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Italian Pages 272 [276] Year 1986
Giovanni Cappelli
AUTOEROTISMO Un problema morale nei primi secoli cristiani?
Giovanni Cappelli
AUTOEROTISMO UN PROBLEMA MORALE
NEI PRIMI SECOLI CRISTIANI?
©
1986 Centro Editoriale Dehoniano Via Nosadella, 6 - 40123 Bologna
ISBN 88-10-40523-4 stampa: Grafiche Dehoniane, Bologna 1986
Giovanni Cappelli
AUTOEROTISMO UN PROBLEMA MORALE NEI PRIMI SECOLI CRISTIANI?
NUOVI SAGGI TEOLOGICI Collana interconfessionale per la promozione della ricerca teologica
1. Hasenhuttl G., Carisma : principio fondamentale per f'ordinamento della chiesa 2. Fausti S., Ermeneutica teologica: fenomenologia del linguaggio per una ermeneutica teologica 3. Pluralismo: unità della fede e pluralismo teologico, a cura della Commissione teologica internazionale 4. Acerbi A., Due ecclesiologie: ecclesiologia giuridica ed ecclesiologia di comunione nella «Lumen gentium» 5. Riva G., Romano Guardini e la katholische Weltanschauung 6. Léiwenich V. , Theologia Crucis: visione di Lutero in una prospettiva ecumenica 7. Hertz A., Morale 8. Korff W., Norma e moralità (in preparazione) 9. Rizzi A., Grazia come libertà 10. Sala G., Dogma e storia, nella dichiarazione «Mysterium ecclesiae» 11 . Bressan L., Il divorzio nelle chiese orientali 12. Turk H.J., L'Autorità 13. Manferdini T. , La filosofia della religione in Paul Tillich 14. Gatti G., Il ministero catechistico della famiglia nella chiesa 15. Fuchs J., Responsabilità personale e norma morale 16. Di Sante C., Il rinnovamento liturgico: problema culturale 17. Agresti G., L'uomo nuovo 18. AA.W" L'ecclesiologia del Vaticano Il 19. Rocchetta C., I sacramenti della fede 20. Bof G. e Stasi A., La teologia come scienza della fede 21 . Lonergan B., Conoscenza e interiorità 22. Dubarle A. M., Il peccato originale: prospettive teologiche 23. Capelli G., Autoerotismo. Un problema morale nei primi secoli cristiani?
PREFAZIONE
Una delle richieste avanzate dal concilio Vaticano II per il rinnovamento della teologia morale è che essa abbia «un' esposizione scientifica» (Optatam totius 16). Per questo, uno dei compiti più impegnativi e urgenti della teologia di oggi, in particolare della teologia morale, è l'analisi critica della storia delle diverse dottrine sviluppatesi nel corso dei secoli in seno al cristianesimo, in vista di una migliore comprensione del presente. Anche per l'etica sessuale si impone come indispensabile il compito di studiare tutta la tradizione nel contesto delle diverse culture. Quando alla generazione decisamente critica del nostro tempo si Pongono di fronte alte e difficili esigenze morali, bisogna saper offrire convincenti e fondate motivazioni. Per qualsiasi problema si presenti, non ci si può richiamare in maniera acritica al passato, senza verificare la solidità di alcune argomentazioni tradizionali, con il rischio così di cadere in facili semplificazioni e generalizzazioni. Prendendo atto di questa necessità, come pure dell' altra esigenza avanzata dal concilio di saper discernere «le realtà permanenti dalle forme mutevoli» (Gaudium et spes 52; cf. anche 62), abbiamo scelto come tema del nostro studio un argomento di interesse storico. Le pagine che seguono affrontano infatti un problema di etica sessuale che non è stato ancora trattato dal punto di vista storico: il problema dell' autoerotismo. Il periodo considerato è quello che va dagli inizi fin verso la fine del primo millennio dell' èra cristiana. In pratica si vuol dare una risposta al seguente interrogativo: come è sorto e si è sviluppato, nei primi secoli cristiani, l'insegnamento sulla moralità dell' autoerotismo? Il nostro lavoro si propone dunque di gettare uno sguardo nel passato, per dilatare l'orizzonte delle nostre conoscenze, da cui emergerà certamente -(m {1nmeizSo parrimonLO di sapienza, ma forse anche l'insufficienzà .di a/èuni fondamenti tradizionali. Sarò perciò molto felice e mi ripàgherà in pieno delle tante fatiche, se il presente studio potrà costituire un piccolo contributo per ripensare e presentare l'insegnamento tradizionale sull'autoerotismo secondo le esigenze del nuovo contesto storico in cui viviamo. 5
La presente pubblicazione riproduce la tesi per il dottorato in teologia morale discussa nel maggio 1984 presso la Pontificia università gregoriana in Roma. È mio graditissimo dovere esprimere qui la mia più sincera gratitudine a quanti mi hanno aiutato e incoraggiato a portare a termine questo studio. Fra i tanti desidero esprimere un particolare ringraziamento al rev. padre Josef Fuchs S.I., moderatore della tesi, per la grande competenza e disponibilità con cui ha seguito l'evolversi della ricerca, nonché al rev. padre Sergio Bastianel S.I. , censore della medesima, per le osservazioni e gli utili consigli. Infine un vivo ringraziamento al Pontificio seminario lombardo in Roma e all' Istituto teologico di Assisi per il cospicuo contributo dato per la pubblicazione. GIOVANNI CAPPELLI
Città di Castello 21 Febbraio 1985
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SIGLE E ABBREVIAZIONI *
BeO CCL Conc CSCO CSEL DETM DS DT EC EncUniv EThL GCS GLNT JThS Laur MSR NRTh OrChP PG PL PRMCL RHE RHR ROC RThAM RTM Sal SCH SPMed StMor StPat VS.S
Bibbia e oriente Corpus Christianorum , Series Latina Concilium Corpus scriptorum Christianorum orientalium Corpus scriptorum ecclesiasticorum Latinorum Dizionario enciclopedico di teologia morale Enchiridion symbolorum, Denzinger-Schonmetzer Divus Thomas = Enciclopedia cattolica = Encyclopaedia universalis Ephemerides theologicae lovanienses Die griechische Christliche schriftsteller Grande lessico del nuovo testamento Journal of theological studi es Laurentianum Mélanges de science réligieuse Nouvelle revue théologique Orientalia Christiana periodica Patrologiae cursus completus, Series Graeca Patrologiae cursus completus , Series Latina Periodica de re morali, canonica, liturgica Revue d'histoire ecclesiastique Revue de l'histoire des religions Revue de l'Orient chrétien Recherche de théologie ancienne et médiévale Rivista di teologia morale Salesianum Sources Chrétiennes Studia patristica mediolanensia Studia moralia Studia Patavina Vie spirituelle-Supplement
• Riteniamo superfluo un elenco delle abbreviazioni delle opere classiche e patristiche, perché note e comunemente usate dagli studiosi.
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Die griechische Christliche Schriftstellèr der ersten drei Jahrhunderte (GCS), Leipzig 189788.
• Riportiamo qui solo alcune opere a carattere generale, tralasciando le fonti costituite da opere singole di autori antichi (giudaici, greci e latini) che si trovano regolarmente citate nelle note.
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INTRODUZIONE
Il presente studio affronta il problema delle origini e dello sviluppo dell'insegnamento cristiano sulla moralità dell'autoerotismo nei primi secoli dell'èra cristiana , precisamente nel periodo che va dagli inizi fin verso la fine del primo millennio. Esso traccia la storia di questo insegnamento, per la verità assai incerto e discontinuo; e cerca, cammin facendo , di scoprire le ragioni delle prese di posizione come pure dei silenzi. Come in ogni questione storica, si esplicitano e analizzano i presupposti, si osservano le allusioni e approssimazioni al problema, si raffrontano criticamente le soluzioni date, si prende nota dei silenzi, si mettono in luce altre questioni. «Autoerotismo» è un termine piuttosto generico . Può abbracciare una vasta gamma di fenomeni . In senso lato , può essere definito come un «fenomeno di emozione sessuale spontaneo provocato senza alcuno stimolo esterno implicante un 'altra persona».! Secondo questa definizione, l'autoerotismo comprenderebbe anche le polluzioni notturne, che per il loro carattere spontaneo e involontario non sono valutabili moralmente . Noi , invece , consideriamo l'autoerotismo in un senso più ristretto ; anzi tendiamo ad assimilarlo alla masturbazione ,2 in quanto, tra i fenomeni autoerotici, quello masturbatorio è il più caratteristico e quello che implica più chiaramente una valenza morale. Il fenomeno masturbatorio, che può essere definito come un'attuazione sessuale volontaria che un individuo compie da solo , si differenzia così «dalla eiaculazione spontanea (polluzioni notturne) e da ogni forma di orgasmo procurato nel contesto di un qualsiasi rapporto sessuale orno o eterosessuale».3 I Encyc/opedia o[ sexual behavior, 2 voli., Hawthorn Books, New York 1961 , p. 204, alla voce Autoerotism (cit. in L'autoerotismo . Atti del Symposium di Ariccia, Roma 1964, p. 9). 2 L'origine etimologica della parola è discussa. Alcuni ritengono che derivi da mas (maschio) e da turbare . Tuttavia sembra prevalere l'opinione che la fa derivare da manus (mano) e da stupratio (profanazione), per cui significa manipolazione manuale. 3 L. ROSSI , Masturbazione, in DETM, Roma 31974, 614; cf. anche G .B. GARBELLI, Masturbazione, in DETM, Suppl. alla IV ed., Roma 1976, 1368.
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Di conseguenza, nel nostro studio, propendiamo a usare i termini «autoerotismo» e «masturbazione», benché impropriamente, come «sinonimi».' Esprimiamo comunque una preferenza per il termine «autoerotismo», non solo per una ragione di «decenza» termino logica , ma soprattutto perché lo riteniamo un termine più completo. Mentre la masturbazione sembra suggerire solo una determinata attuazione sessuale solitaria (per lo più affidata a manovre manuali), l'autoerotismo sembra descrivere meglio la complessità del fenomeno, che include sia l'autostimolazione sessuale sia una forte componente fantastica che si nutre di immagini erotiche.5 Dopo queste precisazioni terminologiche, occorre subito chiarire che il presente lavoro , che si basa ovviamente sugli scritti degli autori cristiani dei primi secoli, non vuole essere propriamente uno studio patristico, teso cioè ad approfondire in primo luogo il pensiero dei Padri, ma partendo dagli studi patristici già esistenti, intende piuttosto collocarsi nell'ambito dei tentativi che oggi vengono fatti per una storia della morale, almeno per quanto concerne un problema particolare. Esso insomma vuole affrontare una tematica che interessa soprattutto la storia della morale . Qualcuno, a questo punto, potrebbe obiettare che è prematuro scrivere una tale storia, in quanto ancora mancano molte ricerche sul periodo patristico, soprattutto sul pensiero dei singoli Padri in materia sessuale. Replichiamo dicendo che sarebbe un'attesa interminabile aspettare studi completi e definitivi. Riteniamo invece che già fin d'ora è possibile scrivere sul nostro argomento , almeno in base a quanto è consentito dallo stato attuale delle conoscenze: e non è poco! Si potrebbe ancora obiettare che il tema scelto è limitato e particolare, tale da meritare quindi un'attenzione solo marginale . Esso però si inserisce in tutto il processo d'elaborazione dell'etica sessuale cristiana lungo i secoli . Riteniamo perciò che lo studio di
4 Come del resto sembra fare anche il recente documento della Congregazione per l'educazione cattolica. Orientamenti educativi sull'amore umano· Lineamenti di educazione sessuale, nn . 98-100, in «L'Osservatore Romano» - Documenti , Città del Vaticano 2 dicembre 1983. Si noti tuttavia l'opinione del Santori, in L 'autoerotismo, 44, il quale sul significato dei termini in questione così si esprime : «A me pare che il termine di autoerotismo, a parte il fatto che spesso viene adoperato per non usare la parola un pochi no più brutale di masturbazione, da un punto di vista sostanziale esprima qualcosa di più che non il termine di masturbazione . 'Non sono sinonimi , secondo il mio modo di vedere. L'autoerotismo è un comportamento , un indirizzo , un insieme di elementi che investono tutta la sessualità umana ; la masturbazione è l'atto materiale che si inserisce nella sintomatologia dell'autoerotismo». 5 Cf. ROSSI, Masturbazione , in DETM, 614.
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tale tematica sia interessante e significativo, in quanto permette di comprendere meglio il passato e il presente, non solo per ciò che concerne un problema particolare, ma l'etica sessuale in generale. Vogliamo infine precisare che il presente lavoro non vuole essere un sostegno a qualsiasi tesi odierna circa il problema morale dell'autoerotismo, ma intende solo mostrare il più fedelmente possibile l'origine e lo sviluppo dell'insegnamento cristiano su tale problema, quale si è andato delineando nei primi secoli. Questo almeno è il nostro intento, anche se siamo perfettamente consapevoli che non è possibile scrivere in modo del tutto asettico ed evitare completamente di trasfondere problemi e considerazioni odierne nel passato. Ciò premesso, è opportuno spiegare brevemente i motivi che ci hanno spinti a intraprendere questo lavoro. Innanzi tutto, come motivo generale, il desiderio di dare un contributo alla storia della teologia morale, a cui oggi è particolarmente interessata la teologia, anche in vista di una miglior~ comprensione delle problematiche attuali. Ma soprattutto due sono stati i motivi determinanti: l'aver avuto a disposizione i risultati delle ricerche condotte sul nostro argomento da p. F. Nagy, S.J., agli inizi degli anni '60;6 e il fatto che anche per l'autoerotismo, dopo gli studi condotti da vari autori moderni sulla contraccezione e sull'omosessualità nella tradizione cristiana,1 si avvertiva la necessità di uno studio completo e sistematico.8 Il Nagy, a cui debbo speciale riconoscenza per avere concesso di utilizzare il risultato del suo lavoro, ha infatti raccolto un ricchissimo dossier sul nostro argomento, partendo dalle premesse esistenti nel mondo greco-romano e giudaico e dalle fonti scritturistiche, per giungere attraverso gli scritti del periodo patristico fino ai libri penitenziali del primo medioevo. Egli ha orientato la sua indagine verso tutte le opere a noi pervenute degli autori cristiani dei primi secoli, concentrando però la sua attenzione, com'era naturale, sulle 6 F . NAGY , Circa orzgmes doctrinae christianae de moralitate pollutionis. Tentamentum historicum, Diss. dattil., PUG, Romae 1964. Questa dissertazione, presentata come tesi dottorale presso la Pontificia università gregoriana di Roma, non è stata pubblicata. 7 D .S. BAILEY, Homosexuality and the Western Christian Tradition, New York 1955; 1.T. NOONAN, Contraception. A History of Its Treatment by the Catholic Theologians and Canonists, Cambridge (Mass.) 1966; 1.1. McNEILL, La Chiesa e l'omosessualità, Milano 1979; 1. BOSWELL, Christianity, Social Tolerance and Homosexuality, Chicago-London 1980. 8 «Nobody has as yet done for masturbation what lohn Noonan has done for contraception»: A. GUINDON, The Sexual Language. An Essai in Moral Theology, Ottawa 1976, 254-255 .
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opere morali riguardanti la castità e la lussuria, sui commenti esegetici a certi passi della Scrittura e sui documenti a carattere penitenziale. Ha anche sottoposto ad una prima analisi i testi raccolti, senza però pervenire, trattandosi di un primo tentativo, ad una soddisfacente sintesi storica. Per non lasciare senza un seguito gli studi iniziati dal Nagy, abbiamo deciso di riprenderli e continuarli. Il secondo motivo che ha determinato la nostra decisione, è stato , come si diceva, l'esigenza di affrontare il problema dell'autoerotismo dal punto di vista storico. In effetti lo studio della tradizione cristiana riguardo al problema dell'autoerotismo o masturbazione finora è stato molto carente, per cui non è stato sempre facile evitare semplificazioni e generalizzazioni . A nostra conoscenza, non esiste nessun libro e nessun articolo espressamente dedicato al problema. Esistono certo numerose pubblicazioni sull'autoerotismo o masturbazione dal punto di vista morale e pastorale , ma tutte sorvolano quasi completamente la questione storica. Per quelle poche cose che dicono, si rifanno immancabilmente tutte ad un articolo di A. Plé, del 1966, che dedica all'aspetto storico del problema solo alcuni rapidi cenni. 9 Alla necessità di una trattazione storica abbiamo cosi cercato di rispondere, in parte, con il nostro studio , che abbraccia grosso modo il periodo del primo millennio . Diciamo ora qualcosa dei criteri a cui ci siamo ispirati. Il primo passo è stato naturalmente quello di reperire il maggior numero possibile di testimonianze dei primi secoli cristiani, riguardanti direttamente o indirettamente il nostro tema. Raccogliere documenti antichi, che presentano una notevole estensione sia geografica che temporale, è certamente un compito molto arduo, che richiede anni di attenta e paziente ricerca. In questo però, fortunatamente, ci siano potuti avvalere degli studi del Nagy. Al materiale già disponibile abbiamo comunque aggiunto qualche altro testo, che ci è stato segnalato o che ci è capitato di incontrare attraverso le letture dei Padri o di opere concernenti l'etica sessuale nei primi secoli cristiani. Riteniamo perciò che alla base del nostro studio, grazie soprattutto al Nagy, ci sia un materiale quasi sicuramente completo, che raccoglie tutte le testimonianze dei primi secoli, che oggi è possibile reperire, e che potrebbero avere a che fare con il problema dell'autoerotismo. A nostro avviso, esiste
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A. PLÉ, La masturbation. Réflexions théologiques et pastorales, in VS .S
77(1966), 259-269.
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una probabilità molto ristretta che il dossier in nostro possesso possa essere notevolmente arricchito. Convinti di essere davanti ad un materiale molto ricco e probabilmente completo, abbiamo proceduto quindi ad un'analisi accurata delle fonti, quasi sempre nei testi originali, anche quando esistevano traduzioni, antiche e moderne. Nell'esposizione abbiamo naturalmente utilizzato le traduzioni esistenti, generalmente le più moderne, con qualche modifica da parte nostra quando ciò fosse stato necessario; là dove mancavano, abbiamo provveduto noi stessi, il più accuratamente possibile. Ovviamente non ci siamo limitati ad una semplice analisi dei testi che avessero un riferimento più o meno diretto con l'autoerotismo, ma abbiamo cercato anche di illustrare il loro contesto vitale. Abbiamo cercato cioè di far parlare questi testi all'interno del pensiero di ogni singolo autore e nell'orizzonte più vasto della cultura dell'epoca. E neppure ci siamo limitati a considerare il solo nostro problema, ma abbiamo prestato attenzione anche ad altri aspetti dell'etica sessuale, quale si è venuta elaborando durante i primi secoli. Abbiamo così potuto mettere in luce tutto un insieme di idee, di valori, di tendenze e di attitudini presenti nel mondo antico, che certamente non hanno mancato di esercitare un influsso sul sorgere di un insegnamento cristiano sull'autoerotismo. Nel comporre questo quadro ci siamo naturalmente avvalsi dell'aiuto che ci veniva da opere generali e monografiche dedicate all'etica sessuale, o a particolari aspetti di essa, nei primi secoli cristiani. Come pure abbiamo preso visione di una vasta bibliografia sui vari movimenti e correnti di pensiero presenti nel mondo antico, che non possono essere considerati estranei al formarsi del pensiero cristiano in questi primi tempi. In particolare, abbiamo tenuto presente la già menzionata opera - divenuta ormai classica - di J. T. Noonan sulla contraccezione. IO Da essa abbiamo preso diverso materiale, come pure ad essa ci siamo ispirati in alcune linee direttrici. Da questa opera abbiamo appreso soprattutto a considerare in maniera dinamica tutto il processo di elaborazione dell'etica sessuale, con l'insieme delle idee e delle forze che agiscono e interagiscono tra loro. Ugualmente ci siamo serviti, per certi aspetti, dell'opera meno recente di D. Lindnerll sull'etica coniugale nell'antichità cristiana, ricavandone Tale opera mi è stato possibile consultare nella versione francese : I.T. Contraception et mariage. Evolution ou contradiction dans la pensée chrétienne?, Paris 1969. Il D. LINDNER , Der usus matrimonii. Seine sittliche Bewertung in der kath. Moraltheologie alter und neuer Zeit, Miinchen 1929. IO
NOONAN,
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diversi testi ed utili indicazioni. Nell'affidare il nostro studio al lettore diremo infine qualcosa sulla distribuzione della materia. Abbiamo cercato di fare un'esposizione che seguisse il più possibile una successione cronologica, esaminando le testimonianze disponibili di secolo in secolo, ma anche tenendo conto delle aree geografiche in cui esse sono sorte. Conformemente a questo approccio verticale, dedicheremo una prima parte ad illustrare gli inizi biblici e il contesto dottrinale presente nel mondo antico all'apparire del cristianesimo, da cui appaiono possibili punti di partenza per una presa di posizione nei riguardi dell'autoerotismo. Riporteremo perciò i dati biblici più significativi sia dell' AT che del NT; come pure metteremo in luce gli antecedenti letterari e dottrinali del mondo giudaico e pagano, in special modo le norme e le teorie riguardanti la vita sessuale. Oltre agli autori biblici, faremo perciò particolare riferimento a Filone, agli stoici, agli autori del Talmud, che certamente contribuirono a orientare l'attitudine dei primi cristiani nei riguardi dei problemi della vita sessuale, senza trascurare il movimento gnostico e altre forze ostili al cristianesimo. Passeremo quindi, in una seconda parte, ad esaminare le formulazioni di etica sessuale degli autori cristiani dal I e II secolo fino agli inizi del V. Indicheremo questo tempo come «periodo di silenzio», in quanto il nostro tema non appare in modo esplicito e, per certi aspetti, sembra essere addirittura assente. Ci soffermeremo soprattutto sulle figure più importanti (Clemente Alessandrino, Origene, Tertulliano, Lattanzio, Basilio il Grande, Giovanni Crisostomo, Girolamo, Agostino, ecc.), senza però trascurare le figure minori. Dedicheremo tra l'altro particolare attenzione agli autori monastici, che nel corso del IV sec. svilupparono una ricca problematica intorno alle polluzioni. Nella terza parte, infine, esamineremo quegli autori che tra il V e VIII secolo, prima presero gradualmente coscienza del problema, poi lo specificarono chiaramente, quindi contribuirono a diffonderlo per tutta la chiesa. Presteremo qui particolare attenzione alle primitive comunità cristiane celtiche e anglosassoni dell'alto medioevo e al particolare genere letterario da loro sviluppato: i libri penitenziali. Con l'VIII secolo può dichiararsi concluso il nostro lavoro. Ma in chiusura non abbiamo potuto fare a meno di gettare un rapido sguardo anche sui due secoli successivi. Perciò si può dire che il nostro studio, per quanto concerne il tema trattato, arriva fino alla fine del primo millennio dell'èra cristiana.
