Scuole, Studium, Ateneo. I primi nove secoli dell'Università di Bologna 8869233316, 9788869233319

Sui nove secoli e oltre di vita dell'Università di Bologna giganteggia il mito delle sue origini "spontanee&qu

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Scuole, Studium, Ateneo. I primi nove secoli dell'Università di Bologna
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Nicoletta Sarti

ScuoLE, SruniuM, ATENEO I primi nove secoli dell'Università di Bologna

Bononia University Press

Bononia University Press Via Foscolo 7 40123 Bologna

tel. (+39) 051 232882 fax (+39) 051 221019 © 2018 Bononia University Press

ISBN 978-88-6923-331-9 .buponline.com e-mail: [email protected]

www

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. LEditore si dichiara disponibile a regolare eventuali spettanze per l'utilizzo delle immagini contenute nel volume nei confronti degli aventi diritto. In copertina: Corpus luris Civilis

eu

m Glossa Accursii, vol. III, Digestum Novum, tit. de

proxeneticiis, !.prima (D.50.14.1), ed. Lugduni 1558-1560, coli. 1623-1624;

Cerimonia di proclamazione dei Dottori di Ricerca dell'Università di Bologna in piazza Maggiore, 18 giugno 2012 (Foto Schicchi).

Impaginazione: DoppioClickArt- San Lazzaro (Bo) Stampa: Global Print (Gorgonzola, Milano) Prima edizione: maggio 2018

SOMMARIO

CAPITOLO

I

Alma Mater Studiorum: l'Università di Bologna nella storia

CAPITOLO

7

II

Accademia e istituzioni a Bologna fra la fine dell'Età Moderna e il Novecento 45

CAPITOLO

III

Le edizioni degli statuti dello Studio bolognese

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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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INDICE DEI NOMI

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Dedicato agli studenti, che a Bologna cercano ilfuturo

CAPITOLO I Alma Mater Studiorum: l'Università di Bologna nella storia

l. Le origini

- 2. Le scuole nell'orbita dell'Impero e del Papato - 3.

Le scuole nell'orbita del Comune - 4. Dalla societas alle universitates

scholarium - 5. Nasce l'università degli artisti - 6. Crisi e rinascita: i secoli XIV e XV- 7. Lo Studio nell'orbita della Chiesa- 8. La fioritura dell' universitas artistarum

l. Le origini

È fenomeno noto e documentato che in Bologna un fiorente magistero delle arti liberali affondasse le radici nel cuore dell'XI secolo, assai prima che Matil­ de di Canossa (t 1115)1 sollecitasse Irnerio (t post 1118) - anch'egli magister in artibus - a rinnovare la redazione testuale dei monumenti giuridici di Giu­ stiniano. Acquisito è il carattere privato di tali scuole, radicate ai margini della sede vescovile, nelle quali nozioni di base di diritto romano venivano impartite nell'ambito della formazione sermocinale dialettica e retorica. Se al quadro politico ed istituzionale tosco-emiliano non appare quindi estra­ nea una classe di operatori del diritto localmente formata ed avvezza ad utilizzare le epitomi ed i ristretti che avevano traghettato una limitata parte della com1 La contessa Matilde, come unica discendente, entrò nel l 076 in possesso di un vasto dominio feudale ricompreso fra Lombardia, EmUia, Romagna e Toscana appenninica, di cui fu marchesa. Nel 1 1 1 1 venne incoronata da Enrico V vicaria imperiale e vice regina d'Italia. Fu ardente sostenitrice del papato nella lotta per le investiture che oppose le due giurisdizioni universali nel trascorrere dal secolo XI al XII. Nei processi (piaciti) celebrati nei suoi tribunali una scelta rappresentanza di giudici maneggiava con eguale perizia il diritto lo ngobardo -franco e il riemergente diritto romano. Fra essi anche Imerio, che da MatUde fu probabUmente esortato a riordinare i preziosi libri delle leggi di Giustiniano ritornate in uso.

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Luigi Serra, lrnerio che glossa le antiche leggi, 1886, Bolo­ gna, Palazw Comunale, Collezioni comunali d'arte.

pilazione giusttmanea at­ traverso l'alto medioevo, ad una diversa temperie culturale devono essere ricondotte l'esperienza pratica di un Pepone (t ... 1076 . . . )2 e soprattutto la consapevolezza critica di un lrnerio. Nelle lezioni magi­ strali di Odofredo (t 1265)3, alle quali la più recente e avveduta sto­ riografìa ha resti tu i to credito, la vicenda dei due capostipiti del rina­ scimento giuridico bolo­ gnese - l'uno che «cep i t auctoritate sua legere in legibus» senza peraltro lasciare memoria del suo magistero, l'altro che «ce­ pit per se studere in libris nostris et studendo cep i t legere in legibus, et ipse

2 Che il Pepo legis doctor che sedeva nel l 076 fra i giudici del placito canossiano di Marturi fosse lo stesso maestro che - a memoria di Odofredo - anticipò Imerio nell'insegnamento delle leggi di Giustiniano, ma non godette di alcuna fama, è solo probabile supposizione. L'enigmatica figura di questo antesignano no n si è mai precisata e gli studi - sino ai più recenti - indicano varie alternative. Il notaio aretino Petrus, il Pietro vescovo scismatico di Bologna, il magister Pepo ricordato da Odofredo e il Pepo legis doctor marturense non sono forse la medesima persona. Medesimo è certamente il milieu in cui si muovono: quel pre-Irnerio nel quale la strumentale utilizzazione delle leggi di Giustiniano nuovamente circolanti non era ancora stata " illuminata" dali' approccio scientifico. 3 Odofredo fu allievo diretto di Iacopo Balduini, cui si rivolge con l'appellativo di dominus meus. Tenne scuola in Bologna parallelamente ad Accursio, ma gli esiti della sua didattica non sfociarono in apparati di glosse, bensì in monumentali lezioni (praelectiones) manoscritte all'intero corpus del diritto civile. La sua opera, densa di dottrina e proprio per questo di faticosa fruizione, ha lasciato traccia profonda soprattutto per la fioritura di notizie che vi sono contenute intorno alle vicende e alle figure dei giuristi che avevano animato il primo secolo di vita dello Studio.

