratto col Bindoni fu senza dubbio concluso in Venezia da D. Ambrogio tuttora libero e non ancora sospettato pubblicamente, fa d’uopo riportarlo, se non più addietro, al 1566 incirca, che pare il tempo in cui D. Ambrogio mostrò a Sisto da Siena il testo greco dei 1 Cf. le parole di lui al fine dell’Origene in Patrol. gr., XIV, 17: «Scito praeterea me nihil invenisse in hoc libro quod videatur decretis sanctae Matris Ecclesiae adver­ sari; nam si invenissem, aut librum non vertissem, aut locum signassem suspectum »; parole che magari gli saranno state rinfacciate come perfide e ingannatrici, perchè egli realmente « nec pauciora superesse passus est, quae ah Ecclesiae decretis non exiguo recederent intervallo» (D elarde , ih.). ’ Ora Ottobon. gr. 18, il quale difatti ha Sei/xam al 1. c. (f. 135r). Il ms. fu il 29 teo­ logico greco del Sirleto (cf. Vat. lat. 6163, f. 27r-28r; riassunto vagamente dal Mil l e r , p. 307, con «Oeuvres de S. Cyr. d’Al. »), corrispondente, se non erro, non ostante il numero sbagliato dei libri, al 38 dei mss. Cerviniani greci «non vulgati... non antiqua scriptura« (Vatic. lat. 3958, f. 177v: «38 Cyrilli libri q u a tu o r de adoratione in spiritu et veritate»). Quel «quatuor» (IIII) lo suppongo derivato da un numero latino di quat­ tro elementi (quanti sono in XVII) o male scritto o male letto dalla furia. Nè il Sirleto nè il Cervini ebbero altro ms. greco di quell’opera.

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Glaphyra e rinformò che ne avrebbe dato in luce « propediem » la ver­ sione. Pertanto la dedica a S. Pio V sarà del 1569 o appena posteriore. Allora, secondo notizie sicure di archivio comunicatemi dopo che avevo scritto quanto precede, 1 il Ferrario dovette trovarsi lontano da Poma ma, insomma, non più prigioniero: perchè, se nel processo erano venuti fuori motivi di sospetto a carico di lui che parvero forti in quei giorni di rigore, alla fine si ordinò solo di farlo abiurare « de vehementi »2 e di mandarlo al monastero di Monte regale, — Monreale in Sicilia (penso) dove i Benedettini avevano un celebre monastero,3 anziché Mondovì in Piemonte dov’essi non ne avevano alcuno. Tale provvedimento del severo pontefice dovette sembrare più conveniente ed opportuno che lasciare il monaco in Roma dopo quella forma di scarcerazione o permettergli di ritornare a Venezia o ad altre sedi dov’era conosciuto e dove forse avrebbe dovuto convivere cogli accusatori o i testimoni esaminati contro di lui. Comunque, il fatto che D. Ambrogio già fuori, da parte sua volle dedi­ care l’opera al suo giudice, mostra che egli credette di aver superato non male la prova e di poter osare la profferta di una dedica a lui.4 S. Pio V ricevette davvero la traduzione, sia nel nostro manoscritto sia in una copia migliore, e Faccettò, o non la ebbe affatto? E la stampa non seguì perchè la versione fu giudicata degna delle tenebre? o solo perchè di un uomo segnato? o perchè era scompleta non essendo stati presentati insieme i primi sei libri, dati verso il 1566 al Bindoni (il quale dopo l’arresto di D. Ambrogio non si sarà arrischiato a stamparli, e forse anche per timore ne avrà celato o distrutto il manoscritto) e dei quali si direbbe che il monaco non avesse copia con sè? 1 N’è risultato ch’egli era già in carcere a Roma il 17 maggio 1567 ; che la sua causa fu trattata al fine di luglio e ai primi di agosto e si rinunziò a far venire i due testi esaminati, e che la sentenza fu data il 10 giugno 1568. Di altri due, riconosciuti non colpevoli, si era ordinato subito che fossero licenziati. 2 « Vehemens suspicio haeresis oritur ex dictis vel factis haeresim efficaciter et frequenter concludentibus; ut si quis vocatus ut de fide respondeat, infra definitimi tempus non compareat». Così nelle aggiunte a L. F brraris , Bibliotheca canonica, I (ed. 1885), p.32. 3 Lo si confermerebbe dalla nota in siciliano « setti in pregune» sul brogliazzo d’una sua traduzione nell’Ottob. lat. 95 (v. sopra, p. 177) se veramente riguarda lui. 1 Avevo supposto già prima la scarcerazione di lui, perchè il monaco non mi aveva fatto l’impressione di un uomo pericoloso e poco cattolico: non sarà stato gran teologo (scrivevo), avrà anche parlato con una libertà e vivezza che dava ombra ai più severi e gelosi, e sarà dispiaciuto, pota caso, per le lodi a Roberto Stefano, per gli errori non visti in Origene o negati nel Nisseno e altrettali fatti, ma insomma l’opera sua e le de­ diche sue a Giulio III, al card. Cervini, al card. Morone e a S. Pio V e le proteste ag­ giunte all’Origene e al De adoratione lo mostrano di buona volontà nel servire alla Chiesa col tradurre i Padri, ed ossequente a’ suoi capi. Anzi me n’era sembrato un indizio il fatto che egli ebbe conoscenza del codice di S. Cirillo posseduto dal card. Sirleto (non nominato fra i cardinali che lo visitarono all’Inquisizione) e se ne servì a correggere un passo dei libri De adoratione tradotti in carcere. Quel ms. essendo, come pare (v. p. 182, n. 1), l’Ottobon. gr. 18, già di papa Marcello II, che pervenne al cardinale nell’autunno 1574, il Ferrano dovette essere an­ cor vivo allora, e stare in buoni rapporti col Sirleto, il quale non avrebbe ammesso facilmente uno condannato dalla Inquisizione qui in Roma,

