L'Egitto degli astrologi


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Table of contents :
INDICE
Prefazione di Giuseppe Bezza
Bibliografia astrologica di Franz Cumont
FRANZ CUMONT: L'EGITTO DEGLI ASTROLOGI
Premessa
Abbreviazioni dei testi astrologici citati
Introduzione
PRIMA PARTE - IL GOVERNO E LA SOCIETÀ
I. Il re e la corte
II. Ufficiali e funzionari
III. I nomoi
IV. Insicurezza delle campagne www.librarius.one
V. Le città
VI. I giochi
VII. I mestieri
SECONDA PARTE - LA RELIGIONE E LA MORALE
VIII. Il clero
IX. Culti stranieri e miscredenti
X. Il culto dei morti
XI. Gli ospiti dei templi
XII. Gnosi e divinazione
XIII. Magia
XIV. I costumi
XV. Diritto penale
XVI. La vita futura
APPENDICE - Allusione a fatti storici in Firmico Materno (VIII, 18-31)
Indice dei nomi
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L'Egitto degli astrologi

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� MIMESIS

FRANZ CUMONT

L'EGITTO DEGLI ASTROLOGI

Premessa di Giuseppe Bezza

� MIMESIS

Traduzione di Alberto Arecchi e Ilaria Dal Canton

MIMESIS EDIZIONI (Milano- Udine) www.mimesisedizioni.it [email protected] Isbn:9788857557724

© 20031-20192-MIM

EDIZIONI SRL

Via Monfalcone, 17/19-20099 Sesto San Giovanni (MI) Phone +39 02 24861657 l 24416383

INDICE Giuseppe Bezza PREFAZIONE BIBLIOGRAFIA ASTROLOGICA DI F. CUMONT

p. 7 p. 17

FRANZ CUMONT L'EGITTO DEGLI ASTROLOGI PREMESSA

Abbreviazione dei testi astrolo gici citati INTRODUZIONE

p. 21 p. 25 p. 27

PRIMA PARTE

IL GOVERNO E LA SOCIETÀ l. Il re e la corte II. Ufficiali e funzionari III. I nomoi IV. Insicurezza delle campagne V. Le città. VI. I giochi VII. I mestieri SECONDA PARTE LA RELIGIONE E LA MORALE VIII. Il clero IX. Culti stranieri e miscredenti X. Il culto dei morti Xl. Gli ospiti dei templi

XII. Gnosi e divinazione XIII. Magia XIV. I costumi XV. Diritto penale XVI. La vita futura

APPENDICE Allusione a fatti storici in Finnico Materno (VIII, 18-319) INDICE DEI

NOMI

p. 39

p. 55

p. 69 p. 79 p. 89 p. 97 p. 109

p. 1 39 p. 159 p. 1 67 p. 171 p. 1 81 p. 1 93 p.207 p.22 1 p.233

p.241 p.253

PREFAZIONE di Giuseppe Bezza

Storico delle religioni, filologo, archeologo, epigrafista, Franz Valéry Marie Cumont nasce a Aalst, presso Bruxelles, nel 1868. Dottore in filosofia e lettere nel 1887, completa la sua formazione alle università di Bonn, Berlino e Vienna. Nel 1892 viene nominato professore incaricato di filologia classi­ ca all'Università di Gand e, qualc he ann o più tardi, professo­ re ordinario. Nel 1899 è nominato conservatore delle anti­ chità classiche al Museo Reale di Antichità di Bruxelles. Do­ tato di una solida preparazione classicistica, conoscitore del siriaco, dell'ebraico, del sanscrito, Cumont dominav a ogni campo della storia antica. La sua prima opera di ampio respiro, Textes et monuments figurés relatifs aux mystères de Mithra (Bruxelles 1896-1899) fu, al tempo stesso, un lavoro pionieri­ stico e un'opera di obbligato riferimento per oltre cin­ quant'ann i. Durante la sua permanenza in patria, Cumont vie­ ne più volte invitato a tenere pubbliche letture al Collège de France e all'Università di Oxford (1905-1906). Da qui nascerà la monografia Les religions orienta/es dans le paganisme ro­ main (Paris 1906).l In quest'opera Cumont p adrone ggia un'infinità di dati e conoscenze senza pari e riesce nel diffici­ le compito di fare opera di divulgazione scientifica destinata Di quest'opera Cumont diede un'ultima edizione aumentata (Paris 1929).

7

a un largo pubblico, con la capacità di tratteggiare in poche e pregnanti immagini g r an di sintesi storiche. Una capacità che era propria dei grandi maestri dell'Ottocento, quella di fasci­ nare il lettore trasportandolo nelle condizioni di un altro tem­ po storico, e di trasporre quelle medesime condizioni nel tem­ po presente di chi legge: Supponiamo che l'Europa moderna avesse visto i fedeli di­ sertare le chiese cristiane per adorare Allah o Brahma, seguire i precetti di Confucio o di Budda, adottare le massime dello Shinto; rappresentiamoci una grande confusione di tutte le raz­ ze del mondo, in cui mullah arabi, letterati cinesi, bonzi giap­ ponesi, lama tibetani, pandit indù predicassero contemporanea­ mente il fatalismo e la predestinazione, il culto degli antenati e la devozione al sovrano divinizzato, il pessimismo e la libera­ zione, in cui tutti questi preti elevassero nelle nostre città tem­ pli di un'architettura esotica e vi celebrassero

i

loro riti dispa­

rati; questo sogno, che forse l'avvenire farà reale, ci offrirebbe un'immagine abbastanza esatta dell'incoerenza religiosa in cui si dibatteva il mondo antico prima di Costantiho. 2

La presentazione delle religioni orientali in un piano di convivenza e di concorrenza con il primo cristianesimo su­ scitò le ostilità del potente partito cattolico. Nel1910, il mini­ stro belga dell'educazione, membro del partito cattolico, ri­ fiuta, malgrado il parere favorevole del Consiglio di facoltà, di affidare a Cumont la cattedra di storia delle religioni. Cu­ mont, cattolico di fede profonda, ma spirito indipendente, si dimette dall'Università e, due anni dopo, dalla carica di con­ servatore al Museo. Si trasferisce quindi a Roma presso l'In­ stitut historique beige, che diverrà nel 1 939 Academia Belgi2

Cito dalla prima edizione inglese: The Orientai Religions in Roman

Paganism, London 1 9 1 1 , pp. 196-1 97.

8

ca, dedicando il r es to della sua vita allo studio delle religioni della Roma imperiale. Morirà n el 1947, dopo aver lasciato la sua ricca biblioteca privata all' Acadenùa belgica in Roma.3 Lo studio dell'astrologia antica ha da sempre rappresenta­ to, nell'opera di Cumont, un interesse preponderante. Nel 1 898, in siem e a Franz B o ll , Wilhelm Kroll, A lessandro Oli­ vieri, pubblica il pr imo volume del Catalogus Codicum A­ strologorum Grrecorum ( mano scritti delle bi blio teche di Fi­ renze). La pubblicazione di questo catalogo, ricco di copiose appendici che racch iudo no edizioni prime di di ve rsi trattati e frammenti, si conclude nel1953 con 12 volumi in 20 tonù, e costituisce a t utt og gi uno strumento imprescindibile di lavo­ ro per il filologo e lo storico dell'antichità, qua lunque sia il suo campo di ricerca. Nella prefazione al primo volum e del Catalogus, Cumont oss erv a che la letteratura as trologica greca e bizantin a (erudi­ ta superstitio) è rimasta sepolta durante tre secoli, dalla fme del XVI alla fine del XIX, nei d epo s iti delle bib lioteche, ab omnibus fere neglecta despectaque.4 La co n seg uenza di que­ sto discredito, è che «di fr ont e a questa speciale cat egoria di scrittori ci troviamo press'a poco al p un to in c ui si trovavano gl i umanisti delRinascimento nei confronti dell'insieme della letteratura antica».5 Nelle conf er enz e tenute presso l'Ameri­ cd.n Committee for Lectures on the History of Religions, Cu­ mo nt ricordava che L etro n n e aveva c hi esto di essere scusato '