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fuit magni nominis» - appare segnata da un fatale antefatto: la deportatio, l'arrivo in città dei libri delle leggi di Giustiniano, inacces­ sibili nella loro interezza a Pepo, oggetto di venerazione e di studio per Irnerio. Odofre­ do indica la traiettoria del viaggio non lun­ go compiuto dai manoscritti della sapienza giuridica, che da Roma, dove l'insegnamen­ to delle arti liberali collassò a causa di non meglio precisati eventi calamitosi, «fuerunt deportati ad civitatem Ravenne>> e da Ra­ venna a Bologna\ dove giunsero in estremo disordine, giustificando il radicale interven­ to ordinatorio della stagione irneriana. Un intervento che del Digesto fece tre volumi - il Vecchio, l' Inforziato e il Nuovo5 - e dal Codice separò gli ultimi tre libri per ricollo­ Arca di Odofredo Denari, 1268, collocata davanti all'abside della carli nel Volumen, con Istituzioni e Novellé. basilica di San Francesco. La narrazione odofrediana ha aperto, com'è noto, un'inesausta querelle intorno alla persistenza di scuole giuridiche in quel­ la che era stata capitale dell'Impero7 come nel presidio esarcale8• 4 «[ . . . ] primo cepit studium esse in civitate ista [ossia Bologna] in artibus, et cum studium esser destructum Rome, libri legales fuerunt deponati ad civitatem Ravenne, et de Ravenna ad civitatem istam))' in Odofredo, in D. l 1 .6, De iustitia et iure, l. Ius civile, Lugduni 1 5 50, f. 7 rb. 5 Il Digesto vecchio - Digestum vetus - raccoglieva i primi 24 libri della consolidazione giurisprudenziale e, ratione materiae, era destinato a divenire oggetto delle lezioni scolastiche ordinarie, dedicate ai principi fondamentali del diritto delle persone e delle successioni. Llnforziato - Infortiatum- comprendeva la pane mediana, dal libro 25 al 38: una radicata tradizione aneddotica vuole che questa pane sia giunta per ultima nelle mani di Imerio e completasse infortiare la sllloge. Chiude infine la sequenza U Digesto nuovo - Digestum novum - con i libri dal 39 al 50. 6 Cfr. L. LosCHIAVO, Il codex graecus e le origini del Liber authenticorum, in "Zeitschrift der Savigny-Stiftung fi.ir Rechtsgeschichte. Romanistische Abtellung", 127 (20 l O), pp. 1 1 5-7 1 . Percorsi di ricerca sistematizzati nel recente L. LoscHIAVO, L'età di passaggio (secc. III- VIII), Torino, 20 17. 7 Lipotesi che una scuola sopravvivesse nella città dei papi nel secolo XI si è affacciata con tutto U fascino della verosimiglianza. Un indizio a favore della congettura sembra emergere dalla notizia, attribuita a Giovan Battista Caccialupi e divulgata fra Quattro e Cinquecento da biografi umanisti, secondo la quale Imerio, prima che a Bologna, avesse insegnato a Roma. Notizia che si rivelò insussistente in quanto derivata da un errore di lettura, ma che non impedì al fantasma della scuola di Roma di aleggiare ancora a lungo. 8 La disputa che San Pier Damiani ebbe con i sapientes ravennati nel 1 045 sul computo dei gradi della parentela - diversamente calcolati dal diritto romano e dal diritto canonico -

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La prudenza suggerisce peraltro che i giuristi ravennati scontratisi con San Pier Damiani (t 1072)9 nel 1045 intorno al computo dei gradi del­ la parentela - non diversamente dagli sfuggenti gi uristi romani - siano da ricondurre ad una fiorente scuola di arti liberali e consiglia di lasciare il fantasma di uno specifico magistero giuridico nella prigione delle immagi­ nose parole del glossatore duecentesco. Se le scuole di Roma e di Ravenna non hanno acquistato contorni più nitidi, non svanisce per questo l'ipotesi di estemporanei insegnamenti romanistici durante il pre-lrnerio, legati alla fama raggi unta da singoli maestri formatisi nelle arti : quello peponiano si segnala per precocità ed autorevolezza. La differenza fra il magistero dell' au­ rora surgens (Pepo) e quello della lucerna iuris (Irnerio) è da ricondurre ad un diverso approccio ai libri della legge di Giustiniano. Il Pepo legis doctor che sedeva fra i giudici del tribunale della contessa Matilde di Canossa nel celebre processo - placito - tenutosi a Marturi nel l 076, dimostrò di posse­ dere una precoce familiarità con il Digesto, certamente con i libri del vetus. L'individuazione e l'allegazione di un frammento di raffinata dottrina, che premiò le ragioni del monastero di San Michele, è stata attribuita, se non a Pepo, certamente al circuito di pratici cui apparteneva, facendone pertanto un precursore, un esponente della stagione pre-irneriana. Una stagione nel­ la quale il ricorso alle leges di Giustiniano, che andavano progressivamente riemergendo, era dettato dalle logiche concretissime della loro eccellenza e funzionalità alla risoluzione di complicati conflitti giudiziali, ma mancava di quelle pulsioni "scientifiche" che avrebbero segnato il nuovo passo di lrnerio e dei suoi seguaci . È stato sottolineato come la seconda metà del secolo XI si sia rivelata per Bologna, dove il parti t o del riformismo gregoriano finì per prevalere, una delle fasi di maggiore fermento sociale e culturale. La tensione politica ed il tenore crescente della vita civile basterebbero a giustificare lo svolgersi

costituisce un episodio per molti aspetti suggestivo. Laferula, la bacchetta impugnata dai dotti ravennati, ha evocato l'immagine dell'insegnante intento a mantenere la disciplina fra i suoi allievi. Si è peraltro ribattuto che U gymnasium, la palestra dei suddetti sapientes, poteva ben essere U tribunale e la ferula simboleggiare i poteri del giudice piuttosto che quelli del maestro. Cfr. PIER DA>. La netta distinzione fra cives e doctores discipulique testimonia di un corpo unitario di maestri e di scolari, diverso e separato dalla comunità citta­ dina ed organizzato, lo si è detto, sulla base di societates. La convivenza delle due realtà, scuole e Comune, si presentava ab origine difficile: se era giuridicamente ineccepibile che l'istituzione municipale inten­ desse, per ragioni di territorialità, esercitare con pienezza la propria giurisdi­ zione, era altrettanto inevitabile che l'afflusso di docenti e di studenti stranieri creasse per il futuro Studio una condizione di extra-territorialità, con conse­ guenze in materia di libertà di movimento e di giurisdizione. Di qui una serie di rapporti fra i quali quelli ostili ebbero senza dubbio la prevalenza; non man­ carono momenti di concordia, ma interessarono più i maestri che gli scolari. I primi dissapori si manifestarono negli anni immediatamente successivi alla Dieta di Roncaglia, quando le scuole bolognesi rimasero fedeli all'imperatore, del quale divulgavano il diritto universale, mentre la città, da tempo nell' orbi­ ta della Lega Lombarda, vi fece aperta e solenne adesione sul finire del l l 67.

