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Italian Pages [190] Year 1986
CESARE DELLA RIVIERA
IL MONDO MAGICO DE GLI HEROI Edizione del 1605 in caratteri moderni Introduzione di Piero Fenili
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EDIZIONI MEDITERRANEE
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ROMA
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©Copyright 1986 by Edizioni Mediterranee, Roma· Via Flaminia, 158 D Printed in ltaly D S. T.A.R. - Via Luigi Arati, 12 - 00151 Roma
Indice
pag.
Introduzione, di Piero Fenili
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IL MoNDO MAGICO DE GLI HEROI DEL SIGNOR CESARE DELLA RIVIERA Libro Primo Libro Secondo
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Introduzione
!GIOCATORI
che si chinano assorti sulla scacchiera non sospettano in genere di avere dinanzi un dia gramma sacro o mandata, raffigurante una proiezione simbolica dell'intero universo. Lo si apprende con do vizia di particolari da Titus Burckhardt, il noto studio so 'di tradizioni spirituali : scopriamo cosf, tra l'altro, che la ripartizione ottuplice dello schema di gioco (ash tapada) ha carattere sacerdotale o brahmanico, poiché il suo sviluppo in multipli e sottomultipli racchiude nozioni sapienziali sui cicli cosmici ed astronomici. Il gioco, inoltre, può servire di ammaestramento alla ca sta nobile e guerriera degli Kshatriya, con l'impartire ad essa insegnamenti in ordine all'opposizione delle forze luminose ed oscure che si fronteggiano nel mon do (l). Con la stessa ingenuità del comune giocatore di scacchi, anche se non altrettanto giustificabile, la men talità scientista ha generalmente considerato l'alchimia . (l l Titus BuRCKHARDT, Simboli, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma, 1983, pp. 23 e segg.
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IL MONDO
MAGICO DE GLI HEROI
Con frettolosa e talora arrogante valutazione la tra dizione alchimistica è stata spesso liquidata come sem plice e rozzo conato non scientifico verso la conoscen za della materia e delle sue trasformazioni, tentativo che sarebbe stato condotto secondo i criteri fallimen tari di un pensiero irrimediabilmente arcaico e pre logico. Bisogna tuttavia riconoscere che questa immagine riduttiva e desolante dell'alchimia, dopo le ricerche in profondità effettuate da pensatori contemporanei del rango di C.G. Jung, ]. Evola, M. Eliade e del già citato Burckhardt , ha finito ormai con il godere, pres so coloro che si occupano seriamente del problema, di cosi: scarso credito che ci dispensa dal farne la critica. Sembra dunque preferibile, piu prudentemente, ri tenere che l'uomo di ogni età si è posto, a suo modo, il problema delle leggi che regolano le incessanti tra sformazioni della realtà, in cui egli è personalmente e spesso angosciosamente coinvolto . Frutto di quell'in terrogativo sono alcuni plessi di conoscenze, che ne costituiscono la risposta e che variano secondo le epo che, le latitudini ed "i particolari interessi che hanno animato i singoli od i gruppi che vi si sono im pegnati . Da questo punto di vista , paradossalmente, la mo derna scienza chimica, anziché costituire il superamen to dell'alchimia , rientra a sua volta in essa, come spe cies di un piu ampio genus, rappresentando il risul tato del peculiare modo , tipico dell'uomo occidentale, moderno e faustiano, di interrogare la natura per co gliere la ragione dei suoi continui mutamenti . A no stro avviso, infatti, l'odierna rivalutazione dell'alchi mia, anche se può suscitare entusiasmi intransigenti di neofiti , non dovrebbe condurre, nei confronti della chimica , ad una denigrazione altrettanto ingiusta e
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gratuita di quella subita dall'alchimia . La chimica mo derna, al di là della sua immediata ed evidente utili tà, alla quale in definitiva pochi , anche tra i suoi critici, si rifiutano, costituisce pur sempre, a parte gli eccessi ed i pericoli di cui subito diremo , una super ba' costruzione dell'intelletto europeo e della sua ine sausta sete di certezze. Se solo si sappia cogliere, per un istante, quale possa essere il fascino dell'esotico su di una mente estranea alla tradizione culturale oc cidentale moderna, non si potrà negare l'eventualità che la scienza chimica, esatta, efficace, impeccabile pos sa esercitare una potente seduzione. Si tratterà forse di un fascino un po' sulfureo, da beauté du diable, considerati i gravi guasti da inquinamento connessi a massicce ed indiscriminate applicazioni industriali, op pure i pericoli di incaute e spregiudicate traduzioni in farmaci di temerarie formule innovative, munite sol tanto del discutibile avallo delle odiose sperimentazio ni sugli animali. Comunque non potrà disconoscersi il solido edificio scientifico che è alla radice del suo suc cesso, pur dovendosi segnalare e condannare senza al cuna esitazione ogni possibile eccesso, e promuovere ogni utile e positivo processo di revisione critica di principi, metodi ed utilizzazioni pratiche. In proposito segnali incoraggianti provengono dal crescente interesse per i problemi ecologici e dalla dif fusa richiesta di medicamenti naturali, quali ad esem pio quelli forniti dall'impareggiabile laboratorio al chimistico in atto nel mondo vegetale, che non com mette certo l'errore (come ci disse a Delhi un insi gne medico della scuola greco-araba Unani) di sepa rare arbitrariamente il principio attivo medicamentoso dagli altri che possono controbilanciarne gli effetti ne gativi . Un'importante branca dell'alchimia, la spagiria vegetale o alchimia verde , si occupa appunto di trarre
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IL MONDO MAGICO DE GLI HEROI
medicamenti da questo regno della natura senza vio lentare le leggi che presiedono al suo organico svi luppo (2). Volgiamoci dunque verso l'alchimia con modestia e rispetto, rendendoci subito consapevoli dell'estrema difficoltà di avvicinare, con adeguata comprensione, un capolavoro della letteratura ermetico-alchimistica quale Il Mondo Magico de gli Heroi di Cesare della Riviera. Nella sua bella introduzione alla ristampa moderniz zata dell'opera (3 ) , Julius Evola, non discostandosi dal la linea interpretativa seguita nell'ormai celebre La Tradi:zione ermetica ( 4 ) , privilegiava il momento in teriore o spirituale dell'alchimia, considerandone, con la consueta incisività concettuale ed espressiva, il lin-· guaggio simbolico e mitologico come « una esposizio ne figurata dei principi di una psicologia trascendente e di una tecnica trascendente ». Un antico alchimista cinese non avrebbe esitato a riconoscere che Evola interpreta il testo seguendo i canoni dell'alchimia in terna (nei-tan), piuttosto che secondo quelli dell'alchi mia esterna o di laboratorio (wai-tan). Dell'esistenza di queste due alchimie o, se si preferisce, di questi due aspetti dell'alc himia dava già curiosa notizia un famoso contemporaneo del della Riviera, il dottissimo padre Matteo Ricd della Compagnia di Gesu, il quale, nello svolgere la sua opera di evangelizzazione in Ci na sul finire del XVI secolo, venne a conoscenza di « due pazzie assai fantastiche e communi in tutte le sedici provincie, con molti che in queste se impiega no. L'una è il pretendere con argento vivo ed altri materiali fare il vero argento . L'altra è con varie me dicine ed essercitij procurare di vivere per sempre (2) Cfr. in proposito, di Manfred M. JuNlus, Alchimia verde Edizioni Mediterranee, Roma, 1979. (3) Laterza, Bari, 1932, p. VIII. (4) Edizioni Mediterranee, Roma, 1976.
spagirica vegetale,
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mai , senza poter morire» (5). Con maggiore appros simazione, anche se con eguale severità, il moderno commentatore degli scritti del padre precisa ( trala sciamo per opportunità di riportare gli ideogrammi cinesi ) che « Le due pazzie erano due sezioni dello stesso errore , cioè dell'alchimia , la quale si fondava sull'evoluzione dei due principi, maschile o iam ( sic) e femminile o in ( sic) e quindi sul cambiamento per fino nell'uomo dei cinque elementi , acqua, metallo, fuoco, legno e terra. L'alchimia si divideva cosi in alchimia interna ed alchimia esterna. L'alchimia inter na aveva per scopo di trasformare il corpo e l'anima dell'uomo nella sostanza di un essere etereo, un ge nio, un "santo ", per mezzo di pratiche ascetiche, esercizi dello spirito, unione con le cose della natura, e uso dei minerali, specialmente dell'oro comestibile, e dei medicinali vegetali; cosi si arrivava all'immorta lità non assoluta, ma relativa, cioè ad una vita piu lunga. L'alchimia esterna invece si proponeva di tra sformare la materia inorganica, specialmente i metalli. Per trasformare l'argento vivo, cioè il mercurio, in vero argento, una pianta era necessaria, cioè l'ambra "che non vi è nella Cina, ma nasce in altri regni di fuora " » ( 6 ). Abbiamo rammentato la distinzione tra le due al chimie per variare i possibili percorsi di accesso alla comprensione del testo. Il tracciato risulterebbe tutta via ancora assai incompleto se omettessimo di ren der conto anche del contributo geniale offerto all'in terpretazione del simbolismo alchimistico dall'opera del medico e psicologo C.G. Jung, con l'avvertenza però (5) Storia dell'introduzione del Cristianesimo in Cina scritta da Matteo Ricci S.I. nuovamente edita e ampiamente commentata col sussidio di molte fonti inedite e delle fonti cinesi da Pa squale M. D'Elia S.I., Roma, La libreria dello Stato, 1942-XX, Lib. I - Cap. IX, (6) Ibid.
n.
169, p. 104.
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I L MONDO MAGICO D E G L I HEROI
di sapere accuratamente discernere in essa quanto di fuorviante può essere ricondotto alla specifica forma zione ed attività professionale di questo autore, che lo conduceva necessariamente ad intrigarsi nella casi stica psicopatologica fornitagli dai suoi pazienti ed estranea alle reali preoccupazioni dell'alchimia. La qua le, cosf come ogni altra disciplina tradizionale che si proponga il riscatto dell'uomo dal suo stato di preca rietà esistenziale, si rivolge non all'indivìduo sofferen te di questo o quello squilibrio psicologico bensf a quello psichicamente sano ma che, proprio per que sto, è lucidamente consapevole di essere affetto dal ben piu ribelle male di essere «uomo » e dunque, come tale, per natura dolorosamente fragile, fallibi-· le e caduco, a dispetto delle pericolose illusioni ed ubriacature intellettuali proprie di un certo odierno e diffuso titanismo spicciolo di massa. L'idea-chiave dell'interpretazione junghiana consiste nell'intendere che tra l'interiorità psichica dell'alchi mista e le varie operazioni spagiriche di laboratorio alle quali si dedicava, sussistesse una sorta di oscuro ma operante legame simpatetico, dovuto alla proiezio ne inconscia che egli' effettuava dei propri contenuti psichici sulle trasformazioni materiali per le quali si andava adoperando : «Tentando di indagarla, egli pro iettava l'inconscio sull'oscurità della materia, per illu minarla. Per spiegare il mistero della materia, egli proiettava un altro mistero, e precisamente il suo pro prio retroscena psichico ignoto, su ciò che doveva es sere spiegato, "obscurum per obscurius, ignotum per ignotius! " » (7). In tal modo Jung rinverdisce ed ag giorna, in linguaggio moderno, il significato dell'an(7) Cari Gustav 1950, p. 271.
