Storia di Roma. L’impero mediterraneo. La repubblica imperiale [Vol. 2.1] 9788806117412

L’impero mediterraneo è il titolo del secondo volume, diviso in tre sezioni distinte. Nella prima trova posto la storia

390 125 78MB

Italian Pages 1168 Year 1990

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Storia di Roma. L’impero mediterraneo. La repubblica imperiale [Vol. 2.1]
 9788806117412

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Storia di Roma Progetto di Arnaldo Momigliano e Aldo Schiavone Direzione di Aldo Schiavone

I

Roma in I t alia II

L'impero mediterraneo I. La repubblica imperiale 2. I principi e il mondo III

L'età tardoantica I. Crisi e trasformazioni 2. I luoghi e le culture IV

Caratteri e morfologie

Questo volume è stato curato da Guido Clemente, Filippo Coarelli, Emilio Gabba Hanno collaborato al progetto: Carmine Ampolo, Andrea Carandini, Guido Clemente, Filippo Coarelli, Lellia Cracco Ruggini, Emilio Gabba, Andrea Giardina, Domenico Musti, Mario Torelli.

Storia di Roma Vohime secondo L'impero mediterraneo I

La repubblica imperiale

Giulio Einaudi editore

CoorditUJmento: W alter Barberis. Redt;:zione e reali:;::;:a:;:ione tecnica: Enrico Buzzano, Gloriano Bosio, Nino Colombo, Gianfranco Folco, Mario Giovenale, Enrica Melossi. Indici: Piero Arlorio e Valerio Marona. Traduzioni di Piero Arlorio, pp. I 33-42, 385-98, 83 I-57; Silvia Bemporad Servi, pp. 479-5 I4, 595-630; Anselmo Baroni, pp. 9I-I 22; Ugo Gherner, I43·58, 399-4I 2; Giovanni Salmeri, pp. 557-94.

©

I990 Giulio Einaudi editore s. p. a., Torino ISBN 88·o6-I I 74 I -6

Indice

p. 3

Premessa

Parte prima Le trasfonnazioni del III secolo EMILIO GABBA

La società romana fra IV e m secolo 7 9

I.

2.

I I

3.

3 I 4 I 6

5. 6.

I

4.

Gli esiti del progresso economico Crescita sociale e coscienza civica La colonizzazione latina I nuovi modi di sfruttamento delle terre pubbliche I mutamenti nelle istituzioni militari La nuova articolazione del corpo sociale

GUIDO CLEMENTE

Dal territorio della città all'egemonia in Italia I9 26

3o 34

Roma e il Lazio La confederazione italica 3. Roma e l'I talia nel m secolo 4· La guerra di Pirro e la Magna Grecia I.

2.

GUIDO CLEMENTE

Basi sociali e assetti istituzionali nell'età della conquista 40 45 49

Tra vecchio e nuovo: Appio Claudio Cieco I problemi dell'espansione territoriale 3. Tradizione politica e nuovi ceti I.

2.

EMILIO GABBA

La prima guerra punica e gli inizi dell'espansione transmarina 55

I.

58

2.

Premesse politiche e culturali l Mamertini di Messina e la responsabilità della guerra

VIII

Indice .p. 6r 65 66

3. Lo svolgimento della guerra. La conquista della Sicilia

4· La conquista della Sardegna 5. La guerra illirica EMILIO GABBA

La conquista della Gallia Cisalpina 69 72 73

La minaccia gallica La riconquista del II secolo 3. La colonizzazione e la romanizzazione I .

2.

GUIDO CLEMENTE

La guerra annibalica 79 Bo

2.

Br B3 B5 B6

3· 4· 5. 6.

I.

Le ragioni della guerra Gli obiettivi Lo svolgimento La guerra in Oriente Dal temporeggiamento alla campagna africana L'aristocrazia e il popolo

MICHAEL H. CRAWFORD

Origini e sviluppi del sistema provinciale romano 9I 96 99 IOJ I I2 I I7

I. 2.

3. 4· 5· 6.

Il controllo della Sicilia Un potere mondiale I primi assetti istituzionali Gli sviluppi fra II e I secolo L'ultima età repubblicana Gli editti provinciali

MARIO TORELLI

La formazione della villa I 23 I 25

127

I precedenti La trasformazione del IV secolo 3· Dall'espansione del III secolo alla villa r.

2.

PIERRE GROS

133

L'organizzazione dello spazio pubblico e privato JEAN·PAUL MOREL

L'artigiana t o e gli artigiani I43 I45

r. 2.

Una nuova visione dell'artigianato romano Facies regionali nell'Italia del primo periodo ellenistico

Indice p. I49 I 52

3. 4·

Ij6

5.

Statuto, mentalità e condizioni dell'artigiano L'artigianato nell'espansione romana La rottura del III secolo

FILIPPO COARELLI

Cultura artistica e società 59

I.

I62

2.

I65

3· 4· 5. 6.

I

I

7I

I

77

I8I

Problemi metodologici: acculturazione ed ellenizzazione Modelli architettonici: l'edificio terpplare e la domus La pittura ufficiale: Fabio Pittore La Estensione della legislazione romana agli alleati Soprusi di singoli magistrati romani Interventi richiesti da stati alleati Realistica accettazione dell'egemonia di Roma: compartecipazione agli utili Processi spontanei di assimilazione Conseguenze delle differenze di ((Status>> in campo privatistico e in campo pubblicistico Il miraggio dell'uguaglianza

ENRICO CAMPANILE

305

L'assimilazione culturale del mondo italico MAURO MENICHETTI

313

Archeologia della conquista romana GUIDO CLEMENTE

L'economia imperiale romana 365 367

3 75 3 78 381

Le conquiste e la nuova ricchezza I profitti dell'impero 3. Le trasformazioni agrarie e il commercio 4. Publicani, negotiatores, mercatores 5· La Gallia meridionale, i populares, gli equites, i mercanti 1.

2.

PIERRE GROS

385

L'urbanesimo romano dopo le guerre d'Oriente JEAN-PAUL MOREL

La produzione artigianale e il commercio transmarino 399 402

1.

2.

L'esempio delle grandi produzioni ceramiche a vernice nera La diversità dei modi di produzione

Indice p. 404 407 4II

3· L'esportazione 4· Gli uomini

5· Versoi'Impero

Parte terza Diritto, religione, letteratura, arte nell'età della conquista ALDO SCHIA VONE

Pensiero giuridico e razionalità aristocratica I.

SCRITIURA E POLITICA FRA APPIO CLAUDIO E SESTO ELIO

4I 5 4I8

r. La memoria e il testo

2. Da Appio Claudio a Sesto Elio II.

LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA

422 42 5 432 463

r. Premessa

2. Il preludio 3· La svolta 4· Il cambiamento ALAN WATSON

Il diritto privato 479 484 49I 496 50 I 508 509 509 5I 3

I. 2. 3· 4. 5·

6. 7.

8. 9.

Premessa Il diritto delle persone Il diritto di proprietà Il diritto di successione Il diritto dei contratti Diritti di garanzia Actio negotiorum gestorum I de/icta Il diritto degli schiavi

FRANCO CASA VOLA

La legislazione comiziale e l'editto 5I5 5 I7 524 530

Premessa Il modello della /ex 3· Leggi e assemblee. I contenuti della legislazione 4· L'editto del pretore I.

2.

XI

Indice

XII

BERNARDO SANTALUCIA

La repressione penale e le garanzie del cittadino p. 53 5 540 548

I. Luci ed ombre del processo comiziale 2. Corti straordinarie e corti permanenti fino alla restaurazione sillana 3. I tribunali sillani

JOHNNORTH

La religione repubblicana 557 562 567 576 587 590

1.

2. 3· 4· 5. 6.

Continuità e discontinuità La monarchia del VI secolo e la sua caduta L'ordinamento religioso repubblicano L'evoluzione dell'ordinamento religioso repubblicano Augusto e l'immagine del declino repubblicano Gli inizi della repubblica

HENRY DAVIDJOCELYN

Forme letterarie e vita sociale 595 598 6oo 6oi 602 6o4 6I 3 614 6I 8 622 626 629

Introduzione L'oratoria politica Le registrazioni burocratiche La versificazione popolare La prosa e la poesia delle iscrizioni La poesia scenica La poesia cerimoniale La poesia eroica La prosa tecnica IO. La prosa narrativa I I. La poesia occasionale I 2. Conclusioni I.

2. 3. 4· 5. 6. 7. 8. 9·

FILIPPO COARELLI

La cultura figurativa 63 I 633 637 643 648 656

1. Rotture e continuità negli anni della seconda guerra punica 2. Il modello «scipionico>> 3· Le testimonianze dell'ellenizzazione 4· «Morte>> e «rinascita>> dell'arte. Politica e cultura in Grecia negli anni della conquista romana 5· La figura di Emilio Paolo 6. Polycles e le botteghe neoattiche

Indice

Parte quarta Fra crisi e riforma: politica, società, cultura EMIUO GABBA

Il tentativo dei Gracchi EMIUOGABBA

Il declino della milizia cittadina e l'arruolamento dei proletari EMIUOGABBA

Dallo stato-città allo stato municipale 697 70 I 706 7II 7I 4

I. Verso la guerra sociale

Il tribunato di M. Li vi o Druso e la guerra sociale 3· L'Italia dopo la guerra sociale 4· Silla 5· Sertorio 2.

DANIELE FORABOSCHI

La rivolta di Spartaco 7I5 7I 8 7I9

7 20 722

r. L'ultimagrande rivolta

Gli schiavi e i loro alleati 3· L'ideologia di Spartaco 4· La lunga marcia attraverso l'Italia 5· Dopo la rivolta 2.

PAOLO DESIDERI

Mitridate e Roma 72 5

r. Introduzione

72 7 73 I

2.

735

Un a guerra ideologica

3· Storiografia, interessi, propaganda 4· Conclusione ETTORE LEPORE

La crisi della nobilitas: fra reazione e riforma 737 74° 747 75 2

r. Il > Caesarodunum. Bulletin de l'Institut d'études latines de l'Université de Tours, Centre de recherches A. Piganiol «Chiron>> Chiron. Mitteilungen der Kommission fiir alte Geschichte und Epigraphie des Deutschen Archaologischen Instituts

CIL Corpus Inscriptionum Latinarum, Berlin r863 sgg. CISA Contributi dell'Istituto di Storia Antica dell'Università del Sacro Cuore, Milano C] The Classica!Journal ClAn t Classica! Antiquity

CLE Carmina Latina Epigraphica, Leipzig r895 «Clio>> Clio. Rivista ... di studi storici CLPA Cahiers Ligures de Préhistoire et d' Archéologie CPh The Classica! Philology CQ Classica! Quarterly CR Classica! Review CRAI Comptes Rendus de l' Académie des Inscriptions et belles-lettres

es Critica Storica CSSH Comparative Studies in Society and History DArch Dialoghi di Archeologia

Digesto Digesta Iustiniani Augusti, editio maior, Berlin r866-7o «Diogène>> Diogène. Revue ... de la Philosophie et cles Sciences humaines

Doxa. Rassegna critica di antichità classica DWA Denkschriften der Òsterreichische Akademie der Wissenschaften, Philosophisch-Historische Klasse

Elenco delle abbreviazioni

XXXlll

EA Epigraphica Anatolica «Emerita» Emerita. Revista de linguistica y filologia clasica ,.Eos» Eos. Commentarii Societatis Philologae Polonorum «Eranos» Eranos. Acta Philologica Suecana

FGrHist Die Fragmente der griechischen Historiker, I-II Ber!in 1923, 1930; III Leiden 1958 «Figlina>> Figlina. Publiée parla Société française d'étude de la céramique en Gaule et par le Laboratoire de céramologie de Lyon

FIRA Fontes luris Romani Anteiustiniani, 3 voli., Firenze 194o-43 (vol. III: rist. 1968 con Appendice) Fontes 7 Fontes Iuris Romani Antiqui. Leges et negotia, Tiibingen 1909 7 «Germania» Germania. Anzeiger der Romisch-Germanischen Kommission des Deutschen Archaologischen lnstituts GIF Giornale I t aliano di Filologia G. L.

Grammatici Latini, ed. Keil, Leipzig 1855-80 (rist. Hildesheim 1961) «Giotta>> Glot t a. Zeitschrift fiir griechische und lateinische Sprache «Gnomon>> Gnomon. Kritische Zeitschrift fiir die gesamte klassische Altertumswissenschaft GRBS Greek, Roman and Byzantine Studies GromVet Cromatici Veteres, ed. Lachmann, Berlin 1848 «Gymnasium>> Gymnasium. Zeitschrift fiir Kultur der Antike und humanistische Bildung «Hermes>> H ermes. Zeitschrift fiir klassische Philologie «Hesperia» Hesperia. Journal of the American School of Classica! Studies at Athens

lura. Rivista internazionale di diritto romano e antico JDAI Jahrbuch des Deutschen Archaologischen lnstituts

]FA Journal of Field Archeology

]HS Journal of Hellenic Studies JRS Journal of Roman Studies «Klio>> Klio. Beitrage zur alten Geschichte «Kokalos>> KwxcxÀo~. Studi pubblicati dall'Istituto di storia antica dell'Università di Palermo «Ktèma» Ktèma. Civilisations de l'Orient, de la Grèce et de Rome antiques KZ Zeitschrift fiir vergleichende Sprachforschung (Kuhn's Zeitschrift) «Labeo>> Labeo. Rassegna di diritto romano «Latomus» Latomus. Revue d'études latines LCM Liverpool Classica! Monthly L&S Lingua e Stile

Elenco delle abbreviazioni

xxxv

MAAN Memorie dell'Accademia di Archeologia, lettere e belle arti di Napoli MAAR Memoirs of the American Academy in Rome «Maia» Mai a. Rivista di letterature classiche MAL Memorie della classe di scienze morali e storiche dell'Accademia dei Lincei MD Materiali e Discussioni per l'analisi dei testi classici MDAI(A) Mitteilungen des Deutschen Archaologischen Instituts (Athenische Abteilung) MDAI(R) Mitteilungen des Deutschen Archaologischen Instituts (Romische Abteilung) MEFR Mélanges d'archéologie et d'histoire de I'Ecole française de Rome (fino al 1971) ME FRA Mélanges d'archéologie et d'histoire de I'Ecole française de Rome. Antiquité (dal 1971) MEFRM Mélanges de I'Ecole française de Rome. Moyen age et temps modernes (dal 197 1)

MGH Monumento Germaniae Historica inde ab anno Christi quingentesimo usque ad annum millesimum et quingentesimum aurpiciis Societatis aperiendis fonti bus rerum Germanicarum medii aevi, Berlin 1877 MH Museum Helveticum. Revue suisse pour l' étude de l' antiquité classique MIL Memorie dell'Istituto Lombardo, Accademia di scienze e lettere, Classe di lettere, scienze morali e storiche MKNAW Mededelingen der koninklijke Nederlandse Akademie van Wetenschapen, Aft. Letterkunde >, XXXV (1986), pp. 280-307; E. GABBA, Le fonti storiche ci t., pp. 30-31. 27 CICERONE, Difesa di Balbo, 31; G. LURASCHI, Foedus lus Latii Civiws. Aspetti costituzionali della romaniuazione in Transpadana, Padova 1979, pp. 23 sgg.; E. GABBA, Storia di Pavia ci t., pp. 214-1 5· 18 LIVIO, 41.I.8, 41.5.5 e 4'-5-9; APPIANO, Guerre civili, I.I7J, 1.188-89, 1.219-20; CIL, l', 864; PLUTARCO, Vita di 5ertorio, 4.1-2; per iltributum: I Maccabei, 8.2; STRADONE, 4.6.3 (Liguri). 29 Sulla via Annia da Adria ad Aquileia: T. P. WISEMAN, Roman Republican Road-Building, in PBSR, XXXVIII (1970), pp. I28-3o; in generale: E. BUCHI (a cura di), vol. I di Il Veneto in età romana, Verona 1987 (specialmente L. BOSIO, Il ten-itorio: la viabilità e il paesaggio agrario, pp. 59 sgg. e G. CAVALIERJ MANASSE (a cura di), vol. II di Il Veneto in età romana ci t.

Gabba

La conquista della Gallia Cisalpina

77

pino fu un fenomeno generale nella Valle Padana, area seclusa e grande mercato separato rispetto all'Italia centrale e a Roma. Anche in territorio insubre i rapporti economici con l'area cispadana andarono infittendosi nella seconda metà del II secolo; la rete fluviale suppliva là dove mancavano ancora strade attrezzate; gli elementi che avevano servito come ausiliari nell'esercito romano saranno stati, al loro ritorno in patria, veicoli di trasmissione di idee e di modi di vita; presenze di proprietari terrieri romani in territorio insubre sono attestati per il periodo finale del secolo. L'integrazione non teneva conto, come pure all'interno delle comunità italiche del centro-sud, delle differenze di ordine politico-giuridico. Si spiega cos{ la partecipazione di Galli fra gli insorti italici al momento della guerra sociale'0, perché anche in quelle tribu doveva essersi sviluppata l'esigenza di richiedere la cittadinanza romana. È quindi in un mondo oramai abbastanza omogeneo per un avanzato processo di romanizzazione, sociale economico culturale, che venne ad abbattersi nel 102-101 a. C. l'invasione germanica dei Cimbri che, se interessò soprattutto la Venezia meridionale - è li che si svolsero le campagne di Gaio Mario e di Q. Lutazio Catulo fino alla decisiva vittoria di Vercellae o dei Campi Raudii, fra Rovigo e Ferrara-, avrà tuttavia coinvolto anche I' area insubre ' 1 • Le guerre germaniche della fine del II secolo, sia in Gallia Narbonense sia nell'Italia settentrionale, devono aver avuto, come già quelle galliche un secolo avanti, l'effetto di far meglio sentire l' esistenza di una qualche unità italica con Roma, dettata s{ da comunanza di interessi e di timori, non ancora dimenticati cinquant'anni dopo, ma anche sorretta da una notevole compenetrazione culturale oramai raggiunta. Jo APPIANO, Guerre civili, I .177, 1.188; SISENNA, fr. 29,7I,]2 (Peter); per FRONTINO, Stratagemmi, I ·9·3' E. GABBA, Un episodio oscuro della storia di Mediolanium, in RIL, CXVIII (I984), pp. 99·103. " J. ZENNARl, I Vercelli dei Celti nella Valle Padana e l'invasione cimbrica della Venezia, in >, VII (I97J), pp. 47·53· 106 J. s. RICHARDSON, Hispaniae cit., p. 6, nota 2 7, cita ricorrenze del termine augustee e posteriori. 1o 7 PLINIO, Storia naturale, 3-37· 1oa CICERONE, Sulle province consoltJri, 6 e 27. 109 Cfr. L. PEPPE, SulltJ giurisdizione in populos liberos del governatore provinciale al tempo di Cicerone, Milano 1988, con la recensione di A. Limott, inJRS, LXXIX (1989), p. '94· 110 I conventus d'Asia sono attestati per la prima volta in CICERONE, Difesa di Lucio Valeria FltJcco, 68, ma possono risalire alr29 o a Silla; per i governatori in viaggio cfr., ad esempio, STRABONE, 3-4-20; A.). MARSHALL, Governors an the move, in «Phoenix>>, XX (r966), p. 231; G. P. BURTON, Proconsuls, assizes and the administration ofiustice under the Empire, in JRS, LXV (1975), pp. 92-106; la maggior parte delle nostre prove del periodo repubblicano provengono dalle lettere di Cicerone dalla Cilicia. I conventus erano usati anche con intento fiscale: cfr. CICERONE, Lettere ad Attico, 5.15 ( = 108 SB), 3, in cui Cicerone parla di «magistros scriprurae et portus nostrarum dioecesium»; w. AMEUNG, Drei Studien zu den Gerichtsbezirken der Provinz Asia, in EA, XII (1988), pp. 9-24, che cita la /ex partorii di Efeso, non ancora pubblicata. 111 J. PECIRKA, De Cilicia a T. Ampio Balbo administranda, in «Listy Filologicke>>, LXXV (195!), pp. 250-54· 112 Per una bibliografia e discussione cfr. M. H. CRAWFORD, Introduction, in Roman Statutes; per l'interpretazione proposta nel testo cfr. c. VENTURINI, Concussione e corrw:ione, in Studi A. Biscardi, VI, Milano 1987, p. 133·

1 16

Parte prima

Le trasformazioni del III secolo

tagliata procedura per la presentazione dei conti, della quale sappiamo da alcune lettere di Cicerone dalla Cilicia "'. Un enigma resta nella formulazione di Modestino: «Nel plebiscito è disposto che nessun governatore possa ricevere doni o altre prestazioni, a meno che non si tratti di cose da 114 mangiare o da bere consumabili in pochi giorni» • Poiché le prime leges de repetundis si concentrano sulla procedura con la quale il richiedente persegue la riparazione del torto, questa clausola che invece si concentra su un dovere positivo imposto al governatore deve appartenere alla tarda repubblica. Supporrei che essa sia un frammento, isolato e altrimenti sconosciuto, di legislazione di poco anteriore al 59 w. È questo tipo di materiale che alla fine trovò la sua collocazione in opere come Sui compiti del proconsole di Ulpiano 116 • È irritante che si sappia cosi poco di ciò che convenzionalmente è descritto come !ex Pompeia de provinciis, che probabilmente convertiva in legge il senatoconsulto del 53, nel quale veniva prescritto che i consoli e i pretori dovessero attendere cinque anni prima di passare a un comando esterno. Tuttavia, qualunque fossero le precise modalità, la legge stabiliva che lo sfortunato Cicerone dovesse partire per la Cilicia nel5 1. Essa segnò anche l'esito finale del processo attraverso il quale l'impero romano divenne una sfera di governo differenziata 117 • Non sorprende quindi che è a partire dalla tarda repubblica che noi abbiamo l'attestazione piu completa dei doveri di un buon governatore, anche se degli elementi del quadro possono essere riportati a Catone e a Gaio Gracco. Tale quadro può essere rintracciato nella lunga lettera indirizzata da Cicerone a suo fratello nel 59. Essa è troppo lunga per poter essere citata qui; ma la sua lettura è essenziale per comprendere Roma e le province alla fine della repubblica 118 • 11 ' E. FALLU, Les «rationes» du procomul Cicéron, in ANR W, serie I, III (I973l, p. 209; ID., Les règles de w comptabilité pub/ique à Rome à w fin de w République, in H. vAN EFFENTERRE (a cura di), Points de vue surwfiscalitéantique, Paris I979, p. 97· 114 Digesto, I.I8.I8. 1 " w. EDER, Das vorsulwnische Repetundenverfahren ci t., pp. 7 2-73, ammette che possa appartenere alla !ex Calpurnia del I49; per le ragioni addotte nel testo, a me sembra improbabile. 116 o. LENEL, Palingenesia iuris civilis, Il, Leipzig I889, rist. Graz I96o, pp. 966-9I; T. HONORÉ, V/pian, Oxford I982, specialmente pp. I 53-56. 117 DlONE CASSIO, 40.30.I, 40-46.2, 40.56.I; CESARE, Commentari de/w guerra gallica, 1.85.9; J. S. RICIIARDSON, Hispaniae cit., pp. 3-4. Per il ruolo dell'esplorazione nella creazione dell'impero romano e delle mappe nella simbolizzazione del suo possesso, cfr. c. NICOLET, L 'inventaire du monde, Paris 1988. Si noti la rappresentazione delle quattordici nazioni conquistate nel teatro di C. Pompeo; e per la raffigurazione dei popoli dell'impero nel portico ad nationes, riverberata nei rilievi del Sebasteion di Afrodisia, cfr. R. R. R. SMITH, "Simuwcra gentium ", inJRS, LXXVIII (1988), pp. 50-7 I. Cfr. anche P. A. BRUNT, "Laus imperii ", in P. o. A. GARNSEY e c. R. WHITTAKER (a cura di), lmperialism in the Ancient World, Cambridge I978, pp. I

59-91. 118

CICERONE,

Lettere a/fratello Quinto,

I.I (~ 1

SB).

Crawford

Origini e sviluppi del sistema provinciale romano

I I

7

6. Gli editti provinciali. Se le linee generali dello sviluppo dell'amministrazione provinciale romana nell'ultimo secolo della repubblica sono abbastanza chiare, resta l'enigma di fondo di ciò che era accaduto nel secolo, o giu di li, dopo il 241. Sarà subito evidente che la figura centrale è il magistrato a capo della provincia, in possesso in virtu del suo imperium di poteri consistenti su tutti i Romani in loco e anche, de facto, poteri di vita e di morte sul resto della popolazione 119 • Come G. Tibiletti ha fatto notare, una riflessione sulla natura e l'estensione dell'uso di questi poteri può essere trovata nella pratica seguita dai magistrati di porre dei governatori nelle città della loro provincia (cfr. sopra). Sarei comunque dell'idea che sin dall'inizio fosse in funzione un processo di prescrizione e delimitazione per ridurre e dirigere i poteri di un magistrato o di un governatore simile a quello che abbiamo osservato nell'ultimo secolo della repubblica. Per ironia della sorte, fu l'editto del magistrato o del governatore- vera espressione del suo potere- il veicolo della sua limitazione. Per capire come, basta leggere un'iscrizione proveniente da Chio, con la sua eloquente testimonianza della preoccupazione di un gover120 natore di seguire un precedente introdotto dal suo predecessore • Ma prima è necessario osservare che dove era implicato lo status giuridico di una comunità un magistrato o un governatore erano già dall'inizio soggetti al controllo del Senato e del popolo per qualunque azione intraprendessero. Ciò emerge da una serie di testi e documenti 121 • In consonanza con questo stato di cose è la pratica del Senato di inviare dieci legati per consigliare il magistrato sulla sistemazione alla fine di una guerra 122 • E poiché la composizione del Senato cambiò si, ma lentamente, fu proprio il fare riferimento ad esso in casi come questi che rappresentò uno dei fattori 119 Per questi ultimi, basterà citare l'iscrizione di Dirne (SHERK, 43), la cui data, secondo un'iscrizione non ancora pubblicata, dovrebbe cadere subito dopo il I46; e GRAN!O UCINIANO, 28 Flemisch = 35 Bonn= 35.82 Criniti, sulle esecuzioni da parte di Silla a Efeso. Accolgo l'argomentazione di P. GARNSEY, The criminal jurirdiction of govemorr, in JRS, LVIII (I968), p. 5 I, secondo cui i governatori esercitavano la giurisdizione civile e penale sui Romani, penale sugli stranieri. 120 SHERK,

70.

121

ILLRP, 5 I 4; sulla deditio di Alcantara cfr. o. NiiRR, Aspekte der romirchen Volkerrechter: die BronxefiJ/el von AlcanfiJra, Miinchen I989, dove si legge: «agros et aedificia leges cete[ra omnia]l quae sua fuissent priclie quam se decli[ssent quae tum]l extarent eis redidit dum ('purché') populus [senatusque]l Romanus vellet ». APPIANO, Guerre iberiche, 4 33; ibid., I 83, è spiegato dai casi di Tisbe e Oropo. 122 Cfr. POUBIO, 6. I 5 .4, per il controllo da parte del Senato delle finanze dei magistrati oltremare (ha torto soltanto nel supporre che esso non venisse esercitato nemmeno in patria: cfr. il commento di F. W. Walbank ad loc.); controllo che non impedl ai comandanti eli finanziare le proprie attività col bottino di guerra, come osservò Catone: « bellum se alet ». F. G. B. MILLAR, The politica/ character of the clarsical Roman Republic, in JRS, LXXIV (I984), pp. I-9, persevera secondo me nell'errore di negare che il Senato avesse in mano il governo di Roma.

I I

8

Parte prima

Le trasformazioni del m secolo

che crearono continuità nell'insieme degli atteggiamenti e delle politiche nei confronti dei possedimenti romani d'oltremare. Per comprendere lo sviluppo dell'editto provinciale dobbiamo iniziare con l'epoca di Cicerone m. Il testo classico è un passo di una lettera di Cicerone ad Attico: Nulla ho saputo dell'editto di Bibulo, tranne la clausola della quale tu mi dicesti che: «ti pareva un precedente troppo contrario agli interessi del nostro ordine». lo invece ne ho posta una di pari importanza, ma meno esplicita, tolta dall'editto di Quinto Mucio, figlio di Publio, per l'Asia: «Se il negozio fosse stato contratto oltre la portata di quella clausola, in modo tale da non rientrare nei limiti della buona fede», ed ho fatte mie molte disposizioni di Scevola, tra le quali una che dà ai Greci la sensazione di essere liberi perché concede che essi definiscano le loro brighe interne secondo le loro leggi. Il mio editto è breve per la distinzione, che mi parve opportunamente introdotta, delle questioni in due classi: una riguarda l'amministrazione della provincia, e comprende i resoconti delle città, i debiti, gli interessi del capitale e i documenti scritti, ed anche i rapporti con i pubblicani; l'altra riguarda tutto quello che non si può definire senza l'editto: attribuzioni di eredità, possesso e vendita dei beni, nomina dei curatori fallimentari, questioni generalmente introdotte e risolte secondo l'editto. Ho lasciato in bianco il terzo punto sul resto dell'amministrazione giudiziaria, ma ho dichiarato che mi sarei attenuto agli editti dei pretori urbani. Cosi cerco di accontentare tutti e ci riesco. I Greci poi non stanno in sé dalla gioia di avere giudici loro propri. «Sciocchezze», dirai; ma che importa dal momento che essi si illudono di aver riacquistato l'autonomia? Da voi, i giudici sono ben autorevoli, mi pare: un turpione ciabattino e un vettio trafficone 124 .

È immediatamente evidente che l'editto di Cicerone segue in parte una struttura già tradizionale, e cioè la divisione in una sezione che tratta degli affari provinciali, il genus provinciale, e una sezione doppia che tratta la giurisdizione tra cittadini romani m. Finché si tratta del primo genus saremmo autorizzati a supporre - anche senza l'esplicita affermazione di Cicerone, che egli prendeva in gran parte in prestito dall'editto di Quinto Scevola- che il contenuto di questa sezione fosse ai suoi tempi facilmente immaginabile. E abbiamo già visto che al tempo in cui Cicerone si trovava in Cilicia leges senatusque con"' G. PUGUESE, Rijksrioni su/l'editto di Cicerone in Cilicia, in A. GUARINO e L. LABRUNA (a cura di), 5ynte/eia V. Arangio-Ruiz, Napoli I964, pp. 972-86; A. J. MARSHALL, The structure o/ Cicero's edict, in AJPh, LXXXV (I964), p. I85; al contrario di quanto affermato ibid., p. I88, nota 7, CICERONE, Lettere agli amici,

S. I(= 77 SB), I, si riferisce chiaramente a editti promulgati in Roma in assenza di Cicerone. Contro Marshall, cfr. F. BONA, Cicerone e i Libri iuris civilis di Quinto Mucio Scevola, in G. G. ARCHI (a cura di), Questioni di giurisprudenza tllrdo-repubblicana, Milano I985, pp. 205-79, a p. 273 n. I96. 124 CICERONE, Lettere ad Attico, 6. I. I 5. "' Naturalmente, gran parte della giurisdizione era lasciata nelle mani degli abitanti del luogo: cfr. L. o. MELLANO, Sui rapporti tra governatore provinciale e giudici locali alla luce delle Verrine, Milano I977· che tratta le cause sorte tra due stati o all'interno di uno stato, ma non affronta il passo di acERONE, Contro Verre, 2.>.J2-J4, per il quale cfr. oltre; per la sopravvivenza delle leggi locali, cfr. anche le note IOI e I I9.

Crawford

Origini e sviluppi del sistema provinciale romano

119

sulta di portata generale limitavano la libertà d'azione di un governatore nei riguardi delle città libere, e perciò è presumibile che dessero anche disposizioni relativamente ad alcuni aspetti del suo editto. Fu senza dubbio in virtu del primo genus del suo editto che Cicerone poté impedire ciò che egli considerava peculato ad opera dei magistrati locali e assicurare cosi il pagamento delle tasse a Roma 126 • La lex Irnitana fa supporre che nel secolo e mezzo tra Cicerone e l'età dei Flavi l'editto provinciale non abbia esteso molto piu in là i suoi tentacoli nella vita della città. Passiamo adesso al secondo genus. Esso fa chiaramente riferimento alla giurisdizione tra cittadini, e fu senza dubbio necessario perché alcune cose erano differenti a seconda che una o tutt'e due le parti fossero nelle province. Qualcosa era ovviamente uguale: ad esempio, in Cicerone si può vedere una clausola relativa all'eredità trasferita dall'editto urbano all'editto di Verre in Sicilia; e ancora in Cicerone c'è la seguente affermazione di carattere generale: «Non si può certo affermare a questo proposito che nelle province su molte questioni l'editto sembra essere diverso; non certamente quanto ai possessi ereditari o alle eredità delle donne» 127 • Sappiamo tuttavia che vi erano casi in cui qualcuno a Roma ereditava da qualcun altro in provincia, e tali casi devono aver richiesto norme speciali 128 • E, dichiaratamente per un periodo piu tardo, sembra che la procedura in caso di debito fosse diversa in Italia e nelle province 129 • Allo stesso modo, era diversa la procedura in caso di operis novi nuntiatio 110 • Quanto al terzo genus, due lettere di Cicerone mostrano provinciali impegnati in controversie con gente in Italia IJI. Essi potevano aver bisogno di applicare qualsiasi aspetto delle procedure giuridiche a Roma, ed è interessante che la lex Irnitana, cap. 85, mostri che in epoca flavia questa parte dell'editto provinciale non era piu non scritta. Tracciare la piu antica storia degli editti dei magistrati nelle province non è cosa semplice m. A 126 ID., Lettere ad Attico, 6.2 ( = II6 SB), 5, cfr. sopra; inoltre ibid., 5.21 ( = 114 SB), 1 r, per un ulteriore riferimento alla regolazione degli interessi; e ID., Lettere agli amici, 3.8 ( = 70 SB), 4, per documenti presi dal predecessore di Cicerone riguardanti i publicani e altro materiale, in parte tralatizio, in parte nuovo, relativo alle finanze della città. Non conosciamo il contenuto della clausola a cui fa riferimento Cicerone nelle Lettere ad Attico, 5·4 (= 97 SB), J, né se Cicerone l'abbia usata. 127 ID., Contro VeTTe, 2.I.IJ7·IB. " ' ID., Lettere agli amici, IJ.JO (= 301 SB), IJ. 72 (= 300 SB); A. H. J. GREENIDGE, The Legai Procedure ofCicero's Time, Oxford 1901, p. 127, riteneva che il secondo genus si riferisse ai provinciali. w. w. BUCKLAND, L'«edictum provinciale», in RHO, XII (1934), p. 8r, studio per altri versi fondamentale, non spiega in modo adeguato il secondo genus. 129 Digesto, 5.1.19-4 (Ulpiano), 2.5 (Ulpiano), 39· 1 (Papiniano). " 0 R. MARTIN!, Ricerche in tema di editto provinciale, Milano 1969: Martini riconosce che la struttura di GAIO, Sull'editto provinciale- e quindi, forse, quella dell'editto provinciale- è diversa da quella dell'editto pretoriano. Il suo tentativo di minimizzare le differenze tra l'editto provinciale e quello pretoriano ha del paradossale. "'CICERONE, Lettere agli amici, q.26e 13.28 (= 292 e 294 SB). m Desumo che lo sconosciuto Sicinio di ID., Lettere ad Attico, 5·4 (= 97 SB), 3, sia un governatore pro-

r2o

Parte prima

Le trasformazioni del m secolo

parte le fonti che abbiamo già visto, sembra che Cicerone avesse accesso a un editto di Publio Licinio Crasso Muciano, governatore della provincia d'Asia nel I 3 I-I 30 1" ; ma è la cosiddetta lex Rupilia per la Sicilia, del I3 I, che ci permette di risalire nella storia dell'editto provinciale un po' piu indietro. Sembra chiaro che questo non era in nessun senso una lex provinciae; anzi, Cicerone ci assicura che è semplicemente un caso particolare di editto di un governatore: casi tra Siciliani vengono esaminati «in base al decreto di P. Rupilio, da lui redatto conformemente al parere dei dieci delegati del senato e chiamato dai Siciliani legge Rupilia» H, del peso di 7,32 g; al dritto, testa di Marte barbato a sinistra con.!' elmo corinzio, dietro ramo di quercia; al rovescio, testa di cavallo a destra, dietro spiga di grano, al taglio del collo ROMANO. E questa la prima emis· sione di moneta argentea romana, prodotta, in un numero assai ristretto di esemplari, possibilmente non a Roma, ma a N a.

poli e in ogni caso sul modello della monetazione napoletana. 8. «Didrammo>>, del peso di 7,29 g; al dritto, testa di Ercole a destra, con pelle di leone e clava; al rovescio,la lupa che allatta i gemeUi Romolo e Remo, sotto ROMANO. Quest'emissione, da collocarsi presumibilmente attorno al 269 a. C. se non proprio in quest'anno (il tipo del rovescio, inequivocabilmente •romano>>, riproduce il gruppo statuario dedicato nel 296 dai fratelli Cn. e Q. Ogulnii e console del 269 è, appun!O, un esponente della gens Oguinia), potrebbe essere la prima emessa da una zecca localizzata a Roma o la prima legata da un rapporto ufficiale di valore con l'asse. La tradizione antica raccolta da Plinio attribuiva al 269 la prima coniazione di argento romano. 9· •Didrammo», del peso di 6,63 g; al dritto, testa di Roma a destra, con l'elmo frigio, dietro cornucopia; al rovescio, Vit· toria a destra, che appende una corona a un ramo di palma, a sinistra ROMANO, a destra T . Quest'emissione, quantitarivamen· te cospicua (e associabile a un periodo di nmevole sforzo finanziario come quello della prima guerra punica), è la prima emis· sione di argento romano a presentare un sistema di segni di controllo della produzione (sul modello del sistema adoperato dalla zecca egiziana per i decadrammi d'argento coniati in onore della divinizzata Arsinoe Il): i «didrammi)) combinano un sim· bolo (in questo caso la cornucopia) sul dritto con una lettera (in questo caso la T) o una coppia di lettere sul rovescio. t o. •Didrammo», del peso di 6,66 g; al dritto, testa di Marte con elmo corinzio a destra, dietro clava; al rovescio, cavallo al galoppo verso destra, sopra clava, sotto ROMA. Dopo avere adoperato, come leggenda, l'etnico (ROMANO), la zecca romana, riprendendo i tipi delle prime emissioni dei didrammi, li associa alla nuova leggenda ROMA .

