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Italian Pages 384 Year 1989
STRUMENTI
DI
LESSICOGRAFIA
VOLUME
LETTERARIA
ITALIANA
6
PER LA LINGUA DI MONTALE Atti dell’incontro
di studio
(Firenze, 26 novembre
1987)
con appendice di liste alla concordanza montaliana a cura di Giuseppe Savoca
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STRUMENTI
DI LESSICOGRAFIA
LETTERARIA
ITALIANA
1. G. Savoca, Concordanza di tutte le poesie di Eugenio Montale. Concordanza, liste di frequenza, indici. 1987, LVI-1072 pp. 2. G. SAVOCA, Concordanza delle poesie di Sergio Corazzini. Testo, concordanza, liste di frequenza, indici. 1987, XXIV-300 pp. 3. G. Savoca,
Introduzione
Concordanza
delle poesie di Vincenzo
di R. Scrivano.
Cardarelli.
1987, pp. XXVIII-192.
4. G. SAVOCA - A. D’AquINO, Concordanza della «Chimera» di G. D’Annunzio. Testo, concordanza, liste di frequenza, indici. 1988, XXXIV-314 pp.
5. G. Savoca, Concordanza del «Poema paradisiaco» di G. D’Annunzio. Testo, concordanza, liste di frequenza, indici. 1988, XVIII-234 pp. 6. Per la lingua di Montale, Atti dell’incontro di studio (Firenze, 26 novembre 1987), con appendice di liste alla concordanza montaliana, a cura di G. Savoca. 1989, IV-376 pp.
7. G. SAvoca, Concordanza delle poesie di Camillo Sbarbaro. troduzione di M. Guglielminetti. In preparazione.
In-
Nella collana «Saggi» del Centro di studi di letteratura italiana in Piemonte «Guido Gozzano»: G. Savoca, Concordanza di tutte le poesie di Guido Gozzano. Testo, concordanza, lista di frequenza, indici. 1984, XXXIV-498 PP.
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STRUMENTI
Giuseppe
DI LESSICOGRAFIA LETTERARIA
Savoca,
Direttori: Marziano Guglielminetti,
CONSIGLIO
NAZIONALE
DELLE
Mario
ITALIANA.
Petrucciani
RICERCHE
GRUPPO NAZIONALE DI COORDINAMENTO PER LE «CONCORDANZE DELLA LINGUA ITALIANA POETICA DELL’OTTO/NoVECENTO» (CLIPON)
ISTITUTO DI LETTERATURA ITALIANA DELL’UNIVERSITA DI CATANIA
Consiglio
scientifico
CLIPON
Ignazio Baldelli, Ennio Bonea, Roberto Busa SJ, Giorgio Cerboni Baiardi, Marziano Guglielminetti, Alessandro Maxia, Mario Petrucciani, Giuseppe Savoca, Riccardo Scrivano, Alfredo Stussi, Alvaro Valentini, Antonio Zampolli
STRUMENTI
DI
LESSICOGRAFIA VOLUME
LETTERARIA
ITALIANA
6
PER LA LINGUA DI MONTALE Atti dell’incontro di studio (Firenze, 26 novembre
1987)
con appendice di liste alla concordanza
montaliana
a cura di Giuseppe
Savoca
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S. OLSCHKI EDITORE MCMLXXXIX
Volume
pubblicato con il contributo
del Consiglio Nazionale
ISBN 88 222 3652 1
delle Ricerche
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come una torcia» è l’archisema di quello del mottetto Perché tardi? nelle Occasioni: «... lo scoiattolo / batte la coda a torcia sulla scorza». Così, ancora, i balestrucci di Violini (nelle Disperse) anticipano quelli dei Mottetti, perfezionandosi in chiarezza e spessore: parola-oggetto attorno a cui si coagula tutta una piccola storia. In proposito è forse utile citare Freud: «In generale si crede di aver libera scelta delle parole di cui si rivestono i propri pensieri o delle immagini con cui si travestono. Un’osservazione più attenta mostra che di questa scelta decidono altri fattori, e che nella forma del pensiero traluce un senso più profondo e più spesso non voluto. Le immagini e i modi di dire di cui una persona si serve con predilezione per lo più non sono irrilevanti agli effetti di un giudizio su di essa; altre volte risultano essere allusioni a cose che in quel momento sono relegate nello sfondo, ma hanno potentemente emozionato il soggetto». Se queste osservazioni valgono anche per Montale, occorre che alla base del suo vocabolario venga considerato il fatto che dai dieci ai trent'anni egli ha passato le sue vacanze a Monterosso e che quella — come egli dichiara — «è stata una stagione molto formativa; però ha anche costituito l’avvio all’introversione, ha portato ad un imprigionamento nel cosmo». Occorre quindi riconoscere che gli «oggetti» sperimentati, mutandosi in parole di poesia, hanno conservato, dentro, la piccola favoletta di vichiana memoria, la disposizione — per l’uomo introverso che le pronunciava — a raccogliere in immagine lunghe fantasie, metaforici significati: muro, orto, balestruccio, picchio. Un lessico familiare che, più carico, più ricco di polisemia, è riemerso nella lirica suggerendo al poeta, come oggetti poetici e quindi autonomi, quelli che nell’esperienza giovanile erano stati i punti fermi di un piccolo orizzonte... L’importante era che diventassero i termini insostituibili di un discorso. E lo diventarono se la linea di tendenza ascensionale ci rivela la loro messa a fuoco continua. Lo «spiro / salino che straripa / dai moli e fa l’oscura primavera / di Sottoripa» (nei Mottetti), così circostanziato, così aneddotico, perfeziona il lontano «fiotto che straripa» in Do/ci anni. Un dantesco «gurge dell’Iddio / che da sé ci disserra» presente in Vio/oncelli, si autentica poi in Dolci anni così: «Il gorgo che mulina / le esistenze e le scende / nelle tenebre», fino a diventare, in uno degli Ossi, un gorgo «senza fondo» e, quindi, in uno dei Mottetti, il bellissimo «gorgo di fedeltà». La trafila mostra il passaggio dal fisico (e letterario) all’analogico (e originale). I «pochi autunni» di Lettera levantina, da semplice accenno cronologico si muteranno in «venti autunni», un elemento esistenziale, una immagine x possessiva, in Falsetto. Sempre nella Lettera c’è un «oscuro male dell’uni-
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Verso» che svolge il «male di vivere» degli Ossi; così come c’è un «tesoro» da spartire («Io non sapevo con chi mai spartire / la mia dura ricchezza») che riaffiorerà nella Bufera, in Se t’hanno assomigliato: «Con chi dividerò la mia scoperta / dove seppellirò l’oro che porto?». Uno dopo l’altro questi «oggetti» si presentano come simboli di qualità junghiana, tali cioè che servono ad esprimere ciò che Montale non saprebbe dire altrimenti. Le cicale, con le quali si è aperto il nostro discorso, meriterebbero una trattazione a parte; ma basti, dagli esempi citati, arrivare al Diario (Al mare...): «L'ultima cicala stride / sulla scorza dell’eucalipto» per ricordare che dalla «lima» di Clivo (negli Ossi) a quella della Bufera (L’ombra della magnolia) la tensione morale di Montale urta contro un pessimismo più spesso: «La lima che sottile / incide tacerà, la vuota scorza / di chi cantava sarà presto polvere...». Ottundersi della poesia liberatrice, indebolirsi della coscienza?... Ad ogni modo l’immagine dice più di ogni predicatoria profezia. L’elenco può essere arricchito con molta facilità. Ma la più spontanea osservazione sarebbe questa: che nella prima parte della sua vita (diciamo pure nei primi suoi tre libri) Montale sviluppa i suoi archisemi, li porta ad «una loro autonomia, ad una loro efficienza di oggetti. Per quanto attento voglia essere lo studio sulla loro dinamica semantica, per quanto valutate le interazioni, ciascuno di essi, visto in progress, mira alla nobiltà della metafora anche se ad essa perviene felicemente in momenti irripetibili. La loro rassegna, perciò, somiglia ad uno studio delle varianti. Sull’altro versante, quello della linea discendente, si nota subito che il poeta, al suo quarto libro, riprende i suoi oggetti e li degrada. Volontariamente. Sono miei, sembra dire, e posso usarli (come scrive Shakespeare del
cenere di Alessandro) anche per turare una fessura che lasci filtrare uno spiffero... Ciò vuol dire che l’oggetto è riconsiderato — anche se ha raggiunto l’altezza della metafora — al grado zero. Materiale di recupero in una fase di «pre-poesia». Abbiamo ricordato, in proposito, Botta e risposta II di Satura: «Poi d’anno in anno — e chi più contava / le stagioni in quel buio? — qualche mano / che tentava invisibili spiragli / insinuò il suo memento: un ricciolo / di Gerti, un grillo in gabbia, ultima traccia / del transito di Liuba...». La prosaicizzazione di questi oggetti, tuttavia, non è completa. Essi presuppongono una viva, operante complicità del lettore che riconosca in essi un senhal, la cifra della poesia montaliana. E quindi, se non in prima (nelle Occasioni) certo in seconda istanza (in Satura) essi non rinunciano ai valori d’echi. Ma sono valori che risuonano sul piano morale in quanto descrivono, con la degradazione a cui vengono sottoposti, una degradazione generale: il passaggio dalla poesia alla storia. A
Se gli oggetti sono più indifferenziati, vale a dire meno suoi, come accade per la pioggia, Montale ricorre scopertamente alla parodia, a spese di D'Annunzio o di Verlaine, come in Piove. Ma è sul registro dell’autoironia che il poeta opera le degradazioni dei suoi «oggetti». Nella Belle dame sans merci, ad esempio, ecco un «fuoco/soffocato» che «è il bagliore dell’accendino»; quasi a ridimensionare la speranza che portava con sé «il tenue bagliore strofinato laggiù» che, in Piccolo testamento, «non era quello di un fiammifero». Giungendo al Quaderno, nei Ripostigli, troveremo persino: «Noi uomini forniti di briquet / di lumi no». La dissacrazione colpisce anche il «varco» che da speranza viene abbassato ad incertezza in Botta e risposta IT: «Passare oltre, oltre che?». I «porcospini [che] si abbeverano a un filo di pietà», i quali in Notizie dall’Amiata segnavano la ripresa della vita dopo la tempesta, si riducono a proporzioni quotidiane: «Scoprimmo che al porcospino / piaceva la pasta al ragù. / Veniva a notte alta, lasciavamo / il piatto a terra in cucina. / Teneva i figli infruscati / vicino al muro del garage. / Erano molto piccoli, gomitoli. / Che fossero poi tanti / il guardia sempre alticcio, non n’era SICUrO...). Per una beffa del destino o, piuttosto per una beffa di sé stesso, Montale prosegue avvertendoci: «Più tardi il riccio fu visto / nell’orto dei carabinieri. / Non c'eravamo accorti / di un buco tra i rampicanti...» (A pianterreno, in Satura). i Cicale, porcospini, accendini, varco, che nella poesia precedente a Satura avevano avuto grandi significati («povere creature e grandi simboli» aveva detto De Robertis), sono degradati apertamente, sollecitando la
complicità del lettore affinché ricordi la loro precedente funzione. La demistificazione a cui Montale tende, a volte si fa palese e polemica. Non basta che il «varco» diventi un banale «buco» ma (come in Un mese tra i bambini) diventa meno ancora di un «colpo di dadi»: «I bambini non pungono / ma fracassano. Spuntano / come folletti, s’infilano / negli interstizi più stretti». Ironia? Ma anche nostalgia se in Ne/l’Attesa (Altri versi) possiamo leggere: «Le porte... forse qualcuno è riuscito a varcarle / ma era un uomo di gd//ora, quando non esistevano / le parole che abbiamo». Anche l’agave sullo scoglio degli Ossi è degradata, anche i sargassi umani di Incontro scadono; e abbiamo «i datteri / di mare che noi siamo,
incapsulati / in uno scoglio». Arriviamo al verghiano ideale dell’ostrica? Anche il muro, che ha tanta parte nella simbologia montaliana, viene degradato in Che mastice tiene insieme: «Così bisogna fingere / che qualcosa sia qui / tra i piedi tra le mani / non atto né passato . né futuro / e nemmeno un muro / da varcare». LG
La distanza dai «voli obliqui» che «varcano ora il muro»
in Bassa
marea nelle Occasioni, ed erano presentimento di liberazione, è immensa...
Anche i «disguidi del possibile» di Gerti sono ormai semplici «parole... captate per errore» (A tarda notte); anche la «disturbata Divinità» ancora tutta numinosa nei Limoni, in Divinità in incognito finisce per colorarsi d’ironia e assomigliare a quelle di cui Leopardi amaramente ride nella Ginestra. Sembra che solo «il farnetico», esorcizzato dal fabbro nell’E/egia di Pico Farnese, sia consacrato nel quarto libro montaliano: «Solo il farnetico
è certezza» (Pasqua senza week-end); ma nell’ A/legoria (Altri versi) compare una triste abdicazione: «La gioia del farnetico / è affare d’altri». Ma non è una abdicazione reale. Il gioco di Montale, che si traveste da «folle» elisabettiano per proclamare le sue paradossali verità, continua, sconvolgen-
do le carte sue insieme a quelle degli altri. Tanto che fa scadere i suoi «uomini che non si voltano» degli Ossi, in «uomini che si voltano». Ma tiene a precisare: «Sono colui / che ha veduto un istante e tanto basta / a chi cammina incolonnato come ora / avviene a noi.. Farneticante e veggente, il poeta riparte da Balaziziohi per arrivare al ruolo di profeta demistificatore. E borghesissimo. «Si sospetta che / il saggio non si muova e che il piacere / di ritornare costi uno sproposito» (Prima del viaggio): sconfessione banalizzante della razza «di chi rimane a terra» o, forse, beffa divertita di chi «ama le sue radici», ai danni di Chesterton per il quale partire produceva la gioia di poter tornare a casa... Rk*k
Data la facilità con cui si possono raccogliere prove più o meno dirette di questa degradazione in Satura e, poi, nel Diario e nel Quaderno, è importante chiedersi che senso essa abbia. È evidente che, per realizzarla, Montale disegna una vasta trama di ironia filologica: «Se il mondo ha la struttura del linguaggio / e il linguaggio ha la forma della mente / la mente con i suoi pieni e i suoi vuoti / è niente 0 quasi e non ci rassicura» (La forma del mondo nel Diario); in base ad essa basta osservare un lieve mutamento delle parole (comfort-sconforto, febbrile-fabbrile, falso-falsetto-falsettanti)
perché si noti il variare della realtà. Accertata così la fragilità del mondo, si accerta anche che gli opposti non sono altro che facce di una stessa medaglia. Tale coincidentia oppositorum non è altro che una vanitas vanitatum. In questo senso, solo «il _farnetico è certezza». In tale processo distruttivo si inserisce l’immagine della moglie del poeta la quale «sola» sapeva che gli opposti sono la stessa cosa. Le parole sono il mezzo più adatto per riprodurre e illustrare questa
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nientificazione. E Montale si pone a nientificare anche le sue parole, i suoi oggetti. Proseguendo, infatti, nella lettura, i versi del Diario e del Quaderno ci
mostrano che Montale riscrive gli Ossi partendo «su un piede non lirico», ma intenzionato a compiere una auto-demistificazione: «Ho tentato più volte di far nascere / figure umane, angeli salvifici / anche se provvisori» (L’immane farsa umana). Ma «a questo punto smetti» (A questo punto). Resta una sola cosa da fare: «Il faut tenter de vivre», vale a dire «Essere vivi e basta. Non è impresa da poco» (// trionfo della spazzatura). Di conseguenza, la poesia diventa un’operazione indifferenziata. Si possono citare Parini, Valéry, D’Annunzio o Verlaine e si può citare Montale da parte di Montale stesso, senza più la paura che «gli studenti canaglie» gli possano rubare «anche domani» le sue «frasi stancate» (Mediterraneo). Ormai la poesia degli oggetti non è altro che un repertorio di oggetti della poesia, una bottega di trovarobe, dove la celesta, la tarantola, la rete, imonsoni, il cagnuccio di legno possono essere richiesti e reimpiegati da chiunque... Montale stesso dà l’esempio riproponendo gli automi, la coincidenza di moto e stasi, le castagne che esplodono nel focolare, il libeccio che sferza le vecchie mura. Naturalmente, per trasporli dai primi tre libri agli ultimi tre chiede la complicità del lettore (un lettore che ricordi e che abbia capito dove il poeta mira: all’ ossimoro permanente. Lì si ‘| chiarisce la coincidentia oppositorum, lì prende senso la vanitas vanitatum, lì cessano le intermittenze del cuore...). La teologia di cui si è parlato per il secondo (o ultimo) Montale non è tale da raggiungere l’ascesi. Le intermittenze del cuore resistono: «Poiché la vita fugge / e chi tenta di ricacciarla indietro / rientra nel gomitolo primigenio, / dove potremo occultare, se tentiamo / con rudimenti o peggio di sopravvivere, / gli oggetti che ci parvero / non peritura parte di noi stessi?» (Poiché la vita fugge, in Altri versi). Ma il mezzo migliore per occultarli è quello di non occultarli affatto: come la famosa «lettera rubata» di Poe. O, altre volte, sbiadirli fino a portarli all’indifferenza espressiva come accade per le «due vite» che nella bufera della guerra «non contano» (Gli orecchini) affinché si banalizzino così: «La storia non sa che farsi / di due cuori neppure infranti» (Postilla a ‘Una visita’, in Altri versi). Egualmente banalizzate le capinere e le zattere, l’anguilla e i fari
baluginanti, tanto che il lessico montaliano non «esplode» più. Ma se restiamo sul versante degli oggetti ostentati perché non si vedano o, meglio, lasciati qua e là perché sembrino starci per caso, dobbiamo pensare alla funzione che l’ultimo Montale si attribuisce, quella di «trovarobe» della poesia per dimostrare che essa «non è fatta per nessuno, / non per altri e nemmeno per chi la scrive [...] Sta come una pietra / o un granello di sabbia».
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Convinzione ontologica e perentoria di fronte alla quale anche le «intermittenze del cuore» non possono che lasciarsi occultare. In questo modo (non basta dire di «inappartenenza», ma quasi addirittura di non partecipazione) Montale raggiunge quella «pre-poesia» di cui si è tanto parlato per i suoi ultimi libri. Una pre-poesia sulla natura della quale egli è pronto a prevenire i suoi critici (come fa nelle Disperse): La poesia consiste, nei suoi secoli d’oro, nel dire sempre peggio le stesse cose. (La poesia consiste)
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GLI SPECCHI
Lameggia nella chiaria la vasta distesa, s’increspa, indi si spiana beata e specchia nel suo cuore vasto codesta povera mia vita turbata.