]UNG,
Psicologia
e
Alchimia, Astrolabio, Roma,
INTltODUZIONE
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tica massima ora et labora che presiedeva un tempo all'esercizio di ogni arte tradizionale e che infondeva il soffio della spiritualità nel faticoso ed ingrato af faccendarsi nel laboratorio, tra mantici, fornelli ed alambicchi , garantendo la pietà e la santità dell'alchi mìsta nei confronti del semplice «soffiatore di carbo ne», preda di volgari passioni e di profane ambi zioni. Per tentare di orientarsi nel sapiente labirinto nel quale il della Riviera attira l'ermetico viandante, oc corre riferirsi innanzitutto alla sua appariscente qua lità di «filosofo platonico» (8), da intendersi non nel significato antico, accademico del termine, bensf in quello rinascimentale, sostanzialmente neoplatonico ed eclettico. Il nostro autore aderisce infatti pienamente alla pia genealogia dei theologi veteres, cosi come espo sta da Marsilio Ficino, il quale descrive una filiazione spirituale che da Zoroastro discende fino a Platone, passando attraverso Ermete Trismegisto, Orfeo, Aglao femo e Pitagora (9). Uno degli assiomi di tale cor rente dottrinale è rappresentato dall'occulto legame di simpatia che lega tra loro le parti del Tutto e che cosi viene enunciata da Plotino : «In primo luogo si vuoi stabilire che il presente universo è un vivente unitario, che abbraccia i viventi tutti che sono nel suo interno, ed è dotato di un'anima unitaria diffusa su tutte le sue parti, in quanto che ogni singola cosa è parte di lui. . . .Tutta questa unità - e unità viva, (8) In tal modo veniva correttamente definito nella nota intro duttiva alla Riproduzione della seconda edizione di Milano corretta ed accresciuta del 160.5 dell'opera dell'autore, Arché, Milano, 1971, p. xiii. A tale nota rinviamo per le notizie biografiche sul me desimo. (9) Marsilio FICINO, Plat. Tbeol., XVII, I (1561), p. 386, cit. da Bodhan KIESKOWSKI, Il platonismo del Rinascimento italiano e la dottrina degli oracoli caldaici, Giorn. critico della filosofia ital. diretto da G. Gentile, Anno XV, Seconda Serie, Vol. Il, Fase. Il, Firenze, 1933, p. 191.
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IL MONDO MAGICO DE GLI HEROI
per giunta - è stretta nella comunione della simpa tia » {10}. Questa concezione, che sottende in modo abbastanza trasparente tutto il pensiero del della Ri viera , gli consente di mutare continuamente i referen ti del suo linguaggio, senza che queste variazioni di registro lo facciano cadere in contraddizione o lo pre cipitino nell'assurdo. Il rapporto di vivente analogia che collega tra loro i vari livelli dell'Uno-Tutto neo platonico concede ampio spazio di manovra alle sa pienti ambiguità dell'autore, il cui discorso, autentico « argento vivo », si disperde continuamente tra le ma ni del lettore per poi raccogliersi di nuovo secondo i criteri apparentemente piu impensati ed indecifra bili. Se si volesse indulgere al gusto delle classifica .. zioni letterarie si potrebbero scorgere nel nostro au tore alcuni spiccati tratti manieristici, riconoscibili non solo nell'impianto volutamente labirintico della sua esposizione e nella sua passione per le etimologie ar tificiose e fantastiche, ma anche, a voler seguire il Klaniczay ( 1 1 ), nel suo religiosissimo platonismo e nell'antiaristotelismo non troppo velato che lo accom pagna, riconoscibile nell'accenno alla « sterile peripa tetica filosofia » e nell'ironia rivolta alla pretesa qua lità di « Segretario della Natura » attribuita invece in tutta serietà allo Stagirita dai suoi seguaci (p. 24 ) . Sarebbe certo opera vana voler attingere un qual siasi grado di comprensione del libro del della Ri viera perdendo di vista la sintesi neoplatonica che lo informa ed applicando ad esso il metodo analitico di ricerca, utile soltanto nei confronti delle moderne di scipline scientifiche, che di tale metodo sono il risul(lO) PLOTINO, Enneadi - Prima versione integra e commentario critico di Vincenzo Cilento, Vol. II, Editori Laterza, Bari, 1948, Enn. IV, XXXII, 168, p. 264. (11) Tibor KLAN I CZAY, La crisi del Rinascimento e il Manieri smo,
Bulzoni Editore, Roma, 1973, pp. 60-61.
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tato, a prezzo tuttavia di una frammentazione del sa pere in compartimenti separati e per lo piu privi di reciproca comunicazione . Questa difficoltà tuttavia ne richiama un'altra , poi ché è impossibile il ricupero della sintesi neoplato nica se prima non viene superato il dogma, riconosci bile sullo sfondo di tutte le moderne ideologie della scienza, secondo il quale non esiste conoscenza atten dibile che non sia quella mediata dai sensi, la quale tuttavia è condannata a rimanere conoscenza mera mente sensibile anche se si avvale di strumenti e con gegni sempre piu perfezionati, tra i quali il telescopio ed il microscopio conservano in qualche n:todo il ruolo di emblemi. Tale forma raffinata e progredita di sen sismo non può in alcun modo condurre alla compren sione sintetica della realtà nella sua interezza ed anzi, alla lunga, finisce con il condurre ad una sorta di atrofia della facoltà, insita nell'intelletto rischiarato dall'eserci zio della dialettica anagogica, di attingere direttamente il mondo delle Idee e quindi la verità, e da esso ope rare quelle sintesi grandiose che consentono di cogliere (nessi e le corrispondenze che collegano tra loro realtà apparentemente remote e non comunicanti. È questo, tra l'altro, l'unico cammino percorribile per riguadagna re la nozione di Anima del Mondo , che costituisce il principale elemento di raccordo tra i vari livelli del l'Essere plotiniano e che, in conseguenza, svolge un ruolo preminente anche nell'universo magico del della Riviera, teatro delle imprese dello Heroe, «luogo » nel quale, secondo quanto insegna ancora Plotino, «le parti simili non stanno l'una aderente all'altra ma son distanziate da parti diverse che vi si frappongono e tuttavia, in virru della loro somiglianza soggiacciono alle stesse influenze » ( 12). (12) PLOTINO, ibid., 17 1 .
PIERO FENILI
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MONDO MAGICO DE GLI HEROI DEL SIG. CESARE DELLA RIVIERA: Nel quale c:on inuGtata chiarezza 6 ttatta quai iia la vc:ra MAGIA N.&.TVI.ALE: E c:ome fi polfa fabricare l areale P 1 l! T 11. A de' F l t vmco illromento di tale fcienza.. :
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P R l V l L E G l O.
M l L A N o, Per Pietro Martire: Locarni. Con licent4 de' Suptriori.
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MAGICO MONDO DE GLI HEROI DEL
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P R. l M O.
che l'altissimo, e liberalissimo FATI'OR del tutto hebbe con l'infinita Sua Sapienza di niente creata, e ridotta a fine la matavigliosa, e gran ma china dell'Universo, e quella con leggi inviolabili in tre parti mirabilmente divisa; nella prima, eviterna, e di vina, detta Mondo sovraceleste, & intelligibile, volle, che fossero gli angelici Spiriti, e tutte le Menti sciol te; nella seconda, che Mondo ethereo viene da' saggi nominata, pose, e collocò con mirabile artificio l'innu merabile moltitudine de gli scintillanti, e luminosi Cor pi celesti ; la terza poscia, & ultima, feccia, & impu rità dell'altre due, che Mondo elementare s'appella, costitui albergo dell'infinita diversità di tutti gli ani mali da lui creati. Né rimanendo finalmente altro a fare, che una creatura, laquale l'immenso magistero, e 'l grande artificio veggendo contemplasse; contemplando conoscesse e amasse; & amando possedesse ; e OPO
S. Agostino
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Hermete Mosè
IL MONDO MAGICO DE GLI HEROI
possedendo fruisse ; e quinci al Creator delle prodotte cose rivolta, d'amoroso, e divin fuoco accesa, il santo nome di lui con lodi meritevoli, & immortali cele brasse : deliberò di formar l'huomo ; il cui Essemplare & Idea, non dalle sovracele sti forme, ma solo (o in finita bontà ) da se stesso tolse ; facendolo ad imagine, e simiglianza sua. Questa cara, & ultima sua fattura dunque, epilogo di tutto 'l divino opificio, constituf nel mezo del nuovo, & ammirabile Theatro del Mon do : e spinto d'amor paterno verso di lei, pose mano nell'abisso infinito de' suoi tesori , per arricchirla d'in finiti doni, doti & prerogative sopra tutte l'altre crea ture. Et primieramente a fine che l'huomo in se stesso conoscesse la divina Imagine, si compiacque, che sf co me tutte l'altre cose sono dalla propia lor natura li mitate, e ne' propij termini rinchiuse, fuor de' quali non è lor lecito d'uscire ; cosf egli da niuna particolar natura astretto, solo godesse l'ampio privilegio, e l'al to dono del libero volere, & arbitrio; mediante 'l qua le volendo, potesse con l'eviterne sostanze alzar se stesso al suo Creatore, e farsi immortale. Et accioché la felicità sua in niuna parte mancas se, gli diede appresso il legno della vita, co'l quale rendendosi potente a non morire, se medesimo per petuar potesse: doni, e tesori veramente pur troppo incomparabili. Ma non si tosto l'incauto, e misero huomo questa si segnalata, & indicibile ventura ot tenne, che declinando alla sinistra parte, e se mede simo dalla vivifica luce, e dalla vita miseramente pre cipitando nella tenebrosa morte del peccato, meritò di perdere si fatto bene, e cotanta felicità. Dall'altro canto la somma clemenza di Dio, il cui propio è di perdonare, e d'haver mai sempre miseri cordia, havendo già ab eterno ordinato, che l'unico suo Figliuolo per l'huomo nocente, e reo della lesa
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LlBRO PRIMO
Maestà divina, alla giustltla sodisfacesse ; mossa (per cosf dire) a compassione dell'human genere, & indi temprando l'ira, e lo sdegno suo giustissimo, lasciollo pur signore non solo di quel libero arbitrio, & asso luta facoltà di eleggersi quello stato, quella natura, e quella vita sia divina, o celeste, o pur terrena, e sen suale, che piu al volere suo, & a' suoi desiderij grata fosse; ma anco dell'intelletto, della perfetta cognitio ne delle scienze, e brevemente di tutti gli altri natu rali doni, avanti dalla somma sua liberalità donatigli. Laonde, quantunque il misero huomo scacciato dal Pa radiso delle delicie, da quello havesse perpetuo ban do, e conseguentemente privo dell'arboro della vita ri manesse ; nondimeno de' divini raggi dell'increata sa pienza illuminato ; e poscia co' l mezo de i sudetti doni misticamente vide in certa parte della terra una maravigliosa imagine, & una real sembianza del me desimo legno vitale: laquale imagine noi, seguendo an co ' l parere d'alcuni de gli antichi sapienti, & insie me con alquanti moderni scrittori, l'ultimo de' quali è. Giovanni Braccesco, meritamente chiamiamo mistico, overo secondo arboro della vita ; e ciò per quella affinità, e simpathia, ch' essere fra ambidue loro scorgiamo, e che da noi sarà apertamente dimostrata. Quinci per conseguenza quella parte della terra, d'onde cotal arboro sorge, può, e suoi parimenti chiamarsi il secondo Paradiso terrestre. Di tutto questo dunque il clementissimo Signore fece all'huomo libero, & ampio dono ; concedendogli insieme facoltà di poter ad imitatione di lui oprare in questo Mondo inferiore cose d'eterna maraviglia degne. Queste altissime preminenze, e segnalate prerogative considerando il Profeta Davide, gridava, dicendo: Voi sete Dei, e figli dell'Eccelso.
