Themis. La norma e l'oracolo nella Grecia antica [2 ed.]


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Themis. La norma e l'oracolo nella Grecia antica [2 ed.]

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI LECCE DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA CLASSICA E MEDIOEVALE Supplementi -

l -

MARINELLA CORSANO

� THEMIS r#J LA NORMA f 1 ORACOLO NfLLA GRfCIA ANTICA

CONGEDO EDITORE 1988

Questo volume è stato pubblicato con il contributo erogato dall'Università degli Studi di ucce al Dipanimento di Filolo11 ia Classica e Medioevale, e con il con tributo del Consiglio Nazionale delle R1cerche.

ISBN 887786 0944

Tutti i diritti risn'fJati CONGEDO EDITORE

1988

PREMESSA

Con il termine themis i Greci indicavano tanto una nozione sociale quanto una divinità. La prima copre l'area del sistema giuridico di tradizione orale, nel quale le thémistes, sentite come preesistenti alla comunità, e di provenienza divina, sono le norme di competenza regia e nobiliare in una società che affida la trasmissione globale del suo patrimonio culturale non a documenti scritti, ma alla parola: un sistema, frutto di un'ideologia diffusa, le cui norme, modi istituzio­ nalizzati di agire, sono osservate anche senza sanzioni di tipo fisico, in forza del controllo esercitato dalla collettività su se stessa 1 • Con la rivendicazione avanzata dal d�mos della pubblicazione di leggi valide per tutti, stabili e durevoli, sottratte all ' autorità dei ghenè aristocratici, comincia un lento processo di svuotamento del sistema orale. A partire dalla seconda metà del VII secolo a. C., a legislatori designati dalle città, veri mediatori tra le classi, viene affidato il compito di redigere codici fissi e pubblici, di modo che le leggi diventino bene comune, valide per tutti allo stesso modo, non

1

Sul problema dell'individuazione del diritto nelle società orali, cfr. E. CANTARELLA,

Norma t sanziont in Omno. Contributo aUa protostoria dtl diritto greco, Milano 1979, pp.

61-93, con ampi riferimenti bibliografici; in particolare, p. 302 sgg. sul problema della giuridicità del complesso normativa omerico. Sulle cu1ture • orali• , per dare anche qui soltanto alcune indicazioni, si vedano: R . H . LOWIE, ' Oral Tradit ion and History', in Selected Papers in A nthropology, Berkeley 1 960; E.A. HAVELOCK, Cultura orale t civiltà dd/a scrittNra, Bari 1973 (Cambridge Mass. 1963); B. GENTILI, 'L'interpretazione dei lirici greci arcaici nella dimensione del nostro tempo. S incronia e diacronia nello studio d i una cultura orale', QNad. Urb. 8, 1 969, p. 7 sgg.; M. VEGETTI (a cura di), Oralità, scrittura, sptllacolo l, Torino 1983, in particolare B. GENTILI, 'Oralità e scrittura in Grecia', pp. 30-46, con ampia informazione bibliografica, e ancora dello stesso autore, 'Tragedia e comunicazione', in A tti d.tl! X Congresso Internazionale di St..di sNI teatro antico, Dioniso LIV, 1 983, pp. 227-240; P. ZuMTHOR, La presenza d.tUa voce. lntrodNzione aUa poesia orale, Bologna 1984 (Paris 1983).

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P remessa

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soggette all'arbitrio e all 'autorità privata dei basileis, un prodotto umano suscettibile di essere modificato, ma soltanto per decreto e dopo essere stato sottoposto a discussione 2• Anche se certamente parte del patrimonio giuridico orale trovò posto nei codici, e anche se la codificazione ebbe dietro di sé l'autorità della classe che deteneva il potere, essa nacque come risultato di una mediazione, di un compromesso tra le preoccupazioni dell'aristocrazia e le rivendica­ zioni del dlmos: thesmoi e.noinoi, le leggi scritte, si sostituiscono alle thémistes J_ La codificazione delle leggi rappresenta per l ' antica legislazione orale la perdita progressiva di ogni validità giuridica, con inevitabili conseguenze per il potere e le prerogative dei gheni. La divinità femminile che con il termine Themis è designata, esprime, nella dimensione mitica e cultuale, l'elaborazione della realtà giuridica e dell'ordinamento politico che le thémistes rappresen­ tano. I dati relativi alla dea ne attestano l 'utilizzazione, sia in contesti letterari che di culto, anche dopo che il sistema di diritto orale ha perso valore e applicabilità. Il declino della legge-non scritta, e la trasformazione del potere dei ghml non può non essersi riflesso nei valori che nella dea sono stati investiti, determinando nuovi modi

' Prr un orientamento sull'attivid dei primi legislatori cfr. G. DE SANCTIS, A tthiJ. Storia cklla rt1JNbblica atmi'"' dali. origini all '"à di Pmck, Firenze 1 975 J (Roma 1898); R. HtRZEt.ArPA4>0I NOMOL uipzig 1900; H . F RIS C H, M ight and righ t in antiq11ity, New York 197b (Lopenhagen 1#9), in particolare, pp. 119-128 su Dncone; E. Wou, Gr�chiscks R.chtsdmkm l, Frankfurt am Mai n 1 950, p. 210 sgg . ; A. FuKs, Tk A ncntral Constit11tion, Westport Conn. 1975 (London 1953); M. OsTWALD, Nomos •mi tk B.ginnings of tk A thmian D""'ocracy, Oxford 1969, p. 9 sgg.; A. SZEGEDY-MASZAJ(, 'ugends of the Greek Lawgivrrs", G r.-k, Roman and Byz.St..d. 19, 1978, p. 199 sgg. Su Zalruco e Caronda cfr. M. M OH L, 'Die Gesetze des Zaleucos un d Charondas', Klw 22, 1964, p. 105 sgg. Su Licurgo dr. tra gli altri, H. T. WADF-GlRY, 'The Spartan Rhetra in Plutarch Lycurgus V I ' , in Essays in Gr-.le History, Oxford 1958, pp. 37-85; P. IANN� La cNitNra di Sparla arcaica: Riurck 1/, Roma 1970, pp. 47-73, e O. MuRRAY, La Gr..-ia cklk origini, Bologna 1983 (London 1980), p. 1 93 sgg. Sull'attività di Solone cfr. G. MADDOL� 'Società, diritt i politici e trasformazioni economiche\ in Storia � Civiltà tki Gr�ci l, 2,

Milano 1978, p. 513 sgg. , con riferimenti bibliografici. l Non si intende dire che tiNsmoi e nomoi indicano sempre • le-ggi scritte-, nu qui sono considerate uJi in relazione alle tbbnist�s, norme esclusivamente di diritto orale. L'espressione dgraphos nomos che sostituisce il termine thbnistrs, ormai privo di validità e riferimento giuridico, v iene usata per indicare la • legge non scritta• di tradizione aristocratica, in contrapJX>sizione al •nomos giNgrammbtos-, la elegge senna•. Sul significato assunto dall'espressione dgra bos nomos successivamente alla codificazione decretata dallo ps�hisma di Tisameno de ...0 3 a. C . , come elegge non trascritta.-, e perciò fuori corso, cfr. G. CERRI, Legis/az;onr, p. 96 sgg. Questo riordinamento legislativo, nota giustamente l'autore, anche se fu richiesto dall'incoerenza delle stesse .leggi scritte•, redatte in epoche diverse e spesso contraddittorie, finì con il colpire profondamente la elegge non scritta- dei ghml aristocratici, e il termine dgraphos nomos venne a indicare, su un piano del tutto generico, qualsiasi norma di componamento che non avesse carattere di legge vera e propria, senza alcun riferimento a un corp,.s giuridico di tradizione orale.