Quando si considera l’opera di Montale con quello stesso criterio interpretativo da lui suggerito per la Commedia dantesca, ossia come una ‘ ragnatela i cui singoli fili conducono ad un centro allegorico di suoni e di significati, ogni ricerca, nel risalire verso il nucleo, si imbatte in uno schema binario che rammenta quel Montale fisico e metafisico di cui parlò Pancrazi quasi mezzo secolo fa. Di qui nasce l’idea di scegliere come filo da disbrogliare proprio quel doppio da cui scaturisce la sua poesia, ovvero il fenomeno ottico, che è il riproduttore per eccellenza di immagini. In questa analisi, allora, lo specchio diventa strumento di iettura: un oggetto che permette di spiegare realisticamente «i nastri che paralleli slittano» nel tempo di Montale, i suoi rovesciamenti di piani, le sue frantumazioni di immagini, parole e significati. Lo specchio è il «fenomeno», in senso letterale, che permette a
Montale di vedere il noumeno; il tondo di riflessi in cui si manifestano visioni fuori dal tempo e dalla Storia, in cui il poeta può vedere e descrivere l’invisibile. Dal punto di vista testuale questa speculazione riconosce in qualche modo il precetto oraziano dell’u? pictura poiesis, attribuendo all’immagine un valore narrativo e una leggibilità sintattica all’allegoria. E forse ne è testimonianza la poesia della Bufera, Il ventaglio, dove Montale collega al balbettio dell’uf pictura quel «tondo di cannocchiale arrovesciato», che concentra i giorni fitti di segni e di sguardi, «muti e immoti» nel ricordo, ma
«più vivi». Su questo «tondo», che riproduce lo spazio breve e circolare di uno specchio, specchietto, vasca, gioca gran parte della lingua poetica di Montale. Seguendo la scia dei suoi riverberi e le ombre proiettate dalla luce, lungo
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il filo che si snoda dagli Ossi ad Altri versi, è possibile ricostruire un racconto di citazioni, di parole montaliane, che attestano la capacità del poeta di assimilare un tema vecchio come il mondo, componente biologica del suo stesso essere.
fino a farne una
I potenziali e molteplici riflessi di significazioni che si irradiano da uno specchio balenarono nella mente del poeta ai tempi di composizione degli Ossi. Egli, «impietrato» fra i monti invalicabili che stringono il paesaggio ligure, riconobbe nell’immensa superficie specchiante del mare l’unico spazio per lui aperto oltre il visibile e il tangibile e, insieme, il luogo del mistero, della conoscenza, della magia, del sapere, della rappresentazione, in poche parole, della speculazione. La scoperta si traduceva sulla carta per via di alcune possibilità essenziali alla ricerca poetica di Montale. Egli poteva descrivere la realtà circostante e, nello stesso tempo, librarsi oltre i confini delle Cinque Terre, senza avvalersi del fantastico, senza «inventare nulla» che non fosse minuziosamente reale. Poteva, inoltre, descrivere il suo paesaggio «particolarissimo e universalissimo» adottando un linguaggio non codificabile poiché mirava ad essere per un verso inafferrabile e transitorio come un riflesso e, per l’altro verso, atemporale e metafisico come una visione. In questo senso andranno interpretate molte parole, indiziate come dantismi, che compaiono una volta sola nell’Opera in versi: fuggevole riverbero e, al tempo stesso, patrimonio universale. Negli Ossi è il caso, per esempio, di «annera, assembra, atro, affisarsi, la dimane, divelge, diroccia, divelle, ferrigna, gibbosi, ignito, infinitarsi, persa, procelloso, pelago, rigagno, rancura, raggiornare, scerpare, lazzo», 0 delle rime «annotta:grotta, sterpi:serpi, formiche:biche, scricchi:picchi, striscia:liscia, scoscende:fende, sbilancia:rancia». Oppure è il caso di «angui, burrato, belletta, balzo, fersa, nimba, vaneggiante, volitare», che compaiono solo nelle Occasioni o di «astore, burchio, bronco, mondiglia, vivagno, vermene», che ricorrono solo nella Bufera. Ma c’è anche il caso in cui alcune di queste parole si ripetono e si riflettono, rispondendosi con «cenni di castella» nell’arco dell’opera montaliana, conservando della forma originaria solo l'ombra. Pensiamo, per esempio, alla versione contemporanea del «vasello» angelico del Purgatorio, che negli Ossi è il «burchiello», la «barca di salvezza» e che diventa «burchio, barcone, cutter bianco-alato» nella Bufera, o la «feluca» che «già ripiega il volo» delle Occasioni e il «barco» dei Quaderni. La riflessione sul pelo dell’acqua, o sulle ombre proiettate dalla luce, permette inoltre una forma di contemplazione dinamica, poiché Montale, nella sua speculazione, smette di essere un osservatore passivo della realtà e diventa produttore e materializzatore di apparizioni e visitazioni, di memorie che prendono corpo e vita, che si fanno forma di una sostanza. Fra le molteplici direzioni suggerite dai riverberi degli specchi monta-
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liani abbiamo scelto alcuni nuclei tematici, che, in questa luce, acquista no una vera e propria leggibilità sintattica. Il primo riguarda la capacità montaliana di rappresentare realisticamente qualcosa che esorbita dai limiti spazio-temporali dell’uomo. Il secondo si riferisce al ruolo vivificante della memoria, l’«alzati Lazzaro», che rovescia il senso delle parole vita e morte. Questa capacità della mente di cogliere nelle rifrazioni il «ricordo» dell’immagine prima, produce nella poesia di Montale un doppio materializzato, che traduce una teoria di divinità in incognito. Il terzo nucleo, invece, riconosce nell’opera di Montale la traccia di un binario, di una doppia vita: quella dell’«ombra», viva a pieno titolo per la sua capacità di sfuggire alle convenzionali misure umane; e quella della «maschera», ossia il volto del poeta visto dagli altri, la maschera di noi stessi davanti ad uno specchio, quella che annota i fatti e gli eventi del tempo e della storia. Seguendo le scie luminose degli specchi montaliani ripercorreremo, di citazione in citazione, tutti gli Ossi. Sarà poi la volta delle Occasioni e della Bufera, dove la bipolarità dei rispecchiamenti si mostrerà nei testi in modi sempre più segreti, come in un vero e proprio smeriglio di riflessi. Queste tre raccolte rappresenteranno la poesia dell’«ombra viva», mentre da Satura in ‘ poi avremo le parole della «maschera», quella che portiamo sul volto senza saperlo e che mostra agli altri il Montale che vive nel tempo d’uomo e spazio d’uomo. L’ultimo paragrafo di questo itinerario permette di spiegare con lo strumento dello specchio, alcuni aspetti dell’intertestualità montaliana e, in particolare, l’uso che il poeta fa della citazione dantesca.
1. LA POESIA
DELL’«OMBRA»
VIVA
Il primo privilegio del romanzo di Montale, nato fra i riverberi della superficie marina, del tremolio di una pozzanghera, dell’acqua di una gora, è quello di rovesciare le proprietà naturali dello specchio stesso. I rimandi delle immagini, infatti, non solo giungono al poeta franti e deformati, ma creano effetti ottici che assumono la valenza dell’epifania, dell’apparizione, della manifestazione visibile dell’invisibile. Il riverbero, quindi, nel riflettere brandelli di apparenze, offre anche all’osservatore una labile via di fuga, una crepa, un nascondiglio, una maglia rotta, per sfuggire alla ruspa, alla «rete a strascico» della storia e del tempo, trattandosi di immagini che non «sono altro che la momentanea conseguenza di un riflesso. Lo specchio così inteso è dunque l’unico strumento che consente a Montale il distacco da quel reale che egli si ostina a rappresentare minuziosamente. Nello stesso tempo il rispecchiamento rappresenta l’unica speranza
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di contatto con l’oltremondo,
con quelle figure salvifiche, che egli ama
chiamare «divinità in incognito». In altri termini, egli traduce in poesia la sua condizione di uomo della razza di chi rimane a terra; l’uomo a cui è negato — come vuole San Paolo — di parlare «faccia a faccia» (Numeri,
12,8) con l’Eterno. La sua sola possibilità è di intravederlo come «attraverso uno specchio in maniera confusa» (I Cor. 13,12) e la sua descrizione dovrà quindi essere in aenigmate, in chiave allegorica, ossia al di fuori della misura esplicativa della Storia. Questo è forse uno dei motivi per cui, nella poesia di Montale, le immagini dello specchio si accompagnano quasi sempre a un riferimento temporale. Come si può agevolmente riscontrare dalle Concordanze, la parola «tempo» ritorna ben 163 volte nell’opera montaliana. E ad alta frequenza sono pure i sostantivi che ad essa si legano, come ad esempio «ora» (87 volte), «attimo» (21 volte), «istante» (22 volte), «minuto» (12 volte), «momento» (9 volte), «anno» (84 volte), «stagione» (24 volte), ecc. Una somma, seppure parziale di queste ricorrenze, con l’aggiunta degli avverbi indicanti il tempo grammaticale (ora, ancora, poi, oggi, ecc.), ci dà una cifra fortemente significativa, soprattutto se si rapporta all’estrema varietà lessicale di quest’opera. Nel rileggere i testi in cui riaffiora «la nozione esecrabile del tempo» ci ‘si accorge che, quasi sempre, fra il tic tac di una pendola balugina anche la presenza di un mondo alternativo: quello rivelato da un riflesso, da un’ombra, da un’immagine specchiata. Sempre avvalendosi delle Concordanze non sarà difficile riscontrare che anche le parole che hanno attinenza con lo specchio, con i riverberi, con le ombre e la luce, con l’atto del guardare, dell’apparire, dell’osservare, del vedere, sono talmente ricorrenti negli stessi testi, da giustificare un’esemplificazione mirata all’esibizione di questi due temi affiancati. La rifrazione del paesaggio ligure illumina, come abbiamo detto, le stagioni trascorse dal poeta a Monterosso. Qui, l’osservazione immobile, propria dei «finiti», acquista una sua dinamicità segreta solo in quel palpitare lontano di «scaglie di mare». Sono — dirà Montale — «dolci anni che di lunghe rifrazioni / illuminano i nostri ultimi, sommersi / da un fiotto che straripa, / anni perduti...» Su questi barbagli crescono gli Ossi di seppia, libro che con le sue edizioni testimonia gli stadi di crescente consapevolezza strutturale e la nascita del romanzo montaliano fatto d’ombre. Qui, in Quasi una fantasia, Montale dichiara la sua letizia nello scoprire un incantesimo, che lo ripaga da «giostre d’ore troppo uguali», ossia la possibilità di leggere «i neri segni dei rami sul bianco / come un essenziale alfabeto». Nel paradosso di una possibilità reale in quanto visibile e irreale perché se A
incorporea, egli trova quindi la via di fuga dalla cronologia. Grazie ad un riverbero, ilpoeta vedrà convergere «tutto il passato in un punto» solo: il punto in cui si intersecano tempo e tempi, o per dirlo con parole di Dante, il punto in cui «tutti li tempi sono presenti» (Par. XVII, 18). Questa scoperta consentirà al poeta di vivere su un nastro parallelo dove il compito di scandire la carriera del sole e quella del poeta sarà affidato all’ombra di un Fuscello teso al muro, come l’indice di una meridiana: carriera di ombre e di «accesi riflessi», di splendori e di brillii strappati alla notte. La lettura del mondo circostante basata sulle ombre fornisce una chiave anche per quella celebre dichiarazione di Non chiederci la parola: «Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo...», poiché il racconto cominciato negli Ossi non riguarda il Montale pubblico, ma la sua ombra stampata «sopra uno scalcinato muro», non la maschera scialbata e la tonaca dell’«umana ventura» dell’apparenza fisica, ma il suo riflesso. Perciò potrà dire ai suoi lettori: «Se un’ombra scorgete, non / è un’ombra — ma quella io sono». Anche l’ombra, insomma, ha una sua vita indipendente dal corpo. E solo dal suo tremolio, dalle rifrazioni che la circondano, potrà nascere e crescere una storia fuori dal tempo d’uomo. In questa prospettiva, appare chiaro che il significato di realtà e apparenza, di esistere ed essere, si ribalta in un effetto speculare. La vera
realtà è invisibile a quella genìa di «uomini che non si voltano», che non vedono le ombre alle loro spalle, per i quali il mondo e la natura esistono come su uno schermo, strutture teatrali accampate per l’inganno consueto. La «patria sognata» di Montale, invece, nasce dal fiotto di un’ondata, quella che, fra il luccichio dell’acqua smossa, scopre «una città di vetro dentro l’azzurro netto» con «aerei templi, guglie scoccanti luci». Ecco, allora, che l’apparente prigionia «presso un rovente muro d’orto», trova la quintessenza della libertà nell’«osservare tra frondi il palpitare di scaglie di mare», nel vedere il «pulviscolo / madreperlaceo che vibra, / in un barbaglio», nello scoprire il «sereno di una certezza: la luce». La vita d’ombra montaliana ha bisogno di quest’ultima condizione: quella della luce, la stessa condizione necessaria ad ogni funzione speculare. E questa interazione è stata per molti secoli il simbolo della solarità e della sapienza, della illuminazione esteriore ed interiore, tanto che lo specchio è stato spesso considerato come il simbolo teologico del sole, della luminosa intelligenza. Basta pensare a quella definizione della Sapienza, vista come «splendore di vita eterna e specchio immacolato» (Sap. 7, 26). Il potere della luminosità dilaga anche nell’opera di Montale, come ci ‘mostrano le sue piante solari, il giallo dei limoni, il girasole impazzito di luce. E sarà proprio la solarità di questo fiore a condurre la mente del poeta «dove sorgono bionde trasparenze / e vapora la vita come essenza». Grazie
ta
alla sua guida, sul fondo luminoso del mare ligure, nel riverbero di una gora o di una pozzanghera, su un vetro trasparente e terso, compariranno volti e figure di persone umane, tenui e indefinite nei contorni, ma che, per Montale, diventano vere sostanze. Non si tratta, però, solo di parvenze, ma di ectoplasmi ricostruiti dal ricordo. Nella folla di questi fantasmi, Montale opera un vero e proprio riconoscimento, utilizzando quella parte della sua memoria popolata da persone assenti. La funzione principale degli specchi montaliani, infatti, non è quella di rispecchiare gli oggetti visibili, ma piuttosto quella di manifestare l’invisibile, di rivelare la possibilità salvifica annidata nel reale. Perché ciò possa accadere, come già Diotima insegnava a Socrate, occorre che i personaggi destinati alla salvezza perdano il proprio corpo, che li lega allo spazio e al tempo. Non è un caso dunque che le visitazioni di Montale rivelino personaggi assenti, appartenenti ormai a un oltre tempo e a un oltre spazio, perché solo in questa specie di morte e di resurrezione sta la speranza, la fede e la carità del divino montaliano. Nell’attimo in cui, per via di piccole gocce o sfaccettature, che moltiplicano le rifrazioni, il tempo è sospeso e lo specchio si svincola dallo spazio che lo imprigiona, il sopraggiungere del ricordo fa materializzare un’immagine con la fisionomia della persona lontana. L’esempio più antico della poesia montaliana, privo ancora dei connotati della donna salutifera, è forse in quei versi in cui il poeta esordisce ‘ dicendo: «Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida / scorta per avventura tra le petraie di un greto, / esiguo specchio in cui guardi un’ellera i suoi corimbi», oppure in quel «ricordo», che trema «nel ricolmo secchio, / nel puro cerchio un’immagine ride». Un semplice oggetto reale come un secchio, sorretto dal potere della memoria e dalla forza catartica dell’acqua luminosa, si trasforma dunque in un «puro cerchio», quasi una versione domestica delle «stellate rote» dantesche, nel quale Montale vede riflesse vere e proprie «sustanze», presenze vive e sussistenti. Molti anni dopo, a chi gli chiedeva il senso dei suoi ricordi, dei suoi keepsakes, Montale rispondeva: sono «lampi che s’accendono / e si spengono». Possono staccarsi e vivere per conto loro. Ma una cosa è certa: «Ciò che non fu illuminato fu corporeo, non vivo». Questi stessi motivi permettono la sopravvivenza dei suoi morti, quelli che popolano l’Arca memoriale, concentrata in un «tondo di riflessi», dove si accentrano i loro volti ossuti. Mai suoi morti ritornano in spazi ancora più piccoli, nel riverbero di gocce sul salice, ad esempio, quasi in un «vello d’oro», che rispecchiai cani fidati, le vecchie serve, calati vivi nel trabocchetto della morte. La presenza ossimorica delle parole vita/morte perde la sua ermetica
ambiguità proprio nell’ottica del ricordo specchiato, la sola che permette di affermare che «non esistono vite corte o lunghe / ma vite vere o vite morte o simili». Perciò anche il padre del poeta, malgrado siano trascorsi lunghi = DE
anni d’oltretempo, può ancora saltar fuori dal buio «erto ai barbagli», nella fossa, cerchio, mandala, che circonda lo scatto del ricordo. L’osservazione ha una sua valenza per gran parte dei famosi ossimori montaliani. Basta pensare alla sua «fuga immobile», che ha una spiegazione letterale solo considerando le sue fughe come un viaggio fra le scintille del paesaggio e della memoria: fuga dal tempo e dallo spazio, possibile, pur essendo «impietrati», solo mettendo in moto gli organi della vista. Queste forme ossimoriche vitali e discontinue hanno il privilegio di essere fuori dalla Storia e si oppongono, quindi, a quell’ancor più noto «ossimoro permanente» del Malvolio montaliano, che è la contraddizione, il voltafaccia, il contorcersi dell’ideologia in forme contrarie ed ipocrite. ° Per prendere le debite distanze da questo ossimoro, Montale scrive la Lettera a Malvolio, per distinguere Storia e storie, realtà e visione, vita
morta e vita vera. La scoperta di un doppio materializzato, infatti, capace di vivere oltre la morte fisica, permette a Montale lo svolgersi di un’«altra» storia, esattamente parallela a quella che egli vive tra gli umani «affaticati». Il minuto specchiato è il segno dell’«altra orbita» alla quale tende
Arsenio ed è l’unico documento esibito da Montale, anche se invisibile ai più, che attesta quel «terzo status» che sta fra la vita e la morte. E si tratta di semplici «atti minuti specchiati, / sempre gli stessi, rinfranti / echi del batter che in alto / sfaccetta il sole e la pioggia, / fugace altalena tra vita / che passa e vita che sta». Questa tecnica di vita e di letteratura, che soggiace come una vera e propria chiave interpretativa nella lettura dei testi, si trasforma via via in una vera e propria forma di conoscenza, nata appunto dalla riflessione, dalla speculazione, in senso etimologico ed altro. Si tratta di una forma dura e insopportabile, che dà origine alla straziante bipolarità di chi «muore sapendo» o di chi «sceglie la vita / che muta ed ignora: altra morte». Per un verso, quindi, troviamo la «morte che vive», ossia quella morte intesa come «un più grande nascere» alla consapevolezza e, per l’altro verso, quella
specie di esistenza vegetativa degli uomini «simili ad incappati di corteo», simili a quegli ipocriti dell'Inferno dantesco che portano «cappe con cappucci bassi» e non possono vedere le ombre vive. Per chi, come Montale, sta sul crinale di un doppio immarcescibile, le parole vita e morte si svuotano di significato ed egli, nelle ultime poesie, è costretto a parlare della sua particolare forma di esistenza, chiamando in causa un terzo stato senza nome: «Credo vero il miracolo che tra la vita e la morte / esista un terzo status che ci trovò tra i suoi». Questa forma di vita si era accesa molti anni prima con qualche guizzo di luce in «pozze d’acquamorta», che, come per L’anguilla, si erano trasformate in paradisi di fecondazione. Era bastata A
RE
una scintilla, quella di un’«iride breve, gemella / di quella che incastonano» i cigli della donna salutifera. Il paradiso di fecondazione è per il primo Montale legato alla contemplazione, al ricordo indeterminato di vivi e di morti. Ma c’è un punto in cui la mera contemplazione s’interrompe, spezza la tesa lucente del mare, infrange le «molli parvenze» dei ricordi, per lasciare che la donna, sovrana
del terzo status, irrompa nella vita del poeta. In quel momento il poeta si accorge che «c’è altro che striscia / a fior della spera rifatta liscia» ed è quando la Crisalide si schiude, precipita il tempo, ogni ricordo si spegne. È il momento di un «solare avvenimento», quello della metamorfosi di Annetta in Dafne, di Irma in Clizia, della donna in specula, in scala specchiata, che permette al poeta di volgere i suoi occhi verso la sede della trascendenza, pur trascinando i piedi nel fango, nella terra desolata della quotidianità. I nuovi riverberi, «falò senza fuoco», si preparavano «per chiari segni» ad annunciare che esiste un tempo che travalica la cronologia. Si tratta di un’«ora che rasserena» ed il suo veicolo sarà ancora una «spera ardente». Comincia così una sorta di poesia divinatoria, poiché Montale attribuisce alla donna le capacità di passare «di là dal tempo», di «infinitarsi»,
di passare il «varco». Il sogno salvifico di Montale, alimentato dal fondersi di acque, della
riviera e del mare, nasce sul de/ta di un fiume, alle foci del Bisagno, dopo l’incontro con Annetta/Arletta. Ed è un sogno possibile solo fra raggi di luce, mentre niente potrà testimoniare la sua presenza «nel vacillar dell’ore / bige». Gli effetti benefici di questo «incontro» si manifestano nella speranza montaliana di riavere «un aspetto», una forma diversa da quella della maschera, un volto e un’identità che si esprimono nella poesia, nel rispecchiamento di una realtà che non è quella che si vede, ma è ancora più viva e più vera, in quanto si fa essenza ed essenziale: un niente che è tutto. Quel «forse» con cui questa speranza si annuncia in Riviere era dettato dal timore di aver trovato il farmaco per una «guarigione prematura», oppure fu un prudente segno scaramantico che consentì a quella identità ritrovata da Montale per mezzo di Arletta di resistere per decenni tra frotte di maschere e di risa. Da queste premesse, condotte tutte sulla successione delle poesie montaliane, si può chiaramente affermare che la possibilità del «terzo status», quello che sta fra la realtà e il suo riflesso, si realizza grazie alle superfici riflettenti di vasche, pozze d’acqua, mari, oggetti metallici, piani lucidi fatti delle più diverse materie, che si omologano con lo specchio. Da tutte queste cose possono balenare lampi, fasci di luce, proiezioni ed ombre, che si caricano del peso della visitazione e, quindi, si fanno mediatori fra il reale e il trascendente. La donna, annunciata dai riverberi di luce, riassume così Ro
quel ruolo additato da San Bonaventura: quello di scala specchiata che porta verso l’alto. La trasformazione dello specchio simbolico in strumento della trascendenza balugina nella mente di Montale dopo l’incontro con Clizia, di cui Annetta non fu che una prefigurazione. Ne L’orto il poeta dichiara di crescere alla morte dal giorno in cui vide la giovane americana, studiosa di Dante e di San Bonaventura, colei, cioè, che continua l’opera di Annetta, ormai scomparsa dalla sua.vita. La fanciulla, appartenente ad un «folto ormai bruciato», incontrò una folata radente «che infranse il suo specchio». Ora ogni frammento ne mantiene l’immagine intera, ma dà luogo ad un gioco di rifrazioni che moltiplicano i volti e le immagini. In queste schegge si specchiano altre messaggere e soprattutto «colei che il non mutato amor mutata serba», specchio del poeta stesso, con «membra» che distingue a stento dalle sue, sorella, «freccia d’amore in terra». In Dov’era il tennis, Montale, certamente parlando di Annetta, dice
che la vita a quei tempi non si accendeva che a lampi. Poi, dopo questa prosa descrittiva, seguendo un suo filo strutturale, inaugura una sezione intitolata «F/ashes» e dediche, segno della pluralità delle rifrazioni e delle destinatarie delle poesie. Esse si annunciano con un balenio di carbonchio, il sole dei cristalli delle verande, il lampo che trasforma in vischio gli sterpi (quello stesso appeso sopra lo specchio ovale di Un natale metropolitano), i giochi di ombre e di luci «sull’intonaco albale dove prillano / ruote di cicli, fusi, razzi», la caduta di un raggio di sole in uno stagno, la scintilla che si leva: altrettanti segni che la poesia tenta la «scala a Dio» avvalendosi dell’aiuto di angeli salvifici, riverberi di una scala specchiata e iridescente.
Fu proprio per dimostrare il carattere divinatorio di questi incontri che Montale scelse di cantare solo donne assenti: Annetta, Clizia, la stessa Mosca degli Xenia. Solo così esse potevano in qualche modo rappresentare
la trascendenza. Proprio perché — scrive Montale — «l’opera tua (che della Sua / è una forma) fiorisse in altre luci / Iri del Canaan ti dileguasti». La donna, 0 le donne, dileguate in un oltre tempo («non hai sguardi, né ieri né domani») e in un oltre spazio («non attendi al traghetto la prua») possono entrare a far parte di un universo salvifico fatto di rispecchiamenti e dove si entra solo con
la forza della memoria,
del ricordo,
della poesia.
