C'era una volta in Italia. Gli anni sessanta 8807493772, 9788807493775

Tutti sono concordi: non c’era mai stato niente come quel decennio, e quelli successivi non avrebbero potuto essere senz

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Italian Pages 608 [606] Year 2023

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C'era una volta in Italia. Gli anni sessanta
 8807493772, 9788807493775

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Tutti sono concordi: non c'era mai stato niente come quel decennio, e quelli successivi non avrebbero potuto essere senza di loro. Gli anni sessanta, primo volume di una storia italiana che arriverà fino ai giorni nostri, vivono ancora adesso nella nostalgia e nel mito: nelle canzoni trasmesse alla radio, negli armadi o nelle cantine dove non ci si riesce a liberare di un eskimo o di una vecchia minigonna di pelle scamosciata, o nei cassetti dove ricompaiono gettoni del telefono, monete da dieci lire, biglietti di concerti, il congedo illimitato provvisorio, copertine di 45 e di 78 giri ... La stragrande maggioranza degli italiani di oggi è nata dopo la guerra, tutti dunque, direttamente o dai racconti di chi c'era, sappiamo qualcosa di quel "decennio favoloso" che ci ha visto camminare insieme a Fellini, Visconti, Togliatti e Moro, Mina, Monica Vitti, Claudia Cardinale, Rita Pavone, Catherine Spaak; correre insieme ad Abebe Bikila e Gigi Riva, leggere insieme a Italo Calvino, Leonardo Sciascia, Natalia Ginzburg e Gabriel Garcia Marquez. Mentre crescevamo, sono morti il campionissimo Fausto Coppi, il papa buono Roncalli, il presidente americano John Kennedy e suo fratello Bob; persone che avrebbero cambiato l'Italia come l'utopista Adriano Olivetti e l'industriale visionario Enrico Mattei. Sono morti anche il comandante Guevara, monaci buddhisti in Vietnam, il pastore Martin Luther King e Jan Palach, il prete con gli scarponi don Milani; altri crescevano senza essere visti, i Buscetta, i Sindona, "la linea della palma". Ci facevano paura con la bomba e le guerre, ma ragazzi e ragazze incominciarono a dire "basta", il cinema e la musica erano avanti (e di molto) sul mondo antico che ci governava, fatto di vecchi generali, vecchi politici, vecchi magistrati, vecchi professori, vecchi fascisti che trovarono, alla fine di quella favola, il modo di vendicarsi. E fecero scoppiare la bomba di Milano, con cui gli anni sessanta finirono. E non ci fu più l'innocenza. E dire che, prima, almeno per un attimo, tutto il futuro era sembrato possibile.

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Varia / Feltrinelli

ENRICO DEAGLIO C'era una volta in Italia GLI ANNI SESSANTA Con Ivan Carozzi

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Feltrinelli

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© Giangiacomo FeltrinelJj Edjtore Milano Prima edizione in "Varia" novembre 2023 La curatela ili Ivan Carozzi è pubblicata in accordo con MalaTesta Lit. Ag. - Milano Stampa Grafiche Busti - VR ISBN 978-88-07-49377-5

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La casa editrice si è fatta parte diligente al fine ili inilividuare eventuali aventi diritto senza peraltro ottenere 1iscontro. Essa, pur non essendone obbHgata, rimane comunque a disposizione per ogru everuenza.

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Libri in uscita, interviste, reading, commenti e percorsi di lettura. Aggiornamenti quotidiani

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A mia moglie Cecile, por supuesto Ai miei nipoti ormai grandi: Giacomo, Enrico, Diego, Viola, Pietro