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Premessa

di approccio m risposta a esigenze che il ricorso a Themis viene a soddisfare. Come punto di partenza della ricerca si è scelto il Prometeo Incatenato di Eschilo, tragedia nella quale la dea Themis ricopre il ruolo di madre del Titano. Una scelta non casuale, motivata dal tipo della fonte presa in esame. Nella tragedia infatti, il mito subisce una riorganizzazione profonda richiesta dal fatto che il discorso è rivolto alla polis democratica, alla quale diventa comprensibile, cioè significa­ tivo, nella misura in cui essa, inserendo il prodotto dell'elaborazione in un sistema di conoscenze comuni, può cogliere le forme di espressione specificamente tragiche e le finalità della reinterpretazio­ ne. Una volta analizzato il discorso mitico, occorre ricostruire il sistema di riferimento dell'Atene del V secolo a. C., di modo che si possa decifrare il messaggio tragico e, nello stesso tempo, leggere il mito come oggetto storico sottoposto a trasformazioni intenziona­ li •. T aie sistema di conoscenze relativo a th- Themis 5, sapere condivi­ so dagli spettatori del Prometeo, e presupposto della vicenda tragica, può essere ricostruito attraverso l'epica e la poesia esiodea, testimoni di una realtà nella quale il diritto orale è ancora in v igore. L'analisi retrospettiva, avviata anch'essa, a partire dalla lettura delle fonti, mentre permette di delineare i rapponi che, legando Themis ad altre divinità, ne defin iscono funzione, modi e mezzi di azione, conduce a Themis quale emerge dall'esame della tragedia, e permette di chiarire il ruolo a lei affidato a livello tragico, nel discorso diretto alla polis democratica del V secolo, quando, in un equilibrio ancora carico di tensioni e conflitti, la città prende le distanze dal passato • eroicO» dei ghenè nobili. Altre fonti, contemporanee o anteriori al Prometeo, e che pure rimandano a una realtà nella quale il sistema giuridico orale è ormai scomparso, sono riconducibili a situazioni politiche diverse da quella ateniese, situazioni espresse da forme oligarchiche e aristocratiche di governo. Il ricorso a th-Themis e ai valori aristocratici, così come è proposto da Pindaro, Senofane e T eognide, va considerato tenendo presente il referente ideologico a cui gli autori si richiamano; il riferimento al quadro socio-politico in cui essi operano, è indispensa­ bile per chiarire la funzione che th-Themis, proprio in quanto legata

• Cfr. J . P. VERNANT, P. VtDAL-N AQUET, Mito' tragranei, ci� d 1 quanto fanno gli Egineti vincendo i Persiani e liberando la Grecia.

La r�laborazion� trag�ea ckl mito n�/ Prometeo incaten•to

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pericolo imminente hanno preso la decisione più saggia, e con il loro valore hanno contribuito a liberare la Grecia dai barbari. A l di là dell 'utilizzazione pindarica, il mito è interessante per quanto si discosta dalla variante eschilea. Nell'ode è rappresentato un mondo divino ben ordinato e armonico, dove la lotta tra Zeus e Poseidon non genera alcuna conseguenza; che siano Zeus e Poseidon insieme, o il solo Peleo, ad adoperarsi per il matrimonio suggerito, l'accordo esi ste ed è comune, come unanime è il riconoscimento di ciò che è più saggio fare nell'interesse di tutti; gli dei sono d 'accordo tra di loro, e Peleo con loro, nell'evitare un matrimonio che romperebbe l'equilibrio del sistema esistente, lasciando spazio a forze non controllabili, e nel favorire un'unione perfettamente inseribile nell'« ordine» del sistema, senza che ne venga compromesso. È tutta l' assemblea degli dei a decidere di accettare quanto consiglia l'euboulos Themis, e Zeus non si trova in opposizione con il mondo divino nel suo insieme. La breve rivalità, peraltro subito risolta, lo oppone soltanto a Poseidon. Il figlio, che sia dell'uno o dell'al tro, mette in pericolo, prima che Zeus o Poseidon, la sicurezza e la stabilità del mondo divino; non è tanto l'antagonista del padre, quanto di un certo ordine nel quale le due divinità occupano un posto, e svolgono un ruolo di potere secondo le aspettative, senza travalicarle. In pericolo è l'esistenza dell'intero mondo divino così come è prima della nascita funesta. Mentre in Eschilo, come si è visto, questa nascita è una minaccia per la sovranità di Zeus, ma è anche il mezzo per eliminare la sovranità diventata tirannica, e per restituire la libertà a tutti gli dei, in Pindaro, al contrario, rappresenta una rottura dell'equilibrio esistente, nel quale i poteri di Zeus e di Poseidon sono ben inseriti e accettati, complementari l'uno dell 'altro. Nel mondo divino tratteg­ giato nell 'Istmica , non c'è motivo che un nuovo personaggio si sostituisca a chi giustamente detiene il potere, quando è proprio chi tenta di raggiungere la sovranità che, opponendosi al sistema esisten­ te, viene ad assumere caratteri ad esso antitetici. La società divina di Pindaro non ha un tiranno al suo vertice: a decidere sono tutti gli dei riuniti in assemblea (v. 26a), dopo aver ascoltato Themis che di sua volontà, senza essere sollecitata, come invece accade in Eschilo a Prometeo, ha preso la parola e li ha avvertiti e consigliati sul modo d 'evitare l'elemento perturbatore. L'invito della dea, impedire che nasca quel figlio, è rivolto a tutte le divinità, e sono tutti gli dei che, nella loro prudenza (v. 30), vietano ai due contendenti le nozze. Tutti, compresi Zeus e Poseidon, riconoscono Themis euboulos, accettano come vera la sua profezia, e adatto il suo consiglio.