Così nella mente dell’autore vive in una sorta di contemporaneità tutto il tempo passato sfiorato dal divino, dal giorno in cui il «pensiero di Dio» discese tra «globi sospesi di fulmini» su di lui, sulla donna, «sui limoni» della casa delle due palme. Ora la donna assente ha fissato la sua sede nella speculazione montaliana. Nella mente del poeta si è fatta essenza e là vive fuori dal «tempo d’uomo e spazio d’uomo» e si manifesta, anche, realmente nel precipitare infuocato di un raggio di sole, che riproduce e rispecchia la sua frangia
Der
RA
d’ali, la sua fronte «d’angiola precipitata a volo». Questi ed altri messaggi, come un collare d’oro o il cerchio di uno specchio illuminato dal sole, raggiungeranno il poeta all’improvviso. Ed egli sarà il solo a vederli, come quando dal treno guardò fuori e «per me solo / balenò, cadde in uno stagno. E il suo / volo di fuoco m’accecò sull’altro». Dall’insistenza con cui questa gamma di immagini e di parole ritornano nei testi all’apparire della donna si deduce che la luce di un riverbero è l’unica prova che Montale può esibire per fondare la sua teoria della divinità. «Forse — egli scrive — non ho altra prova / che Dio mi vede e che le tue pupille / d’acquamarina guardano per lui». Per questa frequenza e per questa dichiarazione si può anche azzardare l’ipotesi che la «figlia del sole» e padrona sua lassù nel cielo, sia la versione umile dello speculum sine macula, il solo in grado di utilizzare i
raggi di luce a suo piacimento per distogliere il suo fedele dalle cure terrene e costringerlo a guardare verso l’alto. Per sua virtù «vibra più forte l’amorosa cicala» della poesia — poesia d’amore nel senso più alto del termine — e sempre per sua virtù questa luce si irradia anche sui volti delle «donne gentili», terrestri che forse serbano una scheggia del divino. Perciò anche nella tana della «volpe» poteva comparire «un tondo di zecchino» ad illuminare il suo viso facendolo brillare nel buio. Su queste «tracce madreperlacee di lumaca» o smeriglio di vetro calpestato, si comprende anche il piccolo testamento montaliano. Il suo lascito era tutto contenuto in quell’«iride» atta a testimoniare «una fede che fu combattuta», quella fede a cui pochi vollero credere. La «cipria» di questa fede, conservata in uno specchietto, porterà il poeta a dichiarare che «giusto era il segno» e che «il tenue bagliore strofinato laggiù» non era quello di un fiammifero, ma il messaggio di un’altra dimensione. Come si può verificare, con le Concordanze alla mano, di citazione in citazione abbiamo ripercorso la scia di un riverbero lasciata negli Ossi di seppia, cogliendo le rifrazioni e i «cenni di castella» che si rifrangevano nelle altre raccolte di Montale. Ora sappiamo che la «vita che dà barlumi», citata ne // balcone di Annetta, la poesia che apre Le occasioni, sta nella scaltra assenza / presenza femminile, intesa come specula che permette le iridazioni, il riflettersi e il moltiplicarsi di volti convergenti solo nell’oltre tempo, nell’unico miraggio concesso all’uomo per avvicinarsi alla divinità. Di questa possibilità Montale parlerà con Gerti («Penso / che se tu muovi la lancetta al / piccolo orologio che rechi al polso, tutto / arretrerà dentro un disfatto prisma / di forme e di colori...»), individuando nel riflesso che «s’innerva sul muro che s’indora» il mezzo per interrompere la scansione umana del tempo. Quasi per sfidare questa convenzione, la forma della donna salutifera apparirà come «luce di lampo» proprio quando il MO
cannone segna il mezzodì e il cronometro segnala il massimo della luce. Gli orologi saranno per Montale solo strumenti atti a scandire la luminosità con
rintocchi subacquei, là dove forme e colori diventano una folla cangiante di
riverberi. Nelle Occasioni la bipolarità dei rispecchiamenti montaliani si mostra nei testi in modi sempre più segreti, come un vero e proprio smeriglio di riflessi. Piccoli messaggi si diramano anche dalla struttura dei versi, che tendono all’immagine speculare. Basta pensare a quelle «fronde della magnolia», che rispecchiano quelle dei vivi, «più ancora derelitte», per via di quel loro smarrimento nel «prisma del minuto», in quella idea di tempo umano, che è prigione e condanna della e nella Storia. ‘Ne L’estate torna pulviscolare anche la visitazione di Annetta: «Ha tante facce la polla schiusa. / Forse nel guizzo argenteo della trota / controcorrente / torni anche tu al mio piede fanciulla morta / Aretusa». Poi, «tra le tante facce della polla schiusa», altri guizzi accendono i vetri, come in Eastbourne, dove il poeta «in ascolto» riconosce i segni della sua «patria». Oppure come in Corrispondenze, dove la donna ritorna a «specchio delle gore»: «Torni anche tu, pastora senza greggi, / e siedi sul mio sasso?». O ancora come nell’E/egia di Pico Farnese, dove è descritto l’amore che trascende ogni ritualità, ossia quello che «balena» in una rifrazione, dalla nubecola del «piumaggio» della sua fronte senza errore. E sarà ancora la sua presenza, i suoi «occhi d’acciaio», l’unica difesa nelle Nuove stanze contro lo «specchio ustorio / che accieca le pedine»: quello della «follia di morte» che incombe con la guerra.
La realtà e il sogno di Montale si definiscono ancora in Barche sulla Marna, dove si dice che il sogno è «un vasto / interminato giorno che rifonde / tra gli argini, quasi immobile, / il suo bagliore... E altro ancora era il sogno, / ma il suo riflesso / fermo sull’acqua in fuga,... / era silenzio altissimo nel grido / concorde del meriggio ed un mattino / più lungo era ia sera». Il traguardo di una vita e di un’opera si racchiudono dunque in un riflesso, come se si trattasse di un personale ed invisibile Palio. In questa poesia viene esplicitamente indicato quale è per Montale «il giorno dei viventi». Esso «pare immobile / nell’acqua del rubino che si popola / d’immagini. Il presente s’allontana / ed il traguardo è là: fuor della selva... oltre lo sguardo / dell’uomo — e tu lo fissi». Questo sogno, questa speranza di vita segreta, che si svolge oltre gli sguardi ciechi degli uomini, si offuscano in Bufera. In questa raccolta lo ‘specchio salvifico di Montale si annerisce sempre più spesso e gli è difficile discernere il bagliore della donna fra gli scoppi di bombe e spolette, in mezzo, cioè, a quell’«altra luce che non colma».
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Ci sono momenti in cui «non serba ombra di voli il nerofumo / della spera», ma solo qualche scintilla, che accende la miccia dei «lunghissimi cigli del suo sguardo», che balugina dalla grana di zucchero che forse brucia ancora nel «guscio» delle sue palpebre. La donna fa parte di una dimensione ormai alta nel cielo, mentre «ben altro è sulla terra», ossia il bagno di sangue, il folle mortorio della guerra, sul quale lei trasmigra illesa. La sua presenza si fa appena percepibile in queste «guerre dei nati-morti» e si manifesta lievemente nel «marezzo» di un «fondo», che s’infiora «d’aeree lanugini», forse la frangia dei suoi capelli. È il momento della vita di Montale in cui si fa più acuta e pressante la domanda sulla sua identità. Nel contrasto fra la violenta realtà della Storia e gli impercettibili segni di salvezza di una vita tra gli specchi, Montale si chiede quale sia il suo volto: la maschera con cui appare agli altri uomini o l’ombra viva di un’altra esistenza? 2. LA
POESIA
DELLA
«MASCHERA)
Con l’infuriare della bufera giunge l’ora di sospendere la tanto «voluta sospensione d’ogni inganno mondano». La guerra non consente di giocare con le ombre. La guerra vuole fatti visibili e tangibili, vuole travestimenti e maschere. Il poeta si volta indietro per ritrovare la sua ombra e, con lo stesso terrore d’ubriaco di molti anni prima, è costretto a balbettare: «ed io mi volsi e lo specchio / di me più non era lo stesso» (Ba//ata scritta in una clinica), perché l’unico brillio che scorge negli occhi degli altri nasce dalle lacrime di dolore e di sofferenza. La violenza della guerra ripropone quello smarrimento d’identificazione che lo coglieva specchiandosi nell’acqua di un secchio, a poca distanza dall’atro fondo di un pozzo, quando faticava a riconoscersi nel tempo. Anche adesso, come allora, «si deforma il passato, si fa vecchio, / appartiene ad un altro». Nella poesia di Montale questo è il primo sintomo che segnala l’avvento di un nuovo modo di utilizzare i suoi specchi. Ora, questi strumenti sono visti anche nella loro funzione più comune, l’unica concessa all’uomo per vedere il proprio volto. Lo specchio ci rimanda «ciò che non siamo» come essenza, ma ciò che siamo agli occhi degli altri, ossia è lo strumento che rivela la nostra maschera, il nostro travestimento mondano, cioè quello che Jung, riattivando il termine antico, chiama persona. Nello stadio di saggezza disincantata delle ultime opere, Montale scriverà con amara ironia quanto sia arduo ormai trovare sé stessi sotto / travestimenti: «Basta un’occhiata allo specchio / per credersi altri. / Altri e
IRE
sempre diversi / ma sempre riconoscibili / da chi si è fatto un cliché / del nostro volto. -/ Risulta così sempre vana / l’arte dello sdoppiamento». Questo effetto di parata e gli sguardi degli altri separeranno Montale anche dalle sue apparizioni salvifiche. In Personae separatae il poeta riconoscerà l’attimo in cui la «scaglia d’oro» di un riflesso, scoccato dal fondo oscuro della Storia, porterà alla-separazione «per lo sguardo di un altro». «Pochi istanti hanno bruciato / tutto di noi» — ripeterà Montale in Due nel crepuscolo — «fuorché due volti, due / maschere che s’incidono, sforzate, / di un sorriso». Le tracce delle apparizioni si fanno sempre più labili, ma sopravvive la speranza di un nuovo incontro. Chissà — scrive Montale nel Quaderno di quattro anni — «se un giorno butteremo le maschere / che portiamo sul volto senza saperlo. / Per questo è tanto difficile identificare / gli uomini che incontriamo. / Forse fra i tanti, fra i milioni c’è / quello in cui viso e maschera coincidono / e lui solo potrebbe dirci la parola / che attendiamo da sempre». ; Montale continuò ad attendere, tenendosi la sua maschera ben calata sul viso. Perciò con Satura ha inizio quel tanto chiacchierato mutamento di tono e di poetica. Da quel momento in poi egli annoterà solo i fatti del tempo e della storia, nel rispetto ossessivo della cronologia, come dimostrano le raccolte Diario del °’71 e del °72 e Quaderno di quattro anni. Lo strumento di questo capovolgimento di prospettiva è da ricercare ancora una volta nel tema dello specchio. La quarta raccolta montaliana si apre, infatti, con la poesia // tu, che chiarisce ed annuncia la poesia del prima e del dopo: «I critici ripetono, / da me depistati, che il mio fu è un istituto. / Senza questa mia colpa avrebbero saputo / che in me i tanti sono uno anche se appaiono / moltiplicati dagli specchi». Il discorso di apertura di Satura, basato sul potere dei rispecchiamenti, si riferisce soprattutto alle tante immagini della donna salutifera che, pur nella molteplicità delle sue rifrazioni, rimanda sempre ad una stessa immagine. E forse quell’unica immagine è proprio la lontana protagonista di Incontro, la capinera che ora «dà un trillo / e a volte lo ripete ma non si sa / se è quella o un’altra». Così a chi chiede al poeta ormai anziano se ha scritto un «canzoniere d’amore», se il suo «onlie begetter / è uno solo o molteplice», egli può solo rispondere che nella sua mente si addizionano molte figure, che «ne forma-
no una sola che discerno / a malapena nel mio crepuscolo». Si è trattato di «figure umane angeli salvifici», dotate della provvisorietà delle immagini specchiate. E se uno di questi angeli «falliva / né si reggeva più sul piedistallo / pronta e immancabile anche la sostituta / adusata alla parte per -
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vocazione innata / di essere il doppio», saltava fuori nella sua apparenza di «vivente». Ovviamente anche la luce si fa avara in questa nuova stagione poetica, dal momento in cui Montale dichiarò di voler sospendere l’epoché e comprese di non poter più «vivere di memorie». ‘Questo nuovo Montale non rinnega certo le verità del Montale precedente, anzi riconosce che i messaggi di quei riflessi hanno avuto un potere illuminante e rivelatore: «se una divinità... / mi ha sfiorato» — scrive in Divinità in incognito — «quel brivido m’ha detto tutto». Da quando però il poeta ha deciso di scrivere ciò che vede come «maschera», egli non può che riportare sulla carta gli effetti di un «realismo non magico», spento ad ogni barbaglio. Perciò il suo angelo adesso è nero e lo specchio del fiume è solo «acqua che pensa a sé stessa». Montale, che resta però della razza degli uomini che si voltano, sa anche di essere fra coloro che hanno visto un istante e tanto basta «a chi cammina incolonnato come ora». Se questa visione fu «sogno / laccio tagliola è inutile domandarselo», perché è anche vero che questo «sogno» continua a sopravvivere nell’«intemporaneo», nel luogo, cioè, dove muore ogni «ragione». Il baluginio della donna assente è stato il «propellente necessario», l’unica fonte di luce a cui si contrappone,
ora, il buio di questa «nuova
palta» infernale. Il presente cronologico non permette scale specchiate che puntano verso l’alto, ma la visione di scalini meccanici che «slittano in giù». Il mondo delle maschere non ha specchi alle pareti, né divinità in incognito riflesse nel barbaglio di un’onda e di una fonte. La scelta di descrivere l’altra strada e l’altra faccia della sua speculazione non permette visitazioni, ma solo l’immagine di «due vite separate / e intersecanti mai». «Ora siamo al rovescio» — dirà Montale in Kingfisher — davanti all’«immane farsa umana» quale appare ad un vecchio disincantato saggio. Eppure egli vide un giorno un re pescatore «portare sulla melma delle gore / lampi di lapislazzulo» e c’è ancora chi sostiene che egli «non creda a nulla, se non ai miracoli» (Dopo una fuga, V). Nelle ultime poesie di A/tri versi, Montale ritrova le sue memorie nell’evoluzione moderna dell’antico specchio, ovvero nelle fotografie che
saltano fuori, ingiallite, dai ripostigli dei suoi ricordi. In queste immagini è ancora possibile riconoscere «la nube dei suoi capelli», i suoi «occhi innocenti», oppure il suo «volto incredibile» ne/ 38, ma vivendo nel tempo, Montale deve riconoscere che «non c’è più spazio / per la specola. / Solo qualche nubecola / qua e là», mentre, allora, «un salotto di stucchi / di
mezzibusti e specchi / era la vita».
$ Ata
La nuova veste del poeta non permette «agnizioni» e anche se si sporge «sulla fonte Castalia» non trova più un filo d’acqua che rifletta la sua immagine e sarebbe falso pensare che il prodigio possa durare eternamente. Montale sa che «lo stupore 7 quando s’iricarna è lampo che ti abbaglia / e si spegne. Durare potrebbe essere / l’effetto di una droga nel creato». Egli, in altri termini, non può e non vuole inventare l’agnizione e il prodigio, perché sarebbe dichiarare che essi non sono mai esistiti. Può capitare ancora di incontrare una Diamantina, ma non si può rappresentare la sua «ipotiposi», perché essa è per sua natura «sfuggente, libera e sfaccettata / fino all’estremo limite, pulviscolare». Per quel che riguarda poi / riflessi nell’acqua di oggi, non si riesce a discernere altro che immagini disarticolate e sbilenche. E poi «come far nascere iridi da quella grumaglia stercale», seduti su una zattera «alla deriva in un canale fumido?». Giunti alla fine di questo percorso fra le parole dell’opera montaliana, sì è costretti a riconoscere con il poeta che la sua produzione vuole rappresentare il doppio per eccellenza, come se fossero state realmente due persone a scrivere. L’armonia fra Montale e il suo doppio sarebbe stata possibile solo nella finzione «di chi è entrato nella vena giusta / del cristallo e non sa né vuole uscirne». Egli invece ha deciso di uscirne per rispettare fino in fondo la sua professione di dignità e di decenza quotidiana. Ha preferito, insomma, descrivere il mondo
che non vede le luci dei riflessi, facendo scendere
anche «sulla pagina il buio il vuoto La rappresentazione
binaria
il niente».
de L’opera
in versi ha, però, un
suo
suggello, un mastice che tiene insieme il Montale del prima e del dopo. Si tratta nella fede immutabile in una terza via. Nel giorno di pasquetta del 1975 egli scrive: «L’intellighenzia a cui per mia sciagura / appartenevo si è divisa in due. / ... / Io sono troppo vecchio per sostare / davanti al bivio. C’era forse un trivio / e mi ha scelto. Ora è tardi per recedere». In nome di questo credo ha potuto cantare come un’ombra tra i riverberi della luce e, per la stessa convinzione, ha riconosciuto di avere una maschera che viveva nel tempo d’uomo e spazio d’uomo. Proprio in nome di questa fede in un «terzo status» egli può chiedere di non «essere conficcato nella storia / per quattro versi o poco più». Nell’Oggi sempre più scuro non è facile scoprire cosa si nasconde dietro la maschera. E, forse, dice Montale, «non siamo che comparse, in gergo teatrale / utilités. / A questo punto il poeta / lasciò la penna d’oca con la quale / componeva Il ratto d’Europa / e si guardò allo specchio. Era i lui, / era un altro, un demonio, un cerretano?».
—138 —
3. I RIFLESSI
PRISMATICI
DELLA
CITAZIONE
DANTESCA
Ho già proposto la solidarietà testuale fra Dante e Montale in alcuni saggi, in cui indicavo le trame e gli intrecci di questo rapporto. Questi «fili di ragno» si compendiano e si strutturano nel mio libro Eugenio Montale. Le laurier e il girasole, edito da Slatkine. Questo ulteriore intervento sul tema sottolinea la presenza, sottintesa fra le righe del mio libro, dell’effetto «specchio» nella prassi di citazione montaliana. Il primo problema che Montale dovette affrontare per poter abitare le parole già abitate da altri, dopo secoli di poesia, fu quello della temporalità. Si trattava per un verso di riesumare, far rivivere, riportare alla luce la letteratura precedente attraverso il filtro della memoria e, per l’altro verso, di rompere le catene della necessità storica, della successione cronologica, della ripetizione ingenua delle forme del passato, non più ritenute da Montale alla stregua dei trovatori più baldanzosi, ossia, «realtà intrinseche valide di per sé», «morto peso di schemi», «auree cornici all’agonia di ogni
essere». Si trattava, insomma, di far sopraggiungere la vastità della memoria letteraria, intrisa d’infinito, fino al punto di osservazione del poeta, fissato al suolo per costituzione e per ventura, da viscide radici, dall’immobilità dei finiti, da quella razza di chi rimane a terra. Il primo tentativo per risolvere il problema fu certamente di natura fonica, musicale: quella di affidare ai suoni, agli strumenti più disparati i
primi accordi di parole sciolte dalla storia. Ma, ad un certo punto, baluginò nella mente di Montale la chiave per descrivere minuziosamente la realtà circostante nel momento in cui l’atemporale, il metafisico, il numinoso, il letterario di ogni tempo, irrompevano nel determinatissimo punto di osservazione del poeta. Questa chiave nasce appunto dalla speculazione, in senso etimologico e altro, ed è la speculazione stessa. Fu questa intuizione a spingere il poeta a rifiutare i giovanili Accordi,
presenti, da quel momento in poi, come stadio di una poetica (Corno inglese) e non come nucleo portante di essa. Il nucleo principale doveva essere un amplificatore di potenzialità visive e sarebbe diventato l’emblema per eccellenza della vista, ossia lo specchio, che risolve in sé, realmente, la possibilità dell’apparizione e del miracolo. I verbi ascoltare ed osservare, vedere, apparire, guardare, scandiranno così la poesia di Montale, ma solo quelli legati alla «vista» saranno portatori del prodigio, del miracolo; mentre il primo avrà il compito di preparare l’atmosfera in cui si presenterà la «rara scena» dell’apparizione degli amori salutiferi. «Se io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, e non avessi amore — dice San Paolo (I Cor. 13,1) — non sarei che un bronzo risonante, o un cembalo squillante...». Lo specchio potrà, per sua natura, rompere la catena ferrea della necessità storica, sarà l’anello che non tiene, il momento
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36 —
rivelatore universale ed infinito, cheiirrompe nello «spazio d’uomo e tempo d’uomo», l’attimo del «terzo status»: quello che sta fra la vita e la morte, fra la presenza e l’assenza, tra la forma e la sostanza, fra l’uomo e la sua ombra, fra la persona/maschera e i suoi tanti duplicati. In questa luce e in questo contesto va intesa anche la prassi di citazione montaliana, riflesso prismatico di un passato che, per effetto della rifrazione, può convergere in un «punto in cui tutti li tempi sono presenti». La prerogativa, infatti, di annullare la nozione esecrabile del tempo è propria della riproduzione tramite uno specchio, che non ha di per sé alcuna storicità, non essendo niente altro che la momentanea conseguenza di un riflesso. L’intertestualità montaliana si riflette, in tal modo, liberata dai vincoli delle storie letterarie, nella nuova poesia ed entra a far parte del paesaggio concreto, determinatissimo e, insieme, universalissimo che circonda Montale. Anzi, il dato naturalistico e quello artistico letterario si confondono fin dalle origini, e basta pensare ad una poesia come Meriggiare pallido e assorto. Dalla superficie riflettente del mare ligure scoccano luci, baluginano parole senza tempo e questo, ovviamente, avviene anche: per le citazioni dantesche. Le «viscide radici» e le «scerpate esistenze» dei suicidi, la «proda del bollor vermiglio» dei tiranni, il «limo» degli accidiosi, il sabbione arso degli eretici, aleggiano a barbagli nella poesia di Montale, si rifrangono, si spezzettano, si deformano con la tecnica — che è anche strumento di lettura dei testi — del rispecchiamento, dell’ombra cinese, della sfaccettatura di una gemma, che riflette brandelli di immagini, di temi e di parole. Il tema dello specchio negli Ossi storna il lettore dalla visione puramente descrittiva. Prendiamo per esempio Maestrale, dove è il mare ad assumere questa funzione. Il vocativo della quarta strofa, che si conclude con l’imperativo «guarda», irrompe a spezzare la successione naturalistica delle immagini specchiate nella calma marina: «O mio tronco, che additi...». Pensiamo a come lameggia questa immagine del «tronco» umano nel corso dell’opera montaliana: vegetazioni, scerpate esistenze, sargassi umani, altrettanti revenants del bosco dei suicidi dantesco. Nella poesia immediatamente successiva a questa (Vasca), il piccolo e angusto mondo intorno al poeta si riflette in uno spazio ben più limitato: nell’acqua di una «vasca», appunto. Finché — scrive Montale — qualcuno «tirò un ciottolo / che ruppe la tesa lucente: / le molli parvenze s’infransero» a rompere, aggiungiamo, ogni possibile compiacimento narcisistico al rispecchiamento.