PRESENTAZIONE

Quando si parla di quel decennio, quasi sempre si premette l'aggettivo "favoloso": "i favolosi anni sessanta" è diventato, con il tempo, il nome ufficiale del prodotto. Questo spiega perché il libro che avete in mano, C'era una volta in Italia - dal titolo, proprio come parlano i bambini, in "imperfetto favolistico" - non potesse che cominciare con quel tempo, per cui tutti provano un'acuta nostalgia che sta diventando mito: i tempi del "miracolo", della pillola, del sorpasso, dell'auto­ stop, della gioventù che riusciva a fermare le guerre... Oggi la stragrande maggioranza della popolazione italiana è composta da persone che sono state giovani in quel periodo o che l'hanno sentito raccontare dai loro genitori; dimenticati dai traslochi, negli armadi o nelle cantine, ci sono ancora i reperti di quel tempo: libri, volantini, gettoni del telefono, monete .da 50 lire, fumetti soft porno, 45 e 78 giri, macchine da scrivere, ricevute di paga­ menti, la prima minigonna della nonna (quella in pelle), un eskimo, il congedo illimitato provvisorio, il mangianastri, le carte geografiche del Touring Club, le figurine con calciatori che avevano facce da calciatori. Ma gli oggetti, i memorabilia, non riescono da soli a restituire la potenza di quel decennio. Ci vorrebbe il cinema, ci vorrebbe l'epica: le grandi inquadratu­ re con milioni di persone povere che si spostano dal Sud al Nord, che abbando­ nano campagne e colline, le distruzioni della guerra ancora fresche, il cemento che divora le città e le coste, il Mediterraneo il cui petrolio fa gola a tutti, i russi ) e gli americani... Ci dovrebbe essere molta musica in questo kolossal, dalla disperazione di Luigi Tenco al rock demenziale di Adriano Celentano, ai valzer e alle mazurche delle feste dei Gattopardi... Che tempi! Ci sono utopisti che muoiono troppo presto, capitani d'industria che vengono uccisi, mafiosi molto intraprendenti che hanno in mano la finanza, un papa rivoluzionario, bombe dal Sudtirolo alla Sicilia, generali e nazisti in cerca di rivincita.

10 I C'era una volta in Italia

A metà decennio, poi, cominciano a entrare in scena i "giovani" e scardina­ no tutto il vecchio sistema, e mica solo in Italia, eh! Troppo liberi, troppo felici, non si poteva permetterlo: il decennio che si apre con La dolce vita di Fellini terminerà con le bombe di Milano.

Se c'eravate, vi ritroverete. Se non c'eravate, vi verrà voglia di saperne di più. Se vi siete dimenticati; vi torneranno in mente tante cose... Questo libro. Con gli "anni sessanta" comincia l'avventura di C'era una volta in Italia, organizzata per decenni, che arriverà fino agli anni venti di questo se­

colo - per cui: fate posto sui vostri scaffali. Abbiamo scelto di farlo con uno strumento vintage, il libro illustrato. L'azione si svolge al tempo presente, quan­ do effettivamente le cose sono successe (anche se spesso non si sapevano o era­ no passate inosservate), il racconto considera tutto il paesaggio: la politica, l'eco­ nomia, il crimine - le crime stories, i misteri, le tenebre hanno un grande peso nella storia italiana, vien quasi voglia di farle diventare l'essenza della storia-, la musica, il cinema- il cinema degli anni sessanta è stato davvero favoloso-, la parola scritta, il teatro, la moda, le idee. L'ambizione è quella di suscitare memoria ed emozioni, e far entrare i lettori in una sorta di macchina del tempo, per ricostruire una "storia sociale pop" annali statistici e notizie dimenticate sono presenti all'inizio e alla fine di ogni anno. Ci sono sicuramente i buoni e i cattivi, ma qualche volta la linea di de­ marcazione non è così netta. Prendete per esempio la foto di copertina: i nostri giovani scooteristi stanno commettendo sicuramente una bella serie di reati, sono irresponsabili, pericolo­ si a sé e agli altri. Ma ci sono simpatici un po' perché stanno andando al mare, un po' perché sono poveri, un po' perché sono terroni. E soprattutto perché, es­ sendo già in tre, si sono fatti carichi di imbarcare anche il quarto. Una volta si faceva così, perlomeno a Napoli: "Fammi salire!", "No, non vedi che non ci stiamo?", "Ma io mi faccio picciriddo picciriddo", "Ok, Sali!". Una domanda frequente, specie ora in tempo difake news: da dove vengono tutte queste notizie? C'è da fidarsi? La risposta è sì: anche se l'origine di diverse narrazioni o accostamenti sta nella memoria - di chi scrive o di chi è stato testi­ mone degli eventi-, il periodo di cui ci occupiamo comincia a essere ricco di approfondimenti storici; qui sono stati consultati - spaziando nel tempo - i la­ vori di Guido Crainz, Giovanni De Luna, Paul Ginsborg, John Foot, Giorgio Bocca, Corrado Stajano, Mimmo Franzinelli, Danilo Dolci, Marcello Cimino, Raniero Panzieri, Dario Lanzardo, Fabio Levi, Percy Allum, Danilo Montaldi, Primo Moroni, Paolo Mieli, Filippo Ceccarelli, Vanessa Roghi, Benedetta To­ bagi, Anna Maria Ortese, Goffredo Fofi, Mario Mieli, Camilla Cederna, Fabri­ zia Remondino, Francesca Spada, Ermanno Rea, su diversi aspetti della nostra storia sociale recente; esistono poi storie dei partiti politici, dei servizi segreti, dei personaggi illustri e dell'economia; non tutto lo spettro è coperto, però è si-