Gio. Braccesco
Davide
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Hermete
Alberto Magno
Giovanni Pico
Pitagora Samio
IL MONDO MAGICO DE GLI HEROI
liebe da Hermete vien confermato, mentre ei dice, l'huomo essere gran miracolo, & animale degno di esser adorato. Ma lasciando il discorrere in questo luogo, come l'huomo, raccogliendosi nell'unità del cen tro dell'intelletto suo, possa in Dio trasformarsi, solo veggiamo c1o, che 'l secondo legno della vita propia mente si sia, e quai maraviglie, ed effetti possa il possessor suo in virtu di quello produrre in questo Mondo materiale. È chiarissima cosa presso li Sapienti, detto arbore altro non essere, che il soggetto dell'umana sapienza, dalla divina immediatamente proveniente. Questo da Alberto Magno è chiamato soggetto di tutte le mara viglie; e ciò con molta ragione ; poscia ch'egli è Vaso, matrice, e fondamento di tutti gli elementi ; egli è og getto, soggetto, e ricettacolo di tutti i raggi e influs si celesti ; egli contiene in sé i temi e le virtu seminali di qualunque cosa; egli da gli elementi, e da i Cieli è pepetuamente fecondato: e perciò è produttore di tutte le cose in questo inferior Mondo poste; egli è prima materia della nostra creatione, è in atto vegeta le, minerale, & animale; è suprema medicina de' corpi umani : e finalmente è centro, fondamento, & fonte di tutte le corporali, e sensibili creature. Afferma Giovanni Pico nel libro della dignità dell'huomo, ch'egli fu sempre legge, e precetto univer sale fra sapienti, che non fosse giamai lecito ad alcun di loro trattare, o palesar le cose alte, e sublimi, né i loro misteriosi dogmi, se non sotto oscuri, & enim matici veli : e ciò non solamente a fine, che i celesti loro segreti non pervenissero alle mani dell'indegno volgo ; ma etiandio perché conobbero, che tale era il divin volere : e di ciò rende Pitagora la ragione, di cendo, che questo è da Dio occultato, a fine, che 'l mondo non si distrugga, e pera. E perciò tutti gli al tri Savi insieme affermano, che chiunque fosse cotanto
LIBRO
PRIMO
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ardito di rivelare i loro astrusi misteri, sarebbe fratto re del celeste suggello, e reo della lesa Maestà divina. Il medesimo affermano Dionisio santo Areopagita, il Tritemio nella Steganografia, & Boetio, dicendo, l'oscu rità essere fida custode d'essi misteri. La onde scrivendo Platone a Dionisio della natura del primo Ente, gli dice, ch'egli si deve scrivere sot to enimmi, e con artificiosi giri di parole, a fine che, pericolando per qualche strano accidente la scrittura, ella non venga intesa. Cosi enimmaticamente insieme favellarono Salomone e la Reina Saba. A questo me desimo effetto solea Pitagora Samio imporre il silentio di cinque anni continui a' suoi discepoH, a fine ch'a tacere imparassero. Per questo introdussero gli anti chi Poeti le loro favole, sotto le cui scorze, come af ferma Aristotile nella Poetica, e Macrobio nel sogno di Scipione, gli altissimi segreti nascondevano. Final mente gli sapienti Egittij ritrovarono le loro lettere ignorabili, cioè hieroglifiche figure, accioché, come scri ve Cornelio Tacito, le cose sante, e venerande, non fossero dalla volgare intelligenza profanate. Tutto que sto non ostante, non per disprezzo di precetti cotanto formidabili, né meno per contravenire al divin volere ; anzi per ubbidire a certa spiratione, determiniamo sco prire, & apertamente snodare, che, e quale sia il su detto legno della vita, e soggetto dell'humana sa pienza. E perché, come afferma il Beato Basilio nel libro dello Spirito santo, l'oscurità è certa spetie di silen tio: pertanto habbiamo anco risoluto di dare in ciò, contr'all'universal uso, assoluto bando a tutti gli enim mi, metafore, parabole, & altre figure, & oscurità; & in loro vece scrivere ordinatamente, e con piano, e chiaro metodo: assicuratici, che sf come quelli , che da Dio saranno eletti a tanto dono, riceveranno da quello , che diremo, grandissimo lume ; cosf l'istesso
S. Dionisio Areopagita Giovanni Tritemio Boetio Platone
Aristotile
Macrobio
Cornelio
Tacito
S. Basilio
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Gebro Arabo
Platone Boetio
Anassagora
IL MONDO MAGICO
DB GLI HDOI
Iddio, il quale a i gran prodigij indurò il cuore di Faraone, farà ancora, che li reprobi e perversi veden do non veggano, e udendo non intendano. E di ciò non ha dubbio alcuno, essendo verissima la sentenza di quel saggio Re dell'Arabia Gebro, mentre disse, Che questo è dono di Dio, il quale lo dona, e toglie a chi li piace. Di che è manifesto argomento, che fra un quasi infinito numero di quelli, che curiosamente lo ricercano, a pena uno ne vien fatto degno. Habbiamo parimenti giudicato sovverchio l'affetta re in questi discorsi vaghezza, e soavità di stile ; pa rendo il colto, e polito parlare esser propio di coloro, i quali di rado ne gli ornati scritti suoi sogliono altro frutto recare, che la medesima dolcezza : però disse Platone : Cum de re agitur, frustra elegantiam, aut ruditatem verborum attendimus. Simigliantemente Boetio scrisse che In scriptis, in quibus rerum cognitio quae ritur, non luculentae orationis lepos, sed inco"upta ve ritas exprimenda est. Hora si come , per testimonio della sacra Scrittura, il primo legno della vita, insieme con quello della scien za del bene, e del male, hebbe dalla Terra il suo na scimento ; cosf parimente quest'altro legno della vita mortale dalla Terra la sua origine trahe : anzi, non solamente egli nasce dalla Terra, ma piu tosto, e piu propiamente può dirsi essere la stessa Terra. La Ter ra dunque è quel soggetto dell'humana sapienza, che sopra si disse. Questa è l'oggetto di tutte le maravi glie, tanto celesti, quanto terrene, ned ella finalmente altro è, che quell'antico tenebroso, & indistinto Caos, in cui Anassagora pone il principio dell'essere delle cose, dall'onnipotenza del Creator del tutto di niente creato, & di cui poscia egli formò l'Huomo, i Cieli, il Sole, la Luna con tutti gli altri celesti lumi, gli elementi, gli animali irrationali, le piante, le pietre, i metalli , & in somma quanto nell'Universo è contenu-
LlBllO PlliMO
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to. E perciò con ragione Ferecide Siro volle, la terra essere il principio delle cose e gli antichissimi Arcadi dissero, come attesta Teodontio, che la terra era ori gine del tutto ; laonde è da Orfeo ne gli Hinni addi mandata
Ferecide Siro Arcadi
Teodontio Orfeo
Genitrice de' Divi, e de' Mortali Che l' tutto nutre, e ogni perfetto dono Liberai porge.
da Hesiodo nella Theogonia è detta fermissima sede del Cielo Parimente Statio nella Thebaide cosi di lei scrisse, &
Hesiodo Statio
O eterna madre d'buomini, e di Dei, Che generi le selve, i fiumi, e tutti Del mondo i semi d'animali, & fiere, Di Prometheo le mani, e insieme i sassi Di Pirra, & quella fosti, la qual diede Prima d' ogn'altra gli elementi primi.
Et quel che segue. Quinci per ultimo si scorge la Terra essere l'al bergo, & il santuario dell'alma madre Natura. Al nuo vo, e non mai piu udito scoprimento di sf alti, & ineffabili misteri riderà l'indotto, cieco, e sciocco Vol go ; e come totalmente di quelli incapace, stimerà tut to ciò essere una mostruosa Chimera. Li dotti altre si, cioè quelli, che, percioché solo esteriormente con siderano la virtu, e la forza delle prodotte cose, pos sono dirsi volgari Filosofi, armati dello scudo della loro sterile peripatetica Filosofia, & avezzi alle con tentiose, e vane dispute, s'accingeranno al contradirci, adducendo l'opinione del loro maestro Aristotile intorno alla prima materia; e soggiungendo, ch'in esso Aristotile non si può né anco di tutto ciò presuppor-
Aristotile
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David
Hermete Plotino
Hermete
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re ignoranza : conciosiacosa, che per la profondità del la dottrina sua meritò esser detto Segretario della Na tura. Ma ammesso, e non concesso, tutto questo, deo no nondimeno avvertire, che colui sarebbe del nome di Segretario indegno, che temerariamente i segreti fi datigli dal suo Principe palesasse. E comunque si sia, se bene s'andranno gli scritti di lui considerando, ve drassi apertamente, ch'egli non tratta le cose alte, e recondite per li suoi primi, possimi, & immediati prin cipij , e cagioni ; ma solo in genere, e confusamente. Dall'altro canto gli altri di piu alto, e di piu elevato spirito (quantunque sempre pochissimi sieno stati) i quali da' divini raggi illuminati, felicemente nel pro fondissimo santuario della Natura sono discesi; & ivi non pure i piu intimi, & astrusi suoi segreti hanno intìmamente, e perfettamente conosciuto; ma anco al la stessa Natura posto il freno, e fattala in molte co se a loro ubbidiente ; e perciò detti meritamente oc culti Filosofi, anzi veri Sapienti: questi, dico, si riem piranno di stupore, e di timore insieme, vedendo i lo ro ineshausti tesori esposti a manifesto pericolo d'es ser dall'indegno Mondo indegnamente usurpati. Ma a tutti questi rispondesi come sopra ; aggiungendo in sieme a questo proposito quello, che 'l regio Profeta nel salmo nonagesimoprimo disse per altro, cioè : Vir insipiens non cognoscet; et stultus non intelliget haec: ma soli saranno da Dio fatti degni di si alta naturale intelligenza coloro, i quali hanno, come dice Hermete, ottenuto il dono della mente: & a quali, conforme al detto di Plotino, non disconviene la manifestatione de i divini misteri : non essendo in verun modo ragione vole, che i celesti segreti della gran madre Natura sia no violati, e profanati d'a gli animi volgari nelle te nebre, e fango dell'ignoranza, e de gli affetti carnali immersi. II che afferma il medesimo Hermete, dicen do, non convenirsi a mente pia, e religiosa publicare
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2.5
alla coscienza di molti trattato pieno di maestà divi na; percioché i divini misteri s'avviliscono troppo, e perdono del loro splendore, profanati dalla volgare in telligenza de gli animi rozzi, & incolti. L'humana sapienza fu da principio, secondo la di versità delle lingue, con diversi vocaboli nominata, e primieramente da quei primi Savi della Persia ella fu detta Magia. Ma perché detta magia in due si divide, cioè nella Naturale, & nella Cerimoniale : & questa poi constituisce quelle due spetie, da' Greci dette Theurgia, e Goetia, ambedue superstitiose, infami, e diaboliche, e degne d'essere, come sono, perpetuamen te dannate, & abhorrite dalla santa Chiesa Catholica, & insieme da tutte le leggi, sf come afferma Filone nel libro delle leggi speciali, e Porfirio citato da Santo Agostino nel libro della Città di Dio. Però lasciando in eterna abhominatione la detta Ceremoniale, come arte efferanda, prestigiosa, & empia; la quale fondata solo nell'opre nefande dei fraudolenti Demoni, altro frutto non produce a' suoi seguaci, che la dannatione, e. morte eterna, solo la Magia naturale, il cui soggetto habbiamo dimostrato sopra, strettamente abbracciamo, come quella, che venendo da Dio infusa, altro final mente non è, che assoluta, e consummata perfettione della vera Filosofia naturale. Questa dunque può meri tamente dirsi fonte, splendore, e notitia di tutte le scienze naturali. E quindi è, che per conseguirla mol ti s'affaticarono infinitamente, peregrinando in diverse parti del Mondo, tra' quali furono Platone, Democri to, Empedocle, e Pitagora; e prima di loro n'hebbe ro perfetta cognitione Zamolside Scita maestro d'Ab bari Hiperboreo, e Zoroastro figliolo d'Oromasi, da cui ella fu poscia diffusa ne i Persi, ne i Medi, Bat triani, Massageti, e ne' Sogdiani . Passò ancora al gran Mercurio Trismegisto in Egitto ; & indi pervenne ad Orfeo Trace, seguito poi da Aglofemo, & amendue
Persia
Filone Porfirio S. Agostino
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lamblico Calcideo
Plinio Platone
Apuleio Porfìrio Suisia Cabalisti Egitij Indi Galli Assirii Babiloniji Caldei Greci
Martiano Capella
IL MONDO MAGICO DE GLI HEllOI
imitati da Pitagora ; conciosia che egli hebbe, come racconta lamblico Calcideo, la theologia d' Orfeo per idea & essemplare della sua filosofia, la quale divina era chiamata perciò ch'ella hebbe origine da gl'insti tuti d'esso Orfeo, dal sacerdozio di Mercurio , e da i magici precetti di Zoroastro. Questi poi furono seguiti da Caronda, Damigerone, Apollonio, Hostano, Darda no, Eudosso, Hermippo, e finalmente da tutti gli altri seguaci della Pitagorica, e Platonica dottrina. Di que sta altissima notitia trattarono, & intesero parimen te 'l grande Homero, fonte, come attesta Plinio, de' Greci ingegni, e Virgilio di lui imitatore, ne' miste riosi Poemi loro. Platone nell'Alcibiade disse, che la Magia di Zo roastro era scienza delle cose divine, la quale soleva insegnarsi a i figliuoli de i Regi di Persia, a :fine, ch'eglino dall'ordine dell'Universo a rettamente go vernare imparassero. Oltra di ciò egli chiamò nel Char mide la Magia di Zamolfide, medicina dell'animo. Da questo nome Magia furono i loro legitimi pos sessori Magi addimandati; sf come affermano Apuleio, e Porfirio: quantunque Suida voglia tal nome Mago esser ritrovato da M àgucei. Li Cabalisti hebrei soglio no chiamar questi con nome di Profeta : da gli Egittij è detto Sacerdote; da gl'Indi Ginnosofista : i Galli Druido l'appellano: Bardo gli Assirij , Babilonij, e Cal dei: da' Greci Sofo, e Filosofo è chiamato: da alcuni Spagiro: e da altri Occulto, & Adepto filosofo. Et avenga che tali nomi siano convenevoli, e pro pij, diciamo nondimeno, che al Mago naturale con viene piu d'ogn'altro il nome d' H E RO E, come no me piu a lui propio; piu significante, e piu misterio so. La voce Heroe, deriva, come afferma Martiano Capella nelle nozze di Mercurio, da Hera, che la Terra s ìgni:fic a: la Terra altro non è che la materia. Et per ché detta materia dalla Gentilità era attribuita a Giu-
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none; anzi ella è anco intesa per la stessa terra, over materia, si come a Giove davano la forma; quindi è, che dissero, come riferisce Santo Agostino nel decimo della Città di Dio, che 'l nome d'Heroe ha havuto origine dal primo figliuolo di Giunone, Heroe chiamato: il qual mistero intese Homero, quando ei disse,
s. Agostino
Homero
Hera Giunon mirò dal seggio d1oro Giove, che nel rivoso Ida sede.