Anche
in questo
testo,
l’immagine
successiva
IROMID,
arricchita da echi atemporali danteschi, in un altro riflesso: «Ma ecco, c’è altro che striscia / a fior della spera rifatta liscia». una Anche le parole, per Montale, hanno un’ombra e una a vita in quanto «essenza» e un’apparenza fittizia. La riproduzione specchiata
e
è proprio il modo montaliano per riportare anche le parole «alla vita, all’uso e al possesso di tutti», perché «le ombre che si nascondono / tra le parole» — scriverà il poeta in Botta e risposta HI — «non hanno né un prima né un dopo / perché sono l’essenza della memoria». Così accadeva già molti anni prima di questa poesia, quando in Quasi una fantasia Montale vedeva un «essenziale alfabeto» stampato come un’ombra cinese sul muro bianco. In quell’attimo — dice il poeta — «tutto il passato in un punto / mi sarà comparso»: il famoso punto dantesco in cui «tutti li tempi son presenti». In Flussi, l'eternità metafisica di un attimo sottratto alla ruspa del tempo e della storia, si affianca alla caducità tutta terrestre dell’immagine specchiata. Qui la memoria/specchio di Montale s’increspa per via del tempo che «precipita e s’infrasca», ma permane la visione speculare delle cose stampate nelle parole. Nel testo si trova prima il ricordo vivificato dalle ombre cinesi («il passato / lontano franto e vivido, stampato / sopra immobili tende / da un ignota lanterna»), poi il sopraggiungere della temporalità, che, con una sua impennata violenta e impetuosa, spazzerà via la «fortuna» di possedere in un punto solo presente e passato («la rapace fortuna è già lontana / cala un’ora, i suoi volti riconfonde»). La poesia, però, porta ormai impressionata nelle parole l’immagine speculare dei due momenti. Nella chiusa delle due strofe che compongono questo testo si ha prima il verso che parla della vita come scialo «vano / più che crudele» e dopo quello che dice la vita è «crudele / più che vana». E, affiancata alle ultime parole, sta anche l’immagine intrisa di memorie dantesche, dell’opposizione di cielo e abisso, ossia «quel dòmo celestino ed appannato / sul fitto bulicame del fossato». In Arsenio l’unica via di fuga dalla fissità di una «ghiacciata moltitudine di morti» sarà un istante specchiato fra le vetrine dei palazzi: «quello è forse, Arsenio, / nell’ora che si scioglie, il cenno d’una / vita strozzata per te sorta, / e il vento / la porta con la cenere degli astri». Negli Ossi, quindi, il riflesso, il baluginio, l’ombra stampata su un muro, hanno soprattutto il potere di sciogliere cose e parole dalle angustie della temporalità. Nelle Occasioni, invece, questo effetto avrà anche la capacità di annullare la spazialità e le distanze «umane». In questa raccolta sarà proprio l’effetto specchio a permettere gli incontri con la donna assente, la donna «essenza», che si annuncerà sempre con rifrazioni e lampi,
con folgoranti visitazioni luminose, incuranti del tempo e dello spazio. Nelle Occasioni, inoltre, una volta tracciate le basi lessicali di un discorso poetico, che si muove in direzione plurilinguistica, Montale imposterà anche il suo dantismo in forma speculare. Già in Vecchi versi, precise spie ci riportano a quella zona dell’«antelimite» in cui — come si legge in Farfalla di Dinard — la memoria deve
VARIE
cominciare a dimenticare le storie terrestri per sublimarle in altre e più alte storie. La poesia diventa una sorta di passaggio d’Acheronte con scelte lessicali che richiamano, rifrangono, spezzettano le citazioni dantesche. | In Vecchi versi il momento del «ricordo», prima parola della poesia, viene interrotto dall’apparizione di una falena, che si riflette con «riflessi ambrati» sui muri. Quest’ombra cinese fa scattare la metamorfosi. L’acherontia atropos diventa un «insetto orribile dal becco / aguzzo», una sorta di
Caronte, che sigla l’inizio del viaggio montaliano oltre i confini «segnati come il mondo» delle Cinque terre. Ma, nella poesia successiva, Buffalo, la specularità del rimando dantesco diventa una vera e propria chiave per intendere il testo. La prima parte della poesia descrive, come è noto, una gara che si svolge al motovelodromo parigino di Buffalo. Poi, la pronuncia idiolettica del nome «Buffalo» (questa volta riferito al nome della città americana), provoca un rovesciamento di piani. Adesso il protagonista precipita in un «limbo» all’interno del quale si odono gli «schianti secchi» di Inf. XIII e si vedono «curve schiene striate mulinanti», che ci rammentano
gli ignavi dell’antinferno dantesco. i Ma già nell’incipit di questa poesia, la citazione della folla che s’addensa sulla riva dell’ Acheronte e la contemporanea evocazione del Limbo con le «turbe ch’eran molto grandi / d’infanti e di femmine e di viri» sono trasparenti e annunciate sin dall’esordio nel «dolce inferno». La figura del traghettatore delle anime, inoltre, è uno degli esempi più evidenti di immagine specchiata della citazione dantesca, una chiara e ironica opposizione del Caronte della Commedia. Il personaggio dantesco era «bianco per antico pelo», quello montaliano è un «negro»; il primo ha «occhi di bragia», il secondo «sonnecchia». C’è da notare, inoltre, che la sollecitudine al «trapasso» di /nf. III,74 si contrappone nel testo montaliano alle «donne ilari e molli» e il «fioco lume» di Inf. III, 75 al fascio «luminoso che tagliava la tenebra». La rielaborazione montaliana del testo dantesco è troppo evidente per essere considerata di memoria involontaria, né può essere individuata come sterile ripetizione. Qui, invece, il riferimento dantesco, posto in questa forma prismatica, deve essere individuato come tendenza generale, che si chiarisce e si decanta nei tempi lunghi. Il suo riconoscimento diventa condizione indispensabile per la comprensione del testo, entrando a far parte di quelle citazioni ermeneutiche che caratterizzano i testi di Montale. Nel caso di Buffalo e delle poesie che seguono, la citazione e la specularità delle immagini segnalano altresì lo statuto allegorico di cui lo specchio è emblema, se non addirittura strumento di lettura. La famosa oscurità del poeta, infatti, catalogata in un primo tempo dalla critica come tensione ermetica, si lega strettamente alla tecnica letteraria squisitamente dantesca dell’anfibologia, dell’allegoria, e si fa trasparente qualora venga accettata la tecnica del doppio discorso, quella della rifrazione e dell’anamorfosi, della
ui
visione
rovesciata
e deformata
dal suo
riflesso tremulo,
della citazione
appena variata di immagini e parole. Per fare ancora qualche esempio si possono citare i casi in cui brandelli di versi infernali segnalano l’assenza della luce, della «bontà di una mano», di riverberi delle visitazioni di «ciurme luminose». Sono immagini da «livida palude»: quella avvolta dall’immobilità, dalla noja di tempo e tempi e dalla quale ci si riscatta solo col lampo di un riverbero di memoria. In Lindau, di notte, «l’acqua morta» restituisce solo un panorama da «riva malvagia». «Sotto le torce fumicose sbanda / sempre qualche ombra sulle prode vuote. / Nel cerchio della piazza una sarabanda / s’agita al mugghio dei battelli a ruote». Sono versi che riportano a quel luogo di Zrf. III (115-130), quando Dante dice: «così sen vanno su per l’onda bruna, / e avanti che sien di là discese, / anche di qua nuova schiera s’auna». In Bagni di Lucca, «tonfi e gemiti» sono il frantumo dei sospiri di anime in attesa del giudizio di Minosse, davanti al quale «dicono e odono e poi son giù volte» (/nf. V, 15). La rifrazione dantesca nel testo di Montale ci darà, invece, i versi: «e ad uno scrollo giù / foglie a élice, a freccia, / nel fossato». In Verso Vienna, i tempi verbali ci immettono al v. 6 in una infernale
situazione di immobilità. Il passato remoto «sgrondò», rispetto all’imperfetto «adombrava» del v. 3, ha la caratteristica di essere perfectum, cioè concluso per sempre. Questa condizione è rimarcata attraverso i verbi per tutto il resto della lirica: «parlò» (v. 9); «informò» (v. 11); «sprofondò» (v. 12); «balzò» (v. 15). Anche in questa poesia si riverberano brandelli di luoghi danteschi. Al v. 6 il verbo «emerse» fa presumere che il nuotatore montaliano fosse sommerso come gli accidiosi del canto dantesco. In Inf. VI, 12-14, Cerbero «caninamente latra / sovra la gente che quivi è sommersa» e come rimando speculare troviamo al v. 16 della poesia di Montale il negativo fotografico di Cerbero nel «bassotto festoso che latrava». Ma si può trovare ancora la citazione contemporanea di /nf. III, 66 nell’immagine del nuotatore che «sgrondò sotto / una nube di moscerini» e di Inf. XXI, 46-50, nell’immagine del dannato che dà indicazioni al viaggiatore alla ricerca del ponte per attraversare il fiume infernale (nel canto dantesco sono i demoni che indicano a Dante e a Virgilio la via, ingannandoli con una menzogna): «additò il ponte in faccia che si passa (informò) con un soldo di pedaggio. / Salutò con la mano, sprofondò, / fu la corrente stessa...». Lo «scorcio d’acque lente» di Verso Vienna ha un corrispettivo specu-
lare in Verso Capua, dove invece le acque di un altro fiume precipitano in piena; «rotto il colmo sull’ansa, con un salto, / il Volturno calò, giallo, la
sua / piena fra gli scopeti» (cfr. il «colmo» di Inf. XIX, 128-129, che «da quarto al quinto argine è traghetto»). In questa poesia l’equipaggio di un postiglione (lo stesso della storia di Farfalla di Dinard: Sul limite) si ritrova
ESE
circondato da «farfalle miniutissime»; che «volitavano». Il richiamo al testo dantesco è ancora una volta di smeriglio speculare, soprattutto se si pensa quali altri tormenti subissero gli «sciagurati che mai non fur vivi» di Inferno III (64-66), intorno ai quali ronzavano «mosconi e vespe». Quasi a conferma del luogo dantesco rispecchiato; nel testo montaliano, «un furtivo raggio incendiò di colpo il sughereto», che ricalca quel «balenò una luce vermiglia» di Inferno 1II,134 e, infine, la donna, «che agitava / lungamente una sciarpa, la bandiera / stellata», che ricalca la famosa «’nsegna» degli ignavi danteschi. Queste esemplificazioni ci consentono di ribadire che lo strumento tecnico di cui si avvale Montale per scrivere le sue «occasioni» di poesia, è un oggetto o un «fenomeno» perfettamente realistico, come può esserlo uno specchio o i suoi effetti luminosi. E lo statuto allegorico montaliano si prefigura proprio per questo gusto della doppia immagine, delle rifrazioni di una gemma sfaccettata e rilucente. Si avrà, così, da una parte la natura, la realtà, la storia, il senso letterale e, dall’altra, l’immagine atemporale, metafisica, universale. Tutto intorno staranno i baluginii di una storia che trascorre continuamente dalla fedeltà della descrizione alla deformazione metafisica di essa. Nel racconto Su/ limite, Montale dichiara: «Io volevo che ci fosse qualcosa di finito nella mia vita, ... qualcosa che fosse eterno a forza di essere finito». Pensiamo alla finitezza di uno specchio, allo «spazio breve» dei suoi riverberi e al guizzo di atemporalità della donna assente, al segno «seppur distorto e fatto labile» di un suo barbaglio. Barlumi, riverberi, accensioni, scintille, lampi, folgori, baleni, illuminano a spiragli la vita del poeta e annunciano una presenza eferna perché fuori dal tempo, dallo spazio e dalla storia. «Anche una piuma che vola può disegnare / la tua figura» — scrive Montale in Giorno e notte — «il rimando dello specchio / di un bambino dai tetti». Il rispecchiamento del mondo sensibile, quindi, permette proprio quell’ascesa oltre il tempo, lo spazio, il visibile e il tangibile in cui si annida la speranza dell’eterno. Nella conferenza tenuta da Montale dal titolo Dante ieri e oggi, proprio parlando dell’opera di Irma Brandeis, la sua Clizia, la donna salutifera, il poeta citava proprio quel passo di The ladder vision in cui lo specchio ha un risalto sovrano per intendere l’opera di Dante: «Poiché si deve salire la Scala di Giacobbe prima di discenderne, mettiamo il primo gradino più in basso che sia possibile, collocando l’intero mondo sensibile dinanzi a noi come se fosse uno specchio attraverso il quale noi possiamo passare e giungere a Dio». In questo stadio ha creduto Montale, il quale è passato fra gli specchi per raggiungere ‘non Dio, ma la donna assente, riverbero cristologico in cui egli pose la sua speranza del divino. Perciò Clizia, prefigurata da Annetta, si moltiplica in rifrazioni diverse, così come le donne implicate nel processo di salvazione ftt =
dantesco. Il poema, disse Montale, «contiene una somma enorme di corrispondenze, di richiami, che la lettera suscita rinviandoci i suoi echi, ai suoi giochi di specchi, e alle sue rifrazioni; e che non c’è quasi luogo del poema o episodio o verso che non faccia parte di una trama, che non faccia avvertire la sua presenza». Le stesse parole si potrebbero dire oggi della poesia di Montale, comprese quelle che il poeta riservò alle presenze femminili nell’opera di Dante: pargoletta, Fioretta, Violetta, Lisetta, la donna di Guido, le due donne-schermo della Vita nuova, altrettanti senAhals che, con l’«avventura stilistica» della Donna Pietra, «avrebbero dovuto essere inventate di sana pianta se non fossero mai esistite: perché non si può immaginare un processo di salvezza senza la controparte dell’errore e del peccato». In altri termini, per Dante come per Montale «i tanti sono uno anche se appaiono / moltiplicati dagli specchi». Basta pensare alle Occasioni. Il libro è dedicato a I. B., ossia Irma Brandeis, ma la poesia in limine, // balcone, si rivolge ad Annetta-Arletta. Troveremo poi liriche dedicate a Gerti, a Liuba, a Dora Markus. Gli stessi Mottetti pare che siano stati scritti per donne diverse, che conservano l’originale con dedica. Le «occasioni» andranno quindi intese anche in questo senso: occasioni di episodi specifici, ma anche di epifanie, di apparizioni, visitazioni, annunciate da una donna senhal, che rende possibile un rimando specchiato alla donna «altra». Il discorso di Montale fra gli specchi è quindi il passaggio necessario per allontanarsi dal mondo sensibile e puntare verso un altrove che si presume vicino alla divinità. Esso dà a Montale la possibilità di incontrare Diamantina, «apparsa come può / tra zaffate di Averno baluginare / una Fenice», ossia con la stessa facoltà di rinascita della Fenice dantesca. Oppure gli permetterà di «sorvolare / o sornuotare qualche eventuale specchio / di pozzanghera e dopo col soccorso / di sbrecciati scalini la scoperta / che il mondo dei cristalli ha i suoi rifugi. / C’è un tutto che si sgretola e qualcosa / che si sfaccetta. Tra i due ordini / l’alternarsi o lo scambio non può darsi», ossia la scoperta di una via di fuga dalla catena ferrea della necessità storica. Oppure consentirà l’apparizione di una «immagine / non ipotiposizzabile, per sua natura, / anzi sfuggente, libera e sfaccettata / fino all’estremo limite, pulviscolare», ovvero la possibilità miracolosa della visitazione in qualunque luogo o momento. Infine, consentirà la «conoscenza» della vita nella sua «speculazione», ossia solo nel momento in cui «sfiori un oggetto che ti dica io e te / siamo UNO», collegati e uniti da un raggio specchiato, che guida verso la trascendenza. Per concludere, vorrei rilevare che la prospettiva del «terzo status», quella che permette al poeta di stare fra due immagini specchiate, fra la vita e la morte, la presenza e l’assenza, permane fino alle ultime testimonianze
— ida
poetiche montaliane. Proprio la solidarietà interpretativa sul tema dello specchio — per fare un ultimo esempio — stimola l'ammirazione montaliana per Charles S. Singleton, il «dotto», il «patrologo» di alcune poesie di Altri versi. Montale lo conobbe a Firenze, negli anni degli incontri ai Caffé delle Giubbe Rosse. A distanza di mezzo .secolo, nel ricevere il volume del dantista americano, La poesia della Divina Commedia, egli scrisse una poesia a lui dedicata in cui dice: «Allora non sapevo / che non esistono rebus per il patrologo / ma un nome solo sfaccettato anche se unico». Sono versi che ricalcano inequivocabilmente le parole di Singleton nella Premessa al suo libro: «chi desidera comprendere un’opera in sé, dovrà parlare spesso di cose che sembrano al di fuori e al di là di essa. ... Altrettanto appropriatamente si potrebbe parlare di ‘facce’ o di ‘aspetti’ del significato, non fosse che tali termini potrebbero far pensare piuttosto a riflessi prismatici e a uno splendore che dipende dal modo in cui viene fatta girare l’opera — quasi fosse una pietra da esaminare. In realtà ciò che si esamina qui, non va concepito come qualcosa che sta in superficie. Ciascuna dimensione è una. dimensione in profondità che arriva fin proprio al cuore, alla sostanza della poesia — una dimensione presente (in potenza se non in atto) lungo tutta la linea di sviluppo del poema, dovunque si voglia saggiarla. Si tratta insomma di costanti, di elementi fondamentali della struttura». Proprio in questo senso vorrei che si leggesse la presenza di Montale fra gli specchi, con la pretesa che anche in questa dimensione ci sia stato lo zampino di Dante.
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Beckett ‘s «grands articulés», in S.B. now, 77-78) appare molto legata anche a Dante: i suoi personaggi sembrano quasi subire una pena del contrapasso, immersi fino al collo o nuotanti nel fango a pancia in giù etc., con una ferocia e una compassione molto novecentesche, di laforguiana memoria. Se Godot non crede in un Dio che, dall’alto della sua divina afasia e apatia, ami gli umani, tuttavia al fondo della-sua attesa c’è, rovesciato, il credo quia absurdum. La sua non-fede, la forza enigmatica che lega i suoi personaggi all’assoluto, un assoluto cieco, hanno qualcosa di medievale (cfr. Rebora, in Teatro di S.B., 10). Allo stesso modo l’atteggiamento montaliano, più volte dichiarato e in particolare per /ride, di «veicolo» della propria poesia, è vicino all’atteggiamento stilnovistico di chi scrive «come ei ditta dentro» (vedi Cambon, Atti Librex): un suo modo di dar voce a quel «sé» profondo che Rensi indica nel suo /nteriora rerum. Qui Montale si incontra con Beckett, che, dopo la «rivelazione» rievocata in Krapp’s last Tape, volle puntare direttamente a quella zona sotterranea del suo cuore, zona della vita-in-morte, come, molto montalianamente, la chiama nel suo saggio su Beckett A. Alvarez, zona della depressione, in un paesaggio sterile e impotente dove nulla si muove tranne la mano dello scrittore sulla pagina, come sotto dettatura di una voce che non si ferma mai (Alvarez 48). 7. La «decostruzione», il rovescio di quell’altissimo volo poetico e metafisico costituito dalle prime tre opere di Montale — fino al fuoco insostenibile del fulgore di Clizia ormai trasfigurata — ha inizio, è noto, con Satura: dove si ritrova, rovesciato, l’«alfabeto essenziale», che, come dice Glauco Cambon, è già tutto negli Ossi, della sua poesia: affidato al nuovo linguaggio prosastico su cui si è a lungo cimentata la critica. Sentinella, protrettrice, destinataria ancora aleggiante negli oggetti di comune appartenenza («... mi abituerò a sentirti o decifrarti / nel ticchettio della telescrivente, / nel volubile fumo dei mei sigari / di Brissago», Xenia, I, 8), capitolo iniziale di questa rivoluzionaria e consapevole discesa agli Inferi, quando ancora il poeta «spera» anche se insieme «dispera»: Pietà di sé, infinita pena e angoscia di chi adora il quaggiù e spera e dispera di un altro... (Chi osa dire un altro mondo?) Strana pietà... (Azucena, atto secondo). (Xe I, 7)
destinataria, dunque, è Mosca, con i 28 Xenia che aprono il libro: specchio del poeta, il suo aspetto di «refuso» è accentuato fino ai movimenti da jo?
carica meccanica della «moschina», «catafratta di calce», imprigionata nel gesso negli anni della guerra: ... Fu la pace quando scattasti, burattino mosso da una molla, a cercare in un cestino l’ultimo fico secco. (Gli ultimi spari, St)
Il critico F.R. Leavis, nel saggio introduttivo a i New Poems montaliani tradotti da Ghanshyam Singh per New Directions, dove rivendica la «anglosassonità» del nuovo Montale — (ma nessun poeta inglese, aggiunge, è alla sua altezza) —, individua nella morte di Mosca la personale Catastrofe del poeta. È certo in questa zona, ad ogni modo, che i personaggi montaliani, a cominciare dal suo ultimo «tu», Mosca, prima del garrulo e interminabile monologo degli ultimi anni, acquistano movenze burattinesche,
da teatro
dell’ Assurdo,
quasi
uscissero
dallo
strano
mondo
dei
«grands articulés» di cui parla Germaine Brée per Beckett: la mossa di Mosca è una mossa da Buster Keaton, il suo è un «verba! clowning» alla Jarry, in una sintassi sempre più slogata di un discorso che d’ora in poi ruota sempre più solo attorno ai propri fantasmi (su un Montale mitografo ricordo il saggio di Avalle in Cima-Segre). Fantasmi che appaiono come proiettati a scatti, senza nesso, dalla lanterna magica di Flussi (Os). È una narrazione, se così si può ancora chiamare, simile a quella di Kafka, che non procede secondo una linea di sviluppo e neanche di circolarità, ma per accumulo, quasi a casaccio, come un pollo disossato, così come slogato e disossato è il ritmo sapientissimo di questa nuova poesia. Ne è protagonista un vecchio che aspetta il giorno della morte: lacerti di memorie, il passato «franto e vivido», ma senza senso. È la scelta, obbligata forse, di uno stato di attesa, di un atteggiamento, — l’inedia —, che nel giovanile Belacqua di Beckett prelude alle situazioni di totale costrizione fisica dei suoi personaggi futuri, e che emerge sempre più chiaramente dai Diari e soprattutto nel 04: L’immane farsa umana (non mancheranno ragioni per occuparsi del suo risvolto tragico) non è affar mio. Pertanto mi sono rifugiato nella zona intermedia che può chiamarsi inedia o accidia o altro.
