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Italian Pages 160 [155] Year 2011
STUDIA ERUDITA 15.
IN R ICORD O D I ROBERTO G USM AN I (1 9 35-2009) atti della gior nat a di st udi o udine, 1 9 nov emb re 20 1 0 a cu ra di v i n ce n zo o r i ol e s
PIS A · ROMA FABRIZ IO SERRA E DITO RE MMXI
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SOMM A R IO 9
Vincenzo Orioles, Presentazione interventi Cristiana Compagno, Rettore dell’Università di Udine Franco Maltomini, Direttore del Dipartimento di Glottologia e Filologia clas sica Franco Frilli, Prorettore dell’Università di Udine (1981-1983) Carla Marcato, Facoltà di Lingue e Letterature straniere Gianpiero Rosati, Facoltà di Lettere e Filosofia Giorgio Ziffer, Direttore del Centro Internazionale sul Plurilinguismo Giovanni Frau, Presidente del Consorzio Universitario del Friuli (1994-2009)
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relazioni Paolo Di Giovine, Gusmani e la Società Italiana di Glottologia Mario Negri, Roberto Gusmani : un anatolista tra linguistica e filologia Diego Poli, Roberto Gusmani di fronte alle svolte teoriche degli anni Sessanta Gerhard Ernst, Roberto Gusmani e il mondo scientifico tedesco Marco Mancini, Gusmani e l’interlinguistica Franco Crevatin, Gli “incontri linguistici” Romano Lazzeroni, Rileggendo Gusmani indoeuropeista Aldo Luigi Prosdocimi, Tra unità e diversità. La visione di Roberto Gusmani Domenico Silvestri, Aristotele tra teoria e pratica della lingua. In margine agli studi aristotelici di Roberto Gusmani Maurizio Manzin, Gusmani e l’Alpe-Adria Mirjo Salvini, Gusmani e la sua attività come presidente del Consiglio Scien tifico dell’Istituto per gli Studi Micenei ed Egeo-Anatolici del cnr
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testimonianze John Douthwaite, Celestina Milani, Francesco Urzì, Antonia Fossa, Marta Zabai, Paola Cotticelli Kurras
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Bibliografia degli scritti di Roberto Gusmani
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Documenti
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PR ESENTA ZIONE Vincenzo Or ioles
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ell ’ ottobre del 2009 ci ha improvvisamente lasciati Roberto Gusmani, fondatore della scuola linguistica udinese, sottratto ai Suoi cari e alla comunità scientifica in un momento in cui Egli stava offrendo i frutti più maturi di un prestigioso itinerario linguistico speso al servizio della ricerca e dell’istituzione universitaria nella quale profondamente e appassionatamente credeva. Nato a Novara nel 1935, formatosi all’Università statale di Milano come allievo di Vittore Pisani, Roberto Gusmani vi si laurea nel giugno 1958 con una tesi sul frigio. Lettore d’italiano presso l’Università di Erlangen-Norimberga dal 1958 al 1964, consegue la libera docenza in Glottologia nel 1964. Da questo momento avvia la prima fase del Suo percorso di docente all’Università di Messina presso la cui Facoltà di Lettere e Filosofia insegna dal 1964 al 1970 prima come professore incaricato, e poi, dal 1970, come straordinario di Glottologia. Al 1972 risale il trasferimento che ne avrebbe segnato la storia accademica e personale : è in quell’anno, infatti, che Roberto Gusmani prende servizio presso la Facoltà di Lingue e letterature straniere di Udine, allora sede decentrata dell’Università di Trieste, ma destinata a diventare nel 1978 Facoltà autonoma della neocostituita Università di Udine. A distanza di poco più di un anno dalla sua scomparsa, il 19 novembre 2010, l’Università di Udine ha organizzato una giornata “In ricordo di Roberto Gusmani” della quale la presente pubblicazione raccoglie e riorganizza i contributi. La giornata, ospitata significativamente nella Sala Convegni che l’Università da poco aveva a Lui intitolato, ha assunto il tono di un riconoscimento corale alla figura del Maestro, del collega, dello studioso. I testi qui raccolti rispecchiano fedelmente lo svolgimento dei lavori restituendoci l’atmosfera commossa e partecipe ma non retorica di quella indimenticabile giornata alla quale non hanno fatto mancare la loro partecipe presenza la moglie, signora Ivi, e le figlie Laura e Paola, testimoni della dimensione familiare di una vita in cui la dedizione alla ricerca e all’insegnamento, per quanto fosse totalizzante, non sacrificava in alcun modo gli affetti familiari. Ciascuno degli intervenuti ha il pregio di aver saputo toccare un determinato aspetto dell’attività scientifica, accademica, pubblica di Roberto Gusmani consentendo al folto e attento uditorio di ripercorrerne la lunga, operosa e autorevole azione di ricercatore capace di spaziare nei campi del sapere linguistico, di docente che crede nella funzione formativa dell’istituzione universitaria, di intellettuale che si spende nelle istituzioni convinto della posizione di privilegio che compete al punto di vista scientifico ma anche pronto a mettersi al servizio delle istituzioni stesse in una ricerca di strategie comuni e produttive collaborazioni. Va subito osservato che anche gli indirizzi di saluto e le testimonianze conclusive di allievi e colleghi,
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lungi dall’essere un elemento estrinseco del programma, si saldano in modo organico con la sequenza dei contributi tematici formando un insieme compatto in cui ‘tutto si tiene’. Paolo Di Giovine, nella sua veste di Presidente della Società Italiana di Glottologia, ha aperto i lavori con una densa comunicazione orientata a tracciare il contributo che Roberto Gusmani ha assicurato alla fase pionieristica prima e al consolidamento poi della Società Italiana di Glottologia : in un primo tempo nel biennio 1975-1976, quando fu chiamato a far parte del Consiglio direttivo e poi durante il successivo biennio 1977/1978, durante il quale ne assunse la Presidenza. Il relatore non trascura la forte e stabile interazione tra la progettualità della SIG e l’Università di Udine, che proprio per impulso di Gusmani ha promosso una articolata serie di eventi e soprattutto è diventata sede elettiva del Corso di aggiornamento in discipline linguistiche che lo stesso Gusmani aveva ideato e concorso a fondare e che da Pisa, ove aveva conosciuto la fase fondazionale, si sposta con il 1982 in Friuli e ora, con la recente edizione del 2011, sotto la presidenza di Stefania Giannini, ha toccato il traguardo dei suoi primi trent’anni. Si sono poi succeduti i contributi sulle pertinenze linguistiche a cominciare da quello di Mario Negri indirizzato verso gli studi anatolistici di Roberto Gusmani. Come è noto l’attività scientifica di Gusmani è iniziata alla fine degli anni Cinquanta con una serie di lavori di carattere ermeneutico e storico-comparativo rivolti alle lingue indoeuropee della penisola anatolica del I millennio a. C., in particolare al frigio (argomento della sua tesi di laurea, di cui furono relatori Vittore Pisani ed Enzo Evangelisti), al lidio e al licio. Il talento scientifico di Gusmani, rileva Negri, si manifesta proprio nella capacità di raggiungere il punto di equilibrio tra l’atteggiamento classico dell’indoeuropeista attento alla rigorosa applicazione di metodiche ricostruttive e comparative e la consapevolezza del filologo di non poter in alcun modo prescindere dal dato testuale : le lingue anatoliche gli offrirono il terreno ideale per attuare questa felice sintesi bene esemplificata dal Lydisches Wörterbuch, paradigma insuperato della abilità di coniugare il duplice approccio. Mario Negri evoca anche argutamente, da testimone, un singolare episodio avvenuto nel dibattito svoltosi a margine della relazione tenuta da Gusmani al vi Convegno Internazionale di linguisti (Milano, settembre 1974) : l’argomentata critica di Gusmani alla costruzione di un ‘mitico proto-anatolico’ aveva suscitato in sede di dibattito le esplicite riserve di Piero Meriggi ; ma Gusmani fronteggiò da par Suo l’obiezione, ricorda Negri, riconoscendo l’autorevolezza di Meriggi come filologo ma mantenendo con fermezza le proprie posizioni. La successiva relazione di Diego Poli individua, nel complesso dell’opera di Gusmani, una serie di formulazioni dense di contenuto programmatico, che sfatano, qualora ce ne fosse stato bisogno, l’idea di una ateoricità delle Sue ricerche e che aiutano a fissare le posizioni di uno studioso formatosi in una stagione complessa, come quella degli anni Sessanta, esposta da una parte al logoramento del canone storico e dall’altro alla pressione dei nuovi e non sempre coerenti modelli di analisi. Gusmani, fa intendere Poli, riporta a unità le diverse influenze non lasciandosi suggestionare da mode effimere prefiguratrici di una “illusoria sistematicità” delle
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strutture linguistiche ma nello stesso tempo non negandosi a quelle innovazioni teoriche che potessero saldamente inscriversi nella cornice della storicità del dato linguistico. Non ci si può infine non riconoscere nel profilo forte che emerge dal cenno alla “reattività dimostrata da Gusmani nel corso della Sua vita accademica” vista come “uno stimolo nella attuale contingenza di avanzata crisi della identità culturale che sta sconvolgendo dall’intimo il mondo universitario”. Ricco di suggestioni l’apporto di Gerhard Ernst, il quale ha esordito con un richiamo all’attività di Gusmani in qualità di lettore d’italiano all’Università di Erlangen-Nürnberg attingendo con vivacità dai suoi ricordi di frequentatore di tali lezioni. Immediatamente dopo aver conseguito la laurea all’università statale di Milano nel 1958, infatti, Gusmani affrontò senza esitazione una esperienza per Lui sicuramente inedita e impegnativa, considerata anche l’onerosità e a volte la dispersività dei compiti didattici che rischiavano di alienarLo dagli studi elettivi di linguistica. Nonostante tale limitazione, non solo ebbe modo di onorare con grande professionalità il Suo incarico ma seppe cogliere l’opportunità offertagli giovandosene per entrare a contatto con esponenti importanti dell’indoeuropeistica di scuola tedesca. Si trattò di un magistero sul campo che esercitò una influenza decisiva sul Suo abito scientifico in termini di metodo, e Gli consentì anche di affinare la Sua competenza nella lingua tedesca nella quale avrebbe scritto parecchi lavori e di orientare anche le sue ricerche verso le lingue germaniche, in particolare il tedesco dalle fasi più antiche all’età contemporanea. È toccata poi a Marco Mancini la trattazione di un tema centrale nell’economia degli interessi di Gusmani, quello dell’interlinguistica che, come sottolineato dal relatore, occupa un terzo della Sua produzione scientifica. L’illustrazione di Mancini prende le mosse dallo stesso dispositivo metalinguistico prescelto per richiamare questo articolato complesso disciplinare, per poi storicizzare e posizionare le linee guida e le assunzioni dello studioso in materia di interferenza perimetrandole rispetto ai modelli di analisi canonici. Un convincimento profondo di Gusmani è quello secondo cui le dinamiche interlinguistiche non sono relazioni tra sistemi visti nella loro astrazione ma concrete situazioni di contatto che si realizzano nella sfera della parole. Se questo dato, rileva Mancini, può richiamare la teoresi di Weinreich, la portata innovatrice dell’approccio di Gusmani si coglie nella speciale attenzione riservata all’intervento attivo dei parlanti in fase di ricezione dell’innovazione esogena visibile nell’adattamento e nella successiva fortuna dell’innovazione alloglotta in seno alla lingua replica e compendiato nel fortunato binomio terminologico dell’integrazione e dell’acclimatamento. L’intervento di Franco Crevatin ha proiettato in primo piano un capitolo importante nella biografia scientifica di Gusmani, ossia l’esperienza di « Incontri Linguistici », una pubblicazione periodica, realizzata in collaborazione con i colleghi dell’Università di Trieste, edita a partire dal 1974 (attualmente per i tipi di Fabrizio Serra editore, Pisa e Roma) e che con il 2010 ha raggiunto il traguardo del xxxiii volume, l’ultimo da Lui curato. Ma i contenuti e lo spessore dell’iniziativa sono rimasti qui sullo sfondo : Franco Crevatin, che con Gusmani condivise il disegno ideativo della rivista, ne ha rievocato in realtà, con accenti di partecipe intensità,
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il momento ‘genetico’. Egli allude infatti – e la stessa scelta delle iniziali minuscole nel titolo dell’intervento lo sottolinea – al dato che gli « Incontri » scritti costituiscono la diretta continuazione di un sodalizio scientifico che recava lo stesso nome e che negli anni Settanta vedeva convergere, a giovedì alterni, i colleghi della sede o quelli provenienti dalle università più vicine, ad esporre in maniera informale e con autentico spirito seminariale le riflessioni sulle ricerche in corso o sulle letture appena concluse. Proprio per evocare quella stagione e riproporne una tangibile testimonianza abbiamo pensato di riprodurre il quaderno con le annotazioni delle presenze a ciascun incontro : il terremoto che il 6 maggio 1976 devastò il Friuli segnò anche l’interruzione di questi incontri ma anche l’inizio di una intensa attività strutturata che faceva del mitico Istituto di Glottologia e Filologia classica uno stabile punto di riferimento degli studi glottologici italiani. Romano Lazzeroni ci ha riportati alla caratterizzazione di Gusmani come indoeuropeista e linguista storico estraendo con finezza dalla Sua opera i motivi guida che ne ispirarono la riflessione : alieno da speculazioni astratte, Gusmani guarda alla realtà delle forme ricostruite nei termini di una “proiezione” che “mira a dar forma a qualcosa della cui esistenza siamo certi, ma che è destinato a rimanere largamente indeterminato nella sua concretezza perché l’evoluzione del significante, non avendo carattere meccanicistico, non è ripercorribile a ritroso” (« Incontri Linguistici » 9, 1984, p. 85). Guidato dal medesimo buon senso, fa inoltre giustizia delle posizioni di chi come Sturtevant guardava all’ittito come ad un interprete privilegiato dello stato di cose primigenio dell’indoeuropeo restituendoci per tale tradizione una immagine di lingua storica già fortemente esposta a contaminazione. Aldo Luigi Prosdocimi ha proposto una testimonianza centrata sulla solidità del metodo, ricordando sotto questo aspetto la rigorosa autodisciplina di Roberto Gusmani che lo rendeva, pur nella continuità rispetto al magistero di Vittore Pisani, più propenso di quest’ultimo a contenere l’esuberanza degli spunti in nome di un “sano pragmatismo”. Domenico Silvestri ha illustrato il recente ma non meno profondo interesse maturato da Gusmani per la teoria del linguaggio di Aristotele : al libro Gamma della Metafisica sono ad esempio dedicati i due saggi apparsi su « Incontri Linguistici » 28 (2005) e 29 (2006), ora rielaborati nella pregevole silloge curata da Federico Puppo e Maurizio Manzin (La contradizion che nol consente, Milano, FrancoAngeli, 2010). Il testo costituisce una delle tappe finali di un percorso di studio, intrapreso a partire dagli anni ’80 del Novecento, che ha condotto l’Autore a soffermarsi sulle pertinenze linguistiche presenti nella riflessione filosofica antica e tardoantica con particolare riguardo agli studi aristotelici. Nel suo intervento Silvestri non manca di far rilevare come per shmaivnein “le parole scritte da Gusmani in tutto l’arco dei suoi studi aristotelici (dal 1986 all’ultima rivisitazione postuma del 2010)” appaiano “per molti aspetti, definitive”. Fatta questa premessa, Silvestri prosegue con una originale rivisitazione di cosa si debba intendere per stoicei`on, “aria che sale dai polmoni” compiendo un passo decisivo nel problema dell’etimologia “profonda” e della protostoria semantica del termine.
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Maurizio Manzin, giurista dell’Università di Trento, aveva condiviso negli ultimi anni con Roberto Gusmani un tratto di strada all’interno della Conferenza dei Rettori delle Università della Comunità di lavoro Alpe-Adria, un organismo transnazionale nel quale Gusmani si riconosceva profondamente e che Egli stesso aveva concorso nel tempo a plasmare. Le dinamiche nelle relazioni interpersonali tra due studiosi di diversa estrazione, fanno emergere le aperture all’internazionalizzazione (già sottolineati negli interventi di Franco Frilli e Giovanni Frau) come tratto saliente della personalità di Gusmani e nello stesso tempo gettano luce su aspetti autentici della Sua figura umana, capace di aprirsi in modo insospettato a profonde solidarietà amicali. Come non pensare che il Suo ultimo intervento accademico ha luogo proprio nella sede di Manzin, nel contesto del Dottorato in Scienze Giuridiche Europee e Transnazionali dell’Università di Trento con una stimolante lezione sul tema Che cos’è il diritto tenuta il 7-8 ottobre 2009, proprio pochi giorni prima della scomparsa ? Con la relazione di Mirjo Salvini si torna alla dimensione anatolica dell’impegno scientifico di Gusmani : in particolare Salvini ha ricordato il ruolo di Gusmani come presidente del Consiglio Scientifico dell’Istituto per gli Studi Micenei ed Egeo-anatolici (ridenominato dal 2002 Istituto di Studi sulle Civiltà dell’Egeo e del Vicino Oriente di cui Salvini è ora il Presidente emerito) sottolineando la Sua non comune capacità di promotore di ricerca e l’attitudine ad aggregare l’azione degli studiosi attorno a grandi temi di indagine. Emerge da questo apporto la discrezione con cui Gusmani operava da ‘regista’ a volte persino non visibile di importanti iniziative scientifiche e nello stesso tempo l’impegno profuso nel fronteggiare la pesante ’ristrutturazione’ dell’Istituto esplicitamente evocata da Salvini. Desidero ora ringraziare i colleghi della Facoltà di Lingue e letterature straniere e dell’Università di Udine, le personalità del mondo accademico, a partire dal Magnifico Rettore Cristiana Compagno, gli studiosi convenuti da tante diverse sedi, gli allievi e gli studenti che, prendendo parte alla giornata di studio “In ricordo di Roberto Gusmani”, hanno voluto rendere omaggio al Maestro. Una menzione doverosa va riservata alle strutture promotrici dell’iniziativa, ossia al Dipartimento di Glottologia e Filologia classica (dal 2011 ridenominato Dipartimento di Studi Umanistici) e alle Facoltà di Lingue e letterature straniere e di Lettere e Filosofia dell’Università di Udine, così come alle istituzioni che hanno assicurato il loro autorevole patrocinio, dall’Accademia nazionale dei Lincei, che nel 2008 aveva attribuito a Roberto Gusmani il titolo di Socio Corrispondente della Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, alla Conferenza dei Rettori delle Università della Comunità di lavoro Alpe-Adria ; né va dimenticato il sostegno garantito al buon esito dell’incontro da parte della Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone. Mi piace concludere con un insegnamento che ricaviamo dal ricordo che il prof. Gusmani stese dopo la scomparsa di Vittore Pisani (lo si legge in « Incontri Linguistici » 14, 1991, pp. 9-10). Parole misurate, che, oltre a confermare il rapporto profondo che lo legava al Suo caposcuola, fanno nitidamente comprendere come
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Egli intendesse il rapporto tra Maestro e allievo e nello stesso tempo costituiscono una limpida lezione di vita. A uno studente fresco di maturità, che con l’entusiasmo del neofita gli faceva presente di aver letto quasi tutti i suoi saggi, ebbe una volta a ricordare che per dirsi suoi discepoli bisognava innanzitutto dimostrare di saperlo criticare : così, pur senza poterne appieno apprezzare il valore, l’ingenuo apprendista veniva messo a parte, fin dall’inizio del tirocinio, di quello che col tempo doveva rivelarsi come l’aspetto più vivo e duraturo del magistero di Vittore Pisani. Egli incarnava, infatti, come gli autentici maestri, la figura del saggio calzolaio, il quale – per riprendere un’immagine aristotelica – fornisce agli allievi gli strumenti e la tecnica per farsi le scarpe su misura e non si limita a far loro scegliere, tra vari tipi di calzature già pronti, quello più idoneo. Per questo l’essere stati suoi discepoli significa, più che un privilegio, un costante e severo impegno.
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Cristiana Compagno Rettore dell’Università di Udine
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a quando è scomparso il prof. Roberto Gusmani, caposcuola della linguistica udinese, poco più di un anno fa, ci siamo trovati più volte a ricordarne la figura intitolandogli, tra l’altro, proprio questa sala convegni di Palazzo Antonini e stiamo avvertendo la presenza e il senso della sua azione forse più adesso che prima. Oggi nel nome del prof. Gusmani si incontra una intera comunità universitaria che lo ricorda in diversi modi come uomo, come scienziato, come Rettore, come Direttore di dipartimento, come portatore di relazioni scientifiche nazionali ed internazionali di ampio respiro, come Accademico dei Lincei. E questo io credo che sia il modo migliore per ‘vivere’ il prof. Gusmani e per sentirlo maestro vivo tra noi grazie anche all’incessante lavoro dei suoi allievi e dei suoi colleghi. Grazie dunque al Dipartimento di Glottologia e Filologia classica, alla Facoltà di Lingue e letterature straniere, di Lettere e Filosofia qui oggi rappresentate, grazie ai suoi allievi, grazie davvero per quello che state facendo per mantenere vivo il ricordo e l’insegnamento del prof. Gusmani. Due parole all’insegna dell’essenzialità propria del prof. Gusmani ; mi piace ricordarne l’elegante pragmatismo, la saggezza, l’eleganza, il suo progettare e il suo fare con passione e grande concretezza. L’odierno convegno “In ricordo di Roberto Gusmani” si svolge a poco più di un anno dalla Sua scomparsa. Caposcuola della linguistica udinese e già rettore di questo Ateneo dal 1981 al 1983, quindi in un periodo davvero pionieristico per questa nostra università, uscito dai ruoli nel novembre 2007 e prossimo ormai al titolo di “professore emerito” la cui proposta la Facoltà di Lingue e letterature straniere era sul punto di deliberare, Roberto Gusmani vanta un luminoso percorso accademico iniziato nel 1958 e suggellato esattamente 50 anni dopo dal riconoscimento conferitogli dall’Accademia Nazionale dei Lincei che, nella seduta del 14 novembre 2008, lo designava Socio corrispondente della Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. L’avventura udinese del prof. Gusmani parte dal 1972 anno del trasferimento da Messina che ne avrebbe segnato la storia accademica e personale : è in quell’anno infatti che Roberto Gusmani prende servizio a Udine, sede decentrata della Facoltà di Lingue e letterature straniere dell’Università di Trieste, destinata a diventare nel 1978 Facoltà autonoma della neocostituita Università di Udine. Nella pluriennale attività dispiegata all’Università di Udine il prof. Roberto Gusmani non si è sottratto alle responsabilità accademiche, nessuna esclusa anche se certamente privilegiava la attività di studioso, voleva fare lo studioso e il ricercato
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re ma si è messo al servizio della nostra comunità realizzando alti obiettivi per poi ritornare, non appena realizzati questi obiettivi, alla sua vita di studio : dal 1972 al 1994 ha diretto l’Istituto di Glottologia e Filologia classica e più tardi, dal giugno 1999 al 30 settembre 2006, l’omonimo Dipartimento ; dal dicembre 1978 al gennaio 1981 è stato chiamato a svolgere le funzioni di Preside della Facoltà di Lingue e Letterature straniere fino ad essere eletto Rettore dell’Ateneo per il triennio 1981-1983. In altre occasioni commemorative ricordando il prof. Gusmani abbiamo ripercorso la sua biografia come Rettore partendo dalla gestione, difficilissima in quel momento, del personale amministrativo, alla assunzione del personale docente e tecnico-amministrativo per arrivare alla grande visione dei poli didattici e al suo ruolo nella Società Italiana di Glottologia grazie alla quale Udine è stata più volte scelta come sede di manifestazioni di larga risonanza, a cominciare dal primo Convegno annuale del 1975, ma forse il dato che meglio riassume il binomio Udine - Società Italiana di Glottologia è la localizzazione friulana del Corso di Aggiornamento in Discipline Linguistiche, che risale al 1982 (dal 1996 l’iniziativa si svolge a S. Daniele del Friuli). Da ricordare il suo importante ruolo per l’avvio del Centro Internazionale sul Plurilinguismo e potremmo continuare nella attività scientifica e accademica del professore. Insomma una grande avventura che abbiamo ripercorso più volte. Un commento per il convegno di oggi che forse più di qualsiasi altra parola individua la multidimensionalità scientifica del prof. Gusmani. Gli argomenti che saranno oggi toccati dalle relazioni previste dal programma del convegno promosso oggi dal Dipartimento di Glottologia e Filologia classica possono dare infatti un’idea della molteplicità e della profondità di interessi del Nostro prof. Gusmani, che ha saputo spaziare nei settori più diversi della linguistica : dall’anatolistica all’indoeuropeistica, dalla storia del pensiero linguistico all’interlinguistica fino al plurilinguismo che ben interpreta la specificità di questo nostro territorio posto all’intersezione del dominio slavo, germanico e romanzo. Ringrazio personalmente a nome della intera comunità universitaria tutti gli organizzatori allievi del prof. Gusmani e tutti i relatori, ognuno dei quali metterà in luce una dimensione particolare dell’attività scientifica di Roberto Gusmani e ne focalizzerà anche l’intensa trama di contatti istituzionali, scientifici ma anche umani da lui curati con il mondo della ricerca nazionale ed internazionale così come l’impegno profuso in seno a organi e posizioni strategiche. Grazie davvero a tutti e buon lavoro, non prima di aver dedicato un affettuoso pensiero alla Signora Gusmani.
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Fr anco Maltomini Direttore del Dipartimento di Glottologia e Filologia classica
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ome direttore del Dipartimento cui Roberto Gusmani afferiva, spetterebbe probabilmente a me tratteggiare la sua figura di studioso. Ma credo di poter-
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mi esimere da questo compito, sia perché il Magnifico Rettore ha già ripercorso in modo magistrale il suo prestigioso itinerario accademico e scientifico, sia soprattutto perché gli illustri relatori sapranno farlo nella maniera migliore e più esaustiva. Mi soffermerò invece su alcuni momenti particolarmente significativi che delineano la figura di Roberto Gusmani quale direttore storico, prima dell’Istituto di Glottologia e Filologia classica (dal 1972 al 1994) e più tardi, dal giugno 1999 al settembre 2006, dell’omonimo Dipartimento. Ricorderò dunque concisamente alcuni degli eventi promossi e voluti da Gusmani direttore che hanno avuto una ricaduta importante sul Dipartimento : molti di essi io non li ho vissuti direttamente, ma nondimeno li conosco bene perché ne sono la storia stessa. Inizio naturalmente col ricordare la stretta collaborazione con la Società Italiana di Glottologia della quale Gusmani fu presidente dal 1976 al 1978 : collaborazione che, tra l’altro, vide Udine sede di due incontri ‘storici’ : il primo congresso della SIG (Udine, 24-25 maggio 1975) e, alcuni anni dopo, il convegno su Le lingue indoeuropee di frammentaria attestazione realizzato in collaborazione con la Indogermanische Gesellschaft (Udine, 22-24 settembre 1981). E si deve anche all’impulso di Gusmani l’idea di promuovere presso il nostro Ateneo nel 2011 (27-29 ottobre) il xxxvi convegno annuale della Società dedicato al patrimonio linguistico italiano (“150 anni. L’identità linguistica italiana” ne sarà il titolo). Ma di tutto questo basta qui solo un accenno perché il tema sarà diffusamente illustrato tra breve dal prof. Paolo Di Giovine, presidente della SIG. A Gusmani si deve l’istituzione, nel 1982, del Corso di Aggiornamento in Discipline Linguistiche, localizzato a Udine fino al 1995 (e dall’anno successivo a S. Daniele del Friuli), che rappresenta un appuntamento annuale di grande rilievo formativo per le nuove generazioni di studiosi di linguistica e che concorre a fare dell’Ateneo udinese uno snodo strategico nel circuito scientifico internazionale. Come non menzionare poi l’attività editoriale del Dipartimento che ha il suo punto di forza nella rivista « Incontri Linguistici », diretta da Gusmani fin dalla sua fondazione nel 1974. Vale la pena ricordare che gli « Incontri Linguistici » cartacei costituiscono la diretta continuazione di un sodalizio scientifico che recava lo stesso nome e che negli anni Settanta vedeva convergere, a giovedì alterni, i colleghi provenienti dalle sedi più vicine ad esporre in maniera informale le riflessioni sulle ricerche in corso o sulle letture appena concluse (di questo parlerà questa mattina il prof. Franco Crevatin dell’Università di Trieste). Al riguardo è da rilevare come Gusmani, precedendo i tempi, avesse fortemente creduto nella collaborazione strategica con i colleghi dell’ateneo triestino (oltre a Crevatin, i compianti Mario Doria e Giuseppe Francescato). Gusmani ha poi intrattenuto intensi e proficui rapporti tra il Dipartimento e molte istituzioni universitarie ed extrauniversitarie, tra cui il Centro Internazionale sul Plurilinguismo (di cui è stato direttore dal 1993 al 1998), con la Scuola Superiore dell’Università di Udine, con i corsi di dottorato dei cui collegi fanno parte i docenti del Dipartimento, con la Fondazione Niccolò Canussio di Cividale del Friuli, con Alpe-Adria, con l’Associazione Italiana di Cultura Classica.
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Ma in coda a questi rapidi cenni nient’affatto esaustivi, vorrei ricordare un altro aspetto legato al Dipartimento, solo apparentemente minore. Io sono subentrato a Gusmani nella direzione nell’ottobre di quattro anni fa. Lo feci con titubanza, con il dubbio di non essere all’altezza del compito, ma nel fondo sapevo (ero arrivato da Pisa in quel Dipartimento nel 1994 e ormai lo conoscevo bene) che non sarebbe stato un compito difficile. Il dgfc è un dipartimento efficiente, credo di valore, ma soprattutto un luogo dove c’è armonia, collaborazione, dove si può contare sullo sforzo solidale di tutte le componenti. E dove si sta bene (uso volutamente questa espressione così poco tecnica, così poco accademica : del resto il dipartimento, insieme alla biblioteca, è il nostro posto di lavoro, dove spesso passiamo l’intera giornata, ed è importante starci bene, proprio per lavorare al meglio). Ora, questo dipende sì dal fatto che al Dipartimento afferiscono persone eccellenti, senza dubbio ; ma soprattutto dal fatto che c’era Gusmani, che a lungo l’aveva diretto e l’aveva plasmato e improntato di sé : con la sua cortesia, la sua disponibilità, la sua umanità, e anche con la sua efficienza, la sue vaste competenze, col suo equilibrio e la sua misura, col suo rigore, con il suo esempio. Di questo gli sono, gli siamo io e gli amici del Dipartimento docenti e personale amministrativo insieme, infinitamente grati. Mi scuso se Vi ho intrattenuto con quest’ultimo ricordo, forse troppo autoreferenziale, forse un po’ troppo ‘nostro’, ma a me stava a cuore come sta a cuore ai colleghi del Dipartimento che ha organizzato questo incontro in ricordo del suo Direttore. Si lasciano segni in tanti campi : in quello scientifico, certo importantissimo, ma anche in quello umano e delle istituzioni. Gusmani ha saputo fare nel modo migliore l’una e l’altra cosa. Anch’io, come il Magnifico Rettore, Vi porgo il mio saluto più cordiale, ringrazio i relatori e gli intervenuti, così numerosi, ed auguro a tutti buon lavoro in questa giornata di studio, di commosso ricordo, e anche di orgoglio per il privilegio di aver avuto vicino, a vario titolo, come maestro, come collega, come uomo, Roberto Gusmani.
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Fr anco Fr illi Prorettore dell’Università di Udine (1981-1983)
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piacente di non poter prender parte alla seduta odierna del vostro Convegno di studi, desidero essere in qualche modo presente, utilizzando i moderni mezzi di comunicazione sociale, per ricordare Colui al quale il nostro ancor giovane Ateneo deve molto. Trent’anni di conoscenza, di stima, di confidenza (anche senza una necessaria frequentazione al di fuori dell’Ateneo), uniti ad una reciproca fiducia, mi consentono di testimoniare quanto il mondo della cultura, e il Friuli in particolare, debbano all’amico Roberto Gusmani. Ricordo che quando giunsi a Udine trentun anni fa, incontrai dopo poche ore
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l’allora Preside della Facoltà di Lingue e Letterature straniere, un docente di Glottologia, che scoprii essere della mia stessa età. Riservato e di poche parole, il prof. Gusmani mi mise all’inizio un po’ in soggezione, perché io, appena arrivato dalla Facoltà di Agraria dell’Università Cattolica di Piacenza, non ero ancora ordinario e, a quei tempi, l’essere o il non-essere al top della scala accademica contava – almeno psicologicamente – molto più di oggi ! Ma l’operare nello stesso edificio (quello in cui il vostro Convegno si svolge), il frequentare quotidianamente – sabato mattina compreso – l’Ateneo, lo scambio di saluti e di informazioni, la gentilezza d’animo e la signorilità del Preside di Lingue contribuirono ad avviare quel legame di amicizia che si rafforzò col passare dei mesi. Rese esecutive alla fine del 1980 le chiamate dei nuovi ordinari di alcune Facoltà, ci si avviò verso l’elezione del nuovo Rettore, il primo appartenente ai ruoli della neonata Università friulana. Pur schivo e non amante dei primi posti, Roberto Gusmani fu eletto nel gennaio 1981 per un mandato triennale. Dopo poche ore, con mia grande sorpresa, mi chiese di aiutarlo nella gestione dell’Ateneo ; iniziò così una collaborazione che si protrasse per tutto il suo mandato. Se da un lato mi sentivo onorato, dall’altro, quale neo-ordinario, mi sentivo insicuro. Ma l’equilibrio e la precisione – il quasi perfezionismo – di Roberto nel gestire la cosa pubblica, la costante dedizione all’impegno istituzionale – perché cosciente di essere responsabile di fronte alla comunità accademica e a quella civile dell’avvìo di questa tanto attesa novità per il Friuli – mi tranquillizzò e mi consentì di agire con serenità e impegno. La cura con cui preparava le sedute degli Organi collegiali, la presenza costante alle riunioni programmate e agli incontri non solo accademici locali, nazionali e internazionali (come la Conferenza dei rettori della Comunità di lavoro AlpeAdria, di cui è stato componente per molti anni del Comitato scientifico consultivo), gli occhi puntati oltre confine, stabilendo le prime Convenzioni con Università straniere (Klagenfurt, Cracovia, Szeged e Beersheva) per offrire all’Ateneo una prospettiva di ampliamento dell’orizzonte culturale, sono solo alcuni dei punti che hanno caratterizzato l’azione di Gusmani nel periodo di rettorato. La sua presenza nella Conferenza dei rettori di Alpe-Adria lo spinse anche a sostenere nel 1993 la fondazione del Centro Internazionale sul Plurilinguismo, unico in Italia, che riunisce varie decine di studiosi italiani e stranieri, impegnati nelle ricerche sulla compresenza di più idiomi o di varietà linguistiche nel repertorio di uno stesso individuo o di una stessa comunità. Di tale suo molteplice impegno l’Università tutta gli deve molto. Quando gli fu possibile ritornare padrone del suo tempo, riprese a pieno ritmo le sue ricerche specialistiche e intensificò la dedizione ai suoi allievi. Le oltre 300 pubblicazioni (monografie, saggi, recensioni) sono testimonianza della vastità dei suoi interessi culturali e della sua passione per la ricerca. Con Roberto Gusmani è scomparso l’anno scorso un autorevole artefice di quella realtà culturale che è la nostra Università.
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Car la Marcato Facoltà di Lingue e Letterature straniere
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o il gradito compito di portare i saluti della Facoltà di Lingue e Letterature straniere. Naturalmente non ripeto quanto Roberto Gusmani sia stato fondamentale nell’avvio dell’Università di Udine ; sottolineo invece e ricordo i suoi compiti istituzionali che lo hanno visto Preside della Facoltà di Lingue dal 1978 al 1981 ma, pur avendo smesso la carica istituzionale di Preside, Roberto Gusmani è sempre stato decisivo nel corso di tutti questi lunghi anni all’interno della Facoltà e dei Consigli di Facoltà. Mi piace ricordarlo durante i consigli di Facoltà, solitamente seduto in fondo alla sala nella sua postazione defilata. Ma la Sua presenza si faceva sentire. La Sua figura e la Sua autorevolezza erano importanti e tutti noi eravamo sensibili alla sua capacità di portare il discorso all’interno dei binari della ragionevolezza, alla sua capacità di sintetizzare i problemi e di esporre il suo punto di vista in modo non verboso senza autocompiacimenti, non incominciava mai il suo discorso con “sarò breve”. Roberto Gusmani davvero ci manca perché guardavamo a lui come alla persona che sapeva dare il consiglio giusto al momento giusto. Io stessa nel corso dei miei 6 anni di Direzione del Centro Internazionale sul Plurilinguismo mi sono rivolta a lui in varie occasioni sapendo di trovare in lui la risposta alle mie domande ; approfitto di questa occasione per ricordare anche il compito importante che il prof. Gusmani si era assunto ovvero quello di avviare il Centro Internazionale sul Plurilinguismo nel 1992 diretto poi fino al 1998 e alla sua Direzione è subentrato il collega Orioles e poi è capitato a me. Ero perplessa all’inizio perché temevo di non riuscire a sostenere una eredità così importante sul piano scientifico ma potendo contare sempre sui suoi consigli alla fine ho raccolto questa eredità e ho sempre pensato in ogni momento del mio lavoro a porre le questioni secondo lo stile Gusmani quindi in maniera sintetica, in maniera possibilmente efficace andando dritto al sodo. Questo è quanto io mi sento in questo momento di dire centrando proprio l’attenzione sulla figura umana, sulla autorevolezza rappresentata dal prof. Gusmani e quindi a nome della Facoltà e della Preside prof.ssa Riem ringrazio gli organizzatori di questo importante evento, ringrazio tutti gli intervenuti e cedo la parola al prof. Orioles.
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Gianpiero Rosati Facoltà di Lettere e Filosofia
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ono stato invitato dal collega Andrea Tabarroni a portare i saluti della Facoltà di Lettere e Filosofia come segno di riconoscimento dell’importanza che Gusmani ha rappresentato per una Facoltà della quale pur non faceva parte ; solo che il prestigio dell’uomo, dello studioso era tale che naturalmente ridondava
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anche su tutto l’Ateneo, in particolare per una materia come quella che Gusmani insegnava, che è stata tradizionalmente una delle discipline cardine delle Facoltà di Lettere almeno fino ad anni recenti. Un corso almeno di Glottologia faceva parte della formazione di molti studiosi (lo seguivano molti studenti della Facoltà di Lettere in generale, in particolare tutti i classicisti ; io stesso ricordo sostenni – e poi nel tempo ne ho verificato i benefici – due pesanti esami di Glottologia, all’Università di Firenze) e di conseguenza, come dire, era inevitabile che Gusmani costituisse un utile riferimento per l’intera Facoltà di Lettere che molte volte ha mutuato, a vantaggio dei suoi studenti, diversi suoi insegnamenti. Ma mi piace ricordare anche il suo contributo alla costituzione della Scuola Superiore dell’Università di Udine a cui ha collaborato in vario modo, prima nella organizzazione e poi con una serie di lezioni mirate a beneficio degli studenti. Anch’io ho conosciuto Gusmani venendo da fuori. Sono arrivato qui ormai più di 15 anni fa e trovai naturale fare riferimento al suo dipartimento nel quale la sua presenza era molto discreta, come era l’uomo appunto, e al tempo stesso una presenza che si avvertiva perché, come è stato già detto, questo era il tratto tipico di Gusmani, un tratto che esprime la cifra propria dell’uomo e dello studioso : la sobrietà e il prestigio insieme. Gusmani si è detto non parlava ore rotundo, non si compiaceva troppo di sé stesso, era antiretorico, era aperto all’ironia e all’autoironia e tuttavia godeva di un prestigio che gli veniva dalla importanza diciamo del suo ruolo di studioso, dal rigore della disciplina che praticava e anche dal senso di responsabilità a cui ha fatto riferimento il Magnifico Rettore, che era una caratteristica del suo ruolo all’interno dell’Accademia. Da questi tratti emerge una figura che ha rappresentato per me uno dei punti più alti di come dovrebbe essere un modello, di come dovrebbe essere un docente universitario, cioè il prestigio dell’Accademia che non sempre oggi vediamo rappresentato allo stesso livello. Per tutte queste ragioni quindi mi fa piacere portare il ringraziamento della Facoltà di Lettere ma anche di quanti come me hanno avuto il privilegio di conoscerlo, di godere della sua vicinanza, di essergli collega, di aver appunto beneficiato di questo ruolo, di questa funzione di esempio che ha rappresentato per molti anni.
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Giorgio Ziffer Direttore del Centro Internazionale sul Plurilinguismo
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lcuni anni fa mi era venuta la curiosità di sapere chi fosse il linguista preferito del prof. Gusmani. Avevo deciso così di chiederglielo alla prima occasione, durante una delle mie periodiche visite nel suo studio, presso il Dipartimento di Glottologia e Filologia classica. Tra me e me avevo iniziato a fare qualche supposizione, pensando che magari potesse essere Pisani, il suo maestro, oppure
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per esempio un Emile Benveniste. Quando finalmente glielo potei chiedere, Gusmani mi rispose immediatamente, senza un attimo di esitazione, ma non senza provocare in me un moto di leggera sorpresa, perché si trattava di un linguista che non avevo inserito nel mio pronostico : Hugo Schuchardt, un nome che, posso confessarlo, proprio non mi era venuto in mente. Da allora questo nome era tornato sempre più spesso nelle nostre chiacchierate, complice anche un generoso prestito di fotocopie di lavori schuchardtiani che il prof. Gusmani aveva raccolto nel corso degli anni (ancora non c’era il meraviglioso sito dello Schuchardt-Archiv di Graz, dove tutti i lavori di quel sommo linguista sono ora disponibili in rete) ; e un po’ di tempo dopo avevo iniziato, quasi involontariamente, a chiedermi se non ci fossero anche dei tratti comuni tra Gusmani e Schuchardt : a cominciare da alcune affinità anche esteriori, magari casuali, come la scelta di vivere e lavorare per la maggior parte della loro vita in città, e dunque università, Graz e Udine, non particolarmente grandi (anche se, certo, Graz era, ed è, ben più grande di Udine), situate sui due versanti delle Alpi, e dunque naturalmente portate – per la loro collocazione geografica – a favorire quegli studi sui contatti fra le lingue germaniche, romanze e slave dai quali entrambi gli studiosi erano stati attratti e ai quali, nelle rispettive epoche, dovevano dare un contributo di eccezionale rilievo. Tra l’altro entrambi – Schuchardt a Graz, e Gusmani a Udine – vi erano giunti quasi alla stessa età anagrafica, ed entrambi ancora giovani, molto giovani, ma già studiosi affermati : Schuchardt era infatti arrivato a Graz nel 1876, a 34 anni, mentre Gusmani, quando da Messina si era trasferito a Udine, siamo nel 1972, di anni ne aveva 37. Altri elementi in comune fra i due linguisti dovevo poi scoprire, ma quando oramai il professor Gusmani non era più fra noi, leggendo il bellissimo ricordo scritto in memoria di Schuchardt da Elise Richter : penso così alla capacità o, meglio, all’abitudine di iniziare a lavorare la mattina molto presto, anche in ore antelucane, oppure all’uso della bicicletta (che Schuchardt scoprì però solo a 55 anni, nel 1897). E a parte le affinità, che naturalmente non annullano le tante differenze, come fare a non pensare proprio a Gusmani leggendo queste parole di Schuchardt innamorato dell’Italia, e in particolare di Roma (parole che sono del 1868) : « Das deutsche Gemüt ist Ursache, daß uns Italien so gut gefällt. Einem Italiener mit deutschem Gemüt müßte Deutschland noch besser gefallen ». Ecco, l’espressione schuchardtiana di ‘italiano con animo tedesco’ mi sembra una caratterizzazione, per quanto preterintenzionale e profetica, molto calzante del prof. Gusmani, che amava profondamente la Germania e la cultura tedesca. Ma venendo ora all’aspetto più importante di questo possibile paragone, e cioè ai contenuti della loro opera scientifica, come fare a non collegare uno dei principi fondamentali della linguistica schuchardtiana, il ruolo dell’individuo, del parlante, a quel medesimo individualismo che costituisce, se non sbaglio, uno dei cardini degli studi di Gusmani sull’interferenza ? E più in generale, non si può forse dire che valga anche per quest’ultimo, e per la sua opera così multiforme e varia, così ricca di dati concreti e così attenta allo scavo minuzioso, ma certo non meno salda e coerente nelle sue linee generali e teoriche, dicevo, non
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si può forse dire che valga anche per Gusmani la definizione data da Schuchardt dell’ideale della ricerca scientifica : « La combinazione paritetica del microscopico e del macroscopico rappresenta l’ideale della ricerca » ? Non è però questa la sede per tentare, e nemmeno per abbozzare, un paragone fra i due linguisti, un’impresa che richiederebbe uno sforzo e un approfondimento assai maggiori. Vorrei oggi solo additare l’interesse che potrà avere in futuro anche il rileggere in maniera sistematica i vari saggi dedicati da Gusmani a Schuchardt, da quelli maggiori come per es. il suo Schuchardt e le interferenze slavo-romanze nell’area adriatica, incentrato su Slawo-deutsches und Slawo-italienisches, oppure Hugo Schuchardt e le vicende politiche della Mitteleuropa, a quelli minori, come per es. la nota sulla teoria delle onde oppure la recensione al carteggio di Schuchardt con Leo Spitzer. Sarà, questo, un modo non solo per capire meglio come Gusmani abbia letto Schuchardt, ma anche per ricostruire la presenza del pensiero linguistico schuchardtiano nell’insieme dell’opera di Gusmani. E più in generale, seguire il dialogo che nel corso degli anni si era sviluppato fra quest’ultimo e uno dei padri più autorevoli degli studi interlinguistici sarà uno dei tanti modi che abbiamo per coltivare la memoria del grande linguista che è stato Roberto Gusmani, e allo stesso tempo per continuare a percorrere uno dei vari itinerari linguistici da lui prediletti.