Capitolo pnmo

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Sull'identità della pericolosa sposa, la dea Teti, va notato che si tratta di una divinità della metis; una di quelle divinità marine capaci di metamorfosi , che rappresentano la realtà sfuggente e imprevedibi­ le, e che devono essere rese innocue e immobilizzate t s . Nella Teogo­ nia, dove Zeus è minacciato in modo analogo dalla nascita di un figlio, la sposa è la stessa déa Metis, e soltanto grazie all'avvertimento di Gai a e di Urano Zeus può neutralizzarla. Nell'Jstmica VIII, anche se P eleo, come sembra indicare l'espressione esi adoperò per l'interes­ se comune- , lotta con Teti per riuscire a legarla nella stretta delle sue braccia, mentre la dea tenta di sfuggirgli trasformandosi, come esplicitamente è detto altrove 16, diventa significativo, se lo si considera all'interno della vicenda, il fatto che Themis stessa si rivolga a Teti chiedendole di non essere motivo di nuova discordia tra gli dei 1 7, cioè di non opporsi a quanto essi hanno deciso per lei; è dunque la volontà degli dei, ma in definitiva il consiglio di Themis, a legare questa volta Teti; anzi , ella stessa, signora dei legami, sotto­ messa all'amore di Peleo, deve sciogliere la briglia della sua verginità (v. 45). La métis, pericolosa per l'ordine divino e per la sovranità giusta, è resa inoffensiva da Themis che, indicando in Peleo lo sposo di Teti, trova la via d'uscita e l'espediente, un poros, per evitare quanto era inevitabile (v. 32, p�rom énon) che accadesse, se l'unione della dea con Zeus o con Poseidon avesse avuto luogo. In questo caso non è il destino che, conducendo alla nascita funesta per il mondo divino, ha trovato la via per realizzarsi , ma, grazie a Themis, è stato possibile trovare un passaggio, una soluzione per evitarla. Nella tragedia eschilea, al contrario di quanto accade nell'lstmica , non è Themis che può deviare la sorte riservata a Zeus, ma suo figlio Prometeo, a condizione però che il sovrano riconosca l'iniquità del proprio potere, e restituisca al Titano la libertà. Occorre dunque, nel corso dell'analisi, precisare quale sia il ruolo svolto da Prometeo e da Themis in relazione alla sovranità, e verificare se anche nella vicenda tragica, come accade neli'Istmica VIII e nella Teogonia esiodea, métis occupi uno spazio significativo ai fini del suo rapporto con il potere. * * *

" Cfr. M. DETtENNf, J . P. VERNANT, Le asluz�. p. 97 sgg . ; F. B ADER, 'Autour de Thé t i s la Néréide', in Mori ti Fhondilt dans ks mythologits. A ctes du Colloq•u dt Poit�s. /J-14 Mai, Paris 1 986, p. 1 9 sgg. " Cfr. Pind., Ntm. Ili, 35 sgg.; IV, 62 sgg. 17 Sull'espressione usata da Pindaro per indicare la richiesu rivolta da Themi s a Tet i , sì veda G . A . PRtVITE RA, op. cit. (vedi n. Il) , pp. 235-236.

· i _n_c a_te_ L_ a �_W>o _t_IT_a.ocgu_ a_tk_l _ __az _ r ion m_ zl o_n_ ti _ P_ o _ r m_et_ na_ ot_________ _ 21 eo_ _

N ella tragedia la metis di Prometeo e quella di Zeus, si fronteggia­ no in un gioco delle cui regole soltanto il Titano è a conoscenza. Prometeo, punito per essersi opposto alla volontà di Zeus, viene avvinto con legami che, a detta di· Kratos, devono essere invincibili, in modo da non consentirgli di tramare alcun inganno contro Zeus, giacché la m etis del Titano è capace di trovare una via all ' inestricabi­ le, un percorso in ciò che è senza espedienti (v. 59, eks am echanon poron). Dinanzi a questi legami così congegnat i, egli deve capire che è più ottuso (v. 62) dell'ingegnoso Zeus, e ammettere che con un falso nome le divinità lo hanno chiamato Prometeo, in greco s inonimo di previdente, ché, per tener fede al proprio nome, egli dovrebbe previdentemente (v. 86 prom ethéos) escogitare come dis tricarsi da quell' intrico, ma la sua m itis, a parere di Kratos , ne ha trovato ora, una più forte. Le catene che la techné di Efesto ha preparato per Prometeo, legano la m étis di cui il Titano ha dato prova, e con la quale ha conquistato a Zeus la sovranità. Per Oceano 1 8 che lo sa astuto (v. 308) , e così sottilmente saggio (v. 328), Prometeo parla stoltamente, e appare bisognoso di consiglio; per il Titano invece, sono da considerare vana fatica e sconsiderata dabbenaggine (v. 383), l'interessamento di Oceano e l 'intervento presso Zeus, proposto dal dio a soo beneficio; a quest 'ultimo che, riferendosi a se stesso, afferma essere un gran vantaggio per chi ha senno, sembrar d i non averne, Prometeo risponde che farà suo tale comportamento (vv. 384-386). Ed è appunto quello che sta accaden­ do; Prometeo è saggio, ma agli. altri che, per il passato, gli riconosco­ no l 'uso di metis, adesso sembra stolto; tuttavia, anche se l'accorta intelligenza del Titano non opera per scioglierlo dalle catene, essa è ugualmente in azione, e lavora silenziosamente senza contrapporsi alla necessità (ananke), ma ad essa adeguandosi. Al Coro delle Oceanine che lo crede privo di senno (v. 472 sgg.), e lo paragona a un cattivo medico che, caduto nella malattia, non è capace di trovare i farmaci per curare se stesso, Prometeo controbat­ te facendo sapere quante ani e mezzi ha fornito agli uomini : egli li ha dotati di ogni tecnica, anche, come un buon medico, dei rimedi che allontanano le mal attie 19• Diversamente dagli uomini di Esiodo, che 11 Sull'intervento di Oceano, portavoce della prudenza opportunistica, propria dell 'eti· ca aristocratica., op portunismo che Prometeo sembra rifiutare per un atteggiamento di inflessibile intransigenza, ma che in realtà rifiuta per una spregiudicata considerazione di ordine tattico, cfr. G . CERRI, Il lingJ Zeus e il destino cfr. f. V !AN, 'Le conflit entre Zeus et l• destinée d•ns Eschyle', Rn.>. Ét.gr. SS, 1 942, p p . 190-2 1 6; J . P . VERNANT, op . cit. (vedi n. 20), p. 1 6S sg g . Sul passo in questione e in gener.le, cfr. B.C. DinRILH, Drath, Fau and the Gods , London 1%7 (1%5), pp. 9S, 86, n. 3. Un• diverS> interpreuzione dà V. DI BfNEDETTO, op. m., (ved1 n. 2 ), p. 1 0 1 sgg.