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10 non so rispondere: solo parmi che fra i collaboratori stessi del card. Sirleto non se ne ebbe conoscenza, quantunque il ms. nostro, per 10 meno all’ultimo, stette presso il cardinale: difatti, pochi anni dopo, 11 valentissimo teatino Antonio Agellio ne rifaceva la versione e la pub­ blicava a Lione nel 1587 e a Roma nel 1588. 11 povero Ferrario ebbe la pena di vedere ormai condannata per sempre alle tenebre la sua lunga fatica? non lo credo, e questo perchè il card. Sir­ leto ebbe di lui come la parte della brutta copia dei Glaphyra, ora nell’Ottobonian. lat. 85, così il ms. del De adoratione ecc., e così forse i frammenti dei Vatic. lat. 6217, 6219, 6236. Se il cardinale avesse avuto solo esemplari finiti e pronti per la stampa, si sarebbe potuto pensare che nel 1582 o il Ferrario, già vecchio decrepito, o i confratelli di lui, al sapere che il Sirleto era stato incaricato della stampa dei Padri Greci,1 li avessero dati per tale impresa all’« uomo degno di eterna memoria ». Ma poiché il Sirleto ebbe degli a b b o z z i , a n c h e i n c o m p l e t i , vedrei piut­ tosto in lui o l’erede letterario di D. Ambrogio o un acquirente dei mss. lasciati da esso. 8. Riassumiamo. Il Ferrario, essendosi monacato nel 1522, dev’esser nato nel primo decennio del Cinquecento. Fu dei Cassinesi di S. Giorgio Maggiore di Venezia, ma nel gennaio 1553 trovavasi a Polirone, in un tempo indeterminato fra il 1553 e il 1566 fu a Firenze, e dal maggio 1567 al giugno 1568 per lo meno, in seguito a denunzia, stette a Roma nelle carceri dell’Inquisizione, donde fu mandato, dopo l’abiura «de vehementi », a Monreale, libero. Egli viveva ancora nell’autunno 1574.2 Rimane da provare che sia egli il D. Ambrogio da Milano stato abbate di S. Benigno di Genova e di S. Giorgio Maggiore, e in quali anni. Dotto nelle tre lingue tradusse Origene In Iohannem, Gregorio Nisseno De opificio hominis , Cirillo Alessandrino Glaphyra e De adoratione in spiritu et veritate : solo Origene uscì per le stampe; le altre tre ver­ sioni restarono manoscritte. Un testimonio che non si può disprezzare, il confratello D. Girolamo da Potenza, parla di versioni da S. Giovanni Crisostomo e da altri Padri greci in generale, e dice che il Ferrario con­ corse all’edizione manuziana delle epistole di S. Girolamo: conviene ricordarlo per il caso che vengano alle mani manoscritti di quelle ver­ sioni e collazioni mutili e senza nome dell’autore, come sono l’uno e l’altro dei mss. indicati sopra. 9. La più lieta sorpresa tuttavia me la serbava un codice de’ più recenti, l’Ottobon. lat. 70, scritto alla metà incirca del secolo xvi da qualche copista o tedesco o de’ Paesi Bassi, con versioni da S. Atanasio in prima e specialmente, e poi (li riferisco nell’ordine del ms.) da S. Ba­ silio M., da S. Gregorio Nisseno, da Proclo di Costantinopoli, da S. Gio-* 1 V. «Studi e Testi», 68, p. 27,

* V, p. 183, n. 4.

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NON CONOSCIUTI

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vanni Crisostomo, da S. Gregorio Nazianzenoe da S. Cirillo Alessandrino. Al primo momento, supponendo che le fossero versioni di quello stesso secolo, che tante ne produsse e conosciute e non conosciute, stetti per trascurarle come ormai di poco o niun valore; ma per l’antica affezione mia a S. Atanasio e al Nisseno lettine curiosamente alcuni tratti, vi sentii subito un forte sapore d’antico che mi mosse a saggiare tutto. Ne venne fuori che le versioni edite, come della finta lettera di Dionigi Alessandrino a Paolo Samosateno,1 dell’omilia di Proclo2 e della lettera del Crisostomo a Cesario3 nonché le altre da S. Basilio e dal Nazianzeno,4 erano tutte riconosciute per antiche; ciò che mi confermò nella impressione, anzi persuasione già fatta, tanto più che il tutto o quasi tutto mi aveva l’aria di un antico corpo patristico formato con uno scopo preciso, mi pareva, contro eretici. La scrittura della copia diede subito a pensare che l’originale stesse oltremonti come quello della Notitia dignitatum, e che se ne fosse voluto far conoscere il contenuto a Roma, allora interessatissima ai Santi Padri per la lotta col Protestantesimo. Conseguentemente cercai un poco nei ca­ taloghi delle biblioteche oltremontane o di tale origine, sebbene con poca speranza, atteso l’alto silenzio dei dotti valorosi che recentemente hanno studiato sulla trasmissione delle opere di S. Atanasio e sul valore dei sussi­ dii coi quali ricostituirne il testo, e che per fermo non avranno tralasciato di cercare nei loro paesi le antiche versioni latine, essi che hanno indagato, oltre i manoscritti greci, le versioni siriaca e armena. Ma non trovai nulla. Allora mi sovvenne di rintracciare il ms. da cui il Bigot aveva tratto l’antica versione della lettera a Cesario, supponendo che in quello si aves­ sero a ritrovare anche gli altri testi del nostro codice; e siccome quel codice stava al tempo del Bigot, fra il 1670 e il 1680, a S. Marco di Firenze, ricorsi, in mancanza di cataloghi stampati dei codici di quel convento, al Bandini in cui vidi un paio di codici, ma del secolo xv e non di S. Marco,5 1 P a tr o l. g r . , XXVIII, 1559-1568. L’Estiennot che ne mandò copia al Montfaucon la ricavò indubbiamente dall’Ottobon. lat. 70. A me pare che nell’indagine dell’origine della falsa lettera Dionisiana, sulla quale v. N. B onwetsch , D e r B r i e f d e s D i o n y s i u s v o n A l e x a n d r i e n a n P a u l u s a u s S a m o s a t a , « Nachrichten von der Kgl. Ges. der Wiss. zu Göttingen. Philol.-hist. Klasse», 1909, 103-122; E. S chwaktz , E in e f in g ie r te K o r r e ­ s p o n d e n t m i t P a u l u s d e m S a m o s a te n e r , « Sitzungsberichte d. Bayer. Akad. d. Wiss., Philos.-philol. und hist. Klasse *, 1927, 3 Abh., p. 48sgg., non sia da trascurare lo studio della lettera al vescovo Persiano, che ne fa come l’autenticazione. L’autore dei due falsi deve essere il medesimo, che ... autentica se stesso. 2 Ed. V. R iccardi, S . P . P r o d i a r c h i e p is c o p i C o n s t a n tin o p o lita n i a n a l e c t a (1630), pp. 673-677, dal cod. Vat. lat. 3836 (non 2836, come ivi si legge), scritto a Roma nel se­ colo vm-ix(E. A. L ow e , C o d ic e s l a t i n i a n t i q u i o r e s , I, p. 7 e 39, n.o 18 b). Fu ripubblicata, come inedita e di S. Leone M., dal Caillou sulla fede di alcuni mss. Laurenziani (onde P a tr o l. l a t., LVI, 1140-1144). L’originale greco è in P a tr o l. g r . , LXV, 680-692. 3 P . G ., LII, 755-760, da un ms. di S. Marco di Firenze, di cui più avanti. 4 B andini, C a ta lo g u s c o d ic u m l a ti n . B ib lio th . M e d . L a u r . , I, 356.