3

4

5

una biografia di Cumont si veda l'inlroduzione di Louis Canet all'e­ dizione postuma del suo Lux Perpetua, Paris 1949. Inoltre: Fr. de Ruyt, Franz Cumont (1868-1947), L'Antiquité classique, n. 16, 1947, pp. 5-13; R. Turcan, Franz Cumont, unfondmeur, Kernos n. 11, 1988. Catalogus Codicum Astrologorum Gracorum, I, Codices Florentinos descripsit Alexander Olivieri, accedunt fragmenta se lecta primum e­ dita ab Francisco Boll, Francisco Cumont, Guilelmo Kroll, Alexan­ dro Ollvieri, Bruxellis 1898, p. V. V. infra, p. 8. Per

9

per aver dissertato, nel 1 824, all'Académie des /nscriptions, intorno a "reveries absurdes", a "une des faiblesses qui ont le plus déshonoré l'esprit humain".6 Il discredito verso l'antica astrologia era senz'altro un luogo comune all'inizio del XX secolo. Wilamowitz-Moellendorf raccontò di aver inteso una volta un noto studioso deplorare la scoperta, nel corso

del se­

colo passato, dei papiri magici greci, che insozzavano il nobi­ le splendore della classicità.7 Nello stesso anno Sudhoff, nella prefazione al suo studio sulla iatromatematica del Rinasci­ mento, ricorda le scuse di Letronne e chiede venia al lettore di volerlo perdonare, se lo costringe a prestare una qualche attenzione ad «una superstizione che rappresenta uno stato e­ vidente di confusione mentale».8 Per Cumont l'astrologia non è concepibile se non all'inter­ no di una storia del pensiero magico-religioso, è quindi un'ar­ te i cui processi logici si sviluppano su una fitta trama di cor­ rispondenze, identità, omologie che costituiscono la natura magica della conoscenza del mondo, non

già un pensiero pre­

logico, ma una "scienza prescientifica", secondo l'ossimorica definizione di Oldenberg.9 E tuttavia Cumont procede oltre: egli vede nell'origine stessa dell'astrologia i prodromi di uno sviluppo scientifico: «Le osservazioni che i sacerdoti dell'an­ tico Oriente raccolsero con instancabile pazienza provocaro­ no le

prime scoperte fisiche e astronomiche e, come ali' epoca

della scolastica, le scienze occulte condussero alle scienze e-

6 7

8

9

F. Cumont, Astrology and Religion among the Greeks and Romans, London 1912, p. Xll. Cfr. infra, p. 7. U. von Wilamowitz-Moellendorf, Griechisches Lesebuch, Berlin

1902, p. 254. K. Sudhoff, latromathematiker, vornehmlich im 15. und 16. Jahrun­ dert (Abhand.lungen zur Geschichte der Medìzin, Heft m. Bres1au 1902, p. 2. H. Oldenberg, Vorwissenschaftliche Wissenschaft. Die Weltan ­ schauung der Brahmana-Texte, ffilttìngen 1919; cfr. M. Witzel, On Magica/ Thought in the Veda, Leiden 1979.

lO

satte» 10•

È questa

un'opinione non accettata da tutti, 11 condi­

visa nondimeno da alcurù grandi assiriologi precedenti e con­ temporanei del Cumont,

Se

quali Sayce, 12 Jastrow, 13

Kugler. 14

per Kugler l'astrologia nasce in Mesopotamia come reli­

gione astrale, la quale è la forma più nobile del politeismo, per Cumont l'astrologia ha conservato il suo carattere religio­ so nel mondo greco-romano. Dopo lo studio comprensivo di Auguste Bo uché-Le­ clercq15 sull'astrologia greca, seguì

un'alacre attività

filologi­

ca di edizione di trattati e frammenti astrologici dell'ellerù­ smo e dell'età tardo-antica. Nelle prime decadi del XX secolo gli ellenisti e gli storici delle religioni potevano disporre della materia prima per accostarsi criticamente allo studio dell' eru­

dita superstitio. Già all'inizio del XX s ec ol o Wilhelm Kroll, nei suoi studi preparatori all'edizione delle Anthologice di Vettio Valente,

fu

impressionato dalla presenza di notevoli similitudini verbali tra gli astrologi dell'età tardo-antica, quali Valente, Maneto­ ne, Tolemeo, Firmico.16 Non

solo: molte delle condizioni po­

litico-sociali che possono essere desunte dagli scritti di questi autori non rispecchierebbero, secondo Kroll, la loro propria

10

11 12 13

14

Les religions orientales dans le paganisme romain, Paris 1929, p.

1 79.

Cfr. O. Neugeb a u e r, The Exact Sciences in Antiquity, Providence2 1957' p. 171 . A. Sayce, Astronomy and Astrology ofthe Baby/onians, Transactions ofthe Society ofBiblical Archaeology, n. 3, 1874 p. 238. M. Jastrow, The Religion of Babylonia and Assyrìa, Bos to n - New York - Chicago- London 1 898, pp. 457-458. F. X. Kugler, Stemkunde und Sterndienst in Babel. Assyriologische, astronomische und und astral-mythologische Untersuchungen. l,

Entwicklung der Babylonischen Planetenkunde von ihren Anftingen

15 16

bisaufChristus, Milnster 1 907,

pp. VII-VIII. A. Bouché-Leclercq, L'astrologie grecque, Paris 1 899. W. Kroll, Mantissa observationum vettianarum, Catalogus Codicum Astrologorum Grrecorum (CCAG) V/2, pp. 144-154.

11

epoca, ma si fonderebbero su un nucleo letterario più antico, ove l'influenza e il d omi nio romani sui territori dell Ori ente '

non costituirebbero gli elementi caratterizzanti.17 Consapevoli dell'inevitabilità di fastidiose ripetizioni, innu­ merevoli essendo gli eventi che accadono agli uomini (V. Va­ lens 226, 29 Kroll), sovente gli astrologi dei secoli ll-IV della nostra era presentano proposizioni che assumono la forma del­ l'aforisma. In q uesti aforismi possiamo intravedere una deri­ vazione diretta della struttura degli omina ccelestia mesopota­ mici, nondimeno protasi e apodosi si distinguono tra loro: se nella protasi sono descritte le configurazioni astronomiche, in­ terpretate secondo i precetti dell'arte astrologica, nell'apodosi vi è un uso comune

di espressioni che tendono a racchiudere i Si tratta di espressioni stereotipate,

vari modi dell'esistenza.

che hanno più significati, diversamente interpretabili dal loro contesto, quali il termine anomalia e derivati per significare o­ gni forma di irregolarità ed incostanza sia riguardo alla condi­

zione di vita in generale, sia, in particolare, riguardo ai beni, alle attività, ai rapporti familiari, ai legami amorosi e matri­ moniali; o ancora i termini

eudaimi)n,

eudaimo nia (prosper;

prosperitas in Firmico) per indicare non solo la prosperità ma­ teriale, ma anche il buon esito delle azioni, la stima, una felice disposizione dell'animo. Ma accanto a queste espressioni ste­ reotipate, vi è una terminologia più precisa, che aderisce ad una realtà sociale complessa. Lynn Thomdike, in un articolo ormai non più molto citato,

fu forse il primo che cercò di servirsi di

un trattato astrologico

per descrivere le condizioni sociali di un'epoca.18 Se Thom­

dike aveva scelto come sua unica fonte Firmico Materno, dieci 17

18

Sulla provenienza delle fonti di Finnico da un nucleo originario

elleni­

stico, vedi H. G: e W. Gundel, Astrologumena. Die astrologiscM Lite· ratur in der Antike und ihre Geschichte, Wiesbaden 1966, p. 234. L. Thorndike, A Roman Astrologer as a historical source: Julius Fir­ micus Matemus, Classica! Philology n. 8, 1913, pp. 4 1 3-435.