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L'incremento della popolazione studentesca forestiera e le tensioni poli­ tiche che connotarono l' ultimo quarto del secolo, accesero forti contrasti tra i docenti, che in taluni eccezionali casi abbandonarono le scuole bolognesi per radicarsi altrove con grave detrimento per la città. Quando, nel 1 1 82, il glossatore Pillio da Medicina23 (t post 1 207) , blandito dai modenesi, pro­ mise di trasferirvisi dietro lauto compenso, il Comune felsineo, informato delle trattative, convocò tutti i professori di legge e li obbligò a giurare che per un biennio non avrebbero spostato insegnamento e scolari. Il gi ura­ mento imposto ai lettori si palesava come lo strumento per conservare a Bologna la sede fissata dalle scuole nel corso del XII secolo : nel 1 1 89 giurò il cremonese Lotario (t 1 2 1 8) ; Bandino (t post 1 1 89) e Giovannino (t post 1 1 98) nel 1 1 98 ; Guglielmo (t post 1 1 99), Cacciavillano (t post 1 209) - che nel 1 204 migrò con i suoi scolari a Vicenza - e Rufina (t post 1 1 99) nel 1 1 9924• Ma se i dottori, per lo più bolognesi, furono costretti a piegarsi alle imposizioni dell'amministrazione municipale, gli studenti di diritto, in gran parte forestieri , non intesero subirle, anzi vi si opposero, mutando proprio in quei decenni la loro organizzazione e rompendo l' unità precedente con la creazione delle universitates.

4. Dalla societas alle universitates scholarium

Nei primi decenni della sua esistenza l'Ateneo felsineo mancava di una com­ piuta strutturazione: le societates erano tante quanti i maestri che tenevano scuola, accomunati dal fatto d'insegnare nella medesima città ed ancora nel se­ colo XIII uniti reciprocamente solo dall'obbligo di osservare gli statuti cittadi­ ni. Così era stato per lrnerio ed i suoi primi seguaci nella lectura scolastica dei testi gi ustinianei, così ancora per i legum doctores di terza generazione Rogerio 23 Nel contesto modenese Pillio da Medicina avviò un magistero dal taglio spiccatamente pratico, in alternativa e implicita concorrenza con i dotti obiettivi formativi delle scuole bolo­ gnesi. Si trattò di una realtà che la storiografia ha, insieme ad altre, definito "minore", poiché si prefiggeva di fornire una preparazione mirata agli aspiranti operatori forensi. Una scelta, questa, che PUlio riverserà anche sulla conseguente produzione scientifica, che privilegiò le sillogi procedurali e le raccolte di brocarda, meglio adatte alle finalità profess ionalizzanti del suo magistero. 24 Il dottore di leggi Bandino Famigliari di natali senesi, Lotario cremonese, U canonista Rufino e gli altri chiamati a giurare in questo torno d'anni fedeltà al Comune di Bologna, rappresentavano l'eccellenza delle scuole di diritto bolognesi nell'ultimo scorcio del secolo XII. Della loro dottrina le glosse serbano una memoria quasi totalmente tralatizia.

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(t post 1 1 50) e Piacentino (t 1 1 92)25, che esportarono la scienza giuridica bolognese a Montpellier e per Vacario (t post 1 1 98)26, la cui Summa pauperum del Codice fu il veicolo per la diffusione della medesima scienza in Inghilterra. Certo è che la costituzione di Roncaglia, istituendo il foro speciale per gli studenti forestieri ed individuando nei maestri e nel vescovo cittadino i loro giudici naturali, aveva segnato, oltre al primato gerarchico dei dottori, anche la divaricazione fra studenti locali e non. Divaricazione destinata ad approfon­ dirsi dal momento in cui la chiusura corporativa degli stranieri, se da un lato trovò riscontro nell'emersione politica di ceti produttivi popolari allettati da una consonanza di interessi, di affari, di reciproci vantaggi economici, dall'al­ tro accentuò la frizione e il rifiuto da parte di alcuni ambienti cittadini. Affio­ rarono nuove forme organizzative che raccolsero, estrapolandoli dalla comitiva (scolaresca) di ciascun docente, coloro che godevano di comuni natali: sono le nationes, che nelle fonti del tempo si confondono e talvolta si nascondono dietro il nome di universitates. Rappresentavano queste ultime la seconda e definitiva manifestazione di aggregazione fra studenti italiani e forestieri, nata da una convergenza di interessi, di azione e di lotta. Ne rimasero esclusi i bolognesi, oltre agli artistae e a tutti i professori. A Bologna le universitates si distinsero in citramontanorum (dei nati al di qua delle Alpi) ed ultramontano­ rum27 (dei nati al di là delle Alpi); guidate, ciascuna, da un rector che, attivo fin da prima del 1 1 90, s'impose sulla scena nel momento delle trattative o della lotta. Il rettore era, dunque, uno studente eletto dagli studenti; fra le