Chi dunque conosce quella intrinsecamente, & ha notitia de gli etherei, & inestimabili tesori entro di lei nascosti, si come ha il vero Mago ; Heroe felicis simo meritamente, e propiamente può, e deve chia marsi. Si tiene communemente colui nel catalogo de gli Heroi dover esser posto, il quale, virtuosamente opran do, con fatti gloriosi, e memorabili si rende ne gli occhi di tutti cospicuo, e riguardevole. Ma egli è evi dentissima cosa, che niuno giamai potrà far l'apre se gnalate, ch'agevolmente, e naturalmente potranno far si dal Mago in virtu della natural Magia; perciò a lui solo si deve 'l nome d'Heroe. Tali furono misticamente descritti, e come tali celebrati, Ulisse da Homero, & Enea da Virgilio, amendue non meno della Magia naturale intelligenti, che buoni Poeti ; dando essi all'uno il Ramo d'oro, & all'altro l'herba Moli, questa, e quello significanti la forza, e la magica potenza. Glorioso Heroe fu parimente Giasone con l'acquisto del Vello d'oro. Finalmente qualunque oculato Poeta ha voluto rap presentare un vero Heroe, non mai l'ha lasçiato senza l 'aiuto magico, con dare a chi una magica armatura, a chi un cavallo, a chi una lancia, a chi un brando, a chi un anello, e simili. Ma perché, come riferisce Luciano ne' Dialoghi mo-
Homero Virgilio
Luciano
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Orfeo
Orfeo
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rali , gli Heroi non essendo solo huomini , né solo Dei, vengono ad essere l'uno, e l'altro insieme, e però det ti Semidei, overo Dei Semoni ; perciò vien dato loro un propio Orbe, over Cielo; il quale sarà quel mi stico, e secondo Giardino delle delicie, che sopra s'è detto ; e dal cui centro nasce il mistico nostro legno vitale. E si come il primo fu Paradiso terrestre, & hora chiuso, e nascosto a tutti ; cosf il secondo è nella Terra posto, & a gli animi loschi, & impuri non appare : ma stassi parimente occulto nell'alte caligini della luce inac cessibile del celeste Sole ; e solamente al felice He roe magico si dimostra, e da lui è gloriosamente pos seduto, godendo, e fruendo egli il salutifero legno del la vita, nel centro di questo Orbe posto . La Magia è scienza di tutte l'altre humane scien ze Reina, la quale c'insegna chiamar in luce, e fuori dalle tenebre tutte le naturali virtu, sparse, e semina te dal grande Iddio per tutte le parti del Mondo. Queste tenebre e queste caligini sono l'istessa cosa co'l famoso Antro di Mercurio. Racconta Orfeo nel Lapidario, che 'l sommo Giove, mosso a compassione dell'humane miserie de' mortali, per Mercurio figliuol di Maia deliberò mandarci un dono, il qual altro non era in somma, che un cumulo di tutti i beni, & un acervo di tutte le felicità naturali ; ma che Mercurio, giunto qua giu, ripose quello in certo antro; & ivi rinchiusolo, se ne rivolò al Cielo, portandone seco la chiave. Per tal dono intendesi chiaramente l'heroico legno della vita, e per l'antro l'Orbe sopra raccontati: quindi soggiunge Orfeo, dicendo: Chi con prudenza si riduce all'antro Venerabil d'Hermete, ov'ei ripose Di tutti i beni un infinito acervo, Può con ambe le man d'essi ripiene
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Quindi partirsi, e nel suo albergo poi Scacciar beato ogni noiosa cura.
Quest'Antro intese Virgilio per l'Averno, nel quale volendo egli introdurre Enea, gli dà la scorta della Sibilla, co'l fatidico Ramo d'oro ; si come altresl Homero fa , che Mercurio dia l'herba Moli ad Ulisse : e ciò per darci a divedere quanto malagevole, e difficile sia cotale entrata. Prega dunque il termassimo Giove dator di tutti i beni, senza 'l quale in vano ti affaticherai di pervenire a tanta felicità, che con un raggio del divin Sole t'illumini, t'additi l'arduo, & angusto sentiero, e t'aiuti nel lungo, faticoso, e periglioso viaggio, a fine che, divenuto glorioso Heroe, tu possa, qual nuovo Giasone, riportar la palma di si segnalata impresa. In tanto noi in quel modo, che c'è permesso dalla Divina Maestà, anderemo dimostrando l'entrata di det to heroico Orbe nascosto, come sopra dicemmo, nel l'alte caligini della luce inaccessibile del celeste Sole, cioè nell'elemento della Terra. Acciò dunque che tu non erri, ti conviene prima sapere, che la terra, che noi calchiamo, non è il vero elemento terrestre, ma solo elemento elementato, & impurità de gli altri ; e per conseguente non puoi per esso arrivare al celeste Dono : ma in Oriente troverai porta, la piu amplia, e la maggior di tutte, ch'a quel lo ci danno adito. Ma anco qui sia di mestiero avvertire a quello, che l'Abba te Tritemio di detto Oriente ricorda nel primo libro della Steganografia; Orientem (dic'egli ) hic velim intelligas, non ubi Sol quolibet die oritur, sed eum locum, in quo a principio creatus est. Un altro ingresso, secondo altri, si trova ne i gran monti della Libia. Hermete parimente n'assegna uno in certa parte del Mar Rosso. Finalmente, per agevolarti l'impresa, sappi che non solamente ne i su-
Virgilio
Homero
Abba te Tritemio
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detti luoghi troverai l'entrata all'Antro di Mercurio, & all'heroico Orbe; ma il troverai medesimamente in tutti quei luoghi minerali, ne i quali tal volta si so gliono vedere alcuni Mostri, de' quali certi sono detti Pigmei, Gnomi , Vulcani, Salamandre, & altri. Concio sia c'havendo la Divina providenza a ciascuna cosa na turale dato (come vogliono alcuni ) il suo custode ; per ciò questi sono sovraposti alla guardia degli ineshausti tesori della Terra, cioè de i metalli : cosi come quegli altri Mostri, silvestri detti, overo Silvani, hanno cura delle gemme, e pietre pretiose. Le Ninfe parimente, altrimenti dette Undene, soprastanno alli tesori, che nel seno del vasto, e profondo Mare si nascondono. Qualunque volta adunque, & in qualunque luogo ap pariranno li sudetti, sarà manifesto indicio quivi es sere grandissimi tesori; come gli esperti, e periti Mi neralisti per lunga isperienza hanno osservato : per cioché se all'entrare nelle viscere di qualche monte minerale scorgono alcuni de' sudetti Mostri, il quale, conforme al loro costume, mostrandosi tutto ridente, e festoso, co i gesti dia segno come andasse ad in ' contrarli, tengono in tal caso per cosa certa, la minie ra dover esser loro di grandissimo profitto, & utile: ma se per contrario esso Mostro si mostra turbato ; e pieno di sdegno, e d'ira si dia a fuggire, perdono a fatto ogni speranza di poter ivi far guadagno alcu no. Apri in questo luogo gli occhi mentali; considera tutto con prudenza; & intendi sanamente : e divente rai Heroe felice. Habbiamo detto la Magia essere scienza, la quale c'insegna chiamar in luce, e fuori delle tenebre, tutte le virtu sparse, e seminate da Dio per tutte le parti del Mondo. Hai inteso ancora ciò, che queste tene bre si siano: resta, che manifestiamo, e scopriamo le virtu, ch'entro di quelle sono nascoste. Tali virru adunque altro non sono, che lo spirito dell'Anima
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del Mondo , il quale spargendosi, e diffondendosi per tutte le cose, a ciascuna dà la forma, la vita, l'essere, e la permanenza . Ma sappi , che quantunque egli a tutte le cose si communichi, e sia sparso in tutte le parti del Mondo, nondimeno ei non si può in verun modo cavare, né da quei luoghi , né meno da tutte le cose, che da lui ricevono vita , e nelle quali si diffonde, e sparge. È verissima quella volgata propositione, cioè, che questo spirito si ritrova in tutte le cose, cosi ne gli huomini , come nelle bestie; ne gli elementi, tan to della terra , quanto dell'acqua, dell'aria, e del fuo co ; ne i fiumi , nel mare, ne i monti, ne i piani, nelle valli, ne i boschi, ne i prati, ne i deserti, ne i me talli, e nelle piante; & anco ne i Cieli, e nelle Stelle : nondimeno tutto questo, dal Mondo sinistramente in teso, ha fatto cadere infiniti in infiniti errori. Percio ché incontinente, che questa divina virru, con l'infon dersi ne gl'individui di ciascuna spetie, a quelli ha data la vita, l'essere, la forma, e la permanenza ; in quel medesimo istante perde la natura sua universa le; e co'l rinchiudersi ne gl'informati individui, fatta particolare, solo si ritiene la forza, e la natura di quel l'herba, o di quell'animale, overo di quel metallo, o di qual si voglia altra cosa da lei informata. Laonde vanamente, & inutilmente fuori del Centro nel Centro contenuto ella vien ricercata. Questo Centro è il già detto Antro di Mercurio; e lo spirito altro non è, che 'l Dono entro di lui riposto; & è finalmente lo stesso Mercurio figliuolo di Maia, intesa nell'antica Theolo gia per la Terra istessa. Dei sapere, che, secondo gli antichi Magi, furono tre Mercurij , computandovi il metallico, volgarmente detto argento vivo, il quale come inutile si lascia; e solo delli due primi intesero, de' quali uno è celeste, e l'altro terrestre. Ilche solevano gli Egittij infe-
Antichi Magi
Egittij
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Egittij Orfeo Trace Giovanni Pico
Giuliano Platonico.