Assistiamo nel Q4 alla progressiva paralisi e chiusura claustrofobica dell’io che parla e soprattutto alla dissoluzione del «tu», già annunciata in esordio in Satura.
-
112—-
L’immane farsa umana..., che ha accenti di offesa tragedia, prosegue con una gelida, implacabile demolizione di sé e di tutta la propria creazione, quasi dall’oltretomba, da prestigiatore che mostra che si trattava di quattro trucchi, da sberleffo quasi intollerabile: Si dirà: sei colui che cadde dal predellino e disse poco male tanto dovevo scendere. Ma non è così facile distinguere discesa da caduta; cattiva sorte o mala. Ho tentato più volte di far nascere figure umane, angeli salvifici anche se provvisori; e se uno falliva né si reggeva più sul piedistallo pronta e immancabile anche la sostituta adusata alla parte per vocazione innata di essere il doppio sempre pronta al decollo alle prime avvisaglie e a volte tale da onnubilare dell’originale volto falcata riso pianto tutto ciò che conviene al calco più perfetto di chi sembrò
vivente
e fu nessuno,
A Niklaus Gessner che gli chiedeva perché continuare a scrivere se il Nulla e il Vuoto e l’Incomunicabile erano i suoi temi, Beckett rispose: «Que voulez vous, Monsieur? C°est les mots; on n’a rien d’autre». (Esslin 84). La
disintegrazione del linguaggio come possibilità di comunicazione è il punto in cui la via di Beckett incontra quella di Montale: sì che l’analisi di certi istituti linguistici beckettiani, anche sulla scorta di quella condotta proprio dal Gessner (Die Unzultnglichkeit der Sprache), può illuminare sull’assunzione di istituti analoghi nella prosa/poesia del Q4. 8. In un vertiginoso sovrapporsi di gesti, come uno sfogliare di carte in cui siano stampate le figure femminili della poesia di Montale, si contrae
il gesto di risentito rinnegamento del vecchio poeta: nell’endecasillabo «volo falcata riso pianto tutto». Le apparizioni femminili, ha dichiarato Montale (Cima-Segre 194), «sono la mia voce. Essendo figure per lo più inventate (Gerti venne una volta o due a Firenze), in qualche modo avviene uno sdoppiamento». Anche Clizia e Volpe, messe a contrasto come dantescamente salvifica l’una e terrena l’altra, sembrano lontanissime in un ambito di referenza reale; nel periodo in cui nascono le poesie del 04, Montale, senza per altro fornire alcun riferimento per Mosca, dichiara, concludendo,
"che «Il personaggio più reale e che resiste nel tempo (si incontra per la prima volta in La casa dei doganieri e poi nel Diario del ’71) è Annetta. Continuerà a vivere in una nuova poesia, La capinera» (ivi).
PD
n le)
. LEMMA
primizia profondità
CG
PD
sf sf proposta sf quota sf rampogna sf rata sf reminiscenza sf retrocessione sf rifrazione sf sàrtia sf scacciacani sf scialuppa sf seduta sf sensazione sf stampa sf stigmate sf stipa sf suonatina sf superbia sf svista sf trascendenza sf trasformazione sf udienza sf valletta sf Vergine sf versiera sf viaggiatrice sf violenza sf abbrivo sm abusivo sm aggregato sm allocco sm sm allunamento sm anfiteatro sm antipapa sm appannaggio sm arbitro sm arcano archetipo sm sm arcobaleno sm ardire sm armistizio sm arresto sm arsenale sm aspetto (om.) sm associato sm ateo sm attendere sm bacillo sm ballo sm barile sm belo sm boccascena sm boschetto ninni eee e iii ei Merletti A e TER sm Menini botteghino Ar nm mm I) nm mn ooo no oo n
VOCABOLARIO
N.PR. LEMMA
brumaio calcio calo capellone capo d’opera capofila cardo casolare cembalo cercatore cespuglio chiacchiericcio cobalto coglione colpito complesso concento Contino contrabbasso contubernale copista coprifuoco credente creditore crudele decreto didietro difetto dignitario diploma discredito dispetto due dumo ebreo effabile effato enigma epitalamio errare Evangelista fabbro fagotto fante fascicoletto 450 fasto 451 fatturato 452 fegato 453 fenomeno 454 fiutabile 455 frutteto 456 gabbione 457 ginepro 458 gluteo 459 gorgoglio
SPECIFICO
CG
N.PR. LEMMA
460 461 462 463 464 465 466 467 468 469 470 471 472 473 474 475 476 477 478 479 480 481 482 483 484 485 486 487 488 489 490 491 492 493 494 495 496 497 498 499 500 501 502 503 504 505 506 507 508 509 510 511 512 513 Am O in nm I inn I nn nm mmm mn mmm n mmm mmm mmm mmm 514
DI
guindolo guizzare gurge gustabile ignaro inconscio inevento infossamento lai leopardo lepre linotipista ludo maresciallo mascherone merciaio metro
minuetto nascimento nonnulla omicida onorevole ottavino ottoni palagio pantocratore
parapiglia partito pellegrino pentalaureato peocio percorso perfido pescaggio pestaggio pettirosso predecessore proco professore quagliodromo questuante rabarbaro rabesco rantolo recluso reuma ribaldo rinfresco rispetto rovaio satellite sbattìo sciacquare scorrettore
semiologo
—
206 —
5
PD
PD
N.PR. LEMMA
CG
sm 515 sfiorare sm 516 sfocio sm 517 sipario sm 518 sodalizio sm 519 sogghigno sm 520 sognatore sm 521 soppalco sm 522 sottotenente sm 523 sovrintendente sm 524 spasso sm 525 stipendio sm 526 sufolo sm 527 supplente sm 528 sussidio sm 529 svolìo sm 530 svolto sm 531 tergo sm 532 toccabile sm 533 tordo 534 torrone (om.) sm 535 tripudiare sm 536 tutore sm sm 537 udibile 538 uliveto sm 539 unicorno sm 540 unissono sm 541 vaniloquio sm 542 veccione sm 543 Verno sm 544 verziere sm 545 vilipendio sm 546 violoncello sm 547 vocìo sm 548 zeugma sm 549 arriba sp 550 Canciòn sp SS1 Caudillo sp 552 disgràcia sp 553 lobo sp 554 manda sp 555 mes sp 556 mundo sp 957 no sp 558 Norte sp 559 puede sp 560 reo sp 561 robo sp 562 se sp 563 Suiza sp 564 ersatz td 565 acuire ve 566 ammortare Ve 567 appallottolare ve 568 arguire ve rm n nm tI Omm dn tn n 569 assalire ve
PD
Ami o mm nm mmm nm i o on n on e d
VOCABOLARIO
N.PR. LEMMA
570 571 572 573 574 575 576 ST1 578 979 580 581 582 583 584 585 586 587 588 589 590 591 592 593
CG
assurgere
ve
avventare
Ve
avvezzare azzeccare barbagliare biancheggiare
campare
ve ve ve ve ve
cingere classificare
ve
concorrere
ve
consistere
ve
coronare decapitare
ve
decrescere destituire dimoiare dipanare disgregare dislocare disserrare esigere imaginare inalbare incitare
ve
ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve
la](o)
SPECIFICO
DI
N.PR. LEMMA
cG
594 incogliere 595 innimbare
ve
intervenire invecchiare inverarsi iscrivere lastricare manovrare minimizzare molcere mortificare narrare onorare permeare perpetuare pingere posporre preoccupare professare purificare rabberciare riaprire ‘ riedere nino oi mimi n indotto ni rifulgere
£T207 —
PD
v io)
N.PR . LEMMA
ve
618 619 620 621 622 623 624 625 626 627 628 629 630 631 632 633 634 635 636 637 638 639 640
ve
fmi I n mm n non on
ve
ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve
rigettare rimpiccinire rinfocare rinseguire riplasmare rispecchiare rosseggiare sanare santificare
scartare schiumare serrare sloggiare sopravanzare spartire stizzare stuonare
subire susseguire svagare svolare trasfondere trastullare
CG
ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve
PD
Amo I mmm mmm mmm
LEMMI
LISTE mn. 10-45 COMUNI SOLO A DUE
LEMMI
N.PR. LEMMA 1 2 3. 4 5 6 7 8. 9 10 11 12
assiduo brullo bruno cerulo derelitto fisso fraterno giovinetto ilare impetuoso incassato lamentoso
13
piovorno
14 15 16 17 18.
ricolmo sghembo smorto sommosso teso
19
trepido
20 21 22 23 24. 25 26 27 28 29 30 31 32
trito vagabondo velato verdecupo lunge allora che agonia ansietà campagna canzone ciurma conca fanciulletta
33. 34 35 36 37
fanghiglia feluca fissità greggia leva
38.
linfa
39
minaccia
40 41 42
muraglia pendice pesta
CG
ag
ag ag ag ag
ag ag ag ag
_0SOC
LISTA N. 10 COMUNI A OS 0C
N.PR. LEMMA
CG
0SOC
43 44 45.
plaga pompa schiuma
Si af sf
gen 150 2:41
46 47 48. 49
trama vastità voluta arbusto
sf sf sf sm
12 Lal 1 i Le
50
cigolio
al
N
ag ag ag ag ag ag
S1 52. 53 54 SS 56 S7 58 59 60 61 62
fanciulletto fermento flutto fossato getto lato lembo limbo lito mulinello nembo palvese
SMotiei SION2ICI Sms 12. SME poi Sole tti Cito VII SO 20 STONE 1062: suse Li di smell d smi: 3 sone 1%
ag
63
poggio
smart
ag
64 65 66 67
porto riquadro risucchio ritornello
suv Gue smnee So
68 69
sambuco scampo
smetti smgg lal
ag ag ag ag ag
ag av co sf sf sf sf sf sf sf
sf sf sf sf sf sf sf sf sf sf
OPERE
70. sigillo 71 spacco 72. spiro 73. stormo 74 strame 75 sughero 76 tormento 77 torrente 78. tramonto 79 traverso 80 varco 81 vespero 82 viottolo 83. accostare DI) dm nm mm I n n mn imm mmm mb 84 additare dt Id I) LUI INI nt II DI DI) dn I I dt nn nm n dn n on e dn nn n i
—
Le dC al 20 2s0
sm 11 sm 11 sm 11 sm 11 sm 108 sima bl sm 11 sm 2,2 smelLal sm 11 SI i2a9 sm 12 smae 1li vessel A Ve203.
209—
N.PR. LEMMA
CG
attorcere
ve
avvivare
Ve
commuovere cuocere
ve
dilavare diramare discolorare
ve
discoprire
ve
fendere filare imbevere
ve
impaurare inabissare intenerire
ve
lacrimare
Ve
lanciare
ve
OS OC
ve
ve ve
Ve ve
ve Ve
101 percuotere 102 profilare 103 protendere
Ve
ragnare 105 ricomporre
ve
106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125
ridonare rimordere rintoccare
ve
ripensare ripiegare
Ve
risonare
ve
risplendere salpare
ve
sbandare scandere scoscendere scrollare
Ve
sovrastare svellere trapungere
ve
ve Ve
ve
ve ve
ve
ve
ve ve ve
Ve ve
traversare
ve
urtare vanire vaporare ventare
Ve ve ve ve
rd N I n e n I n N n n n e NIH Hi DI OA IN MN AN ua TEN SIT N NH _I a _ NNH e ue i © NI e
LEMMI
LISTA
LEMMI N.PR. LEMMA 1 2 3.
arido cavo consunto
4 5 6
impallidito livido madreperlaceo
7 8. 9 10 11 12 13. 14 15 16 17. 18. 19
mozzo pulsante scavato segreto solenne straziato venti banchina bava condanna cornice fionda folata
20 21
giostra guglia
22
orbita
23 24
riviera seta
25
sirena
26
spera
27
testimonianza
28.
vendemmia
29 30 31 32.
zolla antico biocco botro
33. 34 35 36
brolo clivo fremere fremito
37 38 39 40 41
frullo frùscio grappolo greppo greto
42 43. 44 45 46 47 48. 49 50 51 52.
incantesimo naufragio palmizio profilo rame scarto sistro sospiro stelo sterpo tondo
A DUE
N.PR. LEMMA
N. 11
COMUNI
COMUNI
A OS BU CG
ag ag
OSBU (9.)
53 54 55 56 57. 58. 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72.
[o
(ce)
CG
trastullo turbine voto accennare annottare arrembare colorare deformare disfiorare dominare empire estenuare flettere fulminare giovare inghiottire pendere persistere schiarare seguitare
LEMMI
OPERE
OSBU
SN sm gl 2 STNSZAI vensiel Vermninii ves del VECCASI ve 11 veci ve ra.isi VeMt13 1 Ve 21 vet Ii venta 1a] ven Lol vene 1.3 Vem3_id Vent oa vee 1 dl vens2 tl
LISTA N. 12 COMUNI A OS SA
N.PR. LEMMA
CG
1 2 3 4 5 6 7 8. 9 10 11 12 13 14 15 16 17
aggafi: ti ages 1°5 [YO I| agg 1 agani agae201 ‘age 1361 agua 1 el ag 41 agg 1.71 ase 31 DPS Ste 131 Chi ode I Sfiga 1.92: Ste JI She 1 I sfane 3 sta 1 sm 11 sm 21 So. O GISI STA 101 SN LA sie 1152; sme 1oal sm 2 1 SAI vede 1%:
18. 19 20 21 22. 23 24 25 26 27. 28. mie de IN IU) ON re I Ni 9 N I e n e n in a mm n e dn ded TI de 19 OY I O I nm n n n mc em nm nn n i o e 29
assetato fulmineo inesorabile ingenuo minuscolo palese rassegnato roccioso soffocato spento stento Arsenio benda carriola crepa osteria semenza seppia smorfia bollore crepaccio disagio folletto parlare rimorso sfacelo susurro tempio avanzare (om.)
210 —
OSSA
N.PR. LEMMA
CG
30 31 32. 33 34 35. 36 37 38. 39 40 41
disgiungere dissipare disvelare inciampare increspare orlare oscurare riavere ributtare ripiombare scricchiolare sorradere
veggiei ves Slo Vest 2 velbi Ve 20 ves ci Ver Rel ve. 1 1 ve 181 Vesna Ve. del vert al
42.
voltare
Ver
43.
vorticare
vesta
LEMMI
OSSA
Sk
i
LISTA N. 13 COMUNI A OS DI
N.PR. LEMMA
CG
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13
docile fallito forbito ritto vivido vorace dianzi in ghiandaia lordura pineta voragine zavorra
‘agro 1 Bi agi 20 agsp ls ag 1,81 agut 1 5 agne 106 AVISCINZ He A sf 1 LIeo: Mg! sfeci sfort 14] sfagi%
OS DI
14 15 16 17. 18°
bombo brulichio corimbo delirio esito
smeari h sone 1 smell i sm 41 stia 1 di
19 20
generale marzo
SOR 1.6 sue
21
portento
sm
22. 23 24. 25 26 27 28 29 30 31 32. 33 34 35
pulviscolo rogo rondone vivere cessare diroccare esalare intravedere malchiudere palpitare paventare raccontare riprovare truccare
smi 1 SASSI EE suna 13; smike2 01 verme 1Ri Ven. 15 verm2Mi ves 1.41 Vene 28) vero24 ven 1% vent 1.01 vent 1uEi ves dal
11
LEMMI
LISTA N. 14 LEMMI
COMUNI
NR. LEMMA PE 2
beato
3 4 5 6
conosciuto contento delizioso dubbioso
7
i
A OS QQ
È
28.
accordare
29 30
amarrare aspettare
VERE
lei
31
chinare
VEMMII:
2]
32
dettare
age ag ago ape
1] 1 1 1 15
VESTI
8° 9 10 1l
ve sino pausa rinascita
pes 1.1 pres 11 BIO 1 1 ) de
33. 34 35 36
fasciare gocciare incollare mormorare
l1
37
ringhiottire
vene T's Vem 2 SI VE TONI VEmei2ni
39 40 41 42
rotolare scottare sfumare sortire
43
spaventare
44.
spazzare
12
alfabeto
sn
13 14 15 16 17. 18. 19 20 21 2 23 24
bulicame canneto ciottolo grigio ribollio ulivo allevare annullare assumere costringere fischiare offendere
Sme I Se Sme 4. 41 SM 1 N sm e 201 Sane 201 VE 1 #1 Vert 1 *] Vene 1 42 Vene: 1 SI VEE 243: Vee Al
11
LEMMI
LISTA N. COMUNI
vert Veste
0sOT
mp:
ragnatela ruggine saggezza ubbia vetrata bastone cartone cormorano dopopioggia elogio falchetto finito muretto raglio ritaglio sapore scricciolo vaneggiamento dilagare dipendere giurare
finito infranto
cG
pi
18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37. 38.
11 11
N.PR. LEMMA
orsica
rovente accidia balaustrata bracciata collinetta femmina
1 2
2
Sbarbaro
12 13 14 15 16 17
ag ag
OSAV
7
ag
N.PR. LEMMA
CC
Gel
121
ag 11 pei 1 ape 11 ag 11 ag 1 1 SI 1-5] Sem] spes 1 91 Steg 17] spe 1. SES 1 "1 spee 1-2 a grant 251 SP 1-5 sp 1.6} Sni2: 1 ee È sot 151 sm 11 siii Soa Pd spie ] soi, LI sue P_i sm 131 sm 1 so 11 vew.1*1 ve 153 vee 151 1:11 vent. 1% Vem veti 1 Veno1V1 1:04 Vem. 241 VOTE
N.
LS loquace
ag
inerme polveroso rapace rotto
COMUNI
OPERE
4 possente i 0de
estivo
LISTA
À DUE
gg nei
8 9 10 11
LEMMI
3.