12

anni più tardi il costante lavoro di edizione di testi astrologici nel Catalogus Codicum Astrologorum Gra:corum, dovuto al­ l' opera instancabile di un manipolo di studiosi, quali Franz Boli, Franz Cumont, Joseph Heeg, Alessandro Olivieri ed altri, consentì a Wilhelm Kroll, in un articolo fondamentale, 19 di porre a confronto i capitoli di Finnico sulla dottrina e i giudizi dei dodici luoghi della genitura con quelli di altri autori: Antio­ co d'Atene, Trasillo, Vettio Valente, Paolo d'Alessandria. In particolare, le similitudini di questi testi con quello che Retorio pose sotto il nome di Ermete Trismegisto, condussero Kroll a supporre un'origine comune, un archetipo che doveva risalire all'Egitto dei Lagidi, ovvero al n secolo prima della nostra era. Mostrò inoltre che gli aforismi di questi «preziosi documenti sociali»20 o, se vogliamo, le apodosi degli omina astrologica, erano di un grande interesse per la storia della civiltà dell'Egit­ to dei Lagidi: egli infatti ha potuto mostrare la purezza della struttura gerarchica indigena del clero, che non appare conta­ minata da elementi stranieri, greci o romani, l'importanza della presenza di comunità giudaiche in Alessandria. il ruolo degli e­ sorcisti, dei maghi, dei divinatori posseduti da un dio, tanta è l'insistenza dei testi sulla demenza profetica. Nel1936 Wilhelm Gundel scopre, in un manoscritto latino del XV secolo al British Museum (Harleianus 3731), un compendio antologico di materia astrologica posto sotto il nome di Liber Hermetis Trismegisti. Gundel riconosce che questo trattato, che non è passato, come per lo più avviene nella trasmissione dei testi astrologici medievali, attraverso la 19

20

W. Kroll, Kulturhistorisches aus astrologischen Texten, Klio n. 18,

1923, pp. 213-225. Tra i pochi studi di questo genere va altresi citato R. MacMullen, Social History in Astrology, Ancient Society n. 2, pp. 105-116, che propone di comprendere, tra le fonti del II secolo, anche l'oneirocritica (Artemidoro). L'autore, sorprendentemente, non fa al­ cun accen�o a l' Égypte di Cumont. Cl. Préaux, lo. lune dans la pensée grecque, Bruxelles 1970, p. 300.

13

mediazione araba,21 è una traduzione compiuta nel V secolo d. C. di un testo greco scritto in Egitto nel n secolo avanti la nostra era ma rivisto una seconda volta nel Ill secolo dell'era volgare.22 A seguito dell'edizione di questo testo, Cumont, incoraggiato dallo stesso Gundel, si provò a sviluppare gli spunti di Kroll in uno studio di ampio respiro. Non solo le fonti sulle quali Kroll si era basato tradivano condizioni poli­ tiche, sociali e religiose antecedenti ai loro autori, ma anche il Liber Hermetis Trismegisti mostrava che tutti i giudizi con­ nessi agli omina calestia rivelavano uno spaccato della so­ cietà egiziana dei Tolemei, e vi è talora memoria di tracce più antiche, che risalgono alla dominazione persiana dell'Egitto, come testimoniano i titoli di satrapo o di re dei re. Inoltre, la contrapposizione tra i re e i magnati da un lato e il popolo e la folla dall'altro proviene, osserva Cumont, dalle origini ori en tali dell'astrologia e, d'altra parte, avrà in Oriente la sua con­ tinuazione, presentandosi come motivo ricorrente nell'astro­ logia politica sassanide e araba. ,

­

W. G und el, Neue astrologische Texte des Hermes Trismegistos, A bhan dl u ngen der Ba yeri schen Akademie der Wissenschaften (philo sophisch-historische Klasse), N.F. 12 M Un ch e n 1936, p. 9 22 op. c it. p. 10; 146. Le tesi di Gundel sono oggi accettate nella sostan­ za, sebbene Pingree (The Yavanajiltaka of Sphujidhvaja, Cambridge, Mass. London 1978 II, pp. 431-433) abbia avanzatO l'ipoiesi che il testo originale greco sia stato compil ato sulla base di fonti più anti­ che, nel VII secolo (l'età in cui si ritie ne abbia vissuta l'astrologo Re­ torio), e che la traduzione latina risalga non prima del XII secolo, ov­ v ero dopo che l'astrologia araba divenne familiare in occidente. Qu an to alla datazione delle fonti originarie, Gundel si basa sul catalo­ go delle stelle, che risalirebbero all'epoca di Ipparco. Questa datazio ne è stata sostanzialmente accolta da O. Ne�.�;gebauer, The Exact Sciences in Antiquity , Providence2 1957, pp. 68-69, che ha dimostrato che le longitudini delle stelle corrispondono ad un'epoca compresa tra il 130 e il 60 avanti Cristo. Per una nuova edizione del L iber Her­ metis cfr. He rm etis Trismegisti De triginta sex decanis, a cura di S. Feraboli CHermes Latinus IV, !.Corpus Christianorum, Continuatio Medi�valis t. 144), Tumhoult 1994.

21

­

-

,

­

,

14

In quest'opera magistrale, Cumont ci mostra il grande debi­ to che l'astrologia greca deve all'Egitto ellenistico: i primi a­ strologi egiziani, sostiene, erano sacerdoti ellenizzati, apparte­ nenti al clero indigeno, non diversamente dallo storico Mane­ tone o dal filosofo Cheremone Tuttavia egli non dubita, e su questo punto contrasta con Gundel, che l'astrologia egizia, la .

quale andò sviluppandosi principalmente a partire dal sincreti­ smo ellenistico, sia più debitrice dell'astrologia mesopotamica che delle proprie tradi zioni . E in effetti, gli scavi intrapresi da Vogliano nell935 a Medinet Màdi, il luogo dell'antica città di Narmuthis, al Fayyum, sembrano confermare l'esistenza di una pratica dell'astrologia nell'ambito sacerdotale. Vogliano23 vi scoprì diversi ostraca bi lingui in greco e in demotico, che provenivano dal tempio della dea serpente Ermuthis. In uno di ,

questi ostraca, il grande sacerdote fissa gli onorari degli astro­ logi del tempio, mentre altri ostraca non contengono che sem­ plici dati di nascita e sono stati definiti da Baccani «note per la redazione degli oroscopi».24 Questi documenti testimoniano dunque l'esistenza di un insegnamento specifico dell'astrolo­ gia genetliaca nei templi.25 Queste testimonianze sono oggi accolte positivamente dagli storici dell'astronomia,26 sebbene qualche dubbio sia stato espresso sulla reale diffusione di que­ sta pratica nel territorio egiziano:27 Robert ha infatti osservato

23

24 25 26 27

A. Vogliano, 1938- Rapporto preliminare della IV campagna di sca­ vo a Medinet Madt, Annales du Service des Antiquités de l'É gypte, n . 38, pp. 533-549 D. Baccani, Appunti per oroscopi negli ostraca di Medinet Madi, A­ nalecta Papyrologica, n . l , 1989, pp. 67-77 E. B resciani, S. Pemigotti, M. C. Betrò, Ostraka demotici da Nannuti l ( 1-33), Quaderni di Medinet Madi, n. l, 1983 (Pisa) Cfr. A . Jones, A Classification of Astronomica/ Tables on Papyrus, in: Swerdlow, N.M . , Ancient Astronomy and Celestial Divination, London, pp. 298-340 A. Jones, Astronomica/ Papyri from Oxyrhynchus (P. Oxy. 41334300), Philadelphia 1999

15

che le condizioni di vita ricostruite da Cumont si accordano piuttosto alle provincie orientali dell'impero romano,28 e Htib­ ner ha osservato che il titolo stesso dell'opera di Cumont do­ vrebbe essere così modificato: L'Égypte sous l'empire romain.29 È inoltre dubbio se gli wpoaKOTI"Ol e gli wpoMyoL, di cui parlano Clemente d'Alessandria e Porfrrio, siano effetti­ vamente da intendersi, come ritiene Cumont (v. infra p. 136), gli interpreti dei libri astronomici di Ermete Trismegisto. In effetti, Alexander Jones osserva che non ci è del tutto chiaro quale fosse la loro reale funzione, e suggerisce inoltre che questi sacerdoti devono essere inquadrati nell'ordinamento clericale del Nuovo Regno, ovvero in un'epoca che non ha an­ cora accolto l'influsso di concetti astrologici dalla Mesopota­ mia. 30 Ma queste critiche sono ben lungi dallo scalfire un' ope­ ra che rimane unica e insuperata, assai più di un petit livre, co­ me modestamente la definisce Cumont nella sua introduzione.