5 B andini, C a ta l. cit., I, 356 (cod. Medie. Laur. XVII, 31, del B ib lio th e c a L e o p o ld in a L a u r e n t i a n a , II, 732 sg. e 736 sg. (cod.

sec. xv, che segnerò L ) ; Medie. Faesulan. XL1V,

del sec. xv, che segno F).

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contenenti buona parte delle versioni dell’Ottoboniano, però in ordine di­ verso e frammischiate a traduzioni umanistiche, e poi ricorsi ai cenni del gesuita P. Francesco Antonio Zaccaria sui mss. delle varie biblioteche di Firenze. Fu una fortuna: lo Zaccaria vi descrive abbastanza minuta­ mente il codice di S. Marco adoperato dal Bigot, e lo fa del secolo ix .1 Poiché vi appariscono proprio nello stesso ordine, all’infuori di esplicabili eccezioni, 2 tutti i testi patristici dell’Ottobon. lat. 70 e parecchi di più,3 non dubitai di averne raggiunto l’originale immediato o mediato. In una scappata di poche ore a Firenze (7 maggio 1936) potei accertarmene « de visu », e maneggiare il prezioso codice, che è il Laurenziano di S. Marco 584: da anni io, come ogni altro, avrei potuto trovarlo grazie ad un libro stampato non raro, ma di fatto non avrei mai pensato a cercarlo se non mi ci impegnava il povero Ottoboniano. Questo ormai è privato di qualsiasi valore, ma non si può dire che sia stato del tutto inutile. Il codice fiorentino è un bel manoscritto in f.°, di carte 79 a due co­ lonne ben regolate, di scrittura carolina abbastanza elegante, con iscri­ zioni in maiuscole per lo più colorate e con parole greche qua e colà nel testo, ancora assai ben f a t t e e s e n z a a c c e n t i : a vederlo mi rallegrò quasi fosse una vecchia conoscenza. Lo direi del secolo jx o del x al più tardi, ma trascritto da un codice molto più antico di cui e nel greco e nelle iscrizioni imitava le forme e riteneva l’ortografìa. Per­ venne ai domenicani di S. Marco dal celebre Nicolò Niccoli (f 1437) e fu il ms. « 32. de VIIII4 banco ex parte orientis » della loro biblioteca, come si legge nel f. lv, sopra l’indice minuzioso del contenuto, scrittovi nel secolo xv, a cui segue: « Conventus Sancti Marci de flo.a ord. predic. Ex hereditate doctissimi viri Nicolai de Nicolis de fio. ». Là potè essere consultato dagli studiosi e dai librai fiorentini, i quali non tralasciarono di valersene per impinguare corpi di scritti ricercati di S. Atanasio, di S. Basilio e del Nazianzeno. Nel 1808 fu portato nella Laurenziana coi rimanenti codici del convento, 5 i quali però non vennero compresi nel fondo dei conventi soppressi « perchè di particolare importanza e pel nu­ mero dei mss. e per il loro pregio »,6 e venne descritto con essi nel voi. IV del «Supplementum alterum ad Catalogum codicum graecorumlatinorum italicorum etc. Bibliothecae Mediceae Laurentianae », rimasto inedito: i vecchi tempi del Bandini erano passati. 1 Iter litterarium per Italiani, p. 55. Il Bigot invece lo aveva fatto « annorum 500 » (P. G., LII, 755) soltanto, ringiovanendolo di tre o quattro secoli. 2 Le indicherò nella descrizione del contenuto. 3 Quattro scritti del Nazianzeno, la lettera di S. Basilio a S. Ambrogio e tre « com­ monitori » di S. Cirillo. 1 II numero è su rasura: il ms. sarà stato messo prima in altro banco. 5 F. Blcme, Iter Italicum, IV, 217. 6 «Accademie e Biblioteche d’Italia», anno 3, p. 61; o ssia / Cataloghi delle Biblio­ teche Italiane, fase. 10, p. 3.

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NON CONOSCIUTI

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Ne dirò poi brevemente ma a pieno il contenuto. Intanto, per finire la storia, domandiamoci: donde venne? perchè il codice non fu certo scritto a Firenze nell’età Carolingia. A vedere nei Catalogi bibliothecarum antiqui (veramente pochini ri­ spetto a quelli ora conosciuti) del Becker l’assenza quasi completa del vero S. Atanasio, mentre non vi sono rari i mss. del supposto Atanasio, ossia Vigilio di Tapso, si direbbe che i mss. latini con opere del santo dot­ tore Alessandrino nell’alto medio evo fossero rarissimi e che all’epoca della rinascenza Carolingia ne rimanesse forse appena qualcuno, e fuor di mano e poco conosciuto, e per questo non se ne siano nè allora nè poi tratte delle copie. Tale riflessione, congiunta all’impressione lasciatami dalla scrittura e dalle altre esteriorità del codice, mi ha condotto, fuori di qualunque anche più lontana previsione, al sospetto che esso sia il ms. di Bobbio, — l’unico osservato nel Becker — così segnato nel cata­ logo del secolo ix-x: « Librum Athanasii contra Apollinarem, in quo et alia continentur opuscula »,1 e che non compare nell’inventario bobbiese del 1461, stampato dal Peyron, e dovette sparire dal monastero decaduto chi sa quanto tempo prima. Il codice nostro principia appunto col « Liber beati Athanasii Archiepisc. Alexandriae contra impium Apollinarem » e prosegue con vari scritti del medesimo Padre o a lui attribuiti. Però sul codice stesso non ho osservato indizi di quella provenienza: onde avrei voluto disporre di tempo per chiedere il permésso di esaminare rapidamente tutti i codici del Niccoli affine di vedere se mai ve ne fosse qualcuno di origine bobbiese, ma non mi arrestai a fantasia o capriccio tale, sapendomi fuori di casa e sul punto di dovere cambiar vita. 10. Il codice, che dal primo possessore certo noterò N, comprende 27 scritti, numerati al margine,2 dei Ss. Padri che ho detto, nell’ordine di tempo e di celebrità a quanto pare: Atanasio; i tre dottori Cappadoci Gregorio Nazianzeno, Basilio e il Nisseno; il Crisostomo; S. Cirillo Ales­ sandrino e Proclo. Il Nisseno, il Crisostomo e Proclo vi hanno ciascuno uno scritto soltanto: sono più e formano tanti piccoli gruppi a sè gli scritti di S. Atanasio, comprendenti come un allegato la lettera dello ps. Dionisio Alessandrino; gli scritti del Nazianzeno; quelli di Basilio, di cui pare come un’appendice la lettera del fratello Gregorio; e quelli di S. Ci­ rillo, il principale oppositore di Nestorio, fra una lettera del Crisostomo antecessore dell’eresiarca nella sede e l’omilia di Proclo, avversario e suc­ cessore del medesimo, la quale chiude il corpo intero, che rimane limitato con ciò ad un secolo circa e non scende oltre il primo terzo del secolo v. Indicherò gli scritti e il loro ordine secondo N — il solo ms. fondamentale finché non comparisca un altro indipendente, — notando quelli ricopiati nell’Ottoboniano = 0, nei predetti (v. p. 185, n. 5) Mediceo Lau1 B eckeh , p. 66 sg., n. 195. Sopra quell’inventario, quanto mai sommario, v. M. T. Ciceronis eie re p. libri ex cod. rescripto Vat. lai. 5757. Prolegomena, p. 26 sgg. ! Il n.° non si vede più o fu dimenticato sette volte. Sotto lo supplirò in cifre.