Orfeo Pitagora Democrito Zoroaste Sinesio Plotino S. Agostino Platonici
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rire , co'l dipingere esso Mercurio con la faccia in par te scura, & in parte chiara: non che due veramente siano; ma mentre lo Spirito celeste dall'Anima prima infino al mondo elementare vivifica, è Mercurio cele ste addimandato; ma poscia diffondendosi per la Re gione elementare, vien detto Mercurio terrestre. Questo adunque è Spirito in atto lucidissimo, se condo gli Egittij , padre d'ogni generatione, e perciò Orfeo Trace il chiama Pangenitora ne gli Hinni suoi misteriosissimi, da i quali afferma Giovanni Pico im pararsi la Magia naturale, non altramente di quello si faccia da i Salmi di David la Cabala. Di questo Mercurio intese Giuliano Platonico, mentre disse, es sere diffusa per l'Universo, & in tutte le cose innata, una certa natura in se stessa lucente, e trasparente, quasi di diafano, & di lume, temperata, non sottopo sta a peregrina mescolanza, né ad alcune passioni ; ma che ella è atto di pura intelligenza, e c'ha lume invi sibile, & incorporeo, il qual è cagione di questo lume visibile; e nella cui virtu dicono essere pochissimo della natura terrena, alquanto dell'acquea, piu dell'aerea, e molto piu dell'ignea, e stellare : e che alla propor tione di queste misure, le quantità delle Stelle, e de gli elementi si produssero ; ma ch'egli in ogni luogo, & in tutte le parti vive prossimo autore, e moto d'ogni genera tione. Queste mercuriali, e celesti virtu furono da Or feo, Pitagora, e Democrito, dette Dei empienti l'Uni verso; da Zoroaste, Sinesio, Plotino, divini allettamen ti, e da Agostin santo occolte seminarie ragioni per tutti gli elementi sparse. Questo Mercurio ne gli huo mini è, secondo i Platonici, quel vehicolo ethereo, o carro celeste, overo interna spoglia, che l'anima nel corpo discendendo, & per le sfere celesti passando, si prende; per lo cui mezo come di propio, e spm tual corpo, a questo corpo materiale, e corrottibile si
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congiunge : ne gli altri animali è il loro propio spirito vitale: nel genere vegetale è la virtu di calore vivi fico: e finalmente nel minerale è il solfo, e l'argento vivo, cioè il caldo, e l'humido, pr(Jssimi principij de' metalli minerali, e finalmente di tutte le cose, che dal le viscere della terra nascono. Et quantunque questi tre corpi, cioè l'animale, il vegetale, e 'l minerale, siano di diversa forma composti, sono nondimeno dal sopradetto solo Spirito, & unico Mercurio prodotti. Et si come questo, niuna cosa lasciando priva della sua virtu fecondissima, in tutte si ritrova; cosf all'in contro tutte le stesse cose in esso si richiudono. La onde con ragione dissero gli antichi, essere in Mercurio tutto quello, che ricercano i Sapienti, addimandandolo per questa cagione, Omnis res: e ciò parimente intese Virgilio in quelli altissimi versi:
An tichi Sapienti
Primieramente il Ciel, la Te"a, e'l Mare, E co' lucente globo della Luna Tutti gli altri celesti eterni fochi, Lo Spirito entro nutrisce; e per le membra Del Ciel diffusa la superna mente, La mole universale agita, e move. Indi derivan gli huomini, e le fiere; Et han vita gli augei, vive in quei semi Vigor di foco, origine celeste: Pur che lor non ritardi il corpo errante.
Tutto questo parimente mirabilmente espresse il grande Hermete, dicendo, che, Sicut omnes res fue
Hermete
runt ab uno, meditatione unius; sic omnes res natae fuerunt ab hac una re, adaptatione.
Questo medesimo ci significarono gli antichi sacer doti Egittij co'l mirabile, e misterioso Hieroglifico del l'istesso Mercurio. Il mondo sensibile, e materiale, se condo Platone , & Aristotile, è composto di otto Cieli,
Egi ttij Platone Aristotile
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Platone
IL MONDO MAGICO DE GLI HEllOI
di quattro Elementi, e delle cose, che in essi si ri trovano. Tutto questo comprende in sé il detto Hieroglifico, essendo egli composto del carattere , e della nota di ciascuna di dette cose, le quali ivi apertamente si scorgono: imperoché, facendosi di quello anatomia, e dividendosi nelle sue parti, vedrassi chiaramente, ch'e gli consta primieramente d'un circolo perfetto, Hiero glifico del Sole, appresso egli consta d'un semicircolo, nota della Luna ; d'una croce, simbolo delli quattro ele menti ; e del segno dell'Ariete. Gli altri quattro Hie roglifici poscia, cioè quelli di Saturno, di Giove, di Marte, e di Venere sono formati o dal carattere del Sole, overo da quello della Luna, con l'annessione del la croce, o parte di lei, overo della nota dell'Ariete. Il Hieroglifico di Saturno è composto di quello della Luna, & insieme di quello de gli elementi : quel lo di Giove consta de i medesimi, & è l'istesso, eccet to ch'ei tiene sito diverso. Il carattere di Marte è composto di quello del Sole, e di quello dell'Ariete, congiunti insieme dalla retta linea della croce. La nota di Venere è formata di quelli del Sole, e de gli ele menti. E finalmente il Hieroglifico dell'Ariete si forma di due semicircoli connessi in un commun punto. Questo anch'egli è non meno de gli altri miste rioso ; conciosia cosa che, conchiudendosi, e congion gendosi l'un semicircolo all'altro magicamente, si for ma il circolo intiero, ma differente da quello del Sole; percioché nel centro di quello è posto un punto, che hieroglificamente la Terra significa, per dinotarci il dominio, & il corso di esso Sole intorno a detta Ter ra : ma quest'altro circolo manca di tal punto visibile; quindi egli verrà ad essere simbolo dell'ottavo Cielo, detto firmamento, cioè delle Stelle fisse, le quali da Platone sono dette eterni fuochi, si come il mistico carattere dell'Ariete è segno dell'ignea triplicità.
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3.5
Ecco dunque quanto mirabilmente questo hiero glifico ci fa vedere, qualmente Mercurio divinamen te in sé contiene tutti gli otto Cieli, che il Mondo ethereo constituiscono; & insieme abbraccia 'l mondo elementare designatoci, come sopra si disse, per la croce. E perché questo mondo elementare, e materiale, altro non è, che la stessa materia, si come il celeste, overo ethereo, è la propia forma, però comprenden do Mercurio e l'uno, e l'altro, viene conseguentemen te ad haver in sé virtualmente, e potentialmente tutte le cose create, tanto celesti, quanto terrene; tanto ani mali, quanto vegetali, e minerali.
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Platonici Proclo
Anassagora H ermete
Artefio
Avenzoar Babilonij
Pitagora
IL MONDO MAGICO DE GLI HEROl
O tre, e quattro volte beato colui, che dotato d'ingegno si profondo, e di spirito tanto elevato, ar riverà alla vera cognitione di si alti, e maravigliosi misteri ; perché fatto Heroe, sarà dalla divina Sapien za posto nell'Heroico Cielo, e costituito Signore del l'Universo magico. Che il celeste spirito di Mercurio si ritrovi in tut te le cose, e che parimente tutte le cose nello stesso spirito si contengano, ci viene affermato da molti Pla tonici ; e Proclo scrive nel libro della Magia, e del Sacrificio, che i Sacerdoti antichi conobbero, che in Cielo sono le cose terrene, ma di natura celeste ; & in terra le cose celesti, ma di natura terrena: ilche ci viene da Anassagora confermato, dicendo egli, ciascu na cosa essere in ciascuna cosa. Il medesimo attesta il grande Hermete nella misteriosa sua Tavola Sma ragdina, con queste parole, Quello, ch'è di sopra, è come quello, ch'è di sotto ; e quello, ch'è di sotto, è come quello, ch'è di sopra . E per ultimo alluse a ciò l'antichissimo Artefio, dicendo nel principio de gli astrusi suoi segreti, che Mundus secundus a primo omnino cognoscitw: intendendo per il primo Mondo il celeste, e per il secondo il terrestre, e materiale. È nota cosa all'Heroe sapiente, che la natural Ma gia, dopo Iddio, ha la sua dipendenza, non da al tro, che da i numeri : la onde disse Avenzoar, e molti altri Babilonij , colui haver compita cognitione di tutte le cose, che perfettamente sa numerare. Ma sappi, che tal numero non è il numero volgare, ma quello, ch'è occolto nelle proportioni insegnateci dalla formale Arit metica : però conviene tutto ciò sia inteso strettamen te; altro non significando magicamente numerare, che far numeri: e finalmente questa voce numero deriva da nume; cioè Deità. Pitagora dicea, che la natura de' numeri trascorre per tutte le cose; e che la co gnition d'essi è quella vera sapienza, la quale versa
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intorno alle bellezze prime divine, incorrotte, e sem pre essistenti ; dalla cui partecipatione sono fatte belle tutte le cose; e finalmente ne gli stessi ei pose 'l prin cipio dell'essere delle medesime cose. L'antichissimo Artefio parimente nel libl'o de i Segreti dice, Cognito numero, cognosces qua/iter notitia omnium rerum per illum habeatur. Et altrove, a
Artefio
calculis primi hominis omnium artium scientiam, om nemque cognitionem, inveni: detti misteriosi, ne i qua-
li è riposta, e celata la chiave di tutta la sapienza dell'istesso. Cosi Boetio affermò, che di numeri consta quanto è nell'Universo. L'istesso dissero i Pitagorici, come scrive Aristotile nel primo della Metafisica. Finalmente Platone, investigando nell'Epinomide una scienza, che illustrando perfettamente l'intelletto nostro, veramente sapienti, e felici ci rendesse; e che fosse cosi eccellente, e necessaria nella vita humana, che levata dall'uso, e commercio de gli huomini, essa natura humana insipida, & imperfetta ne rimanesse ; disse, ch'ella veniva dall'Autore di tutti i beni; e che questo era il Dio Cielo ; e che tale scienza altro non era, che notitia di numeri : soggiungendo a questo precisamente cosf fatte parole : Percioché se tu anderai tai cose considerando piu, e piu giorni, e notti ; troverai, che 'l Cielo non cessa mai d'insegnare a gli huomini uno, e due: di modo, che anco quelli , che tardissimi sono, quindi imparano ad usare 'l numero; percioché cosi anco, e tre, e quattro contemplando, ogn'uno di queste cose potrà acquistarsi notitia. Questi uno, due, tre, e quattro, insegnatici dal Dio Cielo, sono misteriosamente compresi nel sopra detto meraviglioso Hieroglifico di Mercurio : concio siacosa, che facendosi di quello anatomia, come sopra si disse, e sciogliendolo in quelle parti, delle quali egli
Boetio Aristotile
Platone
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Pi tagora
Iamblico Egittij Cirillo Patriarca
Homero
IL
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è composto, cioè ne i già detti caratteri del Sole, del la Luna, de gli elementi, e dell'Ariete, ne risulta il quaternario, e la mirabile Tetracti di Pitagora, che egli chiamò fonte di perpetua natura, Idea di tutte le create cose, e cognitione delle cose nella divina mente ragionevolmente operante. L'istesso quatternio ne, secondo lamblico, c'era significato da gli Egittij co'l Hieroglifico di quattro cose, cioè d'un occhio, simbolo della divinità, come c'insegna Cirillo Patriar ca nel nono libro dell'Apologia contra Giuliano Apo stata; d'una verga, da Homero attribuita a Pallade, la quale per esser nata dalla mente di Giove, signifi ca la natura intellettuale ; d'uno Scudo hessagono si gnificante il corpo solido, e perciò simbolo dell'uni verso perfetto del sommo Opefìce ne i sei giorni della creatione e finalmente d'un Serpente, hieroglifico del l' animo humano. Questo quaternario mirabilmente corrisponde e coincide con quello del Hieroglifico di Mercurio, cioè l'occhio al Sole, la verga alla Luna ; lo scudo alla Cro ce, nota de gli elementi ; & il Serpe all'igneo segno dell'Ariete. Quinci chiaramente scorgiamo qualmente il misterioso quaternario tutte le cose governa, e com prende. E lasciando di dire, com'egli misticamente ci significhi il divino, e santissimo nome di leova, nome quadrilittero, & ineffabile ; ecco come l'università del le cose sotto a questo numero si riduce. Primiera mente il Caos è diviso in quattro elementi principij di tutte le cose corporali ; il Cielo in quattro parti, o angoli; l'aere in quattro venti, ne i Cieli sono quattro triplicità; sotto 'l Cielo quattro tempi ; sotto 'l tempo quattro qualità ; sotto le qualità quattro elementi ; sotto gli elementi , sostanza, qualità, quantità, e moto; sotto la sostanza, il corporeo, il vegetabile, il sensitivo, e l'in tendente ; la quantità in quattro si divide, in punto, larghezza, lunghezza, e profondità ; la qualità in caldo,
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freddo, secco, & humido; il movimento in ascenden te, discendente, diritto, e circolare ; la terra in quattro spatij . L'istessa quaternità comprende, & abbraccia i ter mini di tutte le scienze, le Matematiche raccolgono punto, linea, superficie, e corpo; la Fisica, le virtu seminarie, la pullulatione naturale, la forma crescen te, & il composto; la Metafisica, l'essenza, l'essere, la virtu, & l'attione. Finalmente, secondo la Theologia d'Orfeo, sono quattro deità chiamate, Muse, Dionisio, Apollo, e Venere : dalle quali vengono, e s'influiscono ne gli animi nostri i quattro deifìci attratti, over fu rori, cioè Poesia, Misterio, Divinatione, & Amore. Oltre di ciò fu la Tetracti da Pitagora ragione volmente detta comprensione di tutti i numeri, per ché riducendosi l'uno, il due, il tre, & il quattro dal la potenza all'atto, se ne produce il diece, numero perfettissimo & assolutissimo, Idea di tutte le cose, & oltra 'l quale niun altro numero si ritrova. E quin di è, che gl'antichi Cabalisti Hebrei ridussero al nu mero denario le loro divine Sefìrod, cioè numerationi, divini attributi, e misure, con le quali sogliono de scrivere Iddio, la divina Providenza, e l'università delle cose. Et sono queste Cheter, Chocma, Binah, Chesed, Geburah, Tipheret, Nezach, Hod, lesod, Malchud; cioè Corona, Sapienza, Prudenza, Clemenza, Giudicio, Or namento, Trionfo, Laude, Fondamento, e Regno. Il denario abbraccia gli ordini angelici, computandovi l'ordine animastico, da gli Hebrei detto de gli Issim . Nel mondo celeste sono diece intelligenze, che volgo no le diece sfere . Parimente Archita Tarentino con questo numero abbraccia tutte le cose. Aristotile an ch'egli tutte le cose comprende con quei diece generi generalissimi , ch'egli predicamenti chiama, da Eusta chio detti enti reali, da Alessandro Afrodiseo voci , da
Orfeo
P i t ago r a
Cabalisti
Hebrei
Archita Tarentino. Aristotile Eustachio Alessandro Afrodiseo.