28 29 30

L. Robert, Études �igraphiques et philologiques (Bibliothèque de I' École cles Hautes Etudes, n. 272) 1 938, pp. 76- 108. W. HUbner, Manilius als Astrologe und Dichter, Aufstieg und Nie­ dergang der rèlmischen Welt, II, 32, l, p. 137. A. Jones, The Piace of Astronomy in Roman Egypt, in: T. D. Bames (ed.), The Sciences in Greco-Roman Society, Apeiron, 1 994, p. 42.

16

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torius , Mélanges d'archéologie et d'histoire de l'École Française de Rome, n. 37, pp.35-54 1918 b - Écrits he rmétique s , l: Sur les douze lieux de la sphère; II: Le médecin Thessalus et les plantes astrales d'Hermès Trismégiste, Revue de philologie, n.42, pp. 63- 79; 85 108

1919a- Zodiacus, in: Ch. Darember g, E. Saglio , Diction nair e des an­ tiquités grecques et romaines V, coli. 1046-10 62

1919b- Un mythe pythagorc i ien chez Posidonìus et Philon, Revue de Philologie, de Littératur e et d'Histoire Anc ie nne s, n. 43 , pp. 78-

85 1921 - Jupìter Hé/iopolitan i et les divinités des planètes, Syria pp. 404 - 6

18

n.

2,

1922 a-

After Life in Roman Paganism, New Haven L'opuscule de Jean Pédiasimos, 1TEpÌ. ÉlTTaiJ.Évwv KQL èvvea­

1923-

IJ.Évwv; Revue Beige de Philologie et d'Histoire, pp. 5-21 �me - Les religions orientales dans le paganisme romain, Paris (4 édition revue) 1931- La .fin du monde selon les mages occidentaux, Revue de I'Hi­ stoire des Religions, n. 103, pp. 29-9 6 1933- les présages lunaires de Virgile et les «selenodromia», L' Anti­ quité classique n. 2, pp. 259-2 70 1934 - Antiochus d'Athènes et Porphyre, Mélanges Bidez. Anuaire de l'Institut de philologie et d' histoire orientale, n. 2 , pp. 135-15 6 1935a- Adonis et Canicule, Syria n. 1 6, pp. 4 6-50 1935 b- Les noms des planètes et l'astrolatrie chez les Grecs, L'Anti­ quité classique n. 4, pp. 5-43 1935 c - Les Prognostica de decubitu attribués à Galien, Bulletin de l'Institut beige de Rome, n.15, pp. 119-131 1929

1937a -

L'Égypte des Ptolémées d'après les astrologues, Compte s

rendus de l' Académie des Inscriptions et Belies Lettres, pp. 22 622 7 1937- L'Egypte

des astrologues, Bruxelles (avec J. Bidez), Les mages hellénosés. Zoroastre, Ostanès et · Hystaspe d'après la tradition grecque, Paris2 voli. 1939 a - Deux monuments funéraires romains à symboles astraux, 1938

-

Comptes rendus de l' Académie des Inscriptions et Belles Lettres, p.449 1939 b -

Les mystères de Samothrace et l'année caniculaire, Com ptes rendus de l' Académie des Inscriptions et Belles Lettres, p.469 1940- Trajan «Kosmokrator»?, Revue des Études Anciennes n. 42, pp. 408-411 1949 -

Lux perpetua, Paris

19

PREMESSA

L'astrologia degli antichi non conta oggi più adepti, ad ec­ cezione di un ristrettissimo circolo di eruditi. Studiata un tempo con passione da chi la credeva capace di svelare i se­ greti dell'avvenire con la stessa certezza della data di un'e­ clisse futura, fu poi abbandonata quando gli spiriti disillusi ri­ conobbero vani i suoi presagi. n trattato più scientifico di divinazione astrale, che si ap­ poggiava sull'autorità di un sapiente illustre, la Tetrabiblos di Tolomeo, un tempo ampiamente citato, tradotto, commentato, non è più stato stampato dopo il 1553. Il razionalismo vin­ cente giunse a considerare le "assurde fantasticherie" di quei falsi profeti, detti astrologi, come "una delle debolezze che più hanno disonorato lo spirito umano", come affermò L e­ tranne nell824. I manoscritti astrusi, che avevano tramandato i precetti di una disciplina così assurda, rimasero quasi inesplorati dopo il sec. XVI, sin verso la fine del XIX. Allora, poco a poco, si cominciò a capire l'importanza storica di una concezione dei cieli stellati e dei destini degli uomini, senza dubbio erronea, ma che aveva influenzato profondamente sia le religioni, sia le scienze dell'antichità. Vorremmo cercare di indicare qui, con maggior precisione che in passato, quanto di tali predi­ zioni, in cui non si è voluto riconoscere altro che mere scioc­ chezze, contiene invece solida sostanza e cosa esse ci inse21

gnano sull'ambiente nel quale venne elaborato un insieme di dottrine che giunsero a godere di un prodigioso consenso nel mondo greco-romano. Fu probabilmente verso il sec. m avanti Cristo che alcuni sacerdoti ellenizzati dal regno dei Tolomei cominciarono a spiegare ai Greci i principi della divinazione sapiente che essi avevano appreso dai Babilonesi e sviluppato nei loro templi. Quelle opere, redatte da membri del clero indigeno, erano profondamente diverse da quelle quasi contemporanee, com­ poste dai letterati eruditi del Museo di Alessandria. Esse sole ci fanno conoscere alcuni aspetti della civiltà composita che fioriva allora nella valle del Nilo, risultando così una fonte d'informazione unica nel suo genere, cui conferisce singolare valore la scomparsa quasi totale delle opere storiche greco-e­ gizie. Purtroppo conosciamo solo pochi frammenti della reda­ zione originale e dobbiamo quasi sempre ricostruime l'insie­ me con l'aiuto delle integrazioni che gli autori dell'epoca dei Cesari hanno continuato ad aggiungervi. Dal discredito che ha colpito gli scritti degli astrologi do­ po il sec. XVII è derivato sia un vantaggio, sia un inconve­ niente per il ricercatore che oggi s'impegna in questo gine­ praio. Da una parte, nell'esplorazione di un campo non an­ cora esaurito da una coltivazione intensiva, si spera di rac­ cogliere una messe abbondante; d'altra parte, su questo ter­ reno non sono stati ancora diradati gli sterpi che ingombra­ no la vista e nessun esploratore di passaggio ha ancora rico­ nosciuto i preziosi filoni nascosti nel sottosuolo. Di fronte a questa speciale categoria di scrittori ci troviamo press'a po­ co al punto in cui si trovavano gli umanisti del Rinascimen­

to nei confronti dell'insieme della letteratura antica. Certi testi - e non tra i meno importanti - sono stati appena pub­ blicati; altri rimangono ancora inediti, nascosti in mano­ scritti greci e latini dei quali occorre ancora completare per­ fino l'inventario.