1 I. Aes grave: asse di bronzo fuso (qui ridotto ad un quarto della superficie), del peso di 259 g; al dritto, testa laureata di Gtano; al rovescio, prora di nave a destra, sopra 1. Questi tipi çaratterizzeranno l'asse per tutto il periodo della riduzione pon· tlcralc e ancora per molti decenni dopo l'introduzione del sistema del denarius. 12 · Argen_to coniato: quadrigato, del peso di 6,66 g; al dritto, testa laureata gianiforme (presumibi! mente dei D ioscuri); al rovcscao, Gmve in quadriga a destra e Vittoria; Giove tiene lo sceuro neUa mano sinistra e scaglia il fWmine con la mano de· stra; so~to, su una tavoletta, in lettere incuse, ROMA. Il , J•uhimo pezzo argenteo di 6 scrupol~ (poco (>iu di 6 g) prodotto dalla zecca romana (in quantità assai notevoli) prima della ricostruzione su nuove basi, ne· ~1, anm centrali della seconda guerra punica, del sistema monetario. L'identico tipo del dritto (la testa gianiforme) collega ti pezzo argenteo alJ'aes grave contemporaneamente emesso.

13. Oro cosiddeno o dd giuramento» e oro cosiddetto «sesterziario». In basso al centro, rovescio di un pezzo aureo di 6 ,87 g, con scena di giuramento: due guerrieri affrontati, uno con la barba e senza la oorazza,l'altro senza barba e con la corazza, reggono nella mano sinistra una lancia (e il guerriero con la corazza anche il sagum, il mantello militare) e nella destra la spada, con fa quale toccano un maiale tra!!enuto da un altro personaggio inginocchiato fra i due; in esergo ROMA. li dritto di questo pezzo aureo (qui non riprodotto) presenta una testa gianiforme presumibilmente dei Dioscuri, analoga a quella che compare sui quadrigati e conferma lo stretto collegamento e la contemporaneità tra quest'emissione e quelle, appunto, dei quadrigati. In alto, pezzo aureo di 3,42 g: al dritto, testa di M arte barbato a destra, con l'elmo corinzio, dietro il segno di valore t x (e cioè 6o, presumibilmente 6o assi); al rovescio, aquila su fulmine a destra, sotto ROMA. Quest'emissione è stre ttamente col· legata ed è contemporanea alla prima emissione del denariur, negli anni centrali della seconda guerra punica. Dopo di allora la produzione di moneta aurea viene praticamente a cessare sino all'età sillana. 14. Denario, del peso di },93 g; al dritto, testa di Roma a destra con l'elmo corinzio, çietro x; al rovescio, i Dioscuri, lancia in resta, al galoppo verso destra, sulle loro teste una stella, sorto, fra due linee, ROMA. E questa la prima emissione del dena· rio, ascrivibile agli anni centrali della seconda guerra punica. La presenza del segno di valore d'ora in avanti varrà a collegare i nominali argentei (salvo il vittoriato) all'asse (e cioè all' unità di conto) . I 5· Vittoriato, del peso di 2,82 g; al dritto, testa laureata di Giove barbato a destra; al rovescio, Vittoria a destra, che in· corona un trofeo, in mezzo scrofa, in esergo ROMA. A partire dall'introduzione del nuovo sistema del denarius, l'autorità emit· teme adotta vari criteri per identificare e differenziare, ai fini della gestione e del controllo della produzione della moneta, le varie emissioni: prima di ricorrere all'apposizione dei nomi dei singoli monetieri (i trewiri moneta/er), alcune emissioni con· temporanee di vari nominali in vari metalli vengono accomunare da un elemento figurato (simbolo) o da un monogramma che è presente in tutte le denominazioni in questione (e che ha consentito all'indagine moderna di classificare, ordinare e datare questo materiale): il simbolo della scrofa è, appunto, il contrassegno che accomuna i vari elementi di quest'emissione, che comprende, oltre al vittoriato, il denario, l'asse, il semisse, il triente, il quadrante e il sestante e che è databile al periodo 206·1 95 a. C. r6. «Mezzo viuoriato )~. del peso di I,:')I g; al dritto, testa laureata di Giove barbaw a destra; aJ rovescio, Vittoria a destra

che inco rona un trofeo, a destra s , in esergo

RO MA .

l tipi di questo nominale, assai raro, sono identici a quelli del vinoriato

e il suo peso è pari alla metà di quello del vittoriato stesso: la caratteristica di pezzo di valore pari alla metà di un altro è, in ogni caso, confermata dalla presenza del segno di valore s. Il nominale è stato emesso per un breve periodo negli anni cent rali della seconda guerra punica, piu o meno contemporaneamente aUe prime emissioni del denarius e del vittotiato.

'7. Denario, del peso di 4,4t g, appartenente alla stessa emissione dd n. t4. Il pezzo in questione non è, come l'altro, sotto peso, ma corrisponde allo standard teorico di 4 scrupoli (e cioè 4,5 g). D denario e i suoi sottomultipli (compreso il vittoriato) sono battuti a questo standard ponderale (t/7 2 di libbra per il denario) sino ai primi anni delu secolo; in una data anteriore al t87 a. C. lo standard ponderale viene ridotto proporzionalmente di un sesto per tutte le denominazioni argentee (da t/72 a t/84 di libbra per il denario). Il contenuto di metallo fino del denario, come quello del quinario e del sesterzio, è molto elevato, pari ai97-9B per cento; l'argento dei «didrammi »e del quadrigato è meno puro e soprattutto lo è quello del vittoriato (che può arrivare a contenere anche solo il70-75 per cento di metallo fino) .

t8. Quinario, del peso di 1,89 g, battuto in una zecca apula negli anni centrali della seconda guerra punica; al dritto, testa d, Roma a destra con l'elmo corinzio, dietro v; al rovescio, i Dioscuri al galoppo a destra, lancia in resta, nel campo in basso a destra li, in esergo ROMA. Il monogramma è indicativo piuttosto, appunto, della zecca, che del magistrato emittente. Esso compare, oltre che su quinarii, su vittoria ti. t9.

Sesterzio, del peso di t,o8 g, appartenente alla prima emissione del nuovo sistema del denariur; al dritto, testa di Roma

? destra con l'elmo corinzio, dietro ns; al rovescio, Dioscuri al galoppo verso destta, lancia in resta, sulle loro teste una stella,

m ese_rgo ROMA . Il termine di sestertius, ovvero semis tertius o cioè F _ 6 - Dcnario, di 3,89 g, del 114 o 1 t 3 a. C ; al dritto, testa laureata gian iforme (presumibilmente dei Dio~curi), a sinistr~

il

con.rras_se~no o, a destra il segno d1 valore x;

al rovescio, nave a s1mstra, sopra c.FOtifr sotto ROMA. I segm d1 controllo d1

quest emissione sono costituiti da singole lettere dell'alfabeto latino, accompagnate, o meno, da puntini (in numero da 1 a 7lt~ Denario, di },9} g, del 102; al dritto, busto di Cibele a destra, con corona turrira e velo, dietro EX - A - l'V ; al rovescio, utor:j. 10 btgall d~stra, con le redini nella sinistra e il pungolo nella destra, sotto fenicottero, e alla sua sinistra G (contrassegno 1 lontra o) '" esergo c - r-ADI - c - r-. Il fenicottero può alludere alle tradizioni familiari dei Fabii Buteones (buteo è app.unto 1 nome dell'uccello, da identificarsi con il fenicottero, che avrebbe dato il cognomen alla famiglia), alle quali il monellere, ~re~umtbtlmenre C Fabius Hadrianus, pretore dell'8 4 a. C, intende richiamarsi. La formula ex a(rgento) pu(blico) co":Ja;e'" cune emJ_sSioru degli anni 102-100, dell'89 e dell'86-8y poiché l'argento da coniare era di proprietà statale nella tot 1!a 0 qu~st totaltta (dal momento che non può considerarsi dd tutto certa l'impossibilità, nella Roma repubblicana, per un xn(vato dt farSI COmare moneta da metallo privatamente detenuto), non risulta chiaro iJ motivo per i) quale in questi pe· ~~n~t~r~n questt penod• soltanto) si sia sentita la necessità di enfatizzare, sui denari i, l'origine pubblica del metallo da

·

28. Denario, di 3,95 g, deltoo a. C.; al dritto, testa laureata di Saturno a destra, dietro harpa, attorno l'ISO · CAEPto · Q, sotto falce lunare {contrassegno di controllo); al rovescio, due figure maschili (gli stessi Pisone e Cepione) seduti sul subsellium, a destra e a sinistra spiga di grano, in esergo AD · FRV · EMV EX · s · c. L'emissione, presumibilmente firmata da Q. Servilio Cepione in qualità di quaestor urbanus (il magistrato che sovrintendeva all'aerarium Saturni, la cassa dello stato romano, cosi definita perché localizzata nel tempio di questa divinità, rappresentata sul dritto) e da L. Calpurnio Pisone Cesonino in qualità di quaestor Ostiensis (con una particolare competenza sui problemi dell'approvvigionamento granario), è dichiaratamente un'emissione finalizzata ad jru(mentum) emu(ndum), all'acquisto del grano per le distribuzioni a prezzo politico (presumibilmente in conseguenza della /ex frumentaria di Saturnino); come in non molti altri casi (e spesso allorché il magistrato che ne è incaricato non/, uno dei tresviri moneiiJ/es), l'emissione è effettuata ex s(enatus) c(onsulto), vale a dire per una

specifica direttiva o con un'autorizzazione ad hoc del senato, e dunque, in qualche modo, per far fronte a una spesa straor· dinaria o imprevista. 29.

Quinario, di

I'

n

g, attribuibile al99 a.

c.; al dritto, testa laureata di Giove a destra, dietro l (contrassegno di control-

lo); al rovescio, Vittoria a destra che incorona un trofeo, in mezzo P

· SABIN,

in esergo Q. L'emissione, firmata da P. Vettio

(?)Sabino questore, è una di quelle che segna la ripresa della coniazione dei quinarii, tra la fine del n e gl'inizi del I secolo, per i quali vengono ora adottati i tipi del vecchio vittoriato (come sa bene Plinio, Storia naturale, 3J.46l, presumibilmente perché a un mezzo denario sono ora fatti pari i vinoriaci ancora in circolazione. Va osservaco che i nuovi quinari risultano battuti a uno standard di metallo fino inferiore a quello dei contemporanei denari i. 30. Denario, di 3,98 g, degl'insorti nella guerra sociale; al dritto, testa laureata dell'Italia a sinistra, dietro ITAUA; al rovescio, scena di giuramento: due gruppi di quattro soldati toccano con la punta delle lance un maiale, che un giovane in ginocchio trattiene, davanti uno stendardo. La moneta è stata presumibilmente prodotta nella ciuà pelign~ di Corfinio, posta a capo della confederazione degl'insorti e ribauezzata Italia. E evidente la ripresa del tema del giuramento, già utilizzato nella prima emissione d'oro romana. 31. Denario, di 4,04 g, degl'insorti nella guerra sociale; al drino, testa di Bacco incoronato d'edera a destra; al rovescio,

toro a destra che calpesta e inca rna una lupa, sotto, in alfabeto e lingua osca (e con scrittura sinistrorsa), Viteliu (cioò Italia), sopra / delle monete romane . Denario, di 3,97 g, attribuibile al62 a. C.; al dritto, testa dd Bonus Eventus a destra, dietro UBO, davanti DON· EVENT; rovescio, il putea!Scribonianum o puteal ubonis, decorato con ghirlande e due cetre, sulla base un martello, sopra PVTEAL, sotto SCRIDON. Il monetiere, L. Scribonio Libone (il futuro console del34 a. C. o il padre di q uesti), riproduce il «pozzo» fat· ~~struue m un luogo del Foro, reso sacro dalla caduta di un fulmine, da un suo antenalo (verosimilmente il L. Scribonio ~- ne tnbuno della plebe nel 149) e collegato col tribuna! pretorio, cosi come col tribuna/ pretorio nella sua precedente lo· c IzzaziOne era collegato il putea/ per antonomasia, quello ddl'àugure Atto N avio, edificato in un altro luogo del Foro ac· cantoallaji~us Rumina/is. Il martello (come le tenaglie o l' incudine che compaiono, al suo posto, in altri denarii della stessa ~miSsione) c: attributo di Vulcano, la divinità collegata al fulmine. Quanto al tipo del dritto, la personificazione del Bonus ventus potrebbe alludere, com'è stato osservato, alla prosecuzione con esito positivo della guerra contro Catilina.

J>·

36.

Denario, di ) ,97 g, del 55 a. C; al dritto, testa di Cibele con corona turrira, davanti A - PLAVTIVS, dietro

s · c; al rovescio, cammello a destra, davanti figura inginocchiata con le redini nella mano sinistra e un ramoscel· lo d'olivo nella destra, in esergo BACCHIVS, davanti IVDAEVS. Il magistrato che ), ecc. 36 ). Certamente, ognuno di questi prodotti rappresenta soltanto una piccola percentuale del campionario ceramico romano. Rimane comunque il fatto che Roma è l'unica città dell'Italia mediorepubblicana che abbia fatto uso di tutti questi tipi di ceramica, importati da regioni cha vanno da Volterra a Taranto, senza tener conto di rare ceramiche attiche a vernice nera. C'è un solo punto sulla carta geografica d'Italia, e anche del Mediterraneo, verso cui siano confluiti tutti questi prodotti di cui la maggior parte ha conosciuto una diffusione molto ristretta al di fuori della loro zona di origine: Roma. E ciò è sufficiente a sottolineare il ruolo già del tutto particolare dell'Urbs nel contesto mediterraneo. Roma, tuttavia, non è soltanto importatrice. In questo periodo è anche, e soprattutto, produttrice. Di fianco a numerosi prodotti ceramici a vernice nera e non (ciotole del «gruppo 96)), skyphoi a palmette dipinte in bianco, probabilmente piatti di Genucilia, altri ancora), è soprattutto l'officina delle piccole stampiglie che dà un esempio eloquente delle sue capacità artigianali e commerciali". Questa officina ha prodotto, in quantità considerevoli, vasi caratterizzati da una qualità tecnica eccellente, e da una standardizzazione spinta delle forme. Sono generalmente ciotole a profilo convesso semplice, in pasta nocciola con sfumature arancione, con vernice spessa, molto nera, lucente. Molti di questi vasi hanno una decorazione caratteristica formata da quattro o talvolta cinque timbri impressi su linee parallele, spesso elaborati, con tipi molto diversi: rosette, palmette, ovoli, foglie, piccole teste, mani, personaggi, animali, mostri, oggetti, lettere, ecc. Non sappiamo dove fosse situata l'officina (Roma?, Caere?) che comunque non doveva essere troppo distante dal basso Tevere. L'officina delle piccole stampiglie ha avuto il suo apogeo in un quarantennio, all'incirca tra il305 e il 265 a. C. In questo periodo ha inondato dei suoi prodotti l'Italia centrale, nel triangolo compreso tra Populonia, Chieti e Minturno, con densità maggiore nella zona Vulci- Alba Fucens - Satricum, centrata su Roma. L'aspetto piu notevole, tuttavia, è la diffusione oltremare dei vasi a piccole stampiglie, in quantità che superano di molto quella delle rarissime ceramiche della Magna Grecia esportate in regioni lontane. La zona di diffusione comprende Alalia in Corsica (in questo caso solo un'appendice dell'Etruria settentrionale) e, soprattutto, le ' 6 Cfr. Roma medio repubblicana cit., passim; J.·P. MOREL, Céramique à vernis noir du Forum romain et du Paltitin, l'aris 1965; ID., La ceramica e le altre merci d'accompagno nel commercio da e per Roma in età repubblicana, in Misurare la terra: centuria:àoni e coloni nel mondo romano. Città, agricoltura, commercio: materiali da Roma e dal suburbio, Modena 1985, pp. J72·74· 17 J .·P. MOREL, Etudes de céramique campanienne, I. L 'atelier des petites estampilles, in MEFR, LXXXI

ÌJra grandi difficoltà a penetrare nell'ambito delle discipline «classiche»'. E però evidente che solo attraverso una tale «decolonizzazione»' si potrà realizzare un reale rinnovamento di questi studi. Torniamo al problema che qui particolarmente ci interessa, quello cioè dei rapporti culturali tra Grecia e Roma. In termini arù:ropologici, le due posizioni estreme precedentemente delineate - quella ottocentesca che vede nella cultura romana una semplice propaggine decaduta e immiserita della cultura greca, e quella caratteristica della prima metà del Novecento, che afferma la totale alterità e originalità della prima rispetto alla seconda -potrebbero essere definite in termini di controacculturazione e di assimilazione: ambedue queste posizioni, alla luce della documentazione disponibile - storica e archeologica - appaiono chiaramente inaccettabili, come pure è inaccettabile il metodo che mira ad enucleare per di/ferentiam pretese componenti originarie e archetipiche delle due culture: l' «essenza» cioè di ciò che sarebbe «greco» e di ciò che sarebbe >, LXV ( 1977), pp. 49-74; P. A. DRUNT, Laur imperii, in P. D. A. GARNSEY e C. R. WHITTAKER (a cura di), fmperi>, LXXV (1987), pp. 205·10); A. N. SllERWlN· Wl liTE, Roman Foreign Policy in the East, r68 B.C. lo A.D. r, London 1984; J.·L. FERRARY, Philhellénisme et imperi4lirme. Arpects idéologiques de la conquete romaine du monde hellénirtique, Paris 1988. Sulla storiografia d1 Polibio sono fondamentali gli studi di F. w. WAI.BANK, A HirtoricalCommentary on Polybiur, 3 voli., Oxford 1957, 1967, 1979; ID., Polybius, Berkeley (Ca!.) 1972, e molti saggi convenientemente raccolti in ID., Selected Papm, Cambridge 1985; inoltre: D. MUSTI, Polibio e l'imperi4lismo romano, Napoli 1978 (con la mia recensione in , LXVII (1979), pp. 493-94). 2 I passi principali sono: POLIBIO, 1.1 .5, 1.2. 7, I ·3·4·6, 1.6.4·6, 3.2.6, 3·3·1·9·

Parte seconda

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L'egemonia mediterranea

Si riconosce facilmente nel disegno storiografico di Polibio la potente capacità di razionalizzare e inquadrare i fatti storici in una prospettiva unitaria; prossimo come egli è agli avvenimenti, testimone (ed anche in qualche parte direttamente coinvolto) di quella che a lui oramai appariva come la conclusione di un'unica fase storica, egli poteva comprendere, narrare e giudicare i fatti secondo la prospettiva di cui è fermamente convinto. Roma e la sua programmata conquista dell'egemonia mondiale diventano elementi unificanti di trame storiche prima disunite e indipendenti; è attorno a loro che si può ora veramente realizzare anche il programma di una vera «storia universale». Nella visione universalistica della storiografia polibiana l'elemento unificante è proprio rappresentato da quel seguito di graduali concatenazioni e di crescente consapevolezza e volontà di dominio romane, che d'altro canto si inseriscono in un quadro di necessità storica, dominato dai disegni della Tyche. Accettando l'antico schema tucidideo di una decisa volontà espansionistica necessariamente inerente ad ogni potenza, tesa per sopravvivere ad acquistare ulteriore dominio, Polibio ricostruii momenti di un disegno unitario di dominio mondiale che, se proprio non concepito fin dall'inizio, si sarebbe tuttavia venuto chiarendo sempre piu alla classe dirigente romana fino alla sua precisa determinazione con la vittoria di Zama e alla sua realizzazione con le vittorie nell'Oriente greco. Come è stato ben dimostrato, in questo quadro generale interpretativo le narrazioni delle singole fasi di espansione, con le loro ragioni specifiche e occasionati, si collocano senza grosse contraddizioni'; ma è naturale che queste tappe storiche appaiano in certo senso ridotte nel loro significato singolo proprio per la superiore necessità che le domina e le dirige; la loro importanza appare, in questo contesto, piuttosto in relazione ai modi nei quali la politica espansionistica romana veniva concretamente realizzandosi, che non agli intendimenti della stessa nelle sue varie fasi di svolgimento. La difficoltà per lo storico moderno a comprendere la dinamica di un fenomeno storico cosi complesso, quale è l'imperialismo romano fra m e n secolo a. C., consiste appunto nell'intento e nel compito di trarre fuori da una storiografia come quella polibiana, cosi compatta e impegnata, elementi e dati di fatto (ben coerenti a quel piano storiografico) per valutarli eventualmente in direzione diversa; oppure di contrapporre a quella storiografia, per saggiarne la validità, i non molti dati tradizionali di altra provenienza: è abbastanza ovvio che alla radice di questi tentativi stanno inevitabilmente concezioni storico-politiche e canoni interpretativi che lo storico moderno ha ricavato dall'esperienza del suo presente. ' P.

s.

DEROW,

Polybius, Ro'lfl. and the East, inJRS, LXIX

(I979),

pp.

I ·I 5·

Gabba

2.

L'imperialismo romano

191

Altri giudizi antichi.

Ad ogni modo non è esistita e non esiste soltanto la storiografia di Polibio. Se Roma domina il mondo politico e culturale greco dalla fine del m secolo a. C., già precedentemente nel corso di quel secolo essa era andata sempre piu imponendosi all'attenzione dei Greci, in Magna Grecia e Sicilia e nella Grecia stessa'. Da allora ogni manifestazione letteraria greca è collegata direttamente o indirettamente con gli eventi e le situazioni che appunto comprendiamo sotto la generale denominazione di imperialismo romano. Altri storici, minori rispetto a Polibio, ma non meno significativi, hanno considerato il suo stesso problema, da visuali forse piu ridotte e parziali, con interessi talora locali e antiquari, ma tuttavia con chiara coscienza della nuova realtà del momento in cui vivevano. Demetrio di Scepsi, Egesianatte di Alexandreia Troas, Polemone di Ilio, Agatocle di Cizico, gli storici di Eraclea Pontica e specialmente Memnone, Antistene di Rodi, Apollodoro d'Atene, Agatarchide di Cnido -per citare soltanto alcuni nomi e !imitarci cronologicamente al n secolo a. C. - seppero variamente connettere le loro ricerche, per lo piu di erudizione antiquaria, di cronologia, di storia locale, con le grandi problematiche legate alla presenza di Roma nel mondo greco e greco-orientale, assumendo atteggiamenti di indipendenza politica e culturale'. Essi non meno di Poli bio sono rappresentativi di una pubblica opinione greca, che non si manifestava soltanto con le prese di posizione dei politici (ma taluni degli storici ricordati erano anche uomini politici responsabili), ma che si traduceva anche in manifestazioni letterarie. Da Timeo in avanti la classe dirigente romana, profondamente permeata dalla cultura greca dell'Italia meridionale, era attenta a queste prese di posizione dei ceti colti greci (al punto da accettare per la stessa origine della propria città tradizioni trasmesse da storici di non eccelso livello come Diade di Pepareto), e si può facilmente credere che le idee che la storiografia greca del tempo esprimeva su Roma (anche avanti l'arrivo di Polibio nella città e la sua iniziativa storiografica) fossero giunte per varie vie a conoscenza della dirigenza romana, e abbiano potuto anche aver influito sul suo modo di pensare e di agire: la stessa necessità avvertita 4 s. MAZZARJNO, Il pensiero storico classico, Il/t, Bari 1972', pp. 53 sgg.; E. GABBA, 5toriogra[111 greca e imperialismo romano (lli·I sec. a. C.), in RSI, LXXXVI (1974), pp. 625-42; J.·L. FERRARY, Philhellénisme et imperialisme ci t., pp. 2 2 3 sgg. ' Per Demetrio cfr. anche E. GABBA, Sulla valorizza:àone politica della leggenda delle origini troia ne di Roma fra m e II sec. a. C., in M. SORDI (a cura di), I canali della propaganda nel mondo antico (CISA, IV), Milano 1 976, pp. 84-101; per Agatarchide: s. Gozzou, Etnografia e politica in''I!I!!Jtarchide, in , LXVI

( 1 978), pp. 54•79·



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in Roma di tener conto, almeno fino al r 46 a. C., della pubblica opinione greca e di fornire ad essa giustificazioni e spiegazioni sembra appoggiare la nostra affermazione. Evidentemente i modi di pensare di uno storico greco potevano non coincidere con le riflessioni, le valutazioni e le decisioni di un uomo politico romano. Lo storico greco (meglio, lo storico ellenistico) erede di una lunga tradizione di storiografia politica, e oramai abituato a pensare la storia dei suoi tempi entro i parametri forniti dallo scontro continuo e mai volutamente risolutivo fra le monarchie postalessandrine, con la complicazione rappresentata dalle città e dalle leghe greche, può aver prima cercato di inserire Roma in quel giuoco, ma si sarà presto accorto (anche prima di Polibio!) che l'irrompere della potenza romana sconvolgeva tutte le situazioni stabilite e i modi stessi tradizionali di pensare la politica e la storia: per questo Polibio si assumerà il compito, politico e scientifico, di spiegare le ragioni di un successo altrimenti incredibile'. L'inserimento di Roma come ultimo anello nella catena della successione degli imperi che avevano aspirato all'egemonia mondiale, e l'avevano piu o meno parzialmente ottenuta, è tuttavia un tentativo, non privo di futuro, di inquadrare la potenza romana negli schemi tradizionali, pur rendendosi conto degli elementi di assoluta novità che essa recava con sé'. La storiografia, sia con intenti e prospettive locali, sia con visione universalistica, rappresenta pur sempre uno sforzo di ripensamento dei problemi storici e come tale, pur nel variare del suo pubblico legato anche alle diverse forme letterarie nelle quali essa si traduceva, si rivolgeva a un uditorio già abbastanza preparato. Influenza probabilmente piu diffusa e penetrante possono e debbono aver avuto sulla pubblica opinione comune greca le varie forme di una produzione letteraria, che proprio fra III e n secolo a. C. e in relazione a Roma fu vivacissima, specialmente nelle sue manifestazioni oracolari e sibillistiche, anche cosi rispondendo a quelle disposizioni della religiosità comune, sempre piu suggestionata e sospinta da esigenze e da motivazioni irrazionali. Sia in senso filoromano, sia, e si direbbe soprattutto, in senso contrario a Roma, questo materiale, che raggiunse toni di grande asprezza, deve aver conosciuto un'amplissima diffusione e, 6 J. s. RICHARDSON, Polybius' View of the Roman Empire, in PBSR, XLVII (1979), pp. 1 ·I I (non con· vincente nella tesi di fondo di un contrasto fra le idee di Polibio e quelle dei suoi contemporanei romani). 7 Daniele, 2.3 I-}~. 7.2-27, 8.2-26: A. MOMIGUANO, Daniele e la teoria greca della successione degli imperi, in RAL, XXXV (198o), pp. I 57-62 (=Settimo contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Roma I984, pp. 297-304); D. FLUSSER, The Four Empires in the Fourth Sibyl and in the Book ofDaniel, in «Israel Orientai Studies», II (I972), pp. I48-75, aveva pensato a un'origine orientale. Cfr. o. MENDELS, The Five Empires: A Note on a Propagandistic Topos, in AJPh, CII (I98I), pp. 330-37· La teoria sarebbe stata recepita a Roma dopo Magnesia: Aemilius Sura, in VELLEIO, I .6.6; J. M. ALONSO NUNEZ, Aemilius Sura, in «Latomus», XL VIli (I989), pp. I IO-I9.

Gabba

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come sembra, talora penetrò e influenzò la stessa storiografia «alta», e fu accolto in essa anche con intenti di propaganda politica 8 • Atteggiamenti singolarmente anomali di taluni personaggi romani possono aver dato alimento a questa «letteratura», come per esempio la raffigurazione superumana e quasi divina di Scipione Africano, alimentata dallo stesso interessato, della quale Polibio tenterà una razionalizzazione •. L'insistenza, che pare necessaria, su questa vasta circolazione delle idee intende ribadire il concetto che le conoscenze reciproche fra mondo romano e mondo greco (e non soltanto sud-italico) debbono essere state piu ampie fin dagli inizi della fase espansionistica di Roma in Oriente di quello che talora si sia portati a credere, e saranno naturalmente cresciute sempre piu col tempo. Certe idee e teorie presenti nella storiografia greca, e poi nel pensiero filosofico-politico greco, possono veramente riflettere realtà storiche concrete e non essere soltanto riflessioni pur importanti di storici e filosofi. Il contrasto fra lo svolgimento dei «fatti reali» e l'interpretazione storiografica, che viene spesso accentuato dai moderni, potrebbe per contro essere attenuato. Un punto pare metodologicamente fondamentale e tale da influenzare la ricerca: in senso geopolitico il fenomeno dell'imperialismo romano è unitario, come già apparve a Polibio, cosi come è in larga misura contemporaneo. L'espansione nella Gallia Cisalpina, in Spagna e nell'Oriente ellenizzato è di fatto una realtà temporalmente non disgiunta, e come tale va considerata unitariamente. E tuttavia i modi nei quali si è venuta attuando sono stati differenti. Proprio perché il quadro politico e storiografico era tradizionalmente ellenocentrico, i problemi di piu difficile soluzione, o anche comprensione, sembrano essere quelli relativi all'Oriente; tanto piu che qui Roma si trovò ad affrontare realtà storiche e politiche duplici e profondamente dissimili: da un lato gli stati greci tradizionali, poleis, etnie e leghe; dall'altro le monarchie ellenistiche (una delle quali sembrava impersonare l'impero mondiale, o I' aspirazione ad esso, secondo il modello di Alessandro). Non aveva torto Polibio a collocare la storia degli stati delIa Grecia continentale quasi come terzo momento fra Roma (e Cartagine) e gli stati ellenistici, nel loro scontro decisivo. 8 H. FUCHS,

Der geistige Widerstand gegen Rom in der antiken Welt, Berlin 1938; per i libri sibillini: La troisième5ibylle, Paris- La Haye 1970; L. BREGUA PULCI DORIA, Oracoli sibil/ini tra rituali e propaganda, Napoli 1983. Cfr. anche piu avanti, pp. 205 sgg. Molto materiale è raccolto da A. MASTROCINQUE, Manipolazione della storia in età ellenistica: i Seleucidi e Roma, Roma 1983. 9 POLIBIO, 10.2-20; F. w. WALBANK, The Scipionic Legend, in PCPhS, CXCIII (1967), pp. 54-59 (~ Selected Paperi cit., pp. 120-37); E. GAAHA, P. Cornelio Scipione Africano e la leggenda, in «Athenaeum>>, LXIII (1975), pp. 3-17. V. V. NIKIPROW'ETZKY,

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3. La «moralità» della guerra e la ricerca del consenso.

La mentalità e l'etica di una aristocrazia guerriera, andate sempre piu fissandosi con una lunga tradizione di imprese per lo piu fortunate sul suolo italico, dovevano essere nel m secolo oramai largamente penetrate negli 10 ~trati popolari, ed essersi trasformate in ideali generalmente condivisi • E singolarmente importante la necessità che la gloria belli trovi una sua giustificazione morale in un ideale superiore di giustizia, nella piena legittimità della guerra (bellum iustum), nella motivazione della difesa degli alleati (salus sociorum)- argomento non da poco in quanto garanzia dellafides dei Romani verso i loro soci-sudditi, e ancora ribadito con ammirazione nel primo libro dei Maccabei- che trapasserà poi, in Cicerone, in un mutato contesto storico nel 1 secolo a. C., alla vantata difesa dei diritti e degli interessi dei mercatores e dei negotiatores, con allusione retrospettiva anche a circostanze storiche precedenti". La presenza di una forte componente morale nella decisione politica di fronte all'eventualità di una guerra è innegabile e risponde a un'esigenza di sicurezza interna (connessa anche alla volontà di ingraziarsi la divinità) e a un'aspettativa esterna di giustizia della quale s'aveva a tener conto. Nel264 a. C. la classe senatoria è francamente inquieta di fronte all'eventualità di dover venire in aiuto dei Mamertini; l'uccisione di un ambasciatore può essere argomento decisivo per convincere il popolo a una guerra, perché è sentita in tutta la sua gravità la violazione del diritto delle genti; ci si preoccupa molto della pubblica opinione esterna (greca) ancora al momento del duello finale con Cartagine". In una prospettiva storiografica globale queste preoccupazioni potevano, e possono, apparire agli storici come meri pretesti, ma il fatto stesso che di essi ci si servisse dimostra la loro validità non puramente strumentale e il loro radicamento in sentimenti profondi. D'altronde anche chi sfrutta certe alte motivazioni per fini piu immediati, a lungo andare finisce per crederci. Quando questa diffusa moralità pubblica che deve essere tenuta completamente distinta dall'uso crudelmente deciso dei Romani nel condurre la guerra"- sarà declinata, si dovrà pur sempre ricorrere all'idealizzazione e al soccorso di alcune grandi personalità moralmente ineccepibili per legittimare il diritto stesso di Roma all'egemonia. 10

w. v. IIARRIS, Warand Imperialism cit., pp. IO sgg. 11 P. A. BRUNT, Laus imperii cit.; H. DREXLER, Bel/um lustum, in RhM, CII (I959), pp. 97-I40. 1 Maccabei, 8. I 2-1 3; M. R. TORELLI, La De imperio Cn. Pompei: una politica per l'economia dell'impero, in «Athenaeum», LXX (I982), pp. 3-49. 12 POI.IBIO, 2.8.Io-q, 32·3-II-12, p.IJ.8-9, 36.2; fr. 998-W; P. s. DEROW, Polybius, RomeandtheEast cit., pp. IJ-I4" POLIBIO, IO. I 5 -4-5' E. GABBA, Aspetti culturali cit., pp. 66-67.