COMUNI
Ve
iul LAI SI
Lari
2.1
17 A OS PD
Pc AA
Coast
alterno andato angusto annoso arguto atteso bigio blando caduco convulso corrotto effimero esiguo florido intento misero musicale opaco peso prezioso quieto roco ronzante screpolato stinto stupito vacuo vetrino zitto dintorno, d’intorno incontro indi innanzi siccome, sì come
agse Jai Ag 200 Agli Agi DI age 10M Ag LORI Ape 20 ag 11 age 11 age tei ag 11 Ap eni apre.3 AI ag 21 ARAMONII Cf O NLLII ag 11 ao 201 a pei 1 age age AGORATRI apre LOT ag 1°*1 ASMRIORI 15M ‘age Tel ap Ri AL Ioni Ag 2 1 av Lal ‘avea
invecchiato
age
6 7. 8. 9 10 11 12 13 14 15 16 17
maturo nemico solare storto turbato Diana amaca bella calma rama ramura sorgente
‘ap Pl AR ag 11 ape 106] QBea 241 spe 1 #1 Chia agi ce ag! Qeliggi Chial 2060) Sfamo 2081 SOM 12 Spot
18.
striscia
Sf:
2771
19 20 21
avvenimento corno declivo
STDIME SID sm
2.0 201 11
15
22
dorso
SAI
1 2 3 4 5 6 7 8. 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18. 19 20 21 22. 23. 24. 25 26 27 28. 29 30 31 32. 33. 34
av
2 1
A OS AV
23 24
fanciullo figliuolo
sm ll 1 sure 101
35 36
talora sempre che
Ave COMM
201 l'i
25
possesso
SIONI
37
codesto
Gf
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26 27
recesso rovello
11 sm SII
38. 39
Camillo innanzi
Dpmeo2#1 IO)age VAI
SEN ag age
11 1°
LEMMI
LISTA N. 16 COMUNI A OS QT
BERTO LEIANA
o
SI
1 2 3 4
affamato greco incauto informe
ages ap age ag
JUN 161 1.6 21
S
DS
ser ZI
RVAMEESA 2 AVABIA TANI
LEMMI
N.PR. LEMMA
40 41 42 43 44 45 46 47. 48. 49 SO S1 S2
ale apparenza creatura fiaba frase imagine macchia (om.) malinconia marina piana ricchezza ripa tristezza
53.
vigna
54 55 56 S7 58 59 60
alare andare avanzo buffo burchiello camminante fianco
61 62 63 64 65 66 67 68 69 70. 71 72. 73. 74. 75 76 77. 78. 79 80. 81 82 83
garbuglio istrumento lagno mago occaso olivo presentimento rigagnolo trealberi vallo violino accampare comparire cullare diventare edificare flagellare grondare indagare rombare spalancare traggere tuffare
CG
OSPD
altero concorde familiare festoso N1paPWNimminente
A DUE
OPERE
N.PR. LEMMA
N.PR. LEMMA
61
squarcio
lugubre murato rugginoso fino a che
62 63 64 65 66 67
stratto strazio tamburo teschio arretrare attardare
bufera
68
balenare
69 70 71 72. 73. 74. 75 76 77. 78. 79 80 81 82. 83. 84 85 86 87. 88. 89
brinare brucare fugare ghermire martellare maturare mordere pedalare prestare prillare punteggiare raggelare rigare sbiancare sgrondare spandere spezzare stemprare stormire suggellare travolgere
colonna contrada
cuspide
fedeltà
fuliggine grandine lancetta 3
messaggera ombrella sarabanda
spalletta spoglia tempia tregenda amuleto androne
LEMMI
1 2 3. 4 5 6 7. 8
cannone carpine carrubo
commesso gonfalone impiantito OD de Wi LI € IN UA nen N I I mne inn nm e dm en Amd dm nm nm nm im I 9 A mm mmm mmm mm nm n im magnesio mugghio
CG
ag ag ag ag ag
OCBU
nm dim nm dd mmm
9 10
palpito papavero quadrante riverbero
schianto soriano
=
242=
diafano fumicoso misto orrido policromo sonnolento velenoso Arno Costa San Giorgio Liuba
11
ansa
12 13.
bomba chiusa
14
cornetta
15 16 17. 18. 19 II de rn OY LI NY I) mem nm I I O omm n nm dm mm n ed de e mem n dn mn n OD den nd mn ri DI di IN LI I O I) 9 e de nm mm n e e ee e i i 20
eni ee V HIAI Ha ETNIA HI NH HHNHN DIN HlHHW a UN Nei Do MM ea
LISTA N. 19 COMUNI A OC SA
N.PR. LEMMA
LISTA N. 18 LEMMI COMUNI A OC BU N.PR. LEMMA
COMUNI
lapide prigione sordina triglia annunzio battello
CcG
ag ag ag ag ag
È
>
.
Amo dn nm nm I mm mm dd n dn nm Imm md nm mi
LEMMI
N.PR. LEMMA
CG
21 22. 23 24. 25
borgo ciglio (om.) disguido fantoccio gennaio
sim
26 27.
ghiacciolo ghirigoro
sm
28. 29 30
lutto macero moscerino
sm
31 32
piatto porcospino
sm
33. 34 35 36 37. 38 39 40 41 42. 43.
sobbalzo stampo tabacco vicolo accorrere felpare ricomparire rilucere rimandare sorvegliare svariare
sm
LEMMI
1 2 3. 4 5.
domenicale fumoso miracoloso niveo orribile
6
rauco
7
altri
8. altalena 9 cantafavola 10 leggenda 11 moneta 12 mongolfiera 13 pendola 14 scacchiera 15 unghia 16 - appartamento 17 automa 18. carnevale 19 catrame 20 coleottero
doganiere
22 lemure 23 24. 25
maiale paralume pelo
A DUE
N.PR. LEMMA
sm sm sm sm
sm
sm sm
sm
sm sm sm ve
OPERE
6
26 piovasco 27 riscatto 28 scalino 29. spicchio 30 stocco 31 sudore 32. traforo 33. vessillo 34 - aggregare 35 agitare 36 brancolare 37. dispensare 38. ritentare 39 scantonare 40 sfaccettare 41 sferzare 42 sventolare
O0C-DI
LEMMI
sm sm
ve ve
7
sm sm sm sm
ve ve ve ve ve ve ve
Sean Sn II SI I ESD mina nnn n n dn nn
ve
LEMMI
ve ve
CG ag ag ag ag ag ag in sf sf sf sf sf sf sf sf sm sm sm sm sm sm sm sm sm sm
LISTA N. 21 COMUNI A OC
QQ
ini i i PO din o nn n dn mt nd o
OC DI
N.PR. LEMMA
CcG__0CQQ
1 2. 3. 4 5 6 7. 8 9 10
ag ag ag
11
reni erre ri i \° er re 1° ee NSe \S VS e Ie NI YI DI DI md ID n mmm n md im
12 13 14 15 16 17 18. 19 20 21. 22. 23 24 25 26 27, 28 29 30 31
bagnato obliquo precoce sabbioso spettrale visibile quassù vi Buffalo Erinni morgana piega rissa sfilata tasca terracotta molo
ag
ag ag av di
OCAV
ag
nm np
sf
assente
8 Brigante 9 cronometro 10 fazzoletto 11 fogliame 12 gomito 13 incrocio 14 inferi IS0la 16 oriente 17. pallore 18 passaggio 19 solaio 20 spruzzo 21 zig zag 22. accelerare 23. caricare 24 diradare 25 dolere 26 imbucare 27 incendiare 28 intonare
5
ninni nni a nan scenes “Se ene pm nn n n I e m
np sf sf sf sf sf
pitòsforo possibile soldo soliloquio sottobosco umano abbassare assistere distillare ribattere ricreare sopraggiungere
sprofondare vegliare
—
CG
1 pensile 7) 3. Corniglia 4 altura 5. mina 6 vettura
sm
ve
ve
LISTA N. 22 COMUNI A OC AV
N.PR. LEMMA
sm
ve
LISTA N. 20 COMUNI A OC DI
N.PR. LEMMA
21
OCSA
COMUNI
213
sf sf sm sm sm sm sm sm sm ve ve ve ve ve ve ve ve
LEMMI
LISTA N. 23 COMUNI A OC QT
N.PR. LEMMA
CG_0CQT
1 2 3. 4 5 6 7. 8 9 10
materno stellato Molly cuna mezzanotte polla sedia arnese campanile castello
ag
11 12 13 14
drago fardello mezzodì piumaggio
15 scorcio 16 seme 17. stame 18. stridere EC nea Alen Annie Alenia An STEN e Seca NESS ce ani Alenia nine fini inni gni EAe
l
ag np sf sf sf sf
sm sm sm sm sm sm sm sm sm sm sm
Amo de IND nm im I mmm n om dd n nm nm nm mmm mm
LEMMI
N.PR. LEMMA
CG
19 20
trapunto arare
sm
21
danzare
ve
22. 23 24 25 26 27 28. 29.
discostare inarcare indugiare logorare scandire sommuovere sondare suggere
ve
_0CQT
1
argenteo
2. 3. 4 5
candido dimesso moribondo subdolo
6
terso
7. 8. 9. 10 11 12 13
bontà calura corolla fiumana gronda insegna pensione
14
sagoma
15 16 17. 18. 19 20 21 22.
scogliera tarantola valva archibugio avorio balestruccio borea colombo
23 24
crescere dominio
25 26 27. 28. 29 30 31 32 33. 34 35
incenso nespolo premio soprassalto splendore assopire disvolere giacere placare premere raggiare
A DUE
OPERE
LISTA N. 25 LEMMI COMUNI A BU
ve N.PR.
LEMMA
CG
immarcescibile impietoso
ag
ve
1 2
ve
3
inoffensivo
ag
ve
4 5 6 7. 8.
parallelo tinnulo vegetale vigile perfettamente
ag ag ag ag av
9 10
Londra bestemmia
np
11 12 13. 14
calce camera cancrena catasta
15
cattedrale
16
ceralacca
17
chiesa
18. 19 20
cresima dedica estinzione
21 22
fiala jattura
23. 24 25
macchia mosca nafta
26 27 28 29 30.
paglia penitenza persona rappresentazione spina
31
stele
ve ve ve ve
SI RR eN pnt ANY Renon nno nm e n
LISTA N. 24 LEMMI COMUNI A OC PD N.PR. LEMMA
COMUNI
CG
ag ag ag
ag ag ag sf
sf sf sf sf sf sf sf sf
[e]Ò e] [e]
sf sf sf sf sf sf sf sf sf sf sf sf sf sf sf sf
32.
sterpaglia
sf
33
tortora
sf sm sm sm sm sm sm sm sm sm
34 35 36 37 38. 39
uscita bagno bicchierino bruciaticcio castagno come
40 41
dattero delfino
sm sm sm ve ve ve ve ve ve
42 43 44 45 46 47 48 49 SO 51 SY Amm on nen rn RI I) nm dm on on e mn mm mmm n min im nm nm N) Ie dn dm mm n n oh e 52
diadema ebano eliso erede fango francese fuso girarrosto ieri mobile museo
-
ag
214 —
(dciUne)
SA BUSA
N.PR. LEMMA
CG
53 54 55
nato-morto ricciolo rigurgito
sm
56 57
scialle sud
58. 59
tanfo terrazzo
sm
60
testamento
sm
61 62
adorare annaffiare annaspare attutire colmare nominare rassegnarsi
ve
63 64 65 66 67
68 69 70. 71 72. 73. 74
sm sm sm sm
riparare scavalcare scrostare sigillare
slittare trasportare variare
LEMMI
BUSA
sm
ve ve ve ve ve ve ve ve ve
ve ve ve ve
Amd N) nm I ded n en de e n nm e RU det md IS NT IND nm nm I he dd o n
LISTA N. 26 COMUNI A BU DI
N.PR. LEMMA
1 devoto 2. occasionale 3 puerile 4 separato 5 udibile 6 carillon 7 Acropoli 8. canfora 9 celesta 10 decenza 1l melma 12 moschea 13 mummia 14 padrona 15 polpa 16 tartaruga 17 baffo 18. bruco 19 ceppo 20 chierico 21 cieco 22 discendente 23 festino 24 intento 25 intonaco 26 marito nm im A I n n e mmm n e mm nm NY de NI IN nm I I e n nn e n em n n mmm mt n 27. monsone
CG
BU
DI
ag “
en es fr fr fr fr It nm np np
SA QQ
N.PR. LEMMA 18. 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28. 29 30 31 32. 33 34 35 36 37. 38. 39 40. 41 42 43. 44 45 46
Pietrasanta Roederer San Marco Valéry data epifania fandonia glossa preferenza prima ricerca sibilla vecchiarda vedova acquario antipasto baraccone bicchiere cascame ciarpame collezionista cuoco doppione dovere entomologo giuncheto gusto lucchetto ministro
47.
nero
48 pianeta 49 plauso SO presentat arm nin IT I) dn n n AN n mmm n nn n db nn AD nnt emi nm I) A I n tn mmm n ot mm n 51 proscenio 52. repertorio 53 ritardo 54 spiedo 55 usignolo 56 vinto STUIZIO 58 hasta la vista 59 annoiare 60 decifrare 61 dimettere 62 escludere 63 esibire 64 includere 65 invitare 66 ordinare 67 permettere 68 presumere 69 ricacciare 70 ricostruire 71 rimuginare 72. smascherare I) rd nm nm INI n n e o
CG
SA AV
np np np np sf sf sf sf sf sf sf sf sf sf sm sm sm sm sm sm sm sm sm
sm sm sm sm sm sm sm sm sm sm sm sm sm sm sm sm sm
sp ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve ve
UT A II nd nt de N) nt dt IN) do A n n a n Ro nn e n en n E nn n fn nt nt INI het NI IN N I a A a a e tt n en td e n it n
LEMMI
LISTA N. 34 LEMMI N.PR.
1 2. 3. 4 S 6 7
COMUNI
COMUNI
A
N.PR. LEMMA
A SA QT
DUE
OPERE
CG.
SAPD Lal
N.PR. LEMMA
CG
11
nobile
ag
12
occulto
ag
DIQQ 7
24
influenza
stes
inutilità
lotteria
SfSSPLT
11
13
pari
ag
1
plastico riconoscente sbrecciato addietro addosso altresì malapena, a
ap ansa agi av ava avo ave, co
180 "191 101 12 182 1% li 11
LEMMA
CG_SAQT
25 26
arrugginito difforme logoro Bisanzio Giuda Pound consolazione
11 11 11 13 cul ll 1.1
27 28. 29 30 31 32. 33 34
riforma riga ammollo avvento binario cardinale consiglio conte
sf 1el SENO LR steli sm. I sm 31 sm 11 sm; 202 sm 11
14 15 16 17 18. 19 20 21
magari
sf
1
8
corte (om.)
ag ag ag np npa np sf La,
9
dama
sf
11
35
impaccio
smi
Lol
22.
costui
di
106
manetta
sf
11
36
incidente
su
L1
23
record
eni
211 1
10 11
vecchia
eng
37
pennello
sm
11
24
hic
ie
12
conforto
sm
11
7.
38
petardo
su
hl
25
manebimus
too
1 vele, VESPE 5] vesctic1-3 vesgal.1-1 Net 14-1 Vedo 1 ve 11]
acquistare borbottare esaltare formare identificare inginocchiarsi ospitare rivelare
LEMMI
SA DIQQ
A TRE
OPERE
LISTA N. 113 COMUNI A SA DI PD
N.PR. LEMMA
CG
1° 2. 3. 4 5. 6 7. 8
ag e Let 1 ag” 1.11 FA 109 E° Sfae Mi cLol Spese] n anti Sarei Le Vestini 31
largo privo oltre percentuale produzione cuoio tavolino preferire
SA DI PD
LISTA N. 111 COMUNI A SA DI AV
N.PR. LEMMA
CG
eventuale illeggibile massimo
ag ae ag
Ri2 1 11 112
4
peggio
ag
2.11
5. 6
sudicio alquanto
eil av PI
7.
bibbia
epaiL2:1
8° 9. 10 11 12. 13 14 15 16 17 18° 19 20
acca dose infinità propaggine pulce averno collo commercio congresso coraggio falso inizio nascondiglio
Ca 0: Spree 20] Sa CIdoi «2 [ini| SPREA SE SHE 72: sm CE 1 SOM 204 se 1-12 Sa n e Re) Sud, Lot smeet 11
21 22.
poema tangibile
sr 12 sm “i 11
23 24 25 26 27.
telefono teologo detestare pesare pronunziare
ses Sl venseze Veg, ve CI
4. I 134 201 1/2 UL1
LISTA N. 112 COMUNI A SA DI QT
N.PR. LEMMA
CG
LEMMI
1 2. 3. 4 5. 6 7. 8. 9 10
SA DIQT
11
LISTA N. 114 COMUNI A SA QQ AV
N.PR. LEMMA
CG
1 2 3 4 5 6 7. 8. 9 10 11 12 13 14 15 16
api AR 342 ag 231 ageenie 201 AV R273 01 AVal103/99, avi 441 comnl des Mps 291 SFRMISI Sfab1 2201]: SERI 041 SFREIOETNI e II SOR LITI Sfondo lt]
17 18. 19 20
21 228 23 24 25 26 27, 28 29 30 31
economico incredibile intero probabile infine magari persino sebbene Italia anatra differenza etichetta fanfaluca infamia pallottola zia
SAQQAV
appuntamento atlante cadavere gomitolo individuo 10 . paretaio ristorante servizio trucco consultare lottare
SOINZINI SHIN O2I.1 SAUREZIRL L SEMENTI sm editi SRI SIM El201 SIMO STMIMEZ: TO] smenb 11 Ver e225#1 Vem 102
prevedere risparmiare sopprimere
Ve: aler2" 1 ve..l 1 3 veli ti
1
scrigno
Malo
2.
rassicurare
veglie
IA
32
stentare
vele
11
3.
smettere
Vesdi
41
33.
suggerire
venosi
20
«7229 e
co
SAQQQT
ag
EN
generazione cavaliere funerale obbligo pavimento profeta saggio addormentare soccorrere
sf sm sm sm sm sm sm ve ve
NE_INNIN Na aa He NN NSI N des e I
ca
1 2 3. 4. 5 6 7 8. 9 10 11 12 13 14 15 16. 17. 18.
ag av av di sf sf sm sm sm sm sm sm sm sm ve ve ve ve
importante davvero fino ci aquila fanfara bipede creatore dialogo forte interstizio ladro papa totale evitare immaginare interessare snodare
LEMMI
LISTA N. 117 COMUNI A SA
N.PR. LEMMA
ca
1 2. 3.
ag sf sm
brutto rovina Giudizio
LEMMI
N
LISTA N. 116 COMUNI A SA
N.PR. LEMMA
II dtt IN LI DI red I Na N I dnIN det NI I o n e e dmn I) mm O I o
AV QT SAAVQT
dd Ud dt da I (in
LISTA N. 118 COMUNI A SA AV PD
N.PR. LEMMA 1 2. 3.
QQ QT
veloce
LEMMI
LEMMI
LISTA N. 115 COMUNI A SA
N.PR. LEMMA
SA DIAV
1 2. 3
LEMMI
LEMMI
COMUNI
inaudito prevedibile dietro
cG ag ag av
SA AV PD
N 2
CO i dd
LEMMI
N.PR. LEMMA 4° Te SITE
CG fr nm
6 7 8 9° 10 11 12
cinque amica comunicazione lucciola obiezione prosa augurio
nu sf sf sf sf sf sm
13
autore
sm
14 15 16 17 18.
gergo peggiore refuso abbracciare assicurare
sm sm sm ve ve
LEMMI
LISTA N. 119 COMUNI A SA
N.PR. LEMMA
CG
1
Israele
np
2. 3. 4
nuova sistema farfugliare
sf sm ve
LEMMI
LISTA N. 120 COMUNI A DI
N.PR. LEMMA
cG
1 2 3 4 5 6 7. 8. 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18. 19 20 21 22 23 24
defunto inascoltato
ag ag
sedicente sprovvisto storico teatrale abbastanza altronde status copia fama invenzione poltrona scopa sventura artefice
ag ag ag ag av av It sf sf sf sf sf sf sm
etere
sm
filosofo oltrevita sprazzo turno vantaggio affrettare incastrare
sm sm sm sm sm ve ve
SA AV PD Ww
N
COMUNI
A TRE
N.PR. LEMMA
CG
25 26 27.
ve ve ve
indossare pubblicare sprizzare
LEMMI
OPERE
LEMMI
co
Il lode 2 fischietto Smnticgtae 4 cacciare
sf sm sm ve
cG
1 2 3 4 5 6 7 8. 9 10
ag in sf sf sf sm sm sm ve ve
altrettale tale fotografia medaglia vergogna interesse uno video invidiare presentare
LISTA N. 123 COMUNI A DI
N.PR. LEMMA
ca
1
co sf sm
perciò cerimonia successo
LEMMI
ALMA apo 1060
mortale sinistro
DIQTPD
LISTA N. 126 COMUNI A QQ AV QT
N.PR. LEMMA
CG
1 2. 3
SÉ, ee2xa2 sm. 10356 Venti. 1801
bambina tema risolvere
QQAVQT
LISTA N. 122 COMUNI A DI
N.PR. LEMMA
3.
CG
1 2.
LEMMI
SI SI SI) Sii I SRI) e e SISSA SE SÌ Sin SI e
LEMMI
N.PR. LEMMA
LISTA N. 121 COMUNI A DI
N.PR. LEMMA
LEMMI
LISTA N. 125 COMUNI A DI QT PD
LISTA
N.PR. LEMMA 1 grato ZIBIse 3. causa 4 commedia 5 disposizione 6 farsa do de IN 0) Idd zu au pi GNNNw SI n 7. scomparsa 8. alunno 9 attore 10 cacume
AV QT DIAVQT
di N fd LI de
LISTA N. 124 COMUNI A DI AV
N.PR. LEMMA
CG
1 gentile 2. sovente Selen 4. non so che S bilancia 6 impresa 7. miliardo 8. passero dt IN re nm nm I n IN e mm n fe Na I Na I N n a i e e nm mt INI de nm I O O tI e n nm nm 9. perdonare
ag av fr nin sf sf sm sm ve
== 290 =
N. 127
LEMMI COMUNI A QQ AV PD
11 12.
copione giudice
13.
palmo
14
pubblico
15 16
sospetto universo
CG
QQAVPD
acli 194 fr Ni 182 sfamni3# SEadal 183 SEI Dai Sf Lea2 222 SÉ di 2182 agi al sm_01 del smLedk Dal sa smadl tal smo 141 sm, lele SMiaN21300 smi. 301
PD
DI AV PD
LEMMI
LISTA N. 128 COMUNI A QQ QT PD
N.PR. LEMMA 1 temporale 2. armonia 3. brezza 4 insonnia S. gingillo 6 verbo i [IT in di IN de dii n N i aa a °° °° NINE 7. ascendere
CG
QQQTPD
agi 30100 SPIRA] SPAINI Sf CERI STORIIO0E smi Le Ven 12
LISTE nn. 129-241 COMUNI SOLO A QUATTRO
LEMMI
N.PR
LISTA N. 129 LEMMI COMUNI A OS OC BU SA N.PR. LEMMA
CCG
OS0C
BU SA
1 2. 3. 4 5. 6
forte lucente sparso muffa soglia spira
ag 0203 7 1 age 1 1 agunie2 l 1 SETATo Lal siae] Si MO
7
ragnatelo
np
8° 9 10
fumare rivolgere schiudere
Vespe 2] pic eleda e ve. 4.301
Pel
1 2. 3 4 S 6 7. 8. 9 10 11 12 13.
folle gelido asta festa freccia rupe barlume chiarore folto guizzo guscio incubo sorvolare
CG
ne; spa
N.PR.