25 Rogerio, glossatore di terza generazione, fu allievo di Bulgaro e suo avversario in una celebre causa discussa nel 1 1 62. Insegnò in varie sedi universitarie italiane e provenzali, fo rse nella stessa Montpellier. Oltre alle glosse, a una raffinata raccolta di quaestiones che testimonia della sua vicinanza alla cultura delle arti liberali, lasciò incompiuta una Summa al Codice di Giustiniano. Al nucleo rogeriano si agganciò analoga opera di Piacentino, docente a Mantova, a Cremona, a Bologna e, per lunghi anni, a Montpellier. Entrambi i giuristi espressero una didattica tagliata sulle esigenze di scuole cosiddette minori vocate alla istruzione del clero o alla formazione di pratici del diritto. 26 Giurista lombardo allievo in Bologna dei Quattro Dottori, Vacario era ancora vivo nel 1 1 98. Seguì in Inghilterra l'arcivescovo Teobaldo di Canterbury e radicò a Oxford l 'insegnamento del diritto romano. 27 Nel XIII secolo l'università degli ultramontani corporava studenti di 13 nationes: francesi, spagnoli, provenzali, inglesi, piccardi, borgognoni, pittaviensi (del Poitou), turonensi, cenomanensi (del Maine), normanni, catalani, ungheresi, polacchi e tedeschi. Gli italiani - con esclusione degli studenti bolognesi tutelati dalla giurisdizione comunale - facevano riferimento alla università dei citramontani, cui partecipavano lombardi, romani, toscani e campani. Alcune delle nationes più popolose, come la germanica, lasciarono testimonianza delle loro attività corporative e tuzioristiche fino a tutta l'età moderna. Per una rassegna storiografica v. infra, pp. 90 ss.

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sue competenze, oltre alla scel­ ta dei maestri, alla loro remu­ nerazione tramite la collecta e all'esercizio della giurisdizione sugli scolari progressivamente sottratta ai docenti, rientrava la tenuta delle matriculae, in­ dicanti il nome degli iscritti e l'avvenuto versamento delle tas­ se "uni versi tari e" . Al pari delle corporazioni cittadine di arti e di mestieri, le università godet­ tero di autonomia per le mate­ rie di loro competenza: i primi statuti completi dell'università dei giuristi bolognesi datano al 1 3 1 7- 1 34728• Mano a mano che progredi­ Ritratto di Azzone da Bologna, dal testo Bibliothe­ va nella propria strutturazione, ca chalcographica, hoc est Virtute et eruditione cla­ rorum Virorum lmagines di Jean-Jacques Boissard l' universitas minava alle radici e Theodor de Bry, Heidelberg 1 669. i primitivi equilibri sui quali si erano rette le antiche scuole. Docenti e discenti si trovarono presto in forte contrasto: il cuore del conflitto verteva intorno alla legittimità dell'elezione dei rettori delle universitates me­ desime, elezione fortemente avversata dai legum doctores sulla base della legge romana e difesa dagli scolari che si appellavano ai principi del diritto statura­ rio. Se, cedendo alle pressioni del Comune, non pochi dottori si erano piegati ad un giuramento che li legava alla città anche per quanto concerneva l'attività extra-scolastica, ciò fu senza dubbio determinato dall'intrinseca debolezza di un corpo insegnante numericamente esiguo, non ancora organizzato ed eco­ nomicamente dipendente dalla collecta degli studenti, che si apprestavano a di­ venire la più intransigente controparte. Su questi presupposti i maestri persero progressivamente, nel corso del Duecento, la giurisdizione in favore dei rettori delle università. Lestrema manifestazione dell'ampio potere di cui avevano goduto rimase il conferimento della licentia docendi ed a questo precipuo fine

28

Per un approfondimento della sequenza staturaria v. infra, cap. III, pp. 74 ss.

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vennero istituiti i collegia dei dottori esaminatori (civilisti e canonisti prima, medici ed artisti poi), attivi già nella prima metà del secolo successivo. Riassumendo, l 'attitudine del Comune nei confronti dello Studio fu con­ traddistinta, sino agli anni venti del XIII secolo, da un susseguirsi di dispo­ sizioni intese a limitare l'espansione delle universitates scholarium alla luce di precisi interessi economici: ai giuramenti resi nel 1 2 1 5 da Guido Boncambio (t post 1 2 1 5) , Iacopo Balduini (t 1 235)29, Ottone di Landriano (t post 1 2 1 5 ) ed altri ed allo statuto comunale che nel 1 2 1 7 imponeva ai docenti il giura­ mento come regola, gli studenti opposero nel 1 222 una clamorosa migrazione a Padova. Il timore di vedere assottigliarsi la presenza studentesca e di perdere l'e­ norme risorsa rappresentata dallo Studio fu alle origini di una nuova nor­ mativa statutaria, con la quale nel 1 2 50 il reggimento comunale fissò le coordinate complessivamente assai larghe, entro le quali era disposto a ri­ conoscere i privilegi e le libertà degli studenti. Appena due anni dopo, nel 1 252, a testimonianza di rapporti che si andavano stabilizzando, l' universitas iuristarum rispose con suoi statuti: essi costituiscono a tutt'oggi il più antico corpo statutario della scuola bolognese di diritto, un segmento del quale è stato rinvenuto da Domenico Maffei in un manoscritto della Robbins Col­ lection di Berkeley30• Con la calma seguita alla sconfitta e alla morte di Federico Il, oltre al ghibelli­ nismo italiano entrarono in crisi gli assetti originari delle scuole bolognesi. Le università degli scolari, che avevano saputo mantenersi equidistanti dalle due 29 Il bolognese Iacopo di Balduino appare la figura di maggior spicco fra quanti prestarono giuramento nelle prime decadi del Duecento. Allievo come Accursio del grande Azzone (t post 1 220), l'attività professionale di Iacopo e U suo ruolo nelle istituzioni cittadine sono documentati a partire dal 1 2 1 1 . La sua didattica ha lasciato ampie tracce nei manoscritti glossati della tradizione giuridica bolognese, ma il tratto più caratteristico della sua impronta scientifica risiede nell'attitudine pratica, testimoniata dal largo uso delle quaestiones de fiuto e dalla redazione di un trattato (peraltro incompleto) sulla formazione degli avvocati. Fra U 1 229 e U 1 230 lasciò Bologna per ricoprire in Genova l'ufficio podestarile, esempio poi seguito da molti dottori di leggi. 30 Dei più antichi statuti dell'università dei giuristi il manoscritto miscellaneo riproduce poche rubriche. In esse trova disciplina la cosiddetta punctatio librorum: il percorso didattico che i dottori di leggi erano tenuti a rispettare nell'esercizio del loro magistero e di cui l'universitas si faceva garante. Vedi D. MAFFEI, Un trattato di Bonaccorso degli Elisei e i più antichi statuti dello Studio di Bologna nel manoscritto 22 della Robbins Collection, ora in Io., Studi di storia dell'università e della letteratura giuridica, Gol dbach 1 995 (Biblioteca Erudito rum, herausgegeben von D. MAFFEI und H. FuH R..\1ANN, 1 ), pp. 73-74. Per una analisi complessiva degli statuti universitari in età medievale e moderna, nonché delle loro edizioni, v. infra, pp. 74 ss.