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4· Le varie prospettive dell'utile.

L'abitudine alla guerra, la ricerca del consenso attorno ad alcuni saldi ideali non erano affatto scampagnate dalla consapevolezza dei vantaggi materiali che la guerra vittoriosa poteva procurare. Il bottino, frutto della vittoria, era stato da sempre argomento di discussione e anche di accesi contrasti per i modi della distribuzione e dell'impiego (specialmente quando si trattava della terra) e tale rimase ancora nel n secolo a. C. ". Ma con il m secolo parecchie cose si erano profondamente mutate, anche perché, come piu sopra si è detto, si era cambiata la società romana con le sue aspettative. La conquista della Sabina apparve, per non equivoca attestazione di Fabio Pittore, come fonte di ricchezza (terriera) prima impensata. La conquista di Agrigento durante la prima guerra punica rappresentò, al dire di Polibio forse in dipendenza dallo stesso Fabio Pittore, una svolta nella motivazione stessa della guerra proprio per l'ampiezza del bottino, anche in schiavi, che ne era derivato ai Romani. Motivazioni , LXIV (I976l, pp. 490·9Il. 28 A. MOMIGLtANO, Alien Wisdom. The Limits of Helknization, Cambridge I975. pp. 44·46, con la discussione di w. v. HARRJS, The Italians and the Empirt?, in ID. (a cura di), The lmperialism cit., pp. 89-I09; cfr. anche J. A. NORTH, The Development of Roman Imperialism, inJRS, LXXI (I98rl, pp. I -9.

Gabba

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cus), fattore di altrettanta, se non ancor maggiore, realtà e gravità

199 29

• L'invasione dell'Italia, il lungo seguito di disfatte, la permanenza di Annibale in armi nel sud della penisola, il quasi crollo del sistema delle alleanze con gli stati italici per il venir meno della fedeltà a Roma e della fiducia in essa sono tutti argomenti incontrovertibili che legittimano una inerente verità alle teorie, antiche e moderne, che l'ossessione della difesa poté, almeno in un primo momento, aver avuto un ruolo notevole nelle decisioni politiche romane dopo la guerra annibalica' 0 • Non si intende avallare nuovamente una spiegazione generale difensivistica per tutte le guerre romane successive alla vittoria di Zama: sembra tuttavia che la prospettiva di doversi difendere da una nuova possibile invasione dell'Italia, dal mare, sia stata qualcosa di piu che non un mero pretesto (in ogni caso molto significativo) messo innanzi per convincere i comizi centuriati riluttanti nel zoo a. C. a votare la nuova guerra contro Filippo V di Macedonia; sarebbe stato meglio combattere in Macedonia che non di nuovo in Italia, anche per l'insicurezza che continuava a destare l'atteggiamento degli alleati italici, che cosi in gran numero erano defezionati ai Cartaginesi e che proprio allora erano oggetto di gravi misure punitive. Ancora nel 193 a. C. si poteva legittimamente pensare all'eventualità di un'invasione dell'Italia da parte del re Antioco di Siria". La funzione militare svolta dalle otto colonie cittadine, che furono dedotte nel 194 a. C. sulle coste dell'Italia meridionale", non era soltanto di sorveglianza verso il mare, ma anche di difesa contro possibili ribellioni nell'interno.

6. Gallia e Spagna. In ogni caso la guerra annibalica aveva lasciato a Roma alcune pesanti ma anche interessanti eredità, oltre alla completa provincializzazione della Sicilia: la riconquista della Gallia Cisalpina e la guerra in Spagna. La disfatta delle tribu galliche, e liguri, perseguita in lunghe guerre, si tramutò ben presto in un grandioso piano di conquista territoriale e di colonizzazione, che servi da sfogo per i cittadini romani e italici, danneggiati in vario modo dalla guerra annibalica. L'espansione in questa area significava acquisizione di terre fertili e di ricchezza. Anche se la vera e propria strutturazione come provincia della Gallia Cisalpina venne soltanto molto piu 29

II. BELLEN,

pp. >o sgg. '

0

J.

Metus Gallicus- Metus Punicus. Zum Furchtmotiv in der ròmischen Republik, Mainz 1985,

The Developmentcit., pp. 1 sgg. 31.6.8, )4.6.3-6; E. GABBA, Aspetti culturali cit., pp. 59-60. 34-45-1·5·

A. NORTH,

l i LlVIO,

l2 LIVIO,

200

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tardi con Silla, la presenza continuata di truppe (rilevante fattore per l'economia della zona, che aveva scarsi rapporti con il Centro-Sud), la vivace colonizzazione, gli insediamenti rappresentano di fatto un'annessione, prima fino alla linea del Po, poi anche oltre, che non può non corrispondere a un programma o piano politico generale, quali che fossero il grado di autonomia dei singoli comandanti nella conduzione delle operazioni militari e le possibilità di controllo del Senato". La situazione in Spagna è in larga misura analoga". All'origine di tutto stava la necessità, che il governo romano ritenne inevitabile, di mantenere il controllo militare della regione. Le cause di questa decisione non possono essere se non di ordine politico-militare, le stesse cioè che avevano condotto alle operazioni militari colà durante la seconda guerra punica. L'area iberica era stata la base principale per la potenza cartaginese e per Annibale; non era possibile pensare a una rinuncia che avrebbe potuto consentire anche un ritorno di Cartagine. La ricchezza della regione, evidente in ogni senso, sarà stata un ulteriore argomento per decidere l'occupazione militare. La decisione comportava la presenza costante di truppe con non lievi implicazioni sul sistema militare romano e sulla concezione stessa del servizio, e difatti si ebbe in Spagna per la prima volta l'esempio di un esercito stanziale. Inoltre, per ampliare l'area di controllo diretto, era da prevedere uno stato di guerra endemico, di fatto una politica di annessione, anche se, di nuovo, la vera e propria provincializzazione in senso tecnico venne in prosieguo di tempo, insieme con una sempre piu precisa organizzazione dello sfruttamento economico (produzione agraria e miniere) e del sistema fiscale. La libertà di decisione, della quale i comandanti militari romani non potevano non disporre, doveva necessariamente seguire le linee di una decisione presa da tempo a Roma. Anche nella penisola iberica si vennero a creare situazioni di fatto comparabili con quelle che si ebbero nella Gallia Cisalpina, ma aggravate e complicate dalla lontananza della regione dal centro del potere. La presenza continuata di legioni romane e di truppe alleate condusse in molti casi alloro radicamento in luogo e quindi alla formazione di insediamenti romano-indigeni di carattere giuridico malcerto (primo esempio fu Italica, fondazione di Scipione nel zo6 a. C.; del I 7 I è la colonia di Carteia, mista di cittadini latini e di libertini"), e poi a forme di urbanizzazione per gli indigeni in via di romanizzazione. " Cfr. E. GABBA, La conquista della Gallia Cisalpina, in questo volume, pp. 69-77. 34 J. s. RICIIARDSoN, The Spanish Mines and the Development o/ Provincia/ Taxation in the Second Century B.C., inJRS, LXVI (I976), pp. 139-52; ID., flispaniae. Spainand the Developmento/Roman Imperialism 218-82 B.C., Cambridge 1986. " Italica: APPIANO, Guerra iberica, I 53; C art eia: LIVIO, 43· 3. I -4; E. GABDA, Esercito e società ne/la tarda repubblica romana, Firenze 197 3, pp. 289-93; M. J. PENA GIMENO, Apuntes y observaciones sobre la primeras /undaciones romanas en Hispania, in >, LXVII (I9J2), pp. 47-76 (= Religions and Politics cit., pp. 39-68); E. BADIAN, Rome and Antiochus the Great: a Study in Co/d War, in CPh, LIV (I959l. pp. 8I-99 (= Studies in Greek and Roman History, Oxford 1964, pp. I I 2-39); H. 11. scHMITT, Un~uchungen zur Geschichte Antiochos des Grossen und seiner Zeit, Wiesbaden I964; E. GRUEN, The Hellenistic World ci t., Il, pp. 620 sgg. 81 POUBIO, I8-49-52; LIVIO, 33·34-I-5, 33·39·40.

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219

triade in Tessaglia, che sarebbe diventato la testa da sbarco dei Siriaci in Grecia. La discussione sul piano di guerra di Antioco, che nel 192 sbarcò appunto in Grecia, e su quello che l'esule Annibale avrebbe suggerito al re, è nel fatto vana. Che Antioco si presentasse come liberatore della Grecia dimostra non tanto, o soltanto, che ostilità a Roma vi erano (e, come sopra è stato detto, venivano abilmente sfruttate dalla propaganda del re e degli E tali) 82 , quanto piuttosto che il tema della libertà aveva sempre una forte presa emozionale e politica fra i Greci; non era quindi difficile presentare il protettorato filellenico dei Romani come estraneo alle tradizioni. Che cosa poi il re di Siria pensasse di poter di fatto raggiungere in Grecia, se non svolgere azioni di ritardo e di disturbo proprio in omaggio ad un retaggio «culturale» che voleva che li si combattesse per quelle finalità, è difficile dire. Occupata Calcide nell'Eubea, i Siriaci passarono in Tessaglia. Il reFilippo, ammaestrato dall'esperienza, stette con Roma. I Romani nel 191 poterono quindi avanzare dall'Epiro verso la Tessaglia. Antioco bloccò, al solito, il passo delle Termopili, regolarmente aggirato con mossa ardita da distaccamenti di truppe romane agli ordini di Catone. I Siriaci furono disfatti; il re Antioco lasciò la Grecia; l'Etolia dovette sostenere da sola il peso dell'attacco romano. Mentre l'assedio della loro capitale, Naupatto, andava per le lunghe, un intervento di Flaminino, non immemore dell'antica collaborazione, permise di trovare una via di uscita e trattamenti piu miti. La guerra si spostava ora sul suo vero terreno: l'Asia Minore, tanto piu che Roma, con l'aiuto radio, dominava l'Egeo. I Rodii vinsero davanti a Side di Pamfilia una flotta siriaca comandata da Annibale. I Romani sconfissero la flotta del re Antioco al promontorio di Mionneso. Il console del 190 a. C., Lucio Cornelio Scipione, che aveva con sé come legato il grande fratello Publio, l'Africano, condusse dalla Grecia attraverso Macedonia e Traeia l'esercito verso l'Ellesponto. Il passaggio romano in Asia, nella Troade, fu accompagnato da un notevole sfruttamento propagandistico-politico del mito di Enea nelle origini di Roma, che legittimava uno sbarco che si voleva assumesse il carattere di W1 ritorno alla terra dei padri 81 • Si ebbero trattative per una composizione del conflitto, che non approdarono a nulla. Nel gennaio del 189lo scontro decisivo avvenne presso Magnesia al Sipilo, in Lidia, e l'esercito del re Antioco fu disfatto (l'Africano era malato e pare che il merito del comando e della vittoria sia spettato a un altro legato, Gneo Domizio Enobarbo) 8 ' . Come sempre in queste guerre contro le monarchie ellenistiche, una sola battaglia era risolutiva. Le condizioni di pa82

81 GABBA, 84

Cfr. sopra. p.

205.

(fonte principale è Demetrio di Scepsi); Sul/4 valorizzazione politica ci t., pp. 84-88. API'IANO, Gue"a siriaca, I 58-59, q8, I84. LIVIO, 37-37. I -3; STRABONE, I3- 1. 27

GIUSTINO, 3 I .8. I-4: E.

2 20

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ce, concordate dapprima fra Antioco e Scipione, poi aggravate dal Senato, comportavano fra l'altro l'abbandono da parte siriaca di tutta l'Asia Mi~ nore a nord della catena del Tauro. Roma acquisiva cosi il dominio dell'Asia; di fatto il regno seleucidico di Siria si avviava a scomparire dal novero delle grandi potenze. Il trionfo romano fu completato in quello stesso anno 189 a. C. dalla vittoriosa spedizione del console Gneo Manlio Vulsone contro i Galli (Galati) d'Asia. Nell'assetto della regione i maggiori benefici li ottennero gli alleati romani, Eumene di Pergamo e i Rodii, con cospicui ampliamenti territoriali, premesse per futuri sospetti. Va ripetuto che le vittorie romane, ottenute per l'incomparabile superiorità di una milizia cittadina sopra pur valide truppe mercenarie e sopra contingenti etnicamente variegati (qualunque, per altro, fosse il grado di avanzamento tecnico degli apparati militari ellenistici) non potevano portare, né portarono, nessun cambiamento effettivo nel sistema tradizionale della politica greca sul continente. Non si attenuarono i contrasti fra le leghe e interni ad esse; le lotte intestine nelle città si accentuarono per le prese di posizione pro o contro i Romani. Continuava il solito dramma della >, I (1971), pp. I91·2I4l11 CICERONE, Difesa di Balbo, 20-2 I; n. ALBANESE, Osseroazioni sull'istituto del«/undus fieri» e sui «municipia fundana», in Studi Do111Jtuti, I, Milano 1973, pp. I sgg.; E. GABBA, Tendenze all'unificazione normativa nel diritto pubblico tardo-repubblicano, in M. SARGENTI (a cura di), La certezza del diritto nell'esperienza giuridica romana, Padova I987, pp. 169 sgg. 12 CICERONE, Difesa di Balbo, 32 (Cenomani, Insubri, Helvetii, Iapydes); G. LURASCIU, Foedus Ius Latii Civitas. Aspetti costituzio111Jii de/w romanizzazione in Tranrpada111J, Padova I 979, pp. 4 I sgg. I trattati si datano fra il 197 e il104 a. C. " Lex repetundarum (Fontes 7 , 20), linee 76-79 fragmentum fiJrentinum (v. GIUFFRÈ (a cura di), Les Lois des Romains, Napoli I977, n. 9), linee I sgg.: la prima alternativa contemplava la concessione della cittadinanza romana con diritto di voto e la vacatio militiae: questa clausola sembra indicare che si concedeva

Gabba

Il processo di integrazione dell'Italia nel II secolo

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D'altro canto Roma, con il suo sistema di alleanze fondato non sul pagamento di tributi ma sulla fornitura di contingenti militari, cercava e favoriva il cointeressamento degli alleati nelle guerre. I vantaggi delle vittorie, se pur non con assoluta parità, arrivavano anche agli alleati, sia come divisione del bottino, sia come partecipazione alla colonizzazione, sia come apertura anche per le classi basse di possibilità di spostamenti nelle aree conquistate e quindi con effetto di notevole mobilità sociale. Una delle conseguenze fu anche il progressivo estendersi dell'economia monetaria in tutta Italia, insieme con la pericolosa diffusione di idee nuove in fatto di religione, che il governo romano cercò fermamente di contrastare e di reprimere e di controllare 14 : anche la costruzione, o la ricostruzione, di molti santuari in aree italiche nella seconda metà del secolo rientra molto probabilmente in questa finalità u. Lo sfruttamento economico delle conquiste, il coinvolgimento nelle attività commerciali in Oriente e in Occidente rappresentarono fattori unificanti per i ceti mercantili romano e italici (questi ultimi piu ancora che a Roma coincidenti con le classi dirigenti locali), sia fuori d'Italia (onde spesso le denominazioni di Italici o Romaioi nel mondo greco coprivano indifferentemente cittadini romani e alleati), sia anche in Italia ••. La collusione di interessi finanziari fra gruppi romani e alleati era già molto attiva nel 193 a. C. quando fu approvata la legge Sempronia de pecunia eredita, che intendeva bloccare le scappatoie escogitate dai prestatori di denaro di aggirare i divieti per mezzo di latini e di socii italici. È da supporre che i compagni di Catone nelle sue attività nel campo del prestito marittimo non fossero soltanto cittadini romani". Questi interessi di carattere economico, nei quali erano coinvolti anche senatori, avranno avuto anche una qualche influenza, crescente nel corso del secolo, sulle decisioni politiche; indirettamente anche i commercianti italici saranno stati in grado di far arrivare le proprie idee là dove veniva presa la decisione politica, che avrebbe avuto conseguenze anche per loro. ai nuovi cittadini di restare nelle città d'origine. La seconda alternativa, riferita sempre a latini e italici, con· ceJeva la provoca fio, la vacatio militiae munerisque publici. l' immunitas e la scelta del foro giudiziario a Roma 0 nella loro città. Chi avesse preferito questa alternativa era sollevato dal peso della milizia, delle funzioni pu~bliche e delle tasse. Ma da questa alternativa erano esclusi coloro che nelle loro città erano stati magistrati, uoe gli appartenenti alla classe piu elevata. L'esclusione dovrebbe spiegarsi con la volontà romana che costoro scegliessero la prima alternativa, che non contemplava la vacatio delle funzioni pubbliche, appunto per non Privare le comunità alleate delle loro classi dirigenti. 14 J.·M. PAILLIER, Bacchanalia. La répression de 186 av. f.-C. à Rome et en Italie, Roma 1988. p " F. COARELLI, I santuari del Lazio in età repubblicana, Roma 1987; v. CIANFARANI, Santuari ne/Sannio, escara 196o; Sannio. Pentri e Frentani dal VI al r sec. a. C., Roma 1980. 16 E. GABBA, Esercito e società cit., pp. 212-18; F. CASSOLA, Romani e ftalici in Oriente, in DArch, IV-V 1'970-7 I), pp. 305-22. 17 LIVlo, 25· 7.1-5 (!ex Sempronia); per Catone: PLUTARCO, Vita di Catone maggiore, 21. 5-8; E. GABBA, Del 1 >uon uso de/id ricchezza, Milano 1988, pp. 90-91.

2

72

Parte seconda

L'egemonia mediterranea

Roma era oramai il centro dell'economia mediterranea, e tanto piu dopo la distruzione di Cartagine. In quanto tale ne derivò un profondo cambiamento nelle strutture dell'economia italica, con una riorganizzazione dei sistemi tradizionali di sfruttamento del suolo'". Piu che naturale che Roma (come anche, in misura minore, le principali città marittime della penisola) divenisse un polo di attrazione per emigrazioni dalle comunità alleate dell'interno. Le possibilità offerte dalla città capitale, centro di tante attività economiche, erano indubbiamente grandi. Chi emigrava apparteneva principalmente ai ceti bassi, non era interessato, a quel che risulta, all'esercizio abusivo della cittadinanza romana, anche se cercava di farsi censire a Roma; lo faceva appunto con la finalità di migliorare le proprie condizioni di vita: allo stesso modo e per la stessa ragione altri emigravano nell'Italia settentrionale e in Spagna. Fra le prospettive economiche basti pensare allo sviluppo edilizio di Roma e di altre città italiche in questo periodo, che non fu certamente un momento di stagnazione economica 19 • Lo spostamento di migliaia di alleati, latini e italici, a Roma apriva una reazione a catena che minacciava di cambiare l'identità dei corpi civici stessi. Le preoccupazioni delle classi dirigenti erano piu che giustificate; lo spopolamento, al quale contribuiva anche il non ritorno di soldati alleati che si fermavano nelle province dopo il servizio, rendeva problematico l'adempimento dei doveri imposti dai trattati alle comunità alleate, in primo luogo la fornitura dei contingenti militari; poi anche il pagamento locale delle tasse (il tributum era stato abolito a Roma per i cittadini dopo il 168 a. C., ma non negli stati alleati); infine i cambiamenti nei corpi civici potevano compromettere le stesse dirigenze locali tradizionali'". Il governo romano si doveva rendere perfettamente conto delle ragioni delle classi dirigenti alleate, ma è dubbio se i provvedimenti di espulsione da Roma e di rinvio nelle loro sedi degli immigrati abusivi abbiano avuto un qualche effetto duraturo, per le difficoltà pratiche dello stato antico nell'affrontare problemi del genere. D'altra parte era lo stesso governo romano che aveva favorito con la colonizzazione nella Cisalpina l'allontanamento di masse con18 P. w. DE NEEVE, Peasants in Perì/. Location and Economy in Ita/y in the Second Century B.C., Amsterdam 1984, con la mia recensione in E. GABBA, Del buon uso della ricchezza cit., pp. 227-29. 19 P. GRos, Architecture et Société à Rome et en Italie centro-méridionale aux deux demiers siècles de la République, Bruxelles 1978; F. COARELU, Public Building in Rome between the Punic Warand Sulla, in PBSR,

XLV (!977), pp. 1-23. Non va trascurato l'aspetto economico della costruzione delle strade che si sviluppò in modo imponente nel corso di tutto ilu secolo a. C. specialmente nel nord e nel sud. 20 UVIO, 39·3·4·6 (187 a. C., 12 ooo domiciliati a Roma dal 204 sono rinviati alle loro sedi), 41.8.6-7 (177 a. C., l'abbandono di villaggi e terre compromette la fornitura di soldati), 4 1.B.8 (4ooo famiglie di Sanniti e di Peligni si spostano a Fregellae suscitando le lamentele delle comunità di origine). Per il tributo pagato nelle comunità alleate: APPIANO, Guerre civili, 1. 30, con il mio commento; inoltre E. GABBA, Del buon uso della rìcche1.1.a cit., pp. 126-27; c. NICOLET, Le stipendium des Allies Ita/iens avant la Gue"e sociale, in PBSR, XLVI (1978), pp. I-II.

Gabba

Il processo di integrazione dell'Italia nel n secolo

273

tadine dalle loro sedi nel Centro-Sud e aveva anche concesso l'ammissione, specialmente nelle colonie latine del Nord, di elementi italici (anche gli indigeni residenti localmente finirono per venire assimilati). Infine la centralità imperiale dell'Italia e il ruolo dominante di Roma nell'economia mediterranea portarono, come si è detto, a profondi cambiamenti nelle tradizionali strutture dell'economia agricola della penisola, senza distinzione fra stato romano e stati alleati. La trasformazione delle linee di sviluppo tradizionali dell'agricoltura italica non poteva distinguere le differenti realtà giuridiche della penisola, ed ebbe effetti generali. Non è un caso che la nostra tradizione sul problema graccano insista sul motivo dell'Italia. 2.

Conseguenze politiche e sociali delle trasformazioni nell'economia italica 21 •

Nelle aree centro-meridionali della penisola, quelle che ora interessano il nostro problema, le condizioni sociali ed economiche si presentavano tradizionalmente con caratteri regionali e settoriali distinti. In alcune zone, come l'Etruria e anche quella delle antiche colonie magnogreche, queste condizioni si mantennero con una qualche specifica peculiarità ancora fino al I secolo a. C., anche perché il governo romano si era astenuto di proposito dall'introdurre troppo forti cambiamenti. La colonizzazione romana, tuttavia, già alla fine del IV secolo dovette rappresentare un modello, potente creatore di un adeguamento, che andò sviluppandosi ancor piu nel m secolo. Nelle altre aree del centro-sud si era conservata una sostanziale omogeneità nelle strutture sociali delle comunità italiche, che comprendeva anche Roma e il suo territorio, legate alle condizioni naturali dell'ambiente e ai connessi modi di sfruttamento del suolo. Nelle zone appenniniche e subappenniniche forme di sfruttamento collettivo della terra 21 Oltre alle opere citate alla nota I cfr.: J. KROMA YER, Die wirtschaftliche Entwicklung Italiens im Il. und l. fahrhundert vor Chr., in «Neue Jahrbiicher fiir klassisches Altertum», XXXIII (I9I4), pp. I45-69; G. TIIHLE1'11, Il possesso dell'ager publicus e le norme de modo agrorum fino ai Gracchi, in «Athenaeum», XXXVI 1I 948), pp. 17 3-2 36 e XXXVII (I 949), pp. 3-4 I, e ID., Ricerche di storia agraria romana, ibid., XXXVIII V95o), pp. I 83-266; ID., Il latifondo dall'epoca graccana all'impero, in X Congresso Internazionale di Scienze · tonche. Relazioni, II, Firenze I955· pp. 237 sgg.; E. SERENI, Comunità rurali nell'Italia antica, Roma I955; "·GIARDINA e A. SCHIAVONE (a cura di), Società romana e produzione schiavistica, 3 voll., Bari r98I (con la mia ~ecensione in «OpuS>>, I (I982), 2, pp. 364-73, ora in Del buon uso della ricchezza cit., pp. 49-68); E. GABBA, strutture agrarie dell'Italia romana fra III e I sec. a. C., in E. GABBA e M. PASQUINUCCI, Strutture agrarie e alamento transumante nell'Italia romana (m-I sec. a. C.), Pisa I979. pp. I5-73; E. GABBA, Riflessioni sulla società romana fra m e II secolo a. C., in Cfr. gli autori citati alla nota 2 I.

Parte seconda

290

L'egemonia mediterranea

nel caso in cui si accettasse come possibile questa supposizione, varrebbero le stesse considerazioni che abbiamo svolto in precedenza circa il nessun significato da attribuire al concetto di confine in tali circostanze. Un ulteriore intervento diretto del governo romano in Apulia si ebbe nel 172 a. C. in occasione di una calamitosa invasione di locuste 24 • Certamente le locuste non avranno fatto questione di confini e il governo romano si sarà comportato di conseguenza. Nulla di preciso si sa sull'episodio delle uccisioni che furono perpetrate «in silva Sila» nel 138 a. C.", che provocarono un nuovo intervento repressivo del governo romano. Che i fatti in questione si siano svolti in territorio romano è in questo caso piu probabile, dato che sappiamo che metà della foresta della Sila era confluita nell'ager publiCUS26.

3· Tra diritto e «dottrina». Gli episodi passati in rassegna testimoniano casi di palese interferenza del governo romano negli affari interni di stati alleati. Che questi interventi dell'autorità romana avessero una qualche legittimazione in termini di diritto internazionale è assai dubbio. Polibio, in un capitolo in cui tratta delle competenze del Senato romano, afferma che al Senato spettava intervenire in Italia per reprimere particolari figure criminose che minacciavano la sicurezza pubblica e offendevano l'autorità dello stato romano: i casi contemplati erano quelli di prodosia (= proditio), synomosia (= coniuratio), pharmakeia (= vene/icium), dolophonia (= caedes)". Ciò non deve far ritenere che la possibilità di intervento del governo romano nei casi ricordati fosse espressamente prevista nei trattati con gli Italici o nelle leggi istitutive delle colonie latine 28 • Polibio non enuncia il contenuto di precise clausole convenzionali attinenti alla sfera del diritto internazionale, ma riporta il contenuto di una «dottrina» metagiuridica, che era stata elaborata unilateralmente nel seno della classe dirigente romana. Questa «dottrina» forniva il supporto teorico e ideologico a una supremazia di fatto. Se vogliamo fare riferimento a situazioni moderne, possiamo 24 LJVIO, 42. I0.6·8. CICERONE, Bruto,

22.85.; cfr. A. GIARDINA, Allevamento ed economia della selva in Italia meridionale: trasformazioni e continuità, in A. GIARDINA e A. SCHIAVONE (a cura di), Società romana e produzione schiavistica, l. L'Italia: insediamenti e forme economiche, Roma-Bari I98I, pp. 99·Ioo. 26 DIONISIO DI AUCARNASSO, 20.15; cfr. G. TIBILETil, Ricerr:he di storia agraria cit., pp. 240·44; A.]. TOYN· BEE, Hannibal's Legacy, II ci t., p. I 20 e nota 7, e pp. 545·46 (trad. it. pp. 139, I 72 e nota 25, 675·76). "

27

POLJBIO, 6.I3-4Su questo punto mi discosto da E. GABBA, Arpetti dell'assimilazione delle popolazioni italiche nel II se· colo, in E. CAMPANILE (a cura di), Lingua e cultura degli Oschi, Pisa 1985, p. 41. 28

Laffi

Il sistema di alleanze italico

291

richiamare a confronto la in campo privatistico e in cam-

po pubblicistico. Ovviamente, rimanevano le differenze di status fra Romani, Latini e Italici. Ma il mancato godimento delle prerogative giusprivatistiche proprie dei cittadini romani andava nella pratica perdendo di importanza. L'assenza di conubium, vale a dire del requisito che conferiva al rapporto coniugale con un Romano o una Romana il valore giuridico di iustum matrimonium '", non sembra che creasse particolari problemi, •. Il cittadino di una comunità italica che non godeva del commercium, e non era quindi abilitato al compimento dell'atto traslativo della mancipatio"0 , poteva sempre avvalersi della traditio. Va detto peraltro che un certo numero di stati italici doveva godere dei diritti di conubium e di commercium per specifiche concessioni. Vi erano anche comunità ai cui cittadini erano riconosciuti privilegi particolari, non derivanti dal commercium: sappiamo che i cittadini di dodici colonie latine, fra cui Ariminum, erano legittimati a ricevere eredità dai cittadini romani, vale a dire godevano della testamenti factio passiva"'. Passando al campo dei rapporti giuridici obbligatori, è appena il caso di rammentare che ai peregrini erano accessibili i quattro contratti consensuali del ius gentium: compravendita, locazione-conduzione, società, mandato. Del resto l'esclusione da alcuni istituti propri del ius civile era facilmente surrogabile. Chi non era legittimato alla sponsio poteva sempre ricorrere a una stipulatio, sostituendo al verbo spondeo, con pari efficacia, altre forme verbali; per garantire l'obbligazione assunta da un terzo ci si poteva servire, invece che della sponsio, di una specificastipulazione di garanzia iuris gentium: lafidepromissio. Per quanto riguarda la tutela processuale delle situazioni giuridiche soggettive, chi non era legittimato a lege agere poteva far valere i suoi diritti attraverso un pro. ". Sulla nozione giuridica del conubium, è fondamentale E. VOLTERRA, La nozione giuridica del conu· 1""m, m Studi in memoria di E. Albertario, II, Milano 1953, pp. 345_-84. 79

L'assenza di conubium riguardava essenzialmente gli Italici. E diffusa l'opinione che fra i Latini go· 1 'essero del conubium soltanto quelle comunità aUe quali fosse stato conferito con un atto formale: ma le te· ;'j;;,'"filanze che si citano a sostegno di questa opinione o non sono pertinenti (uLPIANO, Titoli, 5·4 e 9, in .h Il, II (•940 2), pp. 268-69; GAIO, Istituzioni, 1.56·57) o non hanno quel valore probante che viene loro attn8uno Ubid., 1.79); un'ampia disamina del problema, in G. LURASCHI, Foedus Ius Latii Civitas cit., pp. 2 l -6·. 80

l l . Il commercium comportava la capacità di prender parte aUa mancipatio e in genere ai negozi librali ~-e zus crvde. Sulla nozione giuridica del commercium, è fondamentale M. KASER, Zum Begrif/ des »Commerzum«, ora t n ID., Ausgewiihlte Schri/ten, I, Camerino 1976, pp. 27 r-309. Tutti i Latini godevano del commerczum • indi pen d entemente d a parttco . lan. concesstonL . . 81 c CICERONE, DijeSJJ di Cecina, 35· 102; cfr. F. DE MARTINO, Storia delkJ costituzione romana ci t., pp. 100-1; 11 d~l ·ALSTERER, Hemchaft und Verwaltung ci t., pp. 90-91; sulla non derivazione della testamenti factio passiva commerczum, cfr. M. KASER, Zum Begriff des »commercium« ci t., p. z88.

Parte seconda

}02

L'egemonia mediterranea

cesso per fonnulas, che si celebrava dinanzi al tribunale del pretore peregrino"2. Le differenze obiettivamente piu gravi erano quelle che permanevano in campo pubblicistico. Gli ltalici non potevano votare in Roma; i Latini avevano un diritto di suffragio limitatissimo"', praticamente ininfluente sull'esito delle votazioni. Il ius migrandi era assoggettato a restrizioni e a controlli"' che ne rendevano arduo l'effettivo esercizio. I Latini e gli Italici erano esclusi dal godimento del diritto di provocare ad populum"' il che li lasciava in balia dell'imperium dei magistrati romani. Inoltre dal 167 a. C. era stata abolita per i cittadini romani l'imposta sul patrimonio (tributum): ma questo provvedimento non aveva riguardato i Latini e gli ltalici, che in effetti continuavano a pagare il tributum nelle loro comunità d'appartenenza••, per far fronte agli oneri militari, già in sé gravosi", derivanti dall'alleanza. Ma anche queste disuguaglianze, bon gré mal gré, venivano tollerate.

10.

Il miraggio dell'uguaglianza.