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Capitolo pnmo

Segreto e liberazione sono strettamente connessi : la profezia accortamente utilizzata gli permetterà di tornare libero; questa è il suo pharmakon , e da buon medico deve somministrarlo al momento più opportuno; non è conveniente perciò rivelarla, ma tenerla nascosta il più a lungo possibile (v. 525). Quello di Prometeo è un accorto ragionamento, la sua condotta la più adeguata da tenere secondo quanto stabilito da ananke; è inutile piegarsi al volere di Zeus, perché o Zeus cadrà, ed egli sarà libero, o continuerà a regnare, ma soltanto se lo avrà liberato H . Il Titano regola dunque, corretta­ mente il suo agire secondo l'esatta conoscenza degli eventi; questo comportamento però non è comprensibile a quanti non ne sono al corrente. Prometeo non rivelerà anzitempo il segreto né con le minacce, poi attuate, di più grandi pene e torture, né con l'eventuale uso di lusinghe e inganni da parte di Z eus (v. 989) . Come la forza, anche metis, se rivolta contro- Prometeo, non riuscirebbe a opporsi a quanto stabilito. La metis che Zeus dà prova di possedere è sempre violenta e tesa a sopraffare. Il Coro delle Oceanine, dopo la comparsa sulla scena d i I o , l a donna amata d a Zeus, e a causa s u a punita d a Hera, si augura che nessuna di loro sia mai oggetto dell ' amore di Zeus o di un dio; questo amore infatti, dalle fanciulle è definito una guerra senza battaglia, una via senza uscita (v. 904, apora porimos), perché mai la vittima, cioè la donna oggetto della passione di Zeus, potrebbe sfuggire a quanto la métis del dio trama per impadronirsi della sventurata; mai ella riuscirebbe a liberarsi opponendo qualche inge­ gnoso espediente a quelli di Zeus (vv . 901 sgg. ) . Con l e sue astuzie Zeus tenta di circuire anche I o , inviandole visioni notturne che con parole carezzevoli la convincano a sottosta­ re al suo desiderio 1 4 • A forza il re Inaco, per evi tare che venga distrutta la sua stirpe, è stato da lui costretto ad allontanare la figlia dalla reggia contro la propria volontà, e contro quella della fanciulla, seguendo quanto chiaramente ha indicato l'oracolo di Apollon, dopo che altri oracoli, da lui interpellati sui sogni di Io, si sono rivelati confusi e ambigui (v. 662) . Zeus, crudele pretendente della fanciulla, è sempre, qualunque cosa faccia, egualmente violento verso gli dei e verso gli uomini ( vv . 737 sgg. ) . Per questa pass ione che non conosce ostacoli, Io, innocente, è stata colpita dalla gelosia di Hera, e lJ Sul rifiuto prometeico ddl 'opportunismo e sulla scelta calcob.ta di non rivelare il segreto cfr. G. CERRI, !l lingwaggio, P- 90 sg g . " Prom. 640 sgg. Sulla presenza dell'episodio di l o nel Prometeo, cfr. J - F. BOITTII' R HTI , 'Religiosità eschi lea nel Prometeo", Maia 4, 1 95 1 , p. 1 4 sgg . ; F. Soi.MSfN, Hesiod and A rsclrylus, New Y ork 1 949. Di parere contrario H . L LOYD j ON>S ( ' Zeus in Aeschylus ', jou m. Hrii. Stud. 7 6 , 1 956, pp. S S -6 7; ' I l Prometeo incatenato di Eschilo", Dioniso XLIII, l% 9 ( 1 -4 ) , pp. 2 1 1 -2 1 8), secondo il quale Zeus, pur venendo a un accordo con Prometeo, non altera la sua natura. V. DI B>NH>ETTO [ op. cit. (vedi n. 2), p. 9 1 sgg.] non ritiene che esista alcun elemento tale da indurre a credere che Zeus dimostrasse nel Promttro liMato un atteggiamento meno rigido di quello tenuto nell'lncatmato; anche nel Promtteo libnato Eschilo doveva presentarlo nell'atto di e�rcitare un potere assoluto e imprevedi­ bile. Secondo G . CERRI (Il linguaggio, pp. 35, 1 08 ) , l ' ipotesi dell 'evoluzione è estranea a una linea interpretativa che si proponga di individuare le implicazioni polit iche sot tese all 'azion� dramm a tica.

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Capotolo primo

T aie liberazione avverrà per mano di un discendente della fanciulla: Eracle, l'eroe dall'arco glorioso, lo libererà dai propri mali; questo è l'oracolo che Prometeo ha ricevuto dalla madre Themis (vv . 871 sgg. ) . P i ù volte nella tragedia il Titano accenna all 'intervento liberatore di Eracle 2 6 • Secondo la tradizione mitica è l'eroe a colpire con le sue frecce l'aquila che tutti i giorni divora il fegato del Titano: questo infatti, è il supplizio che Hermes, alla fine del dramma, annuncia a Prometeo; di questa pena, egli dice, non ci sarà un termine prima che appaia un dio che riceva da lui i suoi affanni, e voglia andare nell'oscuro Ade e nei tenebrosi recessi del Tartaro (vv. 1 02 1 sgg.). Sempre secondo la tradizione è Chirone, che, ferito in modo incurabile dalle frecce di Eracle, rinunzia alla propria dolorosa immortalità, e prende il posto del Titano perché Prometeo sia libero 2 7 • Purtroppo i frammenti rimasti del Prometeo liberato non forniscono dati sufficienti per precisare come effettivamente avvenis­ se la sua liberazione, tuttavia non si può escludere che lo scambio avesse luogo 2 8 • Hermes, come Zeus, è all'oscuro di quanto accadrà, e non può quindi consapevolmente riferirsi a Chirone, ma gli spettato­ ri dovevano cogliere nelle sue parole l'allusione al ruolo svolto dal Centauro nella vicenda. La frase pronunziata da Hermes, inconsape­ vole, come lo stesso Zeus, del futuro, e per il quale è da escludere che quest'ultimo liberi Prometeo nei modi voluti dal Titano, può voler sottintendere la convinzione dell'eternità della pena di Prometeo, e l'assurdità del fatto che qualche dio possa rinunziare ad essere immortale per lui; con l'allusione fatta, Hermes finisce per sottoline­ are ancor più l'errata valutazione data da Zeus agli avvenimenti. Prometeo dispone dunque, nello stesso tempo, della conoscenza che gli viene da Themis, e della conoscenza che le proprie capacità gli procurano : la sua mente infatti, scorge più di quanto è manifesto. Zeus può disporre di metis, ma la sua metis è iRutile e vana, cieca di fronte a quanto stabilito dal destino; inoltre, ogni inganno o lusinga che egli voglia usare, è destinato a fallire come lo stesso Titano ripete più volte. Metis e bia non sono sufficienti per salvare la sua sovranità, soltanto la sapienza d i Prometeo può evitargli la rovina. Zeus deve però rest ituirgli la libertà riconoscendo che sconsideratamente non

" ?rom 27, 770- 774, 872-873; l'eroe figura anche tra i personaggi del Prometro /ibnato. ' ' Cfr. Apollod � , Il, V , I l ; V , 4, dove è Eracle che, dopo aver ucci so l 'aquila, lo presenta come sostituto d1 Prometeo. 21 In tal senso M . V A LGIMIG LI, Eschilo: la tri/ogia di Prometro, Bologna 1 904 , pp. 249, 28 1 ; L. S f cH AN, Le Mythe de Promhhée, Paris 1 95 1 , p. 7S; U . VON W I LAMOWITZ- M o u I I N D O R é l , op.cit. (vedi n. 1 ), p . 1 28 ; V . D1 B E N W>.TTO, op.cit. (vedi n . 2}, p p . 78-94 .