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autorità universali dominanti la scena medievale, entrando dal 1 278 nell'or­ bita di quella pontificia, cominciarono a perdere la loro autonomia anzitutto nei confronti del Comune, innescando un processo di indebolimento. Fatale conseguenza di questi mutamenti istituzionali fu la progressiva assunzione da parte delle casse municipali dell'onere di stipendiare i docenti, compromet­ tendo il diritto di nomina alle cattedre, che passò prima parzialmente poi in toto dai rettori degli studenti alle magistrature cittadine, da scelta elettiva mu­ tandosi - verso la metà del XIV secolo - in un rapporto di dipendenza (con­ dotta) . Il passaggio fu graduale e costituì il portato della situazione creatasi in seguito al riordinamento dello Studio dopo le lotte tra Geremei e Lambertazzi : fu allora che il Comune si accollò gli stipendi, gettando le fondamenta di una selezione localistica dei dottori, privilegiante la fede guelfa e i natali bolo­ gnesi. Con il nuovo corso declinava l'autorità dei rettori delle universitates e l'amministrazione comunale, sostituendosi gradatamente agli scolari, diveniva arbitra dello Studio provvedendo alla creazione dell'apposita magistratura dei Riformatori31 •

5. Nasce l'università degli artisti In Bologna gli insegnamenti privati di artes erano stati ab antiquo fiorenti : tale tipologia didattica, dall'inizio del XII secolo, stette accanto se non in compe­ tizione con il magistero giuridico, che da essa - proprio in quella stagione - si andava separando. La formazione "artisticà' abbracciava non soltanto le discipline del trivio - grammatica, dialettica, retorica - e del quadrivio - aritmetica, musica, ge­ ometria, astronomia, dette "arti liberali", in quanto proprie dei soli uomini liberi -, che costituivano il fondamento della cultura generale, ma anche il dictamen, l'arte notaria, la filosofia, la teologia e la medicina (fisica), che a loro volta erano divenute forme di cultura. Ai rispettivi docenti, ministri di un sa­ pere "pratico", si attribuiva il titolo di magistri, che accomunava il grammatico al rètore, al filosofo, al medico, al teologo, al notaio.

31 La magistratura dei Riformatori dello Studio venne istituita, come emanazione degl i Anziani consoli, tra il 1 349 e il 1 3 84. Le loro attribuzioni riguardavano: l'applicazione e l'osservanza di leggi (la cosiddetta reformatio), la tenuta dei rotuli, la sorveglianza sulle lezioni con facoltà di punctare (multare) eventual i infrazioni. Notizie sulla conservazione delle serie archivistiche dei Riformatori e sull'edizione dei rotuli, infra, p. 73.

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L universitas artistarum come corporazione studentesca si affaccia, tutta­ via, nelle fonti solo sul limitare del Duecento, a testimonianza di un lento e faticoso cammino degli artistae verso la separazione dalle due università dei legisti, alle cui matricole erano tenuti ad iscriversi per condividerne i privilegi e godere delle medesime tutele. I motivi di un tale ritardo - oltre ad una tenace e comprensibile opposizione dei giuristi, che difendevano il lucroso monopolio delle organizzazioni studentesche cittadine - sono da imputare all'eterogeneità di metodi, di procedimenti speculativi e di sviluppo che caratterizzavano le singole discipline. Il dato trova conferma nella risposta positiva che accompa­ gnò il progressivo specificarsi di questi "saperi pratici" in veri e proprì percorsi formativi. Sul rafforzamento in posizioni di autonomia delle discipline medico-chi­ rurgiche incise in misura notevole il Comune, che verso la fine del secolo XIII era ormai in grado di stipendiare e fors'anche di designare non pochi docenti dello Studio, in questo sostituendosi, come si è detto, alle corpora­ zioni studentesche. Ciò fece avvalendosi non di rado di scienziati eminenti di provenienza esterna e di fede guelfa, fra i quali molti toscani, come il medico lucchese Ugo Borgognoni (t post 1 259)32 ed il fiorentino Taddeo Alderotti (t 1 295)33, che fra il 1 260 ed il 1 295 gettò le fondamenta della gloriosa scuola medica bolognese. Più antico della Medicina, ma come questa destinato a decollare solo nel XIII secolo, era l'insegnamento delle arti del trivio, strettamente connesso con l'esplosione delle scuole di diritto, sul cui palcoscenico convissero e si alterna­ rono doctores del calibro di Ugolino Presbiteri (t post 1 233) , Giovanni Bassiano (t post 1 1 93) e il suo sommo allievo Azzone (t 1 220) , Odofredo, memoria storica dello Studio, e il fiorentino Accursio (t 1 263), glossatore ordinario del Corpus iuris civilis34• La didattica del trivio, informata a schemi di una tradizio-

32 La presenza del lucchese Borgognoni in città è documentata a partire dal 1 2 14. Sino alla fine degli anni Cinquanta esercitò stabilmente la professione medica e resse un insegnamento privato a margine dello Studio; fu onorato della cittadinanza bolognese. 33 Il fiorentino Taddeo Alderotti, ricordato da Dante come il più illustre esponente dell'arte medica del suo secolo (Pd XII 83), fu chiamato ad insegnare presso lo Studio di Bologna ed in città radicò la sua vita e la sua scuola. Nel 1284 gli Statuti gli attribuirono la cittadinanza. 34 Per una disamina delle figure e degli indirizzi di metodo della scienza giuridica preaccur­ siana, v. P. ALVAZZI DEL FRATE, M. CAVINA, R. FERRANTE, N. SARTI, S. SouMANO, G. SPECIALE, E. TAVILLA, Tempi del diritto, cit., cap. II.