Presentazione I 11

curamente vero che la rivoluzione digitale ha reso molto più democratica la ri­ cerca, in ciò togliendo monopolio agli storici di professione e facilitando noi di­ lettanti. JFGI. Mentre finivo questo libro, ho sentito raccontare una storiella che mi ha fatto davvero ridere. Siamo nell'austera Università di Princeton e un gruppo di dottorandi in Storia dell'arte moderna ha avuto udienza da un grande profes­ sore che li informa delle sue ultime ricerche. li prof è trattato dai dottorandi con devozione, lui reagisce con nonchalance e risposte spesso laconiche che contribuiscono all'aura profetica. Quando un dottorando gli domanda una pre­ cisazione nozionistica, il prof risponde: "You know what they say: JFGI". Tutti restano smarriti, nessuno è a conoscenza dell'acronimo, fino a quando il prof, sornione, svela il mistero: "Just Jucking google it". Appunto: su Google c'è tutto. Sull'ottima Wikipedia anche; le voci della Treccani sono estremamente ben fatte; quasi sempre qualsiasi richiesta nozioni­ stica viene esaudita in pochi secondi. Questo per spiegare anche perché in que­ sto libro le note specifiche sulle fonti utilizzate e sulle ricerche correlate sono state drasticamente ridotte, e si sono privilegiati gli spunti di curiosità e di ulte­ riore ricerca; e anche per suggerire ai lettori di farsi scrittori e ricercatori essi stessi: è una vera conquista sociale.