Prima di procedere, giova delineare un breve quadro riepilogativo. L'alleanza romano-latino-italica verso la metà del n secolo a. C. si presentava come un organismo giuridicamente composito e diseguale, ma politiI peregrini non erano legittimati alla le~s octio. È incerto se lo fossero i Latini; in senso negativo, G. Il processo civile romano, I. Le legis octiones (Cono di Diritto Romano A. A. 1961-62), Roma 1962, pp. 233-38; altra bibliografia in G. LURASCHI, Foedus Ius Lotii Civitos cit., pp. 273-74, note 206-8. "' Essi erano ammessi a votare in una tribu estratta a sorte; cfr. TH. MOMMSEN, Riimisches 5tootsrecht, III cit., pp. 396-97,643-44 (trad. frane. VI/r, pp. 456-57, VI/2, pp. 267-68); A. N. SHERWIN-WHITE, The Romon Citizenship cit., pp. 35, II2·IJ, 215; L. R. TAYLOR, Romon VotingAssembliesfrom the Honnibolic Wor to the Dictotonhip ofCaesor, Ann Arbor Mich. 1966, pp. 70, 7I, 79 e 146, nota 46. 84 Cfr. E. GABBA, Il processo di integrazione dell'Italia nel II secolo, in questo volume, pp. 269 sgg. "' L'offerta che di questo diritto verrà loro fatta in proposte di legge dell'età graccana e le previsioni delle leges de repetundis dell'ultimo quarto del secolo presuppongono chiaramente che essi ne fossero privi; cfr. A. N. SHERWIN-WHITE, The Romon Citizemhip cit., pp. I35-37, I43, 216; C. VENTURINI, Studi sul crimen repetundorum nell'età repubblicano, Milano 1979, pp. 31-36. 86 Alla vigilia del tribunato di Tiberio Gracco gli alleati i t alici sono presentati come rovinati dalla povertà, dalle eisphoroi, dal servizio militare: APPIANO, Guerre civili, r. 7. 30; cfr. E. GABBA, Appiani Bellorum Civilium liber Primus, Firenze I967 2 , commento ad loc.; ID., Esercito e fiscalità o Roma in età repubblicano, ora in ID., Del buon uso della ricchezza. Saggi di storia economiCIJ e sociale del mondo antico, Milano 1988, pp. 126-27; c. NICOLET, Le stipendium des Alliés Itoliens ovont la Guerre Sociale, in PBSR, XLVI (I978), pp. I-I r. 87 Sulle proporzioni del contingente militare fornito dagli alleati rispetto alle truppe romane nel periodo 218-9I a. C., cfr. P. A. BRUNT, Itolian Manpowercit., pp. 416-34, 677-86; v. ILARI, Gli Itolici cit., pp. 154-73; J. w. RICH, The Supposed Roma n Monpawer Shortoge o/ the Loter Second Century B.C., in« Historia», XXXII (1983), pp. 287-33 I, specialmente pp. 321-23. Secondo v. G!UFFRÈ, Esigenze militari romane ed Itolici, in «Labeo>>, XXI (I975l, pp. 215-38, prima delle guerre puniche la compartecipazione degli alleati alla militia con i Romani sarebbe stata gradita e ambita. Ma per il periodo che ci riguarda è indiscutibile anche secondo il Giuffrè che questa compartecipazione presentava il carattere di una prestazione imposta. 82

PUGUESE,

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Il sistema di alleanze italico

303

camente, militarmente, economicamente, culturalmente integrato. I trattati bilaterali e gli statuti delle colonie latine erano limitati a clausole essenziali per quel che riguarda il contenuto dei rapporti interstatali: essi lasciavano ampia libertà di azione in Italia alla potenza egemone, che svolgeva il suo ruolo con decisione, interferendo anche talvolta negli affari interni delle comunità satelliti, ma che si asteneva da inutili arbitri, cercando anzi, nei limiti del possibile, di venire incontro alle esigenze e alle richieste specifiche dei suoi partner. Gli stati alleati, accettando il loro ruolo subordinato, apprezzavano i vantaggi che derivavano a loro dal dominio di Roma, pur non disconoscendone gli svantaggi. Che «l'ordine vigente nella federazione italiana» si fosse trasformato alla metà del secolo in «una mostruosa ingiustizia» •• è un giudizio certamente esagerato e unilaterale. Il processo di assimilazione delle classi dirigenti alleate alle classi dirigenti romane si presentava ormai come un processo irreversibile. Questo processo era destinato a intensificarsi e in effetti si intensificò. Ma ciò non portò, per quanto possa apparire paradossale, a un rafforzamento dell'alleanza. Al contrario. Quanto piu gli alleati potevano godere, accanto ai cittadini romani, dei vantaggi propri dei cittadini romani, tanto piu forte cresceva in loro il desiderio di colmare il divario che continuava a tenerli separati dagli stessi. E quanto piu questo divario si riduceva, tanto piu prendevano corpo i malumori. Ed è naturale, ché in certe situazioni si tollera piu facilmente uno stato di inferiorità che una posizione di quasi-uguaglianza. Lo sguardo degli alleati si appuntava sulle differenze -le uniche, poi, che contavano veramente, come si è visto- che sussistevano in campo pubblicistico. La classe dirigente romana non dovette rendersi conto subito di questo mutamento degli umori degli alleati e tanto meno seppe interpretarne il significato. Si collocano proprio in questi anni, intorno alla metà del n secolo a. C. o subito dopo, quegli odiosi episodi di sopraffazione che furono denunciati da Gaio Gracco nel 123 a. C., dei quali abbiamo già fatto cenno. Questi atti arbitrari dei magistrati romani, che si ripetevano e contro i quali gli alleati non avevano rimedi a loro disposizione, esacerbavano gli animi e facevano sentire guanto fosse pregiudizievole il mancato godimento del ius provocationis. E comprensibile che gli alleati desiderassero ottenere questo diritto, che i cittadini romani potevano esercitare, in base a una delle leges Porciae, addirittura contro I'imperium militiae". Questa era la causa piu immediata del loro malcontento. Ma pesa88

c '

OS! G. DE SANCTIS, Storia dei Romani ci t., p. 571 (2' ed., p. 556). Sulle tre leges Porciae de provoca/ione, cfr. F. DE MARTINO, Storia della costituzione romana ci t., pp. 42 1 1, 9;;) ' A. W. UNTOTI, Provoca/io. From the Struggle of the Orders to the Principale, in ANR W, serie I, II PP 'pp. 2 49-53; B. SANTALUOA, «Processo penale (d!r. rom.)», m Encrclopedta del Dintto, XXXVI (1987), _

89

. 334-35.

304

Parte seconda

L'egemonia mediterranea

vano anche le altre disuguaglianze: la continuata sottomissione al tributum e l'esclusione dalle votazioni nei comizi. Il significato di questa esclusione dal ius suffragii gli alleati cominciarono ad avvertirlo soltanto piu tardi, a partire dall'età graccana, allorché ebbero occasione di toccare con mano che i Romani potevano legiferare su questioni che coinvolgevano i loro vitali interessi economici e i loro diritti politici senza che essi potessero far sentire direttamente la loro voce al riguardo. A poco a poco si farà strada negli animi degli alleati la convinzione che per colmare effettivamente il divario che li teneva separati dai Romani non bastavano provvedimenti isolati, ma occorreva ottenere la cittadinanza romana tout court. Questa convinzione maturerà lentamente; sarà soltanto all'epoca della prima generazione post-graccana che il problema della cittadinanza, dapprima legato alla questione dell' ager publicus, acquisterà una sua autonoma rilevanza politica. Ciò segnerà l'inizio di una nuova fase storica: gli alleati chiedono ormai di non essere piu alleati.

ENRICO CAMPANILE

L 'assimilazione culturale del mondo italico *

La romanizzazione del mondo italico fu processo complesso e non omogeneo, del quale possiamo oggi ricostruire solo le linee generali e pochi specifici episodi, in ragione di una documentazione quanto mai povera e frammentaria. Difficile sarebbe fissarne gli inizi in un preciso periodo, giacché sia Roma che le genti italiche erano membri ab antiquo di una koiné culturale che * Le iscrizioni italiche sono citate secondo E. VETIER, Handbuch der italischen Dialekte, l, Heidelberg r9 53 e P. POCCETTI, Nuovi documenti italici a complemento del Manuale di E. Vett.er, Pisa 1979; successivi rinvcnimenti e nuove letrure nella rassegna di epigrafia italica (a cura di A. L. Prosdocimi) pubblicata in SE. I testi sudpiceni (forse di tipo umbroide, ma non ancora interpretabili con un minimo di certezza) sono editi da A. MARINETI1, Le iscrizioni sudpicene,l. Testi, Firenze 1985; delle Tavole di Gubbio è prevista una nuova edizione, in piu volumi, con ampio commento, ad opera di A. L. Prosdocimi (già apparso Le Tavole Iguvine, I, Firenze 1984). Studi recenti sulla lingua e la cultura degli italici sono raccolti nei seguenti quattro volumi miscellanei: •- GUSMANI (a cura di), La cultura italica, Pisa 1978; A. L. PROSOOCIMI (a cura di), Lingue e dialetti dell'Italia antica, Roma 1978; A. QUATIORDIO (a cura di), L'etrusco e le lingue dell'Italia antica, Pisa 1985; E. CAMPANILE la cura di), Lingua e cultura degli Oschi, Pisa 1985. Sull'integrazione degli Italici nell'economia e nell'esercito romano e sulla loro conseguente aspirazione alla cittadinanza, cfr. E. GABBA, Il problema della cittadinanza romana agli alleati e il tribunale di M. Livio Druso ( e da quella arcaica mobilità sociale piu sopra nchiamata. 1 ' ·.

Parte seconda

3. 4·

5-6.

L'egemonia mediterranea

Statuetta da Veio con Enea e Anchisc. Roma, Museo Nazionale di Villa Giulia. Il tumulo di Lavinio identificato con l'heroo11di Enea. Particolari della tomba François di Vulci.

Nel396 a. C. cade in mano romana l'antica città etrusca di Veio, conquistata da Furio Camillo dopo un assedio decennale che per la durata e per le gesta di alcuni dei protagonisti ricalca, nel racconto di Livio, il modello mitico della presa di Troia. Attorno a questa vicenda si coagula, come è stato notato, l'ultima grande fase mitica riguardante istituzioni politiche e religiose di Roma . Pochi anni dopo la presa di Veio, le conseguenze delle invasioni celtiche raggiungono anche Roma che nel390 a. C . viene saccheggiata; è in questa occasione che Caere offre rifugio ai sacra recati dalle Vestali e che il popolo fugge verso Veio mentre il senato attende l'arrivo del nemico. La statuetta con Enea e Anchise trova spiegazione nel contesto di questi avvenimenti. Il pezzo raffigura Enea, armato di scudo rotondo, schinieri, elmo e forse una corazza, nell'atto di sorreggere il padre Anchise seminascosto dietro uno scudo rotondo; repliche di questo tipo provengono dai tre santuari maggiori di Veio. La cronologia della statuetta è stata fissata entro la prima metà dd IV secolo a. C., posteriormente alla conquista da parte di Roma; questi ex voto sono infatti stati deposti dai coloni romani insediati, all'indomani del sacco gallico di Roma, nel territorio che era stato di Veio e dei suoi alleati. Nella diffusione e nella popolarità dell'immagine dell'eroe troiano che si trasferisce ed emigra conducendo con sé il vecchio padre, simbolo delle radici e della presenza complessiva di una della luxuria asiatica rilevato in toni moralistici dalle fonti contemporanee. In effetti, l'affluire in quantità mai viste in precedenza di oro e schiavi, le possibilità commerciali offerte da mercati come quello di Delo, l'arrivo a Roma di artisti greci insieme a opere d'arte e biblioteche (come quella trasportata a Roma da Emilio Paolo), la conoscenza diretta della cultura_gr~­ ca, si ponevano come potenti acceleratori di quei cambiamenti radicali, sia nella sfera pubblica s1a quella del privato, che avevamo visto timidamente avviati già nel corso del m secolo a. C. e i mod~ della cultura ellenistica, elaborati nelle corti dei dinasti successori di Alessandro, potevano cosf offr~re le piu grandi suggestioni alle nuove fortune individuali esaltate dai trionfi militari.

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ca:a Roccia Opera laterizio

El Opera listata

Muri moderru

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28

~m

Pianta e ricostruzione della facciata della tomba degli Scipioni.

Il dibattito sorto a Roma sull'opportunità dell'apertura verso il mondo greco vede schierarsi da un lato (hi indicava nelle conquiste e nell'introduzione della cultura greca un grave pericolo per l'assetto tradizionale dello stato, al modo di Catone, homo novus anche lui ma vicinissimo alle posizioni della vecchia aristocrazia romana e comunque non estraneo alle forme della culrura greca, e dall'altro chi mirava a :a.le apertura scorgendovi nuove possibilità di ordine socio-politico e culturale, posizione ben esemphftcata dal cosiddetto circolo degli Scipioni. Della famiglia che dà nome a questo circolo conosciamo la tomba gentilizia, in cui possiamo leggere un'eco di quella posizione. Agli inizi del m secolo a. C. l'illogeo originario viene realizzato presso la via Appia a un miglio dalla città (è stata rilevata la probabile ocahzzazione non casuale lungo la direttrice dell'espansione romana verso sud): qui il sarcofago del }on~at.ore Scipione Barbato viene collocato in posizione enfatica, via via seguito dai componenti della am•glia, accompagnati di frequente da e/ogiiJ funerari, fino a rendere necessario un ampliamento apfrestato poco dopo la metà del n secolo a. C., presumibilmente per iniziativa di Scipione Emiliano. f n ~uesta occasione l'ipogeo viene dotato di una facciata monwnentale comprendente una parte ine~Jore con gli ingressi e una parte superiore munita di una tripartizione a semicolonne inquadranti niclhJe • entro cui vengono poste le statue di Scipione l'Africano, di Scipione l'Asiatico e del poeta Ennio. f a facciata mostrava cosf la propria derivazione dai modelli ellenistici rintracciabili sia in monumenti . uneran che nelle scaenae frontes teatrali, e alludenti ad una sempre piu palese eroizzazione dei defunti •11ustn.

342

Parte seconda

L'egemonia mediterranea

29. Particolari dei cavalieri del donario dei Licinii di Lanuvio. Londra, British Museum; Leeds, Museum of the Leeds Phi· losophical and Literary Society; Lanuvio.

Verso la metà del I secolo a. C., in occasione del rifacimento del tempio dedicato a Giunone Sospita, presso l'edificio di culto, sul colle San Lorenzo di Lanuvio, viene posto un grande donario con figure di cavalieri. Le implicazioni della scelta del tema e dell'iconografia, occasione della dedica di questo monumento, rendono palese l'uso nella carriera degli homines novi di un filone propagandistico, quello dell'imitatio Alexandri. Il donario comprendeva almeno otto o nove cavalieri indossanti una corta co· razza ellenistica o una tunica al di sotto di un mantello; le calzature erano di tipo greco. Vari indizi e confronti indicano nel monumento con cavalieri eretto da Alessandro per la vittoria al Granico il mo· dello ultimo del donario di Lanuvio. La dedica del monumento va messa in relazione, come è stato os· servato, con l'ascesa della potente famiglia dei Licinii, che nel62 a. C., con L Licinio Murena, rag· giunge il consolato. ll parallelo rifacimento del tempio di Giunone Sospita e la collocazione del donario presso il portico, ricordano peraltro la collocazione del monumento del Granico nel santuario di Zeus a Dion. Dietro questi elementi, al pari dell'identificazione di Alessandro come nuovo Dioniso, si scor· gono i tentativi di accreditare un particolare favore da parte di una divinità che diviene costante nelle strategie propagandistiche di Silla, Pompeo, Cesare e degli imperatori.

;o .

Statue equestri dei Nonii Balbi. Napoli, Museo Nazionale.

Le due statue equestri marmoree dei Nonii Balbi vengono innalzate nel foro di Ercolano, come è stato d1 recente puntualizzato, alla fine del regno di Augusto. Si è parimenti rilevato come la statua equestre disponga nel mondo romano di una particolare tradizione connessa all'occasione e al luogo della dedica. Lestatue piu antiche di questo tipo di cui abbiamo notizia risalgono al periodo medio-repubblicano Ritrano d~l cosiddeuo Postumio Albino. Parigi, Museo del Louvre. 36 .

Ritratto di Pompeo Magno. Roma, Collezione Brown.

Alla formazione dd ritratto romano repubblicano concorrono vari filoni di diversa provenienza: la tradizione di marca aristocratica dello ius imaginum con i modelli derivati dalle maschere funerarie in cera 0 in legno, la corrente medioitalica che abbiamo visto rispecchiarsi nel Bruto Capitolino, il decisivo tnnest9 con la ritrattistica greca tardo-classica e ellenistica supportato dall'arrivo a Roma di scultori greci. E stato ribadito anche di recente come le caratterizzazioni che emergono nei personaggi del ritratto tardo-repubblicano non possano essere disinserite dal sistema comunicativo entro cui andavano a collocarsi: almeno in linea tendenziale, dunque, il ritratto si rivolgeva ad un pubblico cui affidare un rne_s s~ggio, allo stesso modo dei valori e dei modelli almeno in parte sovrapponibili dei contemporanei scrnu di retorica (si vedano ad esempio le caratterizzazioni dei personaggi protagonisti delle orazioni ~.eroniane), nell'ambito di una Jotta politica che, in forme sempre piu serrate e dispendiose, assisteva ~mergere delle varie fazioni. E proprio in questo periodo che nasce significativamente anche un' autobtografia romana (Scauro, Rutilio Rufo, Silla, Lutazio Catulo) non solo, come si è rilevato, di tipo si entra in realtà nella fase del pieno ellenismo caratterizzata da opere e correnti tendenti al movimento, al pathos, al gusto del drammatico e del pittorico che evidentemente erano sentiti in contrasto con quei canoni classicisti che Plinio identifica nella "rinascita•> dell'arte alla metà del n secolo a. C.; in secondo luogo, questa ((rinascita•>, che vede al centro la scuola neoattica di Atene, viene a porsi in un contesto tutto romano, a cominciare dalla committenza. Nella prima metà del II secolo a. C. si colloca il maggior afflusso verso Roma delle tendenze ellenistiche legate a maestranze rnicroasiatiche: il fregio del tempio di Talamone, raffigurante il mito dei Sette a Tebe e databile alla metà del D secolo a. C. o poco dopo, rappresenta una traduzione nel materiale povero della terracotta di quelle tendenze, contemporaneamente all'affermarsi del gusto neoattico alla base nel classicismo augusteo. Il frontone di Talamone denota anche un'altra tendenza ravvisabile nella scelta del tema raffigurato: la crisi delle strutture religiose tradizionali aveva aperto le porte al gusto per l'er~­ dizione ricercata e intellettualistica, che trovava ampia possibilità di citazione nella tradizione elleiUstica di stampo callimacheo; parallelamente, l'introduzione di nuove divinità orientali giungeva amostrare tutta la sua intensità con la questione relativa al senatusconsu/tum de Bacchana/ibus nel r86 a. C.

Menichetti

Archeologia della conquista romana

349

38. Capitello cotinzio-italico della casa del Fauno. 39 . Disegno ricostruttivo di un capitello corinzio-italico della casa del Labirinto.

La diffusione dell'ordine corinzio anche entro le abitazioni private segnala il prevalere del barocco ellenistico nelle partiture decorative, indizio dei nuovi gusti e stili di vita che si accompagnavano alle conquiste dell'Oriente. La legislazione senatoria, intensificata dopo la seconda guerra punica, rende evtdente, nelle sue reiterate promulgazioni di provvedimenti suntuari, l'alto tasso di disattesa di un complesso di leggi che intendeva porre un freno ai nuovi costumi. A parte il caso di Cornelio Rufina, espulso dal senato nel 277 a. C. per aver posseduto piu di dieci libbre di vasellame d'argento, nel 2 I 7 a. C. la legge Petelia doveva regolare l'uso di stoffe preziose, nel 215 la legge Oppi a, abrogata nel I95 a. C., vietava alle donne di possedere piu di mezza oncia d'oro, di usare vesti multicolori e impo~eva alle stesse l'uso del carro entro mezzo miglio da Roma, nel 182la legge Orchia limitava il lusso net banchetti, nel 170 veniva abrogata una norma che impc:diva la presenza nei giochi di belve esotiche, nel r6r la legge Fannia regolamentava le spese per i banchetti pubblici dei ludi Megalenses, estesa nel I 4 3 a. C· a tutta l'Italia, con pene anche agli invitati, e completata nel I 40. Si è potuto rilevare come que~ta minuta normativa non si rivolgesse alla ricchezza in sé quanto contro l'uso politico di questa nuova ncchezza che minava l'assetto tradizionale dello stato: la regolamentazione dei banchetti, soprattutto nei giorni di festa e di mercato, era funzionale all'impedimento del costituirsi di vaste clientele.

Parte seconda

40.

L'egemonia mediterranea

Monumento funerario con fregio dorico. Benevento, Museo del Sannio.

Nelle schede precedenti si è fatto cenno agli esiti e alla profondità raggiunta dalla ricezione a Roma e in Italia delle forme stilistiche di marca ellenistica. L'affermarsi di queste tendenze non può esser comunque considerato nell'ottica di percorsi rettilinei e cronologie omogenee; un esempio è rappre· sentato dalla classe dei monumenti funerari a fregio dorico. Questi ultimi comprendono una base mo· danata, un >, LVII (1979), pp. 215 sgg.; B. SANTALUCIA, La lepjslazione si/lana in materia di falso num· mario, in AIIN, XXIX (1982), pp. 47 sgg.; J. A. CROOK, Lex Cornelia de /alsis, in (nel caso specifico in rapporto al culto bacchico), stringendo nelle maglie di una rigida normativa non solo i cittadini romani, ma anche gli alleati. In effetti, là dove la religione condiziona e determina lo stesso svolgimento della vita politica, !'«imperialismo» sarà (e non potrà non essere) anche religioso, volto pertanto a dettare norme anche in materia religiosa a popoli e a città teoricamente liberi.

l lercules Aemilianus. Roma, Museo dei Conservatori.

La splendida statua in bronzo di Ercole giovane con la clava del Museo dei Conservatori è definita comunemente Hercules Aernilianus. Si ritiene infatti che essa fosse posta in origine nell'aedes Aemiliana llercu!is: un tempio rotondo del Foro Boario di cui ormai non restano piu tracce, ma la cui dedica in base all'appellativo è stata attribuita al censore del142 a. C. Scipione Emiliano. A Roma il Foro Boano era eminentemente legato al nome di Ercole, fin da epoca antichissima. Qui si trovava l'ara masstma del dio: il suo culto sarebbe stato fondato dallo stesso Ercole ed era praticato secondo il rito greco. Nelle tradizioni romane, fino alla censura di Appio Claudio ne!JIZ a. C., veniva descritto come un culto gentilizio al quale avrebbero provveduto con rango diversificato appunto due gentes: quella dei Potitii e quella dei Pinarii. Appio Claudio in cambio di cinquantamila assi avrebbe convinto i Potitii a cedere alla città il loro familiare sacerdotium, provocando tuttavia l'indignazione di Ercole che puni d censore con la cecità e tutti i Potitii con la morte nel giro di un anno. 2

·

llercules da Alba Fucens. Chieti, Museo.

Il culto di Ercole, diffusissimo in Italia, è documentato anche nella colonia romana di Alba Fucens dove si trovava un santuario del dio databile intorno a!Ioo-90 a. C. La statua lo presentava seduto a banc~et~~- l Romani cominciarono a invitare Ercole ai banchetti da loro approntati (quei lectistemia dove gu d_et erano serviti sdraiati come i convitati umani) fin dal 399 a. C. Allora, in occasione di una grave Pestilenza, i libri sibillini consultati dai duumviri sacris faciundis prescrissero il primo lectisternium: esso ~be la durata di otto giorni con la partecipazione su tre letti diversi di Apollo e La tona, di Ercole e tana, d t Mercurio e Nettuno.

J.

Dioscuri del Lacuslutumoe. Roma, Antiquario dd Foro.

ll culto dei Dioscuri alla fonte di Giuturna, nel Foro, era in rapporto con la loro apparizione miracolosa nei pressi di quella stessa fonte il giorno della battaglia del lago Regillo, quando i Romani nel499 a. C. avevano sconfitto i Latini. Secondo Dionisio di Alicarnasso (6. I 3), i Dioscuri in un primo tempo sa· rebbero intervenuti nella battaglia, ponendosi a capo della cavalleria e sbaragliando i nemici. Poi, quello stesso giorno verso il crepuscolo, nel Foro sarebbero stati visti due giovani in abito militare: sembravano reduci da uno scontro e i loro cavalli erano fradici di sudore; i giovani li abbeverarono alla fon· te di Giuturna e li si lavarono essi stessi. A quanti si fecero incontro per avere notizie, annunciarono la vittoria avvenuta, quindi scomparvero e nessuno li vide mai piu. I Romani, compreso che si trattav_a dei Dioscuri, innalzarono ad essi un tempio nelle vicinanze immediate del luogo dove erano app:trst. In epoca repubblicana i Dioscuri a Roma erano i protettori degli equites, come testimonia anche il sa· crificio compiuto ogni anno, alle idi di luglio, nel loro tempio in occasione della transvectio equitum: la parata di giovani cavalieri che, partendo dal tempio di Marte fuori dalla porta Capena, attraversava il Foro per giungere fino al Campidoglio.



Asclepio da Ostia. Ostia, Museo.

Asclepio, dio guaritore, fu introdotto a Roma all'inizio del m secolo in seguito allo scoppio di un'epiderrua che stava devastando la città c le campagne. Una delegazione romana si recò allora ad Epidauro, tn Grecia, da cui tornò con il serpente sacro, manifestazione del dio stesso. Nel291 ad Asclepio fu dc~tcato un tempio sull'isola Tiberina; nei portici del tempio venivano a dormire i malati per praticarvi l ~ncubatio, nella speranza che fossero loro rivelate in sogno le vie della guarigione. La statua ostiense ~ 1 Asclepio proviene dal cosiddetto tempio tctrastilo. Fu scolpita intorno al roo-75 a. C . e, in base al uogo del rinvenimento, si è pensato che si trattasse della statua di culto del santuario.



6-7.

Fortuna Primigenio. Palestrina, Museo Archeologico. Tempio dello Fortuna Primigenio. Palestrina.

La Fortuna Primigenia di Praeneste, che in quanto Primigenia dovrebbe essere essa stessa «primor· diale», con una contraddizione che ha fatto molto discutere, in alcune iscrizioni viene definita invece «figlia di Giove». Essa infatti è una divinità che possiede anche tratti materni ed alla quale si appon· gono dediche in seguito a nascite. Le origini del culto prenestina della Fortuna erano messe in rapporto al miracoloso ritrovamento di sortes: «< documenti dei Prenestini raccontano che Numerio Suffustio, uomo onesto e nobile, in sogni frequemi e alla fine anche minacciosi ricevette l'ordine di tagliare la roccia in un luogo determinato; atterrito dalle visioni, mentre i suoi concittadini lo deridevano, comin· ciò a farlo; in tal modo spaccò la roccia e ne uscirono fuori sortes scolpite in legno con i segni di antiche lettere ... In quello stesso tempo, nel luogo dove ora c'è il tempio della Fortuna, raccontano che da un ulivo cominciasse a stillare miele e che gli aruspici abbiano detto che quelle sortes sarebbero state estre· mamente nobili; per loro ordine da quell'ulivo fu fatta una cassa e li sono racchiuse le sortes che attuai· mente estratte su monito della Fortuna» (Cicerone, Sulla divina:zione, 2.85-86). Alle pratiche divina· torie mediame estrazione di sortes anche a Praeneste, come a Ostia nel tempio di Ercole, provvedeva un fanciullo. Il grandioso santuario, che si articolava su una serie di terrazze sovrapposte, fu costruito, come dimostrò Attilio Degrassi in base alla documentazione epigrafica, verso la fine del11 secolo a. C.

8.

!uno Sospita da Lanuvio (scomparsa).

Ad indicarne la pluralità di funzioni, un'iscrizione del! secolo a. C. dalla stessa Lmuvio (!LLRP, qo) qualificava la dea come luno Sospita Mater Regina. l uno Sospita tuttavia possedeva caratteristiche eminentemente guerriere come Cicerone faceva dichiarare al suo Cotta nel trattato Sulla natura degli dèi: e sacerdozio) bastava un concorrente che lo uccidesse dopo aver strappato il ramo di un determinato albero che sorgeva nel bosco sacro di Diana.

1 o. 11 ·

Area sacra di Largo Argentina a Roma. Visione generale. Arca sacra di Largo Argentina a Roma. l frammenti della Forma Urbir scveriana.

L'area sacra di Largo Argentina, nel Campo Marzio centrale, ospita quattro templi tutti di epoca repubblicana, convenzionalmente indicati da nord a sud con le prime quattro lettere dell'alfabeto. Già l~ s~elta di un simile espediente è indizio della grande difficoltà di precise identificaziorù in rapporto a1 Singoli santuari. Comunque, sia in base alle fonti letterarie sia attraverso una rrùgliore conoscenza della zona nel suo complesso, sono stati avanzati i norrù di lune Curitis o di Giuturna, della Fortuna huiusce diei (> ateniese. I personaggi della commedia latina erano, sotto ogni punto di vista, molto piu universali di quanto non lo fossero quelli della vita di tutti i giorni. Divenne sempre piu chiaro, con il trascorrere degli anni, che quello che i poeti latini presentavano come commedia non aveva le particolari caratteristiche e i pregi delle opere attiche migliori. Intorno al 166, anno in cui T erenzio produsse la sua prima commedia, da molti fu richiesto con forza che gli adattamenti fossero piu fedeli agli originali. Terenzio si proclamò fedele alla tradizione teatrale locale, citando Plauto, Ennio e Cecilia come i piu validi rappresentanti di tale tradizione. Nondimeno, egli fu autore di opere che aderivano ai loro modelli molto piu di quanto fosse avvenuto in precedenza, evitando gli schemi metrici che si distaccavano eccessivamente dalla pratica attica ed elaborando un genere di latino che ad alcuni parve possedere le caratteristiche del greco di Menandro, e che, infine, servf per definire il modello del latino letterario. I poeti successori di Terenzio, tuttavia, non pare che abbiano spinto oltre il processo di ellenizzazione; si può forse dire anzi che tornassero sulla vecchia strada. Le opere basate sulle tragedie attiche non tardarono a suggerire, in modo analogo, l'idea di trattare storie locali in una dimensione tragica. Nevio scrisse un'opera, ambientata nell'epoca eroica, sul re albano Amulio e la sacerdotessa di Vesta messa incinta dal dio Marte; un'altra su un episodio della guerra del225-220 fra i Romani e i Galli nella valle d~l Po, vale a dire il duello fra M. Claudio Marcello e l'insubre Viridumaro. E stato suggerito con un certo fondamento che quest'ultima opera, il Clastidio, sia stata rappresentata al funerale di Marcello nel zo8 dietro richiesta del figlio, poi console nel 196. L'invenzione di Nevio sarebbe stata sia di onorare la fa-

612

Parte terza

Diritto, religione, letteratura, arte

miglia dei Claudii Marcelli, sia di mettere in scena uno spettacolo di successo. L' Ambracio di Ennio, analogamente, può essere messa in relazione con gli interessi dei Fulvii; il Paolo di Pacuvio con quelli degli Aemilii e delle famiglie ad essi vicini, i Cornelli Scipiones e i Fabii, il Bruto di Accia con quelli dei !unii. L'opera di Accia, che aveva due titoli, Gli Eneadi e Decio, trattava dello scontro, avvenuto a Sentinum nel295, fra un esercito romano e una confederazione di etruschi, galli e sanniti. Tale opera voleva sottolineare la componente non italica degli antenati delle principali famiglie romane ed esaltare la conquista della penisola italica da parte di Roma. Tutto questo per qualche verso avrebbe potuto scontentare chi desiderava un trattamento piu equo per le città alleate. L'adattamento delle commedie attiche diede origine, dopo qualche tempo, a un parallelo sviluppo di opere sulle famiglie romane della . In alto a sinistra si riconoscono le divinità del luogo: Portunus, Hercules Olivorius e ApoUo Caelispex. Sappiamo da un'iscrizione che il secondo era opera di un artista ellenistico, Scopas Minore, attivo in Roma neUa seconda metà del n secolo a. C.

24 . Ares Ludovisi, dettaglio della testa. La provenienza accenata dai parlli!Bi dd tempio di Marte in circo permette un'at· tribuzione ipotetica all ' atelier di Scopas Minore. Roma, Museo delle Terme.

25.

Ritratto .,n.,nistico, cosidd.,tto • Sillu. Monaco, Glyptothek.

Coarelli

La cultura figurativa

659

che la presenza negli immediati paraggi dell'Ercole di Polycles, evidentemente un'altra commessa di Metello Macedonico, destinata a ornare l'area antistante al tempio fatto costruire da un suo antenato, che da ogni punto di vista si può considerare il vero fondatore della famiglia. Non sappiamo le ragioni dell'interesse di Metello Macedonico per Ercole: la rappresentazione di un Ercole giovanile, stante e appoggiato alla clava, si ritrova in una moneta di Metello Scipione, coniata in Africa nel 47-46 a. C. 102 : è possibile che si tratti proprio dell'Ercole di Polycles. In effetti, è estremamente probabile che una parte di quest'ultimo si sia conservata: una gigantesca testa di Ercole giovanile in marmo pentelico, opera di uno scultore attico della metà del II secolo a. C., è stata infatti scoperta negli anni '30 ai piedi del Campidoglio, in un punto che corrisponde bene alla zona occupata dal tempio di Ops 103 • Le dimensioni, molto superiori al vero (o, 75 m, collo compreso), la qualità del marmo (pentelico), le caratteristiche formali, chiaramente ellenistiche, e tecniche (si tratta di un aerolito) rendono l'identificazione praticamente certa. Di conseguenza, siamo in grado di riconoscere, almeno in un caso, l'aspetto di un'opera realizzata da uno degli scultori del revixit ars pliniano: i modelli a cui essa palesemente si ispira sono quelli della scultura del IV secolo a. C., in particolare di Prassitele, ma rivissuti attraverso una sensibilità formale chiaramente ellenistica. La posizione originaria della statua, in collegamento con il tempio di Ops Opifera, opera del L. Cecilio Metello del m secolo a. C., e con la o fbiJ., 4·69.IJ-2J. " APPIANO, MitridtJtico, 296-98. J2 Ibid., 269-84.

73 2

Parte quarta

Fra crisi e riforma: politica, società, cultura

rollario della legittimità di scegliere a tal fine modi e tecniche di guerra. Questo racconto è certamente molto vicino, tenuto anche conto di altri indizi", a quello che doveva essere il tenore degli storici o dei panegiristi mitridatici, come forse Metrodoro". Diverso è il caso del Mitridatico appianeo, la cui linea piu oscillante fra comprensione delle motivazioni mitridatiche e accuse di aggressione anti-romana sembra far carico al re pontico di aver voluto ambiguamente rivendicare uno status incompatibile con la «maiestas populi Romani», e considera questo, insieme ai successivi massacri e brutalità, un grave capo d'accusa contro di lui. La matrice di questo racconto non può non essere ricercata o in un greco come Posidonio, rassegnato al dominio romano in quanto male minore per il mondo greco, di fronte al rischio della sovversione sociale; o in un romano come Rutilio Rufo, disgustato dal comportamento della classe di governo romana, ma non fino al punto di scegliere la causa del nemico mortale. Personalmente ritengo piu probabile la prima ipotesi, anche se è evidentemente difficile dimostrarla al di là di ogni dubbio". Quello che conta comunque è che entrambi questi uomini erano perfettamente consapevoli della profonda verità delle denunce anti-romane di Mitridate, con la quale si spiegava anche troppo facilmente il successo incontrato dai Pontici invasori nella provincia d'Asia e in Grecia stessa. Non c'era davvero da dubitare che lo stile della politica estera romana non fosse piu quello di una volta. Lo scandalo che aveva provocato presso alcuni dei senatori la nova sapientia di Quinto Marcio Filippo nel I 7 I a. C. non aveva impedito neppure allora al senato di prendere le decisioni ritenute le piu utili anziché le piu giuste '•; e i decenni successivi videro certo altre e piu gravi violazioni di quello che si considerava il ,mos antiquus nel campo dei rapporti tra Roma e le popolazioni straniere. E naturale perciò che parallelamente la riflessione politico-filosofica greca sviluppasse, oltre all'ammirazione per i Romani in quanto conquistatori del mondo, la consapevolezza che questa conquista non sarebbe stata possibile se i Romani stessi si fossero sempre attenuti ai principi della giustizia e del disinteresse. Gli echi della seconda conferenza di Carneade del I 55 non si spensero certo, né a Roma né nel mondo ellenistico, con la stessa rapidità con la quale il senato provvide, sotto la spinta di Catone, ad espellere il filosofo che aveva " Specialmente il quadro ~agiografico» tracciato di Mitridate nel libro XXXVII. " FGrHist, I84. Nella sua opera non è detto in verità che fosse rilevante la parte dedicata a Mitridate, del quale peraltro egli era intimo (cfr. PLliTARCO, Vita di Lucullo, 22). Sulla sua ostilità a Roma non ci sono comunque dubbi, dato il soprannome misoromaios con cui era noto (FGrHist, I84 F I 2): cfr. specialmente S. MAZZARINO, I/ pensiero ci t., pp. 486 sgg. " Cfr. P. DESIDERI, Posidonio cit., pp. 260 sgg. A favore dell'ipotesi Rutilio si dichiara invece D. G. GLEW, The Outbreak cit., pp. 72 sg.); cfr. anche A. N. SHERWIN-WHITE, Roman Foreign Policy cit., pp. I I7·I8. 16

UVIO, 42-47·

Desideri

Mitridate e Roma

733

osato svelare, per quanto in forma «scettica», gli arcani della politica romana; e giusto un secolo dopo, Cicerone si sentiva in dovere di riprendere in mano la questione nei termini in cui Carneade l'aveva posta per riaffermare la scrupolosità del rispetto che i Romani erano soliti tributare alle esigenze della giustizia nella conduzione della loro politica estera n. L'obiettivo di Mitridate è quello di dimostrare falso nei fatti, almeno per quanto riguarda l~ stor~a ,dei su~.i rapport_i con Ro~a •. questo dogma ufficiale della Repubblica, c1oe che lrmpero s1 era costttmto attraverso una serie di iusta bella, per lo piu combattute allo scopo di proteggere gli alleati: cioè del vero e proprio fondamento di quell'ideologia del patrocinium orbis che sempre piu chiaramente andava affermandosi come il principio di legittimità di un ordine politico universale egemonizzato dai Romani, destinato a soppiantare definitivamente il principio ellenistico dell'equilibrio fra le diverse potenze politiche del Mediterraneo. Naturalmente Mitridate non pensava tanto a sottolineare, specialmente rivolgendosi a quel mondo greco-asiatico delle città che era il primo destinatario del suo messaggio, il pericolo rappresentato dai Romani dal punto di vista dell'equilibrio politico internazionale, quanto le conseguenze che da ciò derivavano alle popolazioni sul piano della vita economica e sociale. Non c'è bisogno di affidarsi alla fantasia per dare dei contenuti concreti all' «avidità insaziabile» che Mitridate considera caratteristica propria dei Romani. Possiamo rivolgerei a un testimone insospettabile, a quello stesso Cicerone che nei trattati filosofici esalta, come si è ricordato, la funzione etico-politica dell'imperium romano. Sostenendo nel67 a. C., in un'orazione politica di fronte ai comizi (la Difesa della legge Manilia), l'opportunità di conferire l'incarico della guerra rnitridatica a Pompeo, Cicerone si premurava di far presente ai suoi concittadini quale fosse la sua importanza: È in gioco la gloria del popolo romano, a voi trasmessa dagli antenati in tutti i campi ma specialmente in quello militare; è in gioco la salvezza degli alleati e degli amici, in nome della quale i vostri antenati fecero grandi e impegnative guerre; sono in gioco i tributi piu sicuri e piu cospicui del popolo romano, perdendo i quali verranno a mancarvi i mezzi per abbellire la pace e per sostenere la guerra; sono in gioco i beni di molti cittadini, dei quali voi dovete prendervi cura, nell'interesse loro e dello stato.