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Giovanni Fr au Presidente del Consorzio Universitario del Friuli (1994-2009)
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ingrazio il collega Orioles per avermi coinvolto negli indirizzi di saluto, ma devo ricordare che attualmente non avrei titolo per parlare a nome del Consorzio del quale pur tuttavia sono stato presidente fino all’anno scorso per quindici anni. Ma poiché l’occasione dell’incontro è il ricordo di Roberto Gusmani, qualche titolo forse mi rimane perché amico di Gusmani lo sono stato e continuo ad esserlo. Leggendo le note biografiche di ricordi tratte da un volume che fu pubblicato per conto del Consorzio nel ’94 (L’Università di Udine. Eventi e personaggi della nascita di un Ateneo), un estratto del quale figura nella cartella congressuale, troverete un riferimento interessante che richiama proprio il Consorzio. Se Gusmani è venuto a Udine e ha dato a Udine tanto quanto ha dato e ha lasciato, indirettamente è merito, dichiarato dallo stesso prof. Gusmani, del Consorzio, perché quando Gusmani vinse il concorso a ordinario aveva la possibilità di scegliere fra tre sedi, lo vedete riportato nel testo cui mi riferivo, Pavia, Parma e Udine. Scelse Udine anche per una ragione contingente, perché c’era il Consorzio universitario che aveva garantito il proprio sostegno per favorire il trasferimento del professore. Se dunque il prof. Gusmani è venuto a Udine, un ruolo lo ha giocato anche il Consorzio universitario (allora denominato Consorzio per la Costituzione e lo Sviluppo degli insegnamenti universitari) e da allora Egli è rimasto e ha fatto di
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Udine la sua sede definitiva nonostante le prospettive che avrebbe potuto trovare successivamente. Il rapporto tra il Consorzio universitario e il prof. Gusmani direi che è stato continuo, perché il Consorzio, che è un’associazione degli enti locali che hanno voluto la nascita di questa Università (comuni, province non soltanto di Udine ma dell’intera regione anche di Gorizia, di Pordenone, unitamente alla Cassa di Risparmio, Camera di Commercio etc.), ha sempre sostenuto le attività e le proposte del prof. Gusmani e nel prof. Gusmani ha trovato un collaboratore validissimo per iniziative fondamentali. È stata ad esempio ricordata questa mattina l’istituzione del cip (Centro Internazionale sul Plurilinguismo) ma prima del cip si era formato, su iniziativa del Consorzio universitario del Friuli, un gruppo di lavoro sul plurilinguismo, presieduto per molti anni dal prof. Gusmani, che è stato la premessa, di quello che poi, sulla base di una legge per la quale tra i promotori figura la professoressa Silvana Schiavi Fachin, della successiva istituzione di questo importantissimo Centro. Il prof. Gusmani diresse questo gruppo di lavoro per anni così come diresse o partecipò, contribuendo fattivamente all’internazionalizzazione della nostra università, al gruppo delle Università di Alpe-Adria : la nostra università fu da lui rappresentata. La presenza di Gusmani è stata fondamentale per la nostra università e si devono a lui delle iniziative rilevanti non soltanto l’avvio del cip ma anche soprattutto l’aver saputo riunire i giovani linguisti che alla fine dei primissimi anni ’70 si trovavano non numerosi in questa sede in quelli che lui definì gli “Incontri” e che avviò sulla scia di quanto si faceva presso le università ben più prestigiose, storicamente avviate da secoli, quali Padova, Firenze o Milano, avviando degli incontri che egli mise in piedi con una cadenza periodica quasi mensile e che riunivano i docenti della nostra università porgendo inviti a chi poteva anche aderire dall’esterno. Questi incontri si interruppero nel mese di maggio del 1976 perchè i convenuti per uno di questi incontri si trovarono a cena in un locale di Udine e lì ricevettero questo saluto del terremoto che non si era ben capito cosa fosse all’inizio. Da allora gli incontri personali non si fecero più, il gruppo non si trovò più ma l’idea ispiratrice rimase nel nome di quella rivista che ci illustrerà il prof. Crevatin nella sua relazione. Il prof. Gusmani dunque ha saputo dare tantissimo all’università, nell’incontro con le istituzioni rappresentate all’inizio, quando il Consorzio sostituiva sia a livello amministrativo sia a livello organizzativo generale quella che poi sarebbe diventata l’università. quindi il territorio gli deve davvero molto. E bene dunque ha fatto l’università di Udine circa un mese fa a intitolare a Lui la sala in cui si svolgono i lavori di questa Giornata di studio, così come ha fatto molto bene a trovare quest’altra occasione per dedicargli il convegno. Mi sia consentito, alla fine di questo breve intervento, forse perché questa è un’occasione per divulgare la notizia, di ricordare un caro amico che è scomparso dopo il prof. Gusmani, Alberto Zamboni. Vorrei comunicare che il 26 gennaio a Padova è previsto un convegno che ne onorerà la memoria. Sono due cari amici che nel ricordo intendiamo accomunare.
R ELA ZIONI
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GUSM A NI E LA SOCIETÀ ITA LI A NA DI GLOTTOLOGI A Paolo Di Giov ine
A
prire la serie degli interventi che illustrano nei vari aspetti scientifici la figura di un grande Maestro degli studi linguistici, cui molto dobbiamo tutti, cui moltissimo devo io personalmente, costituisce motivo di grande onore, e anche di commozione profonda. Insigni Colleghi offrono un quadro analitico dei diversi settori di studio coltivati da Gusmani ; a chi scrive spetta il graditissimo compito non solo di rappresentare in questa sede la Società Italiana di Glottologia, ma anche e soprattutto di ricordare quanto il Maestro si sia adoperato per far nascere e crescere la Società, che forse oggi può esser considerata un punto di riferimento primario nel campo della linguistica in Italia – e con solidi rapporti scientifici anche al di fuori dei confini, come più volte auspicato da Gusmani stesso. Come si vedrà, parlare dell’interazione del Maestro con la Società non si esaurisce certo in un arido elenco di date e incontri scientifici, tutt’altro : attraverso una convinta azione di sostegno a quella che considerava anche un po’ una sua creatura, Gusmani realizza una felice sintesi tra attività di ricerca (si ricorderà più avanti la magistrale relazione tenuta nel Convegno annuale di Milano iulm nel 1997) e azione di raccordo con il mondo accademico e le istituzioni (come dimostra, fra l’altro, l’intervento sulla proposta di legge per la tutela delle minoranze linguistiche nel Convegno di Macerata-Recanati del 1992). La Società Italiana di Glottologia vede la luce, a quanto risulta dalla Carta d’Identità della Società stessa, il 12 aprile del 1970 a Pisa, 1 ad opera di studiosi notissimi, quali Giuliano Bonfante, Tristano Bolelli, Vittore Pisani, e di altri all’epoca più giovani, come Belardi, Bolognesi, Heilmann, Mastrelli, Lazzeroni – per citarne solo alcuni –, con l’intento di sostenere la linguistica storica, in più o meno velata polemica con la Società di Linguistica Italiana, nata tre anni prima su impulso soprattutto di Tullio De Mauro. Il trentacinquenne Roberto Gusmani, assieme a Campanile e a un gruppo di altri glottologi specialmente pisani, rappresenta nella SIG la generazione più giovane, destinata a raccogliere l’eredità dei Maestri – nel caso specifico, Vittore Pisani, i cui corsi Gusmani aveva seguito negli anni di studio a Milano. Non è un caso ritrovare rappresentate in questo nucleo fondatore quattro scuole di solida tradizione negli studi di linguistica storica, Firenze, Pisa, Roma e Milano : Gusmani si inserisce pienamente in questa dinamica e, dopo l’esperienza messinese rientrato a Udine (fino al 1978 sede distaccata dell’Università di Trieste), viene eletto nel 1975 componente del Consiglio direttivo assieme
1 La prima riunione operativa, come ha segnalato Romano Lazzeroni, ebbe poi luogo nel novembre di quello stesso anno.
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a Walter Belardi e Carlo Alberto Mastrelli, sotto la Presidenza di Bolelli (e la segreteria di Campanile). Il biennio 1975/76 rappresenta un momento di grande rilievo, e di notevole crescita, per la Società. Proprio nel 1975, dopo i primi anni di rodaggio, si avvia la formalizzazione dei Convegni di studio promossi dalla Società, con dimensioni certo abbastanza contenute per i nostri parametri attuali (tre sedute in tutto nel convegno di Udine, nel mese di maggio, e altre tre nel convegno di ottobre a Bologna), ma per la prima volta con la pubblicazione degli Atti. Possiamo concentrare l’attenzione sul primo dei due Convegni, quello udinese, perché offre importanti indicazioni sul ruolo di Gusmani nella Società Italiana di Glottologia. In primo luogo, assieme a Maria Vittoria Molinari e a più giovani allievi, oggi – forse appena un po’ meno giovani – qui tra noi, Gusmani è l’organizzatore, che porge il saluto ufficiale del neonato Istituto di Glottologia e filologia classica. Dalle sue parole, fedelmente riportate negli Atti 1 – da lui stesso curati, come ricorda Bolelli nella prolusione al successivo Convegno bolognese 2 – emerge una nitida percezione della necessità che la ricerca non sia disgiunta dall’azione concreta per sostenere la formazione nelle discipline linguistiche all’interno delle istituzioni universitarie. Cito una frase davvero significativa in tal senso, per la sua lucida lungimiranza :
“[...] E tuttavia faremmo torto a noi stessi, e abdicheremmo alla nostra funzione, se preferissimo chiudere gli occhi davanti alla realtà e rifugiarci nella torre d’avorio della pura speculazione. Del resto a nessuno di noi può essere indifferente quello che sarà il futuro delle discipline a cui dedichiamo gran parte della nostra attività e le nostre forze migliori ; ed è palese che tale futuro dipende in larga misura dagli interessi che sapremo suscitare nei giovani che frequentano le aule universitarie e dall’entusiasmo che saremo capaci di comunicare loro” . 3
Il Convegno di Udine dunque, anche per volontà di Gusmani – benché la decisione fosse stata ufficialmente presa dal precedente Direttivo a Firenze, nell’ottobre del 1974 –, ha un taglio orientato sull’insegnamento della glottologia nelle diverse tipologie di Corsi di studio e in rapporto con la linguistica sincronica. Tra i relatori – mi sia permessa una breve digressione personale – Walter Belardi, collega nel Direttivo e già legato a Gusmani da un solidissimo rapporto di reciproca stima e amicizia (felicemente continuato per li rami). L’apertura di Gusmani alle istituzioni accademiche, del resto poi testimoniata dal suo impegno, tra il 1981 e il 1983, come Rettore di una università nata dalla volontà di ricostruzione anche culturale dopo il rovinoso sisma, è costante, e per lui la sig non può derogare dal compito di favorire la formazione di nuovi studiosi nelle discipline linguistiche. In questo senso è paradigmatica l’idea, formalizzata dal Direttivo nel 1975 e realizzata l’anno dopo, di istituire un Corso di aggiorna1 Atti del Congresso della Società Italiana di Glottologia, Udine 24-25 maggio 1975 [pre-edizione del cnuce (Pisa), curata da R. Gusmani e M. V. Molinari]. Vista la rarità delle copie esistenti in Italia (una a Udine, una a Roma, una a Pisa, e pochissime altre), cito d’ora in poi dalla riedizione Atti del i e ii Convegno della Società Italiana di Glottologia, Roma, Il Calamo, 2005. 2 Atti del i e ii Convegno, cit., p. 89 sg. 3 Atti del i e ii Convegno, cit., p. 16.
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mento in discipline linguistiche, specificamente mirato a offrire un insegnamento di livello altissimo, da parte dei migliori glottologi italiani, ai giovani linguisti, laureati o specializzandi (poi anche addottorandi e laureandi). Il primo corso si tiene a Pisa nel 1976, e dopo un lustro, nel 1982, si trasferisce a Udine, dove si avvale di un eccellente supporto logistico (chi scrive ricorda perfettamente, per l’esperienza avuta nel 1983 assieme ad altri dei presenti e dei relatori, l’ospitalità presso la Casa dello Studente e l’ineccepibile organizzazione). Nell’ideazione, nella realizzazione e poi nell’amorevole cura dedicata al Corso di aggiornamento Gusmani offre alla Società Italiana di Glottologia un contributo unico, difficilmente eguagliabile, che si manifesta anche nella scelta – di concerto con i Direttivi succedutisi nel tempo – dei docenti più appropriati in rapporto ai temi da trattare. Ricordo poi, nelle occasioni in cui ho avuto il piacere di esser presente all’inaugurazione o alla chiusura del corso, la costante sollecitudine del Maestro, sempre con discrezione, ma senza mai far mancare il suo sostegno e la sua ospitalità – molti dei presenti ricorderanno la tradizionale cena in cui Gusmani dava un piacevolissimo saluto o commiato conviviale ai docenti del corso. Nel 1977 Gusmani succede a Bolelli come Presidente della Società, e ricopre l’incarico per il biennio che si conclude nel 1978 ; la continuità rispetto al precedente Direttivo è assicurata dal Segretario Enrico Campanile. Con lui, con Marcello Durante, con Emidio De Felice, e con il semitista Pelio Fronzaroli, Gusmani mette a punto l’organizzazione di ben quattro Convegni, due nel 1977, a Perugia e a Pisa, due nel 1978, a Napoli e ancora a Pisa. Se si scorrono i titoli e gli indici dei quattro Convegni, si legge in filigrana l’intero, amplissimo campo di interessi del Presidente e del Direttivo. Vorrei richiamare l’attenzione in particolare sul primo congresso, dedicato all’Interferenza linguistica, problema che ha sempre costituito un filone di ricerca primario nell’attività di Gusmani : nella Presentazione egli rivendica la dignità di tale tema di studi, che aveva raggiunto livelli di grande rilievo già tra la fine del xix secolo e il principio del xx. Con le sue stesse parole
“Siamo dunque di fronte ad una problematica che in molte occasioni ha fornito spunti di meditazione ai linguisti di ogni tendenza e con cui ogni teoria linguistica – che non voglia perdersi in fumose astrattezze e non si balocchi con perfetti, ma sterili modelli di lingua – farebbe bene a confrontarsi”. 1
La volontà di confrontarsi, per l’appunto, con la concretezza dei problemi – nella fattispecie il contatto linguistico, ma altrove la storia delle lingue – porta Gusmani ad allontanarsi in parte da alcune delle posizioni tradizionali della glottologia di metà secolo, come testimonia, nella stessa Presentazione, l’allusione polemica alla ricerca glottogonica :
“Da quando la linguistica ottocentesca abbandonò, almeno sul piano pratico, certi miraggi glottogonici, per dedicarsi principalmente alla storia delle lingue come istituzioni dotate sì d’inconfondibile individualità, ma non isolabili da altre analoghe istituzioni, lo studio dei fenomeni d’interferenza ha acquisito un significativo rilievo [...]”. 2
1 Interferenza linguistica. Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia, Perugia 24 e 25 aprile 1977 (testi raccolti da R. Ajello), Pisa, Giardini, 1977, p. 9. 2 Ibidem, p. 9.
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Anche il secondo congresso del 1977, dedicato alla Cultura italica e tenutosi a Pisa sotto gli auspici di Campanile, vede, nella Presentazione degli Atti, una chiara presa di posizione di Gusmani a difesa della concretezza storica della ricerca linguistica :
“D’altro canto, in un momento in cui qualche linguista sembra provare un malcelato imbarazzo per l’indirizzo prevalentemente storico che ha a lungo caratterizzato i nostri studi, non è inutile ribadire [...] che la più genuina vocazione della linguistica resta quella di gettar luce, con l’ausilio dello studio della lingua, sulla realtà storica in cui questa si colloca [...]”. 1
Nel 1978 si tengono, come già ricordato, altri due Convegni della Società (organizzati rispettivamente da Domenico Silvestri e Emidio De Felice), e i temi scelti – Lingue a contatto nel mondo antico e Lingua, dialetti, società – appaiono ben in linea con la costante aspirazione di Gusmani a calare i dati linguistici all’interno della cornice storico-culturale (e dunque anche sociale) di riferimento. Una tappa importante nella storia della Società è segnata nel 1981, sotto la Presidenza di De Felice, dalla realizzazione di un Convegno congiunto con la Indogermanische Gesellschaft, a Udine. Le due Società scientifiche si trovano dunque riunite per discutere di un tema assai caro alla linguistica storica, quello delle Lingue indoeuropee di frammentaria attestazione. Per la prima volta un Convegno, questa volta annuale, ospita ben nove interventi, quattro di studiosi italiani e cinque di studiosi stranieri (tedeschi, con l’eccezione di Brixhe). Come rivela la sede del Convegno, nella realizzazione di questo storico incontro – non più ripetuto – tra le due Società ebbe gran parte del merito proprio Gusmani, che era tra i pochissimi italiani all’epoca soci della Indogermanische Gesellschaft – favorito anche dalla sua eccellente padronanza della lingua tedesca –, e dunque coltivava quella rete di contatti necessaria per mandare a buon fine una tale impresa. L’idea, come ci dice lui stesso nella Presentazione, era nata alcuni anni prima, dunque precisamente sotto la sua Presidenza della sig, per creare un momento d’incontro tra “[...] due sodalizi che, per struttura e interessi scientifici, hanno molto in comune [...]” ; 2 l’argomento, particolarmente d’attualità nel momento in cui si era in grado di apportare nuove testimonianze alla definizione del quadro tradizionale dell’indoeuropeo ricostruito, risultava peraltro assai vicino agli studi condotti dal Maestro nel campo delle lingue dell’Asia minore (frigio, lidio e non solo) ; infine la sede, la giovane Università di Udine, era la stessa che nel gennaio di quello stesso 1981 aveva chiamato Gusmani alla massima responsabilità istituzionale come Rettore. Tre fili, dunque – scelta della Indogermanische Gesellschaft, scelta dell’argomento, scelta della sede –, che conducono tutti a un unico artefice : per questo possiamo dire che il Convegno sulle lingue di fram
1 La cultura italica. Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia, Pisa 19 e 20 dicembre 1977, Pisa, Giardini, 1978, p. 9. 2 Le lingue indoeuropee di frammentaria attestazione - Die indogermanischen Restsprachen, Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia e della Indogermanische Gesellschaft (testi raccolti da E. Vineis), Udine, 22-24 settembre 1981, Pisa, Giardini, 1983, p. 9.
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mentaria attestazione rappresenta uno dei momenti più alti dell’eredità che Gusmani ha lasciato alla sig. 1 Vorrei a questo punto segnalare, nel procedere verso i giorni nostri, un evento singolare e quasi inusitato : dopo esser stato Presidente della Società, nel 197778, Gusmani entra nuovamente a far parte del Direttivo, ma come Consigliere, nel biennio 1989-90, sotto la Presidenza di Edoardo Vineis (Segretario il nostro gentile Ospite) – la cosa poi si ripete in un solo altro caso, con Vineis stesso, che sarà Consigliere nel 1991-92. Potrebbe apparire una coincidenza, ma in realtà, in un organismo come la sig assai attento alla prassi, questa eccezione è segno dell’autorevolezza della figura di Gusmani e al contempo mostra la sua capacità di adeguarsi al ruolo ritenuto in quel momento più utile, con profondo senso di dedizione e grande umiltà. I contributi offerti alla Società come relatore sono due, nel 1992 e nel 1997. Nel primo caso si tratta di un intervento in chiusura del Convegno di Macerata-Recanati, 2 sollecitatogli dagli organizzatori riguardo al Disegno di legge relativo alla tutela delle minoranze linguistiche, approvato pochi mesi prima dalla Camera dei Deputati. Non sorprende la richiesta di commentare il provvedimento legislativo rivolta a uno studioso che aveva maturato una grande esperienza anche nel settore del plurilinguismo ; interessante è anche la posizione critica – soprattutto sui singoli punti del testo, più che sull’impianto generale – espressa in certo modo “controcorrente” (in non celata polemica – sempre assai garbata, tuttavia – con la diversa valutazione fatta da Tullio De Mauro, e più volte richiamata). Il secondo intervento è assolutamente centrale negli interessi di Gusmani, e ha luogo a Milano, la sede che aveva visto la sua formazione come studioso, nel 1997. 3 Nel Convegno intitolato L’indeuropeo : prospettive e retrospettive, gli viene affidato il compito non facile di fare il punto sul contributo offerto dalla ricostruzione geolinguistica nel campo indoeuropeo, compito reso ancor più arduo dall’onere di oggettivarsi in qualche modo proprio nei riguardi del primo e forse più noto scritto del suo Maestro Pisani, Geolinguistica e indeuropeo. Come sempre, si tratta di una relazione equilibrata, giocata sul contrasto di luci ed ombre, molto attenta ad ancorarsi a una serie di esempi accuratamente tratti da settori molto diversi nell’area indoeuropea. Il superamento dell’esperienza pisaniana, di cui peraltro non si rinnega affatto l’importanza, è segnalato anche da un dettaglio – ma è nei dettagli che si coglie appieno il senso di quel che scrive Gusmani, a coronamento
1 Come giustamente ricordato in sede di discussione, il sodalizio con la Indogermanische Gesellschaft poi visse un secondo momento di sintesi dieci anni più tardi, nel Convegno organizzato a Friburgo da Helmut Rix : Oskisch-Umbrisch. Texte und Grammatik. Arbeitstagung der Indogermanischen Gesellschaft und der Società Italiana di Glottologia vom 25. bis 28. September 1991 in Freiburg, herausgegeben von H. Rix, Wiesbaden, Reichert, 1993. 2 R. Gusmani, La proposta di Legge per la tutela delle minoranze linguistiche, in La semantica in prospettiva diacronica e sincronica, Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia (a cura di M. Negri e D. Poli), Macerata-Recanati 22-24 ottobre 1992, Pisa, Giardini, 1994, pp. 205-211. 3 R. Gusmani, La ricostruzione geolinguistica alla luce di alcuni recenti apporti in ambito indoeuropeo, in L’indeuropeo : prospettive e retrospettive, Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia (a cura di M. Negri, G. Rocca e F. Santulli), Milano iulm 16-18 ottobre 1997, Roma, Il Calamo, 1998, pp. 107-120.
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paolo di giovine
di un meticoloso labor limae – : l’opzione per la forma “indoeuropeo”, a preferenza dell’uso di “indeuropeo” tramandato da Pisani alla sua Scuola. L’attività di Gusmani nei Convegni della sig non si esaurisce certo in questi momenti ; chi parla ricorda personalmente, a partire dal 1984, la partecipazione assidua del Maestro, che non ha mai fatto mancare il suo sostegno alla Società e negli ultimi anni spesso incarnava la memoria storica – per dir così – dell’istituzione. Al tempo stesso, però, si trattava di una presenza discreta, nel suo stile sobrio, anche negli interventi sulle relazioni – limitati allo stretto indispensabile, e totalmente estranei a quella smania presenzialista che talvolta percorre anche il nostro mondo di studiosi. Se vogliamo cercar di cogliere una sintesi del rapporto tra Gusmani e la Società, e del contributo da lui offerto a tale istituzione, si può individuare un filo ideale che dal momento iniziale giunge fino a ieri : per Gusmani la sig è la linguistica, o meglio la glottologia, come lui la concepisce, e tale istituzione rappresenta probabilmente quella in cui si è più profondamente identificato. Di lui resta, in chi scrive, un ricordo commosso, in occasione della Presentazione del volume in onore del suo primo allievo, ancora una volta per suo espresso desiderio collegata con la sig. Si può allora ben dire, senza tema di smentita, che con Roberto Gusmani si è accomiatato da noi non solo un fondatore, ma anche colui che meglio aveva incarnato la quintessenza della Società Italiana di Glottologia. In punta di piedi, come nel suo stile.
Università di Roma “La Sapienza”
ROBERTO GUSM A NI : UN A NATOLISTA TR A LINGUISTICA E FILOLOGI A
Mar io Negr i
I
llustri Colleghi, cari amici, il tema che la fiducia degli Organizzatori di questa meritoria giornata di ricordo scientifico di Roberto Gusmani mi ha proposto mi è doppiamente caro, e per un ricordo personale del passato, e per il mio presente scientifico. Partendo dal primo, ci spostiamo – labuntur anni – nel 1974. Si teneva infatti allora a Milano il vi Convegno Internazionale di Linguisti. Lo presiedeva Vittore Pisani, Presidente allora del Sodalizio Glottologico Milanese – o quantum nunc mutatus ab illo – ne era Vicepresidente il mio non dimenticato Maestro, Enzo Evangelisti, suo discepolo e successore sulla cattedra di Glottologia della “Statale” di Milano, e segretari Augusto Ancillotti e, quarto non io ma postremo, chi vi parla. Potrà forse rendere soprattutto a chi, per ragioni anagrafiche, non ha avuta la ventura di condividere quegli anni milanesi di fervore scientifico, conto del clima culturale in cui tutto ciò si svolgeva, oltre all’elenco dei relatori ufficiali, che vi fosse ospite d’onore Erika Helm, la figlia di Paul Kretschmer. 1 A Roberto Gusmani, allora già ordinario di Glottologia qui a Udine, era stata affidata la relazione, in “comproprietà” geolinguistica con Pelio Fronzaroli, – sull’Asia Minore e la Mesopotamia come luogo di convergenza e d’irradiazione di lingue e culture. 2 Dello svolgimento del tema dirò qualcosa appresso – soprattutto per rilevare come già allora nel Gusmani fervesse quell’interesse per l’interferenza, e per le dinamiche linguistiche connesse, che avrebbe tanto caratterizzata la sua produzione scientifica successiva, e che ha trasmesso, come linea fondante di ricerca, poi alla sua Scuola. Ma qui interviene un altro ricordo che, a differenza del carattere intimistico del primo, è invece centrale al tema scientifico del mio intervento, così come è sintetizzato dal titolo. Finita infatti la sua relazione, e apertosi il dibattito, si alzò a parlare Piero Meriggi – uno, per ricordarlo a chi non c’era, fra i decifratori di quello che oggi si suole chiamare “luvio geroglifi
1 Di quella dolcissima signora, autrice, per quanto so, di un solitario saggio su “Glotta”, ho un ricordo personale che vorrei condividere con voi : pur essendo, ovviamente, ospite del Convegno (lo posso testimoniare perché ne ero indegnamente, con Augusto, anche “tesoriere”), ci aveva chiesto di essere alloggiata nel più misero degli alberghi, e noi avevamo scelto, di testa nostra – lo ricordo bene anche per quanto ne ebbe a commentare, a cose fatte, Pisani – il “Catto” di via Brera, angolo – i milanesi presenti ne trarranno indicazione – Fiori Chiari. La sera mi ha chiamato, ripetendo “Huren, Huren”. Sono subito corso a salvarla e, con mia sorpresa, invece di volermene, ha serbata tanta gratitudine per il mio intervento, e per la devota ammirazione che avevo dimostrata per suo padre, che mi ha fatto dono di una copia dell’Einleitung, dedicata. Che serbo con devozione. 2 In Paleontologia linguistica, Atti del vi Convegno Internazionale di Linguisti (Milano, 2-6 settembre 1974), Brescia 1977, pp. 91-128.
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co” 1 – visibilmente contrariato, e protestò con vigore contro quello che aveva avvertito come un “attacco” del Gusmani a lui stesso, Meriggi, convintamente e orgogliosamente “neogrammatico”, quando il Gusmani aveva svolta tutta la sua relazione nella prospettiva invece avversa – quella inaugurata per l’area dal Kretschmer, e che era divenuta, qui come per l’Italia antica, il fronte scientifico di Pisani e di chi a lui, come Gusmani, guardava come Maestro – di “Sprachbund” : sicché, a proposito di quel lidio cui aveva dedicato il suo Lydisches Wörterbuch, 2 il Gusmani poteva affermare che “La questione … se il lidio sia o no una lingua anatolica, sarà…da risolversi negativamente, qualora essa sottintenda la derivazione da un mitico Proto-anatolico ; ma se si intende l’appartenenza al gruppo in questione come il risultato di un processo d’integrazione di filoni anche sensibilmente differenti per origine … non c’è motivo di separare il lidio dall’ittito, dal luvio e così via”. 3 Bene, di fronte alle rimostranze di chi, come il Meriggi, riteneva euristicamente indubitabile supporre invece l’esistenza, alle spalle di tutte le lingue “storicamente” anatoliche, di una “protolingua” in rapporto di ascendenza genetica, unico oggetto sottoponibile ad analisi “interna”, 4 il Gusmani, sottilmente, rispose che – cito a memoria, perché stranamente negli Atti di queste battute del dibattito non c’è traccia – “quando faceva il glottologo, si sentiva allievo di Vittore Pisani” (e, aggiungo io, la sua descrizione dell’area linguistica anatolica più pisaniana non avrebbe davvero potuta essere), “ma, quando invece faceva il filologo, il suo Maestro era Piero Meriggi”. Risposta certamente abile, ma che apre, e vorrei rifletterne brevemente con voi, un fronte euristico del maggior rilievo. Molti anni fa, Antoine Meillet, scrivendo l’avant-propos agli studi in onore del suo allora giovanissimo allievo Emile Benveniste, di quel gruppo straordinario di glottologi, figli della sua Scuola, che allora onoravano il Benveniste, “bel ensemble de jeunes gens”, sottolineò, con misurato orgoglio di Maestro, come essi fossero “à la fois, bons philologues et bons linguistes”, e come sapessero “que, apporter du neuf, ce n’est pas appliquer à des faits connus quelque idée générale ayant une apparence d’originalité ; c’est interpréter, d’une manière exacte et per
1 Gusmani utilizza ancora la forma “ittito geroglifico”, giustamente, ma non a questo proposito, indicando nel luvio una varietà sociolinguisticamente “svantaggiata” rispetto all’ittita (p. 97 della sua relazione) : “di diglossia si può casomai parlare a proposito dei rapporti ittito-luvi, visto che con l’andar del tempo penetrano sempre più numerose nei testi ittiti le glosse di tipo linguistico luvio, che vanno probabilmente interpretate come concessioni dello stile burocratico-amministrativo ad un tipo di lingua più vicino al registro popolare”. Ma se questo è vero, come si concilierebbe con l’uso che se ne sarebbe fatto nella forma geroglifica negli editti imperiali ? A mio vedere, la dizione “luvio geroglifico” è, dal punto di vista della storia linguistica, profondamente infelice. 2 R. Gusmani, Lydisches Wörterbuch, Heidelberg 1964. 3 Atti cit., p. 95. 4 Negli Atti, p. 122, si riporta invece la replica del Meriggi, che varrà citare in extenso : “Espresso il più vivo compiacimento per l’organica relazione di Gusmani, che non lascia nulla a desiderare, protesta contro l’espressione duramente polemica “mitico proto-anatolico” dichiarandosi, da buon neogrammatico, al contrario persuaso della necessità di partire dall’ipotesi di un ramo anatolico dell’ie. per tentare di fare una grammatica comparata di queste lingue. Quanto al punto particolare della spiegazione di Parna(s)ov~ = luvio parna-ssas “il (monte) del santuario” o sim. nonostante l’opposizione del compianto amico Kronasser, la ritiene molto verosimile e una conquista in quanto per la prima volta tra la massa di nomi in -(s)so~ d’Anatolia e di Grecia in questo nome si può spiegare il tema”.
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sonnelle, des faits recuillis de première main”. 1 Non aveva certo torto, parlando, fra l’altro, di Pierre Chantraine, Jerzy Kuriłowicz, Louis Renou, oltre che del Benveniste stesso. 2 Epperò, a ben vedere, la “filologia” di cui parlava il Meillet era in parte almeno altra rispetto a quella cui il Gusmani guardava, raccogliendone le tracce dal Meriggi, e giustamente tenendola per condizione necessaria per quel glottologo che, lasciate le ampie e certe vie delle lingue di grande tradizione, si avventurava invece per i sentieri mal tracciati e insidiosi di quelle testimoniate solo da epigrafi, e attraverso scritture o in via di decifrazione o, se decifrate, tuttavia ancora aduggiate da ombre, tanto documentarie – sono le Restsprachen cui il Gusmani, se non m’inganno, volle dedicare un Convegno della SIG 3 –, quanto ermeneutiche. Ché questa “seconda” filologia chieda una confidenza con l’“oggetto” epigrafico, tanto come testo quanto come supporto del testo, che non è evidentemente necessaria per le riflessioni su di una lingua, e sulle manifestazioni di quella, di grande e sicura tradizione letteraria. E proprio di quest’obbligo scientifico, credo, si doveva render conto il Pisani quando, in una recensione “parallela” alla Vergleichende Laut- und Formenlehre des Hethitischen del Kronasser 4 e a Hittite et Indo-Européen del Benveniste, 5 rilevava proprio nel secondo il difettare della filologia tanto più necessaria per quell’area di confine “epigrafico” – oltreché, ovviamente, culturale – tanto invece profonda nell’opera del Kronasser. Era, penso, l’intuizione di un caveat euristico che segnava il discrimine fra le aree linguistiche affrontabili con le discipline “di metodo” e quelle – come la micenologia, o l’etruscologia – che chiedono la competenza “per oggetto”. Le quali, proprio per la loro natura, muovono dai testi, ma subito li eccedono, chiamando in causa la conoscenza complessiva dei luoghi – storici e geografici – anche presenti, delle culture insomma di cui quei testi sono stati il prodotto. Ricordo di una volta in cui, con divertito orgoglio, Gusmani mi ha fatto vedere un giornale turco che titolava “Gusmani è tornato !”. Come un micenologo non può non conoscere bene la Grecia, un anatolista non può – e così faceva Gusmani – non essere frequentatore assiduo della Turchia. Di tutto ciò non ho mai discusso con Gusmani, né – se non per intervalla – ho notizie dirette del suo cammino euristico sulle ardue vie delle tradizioni scrittorie dell’Anatolia indeuropea. Di un caso solo abbiamo in qualche occasione parlato, e cioè delle laringali, su cui, peraltro, eravamo in perfetto accordo (e Gusmani fa cenno al problema, e lo risolve in senso negativo, con un’idea – l’iperadattamento di un suono estraneo alla fonologia dell’indeuropeo 6 – che ribalta in totum
1 A. Meillet, Avant-propos alle Etrennes de linguistique offertes par quelques amis à Emile Benveniste, Paris 1928, pp. v-vii. 2 Inoltre parteciparono alla raccolta R. Fohalle e M. L. Sjoestedt. 3 Die Indogermanischen Restsprachen, Atti del Convegno della sig, Pisa 1983. 4 H. Kronasser, Vergleichende Laut- un Formenlehre des Hethitischen, Heidelberg 1956. 5 E. Benveniste, Hittite et Indo-européen, Paris 1962. 6 Atti, p. 102. Stendendo il testo di questo mio intervento, mi sono ricordato come proprio di laringali io avessi parlato con Gusmani quando l’ho incontrato per la prima volta, nell’Istituto di Glottologia e Lingue Orientali della “Statale” di Milano : un giorno, entrandovi, avevo visto un “giovanotto” che leggeva distrattamente, se ben ricordo, proprio il Lydisches Wörterbuch di Roberto Gusmani. Ma il “giovanotto”, come poi scoprii, era Gusmani stesso. Sicché, proprio perché allora stavo pubblicando la mia tesi di laurea, il cui focus erano gli elementi di possibile “origine” asianica (oggi le virgolette mi appaiono
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l’estensibilità a tutta la fonetica del sistema unitario di questo effimero elemento fonologico. 1 Vorrei ora, fra i molti esempi che suggerirebbe la densa relazione di Gusmani del ’74, trasceglierne uno, a mio vedere particolarmente illuminante sul tema del rapporto tra glottologia e filologia a cavaliere tra le due sponde dell’Egeo. Gusmani conclude il suo intervento proprio affrontando “l’ipotesi di un antico sostrato di tipo ittito-luvio in Grecia e a Creta, anteriore all’arrivo dei portatori dell’indoeuropeismo greco, ipotesi che negli ultimi anni ha trovato non pochi sostenitori”. 2 Gusmani, garbatamente, non lo cita, ma senza dubbio il più autorevole sostenitore di questa tesi, fortemente ridimensionata dal Kronasser, è stato, e allora era, il grande studioso inglese Leonard Palmer, e il libro che più di ogni altro, almeno a mio giudizio, ha diffuso, per la sua cogenza euristica non disgiunta da uno speciale fascino affabulatore, il pensiero del Palmer è stato Mycenaeans and Minoans. 3 Pilastri della tesi del carattere luvio del minoico cretese (che sarebbe appunto quel “pregreco indeuropeo” di cui fa cenno il Gusmani) sono, per il Palmer, da un lato il toponimo Parnassos, che corrisponderebbe all’anatolico Parnassa-, e cioè “relativo alla casa/al tempio” : itt. Parna-), dall’altro – ed è su questo che un poco mi fermerò – l’interpretazione in chiave luvia di min. (j)a-sa-sa-ra-me (e forme connesse), 4 che, nel pensiero del Palmer, corrisponderebbe a un luvio *ašh¢aššaraš-meš “mia Signora”. Dunque – ed è il punto centrale su cui vorrei richiamare la vostra attenzione – Palmer, cui certo non difettava la competenza in materia egea, essendo stato uno dei protagonisti della prima fase degli studi micenei, immediatamente a ridosso della decifrazione, interpretava una forma minoica (dando giustamente per assodata la lettura dei valori fonetici della lineare A alla luce di quelli B) sulla base della sua “etimologia”, peraltro fondando la stessa su di una forma luvia non attestata, ma “ricostruita” sulla base della corrispondente ittita. Un caso esemplare, dunque, di “glottologia senza filologia”, e dunque destinato eo ipso alla perdizione. Se infatti il Palmer avesse analizzate tutte le ricorrenze – ricavandone delle strutture testuali – in cui compaiono (j)a-sa-sa-ra-me (e forme correlate), cioè le cosiddette “formule di libagione”, 5
obbligate) presenti nel verbo greco, gli avevo chiesto se anche lui concordasse con l’idea di Kronasser [VLFLH, pp. 46-49, « Ablaut ist es nicht » (p. 47)], che la 3a plurale ittita asanzi di es- “essere” fosse, come il greco eijsiv (mic. ehensi), fatta sul grado normale, e che la a rispetto alla e attesa si dovesse a una sorta di “armonia vocalica” con la a seguente, esito questo invece atteso di *o ie. (cfr. anche ad-anzi, ap-anzi ecc.). Lui era perfettamente d’accordo, ma mi suggerì, come a mia cautela, di accennare però anche all’idea che questa a inattesa fosse l’esito di una laringale. Ma proprio non ci credeva (vd. p. es. Ittito, teoria linguistica e ricostruzione, in Hethitisch und Indogermanisch, Innsbruck 1979, pp. 63-71= Itinerari linguistici, Alessandria 1995, pp. 3-11). 1 Mi permetto, non senza orgoglio, di ricorda le lusinghiere parole con cui Gusmani accolse in « Incontri Linguistici » un mio saggio sulla stessa materia (« IL », xxi (1998), pp. 35-42 = (in versione inglese) M. Negri, ISTIA LEGKA. Alessandria 2010, pp. 41-49). 2 Atti, pp. 103-105. 3 L. Palmer, Mycenaeans and Minoans. Aegean Prehistory in the Light of the Linear B Tablets, London, 1961, 1965 (ed. it. Minoici e Micenei, Torino 1969). 4 C. Consani, M. Negri (in collaborazione con di F. Aspesi e C. Lembo), Testi minoici trascritti. Con interpretazione e glossario (tmt), Roma 1999, pp. 255, 271. 5 Per la materia, rinvio a G. Facchetti, M. Negri, Creta minoica, Firenze 2003, pp. 127-132.
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avrebbe constatato che il teonimo “principale” delle stesse è rappresentato oltre ogni ragionevole dubbio da (j)a-ta-i-jo-wa-ja (e forme correlate), 1 e che il supposto “teonimo” (j)a-sa-sa-ra-me è invece sostituito nella tavola da libagione SY Za 2 dagli ideogrammi oliv e ole che, in questo caso particolare (e provvidenziale !), rendono evidentemente esplicito il tipo di “offerta sacra” altrove invece indicata col suo nome generico, appunto (j)a-sa-sa-ra-me. 2 Ma ancora : l’idea che la successione lineare A (= lineare B) -sa-sa noti una geminata del modello (-ašša-) va contro tutto quanto sappiamo sulle regole grafiche delle scritture lineari, che non notano mai le doppie. Se poi, ma davvero ad abundatiam, ci volgiamo al côté luvio, non potremo che assentire sul fatto che il femminile di un *ašh¢a- “signore” – ricostruito, non va dimenticato, sulla base di itt. išh¢a- – in questa lingua suonerebbe come alcunché di simile a *(w)ašh¢aršri- e non al *ašh¢aššaraš(meš) supposto dal Palmer. 3 Ma Gusmani, anche in questo caso “buon filologo e buon glottologo”, per parafrasare le parole del Meillet, evidentemente non era stato in alcun modo persuaso dagli argomenti del Palmer. E, come su ho fatto cenno, garbatamente, come era il suo costume, senza dirlo, lo dice. 4
Università Iulm, Milano 1 TMT, pp. 256, 271. 2 Creta minoica, p. 129. Non osta, ma anzi conforta questa interpretazione il frammento IO Za 16, dove l’id. arom è seguito da ja-sa-sa-ra-me che ne esplicita così la destinazione ( “in offerta/dono” vel sim.). 3 Creta minoica, pp. 31-32 (e la bibliografia lì citata). 4 Va da sé che il rigetto dell’idea di un sostrato indeuropeo di ascendenza anatolica in Grecia e a Creta non porta il Gusmani a trascurare la permeabilità fra le due sponde dell’Egeo, collegate, attraverso un mare non ostile alla navigazione, fin dal II millennio a.C., se non prima, da intense circolazioni di uomini, idee, nomi e cose : ed è la stessa dimensione dinamica, interferenziale, che domina tutto il suo Lessico ittito (Napoli 1968), testo da cui davvero mi sono abbeverato.
