Ornithologia latina

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PUBBLICAZIONI DELL'ISTITUTO DI FILOLOGIA CLASSICA E MEDIEVALE DELL'UNIVERSITÀ DI GENOVA I - Index Stoicorum Herculanensis, edidit A TRA VERSA (esaurito). 2 - EPICUREA in mcmoriam Hectoris Bignone. Miscellanea filologica. 3 - In memoriam Achillis Beltrami. Miscellanea filologica .. 4 - P. FRASSINETTI, Fabula Atellana. Saggio sul teatro popolare latino (esaurito). 5 - Mlmorum Romanorum Fragmenta, collegit disposuit recensuit M. BONARIA (Fase. I: Fragmenta) (esaurito). 6-G, SCARPAT, Corso di Grammatica greca. (Fase. I: Morfologia) (esaurito). 7 - Fabularum prae textarum quae extant, edidit L. PEDRO LI (esaurito). 8-ANTil'.l.OPON Hugoni Henrico Paoli oblatum. Miscellanea filologica. · 9-Mimorum Romanorum Fragmenta, collegit disposuit recensuit M. BONARIA (Fase. II: Fasti mimici et pantomimici) (esaurito). IO-A. PASTORINO, Tropaeum Liberi. Saggio sul "Lucurgus"

UNIVERSITA DI GENOVA FACOLTA DI LETTERE

FILIPPO CAPPONI

di Nevio e sui motivi dionisiaci nella tragedia latina arcaica

ORNITHOLOGIA LATINA

(esaurito). 11 - Serta Eusebiana. Miscellanea filologica.. 12-S. DESIDERI, Lassar1 o/Greek B/rds, London, Oxford Univcrslty.Press, 1936 2 • p. 30) o5'CC'a: "a corruptpassagc: manyedltionsread1Ìx~s,•A.1t.", li Tllesoumslinguaegratcae (s.v,) interpreta:cc•H,ct,&,,,&xaÀ,.apiJ{s, con la voce latina carduelus:Carduelus, quod spinis, et cardibuspascitur; unde 1 etiam apud Graecosaca/anthisdieta est, ab bx&PrJms,id est spinis, quibus alitur • Eliano (N.A., 10,32) riferisce lo stesso etimo per la specie lxHaPt?os: "AHavt?ovròv ~{/"'" 2 !x TWVree.pv-.a(Utv Tò 3vaitci of oo,po\ rbt~evit?wv .pae1/ • Morfologia. Aristotele (A.H., 616 b 31) qualifica il piumaggio con un aggettivo, che, di per sé,"non vale ad indicare specificamente un uccello: Hco,&xeoo,. Gli Scholia ad Theocr. (7,141) danno pure un cenno ornitico breve ed indeterminato: &xaPt?lsli~ ~QvEòPle1n 1ro,xl'>,ov, Hal\eirm lit Ha',7ro1Hi>-.,s r¾v xeofov. Phila (v, 423 1) usa l'aggiuntivo 1rave6itog.poi.

o,à-

Biologia. li genere del nutrimento (piante spinoie, cardi) da cui gli antichi trassero il nome per indicare una varietà o diverse forme di un gruppo, già sarebbe sufficiente per determinare la nicchia ecologica. All'indeterminato xaH6{3w, della A. H., 616 b 31, Aristotele oppone una maggiore osservazione dell'habitat di tre specie (A.H., 592 b 30-593 a 3): Tà liÈ ro,aliE havt?o.p&:ya, xevuoit~re,s. Taiim ,àe 1r&na l1rl rwP l;,,xapiJwv iHaviJh, t?eav'lfls, ~n ~ Ha>-.ovµ~PI'/ Pɵem,, uHwMHa o' oM~, o~tlitfvxoP obob. i,, ratr~ li~ xat?E0oH xal v/µem, miim. Quando il filosofo accenna all'inimicizia dell'asino e dell'acanthis,ne trova la causa nel genere del cibo (A.H., 610 a 4-6): llvos oi Hal lrnavt?loEs 'lfo>-litio,• al it~v,di! lmb rwv lxxavt?itiP (j,ore6ovuw, ~ l,' &-rra>-.è.s olluas xanoi?lei rè.i l:ud~vìJas. Plinio (10,205) utilizza le osservazioni della A.H., dichiarando con la frase ac:anthisin spinis uiuit l'ambiente di frequenza dei due animali e, quindi, la qualità del nutrimento: idcirco

asinos et ipsa odi/ f/ores spinae deuorantes. .. Infine, se ci fosse concesso di considerare identiche le specie &xa.Pt?v>-.>-.[i - lxxav-{/(s,do-vremmo ammettere, secondo il cenno di Eliano (4,5): xoi;,,uoa>-.òs li~ &Hav-{}v>,.fo, voei 11"0>-.litm, che l' &Havi?lssi nutre nello stesso ambiente in cui vivono le A laudidae;ma questa conclusione ci allontana dalla identificazione dell' lxxaviJls.

Abitudini e costumi. li canto dell' acanthis è celebrato da tutti gli antichi autori: Aristotele (A.H., 616 b 30-31) loda la sua voce: \CWP~P µlno, X,-yv(?dPlxove1,v;Teocrito (7,141) armonizza le note dell'AIHaPtJls con il canto del Ho11vlì6s; Agatocle (A.P., v. 292) ha queste parole di elogio: X,-yve?iv(jol'f3etie1111 &xavt?loES;Phila esalta la musicalità del suo verso, che sa dilettare gli amatori (vv, 423-426):

Tle71'EI li'&xavtfo ~ 1ravebµoe,posit&>-rx rovs duaxo6Etv 'lfO-.6reav1\tl! it~>-1'/ i>eexnHwslxovmi ~owP~11vJwP, Mi>-.7ru1dQ qlìLHrxÌ>-.,,~.p,?o-y,ovl'~>,.os3; Calpurnio (Bue. 6,6-9) per dimostrare la melodia del canto dell' acanthis evidenzia il grido della Cornacchia:

Nyctilon ut cantu rudls exsuperaueritA/con Astyle, credibileest, s i u i II e a I a e a n t h i d a e o r II i x 11ocalemsuperetsi dirus aedono bubo. L'acanthis è, pure, ricordato per la sua inimicizia con l'asino é con uccelli. Aristotele (A.H., 610 a 5-7) fa nemici: ,ml !livt?os xc:tl l.-rnvt'11 xaì 1 ufo1; quindi, si riferisce alle ·esperienze sulla immiscibilità del sangue dell'rx'l,,t?os e dell'&vi?os: >,.~ 1 Em< lt&n at,lt?ov xa.ì lht?ov aTµa o~ OVJtµl,PVTCII d>-.>-.~>-.ois. La stessa nota è riportata da Plinio (10,205), il quale ci fa supporre che Egli abbia forse letto nel suo autore diretto acanthis o acanthos in luogo dell'aris"to_telico ~vt?os: Et acanthis

a.r

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in spinis uiuit; idcirco asitros. . , odi/. .. aegithum uero in tantum ut sanguinem eorum credant non coire mu/tisque ideo·uenejìciisin/ameni, · Eliano (10,32) tramanda l'empirica notizia degli antichi, nominando in luogo dell' &Pt?os aristotelico l',xaPt?ose, conservando nel testo a?,1tJ01, lezione corretta dal Oesner in al')'Ma>-.os:>,.é,e1li~ ~e10Tor;>-.111 l,h roiilìEToi1 lxHavfJovHa\ itlProi < xa.ì > roii Ha>-.ovitlvov al,(t?ovrii a.'fitaii rniTòv -.~i, .pflcltv~ EmyHQlr11s, tl µÉvrn l'tµ.pwmiirn e1vµ14ftm 0f>-.o, h miro &nei&vn Ha, tvoh too, i>..ws hoiiut?a, raiha ,' f:5 HQli.C11P 1dav 4• Da Eliano (10,32) abbiamo notizia ché I' fkxavt?os frequenta le vie maestre, compagno del viandante: lEQ6PTEerpai ròv lha.Pt?ov TWPoaiy.6vwv TWI' XCJ.Tà T'ijP!,l,~p ,roµ71'Ev6PTWP xal

fii,lwrwv'Tobs &vt9Q611foVs .pae1i. Nidificazione. Da Plinio (10,175) abbiamo un cenno sulla produzione, la quale è strettamente dipendente dalla maggiore o minore taglia degli animali: Omnia anima/io quo maioracorpo-

re, hoc minus fecunda. Singu/os gignunt e/ephanti, cameli, equi; a e a n I h i s d u od e n o s, a II i s m i n i m a. Discussione. Le identificazioni della specie acanlhissono varie, confuse, non raramente, contrastanti. È senza dubbio causa delle diverse interpretazfoni il testo dei Jocigreci e latini, nei quali leggiamo caratteri morfologici, biologici e vari, i quali convengono, propriamente, or all'una or all'altra varietà di uccelli. li Littré 5 traduce "chardonneret" l'acanthisdi Plinio (10,205), il Camus 6 dà all'uccello il nome di "é p i n i e r' ', ed altri 7 riconoscono nell' ucanthisuna specie di Verzelli11o{Genere Serinus Koch). E. De Saint-Denis 8 ritiene che l'uccello debbasi identificare con il Carduelis curdueliscardue/is L., séguìto da J. André 9 , il quale pensa, pure, che sia possibile, secondo un suggerimento di D' Arcy Thompson 10, che tvt?os e b1.l,. Lo studioso pone i termini del problema, ma non ci presenta soluzione alcuna: "Athenaeus 2 p, 65 àxorvt?u>.lo.1oor, uocat, ex Boeo Antoninus Liberalis cap. 7 ~xav.Jov et bxav1foÀlo.,oaiuxta nomina! ut diuersae aues. Prior aliis bt.xaviJ{,audit, sed in nostro Codices etiam plurestxorv,'Jov nominant. Sed idem Boeus filiam Autonoi, quac in lxxav.Ju'Alo.~oc, mutata dicitur, lnav19[6a uocat, ut merito dubitari possit an diuersa sit acanthyllis". Come abbiamo rilevato s.v. acanlhis, esaminando il cenno di Eliano (4,5) sull'inimicizia tra il xo12voalo.6s e l'lvxcxv{Julo.'A{,, non è possibile l'identità 1haviJos =l:rxcxv.Ju>.Ms: l'lhav.Jar ("'e.e. carduel/s) non frequenta lo stesso ambiente delle A /audidae 8• Le identificazioni, che, sino ad oggi, ci sono state proposte dai filologi, si fondano, in genere, su una lezione dei mss. della N.H. (uitae riparium) o sulla lezione congetturale di Hermolaeus Barbarus: item ripariarum, le quali orientano alla ricerca dell'identificazione tra gli uccelli di ripa: la specie &xav.Ju>.lo.fr della A.H. di Aristotele veniva, quindi, studiata sulla corruzione del testo pliniano, cioè come un uccello che frequentasse ruscelli o paludi e, nello stesso tempo, costruisse un nido sferico con pareti tappezzate di mmchio. Infatti, il Cuvier propone l'identificazione: Parus pendulinus, uccello che abita le paludi, fabbrica un nido a fiasco; lo scienziato non rifiuta neppure un'altra identificazione: Parus biarmicus = Pam1rus biarmit·us, uccello che costruisce il suo nido su canne o su altre piante acquatiche in regioni paludose. Ma il naturalista riconosce che la materia, di cui è composto il nido di questa specie, non è la stessa descritta da Plinio 9 : "petits oiseaux dont le nid, en forme de bourse close, excepté une petite enirée sur le cote, est suspendu par sa pointe au moyen de quelque brin d'herbe; il est coinposé non pas de mousse, mais de filets d'herbe, et surtout de soies de semencés des peupliers, et d'autres arbres aquatiques". Aggiungiamo, per precisione di osservazione naturalistica, che i nidi, talvolta, presentano anche due aperture. Il Tricot IO traduce lnorvliuXlo.[ç:"petit chardonneret", ma in nota specifica: •·•Aegithalus pendulinus (cf. lnd. arist. 24 a 44-47). Camus, 11,766, croit que c'est le serin". Il Vegetti 11, che non traduce il libro IX della A.H., perchè- secondo lui - non sarebbe autentico, o, almeno, in alcune pagine, soggetto a interpolazioni 12, nel suo breve riassunto parla di "Abile tecnica di nidificazione del cardellino". / A questo punto, per trovare una identificazione, che risponda alle descrizioni degli antichi testi, si rende necessario riesaminare, soprattutto, le osservazioni aristotelic.h"e. Secondo le nostre ricerche, la specie xvi,ro>.6-yoi,molto probabilmente è da identificarsi con il "Torcicollo" e col "Picchio muratore". L'uccello che presenta le stesse caratteristiche morfologiche (taglia del Torcicollo o del Picchio muratore) e costruisce il nido a forma di palla di lino dall'entrata piccolissima, ci pare essere il Codibugnolo (Aegithalus caudatus) o, meglio ancora, una forma meridionale (il Codibugnolo è specie settentrionale), cioè Aegithalus caudatus macedonicus (Salvadori & Dresser), che abita la ·Grecia e la Penisola Balcanica. Questa forma, che ha la lunghezza totale di cm. 14, si avvicina alla lunghezza totale del Picchio muratore (cm. 16) più che a quella del Torcicollo (cm, 17-18,5). Il nido ha una forma sferica o ovale e, da un lato, nell.a parte più alta, ha un'apertura rotonda, larga solo quanto basti per lasciar pa~sare l'ucce!Mto 13• Se, poi, non teniamo strettamente conto delle misure, dato che il nome xv,-.:OÀd')'orpotrebbe esser stato dato anche ad altra specie di piccola statura (l'ipotesi è prob~btle), si proporrebbe l'identificazione Troglodytes troglodytes 14 che fabbrica un artificioso nido, secondo il disegno tracciato nella A.H .. Questa ipotesi induce a distinguere, necessariamente, nella osservazione di Plinio, al § 96 del libro X, la parra 15 dall'acanthytlis: aggiungiamo che Plinio deriva gli elementi ornitici, al

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§ 96, da due fonti diverse: l'una gli ha fornito la proprietà ex musco arido, che l'altra (Aristo-

tele) non osserva affatto. Inoltre, il dimostrativo eadem richiama la figura del nido della par-

ra: due sono gli uccelli, due sono i nidi identici. In conclusione, identifichiamo neU'b1mvi,u>,),.{s o una forma meridionale dell'Aegythafus caudatus itafiaeo il Troglodytestmg/odytes, che J. André aveva riconosciuto nella correzione di Hermolaèus Barbarus ripariarum,senza distinguere le due specie descritte nello stesso para-

l

condo Ernout-Meillet a; col suo suffisso I~ voce richiamerebbe nomi di piante, pul-eiwn (bas. lat.: pufegium), satur-eia (bas. lat. saturegia)e hordeia (specie dì mollusco, il cui nome richiama hordeum 9). Infine, lo studioso francese 10 penserebbe ad un sostrato preindo-europeo, se non fosse possibile avvicinare acceia, ammettendo una geminazione popolare ed espressiva, alla famiglia di acus "ago", acer, etc.

grafo.

I 2

cr. J, ANDRe., op. cli., p. cr. ihld.

l8.

3 cr. HESYCH.: OT(!lltii?E'i:, -yt'vos. 4 Cf. F. CAPPONI, La 11itiparra di llardnim1s 1 in /,otomus, J2, !973, pp. 550-559. 5 Cf. I.O. SCHNEIDER, CMIIII,, l I, p. I02. 6 l.G.SCHNlilDER,1/Jid. 7 1/Jili. 8 Cf'. s,v, oc·m11flis:Di.fic1t,t'ilm1e. 9 cr. E. DE SAINT-DENlS, PI.INE, X, p. ()I.§ 96, n. l. IO Op. cii.. p. 513, n. 2. 11 Op. di., p. 475. 12. Op. ores perculÌetido et J>roiicìcndofugam columbas, quas cum insequuntur accipìtres, cadunt ad tcrram timore accipitrum et a ucnatoribus percutiulllur et colllgunlur. Da:ntaulcrn. de praeda columl>arumaedpitribus, quod aliter de ct1ero non cxirent cum cis ad ucnationcm columbnrum. Huiw;11utem

s;miJeego ipse,cum esl-emi11uenis deJak-onJbussum expertu1''. Tra gli Autori moderni, cf. G. MARTORELLI, op. cii., p. 418;0. SCORTECCI, op. .u')'tv alla classe degli uccelli. di Arato un uccello. L. Gamberale 17 si docuCicerone interpreta, certamente, l'ò>.o>.u-yw• menta decisamente:· "L' acreduladi Cicerone è senza dubbio un uccello, anche se la parola latina è rarissima e di senso non del tutto chiaro 18; nel De diuinatione, 1, 14, citandosi, Cièerone mette insieme i versi dei Prognosticariguardanti gli uccelli, e li separa da quélÌì concernenti le rane, citati al§ 15; la fedeltà al contesto arateo avrebbe voluto invece che i tre y~rsi sulle ra1 ne fossero premessi ai quattro sull'acredula(e cosi hanno ricostruito gli editori dl!l ltrammenti ciceroniani; si veda il fr. XXVII Buescu, IV Traglia)". Poiché ; ~ÀoÀv-y~v.secondo alcuni autori, è nome appartenente alla nomenclatura dell'avifauna, tentiamo di ricercare quale fosse l'uccello (specie, genere, gruppo) chiamato

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con questo appellativo. J. André 19dimostra ed assicura che la notturna ulula non è la esatta specie, chiamata dai Greci !,>,.o>-.vr4 11, non solo perché l'etimologia data da Isidoro è falsa, ma anche perché, concesso che il gr. 3>,.o>-.vr~"sia corrispondente al lat. ar:redu/a,ulula, non è la sinonimia della voce ciceroniana, in quanto i due nomi indicano specie diverse nel grido o canto, almeno nel Carmende Philom.: acredula,vv. 15-16; ulula, v. 41. . Si osservi che l'habitat, cui accennano Teocrito e Agatocle (luoghi cespugliosi e spinosi), esclude la presenza di uno Strigide ed ammette la presenza dell'~t70Jv dello scolio a Teocrito, sia che il nome indichi propriamente la L ..m. megarhyncha,sia che l'appellativo si estenda a significare specie ritenute simili al Rusignuòlo, come la Cettia celti celti Temm. ( = Bradypterus celti Cettia altisonansdegli Autori) o l'AcrocephalusarundinaceusarundinaceusL. brevi cenni di Teocrito e di Agatocle, integrate dall'osservazione di Arato sull'ambiente dell'~>,.0 >,.v-ywr,, inducono ad accogliere che il nome &11/ìwv dello scolio a Teocrito si~ stato·~ttribuito a più specie assimilate per pseudo-osservazione, causata dal colore del pmmagg10, dalla particolarità dell'ambiente, precipuamente alla Cettia c. cetti e ali' Acrocepha/usa. arundinaceus·non ci stupiremmo se questo uccello fosse stato pure chiamato ò>-.0Xv-yw11: le sue note 20 di richia~o si confondono .con il gracidio delle rane nel medesimo luogo di frequenza • L •attribuzione di uno stesso nome ad animali di classe diversa avrebbe determinato I' incenezza di identificazione, che si constata negli scoli ad Arato ed a Teocrito. Quale uccello sarebbe stato chiamato acredula,nome che traduce il gr. b>-.o>-.v-ywv? 21 Isidoro (/oc. cit.) identifica l'acredu/a con la luscinia. J. André dichiara che questa identificazione è falsa, perché si basa su una etimologia popolare (lusciniada /ux-r:ano)errata e assurda: il Rusignuòlo canta al crepuscolo e nella notte. Lo studioso francese aggiunge che il Rusignuòlo è ricordato nei vv. 3-4 del Carm. de Phi/om. e si avrebbe, quindi, una ripetizione ai vv. I S-16, se vi fosse l'identità ar:redula= luscinia. A nostro avviso, l'etimologia popolare non è una prova sufficiente per respingere l'identificazione di Isidoro, perché l'etimologia popolare è motivata dall'osservazione di un fenomeno ornitico: la /uscinia,infatti, canta non solo al crepuscolo e nella notte, ma anche all'alba e durante il gÌorno. Il canto mattutino può aver originato l'errore etimologico, che, per il suo rispetto del reale, riesce a spiegare la soggettiva interpretazione del canto, .alle prime luci del giorno, come segno e nunzio di tempesta. F. Harder 22, pur rilevando che nello stesso carme un uccello è chiamato con due diversi nomi (Carm. de Philom., v. 26: hirundo; v. 43:prognis 23), rifiuta una possibile giustificazione del contrasto tra Rusignuòlo e Rusignuòlo. . L'identificazione isidorea ci suggerisce che il nome acredula indicasse per l'osservatore empirico una varietà del tipo Rusignuòlo e, quindi, fosse considerato una sinonimìa di lusci.. xaì -,òxeé:iµcx nia. Infatti, se crediamo alla nota aristotelica (A.H., 632 b 25-26) (~ -.HTCXt ,rE(/t TI/il W(]~I' _TCXVT17II • • SC, '.~V iJleovs), non dovremmo avere difficoltà a proporre l'ipotesi: l'acredu/ad1 Isidoro s11dent1f1-. cherebbe o con la /11scinia vera e propria, estatina, o con un congenere, varietà del tipo lusc1nia secondo o entro i limiti dell'antico empirismo. · un mutaLa ·nota aristotelica non è omitologicamente esatta: si osserva nella specie &,,oCiv mento di liYrea, quando, in realtà, il colore del piumaggio appare soltanto un po' pallido. Un secondo nome, dato allo stesso uccello in Italia, fa pensare alla falsa opinione che gli antichi avevano sulla metamorfosi degli uccelli, i quali venivano talmente confusi che una sola e medesima specie veniva chiamata, a secondo delle stagioni, e per incerte esperienze sulla veste, con due nomi diversi, i quali, nella realtà ornitologica, indicano due specie distinte (~f. ad ~s., la metamorfosi delle uvxa>-.~llHin µEXcxr110QV-.,t, laf1cedula dei Latini, altro è il µe>,.a-yxoev.o~v-yJv, e progne), che le due specie sono de23 L. GAMAERALE(11rr.dr., p. 2S1, n. 4) avverte, citando J. ANDRÉ (s.v. hil1111do scrittecon caraucridbdnti, ~ 24 Che cosa intendçUpoeta con la frase:11011oscompo11i1 . .. cantus? H verbo c:omponeredà t, ca111us i) senso di ''vcrsou, 11 (rnse11 , per cui t'aggcUivo11u11us vienea qualificareil nome nel senso che il "verso~'sempre muta: U poela ha voluto .significareche il canto si compone di 0 versi" o di "frasi" sempre rinnovamisi.Ln varietàdelle noie tlelk1"canz.onc1' confermerebbela validitàdell'ipotesis~ondo la qualet•acredttla,Co· me ucl!eUocanterino,pmrcbbc-itlentificarsincUc~pecicda noi proposte:una varietàdi luscirriao la stessaluscittia. Non crediamoche noum,indichi ''diverso'' nel ~cn50 eh.e.inprimaveral'uccello ha la voce diversada! gri..11~ ~ n rotoihov xrÀ, Costumi e abitudini,· L'aegithus è un uccello litigioso: abbiamo già visto come esso sia in lotta con l'asino (Plin., 10,204; Ar ., A.H., 609 a 31-3-5)e con altri uccelli (Ar ., A.H., 6IO a 6): (1roÀɵ.wt)xal ~vi?M ,m'l bxa1.1t?h xa\ dl-yti?M; ha un sangue immiscibile con quello delle specie con cui ha movimenti di aggressitl'l (Ar., A.H,, 610 a· 7): >..é,.,Erat O' ~Tt a!,.,[i?ouxal lìvi?ou O!T/J.O!o~ avµµ{-yvvrni ~>-.ÀhÀots; ripete Plinio in una osservazione che non è la traduzione del testo

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greco della A.H. (10,205): Et acanthis . .. odit . .. aegithum uero in tantum ut sanguine1,1eorum credant non coire multisque ideo ueneficiis infament 16• Discussione. Gli interpreti di Aristotele e di Plinio si orientano ad identificare l'aegithus: Fanello ( = Cardue!is cannabinci cannabina L.), Il Gaza 17 traduce la voce greca con Salo, il cui valore ci è sconosciuto; Alberto interpreta 18: 11 achinoz graece latine argicus dicitur, auis parua, sicut passer, aliquantulum ruboris habens super caput"; questa descrizione ci rappresen20 ta con evidenza il Fanello. Il Camus 19è favorevole a questa identificazione ed il Tricot pare accettarla. Ci è difficile coffiprendere come i nostri predecessori abbiano potuto identificare la specie chiamata at'-yti?os:Fanello.Nel testo aristotelìco non troviamo elementi validi per confermare l'identificazione. Il F~nello, invero, pur essendo litigioso come tutte le Specie del Gen. Cardue/is Bi'isson, né ha una numerosa progenitura 21, né, se vogliamo dare credito alla genuinità 23 della lezione xw>-.6s ed al suo valore ornitico 22 , cammina zoppicando . 24 A nostro parere, aegithus sarebbe da considerarsi una specie·delln famiglia Paridae e, più esattamente, una specie di at,.,[i?aÀos, I motivi, che ci determinano a tale identificazione, sono: l) Eliano, per indicare un Paride, usa il nome df,-yii?os(ahli?a>-.os Gesner, al 10,32); I Plutarco (Od. et Inu., IV, 537 B), trattando dell'inimicizia degli uccelli (ostilità contro l'lomv! i?uÀÀis)e dell'immiscibilità del_sangue tra varie specie (cf. Ar., A.H., 610 a 7), adopera al-yli?a>-.os25; le caratteristiche, che Aristotele e Plinio attribuiscono all'uccello af-yti?os, con~ vengono a11evarietà del gruppo ai-yliia>-.os:a) nella N.H, l'aegithus è uCcello di piccola statura (auis minimo); nella A;H. il gruppo ahli?a>-.os comprende tre specie di piccola taglia (592 b 18-21): i1an /j~ Tlilvahti?aÀWP &571TQla, Òµh a1rt({rr,sp.{-ytarns(l'art -y?xgtfoo1.1 u1r{(a) iTEQOS Ql ~Qnvòs Otà rò Oiargf/3€i1.1 h Tois 2$QEatv,oigaiov p.axgò1.1rxwv• ~ OÈrg(ros ~µ.ows µh ro&Tots, bia,plQH OÈxar?x rb p.{-y€i?os•'fun -y?xQiÀ&xturos. · Dalle caratteristiche, che Aristotele osserva sul.gruppo al,.,fi?aÀos (cibo: vermi [A.H., 592 b 16: rÒ:'O~uxw>..1prn,pcha, oTov. •• d'l-yli?a)..·os], api [A.H., 626 a 7-8: bOtxoVui o"O!~T~S (se. µ.E>..{tms)µ&Àtarn. • , ot ahl't'JaÀot]; nidificazione: deposizione di molte uova [A.H., 616 b 2-3: ~ O, a!-y{i?a),.osr(xTEt µ~1.1 4,,~1r>-.E'forn]), si deriva, quasi certamente, la rappresentazione ed il 26 riconoscimento della famiglia Paridae, che già aveva proposto il Gaza , 27 Aristotele classifica: 1) la Cinciallegra (Parus n1oior maior L. ), la maggiore in statura delle tre specie: ha la taglia del Fringuello; 2) il carattere della "codfl lunga" fa 'pensare a11'Aegitha/us caudotus, il nostro Codibugnolo, che frequenta anche i boschi; .no'~ é, però, una specie che vive solo sui monti; potrebbe anche trattarsi di una sottospecifd~l Gen. Aegitha/os Hermann, ma non abbiamo elementi sufficienti per identificare la varietà; 3) dall'osservazione aristotelica non si deduce l'identificazione di una sola specie; infatti, la terza si identificherebbe nella Cinciarella (Parus caeruleus) o nella Cincia mora (Porus ateroter) o nella Cincia bigia (Porus palustris itolicus 28) o in una forma affine (es., Parus /ugubris /ugens Brehm) al Parus lugubris /ugubris 29 • La nota pliniana non ci permette affatto di proporre una identificazione certa, pur tenendo conto del sito di nidificazione e dell'indole litigiosa dell'aegithus. Infatti, le Cince hanno abitudini simili e simile è, pure, la nidificazione: il nido viene costruito nelle buche degli alberi, sia in alto, sia vicino a terra; il Porus po/ustris nidifica anche al suolo. Ci risulta che le Cince vivono pure tra i cespugli, ma non siamo in grado di affermare Se esse nidifich,ino tra gli spini, come apprendiamo da Aristotde e da Plinio. ' · 'I_ In conclusione, ammessa l'identità r:/1,-yti?os= al-y[i?aÀos, proporremmo di tr~:~~rre la voce oegithus al 10,204-205 delia N.H. col nome generico di "Cincia". È evidente che' Aristotele usa al-y[i?a>..os in senso generico (Cincia); soltanto nella classificazione, ai,.,li?aÀosassume va. !ore specifico, in quanto la descrizione limita il senso generale di ahliia>-.os. Ci meraviglia il 30 fatto che Aristotele non esprima nomi di singole specie o varietà di Cince •

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AEGOCEPHALOS, -1, I Cf. J. ANORL!,op. l.'it., p. 23: "Le mot se oc trouvecn latin qucdans rune l'Arn:ien e1dans Poi. Silv. 543,20(f.'Rillus).' 2 CL O'ARCV W. THOMPSON, O/>.cii.. p,23. 3 A. GARZY A (Dionysìi fxe1uicor1Stil de Aucupio, Lip~ia, 1963, p. IO)annoia: ••rr'{-y,r/Joffnr. >.,r. vox ncograeco scrm.. (una cum n~..,.(viiiofsim.) usurJl.: cf. cft1'1~?aru•u ,J)'COt?os''. 4 Comm., 11,p. 110. 5 Op. rii., p.'I n, § 21, n. 2. 6 Op. cii., p. 23, 1 · l 'aeSalon ~ un rapace, se esso ha movimenti aggressivicontro l'ol;-vrc&,:(i;L AR .• 11.H" 609, b 34~)S). 8 cr. F. CAPPONI, L'avifauna11,lladivhraz/011eene/mito, In Lalom11,,36. 1977, p. 446, n. 24. 9 Cfr. ibid., pp. 447-448, IO Sull"autenticità aris•101cltca della lezione xw~ò"~ne11aA, H. abbiamo espresso i nostri dubbi nell'art. cit., p, 446, r,, 25. Le P. DRINO'AMOUR (i.e d 1-fs I II s I rie ti s, lts où;raux,le l'o,1roreet l'amphidrmttie, in lolom11s, 34. 1975, pp. 28-29) sostengono comcl'oeg/1/111, detlo N.H. (10,21) sia la stmo specie dcscriU• da Aristotele a1616 b IOdctla A.H.; gli au1ori op,nano c11cun 11 p::isseracco'~.come ~aClncia (la MCSangedei Francesi) pm~a ascriversi agli accipilrcs. perché esii.aè feroce; inohre, la protifklcà c.leU~ Cince spiegherebbe la rrase di PLINIO (10.21): prorperrimì a11g•1rii nup• tialibusnrRoliisti p"cuariaerei'.Vorremmo snpcrc come una Cincia possa essere cl,usfficala da Plinlo tra gli tu.-cclliche a,tuncos m1,:11es ha&ent,carnllcristic~ che costitulscc un;-,110/ucrumprìma disthtctio (10,29), anche se è di indole cattiva, aggreS~ivacontro gli uccellcltì, in parlicolare. 11 la nostra proposla di ~denlifkazione non obbliga alla corrc,fonc ,,o,,cf. ZOL TANK ADAR, op. cii., p. 86.

m.

Plinio (11,204) trascrive il gr. al-yox~10a>.ot nell'osservazione: aegoc:ephalo aui non inesse (se, lienem) constai, la quale conferma l'esperienza tramandata da Aristotele (A.H,, 506 a 17): h .S'rxl-yox~\Oct>.or 1S>.ws o~x fxu (se, cr1r>,,if11rx). Il filosofo aggiunge due notizie anatomiche: l'uccello ha la cist.ifelleaal tempo stesso presso il fegato e presso lo stomaco (ibid,, b 22-23):"E11101 o'&µairQòs.T~~1roml'.xo11111 xà\ ?l'Q~S -rv 1.os (ròv .ios.Hinc, puto, factum est, ut Camus sequeretur vulgarem opinionem, quae milvum ni-

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grum facit aetolium et diversum ab ai-yw>.lce, Sed temere in versione adeo posuit: Le milan qu'on appelle aetolien. Is enim scdpturam a!rcfi>.wsretinuit. Induxit virum doctum versio Gazae, qui plurali numero: Pariunt milvi- tum subiicit: sed qui aetolius nuncupatur". . Anche noi pensiamo che la traduzione del Gaza abbia influenzato il Camus, ma non escluderemmo che lo studioso abbia trovato difficoltà a vedere tra uccelli diurni un rapace notturno. Ma ascoltiamo ancora lo Schneider nelle sue conclusioni a favore della lezione c,l-y6'Àtos5: "In hoc certe loco nulla erat caussa, cur quem Codices etiam scripti at-yw>.wvnominant cum Plinio diversum faceret ab ave nocturna ea, quam ipse cum aliis gallice Chouette appellari censet". Quindi, a documentazione, cita il luogo di Artemidoro (4,58 ["56 in nupera ' • ~ vvHnHoQa, I ~ ' I editione"l) in cui vengono enumerati. .I seguenti. ucce li'1 notturm:. ')'MllU,, xm• m-yw• >.tosxr>.6 • Il Thompson 7 suppone che la voce c,1-ytJ>.ios sia una deformazione di at>.J,yios, cui, nella lingua latina, corrisponderebbe la forma alucus. I. André 8 , al contrario, sostiene che "les formes néo-grecques d' Italie du Sud agohfo, guléu, guliu, goliu" hibou grand-duc" (Bubo Bubo), .. garantissent at-yt>>.ios.Lo studioso francese 9 suppone che la prima parte della parola sia ah- come in aho,dcpa>.os. . Definita la genuinità della voce greca ahd.>.ws e della sua trascrizione nella N.H., passiamo ad esaminare i cenni descrittivi per la identificazione dell'uccello.

Clnsslficnzlone.L'c,!-yJ>.iosappartiene al "gruppo" (oggi diremmo "famiglia") degli Strlgidi, del quale Aristotele (A.H., 592 b 8-15) enumera e descrive sei specie: vvx1txòQat1>.aG~, {36as, i>.,6s, ahdi>.:os, .ios xa1_' I • H0QWJ/11, Morfologia. Aristotele (A.H., 592.b 14-15) si limita a dire che l'ah~>.,os è dl aspettò simile au•iÀ,6s .ed allo uxtiv,: ,r&vra o€raiira TQ{a ~vra g11omr.µ.osue/ quid simile io anziché o(t?a>.>.os,voce di dubbio valore, che il Gaza traduce: viclus gemini; Tomaso ha nella sua versione divaricata, che lo Schneider 11 così commenta: "itaque olxa>.osvidetur scriptum legisse, quod in superioribus ubique Codices pro vulgari Mx'IÀosha. bent". L'ahdi>.,os è, all'incirca, della stessa statura dell'~>.,&s,il quale è di taglia maggiore di un Gallo (A.H., 592 b 12-13):b l'~v iÀ,l,s /lEll'wvlx>.,,creu6vos, bo'ahti>.:os waeaw>.~u,os. Biologia. Di abitudini notturne appare raramente durante il giorno, abita rocce e caverne (Ar., A.H., 616 b 25): a{-yiii>.tos o'forl PL/XTIV6/lOS xal 11,JQCiS b>.,,,&J(ticpodv,rat, xal oh,r ,ml ofiros ,ré-rQas Ha\ a1r~>.u•nas, . · · Depone quattro uova (Ar., A.H., 563 a 31): ~ o'at-ycl,h,osHaÀovp,Evos l!anv 1\r, ){o,\ (Tl){r,,) -rlrraQmi Plinio (10;165) riconferma l'osservazione: is qui aegofios uocatur et quaternos (pullos pari(), · È carnivoro come i congeneri i>.,6s e qx~•,J,(Ar., A.H., 592 b 15): aaQHo'(J&-ya 1r&na; fa la caccia alle Gazze come l't>.,6s (ibid., t. 13): &l'cp6r,Qoto~ t?.,e,60111J1 Tètsxfrms e, come tutti gli altri "Rapaci", divora .la x&>.a12,s12• Dis~ussione. Alberto 13,al 609 a 27-28 della A,H,, traduce al-yC:,>.1os: "colyeuz genus accipitris parui". La voce colieuz, sebbene sia seguita da un cenno che riguarda la classificazione e la morfologia, ci è incomprensibile, anche se viene esaminata con l'ausilio delle osservazioni aristoteliche. Non accettiamo l'interpretazione del Camus: "le milan dit etolien"; riconosciamo, tuttavia, la difficoltà dello studioso di ascrivere la specie ai "Rapaci notturni", al 563 a 31 14 e, soprattutto, di identificare l'uccello con lo strigide Strixflammea L. come propongono, più tar42 ·.

di, il Littré ·15 ed Il Cuvier 16• La Strix jlammea L. ( = Tyto alba) depone da quattro a undici uova, per cµi l'identificazione non è esattamente in accordo con il cenno sulla nidificazione e neppure con la realtà ornitologica. Nel luogo aristotelico, come in quello pliniano, I' aego/ios è da identificarsi: Strix aluco. J. Strixflammea ( = Tyto alba) potrebbe essere I'at-yC:,>.,os della classificazione aristotelica, al 592 b 8-15, ma, limitatamente, al cenno che riguarda la statura della specie: in verità, qual è l'uccello notturno dalla taglia maggiore di quella di un Gallo? Al di fuori del Gufo reale (Bubo bubo), possiamo considerare l'Allocco (Strix aluco), che non è piÌl grande del Gallo, ma impiumato com'è, sembra di maggior volume di quello che non sia. Se l'l>.,o'ssembra da identifi- · carsi con Strix aluco per il suo volume, dovremmo ammettere che il Barbagianni (Tyto alqa) è il rapace notturno che più gli si avvicini per la statura. Ma si oppone a questa identificazione la nota che, nel passo aristotelico (592 b 13), fa l'i>.Etse l'ah~>..ws, nemièi delle Gazze. IIJ}_arbagianni (Tyto alba) non fa la caccia alle Gazze; l'Allocco (Stryx aluco), il Gufo com~Jle (Asia otus) nidificano nei nidi di Gazza, dove depone, pure, le uova, la Civetta capogrosso (Aegolius funereus nell'attuale sistematica) che, però, non è grande come un Gallo, ma come una Civetta ed è uccello degli alti monti (Alpi), né abita In Grecia, né nell'Italia continentale a sud delle Alpi, né in Africa l7. Nemmeno il Gufo comune (Aslo olus) ed il Gufo di padùle (Asio flamrneus) sono paragonabili nella statura ad un Gallo. Aegolios parrebbe essere il Barbagianni (Tyto alba) al 616 b 25 della A.H.: qùesta specie ha, certamente, abitudini notturne; appare raramente durante il giorno; abita rocce e caverne. Non crediamo che essa abbia l'aspetto ripugnante, come risulta dalla lezione congetturale del Dittmeyer (òva6cpila>.µ.os). La Tyto alba, immobile, sopra una sola gamba, le ali ciondoloni, gli occhi socchiusi, ha più l'aspetto imbambolato che non ripugnante o fiero 18• Al Barbagianni converrebbe, forse, la qualifica ~t?aQUlJs, lezione congetturale di P; Louis: "senza coraggio" o "vile" non è il Gufo reale, né, a nostro avviso, l'Allocco (S.trix aluco), che non si impaurisce passandogli da vicino. D'altronde la lezione òfila}iÀosdei Codd., voce che significa: "di doppio genere di nutrimento", non orienta determinatamente ad identificare un rapace notturno. La versione divaricata di Tomaso, che suppone la lezione Mxa>.os,avrebbe senso ornitico, se la voce, anziché avere il valore di "con l'ungfiia fessa" avesse il senso italiano di "divaricato", cioé riferito alle zampe: il Barbagianni, infatti, tiene le zampe divergenti o sta sopra una gamba sola. Non è facile adottare una lezione diversa da quella dei Codd. Ifa nota aristotelica, integrata dalla I. 27 del 616 b: r\iv òÌ òt&voiai>~iwnxòi xal ,t,µ.~xavos, l!he esprime l'attività istintiva di procurarsi il cibo con inteJligenza e industria, non determina speeificàmente alcun rapace notturno: se il Barbagianni si ciba di mammiferi (topi, plpJitrelli, ecc,) e di insetti (o(t?aÀÀosalluderà, forse, a due grandi diversi gruppi [i nostri "ordine" o "classe"} di animali? 19), nÒn diversamente si nutrono l'Allocco (Slryx a/uco) ed il Gufo comune (Asio otus otus): questi due Rapaci hanno abitudini notturne: l'Allocco frequenta, sebbene raramente, le rocce; il Gufo comune abita le foreste di conifere ed esce per le sue cacce soltanto al crepuscolo. Indeterminata è pure l'osservazione in cui si dice che l'ah.ioidivora 1"Òvx&>.aQw, al 609 a · 27 della A.H. 20• Erra lo Scaligero 21, quand'egli asserisce: "Cum aegolios, de quo alibi, avis sit nocturna oportet ut calaris etiam noctu appareat: aliter quomodo eum interficeret?", Gli uccelli notturni predano di preferenza animali diurni (uccelli), perché appunto in.quanto diurni, di notte, si difendono peggio, Per convincerci dell'errore dello Scaligero, basterebbe esa. minare le statistiche degli esami dello stomaco dei Rapaci notturni, forniti dall'orniiologo Arrigoni degli Oddi 22 ed eseguiti al fine di stabilire se i Rapaci notturni siano o m6n'o nocivi, Conclusione. I passi di Aristotele non ci sono sufficienti per dare l'identificazione certa di .1os: potremmo riconoscere nell'at,,J>.,os il Barbagianni (Tylo alba), solo se, In realtà, vi è una differenza clivalore orlTitlcotra i termini al'}ld,>.,os e i>.,ts. Infatti, la specie i>.,&sè per

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noi il rapace notturno chiamato scientificamente Strix aluco: se pretendiamo dì dare altro valore alla voce t>,e6's,se intendiamo una specie diversa dall'Allocco, a causa della "statura" osservata da Aristotele, nessuna identificazione è possibile 23 , almeno entro la famiglia dei "Rapaci notturni" della zona paleartica classificati nell'attuale sistematica. Infatti, ci è difficile ammettere che l'Allocco degli Urali (Strix urafensis)sia l'l>.e6i dell'osservazione aristotelica, poiché non riteniamo che questa specie sia stata conosciuta in Grecia, anche se abita il nord della penisola balcanica e, solò accidentalmente, può apparire in Grecia 24, Sebbene abbiamo sopra detto che in talune note ornitiche si possa riconoscere il Barbagianni (Tyto alba), siamo, tuttavia, propensi a credere che ',>.,61 e a1-yJ>.,ossiano due nomi che indicano, probabilmente, la stessa specie: la confusione sarebbe stata determinata dal diverso uso dei termini nelle varie località degli informatori di Aristotele. Ma non è improbabile, e noi siamo di questo avviso, che con i nomi ~Af6i e d!-yJ>.tos si siano voluti significare una . specie ed una forma di Allocco: esiste di fatto la forma rossigna (Strix meridionalìs),che sarebbe stata considerata specie a sé 25• Identifichiamo, quindi, nell' alrw>.101 di Aristotele e nell'aegoliosdi Plinio l'Allocco (Strix afuco): il termine guféo, ancora oggi usato nell'Italia meridionale per indicare la specie Strix aluco 26 , confermerebbe la probabilità della nostra interpretazione.

AESALON, m. L'etimologia della voce greca alo&>.w"dè sconosciuta 1• La definizione di Hesichio non è specificata; a!o&iew",e11losUea1toi. Plinio usa aesalon(10,205) al caso nominativo. Classifica:elone, Aristotele (A.H., 620 a 17-18) pone al 2° posto della classificazione degli !JQC11tH, dopo il TQIOQX'IS, l'alo&>.wv:T"11' o' iEQ6i1twVJ(Q&noros 11!11 i TQIOQX'I/S, /ìe6TEQOS

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àt°ù&>..c.w.

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Morfologia. È un uccello dalle unghie ricurve (A.H., 609 b 32): -ya111{,w,v1shl -r~ ira>.~ Sv ,palvfTa&~ "ò1.wvè in inimicizia con il Falco, chiamato ahvn.Ss (A.H., 609 b 9): ata&>.wvo' ahvw1~ 4 1ro>.tµ.,os (cf, ibid., t. 34-35) e con altri uccelli, ad es., il Corvo, il quale verrebbe in aiuto alla volpe quando l'ala&>.wvla percuote, le strappa i peli e le uccide i piccoli (A.H., 609 b 30-34): 1.wv&>.~we1.lµ.1os• r67rm -yàQ r1>.>.u a~-r~11,1.o,i cp[>.01•1To>.e~«-y1tQrééalo&>.wv,i x6ea~• cli l:t'lro1J\os)est ccrtalnement corrompu. car il n'offre pas de sens satisfalsont. Le contexte $Uggèrcun mot cxprimanl 11idéede craint: endfet, quelque iigne·plus bas, le grlmpereau, lui (oi'ror) estqualffié de aeaa6,, hardi", Il Comm., I, p. 431. • ... lui. Billerberk, iterum nomi• 12 Annota lo SCHNl!IDl!R (ibid., li, p. IO): ''Corr, Gcsner p. 266 malebal xo>.>.vQio•a nandum infra ad cap. 23, motaciJlam albam Linnael lntcrprctatur, quae alibi etiam x'll\Àvgo, id est "'iÀ)\.ouQolinterpreta~ tur at&-.Xor, interpretata nel valore ••di doppio genere di nutrimento''. 1Rapacl no1turnl si cibBno di carnei ora se si tiene conto che anche la Rondine è considerataucarnivora 11 (Cr. PLJN., N.H .• 10,70: sola carneuescensauis ex hir quae adunconsu11gue$ non hahenl) non dovremmo interpretare che Hdoppio nutri• mento çonslste in mammfferjed in insetti, dato che l'insetto~ cibo delta Rondine: si potrebbe però pensare ad una distinzione del cibo In: mammiferi e a,iin,ali che M!arw (uolucres):questi comprendono anche gli 0 inseUi0 (cf. 1S1D., Etymol,, 12,8:de mlnu1/suo/anribus) ed il uespertillo (cf. PLIN ., I O,168). 20 Per la varietà del cibo dei Rapaci notturni, ci è imposslbUesapere se "'~n"Qnsia un mammirero, un uccelloo un inseuo. 21 Ap., SCHNEIDER, Cur. post., li, pp. 480-481. . 22 Orn. /tal., pp. 362,372,374. 23 M, VEGETTI (op. cit., p. 434), infatl), si limita a trasUtterare il gr!i>-.t:Ji, non riuscendo ad identificare la specie descrilla da ARISTOTELE. 24 Cf. E. ARRJGONI DEGLI ODDI, A rla11teOmilo/ogico, p. 67; Orn. Ila/., p. 371. 2S Cf. E. ARRIGONI DEGLI ODDI, Ari. Orn., p. 67; Orn. Ila/., p. 848. 26 Cf. E. ARRIGONI DEGLI ODDI, Orn. Ila/,, p, 369.

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Plinio (10,205} non segue esattamente la l)ota della A,H.; egli osserva l'abitudine dell'aesalon di infrangere le uova del Corvo; riferisce, attingendo a fonti certamente non aristoteliche, che i pulcini del Rapace sono aggrediti dalla volpe; l'autore latino non conosce l'ostilità tra il Falco e l'ahv'll'16s: A es a I o n uocaturparua auis oua coruifrangens;cuiuspu/fi in-

.festantur a uolpibus. lnuicem haec catulos eius ipsamqueuellit,·quod ubi uiderunt corui, contra auxilianturuefut aduersuscommumen hostem 5, · Discussione. A! 620 a 18 della A.H., Gaza e Tomàso 6 traslitterano la voce greca ajo&>.wv. Alberto 7 ricdnosce nel re,cSex'ls I' astur; ma non identifica la seconda specie dell~ c!!lssificazione aristotelica; egli asserisce che il secondo genere, uccello raro presso di noi, 1talvolta e tuttora presente (si tratterebbe dell'accidentalità della specie), i chiamato dai Greti: "celon". Al 609 b 30, afferma che l'uccello, in lingua latina, ha il nome di aesalone aeseloz. Il Gesner 8 dà questa identificazione: Falco aesalon L., il Belon 9 propone: F. fanarìus Schleg. Il Thompson 10 ritiene che il Falco alo&>..w" sia un uccello favoloso. J. Tricot 11 accetta l'identificazione data dal Gesner e traduce il nome greco con il francese: "émerillon". La stessa identificazione sembra essere accolta dal De Saint-Denis 12• J. André 13, prudentemente, non si assume la responsabilità di dare un'identificazione. · L'interpretazione FalcoaesalonL. ( .. FalcocofumbariusaesalonTunstaJJ) è sorretta dalla sola espressione (A.H., 563 b 25): rii!h,axlOTI/!rl:wlEQ0'.1-.wP (A.H., 620 a 17-18; 609 b 9 e30-35), dallo Uecx~simile al Cucùlo (A.H., 563 b24-25): alua)..wv è l'Accipiter gentilis gentilis L., che è pure la specie di cui Plinio traccia le attività istintive al§ . 205 del libro X 19•

I cr. J. ANDRÉ, op. cii., p. 24. 2 Dimostreremo Infrache ì1Falco à',ucv>.w, non è lo Uea~descritto da ARISTOTELE in questo cenno. Abbiamo sentito il dovere di riportare la notizia come se fo.se propria dell'atuJ.Mo>,,in quanto II CAMUS (op. cit., Il, 305-306),il TIUCOT (op. cii., p. 388, n. I) ritengono che lo UQa~ (IX, 1, 609 b 30-35)siu il Falco chiamato dal filosofo ,i{.-&X,w.P. LOUIS (ARISTOTE, Histo/re des Animaux, Il, Parigi, 1968,p. 78, n. 1) ritiene che lo ilea~ sia Il xfexo, della classificazione aristotelica del Falchi (IX, 36, 620 a 18), Non sappiamoquali possnnoesserei motivipersostenerenei luoghicitali unaidentitàcerta.Tuttaviaabb1amoripor• lato questo cenno perché il let101esi trovi nella possibilità di Giudicaresel'opinione delTRICOT sia da accogliersi o da re• spingersi,con l'esame,soprattutto,dcll('losscrvozìoniriguardantiesplicitamentel'alu&À,J;1rut ,-wxJ;iEpov, ·n~gmm; ANTlG., H.M., 59 (64). 6 Ap., SCHNEIDER, Comm., Il, p. 161. 7 Ap., SCHNEIDER, Comm., Il, p, 162. 8 Ap., D'ARCY W, THOMPSON, op, cii,, p. 30. 9 Ap., D'ARCY W. THOMPSON, lbid. IO Ibid, 11 Op. cii., p, 388, n. l. 12 Op. cii., p, 159, § 205, n. I. 13 Op. cii., p, 24, 14 Cf. O. MARTORELLI, op, ci/., p. 541, n. 2; l'ornitologo (lbid,, p. 542) sulla somiglianza del Cucùlo con i Falchi osserva: "Già ba dettp come in variespeciedi Cucùlisi verifichlunasingolarerassomiglianzadi coloritoe coinciden:~fa di fasj con-alcunespecie_dlFalchi:ora il nostroCucùloè preci5ame11tc uno di quelloche meglioimitm)oi Falchied iq,particolare modo lo Sparviere ed il Gheppio •• , Si aggiunga ... la !orma acuta delle ali e allungata della coda ehiusa.ne(volo rapido e si comprendebenissimocome. per chi non ha un oe1:bioperfetuunepteeducatoalla precisaosscrva~oné.si pos!l.ia scambiarecon lo Sparviere... ; 15 Cf. E. ARR!GONI DEGLI ODDI, Atlante Ornitologico, p. 46; Dm. Ila/., p_.389; G. MARTORELLI, op. cit., pp. 478479.