E ancora: Si tratta dei vostri tributi piu cospicui! ... I' Asia è tanto ricca e fertile da superare tutte le altre terre sia per la fecondità dei suoi campi che per la varietà dei " CICERONE, Dello Repubblica, libro III. Nel Dei dcveri, 2.27, Cicerone ormai sfiduciato (siamo nel tar· do 44) considera chiusa, con la vittoria di Silla, l'epoca in cui l'imperium Romanum poteva essere chiamato Piuttosto patrocinium orbir: la prima guerra con Mitridate era evidentemente compresa nella fase del patro·

cinium.

Parte quarta

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Fra crisi e riforma: politica, società, cultura

suoi prodotti che per la grandezza dei suoi allevamenti che per la moltitudine dei prodotti di esportazione. Se dunque volete conservare tutto ciò che serve per la guerra e dà lustro alla pace, voi dovete proteggere questa provincia non solo dal disastro ma anche dal timore del disastro. Infatti in generale il danno arriva insieme al disastro; ma con i tributi, è già la paura che produce il disastro. Quando gli eserciti nemici si avvicinano, infatti, le greggi vengono abbandonate, i campi non sono piu coltivati, i commercianti smettono di navigare; e per conseguenza non arrivano piu tributi, né dai porti, né dalle decime, né dalla registrazione del bestiame ... Quale pensate che sia lo stato d'animo di coloro che ci pagano le imposte, o di coloro che le appaltano e le incassano, quando sono li vicino due re (se. Mitridate e Tigrane) con grandissimi eserciti, quando una sola incursione di cavalleria può in un attimo far scomparire il tributo di un intero anno, quando i pubblicani ritengono di non poter mantenere che con grave rischio il numeroso personale che hanno nelle saline, nei campi, nei porti, nei posti di guardia? 38 •

Leggendo questi passi di Cicerone riesce agevole capire come sia stato possibile a Mitridate acquisire quella simpatia e quella collaborazione, in parte almeno del mondo ellenistico, di cui si hanno tracce cospicue, come si è visto, nella storiografia, anche in quella non direttamente ispirata dal re. Mitridate riusd a condensare l'anti-romanesimo diffuso e a offrirgli quel tanto di speranza in un riscatto da trasformare la sfiduciata rassegnazione in esasperazione aggressiva. Non è possibile spiegare altrimenti come popolazioni di grande e antica civiltà abbiano potuto dare puntigliosamente corso al piu grande massacro etnico della storia asiana antica a noi noto. «> (APPIANO, Guerre civili, 1.505). 6 Cfr. R. SYME, The Roman Revolution, Oxford I939. p. I7 (trad. it. Torino I962, p. I9); E. GABBA, Mario e Si/la, in ANR W, I, I (I972), pp. 764 sgg., specialmente pp. 803-5: cfr. anche ID., Appiani cit., p. 424,

la sua traduzione come «rivoluzione sillano>> del passo I .505.

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Parte quarta

Fra crisi e riforma: politica, società, cultura

anni '6o del nostro secolo- in contrasto con una impostazione storiografica di carattere generale e monografico, cominciata nel tardo Ottocento e continuata al di là della prima guerra mondiale, confluendo nella dominante manualistica 7 - criticata e riveduta, contestualmente a quella dello 8 «stato~> di Silla come «stato rinnovato» • Alla coscienza del coinvolgimento nella politica romana, con quella esperienza, di «forze nuove», che vennero incanalate «nelle direzioni tradizionali» e inserite come nuove energie, per rafforzare e modificare le strutture politiche e sociali aristocratiche, si è accompagnata in questa revisione la lucida constatazione di «una gran quantità di contraddizioni non ancora risolte», nella società in generale ed entro la stessa nobilitas, con i suoi diversi gruppi e consorterie, che la moderna non fosse sempre denigratorio". Se la vittoria di Cesare, l'anti-Silla per antonomasia, nonostante i presentimenti e il pessimismo di Cicerone segnò il trionfo definitivo della vulgata antisillana dell'estrema età tardorepubblicana e di quella imperiale, le contraddizioni insite nella costruzione sillana stessa e quelle interne alla nobilitas in crisi assicurarono - proprio negli antagonismi che da esse e dalle forze nuove, assimilate o escluse, derivavano - quel particolare carattere di continuità nella conflittualità, non sopita, della società e classe dirigente dello >, XVIII (1988), pp. 15 sgg. " E. RAWSON, L'aristocrazia ciceroniana e le sue proprietà, in M. 1. FINLEY (a cura di), La proprietà a Roma cit., pp. 100-2. " E. GABBA, Motivazioni economiche nell'opposizione alla legge agraria di Tib. Sempronio Gracco (1974), ora in E. GABBA e M. PASQUINUCCI, Strutture agrarie cit., pp. 64-73.

•• CIL, P,

2,

n. 585.

87 APPIANO, GuerTecivili, 1.27. " VELLEIO, 1.15·5· 89 P. A. BRUNT, Amzy and Land in the Roman Republic, in ID., The Fa/l of the Roman Republic, 1988, pp. 276-77. 90 P.W.DENEEVE,Co/onuscit.,pp. 130-31. 91 L. KEPPIE, Colonisation and Veterans Settlement in ltaly (47-I4 B.C.), London 1983, p. IX.

•2 Degli uomini illustri, 73· ., PLINIO,

Storia naturale,

3.8o.

Oxford

Foraboschi

Dinamiche e contraddizioni economiche

825

un'attività intensa per finanziare l'impresa, aumentando la massa monetaria ... Assegnazioni avvengono anche nel territorio dei Cimbri.,. Nel67 Pompeo, dopo avere debellato i pirati, li insedia come contadini soprattutto in Acaia 96 e Cesare riconoscerà questi stanziamenti orientali 97 • Cesare stesso programma ampi stanziamenti di veterani e proletari, oltre che in Italia, in Spagna, Gallia, Grecia, Asia Minore 98 • Queste stesse assegnazioni portano a sconvolgimenti nell'assetto agrario: la riassunzione della norma graccana dell'inalienabilità dei lotti di terreno assegnati da parte di Silla nella realtà viene evasa, cosf che pochi anni dopo a Preneste, una delle colonie sillane, Cicerone può osservare che i proprietari dei terreni sono pochi 99 • La lotta politica tra i condottieri delle guerre civili determina un alternarsi di assegnazioni e espropri: Silla insedia sulle terre di migliaia di mariani uccisi 120 ooo suoi veterani 100 ; Ottaviano confisca soprattutto i terreni dei piccoli contadini 101 , risparmiando in buona parte l'aristocrazia 10' , e successivamente abolisce le colonie dei veterani di Antonio. Dentro tali sconvolgimenti Cesare, seguito da Augusto, introdusse elementi positivi di stabilizzazione assegnando un ruolo politico nella gestione delle colonie ai veterani di rango militare superiore 10' . Dal punto di vista della storia delle strutture agrarie il problema è quello di individuare in quale misura queste ridistribuzioni di terre interruppero il processo di concentrazione fondiaria, ricavandosi uno spazio di vitalità economica. Gli esiti dovettero essere diversi secondo i contesti geografici e secondo l'entità delle assegnazioni terriere, che variarono da 2,5 • IO< a 1 6 a 2 5 ettari . Ma in linea generale si può presumere che l'intrinseca fragilità della piccola proprietà, moltiplicata dall'ormai secolare occupazione delle terre comuni da parte dei grandi possidenti, rese critica la possibilità di sopravvivenza dei piccoli contadini 10' . Del resto il successivo emergere del latifondo ne è una conferma. Se però il predominio delle grandi tenute è un fenomeno indiscutibile e ben documentato, di predominio si tratta e non di una realtà totalizzante, né dal punto di vista economico né da quello del•• M. H. CRAWFORD, Roman Republican Coinage, Cambridge 1974, p. 629 . ., APPIANO, Guerre civili, 1.29. PLUTARCO, Vita di Pompeo, 25·26. 97 DlONECASSIO, 38.7. 98 R. T. RlDLEY, History o/Rome, Roma 1987, p. 324. 99 CICERONE, Legge agraria, 2.78. 100 APPIANO, Guerre civili, 1.95·96, 1.104. 10 1 lbid., 5·25. 102 D!ONE CASSIO, 48.8, 5 1.4. 10 ' APPIANO, Guerrecivi/i, 5.128; DlONECASSIO, 49.14. 10 ' R. T. RlDLEY, History o/Rome cit., pp. 360 sgg.; P. W. DE NEEVE, Co/onuscit., Colonisation cit., p. 126. 10 ' E. GABBA e M. PASQUINUCCI, Strutture agrarie ci t., pp. 52·54· 96

pp.

130·47; L. KEPPIE,

826

Parte quarta

Fra crisi e riforma: politica, società, cultura

l'insediamento sul territorio. Non ha senso tm modello di economia agraria come« economia liquida~~. dove si producono solo olio e vino per l'esportazione. Ampio spazio era lasciato alle altre produzioni, cominciando da quelle cerealicole. I luoghi di sopravvivenza della piccola proprietà sono vasti nelle zone piu remote dai mercati, dove si insediavano e sopravvivevano residualmente piccole tenute autarchiche di contadini che non frequentavano nemmeno la piu vicina città, che si nutrivano di tutto, di asparagi selvatici e di erbe che nemmeno gli animali avrebbero mangiato 106 • Nelle località piu povere, come Elea, la miseria del terreno spinge la popolazione a procurarsi altro cibo attraverso la pesca 107 , prefigurando situazioni come quella tipica, descritta da Braudel, di Finale Ligure medievale 108 , articolata in un villaggio marino e in un borgo interno (frequentato già in epoca antica) dove i contadini coltivavano terre sassose che ricordano l' asperum saxum faticosamente messo a coltura cui accenna anche Cicerone 109 • Sugli stessi fertili territori attorno a Pompei osserviamo, accanto alle villae, anche orti e vigneti che penetrano fin dentro il perimetro urbano 110 , dove è stato trovato un graffito elettorale di agricolae a favore dell'elezione di un edile, oltre a vari strumenti di lavoro agricolo 111 • Già nel II secolo a. C. i contadini erano in pericolo 112 • Ma in vari modi la piccola proprietà riesce a permanere. Soprattutto in due forme: come complemento della grande proprietà, cui fornisce forza-lavoro bracciantile supplementare durante i grandi lavori stagionali della mietitura e della vendemmia, oltre la possibilità di una conduzione agricola attraverso l' affittanza, e come sopravvivenza residuale dentro un'economia agraria dominata dalle grandi villae. Verso la fine del secolo, dopo che gli arruolamenti nell'esercito ridivengono volontari con Augusto, la contraddizione intrinseca alla figura del contadino-soldato, che deve combattere lungamente lontano dalla propria terra, viene almeno allentata, fornendo qualche nuova linfa alle miserie del contadiname. Il risultato di queste diversità, diffuse su scala imperiale, è un modello di strutture fondiarie dall'architettura articolata, come l'archeologia rurale sembra mostrare piu nettamente per il territorio dell'Italia"'. Intere re106 107 108 109 " 0

J. M. FRAYN, Subsistence Farming in Roman Italy, London 1979, p. ~9· STRABONE, 6. I. I. 1. M. FRAYN, Subsistence Farming cit., p. 93· CICERONE, Legge agraria, 2.25.67. w. F. JASHEMSKI, The Gardens o/Pompei, Hercu/aneum and the Vi/las destroyed

by Vesuvius, New

Rochelle · New York I979·

" 1 W.JONGMAN, TheEconomyandSocietyofPompeicit.,p. 109. u2 P. w. DE NEEVE, Peasants in Peri/ cit. 11 ' J.-P. VALLAT, Les structures agroires de I'Italie républicaine, in ~Annales

I8I-2I8.

(ESC)», XLII (1987), I, pp.

Foraboschi

Dinamiche e contraddizioni economiche

827

gioni sembrano come divise in due, tra aree di predominio della grande proprietà e aree circostanti piu fittamente insediate da piccole tenute. L'Etruria meridionale appare piu omogenea alle ampie strutture fondiarie del Lazio confinante, mentre quella settentrionale presenta una proprietà piu frastagliata con spazi dove dovevano vivere i tugurini che abitavano i tuguria. In Campania le ville si concentrano sulle pendici delle colline, dove si produce un vino di alta qualità e rinomanza, mentre tutto intorno sono disseminate altre forme di conduzione agricola rivitalizzate dalle assegnazioni coloniarie dell'ultima generazione repubblicana. Nell'Italia Settentrionale l'insediamento disperso per vici appare dominante in Liguria, in parte della Cisalpina, della Venezia e delle valli veronesi. Ma attorno alle colonie di Dertona e di Libarna si installa, fin sui colli del Monferrato meridionale, dove era stata fondata la colonia graccana di Forum Fuivii 114 , la villa di tipo catoniano teorizzata da agronomi locali come i Sasernae "'. La stessa Apulia non è complessivamente dominata dalla grande transumanza descritta da Varrone. L'archeologia rurale, attraverso l'uso delle foto agli infrarossi, ha individuato, in particolare sul Tavoliere, diffusi resti di antichi uliveti che producevano l'olio che le anfore del tipo Dressel 6 esportavano tanto nel bacino orientale dell'Adriatico quanto in Grecia continentale e insulare 116 • Cosi in Lucania, sulle fertili piane di Metaponto, le villae si alternavano a un contadiname sparso che popolava la città e il suo teatro, da quattromila posti, costruito nel m secolo a. C. 117 • In Sicilia la grande proprietà doveva dominare almeno dal tempo della rivolta di 200 ooo schiavi, ma in seguito intere zone soffrirono un forte declino demografico, cosi che a Strabone la costa palermitana appariva appena popolata 118 • Ovviamente questa immagine non può essere proiettata su tutto l'ampio orizzonte dell'Impero. Ma là dove possediamo qualche documentazione, soprattutto per le regioni orientali elleniche e per l'ultima provincia egiziana, il quadro non si presenta qualitativamente diverso, anche se dei caratteri originali emergono ovunque e perdureranno fino all'epoca imperiale' 19 • Nelle aree occidentali il discorso si fa piu difficile pçrché la documentazione comincia a divenire significativa e decifrabile solo in epoca imperiale 120 • 1" P. FRACCARO,

Unepisodiode/leagita:àoniagrariedeiGrocchi, in m., Opuscula, II, Pavia 1957, pp. 77-86. Le traité d'agronomie des Sasema, Wroclaw· Warszawa 1973. P. BALDACCI, in Recherches surlesamphores romaines, 10, Roma 1972, pp. 7·27. J .·P. v ALLAT, Les slructures agraires ci t., p. 208.

"' J. 116 117

KOLENDO,

118 STRADONE, 6.2.7. 119

M. H. CRAWFORD

(a cura di), L'impero romano e le strutture economico-sociali delle province, Co·

mo 1986. 120 J.-L. FICHES,

L 'espace rurale antique dans le sud-est de la France: ambitions et realités archeologiques,

Parte quarta

828

Fra crisi e riforma: politica, società, cultura

5· I costi dello schiavismo.

Allo stesso modo in cui la geografia economica si articola in zone fortemente differenziate rappresentanti diversi stadi evolutivi (dai cacciatori delle zone alpine che si scambiano la selvaggina secondo rapporti di valore non molto dissimili da quelli della Lusitania del n a. C. e, addirittura, a quelli delle Alpi e delle zone danubiane tra xv-xvm secolo"'; ai contadini autosufficienti che integrano l'alimentazione agricola con la cacciagione 122 , alle grandi tenute proiettate sui mercati, fino ai centri di urbanizzazione dove si producono oggetti raffinati e si importano merci dai piu lontani empori dell'economia-mondo romana), cosi appare alto il tasso di variazione della forma della forza-lavoro dipendente. Accanto a regioni dove predomina il bracciantato agricolo e un contadiname diffuso (come in Egitto), troviamo aree dove la forma di dipendenza sembra imperniarsi su una figura di colono parziario vincolato alla prestazione di corvée secondo un modulo antico documentato ancora nel v secolo vandalico (come in Africa settentrionale) 123 • Ma dall'Italia alla Grecia all'Asia Minore milioni di schiavi costituiscono la forza-lavoro dominante. È un fatto difficile da spiegare. Lo schiavismo sembra un fenomeno estremamente complesso che non può avere una spiegazione monocausale, ma che nasce all'incrocio di moventi politici, economici, culturali e psicologici: le guerre; l'esigenza di forza-lavoro, una cultura della persona che può concepire la reificazione dell'altro, accanto a probabili pulsioni sadomasochiste in una società in cui già la famiglia si configurava come luogo di schiavitu di donne e figli. In ogni modo, per quanto riguarda l'Italia, nei poco piu di I 50 anni che intercorrono tra la seconda punica e la guerra gallica di Cesare furono venduti 5 I 6 5 30 schiavi di guerra, stando alle cifre imprecise delle fonti'". A questi si aggiungono quelli riprodotti per allevamento e quelli comprati sui mercati. Si arriva a un totale variamente valutato tra I zoo ooo e 3 ooo ooo, con un rapporto di circa uno schiavo ogni due liberi"'. Ma in termini economici (e non solo) questa massa di schiavi presentain «Annales (ESC)», XLII E. M. WIGHTMAN,

219-38; J. F. DRINKWATER, Roman Gaul, London-Canberra 1983; 1985; J. s. RICHARDSON, Spain and the Development of the Roman KEAY, Roman Spain, London 1988.

(1987), 1,

pp.

Gallia Belgica, London

Imperialism, Cambridge 1986; s. J. 121 H. GRASSL, AITianus Zeugnis zur Getdwirtschaft im Antiken Ostalpenraum, in Studia Numismatica Labacensia Alexandro Jelolnik oblata, Lublijana 1988, pp. 11-12. 122 D. FORABOSCHI, Stra bo ne ci t., p. I 86. 12 ' J. KOLENOO, Le colonat en Afrique sous le Haut-Empire, Paris 1976. 12 ' E. M. STAERMAN, Die Bliiteuit der Sklavenwirtschaft in der Romischen Republik, Wiesbaden 1969, pp. 43-44· m F.

DE MARTINO,

Storia economica ci t., p. 74.

Foraboschi

Dinamiche e contraddizioni economiche

829

va una serie di contraddizioni, al di là dei costi della coercizione extraeconomica. Già l'acquisizione extra-bellica di questi schiavi comportava il riconoscimento della funzione della pirateria, principale rifornitrice dei mercati e nello stesso tempo principale ostacolo a quella pulizia dei mari che corrispondeva a principi di diritto e di interesse commerciale. E, soprattutto, la forza-lavoro schiavile non rispondeva a esigenze di economicità di gestione, se le valutiamo secondo una razionalità contabile moderna. Costruendo calcoli approssimativi ma illuminanti 126 sembra di trovare che la gestione schiavile di un'azienda agricola (come teorizzato da Catone, Varrone e Columella) comporti profitti evidentemente inferiori a quelli di altri tipi di gestione. In un'ipotetica tenuta che si estende tra i 62 e i 125 ettari, coltivata con la coltura piu redditizia, quella della vigna, noi abbiamo un ben diverso esito di profitti secondo quattro diversi modi di gestione: Profitto Tipo di gesdone

della forza-lavoro

libera bracciantile mezzadria braccianti e schiavi schiavi

(% del valore

della tenuta)

8,6 7,3 7,2

3,5

Anche tenendo conto che le tenute erano ereditate i valori non cambiano; ma in ogni caso nella Roma del I secolo a. C. il mercato immobiliare era molto vivace e l'acquisizione dei terreni comportava investimenti e costi. Cosi la tendenza latifondistica a privilegiare la forza-lavoro schiavile risulta la meno profittevole. Anche per questo furono sempre massicce le manomissioni di schiavi. L'imposta del5 per cento sulla libera~ione degli schiavi (vicesima libertatis) fruttò entrate enormi: circa 15 ooo lingotti d'oro, 30 ooo d'argento e 30 milioni di se sterzi tra il 209 e i149 127 , cifre che (se attendibili) sarebbero indizio della liberazione di centinaia di migliaia di schiavi. Del resto le manomissioni mostrano come socialmente lo schiavo romano non fosse una figura né di classe né di casta 128 , ma uno status relativamente dinamico che, almeno già nel I secolo a. C., vive sulla dialettica schiavo-liberto. Illiberto - futuro cittadino - per il suo stretto rapporto con il padrone si proietta in una nuova dimensione socio-economica, fino ad assumere funzioni imprenditoriali-commerciali, mentre i ranghi della schiavitu vengono reintegrati da nuovi schiavi conquistati in guerra e comperati sul mercato. 126

Agriculture in the "agercosan11s ", inJRS, LXXI (t98I), p. t 4· Storia naturale, 33.56; OROSIO, 6.15.5· Contra Storia economica ci t., p. St. D.

w.

RATHBONE,

127 PUNIO, 128 F. DE MARTINO,

830

Parte quarta

Fra crisi e riforma: politica, società, cultura

Ma il 1 secolo a. C. è nello stesso tempo l'acme e il punto di crisi dello schiavismo. Con il consolidarsi delle frontiere imperiali e dopo la distruzione della pirateria cretese e cilicia, che riforniva prevalentemente il mercato di Delo, si isteriliscono le principali fonti di approvvigionamento e si conclude una fase, quella espansiva, della storia dello schiavismo. Storia che, nella concretezza del tempo, non è solo sfruttamento e rivolta, alienazione e tragedia umana, ma anche un modo di utilizzare e trasferire la forza-lavoro in funzione delle disponibilità demografiche e delle possibilità di impiego produttivo. Proprio dentro questa crudeltà, allora percepita come naturalmente ineluttabile, sta la razionalità di uno schiavismo altrimenti inspiegabile sui libri contabili.

PIERRE GROS

L'urbanizzazione dopo la guerra sociale

I.

Sistemazioni urbane in Italia tra II e I secolo.

L'ampio movimento di municipalizzazione innescato dalle leggi del 90-89, e rinnovato dalla colonizzazione sillana a meno di dieci anni di distanza, ha comportato nell'intera Italia peninsulare una serie di fondazioni, rimaneggiamenti e sistemazioni la cui ampiezza è oggi difficilmente valutabile. Un ordinamento amministrativo e giuridico di tipo nuovo si estese a numerose regioni; indipendentemente dalle ricostruzioni rese necessarie dalle rovine della guerra sociale\ non c'è dubbio che i diritti e i doveri derivati alle comunità locali in seguito all'acquisizione della cittadinanza abbiano portato alla creazione, talvolta ex nihilo, di un tipo di città, e in certe zone dell'Italia settentrionale persino d'una rete urbana, che non poteva riproporsi né gli schemi né le strutture territoriali del passato 2 • A quanto sembra, i decenni immediatamente seguenti l'abdicazione di Silla furono da questo punto di vista tra i piu fervidi: nel corso di questi anni, infatti, si realizza sostanzialmente il tessuto dell'Italia virgiliana delle urbs e degli oppida). Rilevamenti come quelli di E. Gabba e H. Jouffroy, perlopiu fondati sull'epigrafia, ci consentono di intravedere alcuni aspetti di un tale sovvertimento generalizzato e dalle conseguenze durature'. Se, nel corso del II secolo, la costruzione delle cinte urbane aveva fatto registrare un forte rallentamento, principalmente per l'interruzione delle deduzioni coloniali dopo il I 77, si assiste invece, nel periodo seguente, a una ripresa straordinaria di programmi difensivi: almeno trentacinque cinte, realizzate sull'intero territorio italiano, risalgono al 1 secolo, cui s'accompagna, nella prima metà di questo stesso secolo, il rimaneggiamento di una ventina di opere piu antiche; in particolare in Lazio, Campania, Sannio ed Etruria'. Il che, 1

Su queste rovine, cfr. per esempio, APPIANO, GuerTe civili, 1.5, 1.94, ecc.

1 E. GABBA,

Considerazioni politiche ed economiche sullo sviluppo urbano in 114/ia nei secoli II-I a. C., in Gi:ittingen 1976, II, pp. J 15 sg.

P. ZANKER (a cura di), He//enismus in Mitteli14/ien, J VIRGlllO, Georgiche, 2. r 55-56. ' E. GABBA,

XXI

Urboniua:lione e rinnovamenti urbanistici ne0'114/ia centto-meridionale de/I sec. a. C., in SCO, lA construction publique en 114/ie et dans /'Afrique romaine, Strasbourg

(1972), pp. 7J sg.; H. JOUFFROY, 1986, pp. I5 sg. ' 1bid., pp. x8·2J.

Parte quarta

832

Fra crisi e riforma: politica, società, cultura

tanto piu se si tiene conto delle inevitabili lacune della nostra documentazione, costituisce una testimonianza di valore decisivo. In concreto: la caratteristica della città è costituita in primo luogo dalla cinta muraria, ressacra per eccellenza, cui non compete solo la protezione del centro abitato, ma segna, sia in termini religiosi sia materiali, il limite tra spazio urbano e spazio rurale•. In un primo tempo ebbe un'utilità pratica effettiva, dati i disordini che sconvolgono ancora l'Italia alla fine della Repubblica, basti pensare alle guerre servili della Campania; ma, ben presto, diventerà inutile e, ciò nonostante, sopravviverà sino all'epoca augustea e oltre: come mezzo di definizione dello spazio urbano e simbolo dell'unità e dell'autonomia municipali'. Secondo elemento costitutivo dell'urbs fu il Campidoglio, sede del culto municipale per eccellenza e segno tangibile del legame che unisce Roma a tutte le città della romanità; spesso, negli insediamenti piu antichi, prende il posto di un tempio di Juppiter- come, a quanto 8 sembra, nel caso di Pompei - , ma si ha menzione epigrafica o traccia archeologica della sua costruzione a Priverno, Pozzuoli, Terracina, Tusculum, ecc. •. Curia e Foro con annessi, la basilica in particolare, completano il repertorio di base, testimoniando l'autonomia e la vocazione centralizzatrice della comunità urbana, e costituiscono gli organismi dell'amministrazione locale'•. Risulta assai difficile definire- oltre queste componenti essenziali, alle quali converrà tuttavia aggiungere alcuni elementi meno direttamente legati alla struttura piu propria della città ma tali da contribuire in qualche modo alla sua caratterizzazione, quali il teatro e le terme, tra gli altri - uno schema di insediamento che abbia qualche possibilità di applicarsi a un gran numero di casi. Al massimo possiamo ritrovare in Vitruvio gli echi di una normativa invero un po' astratta e in ogni caso risalente con molta probabilità ai primi decenni del I secolo. Nell'Architettura, redatto negli anni 30-20, il nostro teorico definisce nel seguente modo le tappe della fondazione d'una città: electio loci, cioè scelta di un luogo salubre''; conlocatio moenium, erezione delle mura 12 ; arearum divisi o platearumque et angiportuum, ripartizione, all'interno delle mura, delle piazze pubbliche, dei grandi assi viari e delle vie secondarie"; scelta dei luoghi, infine, da riservarsi ai templi, al Foro e agli altri insediamenti pubblici". 6

Cfr.

P.·A. FÉVRIER,

Enceinte et colonie (de Nimes à Verone, Toulouse et Tipasa), in RELig, XXXV

(I969). pp. 277·86. 7 P. GROS,

in Les enceintes augustéennes dans l'Occident romain, Nimes·Lattes I987, pp. I 59 sg. Cfr. da ultimo P. ZANKER, Pompeii. Stadtbilderals Spiegel von Gesellscha/t und Hemchafts/orm, Main> I987, pp. I8 sg. ' Cfr. H. JOUFFROY, La construction ci t., pp. 28·35. 8

10 VITRUVIO 11 12 l> 14

5·I·2.

lbid., 1.4. I sg. Ibid., 1.5.I sg. fbid., I .6. I sg. Ibid., 1.7.I sg. Cfr. il commento di Ph. Fleury al testo di Vitruvio nell'edizione della «Collection cles

Universités de France», Paris I990.

Gros

L'urbanizzazione dopo la guerra sociale

833

Questa prevista suddivisione in zone ha ovviamente carattere assai generale, ma indica, ciò nonostante, le tendenze di fondo dell'epoca, e le parole che Vitruvio usa parlando della Curia sono rivelatrici al riguardo, in quanto ricordano che si tratta dell'edificio da erigersi in primo luogo (in primis) al fine di rendere manifesta la dignitas del municipio o della città". Sebbene non costituiscano che una sintesi di tipo teorico delle prassi piu frequentemente adottate, le citate prescrizioni risultano alla fine assai corrispondenti alle raccomandazioni di carattere necessariamente generalissimo avanzate dal potere romano, che non potevano inoltre non prevedere numerose possibilità di adattamento al rilievo, al clima e ai grandi assi di comunicazione a livello regionale. Una fonte epigrafica, la lex Tarentina, sembra riflettere una legislazione, che dovette essere emanata da Roma poco dopo la guerra sociale, che stabiliva in modo piuttosto preciso a quali condizioni dovesse soddisfare l'edilità in ambito provinciale e coloniale ••; cosi, nella legge in questione, viene fatto divieto di demolire tetti e muri degli edifici antichi se non nell'intento di ricostruirli in modo migliore previa autorizzazione del Senato locale, e i contravventori dovranno pagare delle multe da devolversi per metà al Tesoro pubblico e, per l'altra metà, all'organizzazione di giochi o alla costruzione di un monumentum. Prescrizioni che lasciano intravedere la volontà di impedire eccessivi sconvolgimenti nell'ordinamento architettonico cittadino, anche perché certe distruzioni sistematiche, eventualmente dettate da progetti troppo ambiziosi, rischierebbero di causare null'altro che rovine per mancanza dei fondi necessari alla ricostruzione. D'altra parte, risulta piuttosto chiaro che si cerca di ampliare le disponibilità dei bilanci municipali in modo che possano sostenere un ragionevole rinnovamento nel campo dell'edilità. Se si confronta la citata lex, che peraltro non costituisce un caso isolato, con un passo delle Catilinarie evidentemente espressione di parte ma ciò nondimeno significativo della realtà, nel quale Cicerone richiama le spese sconsiderate di alcuni coloni sillani, che si sono mostrati un po' megalomani «costruendo come dei ricchi», si possono constatare le conseguenze a livello sociale di questa febbre di edificare che si diffuse all'epoca nelle città italiane 17 • Queste notazioni di carattere generale trovano miglior conferma nelle città campane, dove le testimonianze archeologiche ed epigrafiche sono piu numerose e piu significative che altrove, senza contare che, inoltre, 1 ' VITRUVIO, 5.1.2. 16 E. J. PHIUPPS, The

Roman LAw on the Demolition o/Buildings, in «Latomus», XXXII (1973), pp. 86

sg. (CIL, I, 590). 17 CICERONE,

Contro Catilina,

2.20.

834

Parte quarta

Fra crisi e riforma: politica, società, cultura

questa regione consente di seguire sul lungo periodo gli sconvolgimenti causati sia dalle distruzioni della guerra sociale sia dalla colonizzazione siilana. Gli uomini a vantaggio dei quali vengono effettuate le molteplici confische e requisizioni possono insediarsi nel cuore dell'antica città, come nel caso di Pompei, oppure costruire dal nulla un quartiere in una zona periferica, come si verifica perlopiu 1"; questi stessi uomini, inoltre, possono tenere in mano anche per molti decenni le redini delle amministrazioni municipali, ma, ciò nonostante, non ne modificano in maniera radicale il contesto economico e culturale: anzi, mostrano un notevole intento di adattamento, certo rispondente alle direttive ufficiali, che risulta tra l'altro da un particolare significativo quale quello dell'adozione del sistema di misura sabellico da parte delle nuove comunità coloniali 19 . Per attenersi alle questioni piu strettamente architettoniche, si può constatare che le tradizioni marcatamente ellenizzate delle città campane risultano, nel corso del periodo di riferimento, non solo rispettate ma persino rafforzate. Le fortificazioni erette un po' dappertutto nel clima perturbato del primo quarto del secolo ne costituiscono una spia significativa. Le meglio conservate, quelle della città sannitica di Telesia, a nord-est di Caserta, sulla riva destra del Calore, si estendono per due chilometri e mezzo; comportano tre grandi porte e trentacinque torri; le mura, dotate di un paramento pseudo-reticolato, seguono tra una torre e l'altra un andamento concavo allo scopo di conferire la massima efficacia ai tiri incrociati 20 , particolarità, quest'ultima, che, assieme a numerosi preziosismi tecnici, mostra quanto si tenesse ad applicare in concreto i risultati delle ricerche teoriche della poliorcetica greca e, in particolare, le acquisizioni dell'inizio dell'epoca ellenistica in merito alla struttura e alla disposizione delle cortine21. L'ordinamento monumentale delle città rinnovate risponde, a quanto sembra, alle stesse tendenze: Cicerone si compiace, nel63, dell'ottimo equilibrio dispositivo offerto da Capua e della sua urbanizzazione ispirata ai modelli greci: colonia da vent'anni al momento in cui Cicerone pronuncia l'orazione Della legge agraria, Capua appartiene ancora sempre, ai suoi 22 occhi, al mondo prestigioso degli uomini in tunica, tunicatorum illorum • Per quanto riguarda Cales, cui Cicerone fa riferimento nella stessa ora18 Cfr. pp. 49 sg.

P. CASTREN,

Ordo Populusque Pompeianus. Polity and Society in Roman Pompeii, Roma 19n.

19 CIL, X, 793· Cfr. P. CASTREN, Hellenismus und Romanisierung in Pompeji, in P. Hellenismus cit., II, pp. 360 sg. 20 L. QUJua, Telesia, in QITA, II (1966), pp. s, sg. 21 y. GARLAN, Recherches de poliorcétique grecque, Paris 1974, pp. 244 sg. 22 CICERONE, Legge agraria, 2.34.9,, 2.35·96.