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ROBERTO GUSM A NI DI FRONTE A LLE SVOLTE TEOR ICHE DEGLI A NNI SESSA NTA Diego Poli
N
ella premessa alla raccolta di scritti di Roberto Gusmani uscita nel 1995, Itinerari linguistici, Vincenzo Orioles trasmette in maniera tanto sintetica quanto precisa la seguente riflessione sull’attività scientifica del Maestro, i cui « contributi […] costituiscono in effetti, come le facce di uno stesso prisma, interpretazioni ed applicazioni di uno stesso rigoroso modello di analisi, che si dispiega in fluida ma concatenata argomentazione su qualsivoglia terreno d’indagine » (p. viii). Ogni tema, infatti, entra nella composizione del complesso di fenomeni di lingua che vengono a partecipare della medesima coerenza, trattati da Gusmani con quell’acume e con quel fermo garbo, caratteristiche della Sua personalità, che Lo mettevano in grado di andare oltre gli apparenti estremi e di renderli conciliabili, per toccare soltanto di rado le punte più vivaci di una discussione venata da polemica. Argomenti all’apparenza distanti, quali il lidio e l’interlinguistica, sono da Gusmani collocati all’interno di un piano sistematico, reso fattuale dalle analisi da Lui proposte e dal modello da Lui suggerito. È una caratteristica della Sua attività scientifica che appare coniugarsi con il fine istituzionale dell’Accademia Nazionale dei Lincei, come è stato colto appieno quando Gusmani vi sarà cooptato come Socio corrispondente nel 2008 per aver promosso, coordinato e diffuso i saperi secondo una visione dotata di coerenza. In effetti Egli dimostra di possedere questa consapevolezza teoretica sulla interrelazionalità dei sistemi sulla quale verranno a fondarsi le riflessioni sul contatto linguistico nel momento in cui, già a partire dai tardi anni ’50, interviene in parallelo sull’insieme delle lingue anatoliche di ii e di i millennio. Nel progresso di quella serie di lavori, Gusmani attribuisce la distanza strutturale fra il protoanatolico e il proto-ittito, dedotta attraverso la decrittazione grafo-fonologica e l’applicazione morfologica, lessicale e antroponimica su altre lingue apparentate – il luvio, il lidio, il licio, il cario -, al distacco dell’anatolico in una fase molto alta della preistoria indoeuropea, senza ravvisare la necessità di ricorrere, secondo l’ideazione di Sturtevant, a due sotto-unità, bensì ipotizzando la conformazione del gruppo microasiatico come un prodotto di processi di creolizzazione. Pertanto le dinamiche del plurilinguismo sono riconosciute dalla Sua acribia su lingue di frammentaria attestazione, per cercarne la conformità in situazioni medioevali, moderne e contemporanee, nell’obiettivo di cogliere generalizzazioni di ordine metodologico. Nel considerare lo sviluppo della riflessione di Gusmani, emerge con evidenza la costante attenzione verso la costruzione di un impianto speculativo atto a fornire la ragione ai fatti di lingua che via via andava studiando e delucidando. Per
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questo è possibile, ad apertura di pagina, rinvenire formulazioni dense di contenuto teorico, che sono rimandi a un percorso sotteso dalla Sua intera produzione. Pur citando a caso, si resta meravigliati dalla pregnanza di ognuna di queste espressioni – « alla base dell’interferenza c’è sempre un concreto atto linguistico », « il prestito comporta sempre ripercussioni sul piano formale », « l’integrazione è connessa con le peculiarità socioculturali dell’ambiente » – che sono estrapolate da contesti argomentativi in cui l’estrema cura filologica verso la documentazione ha fornito l’apparato interpretativo. La confluenza fra l’uomo e lo studioso avviene nel campo della docenza, nel momento in cui l’intersezione della professione del proprio sapere con le aspettative degli allievi viene assunta a verifica del valore formativo. In L’apporto degli studi sull’interferenza alla linguistica storica, del 1992 (ripubblicato in Itinerari linguistici), Gusmani ricorda che, nel chiedere il trasferimento da Messina, dove, dopo avervi conseguito la libera docenza in Glottologia nel 1964, ha insegnato presso la Facoltà di Lettere e filosofia, a Udine nel 1972, l’interrogativo che si era posto riguardava la adeguatezza della didattica, fino a quel momento impostata su argomenti storico-comparativi, per i percorsi curriculari degli studenti udinesi immatricolati alla Facoltà di Lingue e letterature straniere. A distanza di venti anni dall’avvenimento, Egli ricorda che l’argomento prescelto, riguardante la tipologia del prestito, si era imposto alla Sua riflessione « per l’interesse intrinseco che lo studio dei fenomeni d’interferenza può avere sul piano speculativo e metodologico » (p. 147 = p. 241), e non manca di sottolineare la fertilità del rapporto che riuscì a stabilire fra l’aspetto della ricerca con quello della docenza (cf. in proposito anche a p. 3 della premessa a Saggi sull’interferenza linguistica del 1981, ediz. accresciuta del 1986). Questo Lo spinge a esprimere il sentimento di profonda gratitudine verso i Suoi allievi, giacché le loro esigenze Lo hanno motivato ad affrontare la sfida di temi, allora innovativi e avanzati, sorti dal pluriculturalismo. La reattività dimostrata da Gusmani nel corso della Sua vita accademica rappresenta uno stimolo nella attuale contingenza di avanzata crisi della identità culturale che sta sconvolgendo dall’intimo il mondo universitario. La acquisizione aggiornata e la rivisitazione della formazione sono i cardini del processo perseguito con costanza e determinazione. Accanto al Suo indimenticato Maestro Pisani, Egli assume a guida l’Ascoli del quale, contribuendo a riattualizzare il pensiero, riesce al contempo a introdurre le idee più feconde nella discussione aperta al rifondato interesse per la interlinguistica. Le posizioni dell’Ascoli si offrono al vaglio di Gusmani, a partire dai contenuti concettuali di cui dotare lo storicismo che per il primo assolve una funzione antimeccanicistica, per diventare il discrimine con i Neogrammatici, per il secondo diviene il criterio di giudizio attraverso cui valutare le manifestazioni di contatto, per comprenderne lo statuto in coerenza con i processi interni alla « forma linguistica ». Di Pisani Gusmani terrà sempre in considerazione la critica all’applicazione rigida della Stammbaumtheorie, invece della quale preferire la versione più autentica della Wellentheorie dello Schmidt, quella del piano inclinato (schiefe Ebe
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ne), quale metafora dell’effettivo meccanismo dei rapporti interlinguistici e delle condizioni di contatto (All’origine della ‘Teoria delle onde’, del 2004). Nel superare la matrice psicologica e l’impostazione sociolinguistica, la realtà linguistica con cui Gusmani si confronta riporta le indagini alla tipologia dei diversi livelli di interferenza presentati nei rapporti fra segni considerati secondo la prospettiva storica o funzionale o virtuale. La estrema finezza con cui si accosta al materiale sembra discendere dalla capacità esercitata sull’ermeneutica del testo saussuriano, riguardo alla analizzabilità e alla trasparenza rispetto alla metasemia, derivata da una intuizione con l’oggettività, delle entità strutturali (“A proposito della motivazione linguistica”, del 1984 [1985], ripubblicato in Itinerari linguistici). L’immagine plastica e permeabile del sistema illustrato dalle manifestazioni di contatto viene a dispiegarsi nelle possibili catene di conseguenze ravvisabili in prestiti, calchi, derivazioni, composti, imitazioni, induzione di elementi funzionali, neologie, convergenze, avvenute sulle scale valutative del grado di assimilazione dell’acclimatamento o della integrazione, fino a rendere implicita la interscambiabilità fra la nozione affermata, ma assai vaga, di patrimonio comune e l’interlinguistica intesa come « quel settore della linguistica che studia le condizioni in cui si determina il contatto fra lingue e gli effetti che ne scaturiscono » (Interlinguistica del 1987, p. 87). È un richiamo ai « motivi etnologici delle alterazioni del linguaggio » con cui Ascoli – nel 1881 – si distaccava dalla concezione di evoluzione dei Neogrammatici, secondo i quali i cambiamenti sarebbero prodotti dalla « depravazione fortuita delle pronunzie di singoli individui ». I fatti di interferenza possono « contribuire a smascherare taluni idola » e a liberare le considerazioni sulla lingua dalla parvenza di una « illusoria sistematicità », per ricondurre i linguisti a meditare sul problema della concretezza e della produttività del modello (Saggi sull’interferenza linguistica, cf. p. 2 della premessa). Gusmani intende riproporre sulla scia della rifondazione della scienza iniziata da Bacone le ragioni di un insegnamento dottrinario fondato sulla legittimità della sperimentazione che Egli sta conducendo sui meccanismi della interferenza. Riesce in tal modo a pervenire a una elaborazione della interlinguistica nel mentre la sociolinguistica e la linguistica antropologica americana ed europea si trovavano impegnate nel medesimo confronto. Dopo l’impostazione impressa da Uriel Weinreich, a partire dal 1964 John Gumperz e Dell Hymes – con The ethnography of communication – e sempre Hymes – con Language in culture and society – aprono al dibattito con Chomsky sul principio della competenza comunicativa, introducendo la polemica sul presupposto dato per sottinteso della omogeneità di sistema, in una contrapposizione fra l’idealizzazione e la contestualizzazione che finiva per contestare la competenza grammaticale a favore di una competenza d’uso acquisita come modalità d’impiego comunicativo appropriato e abituale delle frasi generate come possibili e realizzabili. Nel passaggio a una considerazione articolata di sistema, come insieme di repertori, domini di comportamento, varietà di codici, interazioni e osmosi, viene ad affermarsi il principio della interferenza di codice e di uso, mentre la teoria formale di William Labov tenta attraverso l’apparato delle regole variabili di con
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dizionare la loro categoricità con i fattori probabilistici derivati da considerazioni socio-etnologiche. In Italia il rapporto dialettico fra storia e lingua è stato indagato sin dal tardo Ottocento : è il divenire provocato da quell’« incrociamento delle stirpi diverse » – così Ascoli si esprimeva scrivendo a Pietro Merlo – che rientra negli impegni di un manifesto non scritto. A questo, pur con sfumature diverse, riportano le Scuole del Novecento, che hanno elaborato vari indirizzi e che hanno assunto svariate denominazioni ; con Devoto di storia linguistica, con Pisani di lingue e culture e con Pagliaro di critica semantica. Programmaticamente aperto alle innovazioni teoriche, Gusmani non è toccato dalla soggezione provinciale alle suggestioni dell’ultima ora, per rivendicare le ragioni della Sua impostazione dottrinaria, fondata sulla solida tradizione europea e italiana che Lo mette in grado di sentirsi già acclimatato nella cognizione della storicità del fatto linguistico cui invece la ricerca americana deve pervenire come risultato di una acquisizione. Basti qui rammentare l’agilità con cui si muove nella puntualizzazione dei termini conoscitivi di ciascuno degli argomenti da Lui portati all’attenzione critica ; nel caso del concetto di interferenza, se per i Neogrammatici esso è il luogo di superamento delle eccezioni e per Schuchardt comporta l’annullamento degli schematismi, per Gusmani è l’immagine della operatività della lingua. Quella operatività con cui il Suo pensiero è in costante riferimento, e attorno a cui invita a riflettere, mettendo in guardia da derive talvolta pericolosamente indicate nella direzione della autosufficienza dell’universo della lingua (Metafore saussuriane, del 1993 [1994], ripubblicato in Itinerari linguistici). Oltre che con l’Ascoli, Gusmani si mette in linea con Baudouin de Courtenay e soprattutto con Schuchardt, così come mostra una alta sensibilità verso i dati delle dialettologie e delle ricostruzioni di altre famiglie linguistiche, in particolare di quella ugrofinnica. Sono respinte le istanze organicistiche, così come i modelli naturalistici e quelli logicizzanti, per privilegiare le situazioni permeabili alla mistione e alla ibridazione, nella consapevolezza – secondo la lezione appresa da Whitney (Interlinguistica, p. 112) – che l’apporto dei sistemi coinvolti è sempre strutturalmente di consistenza differente. Vengono rifiutati i quadri di riferimento assoluti e basati su condizioni di stabilità ottimali, per individuare invece le aree di trapasso e di singolarità di combinazioni. Alla parentela genetica ereditaria si preferiscono le relazioni di secondo e terzo grado, dipendenti da nuovi assetti sociali e da egemonie culturali, risultanti, comunque sia, in combinazioni aggregative altre rispetto al divenire regolare di cellule unitarie. Ogni particolare fenomenologia è calata nella dinamica interrelazionale in cui alcune reazione sono assimilate alla specificità della congruenza corografica dell’Ascoli, così come la sua attenzione verso lo status delle aree laterali dell’indoeuropeo è collegata con la sensibilità per le peculiarità sociolinguistiche delle lingue storiche. È ovvio che tale visione comporta notevoli ricadute sullo stesso piano della ricostruzione di sistemi di lingue comparabili. Dopo la nozione di Sprachbund
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contrapposta dal Trubetzkoy a quella di Sprachfamilie (cf. L’apporto) e dopo i risultati della linguistica areale riconsiderati da Pisani, Bonfante o Porzig, Gusmani distingue fra il prodotto del metodo comparativo-ricostruttivo e il concetto di protolingua comune in esso implicito. Se rispetto al primo è lecito supporre una proiezione astratta di reductio ad unum del significante che mai potrebbe dar corpo a una qualsivoglia parvenza di lingua, la esperienza derivata dalle lingue storiche permette al contrario di dotare il modello di protolingua dei caratteri di varietà caratterizzanti ogni forma di sistema. Rispetto alla conformazione dello stadio soggiacente Gusmani suggerisce di trarre profitto dai risultati della linguistica del contatto, indipendentemente dal fattore genetico primario, e di astenersi dal procedere con il presupposto che, in riferimento al segmento preistorico, la discendenza sia sempre stata lineare e di progressiva differenziazione, per poi, a partire dalle fasi storiche, essere soggetta a interferenze derivate da contatto (Ursprache, Rekonstrukt, hermeneutische Modelle del 1989, ripubblicato in Itinerari linguistici). In coerenza con i criteri stessi di questa prospettiva, Gusmani delinea i limiti del modello di protolingua in riferimento al mondo circostante dei realia extralinguistici – che rende problematici i raccordi con l’archeologia e la paletnologia – e alle ipotesi di mappatura del genoma umano in epoca preistorica – giacché i risultati delle sovrapposizioni nelle etnie e nelle lingue non sono commensurabili (Lingua, cultura e caratteri genetici in un’ottica ricostruttiva, del 2009). La ricostruzione si rivela, piuttosto, idonea al recupero della cultura non materiale, propria del dominio ideologico del discorso mitico, come è ancora riscontrabile nelle testualità di formule appartenenti al linguaggio poetico. C’è infine un ulteriore aspetto che collega Gusmani con gli aspetti maturati negli anni Sessanta. Riguarda l’impegno a favore della comunità civile che Egli, non realizzandolo nella forma di partecipazione attiva alla politica, traspone invero nel servizio esercitato come docente e come ricercatore. Anche in questo Egli si sente accomunato ai modelli di ispirazione, in primo luogo a certe circostanze e ad alcuni atteggiamenti che traspaiono dall’operato di Ascoli (Graziadio Isaia Ascoli : impegno civile e questione linguistica nell’Italia unita del 2003) e di Schuchardt (Hugo Schuchardt come ‘zw/`on politikovn’ del 2003), segnalatisi per un forte sentimento identitario che resta aperto alla tolleranza e alla convivenza plurietnica nonostante alcune concessioni agli sciovinismi all’epoca imperanti. All’interno di un programma di politica culturale, Gusmani esercita una pressante e instancabile azione volta alla tutela delle minoranze linguistiche che ha richiami nell’Ascoli quando Egli avverte la preoccupazione per intromissioni centralistiche e antistoriche che turbino la convivenza interculturale per imporre un esempio egemonico. Ma si tratta anche di una intensa riflessione che Lo convince a segnalare una zona d’ombra nel monitoraggio dei dati sensibili sulla causa dell’abbandono di una lingua quando questa può essere addebitata alla decisione intervenuta nel medesimo parlante. Si è di fronte a un « apparente paradosso » – scrive nel 2001 nel con
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tributo in ricordo di Guido Barbina : “A proposito della legislazione per la tutela delle lingue locali” –, che ovviamente vanifica l’effetto di qualsiasi provvedimento legislativo e che lascia percepire il limite della normativa italiana nell’omologare le situazioni, tralasciando di considerare le rilevanti differenze psico-sociologiche fra i particolarismi di ogni insediamento alloglotta. In un duraturo e costante lavoro ultradecennale, Gusmani ha tenuto aperto uno stimolante dibattito sugli interventi legislativi e sulla applicazione normativa riguardanti le minoranze (I perché di una posizione critica del 2002). In consonanza con la Sua dottrina, si è prodigato nella difesa del pluralismo affinché « ciascuna comunità, piccola o grande che sia, possa integrarsi in realtà più complesse e partecipare così alla costruzione di un comune destino senza sentirsi mortificata nella propria identità » (Processi d’integrazione linguistica nell’Europa di ieri e di oggi del 1993 [1995], ripubblicato in Itinerari linguistici, p. 126 = p. 368). La saldatura nel circuito del Suo pensiero è a questo punto completa. Gusmani ha chiara la percezione del multilinguismo e dell’interscambio derivato da tale condizione di ricchezza che è da proteggere e da regolamentare, perché la pianificazione appartiene alla convivenza civile che deve mettere a profitto le raccomandazioni della sociologia del linguaggio. Ma essa è anche naturale, perché appartiene alla evidenza dei fatti della variabilità dei regimi plurilingui i quali, come Egli è riuscito a dimostrare dedicandovi la parte operosa e produttiva della vita accademica, costituiscono il dinamismo medesimo di qualsiasi sistema.
Università di Macerata
ROBERTO GUSM A NI E IL MONDO SCIENTIFICO TEDESCO 1
Ger har d Er nst
I
l mio intervento su ‘Roberto Gusmani e il mondo scientifico tedesco’ seguirà tre linee direttrici :
L’attività di Gusmani all’università di Erlangen-Nürnberg dal 1958 al 1964. I suoi contatti scientifici con i colleghi di lingua tedesca. Le sue ricerche sulle lingue germaniche, in particolare il tedesco dalle fasi più antiche al tedesco di oggi.
Per la prima parte posso prendere lo spunto da esperienze personali. Quando nel 2008, in primavera, all’occasione di una riunione del Comitato Scientifico del Centro Internazionale sul Plurilinguismo qui a Udine, Gusmani mi invitò a pranzo in un ristorante della città, dicendo che avevamo qualcosa da festeggiare, io non avevo la minima idea di che cosa si trattasse finché mi disse al primo brindisi che esattamente in quel giorno, 50 anni prima, nel 1958 aveva cominciato all’Università di Erlangen-Nürnberg la sua attività di lettore d’italiano. Io allora, nell’estate del 1958, facevo il secondo anno di studi di latino e lingue romanze, e ricordo bene che, nel semestre estivo, venne quel giovane italiano a sostituire come lettore d’italiano la dignitosa e benemerita Signora Weiß. Un vero italiano, appena laureato e solo di poco più anziano di noi, aspettato dagli studenti con gioiosa tensione. I primi contatti furono però una sorpresa : alto, biondo, riservato, anzi un po’ timido, e molto serio non corrispondeva affatto alle nostre aspettative o, meglio, ai nostri pregiudizi su come doveva essere un giovane italiano. E lui, malgrado la poca differenza d’età sapeva mantenere le distanze e un’autorità che non aveva bisogno di basarsi sulla distanza gerarchica. A quei tempi, più di mezzo secolo fa, l’immagine del lettore era molto diversa da quello che è considerato come normale ai nostri giorni. Allora, negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, una università di medie dimensioni, come quella di Erlangen-Nürnberg, disponeva di un solo posto di lettore d’italiano, senza altre ore d’incarico. Questo lettore era l’unico responsabile per l’insegnamento pratico della lingua, che si articolava in solo tre gradini (solo più tardi si passava a quattro) : principianti, progrediti, candidati all’esame di Stato. Sappiamo tutti che nel frattempo l’insegnamento delle lingue straniere si è professionalizzato e che gli insegnanti hanno normalmente una solida formazione professionale specializzata. Ma 50 anni fa i posti di lettore erano occupati nella grande maggioranza
1 Nel mio testo tedesco, se non significa la lingua, equivale, nella maggior parte dei casi, a tedescofono “dei paesi di lingua tedesca”.
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da giovani meritevoli in altre materie – di solito umanistiche – che insegnavano la propria madrelingua ciascuno con il proprio metodo individuale. E l’attività di lettore era considerata come una tappa nella carriera, che avrebbe condotto a mete molto diverse dall’insegnamento della lingua. I risultati di questo tipo d’insegnamento dipendevano in grande misura dall’impegno individuale, dalle competenze e dal talento pedagogico e didattico intuitivo del rispettivo lettore, che non aveva però una particolare formazione professionale nella didattica dell’insegnamento di una lingua straniera. Così anche nel caso di Gusmani, che si dedicava con molto impegno a questo compito per lui probabilmente ancora inconsueto. Ricordando i suoi corsi non posso dimenticare quell’autorità basata sulla seriosità del lavoro e sull’indiscussa competenza nei fatti di lingua. Oltre i normali corsi pratici di lingua un lettore, nell’ambito delle sue 12 ore settimanali obbligatorie aveva la possibilità di tenere corsi monografici a sua scelta. Chi conosce Gusmani come linguista, come glottologo, troverà sorprendenti le sue scelte in questo settore dell’insegnamento, che non erano affatto di linguistica. Bisogna però tener presente che nella coscienza culturale tedesca di allora (come ancora oggi) il canone classico della letteratura italiana era poco conosciuto e così i suoi corsi monografici di letteratura corrispondevano a un vero bisogno degli studenti d’italianistica ed erano molto frequentati. Il mio vecchio libretto di studi mi dice che ho frequentato corsi di Gusmani sulla Storia dell’ottava (due semestri !), su ‘Ideale religioso e passione politica nella Divina Commedia’, sulla poesia del Petrarca (due semestri !) e su Ugo Foscolo. Altri corsi di argomento letterario erano quelli su Machiavelli, su poeti della Firenze umanistica o sui canti di Leopardi. Da non dimenticare finalmente i corsi monografici dedicati alla storia d’Italia o a determinate regioni italiane : ‘Storia del Risorgimento’, ‘L’Italia nel ventesimo secolo’ o ‘L’Italia settentrionale fisica, economica, artistica’. Nella mia vita universitaria ho visto passare tanti lettori d’italiano e di altre lingue. I lettori d’oggi, anche loro normalmente giovani, hanno spesso rapporti sociali molto stretti con i loro studenti, il ‘tu’ tra giovani lettori e studenti è quasi di regola. Certo, erano altri tempi, e le gerarchie sociali erano allora più visibili che oggi. Ma alla distanza dovuta ai modi tradizionali del comportamento tra insegnanti e studenti si aggiungeva nel caso specifico la personalità di Roberto Gusmani. Lui, pur essendo quasi della nostra stessa età, non era un tipo con cui la sera un gruppo di studenti poteva uscire a prendere una birra e a divertirsi. Sapeva mantenere una certa riservatezza che gli meritava i nostri sentimenti di sincera simpatia mista con rispetto per la serietà del suo lavoro. Ciò che noi allora non sapevamo, era il fatto che Gusmani in quel periodo fece già pubblicare i suoi Studi frigi e che stava preparando e terminando il manoscritto del suo Lydisches Wörterbuch, che sarebbe stato pubblicato nel 1964 dalla casa editrice Winter. 1 E, come ho saputo molto tempo dopo da Bernhard Forssmann, nel tempo libero che gli lasciava l’attività di lettore Gusmani era uno dei più assidui frequentatori della biblioteca dell’Istituto di Indogermanistica di Karl Hoffmann. In quel tempo
1 Gusmani 1964a.
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aveva anche contatti scientifici più stretti con un altro specialista della lingua lidia, Alfred Heubeck, che insegnava allora all’Università di Erlangen. 1 Nel 1962 diedi con Gusmani l’esame di stato (la parte pratica), poi le nostre vie si sono separate : io feci a Monaco di Baviera il periodo di preparazione pedagogica, e quando nel 1965 tornai a Erlangen come assistente di Heinrich Kuen, Gusmani era già partito per continuare a Messina la sua carriera accademica di glottologo. Dopo questa data per decenni non ci siamo più visti – con una sola eccezione, che merita di essere brevemente raccontata : io nel frattempo occupavo la cattedra di linguistica romanza a Regensburg. Un giorno la segretaria mi disse che era venuto in mia assenza un professore italiano che aveva chiesto di me e che sarebbe tornato per vedermi. Un’ora dopo qualcuno bussa alla porta – era proprio Gusmani e lo riconobbi subito. Era uno di quelli che nel corso di una lunga vita non cambiano molto nell’aspetto fisico : ancora lo stesso viso di ragazzo, lo stesso sorriso cordiale e riservato nello stesso tempo, la stessa voce inconfondibile dall’accento settentrionale. Ma come mai gli era venuta l’idea di venire a Regensburg ? Ebbi una risposta sorprendente e forse caratteristica : lui si era concesso – come disse – il lusso di una pausa dai lavori amministrativi di Udine per poter lavorare in biblioteca un paio di giorni con calma, certo di non essere disturbato da telefonate importune. E la biblioteca di Regensburg (per la parte indoeuropea era responsabile prima Helmut Rix, poi Gert Klingenschmitt) gli sembrava la più adatta per questa ‘scappatella’ scientifica. Del nostro incontro a Udine ho già parlato all’inizio del mio intervento e così passo dalle esperienze personali a temi più oggettivi come i contatti scientifici con colleghi di lingua tedesca. Tali contatti richiedono una lingua comune, che era nel caso specifico il tedesco. Con ciò non dico che la conoscenza dell’italiano tra gli indoeuropeisti di lingua tedesca è completamente inesistente ; però raggiunge raramente un livello che permette una discussione scientifica con la necessaria precisione e con le indispensabili sfumature. E così per i contatti di Gusmani con i colleghi tedeschi, austriaci e svizzeri il tedesco era di solito il mezzo di comunicazione. A questo punto devo riconoscere che a proposito del suo tedesco parlato non posso dire niente per mia esperienza – un fatto che può sorprendere visti i contatti personali che avevamo da tanto tempo. Non bisogna però dimenticare che io ero suo studente d’italiano e l’uso dell’italiano ci era naturale già dai primi giorni del suo insegnamento a Erlangen. Non ho mai sentito da lui una sola frase in tedesco. Per saperne di più mi sono rivolto a un collega tedesco indoeuropeista, Bernhard Forssman, che mi ha detto che – a prescindere dall’accento, dall’intonazione – il suo tedesco parlato era impeccabile, senza errori di grammatica o di senso e con le necessarie sfumature semantiche. E ciò valeva non solo per la lettura di testi già pronti, ma anche per le discussioni spontanee in occasione dei congressi internazionali. Per le nostre pubblicazioni in altre lingue ciascuno di noi si serve probabilmente in un modo o in un altro dell’aiuto di una persona della relativa madrelingua, farà
1 Cf. Gusmani 1961d.
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almeno controllare il proprio testo ; 1 e così, nella maggior parte dei casi, risulta un testo corretto dal punto di vista della lingua, che non dice molto sul livello delle conoscenze linguistiche dell’autore. Così, senza saperlo con certezza, m’immagino, avrà fatto anche Gusmani per i suoi testi in lingua tedesca, 77 articoli tra il 1962 e il 2005, se li ho contati bene nella bibliografia delle sue pubblicazioni contenuta nella Festschrift del 2006. C’è però un particolare che fa vedere – oltre alla correttezza dei testi – la sua dimestichezza con il tedesco : conosciamo il suo interesse per questioni terminologiche, per una terminologia chiara e coerente. E questo interesse riguardava anche la terminologia linguistica tedesca. In alcune delle sue pubblicazioni si occupa con grande competenza della terminologia delle ricerche tedesche nel campo dei prestiti e delle interferenze. Così, per esempio, nell’articolo del 1993 Typologie des ‘Ersatzwortes’ im Deutschen 2 a proposito di ‘Ersatzwort’, ‘Verdeutschung’, ‘Lehnwort’,‘Lehnbildung’, ‘Lehnbedeutung’, ‘Lehnschöpfung’, dove discute, tra l’altro, le posizioni di Werner Betz e Friedrich Seiler. Nell’articolo su Ursprache, Rekonstrukt, hermeneutische Modelle, pubblicato nella Festschrift W. Meid del 1989 3, discute le definizioni di ‘Ursprache’ e ‘Grundsprache’ e giudica dell’adeguatezza linguistica di certi sintagmi terminologici : “Andere sprechen in diesem Sinn von ‘Grundsprache’ (allerdings scheint mir ein Ausdruck wie ‘einheitliche Grundsprache über den indogermanischen Sprachen’ schon vom Sprachlichen her nicht ganz glücklich)”. 4 L’ottima conoscenza della lingua gli facilitava l’ambientarsi nel mondo scientifico tedescofono. Per questi aspetti, siccome non sono né glottologo né germanista, non posso più parlare per mia esperienza, ma devo basarmi sulle indicazioni contenute nella bibliografia dei suoi scritti e nei testi stessi. Dalla bibliografia risulta che Gusmani partecipava spesso a congressi internazionali che si svolgevano in Germania o in Austria : per non essere troppo lungo, darò un solo esempio tipico per ciascuno degli ultimi decenni : il Deutscher Orientalistentag 1975 a Freiburg, la Österreichische Linguistentagung del 1985 a Graz, il Symposion Eurolinguistik, Berlino 1997, la Fachtagung der Indogermanischen Gesellschaft a Halle nel 2000. 5 Numerosi sono i contributi di Gusmani in miscellanea dedicati a colleghi di lingua tedesca. Nell’ordine cronologico si tratta di Wilhelm Brandenstein, Heinrich Kuen, Günter Neumann, Johann Knobloch, Karl Hoffmann, Karl Oberhuber, Ernst Risch, Rudolf Schützeichel, Wolfgang Meid, Heinrich Tiefenbach. Possiamo, anzi dobbiamo aggiungere i nomi di due scienziati non di madrelingua tedesca, ma le cui ricerche si svolgevano nell’ambiente accademico tedesco, Eugenio Coseriu e Žarko Muljacˇic´. Inversamente, la dimestichezza di Gusmani con il mondo scientifico tedesco si mostra anche nella sua Festschrift, negli Studi linguistici in onore di Roberto Gusmani del 2006, che contengono ben 17 contributi di autori tedescofoni in lingua tedesca. Passiamo ora al terzo dei punti annunciati all’inizio : le ricerche di Gusmani sul
1 A questo punto vorrei ringraziare Simona Fabellini, che con grande competenza ha controllato la lingua e lo stile del mio testo. 2 Gusmani 1993b. 3 Gusmani 1989b. 4 P. 70, nota 3. 5 Cf. Gusmani 1977g, 1988a, 1999a, 2005c.
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le lingue germaniche, in particolare sul tedesco. Vi prego di scusarmi se io, non essendo specialista di questa materia, rinuncio a dare un resoconto dettagliato di questi studi che ci porterebbe anche troppo lontano. Vorrei invece illustrare brevemente due aspetti delle ricerche di Gusmani in questo campo. Innanzitutto, un non-addetto ai lavori sarà stupito del fatto che un indoeuropeista non si limiti alla ricostruzione di lingue sparite da secoli o da millenni oppure a ricerche sulle fasi più antiche delle lingue. Tra gli studi di Gusmani sul tedesco, accanto a studi sull’Althochdeutsch, la prima fase del tedesco, troviamo studi come il piccolo contributo sulla polisemia del verbo irritieren, prestito settecentesco dal francese, la cui semantica cambia sotto l’influsso del tedesco irren, Irrtum. 1 Altrove, per analizzare la tipologia dei prestiti linguistici ed i tentativi di sostituire questi con parole ‘genuine’, cioè autoctone discute i casi di Weinbrand, Bahnsteig, Bahnhof, creazioni lessicali dell’Ottocento. 2 Un altro aspetto caratteristico delle ricerche di Gusmani in questo campo mi sembra il fatto che esse, molto spesso, non sono pensate in prima linea come nuovi contributi alla storia del tedesco o dell’inglese, dagli inizi fino all’epoca moderna, non vogliono riempire una lacuna nella storiografia del tedesco o dell’inglese. Prevale invece l’interesse metodico dell’autore, che vede operare in testi antichi e moderni le stesse forze che agiscono anche su altro materiale, su altri sistemi linguistici e che si rivelano universali. E così ritorna spesso la tematica dei fenomeni di contatto e delle vie dell’interferenza linguistica. E tanto meglio se un contributo centrato sugli aspetti metodici getta una nuova luce sulla storia della relativa lingua o su un testo già conosciuto ma non ancora correttamente interpretato. Prendiamo un esempio relativamente recente, i suoi studi su “Altdeutsche Gespräche”, testo conservato in un manoscritto del 10º secolo ; l’originale data forse del nono secolo. Si tratta dell’abbozzo di un manuale per persone di madrelingua volgare romanza della zona a sud di Parigi, per facilitare loro la comunicazione con persone di madrelingua germanica. Di questo testo Gusmani si è occupato più volte : dopo vari studi preparatori 3 ha pubblicato nel 2000 una nuova edizione del testo e un glossario e nel 2001 un’analisi linguistica. 4 Mi riferisco al saggio del 2005 5, intitolato : ‘Altdeutsche Gespräche’ : Welche Art von Interferenz ?. Il testo presenta per la parte tedesca “un livello di lingua molto vicino al parlato, seppur attraverso un sistema grafico piuttosto inadeguato”. 6 L’opinione comune riteneva le deviazioni della grafia come errori di un autore che disponeva solo di conoscenze rudimentali del tedesco. Con una argomentazione che qui non posso ridare nei dettagli Gusmani rende probabile la possibilità che qui non si tratti di errori individuali del copista e tanto meno dell’autore, ma di interferenze del sistema romanzo su quello tedesco della zona con una popolazione mista e in parte bilingue. E così arriva alla conclusione che questo testo costituisce non solo un prezioso documento della lingua parlata di quel periodo, ma anche una testimonianza di alto valore di un ramo dell’Althochdeutsch altrimenti perduto. 7
1 Gusmani 1989c. 2 Gusmani 1993b. 3 Gusmani 1995d, 1996b, 1997c, 1998b. 4 Gusmani 2000a, 2001b. 5 Gusmani 2005c. 6 Gusmani 2000a, 129. 7 “Die Altdeutschen Gespräche sind also meiner Meinung nach nicht nur ein kostbares Überbleibsel
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Vista la dimestichezza di Roberto Gusmani con la lingua tedesca, con linguisti di madrelingua tedesca e con le loro ricerche, non può sorprendere il fatto, che tra le ricerche di Gusmani troviamo anche studi che riguardano la storia della linguistica nei paesi di lingua tedesca, vista attraverso personaggi come Hugo Schuchardt e Leo Spitzer. 1 In questi contributi alla storia della nostra scienza ritroviamo un’altra delle preoccupazioni di Gusmani : gli aspetti politici e sociali della linguistica, l’obbligo per un linguista di mettersi al servizio della società in situazioni critiche di contatto linguistico, situazioni in cui si pongono problemi di concorrenza, di dominio sociale e culturale, di sopravvivenza linguistica. Con questo breve intervento spero di aver aggiunto una piccola, ma non insignificante pietra al mosaico multicolore della personalità e dell’attività di Roberto Gusmani, che mi è stato maestro indimenticabile del periodo dei miei primi studi d’italiano e di linguistica romanza.
Università di Regensburg der damaligen Sprechsprache, sondern auch das hochwertige Zeugnis eines sonst verschollenen Zweiges des Althochdeutschen” (Gusmani 2005c, 166). 1 Gusmani 1991h, 2003b.
Gusmani e l’interlinguistica Marco Mancini 1.
R
ingrazio gli Amici udinesi, allievi di Roberto Gusmani, per avermi invitato a parlare del Maestro scomparso, qui, nella sede che lo ha visto protagonista della vita scientifica e accademica dell’Università per quasi quarant’anni. Premetto subito che il mio breve intervento, a differenza di quello di altri, non presenterà alcun carattere personale. Con Gusmani, a parte alcuni contatti in seno alla Società Italiana di Glottologia, ho avuto un rapporto di frequentazione quasi esclusivamente scientifica ed editoriale. Per lui ho nutrito, lo confesso, un vero e proprio timore reverenziale testimoniato da un’allocuzione sempiterna in terza persona, un timore misto ad ammirazione che non mi ha mai abbandonato. L’uomo, peraltro, era assai riservato e schivo anche se, talvolta, insospettatamente cordiale, arguto, spiritoso. Lo sanno bene quanti lo hanno conosciuto meglio e più a lungo di me. Nell’àmbito del cómpito assegnatomi – parlare di Gusmani e dell’interlinguistica – proverò a delineare il contributo dello studioso soffermandomi soprattutto su alcune delle sue ricerche storico-linguistiche. Cercherò quindi di inquadrare l’interlinguistica di Gusmani nel più vasto àmbito degli odierni studi sul contatto e sull’interferenza sottolineandone gli aspetti innovativi e originali, frutto a loro volta (questa è la mia semplice tesi) della rielaborazione dell’insegnamento di Vittore Pisani dal quale Gusmani era stato avviato allo studio delle scienze glottologiche. 2. Presso la Scuola di Udine delle quattro accezioni di “interlinguistica” (studio delle lingue artificiali, linguistica contrastiva à la Wandruszka, studio acquisizionale delle interlingue, linguistica del contatto) ci si è dedicati e ci si continua a dedicare con profitto all’ultima, a « quel settore della linguistica che studia le condizioni in cui si determina il contatto fra lingue e gli effetti che ne scaturiscono » (Gusmani 1987 :87). In sostanza “interlinguistica” in tale accezione sta a indicare quel che nella platea internazionale è definita « contact linguistics » anche se, come diremo, con alcune motivate restrizioni nell’applicazione del termine. Il tratto pertinente delle ricerche udinesi è rappresentato dall’attenzione, maturata e sviluppata in numerose iniziative scientifiche, per i problemi dell’interferenza, specie lessicale e, in subordine, fonologica, tra lingue sia del presente sia del passato documentario. Va ricordato che questa somma di interessi è anche all’origine non solamente del “Centro Internazionale sul Plurilinguismo”, sorto nel 1993 in applicazione di una specifica legge dello Stato emanata nel 1991, unico in Italia, ma
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anche di importanti iniziative editoriali quali le Riviste “Incontri Linguistici” e “Plurilinguismo” nelle quali i contatti interlinguistici costituiscono il focus problematico. Molti i volumi, i seminari, gli atti dei Congressi che hanno accompagnato questa attività di ricerca e di promozione culturale. Ne rammento alcuni : i Documenti letterari del plurilinguismo
a cura di Vincenzo Orioles, i Nuovi saggi sul plurilinguismo letterario, sempre a cura di Vincenzo Orioles, i due tomi (che raccolgono atti di diversi convegni) dal titolo Eteroglossia e plurilinguismo letterario,
a cura di Furio Brugnolo e di Vincenzo Orioles, la raccolta di saggi di Orioles, Percorsi di parole, i volumi miscellanei Il Plurilinguismo nella tradizione letteraria latina
a cura di Renato Oniga e Intersezioni plurilingui nella letteratura
medioevale e moderna, a cura di Fedora Ferluga Petronio e Vincenzo Orioles, La linguistica del contatto di Raffaella Bombi, I russismi nella lingua italiana con particolare riguardo ai sovietismi di Orioles.
In questo medesimo àmbito, infine, meritano di essere ricordati il volumetto di Fabiana Fusco Che cos’è l’interlinguistica ? nonché gli atti di seminari specifici quali Lingue speciali e interferenza a cura della Bombi, Mediterraneo plurilingue e Circolazioni linguistiche e culturali nello spazio mediterraneo, entrambi a cura di Vincenzo Orioles e di Fiorenzo Toso,
Ethnos e comunità linguistica : un confronto metodologico e interdisciplinare a cura di Raffaella Bombi e Giorgio Graffi, Processi di convergenza e differenziazione delle lingue nell’Europa medievale e moderna
a cura di Fabiana Fusco, Vincenzo Orioles, Alice Parmeggiani. 1 Alla medesima temperie di ricerca vanno ascritti anche il volume sul Plurilinguismo letterario di Oniga e Vatteroni e Città plurilingui a cura di Bombi e Fusco. 2 Come si può vedere un’attività fruttuosa e molto intensa. Un’attività che ha visto estendere il raggio delle ricerche interlinguistiche propriamente dette a un settore specialissimo che è coltivato solo qui a Udine, un settore che, in occasione della presentazione del Volume per Enzo Orioles Sand carried by a stream, 3 definii della “metalinguistica diacronica”, ovvero lo studio lessicografico della terminologia della linguistica e, in maniera particolare, della interlinguistica. Penso qui ai lavori di Orioles, della Bombi, della Fusco apparsi in questi ultimi anni che hanno analizzato l’origine e la diffusione di termini tecnici quali “lingue speciali”, “parònimo”, “xenismo”, “prestito”, “alloglossia”, “convergenza” e così via. 4
1 Si vedano nell’ordine Orioles 2000, Orioles 2001, Brugnolo-Orioles 2002, Orioles 2006, Oniga 2003, Ferluga Petronio-Orioles 2004, Bombi 2009, Orioles 1984, Fusco 2008, Bombi 1995, Orioles-Toso 2007, Orioles-Toso 2008, Bombi-Graffi 1998, Fusco-Orioles-Parmeggiani 2000. 2 Cfr. Oniga-Vatteroni 2007 e Bombi-Fusco 2004. 3 Il volume (Bombi-Fusco 2009) reca un’accurata bibliografia degli scritti di Vincenzo Orioles dalla quale si evince con assoluta chiarezza l’impronta marcatamente interlinguistica del rappresentante oggi più autorevole della Scuola udinese. 4 Cfr. ad esempio Orioles 1990-1991 (su “convergenza” e “lega linguistica”), Orioles 1994 (sugli apporti metaforici alla terminologia interlinguistica), Orioles 1995 (sul metalinguaggio del plurilinguismo), Bombi 1995 e Bombi 2009 :193-212 (su “lingue speciali”), Bombi 1996 (su “parònimo”, “prestito camuffato”), Orioles 1998 (su “alloglossia”), Fusco 2006 (su “xenismo”) e si vedano anche i saggi di Orioles rielaborati in Orioles 2006 :133-222 (escluse le pagine su “ipercorrezione” e “regressione linguistica” che figurano solo nella prima edizione del 2002).
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3. È del tutto evidente che se l’interlinguistica rappresenta oggi un nucleo tematico specifico e un interesse caratterizzante per i Colleghi di Udine, se tanto è stato fatto e molto continua a farsi in questo settore, ebbene, lo si deve esclusivamente alla personalità scientifica e all’insegnamento di Roberto Gusmani. Accanto all’indoeuropeistica, infatti, alla storia della linguistica (specie aristotelica) e all’anatolistica gli studi sull’interferenza e sul prestito – gli studi interlinguistici – hanno costituito un segmento rilevante della produzione di Gusmani. Gusmani ha fondato questa tradizione così feconda di studi a Udine ; Gusmani l’ha poi trasmessa ai propri allievi. I saggi di Roberto Gusmani che esplicitamente o implicitamente si occupano delle problematiche interlinguistiche costituiscono approssimativamente un terzo della Sua intera produzione scientifica. Un terzo è senza dubbio una quantità notevole, specie se rapportata a una produzione scientifica di per sé imponente con più di trecento pubblicazioni. 1 Questi lavori si collocano soprattutto nella fase centrale dell’attività di Gusmani ; l’ajkmhv si riscontra durante gli anni Ottanta quando uscirono a breve distanza la prima e la seconda edizione dei Saggi sull’interferenza linguistica (la prima in due tomi del 1981 e del 1983 ; la seconda riunita in un solo volume apparso nel 1986 di cui – va detto – si rimpiange la mancanza di un indice delle forme linguistiche). I Saggi erano stati preceduti da numerosi articoli e libri di stampo teorico e descrittivo che, in parte, vi rifluirono. Rammento gli Aspetti del prestito linguistico (Gusmani 1973), i due lavori Per una tipologia del calco linguistico (Gusmani 1974 e Gusmani 1976-1977), quello sugli Aspetti semantici dell’interferenza (negli “Atti S.I.G.” del 1977, Gusmani 1977b) e l’importante Considerazioni sul prestito di morfemi (Gusmani 1976). Abbiamo citato i lavori d’impianto generale, anche perché sono quelli maggiormente noti alla platea dei linguisti. Va sottolineato però che Gusmani, come ogni vero linguista storico, non si accontentò di sintesi di ordine generale. La sua produzione interlinguistica è suddivisa in due sottoinsiemi : i lavori di sintesi dedicati, per l’appunto, alle categorie della linguistica del contatto (con larghissima prevalenza per le tematiche di àmbito morfologico e lessicale) ; i lavori in cui sono analizzate e dichiarate situazioni concrete di interferenza, nei settori più disparati : dai rapporti greco-gotici a quelli slavo-germanici, da quelli greco-latini ai contatti antichi e moderni fra area slava e area romanza nell’Italia nord-orientale.
4. Ed è con una serie di lavori appartenenti a questa seconda categoria che Gusmani cominciò ad affrontare le tematiche interlinguistiche. Probabilmente il suo stesso campo di elezione, la linguistica microasiatica, scenario di interferenze millena1 Faccio riferimento alla Bibliografia degli scritti distribuita in occasione dell’incontro del 19 novembre 2010 a cura del Dipartimento di Glottologia e Filologia classica dell’Università di Udine. Il fascicolo aggiorna la bibliografia pubblicata in Bombi-Cifoletti-Fusco-Innocente-Orioles 2006 :xxix-xlvi.