La �/4boru� tragic4 tk/ mùo ntl Prom�teo incatenato

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ha prestato ascolto al figlio dell'orth6boulos Themis quando, attri­ buendo a se stesso poteri oltre ogni limite, ha ripartito ingiustamente la timaf; proprio avvalendosi della conoscenza che Prometeo aveva ricevuto d alla dea, Zeus era arrivato al potere, e adesso, senza l 'aiuto di Prometeo, rischia di perderlo. Nell'ultima scena del dramma, Zeus tenta, attraverso Hermes, di carpire al Titano il suo segreto. Egli crede che con la forza o con 1 ' ingann o riuscirà a farlo capitolare, ma Prometeo è ben s aldo nel suo proposito. Il messaggero di Zeus gli si rivolge chiam andolo gran saggio (v. 944, sophist�n) e gli ordina di rivelare senza enigmi, quanto conosce 29 • Prometeo, che in tal modo ha parlato per lo, oppone il suo rifiuto, giudicando le parole di Hermes altisonanti e piene di superbia (v. 953 ) , e gli conferma quanto ha già detto al Coro: né con la persuasione di parole di miele, né con lo spavento di dure minacce (vv. 1 72 sgg.), Zeus riuscirà nel suo intento; non c'è tortura, né artificio (v. 989, mechanema) , con cui il sovrano possa indurlo a parlare, se prima non lo avrà slegato. Hermes, a sua volt4, lo giudica presuntuoso e in preda al delirio, se odia tanto gli dei ai quali ha sottratto i privilegi (v. 946) ; egli, agendo in tal modo, dimostra di non aver ancora appreso ad essere saggio, di non saper considerare se il suo comport amento gli è favorevole; invece di comportarsi da stolto, deve sforzarsi di ragionare giusta­ mente (v. 1 000 , orth8s phroneln ) sulle sue sciagure. Ma Prometeo ha già ben visto e ponderato tutto, perciò invano viene molestato; Hermes è più insensato di un fanciullo se crede che il Titano gli rivelerà per mano di chi cadrà la tirannide (vv. 987 sgg . ) . Il messaggero di Zeus, da parte s u a , riconosce c h e è inutile continuare a parlare perché Prometeo non si calma alle sue preghiere; quelli che all ' inizio del discorso erano ordini del padre, sono diventa­ ti dunque, preghiere. Prometeo si fa forte ma con debole astuzia; l'arroganza infatti, in chi non ragiona in modo assennato, dichiara Hermes, non ha alcun valore (vv. 1 007 sgg . ) ; deve perciò pensar bene,

" Kratos gli attribuisce lo stesso appellativo al v . 62. A sophistfs G . C ERRI (11 /ingHaggio, p. 93), riconosce un senso peggiorat iYo, ma privo, in questo contesto, di 01.llusioni a.l pensiero sofistico del V secolo 01.. C., come un01. parte della critica ha sost�nuto. Il termine fa allusione alla scaltrezz• sutxiol• del Ti uno, correlata sidott>U d• P. M AZoN (Hésiode, Paris 1967 ( 1 928) p. 4 q \ : i nverr � �� \\ ' ' 1 lH�od, 1 hrogony, Oxford 1 966 , p. 308), propone la correzione "'""' �p o (Th. 8 sgg . ) . Sovr>ni e poeti sono debitori alle Muse del potere di persuasione, potere che ai sovrani serve per risolvere le contese e conciliare i contendenti, e ai poeti per fare dimenticare i dispiaceri; l ' aedo celebrando le gesta degli uomini di un tempo, e innalzando un inno a g l 1 dei be a t i che concedono L e t e , h dimenticare dispiaceri e pene. Accanto alla funzione allietatrice, la poesia ha una funzione didattica: essa veicola conoscenze, siano quelle relative alla stirpe degli immortali e degli uomini del passato, o quelle relative a tecniche pastorali e agrarie, o a norme di comportamento. Esiodo non s i riconosce alcuna funzione giuridica di conci l i atore, funzione c h e spetta ai basilds , m a nell'ambito della seconda funzione, egli s i pone come evitatore delle contese ed esorutorè del!. pace, estendendo l< sue p.role d>l c:uo person>le del!. comunid. Cfr. mche J . M . D uBAN, ' Poets md Kings in rhe Thtion', Q�nto • lui e s i stono i dzkarmo: una discussione ' , DiaL di A rcbeoi. 2, ! 98 1 , pp. 37-38i F. A DORNO, 'La •cultura- ionica tra V I I e V I secolo', in S toria � cit.Jiltà dn G reci /, 2, M il>no 1 978, p. 608 sgg. 11 Xen. , Jr. l Gentili-Pr.to (Poetarum Elegiacorwm Testimonia et Fragmmta l , Leipzig 1 979). n Sull'espressiom· apo �YJ,d'1 Cr..,.a,� , di solito considerata equivalente d 1 cVoipita , cfr. D. B ABUT, 'Xénoph>ne cnuque des poètes ', A n tiquité Class. 43, 1 974, p. % s�., che le attribuisce il senso d i .- cura vigile dimostrata dagli uomini verso gli dei•.

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Capitolo qu.arto

tutti quei crimini d'ordine sociale che gli uomini devono evitare 2 ' . Come i racconti delle lotte e delle rivalità sorte tra gli dei, vanno banditi dai canti e dalla città, per preservare il suo « buon ordin e.. , così gli athemistia erga attribuiti alle divinità, devono essere cancellati dagli inni composti in loro onore. L 'orizzonte della polis è all ' interno del rispetto delle leggi; l 'eunomia è garantita da questo rispetto. La sophia del poeta deve perciò offrire ai cittadini, modelli di a ret�, esempi che tradotti in pratica generino eunomfa; deve invitare all'osservanza di dik�. delle leggi e all'attuazione di eirm�. di modo che nella città ci sia buon governo e benessere. Senofane opera al servizio dell 'ordine costituito per l'utile della polis, per un tempo che sia senza discordie interne: rispetta e sostiene l 'eunom[a oligarchi­ ca 2 5 . Su questo sfondo si inserisce la polemica condotta contro la vittoria agonale, da intendere non come un attacco all 'aristocrazia, ma come esigenza di ridimensionare l ' importanza attribuita all'atle­ tismo agonale all'interno della polis. I versi sull 'argomento sono riportati da Ateneo (X, 4 1 3 C-4 1 4 C) subito dopo la citazione di un lungo passo dell 'A utolico di Euripide ifr. 282 N . 2 ) , il quale • queste cose prese dalle elegie di Senofane di Colofon e.. 2 6