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Parte prima
DATI BIBLICI
E CONTESTO EXTRABIBLICO
Capitolo I DATI BIBLICI
Ogni storia riconduce necessariamente alle origini. Trattare un problema dal punto di vista storico significa in primo luogo risalire agli inizi, quando il problema si è posto chiaramente per la prima volta, o meglio, quando se ne sono poste le premesse. Trattare storicamente un problema significa dunque conoscerne innanzi tutto la genesi storica. È necessario, quindi, per noi che vogliamo indagare sull'origine e lo sviluppo dell'insegnamento cristiano sulla moralità dell'autoerotismo o masturbazione durante i primi secoli, risalire alle origini del cristianesimo stesso, quando presumibilmente tale questione ha cominciato ad affacciarsi alla coscienza dei cristiani. Anche se l'oggetto principale del nostro studio è costituito dagli scritti del periodo patristico, purtuttavia è indispensabile, come punto di partenza, prendere in esame i documenti originali del cristianesimo: gli scritti neotestamentari, ma anche tutto l'insieme della Scrittura, che la comunità cristiana, lungo i secoli, ha sempre venerato come parola ispirata da Dio e ha sempre considerato, benché in varia misura, come fonte primaria dell'etica sviluppatasi in seno ad essa. Cosa afferma la Scrittura riguardo ad un comportamento sessuale particolare, da sempre tanto diffuso e frequente, quale è quello dell'autoerotismo o masturbazione? Ci sono affermazioni, prese di posizioni, valutazioni, o anche semplici allusioni, che abbiano potuto segnare il punto preciso di inizio per l'elaborazione di una dottrina sulla moralità della masturbazione da parte della comunità cristiana lungo i secoli? Vi si esprime già una dottrina esplicita o solo implicita? Oppure non vi si dice nulla, ma tutt'al più vi si trovano solo delle generiche premesse? La risposta a questi interrogativi, data la complessità delle problematiche implicate, richiede che nel nostro lavoro si proceda per gradi. In primo luogo bisogna vedere se la Scrittura parla 23
espressamente della masturbazione o soltanto in maniera implicita, e in tal caso rilevare naturalmente quale giudizio ne dà; in secondo luogo, qualora non ne tratti affatto, neppure implicitamente, vedere quali spunti , quali accenni, sia letterari che dottrinali, essa offra su questo argomento alla riflessione e alla meditazione delle prime generazioni cristiane. 1.
LA SCRIITURA PARLA DELL'AUTOEROTISMO?
La prima tappa del nostro studio consiste nel considerare seriamente l'ipotesi che la Scrittura prenda espressamente posizione sulla questione dell'autoerotismo e offra così un punto di partenza alla riflessione morale dei primi secoli del cristianesimo. La Scrittura infatti, nell'ambito sessuale, fa spesso riferimento a questioni e situazioni ben precise , esprimendo su di esse un giudizio. È il caso ad es. dell'adulterio, sia dell'uomo che della donna, almeno in certe sue forme (Es 20,14; Lv 18,20; Dt 5,18; Mc 10,19; Lc 16,18) ,1 della prostituzione, soprattutto della prostituzione sacra, legata all'idolatria (Lv 19,29 ; Dt 23,18; 1Cor 6,12-20) / dell'incesto (Lv 18,16-18; 1Cor 5,1), dell'omosessualità (Lv 18,22; 20,13; Rm 1,24-27), della bestialità (Es 22,18; Lv 18,23; Dt 27,21 ; il NT non fa menzione di questo comportamento) . Come la Scrittura esprime un giudizio sui precedenti comportamenti , non è possibile che in qualche caso prenda in considerazione anche l'autoerotismo e ne dia una valutazione? Si impone a questo punto lo studio delle affermazioni racchiuse nei testi, nei quali si presume che la Scrittura faccia riferimento all'autoerotismo. In effetti, fin quasi ai nostri giorni, i trattati di morale hanno continuato ad addurre, sebbene alcuni in forma dubitativa, vari testi come prova scritturistica del carattere peccaminoso della masturbazione. l Nell'AT l'adulterio da parte della sposa era severamente punito (Dt 22,22 ; Os 2,5.11-12; Ez 16,37-38) . L'uomo sposato , invece , poteva avere rapporti sessuali con altre donne , purché non si trattasse della moglie o della promessa sposa di un compatriota (cf. R. DE VAUX, Les institutions de l'Ancien Testament , Paris 1958, I , 63 ; R. PATA!, L 'amour et le couple aux temps bibliques, Paòs 1967, 179). Il NT invece condanna ogni forma di adulterio e non fa alcuna distinzione tra uomo e donna (cf. Mt 5,27-28) . 2 Solo tardivamente, almeno così sembra, l'iniziale condanna della prostituzione sacra fu estesa anche alla prostituzione profana. Dt 23,18 si riferisce solo alla prostituzione sacra . Sono i LXX, nella traduzione di questo passo , ad estendere il divieto ad ogni forma di prostituzione. Altrimenti nell'AT, ad un uomo non era proibito avere rapporti con le prostitute (cf. Gn 38,15-16) . Cf. L. Rosso USIGLI , Alcuni aspetti della «porneia» nel tardo-giudaismo , in «Henoch» 1(1979) , 216, nota 32 .
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Antico Testamento Iniziamo il nostro esame dall' AT, in quanto gli scritti veterotestamentari vanno sempre visti in relazione al NT e inoltre sono da considerarsi una fonte importante per la riflessione etica dei cristiani nei primi secoli. Il testo dell' AT che subito richiama la nostra attenzione è quello famoso di Gn 38,8-10, in cui è riportato il racconto del peccato di Onano Il modo di comportarsi di Onan, il quale «disperdeva per terra» allo scopo di non suscitare una posterità al fratello defunto, e il fatto che egli fu punito dal Signore con la morte , avrebbe potuto far pensare che qui la Scrittura si riferisse principalmente al coito interrotto o a qualsiasi dispersione sterile del seme ed esprimesse al riguardo una severa condanna. In effetti, durante vari secoli del cristianesimo, non si è mancato di collegare sia il coito interrotto sia la masturbazione al cqmportamento di Onan; conseguentemente si è ritenuto che tali atti fossero espressamente condannati dalla Scrittura. Contrariamente a questa opinione invalsa per lungo tempo, sembra invece che il peccato di Onan non consistesse propriamente nella dispersione sterile del seme nei rapporti con la cognata, quanto piuttosto nell'essersi rifiutato di sottomettersi alla legge del levirato, che gli imponeva il dovere di suscitare una discendenza al fratello defunto (cf. Dt 25 ,5-10).3 Il racconto di Onan non sembra dunque contenere una condanna della masturbazione, diversamente da quanto qualche autore cristiano ha sostenuto fin quasi ai nostri giorni. C'è un altro testo veterotestamentario , molto più tardivo , che avrebbe potuto essere riferito al comportamento autoerotico: Sir 23,16-21. Si tratta di un proverbio numerico, la cui struttura non è però molto chiara e neppure il senso. Esso suona così : v. 16 Due specie di colpe moltiplicano i peccati, la terza provoca l'ira: V. 17 una passione ardente come fuoco acceso non si calmerà finché non sarà consumata; un uomo impudico nel suo corpo non smetterà finché non lo divori il fuoco; 3 Questa è l'esegesi più comune. Cf. PLÈ, La masturbation, 260. Per le varie posizioni prese dagli esegeti si veda A .M. DUBARLE, La Bible et les Pères ont-ils parlé de la contraception ?, in VS .S 63(1962) , 575-576. Sulla legge del levirato si può consultare R. DE VAUX, Les institutions , I, 63-65. Da notare come l'enciclica Casti Connubii n. 55 (DS 3716) citi ancora Gn 38,8-10 in rapporto alla contraccezione, mentre l'Humanae vitae significativamente non vi fa più riferimento.
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per l'uomo impuro ogni pane è appetitoso, non si stancherà finché non muoia. v. 18 L'uomo infedele al proprio letto ... L'espressione che potrebbe far allusione alla masturbazione è quella contenuta al v. 17c: l'«uomo impudico nel suo corpo». Ma qui l'opinione degli interpreti non è unanime. Mentre alcuni vi hanno visto un'allusione all'incesto (cf. Lv 18,6),4 altri - soprattutto in passato - vi hanno scorto effettivamente un riferimento alla masturbazione. 5 Secondo quest'ultimi nei vv. 16-21 sarebbero descritte tre specie di uomini lussuriosi, collocati in ordine progressivo secondo la gravità del comportamento: il masturbatore, il fornicatore e l'adultero. Ciò nonostante rimane discutibile che un'espressione molto generica come «l'uomo impudico (av8goJtoç Jtogvoç) nel suo corpo» possa designare specificamente l'uomo che pratica la masturbazione. 6 Ammesso pure che l'autore vi abbia voluto far riferimento, non si può dire che il comportamento masturbatorio ne risulti determinato in modo accurato. Per conto nostro riteniamo più soddisfacente la spiegazione data da J. Hadot secondo cui le tre specie che moltiplicano i peccati sono: 1) la «passione ardente» che sta ad indicare il peccato di pensiero o di desiderio (vv. 17ab); 2) il fornicatore in cerca di incontri di qualsiasi genere, per il quale «ogni pane è appetitoso» (vv. 17c-f); 3) l'adultero (vv. 18-21).7 Una conferma indiretta che Sir 23,17 non si riferisse alla masturbazione, può essere il fatto che non risulta nessun influsso esercitato da questo testo nei secoli successivi. Se vi avesse fatto riferimento, quasi certamente sarebbe stato ripreso dagli autori
4 Cf. ad es. R . SMEND, Die Weisheit des Jesus Sirach, 1906; H . DUESBERG-I. FRANSEN, Ecclesiastico, Torino-Roma 1966. 5 Cf. tra gli altri J. KNABENBAUER, Commentarius in Ecc/esiasticum, Parisiis 1902, 259: « •.• Tali cupiditate agitatur homo , qui in corpo re carnis suae fornicarius est, id est masturbatus; ille enim non desinet, donec ignis exustus est, comsumptus est. Talem etiam syrus dare designat: vir qui lascivus est in pudenda carnis suae». Ancora di recente M. Zalba , riferendosi a Sir 23,17 , afferma: "Potuisset fortasse commemorari , non sine solido fundamento, locum Veteris Testamenti in quo videtur hoc vitium in propria sua forma reprobari dum describuntur tres species hominis luxuriosi » (Declaratio de quibusdam quaestionibus ad sexualem ethicam spectantibus, in PRMCL 66(1977), 106). 6 Per il significato del termine nOQvoç cf. F. HAUCK-S. SCHULZ, art. nOQv1'] , nOQvoç; nOQvEla, ecc .. in GLNT. X. 1447-14RR. 7 Cf. La Bible. L 'Ancien Testament, Bruges 1959, II, 1783s. F. Hauck-S. Schulz (GLNT, X, 1468) interpretano l'av8Qonoç nOQvoç del v. 17 come l'uomo dedito alla prostituzione.
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cristiani. Il libro del Siracide era infatti ben conosciuto tra i cnstIani, tanto da ricevere l'appellativo di «Ecclesiastico».8 Dal breve esame condotto sui due testi dell' AT, i soli che potevano in qualche modo alludere alla masturbazione, sembra si possa affermare che l'autoerotismo come problema morale specifico era pressoché sconosciuto agli ebrei, quantomeno non faceva parte dei peccati che Dio rimprovera a Israele. Infatti, se l'autoerotismo in Israele fosse stato condannato espressamente in una qualche circostanza, come ad es. nell'episodio di Onan, molto probabilmente le leggi avrebbero fatto eco a questa riprovazione. È vero che un uomo è considerato impuro , se ha una polluzione , ma non viene condannato per questo, gli si chiede solo di lavarsi (Lv 15,16). Qui si tratta poi chiaramente di una prescrizione rituale, che non ha rapporto diretto con la morale. Il silenzio dell' AT riguardo all'autoerotismo come pure riguardo ad altri comportamenti sessuali9 salta maggiormente agli occhi, se si osservano le disposizioni severe su altre questioni sessuali. All'interno stesso del matrimonio certi comportamenti sessuali sono severamente condannati dalla legge. Ad es. l'unione sessuale durante le regole è equiparata all'adulterio (Lv 18,19; 20,18; Es 18,6; 22,10) e costituisce un erimine per il quale l'uomo e la donna devono essere «eliminati dal loro popolo» (Lv 20,18). Allo stesso modo la legge commina la pena di morte a chi pratica l'omosessualità (Lv 18,22; 20,13) e la bestialità (Es 22 ,18; Lv 18,23 ; 20,16; Dt 27 ,21). Se questi atti erano puniti così severamente, ci si può domandare perché non doveva essere espressa una qualche condanna anche nei confronti della masturbazione, nel caso fosse stata ritenuta immorale. Non si può neppure supporre che non ci fosse stata occasione pi legiferare sulla masturbazione. La masturbazione era certamente praticata anche in quell'epoca, come del resto sempre . La storia ne dà testimonianza. Ci sono documenti egiziani che rivelano come tale pratica fosse già conosciuta e condannata in un paese la cui influenza culturale fu molto grande presso gli ebrei. lO
8 Cf. Biblia patristica. Index des citations et allusions bibliques dans la littérature patristique, 3 voll ., Éditions du Centre Nationale de la recherche scientifique , Paris 1975ss. Da questa opera risulta che perlomeno fino al IV secolo nella letteratura patristica non esiste alcuna citazione di Sir 23 ,17 e neppure un'allusione . 9 Anche la contraccezione non sembra venga presa in considerazione nell' A T: cf. DUBARLE, La Bible et les Pères, 573-610; NOONAN, Contraception, 44-50 . lO Cf. J .B. PRITCHARD, Ancient Near Eastern Texts relating to the Old Testament , Princeton 1950, 34, citato in PLt, La masturbation, 260.
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Tutte queste considerazioni, soprattutto la mancanza di una proibizione esplicita in contrasto con le regole esplicite riguardanti altri comportamenti sessuali, ci inducono a rilevare come l'A T in merito all'autoerotismo non prenda alcuna posizione, mantenga il silenzio; o perlomeno non lo consideri tra i comportamenti contrari alla legge.
Nuovo Testamento Anche per quanto concerne il NT dobbiamo considerare seriamente l'ipotesi che esso prenda una chiara posizione sulla questione dell'autoerotismo. Come lo fa per altre questioni sessuali, così potrebbe farlo anche per questo . Abitualmente si è ritenuto di scorgere la condanna esplicita della masturbazione in testi come 1Cor 6,9s, dove tra gli esclusi dal Regno sono enumerati i l-taÀ.a'XoL ; 1Ts 4,4s ., dove è riportata la monizione paolina a «mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, non come oggetto di passioni e libidine»; Rm 1,24, dove si dice che i pagani, abbandonati da Dio all'impurità, disonorano i propri corpi in se stessi (Là OWl-taw almDv Èv a lJ'toi:ç; Volg.: corpora sua in semetipsis); oppure si è creduto di vedere una riprovazione complessiva della masturbazione in quei testi neotestamentari in cui si condanna genericamente l'impudicizia (nogvda) e l'impurità (à'Xa8agoLa) . Ma in realtà in nessuno di questi testi si parla chiaramente della masturbazione e ovviamente non vi si esprime nessuna condanna esplicita. Servendoci principalmente dello studio ben documentato di A. Humbert, analizziamoli più da vicino ." In 1Cor 6,9s - come abbiamo detto - Paolo tra gli esclusi dal Regno menziona i l-taÀ.a'XoL (Volg.: mol/es) . È il solo passo di tutta la Scrittura in cui questa parola figura in un contesto sessuale. Presso gli autori profani, classici ed ellenistici, f-taÀa'Xoç può significare , secondo i casi , molle, morbido , dolce , tenero, delicato, facile , compiacente , senza resistenza, effeminato . In qualche passo assume un significato propriamente morale e indica l'uomo che serve da strumento passivo all'omosessuale attivo. Quest'ultimo significato sembra essere quello che più conviene al testo di 1Cor 6,9s. 12 È dunque a torto che certi autori hanno visto in questo passo
" A. HUMBERT, Les péchés de la sexualité dans le Nouveau Testament , in StMor 8(1970), 149-183. 12 HUMBERT , Les péchés , 154.
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una condanna della pratica masturbatoria. Anche se il loro errore è comprensibile, in quanto a cominciare dal medioevo, sia in oriente che in occidente, si diffuse l'uso di indicare la masturbazione con i termini /-laÀaxta e mollities / 3 purtuttavia la loro interpretazione non può essere accettata. Gli autori cristiani più antichi invece, nelle loro esegesi, non spiegarono il vocabolo /-laÀaxoç, in quanto il suo senso in quei primi secoli doveva essere a tutti noto. In lTs 4,4 Paolo esorta a «mantenere il proprio corpo ("tò ÉalJ"tOv aXEvoç x"taa8m) con santità e rispetto». In questo passo non è neppure certo il riferimento al proprio corpo. L'espressione "tò ÉalJ"tov aXEvoç x"taa8m ha dato luogo fin dall'antichità a due interpretazioni principali. Alcuni vi vedono un'esortazione a possedere il proprio corpo con santità e rispetto, altri l'interpretano come riferita al matrimonio: che ciascuno sappia possedere la propria donna nella santità e nell'onore. Nel primo caso si avrebbe un'esortazione alla purità individuale, nel secondo un'esortazione alla purità nell'ambito dei rapporti coniugali. Tutto dipende dall'interpretazione del termine aXEvoç (=vaso), che in questo contesto può riferirsi sia al proprio corpo sia alla propria moglie. La questione sembra che non si possa decidere né dal punto di vista filologico né dal punto di vista dottrinale. 14 Tuttavia, anche se si sceglie il significato di corpo, ci si troverebbe certo di fronte a un'esortazione alla purità individuale, ma da qui non si può concludere a una riprovazione della masturbazione come tale. In Rm 1,24 Paolo afferma che i pagani, non avendo dato onore a Dio , sono talmente sprofondati nell'impurità, da disonorare i loro corpi in se stessi (EV alJ"toiç; in semetipsis). Qual è il senso ovvio di questo versetto? Gli esegeti più antichi non vi hanno ricercato in genere nessun senso speciale, però già alcuni hanno attribuito all'espressione Èv alJ"toiç un senso di reciprocità, intendendo «tra di sé, fra di loro» (così ad es. i padri greci, Ambrogio). L'opinione più comune tra gli esegeti moderni e la più fondata razionalmente è che nel v. 24 si fa già un primo accenno all'omosessualità, della quale si
13 I termini ~aÀ.axta e mollities con il senso di masturbazione si incontrano per la prima volta tra l'VIII e il X secolo , prima in occidente , poi in oriente . In occidente, esso compare nel Capitulari secundo, uno scritto di Teodulfo , vescovo di Or1éans , databile intorno all'813 (PL 105,215) in oriente, nel Kanonarion, il primo tra i penitenziali orientali, scritto da un certo Giovanni monaco e diacono tra il fine dell'VIII e il X secolo (L MORlNUS, Commentarius historicus de disciplina in administratione Sacramenti Paenitentiae , Parisiis 1651 , Bruxellis 1685, Appendix 101117). Cf. anche TOMMASO D'AQUINO, S.Th. II-II, 154, 12. 14 Cf. H UMBERT , Les péchés, 161. Sull' uso di oxEiioç nella letteratura biblica ed extrabiblica cf. C. MAURER, art. oxeiioç, in GLNT, XII, 425-450.
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parla esplicitamente nei versetti successivi (vv. 26-27).15 D'altra parte nessun esegeta interpreta Rm 1,24 come riferito alla masturbazione. Solo alcuni moralisti moderni riportano il versetto come argomento scritturistico sulla peccaminosità della masturbazione, ma senza addurre alcuna spiegazione. 16 Rimangono infine da considerare i testi neotestamentari in cui si parla di impudicizia (ltoQvEta) e di impurità (àxa8aQ(Jla). Il NT infatti non si limita a prendere in considerazione soltanto l'adulterio e l'omosessualità, ma fa riferimento anche a tutta una serie di disordini sessuali che costituiscono una realtà dai contorni più larghi e imprecisi: quella che in numerosi passi è designata appunto da termini come ltoQvEta e àxa8aQ(Jla. In effetti questi termini non stanno forse ad indicare tutta una moltitudine di situazioni e comportamenti sessuali? Non potrebbero in qualche caso insinuare un senso più ristretto e specifico e quindi riferirsi direttamente alla masturbazione? Oppure non potrebbero abbracciarla complessivamente? Questo è in fondo il problema a cui dobbiamo dare una risposta in questo contesto. A tale scopo s'impone lo studio dei significati che rivestono i termini ltoQvEta, àxa8aQ(Jla e i loro derivati nel NT. Il termine ltoQvEta (Volg.: impudicitia)17 è talvolta usato nel NT in senso metaforico per indicare l'infedeltà religiosa (Gv 8,41; Ap 2 e 17-19; Eb 12,16). Nel decreto di Gerusalemme (At 15,20.29; 21,25) designa con molta probabilità, in riferimento alle prescrizioni di Lv 17-18, le unioni incestuose che costituivano agli occhi dei giudeo-cristiani un principio di impurità legale. In caso di ltoQvEta, cioè di unione tra parenti prossimi, i pagani che divenivano cristiani dovevano rompere una tale unione. Secondo un'opinione solidamente fondata lo stesso significato si riscontrerebbe negli incisi di Mt 5,32; 19,9. 18 In tutti gli altri passi del NT il termine ltoQvEta riveste un significato più propriamente morale, che è poi quello che a noi realmente interessa. Per comprendere qui con precisione il senso di ltoQvEta occorre distinguere i passi in due gruppi: quelli il cui contesto permette di precisare o almeno di chiarire la portata
" Cf. HUMBERT, Les péchés, 150, nota 2. 16 Cf. ad es. M. ZALBA , Theologiae moralis compendium, Madrid 1958, I, 773; ID ., Adnotationes de castitate. Ad usum privatum, PUG, Romae 1965-1966, 89. 17 Mt 5,32; 15,19; 19,9; Mc 7,21; Gv 8,41; At 15,20.29 ; 21,25; lTs 4,3; 1Cor 5,1; 6,13 .18; 7,2; 2Cor 12,21 ; Gal 5,19; Col 3,5; Ef 5,3; Ap 2,21; 9,21; 17,2.4; 18,3; 19,2. Cf. HAUCK-SCHULZ , art. 1toQVT], in GLNT, X, 1447-1488. Per il significato di 1toQvEla nel tardo-giudaismo , periodo contemporaneo al NT, si veda Rosso UBIGLI, Alcuni aspetti della concezione della «porneia», 201-245. 18 Cf. HUMBERT, Les péchés, 155-159, insieme atta bibliografia ivi riportata.