ZANKER

(a cura di),

Gros

L'urbanizzazione dopo la guerra sociale

835

zione, si deve attribuire all'epoca sillana l'ampliamento del teatro, la costruzione delle terme centrali tmitamente a quella d'un santuario nel quale lo schema della porticus triplex, realizzato per la prima volta in Italia nel For~ di Minturno, risulta perfettamente eseguito E tuttavia evidentemente Pompei a costituire il miglior punto d'osservazione. La città non sembra aver troppo sofferto l'assedio dell'89 ad eccezione di alcuni settori delle mura: dopo un interregnum d'una decina d'anni circa diventa, nell'So, la colonia Cornelia Veneria Pompeianorum e il suo deductor non è altri che il nipote del dittatore, P. Cornelio Silla ". La domanda è se l'insediamento dei coloni nella vecchia città, promossa al rango di municipio dopo essere stata riconquistata da Silla, possa in qualche modo risultare dalle attuali vestigia. Una domanda ancora senza risposta, nonostante l'ipotesi interessante avanzata da H. Eschebach, secondo la quale si potrebbe intravedere una Neapolis coloniale nella squadratura regolare della parte sud-est dell'area urbana" che, in effetti, si diversifica, per l'orientamento dei suoi isolati, dai vicini quartieri del Foro e del teatro; mentre A. Hoffmann vi ha reperito un certo numero di case relativamente semplici, di pianta uniformata, caratterizzate dall'assenza di atrium 2•. Ma i problemi di ordine cronologico posti da tali domus e la mancanza d'una ricerca sistematica degli habitat coloniali vietano qualsiasi conclusione definitiva in proposito. Sappiamo inoltre che i veterani s'insediarono anche in una zona suburbana - fuori le mura? - che non siamo in grado di situare, e della quale ci è pervenuto unicamente il nome, dopo la ristrutturazione all'inizio dell'Impero: pagus Augustus Felix Suburbanus27. L'assegnazione dei lotti, sia in ambito urbano sia rurale, obbediva a regole assai precise, per cui le superfici assegnate corrispondevano ai gradi militari; ma, nel caso di Pompei, ignoriamo prima di tutto le dimensioni della dotazione di base, il che ci impedisce, una volta ancora, di valutare con precisione le proprietà che vennero allora cosi costituendosi, naturalmente a spese degli abitanti precedenti. Conosciamo meglio, invece, le trasformazioni che i coloni apportarono all'ordinamento monumentale della città, ed è evidente che questo gruppo minoritario ma potente intese conferire rapidamente l'aspetto di vera e propria colonia al municipio campano e, in questo intento, la sua prima preoccupazione sembra essere stata quella di fare del tempio di luppiter un Campidoglio in grado di dominare il Foro con l'imponente massa della sua l).

2' 24

"

w. JOHANNOWSKY, La situazione in Campania, in P. ZANKER (a cura di), P. CASTREN, Ordo cit., p.,~. H. ESCHEBACH, Die stiidtebauliche Entwick/ung des antiken Pompe;i, in

suppl. '7·

26 A. HOFFMANN, L'architettura, 27 P. CASTREN, Ordocit., pp. 81

in Pompei 79, Napoli e 122.

1979,

pp.

105

sg.

He/lenismus ci t., I, p.

274.

MDAI(R), LXXVII (1970)

836

Parte quarta

Fra crisi e riforma: politica, società, cultura

tripla cella 28 • In campo religioso, questo gruppo lasciò analoga impronta dedicando un tempio alla dea sillana il cui nome era associato a quello della colonia Cornelia Veneria Pompeianorum: al limite sud-ovest della città, su una terrazza prospiciente la valle fluviale, tale santuario di Venere s'impose con molta rapidità, per il carattere monumentale e per l'importanza cultuale, quale corrispettivo- e concorrente- del vecchio tempio dell'antico di Cicerone 119 e della sua libertas vitae: essa consistette esclusivamente nell'esser libero« a spe metu partibus rei publicae» 120 • Nella stessa misura in cui si lasciò prendere dal disgusto e dalla noia per i costumi ritenuti immutabili della comunità politica egli senti di procedere «piu liberamente e piu in alto» 121 • Sallustio rinnegò la sua stessa matrice, municipale e italica, dei domi nobiles 1" , chiuso nell'astratta e tradizionale dicotomia della lotta politica a Roma, tra populus o plebs, come lui la chiama ancora, e lafactio paucorum 123 : la tradizione sociale in cui era nato non contò piu nulla per lui se «anche gli homines novi che prima erano soliti superare per virtu la nobiltà» vennero riconosciuti sforzarsi «di arrivare al potere e agli onori per vie traverse e con 111 SALLUSTIO, Discorso di 116 Ibid., I, 9·10, 25·26.

Lepido, 24.

La congiura di Catilina, 4.2. La guerra giugurtina, 95.2. 119 CICERONE, Lettere agli amici, 1.8.3, 4-14 .I, accanto a ID., Difesa di Plancio, 91, 94. 120 SALLUSTIO, La congiura di Catilina, 4.2. '" m., La guerra giugurtina, 4-9· 112 m., La congiura di Catilina, 17 + 111 Ibid., 3 7. 2-3, 38. 3-4; ID., La guerra giugurtina, 41.5-4 2 + 117

118

m., m.,

Lepore

Il pensiero politico romano del I secolo 124

883

latrocini piuttosto che con l'esercizio delle buone arti» • La politica, appunto, non appartenne piu per Sallustio alle bonae artes. Siamo, dunque, ormai molto lontani dalla fiducia nella riforma e nell' azione dell' optimus quisque e nelle sue capacità di formazione di consenso, sempre rinnovato, del pensiero ciceroniano, anche se il termine ricorre anche in Sallustio 12 ' quale pura topica. È vero che Sallustio ci ha dato «una ricostruzione storica, ricca dianalisi di fatti sociali e politici, che vuole rendere esplicita la ragione del declino dello stato romano, che la vittoria sillana aveva pur sempre finito per riconsegnare al regime dei gruppi oligarchici». Catilina è appunto il punto di arrivo di una lunga crisi, caratterizzata dalla corruzione dell'aristocrazia. E Sallustio non poteva piu credere a un ritorno di un regime degli ottima• • • • 126 u, s1a pur nsanato e nnnovato . Egli non credeva, neppure, a una causa popularis né a una linea politica di quella tradizione, cui pur era stato partecipe come tribuna della plebe (52 a. C.) e che aveva avuto rappresentanti negli adulescentes cresciuti alla scuola di Cicerone, Curione, Celio, Crasso junior, ecc., condannati dal coetaneo Sallustio e impegnati, invece, nel tentativo di mediare, forse sul modello di Publio Clodio, nemico di Cicerone, tra i potentes e l'oligarchia. Quest'ultima non ammise mediazioni e ribadi a Sallustio la sua visione dell'insuperabile antagonismo e della irraggiungibile concordia. Nell'atto in cui le borghesie municipali italiche si rifiutavano- anche nella testimonianza sallustiana - di avere fiducia in se stesse e si decomponevano e modificavano, amalgamandosi e fondendosi con gli elementi nuovi emersi e valorizzati dalla milizia e dalle armate personali dei triumviri, l'Italia del consenso ciceroniano non era piu pensabile, e gli «omnes boni et satis boni» scomparivano o si preparavano a farlo in una Italia «senza classi», che il radicale pessimismo sallustiano aveva contribuito a testimoniare. La «rivoluzione romana» tornava ad allearsi a un > (ORAZIO, Satire, I. 10.40·48). 91 Si vedano, per la VI egloga, o. o. Ross, Backgrounds cit., pp. 18 sgg.; e per la X, ancora ibid., pp. 85 sgg., e soprattutto G. e. CONTE, Virgilio cit., pp. 13 sgg. 90

Labate

Forme della letteratura, immagini del mondo

953

decisioni di una poetica: la poetica si fa «rappresentazione» e si offre al giudizio problematico del destinatario 92 • Le amicizie e i contatti personali contarono parecchio, e notevole fu l'influenza di quella realtà per tanti versi inedita rappresentata dal grande patronato, dall'aggregarsi di un'ampia schiera di intellettuali e letterati attorno a personaggi intelligenti e influenti (Mecenate è stato emblema del patronus, sempre rimpianto dai letterati di età meno fortunate)"'. Proprio se ci sottraiamo alla inevitabile semplificazione che si nasconde nell'etichetta manualistica di «ministro della cultura», apprezziamo meglio il ruolo di Mecenate nel favorire la varietà della fioritura. Fu sua virtu la discrezione: la discrezione di chi sa essere delicato nell'intervenire, ma anche quella di chi, per strategia, sa distinguere e riconoscere competenze diverse. Mecenate voleva una letteratura grande (e una letteratura grande non poteva fare a meno dei generi piu nobili, prima di tutto il poema epico). Probabilmente egli stimolava i suoi amici verso obiettivi sempre piu ambiziosi, ma non voleva certo una serie di repliche: proprio la diversità dei talenti e delle vocazioni poteva assicurare quell'articolazione di prestigiosi monumenti letterari che doveva corrispondere al prestigio delle istituzioni politiche e civili della città imperiale. Ciò che poteva attrarre un poeta che partecipava a questo ambiente di poeti, era in ultima analisi l'idea che dal lavoro di tutti- ciascuno secondo gusto e talento personale- sembrava nascere un nuovo ruolo, soprattutto una nuova identità professionale: il poeta appariva ora «utile», perché si poteva credere che alla letteratura toccasse un compito sempre meno privato, quello di proporre idee e speranze buone per molti. Veniva cosi al poeta una nuova dignità, vicina a quella di chi partecipava direttamente al governo del mondo. Al di là degli baud mollia iussa di Mecenate, per Virgilio scrivere un poema didascalico come le Georgiche significava farsi responsabile di una visione della vita, di un progetto morale. Si trattava cioè di vedere se un poema impegnato a descrivere le tecniche del lavoro contadino potesse sopportare l'ambizione di chi voleva proporre un mondo di valori e dare risposta a interrogativi grandi sulla natura, sulla giustizia e sul destino dell'uomo. Il genere didascalico alessandrino aveva dimenticato l'impegno , 217-19, 221,819. Teutoni, 105, 791. Tevere, 36, 153,388,389,407, 6o1, 855: valle del, 614. Tiatira, II 4. Tibur, vedi Tivoli. Tiburtina, via, 64 2, 840. Ticino, fiume, 72, 81, 970. Tifata, monte, 977.

1008

Luoghi e popoli

Tigranocerta, 97B, 979· Tindari, 62, 969. Tirreni, ~6; vedi anche Pelasgi. Tirreno, mare, 149, 3oB, 330. Tisbe, r 17 n. Tivoli, 21, 123,125,345,356, B39, B4o: complesso monumentale di Hercules Victor, B4o, B4r, B~r. santuario suburbano, B39, B4o, B42, B43. Todi, 307, 6B3. Tolosa, 3B1, 3B2, 790, Bzz. Tolve, 127. Torino, 339· Tortona, 73, 276 n, B27. Trachea, 762; vedi anche Cilicia. Traci, 71B, 754· Tracia, 104, zrB, 720, 974· Transpadana, vedi Gallia Transpadana. Transpadani, 705 n. Trapani, 62-64. Trasacco, 309, 3 ro. Trasimeno, lago, ~o, 52, Br, B9 n, 203, 346, 970. Trebbia, fiume, 72, Br, 970. Trebula Suffena, 24. Troade, 219. Troia, 313, 31B, 597,614,617,635 n, 934· Troiani, 319. Troia di Puglia, B5. Turdetania, 229. Turi, 3~. 3B, B5, 126,720, 721,967, 96B, 971. Turini, r 7B. Tuscania, 35 r. Tusculum, vedi Frascati. Umbri, 306, 307,637, 703,967. Umbria, 69, 2B6, 307, 30B, 7B6. Urso o Ursone (Osuna), 555, 70B. Usipeti, 9Bo. Utica, 154, 971. Uxellodunum, vedi Puy d'Issolu. Vadimone, lago, 96B. Valentia, vedi Valenza. Valenza, 22B. Valeria, via, 104 n, 329. Varsavia, 291. Veienti, 3 rB. Veio, 123 n, 125, 134, 135, 159, 31B, 325, 330, J70, 570. Velia di Lucania (Elea), Br 2, B26, 96B. Velletri, 309. Venafro, 130.311. Venelli, 9Bo; vedi anche Galli. Veneti, popolazione della Gallia tra Loira e Senna, 70, 791, 969, 9Bo; vedi anche Galli. Venezia, territorio dei Veneti di origine tracia, 76, B27. Venezia meridionale, 77, 975· Venosa, 25, 270 n, 294, 335, 704,967. Venusia, vedi Venosa. Venusini, 703.

Vercelli, 77, 975· Vestini, 24, 617, 703. Vesuvio, 720. Vicentini, 295. Vitellia, 126. Viturii Langenses, 75 n. Vocontii, 6B1 n. Volci Tectosagi, 3B2; vedi anche Galli. Volsinii Veteres, vedi Orvieto. Volterra, 145-47, 153, 157,351, 775· Voltumna: tempio di, 56. Vulci, 31, 36, 123 n, 125, 139, 153, 329,332: Tomba François, 31B. Zama, B2, B4, 1B9, 190, 197, 199, 203,210 n, 215, 267,971. Zela, 9Br.

Autori moderni e altri nomi non antichi

Abel, K. H., 211 n. Accame, S., 225 n, 287 n, 289 n. Adam,J.-P., 128 n, 389 n. Adamesteanu, D., I 24 n. Adorno, F., 436 n, 44 I n. Afzelius, A., 27 n, 692 n. Agostiniani, L., I8o n. Aigner, H., 799 n. Albanese, B., 270 n, 29I n. Alfiildi, A., 8oo n. Alfonsi, L., 866 n. Alonso Nuiiez, J. M., I92 n, 206 n. Ameling, W., I I4 n, 115 n. Amirante, L., 4 I 5 n, 526 n. Amory, A., 937 n, 938 n. Ampolo, C., 56 n, 559 n, 560 n, 562 n, ;;66 n. Andreau,J., I 58 n, 4IO n, 723 n, 809 n. Andreussi, M., I 29 n. Arangio-Ruiz, A., 436 n. Arce, J., 706 n, 708 n. Arcelin, P., 40I n. Archi, G. G., I I8 n, 439 n, 523 n, 552 n. Arnim, l., 437 n, 459 n. Arriat, D., I 20 n. Ascheri, D., I25 n. Astin, A. E., 96 n, 227 n, 23I n, 232 n, 240 n, 247 n, 253 n, 255 n, 258 n, 262 n, 279 n, 457 n, 644 n, 68o n, 68I n. Astolfi, R., 435 n. Aymard, A., 222 n. Badian, E., 57 n, 66 n, 9I n, 94 n, 96 n, I07 n, Io8 n, I89 n, 204 n, 2I5 n, 2I7 n, 2I8 n, 246 n, 295 n, 298 n, 365 n, 37I n, 373 n, 457 n, 622 n, 672 n, 678 n, 682 n, 684 n, 688 n, 697 n, 700 n, 703 n, 7II n, 7I2 n, 727 n, 735 n, 739 n, 892 n. Bailey, S., 120 n. Baldacci, P., 827 n. Balil, A., 2 26 n. Balland, A., 40I n. Balsdon,J. P. V. D., III n. Balty,J.-Ch., 633 n. Bandelli, G., ;;o n, 6;; n, 69 n, 70 n, 7I n, 299 n, 54 I n. Barabino, G., 739 n. Barchiesi, A., 954 n, 958 n, 963 n, 965 n.

Bardon, H., 662 n. Bardt, C., 572 n. Barnes,J., 9I4 n. Baronowski, D. W., 285 n. Basanoff, V., 570 n. Bats, M., I44 n, I 54 n. Bauman, R. A., 4I8 n, 420 n, 42I n, 428 n, 43I n, 439 n, 462 n, 464 n, 536 n, 55 I n. Bayet,J., 57 I n, 926 n. Beard, M., 557 n, 56 I n, 563 n, ;;6;; n, 572 n, 573 n, ;;86 n, 588 n, 589 n. Beazley,J. D., I47 n, I 54 n. Becatti, G., 666 n. Bedini, A., I23 n, I24 e n. Behrends, 0., 440 n, 442 n, 443 n, 452 n. Beli, M.J. V., 693 n. Bellen, H., 70 n, I99 n, 203 n, 232 n. Beloch, K.J., 27 n, 59 n, I23 e n, 267 n, 687 n. Bengtson, H., 6;; n, 8oo n, 8oi n. Benner, H., 779 n. Beranger,J., 672 n. Bergamini, M., I27 n. Bemardi,

A.,

11

n,

20

n,

22

n,

27

n,

29

n,

71

n, 286

n, 559 n. Bernhardt, R., 698 n. Bernstein, A. H., 672 n. Bersanetti, G. M., 772 n. Bertini, F., 739 n. Bertrand, J.-M., I I 2 n. Berve, H., ;;8 n, 7I4 n. Betti, E., 268 n, 7I I n. Bettini, M., 626 n. Bianchi, u.. JOO n. Bianchi Bandinelli, R., I46 n, I47 n, I 56 n, I 57 e n, I 59 n, I68 n, I78 n, I82 n, 646 n, 903 n. Bianchini, M. 554 n. Bibauw,J., Io6n. Bickerman, E.J., 2I7 n, 2I8 n, 730 n. Bieber, M., 397 e n. Bienkowski, P., 638 n. Billows, R., 89 n. Birks, P., IOI n, I09 n. Blazquez Martinez,J. M., 225 n, 226 n. Bleicken, J., 5I9 n, 524 n, 526 n, 530 n, 536 n, 574 n, 67I n, 672 n, 738 n. Bloch, G., 242 n.

Autori moderni e altri nomi non antichi

IO IO

Bloch, H., 663 n. Bloch, R., 574 n. Bodei Giglioni, G., 685 n. Boethius, A., 844 n. Bomer, F., 635 n. Bona, F., 118 n, 429 n, 430 n, 436 n, 439 n, 440 n, 442 n, 443 n, 450 n, 452 n. Bonfante Warre n, L., 562 n. Boni, G., 654 n. Boren, H. C., 672 n. Boscherini, S., 618 n. Botermann, H., 799 n. Botteri, P., 671 n, 683 n. Boyancé, P., 454 n, 455 n, 456 n, 461 n, 462 n, 661 n, 866 n, 938 n. Boyd, Th. D., I 25 n. Bracco, V., 730 n. Bradley, K. R., 278 n. Brasiello, U., 549 n, 552 n. Braudel, F., 826. Braund, C., 98 n. Bravo, B., 11 n. Brecht, C. H., 536 n. Breglia Pulci Doria, L., 47 n, 193 n, 735 n. Brelich, A., 176 n, 559 n. Bremer, F. P., 433 n, 435 n, 445 n, 465 n, 469 n, 47' n. Bretone, M., 423 n, 426 n, 427 n, 428 n, 431 n, 435 n, 436 n, 439 n, 442 n, 446 n, 448 n, 449 n, 450 n, 452 n, 463 n, 464 n, 910 n. Brigmann, K., 672 n. Brink, C. 0., 942 n. Briquel, D., 15 n. Briscoe,J., 86 n, 207 n, 672 n. Brockmejer, N., 723 n. Brodersen, K., 725 n. Broggini, G., 120 n. Broglio, A., 77 n, 295 n. Broughton, T. R. S., 86 n, uo n, 238 n, 453 n, 543 n, 548 n, 554 n, 580 n, 581 n, 582 n, 588 n, 682 n, 685 n, 742 n. Brown, F. E., 139 n, 298 n, 393 n. Brown, R. D., 936 n. Bruhns, H., 554 n. Bruns, C. G., 269 n. Bruni, P. A., 82 n, 116 n, 130 n, 189 n, 194 n, 227 n, 2 39 n,

241

n,

242

n,

244

n, 26o n, 261 n, 267

n, 281 n, 285 n, 287 n, 299 n, 300 n, n, 366 n, 378 n, 379 n, 380 n, 387 n, n, 684 n, 687 n, 691 n, 692 n, 697 n, n, 702 n, 756 n, 757 n, 760 n, 764 n, n, 777 n, 781 n, 782 n, 783 n, 799 n, n, 846 n, 869 n, 871 n. Buchheim, H., 8o2 n. Buchi, E., 77 n. Buckland, W. W., 101 n, II9 n. Budé, F., 657 n. Bulst, C. M., 712 n. Burdese, A., 539 n. Burford, A., 407 n.

302 n, 388 n, 699 n, 768 n, 802 n,

365 537 700 77' 824

Burnett, A. M., 300 n, 812 n. Burton, G. P., 115 n, 241 n. Buti, l., 467 n. Buzzetti, C., 389 n. Cabanes, P., 222 n. Calboli, G., 209 n, 891 n, 892 n. Calderone, S., 9 n, 59 n, 94 n. Cambiano, G., 912 n, 913 n, 918 n. Campanile, E., 58 n, 269 n, 290 n, 300 n, 305 n. Canali, L., 949 n. Candiloro, E., 205 n, 215 n, 647 n, 735 n, 739 n. Canfora, L., 717 n, 798 n, 801 n. Cannata, C. A., 439 n, 445 n. Canocchi, D., 154 n. Capogrossi Colognesi, L., 126 n, 130 n, 131 n, 132 n.

Capozza, M., 77 n, 278 n, 289 n, 719 n. Carandini, A., 129 e n, 130 n, 131 n, 634 n, 822 n. Carcopino,J., 672 n, 674 n, 713 n, 772 n, 789 n. Cardanus, B., 454 n. Carettoni, G., 393 n. Carney, T. F., 239 n. Carter,J. C., 156 n. Casavola, F., 465 n, 47' n, 516 n, 517 n, 523 n, 525 n, 526 n, 529 n. Cassola, F., 7 n, 17 n, 21 n, 36 n, 37 n, 40 n, 41 n, 44 n, 50 n, 58 n, 85 n, 87 n, 88 n, 125 n, 178 n, 238 n, 271 n, 299 n, 386 n, 457 n, 460 n, 469 n. Castagnoli, F., 13 n, 142 n, 164 n, 378 n, 559 n, 561 n, 570 n. Castillo, C., 228 n. Castren, P., 834 n, 835 n, 836 n, 837 n. Catalano, P., 565 n, 568 n. Catalli, F., 178 n. Cavalieri Manasse, G., 77 n, 294 n. Cavallo, G., 890 n, 905 n, 913 n, 945 n, 950 n. Caviglia, F., 926 n, 928 n, 933 n, 934 n. Cèbe,J.-P., 392 n. Cébeillac-Gervasoni, M., 638 n. Cederna, A., 183 n. Cerda, D., 149 n. Champeaux,J., 583 n. Chevallier, R., 71 n. Chilver, G. E. F., 71 n. Christ, K., 756 n, 772 n, 773 n, 779 n, 789 n. Christes,J., 866 n. Ciaceri, E., 772 n. Cianfarani, V., 271 n. Ciccotti, E., 723 n, 750 n. Citroni, M., 927 n, 950 n, 961 n. Clarke, M. L., 437 n. Classen, C.]., 936 n, 937 n, 938 n. Clausen, W., 926 n, 929 n, 930 n, 931 n, 933 n, 940 n, 941 n. Clave!, M., 382 n. Clemente, G., 49 n, 50 n, 53 n, 95 n, 96 n, 132 n, 196 n, 205 n, 238 n, 245 n, 252 n, 257 n, 365 n, 368 n, 381 n, 386 n, 753 n, 816 n, 817 n. Cloud, ]. D., I I I n, 552 n.

Autori moderni e altri nomi non antichi Coarelli, F., 7 n,

11 n, 93 n, 104 n, 123 n, 124 n, I26 e n, 131 n, 133 n, 135 n, 136 n, 13B n, 139 e n, 141 n, 142 n, 147 n, 14B n, 151 n, 154 n, 156 n, 157 n, 169 n, 173 n, 17B n, 222 n, 271 n, 272 n, 36B n, 3B7 n, 3B9 n, 390 n, 391 n, 393 n, 394 e n, 396 n, 397 n, 4o6 n, 56o n, 561 n, 6o2 n, 63 x n, 6p n, 634 n, 641 n, 642 n, 645 n, 653 n, 654 n, 655 n, 656 n, 657 n, 65B n, 659 n, 66o n, 66x n, 662 n, 663 n, 664 n, 665 n, 666 n, 667 n, 66B n, 669 n, BxB n, B39 n, B4o e n, B41 n, B42 n, B45 n, B47 n, B4B n. Colini, A. M., 3B9 n. Colonna, G., 157 n, x63 n. Cornelia, A. M., 1B3 n. Conte, G. B., 939 n, 944 n, 947 n, 949 n, 952 n, 953 n, 954 n, 95B n, 961 n, 962 n. Corbier, M., x30 n. Cornell, T.]., 41 n, 95· Corsaro, M., 64 n, 109 n. Costa, E., 551 n. Costabile, F., 289 n. Cova, P. V., 287 n. Cracco Ruggini, L., 77 n, 295 n. Crawford, M. H., 44 n, 47 n, BB n, 92 n, 93 n, 94 n, 95 n, 96 n, 99 n, 102 n, 105 n, xo6 n, xoB n, 1xo n, II4 n, 260 n, 267 n, 300 n, 556 n, 639 n, 659 n, 667 n, Br x n, Br 2 n, B25 n, B27 n. Crifò, G., 26B n, 539 n, 679 n. Criniti, N., 741 n, 742 n, 744 n, 745 n, 764 n. Cristofani, M., 59 n, 156 n. Crook,J. A., I I I n, 553 n. Crozzoli Ai te, L., 136 n.

D'Agostino, B., 55 n. D'Agostino, V., 452 n. D'Amato, S., 305 n. Dal Pra, M., 437 n. D'Arms,J. H., 132 n, nBn. Daube, D., 120 n. Dauge, Y. A., 717 n. David,J.-N., 6B2 n, 699 n, 741 n, 742 n, 85B n, B59 . n, B87 n, BBS n, 889 n, 89 I n, B92 n. De Benedittis, G., 408 n. De Blois, L., 799 n. Degrassi, A., 104 n, 228 n, 8o6 n. Degrassi, D., 176 n. Deininger,J., 215 n, 735 n. Delatte, A., 459 n. Delbriick, R., 845 n. De Ligt, L., 820 n. Della Corte, F., 437 n, 6tB n, 928 n. Dell'Agli, A., 526 n. Delplace, C., 684 n, 698 n. De Marchi, A., 57' n. De Martino, F., 7 n, 8 n, 10 n, 11 n, 14 n, 17 n, 65 n, 108 e n, 131 n, 295 n, 301 n, 303 n, 522 n, 524

n, 526 n, n, 672 n, n, 77B n, Demougin,

527 n, 52B n, 530 n, 544 n, 549 n, 556 682 n, 684 n, 71 x n, 755 n, 756 n, 775 786 n, 817 n, 821 n, 828 n, 829 n. S., 796 n, 859 n.

IOII

De Neeve, P. W., 272 n, 273 n, 8x8 n, B20 n, B23 n, 824 n, 825 n, 826 n. Deniaux, E., 859 n. Déroux, C., 227 n. Derow, P. S., 94 n, 97 e n, 191 n, 194 n. De Ruggiero, E., 294 n, 295 n. De Ruyt, C., 151 n, 391 n, 839 n. De Sanctis, G., 22 n, 35 n, 57 e n, 59 n, 6x n, 63 n, 65 n, 66 n, 72 n, 79 n, B2 n, B3 n, 85 n, 86 n, 216 n,

218

n,

220

n,

224

n,

225

n,

227

n,

230

e n,

231

n, 232 n, 233 n, 289 n, 303 n, 672 n, 69B n, 703 n. De Sensi Sestito, G., 58 n, 6x n. Desideri, P., 213 n, 215 n, 729 n, 730 n, 732 n, 735 n. Despinis, G., 66x n. DeSte Croix, G. M., 815 n. Deubner, L., 945 n. Deutsch, R. E., 938 n. Develin, R., 7 n, 41 n, 44 n. De Vos, A., 836 n, 837 n. De Vos, M., 836 n, 837 n. Devoto, G., 305 n. Dhile, A., 900 n. Di Donato, R., 557 n. Diels, H. 568 n. Di Lella, L., 292 n. Diliberto, 0., 415 n. Dionigi, I., 938 n. Di Porto, A., 467 n, 527 n. D'Ippolito, F., 415 n, 417 n, 41B n, 419 n, 420 n, 421 n. Dohr, H., 131 n. Dohrn, Th., 14B n, 170 n, x8o n, x8x n, 642 n. Domaszewki, A. V., 703 n. Dondero,]., x33 n. Dondin, M., 741 n, 742 n. Diirner, F., x14 n. Dorey, T. A., 622 n. D'Ors, A., 553 n. Drachmann,A. B., 15 n. Dressel, E., 152 n. Dressel, H., 185. Drexler, H., 799 n. Dudley, D. R., 937 n, 939 n. Drinkwater,J.-F., 828 n. Ducos, M., 515 n. Dulière, C., 635 n. Dumézil, G., 233 n, 452 n, 557 n, 561 n, 565 n, 5Bo n. Dumont,J.-Ch., 388 n, 717 n, 71B n. Dunand, F., 641 n. Duncan-Jones, R. P., 823 n. Dury-Moyaers, G., 559 n. Earl, D. C., 672 n. Ebel, C., xo4 n. Eckstein, A. M., 57 n, 59 n, 6x n, 72 n, x20 n. Eder, W., xoo n, u6 n, 542 n, 545 n. Effe, B., 94B n. Ehlers, W., 570 n. Empereur, J.-Y., 144 n, '49 n, 402 n, 406 n, 412 n.

Autori moderni e altri nomi non antichi

1012

Erkell, H., 584 n. Eschebach, H., 835 e n, 836 n. Etienne, R., 226 n. Ewins, U., 546 n.

Gabba, E., 9 n,

Fabbrini, F., 393 n, 8o6 n. Fallu, E., I I6 n. Fanizza, L., 553 n. Fanon, F., 7I7 n. Fantuzzi, M., 945 n. Farrington, B., 9I6 n. Fasciane, L., I I n, 296 n, 5.5I n. Fatas, G., 228 n. Favory, F., 777 n, 780 n. Fedeli, P., 890 n, 905 n, 9I3 n, 94.5 n, 950 n. Fellin, A., 935 n, 937 n. Ferenczy, E., IO n, 4I n, IJI n. Ferey, D., 859 n. Ferguson, W. S., IOI n. Ferrary, J.·L., 94 n, 98 n, I07 n, I I 2 n, I89 n, I9I n,

205

n,

206

n,

210

n,

21 I

n,

10

n,

13

n,

14

n,

15

n,

19

n, zo n,

2I n, 29 n, 39 n, 40 n, 47 n, 50 n, 53 n, 55 n, 56 n, 57 n, 58 n, 59 n, 70 n, 7I n, 73 n, 74 n, 76 n, 77 n, 84 n, 90 n, 94 n, 96 n, 130 n, 189 n, 19I n, I93 n, I94 n, I95 n, I96 n, I97 n, I98 n, I99 n,

217

n,

221

n,

222

n, 554 n, 632 n, 633 n, 635 n, 639 n, 64I n, 644 n, 646 n, 64 7 n, 648 n, 649 e n, 650 e n, 678 n, 698 n, 716 n, 735 n, 76I n, 859 n, 862 n, 869 n, 88I n. Perrero, L., 457 n. Février, P.-A., 832 n. Fiches, J.·L., 827 n. Finley, M. I., IO n, I2, 95 n, I25 n, I30 n, 239 n, 723 n, 823 n, 824 n, 9II n. Finocchi, S., 73 n. Fiorani, G., 854 n. Firpo, L., 859 n. Flambard,J.·M., 409 n, 859 n. Fleury, Ph., 832 n. Flusser, D., I92 n. Foraboschi, D., 8I8 n, 828 n. Forni, G., 45 n. Fowler, D. P., 957 n. Fowler, W. W., 557 n, 558 n. Fraccaro, P., I4 n, I9 n, 40 n, 50 n, 70 n, 7I n, 73 n, 77 n, 239 n, 253 n, 386 n, 523 n, 672 n, 68I n, 682 n, 693 n, 827 n. Fraenkel, E., 595 n, 6oi n, 604 n, 622 n. Frangioni, L., 820 n. Frank, T., I43 n, 369 n, 388 n, 8o3 n, 8I5 e n. Fraschetti, A., IJJ n, 368 n. Frassinetti, P., 754 n. Frayn,J. M., 826 n. Frederiksen, M. W., 23 n, 29 n, 44 n, II2 n, I20 n, IJO n, 282 n, 409 n, 708 n, 8Io n. Freeman, P., ro6 n. French, D., 104 n. Frézouls, E., 850 e n, 85 r e n. Prezza, P., 295 n, 297 n, 5I9 n, 520 n. Friedlander, P., 938 n. Frier, B. W., 43I n, 482 n, 563 n, 575 n. Frisch, H., 8oo n. Fronza, L., 289 n. Fuchs, H., 193 n, 203 n, 394 e n, 730 n. Fuks, A., 224 n.

zoo n, 203 n, 205 n, 206 n, 207 n, 208 n, 209 n, 210

n,

211

n,

213

n,

214

n,

215

n,

219

n,

223

n,

227 n, 229 n, 240 n, 252 n, 255 n, 256 n, 259 n, 262 n, 267 n, 269 n, 270 n, 27I n, 272 n, 273 n, 274 n, 275 n, 276 n, 277 n, 278 n, 279 n, 280 n, 281 n, 282 n, 287 n, 289 n, 290 n, 292 n, 298 n, 299 n, 300 n, 302 n, 305 n, 366 n, 368 n, 376 n, 438 n, 544 n, 549 n, 646 n, 664 n, 67I n, 672 n, 676 n, 677 n, 678 n, 679 n, 68o n, 682 n, 684 n, 69I n, 693 n, 694 n, 697 n, 699 n, 700 n, 701 n, 702 n, 703 n, 704 n, 705 n, 707 n, 708 n, 709 n, 710 n, 7II n, 7I4 n, 720 n, 725 n, 726 n, 730 n, 737 n, 738 n, 740 n, 743 n, 744 n, 747 n, 748 n, 752 n, 768 n, 77I n, 795 n, 796 n, 797 n, 798 n, 799 n, 8oo n, 802 n, 804 n, 8I9 n, 82I n, 822 n, 824 n, 825 n, 831 e n, 847 n, 854 n, 857 n, 879 n, 88o n, 881 n, 883 n, 889 n, 891 n, 892 n. Gabrici, E., I46 n. Gagé,J., I4I n. Gaggiotti, M., I40 n, I4I n, 392 e n. Galinsky, G. K., 953 n. Gallant, T., 683 n, 8I9 n. Gallini, C., r6o n, 578 n, 579 n, 584 n, 636 e n, 644 n, 723 n. Galsterer, H., 228 n, 229 n, 267 n, 270 n, 288 n, 289 n, 292 n, 293 n, 295 n, 299 n, 301 n, 697 n, 703 n, 708 n. Gara, C., I04 n. Garbarino, A., 2II n, 64I n, 673 n. Garda Mareno, L. A., 226 n, 228 n. Garda Y Bellido, A., 226 n. Garlan,J., I49 n, 834 n. Garnsey, P. D. A., u6 n, II7 n, I3I n, 146 n, 147 n, I89 n, 683 n, 8I6 n, 8I9 n. Garofalo, L., 535 n, 536 n. Gazzetti, A., 4I n, 764 n. Gatti, G., 390 n, 853 n. Gatti Lo Guzzo, L., I83 n. Gauger,J.·D., 205 n. Gauthier, P., I2I n. Gelzer, M., IOI n, 232 n, 237 e n, 238, 239 n, 24I n, 242 n, 287 n, 289 n, 367 n, 7I4 n, 752 n, 86o n.