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ne secolare di cui l' ars dictandi35 e l' ars notaria36 costituivano le novità e le punte di diamante, fu illustrata dai nomi di Boncom­ pagno da Signa (t post 1240) e Guido Faba (t 1 243), Ranieri da Perugia (t 1245), Salatiele (t 1280) e Rolandino de' Passegge­ ri (t 1 300)37, che sul limite estre­ mo del Duecento, con la Summa totius artis notariae (Rolandina), creò un formulario destinato a monopolizzare la prassi profes­ sionale sino a tutto il Settecento. L elevarsi della qualità degli insegnamenti e la conseguente necessità, per quanti compiva­ Rolandino de' Passeggeri in cattedra, miniatura del­ no tali studi, di fregiarsi di un la seconda metà del XV secolo tratta dal Liber lurium et Privilegiorum Notariorum, Bologna, titolo riconosciuto, che garan­ Museo Civico Medievale. tisse indiscutibile competenza, funzione sociale ed un ritorno economico, rese ineludibile la formazione di una terza universitas per gli ar­ tisti, anch'essa dotata della facoltà di conferire i gradi e le insegne dottorali . 35 Cars dictaminis connotò per tutto il medioevo la perizia nel redigere epistole. La formazione professionale del dictator, cui si aprivano prestigiose carriere cancelleresche e diplomatiche, apparteneva alle arti del trivio ed in Bologna trovò in Guido Faba l'autore di uno tra i primi "epistolari" in volgare. 36 Sin dalla prima metà del Duecento, grazie a Ranieri da Perugia, l'ars notaria si distaccò dal dictamen, divenendo forma autonoma del sapere "artistico" basata sulla teoria e la tecnica della professione notarile, dalla quale dipendeva la legittimità e la pubblicità degli accordi negoziali e delle disposizioni mortis causa. 37 La prima metà del Duecento fu segnata da un processo di riqualificazione degli scritti di arte notarile. Ranieri da Perugia propose nella sua scuola un nuovo, fortunatissimo formulario, improntato alla tradizionale partizione dei "quattro strumenti" tipici della professione (compravendita, enfiteusi, donazione, testamento) . Seguirono fra il Quaranta e il Cinquanta le due redazioni dell'Ars notaria di Salatiele, maestro di notariato e fine giurista che propose l'assimilazione di quell'arte pratica alla scienza del diritto civile di cui era, in concreto, una particula. Una proposta cui rispose, a cavallo della metà del secolo, Rolandino de' Passeggeri, che, recuperando lo specifico tecnicismo della notaria già dissodato da Ranieri e rinnovandolo con una diversa sistematica che comprendeva anche gli atti processuali, impose la sua Summa totius artis notariae per i secoli successivi.

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Scuole, Studium, Ateneo

Lapide "della Pace", 1322, originariamente collocata nell'omonima chiesa oggi non più esi­ stente, a ricordo della riconciliazione tra srudenti e città in seguito alla crisi causata dalla decapitazione dello sruden te Jacopo da Valenza nel 1321, Bologna, Museo Civico Medievale.

Ad un suo riconoscimento non furono certamente estranei i privilegi elar­ giti dal regime popolare e geremeo all'acclamato magister Taddeo Alderotti e alla sua popolosa scuola di Medicina, cui gli Statuti Sacrati e Sacratissimi del Comune di Bologna del 1 28 838 estesero i diritti, i privilegi e le immu­ nità goduti dai legum doctores e dai loro scolarP9• La costituzione di questa ulteriore aggregazione comportò un sensibile incremento degli studenti di Medicina e di Arti, rassicurati sui rispettivi sbocchi professionali . Ne conse-

38 Nella seconda metà del Duecento la preminenza in Bologna della parte guelfa e "popolare" (geremea) espresse una legislazione di carattere anti-magnatizio volta a contenere quando non a cassare i privilegi e le guarentigie delle casate nobiliari filo-ghibelline. Nel 1271 furono promulgati gli ordinamenti sacrati, nel 1 283-84 i sacratissimi, entrambi ricompresi negli Statuti del 1 288. 39 Per le vicende relative alle edizioni degli statuti dell'universitas artistarum, v. in.fra, pp. 77-79.

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Alfonso Rubbiani, Tomba di Rolandino de' Romanzi, progetto di ricostruzione e ricomposizione degli avanzi, 1 8 87- 1 892, Bologna, Biblioteca di San Francesco.

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guì l'opportunità di dividere i quartie­ ri dove tenere le lezioni e celebrare le liturgie universitarie. Abbandonate da tempo le abitazioni private dei docen­ ti, nell'ultimo quarto del XIII secolo le scuole dei giuristi si raccoglievano nel quartiere di San Procolo, il più centrale ed in qualche misura il più nobile della città. Alle scuole degli artistae toccò re­ stringersi nel quartiere di Porta Nuova, dall'attuale palazzo del Comune verso piazza Malpighi e verso la chiesa di San Francesco. Questa geografia rispondeva ad un tacito accordo fra gli studenti, fa­ vorito dall'amministrazione comunale per evitare tensioni e frizioni che spesso esplodevano in scontri sanguinosi tra i giovani appartenenti a diverse univer­ sitates. Con la fine del secolo anche le chiese in cui si radunavano le corpora­ zioni dei giuristi e degli artisti si distin­ sero, gli uni presso i domenicani40, gli altri in quella dei minori4 1 •

40 La basilica consacrata a Domenico di Guzman (t 1 22 1 ) , fondatore dell'Ordine dei Frati Predicatori, costituì l'ampliamento del convento di San Nicolò delle Vigne, originaria sede dell'ordine negli ultimi anni di vita del santo frate. Nel 1 233, mentre i lavori di costruzione della basilica e dell'annesso convento erano ancora in corso, le spoglie monali di Domenico furono collocate in una cassa di cipresso, racchiusa in un semplice sarcofago marmoreo collocato dietro l'altare di una cappella della navata di destra. I.:aumentato afflusso dei fedeli seguito alla canonizzazione del santo nel 1 267 consigliò l'erezione di un più insigne monumento funebre ad opera di Nicolò Pisano e della sua scuola. 41 San Francesco (t 1 226) giunse a Bologna nel 1 222 e la sua predicazione infervorò la cit­ tadinanza, suscitando un sincero affiato di obbedienza alla "regola" francescana. I frati seguaci del " Poverello" si stabUirono nella modesta casa di Santa Maria delle Pugliole, donata loro da Nicolò Pepoli. Nel 1 236, per concessione del papa Gregorio IX e, con il sostegno della municipalità, essi avviarono la costruzione del grande complesso, nel quale sono riflesse le caratteristiche del gotico francese, riconoscibile soprattutto negli archi rampanti absidali esterni. Pregevoli sono, all'ester­ no della basUica, tra gli altri, i monumenti funebri dei glossatori Accursio e del figlio Francesco, di Odofredo e di Rolandino dei Romanzi.