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del termine; quelli che riportano il termine, senza altra determinazione, all'interno dei cataloghi di disordini morali. Per quanto riguarda il primo gruppo, il senso di :TtoQvda risulta soprattutto da passi come 1Cor 5,1; 6,12-20; 7,2; e 1Ts 4,3-8. Nel primo testo (lCor 5,1) Paolo qualifica come :TtoQvEla l'unione incestuosa di un membro della comunità di Corinto con la sua matrigna (probabilmente vedova e pagana). Nel secondo (lCor 6,12-20) se la prende con i libertini in generale - giovani, celibi, uomini sposati - che frequentavano le prostitute sia sacre che profane, oppure mantenevano unioni irregolari . 19 In 1Cor 7 Paolo risponde alle domande dei corinzi sul matrimonio e il celibato. Alla massima dei suoi corrispondenti: «È cosa buona per l'uomo non toccare donna» (v. 1b)20 l'apostolo, per il pericolo delle :TtoQvELm (v. 2a), raccomanda da una parte che ogni uomo abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito (v. 2b), e dall'altra precisa che gli sposi sono tenuti al debitum coniugale e non possono dispensarsene che di comune accordo temporaneamente e per un giusto motivo, come può essere la preghiera (vv. 3-5). In questo contesto, il plurale :TtoQvELm può intendersi certamente in un senso molto generale, ma tenendo conto del legame di continuità con 1Cor 6,12-20, esso va riferito principalmente a tutte le relazione sessuali irregolari , occasionali o continuate, al di fuori del matrimonio .21 Infine , in 1Ts 4,3-8 Paolo 19 Dato che la città di Corinto era famosa per le sue numerose cortigiane sacre o ierodule, si può ragionevolmente supporre che Paolo metta in guardia soprattutto dalla prostituzione sacra. Un indizio di ciò potrebbe essere la terminologia cultuale presente in tutto il contesto e il fatto che la Scrittura associ spesso la ltoQvda all'idolatria: cf. HUMBERT, Les péchés, 160; cf. anche G. GIAVINI, Vita, peccati e speranze di una chiesa , Milano 1978, 38-40.149-155. Il Giavini, commentando 1Cor 6,12-20, afferma che la ltoQvE[a riguarda «un comportamento libertino ... come il frequentare una prostituta o un 'adultera , oppure un 'unione di tipo matrimoniale ma chiaramente indegna e scandalosa» (p. 39). Si tratterebbe insomma di unioni (più o meno stabili) irregolari , e quindi illecite , al di fuori del matrimonio legittimo. Questa interpretazione è data anche da M. GILBERT, " Une seu/e chair» (Cen. 2,24) , in NRTh 110(1978), 84-86. 20 Secondo l'opinione di vari autori , il v. 1b è da considerarsi come una citazione della lettera inviata a Paolo dai corinzi , o almeno come una frase che riassume il loro punto di vista; cf. M. THuRIAN, Mariage et cé/ibat , NeuchàteI1964, 69ss (tr. il. Matrimonio e celibato, Brescia ' 1980) . 2 1 Cf. GIAVINI , Vita , 154-155. Humbert , nell'articolo già da noi più volte citato, afferma tuttavia : «Dans ce contexte le plurielltoQvELm doit s'entendre dans un sens très général et se référer à toutes les activités extra-conjugales, sans qu'on puisse préciser la nature des actes que Paul a plus spécialment en vue» (p. 160). D 'accordo che non si possa precisare la natura dei disordini sessuali intesi da Paolo, ma ci sembra eccessivo dire che ltoQvElm si riferisca semplicemente ad ogni attività sessuale extra-coniugale . In base a quanto affermato dal Giavini e da altri esegeti, Paolo in questo passo come altrove sembra tener in vista soprattutto i rapporti , le re/azioni sessuali illegittime al di fuori del matrimonio.
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invita i cristiani ad astenersi dalla JtogvEla e a mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, e a non ledere e sfruttare il prossimo in questa materia. Buoni autori ritengono che qui vi sia un'allusione evidente all'adulterio, anche se la prescrizione dell'apostolo può avere una portata più generale. 22 Come nel passo precedente , anche qui il termine JtoQvda sembra dunque riferirsi principalmente ad ogni unione sessuale illecita al di fuori del matrimonio. Gli altri usi di JtogvELa - siamo al secondo gruppo - figurano invece nei cataloghi dei peccati e dei vizi , di derivazione giudaicoellenistica,n dove è facile riconoscere il senso morale del termine, ma è molto più difficile precisarne il contenuto concreto. Bisogna infatti tener presente che Paolo , come pure il NT nel suo complesso , benché a volte parli dei peccati sessuali in forma specifica, il più delle volte lo fa in forma generica. Ciò risulta dai termini stessi che adottano una forma generica senza precisazioni né dettagli; e ancor più dalla natura dei cataloghi, in cui questi termini spesso compaiono. I cataloghi infatti non sono un'elencazione logica e sistematica dei peccati , ma una descrizione generica del modo di agire del pagano o del cristiano prima della conversione o di chi è sotto il dominio del peccato. I cataloghi possono avere di mira anche degli atti concreti, ma questi sono intesi come segno di una situazione vitale sotto il dominio del peccato .24 Il termine JtoQvdu e altri simili, quando figurano nei cataloghi dei vizi , non possono avere dunque che un significato molto generale. Il sostantivo àxa8agola (Volg.: immunditia) e l'aggettivo àx6.8ag'tOç con significato etico-religioso , il solo che a noi interessa, compaiono nel NT rispettivamente nove volte e tre volte. 25 In testi come 2Cor 6,17; Rm 6,19; Ap 17,4; 1Ts 2,3 questi termini hanno un senso molto generale: evocano la situazione religiosamente e moralmente corrotta, nella quale si trova sprofondato il paganesimo oppure lo stato di depravazione che caratterizza l'esistenza umana sotto il peccato. In tutti gli altri testi rivestono anche il senso di impurità sessuale, rimanendo però sulle generali, 22
Cf. i commenti di Rigaux e di Rossano . Si veda anche HUMBERT, Les péchés,
161. 23 Alcuni esempi di cataloghi di vizi: Mt 15,19; Mc 7,21; lCor 6,9-10; 2Cor 12,21; Gal 5,19; Col 3,5; Ef 5,3; Ap 9,21. Sul genere letterario dei cataloghi si vedano A . VOGTLE, Die Tugend- und Lasterkataloge im NT, Miinster 1936; S. WIBBING, Die Laster- und Tugendkataloge im NT, Berlin 1959; E. KAMLAH, Die Form der katalogischen Pariinese im NT, Tiibingen 1964. 24 Cf. G . SEGALLA, I cataloghi dei peccati in S. Paolo , in StPat 15(1968) , 219223. 25 àxo9o(lolo: lTs 2,3; 4,7; Gal 5,19; Rm 1,24; 6,19; 2Cor 12,21; Col 3,5; Ef 4,19; 5,3; >: J.J . VON ALLMEN , Maris et femmes, Neuchàtel 1951, 52.
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nonostante, è incontestabile il valore che il NT annette alla procreazione. Vi si trovano infatti numerose indicazioni che affermano implicitamente la legittimità dei figli e la dignità del parto. Vi è anche un testo esplicito, 1Tm 2,15 , che all 'apparire delle prime eresie contrarie al matrimonio e alla procreazione , afferma che le donne si salvano diventando madri. Nella stessa lettera si invitano le giovani vedove a risposarsi (lTm 5,14) . Il NT, insomma, dà in certo senso per scontato il valore della procreazione e quindi non vi insiste eccessivamente, volendo mettere in luce altre dimensioni della sessualità. Il punto centrale, in passi come Ef 5,25-33 e 1Cor 7,3, dove si parla o quanto meno si allude ai rapporti coniugali, è per noi il fatto che essi sono considerati legittimi per un cristiano; anzi presentano anche un significato religioso. Da qui scaturisce però una distinzione secondo cui un certo numero di altri comportamenti sessuali sono da considerarsi peccato . Alla legittimità dei rapporti coniugali Paolo, come del resto il NT, oppone infatti tutta la peccaminosità di altri comportamenti sessuali, che a volte vengono indicati specificamente , altre volte solo genericamente. Il NT in numerosi testi, per la maggior parte parenetici, riprova esplicitamente in primo luogo l'adulterio (flOlXda) , tanto per l'uomo che per la donna (Mt 5,27-28 ; Mc 10,19; Lc 16,18; 1Cor 6,9; Eb 13,4, ecc.); la «fornicazione» (noQvda), con cui si indica la prostituzione, soprattutto quella cultuale, e le relazioni sessuali illecite tra uomo e donna al di fuori del matrimonio (lCor 6,12-20; Mt 5,32; 19,9; ecc.); l'incesto (lCor 5,1) e l'omosessualità (Rm 1,24-27; 1Cor 6,9). Oltre a ciò il NT, attraverso i cataloghi dei vizi che riflettono la precettistica morale del tempo, riprova tutta una serie di disordini sessuali , indicati genericamente con i termini nOQvda -la nOQvda sotto tutte le forme - , àxa'l't e altri simili. 39 È probabile che gli autori del NT in queste loro enumerazioni non pensassero a tale o tal'altro atto specifico, quanto piuttosto ad un clima di immoralità che regnava in certi ambienti pagani e che i cristiani erano chiamati ad evitare. Comincia dunque qui nel NT il processo di discernimento etico, che porta alla distinzione e alla classificazione dei disordini sessuali da ritenere incompatibili con l'essere cristiani, opera che sarà continuata dalle generazioni cristiane lungo i secoli. Accanto alla riprovazione dei disordini sessuali emergono nel NT diversi altri elementi che merita conto segnalare. In relazione
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Per i cataloghi dei vizi cf. sopra, nota 23 .
alla condanna della fornicazione-prostituzione, soprattutto sacra, c'è un passo di Paolo che mette in rilievo, su uno sfondo cristologico, il particolare significato del «corpo» (awf..la) : Tutto mi è lecito! Ma non tutto giova. Tutto mi è lecito! Ma io non mi lascerò dominare da nulla . I cibi sono per il ventre e il ventre per i cibi! Ma Dio distruggerà questo e quelli: il corpo poi non è per l'impudicizia, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio poi, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? Non sia mai! O non sapete voi che chi si unisce alla prostituta forma con essa un corpo solo? I due saranno, è detto , un corpo solo. Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. Fuggite la fornicazione! Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all'impudicizia, pecca contro il proprio corpo. O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito santo che è in voi e che avete da Dio , e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo . Glorificate dunque Dio nel vostro corpo! (1Cor 6,12-20).
In un contesto prettamente culturale (in quanto vengono usati continuamente termini cultuali), il passo adduce varie motivazioni che dimostrano una malizia speciale e più profonda della fornicazione-prostituzione commessa dai cristiani. La ragione principale sta nel prendere «le membra di Cristo» per farle «membra di una prostituta» e nel formare con essa «un corpo solo». Il testo mostra tutto il significato e il valore del «corpo» (awf..lu), cioè della persona che si esprime nel corpo,40 e tutta la serietà e la densità dei rapporti sessuali. A coloro che riducono i rapporti sessuali a un semplice bisogno fisiologico come il mangiare e il bere, Paolo risponde che l'unione sessuale è un'attività del «corpo», il quale è tempio dello Spirito santo, è destinato alla risurrezione ed è così strettamente unito al Signore da formare con lui un solo corpo. Dal punto di vista antropologico il testo afferma dunque implicitamente che l'attività sessuale, che ha la sua sede e il suo principio nel «COrpO»,41 40 Il mangiare e il bere sono funzioni della xOLÀlO (ventre), invece le funzioni sessuali appartengono al o . Ritiene invece buoni i rapporti coniugali al fine di generare figli per il bene dello stato e invita a imitare gli animali, le cui femmine una volta incinte non distruggono i loro figli. 18 Gli stoici, oltre queste posizioni di fondo, presentano diversi altri elementi che potevano concorrere allo sviluppo di una morale sessuale in seno al cristianesimo primitivo. Così ad es. l'idea di una legge naturale, universale, iscritta nell'ordine delle cose, e che la ragione coglie in modo spontaneo e ovvio. Questo concetto , utilizzato già da Paolo in Rm 2,14, in modo quasi accidentale, si trova ampiamente sviluppato presso gli stoici. 19 Esso sarà ripreso , sotto varie forme, dagli autori cristiani e servirà a giudicare, in campo sessuale come in altri, i comportamenti degni o indegni dell'uomo. lO MUSONIO , Reliquiae (HENSE 67,6) . Reliquiae (HENSE 64,1) . 17 EPITIETO, Enchir. 33,8 (SCHENKL 26). 18 SENECA, Fragm. (F.G. HAASE, Lipsiae 1897, n. 84). Il passo si trova solo in GIROLAMO, Contra Jovinianum 1,49 (PL 23,281). L'accostamento con le bestie che bisogna imitare nel non distruggere i figli sarà interpretato più tardi dai cristiani come un'ingiunzione a non avere rapporti durante la -gravidanza . 19 Cf. SPAN NEUT, Le stoi"cisme des Pères, 250-253. 20 Il concetto di legge naturale si basa ovviamente sulla nozione di < >,48 ma, quel che maggiormente interessa, è il constatare che all'adulterio vengono assimilati tutta una serie di peccati concernenti la sfera sessuale. Il comandamento «non commettere adulterio» non riguarda più soltanto il caso specifico dell'adulterio, ma acquista un significato molto più vasto. In armonia con la tendenza, propria di quest'epoca, a «unificare», a riunire i comandamenti in gruppi, esso diventa come una summa, in cui si ricapitolano tutte le disposizioni della legge riguardanti i peccati di ordine sessuale:9 In pratica, il divieto della ltoQvda (= fornicare) , che riassume tutti i peccati sessuali , viene sussunto nel divieto di «commettere adulterio» . L'interpretazione estensiva dei termini ltoQvda e flOlxda, come anche la sussunzione del primo nel secondo, si ritrova non solo presso i rabbini, come già abbiamo avuto modo di osservare in questo stesso capitolo, ma anche presso alcuni autori cristi ani. 50 Possiamo dunque ritenere che comincia qui, nel tardo-giudaismo precristiano e contemporaneo al nascere del cristianesimo, quel processo di progressiva sussunzione dei peccati sessuali nei termini ricapitolativi di ltoQvda e flOlXda. Ma, poiché d'ora in poi questi termini molto spesso non avranno più un senso specifico, tale processo non potrà aver luogo, se prima o contemporaneamente non si sarà pervenuti all'esplicitazione e specificazione dei peccati sessuali; se cioè prima o contemporaneamente non si sarà
della vita colpevole». Infatti il desiderio (Jto8oç) dell'unione reciproca, che sorge tra l'uomo e la donna allo scopo della procreazione, «genera anche il piacere fisico (letter .: dei corpi) (6 6È Jto8oç oU'wç xaL 't~v 'tWV OO!!>.20 La continenza perfetta sembra dunque essere l'unica alternativa al matrimonio vissuto con l'intenzione esclusiva di procreare dei figli . Riferendosi infine al caso di una cristiana convertita , sposata ad un uomo che cercava di soddisfare con essa in modo sfrenato e abnqrme la propria lussuria, Giustino definisce questo comportamento «contro la legge della natura e contro ciò che è giusto».21 È interessante questo richiamo a una legge di natura e quindi a un criterio razionale , per definire lecito o illecito un comportamento in materia sessuale. L'appellarsi a questo concetto dipende certamente dall'influsso stoico , propiziato però anche dall'esempio di Paolo che 'ugualmente aveva fatto ricorso a tale concetto. 22 Atenagora, filosofo cristiano ateniese, nella sua Supplica a favore dei cristiani , scritta verso il 177 e indirizzata agli imperatori Marco Aurelio e Commodo , menziona tra i vizi la prostituzione, l'adulterio , la corruzione dei fanciulli, l'omosessualità, che fa oltraggio «ai corpi più rispettabili e belli» e disonora la «bellezza che è opera di Dio»,23 ma non arriva a toccare il nostro tema. 18
GIUSTINO, Apol. 1,29 (PG 6 ,374) . Cf. sopra c. II , nota 29. 20 GIUSTINO , Apol. I , 29 (PG 6,374). 21 G IUSTINO , Apol. II ,2 (PG 6,443) . 22 «Saint Justin est le premier des Pè res qui ait mis nettement en valeur la notion de "Ioi naturelle"»: SPANNEUT, L e stoi'cisme des Pères, 253. 23 A TENAGORA , Suppl. XXXIV (PG 6,967); tr . it. in ID ., L e opere, introd ., trad . e note di Salvatore Di Meglio , Siena 1974. 19
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Manifesta tuttavia un insieme di opinioni in fatto di etica sessuale, che indirettamente possono farci vedere in che contesto avrebbe potuto porsi il problema dell'autoerotismo. Come Giustino, Atenagora loda la verginità come il più bel frutto della morale cristiana, in quanto favorisce l'unione con Dio: Potresti anzi trovare molti dei nostri, uomini e donne, giunti alla vecchiaia senza sposarsi, nella speranza di unirsi più intimamente con Dio! Che se il rimanere vergini e celibi più ci avvicina a Dio, e se al contrario, il solo giungere al pensiero e alla concupiscenza ce ne allontana, molto più evitiamo quelle opere di" cui fuggiamo il pensiero. 24
Dopo aver così ricordato che i cristiani evitano tutto ciò che in pensieri e opere si oppone alla verginità, per quanto riguarda il matrimonio , ripete la regola stoica della procreazione come unico fine: «Ciascuno di noi reputa sua moglie quella che ha sposato secondo le leggi stabilite da voi e la considera tale solo per la procreazione dei figli». 25 Servendosi poi di una metafora agricola del tipo di quelle già care a Filone e agli stoici, aggiunge che i cristiani, di conseguenza, evitano i rapporti coniugali durante la gravidanza: Come l'agricoltore, una volta seminato il campo, aspetta la messe senza ripetere la semina, cosi anche per noi la misura della concupiscenza è la procreazione della prole.26
Le parole di Atenagora indicano nettamente che i figli cost~tui scono l'unico fine del matrimonio e dei rapporti coniugali .· La procreazione è dunque l'unica «misura» - come dice lui - l'unico criterio , per il controllo e l'orientamento dei rapporti coniugali. Non c'è alcuno spazio per considerazioni di tipo personalistico , come ad es. l'amore. Eppure Paolo in Ef 5, parlando dei rapporti coniugali, si era espresso in termini di amore . Conseguenza di questo rigorismo etico sessuale è anche la condanna del secondo matrimonio: «Si rimane come si è nati oppure ci si accontenta di un solo matrimonio. Le seconde nozze non sono altro che un decoroso adulterio ... ».27 In Atenagora sembra dunque che tutta l'etica sessuale si possa così riassumere: o restare continenti o abbracciare un solo matrimonio, e questo unicamente al fine di generare dei figli. 24 25
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ATENAGORA , ATENAGORA, ATENAGORA , ATENAGORA ,
Suppl. Suppl. Suppl. Suppl.
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6,966) . 6,966) . 6,966) . 6,966).
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Teofilo, vescovo di Antiochia, nel III libro Ad Autolico, composto non molto dopo il 180, descrive e difende i costumi cristiani, contrapponendoli alla condotta immorale dei pagani. Al tempo stesso propone la purità, in pensieri ed opere, insegnata dalla Scrittura: Riguardo alla purezza (J'tEQL aqtv6t'lltOç) la parola santa ci insegna a non peccare non solo con le opere, ma nemmeno con il pensiero; a non soffermarci con il cuore su pensieri che portano a qualcosa di male e a non desiderare la donna degli altri quando i nostri occhi la vedono (cf. Mt 5,28-32).28 Il peccare «con le opere» e «con il pensiero», nel contesto di un'esortazione alla purità, indica naturalmente oltre l'adulterio ogni licenza sessuale, che ha origine nel pensiero e nel desiderio e che può tradursi anche in atti concreti. Ma usando queste espressioni generali, i primi autori cristiani non necessariamente pensano, in modo distinto e specifico, ad ogni possibile comportamento sessuale da ritenere peccaminoso. Come risulta dall'insieme dei loro scritti e dalle loro prese di posizione più freqUenti, i peccati sessuali che più frequentemente e immediatamente vengono loro in mente sono quelli di natura interpersonale e sociale: l'adulterio, la fornicazione, l'omosessualità. Perciò anche qui, al di là di un'esortazione generale alla purità in pensieri e opere, non troviamo una distinzione e una condanna esplicita del comportamento autoerotico. Questo silenzio non dipende senz'altro da un certo pudore o riserbo che i Padri avrebbero nel parlare di questi argomenti. Quando occorre, essi sanno indicare con il loro nome tutti i disordini sessuali, anche quelli abnormi, e sanno descrivere le situazioni più scabrose. Lo stesso Teofilo ce ne dà un esempio, quando, sottolineando le debolezze e i vizi che gli scrittori del paganesimo attribuiscono ai loro dèi, ricorda un caso di fellazione. 29 Teofilo ci dà inoltre la testimonianza della corruzione dei costumi pagani, appresa da lui attraverso la lettura delle opere classiche conservate nelle biblioteche. Cita più volte Diogene, Aristofane e gli stoici antichi, Zenone e Crisippo, che come sappiamo della masturbazione non avevano fatto mistero. Possia-
28 TEOFILO DI ANTIOCHIA, Ad Autolico III, 13 (PG 6,1139); tI. it.: Tre libri ad A utolico , vers., introd. e note a cura di Gramaglia Pierangelo, Roma 1965 . . 29 ATENAGORA, Suppl. III,3 (PG 6,1126): «Chi non inneggia ... che Era,- sorella di Zeus, non solo sposò il fratello, ma commise infami turpitudini con la sua bocca impura?».