16 17 18 19

Cf. E. ARRIGONI DEGLIODDJ,At/anl, Orn., p, 83; Orn. ltal., p. 350; G. MARTORELLI, op. cii., p. 542. Cf. E. ARRIGONI DEGLI ODDl,At/11111.Orn., p. 11; 01'11.Ila/., p, 426; O. MARTORELLI, op, cli,, p. 418. Cf. sulle abitudini dello Sparviero la nota precedente, A giustificazione della identità, accolla da J. TRICOT (op, cii., p. 388, n. 1: "A savoir l'émer//Jon (qu'AR. nommc aiileursJ,a&X.,,: cl. IX, I, 609 b 30-15),leoeso/011dePLINE, X, 95"), come abbiamo già sopra osservato, non abbiamo alcun motivo ornitologico scrio; infatti, per una maggiore precisione, l'a\a&>.w,del 609 b 30-35e del§ 205 del libro X di PLINIO, non può e.sere lo Smeriglio; tull'al pi~, se identità di specie si dovesse ammettere al 563 b 24-2S, al 609 b 30-35 ed al 620 a 18, potremmopensaread una possibileconrusionetra l'Astore femminae ,lo Sparviere,.cdanche, ph' proba• bilmente,tra l'Astore levanlino (AslUI' brevipes)e lo Sparviere,L"Astorelcvantlvoè da illcUniornitolog•ritecnuou110 ·, Sparviere (cf •.G. MARTORELLI, op. c/t,, 419) éil abita h Grecia (ef. E, ARRIGONI DEGLI 0001 1Al/ani. Ornit., p. IO). I • 'J

p:

ALAVDA, -AE, f. Il nome alauda è gallico e di etimologia incerta 1•

47

r

In lingua latina galeritus(Varr., L.L., 5,76: Sic galerilus(se. appella1us) . .. quod in capite habetplumam eiatam), auisgaleri/ae galeritaindicano la stessa specie o gruppo dell'avifauna che il nome alaudadesigna. Plinio (11,121) aggiunge all'etimologia di galetita ed al cenno morfologico del "ciuffo", già espresso da Varrone, una breve notizia sulla statura: In capilepaucis animalium nec nisi uo/ucribusapices, diuersi quidem generis:.. prae/erea p a r u a e a u i, quae, ab ilio (se. galero) g a I e r i t a appellata quondam, postea Gallico uocabu/o etiam legioni 2 nomen dederat alaudae 3• Nella N.H. (IO, 137), il naturalista latino accenna, con una punta polemica contro chi cre de ad esseri favolosi, alla auis galeri/a:chiunque mangiasse il serpente nato dal sangue mescolato degli uccelli, sarebbe in grado, secondo quanto dice Democrito, di. comprendere il linguaggio degli uccelli e tutto quello che lo stesso Democrito riferisce, in particolare, al riguardo de 0

una aue galeri/a4 • I nomi alauda, auis galeri/a,galeri111s avrebbero indicato, dapprima, in ispecie, strettamente, la Galeridacristo/a cristataL., le cui otto o dieci penne sulla testa di 10-12 mm., sopravvanzanti le altre piume, strette formano un ciuffo erigibile ben distinto 5. È probabile che lo stesso nome sia stato esteso a significare altra subspecie del genere A lauda L.: Alauda arvensisarvensisL., la quale ha le penne della parte posteriore della cervice alquanto allungate, non strette, erigibili, non formanti un vero ciuffo 6 • I testi di Varrone e di Plinio non ci danno, però, il diritto di stabilire che i nomi galerilus,auis galerita,«laudaindichino due specie o forme, perché la caratterizzazione dell'uccello (il ciuffo del capo) restringe il valore dei nomi, che significano soltanto, e propriamente, la subspecie G.c. cristala. Possiamo ipotizzare che i nomi galeritus,auis galeri/a,alauda significhino anche la A.a. arvensis,per suggerimento dellç osservazioni'aristoteliche, nelie quali il nome xoeMia)..os, cui corrispondono i nomi latini galeritus,auis galeri/a,a/auda 1, è usato per indicare, in una empirica classificazione, sia Hgruppo sia le subspecie (G.c. cristatae A.a. arvensis),delle quali leggiamo le notizie sulla morfologia e sulle abitudini (Ar., A.H., 617 b 20-23: xoe11o&>w,., o'ÉCTTÌ

t,Jo -ylP1/,~ /-llP 1-rlea brl-yHO$ /{0/t À0\001't'xovaa, ~ o'lTlea /ryEN:ila xal o~ U"ll'OQÌ:.S l:,o"ll'EQ, lxdv,,,Tò 1-llv-ro,XQW/LO/ ~/-lotov -rfi~1iQ'l-¼xovaa,TÒU µl-yd}os O,&rT'TWv• xal >.6\0oPo~x EXE•• ~ol1lETa1ol.). Aristotele designa col nome HOQVfo)..osla sola G.c. crìstata 8 al 633 b 1-2 della A. H,, ov~ si osserva che l'uccello non è un buon volatore, non lascia il suolo, si rotola nella

l,,)..Xl"ll'l-yEtot,xovianHol, olov fll)..rn-roQ[s. •. KO(!ùOa>.os xT)..9). polvere ("Oaot µivµ~11"1'1/T"'o\ Il nome x6Qvoos sarebbe una sinonimia di 110Qvoa>.os, cui corrisponderebbero in lingua latina, gli appellativi alauda, ga/erius, nel C,G.L., 3,258,18: b 1toevoa)..6s,HOQvocfs,alauda,

galerius. Sulla specie x6Qv001Aristotele cl presenta·le seguenti osservazioni: I) l'uccello chiamato

•r07,

mente, la G.c. cristata,giustdjnente doveva includere il xoevllos tra gli uccelli che non volano bene; infatti, a differenza della O.e. crìstata, la A/auda arvensisarve11~is e la Lul/ula arborea arborea sono uccelli che si innalzano perp.endicolarmente e a spirale curva, cantando 11 melodiosamente le opinioni degli antichi Gravano, piuttosto, ad identificare con_certczza la spe~ie "fp11lìos . Sulla voce sgraziata dell'uccello, la quale divenne proverbiale t\ , \ > , Alcifrone, che conosciamo a11ceps dalle sue lettere, afferma (Ep., 48): 011E"fW r11saxaewrov \OWPjjS/!vtHCtlìe1'ws ICOQU/JoP XùÀEiat'Jo,1 1relis,̵WPrHQtPO/, Nell'Anth. P(I/. (9,380) leggiamo: El 116xv"Jò6varm xoevlìòs 11"aea1r>.iju1ov ~ow•: E'pigr.:

. lv &µotfuo,s xaì xoevoos ,pt'J{-y-yErn1. Ma il canto delle Alaudidae non è affatto sgraziato ed aspro 13• Non sapremmo a quale specie Alcifrone si rifedsse. Forse, ed è solo ipotesi, l'~ucepsAlcifron~ si s~~ebb~ rife~'.to al Gen. Calandrella Kaup. 14 o, meglio ancora, per nmanere nella 1denttf1caz1one O.e. cris/ata", alla femmina che canta con minore abilità del maschio: il canto, tuttavia, della O.e. cristo/anon è certamente pari a quello della Lodola panterana (A.a. arvensis). Una specie di Alaudidae era chiamata ,roQvoo>.>.l,,che, a nostro parere, è la specie più piccola di xoevòa>.6,. La forma di au~upio con l'ausilio de!l~ Civ~tta, _d~scri!ta da Dionisio : (lxeul., 3, 17 :o 46,8-13 Garzya), ci convmce che la xoe voa>.>.,se da 1denttf1cars1con 1~AJaud~ orvensisarvensis,poiché questo esercizio di uccellagione è esercitato allo scopo premmente d1 catturare l'Alloòafrrou HÀÉnu]) sia un ~la~dide; i : cenni sui movimenti aggressivi del "xoQvMv ( = 1t6evoos al 609 b 25-28) sono propn d1 un uccello rapace e parassita 1s, per cui non siamo dell'avviso del Thompson, che include queste 16 notizie sulle attività istintive nella pagina dedicata al mito ed alla leggenda •

cr. J. ANDRÉ, op. cii., p. 2S. 2

1

Una legionegallica1 rcdulala da CesarencltaGallia Transalpina,.,um ~v • •• lv ~"11"0>.afoos ,ca\ 1toQ61ìovxaµa[ HTX.); b) il x6Qvl'ios non si posa sugli aiberi, ma sul terreno (614 a 32-34:"ETt lìl TWI' 70106-rwv (Twv < µÌ'/> ?rT!JTIHWP) ·A·µ_fvHOQV~os,xà, b oxo>.61ra~• •. hrl.oÉvlìeou où Jfetl11to11u1v, /;,>.X l1rl T?is -yl;'s); 3) l'uccello cerca rifugi (ibernazione? (600 a 19-20: ,pw>.E'i • .. x6eulìosl); 4) sono amici (620 a 8·9) oxo111fwv1



attende ·alla cova, sono il terl)line di comparazione con l'auspicata e pregata pacatezza della donna amata. Queste sono le parole di Agorastoclesa Milphio, il servo ora/or:

nome ,coo60a>-.oJ, come infra osserveremo,indicail gruppo,cqujvalentcal nostro .. genere"e Jcsue specie. Per la Jotofi. llUra,d. ZOLTÀN KÀDÀR, op. cir., p. 87. 7 Jl gr, ,e '1Q'v6aÀos t corrispondenteallat. a/auda in MA.RCELL .• 29)0 (e o r 1 da I r, s aulsid es/ qttae o I a u da 110· t'Dlllr, quae a1Jimoshomtnum dulcedine uods obletro.t)ed in GREG. TUR. (Frtmc.• 4,31: in er:c~lsia . .. aw"s e o re-· da I/ u s, qmm1alaud411ocamus, Ingresso):d. C.G.L., 3,2$8,18. Per l'c,hnologia di xop6foXot (da x6eu1 «elmo») cf, H. fRISK, Griech. E1ymol. WOrt., I, p. 924. Isidoro (E1ymol., I 2, 7,34) dii la falsa ethnolosin di coredulus-(cf., pure, PI.A CIO VS, C 44): Coredu/11,genus uolali· le, -.JtvM,v, indichi lo s.tesso uccello &>-.xvw11, che nidifica nei "giorni alcioniani". Non si conoscerebbe, dunque, l'autentica forma latina, con cui si indicava il Martin pescatore, descritto morfologicamente semda Plinio (10,89), poiché l'impiego di a/cedo(Plinio, frontone), imprestito da &>-.xvo~v, . bra essere determinalo più dall'imitazione letteraria che non dalla nomenclatura naturalistica.

I 2 3 4

DllLL 4 ,s.v.,p.20. Op. di., p. 2S.

/b/d. //>id.

ALCEVS

Polemio Silvio (543,17) attesta: inler uolucresa/ceus;questo nome, se indicasse una specie dell'avifauna, non sarebbe sinonimia di alcyon, poiché con questo appellativo si designerebbe im altro uccello, per quanto si può ricavare dalla lista di Polemio Silvio (543,24). J. André 1, che non accetta alceuscome un nome dell'ornitologia latina, sebbene la glossa del C.G.L. 5,549,3 definisca: afcheon011isHerculisdictus est, è dell'avviso che "deux glosses onl été confonducs. I) alcion ( =alcyon) auis gemlS (cf. C.G.L., 3,487,46); 2) alceus (Al• caeus)auus Hercu/is (glose non attestée). La conclusione di J. André non può essere che la seguente 2 : "Polémius Silvips a pris le terme à un glossaire corrompu qui portait ulceus011isgenus". . Dal punto di vista ornitologico, né il testo di Polemio Silvio, né .le parple esplicative del C.G.L., 5,549,3 contengono elementi tali da orientarci a collocare, con un minimo di probabilità, l' a/ceusinter 11olucres.

ALCEDO, .JNIS, f.

Varrone (L.L., 5,79) àttesta che fra i nomi degli animali la forma latina alcedo è corriItem olia i11hoc genere(se. in an/malium uocabulis)a spondente all'appellativo greco aÀ1ww11: Graecis,ut querquedula, < quod> XEQX~OEs, a I e ed o, quod ea &>-xvCiii; ibid., 7 ;88: Haec.

enim auis nunc Graecedicitur &>-xvwP, nostri a Ice do. La forma latina a/cedo, secondo P. Festo (7,8), è antica, sostituita da alcyon. A. Ernout-A. Meillet I affermano che la voce latina alcedoè "emprunt au gr. &>-.xvtfi11, ou . .. arrangé sous l'lnfluence des rnots en -do (du au mot rnéditerranéen qui a fourni bi>-.xvJv

I Op,cil.,p.25. 2 lbld.

. reste, le grec a un doublet &>-.xvowv)". J. André 2 aggiunge che la forma greca &l\xvow11 (Hdn., Gr., 2,85) ''est elle-marne une réfection de à>-.xvwv sur le tipe en -owvde xtl\iowv,lxr,f011, !:r11t1710WP . •• ". Infine, lo studioso francese 3 opina sull'impossibilità di sapere perché e quando i Latini abbiano preso a prestito dalla Magna Grecia la forma &>-xvowP, La prima attestazione dell'uso della parola alcedo è nella commedia Poenulus di Plauto (vv. 355-356): i "giorni alcionianì" e, precisamente, i sette dopo il solstizio, quando l'uccello

Clas.~lflcazione. Gli Alcioni, nelle notizie aristoteliche (A.H., 593 b 10-13), sono di due spe-

50

51

ALCYON, •ONIS, f. ( ha I c y on )

i;

La voce alcyon (/ralcyon)è mutuata dal gr. &>.xv~v, il cui etimo ci è ignoti\\ La forma (a'/,,ç- x6E111),poiché ha la sua origine nel 'fatto che il nome designa un uccello marino 2 •

&>-.xv~, è dovuta ad una falsa etimologia

I:

cie: l'una canta ed abita i canneti, l'altra è silenziosa e di statura maggiore: 1'rxtrò 7 wv &">-.xvovwv lìe "fÉV051ré,eulìeovfonv. Tv-yx&vft 6' CilJTWV avm oooE'{or,,xal ¾µÈv ,p{}{-y"{ETCit, J(OJ,91.ì&vouua~irl Twv oova1'wv, ~ o' &ll'wvos•luno' odhr, µEl.ìwv nÀ. Plinio (10,89) non si differenzia, sostanzialmente, dai cenni dellaA.H.: Alterum genusearum (se. alcyonum) magnitudine distinguitur et cantu: minores in harundinetiscanunt, anche se i caratteri di differenziazione non sono chiari e le osservazioni sono invertite rispetto alle descrizioni di Aristotele: la frase distinguitur et cantu pare accennare ad una variazione di voce e non al naturale silenzio della seconda "forma" aristotelica 3_ Morfologia. Aristotele (A.H., 593 b 11) osserva che il dorso delle due specie di Alcione è blu: TÒvU vwTov &µ,p(nEQm)(VOJvovvrxova,v. Più dettagliata la descrizione del piumaggio della s~ecie più _piccola(A.H., 616 a 14-17): ha la statura di un passero; la veste è tinta di blu cupo, d1 verde-giallastro e di porpora chiara; il piumaggio è ornato da questi colori che, sulle ali e • s.ulle piume circondanti il collo, non sono nettamente distinti: ~ lì' &'/-..1'uJv :on µ~v oli wo">,.'/,..i;J

µ~{.ìwv.::Teovi9ov,TÒOÈX{!W/J.-.xuwv xc,~ x~11u">-.os un "{ÉV?S ~&euoeov, e_ri_salei fiumi (616 a 32-33): '.4.va/3divHoèxaì avà TOVS11'omµov5j questo cenno e ripreso da Phnio (J.0,91): Subeunt et in amnes.

52

'i

L'&">-.xuc/iv viene osservato, secondo quanto esporrebbe Stesicoro 7, verso il tramonto delle Pleiadi ed il solstizio di inverno, e per il breve tempo che gli abbisogna per volare intorno alle o.fo,v xaì navi in àncora e sparire rapidamente (Ar.; A.H., 542 b 22-25): axEMv "fàe Il'/-..Halìos rQoirih ~Qihw µovov, xaì. lv roìs ~ll'oeµo,s ooov ng,111mµEPTfirtQÌ T~ ,r">,.o,av l:.'l'etvf.ìfTWE~,9{1, o,ò,mì Err,o(xoeos TOVTovròv refi,rov lJ1,v~oi'Jr, 1rEgÌOJÒT~s. La notizia è ripetuta da Plinio (10,89). Nidificazione. L'&">-.xvwv nidifica verso l'epoca del solstizio d'inverno, durante i giorni chia- • mati "alcioniani": 7 giorni prima e 7 giorni dopo il solstizio; i tempi sono sereni (A.r., A.H., ·542 b 4-12): .xvWP da.diversi autori credendo che il nome designasse una sola specie, mentre gli informatori dell'autore della A .H., comunicando i loro cenni, avrebbero rls~to, indipendentemente l'uno dall'altro, uno stesso nome per indicare il Martin pescatore e'àltri uccellì marini, che potrebbero essere, nell'osservazione sul volo intorno alla nave ed alllHdro imme• diata scomparsa e nelle notizie di Ambrogio e di Dionisio, Uccelli delle tempeste, Berte, Gab. biani, ecc ... A questo punto ci domandiamo: Aristotele ha forse creduto, come realtà ornitologica, la .

55

costruzione del nido dell',\,>..xIJwPcome egli stesso la descrive? È ben vero che nessun uccello marino costruisce nidi simili a quello disegnato da Aristotele, ma è altrettanto vero che nidi a forma di zucca col collo allungato sono costruiti da uccelli di padùle (Pendolino), di bosco (Codibugnoli, Scricciolo); nidi di "spuma di mare", secondo un'antica credenza, sono costruiti dalle Salangane 26 , le quali, però, abitano l'Asia meridionale e orientale. Nella descrizione aristotelica è, probabilmente, espresso, ma oscuramente, un reale fenomeno ornitico. Propendiamo, quindi, a credere che Aristotele fosse persuaso della verità naturalistica del le sue note anche perché non dubita di quanto afferma, anche se dà la responsabilità dei cenni trascritti ai suoi autori come è della sua pruden1.a: ad es., nel caso specifico delle abitudini dcll'&>.xvwv (volo intorno alle navi, deposizione delle uova e allevamento nei giorni alcioniani) Aristotele riferisce il nome delle sue fonti: Stcsicoro e Simonide. Plinio nella descrizione morfologica dell'a/cyon è molto più preciso di Aristotele. Egli ha, quindi, seguito una fonte di esperienza sicura, la quale permette di riconoscere dai colori.del piumaggio, indubbiamente, !'A/cedo otthis ispida. Dai cenni descrittivi della veste, che assicurano l'osservazione dclt'Afcedo atthis i5pida, : dovremmo dedurre che Plinio conoscesse per personale esperienza la subspecic, tanto più che I' A.a. ispida sedentaria in Italia ed è, quindi, di facile osservazione. Non.sembra che l'autore latino conoscesse il Martin pescatore o l'a/cyon, di cui osserva la struttura del nido e la deposizione nei giorni "alcioniani", quando accenna al nido, al 32,86; infatti, la conoscenza del materiale, di cui è composto il nido, avrebbe fatto dire a Plinio se il prodotto del mare alcyoneum derivasse o meno e nidis . .. alcyonum; di fatto Egli dimostra di non aver visto ulcyoneum medicumen, che, secondo alcuni (allusione a fonti sconosciute allo stesso Plinio), proverebbe dai nidi degli Alcioni In conclusione riteniamo di poter identificare l'alcyon con l'Alcedo atthis ispida L. limitatamente ai luoghi delta A.H. e della N.H. in cui è descritta la livrea. Nei passi che trattano i costumi e te abitudini nel volo forse all'inizio della trasmigrazione e la nidificazione, non osia, mo proporre alcuna identificazione, perché gli elemcnti, che ci sono forniti, sono o generici o contradditori e, quindi, le caratteristiche non corrispondono ad una sola specie o ad un solo gruppo, lnfalti, nelle osservazioni sulla nidificazione di Aristotele, di Plinio, di Ambrogio e di Dionisio non si riconosce la specie descritta net suo piumaggio da Aristotele e, in particolare, da Plinio, ma si potrebbero .-iconoscere vari uccelli marini, quali gli "Uccelli delle tempeste", · le "Berte", i "Gabbiani", ecc.

e

nella Grecia 31 .

I cr. H. FRISK, G.E. w.,s.v.

2 cr. J. ANDRÉ, op. cii., p. 2S. 3 Sull'identlficailonedi questa forma, confusa con il ";QlP~os,cf. InfraIn 11 Discussione". 4 L'aggiunta per ouppl•m6mro,. , . ,ml oil'ro, ~" &µaroi.s&XXo,sureov,Uis nfis "ar& r~v /3aee'&vlir,611µoi!u1roii Meos t~wiJf/11/:,na,, rais ,taXlxµcm!1r1xcdJ{uar1TES, . . . • O' Arcy W. Thompson I ci informa: "In Mod. Gk. lxµ-rreXo~rry6s is the B I a c kh e a d e d B u n t i n g". L'identificazione "Black-headed B unti n g" (=Emberiza melanocephala Scop. = Passerinao Euspiza melanocephaladegli Autori) può ritenersi probabile, anche se essa non scioglie .tutti i dubbi, che sorgono dalla comparazione delle vere caratteristiche della specie E. melanocepha/aScop. con le qualità che Dionisio attribuisce all'&µ,re>,.twv. L'E. melanocephala,che è poco conosciuta nelle altre regioni d'Italia 2, è stata da noi osservata in Liguria, ove essa è di comparsa regolare. È certo che la specie frequenta i luoghi coltivati, non molto alti, coperti da vigneti, da alberi da frutta e da ulivi, vive in grandi stuoli e, come i suoi congeneri, si trova unita ad altri uccelli, particolarmente durante i passi' di autunno e di primavera, nei giorni di tramontana, in cui la selvaggina migratoria è, visibilmente, più abbondante. A nostro avviso, però, non pare che gli Zigoli capineri possano essere qualificati 1'ov.>.'o! ,rÀEi'oroi. , • 0!011Pijrra; ha dita palmate (ibid., 593 b 17-19: rwv ò~ oreyaPo,roowP, • , ofop VijTTa. .. La livrea del {3orncm è simile al piumaggio della vrfrm, alla cui taglia è inferiore la statura del {36oJ-.axn"a, oTovx~v. Vigili sono le Oche del Campidoglio (Plin., 10,51): Et anseri uigil

(R.R., 8, 14,6), però, precisa: negaturanseralienaexcudere0110, nisi subiecta sua quoque ha-

cura Capito/io testata defenso, per id tempus canum silenlio proditis rebus 8 , quam ob cau, sam cibariaanserum censoresin primis /omni 9 • Le Oche sono delle ottime camminatrici: Plinio (10,53) stupito dice: Mirum in hac alite a Morinis usque Romam pedibus uenire;fessi proferuntur ad primos; ita celeristipa/ione naturaliprope((un/ eos. Gli anseressi cibano in luoghi umidi, secondo l'osservazione di Varrone (R.R., 3,10,5): Anseres pascunt in umidis locis (d. Colum., R.R., 8, 14,2); improbus è l'anser di Virgilio (Georg., 1,119), forse perché si ciba nei campi durante il viaggio di migrazione 10• Nei viaggi a grande raggio, il volo degli anserese simile a quello dei Cigni, ma se ne distingue, attesta Plinio (l0,63). L'autore della N.H. spiega, quindi, la formazione di volo (ibid.): L,iburnicarummore rostra/0 impetuferunlllr 11, facilius ilaJindentesaera quam si ree/afronte inpellerent,·a tergosensim di/alantese cuneoporrigituragmen largequeinpellentipraebetur aurae. Co/fa inponunt praecedentibus,fessos duces ad terga recipiunt 12•

buerit; con Aristotele Plinio afferma, poi, che solo le femmine covano per trenta giorni ed aggiunge che l'incubazione può limitarsi ai venticinque giorni, se il tempo è caldo (ibid.): Si quis subripiatpariùnt donec rumpantur. .. /ncubantJeminae tantum lricenisdiebus, si uero tepidiores sin/, XXV. Plinio, attingendo molto probabilmente a fonti latine, esperte della tecnica dell'allevamento, avverte che i pulcini possono morire a contatto dell'ortica ed anche a causa della loro avidità, sia per essersi saziati troppo, sia per lo sforzo che adoprano nel divellere col becco una radice al punto di rompersi il collo (10,163): Pulliseorum urtica contactu mortifera, nec mi-

nus auiditas11uncsatietate nimia, nunc suamet ui, quando adprehensaradicemorsu saepe conantesauellereante collasua abrumpunt 13• li rimedio contro l'ortica consisterebbe, secondo_ Plinio (ibid.) nel porre la radice di questa pianta sotto lo strame del nido: Contra 1irticamremedium est stramenlo ab incubltu subdita radix earum 14• Aristotele (A.H., 559 b 23-24), seguito da Plinio (10,166), oss~rva le uova chiare (b1r11v{µ1a), prodotte dall'Oca e dalla chenalopex 15•

Nidificazione. L'accoppiamento, a detta di Plinio (10,162), avverrebbe in acqua: Anseres in aqua coeunt; l'osservazione è, pure, di Varrone (R.R., 3, 10,3: Saliunt/ere in aqua, iniguntur in Jlumen aut piscinam) e di Columella (R.R., 8, 14,4: lneunt autem non, ut priores aues, de quibus diximus, insistenteshumi: nam/ere irrflumine aut piscinis idfaciunt). Aristotele (560 b 10-11) osserva le Oche che si tuffano in acquà dopo la copula: o!. .. xrvu "araxo>-.vµ{Jwuiv. Gli anseresdepongono in primavera, o, se essi si sono accoppiati in pieno inverno, depongono quaranta giorni circa dopo ìl solstizio (Plin., 10,162): pariunt uere aut, si brumu coiere (cf. Varr., /oc. cii., e Colum., loc. cit.) post solslitium,XL prope. .. Secondo Varrone (R.R., 3, 10,3), la deposizione e l'incubazione avvengono a kalendisJebruariisue/ martiis usque ad solstitium cosi come osserva Columella, il quale aggiunge (R.R., 8, 14,4): quodfit ultimaparte

Valore economico, Gli ansereseranoallevati nel x11vofJoaxETov (Yarr., R.R., 3,10) o nel x11vo· reov,Eiov (Colum., R.R.,8,14), I Romani apprezzavano le Oche per il sapore del loro fegato, Dice, infatti, Plinio (10,S2): Nostri sapientiores;qui eos·iecorisbonilate nouere 16• Quindi l'autore latino (ibid.) ci spiega quali fossero le modalità per un maggiore ingrassamento del fegato; questo, raggiunta una grossezza considerevole, veniva estratto dal corpo dell'animale per essere immerso in un miscuglio di latte e di miele: Fartilibusin magnam amplitudinemcrescit,exemptum quoque lacte

mulso augetur. Zampe d'Oca arrostite venivano accomodate con creste di Gallo in casseruola da Messalina Cotta, figlio dell'oratoreMessala (Plin., ibid.):Sed, quod constai, MessalinusColta, Mes-

mensis /unii. Due sono le deposizioni di un anno, se la prima schiusa avviene mediante l'incubazione della Gallina: l'osservazione è di Plinio (10,162): bis anno, si priorem fetum gallinaeexcludunt; ma Varrone (/oc. cit.) parla di tre deposizioni: Singulae110nplus quam ter in anno puriunl, seguito da Colurnella (/oc. cii.): Singulaequeter anno pariunt. Plinio fa seguire alla sua nota l'avversativa (ibid.) aliasplurima oua XVI, paucissima VII, che non ci è chiara; Colurnella (ibid. precisa il numero delle uova in rapporto alle tre deposizioni annu;11i:Pariunt au-

tem singulis/elibus oua, primo quina, sequentiquaterna, nouissimoterna:quem par1umnonnu'tlipermillunt ipsis matribus educare, quia reliquo tempore anni uacaturaesunl a Je/11. È vantaggioso, secondo il precetto pliniano (IO, 163), dar da covare alle Oche nove o undici uova: Incubandasubici utilissimum VII/i aut XI. Aveva proposto lo stesso consiglio tecnico Varrone (ibid.), ìl quale aggiunge anche altre esperienze sul numero delle uova da mettere sotto la covatrice: Ad incubandum supponunt nouem aut undecim; qui hoc minus, quinque,

qui hoc plus, XV. Gli anseres,secondo Plinio (10,182), cesserebbero di concepire in istato di cattività, quan-· do, cioè, vengono addomesticati: Quae ex Jeris mirigentur,non concipere, ut anseres.Columella (R.R., 8,14, 3) direbbe la stessa notizia, ma trattando del genus uarium:Nam est aliud genus uarium, quod a /ero mitigarum domesticumfactum est. Id neque aequeJecundum est, nec tam pretiosum: propter quod minime nutriendum est. · Le sole femmine covano e rimangono sulle uova per tutto il tempo, una volta che han dato inizio alla cova (Ar., A.H., 564 a 10-12): Twv ot XlJVWVat r1;>-.rnniw~arovaq16vm, xa'ì.llta-

o,h 1ranòs ~.. Plinio (10,162,163) osserva che l'Oca, anche a rischio di scoppiare, rimane sulle uova anche quando i prodotti le sono portati via e che non cova le uova di altri uccelli; Columella µ{vouu1

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salae oratorisfilius, palmaspedum ex his torrereatque patinis cum gallinuceorumcristiscondire repperit.

,.

Fonte di guadagno erano le piume delle Oche bianche, che, a detta di Plinio (10,53), venivano strappate due volte all'anno (Candidorumalterum uectigalin piuma. Velfunturquibusdam locis bis anno, rursrisplumigeri uestiuntur), e, precisamente, in primavera ed in,autunno, secondo Columella (R.R., 8,14,3). ; In Germania, intere coorti venivano distaccate dal loro posto di guardia per cacciare le gantae, oche bianche e piccole, di cui il piumino raccolto aveva il valore di cinque denari la libbra. La notizia ci è data da Plinio (10,53-54): Mo!lior quae corpori proximil, et e Germania laudatissima.Candidi ibi, uerum minores; gan/ae 11 uocantur. Pretium plumae eorum in li-

bras denarii quini; et inde crimi11a plerumque auxifiorumpraefectis, a uigili sta/ione ad haec aucupio dimissis cohortibus lotis; eoque deliciaeprocessere,ut sine hoc instrumen/o durare iam ne uirorum quidem ceruicespossint. Grido; Il grido delle Oche è espresso nella lingua latina con i verbi: gingrire, grati/are,

trinnire 18• Auc1ipio. Dionisio (lxeut., 3,24 = 48, 17 - 49, 7 A. Garzya) cattura le Oche servendosi di un richiamo in legno ("stampa"), che per mezzo di una fune viene tratto a terra, irÌseiuito dalle Oche ostili; queste vengono coperte dalle reti, mentre nuotano intorno alla copia in legno, Medicina. N~lla medicina popolare si contano ricette in cui si prescrive il grasso ~Oca; rimedio famoso è il Commagenum (Plin., 10, 55): adipem eorum (se. anserum)in uose aereo.cum

cinnamo niue mulla obrutum ac rigoregelido maceratum 19• Discussione, Il nome anser ( = x~v) indica le specie selvatiche e le forme domestiche.

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Lo stesso appellativo pare indicare anche alcune specie di Anatre selvatiche: gli antichi naturalisti, non osservando i caratteri morfologici propri di un "gruppo", non riuscivano a distinguere esattamente le Oche dalla Anatre: questi uccelli venivano raggruppati sotto il termine generalissimo di "palmipedi", Gli elementi descrittivi forniti da Aristotele, riguardanti, soprattutto, la morfologia e l'anatomia dell'Oca, non possono essere detti esclusivamente dell'Oca. La "specie piccola" è senza dubbio una specie o una subspecie selvatica, ma è di difficile identificazione. Non possiamo, infatti, determinarci ad identificare una specie, quando di essa sappiamo soltanto che è "piccola" e "gregaria". Se fossimo certi che Aristotele avesse parlato delle Oche vere e proprie, non avremmo alcun dubbio a proporre l'identificazione della "piccola Oca": "Oca lombardella" (Anser alb1frons):per ragioni di migrazione, questa specie doveva essere conosciuta in Grecia, perché nelle migrazioni segue le direttrici: nord-est -sud-est. La "piccola Oca" potrebbe, pure, identificarsi con l'Oca lombardella minore (Anser erythropus),oggi molto rara: questa specie può incrociarsi con le prime, è addomesticabile e nidifica in istato di cattività 20 • Le osservazioni sulla nidificazione, sulla produzione delle uova, sul valore economico, a nostro avviso, sono state rilevate da Aristotele e dagli autori latini su individui della forma domestica. Nessuna Oca nidifica da noi e, quindi, non poteva essere osservata durante il periodo di nidificazione se non qualche specie o forma addomesticata o l'Oca propria del Nilo (Chena-

lopex aegyptiacus). Non sapremmo come spiegare le note di Plinio e di Columella, che negano all'anser,genus uarlum, la prolificità in istato di cattività, L'Oca selvatica (Anser anser),in quanto capostipite delle Oche qomestiche, doveva essere addomesticata; vive in istato di cattività, facilmente; frequenta, spesso, le Oche domestiche, dalle quali nascono pulcini con caratteri intermedi. Non escludiamo che alcune specie, tra le quali il genus uarium, per la loro maggiore selvaticità, non nidifichino in istato di cattività. Approviamo la nata aristotelica e pliniana sulla prudente vigilanza delle Oche: questi sono uccelli molto attenti; ma il comportamento ci può suggerire soltanto identificazioni generiche, come i cenni sulle migrazioni e sulle abitudini di volo. Oche selvatiche sono pure quelle specie che Dionisio (lxeut., 2,19= 36,6-7 A, Garzya) definisce: 'lrl?l'>tlil ràs voµ,ch lh,oeovn, poiché, nei loro viaggi a grande raggio, dimenticherebbero i luoghi in cui avevano già pascolato. Con un po' di buona volontà potremmo identificare questi anserescon Anser ansero con Anser segetum ( = A, faba/is): le due specie si avvicinano nei caratteri e possono essere confuse, Ansersegetum ( = A. fabalis) sarebbe la specie indicata da Varrone da Columella con anserferus, genus uarium e da Virgilio con il qualificativo improbus:l'identificazione non ci è dettata dall'aggettivo uarius21 che non qualifica specificamente la veste di un'Oca soltanto, ma daferus, che ci richiama la selvaticità e da improbus, che accenna alla nocività dell'Oca per l'agricoltura. "Oca" o" Anatra selvatica" sarebbe la ganta di Plinio. Tra le vere Oche non ci è possibile · trovare una specie che abbia una livrea candida. L'unica Oca, che nidifica in Germania, è l'Anser anser, ma questa specie non ha una livrea bianca 22 • Ganta potrebbe, forse, essere l'Anatra: Tadorna tadorna ( = T. cornuta 23). "Anatre" potrebbero essere le chenerotes24 e "Oche" i chena/opeces25, uccelli classificati da Plinio tra il genus anserinum. Siamo dell'avviso che siano "Oche domestiche" gli anseres,che dalla regione dei M:orini vengono condotti a Roma, Non si tratta, certamente, dell'Oca granaiola (Ansersegetum),anche se essa, allevati i piccoli, per la caduta delle remiganti provocata dalla muta completa delle penne, è costretta a lunghe marce, a schiere serrate, nella tundra, . L'Oca, per la struttura delle gambe e delle zampe, è un'ottima camminatrice e può marcia-

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re, guidata dai guardiani, per giornate intiere, Anser, in conclusione, è nome usato per indicare le Oche in genere; il senso di "specie" si 26 intuisce, talvolta e forse, dall'assieme di alcuni e determinati cenni descrittivi •

j Cf. J. ANDRil, op. cli., p. 29. 2 lbid, 3 Cf. A. WALDE.

J.B. HOFMANN, op, c/t,. s.v, anser; A. ERNOVT · A, MEILLET, op. rii., s.v. a11srr;J, ANDRÉ,

op. cli., p, 29. 4 Cf.111/r«,s.v. 5 Cf.111/ro,s.v.

6 cr.E. DE SAINT-PENIS, op. di., p.121,§ 51,n.3, ·1 Cf. E. DE SAINT-PENIS, op. c/t,, p. 122, § 53, n. I. 8 Cf. i testi raccolti da D'ARCY w. THOMPSON, op, cli,, p. J29. 9 cr. CJC., Pro·sex. Rose.,56; PLVT., Qu. Rom., 98,287 b, e; si veda ancora la raccolta del riferimenti In D'ARCY W. THOMPSON, lbld, JO Cf. J, ANDRÉ, op, cii., p,.30, 11 Spiega B. DE SAINT-DBNIS, op. ç/1,, p. 124, § 63, n, I: "Les prlnclpales formalions de l'cscadre étalent le triangle (cli· neus), le crolssRnt(lrtnolusordo), tecroissantrcnversé(inc1m,tnortio) et la tenaillc(forceps)". ; !2 Sulla migrazlo•c, cl. AEL., 5,5S; /i.MM. MARC., 18,3,9; OIONYS., lx.¾vxal

o,

fÒ/3{07oi;•,

Plinio (IO, 116) stacca dal testo aristotelico la favola dei movimenti di lotta interspecifica e non riprende i cenni essenziali della notizia della A.H., il difetto della vista, l'habitat, la livrea: Equorum quoque hi11nilusanthus nomine herbae pabulo ad11entueorum pulsa imita/Ur, od fume modum se ufdSL"ens2• Sono nemici, secondo il cenno dcll11A.H., 610 a 7-8: Jmt th,~os,ml 1hcwt'll1 "al ar-y,001; ma da informatori Aristotele ha conoscenza dell'immiscibilità del angue dell'a:~-ytt'l~ie dcll'~vt'los 3. Aristotele, al 615 a 26-28 della A.H., osserva che l'uccello ha dita separate, ripete la natura dell'habitat, accenna alla bellezza del piumaggio cd alla facilità di procurarsi il cibo: ,roÀXo1 o? J/CiÌ TWI' oxi/"oir6owv 1ffQÌ rà ~/Ìam xct~ rà ~X11(3ion6ovu,v, oTov ~v001 1rae?i-robs ,romµovs• lx" o~rqv xe.5av Jla>.;,,,"al fonv Jvf3forov. .

Aristotele. Non pensiamo che il filosofo abbia descritto due specie, in quanto le osservazioni della A.H. convengono tutte per descrivere una Motacilfo: "Ballerina" o "Boarina"; quest'ultima · è anche detta "Cutrettola gialla" (Motacillaflavoflava), "Capoceneri~o" (Motaciflaflava cinereocapilla). _ _ . Le "Boarine" hanno un bel colore giallo vivace sul davanti e possono arieggiare un "fiore"; stanno volentieri intorno agli animali in pascolo e la ragione può consistere nel fatto che si cibano degli insetti che ne frequentano le fatte oppure di tafani e di altri parassiti del bestiame; le "Boarine", talvolta, saltano sulla groppa degli animali. La leggenda della inimicizia dell' &v!'Jose del cavallo avrebbe come origine la comunanza di ambiente tra i due anitpali: le "Boarine", però, non si cibano di erbe; l'uccisione dell' &vt9os dipende dalla f~cquenza dell'uccello tra le zampe del cavallo e ciò può spiegare il cenno sulla debole vista ~ell'uccello: le "Boarine" sono cosi confidenti che si lasciano avvicinare con la massima façilità dal bestiapartiéolarmente del me lasciandosi quasi pestare 18; il grido delle "Boarine", Ca~ocenerino 19, somiglia Iont_anamente al nitrito del cavallo, fatte, naturalmente, le debite proporzioni; l'habitat delle "Boarine" è palustre, presso le acque 20; . Si oppone alla nostra identificazione la natura del cibo: "le erbe". In realtà, le_"B?arine" si cibano dei parassiti del bestiame in pastura; ma è probabile che l'informatore d1 Aristotele, vedendo l' t;POoscibarsi nei luoghi di pascolo delle mucche e dei cavalli, abbia creato la falsa nota sul cibo, nota che a nostro parere, è stata dettata dall'ambiente in cui l'uccello vive. In conclusione, proponiamo le seguenti identificazioni dell'uccello fi,pt'Jos(anthus): M~taci/la flava flavo e, tenendo conto della particolarità del grido, Motaci/la flava ci~ereocop1/la.

Discussione. Della specie onthus (&vr701)gli studiosi hanno proposto identificazioni discordanti le quali, talvolta, non sono chiare, perché l'uccello è designato con una forma della lingua dello studioso di Aristotele o di Plinio: il nome scientifico, posto accanto all'appellativo della lingua nazionale, faciliterebbe la ricerca dell'identificazione. li Gaza traduce il gr. 1hr701: florus 4 : Alberto 5 afferma che la specie (A.H., 609 b 14) è chiamata hyz da Avicenna, yboz da Aristotele, ocanlhis dai Latini 6 • Scaligero 7 asserisce: "auem nos nouimus, quac aristotclicae conuenit, quacque quodammodo equi uocem et hinni1um imitari uidctur quamquam et uocis flexus et deuctiones alias habeat, et non solum herba uescatur, sed ctiam uermibus et seminibus. Bruant a Oallicis dicitur". D'Arcy W. Thompson 8 ammette come probabile che l' ~vt'los della A.H., 609 b 14 possa riconoscersi in un Ardeide. · · J. Trico! 9 afferma che la specie non è identificabile, ma non espone le ragioni del suo giudizio; lo studioso cita, in nota, l'interpretazione del Camus "fleur" 10 e sembra accettare, però con probabilità, l'identificazione Motacil/a boorulo o "le bruant" o la "bergeronnette jaune", a suggerimento dello Schneider. P. Louis 11dà la traduzione letterate "neur", ma aggiunge: "Les traducteurs hésitent entre bergeronnette jaune et bruant. La pr~mière identification s'accorde mieux avec la description qui est donnée ai livre IX, I, 609 b 14-19.... Le bruant est.appelé oxrac,:lgliobianco della Molocil/af/ava,·tal_c cn_rattcre.co_rrlsponder~bbe «Ila:ctachcd1 Ar_Jstotc", No! nn slamod~o stesso parere,anchese l'espressioneere• . cae) sia d1dlfflçi~e1nterpreta,10ne;supponiamo, tuttavia, che nella voce h«e'Yf~••Aristotele abbia e.pre.so ijll difetto dcli ~:c1.1~0! la.cuico,nsogucn~.èla m~nc_anza dl ~cutez"-é\·dclfa vista:o~,c~Evw'll"&'t: l'osservazioneci paredellatadall'esa• Arlstole!e abbia considerato caratteristico della specie un dlmc d1rnd1v1dmmorti, per cm ntenlamo che con ,w&Qr-.òs è altro nome dell'Apode, si sofferma a precisare la sua rassomiglianza con la Rondine, osservando una caratteristica distintiva dell'uccello: I'Apode ha i tarsi coperti di piume. Aristotele passa, quindi, a descrivere i costumi: gli Apodi nidificano in cavità (nidi) di forma allungata, costruite con fango, munite di un'apertura.giusto sufficiente per entrare; i nidi sono posti in luoghi riparati, sotto le rocce o in caverne in modo che i piccoli siano difesi dai predatori selvatici e dagli uomini: ot 0'&1rooH, òDsxa>.ouufttvEs xv,t,l>-.ovs,8-nµ~v lfitotot Tais xe>.tMÌ1tvEiu(,i, ll~rirm ·, 'lrrJ07fQOV• o~ -yàe ècyornv -yvt:wat1t'QÒS "njJI)(EÀ166va, ?l'M!I'7~ rl,v_""~/L'f/P fxm ocxu{tc,p.' O~To1peorrE6ovti1vlv xv,{,E>-.tu111h 1f'11Àov n1r>-.au,.lvmsµax11dts, 3uov t'tuouawh:ò611cm.'Ev · u-rE-yv&io\ '11'01Éirmràs vwrr1ih ~w~ 1rfrems xa\ cnr11>-afou,l!,uTexaì 1'~ i?71e1axal ro~t 3 l,v.JQJ11'0VS.os.L'illustre ornitologo, in una sua lettera del 21 Maggio 1963, ci forniva queste informazioni: "Difficile dire se il Cypselus di Aristotele sia un Rondone oppure un Balestruccio. Sia il Balestruccio che il Rondone hanno il tarso in tutto o in parte piumato; quanto alla somiglianza, si tratta di un criterio assai approssimativo. Io credo che Ella possa sostenere la Sua tesi, per quanto i dubbi in proposito non possono considerarsi del tutto fugati. Anche la località di nidificazione non è molto distintiv_a. La nidificazione nelle case delle due forme è indubbiamente secondaria, poiché originariamente esse costruivano il loro nido o in cavità delle rocce o nell'entrata delle caverne". Le parole del prof. A. Toschi ci hanno indotto ad un riesame dei luoghi aristotelici, perché trovassimo in essi altri documenti validi a sostegno dell'identificazione: Chelidon urbica. Ed infatti crediamo che possano confermare il nostro consenso all'identificazione già proposta da Aubert e Wimmer, da J. Andé, i seguenti argomenti: I) Aristotele (A.H., 618 a 32-33) afferma che l' ~?rous non si distingue facilmente dalla Rondine: ot ')'d'Q /}90,ov ')'r:ivm 11'QÒS T~v XEht6civa.L' fi7rousnon può essere una specie o subspecie degli Apodidi: i caratteri generici e specifici degli Apodidi e degli Irundinidi sono troppo evidenti per non poter rilevare le differenze, sia che l'osservazione venga effettuata su individui morti o in cattività, sia che l'esplorazione delle caratteristiche sommarie venga fatta su individui in volo. Aristotele o i suoi collaboratori, certamente, hanno esaminato la.morfologia di individui uccisi o prigionieri, dato che nella A.H. si osserva, come caratteristica specifica, "il tarso piumato", della specie l:1"ovs= xCif,e>.ot.Aristotele non avrebbe detto che non è facile distinguereI' ~11'ous= xvif,e'>-.os, se perl&,rovs = .x6if,e>.o5 egli avesse inteso un "Rondone" (Apodide). Siamo, infatti, dell'opinione che è semprefacile, anche per l'empirico, osservando individui catturati o uccisi, rilevare le differenze morfologiche anche tra le stesse specie degli Irundinidi e che è molto più facile differenziare una specie o il "gruppo" delle Rondini da una specie o dal "gruppo" dei Rondoni, anche quando questi uccelli sono involo. Arisfo•

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tele, quindi, osserva il carattere specifico di un Irundinide, che non può non essere rilevato ·se non da un esperto, e non indica affatto una speciale e peculiare qualità dei Rondoni, quale segno unico e necessario di distinzione degli Apodidi dagli lrundinidi, poiché altre caratteristiche di differenziazione sono più evidenti. Siamo, perciò, convinti che Aristotele descrive un lrundinide, precisamente il Balestruccio (Chelidon urbica). 2) Aristotele descrive la struttura, la materia del nido dell' lhovt = x6,t,e>.os:è un nido di forma allungata, costruito con fango, con un'apertura sufficiente. Questo nido è proprio del Balestruccio e non di un Rondone. Gli Apodidi costruiscono nidi rozzi, circolari, intessuti di paglia, foglie, piume e di altri elementi, cementati con saliva agglutinante 7 • La descrizione aristotelica riguarda specificamente il nido della Chelidon urbica, che tutti osserviamo nella sua forma a navicella sotto l!)grondaie, i cornicioni dei palazzi, gli archi dei ponti, nelle pareti delle rocce e, anche, nelle caverne. . · Gli apodes di Plinio non sono identificabili facilmente. La notizia, infatti, potrebbe essere divisa in tre parti, in ciascuna delle quali sembra essere stata rappresentata una specie o un "gruppo" di uccelli dai caratteri molto diversi. li cenno pliniano plurimum uolani.. , hirundinum specie avrebbe come oggetto la Cheli'don urbica, se la notizia viene spiegata con l'osservazione aristotelica (618 a 31-32) 8• Le abitudini mariµe, il volo intorno alle navi (haesunt. •• eas apodes) ci ricordano i costumi degli uccelli pelagici, delle Sterne, ad es.; convinti, neghiamo che il cenno relativo alvolo degli apodes intorno alle navi esprima i movimenti istintivi degli Apodidi: questi uccelli, grandi volatori e migratori, partono e arrivano di notte con grande precisione di date 9 • L'ultima.osservazione, in cui Plinio afferma che per gli apodes non è riposo se non nel nido (forse gli individui femmina degli Apodidi) e che essi o sono in volo o giacciono 10, pare es. sere stata dettata dal comportamento degli Apodidi. Crediamo che la confusione pliniana derivi dall'attribuzione di uno stesso nome a diverse . .. specie: opus poteva anche essere il nome di un uccello pelagico 11; la nota: c:eterage11erà aut iacentconforta l'interpretazione secondo la quale il nome apus sarebbe stato attribuito anche ai Rondoni. ·Pare, tuttavia_, che Plinio trascrivesse le informazioni senza rendersi conto di quali specie. veramente trattasse. Infatti, il primo cenno (Plurimum. .. in scopulis)non è precisamente distinto dal_secòndo (hae sunt. .. apodes}sicché, se non avessimo a disposizione le notizie aristoteliche ed una certa conoscenza ornitologica, non sapremmo identificare l' apus né comé genere, né come specie. I !

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I

cr. J. ANDRÉ, op. cli.. p. 31.

2 PLINIO (11,257) riferisce l'opinione di coloro che sostenaono come nessun uccello sia senza z.ampe: .. . co'1[/rmantet apodes ha/Jen, + et o.e-yfsw>.•Os J'~P Ò~V rà iroÀÀÌ!: olfrw uvµ/3atVfl, ~Ò'IlìÈ xal TQflS PfOTTOt lip,µlva1elutv. La cova dura trenta giorni (Plin., 10,165):A-qui/atrice11is diebus incubai,come aveva già detto Aristotele (A.H., 563 a 27-28): •E1r~&te, òÈ1re11ìTQu~xoviJ'11µ,{Qa·s. L'Aquila espellerebbe dal nido uno dei due Aquilotti, avendo difficoltà di allevamento; la natura, che vigila sui piccoli degli animali per preservarli dalle rapine, nega alle Aquile, in questa stagione, il nutrimento (Plin., 10,13): Alterum expellunt/aedio nutr/endi, quippeeo /em-

pore ipsis cibum negauit natura,prospiciensne omniumferarum /etus raperentur. La mancanza di cibo determinerebbe delle modificazioni morfologiche (Plin., ibid.): Vnguesquoque earum inuertunturdiebus his, albescuntinediapinnae, ut merito partus suos oderint. La nota pliniana deriva dalla A.H,; Aristotele, però, in contraddizione con altre sue notizie 4, determina il periodo in cui l'individuo adulto scaccia il giovane, cioè quando gli· Aquilotti diventano di statura maggiore ( A.H., 563 a 21-26):'Ex/3aÀÀuò'a~l;avoµv,wv ri>v 5-yt; luoov TWPPEOTTWV bxt'Joµevorrfj Mwoij. ~Ap,cx oi xaì Àl"(ET0/1 iv rcjiXQOP.e-irot6• PliniÒ (10,13) accetta pure l'informazione sul senso materno della ~PII (A.fl., 563 a 2627: T«}vo'iK/3À')1'{vraolxerm l((Xt hTQlrpit ~ ,PijV')),che ripresenta in una forma originale; infatti, Egli, con l'uso del plurale, evidenzia non tanto il concetto di "specie", quanto, invece, di "individuo" della medesima specie, negando qualsiasi caso di eccezione sia al rigl!ardo· del comportamento crudele delle Aquile, sia al riguardo-del sentimento di madre dell'D&fifragus: sed eiectos(se, partus) ab his cognatumgenus ossifragiexclpiuntet educant cum suis 7 • Altre cause muovono il comportamento delle Aquile verso i piccoli: gli Aquilo~tl, già indipendenti, sarebbero dì danno ai genitori nella ricerca del cibo nello stesso territorio. Afferma Plinio (10,14): Verumadul/os qu~quepersequiturparenset longefugat, aemulosscilicetrapi-

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Aristotele (A.H., 619 a 27-31) informa che le Aquile nutrono i piccoli sino a quando essi siano capaci di volare; quindi scacciano 1giovani dal nido e dalle vicinanze, poiché una sola coppia occupa un largo spazio vitale e non sopporta che altri individui dimorino vicini: Tee· ,povu1òl rovs veono\}s iwd~P lìvvcxròl-ybwvrcx, w€reuiJm• TOTEà•~x T,fs veorrio,s àtarobs h-

13&>..>.ovu, }{CX\ lx rov r6,rov TOV-ireel Ò!JTl)v'/faVTÒSlr'lftÀavvouu,v, 'E'll"ÉXEI-yàe' 11'0ÀllP T01fOII• OIO'll'EQ oax i~ 'll'Àl1C1Co1J cxb~P ~ÀÀOV$o,~},,u~11m8• . CrETWII

r,,teii-yas

Se confrontiamo le osservazioni di Plinio con le notizie di-Aristotele, constatiamo come l'autore latino non si discosti sostanzialmente dallo scrittore greco; Plinio sembrerebbe condensare le I. 27-28 veorro61- 1drw1'm con il sostantivato adultos;che sostituirebbe alla I. 29 il pronome aLroos. li sostantivato adultusnon sare_bbestato usato da Plinio col valore di "adulto", cioè completamente formato, perché l'individuo, scacçiato dal nido e dal territorio, è ancora in fase giovanile, anche per chi non sa che nelle Aquile lo sviluppo dalla fase giovanile a quella di adulto è lentissimo e può durare anche "quattro anni"; riteniamo, quindi, molto precisa la traduzione del Saìnt-Denis: "lorsqu'ils ont grandi", che noi esprimeremmo con l'it. "abbastanza cresciuti". L'espressione aemu/os rapinaenon traduce alcuna frase o nesso greco, ma si pone come causa dell'attività osservata nella frase (t. 30-31): 6,6'/feQ - '&~Àw1'11Pm. Infine, la stessa osservazione sulla presenza di una sola coppia di Aquile ìn un territorio delimitato, in cui, di fatto, sono le condizioni necessarie per il mantenimento e la sopravvivenza della specie, è presentato dai due autori secondo la loro individuale interpretazione dei movimenti istintivi per la marcat_ura del territorio: Aristotele vede nelle Aquile l'aggressività, Plinio ammette nelle Aquile la consapevolezza di limitare i territori, in cui possono reperire il nutrimento e nidificare (10, 14): determinantergospatia nec in pr.oximopraedan!ur 9 • ' Cibo, Uccello carnivoro (A.H., 592 b 1: uaQxorpayo,. •• ;ra,, T& re rc;iv b:erG!v-yijv71 xaiJ&ireQ ,rapra 10), l'Aquila non berrebbe (ibid., 601 a 31-601 b 1): T& µlv otv-yaµ,.f,wPVXCX, Et'Q')T0/1 'll"Qi>TEQOP (cf. ibid., 593 b 28 • 594 a 1) ws &1(>.~s uni'v lì,ro7a 1:aµ1rcxv ìaitv 11• _ L'osservazione aristotelica è, indubbiamente, errata. Le nostre-osservazioni su-un individuo ìn cattività, donato, alla sua morte, al Sig. Giuseppe Blanc Tassinari di Dovadola (Forll) per la sua raccolta ornitologica, assicurano che l'Aquila beve molto e ha necessità di bagnarsi specie nella stagione calda. · La predatrice eserciterebbe la sua crudele caccia dal mezzogiorno sino alla sera, per9hé, al_ mattino, riposerebbe sino all'ora in cui l'agorasi affolla (Ar., A.H., 619 a 14-16): "ll~a lì~ roii µixg, M>.'ls•TÒ'Y_~/1fo1'ev "M'l;.~, p!{'XQ' h-yoler&tÉuiJm ~ff~ 1mì irheuiJa,, énr•&e(u'!_o'lJ 12• QCtS1tÀ111'vo11U')S / · Plinio (10, 15) ripete: A meridiano autem tempore operantur et uolant/ prioribus horis

diei, donec impleanturhominum conuentu/ora, ignauaesedent. Secondo le nostre esperienze su individui delle Alpi occidentali italiane (Cuneo), l'Aquila caccia di mattino sino a mezzogiorno; se la preda è stata abbondante, il Rapace sosta in riposo per digerire; quindi va ad abbeverarsi e a pulirsi. Nelle ore pomeridiane, spazia negli ampi e liberi cieli alla ricerca di nuove vittime; verso il crepuscolo, si ritira in luoghi sicuri per il riposo . notturno 13 Aristotele (A.H., 619 a 32-34) aggiunge particolari movimenti, di difficile interpretazione ornitologica, dopo la cattura della presa. "Òrav ~ KVP'l'Yt/UTI xal ~èro,rtiJ71u1 xal obx eMùi 'f'l• Qe,, &>.~&'lfo-irEt{!CXt'Jeìr rou {3i1Qovs&~t71u;,,,

·

·

Plinio (10,14) pare riprodurre lo stesso cenno aristotelico, ma se ne differen:tit 'llon diciamo sostanzialmente, poiché l'autore latino interpreta più che tradurre il testo dellayl~H.: Rap-

ta non protinusferunt, sed primum deponunt expertaequepondus tunc demum i'IDeunt. Il Dittmeyer, indotto, forse, dalla difficoltà di comprendere il senso ornitologico del cenno a]'.istotelico, propone di correggere la lezione r,t'J.,,u,,documentata da deponunt di Plinio, suffragata dall'uso dello stesso verbo al 59.Sa· 23 14: alla con la lezione congetturale YuT')u•,

79

i .

' /l

;I

voce verbale dà i! senso "pondus examinal" e, per evitare una inutile ripetizione, interpreta il verbo &iro1rHe&c119m nel significato di "frustra experiri". " P. Louis 15, come già Camus e D'Arcy w. Thompson, accoglie la lezione dei Mss., rifiuta la lezione congetturale di Dittmeyer, difesa da Tricot 16, perché "le mot ferait double emploi avec fxiro,reiecdlds de· la tigne 34". La correzione del filologo tedesco col valore letterale di pondus examinat "soppesa"non porta alcun chiarimento per la conoscenza delle Aquile nell'esercizio delle loro cac.ce. È irreale, infatti, che l'Aquila "soppesi" le sue vittime; tale movimento istintivo non è osservato. La lezione dei Mss. rli'Jri,a1, che P. Louis traduce: "il la met de còté" non risponde all'attività predatoria delle Aquile, almeno nei limiti delle nostre esperienze e delle nostre conoscenze dell'Avifauna. Tuttavia, si potrebbero formulare alcune ipotesi che servano a spiegare il testo costituito da P. Louis e la traduzione a fronte: 1° il cenno sarebbe stato originato dall'abbandono della preda a causa della presenza di nemici' che l'Aquila aggredisce; il Rapace è molto prudente e non perde mai di vista la propria sicurezza; 2° un osservatore avrebbe visto individui di Aquila gettarsi su animali morti, che sarebbero stati considerati come preda abbattuta e conservata; le Aquile, quando sono spinte dalla fame, non disdegnano le carogne; 3° l'uccello che getta a terra la preda e non è in grado di alzarla a causa della poca forza degli_artigli è il Gypai!tus barbatus, l'Avvoltoiò degli agnelli: questo Rapace era considerato anticamente un'Aquila; tuttavia, non pensiamo che l'Avvoltoio degli agnelli abbandoni la preda. Se la voce verbale -rli'Jriat è interpretata con il lat. deponunt dì Plinio, che E. De SaintDenis traduce: "ils commencent par la poser à terre", proponiamo questa interpretazione: l'Aquila tiene al suolo la vittima (i carnivori, come, ad es., la volpe, si difendono e resistono per parecchio tempo alla violenza del Rapace), "tenendosi in equilibrio" con le ali aperte e con la coda appoggiata a terra, mentre artiglia con le zampe il muso ed il petto della vittima: in questa posizione l'Aquila pare di provare il peso del corpo dilaniato; questo, se è più grave di quello dell'Aquila (Kg. 8 17), difficilmente può essere sollevato e, quindi, è abbandonato 18• Dal punto di vista ornitologico non è necessaria la correzione di L. Dittmeyer. Più comprensibile è il secondo cenno di Aristotele (A.H., 619 a 34- 619 b 3), perché i mo• vimenti di aggressione interspecifica sono di comune osservazione; xaì mù, lkva61roòm 19 l'Jlo~x tÙi'Jù,)\aµ(3cxvH,&J\~ fh TÒ 1r{Ò{ov ~~(JOIS TrQOfÀi'Jeiv• XO!l xarai{3ailvu ll'otl( eMù, fh lx'/\'/\'aù &1ròmll µe!l'ovo, hl 1òJ>.mrov Kmà µixgcSv. i-ò~oocpo,, Scrive sul comportamento delle Aquile G. Martorelli 20 : Per ghermire la preda non piomba verticalmente come gli Astori e gli Sparvieri, ma si cala a notevole distanza da essa fino quasi alla superficie e quindi, con enorme velocità, la raggiunge ed, abbassando ad un tratto le zampe, la uccide di colpo coll'unghia del dito posteriore rivolta all'innanzi, quindi la sÒlleva tenendola con le zampe verticali, sino al sito ove intende divorarla". Plinio non parla affatto di questa at\ività di predare, né riferisce il contenuto delle seguenti note aristoteliche: il filosofo (A.H., 619 b 4-5) crede che la ragione della scelta di luoghi alti per spiccare il volo consista nella lentezza dcli' Aquila: Kai,~v/6,f,ri>.wv xaiJ(ìu lì,à rò {jgaòÉws d/eeai'Jai,t.1r~ T'its-yij,; !;autore greco aggiunge (ibid.,1.7-9)che i Rapaci, in genere, si posano raramente sulle rocce, in quanto, a causa delle unghie ricurve, trovano difficoltà a camminare sulla pietra dura: 1r&vreso'o\ -yaµ,f,wvvxot~x,um xm?1i&vovu,v h-ì 1rlrem, otb rii 7ii-yaµ,J,61'1'/n iµiroowv eTvoar~v ux>.ri.etr,,m. L'Aquila è certamente goffa nel camminare; nei rarissimi casi, in cui l'abbiamo osservata, abbiamo constatato come essa, quando non tema il pericolo, si muove lentamente, portando una zampa innanzi l'altra adagio;nella fuga spicca lunghi salti con strepito d'ali; per levarsi a volo su un terreno piano si slancia con ripetuti salti, con battito d'ali lento e forte: i suoi movimenti appaiono, veramente, impacciati e irregolari. Aristotele è, dunque, molto vicino alla descrizione esatta dei movimenti di locomozione dell'Aquila sul suolo piano e negli alti voli (cf. ibid., I. 5-6: 'T,f,ov oÈ1rfrnm, ~1rw,hì 1r>.eiarovTb'll"OI'xai'Joe~)-

80 I

l :11

L'Aquila, che ha una lunga vita (ibid., f. 11; M.a-ywcptvo,), 71"E(!Xl'O'lfff(!05 ( "- ~QH· 1rl>.0te-yos, h&ero,), &>.i&ETos, -yv~.~1rm/ì) JLfhav&Hosxo:, Xa-yw,pòvos ..'Exrel.otQ')'OS Kll'Àftrai xa1 h&Eròs• o},.,fì'li àÀuf/, rà µlv "a"à OlciJl(fTW i,rò ](oe&!(wvKOl't rnbrn hwv rois 5-ÀÀots, rwv 01 d')'m?w,,oM{v• lrÀfoKf'l'll'l ')'àe 1((1'1 N ">,>, (3 ~ ' t ' \ • rwv li' wv• ll'Q I ')'CtQ "ai'• Kll"l.rx ')'ÉV!) 11{µ1HTCJ1t Kal /!Ép.o{')(ftlrll'l·i-iraÀM)ÀWP,KCJll TWP &,rwv1(()/lTWI' ffQOXWI' Xll'l -rwv;xaxfù-rwv:'Eorto'dvror µl')',O'TOS

Respingiamo l'i?entificazione del Cuvier: ''le grand aigle à t~te bianche'', se il naturalista con,quest~ appellatl~o ha voluto indicare Haliaetus le11coèephal11s L., uccello che ·è propiio dell Amenca settentrionale. Molto probabilmente, il Cuvier è incorso nello stesso errore del Brisson ed! altri o'.""itologi che hanno confuso l'adulto di Aquila di mare (Haliaetusalbidlla) con la specie americana. All'adulto dcli' Aquila di mare (Haliaetusa/bici/la)convengono i cenni sulla statura, sul

TWV Olf'TWV Ol'ITCJIPTWV,/1,fL)

86

f
.1&,-ros presso il mare o le acque degli stagni, ove essa si ciba: •o t,' &>.iaf,-,os Kal ll'EQÌ. T~V ~aÀa770/P lì1aTQ(f3i31KaÌ T& >.,µvaia KG'!!'-

89

TEt.

Nella A.H. (619 a 4-7) si leggono, pure, osservazioni di natura morfologica, biologica ed una nota su!l'attività pre?atoria: l'Aquila ha un collo lungo e grosso, ali ricurve, un largo g_r~~pon~;dimora. presso 11mare e le coste, spesso è trascinata sul fondo del mare per l'imposs1b1htà d1 portar vta la sua preda: O3'ro, (&ll,&Eroi)o'lrxouu,, a~xfva re µ€~av xal i'axòv xa'

1l"TEQÌX lletµ11"i1ha, O~QO'lflJ')'IOJI 0€'lfÀar6• o~xovu,ò~'lfEQÌ. iJ{x'/,arrap J(O{i lrnr&s &"wa"ovrr-•.'. · ~ '>UE xa l ou uuvaµevo, 'l'EQHP irollÀotl{tSxara,PEQOPrmds (:JuiJ6v. ' Infine, Aristotele in una lunga nota (620 a 1-12), dopo aver suscitato il nostro stupore con la fa~ola dell'a_X,a~TOS,che u?cide uno dei suoi pulcini, i cui occhi, guardando fissi il sole, lacri~mo,. des~nve 11modo d1 pre~a.re: l'uccello marino, emergendo dalle onde, alla vista dell Aq~J!a, in _preda al terror~, s1 rituffa per riemergere altrove; ma 1'&>..,cferoslo persegue finch~ ( acq~atico non soffochi o non possa essere raggiunto sulla superficie delle acque. Gli uccel!1 m sciame, aspergendo con colpi d'ala l'Aquila, ne impediscono ogni movimento aggressivo. Plinio (10,8), differenziandosi in alcuni cenni dalla A.H., dapprima accenna all'acutezza della vista dell' haliaetus,poi all'abitudine di predare i pesci in mare: Superesthaliaetus,claris-

sima ocuforum acle, libransex alto sese uisoquein maripisceproecepsin eum ruens et discussis pectore aquis rapiens. . ~ 'autore latino, non co?os~endo, forse, la specie, che descriveva, oppure non interpretando giustamente le osservaz1om aristoteliche o, meglio, seguendo pedestramente un manuale 77 zoologico , disegna (10,9) l'attività predatoria dell'anataria,classificata nella N.H. al terzo posto_, ~ella A.H ..al s~condo; ma_le }nformazioni di Plinio sono confuse, si mal disposte che non s1nesce a capire dt quale specie, m realtà, Egli voglia dare la descrizione. Infatti, se esaminiamo parallelamente il cenno aristotelico del 620 a 5-12, in cui è rappresentato l'&>,i&erosnel1~sue cacce, e la notizia pli.niana del 10,9 constatiamo divergenze di rappresentazioni, poiché diverse sono le specie descntte; ma, soprattutto, notiamo come Plinio riferisca all' anataria( = morphn~s, percnus, plangus) le osservazioni, che Aristotele aveva effettuate sull' &>,,&Eros. Ad es., 11cenno su llla, quam tertiamfecimus, cioè sull' anataria:haec causagregatimauibus natandi, quiapfures simul non infestanturrespersuplnnarum occaecantesripete la notizia della A.H. ~20 a ll-12) sull'Aquila &ll{mros: lxiJQ6msò' o~x htXELQEi'•éalvovum -yà,i l,7rE·,i6-. XOVUt

TC-.ax,sllCtTCt.~Lirxd'i"')'t(>611out .--c1~ x;j11c:it~E aL~{s•pl• Oearme»o~ ...-GXÀ&Jtu, ~,"(ft ~ 'AQtO'f(Jf(Àf)S q"'T ,, ')JQ~" xa~ Ile! 'A .• a ' À • • .,. ' .. >,.{,yoooi' -y, xa, rauoou u·,nu-fO'u«I au10P ,,, , ')'tOfM~ crtTw, ltvac s-t1rcurturm, Na1 . ·••Tuminodos taurosaggrcdicndinarrat.Pati:1Aclianum_sua 1. G.SCHNEIDER (Comm., Il, I'· 148)giustamente osserva.

93

Ii !·1

I : !'

.',.

non ab ipso Philosopho acccpissc, scd a recenliore aliquo scripta re. qui nomina recentiortt anliguis s11bslirnera1.Is praete-

reo. quacArlstotelesde u11Jvcrso nquilarumgenerenarraverat,ad unam1111a-i"ov velxauamErovspeciem,re1ulit.hacc~ciliceL: hfQf~fl b"tvE/3QoV, ktì:Ì.~u-y~s >fÙl~ÀW,ruuf Ju:rl rd >.01ir& e1c. AccipiLJcm burte(uy habct Arislotelcs, aquilam practer Aclianum ncmo noinìnnuit''. Op. cit., p, 109, § 8, n. 3. Op. clt., p. 634, 11. 6. Op. ,•/f., 111,p, 186 Op, cli., p. 86. È possibile che gli antichi empiricamente dhtingue~sero varìc spede o s11bspeciè'di Aquila rl!ale: ~i mma, invero, di una sola specie, per cui altre forme o tipi potrebbero clscrc stati desunti jnçonsapcvolmcntc dalle diverse fasl di piumaggio, che avrebbero fatto anch.e pensare a possibili incroci. Sull'incrocio dei RapY.ci.cf. F. CAPPONl, Gli Accipilles nellasisrema1icapliniana, in "Giornale lla/ia110di Filologia" (in memoriam E. V. MARMORALE), XX, Napoli (1967), 1, p. 83. 64 Comm., l, p. 586. 65 Ad Vili, 5,1 ~ 592b 5-6, p. 460, 66 Op. ci't., p. 385, n. 7. 67 Op. c/1., p. 434, 68 Cf. B. ARRIGONI DBGLI ODDI, Orni/. Ila/., pp. 388-389. 69 Cf. J, ANDRÉ, op, cii., p. ll5, s,v. ossifraga, Ripetiamo che il solo nome della "lingua nazionale", che noi apprendiamo dalle liste presentate dagli ornitologi italian.i1 può indurci facJimente all'errore: sarebbe opportuno che il nome della specie o subspecie in lingua nazionale fosse sempre accompagnato dal nome scientifico. 70 Per le dimensioni dcli' Aquila reale e del!' Aquila di mare, cf, G, MARTORELLI, op. cit., pp. 426~ 438. 71 Cf. E. DE SAINT-DENIS, op. cli., p. JJ0, § 11, n. I e 2; J. ANDRÉ, op. cii., p. 115: "ossifroga auis (Marcellus, M,d, 26,70); le correspon.,&Eros",è "le balbuzard pecheur (Pandion hafiaetus)".

t cr. s.v. aquìla:haliaetur:identificazione. 2 Op. cii., p, 33.

ARDEA, -AE, f. Il nome ha lo stesso valore del diminutivo ardiola.Gli antichi derivano ardea da alduus: Isid., Or., 12,7,21: Ardea uocata quasi ardua, id est propter altos uofatus. Lucan,us,(5,554): I Quodque ausa uolareArdea; I Seru., ad Verg., Georg., 1, 365: ardeadieta quasiardua, quae, cum altius uofauerìt,significai • . • tempestatem 1• L'etimologia degli antichi autori è, certamente, errata. Oggi, s1 paragona la voce latina ar2 dea al v. isl. arta ( = specie di Anatide), al serb. r6da ("' Cicogna ), Le forme artèna, ardènnadei dialetti italiani, citate dal Thompson 3,ed ancora _artèra,arlènna sono ancora oggi usate nell'Italia settentrionale (artena, ardenna), nell'Itaha centrale (artèra)e nell'Italia meridionale (artènna)per indicare la Berta maggiore (Puj/inus kuh/ii kuh-

È una specie di Aquila, secondo fonti non aristoteliche. Plinio (10, 11), infatti, scrive: Quidam adiciunt genus aquifae, quam barbalam uocant, Tusci uero ossijragam. li Rapace pare essere la ,p/2v?/ dei Greci ed è identificata col "Gipaeto".(Gypae1us barbatus

/ii Boie 4. · La voce greca è ~Q'l'6,6r: Bucher., lnstr., 2,p. 157,13; C.G.L., 3,258,3: 'EQ6i6r ardea; , 5 , 1 ·'I 3,435,57: S,340,10, S,615,35 . . . I testi latini, in cui la voce ardeaè stata usata, non hanno un valore ornitologico sufficien6 't 'i te per stabilire se ardea significhi una specie o il Gen. Ardea L. • Plinio (18 363) osserva l'ardea, presaga di tempeste, in mediis harenis. Virgilio (Georg., 1, 364-365),citato da Seneca (nat., 7,28,1), accenna all'habitat ed alvo·lo:

94

95

AQVILA BARBATA

... notasquepaludes deseritatque a/tam supra uolat ardea nubem. Lucano (5,554) rappresenta l'ardea nei suoi alti voli, poiché essa evita di sfiorare la superficie delle acque:

ardeasublimispinnae conjisa natanti. Avieno (Arai., 1716-1717) osserva l'ardea nel suo alto volo, mentre raggiunge con gridi il suo ambiente:

cum procerasalum repetit < e> /angorefrequenti ardea.. . ·Senza alcun senso ornitico è la notizia che leggiamo nei Gramm. suppi.: uu/turardea • .. quae cum sint promiscui sexus nec uultura nec ardens. .. dicere potueris.

1 È, però, abitudinedegUAlronivolarelentamente,maenosie aJtissimi! Cf, A, WALDE • I. 8. HOFMANN, op.cii., I, p. 64, s.v. ardea; A. ERNOUT- A. MEILLET, op. rii., p, 45; J, AN• DRÉ, ap, cii., p. 33. l Op. cli., Il· 104:le..1,o,,/l. 4 cr. B. ARRIOONI DEQl.,I ODDI, Ornlt. lta/,, p. 579. 5 cr. J. ANDRÉ, op. cli,, p. 33. 6 Per la discussionedelle osservazionisun•ucccllochiamatoin linguagreca\ew.ijs,rÀOKaµos,8>.>.on 6'/:,u,rfe TU ~ouTevxos &,r11we11rm. Crediamo che si debba classificare tra le ardiolae o gli lewoiol (Ar., A.H., 617 a ~-1 I) anche l'Airone chiamato 'll'wii-yl; " · Non siamo dell'opinione che l'uccello chiamato Àeuxeewo1Js(A.H., 593 b 2) debba considerarsi una varietà di lqwo16s, perché esso è distinto dagli Aironi 5, soprattutto per i suoi caratteri morfologici (ilJid., I. 2-3: lun o'o~Tosro'µf-yu1oshdvov l>.&nwP,xà, lxu rd eu-yxos 'll'Àar~xat /!.o,;Plin., 10,207:amici. .. cornix e/ ardil!{a.econlm . uolpium genus communibus inimicitiis). Riteniamo, tuttavia, che il filosofo greco e~ il naturalista latino abbiano limitato le inimicizie contro l'Airone ali' Aquila, al Falco di padùle (Circus aeruginosus) probabilmente (d. A.H., 609 b 27: x6'Quoos)ed al Nibbio bruno (Milvus migrans migrans Bodd. [A.H., 609 a 30-31; Plin., 10,2041).

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1i

'il

I

1:

Escludiamo, secondo le nostre esperienze, i movimenti ,rinimicìzia dell' A. ç. cinereacon la Volpe, che Aristotele (A.H., 609 b 26-27) e Plinio (10,207) avrebbero osservati.

Jldiminu1i'llo1101\ di\ un scnsoornitolog,ico diversodel primi1ivoartka. nster}astdd. e\" Aris1.•· suusperiascodd, ALUERTOaucsta che il nome suosperin~icherebbc,secondo alcuni, la prima spedi: ,.ayJ1oev,por, µE>,.avr'Jç 1,f .. I J. André alla domanda se atricapilla,nome indicante dei Paridi dal pileo nero, sia veramente un calco del gr, µE'>..ayKoQv,por, appellativo delle Cince, risponde: "Ce serait un calque ne signifie ni «cheveu» ni «aigrctte», mais «sommet de la bien approximatif, puisque XOQV,P~ t@tel>,et que aler(pour niger)dénonce une forme assez ancìenne". L'accenno di P. Fcsto al carattere morfologico (pileo nero) non è sufficiente per identificare con certezza l'atricopilla.Anche le osservazioni sul µE>.a-yxoev,por, trasmesse da Aristotele (A.H,, 632 b 31 • 633 a 5; 616 b 3-6) e da Plinio (10,86; 10,165) non ci fanno uscire dal dubbio se col nome greco si indicasse la subspecie Sy/via arricapillaatricapil/aL. o una specie del Gen. Parus L. od anche tutto il "gruppo" dei Paridi 2.

Op, cii., pp. 441-443. Cf, F. CAPPONI, A •ifa11nonella,lieinn,lotre, tttl milo, in Ln1011111s. XXXVI (1977), pp. 441413.

ATTAGEN, -ENIS, m. Imprestito dal gr. brra-y½v, il nome ha il gen. pi. ac1agenumin Oribasio, Syn., 4,3 La; è pure attestata la forma attagéna,-ae, f., "métaplasme sur l'accr.·l.11ayìjvo,; forme plus fréq1,1en-1. te, populaire d'après Porphyrion ad Hor., Epod. 2,54, attestée depuis Varron, Men. 403" 1•

l02

Costumi e Abitudini. Aristotele (A.H., 633 a 30- 633 b 2) descrive le abitudini dell'uccello in un ambiente comune ad altre specie terragnòle. Infatti, il filosofo asserisce che tutti gli uccelli, i quali non volano e sono terragnòli, amano avvoltolarsi nella polvere, come la Gallina, la Pernice, l'lrrra-y~v, l'Allodola, il Fagiano: 8ooL/lÈVµ~ 11'T'f/TtHoÌ h~ h[,,ELot, Kov1on1.. Lo Scolio di Aristofane ( Vesp., 257) attesta l'osservazione sulla frequenza dcli' &rm-yas in i>,.EuL xaì 11''//À~oeo, r61ro,r xat luoghi palustri e fangosi: '0 &rrcrycxr~Qve6v ~on TEQ'lrO/lEvov

rl>.µaou>,11,,~µe'it ,Pa{l,f.P ~rrayijva 6 • L'lrrra-y~v ha un volo pesante, per quanto possiamo intendere dalla notizia di Alessandro di Mindo (ap. Athen., 387 f); ,'J'IIQEVrnL ti tir~ Hvvrnwv òià 'l'Ò{JfxQosxà, ryv rwv 1rnewv fJeaxGrErn (cf. Dionys., Ixeut., 3,10 = 42,15-18 A. Garzya). Alessandro di Mindo (ibid.) attribuisce all',hm-y~v le seguenti caratteristiche: n>..vrEx-

vor. •.

ll'aÌ.

u,reeµò}..o-yor.

Grido. Eliano (4.42), citando Aristofane, afferma che l'uccello, per quanto gli è possibile, dice il suo nome e canta: oòros TÒ'lòtov 1>voµa oi'Jfvu .>.os non ci è possibile stabilire se il nome indichi una specie o un gruppo di Alaudidae.

Op. cit., p. 44. cr. von WARTllURG, F.E. I, p. 253. ·Cf. ades:\ "Merdàro"( = G'.c.Cfij-Ul/11), "'Merdolina"(= _L.a.ttrborea},nomi ui,a(ineU'11illiaçcntrale;d. E..i\lUUGO8 NI DEGLI ODDl, Orn. //.auµlvwv ò 1-1ir &ee1w u,µ& Tf ]((Xt l>.&TTOP(X rji Clll/,1/,lfT(/r~ T(/. )(aTtryQa,poç•,, . Pq771')5' ~xouut oÈ ol &eriofS QV'YX'I·•. tun ol xa1 &>.>.o -y/voç{Joux&owpJ.l.arrovlì~ x1111aÀW11'fXOS',

Aristotele (A.il., 593 b 17-18) sembra osservare una sola specie, che, sebbene sia minore in statura, è, tuttavia simile alla vl)n71;, .. (JoOJms,llµoios µ.fv vijrry, 1ò µl-yd)os !>.&nwv• D'Arcy W. Thompson I identifica l'Anatide di Alessandro di Mindo con l'Anas crecca, Anas querquedula, le più piccole del Gen. A11as., J. André 2 suppone che boscas indichi, pure, altre specie o varietà selvatiche, come dimostrerebbero le forme elci vernacoli italiani: "busciu", "bisciu", nomi dell'Aythya ferina. Dalla descrizione, che leggiamo in Ateneo (xD!rti-yea,posindicherebbe il pelta della prima specie punteggiato da macchie ovali nere) e, in partic?lare,_ dal~'~sserva.~ione.d!Al~ssandro di Mindo sulla caratteristica del becco arrotondato e p1ccolo deriviamo 11dcnuf1cazt0nc: Anas c:reccacreccaL. ( = Querquedulacrecca,Nellion crecca,Nellium creccadegli Autori). Poiché il becco di questa Anatra non va gradatamente restringendosi verso l'apice, la subspecie venne posta da alcuni ornitologi in un genere distinto, il Gen. Netlion Kaup. II becco appare più piccolo a causa del collo alto, che vedesi più rialzato per una specie di , cresta 3 • Anche la. (Joux&sdi Aristotele, sebbene essa sia descritta con caratteri insufficienti,, po1 trebbe essere identificata con l' A.e. crec:ca. Più difficile è l'identificazione della seconda specie di Alessandro di Mincio, soprattutto l 4 , che ci è dato come termine di confronto, perché non conosciamo con certezza il x11ra>.w1rE~ Ma se in verità nella notizia di Alessandro Mindio x1111aÀw1H~ è da identificars( con l' A lopoche~ a~gyptiacu;,potremmo proporre, come probabile, l'identificazione: Casarcaferrugin~a Pali. ( =Casarcacasarcao C. rutila degli Autori) ed anche Tadorna tadorna L.; queste specie, però, sembrano descritte da Aristotele con il nome X1JPOvisivo, lo sguardo si fa più acuto sicché l'uccello, nei suoi movimenti istintivi di aggressione e di difesa, perc~pisce lo spazio che è tra sé e l'oggetto nonché le reali figure dei corpi. ' . D~r.ante il gi~rno, il B. b. bubo rimane immobile nei propri rirugi (cf. ignauus delle Met. d1 Ov1d10, aggetllvo che non sembra sia stato compreso da D' Arcy W. Thompson 9 , sebbene sia spiegato dal cenno isidoriano: graui semper detenfa pigrìtia), nelle boscaglie dei monti nelle grotte, negli edifizi in rovina, dai quali fugge solo se è aggredito. Qualche volta si stabilisce nei grandi edifici delle città 10, per cui può essere vera l'osservazione riferita da Plinio sull'accidentale presenza del Gufo reale nel santuario del Campidoglio, la quale avrebbe determinato la purificazione di Roma. Ci è difficile spiegare il comportamento della subspecie B. b. bubo in volo. Abbiamo personalmente osservato il suo volo rapido e silenzioso; volando, il Gufo reale, talvolta, non si alza molto da terra, agita con forza continua le ali nel volo di ascesa e in senso orizzontale· talaltra si eleva a grandi altezze e le ali nella discesa sulla preda sono tenute immobili. ' Quando la giornata cade al termine, il grido è veramente lugubre, cupo e sinistro: esso suscita orro~e e surerstizione tra gli uomini semplici 11, Il noctis monstrum, in tutti i tempi, per 11suo gemito ed II suo aspetto, è stato tenuto, soprattutto, come nunzio di morte e di lutto. Ma Plinio, ed a ragione, perché, al 10,35, dimostra di essere osservatore, nega l'opinione comunemente accettata. Infine, domandiamoci se sia vera l'osserl'azione di Hilas sulla cova e schiusa delle uova. Non possiamo far altro che lasciare la responsabilità della notizia dell'autore di Plinio e rimproverare allo scrittore della N.H. di non essersi opposto alla favola, tanto più che lo stesso Pli,nio rit~rrà stra?rdinario vedere individui adulti di bubo. Questi uccelli, infatti, abitano gli alti monti boscosi e, raramente, la pianura ricoperta di alberi.

n. l. 5 D'ARCV W. THOMPSON (op. cii., pp, 66-67) al riguardo riporta i seguenti cenni; VERO., Aen., 4,462; OV., Mel,, S,550; l0,453; 16,191; PLIN., 10(12) 16: LUC., 5,596; SEN,, H.F. 687; CI.AUD., E111r.,2,401; STAT,, Theb., 3,467; Carm. Pllilom., 42. !S10. (Or., 12,7 ,39) dice: Den/q11eap11duug11r,sma/11111 portendere (bubo)fertur. cr., ancora, E.

. . Cf. A. WALDE • J.B. HOFMANN, l.E.W. 3 ,1, p. l 19; A. ERNOUT - A. MEILLET, DELL 4 , p. 77; H. FRISK, GEW, I, p. 275; J, ANDRE, op. cii., p. 45. 11grido è un forte e profondo uuhu•uhu-uhu".

120

c.

DE SAINT-DENIS, op. cii., p, 117, § 34, n, 3. 6 Cf. D'ARCV W. THOMPSON, op. cii., p, 66; J, TRICOT, op. cii., p. 520, n. 4; E. DE SAINT-DENtS, op, cii., p, 45,

7 Compariamo le dimensioni del Gufo reale alla statura de1J•o11,sc dell'Aquila: l) 01(/0 reale: lunghe,za cm. 60-68, ala cm. 43-49, apertura alare cm. 145-170, coda cm. 24-29, peso gr. 1200-3050 (cl. E, ARRIGONI DEGLI 00Dl, Omit. Ilo(., p. 356; G. MARTORllLU, op. cli., p. 492): 2) Grifo comune: lunghezza cm. 35-36, ala cm. 27,8-30,9, apertura alare cm. 88-100, coda cm, 14-lS, peso gr. 210-349 (cf:E, ARRIGONt DEGLI ODDl, Orn/1, Ila/., p, 360; G. MARTORELLI, op. c/1,, p. 502); J) Oufo dipadù/e: lunghezza cm. 36-39, ala cm. 29-33. apertura alare cm. 105·115, coda cm. 14-16, Jl"SO gr. 270-425 (cf. E. ARRIGONI DEGLI ODDI, Orni/, !tal., p. 361; G. MARTORELLI, op. cii., p. 505); 4) Aquila reale: lunghezza cm. 88-100, ala cm. 60-70, apertura alare cm. 200-250, coda cm, 33-38, peso gr. 3000-6600 (cf. E. ARRIGONI DEGLI ODDI, Omit. Ila/., p, 397; G. MARTORELLI, op. cii., p, 426. 8 Abbiamo personalmente esperimentalo le facoltà visivcrindicarel'Ano, dago111a. ' ·• p. 14), ma r11eruamoprobabile che aafeVOI.'< ooivi piuttosto

CAPO, -ONIS, m.

portamento, nel nutrirsi, ad un so.lo mammifero (dl~ = capra),non autorizza a ritenere che le forme dei vernacoli composte dalla voce-voce, -vacheindichino specie diverse dall'efi-yot?~>,,c:u

= caprimulgus. Aristotele (A.H., 618 b 2-4) definisce la statura: TÒò~ /WfEl?os 11orr6,pov,.~,, µ,xeij, µ.dfwv, ~6xx1yYosll f),.&TTwv. Morfologia.

Il cenno di Plinio (10,115) è più impreciso della notizia di Aristotele, perché l'autore latino trascura la comparazione della taglia del caprimulguscon il volume del coccyx. Nell'ed. del Saint-Denis si legge: Caprimulgiappellantur,grandiorismerulaeaspectu.La nota già lacunosa, in origine, rispetto all'osservazione aristotelica nei limiti della definizione della statura, ci sarebbe giunta corrotta. Infatti, ex A risi. dovremmo leggere: Caprimulgiappellantur,grandiores merula; quindi, retlificando la punteggiatura e correggendo /ures con /uris, proporremmo di legger.e in luogo di aspectu,/ures noc1urni:"aspec/U/uris noc/urni", poiché il Capr(mu/gussi assomiglia e nell'aspetto e nelle abitudini ad un Rapace notturno. La vista secondo il filosofo (A.H., 618 b 8-9), mancherebbe di acutezza, durante il giorno: "Eun ll' obxb~uw1ròsrijs ;Jµ.ÉQa•,à),.),.lxrijs vv11TÒs (3>-.i?re,. Plinio (ibid.) ripete la stessa osservazione: interdiuenim uisu carent, premettendo al cenno: furis nocturni, secondo la nostra lezione congetturale o Jures nocturni dei codd., espressione, che, come abbiamo già detto, riguarda le reali abitudini della specie.

"Cappone" L f · · · - · . 1Il( nome f C indica . · a orma intensiva m -o, -onis non è attestata prima di M ;'.~ \;e;u,;:~r~~/ ,?LK, 103;~6: capo diciturnunc sed Varrode Sermone latino (/rg. lOS ~: . . ~x go o_ga,.maceo castratoJit capus), ma è forse antica 1.

Nidificazione. L'al-yot?~>..as depone due o tre uova ordinariamente (Ar., A.H., 618 b 4-5): nxm i,ÈP otv ~ òvo';, TQia rò r>,,e,urov); questa nota importantissima è dimenticata da Plinio.

po Senza d~bb~o,

Costumi e Abitudini. L'uccello, che ha un carattere indolente, come si pen~va dei Rapaci notturni (Ar., A.H., 618 b 5: TÌl ò' ;D6s ~un (3)..axmh), abita sui monti (ibid., I. 2-3): 'O òÈ xa)..06µ,evoiaÌ-yot?~>..asfoTì µ1v beuvos;l'habitat è trascurato da Plinio cosi come il carattere indolente 5. Le abitudini notturne sono espressamente indicate, come abbiamo sopra rilevato, dal cenno furis o /ures nocturni. Oli autori Greci e Latini sono concordi nella credenza che l'uccello si cibi del latte delle capre. Aristotele (ibid., I. 5-8), però, prudentemente, dubita delle conseguenze sublte dal mammifero: l'aridità della mammella e la cecità: 011MtE1 & ràs al-yas reou11u6µe11os..• • ~aul ll' 'orav {}11>,,fxa'[! ròv µaon,v, 'a1roa(3~vvvo{}a, TExaì T?)Vtl,,"(a1:.,roru,p)..oi.iat?at(cf. A.e},.,3,39; Dionys., 1,15 = 11,18-12,3 Garzya 6). Plinio (10,115) sembra imitare -Aristotele senza essere critico o, per lo meno, dubbioso circa il contenuto della notizia che trascrive:, intrant pasto-

t•

IO Marziale (3,58,38), poiché la prima sillaba è lunga bisogna leggere cap , ~ocngemm~,zione espressiva, come viene indicato dalle forme romanZ:: derivate 2 Le form 11• appone fr "Chapon" suppong * 3 J 4 • e prestito dal gre~o ~&irwv(Glossari). ono cappo · · A ndré aggiunge che la voce è im-

Nel senso di "Gallo"

ca- ·

d

p/exu quemadmodum gal:,. 'PO~ usato ~blreneo (2, 12,4): uti. .. generentsine alteriuscom,mae sme capom us 5. cr. A. ERNOUT-A. 2

MBILLET Op cii p 98 s v J ba maceratasanguinecoponum-'APic·~ 3··,.,•,,:e ·,~pus. l gen. plur, caponumè attestalo in PALL., R.R., 12,1,3;FaCC.M.L., § 16'1I. • ·• • . u,1.as: "Suceur de chè~ vre, Tette-Chèvre", non pare essere sicuro dell'identificazione dell'uccello; ricorda, quindi, la traduzione del Littré 8: engoulevent(Caprimulguseuropaeus)e dello Scaligero: "effraye" o "frasaie" 9 • Lo Scaligero IÒafferma: "Qui hanc avem esse putant, quae a Gallis ef/raye etfressaye, a Vasconibus bresaga,quasipraesaga,(nam et inauspicatissimi ominis vulgo habetur,) dicitur, suis satis firmis utuntur coniecturis. At maiore audacia, ne dicam temeritate, moventur, strigem audeant asserere. -Montanani esse avem ait Aristoteles. Atfresaia Gallorù~ ~I in opis turrium, etiam in quercuum cavis nidificai". . 1 Non accettiamo l'identificazione: "effraye; fressaye" ( = Tyto alba alba Sco~·. \= Strix flammea degli Autori) 11 soprattutto per le seguenti ragioni: l) la subspecie T.a. alba frequenta le campagne: questo habitat non spiega sufficientemente la nicchia ecologica osservata da Aristotele (monti); ,

cum

126

127

2) d'accordo con J. André 12, sosteniamo che il nome greco e latino è già sufficiente per identificare l'uccello descritto da Aristotele e da Plinio con il Capri111ulg11s europaeuseuropaeus L.; 3) la iunctura "furis noctumi" di Plinio, che potrebbe indurre alla ricerca della identificazione tra i Rapaci notturni, invita a considerare se il caprimulgus fosse anticamente ritenuto uno Strigide; è probabile che i Romani vedessero nel caprimulgus una certa su11affinità con i Rapaci notturni; infatti il Caprimulgus europaeus europaeus rassomiglia nel piumaggio ali' Assiolo. Ma è appunto da tale affinità che Plinio avrebbe desunto la precisazione: aspectufuris noctumi senza classificare la subspecie C. e. europaeus nel gruppo delle Strigidae. L'identificazione C. e. europaeusè, certamente, documentata dalle osservazioni degli autori greci e latini. I nomi ai-yol1~Àaf = caprimulgus, come le forme dei vernacoli italiani, traggono la loro origine dalla leggenda, che si fonda sull'osservazione, dapprima reale e poi falsificata, della frequenza dell'uc_cello, durante le ore notturne, nei cl)iusi degli animali domestici_, sia capre, sia mucche, per cacciare gli insetti, che sono più abbondanti a causa della presenza dei mammìferi. La forma singolare della bocca, che si dilata facilmente, ha valso l'attribuzione alla subspecie del nome fr. engouleve11t 13. li C. e. europaeus ha la statura descritta da Aristotele (A.H., 618 b 2-4) e da Plinio (10,115) 14• Anche l'habitat e le abitudini, che leggiamo negli antichi autori (cf. supra) corrispondono alle attuali esperienze. L'abitazione del C. e. europaeus è sita sulle colline coperte da scopicci, nelle foreste sino a m. 1.500. Durante il giorno, il C. e. europaeus sta a terra, accovacciato sopra una pietra o sul suolo scoperto o su un ramo in senso longitudinale; non si muove (cf. l'aristotelico (3>..a,w,os),se non gli si passa vicino; malgrado la luce, vola rapidamente con frequenti giravolte e battu.te d'ali nella densa bÒscaglia. Svolge, però, la sua attività durante la notte, anche se il Martorelli 15 ha osservato il Succiacapre assalire le sue prede nella giornata rimanendo fra i rami, poiché, sempre secondo le esperienze dell'ornitologo italiano, l'uccello non sempre dorme, essendo stato visto con gli occhi aperti. Per la qual cosa, gli individui della subspecie C. e. europaeus non uisu careni. La notizia aristotelica sulla nidificazione (618 b 4-5) è esatta: il C. e. europaeus depone due uova, anche tre o quattro, in una depressione del terreno: le uova.sono di un colore bianco con macchie grigio-rossicce, le quali, mimetizzando i ciottoli, sfuggono alla vista 16• Da quanto abbiamo sopra esposto e discusso non è possibile dedurre altra identificazione · se non quella da noi proposta· 17•

I Op. cii., p. 48, ~

Ll!W.,pp,

157-158

'Y cr. E. ARRJGONI DEOLI ODO1, Omlt,

Ira/., pp, 322-323,

m ,, I g u s, , , m'drm,r.la p.arola ha il valore dì ••çapraio 11 ; J. ANDKE (op. .ovQot)nel modo seguente (Baruch, 6,21): (su,;,a corpus eorum [scii. idolorum], et supra caput eorum uolant noctuae, et hirundines,et aues etiam ò&PEI

similiter et cattae.

,

Il contesto pare suggerire che il nome catta = dlXot1Qosindichi un uccello. Ed il problema se calla possa essere un uccello può avere un senso I) perché precede i nomi degli animali il verbo uolont,·2) perché cattoe deve significare individui di una specie dell'avifauna in Marziale (13,69,1); 3) perché la base greca cli>.oveossecondo Ernout-Meillet 10 significherebbe la "hoche-queue", cioé la Cutrettola. · J. Phelps 11, il cui pensiero è riportato da J. André 12, accosta cotta alla glossa di Esichio x&nos• ll11vuxa1 ot &XexrQv&vHxòrroi 6,~ ròv h·l ry x,11>0:>-rt M11>0J1, immaginando che la lezione genuina .x61101"Galli", intesa come x&roi "Gatti", èosse sostituita dalla voce cl!ilovQo.ovQos, di certo tradotta con catfa. A parte l'equazione stabilita da Ernout-Meillet, che per noi non ha alclln valore finché non sarà documentata, clt>.ov11os in greco è il "gatto" e non un ''uccello'': cf., infatti, Evagrio Ecci. Hist., 6, 23: o lié l',pl) a~ÀOVQOV ervm, lìv xa'TTO'.P ~ OVl'~~HO'. hl'YEI14• · • E per la precisione, abbiamo ricercato se v'era vestigio di un testo ebraico con parola che significasse una specie dell'avifauna, ma la nostra ricerca è stata vana. Ci siamo, pure, proposti il problema se il "Gatto" fosse allora, conosciuto. Poiché la cosidetll\, "Lettera di Geremia'.' deve essere una tardissima produzione del periodo romano, poteva: in quel tempo, la bestia essere già conosciuta negli ambienti cananei, aramaici, mesopotamici, nei quali·, del resto, fu sempre ignota, se vi manca anche il nome. ( = volano sopra, considunt in) fa Tornando al ~esto greco, è certo che il verbo ~'l'f'll'Tavro:, pensare ad uccelli ed è altrettanto certo che i Gatti, tanto ·più se sono selvatici, non amano i luoghi chiusi come i templi degli idoli e tanto meno sogliono, come gli uccelli, fedare le statue. Ma tutto ciò non ci pare che debba sforzare a dare ad o:TXoueosil senso di "uccello", se tale valore non è documentato da altra fonte con una certa probabilità 15• A. Vaccari nella sua versione della Bibbia 16 traduce: "sul loro corpo e sulla testa volano i pipistrelli, le rondini, e gli altri uccelli; il simile fanno anche i gatti". e in nota osserva: "Molti moderni, aspettandosi un nome di uccello, sospettano di qualche errore di trascrizione o di traduzione". ' Osserviamo, però, che tale sospetto è poco ragionevole: quando si è già detto "gli altri uc-

140

''

I

I

I Oj,. cii., p. SO• 84. . 2 ORIBAS., Syn., 4.3 Aa: gal/ularum (vac. gn,1/ularum;= gr . .li,roy~•.,,J; Syn., 4, 16 Aa: perdlces,gal/ulas(var. gan/u• /as; ~ gr. t.mi-yijm); Sy11.,9, cap. add., 1or1on,s,goltu/as,plpion,s; cf. J. ANDRÉ!, op cii., p. 84. 3 Cf. J. ANDRÉ, lbld., I>•SO. 4 !biti. S Segnaliamo che I. ANDRll (ibid., p. 116, ,. v. pahtmbar/s)ammette un errore di interprelazione di Oribasio: il traduttore avrebbe confuso li Colombo domestico con il Colombaccio. Ora, ,e Orlbaslo erra neHa definizione di specie di faclle osservazione, come può egli essere la certa lestimonianz.a di identificazione di uca,lli, sulle cui abitudini non si constatano

osservazioniunanimi? 6 L'uso di questé forme è conservato nell'Italia settentrionale; cf. I!. ARRJGONI Dl!GLI ODDI, Orn. /tal., pp. 463,465. 7 Questo non1e è usato nell'Italia setJenlrionale; cf. B. ARRlçlONI Dl!OLI ODDI, ibid., p. 721. . 8 li nome è in uso nell'Italia meridionale (Dari); cf. B. ARRIOONI DEGLI ODDI, ibid., p. 595. . ' "J 9 È forma usata nell'llalia meridionale; cf. E. ARRIOONI DEGLI ODDJ, /bid., p. 594.

,.v.

IO Op. cli., p. 106, collus. Il Latlnculla 'klndQfbird', Language,Vll, 1931, pp. 2S4-2SB. 12 Op, cii., p. 50. · 13 lbld., p. SI. 14 Cf. J. ANDRll, lbid., p. 50. IS Si potrebbe formulare l'Ipotesi che il nome.roç4• Plinio (10,144) qualifica le uova con la iunctura: r u b r i e o I or i s, ut. . , cenchridi. Cibo. Secondo Aristotele (A.H., 593 b 29 - 594 a 2) i Rapaci non bevono, eccetto un piccolò numero di specie e raramente; tra queste è la 1t.i,oua,v, o~ oÈ d/i?uw.v. Hcsychius aggiunge altre identificazioni: x~f• b >.aQoi xarèx 1A7r{wva• )..[-yaat lìÈ l!ai o: oÈ xÉ1r,pov• ot oÈ om,p{QOVTCiòtÀÀ~ÀWPI. Apollod., 28, ad Lucian., 1,178 2 afferma che il nome x~v( indica il maschio dell'&huc!iv

CHARADIUVS, -1,

m.

)(Olll1J(,nvÈs xaì a'!i?utaV lnootooau,v,

o lo stesso 111JQ6Àos. 1 Dionisio (lxeut., 2,7 = 29,19-30,5 Garzya) chiama con jl nome xijii~ la femmina dell Ò,..S,,.,.,f indicasse propriamente la Volpoca (Tadorna tadorna L. = T. cornuta, T. belonii degli Autori), che è diffusa in tutta l'Europa e, forse anche, la congenere Casarca (Casarcaferruginea Pali. - Casarcacasarcao C. rutila degli Au-

150

CHENEROS, -OTIS, f.

Plinio (10,56) adotta un nome greco, che; originariamente, doveva designare un'Oca di comparsa nell'Europa mediterranea, per indicare un anser della Britannia. La voce • x11v~gwrnon è attestata. Plinio classifica la specie tra le Oche, ne dice la statura, comparandola alla taglia dell' anser, ne afferma la bontà delle carni: Anserini generissunt . .. et, quibus lautioresepulaiinon

nouit Britannia, chenerotes,fere ansere minores.

·

i

Discussione. Il Cuvier I propone l'identificazione: "souchet" ( = Anas clypeata L.) Il Tompson 2 si limita a dire: "A small kind Goose ... ". / J. André 3 nega l'identificazione del Cuvier per ragioni di natura morfologica e, per motivi di distribuzione, inclina ad ammettere le seguenti identificazioni: Anser brachyrhynchus,o

Branta bernicla. D'accordo con J. André, dubitiamo della proposta del Cuvier, perché il Mestolone (Spatula c/ypeataL. = Anas clypeata),per i suoi caratteri morfologici, è un'Anitra, che non può essere confusa con gli Anseres. Non diamo, certamente, molta importanza alla nota pliniana, che riguMda la zona zoogeografica. Plinio non era in grado, e cosi tutti gli antichi ornitologi, di darci informazioni precise sulla distribuzione degli uccelli, sulla stanzialità o sulla migrazione. Plinio scrive sul cheneros, come suggerisce J. André 4, per aver attinto, probabilmente, a notitid dl qualche viaggiatore greco, il quale poteva aver osservato la presenza della chenerosin Britaimh, senza 1 't '1 conoscerne i limiti della sua diffusione, Non ci è dato di conoscere il periodo in cui la chenerosera perseguita con l'esercizio di au. cupio: l'indicazione del tempo di frequenza e di catlura nell'ambiente britannico sarebbe, forse, un elemento sufficiente per riconoscere nella chenerosuna spede di Oca, ancora oggi esi-

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-----, stenie. Infatti, la cheneros potrebbe essere una specie migratrice anziché stazionaria e cioè un anser che frequenta, nel periodo della nidificazione, la Britannia, ma, nelle migrazioni a grande raggio, l'Europa temperata ed anche meridionale. Ci si potrebbe obiettare che Plinio, se la specie fosse stata presente in ltatia anche nel periodo migratorio, non avrebbe delimitato l'habitat alla Britannia e che, se I'anser fosse appartenuto all'Europa meridionale e, più precisamente, alla Grecia, Aristotele lo avrebbe ricordato o descritto. Alla prima obiezione rispondiamo: Plinio non è un ornitologo e non ci tramanda osservazioni personali e dirette sutt'ornitofauna italiana. Sar.ebbe stato molto difficile al naturalista scrittore, che non sa discernere, troppo spesso, il vero dal falso ornitologico, descrivere anseres, rari a vedersi in Italia. Alla seconda obiezione opponiamo questo argomento: il nome greco doveva pur indicare una specie cji comparsa, anche irregolare, nell'Europa meridionale, se l'informatore di Plinio usa una voce delta nomenclatura ornitologica greca per indicare un anser dell'Europa settentrionale o supposto tale, per difetto di osservazione. Aristotele non sempre indica gli uccelli col loro nome specifico; talvolta usa una circonlocuzione che esprime una caratteristica della specie. Riferendoci ad uccelli acquatici e, per giunta, palmipedi, rileviamo che Aristotele in una elencazione di urej'avo,roon (A.H., 593 b 22-23 5), accenna al /IIKQÒ, xijv ~ &-y,Xa1'01, senza dirci il suo nome. Non crediamo, quindi, necessario limitare le nostre ricerche alle sole specie di anseres che hanno il limite della distribuzione nella Britannia. J. André 6 propone l'Anser brachyrhynchus, Oca tipica della Gran Bretagna. Dubitiamo, però, dell'identificazione per le ragioni di diffusione sovra esposta 7, anche se motivi dì carattere morfologico possono essere a sostegno dell'identificazione proposta dallo studioso francese. Crediamo, invece, molto più probabile la seconda identificazione data da J. André: Branta bernida ("" Branta bernicla bernicla L. "' Bemic/o bron/a degli Autori). L'Oca colombaccio 8 nella sua migrazione tocca la Britannia in grandissimi stuoli, specialmente le coste est e sud per raccogliersi nei bassi fondi fangosi e sabbiosi onde nutrirsi di piccole piante acquatiche. Questa specie non giunge mai, se non eccezionalmente, nella nostra penisola, in· quanto la sua comparsa è irregolare 9 , Per questa ragione la Branla bernicla, pur esséndo stata osservata nell'Europa meridionale e, probabilmente, identificata col µixela x~vo&-y,Xciio,, sarebbe stata considerata soltanto come una spede settentrionale. La Brenta berniclo ha carni prelibate e digeribili.

CHLOREVS (-El),

m.

Plinio (10,203) trascrive il gr. x>-weE~1.nome che, con il suo valore etimologico, dovrebbe indicare un uccello che abbia la livrea o una caratteristica morfologica di colore "giallastro, verdastro o verdone". Le osservazioni sono di scarsissimo rilievo e sono limitate ai movimenti di lotta interspecifica per il possesso del nutrimento. Nella notizia pliniana, coruus et chloreus (dissidenl) noclu inuicem oua exquirentes; nell'osservazione aristotelica (A.H., 609 a 6-8): (fan ..roXlµ,a) 1rw, ò'~ev[.,wv ..ro,x1X1òuxaì. Koevow,u xaì 1r11reaxaì xXweE6ç, rà -yàe l,,ò, KarwO,ovu,v ~XX~Xwv; sono pure nemici 1 ' ò'E xa1' XI\WQEV5• ' ' 'a1!'07'TfÌPtl •' ' TI/V ' 'TQV,'OVa 1, ' XI\WQEl/5 , ' (I·b'd J ., I• 25• 26) TQll,'WP -yaQ O

I Ap. E. DESAINT-DENIS, op. cìr., p. 122, § 56, n. 2. 2 Op. cii., p. 331. 3 Op. cit.. pp, l3-l4, 4 /bld. 5 Non tutte le Oche vengono in questo luogo elencate. 6 Op. di., p. 54. In llalla è specie accidentale e rara; cl. E, ARRIGONI DEGLI ODDI. Ornil. llal .. p. 493. L'Ckn colombacrio ha quesle dimensioni: hrnghezza cm. 5.7-62; ala cm. 32..36; apcnura alare crn. 100-l 15i coda c1n. 9,6-11,8; peso gr. 1.200-1. 700; Cl. E, ARRIGONI DEGLI ODDI, Ornit. /tal .. p. 497; G. MARTORELLI, op. cii., p. 317: )'Oca selvativa{Anser aristr L.) ha una statura maggiore: lungt.ezm cm. 78•98i ala cm, 42-47~5:apertura alar~ cm. 140165; coda cm. 15-17, peso gr. 2.S00-4.SOO;cf. E. ARRlv(A.H., 609 a 25-26) si desume, almeno con probabilità, che l'uccello, uccisore della Tortora, debba identificarsi in un Rapace diurno. Infatti, Aristotele, se avesse osservato l'inimicizia tra un Rapace notturno ed un uccello diurno (cf., ibid,, I. 6-8), avrebbe precisato lo spazio dì tempo, in cui le 1specie esercitano le loro ostilità (Ar.,.ibid,, I. 8-12: la J{oet5v17 aggredisce, in pieno giorno1 i nidi del.la 1 -y>.avE;la -yÀavE ruba e mangia le' uova della HOQC:,•17, nella notte). J. André 5 propone di identificare il chloreus con l'Oriolus oriolus; l'ipotesi non è suffragata dalle reali attività istintive del Rigogolo, il quale, sebbene si difenda dai Rapaci e dai mammiferi nocivi, non ha, tuttavia, né l'abitudine di cibarsi di uova, né i movimenti dì aggressione contro la Tori.ora. · Siamo propensi a proporre, come ipotesi, la seguente identificazione: "Nibbio reale" (Milvus milvus mifvus L.): questa subspecie ha un colore fulvo-gialliccio predominante: in passato, il Nibbio reale era più frequente nell'Italia meridionale, mentre, ora, viene gradatamente sostituito dal Nibbio bruno (Milvus migrans migrons Bodd.); è un uccello rapace e parassita, dannoso per la distruzione degli uccelli, L'identità chloreus = miluus, che ci sarebbe suggerita dall'osservazione del de ~ol.l deor. (2,49, 125) di Cicerone (Miluo est quoddam bellum quasi naturale cum coruo; ergo ottèr o/lerius ubicumque nac/us est ouafrangit), verrebbe negata dal cenno sulle ostilità tra il cbtuus e il milu11s,che segue immediatamente la notizia della N.H. sul chloreus (simili modo comus et . miluus, ilio proeripiente h11iccibos), di probabile fonte aristotelica (A.H., 609 a 20-22: (?roXɵ,os) hrivoç ÒÈ ;.-al xoeaf• b,pmeeirm -y?.e TOVHOQaKO.!,è reso con il Iat. uaria, uario/a, D'ARCY W. THOMPSON (op, cii., p. 251) traduce: "Goldflnch" ( = Cardue/iscardueliscarduelìsL,?). Me il testo greco tratta Indubbiamente di un uccello rf\pace o parassita. Non è improbabile che con fl'(l~}l't>.fr si inòicas$ela Noccio!ala (NuclfragacaryocataclesL.) la cui livrea -ècosparsa di maochiuue a goc:cìn o triangolari. bianche. ({oell8t,,, non può cs~ere identificato con un Alaudlde: nessuna Lodola mangia le uova. li nome designerebbe probabilmente la Ghiandaia (Gorru/us g/amlarius L.), che ha le piume, dalla fronte al vertice, lunghe, molli; erigibili a ciuffo, n(1r~a 1 ritenuto sinonimo di 11T1rtJ e 1l1ror (A.H., 609 a 30-31: 1rf1r't' 0f x«l lQùlS1r;: (rOieµor}• ià ,yàQ ~&11crrtatJ:uxa~ roli, ve:otTo1.r rou' ~Qw6ia'ìi). è erroneamente tradotto Plcusmaioro minor (cr. D\ARCY W. THOMPSON, op. cit.. p. 250), perche i Picchi non si cibano dì uova. È difficile identificare 1d1ro~,poiché l'Airone è assalito dal grand• Rapaci (Aquile: e Astote), dai Nibbi e dai Corvidi, Gazie e Ghiandaie, che depredano uova e nidiate. Se U cenno pliniano fosse stato tratto dall'osservazione della A.fl., 609 a 6-8. il nome ,r~1rQa = 1rf1rot avrebbe il suo corrispondente latino nell'appcllaUvoconms. Riteniamo che la C~vettanossa cibarsi di uova, accidentalmente cd In particolari condizioni. Poichh gli Strigidi ingoiano interi i toro pasti. quando questl non siano grandi, per rigettare le pallottole dopo la soltibilizt:azionedelte parti nutrienti mediante i succhi gastrici, è possibile che essi ingoiano anche le uova. La CiVe1ta,ad esempio, avvicinatasi al nido di uccelletti al momento della schiusa, ingoia i piccoli nati e, naturnlmente, anche i nascituri contenuti nell'uovo. Ma ciò_per quanto ci risulta dalla nostra direlta esperienza, non awerrebbe in via preferenziale, Per non accusare PLINlO di contraddizione in notizie -di falli ornitologici . di dominio comune, dovremmo fonnulare

CHLORION, -ONIS, m. Plinio (10,87) traslittera il gr. xÀwetwv del.laA.H. di Aristotele {617 a 28). Ossennzio11i, Plinio (/oc. cii.) accenna, in una brevissima nota, al colore giallo della livrea ed al viaggio migratorio: Chlorion quoque, qui totus est luteus, hieme non uisus; circasolstitia

procedit. Aristotele (A.H., 617 a 28-32) osserva il colore della veste, precisa il periodo della migrazione, definisce la statura: 'O Il~xÀwe[wv x>-weòriÀoro o'liros ròv XE-we,wv(609 b 9-10) non è un elemento utile per l'identificazione: forse, indirettamente, e cioè dal comune habitat del x~TTPV,ose del x>-wetwvpotremmo dedurre che Aristotele abbia parlato dell'O.o.orio/us. · Da quanto abbiamo sopra espost_oconcludiamo: I) chlorion è da identificarsi con l'Oriolus oriolus ol'iolus L. in Ar., A.H., 617 a 28 ed in Plin., 10,87; probabilmente al 609 b 9-10 della A.H.; 2) il x>-wQ(wvdel 616 b 11-12 della A.H. è da identificarsi, probabilmente, con la subspecie Chlorischlorismuhlei Parr .; meno probabile l'identificazione Picus viridispronus Hart. o altre forme come, ad es., la GallinulachloropuschloropusL., le quali non posseggono le caratteristiche fornite da Aristotele nelle sue osservazioni sia che gli elementi descrittivi siano esaminati nell'insieme delle notizie, sia che i cenni vengano studiati nella loro singolarità.

CICINVS, -1, m.

La forma cici11usI che è attestata nelle due versioni di Oribasio (ed. Daremberg- Bussema2 ker, Vl,19,30), Syn., 4,17 Aa, pauo, cicinus; La, pauo aut cicinus, è definita da J. André : "Cigno". · Anche se il testo corrispondente greco (Sy11.,4,17,3) ha -ro!inxwvos xaì Té;wl,,T[liwv, lo studioso francese si avvale, a documento della sua identificazione, delle glosse che assicurano la sinonimia: cicinus • 116x11os:C.G.L., 3,203,30: cicinum x6xvov; 4,318,16: cicinus olio ( = olor), nonché delle forme dell'it. ant. cecino, ven. sièzano, sard. sfsflli, clslni, ant. fr.

cisne 3 • Altre forme dei vernacoli italiani rafforzano l'interpretazione di J. André: "Ciésano, Cesèno (ltal. sett.), Sisini (Sic. 4), Aggiungiamo che il nome "Cisini" è stato esteso per indicare pure la specìe Anser anser L. 5 ,

cr. Lex Sai.,7,3 add.

4: clce110. Op. Cii.,p, S4, 3 Cf. J. ANDRÉ, ibid. con lo bibliosrafia. 4 Cf. E. ARRIGONI DEGLI ODDI, Orn. Ila/., p, 483, S Cf. E. ARRIGONIDEOLI ODDI, ibid., p. 487. l

2

CICIRRVS, -1,

m.

li nome indica il Gallo. Ernout-Meillet I si domandano: "Cognomen ou nom commun?" Assicurano che il nome è osco, conosciuto, secondo J. André 2 ''par le sur.nom du MessiusCicirrus d'Horace, Sai., 1,5,52'.' e confermato, come nome di uccello domestico, da Hesych., xtxieeos•

h1'tXTQPWV1tfxxa• ll->.e1tToe[s,xCxxos• :r>.txTeuwv.

·Cicirrusè voce onomatopeica

3

·



Op. cii., p. 119, s,v. cicirrus. 2 Op. -.weLw11. 2 Ap. SCHNEIDER, Comm., li, p, I 11. 3 I.O. SCHNEIDER (ibld., p. 23)scrivef/or/o/us, come traduiionedel gr. xXwQiw,. 4 I.O. SCHNEIDER (ibid., p. l23) commenta: "Vides confondi lusciniae (b~6o•o•) nomen et hisloriam cum narralione de chlorlone".

S Ap. SCHNEIDER, Cur. post., pp. 491-492. 6 Sulla distinzione del x~we,C, (609 a 7,25) dalla x~wer, (S92 b 17) leggiamo nelle Cur. posi, dello SCHNEIDER, p. 481: usca.liger: Alia a XÀwQf'Gsparva avicola est. Galli Verdott vocant, Itali p/rryson. Similis currucae 1 sed fusciuscula, et crassior, et rostro valenti or, Supra octavo libro x>.weì11 nominat", 7 Op. rii., Il, pp, 223-224, 8 Op. cii., p, 332; cf., pure, J, POLLARD, op, di,, p. SO. 9 lbid., p, 333. IO Op. ein immensi sciami, soprattutto prima delle migrazioni. La Ciconio nigra non è socievole, vive a coppie isolate.in luoghi appartati delle paludi o nelle ~elve bagnate da frequenti stagni. Nella migrazione questa specie è solitaria 21•

ro,ma cicu,rea è in MARCELL. M ED., 8 ,47; cf. J. ANDRÉ, up. cii., p. ss, lbid. . 3 lbid. 4 /b/d, S li suono prodollodallo scuotimentodella mascellacontrola mandibolaè espressodagli autorilatinicon t·ro1olt1te,gioe• talare (glo1tvlure), crepiwre; ,•rofa/istriaè la ciconia di PUllLIL, SYR., ap. PETRON., Sai .• 55,6,6. 11suono è '!'0!10 simile a quello delle nacchcro, CC.i 1es1iraccol1ida D'ARCY W. THOMSPON, vp, cii., p. 222; A. SAUVAOE,Erui/esde lhème$a11ima/;ers da11slopoésie Ialine,le chevol- les oiseimx,Bruxelles{197S),pp. 226-227. · ~ 6 Op. cii., pp. SS-56, · 'l I·ç_ i 7 Ci pare, però, che la lezione&;1{h:'1~Ylimhìtroppola varielà del cib-01io particolare,del Gcn. Plataleaede~Ocn.Artlnt, 8 La Cìcogna(Cìconia ciconia cicon;a L. =Cicu11iaalba degliAutori)e la Cicognanera(Cicuniu11igroL.) hanno► però, dimensionimaggioridel Cormorano: , Ph. ,-artwrubcormora11ur: lunghezzacm. 81-92;ala cm. 31-37;apcnuraalarecm. 120-148;coda cm. 16,5-18,8~peso gr. 1750-2750; cl, E, ARRIGONI DEGLI ODDI, Ornit. Ila/,, p, 562; O. MARTORELLI, op, àt., p, 379; I La

2

161 • I

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C.c. cf.rnniu: lunghcua cm. I03-130; ala Cnl, 54-65; apl'rlura ala1c cm. 190-210; coda cm. 22-26; peso gr. 2450-4000; cf. I:, ARRIGONI DEGLI 0001, Orni1. /ra/., p. 456; G. MARTORELLI, up. alil nell'ltal. Sott.; cf. E. ARR!GONI UEGLIODDI, Orn. /1.ois TWP. Mvliewv 4• t,),.,>.à rovs hxwQtovs µ.0À1{3liov irQÒs70,s 'o'lornis ireoaaeTwnm rnEE6ovrnsxarn{3éi)J.,uv,xo:'1o!frw ovv&-yHP~" rov tpopvroii rò xivvaµwp.ov. Dai raffronti dei testi latini (Plinio e Solino) e di quello aristoteiico risulta evidente che P]i: nio e Solino osservano il cinnamologusnella regione di nidificazione (Arabia), non dichiarata da Aristotele, e non accennano ad un viaggio di spostamento (migrazione o escursione) da un paese sconosciuto; Solino pare utilizzare una fonte, indipendente da Erodoto (vedi Plinio), ma vicina ad Aristotele, al riguardo del sito, ove è costruito il nido (alberì elevati, rami), e della forma di raccolta dei ramoscelli di cannella. Plinio non riferisce della nota della A.H., se non le I. 10-13: lxÀ>-à roù, hxwelovs . .. rò nvvfxµ.wp.ov. Eliano (2,34), su indicazione del figlio di Nicomaco, pensa ad un viaggio dell'uccello verso gli indiani, popolo che non conosce ove cresca la cannella portata dal volatile: xaì ròv l'Èv-:5eviv xoµ1fHP (xoµiiHv hrE'ii'!?Ev:IJernhardy;x. h,7vov: Schneider)rll lt>Ee,: Jì/(Q''Tlx rò xewµ0t µovov 1fQO(/fot1'€V1ÉQCiKI,irÀT}PTOV µlv l/eo,xos 7Ò, ,ra1K't;>.,a o1ov "(Q0tµµca'Ela1, rov oÈ"o"KVJ'Of olov an-yµa[, rò µ{v-ro, µ,f-yE.,osxc;~ ~ 1rrficm iraga1rÀ11afort:i~Àaxfon.> 'TWV 1EQ&xwv,SsKaTÒ!ròv XQ.fvov TOUTOV h..,el, (I, 1l). Sugli uccelli, nel cui nido ii Cucùlo depone i suoi prodotti, cf. i testi raccolti dal D'ARCY W. THOMPSON, op, cit., pp. 151-152. Sulla discu5sione intorno alle note sul parassi1is1tHJdegli antichi autori messe in relazione con l'osservazione della A,H,, cf, I.G. SCHNEIDER, Comm., li, pp. 135-136. 15 Nell'opera di G. MARTORELLI (p . .144,n. I) leggiamo il seguenle elenco di uccelli, cui il Cuculo affida i suoi piccoli: "Gem:re Turdus. Monticola, Sexicole, Prntincola. Rutlcilla, Cyo.nccula,Erithacus, Daulias, Sylvia, Reguius, PhyJlosco~ pus, Acdon, Hypolais, Acrocephalus, Locustella, Potnm.odus, Accentar, Cinclus, Parus, Troglody1es1 Cenhia, Motacilla, Anthus, Oriolus, Lanius. Musckapa, Hirundo, Chelidoa 1 Ligurinus, Coccothraustcs, Carduelis, Serinus, Passer, Frtngma, MontifrlgUla, Acanthis, PyrrhuJa, Embcriza, Stumus, Garrulus, Pica, Coloeus, Ammomancs. Alauda, (ìccinus, CoJumba, Turtur, Podicipcs". lnteressan1eè al riguardo lo studio di E. MOLTONI, in RivisraIraliunadi Ornitologia (1971), p, 75; cf. E. ARRIGONl DEGLI ODDI, Orn, //al,, p. 35 I. 16 Ornit./tal., p. 351. 17 Ap. O. MARTORELLI, op. cii., p, 545. 18 Op, cli., p, 545. t9· Intendiamo dfedrcj al 618 H 13-20:Ja madre adottiva, secondo te osservazion•it?èi>v 1Qoti"IJ,.. 10rcroTrlavrcW6(&,a, ~t=onoir. Questo cenno, che ci pare htesetto, almeno.in parte, si spiega col fatto che la madre, sebbene abbia affidato lAsua.prole ad altra specie, non cessa, tuttavia, di vigilare sul Cuculotto, che essa non petde mai di vhta, volandogli spesso e assiduamente intorno. L'inettitudine alle cove, che è ereditaria, non ha soppn:sso la cura materna. 22 AUBERT-WIMMER esp•ngono -y{v,7a1-1t!am (I, 3-5): DITTMEYER e THOMPSON espungono rf,onm-irfrec,., (I. 4-6), M. VEOETTI (op. cii., p, 354, n. 38) dice di espungero con AW, DITTM. e AT "una glossa priva dì senso sulla commestibilità di Cucùti e Falchi". li cenno sulia commestibilità del Cucùlo sembra integrare le:osservazioni dol cap. VU del libro VJ. La s1essa noti1.ia, sebbene con q11alchelieve.differenza, trovasi nella N,H, (10,27), documen10 della genuiuilà, almeno probabile, dello I. 3-5, è un ULe I. 4-6 paiono essere aggiunte dalla mano di un compilatore, il quale, credendo, come Plinio, che Il ~OxxvE eat avrebbe pensalo di essere preciso, aggiungendo che anche i giovani dei Falchi diventano grassi e saPoriti. Non si ~.-.pisce. veramente, quale nesso J)o5,sa. esservi tra le l. S-6, ove si parla di una specie di Falchi che nidifica lontano e sulle rocce scoscese, e le precedenti, ove si parla del pregio dcli.&u,11a degli autori greci e la cornix che dai Latini è osservata o sulle rive dei fiumi e del 1nare o nelle paludi (Horat., Carm., 3,27,9-10:

antequamstames repetatpa/udes imbrium diuina auis imminentum), debba essere sempre considerata come un uccello acquatico 12• Ci sono motivo di dubbio le notizie sull'abitudine dell'uccello di immergere la testa nell'acqua, interpretata come se.gno premonitore di tempesta. Un uccello, che abbia costumi "essenzialmente acquatici" é che si cibi di "mollllschl, pesci, detriti vegetali, ecc.", non suggerisce alla superstizione pòpolare la credenza nelle sue istintive facoltà profetiche. Saremmo, invece, inclini ad identificare la xoewPq r'Ja.M1uc11ot con un uccello "essenzialmente acquatico", se la predizion'e della tempesta · fosse vista dal superstizioso o dall'empirico nel comportamento di volo. Infatti, di alcuni uccelli si crede che il volo rasente le acque sia indice di cattivo tempo. L'immersione della testa nelle acque doveva essere un fatto raro, se non eccezionale, per essere interpretato come segno di predizione di tempesta; infatti, i movimenti istintivi ed abituali non sono considerati dall'empirico e dal superstizioso indici di cattivç, tempo. Opiniamo, quindi, che la J(OQWV'IJ r'J01'>.auu,a., i cui movimenti preannunzierebbero la tempesta, è un uccello terrestre, che frequenta, anche le rive dei fiumi, i litorali marini, le acque delle paludi. La KOQWl'flr'Jo.>.&ooto. è, a nostro avviso, da identificarsi con la Corn11-cchiabigia (Corvus cornix cornix L.), la quale frequenta le rive del mare per cibarsi dei molluschi diversi fJ delle anitre, specialmente le ferite e le deboli. · ' '.4 Non escludiamo, però, assolutamente, che con il nome J(OQWl'f/o cornix gli an_t'ichiabbiano indicato anche un altro uccello (cf., ad es., le "oet:Jvm r'Jo.">.&uu1ot1 di Arrianb)J tuttavia i cenni sulle abitudini, che, secondo la credenza popolare, ~ono annunciatrici di cattivo tempo, non offrono elementi certi per l'identificazione di un uccello acquatico; le descrizioni dèi poeti non ci sembrano fondate sull'osservazione di un reale e costante rapporto tra un raro e deter-

191

minato movimento istintivo ed un fenomeno atmosferico in modo che esse possano orientarci nella ricerca dell'identificazione di una cornix, forma marina, anche se riconosciamo lodevole lo sforzo del Thompson 13 di documentare la sua proposta: "The Lillfe or Manx Shearwater, i.e. Puffinus anglorum, or its Mediterranean form P. Yelkuan".

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bus prosequuntur, adeo ut a->-&01), o!ov ... /(0/l"6QctXft

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Atnwvra, ohbr reocp,h,

in . , . To"ti U?rctPLctXTÀ. A nosti·o avviso, se si può ammettere che, per insufficienza di cibo, molti Corvi neri periscano proprio nell'Egitto, si nega, tuttavia, che sia il Corvo nero, sia il Corvo imperiale subiscano variazioni di statura. Piuttosto pensiamo alla taglia del_Corvo imperiale e, precisamen-· te, del Corvus tingitcmusdell'Africa settentrionale, specie che ha, pure, il becco più corto, più alto e più inarcato dell'Imperiale, con il quale si accoppia sino ad ottenere delle varietà intermedie. Una notizia di carattere morfologico, che, come i cenni anatomici di cui abbiamo sopra riferito, non d~ alcuna possibilità di identificare una specie o subspecie del Gen. Corvus L., riguarda la caratteristica del becco: forte e duro (Ar., P.A., 662 b 7): r~ ivrxor fxH 1crxveòv 4

XO/\ UXÀf/Q6P , ·

Distribuzione.li Corvo è staziònario; vive, soprattutto e abitualmente, nelle città (Ar., A.H., 617 b 12-15):~En o~ Tà XOIT& ,ro),.m elwt?&TOI µ&:ÀtO'TOI i-;fv, 1e6ea~){et\ XOQWPlJxctl -yàe TctVT' 5• &Etcpavee&,xal o~ µemfJfxX'I-.H To'ttrTò'll'ovr ofioècpw'Al!. Il Corvo vive a coppie isolate in regioni pooo estese, in cui i mezzi di sussistenza sarebbero insufficienti per un maggior numero di individui (Ar., A.H., 618 b 9-10): ot oèx6eaxEr ~v Toi't 1111eeoi'1 xwe(o11 6 , xd, 8-iou !1e01PV TQOP~'ll''Adou1, Mo Ji6vol -y[vo11Ta.1 (Ael., 2,49), Plinio (10,31) sembra utilizzare una fonte che avrebbe avuto un'esperienza diversa· da quella aristotelica (osservazione di due coppie anziché di due individui) ed avrebbe aggiunto un'indicazione dei Mirabilia(842 b 12) e di Teopompo (ap, Antigon., 15 [osservazione di una copJ?ia presso Cranone e sostituzione in loco degli adulti con individui giovani]): itaqueparuis

µ;

·in_uicis non plus bina coniugiosunt, circaCranonemquidem Thessaliaesi11gula perpetuo:gemtores suboli loco cedunt 7•

CORVVS, •I, m.

>-4vwvTEXDIÌ ,u>-anlewv ),.fv){&,olov ){6Q01~XTÀ.

nella zona europea; ma non sembra che li consideri o specie o subspecie, in guanto Egli crede _ che le variazioni di statura dipendano strettamente dalla insufficienza del cibo: "al lv A'i-

Le osservazioni aristoteliche sembrano trattare dei Corvi in genere; tuttavia i cenni relativi alla stanzialità e al costume di vivere a coppie limitano la descrizione al solo Corvo imperiale (Corvus corax corax L.). Infatti, anche quando questo Corvo si riunisce in piccole famiglie, queste non co!llprendono mai altre specie affini: i congeneri aspramente combattono iJ Corvo imperiale per impedirgli ogni associazione. Le note aristoteliche sull'occupazione del territorio di una coppia,. per motivi. dt'sussistenza, sono fondate su una reale esperienza. Il Corvo imperiale, infatti, sceglie i,,suoi luoghi per scopi eminentementi pratici e cioé per reperire facilmente il cibo. · ' Per guanto riguarda, poi, il cenno pliniano sulla sostituzione dei genitori con la loro progenitura, esprimeremo la nostra interpretazione, trattando dell'allevamento, Nidificai.ione. l Corvi, dice Aristotele (A.H., 488 b 5-6), sono uccelli continenti, poiché si accoppiano raramente; Tl:tIl' &-yvevr11,a,olov TOTWV){OQCIXOHOWV bev1t?w11 ')'ÉVOP TOIVTOI rb11 O''/l'O!P(ws11'-0IEITCII T¼11 oxefctv (cf. G.A •• 756 b 19). . Questo passo può essere spiegato dall'abitudine del Corvo imperiale di rimanere accoppiato, anche nell'inverno, poiché, per quanto ci risulta, le coppie formate non si lasciano per tutta la vita. La nidificazione avviene, secondo Plinio ( 10,32), prima del solstizio: Coruidhte,,solstitium

generoni 8 •

·

. ,

L'autore latino tratta, in questo cenno, certamente, del Corvo imperiale e no~·~el Corvo nero, il quale non nidifica nel bacino del Mediterraneo, ma nell'Europa centrale e settentrionale, comprese le Isole Britanniche, spingendosi sino in Siberia e nell'Asia centrale. Non sia. mo dell'avviso che il naturalista latino o i suoi informatori abbiano confuso il Corvo con la Cornacchia nera. Nella primavera (febbraio - 1• metà di aprile) il Corvo imperiale si allontana

19?

dalla città per deporre le uova sui monti vicini, in località di difficile accesso (alberi o rocce); qui (Plin., ihid.) col'llipari11n1,.-11111 pf11rim11111, quinos(cf. I O,165: com11.rnfiq11m1doe1 q11irws). Aristotele ad 11nanota che contraddice una falsa informazione sul numero delle uova, ma che, in realtà, non determina la quantità dei prodotti (A.H., 563 a 32- 563 b 1: f.c\, ,{(,t,,.;.,dw),aggiunge una seconda osservazione, in cui precisa che il Corvo depone quattro o cinque uova (ihid., 618 b 13): •r,1(T« o' ò xoeni ,,. .,. \

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TfTTOIQCT )(Cll

'lrfVTE,

li Corvo imperiale depone, in verità, 4-6 uova, anche 3 o 7 (il Corvus fr11gileg11s frugileg11s:3-5, raramente 6 o 7); il tempo della cova è di circa 19-21 giorni (gli altri Corvidi: 18-19) come aveva già osservato Aristotele (A.H., 563 b 2): h..>..aqo&>.'f, io11,1fa liiroTiT&wolf -roX'W'fQl 'AfY6J1ar xa\ IlEXo-n-Ovvr,uo, f,.f,t:ro lt'.oe&xCd,, l>rh:0Jl1'Wft t:a,rJ,,o(-,, r,.,a -,IJr 11a.e1 fx>i.:>-~Mo.111 atJÀ~f"''h poichél'allontanamentodallaciflào dai suoi dintorniè dovutaad incursioniper ragionidi cibo, etcAIII'!;" regioneuoli luogo è ripreso da Plinio (10,JJ): Nom cum Medi ho,pite, occ/.risunt, omnes e Pelopo11neso louerim1... ·~ I, TRICOT (op. ci/., p, fiJJ, n, I) rlmpi:overaa PLINIO di aver tradotto a torto fl,o, t. 14 con M,~ae hospite, (i p.140. Mss. hanoMedl), perch~la parola greca significa in realtà:m/1/resmercenarlos,Cf.1,G.SCHNEIDER, cJnlm.,11, 6 li DITTMEYER (app, cri/.) interpreta: sunt purua oppida;J. TRICOT (op. e//., p, 632, n, 3) commenta: "Pline ••. se contentede dire:pami.fin uids". A. nostroavviso, Plinio usa ukus per indicareugruppodi case" di campagna,rrequenlatoo per ragionidi cibo o pet altreabitudinida i!oppicdi Corvoimperiale,

201

1 Cf. I.G. SCHNElDER, Comm., fl, pp, 141-142. 8 Il coito sarebbe pr«edutod•I cnnlo nuziale; cr. DJONYS., Jxeut., 1,9 ~ 9, 10-12A. GARZYA. 9 ARISTOTELE attribuisce ia pscudo-osser\lazionc ad Anassegora ed a altri studiosi, che. poi, conruta con il met"odo sperimentale (O.A., 756 b 13 S$.). Plinio, che, molto probabilmen1e, non ha letta le osscrvaziooi arisfotclichc, sì Hmilaa sun1cggìnreglì nrgomcnt~ . cii., Jll>,62-63. 2 0/J, ~if•• p, }73, S,V, KflQJv,;r.

cr. E. ARRlGONI 4 Cf. E. /\RRIGONI 5 cr. E. ARRIGONI 6 cr. E. ARRIGONI 7 cr. E. ARRIGONI 8 Cf. E. ARRIGONI 3

DEGI.I DEGLI DEGLI DEGLI DEGLI DEGLI

ODDI, ODDI, ODDI, ODDJ, ODDJ, ODDI,

Om. /tal., p. 72. ii>ld.,p, 73. ibld., p, 78. lbid., p. 472. ibld., p, 576. ibid., Jl. 579. Si vedano ancora (ibid., p. 462) i nomi dati al Plegadlsfaft'l11ei/usfo/ci-

. ne//us L. 9 lbid. IO Cf. E. ARRIGONI DEGLI ODDI, ibld., p. 565. 11 cr. E. ARRIGONI DEGLI ODDJ, ibid., p. 561,

CORVVS NOCTVRNVS CORVVS AQUATICVS È sinonimìa di phalacrocorax (,pa1'axe6xoeai). Plinio usa coruus aquaticus in uria nota che riguarda la naturale nudità del capo di alcune specie (II, 130): Et quaedam animalium natura/iter caluent, sicut struthocameli et corui aqua-

tici, quibus apud Graecos nomen inde. Incerta è, a nostro avviso. l'identificazione: Geronticus eremita o Phalacrocorax carbo subcormoranus 1,

I

Coruus nocturnus è chiamata una specie di dubbia identificazione da Eucher. (Instr., 2, p. 157,12); coruus noctis è nome .di.uccello presso Cass., Psalm., l01,7: "Tentatives, spiega J. André 1, de traduction du grec de la Septante". Segnaliamo che nei vernacoli italiani la subspecie Nycticorax nyctic~rax nycticorax L. ha il'nome: "Corvo di nottet' nell'ltal. centr., "Cuorvu di notti" in Sicilia 2 • Ma la testimonianza di quest_eforme dialettali non ci fanno risolvere l'identificazione di vvxnx6eat nome che dovrebbe indicare diverse specie 3 •

Op, ,•il,, p. 63.

Cf. la discus~ione suU'id.enlificazionedeUa spe-de o di piU varielà, s. o.;,phalacrororox.

cr. E. ARRIGONI

DEGLI ODDI, Om. /tal., p, 472.

Cf. s.v. nyc/ù:orax.

I

CORVVS MARINVS CORYDALIS (-IDIS), f. li coruus marinus è la stessa specie indicata con il nome mergus o mergu/us nelle glosse: Gloss. Reichenau, 341: mergu/um coruum marinum; C. G.L., 4,538, I: mergi corui marini (5,629,60); 5,465,31: mergu/i corui marini. J. André I si oppone all'identificazione Puffinus pu.ffinus yelkouan, proposta da D' Arcy W. Thompson 2 , il quale si documenta solta.nto con la forma del dialetto genovese: "Crova de ma neigro". Se, in verità, nei vernacoli italiani, i nomi "Corvo marino" e forme derivate indicano varie specie di diverso genere e famiglia (cf. ad es.: Corvus cornix cornix L. = "Corm1àc d'aqua" nell'ltal. sett. -3;Corvus corone corone L. = "Corvo marino" nell'Italia centr. 5; Nycticorax nycticorax nycticorax L. = "Corvo marino" nell' ltal. centr. 6 ; Puffinus puffinus yelkouan = ''Crova de ma nèigro'' a Genova 7 ; Puffinus kuhlij kuh/ij Boie = ''Crovo dema senein" a Genova 8 , l'identificazione Phafacrocorax carbo subcormoranus Brehm, data da J. André 9 è, a nostro avviso, la più probabile, non solo perché il Marangone deve il nome coruus al colore nero della sua livrea ed al suo grido, che è un aspro •'krau-krau" 10, ma anche perché Plinio, trattando della nidificazione, chiama la specie: mergus (l0,91: Gauiae in petris

202

'

I

Trascrizione del greco "oeuoa'>.1'ls.La voce è usata da Seru, adVerg., ecl., 2,1: Corydona a Vergilio ficto nomine mmcupari ex eo genere auis, que corydalis (coridalis codd.) dicilllr, dulce canens. Identifichiamo la specie: A lauda arvensis arvensis L. dalle note sull'aucupio tramandate da Dionisio (lxeut., 3,"17 = 46,8-13 A. Garzya 1). ·

I

Cf. le nostrcosscrvazion• s.y. alauda.

"i

CORYDALVS, -1,m. Imprestito dal greco )(ogvlì&1'oç1• È sinonimo di alauda presso Marcell., Med., 29,30:

203

corydafusauis, id est quae alauda uocatur. La stessa specie è chiamata pugio da Diosc. lat. (2,33): De cori< dal(l)o>, id est pugione.. . Con il nome corydafussi indicava.un Alaudide; non sapremmo identificare la specie, pur conoscendo l'etimo (x.SQus2).

maverile. Infatti, quando Egli scrive: coturnicesanteetiam semperaduenlunlquam grues,parua auis et, cum ad nos uenit, terrestrispotius quam sublimis e, quindi, accenna alla trasmigrazione dalle regioni meridionali attraverso il mare, dimostra chiaramente di utilizzare la A.H., senza comprendere il valore ornitologico dell'osserva.zione, li filosofo in questa notizia (S97 a 20-24): 71'otetrcu 81lxelr& &uiJevlureQCX 11"QWTa r~v µer&orau,v xaiJ'lxarlQaV r¾v~11'EQ· /3oÀ~P,a1ov . •• ol o'8QTV"t'H TWII'YEQlxvwv•r& "t'ÒIQµ.era/3&>.>..et roii /30'1JliQ0µ1G511os, r& ~ rotl MmµaKt,JQtc;ivos, determina, espressamente, il periodo della migrazione autunnale (set-· tembre); Plinio, invece, non indicando l'epoca in cui le Quaglie precedono le Gru nei loro viaggi a grande raggio, ci fa derivare dall'assieme del contesto il «ripassO>)di primavera, Il comportamento della Quaglia nella trasmigrazione primaverile è cosi descritto da Plinio (10,65): Aduolant et hae simili modo, non sine pericu/o.nauigantium,cum adpropinquauere

µP

I

Cf. A. ERNOUT•A. MF.ILLET, op. cii., p. 145, J. ANDRÈ (op, cii., p. 63) pcn.sa ad una possibile trascrizione del gr«o.

2

cr. s.v. a/auda.

COTTIFOS

(-b,m.

Oribasio (Syn., 4,17 La [p. 19,28]):fatlan,py/on, quodtifon (gr. 4, 17,3: cparr!:J~,x,x>..C:,11, . Identifichiamo: Turdus merula merula L. dalle note discusse s,v. merula.

XO'!T6cpwv).

COTVRNIX, -ICIS, f.·

Coturnix traduce il gr. iQTV~ed indica la sub specie Coturn/x coturnixcoturnix L. ( = Coturnix communis degli Autori), j La forma cocturnixè in Lucrezio (64,641 1). Il rapporto tra cocturnixe coturnlx non risulta chiaro 2 • Coturnixcon la o lunga è attestata da Plauto (Àsin., 666; Capt., 1003); l'abbreviamento della vocale (Ou., Am., 2,6,27; luu., 12,97) è stato influenzato da.cothurnus3, La voce sarebbe una onomatopèa del tipo• k"ok-, come pare suggerire P.F., 33,8: coturnix appellatura sono uocis 4 • · . E. Moltoni 5 farebbe derivare la voce da coturanixla quale proverrebbe dal sanscritto ka• tu = «penetrante» e rana = «grido», a causa del .richiamo. Le forme dei vernacoli italiani 6 derivano dal latino quaquara,quacula7, voci indubbiamente onomatopeiche.

·

Anatomia. Aristotele (A.H., .509 a 1-2) osserva nella Quaglia un esofago largo e spazioso nella parte inferiore: fxei 6È,ml &8QrV~rov UToµ&xovrò 'lJ'Àar~ ,..&rw;quindi (ibid., I. 13-16), un · gozzo e, davanti allo stomaco, un esofago vasto e largo; proporzionalmente alle sue dimensioni il gozzo trovasi ad una buona distanza dalla parte dell'esofago che precede lo stomaco: 1xn Hat'll'(ld r-ifs"t'C.ofJov

1J'Q6Ào{Jos roii ?l'QÒr;fs "t'C.>.worv, o~x ho~o,v heµ&vm• ~rav o'evnil.Jev .!oralewo,v, ij re -yÀwrrhovva1rci!Qtt,ml ~ &orv-yoµ~rQa1,r>.. 14. In realtà, con quali venti le Quaglie immigrano, nella primàvera? Secondo le osservazioni di A. Toschi 15, i venti favorevoli per la traversata del Mediterraneo paiono essere quelli di SE, di S. e di E. Altri venti dovrebbero creare un certo ritardo nel viaggio, ma sarebbero, generalmente, vinti dalla resistenza al volo della C. c. coturnix. La frase pliniana aura /amen uehi uolunt viene spiegata dalle osservazioni del Martorelli 16 sulla migrazione: «È per me evidente che durante-il-viaggio le Quaglie non fanno forza d'ali, ma volano ad ali distese, come ho spesso osservato, sostenute dalla resistenza del vento, la quale è grande e, spirando questo in direzione opposta a quella degli uccelli, è più che sufficiente a sostenerli nell'aria per lunghi viaggi. bsse, ad ali aperte e distese, sono nelle condizioni dei cervi volanti. Questo ci spiega come una grande quantità di uccelli diversi impieghi il medesimo tempo nel viaggio, andando contro un medesimo vento verso una medesima direzione, cioé, nel nostro emisfero, con direzione dominante da NE. a SO. in autunno e da SO. a NE. in primavera». Non sappiamo se si possano considerare vere le cause sulle difficoltà di volo durante il tempo calmo: il peso del corpo voluminoso, secondo Aristotele; la debolezza, secondo Plinio. Queste cause possono apparire o derivarsi dalla forma tozza e, soprattutto, dalle ali rotonde e relativamente brevi e dalla coda ridottissima; la Quaglia, tuttavia, compie le sue migrazioni su larghe superfici di mare, sebbene per la pochezza delle ali ciò sembri impossibile e, nel viaggio, supera le grandi altezze delle catene montuose. È anche possibile che Aristotele, parlando della difficoltà del volo, quando soffia il vento del mezzogiorno, si sia riferito al «vento della direzione del movimento migratorio», il quale, sollevando gravi bufere e rendendo impossibile il viaggio, estenua i poveri uccelli, che, precipitando su qualche scoglio e rimanendo a lungo immobili, sono facile preda dei cacciatori. La migrazione verso il continente africano si effettua in settembre - fine autunno, periodo in cui le Quaglie sono più grasse che non al loro arrivo di primavera (Ar., A.H., 597 a 2427)!'Ean {j~ 'll'LOTf(IQ' 11'0:PTQ' lfrav h TWV ,J,vx11éiJv TO'll'WP JLfT0!{3aÀÀr, ~ i'raP h TWV"feµwP, o!ov xa\ ot :JeTV"fHToii ,pihvo1rweouµ. rnsi che le en•-yo1,f/ro,~.!iror, "V'l t.

215

lrnprestito dal gr. xvxv05, «le rnot parati avoir été d'abord inlroduit à la faveur de la légende du chant du cygne importée de Grèce: Lucrèce 3,6-7; 4,181; 4,547 (cf. Lucr. 3,6-7, et Théocr. 5,137); Cic. Tusc. 1,72; De orat. 3,6; aucun de ces passagcs ne donne l'ancien nom latino/or, que cycnus a définitivement supplanté vers la fin du 1ersiècle p.C.» 2• A. Sauvage 3, che alla insignificanza poetica della Cicogna oppone il prestigio del Cigno, «prestige qui s'exprime tout d'abord par le doublet cycnus I o/on>opina che dalla lettura dei testi poetici non si vedono le differenze che gli ornitologi stabiliscono tra il Cycnus musicuse il Cicnuso/or, persuaso che «on chcrcherait en vain dans toute la poésie latine le signe d'une distinction». Il Sauvagc 4 si domanda, infine, se bisogni considerare il sostituto o/or come un tentativo di non accontentarsi di un calco sul greco e i-.; ibìd., 559a 11-12). Il nome greco, secondo la nostra interpretazione delle notizie aristoteliche 2, indica il Baie• struccio (Delichonurbica urbica L.); questo valore non è sempre del nome apus, usato nella N.H,, poiché, apodes per Plinio possono anche ess.ere specie· di Apodidi: Cypse/usapus o un congenere e specie o varietà 'di uccelli pelagici 3 ,

I 2 3

Cf. J. ANDRE, op, cli., p, 6S, Cf. s.,,. apus:discuu,ionc. Cf. s.v. opus: discussione. J. POLLARD (op .. dt., pp. 31 e )3) pensa Allaspccfo p1_vo11oprog11e (sit:) n,pestris. la nostra Ro11dinemontanQ.

DAGNAS, -ADIS

La voce è attestata da P. Fest. (60, 11): Dagnadessunt auiumgenus quas Aegyptii Interpotandum cum coronisdeuinciresoliti sunt, quae ue/licandomorsicandoqueet canturiendoadsidue non patiuntur dormirepotantes. U genere del nome è sconosciuto. Ernout-Meillet I si domandano se il nome sia straniero e, come già il Thompson 2 , si richiamano alla generica definizione di Esichio: 001.J1 vis• bevfov t1601. J. André 3 non dubita che la voce si appoggia su morsicando,che è nel testo, e nega la cor• rezione dacnadesdi Lindsay, perché «le traitement lat. -gn- de •Kv· est ancien dans les emprunts au grec (,..&xPos-cygnus)». Il filologo francese riconosce l'impossibilità di determinare l'uccello, soprattutto specificamente; tuttavia ritiene «très satisfaisante» l'interpretazione che presenta L. Keimer 4 di que• · sti volatili "attachés en bottes avec des couronnes, qui picotant, becquetant et piaillant, empè• chaient le buveurs de s'endormir". Infatti, il Keimer si documenta con esempi tratti da bassorilievi e da pitture del Nuovo Impero, in cui fasci di uccelli sono rappresentati legati con il groppone e la coda, la testa volta a terra, dono vivente agli dei ed ai mani dei potenti. L'etimologia, accettata da J. André 5, ci suggerisce che gli uccelli di P. Pesto debbano appartenere non tanto ai Dentirostri,nella cui mandibola superiore del becco è un dente e nella inferiore un intacco (Averla, Tordo, Rigogolo), ·quanto, invece, ai Lame/lirostri, che hanno il becco lamelloso ossia fornito di denteilature simili a denti o di lamelle sui lati del becco (Anitre).

I 2 3 4

Op, e//., p. 163,,.,. dagnades. Op, cit., p, 87, s.v. &rxio{ç, Op, dl.,.p. 66.

Remarquesa11su}el de l'oiseau00"11l1(Hésychius) ou J;qx~1 (Festus), in Anna/es du Servlcedes Antlqui'lésd Égyple, 1

XLI, 1942, pp, 315-322, Cf. il gr. liO'.ll'i-w: «mordere». f

t

* DARDANVS,

-1, m.

I nomi dei vernacoli italiani, che derivano da • dardanus, indicano le seguenti specie 1: 1) Delichonurbica urbica L.: «Dardanèl,Dardàn,Dardèu,Dard, Gardenèn,Dllrdar,Dàrdaro, Dàlder, Dardàrin»(ltal. sett. 2j; • 2) Riparia riparia riparia L.: «Dardanello»(Autori Italiani), Dardanin, Dardin, Dardo de

muntagna, Dardèn de montagna, Dardèr bere/i, Dardanè/1,Dardaro, Dardarin, Dalderìn (!tal. sett. 3); 3) Riparia rupestriaScop.: «Dardòn, Darder de corna, D. de montagna» (!tal, ~et,t. 4); 4) Apus me/ba me/ba L.: Dardèn de montagna. Dardao de pansa gianca (Ital. setti 5); 5) Apus apus apus L.: Dàrdan, Dàrden, Dardo, Dardù de campani/, Darder, D'àtdel,Dàrdao» (ltal. sett. 6); 6) Merops apiasterL.: «Dardano(Autori Italiani), Dtlrd, Darden, Terder, Derdar,Dardàn»

(!tal. sett. 7). 216

I

217

Altre forme come «Dardfna» ( = Anlhus triviafis trivialis L. = A. arboreris degli Autori), «Dardein» ( = Arws crecca crecca L.) avrebbero altro etimo: Dardina sarebbe, ad es., a nostro avviso, una deformazione di «Turdina» 8 • Le sei specie, che abbiamo sopra elencato, avrebbero lo stesso nome o sarebbero indicate con forme derivate e simili, perché si nutrirebbero di «Api»; quindi, J. André 9 approva G. Alessio 10, che spiega l'etimo con la glossa di Esichio: li&eoa• fL0necon i nomi degli altri popoli, fo~scroveramente validi.

Certamente acconsentiamo con l'identificazione proposta dal!' André, ma precisiamo che, se dieperdu/us significa «Airone», il nome latino ha senso generico e cioé indica le varie specie della famiglia Ardeidae. Infatti, è facile constatare come nei nostri dialetti, specie il ligure, il nome «Perdigiorni>l è attribuito indifferentemente ad ogni Ardeide; esso talora, è determinato da aggettivo, che qualifica, preferentemente, la specie per il colore della livrea. Nell'Ornitologia del!' Arrigoni 7 cogliamo le seguenti forme dialettali: Ardea cinerea cinerea L.: "Perdigiorno, Perdigiorni grosso, P. senein" (!tal. sett.); "Perdiwrnadas" (Sard.); Ardea pwpurea purpurea L.: "Perdigiorno rosso, Perdigiumi rùsso" (!tal. sett.); Egretta alba alba L.: "Perdigiorni gianco" (ltal. sett.); Egre/la garzella garzetta L.: "Perdigiorni gianco, P. airùn" (Hai. sett.); Ardeola ibis ibis L.: "Perdigiorni foestè" (Genova); Ardeola ralfoides Scop. ( = Buphus ralfoides Auct.): "Perdigiorni gianco, P. pagioèn" (Ital. sett.); Nycticorax nycticorax nycticorox L.: "Perdigiomi nèigro" (!tal. sett.); lxobrychus minutus minutus L.: "Perdigiorni piccln" (Ital. sett.); Botaurus stellaris stelfaris L.: "Perdigiorni" (!tal. sett.). In alcune località della Riviera Ligure di Ponente l'Airone è chiamato: "Perdidl", nome che abbiamo personalmente udito sulla bocca dei cacciatori. Dall' Arrigoni 8 apprendiamo che il Phoenicopterus ruber antiquorum Temm., che è di alira famiglia, è chiamato in Sardegna: "Perdigiorni".

I 2 J

4 5 6

È forse di gen. netitro: dieperd,,/um, -i. J. ANDRÉ (op. ('il., p, 67) ricorda: "'fraric. • hoixm. all. Reilr,•r, nécrl. rcigr"r«héro1m. lhid. Mlm. dieperdui,,m, deperdulus,-di.\pt,it/11/t,sturd verwa11dtf!s,leitschr.f. verg/, Spm(·hfors-.Ms, e la lezione congetturale pero/a di Peiper inducono a ritenere che drosca, sinonimia di turdus, possa indicare un Tordo che si distingua dal Turdusphilomelos philomelos nel canto e nel piumaggio: drosca'"'peloro= pero/a designerebbe il Tordo sassello (Tu'rdus musicus L., già Turdus iliacus degli Autori) che presenta parte del suo piumaggio tinta di rosso: per il castagno-acceso delle cuopritrici inferiori e dei fianchi, è chiamato, nei vernacoli italiani, con nomi determinati dal qualificativo "rosso" 8 • Il Tordo sassello non è canoro come il T. ph. ·philome/os, il quale fa udire il suo canto anche di notte. ' i

2

ì 1 Cf. J.ANDRt~op.cit.,p.68. Pero/aè lezione congetturale di PEIPER, ma RIESE (cd. Il) accoglie peloro di V HM NO osservando "per µ-.e\'01, offre seri argomenti di discussione. Il filologo, dopo aver riportato la traduzione del Gaza: '' laeues", apertamente confessa: ''Quid in vocabulo >-.e'loilateat, coniicere nondum potui, nisi forte fuit olim ot ll'~>-.uo1, palustres. In Plinii loco supra indicato sequuntur haec: Epileum Graeci uocant, qui solus omni tempore appare/: celeri hieme abeunt. Ila enim Codices scripti omnes habent, ubi libri editi ante Harduinum dabant aesalona. Epileum Harduinus vocatum putabat a similitudine quadam cum accipitribus >-.dou appellatis, ut t'lrotQ'4~QX,e,6s, t'ròos UQaxoi, per cui conclude: "Ad palustres hos cibo sectari Pertinere videtur ipse triorches, quem supra cap. 2 sect. 4 serpentes et 'l'Q6Povs'in ' 'j ait noster", , J. Tricot 4 accetta la lezione congetturale dello Schneider. ma non ne approv;~J.atraduzione "palustres", forse indotto dallo spirito dolce con il quale il nome greco signit'lcà "ghiro". Infatti, nella traduzione del filologo francese leggiaino: "les chasseurs de loirs". La lezione'k>-.eio1 del Dittmeyer, accolta da P. Louis s. ha il significato palustres, dato dallo Schneider.

222

223

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Fra le due lezioni è da preferirsi quella del Dittmeyer, che permette di comprendere meglio, dal punto di vista ornitologico, il testo di Aristotele. Si supponga genuina la lezione o! o'n.Hoi col valore "les chasseurs de loirs" della traduzione del Tricot. Dato l'ambiente frequentato dal Ghiro, possiamo formulare l'ipotesi che. il Falco ~>.Hos .sia soltanto un Rapace di bosco e il Ghiro, poiché è un mammifero, che, in inverno, va in le1targo, sia preda di un Rapace, il quale, nella bella stagione, frequenta le regioni mediterranee o 'meridionali. Ora, tra i Rapaci di bosco, che assalgono i piccoli mammiferi, dovrebbe essere, preferentemente, l'Astore (Accipiter gentilisgentilis),che non caccia soltanto i Ghiri, ma anche altri animali, mammiferi e uccelli. · A nostro avviso, la denominazione "cacciatore di ghiri" non determina alcuna specie o subspecie di Falchi, in quanto non conosciamo alcun Falco che.si cibi, specificamente, di ghiri e non pensiamo che vi sia un Falco che limiti il suo nutdmento ad una sola specie di mammiferi. Ci si potrebbe obbiettare che 01r1i(w (A.H., 620 a 20) indica "Falchi nemici• dei fringuelli". Ma tale denominazione è più comprensibile, in quanto, nella genericità di 01r,t[a, si identificano i Falchi, che si nutrono di "piccoli uccelli", come ad es. Falcocolumbarisaesalon Tunstall, chiamato "Sparviere da Filunguelli" 6 e il Falco tinnuncu/us tinnunculus L. La traduzione palustres dello Schneider, che rispon~e esattamente, alla lezione congetturale del Dittmeyer, induce ad opinare che Aristotele avrebbe forse incluso nella sua classificazione anche i Falchi di palude, che, nelle sistematiche moderne, limitatamente alla regione mediterranea, comprendono i ''Circini'' e, particolarmente, il Falco di padùle propriamente detto (Circus aeruginosusaeruginosusL.), l'Albanella pallida (Circus macrourus S.G. Gm. "' Circusawainsonio C. macrurusdegli Autori), l'Albanella reale (CircuscyaneuscraneusL.) e l'Albanella minore (Circuspygargus L. "' C. cineraceusdegli Autori). Il significato pa/ustres avvicina nel medesimo ambiente zoogeografico i ,PQt1voM-yo,,cui, contro il nostro parere, risponderebbe, secondo il Trìcot 7 la "bondrée"; infatti, noi siamo Aristotele indicasse le Albanelle, che hanno pure il dell'opinione che con il nome ,PQuvo>.6-yoi volo rasoterra (A.H., 620 a 21): xiY01µaÀoni,1cn. Riguardo all'identificazine del Falco epileus,degna di considerazione è la proposta portata da J. André 8 , il quale dal valore etimologico "clair" desume che epiteus( = fir!Àuos) possa identificarsi con le specie: Cyrc11s pygargus e Circusmacrourus,le quali, indubbiamen\e, si distinguono dal C.·aeruginosusaeruginosus.Ma queste specie sono stanziali nell'Europa meridionale? Per identificare I' epileuscon un "Circino", bisogna dubitare del valore ornitologico del cenno pliniano. I 2 3 4

cr.D'ARCY w.THOMPSON,

op. CÌI., pp. 94-9S. Cf. F. CAPPONI, Oli a e e i p ire s nella sistemu//cupJinia11a,.in "Giornale di Filologia", In Mem. E. V. MARMORALE, Napoli, 1(1968), p. 87. Comm., Il, pp, 163-164. Op. cii., p. 640, n. 3: "Nous lisons, avcc SCHN., Comm., ll,163 (d'après HESYCHIUS), ol 8 't>.,.o, (et non'f),,101, DlTTM .). Le terme est mal attesté". Op. clt., Ili, p. l02 n, 8: HSi l'on écril 'lhuo, (av~ esprit doux), il faut compn:ndrc anc J. Tricot uchass1:ursde loirs" (deb,t1&'r,loir)H. 1

8

Cf, P, SAVI, op. cii,, p, 74. Op. cit•• p. 64(), n. 4, Op. cii., p. fi8.

EPOPS (•OPIS), m, Trascrizione del greco

r~oif, 1•

224

. La metamorfosi di Tereo·'in Upupa nel Cu/ex {251-252:

. .. quo Bistunius rex orbus epops maeretuolucriseuec/usin a11ras) non offre alcuna nota ornitologica . La metamorfosi, dcscrilta da Ovidio (Met., 6;671-674), disegna alcuni caratteri distintivi:

1/ledoloresuo poenaequecupidineuelox uerti/ur in uolucrem,mi stani in uerticecristae, prominel inmodicumpraelongacuspiderustr11m. Nomen Epops uo/u(·ri,facies armatauidetur. L' Epops è osservata da Ovidio con la sua graziosa cresta di piume erigibili a ventaglio e con il becco lungo, sottile, un po' arcuato tale da far apparire la sua Jucies armata 2 •

POL. SJLV. [543,25) usa opifl$(cf. J. ANL>RE (r>/J,di., p. 681, il quale cita: A. THOMAS, /10111u11iu, XXXV, 1906, p,

164), 2

Per la dt:5~ri;donc th;lla ~pt.·dce pc;r la di,ii;LJs!aionc~ulk aJttichc; osservazioni, 1.:1'. s.v. Hpupa,

EIUTHACVS, -1, m.

Erilhacusè trascrizione del gr. ~e{iJaxo1; la forma eri/aceè nel Lalerculus(543,27) di Polcmio Silvio 1• J. André 2 dubita che le voci tQ,IY0,.'/ìij T~ xetiS;(µ6vov. Plinio (10,86) segue Aristotele nel cenno sulla comparsa dei due uccelli con le parole: Sic e/ eritha,·us hieme, idem phoenicurus aestate, deviando dall'osservazione della A.H.; infatti, l'avverbio sic, che riprende la metamorfosi delle ficedu/ae (nam formam simul colorem m11tant), rende la nota pliniana diversa dal cenno aristotelico: per Aristotele t11i'i?axose rpo_i,[kOV(!oç sono osservati, soltanto, nella metamorfosi del loro piumaggio; per Plinio erithacuse phoenicurus sono visti nella trasformazione della statura (forma) e della livrea. L'le,!Yaxot è ordinato tra gli uccelli vermivori (Ar., A.H., 592 b 16-22): -rà òÈ okwÀ'lxo..• ~Q{IYaxor. . .. '{)a-ya,o"l'ov I È ricordato come "uccello imitatore" da Porfirio (Abst., 3,4: µ,µoiivrm ""l µlµ~'l'i-1m~v tv &xo6owoiv 4 e come "specie solitaria" da Esichio (~e,!Ym,01• 'bQvwv µovifo\1 xal µopo-reo1rov5). 'l 1'1 6

: "On admet généralement que l' Je[IYaxo1est le rouge-gorge. Toutefois, selon CUVIER, ce serait le rossigno/de murai/le (Molacillaphoenicurus), tandis que le rouge-gorge serait le rpo,v,xoueo1, phoenicure(Motacilturube,·ula)''.

Discussione. Afferma il Tricot

225

E. De Saint-Denis 7 con maggiore chiarezza e precisione scrive:."Pour O. Cuvìer, le phénicure ne peut-etre que le rossigno! de muraille, dont la queue et la poitrine sont rousses, et qui se tìent en été près des habitations. Le rouge-gorge y vient au contraire pendant l'hiver, et leur ressemblance a pu faire croirc que c'était le mi!me oiseau". J. André 8 riferisce l'identificazione di H. Gossen: "Le merle,de roche (Montico/asaxatilis)", specie che si ciba di vermi, imita i suoni, nidifica nelle fenditure delle rocce, ha la coda d'un rosso splendente. Lo studioso, però, rileva la difficoltà che "le merle de roche hiverne en Afrìque tropicale, tandìs que le rouge-gorge demeure èn Grèce". Le identificazioni proposte dal Cuvier ci sembrano le meno probabili. Non pensiamo, infatti, che Aristotele o i suoi collaboratori abbiano confuso le subspecie Erithacusrubecularubecu/aL. e PhoenicurusphoenicurusphoenicurusL. ( = Rutici/laphoenicura o phoenicurus degli Autori), osservandone la mutua metamorfosi, quando, nella migrazione autunnale, esse sono contemporaneamente presenti. Tentiamo, quindi, di dare alcune diluci,.q-y,coev,posl'individuo adulto maschio della stessa subspecie, se, in verità, la notizia sulla metamorfosi riguarda un solo uccello 5 • . Malgrado la probabilità di questa ipotesi, riteniamo che nell'antichità 6 il nome uvH-.a-yx6evl"oç designasse la Sy/vio atricapi{la atricopilla L. (Capinera) o, forse, ùha specie di «Cince» 7,

forma)ìci'tu/a (ì11APIC., 4,2,5; 4,2, 14)co11fcrmaladalle lingue romanze, cf. J. ANDRÉ, op. cii., p. 71. S111la La rorma}Trld~J/a è in Iuu., 14,9, 2 Op. cii., p. 71. 3 Cf. CGL., 3,17,47; M.L., § 3279; J. ANDRÉ, op. cit., p.11. Le forme F11,.[rqs)foraminarius. La descrizione di Filagrio medico (ap. Aet., XI, Il), che esaminiamo e discutiamo s,v. trochi/us, caratterizza esattamente il TQ""Y>-.olìvrT/1', distinto, nella morfologìa e nel canto, dal {Ja-

111>-.loxor. Il foraminarius ~ rew-y>-.ooVTlJS è lo Scricciolo (Troglodytes troglodytes trog/odytes L.) che, nei vernacoli italiani, viene indicato con forme composte da foro e da nq~e riferente · ·~ l'habitat. Cf., ad es.,: «Forafralle» (Senese 2), Forascièss, Forabeuc 3• ·

1t1·1 I 2 3

èf. M.L. § 3427. Cf. P. SAVI, op. cii,, p, 272, Cf. E. ARRIGONI DEGLI ODDI, Orn. fio/., p. 307.

233

IIRJNGILLA,-AE, f. Le formefringilla (P. Fest., 80,19),frlngui/la (Varr., L.L., 7,104; Mart., 9,54,7: cod. BA; Avien., Arat., 1761), fringillus (Mart., 9,54,7: codd. AA e"; C.G.L., 3,188,46),fringuillus (C.G.L., 3,17,46); frenguillus (C.G.L., 3,319,11),fringue/lus (Polem. Silu., 543, 17),fringuillo, -on/s (C.G.L., 3,435,65) sarebbero state create sulla base onomatopeica/ring-_ 1 e ritenute inseparabili dai verbifringuttio (Plaut., ap. Varr., I.e.), friguttio (Plaut., Cas., 267; ap. Non., 7,12; P. Fest., 80,20), fringulo (Carm. de philom., 28 del graculus),fringultio (Apul., Fior., . _ 17, 17 della merula 2). L'ornitologo Edgardo Moltoni 3 opina che la forma italiana «Fringuello» dal lat. fringillus o fringilfa sia onomatopèa che esprime il verso «/rifri» o, che, per lo meno, abbia relazione con il verbo frigo = «io grido, io pigolo». · Ma J. André 4 osserva: «Quant àfrigere, dont Walde-Hofmann, L.E. W., I, p. 548, s.u. frigo «schluchze, quietsche», font dériver ces verbes après Nonius, 7,8 et 308, 11, il est à craindre que ce soit un fantt?ime: la forme frigi/ du fragment d' Afranius donné par le compilateur est une faute de copiste pour erigit et le sens présenté par Nonius [umri -yo'trvxcx'ixu,.Z,HòtµtXXovm, 1t01'i ilfo, be1roil1ò,i&uxo11.utiil.,, xwela, xcx\cxhois 1'6QEO'IP; infi'1rOI.Qet'lfMu1os' ?rÀ~/1fxet< rò > '/l"EQl ne (617 a 25), Aristotele ci afferma che "l'uccello bleu" ha una statura un po' più grande della uif_ì,.,: u1r1111sil~ µdìwv µ,xeC:,, Ad una nota sul nutrimento (592 b 17: rà oi uxwX.,,Ho,p&,yOI, oTovu1r11a) l'autore della A.H. aggiunge un'osservazione, che, almeno dal punto di vista ornitologico, ci pare oscura e, quindi, di difficile interpretazione, se il testo tràdito è da accettarsi come genuino: le u,rt.ìm vivrebbero, durante l'estate, nei paesi caldi, e, durante l'inverno, nelle regioni fredde (613 b , " , .• ,. , • , " w il' t • .,. 10 3-5): (lii• ile, u..-1.ìm 7011 /J,fll uEQOIIS El/ TOt! 0//\(EIJIOtS, 70V • XHµwvosev 7'0tS ,yVXQOL! • Le osservazioni ornitiche, tramandateci dai testi greci, non sono sufficienti, a nostro avviso, per identificare la specie u1rttcx= Fringillacoelebs coelebs L. Infatti, le indicazioni sulla taglia sono alquanto vaghe, e, in particolare, quella_che paragona il volume della u1rfìcr alla statura dell'uccello bleu"; inoltre la nota sull'bQou1rifos, che dà come caratteristica specifica il colore bluastro intorno al collo, pare essere stata suggerita dall'osservazione della stessa Fringi/lacoelebs coefebs L., che si distingue dalle altre specie del genere FringillaL. per il colore grigio-bluastro della cervice e della nuca, sicché le descrizioni dell'uccello cnr!fa: o u1r1.ì.,, sembràno rig\iardare una specie diversa dalla F.c. coe/ebs, anche se u1r!rcxè considerata dagli antichi del gruppo delle Fringillae. Non crèdiamo, di conseguenza, che u1rf.ìa (= u1riì.,,) sia sinonimia di u1rivos,se questo nome indicava nell'antica Grecia la F.c. coelebs L., come si avvertirebbe dalle definizioni delle glosse e, meglio ancora, daìla forma del gr. mod. u1r'tvos,ma non certamente dalle descrizioni; ., che leggiamo nei testi greci, le quali, pur non negando l'identificazione, potrebbero rappresentare anche altri piccoli uccelli. , · J. André 11 è certo che il latino /ring i/la ( ""fringillus, f_ringui/lus,frenguillus, f ringuellus, fringuilla, fringùillo) significa F.c. coe/ebs L., "identification ... assurée par le synonime u1r!vvosdes gloses et par la traduction d' Aratos, Phaen. 1024, u1r111os ~w,cxu1rltwv, par Avién., Arat, 1761, si matutinofringuilla resultal ab ore". Non abbiamo obbiezioni da opporre all'identificazione, che, come abbiamo sopra accennato, è documentata dalla forma uii.vos, conservata nel gr. mod., la quale assicura la sinoni--' 1 delle glosse e della traduzione di Avieno. . _ mia u1rt111101 Il lat. Jringui/la, che non è accompagnato da alcuna descrizione ed è usatjl da Marziale, come genitivo soggettivo (9,54, 7: fringuil/arumque querelas)in una brevissima nota· sulla presenza di alcune specie nel periodo post-migratorio, probabilmente da marzo in poi (cf. i vv. 12 7-8) 1 ove il sostantivo querelasè da interpretarsi più come "canto" o "grido di richiamo" che non come espressione di gelosia o di violente zuffe 13, non presenta difficoltà per la sua identificazione "F.c. coelebs L.", poiché le forme o maschili o femminili derivate dei verna14 , coli italiani indicano, potremmo dire, quasi esclusivamente, il "Fringuello"

I CLJ. ANDRl'i, op. cii.• p. 72. 2 cr. J. ANDRÉ. ibid., p. 73: o. BARABINO, Ari. cii., pp, 29: 30: 30, n.303. 3 Op. ,;1,, pp. 71-72: F. T1OSCHI, or,.-cir.,p. 17. '.i 4 Op. cit.• p. 73. . • _ s Sul valore del vcrbofr/gullire, cr. FVLGENT., p. 117,9 H.: Frigul/ir~dlci!u~mblililer (sub_riliter,cod, ~ru_xel!·del sec. Xl lezione accolla da L. LERSCH)adgarrire;OSBERNVS (p, 228 Mai): frig,f/u, ae Id est auisq11ocda111 ,J/i,k!fr,goreDeman propone le identificazioni: "crécerelle ou crécerelette, martinet, hi{o~delle de rochers ". · · . · E. De Saint-Denis 4 dimostra che la frase uel quod defloribus nasciturnel testo serviano .(ed. Thilo, 7, 12-13), nel quale l'autore dà tre definizioni del vocabolo fronda/or (~al arbores amputai. .• quifrondibus manipulosfaclt• .. qui manibus uitium /olia auellìt, . .) è una in• terpolazione inintelligente, L'interpolazione degli scholia di I. Filargirio: fronda/or, id est ru. sticus uel quod defloribus nascitur, di Berna: ; .. uel anima{quod de Jlòribus rrasciturè spie-

236

237

FRISIO, -ONIS, m.

Conosciamo soltanto il nome della specie, attestato da Plinio Val. (5, 42): /ac uaccin~m atque caprinum,frisionem, columbam, porrum crudum• .. L'identificazione: "Co_ccolhraustescoccothraustescoccolhraustesL. è resa certa dalle forme derivate dei vernacoli italiani 1: "Frisòun, Frousòun, Sfrisòn, Frixiòun, S/risòun, Frizù, Sfrizù, Frisòn,-·Farsòn, Frisòt, Sfrisòtt, Sfrisòn, Frisò, Frisù, Frixiùn (ltal. sett.); "Frusòne, Fregìòne,Frosòne, Frogiòne,Frigiòne,Frocìòne(!tal. centr.)"; Frusòne,Frusolòne,Fro2 sùne (ltal. Merid. ). .: Walde-Hofmann 3 e Ernout-Meillet 4 sono persuasi chefrisio sia una onomatopèa come fritinniò. . · ' 5 J. André ritiene che le denominazioni in fr. dial. pinson royal, pinson à gros bec, pinson d'Espagne ed·in inglese, hawfinch, ol. Appefvink, "permettent de rapprocher les noms Jat. du pinson enfring- etfritimrio «gazouillern, plutòt que de remonter directement au cris du grosbec, tsicc. .. ptic, -tzitts". · . . L'?rnit~logo Ed. Molloni 6 pensa che il nome derivi dal verbo latino frangere, perché è -abitudine d1 questo uccello rompere i semi duri, di cui esso mangia il nocciolo, rigettando il frutto. Alcune forme dialettali, infatti, sono derivate da frangere, chiaramente: "Fringi,.c;-yw, uocatur. La voce fu/ix, -icis di gen. fcmm. è usata da Cicerone (Progn., fr. 6, vv. 1-2 [De diu.• 1,141) 1• Il nome greitl.

5 S111tlitli/ilolonia ro111u11,u, IX, 1903, p. 421. 6 Cf. E. A:IUUGONIDEGl.l ODUI, Ornil. lful., p. 794: Fdh.•gfl da rre!if.,·it., p .. 263, s.v.f11r· fur. 4. Sc&naUumo d1c l'Attthus ;i giovani una specie di miagolio". R. Peterson-G. Mountfort-P .A.O. Hollom 5 sentono: "Un forte fischio flautato ui-u-uio o ciac-ciac-uio. .. "; allarme, un aspro ch-r-r. Anche altre note aspre e miagolate, come di Ghiandaia". Osservazioni, li galgu/11sè osservato da Plinio nella migrazione del "passo" di autunno (10,73}: Temporum magna differentia a11/bus: perennes, ut columbae,semenstres, ut hirundi-

nes, trimenstres,ut turdi. .. et quae, cum fetum eduxere, abeunt, ut ga(guli. . .

6



Marziale (13,68) accenna alla migrazione autunnale (primo ,settembre), quando espone le forme di esercizio di aucupio della galbina a/es:

Golbinadecipiturcalamiset retibusa/es turget adliucuiridicum rudis uua mero. La costruzione del nido è descritta dal naturalista latino (10,97) con la seguente osservazione: Iam publicum quidem omnium est tabulataramorum sustinendoprouide éligere,camorare aut fronde protegeredensa, la quale dovrebbe spiegare il cenno (10,96): Galgulosquidem

ipsos dependentespedibus somnum capere confirmant, quio tutiores ita se sperent. Discussione. Il ga/gulusdi Plinio si identifica certamente con l'Oriolus oriolus oriolus L. .Le notizie sulla migrazione autunnale documentano l'identificazione: nel mese di agosto, i giovani sono impennati e capaci a svolgere la loro attività come gli adulti; questi, compiuto l'aÙevamento, cessano di cantare e si di~pongono al loro grande viaggio migratori9 verso le terre d'Africa. La descrizione del nido è un altro elemento utile all'identificazione; ma jYtesto latino richiede alcune chiarificazioni. E. De Saint-Denis traduce, al § 97 (1ampublicum-densa):"Tout le monde sait bien qu'lls choisisscnt avec prévoyance des branches formant plate-forme pour soutenir leur nid, qu'ils lui donnent contro la pluie la forme d'une vo0te, ou qu'ils l'abritent sous un feuillage épais". Il Rigogolo, per la còstruzione del nido, sceglie due o tre rametti orizzontali, cui vengono attorcigliate strisce legnose flessibili, dai quali pende il nido. Non si tratta, quindi, di una vera e propria "plate-forme"; l'espressione tabulataramorum indica piuttosto "i bracci, in posizione orizzontale, della biforcazione dei rami", per cui il testo latino dovrebbe essere tradotto: "scelgono con previdenza rami in posizione orizzontale per sostenere il lorq nido". Il Rigogolo non dà al nido la forma di una "volta" per difenderlo dalla pioggif, mà protegge la piccola sede della nidificazione con le fronde stesse degli alberi, che sovrastano il nido, quasi esse fossero una "volta"; per la qual cosa, camarare,a nostro avviso,•istqnsignificherebbe: "fabbricare a volta" il nido, ma, se ci è concesso dì ricordare la figura della camera, . la barca leggiera e portatile degli abitanti del Ponto, sulla quale, quando il mare era agitato, si adattava un tetto di assi in forma di volta (Tac., Hist., 3,47), "fabbricare un tetto (con fron-

247

de) a forma di volta" sul nido. li verbo camorare,nel testo pliniano, è seguito da una rettifica: 011tnon è una disgiuntiva che esclude l'un caso o l'altro, ma, dichiarando meglio, spiega il concetto del verbo, se è usata in tale senso: "o in altri termini, o più esattamente". Donde proponiamo la seguente traduzio• ne: "Tutti sanno. , , che essi danno un tetto in Forma di volta al nido contro la pioggia o, più esattamente, lo proteggono sotto un denso fogliame". li testo latino sul comportamento del Rigogolo nel sonno, come è interpretato da E. De Saint-Denis ("On assure que les loriots se suspendent eux-memes par les pattes pour dormir ... ") esprimerebbe una leggenda. Infatti, i Rigogoli dormono come tutti gli altri uccellie non hanno affatto le abitudini dei Pipistrelli ò di una varietà di Pappagalli dell'isola di Giav'a, che stanno appesi ai rami con la tesla in giù. Molto probabilmente, nella frase dependentespedibus si è prodotto nella trasmissione un grave guasto. Proporremmo, quindi, di leggere: dependentespitibus: pensiamo che all'origine della corruzione ci sia stato il salto della consonante s: dependentestipidibus, un caso di aplografia classico. Resosi incomprensibile il testo, si sarebbe pensato a pedibus e per la somiglianza paleografica e per la suggestione degli usi del uerspertilio. Nella nostra restituzione stipes designerebbe o i 'bracci della biforcazione dei rami" o anche e semplicemente l' "albero" (cf. Plin., 6,54), Plinio accennerebbe al nido che, a forma di amaca, è sospeso per mezzo di fili intrecciati ai rami degli alberi. Questo cenni? è confermato, al§ 97, dalla notizia dettagliata sulla costruzione del nido e, in particolare, dalle parole iam pub/icum quidem omnium est, che assicurano, come fosse di dominio comune, l'esperienza o l'osservazione del peculiare nido del Rigogolo. Questa è; dunque, la traduzione del focus da noi corretto: "Ci assicurano che i Rigogoli prendono sonno sospesi ai rami (o "agli alberi"), perché credono di essere più sicuri. Per di più tutti sanno che essi scelgono con previdenza rami in posizione orizzontale per sostenere il loro nido ... ", 4 ME!LLET. DELL • p. 266, t•lg11l11,~ A. WALDE-J.ll. HOFMANN, LEW., I, p. 578. Per le formedel vernacoliilrtlianiar~ulhr,/,«rKl•ih,del rum, ,:rànRur,gd11,:11r, .li'rdnRor (Rìl!ogolo),cr.J. ANDRE, ~p: cii., p. 80; F. FOSCHI, op. cii., p. Il. cr. J. ANDRÉ, ibid, 4 Ornir. flal .. p. 93. S · Guida degli uree/li d'Ertropo, Mìlono ( 19.-.À~O'CiUQ' 17 La nota aristotelica circa la formazione dell'uovo è imprecisa e non può essere accettata scientificamente, in quanto la formazione richiede lungo tempo. Ma la nostra attenzione deve rivolgersi a scoprire il valore di in utero di Plinio. Se il naturalista latino si è informato alla noHl aristotelica ed ha attribuito alla Gaflinail comportamento della 1regwrega, che trattiene le uova, dovremmo pensare che uterus non può significare ovario, che è la traduzione del De Saint-Denis, ma, piuttosto, la "camera del guscio", dove l'uovo resta, per qualche tempo, prima di esere deposto, e si riveste dell'involucro calcareo. Ma, dati i limiti scientifici di Plinio, non possiamo credere che egli usi una precisa terminologia scientifica, per cui è molto probabile che con il nome uterus abbia voluto significare l'apparato riprodulloreo, più genericamente, l'interno del corpo. Plinio (IO, 150) riferisce che certe Galjine non depongono che.uova a due tuorli, dà cui nascono talvolta due pulcini, di cui l'uno è maggiore dell'altro, secondo Celso. Altri, invece, negano assolutamente la schiusa di pulcini gemelli: Quaedamgallinaeomnia·geminaouapariunt et geminos interdumexcludunt, ut CorneliusCelsusauctor est alterum maiorem;al/quinegant

o:uµo'ii xo:ì ~€~,rovra• xo:ho, ~nov 1ro>-.vr6xo,at -yuvo:im rwv &-yevvwv ltuiv. M lì"Alìgmvaì 13 ~>-.exroe,lì,se!ut µiv µixgo:l rò p.{-y,r'Jos, r:"rovm lì' &v'~x&ar11v ~1-deo:v•daì. lì, xa>-.na,, xo:l x-u,[vouu, rovs jlfOTTOVS 1ro>-.>-.&)(iç• xeC:,p.arnoÈ ,mvrolìa,rÒ( rxova,v. Trxrova, oJ )(OIÌol"oreve~s 'lvim lìls r~s ~p.{Qcxs•~011M 1we1 Mav 1ro>-.vro,r~aaam -h1rlr'Jo:vov o,à mx~wv 14• Plinio (IO, 146) riassume l'osservazione aristotelica; anzi, inserisce, nel testo corrispondente alla I. 14, un'altra informazione, che, nellaA.H., .èscritta nel capitolo sequente ([560 b 3-4) Twv o'l-1>-.exrog'towv o:Ì veorrfoH 11"(/WTOV Tl)(TOVlIIV ,Mòs ~QXOµEVOV TOIJfoQoS, )-.iiw ltxrovui ~ al 11"Qw{36reQo:1• l>-.&m,,ÒÈr{>µe-y(r'JH rb h rl:5vvewr{Qwv),modificandola; quindi lega le note sulla quantità delle uova prodotte in tutto l'anno (I. 14-15) ed in un solo giorno (I. 19-23), trascurando la distinzione tra le Galline di razza e le comuni (I. 14-16), e, infine, ricorda le ¼Ilem vaì a>-.rnra e lòes, dimenticandone la descrizione (I. 16-19): Quaedam omni tempo-

re coeunt, ut gallinae, et pariunt, praeterquam duobus mensibus hiemis brumalibus. Ex iis iuuencaeplura quam ueteres,sed minora, et in eodemfetu prima ac nouissima.Est autem tanta fecundilas ut aliquae cotidie, aliquae bis die, aliquae in tantum ul effetae moriantur. Hadrianislaus maxima.

omnino geminos exdudi. Aristotele (A.H., 562 a 27 - 562 b 2) si sofferma a trattare della schiusa delle uova con due

Vogliamo annotare come Plinio modifica, forse per influenza di altra fonte, l'informazione aristotelica (560 b 3-6): Aristotele precisa che gli individui giovani depongono d,i?vs&exoµ,~ov rov ~OIQO~; Plinio tace; il filosofo greco si limita a dire che le uova sono più piccole: 'tX&rrwo~r~ 11e-y{iJE1 rà h rwv vtwr[gwv; l'autore latino osserva che le prime e le ultime sono le uova più piccole: et in eodem fetu prima ac nouissima. A commento delle osservazioni aristoteliche e pliniane, malgrado i nuovi risultati conseguiti anche nella pollicultura rurale sulla base delia conoscenza della genetica, delle nozioni sulle principali malattie degli animali, dell'igiene, dobbiamo ammettere come gli antichi, in forza dell'esperien1.a, seguissero norme, ancor oggi prescritte. Per il miglioramento della produzione di uova, nell'allevamento moderno, si scelgono soggetti giovani di 6-7 mesi, che, nati in primavera (marzo-aprile), possano deporre nel periodo (novembre-dicembre), in cui i Polli diminuiscono la loro produzione o, addirittura, la interrompono. È esatta, quindi, l'informazione di Aristotele sul periodo dell'interrotta deposizione e sulla maggiore produzione dei soggetti giovani: la diversità tra il periodo di produzione di allora e di oggi, ha il motivo nei diversi interessi economici. Nella pollicultura moderna, i soggetti che nel ciclo annuale si rivelano di produzione bassa (inferiore alle 100 uova), vengono eliminati dall'allevamento; 'anticamente, però, un soggetto, che produceva 60 uova, era ritenuto una buona ovaiola. Non comprendiamo, rispetto alla produzione di uova, la distinzione, che Aristotele pone tra le Galline di razza e le comuni. Sarebbe stata necessaria una precisazione ed anche la conoscenza della razza. Certo è che per il miglioramento dell'allevamento, che dia una maggiore produzione di uova, si sarebbe mostrato più utile e vantaggioso 1.'impiego di un gallo di pura razza, discendente da un buon ceppo per l'accoppiamento con le galline comuni, ad es., le nostrane, onde ottenere l'aumento della resa media dei discendenti 15• Plinio (10,147) vorrebbe assicurarci che nei dieci giorni dall'accoppiamento, le uova maturano nell'interno del çorpo, ma più a lungo, se la Gallina è tormentata, sradicandole qualche piuma o procurandole altro danno simile: A coitu X diebus oua maturescuntin utero, uexatis

rossi. Assicura che si son fatte osservazioni sul rosso delle uova doppie e riporta l'esempio di una Gallina, che, avendo deposto diciotto uova con due tuorli, ha fatto schiudere, ad eccezione delle uova chiare, dei pulcini gemelli, di cui l'uno era più grande dell'altro, ed un mostro nella schiusa dell'ultimo uovo 18: E!uì lì1t'vu:n lx>.v1rog10ES 011' ir&no: lltòvµot7[)(Tov11w, ,mì ~611~-irlro6rwv 19Z,irm, T~ -ir•e'•'/"~V >-.l,ar'Jov uv11f;aivov•bKTWXa~ll,xo: -ytte nf Tf){OVO'OI at>-.E,t,,lltbu11a,1r>-.~v ~1101 otfgm hl Pero. T~ 11èvo"Lv7x>.>-.a -y~P,µOt (-ir>-.~v 1fn rò µli.l'oPr~ o'i>-.arrov -y,vfrm rw,, 61M11wv}, rò lìÈ ,,-,Xevrai"ovTf(IO:TWOEr. La nostra esperienza conferma la nascita di pulcini gemelli, che perirono appena venuti alla luce, ma la nostra osservazione non nega il fatto ornitico, rilevato da Aristotele. Plinio, prima di inoltrarsi a trattare della cova, senza contraddirsi affatto sul periodo della deposizione 20, determina l'inizio della produzione delle uova dal solstizio.di inverno (IO, 150): Parerea bruma incipiunt 21• Indi, afferma che le migliori covate si fanno prima dell'equinozio di primavera; i pulcini, però, nati dopo il solstizio di estate, non raggiungono la taglia normale e tanto meno la raggiungono quanto più tardi sono schiusi dal guscio: optimafetura ante uer-

num aequinoctium;post solstitium naia non implent magnitudinem iustam tantoque minus,. quanto seriusprouenere. i Varrone (3,9,9) è dell'awiso: optimum essepartum ab aequinoctio uerno ad àutumnale. Columella (8,5,1) ammette che le Galline, a seconda delle regioni di clima più,fuite o freddo, incominciano a deporre intorno alle calende di Gennaio e dopo le idi: Confec/a bruma parere

/ere id genus auium consueui/.Atque earum quae suntfecundissimae, locis tepidioribuscirca 22 calendasJanuariasoua edere incipiunt;frigidis autem regionibuseodem mensepost idus • È molto utile, secondo Plinio (10,151), far covare uova deposte non dopo IO giorni, giacché uova o troppo vecchie o troppo fresche sono infeconde: Qua incubariintra decem dies edi-

autem gallinaeet co/umbaepinna euulsa alìauesimili iniuriadiutius. Ci pare che Plinio non abbia compreso Aristotele. Questi (A.H., 560 b 19-20) assicura che

ta utilissimum;uetera aut recentiorainfecunda. Columella (8,5,4) scrive al rigu11rdo:Aptissima porro sunt ad exdudendum recentissima quaeque. Possunl tamen etiam requie/asupponi, dum ne uetustiorasint quam dierum decem.

l'uovo della Gallina si forma e raggiunge il suo sviluppo generalmente nei dieci giorni che seguono l'accoppiamento (Euv,amm, ò~ rò 7ijs fx'/-.exrn(/iòos t..òv 11erò: r~v ::ix,~avxaì nXHoiirm h ofx~µ{g,m l.is 1..-ìT~ ,ro}..~).ma non dice affatto che 1; Gallina maturi più a lungo .l'uovo, se vie.netormentata; anzi, trattando della ·sola ?rE(lllITEQ& osserva che, se la femmina è disturbata m qualche modo, o se si va intorno al nido, o se le si sradica una piuma, o se essa ha altra ragione di ricevere un male o di spaventarsi, trattiene l'uovo che sta per deporre e non lo depone affatto (A.H., 560 b 22-25): Hiv -y&(/n hox>-.11r'Jr~ ....snvos; 11"EQÌ. T~V VEOTTEfav ~

Ancora, oggi, si ritengono migliori le uova deposte da non più di una settimana o, al massimo, da dieci giorni. · . , ' '.I Plinio (10,151) consiglia di affidare alla gallina uova in numero dispari: Subici-i/rparinumero debent; il consiglio è, pure, di Varrone ([3,9, 12): In supponendo oua obseru'lllrtut sint n11meroimparia)e di Columella ([8,5 ,8) :Numerus ouorum, quae subiciuntur, impor obserua• tur, nec semper idem). li naturalista latino (10,150) aveva prima ricordato che, secondo alcuni allevatori, non si devono affidare alla chioccia più di venticinque uova: Plus uicenaquina in-

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251 ·.. I

.·s~ì0 1

-,.,_ ·-·

cubandosubici uetant; lo stesso divieto si legge in Varrone (3,9,8): Quae uelisincubel, negant plus XXV oportere oua incubare. . . · ColumelÌa (8,5,8) prescrive il numero delle uova da covare, a seconda dei mesi: Nam primo tempore, id est mense Ianuario, quindecim, nec unquam plura subici debent: Martio, XIX, nec his pauciora:unum et uiginliAprili: tota deinde aestateusque in calendasOctobris tolidem. Nella pollicultùra rurale di oggi, di norma, si consiglia per la cova 9-11 uova (peso 55-60 grammi) cd anche 12-15. • . Pli?io (10,151), quindi, passa a trattare del controllo delle uova, messe a incubare, me-· d1ante ti processo della speratura: Quarto diepostquam coepereincubari si contra lumen ca-

cumine ouorum adpreltenso23 ima 24 manu purus et unius modi perlucea;color,steriliaexistimantur esseproque eis alia sub.stituenda. · La speratura,' secondo le modalità prescritte da Plinio, era già conosciuta da Varrone (3,9,1~13): ,o_ua,quae lni:ubantur,habeantnesemen puffl, curatorquadriduopost quam /ncuban coep/1mtellegerepotest. Si contralumen lenuit et purum unius modi esseanimaduertit

putant eiciendum et aliud subiciundum.25•

·

'

Pli~io (10,151) cl informa su una seconda prova: se si pone l'uovo in acqua, vuoto sta a galla, pieno cade sul fondo: Et in aqua est experimentum:inanefluita/ itaque sidentia hoc

est piena, subici uofunt. .

'



Varrone (3,9,11), però, aveva già preceduto Plinio in questa seconda forma di controllo:

Ouapiena sint atque utilia necne, animaduertiaiunt passe, si demiserisin aquam, quod inane nate/, plenum desidlt. · l~fine, ~linio (10:151) ri_corda il divieto di scrollare l!uovo, perché diverrebbe sterile, qualora 1 ~anah necess~n a_lla_vita fossero stati confusi: Concuti uero experimentoueta11t,quod

non g1gnantconjus1sultaltbus uenis. . Lo stesso avvertl~ento

si legge anche in Varrone (3,9,11): Qui ut hoc intellega,;tconcu-

t1ant,errare,quod 111ta/es uenas confundant.in iis. La spera~ura ~• ancora oggi, un mezzo di controllo delle uova da covare. L'operazione è ldentlca; la :1 ~ratJca, _però, al 5°-6° giòrno dall'incubazione e la si rinnova al ]5°-18° giorno. 0 Al 5 -6 giorno, s1 nota la presenza, nell'uovo fecondato, di una macchia nera stelliforme e mobile qualora l'uo~o sia sottoposto a leggeri movimenti oscillatori: quello infecondo è chiaro, e quel~o ~on embrione morto, non ricordato da Plinio, presenta la placca embrionale fissa. Al 18 giorno l'uovo alla speratura appare completamente scuro ed il contorno dell'embrione è ben delimitato, la camera d'aria assai ingrandita, • . Il motivo. per cui gli antichi raccomandavano di sostituire le uova riconosciute non feconde consiste nei fatto che la loro putrefazione impedisce l'aerazione delle sane e fa morire anche in queste, l'embrione. ' Dobbiam, però, precisare che cosa siano le uitalesuenaedi Varrone e di Plinio le quali come aff~rma il De Saint-Denis 26 sono i 1r0Qo1 LINJOnon ci dice se il la1te rosse scremato, perché il latic acido nel cibo difende i pulcini dalla '"coccidiosi" e da molte altre malattie. 42 13.DE SAINT-DENIS (op. cli., p. ·76) traduce il primo periodo co~I:"lnlervlent ensuite l'art culinairc, pour que Ics.cuiSi.esde la \tÒlaillese pré:senleutbhm, pour qu'i.:llç~soiçnt ra~nue5 de chaquc cOLédu dos, pour qu'en la 1irant par une seu,

le paueonen couvre tout le plat11 • , La traduzione del filologo francese ~embra riguardare più la couura del volatile che non la sua disposizione nel p~auo per ben figurare. Jnfatti, lo Studioso, forse jndouo alla sua in1erprctazioncdpll'anafora di come se la preppsizlone reggessein coordinazione i ve-rbispeccemur,diuidantur,occupenl,pensa che la frase ut diuidamur in lergoravoglia signì• ricarc la Hposizione fatta assumere alle cosce" (rivolte all'indietro e raccolte all'uropigio). perche, nclla,couusa non ab· biano ad aprirsi. ' Ma PLINIO vuole indicarci come le ''cosce" debbono essere disposte sul piauo. Questa è, dunque, la noslra interpretazione: la proposizione ut clunes sµeeumtur non è coodinata alle altre due, espresse ai congiuntivo. ma di queste Indica Hvero fine: 1111 frase 111dìuidallluriritergora,che ha come-soggetto dune-s,ha lo slesso valore di diuiderein purleYe-,prccisamenlc, ilt duos pa,res: il senso è proprio, non straordinario; la lezione uno - della terza proposizione sarebbe da corregger.si,per dare un senso aU'assfomçdel tc-slo,con la lezione conge1tu,ale imo. Ne segue la seguente spiegazione: poi J1arte culinaria prescdve, perché le cosce{tibia e Cc-more,rivestiti di tutti i muscoli}si presentino bene, chi; c-sscsiano dis1inte1 l'una daU'allra 1 in due:parti e che siano allargate. tfrandolc dall'esircmiià della zampa. perché coprano 1uuo il pìa110. L "espressionea pede imo dìlalataeè qui vo·lutamemcscrjua da1l1 autore, perché, a causa della couura, lc cosce rimangono rigidamente ripiegate alt'indietro. in quella posizione, che la 1ec11ica della cottura, ~sìgc. 43 PLIN., 10,157; COLUM., 8,S.20: Saepeetiam iam ualidioribusfoctìs~utque ipsi.smalrib11sellam uilu,1d«p~1ui1ut IJ!rni-

u,..

r-ieseril.

\ ,

44 COLVM. (S)S,22)ammeHc allri sintomi, che do\,rebbero, però. indicare altre malattie: Nam si piluil" dr!·1mrn}11ir 0ore rubirnndo al 10,IS6 della N.H. tli PLINIO; na: CksssJfi.orrQv.:,v 1i6vos1owv• -yb!Qab12Efonv o~n 1 1r6eew aapxÒs -r¾v' , Vt I\ JI I I À nel giovane i caratteri sessuali secondari non appa10no (wv µEP ')v!/ TEl\ftov avra, ro TE"°' · r , , , I 1. t• t ~ I , ,z \ &, )I \ ti >.atov·-l'~wxqov-y,verat xm oVXETtxoxxvtH ovv E'll'tXHQH oxEvHv, eav en VEOTTOV ovra, oLò~ -y[vETat ro6rwv oltò?vaHavo,..~vov) . Ad integrazione dell'os·servazione aristotelica, aggiungiamo che la castrazione provoca nel Gallo la repressione della cresta e dei bargigli; l'una e gli altri diventano più picèoli e più scoloriti di quelli della Gallina, durante il periodo di attività ovigcra. li Cappone perde, inoltre, gli istinti battaglieri del Gallo e, come osservano Aristotele e Plinio, le caratteristiche del canto. Infine, come abbiamo già sopra detto, il Cappone può anche covare ed allevare i pulcini.

Culin11rumArtes. Plinio (10,52} ricorda un piatto creato da Messalino Cotta, figlio dell'oratore Messala: zampe d'Oca arrostite erano accomodate in casseruola con creste di Gallo: Sed, quod constai, MessalinusCotta, MessalaeoratorisJilius, palmas pedum ex his (se. anseri/ms)

torrere atque patinis cum gal/inaceorumcristis condirerepperit. ..

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.

. Sc:ienzaaugurale. Plinio (10,49) dedica un intero paragrafo ai presagi dei Galli: Horum sunt

tripudia solislima 30 , hi magistratusnostros cotidie regunt domusque ipsis suas claudunt a11/ reserant. Hi Jasces Romanos inpellunt aut rei/neni, iubent acies aut prohibent, uictoriarum omnium toto orbe partarum auspices31 • Hi maxime terrarum imperio impera111,.extis etiam Jibrisque haut a/iter quam opimae uictimaediis grati. Habeni ostenta et praeposterieorum uespertiniquecantus: namque totis noctibus canendoBoeotìis nobilem il/am aduersusLacedaemonios praesagiuereuictoriam 32, ila coniectainterpreta/ione,quoniam uicta.alesil/a ryoncaneret. i i 1 Cl., ad es., i /oc/ riportati da J. ANDRÉ (op. cii., p. 82): LVCIL., ap. NON., 427 ,24; CIC., Di/, 1,74; Pro M11r.,62: MARCELLUS, Med .. 9,95.. 2 tbid. · 3 Cock In Latin, in Closs. Rev., 19)6, pp. 164-165. 4 Zeilschr.f. v,rg/. Spraclifom,h,, XLVII, p. 50. S LEW., I, pp. 580-581. , • · 6 A. ERNOUT-A. MEILLET(DELL 4 , p. 266} assicurano:11 Le g,. 1ta~>.mo"tccrctcdc coqn.

t.

)({Y)t.rrn~cpoute►)

· e.sil01n

. pour ta forme".

1 GEW., I, p. 759. 8 Oberden Hahn in Zellschr./. verg/, Sprachforsch .. LXXI, 1953-1954, pp. 28-32. è di sta;ura maggiore del Gallo (A.H .. 592 b 11-12); il gozzo è silo davanti dallo stomaco (ibid .. 580 b 27); il Gallo 9 ha appendici piloriche o cicchi(ibid., 509 a 20). Pernllre osservazioni, cr. D' ARCY W, THOMPSON, op. cii., 34. 10 A. SAUVÀGE(op. cit,, p. 263) ~ileva eh~ ◄,rex~stc_nce poétiqucdc la crétc s~ limiteau tcr~e crislatus~cflco~olla1rement à la pérlphra,e cristalll< a/es (ou cristataams)". Cita ,n noia: OV ,, Fast.. 1,455, Met., 11,597, MART .• 9,63..s";_14,223. 11 Scrive COLVM. (R.R ., 8,2,8): Nam quae hoc-uirl'legerif ins~gn~, contuI~1ax a~ concubitumded1gnalura41~_111ere marem,

L•r~,.,



strant, ul sint capi, candentiferro inurentesad infima crura, usque dum rumpatur, el quod extat ulcus, oblinunlfiglino creta. Ma se infima cmra ha lo stesso valore di ca/caria,termine

raroquefer:unda,eaamcu11,;ncultot,ca/cisac:ulei'so11aperfrmgrt. Cf. s.v,~(llhm1, , . . . ' . ~2 PLIN10, come i poeti degli animali. ammettein questi uccellila.consnpevolezzade1proprimezzi d1 na1uramorfologica allÌ alle reazioni in forma dt'offesa e di difesa (cf. LUC., 5, 1033; OV ., Hai., 1·2 e pass.; OPP .. Hai., 2.42 ss.). Sul valore di te/u,n, cf. OV., Hai., 8; F. CAPPONI, OuitiiiHaliell(icon,Leiden (1971), p. 245. 13 cr. ov., Hai., 68:

262

263

nom copilmf anlmi'ì pa/mom ,:u11den1q11e trimnphn;

ef. F. CAPPONI, op, rii., pp. JS9-360. J4 Cf. AR., A.H., 536 D 26,27: ,rn-~T~ µè,,µ«\~flfl'ft rp~(rY€Trtl, . . "qv11rW1•rn.dio"'~~O:TQvé',n;cf. AEL., 4,29. 1:5 Ttn i Gallinncc;,altrndurasorte deve subireHltliUchiovinto èJcllaPernkc (PLJN,1 tO, 100-101)i cr.-s.v.pcrdix.1 A, SAUVAGE (op. rft., p. 265) d fa m~crvarcchc"cc qui s~pilrcfondamcntnlcmentI.ipoésìc grccquede la poésic Ialine, c'es1 le thèmcdu combai dc coqs qu.isimentabsen1dc cdlc-ci, cl qui a eu au contrnircune belle fortunedomscelle-là oii il anime de oombrcuscscompairai.~ons,non sculemc-ntdans la comédk arbtophancsque,mais aussidnns la poésìeélcvée (Pindnre,Eschylc)et dam un poè11;1c bucolique1•. A. SAUVAGE (ibid., p. 264) rileva la solaci!IIdel Gallo nello poesi• di MART. (l,58, 17; ll,63) e di IVV. (3,90-91) e nella prosa di VARR. (R,R,,· J,9,S) e di COLVM. (R./1., 8,2,9): ncll• notn, n. 38, l'autore si sofferma a studiare il simbolismo della salacità del Gallo nella poesia grcx,a. 16 E. DE SAINT-DENIS (op."cii .. p. 120, §47, n, 2)ei fa notare che J>LINIO,in questo luogo, non ila imilato COLUMELLA, il qualea11'8,2,descrive,al fine di una ~celtaintclligcnle,la bnona razzadi Galh t: di G~llinc. In particolare,si leggano nella R. R., el §§ 9-121 le carnltedstichcmorfologichedel Gallo idoneo a1l'accop1liamcntoe.

Osservazioni. li passo pliniano ci offre quattro elementi per la identificazione d_ellaganta: I) l'habitat o l'area di distribuzione o, meglio, di nidificazione; 2) il piumaggio bianco; 3) la statura (più piccola dell' Anser anser);4) il_pregio del "piumino".

Osserva Plinio: Mollior (se. piuma) quae rorpori proxima, et e Germanialaudatissima. Candidi ibi, uerum minore,r;gantae uocantur. Pretiump/umae eorum in librasdenarii quini; · et inde criminap/erumque auxiliorumpraefectis, a uigilistatione ad haec aucupiodimissiscohortibus totis; eoque deliciaeprocessere,ut sine hoc instrumento durare iam ne uirorum quidem ceruicespossi11t. La ganta frequenta il fiume Mosa in un'indicazione di Venanzio Fortunato (Carm. 7,4,11):

Aut Mosadulcesonans, quogrus, ganta, anserolorqueest.

quindi,, a trsi:rlr:re• .. et prge(e rm1;11Kalem grr,::em,

17 Cf. LVCRET .. 4,71Ò:O'ARCY W. THOMl'SON, op. cii., p. 41. Sul coraggio del Icone, cf. OV., Ho/,, 53-57cd il commento di F. CAPPONI, op, .&eos:il cenerino (593 b ò .&eos~ ÀEVX~S XTÀ. Aristotele (ibid., 542 b 17-21) informa che la deposizione delle uova è effettuata sulle rocce, vicino al mare, in numero di tre, durante l'estate; l'uccello è sedentariofH fl rJ{,jvia xal ot À~ ' ! I ~ '\ .Q'\ I aQOt1 rt1trov11, I'•" H rms 'R'EQI ua"armv 1rerean, TÒU 1r>.~11os Mo~ refa• bÀÀ'ò nÈlf>.&eos ""' {} " l/ ,,_q ~1 .,, > , J r rov .&rioii >.evx6idi Aristotele o la pera/ba gauia di Apuleio. È nostra opinione che Aristotele e Apuleio non trattino di una specie ben distinta o determinata, poiché nel nuoto (Apul., /oc. cit.: tunc auispera/ba il/agauia, quae superfluctus ma. · rinospinnis notai) e nel volo tutti i Gabbiani adulti appaiono bianchi. J. André nega la nostra opinione, perché la pera/bagauia 12''plonge profondément dans la mer (demergit sese propere ad Oceaniprofundum gremium) et ne peut donc etre qu'une sterne" 13• Ma le Sterne "non si tuffano, ma si sommergono parzialmente, inseguendo la preda" 14, mentre i Gabbiani "cacciano gettandosi a capofitto sulla preda con grande celerità, ed immergendosi per inseguirla" 15. . Prevediamo l'obbiezione: "I caratteri del >.&eos,che non sono descritti specificamente, possono riferirsi sia al Gen., Larus L., sia al_Gen. Sterna L.". · Pur tralasciando di portare a conforto della nostra identificazione le forme dei vernacoli italiani, derivate dal lat. gauia, le quali indicano, di preferenza, le specie o subspecìe del Gen. Larus L. 16, siamo dell'avviso che i nomi >,.&Qoie gauia indicano, più probabilmente, i Gabbiani, i più visibili tra gli uccelli marini e stazionari nel Mediterraneo. I Cf. J. ANDRÉ, op. cii., p. 85. 2 Cl. M.L., § 3.708. J /i, arboribus non ha esp1esiionccorrispondentenellaA.H. Questocennosullanicchiaecologicaè ripresoda altrafonte o. lorse, dalla A.H. (593 b 20 ss.), ove il filoso lo espone i cosiumi della specie m•rina x~~oct ( = Cormorano).

4 Perla spiegazionedi questocennoanatomico,d. s.v. colurnix. S li DITIMEYER aggiunge, per supplemento, al 593 b 1. la frase o1~l 1r>.,ioro,ln:' !,iJJw,, forse perché riienuta indispensabile per dare un senso ornitologicoe, soprauuuo, connessionead uno schemalassonomico. fondato sull'h.\bitalrapportato alcib9. Cf. J. TRICOT, op. cii., p, 514, n. 3. • I 6 Op. cii., p. Ili, §91, Il. 2. 1 Op. cii., pp. 84-85. 8 Le SternedepangonoI o 2 uova, talora3, ma sono prodotteda piUfemmine:soltantola SJernahirun.wTTls -y>.wTmv!Ea-yoµ.{v17v lc'xovual'Jxei 1r.Sel'!w della A.H. per introdursi in un'osservazione, quasi favolosa, sul viaggio migratorio dell'uccello. Discussione. J. Tricot 3 pensa che la "glouide, malgré la description qu'en donne Aristo le I. 21-22, n'a pu ètre identifiée ... C'est une sorte de poule d'eau". E. De Saint-Denis 4 si limita a dire che l'uccello non è stato bene identificato; l'uccello per alcuni è "une poule d'eau", per altri "une espèce de pie" 5• J. André 6 nega che glottis sia un Picide (Jynx Torquilla)di Sundevall; i Picidi sono seden• tari e, di conseguenza, non possono accompagnare le Quaglie; il Torcicollo, che è un migratore ed ha la lingua protrauile; non sarebbe la specie indicata dagli antichi con il nome glollis, perché non avrebbe l'aspetto di un uccello palustre. Alla lettura delle identificazioni proposte, ci siamo domandati perché la glottis debba essere identificata con un "uccello palustre". Nelle osservazioni di Aristotele e di Plinio non abbiamo trovato un solo cenno che induca a ritenere che la glottis sia un uccello che abbia l'aspetto di una forma paludicola. La descrizione aristotelica dell' c!enryoµ~rQa (I. 20: iraeairÀ~.wn!s. Aristotele, infaui, descrive i caratteri di due migratori distinti in una medesima osservazione sul fenomeno migratorio dell'Zervf. Il Thompson 7 non può trovare nel testo della A.H. seri motivi per identificare, anche con probabilità, l'c!eTv-yoµ~TQOI con la·-y>.wrrls. Da pseudo-identificazioni di Kvxec,µ.osnon si può derivare che la -yÀwrTlssia un Rallide 8 , come se Aristotele volesse far accompagnare la Quaglia da uccelli paludicoli. Riteniamo che la falsa identificazione della compagna di viaggio del!' ifQTv!aristotelico o della coturnix pliniana, designata con il· nome -y>-.wTTls (glottis), dipenda anche dall'autorità scientifica di C. Gesner, il quale, mosso da nessun dubbio, aveva affermato 9: "ego vero iis quas Gallinulas aquaticas nostri vocam avibus Glottidem adnumero, quae omnes fissipeçles sunt", indicando, specificamente la Pantana (Tringa nebu/ariaGunnerus = Pluvialis major Aldovrandi [Ornith. Tom. 3, p. 53.51). · La -y>.wTrts (glottis) di Aristotele e di Plinio è il nostro.Torcicollo (lynx torquil/a tschusii Kleinschm (anche Jynx o Yunx torquil/a degli Autori). La caratteristica della "lingua lunghissima" dimostra che l'uccello appartiene ai Picidi: l'unico Picide che migra con le Quaglie (aprile; agosto-settembre) è il Torcicollo, sebbene alcuni "individui" siano stazionari nell'Europa meridionale. La sedentarietà avrebbe suggerito le notizie che sono, di fatto, imprecise, sulla migrazione a tappe o sull'abbandono del grande viaggio della glollis pliniana. L'identificazione, da noi proposta, ha pure la sua prova nella "pigrizia al volo" della gioi· tis: la subspecie Jynx torquillatschusii, infatti, dopo la traversata del mare, séguita volando da albero a albero, perché vola mollo pigramente; il volo è sempre lento e indeciso.

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Non è vero che il Torcicollo migrante trovi nelle sue tappe migr_atorìeu~ com~agn~ lasciato l'anno precedente. Esso può trovare un altro individuo, forse d1 sesso diverso, con il quale procede di conserva verso le mète del Sud. .. •· , , e· a nostro avviso la stessa 'lu-y~della quale Aristotele (A.H., 504 a 11-19l c1 L a 'Y"wrns , • . • · d · d'1 t na sta ·rorniscc utili elementi di identificazione: l'uccello ha due dita m avanll e _uem ~ ro, u . _ • 1 tura maggiore della taglia del fringuello, un piuma~gi~ variegato e ~acch1ato, ~ahn_gua,1~1m~e~ a quella dei serpenti, lunga quattro diLae protratllle'. 11capo, ch_es1 tor~c ~ gu1s~di que Jo , rpenti rimanendo il corpo immobile, grandi ungine, gndo stndente: u>.1-yo,o,nvH o O ~:1reoo~Evo6olì' !Snu1'Ev,olov '.v-y~.A~T'I/ o'Èur̵.tKQs00/l.>.,rm,~s lauri/V• 'En M neio· TQ6'X1jhOP ,h roh{uw TOV>.o,1roiioJiµarosve•µoii'v:os,)(:1'&ne ~l ~~m- "Ovuxm o'rx,i /léì'é.Àovrµ.iv bµolwr µ[noi 1Tf'{)UK6ms ro"lsTWP ).wr1h:1ra>littcra il greco. 9 Cf. D'ARCY W. THOMPSON,op. cii.. p. 81. . · . , · .· . I 'daD'ARCY W L'uccelloè rkordatod6!glianlichi autorinellasimbolo11:i0. fallkae nellamagia àrnorosa,et. 11cs11fftl"COti • 10 THOMPSON, up, .ti!;w(Pollux, 6,13), xoXot&w(Pollux, 89) e con i sostantivi xa-ylT71s(xeaìw; Pind., Nem,, 3,82), XQW'(/J,OS (xeti!;w; Apoll. Rh., I, 1284; 2, 1063), Il verbo cornicariè usato da Perseo (5, 12):

1

1

nesdo quid /eeum graue e o r II i e a r i s i11eple. Ammettiamo l'onomatopèa, persuasi che il nome non imita soltanto fonicamente il grido di una sola specie (ad es., il choucusdi André), ma anche le voci del Gen. Corvus L. e, particolarmente, delle subspecìe: Corvus corone corone, Corvus cornix cornix, Corvus Jmgi/egus

frugilegus 3•

. becco e nelle zampe delle drupe. J. André 2 opina che la voc~ latina sia una onomotopèa e trascrive in lettere il suono del grido del "choucas" che è "un 1chiaou khyak bref, le cri d'alarme, un krèh-krèh-krèh .. ,". I Greci esprimono il grido del xoÀoi6s con i verbi xcff01xeMw (Aristoph., Eq., 1020), ?TE·

ldentificazio11c.J. André 4 , documentandosi sulle seguenti caralleristiche morfologiche: ''est un oiscau noir" (cf. Mart .. , I, I 15,4), biotopichc: "il vit dans les champs, qu'il pille" (Vlpien, Digest., 19,2,15,2), specifiche: ''il est distinct du corbeau et dc la corneille" (Pline, 11,201: u1 graculi, corui, comices; Ou., Am., 2,6,34-35) e, inrine, sul grido: "c'est un oiseau bavard. (Quint., /.O., 1,6,37; Isid., Or., 12,7,45}, propone l'identificazione: "choucas" (Corvus monedula), la nostra Taccola. È difficile contraddire l'interpretazione di J. André, tanto più che l'identificazione proposta è documentata dalla sinonimia gracu/us= monedu/a, allestata da alcune glosse, citate dallo stesso filologo 5• L'uccello, indicato col nome monedu/a, per le descrizioni tramandate dagli autori latini (zampe ed ali nere: Ou., Mel., 7,468: nigrapedes, nigrisue/atamonedufape11nis; attrazione verso tutto ciò che luccica: Cic., Flacc., 76; Plin,, 10,77; Ou., Met,, 7,467; Isid., Or., 12,7,45; gregarietà: Plin,, 10,77) può essere identificato senza alcuna difficoltà con la subspecie Corvus monedu/aspermologusVieill. (anche Coloeus, Corvus o Lycos m_onedula degli Autori), di conservare i semi nei buchi La notizia di Plinio (17,99} sull'abitudine della mo11ed11/a (Monedu/aco11denssemina in thesauros,·auernarum)non ci sembra, però, specifica del Corvus monedulaspermologus, ma, almeno secondo le nostre esperienze e conoscenze, anche del Qen. Nucifraga Briss. della famiglia Corvidae. Graculusè, a nostro avviso, un nome che designa pure un "gruppo" di Corvidi. Infatti, Plinio (10,77) con l'espressione graculorum monedularum specifica le monedufae (graculorum, genitivo di appartenenza), per precisare che questi Corvidi sono del "gruppo" dei "Gracchi". Per la qual cosa non crediamo che gracu/usmonedula siano due nomi indicanti due distinti uccelli, come ci fa capire il De Saint-Denis nella sua traduzione: "ni geiis ni chou1 cas" 6 • Anche il gr. xo>.ouh indica "gruppo" di Corvidi. ' Aristotele, a due notizie di carattere generale anatomo-morfologiche (esofago largo e spazioso che si estende sia su tutta la lunghezza, sia nella parte che tocca lo stomaco: A. H., 509 a I; Plin., 11,201: .. .gu/a pate111iore utuntur gracu/i,corui, cumices; comparazione delle unghie del 6QvoxoÀairT 11s a quelle Ti:w 110Ào1wl':A.H. 614 b 5 7), fa seguire la classificHzione (A,H,, 617-b 15-17): 110Ào1wPo'lo-r1vt~O'IrQi01,tv l'lv ~ 11oecxx,as- 0Uro1 1,uov J.oO/lEPor•in 8ò µ.1xe6s, o{1wµ.o>-.6xos, A questo punto nasce il problema se la subspecie Corvus monedulaspermo/ogus,indicata da Plinio con gracu/orummonedula, sia stata ordinata dal filosofo nella sua classificazione. Diremo subito che i xoÀowi sembrano effettivamente "Corvidi"; ma resla•molto difficile identificare esattamente le specie. , · ' '~ Lo Scaligero 9 interpreta: "Summum genus. gracculorum ponit. Primarn speciem xoea• xfov, quoniam corvo sit propior; quasi dicas corvium. Rostrum tantum didt ruoHl'm: at apud nos pedes etiarn rubent. Magna copia in Taurinis, ubi chicas vocant, et agro patrio, ubi taco/a dicitur: cacao/aa Vasconibus, Avicenna in Cap. quarto libro Octavi Tricatvocat. Alterum genus dicitur lupus: grande sane in Vasconia, oeque-rninus minore, totum nigrum: columbis in-

274

275

del capo e del collo allungato''.

f\:oi incliniamo, invece, ad ipotizzarcchr:, riproducendo il Torcicollo il movimento rotatoriodeUa ;unxmagica, Lano· menda1ura greca della magia abbia pre!i,tàto alla nomencla1uraornitologica Unomel'uyt, poiché nulla vi è di onomll!topcico1se si vuole ricercare l'etimo nel "grido", in un taJeHppellativo.

GNESIOS, -1, f.

Plinio (10,8) trascrive il gr. 'YP~ ego ex Aristotele), colore

subruli/o, rarum conspec1u, Probabilmente il genus gnesion è da identificarsi con l'Aquila chrysaetuschrysaetusL.

1 •

1 Per l'identificazione dell Aquilidc, cf. s.v. aquila:classificazione:gnesios. 1

GRACVLVS, -I, m,; GRACVLA, -AE, f.

Graculusè voce latina corrispondente al gr, Jc~Àoibs 1. Diverse sono le etimologie proposte dagli autori latini. Varrone (L,L., 5,76) dà l'etimo: gra,;uliq1wd gregatim;Quintiliano (lnst. Orat., 1,6,37) considera gracu/usuna onomatopèa: Cui non post Varronemsit uenia?qui agrum, quod in eo agaluraliquid, e/ gracu/os,quia gregatim uo/ent, dictos, Ciceronipersuadereuoluil?quum a/terumex Graecosii manifeslum duci, alterum ex uocibusauium; dello stesso avviso è Isidoro (Or., 12, 7, 45): Graculusa garru/itate nuncupatus; non, ut quidam uolunt, pro eo ut grega1im1wlent;cum sit manijestum ex uoce eos nuncupari. Est enim loquacissimumgenus et uocibus inpor1unum. Secondo P, Festa (87,4) la voce deriverebbe a gerendo, poiché l'uccello trasporterebbe nel

festum: vorat enim eius ova, atque etiam pullos. Hieme maxime g~:udent et ludunt: in opis parietum niaificant; grcgales sunt. Neque longe ab aedificiis praevolat. Tertium genus minimum: ncque enim acquai columbam: valde elegans et concinnum, tenui corporatura, non tanta nigredinc; sed quod maxime cicuratur et colludat. Furacissimum est animai. Nos ex eo genere unum aluimus mira voluptate. Franciscus Massarus, vìr doct.us, -non posuit nìsi triagedìcitque lupum appellari a suis nera, simul etiam Lydio enumerato, et omisi! TÒv/1wµo>.,h:ov; Scurapolam. Sed plus fidei habuit Theodoro transferenti, quam Aristotelis Codici. Nos autem tria illa genera, praeter quaitum illum Lydium, omnia vidirnus. Albescunt plumae aliquot primo generi hieme ad pectus: etiarn in alis· et in capite conspeximus. Multos enirn venati sumus plumbeis globulis". J. Trico! 10 propone l'identificazione del ;coecocim, annotando: "Le xor,codas I. 16, qui est, selon certains, le Pyrrhocorax de PLlNE,X,58 (lo chocard dcs Alpes, Corvus pyrrhocorax L.; cf. LlTTRE, 1,413), est plus probablement le Corvus gracu/us (que BUFFON appellc crave): cf. SCHN., Comm., II, 127; Ind. adst., 404 a 19-23''. Il >.6xo,, secondo lo studioso francese 11 "est le Choucas proprement dii (Graculus) ... ". P. Louis 12 ritiene che Àvxor sia "surnom du choucas proprement dit". Il /1wµoMxor,che per lo Schneider 13 è chiamato ''eo sensu, quem Hesychius cum aliis vocabulo tribuit, \q1.6auÀos,qui sacra dc aris rapit, furax", è identificato dal Camus con la 1110nedula di Plinio (10,77) e, precisamente, con la specie Choue del Buffon o con la Chouette (la petitc) del Belon 14• È indubbio che la caratteristica.morfologica \OO..>i.o ,.,{vor;'tfrb 1fvevµa. Tò oÈ1l'EQÌ rov >,.it'.lou V,Eiioot lari• >.l-yermrà11_&., fxovu,v ~Qp.ct>,.lOov,lls ylvETat xe~a,p.os ir11òs.,-àsroii XQVaou/ìcia&vour, 1:mv lxvEµfowatP. . . Dionisio (lxeut., 2,17 = 35, 1-13 A. Garzya) osserva il comportament? delle Gru nei ~?h della trasmigrazione con particolarità di dettaglio, improntate sulla ~reduhtà popol~re: gh ~ndividui adulti vengono posti nella prima Fila evitando, in tal modo, d1~sser~ costretti a _seguire i giovani, affaticandosi; stridono perché gli uni non si distacchino dagh altn; quando s1,accorgono che una compagna è stanca, due. congeneri la prend?~o e la sost~ngono _dall_u~a e dall'altra parte con le ali ed anche la sorreggono col dorso, m1hgando la fatica del viaggi~, v_olano, poi, con lo stesso schieramento con il quale partono i soldati p~r la guerra; cosi rmmte ed in lungo schierate, portano pietre, che gettano per conoscere se volmo sul mar~ o sulla ter: ra • si dilettano del tempo sereno; ma se prevedono la tempesta, scendono a terra, nmanendov1 t I I _t_ I\ I ' I finché non ritorni il sereno: r&v 1tQW/ìvrl11mo'EV7111rr11anTe.elm, o'fova! ,,ieava,, trascurando di menzionare il comportamento del maschio nel coito. Il naturalista dimentica di informarci sulla deposizione delle uova, le quali, secondo la esatta indicazione di Aristotele (A.H., 615 b 18-l 9), sono due: Tl1oJa-,,., f;'lf'EQaer~t , .... ,,,OEP &O~oH1i'ìdam. , 13 Solino (IO, 13) esprime il fine del volo in aho: lttnl' ,·0111endu111 in uln"srimap11tde ex,-ell·/orispt'CUlametenl!lr quas petam

,jj,

tenus, Sul volo della Gru nella poesia Ialina, cf. A. SAUVAGE, op. di., p, 222. 14 Anche !C PLlNK) parla di.avvicendamcnlo degli individui alla c(lda dello sciame come, poi, SOLINO (J0,13: 1wlatt1~desidirrmcasJiguluou quae cogil aCmen,ea ubi obraucataest succedi/olia), non ci pare. tuuavia, che l'au1ore dei Colle-.,ux&, o1ov . .. XfÀto6v,s. Non ci pare sufficientemente fondata l'osservazione aristotelica sul mutam;nto, a causa dell'intensificarsi del freddo,. del piumaggio: fra le Rondini vi sono esemplari "albini", ma non più frequenti di quanto non si notino fra le altre specie di uccelli. Più precisamente: la Hirundo rusticarustica L. va soggetta a varietà albine parziali e complete; non è rara la Rondine bianca; la Delichon urbica urbicaL. è soggetta a rare varietà albine complete e cosi la Riparia riparia riparla L. oh

HIRVNDO, -INIS, f. La voce è senza etimologia chiara; ha la stessa formazione di harundo, nebrundines 1• Morfologia. Non risulta inesatta l'osservazione di Aristotele sul sito della bile (A.H., S06 b 21): ol (rxouatP}oè,reòs rois inleo,i rvv xoÀ~v, o1ov . .. x,'1-,lìv, perché la bile è una dilatazione del condotto epatico caudale proveniente dal lobo destro del fegato; questo è situato all'inizio del tubo intestinale nell'ansa duodenale. Il test~ di Aristotele, in cui è descritta la struttura dell'esofago (A.H., 509 a 7-8:"Eon o'~

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sed in uicina abeunt apricossecutae montium recessus,inuentaeque iam sunt ibi nudae a/que deplumes 8 • La questione della ibernazione delle Rondini è stata sino quasi ai tempi nostri discussa, in quanto, di tratto in tratto, alcuni osservatori tentano di dimostrare il fenomeno. G. Martorelli 9 accenna al problema, ma si rifiuta di discuterlo, perché il "passo" delle Rondini fu seguito con particolare attenzione nelle varie parti d'Europa mediante le "Stazioni Ornito. logiche" IO. La poesia latina, come la poesia greca 11, celebra ueris praenuntla ... hirundo (Ou., Fasi., 2,852), che è indice con i Zefiri di forze rigeneratrici (Horat., Ep., 1,7,'2-lt

... te, du/cis amice, reuiset cum Zephyris, si concedes, ethirundineprima). A. Sauvage 12 tiene a precisare che "en général ce n'est pas le cri de l'hirondelle qui s'intè. gre dans une évocation du printemps, mais le retour de l'oiseau migrateur et la réapparition de son nid sur les toits" 13•

293

Nidificazione. Aristotele (A.H., 612 b 23-27) descrive il nido della spede Xfllu56'v,informandoci sul materiale di costruzione, sulla fodera interna e sulla grandezza: I;v-yxaTa1rlllim -yàe TOLIx&e\"€'711fl)llbv• )((h l:i1ro11~m1 7f)]llov,fJrilxovaa aùT¾v xull,voétrm rn'ts 'lfTfQotl 'll'QÒI r~v xovivtEn ol an{Jaoo1rouirm xa1M'll'EQol &vt'Jew1ro1, 1~ a">-11eà 1rewm 1nrornJ{iuaxaì 1 T~ /Wylt'Ju avµµETQOV 1/"0WÌiaa ?rQÒI lav1~v 4. Plinio ( IO,92-95) fonda sul materia le e sulla forma del nido la classificazione delle hirundines: I) hirundo ( = xE>-.,o-a'v ,r1~>.o-o-1J~an ~rtxJJt.f, :-:ao: 11 ua~uou•h:ovoatf, 'EP atl"'(i>'e oi 1rolh1«1 rat Pton,~1 t•T~ ,rt-rQaU 1.o,par

1

Mii-o.

.

Ci pare che il cenno della A.H. (487 b 29): l{'a(yuai c51A"~"" ~1ro11t•ciarr11 ~eav sia dcltato più dall'osservazionedi un lrundin,deche non di lin Apodide: era possibUeche Rondinjnell'antichitàfossero osservate$VtrnanljncU'Europarncrl-

dionatc.

4 Cf: /\. ERNOUT-A. MEILI.ET, DEI.L , ,,v. hirimdo, p. 296. Per uno studio «nuriente sull'etimologin di /1in11rdo, "frQfCJ"rx• ~ ...x~oap• . 13 Cf. D'ARCY W, THOMPSON, op. cii., pp. 317 e 323; J. /\NDRP., op. cri., p, 93. 24 Cf. AR., A.Il., S63 a 13-14; G.A ., 774 b 29; AP.L., 2,J; PHILE, 454. 15 Cf. D'ARCY W, THOMPSON, O/!, cii., pp. 317-318; A. SAUVAGll, op. cli., p. 215 e n. 62. 26 li fatto è scgn•la10 al 508 b 4-6e nel degett. anim., 774 bJJ-34. AUllERT-WIMMER mettono tra parentesi q11•drc le I. 14-16 del 563 a; l'esrun1.ionc è accolta dal VP.GETTI. J. TRICOT (op. cii., p. 384, n, 3) commenta: "Le fail alcçué par AR. est bien réel, avec quclqueexagéralion ... ". p. LOUIS (De gen. m,ìm., Parigi. 1961, p. 229) osserva: 11 Aristole ne va pas, toutefols, jusqu'à dire que Ics ycux renais~ sent,"une foi~artachés'°. 27 VIRGILIO (Georg., I, 377) osserva la lrirnndo volteggiare"' specchi di acqua:

••.•

aut arRufa lucus clrc:mnuoll1auit J1irundo.

ripa coerceat tmdas (Stacc, Silv., lll,2,109-1 IO)".

Cecropio stagnala futa

16 J, ANDRE (op. cii., p. 92) riferisce: uhirundo domestica (Marcellus, Med., 15,34; Claud. Oonat., ud Vcrg, 1 Aen., 12,475), dont parie Pline, 10,92 ( = Arlstote, li.A .. 612 b 23)''. 17 Il sito di nidificazione non è sufficiente per distinguere la hirundo dal genus ri.sricarumet awe.stium.r.c dt1cRon-.mvm.~" µh o'liv rj ~>->-11 Atr6n.oval'I! l>' tfa{v. Erodoto (2,75-76) ci informa sulla località frequentata dall'Ibis, quindi, descrive la morfologia delle due specie: rari o~ XWQO$;;,s 'A(lafJ[f/S KOIT~ Bovroiiv 11'~>.,vµf:i>-.,ar& xr, xElµEvos• xal h ro'iiro r~ xw(lfor ;>-.'1011, 11'Vv'7a1116iuvos 11'EQI TWI'1fTEQwrw,b,p(w, . ·•. é't&s &

iiisµÈ• t'(3wr 16l>É•µ~>.aiva l>Et/lWS,raaa, ax~>.Eaòì ,POQfEt'YEQavov,1re6a,,nro116i h rà µ&>.,aTWV /,IQ)(oµhwi, 11'(l~sro'tis ~.>-.ov E1>.Evµé,wv rciia, lx,'7et,1fotat• (l>iEa~-r&eMiEta, at',fj1Et}'.IJ,1>-.~ T~II XEjP()(>.¾11, XOIÌ. OftQ¼Pwaaav• ÀEVX~11'TE(lOla,, ,r)..~,. XE-.ai,& ~ari OE111~\1ax~>-.m rwv 1f1EQt-ywvxaì ro'ii irv-ya(ov ~x11ov• ratira & 1à Ef11'ov ol xa\ 'lf(IOaW'll'OI',~/'\C'EQ~S -rj MQll•

nì,

Lo Schneider 2, accettando l'interpretazione del Camus sulla posizione geografica della città di Pelusio, nonché la traduzione delle parole di Erodoto (c. 75: !an ~ xweor ...

301

,at1-1Evos:li y a un canton del' Arabie qui est du còté de la ville appelée Butus; rwv o'h w0..~v"~ nEeo,u1, che può valere a posteriori a spiegare parzialmente la morfologia del Tantalus ibis del Perrault ( = Ibis ibis), ma non a scoprire un reale ornitologico. Dal testo di Erodoto, più che dalla nota aristotelica, si deduce con molta probabilità, l'identificazione Threskiornisaethiopicus, Ibis sacro; la specie dal piumaggio bianco e mansueta. · La residenza attuale dell'Ibis sacro è nel Sudan a partire dalla città di Kartoun sino alle zone, adatte ai costumi della specie, dell'Africa tropicale. L'Egitto è visitato eccezionalmente. È, però, probabile che il suo arrivo nell'Egitto coincida con lo straripamento del Nilo non per uccidere serpenti 4 , di cui può anche cibarsi, esclusi gli ofidi di grosse dimensioni, ma.per la nidificazione, che avviene alla metà o al termine di Luglio. L'affermazione di Aristotele che la specie bianca non si trova a Pelusio, città situata all'estremità nord-est del delta del Nilo 5, può spiegarsi propriamente per ragioni ecologiche, superando la città i limiti di frequenza dell'Ibide, L'Ibis sacro ha la testa ed il collo completamente sprovvisti di pìume e di colore nerissimo la pelle dalla consistenza vellutata. Ben a ragione, Erodoto dice che calva è la testa e lutto il collo. Il becco, caratteristicamente ricurvo, nero, è motivo del nome attribuito dagli Arabi all'uccello: Abu menjel, che significa: "padre della falce". L'abito è per la massima parte bianco, eccetto le punte delle remiganti e le scapolari sfrangiate di colore nero-azzurrognole. · Le zampe presentano una tinta rosso-scura o bruno-nera 6 , L'ibis sacro, specie nelle zone, in cui non è molestato, non teme gli uomini, ma si comporta prudentemente. Infatti, se la gente cerca di avvicinarlo troppo, si allontana a breve distanza oppure si leva a volo 7 • In istato di cattività, prende il cibo dalle mani dell'uomo e, talora, senza alcun timore, avvicina la gente per ottenere il cibo 8 • La descrizione erodotea ci pare, quindi, conveniente al Threskiornisaethiopicus. La varietà nera e frequentante la sola regione di Pelusio è stata identificata dal Cuvier:

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Ibis Jalcinellusigneus 9• Ma questa specie, chiamata dagli ornitologi moderni P/egadisfalcinellusfalcinellus L., ha, .in realtà, i caratteri dati da Aristotele, Plinio, Erodoto? La specie, dall'abito totalmente nero, dalle gambe a guisa delle Gru, dal becco molto adunco, dalle.dimensioni dell'uccello crex, ha l'habitat limitato a Pelusio. Ora il Plegadisf. falcinellus frequenta non solo le coste settentrionali dell'Egitto, ma si estende al Sudan, sino anche all'estremità dell'Africa; esso è pure diffuso nella zona paleartica, ed è uccello facilmente osservabile nell'Europa meridionale, ove anche nidifica, specie nei periodi migratori. Come, dunque, Aristotele poteva affermare la limitata area di frequenza di una specie, che pur in Grecia, appare e non accidentalmente? Si tenga, poi,· conto che la specie è gregaria, vive congregata in enormi stuoli e solo raramente la si vede isolata o a coppie. Le note, aristotelica e pliniana, che evidenziano e circoscrivono l'habitat della varietà nera, ci determinano a proporre una diversa identificazione. li limite dell'area di diffusione induce a pensàre un uccello dai caratteri generici e comuni con l'Ibis sacro, che frequenti _localitàdiverse, m_ain modo così strano da sfuggire, per quasi · tutti i luoghi di distribuzione, all'osservazione. Si tratterebbe della specie Geronticuseremita L. ( = Comatibis eremita 1°), specie che si distingue per il piumaggio di un verde-rame o . verde-bottiglia scuro e metallico, cervice nera, testa e gola nude di un rosso sangue opaco, becco falciforme dello stesso colore, come pure le gambe; esso abita attualmente le regioni montagnose dell'Africa settentrionale, Maroccò, Tùnisia, Algeria, dell'Etiopia e dell'Arabia. La specie avrebbe potuto abitare la regione di Pelusio, la quale nell'interpretazione del Camus, accettata dallo Schneider 11: "est le lieu de l'Egypte le plus voisin de I'Arabie, sur la mème ligne que la ville de Butus. Les gorges dont parie Herodote, étaient donc voisines de Péluse, et ainsi, c'esl en ·suivanl Herodote, qu' Aristode établit, dans le canton de Péluse les ibis noirs". li Geronticuseremita si ciba anche di piccoli serpenti come i suoi congenerì. Non escludiamo assolutamente che l'Ibis osservato nelle regioni alpine da Egnazio Calvipraeno (Plin., 10,134: Visamin Alpibus ab se pecu/iaremAegypti et ibim Egnatius Cal1.1in1.1s Jectus earum prodidit) possa essere lo stesso Geronticuseremita, specie che, secondo il Rothschi\d, l'Hartert, il Kleinschmidt, avrebbe abitato, sino al secolo scorso, parte d'Europa e che 13 figura nell'opera sugli uccelli d'Europa del Naumann 12• Con Arrigoni degli Oddi e col Martorelli 14 dubitiamo dell'esistenza di questa specie nella zona paleartica, non fidandoci affatto della figura strana dell'uccello, rappresentata nell'Ornitologia dell' Aldovrandi, la quale non corrisponde per la.struttura morfologica a nessuna specie esistente. È possibile ché Egnazio Calvino abbia osservato il phalacrocorax,chiamandolo ibis 15, nome che, almenò a nostro avviso, non avrebbe designato .il Geronticuseremita L. o Comatibis eremita 16, al 10,134. Se, infine, qualcuno volesse sostenere ché l'ibis di Calvino possa definir&l:PlegadisJalcinellusfalcinellus L., obiettiamo che la specie, vista nelle Alpi, non è affatto da considerarsi propria dell'Egitto, per la sua vasta area di distribuzione in Europa. L'osservazione del prefetto, ammessa la validità dell'identificazione, è errata, perlomeno, nell'esposizione data da Plinio. Leggiamo nella N.H. (10,32) una nota riassuntiva della confutazione di Aristotele di errori relativi all'accoppiamento degli uccelli, in cui sono incorsi Anassagora e certi altri naturalisti. Aristotele in De gen. anim. (756 b 13 - 757 a 2) si diffonde a criticare l'opinione semplicistica e irriflessiva dei naturalisti che affermano come l'unione dei Corvi e degli Ibis avvenga mediante la bocca; il filosofo pensa che l'errore derivi dal fatto che raramente si osserva·il Corvo accoppiarsi e molto più sovente gli individui beccarsi l'un l'altro, abitudin'e;questa, comune al genere; i Colombi si comportano ugualmente, ma, siccome sono osservati hell'accoppiamento, non sono soggetti a false osservazioni; in realtà, anche i Corvi sol\ò1stati visti nell'atto riproduttivo. Aristotele si meraviglia come non si possa riflettere sulla seguente difficoltà e cioè come lo sperma possa giungere nell'utero attraverso lo stomaco, che digerisce ciò che riceve, gli alimenti. E, poi, quegli uccelli hanno utero e uova presso il diaframma ...

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Plinio nella sua noia, ove la scienza aristorelica è confusa con le credenze popolari, scrive:

Ore eos (coruos)parere aut coìre uu/gus arbitratur • .. Arisfoteles negat: non Hercule magìs quam in A egypto ibim, sed illam exoscu/ationem,quae suepe cemitur; qualem in columbis esse. L'accenno al comportamento dell'ibis non è elemento da prendersi in considerazione per stabilire se nel passo di Aristotele si tratti di una definita varietà di Treschiornite. In conclusione, due sono le specie di ibis dell'Egitto: 1) Ibis sacro (Threskiornisaethiopicus), specie bianca; 2) Ibis eremita (Geronticuseremita ~ Comatibis eremita), specie nera o altra varietà di Treschiornite dell'Africa settentrionale, osservata anticamente in Egitto.

U ,,omcx~w()fv>,.., ad c.i;cmpio,cltCda A. GARZYA (OIONYSII IXL'U(ic'OII, cat1'o ~J-"o~lHQ'l ~" Et rt'S'll'&i7uTo~rctTn &.1t\e lxdµtJ1os•toot, ipt6~trm l'l'éfom,atT(xa 1~,, pJao11, ' • ~I?Ni~~O

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-.>-.E1aÌ~Pr'·•frcx>-.!'l TÒ~PoµcxfrEQDP >1a>-{frmneì T~Vteav TCXVTf/P, Plinio (10,85) coglie dal cenno greco l'essenziale: .. .aestu aucto. .. mutatur et color (Ael., 12,28).

Migrazione. Il Rusignuòlo è visibile nell'area mediterranea soltanto per breve tempo, poiché, osserva Aristotele (A.H., 632 b 26-27): lt'cx!vETm o'ov 1ro>-.vv xe6vov• \t'W>-.E'l -y&r.ie con magTOVllfTO,rC:.eov /LÉXQITOVraeos. giore precisione (ib., 542 b 27): \t)Whfi.o'&1r~ Plinio (10,85) non si differenzia dalle osservazioni aristoteliche, indicando il periodo in cui l'uccello è assente nelle nostre regioni: Postremo hieme ipso no11cernitur. Il Rusignuòlo è un uccello migratore, che giunge nel bacino del Mediterraneo in Aprile e, quivi, rimane per le cove e l'allevamento dei nidiacei sino al Settembre. Ai primi di Ottobre, non si trovano più individui nemeno nell'Italia meridionale, ove non crediamo che qualcuno rimanga a svernare. Dopo le cove e l'allevamento, i Rusignòli, sciolte le loro famiglie, singolarmente, si avviano verso le loro mète dell'Africa. La voce verbale \t'Whli ha, forse, nei ·cenni Sllllascomparsa del Rusignòlo, nei mesi invernali, lo stesso valore con cui Aristotele la usa particolarmente al 600 a 11-27della A.H. per indicare l'atto di ibernare? Incliniamo a credere che il verbo \t'Whti.11 significhi pure "nascondersi" o "scomparire" senza alcuna idea o sfumatura di "ibernare" nelle notizie in cui gli uccelli sono dicl).iarati del tutto assenti e, quindi, non visibili nella stagione invernale. In questi cenni aristotelici sull'assenza del Rusignòlo il verbo \t'WAE°tv, come la corrispondente espressione latinlnon cerni, usa- · ta da Plinio, accennerebbe, probabilmente, al breve periodo di "svernamento" dell'uccello in terre non europee e non a quello del "letargo" in zone vicine alle località in cui la specie depone e alleva la prole. Ambiente. La prosa zoologica latina non indica le caratteristiche condizioni biotopiche in cui la lusciniavive, · Nei quadretti poetici latini la descrizione dell'ambiente è realistica: il Rusignòlo, che visto nel suo habitat è chiamato con Philomela, aedon o con una perifrasi 11, petit si/uas (Ou., Met., 6,668), sub densis ramorum concinit umbris (Cat.,.65,13), frequenta l'ombra del pioppo (Verg., Georg,, 4,511; Peru. Ven., 86): l'ambiente reale è propizio al dolore d.iPhifomela e · ' '.I risponde al gusto poetico dei Romani 12• "Ce qui. , • atteste une certaine originalité latine" 13, cioè il motiyo descrittivò che isola l'uccello su un ramo: ramo sedens (Verg., Georg., 4,514), pendei summo ramo,'\/'enuiramo pendens (Sen., H.F., 146; Octau., 921-922) risponde sempre a osservazioni di fatti ornitologici reali. Nidificazione. Il Rusignòlo depone, secondo I~osservazioni di Aristotele (A.H., 542 b 25-26),

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1 • La voce greca è &718C,p Una. etimologia popolare stabilisce un rapporto tra /uscinio/ae luctus (Varr., L.L., 5,76:

Sunt quae aliis de causisappel/atae,ut ... /usci ola; quod /uctuose canereexistimatur atque esse ex Attica Progne in fllctu/acta auis). La paretimologia, riprodotta da Isidoro (Or., 12,7,37), pone in relazione lusciniacol cantus dell'alba (Lw;ciniaauis inde nomen sumpsit, qu/a cantu suo significaresolei diei surgenlis exortum, quasi lucinia). A. Ernout-A. Meillet 2 si domandano: "Dérivé de luscus, avec influence des composés en -cen, -cinus (tibicen, -cina, etc.), et ainsi nommé parce que le rossignol chante dans l'obscurité de la nuit?" e non rispondono se non dichiarando l'impossibilità di "faire sur l'étymologie que des hypothèses arbitraires", J. André 3 è dell'opinione che "l'explication par une dissimilation de• noks-cinia,où nox serait une forme adverbiale 4, n'est pas convaincante, bien qu'elle s'appuie sur l'all. Nachtigall «le chanteur-nocturne»; mais le rossigno! n'est pas un chanteur purement nocturne; on l'entend dès le soir venu quand !es chanteurs diurnes se taisent". Siamo d'accordo col filologo francese, quand'egli assicura che il Rusignòlo (Lusciniamegarhyncha megarhjncha Brehm = Aedon, Daulias,Philomela lusciniadegli Autori) e i suoi congeneri fanno udire il loro canto anche ad ogni ora del giorno, ma non possiamo non osservare che la luscinia è il solo uccello, che, nelle belle serate di primavera, esprime col canto il suo amore, quando appunto l'intera natura riposa.

Morfologia. Aristoteie (A.H., 616 b 8-9) considera una caratteristica specifica del Rusignòlo la lingua non appuntita: 'loiov .•• l:t71oovt11'CXQàTOllS~Àhovs 'bQvit9cxsTÒl'Ì/ ~XHP T~S ')'h~TT7IS

rò M;v.

· La stessa osservazione è ripetuta da Plinio (I 0,85): Linguis earum tenuitas illaprima non

est quae ceterisauibus S.

sul principio dell'estate, cinque o sei uova: rlHm /lJ HaÌ ~ a)Jllwvroii iJ{eovs &exoµlvou 14, r{xm Il~ 7rÉVTE H.17v &~t'tJO't y,wv~v Hoi\otHln 1ravTolìa,r~v oio~ nxxlia:v HfXÌ ~11'10'1'QE'I'~ &x~hXijv )('().., Plinio (10,81) dapprima riprende dalla notizia aristotelica le I. 20-23 (Lusciniisdiebus ac

noctibus continuis XV garrulussine intermissionerantus densante se frondium germine 15),

quindi, ai§§ 81-84, descrive l'arte musicale del Rusignòlo, osserva un individuo albino, attesta le capacità dei Rosignoli di cantare a comando e di alternare i loro versi con un'orchestra, rileva come l'uomo abbia imitato la voce del Rusignòlo con strumenti musicali, infine, riprendendo il tema specifico del canto all'epoca degli amori, che cesserebbe al termine di 15 giorni (§ 85: Sed hae tantae tamque artificesargutiaea XV diebuspau/atim desinunt, nec ut fatigatas · possis dicereaut satiatas),conclude la sua pagina sul linguaggio del Rusignòlo con una parziale imitazione delle I. 23-25 del 632 b dellaA.H.: Moxaestu aucto in totum alia uoxfil, nec modulata aut uaria.

Non comprendiamo i limiti di tempo (15 giorni) in cui il canto del Rusignòlo sarebbe costretto, secondo le osservazioni di Aristotele, le quali non sono affatto corrette dalla letteratura naturalistica posteriore. Secondo le nostre personali esperienze, che sono approvate da altri ornitologi ed allevatori, precisiamo che alcuni individui cantano solo di notte, altri, quasi esclusivamente, di giorno. I maschi, appena giunti, poiché sembra che nelle migrazioni essi precedano le femmine, fanno udire ininterrottamente il loro canto nella notte, sia per richiamare la femmina, che arriva nelle ore notturne, sia per possedere la compagna. Durante gli amori, il maschio canta al tramonto, nella notte, all'alba. Prima che la femmina deponga le uova, il canto melodioso si diffonde nell'oscurità della notte. Soltanto dopo le cove, i Rosignòli emettono note di allarme e di richiamo, non cantando più 16• · Con quale linguaggio il Rusignòlo parla al cuore della femmina, durante gli amori? Aristotele qualifica il canto dell'uccello con tre aggettivi (A.H., 632 b 24): 1ravTolla1r~v, mxitav, I11tU?'QEI"~, che sono posti in proposizione negativa, perché Aristotele contrappone la voce del periodo dopo la cova al canto dell'epoca degli amori; indirettamente, quindi, Aritotele determina la varietà, la vivacità e la modulazione dei versi del cantore. Plinio (IO, 81-85), invece, scrive una pagina di fine e rara poesia, in cui la parola è fealizzazione fonica del canto, poiché ne esprime, sensibilmente, i"suoni erompenti, le attenuazioni,

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le sfumature, il vigore, ie modulazioni, le gradualità, le cadenze flautate, i motivi semplici, le strofe varie, i virtuosismi, insomma il canto vibrante ed impetuoso, pieno, grave, acuto, continuato, i toni della voce umana. Le frasi di Plinio sono le strofe del cantore, le anafore (es.. nunc . .. nunc), le allitterazioni (es.: in-), gli omeoteleuti (es.: -tur, -o), l'insistenza della liquidar sono la riproduzione dei suoni, l'asindeto accentua le varietà di tono: modulatus editur sonus et nunc continuo spiritu

trahitur in longum, nunc uariaturinjlexo, nunc distinguiturconciso, copufalur intorto, promittitur reuocalo, infusca/Urex inopinato, interdumet secum ipse murmurat, p{enus, grauis, acutus, creber, extelitus, ubi uisum est, uibrans,summus, medius, imus. L'arte del canto è originale, personale: è manifestazione, nelle ardenti gare, di volontà dì sforzo teso alla piena affermazione della musicascientia:À(' ne quis dubitet artis esse,plures

singulis sunt cantus, nec idem omnibus, sed sui cuique. Ceriani inter se, palamque animosa contentio est. Vieta mortefinii saepe uitam spirituprius deficiente quam cantu 17• · L'arte del canto nella N.H. non è movimento esclusivamente istintivo; è esercizio, apprendimento, superamento di difficoltà mediante la correzione, suscitata dall'attività dell'insegnamento dell'adulto(§ 83): Meditantur a/iaeiuuenioresuersusquequos imitentur accipiunt;au-

dit discipula intentione magna et reddit, uicibusquereticent:intelligituremendataecorreptio et in docente quaedam reprehensio. · Aristotele (A.H., 536 b 17-19), pur non entrando nella psicologia animale per coglierne sentimenti o atti che superano la vita sensibile, crede tuttavia che il linguaggio articolato dell'uccello, poiché non è naturale come la voce dell'uomo, è suscettibile d'essere formato con 18 l'educazione: ;oT/ Il' è:iirm, xoiì &'l'//l~vvwnò• 1reolì1/ì&uHoue1a, ~1 oh ~µ.ofws y,vuu riji lìta19 • • 1wvqs, &X>.' lvoex6µevov 'll'À&rrEurm >.lJ(Tovof!utJsHaÌ L'individuo giovane, secondo le nostre esperienze, appena esce dal nido, tenta di verseggiare e di cantare; ma le sue note sono ben lontane dal canto dell'individuo adulto, poiché questo, dopo le cove, cessa le sue melodie. Nella primavera successiva; .i giovani perfezionano i loro versi, imitando gli adulti: ad un canto sommesso e confuso segue, nell'epoca degli amori, con miglioramento, un verseggiare, che si sviluppa, progredendo sino a conquistare il nostro· animo ed a commuoverlo. Tra i Rosignòli, però, sono cantori bravi e scadenti; questi frarnmettono nelle loro strofe U grido di richiamo e di allarme. Le differenze di canto si notano a seconda dei luoghi ~i frequenza della Juscinia:non sapremmo provare le gare di canto e l'ardore della competizione, in 1 cui il vinto muore. Poiché il Rusignòlo è un cantore naturale, gli amanti della sua voce tendon9 a fargli sentire, in istato di cattività 20, Rusignòli boscherecci per perfezionarlo. Abbiamo'constàtato, infatti, che gli individui adulti di una stessa boscaglia ripetono gli stessi versi-ritornello, che imparano per imitazione, indubbiamente! Nella poesia il canto del Rusignòlo svolge, secondo R. Chandler 21, cinque temi fondamentali:.il Rusignòlo è legato al mito di una madre che piange il suo piccolo ed il suo canto è lamento; il cantore simboleggia il poeta e la poesia; esso è il lieto cantore della primavera e dell'amore; esso canta le lodi di Dio; infine, nella sua arte musicale il Rusignòlo è un mirabile virtuoso 22• Plinio (IO, 120) pare essere testimone della facoltà della /uscinia.di imitare il linguaggio umano ed espone il metodo di ammaestramento: esercizio assiduo, giornaliero di p_ronuncia.di parole e di frasi in un luogo ritirato, ove non ci sia altra voce che quella del maestro; lipetizione, da parte dell'addestratore, di ciò che questi vuole imprimere nella memoria dell'uccello; gli esercizi sono premiati con cibo: Cum haecproderem, habebantet Caesaresiuu;Mès. .. /u-

.,ij,

scinias Graeco ac Latino sermone dociles, praeterea meditantes assidue et in diem noua loquentes, longioreetiam contextu. Docentur secretoet ubi nulla olia uox misceqtùr,adsidente qui crebro dicat ea quae condita uelit, ac cibis b/andiente. 317

La testimonianza di Plinio sembra affermare una realtà. Noi pensiamo che nessuno, alme• no in epoca recente e nostra, abbia voluto ritentare l'esperimento dell'addestratore dei Rusignòli di Britannico e di Nerone. Non abbiamo, infatti, in nessun testo di ornitologia una sola testimonianza del potere imitativo della luscinia.Personalmente, non abbiamo né la costanza né la pazienza di verificare la notizia pliniana.

1r&,,11, descritta da Dionisio (3,13 - 44,6 A. 23 Garzya); l'uccello era catturato vivo con trappole, munite di un congegno a scatto e di reti •

Aucupio. Il Rusignòlo veniva· catturano con la

Non sempreil nom.egreco indicala l11scinia (cr, D'ARCY W. THOMPSON1 op. cii., p, 22); sui varinomi e perifrasijndicnnti il/uslgnòlo, cf, A. SAUVAGE,op. cii., pp. 192·193. DBLL ,p.371. Op. cii., p. 98. 4 Il filologo (ibid.) cita: O. SZBMERBNYI, G/0110,XXXVlll, l9S9·1960, p. 216 sgg.; Gioi/a, Xl.li, 1964, p. I 12, 5 La lingua uegli uccelli è per lo più stretta e uurn e non ci sembra che il Rusignòlo abbia una lingua diversa da quella di 1ut1i

glialtriPasseres. 6 Nulla di notevole è da dire sull'albinismodel Rusignòlo.Come tutti gli Jnse1tivor,,il Rus~gnòloaberranteil rarissimo. Non ne abbiamorr.udvedutiesemplari,né ci risulta,chesoggettibianchisiano conservatinelle raccolteitaliane~naturalmentecib ha un valorerelativo,in quanto è possibileche qualcheiudlviduosia stato trovato;ma, d'altraparte, l'albinismo è raro in tutti gli_uccellie si trova, per ,cosidhc, in propouìonc aU'abbondani.adelJçvade specie. Ovviamentei: più frequentenel Passero e nella Lodola, per esempio. dei quali si possono controllareccn1inaiadi mìgHaiadi soggetti sui

mercati. Op. cii., p, 195.

LostudJoso(ibid., n. 36) atte~ta:''Sur une lnscriptionch.éedans ~eCorpusde G. HERRLJNGER,nous avons trouvé1,etsicolor. .. çt dansun poèmc médiéYalunfcolor. , , ,. , 9 L. MERIDIER (301'001:, in Revuede Plli/ologie,36,1912, pp, 264·268)è dell'opinione che l'aggetlivo ~ova~, non qua• lifif;hiil piumaggio.ma precisipiuttòstol'armoniositàdellavoce. 10 Sugli aggellivi caratterizzanti la livrea, cf. D'ARCY W. THOMPSON, op. cii,. pp. 17·18. J I Cf. A. SAUVAGE, op. cii,, pp. 192·193. Lo studio,o (lb/d.) rileva: ''l11sci11iaI /usc/nius I /11scinio/asemble confiné dan,

LUSCINIOLA, -AE, f.

Diminutivo da luscinia usato già in Plauto (Bacch., 37-38: SO. Poi magismetuo, mihi in monendo ne defueritf oratio. BA. Poi ego fquoqueJmetuo luscinio/aene defuerit caniio.).

Varrone (R.R., 3,5,14) alleva insieme ad uccelli di ogni genere intra rete. .. maxime cantrices, ut /usciniolaeac merufae, quibus aqua ministraturper canalicufum,cibus obicitur sub retem. Plauto nella risposta di Bacchide I mette in rilievo il canto della /usciniola,composto di varie frasi: cantio è la "canzone" del nostro e attuale linguaggio venatorio. Varrone nella sua esemplificazione delle cantricessembra considerare come prima caratteristica della Juscinio/ala melodia della voce. Ci saremmo piuttosto attesi da un'opera tecnica, data la difficoltà di allevamento del Rusignòlo, notizie precise ed utili sulla natura del cibo, del quale Varrone non ci informa affatto. • Lusciniolus; forma maschile, è supposta dalle lingue romanze 1• Per indicare le specie o le subspecie dei Generi; Lusciniola Gray, Acrocephàlus Naum., Cettia Bp. si usano nei vernacoli italiani i nomi: Rusignòlo, Rusigniòl, Rusignuòlo, Ricignòlo, ecc. 2

Cf. M,I.., §§ 5179,5180. cr. E. ARRIGONI DEGLI ODDI, Ornil. ftal., pp. 231,236,296,

la comédie et la satire (PLAVT., Bare., 38; HOR., Sat,, 11, l,245; MART., Vll,87,8; XIV,75), et c'cn Philomela dont l1emp)oiest généralemenlréservéà la poèsie d'un ton plusélevé''. 12 Cf. A. SAUVAGE (ibid., p, 194) vede un diverso gusto poetico tra Greci e Romani nella rappresentazione dell'habil•i: 0 De toute manièrele goQtdes poètes romainspour l'obscuritédes sous~boisse conrirmC icì: sì, aprèsHomèrc,lcs poètes grocs évoquent le, foréts touffues ou le fcuillage épais (SOPHOCLE, O.C., 670 et suiv.; EURIPIDE, Hel., I 107; Bion,

9·10)t ils n'cnveloppcntpas toutefois le rossigno)de celte p-.oJµfvbvl{l01xrièx - xu&vm), giudica che questi tentasse "structuram uerborum duram emollire". Quindi, egli ci riferisce l'interpretazione di Alberto: "mirum coloris mentionem amitti ab Alberto; sed ìs libro 23, ita: Merops est auis de picorum genere, cuius garriturnauguresmultum obseruant,et afiquantulurnuiridis,et ideo picus uiridisuocatur. Habet tamen etiam in dorso a/iquantulumco/oriskyani, in pectore subruti/us est et in uentre pallet caliditatenaturali". Infine lo studioso tedesco così conclude il suo commento: "Plurimi fere interpretes meropem apìastrum Linnaei a Bellonio Observ, I, I Oili insula Creta repertum, ubì p,eÀwuo-.w1,;s. L'uccello descritto da Aristotele, se dovesse essere identificato secondo le traduzioni e le spiegazioni date dai filologi, che abbiamo sopra citati, non sarebbe certamente una specie dell'avifauna europea. 330

Tra i Meropidi, famiglia diffusa nelle zone tropicali e subtropicali, una sola specie è nota nella zona paleartica, il Merops apiasterL., perché la subspecie egiziana Meropspersic11s persicus Pali. ( = M, aegyptiusdegli Autori italiani) è in Europa affatto accidentale 9 : nessuno dei due uccellì ha l'estremità delle ali di color rosso. La somiglianza della livrea al piumaggio dell'&>."vJP, la costruzione e la struttura del nido .(cf. Ar., A.H., 559 a 3-5; 615 b 30-32 10) ci determinano a supporre che altra sia l'identificazione; ma, in verità, una specie che risponda alla descrizione morfologica della A.H., secondo le interpretazioni del testo greco, che abbiamo sovra ripbrtate, a nostro avviso, non esiste, oggi. La Ghiandaia marina (Coraciasgarrulusgarru/usL.), che ha quasi la morfologia ed i costumi del µlrioi/1aristotelico, non ha affatto l'estremità delle ali di colore rosso. Dobbiamo, forse, ammettere una pseudoesperienza di Aristotele o dei suoi informatori oppure un'errata interpretazione dei filolcigi delle parole: t,r'&xQwv Twv 'lr7EQV'Yiwv? Perché l'espressione aristotelica possa essere compresa in senso ornitico proponiamo, come possibili, due interpretazioni, che si basano sostanziamente sulla definizione semantica del termine irree6-yia. Il diminutivo ,rnav-y,o:, che il Gaza traduce conpinnulae, non indicherebbe, a nostro av. yiso, le "ali" dell'uccello (cf. &xam ,r7[au-yn di Herod., 2,76), ma, piuttosto, le "penne", che rivestono il corpo dell'uccello e che costituiscono, in genere, il "piumaggio" o la "veste". L'espressione, quindi, h'&)(QWP rwP1rnau-y!wvdelimiterebbe il "piumaggio" soltanto "alla parte alta" e, precisamente, "alla cervice ed all'alto dorso". Aristotele avrebbe cosi descritto il piumaggio del µiaoi/1:le parti inferiori sono gialloverdastre ( = la gola è gialla ed il rimanente verde-mare); le parti superiori sono blu ( = groppone e sopraccoda: verde lucido; prime remiganti: azzurre; coda: verde-olivastra); la parte alta delle piume (cioè del piumaggio) sqno rosse ( = cervice, alto dorso: colore rossocastano). Se neri6rm avesse lo stesso valore di 1rTlQV"(ES e, quindi, indicasse le "ali", dovremmo intendere il gr. b 1 llrxawv rwv 'lfTEQVi'{wv~rivrJgdcon questo valore ornitico: il p,~gov,avrebbe le ''parti alte delle ali" di color rosso: le piccole copritrici, elle si trovano nella parte. superiore dell'ala ( = parte alta o estremità dell'ala), sono di colore rosso-sauro. Delle due interpretazioni preferiamo la prima, perché essa ci sembra più aderente al senso del testo greco e alla diretta osservazione morfologica del Merops apiasterL. , Escludiamo in senso assoluto che l'osservazione aristotelica riguardi la "estremità dell'ala" in quanto o "estremità" o "punta" delle remiganti. ' La notizia pliniana non dovrebbe differire dalla descrizione aristotelica. Pres~nta una grave difficoltà di interpretazione la lezione tràdìta priori subrutilo (prioribusrutilo: Ernout, De Saint-Denis primari-: Sillig. primoribus: May I prioreparte: May 2) e l'oscurità semantica del termine pinnarum. A nostro parere, per dare un valore reale alla notizia della N.H., come frutto di esperienza o come esperta interpretazione del cenno aristotelico, bisognerebbe correggere priori subruti/o con priorum (se, pinnarum) subrutilo (se. colore) 11• Le varie lezioni congetturali esprimono, sostanzialmente, la stessa caratteristica morfologica, che si coglie nelle traduzioni degli antichi e nuovi interpreti dèll'osservazionc aristotelica. Soltanto la lezione priore parte si differenzierebbe dalle altre correzioni proposte; non comprend!amo, _p~rò,_il pre iso s_ignificatodi priore parte nel contesto della notizia plin[ana, se 7 · I non c1 è defm1to 11termme pmna. Plinio, se ave;a prese~te, utilizzando !'.osservazionedellaA.H., la morfologia de! ~;erops, non poteva scnvere pnmorum (se. pmnarum) nel senso di "estremità deni 1penne ( = estremità o punta de.Ileremiganti)''. Ed ancora, se avesse voluto disegnare morfologicamente il p,h,ol/, di Aristotele con l'aiuto o della sua esperienza o delle osservazioni di un suo autore, non avrebbe scritto certamente primori, primoribus, primorum (cf. app. crit. ed.

331

L

7

11

il E. De Saint-Denis): queste lezioni, essendo contrarie ad una reale osservazione e descrizione del piumaggio· del maschio di Merops apiaster, riconfermerebbero o l'incapacità di Plinio di comprendere i testi della zoologia greca o l'utilizzazione indiretta di un compendio disordinato delle opere biologiche di Aristotele. Il comparativo priorum, concordato col sott. pinnarum ("" "piume", che, nelle parti superiori, rivestono il corpo e, quindi, sono distinte dalle "penne", organi dell'ala e della coda atti alla funzione del volo) ci pare la lezione più probabilmente genuina: priores sono le "piume" che coprono superne la parte alta del corpo: cervice e alto dorso con copritrici mediane; le piume, che superne sono colore cyaneo, rivestono la zona bassa: groppone, sopraccoda, coda. La lezione congetturale prioribus di Ernout, che, paleograficamente, è giustificata per metatesi e, grammaticalmente, come ablativo di limitazione, fa correggere su bruti/o in rutilo. A nostro parere, Plinio, nel dipingere una parte dell'abito del merops, non avrebbe indicato il colore "rosso" vero e pròprio, ma avrebbe inteso precisare, forse per influenza di un osservatore, la "tinta che trae sul rosso" qel piumaggio: subrutilus ben si adatta a indicare il colore "rosso-castano" o "rosso-sauro" della cervice, collo posteriore, alto dorso, copritrici secondarie. 11testo pliniano, secondo quanto abbiamo sopra detto e dimostrato, non lascerebbe alcun dubbio sulla descrizione e sulla identificazione della specie. Infatti, la traduzione del testo pliniano da noi restituito: "Il merops ... ha le penne di color giallo-verdastro nella parte infe riore (intus significa la parte per lo più nascosta dell'uccello in positura di quiete), di colore verde-mare nella parte superiore, di cui le prime piume traggono al rosso" rappresenta con sufficienza di elementi morfologici la sola specie Merops apiaster L. E. De Saint-Denis non vede la descrizione pliniana, come l'abbiamo noi presentata. Lo studioso, che adotta la lezione congetturale di Ernout, traduce: "ses ailes sont pàles en dessous, bleues en dessus, rougeàtres à leur extrémité". Ma quale interesse ornitologico avrebbe la descrizione della superficie inferiore delle ali di un uccello la cui livrea eccelle sulle altre specie dell'avifauna per la bellezza e la lucentezza dei colori? 0

Nidificazione. Plinio (10,99) indica la struttura e le dimensioni del nido: Nidificat in specu sex

pedum de/ossa altitudine.

·

Aristotele, dapprima (A.H., 559 a 3-5) accenna all'abitudine della specie di costruire il 12 suo nido affondandosi nei buchi sotto terra: o'ot /30,wrolxcrÀoiiouE'le201rcr , Eh rètr b1ràr h rii -yijxamov6µEvor vwTTE6Etµovor, poi (A.H,, 61 S b 30-32), precisando la natura del suo. lo e'le dimensioni della cavità, aggiunge il numero delle uova ed il periodo di nidificazione: Tlxm ol:"ll'EQl ~'~ ~ -~nà, b"l!'ò rliv O"ll'Qav deve essere interpretata: "verso l'autunno". Lo Schneider 14 aveva già osservato: "Insolitum certe tempus editur ab Aristotele ~1ròr~v ~1rt.eav, id est uersus illud tempus calid!ssimum, quod sequitur i'JÉQoset quod Graeci ab exortu caniculae usque ad exortum Arcturi numeratum dicunt birt>eav, ut docuit Mercurialis in Obseruationum libro". · Il Gruccione depone, nella· provincia mediterra~ea, da metà-maggio in avanti 15•

I i

li µ/eo,f, è ricordato per la pietà dei figli verso i genitori. Aristotele (A.H., 615 b 24-27), attribuendo la responsabilità della notizia ai suoi informa- . tori, esponela leggenda: ,paol M nvES xa', roùs µ{Qo1rasmvrò Tourn 1ro1E,11,xaì. &vn1erel,pwiJm hò TWV h-yJvwv oi µavov 'Ylle&oxol'TasM,>,.à xaì EviJ.1s, ~TCiV oTo11'Jio,v•TÒV oÈ'lrCiTfQCi xaì T~v µr,r[Qa µévELv ~voov. Plinio ( l0,99) riporta la stessa favola con queste brevi parole: Merops uoc'!/u,·genilores

suos reco11di10s pascens . .. 16 . La pietà filiale non ha alcun motivo nelle reali abitudini del Merops apias1erL. I Gruccioni, infatti, durante l'allevamento, escono di frequente dalle loro gallerie in cerca di insetti; si allontanano, anche di molto, dal nido, che, nei primi tempi, è il luogo di riferimento. Verso la fine di Giugno, i piccoli escono timidamente dal nido, camminando all'indietro. Dopo alcune settimane, i giovani, resisi indipendenti, all'atto della migrazione autunnale, assumono l'aspetto degli adulti, senza alcuna differenziazione. Non comprendiamo·, quindi, come si sia origlnata la favola, che leggiamo presso gli antichi autori 17• Cibo. li µ~rio,{;si ciba di Api (Ar., A.H., 626 a 7-9): 'Ao,xouat 01air~s (se. µEÀ1rms) µMuorn ... µ~eo,J,(cf. Verg., Oeorg., 4,14 ss.; Ael., 5,ll; 8,6; Plut., Mor., 2, 976 D; Geopon., 15,2; Phil., 652). Per il danno provocato, i Gruccioni vedono il loro nido distrutto dai contadini (Ar., A.H., 626 a 13): (ot µ€>.,oofis) lEmQoiio, ... ràs rwv µEQ61rwvvwrruk Il nome rustico barbarus(Seru., ad Verg.Georg., 4, 14), che non è affatto una corruzione di apiarius, sarebbe stato attribuito al merops per la distruzione, che esso compie fra gli alveari 18• Grido, li grido del merops nel Carm. de Philom., 43 è espresso con il verbo zinzi/11/are:

Regulus atque merops et rubro pectore progne consimili modulo zinzilularesciunt. Come può il Merops apiasterL. zinzi/ulare,se le note di richiamo sono un dolce e profondo ''gru-gru-gru" o un aspro "tierp-tierp"7 Opiniamo che l'autore abbia confuso il Merops apias/erL. con altra specie, tanto più che pone vicino il regulus(RegulusregulusregulusL.), che ha una nota debole e continuata "tu.tu-uhit", e la progne, una specie della famiglia Hirundinidae,cui il Gruccione assomiglia in volo, le quali-emettono, in genere, un cicaleccio sottomesso e grazioso 19• • i

s~

n,v

332

I

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I Cf. H. FRISK; OEW., s.v. µfeo,j,; J. ANDRÉ, op. c/1.; p. 103, 2 cr. D'ARCY THOMPSON, op. cii., p. 201; J, ANDRÉ, op. cit., p. 103. 3 cr. D'ARCY w. THOMPSON, op, cii,, p. 201; E. ARRtOONI DEGLI ODDJ, Orni/. Ila/., p. 326. La forma apia~·rerdell'llalia $tttenuionale~ forse derivaladalla 11omencla1ura sciendfica'P 4 Cf. E. ARRJGONI DEGLI OOD1, Ornit, Ila/., p. 326. D'ARCY W. THOMPSON (op. t'it., p. 201), però, scivc: "Seruius (ad Verg. G. IV. 13) meropes ruslici barbarosappellana; which barbarosl oakc10 be a corruptlon, or anothcr va• riant, of apiarios... 5 La lezioneprioribw ru/;Joè propostada A. ERNOUT;priori subrmiloè 1alez,oue 1ràdita.Sulla nos•racorrezioneprio~

w.

rumsubru1ilo, cf. infra, . ~ Il, p. 99-100.

7 ~

Op. ci/., p. 617. ·Op, -.tvxoç,rò oÈ/Lhdloçfoor hElv'I/, xcù ~ ,PWP~1TCX(!a1Th1/CTLahE(v.oih lì' oblìaµov4 • Plinio {10,87) non distingue due specie di Merli; egli raccoglie soltanto la seconda parte della notizia aristotelica: Merulaecirca Cyl/enemArcadiae, nec usquam aliu/Ji,candidaena-

scuntur. Solino (7, 12) osserva due varietà della stessa specie, dimostrandosi, per la sua osservazione ornitologicamente esatta, indipendente dalla fonte pliniana: In eademparte (se. Arcadiae)

de auibus hoc solum est non indignum relatu, quod cum aliìs locis merulafurua sii, circaCyflenem candidissimaest. J. André 5, dopo aver esposto il pensiero e l'interpretazione di studiosi, a lui precedenti 6. che identificano il Merlo bianco con il Cincluscinclus o con la lvlontifringillaniva/is, specie che abitano l'ambiente dato da Aristotele, propende a credere che l'uccello della A .H., sia un soggetto ad anomalie di colorito: si tratterebbe di un caso di albinismo parzilde o totale. · Condividiamo l'opinione di J. André, anche se non comprendiamo la fras~ conclusiva del suo articolo: "Du reste, le fait n'intéresse pas l'Italìe". Il Turdus merufa merula L. è una subspecie, i cui indivi-.&1rrlJf(Picchio rosso minore) è di statura inferiore al Merlo, una seconda (Picchio rosso maggiore) è più grossa del Merlo (ibid., 614 a 7-9). La livrea è nera (/LtÀc,s:Ar., A.H., 617 a 11; Isid., loc. cit.). Solino (!oc. cit.), senza accennare a possibili mutazioni di abito, osserva una livrea Jurua, che si distingue dall'altra

candidissimali. Negli antichi testi non si trovano cenni espliciti sul colore del piumaggio della femmina. Aristotele (A.H., 632 b 15-18) osserva nel Merlo il mutamento della livrea e la modificazione del grido a seconda delle stagioni: da nero muta in rossiccio; in estate canta, in inverno stride e canta rumorosamente: ~ x6TTu,pos liinì i,/,},,apos (c,vi/os, 1mi r~v ,pwvÌJP'loxe, &>.>.o{av• ~V /Lf.V -yàg 7~ {}[QH ~OH, roii oè)(Hµwvor7J'CV:71(!1e. A riguardo dell'alterazione del grido, accennata da Aristotele, precisiamo: il Merlo comincia a cantare in febbraio ed il suo canto, che ha motivi di 5-12 note, è piuttosto uniforme, forte, sonoro, meno dolce di quello del Trirdusphilomefusphilomelus; in inverno, non canta

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e, rumoroso, emette dei gridi, a seconda delle circostanze, sia quando esso è in sospetto sia . quando esso è in fuga. Originale è la seguente notizia pliniana (10,80): Rostrum quoq11e(Jnniculisin ebur 1ra11sf1gura1ur, dumtaxal maribus. Aristotele (A.H., 617 a 18), indirettamente, qltalifìca il becco del Merlo, limitandosi al colore 15, in un cenno sulla rassomiglianza del >-.oruh16con il Konv,pos: rò òi ti6'l'xo1 cco:l'una ha il becco nero, l'ahra il becco cereo. DIONISIO av1·àfor,;c confuso femmine. giovani e adulti? 16 Il 1cr111ine~mJ( non esicuro. Alcuni Ms~. IUillll0 .pmO~o /3w61:quindi, il GAZA.tn:1.duci:: .. esf c'Jium ,.ix ltuc' ge11Pn.iq11ac• similis 11igruesii, St'ilfusc·a ,·ulon.i(d. CAMUS, op. cii., JJ, pp. 400-461). Si è prctt-su, sebbene ii tc,;to s:iao~curo, di iden• tincarc la ~pcdc col Turdu.,· rorqumuso col l,e1rn,:ldusuxurilis Uorsc il Codiros.'ione = Mumicola sa.xurilis'l). cr. J, TlUCOTt op, dt., p, 624, n. 4. . 17 Op. cii., p. 624. 18 Op. di., lii, I', 92,

19 Cf., sul11~presenza stazionaria del lf611111j:1n1· 1 lJ'ARCY W. THOMPSON, op. dt,, p. 174. 20 Sulla ibcrnazio11e o lcLargo degli llC.:clli, cf, e/lunfllr,gru,rdiur'1stxtlcJOx V) 11wrulu,us11t't·tufuris cr. s.v. ('U/Jrimulgu.\·. 9 Se tu fonte origin•ltia di SOLINO fos~t' il cenno arblolelico, proporremmo di corn.:gsL·rcla k1.ionc lrùdìtafim"' con fusrn. quale aggellivo che tratlm;a il gr. l'-fam•.

19

Distribuzione e Migrazione. L'uccello, incontrandosi dovunque (Ar., A.H., 617 a 11 ), doveva essere considerato "stazionario"; ma Aristotele include il Merlo tra le specie che "si nascondono" nel capitolo dedicato alla ibernazione ed al letargo (A.H., 600 a 21). Ma Plinio (J0,72) neg~, e a ragione, il cenno aristotelico, in quanto il Merlo compie migrazioni a picco~~ raggio: Abeunt et meru/ae . .. in 11icina.Sed . .. p/uman non "mit/11111 nec or:cultantur,111st saepe ibi quo hibernum pab11/umpe111nt. , . 20 , L'habitat è comune alla Tortora, se Aristotele (A.H., 610 a 13) e Plinio (10,207) fanno amici i due uccelli. Il luogo di frequenza è cosi descritto da Dionisio (lxeut., 1,27 = 16,18-17, l . ' I " , ' ; Il'\ ' .. 2 A. Garzya): o x&aau'{)OS ••• )(WQH /1.U(/TOIS )(Cil OCl,PVWS }{O!t HU1mgwaw11 Cll\UWt ){Cii rms AEV)(O.avt'Javuv Oh.ro'l'i: J. TRICOT proponela lezionet-yxt,n (,_t"M pii etc 1crraln,enfotccmclll, vaUon).P. LOUIS sos1icnela gcnuinhàdella 1:zionctràdita,documentandosicon Metaph., VII, 2,

Ael., 7 ,7; Plin., 18,36: graculisero a pubulo recedenteshiemem [se. praesagiunt])cd era osservata nei suoi movimenti premonitori in Grecia ed in Roma prima di intraprendere un affare (Aristoph., A u., 50-5J; Querolus,4,2 (ed F, Corsaro): Ego istaecnon per/11/issem, si recinenti

ac monenti credidissemgraculae). L'etimòlogia proposta da J. André era già stata presentata dallo Schneider 4, il quale precisava: "Monedula autem nomen fuit augurum, quoniam esset oscen: monere autem loqui. Non ut quidam putauere a moneta, quia monetae amantissima sit monedula" 5 •

Op, c/1., pp. 106-107. l 'Histoire des o;seuux, VI, S, p. 286. 3 J,F,, X, p. 234. 4 Op. cli., Cur«e po.ileriore.r,p. 493. S Sulla forma manerrria nei Pa/ati11ìdi PLAUTO (Asìn., 694; Copi., 1002), cl. J. ANDR!ò, op. cii., p. 106, Il filologo (ibid., p, 107) rltit'nc probabìlcl'analogia della forma con fh:iàula, acl?dula,querqufflulae, infine~conclude la su&ricerca con queste parole: "Ainsl mon'edula~craita mon'ela,cl'avcrtisscuse-►) (cf. mon'éla,~avertbsemenh))camme nit'r1duta à nil'éfaH, Per la descrizionee l'ldentific-Azione di mon'edula,cf. s.v. groculus.

1;

1043 a 16: o~'lf:fl']&,yyiia, 0'1((-?rc'\'onxhaw,..&rw11'lf.dt Xf1.!JJµfrTw1·. 11 Cf. s.v. hirundo. . 12 M. VEGETTl (op. cit., p. 453, n. 86). che accetta ln proposta d) Ìllterpo\azione, si limita a dire a giu~tifiL"azione ucon AW e DIUm.sedudo qui la frase«ad e.1;cmpio \ nibbie le rondini»r.;heè interpolatae contraddicel'osservazioneche se• guc", scnzn spiegarele reali cause della contrnddizìonc. 13 CL 1. G, SCHNEIDER, Comm. 1, p, 4JO. La ,pccie di ERODOT0(2,22) è proh•bilmcntc il Mìlvusaegypli11sGrnclin, il quale può trovarsi, nccidenlalmcnte, anche in Europa (Cf. E. ARRIGONI DEGLI ODDI, Ai/ani, Orni/., p. 33). Sul mo· vimcnio migralorio, cl. D'ARCY W. THOMPSON, op. cii., p. 120. 14 cr. i teSli raccolti da D'ARCY w. THOMPSON, op. ci/., p, 119. 15 Si allude, forse, al sìlicernium; cf. E. D!l SAINT-PENIS, op. ci/., p, l 15, § 28, n. 2. 16 cr. E. D!l SAlNT-D!lNIS, op, cii., p, 115, § 20, n, J. 1'1 ARISTOTELE(A.H., 610 a I i-12) dkc soltanto: ~e-irti"n\ JP,r1,,o~/i>io1. 18 Non sappiamospiegarepe,ché i Falchi nobili, come ad es., il Fakopellc~rino, lascino le loro villimc ai Rapaciparassili. 19 Cf. P. SAVI, op. cii., p. 69. . 20 Cl. J, TRICOT (op. c/1., p. 586. n, l) sul ienintivo di idcntificn,io11cdel FRko chiamalo ,[q,o,. 21 Op, cii., p. 46. 22 VOLGARIZZATOR!lANONIMO, Dancus Re..~1H1QM)~,1ppot1('dtc hl t'ulrrttola o Ilr1llcrhiapolrcbbe essere srnta chiam,.1ta"f>.>..ot {lOf{IC'1)1.>.t~ ccgrigiO))+ o~•e&«codnn) p,cr 11suo piuinn,!!giogrigi-X &)(gas €'111'{QCIS )(C.ailxa rijs ~p.égas, Jcarw~fo t,lt'Ol(:!'lrdÌovaaahiis rà ~&,~ b!-yÀau~rijs vv,rròs rèt njs ,wgtJv71s,xaì )(gdnwv ~ p.~vrij, ~µ[gas ~ lìè:rijs VV)(TOs ~unv. Sempre per ragioni di cibo la Civetta è neinica dell' 3gx,llos (ib., I. 12-13): xaì r>.a6~ .o'iiui,



Come le Civette e.gli altri uccelli, che non possono vedere dllrante il g 1·orno ·1 ' . d . ' VUJ(T!Xoea· XEScacciano urante la notte per procurarsi il cibo: non esercitano però questa loro attività per tutta la n~lte, ~na ali? fi~e del crepuscolo e ~ll'~lba; sono loro preda so,ci, lucertole ecc. (~19 b 18-22). r>.auxES lit Xat vuxnxoeaxn, Xat 7.~n,11 7'11S ~urò~

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Alyu,rrw oÈ XOÀOIOUµ.~yd}os xaì ,p!Jo-v-v~ ' ' r, .,

Da(le osservazioni a~istoteliche possiamo apprendere che il vuxnxoeal; è un Rapace not- · t_~rnos,a per essere classificato tra gli Strigidi, sia per avere i "cechi", sia per essere solito cacciare al crepuscolo e all'alba.' ~alle ~lassificazioni, che leggiamo nella A.H. e, partiçolarmente,. al 592 _b8-1 l, n,on è,possibile ~envare l'identificazione della specie, poiché le osrervazioni sui Rapa~t n?tt~rm, p~10.nod~scnvere diverse specie e varietà 2• Sembra, inoltre, che urto stesso_nome md,~hi ucc_el_h d_1Vers1, seco~do quanto.ci è tramandato da Aristotele sull' wrll,r\{597 b . 21 24), le cui descnz1om possono nguardare sia I' Asio otus otus L s,·a l' Otu L J l d 11 bb · • . . , . • s scops scops · · n .. lf e, a nostro a_vviso,che 11filosofo ha descritto il {J6c,r con cara1teri morfologici tanto prec1S1_che nessuna incertezza solleva la identificazione Bubo bubo bubo L. Ammettiamo che vuxnxoec,f sia, pure, il nome dell'uccello notturno, chiamato wror

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(A.H., 597 b 24) = A. o. otus L. o O. s. scops L.: l'identificazione, anche non è negat~ d~ Strabone, il quale afferma che il vuxni,6ea/; d'Egitto ha ,,o>.ofou/tf"/Er?or , deve essere h~1tata al solo passo aristotelico, per la precisione; infatti, il nome vuxnxoeal;, presso lo storico e geografo greco, indica anche la specie {Jvm di Aristotele. ' . . . . Il nome vuxrix6Qa/;, quindi, non è stato attribuito ad una sola spec~e, ma .a_van e d1ver~1 Strigidi 6, Vana è, di conseguenza, la ricerca dell'uccello nott~rno, cm, spe~1f1camentc,~rn stato attribuito il nome vuxrP.aut (592 b 8-9), pare, precipuamente, documentar~ la sua identifi~azione, contro coloro che "bubonem" contentiose significari putant, dall'habitat dello Strigide: in ruinosis. · , L'ambiente, osservato da Gerolamo, per quanto esatto, non limita i Rapaci n~tturm ad una sola specie, giacché abitano "le rovine" il B. b. bubo L., l' A. n. noct~a Scop., 1! Tyto alba alba Scop. L'habitat in domicilio ( = in ruinosis), a seconda delle espenenze degli osser~atori, giustifica le identificazioni "bubo" e "noctua", che ricompariranno, in t~tta la loro mcertezza polemica, nella testimonianza di Eucherio (lnstr., p. 157,10-12: N_ycllcoraxnoctu~, multi bubonem esse contendunt, .. ), delle glosse (C.G.L., 4,261,38: nycfrcorax noctu~ auis [cf. Isid., 12, 7,41: Nycticorax ipsa est noctua, quia noctem amai}; 3,18, 2: bubo vu11nxor;io:I;; 3,361,11; 5,374,9 1°).

,

. .

,

Le note naturalistiche di Aristotele e le definizioni del greco vu"rixoea~ non s1nfenscono, evidentemente, alla subspecie N,n, nycticorax L. ("' Nycticorax grisea o N. _europaeu~ degli Autori) la quale se ha abitudini notturne, tranne l'epoca delle cove, ed è chiamata ne'. 11 vernacoli italiani "Co;vo di notte" (Ital. centr .), "Courvu di notti" (Sicil. ), non possied~ 1 caratteri morfologici e biologici, descritti nella A.H. È possibile, tuttavia, che qualche spec1~ di Arde/de avesse il nome di vv,1nx6Qa~ non solo per le abitudini notturne, ma anche per 11 comportamento in volo: ci riferiamo al Botaurus stellaris stel!ari~, che h~ un volo len~~: sostenuto, breve, simile a quello dei Gufi, con le ali rotonde, ed e chiamato m Sardegna. Corvu ambidastru" 10• . • • Una specie, che non è della famiglia Strigidae, cui, forse, accenna Euche~10_loc.cu.: sunt etiam qui adserunt esse orientalem auem quae nocturnus coruus appe//atur) e 41segnata ~on 1 suoi caratteri morfologici nell'Epist. Alexandri ad Aristotelem (ed, Ki.lbler, p. 201,20): 1 s?l• dati macedoni marciando verso l'India, videro, all'alba, un grosso uccello dal profilo dell'Avvoltoio,' dal piumaggio scuro, dal becco giallo e dai pi~di neri:_Apf!ropi11quanteluce, nocticoraces uenere aues uu/turibus similes, quorum corpora m magmtudme superaban/, colore fluidi (Steiger, diuini uel diuo codd.), juluo rostro pedibusque nigris. .. . Abbiamo seri dubbi sulla reale descrizione del nocticorax, appropinquante d1e:come, mfatti, è possibile osservare, all'alba, i caratteri di un uccello, nella sua attivit~, in volo, men~re ricerca e cattura le sue preJe in acqua? Dal profilo si riconoscerà, per espenenza, una specie,

354

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.)

poiché né il colore del becco retanto meno i colori dei piedi sono visibili. Tuttavia, ammettendo che il nocticorax, visto dai Macedont sia stato osservato nei suoi particolari caratteri e che, ar tempo. stesso, sia nn uccello della zona paleartica o, almeno, una forma meridionale, potremmo, con cautela, procedere alla scoperta di una possibile identificazione. Se nocticorax indica un uccello dalle abitudini notturne, i soldati macedoni avrebbero visto, forse, unArdeide, ad. es., l'Ardea purpurea purpurea, che ha il becco giallo-brunastro, le gambe ed i piedi bruno-scuro sul davanti, il piumaggio, nelle parti superiori, cenerino cupo: è un uccello meridionale, dal volo lento e sostenuto. Se, appropinquante die, l'uccello comincia ad iniziare la sua attività di pesca, nocticorax potrebbe indicare l'Aquila di mare(Haliae1us a/bici/la L.), la quale, in volo, ha il profilo degli Avvoltoi, ha un piumaggio bruno grigiastro, il becco giallo, le unghie nere, cattura i pesci. Anche i Laridi (gen., Larus L.) possono essere proposti per una probabile identificazione di nocticorax: le specie più grosse hanno un volo alto, robusto, maestoso, si librano ad ali immobili per lungo tempo, roteando come gli Avvoltoi, si precipitano sulle prede molto celermente. Non ci è possibile proporre una specie, anche se sappiamo che qualcuna ha livrea scura, becco giaJlo e unghie nere. Non sarebbe da escludersi che si sia osservata una forma meridionale. La descrizione dell'Epist. Alex. ad Arist. non ci permette una identificazione precisa e certa; ma se, in realtà, l'osservazione fosse stata fatta appropinquante die, per cui i caratteri dati non sono quelli di un'esperienza su "soggetti" morti o catturati, non esiteremmo a dare la nostra preferenza all'ultima identificazione proposta, per quanto generica. Non sapremmo quale risposta dare alla domanda di J. André 13: "Un vautour de l'lnde?". Sappiamo, ad es., che il "Capovaccaio" (Neophron percnopterus percnoplerus L.) si ciba, pure, di pesci 14; ma pcrchè l'autore dell' epistula avrebbe detto uu/1uribus similes? Aggiungiamo che tra i Vulturidi dell'Asia non conosciamo nessuna altra specie, che abbia la morfologia e le abitudini del nocticorax. Infine, se nycticorax o nocticorax è la stessa specie indicata da Giulio Valerio (3,21) col nome rhinocorax, uccello, che non e della zona paleartica e, per noi, di difficile identificazione, non siamo in grado di riconoscere la specie, anche se l'etimo di rhinocorax o di rinocheros ci faccia pensare alla famiglia ùei Bucerotidi 15.

I

AVBERT - WJMMER.scguitjdaJDITTMEYER,mcuono entroparentesiquaùre21 t tic'.:;nn - 30 P.'"e6'{1 passo non sarebbearistotclko, perchéspezzerebbe,con una disgressionc,l'unitàdescrittivadella miiv-•zionede~i:QuagUt.Ma la digressione e deS11 irXloPrfl 1rneo, ,¼v AL (3r u~v TrEQUTVXOV Ev TrOMOlf rovrwv Mewv b1ro~v~uxovrai ivfovs. Aristotele, sebbene ritenga che i Cigni siano EV~t?m(ibid., 615 a 33), crede che gli individui si divorino l'un l'altro (ibid., 610 a 2): E!uìo' ol J.X~Xo,p&-yo1 ,u&Xunarwv beatwv (cf. op, Athen., 393 d; Ael., H. V., 1,14 21), La notizia è riportata da Plinio (10,63):

e'6T€XVOtJO,

I

I genitori sono molto amorosi verso i piccoli, li proteggono contro qualsiasi animale li minacci; la femmina, quando i pulcini le sembrano stanchi, li invita, premurosa, a salire sul suo dorso. Cibo. Nella A.H. (615 a 32) Arìstotele non accenna affatto al genere del cibo; egli si limita a dire che i Cigni sono fM{oro1, Dall'habitat e dalla ·morfologia (cf. Ambros., Exom., dies V, XXII, 75: Cygn11squoque

curproceriorecollo u/atur inpromptu est, ut, q11iaestpaululum pigrior corpore necfacile potest aq11arumin/erìorapenetrare, ceruicemextendat ad praedom, quae quasi proe11iareliqui corporisescomq11ami_n11enerit ropiat atque eruat de prof11ndo;Bas., Hexaem., l/14 B:'EèxvoÈ XO/Totµa~vs,gTfWf fh /3a~os ~ XVJ-.ov< -yivwiJm roùs ireorÉQOV< rois ~arleo,s. 2) I 'ITE)..rnc,ves, che vivono presso i corsi d'acqua 5, inghiottono grandi conchiglie lisce; dopo

364

averle fatte cuocere nella parte interna che precede lo stomaco, le espellono per aprirle; ne traggono fuori le carni, che mangiano (A.H., 614 b 26-30): O! llÈn)..ExavH ot ~v ro'is -irorn· µo,s -y,v6µevo1xcxmirfvovui rhs p.e-y&),.mx6rxcxs xcx',)..dm• lircxvlì' iv Tc'é ireò Tijs xo,>-.{as roir'll 1rl,/;wmv,HEµo'ìiu,v,tvcx xauxovuwv ra•J-.ovsavvexws rijs iJa>-.&uu71s lìHxPvovo,;accenna al cibo: xa1?1aa,,,,o!s lun 11ijxosf>e-yv,as,rèxPwra lì' ÌJwÈQ pesci e molluschi lamellibranchi: roh lx1rcxnwPTasxaHor'Jlovm 1raPTas1xr'J6as ... ollre 'l'Wv lt'TEVWV o6u TWVC11t>-.11ewv µu{i)p bnxoµevo,. Eliano (5,35) ·dapprima distingue il cib~ dell'lewlì16s (rà ~arem) da quello del 1re>-.ex,h (ràs 1to-yxas); q4indi, osserva nell'lelt'o,os Io stesso comportamento nel cibarsi che Aristotele aveva rilevato nel 1re>-.u&v:xal iP TQ xa)..ovµ~v'l!11'Q11'YOQEWP, i,rot?EQl'O/IVWP ò lQ't'lì,os 7~ ~urem• Td lìÈ ~ ...~ riis ~),.fos lì,forcmu, xa\ he1vos dtur'Jav61'EPOS TÒIµÈvlfarecx,pv>-.ar'l'u oÈ'TÌ/Pu&excx, ,m't~XEITQ9-.[c,xwv 7~ 'l'ijs 7rfV!EWSOVJ/a/J,EI Tb~Cl-.v,cm1< &,µ~ voÉtv r,,,1>-.a lferv-y,.

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l

Discussione. Le osservazioni di Aristotele non ci determinano ad identificare con certezza la specie avicola chiamata 1re)..ex&v.Infatti, se le notizie riguardanti l'area di diffusione, il sito di nidificazione, il comportamento nei voli di migrazione (A.H., 597 a I 1-13) orientano a ricercare l'identificazione dell'uccello indicato col nome irE>-.ex&v in una specie o nel Gen. Pelecanus L., il cenno sul genere del nutrimento, molluschi lamellibranchi (A.H., 614 b 28), ci costringe a ricercare per l'identificazione altre specie e generi. La ricerca di un'identificazione del 1re>-.ex&P, anche e solo probabile, obbliga il riesame del!~ notizia esposta al 614 b 26-30 dellaA.H., e, in particolare, dei cenni biotopici e anatomici oi iP 1ro1aµois(I. 27), lv T~ ?rQÒ rlfs xo,>-.fasT-.Exav; questo appellativo sarebbe stato pure dato ad una specie avicola terrestre del Gen. Ficus. Lo studioso giustifica la sua iilterpretazione con il v. 1155 delle Aues di Aristofane: "Aristophanes Auium uersu 88,4iuxta nominat 1re>-.exchmxaì ire>-.e1t111011 sine ulla morum nota. Sed ex uersu 1155 llQv,t?es';oav T~xroves o"i'ro!s /;/6-yxea,v/x,re,re>-.(x,,ao:11 -r&s1rfi>..as,clarissimum fit, picos inuo,ptiJTO/Tot ,re)..exa-.t.as rois di Phila (v. 215), non sembra riguardare, al meno con chiarezza, il "sacco" del Pellicano, ma, probabilmente, la "ingluvie", che è un organo comune a tutti gli uccelli: nell'ingluvie il cibo resta per breve tempo prima di passare nello stomaco glandolare e, successivamente, nello stomaco ventrigliarc per essere triturato. · . ·, , · Ma, se si ammette che il cenno aristotelico lv rfi!?rQÒTijs1to1>-.fos nh':! indica il xA1ros del ,re>-.exivos, l'organo che, nella descrizione di Dionisio (lxeut., 2,6 = 28,14-15,l P,arzya), l~~QT11T0/1 -ireò -ri:Jv CITlQPwv, non avremmo alcuna esitazione a proporre la sirionimìa ,reÀEx&v"' 1re>-.exiPos e quindi, a riconoscere nel ll'E>-.ex&P della A.H., l'onocrotalusdei cenni anatomo-morfologici della N.H .. Contraddice, però, questa identificazione la notizia sulla particolarità del cibo ( = molluschi lamellibranchi).

365

li

3) Il c~nno sul cibo ingerito dalla specie avicola indicata con i no~i 'lf€À€11&11 o 7f€ÀflltPos(Dio. . . . nisio) è motivo delle varie identificazioni proposte ~agli studiosi. a) Il passo aristotelico della A.H., (614 b 26-30), mtegrato dalle osservaz1om d1 Cicerone (N.D. 2,124) e di Plinio (10,115) sul comportamento della platea o p/atalea nel cibarsi di "mo!Ìuschi lamellibranchi", ha offerto al Camus 9 elementi notevoli per identificare il 1rEÀE· 11&11 ( = platea, plata/ea)con la subspecie Platalealeucorodialeucorodia.Questa identific~zione non sarebbe improbabile, soprattutto se si vuol tenere conto che il nome 'lfEÀE11&11, con d quale si sarebbero designate anche forme del Gen. PelecanusL., poteva indicare più specie di diverso genere per affinità di certi caratteri: la struttura del becco e della gola analoga nel Pel: licano e nella Spatola, la frequenza di questi uccelli nel medesimo ambiente ( = rive e acque _di fiume) sono elementi che avrebbero indotto ad assimilare la P/atalealeucorodiaJeucorod1a, che si ciba in parte di molluschi e di crostacei, alle specie del Gen. PelecanusL. 10• b) Eliano (S,35), eh; distingue il cibo del 11"EÀE11ch da quello dell'lelhts (cf., pure, Phila, vv: 215-221 11y, differenzia, solo in quanto specie, il 'll"EÀe11&v e l'tleiell,iis nelle cur~ pa~ental~ (3,23) e osserva nell'iQ(flìtos (5,35) gli stessi movimenti nel cibarsi, che Aristotele aveva nlev~tL (A.H., 614 b 28-31),'sembra identificare il n>..e11&vcon NQ~o16s nell'osservaz10nel 'll'EhEll&v ne sui movimenti di lotta interspecifica tra il 1reÀe11&v e l' ~QTV~ (6,45 12). Poiché, soprattutto per ragioni di erratismo o di periodo di frequenza nel bacino del Mediterraneo, (I,re~e11&v (= Pellicano) non vive nello stesso ambiente in cui abita la Quaglia, riteniamo che s1designassero con il nome ,reÀex&v,almeno probabilmente, specie affini per caratteri morfologici e biotipici: l'Ardea cinereacinerea,che ha un po' la fisionomia dei Pellicani, vive sulle rive dei fiumi, si ciba di molluschi e di crostacei e assalirebbe, a diversità del Pellicano, le Quaglie, stan13 • che dalla trasvolata, potrebbe essere stata indicata col nome ,rel-.e,1&11 Il nome 1reXu'iPosindica certamente il PelecanusonocrotalusonocrotalusL. nell'osservazione di Dionisio, ove si legge la descrizione morfologica, i movimenti istintivi per cibarsi nell'ambiente in cui la specie vive dei pesci (Cf. ed. Garzya, 28,8-15); ma ci sembra che con l'appellativo 7fEÀe11ivos si indicasse una specie simile al Pellicano, quando, nella stessa notizia, si osservano i ,re>..e11ivo1 (ed. Garzya, 28,16-17) ol,TETWV11revwvoll7e TWPuxX11ewv ix1rexop.E·

L'O11ocrotal1u sol/1udi11is è chiamato pel/icanusda HlllR. (Traci, in Ps. 101,,p, 159,18: Slm/1/sfactuss111n pellicano soliludinis.Duo generadicunturessehonun uo/at/llum ... unum in solitudineeJescaeius uenenalaanima/la.hoc est et serpen/eset corcodril/1el /accrlae)e dn EUCHER, (lnstr., 2, p, 157,7): Pelironusauisporua quae solitudinede/eche in tutto il Medio Evo avrebbe avuto il nome' 'pelican°. Ma questa spede, sebbene si nutra di cibJ svnriat,ssimi, ha7 forse, come esca, uenenata«nimalia? 2 Cf. l!UCHER, (Instr., 2, p. IS7,7): Est et al/udpe/icanorwnge1111s /11Nilo pacne cygnissimile, nls/ quod paulo maio~s SUIII,

3 Le osservazioni ci sono state comunicate in liii, 4 Cf. D'ARCY W, THOMPSON, op, clt., p. 212, 5. ·ARTEMIDORO (Onelr,,.~,20),ncllS.ua Interpretazione onirica, pone i ladri e gli schiavi fuggitivi nell'ambiente praUcato dal Pe/ecanusonocrota/us onocrOtalus: weM"Ovet,.•• ,-~vxÀ61r1"ls, Na1TA.a~eaa-~n,., trl'~t roraµo'U Ei11m..,&v THOMPSON, op, cli., pp. 231-232: J. POLLARD, op, c/1,, pp. 84-85. cinerea.cr. D'ARCY 14 Cf., per i testi latini e greci, D'ARCY W. THOMPSON, lbid. pp. 232-233. Sulla rappresentazione delpelekanosdi DIO- · NISIO, d. ZOLTAN KADAR, op. c/1., p. 80.

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w.

POt,

. È possibile, per quanto possiamo desumere dai contenuti ornitici delle notizie di Aristotele e di Eliano, che il nome ,re>..e11&v, come l'appellativo 1re>.~llivos m Dionisio, non soltanto indichi le specie del Gen, PelecanusL., ma anche specie e varietà o di Ardeidae o di Sulidae o di

Plataleidae. Co11cluslone, L' onocrotaluscii Plinio, di Marziale, il genus aquatiledi Isidoro, è lo stesso uc: celio descritto da Dionisio nei caratteri anatomo-morfologici al 2,6 = 28,8-15 Garzya degh /xeutica. L'onocrotalus della N.H., in particolare, non è il 1re>.e11&v del 614 b 26-30 della A.H., di Aristotele, del 5,35 della N.A. di Eliano e dei vv. 215-221 del depropr. anim. di Ph!• la: in queste notizie sarebbero stati osservati i movimenti di comportamento e il genere del cibo o dei grandi Aironi bianchi o delle Spato le o delle Sule. · È probabile che l' onocrotaiusdi Plinio, di Marziale e di Isidoro sia il 1rel-.e11&P del 597 a 11:.::;iei'.a A.H., ove sono indicate le direttrici migratorie e la località di nidificazione, dati, que',\:, desunti, a nostro parere, dall'osservazione delle trasvòlate migratorie per la nificazione del Gen. PelecanusL.: una specie o le specie di questo Generesono designate con il nome 1reÀE116Pnella notizia di Eliano (3,23) ove trattasi delle cure parentali (cf. Epiphan, [ad, Physiol., ·c. XX], Hexaem,, c. 8) 14•

wM

LINOSAY nella sua edizione deUe Or/g/nes,chiude nelle parentesi quadre: Quorum , , , wliludinis. · L;onocrotalu;è detto pe/iconusda JSIDORO (lbld,. 12,7,26):pelicanusauis AegyptiahabitansinsoliludlneNlli/luminls. unde et nomen sumpsit,·nam CanoposAegyptus dfcllur.

366

OPILIO, -ONIS, m.

Il nome, che significa "pastore'', lio genus auis 1,

indica anche una specie avicola in P. Fesi. (207, fi): Opi·

·

1

L'Identificazione può desumersi dalle abitudini del Gen. Molaci/la,le cui specie o subspecie sarebbero state indicate col nome opilio, che, etimologicamente, significherebbe: "colui che spinge le pecore" (*ou(1)-pel-2). Nei vernacoli italiani, infatti, le Cutrettole non solo vengono chiamate "Boarine" ( = che seguono i buoi durante l'aratura), ma sono pure indicate con i seguenti nomi: "PastorJle wle" (ltal. sett.), Guardapecore(Ital. centrale) = Motacillaflavaflava L. 3; "Armentarelle" (Ital. centr.) = Motaci/lacinereacinereaTunst; 4; "Guardapecora,Parapecorabianca, Pastore/e bianche" (ltal. sett.) = Motaci/laalba alba L .. 5• Il testo di P. FEST. (207,12): Opuncuioquod op/1/on/sgenus canluslmllan1urdi senso non chiaro, dal LINi:lSAY è cosi restituito: Op< illi>unculo op/llontsgenus cantus imi1a111ur, ' La restituzione del LINOSAY, pur dando un ordino sintattico al testo, non offre, tu Ilavia, alcun.cleme~\di lmcressc otnitico che orienti ad identificare una specie dell'ornitofauna, 2 Tale valore è ae.os(~a ~exis) =. (Jaa1~Ev1perc~e ist_::ter? ironizzi sulla favolosa credenza dell' òex!>-.01("' reoxt'l.os) re degh uccelli ((Jaa1ÀEu1for OQXL· ÀOS~QPIS 1). · ,. • · Aristotele (A,H., 609 a 12-13) osserva i movime~ti di,lot~a i1~terspcc1f1catr,a la 'Y~au~e l' 3Qx•>-oi, perché questo mangia le uova di quella: xm "fÀavf 6t xai lS11x1Xo11roÀE11t01• m 'YaQ lid xarEar'JfotxcA oho1 rij1 -yÀ01ux&s. . • Se Aristofane ci induce ad identificare l' bQxl>-01 = /30101ÀEvs (cf. Ves~., 513, ove s1tratta di un "uccelletto", gregario, oggetto di aucupio per le mense) con li Trogl~y_tes !'o• glodytes troglodytesL. o con il Regulusregu/usregu(usL. o il congene~e Ref!~lus_1g~1cap'./lus ignicapil/usTemm., Aristotele, indubbiamente, ci all?ntan~ d~ queste. 1dent1f1caz1om,P~•ché il Gen. Troglodytesed il Gen. Regulussono insettivori e, qumdt, non s1nutrono affatto d1 uo-

I , 't l'" ' l'mita lari li cenno sui movimenti istintivi di lotta interspecifica tr~ a 'Y"~uç ~ 11~x1,-.os~ cerca di identificare questa specie tra i Corvidi o tra i Rapaci g_ran_d1 _e_p1cco~, che_d,_struggono le "nidiate" 0 tra gli Ardeidi. L'insufficienza delle infor~az1om c, 1~ped1s~e d1 nco~oscere l' 3 1>,01 aristotelico, anche se teniamo in considerazione Il valore et1molog1co«marciatore» 2 ' , l da QX rQXO/IOII o "uccello danzatore "d a OQXEO/IOII • ' • • • • , • Limitatamente ai passi di Aristofane, crediamo che 0Qx1>.osè smommla d1 reox1>-.ose d1 4 (3cxa1>.f6s

va,

I Cf. i te1ti raccolti da D'ARCY W. THOMPSON, op. cit.. P· 219. 2 cr. J. ANDRÉ, (op. cii., p. 114), che cita HOFMANN, O.E. w.. p, 241; F. RlPERT, p, 3 cr. J. ANDRÉ, ibid. t;, forse, l'otus? (cf. AR., A.H., )97 b 23-2S: PllN,, 10,66).

128.

4 Sulladiscussionedellenoti:dee sullaidcntiricaiione,cf. s.v, frochj{u!J·,

ORIPERLAGVS,I, m. li gr. bQmr~ÀaQros, sinonimia· di nexp{nrTEeos, significa "cicogna di montagna", "fÉPII(A.H., 618 b 31-619 ~ Plinio (10 8) utilizzando le notizie aristoteliche sui rwPb.ETWP 3) include l' o~i;erargusal quarto posto della sua tassonomia delle Aquile, fornendo caratteri ri~uardanti la morfologia, l'indole, il grido, il cibo: Quarti generisest percnop~erus,_ ~odem

oriperlagus,uulturinaspecie, alisminimis, re1iquamagnit~dine~ntecellens,sed mbell1s~t de~ gener, ut quam uerberetcoruus; eadem ieiunaesemper au1d1tattset querulaemurmurat,onis, sola aqui/arume.xanimafert corpora , . , . È probabile che Plinio abbia inteso descrivere il Neophron percn~pte':'spercn~pterusL. Dobbiamo far osservare che la descrizione sembra rappresentare, per 1 suoi elemenu morfolo1 gici ed etologici, due Rapaci anzichè uno soltanto • 368

Ortygometra è tras_litterazione del gr. berV"foµ11rQ01(da ie,.vf E1r,o,,>-.orn,_TOI li~TOVTO uvµ'ITCIV au111\0V'ò ocpouea

Dislribuzione e Migrazione. Il Colombaccio è visibile tutto l'anno come il Piccione comuAristotele ammette, ne (A.H., 593 a 16-17): 4>chm µ~v ol',v11otì,reetoreeà aeì ,pot[vovrm11r>-.. poi, quasi contraddicendosi, che i Colombacci si allontanano e non svernano (A.H., 597 b 3-4): 'A1Taieo11oi lil 11aì al ,parrai •.. 11al oi XEt/l&ìo1101, Infatti (ibid., I. 7-9} b 'Y e>-.a ì o v r a I o'a'ire ,r,&rm1 ... llmv TE1Taga-y{vwvm1 11 a ì '1T6t>-.1 v ~ r a P t:, e a 1i 11g ~ ç r ~ v lx v a II o µ. 1 a ~ v . Infine, Aristotele (ibid.. 600 a 24-25) afferma che alcuni individui, tra i congeneri che non migrano per svernare, cercano dei rifugi. per ibernarsi: rwv li~ ,paooì:,vfv1m µÈv ,r,w>-.ovo1v xr>-., La contraddizione nei testi ornitologici della A.H., è soltanto apparente. È, infatti, a nostro avviso, indubbio che Aristotele, se non ha utilizzato 1'71garaidi località diverse, ha osservato individui di Colombacci9 stazionari, individui migratori durante il "passo d'autunno" e nello svernamento: i brevi viaggi di escursione, durante lo svernamento, sarebbero stati confusi con "i ritiri in rifugi invernali" per l'ibernazione 6• Plinio (10,72), trattando dei "rifugi" (escursione) e dell'ibernazione, dice dei Colombacci: Abeun/ et pafumbes:quonam et in his incertum. Non ci è facile definire il valore ornitologico di abeunt. Nello svolgimento del tema dell'escursione e detl'ibernazione del§ 72, abeunt sottintenderebbe il molus ad /ocum: in uicina (cf. ibid.: Abeunt e/ merulae. .. in uicina):il Colombaccio abbandonerebbe le mète della migrazione autunnale o, meglio, le sedi di svernamento, o per la ricerca del .cibo o per variazioni di ambiente e, soprattutto, di clima (eccezionali rigori invernali con intense nevicate, ecc.). Ma se abeunt traduce il gr. b,,rlexovrrx, della notizia della A.H., (600 a 24-25): Twv Il, ,paoot:wfvtm µiv ,pw>-.oiiotv, iv,m Il' ,pw>..ovu,v, b'ITlexovTm "r>..., non possiamo non vedere. nella voce verbale un accenno al viaggio migratorio, del quale Plinio non conoscerebbe la mèta (cf.: quonam et in his incert11m), contraddicendo l'osservazione del§ 78: Al in Agrum Vofaterranumpalumbium uis e mari quolannis aduolat. Infatti, in questa notizia Plinio tratta della migrazione di autunno dei Colombacci, che giungono e mari, segando, cioè, gli archi di mare e di golfi del litorale o percorrendo i brevi spazi dalla riva ai boschi di lecci e di querce dell' Ager Vo/aterranus:si tratta dei Colombacci che seguono l'importante corrente migratoria "Valpadanica", cui si aggiungono contingenti di diramazione ligure e della direttrice adriatica centrale (Carpazi - Monte Cornero • Appennini - Versilia). È, però, possibile che alcuni sciami proseguissero il loro viaggio oltre l'Argentario e le isole per raggiungere la Spagna meridionale ò l'Africa nord-occidentale 7• La domanda senza risposta quonam. .. incertumavrebbe senso, se Plinio avesse osservato i movimenti di trasmigrazione e non gli spostamenti nel periodo di svernamento. Aristotele (A.H., 488 b 2), affermando che il Colombaccio abita la pianura (1ml Tà µ~v ~-ygot"a, ~ammxr>-..(cf. O.A., 719 a 30 - b 5). La monogamìa è affermata da Aristotele in una_sua osservazione sul comportamento della femmina (A.H., 613 a 14-15):"ExEtliÈTÒvtieeeva -~rgv-ywvTÒva&rò11 xal ,p6ma 11aìf.>-.>-.ov ò~ 1Tgooltvrm. ' I Columbidi, in generale, depongono due uova, al massimo, tre (Ar., A.H., 562 b 2-3: -r[novo1 llt 1r&vraµi11rix 'lrEQtOTEQOEtdij o6o, oiov ,pfxrTa11aì1',wyc511, ~s brl TÒ11'0>..{,, rix Il~ 1r>-.eiora .,.eta) e non fanno più di due cove (ibid., I. 5-7: Tl11ru . .. xal ,paT1'a. .. o~ ,r>-.eovtx-

xir;Ms;Plin.,

10,147: Pa/umbi . .. bis pariunt). La seconda covata avvèrrebbe, se~ondo le esperienze aristoteliche (ibid., I. 7-11), a causa della distruzione delle prime uova, inferta dai Rapaci; il Colombaccio 8 , pur deponendo tre uova, ne schiuderebbe solo due, talvolta uno· l' uovo m ' PI'ù sare bb e c1uaro: · T'1xre1 oc " Tot ' Ile11Teea, ' ~orav ra' '11'/l 6TEQov-yevv11.ievm - , 6ia,p.iae1j.'

Ilo>-.>-.a\ -y?:ie51mp_1'elQ01111,v a~T~ TWP~gv1.,wv. T!xm µ~v ò1)1)• •• xaì TQla,ro-ri• lx>-XJ~&-y~, rwv ~v ~el olSoòol1roreovoiv 'll'hlovveoT1'oiv;lvlore li~ 11all!va p.6vov• rl>ll'ho>-.e1'11'6µevov _ ·· · e16v ton11 9 • Plinio (10,158) ripete la notizia: .. . atque ila, si priorfetus corruptus est et, quamuis Ili pepererint, numquam pfus II educunt; terti11minrìtum est; urinum uocant 10, Entro gli stretti limiti delle nostre cono~cenze ornitologiche, vogliamo precisare che l'epoca delle cove dei Columbidi è irregolare. Si possono avere due covate, come affermano Aristotele e Plinio, ma anche tre. Si osservano cove precoci (gennaio-febbraio) e cove ritardate (agosto-settembre). Normalmente, le covate avvengono da aprile a luglio. Nel caso di tre covate, di regola, la deposizione è effettuata in aprile, giugno, agosto 11• Le uova sono prodotte in numero di due o tre, di colore bianco.lucido. Aristotele, dopo averci riferito che, se~ondo alcuni osservatori, i Colombacci possono congiungersi ed avere i pulcini sin dall'età di tre mesi (A.H .. , 562 b 27-29: T&r l,~ ,p&TTas.•. ~vrq, C17/µ.lto11 1ro106p.evot 1'11P 'll'o>-.11,rMiJeiu,v 'lv,ot ,r,auiv he6eo1'm "aì. -yevvawxaì relp.'f/VCi al,7wv 12, crede che la femmina porti le sue uova per 14 giorni, covi per altri 14 giorni, i piccoli ·volino cosi bene che è difficile prenderli (ibid., I. 29-563 a I:''E-yxva l,~ -y(veTmrhm ,{(J(ì rtT'TCC. rim ~P.l'1m,11a1Jll''l'&ìu&>-.>-.ar rooa6mr• l11fr/emr 6~olxa xal rlTTagoi 'ITTEQoiivrm ot'rwr

ou

..>-.,,. v-y{eiavxo:Ì.'ITQÒS roh TOKOIIS, /l(Ù oix ~x,om rats \OaTTms),· che avviene in primavera (ibid., 562 b 6: 'f'&rm (Tf11m) h rw !'aQ1), dopo il solstizio (Plin., 10,I06: Pariunl autem posi solstitium). · • Aristotele (A.H., 510 a 3,6) informa che, prima dell'accoppiamento, gli uccelli, tra i quali i Colombacci, hanno testicoli ora piccoli, ora totalmente invisibili; quando si accoppia-

Grido. Virgilio (Bue., 1,57) aggiunge roucae a pa/umbes per qualificare il gemitus del

376

377 I .

Colombide JS. II Colombaccio della A,H., (633 a 6-9) cessa di tubare durante l'inverno (a meno che in questa stagione, un periodo di bel tempo non succeda ad un freddo intenso, nel qual caso il Colombaccio tuba con grande sorpresa degli ossen•atori), ma, quando ritorna la primavera, fa ascoltare le sue note: •.. ~ ,p6.rT01 rov µ~v XH11t:ivos ab,piJl-,rrmx,(1rÀ~vl,1ì17 1rorÈebòlo:sh XEtµwvos,,ornei glossari (C.G.L., 3,17,48: parra lY~'Y[tJcyÀos (3,435,60); 3,89, 73: parrus cyf'Y111cyÀJl.os (3, I 88,47); 3, 188,22: parrus .lY'l"ftlJoi 9. Le forme dei vernacoli italiani, derivate da parl'Cl, parrus, designano le varie specie o subspecie del Gen. Parus L. 10• Nella restituzione da noi proposta Il al § 96 dél X libro della N.H., di Plinio (In genere autem parrarum 12 est cui nidu~ex musco arido ila abso/utaperficitur pila, ut inueniri non possit aditus),parra indicherebbe il "genere" o il "gruppo" di alcuni Paridi, non una "specie": questa è determinata dal relativo cui e dalla descrizione del nido 13• · L'uccello del genusparrarum, che si distingua per le caratteristiche del nido osservate da Plinio, è da identificarsi, almeno secondo le nostre esperienze o conoscenze ornitologiche, o con la subspecie Aegithalos caudatus italiaeJourd. ( = Aegithalos irbyi o rosea,Aegithalos cau(iatairbyi degli Autori italiani) o con l'Aegithaloscaudatusmacedonicus14• Il nido, che questa Cincia fabbrica, è una delle più belle e curiose costruzioni ornitiche. Esso è di forma ovale; dal lato della sua parte più alta ha un'apertura rotonda, larga quanto basti perché l'uccelletto possa passare. Un delicato tessuto di muschio, misto a lane vegetali e a tele di ragni, forma la "tunica media", che costituisce la parte più resistente e priqcipale del nido; l'esterno è rivestito da fronde di Parmeliaperlata, mentre l'interno è foderato di penne e 1 di crini, Indubbiamente, il testo pliniano ha una precisa spiegazione ornitologica.'11 naturalista latino avrebbe attinto a fonti non aristoteliche (non sappiamo se latine o greche is), le cui osservazioni dimostrano una evidente esperienza del fatto ornitologico, la quale permette l'identificazione della subspecie avicola, descritta senza "il nome specifico", o, meglio, con il nome del · "genere" o del "gruppo" 16•

l Op. cii., p. 118-119;cr.,pure H. LEITNER, Zoo/ogischeltrmlnologlebelm /illerenPlin/us, Hlldesheim, 1972, pp. 249250. 2 Lai. parra, umbrian parfa, in S/ud/es lo D.M, Rob/nson, Il (19S1), pp. 469 ss. 1 3 Le tavoledi Gubbio, 29,4S (Tab. Eug,, VI a ·I ,2,4, ecc.); la citazione~ di J. ANDRÉ, op, cii,, p. 119. 'j 4 lbid., p. 118. 5 cr. le varie ipotesi proposte d~ F. CAPPONI, A vi[ounanel/• divinazionee nel mito, in Latomus, 36 (I 97~~.l~P•4494S I e n, 31, 6 q, F. CAPPONI, art. cli., p. 4Sl, n. 32. 7 Cf, F. BERTINI, Plauto, As/nario, Genova (1968), Il, p, 200. 8 Cf. F. CAPPONI, La uitiparradi Harduinus,in Latomus, 32 (1973), pp, 551-558;Avifauna ncl/adlvlna,;/onee nel ml/o, pp. 4SJ-4S3. .

382

ion lì'&oix fXH otn ròv ur6p,cxxovo'un ròv 7rQbÀo(3ov tbQUP, lxXXÒt rhv xo,Xfov p,cxxQ&v,~ucxp,tHQàrwv &eu[i?wP, o!ov ..• ureovi?os; il Passero ha appendici piloriche (ibid., I. 22-3): houu, (se. &n,pu&lìm) oÈ xa, TWv1w1gwv nPr!s, è,>,>,è, /Ltxgà 1r&µ1rav, oiov UTgoui?òs, Per giudicare oggettivamente i cenni anatomici della A. H., rileviamo: a) non ci risulta inegozzo largo (A.H., 509 a 7-9):

(ltal. sett.), "Ci11c:ìa lurchina"(l1al. centr.), Parclfableuu (ltal. mcrid.).In alcune regioni.lo stesso uccelloè ìn_dicalo '.'Celesld/11, Ce/es1/11" (llal. scii.), Cf. E. ARRIGONJ DEGLI OOD1, Orn. Ila/., p. J90. 0

con l'aggetlivo ,o,tanlivalo:

PARRVLA, -AE, f.

satta l'osservazione di Aristotele per ciò che concerne la bile; questa è, infatti, una dilatazione del condotto epatico caudale proveniente dal lobo destro del fegato,_ il quale fegato è situato all'inizio del tubo intestinale nell'ansa duodenale; b) non sapremmo spiegare l'osservazione sull'esofago, gozzo e stomaco del Passe~o: in generale l'esofago si allarga per formare il gozzo; lo stomaco consta di due parti, il ventricolo succcnturiato, parte anteriore ricca di ghiandole ed il ventriglio, parte posteriore muscolare; non ci sembra che il doppio stomaco, che Aristotele dice "lungo", sia una prerogativa di poche specie, tra le quali il Passero; c) i cechi o appendici piloriche sono presenti nel Gen. Passer Brisson. Aristotele (A.H., 519 a 3-6) è persuaso che, quando un freddo più intenso si fa sentire, certi uccelli dal colore uniforme, come i Passeri, passano da .un colore più o meno cupo al bianco: odxoèrèx1r&i?r,ra -y,vo/Ll'Pa xarà ràs l:0em,oTovllrav ,J,Jx'l/ -y{veraip,a>.>.ov, lvlon -yl•

li diminutivo di parra, "che è attestato in una glossa del C.G.L., 5, 382,23, parrulaemasae (angl. sass,), indica le specie del genere Parus L. La glossa·(C.G.L,, 3,18,3): parru{m/la xoevocx>.>.6s indicherebbe.secondo J. André 1 un Alaudide (A.arvensise G. cristata)ed anche, tra i Paridi, il Parus c. cristatusL., poiché xoeuoa>->-&s significa "uccello col ciuffo". li Parus c. cristatusha, infatti, le penne della testa nere con larghi margini bianco-fulviccio, formanti un ciuffo macchiettato di bianco e nero, con la estremità delle piume rivolta in avanti 2, Acconsentiamo ali' interpretazione di J. André, perché convinti che un sol nome possa essere stato dato a due specie. Infatti, nei vernacoli italiani, nomi simili sono attribuiti alla Gaierida e, cristataed al Parus c. cristatus 3 •

vtrm

I Op. cii., pp. 119-120, Il P.c. cristatusè la forma tipica. Dallaglossa ci è impossibiledeterminarese questasubspecicsia stata osservata.In Italia t difficilela sua cauura, sebbeneabbiamo,personalmente,osservatoil rari de, in Liguria,duran1el giornifreddi di inverno. Con probabiUtà,Jaglossa indlcail Parus cristalus milratusBrehm,che è la formameridionale. 3 Cf. E. ARRIGONI DEOLI ODDJ, Orn. Ila/., p. 154 e 192. 2

PARRVS, -I, m,

Cf. s.v. parra.

1

TWJI

p,ovoxeowv ix p,tX&vwvn xaì /LEÀavrlgwv>.w,a:,,oTov. . , urgovi?os.

Non ci pare che vi sia fondamento scientifico nell'asserzione di Aristotele che il Passero, quando fa freddo, diventa bianco. Le tre specie di Passeri italiani vanno soggette di frequente ad anomalie di colorito, e non sono rari gli individui del tutto bianchi; ma essi non sono più frequenti di quanti non si notino fra altre specie di uccelli. Ma è forse possibile che Aristotele o i sùoi informatori nella stagione fredda abbiano eqnivocato con le "variazioni bianche" degli uccelli del freddo (mimetismo). La macchia nera del mento, della gola, del centro dell'alto petto è appena accennata in un luogo della A.li., (613 a 29 • 613 b 2), in cui il filosofo riferisce, con la sua consueta prudenza, l'opinione di alcuni osservatori, che credono alla brevissima vita del Passero maschio: le macchie nere, in primavera, non apparirebbero subito, ma più tardi; questo fenomeno dimostrerebbe che il maschio dell'anno precedente non sarebbe sopravvissuto; le femmine, invece, vivrebbero più a lungo, perchè gli individui femmina, catturati tra i giovani, hanno il contorno del becco più duro: À{'.'fovu,ol nvH xoA rwv ureoui?/wvèv,avròv p,6vov tijv rnÙs éxeetvm, µtl-.avQI., liu1ro,06µEvo,U'ljJ.Ll'iov rou fagos ob ,pa,vovra, txovnr Eti?~r rèx7rf{/Ì ròv 1rC,-ywva o'fuxouu,v, ,:,, oM)fVÒsuwsoµévou TWVweor{ewv. 7Ò:f òÈ.?11>-tfm µaxeo{J,wr€eas t1vw TEQOV 1

on

PASSER, -ERIS, m.

· Passertraduce il nome greco u-rQov1'cis (11Teou.J{ov). La forma volgare èpassar 1, La parola, nella bassa epoca, ha assunto il valore generico di "uccello": es., C.G,L,,· V,459,44: hirundo, nomen passeris. Questo ·valore si ritrova nello . spagn. pajaro, rum, pas'tire2 • L'etimol?gia è sconosciuta. J. André 3 osserva come la forma più vicina sia ,J,&e,voce, questa, che nsale ad uno •spar-, onomotopèa del tipo ,nrl1w. Il filologo, però, aggiunge che i nomi onomatopeici dei Passeri hanno generalmente il vocalismo -i-, fr, tiri, pilieri, guillerie precisa, secondo le osservazioni del Géroudet, come il grido fondamentale sia: "chip, chiap,

rtlv ureoui?{wv• rnvrnr -y6te&>.:uxHa•~V ro,s vfo,s,xcxt o,cxo~>-as ,ivm TWhHv rÒ!1r,e'trà Xf~Àllux>-11e&, •. 1 . Plinio (10,107) pare riassumere l'osservazione della A.H.: all'affermazione degli informatori di Aristotele che il Passerha una brevissima vita fa seguire altro documento che assicu-

ri, come reale, il minimùm ui/aedel Passero: Contrapasseriminimum uitae ... Maresnegan-

anno diutius durare argumento, quia nulla ueris initio appareatnigritudo in rostro, quae ab aestale incipit. Le caratteristiche morfologiche, osservate dagli informatori di Aristotele e di Plinio, non dimostrano affatto che il Passero vive µn solo anno. hlf

Osservazioni.Aristotele osserva alcuni caratteri anatomici, comuni a specie di altro Ordine: il Passero ha la bile presso gli intestini (A.H., 506 b 20-22): ol o~irQ~sTois ~ntQo.is tijJIxoÀ~v ({xovutv), 0!0J1 , • uTeouiJ6s;lo stomaco è lungo, non avendo il Passero né un esofago, né un

L'errore della notizia riferita nella A.H., potrebbe essere stata originata dall'osservazione a) della subspecie Passer hispanoliensisarrigoniiTschs. ( = P. hispaniensiso salicicolusdegÌi Autori) e di altre varietà che non hanno sempre la macchia scura; b) degli individui di Passero che presentano anomalie di colorito.del piumaggio; c) della prolificità del Gen~ ·fq,sser, del quale la subspecie PasserdomesticusdomesticusL. depone tre o quattro volte da 4 a 6,uova (si sarebbero osservati individui giovani, che, volati dal nido, rendono meno visibili gli,l\dulti per la loro maggiore presenza nei branchi). . ' Sorprendente per l'esattezza è, invece, l'osservazione s41la durezza dei margini del becco della femmina, osservazione trascurata dall'imperizia ornitologia di Plinio. La notizia della N.H.:. nigriludo in rostro, quaeab aestateincipitsembra correggere il cen-

384

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· pchiap, piap" 4• E. Arrigoni degli Oddi 5 scrive sul canto dei Passeri: "un cialeccio di poche note, come «cissick, cissick»_;nota di richiamo un aspro garrito «tscirp, tscirp»; P. montanus, ha per canto un piacevole cicaleccio, nota di richiamo simile a quella della Passera, ma più dolce «teck teck», «ci-ip»" 6 • '

no dellaA.H., sull'assenza di macchie nere nella regione della gola degli individui osservati in primavera, macchie che apparirebbero nei maschi solo più tardi. Secondo le nostre conoscenze ornitologiche, il colore del becco (in inverno ambedue i sessi ed i giovani hanno il rostro bruno) non è un carattere che differenzia i sessi e, quindi, non documenta affatto la credenza ·che i maschi non vivrebbero più di un anno. È possibile, se Plinio ha utilizzato la notizia della A.H., fondendo nella sua notizia un cenno·di altra fonte (cf. quae ab aestate incipit), che il complemento in rostro sia stato usato per significare in particolare modo il "mento e la gola" che costituiscono la regione situata immediatamente sotto la mascella inferiore: l'espressione sarebbe, tuttavia, poco precisa e come descrizione ornitologica e come traduzione del gr. ir€QÌ. TÒv ir6rywvrx, Nidificazione, Plinio (10,107) accenna brevissimamente alla salacitas del Passero: cui salaci .. tas par (atque columbis 7). Aristotele (A.H., 539 b 32-33), parlando dell'accoppiamento delle Gru, ci informa sulla rapida unione dei piccoli Passeri: xa~ (~ -yleavos) uv-nbm:it &,nrEe xcù Tà urriov,1[cxbUws. La femmina, secondo il filosofo (ap, Athen., 391 f), deporrebbe fino a otto uova: r{x-TE1, ... ò a1eout96s ... xcv'i.µÉxQi bJ,rW.

Il Passero, che appartiene agli uccelli dalla copiosa progenitura e dalla piccola statura, produrrebbe nidiacei anche imperfetti e ciechi (G.A., 774 b 26-29): Ttxrouu, o',hduj xcù TV,p'/-.Ò! xaì TWVÒQvi.:Jwv nvk l>aoL 'Jl'OÀVTOXOUULV a~TWVJl~ 11wµ&mv lxovns ,.É-yE.Jos,o!ov. , ,

Dissentiamo dalla identifiéazionc proposta da K. Disse! c da M. Schuster, perché l'identificazione di una specie (Monticola so/itarius) non deve basarsi su elementi insufficienti o, meglio, di nessun rilievo ornitologico. Seguendo il metodo di ricerca di K. Disse! e di M. Schuster, potremmo proporre altre specie, che sono, di fatto, addomesticabili. Siamo, invece, dell'avviso che il passer di Lcsbia debba riconoscersi nella subspecie Passer domesticus domesticus L., la quale, addomesticata, si affeziona al suo padrone. Ha un naturale più selvaggio e, perciò, più difficilmente si addomestica, la Passera mattugia (Passer montanus monwnus L.); ma anche questa subspecie, una volta allevata, non si distingue nei suoi affetti dal Passer d. domesticus L. 13. L'osservazione e l'esperienza documentano la nostra identificazione: Passer d. domesticus L. piuttosto che il riconoscimento proposto da Disse! e da Schuster ed accolto da .I. André. I 2 3 4 5 6 7 8

UTQOV.:Jo[, /(TÀ,

Tra le notizie sopra riferite siamo in grado di prendere in esame soltanto quelle relative alla deposizione delle uova. Non conosciamo specie o subspecie che in una covata depongano otto uova: i Passeri, in genere, depongono tre, cinque ed anche sei uova; il Passer montanus sino a sette 8• Abitudini. Leggiamo in Plinio un brevissimo cenno sulla deambulazione (10,111): Omnibus anima/ibus reliquis certus et unius modi et in suo cuique genere incessus est; aues sofae uario meatu feruntur et in terra et in aere. A mbu/ant a/iquae . .. saliunt a/iae, ul passeres . .. Nella A.H., (633 b 4) i Passeri sono osservati nell'abitudine di rotolarsi nella polvere e di bagnarsi: xa, xoviovrm 1m\'/-.ouvrm: trattasi di una istintiva attività di disinfestazione da pa-

rassiti. Cibo; Il Passero è classificato da Aristotele (A.H., 592 b 16) tra rèx axw'/-.,prn,p&.-ya. Non è cer-

tamente esatto dire che il Passero si ciba di "vermi". Il Passero si nutre di semi, grani ed anche di insetti; i piccoli sono allevati con insetti e larve 9. Probabilmente con il termine ui,wÀ"f/t si designava, genericamete, ogni sorta di ''verme'', ''bruco" e qualche •'insetto''. Non crediamo che anticamente vi fosse una netta distinzione zoologica tra vermi e insetti (Cf., ad es. A,H., V, 19: Plin,, 11, 113-168; Isid., Or., 12, V; ibid., VIII). Discussione. Dalle descrizioni si deriva che Aristotele e Plinio hanno esposto i caratteri della Passera oltremontana (Passer domesticus domesticus L.), conosciuta più di ogni altra subspetie per la sua diffusione ed il suo habitat. J. André 10 dubita che il passer di Lesbia (Cat., 2 e 3) possa essere il Passero (Passer d. domesticus L.) addomesticato, perché il Passero "oiseau indocile et peu aimable, et qui fuit un doigt qu'on lui tenei", non potrebbe essere l'uccello che becca graziosamente il dito della giovane donna. Il filologo propende, quindi, ad accettare l'identificazione di K. Disse) 11 e di M. Schuster 12: Monticola solitarius, specie che, sebbene abbia abitudini solitarie, è tuttavia addomesticabile e becca il dito. J. André non può dunque che concludere, quasi a· documento dell'identificaz:ione, con il richiamo all'uso del nome italiano "Passero solitario": "son nom italien est du reste passera solitaria".

386

9

IO Il 12 13

Cl. A. ERNOl/T-A. MEILLET, DliLL\p. 486; cl. ansar, ibid., s.v. anser, l'• 36; J. ANDR>'-, op. cii., p. l20. Cf. A. ERNOUT-A. MEILI.ET, DELL , p. 486. Op. cii., p. 120. li Pa»ero di Lcsbia (CAT., 3,10) pipilubm: il Passero del Carm. de Plrif/om. (30) pipi/. Ornit. /tal., p. I 27. cr. R. PETERSON. G. MOUNTFORT-P.A.D. HOl.l.OM, op. di., pp. 329-331; f. CATERINI - l. UGOI.INI, op. cii., pp. 494-497. C. THEOPHRAST., ap, ATHEN" 391 e: o! 01aoui9c:i\ O!fton Jxt:un"oL cr. E. ARR!GONI DEGLI ODDI, Om. Ila/., p. 127. Sulla teratologiadegli uocelli, cf. ~.v, gollilw: nidificazione. Osserva E. ARR!GONI DEGLI ODI)!, (Om. Ila/., p. 128): "L'esame degli stomachi degli adulti diede il 75% di grano, .00/odi scmcnli non dannose. .. 3% di coJeolteri,2% di brncl!i,I0/o di insclti alati. .. : nei nidiaceiH40-0/1 d• srani, 400/t dì bruchi e 1{)11/o di coleoucri". Op. cit., p. 120. Neue Jahrb11cherf. des kl. Alter111111. XXIII, 1909, pp. 65-66. Der ,,asse, Ca1ull>,W()rler und Sache11,Xl.VI, _1928,pp. 95-WO. Cf. P. SAVI, op. cii., 1'· 360.

PASSER MARINVS

La definizione di passer marinus ci è data da P. Festa (248,24): passer marinus quf!m uocat uu/gus stmthocamefum 1• · i_ La denominazione era già in uso in Plauto-(Pers,, 199: , . , islllc marinus passer per circum solei),

I

I

e dovette conservarsi nel tempo, se Ausonio, parlando delle uova di Struzzo, con cui i Romani facevano vasi o grandi coppe, riprende il nome nel v. 35 dell'Epistola 11: ouum tu quoque passeris marini. Passer, antico nome dello struzzo, è il calco del greco ureovti6s, che significa "passero" e "struzzo". li qualificativo marinus è aggiunto al nome comune, perchè la specie è esotica e

importata per mare

2



Per J'çsamee la discusslone delle antiche osservazioni, cf. s.v. strurhocamelus. Cf. AE. FORC.-1. PER., I.ex. /ot. /al., 111,p. 588, s.v.passer, Il, I; J. ANDRÉ, op. cii., p. 121.

,, •

P ASSER MVRALIS Questa denominazione latina è data da una glossa (C.G.L., 2,426,25: passer mura/is irve-

387

----~-----------------:------.,.------------------~-----------------,------,

-yln1s ò a7QourMs). D' Arcy W. Thompson 1, che identifica l'uccello 1rv,nC-n1~con "a Sparrow", riporta i seguenti testi: "Galen IV, 284 (al) r-.. areov1'01",

J .. André 2 è dell'opinione che "dans Galien, 6, 435, 1TVQ-yh71s areovtJos est le moincau domestique (Passerdomeslicus)". Accettiamo, come la più probabile, l'identificazione Passer domesticus domesticus L., perchè non saremmo in grado di distinguere le subspecie del Gen. Passerin base al solo aggettivo muralis, che è dettato dall'osservazione dei Passeri nidificanti sui tetti e sul-lemuraglie. II Passerd. domesticus L. ed ìl Passer iraliaeVieill., nei dialetti italiani, sono chiamati: "Passera d' muraja e tourèla, Passera de campani!" (ltal. sett.), "Passera di tetto, Passero tettaiuolo" (!tal. sett.) 3•

I

CL E. ARRIGONI DEGLI ODO!, Orn. Ila/., p. 126.

PASSERCVLVS, -1, m.

Diminutivo di passer col significato di "passerotto" (v, 666) di Plauto:

Dic I 2 3

in espressione affettiva nell' Asi11aria

+ igitur me tuum -t passerculum,gatlinam, coturnicem

1 •

Plinio, nella lettera scritta a Mamiliano (9,25,3), chiama i suoi /usus~ le sue ineptiaeletter~rie:

Op. cii., pp. 255-256. Op. ci1.• p. 121. cr. E. ARRIGONI DEGLI ODDI, Orn. /10/., p. 123-124.

passerculi. Cicerone (Diuin., 2,65) usa il diminutivo in senso proprio: Cur autem de passer~ulis2 coniecturamfacit? Il diminutivo maschile, in varie forme, indica, nei vernacoli italiani, ogni razza del genere

Passer Briss

PASSER SOLITARIVS

La denominazione latina, che corrisponde al gr. llm6s 1, trovasi attestata nel Salmo, 101,8: Vigì/aul et factus sum sìcut passer solitarìus.ìn tecto (C:,saTQovlJòv µov& 1ov LXX). Dal versetto del Salmo, dalla denominaziom: latina e dalla perifrasi greca dei LXX si deduce l'identificazione Montico/a solitarius solitarius L. ( = Monticola cyaneus, cyana •degli Autori) 2 • La subspecie è chiamata Passer, perché, come il Passer,essa nidifica o ama starsene sugli edifici o sui ruderi di essi; il qualificativo solitariusè aggiunto al nome, perché la subspe• cie non è gregaria come il Passero, anzi vive isolata. "Passero solitario" è il nome della subspecie presso gli Autori italiani. La descrizione è nella A.H., di Aristotele (617 a 15-18): è un uccello, che si assomiglia al Merlo, ma è di taglia più piccola, vive sulle rocce e sui tegoli, non ha il becco gialloarancio come quello dei Merli: rai!rwv ISµo.os ré(?µ~Àan xorrb,p'IJ ~oTÌ Àm6s, rò µt-yEl?os µ,,xe~ Éll&rrwv•o°hM ~,rÌ TWPlfET(/WVxaì hl TWPXfQCXµ,WP rÒtsOICiTQr{Jas?rOIEITCXt, T~ Q6-yxos 11>01v,xoilv hH xoct?~1reei J/òrru-.wrn, h o1sxtù T71V1rotxt">-.iav rwv 1rreewv l,1r0Àap,jjchet} per informarci sull'età in cui il Pavone assume l'abito delt'adulto: Coloresfundere incipit in trimatu. La caratteristica del ciuffo, costituito ..i-

o'lv T(!frr>..doo,v, Columella (R.R., S, 11,12) parla di schiusa trigesima luna, quae est fere noua, di uova di Pavone affidate a Galline uernacu/Ìgeneris,

'll"H

nec facile coquatur

I Cf, A, STEIER, R.E, XIX, 2,c, 1415-1417; J, ANDRÉ, op. cii., r- 121. 2 Cf, in notis, Xl (iS), p. 4. Il genereè comune;cf. Ed. Diocl., 4,39:pabus mas-;40:femi1ta,Pauu.sèripresodagli autoridi clà tarda, io particolare è usato nella lingua della Chiesa (cf. A. ERNOUT-A. MEILLET, DELL 4,p, 490), J. ANDRÉ (op. cit,-. p, 122)aggiunge che in epoca tardapoo appare nelleglosse: ''C.O.l. 3,17,37, raof pao; Gtoscs dc Cassel, 89, puo; dc mCmcpaus daas C.G.l •. 3,435.35, paus raWr(Pour l'évolution phonélique, cr.App. Probi, 175, pauor non p«or)".

Cf. J. ANDRÉ, ibid. Lo studioso precisache-'1la forme 1ra~v a,~>.md' Ed. Diocl, 4,40 (el 4,39, '2r'-'~" :ea,,,. dan.sA, mais Ta-~11dansM)cstrefaitcsurlat.pauo''. Cf .• ancora, D'.ARCYW. THOMì>SON,op, cit., p. 277. 4 Op. cir., p. 122. 5 Sul problema dell'origine del nome latino e greco cf. D' ARCY W. THOMPSON, op, cii., p. 277. 6 Cf. PLIN. 10,46:gloriomsenrium, 7 Cf. VARR., R.R., 3,6,2: Huic enim na(uro/ormae e uol11rrUms dedit palmom; COLUM., R.R., 8,1 J,1: Humm omem decor auiumer;amexterosncdumdominos ob/ectu1:PHAEDR .• 3,8, 10-11. 8 Cf. OV., A .A., l,625-626:

E. Dc Saint-Denis 11_,a commento del cenno pliniano sulla schiusa, annota: "Aristote

LaudnfuoslendUauis Junoniopennos si' tacitusspectes,ma te(ortdìr opes

(/oc. cii,) dit: trente jours ou un peu plus. «Buffon dit au contraire de vingt-sept à trente jours>► (Barthélemy-Saint-Hilairc).

L'indication de Pline est donc pl_usexactc quc celle d'Aristotele"; È ben vero che il tempo minimo di incubazione è di 27 o 28 giorni, ma non dobbiamo dimenticare che Aristotele ci informa sul tempo base di incubazione, perché esso può variare secondo il luogo di nidificazione, la temperatura, !;umidità cd altri fattori, che influiscono sulla durata dell'incubazione. Cosfumi e Abit111lfni.Plinio (10,44) non dimentica di riferire il giudizio di auctoressull'indole del Pavone, giudizio che non approva; Ab auc/ori/ms non gloriosum tantum animai hoc /radi-

tur, sed et maliuolum, sicut anserem uerecundum, quoniam has quoque quidam addiderunt notas in his, haut probatas mihi. L'indole è così rilevata da Aristotele (A.H., 488 b 22):, .. rèxo'aluxvn11>..èx xaì