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Scuole, Studium, Ateneo

6. Crisi e rinascita: i secoli XIV e XV

Il XIV fu un secolo di difficile transizione per lo Studio bolognese, sul qua­ le pesava la perdita della dimensione di dialettica concorrenza fra le scuole e di universalità degli insegnamenti - in specie giuridici - che lo avevano reso grande. A pagare dazio furono proprio le discipline giuridiche, incalzate dall'autorevole concorrenza degli Studia padovano e perugino42 ed impoverite dal regime monopolistico delle cattedre da parte di alcune famiglie locali di giuristi ed accademici (i da Saliceto, i Ramponi, gli Albergati, gli Azzoguidi, i Foscherari, i Calderini, i Marescalchi) , al cui rilievo sociale non sempre si accompagnavano l'eccellenza ed il prestigio scientifico. In complesso, nella compagine degli insegnamenti l'attitudine e la for­ mazione pratica andarono prevalendo sulla ricerca delle ragioni superiori del diritto e della filosofia. Toccò alla scuola medica guadagnare posizioni anche nella dimensione europea con l'insegnamento innovatore di Mondino de' Liuzzi (t 1 326) , il clinico chirurgico che diede metodo alle pratiche autop­ tiche aprendo la strada ad una rinnovata anatomia dell'uomo43, e quelli di Dino del Garbo (t 1 327)4\ Matteo da Varignana45 e Pietro d'Argelata (t post 1 423)46, esempio di medico filosofo. Laver serbato uno spirito ippocratico e speculativo, in cui prevaleva l'analisi clinica di contro all'esclusivismo naturali-

42 La prima testimonianza di una stabile organizzazione universitaria patavina risale al 1 222, quando un gruppo di studenti e professori migrò da Bologna alla ricerca di una maggiore libertà rispetto alle istituzioni comunali. Anche se è ceno che strutturate attività didattiche e corporazioni studentesche su base nazionale fossero attive in Padova da circa un secolo, la mancanza di un atto di fondazione rende impossibile determinare la nascita dello Studium Patavinum. Ufficiale fu, invece, l'origine dell'istituzione universitaria umbra: nel 1 308 i perugini ottennero dal pontefice Clemente V la bolla che istituiva in città uno Studio generale, ovvero accreditato in tutta la giurisdizione dei Romani Pontefici. 43 Nato in Bologna da una famiglia di speziali di origine fiorentina, Mondino fu discepolo di Taddeo Alderotti e si laureò in Medicina intorno al 1 292. Nel 1 32 1 divenne lettore pubblico e nell'Ateneo insegnò Medicina tenendo acclamati corsi di Anatomia. Mondino de' Liuzzi fu il primo anatomista che riprese la pratica delle dissezioni sul corpo umano. 44 Di nobile famiglia fiorentina, Dino studiò Medicina e Filosofia a Bologna (1 295) con Taddeo Alderotti. Nello Studio insegnò dal 1 304 al 1 306 per poi spostarsi a Siena e a Firenze. 45 Matteo, lettore di Medicina per nove anni, fu ascritto dal 1 3 70 al Collegio dei dottori di Medicina dello Studio. 46 Pietro d'Argelata si laureò in Medicina e Ani a Bologna nel 1 39 1 . Il suo impegno magistrale coprì un ampio spettro, dalla Logica all'Astrologia, alla Medicina e alla Chirurgia, in cui eccelse.

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Bottega di Agostino di Giovanni e Agnolo Ven tura, Sepolcro del giurista bolognese Matteo Gandoni, 1 330, proveniente dal chiostro dei morti del convento di San Domenico, Bolo­ gna, Museo Civico Medievale.

stico ed alle correnti alchimiste ed astrologiche imperanti, si rivelò un punto di forza che attribuì all'accademia medica bolognese attitudini pre-umanistiche. La rifondazione tardo-trecentesca dello Studio è legata alle mutate sorti del reggimento comunale che, nel momento in cui ripristinava, nel 1 376, l'auto­ nomia cittadina, istituiva anche - avvertendo l'esigenza di ridar vita alla sua creatura più originale e fertile - la magistratura annuale dei Riformatori dello Studio, composta da un senatore, un nobile, un cavaliere ed un mercante. Ad una maggiore attenzione della Santa Sede nei confronti dell'Alma Ma ­ ter è da ricondursi il varo della facoltà teologica: un nuovo, vigoroso ramo del sapere in grado di catturare la massa studentesca degli ecclesiastici, che si propose come catalizzatore dei seminari teologici dei singoli ordini religiosi47• Nonostante i numerosi privilegi e le esenzioni di cui godevano gli studenti forestieri, la penuria degli alloggi, accompagnata all'esosità degli affitti, limi­ tava gravemente la recettività dell'Ateneo. A ciò si deve la fioritura di collegi che caratterizzò il Trecento bolognese, spesso per iniziativa privata, col fine di incrementare il reclutamento verso l'estero e di favorire la frequenza di scolari appartenenti alla piccola e media borghesia commerciante ed artigiana. Inizia­ tive meritorie che, peraltro, non risolsero il problema, destinato a decantarsi 47 Nel 1 360 papa Innocenza VI con la Bolla "Quasi lignum" istituì la Facoltà teologica sulle fondamenta dello Studio francescano. Nel 1475 , su autorizzazione di Sisto IY, seguì l'apertura di un ulteriore Studio teologico presso il convento della SS. Annunziata di Bologna: questo secondo fu uno dei cinque Studi generali degli Osservanti, che godette di floride sorti sino alla soppressione degli ordini religiosi nel 1 866. Per l'edizione degli statuti della Facoltà teologica, v. infra, pp. 86-87.