22

I filologi classici si sono trovati di fronte a testi esoterici che apparivano loro come fossero stati scritti in un idioma i­ gnoto, ancora da decifrare. Da poco si è cominciato a racco­ gliere le membra disjecta degli autori "antichi" d'epoca tole­ maica, i cui estratti devono essere reperiti nelle compilazioni dei loro epigoni. Fortunatamente, la reputazione di cui gode­ vano i primi maestri di un'arte che si credeva avesse aperto loro il cielo, crebbe nella misura in cui si indeboliva lo spirito scientifico e, alla fine dell'antichità, si riproduceva ancora con rispetto il contenuto di questi libri arcaici, venerati come apocalissi di una saggezza divina. Un giorno, quando le ricer­ che saranno più avanzate, si potrà operare con una sicurezza maggiore di quella odierna, distinguere meglio gli apporti delle diverse fonti nelle raccolte tarde e fissare con maggior precisione ciò che appartiene a ciascun secolo, dal periodo dei Lagidi sino al Medioevo. Abbiamo tentato di mostrare quale aiuto ci si possa atten­ dere da testi a lungo disprezzati, per lo studio della società e­ gizia. Non abbiamo avuto la pretesa di tracciare il quadro completo o l'evoluzione di quella società: una tale opera, se si pensasse di intraprenderla, dovrebbe poggiare su una base ben più ampia, e necessiterebbe di molti più documenti di quelli che noi abbiamo consultato. Abbiamo solo inteso mettere a disposizione degli egitto­ logi e dei papirologi una serie di brani tratti da autori rara­ mente letti e talvolta poco accessibili. Perciò abbiamo rite­ nuto di doverli spesso citare per esteso in note che si sono forse allungate oltre misura: ma occorreva che l'accosta­ mento di tali testimonianze potesse mostrare, in virtù della loro somiglianza, l'antichità della loro comune origine. Quest'opuscolo avrà soddisfatto il proprio compito se riu­ scirà a mostrare quale abbondanza di informazioni sullo sta­ to sociale e morale dell'Egitto ellenistico si trovi in una let­ teratura troppo a lungo trascurata. 23

Era tuttavia importante mettere in luce la conformità delle

rivelazioni degli astrologi con la realtà dei fatti testimoniati dai documenti egizi. Senza dubbio non avremmo potuto rea­ lizzare pienamente il nostro impegno senza il prezioso aiuto della signorina Claire Préaux, che si è fatta un obbligo

di ri­

leggere le nostre bozze con diligenza e di offrire a sostegno tutte le osservazioni suggerite

dalla sua ampia conoscenza dei

Il

numero delle aggiunte segnate

contenuti dei papiri greci. dalle sue iniziali, che

costellano le note, mostra l'importanza

di tale collaborazione ma non basta a rivelare tutte le osserva­

zioni pertinenti che hanno migliorato la nostra prima redazio­ ne, grazie alle quali ha ben meritato la gratitudine nostri lettori insieme alla nostra.

24

di tutti i

ABBREVIAZIONI DEI TESTI ASTROLOGICI CITATI

Cat. =Catalogus codicum astrologorum graecorum, 17 volumi, 1 898 193(;. CRITODEMO = Critodemi 'AlTOTEÀÉcrflaTa 6p(wv in Cat., VIII, l, pp. 217, sg. FIRM. Firmici Materni matheseos libri VIli, citato secondo i torni, le pagine e le righe dell'edizione Kroll e Skutsch, 2 volumi, Leipzig,

-

=

1897-1913. WILHEL M GUNDEL, Neue astrologische Texte des Hermes Trismegistos (in Abhandl. Bay. A/cademie der Wissenschaften, N. F. XII), Miinchen, 1936. EFESTIO = Aug. ENGELBRECHT, Hephaistion von Theben und se in astro l. Compendium, Wien, 1887 (contiene solo il libro I, alcuni capit oli del II e del III sono citati secondo il Cat astr.) MANETH. Manethonis apotelesmaticorum libri sex, ed. Anninius Koechly in Poetae bucolici et didactici di Diodot , Paris, 1931. MANILIO =Manilii Astronomicum, ed. Housrnan, 5 volumi, London,

H.

=

.

=

1903-1930. MASSIMO= Maximus et Ammon, ed. Ludwich, Leipzig, 1877. PAOLO ALESS. =Pauli Alexandrini, Elcrayof'lÌ ELS Ti]v àlTOTEÀE­ aÀÉaTaTa. (P. Cairo Zenone 59060). - n diocete Sosibio vuole far uscire di prigione un uo­ mo che gli è utile: fa scrivere dal suo segrelario l 'encomio: TÒV TTap' �IJ.WV KUI3EPVTlTTJV àKOOOIJ.EV ... awéxEcr6m BL ' ai Tl av nvà �paXEL­ av · KOÀWS OÙV TTOLTjpu-y[q MQKeoov[çt �p�dpwv EuÀaKtoLs. - Sullo lt:porrpdKTwp, cfr., infra, p. 1 1 6, nota 2. H. 88, 37: collectores (Ào-yt:UTa() tributorum regalium; 91, 29: pro fide eorum et prudentia colligentes pecunias regias. Cfr. FIRM., l, 1 73, 3: exactores (rrpdKTopt:s) regiarum annonarum ve/ pecuniarum jiscalium; cfr. 1 80, 1 7, 2 1 3 , 28: exactores fiscalium praestationum; cfr. II, 72, 10. Altri impi eg ati dell'ant�ona sono nominati I, 1 69, 2: annonae aut frumento rum praepositos. - Cfr. I, 305, 26: ob intercep­ tam annonam vel male dispositam vel fraudolenta cupiditate sub­ stractam gravi pulsatum invidia insanientis populi dissi­ pabit, ma questo sembra riferirsi alle distribuzioni di grano che veni­ vano compiute sotto i Romani. MANET., II, 152: rroÀÀaKL Baajlwv l rrp�KTopas €eaviTJvEv Eurrp�aaovms ·avaeLv 1 xP!lllaTd T ' €v XPfOÌ.V BWKt:v �acrL).JlLa VWjJ.dv. IV, 3 29 : € v T E ÀO'YLO'Tov6j.J.ot· atv rroÀurrp"TlKTopas éprots. IV, 329: TTPTJKTfìpas 8E(KVOO L TEÀw­ VETds TE fka(ovs l cj>ooEcr9at, BELvotls TE Xpt:dprra-yas. - Sullo lEporrpdKTWP cfr. injra, p. l l 6, n. 2. H. 5 3 , 1 4: scribas terrarum seu vicorum regiorum conductores. RET., 1 3 1 , 2: jJ.E'YdÀwv rrparjJ.dTwv civnÀajJ.�avojlt'vous iì jJ.Lcr9o· Tàs Bwwa(ov. FIRM., l, 1 63 , 19: in magnis negotiis constituit aut conductores publicorum negotiorum facit; cfr. 209, 1 1 : vectiga­ lium conductores. - Lo scriba terrarum è il KWjJ.OypajJ.jJ.OTEUS e il vicorum regiorum conductor non può che essere il KwjJ.OjJ.Lcr9wT"Tls citato in un papiro di Tebtunis ( 1 83 ) , probably th official in charge oj jJ.Lcr6uicr€tS ofthe �..os.

42

43

44

45

MOMMSEN, Strajrecht, p. '675 ; MATTINGLY, Roman Co in s , 1 927, p. 262. DEMOSTENE, Contro Leptine, 167; Contro Timoc ra te , 2 1 2. [S e la pena di morte per i falsari non è a ttes tata, lo è tuttavia per gli impiegati del fisco che alterano le misure (P. Tebtu11is 5, Il. 85, 89: TOÙS' lTapà Tairra lTOLOUVTQS eav[ciTOL CJTJIJ.LOUaeaL). Niente di strano dunque, che valesse anche per i primi, soprattutto alla fine dell'epoca lagida, quando la pena capi tale fu applicata spesso, nella misura in cui si andava indebolendo l 'autorità dello Stato. - C. P.] . WILCKEN, Grundzuge, I, pp. 372 e sg. e Chrestom , ni 435-438; E. J. MOLMB ERG, Zur Geschichte des cursus publicus, Upsala, 1933 (cfr. GRENIER, Revue de Philologie, LXII , 1 936, p. 366). - [D papi­ ro B . G. U. 1 232 è la ricevuta di un salario in grano data dallo scriba degli impiegati postali del nomo Oxyrynchite al �aaLÀLKÒS" ypa!J.IJ.a­ TEVs (Ill- II sec. a. C.). - C. P.].