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Porfirio
lambiico Simplicio Amonio
Alcmeone
Platonici Orfeo
Platonici
lambl ico P rodo Orfeo
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HEROJ
Porfirio concetti, da Iamblico, Simplicio, & Amonio, voci semplici. Di piti i Pitagorici ridussero a questo numero tutte quelle diversità, ch'Alcmeone chiama con trarietà , cioè finito, infinito ; pari, dispari ; uno, mol titudine ; destro , sinistro ; mascolino , feminino; quieto, mosso ; dritto, piegato ; ]uce, tenebre ; bene , male ; qua dro, e lungo. Ma rivolgendoci ad altra , e piti alta dichiaratione del simbolico Mercurio nostro ; il mondo, secondo i Platonici , viene in questo modo prodotto dall'anima sua. Dalla Mente prima , ch'Orfeo chiamò Semele for mosa, regina dell'Universo, madre di Bacco, donna di Giove, e nell'igneo parto ardente procede, come fi gliuol da padre, l'anima detta universale, prima, & divina gran Natura, anima regia, Giove, e regina del Cielo, & della Terra. Questa si produce anch'ella una sua Imagine, virtti vivifica, produttrice, e governatrice del corpo dell'Universo, detta da Platonici gran semi nario, percioch'ella, pregna de' semi di tutte le cose comprese ne i concetti ragionevoli , mossa per imitar quell'anima ; della quale ella è imagine, e l'intelletto primo d'amor volgare verso la materia, che veramen te è il sopra dimostrato Caos ; a lei si congiunge, e l'adorna di tante, e s{ diverse forme, con le quali si constituisce il corpo dell'Universo ; la quali forme non meno facilmente s'imprimono nella materia, che i ca ratteri del sigillo nella cera preparata. Questo gran seminario, secondo Iamblico, e Pro do, ne i comentari sopra 'l Sofista di Platone, è det to Opifice del mondo sottolunare, e perpetuo inna morato della materia ; & Orfeo gli diede 'l nome di Protheo, che tien del mare ampio le chiavi, Primogenito, il qual d'ogni natura Scopre i principij; e con le varie Idee I nfirma, e muta la mondana Selva.
I . I IIKO
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Questo è parimente detto acqua, Oceano, & Anima , media Natura. Finalmente questo gran sem i na rio ima gioe dell'anima prima , divina, e gran Natura , altro non è che 'l celeste Sole ; perciò da Orfeo detto lume del la vita. ,
Che tempra le celesti, e humane cose; Occhio eterno del Ciel, che 'l tutto mira.
Altri l'addimandarono cuore del Cielo, imperoché, s{ come il cuore humano è fonte, e sede della vita; cosi nel Sole, ch'a guisa di cuore tiene 'l regal suo seggio nel centro delle celesti sfere, è la conservatione, la vegetatione , e la vita di tutte le cose. Quindi disse Heraclito, ch'egli era fonte di vita. E sf come il cor po humano, abbandonato dall'anima, incontinente si muore, & in poca polve si risolve ; cosi a punto av� verrebbe, come ben dice l'istesso Heraclito, al mondo, levando da quello il Sole: di che fa a noi ampia fe de la Terra, la quale, mentre che 'l Sole a lei s'ac costa, tutta quasi lieta, e ridente di verdi herbette, e di vari, e leggiadri fiori riveste , e mirabilmente s'ador na; ma poscia, allontanandosi egli da quella, si spoglia il vago manto, e si scolorisce, divenendo horrida, e quasi come se fosse morta, sterile & infruttuosa ne rimane. Il Sole è cosi detto perché egli è solo. Di piu Albumasar, e Tolomeo affermarono, che da esso, e dalla Luna veniva la vita infusa. Et il glorioso Gio vanni Grisostomo, parlando di detto Sole, dice, ch'egli è gran miracolo, e che perciò non è chi degnamente possa predicare le lodi di lui. Appresso da M; Tullio nel Trattato della Republica egli fu detto, come af ferma Macrobio nel sogno di Scipione Principe, Capo & Moderatore de gli altri lumi, Mente & Tempera mento del Mondo , il quale con tanta grandezza regge la terra , che con la sua luce illustra , & empie 'l
Heraclito
Heraclito
Albumasar Tolomeo S. Giovanni Grisostomo
M. Tullio Macrobio
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Cabalisti Hebrei
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tutto. Da queste, & altre ragioni mosso Macrobio, apertamente disse, il Sole essere il principio di tutte le cose. Questa eccellentissima creatura fu già da al cuni popoli come Deità adorata ; tratti per aventura in tal errore dalle rare, e maravigliose sue doti, e prerogative. Iddio è lume incomprensibile, ineffabile & indefi ciente : però qualunque cosa è piu di lume partecipe, e copiosa, quella può dirsi piu prossima, e piu simi gliante a Dio. E perché nell'eternità delle cose , tanto celesti, come terrene, niuna ve n'ha, ch'agguagli la lu ce del celeste Sole; quindi manifestamente appare lui essere, come sopra si disse, la sua imagine, & il sen sibile simulacro del divin Sole, anima prima dell'Uni verso. Oltra di ciò, che esso celeste sole sia del divino imagine sensibile, ce lo dimostrano i Cabalisti Hebrei, dicendo, che dall'angelo della Chocma, cioè della divina Sapienza, escono alcuni raggi, i quali en trano nel Tiferet Sefiria, a cui si riferisce il cele ste Sole. Parimente volendo i medesimi Cabalisti con certo methodo insegnarci la divina scienza delle Se fire, ce l'andavano sotto diversi aspetti, e forme rap presentando : il perché dissero alcuni, l'ordine Sefiri tico essere un huomo, il cui capo constituiscono con le tre prime numerationi, le braccia poscia dicevano essere la quarta, e la quinta; la sesta Sefira era 'l cuo re & il corpo, che lo contiene ; le coscie la settima, e l'ottava; la nona li genitali ; & i piedi la decima. Altri volevano, esso universo Sefiritico essere a guisa d'un arboro, le cui radici fossero le tre supreme Se firod, per dinotarci l'indivisa essenza del Creatore tri no nelle persone, & appresso li tre Mondi, che quin ci sono prodotti, cioè il Mondo Intelligibile, il Cele ste, e l'elementare. Il tronco, quasi cuore di tal arbo ro, era figurato dall'istesso Tiferet, simbolo solare ; e finalmente i rami dall'altre sei numerationi . Per ulti-
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mo veggiamo qualmente nella piu universale disposi tione, & usitata forma, che da Cabalisti dar si soglia al medesimo Mondo Sefiristico, l'Orbe del Tiferet è collocato, e posto nel mezo de gli altri attributi, co me lor centro, e cuore: & essendo detto Orbe piu grande de gli altri, ha nondimeno con tutti proportio ne, e proportionata corrispondenza. E ricevendo pie namente le perfettioni delle tre superiori, infonde po scia, e communica la luce, la virtu, e l'efficaci a al l 'altre tutte. Per due cagion principalmente al medesimo Tife ret vien dato l'Orbe di maggior grandezza de gli al tri ; & è l'una per esser egli Sefira del Verbo eterno; il quale, come scrive Clemente Alessandrino nel set timo de' Stromati, è Principe, e Duce della cognitio ne, e della vita: sf come il Sole celeste, imagine sen sibile d'esso divino Verbo, è dà Filone nel libro del l'Opificio del mondo, e da molti altri detto Re grande, e signore della luce visibile; e da Porfirio nel libro de gli Oracoli è parimente detto Re delle Stelle, sem piterno foco. L'altra cagione è, perché la virtti sotare molto piu chiaramente di quella dell'altre Stelle a noi si manifesta; si come apertamente si scorge nella ge neratione, & corrottione delle cose, nella mutatione de' tempi, delle stagioni, e simili; & appresso per es sere 'l Sole, come affermano Proclo, Iarnblico, e mol ti altri, ricettacolo di tutte le virtu, & influssi de i corpi celesti. La nota solare dunque, che da gli Egit tij è posta nel cuore del mirabile Hieroglifico di Mer curio, mirabilmente ci rappresenta l'uno, & l'altro Sole. Il gran padre Hermete Trismegisto, trattando nella maravigliosa sua Tavola smaragdina, ch'altro non è, ch'una breve somma, & un picciolo, ma altissimo com pendio della Magia naturale, del frutto, ch'essa Magia suole a gli heroici suoi figli produrre; mediante 'l qua-
Clemente Alessandrino
Filone Porfirio
Proclo Iamblico
Hermete
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Egittij
Platone Platonici
Plotino
Tolomeo
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le possono oprare in natura infinite maraviglie ; disse, che 'l padre di lui era 'l Sole, s1 come la madre era la Luna ; e che poscia la terra gli era Nutrice : detto veramente pieno d'ineffabili misteri, e possente a ren der felice chiunque con l'elevatezza dello spirito sarà fatto degno di pervenire al profondo senso di quello. In tanto ecco li sapienti Egittij , volendo nel Hierogli :fico di Mercurio esprimere il sopradetto mistero, al Sole simbolicamente unirono, e congiunsero la Luna, dinotanti amendue cotal congiungimento, e celeste ma trimonio, per lo quale essa Luna diviene un sol cor po, & una stessa cosa co 'l Sole. Tal matrimonio, od unione fassi nel presente modo: Dal sovraceleste Sole della divina Bontà, communicante se stessa a tutto l'Universo, la quale communicatione da Platone nel sesto della Republica, e nell'Epistole, fu detta Idea d'ogni bene, procede, secondo i Platonici, come un lume da luce, la Mente prima, o sia la Natura an gelica, la quale in sé contiene tutte le Menti, e tutti gli splendori ideali : da questa poi, a guisa di splen dore da lume, deriva l'Anima del mondo, che com prendendo ogni natura animale, & i concetti, imagini delle prime Idee, vien detto Mondo Ragionevole : quin di finalmente, come calore da splendore, nasce la Na tura per la comprensione de i semi di tutte le cose, chiamata Mondo seminario. Il celeste Sole, adunque, Anima del mondo, manda fuori, come scrive Plotino, quasi :fiato, e verbo, lo spirito suo, cioè il celeste vi vifico Mercurio, natura, e seme universale ; il quale avanti ch'egli all'università delle cose di qua giu dia la forma, la vita, e la permanenza, è ricevuto, come afferma Tolomeo nell'Almagesto, dalla Luna, che per ciò è detta ricevitrice de i celesti influssi. & essendo propio del maschio, come piu degno, d'operare, e d'in fluire, e della femina di patire, e di ricevere, per que sta cagione dissero, l'atto di tal ricevimento essere il
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congiungimento e la copula d'essi Sole, e Luna. La Luna poscia il conceputo seme partorisce nel mondo della generatione, influendo, & imprimendo quello nel la materia, cioè nella terra del celeste parto, fatta , come dice Hermete, diligente nutrice. Questo con li astrusi segreti a ciò appartenenti intesero gli antichi Cabalisti ; la onde nello Sefiristico mondo riferirono, e sottordinarono la medesima Luna al Malchud, ultima numeratione influente nell'ordine de gl'Iflim, cioè de gli Heroi, & Huomini illustri : la qual numeratione è detta Vergine, e pozzo del settenario; percioché, s{ come essa Luna riceve gl'influssi da gli altri Cieli, mediante 'l Sole; cosi questo attributo riceve per mezzo di Tiferet suo sposo tutte le emanationi superiori de gli altri, e quelle diffonde per tutte le create cose. Questo amoroso legame del Sole con la Luna fu leggiadramente accennato da Virgilio nella Georgica, dicendo
Hermete Cabalisti
Virgilio
Cosi, se creder lice, o Luna, il Dio D'Arcadia ti legò con picciol dono Di bianca lana, e ti chiamò nell'alte Selve, né al suo chiamar tu sorda fosti.