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mo dunque supporre che Teofilo dalla lettura delle opere classiche fosse venuto a conoscenza anche di questa realtà. Perché non sentì la necessità di esprimere un giudizio al riguardo?30 La Lettera a Diogneto , infine, non contiene nulla che possa interessare direttamente il nostro problema. Presenta il paradosso della vita dei cristiani, che è uguale e nello stesso tempo diversa da quella degli altri uomini, soprattutto perché non espongono i bambini e rifuggono da ogni promiscuità: «Si sposano come tutti, e generano figli , ma non gettano i neonati. Mettono in comune la . mensa, ma non il letto». 31 Abbiamo dato molto spazio agli scritti cristiani post-biblici dei primi due secoli, perché essi ci danno modo di vedere l'orientamento assunto dall'etica sessuale cristiana fin dagli inizi, orientamento destinato naturalmente a esercitare un influsso anche in seguito. Pur non contenendo esposizioni sistematiche di morale , essi ci offrono - come abbiamo visto - un ricco materiale di catechesi, in cui compaiono vari elenchi di peccati, talvolta abbastanza particolareggiati. Le fonti sono principalmente le prescrizioni veterotestamentarie, soprattutto il decalogo, e gli elenchi neotestamentari. Questi scritti però non si limitano a ripetere gli elenchi presenti nella Bibbia, ma a volte li ampliano , aggiungendovi nuovi peccati. Si nota così un certo progresso. È questo un segno che la Scrittura in questi primi tempi non rimane lettera morta, ma vive e cresce, stimolando i cristiani ad approfondire le indicazioni morali in essa contenute , secondo le nuove necessità ascetiche e pastorali. Tra i peccati di ordine sessuale si riprovano chiaramente l'adulterio, la fornicazione e la pederastia. Per il resto si usano le formule generali, già introdotte da Paolo, come impurità, lascivie, concupiscenze. Non si fa alcuna distinzione specifica della masturbazione, anche là dove forse era possibile farlo . Certamente questi primi due secoli non possono essere considerati il periodo in cui si prende coscienza dell'autoerotismo come problema morale. 30 Nella stessa opera leggiamo tra l'altro: «Furono forse utili a Euripide, a Sofoc1e e agli altri drammaturghi le loro tragedie? o a Menandro, ad Aristofane e ad altri commediografi le commedie? .. A Diogene la filosofia cinica?.. (III,2; PG 6,1122-1123) . Tu hai letto molte cose; che ti pare dunque della dottrina di Zenone, di Diogene, di Cleante, di quanto è contenuto nei loro libri che insegnano l'antropofagia? ... (III,5; PG 6,1126). Perché allora Epicuro e gli stoici insegnano a commettere incesti con le sorelle e a unirsi con uomini, perché hanno riempito le biblioteche di simili insegnamenti affinché si imparassero fin da fanciulli queste unioni illecite? ... (111,6; PG 6,1130) . Non si trova presso Crisippo, che ha raccontato molte stramberie, l'accenno a Era che si unì a Zeus con la sua bocca impura? (111,8; PG 6,1134) >>. 3I Lettera a Diogneto V,6-7 (FuNK, 1,398) .
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Eppure proprio in questi anni autori come Marziale e Luciano parlano apertamente della masturbazione. E prima di loro ne avevano parlato vari autori classici, che Teofilo dimostra di conoscere bene. Come spiegarsi il fatto che gli scrittori cristiani non sentono il bisogno , di fronte a una realtà messa in luce dai pagani, di prendere una posizione esplicita, come del resto fanno per altre questioni come l'aborto, l'adulterio, la corruzione dei fanciulli, l'incesto? Ogni risposta ovviamente è destinata a rimanere a livello di ipotesi , ma forse la più giusta è la seguente: in questo periodo il fatto della masturbazione tra i cristiani non costituisce un problema conscio e specifico, anche se poeti e scrittori qua e là ne parlano. Gli autori cristiani di questo periodo sembrano preoccupati, di fronte a un ambiente estremamente corrotto, soprattutto dei vizi di lussuria interpersonale e sociale, e quindi sono meno portati a prestare attenzione ai comportamenti piuttosto riservati, individuali. Per questi, dato che non sviluppano una speciale casistica, forse ritengono sufficiente un'esortazione generale alla castità. È opportuno infine considerare il modo globale in cui questi autori sembrano intendere l'etica sessuale. Da una parte, essi, in linea con l'insegnamento di Gesù e con quello del NT, insistono molto sulla verginità. A volte ne danno una motivazione nettamente positiva, teologica: «In onore della carne del Signore» - dice s. Ignazio; «Per unirsi più intimamente con Dio» - dice Atenagora Altre volte però sembrano accentuare talmente l'aspetto negativo dell'astensione dall'attività sessuale, che Giustino ad es. non esita a presentare l'autoevirazione come modo esemplare di praticare la continenza. Segno questo dell'infiltrazione di motivazioni estranee al cristianesimo e del progressivo affermarsi in ambiente cristiano di un'etica sessuale molto rigorosa rispetto al NT. Dall'altra, essi riconoscono la bontà e la legittimità del matrimonio, ma questo può avere come unico fine la procreazione dei figli. Si proibiscono così tutti i rapporti sessuali che non sono diretti a questo scopo, come possono essere quelli compiuti durante la gravidanza. In tal modo sembra delinearsi un'alternativa molto rigida: o l'esercizio dei rapporti sessuali nel matrimonio , al solo scopo della procreazione,i. o la continenza. Anche se ciò non è formulato del tutto esplicitamente, sembra però questo il criterio di fondo sotteso alle loro indicazioni di etica sessuale. In questo contesto, se si fosse posto il problema della masturbazione secondo la comprensione che ne abbiamo noi oggi, probabilmente avrebbe ricevuto un giudizio morale negativo. Tutta la loro argomentazione sembrerebbe opporvisi. Ma questo è un discorso 88
del tutto ipotetico, astorico. La realtà è che il problema dell'autoerotismo sotto l'aspetto morale - come risulta dall'esame dei testi - in questo periodo non si pone , non viene alla luce. Le loro argomentazioni quindi non toccano questo tipo di comportamento sessuale , che rimane al di fuori delle loro considerazioni. D'altra parte non possiamo noi arguire la loro posizione sull'autoerotismo , desumendola dalle loro enunciazioni generali di etica sessuale . Vediamo però quale sarà l'orientamento degli autori dei secoli successivi. Da essi forse ci potrà venire maggiore luce.
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Capitolo IV
III SECOLO: LA SCUOLA: ALESSANDRINA
Nel II sec. con gli scritti degli apologisti, benché caratterizzati da un tono polemico, possiamo dire che erano state gettate le fondamenta della scienza teologica. Nel III sec., dato il progressivo diffondersi della religione cristiana e il numero sempre crescente dei convertiti delle classi colte, si comincia a sentire sempre più urgente il bisogno, non solo di difendere il cristianesimo dalle accuse dei pagani, ma anche di considerare la dottrina cristiana come un tutto unico e di farne un'esposizione ordinata, completa e precisa. Da questa esigenza nelle città principali dell'impero, soprattutto in quelle orientali dove il cristianesimo era nato e si era maggiormente diffuso, sorgono le prime scuole teologiche. In queste scuole comincia l'elaborazione di sistemi abbastanza completi, frutto di una certa sintesi tra cultura biblica e cultura ellenistica. Ciò porta a una straordinaria fioritura della letteratura cristiana e a un progresso generale del pensiero teologico. La scuola più antica e più celebre è senz'altro quella di Alessandria di Egitto. Qui era nato l'ellenismo. Qui era stata fatta la traduzione greca della Bibbia, i Settanta. Qui si erano uniti gli apporti della cultura ebraica e di quella ellenistica. Qui, agli inizi della nostra èra, era vissuto e aveva operato lo scrittore Filone, il massimo rappresentante della letteratura giudaico-ellenistica. È in questo ambiente così ricco di fermenti culturali che i teologi cristiani, agli albori del III sec., danno inizio a un'elaborazione sistematica della dottrina cristiana.! Passando ora ad esaminare gli scritti cristiani di questo periodo, cominciamo, sia per ragioni di importanza che di carattere espositi-
1
Cf.
QUASTEN,
Patrologia, I, 283-285.
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vo, dagli scritti di lingua greca o dell'area orientale, principalmente da quelli che si ricollegano all'ambiente alessandrino. Il nostro compito naturalmente è sempre quello di vedere se e in che modo viene affrontato e valutato dal punto di vista teologico-morale il problema dell'autoerotismo . C'è da supporre che il progresso universale che si registra nel pensiero teologico di questo periodo porti con sé anche una certa evoluzione nel nostro problema, benché si tratti di un problema molto particolare e piuttosto marginale , «periferico» nel contesto di un'elaborazione dottrinale. 1.
CLEMENTE ALESSANDRINO
L'autore più rappresentativo di lingua greca degli inizi del III sec. è certamente Clemente Alessandrino, morto poco prima del 215. Convertitosi dal paganesimo , dove era stato iniziato ai riti misterici, probabilmente a quelli eleusini, diventa allievo e poi ben presto assistente di Panteno, il primo capo del Didaskaleion , la scuola teologica di Alessandria, succedendogli infine nella carica intorno al 200. Uomo di vasta cultura, conoscitore della filosofia e della letteratura profana del suo tempo, nonché esperto di Bibbia e di letteratura cristiana, può essere considerato l'iniziatore della scienza teologica in generale. Clemente può essere ritenuto anche il vero fondatore della teologia morale. È il primo infatti a trattare abbastanza metodicamente di questioni morali, riuscendo attraverso la combinazione di idee cristiane con gli elementi culturali dell'epoca a formulare «una teoria cristiana della vita». 2 Nelle sue esposizioni a carattere morale, oltre l'ispirazione autenticamente cristiana, risulta infatti evidente l'impronta della morale stoica e l'influsso del giudaismo, in particolare di Filone. Egli è infine il più autorevole oppositore dello gnosticismo. Dopo Ireneo, è lui a condurre - come abbiamo già ricordato - una polemica sistematica contro le correnti gnostiche , sia di tendenza encratita che lassista. Nel Pedagogo, l'opera appunto dedicata espressamente alla trattazione morale, Clemente, dopo aver esaminato nel I libro i principi etici generali, passa nel II e III libro ad affrontare vari temi di morale pratica. Alla maniera stoica offre una specie di casistica estesa a tutti i campi della vita. Tratta del mangiare e del bere, della casa e del suo mobilio , della musica e della danza, dello svago e dei piaceri, del bagno e dei profumi, del buon contegno e della vita coniugale. In questi capitoli si scopre la vita quotidiana di 2
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QUASTEN ,
Patrologia, I, 292.
Alessandria, con il suo lusso e i suoi VlZI. Clemente parla apertamente di tutto con una franchezza che sorprende e talvolta sconcerta. Mette in guardia i cristiani da tal genere di vita e dà loro norme per un comportamento cristiano, adeguato alle circostanze. Non è certo il pudore che gli impedisce di chiamare i vizi e le cose più intime con il loro nome. Situazioni e contesti
In questa specie di riflessioni pratiche Clemente presenta spesso situazioni e contesti, che avrebbero potuto dargli lo spunto per parlare apertamente della masturbazione o quantomeno di avvicinarsi a quello che può essere considerato il pericolo o il peccato di lussuria solitaria. Così ad es. quando, trattando del modo di comportarsi nel bere, raccomanda agli adolescenti di astenersi dal vino, bevanda questa già nella tradizione giudaica considerata pericolosa per la castità e causa della fornicazione. 3 . Così è bene che i fanciulli e le fanciulle si astengano quanto più possibile da questa bevanda, poiché non è conveniente versare il più ardente di tutti i liquidi, il vino, su un'età bollente, quasi aggiungendo il fuoco a fuoco così che per esso istinti selv;.ggi, passioni ardenti e un temperamento focoso divampano e i giovani , scaldati interiormente, diventano propensi alle passioni, sicché il loro danno è manifestato visibilmente dlll corpo, giungendo gli organi della sessualità a maturità troppo precoce. Sotto l'influenza del vino che fermenta , il seno e gli organi sessuali si gonfiano inverecondamente dando già un'impressione di fornicazione e il trauma dell'anima infiamma necessariamente il corpo; gli impulsi impuri cercano di trovare una soddisfazione invitando l'uomo onesto ad infrangere la legge. Così il vino dolce della giovinezza supera già i limiti del pudore. Bisogna, per quanto è possibile, cercare di spegnere le passioni dei giovani togliendo la materia combustibile, quella del pericoloso Bacco, versando un contrappeso al bollore -giovanile che raffredderà anche l'anima infiammata, calmerà le membra tumide e farà assopire l'eccitazione della passione già tempestosa: 3 Nella tradizione tardo-giudaica la condanna dell'ebrietà compare come imprescindibile corollario al tema della fornicazione (noQvEla). Il vino è visto come «ministro della fornicazione» (Test. Giuda 14,2). «Se volete vivere castamente (GwqJQovwç), non toccate affatto il vino» (ibid. 16,3). Se ne ha un'eco anche nel NT: «Non ubriacatevi di vino , il quale porta alla sfrenatezza» (Ef 5,18) . Cf. Rosso UBIGLI , Alcuni aspetti della «porneia», 240-241. 4 CLEMENTE ALESSANDRINO , Paed. II, 2,20,3-21,1 (GCS 12,168); tr. it.: Il Protrettico. Il Pedagogo, a cura di Maria Grazia Bianco , Torino 1971.
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Clemente descrive in maniera molto viva e realistica l'eccitazione erotica dei sensi e degli organi genitali, eccitazione provocata dal vino che si aggiunge ai bollori dell'età giovanile . Accenna anche agli «impulsi impuri», che sotto la spinta di «istinti selvaggi» e «passioni ardenti» , fanno ardere il corpo e «cercano - prepotentemente - di trovare una soddisfazione», uno sfogo. Ora, siccome tra le forme di soddisfazione è da annoverarsi anche la soddisfazione solitaria, si potrebbe pensare che il testo alluda, almeno indirettamente , anche a questa forma di attuazione sessuale. Tanto più che il testo , accennando al «vino dolce (mosto) della giovinezza» che «supera già i limiti del pudore» (espressione questa forse usata per indicare le secrezioni umorali dovute all'effetto dei primi moti venerei), sembra alludere al pericolo o all'inizio della polluzione . Difatti Clemente , subito dopo, consiglia ai giovani una dieta asciutta, cioè raccomanda di moderarsi nel bere e di mangiare all'occorrenza solo pane , in modo che le umidità del corpo vengano assorbite dal pane come da una spugna. Tuttavia, ad una lettura più attenta, non sembra che Clemente abbia in mente, neppure implicitamente, il comportamento auto erotico . Per lui l'eccitazione erotica e i primi moti venerei sono principalmente , se non esclusivamente, rivolti alla fornicazione , intesa nel senso di rapporti sessuali illegittimi tra uomo e donna, e non ad un attuazione sessuale solitaria. E anche le infrazioni della legge, a cui l'uomo onesto è spinto dagli «impulsi impuri», non sono da intendersi semplicemente come infrazioni della legge morale, ma anche della legge sociale. Il problema morale in questo passo sarebbe dunque costituito propriamente dal pericolo della fornicazione, dal quale Clemente vuoI mettere in guardia i giovani. Tutto ciò sembra suggerito dal testo e dalla mentalità comune ai cristiani dei primi secoli , che - come sappiamo - tenevano soprattutto in considerazione i peccati sessuali sociali. Anche quando tratta del turpiloquio, Clemente presenta un contesto in cui avrebbe potuto aver luogo un accenno alla masturbazione. Egli, dopo aver dato le norme e spiegato i motivi per cui bisogna evitare il turpiloquio , prosegue affermando che è ancor più necessario astenersi dalle «opere turpi»: Bisogna dunque astenersi completamente dall'ascoltare, dal dire e dal vedere cose turpi e molto più si deve essere puri dalle opere turpi e ciò sia col non mostrare e non scoprire alcune parti del corpo che non si deve, sia col non guardare le parti più segrete del corpo ... ' , CLEMENTE ALESSANDRINO,
94
Paed. II,6,51,1
(GCS
12,188).
Come si può osservare, tra le «opere turpi» Clemente nomina in primo luogo gli atti impudichi contro la modestia (nudità, sguardi), gli atti cioè da cui possono prendere il via i desideri lussuriosi. Quindi precisa ulteriormente: La denominazione di ciò che è veramente turpe non consiste né nei nomi né negli organi dell'unione sessuale, né nell'unione matrimoniale, per le quali cose ci sono nomi non usati nella conversazione. Né infatti il ginocchio e la coscia, che sono membra del corpo , né i loro nomi , né il loro uso è turpe (le membra dell'uomo , anche le parti sessuali, sono degne di rispetto e non di vergogna). Turpe è il loro uso contro la legge , allora è disonorevole , biasimevole, degno di castigo. Turpe è soltanto la malizia, e le azioni fatte con malizia. Per · conseguenza il turpiloquio si può definire giustamente un discorso intorno ad opere malvagie , come il parlare intorno all'adulterio , alla pederastia e simili .. .6
«Turpi» dunque non sono le membra del corpo, compresi gli organi sessuali, né il loro uso legittimo né i loro nomi. «Turpe è il loro uso contro la legge» . Parlare di ciò è turpiloquio. Tra le «opere turpi», dopo aver ricordato in precedenza gli atti impudichi del denudarsi e del guardare le parti intime del corpo, Clemente nomina qui espressamente l'adulterio e la pederastia. Per il resto parla genericamente di altre cose «simili», ma non specifica. L'uso delle membra del corpo «contro la legge» sembra dunque nella sua mente essere costituito dai vizi sociali , soprattutto dall'adulterio e dalla pederastia, che infrangono non solo le leggi morali, ma anche le leggi sociali. Parlando delle impudicizie nei bagni pu.bblici, Clemente presenta ancora una situazione in cui avrebbe potuto aversi un accenno alla masturbazione, come del resto fa chiaramente Giovenale descrivendo un contesto abbastanza simile. 7 Riguardo al comportamento che hanno le matrone, accompagnate dai servi, durante i bagni pubblici, Clemente dice: Quelle che non sono svergognate fino a tal segno escludono gli estranei, ma si lavano insieme con i servi, sono nude e si fanno fregare da essi, concedendo alla loro timida libidine di toccarle senza timore. Infatti i servi introdotti nei bagni presso le loro CLEMENTE ALESSANDRINO, Paed. II,6,52,2-3 (GCS 12,188-189). Cf. GIOVENALE, Satire , 6,422-423 . Nella stessa satira (vv. 237-238) , Giovenale dell 'adultero, nascosto in un angolo, in attesa che si liberi la casa dai servi per aver accesso all'amata, cosi dice: «Abditus interea latet et secretus adulter, impatiensque morae silet et praeputia ducit» . 6
7
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padrone nude hanno cura di spogliarsi per la temerità della concupiscenza, circoscrivendo il timore con un malvagio costume. 8
Subito dopo cita, ampliandola e inserendola in una VISIOne cristiana, una sentenza attribuita al filosofo peripatetico Demetrio Falere09 sulla pudicizia da custodire, coltivare in ogni circostanza, anche quella con se stessi: In casa dunque bisogna aver riguardo dei genitori e dei servi, per le strade dei passanti , nei bagni per le donne, nella solitudine di se stessi, dovunque del Logos che è dovunque e senza di lui nulla fu creato.IO
Si può facilmente notare come tutto il contesto si prestasse abbastanza agevolmente per una considerazione sul comportamento autoerotico, sia da parte delle donne sia soprattutto da parte dei servi che assistono ai loro bagni. Ma anche in questo passo Clemente, benché si avvicini notevolmente al nostro problema, non arriva a specificarlo, a parlarne in modo univoco. È vero che la citazione di Demetrio Falereo si riferisce alla pudicizia solitaria, ma il suo senso non è unicamente delimitato ad essa. Un altro contesto, in cui avrebbe potuto ottimamente aver luogo la soddisfazione solitaria, è quello descritto da Clemente in un passo degli Stromati. Qui si parla di un giovane che, preso dall'amore per una meretrice, concorda con essa di incontrarla il giorno dopo. Ma l'ansia dell'attesa gli provoca, durante il sonno, la soddisfazione del piacere. 11 Si capisce come la situazione descritta si prestasse molto bene per un accenno alla masturbazione, che si suoi commettere nella veglia prima del sonno, quando la mente è occupata da pensieri e fantasie erotiche. Clemente invece si riferisce qui soltanto alla polluzione notturna. Clemente, prima della conversione, quand'era ancora pagano, era stato probabilmente iniziato ai riti misterici, forse a quelli eleusini, che egli dimostra di conoscere molto bene, descrivendoli minutamente nel II capitolo del Protrettico. Descrivendo appunto il mito di Eleusi, di cui parleranno anche Arnobio ed Eusebio di Cesarea,12 arriva forse ad attingere un vero caso di masturbazione, seppure rituale. CLEMENTE ALESSANDRINO , Paed. III ,5,32,3 (GCS 12,255) . Cf. DIOGENE LAERZIO , Vita dei filosofi , V, 2. lO CLEMENTE ALESSANDRINO ; Paed. III,5 ,33,3 (GCS 12,255). 11 CLEMENTE ALESSANDRINO, Str. IV,18 (PG 8,1323). 12 Cf. EUSEBIO DI CESAREA , Praep. evang. 2,3 (PG 21,127-130) ; ARNOBIO , 5,25-26 (CSEL 4,196-197).