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rie fra lingue indoeuropee e non indoeuropee (si pensi ai lavori sulla trilingue di Xanthos o sui prestiti iranici in lidio), 1 lo rese fin dall’inizio avvertito verso le questioni del contatto. È in àmbito germanistico che si annoverano i primi studi dedicati esplicitamente al prestito : Integrazione dei prestiti latini e greci in gotico (che confluirà poi nei Saggi) è del 1971 (Gusmani 1971b). I rapporti fra il gotico e le lingue classiche costituiranno sempre un banco di prova delle riflessioni di Gusmani sulle tipologie di prestito ed esempi gotici costellano di continuo le sue pubblicazioni sull’interferenza. Lo stesso dicasi per i rapporti slavo-germanici : in questo settore l’intento di Gusmani era di mostrare, attraverso casi concreti di prestiti e di calchi, l’esistenza di influssi altotedeschi antichi (specie bavaresi) nella formazione del canone linguistico-traduttivo del paleoslavo, influssi che costituirono una tradizione minoritaria ma pur sempre rilevante rispetto a quella greco-ortodossa. Si pensi a lavori esemplari come quello sull’accezione ristretta al solo àmbito della confessione di paleosl. ispoveˇdeˇti la cui particolare semantica è ricavata dalla coppia ispoveˇdıˇ ispoveˇdıˇnuˇ, a sua volta calco, secondo Gusmani, dell’altoted. bigiht bigihtı¯g (cfr. Gusmani 1985). Questo articolo indusse Gusmani ad approfondire le proprie ricerche e a pervenire alle importanti conclusioni contenute in L’influsso tedesco nella formazione della terminologia religiosa slava (Gusmani 1993). Qui viene individuata una tradizione di contatti interlinguistici slavo-germanici presso le diocesi tedesche anteriore all’opera missionaria di Cirillo e di Metodio tale per cui « alcuni testi o singoli termini religiosi d’influsso occidentale possono essere confluiti per questa via nel patrimonio slavo ecclesiastico antico » (Gusmani 1993 :67).
5. A leggere con attenzione la bibliografia degli scritti di Roberto Gusmani ci si convince immediatamente che alle origini di questi suoi specifici interessi (che in Italia, specie in àmbito sostratista e dialettologico, godevano di un certo favore ma in misura tutto sommato superficiale) 2 si collocano due fattori, uno di àmbito strettamente scientifico o, se si preferisce, “di scuola”, il secondo, per sua stessa ammissione, congiunturale, legato alla sua carriera didattico-accademica e al momento del Suo passaggio dall’Università di Messina a quella di Udine (che avvenne nel 1972). Riguardo a questo secondo fattore Gusmani scrisse tempo fa nel lavoro L’apporto degli studi sull’interferenza alla linguistica storica (comparso negli Atti del Con
1 Cfr. sugli iranismi Gusmani 1971a (il lavoro di Gusmani è stato ben utilizzato da Schmitt 1982 e si è rivelato prezioso nell’analisi di un famoso passo di Erodoto sulla morfologia dei nomi persiani, cfr. Mancini 1991), sulla trilingue di Xanthos vedi Gusmani 1975, Gusmani 1977a, Gusmani 1978, Gusmani 1979 ; Gumani 2010, uno degli ultimi scritti del Maestro a comparire a stampa, è un bilancio delle ricerche nel settore microasiatico nell’ultimo trentennio (con un significativo verso in epigrafe : « ad amores iuuenis senem redire »), incluso ovviamente il lidio cui Gusmani aveva continuato a dedicarsi negli anni Ottanta (assieme al licio e al luvio), anche in vista della pubblicazione dei tre fascicoli di supplemento (Gusmani 1980, Gusmani 1982, Gusmani 1986b) al Lydisches Wörterbuch apparso nel 1964 (Gusmani 1964). 2 Cfr. Mancini 2000 e Mancini in stampa.
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vegno Linceo organizzato nel 1991 da Tristano Bolelli su La posizione attuale della linguistica storica nell’ambito delle discipline linguistiche) : « quando, quasi vent’anni fa – scriveva –, chiesi il trasferimento dalla cattedra di glottologia che ricoprivo a Messina a quella che era stata appena istituita a Udine, lo feci non senza perplessità perché si trattava di passare da una Facoltà di Lettere, ove l’insegnamento di quella disciplina poteva mantenere la tradizionale impronta indoeuropeistica della scuola presso cui mi ero formato, ad una Facoltà di Lingue e letterature straniere, i cui studenti avevano inevitabilmente preparazione e interessi alquanto diversi […]. Passai così diverse settimane a riflettere sui possibili argomenti del mio primo corso udinese e alla fine mi decisi per la tipologia del prestito, un tema che mi parve particolarmente idoneo a far acquisire familiarità sia con la metodologia della linguistica storica sia coi problemi più generali della speculazione linguistica, facendo leva proprio sull’esperienza maturata dagli studenti nello specifico curriculum di una Facoltà di lingue » (Gusmani 1992 :147). A nostro avviso, tuttavia, se questa poté ben essere la causa occasionale che indusse il Maestro a riservare da allora in poi una attenzione particolare ai fenomeni del contatto e dell’interferenza linguistica, ben più solido e, direi, più radicato appare il primo fattore e cioè l’insegnamento di Vittore Pisani, un magistero che già altri hanno evocato a proposito degli studi indoeuropeistici di Gusmani. Ma per poter apprezzare quanto a nostro giudizio Roberto Gusmani dovesse al Suo Maestro milanese nel campo dell’interlinguistica occorre prima situare i Suoi studi nel panorama della moderna linguistica del contatto.
6. Yaron Matras in apertura del volume Language Contact scrive giustamente : « it is my impression that much work has ended to focus on the implications of language contact to the inner coherence of language ‘systems’, while the perspective of the bilingual individual, which has stood so much in the foreground of Weinreich’s (1953) work, seems to have been demoted » (Matras 2009 :2). Convengo con Orioles (nella sua premessa alla ristampa della traduzione italiana di Weinreich) che l’enfasi sull’aspetto strettamente individuale è, in realtà, molto relativa in Languages in Contact ; prevale semmai l’attenzione alle condizioni paradigmatiche dell’interferenza in atto : « l’adattamento o assimilazione di un elemento alloglotto – commenta Orioles – era stato certamente toccato in molti studi sul “prestito”, ma Weinreich ha da una parte il merito di aver tolto carattere impressionistico a queste annotazioni, costruendo una griglia strutturale di trattamenti, dall’altra presta il fianco a qualche riserva per il fatto di affidarsi a criteri di natura prevalentemente formale » (Orioles 2008 :xxiii). In ogni caso la constatazione di Matras è particolarmente convincente se si pone mente al grande lavoro che è stato fatto nell’ultimo trentennio sia sui meccanismi dell’apprendimento di L2 sia, soprattutto, sull’individuazione dei percorsi strutturali che regolano i processi dell’interferenza linguistica. I lavori sul code-switching e sul code-mixing nelle comunità ispanofone statunitensi della Poplack e della Silva-Corvalán (cfr. rispettivamente Poplack 1980, Silva-Corvalán 1994), ad esempio, hanno iniziato a lumeggiare le condizioni sistemiche (e i vincoli che ne discendono) sulle produzioni linguistiche di parlanti
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bilingui. Lungo la medesima direzione si colloca un altro volume fondamentale di Jeffrey Heath, From Code-Switching to Borrowing : Foreign and Diglossic Mixing in Moroccan Arabic (Heath 1989). Alcuni di questi studi, molto interessanti, provengono anche dall’àmbito italiano come quello di Dal Negro-Molinelli sui repertorî plurilingui della comunità walser (dal Negro-Molinelli 2002) o quello della Alfonzetti sulla commutazione lingua~dialetto a Catania (Alfonzetti 1992). Il code-switching e il code-mixing, inoltre, sono da tempo oggetto di diversi lavori sociolinguistici di Gaetano Berruto. 1 Al giorno d’oggi, volendo semplificare, in àmbito interlinguistico si fronteggiano due impostazioni fondamentali : da un canto quella che scorge nel contesto storico-sociale il fattore primo di condizionamento del contatto e che fa capo ai lavori di Sarah Thomason (Thomason 2001, Thomason 2008), dall’altro quella che studia gli aspetti interni che regolano gerarchie di accesso e transfer nelle competenze dei bilingui. Questa seconda corrente di studi, a sua volta, è articolata in “scuole” e “modelli” differenti ; non mette conto ricordarle tutte. Le recenti discussioni suscitate dal modello “MLF” (“Matrix Language Frame”) escogitato da Carol Myers-Scotton (probabilmente il tentativo più serio e coerente di individuare un’architettura complessiva che soprintenda ai fenomeni interlinguistici, cfr. Myers-Scotton 2002), discussioni cui hanno partecipato numerosi studiosi tra i quali Gaetano Berruto, Peter Auer, Van Coetsem, Sarah Thomason, Donald Winford, 2 hanno dimostrato la grande difficoltà che esiste nell’individuare una qualche cornice di riferimento teorico comune. Ne consegue la prevalenza di quella che Winford ha chiamato la “territorialità” dei cultori dell’interlinguistica : « in general, researchers tend to define the field in terms of their particular concerns, or in opposition to other areas of their own area of interest » (Winford 2007 :22). Di qui la frammentazione in tanti settori : creolistica, bilinguismo, commutazione di codice, obsolescenza linguistica. Non ostante un panorama così variegato, tuttavia, una cosa risulta certa : l’attenzione degli studiosi si è focalizzata pressoché esclusivamente sugli aspetti strutturali del contatto e sul funzionamento dei relativi meccanismi di compenetrazione intersistemica dei codici coinvolti. Oso dire che in un simile contesto la posizione degli studi di Gusmani è assolutamente peculiare e originale.
7. L’aspetto più interessante della teoresi di Gusmani, infatti, non giace tanto nello studio delle condizioni sociolinguistiche (alle quali non dedicò poi molto spazio) né in quello delle condizioni rigidamente strutturali del prestito (non casualmente i suoi lavori sull’integrazione fonologica si contano sulle dita di una mano). È soprattutto il prestito di lessemi e di morfemi ad averlo interessato. La ricca tipologia individuata nel corso dei suoi lavori non appare però mai fine a sé stessa. 1 Vedi almeno Berruto 2001, Berruto 2005a, Berruto 2005b, Berruto 2006. 2 Vedi Berruto 2004, Auer-Muhamedova 2005, van Coetsem 2000, Winford 2007, Thomason 2008.
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Lungo la linea di Einar Haugen (Haugen 1950) parlare di prestiti adattati e non adattati in funzione del loro grado di integrazione (diverso da quello di acclimatamento), parlare di prestiti ripetuti, apparenti, camuffati, di calchi semantici, di calchi strutturali, di induzione di morfemi, solamente per citare le nozioni oramai entrate nel nostro uso corrente, parlare di tutto ciò ha per Gusmani un solo scopo : mostrare l’azione creativa dei singoli parlanti nella ricezione dei prestiti assunti dalla “lingua-modello” nella loro rispettiva “lingua-replica”. Un simile approccio, seppure all’interno di un modello diverso basato sulla nozione di grammaticalizzazione, rammenta la « grammatical replication as creative activity » di cui trattano Heine e Kuteva in diversi saggi (vedi da ultimo Heine-Kuteva 2005). Per Gusmani l’interferenza rientra pienamente nella sfera degli atti linguistici individuali : « l’interferenza – scrive –, così come l’abbiamo definita, si realizza dunque nella concretezza della “parole” : non sono infatti i sistemi linguistici nella loro astrattezza a interferire, a dar luogo a incroci, bensì è il parlante che può combinare nei propri atti individuali elementi di appartenenza diversa » (Gusmani 1986a :138). Questa premessa teorica non sembrerebbe differire granché dall’impostazione di Weinreich. Ma si tratta di una somiglianza apparente. Ciascun fenomeno studiato da Gusmani, infatti, mira a ricostruire il processo “mimetico” del parlante traverso cui « ricompone nel proprio sistema linguistico l’immagine del modello straniero ». Il parlante prima di adattare interpreta il modello straniero. Per conseguenza – osserva Gusmani – « il prestito non è in sostanza che un aspetto, una manifestazione della creatività di una lingua », il prestito rientra fra quelle innovazioni « che hanno le loro radici nell’atto linguistico individuale » (Gusmani 1986a :13). Sul piano diagnostico ed euristico « l’elemento decisivo per il riconoscimento di un fenomeno di interferenza non è tanto l’aspetto dell’elemento linguistico in questione bensì la circostanza che si possa dimostrare o almeno render probabile un rapporto d’imitazione tra tale elemento e un suo idoneo modello alloglotto » (Gusmani 1987 :91). Se si leggono i contributi di Gusmani alla luce di questo semplice ed efficace assunto teorico essi si dispiegano ai nostri occhi in tutta la loro limpida coerenza. I fenomeni di integrazione sono fenomeni di intervento del parlante sul materiale alloglotto. Una volta prodottisi vanno seguiti nelle diverse fasi di “acclimatamento” ossia di diffusione tra i membri della comunità linguistica. Si potrebbe dire che lo studio della creatività del parlante si identifichi con lo studio del gradiente di distanziamento dal modello : creatività e distanza sono direttamente proporzionali. Tra i due poli prototipici, da una parte la replica perfetta (l’occasionalismo che discende dal code-switching vero e proprio), dall’altra la paretimologia (che interviene sul significante movendo, come insegnava Belardi, da una reinterpretazione ideologica della forma del significato, Belardi 2002 :460-502) si colloca un continuum di fenomeni di integrazione dei prestiti che comprovano, a vario titolo, le capacità ri-creative dei parlanti. I calchi strutturali di derivazione (ital. stella stellina, cfr. ingl. star starlet), di composizione (ital. pellerossa, cfr. franc. peaurouge), i calchi sintematici (ital. in buona forma, ingl. in a good shape, piuttosto che in fine form), alcuni perfetti (ted. Kettenraucher “fumatore accanito”, cfr. ingl. chainsmoker letteralmente “fumatore a catena” con uno spe
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cifico calco semantico), altri imperfetti (ital. luna di miele cfr. ingl. honey-moon), i semicalchi (ital. campanilismo, cfr. franc. esprit de clocher), i restringimenti connotativi nell’induzione di morfemi (cfr. ital. -ardo con valore peggiorativo per analisi morfopragmatica di sostantivi francesi come bâtard, vieillard) e nell’adozione dei prestiti (ital. albergo < gotico haribergo “alloggiamento dell’esercito”, port. palavra “parola” > ted. Palaver “ciancia”, la serie ingl. ox~calf~sheep vs beef~veal~mutton di origine francese), le diverse forme di Einreihung morfologica, sono tutti fenomeni nei quali si manifesta la creatività dei parlanti. 8. Soprattutto nello studio dei cosiddetti “prestiti apparenti” (Scheinentlehnungen) Gusmani ritenne di poter cogliere questa dimensione ri-creativa dei parlanti. Gusmani vi dedicò uno specifico lavoro (oltre a un capitolo dei Saggi) 1 in cui analizzava casi come ted. Sportler, ted. Chefin, lat. sacerdotissa, sino ai tipi ted. Friseuse, Blamage e, naturalmente, ai “falsi esotismi” come l’ital. autogrill o footing. In questo àmbito fece poi rientrare anche i “prestiti decurtati” (ital. basket < ingl. basket-ball, ital. cocktail < ingl. cocktail party ecc.) e gli appellativi che discendono da nomi propri, siano essi antroponimi (ital. biro < ungh. Biró) o toponimi (ital. damasco < tela di Damasco). Questa tipologia di prestiti implica un intervento di analisi e di segmentazione del modello straniero nonché di ricomposizione. Se ne deduce l’importanza della “forma interna” dei prestiti, come la definisce con una suggestione humboldtiana Gusmani, per comprendere l’effettiva natura dell’imprestito : l’organizzazione dei significati prima ancora che la “forma esterna” è la via maestra per intendere appieno il lessico di origine alloglotta : « je tiefgreifender die Kontakte zwischen zwei Sprachen gewesen sind, desto häufiger können ‘Scheinentlehnungen’ begegnen. Das bedeutet auch, dass das fremde Aussehen überhaupt keine Gewähr für die Rekonstruktion eines entsprechenden Wortes in der Modellsprache ist. Aus dem Dargelegten ergibt sich ferner, dass die wiederholten Versuche, aufgrund der phonologischen Struktur und andere äusserer Merkmale das Lehngut einer Sprache zu erkennen, zum Scheitern verurteilt sind. Die abweichende Struktur, das fremde Aussehen der Wortelemente (und so weiter) sind höchstens Indizien, dass ein Lehnwort vorliegen kann » (Gusmani 1979 :369). Lo studio della “forma interna”, in quanto attiene alla riorganizzazione della forma del significato, implica dunque l’interpretazione “attiva” da parte dei parlanti. Se la riorganizzazione si estende anche alla grammatica, come nel caso della rianalisi e della conseguente induzione dei morfemi, gli effetti possono essere ancora più profondi : « mentre una penetrazione lessicale anche molto estesa può non intaccare affatto le strutture fondamentali di una lingua (è questo il caso, per esempio, degli arabismi in turco), l’interferenza di forma interna comporta sempre una ristrutturazione e può quindi alterare anche la grammatica d’una lingua, sia attraverso la creazione di categorie prima ignote che attraverso la perdita di categorie esistenti » (Gusmani 1986a :288). E questo, come ogni altro intervento semantico e formale dei parlanti
1 Cfr. Gusmani 1986a :99-116.
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sul materiale alloglotto, si ricostruisce processualmente e, dunque, storicamente. La traccia dell’integrazione dei prestiti è una traccia storica : « die Lehnwortforschung ist synchronisch kaum zu begründen » (Gusmani 1979 :369). 1
9. Descritta sommariamente la metodologia adottata da Gusmani nelle sue ricerche interlinguistiche, siamo in grado di tornare al nostro assunto di partenza, l’eredità di Vittore Pisani. Una prima constatazione, intanto. Non può essere casuale che analoghe sensibilità per il prestito interlinguistico, specie in ambito lessicologico, si riscontrino in un altro allievo di Pisani, Giancarlo Bolognesi. Seppure meno portato verso l’analisi minuta delle tipologie degli imprestiti e verso lo schematismo astratto, Bolognesi dedicò gran parte della propria attività in campo orientalistico a individuare e spiegare gli innumerevoli calchi strutturali dell’armeno sulla linguemodello iraniche, in primo luogo sul partico. Ricordandone anni fa la figura osservavo : « risale senz’altro alla teoresi e alla pratica etimologica di Pisani questa sua sensibilità per il fatto linguistico individuale piuttosto che per l’astrattezza delle strutture linguistiche, per la parole prima ancora che per la langue » (Mancini 2008 :36). Data per scontata la impostazione storico-comparativa, anche Gusmani, nei suoi lavori interlinguistici, mostrò sempre una forte predilezione per lo studio degli atomi lessicali e per l’attività linguistica dei singoli parlanti, per quella che lui stesso chiamò la loro creatività. Non tanto la langue, quanto la parole e i processi che concorrevano ad attualizzarla sembrarono interessarlo. Ciò ha contribuito senza dubbio a rilevarne l’originalità in àmbito internazionale e a individuarne lo specifico apporto agli studi moderni di interlinguistica. Lo si è sottolineato a sufficienza. E in ciò agì soprattutto l’eredità di Vittore Pisani. In lui, più che il Pisani teorico della lingua come sistema di isoglosse, influì in modo potente il Pisani autore del famoso saggio del 1940 dal titolo Geolinguistica e indeuropeo (uscito come “Memoria” dell’allora Reale Accademia dei Lincei). Qui,
1 L’assoluta prevalenza dell’approccio sincronico nei confronti delle problematiche del contatto rischia sovente di alterare la corretta prospettiva di studio dei fenomeni. Ciò, ad esempio, è particolarmente evidente nelle pagine che Myers-Scotton dedica al prestito lessicale (borrowing) in aperta polemica con la posizione ‘esogena’ di Thomason-Kaufman 1988. L’impossibilità di poter ricorrere al componente fonologico onde distinguere l’esistenza di strati cronologicamente e sociolinguisticamente diversi di prestito conduce l’autrice ad ammassare in un unico recipiente indifferenziato il prestito lessicale sino ad affermare che « serious lexical borrowing requires a critical mass : it happens when persons who are well connected in the society adopt the new words. In addition, borrowing is helped along when large numbers of persons in the same society have some measure of bilingualism, because if speakers care about being understood, other societal members have to be bilingual enough to understand the imported words when they are first used » (MyersScotton 2002 :238). Ma la fonologia e la stessa morfologia del prestito, come tra gli altri ha dimostrato più di una volta proprio Roberto Gusmani, documentano l’esistenza di processi integrativi che non necessariamente presuppongono parlanti bilingui. In altri termini un massiccio afflusso di prestiti non necessariamente discende dal code-switching di parlanti bilingui e, dunque, non necessariamente si spiega come emersione di ‘isole’ proprie della ‘lingua incassata’. Altrimenti – per citare esempi ben noti – occorrerebbe pensare che la maggior parte degli armenofoni fossero bilingui con L2 partica o che lo stesso dovesse valere per i parlanti medioinglese successivamente all’epoca della conquista normanna.
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in aspra polemica con le note tesi di Meillet che sostenevano l’impermeabilità dei sistemi linguistici specie a livello della struttura grammaticale (« un peuple accepte l’ensemble d’une autre langue ou d’un autre dialecte, et non pas des faits particuliers », Meillet 1934 :36 ; un cenno alla “stabilità” delle grammatiche si ha anche nelle lectures di Oslo sulla Méthode comparative en linguistique historique, cfr. Meillet 1966 :36), Vittore Pisani, dichiarando errata una simile idea, convinto « della necessità che nello studio dei fatti propri di una lingua non venga mai persa d’occhio la possibile origine straniera di essi fatti » (Pisani 1940 :118), si diede a passare in rassegna tutta una serie di fenomeni fono-morfologici dovuti a quella che oggi definiremmo interferenza, anche strutturalmente profonda, tra lingue. Specialmente nel IV capitolo della prima parte del saggio, intitolato “Irradiazione e innovazione”, Pisani appuntò la propria attenzione sull’operato dei singoli individui bilingui, dedicandosi successivamente « alla osservazione dei rapporti fra lingua individuale – nel nostro caso quella dei bilingui – e lingua collettiva » (Pisani 1940 :209). L’imitazione e l’adozione corrispondono alle due tipologie di ingresso del prestito secondo un modello generale dell’innovazione linguistica che ritroveremo nella teoresi di Coseriu (altro allievo di Pisani). 1 Il mutamento per contatto può essere intensionale in tutti gli atti linguistici di un individuo (“innovazione” come “trasformazione proporzionale”), o estensionale propagginandosi a quote crescenti del vocabolario (“irradiazione”) del medesimo individuo (una sorta di lexical diffusion). Si noti che Pisani, fra l’altro, parlò di una “propagazione” ad altri parlanti di questi mutamenti secondo due diverse modalità che sembrano adombrare la bipartizione introdotta da Gusmani fra “integrazione” e “acclimatamento” e che, come ha fatto notare Raffaella Bombi, ha dietro di sé una lunga storia terminologica (Bombi 2009 :243-259) : « ci sono delle forme adoperate da pochissimi in tutti i secoli in cui una lingua è testimoniata, e che non di meno appartengono di diritto a quella lingua ; come ce n’è altre che, pur usate da molti in un certo periodo, vengono sentite estranee ed espulse e perciò muoiono, al più tardi, col morire di quegli individui » (Pisani 1940 :210). Non si può dubitare che in Gusmani la nozione del prestito linguistico inteso come imitazione individuale nel parlato dei bilingui si fondi sull’insegnamento di Pisani. Gusmani, tuttavia, ampliò, approfondì e perfezionò le intuizioni del Maestro. Non vi è chi non veda, in effetti, l’enorme differenza che corre tra le poche (e forse frettolose) pagine dedicate da Pisani al prestito nel volume sulla Etimologia (Pisani 1967 :65-83) e le centinaia di analisi etimologiche e di riflessioni generali che costituiscono il nerbo della interlinguistica di Gusmani. Epperò, come sempre accade nelle migliori tradizioni scientifiche, esiste una indubbia linea di continuità che da Pisani giunge alle rielaborazioni di Roberto Gusmani. E, attraverso di lui, alla felice produzione della sua Scuola udinese che va dedicandosi con notevole profitto alle tematiche della interlinguistica. Una simile continuità è prova essa stessa della bontà dei risultati via via conseguiti. Non sarebbe dispiaciuto a Gusmani, credo, apporre come motto alla Sua opera infaticabile di studioso fecondo e di prolifico Maestro quelle parole di Goethe
1 Cfr. Coseriu 1981 :49-78, Coseriu 1983 :56-59.
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che proprio Pisani utilizzò a proposito della « verità trascendente » che secondo lui filtrava dalla Introduzione alla Neolinguistica del Bàrtoli : « was fruchtbar ist, allein ist wahr ».
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Università della Tuscia, Viterbo
GLI “INCONTR I LINGUISTICI” Fr anco Cr evatin
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ingrazio innanzitutto e saluto la Signora Gusmani, le colleghe e i colleghi. Ebbene, permettetemi di dirvi una cosa di ordine personale e cioè che io sono amico di Roberto Gusmani da prima che lui venisse a Udine. Il fatto personale sarebbe nulla rispetto però a quello che sto per dirvi : per quanto io mi sforzi, non riesco a ricordare una volta che sia una nella quale io abbia parlato con Roberto di questioni scientifiche, mai. E allora voi potreste dire : in questi decenni di che avete parlato ? La risposta è : di tutto il resto. Per cui in quella che è la mia sintesi, toccherò, se mi è consentito e nei limiti imposti da quello che era il carattere riservatissimo di Roberto, soprattutto l’aspetto umano della persona, non l’aspetto scientifico ; a questo ci hanno pensato gli altri. Bene, quando Roberto venne, si trovò di fronte ad un problema evidente, a Udine, intendo : lui, indoeuropeista, si trovava in una Facoltà di Lingue, dove se avesse detto una parola in greco, sarebbe stato gentilmente ma fermamente accompagnato all’uscita. Da questo punto di vista egli si trovava nella situazione in qualche modo di ripensare una serie – come devo dire – di interessi scientifici, ma soprattutto didattici. Siccome non esisteva la biblioteca dell’erigendo Istituto di Glottologia, egli veniva spesso a Trieste, nell’antica biblioteca del mio istituto, semplicemente per guardare le riviste, consultare dei libri e così via, finché nacque l’idea di riunire, per così dire, i linguisti di Udine e Trieste attorno ad un tavolo, trovarsi per discutere di vari argomenti (rimando all’Appendice documentaria). Il primo a parlare è stato Roberto, poi mi sono infilato io, poi si è incuneato, non ricordo se per terzo o per quarto, l’indimenticato amico ed ex preside della Facoltà di Lingue, Paolo Zolli, il muscolare Giovanni Frau, che ci ha afflitto con i nomi dell’arcobaleno. E poi giù giù tante altre persone, tanti cari amici, Mario Doria, Manlio Cortelazzo, che ricordo a tutti noi con l’affetto e la stima che merita ; anche Giovan Battista Pellegrini fu ospite di questi incontri orali. Io ho l’impressione che fu proprio a casa di Roberto, una sera, che venne fuori, credo su mia proposta, l’idea di trasformare questi incontri da orali in scritti : ecco, è su questo che io in realtà mi fermerò, perché vi farà, spero, apprezzare alcuni aspetti del carattere umano di Roberto e le caratteristiche che gli erano proprie. Quando dunque si decise di metterci su questa strada, Roberto scelse subito, per così dire, la via più semplice, cioè disse : “inutile metterci nelle mani di un tipografo e di un editore tradizionali, perché quello ci farebbe pagare un occhio della testa e in più non controlleremmo, per così dire, l’aspetto tecnico dell’edizione”. Fu per questo che scegliemmo una piccola tipografia locale, presso la quale andavamo personalmente a prendere le bozze e in qualche caso addirittura a correggere i contributi lì sul posto e c’era un simpaticissimo ragazzo, il cui nome adesso affonda nella palude della mia smemoratezza, il quale batteva con la limetta e
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scendevano i pezzi di piombo. Era una cosa emozionante e mancavano sempre dei segni. Ad un certo punto la tipografia acquistò i caratteri greci ma ci dissero : “Ma come, volete scrivere anche in greco ? Costano tanto queste cose !”. Questo ci consentì per almeno tre numeri di avere un controllo per così dire fisico su quello che era il prodotto finito. Roberto è stato sempre puntigliosissimo dal punto di vista del controllo delle bozze. La linea era stata determinata semplicissimamente, in base agli interessi che condividevamo, ossia il rispetto assoluto per la priorità storica e culturale del fatto lingua ; quelle che erano speculazioni o minuzie si era deciso che non avrebbero dovuto trovare cittadinanza nella rivista stessa. Da questo punto di vista Roberto impostò le cose in una maniera molto saggia, secondo me, cioè apertura alla collaborazione di qualsiasi collega, però prevalentemente una collaborazione su invito : questo evitava sorprese. Anche qui posso dire che in 33 numeri della rivista io ricordo una sola colluttazione che ci fu con l’autore di un contributo e non l’ebbe Roberto, l’ebbi io. Potrei divertivi o anche tediarvi, e l’ora non invita, raccontandovi la storia editoriale, poi, della rivista, la quale ha degli aspetti veramente impressionanti, perché il problema non era più la stampa ma la diffusione, cioè la diffusione che doveva essere assicurata a livello nazionale e internazionale. E qui, soltanto l’equilibrio, la pacatezza e l’eleganza intellettuale di Roberto ha evitato, diciamo, il naufragio della rivista stessa, per tutta una serie di questioni che erano legate al comportamento malavitoso di chi avrebbe dovuto essere corretto. Dunque, da questo punto di vista tutti i numeri della rivista sono stati un piacere, nel senso che le cose sono sempre andate assolutamente de plano. L’unica lamentela che io ricordo fu una volta che Roberto disse : “Devo iscrivermi all’albo dei pubblicisti”. Perché ? Scusa, intendi scrivere su un giornale ? “No, ma per fare il direttore della rivista devo essere iscritto”. A questo punto non mi ricordo come finì, ma fatto sta che dovette far domanda, che venne accolta e quindi formalmente poté essere direttore. Non c’erano riunioni fisiche, almeno tra Trieste e Udine, di redazione, ci si telefonava. Ci si telefonava e in genere, siccome la contribuzione era largamente su invito, il problema della qualità non esisteva, perché si era già certi della bontà di quanto arrivava : quando c’era qualche dubbio, Roberto provvedeva a distribuire il testo sul quale c’era una discussione, ribadisco, sempre telefonica. Potreste chiedervi per quale motivo in tanti decenni io non abbia mai parlato di questioni scientifiche con Roberto. Primo, perché avevamo l’agenda sempre piena di altri argomenti molto più divertenti, ma soprattutto perché Roberto era riservato e pieno di garbata ironia : rispetto assoluto per la ricerca, per l’università, per la scienza, ma distaccato disincanto per chi stava all’università, per chi praticava la ricerca e per le varie metodologie della ricerca stessa ; in altre parole, prendeva molto sul serio l’università ma molto poco sul serio gli abitanti, diciamo così, dell’università. E lo stesso vale per la ricerca, rispetto mai espresso rumorosamente ma non eccessiva simpatia per le singole scelte di teoria e metodo, qualche volta presentate in maniera molto muscolare ed apodittica. Un disincanto che non lo ha mai fatto retrocedere da niente che potesse essere utile o addirittura necessario. Roberto è sempre stato di una correttezza assoluta : eravamo amici
gli “incontri linguistici”
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da trent’anni e oltre, eppure lui teneva alle procedure, che le procedure fossero corrette. E siccome gli zuccheri stanno calando pericolosamente per voi e per me, vi do quello che è l’ultimo particolare, al quale sono molto affezionato. Ho sentito Roberto regolarmente per telefono e l’ho sentito anche poco prima del suo arrivederci e so che lui stava lasciando la direzione degli Incontri Linguistici. Quando mi ha detto questo per telefono sono sbottato : “Come sarebbe a dire ? Tu molli gli Incontri Linguistici ?” “Sì – disse – è ora che io lasci, mi faccia da parte”. Sostenni di non essere per niente d’accordo e lui disse a me questa frase bellissima : “Voglio stare con la mia famiglia”. Eccolo là, era sì un grande studioso, ma anche un grande uomo, capace di rispettare e apprezzare quelli che erano i suoi affetti fondamentali, la moglie, le figlie, i nipoti.
Università di Trieste
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R ILEGGENDO GUSM A NI INDOEUROPEISTA Rom ano Lazzeroni
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oberto Gusmani si formò alla scuola di Vittore Pisani ed esordì alla fine degli anni ’50 come specialista di lingue anatoliche, in particolar modo nel campo difficile delle lingue minori dell’Anatolia antica, iniziando un’attività culminata con la sintesi magistrale del Lydisches Wörterbuch. Alla scuola di Pisani occuparsi di lingue anatoliche significava occuparsi di indoeuropeo ; le lingue anatoliche, giunte tardi nell’indoeuropeistica, hanno obbligato a riconsiderare l’immagine dell’indoeuropeo codificata nel Grundriss del Brugmann e nell’Introduction di Meillet e hanno dato spazio al problema, a mio parere posto male e risolto peggio, dell’ arcaicità dell’ittita (e con l’ittita di tutta la tradizione anatolica) rispetto alle altre lingue indoeuropee. La rappresentazione dell’ittita come lingua di grande arcaicità – addirittura, per alcuni, lingua sorella e non figlia della comunità indoeuropea – fu e ancora è un dogma di Sturtevant accolto dagli studiosi per lo più americani (ma non solo americani) che operano sulle sue orme. Contro questa immagine reagì a più riprese Vittore Pisani ; Gusmani, in un articolo del 1984 su “Ittito, teoria laringalistica e ricostruzione” demolì uno dei pilastri della teoria : il privilegio attribuito all’ittita nella conservazione di un manipolo di laringali (il numero è imprecisato, da tre a dieci) è fondato solo su un’ipotesi aprioristica che piega i fatti alla teoria ; l’evidenza della comparazione – la sola attingibile finché l’indoeuropeistica resterà una scienza storica e positiva – mostra che l’ittita consente in numerosi casi di ricostruire una sola laringale indoeuropea continuata da h ; e questi sono i casi in cui la testimonianza dell’ittita concorda con la testimonianza delle altre lingue. Ad essi, però, se ne contrappongono altri in cui a h dell’ittita non corrisponde nulla altrove ed altri ancora in cui l’ittita non presenta traccia delle laringali che gli esiti di altre lingue farebbero supporre. A questo si può solo aggiungere che, quand’anche l’ittita conservasse una o più laringali da ciò non si potrebbe inferire l’arcaicità del sistema intero tanto da considerare automaticamente indoeuropei taluni tratti per il solo fatto che sono presenti in ittita : il sardo conserva importanti tratti latini, ma non per questo ogni peculiarità del sardo è latina, né il sardo è per questo una lingua “sorella” del latino. Del resto anche gli altri pilastri su cui poggia la teoria della conservatività dell’ittita sono quanto mai fragili : se si considera arcaico l’ittita per la semplicità della sua morfologia (nel sistema nominale manca l’opposizione fra maschile e femminile ; nel sistema verbale mancano i paradigmi modali e l’opposizione dei tempi è solo fra presente e preterito) allora bisognerà considerare arcaico (e perché non lingua indoeuropea “sorella” ?) anche l’inglese. E anche il dibattuto problema della coniugazione in -hi forse ha una soluzione più semplice di quella proposta da chi vi ha scorto la testimonianza di una protocategoria indoeuropea in cui si assommerebbero il perfetto, il medio e la coniugazione tematica.