66

no confermati da diverse indicazi oni di Ermete Trismegisto.46

46

RET., 15 1 , 8: àyyÉÀOUS [3a.o\ÀLKOUs

tratte dagli antichi libri

= FIRM., I, 1 16, 22: cursores [àyyEÀOL , eversores cod.] imperatorumfaciet vel iudicum. Questi cur· sores non sono quelli che accompagnano le autorità (supra, p. 40), ma dei messi postali. Cfr. FIRM, I, 106, 28: facit nuntios regum vel du­ cum ve[ iudicum et quibus primi(s) cursus publici cura solicitudoque mandetur et qui cursu publico iussu pri11Cipum ve[ ducum hac atque il­ tac frequenti discursione mittuntur. Benché il passo sia velato da una patina romana, il contesto dimostra che proviene dal trattato di Ermete sui dodi ci luoghi. - FIRM., II, 343, 3: cursores velocissimi forse tradu­ ce TaxUBpoliOL, benché la parola fino ad ora non sembrerebbe essere stata rinvenuta, nel senso di corriere ufficiale, prima dell'epoca bizan­ tina. Cfr. PREISIGKE, Worterbuch, ITI, p. 1 69.

67

III. I NOMOI

Nella valle del Nilo, dal sec. III , il prefetto del nomo si chiamava

stratega, come il comandante d ' un esercito, e sem­

bra che i traduttori latini abbiano reso talvolta tale termine con praeses, 1 "governatore", mentre sarebbe stato necessario tradurlo con

du:x, "generale".2 Essi affermano che il

praeses

ha diritto di vita e di morte sulla popolazione che gli è sog­ getta;3 questa testimonianza sarebbe importante per la discus-

2

3

Una sola volta, il Liber Hermetis parla di satrapi , un titolo che esiste­ va nel regno dei Seleucidi, ma di c ui non si trova alcun esempio in E­ gitto. [Realenc., s. v. "Satrapo" , p. 1 62], H. 47, 4: parentes sunt glo­ riosissimus scìlicet satraparum vel tribunorum [supra, p. 40] vel eo­ rum qui sunt sub rege. Cfr. MANET., V, 39: 'HO..Los craTpd.rras em­ &CçeL. È probabilmente il ricordo di un vecchio titolo orientale co­ me �acrLÀEÙS �acrLÀÉwv (supra, p. 22) LTpaTTTYOS = praeses. Talora, costui è nominato a fianco del dux: H. 73, 23: duce seu praesides 90, 38: tyrannos, praesides, exercitum du­ ces; 92, 23: praesides aut regum compugnatores (C1UI.J.I.l.aXOL) e 94, 27: (cjlof3Epo(. supra, p. 4 1 , n. 2) civitatum et climatum et gentium po­ testatem habentes, il che semprerebbe riferirsi ai comandanti militari. Ma cfr. VAL 67, 27: CJTpanryòs ECJTaL xwpwv iì rr6Àewv; FIRM., l, 228, 24: civitatum vel provinciarum praesides. Sugli strateghi delle città, cfr. infra, p. 69, n. 4. H. 67, 16: praesides qui vitae ac mortis doimini .fiunt; 94, 1 : multi a praesidibus puniti biothanatifiunt. Cfr. FIRM. l, 1 23, 2 1 : praesides,

duces vitae necisque dominos RET., 1 68, 13: iJYE116vas (wfjs Kal 9av(iTou KUp(ous. Ques ti due testi, che hanno una fonte comune in Ermete Trismegisto, si riferiscono all'epoca tolernaica. =

69

sa questione della giurisdizione criminale dello stratega nel nomo, se non si potesse temere una confusione con lo ius vi­ tae necisque dei capi militari (p. 41). ll traduttore del Liber Hermetis ha travisato anche una serie di passi che nell'originale greco trattavano dei Àao(, ossia di contadini che coltivavano le terre del re (f3amÀLKOÌ. Àao() o di altri possidenti.4 Egli ha tradotto il tennine con populi, il che rende il testo a prima vista incomprensibile.5 Così, quando par­ la d'uno iudex populorum, non si tratta di un arbitro fra i popo­ li, ma semplicemente del ÀaoKp( TllS, ossia uno dei giudici che amministravano la giustizia localmente 6 È significativo per il sentimento nazionale dell'autore del Liber Hermetis che egli consideri causa dell'attribuzione di tale carica, l' ampiezza del­ la sapienza giuridica di colui che ne veniva investito.7 .

Sul significato di Àao(, c he non designa solo i �acTLÀLKol ye:wp-yo(, ma tutti i fellah in opposizione ai Greci, cfr. WILCKEN, Urk. Ptol. Zeit, p. 49 1 ( 1 00). 5 H. 99, 10: praecipiet populis regiis (f3aaLÀLKois Àaots); 60, 15: po­ pulis dominabuntur existentes amici magnatum [supra, p. 36 n. 2] ; 9 1 , 17: populorum p raesides a pluribus audientes et ab actibus sem­ per distantes; 1 0 1 , 6: potestatem habebit in ordine populorum et exi­ get violenter ex privatione. �acJLÀLKol Àaol , in Asia Minore: DIT­ TENB., Or., 22 1 , 46; ROSTOVTZEFF, Gesch. des Kolonates, 1 9 1 0, pp. 258 sg.; 3 1 0, sg. 6 H. 100, 30: plures jiunt popoulorum iudices pro eo quod sunt in pru­ denlia abundantes; 1 0 1 , l: iudex populorum fiet. Sui ÀaOKpLTaL cfr. Realenc. , s. v., t. XII , pp. 738, sg. Forse è la stessa carica che ricom­ p are in F1RM. , II, 3 3 1 , 2: his populorurn iudicia cre{lentur, ma il passo parallelo, 324, 25: popularia iudicia credentu r sembra indicare che si tratti dei tribunali delle città. Cfr. infra, p. 70 n. 3. Un SLKa­ anìs �aa>.. miìv (Àawv) in Eolide, DEMETRIO DI SKEPSIS, ad A­ TENE, XV, 697, D.; cfr. ROSTOV1ZEFF, op. cit. , p. 258. 7 [Indubbiamente a ragione. Possediamo il verbale di poco successivo di un processo che riguarda un caso presentato davanti ai laocriti e vi ene riportato il giudizio che questi hanno reso. n dibattito e il giudi­ zio sono di alto tenore giuridico. Cfr. Sir Herbert THOMPSON, A Family Archivefrom Siut, London, 1934. - C. P.] 4

-

,

-

70

Gli astrologi ci insegnano poche cose sulla gestione e la coltura delle terre, che esse fossero sfruttate da fattori o dagli stessi proprietari.8 Una porzione notevole di terreno, concessa dai re ai "magnati" (p. 35), formava possedimenti abbastanza ampi perché i loro proprietari potessero fondarvi nuovi vil­ laggi , 9 ma i piccoli appezzamenti sono sempre esistiti nella valle del Nilo. 10 n più delle volte i nostri testi parlano dei contadini e degli agricoltori in termini così generali, che le loro affermazioni si possono riferire ai contadini di tutti i tempi e di tutti i paesi . 1 1 Tuttavia certe indicazioni più precise 8

9

H. 100, 32: agricolas vel conductores... cultores terrae vel regionum. MANET., IV, 432: ')'ELorr6vot. . . òSveiTJS' XWPTJS' TE Kal olKdTJs. VI, 489: ')'EL07TOVO'US' çeivoLcrt ')'E"YTJS6TaS' oÒK: lBioow l IJ.Ouvm·

OlV, IJ.l..wv ypaj.lj.lQTELS' Ti 8LOL KJ1 TàS' y(VOVTaL.