Il Dio d'Arcadia, cioè il Dio Pan, che Tutto significa, è simbolo della Natura; e perciò canta Orfeo ne gl'Hinni, ch'egli Ogni cosa produce, e genitore Dell'universo, e principe del mondo, Lucifero fruttifero, e Peane, Per cui fondo ha la te"a eterno; e cede Al suo immenso valor l'ondoso mare.
L'anima media natura dunque, influendo nella Luna, la chiama, l'invita, e l'alletta nell'alte selve (le quali,
Orfeo
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Iamblico Platonici Peripatetici Egittij
Suida Iamblico
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come afferma Iamblico, rappresentano la materia pri ma da Platonici, e Peripatetici, detta Hile, che pur selva significa) alla generatione del mondo materiale. Questo medesimo concetto significavano gli Egit tij co'l dipingere il detto Pane, che con la destra mano percoteva, e flagellava la Luna, e con la sini stra sosteneva le parti maschili erette. Oltra di ciò, come riferisce Suida, dipingevano il favoloso Priapo ( anch'egli hieroglifico, come attesta l'istesso Iamblico, dell'istesso gran Seminario, e Natura universale) in forma humana; tenendo nella destra il regale scettro, per dimostrarci l'imperio, che detta Natura ha nell'Uni verso; con la sinistra poscia parea pure si contrettasse i genitali ; volendo per quello darci a divedere, qual mente in essa Natura sono i semi di tutte le cose, onde influiscono le forme, che poi s'imprimono nella materia. Appresso, la lana è simbolo d'impurità, la qua le impurità è propia della materia : all'incontro, il co lor bianco dinota purità e mondezza ; quindi Pane, il celeste Sole, chiama la Luna nelle selve co'l dono della bianca lana, cioè la chiama alla generatione delle co se, la quale non potendosi fare avanti la depuratione della materia, però con l'influir delle forme, essa lana, cioè la materia, bianca e pura diviene. Gli altri magi ci, e piu reconditi misteri, che sotto questi veli si na scondono, si scopriranno al loro piu opportuno luoco. Intanto discendendo nel Hierogli6.co di Mercurio dal Mondo celeste all'elementare, di cui, sf come già dicessimo, la Croce è nota, e simbolo, sovvengaci pri mieramente, che il fondamento di questa gran ma china dell'Universo non è altro, che un punto quasi indivisibile, & impercettibile; quantunque egli al ma gico Heroe noto, palese, & divisibile si renda, essen do radice, & origine di tutte le magiche maraviglie ; alle quali non si può in alcun modo arrivare, se non co'l solo mezzo del medesimo. Ricordiamoci ancora
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quello, che da princtpto si disse : Che la Terra è il Vaso, e fondamento di tutti gli elementi ; e quinci chiaramente scorgeremo, essa Terra essere il sopra nar rato centro, e punto, del Mondo naturale origine : con ciosia che detti elementi nella naturale, & utile loro discordia, continuamente, e circolarmente, come vuole anco Platone, convertendosi l'uno nell'altro, tutti fi nalmente, come attesta Anassagora, nella Terra, come in loro sede, e centro, si ricoverano, e posano. Si converte il denso del fuoco nell'elemento dell'aria ; il denso dell'aria pura acqua diviene; e parimente la piu spessa parte dell'acqua in terra suoi cadere : all'in contro poscia, ritornando ciascheduno alla loro regio ne, il sottile della terra in acqua si converte; la te nue parte di questa in aria si trasforma ; & il raro, e piu spiritoso dell'aria si trasmuta in fuoco, princi pio, e creato motore della Natura. Et in questa circo lare vicissitudine, e vicendevole circolatione, non è giamai, che la Terra, come nutrice, & matrice de gli altri, pregna non ne rimanga. Dal moto del punto adunque si produce la linea; e da quella viene co tal circolo formato; in cui perfettamente ritrovasi l'ele mentar quadrato; però stupisca 'l Geometra, ansioso sopra modo di ritrovare la non mai saputa Quadra tura del circolo; veggendo nella Magia nostra, il me desimo circolo essere al quadrato totalmente uguale. Laonde, chiunque fuori di essa Magia tenta compita mente venire a si fatta ugualità, vanamente, & inu tilmente ( al parer nostro) con Archimede, Orontio, & altri s'affatica. Hor ritorniamo alla simbolica Croce, la quale in tre misteriosi modi si può considerare : il primo de' quali sarà, che constando ella di due rette linee, con seguentemente ci rappresenta il Binario primo numero, la materia significante; e simbolo d'impurità, d'im perfettione, e di confusione, ma volendo questa dua-
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Abbate Tritemio
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lità dall'imperfetto passare alla perfettione, e dalla confusa materia alla pura , e semplice forma ; convie ne, che si rivolga al primo numero impare, & incom posto ; cioè al ternario, mistica nota della medesima forma . Cotale ternità adunque ci viene dalla Croce con siderata , nel secondo modo dimostra:ta, mentre con templiamo quella essere composta delle due linee ret te, e d'un commune punto, nel quale dette linee so no connesse, e congiunte ; quantunque detto punto in visibile sia ; ma come egli necessariamente ivi si tro va, cosi tale invisibilità non è senza misterio ; per cioch'egli significa la forma concentrata, & occulta nella materia, non essere ancora nel ternario perfet tamente prodotta in atto ; ma per ciò effettuare, con viene, ch'essa Triade, fugato 'l binario, per via del quaternario all'unità sua origine faccia ritorno. Ilche significò l'Abba te Tritemio, dicendo : Omnis itaque; naturae consistens limitibus operatio mirando rum ab unitate, per binarium in ternarium descendit,· non prius tamen, quam a ternario per ordinem gra duum in simplicitatem consurgat. Quivi stupisca il dot
to Aritmetico, vedendo qualmente medesimi numeri suoi , astratti, e lohtani dalle corporee, e sensibili co se, e nel profondo dell'intelletto suo variamente trat tati, si ritrovano nella Magia nostra concreti, corpo rei, & alla materia congiunti : l'anima , e la formai vita de' quali, viene dal saggio Heroe spagiricamente separata ; come cagione delle maravigliose operationi sue: ned ella altra monade, od altro numero in niun modo ammette. Finalmente la terza consideratione sa rà del detto Quaternario ; conciosia che, togliendosi dalla Croce il punto copulativo, ivi rimangono for malmente quattro rette linee; le quali simbolicamente dimostrano li quattro elementi: la cui natia nimici tia c'è manifestata dal diverso, & opposto sito, che dette linee, dal punto procedenti, ottengono. La linea
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superiore ci rappresenta il fuoco, de gli altri elementi piu degno: & perché l'acqua per la sua frigidità, & humidità, al caldo, e secco dell'istesso fuoco è con traria; perciò la linea inferiore alla superiore contra posta, è hieroglifico di detto aqueo elemento. Le tran sversali poi, amendue parimente contraposte, sono no ta, la destra dell'aere caldo, & humido, e la sinistra della terra fredda, e secca. Oltra di ciò la Quaternità, come si disse, rinchiu de in sé il Denario numero perfettissimo, & assolu tissimo ; e dopo 'l quale niun altro numero si ritro va: quindi è, che gli antichi Filosofi latini significa rono esso Denario co'l mistico carattere della Croce, cioè della X, vigesima prima lettera dell'alfabeto : Cro ce rèttilinea, rettangola, & equilatera; la quale spez zata, e secata in quella parte, ove le linee dal punto sono insieme congiunte, forma la lettera V, quinta vocale, e segno dd quinario. Cotal lettera finalmen te, inclinata in modo, che la sinistra linea di lei giac cia in soperficie piana, ci rappresenta l'undecima del l'alfabeto, cioè la L, nota del numero quinquagenlltio. Posto dunque insieme prima la L, poi la V, & per ultimo la X, mirabilmente formano questa voce LVX, voce rappresentante l'essenza di Dio, una in natura, e trina nelle persone, propio oggetto de' Beati, vita dell'Universo, ultimo scopo della Magia, & unità, prin cipio, e fine di tutte le cose; alla quale il magico ternario, superato 'l binario, co'l mezzo, & aiuto del la quaternità, felicemente fa regresso, come a suo bea tifico fine: di che piu diffusamente si tratterà a basso. Molti altri misteri, non pure theorici, ma etiandio pra tici, e d'altissimi intendimenti pieni, potranno dal sag gio Heroe esser tratti dalla mistica Croce, e simiglian temente dall'altre simboliche parti componenti il hie roglifico di Mercurio; de' quali misteri a noi basta per bora, co'l girne scoprendo alcuno, bavere altrui aperta
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Astronomi
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la strada : perché volendo diffusamente snodare 'l tut to, non potrebbe ciò farsi senza gran volume, la qual cosa sarebbe contra l'instituto nostro, havendoci da principio in questi discorsi proposta la brevità. Intan to stupisca il Grammatico, dubioso, & incerto dell'ori gine delle lettere; e della ragione de' luoghi, siti, & connessioni loro: veggendo occultamente quelle nasce re nella Magia nostra ; e fra di loro misteriosamente situate, e congiunte, formare la sopradetta dittione di iuce . Resta il mistico carattere dell'Ariete, per la cui di chiaratione sia di mestiero primieramente notare, che come presso li magici Heroi tre furono li Mercuri, tre Soli parimenti appo li medesimi si ritrovano ; e si come li detti Mercuri in essenza non sono altro, che uno, conforme a quello, che sopra si disse ; cosi a punto detti tre Soli ad uno solo, & unico si riferiscono. La onde, piu propiamente parlando, diciamo, il Sole es sere in una essenza triplice, cioè celeste, elementare, e metallico, soluto, fluido, e corporeo. Oltra di ciò è chiara cosa appresso gli Astronomi, che nell'Ariete si fa l'essaltazione del celeste Sole ; e nel Tauro, pros simo segno a questo, fassi quella della Luna. Di piu, separato il simbolico Sole unito con la Luna dalla hie roglifica Croce, & alquanto inclinato alla sinistra par te, egli forma l'Alpha, prima lettera dell'alfabeto Gre co, e simbolo del principio. Parimente, rivolgendosi ca balistìcamente la parte inferiore del carattere dell'Arie te, simbolo del fuoco all'insu, viene altres1 a rappre sentarci l'ultima dell'istesso Greco alfabeto, cioè l'Ome ga, il fine significante, e medesimamente rappresentante la nota del Tauro. & conciosia ch'ella, come si scor ge, d'altro non consta, che d'un circolo intiero, ge rente nella superior parte un semicircolo; quindi con viene necessariamente affermare, ch'ella finalmente sia gli stessi nostri Sole, & Luna hieroglifici, & insieme
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l'Alpha, e l'Omega sudetti. Da questi segretissimi con cetti adunque si cava per conchiusione di tutto il se guente Theorema. Il Sole, e la Luna elementari, essentialmente uni co principio, e fine della Magia naturale, non posso no, oppressi dalla terrestre corpulenza, mandar fuori gli scintillanti suoi raggi, se non co'l mezzo dell'essa me loro nella elementar Croce, fatto mediante 'l na tural fuoco, dal volgare, e materiale eccitato. Et al l'bora nell'igneo Ariete, e nel venereo Tauro, nel Hie roglifico nostro, ambi di sito solo differenti, fassi l'esal tazione delli due Luminari; & indi finalmente sorge la vivifica Luce magica ; e la produttione di cotal luce sarà la prima giornata della fabrica del magico Mondo. Ma per maggior intelligenza di questo sia di bisogno ponderar quello, che il Padre Hermete soggiunge, dopo haver detto nell'altissima sua tavola, che Quod est superius, est sicut quod est inferius, & quod est inferius, est sicut quod est superius. Segue egli adunque, ad perpetranda miracula rei unius. Il perché veggiamo primieramente, che, e quale questa cosa sia; e dopo s'anderanno i miracoli di lei scoprendo. Non ha dubbio alcuno, che questo non sia quel celeste dono, da Mercurio, secondo Orfeo, recatoci dal Cielo: dono veramente del Sommo, e vero Giove donato a' suoi fedeli Heroi; di cui niun altro, non pur maggiore, ma né anco uguale, può qua giu ritrovarsi. A questo Pitagora Samio, il quale per humiltà ricusando d'esser chiamato Mago, Sofo, o Sapiente, volle solo esser detto Filosofo, cioè amator di sapienza, come anco afferma Isidoro nel libro secondo dei.rEtimologie, diede 'l nome per la medesima ragione di Pietra de' Filosofi. E quantunque cotal nome di Pietra, havuto risguardo all'altezza del nomato, troppo basso sembri; rinchiude nondimeno in sé astrusi sensi, e tali, che solo l'Eti mologia di lui è fida scorta all'Antro di Mercurio.