N.PR. LEMMA 1 2. 3. 4.
molle pergola spirale sponda
CG
2. 1 1,3 1-1 101
CG
pomeriggio
SD
OSOCBUAV
impazzire
Vita
suoi
ricadere
Vela
201%]
OLO
LO
CG
OSOCBUQT
arso
ac
freddo immoto scialbo veste lamento pegno prato tronco radere
ag 4421 acsezal 1 1 ag Det Ii Sf ALI SARE ZA TE] smaedog dal smegi 103 SL ZI Ve. 3131
smorzare
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veg
vibrare (On SU IIÈSAU ON AlUN W O
Ve
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CG.
age; 1.291 Ere Mei ARNZIA ALI ALIBI ag #4: 391 avast? 20) DIS 214: SIMNRZIES'CI OI STARMETIIR:2: 1 SI MIEZAZZI Sf 223 Sf Ea =2 SII 1031 STEN ST] 02 II ves gle lo] Vem 1a 116 VEMa2#li 21 Ve Via 16 VEMBCORZO LIL ve: ele 1 ve 2111 venia
OSOCBUPD
N.PR.
1524
A
LEMMA
CG
diffuso mese rampicante
agoda smmesle9: SHE
OSOC SA DI di 101 Jbl
a222: 3 i
N.PR.
LEMMA
CG
1 2
amaro fiorito
ARS EZIELOI. ag dle i
SeUZdi—
LEMMA nano rude smarrito spoglio umido cinde contro bruma fiamma palma pioggia vampa vista fosso membro adombrare derivare distendere invischiare precipitare pulsare rimbombare turbinare
LISTA N. 135 LEMMI COMUNI OS OC SA DI
LISTA N. 134 LEMMI COMUNI A OS OC BU PD
OSOCBUQQ
apn2. sfondo sfugge» SENNA
LEMMA
z he]Po] . LEMMA
Bret 2 13 SE 13 SÉ SSA: 31 srt LZ sine za 1 1 Cig (PS. smoer zo lil i amaig4 2° 1 sn e122.1.1 sm 11201 ve did.
LISTA N. 131 LEMMI COMUNI A OS OC BU QQ
N.PR.
Ci ia 0) AA Fia Gal Ai I sim #le2' 2.1 VESIR: li Vesti 3301 VEMESTLE2e2
LISTA N. 133 LEMMI COMUNI A OS OC BU QT
DI
g122,2..1 il 1.1
0S0C BUQQ
LISTA N. 132 LEMMI COMUNI A OS OC BU AV
11
OSOCBU
CG
valle globo riflesso colare incidere (0 © 04 stridere
LISTA N. 130 LEMMI COMUNI A OS OC BU DI N.PR. LEMMA
LEMMA
OPERE
LISTA N. 136 LEMMI COMUNI A OS OC SA QQ
0SOC BU PD N.PR.
LEMMA
CG
1
concerto
Soia
OSOC SAQQ 1 I
LEMMI
CG
1
sf ve ve
cruna emergere ripartire
A QUATTRO
OSOC SAAV
CG
0OSOC
1
sf
2001 Mele
fila
N.PR. LEMMA
CCG
calmo toppa caldo germoglio vecchio smarrire \UuDLUIUNu-
age sfogelala 1a STA 2 82 e I SIMANA 182 Veg 2148391
tremulo eco mattina gorgo sale dNUpDLWWNNY invadere
CG
N.PR.
OSOCSA QT
A
CG
campana cammino mattone DpP_UUNprodigio
Sio sm 7 sm 1 sm 2
CG
raffica oscillare ritenere
Stemnigie101 VEMMeSe24 0] Veneziani
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CG
LEMMA
1
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CG.
OSOCAVPD
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0210162
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CG
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2. 3.
discesa ascolto
HE a RZARI: sm 120102
N.PR. LEMMA
CG
1 2.
siepe coprire
SEI VE eD:olani
3. 4.
scavare specchiare
Vee Lal ici)
10]
N.PR.
0S0CQQQT
LISTA N. 146 LEMMI COMUNI A OS OC QQ PD N.PR. LEMMA
CG
1
ft DI ZL A AVRIL 192 Ch ZA dholli gs
nudo stamane avventura
0S0CQQPD
N.PR. LEMMA
CG
1
SIMAR2I2IZ
remo
=
232 =
OSOCAVQT 10]
CG
O0SOCQTPD
sf 01010201 SIL 195 2072401 smi 282511 vesti. 194 ve Seli 182
LISTA N. 150 LEMMI COMUNI OS BU SA DI
0S0CQQAV
LISTA N. 147 LEMMI COMUNI A OS OC AV QT DIAV
urna cruccio fiotto sbarrare tendere Mla_UW‘dLN-
LISTA N. 145 LEMMI COMUNI A OS OC QQ QT
A
Sfizi
. LEMMA
1
OSOC DIQQ
OSOC
LISTA N. 149 LEMMI COMUNI A OS OC QT PD
DIPD
N.PR. LEMMA
3.
N.PR. LEMMA
OSOC
LISTA N. 144 LEMMI COMUNI A OS OC QQ AV
A
LEMMA
LISTA N. 141 LEMMI COMUNI OS OC DI AV
N.PR.
A
N.PR. LEMMA
OSOC SA PD
agg SERIA sfia2625 121 STAZZA I RI SZ a Vede]
LISTA N. 140 LEMMI COMUNI OS OC DI QQ
DIQT
an (n (Ce (n
LISTA N. 138 LEMMI COMUNI A OS OC SA QT
. LEMMA
LISTA N. 148 LEMMI COMUNI A OS OC AV PD
N.PR. LEMMA
LISTA N. 143 LEMMI COMUNI OS OC DI PD
LISTA N. 139 LEMMI COMUNI OS OC SA PD
OPERE
LISTA N. 142 LEMMI COMUNI A OS OC DI QT
LISTA N. 137 LEMMI COMUNI A OS OC SA AV N.PR. LEMMA
COMUNI
LEMMA
CG
nuvola terrore trasformare
SEIT St Vele
LISTA N. 151 LEMMI COMUNI OS BU SA QQ .PR.
A
LEMMA
atroce linea zanzara eucalipto falco Z dSNUpPLIN torpore
CG
OSBU SA DI ZAR zola
A
OSBUSAQQ
age Dei Sf REI PO 11 SE RIO smi II° 10 sm ‘It 492 SMR
LISTA N. 152 LEMMI COMUNI OS BU SA AV
A
LEMMA
CG
compiere sorprendere stampare togliere
ve atlatli L0 VE 2A i Ve gel 121 Veme2iglic ia
OSBU SAAV
LEMMI
LISTA N. 153 LEMMI COMUNI A OS BU SA QT N.PR. LEMMA
CG
liscio pruno afferrare DaUINpregare
ag
sm ve ve
LISTA N. 154 LEMMI COMUNI OS BU SA PD
A QUATTRO
1 1 1 4 [Sin 6 a —
N.PR, LEMMA
€G
1 2 3
sf sf sf
furia salvezza volpe
LISTA
CG
coniglio
sm
scatto
sm
indovinare daN insinuare
ve ve
LISTA N. 155 LEMMI COMUNI OS BU DI AV N.PR. LEMMA
tenue corso
CG
N.PR.
A
N.PR.
A
N.PR, LEMMA OSBU
A
brace statua
sed sE 033
1 2
OSBU DIQT
limite
sm
sm ve
1
dissolvere
CG
scatola flauto
SE AGE SORRISI
CG
tortura compagno crollo profondo piegare
OSBU DIPD 1
NDAUMUAWNrodere
OSBUQQAV
ve
3027131
1618291
CG
SERA Je da dl Vene 1 Lal
OSBUQT PD
sm
1 2 3.
aceto 101 Cippo A) PET II SME LL
CG
1
ag
attento
see BI5
N.PR. LEMMA
CG
1
VERE
modulare
OSSA DI QT
A OSSA DI PD LA
ioni
N.PR. LEMMA
CGOSSAQQAV
1 2. 3. 4
AC COM STD ve
Ni Hi dr nm DI dm NN ded nm IN) de SISI n
A
OSSA
estremo preda fuscello
LISTA N. 167 LEMMI COMUNI OS SA DI PD
ve
N.PR. LEMMA
A
LISTA N. 168 LEMMI COMUNI A OS SA QQ AV
3
LISTA N. 164 LEMMI COMUNI OS SA DI QQ
OSSA DI AV
CG
A
sf
ve
ventura vizio affermare
N.PR. LEMMA
OSBUAVPD
benché, ben checo
A
CG
avi
LEMMA
. LEMMA
LISTA N. 158 LEMMI COMUNI A OS BU QQ AV N.PR. LEMMA
OSBUAVQT
A
1 2. 3.
LISTA N. 166 LEMMI COMUNI OS SA DI QT
CG
LISTA N. 163 LEMMI COMUNI OS BU QT PD
1.1.2
‘significato
ag sf
OSSA DIQQ
N.PR. LEMMA
LISTA N. 162 LEMMI COMUNI A OS BU AV PD N.PR.
1
frugare
indietro
DIAV
0eS
CG
O0SBUQQPD
LISTA N. 161 LEMMI COMUNI A OS BU AV QT
AL
LEMMA
ag 1221 gin 6182.082. ae 2020010) Sa] Venmentenia:20 1 VESZAZELOI
nm dimm di LU) i (O DI dd
CG
LISTA N. 157 LEMMI COMUNI OS BU DI PD
CG
improvviso gemma mezzo (om.)
LEMMA
gioco
CG
inconsapevole universale violento sostanza osservare scampare
LISTA N. 165 LEMMI COMUNI OS SA DI AV
OSBUSAPD
AZZUITo
AUNr-
Z 1 1
LEMMI COMUNI A OS BU QQ PD
apecari Lul smte4" 1,3 1
LISTA N. 156 LEMMI COMUNI OS BU DI QT
0SBUQ0QT Q
N.PR. LEMMA 2. 3. 4 5 6 7.
N. 160
N.PR. LEMMA N.PR. LEMMA
OPERE
LISTA. N. 159 LEMMI COMUNI A OS BU QQ QT
OSBUSA QT
N 0i
COMUNI
DIQQ
perte 172:
dubbio però pipistrello comprendere
202: 131003 I 2 1834
LISTA N. 169 LEMMI COMUNI A OS SA QQ QT
N.PR. LEMMA
CG
1 2. 3. 4
sferici or] SMARSea lei Sii Ver I%4 212
favola grembo segnale avvedersi
OS SAQQQT
LEMMI
LISTA N. 170 LEMMI COMUNI A OS SA QQ PD
A QUATTRO
CG
N.PR. LEMMA
7 8
N.PR. LEMMA
CG
1
Vebeliali1
esaurire
COMUNI
OPERE
N.PR.
OS DIQQPD
spargere
Vesrnez
vestire
ven:
162 uz
1 1
LEMMA
CG
0SQQQTPD
giovinezza
Siae
202:021
campo gridare
SOL 2A ve 1425902
OSSAQQPD
LISTA N. 176 LEMMI COMUNI OS DI AV QT
4
LISTA N. 171 LEMMI COMUNI A OS SA AV QT
N.PR. LEMMA
riprendere
LISTA
A
CG
OS DIAVQOT
ve
1421
N.PR. LEMMA
perla N.PR. LEMMA
avanzare
CG
VE
fantasia parvenza rivo AWN terreno
CG
2018,
LISTA N. 177 LEMMI COMUNI OS DI AV PD
30:
N.PR. LEMMA
evanescente
CG
OS DIAVPD
ag
Lala
. LEMMA sveglia grillo strido vendere
LISTA N. 178 LEMMI COMUNI A OS DI QT PD
sf sf sm
LEMMA
CG
scarso scena
ae SEE
CG
furibondo ag donde, d’onde av eterno sm dA DIN languire ve
OS DIQT PD
2a
CG
OCBU SA DI
csifpgietii Goes alli sm è 13504 sì Vl 200 Vent 25
CG
vaso asciugare
sm1e2010) Veni Le]
N.PR.
LEMMA
CG
viale
SHias2:
LISTA N. 184 LEMMI COMUNI A OC BU SA QQ . LEMMA
LISTA N. 179 LEMMI COMUNI A OS QQ AV QT
La2; Sl]
LEMMA
0SQQAVQT 1
cucina pista rampa battere canale freddo UDPLWwUNr NOI pu N salto
LISTA N. 180 LEMMI COMUNI A OS QQ AV PD
LISTA N. 175 LEMMI COMUNI OS DI QQ PD CG
A
noto
ag
talvolta
av
cresta
sf
OCBU SA QQ
Sf .3 I520 SERE Lat SE 10201] smo 1101 smell 1272 E Sg 0 I sm ‘0292! .L3
N. 185
LEMMI COMUNI A OC BU SA AV . LEMMA
CG
CG
473
LISTA
OS DIQQQT
N.PR. LEMMA
finto indeciso inglese cura più dALUWLNuu NU scoppiare
delatzi
(n IN gd i Mi Di IN I do
OS DIQQAV
LISTA N. 174 LEMMI COMUNI A OS DI QQ QT
. LEMMA
sb
sm
LISTA N. 173 LEMMI COMUNI A OS DI QQ AV
N.PR.
OSAVQTPD
LISTA N. 183 LEMMI COMUNI A OC BU SA DI
A
OSSA QTPD
. LEMMA
N.PR.
CG
OSSAAVOQT
LISTA N. 172 LEMMI COMUNI A OS SA QT PD . LEMMA
N. 182
LEMMI COMUNI A OS AV QT PD
0SQQAVPD
des ii LU) NINdd ma dd I dr
frusta oca addio DAWN interrompere
CG
Sf Sf sm: ve
OCBUSAAV
aclec1s gi Ii 22 ICW] 111 2
OS DIQQPD
ace ii ACUTI] ALe 1-1 Sf a302: 1 SIR VesmlaSg 1.1
LISTA N. 181 LEMMI COMUNI A OS QQ QT PD N.PR.
LEMMA
CG.
1
bellezza
Sf
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LISTA N. 186 LEMMI COMUNI A OC BU SA QT
0SQQQTPD 3
N.PR.
LEMMA
CG
OC BU SA QT
1
lupo
snoetdiett EA
LEMMI
N.PR.
LEMMA
CG
ritratto
smislz1
OCBUSAQT
sudario celare
arald 11,0) vestti.izk 92
LISTA N. 187 LEMMI COMUNI OC BU DI QQ
OPERE
N.PR.
LEMMA
CG
1
pozza
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bimbo
SMI
101]
legno
smog
OCBU
DIQQ
N.PR., LEMMA
li-2. 122
1
luminoso
ag
alloro
sm
baleno
sm
LEMMA
CG
allungare
Vere
OCBU DIAV
LoLe4
confortare
veste
D=1-03
celeste trota zaffiro disegnare DA UHN
N.PR. LEMMA
rintocco disfare
CG
follia
SIE
L12901
LEMMA
CG
ve.
DIPD
1ci,i:] CA LAI
storno
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ribollire saltare
vessiligl.s 141 Vedn.dgla3+1
II
13
LISTA N. 196 LEMMI COMUNI A OC SA DI QQ CG
mille balbuzie prezzo quadro informare Upu_aLUNbo
3
ve
N.PR.
LEMMA
CG
meno buca balcone
ag sf
i L4ZIT=
A
LEMMA
CG
buio stalla orologio
‘Ag :2 8102-82 SERMISII SIM 2ZAOZAI
. LEMMA quaggiù cervello
OC SA DIPD
N. 200
DD re N i DI de dn I e DI de nm dom ww UWUN > WI
CG
OC SAQQAV
Ei SM
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VEGA
LISTA N. 201 LEMMI COMUNI A OC SA QQ PD . LEMMA
sf
LISTA N. 197 LEMMI COMUNI OC SA DI AV
OC BUQQAV
Sie Cia iau Pato
pianterreno
. LEMMA
OCBU
banda re
DAWN affumicare
LISTA N. 191 LEMMI COMUNI A OC BU QQ AV N.PR.
È)
avvicinare
OC SA DI QT
LEMMI COMUNI A OC SA QQ AV U
aurora
A
CG
LISTA
LISTA N. 195 LEMMI COMUNI A OC BU QT PD
A
spet VEE
N.PR.
OCBUAVPD
ape TE 36272 Sie 1e2/bol sue po Lt Velzks2 101
OC SA DIAV
LEMMA
LISTA N. 199 LEMMI COMUNI OC SA DI PD
€CG
OCBU DIQT
LISTA N. 190 LEMMI COMUNI OC BU DI PD
N.PR.
0CBUQQPD
N.PR. LEMMA
CG
so A III STIRIA
LISTA N. 198 LEMMI COMUNI OC SA DI QT
N.PR. LEMMA
A
CG
1
LISTA N. 194 LEMMI COMUNI A OC BU AV PD
A
LISTA N. 189 LEMMI COMUNI OC BU DI QT
CCG
LEMMA celeste vincitore
0CBUQ0QT
LISTA N. 193 LEMMI COMUNI A OC BU QQ PD
suiaa SEL 2 Rep 1
LISTA N. 188 LEMMI COMUNI OC BU DI AV
. LEMMA
N.PR.
A
CG
N.PR.
A QUATTRO
LISTA N, 192 LEMMI COMUNI A OC BU QQ QT
1 1
+. LEMMA
marmo Ul apaUuUONtrillo
COMUNI
arduo Gerti rana tagliare BW
CG
OC SAQQPD
Elite GUI ANAI UPROLELR192: C3ia) di veme2:821192.
A
-OC SA DI AV
LISTA N. 202 LEMMI COMUNI A OC SA AV QT N.PR. LEMMA
piazza
CG
OCSAAVQT
SÉ
211
LEMMI
N.PR. LEMMA
CG
OC SAAVPD
1
sf
Lelli
chiave veglia
CG
corda carro abbuiare da LNilluminare
orecchio scegliere
estinguere raccogliere
LISTA N. 215 LEMMI COMUNI BU SA DI PD
sf
CG
OC
LEMMA
CG
N.PR. LEMMA
CG
artifizio teatro
1
prima di
primis
paesaggio
sota
Z ty ® . LEMMA
OCAVQTPD
sugo STE
boii 2IVAII
LISTASNE212, LEMMI COMUNI BU SA DI QQ . LEMMA
OC DIQQQT
ve ve
LE Slo Tg28241 UO a N U
CG
dapprima serva scheletro vino infilare
LEMMA
CG
ascesa
A
SS
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. LEMMA
LISTA N. 208 LEMMI COMUNI OC DI QT PD N.PR. LEMMA
CG
disparte, in
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ricevere
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A
OC DIQT PD
amo grumo prete A UWYDN arrampicare
OC QQ AV QT
sedere
sette
nuiei
glo Dei
SERA 22 sm J 10271 ve n43,1001 ver dali
LISTA N. 217 LEMMI COMUNI A BU SA QQ QT N.PR.
LEMMA
CG
BU SAQQQT
scuro
agi
ie 29h01
lì
av
nale; 471
LISTA N. 218 LEMMI COMUNI A BU SA QQ PD
A
BU SA DIAV
smell 231 SOI smagla3, de 1 ve 1211
LISTA N. 214 LEMMI COMUNI BU SA DI QT
A N.PR.
CG
dotati di 22M IZ 02°28284
PR.
LEMMA
salvo fiducia angelo ventaglio z UDWNWE mandare
CG
BU SAQQPD
api SIE bIERI SÉ bla smo 3 LIZ sm Ei010182 VeMia3ag1as
cli gi att 1 124 1
LISTA N. 209 LEMMI COMUNI
N.PR. LEMMA
CG
BU SAQQAV
BUSA DIQQ
avan e20301 Spe] SDI dal8: 281 SIMO rO2e) VE RI
LISTA N. 213 LEMMI COMUNI BU SA DI AV
OC DIQQPD
CG ag. Avi av np
A
LISTA N. 207 LEMMI COMUNI A OC DI QQ PD N.PR.
321
i 10651
mirabile intanto lontano Clizia zampa nastro cogliere distogliere 100 UDILUIUNr NA
DIQQAV
CG
BU SA DI PD
ve ve
LISTA N. 211 LEMMI COMUNI A OC AV QT PD
124283, VZEZE2
sm ve
A
N.PR.
OC SAQTPD
Sfar e RAIL)
LISTA N. 206 LEMMI COMUNI A OC DI QQ QT N.PR. LEMMA
OPERE
LISTA N. 216 LEMMI COMUNI A BU SA QQ AV
LISTA N. 205 LEMMI COMUNI A OC DI QQ AV N.PR. LEMMA
QUATTRO
N.PR. LEMMA
LISTA N. 204 LEMMI COMUNI A OC SA QT PD N.PR. LEMMA
A
LISTA N. 210 LEMMI COMUNI A OC QQ QT PD
LISTA N. 203 LEMMI COMUNI A OC SA AV PD
arma
COMUNI
_ 0CQQAVQT
VEE
132:
LEMMA
CG
giovane terrestre
ag 183! agis
—
236 —
LISTA N. 219 LEMMI COMUNI A BU SA AV QT
A
BU SA DI QT 13 1} 1
N.PR.
LEMMA
CG.
BU SAAVQT
eternità
spari DE
scambiare
Veli
Le
LEMMI
N.PR. LEMMA
CG
grasso grosso selvatico AaWN cena
ag 1134 FARINI Regi o ag CITI 2 SAT]
BUSAAVPD
CG
QUATTRO
N.PR. LEMMA
CG
1
Ei
sorpresa
CCG
incapace supremo
A
BUSA
N.PR.
LEMMA
CG
17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33
scienza trappola affare cestino dopo luogo millennio prima vero abitare ammettere convenire fondare fornire sopravvivere sostituire studiare
Gio 02) di AAA STE 2 02 Rn SM MR49383 SIA AI] SOI eZ] STAMI 12 DI SMAININARI 8129200201: STI Vers 12491 Vene 2 dt? Vemele8 21] VETRI] VE i] ve 30223 Vem ie, Vea: 2108
BU
DIQQAV
peccato
spal
N.PR.