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Che la coniugazione in -hi presenta tratti che la accomunano al perfetto piuttosto che al medio sembra ormai assodato, ma – è stato detto – la semantica pone ostacoli insormontabili all’ipotesi che questa classe sia erede del perfetto indoeuropeo : il perfetto indoeuropeo era intransitivo, mentre la coniugazione in -hi comprende, in stragrande maggioranza, verbi transitivi. Ma gli ostacoli non sono insormontabili se si considera il perfetto cosiddetto risultativo che, designando uno stato dell’oggetto, è formato, ovviamente solo da verbi transitivi. È vero che in greco il perfetto risultativo è recente, nei poemi omerici quasi sconosciuto, sicché è sembrato impossibile che la coniugazione in -hi potesse derivare da questo tipo di perfetto. In greco sì, è recente, ma non in sanscrito e nell’iranico dell’Avesta dove è attestato fino dai documenti più antichi (Kümmel, addirittura, lo definisce “urindogermanisch”) ; documenti che, se è giusta la datazione delle parti più antiche del Rigveda proposta da Renou e da Gonda, non sono troppo lontani dai testi ittiti più antichi. Del resto, ha scritto Di Giovine ad altro proposito, in ittita si riscontra “esattamente la stessa deriva tipologica che ha avuto luogo altrove in una vasta area indoeuropea, con la sola differenza che nelle lingue anatoliche questa deriva si compì molto più velocemente”. Insomma l’ittita – sono parole di Gusmani – « non può pretendere di avere, rispetto alle altre lingue, una posizione privilegiata qual’era quella che E. H. Sturtevant gli riconosceva nel contesto di un fantasioso “Proto-Indo-European” ». Questa sulla coniugazione in -hi altro non è che un’ipotesi : prove irrefutabili non esitono. L’ho ricordata per mostrare che non è meno attendibile e forse è più ragionevole di altre che ascrivono al fantasioso protoindoeuropeo censurato da Gusmani protocategorie polisemiche non meno fantasiose. Nell’articolo sulle laringali Gusmani affronta un problema che svilupperà sistematicamente più tardi, in un saggio dell’84 su ricostruzione e modelli interpretativi e in uno successivo (1989) su protolingua, prodotto della ricostruzione e modelli ermeneutici. Il problema è quello della realtà delle forme ricostruite. Gusmani, che a questo problema dedicò un numero degli “Incontri Linguistici”, prende una posizione decisa : il prodotto della ricostruzione non è una lingua naturale, ma un insieme di simboli a cui diamo veste fonetica per la comodità della rappresentazione, simboli che danno ragione di fasci di corrispondenze non casuali. Postulare un archetipo, ha scritto, “implica solamente che la corrispondenza fra le forme storicamente date va interpretata come frutto dell’evoluzione di una stessa unità antecedente, ma nulla più di questo”. Nulla più di questo, appunto : se risalissimo al latino dagli esiti romanzi non ricostruiremmo la quantità vocalica e, se non conoscessimo il sardo, nemmeno potremmo ricostruire i due fonemi distinti, e¯ e ı˘, confluiti nella eº romanza donde eº dell’italiano e oi > ua del francese ; ma saremmo ugualmente certi che sera e soir, legge e loi, re e roi discendono, ciascuna coppia, da un archetipo comune definito da precise corrispondenze interlinguistiche, non importa se la sostanza fonica è irraggiungibile. Archetipo comune sulla cui costituzione non sapremmo nulla : il rapporto fra il francese jardin, prestito dal germanico, e l’it. giardino, prestito dal
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francese, è identico (traggo l’esempio da Gusmani) al rapporto fra il francese jour e l’italiano giorno, ambedue eredi del latino diurnu(m). Magari ricostruiremmo, correttamente ma con quanta verisimiglianza ognun vede, un lat. *djardinu(m). Certo ci sfuggirebbe che il vero parente latino di giardino è hortus. Trattando di tipologia morfologica Belardi ha scritto che la ricostruzione indoeuropea ci restituisce principi funzionali astratti, non regole di funzionamento concrete : la ricostruzione guarda al tipo e al sistema, non alla norma e all’uso di Coseriu. Il fine della ricostruzione, insomma, non è quello di scoprire “come parlavano gli Indoeuropei” : sarebbe come arrabattarsi per indovinare come il pastore chiamava la pecora di Schleicher ; discutere, scrisse Hirt (così credo, ma cito a memoria) se gli indoeuropei articolassero le sonanti con o senza una vocale mutola d’appoggio è come discutere della barba del Kaiser che morì d’insonnia quando si mise in testa di scoprire se, nel momento di addormentarsi, teneva la barba sopra o sotto il lenzuolo. Alla ricostruzione non si può chiedere più di quanto possa dare : essa serve soprattutto a dar ragione di corrispondenze non casuali, mostrando, appunto, che non sono casuali e anche a fissare punti di partenza che motivino gli sviluppi storici successivi. Sotto questo profilo le lingue indoeuropee offrono una documentazione unica e insostituibile per la cronologia di lungo periodo. Si può dimostrare, per es., che la comunità indoeuropea non conosceva la codifica morfologica del tempo grammaticale : il vedico e il celtico offrono indizi che hanno valore di prove. Ma non importa sapere come faceva il pastore della pecora di Schleicher a dire “vado al pascolo” e “andai al pascolo” ; importa invece ricostruire il percorso cognitivo che sta alla base della codifica morfologica del tempo grammaticale, capire – scelgo a caso – perché in indoiranico e in greco il tempo è grammaticalizzato nell’indicativo ma non nei modi e conoscere come l’opposizione vedica fra il nuovo indicativo situato e l’antico indicativo metacronico si è riflessa nel sistema nominale provocando una identica partizione di due suffissi d’agente. La lingua è una forma con cui il parlante organizza i dati dell’esperienza : ricostruire significa risalire nel tempo per scoprire come l’organizzazione è mutata. Questa è la lezione da trarre dai saggi di Gusmani. Lezione tanto più opportuna ora che Angela Marcantonio, in un volume curato da lei e uscito in una sede internazionale prestigiosa, ha pubblicato due saggi in cui contesta l’attendibilità scientifica della ricostruzione indoeuropea. Gusmani è citato di sfuggita solo per l’articolo sulle laringali, Belardi, anche lui di sfuggita, solo per la monografia sull’etimologia. Se avesse letto con più attenzione quello che i due studiosi hanno scritto, si sarebbe accorta di polemizzare contro la ricostruzione non dell’indoeuropeo di Belardi e di Gusmani, ma della parlata del pastore di Schleicher. Una caratteristica del modo di lavorare di Gusmani è il frequente ritorno sullo stesso percorso : un saggio dedicato a un problema specifico anticipa spesso temi che saranno sviluppati più tardi in un più ampio discorso teorico. Un articolo del ’76 sulla palatalizzazione ionica di a¯ > h è esemplare : Laroche,
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sulla base dell’integrazione di alcuni prestiti, argomentava che in ionico il mutamento non poteva essere anteriore al vii secolo : il nome iranico dei Medi, Ma¯da, reso in ionico con Mh`doi, proverebbe che il mutamento a¯ > h è avvenuto dopo che gli Ioni hanno importato quel nome : non prima del vii secolo, dunque, perché solo allora i Greci conobbero i Medi. Di conseguenza il fenomeno ionico sarebbe “assolutamente indipendente” dall’identico fenomeno attico perché posteriore alla separazione geografica dei due dialetti ; di qui l’ipotesi di un sostrato che avrebbe agito nel medesimo senso sulle due sponde dell’Egeo. L’ipotesi di Laroche, però, diventa necessaria soltanto se si nega che il mutamento linguistico possa trasmettersi nello spazio, anche fra lingue e dialetti diversi : “le deambulazioni fonetiche sono una delle predilezioni della nuova linguistica” scriveva Clemente Merlo, fedele alla sua formazione positivista. Ma Merlo apparteneva a un periodo ben anteriore al Laroche, al periodo in cui, negandosi la trasmissibilità del mutamento fonetico, un fenomeno condiviso da un’area compatta doveva essere attribuito al sostrato solo per il suo essere condiviso da quell’area (è il principio ascoliano di congruenza corografica) anche se nulla provava che la lingua sottomessa conoscesse lo stesso fenomeno. Certo è che, se, nel quadro teorico di una interpretazione naturalistica del mutamento, si rifiuta l’immagine della diffusione areale (e chi oggi la rifiutasse dovrebbe disconoscere l’evidenza, per es., dell’irradiazione della pronuncia uvulare di r dalla Francia verso le lingue d’Europa, magistralmente studiata da Trudgill), se si rifiuta, dicevo, questa immagine, non resta che il sostrato per spiegare come un mutamento possa coprire un’area compatta ; sostrato, ovviamente, inteso come fonte di mutamenti fonetici, non di indubbi prestiti lessicali. L’immagine del sostrato, dice Franco Fanciullo, è come l’immagine della carta assorbente : come la carta assorbente lascia trasparire la scrittura asciugata così, per chi li attribuisce al sostrato, i tratti di una lingua sottomessa trasparirebbero nella lingua che le si è sovrapposta. Che poi la teoria del sostrato oggi sempre più si risolva nella teoria delle modalità di apprendimento di una lingua dominante da parte di una comunità dominata e le ipotesi sostratiste in senso positivista si rivelino sempre più fragili è un altro discorso ; fragile si è rivelata anche una delle tesi che parevano più sostenibili, quella dell’origine osca dell’assimilazione nd >nn nei dialetti dell’Italia meridionale dopo che Alberto Varvaro ha mostrato che nell’estremo sud d’Italia essa non è anteriore al x secolo. Nella replica a Laroche Gusmani sottolinea i rischi inerenti all’uso dei prestiti per la datazione di un mutamento se non si tien conto di come un prestito viene integrato nella lingua di arrivo ; della conversione automatica, per es., se il prestito si iscrive in un fascio di corrispondenze interlinguistiche preesistenti : la resa in italiano con deragliare del francese dérailler non implica – scrive ancora Gusmani – che la pronuncia di ill in francese fosse ancora quella medioevale con l palatale, ma si spiega con una sostituzione analogica secondo una corrispondenza tipica fra le due lingue : fr. famille = it. famiglia e, dunque, fr. dérailler = it. deragliare, ereditaria la prima coppia, ottocentesca la seconda. Resta solo da aggiungere, a conferma dell’antichità del fenomeno greco e di
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versamente da quanto affermava il Laroche, che i contatti fra l’attico e l’ionico furono intensi e continui : nel cosiddetto “medioevo ellenico”, nei circa quattro secoli che intercorrono fra il crollo della civiltà anatolica e micenea e l’affacciarsi di Omero, l’ionico irradia un manipolo di tratti (la caduta del digamma, la cancellazione del duale, il dat. plur. -oisi della ii declinazione, la psilosi ecc.) che raggiungono l’eolico d’Asia minore e le isole doriche dell’Egeo. E raggiungono anche l’attico, talora attenuati ; Atene non accoglie la psilosi e conserva il duale, ma accoglie la caduta del digamma e, fino al v secolo, il dativo in -oisi. E avrà accolto nello stesso periodo anche la palatalizzazione di a¯, pur se attenuata : l’attico palatalizza soltanto la cosiddetta “alfa impura”, mentre l’ionico non conosce restrizioni. Questi ed altri tratti configurano, insomma, il medioevo ellenico come il periodo in cui si forma e si espande l’egemonia culturale del mondo ionico : Omero è il punto di arrivo, non il punto di partenza. Nell’articolo di Gusmani sono così anticipati due temi reciprocamente connessi che saranno ripresi in studi successivi : quello della datazione dei mutamenti linguistici e quello dei contatti fra lingue : all’interlinguistica Gusmani dedicherà saggi e volumi che faranno di lui uno dei massimi specialisti della materia. Al problema della datazione dei mutamenti Gusmani ha destinato due saggi. I prestiti sono utili, ma – si è visto – anche rischiosi per fissare la cronologia dei mutamenti. Altrettanto rischioso è fissare la cronologia relativa di un mutamento rispetto a un altro : se in francese – prendo l’esempio da Gusmani – le consonanti sorde intervocaliche diventano sonore, ma restano sorde, per es. in sente < lat. semita(m) e in dette < lat. debitu(m), ciò significa che la sincope della vocale atona ha creato una configurazione *semta e *debtu in cui la sorda non era più intervocalica prima che avvenisse la sonorizzazione : significa, insomma, che la sincope, direbbe Kiparsky, sta in “ordine depauperante” rispetto alla sonorizzazione : depauperante perché sopprime la configurazione necessaria perché la sonorizzazione abbia luogo. La conclusione sembra ineccepibile, ma non lo è o, meglio, è ineccepibile soltanto per il livello linguistico a cui appartiene il materiale tramandato, non per tutti i livelli di un diasistema. Nulla dimostra che, quando la sincope si è prodotta in francese, la sonorizzazione non fosse già presente in un livello diverso da quello accolto dal francese standard ; in tal caso, l’ordine che appare nelle parole appena viste sarebbe semplicemente l’ordine in cui i due fenomeni si sono affacciati nel francese alto. Gusmani dà la prova che le cose sono andate proprio così : a un livello basso l’ordine è invertito. Il fatto è che la lingua non è quel sistema omogeneo che a molti linguisti fa comodo immaginare. La lingua – la citazione di Weinreich e di Labov è superflua – è un diasistema, un sistema complesso e pluridimensionale differenziato non soltanto nello spazio e nel tempo, ma anche nella profondità socioculturale di una comunità di parlanti. Un sistema pluridimensionale comporta che il mutamento segua un percorso pluridimensionale che, proprio perché pluridimensionale non consente di trarre inferenze cronologiche dall’ordine degli strati : se uno strato di ghiaia sta sopra uno strato di sabbia è evidente che la ghiaia è stata posta lì dopo la sabbia : il percorso è bidimensio
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nale, nello spazio e nel tempo ; ma se in un recipiente uno strato d’olio sta sopra uno strato d’acqua non si può inferire che l’olio vi sia stato versato dopo l’acqua : il movimento è tridimensionale : l’olio scorre nell’acqua : la stratigrafia linguistica è diversa dalla stratigrafia degli archeologi. La filiera con cui di solito si rappresentano in successione le tappe di un mutamento è fuorviante se la si interpreta come rappresentazione di una successione cronologica : si legge nei manuali che in francese la eº romanza prima è diventata oi, poi ue, poi ua : eº > oi > ue > ua. In realtà ue e ua sono pronunce contemporanee, ambedue medioevali, distinte per livelli stilistici : fino alla rivoluzione ue era la variante più alta. Dopo la rivoluzione le posizioni si sono rovesciate tanto che, al tempo della restaurazione, si diceva che se Luigi XVI redivivo avesse proclamato ç’est mue le rue sarebbero scoppiati a ridere anche i cortigiani. Così è in ogni lingua, e così sicuramente è stato anche nelle lingue antiche, sebbene, salvo casi fortunati, la documentazione scritta difficilmente lasci trasparire queste vicende. Ma ecco un esempio indoeuropeo che, se non dà certezze, almeno solleva un dubbio. È scienza comune che la labializzazione delle labiovelari indoeuropee è un fenomeno relativamente recente, postmiceneo in greco, successivo alla sincope di vocale atona in umbro. Ma in sanscrito “parlare” si dice lapati (anche medio : lapate) e acqua si dice ap, femminile. Gli etimologisti negano ogni rapporto col lat. loquor e aqua perché il sanscrito, notoriamente, non conosce la labializzazione. Ma mi chiedo : non può darsi che la labializzazione della labiovelare sorda serpeggiasse fin dall’antichità più remota nella comunità linguistica indoeuropea a un livello basso del diasistema come nel caso di lapati sembra indicare il mancato rotacismo vedico di l e il fatto che le attestazioni non appartengono al Rig Veda, ma al più popolare Atharva Veda ? E non potrebbe darsi che alcune lingue, come il greco, l’osco e il ramo gallico e britannico del celtico, pur conoscendola da sempre in qualche livello del diasistema, l’abbiano accolta più tardi, molto più tardi, nei livelli standard, mentre altre lingue come il sanscrito l’hanno rifiutata salvo in poche, sporadiche parole ? E la labiale nel nome del lupo, che è lupus in latino e wulf in germanico, a cui il gr. luvko~ e il sscr. vrºkas contrappongono una velare che potrebbe venire da labiovelare, sarà davvero dovuta alla tabuizzazione del nome oppure a un’assimilazione che richiede una legge fonetica ad hoc o non si tratterà piuttosto di una labializzazione anteriore alla Lautverschiebung germanica ? E questi casi sono soli o ce ne sono altri che noi, assuefatti alla rappresentazione monodimensionale del mutamento, non riusciamo a vedere ? È difficile credere che l’antichità indoeuropea non abbia conosciuto casi simili a quello del dittongo au che, nella storia latina e neolatina, è stato monottongato due volte : una, in latino, nei livelli bassi, donde l’it. coda, l’altra in età romanza, anche negli altri livelli, donde l’it. oro e cosa. Mi sono dilungato su questo punto, e mi scuso, per due motivi ; il primo : per mostrare che la riflessione sulle lingue vive è insopprimibile anche per gli indoeuropeisti ; il secondo, e mi scuso un’altra volta, per un ricordo personale : a metà degli anni ’80 Roberto Gusmani ed io, senza saper nulla l’uno dell’altro, ci met
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temmo a studiare la cronologia relativa dei mutamenti come problema teorico : io per una relazione al vii congresso internazionale di linguistica storica che si tenne a Pavia e poi per un articolo sugli “Studi e Saggi Linguistici”, Roberto per un saggio sugli “Incontri Linguistici” e poi per un articolo in un volume sulla preistoria e storia del linguaggio curato da B. Brogyanyi. Ebbene, senza saper nulla, dicevo, l’uno dell’altro, arrivammo esattamente alle identiche conclusioni. Altro non mi resta da dire. Roberto, di qualche anno più giovane, apparteneva alla mia stessa leva accademica ; abbiamo condiviso molte vicende, dal primo incontro nell’ascensore dell’Istituto milanese di via Festa del Perdono, agli appuntamenti in casa di Pisani, alla fondazione della Società Italiana di Glottologia, all’Accademia dei Lincei in questi ultimi anni. Nel giugno dell’anno scorso, quando ci incontrammo prima della chiusura estiva dell’Accademia, e fu l’ultima volta, Roberto mi chiese un articolo per gli “Incontri Linguistici”. Non potei consegnarglielo in vita perché nel mese di ottobre è scomparso. L’ho dato a Orioles per la rivista che Roberto fondò e che porta, e continuerà a portare, la sua inconfondibile impronta. La sua scomparsa è stata improvvisa e inattesa : pochissimi giorni prima mi aveva telefonato in piena salute per chiedermi l’indirizzo di un antico collega udinese e poi pisano con cui voleva congratularsi per l’elezione nell’Accademia. Con Roberto abbiamo condiviso anche le vicende che hanno accompagnato la trasformazione dell’Università. Negli anni difficili Roberto, schivo per natura, non esitò ad assumere incarichi pesanti e, in quel tempo, rischiosi : fu preside e rettore e riuscì ad esserlo senza interrompere il suo lavoro di ricerca. È invalso il pregiudizio che la ricerca indoeuropeistica, esplorando periodi sepolti nei secoli, sia un ozio intellettuale separato dal mondo ; e così – gli exempla non sono ficta – si preferisce studiare la tipologia delle conversazioni telefoniche o l’intelligibilità delle sigle delle etichette dei vini perché si è convinti che lo studio degli argomenti contemporanei corrisponda a un maggiore impegno civile. Roberto è sempre stato fermo nella pratica della linguistica storica : la storia, tutta la storia, è contemporanea se è studiata con spirito critico. La ricerca scientifica, quando è ricerca vera, è un contributo essenziale non solo alla crescita delle conoscenze, ma anche al progresso civile quali che siano gli argomenti a cui si rivolge. Lo è perché è palestra di riflessione critica e scuola di libertà. Ce lo dicono gli occhi dei giovani quando si illuminano per un’avventura del pensiero. Ed è stato fermo anche nella convinzione che una università trasformata in un cattivo liceo dal devastante esperimento del 3+2, ha bisogno di un forte impegno nella ricerca, per rimediare alla colossale truffa perpetrata dando, come era giusto, l’università a tutti, ma dandogliela degradata ; impegno che i docenti debbono imporre a se stessi, senza cedere alle difficoltà e nella piena consapevolezza che nessuna riforma potrà mai sostituirsi all’apporto degli individui. Roberto Gusmani, che ha lavorato fino al suo ultimo giorno, ha mostrato col suo esempio che l’impegno nella ricerca ci obbliga a non disarmare nemmeno in condizioni difficili : alle maggiori difficoltà si risponde con un impegno maggiore. Come l’uomo di Brecht che in una valle invasa dal mare aspettava una barca che
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lo venisse a salvare. Ma quando l’acqua gli giunse alla gola si mise a nuotare. Perché si accorse che poteva essere lui stesso una barca. Università di Pisa
tra unità e DI VER SITÀ. la visione di roberto gusmani* A ldo Luigi Prosdocimi
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olto è stato detto da Lazzeroni e gli altri che hanno parlato prima di me. Permettetemi quindi di iniziare con un ricordo personale, anche perché come diceva il Decano della Società Italiana di Glottologia “quando cresce l’età, crescono i ricordi”. Noi, della stessa generazione, anche se ci separano alcuni anni, ci siamo conosciuti cenando insieme anche alla signora Gusmani che ci ha ospitati e dato accoglienza, quando era appena morta mia madre. È un ricordo di una bellezza incredibile, anche se legato a un momento triste della mia vita. Le nostre strade peraltro parallele si sono così intrecciate. Nel corso di questa giornata è stato fatto molto spesso il nome di Vittore Pisani. Si sa che i confronti sono odiosi, come recita un detto di età elisabettiana, ma proprio il rapporto con la figura di Pisani propone secondo me due aspetti importanti della personalità di Roberto : il primo è senza dubbio la grandeur. Di tutti gli allievi di Pisani, cui io ero particolarmente affezionato, credo che Roberto Gusmani abbia impersonato veramente l’aspetto più ampio, intendendo con ciò, in senso positivo, la quantità dei temi di ricerca. Basta vedere la bibliografia per i suoi sessant’anni per riconoscere che Roberto Gusmani aveva l’ampiezza di conoscenze del suo maestro, da cui si distingue però per il rigore che Pisani non si era mai imposto. Proprio il rigore ovvero la capacità di dare concretezza a questioni come quella della varietà dell’indoeuropeo è quello che contraddistingue, a mio avviso, la personalità di Roberto che si è occupato di vari temi come Pisani, ma sempre con una precisione e una misura che al suo maestro mancavano. Non è privo di significato il fatto che i suoi scritti siano sempre relativamente brevi rispetto all’argomento trattato, non per secchezza, ma per la volontà di togliere il superfluo, dando l’essenziale. L’altro aspetto è rappresentato dal senso della disciplina inteso come responsabilità. Roberto ha debuttato con l’anatolico che rimarrà un Leitmotiv per tutta la sua vita. Debuttare con l’anatolico è una scelta fuori dal comune, pionieristica, tanto più all’epoca, negli anni ’50, in cui si discuteva ancora su che cosa fosse o non fosse l’anatolico. Credo che proprio lì, nello studio del mondo anatolico, che è un mondo complesso caratterizzato da lingue e culture diverse, sia da rintracciare la matrice di quell’idea di unità e diversità che l’ha poi portato a riconoscere nelle più svariate situazioni linguistiche con cui ha avuto ragione di entrare in contatto – già come giovane lettore in Germania – la complessità delle relazioni interlinguistiche e a intendere l’unità come varietà. Sul tema salta certo alla mente il
* Il testo si basa sulla trascrizione dell’intervento, ottimizzata e depurata da alcune tipicità espressive dell’esposizione orale.
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lavoro di Pisani Geolinguistica e indeuropeo che comprende però 300 e più pagine. Se lo spirito degli studi di Gusmani è il medesimo, lo stile è però diverso. Non credo di fargli un cattivo complimento dicendo che lui è l’allievo di mezza generazione (dopo quella di altissimo livello di Evangelisti e Bolognesi) che secondo me corrisponde di più a Pisani, di cui mantiene l’ampiezza di interessi, coltivati tuttavia con più ponderatezza. Ritorno a quello che ha detto Lazzeroni sull’anatolico ovvero sull’idea che l’ittita (o ittito come preferiva Meriggi) sia l’anatolico e questo si identifichi con la protolingua. Gusmani, che era un anatolista, insiste giustamente sul fatto che il problema dell’esistenza delle laringali (e del loro numero) o del genere femminile non si può mettere in carico sull’anatolico, ma su tutto l’indoeuropeo di cui l’anatolico è solo una parte, e affronta la teoria della ricostruzione e della datazione delle laringali con sano pragmatismo. La stessa concretezza si riscontra anche nei lavori di Roberto sull’italico, in particolare sull’umbro (ricordo il lavoro del 1968 su umbro esono- “luogo sacro”), di cui mi ha colpito l’attenzione per i testi. Nella miscellanea per i suoi settant’anni ho scritto sul genitivo in -i del messapico perché era stato proprio lui ad accorgersi che c’era qualcosa che non funzionava sul genitivo messapico in -ihi, e a constatare sulla base di grafie anomale che un genitivo in -ı¯ aggiunto ad un tema è insolito in indoeuropeo. E a questa conclusione era giunto non partendo da teorie astratte, ma dalla concretezza di ciò che presentavano i testi. La stessa concretezza si riconosce nella nota su Saussure, brevissima eppure illuminante, in cui dimostra con poche pungenti osservazioni la natura fondamentalmente positivista del pensiero di de Saussure, cui altri attribuiscono, a torto, interessi filosofici. Anche con quanto ha scritto sulla fine della « KZ » concordo pienamente. Io avevo pensato la stessa cosa ed è stata per me una piacevole sorpresa vedere che questo intervento compare tra quelli riprodotti nella miscellanea Itinerari linguistici. Certo esiste una generazione dopo la Kuhns Zeitschrift e dopo Schleicher, ma dobbiamo ricordare che Hugo Schuchardt, molto amato da Gusmani, era allievo di Schleicher, anche se non di quello dell’albero genealogico, ma di quello della diversità dell’opera del ’50 (Die Sprachen Europas). Le osservazioni sul cambiamento di nome della KZ in Historische Sprachforschung o Historical Linguistics mi riportano all’idea iniziale del cambio di generazione e mi fanno pensare agli ultimi Moicani. Non è morto forse l’ultimo dei Moicani, ma è morto purtroppo un buon Moicano.
Università di Padova
A R ISTOTELE TR A TEOR I A E PR ATICA DELLA LINGUA. IN M A RGINE AGLI STUDI A R ISTOTELICI DI ROBERTO GUSM A NI Domenico Silv estr i
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uando si affronta il tema qui proposto in epigrafe più che mai vale il riferimento al detto relativo ai “nani sulle spalle dei giganti” (Bernardo di Chartres, xii sec.) in nome non tanto di una scontatissima modestia quanto piuttosto in ragione di una indispensabile prudenza. Proprio uno studioso della statura di Roberto Gusmani non hai mai esitato, in tutti i suoi studi aristotelici, a salire “sulle spalle dei giganti” e a confrontarsi – ampiamente e correttamente – con altri scalatori ugualmente impegnati in tal senso, in ciò scegliendo un comportamento assai diverso da quello di certi “filosofi d’assalto” che per non far torto alla propria presunta intelligenza non hanno esitato a fare qualche torto ad Aristotele. Riguardo al quale, contravvenendo alla recisa affermazione hobbesiana che suona “la locanda dell’evidenza non ha insegna”, mi permetterò di ricordare, di fronte a certe palesi interpretazioni modernizzanti basate su volute distorsioni traduttive, che “il maestro di color che sanno” è vissuto nel iv secolo avanti Cristo e che con assoluta evidenza ha scritto in greco la sua più che cospicua opera filosofica. Per parte mia, in queste mie brevi annotazioni in margine agli studi aristotelici di Roberto Gusmani, non proverò nemmeno a salire sulle spalle di giganti come Pagliaro e Belardi, a cui tanto devono linguisti e non linguisti per i loro irrinunciabili studi aristotelici, ma mi limiterò a chiedere al loro acutissimo sguardo conforto e viatico per i pochi passi del mio ‘basso’ e periglioso cammino. Aristotele ha avuto per padre Nicomaco, medico della corporazione degli Asclepiadi, poi medico alla corte del re macedone Aminta, e per madre, cosa che troppo spesso non si dice, Festide, “secondo una tradizione… essa pure legata agli Asclepiadi” (Reale 1974, p.8). Se il dna conta qualcosa, questo è il momento di ricordarselo, nel senso che, a parer mio, egli trae proprio dalle sue origini famigliari una fortissima predisposizione all’osservazione della realtà vivente, vista non tanto nel suo darsi ontologico quanto piuttosto e soprattutto nel suo farsi fenomenologico. In questa prospettiva quella che qui chiamerò “insiemità” ontologica della lingua (da Aristotele ripetutamente espressa mediante un suvn vistosamente pervasivo) è da lui indagata innanzi tutto nelle sue risultanze fenomenologiche e nel suo progredire continuo, in virtù di una altrettanto continua suvnqesi~, in seno alla levxi~, che i più accreditati grecisti e qualche linguista un po’ distratto traducono con il termine moderno “linguaggio”, mentre invece con essa si deve più propriamente intendere la specifica “attività linguistica”, insomma una condizione “dinamico-eventiva”, come mostrano, in sinergia morfica, la marcatezza
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endomorfica apofonica (grado /e/ = Aktionsart “eventiva”) e quella esomorfica derivativa (suffisso -si- dei nomina actionis). Nel pensiero greco arcaico le cose, anche quelle linguistiche, avvengono come diretta discendenza e dipendenza da qualcosa : in questa sede vorrei ricordare, secondo una scala antropocentrica crescente, il kata; to; crewvn e il kata; th;n tou` crovnou tavxin di Anassimandro (DK B 1), che non chiama in causa il soggetto conoscente ma la necessaria successione temporale degli eventi ; il kata; to;n lovgon tovnde e il kata; fuvsin di Eraclito (DK 22 B 1), che media tra natura e cultura (nella sua manifestazione linguistica), ma dà preminenza fondante alla prima o al lovgo~ “che è” ; e il kata; dovxan di Parmenide (DK B 19), su cui secondo il grande filosofo eleate si impianta l’“umana, troppo umana” fallacia dei nomi. A questo riguardo voglio ricordare il frammento eracliteo (DK 22 B 48) in cui a proposito dell’arco, proprio nel momento in cui si dice che la sua opera è morte, si mostra l’inganno del nome biov~ “che dà la vita”, che ha – a parer mio – la stessa ossitonia di tomov~ “che taglia”, e pertanto non è bivo~ secondo la lezione tràdita che è evidentemente facilior. E, sempre a questo riguardo, vorrei citare, nella bellissima e densissima traduzione di Giovanni Cerri, questo passo di Parmenide che ribadisce il suo pensiero negativo sull’o[noma : “Stessa cosa è capire e ciò per cui si capisce :/senza l’« essere » mai, in cui diviene parola,/puoi trovare intelletto ; nulla esiste e sarà/altro al di fuori dell’« essere », ché l’ha legato il Destino/ad essere un tutto immobile ; tutte gli fanno da nome/le cose supposte dagli uomini, fidenti che siano vere,/nascano, muoiano, « siano » una cosa, « non siano » quest’altra,/ cambino posto, mutino la loro pelle apparente”. Di contro Platone e Aristotele pongono per gli ojnovmata, in quanto manifestazione linguistica della realtà, il problema ineludibile della loro verità. Il primo sostiene nel Cratilo (384 d 1) che la loro ojrqovth~, che io tradurrei con “correttezza”, si fonda, a ben guardare, su sunqhvkh kai; oJmologiva ; il secondo nel peri; eJrmhneiva~ (2.16 a 19, 27. 4.16 b 26, 17 a 2) parla di fwnh; shmantikh; kata; sunqhvkhn, lovgo~ shmantiko;~ kata; sunqhvkhn, dove e con ogni evidenza, come sapientemente ed esaurientemente ha mostrato e dimostrato Gusmani (v. avanti), è in gioco una condizione puramente designativa (vorrei dire, più esattamente : di ostensione designativa). Tuttavia, a parer mio, se si sceglie, nel caso del sintagma platonico, di tradurre, come fanno i più, sunqhvkh con “convenzione” si cade nella presunzione di una sensibilità presaussuriana in Platone (e poi in Aristotele) che è basata unicamente su una nostra consapevolezza postsaussuriana ; d’altra parte, se si sceglie, nello stesso sintagma, di tradurre, come fanno i più, oJmologiva con “accordo”, si assume o si presume in Platone una dimensione sociale della lingua e si chiamano in causa i parlanti, secondo una percezione sociolinguistica che trascende completamente la dimensione cognitiva dell’ojrqovth~ ed ignora l’inappellabile funzione “legislativa” del nomoqevth~ (che nella tradizione neoplatonica è chiamato addirittura ojnomaqevth~). In questa situazione preferisco rendere la sunqhvkh platonica e ancor più quella aristotelica con “associazione” (di parole e cose, siano esse da una parte gli aristotelici ojnovmata e rJhvmata e il complessivo lovgo~ e dall’altra gli altrettanto aristotelici pravgmata e paqhvmata ejn th`/ yuch`)/ in nome del fatto incontrovertibilmente di
aristotele tra teoria e pratica della lingua
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mostrato da Gusmani che in Aristotele i mevrh th`~ levxew~ se e solo se consistono in fwnh; sunqeth; shmantikh; possono kata; sunqhvkhn cioè “per associazione” designare o (forse meglio) manifestare o mostrare la realtà extralinguistica (senza nessuna triangolazione alla Ogden e Richards con il seriore concetto). Quanto alla platonica oJmologiva (e sempre in nome della platonica ojrqovth~) preferirei, stando dalla parte del referente extralinguistico, intendere non “accordo” interpersonale (troppo intriso di antropocentrismo) ma “conformità” tra parola e cosa, memore semmai dell’oJmologei` eracliteo (DK 22B 51-51b) in cui in modo acutissimo è detto che anche “ciò che si diversifica” (diaferovmenon) “è conforme a se stesso” (eJwutw`/ oJmologei`) e di un altro oJmologei`n eracliteo (DK 22 B 50) in cui si presuppone non l’ascolto dell’io parlante (un lovgo~ antropocentrico fatto di parole e rapporti tra parole) ma del lovgo~ “che è” (un lovgo~ non antropocentrico fatto di cose e rapporti tra cose o, per dirla con Wittgenstein, di “stati di cose”). Vorrei ora riconoscere nel nome greco antico la doppia condizione del “dinamico-eventivo” (ossitonia e tematizzazione in -a¯) e dello “statico-risultativo” (baritonesi e tematizzazione in -o) per l’agnizione di una specifica sinergia morfica in questa lingua (e in Aristotele, in particolare). A questo riguardo un’ampia documentazione è reperibile in Chantraine, Formation, pp. 18-26 (sp. p. 23), che parla non senza una certa vaghezza di “animatezza” della prima condizione morfica caratterizzata appunto da ossitonia e tematizzazione in -a¯. Per questa strada un termine centralissimo nel capitolo 20 del peri; poihtikh`~, quale è appunto fonhv vs -fovno~ (ma cfr. anche l’aggettivo fw`no~, fw`non “di forte voce” in Eupoli) non si dovrà tradurre (o, almeno, non si dovrà intendere) con “voce” (che ha o potrebbe avere implicazioni statico-risultative), bensì con “attività fonatoria” da intendere come specifica pratica linguistica. Allo stesso modo con riferimento a movimenti effettivi o a possibilità di movimento dovremo intendere l’opposizione aristotelica tra sumbolhv “accostamento (effettivo) delle labbra” (nel peri; zwv/wn morivwn 660 a 6) e suvmbolon (passim) “possibilità di accostamento (in senso più generale)” e qui ci dovremo limitare a fare solo un cenno su suvmblhma dei Settanta, Isaia 41, 7, che in ragione della sua apofonia a grado zero mostra invece una Aktionsart “ingressiva” ; allo stesso modo e sempre nell’Aristotele del peri; poihtikh`~ (ma non in questa opera soltanto) dovremo riconoscere in probolhv un “movimento della lingua in avanti” e in prosbolhv un “movimento della lingua in avanti con contatto”, mentre non ci dovrà sorprendere il ritrovare in provbolo~ il valore statico-risultativo di “sporgenza” (detto, ad es., in Omero, Od. 12, 251 di uno “scoglio prominente sul mare”) e anche qui ci dovremo limitare a fare solo un cenno su provblhma, che rappresenta in ogni caso la condizione ingressiva del “mettere avanti” sia come atto fisico sia come procedimento cognitivo. Altri casi che ben illustrano il rapporto morfologico qui delineato sono costituiti da coppie come ajgorav “l’adunanza (in quanto persone che si riuniscono)” vs a[goro~ “l’adunata (in quanto persone già riunite)”, bolhv “l’atto del lanciare” vs bovlo~ “il lancio avvenuto”, gonhv “il nascere” vs govno~ “la nascita conclusa”, grafhv “il disegnare” vs gravfo~ “il disegno realizzato”, dialoghv “la conversazione in atto” vs diavlogo~ “il dialogo compiuto”, kophv “l’atto del colpire” vs kovpo~ “il colpo
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inferto”, monfhv “l’accusare” vs movnfo~ “l’accusa”, nomhv “il pascolare” vs novmo~ “il pascolo”, plokhv “l’intrecciare” vs plovko~ “l’intreccio”, rJohv “il fluire” vs rJovo~ “il flusso”, sporav “la semente” vs spovro~ “il seme”, strofhv “il cingere” vs strovfo~ “la cintura”, tomhv “il tagliare” vs tovmo~ “il taglio”, trophv “il mutare” vs trovpo~ “il mutamento”, fqogghv “l’emetter suoni” vs fqovggo~ “il suono emesso”, fqorav “il distruggersi” vs fqovro~ “la distruzione”, forav “il portare” vs fovro~ “il trasporto”, fulhv “il costituirsi in tribù” vs fu`lon “l’essere tribù” e tanti altri ancora, che ci permettono di riconoscere, giunti a questo punto, un valore specifico in senso dinamico-eventivo di sullabhv, cioè “l’atto di prendere insieme”, che in Aristotele – sempre rivolto agli aspetti pratici e pragmatici della lingua – indica, come si sa, uno specifico segmento operativo della levxi~, che avviene subito dopo il costituirsi degli stoicei`a seminali. D’altra parte il suvmbolon aristotelico, come ci ricorda, con dovizia di dettagli linguistici e testuali sapientemente indagati e illuminati, Roberto Gusmani (2009), in un lavoro che è una ferma e garbata messa a punto rispetto ad un altro tentativo interpretativo (Lo Piparo 2006), non è per contiguità semiotica con il riferimento ma per continuità ontologica con la sua contromarca : l’astragalo spezzato, che si ricongiunge attraverso la concidenza delle parti lungo la linea di frattura, in quanto funziona come suvmbolon certifica una condizione statico-risultativa e, allo stesso tempo, la possibilità di un’operazione di condivisione comunicativa, insomma una disposizione alla sunqhvkh o all’“associazione” nel senso appena detto, in ogni caso come risultanza di una suvnqesi~, cioè di “una realizzazione dell’associazione”, non certo un improbabile rapporto endolinguistico tra un piano dell’espressione e un piano del contenuto, proprio in quanto i due pezzi dell’astragalo non costituiscono una biplanarità semiotica, ma sono omogenei e compresenti nell’atto agnitivo (si consideri il caso emblematico del riconoscimento di una condizione di ospitalità mediante il “ricongiungimento” – questo è il valore più antico di suvmbolon – delle due parti dell’astragalo). Allo stesso modo e ben prima di Aristotele Anassagora (DK B 19) aveva riconosciuto nell’arcobaleno una continuità fattuale con il temporale e ne aveva, in tal senso, dichiarata la condizione di suvmbolon. Allo stesso modo e appena prima di Aristotele Platone, in un celebre passo del Simposio (B 191 d 7), dichiara che dopo l’originaria divisione di un essere androgino primordiale ciascuno, spinto da Eros, zhtei`…ajei; to; auJtou`… suvmbolon “cerca incessantemente il suo specifico ricongiungimento” (la sua “metà” per dirla alla buona e non secondo una traduzione, in questo caso assai poco… “erotica”, la sua “contromarca”). Qui mi sia concessa una breve annotazione marginale circa l’effettivo valore del sintagma sunqh`kai kai; sumbolaiv della tevcnh rJetorikhv (1360 a 15) a proposito del quale Gusmani (2009, p.164 n.1) ritiene che il secondo termine sia frutto di varia lectio. Tuttavia, se si legge il passo nella sua interezza e si assume una opportuna prospettiva contestuale, ci si rende conto che in tema di importazioni e di esportazioni di beni (proprio di questo lì si parla !) non sono in gioco convenzioni, astrattamente intese o addirittura simboli, in quanto altrettanto astratte “possibilità di accostamento”, ma – proprio nel senso dinamico-eventivo del termine sumbolhv, che esprime
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l’“accostamento effettivo” (e non solo quello delle labbra !) – accanto a concreti “patti” o sunqh`kai altrettanto concreti e, vorrei dire, accadimentali sumbolaiv, in altri termini “contatti” o “incontri”. Quanto a shmaivnein le parole scritte da Gusmani in tutto l’arco dei suoi studi aristotelici (dal 1986 all’ultima rivisitazione postuma del 2010) mi sembrano, per molti aspetti, definitive. In questo senso mi sia concesso di proporre il paradosso solo apparente di una semantica aristotelica “vuota” di significazione e “piena” di designazione : la lingua, in tal senso, “rappresenta” la realtà in quanto la “manifesta” e la “mostra” (ci si ricordi che in Aristotele deloi` è un perfetto equivalente di shmaivnei, come non ha mancato di notare Gusmani !), a partire dalla sua condizione di fwnh; sunqeth; shmantikhv, cioè “attività fonatoria per composizione (dei suoi mevrh) e con rappresentazione (degli associati e corrispondenti pravgmata)”. La segnicità, in quanto “stare per”, è in ogni caso evidente, se solo ci si ricorda del valore più antico di sh`ma in Omero (“monumento funebre”) e si va a rileggere il bel gioco di parole (quasi pseudoetimologico) di Platone nel Gorgia (493 a 3 : to;... sw`mav ejstin hJmi`n sh`ma “il corpo è per noi/di noi una tomba/un segno”) e nel Cratilo (400 c 1 : kai; ga;r sh`mav tinev~ fasin aujto; (sc. il sw`ma) ... th`~ yuch`~, wJ~ teqammevnh~ ejn tw`/ parovnti “e infatti taluni dicono che esso (cioè il corpo) è la tomba (= il segno) dell’anima, come se essa vi si trovasse sepolta nel momento presente”). Questo gioco di rinvii tra sh`ma e sw`ma trova indubbi echi saussuriani, quando il grande ginevrino si impegna e in una certa misura si imbriglia in un gioco di richiami terminologici tra sôme e sème e parla tra l’altro di contre-sôme e di parasôme (si veda il fasc. 4 del Cours edito da Engler e in particolare le Notes sur la linguistique générale 3318.8, 3320.2 e 3). Per parte mia faccio notare che in questo gioco linguistico si cela un problema di fondamentale e quasi drammatica importanza, cioè la presenza/assenza del referente extralinguistico nel momento della manifestazione segnica. Infatti quella che è chiamata da Edmund Husserl nel suo Semiotica “rappresentazione primaria” in quanto realizzata dalle parole-segni “che sono essi stessi rappresentati in maniera propria” (dal momento che la loro proprietà discende dal loro darsi o presentarsi come fatto autonomo e primario, non dall’esistenza di un perceptum) concide perfettamente con la “designazione” aristotelica così come essa è stata illustrata e rivendicata da Roberto Gusmani. A conferma di ciò faccio notare che l’argomento aristotelico della designazione unica dei nomi propri composti (in cui nessuna delle parti designa per sé) è ben lontano dall’ojrqovth~ etimologica di Platone, che si fonda sulla presunzione di un processo cognitivo diagrammaticamente espresso, in quanto il nome proprio composto è per Aristotele rappresentazione unitaria di una realtà a sua volta unitaria. D’altra parte, se Platone “eccede” (ma con buone ragioni) nell’analisi dei nomi propri composti, qualche moderno frequentatore di Aristotele addirittura sbaglia quando scioglie il nome proprio greco Divfilo~ in un assai improbabile Divi fivlo~ ( !) invece che in un certissimo Dii; fivlo~ e lo traduce, toccando l’apice della misconoscenza linguistica, non “caro a Zeus” (come avrebbe dovuto) ma “del dio amico” ( !) come mai non avrebbe dovuto. I composti, avrebbe detto lo Stagirita, “vanno maneggiati con cura”, soprattutto non vanno tradotti (con il
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rischio evidente di sbagliare) rompendo l’unicità del loro riferimento. Allo stesso modo nel famoso esempio del peri; poihtikh`~ (1547 a 23) “badivzei Klevwn” (‘Cleone cammina’) solo chi non capisce il shmaivnein aristotelico (come lo ha invece compiutamente capito Gusmani) si è meravigliato e continua a meravigliarsi che per Aristotele solo Klevwn contenga un alcunché di “designativo” (ti; shmai`non) dimenticando che badivzei costituisce in questo caso solo un’espansione predicativa dell’unico riferimento oggettivo possibile che è appunto Klevwn. Ma cerchiamo di capire meglio questo punto, spostandoci dal piano della teoria linguistica a quello, denso di preziose informazioni indirette sul suo pensiero, della pratica linguistica di Aristotele. Qui assistiamo, tanto per fare un solo esempio, ad un accorto uso da parte sua del suvndesmo~ preposizionale : abbiamo già visto i casi di prov “movimento in avanti” (probolhv) vs prov~ “movimento in avanti con contatto o con conseguimento dell’obiettivo” (prosbolhv) con riferimento all’attività fonatoria. Possiamo ora cogliere il valore reale di prosshmaivnei (che per me è “arriva a designare”) nel capitolo 20 del peri; poihtikh`~ in quanto proprio in virtù del suvndesmo~ preposizionale prov~ viene espressa nel rJh`ma la designazione della temporalità dell’azione non in quanto riferimento cronologico specifico e, comunque sia, aggiunto, ma, si badi bene, in quanto obiettivo raggiunto di una temporalizzazione predicativa del riferimento. In ogni caso (e anche e soprattutto in questo caso) siamo in presenza di un riferimento unico e di una rappresentazione unica. Insomma : prosshmaivnei non si deve intendere, in modo antiaristotelico e come è usanza fare, con il significato accreditato di “designa in più” (dal momento che la designazione aristotelica non è mai la somma delle parti linguistiche che la realizzano), ma “arriva a designare”, cioè nel senso sopra detto del conseguimento di un obiettivo di una specifica designazione linguistica. Quanto alla levxi~ e ai mevrh th`~ levxew~ non vi è dubbio che in essa e nelle sue parti si rispecchi la “pratica” aristotelica della lingua nel suo farsi attraverso la fwnhv. Non voglio (e non posso) ripercorrere tutti i segmenti di quello che Pagliaro (1956, passim) ha chiamato con felice immagine “il nastro fonico-semantico” del discorso. Mi limiterò ad una rivisitazione del suo momento iniziale per porre il problema dell’etimologia “profonda” e della protostoria semantica del termine stoicei`on che, a parer mio, è in equilibrio dinamico tra istanza fonatoria e sua immediatamente successiva conversione e serializzazione grafica nei gravmmata (al riguardo non mi sembrano conclusive le indagini, per altro importanti, di Koller 1955 e di Burkert 1959, mentre il problema è solo sfiorato nell’altrettanto importante contributo di Ax 1978). In prima istanza dovrà essere tenuta ben presente l’idea che risale a Democrito, secondo la quale “la voce non si può intendere se non come aria che si organizza in immagine acustica” (Pagliaro 1956, p. 59), tuttavia senza scorgere in questo ultimo cenno alcuna implicazione presaussuriana, bensì, tenendo conto della sua ovvia condizione di a[shmo~, in quanto pura materialità sonora, a proposito della quale Pagliaro opportunamente precisa che “l’oggetto vi rimane fisicamente del tutto estraneo, ma è presente solo nel riferimento del parlante” (ibidem). Aristotele, come si sa, aggiunge a ciò un’accurata descrizione della fisiologia della fonazione su cui si è esercitata, in modo insuperabile,
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l’acribia di Walter Belardi (qui si ricordino, tra gli altri, i valori dinamico-eventivi già da me sottolineati di sumbolhv, probolhv e prosbolhv, a cui bisogna aggiungere la più generica ejkbolh; pneuvmato~ “emissione di fiato” di peri; ajkoustw`n 804 b 11, etc., che è condizione necessaria anche se non sufficiente della fonazione). Ma se morfologicamente (endomorfia apofonica con grado /o/ ed endomorfia accentuativa in forma di baritonesi !) lo stoicei`on è stativo-risultativo (come lovgo~ rispetto a levxi~ !) e – si badi bene ! – si presenta con la stessa esomorfia derivativa riscontrabile in shmei`on, di cosa esso sarà stato in prima istanza effetto, prodotto e risultato ? In questa sede torno a proporre, per un più approfondito tentativo di risposta, una sua rivisitazione indeuropea, che ci porterà forse ad una interessante scoperta… Come si sa l’antefatto radicale i.e. di gr. steivcw e derivati (tra cui appunto stoicei`on, le cui prime attestazioni con riferimento a istanze linguistiche risalgono in ogni caso a Platone e ad Aristotele) è la famiglia lessicale di i.e. *steigh- e sue diverse epifanie apofoniche, di cui quella a grado -o- è ampiamente rappresentata in greco. Gli esiti in lingue indeuropee si dividono tra il valore di “salire” (apparentemente offuscato e, in ogni caso, marginalizzato in greco) e quello di “camminare” : si considerino da una parte gli esiti anticoindiani (ad es. stighnoti “sale”) e germanici (ad es. got. steigan, ant.isl. stı¯ga, a.a.t. stı¯gan “salire”), che esprimono la peculiarità di un movimento verticale senza essere in ciò necessariamente innovativi ; e, dall’altra, le forme greche, albanesi, celtiche e baltoslave, che gravitano sull’idea del “camminare” come rappresentazione prototipica di un movimento eminentemente antropico, che consiste in realtà nel “sollevare (i piedi)” e reiterare in successione (tendenzialmente lineare) questo specifico movimento. A conferma di questa mia analisi citerò da una parte il caso del sumerico, in cui “camminare” e “incamminarsi” è detto in modo polirematico gìr.gub lett. “alzare i piedi, camminare”, dall’altra l’espressione italiana “alzare i tacchi”, che esprime lo stesso movimento deambulatorio di allontanamento. In questa condizione mi sembra perlomeno legittimo sospettare per tutta la serie lessicale i.e. un valore più antico “ascesa e/o sollevamento” su cui si innesta con successo la serializzazione dei “passi umani” e la loro saliente orizzontalizzazione eventiva. Si consideri ora il fatto che lo stoicei`on ha conosciuto in greco una precocissima “serializzazione grafico-alfabetica” in virtù di una immediata e conseguente istanza di sequenzialità lineare e orizzontale dei gravmmata, che in definitiva costituiscono il cammino o, se si vuole, i “passi” successivi della suggrafhv, che è appunto la condizione epifenomenica dei gravmmata, che altro non sono che “stoicei`a o (ordinate) lettere (scritte)”. D’altra parte l’innegabile omologia morfologica con shmei`on permette di riconoscere in stoicei`on la stessa condizione di ipostasi rispetto al continuo scorrere del già evocato pagliarano “nastro fonico-semantico”, di cui esso è in ogni caso pietra di fondazione iniziale. Giunti a questo punto, se andiamo a ricercare in Platone e in Aristotele, l’uso linguistico di stoicei`on scopriamo invariabilmente che il suo darsi seriale, lineare, sequenziale consiste proprio nel suo manifestarsi materiale nei gravmmata. Invece, quando (e ciò avviene proprio in Aristotele) lo stoicei`on è, nella sua materialità fonetica, oggetto
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di analisi descrittiva in sé e per sé, allora non viene mai chiamata in causa la sua successiva condizione seriale, che si realizza appunto in modo dinamico-eventivo nella fwnhv e in primo luogo nella sullabhv. A questo punto (e fatti forti dalle constatazioni qui svolte) diventa inevitabile riproporsi con un’integrazione la domanda iniziale : di cosa è effetto, prodotto e risultato, in definitiva di cosa è ipostasi lo stoicei`on ? Lasciamo la risposta ad Aristotele : se è vero come è vero che nel peri; ta; zw`/a iJstorivai (535 a 32) egli sostiene che la fwnhv è, innanzi tutto e prima ancora che entrino in gioco le prosbolaiv della lingua e le sumbolaiv delle labbra, aria in connessione necessariamente verticale con il lavrugx, insomma aria “che” (si badi bene) “sale o, meglio, è salita dai polmoni attraverso la laringe”, ecco che siamo – per dirla con Zanzotto – “quasi all’orlo del vero”, in ogni caso abbiamo fatto un passo decisivo nel problema dell’etimologia “profonda” e della protostoria semantica del termine stoicei`on. Naturalmente quanto affermo è denso di implicazioni epistemologiche pesanti proprio nel pensiero aristotelico, in cui è centrale la nozione di stoicei`on, che va ben oltre il fatto fonico-semantico, anzi assume un ruolo fondamentale nella sua percezione complessiva della realtà. Ma perché non pensare che questa straordinaria parola non muova da una primitiva e non casuale istanza glottocentrica (e, nella fattispecie, fonocentrica con riferimento alla sua primaria modalità di produzione) ? Come non trascurare la possibilità che gli stoicei`a siano stati prima “aria che sale dai polmoni” nella processualità della fwnhv, poi ordinata successione di gravmmata nella processualità della suggrafhv, per assumere infine la condizione (non necessariamente lineare) di “elementi” che “scrivono” o, se si preferisce, “descrivono” la realtà ? Come non ricordarsi che lo stesso lovgo~, prima di diventare il centro del pensiero aristotelico, è stato per lui il punto apicale e insieme centrale dell’attività linguistica, della levxi~ appunto, e prima di lui si è costituito in Eraclito come efficace immagine del mondo ?