27 28

FRIEDLANDER, Sittengeschichte, 18, p. 474, sg. H. 62, 34: a mulieribus amatos vel m u lie rum procuratores; 7 1 , 29: facit fomicatores, procuratores magnarum m u lie rum ; 8 1 , 5 : procura­ tos a mulieribus et promotos ab eis, gratiosos, amatores mulierum. CRITODEMO, Cat. , VIII, l, p. 260, 23: È'ITLTpo'ITOL j.lEyaÀwv yv· vaLKwv; cfr. 2 5 8 , 2: auj.l'ITÀoKal 'ITpòs imep.exouaas yuva1 Kas. FIRM., I, 220, 23: procuratores facit nobilium feminarum et qui mu­ lierum p raesidio ordinem aliquem promotionis accip iant; 1 60, 30: fa­ ciet mulierum divitum procuratores et quibus ex veneris occasionibus felicitates maximae conferantu r; cfr. I, 148, 29. MANET., V, 305: 'IT(­ aTELS' jlÈV 'ITQ pÉ XE L OO�apaLS' llE'YclÀJ;JOL yuvmç(v l ÈK 8È TVellS' j.l LK: pfì s È 'ITl j.lE( (ovo. 'IT(anv 6&un . Cfr . Il, 243 e 3 1 4: ElfìK:E 'ITpOLO"Taj.lÉVOUS' j.lE yavépwcrts, Ws- TToUaxou 91JpL08JlKTOUS yevécr9at TOÌJS dv9pW'ITOl.IS'; 230, 20: 9T] p L WV Kal Èp'ITETWV cj>avÉpWO"LS KaL

80

ne poteva bastare ad uccidere. 10 La mortalità causata da quei

nefasti incontri sembra essere stata altrettanto formidabile

nell'Egitto ellenistico quanto nell' India attuale: 1 1 i cacciatori

che inseguivano una selvaggina pericolosa diventavano spes­ so preda, essi stessi, della sua ferocia. 1 2 M. Kroll 1 3 ha notato che in certi passi "tolemaici" degli a­ strologi, ai cacciatori erano associati certi titoli aulici, tanto

che sembravano avere una qualche carica ufficiale. 1 4 Si sa 9T]pt68T]KTOL 1TOÀÀOL yEv�aovTaL. Cfr. LIDO, De ostentis, p. 92, 2,

Wachsmuth. - In TEUCRO, 4 6, 27; 52, 5: 9T]pLo8E(KTas è forse un errore per 9T]pLo8�KTOUS', ma cfr. infra, p. 86, n. 4. FIRM., II, 1 06, 16: ex feris vel bestiis vel ex venenatis serpentium morsibus exitium; II, 3 26 9: a bestia vel a vipera percussi pedem velfemur perdent, II, 265 19: lacerati ferarum morsibus interibunt; cfr. II, 303, 2 1 ; 3 1 3, 26 e l ' lndex, s. v. bestia, fera. Cfr. TOL., 1 97, 11 e 1 3 . MANET. , IV, WV adpKaS 6 1 4: 9T]po(30pou 9avdTOU cj>wa( v KÀwSWa �Qp€LQV -

,

,

.••

BataovTm ÒpÉO'TEPOL �è ÀÉovTE S l � O'UES dpyLooOVTES � at iJ.a­ T01Twn&s dpKToL. FIRM . , II, 3 1 8, 1 1 : a lupo comestus morietur.

10

FIRM. II, 3 1 8, 8: hic a modica bestiola, id est a phalangione aut a mure araneo aut a scorpiione percussus morietur. [Amul eti contro gli scorpioni, P. Oxy. 2061-2063 PREISENDANZ, Papyri gr. ma­ gicae, t. II, no XXVIII a-c. - C. P.]. =

Il

12

In un capitolo sulle morti violente, per il quale Vettio Valente si ispi­ ra a PETOSIRIDE, di dodici segni dello zodiaco ben sette, l ' Ariete ( 1 26, 24), i Gemelli ( 1 26, 34), il Cancro ( 1 27, 5), la Vergine ( 1 27, 1 6), lo Scorpione ( 1 27, 36), il Sagittario (127, 29) e il Capricorno (127, 33) sono causa di morte per gli attacchi di carnivori o di rettili, o anche di entrambi. H. 54, 2: venatores violentam mortem patientes; 59, 37: venatores vel pugnatores cumjeFis [ 9T]pLOIJ.dxous; cfr. supra, p. 65, n. l ] ; 58, 22: =

13

14

venatores impios desperatos; 93, 40: venatores semper deum bla­ sphemantes (cfr. infra, p. 149, n. 1 9); c fr. 56, 30; 85, 2 e 90, 2: fera­ rum silvestrium mores habentes semper malevoli. FIRM ., II, 302 , 2: insidias parentes feris ipsarum lacerati moribus dissipantur, cfr. 303, 20; Il, 33 9, 8: erunt venatores sed biothanati; cfr. I, 109, 18 e 1'/ndex, s. v. venator. Cfr. MANIL., IV, 1 77, sg.; 200, sg. KROLL, Klio, XVIII, p . 224. RET., 1 37, 2: 9T] pEuTàs 8paanKwTÉ pous, cj>( Xous �aaLÀÉwv, 1: faciet multiplici studio venatores [veneratores ms.] amicos imperatorum. Cfr. 1 80, 28, citato infra, p. 69, nota l8. - [Cfr.

=

FIRM . , I , 143,

81

che ad Alessandria un corpo di cacciatori era posto sotto la direzione

d'un

grande

esperto di caccia (CÌPXLKUVT]yos-)15 e

l ' importanza assunta da tale servizio può essere misurata dal numero dei cani che Filadelfo fece sfilare in un corteo: erano duemilaquattrocento, di razze diverse, condotti da due scu­ d.ieri, armati di spiedi dorati. 16

È

generalmente amme sso che

le missioni principali dei cacciatori reali fossero l ' uccisione degli ippopotami che danneggiavano le coltivazioni o spedi­ zioni militari in Nubia, condotte sotto la direzione d'uno stra­ tega, per catturare gli elefanti destinati all' artiglieria pesante degli eserciti egiziani P Sembra inoltre probabile che nelle

il titolo (Àwv e auyyev�s 15 DITfENB ., Or. , 99 e nota 2; 1 43; cfr. 20: KUVTJ'YÉTaL. WILCKEN, Ostra/ca, l, p. 162; Grundzilge, l, 387; Il, ni 45 1 , 452. Questo vec­ chio titolo è arrivato fino a MANET., V, 289: dpxuruveyol , ouxl J.1.6vov ((flwv STjp�TOpES dÀÀà yvvatKwv. I semplici cacciatori sono spesso citati H., 65, 5: venatores aut milites TEUCRO, 48, 36: OTpanwTT]v, 9TjpWVTa. [L'espressione è di fatto tolemaica. Si tratta in effetti di soldati e principalmente di quelli della flotta che parteci­ pano alla caccia. Cfr. VERTEL, Die Liturgie, p. 23 e P. Hamburg, 57. - C. P.]. RET., 128, 24: cj>LÀOKW�yous. VA L , 20 1 , 27: LÀo;ra(aTpous. Cfr. FIRM ., Index, s. v. venator. TEUCRO, 46, 27 e 49, 4: 9Tjocjl6vous. MASSIMO, 47. - Questi sono associati agli L tEUTa( , agli uccellieri che cacciano con la pania: FIRM., Il, 3 1 8, 3 : auceps, venator. Cfr. RET ., 157, 22 ÙÀLELS, lteu­ Ta( . FIRM., l, 159, 19 e 229, 1: piscatores, aucupes e lndex, s. v. auceps. H. 56, 30: venatores ferarum, aucupes TEUCRO, 44, 2 1 : KUVTJ"YÉTaS, ltEuTds. Cfr. MANIL., V , 37 0, sg. - [Caccia alle gazel­ le: P. Cairo Zenone 59524; caccia agli uccelli acquatici; ibid. 591 86; monopolio reale della caccia: B. G. U. 1252. - C. P. ). - Cfr. infra, p. 120, n. 108, a proposito dei pescatori. 16 ATENEO, V, p. 201 b. Cfr. LUMBROSO, Recherches sur l 'icono­ mie politique des Lagides, 1 870, p. 1 4 1 , 205 e BOUCHÉ-LECLERQ, Revue Ét. greques, XXI, 1 908, p. 147, n. 2. 17 [Cfr. ROSTOVTZEFF, Archiv ftlr Papyrusforschung, IV, pp. 30 1 , sg.DITTENB ., Or. , 82, 86, 54, 72, 76. Abbiamo anche una bella let­ tera scritta da un cacciatore o da un soldato inviato nel Sud per cattu-

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campagne occorresse anche difendere la gente e gli animali dalle zanne dei carnivori e dal veleno dei serpenti. Erano i cacciatori di lupi del regno lagida.