LEMMA
CG.
eccezione
Sio
vittima
Si
BUQQAVPD LISTA N. 230 LEMMI COMUNI A SA DI QQ QT
e331
SI
N. 228
LEMMA
CG.BUQQQUTPD
piaga ciglio
ae SIA
LISTA N. 223 LEMMI COMUNI A BU DI QQ QT BU
maggiore
agg
sussulto
sk
N:PR.
DIQQQT
dai IL
LISTA N. 224 LEMMI COMUNI BU DI QQ PD
A
BU
DIQQPD
Gelo 06 nen ta Lei Ve 0201 Lal
A N.PR.
CG
improbabile addirittura affatto dentro piuttosto probabilmente quando
ag 2221 ave ni 201 avi M4 292 av 7342 VOI 1 av 342 1 AV?
sotto tutto eppure briciola caccia inesistenza molla
fi dd Avanti
di 02304. co. ‘803032 Sf 31572 SPRLe220 1 Sf di LL SPOILER
opinione
Sf e
on Zi
CG
So 2 2 al VEDI o20] Ve RL
LISTA N. 231 LEMMI COMUNI SA DI QQ PD
LEMMA
risposta dro mn mm n sa vu c\ (0 SO N PUN IAU U=
LEMMA trionfo rallegrare trascolorare
SA DIQQQT
02/01
L14202
LISTA N. 229 LEMMI COMUNI SA DI QQ AV
SA DIQQAV
A
LEMMI COMUNI A BU QQ QT PD
usi Lal SEMENTI Spb. 1. 1
gioventù iddio risorgere
BUQQAVOQT
N.PR.
N.PR.
vocale domanda fiammifero
CG.
8|
E° GA Li N Ag a to
BU QQ AV PD
LISTA
CG
N.PR. LEMMA
DIQT PD
5.0
LISTA N. 227 LEMMI COMUNI
A
LEMMA
CG
BU
QT PD
Manet] 1 n i4 2.1 1 Ve Vede IAN we 020801 1
LISTA N. 222 LEMMI COMUNI BU DI QQ AV
N.PR. LEMMA
OPERE
LISTA N. 226 LEMMI COMUNI A BU QQ AV QT N.PR, LEMMA
LISTA N. 221 LEMMI COMUNI BU SA QT PD
corona paradiso capire scuotere Z UpaWwWN stroncare
A
LISTA.N 225 LEMMI COMUNI A BU DI QT PD
LISTA N. 220 LEMMI COMUNI A BU SA AV PD
PR. LEMMA
COMUNI
SA DIQQAV
2, SZ
LEMMA
CG
totale catastrofe giornata religione
‘ao 01025] Ni gl Sf Sta ioni
sopravvivenza
sf
teologia divino fratello furore genere
Sf LOL Sa di smi 2720108 STRANI SMARII282:
imbroglio niente na nm pd LU JIJIU Oo O N lu So pazzo NE i»
A
SA DIQQPD
1211
STNAvI I 02901 Son 8) IR I Sin 2 dd
stato
STO
piacere pretendere
Ve n2810222 Velo] 3001
raccomandare
ve 1111 Veglia 1o:
usare LAU nm dd
LEMMI
LISTA N. 232 LEMMI COMUNI A SA DI AV QT N.PR. LEMMA
cG
fresco abito
ag
arrivare
ve. 1 Vvern2
DUNN rifiutare
l 5)
N.PR.
COMUNI
A QUATTRO
LEMMA
CG.
egli bimba serratura santo provvedere NaAauAUu
OPERE
SAQQAVQT
N.PR.
pe 1a22:02 sha Lal Sf Re la 2 SIN: TEIL
Vesnle2i
LISTA
trenta dolore naso soffrire Uapau
N.PR. LEMMA
CG
. LEMMA
A
SA\A DIAVPD
prenotazione voglia
sf sf
2 1
torto
sm
1
N.PR.
N.PR. LEMMA
signore
CG
SA DI QT PD
av 1111 Vada 1.01 STO RLE:2Ze2iat SD Se] SHOE SILA sube 82 10 VEsMio (60131
LISTA N. 237 LEMMI COMUNI A SA QQ QT PD N.PR.
SMAazizle 6-1
LISTA N. 235 LEMMI COMUNI A SA QQ AV QT N.PR.
LEMMA
CG.
SAQQAVQT
noioso zoppicante
ag ag
QI IPLMSI
LEMMA
CG
SAQQQTPD
piangere
Ve
R10232:
sperare
VEMMON2E1
LISTA N. 238 LEMMI COMUNI SA AV QT PD N.PR.
LEMMA
CG
1
doppio
AM
-
238—
HUNNLE3: 1 1 sia 4 020201 SE IUIRILO Ve MTINLOZAI
LEMMA
CG
DIQQAVQT
beccare
Ve
2a 151,04
LISTA N. 240 LEMMI COMUNI DI QQ AV PD . LEMMA
LISTA N. 234 LEMMI COMUNI A SA DI QT PD
SAAVQTPD
LISTA N. 239 LEMMI COMUNI A DI QQ AV QT
N. 236
CG.SAQQAVPD
naturalmente nulla bagaglio guaio milione numero NAAUKDAKLUINbisognare
CG.
nl
LEMMI COMUNI A SA QQ AV PD LISTA N. 233 LEMMI COMUNI SA DI AV PD
LEMMA
CG. iui
SS
discorso spago discutere NMNapaWNNa retrocedere
SO iii ver Vele
"10 gii Ji: LIO TEZi 2016281
A N.PR.
28302
1
DIQQAVPD
terzo
LISTA N. 241 LEMMI COMUNI DI QQ QT PD
SAAVQTPD
A
i
A
LEMMA
CG
secondo castagna solitudine
PERCIO SZIRI SE LISI SFAMMIT2ZAA
DIQQQTPD
LEMMI
LEMMI
LISTA N. 242 COMUNI A OS OC
LISTE nn. 242-336 COMUNI SOLO A CINQUE
BU SA DI
N.PR. LEMMA
CG _ 0$
] 2. 3. 4
sm DM sm ve
falò scoglio stento piovere
OC
BU
SA
LL 12453 4] Te 2a i Uil.fan: Ber
OPERE
N.,PR. LEMMA
CG
2. 3.
SI ve
pino traboccare
LISTA
LEMMI
COMUNI
LEMMI
1 2. 3. 4
lente crepuscolo sparo fingere
sf pa]: Suc ct 2 EI Ve ma COR ve ii ig
5.
gravare
WES
TI
6 7.
rispondere segnare
ve ve
1431 STA |
LEMMI N.PR.
1 2.
3.
LEMMA
bagliore cenno fischio
LEMMI
LISTA N. 244 COMUNI A OS OC CG
sm sm sui
LISTA N. 245 COMUNI A OS OC
N.PR. LEMMA
CG
1 2 3. 4 5
ag sf sm. sn suse
aereo ‘estate anello domani Natale
OS
OC
BU
SA
LEMMI
OC
BU
LISTA N. 246 COMUNI A OS OC
SA
Zeige Jai 4 206209 4 Laheg 72) 2° age cioe ec Le 2:
tromba odore stupore
sf STEN sm
27
LISTA
QT
COMUNI
CG
verde
ag
LT
sf sm ve ve ve ve
27 Timer 2074 De 2:03 LAZIALI ZE Linn Torto 2 Di DAS 37 Lal 1 03,
erba angolo diffondere fiorire rapire sognare NAUDpDLWwWNI
DI de desde
OS
2 TA di
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SA
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PD
1
OC
BU
DI
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Calpurnio plenilunio novilunio corridoio ballatoio accappatoio cuoio muoio Pio principio dapprincipio ampio tempio cappio gheppio scoppio doppio doppio Ario vicario abbecedario tepidario calendario sudario diario Diario reliquiario notiziario -terziario corollario
primario pomario ottuagenario binario ordinario immaginario ternario lunario sipario letterario orario orario contrario contrario impresario rosario anniversario
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INDICE
DEGLI
AUTORI
Accrocca Elio Filippo, 127 Agosti Stefano, 104, 127, 128 Agostino Sant’, 121 Alberti di Villanuova Francesco, 78 Alberti Leon Battista, 76 Alighieri Dante, 13, 29, 36, 40, 42, 43, 46, 54-68 n., 97, 110, 111, 123, 131 Alinei Mario, 58 n. Alonso Damaso, 56 n. Alvarez A., 102, 111, 116, 118, 128 André Robert, 127 î Angelini Patrice, 127, 132, 134 e n.
Aristotele,
153
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Arslan Antonia, 77 Asor Rosa Alberto, 137 Auden William, 99, 103, 123 Avalle D’Arco Silvio, 104, 112,
127
Bair Deirdre, 100, 127 Bagnasco Gabriella, 72, 74, 75 e n., 90 Baldissone Giusi, 128 Balduino Armando, 62 n., 71 e n., 87, 91 Barberi Squarotti Giorgio, 104, 127, 128 Barbuto Antonio, 71en., 75, 78, 82, 84, 90 Bardesono di Rigras Carlo, 74, 75 Barile Laura, 55 n., 126, 127 Barthes Roland, 122, 123, 128 Battaglia Salvatore, 72-90 Battistini Andrea, 128 Baudelaire Charles, 136 Beckett Samuel, 93-99 Bene Carmelo, 83 Benedetti Carla, 122 Berg Alban, 123 Bernal Olga, 97, 100, 127, 128 Berti Luigi, 53 n.
E DEI DIZIONARI
CITATI
Bertinetti Paolo, 128 Bertoldi Silvio, 83 n. Betocchi Carlo, 155 Bettarini Rosanna, 57 n., 91, 114, 126, V27, 128913297134" 30155 Biasin Gian Paolo, 127 Bigi Emilio, 56 Bigongiari Pietro, 97, 127, 156 Bilenchi Romano, 158 Bishop Tom, 127 Blake William, 94, 110 Blin Roger, 127 Bo*Garlo:*122*127 Boine Giovanni, 72, 155 Bompiani Ginevra, 128 Bonalumi Giovanni, 127 Bonaventura San, 29 Bonea Ennio, 143 Bonfiglioli Pietro, 11, 57 n., 67 n. Bongrani Paolo, 81 n. Bonora Ettore, 56, 60 n., 127
Boutroux Étienne-Émile,
119
Branca Vittore, 77, 127 Brandeis Irma, 41, 42, Sl Brée Germaine, 110, 112, 127 Briganti Alessandra, 127 Brodski Josif, 116, 125, 128 Broggini Romano, 71, 72 Browning Robert, 99, 114-117, Brook Peter, 127 Bryer Jackson R., 127 Bufano Antonietta, 158 Bulgheroni Marisa, 127 Busa Roberto, 143, 164
Cambon
aid09
Glauco,
110, 111, 127
128, 136
INDICE
DEGLI
AUTORI
Campailla Sergio, 56 n., 127 Campana Dino, 155 Camus Albert, 99 Canevazzi Eugenio, 86 Cappuccini Giulio, 85 Caproni Giorgio, 72 Cardarelli Vincenzo, 143, 155 Cardinale Ugo, 90 Carducci Giosuè, 144, 155 Cartesio, v. Descartes Casaccia Giovanni, 75 Celati Gianni, 121, 128 Céline Louis-Ferdinand, 117 Cervantes Miguel de, 12 Cestov Lev, 105 Ceva Tommaso, 104 Champigny Robert, 127 Chersterton Gilbert Keith, 17 Chiritescu Florin, 127 Cialente Fausta, 81 n. Cima Annalisa, 127 Cioran E. M., 127 Cixous Hélène, 127 Cohn Ruby, 126, 127 Comello Toni, 60 n. Conti Laura, 82 n. Contini Gianfranco, 54 e n., 60 e n., 91, 94, 99, 104, 126, 127, 128, 132, 134 n., 155 Corazzini Sergio, 155 Cortelazzo Manlio, 90 Corti-Card., 83 n., 90 Corti Maria, 103, 120, 128 Craig Gordon, 50 Croce Benedetto, 54, 55 Croce Franco, 47, 127 Crusca, 81, 85 Cusa Niccolò da, 51
Dalmati Margherita, 127 D’Annunzio Gabriele, 16, 18, 61 n., 72, TT ni, 8l'e.n$87,0144 155 D’Aquino Alida, 155 Daudet Alphonse, 11 Daudt Léon, 79 Deidda Antonio, 77, 78
-
E DEI
DIZIONARI
CITATI
Delfi Febo, 127 Del Giudice Daniele, 137 Del ITENR824C40" De Paulis Maria Pia, 132 n. De Rienzo Giorgio, 151 De Robertis Giuseppe, 16, 156 Descartes René, 79, 107 Devoto-Oli, 75 n. DIR D’Anna, 119, 128 Diz. di Marina, 75 Diz. Enc., 74, 84 Dolfi Anna, 158 Donizetti Gaetano, 124 Dorè Gustavo, 110 Dotti Ugo, 65 n. Duro Aldo, 74, 76-83, 86, 87, 90
Enc. it., 83 Finaudi Luigi, 84 n. Eliot Thomas Stearns, 53 n., 54, 99, 103, 110, 123, 125, 156 Erba Luciano, 127 Esslin Martin, 113, 121, 128 Fanfani Pietro, 85 Federman Raymond, 105, Ferrata Giansiro, 127 Fink Guido, 115, 128 Finzi Gilberto, 127 Fletcher John, 127 Folena Gianfranco, 122
Fongaro Antoine,
121, 127
133
Forti Marco, 122, 127 Fortini Franco, 136 Foscolo Ugo, 54
Frankel Margherita S., 127 Freud Sigmund, 14 Friedman Melvin J., 127 Frisoni Gaetano, 75 Fruttero Carlo, 126 Fusco Enrico M., 54 Galdi Matteo, 82 n. Garboli Cesare, 128 Garcia Lorca Federico, 156 Garollo Gottardo, 84 e n.
366 —
INDICE
DEGLI
AUTORI
Garzanti (Diz.), 74 n. Geerts Walter, 127 Genette Gérard, 45 Gentile Giovanni, 54, 55 Gessner Niklaus, 113, 129 Gherardini Giovanni, 78, 79 e n., 90 Giachery Emerico, 127, 155, 165 Gide André, 79, 110 Gioanola Elio, 127 Goffis Cesare Federico, 55, 127 Gozzano Guido, 11, 155 Gramigna Giuliano, 127 Greco Lorenzo, 127 Grignani Maria Antonietta, 115, 126, 127, 129 Guarnieri Silvio, 78, 127, 132 Guelfi Camajani Piero, 81 Guglielmotti Alberto, 74 Hall Robert Anderson jr., 80 Harvey Lawrence E., 127 Hayman David, 127 Heidegger Martin, 97 Hello Ernest, 105 Hinterhaiser Hans, 127 Hoffmann Frederick J., 127 Hofmannsthal Ugo von, 124 Hélderlin Friedrich, 54, 107 Hopkins Gerard Manley, 80 Hotelier Simone, 133 Hudson William Henry, 115 Isella Dante,
127
Jaccottet Philipe, 131 Jacomuzzi Angelo, 103, 127, 129 Jahier Piero, 155 Jarry Alfred, 112 Janvier Ludevic, 127, 129 Jeuland Meynaud Marise, 127 Joyce James, 99, 104, 110 Jung Carl Gustav, 32
Kabatc Eugeniusz, 127 Kafka Franz, 99, 112 Keaton
Buster,
112
E DEI
DIZIONARI
CITATI
Keynes John Maynard, 84 n. Kenner Hugh, 110, 129 Kern Edith, 127 La Fontaine Jean de, 79 Lamont Rosette C., 127 Landolfi Tommaso, 78 La Rochefoucauld Frangois de, 122 Lasso de La Vega Rafael, 158 Lavezzi Gianfranca, 126 Leavis Frank Raymond, 112, 118, 129 LEI, 76, 77, 83 n., 86, 87 Leopardi Giacomo, 54, 56, 64, 125, 131 Lescure Jean, 131 Less. Univ., 74 Leventhal A. J;} 127 Lombardo Giovanni, 129 Lonardi Gilberto, 95, 127, 129 Lovera Luciano, 57 n. Luperini Romano, 56, 127 Luzi Mario, 54 e n., 158
Macchia Giovanni, 127 Machiedo Mladen, 127 Macrì Oreste, 59 n., 67 n., 121, 127 Magnan Jean-Marie, 127 Manacorda Giuliano, 127 Manzini Vincenzo, 86 Manzoni Alessandro, 153 Marabini Claudio, 127 Maraini Dacia, 79 n. Mariani Gaetano, 127 Marini Maria Teresa, 66 n., 67 n., 68 n. Mariotti Filippo, 57 n., 58 n. Marotti Ferruccio, 50 Martelli Mario, 67 n., 127 Mazzarello Anna, 57 n. Meister Eckhart, 107 Mengaldo Pier Vincenzo, 61 n., 72, 81 n., 88 :90.+98; 103; 127; 1299 35471 Meschonnic Henri, 136 Migliorini Bruno, 74, 76, 78, 79 n., 81 n., 82 e n., 89, 90 Monaldi, 81 n. Moravia Sergio, 126 Moro Aldo, 47
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INDICE
Morrissette
Bruce,
DEGLI
AUTORI
E DEI
DIZIONARI
Quasimodo
127
Nascimbeni Giulio, 107, 127, 129 Nencioni Giovanni, 144 Nietzsche Friedrich, 103 Oliva Renato, 129 Onofri Arturo, 156, 158 Orazio, 165 Orelli Giorgio, 56 e n., 62 n., 104, 127, 129 Ostrovsky Erica, 102, 127 Oxford English Dictionary, The, 84 n.
Pagliarani Elio, 137 Palazzeschi Aldo, 17 Pampaloni Geno, 127 Pancrazi Pietro, 21 Panzini Alfredo, 74, 76, 81 n., 82 n., 90 Paolo San, 24, 36 Papini Giovanni, 77, 78 Parenti Luigi, 85 e n. Parini Giuseppe, 18 Pascoli Giovanni, 11, 57, 67 n., 82 n., 88, 144, 155 Pasolini Pier Paolo, 47, 79, 137 Passerini Giuseppe Lando, 77 n. Pavese Cesare, 133 Pea Enrico, 95 Pessoa Fernando, 103 Petrarca Francesco, 53-70 Petrocchi Giorgio, 58 n., 85 Pfister Max, 77, 90 Piccioli Gian Luigi, 83 n. Piovene Guido, 79 n. PipatArshk>53ten36127 Pirandello Luigi, 12 Platone, 108 Plomteux Hugo, 75 Plotino, 106 Poliziano Angelo, 55 Ponchiroli Daniele, 54 Porzio Domenico, 127 Pound Ezra, 110 Pratolini Vasco, 78 Puppo Mario, 127
—
CITATI
Salvatore,
155
Ramat Silvio, 127 Rebay Luciano, 127, 133 Rebora Clemente, 155 Rebora Roberto, 111, 126 Rensi Giuseppe, 106, 107, 108, 111, 129 Renzi Lorenzo, 104, 129 ‘Ricci Angelo Maria, 78, 79 n. Richards Ivor Armstrong, 49 Riese Hubert Renée, 127 Righetti Angelo, 115, 128 Rigutini G.-Fanfani P., 85 Rilke Rainer Maria, 156 Rosiello Luigi, 58 n., 59 n., 136 n. Rossini Gioacchino, 123 Saba Umberto, 155 Sanguineti Edoardo, 127, 135, 137, 156 Sansone Mario, 127 Sastre Alfonso, 127 Savoca Giuseppe, 57 n., 67 n., 72en.,
80, 127, 137, 143, 144, 149, 150, 151, 153, 154, 155, 156, 159 Sbarbaro Camillo, 72, 83, 88 Scarpati Claudio,
110, 127
Schneider Alan, 104, 106, 127 Scrivano Riccardo, 97, 122, 129 Seaver Richard, 127 Segre Cesare, 127, 129 Sereni Vittorio, 95, 127 Shakespeare William, 15, 54, 117, Singh Ghanshyam, 112, 127, 129 Singleton Charles, 43, 127 Sipala Paolo Mario, 127 Socrate, 26 Solmi Sergio, 127 Spinoza Baruch, 108 Strauss Richard, 124 Strauss Walter A., 127 Stravinskij Igor, 123 Suppé Franz von, 124
Tabucchi Antonio, 137 Tagliavini Carlo, 57 n. Tagliaferri Aldo, 129
368—
129
INDICE
DEGLI
AUTORI
E DEI
DIZIONARI
CITATI
Tanda Nicola, 78 Tasso Torquato, 55 Teresa Santa, 155 Thovez Enrico, 55 Tommaseo N.-Bellini B. (TB), 79, 81 e n.,:82 n., 85, 90 Tommaso San, 153 Traverso Leone, 139 Trésor de la langue francaise, 79
Verlaine Paul, 16, 18 Villani Giovanni, 80, 81 Villiers de L’Isle-Adam Philippe de, 107 Voc. Acc., 716, 77, 79, 81, 83, 86, 87, 91 VPL, 75
Ungaretti Giuseppe, 13, 131, 136, 150, 155, 158 Vaccaro Gennaro, 78, 79 n., 81 n., 82, 83 en. 90 Valentini Alvaro, 43 Valéry Paul, 18, 97
Zampa Giorgio, 53, 126 Zanzotto Andrea, 99, 108, 127, 129 Zingarelli Nicola, 64 n., 74 n., 76-88, 91 Zolli Paolo, 76 n., 81 n., 90 Zuccoli Luciano, 77 Zuccolo Lodovico; 77
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INDICE
RELAZIONI R. Scrivano, Senso di Montale nella poesia del Novecento.................. A. VALENTINI, Montale e «gli oggetti della poesia»: gradazione e degraTa AC et AA QI ONORI A O N RIO PAN IRR RR Sisnloziz-bÒogenio Moniale:tra ali‘ spetchi Guinigi rosa Pi. Giacuery, Figure di Montale: l’OSsimoro.......