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nato
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Adv.
Deo (= Demetra, Cere re ) , dopo il ratto della figlia Core (= Proserpina) , va alla sua ricerca in tutto il mondo, senza che nessuno riesca a consolarla. Durante il suo peregrinare arriva ad Eleusi e qui viene accolta da Baubo, un'abitante di quella zona. Baubo cerca di consolare la dea con dei gesti strani e con una bevanda rituale, il ciceone. Baubo dunque (non mi tratterrò dal dirlo) avendo accolto Dea, le porge una bevanda. Rifiutando questa di prenderla e non volendo bere (giacché era addolorata) , Baubo fortemente adirata , come se il rifiuto significasse disprezzo , si scopre e si mostra alla dea . Dea si rallegra alla vista e ~ccetta la bevanda. Questi sono i segreti misteri degli ateniesi. Questi misteri ti descrive anche Orfeo. Ti riferirò i versi di Orfeo, perché tu abbia nel mistagogo il testimone della loro svergognatezza: Così dicendo si tirò in alto il peplo, mostrò ogni parte del corpo, e non era un'immagine conveniente; vi era il fanciullo lacca, con la mano lo agitò ridendo sotto il seno di Baubo; allòra la dea , quando vide, sorrise nell'animo suo e accettò il lucido vaso nel quale era la bevanda. E il motto dei misteri eleusini è: «Digiunai, bevvi il ciceone, presi dalla cesta, dopo aver fatto quello che era da fare, riposi nel canestro e dal canestro nella cesta». Begli spettacoli veramente e degni di una dea!. 13 Nonostante l'oscurità del testo e le differenze rispetto ad altre versioni del mito eleusino ,! nonostante le varie interpretazioni possibili, i gesti di Baubo possono essere intesi come riferiti alla masturbazione femminile. Infatti il fanciullo Iacco non sembra significare altro che il pene artificiale, con cui Baubo si soddisfa imitando il coito.!5 Bisogna però osservare che, se nel testo del mito eleusino espresso dai versi orfici la masturbazione vi risulta indicata in modo perlomeno dubbio, nella descrizione premessa in prosa da Clemente vi manca completamente. Tuttavia Clemente sembra chiaramente insinuare che Baubo perpetrò un'oscenità grave.
C L EMENTE ALESSANDRINO , Prot. II,20,3-21 (GCS 12,16). Cf. OMERO, Inno a Demetra, vv. 192-211 , dove Baubo assume il nome di lambo e non sembra che si faccia alcun cenno a pratiche autoerotiche . 1S Del pene artificiale usato dalle donne, chiamato «olisbo» o «baubone", parlano il comico attico Cratino nel suo unico frammento rimasto (TH. KOCK, Comicorum Atticorum fragmenta 1, Teubner, Lipsiae 1880, Fragm. 316); Aristofane (Lisistrata vv . 107-110) e il mimografo Eroda (Mimiambi 6,15-73). Quest'ultimo dà tutta una serie di ragguagli sulla confezione e sull'uso di questo strumento della masturbazione femminile . Inoltre la figura di lacco semba coincidere con quella di Dioniso, dio del fallo. Per la verità resta difficile nell'antichità distinguere tra loro le figure di Dioniso , lacco , Bacco, Pan e Priapo. 13
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I testi fin qui esaminati ci hanno dunque mostrato che Clemente, descrivendo situazioni e contesti vari, in più occasioni si avvicina notevolmente al nostro problema. Ma non arriva a specificarlo, a determinarlo cioè in maniera distinta e univoca, anche là dove forse era facile farlo. Anche la descrizione del mito eleusino, dove Clemente sembra toccare un vero caso di autoerotismo, non è in fondo molto chiara e non ci è di grande aiuto. Pur ammettendo che tale descrizione alluda effettivamente ad una pratica autoerotica, il giudizio negativo di Clemente non sembra peraltro riguardare direttamente questa pratica, quanto piuttosto l'immoralità dei riti misterici. Enunciazioni di principio
Oltre ai testi già esaminati, dai quali ci si sarebbe aspettata un'indicazione esplicita sulla masturbazione, Clemente ne presenta altri contenenti esortazioni e precetti di vario genere riguardo al comportamento sessuale, frammisti spesso a principi più generali sulla finalità degli organi sessuali, del seme, del matrimonio; nonché a considerazioni sul piacere, sulla passione, sul desiderio, sul volontario e involontario. Da tali principi, mutuati in gran parte dal pensiero stoico e da Filone, avrebbero potuto essere dedotte conclusioni non equivoche sulla moralità della masturbazione. Nel proporre le norme di etica sessuale, Clemente si serve volentieri della metafora agricola che paragona l'opera del genitore a quella del contadino. 16 Tale metafora, usata già da Atenagora e in seguito da altri autori cristiani, risale - come sappiamo - a Filone e agli stoici. 17 Clemente infatti, conformemente alle teorie stoiche sulla generazione, suppone che gli elementi necessari alla costituzione dell'embrione sono tutti contenuti nello sperma. Da qui la comparazione: l'uomo il seminatore, la donna un semplice terreno. Partendo da tali premesse Clemente arriva a delle conclusioni pratiche per il comportamento sessuale: Non qualsiasi terra è disposta a ricevere il seme e se anche qualsiasi terra vi fosse disposta, non però per lo stesso coltivatore; e non bisogna seminare tra le pietre, né maltrattare il seme; è una sostanza che è all'inizio della nascita, che possiede riunite in
16 CLEMENTE ALESSANDRINO, Paed. II,10,83,1 (GCS 12,208). La stessa metafora si ritrova in § 91,1; 92,2; 102,1. 17 Cf. ATENAGORA, Suppl. XXXIII (PG 6,965); FILONE, Spec. lego 32-33; si veda anche STELZENBERGER, Die Beziehungen, 418-421.
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sé le idee della natura, ed è certamente un'empietà disonorare queste idee conformi a natura seguèndo vie contro natura. 18
Dato il grande valore attribuito al seme (vElaç indica dapprima il fine in vista del quale è stato istituito il matrimonio, cioè il rimedio alla concupiscenza. Benché il Crisostomo richiami anche la procreazione, in realtà, considerato come la terra sia ormai popolata, il vero fine del matrimonio è la castità. D'altronde, riguardo alla procreazione, il Crisostomo ha una sua teoria speciale: non è il matrimonio, ma la parola di Dio a generare i figli. L'altra interpretazione dell'inciso paolino, seppure arbitraria, porta a capire qual è l'origine del matrimonio secondo il Crisostomo: il peccato originale. Il matrimonio infatti è stato istituito dopo che nel mondo è entrata la concupiscenza. Si tratta quindi di un'istituzione postlapsaria, che non risale all'idea originaria del creatore. Tenendo conto della potenza devastatrice dell'impulso sessuale scatenato dalla colpa originaria, il matrimonio ha lo scopo di costituire un argine, un freno, un alveo di legittimità per l'esercizio dei rapporti sessuali. 39
38 G . CRISOSTOMO, Hom . in illud, Propter fornico ux. etc. 3 (PG 51, 213); per la trad. it. e il commento cf. C. SCAGLIONI, Ideale coniugale e familiare nel Crisostomo, in Etica sessuale 284-285. 39 Il discorso sull'origine del matrimonio, che il Crisostomo costruisce arbitrariamente sul testo paolino, non è tanto la stranezza isolata di un autore, ma un dato tradizionale già abbastanza consolidato. Se si eccettuano Clemente AI. e Teodoro di Mopsuestia, che su questa materia seguono una linea diversa, numerosi altri autori (ad es. Origene, Atanasio, Basilio di Ancira, Gregorio di Nissa, Gregorio di Nazianzio, ecc.) conducono un'esegesi di lCor 7,2, da cui si ricava chiaramente la tesi secondo cui la verginità è lo stato originario dell'uomo, il matrimonio invece è una concessione conseguente al peccato originale, destinato a sedare i moti disordinati della concupiscenza: cf. SCAGLIONI, Ideale coniugale, in Etica sessuale, 285-287.
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Questa posizione diversa, ispirata principalmente alla Scrittura, porterà il Crisostomo nel corso degli anni ad approfondire sempre più la sua visione del matrimonio , fino a parlarne in termini nettamente personalistici e a riconoscere un certo valore positivo alla stessa ÈJtdhJf!La. Fino allora infatti, fino a Crisostomo , sia per l'importanza che i cristiani attribuivano alla verginità, sia per l'esigenza di combattere lo gnosticismo e l'immoralità pagana, che proponevano una sessualità svincolata dalla procreazione, o forse perché le strutture sociali del tempo impedivano di vedere il matrimonio come conseguenza dell'amore , c'era stata la tendenza, in fatto di matrimonio, a insistere prevalentemente se non esclusivamente sullo scopo procreativo e quindi a dissociare amore e matrimonio , amore e sessualità. Si riteneva che tra gli sposi l'amore crescesse nella misura in cui in essi andasse scomparendo la dimensione del sesso. Eppure Ef 5 offriva una base per considerare i rapporti coniugali in funzione delle esigenze di amore degli sposi. Ma questa possibilità non era messa a profitto . Il Crisostomo invece, guidato più dalla Scrittura che dagli influssi culturali del tempo, arriva nel periodo della sua maturità ad associare amore e matrimonio , amore e sessualità. Proprio nel commento al capitolo 5 della Lettera agli Efesini, dove si parla dell'amore coniugale, egli si esprime in questa maniera: Non si dà intimità tanto grande tra uomo e uomo , quanto tra uomo e donna, qualora l'uomo sia sposato come si deve ... Davvero , questo amore (àyaltl'j) è più forte di qualsiasi tirannide . Gli altri amori infatti sono bensì forti , ma questa passione (~ltL8uf.l(a) ha in sé sia una straordinaria intensità sia una tenacia che non appassisce. Vi è infatti , iscritta nascostamente nella natura, una particolare attrattiva (EQOç) e questa attrattiva, senza che ce ne accorgiamo , congiunge i corpi. Per questo , fin dall'inizio , la donna nacque dall'uomo , quindi, dopo ciò, dall'uomo e dalla donna insieme, provennero l'uomo e la donna. Vedi il legame e l'unione (avy&w!-loy xaL ou!1JtÀ-OXfiV). 40
Si ha qui una visione serena e positiva del rapporto amoroso tra uomo e donna. L'unione dell'uomo e della donna nel matrimonio è vista come un rapporto globale , in cui confluiscono stima reciproca , affetto , sensibilità, istinto. «Il legame interpersonale è visto come un tutt'uno inscindibile in cui si fondono diversi livelli personali e dove la sfera istintiva è assunta nella globalità di significato 40 G. CRISOSTOMO, In ep . ad Eph. homo 20 (PG 62, 135); coniugale , in Etica sessuale, 311-312.
166
S CAGLIONI,
Ideale
personale del rapporto. Si sarà notato che il Crisostomo inizia parlando di àya:lt'l1, quindi continua indifferentemente introducendo il termine Èm8U!!LU, per concludere con la voce EQOç con la quale accenna specificamente all'attrattiva istintiva dei sessi».41 Quanto è distante la diffidenza, il sospetto di un Clemente Alessandrino e di altri autori cristiani verso l'È:ltL8u!!Lu, l'EQoç! Anche per il Crisostomo, come abbiamo visto, l'Em8U!!LU è una conseguenza del peccato, ma egli, nella sua maturità, non la sente più univoca mente come segno del peccato, ma anche come provvidenziale attrattiva tra l'uomo e la donna che li congiunge saldamente e li preserva da gravi disordini sessuali. Partendo da questa visione spiccatamente personalistica della sessualità e del matrimonio, soprattutto dalla concezione secondo cui la castità è il fine primario del matrimonio, il Crisostomo perviene a posizioni diverse rispetto ad altri autori cristiani anche per quanto riguarda alcune norme concrete dell'etica sessuale. Il Crisostomo, contrariamente a quanto ritenevano Clemente Alessandrino ed altri, dichiara ad es. che i rapporti sessuali non siano da considerarsi reprensibili a un'età avanzata, allorché non sono più probabilmente procreativi. Non c'è molta ragione per avere del denaro, mentre c'è molta ragione di avere delle donne per conservare la castità; è per questo che nessuno biasima un uomo che ha dei rapporti legittimi con la sua donna a un'età avanzata, ma ciascuno biasima colui che accumula denaro .42
Ponendosi su una prospettiva diversa, il Crisostomo arriva così a conclusioni pratiche opposte rispetto a quelle di altri autori cristiani, i quali ritenevano tali rapporti condannabili perché non erano procreativi e servivano solo al piacere. Si ha qui il classico esempio di come, cambiando la motivazione che è alla base della norma, può cambiare la norma stessa. Ci siamo soffermati su alcune posizioni caratteristiche del Crisostomo, non perché esse abbiano un interesse speciale per il nostro tema, ma solo per mostrare come i Padri nell'affrontare i problemi di ordine sessuale elaborano, a seconda del loro angolo visuale, formulazioni e argomentazioni di vario genere, a volte complementari, a volte addirittura opposte. Il Crisostomo, che appare più sensibile all'ispirazione della Scrittura e meno dipendente dalle formulazioni filosofiche del suo tempo, fa vedere come 41
42
SCAGLIONI, Ideale coniugale, in CRISOSTOMO, In ep. ad Tit.
G.
Etica sessuale, 312. hom o 5 (PG 62, 689).
167
era possibile di fronte alle stesse questioni argomentare in maniera diversa e giungere anche a conclusioni pratiche differenti. Ponendosi soprattutto come esegeta della Scrittura, egli giunge così ad offrire - come rileva qualche autore moderno - una morale sessuale e matrimoniale, nel complesso, più equilibrata e più umana rispetto ad altri autori cristiani, magari più aperti e recettivi nei confronti della cultura contemporanea, come ad es . un Clemente Alessandrino. 43 Passiamo ora ad esaminare eventuali prese di posizione nei riguardi dell'autoerotismo o masturbazione . Ponendo il Crisostomo la castità come fine principale del matrimonio , concependo cioè il matrimonio come ordine previsto da Dio entro il quale fosse regolata l'energia istintiva sessuale , è evidente che egli intende riprovare tutto ciò che vi si oppone , cioè tutto l'insieme dei disordini sessuali, soprattutto la ltoQvda. Se il matrimonio infatti è stato istituito bUl 'tàç ltoQvdaç, allora è chiaro che nulla gli è così contrario come la ltoQvda o la !lOL)(.da (= adulterio) . In ciò forse sta la ragione per cui il Crisostomo, nell'indicare i vari disordini sessuali che si oppongono alla castità, nomini spesso la fornicazione e l'adulterio, mentre per il resto si esprima in termini molto generali: Per questo unico scopo occorre prender moglie , perché possiamo fuggire il peccato ed essere liberi da ogni fornicazione."
Riferendosi a certe consuetudini equivoche nelle celebrazioni dei matrimoni, afferma pure: Gli uomini dei nostri tempi ballano, cantano inni a Venere, e in quei canti celebrano per tutto il giorno delle nozze, adultèri a non finire , rovine di matrimoni, amori illegittimi, accoppiamenti proibiti e molti altri fatti pieni di empietà ed indecenza."
In altri luoghi, soprattutto nel commento alle lettere paoline, a cui dedica quasi la metà delle sue opere esegetiche, tenta anche distinzioni ed enumerazioni pratiche, ma non si discosta molto dalle classificazioni di Paolo. In particolare si serve del termine «impurità» (axa8aQoLa) per indicare tutto il complesso dei disordini sessuali. Così ad es. nelle omelie sulla Lettera agli Efesini: «In ogni sorta di impurità» (Ef 4,19). Ogni impurità è l'adulterio, la fornicazione, la pederastia, l'invidia, ogni intemperanza e
43
Cf.
.. G. 45 G.
168
R. CAl'lTALAMESSA, Bilancio di una ricerca, in Etica sessuale, 460 . CRISOSTOMO, Laus Max . et Quales due. s. ux. 5 (PG 51, 232) . CRISOSTOMO , Horn . in illud, Propter fornic o UX. 2, 3 (PG 51 , 211).
insolenza. - «Ma voi non così avete imparato a conoscere Cristo .. . » (Ef 4,20).46
Altre volte dichiara che, per ragioni di decenza, non intende scendere in ulteriori particolari nel determinare le varie forme di impurità, spiegando che questo fu anche il modo di fare di Paolo. Paolo infatti, secondo il Crisostomo , per conservare il discorso casto, non volle dire tutto dettagliatamente, ma con la parola «impurità» intendere ogni cosa: La fornicazione, l'impurità - dice. Tralasciò quelle cose che neppure il dire è bello, e tutte comprese con la parola impurità." «Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate da ogni fornicazione» (lTs 4,3). Molti sono infatti i tipi di incontinenza, molteplici e vari i piaceri dell'insolenza, che neppure è tollerabile parlarne. 48
Quando il Crisostomo parla degli spettacoli, che per lui sono una vera ossessione, in quanto li considera la minaccia più temibile per la castità (non v'è praticamente raccomandazione in materia sessuale che non contempli una speciale invettiva contro i teatri), presenta dei contesti nei quali avrebbe potuto facilmente aver luogo una menzione dell'autoerotismo, quantomeno del pericolo di esso. Gli spettacoli suscitano infatti desideri peccaminosi e dai desideri è poi facile passare agli atti cattivi. Il Crisostomo raccomanda perciò la mortificazione dei sensi, in particolare invita ad evitare gli sguardi impudichi. A questo proposito si richiama iIi continuazione a Mt 5,28, dove si parla dell'adulterio nel cuore commesso tramite lo sguardo: « ... adulterio infatti non solo è l'unione dei corpi, ma anche lo sguardo impudico» .49 L'importanza di evitare gli sguardi deriva dal fatto che la memoria conserva le immagini viste, se le ripresenta e, stimolato da esse, il cristiano viene spinto a cattive azioni. 50 Dice infatti il Crisostomo: Quando vai a teatro e, seduto, pasci i tuoi occhi con la visione di donne svestite, dapprima godi, poi, però, sei divorato da una forte febbre. sl 46 G . CRISOSTOMO, In ep. ad Eph. homo 13, 1 (PG 62, 94) . 47 G. CRISOSTOMO, In ep. ad Col. homo 8, 1 (PG 62, 352); cf. tr. it. Omelie sulla lettera di s. Paolo ai Colossesi , testo, introd . tr. e note di Carlo Piazzino , Torino 1939. 48 G. CRISOSTOMO, In ep. I ad Thess . homo 5, 1-2 (PG 62, 424); cf. pure ID., In ep. ad Rom. homo 4, 1 (PG 60, 417) . . 49 G. CRISOSTOMO, De poenit. homo 6, 2 (PG 49, 315). Sugli spettacoli si può consultare utilmente O. PASQUATO, Gli spettacoli in S. Giovanni Crisostomo, Roma 1976 (da quest'opera ho tratto diversi passi tradotti in italiano). so G. CRISOSTOMO, In Matth . homo 17, 2 (PG 57, 256) . SI G . CRISOSTOMO, In ep. II ad Thess . homo 5, 4 (PG 62, 428) .
169
La fatica di non guardare donne avvenenti non è così grande come quella di contenersi, dopo che si sono guardate: la prima fatica non fu neppure tale, ma dopo aver guardato, si richiede uno sforzo molto più grande per dominarsi ." Chi non ha esitato per nulla a vedere una donna nuda, come non cadrà mille volte?" Ma non precisa il Crisostomo di quali cadute si tratta e di quali cattive azioni. Però dal contesto dei suoi discorsi sembra che egli abbia in mente innanzi tutto l'adulterio e la fornicazione, in quanto costituiscono i disordini sessuali che maggiormente mettono in pericolo la vita coniugale. Non bisogna dimenticare che le esortazioni del Crisostomo a fuggire le occasioni dei peccati di lussuria si collocano 'L.uasi sempre nel contesto di una catechesi sulla vita coniugale. E importante infine notare che il vero pericolo della lussuria è costituito inizialmente (ma anche principalmente) da immagini di donna, quindi propriamente da pensieri e desideri adulterini o fornicarii. Ci si può qui ricollegare alla problematica delle polluzioni notturne presso gli autori monastici. Sempre nel contesto dei pericoli rappresentati dagli spettacoli immorali, il Crisostomo a volte accenna a turbamenti ed emozioni da parte degli spettatori: Forse che il tuo corpo è di pietra? o di ferro? Sei fasciato di carne umana che brucia più in fretta del fieno a causa della concupiscenza. E che, ricordo il teatro?! Spesso in piazza, se ci avviciniamo ad una donna, rimaniamo conturbati: tu a teatro, dove si riceve un così forte stimolo alla lussuria, guardi entrare in scena una donna impudente a capo scoperto , vestita di abiti ricamati in oro, dai gesti molli e delicati , cantare canzoni che eccitano all'adulterio, proferire discorsi osceni, parole turpi e comportarsi così male che tu che sai puoi immaginare, e tu ti pieghi in basso per vedere meglio e osi dire che non provi nulla?'"