Gerkan, A. von, 390. Giardina, A., 23 n, 44 n, 128 n, I29 n, 130 n, 131 n, 132 n, 149 n, 252 n, 256 n, 273 n, 290 n, 368 n, 377 n, 386 n, 399 n, 404 n, 407 n, 416 n, 426 n, 63I n, 723 n, 8o1 n, 8I6 n, 8I8 n, 821 n, 890 n, 905 n, 9I3 n, 9I4 n, 9I9 n, 945 n, 950 n. Gigante, M., I49 n, 9II n. Giomaro, A., 533 n. Giovannini, A., 111 n, 221 n. Girosi, M., 838 n. Giuffrè, V., 270 n, 302 n, 523 n, 526 n. Giuliani, C. F., 840 e n. Giuliani, L., 668 n.

Autori moderni e altri nomi non antichi Giusta, M., 920 n. Gjerstad, E., 844 n. Glew, D. G., 725 n, 729 n, 732 n. Glotz, G., 772 n. Gohler,J., 292 n, 676 n. Gold, B. K., 953 n. Golvin,J.-C., 838 n. Gonzales, ]., 706 n, 708 n. Gordon, R., 588 n, 589 n. Goudineau, Ch., 382 n, 411 n, 412 n, 8r6 n. Gounaropoulou, L., 104 n. Gozzoli, S., 191 n. Gradenwitz, 0., 269 n. Graham, H., r 27 n. Graillot, H., 580 n. Gras, M., 560 n. Grasmiick, E. L., 539 n. Grasse!, H., 828 n. Green,J. R., 146 n. Greene, K., 820 n. Greenidge, A. H.]., II9 n. Griffin, M., rr n, 741 n, 9I4 n. Grilli, A., 866 n, 9I8 n. Grimal, P., 634 n, 849 n. Grisé, Y., 722 n. Gros, P., I7 n, I33 n, 136 n, I38 n, I64 n, I65 n, 272 n, 385 n, 387 n, 389 n, 395 n, 396 n, 407 n, 585 n, 645 n, 657 n, 66o n, 709 n, 832 n, 845 n, 85I n, 854 n. Grottanelli, C., 560 n. Gruen, E. S., 9 n, 35 n, 56 n, 57 n, 84 n, I89 n, 202 n,

203

n,

204

n,

205

n,

207

n,

209

n,

210

n,

217

n, 218 n, HO n, 222 n, 225 n, 239 n, 244 n, 246 n, 259 n, 26I n, 264 n, 265 n, 366 n, 378 n, 542 n, 549 n, 551 n, 578 n, 678 n, 679 n, 684 n, 688 n, 699 n, 7 27 n, 760 n, 796 n, 799 n, 892 n. Gruzinski, S., r6o n. Guaitoli, M., I23 n. Guarino, A., I I8 n, 4I8 n, 419 n, 528 n, 676 n, 718 n,

722

n.

Guizzi, F., 562 n, 565 n. Gummerus, H., I3I n. Gusmani, R., 96 n, 305 n. Guzzo, P., 126 n. Habicht, Ch., 215 n. Halkin, L., 584 n. Hall, U., 681 n. Halperin, D. M., 948 n. Hammond, N. G. L., 222 n. Hansen, E. V., 223 n. Hanson, J. A., 397 n, 398 n. Hantos, Th., 697 n, 7II n. Hardie, Ph. R., 959 n. Harmand, J., 691 n, 789 n, 799 n. Harri, L., 654 n. Harris, W. V., I4 n, 2I n, 23 n, 30 n, 31 n, 59 n, 66 n, 93 n, 189 n, 194 n, I95 n, 196 n, I98 n, 259 n, 29I n, 292 n, 295 n, 299 n, 366 n, 373 n, 570 n. Hassall, M., 105 n, 108 n. Hatzfeld,].. 299 n, 377 n.

IOIJ

Hatzopoulos, M. B., I04 n. Hiiuber, Ch., 641 n. Haug, I., 703 n. Havelock, E. A., 426 n. Hegel, G. W., 723 e n. Heichelheim, F. M., 143 n. Heilmeyer, W. D., 396 n, 844 n. Heine, H., I04 n. Heinze, R., 86o n, 86I n, 863 n, 864 n. Heitland, W. E., 803 n. Hermann, E., 723 n. Hermon, E., 70 n, 684 n. Hesberg, H. von, 643 n. Hesnard, A., I44 n, I49 n, 402 n, 4I2 n, 842 n. Heurgon,J., 8 n, 4I n, 74 n, I35 n, 141 n, 702 n. Heuss, A., I89 n. Hill, H., 365 n. Hinard, F., 7rr n, 7I3 n, 745 n, 8oi n, 846 n. Hinds, S., 964 n. Hinrichs, F. T., I3 n, 70 n. Hobsbawm, E.]., 723 n. Hoffmann, W., 232 n, 568 n, 835 e n. Holkeskamp, K.].. 573 n. Holscher, T., 669 n. Honoré, T., rr6 n. Honsell, H., 523 n. Hopkins, K., 239 n, 241 n, 244 n, 273 n, 8I6 e n. Horsfall, N., 942 n. Howard, S., 665 n. Hoyos, B. D., rr5 n. Humbert, M., 27 n, 291 n, 295 n, 299 n, 707 n. Humphrey,J. M., 137 n. Huss, W., 93 n, 23I n. Ilari, V., JO n, 32 n, 33 n, 285 n, 289 n, 292 n, 298 n, 299 n, 302 n, 692 n. Jacoby, F., 946. Jacquemin, A., 650 n, 653 n. Jameson, M., 125 n. Jashemski, W. F., 96 n, 826 n. Jehasse,].. I47 n. Jehasse, L., I47 n. Jellife, R., 746 n. }ente!, M.-0., I 57 n. Jocelyn, H. D., 644 n, 9I I n, 912 n. Johannowsky, W., I 57 n, 835 n, 848 n. Johne, K. P., 823 n. Jones, A. H. M., 127 n, 679 n. Jongman, W., 820 n, 826 n. Jordan, H., I47 n. Jors, P., 42I n. Jouffroy, H., 831 e n, 832 n. Jullien, E., 889 n. Kahler, H., 650 n, 666 n. Kaschnitz-Weinberg, G., I 59 n. Kaser, M., 30I n, 534 n. Keaveneky, A., 703 n, 7I I n. Keay, S. J., 828 n. Kehoe, D., 824 n.

1014

Autori moderni e altri nomi non antichi

Kennedy, D., 106 n. Kennedy,]., 889 n, 896 n, 898 n, 900 n. Kenney, E.]., 936 n, 964 n. Keppie, L., 824 n, 825 n. Kienast, D., 65 n, 9I n, 93 e n, 94 e n, 209 n, 386 n. Kloft, H., 96 n, 672 n. Knackfuss, H., 848 n. Knapp, R. C., 226 n, 227 n. Knox, P. E., 93I n. Koch, C., 568 n. Kocher, E., 553 n. Kiihn,]., 82 3 n. Kolendo,J., I30 n, 276 n, 827 n, 828 n. Kopff, E. C., I32 n, 378 n. Kroll, W., 945 n. Kromayer,J., 273 n. Kriiger, P., 432 n, 465 n. Kumaniecki, K., 774 n, 78I n. Kunkel, W., 453 n, 537 e n, 549 n, 550 n, 55 I n, 553 n, 554· Kytzler, B., 898 n. Labate, M., 9I4 n, 932 n, 95I n, 963 n. Labruna, L., I I8 n, 553 n, 742 n. La Bua, V., 59 n. Laffi, U., 30 n, 70 n, 90 n, II2 n, II4 n, 269 n, 697 n, 705 n, 706 n, 707 n, 7I3 n, 738 n, 739 n, 740 n, 743 n, 745 n, 746 n, 747 n, 750 n, 752 n, 753 n, 768 n. Lamacchia, R., 76I n. Lamboglia, N., I44 e n, 40I n. Lanciani, R., I73. I85 n, 538 n. La Penna, A., I97 n, 300 n, 44I n, 622 n, 638 n, 7I7 n, 754 n, 797 n, 88I n, 893 n, 90I n, 905 n, 907 n, 9I6 n, 943 n, 947 n, 949 n, 954 n, 957 n. La Regina, A., 3I2, 3I3, 408 n. La Rocca, E., I 59 n, I72 n, I73 n, 648 n. Laroche, D., 650 n, 653 n. La Rosa, F., 538 n. Larsen,J. A. 0., 2I7 n, 2I8 n, 224 n, 225 n. Lasfargues,J., 4I2 n. Lassère,J.-M., 685 n. Last, H., 745 n. Lattanzi, E., 408 n. Latte, K., I36 n, 557 n, 558 n, 56I n, 565 n, 568 n, 582 n, 589 n. Lattimore, S., 667 n. Laughton, E., 622 n. Laum, B., I 14 n. Lauria, M., 444 n. Lauter, H., 393 e n, 848 n. Lazzarini, C., 947 n. Lazzarini, M. L., 408 n. Lebeck, W. D., 622 n. Leeman, A. D., 889 n, 890 n, 899 n. Le Gall, ]. , 389 n, 390 n, 570 n. LeJeune, M., 305 n, 408 n. Lemoine, Ch., 842 n. Lene!, 0., I 16 n, 432 n, 433 n, 435 n, 436 n, 449 n, 450 n, 469 n, 471 n.

Lenin, Nikolaj Vladimir Il'ic Ul'janov, detto, 722 n. Leo, F., 427 n, 595 n, 946. Leone, M., 764 n. Lepore, E., I25 n, 130 n, 265 n, 299 n, 404 n, 740 n, 750 n, 769 n, 770 n, 773 n, 774 n, 777 n, 778 n, 780 n, 78I n, 782 n, 783 n, 784 n, 786 n, 787 n, 795 n, 859 n, 86o n, 862 n, 863 n, 865 n, 866 n, 867 n, 869 n, 874 n, 875 n, 876 n, 877 n, 878 n, 879 n, 88o n, 88r n, 895 n. Lequement, R., 405 n. Leroux, G., 390 n. Letroublen, M., 780 n. Letta, C., 269 n, 300 n, 305 n, 707 n. Leveau, Ph., 409 n, 821 n. Léveque, P., 36 n, I44 n, 402 n, 404 n, 4I I n. Levi, M. A., 584 n, 8oo n. Levick, B. M., 7II n. Levy, E., 554 n, 555 n. Lieberg, G., 454 n. Liebeschutz, W., 58 I n, 582 n, 586 n. Liebknecht, K., 722 n. Liebman-Frankfort, Th., 106 e n. Linderski,]., 66 n, I89 n, 563 n, 565 n, 574 n. Lintott, A. W., I07, "5 n, 303 n, 521 n, 536 n, 545 n, 548 n, 550 n, 556 n, 699 n. Liou, B., 405 n. Lo Cascio, E., rIO n, 553 n. Lombardi, L., 434 n, 452 n. Lombardo, M., 64 n. Losurdo, D., 723 n. Lotito, G., 9I9 n. Love,]., 823 n. Luce, T.]., 725 n, 728n. Lugli, G., 836 n, 837 n. Luraschi, G., 76 n, 270 n, 29I n, 293 n, 295 n, 296 n, 299 n, 30I n, 302 n, 700 n, 705 n. Luxemburg, R., 722 n. Luzzatto, G. I., 91 n, 697 n. Lyne, R. O. A. M., 925 n, 943 n. Mac Bain, B., 569 n, 574 n. Mackenzie, M. M., 565 n. Maddoli, G., 8I8 n. Maddox, G., 526 n. Magdelain, A., 5I9 n. Magerstedt, H., I3I n. Maggiani, A., I24 n. Magie, D., I I4 n, 678 n, 684 n. Magnino, D., 737 n. Maguinness, W. S., 937 n. Malcovati, E., 672 n. Malitz,]., 213 n, 735 n. Manacorda, D., I49 n. Mancuso, G., 47I n, 532 n, 533 n. Manfredini, A., 553 n. Manganaro, G., 94 n, 278 n, 368 n. Manni, E., 764 n. Mansuelli, G. A., I79 n, I8I e n. Marcadé,J., 665 n. Marek, Ch., 8 n. Marinetti, A., 305 n.

Autori moderni e altri nomi non antichi Mariotti, I., 626 n. Mariotti, S., 595 n, 614 n, 923 n, 924 n. Mar6ti, E., 275 n. Marotta, A., 74 n. Marshall, A.]., 109 n, 1 I4 n, 115 n, u8 n. Martelli, M., I 56 n. Martin, H. G., 654 n, 66o n, 66I n, 662 n. Martin,]., 556 n. Martin, R., I30 n, 822 n. Martina, M., 395 n. Martini, R., I I9 n. Marx, K., 722 n, 747· Mason, H.]., Io6 n. Mastrocinque, A., I93 n. Matthes, D., 437 n. Mattinglij, H. B., 47 n, 545 n. Mayer, R., 960 n. Mazza, M., 368 n, 723 n, 738 n. Mazzarino, S., 56 n, I9I n, 294 n, 438 n, 646-48, 726 n, 730 n, 732 n. McDonald, A. M., 287 n, 289 n, 293 n, 295 n. McDonnel, M., 242 n. McGing, B. C., 725 n, 730 n, 735 n. McLeod, E., 937 n. Meier, Ch., 239 n, 523 n, 70I n, 738 n, n6 n, 757 n, 773 n, 775 n, 777 n, 779 n, 786 n, 875 n. Meinecke, Fr., 88o n. Meister, K., 686 n, 688 n. Melillo, G., 533 n. Mellano, L. D., I I8 n. Meloni, P., 66 n, 768 n. Melville, A. D., 964 n. Mendels, D., I92 n. Menéndez Pidal, R., 226 n. Mercando, L., I47 n. Merklebach, R., 205 n. Mertens,]., 839 n. Metro, A., 533 n. Mette, A.]., 440 n, 442 n. Meyer, E., I4 n, 752 n, 863 n, 864 n. Meyer, H. D., 704 n. Miche!, A., 886 n, 9I7 n, 9I9 n. Michelet,]., I 34 e n. Michels, A. K., 568 n. Middleton, P., 8I6 n. Migeotte, L., 8I I n. Mihailov, G., I09 n. Milanese, G., 9I5 n, 9I8 n. Millar, F. G. B., I02 n, I I7 n, 239 n, 265 n, 268 n, 67I n, 74I n, 798 n, 8o6 n. Mingazzini, P., I46 n, I83 n, 664 n. Moani, Cl., 87o n, 8n n. Molisani, G., 845 n. Moltesen, M., I 26 n. Momigliano, A., 55 n, 56 n, I92 n, I98 n, 2I3 n, 222 n, 557 n, 562 n, 585 n, 795 n, 86o n, 90I n, 9IO n, 9I4 n. Mornmsen, Th., 47 n, 65 n, I 10 n, 237, 286 n, 292 n, 302 n, 5I9 n, 530 n, 7I4 n, 738, rJ2, 755 n, 756 n.

1015

Montagna Pasquinucci, M., 146 n. Montanari, E., 569 n. Montenegro Duque, A., 225 n, 226 n. Moreau, Ph., 58I n. More!, J.-P., I44 n, I45 n, I46 n, I47 n, I48 n, I49 n, I 50 n, I5I n, I 53 n, I 54 n, I 55 n, I 58 n, I74 n, I82 e n, 376 n, 3119 n, 400 n, 40I n, 402 n, 403 n, 404 n, 405 n, 406 n, 408 n, 409 n, 41 o n, 4 I I n, 4I2 n, 8I6 n. Moreno, P., I73 n, 654 n. Morgan, M. G., 6I n, 224 n, 396 n, 657 n, 658 n. Moscatelli, U., 70 n. Mosse, C., 407 n. Miiller, H., 22I n. Miiller, R., 898 n. Miinzer, F. R., 238 e n, 239 e n, 760 n, 844 n. Murolo, M., 837 n. Murray, 0., 96 n. Murray Threipland, L., 124 n. Musei, D., 19 n, 2I n, 37 n, 55 n, 57 n, 58 n, 59 n, 66 n, 126 n, I89 n, 204 n, 222 n, 406 n, 648 n, 905 n. Mustilli, D., 659 n. Nagle, D. B., 672 n. Narducci, E., 795 n, 869 n, 879 n, 895 n, 896 n, 898 n, 9II n, 9I3 n, 9I4 n, 92I n. Naumann, R., 392 n. Nenci, G., 55 n. Newman, J. K., 956 n. Niccolini, G., 742 n, 743 n. Nicolet, C., 86 n, 88 n, u6 n, 238 n, 239 n, 247 n, 26I n, 264 n, 267 n, 272 n, 302 n, 366 n, 367 n, 379 n, 382 n, 387 n, 388 n, 397 n, 398 n, 52 I n, 523 n, 544 n, 572 n, 672 n, 673 n, 676 n, 678 n, 68o n, 682 n, 683 n, 684 n, 686 n, 698 n, 699 n, 7IO n, 779 n, 8o2 n, 8I4 n, 853 n, 859 n. Nicoll, W S. M., 965 n. Nicosia, G., 492 n. Nikiprowetzky, V., I93 n. Nilsson, M. P., 455 n. Nippel, W., 779 n. Nocera, G., 52 I n. Noè, E., 268 n, 798 n, 859 n, 862 n. Norden, E., 598 n. Niirr, D., I I7 n, 442 n. North,]. A., I98 n, I99 n, 557 n, 558 n, 563 n, 564 n, 565 n, 568 n, 570 n, 57 I n, 572 n, 573 n, 574 n, 578 n, 579 n, 580 n, 585 n, 588 n, 589 n. Oestenberg, C. E., 123 n. Ogilvie, R. M., 54 I n, 563 n. Olinder, B., 395 n. Oliverio, G., 224 n. Olshausen, E., 2I5 n, 735 n. Orestano, R., ~)15 n. Pacella, D., 205 n. Pailler, J.-M., 27I n, 287 n, 578 n, :579 n, 636 n, 644 n, 720 n. Pairau!t-Massa, F.-H., 635 n, 637 n.

1016

Autori moderni e altri nomi non antichi

Pais, E., 66 n, 72 n, 73 n. Pallottino, M., 300 n. Palmer, R. E. A., 570 n. Panciera, S., 7 IO n. Panella, C., 377 n, 8I8 n. Pani, M., 68o n. Paoli, U. E., 538 n. Pape, M., 657 n. Pareti, L., 743 n, 745 n, 750 n, 753 n, 757 n, 763 n, 764 n, 768 n, 77I n, 772 n, 775 n, 777 n, 78I n. Parsons, P.].. 947 n. Pasoli, E., 938 n. Pasquali, G., 6oi n, 956. Pasquinucci, M., 252 n, 273 n, 277 n, 287 n, 289 n, 702 n, 822 n, 824 n, 825 n. Passerini, A., 36 n, 37 n, 71 n, 99 n. Paul, G. M., 694 n. Pavis d'Escurac, H., 389 n. Pavolini, C., I44 n, 404 n, 406 n. Pecizka, J., II 5 n. Pédech, P., 207 n. Pedroli, U., 7I n. Pena Gimeno, M.].. zoo n. Pensabene, P., IH n, I83 n. Pépin, J., 454 n, 455 n, 46I n, 462 n. Peppe, L., IO n, II5 n. Percivai,J., 823 n. Perelli, L., 796 n. Peretti, A., 205 n. Perrotta, G., 934 n. Perutelli, A., 934 n. Petrochilos, N., 198 n. Petzl, G., 108 n. Peyre, Ch., 71 n. Pfeiffer, R., 929 n. Pfuhl, E., I68 e n, 174 n. Phillipps, E. J., 41 n, 833 n. Picard, G.-Ch., 147 n, 635 n. Piccaluga, G., 396 n, 571 n. Picon, M., 412 n. Picozzi, M. G., 134 n. Pie t ila Castrén, L., 657 n. Piganiol, A., 143 e n. Pinzone, A., 58 n, 59 n, 65 n. Piper, D.J., 276 n, 299 n. Poccetti, P., 305 n, 306 n, 307 n, 309 n, 3 II n, 3 r 2 n.

Polverini, L., 66 n, 69 n, 703 n, 799 n. Pontiroli, G., 71 n. Price, S. R. F., 99 n, 557 n, 812 n. Prosdocimi, A. L., 305 n, 408 n. Pucci, G., 8r8 n. Pugliese Carratelli, G., rr8 n, 163 n, 302 n, 537 n, 553 n, 556 n, 746 n. Pulci Doria Breglia, L., I 14 n, 76I n, 762 n, 763 n. Pulgram, E., 305 n. Putnam, M. C.].. 934 n, 948 n. Quattordio, A., 305 n. Questa, C., 6o4 n. Quilici, L., 834 n.

Raaflaub, K. A., 7 n, I7 n, 4I n. Raditsa, L., 2I7 n. Radke, G., 305 n, 569 n. Rakob, F., 390 n, 396 n, 848 n. Rambaud, M., 243 n, 729 n, 789 n. Rankin, H. D., 717 n. Rappaport-Albert, A., 222. Rasc6n, C., 54 I n. Raskolnikoff, M., 671 n, 683 n. Rasmus Brandt,].. 126 n. Rathbone, D., 683 n, 8I9 n, 829 n. Rauh, N. K., 8q n. Rawson, E., I6 n, 95 n, 96 n, 46I n, 575 n, 824 n, 886 n, 902 n, 909 n, 928 n, 960 n. Reggiani, A. M., I83 n. Reinach, T., 725 n, 726 n. Reiter, W. L., 222 n, 68I n. Reitzenstein, R., 863 n, 864 n, 933 n, 946. Rémondon, R., 405 e n. Remy, A., 866 n. Renard, M., 68r n. Reynolds,J. M., I05 n, I08 n, II2 n. Ricciotti, D., I 52 n. Rice, E., E., 64I n. Rice Holmes, T., 8oo n. Rich,J. W., 28I n, 282 n, 302 n. Richard,J.-C., I76 n. Richardson, J. S., 65 n, 79 n, 92 e n, 99 n, IOO e n, 103

n,

109

n,

I 15

n,

116

n,

192

n,

200

n,

226

n,

227 n, 228 n, 229 n, 248 n, 368 n, 370 n, 374 n, 543 n, 676 n, 828 n. Rickman, G., 276 n. Ridley, R. T., 536 n, 825 n. Rigsby, K.].. I04 e n. Ritter, H. W., 98 n, 23I n, 698 n. Rix, H., 305 n. Rizzo, F. P., 2I5 n. Rizzo, M. A., 183 n. Robert,J., 109 n. Robert, L., 109 n. Robinson, E. S. G., 47 n. Roddaz, J.-M., 8o6 n. Rodger, A., I09 n. Roghi, M., I83 n. Rohde, G., 563 n. Roloff, H., 243 n, 873 n. Romanelli, P., 233 n, 698 n. Romiopoulou, A., 104 n. Rosati, G., 963 n. Rose, H.].. 70I n. Rosenstein, N., 571 n. Ross, D. 0., 933 n, 934 n, 941 n, 943 n, 952 n, 956 n. Rossi, L. E., ~7 n, 738 n, 743 n, 752 n, 753· 945 n, 948 n. Rossi, P., 709 n. Rostovtzeff, M., I43 e n. Rotondi, G., I I n, 246 n, 254 n, 258 n, 259 n, z63 n, 515 n, 52 I n, 522 n, 523 n, 524 n, 527 n, 53° n, 682 n, 745 n.

Autori moderni e altri nomi non antichi Roueché, F., 565 n. Rouillard, P., 149 n. Rouveret, A., I6o n, 657 n. Rubinsohn, Z., 7I8 n. Russe!,]., 392 n. Ryberg, l. S., 152 n. Sabbatucci, D., 569 n. Sackrett,J., 127 n. Salrnon, E. T., 20 n, 2I n, 22 n, 274 n, 305 n, 703 n, 704 n. Salomone Gaggero, E., 215 n, 735 n. Salvioli, G., 819 e n, 820 n. Sanesi Mastrocinque, L., I 57 n. Sanrnarti Greco, E., 154 n. Santalucia, B., 303 n, 535 n, 537 n, 539 n, 553 n, Sto n. Santoro, R., 418 n. Sargenti, M., 270 n. Sartori, F., 9 n, 94 n, 294 n, 295 n. Saurnagne, C., 698 n. Sauron, G., 849 n. Scardigli, B., 741 n, 748 n. Scherillo, G., 436 n, 438 n, 444 n. Scheid,]., 557 n, 558 n, 563 e n, 569 n, 572 n, 573 n, 581 n, 588 n. Schiavone, A., 23 n, 44 n, 128 n, 129 n, 130 n, 131 n, 132 n, I 51 n, 252 n, 256 n, 268 n, 273 n, 290 n, 368 n, 377 n, 386 n, 399 n, 404 n, 405 n, 4I5 n, 416 n, 417 n, 4I8 n, 4I9 n, 420 n, 421 n, 422 n, 423 n, 425 n, 426 n, 427 n, 430 n, 432 n, 434 n, 437 n, 438 n, 445 n, 446 n, 447 n, 448 n, 450 n, 451 n, 454 n, 455 n, 456 n, 457 n, 458 n, 459 n, 460 n, 46I n, 462 n, 463 n, 464 n, 465 n, 466 n, 467 n, 468 n, 469 n, 472 n, 473 n, 476 n, 477 n, 483 n, 675 n, Bot n, 8I6 n, 8I8 n, 82I n, 914 n, 919 n. Schiesaro, A., 9I5 n, 937 n. Schilling, R., 539 n. Schrnidlin, B., 440 n. Schrnidt, E. A., 948 n. Schrnidt, P. L., 874 n. Schrnitt, H. H., 57 n, 2I8 n, 223 n. Schrnitthenner, W., 799 n, 8oo n. Schneider, H. C., 699 n, 799 n. Schnurbein, S. von, 412 n. Schrijvers, P.-H., 937 n. Schulten, A., 714 n. Schulz, F., 418 n, 427 n, 435 n, 438 n, 440 n, 443 n, 445 n, 471 n, 5I5 n. Schweitzer, B., 646 n, 652 e n, 656 n. Schwertfeger, G., 225 n. Scuderi, R., 710 n, Bot n, 805 n. Scullard, H. H., 86 n, 238 n, 246 n, 253 n, 68o n. Seager, R., 237 n. Seel, 0., 757 n. Segai, E., 798 n. Seibert,J., 674 n. Sellar, W. Y., 937 n. Sereni, E., 76 n, 273 n.

1017

Serpa, F., 960 n. Serrao, F., 11 n, 12on,5I7n, 519n, 521 n,522 n,

523 n, 524 n, 527 n, 533 n, 54' n, 543 n, 550 n. Sève, M., 114 n. Seyrig, H., 115 n. Shatzrnan,J., 95 n, I3I n. Shaw, B. D., 820 n. Sherwin-White, A. N., 20 n, 22 n, 23 n, 30 n, 32 n, 105 n, I89 n, 267 n, 293 n, 300 n, 302 n, 684 n, 692 n, 698 n, 704 n, 705 n, 725 n, 732 n, 876 n. Shimron, B., 2IB n. Shochat, Y., 676 n. Sichirollo, L., 723 n. Siebert, G., 144 n. Sirnon, H., 229 n. Sirnoncini, G., 104 n. Skutsch, 0., 614 n. Srnith, R. E., 299 n, 691 n. Srnith, R. R. R., I 16 n. Solana, Safnz, J. M., 226 n. Solin, M., 222, 310, 406 n. Sornrnella, P., 134 n. Sornrner, 53 I n. Sordi, M., 55 n, 63 n, I9I n, 676 n, 726 n, 805 n. Spagnuolo Vigorita, T., 526 n. Spann, P. 0., 7I4 n. Spruitte,J., 820 n. Spurr, M. S., 276 n. Staerrnan, E. M., 130 n, 388 n, 723 n, 828 n. Stahl, M., 76 n. Stalin, Josif Vissarionovic, Drug.Svili, detto, 722 n. Starnpacchia, G., 718 n, 722 n. Staveley, E. S., 4I n. Steidle, W., 898 n. Stein, P., 423 n, 442 n, 443 n, 463 n, 465 n. Steinby, E. M., 654 n. Stenzel,]., 436 n. Sterckx, C., 672 n. Stern,J., 98 n. Stewart, A. F., 665 n, 669 n. Stier, H. E., 189 n. Stockton, D., 672 n, 682 n. Strasburger, H., 213 n, 738 n, 750 n, 757 n, 761 n, 77 2 n, 859 n, 862 n, 864 n. Svenbro,J., I6o n. Syrne, R., 239 n, 737 e n, 747 n, 760 n, 795 n, 797 n, 881 n, 905 n. Szernler, G.]., 572 n, 573 n, 592 n. Szidat,J., 789 n. Tagliente, M., 127 n. Talarnanca, M., 426 n, 436 n, 439 n, 440 n, 443 n, 448 n, 450 n, 452 n. Talarno, E., 183 n. Taylor, L. R., 21 n, 4I n, 42 n, 51 n, 302 n, 573 n, 671 n, 701 n, 704 n, 752 n, 757 n. Tchernia, A., I49 n, 376 n, 377 n, 402 n, 406 n, 8t6 n, 842 n. Thébert, Y., 723 n.

ror8

Autori moderni e altri nomi non antichi

Thévenot, E., 789 n. Thiel,J. H., 6r n. Thielscher, P., r 3 I n. Thomas, R. F., 941 n. Thomas, Y., 553 n, 717 n. Thomson, D. F. S., 934 n. Thulin, C. 0., 569 n. Thiinen, vonJ., 820 n. Tibiletti, G., 8 n, 71 n, 73 n, 109 e n, r 17, 240 n, 273 n, 275 n, 277 n, 286 n, 287 n, 290 n, 293 n, 295 n, 296 n, 298 n, 299 n, 545 n, 674 n, 68r n, 684 n, 686 n, 703 n, 706 n, 796 n, 823 n. Timpanaro, S., 6or n, 915 n, 919 n, 920 n, 923 n. Timpe, D., 789 n. Tocco, G., 127n. Tondo, S., 426 n. Torelli, M., 17 n, 36 n, 45 n, 56 n, 123 n, 124 n, 125n, 133 n, 134n, 136n, 148n, 156n, r.:nn, r63 n, q8 n, 270 n, 385 n, 391 n, 581 n, 666 n, 669 e n, 709 n, 710 n, 8r6 n. Torelli, M. R., 194 n. Toutain, J., 143 n. Townend, G., 937 n, 938 n, 939 n. Toynbee, A.]., 20 n, 22 n, 27 n, 30 n, 31 n, 32 n, 82 n, 83 n, 90 n, 130 e n, 249 n, 267 n, 286 n, 287 n, 290 n, 293 n, 295 n, 298 n, 366 n, 42 3 n, 692 n. Tozzi, P., 71 n, 73 n, 74 n. Traina, A., 924 n, 931 n, 933 n, 934 n, 935 n, 940 n. Treggiari, S., 42 n, 380 n, 407 n, 485 n. Treves, P., 213 n, 714 n, 726 n. Triepel, H., 727 n. Trofimova, M. K., 723 n. Troiani, L., 204 n, 707 n. Twyman, B. L., 700 n. Ungern-Sternberg, J. V., 41 n, 44 n, 672 n, 679 n. Valgilio, E., 711 n. Vallat,J.-P., 129 n, 825 n, 827 n. Vallet, G., 58 n, 94 n, 278 n, 368 n. V alvo, A., 702 n. Vanderbrock, P. V.]., 744 n. V an der Mersch, Ch., 149 n. V an Effenterre, H., r r6 n. Van Voteghen,J., 659 n. Van Sickle,J., 6o2 n. Vatin, C., 124 n. Venturi Feriolo, M., 723 n. Venturini, C., too n, 105 n, 115 n, 229 n, 302 n, 541 n, 542 n, 545 n, 555 n, 684 n. Vernant, J.-P., 446 n. Versnel, H.S., 570 n, 571 n. Vertet, H., 412 n. Verzar Bass, M., 148 n, no n, 637 n, 8r6 n. Vessberg, 0., 175 n, q8 n, 651 n. Vetter, E., 305 n, 306 n, 307 n, 308 n, 309 n, 31 r n. Veyne, P., 189 n, 722 n. Viano, C. A., 436 n. Villanueva Puig, M.-Ch., 149 n.

Villey, M., 440 n. Virgilio, B., 223 n. Virlouvet, C., 664 n. Vitali, D., 145 n, 404 n. Vitucci, G., 763 n. Volkmann, H., 210 n, 7" n. Volpe, G., 127 n. Volponi, M., 8o2 n. Volterra, E., 301 n. Wacher,J., 823 n. Wagenvoort, H., 865 n. W albane, F. W., 57 n, 59 n, 6r n, 71 n, 104 n, ro6 n, 117 n, 189 n, 193 n, 207 n. Wallinga, H. T., 63 n. Walser, G., 789 n. Walsh, P. G., 698 n. Walton, F. R., 214 n. Waltzing, J.-P., 409 n. Wangaard, J. H ., 562 n. Ward, R. M., 738 n, 782. Wasowicz, A., 125 n. Waszink,J. H., 937 n. Watson, A., 421 n, 438 n, 439 n, 449 n, 452 n, 467 n, 480 n, 482 n, 485 n, 488 n, 489 n, 490 n, 493 n, 494 n, 498 n, 499 n, 500 n, 507 n, 508 n, 51 r n. Weber, M., r82. Weber, V., 823 n. Webster, T. B. L., 146 n. Wegehaupt, H., 866 n. Weinstock, S., 570 n, 583 n, 585 n, 589 n. Weische, A., 920 n. Welin, E., 394 n. Werner, R., 189 n, 68r n. W est, D., 938 n, 939 n. W est, S., 56 n. White, K. D., 130 n, 823 n. Whittaker, C. R., II6 n, 146 n, 147 n, 189 n, 8r6 n. Widrig, W. M., 128 n. Wieacker, F., 418 n, 420 n, 421 n, 426 n, 427 n, 433 n, 439 n, 464 n, 519 n, 520 n, 523 n, 524 n, 527 n, 528 n, 531 n, 534 n. Wightman, E. M., 828 n. Wilamowitz-Moellendorf, U. von, 646 n, 962 n. Will, E. L., 406 n, 678 n. Willems, P., 89 n. Wilson, A.J. N., 299 n, 370n, 377 n, 8o3 n. Wirszubski, C h., 866 n. Wiseman, T. P., 76 n, 137 n, 241 n, 638 n, 679 n, 710 n, 713 n, 714 n, 798 n, 909 n, 930 n, 933 n, 934 n. Wissowa, G., 562 n, 563 n, 564 n, 573 n. Wistrand, E., 8or n. Wolf, G., 544 n, 682 n. Woolley, C. L., 148 n. Wiinsche, J., 669. Yaron, R., 493 n. Yavetz, Z., 585 n, 779 n, 786 n, 798 n, 847 n.

Autori moderni e altri nomi non antichi Zalesskij, N. N., 406 n. Zanker, P., 112 n, 131 n, 147 n, 156n, 387 n, 390 n, 391 n, 402 n, 584 n, 589 n, 662 n, 83' n, 832 n, 834 n, 835 n, 836 n, 837 e n, 845 n, 848 n, 903 n.

Zecchini, G., 789 n. Zennari,J., 77 n. Zerbinati, E., 294 n. Zetzel, J. E. G., 941 n, 943 n, 945 n, 952 n, 954 n. Zevi, F., 662 n, 663 n, 845 n. Zimmer, G., 407 n. Zipperstein, S. J. 222. Zorzetti, N., 170 n.