Dedico questo mio ultimo e ancor più periglioso “passo” alla cara e bella memoria di Roberto Gusmani. Riferimenti bibliografici specifici Gusmani 1986 = Roberto Gusmani, “Bedeutung” und “Bezeichnung” in Aristotele ? in “O-OPE-RO-SI. Festschrift für E. Risch zum 75. Geburtstag”, Berlin-New York 1986, 535-545 (rist. in Gusmani 1995, 283-293). Gusmani 1992 = Roberto Gusmani, Shmaivnein e shmantikov~ in Aristotele, “Archivio Glottologico Italiano” 67, 1992 [1993], 17-37 (rist. in Gusmani 1995, 295-315). Gusmani 1993 = Roberto Gusmani, Per una storia della nozione di polisemia : le parole “ambigue” in Aristotele, “Incontri Linguistici” 16, 1993 [1994], 109-119. Gusmani 1995 = Roberto Gusmani, Itinerari linguistici. Scritti raccolti in occasione del 60° compleanno, Alessandria 1995 : Edizioni dell’Orso. Gusmani 2004 = Roberto Gusmani, Su una recente interpretazione della teoria aristotelica del linguaggio, “Incontri Linguistici” 27, 2004, 149-165 (articolo-recensione di Lo Piparo 2003). Gusmani 2005 = Roberto Gusmani, L’argomento linguistico nel libro Gamma della Metafisica di Aristotele, “Incontri Linguistici” 28, 2005, 169-182 (rist. “con alcune integrazioni e modifiche formali” in Gusmani 2010).
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Gusmani 2006 = Roberto Gusmani, L’argomento linguistico nel libro Gamma della Metafisica di Aristotele (ii parte), “Incontri Linguistici” 29, 2006, 179-201 (rist. “con alcune integrazioni e modifiche formali” in Gusmani 2010). Gusmani 2009 = Roberto Gusmani, A proposito della semantica del greco suvmbolon, “Incontri Linguistici” 32, 2009, 159-172. Gusmani 2010 = Roberto Gusmani, Il principio di non contraddizione e la teoria linguistica di Aristotele in “La contradizion che nol consente. Forme del sapere e valore del principio di non contraddizione” a cura di Federico Puppo, Introduzione di Maurizio Manzin, Milano 2010 : Franco Angeli, 21-62.
Altri riferimenti bibliografici Ax 1978 = Wolfram Ax, Yovfo~, fwnhv und diavlekto~ als Grundbegriffe aristotelischer Sprachreflexion, “Glotta” 56, 1978, 245-271. Belardi 1972 = Walter Belardi, Problemi di cultura linguistica nella Grecia antica, Roma 1972 : Kappa Libreria Editrice. Belardi 1975 = Walter Belardi, Il linguaggio nella filosofia di Aristotele, Roma 1975 : Kappa Libreria Editrice. Belardi 1981 = Walter Belardi, Riconsiderando la seconda frase del “De Interpretatione”, “Studi e Saggi Linguistici” 21, 1981, 79-83. Belardi 1985 = Walter Belardi, Filosofia, grammatica e retorica nel pensiero antico, Roma 1985 : Edizioni dell’Ateneo. Belardi 1990 = Walter Belardi, Linguistica generale, filologia e critica dell’espressione, i-ii, Roma 1990 : Bonacci Editore. Burkert 1959 = Walter Burkert, STOICEION. Eine semasiologische Studie, “Philologus” 103, 1959, 167-197 (v. on line in Google Libri in Kleine Schriften : Philosophica). Koller 1955 = Hermann Koller, Stoicheion, “Glotta” 34, 1955, 161-174. Lo Piparo 1999 = Franco Lo Piparo, Il corpo vivente della léxis e le sue parti. Annotazioni sulla linguistica di Aristotele, “Histoire Épistémologie Langage” 21/1, 1999, 119-132. Lo Piparo 2003 = Franco Lo Piparo, Aristotele e il linguaggio. Cosa fa di una lingua una lingua, Roma-Bari 2003 : Editori Laterza. Lo Piparo 2006 = Franco Lo Piparo, Archeologia del simbolo, “Versus” 102 (Nuova Serie, settembre-dicembre 2006), 11-26. Pagliaro 1956 = Antonino Pagliaro, Il capitolo linguistico della “Poetica” di Aristotele in “Nuovi saggi di critica semantica”, Messina-Firenze 1956 : D’Anna, 78-151. Reale 1974 = Giovanni Reale, Aristotele, Roma-Bari, Editori Laterza.
Riferimenti autobibliografici (in tema di pensiero “linguistico” nella Grecia antica) Ancora a proposito di Eraclito e il logos in Logica, dialogica, ideologica. I segni tra funzionalità ed eccedenza, a cura di Susan Petrilli e Patrizia Calefato, Milano, Associazione Culturale Mimesis, 2003, 273-286. La nascita del lovgo~ : Eraclito e dintorni in Dialetti, dialettismi, generi letterari e funzioni sociali. Atti del v Colloquio Internazionale di Linguistica Greca (Milano, 12-13 settembre 2002), a cura di Giovanna Rocca, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2004, 415-435. Eraclito e Parmenide : contemporaneità, consapevolezza e/o (in)dipendenza ? in Il linguaggio. Teorie e storia delle teorie, in onore di Lia Formigari, a cura di Stefano Gensini e Arturo Martone, Intervento introduttivo di Tullio De Mauro, Napoli, Liguori, 2006, 23-31.
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GUSM A NI E L’ALPE-ADR IA Maur izio Manzin Premessa
T
emo di deludere le attese dei presenti e, soprattutto, dei cari professori Vincenzo Orioles e Raffaella Bombi, colleghi stimatissimi che con generosità mi hanno invitato in questo consesso, destinandomi un tema (« Gusmani e l’alpeadria » 1) per il quale, è da crederlo, si attendevano un dettagliato resoconto di quante e quali cose abbia fatto Roberto in alpe-adria. Li deluderò per almeno due motivi. 1. Non sono uno studioso della lingua : sono un giurista che ha conosciuto Roberto in un ambito istituzionale (quello delle relazioni internazionali fra Atenei) e che ne è divenuto amico. Poteva restare una frequentazione, appunto, istituzionale, come spesso càpita nel nostro lavoro ; ne nacque invece un’empatia basata su alcune affinità, e, fra queste, soprattutto un’acuta e quasi infantile curiosità per tutto ciò che dell’umano si comprende attraverso il fenomeno linguistico. Solo in un secondo tempo maturò in me e Federico Puppo l’idea di coinvolgere Roberto in un convegno di studî sul principio di non contraddizione (il 1° e 2 febbraio 2007) e in una serie di lezioni agli studenti del mio corso principale di Filosofia del diritto e ai dottorandi della Scuola di Trento in Studi Giuridici Europei e Transnazionali (il 7 e 8 ottobre 2009). A tutt’e due le richieste Roberto aderì dopo molte insistenze e schernendosi sempre per la sua “inadeguatezza”. 2 2. Non sono uno storico : non ho gli strumenti necessarî per tracciare descrittivamente l’attività di Roberto in seno alla Conferenza dei rettori di Alpe-Adria e al suo Comitato Scientifico. Il titolo di questo intervento andrebbe, pertanto, interpretato in questo modo : « Gusmani visto da Maurizio Manzin, attraverso la comune esperienza in alpe-adria » – una testimonianza soggettiva e personale, non una ‘fotografia’ realizzata attraverso documenti. Ad altri il compito di ricostruire, all’interno della storia di alpe-adria e con competenze specialistiche, il ruolo di Gusmani (potrebbe essere lo spunto per una tesi di laurea o di dottorato), con quella ‘neutralità’ che il lavoro dello storico necessariamente comporta. Questo distacco metodologico, per me, è impossibile, essendo il periodo trascorso da Roberto in alpe-adria un tranche de vie di cui faccio intimamente parte. La mia presenza oggi, in questa prestigiosa sede, va dunque vista nel segno di una testimonianza personale, pervasa di gratitudine per ciò che Roberto ha lasciato in me. L’alpe-adria farà solamente da sfondo.
1 « Conferenza dei rettori delle Università di Alpe-Adria » (anche indicata dall’acronimo aarc : AlpsAdriatic Rectors’ Conference), già Conferenza dei rettori delle Università della Comunità di Lavoro AlpeAdria. D’ora in poi nel testo semplicemente alpe-adria. 2 Della prima iniziativa è ora testimonianza il volume collettaneo La contraddizion che nol consente. Forme del sapere e valore del principio di non contraddizione, pubblicato a c. di F. Puppo per i tipi di Milano, FrancoAngeli, 2010.
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maurizio manzin Un profilo di Roberto Gusmani
Ho incontrato Roberto la prima volta nel 1999, a Graz, in occasione di una riunione del Comitato Scientifico e della Conferenza dei rettori di alpe-adria. Facevamo parte di una sparuta pattuglia di colleghi italiani del Nordest, della Lombardia e (allora) dell’Emilia. Com’era naturale, il piccolo gruppo si affiatò subito, formando una comunità nella comunità. Ai margini delle riunioni e delle attività di PR (nelle trasferte, nelle pause, nei conviti) sorse spontaneo tra noi uno spirito goliardico con cui, in modo lieve, scambiavamo le nostre esperienze di docenti e studiosi nell’accademia italiana. Mi colpì subito, in tutte quelle occasioni, un tratto del carattere di Roberto che non so in quale misura emergesse anche nei Suoi rapporti quotidiani con i colleghi della materia o del Suo Ateneo : Egli era giocoso, sempre pronto alla celia, dotato di uno humor intelligente e talvolta corrosivo, e amava la compagnia dei colleghi più giovani, come me e Federico Puppo (Roberto amava i giovani – Lui stesso lo era nel più intimo di sé – e con i giovani era largo di confidenze sul mondo accademico nostrano e sui suoi retroscena). Ho avuto dunque il privilegio di conoscere un Gusmani ‘goliarda’, e ancora ricordo con piacere certe tenzoni simposiali in qualche birreria austriaca o bavarese. Roberto era capace di farci ridere di gusto. Il secondo tratto che mi colpì era la Sua estrema e sincera modestia. Roberto ci estasiava con le sue spiegazioni linguistiche, e noi non mancavamo di provocarLo con continue domande e curiosità, che Egli saziava con dovizia di scienza, unita a una rara capacità di spezzare il pane del Suo sapere con la rudezza delle nostre poche o nulle cognizioni etnolinguistiche e filologiche. Roberto sapeva insegnare, mettendo sempre avanti la materia e mai se stesso. In un ambiente come il nostro, in cui la vanità non è l’ultima delle pecche, Egli mostrava un signorile understatement, un’allure quasi dimessa, che celava la potenza delle Sue cognizioni. Non ne parlerò oggi, ma dietro la Sua riluttanza a spaziare in campi estranei alla Sua specializzazione ferveva, anche, uno spirito autenticamente religioso : una percezione fortissima del mistero costitutivo dell’esistenza umana. Roberto era talmente compreso nella sua insondabile grandezza da rifiutarsi di esporlo al piano troppo mondano e superficiale dell’apologia o della polemica. La terza peculiarità del Suo carattere che mi sorprese, fu l’entusiasmo. Roberto nutriva una passione intensa per il Suo mestiere. In un paio d’occasioni mi raccontò il modo avventuroso in cui, ragazzo, rovistando in soffitta tra alcuni libri ancora intonsi, scoprì la Sua irresistibile vocazione alla glottologia. Il suo mestiere fu sempre, per Lui, il Suo destino, vissuto con convinzione e pienezza. Non posso dimenticare le parole che mi rivolse a Trento, pochi giorni avanti la Sua scomparsa. Eravamo nel mio studio, appariva stanco, e Gli chiesi se ciò era dovuto a qualche timore per il Suo prossimo congedo dall’Università. Gli dissi anche, per sollevarlo, che era mia intenzione invitarLo alla prossima riunione di alpe-adria per una piccola celebrazione in Suo onore. Mi rispose che non sarebbe venuto, che voleva andarse da alpe-adria (e dall’Università) “in punta di piedi”. Egli non era affatto turbato dal Suo pensionamento, perché – aggiunse – si
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considerava appagato dalla Sua lunga carriera. “In fondo, in tutti questi anni, io mi sono divertito”. Lo disse in un modo che è scolpito nella mia memoria, con il suo sorriso leggero e un po’ melanconico : era quello che volevo fare – intendeva dire – e l’ho fatto sino in fondo. È difficile non pensare, con la memoria del poi, che in quel momento, per una misteriosa consapevolezza a Lui stesso ignota, Egli stesse tracciando il bilancio della Sua vita. L’ultimo tratto di Roberto di cui parlerò oggi, perfettamente congiunto ai precedenti, è quello della professionalità. Roberto era competente in ogni aspetto del Suo lavoro : scientifico, didattico ed istituzionale. Il Suo umorismo vivace, la Sua umiltà senza fronzoli, la Sua accesa passione mostravano a chiunque volesse vederla una solida consistenza interiore. Egli sapeva fare il suo mestiere come pochi. Sapeva congiungere la fermezza dei principî alla dolcezza dei modi ; sopra ogni altra cosa, aveva in uggia il pressappochismo e la furbizia, che nel nostro ambiente connotano spesso chi non ama veramente il proprio lavoro (chi lo considera un mezzo e non un fine in se stesso). Questa è la vera forma della professionalità. Ho sempre considerato Roberto un modello per me. Quando potei ammirare in vivo la competenza di Roberto nell’insegnamento e nella ricerca, a seguito del mio invito a collaborare con la Facoltà di Giurisprudenza di Trento (i miei studenti e i miei colleghi ne serbano ancora un magnifico ricordo), non ebbi alcuna sorpresa : per anni ne avevo avuto prova nel corso delle Sue attività in alpe-adria.
L’attività di Roberto in alpe-adria Dopo il congedo del professor Anton Kolb della Karl-Franzens Universität di Graz, autentico eponimo della Conferenza, Roberto divenne il Decano di alpeadria. Egli ne era la memoria storica : nessuno, che io sappia, degli attuali membri, ha partecipato al network sin dalla sua fondazione, salvo forse i traduttori, 1 che tuttavia non ne fanno più parte da qualche anno. Dal 1979 al 2009 Roberto ha preso parte a tutti i momenti salienti, nonché a quelli di ordinaria amministrazione, della vita dell’associazione. Trent’anni, nei quali l’Europa della Cortina di Ferro è divenuta l’Unione Europea : anni che hanno cambiato il mondo. La Conferenza dei rettori nacque come espressione accademica (voluta dal professor Kolb) della Comunità di Lavoro Alpe-Adria : una partnership – quest’ultima – fra le unità politico-amministrative territoriali (regioni, Länder, contee) di uno spazio culturale e geografico situato fra le Alpi, l’Adriatico e il Danubio, vagamente corrispondente, nel suo nucleo costitutivo, ad una porzione dell’impero austro-ungarico. L’idea era quella di favorire i rapporti transfrontalieri su base locale, scavalcando il livello dei contatti fra Stati nazionali, condizionato e reso impervio dal bipolarismo Est-Ovest. La natura dei contatti interregionali
1 Mi riferisco agli interpreti professionali che curavano la traduzione, simultanea o incrociata, degli interventi nel corso delle riunioni. Sino alla revisione dello Statuto (2008), era prescritto che i componenti del Comitato Scientifico e gli stessi rettori si esprimessero nella loro lingua madre.
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era all’inizio soprattutto economica e culturale lato sensu ; con la fondazione della Conferenza dei rettori assunse in aggiunta la connotazione accademica della formazione e della ricerca : quella forse più adatta di ogni altra a favorire la costruzione di ‘ponti’. È evidente che la dimensione linguistica giocava in questa situazione un ruolo di primo piano, poiché è nel logos (essere-pensiero-vita) che gli uomini sono costituiti in unità, prima di ogni differenza espressiva. Nella lingua – nelle lingue –, nel suo studio comparativo, nel confronto fra le culture che storicamente si esprimono (e talvolta si definiscono) attraverso le lingue, può essere rintracciato il filo comune che porta ogni volta, come ho detto all’inizio, alla riscoperta dell’umano : l’uno nei molti che, solo, può aiutare alla pacifica coesistenza – a un’unione, come dicevano i neoplatonici, senza confusione. Non ho mai parlato apertamente di queste cose con Roberto, ma ho adesso, nell’accingermi a riflettere sul nocciolo dei nostri colloqui, la persistente impressione che fosse proprio qualcosa del genere ad aver motivato il Suo slancio, in quei lontani anni, a prendere parte attiva nella fondazione della Conferenza dei rettori. A – com’Egli avrebbe probabilmente detto – divertirsi. Roberto mi raccontò come presto ci si accorse che uno dei problemi più gravi della neonata Conferenza era quello del turnover. I rettori cambiavano spesso, e la vita di alpe-adria, animata da un’unica sessione plenaria annuale, rimaneva frammentata e schiacciata dal livello ‘politico’ della Comunità di Lavoro, quello dei funzionari amministrativi e dei dirigenti degli Uffici Regionali, molto più attivi nel tessere le relazioni transfrontaliere (oltrecché economicamente più dotati). Nacque così (nel 1981) l’idea di un Comitato Scientifico permanente e ristretto, formato dai delegati rettorali di un solo Ateneo per Regione, che negli auspici avrebbero dovuto ‘sopravvivere’ al cambio dei rettori e preparare i lavori della Conferenza riunendosi due volte l’anno. Un’idea che risultò decisiva per alpeadria. L’attività di Roberto puntò sin dal 1985, com’era nella sua indole, al concreto. Attraverso un’azione caparbia di coinvolgimento delle istituzioni regionali, Egli ottenne un congruo numero di grants per gli studenti delle Università di alpeadria intenzionati a trascorrere un periodo della loro formazione presso l’Ateneo friulano, allo scopo di lavorare su temi pertinenti alla specificità culturale di alpe-adria (linguistici, storici, sociologici, economici ecc.). Roberto bussò insistentemente alle porte della Sua Regione e, nonostante qualche interruzione (che viveva sempre con fastidio), riuscì a garantire una sostanziale continuità all’iniziativa. Ad ogni riunione della Conferenza dei rettori e del Comitato Scientifico, quando recava la ‘buona novella’, soleva alzarsi snocciolando cifre e dotazioni, non omettendo mai di aggiungere alla fine, con asciutta riprovazione, la mancanza di reciprocità da parte di alcuni membri componenti. L’azione lungimirante di Roberto assicurò nel periodo 1985/2008 un cospicuo numero di borse di studio, aiutando laureandi e laureati delle regioni ungheresi, austriache, bavaresi, slovene e croate. Solo l’Università di Trento, stabilendo convenzioni con la Regione Autonoma Trentino-Alto Adige e l’allora Istituto Trentino di Cultura (oggi Fonda
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zione Bruno Kessler), riuscì a imitare l’esempio dell’Ateneo di Roberto, almeno sino al 2007. Gli altri Atenei erogarono borse in numero e dotazione inferiori, oppure agganciate a iniziative meno qualificanti nella prospettiva peculiare di alpeadria. Alcuni membri, infine, non offrirono mai alcuna borsa di studio. Le borse non furono, però, l’unico risultato di rilievo della collaborazione istituzionale di Roberto con alpe-adria. Personalmente ricordo almeno due iniziative di spessore scientifico : la summer school di Plezzo (organizzata di concerto fra le Università di Udine, Trieste, Lubiana, Maribor e Klagenfurt) e l’incontro “Spazi di pace” a Udine nel 2004. Ma sono certo che non si tratta di esempi isolati. Il curriculum scientifico di Roberto è assai lungo e ne occorrerebbe un’attenta disamina per sceverare questo tipo di iniziative : impresa resa ancor più ardua dalla Sua reticenza nel conclamare le attività svolte. Per il resto, nell’ordinaria amministrazione, Roberto si distinse sempre per le Sue doti di equilibrio, smussando con savoir-faire le discussioni più accese in seno al Collegio e cercando in ogni occasione di favorire quelle decisioni che mettevano studenti e studiosi al centro di qualche beneficio. Sommessamente ma fermamente, com’era nel Suo carattere. Qualche parola andrebbe spesa anche per raccontare l’atteggiamento di Roberto nella fase probabilmente più delicata della vita di alpe-adria, allorquando la costituzione dell’Unione Europea sembrò svuotare di significato l’esistenza stessa del sodalizio. Ricordo bene le circostanze, poiché coincisero con il mio periodo di presidenza del Comitato Scientifico nel 2004/2005. alpe-adria stava vivendo un momento di stasi, sorpassata in qualche modo dalle politiche “quadro” di finanziamento della ricerca avviate dall’Unione Europea e dal proliferare dei network accademici, e rallentata dal languire delle attività transfrontaliere del livello ‘politico’ – la Comunità di Lavoro –, rese in gran parte pleonastiche dall’infittirsi dei rapporti internazionali Est-Ovest e dall’adesione ormai quasi totale degli Stati occidentali dell’ex-blocco sovietico all’Unione. Fu in quell’occasione (anche nella mia veste di giurista) che proposi come punto impreteribile dell’agenda della Conferenza dei rettori il rinnovamento dello Statuto, sulla base di alcune assunzioni fondamentali : l’Europa era cambiata ; nella nuova situazione, le condizioni storico-politiche che avevano prodotto la nascita della Comunità di Lavoro stavano perdendo molto del loro senso ; se la Conferenza dei rettori pensava di aver ancora un ruolo da giocare, doveva ripensare se stessa e conferirsi un assetto adeguato sotto il profilo ‘costituzionale’. Dalle deliberazioni dell’assise di Trento scaturì una Commissione per la revisione dello Statuto i cui lavori, nel giro di tre anni e di molte discussioni, portarono nel 2008 alla promulgazione della nuova Carta fondamentale della Conferenza dei rettori di Alpe-Adria. Essa è preceduta da un ampio Preambolo in cui si definisce il nuovo carattere del network : autonomia totale dalla Comunità di Lavoro (il livello ‘politico’) ; apertura a nuove regioni contermini ; collaborazione con le altre Conferenze esistenti ; relazioni dirette con le istituzioni dell’Unione Europea ; riferimento macroregionale.
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In questa fase delicata di transizione, rimasi in costante raccordo con Roberto (Egli faceva parte della Commissione incaricata della revisione, assieme a me e al compianto collega Karl Stuhlpfarrer di Klagenfurt). Ebbi un apposito pour-parler con Lui a Trento, poiché Roberto era preoccupato di quest’iniziativa, al punto che, pur facendo parte della Commissione, se ne tenne sostanzialmente in disparte. Egli temeva che alterare gli equilibri faticosamente raggiunti nel corso di un trentennio in seno alla Conferenza dei rettori potesse condurre a uno snaturamento del sodalizio e, soprattutto, alla dispersione di quel ‘nucleo storico’ di componenti del Comitato Scientifico che rappresenta l’unica garanzia concreta della sua sopravvivenza come organismo attivo e non soltanto come sigla (non dimentichiamoci che alpe-adria non ha risorse finanziarie proprie – la stessa iscrizione degli Atenei è a titolo gratuito – e che, quindi, il suo funzionamento è largamente basato sulla buona volontà dei suoi membri e sulla misura della loro capacità di coinvolgere con intraprendenza e ‘fantasia creativa’ le diverse istituzioni in grado di allocare risorse sui progetti della Conferenza stessa). Assicurai Roberto che era mia intenzione guidare un ‘cambiamento nella continuità’, spostando gli obiettivi senza alterare il meccanismo partecipativo e decisionale : un maquillage statutario con interventi minimi e mirati, tali da consentire un’apertura che potesse portare nuova linfa a un organismo fisiologicamente invecchiato. Gli illustrai le mie proposte articolo per articolo. Roberto – ne sono assolutamente convinto – comprese il mio intendimento, ma non vi aderì sino in fondo. Era come se avvertisse che qualcosa cambiava nel quadro generale, fors’anche in maniera positiva (erano pur sempre cessati i tempi del Muro), e che probabilmente era inevitabile adeguarsi, pena una più o meno lenta dissoluzione, ma qualcosa resisteva in Lui alla mutazione. La mia impressione è che Egli stesse già prendendo congedo da questa parte della Sua vita, una parte in cui alpe-adria era stata presente, e che il ‘nuovo che avanzava’ non Lo riguardasse più. Qualcosa di simile al Suo atteggiamento di fronte ai profondi rivolgimenti in atto nel mondo accademico. Era come se dicesse : questo non è più affar mio, fate voi. Cercai in tutti i modi di coinvolgerLo, di farLo partecipe. Proposi addirittura una sorta di grande ‘festa d’addio’ con tanto di benemerenze e donativi. Fu tutto inutile. Un piccolo dono simbolico, di sapore goliardico, lo acquistammo Federico Puppo ed io, riuscendo a darGlielo soltanto a Trento, l’ultima volta che Lo vedemmo vivo. Roberto lasciava un’alpe-adria in fase di rinnovamento (di cui ancora non è dato vedere pienamente gli sviluppi) con apparente distacco, e con qualche amarezza per non essere riuscito a far breccia negli organi d’Ateneo al fine di concordare un ‘passaggio di consegne’. Ora la rappresentanza in Comitato Scientifico è stata assunta dall’Ateneo di Trieste, una staffetta in fondo naturale tra le due Università operanti nella Regione. I colleghi italiani in Comitato Scientifico ‘cresciuti’ con Roberto sono oggi soltanto due (oltre a me, il professor Ferloni di Pavia), mentre un po’ più numerosi sono i colleghi stranieri (professor Heppner di Graz, professor Kempgen e dottoressa Seidenath di Bamberga, professor Komlòsi di Pécs). Nella Conferenza dei rettori siede forse qualche delegato ai rapporti
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internazionali che Lo ha conosciuto negli ultimi anni (penso, ad esempio, alla professoressa Maierhofer di Graz). A conclusione di questo breve intervento, posso dire con certezza che Roberto era stimato da tutti in alpe-adria ed apprezzato tanto per le sue conoscenze linguistiche, quanto per le sue doti di carattere. Con altrettanta certezza mi sento di poter dire, tuttavia, che la Sua discrezione e modestia hanno fatto velo alle altre Sue competenze e virtù, che solo ai più intimi, e spesso solo indirettamente, si sono rivelate, facendo sì che Lo amassimo e desiderassimo imitarLo. Trovo, nel ripensare ai miei dieci anni trascorsi con Roberto in alpe-adria e alle preziose occasioni in cui mi ha testimoniato la Sua amicizia, che ben Gli si attagli la frase immortale di Eraclito – quasi un suggello alla Sua memoria :
“La trama nascosta è più forte di quella che si manifesta”. 1
1 Eraclito, framm.14 [A 20] Colli (= 22 B 54 DK). Trad. it. dello stesso G. Colli.
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GUSM A NI E LA SUA ATTI V ITÀ COME PR ESIDENTE DEL CONSIGLIO SCIENTIFICO DELL’ISTITUTO per GLI STUDI MICENEI ED EGEO-A NATOLICI DEL CNR Mirjo Salv ini
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onobbi Roberto Gusmani dapprima, indirettamente, come autore del Lydisches Wörterbuch. Lo scopersi nella biblioteca dello “Institut für altorientalische Philologie“ della Freie Universität di Berlino. Il libro venne pubblicato proprio nel 1964 presso il prestigioso Winterverlag di Heidelberg. E pur non essendomi allora, né peraltro più tardi, cimentato con il lidio, ché urgevano altre lingue e letterature anatoliche e mesopotamiche, e seguivo i corsi di ittito, hurrico, urarteo e di accadico, grande fu l’impressione destatami dall’apprendere l’esistenza di uno studioso italiano che aveva prodotto uno studio così specialistico e unico, in tedesco, e che quindi si era affermato in Germania, nella terra per eccellenza delle filologie. Un mondo nel quale pian piano mi inserivo col timore ed il rispetto sacro di chi teme di non essere pari al compito. Quando in anni più recenti feci la conoscenza diretta di Gusmani, e soprattutto quando iniziò la nostra collaborazione all’Istituto del cnr, da me diretto, il mondo germanico degli studi e il veicolo della lingua divennero subito un punto importante di intesa fra noi. Già il prof. Ernst ha lumeggiato poc’anzi questo importante aspetto del bagaglio culturale di Gusmani. Ed è rimasto – il tedesco – durante i convegni che abbiamo organizzato insieme, e di cui parlerò ora, la lingua d’elezione. Per contiguità di interessi e di esperienze, ho sempre condiviso con Gusmani la tacita ma ferma resistenza all’invadenza totalizzante della lingua inglese (tra parentesi debbo desolatamente constatare che la battaglia, che sicuramente verrà definita di retroguardia, è praticamente perduta, anche nel ridotto delle nostre discipline, e addirittura sul suolo universitario germanico). Tutti i presenti avranno a mente episodi in tal senso. E non mi dilungo. Mi basti aver rammentato questa consonanza con la sensibilità linguistica e culturale di Roberto Gusmani, che ovviamente non si limitava alla lingua ma era consustanziale con la solida tradizione della linguistica germanica ed europea. E sono ben cosciente di avere sfiorato solo uno degli aspetti del suo bagaglio culturale. Roberto Gusmani è stato dalla metà degli anni ’80 membro del Consiglio Scientifico dell’Istituto per gli Studi Micenei ed Egeo-anatolici, quindi ne è stato Presidente per gran parte del periodo della mia Direzione, cioè dalla fine del 1992 fino al 7 maggio del 2001. Questa fu l’ultima riunione in assoluto del Consiglio Scientifico, perché intervenne una ristrutturazione che eliminò gli organi scientifici di controllo periferici.
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In quel periodo Gusmani svolse in primo luogo con onestà e rigore il ruolo di consigliere prima e di presidente in seguito, seguendo i programmi dei ricercatori, e dando pareri e suggerimenti preziosi per molte problematiche e aspetti della vita dell’Istituto. Ricordo che in quell’ordinamento, che è giunto al suo fine ormai quasi 10 anni fa, il Consiglio scientifico degli Istituti del cnr era inteso come tramite fra gli organi nazionali di consulenza, elettivi, e tutta la comunità scientifica (e il prof. Romano Lazzeroni qui presente lo può testimoniare, dato che fu presidente in quegli anni del “Comitato di scienze storiche, filosofiche e filologiche”). Voglio dire, senza indulgere a descrizioni burocratico-ordinamentali, acciocché non si dimentichino certe situazioni oramai antiche, che a quel tempo il Consiglio Nazionale delle Ricerche aveva una struttura prevalentemente di carattere scientifico – e vi assicuro che non è una tautologia, né una verità lapalissiana. E ciò per la semplice ragione che oggi non lo è assolutamente più. Una prima riforma nel 2010 eliminò infatti i Comitati di consulenza scientifica, nei quali si era fino ad allora organizzato il controllo di tutte le branche scientifiche all’interno dell’Ente ma anche e soprattutto all’esterno a livello nazionale, specie per quanto concerne il sostegno finanziario alle ricerche universitarie. Essi vennero sostituiti da un Consiglio Direttivo di otto persone – che mi ricordava la magistratura dei “signori Otto di balìa” della Firenze del Sei-settecento, inoltre orbò gli istituti del cnr dei loro Consigli Scientifici. Veniva dunque a mancare quel rapporto istituzionale con il mondo degli studi del settore, esterno al cnr. E manca tuttora, ché la successiva riforma fu, se possibile, ancora peggiore della precedente (ed è inutile qui citare i nomi degli irresponsabili politici). Talché la disperazione ha fatto rifugiare taluno nella invettiva poetica, contro la “gente zotica e vil, cui nomi strani son dottrina e saper”. Anche con tali accenti si parlava con Gusmani, il quale accanto a ottime qualità diplomatiche conosceva però anche il vigore dello sdegno, che la sua autorevolezza sapeva rendere efficace. Era – quella dei comitati e dei consigli scientifici – una istituzione essenziale, che manteneva vivi i legami soprattutto col mondo universitario ; luogo di origine e primo punto di riferimento per chi aveva avuto in sorte una collocazione negli Istituti di ricerca. La divisione, la separazione istituzionale che esisteva infatti con quel mondo, se poteva avere una giustificazione per istituti e laboratorii di scienze applicate del cnr, che sono solitamente raggruppati in aree di ricerca autonome fuori dai centri urbani, era completamente assurda, e si è rivelata spesso perniciosa, per le humanae litterae e la storia. A parole sono tutti d’accordo, ma la sciagurata forza d’inerzia burocratica ci lascia tuttavìa “in sì pungenti salse”. Mi è quindi caro, ricordando il ruolo svolto dal Professor Gusmani, inserirlo in quel contesto storico-istituzionale che era comunque, con i limiti che pure ebbe, sicuramente più proficuo ed utile alla ricerca. Si aveva la sensazione di respirare meglio quando, tre volte all’anno, avevano luogo le sedute del Consiglio Scientifico e si riceveva la visita dei membri esterni ; Gusmani veniva geograficamente da più lontano, e portava veramente un’aria diversa, cui contribuiva anche An
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tonio Invernizzi di Torino. In queste righe mi rendo conto di sfiorare appena, e divagando un po’, uno degli aspetti minori dell’attività di Gusmani, ché altri ed in altre sedi ne hanno lumeggiato la figura di maestro, la produzione scientifica e l’attività di promotore della ricerca. Il suo contributo a Roma fu importante 10 anni fa, al momento della prima ristrutturazione, quando “li signori Otto di balìa” imposero una cura dimagrante agli organi del cnr, e procedettero ad una operazione di fusione di vari centri di studio e istituti, a dir vero dando l’impressione di seguire il modello delle fusioni delle banche più che rispondere ad esigenze di promozione scientifica. Una banca più grande è più solida e affronta meglio la concorrenza internazionale, si disse. Si è visto peraltro che neanche per le banche il principio si è rivelato sempre valido. Ma nel caso che allora riguardava, all’interno delle cosiddette scienze umane, gli unici tre istituti antichistici esistenti (ne cito i nomi abbreviati : “Istituto fenicio-punico”, “Istituto etrusco-italico” ed “Istituto egeo-anatolico” : il nostro), la proposta geniale fu di fonderli in un istituto unico che doveva essere definito con un nome generale, evocando l’archeologia tout court, o le scienze dell’antichità ; vennero scomodate le “Altertumswissenschaften”, come se mettere insieme tre linee di ricerca ben individuate avesse potuto rappresentare tutte le scienze dell’antichità. Era come “fare le nozze con i fichi secchi”. Ma la cosa era ridicola a parere nostro, soprattutto perché le aree coperte dai tre istituti erano assai limitate e risalivano all’iniziativa di tre maestri, Sabatino Moscati, Massimo Pallottino e Giovanni Pugliese Carratelli. Quest’ultimo fu il mio maestro e ci ha lasciati pochi mesi fa alla soglia dei 99 anni d’età dopo aver formato generazioni di classicisti, storici ed orientalisti. Gusmani si oppose allora con convinzione al disegno “bancario” ed appoggiò con successo una mia proposta alternativa. Così ci riuscì di convincere “li signori otto”, alias il Consiglio Direttivo, mercè un allargamento della tematica, e l’ismea venne rifondato sicché dal 2002 si chiama “Istituto di Studi sulle Civiltà dell’Egeo e del Vicino Oriente”. Egli contribuì pertanto ad evitare la “deportazione” nell’area di ricerca a 30 km di distanza da Roma, dove si trovano – ahiloro ! – i Fenici fusi con gli Etruschi, privi della biblioteca Pallottino che il lungimirante Mauro Cristofani aveva fatto acquistare dal cnr facendo valere il diritto di prelazione. E giungo a quello che è stato il contributo fondamentale di Gusmani in favore dell’allargamento degli orizzonti scientifici dell’Istituto che allora dirigevo. All’inizio degli anni ’90 egli propose dunque di organizzare a Roma, sotto l’egida dell’Istituto, un convegno internazionale sulla Decifrazione del Cario. Una materia della quale nessuno in Istituto si era mai occupato. Vero è che avevamo avuto indiretti contatti con le problematiche della Caria, dal punto di vista archeologico. Questo per i legami con il sito di Iasos, legato alla figura di Doro Levi, e dove aveva scavato il nostro compianto collega Paolo Emilio Pecorella. Ma questa iniziativa chiamò a Roma nel 1993 i più autorevoli studiosi internazionali che si erano cimentati con questo specifico aspetto della decifrazione. In quegli anni, a differenza di altre più note filologie del mondo antico, proprio nell’ambiente anatolico si assisteva ad una crescita continua della documentazione.
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Il problema era se si potesse dire riuscito uno dei tentativi di decifrazione, cento anni dopo il primo tentativo di Sir Archibald Sayce, che Gusmani nel suo contributo “Kritisches und Autokritisches zu den Entzifferungsversuchen” definisce “Wegbereiter der karischen Studien”. Gusmani rimase piuttosto prudente di fronte ai risultati cui sembrava fossero pervenuti indipendentemente studiosi di scuole diverse come Ray, Adiego, Schürr e Eichner. Avvenne un episodio incredibile. Io mi recavo ogni estate in Anatolia orientale per le mie ricerche urartee, che continuano tuttora, e proprio nell’anno di preparazione al convegno sul Cario, sfogliando sull’aereo della “Türk Hava Yolları” la ben illustrata rivista della compagnia, che offre articoletti e immagini di città e siti della Turchia, mi cadde l’occhio su una iscrizione del sito di Kaunos : sembrava greco, ma no, era una nuova epigrafe caria, inedita ! La portai a Gusmani che rimase, come già io stesso, di princisbecco. Non una editio princeps, non una comunicazione congressuale, ma una ignara fotografia giornalistica aggiungeva un nuovo interessante tassello ad una documentazione ancora assai limitata. D’altra parte l’elemento dell’avventura e quasi del mistero aveva un suo posto ; penso alle notizie che Olivier Masson riportava su una serie di epigrafi carie inedite trovate in Egitto, in una tomba che però era chiusa, e alla ricerca del personaggio che forse avrebbe potuto farne recuperare la documentazione ; e ricordo il giovanile entusiasmo di Gusmani nel seguire questa pista. Non so poi come sia finita quella faccenda. Il nome di Archibald Sayce e lo spazio temporale di un secolo mi evocano innanzitutto il ruolo che lo stesso studioso nell’ultimo quarto dell’800 svolse per le epigrafi urartee, di cui pubblicò il primo corpus. Ma più in generale il fatto stesso di trattare di una materia simile, mostrava all’interno del cnr quale fosse il respiro di certe ricerche linguistiche e filologiche. Lo dico perché impazzavano in quegli anni i cosiddetti “programmi strategici” e i “progetti finalizzati”, tutti naturalmente col fiato corto, poiché si poteva ambire al più a finanziamenti per due o tre anni, che comunque non si ricevettero mai. Non era facile peraltro spiegare la diversità delle nostre ricerche, ai tempi lunghi di cui sempre necessitiamo per pervenire a solidi risultati ; e questo al fine stesso della loro salvaguardia. È ovvio come la pensasse al proposito Gusmani, ma non va sottaciuto che alcuni colleghi, che pure coltivano con successo i nostri studii, non di rado si piegavano a logiche burocratiche che cozzano con il buon senso. In effetti anche presso il nostro istituto Gusmani si trovò ad avere conoscenza di programmi di ricerca di lungo respiro. E per non citare che i programmi filologici anatolici, egli sostenne decisamente il “Corpus der hurritischen Sprachdenkmäler”, organizzato in collaborazione con i colleghi di Berlino e Würzburg, e i cui 13 volumi che raccolgono l’intero materiale proveniente da Boghazköy, sono stati pubblicati a Roma dal 1984 al 2005 ; il che dà un’idea della dimensione temporale di tali opere. Non ha potuto invece vedere realizzato il mio “Corpus dei testi urartei”, i cui primi tre volumi sono usciti l’anno scorso. Ho fatto questa digressione sui miei programmi personali, soprattutto perché furono oggetto di considerazione da parte di Gusmani nel suo ruolo all’interno del Consiglio ed ebbero
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sempre il suo sostegno, ma voglio porre nuovamente l’accento sulla serie dei convegni organizzati a Roma da Gusmani stesso col supporto del nostro Istituto. Dopo il volume sulla “Decifrazione del Cario”, uscito nel 1994 nella collana delle Monografie Scientifiche del cnr, serie Scienze umane e sociali, ebbe luogo nel 1995, nella bella Sala Marconi dell’edifico storico del cnr, il simposio “Frigi e Frigio”, e gli atti relativi uscirono nel 1997 nella stessa serie. Il terzo convegno promosso da Gusmani, ed in espressa collaborazione con l’Università di Udine, fu dedicato nel 1999 al tema “Licia e Lidia prima dell’Ellenizzazione”, ed è stato pubblicato nel 2003, anch’esso nella medesima serie. E per ognuno di questi convegni si ebbe un finanziamento ad hoc del Comitato per le scienze storiche, filosofiche e filologiche del cnr. Delineando gli scopi dell’iniziativa Gusmani ricordava che, come nel precedente caso del Cario, si trattava del primo convegno dedicato interamente ai Frigi, alla loro lingua e alla loro cultura. E se poco tempo prima nuove scoperte avevano arricchito sensibilmente la documentazione, le nuove iscrizioni per la loro novità tipologica ponevano problemi interpretativi ancora insormontabili. Ma era l’aspetto interdisciplinare che, coinvolgendo storici, filologi ed archeologi, doveva delineare i contorni di un comune concetto di Frigio. Tutti e tre questi convegni internazionali, che videro la partecipazione dei migliori specialisti delle singole materie, hanno fatto il punto su aspetti delle civiltà preclassiche dell’Anatolia occidentale, e ciò seguendo un percorso storico-geografico che presuppone una chiara programmazione. Certamente si sarebbe potuto continuare ricoprendo l’intero continente anatolico, da occidente ad oriente, come auspicava Gusmani. Ed io stesso meditavo di dedicare un simposio all’Urartu, a coronamento del programma omonimo che avevo iniziato come impegno collettivo dell’Istituto fin dal 1992. Ma le ricerche non finiscono mai, filologiche ed archeologiche, e nel frattempo il colloquio sull’Urartu è stato felicemente organizzato nel 2007 presso l’Università di Monaco di Baviera, e gli atti stanno per uscire. I tre volumi delle “Monografie scientifiche” su Caria, Frigia, Licia e Lidia sono oggi un incontornabile punto di riferimento per le diverse tematiche, e rimarranno a lungo il necessario punto di partenza per le ulteriori ricerche. Gusmani ha promosso queste iniziative con costanza e – lasciatemelo dire – con modestia anche eccessiva. Non ha voluto ascrivere a sé nella pubblicazione il merito che invece gli va riconosciuto, di avere concepito e organizzato tutti e tre i colloqui con il solo impulso dell’interesse, della curiosità scientifica. Nei primi due accettò a malapena di comparire insieme ad altri fra i curatori, e nel terzo addirittura non mise il suo nome. Se lui in tal modo si schermiva, considerando evidentemente sufficiente la soddisfazione di vedere realizzata la sua idea, io voglio rendere testimonianza del suo impegno, della serietà morale del suo agire in favore delle istituzioni. In sostanza posso dire che la sua presenza a Roma, al di là di polverosi verbali delle sedute di un consiglio, lascia una traccia ben concreta e solida, un patrimonio scientifico tangibile di cui ha voluto far dono al nostro Istituto ed alla ricerca storica in generale. Di questo, oltre alla grata memoria per l’uomo, gli siamo riconoscenti. Istituto di Studi sulle Civiltà dell’Egeo e del Vicino Oriente · cnr, Roma
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TESTIMONI A NZE* *
John Douthwaite
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n intervento a conclusione di questo convegno mi offre l’occasione di riandare all’inizio della giornata e al discorso di apertura del prof. Orioles, per ribadire quanto da egli sostenuto : il prof. Gusmani non avrebbe desiderato che essa diventasse un momento di rimpianto per i bei tempi andati e per le gloriose circostanze di un’intera vita spesa, con risultati eccelsi, al servizio della comunità accademica. L’esperienza accademica del prof. Gusmani è stata a dir poco considerevole, sia dal punto di vista scientifico, sia da quello ‘amministrativo’. Non solo, infatti, la sua produzione scientifica, pionieristica all’epoca in cui veniva elaborata, è tuttora validissima, ma egli ha servito l’Accademia in qualità di Preside della Facoltà di Lingue, di Rettore dell’Università degli Studi di Udine e di Direttore del Centro Internazionale sul Plurilinguismo – e l’elenco delle prestigiose cariche da lui ricoperte, e degli oneri che esse hanno comportato, è con ciò ben lontano dal potersi dire concluso. Come sosteneva Orioles, Gusmani avrebbe preferito certamente che si guardasse al futuro, a quanto sarebbe possibile fare e a quanto sia ancora necessario fare, perché questo è il compito concreto e reale della scienza, dello scienziato e della persona eticamente impegnata e, dunque, desiderosa di migliorare la società a beneficio della collettività più che per il proprio personale tornaconto : la figura di Roberto Gusmani corrisponde a questa descrizione. Ma il futuro siamo noi, hic et nunc. Il futuro è rappresentato qui a Udine dal successore di Roberto Gusmani, Vincenzo Orioles, il quale porta avanti i progetti iniziati da e con Gusmani stesso, ai quali ha affiancato i propri. Oggi siamo qui perché Orioles ha organizzato questo convegno che fa parte di una lunga serie di iniziative alle quali Gusmani e la sua scuola hanno dato vita. In una circostanza come questa, in un’epoca come la nostra di metafora cognitiva, una metafora concettuale, quella secondo cui la vita è un oggetto, o la vita è un bene prezioso (perché gli oggetti si “danno” e si regalano) potrà risultare particolarmente calzante. Roberto Gusmani ha ‘dato’ l’opportunità a molti di “migliorarsi” (anche in questo caso, le metafore cognitive non mancano : la persona/vita è un oggetto, la persona/vita è un prodotto), e lo ha fatto, anche, creando quella che si può ben definire una “struttura” (per continuare con
* John Douthwaite, Università di Genova ; Celestina Milani, Università Cattolica di Milano ; Francesco Urzì, Senior Translator, Luxembourg ; Antonia Fossa, Liceo Classico “Marcantonio Flaminio”, Vittorio Veneto ; Marta Zabai, Istituto Tecnico Statale “Cecilia Deganutti”, Udine ; Paola Cotticelli Kurras, Università di Verona.