,. Xen., fr. 16 Gentili- Prato. D. BABUT, [art.cit. (vedi n. 23), p. 87 sgg.J, rileva la sfunutura giuridica dell'aggettivo athbnistos, confermata da Isocrate (B,.sirù, 38), e da Euripide nd i ' H..,.akln ( vv . 1 3 1 &- 1 7; I H I -2). 1' In questo stnso cfr. B. G ENTI L4 art. cit. (vedi n. 21), pp. 37-38. Un punto di visu democratico attribuisce invece a Senofane, J. S v EMBRO, op.cit. (vedi cap. Il, n. I l ) , p. 93 sgg. . In funzione dell'runomia della citt2 ci sembra vada considerata anche l 'opera d1 Parmenide, il fondatore dell'dtatismo, l�islatore e capo politico di Velia. pic�o!. città della cosu campana. Dopo quanto ha scntto A. C A PI Z Z I sul Proemio del Tirp< .,.or...ç ( /.a porta di Parmenid•. D� saggi P" 1ma mwva �ttMra dd po....n a , Roma l :T, C/ùttne I'A tbmiro. Essai sur la r'f'rbmtation d. l'tspace et d,. tnnps dans la pmsù polit"l� r;r«q� d. /a fin d,. Vl ' sieck à la mort d. Platon, Paris 1 973, p. 34 sgg.

Il t , sono offerte da un' iscrizione proveniente dall'agord di Atene. L'iscrizione, frammento del calendario dei sacrifici inciso sulle mura della Stoa reale nel periodo in cui fu compilato da Nicomaco e da altri, tra il 403 e il 399 a. C. , cioè dopo la restaurazione del governo democratico, e dopo un primo periodo di codificazione delle leggi, conclusosi con la salita al potere dei Trenta 1 , riporta

1 I l frammrnto è stato edito per la prima volu da J . H . O uvER in H"pnia �. 1 935, pp. 5-32. Sull 'opera di N icomaco e sul calend:>.rio, dr. S. Dow, 'The Athrnian Calend:>.r of

Capitolo quinto

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nella terza colonna i sacrifici trietencJ offerti a un certo numero di eroi e di dei dal ghenos degli Eumolpidai 2, durante la festa degli Eleusinia 3• La loro prima celebrazione, dopo la revisione del calenda­ rio, si sarebbe avuta nell ' anno in cui è databile la Prima Serie Trieterica di Nicomaco, e cioè nel 400 / 399 a.C. 4• Gli Eleusinia cadono nel mese di Metagheitnitm, probabilmente nel periodo tra il tredici e il venti; Metagheitnidn precede Boidromilm, il mese dei Misteri, e segue Hekatombai6n, il primo mese dell'anno attico, mese in cui si svolgevano i sacrifici riportati nella seconda colonna del framm e nto del calendario, relativi ai Synolkia 1• Il quindici del mese di Metagheitnitm gli spondofori, scelti nelle famiglie dei Kbykes e Sacrifices: the cronology of Nikomakhos' Second t=.", Histon.. IX, 1960, pp. 270-293, e 'The wal ls inscribed with Nikomakhos' Law Code', Hnf'"ia XXX , 1 96 1 , pp. 59-73. S ull o pdphisma di Tisarneno del 403 a. C., che decretava la codificazione delle l�gi, riportato integralmente nel discorso d i Andocide S.U Misu-ri, e sui suoi rapporti con l ' attività di Nicomaco, dr. D . M . M AC D mVE.LL, A ndokiJn, on tk Mystnln, Oxford 1 962, pp. 1 94- 1 99 , dove non si ritiene che questa seconda attivit.à di Nicomaco su in rebzione con il decreto di Tinrne n o . ' Agli E,.mo/pldai e a.i Ktryka compe=a.no determinati diritti e compiti sacrali in rduione ai Misteri eleusini, ma i primi avevano una po1izione predonùnante, cfr. L S tcH AN , P. UvtQUE, Lts Graruks Droinitts tU /a G rm, P ar i s 1 966 , p. 1 47 s�.; D. Roussu, Trib,. tt Ciel Ét,.dn '"r �. r;ro"pa mcia..x d.. n s �. cith p;r«qNn aMX � arch4iq� ti claniq�. Paris 1 976, p. 65 sgg . ; P. FoUCART, La misùra d'E�is. Paris 1914, p. 1 5 1 sgg . ; J . H . OuvER, T� A t�ian Expo,.ntkrs of t� Sacrtd and A nctstral L4VJ, Baltimore 1 950, p. 18 s gg . ; K . C L I NTON, TM sacrtd offu:ials of t� E�sinian M istnln, Plùladelpia 1 974, pp. 89-93. D opo la caduta dei Trenta ( A rist., A th. PoL 39), in base al l ' ac co rdo sottoscritto tra Atene ed E l ru s i (403-2 a. C.), fu confermato che la cun del santuario eleusino, comune alle due città, restava affi da ta, secondo la tradizione deir;li antenati, a.i Kirykts e agli ENmolpldai, dr. J. D. M IRALSON, T� sacred and eroi/ calnuL.r of tk A t�ian ytar, Princeton 1 975, p. 253 sgg. ' P. BoYANCt ('Sur les mys ttres d'Eleusis', RtfJ. lt gr. LXXV, 1 962, pp. 460--4 8 2), seguendo l'interpretazione data da 0 U V ER, (art cit (vedi n. l), 27], ritiene che tali



sacrifici fossero compiuti durante la celebrazione dei Misteri ne mese di Botdromi6n (settembre-ttobre). S. Dow [art. cit. (vedi n. l , Historia 1 960), p. 288], sottolineando la triettticità dei sacrifici in questione, elimina dalle probabili feste i M i steri, essendo q�sti annw.Ji, e i grandi Ek-wsinia, es se n do pcnteterici. Per la distinz ione tra Ekwsini4 e Misteri, dr. P. FouCART, op. ciL (vedi n. 2), p. 1 43 sgg. Restano dunque i p i cco li E�inia, che sono trieterici essendo celebrati nel primo e nel terzo ann o di ogni Olimpiade. • Cfr. S. Dow, art. cit. (vedi n. l, Historia 1 960) p. 289. ' La festa trieterica degli E�..sinia (IG II, n. 8H b; A ri s t. A th. cadeva dopo i Panathlnaia, celebrati il 28 di Htkatornbaidn (luglio-agosto), e prima del 1 2 Botdromitm , data dd sacrificio per la democrazia, stabilito dopo la caduta dei Trenta. Secondo J. D. M IRALSON [op. cit. (vedi n . 2), pp. #>- 1 99] , il considerevole numero delle feste ricornnti nella prima metà dJ Botdromidn è a sfavore del l ' ipote s i avanzata da M OMMSEN (D� Ftsk dn Stadt A t� in A lttrtNm, pp. 1 79- 1 90), =ondo la quale gli E�simA cadrebbero nel periodo dal 7 al I O BotdromitJn, mentre l ' ipotesi di D EUBNER (A ttis� Ftstt, p. 9 1 ) , che li data nel mese di Mttagbntni6n ( agosto-settembre) , è avvalorata dal fatto che il sacrificio biennale degli E�.. sinia, nel calendario sacrificale della tetrapoli maratonu, cade appunto

,

PoL 54),

in questo mese (IG I I ' , 1 3 58 , col. II, lin. 43-'47); pertanto �li crede probabile per gli E�sinia il periodo compreso tra il 15 e il 18 di Mttagbntn"Jm.