È questo un contesto notevole, ma il Crisostomo non sembra riferirsi neppure al pericolo della polluzione, tantomeno quindi alla masturbazione. Accenna però a turbamenti ed emozioni di tipo sessuale derivanti dagli sguardi impudichi in chi partecipa a spettacoli teatrali. Ora, secondo quanto risulta dai suoi discorsi sugli spettacoli, gli sguardi impudichi suscitano pensieri e desideri di adulterio e di fornicazione, provocando di conseguenza l'eccitazione carnale. Il peccato di lussuria sembra dunque risiedere G. G. '" G. 52 53
170
CRISOSTOMO , CRISOSTOMO, CRISOSTOMO ,
In ep. ad Rom. homo 12, 8 (PG 60, 506). In Matth. homo 7, 6 (PG 57, 80). Contra /udos et theatra 2 (PG 56 ,266) .
primariamente nei pensieri e desideri adulterini e fornicarii, ma secondariamente anche nei moti carnali. Il nostro autore cioè non trascura i moti carnali, che sembra considerare in qualche modo peccaminosi. Troviamo ancora un accenno a turbamenti ed emozioni sessuali in una delle omelie di commento al Vangelo di Giovanni. Il Crisostomo stesso nelle sue omelie, per combattere il male, a volte sente il dovere di scendere a dettagli molto particolari, pur sapendo che questi, al primo accenno, possono già suscitare un fremito di passione nei suoi uditori. Ciò gli offre l'occasione di inculcare un retto modo di giudicare. Non appena la lingua pronunzia il nome del ballerino, l'anima immagina il volto, la chioma, l'abito effeminato, tutta la sua figura più effiminata ancora. Un altro a sua volta alimenta la fiamma introducendo nel discorso una meretrice, e le sue parole, il suo atteggiamento, il movimento degli occhi, la flessuosità della figura, i capelli ondulati, le guance dipinte, gli occhi bistrati . Forse non avete provato qualche emozione anche mentre ne parlavo? Oh, non ve "ne vergognate, non arrossite: avviene per necessità di natura che l'anima si disponga secondo il senso delle cose dette... Perché l'essere turbati udendo queste cose è necessità di natura , ma il volerle udire non è necessità di natura, bensì peccato della volontà." Anche qui non siamo in presenza di un'allusione al pericolo della masturbazione, ma piuttosto a turbamenti ed emozioni conseguenti a sguardi e immaginazioni fornicarie, volontariamente ricercate e accolte. Il problema principale rimane sempre la fornicazione, sia interna che esterna. Il giudizio morale negativo sembra abbracciare però non solo l'immagine sessuale di natura fornicaria, ma anche il turbamento sessuale che ne consegue. I moti carnali partecipano in qualche modo della moralità delle immaginazioni sessuali. In altri passi il nostro autore, sempre incidentalmente, arriva a toccare il tema delle polluzioni. Così ad es. nel commento della Lettera a Tito. Qui dopo aver spiegato che Dio non ha creato nulla di impuro e che quindi nessuna sostanza è pura o impura per se stessa, ma lo diventa per volontà di chi ne fa uso, conclude che è impuro solo il peccato, in quanto dipende dalla libera volontà. " G. CRISOSTOMO, In Joh. homo 18,4 (PG 59 , 119-120) ; tr. it. Le Omelie su s. Giovanni Evangelista, testo con versione, introd. , note di Cecilia Tirone, Torino 1944-1948 (con qualche leggera modifica da parte mia).
171
Spiega inoltre che le prescrizioni di purità fisica contenute nell'AT hanno il senso di ispirare un più elevato desiderio di purità , di purità morale ovviamente. . Infatti tutt~ le osservanze legali sono simboli della purità. Non toccare il morto , dice la legge (Lv 11 ,8): Tale è infatti anche il peccato , morto e fetido . n lebbroso è impuro, dice (Lv 13,15): infatti anche il peccato è variegato e molteplice ... Di nuovo il flusso seminale è impuro nell'anima (Lv 15,4): considera quel flusso seminale che disperde i semi.56 Questa impurità dovuta al flusso procurato del seme nella mente del Crisostomo non sembra però riferirsi alla polluzione speciale della masturbazione, o almeno non esclusivamente ad essa, ma comprende indistintamente tutti i flussi disordinati del seme , quindi anche la fornicazione e l'adulterio . Il Crisostomo non sembra dunque discostarsi dalla posizione espressa da vari autori prima di lui in merito ai flussi del seme. Infine, un testo abbastanza interessante si trova nel panegirico in onore del martire Babila, che era stato vescovo di Antiochia. Il Crisostomo , che aveva una profonda diffidenza nei confronti della cultura pagana, sviluppando il confronto tra il martire Babila, campione della fede, e i filosofi antichi, campioni del paganesimo, arriva a parlare di Diogene di Sinope, detto il cinico: Vedi che non è stato un vanto gratuito il mio, quando ho detto che Babila ha mostrato i prodigi dei vostri filosofi come opere degne di una mentalità infantile? Ma quel famoso filosofo di Sinope si mantenne casto (ÈoW!pQ6Vl']OEV), visse nella continenza (tv Èyx.Qutdu l)tllyUyE) , senza voler accettare neppure un matrimonio secondo la legge! È vero: aggiungi però anche il modo col quale egli diede tali prove. Ma non oserai farlo : lo priverai infatti più volentieri degli elogi della castità, piuttosto di illustrare il modo in cui fu casto , tanto fu vergognoso e pieno di indecenza. '1 Il modo di Diogene di essere «casto» e «continente» sembra essere stato molto noto ed esemplare nell'antichità. Non c'è dubbio che al suo stile di vita, alieno da ogni regola , appartenesse, oltre il libero amore e i rapporti di ogni genere, anche la pratica della masturbazione. 58 Il Crisostomo si richiama a tutto ciò , esprimendo
In ep . ad Tit. hom o 3, 3-4 (PG 62, 681). De s. Babyla, contra lui. et Gentiles 9 (PG 50, 546); cf. SCAGLIONI, Ideale coniugale, in Etica sessuale, 369 , nota 248. 58 Vedi sopra C. II, nota 75. 56 57
172
G. G.
CRISOSTOMO, CRISOSTOMO ,
al riguardo un severo giudizio di disapprovazione. È evidente che qui potrebbe esserci un'allusione indiretta alla masturbazione, ma essa non va intesa in senso univoco ed esclusivo, e neppure prevalente. La testimonianza del Crisostomo sembra infatti riguardare tutto l'insieme dei comportamenti sessuali messi in atto da Diogene. Essa comunque riveste un certo valore, in quanto esprime ciò che spontaneamente sentiva, riguardo a tal genere di comportamenti, tra i quali doveva esserci anche la masturbazione, un cristiano serio e grande pastore d'anime come il Crisostomo, la cui opinione era forse condivisa pacificamente da tutti i cristiani dei primi secoli. Non risulta infatti che dei cristiani abbiano giudicato diversamente la condotta di Diogene. Possiamo concludere dicendo che neppure il Crisostomo, grande esegeta e pastore sapiente, ci ha lasciato una testimonianza esplicita riguardo al problema dell'autoerotismo. Il nostro autore infatti, pur affrontando a volte la questione delle polluzioni, non specifica la polluzione speciale della masturbazione. Accenna, è vero, alla peccaminosità di certi turbamenti ed emozioni sessuali, ma non li considera isolatamente, bensì li vede strettamente connessi con il peccato di adulterio e di fornicazione. Il massimo che si può affermare è che arriva a fornire un'allusione alla masturbazione, però solo indiretta e non univoca. La ragione di tutto ciò sta forse nel fatto che egli cerca di istillare nelle anime degli uditori la pudicizia che si addice ai seguaci di Cristo, senza soffermarsi dettagliatamente sui comportamenti più riservati e occulti; preferisce insomma rivolgere esortazioni e ammonizioni generali che mettano in guardia dai comportamenti e dalle tentazioni più universali e più gravi, come possono essere gli spettacoli immorali, l'adulterio e la fornicazione. Purtuttavia è alquanto sorprendente che il Crisostomo, nell'ingente numero di omelie dedicate al commento delle lettere paoline, pur dichiarando spesso l'esistenza di molteplici forme di incontinenza, non accenni mai espressamente al nostro problema. Ancor più desta meraviglia che non vi accenni nel trattato De inani gloria et de educandis liberis,59 dedicato all'educazione cristiana dei figli, dove parla spesso della necessità per i giovani di custodire la castità e dei pericoli che la minacciano. Tutto ciò ovviamente induce a ritenere come neppure al tempo del Crisostomo il problema dell'autoerotismo ricevesse una speciale considerazione. '9 Ed. SCH 188; tr. it.: Vanità, educazione dei figli, matrimonio, tr. introd. e note a cura di Aldo Ceresa-Castaldo, Roma 1977.
173
Capitolo VIII
IV SECOLO: GLI SCRITIORI OCCIDENTALI
Nel IV secolo, terminate le persecuzioni con la pace di Costantino, la chiesa d'occidente ha la possibilità non solo di uscire dalla clandestinità, ma anche di strutturare la sua organizzazione e la sua gerarchia, di dedicarsi all'educazione del popolo cristiano sempre più numeroso e diverso, di formulare e approfondire i dati della fede, di instaurare la vita monastica sotto forme diverse, infine di prendere maggiore coscienza del suo proprio essere e della sua autonomia dalla chiesa orientale. È insomma nel corso di questo secolo che la chiesa continua e rafforza la sua espansione in tutto l'occidente, allargando, approfondendo e diversificando la sua area culturale. L'Africa settentrionale, latina nella sua espressione cristiana fin dal 180 con Tertulliano , arriva al suo massimo splendore con Agostino, vescovo di Ippona. In Italia si assiste a un'incipiente fioritura della letteratura cristiana, soprattutto con Ambrogio di Milano, Zenone di Verona, Rufino di Aquileia. Quest'ultimo, come traduttore, fa conoscere al mondo latino numerose opere grech~ . La Gallia, grazie a Ilario, vescovo di Poitiers, fa in questo periodo il suo ingresso nelle lettere cristiane. Girolamo, dalmata d'origine, fornisce all'occidente una nuova versione latina della Bibbia, più aggiornata e completa. Infine anche la penisola iberica emerge e si organizza. I vescovati aumentano di numero, si riuniscono concili. Il famoso concilio di Elvira si colloca proprio all'inizio del IV secolo. 175
1.
IL CONCILIO DI ELVIRA, ILARIO DI POmERS
Concilio di Elvira Ed è appunto con questo concilio, tenuto si nei primissimi anni del IV secolo, che iniziamo la nostra rassegna dei documenti e degli scritti di questo periodo, al fine di raccogliere qualsiasi testimonianza utile a illustrare il nostro tema. Il concilio di Elvira è importante, non solo per l'antichità, in quanto precede tutti gli altri concili occidentali più antichi, ma anche per l'ampio spazio dedicato alle questioni di etica sessuale: degli ottantuno canoni emanati, ben trenta quattro disciplinano , quasi sempre direttamente, la vita sessuale dei cristiani. Orbene, tra i numerosi canoni riguardanti la regolamentazione della vita sessuale, non ce n'è uno che prenda espressamente in considerazione la masturbazione o l'autoerotismo in genere. Si condannano tra l'altro con pene di maggiore o minore intensità, fino a comprendere la scomunica a vita, l'adulterio, la fornicazione, il lenocinio, la pederastia, il divorzio, il concubinato, l'incesto. Un canone fa riferimento alla fornicazione degli adolescenti, specialmente dei giovani neofiti, ma si tratta chiaramente della fornicazione in senso stretto . L'incontinenza sessuale dei giovani, specie se sfocia in un matrimonio, viene guardata con indulgenza dal concilio che si limita a prescrivere la riammissione alla communio del giovane «acta legitima poenitentia». 1 Dal concilio di Elvira risulta dunque che la masturbazione non era oggetto a quel tempo di trattazione canonica. La stessa cosa risulta dai successivi concili tenutisi nel corso del IV secolo in Gallia e nella penisola iberica: Arles (314), Valenza (374), Toledo (400).2 Questi concili, pur trattando di questioni sessuali, non presentano alcun accenno all'autoerotismo o masturbazione. Ciò naturalmente non esclude che il problema, in quel tempo, potesse essere oggetto di considerazione morale, dal momento che non ogni problema morale si riflette necessariamente nella disciplina canonica.
l Can. 31: «Adolescentes qui post fidem lavacri salutaris fuerint moechati cum duxerint uxores, acta legitima poenitentia placuit ad communionem eos ad:nitti" (HEFELE-LECLERCQ, Histoires des conciles, l/l, 237-238). Sull'etica sessuale del concilio di Elvira si veda R. CACIIT!, L 'etica sessuale nella canonistica del III secolo ' in Etica sessuale, 100-123. 2 Per questi concili cf. PL 84, 227-242. 245-248. 327-332.
176
Ilario di Poitiers Ilario, vescovo di Poitiers, morto nel 367, fu il primo teologo dogmatico e il primo esegeta degno di rilievo dell'occidente, a cui fece conoscere molti pensieri della teologia orientale, che egli apprese durante il suo esilio in Asia minore negli anni 356-359. Scrisse opere prevalentemente a carattere dogmatico, lasciandoci però anche alcuni testi ascetico-morali. Nei suoi Trattati sui Salmi, composti sul modello di Origene, oltre alcuni passi che affrontano il problema dell'adulterio,3 presenta un testo molto significativo sulla purità da custodirsi durante la notte. Commentando il versetto del salmo 118: «Ricordo il tuo nome lungo la notte e osservo la tua legge, Signore» (v. 55), Ilario afferma che soprattutto durante la notte, quando gli «impuri desideri)) si insinuano nell'animo e gli stimoli dei vizi, a causa del cibo assunto di recente, agitano il corpo, occorre ricordarsi del nome del Signore e custodire la sua legge che prescrive la pudicizia, la continenza e il timore di Dio. Durante l'ozio pericoloso delle veglie notturne non bisogna rilassare l'animo, ma tenerlo occupato con preghiere, suppliche e confessioni dei peccati; di modo che nel momento in cui i vizi del corpo hanno l'opportunità di manifestarsi, questi stessi vizi siano rintuzzati con il ricordo della legge divina. 4 Il peccato concreto ed esterno, a cui si può pensare nel contesto descritto da Ilario, potrebbe essere la masturbazione. Tuttavia tale peccato non è insinuato in maniera sicura, univoca ed esclusiva. Forse più in generale si vuole mettere in guardia dallo spirito di fornicazione, cioè da tutto un complesso che comprende immaginazioni erotiche, desideri impuri, senza escludere stimoli e moti venerei del corpo, la cui consumazione nelle prime ore della notte sarebbe certamente la masturbazione. Ma a questa attuazione sessuale concreta non si fa un accenno esplicito. Ilario dunque, benché ' sembri alludere abbastanza chiaramente al pericolo di un'attuazione sessuale solitaria, non arriva tuttavia a specificarla. 3 Cf. ILARIO DI POlTlERS, Traet. in Psal. 57 (CSEL 22, 175-181); ID., Traet. in Psal. 125 (CSEL 22, 605-613); ID., Com. in Matth . 4, 20ss. (PL 9, 938-940). 4 ILARIO DI POlTIERS , Traet. in Psal. 118 (CSEL 22, 421-422): «Scit praecipue nocturno tempo re divini esse a nobis nominis recordandum. Scit tum maxime custodiam Dei legis a nobis esse retinendam, cum subrepunt animo impurae cupiditates. Cum vitiorum stimuli per recens assumptum cibum corpus exagitant, tum Dei nomen recordandum est, tum custodienda lex eius est, pudicitiam, continentiam, timorem Dei statuens ... Non est periculoso nocturnarum vigiliarum otio animus relaxandus; sed in orationibus, in deprecationibus, in confessionibus peccatorum occupandus est ; ut cum maxime corporis vitiis opportunitas datur, tum praecipue eadem vitia divinae legis recordatione frangantur»,
177
Passando ora agli scritti che videro la luce in Italia nel corso del IV secolo, incontriamo le opere di autori come Firmico Materno , Mario Vittorino, Zenone di Verona, Rufino di Aquileia, l'Ambrosiaster ed altri che però non contengono alcunché di rilievo che possa interessare il nostro tema. Tralasciati dunque questi scritti, ci soffermeremo sugli autori più importanti di questo periodo : Ambrogio , Girolamo , Agostino , i quali offrono diverso materiale degno di interesse.
2.
AMBROGIO E GIROLAMO
Ambrogio
Ambrogio, vescovo di Milano negli anni 374-397, si distinse soprattutto come pastore e maestro del popolo. Buon conoscitore della Scrittura e dei padri greci, nonché degli autori classici, scrisse numerose opere , soprattutto a carattere etico e pastorale, divenendo per la chiesa latina una colonna della teologia morale e della letteratura ascetica. Mentre le opere morali e ascetiche di Ambrogio , dedicate per la maggior parte al tema della verginità, non dicono molto dei peccati e dei vizi sessuali, perlo meno esterni,s le sue opere esegetiche contengono invece utili indizi e forse qualcosa di più per la nostra ricerca. Da queste opere risulta che l'etica sessuale di Ambrogio si colloca prevalentemente sulla linea di pensiero tracciata dagli autori alessandrini durante il corso del III secolo , e di conseguenza il più delle volte si esprime in termini che richiamano da vicino le posizioni di un Clemente Alessandrino e le argomentazioni tipiche degli stoici. Ambrogio, infatti, afferma la necessità di un'intenzione pro creatrice per legittimare i rapporti coniugali, quando la generazione è possibile, mentre riprova severamente come scandalosi tali rapporti, quando la procreazione è resa impossibile o dall'età
5 Cf. le opere raccolte in PL 16, 25-380; in particolare si veda De virginibus 3, 58 (PL 16, 225-232), dove si parla della temperanza nel mangiare e nel bere ; De officiis ministrorum 1, 18 (PL 16, 46-47) , dove si parla della pudicizia da custodire durante l'adolescenza: «(78) ... ut non solum abscondamus ab oculis , verum etiam quae abscondenda accepimus, eorum indicia ususque membro rum suis appellationibus nuncupare indecorum putemus. (79) Denique, si casu aperiantur hae partes , confunditur verecundia; si studio, impudenti a aestimatur. Un de et filius Noe Cham offensam retulit, quia nudatum videns patrem risit; qui autem operuerunt patrem , acceperunt benedictionis gratiam».
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avanzata o dallo stato di gravidanza. Per disapprovare in particolare i rapporti durante la gravidanza, oltre che ricorrere all'esempio degli animali i quali dopo che «l'alvo è fecondo e il seme è stato assorbito nel grembo generatore, non amano più giacere assieme», e all'esempio della terra che «sovente si riposa dalle opere della generazione», si appella al dovere di rispettare l'opera di Dio mentre plasma l'uomo nel grembo materno: Egli vi sta in continua azione, e tu contamini con la tua libidine ciò che il grembo venerando nasconde? Se non temi Iddio, imita almeno le bestie!6 L'accentuazione del fine procreativo nei rapporti sessuali appare anche là dove richiama il finalismo degli organi sessuali e in particolare del seme: Che dire delle parti genitali che, mediante le vene che scendono dalla nuca, attraverso i reni e i lombi ricevono il seme prolifico per la funzione e il dono della procreazione?? Nella considerazione particolare dei peccati sessuali, Ambrogio, come del resto gli autori cristiani dei secoli precedenti, mostra di prestare maggior attenzione ai comportamenti a carattere relazionale;8 e tra questi considera più gravi quelli «antinaturali» rispetto a quelli «naturali»,9 tradendo così un concetto di natura di tipo stoico. Riguardo alla masturbazione, eccetto enunciazioni di carattere generale che virtualmente potrebbero anche abbracciarla, non pare che Ambrogio presenti una presa di posizione esplicita. Tuttavia nel commento al salmo 37 presenta un contesto notevole, che è opportuno analizzare. Prendendo lo spunto dal passo «I lombi miei sono pieni di illusioni» (v. 8), Ambrogio affronta il problema delle polluzioni. Ricordiamo che, nella 6 AMBROGIO , Exp. Evang. sec. Lucam 1, 43-45 (CCL 14, 28-29); tr. il.: Opere esegetiche IX/I: Esposizione del Vangelo secondo Luca , introduzione, traduzione, note e indici di Giovanni Coppa, Roma 1978. 7 AMBROGIO , Hexaem. 6, 73 (CSEL 32/1, 260); tr. it.: Opere esegetiche I: I sei giorni della creazione , introd., trad. e note di Gabriele Banterle, Roma 1979. 8 AMBROGIO, De Abrah. 2, 78 (CSEL 32/1, 630-631): « ... Legis autem lator aeternae signaculum circumcisionis carnalis in solis maribus exigit, eo quod ad admixtionis usum vir muliere vehementior sit, et ideo ipsius impetum infringere voluit circumcisionis signaculo; vel quia viri licito se errare credunt , si solo se abstineant adulterio, meretricios autem usus tamquam naturae legi suppetere putant, cum praeter coniugium nec viro liceat nec feminae misceri alteri ... ». 9 Ambrogio dopo aver riprovato i vizi «contro natura» dei sodomiti, per scusare le figlie di Loth che commisero incesto con il padre, afferma: «... Offerebat sanctus Loth filiarum pudorem. Nam etsi illa quoque flagitiosa impuritas erat, tamen minus erat secundum naturam coire, quam adversus naturam delinquere ... »: De Abrah. 1, 52 (CSEL 32/1, 537).