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la metafora), che ha favorito la “produzione” di ulteriori “beni” : una struttura in cui Orioles, che era il braccio destro, ha ora raccolto appieno l’eredità di Gusmani. E dico “struttura” perché le caratteristiche concrete dell’entità ‘struttura’ si possono proiettare con notevole efficacia esplicativa sul concetto astratto di ‘persona/vita’, il che altro non rappresenta se non la funzione principale della metafora cognitiva, come ci spiegano i massimi esperti in materia, quali George Lakoff, Mark Turner e Mark Johnson. La struttura in questo caso è infatti rappresentata da una serie di iniziative articolate che hanno offerto ai giovani la possibilità di fare esperienze lavorative significative in campo accademico, di viaggiare, di frequentare colleghi al di fuori del ristretto ambito locale, di scambiare idee, di pubblicare. Una rete di conoscenze, di contatti, di enti finanziatori, che ha permesso e permette ai giovani di avere accesso a opportunità che altrimenti sarebbero mancate e, probabilmente, mancherebbero tuttora. Vorrei chiarire questo concetto con un ricordo personale che mi auguro sia in grado di giustificare appieno questo mio intervento. Arrivai ad Udine come neo professore associato di Lingua Inglese, dopo anni di gavetta in qualità di “lettore” di madrelingua inglese, ruolo in cui le opportunità di miglioramento professionale, solitamente, occorre crearsele da soli. Mi venne suggerito di prendere contatto col nascente Centro Internazionale sul Plurilinguismo. Certi suggerimenti sono, come è ovvio, squisitamente tali. Non devo certo spiegare ai colleghi linguisti, per chiarire quanto ho appena affermato, la differenza tra forza locutoria e forza illocutoria. Partecipai dunque a una prima riunione e poi ad altre in preda a dubbi atroci, che scivolavano quasi verso la crisi metafisica, chiedendomi quale utilità avrebbe potuto avere il contributo di un ricercatore interessato alla pedagogia e soprattutto alla stilistica, non orientato quindi alla lingua come codice e alle varietà linguistiche in se stesse, in un organismo come il cip, costituito per finalità ben diverse dai miei campi di ricerca. Così a me pareva, ed espressi, credo, le mie forti perplessità anche a Vincenzo Orioles. E per la seconda volta fui ‘vittima’ di quella che più tardi capii essere la ‘forza’ di alcune tra le persone che mi circondavano. Il primo a darmi una dimostrazione in tal senso era stato infatti Claudio Gorlier, Ordinario di Letteratura inglese a Torino, dove avevo lavorato come lettore. Ad un certo punto, senza un motivo a me chiaro, cominciò a suggerirmi di scrivere un articolo e di pensare a partecipare ad un concorso. Grande fu il mio stupore di fronte a queste proposte, perché il ruolo che occupavo non era di quelli che “portano” a una carriera universitaria. Così, all’inizio non attribuii gran peso al suggerimento di Gorlier. Inoltre, essendo laureato in sociologia, non avrei neanche saputo su cosa scrivere. « Bastano poche pagine », mi disse il professore. « Ma su cosa scrivo », insistetti, « se del ramo so niente ? ». Imperterrito, Gorlier intraprese una strategia di ‘accerchiamento’ ripetendomi lo stesso suggerimento a intervalli non saprei dire se costanti, ma certamente incessanti : tanto che alla fine, per disperazione, mi sentii obbligato a documentarmi in ambito pedagogico e iniziai a scrivere, sperando di riempire almeno una decina di pagine. Il collega Valerio Fissore mi presentò alla casa editrice sei ; e quando proposi loro un manoscritto
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incompiuto di 600 pagine (non avevo un computer a quell’epoca), mi dissero che era il caso di fermarmi, e dopo lunghi travagli, mi pubblicarono il libro. Roberto Gusmani, e soprattutto Vincenzo Orioles, adottarono la medesima tattica, ignorando le mie obiezioni e sottoponendomi a un ricco e costante flusso di suggerimenti e di garbate proposte. Alla fine, capii, e scoprii grazie a loro territori inesplorati. Adesso, se guardo indietro cercando di individuare la strada intrapresa (ecco un’altra metafora cognitiva), debbo constatare che nei tre anni trascorsi a Udine, le mie pubblicazioni, sono il frutto delle suggestioni e delle discussioni nate in seno al cip e all’Istituto di Glottologia di questa vivace Università. E se proseguo nell’analisi, debbo constatare che oltre ad essere numerosissime, molte di esse sono anche piuttosto corpose e che, per quanto ascrivibili a un campo di ricerca per me allora nuovo, si tratta di lavori che mi diedero allora e continuano a darmi oggi molte soddisfazioni, per motivi, ovviamente, non solo didattici. Nel nostro lavoro, e non solo nel nostro, la bravura non sempre è sufficiente, e un pizzico di fortuna è non solo utile, ma necessario. Io ebbi questa fortuna, incontrando Gusmani, Orioles e il gruppo dei colleghi di Udine. Ma la fortuna va anche ‘costruita’, e qui torniamo alla ‘struttura’ creata da Gusmani e Orioles, alle opportunità di miglioramento da essa offerte. Torniamo, qui, a ciò che si può definire soltanto ‘lavoro’, lavoro serio e arduo. « Nothing will come of nothing », dice Re Lear alla figlia prediletta Cordelia, poco prima di diseredarla, senza rendersi conto della grande verità che sta ironicamente rivelando su se stesso, mentre pensa di riferirsi esclusivamente alla figlia ! Ecco quindi il prezioso supporto per la costruzione del futuro di cui ho beneficiato, e di cui beneficiano oggi i giovani che, come me, hanno la ‘fortuna’ di trovarsi al posto giusto al momento giusto. Una fortuna ancor più grande nel mondo universitario odierno, dove gli orizzonti sembrano restringersi invece che allargarsi. Ed è un grazie davvero sentito quello che rivolgo a Roberto Gusmani, ma che porgo contestualmente anche a Vincenzo Orioles, per l’aiuto fornitomi e per quello che si continuerà a fornire ai giovani qui presenti e a future generazioni di studiosi, assicurando la continuità a una tradizione accademica fatta anzitutto di apertura e speranza.
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Celestina Milani
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ingrazio il prof. Orioles dell’invito a presentare queste riflessioni : sarò molto breve. Desidero innanzitutto esprimere la mia riconoscenza al professor Roberto Gusmani che nel 1971 mi chiese di tenere a Udine l’insegnamento di Glottologia in attesa del suo trasferimento da Messina e devo dire che è stata per me una bellissima esperienza sia dal punto di vista umano che dal punto di vista formativo e scientifico. Al termine dell’anno il professor Gusmani mi avrebbe poi proposto di subentrargli all’Università di Messina che lui aveva lasciato da poco e lì rimasi alcuni anni ed è stata nell’insieme un’esperienza soprattutto dal punto
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di vista didattico molto bella e interessante. Poi avrei scelto di praticare la didattica in altre sedi, a partire dall’Università di Chieti fino alla Cattolica. Io ringrazio anche il professor Gusmani degli scritti scientifici che a me personalmente sono stati utili per la ricerca e per la didattica. in questi giorni ho rivisto i suoi lavori sulle lingue anatoliche, ricchi di dottrina indoeuropeistica : molto interessanti in particolare queste pubblicazioni del cnr che sono uscite da non molti anni e che vedo oggi qui presentate ; cfr. in particolare Frigi e frigio, Atti del i° Simposio Internazionale Roma 16-17 ottobre 1995, a cura di R. Gusmani, M. Salvini, P. Vannicelli, cnr, Roma 1997. Mi sarei preparata una frase per dirgli grazie, però nelle iscrizioni frigie non ho trovato il corrispondente di “grazie”, perciò lo dico solo in greco : Eujcaristw`. Ho trovato il sintagma riferito alla tomba sui numani “a questa tomba” e io aggiungo atque tuae resurrectioni. Per concludere, esprimo un grazie profondo da parte mia al professor Gusmani anche perché poi le sue pubblicazioni mi sono servite molto dal punto di vista formativo oltre che scientifico, perché ho cercato di diffonderne e irradiarne i contenuti fra i miei studenti e fra i colleghi. Grazie, professor Gusmani, grazie di tutto.
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Fr ancesco Ur zì
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ignora Gusmani, Esimi Professori, un film del regista polacco Christoph Kies´lowski, “Der Zufall”, mostra alla prima scena un giovane nell’atto di rincorrere un treno in partenza. Il corso della sua vita futura – mostrata nel film in tre differenti versioni – dipenderà dal fatto di riuscire o meno a saltare sul predellino del vagone di coda. Uno di questi treni del destino è stato per me il corso di Glottologia del prof. Roberto Gusmani, tenuto all’Università di Messina nell’anno 1969-70 e dedicato quell’anno al baltoslavo. Da quel convoglio non sono più uscito. Dopo l’antico baltico si sono succeduti nel mio piano di studi un memorabile corso di linguistica generale (del glottologo e indoeuropeista Gusmani…) e un doveroso corso di Filologia germanica. Partito il prof. Gusmani alla volta di Udine nel 1971, proseguii gli studi a Messina laureandomi con una tesi in indologia, in realtà una dissertazione glottologica sull’aoristo sanscrito. Oggi, Senior Translator presso una Istituzione europea, vengo spesso a contratto con stagisti e giovani traduttori, cui dispenso consigli e raccomandazioni. Capita a volte che essi mi chiedano se abbia frequentato una Scuola per traduttori. Alla mia risposta negativa incalzano chiedendomi se non abbia invece studiato Lingue. « No, ho studiato lettere classiche », rispondo. Avrei dovuto più opportunamente precisare : « …e ho studiato con l’indoeuropeista, Pandit Roberto Gusmani ».
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A ntonia Fossa
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l professor Roberto Gusmani fu il mio docente di Glottologia nell’anno accademico 1978/79, quando frequentavo il primo anno della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere presso questo Ateneo. Sin dalla prima lezione si delineò nettamente l’altissimo spessore culturale e scientifico del docente, unito ad una capacità non comune di trasmettere le conoscenze in modo chiaro e rigoroso. La serietà e la sistematicità indispensabili nell’approccio alla Glottologia furono subito compresi grazie ai chiari consigli che il professore ci diede all’inizio del corso, ma soprattutto al suo modo – sempre rigorosissimo – di condurre le lezioni. Qualche anno dopo, non senza esitazioni dovute ad un senso di soggezione nell’avvicinare una persona di così alto profilo professionale, comunicai al prof. Gusmani il mio interesse a svolgere la tesi di laurea in Glottologia. Fu molto cordiale nel mettermi a mio agio, pur prospettandomi un percorso necessariamente lungo che prevedeva anche l’iterazione dell’esame di Glottologia. Fu un’esperienza assolutamente arricchente dal punto di vista prettamente accademico ma anche sotto l’aspetto umano e che sarei pronta a ripercorrere : il ricordo è di una persona misurata ed essenziale nei modi ma estremamente disponibile, sempre puntuale a rispondere anche alle perplessità più comuni e tipiche di chi si avvicina per la prima volta al lavoro conclusivo degli studi. Unito al profondo dispiacere per la scomparsa del prof. Roberto Gusmani, conservo di lui un ricordo prezioso, che sono felice di poter esternare qui, oggi, grazie a quanti hanno voluto organizzare questa giornata, in primis al prof. Orioles.
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Marta Zabai
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ingrazio il prof. Orioles per avermi dato l’opportunità di partecipare a questo convegno come testimone, come ex allieva del professor Gusmani ed ex studentessa di questa facoltà. L’anno della mia laurea è il lontano 1982, 10 novembre. Mi laureai con il prof. Gusmani, con una tesi un po’ particolare, ed è per questo che sono qui, probabilmente : si tratta infatti di una tesi abbastanza pionieristica per l’epoca : riguarda la comunità trilingue di Timau, un’isola alloglotta della Carnia, sulla quale fino ad allora esisteva un unico altro studio simile, ad opera di una studentessa viennese. – Prof. Orioles : « Ne abbiamo parlato a settembre, quando ci siamo andati in occasione dell’immersione prevista nel corso di aggiornamento ». Immersione è proprio la parola magica che contraddistingue questo genere di lavoro e che ho potuto sperimentare come strategia ideale per ottenere un certo tipo d’informazioni in questa ricerca sul campo. Si è trattato di un lavoro di analisi
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e studio molto legato alla gente, molto pratico, dove la ricerca bibliografica occupava un ruolo secondario : la maggior parte del lavoro è consistito infatti nell’immersione totale, come osservatrice, il più neutrale possibile, all’interno della comunità. Questo, naturalmente, non è stato sempre facile, soprattutto all’inizio, perché stiamo parlando di una comunità di montagna di 600 abitanti circa, di un paesino della Carnia, la zona montana della nostra regione, i cui abitanti sono notoriamente piuttosto diffidenti : qui un estraneo, uno “straniero”, non può non essere notato subito. Per poter raccogliere le informazioni necessarie, dovetti dunque frequentare nel modo meno clamoroso, meno, visibile possibile, gli ambienti più frequentati della vita quotidiana : tra questi, per esempio, l’osteria (ricordo ancora le lunghe ore trascorse ad un tavolo con il registratore nascosto e un libro qualsiasi davanti). Poi, naturalmente, con il tempo la ricerca divenne più facile, perché riuscii a stringere rapporti di amicizia con diverse persone. La conclusione è che la tesi ha avuto un buon apprezzamento ed è stata, come ho da poco scoperto, valorizzata anche in Germania, dove, presso la Facoltà di Lingue Straniere di Monaco di Baviera, è attualmente uno dei testi obbligatori per la preparazione di un esame di dialettologia (la testimonianza proviene da un mio ex alunno, studente universitario, in soggiorno ‘Erasmus’ proprio a Monaco). Questa notizia, che risale al dicembre 2008, mi fece tanto piacere che decisi di trasmetterla via e-mail al prof. Gusmani. Dopo tutti gli anni trascorsi, naturalmente non ero certa di ricevere una risposta, ma la risposta ci fu e fu anche molto bella, molto calorosa : il prof. Gusmani si dichiarava contento che la mia tesi fosse “valorizzata tutt’ora come merita”. Volevo aggiungere una parola sulla figura del prof. Gusmani come docente, che ha lasciato nella mia formazione un segno veramente importante. Ricordo ancora la chiarezza con cui spiegava la glottologia, una materia, per noi studenti al primo anno, assolutamente nuova. Mi colpiva il rigore scientifico, che sicuramente tutti apprezzavano e soprattutto la limpidezza, la semplicità delle sue parole ; stupiva il fatto che non ripetesse mai una frase o una parola, non si correggeva mai, procedeva con le sue spiegazioni nitide e chiare, comprensibilissime. Solo chi possiede una conoscenza molto profonda della materia che insegna può permettersi di semplificare così fino all’essenziale i concetti, e anche per questo insegnamento gli sarò sempre riconoscente.
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Paola Cotticelli Kur r as
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icordo Roberto Gusmani per il suo contributo agli studi sull’interferenza linguistica, i cui risvolti sono stati immediatamente recepiti per la rifondazione di un quadro teorico esplicativo di un settore linguistico in espansione in Italia e oltre i suoi confini.
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L’impatto del suo contributo è stato immediatamente recepito soprattutto a livello di elaborazione metalinguistica, per cui posso portare un esempio diretto dalla mia personale attività scientifica tratto dalla rielaborazione in lingua italiana del Lexikon der Sprachwissenschaft (2002), 1 a cura di H. Bußmann, da me realizzata nel 2007. 2 L’approccio all’opera di traduzione, aggiornamento, adattamento degli esempi e di revisione dei contenuti da riformulare e modificare sulla base dei contributi degli studiosi italiani è stato di diversa intensità in relazione ai diversi ambiti linguistici. Diverse voci sono state riscritte sia nella struttura che nella concatenazione argomentativa, sia per quanto riguarda la fitta rete di rimandi interni che le attraversano, in quanto riconcepite in prima istanza per un pubblico italiano. Questo è stato proprio il caso della compatta serie terminologica connessa con le “relazioni interlinguistiche”, per cui è stato necessario smontare pezzo per pezzo una tassonomia che le convenzioni metalinguistiche di scuola tedesca fondano tradizionalmente sull’apparato concettuale di Werner Betz, riplasmando l’ordinamento categoriale negli studi italiani fondati da Roberto Gusmani (rimando ai Saggi sull’interferenza linguistica del 1986). Infatti la griglia concettuale del Lexikon bußmanniano è imperniata sul termine Entlehnung (Bußmann 2002 : 193). 3 Si noti che il termine di Kontaktlinguistik (Bußmann 2002 : 373), invece, si rifà agli studi di Odlin (1989) e di Fill & Mühlhäusler (2001), 4 nella cui illustrazione si trattano i problemi di contatto linguistico che riguardano il tedesco, mentre per i macrofenomeni del contatto si fa riferimento a Thomason e Kaufman (1988). 5 Il termine di Interlinguistik (Bußmann 2002 : 315), invece, rimane ancorato alla sua origine collocata nella teoria dei rapporti tra lingue non naturali, ovvero, in una seconda accezione, come sinonimo di Linguistica contrastiva secondo la scuola di Wandruszka (1971). 6 Dal termine Entlehnung si diparte la rete dei suoi composti, illustrati in uno schema (Bußmann 2002 : 194), comprendente Lehnwort [prestito lessicale, distinto in assimilato (Lehnwort) 7 e non assimilato (Fremdwort)] 8 e Lehnprägung [calco, distinto in Lehnbedeutung, che comporta somiglianza di significato, e Lehnbildung, comprensiva rispettivamente di Lehnformung (a sua volta distinta in Lehnübersetzung, resa membro per membro, e Lehnübertragung, resa più libera) e
1 H. Bußmann (Hrsg.), Lexikon der Sprachwissenschaft, Stuttgart, Kröner Verlag (2002). 2 P. Cotticelli Kurras (2007), Lessico di linguistica. Fondato da H. Bußmann, traduzione italiana, adattamento e revisione a cura di Paola Cotticelli Kurras, Alessandria, Edizioni dell’Orso. 3 Si veda al proposito la voce interferenza in Cotticelli Kurras (2007 : 380-381). 4 T. Odlin (1989), Language transfer : Cross-linguistic influence in language learning, Cambridge e A. Fill & P. Mühlhäusler (2001), The ecolinguistics reader. Language, ecology and environment. London. Si veda di contro la voce contatto linguistico in Cotticelli Kurras (2007 : 157-158). 5 S. G. Thomason, T. Kaufman (1988), Language contact, creolization and genetic linguistics, Berkeley CA. 6 M. Wandruskza (1971), Interlinguistik. Umrisse einer neuen Sprachwissenschaft, München. Al proposito si veda la voce interlinguistica in Cotticelli Kurras (2007 : 382-383). 7 Cf. le voci prestito, prestito acclimatato, prestito integrato, in Cotticelli Kurras (2007 : 617-618). 8 Si veda oggi anche Esme Winter-Froemel, Loanwords and loanword integration : two criteria of conformity, Atti di Seminario presso l’Università di Tubinga, Edizione Università di Newcastle (2009).
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Lehnschöpfung]. 1 Al confronto l’articolazione concettuale e terminologica degli studi gusmaniani offre la possibilità di descrivere una casistica sottile e teoricamente più precisa. Ricordo Roberto Gusmani nell’ultimo scambio scientifico legato alla correzione delle bozze del suo contributo nella Festschrift dedicata a Giorgio Graffi e intitolata La grammatica tra storia e teoria, curata da me e da Alessandra Tomaselli, che risale all’inizio di ottobre del 2009. 2 Il titolo del suo studio è “Aristotele, convenzionalista praticante”, in cui Gusmani con il solito garbo e precisione dimostra che alcune recenti argomentazioni di Lo Piparo, come oggi già sottolineato da Domenico Silvestri, non sono per nulla convincenti, e cita diversi passi del De Interpretatione, in cui Aristotele stesso esplicita la sua dottrina convenzionalistica : anche in questa occasione Roberto Gusmani ci ha impartito una bella lezione, illustrandoci il modo in cui Aristotele, usando neologismi concepiva la lingua “quale strumento di comunicazione basato sulla sunqhvkh”. 3
1 Cf. le voci calco, calco strutturale e calco semantico in Cotticelli Kurras (2007 : 95-96 con schema illustrativo dei prestiti e dei calchi). 2 R. Gusmani (2009), Aristotele, convenzionalista praticante, in La grammatica tra storia e teoria, scritti in onore di Giorgio Graffi, a cura di P. Cotticelli Kurras e A. Tomaselli, Alessandria, Edizioni dell’Orso, pp. 93-100. 3 La citazione è tratta da Gusmani (2009 : 100). Ricordo che l’ultima redazione del testo di R. Gusmani relativamente alle citazioni bibliografiche è stata condotta da me in accordo con V. Orioles.
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1958 Laconico wjbav, « Archivio Glottologico Italiano » 43, pp. 168-169. Studi sull’antico frigio : la popolazione, le glosse frige presso gli antichi, « Rendiconti dell’Istituto Lombardo, Classe di Lettere » 92, pp. 835-869. Le iscrizioni dell’antico frigio, « Rendiconti dell’Istituto Lombardo, Classe di Lettere » 92, pp. 870-903. Monumenti frigi minori e onomastica : tipi di iscrizioni neofrige diversi da quello deprecatorio, « Rendiconti dell’Istituto Lombardo, Classe di Lettere » 92, pp. 904-928.
1959 Il frigio e le altre lingue indeuropee : ricostruzione delle caratteristiche fonetiche e morfologiche del frigio, « Rendiconti dell’Istituto Lombardo, Classe di Lettere » 93, pp. 17-49. 1 Relazioni linguistiche tra Frigia e Licia, « Archivio Glottologico Italiano » 44, pp. 9-16. AGDISTIS , « La Parola del Passato » 66, pp. 202-211. I temi in -a¯i- dell’ittito, « Rendiconti dell’Istituto Lombardo, Classe di Lettere » 93, pp. 453464.
1960 Studi lidi, « Rendiconti dell’Istituto Lombardo, Classe di Lettere » 94, pp. 275-298. Sull’omerico kuvmbaco~ e altri termini connessi, « La Parola del Passato » 70, pp. 40-46.
* La presente bibliografia aggiorna e integra quelle pubblicate in R. Gusmani, Itinerari linguistici. Scritti raccolti in occasione del 60° compleanno, a cura di R. Bombi, G. Cifoletti, S. Fedalto, F. Fusco, L. Innocente, V. Orioles, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 1995 e negli Studi linguistici in onore di Roberto Gusmani, 3 voll., a cura di R. Bombi, G. Cifoletti, F. Fusco, L. Innocente, V. Orioles, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2006. L’elenco, suddiviso per anno di pubblicazione, comprende le monografie, gli articoli e le recensioni di maggiore estensione, e riunisce le schede bibliografiche apparse su « Incontri Linguistici » in un’unica voce per ciascuna annata. Qualora l’anno indicato sul frontespizio del volume non coincida con quello effettivo di edizione, quest’ultimo viene riportato fra parentesi quadre. I Saggi sull’interferenza linguistica (1986) e la silloge Itinerari linguistici (1995) sono richiamati rispettivamente con le abbreviazioni Saggi e Itinerari linguistici. 1 I saggi 1958b, 1958c, 1958d e 1959a sono stati in seguito riuniti in un volume unico sotto il titolo di Studi frigi. Note di Roberto Gusmani, Milano, Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, 1959.
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bibliografia degli scritti di roberto gusmani
Masnes e il problema della preistoria lidia, « La Parola del Passato » 74, pp. 326-335. Concordanze e discordanze nella flessione nominale del licio e del luvio, « Rendiconti dell’Istituto Lombardo, Classe di Lettere » 94, pp. 497-512.
1961 Nuovi contributi lidi, « Rendiconti dell’Istituto Lombardo, Classe di Lettere » 95, pp. 173-200. Contributi micrasiatici all’etimologia di i{hmi, « La Parola del Passato » 77, pp. 107-112. Il suffisso -tjo- di aggettivi ‘locali’ e la sua diffusione nelle lingue indoeuropee, « Annali dell’Istituto Orientale di Napoli, Sezione linguistica » 3, pp. 41-58. Recensione di A. Heubeck, Lydiaka. Untersuchungen zu Schrift, Sprache und Götternamen der Lyder (Erlangen, Universitätsbibliothek, 1959), « Kratylos » 6, pp. 69-72.
1962 Kleinasiatische Verwandtschaftsnamen, « Die Sprache » 8, pp. 77-83. Note di linguistica microasiatica, « Annali dell’Istituto Orientale di Napoli, Sezione linguistica » 4, pp. 45-52. I nomi greci in -wv, « Rendiconti dell’Istituto Lombardo, Classe di Lettere » 96, pp. 399-412. Zur Frage des lykischen Relativpronomens, « Indogermanische Forschungen » 67, pp. 159-176, rist. in Itinerari linguistici, pp. 81-98. Sulle iscrizioni pisidiche, « Atti del Sodalizio Glottologico Milanese » 12/1-2 [genn.-dic. 1959], pp. 10-17.
1963 Kleinasiatische Miszellen, « Indogermanische Forschungen » 68, pp. 284-294, rist. in Itinerari linguistici, pp. 109-114. Recensione di O. Masson, Les fragments du poète Hipponax. Édition critique et commentée (Paris, Klincksieck, 1962), « Indogermanische Forschungen » 68, pp. 331-332.
1964 Lydisches Wörterbuch, mit grammatischer Skizze und Inschriftensammlung, Heidelberg, Carl Winter Universitätsverlag (“Indogermaische Bibliohek”, Zweite Reihe : Wörterbücher), 280 pp. Neue Inschriften aus Lydien, « Indogermanische Forschungen » 69, pp. 130-138. Die Nominalformen auf -z im Milyischen, « Die Sprache » 10, pp. 42-49. I nomi “radicali” del greco, « Rendiconti dell’Istituto Lombardo, Classe di Lettere » 98, pp. 213-248.
1965 Due etimologie greche, Pavia, Tipografia Fusi. 1 Contributi allo studio comparativo delle lingue anatoliche, « Annali dell’Istituto Orientale di Napoli, Sezione linguistica » 6, pp. 69-87. Note marginali sulla declinazione osco-umbra, « Rendiconti dell’Istituto Lombardo, Classe di Lettere » 99, pp. 380-388.
1 Parzialmente riprodotto in Confronti etimologici greco-ittiti [1968].
bibliografia degli scritti di roberto gusmani
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Sulle consonanti del lidio, « Oriens Antiquus » 4, pp. 203-210. Recensione di L. Zgusta, Kleinasiatische Personennamen (Prag, Verlag der Tschechoslowakischen Akademie der Wissenschaften, 1964), « Paideia » 20, pp. 332-334.
1966 Umbrisch pihafi und Verwandtes, « Indogermanische Forschungen » 71, pp. 64-80. Zwei kyprische Konjunktionen, « Glotta » 44, pp. 19-25.
1967 I nomi gotici in -assus, « Archivio Glottologico Italiano » 52, pp. 124-142. Recensione di O. Haas, Die phrygischen Sprachdenkmäler (Sofia, Académie Bulgare des Sciences, « Linguistique Balkanique » 10, 1966), « Indogermanische Forschungen » 72, pp. 323-328. Recensione di V. V. Ševoroškin, Issledovanija po dešifrovke karijskich nadpisej (Moskva, Nauka, 1965), « Archivio Glottologico Italiano » 52, pp. 79-84.
1968 Il lessico ittito, Napoli, Libreria Scientifica Editrice (“Collana di Studi Classici”, 5), 135 pp. Confronti etimologici greco-ittiti, « Studi Micenei ed Egeo-Anatolici » 6, pp. 14-28. Miscellanea gotica, « Rendiconti dell’Istituto Lombardo, Classe di Lettere » 102, pp. 272296. Die neuen lydischen Funde seit 1964, in Studien zur Sprachwissenschaft und Kulturkunde. Gedenkschrift für Wilhelm Brandenstein (1898-1967), hrsg. von M. Mayrhofer in Verbindung mit F. Lochner-Hüttenbach und H. Schmeja, Innsbruck, Institut für Vergleichende Sprachwissenschaft (“Innsbrucker Beitrage zur Kulturwissenschaft”, 14), pp. 49-54. Zur Deutung einiger milyischer Wörter, « Archiv Orientální » 36, pp. 1-18. Umbro esono- “luogo sacro”, « La Parola del Passato » 119, pp. 131-148.
1969 Sul samekh lidio, « Athenaeum » 47 [= Studi in onore di Piero Meriggi], pp. 136-143. Isoglosse lessicali greco-ittite, in Studi linguistici in onore di Vittore Pisani, a cura di G. Bolognesi et al., vol. I, Brescia, Paideia, pp. 501-514. Forme “satem” in Asia Minore, in Studia Classica et Orientalia Antonino Pagliaro oblata, vol. II, Roma, Istituto di Glottologia, pp. 281-332. Der lydische Name der Kybele, « Kadmos » 8, pp. 158-161. Recensione di A. Salonen, Agricultura mesopotamica nach sumerisch-akkadischen Quellen (Helsinki, Academia Scientiarum Fennica, 1968), « Paideia » 24, pp. 368-371.
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bibliografia degli scritti di roberto gusmani
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1972 A proposito del passaggio s > h in iranico, greco ecc., « Archivio Glottologico Italiano » 57, pp. 10-23, rist. in Itinerari linguistici, pp. 143-156. Lydische Siegelaufschriften und Verbum Substantivum, « Kadmos » 11, pp. 47-54, rist. in Itinerari linguistici, pp. 67-74. Keilhethitische Nominalableitungen auf -(a)sha-, « Zeitschrift für Vergleichende Sprachforschung » 86, pp. 255-266. Anglosassone myltestre “meretrix”, « Studi Germanici », N. S., 10, pp. 157-167. Sulla declinazione di alcune categorie di prestiti latini e greci in gotico, « Rendiconti dell’Istituto Lombardo, Classe di Lettere » 106, pp. 741-764. Vorläufiger Bericht über eine neue fragmentarische Inschrift aus Sardis, « Kadmos » 11, pp. 153-164. Recensione di J. Kuryłowicz, Die sprachlichen Grundlagen der altgermanischen Metrik (Innsbruck, Institut für Vergleichende Sprachwissenschaft, 1970), « Studi Germanici », N. S., 10, pp. 518-519.
1973 Aspetti del prestito linguistico, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 111 pp. Di alcuni presunti prestiti greci in latino, « Bollettino di Studi Latini » 3, 1/2, pp. 76-88. Recensione di E. Siebert, Zum Verhältnis von Erbgut und Lehngut im Wortschatz Otfrids von Weissenburg (München, Fink, 1971), « Studi Germanici », N. S., 11, pp. 168-171.
1974 Per una tipologia del calco linguistico : Parte I, « Incontri Linguistici » 1, pp. 21-50, riproposto con il titolo Calchi semantici e calchi strutturali in Saggi, pp. 217-249. Recensione di J. W. Marchand, The Sounds and Phonemes of Wulfila’s Gothic (The Hague, Mouton, 1973), « Studi Germanici », N. S., 12, pp. 163-165.
1975 Neue epichorische Schriftzeugnisse aus Sardis, 1958-1971, Cambridge (Mass.), Harvard University Press (“Archaeological Exploration of Sardis”, Monograph 3), 132 pp., n. 76 Abbildungen. Indirizzo di saluto, in Atti del Congresso della Società Italiana di Glottologia (Udine, 24-25 maggio 1975) [Udine 1975], pp. 1-3, riprodotto in Atti del I e II Congresso della Società Italiana di Glottologia (Udine, 24-25 maggio 1975 ; Bologna, 25-26 ottobre 1975), Roma, Il Calamo (“Biblioteca della S.I.G.” 0), 2005, pp. 15-17. Le iscrizioni poetiche lidie, in Studi triestini di antichità in onore di Luigia Achillea Stella, Trieste, Università degli Studi di Trieste – Facoltà di Lettere e Filosofia, pp. 255-270. Lydiaka, « Oriens Antiquus » 14, pp. 265-274.
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Zum Wandel *sw > s´f im Lydischen, « Die Sprache » 21, pp. 167-174. Kleinasiatische Graffiti aus ‘Alt-Smyrna’, « Kadmos » 14, pp. 149-153. Die lydische Sprache, « Journal of the Royal Asiatic Society » 2, pp. 134-142. In margine alla trilingue licio-greco-aramaica di Xanthos, « Incontri Linguistici » 2, pp. 61-75, rist. in Itinerari linguistici, pp. 99-108. Recensione di M. Kirchmeier, Entlehnung und Lehnwortgebrauch (Tübingen, Niemeyer, 1973), « Studi Germanici », N. S., 13, pp. 149-151.
1976 Palaeoslovenica, in Scritti in onore di Giuliano Bonfante, vol. i, Brescia, Paideia, pp. 351-360, riproposto con il titolo Due casi di influsso germanico in slavo in Saggi, pp. 333-341. Zum Alter des jonischen Wandels a¯ > h, in Studies in Greek, Italic, and Indo-European Linguistics offered to Leonard R. Palmer on the Occasion of his Seventieth Birthday, June 5, 1976, edited by A. Morpurgo Davies and W. Meid, Innsbruck, Institut für Vergleichende Sprachwissenschaft (“Innsbrucker Beiträge zur Sprachwissenschaft” 16), pp. 7782, rist. in Itinerari linguistici, pp. 29-34. Considerazioni sul “prestito” di morfemi, « Lingua e Stile » 11, pp. 393-407, rist. in Saggi, pp. 137153 e in Itinerari linguistici, pp. 265-279. Note messapiche, in Italia linguistica nuova ed antica. Studi in memoria di Oronzo Parlangèli, a cura di V. Pisani e C. Santoro, vol. i, Galatina, Congedo, pp. 127-145, rist. in Itinerari linguistici, pp. 165-172. Gotico inweitan, « Studi Germanici », N. S., 14, pp. 5-12, riproposto in Saggi, pp. 309-315. Messapisches, « Indogermanische Forschungen » 81, pp. 143-151, rist. in Itinerari linguistici, pp. 173-182. Recensione di R. J. E. D’Alquen, Gothic ai and au : a possible solution (The Hague, Mouton, 1974), « Studi Germanici », N. S., 14, pp. 113-115.
1977 Premessa a Interferenza linguistica. Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia (Perugia, 24-25 aprile 1977). Testi raccolti a cura di R. Ajello, Pisa, Giardini (“Orientamenti Linguistici” 4), pp. 9-10. Aspetti semantici dell’interferenza, in Interferenza linguistica. Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia (Perugia, 24-25 aprile 1977). Testi raccolti a cura di R. Ajello, Pisa, Giardini, pp. 11-25, riproposto in Saggi, pp. 179-196. Per una tipologia del calco linguistico : Parte ii , « Incontri Linguistici » 3/1 (1976-77) [1977], pp. 7-18, riproposto con il titolo L’affinità formale e i fenomeni di calco in Saggi, pp. 217-249. Sloveno sila “necessità”, « Incontri Linguistici » 3/1 (1976-77) [1977], pp. 91-93, riproposto in Saggi, pp. 351-354. Greco pevpamai, « Incontri Linguistici » 3/2 (1976-77) [1977], pp. 167-168. La negazione lidia, « Incontri Linguistici » 3/2 (1976-77) [1977], p. 168. Randbemerkungen zur Trilingue von Xanthos, in xix. Deutscher Orientalistentag vom 28. September bis 4. Oktober 1975 in Freiburg im Breisgau. Vorträge, hrsg. von W. Voigt, Wiesbaden, Steiner [= « Zeitschrift der Deutschen Morgenländischen Gesellschaft », Supplement iii/i], pp. 52-54. L’Asia Minore e la Mesopotamia come luogo di convergenza e d’irradiazione di lingue e culture, in Paleontologia linguistica. Atti del vi Convegno internazionale di linguisti (Milano, 2-6 settembre 1974), Brescia, Paideia, pp. 91-105.
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Recensione di C. Brixhe, Le dialecte grec de Pamphylie. Documents et grammaire (Paris, Maisonneuve, 1976), « Paideia » 32, pp. 125-127. Recensione di J. Tischler, Hethitisches Etymologisches Glossar, Lieferung 1 (Innsbruck, Institut für Vergleichende Sprachwissenschaft, 1977), « Paideia » 32, pp. 311-314. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 3/2 (1976-77) [1977], pp. 211-212.
1978 Premessa a La cultura italica. Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia (Pisa, 19-20 dicembre 1977), Pisa, Giardini (“Orientamenti Linguistici” 5), p. 9. Etymologie und Semantik : der Fall von gotisch sto¯jan, « Sprachwissenschaft » 3, pp. 225-236. Zwei neue Gefässinschriften in karischer Sprache, « Kadmos » 17, pp. 67-75. Slavo papeˇž’ e la resa delle sibilanti alloglotte, « Incontri Linguistici » 4/1, pp. 69-81, riproposto in Saggi, pp. 317-331. Sull’interpretazione delle rr. 20-21 della trilingue di Xanthos, « Incontri Linguistici » 4/1, pp. 97-98. La scrittura lidia, « Annali della Scuola Normale di Pisa, Classe di Lettere e Filosofia », ser. iii, vol. viii/3, pp. 833-847. Ittito happina- e greco a{ptw « Incontri Linguistici » 4/2, pp. 242-243. Recensione di Lexikon der germanistischen Linguistik, hrsg. von H. P. Althaus, H. Henne und H. E. Wiegand (Tübingen, Niemeyer, 1973), « Studi Germanici », N. S., 16, pp. 488490. Rassegna bibliografica, « Studi Germanici », N. S., 16, pp. 220-222 (n. 3 schede della sezione Anglosassone : fonologia e linguistica). Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 4/1, pp. 115 ; 116-117 e « Incontri Linguistici » 4/2, pp. 263-264.
1979 Zwei lydische Inschriften aus Sardis, « Kadmos » 18, pp. 71-79. Lykisch sm˜mati, in Florilegium anatolicum. Mélanges offerts à Emmanuel Laroche, Paris, E. de Boccard, pp. 129-136, rist. in Itinerari linguistici, pp. 115-122. Ittito, teoria laringalistica e ricostruzione, in Hethitisch und Indogermanisch. Vergleichende Studien zur historischen Grammatik und zur dialektgeographischen Stellung der indogermanischen Sprachgruppe Altkleinasiens, hrsg. von E. Neu und W. Meid, Innsbruck, Institut für Vergleichende Sprachwissenschaft (“Innsbrucker Beiträge zur Sprachwissenschaft” 25), pp. 63-71, rist. in Itinerari linguistici, pp. 3-11. Sull’induzione di morfemi, in Sprache und Mensch in der Romania. Heinrich Kuen zum 80. Geburtstag, hrsg. von G. Ernst und A. Stefenelli, Wiesbaden, Steiner, pp. 110-116, riproposto in Saggi, pp. 155-164. Entlehnung und Scheinentlehnung, « Sprachwissenschaft » 4, pp. 361-369, rist. in Itinerari linguistici, pp. 187-195. Struttura lessicale e prestito, in Festschrift for Oswald Szemerényi on the Occasion of his 65th Birthday, edited by B. Brogyanyi, Amsterdam, Benjamins (“Amsterdam Studies in the Theory and History of Linguistic Science” Series iv : Current Issues in Linguistic Theory, 11), pp. 303-316, riproposto in Saggi, pp. 197-207. Calchi slavi, « Incontri Linguistici » 5, pp. 147-156, riproposto con il titolo Tipi particolari di calco in Saggi, pp. 273-284. Spunti per la decrittazione di segni carii, « Incontri Linguistici » 5, pp. 193-197.
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Su due termini della trilingue di Xanthos, in Studia mediterranea Piero Meriggi dicata, a cura di O. Carruba, vol. i, Pavia, Aurora edizioni, pp. 225-234. Semantica ed etimologia del gotico and, « Archivio Glottologico Italiano » 64, pp. 28-41. Recensione di O. Masson, Carian Inscriptions from North Saqqâra and Buhen (London, Egypt Exploration Society, 1978), « Paideia » 34, pp. 220-223. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 5, pp. 224 ; 226-227.
1980 Lydisches Wörterbuch, Ergänzungsband : Lieferung 1, Heidelberg, Carl Winter Universitätsverlag. Recensione di H. Lauffer, Der Lehnwortschatz der althochdeutschen und altsächsischen Prudentiusglossen (München, Fink, 1976), « Studi Germanici », N. S., 17/18 [1979-1980], pp. 439-441.
1981 Saggi sull’interferenza linguistica, vol. i, Firenze, Editrice Le Lettere, 172 pp. Note d’antroponomastica lidia : 1. Srkastus´, « Incontri Linguistici » 6 (1980-81) [1981], pp. 2127. Indoeuropeo *we¯r-, « Incontri Linguistici » 6 (1980-81) [1981], pp. 108-109. Latino postula¯re, « Incontri Linguistici » 6 (1980-81) [1981], pp. 109-110, rist. in Itinerari linguistici, pp. 183-185. Il lidio, in Nuovi materiali per la ricerca indoeuropeistica, a cura di E. Campanile, Pisa, Giardini, pp. 107-116. Un nuovo sigillo frigio iscritto, « Kadmos » 20, pp. 64-67 [in collaborazione con M. Poetto]. La sintematica, in Logos Semantikos. Studia linguistica in honorem Eugenio Coseriu 19211981, edited by H. Geckeler, B. Schlieben-Lange, J. Trabant, H. Weydt, vol. iii, Berlin - New York, de Gruyter - Madrid, Gredos, pp. 421-427, riproposto in Saggi, pp. 209-216. “Rekomponierte” Lehnbildungen, in Bono homini donum. Essays in Historical Linguistics in Memory of J. Alexander Kerns, edited by Y. L. Arbeitman and A. R. Bomhard, Amsterdam, Benjamins (“Amsterdam Studies in the Theory and History of Linguistics Science” Series IV : Current Issues in Linguistic Theory, 16), pp. 839-843, riproposto in traduz. it. con il titolo Calchi per ricomposizione in Saggi, pp. 265-271. I più antichi contatti linguistici tra l’Italia nord-orientale e il mondo slavo, « Atti dell’Accademia di Scienze Lettere e Arti di Udine » 74, pp. 131-139. Aspetti e limiti dell’influsso interlinguistico, in La lingua e la cultura ungherese come fenomeno areale. Atti del iii Convegno interuniversitario degli studiosi di lingua e letteratura ungherese e di filologia ugro-finnica (Ca’ Foscari, 8-11 novembre 1977), a cura di A. Csillaghy, Venezia 1977-1981 [1981] (“Quaderni del Seminario di Iranistica, Uralo-Altaistica e Caucasologia dell’Università degli Studi di Venezia“, n. 14), pp. 1-6, riproposto in Saggi, pp. 285-289. Zur Komparation des Lydischen, « Zeitschrift für Vergleichende Sprachforschung » 95, pp. 279-285. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 6 (1980-81) [1981], pp. 121-122. Recensione di « AIWN » 1 (1979), “Kratylos”, 25 (1980) [1981], p. 213. Recensione di F. Cercignani, The Consonants of German : Synchrony and Diachrony (Milano, Cisalpino-Goliardica, 1979), « Kratylos » 25 (1980) [1981], pp. 224-225.