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renz. XVII, 31 = L, e Laurenz. Fiesolano XLIV = F, e nei gemelli Ur­ binate lat. 461 = U e Dresdense A 69 = D, se non erro, pur d’origine fio­ rentina, 12 i quali mostrano come si facevano a Firenze nel secolo xv nuovi corpi col pigliare di qua e colà, ed unire secondo il gusto dei commit­ tenti e dei menanti, opere di uno stesso autore anche se di versioni le più differenti, quali, per es., l’antica e le recenti del Traversar!, del Bruni e del Trapezunzio ; 3 e accennerò alla ragione per cui secondo me furono omessi in 0 vari scritti e taluno vi apparisca spostato. Il numero romano progres­ sivo che precede è di N; quello arabico è mio supplemento là dove il nu­ mero latino fu dimenticato (o ritagliato?) da N. I titoli sono quelli ora correnti, per non ricopiare le didascalie verbose; solo dove stanno fra virgolette, sono estratti da N. Non do gl’inizi già riportati dal Bandini : quindi non si troveranno se non agli scritti Cirilliani. Qui, per una no­ tizia provvisoria, mi pare che tanto basti. a'. Ff. 1-33, 8. Atanasio. 1 Contra Apollinarium , il libro II (Patrol. gr., XXVI, 1132-1165) e poi II il I (ib., 1093-1132); — III De incarnatione Dei Verbi et contra Arianos (ib., 984-1028); — 4 Ad Adelphium episcopum (ib., 1072-1084); — V Ad Maximum philosophum (ib., 1035-1089); — 6 De incar­ natione Dei Verbi (spurio; XXVIII, 25-30) ; — VII Ad episcopum Persarum e Vili la lettera annessa di Dionigi Alessandrino a Paolo Samosateno (ibv 1559-1568); — « VIIIl Orthodoxi et Apollinaris dialogus de Christo sancti Athanasii » ossia il IV dialogo spurio De Trinitate (ib., 1249 C-1264,9 ή φωνή tì}s ψυχήε, e non oltre). Tutto questo passò in 0, ff. l-68r, e in F, ff. 238-263 ; ma in F il dia­ logo (VIIII) fu trasposto avanti la lettera di Dionigi, rompendo il legame di allegato che questa ha rispetto alla lettera Ad episc. Persarum. Anche in D (e U) passò tutto fuori di Vili; ma a I. II. Ili, lasciati in principio del corpo, si soggiunse VIIII (ff. 35-61) e si tennero per la fine (ff. 83-89) IIII-VII, inframettendo un gruppo di corrispondenza ricopiata da un altro manoscritto. β'. Ff. 33r-51v, S. Gregorio Nazianzeno. « X De pascha» (Orat. XLV; Patrol. gr., XXXVI, 624-664); — 11 «...in Iulianum peraequatorem» (Or. XIX; ib., 1044-1064); — « XII Ad Cledonium prima (II nell’ed., 1 Ha lo stesso contenuto e ordine di D (v. S tornajolo , 1, 51-55), e può essere dello stesso scrittoio. Lo stemma senza le chiavi lo mostra anteriore al 1474. 2 Cf. J. C. G ötze , D ie A t e r c k m ü r d ig k e ite n d e r k g l. B ib lio th e c k z u D r e s s d e n , I (1744), 359-862; Fa. S chnorr von Gauolspeld , K a t a lo g d e r H a n d s c h r i f t e n d e r k g l. ö ffe n tlic h e n B ib lio th e k z u D r e s d e n , I, p. 27-80. D (e così U) contiene, precedute ciascuna dalla vita del rispettivo autore, una' serie di scritti di S. Atanasio (ff. 1-89) ed una seconda di scritti di S. Basilio (ff. 90-211) in versione latina. La vita di S. Atanasio è « lohanis Aretini arehipresbiteri », cioè del Tortelli, composta nel 1440 (cf. G. Mancini, G . T o r te lli, «Archivio Storico Italiano», 1920, 182); per cui il ms. è posteriore a tale anno. Esso nel 1739 trovavasi ancora in Roma, dove fu comprato dal Götze. 3 Tal uso dei codici del Niccoli e di S. Marco da parte dei librai fiorentini è una ragione di più per desiderare che quel fondo e l’altro dei conventi soppressi siano cono­ sciuti al pari di quelli catalogati dal Bandini.