1019

Fonti

Tradizione manoscritta. Ammianus Marcellinus:

Res gestae: I4. I I.J3: 7I8 n. Anthologia Palatina: 3-I·I9: 635 n. Appianus:

Historia Romana: Bella civilia: 1.5: 83I n. I.7.30:302 n. I.I0.45: 98 n. 1.22.92:544 n. 1.26·29: 279 n. I .27: 224 n. 1.29:825 n. 1.30:272 n. 1.33-34:277 n. I.34: 277 n. 1.35-36 (= ORF', I4): 2II n. I.35-I59: 548 n. 1.44-46 ( = ORF', I 5): 2 I I n. 1.37-38:674 n. 1.39:675 n. 1.46: 674 n. 1.54: 8Io n. I -57·59: 679 n. I .58-66:679 n. I.67 :68o n. I .67-7 2 : 679 n. 1.73-77: 68o n. 1.74-342:537 n. r.78:677n. I. 78-87: 68o n. 1.79: 68o n. I.8o: 68o n. I .83-85: 68I n. r.86: 68I n. r.87: 68I n. r.89: 683 n. I.90: 679 n. I.9I·97: 683 n. I .92:683 n. I-93 :683 n. 1.94:83I n. 1.95·96: 825 n. I.98: 684 n.

I-99: 686 n. I. IOO: 686 n. I. IOI: 686 n. I.Io2-6:685 n, 687 n. I.I03: 233 n. r.I04: 825 n. r. I07·2o: 687 n. I.II4·I7: 723 n. I. II6·2 I: 720 n. I.I2I·24: 688 n. I.I2I: 746 n, 747 n. I.I22 :688 n. I.I24: 68o n. I.I30·3I :77 n. I.I30·34: 699 n. I.I38: 77 n. r. I 52: 2I3 n, 68I n. I.I54:2I3 n. I.I55:213 n. I. I55-64: 70I n. I.I77: 76 n, 77 n. r.I88:77n. r. I 88-89: 76 n. I.2I2·I6: 704 n. r.2I9·20: 76 n. I .250·53: 7II n. 1.34I-42: 7I2 n. 1.350: Io6 n. 1.383-87: 7I4 n. 1.462: 7I2 n. 1.475: III n. r.48o: 737 n. I.484-87: 737 n. 1.505: 737 n. I .505-6: 754 n. 1.505·I6: 7I4 n. I.5I8: 7I6 n. 1.520-38: 7I4 n. 1.540: 7I8 n. I.54I :716n. 1.542:719 n. I -545: 7I7 n, 7I8 n. 1.547: 7I6 n, 7I7 n, 718 n, 719 n. 1.549-50: 7'7 n. 1.553: 7I7 n.

Fonti

1022

1.557-59:722 n. 1.558: 7'7 n. 1.559:716 n, 717 n. 1.560:746 n, 747 n. r.56o sgg.: 75I n. 1. r: 754 n. l.I.I-7: 763 n. 1.6:769 n. 1.8:771 n. 1.8-9: 771 n. 1.9:754 n, 77I n. l. IO: 774 n. 1. I3: 771 n, 775 n. l.I4'774 n. 2.17:781n. 2.I8:783 n. 2.13.85:759 n. 1.14: 785 n. 1.25:785 n. 2.31:786 n. 4.6-7: 8o6 n. 4.II :802 n. 4.27: 8o6 n. 4· I35-46: 8o2 n. 4.185 sgg.: 223 n. 4.362: 8o2 n. 5· I7: 684 n. 5.25:825 n. 5·49: 803 n. 5·5I: 8o1 n. 5·59: 8o1 n. 5.6o: 803 n. 5.68-71: 8oo n. 5·7" 803 n. 5·99:803 n. 5· !28: 825 n. 5.219: 803 n. 5.280:803 n. 5.304: 803 n. 5·398: 8o6 n. 5·540-47: 8o6 n. 5·547: 8o6 n.

Bellum Hannibalicum: 55: 293 n. 61:287 n.

Bellum Hibericum: 59 sg. : 249 n. I 53: 200 n. I75-83: 228 n. I83:II7n. 2I5·2I: 229 n. 247-55:229 n. 250: 228 n. 256:230 n. 157-58: 228 n. 424-26: 2Io n. 433: II7 n.

Be/lum Hi//yricum: So :8o6 n.

Be//um Libycum: 54:86 n.

58:287 n. 3I0-15: 232 n. 35I: I97 n. 528-34:232 n. 639:233 n.

Be//um Macedonicum: 9-4: 747 n.

Be//um Mithridaticum: 85-9I: 734 n. 97:762 n. Io 5-6: 762 n. I09.5I8: 7I9 n. 109.5 I9·2o: 718 n. I I8.58o: 762 n. II8.58I: 763 n. I50:735 n. I89: 735 n. 23I: 106 n. 234:728 n. 153-60: 734 n. 256:734 n. 259 sgg.: 735 n. 269-84: 731 n. 296-98: 73 I n.

Be//um Sanniticum: I.I-9: IO n. 5 '45 n.

Bellum Sicu/um: 2.6:65 n, 92 n, 93·

Be//um Syriacum: 9.249: 762 n. 50.251:762 n. 50.252-53: 763 n. I 58-59: 2I9 n. 178:219 n. I84: 2I9 n. 350-5I: 22I n. Aristoteles:

Poetica: 1459a.5: 937 n.

Politica: 7.11.2.133Ia: 151 n. Arnobius:

Adversus nationes: 4.6: 185 n. 7·49: 570 n. Asconius:

Orationum Ciceronis quinque enan-atio (Clark): In Come/ianam: 66.4:763 n. 66.14:763 n. 68:700 n. 69.19:763 n. 69.23:763 n. 79:548 n.

In Milonianam: 45:546 n. 45-46:581 n.

In Pisonianam: 3 : 7 I n, 705 n.

Fonti 8:819n. 15:IIon.

In Scauzianam: 20-21: 581 n. 21:548 n. 23:242 n.

In togam candidam: 91:581 n. [Asconius]:

In C. Verrem actio II: 189: 548 n. 189.8: 743 n, 746 n. 201 : 538 n. 220:747 n. Atheneus Naucratita:

Dipnosophistae: 5.211d·215b:647 n. 6.272F: 718 n. Augustinus: De civitate Dei: 2.21 (= Cicero, Derq>ublica, 5.1.1): 777 n, 871 n. 3·'7' 16n. 4-5:718 n. 4-27: 454 n. 6.5:461 n. [Aurelius Vietar]:

De viris i!lustribus: 64.3:674 n. 66-4:548 n. 66. IO: 548 n. 72:242 n. 73:824 n. 73·" 699 n. 73·5: 699 n. 75-4: 1o6n. 75.12:737 n. Caesar:

Be!lum A/ricum: 8.1:810n. 26.3:810 n.

Be!lum AleXIlndrinum: 66:764 n.

Be!lum Ga/licum: 1.45.2: 115 n. I .85.9: I 16 n. 7·77·'6: 115 n. 8.55:786 n. [Coesor]:

Be!lum Hispanicum: 17: 799 n. Callimochus:

Epigrammata: 27.3-4:926 n. 27.4:936 n.

InDianam: 5:962 n. 28:962 n.

I02J

Colpurnius Pisa: Anna/es (Peter): fr.38: 102 n. Colpurnius Siculus:

Bucolica: 7.23-24:851 n. Cassiodorus: Chronica (M. G. H.): XI, p. 32: 548 n. Cassius Hemina: Anna/es (Peter): fr.21: 16 n. Cato:

De agri coltura: I:131n,822n. 1.3:132 n. 1.5 sg.: 132 n. 2.6 sg.: 132 n. 3:822 n. 5·3: 131 n. 7 sg.: 130 n. IO sg.: 130 n. 12:822n. 13:822 n. I4:507n. 16:507 n. 136:507 n. 137:506 n. '4': 57' n. 143.2-3:613 n. 146: 505 n, 508 n. 149:508 n. 150:505 n, 508 n. Orationes (Molcovati, ORF•):

Contra Ser. Galbam ad milites: 8.43.172:250 n.

De moribus Claudii Neronis: 8.13.83-84:254 n.

De praeda militi bus dividenda: 8.71.224:102 n, 254 n.

De suis virtutibus contra [L.] Thermum post censuram: 8.32.128-35:254 n. 8.J2.I32: 106 n.

De sumpto suo: 8.44·'73: 102 n, 108 n, 109 n, 254 n. 8.44-'74: 254 n. 8.44. 175: 254 n.

Dierum dieta rum de consolatu suo: 8.4.45-52: 254 n. 8.4.5 1 : 102 n.

Dissuasio ne Lex Baebia derogaretur: 8.34-137-38:247 n.

In Q. Minucium Thermum de falsis pugnis: 8.6.58: 254 n.

Ne quis iterum consul fiere t: 8.147-185-86:247 n.

Oratio de ea re quod sponsionem fecerat cum M. Cornelio: 8.55-203: 102 n, 108 n, 109 n.

Fonti

1024

Pro L. Caesetio: 8.60.208:254 n.

pro Rhodiensibus: 8.42.I63-7I: 209 n, 377 n. 8.42.I67: 277 n, 823 n.

Suasio legis Voconiae: 8-40.I56-6o: 249 n, 258 n.

Uti praeda in publicum ~feratur: 8.22.98: I97 n, 254 n.

Origines (Peter): fr. 39: 95 n. Catullus:

Carmina: 10:102n.

Io. I9: Io6 n. 22.3: 93I n. 22.9-I I: 9JI n. 35· 17 sg.: 926 n. 6r.IOI sg.:934n. 64.50 sg.: 934 n. 64·348 sgg.: 934 n. 66.79 sgg.: 933 n. 68. IO: 933 n. 68.12:933 n. 68.33-36:928 n. 95·I-IO: 926 n. 95-Io: 930 n. Censorinus:

De die natali: 20.7:58 I n. Charisius:

A11 grammatica (Bazwick): p. I 75,11. I8-I9B: 442 n. Chrisippus: SVF (Arnim): II, p. 9 n. 16:437 n. Il, p. 75 n. 224:437 n. Il, P· II4 n. JI7 :437 n. II, pp. JI5 sgg. nn. Io76-77: 459 n. Cicero:

Epistulae: AdAtticum: r.6: 753 n. I.I).)-4: 770 n. I.IJ-5: 769 n. 1.14.3: 77I n. r. I6.9: 765 n. r.q.S-9: 772 n. I.I8.6-7: 770 n. r.I8.7: 773 n. r. I9·4: 766 n. 2.1.3: 767 n. 2.2.2: 867 n. 2.3.3: 772 n. 2-3·4: 867 n. 2.9. I: 862 n. 2-9·2: 773 n. 2.I2.4: 867 n. 2.I6.1 :SIJ n. 2.I6.I3 :867 n. 2.I9.2: 863 n.

2.I9.4:863 n. 2.2I.I: 782 n. 2.21.2:782 n. 2.22.I :773 n. 4.r.6:78I n. 4.2.3-4:582 n. 4·9· I: 849 n. 4· I6.8: 853 n. 5.3.2: 120 n. 5-4-3: II9 n. 5-I5: II5 n. 5· I7.5: 45I n. 5.2I: II4 n. 5.2r.I0-3: 8II n. 5.2r.II: II9 n. 6. r.6: SII n. 6. r.S: 4I9 n. 6.r.I5: II8 n, 45I n. 6.r.q :658 n. 6.2.5: I I9 n. 6.2.8:8II n. 7·3·4: 877 n. 7-IJ.I :786n. I0.7.I: 786 n. I4.6.2: 88o n. I4.IO.I :88o n. I4.I2.3: 4IO n. I4.I3·5: 505 n. I4.20.3: 88o n.

Ad Familiares: 1.1.3: 78I n. I.2.I-2: 78I n. r.):IIIn. I.8.3 :866 n, 882 n. 1.9: III n. I .9.8: 782 n. 1.9.8-Io: 783 n. I.9.2I: 774 n. 3.6: I I I n. 3.8.4: I I9 n. ).IO: II4. 4.r.I:474n. 4·5: 472 n. 4.I2.: 475 n. 4.I4.I: 882 n. 5.I-2:244n. 5.6.4: 774 n. 5·7·2: no n. 6: I I I n. 7·JI.2 :878 n. 8.I: u8n. 8. 1.4:873 n. IO.I6.2: 88o n. I1.27-28:796n. I2-4:IIIn. I2. I8.2: 878 n. I).26: II9 n. IJ.28: II9 n. IJ.JO: II9 n. IJ.48: I I4 n.

Fonti I3.56.I·3 :SII n. I3.6I: SII n. I3-72: II9 n. I4. I3.2: 879 n. I5.20.2: 88o n. Ad Quintu m fratrem: 1.1: II6 n. I.I.I3: 108 n. 1.1.26: III n. 1.1.33: II2 n. 2.1.2: 783 n.

Orationes: De domo sua: I:592n. 3.5-6: 846 n. 5-I3 :409 n. I7-45 :537 n. 25: 8I9 n. 39·40: 779 n. 4I: 774 n. 55.137:846 n. 6o: 783 n. I42: 87I n.

De haruspicum responsis: 6o: 866 n.

De /ege agraria: I.5:233n. 2.I8·I9:58on. 2.25.67:826 n. 2.34.95:834 n. 2.35.96:834 n, 846 n. 2.5I: 233 n. 2.78:825n. 2.81:677 n. De proscriptorum liberis (Puccioni): p.83:737n.

De provinciis consularibus: 6:115n. I6: IIOn. I8:783n. I9:II5n. 22-23:783 n. 25:783n. 27:II5n. 28:783 n. 32: 783 n. 34 :1 I5 n. 38:783 n. 40:783 n. 46:776 n. 47:783 n.

In Catilinam: 2.20:766 n, 833 n. 3.22:766 n. 4·I5: 86I n. 4-I7: 766 n. 4-I9: 766 n. 4.22: 86I n.

In Q. Caecilium: 17-18: Ioo n. I8: IOI n.

In Q. Caecilium divinatio: 8: 747 n, 752 n. I3:749n. 70:747n.

In Metellum: fr. 7-8 (Puccioni): 769 n.

In Pisonem: 4:737 n, 768 n. 5.II:846 n. II .26: 846 n. 2I.50:55I n. 69.95 : 765 n. In toga candida (Puccioni): fr.3: 763 n. fr.16: 763 n.

In C. Verrem: 1.1.29:746 n. 1.2. I. I 57-58: 746 n. 1.24-25: 86I n. 1.44:749 n. 1.45:747 n. 1.54:75I n. 2. 1.9.26:550 n. 2.I.I3·I4:86I n. 2. 1.20:750 n. 2.1.29.73:556n. 2.1.42.Io8: 552 n. 2.1.56 sg.: 749 n. 2.1.6o: 743 n. 2.1.Io9:53I n. 2.I.II7·I8: II9 n. 2.I.I5I·53 :86I n. 2.1.I55-57: 743 n. 2.1.I56:75o n. 2.2.23·24: 749 n. 2.2.29.70: 556 n. 2.2.32: I09. 2.2.32·34: II8 n, I2o n. 2.2.34: I09. 2.2.4o:r2on.

2.2.90:I2on. 2.2.120-21:112

n.

2.2.I23-25: I I2 n. 2.2.125:120 n.

2.2.I74: 749 n, 750 n. 2.2.I74-75: 750 n. 2.3.I2 :684 n. 2.3.84.I95: 543 n. 2.3.90.209: 45I n. 2.3.94:750 n. 2.3.I68: 750 n. 2.3.2Io sg.: 749 n. 2-4·3·5: 650 n. 2-4.24.54-56:407 n. 2-4-25.26:543 n. 2-4·57.126:657 n. 2.4.8I: 268 n. 2-4-82:749 n. 2.5.45:95 n. 2.5.52: 8I9 n.

1025

Fonti

1026

2 ·5·58: 748 n. 2.5.61.158-65:718 n. 2.5.153:748 n. 2.5.173:861 n. 2.5·'75'75' n. 2.5.177-78:750 n.

Philippicae: I .9.2 1 sgg.: 555 n. 2.27:796 n. 2.33 sgg.: 582 n. 2.IIO: 585 n. 2.u3: 88o n. 6.2: 88o n. 6.18: 88o n. 7.22: 88o n. 8.8: 88o n. 9·5·'o: 465 n. 9·7·'7: '73 n. 10.20: 88o n. 11.27:88on. 11.28: 88o n. 12.7: 88o n. I4.15-16: 88o n.

Post reditum ad Quirites: 16:865 n. 25: 243 n.

Pro Archia: 22:668 n.

Pro Balbo: 8.20:291 n. 8.21:292 n. 8.22: 291 n. 20-21:270 n. 31 :76n. 32: 270 n. 48:700 n. 54:700 n.

Pro Caecina: 20.57:509 n. 34·100:555 n. 97.101:861 n.'

Pro Caelio: IO: 763 n. '4·33: 243 n, 244 n.

Pro C/uentio: 1-46:874n. 13.36 sgg.: 539 n. 51.140:}82 n. 53.146:518 n. 53·'47'550n. 54· 148:552 n. 55·'5' :546n, 552 n. 84-85: 744 n. 89 sgg.: 746 n. 96:746 n. 106:746 n. 108:746 n. II]Sgg.:751 n. II9:746n. 138:746 n.

140:886 n. 146: 879 n. 151:861 n. 157:861 n.

Pro Come/io: I, fr.23: 693 n. fr.Io: 700 n.

Pro Fiacco: 2.3:863 n. 2.5:863 n. 5'774n. 8.18:409n. '7: 397 n. 25:24Jn. J2:7]In. 34.84:485 n. 4I.IOJ :863 n. 68:115 n.

Pro Fonteio: I.2:75Jn. 2.J: 753 n. 2-4:753 n. 9: 382 n, 8q n. I3:382n.

Pro lege Manilia ( = De imperio Cn. Pompet): IO:IIOfl.

43: 76o n, 877 n. 14.32:753 n. 6.14-16: 734 n. 7' 734 n. 47: 58}, 584.

Pro M. Marcello: 26-28: 788 n. 28-29: 878 n.

ProMilone: 90:854 n.

ProMurena: 8.18:465 n. 9·19:416n. 11.25:419 n, 420 n, 446 n. 16:868n. 22:799n. 49:766 n. 50:766 n. 50-51: 765 n. 76 sg.: 255 n.

Pro Plancio: 13.33:451 n. 67:868 n. 91: 882 n. 94:882n.

Pro Quinctio: q:810n. 31: 86o n, 861 n. 34-35: 86o n, 861 n. 47: 86o n, 861 n. 68-73: 86o n, 861 n.

Pro C. Rabirio: 4.12:546 n. 4.12 sgg. :535 n. 7.21:664 n.

Fonti Pro Robirio Postumo: 3-4: Bio n. 8.11:783 n. 4.8-9: 550 n. 10.27:633 n.

Pro Roscio Amerino: 4.11:546 n. I2.33: 433 n. 23.64 sgg.: 546 n. I40: 86o n. I42: 86o n.

Pro Scouro: fr.d (Grimal): 548 n.

Pro Sestio: 1.2:865 n. I0.23: 867 n. 20.38:869 n. 2I: 868 n. 23.5I: 867 n. 23.52:865 n. 32: 862 n. 44·95-45·97: 866 n. 44·96: 867 n. 45·97: 866 n, 868 n. 45·98: 865 n, 868 n. 46.99: 867 n. 46.100: 867 n. 48.102:867 n. 55:778 n, 815 n, 819 n. 61:869n. 65.137-67: 867 n. 65.139:867 n. 66.138 sgg. : 868 n. 68.143: 868 n. 71:779 n. 86:869 n. 91-92:868 n. 96 sg. : 265 n. 97:867 n. 98: 868 n, 869 n. I03: 263 n, 683 n. I o6 sgg. : 265 n. I07: 781 n. 112:869 n. 123:78In. 125:781 n. I29: 265 n. 136:868 n. 137:868 n. 138:869 n. 139:869 n.

Pro Sullo: 21-25:769 n. 22.63:555 n. 24:769 n.

Philosophico: Acodemico: 1.9:908 n.

Coto moior, de senectute: 9.27:420 n. 37:4 2 n.

De divinotione: 47=891.

Definibus: 1.6:920 n. 2.I6.54=546n. 3·75'740n. 4.28.79:867 n.

De legibus: 1.5. '7: 874 n. 1.6.18:874 n. 1.7:744 n. 1.'7.46:874 n. 1.22.57:874 n. 1.22.58-59:874 n. 2.2.5: 875 n. 2-4-8:874 n. 2.5:704 n. 2.5.11-I3:876n. 2.8.19:458 n. 2.I0.23: 873 n. 2.14.35:873 n, 876 n. 2. I6.4o: 873 n. 2.19.47: 43 I n. 2.25.62:873 n. 3.1.2:531 n,874n. 3·1.3·3.2.4: 874 n. 3.2.4: 876 n. 3·4·" :521 n. 3.6.I2 sgg. :875 n. 3.I6.35: 263 n. 3.16.35-36:527 n. 3· I6.37: 873 n. 3-I9-45: 875 n. 3·41 '710n.

De noturo deorum: 1.42. II8: 458 n. 2.23.61: 137 n. 2.24.62:458 n. 3·I4.6o:502 n. 3·30·74: 511 n, 546 n, 552 n. 3.74:581 n.

De officiis: I.IO.J3: 294 n. 1.26:879 n. 1.35:210 n. 1.86:879 n. 1.115 :24I n. 1.116: 24I n. 1.118:241 n. I.I21:241n. I. I 50:408 n. 2.I2.4I :518 n. 2.21.75:543 n. 2.23:879 n. 2.27:733 n. 2.55 sgg.: 797 n. 2.75:700 n. 2.80-83:675 n. 2.84:797 n. 2.89:277 n. 3·17.70:451 n, 469 n.

1027

Fonti

1028

3·43: 796 n. 3·47: 68I n, 700 n. 3·49: 762 n. 3.58:505 n. 3.82-83: 879 n.

De republica: I. I:

870 n. I.I9.3I: 298 n. 1.3I :677 n. I ·35·54-I .40.62: 870 n. 1.5I: 866 n. r.69: 866 n. 2.2:623 n. 2. I0.2 I: 870 n. 2.29.5I: 87I n. 2.31.54:556 n. 2.39.66:873 n. 2.40.67-2.42.69: 87I n. 2.51:864 n. 3'73Jn. 3·9-16: 383 n, 817 n. 3.15.24: 7I6 n. 3.23:866 n. 3.23.35:716 n. 3·24:211n. 3.29-41:298 n. 3·35-47: 871 n. 3-41:677 n. 5 .1.1 ( = Augustinus, De civitate Dei, 2.21): 777 n. 5.1.2: 873 n. 5·4.6:871 n. 6.12: 68o n.

Laelius, de amicitia: 96:887 n.

Paradoxa Stoicorum: 5.40:744 n.

Tusculonae disputationes: I .2.4: 167 n. I .5-6:942 n. 1.6:913 n. 3.18:878n. 3·45'930n. 4-3·5: 913 n. 4·51:879n. 5·33: 879 n, 919 n. 5. 57-60: 878 n.

Rhetorica: Brutus: 1.3.2: 88o n. 1.14.2: 88o n. 17-70:652 n. I8.7o: 650 n. 22.85:290 n, 541 n. 2 3.89 sgg. : 542 n. 27.106:543 n. 39.144-42.155:442 n. 41.152-42.153:442 n, 465 n. 43.160:382 n. 53.198:446n. 62.224:548 n.

64.230:547 n. 99:686n. 112:903 n. 125-26:682 n. 136:688 n. 163: 886 n. 174:241 n. 216:743 n. 229:241 n. 238:744 n. 309 sg. : 889 n.

De Inventione: 2.19.58 sgg.: 546 n. 2.65:112 n.

De Oratore: 1.38.175:499 n. 1.41.186:419 n, 446 n. I.41.186-I.42.191 :440n. 1.53.227:542 n. 1.56.239-40:429 n. 1.58:241 n. 1.107:241 n. 1.166-70:241 n. 1.211:869 n. 1.234:241 n. 1.242: 241 n. 2.12.52:431 n. 2.22: 241 n. 2.25.107:547 n. 2.)3.142 :427 n. 2.49.20I: 547 n. 2.55.223-24:427 n. 2.55.224:427 n. 2.220 sgg.: 258 n. 3-24-93:438 n. 3·45: 241 n. 3·55 sgg.: 869 n, 87o n. 3.63:869 n.

Orator: 1.128 sgg. : 888 n. 1.176: 244 n.

Partitiones oratoriae: 30.105:547 n.

Topica: 29:244 n.

Q. Tullius Cicero: Commentariolum petitionis: 2.9: 763 n. 30:862 n. Cinna:

Ludicra et Epigrammata: fr.I4 (More!): 926 n.

Collotio legum Mosaicarum et Romanarum: 1.2-3:552 n. 10.7.11:504 n. Columella:

Res rustica: 1.2.3: 132 n. 1.3.3-5: 132 n. 6.praef.4-5: 277 n.

Fonti Commentarium ad Lucanum: 2.554 (Usener): 7I8 n. Cornelius Nepos:

Vitae: Eumenes:

lustiniani Institutiones: 3.25.2:450 n. 4.IO pr.: IOI n. 4.I8.5: Y'i2 n. 4.I8.7:552n.

8.2: 8oo n.

Corpus luris Civilis: Digesta: 1.2.2.6 pr. (Pomponius): 5I6 n. 1.2.2.6 (Pomponius): 48I n. 1.2.2.6·7 (Pomponius): 4I9 n. 1.2.2.7 (Pomponius): 42I n, 482 n. I .2.2.8 (Pomponius): 525 n. r.2.2.IO (Pomponius): 53 I n. I .2.2.23 (Pomponius): 535 n. 1.2.2.28 (Pomponius): I20 n, 533 n. 1.2.2.32 (Pomponius): 93 n. 1.2.2.35 (Pomponius): 420 n. 1.2.2.36 (Pomponius): 4I8 n, 439 n, 482 n. 1.2.2.38 (Pomponius): 420 n, 427 n. 1.2.2.39 (Pomponius): 424 n. i.2.2.4I (Pomponius): 424 n. 1.2.2.43 (Pomponius): 464 n. 1.2.2.44 (Pomponius): 483 n, 532 n. 1.2.2.48 (Pomponius): 424 n. r.3.I (Papinianus): 5I9 n. 1.3.2 (Marcianus): 5I9 n. r. I8. I8 (Modestinus): II6 n. 4·3-I .2. (Ulpianus): 502 n. 5.I.2.5(Uipianus): II9n. 5· I.I9·4 (Ulpianus): I I9 n. 5· 1.39·1 (Papinianus): I I9 n. 5.1.76 (Alfenus): 470 n. 9· r. 1.4 (Ulpianus): 469 n. 9.2.27.5 (Ulpianus): 5II n. I0.3.6.6 (Ulpianus): 49I n. I0-4- I9 (Paulus): 470 n. 12.4.8 (Neratius): 486 n. I5·3· I6 (Alfenus): 467 n, 468 n. I7.2.I I (Ulpianus): 450 n. 17.2.30 (Paulus): 469 n. I8.6. I .2 (Ulpianus): 493 n. I8.6. I5 (I4).r (Paulus): 493 n. I9.1.40 (Pomponius): 493 n. I9.2.3I (Alfenus): 469 n. 33.I0.7 (Celsus): 469 n. 2I.I.I.I (Ulpianus): 506n. 23.2-44 pr. (Paulus): 485 n. 24.3.66 pr. (lavolenus): 487 n. 26.7.55-I (Triphoninus): 490 n. 33·9·3 (Ulpianus): 469 n. 35· I -40.3 (lavolenus): 468 n. 38.2. I (Uipianus): 470 n. 41.2.1.3 (Paulus): 494 n. 41.2.5I (lavolenus): 493 n. 46.3.80 (Pomponius): 447 n. 47.10.7 pr. (Ulpianus): 5I2 n. 47.21.3.I (Callistratus): 5I5 n. 48.Ir.8 (Paulus): I02 n. 50.1.1.2 (Ulpianus): II4 n. 5o.I6.237 (Gaius): 469 n.

Diogenes Babylonius: SVF (Arnim): III, p. 2I5 n. 25:437 n. III, p. 233 n. 87:437 n. Dio Cassius: Historiae Romanae (Boissevain): 8.36.32: I I n. I 7 fr. 57·70: 286 n. I7, fr. 57.62:293 n. 26.I4-4: 759 n. 26.q.2-3: 759 n. 36. I -20.6: 754 n. 36.23. I·36: 756 n. 36.4I. I·2: 742 n. 36·42.I·36·43·5: n6 n. 36·43·3·4: 757 n. 36.43.5: 86I n. 36.44: 76o n. 36.45.I: 762 n. 37.6:756 n. 37. 7a: 762 n. 37·7·2: 767 n. 37.I0.3: 765 n. 37.20.2: I I4 n, 763 n. 37.20.4:763 n. 37.25.4:767 n. 37.26-28:535 n, 768 n. 37·36: 769 n. 37·37: 580 n. 37·43: 767 n. 37·44-I: 767 n. 37·54·58: 77I n. 37·54-I·2: 772 n. 38-7:825n. 38.7-4:772 n. 38. I0-4: 774 n. 38.IO.I I: 774 n. 38.58.2:772 n. 39.22-23:782 n. 39.25:782 n, 783 n. 39.27:782 n. 39-31:783 n. 39·33: 782 n. 39·33·36: 783 n. 39.58·59: 783 n. 39.38.6:849 n. 40.30.I: II6 n. 40.43: 784 n. 40.46: 784 n. 40.46.2: I I6 n. 40.49.2: 854 n. 40.50:784 n. 40.56.I: II6 n. 40.62.I: 58 I n. 42.51.3:550 n.

1029

Fonti 44·47 ·4: 745 n. 45·'7·2: 136 n. 46.55.3: 8o6 n. 47.2.1·2 :8o6 n. 47-I0:723 n. 48.6.3:803 n. 48.8: 825 n. 48.8.5:803 n. 48.9.3: 8o3 n. 48·9·4·5: 8o3 n. 48.36.5:803 n. 48.45· 7: 803 n. 48.54·6: 8o6 n. 49.12.4·5: 8o6 n. 49.14:825 n. 49.15.I: Bo6 n. .51.4: 825 n. 52.13.3:13.5 n. 52.51.3:588 n. 53.32.2:550 n. 68.2.1:.515 n. Diodorus Siculus:

Bibliotheca historica: _5.13: 403 n, 405 n. 5·35·1·5·38·3: 201 n. 14.93.3: 135 n. 14.II7.5: 153 n. r6.II: 134 n. 20.36:41 n, 43 n. 2 r. 1.2-3:.58 n. 2I.I8.I :_58 n. 21.18.3:58 n. 22.7·4:.58n. 23.1:6.5 n. 23.1.4 :6r n. 27.4:293 n. 27.18.2:210 n. 30.7.1:207 n. 31.2:221 n. 31.8.6-9:222 n. p.2: 210 n. 32.4:210 n. 32.4 ..5: 210 n. 34:715 n, 720 n. 34-3.5:214 n. 34-35.2.5 (= Posidonius, F 21rb]acoby): 683 n. 34·3_5.2.5.1: .544 n, 683 n. 3.5.2. 1-48:715 n. 3.5· IO: 720 n. 37.2.4:704 n. 37·.5· I: IlO n. 38.21 :719n. Dionysius Ha.licarnaseus:

Antiquitates Romanae: 2.11.1:204 n.

2.66:658 n. 4·19:15n. 4.22-24:14 n. 4·23.1-2: 14 n. 5·77:713 n. 8.68-76: 280 n. 8.79:640 n. 10-4.1:522 n. 1_5.3:ron. 16-3-6: 167 n. 17·18.4.6: II n. I7.3:24n. 20.4·.5: 58 n. 20.13:46 n. 20.15:290 n, 404 n.

Ars rhetorica: 1.1-3:646 n . 1.1·5: 215 n. 1.4·7: 647 n. Ennius:

Anna/es: Skutsch: 229:617 n. 289:96 n. .52.5: 617 n. 61o: 96 n. Vahlen': 6.183-8.5 (= Gellius, Noctes Atticae, 16.10.1): 16n. 6.5:962 n. 223:6rn. Epigrammata (V ahlen): pf.z1.5·16: 634 n. Fabius Pictor: Anna/es (Peter): fr.2o: 14 n. Fannius: Orationes (Malcovati ORF•):

De sociis et nomine Latino contra C. G racchum: 32.1.1 :686n. Fenestella: Anna/es (Peter): fr.2o: 76.5 n. Festus gramaticus*:

De verborum signi/ìCJJtu (Lindsay): p. 24:.522 n. p. 28:287 n. p. 79:137 n. p. So, 2.5-6: 68r n. p. 83:244 n. p. 86, .5 : 228 n. p. 146:164n. p. 150:.58 n. p. 18o: 469 n. pp. 198-2oo: 564 n.

*Le citazioni si riferiscono alla pagina dell'edizione Lindsay indipendentemente dall'appartenenza dd brano al testo festino o all'epitome di Paolo Diacono.

Fonti p. 232:469 n. p. 228: 176 n. p. 266:556 n. p. 282: 247 n. p. 290:42 n. p. 315:135 n. P· 356: 247 n. p. 426: 469 n. P· 430:469 n. p. 468: 152 n, 185 n. p. 516:469 n. Florus:

Epitoma: 1.15.20.1: 136n. 1.35.2:678 n. 1.36.13:694n. 1.41.7:754 n. 1.41.I2: 761 n. 2.1.6: 544 n. 2.8.5: 719 n. 2.13.51:762 n. 3.6:761 n. Frontinus:

De aquaeductibus urbis Romae: 1.5-6: 17 n. 15.73-74: 142 n. Gromatica, vedi Gromatici veteres.

Strategemata: 1.9.3: 77 n. Franto:

Epistulae ad Verum II: p. 142 (Haines): no n. Furius Bibaculus:

Epigrammata: fr.1.7 (More!): 929 n. fr.2.7 (More!): 230 n. Gaius:

Institutiones: 1.3:5I5n,520n. 1.4:5I5n. I.5:5I5n. I.7:5I5n. 1.56-57: 30I n. 1.79:30I n. 1.121:101

n.

1.I88:435 n. I.I93: II4 n. 2.104:498 n. 2.I66:497n. 2.193:500 n. 2.2oi: 500 n. 2.224:500 n. 3.11 :498n. 3.12:498 n. 3.13:498 n. 3.22:498 n. 3.12I-22: 292 n. 3·'49: 469 n. 3·149-50: 450 n.

1031

3. I 54b: 507 n. 3·I92-94:5IOn. 4.I9:503 n. 4·37: IOI n. 4.82: IOI n. I0.4.I: 520 n. Gellius:

Noctes Atticae: 1.6. 1 : 242 n. 1.22.7:442 n. 2.Io.I-2: 469 n. 2.24.2 sg.: 257 n. 2.24.7:257 n. 2.24.IO: 386 n. 2.24.12:257 n. 3·3· 15:540 n. 4-1.20:469n. 4.2.I :5o6n. 4·3·1: 486 n. 4·4-I-4: 484 n. 4.20. I sgg.: 263 n. 6.3.7: 208 n. 6.9.9: 536 n. 6.I2.I sg.: 263 n. 7-I2.I:469n. I0.1.7:85I n. I0.3.3: 294 n. 10.3.5: 294 n. I0.3.I8-I9: 287 n. I0.2o.2: 5I7 n. I3·3·5: 745 n. I5.II.2 :438 n. I5.27.I-3: 435 n. I5.27.5: 52 I n. I6.Io.I (Ennius, Anna/es, 6.I83-85 Vahlen'): I6 n. I6.IO.I4:694n. 20.1.23:257 n. C. Graccus: Orationes (Malcovati, ORF