Il adto

99

degli Eumolpidai (IG II, 605), annunziavano la tregua bandita per la celebrazione dei Misteri; tregua che durava per tutto il mese di Boèdromifm e nei quindici giorni del mese successivo. Gli Eleusinia, istituiti, a quanto dice Aristotele, per ringraziare Demeter, che aveva fatto conoscere agli uomini il grano, cadono in un periodo di stasi del ciclo agrario, quando il grano è già stato mietuto e non è stato ancora seminato, e coincidono con l'apertura dei Misteri, cioè con la proclamazione della tregua • . Tornando al contenuto del framme nto, il sacrificio riportato dal calendario sacrificale ateniese, è offerto d al ghenos degli Eumolpidai a Themis, a Zeus Herkeios, a Demeter, a Pherréphatta, a Eumolpos, a D6lichos, ad Archeghétes, a Polyssenos, a Thrept6s, a Diokles e a Kele6s. Tra gli eroi eleusini citati, il primo è Eumolpos, antenato degli Eumolpidai; costui e gli altri cinque eroi sono i principi themistop6loi che governavano a Eleusi quando Demeter giunse nel borgo alla ricerca della figlia 7 • Gli Eumolpfdai sacrificano dunque a quei basileis detentori delle thémistes, ai quali Demeter aveva insegna­ to il compimento dei sacri Misteri, gli 6rghia kalà semnà, e tra questi c'è anche l ' antenato del loro ghenos 8 • Accanto ai principi chiamati da Demeter alla celebrazione dei Misteri, il ghenos sacrifica a Themis, dea del diritto orale, e a Zeus Herkeios, dio tutelare del ghenos, che veglia sui suoi diritti e doveri 9 • ' Cfr. fr. 637 Rose. 11 .\'�mio assegnato ai vincitori, nei giochi che si tenevano durante gli Ekwsinia , coruisteva m · m isure di orzo raccolto nella piana Raria, dove Tript6lemos per primo aveva seminato per ordine della dea; cfr. Paus. , l , 1 4, 2; 38, 6; Sch. a Pind. , 01. IX, !50 b (l, p. 302 Drachmann). 7 Cfr. vv . 1 53 - 1 55; 473 sgg. Narra Pausania (l, 38, 3) che E.Jmolpos, dopo una guerra sfortunau con Atene, nella quale ptne la viu Erettt'O, si sottomise a condizione cht Elewi avrebbe conservato ogni diritto alla celebrazi one dei Misteri. Keryx, i l più giovane dei suoi figli, è indicato come il capostipite dei Khk"; questi ultimi pero, preferivano la versione che faceva Keryx figlio di Herrnes e di Aglauros, una delle figlie di Cecrope; cfr. D . M uST I · L. B E.SCHI, op. cit. (vedi cap. I I I , n. 1 9), p. 4 1 0. J . H. O uvER [art. cit. (vedi n. 1 ), p. 26] identifica il Tript6lemos dell 'Inno omnico con il Thrept6s dell'iscrizione, rilevando come nell'Inno, Tript6lemos non è ancora il più grande degli eroi eleusini, quale sarà nella versione orfica, nella tragedia e nelle raffigurazioni. Identifica inoltre Archeghotes con lakchos (p. 27), interpretando m tal senso il passo di Strabone (X, 468), nel quale è detto che si dà il nome di Iakchos a • l'arch.ghtw dei Miste ri• , qualificato come -daimon di Demeter» . I l sacrificio a I akchos non era compreso nella prima edizione delle leggi di Solone, essendo la sua importanza dovuta a un fatto connesso con la battaglia di S alamina, dr. Herod . , V I I I , 65. Durante il V sec a. C . la figura divina si sviluppO a tal punto che, quando le leggi di Solone furono revisionate e pubblicate alla fine dd secolo, fu incluso anche un sacrificio a Iakchos, annoverato tra gli eroi eleusini. Su Archeghétes- Iakchos, cfr. P. BoYANCt, art. cit. (vedi n. 3), p. 48 1 . 1 Cfr. v. 476. Sul ghmos come corporazione religiosa, cfr. D. R oussH., op. cit. (vedi n . 2), p. 65 s gg . ; G . C ERRI, L�gislaziont, p. 46 n. 1 4. ' Cfr. Ari st., A th. PoL 55; Demos t . , L V I I , 67. M. P. N ILSSON, op. cit l (vedi cap. l l l , n . IO), p. 403, 557. Ad A tene la partecipazione al culto di Zeus Hetkeios era u n a prova di cittadinanza da fornire nella doleimasla degli arconti.

1 00

Capitolo quinto

Nel culto eleusino, al ghenos degli Eumolpidai spettavano le funzioni di interpreti delle disposizioni e degli usi di diritto trasmessi dalla tradizione orale degli antenati : erano gli ex�ghna{ della legge non scritta, conosciuta soltanto da alcuni per tradizione familiare, e ignota ai più 10• I discendenti di EWnolpos, basileus themistop6/os, erano riusciti a conquistare un posto preminente nello svolgimento dei Misteri (posto che l'inno omerico non riconosce loro), monopo­ lizzando la funzione esegetica nonostante le opposizioni di altri ghenl! 1 1 • La presenza della dea Themis, nominata per prima tra i destinatari del sacrificio, non può non essere collegata alla funzione esegetica degli Eumolpida� il ghenos che con altri ghenl! di Eleusi ha detenuto e applicato il patrimonio giuridico orale, e il cui antenato, con gli altri capostipiti themistop6/o� nobili che già dicevano le thémistes, ebbe da Demeter il sacro ufficio e i misteri belli e santi, cioè i riti e le indicazioni per compierli, le norme per la loro esecuzione. G li Eumolpidai come ghenos (e la presenta di Zeus Herkeios lo sottolinea) sacrificano a Themis, dea del diritto orale, del quale sono stati depositari, e che adesso applicano soltanto nell'ambito dei riti eleusini, affinché la dea garante della loro funzione, confermi e dia validità al loro operato, prima che prendano sotto controllo lo svolgimento dei Misteri, nel momento in cui viene proclamata la tregua e si apre il tempo del rito. Nelle Baccanti di Euripide, 10 Queste leggi, probabi lmente nel I sec. a. C., ebbero una codificazione scritta. Cicerone prega Attico di procurargliene una copia per un (X>"ta suo amico: ThyiJU.s le rogat et ego eiNs rogaiN E�� ol.su &;;v attica dell'ellenumo', Riti. dt/1'/st. d'A rch. t St dell'Art. V I I , 1 940, pp. 22-24, fig. 4; L. WENIGER, Thtmis, col. 577 sgg.; H . V os, enm . p. 70 sgg . ; E. A . G ARDNER, ' A rchaelogy in Grece 1 890-9 l ' , joum. Ht/L Stud. 1 89 1 , p. J�l sgg. L'ipotesi che non si tntti di un> statua raffigurante la dea, ma di un'offerta votiva è stata avanzata da J . G . f RAZER {op.cit. (vedi n. 21 ), p. 448 sgg. ] . 11 Un• delle iscrizioni (/G Il, 5, 1 233 c) è incisa sull• bue della su tu> della dea Themis proveniente dal tempio. Essa prest"n t :l ciC"IIr :1eg:iH ntr" o;uccro;c;ivt>. cht> ne nmdono i ncerta la