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Non Conosciuti

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Epist. 102; P. G., XXXVII, 193-202); — XIII Ad Cledonium epistola...», rasura, e sopra la rasura, in scrittura del secolo xv : « non s cr i bat ur , non est GG. Naz. » (Epist. 101; ib., 176-193); — 14 «Ad virginem» (è il carni. I, 3; ib., 632-640). Tutto fu ricopiato in F, ff. 225-237, premettendolo al gruppo Atanasiano; ed anche in L, ff. 103-125, dopo le otto orazioni del Nazianzeno tradotte da Rufino, omettendo però la lettera 101, secondo il « non scribatur ». In 0 fu omesso dapprima tutto, suppongo perchè non vi si credette alcun che di sconosciuto; ma poi fu trascritta la sola or. XIX, in un quaternione a sè, che ha le due ultime pagine più fitte e sregolate (evidentemente per non dovere ricorrere ad altro fascicolo), e che fu inserito fra la lettera del Crisostomo e il gruppo Cirilliano, ossia tra i ff. 87 e 96. Bandini, Catal., 1, 356, disse tradotti da Rufino anche gli scritti sopra indicati, ma nemmeno le due orazioni XLV e XIX compa­ riscono in T. Rufini opera pars I Orationum Gregorii Naz. IX inter­ pretatio, ed. da A. Engelbrecht nel Corpus scriptorum eccles. latinorum di Vienna, voi. XLV1. y'. Ff. 51v-57, S. Basilio. « XV Ad Amfilocium (Epist. 236; P. G., KXXII, 876-885); — XVI Terentio Corniti (Epist. 24; ib., 785-790); - XVII B. Am ­ brosio Mediolanensi (Epist. 197; ib., 709-714); — XVIII Ad Theodoram an­ cillam Dei (Epist. 173; ib., 648t650); 1 — XVili (sic) Ancillis Dei » (Epist. 52; ib., 392-396). Tutte e cinque le lettere sono in F, ff. 134r-138v, prima del gruppo Atanasiano; in L, ff. 125-134r, dopo il gruppo β o il Nazianzeno e prima dei libri contro Eunomio tradotti dal Trapezunzio; in D, ff. 155v-161v, e U frammezzo ad altre opere del santo quali di versione antica e quali di umanistica; e in 0, ff. 68v-79r, subito dopo gli scritti Atanasiani, però con l’omissione della lettera a S. Ambrogio, forse perchè non dogmatica. II Bandini, Catal., 1. c., insinuò che ancor queste siano versioni di Rufino e stampate in antiche edizioni; il che vedano i possessori delle edizioni degli anni 1520, 1523 e 1531 qui mancanti. o '· Ff. 57-58, « XX Epistola beati Gregorii episcopi Risoni ad Filippum Monachum de Arrianorum oppositionibus» (v. il § 11). In O, f. 79r-80v, dopo il gruppo y '\ in P, f. 263r-264, dopo il gruppo a'. e'. Ff. 58v-60, XXI S. Giovanni Crisostomo Ad Caesarium mon. (P . G., LII, 755sg. da IV). In 0, ff. 85-88, dopo l’omilia di Proclo (v. sotto, a ζ'). Suppongo che dapprima non si pensò a copiare la lettera, come non si pensò a copiare S. Cirillo, e così vi si passò a Proclo ; poi, sia perchè si vide che la lettera era inedita e d’importanza non lieve allora, sia per l’uso fattone dall’ex canonico regolare di S. Agostino Pietro Martire Ver­ migli passato al Protestantesimo, la si fece copiare in continuazione a quanto era già copiato. ς'. Ff. 60v-77r, S. Cirillo Alessandrino. «XXII Ad Acacium de aponponpeo. His quae tua sanctitate nuper sunt directa perspectis non1 1 Una vecchia traduzione pubblicò P. A. G a l l e t t i da un ms. del sec. m i della Badia Fiorentina, fra le Anecdota litteraria deU’Amaduzzi, I, pp. 27-32; ma è versione diversa dalla nostra, e non so se sia dell’antichità o del pieno medio evo.

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solum effusissimae gavisi... absconditi sunt. Per ipsum autem et cum ipso Deo et Patri gloria et potestas cum Spiritu sancto in secula seculorum amen (Episl. 41 ; P. G., LXXVII, 201-221); — XXIII Domino meo fratri et consacerdoti Aeacio Cyrillus in Domino gaudere. Opus quidem fraternum est adlocutio, dulce etiam et AEIAÌACTON id est concupiscibile ... Persa­ luta quae teoum est fraternitatem : te quoque mecum in Domino salutem 11 (Epist. 40; ib., 181-201); — 24 Communitorium Dei amabilis et sanctis­ simi archiepiscopi Cyrilli ad Successum Diocaesariensis ecclesiae episco­ pum. Inspexi quidem commonitorium quod a tua sanctitate directum est et gratulatus sum nim is... que maiora intellegere prevalet etiam nobis prosit et scribens et orans. Expl. commonitorium beati Cyrilli ad Succes­ sum primum (Epist. 45; ib., 223-237; versioni antiche diverse nella colle­ zione di Rustico diacono o Collectio Casinensis, ed. E. Schwartz, Ada conciliorum oecumenicorum, I, voi. IV, 232-236, e in quella di Dionigi l’Esiguo, ib., I, voi. V, 295-299); — XXV Incipit aliut Commonitorium eiusdem sancti Cyrilli ad eundem Successum episcopum Diocaesareae Isaure civitate. Manifestam quidem semetipsa1Xoaoipias.

01 reliquae: canonicae add. f. 35 In a il primo elemento può pigliarsi per il n° 5. arabico, mentre in f è apertamente S. Forse v ’è la deformazione di un n.° greco del titolo, ; o f . - contra: et contra f. 98 Abba: alba. /'. — Horisine f, Hori a. 99 stromatum a. 5 liber: l(ite)rae f. — paginae: in membranis add. f probabil­ mente a ragione. 7 f omette la linea che divide dal cod. precedente 12à. 11 primum: p.n f. 18 in : tres iuxta editionem Ascalonitao m. 113 (R 144) M. 120?: «317 ca. », anziché il M. 230, che ha 33 omilie, e quindi va oltre la « confusione delle lingue » e può corrispondere al cod. 77 (v. sopra). 114. A Modena non c’è un ms. con le sole lettere di S. Paolo e le catoliche. 116. M. 163: tit. del secolo xv: « Theologia Gregorii Nazanzeni », « .300. cart. ». 117. V. la nota a R 107. 118 (R 115) M. 94: «242. cart. ». 119 (R 141) M. 126: « |292| cart. ». 120 (manca in R) M. 48^ 121, 122. Uno dei due può essere R 114 e M. 143, un Triodio questo (come il cod. M. 153 di eguale titolo latino, v. sopra al cod. 63), che fu Movo-oipov. 123-124. Altri due mss. (v. al cod. 110), che in riguardo al linguaggio latino direi biblici, anziché liturgici (i iepa SeKros), su membrana e mutili. 125 (R 28). Manca a Modena. 126 (R 31) M. 46: scritto in parte dal Valla (?), « 243 cart. ». 127 M. 103: Va. Alb. ind. « 110 cart. ». Manca in R ed., ma è il penultimo (160) dei mss. aggiunti nella copia di Modena: « Eutochii Ascolanite in Apolonii conica in fol. tav. in co. verde», e in I: « Apollonii Pergei conica in guardarobba 153 -i- Interpres ibidem + ». Al n. 153 R ed. ha « Alcuni fragmenti in fog. et 4° bainb. ». 128 (R 25) M. 90, che ha nel titolo Z vvoittikÒv o-vvraypa (f>i\ocrocf>ias.

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A P P E N D IC E -

I , 1 A L ’IN V E N T A R IO D E I M SS. G R E C I

129.15Glossae in priora analytica.