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Scuole, Studium, Ateneo

Cortile interno del Reale Collegio di Spagna, Bologna.

solo nel corso del Seicento con il declino dello Studio e la forte rarefazione del­ la popolazione studentesca. Meritano almeno una menzione il Collegio avi­ gnonese ( 1 257) per i giovani di quella diocesi48; il Collegio bresciano ( 1 326) per gli scolari di qualsiasi provenienza; il Collegio maggiore di San Clemente ( 1 364) fondato dal cardinale Egidio di Albornoz (t 1 367) per i nobili spagno­ li49; il Collegio gregoriano ( 1 37 1 ) per gli studenti di Medicina e di Filosofia; 48 Zoene Tencarari, vescovo di Avignone, legò ai suoi successori nel 1 27 1 le rendite di un podere che possedeva nel territorio di Saliceto, non distante da Bologna. I legatari erano tenuti a devolvere i proventi al mantenimento presso lo Studio di otto scolari di umUi condizioni della diocesi avignonese. 49 Il Collegio fu inaugurato nel 1 364 dal cardinale Egidio di Albornoz (t 1 367) al fine di ospitare gli studenti della natio iberica presso lo Studio di Bologna. Commissio nato dal car­ dinale all'architetto Matteo Giovannelli detto "il Gattapone" - assai apprezzato presso la sede apostolica - U bell'edificio godeva, e gode tutt'ora, di extra-territorialità rispetto al Comune di Bologna. Erede della tradizione di appartenenza su base nazionale delle università studentesche medievali, U Collegio di Spagna rimane l'unica istituzione di siffatto modello superstite nell'Eu­ ropa continentale.

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il Collegio Fieschi ( 1 528) per i giovani genovesi; il Collegio Ungaro-Illirico ( 1 553), punto di riferimento per chi proveniva da quelle regioni; il Collegio Ferrerio ( 1 586) per i piemontesi; il Collegio Jean Jacobs ( 1 650) per i fiammin­ ghi50. Quest'ultimo ed il notissimo Collegio di Spagna offrono tuttora la loro ospitalità e promuovono iniziative culturali. Il successivo secolo XV segnò l'avvio di una lunga stasi. Ad organi quali i rettori e le università non corrispondevano ormai più le competenze e la giu­ risdizione che erano state loro proprie. I rettori, persa da tempo la funzione di guida e di controllo sugli scolari in favore dei Riformatori dello Studio, conti­ nuavano tuttavia a pretendere un ruolo di primo piano nella società cittadina. Le epurazioni e le continue tensioni provocate dagli scontri tra Maltraversi (guelfi neri) e Scacchesi (guelfi bianchi) avevano nuociuto alla qualità e al ri­ cambio della classe docente, ormai per la maggior parte locale. Il carattere clien­ telare del reclutamento aveva portato ad un aumento sconsiderato dei titolari delle medesime cattedre, soprattutto nelle discipline giuridiche. Lautonomia e la natura di associazioni corporative peculiari delle universitates degli studenti erano state progressivamente svuotate di contenuto e di effettiva incidenza da un'azione che tendeva a convertirle in organismi funzionalmente inseriti nel complicato palinsesto del regime comunale e del superiore controllo pontificio. Sbiadiva pertanto l'originaria vocazione universalistica dell'istituzione accade­ mica bolognese, che andava assumendo una dimensione strettamente cittadina. Verso la metà del Quattrocento, esaurita la minaccia espansionistica dei Visconti di Milano, anche Bologna sembrò riguadagnare respiro nella nuova politica dell'equilibrio che si prefiggeva di disegnare in forme stabili la geogra­ fia politica della penisola. Lo Studio, aprendosi ancora una volta ad una più ampia circolazione europea di persone e di idee, parve trarre giovamento dal ristabilirsi sulla città della sovranità papale, che si mostrò sollecita delle miglio­ ri sorti delle scuole bolognesi. Il pontefice umanista Niccolò V (t 1 45 5 ) , al secolo Tommaso Paren­ tucelli51 , dettò nel 1 447 dei Capitoli alla città, per stabilirvi un equilibrato

50 Il Collegio dei Fiamminghi, intitolato al suo fo ndatore Jean Jacobs, nacque per ospitare studenti e giovani studiosi belgi e olandesi. Forse originario di Bruxelles, ma presto trasferitosi a Bologna, Jacobs fu maestro nell'arte orafa e divenne figura di spicco nella vita cittadina economica e artistica (fu committente di Guido Reni). Il rapporto con la città e il suo Studio crebbero al punto da indurlo a destinare gran parte delle sue sostanze alla fondazione di un collegio per i suoi giovani connazionali. 51 Niccolò V è stato rappresentato come un pontefice-umanista: il suo generoso patrocinio impresse un decisivo impulso ai saperi "artistici". Nel 145 1 , con lungimirante decisione, il

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Scuole, Studium, Ateneo

regime, basato sulla collaborazione ed il controllo reciproco fra la magistratura civica dei XVI Riformatori dello Stato di Libertà52 (Reggimento o Senato bo­ lognese) ed il legato papale. Il medesimo pontefice non esitò, pochi anni dopo, nel 1 450- 1 45 1 , ad indicare tassativa­ mente le materie e gli onorari dei lettori cittadini e dei forestieri eminenti, ridotti a soli quattro. Lincipiente umanesimo ed il rinascimento delle scienze incisero in modo positivo sull'ordine degli studi : nella Facoltà giuridica si accesero - ac­ canto alle tradizionali letture ordinarie Ftljù,amrgmUJJ: 1'4/aulfum D�llor iiJ > - difficilmente può rappresentare una legislazione statutaria nella sua interezza, il contenuto delle rubriche è sinte­ tizzabile come segue: tempo delle collette, festività infrasettimanali, obbligo di disputare nei giorni stabiliti dai rettori, inizio dell'anno accademico, deposito delle somme a garanzia del rispetto dei p uncta, ovvero dei tempi di lettura del Codice, dei tre Digesti, delle Decretali e del Decreto. Delle norme, alcune si ritrovano modificate, altre sono ripetute alla lettera negli statuti del l 3 1 7-47. Più in particolare si rivela in questi ultimi omessa tutta la