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letteratura monastica, i termini «illusioni», «scherni», servivano ad indicare le polluzioni provocate dal diavolo, soprattutto quelle notturne. Secondo la teoria antoniana, ripresa ed esplicitata dagli autori monastici, i demoni o spiriti cattivi erano infatti considerati una delle cause provocanti le polluzioni. Nei lombi si trovano i semi maschili, nell'utero quelli femminili. Dunque il diavolo li provoca a scherno, perché commettano adulterio, incesto, fornicazioni. E perciò chi fornica, pecca contro il suo corpo, non fuori di esso (1Cor 6,18). In primo luogo perché ne viene indebolita la carne, che si dissolve nelle passioni e non riesce a mantenere il controllo della purezza; poi perché quei semi, che devono servire alla procreazione della prole, sporcano il corpo senza produrre frutto di discendenza. Questi allora si chiamano «scherni», forse perché in quelle persone spesso l'orgasmo che non arriva al congiungimento, non sembra nient'altro che uno scherno, una presa in giro (corporis aestus sine coitus celebritate frequenter illudat). Perciò, appropriatamente i Settanta li hanno chiamati «scherni» dell'animo (Sal 37,8), proprio perché il diavolo cerca di sprecare le forze dell'uomo, di scioglierne l'energia, prendendosi un vano gioco delle sue inclinazioni. E per questo in un altro passo, David dice: Ed i miei reni sono stati sciolti (Sal 72,21). Anche il santo apostolo ce ne dà una conferma: non dobbiamo temere gli scherni dell'anima, né la debolezza della carne, poiché è Cristo la potenza e dell'anima e del corpo nostro; egli che cura gli ammalati come un medico; che irrobustisce i deboli come se fosse l'energia di tutti (2Cor 12,9-10). E così, anche se il nostro uomo esteriore va in corruzione, quello interiore si rinnova giorno per giorno (2Cor 4,16). \0
Gli «scherni», le illusioni , di cui parla il testo si riferiscono principalmente alle polluzioni notturne, che si compiono senza effettivo congiungimento sessuale e sono provocate con inganno dal diavolo, che si prende gioco delle inclinazioni dell'uomo all'accoppiamento. Che si tratti di ciò appare evidente verso la fine del testo , là dove si invita a non temere gli scherni dell'anima e la debolezza della carne, in quanto Cristo è la potenza del nostro corpo, è il medico che guarisce la corruzione del nostro uomo esteriore. È chiaramente questo un modo per dire che le semplici polluzioni notturne, provocate dal diavolo senza che ci sia alcuna
\O AMBROGIO, In Psal. XXXVII Enarratio, 33 (PL 14, 1025-1026); tr. it.: Opere esegetiche VIIII: Commento a dodici Salmi , introd., trad. , note e indici di Luigi Franco Pizzolato , Roma 1980.
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responsabilità personale, sono da considerarsi moralmente innocue. Ma l'azione del diavolo, l'illusione diabolica, è presente, almeno inizialmente, anche in ogni effusione disordinata del seme, come è nel caso dell'adulterio, dell'incesto e delle fornicazioni in genere. Il diavolo provoca la passione sessuale e le effusioni del seme, allo scopo di indebolire l'autocontrollo del corpo e portare a uno spreco di capacità generative. Anche se il testo non vi fa un'allusione esplicita, non è tuttavia da escludere che Ambrogio, nel complesso concettualmente indistinto dei flussi seminati disordinati, tenga presenti anche le polluzioni procurate in modo solitario. Tanto più che, parlando di polluzioni senza coito, si avvicina notevolmente al nostro problema e le argomentazioni che usa (perdita del «controllo della purezza» e spreco del seme) sono applicabili anche alla polluzione intesa nel nostro senso. Per concludere possiamo dire che neppure Ambrogio ci dà una testimonianza diretta sul problema della masturbazione. Pur tuttavia bisogna riconoscere che, in modo complessivo, arriva ad insinuarlo abbastanza chiaramente e a fornire anche delle argomentazioni adatte per una sua valutazione morale.
Girolamo Giustamente ci attenderemmo qualcosa di più da Girolamo (c. 340-419), temperamento sensibile, veemente e satirico, monaco e padre spirituale di monaci e vergini, cultore delle lettere classiche, principe dei traduttori e ottimo interprete della Scrittura. La posizione di Girolamo di fronte ai problemi sessuali, come del resto quella di Ambrogio, riflette in pieno la dottrina elaborata dagli autori alessandrini del III secolo, in primo luogo da Clemente e Origene. Essa, tuttavia, si caratterizza per una più marcata accentuazione di alcuni aspetti, che ai nostri occhi appaiono molto rigoristici e rivelano tra l'altro un atteggiamento, da parte di Girolamo, non sempre sano ed equilibrato di fronte alla sessualità. Anche se Girolamo si richiama a volte al pericolo della fornicazione come «scusa» del matrimonio/ I tuttavia per lui il vero fine del matrimonio e dei rapporti coniugali è quello della procreazione dei figli. I rapporti sessuali nel matrimonio sono perciò libidinosi, se non sono compiuti in vista della procreazione. 12
Il
Cf.
12
« •••
Adv. lov. 1,7 (PL 23, 218). [Paulus) ipsarum quoque opera nuptiarum, si non verecunde et cum honestate, quasi sub oculis Dei fiant , ut tantum liberis serviatur, immunditiam et luxuriam nominavi!»: GIROLAMO, Com. in ep. ad Gal. 5, 19-21 (PL 26, 415). GIROLAMO,
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Lo stesso istinto sessuale , che Dio ha radicato nell'uomo solo al fine della procreazione, diventa «vizio» se esce da questo limite. 13 Il piacere, come del resto tutto ciò che può portare ad esso , deve essere evitato come un «veleno».14 Il matrimonio dunque e i rapporti coniugali sono permessi solo per avere dei figli , mentre la ricerca del piacere sessuale e l'amore esagerato devono essere in ogni modo banditi . 15 A conferma di ciò , in un altro passo, Girolamo cita , parafrasandola , la celebre sentenza di Sesto Pitagorico sull'amore adultero nel matrimonio; e di seguito riporta anche la massima di Seneca sull'amore passionale verso la propria sposa .1 6 Coerentemente con queste posizioni, Girolamo sembra esprimere un giudizio negativo sulle seconde nozze , in quanto le vede motivate unicamente dal piacere dei sensi ;17 come pure , se non condanna , perlo meno sconsiglia i rapporti durante la gravidanza. 1B Riprova invece espressamente i rapporti sessuali durante le regole, richiamandosi alla proibizione veterotestamentaria e aggiungendo una spiegazione fisiologica: da un concepimento durante le mestruazioni nascerebbero bambini deformi. 19
A quest'impostazione , che a noi appare molto rigida, ma che purtuttavia corrisponde ad una precisa corrente del pensiero tradizionale , quella alessandrina , si aggiungono in Girolamo delle affermazioni anche per quel tempo esagerate, estremiste. Sia per difendere a tutti i costi la superiorità della verginità , sia per necessità polemica , Girolamo in alcuni testi-limite , che è certamen-
13 « . . . libido , insita a deo ob liberorum procreationem, si fin es suos egressa fuerit , redundat in vitium , et quadam lege naturae in coitum gestit erumpere»: GIROLAMO , Ep . 54, 9, ad Furiam (CSEL 54, 475) . 14 «Quidquid seminarium voluptatum est , venenum puta»: GIROLAMO, Ep. 54 , lO , ad Furiam (CSEL 54, 477). " «Liberorum ergo , ut diximus, in matrimonio opera concessa sunto Voluptates autem quae de meretricum capiuntur amplexibus, in uxore damnatae»: GIROLAMO , Com. in ep. ad Eph . 5, 25ss. (PL 26, 532). 16 « ... unde et Sextus in sententiis: adulter est , inquit, in sua m uxorem amator ardenti or. In aliena quippe uxore omni amor turpis est, in sua nimius. Sapiens vir iudicio debet amare coniugem , non affectu»; GIROLAMO , A dv. l ov. 1, 49 (PL 23 , 281). I7 «[Fabiola] adolescentula erat, viduitatem suam servare non poterat. Videbat aliam legem in membris suis repugnantem legi mentis suae, et se vinctam et captiva m ad coitum trahi»: GIROLAMO , Ep . 77, ad Oceanum (PL 22, 692). 18 « .. . post conceptum, magis orationi quam connubio serviendum»: GIROLAMO , Com. in ep. ad Eph . 5, 25ss . (PL 26, 532). 19 GIROLAMO, Com . in Ezech. 6, 18 (PL 25, 173) .
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te abusivo generalizzare, perviene ad un disprezzo quasi totale del matrimonio e della sessualità. Alcuni esempi: Questo bene (il matrimonio), che è tale solo in quanto è minor male (in rapporto alla fornicazione), è sospetto ai miei occhi. 2Q Riguardo alla purità richiesta per ricevere il corpo di Cristo, l'unrone sessuale è impura. 21 Se ci si astiene dall'unione sessuale, si rende onore alla sposa; nel caso contrario, è evidente che le si fa ingiuria ...22 Poiché l'unione sessuale nel matrimonio è «impura» ed è un'«ingiuria» per la sposa, Girolamo non esista certe volte a paragonare il matrimonio perfino a Sodoma. 23 L'esercizio della sessualità, all'interno stesso del matrimonio, al nostro autore appare dunque incompatibile con la preghiera e con il vero amore sponsale. Il vero amore tra marito e moglie dovrebbe esprimersi al di fuori della sessualità. Questa posizione estremamente negativa nei confronti del sesso, che gli psicologi moderni definirebbero ossessiva, trova forse la sua spiegazione - secondo il Nodet - nel fatto che Girolamo non fu mai perfettamente in pace con se stesso in questo campo, non ebbe cioè personalmente una sessualità istintivamente matura, sublimata. 24 È certamente questo - secondo il sopraccitato autore - un settore regressivo della sua personalità, che però aiuta a comprendere vari suoi atteggiamenti. Nei confronti del sesso Girolamo manifesta infatti un'attrattiva e al tempo stesso una forte aggressività e ripulsa, che si riflette ad es. in un atteggiamento non sano nei confronti delle polluzioni /llotturne e in un ideale di vita senza sesso. 25 Non esita così, in certi testi, a far proprio l'ideale dell'androginia, che prevede la scomparsa della diversità dei sessi, e a fornire al riguardo perfino argomentazioni pseudo-teologiche,
20
21 22
23
GIROLAMO, GIROLAMO, GIROLAMO, GIROLAMO,
Adv. lov. Adv. lov. Adv. lov. Ep. 22, 2,
1, 9' (PL 23, 223). 1, 20 (PL 23, 238). 1, 7 (PL 23, 220). ad Eustochium; Ep. 123, 13, ad Ageruchiam (PL 22,
395. 1054). 24
Su questo aspetto della personalità di Girolamo si veda lo studio di CH. H . Position de Saint lérome en [ace des problèmes sexuels, in Mystique et
NOOET,
Continence, 308-356. 25 «Saepe choris intere ram puellarum ... »: GIROLAMO, Ep. 22, 7 (PL 22, 398); «Meum propositum sine sexu es!»: lo. , Ep. 22, 18 (PL 22,405); «Confiteor timorem meum, ne forsitan de superstitione discendat. Quando iratus fuero, et aliquid mali in meç.'animo cogitavero, et me nocturnum phantasma deluserit, basilicas martirum intrare non audeo, ita totus et corpore et anima contremisco ... »: lo., Contra
Vigilantium 12 (PL 23, 349).
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intendendo ad es. l'«uomo nuovo» di cui parla Paolo nel senso della desessualizzazione. 26 Passando ora ad esaminare eventuali testi in cui Girolamo possa far riferimento al nostro tema, non c'è dubbio che, date le premesse di ordine generale, il problema dell'autoerotismo o masturbazione abbia già una risposta. Ciò però non implica necessariamente che esso sia avvertito come problema e sia fatto oggetto di speciale considerazione. Il nostro intento è appunto quello di vedere se tale problema si pone e in che modo viene valutato. L'EpistoLario di Girolamo contiene un trattatello sulla castità e la verginità: l'Epistula (22) ad Eustochium. 27 Questa lettera, sebbene non perfettamente equilibrata dal punto di vista dottrinale, tratta dei diversi aspetti della castità sia verginale che matrimoniale , ma per quanto riguarda il nostro studio non contiene nulla che sia degno di nota. Anche la lettura dell'intero epistolario non permette di rilevare la presenza di testi espliciti, tutt'al più solo dei contesti e delle lontane insinuazioni, riferite per lo più al pericolo della lussuria in generale, e in particolare ai rapporti sessuali illeciti. 28 Qualcosa di più attinente lo troviamo invece nei commenti alle lettere paoline, dove Girolamo non nasconde di seguire Origene come fonte . Ad es. nel commento ai vv. 3-4 del c. 5 della Lettera agli Efesini Girolamo afferma: «Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi ... » (Ef 5,3-5). Se non ci fosse stato un certq fil9sofo cinico, il quale insegnava come non fosse da evitare tempè~ivamente ogni eccitazione della carne e ogni flusso del seme 'proveniente da qualsiasi contatto o toccamento (omnem titillationem carnis et fluxum seminis ex qualicumque attritu tactuque venientem, in tempo re non vitandum) , e molti sapienti
del secolo non avessero acconsentito a questa turpe e vergognosa eresia, mai il santo apostolo, scrivendo agli efesini, alla fornica-
26 Cf. ad es. GIROLAMO , Adv. lav. 1, 16 (PL 23 , 235) : «Ubi diversitas sexus aufertur, et veteri homine exuimur, et induimur novo, ibi in Christum renascimur virginem .. .»; si veda anche In., Com. in ep. ad Eph 5, 28 e 5, 29 (PL 26, 533-534) . n GIROLAMO, Ep . 22, ad Eustachium (CSEL 54, 143-211). 28 «Libido .. . quadam lege naturae in coitum gestit erumpere. Grandis ergo virtutis est et sollicitae diligentiae, superare quod natus sis in carne, non carnaliter vivere, tecum pugnare cotidie, et inclusum hostem Argi, ut fabulae ferunt , centum oculis observare»: GIROLAMO, Ep. 54, 9, ad Furiam (CSEL 54, 475); « ... nihil inflammat corpora et titillat membra genitalia, nisi indigestus cibus ructusque convulsus ... »: In ., Ep. 54, lO, ad Furiam , (CSEL 54, 477) .
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zione avrebbe congiunto strettamente anche ogni impurità, e all'impurità avrebbe aggiunto la cupidigia: non quella con cui desideriamo accumulare denaro, ma quella di cui abbiamo parlato sopra: «Che nessuno offenda e inganni in questa materia il proprio fratello» (lTs 4,6); che nessuno cioè, non mai sazio e insoddisfatto, si abbandoni ad ogni genere di turpitudine e di lascivia. «Come si addice ai santi», afferma. Per la qual cosa non può essere chiamato santo, chiunque al di fuori della fornicazione sia trovato in qualche impurità e cupidigia dei piaceri, di cui si fosse dilettato (quicumque extra fornicationem in aliqua immunditia et avaritia voluptatum, quae se delectaverit, invenitur).29
Girolamo ritiene che Paolo, nella sua lettera, con la condanna dell' «impurità» distinta da quella della «fornicazione», abbia inteso dare una risposta diretta al cinismo, che in campo sessuale, come sappiamo, non ammetteva alcuna regola. E il caso famoso di Diogene probabilmente costituiva un esempio tipico della particolare etica sessuale propugnata da tale dottrina e pratica di vita. In verità, non è da escludere che Paolo, mettendo in guardia da ogni disordine sessuale, abbia inteso effettivamente premunire i cristiani dalla dilagante immoralità pagana in campo sessuale e in particolare dal singolare stile di vita dei cinici. Ma è poco probabile riteniamo - che Paolo abbia inteso contrastare espressamente il cinismo con la sola condanna dell'«impurità», bensì con la condanna generale dei disordini sessuali e adoperando tutta la gamma dei termini che compaiono nei cataloghi dei vizi. Comunque sia, quello che conta qui è che Girolamo inizia una distinzione e una precisazione di significato del termine «impurità» rispetto alla fornicazione, destinata ad avere un seguito nei secoli successivi. Per Girolamo, a differenza di Origene, Crisostomo e altri autori cristiani, l'«impurità» (immunditia), di cui parla Paolo, non abbraccia genericamente tutto l'insieme dei disordini sessuali, bensì ha un significato più ristretto. Il richiamo all'insegnamento di Diogene potrebbe far pensare che essa designi soprattutto la masturbazione. Ma nell'interpretazione geronimiana il termine non sembra indicare la masturbazione in modo esclusivo, piuttosto «una qualche impurità al di fuori della fornicazione»; e neppure la sola «impurità» considerata in se stessa, ma l' «impurità» come piacere al di fuori della fornicazione ricercato con cupidigia insaziabile, quindi come vizio abituale. Con questa distinzione e delimitazione di significato dell' «impurità» rispetto alla fornicazione, di cui una traccia si può ravvisare 29
GIROLAMO,
Com. in ep. ad Eph. 5, 3-4 (PL 26, 519) .
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già negli scritti di Pacomio e di Atanasio, Girolamo fa comunque un passo avanti nella specificazione del nostro problema e nell'applicazione ad esso di testi scritturistici. Il nostro autore, distinguendo nella lussuria la fornicazione da una parte e altri disordini sessuali dall'altra (impurità), porta l'attenzione su un insieme di comportamenti sessuali, comprendenti forse anche la masturbazione, la cui caratteristica è quella di differenziarsi dalla fornicazione. Nello stesso tempo contribuisce a far rientrare questo tipo di comportamenti nella condanna paolina dell'«impurità». Un'interpretazione analoga del termine «impurità» Girolamo la ripropone nel commento ai vv. 19-21 del c. 5 della Lettera ai Galati. Qui, dopo aver detto che l'«impurità» costituisce «una seconda opera della carne» accanto alla fornicazione, afferma che essa vuoI indicare «tutti gli altri piaceri straordinari», compresi i disordini sessuali nell'ambito della vita coniugale .3O Tra «i piaceri straordinari» al di fuori della fornicazione, è abbastanza facile sottintendere vari comportamenti sessuali, tra i quali anche la masturbazione. Comunque importante, anche qui , è la distinzione che Girolamo fa tra fornicazione e impurità, e il significato più ristretto che assegna a quest'ultima. Un altro elemento di un certo interesse per il nostro tema lo troviamo infine nella traduzione latina di Gn 38,9-10, come appare nella Vulgata, l'opera monumentale di Girolamo, destinata ad essere il testo ufficiale della Bibbia nella chiesa latina per quindici secoli. Girolamo intraprende la traduzione latina della Genesi verso il 401. Come aveva fatto per gli altri libri dell'AT, cerca di basarsi innanzi tutto sull'originale ebraico, ma si aiuta anche con le traduzione anteriori, come i LXX e la Vetus Itala . Quello che sorprende riguardo a Gn 38,9-10 è che, mentre i LXX e la Vetus Itala rimangono strettamente fedeli al testo ebraico, la traduzione di Girolamo se ne allontana notevolmente. A parte variazioni secondarie (introiens al posto di introisset, ad indicare la ripetitività dell'azione invece del fatto isolato; l'aggiunta del termine semen come complemento oggetto difundebat), la traduzione di Girolamo si discosta dall'originale soprattutto là dove sembra fare dell'atto di 30 «Secundum opus carnis immunditia nuncupatur, et eam comes luxuria sequitur. Quomodo enim in veteri Lege de nefandis criminibus , quae in occulto fiunt , et ea nominare turpissimum est, ne et dicentis os et aures audientium polluerentur, generaliter Scriptura complexa est dicens: verecundos vel reverentes facite filios Israel ab omni immunditia (Lv 15,31): sic in hoc loco caeteras extraordinarias voluptates - ipsarum quoque opera nuptiarum, si non verecunde et cum honestate , quasi sub oculis Dei fiant, ut tantum liberis serviatur - immunditiam et luxuriam nominavit»: GIROLAMO, Com. in ep. ad Gal. 5, 19-21 (PL 26,415).
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Onan la ragione della punizione di Dio: «... perciò il Signore lo mise a morte perché aveva fatto una cosa detestabile (rem detestabilem)>>.31 Sia l'originale ebraico, sia i LXX e la Vetus Itala non mettevano particolarmente l'accento sull'atto in se stesso. Girolamo invece, con la sua traduzione, sposta il significato del testo, concentrando l'attenzione sulla dispersione del seme. Adoperando inoltre il termine «detestabile»,32 una parola molto dura che non compare mai altrove nella sua traduzione dell' AT, contribuisce a far considerare molto grave tale atto. Non c'è dubbio che la traduzione di Girolamo sia in qualche modo in rapporto con l'amicizia che lo legava ad Epifanio di Salamina, il quale nel suo Panarion, terminato nel 377, primo tra i padri della chiesa aveva utilizzato l'episodio di Onan per condannare il coito interrotto. 33 Così anche Girolamo, tramite Epifanio, si allinea sull'interpretazione che le tradizioni tardo-giudaiche davano del fatto di Onano Da tutto ciò si può comprendere come Gn 38,9lO, conosciuto d'ora in poi lungo i secoli attraverso la traduzione di Girolamo, sarà destinato a diventare un testo di capitale importanza contro il coito interrotto e la frustrazione del seme in genere. Come conclusione possiamo dire che neppure Girolamo ci fa conoscere con precisione il suo pensiero sull'autoerotismo. Tuttavia l'interpretazione che egli dà di alcuni passi delle lettere paoline, dove si richiama al filosofo cinico Diogene e dove con il termine «impurità» intende ogni eccitazione carnale e flusso seminale provocato da qualsiasi toccamento al di fuori della fornicazione, lo avvicina notevolmente al nostro problema. Anche se non arriva a distinguerlo specificamente, sembra includerlo in modo complessivo e implicito nella sua trattazione. Infine la traduzione che egli fa nella Vulgata di Gn 38,9-10, probabilmente sotto l'influsso di Epifanio, contribuisce a far considerare come molto grave il coito interrotto, come pure ogni dispersione sterile del seme.
31 La traduzione di Girolamo dice: < dlle sciens non sibi nasci filios introiens ad uxorem fratris sui seme n fundebat in terram ne liberi fratris nomine nascereIÌtur et idcirco percussit euro Dominus quod rem detestabilem fecerat» (Biblia sacra iuxta vulgalarn versionern, recensuit R. Weber, Stuttgart 1969, 21975). 32 Il termine «detestabile» sembra provenire da un commento anteriore di Zenone di Verona (360 circa), in cui i due fratelli Onan ed Er sono detti «detestabili», in quanto simbolizzano i peccati di orgoglio e d'idolatria: ZENONE, Traclatus 2, 14 (PL 11, 434-436). 33 Cf. sopra c. VII, pp. 163-164.
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3.