RINGRAZIAMENTI

La squadra. L'idea di Cera una volta in Italia ha preso forma all'inizio del 2023 su proposta della casa editrice Feltrinelli, che ringrazio per la fiducia accordata. Ci ho lavorato insieme a Ivan Carozzi, senza il quale non sarei andato lonta­ no. Sue sono molte voci, molti spunti originali, molte idee realizzate e uno sguardo più fresco del mio; è stata una gran bella esperienza. Non è stato un libro facile; anzi è stata una bella fatica: per i tempi stretti, per la mole notevole, per la ricerca iconografica più difficile del previsto; ma sembra che ce l'abbiamo fatta. A condurre in porto la traversata - bussola in mano e decisioni rapide - la "capitana" Camilla Cottafavi, con Alessia Dimitri e Paola Olivieri. Paola Maz­ zucchelli, che non si è mai persa d'animo davanti a continui, insidiosi scogli, ha letto, corretto, proposto, impaginato insieme a Luca Dentale. E poi rifatto tutto. Monica Sala ha disegnato mappe e indici visivi tra realtà e fantasia. France­ sco Mereu la splendida cover e il collage della quarta. A questo volume hanno contribuito - per idee, informazioni, sostegno, ri­ cerche, proposte, correzioni, regali - in fasi diverse di una ormai lunga storia molte persone arniche; oltre a quelle che già compaiono nel testo, vorrei ringra­ ziare: Paolo Bricco, lgiaba Scebo, Carlo Greppi, Maurizio Ternavasio, Gad Ler­ ner, Gian Mario Costa, Ernesto Melluso (e famiglia allargata), Diano Leoni, Sa­ verio Ferrari, Valerio Zoja, Amilcare Grassi, Carlo Degli Esposti, Fabrizio Ra­ velli, Mauro Galligani, Maurizio Garofalo, Jean Blancheart, Giancarlo (Elfo) Ascari, Adriano Sofri, Daniela Garavini, Alberto Collo, Toto Campobello, Al­ var Berlanda, Marino Fardelli, Franco Castaldo, Marco Boato, Andrea Jacchia, Sabina Loriga, Valentina Redaelli, Azzurra Giorgi, Diego Deaglio, Vincenzo Rollando, Alberto Bondonio, Peppino Ortoleva, Umberto Ranieri, Andrea Graziosi, Mimmo Pinto, Corrado Melluso, Viola Lapiccirella, Massimo Pisa,

Ringraziamenti j 13

Francesca Pistone, Francesco Piccolo, Fabio Levi, Andrea Bobbio, Paolo Brogi, Franco Bolis, Paolo Cesari, Gerardo Orsini, Gigi Stancati, Patrizia Presbitero, Frank Viviano, Wendy Miller, Dan Hubig, Bernard Ohanian, Andrew Mass, Randy Alfred, Lia e Jerry Garchik, e tutto il "Lunch group" dello Park Stare Café, Ada Cremagnani (ciao Beppe!), Alba Solaro (ciao Pietro!), Pietro Pirelli, Piero Scaramucci, Claudia e Silvia Pinelli, Roberto Tagliavia, Gilda Arcuri, Giuseppe Barbera, Manoela Patti, Rino Giacalone, Bebo Cammarata, France­ sco La Licata, la biblioteca Franco Serantini, la redazione di "Diario" che pro­ dusse nel 2003 il volume La meglio gioventù, Il Centro Pasolini di Casarza, Re­ nato Carozzi, Silvana·Sermattei, Valentina Alferj. Grazie a tutti

San Francisco-Torino, ottobre 2023

1960 ANNALI Chi ci governa

Vince il campionato Promosse in A Retrocedono in B Vince il Giro d'Italia Vince a Sanremo Vince lo Strega La canzone dell'estate Box office

Il governo Segni rr (Dc con appoggio esterno di Pli, Msi e dei due partiti monarchici di allora, il Partito nazionale monarchico e il Partito monarchico popolare); dal 26 mar­ zo al 27 luglio il governo Tambroni (Dc con appoggio esterno del Msi) e poi il Fanfani III (Dc con appoggio ester­ no di Psdi, Pli e Pri) Juventus Torino, Lecco e Catania Palermo, Alessandria e Genoa Jacques Anquetil Tony Dallara-Renato Rasce! con Romantica Carlo Cassala con La ragazza di Bube. In cinquina anche Il cavaliere inesistente di Italo Calvino Il cielo in una stanza cantata da Mina La dolce vita di Federico Fellini

Leggi approvate

Con la sentenza della Corte costituzionale numero 33 del 1960 viene aperto alle donne l'accesso ai pubblici concor­ si e alle carriere pubbliche. Il nuovo codice della strada rende obbligatorie le strisce di attraversamento pedonale, diminuendo così un gran numero di morti tra i pedoni

M1.,Joiono

Sibilla Aleramo, Albert Camus, Salvatore Ferragamo, Pau­ la Hitler (sorella di Adolf) e Marcello Piacentini

Nascono

L'attrice Caro! Alt, la regista Francèsca Archibugi, il poe­ ta Franco Arminio, i calciatori Franco Baresi e Diego Ar­ mando Maradona, il drammaturgo Romeo Castellucci, l'artista Maurizio Cattelan, lo showman e conduttore Ro­ sario Fiorello, la cantante e ballerina Heather Parisi, il politico Fabio Rampelli

Vorrei essere come lui

Marcello Mastroianni, gattone, nella tiepida giungla romana

Vorrei essere come lei

Monica Vitti nel mare delle Eolie nel film /;avventura

ARRIVA LA PILLOLA, MA NON DA NOI Gli anni sessanta si aprono con un grande evento destinato a cambiare il mondo: la messa in commercio, senza fanfare, di una pillola anticoncezionale. Avviene negli Sta­ ti Uniti, il 9 maggio 1960, giorno in cui la Fda (Food and Drug Administration) autorizza il commercio dell'Enovid, un blister di pillole di progesterone da assumere quotidiana­ mente in differenti dosaggi: l'ormone è in grado di bloccare il processo di ovulazione. La scoperta di un farmaco non abortivo in grado di separare sessualità da procreazione dà per la prima volta alle donne la libertà e l'autodeterminazione sul proprio corpo, sottraendolo alla chiesa e al patriarcato. I tre scienziati che hanno prodotto Enovid, dopo anni di studi e sperimentazioni (in massima parte su donne del povero Portorico), si chiamano Gregory Pincus, John Rock e Cari Djerassi e i primi' due sono cattolici. Le loro ricerche sono state finanziate dall'ereditiera, filantropa e attivista Katherine Mac Cormick, di Chicago, che ha raccolto l'appello di una donna leggendaria, che morirà, a 87 anni, proprio nei giorni della sua maggiore conquista. Si chiamava Margaret Higgins Sanger e aveva una storia da raccontare: sua madre, devota cattolica irlandese, dopo 18 gravidanze e 11 figli era morta per consunzione, tubercolosi e cancro alla cervice a 49 anni. Infermiera e attivista, anarchica di pensiero, Margaret Sanger fu per tutta la vita una predicatrice - cosa che le costò spesso il carcere - del controllo delle nascite. l'.Enovid ebbe un immediato successo e nei primi sei mesi venne usato da mezzo mi­ lione di donne americane; due milioni nei primi due anni. La chiesa cattolica americana si oppose, ma con discrezione; nel segreto della confessione i parroci furono autoriz­ zati ad autorizzare la.pillola (i parti plurimi delle donne italiane e irlandesi erano ogget­ to di scherno). La pillola sbarcò in Europa nel 1961 con il nome di Anovlar, ma non in Italia. Il papa Paolo VI, nell'enciclica Humanae Vitae (1968) la attaccò frontalmente; e d'altronde una legge.del tempo fascista vietava qualsiasi tentativo di "limitare la stirpe".1

18 I C'era una volta in Italia

LE MANI ALTE E LEGGERE SUL MANUBRIO LA SCOMPARSA DI COPPI Prendete un bambino/ragazzino di 12 anni. Il suo 1960 comincia cosz: con un titolo cubitale del giornale. È MORTO FAUSTO COPPI.

Fausto Coppi per i ragazzini è forse la persona più conosciuta d'Italia, così co­ me lo è per i loro fratelli maggiori, per il padre, per gli zii. Forse anche per le sorelle. Tutti amano il ciclismo e Cop{_>i è il Campionissimo, l'eroe delle più grandi imprese sportive, di appena ieri. E ancora sulle biglie con cui si gioca d'estate sulla spiaggia. Com'è possibile che un campione possa morire? Nessuno lo spie­ ga. Un male misterioso contratto in Africa, dicono. E che cosa ci faceva, Fausto Coppi, in Africa? Correva ancora?

Improvvisamente, veniva da parlarne al passato. Come le storie che si raccontano intorno al fuoco. C'era una volta... in un piccolissimo paese, Castellania, sulle colline del tor­ tonese - terre di miseria e di pellagra - una famiglia di contadini con un po' di terra, molto poca, e un po' di bestiame, molto poco. Il padre aveva fatto la gran­ de guerra, la madre aveva fatto troppi figli. Uno di loro, Fausto, malaticcio e ra­ chitico, con un torace grosso su due gambe lunghe come un fenicottero, è un bravo ragazzino che lavora in campagna e accudisce le bestie, quando ha la for­ tuna di conoscere la città: viene mandato come garzone in una salumeria di No­ vi Ligure, fa le consegne su una grossa bici nera con due portapacchi che pesa venti chili. Ma gli piace, non sente la fatica e, un giorno che passa sulla strada una corsa ciclistica, vi si accoda con la sua bici nera e pedala, pedala, si porta in testa e non si ferma se non al traguardo. Ovvio che lo notino, è terra di ciclisti, qui ha pedalato anche il grande Girardengo. Così comincia il mito; come professionista il suo ingaggio glielo procura l'Avo­ catt ("avvocato" in dialetto milanese) Eberardo Pavesi, che lo porta alla Legnano per 700 lire. Dovrà fare da gregario al capitano Gino Bartali, il "Signor Barrali". Poi prese a vincere lui, da solo, e al massimo come gregario aveva suo fratel­ lo minore, Serse. Iniziarono le imprese, prima inaspettate, poi attese. Come questa, il 10 giugno 1949, quando firma quella che resterà la sua impresa più leggendaria, 192 chilometri di fuga nella tappa Cuneo-Pinerolo, la terzultima del Giro. Approfitta di una foratura di Bartali ad Argentera e va all'attacco in solitaria. La provinciale che porta sulla cima dell'Izoard è temutissima dai cor­ ridori, Bartali da solo lo insegue sotto un diluvio di pioggia e grandine, Coppi in fuga è zuppo di pioggia e lordo di fango, scompare tra i banchi di nebbia, la strada dietro e davanti a lui fa paura ed è deserta tra il rimbombo dei tuoni e lo scrosciare della pioggia. Il giornalista Orio Vergani, cronista dell'impresa:

20 I C'era una volta in Italia

Fu allora, sotto la pioggia che veniva giù mescolata alla grandine, che io vidi ve­ nire al mondo Coppi. Vedeyo qualcosa di nuovo: aquila, rondine, alcione, non saprei come dire, che sotto alla frusta della pioggia e al tamburello della grandi­ ne, le mani alte e leggere sul manubrio, le gambe che bilanciavano nelle curve, le ginocchia magre che giravano implacabili, come ignorando la fatica, volava, let­ teralmente volava su per le dure scale del monte, fra il silenzio della folla che non sapeva chi fosse e come chiamarlo.

Vinceva cose impossibili, il Giro e il Tour nello stesso anno, la Milano-San­ remo, il record dell'ora su pista (al Vigorelli di Milano sotto i bombardamenti del 1942), il campionato del mondo. Ormai era lui il campionissimo, non più il "signor Bartali". Solo la guerra - Coppi richiamato in fanteria, col grado di ca­ porale, le corse sospese - interromperà la sua cavalcata, che però riprenderà, a fatica, nelle strade dell'Italia distrutta. Ma a gente così, che ha sfidato il destino, che è salita sul tetto del mondo, il destino rifila sempre qualcosa di brutto. Qualcosa che ti può dare la mazzata. La morte, assurda, di suo fratello mi nore Serse, uno che gli fa da gregario ma che è stato anche capace di vincere la terribile Parigi-Roubaix. Il 29 giugno 1951, al Giro del Piemonte, durante lo sprint finale Serse infila con la ruota un binario del tram, cade e picchia la testa a terra, in corso Casale a Torino, a poche centinaia di metri dall'arrivo al Motovelodromo. Le conse­ guenze dell'incidente non sembrano in un primo momento gravi, ma dopo es­ sere rientrato in albergo le sue condizioni peggiorano. Serse ha un appuntamen­ to con una ragazza, a cui tiene molto, ha appena fatto una doccia quando viene colpito da un'emorragia cerebrale. Muore a soli 28 anni.

La Dama Bianca E poi venne la Dama Bianca, che fece parlare tutta Italia per più di dieci anni. Siamo a Sankt Moritz, all'arrivo di una tappa alpina del Giro, una cop­ pia italiana si è spinta fino lì per applaudire il suo idolo, Fausto Coppi. Lui è un medico della provincia di Varese, il dottor Enrico Locatelli, che esercita a Varano Borghi, lei è la sua giovane moglie milanese, Giulia Occhini. Lei, inci­ tata dal marito, gli chiede un autografo, lui lo firma e le sorride; la coppia lo invita a venirla a trovare; lui ci andrà. Poi Fausto e Giulia si scambieranno delle lettere, lei prenderà a seguirlo nelle corse, ospite nella macchina della Bianchi, e un giornalista dell"'Équipe" noterà uno strano sguardo tra Coppi che sta regalando un mazzo di fiori e una signora: "Vorremmo sapere di più," scrive, "su questa 'dame en blanc"'. Giulia Occhini indossava un montgomery bianco, è identificata. Locatelli informa i carabinieri su dove trovarli, questi intervengono e fi­ nalmente li beccano nella casa di lui, a Novi Ligure. Lui ha lasciato la moglie Bruna e la figlia Marina, lei non ha potuto farlo perché la legge non glielo . permette. . . . . . Nella notte tra il 25 e il 26 luglio 1954 1 carabm1en, accompagnati da Locatelli, fanno irruzione a Villa Carla, ma non riescono a cogliere la coppia in fla-_

1960 - Tra Dolce vito e guerra civile I 21

granza di reato. Tornano il 9 settembre e arrestano Giulia Occhini per adulte­ rio. Portata inizialmente nel carcere di Alessandria, dopo quattro giorni la don­ na viene rilasciata, ma costretta al domicilio coatto ad Ancona, a casa di una zia, con obbligo di firma in questura. A Coppi viene ritirato il passaporto. La vicenda è riportata con clamore sui rotocalchi. Coppi ne rimarrà sconvolto e di­ sgustato. Il processo si celebra nel marzo del 1955 e vedrà Coppi condannato a due mesi di carcere per abbandono del tetto coniugale. Tre mesi, invece, per Giulia Occhini. Entrambi usufruiranno della sospensione condizionale della pena, ma la vicenda segnerà la loro serenità per sempre, tanto da spingerli a decidere di sposarsi in Messico. Il figlio della coppia vedrà la luce a Buenos Aires, il 13 maggio 1955. L'Italia non parla d'altro, e tutti sono contro di lei, la borghese, la Madame Bovary che ha rovinato il campione e destinata a finire male anche lei. Lui viene accusato di non essere un buon sportivo, un patriota, un uomo di famiglia. Non come Bartali, che va in chiesa, che è di sacrestia, che i preti propongono come simbolo. Coppi invece non è simbolo di nessuno, se non sottovoce, di una pic­ cola Italia laica, che lo difende, ma non ne fa il suo simbolo. E infine arriva la morte più assurda I giornali informano, ma non fanno altro che aumentare il mistero. Si sa che il Campionissimo, giunto a 40 anni e non più in grado di grandi presta­ zioni, ha accettato una tournée nel Paese dell'Alto Volta (oggi si chiama Bur­ kina Faso), che festeggia la sua pacifica indipendenza dalla Francia. Per lui e per altri grandi campioni del ciclismo è stato allestito nella capitale Ouaga­ dougou un "criterium", cioè una corsa su strada di lunghezza ridotta in cui viene ripetuto più volte lo stesso percorso. Seguirà un safari organizzato. A fargli da guida e a introdurlo, c'è una coppia di italiani che vive nel Paese. Coppi, al criterium, arriverà secondo, dopo Jacques Anquetil e al safari, piut­ tosto che sparare agli animali, preferirà scattare fotografie. Alloggia in una stanza con il suo amico Raphael Géminiani, con cui ha un vago progetto: rac­ cogliere capitali per costruire una "bici Coppi". I due sono amici, hann'o fatto tante corse insieme. Dormono nella stessa stanza, in un albergo che non è un grand hotel; la notte sono massacrati dalle zanzare. Tornano, lui in Francia, Fausto in Italia la settimana prima di Natale. Fausto sta bene, o così sembra, forse una febbriciattola, che però non gli impedisce di andare allo stadio a ve­ dere Genoa-Alessandria. Ma la febbre non va via, nemmeno con il Natale. Anzi aumenta, il 27 dicem­ bre Coppi non ce la fa ad alzarsi dal letto: febbre alta, brividi, nausea. Da Parigi gli arriva una telefonata: è la moglie di Géminiani, gli fa sapere che suo marito ha gli stessi sintomi, che hanno mandato un campione di sangue da esaminare all'istituto Pasteur: è malaria, bisogna dare grandi dosi di chinino. Coppi è cu­ rato dal dottor Allegri, convinto della sua diagnosi: influenza, di tipo asiatico. Chiede un consulto con il professor Astaldi, dell'ospedale di Tortona, il quale conferma. Non vogliono neanche sentire la storia di Géminiani, non vogliono neanche sentire lo stesso Coppi, che pure il chinino lo conosce: glielo davano

L'ultimo bacio di Giulio Occhini e Fausto Coppi. Alle spolle vigila una suora.

durante la guerra, quando fu fatto prigioniero in Tunisia, dagli inglesi. A Parigi, Géminiani è entrato in coma, ma alla fine ce la farà. Il chinino ha funzionato. Nel pomeriggio del primo gennaio le condizioni del campione si aggravano; giunge anche il professor Fieschi, dell'Università di Genova. Coppi viene rico­ verato d'urgenza prima a Novi e poi a Tortona. Alle 22 del primo gennaio perde conoscenza, all'una di notte del 2 gennaio si riprende e parla con Ettore Mila­ no, suo amico e storico gregario; subito dopo entra in coma. Gli vengono som­ ministrati antibiotici e cortisonici, ma Coppi non reagisce più. Muore alle 8.45 del 2 gennaio 1960, all'età di 40 anni, dopo sei rantoli, uno più forte degli altri.

I funerali del campione In occasione del cinquantenario della morte di Coppi, sono state rese note alcune pagine di ricordi di don Domenico Sparpaglione. Chi era? Sparpaglione era un sacerdote orionino, tortonese come Fausto Coppi, scrittore, studioso manzoniano, appassionato di ciclismo, amico e confidente di Coppi. Questi so­ no i suoi ricordi: AJle 7.30 del 2 gennaio mentre ero ancora in ca1T1era sentii bussare concitatamen­ te. Era Vittorio, il fratello coadiutore, che mi scongiurava di accorrere subito all'o­ spedale dove Coppi stava morendo [. . .J. La giornata era brumosa. Davanti

1960 Tra Dolce vito e guerra civile I 23

all'ospedale c'era del movimento e dell'allarme. Sulla soglia d'ingresso domandai di lui a una guardia in servizio [...) che mi rispose: "È morto un quarto d'ora fa". Una pugnalata al cuore. Lo vidi nella camera n. 4, dove in quel momento non c'era nessun altro, d_isteso sul letto, già vestito d'un grigio scuro, con la massa dei capelli corvini ben ravviata, irrigidito, con la bocca ancora aperta nell'ultimo re­ spiro e i piedi possenti come artigli. Recitai il De profundis coi pochi astanti so­ praggiunti. [...) i parenti - mamma, fratello, sorella, cognate, cognati - mi richie­ sero di preparare l'avviso funebre per i maniJesti. Non era una cosa tanto semplice. Decidemmo di nominare solo la mamma. Ecco il testo: "Stroncato da un male misterioso e munito dei santi Sacramenti, rendeva la sua anima a Dio in Tortona, sabato aHe ore 8.45, FAUSTO COPPI di anni 40. La mamma Angiolina, circon