Super Eutyphronem Platonis et alios Platonis nonnullos dialogos. 130. Alexander Aphrodiseus in libros 25 Metra quibus Pindarus usus est elenchorum. in Olympiis. Quaedam epigrammata. 131. Libellus in quo dialectica quae­ Septem sapientum dicteria quae dam theologica et medicinalia insunt reperta fuerunt insculpta in quadam absque principio. columna Delphis. Paralleli primae tabulae Europae. 132. Nicephori epistolae et orationes 29 Qui post Commodum imperarunt. in membranis. 135. Epistolae Phalaridis Brutique. 133. Aristophanis Plutus et Nebulae.*21304567 Dionysius de characteribus. Nicandri theriaca cum commento. 134. Scholia in aliquot Sophoclis tra­ Orphei Argonautica. goedias. 34 Sophoclis Antigone. 21 Demetrii Triclinii de metris qui­ bus Sophocles usus est in Aiace, An­ 136. Luciani pars in membranis. tigone, Electra et Oedipo. Item quaedam super Aiace. 137. Oppianus de piscibus et de ve­ Super eclogis Theocriti. natione. 19 et nebulae: nephelae m nel taglio a lettere maiuscole. 90 scholia: interpre­ tatiunculae fm. — aliquot Soph. tragoedias: Sophoclis tragoedias Aiacem Electram Antigonem Oedipum tyrannum m. 21 Antigone Electra: tragoedia Electra Antigone m. — et: om. fm. 24 Eutyphronem a, Euthyphrone m. 25 usus: om. f. 28 Europes fm. 30 Brutique: Epist. Bruti m. 31 Dionys /'. — Dionysii Alie, de charact. add. m al. man. 33 Orphei Arg. add. m al. man. 34 ni add. qui (come lì) Dionysii Alicarnassei iudicium de antiquis scriptoribus hoc est poetis historicis oratoribus ét philosophis. 130 (R 30) M. 86: « 02 cart. ». 131 (R 17?). Non è a Modena, se non è per avventura M. 36, composto di due mss. mutilati e senza i nomi degli autori, di cui il secondo, in membrana, contiene parte del De fide orthodoxa di S. Giovanni Damasceno, e probabilmente ebbe un tempo anche l’Epitome de haeresibus ricavata da S. Epifanio (cf. Patrol. gr., XCIV, 677 sgg.), mentre il primo, cartaceo (ff. 1-67), che secondo l'indice latino, seguito dal Puntoni, avrebbe « Ammonius in praedicabilia », contiene inveee i Prolegomeni alla filosofia del neopla­ tonico Elia, come dimostrano gli ava zi del principio e l’inizio della npàgis èiroj riferiti dal Puntoni, rispondenti esattamente all’ed. del Busse ira i Commentaria in Aristo­ telem graeca, XVIII, 1 (1900), p. 1 e 14, che non potè saper nulla del ms. Modenese. Coll’Epitome d’Epifanio sarebbe sparito anche il De ciborum facultatibus di Simeone Seth indicato da R e forse accennato dal nostro A con « medicinalia ». 132 (R 132). Non è a Modena. Come appare da I, v’era Niceforo Gregora. Poiché il ms. ne conteneva e discorsi e lettere, ed era « in 4'-> parte in bamb. e parte in perga. » (R), non sarà difficile riconoscere il ms. ove si conservi ancora. 133 (R 18) M 28: Va. Alb. ind. 134 (R 76) M. 87: Va. (delet.), Alb. ind. «180. ehart. ». Lo vide il Lascaris, p. 382 (ultime sei righe). 135 (R 37) M. 39: Va. Alb. ind. « 171 cart. ». 136 (R 66) M. 193: « 110 ehart. ». 137 (R 121). A Modena non c’è.

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D I A L B E R T O P IO D I C A R P I

40

45

Hesiodi opera. Eustathii expositio. Expositio Dionysii de situ orbis. Lycophron. Nicandri theriaca. Eiusdem alexipharmaca. Arati phaenomena. Argonautica Apollonii. Capitula astrológica.

138. Commentum super Phoenissas et Hecubam Euripidis.

219

Numeri Pythagorae. Libellus sex principiorum parva forma. 143. Georgii Scholastici praefationes in Porphyrii introductionem. Thomae philosophi de sophi­ smatibus. 60 Boetii philosophi de dialecticis. Blemidae de metris. Eiusdem in dialecticen. Metaphrasis unius libri dialec­ ticae Aristotelicae.

139. Theognidis sententiae. 144. Pindari Olympia cum commento. 140. Commentationes in Apollonii Ar­ 65 Hesiodi georgica cum commento. Theocriti bucolica cum com­ gonautica. mento. Sophoclis Aiax, Electra, Oedipus. 141. Dionysius de situ orbis cum Euripidis Hecuba, Orestes, Phoe­ scholiis. nissae. 50 Hesiodi dies et opera. Theognidis sententiarum col­ 145. Arati phaenomena cum com­ lectio. Hermes Trismegistus de terrae mento. 70 Hesiodi theogonia, Eiusdem motibus et quaedam alia. Aelianus de animalium historia. aspis, cum commento. Lycophronis Alexandra cum com­ 142. Arrhiani de. Epicteti conversatio­ mento. Pindari Pythia et Nemea. nibus. 55 Timaei opusculum. 37opera: Georgica, Theogonica, Clipeus Herculis f. 38 Eustachii f. 16 Commentum: ( = capitulum) f. — phaenissale f. 47 sententiae: gnomologia i. sententiae m. “ introductionem: introductorium/. 60 dialecticis: arte dialectica fm. 63 in dia­ lecticae f. 63 unius: Vili, f (che va a capo cume se libri dial. Arist. fossero u n ’opera distinta), sive dissertatio Vili m. 67 Electra: destra /. *70 commento: glossis m. — Eiusdem... è in linea a sè, e Cum commento è dopo una grappa che abbraccia le due linee, quindi va inteso d’audio i poemi. 71 cum comm.: commentata»». 72*1389402Nemea: Nemeon pars interpretata m, con l’add. di altra mano: lo Cecie carmina iambica de poetis | Homeri hymni» (cf. R). C .in m

138 (R 73) M. 92: « 128 chart. », « chartae 128. ». In A R fu dimenticato l’Oreste. 139 (R 79) M. 131: VaT Alb. ind. «42. chartT»~ 140 (R 74) M. 77: Va. « 139. charte ». 141 (R 78) M. 63. Nè A nè R vanno d’accordo tra loro e con M. nell’ordine degli scritti contenuti. Non pensai di osservare se la mano di Marco che scrisse Ebano (ff. 75-127 : αίλιανοΐο βίβλω μάρκου χειρ unτασε τέρμα) fu quella del Musuro. 142 (R 20) M. 10: Va. (delet.), « cart. 360.1 ». 143 (R 26) M. 50: Va. ind. (di cui uno del Musuro?) « .300. cart. ». 144 (R 78 bls, om. nel cod. Barberin. e in Heiberg) M. 99: supplemento e note del Valla. Altro ms. d’Alberto con le tre tragedie di Euripide glossate e un « traet. de accentibus » fu indicato sopra, p. 60. 145 (R 72) M. 51 : Va. Alb. ind.