AGOSTINO
Concludiamo la nostra rassegna degli autori del IV secolo con il più grande dei Padri: Agostino di Ippona (354-430),34 che è da considerare il massimo filosofo dell'età patristica e senza dubbio il più grande e influente teologo della chiesa in generale, il cui influsso sarà destinato a perdurare nei secoli successivi fino all'epoca moderna . La ricca e complessa dottrina agostiniana sul matrimonio e la sessualità, che ha dato luogo in passato e di recente ad aspre controversie interpretative, ci impedisce di tentare qui una qualsiasi sintesi, in quanto ciò eccede chiaramente la nostra erudizione nonché i limiti della presente trattazione. Rimandiamo perciò volentieri alla vasta bibliografia esistente su tale argomento. Rileviamo soltanto che gli studi di cui si dispone, adoperando chiavi interpretative di volta in volta diverse, ora accentuano il pessimismo e rigorismo sessuale di Agostino, richiamandosi a dipendenze esterne più o meno dirette, quali quelle derivanti dal dualismo manicheo, dal platonismo , dallo stoicismo e dalla filosofia romana;3S ora rettificano tale indirizzo, mettendo in luce la prevalente ispirazione biblica di Agostino e presentando una visione più positiva ed equilibrata della sua dottrina sulla sessualità. 36 J4 Per la verità Agostino, cronologicamente, apparterrebbe più al V che al IV sec., essendo morto nel 430. Tuttavia, a motivo delle posizioni che egli esprime in riferimento al nostro tema , abbiamo ritenuto opportuno collocarlo alla fine di questo capitolo, dedicato agli autori latini del IV sec. " Per l'influsso del manicheismo sul pensiero di Agostino cf. ad es. M. MULLER, Die Lehre des hl. ,Augustinus der Paradiesesehe und ihre Auswirkungen in der Sexualethik des 12/13 Jh 's bis Thomas , Regensburg 1954, 25ss; NOONAN , Contraception, 156; P . BRo~N Augustine 01 Hippo , Berkeley-Los Angeles 1967. Per il platonismo e il neoplatonismo si veda L. LoCHET, Les lins du mariage , in NRTh 73 (1951), 449-465 ; 561-586. Per lo stoicismo cf. L. JANSSENS, Morale conjugale et progestogènes, in EThL 39 (1963), 787-826: ID ., Chasteté conjugale selon l'encyclique Casti connubii , in EThL 42 (1966) 513-543 . Infine per la filosofia e la letteratura romana cf. J. O'MEARA, Virgil and S. Augustine: the Roman background to Christian sexuality , in «Augustinus» 13 (1968) , 307-326. 36 Cf. J . MAUSBACH, Die Ethik des hl. Augustinus , 2 volI. , Freiburg i.B . 1929; A . PEREIRA, La doctrine du mariage selon St. Augustin , Paris 1930; G. OGGIONI , Matrimonio e verginità presso i Padri, in Matrimonio e verginità , Venegono Inf. 1963; si vedano inoltre tra gli altri gli studi più recenti di D. COVI , Il valore ontologico della sessualità umana secondo S. Agostino , in Laur 2 (1970) , 375-395; ID ., L'etica sessuale paradisiaca agostiniana, in Laur 3 (1972), 340-364; ID., El fin de la actividad sexual fiumana, in «Augustinus» 17 (1972), 47-65 ; E. SAMEK LODOVICI , Sessualità, matrimonio e concupiscimza in Sant'Agostino , in Etica sessuale, 212-272; si veda infine l'ampia esposizione di A. TRAP~ nell'Introduzione Generale, (I-LXX) alla pubblicazione del volume: AGOSTINO, Matrimonio e verginità , introd . e note di Maria Palmieri, Vincenzo Tarulli, Roma 1978.
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Più che seguire dunque l'elaborazione dottrinale di Agostino, che costituisce il punto di arrivo per tutta la tradizione patristica precedente e al tempo stesso il punto di partenza per gli sviluppi successivi, preferiamo qui concentrare la nostra attenzione sulle conclusioni che egli ne trae sul piano morale circa l'esercizio della sessualità. Così possiamo osservare come egli distingue e classifica i peccati di ordine sessuale e vedere, casomai , se arriva a toccare anche il nostro problema . . Come punto di partenza possiamo servirci di un testo fortemente sintetico del De bono coniugali, che tratta dei peccati che si oppongono alla castità coniugale: Quando il rapporto coniugale avviene con lo scopo di procreare è senza colpa; quando avviene per soddisfare la concupiscenza, ma con il coniuge e secondo la fedeltà del matrimonio, rappresenta una colpa veniale; l'adulterio invece e la fornicazione rappresentano un peccato mortale .. . rendere il debito coniugale non è affatto una colpa, esigerlo oltre la necessità di procreare è un peccato veniale , fornicare addirittura o commettere adulterio è un peccato da punire ... "
Da questo passo risulta çhe per Agostino i rapporti coniugali sono esenti da colpa, quando sono compiuti in vista della procreazione o allo scopo di rendere il debito coniugale; costituiscono invece colpa veniale , quando avvengono sotto il dominio della passione, quando cioè nel chiedere il debito uno degli sposi o tutti e due si lasciano guidare dalla passione. L'adulterio e la fornicazione costituiscono in ogni caso colpa grave. In questa classificazione dei peccati la considerazione morale, come si può facilmente notare, rimane legata esclusivamente ai rapporti, agli amplessi sessuali, sia coniugali che extra-coniugali. In altri testi, tra le colpe gravi che i coniugi devono evitare, Agostino enumera anche l'aborto,l8 l'uso dei contraccettivi (sterilitatius venena)39 e il coito interrotto. 40 Per quest'ultimo si tratta della prima condanna diretta da parte di un teologo occidentale. In oriente - come si ricorderà - il coito interrotto, seppure nel contesto di pratiche rituali, era già stato condannato da Epifanio di Salamina. Non è difficile scoTgere un certo rapporto tra Epifanio e Agostino. Sia l'uno che l'altro, primi tra gli autori cristiani, si
De bono con. 6, 6 (CSEL 41, 195). De nupt. et concupo 1, 15, 17 (CSEL 42, 229). 39 De nupt. et concupo 1, 15, 17 (CSEL 42, 230). 40 «Illicite namque et turpiter etiam cum legitima uxore concumbitur ubi prolis conceptio devitatur. Quod faciebat Onan filius Judae ... ": AGOSTINO, De coniugo adulto 2, 12, 12 (CSEL 41, 396). 37
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AGOSTINO, AGOSTINO , AGOSTINO,
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rifanno all'episodio di Onan per condannare il coito interrotto. Ambedue sembrano condannarlo soprattutto per motivi religiosi: Epifanio per combattere concezioni e pratiche rituali gnostiche, Agostino per reazione ai principi dell'etica sessuale dei manichei, i quali si opponevano decisamente alla procreazione per la paura di legare una sostanza divina alla materia. 41 Sembra infatti fuor di dubbio che la ripetuta condanna del coito interrotto da parte di Agostino sia prevalentemente ispirata alla necessità di combattere la mentalità manichea. Ad ogni modo il richiamo di Agostino a Gn 38,8-10 dimostra come dopo Epifanio si vada diffondendo abbastanza rapidamente tra i cristiani l'abitudine di applicare l'episodio di Onan al coito interrotto e di conseguenza ad ogni dispersione sterile del seme. Altri peccati Agostino li enumera in alcune liste, che egli formula in vista della prassi penitenziale. In un suo sermone classifica infatti come mancanze gravi: idolatria, adulterio e fornicazione, furto e frode , odio , eresia o scisma, spettacoli del circo. 42 Altrove presenta una lista di peccati veniali, purtroppo molto breve: beffe, esuberanza, scherzi, desideri impuri , invidia, gola, intemperanza nel mangiare, distrazioni durante la preghiera ed altre mancanze simili. 43 I peccati della prima lista vanno espiati tramite la penitenza ufficiale, quelli della seconda attraverso la mortificazione privata. Pur tenendo conto dell'incompletezza delle liste e del criterio di classificazione diverso dal nostro,44 si può tuttavia notare come la masturbazione non compaia esplicitamente né nella prima né nella seconda lista. Si potrebbe forse pensare che essa sia inclusa nei peccati di adulterio e fornicazione. E in effetti Agostino, almeno in un testo, 4J La condanna del coito interrotto , motivata da ragioni antimanichee , compare nel Contra Faustum, 22, 30 (CSEL 25/1, 624): « •.. sic e contrario perversa lex manichaeorum , ne deus eorum , quem ligatum in omnibus seminibus plangunt, in conceptu feminae artius conligetur, prolem ante omnia devitari a concumbentibus iubet , ut deus eorum turpi lapsu potius effundatur quam crudeli nexu vinciatur». L'accenno al coito interrotto starebbe in quell'effundatur e la condanna nel turpi lapsu . Cf. NOONAN , Contraception , 159. 42 AGOSTINO , Sermo 351 , 5 (PL 39, 1540) . 43 AGOSTINO , De natura et gratia 38, 45 (CSEL 60, 266). 44 Agostino stesso (Sermo 351 , 5; PL 39, 1541) fa notare che si tratta di liste incomplete: ci sono altre colpe dello stesso genere di quelle che sono state elencate e da cui bisogna astenersi. Riguardo al criterio di classificazione dei peccati in gravi e meno gravi , bisogna ricordare che quello adottato da Agostino differisce dal nostro , in quanto non si basa su un 'analisi dell'atto peccaminoso in se stesso , ma sul modo di espiazione richiesta per la remissione (penitenza ufficiale o mortificazione privata) . Dobbiamo perciò stare bene attenti a non trasportare nel passato le nostre moderne categorie di peccato mortale e veniale. Cf. VOGEL, Il peccatore e la penitenza nella Chiesa antica, 27-29.
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sull'esempio del tardo-giudaismo, mostra la tendenza a dare un'interpretazione estensiva ai termini fornicatio e moechia e a sussumere il primo nel secondo. Dopo aver detto infatti che il termine adulterio (= moechia) include anche la fornicazione (= fornicatio) , prosegue dicendo che con il termine moechia è da intendersi come proibito ogni rapporto sessuale illecito e ogni uso non legittimo degli organi genitali. 45 Sebbene l'affermazione abbracci virtualmente anche la masturbazione, è però poco probabile che Agostino , parlando degli usi non legittimi degli organi genitali proibiti dal divieto dell'adulterio , tenga presente tale pratica . Il suo discorso , anche in questo testo , sembra rimanere legato ai rapporti sessuali. Comunque è senz'altro da escludere che i termini adulterio e fornicazione , quando compaiono in liste di peccati da sottoporre alla penitenza canonica , possano includere la masturbazione. Finora da nessun documento antico risulta che essa sia mai stata fatta oggetto della penitenza ufficiale. Il fatto però che Agostino sussuma nell'adulterio la fornicazione ed altri peccati di ordine sessuale legati al non legittimo uso degli organi genitali , sta forse a testimoniare il diffondersi tra i cristiani di una tendenza, che porta a considerare tutti i peccati sessuali come una partecipazione imperfetta dell'adulterio o della fornicazione e quindi a vederli condannati dal VI comandamento del decalogo . In un altro passo, parlando della connessione tra la concupiscenza della carne e degli organi genitali, Agostino afferma che la concupiscenza, al di fuori del matrimonio , fa commettere «adultèri e ogni sorta di infamie e di impudicizie» che si oppongono alla castità coniugale ; e anche quando non fa commettere tutte queste cose , perché l'uomo rifiuta il consenso, questa concupiscenza rimane sempre attiva, per cui spesso nei sogni si crea un'immagine della sua opera e raggiunge il termine del suo movimento , provoca cioè la polluzione. 46 Non ci saremmo meravigliati se Agostino , parlando dei peccati che la concupiscenza fa commettere al di fuori del matrimonio, fosse andato oltre la polluzione notturna , giungendo così al nostro problema. 45 «Item quaeri solet utrum moechiae nomine etiam fornicatio teneatur ... profecto et nomine moechiae omnis inlicitus concubitus atque illorum membro rum non legitimus usus prohibitus debet intellegi»: AGOSTINO, Quaest. liber 2, 71 (CSEL 28/2, 138-139) . 46 «Nam utique sin e nuptiis est pudenda carnis concupiscentia, quando adulteria et quaeque stupra atque immunda committit, longe contraria pudicitiae nuptiarum ; aut quando nulla ista committit, quia homo nulla consensione permittit , et tamen surgit et movetur et movet, et plerumque in somniis ad ipsius operis similitudinem et suae motionis pervenit finem »: AGOSTINO, De nupt. et concup o2, 42 (CSEL 42/2, 296) .
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La stessa cosa ci saremmo aspettata anche in un altro testo, dove parla di nuovo della concupiscenza che è presente in modo attivo in ogni azione disonorevole che si perpetra mediante i membri genitali. Anche qui però arriva ad esplicitare solo la polluzione notturna .47 Neppure nella sua Regula monastica, la prima dell'occidente, così ricca di sapienti norme, Agostino fa il minimo accenno al comportamento autoerotico. 48 Neanche infine nella polemica antimanichea, che pure avrebbe potuto dargliene l'occasione , Agostino arriva a prendere posizione riguardo al nostro problema. I manichei - come riferisce lo stesso Agostino-, per ragioni religiose, cioè per la paura di legare una sostanza divina alla materia, riguardo all'uso del matrimonio affermavano la necessità di evitare in ogni modo la generazione, e quindi raccomandavano la pratica del coito interrotto e l'uso del periodo agenesiaco ;49 come pure , sempre per certe loro credenze religiose , abusavano del seme umano, assumendolo insieme all'eucaristia. so Questo abuso, del resto già noto per la testimonianza di Cirillo di Gerusalemme e di altri autori, fa supporre che il seme fosse procurato anche tramite masturbazione. Ora Agostino reagisce fortemente contro questi modi di fare dei manichei, soprattutto contro le motivazioni religiose sotto stanti a tali pratiche, ma non dice nulla della masturbazione presumibilmente da loro praticata. Ci sembra così di poter affermare che Agostino, almeno per quanto risulta dalla nostra indagine , in nessun passo della sua immensa produzione letteraria, prende espressamente in esame il problema morale della masturbazione. Se Agostino non tratta mai espressamente della polluzione speciale della masturbazione, affronta però in diversi testi il problema delle polluzioni notturne: un problema morale ed ascetico che - come sappiamo - tenne non poco occupati gli autori ecclesiastici dei primi secoli. Praticamente Agostino riprende la problematic a degli autori monastici intorno alle polluzioni notturne, introducendo però ulteriori spiegazioni e più approfondite analisi. Esaminiamo ora alcuni di questi testi, al fine di scoprire
47 «Illud potius intuere, quidquid in quorumlibet f1agitiorum turpitudine , quae genitalibus membris perpetratur, horremus, concupiscentiam carnis, nisi teneatur, efficere, ipsis motibus suis, quos in corporibus etiam castorum usque ad ingerniscendum effectum perducit in somniis»: AGOSTINO, Contra lui. 3, 28 (PL 44, 722) . 48 AGOSTINO , Regula ad servos Dei (PL 32, 1377-1384); tr. it. in G . TuRBESSI , Regole monastiche antiche, Roma 1974, 281-297. 49 Per il coito interrotto e per l'uso del periodo agenesiaco raccomandato dai manichei cf. rispettivamente AGOSTINO, Contra Faustum 22, 30 (CSEL 25/1, 624) e De moro ecc/o cath. 2, 18, 65 (PL 32, 1373).
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quale fosse il modo di valutare queste manifestazioni sessuali da parte di Agostino, e da lì arguire quale fosse la sua attitudine verso le polluzioni in generale. In un passo delle Confessioni, con commovente sincerità, Agostino, già da tempo vescovo, racconta il suo modo di comportarsi di fronte alle tentazioni carnali e la sua lotta interiore per la perfetta continenza. Nonostante viva da tempo, per grazia di Dio, nel celibato, tuttavia permangono in lui i ricordi delle sue esperienze passate: Sopravvivono però nella mia memoria, di cui ho parlato a lungo, le immagini di questi diletti, che vi ha impresso la consuetudine. Vi scorrazzano fievoli mentre sono desto; però durante il sonno non solo suscitano piaceri, ma addirittura consenso e qualcosa di molto simile all'atto stesso. L'illusione di questa immagine nella mia anima è cosi potente sulla mia carne, che false visioni m'inducono nel sonno ad atti, cui non m'induce la realtà nella veglia." Per giudicare dei sogni erotici e delle polluzioni notturne, Agostino distingue nettamente tra lo stato della veglia e quello del sonno. Di conseguenza ritiene che quanto avviene nel sonno, ivi compreso il consenso, non ricade sotto un giudizio morale, perché durante il sonno la ragione si assopisce e cessano le capacità di resistere alle suggestioni: In verità sono due stati tanto diversi ... (Anche se acconsentiamo nel sonno alla tentazione) la nostra coscienza al risveglio torna in pace, e la stessa distanza fra i due stati ci fa riconoscere che non abbiamo compiuto noi quanto in noi si è compiuto comunque, con nostro rammarico." Nonostante Agostino giudichi moralmente irrilevante quanto accade nel sonno, tuttavia considera ciò come indice di imperfezione. Per questo chiede al Signore di estinguere in lui anche i moti lascivi che possono prodursi durante il sonno: Moltiplicherai vieppiù, Signore, i tuoi doni in me, affinché la mia anima, sciolta dal vischio della concupiscenza, mi segua fino a te; affinché non si ribelli a se stessa; affinché anche nel sonno non solo non commetta turpitudini così degradanti, ove immaginazioni bestiali scatenano gli umori della carne, ma neppure vi consenta. 53 so AGOSTINO, De haeresibus 46 (PL 42, 34-38). 51 AGOSTINO, Conf. 10,41 (CSEL 33/1 257); tr. it.: Le confessioni, introd. trad. e note di Aldo Landi, Alba 31979. 52 AGOSTINO, Conf. lO, 41 (CSEL 33/1, 257). 53 AGOSTINO, Conf. lO, 42 (CSEL 33/1, 258).
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Il suo modo di rapportarsi alle polluzioni notturne ritorna in un altro testo del De Genesi ad litteram, dove Agostino pone soprattutto il problema del consenso dato nel sonno: Perciò talvolta ci si interroga sul consenso dato durante il sonno. Certuni arrivano a sognare di avere un commercio carnale o contro il loro proposito o anche contro i buoni costumi. Questi sogni non sopravvengono se non per il fatto che, già durante lo stato di veglia, noi ci rappresentiamo queste immagini, non con la concupiscenza del consenso, ma in occasione di una conversazione che, per una ragione qualsiasi, è stata portata su tali argomenti. Di conseguenza queste immagini si ripresentano nel corso del sonno, cosicché, sotto la loro influenza e per un processo naturale , la carne si eccita ed emette attraverso gli organi della generazione il liquido seminale che, secondo il processo naturale, s'è ammassato. Per esempio non avrei potuto dire ciò che ho detto, se nello stesso tempo non ci avessi pensato. Ora, le immagini delle cose corporali, alle quali io ho necessariamente pensato per dare queste spiegazioni, possono ripresentarsi nel corso del sonno con lo stesso rilievo con cui i corpi si presentano agli occhi durante la veglia: può allora prodursi ciò che, presso un uomo sveglio, non potrebbe prodursi senza peccato. Chi, dovendo parlare di un rapporto sessuale, perché è necessario che ne parli, potrebbe farlo senza rappresentarsi ciò di cui parla? Ora, l'immagine che si produce nella rappresentazione di colui che parla appare nel sogno con un tale rilievo che non la si distingue più da una vera unione carnale, di modo che la carne subito si eccita e ne derivano gli effetti che sono la conseguenza ordinaria di questo movimento. In ciò non c'è peccato più di quanto non ci sia peccato a parlare di queste cose nello stato di veglia: poiché non se ne può evidentemente parlare senza pensarci. 54
Dal testo risulta abbastanza chiaramente che per Agostino, come già per gli autori monastici dell'oriente, il problema principale delle polluzioni notturne è costituito dai sogni erotici, più precisamente dalla fornicazione che si compie nel sogno, e soprattutto dal consenso che vi si accompagna. Con l'aiuto della psicologia, Agostino perviene però ad un'analisi più sottile e ad una valutazione morale più approfondita del fenomeno. È così che arriva a stabilire che gli stessi sogni venerei, come pure il consenso che in essi viene dato, possono essere senza peccato. I sogni erotici e il consenso non sono altro che la conseguenza diretta delle immagini sessuali, di cui uno, per una ragione qualsiasi, ha avuto la 54
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AGOSTINO,
De Gen. ad Zitto 12, 15 (CSEL 2811, 400-401).
rappresentazione durante lo stato di veglia. A loro volta l'eccitazione carnale e l'emissione seminale non sono altro che l'effetto naturale e necessario dei sogni erotici. Ora Agostino valuta in questa maniera: se uno, durante lo stato di veglia, per necessità o per un giusto motivo, porta il pensiero o la conversazione su argomenti di indole sessuale , allora i sogni erotici e il consenso in essi dato non costituiscono alcun peccato ; come pure, anzi a maggior ragione, non costituiscono peccato il moto carnale e la polluzione che naturalmente ne derivano. La questione è diversa se uno da sveglio , senza un motivo ragionevole , parla di cose veneree o peggio vi aggiunge la compiacenza del consenso. In tal caso tutto ciò che avviene nel sonno, compresa la polluzione, non è esente da colpa. Ugualmente il giudizio è diverso se la polluzione viene provocata da svegli. Da tutto il discorso, come si può osservare, sembra emergere anche una certa idea della moralità della polluzione come tale. È vero che per Agostino la peccaminosità delle polluzioni notturne risiede soprattutto nelle fantasie fornicarie, delle quali si può essere responsabili in causa; ma, in una certa misura, risiede anche nel moto carnale e nella polluzione. Il moto carnale e la polluzione non occupano il primo posto , ma non vengono neppure trascurati. La fornicazione che si compie nel sonno appare insomma come un tutto unitario , che comprende sia l'immaginazione sessuale sia la conseguente manifestazione materiale. Inoltre Agostino, in una frase incidentale (. Il testo precisa: