316 107 12MB
Italian Pages 244 Year 1990
Prima edizione: febbraio 1990
Traduzione dal francese di Eugenia Scarpcllini
Titolo originale dell'opera:
L 'ombre de Dionysos. Conlrihulion à une sociologie tk l 'orgie
© M. Maffesoli, 1988 ISBN 88-11-59860-5
© Garzanti Editore s.p.a., 1990 Printed in ltaly
PRESENTAZIONE
Il miglior servizio che si può fare ad un collega ed amico è di discutere in modo attento e serio il suo contributo. Il libro L'ombra di Dioniso di Maffesoli ha avuto un notevole successo, è stato giudicato originale ed interessante. Ma è stato anche considerato, da qualcuno, una bizzarria e una trovata; da altri una provocazione. Personalmente ritengo che esso costituisca il prodotto più maturo, lo sbocco finale di una corrente di pensiero tipicamente francese, a sua volta però parte di una più ampia corrente sociologica che dà importanza ai fattori vitali, emozionali e simbolici in contrapposizione a quelli razionali, contrattuali, econom1c1. In parte questa contrapposizione corrisponde alla differenza fra l'approccio continentale e quello anglosassone ai fenomeni sociali. Sul continente, soprattutto nel xix secolo, c'è stata più sensibilità per la dimensione collettiva, irrazionale, impersonale della vita sociale di quanto non ci sia stata in Inghilterra e negli Stati Uniti. Il pensiero anglosassone ha sempre avuto tendenza a considerare la società come un insieme di individui portatori di interessi. A vedere il consenso come frutto di negoziazioni e di accordi, risultato di vantaggi rispetto a svantaggi più o meno misurabili. I padri fondatori del pensiero anglosassone sono Hobbes per la politica, Smith per l'economia e Bentham per l'etica. In tutti e tre i casi i protagonisti della vita sociale sono persone ben distinte e con interessi ben chiari. Scrive Hobbes: «gli uomini non hanno piacere, ma, al
7
contrario, molestia di stare in compagnia di altri, dove non sia un potere che li tenga tutti in soggezione. Da questa diffidenza l'uno per l'altro non c'è modo migliore, per ciascun uomo, di assicurarsi di dominare, con la forza o l'astuzia, quanti più uomini si possano ... essi perciò si trovano in quella condizione che è chiamata guerra e tale guerra è di ogni uomo contro ogni uomo». 1 Questa tesi della generale molestia è sotterraneamente viva in un enorme numero di riflessioni sociali contemporanee di scuola anglosassone. Ancora recentemente in Italia, Norberto Bobbio nel suo libro Il terzo assente ha sentito il dovere di ribadire il concetto hobbesiano che due persone non costituiscono una società. Ce ne vuole una terza che garantisca il loro accordo. In definitiva un potere, un gendarme, un re, chiamatelo come volete, un potere politico. 2 Ma anche gli autori che sono disposti a guardare le cose sotto una prospettiva più benevola, in ogni caso si domandano quale sia il vantaggio comparato o la bilancia piaceri-dispiaceri che porta all'unione anziché alla separazione. Perché una cosa accada - questi autori pensano - bisogna che qualcuno ne abbia ricavato un vantaggio. Spiegare una relazione, per loro significa identificare il vantaggio nascosto, scoprire il bilancio di costi-benefici positivo che, a prima vista, non si afferrava. Per la sociobiologia, in mancanza d'altro, chi ne ricava un vantaggio sarà il gene. La struttura del ragionamento però non cambia. La tendenza anticollettiva è altrettanto diffusa nel campo della ricerca etica e sul tema della giustizia. Qui il soggetto è sempre un individuo che cerca di massimizzare delle utilità non sue, ma altrui; non personali, ma generali. Anche l'altra corrente dell'etica razionale contemporanea, il contrattualismo, ipotizza un accordo razionale su ciò che è equo e giusto. 1 T. Hobbes, Leoi.alano, Bari, Laterza, 1973, pp. 108-109. 2 N. Bobbio, Il terzo assmu, Ed. Sonda, 1989.
8
A questa ampia corrente di pensiero, caratterizzata dall'idea che la società è il prodotto di operazioni razionali, se ne contrappone un, altra che vede nella società qualcosa di primario, non riconducibile agli individui che la compongono e alle loro decisioni coscienti. E, essendo Maffesoli francese, viene in mente, per primo, Durkheim e la sua critica del contrattualismo. Il contratto presuppone la società, la solidarietà, non la crea. Il cemento della società non è rappresentato dalla decisione razionale degli individui di stare insieme, ma da un profondo legame simbolico che si genera negli stati di effervescenza collettiva e si rinnova nelle cerimonie, nei culti, nelle commemorazioni. Il cemento sociale è sovraindividuale. È la società stessa che attraversa gli individui, li sostiene, che si individua in loro. Tutto il pensiero continentale è di questo stesso tipo, a partire da Hegel che, contro· l'astratto contrattualismo kantiano e contro l'utilitarismo, afferma l'importanza della storia, del costume. Oppure da Marx, per cui la coscienza individuale è, in realtà, prodotta dalla sua collocazione di classe, è espressione della classe e delle sue necessità. Fino a Pareto, che Maffesoli cita frequentemente, con la sua distinzione fra azioni logiche e azioni non logiche. La scienza delle azioni logiche produce l'economia; ma la sociologia, invece, è fondamentalmente scienza delle azioni non logiche. Al fondo del comportamento umano vi sono i residui, forze primordiali non ulteriormente analizzabili. Qui la volontà, l'intenzione dell'individuo non contano nulla. Egli è agito dai residui: quello che tiene ferme le cose (il residuo della persistenza degli aggregati), quello che le combina, il residuo sessuale, quello della espressione delle emozioni e quello della socialità. Maffesoli si colloca chiaramente entro il filone continentale di pensiero e contro quello individualista, anglosassone. Però, all'interno di questa corrente di pensiero, ce n'è un'altra più francese, più specifica e i cui principali rappresentanti sono Roger Caillois e Georges Bataille. Vi 9
si potrebbe aggiungere anche Lévy Bruhl, con qualche riserva. Il tema centrale di questa scuola, soprattutto in Bataille, è l'importanza del disordine, della sfrenatezza, della confusione, della mescolanza, dell'indistinto in contrapposizione all'individuato, al separato, al distinto, al razionale. Questo viene visto sempre come un depotenziamento, una perdita di quell'energia informe, originaria e traboccante. Di fronte a certe affermazioni di Bataille e di Maffesoli, viene in mente l' es freudiano, deposito di magma incandescente da cui tutto prende vita. Però Freud è convinto che questo magma debba essere incanalato, diretto a un fine, bonificato - dirà un giorno - come lo Zwidersee. Per Bataille e Maffesoli no. Ogni bonifica è anche una diminuzione. D'altra parte Freud distingue nettamente gli istinti di vita, eros, da quelli di morte, thanatos. Invece Bataille insiste molto sul loro legame. L'erotismo, egli continua aripetere, è la presenza della morte nella vita e, quindi, implica l'aggressività, il sadismo, e persino la scomposizione, la dissoluzione. Anche Maffesoli è su questa lunghezza d'onda. I suoi riferimenti a Bataille sono scarsi, ma quelli a Sade numerosissimi. Quindi è una posizione che rifiuta il dualismo freudiano e cerca una matrice indistinta originaria: eros e violenza ad un tempo, Dio e demonio . . 1ns1eme. Rispetto a Bataille, Maffesoli si differenzia perché accentua l'aspetto collettivo. E' più sociologo, ha fatto suo fino in fondo l'insegnamento di Durkheim. La società dunque non nasce da accordi, patti, calcoli di costi-benefici fra gli individui. Nasce da una sostanza originariamente collettiva che si presenta, sul piano dell'esperienza, come fusione mistica degli uomini fra di loro e con il cosmo. Non c'è una fusione mistica dell'individuo con la natura, con Dio, con la totalità, che non passi attraverso la socialità. Il primum è subito sociale, è l'indistinto sociale. 10
L' élan vital si manifesta come fusione e confusione collettiva, mescolanza erotica delle anime e dei corpi: orgia. Per Bataille era l'orgasmo, la perdita della coscienza nell'indistinto, l'affiorare della morte nella vita. Quindi una esperienza fondamentalmente individuale. Per Maffesoli è l'orgia, il gruppo che si fonde eroticamente utilizzando tutte le possibili forme dell'erotico, le perversioni polimorfe di cui parla Freud a proposito del bambino. Maffesoli usa l'espressione «Dioniso» con un significato estremamente ampio. Certamente più ampio di quello di Nietzsche che contrapponeva la musica al disegno, la passione all'intelletto ma che non identificava Dioniso con il disordine, il caos, la dissoluzione della forma. La musica è pur sempre forma, l'arte è una danza entro limiti, vincoli, catene. Per Maffesoli, invece, Dioniso sembra piuttosto simile all' es freudiano, al caos originario prima della separazione dei due spiriti gemelli, eros e thanatos. Quindi è impulso contro la norma, passione contro ragione, impersonalità collettiva contro individuazione, politeismo contro monoteismo, promiscuità contro monogamia, divertimento rispetto al lavoro, consumo e spreco rispetto alla produzione e all'accumulazione e, quindi, principio del piacere contro il principio di prestazione. È questo un punto in cui c'è una strettissima corrispondenza con H. Marcuse. Marcuse ha sostenuto la tesi che il primato genitale, la subordinazione della perversione polimorfa infantile al primato della genitalità, sia il corrispondente della subordinazione di ogni cosa al principio capitalistico di prestazione. Col finire della necessità (anànche) però questa esigenza viene meno e diventa possibile la liberazione dell'erotismo polimorfo. Allora anche l'istinto di morte, thanatos, perderà di importanza. La tesi di Maffesoli non è dissimile. Negli ultimi secoli la logica produttivistica e quella ideologica hanno imposto una camicia di forza al libero dispiegamento delle potenze vitali orgiastiche. Però vi sono segni di un declino dell'im11
portanza del lavoro, della accumulazione, più in generale del principio di prestazione. Vi sono segni di un ritorno di Dioniso. Le masse, che in realtà non avevano mai accettato fino in fondo l'etica produttivistica e la morale coercitiva, hanno oggi la possibilità di accedere al godimento del presente, al gioco, al dispendio, al consumo. Hanno la possibilità di scegliere, come valore, non la produzione, ma l'improduttivo, la dissipazione, la gioia. Quanto, prima, era privilegio delle élites. Riemerge così il tempo non finalizzato, il tempo circolare, il presente. E si indebolisce il tempo finalizzato, lineare, teso verso il futuro e che cercava nel futuro, che rimandava al futuro, ogni realizzazione. Questa la tesi fondamentale di Maffesoli in rapporto alle sue principali radici storico-culturali. Essa non è perciò una posizione isolata, ma il punto terminale di una lunga ricerca ed è anche una posizione estrema, radicale rispetto a quelle che l'hanno preceduta. Dioniso è l'antitesi di ogni cosa distinta, nominata, affermata dalla tradizione culturale dell'occidente. Maffesoli dedica a questa antitesi delle pagine molto belle. Ci fa percepire, dietro e dentro ogni costrutto positivo, propositivo e normativo della nostra civiltà, la molteplicità caotica che lo alimenta e da cui non può liberarsi senza rischiare di diventare vuota astrazione, guscio morto. La vita, egli ci ripete, è infinitamente mutevole, non ha né centro né periferia. Non ha né senso, né direzione. Se le si può conferire qualche attributo bisogna moltiplicare le negazioni, come fanno i mistici con Dio. In realtà questo fondo vitale primordiale ha, come l 'es freudiano,, uno spiccato carattere pulsionale, emozionale, erotico. E un mondo di desideri ribollenti. Ma che tendono alla loro immediata e pacifica soddisfazione. L'orgia è una tensione che si scarica in se stessa. Arrivati a questo punto però sorge una domanda di carattere molto generale. Se il fondamento della vita e della 12
società è il disordine e il caos, perché la vita e la società producono delle forme definite, delle differenze? Perché si strutturano con tanta pertinacia? Da dove viene, che senso ha questa tendenza all'individuazione, visto che è una perdita, un disseccamento, un esaurimento della spinta indifferenziata primigenia? Perché la vita, se ha la sua massima potenza nell'indistinto, non resta tale, polimorfismo promiscuo, disordine gioioso, nube ribollente in cui giocano le divinità e, invece, non cessa di produrre strutture, simmetrie, progetti? Perché, fatto ancora più inquietante, il disordine crea l'ordine? E' stato questo il grande tema scientifico degli anni Settanta a cui è legato il nome di Ilia Prigogine. Ma anche l'analisi sociologica è arrivata agli stessi risultati. I movimenti collettivi hanno una fase iniziale magmatica, «divina», lo stato nascente, in cui tutto sembra possibile, in cui il piacere ed il dovere tendono a coincidere, in cui l'individuo si fonde nella collettività. Eppure questo crogiuolo ardente ed entusiasta sembra incapace di rinunciare a farsi progetto, a generare strutture ed istituzioni. Anche l'innamoramento, che pure è il massimo della fusione orgasmica e orgiastica, sia pure a due, si traduce sempre in progetto di vita in comune, cerca sempre la stabilità e la quotidianità individualizzata. Perché non resta perennemente stato nascente? Osservando questi fenomeni a me sembra che si debba giocoforza ammettere che la vita e la società anche nelle forme più entusiastiche e passionali abbiano dentro di sé, fin dall'inizio, una tensione verso il compimento, una spinta a diventare qualcosa. Se non si vuole che sia così, bisogna opporvisi attivamente, con un progetto opposto. Come fa, per esempio, il buddismo che cerca di spegnere la sete di vivere per impedire la rinascita, la reincarnazione, il ricominciamento dell'illusione, della formazione della meta, del tempo lineare e, quindi, della forma e del numero. E' così che fa il mistico quando cerca l'estasi, il 13
distacco dai desideri terreni, mondani, per un altrove, al di là. Ma anche questo non è semplice espansione vitale, naturalità che si dispiega; è scelta, progetto, istituzione. Anche le sette estatiche che hanno posto al centro del culto l'orgia erotica hanno edificato una istituzione. Non sono disordine, sono un particolarissimo tipo di ordine. E infatti hanno criteri di ammissione, cerimoniali, leggi, regolamenti, infrazioni e punizioni come ogni società strutturata. Dopo la fase divina dello stato nascente tutto è istituzione, anche il comunismo erotico, non solo il comunismo dei beni. Ma tanto le ricerche fisiche come quelle socio-psicologiche hanno mostrato che, in realtà, qualunque stato magmatico, caotico, non è mai puro disordine, indifferenza. Dietro i fenomeni apparentemente più indifferenziati come l'ebollizione dell'acqua, la fluttuazione delle molecole d'acqua nelle nubi, o dei microorganismi in un lago, vi sono sempre delle strutture. E lo stesso avviene nel sociale. Anche nei processi passionali più disordinati, nelle emozioni estreme come la collera, la gelosia, l'invidia, perfino dietro la passione amorosa, si possono identificare forme categoriali precise. Cristiano Castelfranchi ha condotto delle bellissime analisi cognitivistiche sulle principali passioni. 3 Io ho studiato la struttura dello stato nascente dell'innamoramento. Osservandoli con cura minuziosa, ascoltando come cccresce l'erba,, per usare una espressione di Maffesoli, si può inoltre notare che questi nuclei organizzanti sono diversi fra di loro ed è da questa diversità che scaturiscono poi le differenze nelle formazioni collettive che ne risultano. Queste strutture, analogamente alle molecole del DNA, possono essere considerate degli organizzatori. Il buddismo, per fare solo un esempio, sorge da una struttura categoriale a prima vista simile a quella dello 3 C. Castclfranchi, Clufipra, Bologna, Il Mulino, 1988.
14
stato nascente. Anch'esso produce una esperienza di liberazione, di gioia, di fusione con gli altri. Anch'esso può produrre manifestazioni di comunismo erotico. Però lo stato nascente produce l'esperienza della differenza fra realtà e contingenza, fa emergere un oggetto non ambivalente di amore. Quindi un dio, un ideale, una verità. Il meccanismo mentale buddista, invece, dissolve il soggetto e l'oggetto. Da queste due molecole di DNA culturale nascono addirittura due civilizzazioni diverse. Ma anche l'erotismo ha molte forme, ed alcune di queste possiedono, nel loro «programma», una formidabile tendenza verso l'individuazione. Prendiamo come esempio l'innamoramento. Questo è orgasmico e orgiastico. Però non ha nessuna tendenza all'erranza, alla promiscuità. Al contrario si rivolge con assoluta determinazione verso un individuo assolutamente unico ed insostituibile. L'innamoramento, nella nostra società, è uno dei processi che contribuiscono in modo determinante alla formazione e alla valorizzazione dell'individuo. Eppure è una passione, produce esperienza di estasi e di interruzione del tempo. Queste osservazioni possono bastare. Ci premeva mettere in evidenza che, all'interno del grande numero di fenomeni unificati da Maffesoli sotto l'etichetta orgiastica, vi sono strutture e processi estremamente diversi, diverse configurazioni del tempo, perfino diverse civilizzazioni. Dioniso, per conservare la metafora di Maffesoli, ha numerosi volti e numerose anime ben definite e inconfondibili. Eppure, detto questo, ricordata in sostanza la vocazione analitica della scienza e della sociologia (con cui credo anche Maffesoli sia cl' accordo) dobbiamo ringraziarlo per averci fatto riscoprire qualcosa che noi, nella continua tendenza all'analisi e alla differenziazione, cerchiamo di dimenticare e di rimuovere. E cioè che il disciplinamento è faticoso, è coercizione, e che la vita non è solo meta, ma anche erranza, gioco, dispendio, emozione, irrazionalità, erotismo. Erotismo indisciplinato, polimorfo. E che la so-
15
cietà, qualunque società, muore, si dissecca se non viene continuamente irrigata, rinnovata da questa corrente vitale, capricciosa e imprendibile che ha mille volti, certo, ma anche sempre lo stesso volto in quanto si contrappone alle forme irrigidite. FRANCESCO ALBERONI
L'OMBRA DI DIONISO
Alla memoria di mio padre, minatore di fondo, che dall'età di quattordici anni ha pagato un pesante tributo all 'idtologia prometeica.
Mi preme ringraziare Daniel Pennac, che ha riletto con competenza e spirito d,amicizia il manoscritto di questo libro.
PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE
Sarebbe stato forse opportuno profittare di questa seconda edizione per mettere a frutto i suggerimenti che mi sono stati dati; o anche per rispondere alle critiche, spesso pertinenti, di numerosi miei colleghi. (A quelle fattemi in buona fede, naturalmente). Ma questo, sia ben chiaro, non è affatto il libro di uno specialista in storia o sociologia delle religioni ed è meglio, quindi, che mantenga il carattere di progetto, di contributo, forse addirittura di «considerazioni» sociologiche. Nel medioevo, come sappiamo, una certa forma di teologia era volutamente negativa, apofatica: di Dio si poteva parlare solo per negazione. Qui si tratta di qualcosa di simile: affrontare in modo prudente, non concettuale, la socialità, il