U�:l rr!m�

p :t rt r ciict" che Mr·ra:ditç M ()'O lC[li:o\1), e dedicati entrambi da un certo Sostrato, uno • Themis, quando era sacerdotessa Filostnte, l'altro a Némesis, quando era sacerdotessa Callisto (/G II 1, 1 5 70/ 1 57 1 ) ; un• terza iscrizione riguard• l• sutu. di un• sacerdotessa di Némesis, dell• fine del terzo secolo >.C., dedic>U a Themis d>l figlio de li• s.cerdotessa raffigurata (/G Il, 5 , 1 380 b). " Su tale concetto di giustizi• cfr. B. G ENTILI, art. cit. (vedi c>p. IV, n. 2 1 ) , pp. 1 02- 1 03. 2 4 Su tale significato assunto d a l termine nim�sis, cfr. E. L ARCX:HE, Histoirt d� la raànt Nem. m grl'C ancim, P>ris 1 949, pp. 89-94.

Il odto

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controllo sociale trova in némesis una sanzione atta a mantenere sufficiente il livello di consenso alle regole esistenti da parte della comunità 25• La sua presenza attesta l'esistenza di un alto grado di osservanza. I l venir meno dell'osservanza e del consenso comune, il rifiuto delle regole, di quanto sin allora è stato considerato giusto, rende inutile l'applicaz ione di némesis: nessuna sanzione è necessaria per un componamento che non è ritenuto contro la regola. La dea esiodea N émesis, che con A id6s abbandona la terra sulla quale gli uomini non rispettano più le tbémistes, sta a indicare il completo sfacelo della razza umana che ha rifiutato le norme esistenti 26• Per chi non prova vergogna dinanzi al proprio componarnento, contra­ rio a regole che non trovano più consenso, némesis è superflua. Presente sulla terra come pema thnetoisi brotoisi (Th. 223), tormento e flagello dei monali che cali>e stano themis, némesis è con questa sua presenza, allo stesso tempo, un bene, perché fino a quando c'è lei, c'è l'accettazione delle leggi. Con il declino del mondo aristocratico dei gh�, viene meno il significato giuridico del rappono themis-némesis; némesis, da sanzio­ ne per chi offende themis e non rispetta la parte assegnata, da riprovazione collettiva, o sentimento morale, diventa il castigo della hybris, vendetta e gelosia degli dei che interviene colpendo chi va al di là del dovuto, attenta a far rispettare la distribuzione delle parti, di quanto è destinato. Némesis diventa la • giustiziera•, colei che distribuisce i castighi, ripona alla misura lo hybrist�s e ristabilisce l'equilibrio nel mondo, compensando le fonune eccess ive con le sventure ineluttabili 2 7• A questa logica, crediamo, si possa riponare, nel contesto cultuale di Ramnunte, la presenza di Themis. Perduto il valore •giuridico•, sul piano etico Themis rappresenta l 'ordine che Némesis, la dea garante della distribuzione, deve mantenere; diventa essa stessa · distributrice•, garantendo la giusta assegnazione del successo a chi lo ha meritato. In questo senso sembrano condurre i pochi tardi dati forniti dallo spazio cultuale di Ramnunte: l'iscrizioai&Jç ed U.mdfl . il primo come sanzione soggettiva che colpisce chi 1 � Sui termini v irne meno alla regol� e il set.:ondo come infamia che colpisce l'atto che ha provocato C ai&:.; , cfr. E. ANTAR E LL À , op.cit. (vedi premessa, n . 1 ) , p. 2 1 0 sgg. �.Erg. 1 82-201 . Sull'unione d1 Ai. &:w; l' NfJltatç . intesa come reminiscenza america, e sull'eneità alla Ni�rmç esiodea Jell " tdea Ji venJetu divina, d .. ignau ancon d :ù l'ome­ rico oKtç , cfr. E. LAKVLHE, op. cit. (vedi n . 24), p. 94 sgg.; cfr. anche G. M URRAY, Le . origm1 dell'Epica Greca, M i lano 1 96-4 (Oxford 1 934), p. 1 09 sgg. . 1 7 Cfr. E. LAROCHE, op. cit. (vedi n. 24). p. 98 sgg.; U. BIANCHI, op. Cll. (vedi cap. I l , n . di Dionigi nella definizione stessa; a s s e 1:iiXT'I pa IJOl a n u diventa s Némesi . g g s 0 1 38), p. d'Aiica.nusso (M, 8), nppresen" Tu;t� nd suo aspetto , e l'altro alle Thémistes, ambedue innalzati da Pitteo. Quest'ul t i ­ m o culto è stato messo in relazione c o n l'episodio dell'oracolo dato d011 Themis a E g e o ( v . p. 1 40) . Pitteo infatt i , al contrario di Egeo, s u o ospite, aveva compreso le os.t:ure parole dell'oracolo, e tacendo. l ' aveva fatto unire con la propria figlia Etra, perché da le i nascesse Teseo; cfr. H . V m. SEMll: . · 76. Nulla s i sa dell'oracolo attribuito a Dionysos, né è P conosciuto un culto Je!Je rhemistes.

Il odto

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Castalia; su di essa è inciso, in caratteri del V secolo a.C., il nome di Themis l i . Del III sec. a.C. è un'iscrizione proveniente dal santuario oracolare di Apollon Didymeios; essa riporta l'elenco delle donazioni fatte dal re Seleuco ad alcune divinità invocate come(koì ac.>�ij p[ç, tra queste Themis 3 2 • Anche se il contesto è oracolare e l'oracolarità di Apollon Didymeios è indicata con il termine themisteliein n , va rilevato che Themis presenta anche tratti di divinità datrice di salvezza 34 • Occorre arrivare poi a un'iscrizione del II secolo d . C . , un regola­ mento religioso proveniente dall'Ascll>piefon di Pergamo, edificato tra il 350 e il 325 a.C., per ritrovare Themis in un contesto oracolare 35; tra i sacrifici preliminari all'incubazione è prescritta l'offerta di tre dolci deposti la sera, due sulla thyméle esterna in onore di Tyche e Mnemosyne, l'altro nel Koimetérion, il portico d'incuba­ zione, in onore di Themis 36 " Secondo G . Roux (Dtlphts. San oraclt tt "' die>