di I Tolomei, co­

Accanto agli "archicacciatori" si trovavano, al palazzo Alessandria, i "preposti agli animali del re". 18

me prima di loro gli Achemenidi nei loro "paradisi" e dopo di loro i Cesari nei loro

vivaria, 19

mantenevano una gran quan­

tità di animali esotici nel parco reale. Filadelfo in particolare li cercava con passione e nel suo giardino zoologico, in mez­

zo ad esemplari rari di fauna africana, si poteva ammirare un gigantesco pitone 20 Sicuro di far piacere al re, uno sheikh si­ .

riano inviò al dioceta Apollonia giovani onagri, i nsieme a ca­

valli e cani .21 I sovrani greci avevano ereditato dai faraoni il

costume di nutrire a corte leoni addomesticati: Eliano assicu­ ra che la regina Berenice ne aveva uno,22 che le leccava il vi-

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rare degli elefanti : WITKOWSKI, Epistulae privatae grecae aetatis Lagidarum2, n ° 1 6. - C. P.]. FIRM . l, 143, 18: amatores pecorum et regis animalibus praepositos RET., 1 37, 8: cj>LÀOTp&jlo� CuÀaTTéa9w dÀÀocpuÀwv ii À1JO"Twv €cpo8ov· &wwv yàp oVTwv Twv Katpt;iv 1T€tpdmts rr€ptrrmwv drravm O"UÀ119JlO"Tal . TOL., 20 1 , 8: urrò 1T€tpaTWV ii ÀllO"TllPLWV ii KaKoupywv àrroÀÀUIJ.Évovs; cfr. PETOSIRIDE, Cat. , VII, 1 47, 6: À1JO"T€Lat KaTà 9àÀaaaav rroÀÀaL [Il tema del vi aggio difficile e

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periglioso è frequente nelle lettere private, si temono in particolare i viaggi per mare. Panisco scrive a sua moglie: "Porta i tuoi gioielli, ma non li indossare sulla nave", WINTER, Joumal of Egyptian Ar­ chaeol. , XIII , 1 927, p. 62. - C. P.]. Sugli Arabi e i Troglodi ti che infestavano la strada da Copto a Bere­ nice e distruggevano le carovane, cfr. LUMBROSO, L 'Egitto dei Greci, p. 36. Cfr. WILCKEN, Urkunden Ptol. Zeit, l, p. 33 1 (n° 7 1 , l. 7 ) e n° 122, l. 9, sg. : bande di À1JO"Ta( nell a vasta necropoli del tempio di Anubis. - I À1JO"TptKal €o&>t sono spesso menzionati nei documenti egi zi (cfr. PREISIGKE, Worterbuch, s. v. À1]0"TptK6s); con altrettanta fre­ qu en za compaiono nei testi degli as trologi . H. 92, 1 1 : igne ve/ ferro

vel latronum insultibus; H. 97, 24: incursiones temptant... insultus ve/ furta patiuntur. . . latrones insultatores. 88, 4: latrones insidiatores. RET., 1 29, 2: aTpanwnKàs ii ÀlJO"TptKàs l6&us èrrl (;év11s ii ÈV ò&iì; cfr. 155, 26; 190, 17; 1 4 1 , 6: Àl]TJopOVS � QLÀTJV KE�� �� ÈTTLO'ELE L ; cfr., VI, 307, 506. FIRM., l, 23 1 , IO: tibicines templorum [cfr. infra, p . 1 26, n. 3]. Cfr. MANIL., V, 330 sg. - FILONE, In Flacc. , 85 (VI, 1 35, 2 1 , C. W. ): Ò PXT)O'TQÌ. KaÌ. IJ.L IJ.OL [cfr. infra, p . 1 38, n. 62] KaÌ. aÙÀT]TQÌ. KaÌ. ocra llia O'KT]VL KWIJ à9Up1J.GTQ à'YWVWV. cfr. PREI­

Tas (a teatro); cfr. l' lndex di Leisegang, s.

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SIGKE, s. v. aÙÀT)TT]s. �aÀmoyTTj s H. 6 8 , 33: tubatores. MANET., V, 163: aÀÀ(fl 8 ' ÈK O'TOIJ.d.Twv KEÀa8Ei IJ.UKii�J.aTa crdÀTTL'Y/;; cfr. Pap. Soc. /tal. , 1 57, 29 (astro!.): O'QÀTTL('Y)KTÒS O'TpQTLT]l fì KQÌ. O'T] IJ.Ela a.vTwv nìv Sta-ye-ypa!J.!J.ÉVT]V TWL VOIJ.Wt ìTOLKtXLav. Si fa menzione di ;roM· Jl.LTa fabbricati in un tempio, P. Petrie, m, 120. - c. P.]. 1 2 RET., 213, 26: 'w-ypci4>ous ii ìTOÀUJJ.ap[ous. FIRM., l, 143, 2 1 : lin­ teones aut plumarii; 1 8 1 , 2: plumarios, tinctores. Retorio ha sostituito il termine latino, più usuale ai suoi tempi, a quello di 1TOLKLÀTT)s, da cui derivava (cfr. PREISIGKE, s. v.). VALENTE riporta rrotKtXnldj: 3, 21; cfr. Scol. PAOLO ALESS., P, l v: 'w-ypa t KT]v ... Kaì. 1TOLÀL" ntct]v. MANETONE distingue nettamente le stoffe broccate a telaio da quelle ricamate a mano: II, 320; (Venere produce) al6X' ùrrò xpotii 1TOLKLÀilaTa 8m8ci).).ovms l 1TQVTOLOLS 'qloLO'LV ÈLOK6Ta, TOÌI$ IJ.EV e' LO'TWV l KE Kp(crLV JÌ8È XEpWV TfXVDIJ.QO'LV dJJ.L TE ;r€1TÀOLS.. . l 8e L KVUVTaS rravTWV JJ.Opàs 9r}pGlv Ta Kal dvBpGiv. Cfr. supra, p. 87, n. l . - Sui ricami, cfr. REIL, op. cit. , p. 1 06. 13 H. 52, 22: aptatores tunicarum vel cuiuscumque vestis vel sutores TEUCRO, 42, 1 1 : KaTaO"KEOOO'TÒS' xaXL VWV [leggi XÀQV L WV) KaÌ. rraVTO(as ècr9�TOS Kal. pa;rms. cfr. RET., 21 1 , 19 TOL . , 1 79, 4: L JJ.anorrwXas. Cfr. MANIL., IV, 1 32: nunc emere et varias in =

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quaestum vendere vestes, l quis sine non poterant ullae subsistere gentes l vel sine luxuria. - Sui PaiTTa (, cfr. REIL, op. cit. , 106, sg. RET., 1 37, 6: LIJ.aT(wv EUKOOIJ.WV KT!lms = FIRM., I, 142, 22: qui magificas \Jestes textant. Cfr. RET., 1 37, 1 0 : l JJ.aT(wv rrÀOKEL S.

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za, carichi di ricami e laminati d' oro. 15 n massimo del lusso era però vestirsi di seta. I sericarii 16 d' Alessandria erano riu­ sciti, lavorando la seta greggia, a ripro durre i rari e costosi tessuti originari della Cina. 1 7

FIRM., l, 1 8 1 , 2: textores tunicarum; 230, 5: pretiosas tunicas arte suafacientes. MANET., IV, 421 : )'Vchrropas ..éous 1TÉ1TÀOUS àoKT)9Éas ÉKTEÀÉovTas. Cfr. MANIL., IV, 130, sg. [e l'inventario del guardaroba di Zenone, P. Cairo Zenone 59092, documento di grande interesse archeologico. - C. P. ]. 15 FIRM., l, 1 10, 23 : eos qui neto auro vestes pingunt; 1 1 3, 22: ex auro vestes pingentes; 133, 14: praetexta veste decorabit; 142, 25: purpu­ reis aut auratis vestibus [cfr. infra, p. 1 1 7, n. 4] ; ll, 1 52, 19: decer­ nuntur illis ad honoris omatum praetexte et aureae vestes. V AL., 3, 24: xpooo�ms. XPOOOKOOj.l�Tas. - Cfr. ATENEO, V, 196 f (sotto Filadelfo): XL TlilVES XPOOOu