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220

A P P E N D IC E -

I, 1 A

L ’IN V E N T A R IO D E I M SS. G R E C I

75

146. Interpretationes in aliquot tra­ goedias Euripidis. Annotationes in m Aristophanis comoedias. C assa de

Scnolia super Iliaden et Odysseam. De poetarum generibus. De constructione verborum. F in is

.

F

k a n c

0.

1

Index librorum graecorum prelo 3 Sophoclis tragqdiae quarum 2ae in excussorum. *12 papiro. 6 2 Amonius in librum predicamentorum, et periberminias. 34 Epigrammata in membranis. 7 Aristophanis comqdiae cum co.i0. 1 2 Demosthenis orationes quarum al­ Euripidis trag^diae in membranis.8 ter. in membranis. 5

7S aliquot : Hecubam Orestem Phoenissas m. 74 in m : super 3 f. — in... comoedias: super Aristophanis Pluto Nebulis Ranis | Versus superiorum tragoediarum ac comoe­ diarum m (cf Ji). 75 Glosulae super Ulixea (Odyssea m) et Iliade fm. 76-77 De con­ structione verborum | De poetarum generibus m, con Vadd. di altra mano Ahonymi de comoedia | Scholiae brevissime sed accuratae in Odissea et Iliada. 78 linis: Cassa etc. f come seguita nel testo. 146 (R 75) M. 93: Va. Alb. ind. « 180. ehart. ». Lo vide 11 Lascaris, 1. c. (f. 5ta, 4-5). 1 Quanto segue sta solo in f. Sul significato dei complemento di specificazione v. so­ pra, p. 63. 2 Questo può credersi il titolo di ciò che segue, ma può anche indicare il primo cata­ logo (an. 1502) della stamperia Aldina, che principia: « Haec sunt graècorum voluminum nomina, quae in Thermis Aldi Romani Venetiis impressa sunt...» (A. A. R enouard, Annales de VImprimerle des A ldesa, p. 328). I cataloghi successivi degli anni 1503,1513 e 1526 e. comprendono anche le stampe latine, e principiano « Librorum et graècorum et latinorum nomina, quotquot in hunc usque diem excudendos curavimus » ecc. in se­ guito citerò gli Annales con R e. semplicemente, e continuerò a citare con R l’inven­ tario dei libri greci stampati del card. Rodolfo nella copia del Latini ossia di Viterbo: esso quasi sempre indica l’anno di stampa. 3 An. 1503, con prefazione ad Alberto Pio, nella quale Aldo usando della facoltà concessagli da Alberto piglia per la prima volta il sopranome di Pio. Cf. R e., p. 46 e 373. E qui e poi la cifra che precede indica il numero degli esemplari della stampa che stavano nella cassa. 4 An. 1498 (R). R e., p. 16 sg. 5 An. 1504 (R). R f„, p. 42. R segna ancora il secondo esemplare: « per Aid. in memb. sciolto ». 6 An. 1502 (R, che nota due esemplari). R e., p. 34, ricordò un solo esemplare, e di parte del volume, su membrana. Che nell’inventario nostro solo di Sofocle e di Aristo­ tele si notino esemplari in carta, fu non perchè tutti gli altri senza indicazione di ma­ teria fossero di pergamena, ma (suppongo) perchè degli stessi due autori v’era inoltre un esemplare in pergamena. 7 11 Florilegium diversorum epigrammatum, che Aldo stesso nel catalogo registrò col titolo: « Epigrammata graeca in enchiridii formam a diversis composita » (Re., p. 42, dove sono notati alcuni esemplari in pergamena, e 334). Ma da R pare che fosse l’ed. « Ven. 1521 » (Re., p. 93), e non quella del 1503. 8 An. 1503. R e., p. 43 sg. (3 o 4 es. in pergamena).

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D I A L B E R T O P IO D I C A R P I

Homeri Ulissea et Ilias in mem­ branis. 9

Psalterium Graecum, Hebraicum, Caldeum, et Latinum. 19

Octoechus. 10

Omnia Plutarchi opera. 20

Horae B. Mariae Virginis. 11

Suidas. 21

Aesopi fabulae. 12 Cornucopia cum. 13

vocabularium

grae-

Phiiostratus de vita Apollonii et Eusebius co. Hieroclem.14 Platonis opera. 15

Arist. quinque volumina in pa­ piro. 22 Vlpiani commentaria Demostenis, 23 et eodem volumine Vita et fa­ bellae Aesopi et quaedam alia. Gregorii Nazanzeni orationes. 24

Theocritus Hesiodus. 16*

Epistolarum volumina duo. 25

Scolia Homeri in Iliados. 37

Horologium. 26

Comm.ri um in Afthonii progym nasmata. 181920

221

Gregorii Nazanzeni et lo. Damesceni poemata. 27

9 Dell’an. 150ì, anziché degli anni 1517 e 1524 (R qui non tornisce l’anno). Mentre di queste due stampe Ri«., p. 80, non conobbe alcun esemplare in pergamena, a p. 40 ne segnò parecchi della prima. R, oltre «Odysseaea Homeri et altri. 8. Aid.», notò «Ilius Homeri 8. per Aldum in memb. sciolto ». Ed. Callergi 1520, come ho notato sopra, p. 04, n. 2. 11 Dell’an. 1497, anziché degli anni 1505 e 1521, che hanno ¡1 titolo « Horae in laudem beatiss. » ete., e non « Horae beatiss. » come la prima. Re., pp. 15, 49, 92. 12 An. 1505 (R). Ri«., p. 49 sg. 13 An. 1496 (R). Ri«., p. 9 sg. 11 An. 1501 (R invece 1502). R e., p. 20. 15 An. 1513 (R). R e ., p. 62. 16 An. 1495 (R). Ri«., p. 5 sgg. 11 Sic! An. 1521 (R e., p. 41)? In R: « scholia vetera in Homerum fol. Rom. 1517 ». 18 An. 1508 (R; v. la n. 31). Ri«., p. 34. 19 Psalterium Hebreuni, tìrqcum, Arahicum, et Clialdqum, cum tribus latinis interprelationibus di Agostino Giustiniani, Genova, 1510. 20 An. 1509 (R). Re., p. 55 sg. 21 Milano, 1499 (R). R e., p. 70. 22 An. 1495-1498. R e., p. 10, 10. 23 An. 1503 (R). Re., p. 41. V’era unito l’Esopo del 1505, già trovato sopra (v. n. 12). 24 An. 1516 (R). R e., p. 75. 23 An. 1499 (R). R e., p. 18. 28 V. sopra, p. 64, n. 3. 27 An. 1504. Re., p. 27. Ma negli esemplari visti dal Renouard non seguivano ì poemi del Damasceno, che suppongo fossero i Cantica compresi nel voi. I dei Poetar Cliristiani veteres, an. 1501-03 (Re., p. 24). In R non è notato l’anno nè che vi stesse insieme altro poeta.