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bibliografia degli scritti di roberto gusmani 1982
Lydisches Wörterbuch, Ergänzungsband : Lieferung 2, Heidelberg, Carl Winter Universitätsverlag. Interferenza e integrazione fonologica, « Incontri Linguistici » 7 (1980-81) [1982], pp. 99-108, riproposto in Saggi, pp. 31-43. Zum Karischen, in Serta Indogermanica. Festschrift für Günter Neumann zum 60. Geburtstag, hrsg. von J. Tischler, Innsbruck, Institut für Vergleichende Sprachwissenschaft (“Innsbrucker Beiträge zur Sprachwissenschaft” 40), pp. 77-80. Zwei Graffiti aus Sardis und Umgebung, « Kadmos » 21, pp. 125-129. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 7 (1980-81) [1982], pp. 183-184 ; 185-187 ; 188.
1983 Saggi sull’interferenza linguistica, vol. ii, Firenze, Editrice Le Lettere, 171 pp. Premessa a Le lingue indoeuropee di frammentaria attestazione – Die indogermanischen Restsprachen. Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia e della Indogermanische Gesellschaft (Udine, 22-24 settembre 1981). Testi raccolti a cura di E. Vineis, Pisa, Giardini (“Biblioteca della S.I.G.” 4), pp. 9-10. Ein Weihrauchbrenner mit lydischer Inschrift im Metropolitan Museum, « Kadmos » 22, pp. 5660. Forme diverse di assimilazione dei prestiti tedeschi in serbocroato, in Feor ond neah. Scritti di Filologia Germanica in memoria di Augusto Scaffidi Abbate, a cura di P. Lendinara e L. Melazzo, Palermo, Stampatori Tipolitografi Associati (“Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo. Studi e ricerche” 3), pp. 165-171, riproposto in Saggi (II edizione accresciuta), pp. 343-349. Dicteria, in Scritti linguistici in onore di Giovan Battista Pellegrini, Pisa, Pacini, pp. 721-724. Interferenze slavo-tedesche a Camporosso in Valcanale, « Terra Cimbra » xii, nn. 47-48 (lugliodicembre 1981) [1983] [= A Marco Scovazzi, Studi in memoria, a cura di G. Volpato], pp. 17-19 [in collaborazione con S. Venosi]. Schuchardt e le interferenze slavo-romanze nell’area adriatica (A cent’anni dal saggio “Slawodeutsches und Slawo-italienisches”), « Studi e Saggi Linguistici » 23, pp. 1-13, rist. in Itinerari linguistici, pp. 251-264. 1
1984 Alcuni termini cristiani d’ispirazione germanica nei Brižinski Spomeniki, « Est Europa » 1 [= Miscellanea slovenica dedicata a Martin Jevnikar in occasione del suo 70º compleanno, a cura di R. C. Lewanski, Udine, Istituto di Lingue e letterature dell’Europa orientale], pp. 35-38. Astratti slavi in -ynja, « Incontri Linguistici » 8 (1982-83) [1984], pp. 37-40. Prestiti ripetuti, « Incontri Linguistici » 8 (1982-83) [1984], pp. 95-102, riproposto in Saggi (ii edizione accresciuta), pp. 89-97. Il modello del paleoslavo milosruˇduˇ, « Incontri Linguistici » 8 (1982-83) [1984], pp. 103-109, riproposto in Saggi (ii edizione accresciuta), pp. 355-363.
1 Il testo è stato pubblicato anche in « Abruzzo » 22 (1984) [= Atti dell’xi Convegno Nazionale della Cultura Abruzzese e del iv Congresso Internazionale della Cultura Interadriatica (Chieti-Pescara-Spalato-Hvar, 26-30 maggio 1983), vol. ii, Roma, Edizioni dell’Ateneo], pp. 155-165.
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Recensione di Y. Duhoux, L’étéocrétois. Les textes, la langue (Amsterdam, J.C. Gieben, 1982), « Archivio Glottologico Italiano » 69, pp. 162-163. Recensione di C. Brixhe, Essai sur le grec anatolien au début de nôtre ère (Nancy, Presses Universitaires de Nancy, 1984), « Archivio Glottologico Italiano » 69, pp. 163-165. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 8 (1982-83) [1984], pp. 183-187.
1985 Lydisch kãna- und luwisch wana-, in Sprachwissenschaftliche Forschungen. Festschrift für Johann Knobloch zum 65. Geburtstag am 5. Januar 1984, dargebracht von Freunden und Kollegen, hrsg. von H. M. Ölberg und G. Schmidt unter Mitarbeit von H. Bothien, Innsbruck, Institut für Vergleichende Sprachwissenschaft (“Innsbrucker Beiträge zur Kulturwissenschaft” 23), pp. 127-132, rist. in Itinerari linguistici, pp. 75-80. Zwei lydische Neufunde aus Sardis, « Kadmos » 24, pp. 74-83. Zwischen Lehnbildung und Lehnbedeutung : Die altkirchenslavische Terminologie der Beichte, « Münchener Studien zur Sprachwissenschaft » 45 [= Festgabe für Karl Hoffmann, Red. B. Forssman ; J. Narten, Teil ii], pp. 69-80, rist. in Itinerari linguistici, pp. 205-216. Slavo pasti e s’pas(a)ti nei documenti di Freising, in Studi linguistici e filologici per Carlo Alberto Mastrelli, Pisa, Pacini, pp. 211-215. A proposito della motivazione linguistica, « Incontri Linguistici » 9 (1984) [1985], pp. 11-23, rist. in Itinerari linguistici, pp. 327-339. Ricostruzione e modelli interpretativi, « Incontri Linguistici » 9 (1984) [1985], pp. 83-88, rist. in Itinerari linguistici, pp. 13-18. Rapporti linguistici tra Aquileia e gli Slavi, in Aquileia, la Dalmazia e l’Illirico. Atti della xiv Settimana di studi aquileiesi, 23-29 aprile 1983, vol. ii, Udine, Tipografia Chiandetti (“Antichità Altoadriatiche” xxvi/2), pp. 545-547. On the Value of Morphemes, « Sprachwissenschaft » 10, pp. 347-358. 1 Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 9 (1984) [1985], pp. 216-221.
1986 Saggi sull’interferenza linguistica, ii edizione accresciuta, Firenze, Editrice Le Lettere (“Le Lettere Università”), 368 pp. [rist. 1993]. Lydisches Wörterbuch, Ergänzungsband : Lieferung 3, Heidelberg, Carl Winter Universitätsverlag. Die Erforschung des Karischen, in Im Bannkreis des Alten Orients. Studien zur Sprach- und Kulturgeschichte des Alten Orients und seines Ausstrahlungsraumes Karl Oberhuber zum 70. Geburtstag gewidmet, hrsg. von W. Meid und H. Trenkwalder, Innsbruck, Institut für Vergleichende Sprachwissenschaft (“Innsbrucker Beiträge zur Kulturwissenschaft” 24), pp. 55-67. “Bedeutung” e “Bezeichnung” in Aristotele ?, in o-o-pe-ro-si. Festschrift für Ernst Risch zum 75. Geburtstag, hrsg. von A. Etter, Berlin - New York, de Gruyter, pp. 535-545. Zur Lesung der lydischen Inschrift aus Pergamon, « Kadmos » 25, pp. 155-161. Microasiatica, « Incontri Linguistici » 10 (1985) [1986], pp. 107-112. Recensione di K. Pernstich, Der italienische Einfluß auf die deutsche Schriftsprache in Südtirol (Wien, Braumüller, 1984), « Kratylos » 31, pp. 215-216. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 10 (1985) [1986], pp. 172-176.
1 Versione inglese rielaborata dell’ultimo capitolo dei Saggi.
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bibliografia degli scritti di roberto gusmani 1987
Interlinguistica, in Linguistica storica, a cura di R. Lazzeroni, Roma, La Nuova Italia Scientifica, pp. 87-114 [rist. Roma, Carocci, 1998]. Un calco con falsa motivazione : slavo nenavideˇti, in Romania et Slavia Adriatica. Festschrift für Zarko Muljacˇic´, hrsg. von G. Holtus und J. Kramer, Hamburg, Buske, pp. 251-254. Altkirchenslavische Übersetzungstechnik bei der Wiedergabe des altbairischen Beichtgebets, in Althochdeutsch, hrsg. von R. Bergmann, H. Tiefenbach und L. Voetz, Band I, Heidelberg, Carl Winter Universitätsverlag [= Festschrift für Rudolf Schützeichel], pp. 819-827, rist. in Itinerari linguistici, pp. 217-226. Etymologie und Bedeutungsentwicklung von aksl. lixuˇ, « Zeitschrift für Vergleichende Sprachforschung » 100, pp. 358-365, rist. in Itinerari linguistici, pp. 157-164. Hugo Schuchardt glottologo mitteleuropeo, « Studi Goriziani » 65, pp. 65-68. 1
1988 Zur Typologie der Mehrfachentlehnung, in Akten der 13. Österreichischen Linguistentagung Graz, 25.-27. Oktober 1985 (mit noch unpublizierten Beiträgen der Tagung Salzburg 1983), hrsg. von Chr. Zinko, Graz, Leykam, pp. 208-212. ‘Steinmetzmarken’ aus Sardis, « Kadmos » 27, pp. 27-34. An epichoric inscription from the lydio-phrygian borderland, in Studi di storia e di filologia anatolica dedicati a Giovanni Pugliese Carratelli, a cura di F. Imparati, Firenze, Élite (“Eothen”. Collana di studi sulle civiltà dell’Oriente antico, 1), pp. 67-73. Problemi di datazione dei fenomeni linguistici, « Incontri Linguistici » 11 (1986) [1988], pp. 11-21, rist. in Itinerari linguistici, pp. 35-46. Anthroponymie in den lydischen Inschriften, in A Linguistic Happening in Memory of Ben Schwartz. Studies in Anatolian, Italic, and other Indo-European Languages, edited by Y. L. Arbeitman, Louvain-la-Neuve, Peeters (“Bibliothèque des Cahiers de l’Institut de Linguistique de Louvain” 42), pp. 179-196. Karische Beiträge, « Kadmos » 27, pp. 139-149. Considerazioni conclusive sul convegno, in Isole linguistiche e culturali. Atti del 24° Convegno dell’A.I.M.A.V. (Udine, 13-16 maggio 1987), a cura di N. Perini, Udine, Consorzio per la Costituzione e lo Sviluppo degli insegnamenti universitari, pp. 257-259. Zur lydischen Betonung, « Historische Sprachforschung » 101, pp. 244-248.
1989 Recenti apporti alla questione delle forme “satem” nelle lingue anatoliche, « Incontri Linguistici » 12 (1987-88) [1989], pp. 105-110, rist. in Itinerari linguistici, pp. 135-140. Ursprache, Rekonstrukt, hermeneutische Modelle, in Indogermanica Europaea. Festschrift für Wolfgang Meid zum 60. Geburstag am 12.11.1989, hrsg. von K. Heller, O. Panagl und J. Tischler, Graz, Institut für Sprachwissenschaft der Universität (“Grazer Linguistische Monographien” 4), pp. 69-77, rist. in Itinerari linguistici, pp. 19-28. Tedesco irritieren, « Incontri Linguistici » 12 (1987-88) [1989], p. 173. La fine della “KZ”, « Incontri Linguistici » 12 (1987-88) [1989], pp. 173-174, rist. in Itinerari linguistici, pp. 343-344. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 12 (1987-88) [1989], pp. 187-188 ; 189 ; 192-194.
1 Riproduce la ‘traccia’ della relazione tenuta al Seminario internazionale di studio su Impegno civile e scienza nell’opera dei glottologi mitteleuropei tra Ottocento e Novecento, svoltosi a Trieste il 4-5 novembre 1983.
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1990 Presentazione di Aspetti metodologici e teorici nello studio del plurilinguismo nei territori dell’Alpe-Adria. Atti del Convegno internazionale (Udine, 12-14 ottobre 1989). Testi raccolti a cura di L. Spinozzi Monai, Tricesimo (Udine), Consorzio per la Costituzione e lo sviluppo degli insegnamenti universitari, Aviani editore, pp. 7-8. Karische Beiträge ii , « Kadmos » 29, pp. 47-53. 1 Su due calchi con modello tedesco nello slavo antico, « Romanobarbarica » 10 (1988-89) [1990], pp. 179-185. Lo stato delle ricerche sul miliaco, « Incontri Linguistici » 13 (1989-90) [1990], pp. 69-78. Indoeuropeo *quelo- “terreno coltivato”, « Incontri Linguistici » 13 (1989-90) [1990], p. 173. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 13 (1989-90) [1990], pp. 181 ; 182-183 ; 185-186 ; 188.
1991 Anthroponymische Systeme in den indogermanischen Sprachen Kleinasiens im ersten Jahrtausend v. Chr. Geburt, in Proceedings of the xviith International Congress of Onomastic Sciences (Helsinki, 13-18 August 1990), edited by E. M. Närhi, vol. i, Helsinki, University of Helsinki - Finnish Research Centre for Domestic Languages, pp. 384-390. Grundsätzliches zur Lehnwortintegration, in Proceedings of the xivth International Congress of Linguists (Berlin-GDR, 10-15 August 1987), edited by W. Bahner, J. Schildt and D. Viehweger, vol. ii, Berlin, Akademie Verlag, pp. 1701-1703. Opposizioni semantiche inclusive ?, in Studia linguistica amico et magistro oblata. Scritti di amici e allievi dedicati alla memoria di Enzo Evangelisti, a cura di F. Aspesi e M. Negri, Milano, Unicopli, pp. 201-204, rist. in Itinerari linguistici, pp. 323-326. Ricordo di Vittore Pisani, « Incontri Linguistici » 14, pp. 9-10. Integrazione morfonologica dei recenti europeismi in turco, « Incontri Linguistici » 14, pp. 97104. Lautverschiebung und Lehnwörter : zu Vennemanns Darstellung, « Incontri Linguistici » 14, pp. 139-141. Considerazioni su recenti contributi alla problematica della ricostruzione, in Ricostruzione culturale e ricostruzione linguistica. Atti del Congresso del Circolo Glottologico Palermitano (Palermo, 20-22 ottobre 1988), a cura di L. Melazzo, Palermo, Stampatori Tipolitografi Associati, pp. 53-63. Hugo Schuchardt e le vicende politiche della Mitteleuropa, in Saggi di linguistica e di letteratura in memoria di Paolo Zolli, a cura di G. Borghello, M. Cortelazzo e G. Padoan, Padova, Antenore (“Biblioteca Veneta” 11), pp. 209-215. Processi d’integrazione linguistica nell’Europa di ieri e di oggi, « Notiziario dell’Università degli Studi di Udine » vii, n. 4, pp. 16-20. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 14, pp. 163-165 ; 168.
1992 Del valore dei morfemi, in Studi di linguistica e filologia, vol. ii, tomo ii : Charisteria Victori Pisani oblata, a cura di G. Bolognesi e C. Santoro, Galatina, Congedo, pp. 209-221, edizione in forma autonoma del capitolo apparso con lo stesso titolo nei Saggi (i ed., vol. ii, 1983, pp. 155-167 ; ii ed. accresciuta, pp. 165-177).
1 Continuazione del lavoro apparso in « Kadmos » 27 (1988), pp. 139-149.
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Marginalien zum Problem der relativen Chronologie, in Prehistory, History, and Historiography of Language, Speech, and Linguistic Theory, Papers in honor of Oswald Szemerényi i, edited by B. Brogyanyi, Amsterdam-Philadelphia, Benjamins (“Amsterdam Studies in the Theory and History of Linguistic Science”, Series iv : Current Issues in Linguistic Theory, vol. 64), pp. 143-152, rist. in Itinerari linguistici, pp. 47-56. L’apporto degli studi sull’interferenza alla linguistica storica, in La posizione attuale della linguistica storica nell’ambito delle discipline linguistiche. Atti del Convegno (Roma, 26-28 marzo 1991), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei (“Atti dei Convegni Lincei” 94), pp. 147-155, rist. in Itinerari linguistici, pp. 241-249. Eine neue phrygische Inschrift aus Daskyleion, « Epigraphica Anatolica » 18 (1991) [1992], pp. 157-164 [in collaborazione con T. Bakır]. Überlegungen zum Lautwert von im Lykischen und Milyischen, in Sedat Alp’a armagˇan. Festschrift für Sedat Alp. Hittite and other Anatolian and Near Eastern Studies in honour of Sedat Alp, edited by H. Otten, Ankara, Türk Tarih Kurumu Basımevi, pp. 223227, rist. in Itinerari linguistici, pp. 123-128.
1993 Das sogenannte Lykisch B, in Akten des II. internationalen Lykien-Symposions (Wien, 6.-12. Mai 1990), hrsg. von J. Borchhardt und G. Dobesch, Band I, Wien, Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften (“Denkschriften der Österreichischen Akademie der Wissenschaften, philosophisch-historische Klasse”, Band 231), pp. 27-30. Typologie des “Ersatzwortes” im Deutschen, « Incontri Linguistici » 15 (1992) [1993], pp. 99-106, rist. in Itinerari linguistici, pp. 197-204. A proposito di un saggio sulla linguistica greco-latina, « Incontri Linguistici » 15 (1992) [1993], pp. 144-145. Shmaivnein e shmantikov~ in Aristotele, « Archivio Glottologico Italiano » 67 (1992) [1993], pp. 1737, rist. in Itinerari linguistici, pp. 295-315. L’ambiguità delle parole nella dottrina stoica, « Quaderni dell’Istituto di Glottologia dell’Università di Chieti » 4, pp. 55-59. Semantische Ambiguität, « Linguistica » 33 [Bojan Cµop septuagenario in honorem oblata, edited by J. Orešnik, M. Skubic and P. Tekavc¬ic´], Ljubljana, Filozofska fakulteta Univerze v Ljubljani, pp. 61-65 [versione tedesca ampliata del lavoro precedente], rist. in Itinerari linguistici, pp. 317-321. L’influsso tedesco nella formazione della terminologia religiosa slava, in Lingue e culture in contatto nel mondo antico e altomedievale. Atti dell’viii Convegno internazionale di linguisti (Milano 10-12 settembre 1992), a cura di R. B. Finazzi e P. Tornaghi, Brescia, Paideia, pp. 63-76. Attualità della linguistica : il suo ruolo tra le discipline umanistiche, « Notiziario dell’Università degli Studi di Udine » ix, n. 4, pp. 36-40, rist. con il titolo “Attualità” della linguistica in Itinerari linguistici, pp. 349-357. 1 Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 15 (1992) [1993], pp. 155 ; 156-157 ; 163-164 ; 165 ; 167-168 ; 169.
1 Intervento letto il 22 novembre 1993 in occasione della cerimonia per il venticinquennale della Facoltà di Lingue e letterature straniere dell’Università degli Studi di Udine.
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1994 La decifrazione del cario. Atti del 1° Simposio Internazionale (Roma, 3-4 maggio 1993), a cura di M. E. Giannotta, R. Gusmani, L. Innocente, D. Marcozzi, M. Salvini, M. Sinatra, P. Vannicelli, Roma, Istituto per gli Studi Micenei ed Egeo-Anatolici, Consiglio Nazionale delle Ricerche (“Monografie Scientifiche”, Serie Scienze umane e sociali), 253 pp. Kritisches und Autokritisches zu den Entzifferungsversuchen, ivi, pp. 115-120, con le considerazioni conclusive a pp. 241-242. La terminologia linguistica di Agostino, in Miscellanea di studi linguistici in onore di Walter Belardi, a cura di P. Cipriano, P. Di Giovine e M. Mancini, vol. ii, Roma, Il Calamo, pp. 971-983. La proposta di legge per la tutela delle minoranze linguistiche, in La semantica in prospettiva diacronica e sincronica. Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia (MacerataRecanati, 22-24 ottobre 1992). Testi raccolti a cura di M. Negri e D. Poli, Pisa, Giardini, pp. 205-211. Graffiti aus Daskyleion, « Kadmos » 32 (1993) [1994], pp. 135-144 [in collaborazione con T. Bakır]. Lykisch sidi und die Deutung der Inschrift N 309a, in Iranian and Indo-European Studies. Memorial volume of Otakar Klíma, edited by P. Vavroušek, Praha, Enigma Corporation, pp. 89-93, rist. in Itinerari linguistici, pp. 129-134. Per una storia della nozione di polisemia : le parole “ambigue” in Aristotele, « Incontri Linguistici » 16 (1993) [1994], pp. 109-119. Metafore saussuriane, « Incontri Linguistici » 16 (1993) [1994], pp. 195-197, rist. in Itinerari linguistici, pp. 345-347. Il plurilinguismo europeo, « Etnostoria », semestrale del Centro Internazionale di Etnostoria di Palermo 1, pp. 77-82. Graphemisch-phonematische Bemerkungen zum Lykischen, in In honorem Holger Pedersen. Kolloquium der Indogermanischen Gesellschaft vom 26. bis 28. März 1993 in Kopenhagen, unter Mitwirkung von B. Nielsen, hrsg. von J. E. Rasmussen, Wiesbaden, Reichert, pp. 127-133. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 16 (1993) [1994], pp. 213 ; 214-215 ; 218 ; 219-221. L’Università di Udine. Eventi e personaggi della nascita di un Ateneo, Padova, Il Poligrafo, pp. 207-221 (intervista raccolta da Clara Rossetti).
1995 Itinerari linguistici. Scritti raccolti in occasione del 60° compleanno, a cura di R. Bombi, G. Cifoletti, S. Fedalto, F. Fusco, L. Innocente e V. Orioles, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 382 pp. Qualche equivoco a proposito delle ‘minoranze linguistiche’, in Il ruolo culturale delle minoranze nella nuova realtà europea. Atti del Congresso Internazionale (Università degli Studi di Trieste, 22-26 settembre 1994), a cura di G. Trisolini, vol. i, Roma, Bulzoni (“Letterature di frontiera – Littératures frontalières”), pp. 189-194. Zum Stand der Erforschung der lydischen Sprache, in Forschungen in Lydien, hrsg. von E. Schwertheim, Bonn, Habelt (“Asia Minor Studien” 17), pp. 9-19. Un frasario di conversazione altotedesco-latino d’età medievale, « Plurilinguismo » 2, pp. 43-54. Tracce di laringali in uralico ?, « Incontri Linguistici » 17 (1994) [1995], pp. 33-41. Processi d’integrazione linguistica nell’Europa di ieri e di oggi, « Messana. Rassegna di studi fi
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lologici linguistici e storici », N. S., 17 (1993) [1995], pp. 113-126, rist. in Itinerari linguistici, pp. 359-368. 1 Augustinus’ sprachliche Terminologie und ihr Verhältnis zu derjenigen der Stoa, in History and Rationality : the Skøvde Papers in the Historiography of Linguistics, edited by K. D. Dutz and K.-Å. Forsgren, Münster, Nodus Publikationen, pp. 9-16. Recensione di Indogermanica et Italica. Festschrift für Helmut Rix zum 65. Geburtstag, hrsg. von G. Meiser (Innsbruck, Institut für Vergleichende Sprachwissenschaft, 1993), « Kratylos » 40, pp. 115-119. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 17 (1994) [1995], pp. 209 ; 210-211 ; 212-213 ; 213-214 ; 216 ; 217 ; 218-219 ; 219-220.
1996 Prospettive del plurilinguismo in Valcanale, in Vecˇjezicˇnost na evropskih mejah. Primer Kanalske doline / Multilinguismo ai confini dell’Europa. La Valcanale / Mehrsprachlichkeit auf den europäischen Grenzgebieten. Beispiel Kanaltal / Multilingualism on European borders. The case of Valcanale [Valcanale, October 1995 : anthology of lectures and papers], edited by I. Šumi, S. Venosi, slori, Sedež Kanalska dolina / Seat Valcanale, pp. 151-155. Die hochdeutsche Lautverschiebung in den “Altdeutschen (Pariser) Gesprächen”, « Historische Sprachforschung » 109, pp. 133-143. La tutela delle lingue minoritarie tra retorica e buon senso, in Minoranze e lingue minoritarie. Convegno internazionale (Napoli, Istituto Universitario Orientale, Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, 6-7 aprile 1995), a cura di C. Vallini, Napoli, Istituto Universitario Orientale, pp. 169-183. Zur deutschen Übersetzung des Cours de linguistique générale, « Deutsche Sprache » 23, n. 4 (1995) [1996], pp. 380-384. Lingua materna, madrelingua, lingua madre, « Incontri Linguistici » 18 (1995) [1996], pp. 165-169. Lingua e scacchi, « Incontri Linguistici » 18 (1995) [1996], p. 203. Recensione di I. Hajnal, Der lykische Vokalismus (Graz, Leykam, 1995), « Studi Micenei ed Egeo-Anatolici » 38, pp. 204-206. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 18 (1995) [1996], pp. 240 ; 243-245 ; 247 ; 249 ; 257.
1997 Frigi e Frigio. Atti del 1° Simposio Internazionale (Roma, 16-17 ottobre 1995), a cura di R. Gusmani, M. Salvini, P. Vannicelli, Roma, Istituto per gli Studi Micenei ed Egeo-Anatolici, Consiglio Nazionale delle Ricerche (“Monografie Scientifiche”, Serie Scienze umane e sociali), 292 pp. Gli scopi del convegno, ivi, pp. 11-12. Medienverschiebung und Verwandtes in den ‘Pariser Gesprächen’, in Sound Law and Analogy. Papers in honor of Robert S. P. Beekes on the occasion of his 60th birthday, edited by A. Lubotsky, Amsterdam-Atlanta, Rodopi, pp. 81-90. Manipolazioni linguistiche vere e presunte (a proposito di Thuc. iii, 82), in Scríbthair a ainm nogaim. Scritti in memoria di Enrico Campanile, a cura di R. Ambrosini, M. P. Bologna, F. Motta e Ch. Orlandi, vol. i, Pisa, Pacini, pp. 449-461. Lingua ‘sessista’ e lingua ‘unisex’, « Incontri Linguistici » 19 (1996) [1997], pp. 169-172. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 19 (1996) [1997], pp. 178-179 ; 180 ; 185.
1 Versione riveduta del lavoro apparso con lo stesso titolo nel 1991.
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1998 Introduzione al Convegno / Introduction to the Conference, in Ethnos e comunità linguistica : un confronto metodologico interdisciplinare / Ethnicity and Language Community : an Interdisciplinary and Methodological Comparison. Atti del Convegno internazionale (Udine, Centro Internazionale sul Plurilinguismo, 5-7 dicembre 1996), a cura di R. Bombi e G. Graffi, Udine, Forum, pp. 11-24. Romanischer Einfluß in den “Altdeutschen Gesprächen”, in Mír curad. Studies in honor of Calvert Watkins, edited by J. Jasanoff, H. C. Melchert and L. Olivier, Innsbruck, Institut für Vergleichende Sprachwissenschaft (“Innsbrucker Beiträge zur Sprachwissenschaft” 92), pp. 205-212. « Sprache ist mehr als Blut », « Plurilinguismo » 5, pp. 61-74. Lykische Streifzüge, « Incontri Linguistici » 20 (1997) [1998], pp. 147-156. La ricostruzione geolinguistica alla luce di alcuni recenti apporti in ambito indoeuropeo, in L’indeuropeo : prospettive e retrospettive. Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia (Milano, 16-18 ottobre 1997), a cura di M. Negri, G. Rocca e F. Santulli, Roma, Il Calamo (“Biblioteca della S.I.G.” 22), pp. 107-120. Un insolito termine tecnico della linguistica greca, in do-ra-qe pe-ro. Studi in memoria di Adriana Quattordio Moreschini, a cura di L. Agostiniani, M. G. Arcamone, O. Carruba, F. Imparati e R. Rizza, Pisa-Roma, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, pp. 231235. Nozioni senza nome da Democrito ad Aristotele, in Ars linguistica. Studi offerti da colleghi e allievi a Paolo Ramat in occasione del suo 60º compleanno, a cura di G. Bernini, P. Cuzzolin e P. Molinelli, Roma, Bulzoni, pp. 263-274. Traduzioni ed etimo di signifié, « Archivio Glottologico Italiano » 83, pp. 240-243. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 20 (1997) [1998], pp. 235-237 ; 238-239 ; 240 ; 244245 ; 248-249 ; 250-251.
1999 Die Gleichsetzung von Ethnos und Sprachgemeinschaft im heutigen Europa, in Eurolinguistik. Ein Schritt in die Zukunft. Beiträge zum Symposion vom 24. bis 27. März 1997 im Jagdschloß Glienicke (bei Berlin), hrsg. von N. Reiter, Wiesbaden, Harrassowitz, pp. 329-335. Ein neues phrygisches Graffito aus Daskyleion, « Kadmos » 38, pp. 59-64 [in collaborazione con Y. Polat]. I glossari medievali come veicoli d’irradiazione linguistica e culturale, « Incontri Linguistici » 21 (1998) [1999], pp. 57-66. La semantica “si dice in vari modi”, « Incontri Linguistici » 21 (1998) [1999], pp. 183-184. A proposito di un rapporto sulle minoranze linguistiche, « Incontri Linguistici » 21 (1998) [1999], pp. 185-188. Zur Etymologie von dt. opfern, in Studia Celtica et Indogermanica. Festschrift für Wolfgang Meid zum 70. Geburtstag, hrsg. von P. Anreiter und E. Jerem, Budapest, Archaeolingua Alapítvány, pp. 139-144. Manes in Daskyleion, « Kadmos » 38, pp. 137-162 [in collaborazione con G. Polat]. Recensione di G. Holzer, Das Erschließen unbelegter Sprachen. Zu den theoretischen Grundlagen der genetischen Linguistik (Frankfurt am Main, P. Lang, 1996), « Kratylos » 44, pp. 179-180. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 21 (1998) [1999], pp. 233-237 ; 239 ; 244 ; 245-246.
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2001 Una nuova iscrizione rupestre presso il santuario di Labraunda in Caria, « La Parola del Passato » 56, fasc. i-ii [= Gli scavi italiani a Iasos in Caria, parte II, a cura di F. Berti e G. Pugliese Carratelli], pp. 33-41 [in collaborazione con P. Belli]. Altdeutsche Gespräche : analisi linguistica, « Incontri Linguistici » 23 (2000) [2001], pp. 51-82. Il progetto viennese di un corpus licio, « Incontri Linguistici » 23 (2000) [2001], pp. 105-106. Recenti acquisizioni nel campo delle lingue anatoliche del i millennio a. C., in Cinquant’anni di ricerche linguistiche : problemi, risultati e prospettive per il terzo millennio. Atti del ix Convegno internazionale di Linguisti (Milano, 8-10 ottobre 1998), a cura di R. B. Finazzi e P. Tornaghi, Alessandria, Edizioni dell’Orso, pp. 39-52. Ambiguità terminologiche, in Dal ‘paradigma’ alla parola. Riflessioni sul metalinguaggio della linguistica. Atti del Convegno (Udine-Gorizia, 10-11 febbraio 1999), a cura di V. Orioles, Roma, Il Calamo (“Lingue, linguaggi, metalinguaggio” 2), pp. 61-66. A proposito della legislazione per la tutela delle lingue locali, in Studi in ricordo di Guido Barbina, vol. i : Terre e uomini : geografie incrociate, a cura di A. Bianchetti e M. Pascolini, Udine, Forum, pp. 327-336. Altphrygisches, in Akten des iv. Internationalen Kongresses für Hethitologie (Würzburg, 4.-8. Oktober 1999), hrsg. von G. Wilhelm, Wiesbaden, Harrassowitz (“Studien zu den Bog¬azköy-Texten”, 45), pp. 161-166. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 23 (2000) [2001], pp. 183-184 ; 187 ; 188-189 ; 192 ; 193-194 ; 195-196 ; 197-198 e « Incontri Linguistici » 24, pp. 196 ; 197-199 ; 202.
2002 Zum Genus der Teufelbezeichnung im ‘altsächsischen’ Taufgelöbnis, in Novalis Indogermanica. Festschrift für Günter Neumann zum 80. Geburtstag, hrsg. von M. Fritz und S. Zeilfelder, Graz, Leykam, pp. 195-199. Althochdeutsch (hari)sliz, lateinisch (st)lis, « Historische Sprachforschung » 115, n. 1, pp. 111116. Noch einmal zur Doppelkonsonanz im Lykischen, in Anatolia antica. Studi in memoria di Fiorella Imparati, a cura di S. de Martino e F. Pecchioli Daddi, vol. I, Firenze, LoGisma (“Eothen”. Collana di studi sulle civiltà dell’Oriente antico, 11), pp. 345-352. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 25, pp. 214-215 ; 218-220 ; 225.
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2003 I perché di una posizione critica, in La legislazione nazionale sulle minoranze linguistiche. Problemi, applicazioni, prospettive. In ricordo di Giuseppe Francescato. Atti del Convegno di Studi (Udine, 30 novembre-1 dicembre 2001), a cura di V. Orioles, Udine, Forum [= « Plurilinguismo. Contatti di lingue e culture » 9 (2002)], pp. 115-122. Hugo Schuchardt come zw``ïon politikovn in Parallela 10. Sguardi reciproci. Vicende linguistiche e culturali dell’area italofona e germanofona. Atti del x Incontro italo-austriaco dei linguisti (Gorizia, 30-31 maggio ; Udine, 1 giugno 2002), a cura di R. Bombi e F. Fusco, Udine, Forum, pp. 27-31. Comunità linguistiche ed “etnicità” : problemi italiani in prospettiva europea, in Storia della lingua e storia. Atti del ii Convegno dell’Associazione per la Storia della Lingua Italiana (Catania, 26-28 ottobre 1999), a cura di G. Alfieri, Firenze, Cesati, pp. 169-178. Die semantische Eigenart der Syntheme, in Ünnepi kötet Honti László tiszteletére, edited by M. Bakró-Nagy and K. Rédei, Budapest, mta Nyelvtudományi Intézet, pp. 152-160. Interferenze di ‘forma interna’ tra le due versioni dei Giuramenti di Strasburgo, « Incontri Linguistici » 26, pp. 205-221. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 26, pp. 235-236 ; 237-239 ; 244-246 ; 247.
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2005 L’argomento linguistico nel libro Gamma della Metafisica di Aristotele, « Incontri Linguistici » 28, pp. 169-182, riproposto con integrazioni e con il titolo complessivo Il principio di non
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contraddizione e la teoria linguistica di Aristotele, in La contradizion che nol consente [2010], pp. 21-34. « Indogermanische Chronik », « Incontri Linguistici » 28, pp. 197-199. “Altdeutsche Gespräche” : Welche Art von Interferenz ?, in Sprachkontakt und Sprachwandel. Akten der XI. Fachtagung der Indogermanischen Gesellschaft (Halle an der Saale, 17.-23. September 2000), hrsg. von O. Hackstein und G. Meiser, Wiesbaden, Reichert, pp. 161-167. Pace si dice in molti modi : qualche riflessione in chiave linguistica - Von den vielen Arten, Frieden zu sagen. Einige linguistische Überlegungen (traduzione in tedesco di B. Binner) - Mir izrazimo na vecˇ nacˇinov : nekaj misli z jezikovnega podrocˇja (traduzione in sloveno di I. Jelercˇicˇ), Udine, Forum (“Lezioni e letture” 8), pp. 7-28. La versione italiana è stata riproposta in Per un’idea di pace. Atti del Convegno Internazionale (Università di Udine, 13-15 aprile 2005), a cura di F. Pistolato, Padova, CLEUP, 2006, pp. 21-28. 1 Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 28, pp. 215 ; 218-220 ; 227 ; 230-231 ; 232.
2006 “Ihrzen” im deutschsprachigen Hochmittelalter, in Indogermanica. Festschrift Gert Klingenschmitt. Indische, iranische und indogermanische Studien dem verherten Jubilar dargebracht zu seinem fünfundsechzigsten Geburtstag, hrsg. von G. Schweiger, Taimering, Schweiger VWT-Verlag (“Studien zur Iranistik und Indogermanistik”, Band 3), (2005) [2006], pp. 213-219. L’argomento linguistico nel libro Gamma della Metafisica di Aristotele (ii parte), « Incontri Linguistici » 29, pp. 179-201, riproposto con integrazioni e con il titolo complessivo Il principio di non contraddizione e la teoria linguistica di Aristotele, in La contradizion che nol consente [2010], pp. 35-62. Ricordo di G. Bonfante e G. R. Solta, « Incontri Linguistici » 29, pp. 220-222. Ancora sul genitivo messapico in -(a)ihi, in Studi di antichità linguistiche in memoria di Ciro Santoro, a cura di M. T. Laporta, Bari, Cacucci, pp. 199-205. Phonétique et morphologie de la langue lydienne (R. Gérard), « Res Antiquae » 3, pp. 69-72. 2 Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 29, pp. 226-228 ; 232-233 ; 236-238.
2007 F. Mauthner, W. Betz e le « Lehnübersetzungen », « Incontri Linguistici » 30, pp. 200-204. Recensione di ijdl. International Journal of Diachronic Linguistics and Linguistic Reconstruction, edited by E. Hill and S. Rössle, vol. 1/1, 2004 ; 1/2, 2005 (München, Peniope, Anja Gärtig Verlag, 2007), « Kratylos » 52, pp. 204-205. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 30, pp. 217-220 ; 229-230 ; 234 ; 238-239 ; 243-245.
2008 George Cely alle prese col francese : tra apprendimento di L2 ed interferenze grafiche, in ... un tuo serto di fiori in man recando. Scritti in onore di Maria Amalia D’Aronco, a cura di S. Serafin, vol. i, Udine, Forum, pp. 153-160.
1 Rielaborazione della conferenza dal titolo Pace si dice in molti modi : considerazioni estemporanee in chiave linguistica, tenuta nell’ambito del convegno Spazi di pace. Incontro dei rettori della Comunità Alpe-Adria (Udine, 11-12 novembre 2004). 2 A proposito di Raphaël Gérard, Phonétique et morphologie de la langue lydienne, Louvain-la-Neuve, Peeters (“Bibliothèque des Cahiers de l’Institut de Linguistique de Louvain” 14), 2005.
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Agostino e Benveniste : un inatteso parallelismo, « Incontri Linguistici » 31, pp. 113-119. Continuità, fratture e processi di osmosi nel panorama linguistico dell’Asia Minore del i millennio a.C., in Tra Oriente e Occidente. Indigeni, Greci e Romani in Asia Minore. Atti del Convegno internazionale (Cividale del Friuli, 28-30 settembre 2006), a cura di G. Urso, Pisa, ets (“Convegni della Fondazione Niccolò Canussio” 6), pp. 11-21. Fritz Mauthner e Leo Spitzer, « Incontri Linguistici » 31 (2008), pp. 183-184. Lingua, cultura e caratteri genetici in un’ottica ricostruttiva, in … Sand carried by a stream... Scritti in onore di Vincenzo Orioles, a cura di R. Bombi e F. Fusco, Udine, Forum, pp. 117-126. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 31, pp. 207 ; 210-211 ; 214 ; 217-222 ; 231-233.
2009 A proposito della semantica di suvmbolon, « Incontri Linguistici » 32, pp. 159-172. Aristotele, convenzionalista praticante, in La grammatica tra storia e teoria. Scritti in onore di Giorgio Graffi, a cura di P. Cotticelli Kurras e A. Tomaselli, Alessandria, Edizioni dell’Orso, pp. 93-100. Voce Parlangèli, Oronzo, in Lexicon Grammaticorum. A Bio-Bibliographical Companion to the History of Linguistics, edited by H. Stammerjohann, 2nd edition, revised and enlarged, Tübingen, Niemeyer, vol. ii (L-Z), p. 1125. Schede bibliografiche, « Incontri Linguistici » 32, pp. 240-245 ; 247-248.
2010 Il principio di non contraddizione e la teoria linguistica di Aristotele, in La contradizion che nol consente. Forme del sapere e valore del principio di non contraddizione, a cura di F. Puppo, introduzione di M. Manzin, Milano, FrancoAngeli (“Diritto moderno e interpretazione classica” 9), pp. 21-62 [riprende, con alcune integrazioni e modifiche formali, i due saggi apparsi su « Incontri Linguistici » 28 (2005), pp. 169-182 e 29 (2006), pp. 179201]. Bemerkungen zum letzten lykischen Satz der Letôon-Trilingue, in Hethitica xvi. Studia Anatolica in memoriam Erich Neu dicata, edenda curavit René Lebrun adiuvante Julien De Vos, Louvain-la-Neuve, Peeters (“Bibliothèque des Cahiers de l’Institut de Linguistique de Louvain” 126), pp. 65-72. Tracce anatoliche di una desinenza verbale indoeuropea ?, in Ex Anatolia Lux. Anatolian and Indo-European Studies in honor of H. Craig Melchert on the occasion of his sixty-fifth birthday, edited by R. Kim, N. Oettinger, E. Rieken and M. Weiss, Ann Arbor, Beech Stave Press, pp. 68-74. Uno sguardo al panorama linguistico dell’Asia minore nel I millennio a.C., « AIΩN. Annali del Dipartimento di Studi del Mondo classico e del Mediterraneo antico, Sezione linguistica » 30-ii (2008) [2010], pp. 255-282. Franz Dornseiff e l’onomasiologia, « Incontri Linguistici » 33, pp. 79-84. Sul toponimo friulano Nimis, in Demetrio Skubic octogenario ii [= « Linguistica » 49], pp. 257260. Scheda bibliografica, « Incontri Linguistici » 33, p. 246.
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bibliografia degli scritti di roberto gusmani In corso di stampa
Walter Belardi e la linguistica classica tra rigore esegetico e ripensamento critico, in Atti del Convegno In ricordo di Walter Belardi (Roma, Accademia dei Lincei – Università di Roma “La Sapienza”, 12 novembre 2009). duvnasqai e duvnami~ in contesto linguistico, in Grammar and Language in Ancient Books. Papers presented to Alfons Wouters on the Occasion of his Retirement, edited by M. Huys and P. Swiggers, Louvain-la-Neuve, Peeters (“Orbis Supplementa”) [in collaborazione con T. Quadrio]. Voce Ascoli Isaia Graziadio, in Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei Friulani, vol. iii : L’età contemporanea, a cura di C. Griggio, C. Scalon e G. Bergamini, Udine, Forum.
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STUDI A ERUDITA 1. Ioannis Deligiannis, Fifteenth-Century Latin Translations of Lucian’s Essay on Slander, 2006. 2. Castiglione di San Martino, Fortezza di altura (v-ii sec. a.C.), Isola d’Elba, a cura di Orlanda Pancrazzi, con la collaborazione di Gianluca Casa, Alessandro Corretti, Michele Degl’Innocenti, Fiorella La Guardia, in preparazione. 3. Studi di onomastica e letteratura offerti a Bruno Porcelli, a cura di Davide De Camilli, 2007. 4. Etruria e Italia preromana. Studi in onore di Giovannangelo Camporeale, a cura di Luciano Agostiniani, Angelo Bottini, Dominique Briquel, Stefano Bruni, Giovanni Colonna, Giuliano De Marinis, Luigi Donati, Sybille Haynes, Fabrizio Serra, Anna Maria Sgubini Moretti, Janos György Szilágyi, 2009. 5. Napoli è tutto il mondo, International Conference of Studies Naples, July 20-24, 2004, edited by Oreste Ferrari, Livio Pestilli, Ingrid D. Rowland, Sebastian Schütze, 2007. 6. Samantha Schad, A Lexicon of Latin Grammatical Terminology, 2007. 7. Massimiliano Canuti, Basco ed Etrusco: due isole nel mare indoeuropeo, 2008. 8. Guglielmo Cavallo, La scrittura greca e latina dei papiri. Una introduzione, 2007. 9. Unità e frammenti di modernità. Arte e scienza nella Roma di Gregorio XIII Boncompagni (1572-1585), a cura di Ingrid D. Rowland, 2010. 10. Giovanni Di Stefano, Cartagine romana e tardo antica, 2009. 11. Oggetti, uomini, idee. Percorsi multidisciplinari per la storia del collezionismo, Atti della Tavola rotonda, Catania, 4 dicembre 2006, a cura di Giuseppe Giarrizzo, Stefania Pafumi, 2009. 12. Studi di onomastica e critica letteraria offerti a Davide De Camilli, a cura di Maria Giovanna Arcamone, Donatella Bremer, Bruno Porcelli, 2010. 13. La ricezione della Commedia dell’Arte nell’Europa centrale, 1568-1769. Storia, testi, iconografia, a cura di Alberto Martino, Fausto De Michele. Con una Presentazione di Werner Helmich, 2010. 14. Corollari. Scritti di antichità etrusche e italiche in omaggio all’opera di Giovanni Colonna, promossi da Gilda Bartoloni, Carmine Ampolo, Maria Paola Baglione, Francesco Roncalli, Giuseppe Sassatelli, a cura di Daniele F. Maras, 2010. 15 In ricordo di Roberto Gusmani (1935-2009), Atti della Giornata di Studio, Udine, 19 Novembre 2010, a cura di Vincenzo Orioles, 2011.