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222

appendice

-

i, 1 A

l ’in v e n tario d i

Praeclara dicta ph(ilosoph)orum, oratorum, Imperatorum in membra­ nis. 28 Psalterium. 29 Lascaris grammatica.30 Dioscorides. 3132 Urbani grammatica. Porphyrii phi. questiones in Vlixea et idem de Nympharum antro in Vlyxea. 33

Alberto pio d i carpi

Arist. Hermogenis, et aliorum rhe­ torica. 34 2 Lucanus. 35 Nouii et Gregorii carmina. 36 Orationes Isocratis. 37 Orationes Lysiae. Orationes Aeschinis et reliquorum oratorum tredecim. 38 Arist. et Theophrasti opera omnia in membranis. Quatuor volumen unum s. organum ligatum est.39

28 Roma 1519. V. sopra, p. 68, n. 4. 29 Verso il 1498. R e., p. 260. Anche in R, dove si nota inoltre: « Psalmi. Ven. Aldo. 4.», probabilmente un secondo esemplare dello stesso Psalterion. Non segue la lineetta divisoria. 30 An. 1494-95 o del 1512. R e., p. 1 e 58. Attese però le relazioni strettissime fra Aldo e Uberto, in questo e simili casi crederei che ad Alberto non fosse mancata la prima edizione. 31 An. 1499. Re., p. 21. In R: « fo. Ven. 1509», forse per « 1499 », e anche l’ed. del 1518 (Re., p. 82) che è in 4°. 32 An. 1497 (Re., p. 11)? In R: «4. Ven. 1512 », di Giovanni da Trino, 33 An. 1521. R e., p. 91. Anche in R, ma senza la data. 34 An. 1508-09. R e., p. 54. In R: « Aphthonii et alii fo.Ven. « Aphthonii sophistae et reliqui. fo. Ven. 1508». 35 Sic! Il Luciano del 1503 (R). R e., p. 39 e 95. 36 Altro esemplare delle poesie del Nazianzeno, an. 1504 (v. n. 27), unho alla Para­ frasi di Nonno che fu stampata nel 1501, ma doveva uscire nel 1504. Re., p. 261. 37 An. 1513 (R), n e lla p a rte te rz a dei Iihetores graeci. R e ., p. 61. 38 Lisia ecc. nella parte prima degli stessi Rlietor. (ib., p. 60). 39 Altra copia (v. n. 22) ma questa su pergamena, di cui il voi. I (l’Organum, an. 1495) era legato. Però l’esemplare era di quattro volumi soli, e non di cinque? o si ha da intendere quatuor + unum? In R è segnata una decina di Aldine di più, sia poi che esse non si trovassero nella cassa di S. Francesco sia poi che Rodolfo le abbia acquietate dopo f. Le noto « ad abundantiam », per farla finita. « Theodori grammatica, fo. Ven. 1495 [Re., p. 4]. Thucidides fo. Ven. 1502 [Re., p. 83]. Io: Gram: in posteriora Arist. fo. Ven. 1504 [Re., p. 45], Epistolae Phalaridis. 4 [? dalle Epistolaa diversorum del 1499?]. Arthemidori. de som. interp. 8. Ven. 1518 [Re., p. 82]. Uias Hom. 8. Ven. 1524 [Re., p. 98]. Erothemata Chrysolorae et alia. 8. Ven. 1518 [Re., p. 80, 1517], Eschyli Tragoedie 8. Ven. 1518 [Re., p. 85]. Hesiodus. 8. Aldi [Re., p. 6, parla di esemplari col solo Esiodo], Dionis Chrysost. orationes 80 in memb. per Aldum sciolto ». Quest’ultima ed. che si assegna all’an. 1551 fu dedicata al card. Rodolfo (Re., p. 151); ora ci risulta che ne fu tirato un esemplare in pergamena per lui. Sui Libri membranacei stampati in Italia nel Quattrocento v. ora D. F ava , « Gutenberg-Jahrbuch 1937 », pp. 55-78.

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A P P E N D IC E - I , 2 R L ’IN V E N T A R IO D E I M SS. G R E C I D E L CA R D . R . P IO

223

2 - R : L’inventario dei codici greci Pio trovati dopo la morte del card. Rodolfo nel 1564 = Barberin. latin. 3108 (già XXXIX, 12), ff. 55v-62r; m = Modena, R. Archivio di Stato, Biblioteca, busta l a. E dizione : ed. = I. L. Heiberg, Beiträge sur Geschichte Georg Valla’s und seiner Bibliothek, pp. 118-126, da 6. Perchè b, già stampato (per così dire) diplomaticamente, con tutti i vizi di scrittura, circa sedici volte risulta errato nell’indicare la materia dei codici, mentre in questo m, per quanto scorretto ancor esso nei nomi propri e nei titoli, è esatto, e perchè lo stesso m ha un’appendice di otto manoscritti mancanti in b, mi attengo piuttosto a m, però supplendovi fra parentesi angolari i due codici 53 e 99 e qualche altro piccolo parti­ colare dimenticato e aggiungendovi davanti ai singoli codici in alto a mo’ d’esponente il numero progressivo da b, che in m, fuorché al principio, è saltuario e raro; correggendovi inoltre gli errori che rendono male ricono­ scibili le parole. Nelle note riferirò solo questi errori più gravi, lasciando gli altri nel testo,1 e di b vi aggiungerò semplicemente le varianti no­ tevoli di senso o di espressione, ma non quando, per es., ha « in, con, bamb. (memb.) » o « con tav. » in vece di « bomb., tav., » o « di, cum tav. » e simili. Agli otto codici dell’Appendice ho dato un numero progressivo in continuazione dell’unico numero fornitovi da m, ma solo per comodità nei rinvìi, non perchè io abbia la prova che quei codici abbiano mai portato realmente quel numero: al contrario, risulta che alcuni ne ebbero un differente per lo meno al tempo in cui fu compilato l’indice alfabetico (I). Godici : b

INVENTARIO DELIA LIBRI DELLA LIBRARIA DELLA BO. ME. DEL SA CARD. DI CARPI L ibri

greci scritti a penna

*·2· 3 Testamento novo in 16.rao cop. di cor. scritto in memb. in 3 voi. sigA1 1. 2. et 3. 4 Hore can.ce scritto in bomb.