Hermete
Orfeo
Pitagora
Isidoro
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Hermete
Magi
Hermete
Questa celeste Pietra dunque, che noi non de' Fi losofi, ma de gli Heroi dimandiamo, e dò per la con sideratione havuta di sopra, la quale non ammette a sf delicata mensa l'alterezza de' volgari Filosofi, può veramente ( considerato sottilmente tutto quello, che sopra s'è detto, & in particolare l'origine sua ) dirsi un altro Microcosmo, cioè un picciolo Mondo. E di questa propiamente intese il medesimo Hermete, quan do ei disse : Pater eius est Sol, Luna mater, & Terra nutrix. E però soggiungendo in confirmatione, ch'ella sia un altro Mondo, dopo haver con breve, e segretissi mo modo insegnato la fabrica di lei, dice : Sic mundus creatus est. Cosi appresso gli antichi Magi si legge, che il far di detta Pietra altro non è, che fare il Mon do. Formando dunque l'Heroe l'heroica sua Pietra, ot tiene facoltà dalla divina, & increata Sapienza d'imi tarla nella creatione dell'Universo: per la qual cosa diciamo, la produttione della sudetta nostra luce esse re la prima giornata della formatione del magico Mondo. Fassi cotal magistero, mediante la divisione delli quattro elementi : nella quale la luce viene separata dalle tenebre : ilche fare c'insegna Hermete nella Ta vola, dicendo : Separabis subtile a spisso, suaviter cum magno ingenio ; & altrove: Fili, extrahe a radio um bram suam, idest sordidum, eo quod nebulae ei su perveniens coinquinant ipsum, quae angustiarent, & a luce retinerent. E non ha dubbio, che 'n ciò convie
ne all'Heroe essere armato d'ingegno sottile, e perspi cace di sublime giudicio, e patiente; essendo lo sgom brar di quelle tenebre attione veramente heroica, ma malagevole, e sopra modo difficile . Il sudetto magi stero della separatione ne i quattro elementi si chia ma con voce piu segreta Arte spagirica, da spao, che estraere significa. Conviene sapere, che 'l Sole, e la Luna elementari,
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o terreni sono duplici : percioché nella mecanica Ma gia vi sono un Sole, & una Luna superiori, & un altro Sole, e Luna inferiori . Li Luminari superiori non d'altra cosa hanno sembianza, che di lucidissima ac qua ; della quale intese quel famoso Heroe, mentre gri dava : O misura dell'acqua mercuriale, e celeste; tu veramente sei sostantìale a tutto 'l Mondo. Questi Sole, e Luna, overo questa celeste acqua, è quello Spi rito dell'Anima del Mondo, Mercurio addimandato; il quale communicandosi, e diffondendosi, come si disse, in tutte le cose, a quelle dà la vita, la forma, l'es sere, e la permanenza; & in lui tutte le cose sono se minariamente comprese. 1;: spirito sf, ma insieme è, come scrive Plotino, corpo, ma corpo sottilissimo, quasi non corpo, anzi come già anima, overo quasi non anima, e come già corpo : e perciò, come vuole Iamblico ne i misteri, egli ha molta proportione con le cose incorporali per la natura, ch'egli ha semplice, costante, & indivisa, e per l'unica attione, cioè per lo circuito, e la vita, e la luce con esso congenita. Né si fa ( soggiunge 'l medesimo ) nel Cielo componimento d'anima, e di corpo in una terza essenza; ma il corpo è portato nella natura dell'anima, & è quasi l'anima istessa, visibile, e forse, che 'l Cielo è l'istesso lume, senza materia, e senza dimensione. Di quest'acqua intese Thalete Milesio, mentre egli disse, il primo principio essere l'acqua; e ch'in quella era la mente divina, da cui tutte le cose erano prodotte. Nell'Orfica Theologia le tre divine Persone della Santissima Trinità vengono adombrate, & accennate la prima co'l nome di Notte, ch'altri dissero Caligine, e gli Hebrei Ensoph, & Alef tenebroso, considerata l'as solutissima, & incomprensibile essenza di Dio in se.. stessa raccolta. Il Verbo increato seconda persona della divinità, accennò Orfeo co'l nome di Cielo; e gli
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antichi Cabalisti questo Cielo intesero per la conver sione del tenebroso Alef in lucido ; dicendo ciò farsi all'bora, che Iddio uscendo dall'infinità d'Ensoph, se stesso diffonde nella produttione dell'università delle cose. Lo Spirito santo finalmente fu detto Ethere nel la sudetta Theologia. Il Cielo adunque è l'istessa increata Sapienza, Anima prima dell'Universo , divina , e Zoroaste gran Natura ; che Zoroaste chiamò Mente paterna ; Ho Homero mero Olimpo quasi tutto lucente ; Hermete , e Plato Hermete Platone ne, Verbo, & Autore d'ogni resurrezione, Re di tutti S. Dionisio i secoli, intorno al quale girano tutte le cose, che sono: e finalmente Dionisio santo, insieme co'l medesi mo Platone l'addimandarono On, cioè Ente, il quale en tifica tutte le essenze ; cagione sovraeminente, fondatrice, e principio del tutto. Di questo Cielo intese l'istesso Pla Platone tone, dicendo, che 'l Dio Cielo insegnava l'uno, e 'l due, Iamblico si come si disse sopra. Parimente il magno Iamblico ne i misteri de gli Egittij scrive, che 'l Cielo è Dio, ovve ro è imitatore de gli Iddij . Ch'egli sia Dio l'habbiamo bora, secondo la mente de i sudetti, narrato, ma in quanto poi egli è di Dio imitatore, ciò si riferisce al l' Anima media Natura imitatrice nella genera tione, e conservatione dell'universo di detto divino Cielo, di cui ella è imagine visibile. Et essa altres{ è Cielo, na to, come anco afferma Orfeo ne gl'Hinni, dalla terra, e dal medesimo chiamato Onnipotente, e Padre · uni Cabalisti versale. Et i contemplativi Hebrei per lo Cielo dice Hebrei vano intendersi quella linea verde, la quale circonda l'universo. Ned altro in conchiusione sono li magici Sole, Luna, e Mercurio, che l'istesso Cielo visibile. Con ragione dunque l'acqua, di cui s'è fatto mentione so pra, da gli Heroi saggi vien Cielo addimandata. Thalete Milesio Il medesimo Cielo nella lingua santa è detto Sa��=tino. maim, la qual voce può interpretarsi fuoco, & acqua ; Eraclito Efesio i quali elementi Thalete Milesio, Hipparco Metaponti Hip pone Regino no, Eraclito Efesio, & Hippone Regino vollero, che Cabalisti
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fossero i primi principij delle cose : e ciò non senza lume d'altissima notitia. Appresso i Teologi simbolici per fuoco s'intende lo Spirito del Signore , Spirito pro pio della Deità, Spirito amatorio , Fuoco soave, e vivifico, e connessione dell'Universo, ch'Orfeo ne gl'Hinni chiamò, come si disse poco avanti ,
Orfeo
Ethra del Mondo, eccelso, ottimo germe Alta casa di Giove onnipotente.
L'acqua poi nella mistica Theologia dinota il Verbo eterno. E perché si legge, che non pure Hermete Tri smegisto, Orfeo Trace, e Platone, ma molti altri Etni ci ancora da i contemplatori Hebrei impararono molti segreti, & hebbero contezza di buona parte dei loro divini misteri ; la notitia de' quali misteri puote per aventura successivamente arrivare alli su detti Thale te, & altri; perciò non sia cosa indecente il pensare, ch'eglino da cotal lume nelle loro tenebre alquanto il lustrati, e però riducendo si fatta opinione a Dio, per fuoco, & acqua primi principij delle cose, almeno im plicitamente intendessero, & accennassero l'altissimo mistero della Santissima Trinità nella creatione del Mondo. Et ciò a certo modo ci viene ancora accer tato dalla proportione, e convenienza, che detta opi nione mostra bavere con la sacrosanta, e vera historia di Mosè, ove egli racconta, che lo Spirito del Signore era portato sopra l'acqua, per lo Signore intendendosi da' sacri Dottori Iddio Padre, per l'acque il Verbo eterno, & per lo Spirito sopra quelle portato, lo Spirito santo. E ciò sia detto solo per iscoprire il mi sterioso concetto, ch'in sé contiene questo nome di Cielo hebraicamente scritto. Ma se li sudetti Sapienti riferirono la loro opinione alli principij naturali, non ha dubbio veruno, che essi, ned altro fuoco, ned altra acqua , vollero inferire, che quelli del magico no-
Mosè
·
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Platone
Giovanni Grammatico
IL MONDO MAGICO DE GLI HERO!
stro Cielo ; il quale, come egli è tutto di sua natura lucido, soave, e vivifico, cosi eccellentemente in sé serba il caldo, e l'humido; anzi ch'egli veramente è in atto, & acqua fluente, e fuoco ardente insieme. Finalmente l'heroico Cielo, è cosi detto, non so lamente per le maravigliose, e rare doti , ch'egli dal l'anima sua riceve ; ma è ancora chiamato Cielo dal celare : conciosia ch'egli mirabilmente entro di sé ce la, e nasconde tutti i tesori, non pur terrestri, ma celesti ancora. Et avenga ch'egli ad ogn'uno si renda visibile, e palpabile ; nondimeno a niun giamai, fuor che al saggio Heroe, scopre scintilla dell'incomparabi le pretiosità de' suoi gloriosi doni . Di questo Cielo, e dell'altro, ch'appresso si dirà, intese peraventura Pla tone quando ei disse, che li Cieli constavano delle per fettissime, e purissime particole di tutti gli elementi : le quai particelle Giovanni Grammatico chiamò sum mitadi , havendo egli riguardo alla pura, e celeste loro natura. Et il color del magico Cielo quale è quello del Cielo superiore, all'hor che fra esso, e gli occhi nostri uria nube interponendosi, tutto chiaro, sereno, e ceruleo, anzi in sembianza di finissimo azzurro si dimostra : e quindi è, che gli antichi Sapienti posero il detto colore per simbolo dello stesso Spirito ethe reo , celeste Mercurio, e virtu vivifica. L'alta scienza della Cabala, scopritrice degli occol ti intendimenti, e de gli oscuri, e riposti sensi ; trag ge da cotal nome, Caelum, la di lui propia essential definitione : & è CAElestium LUMe n .
Aristotile
Il magico Cielo adunque è 'l natura! lume de' lumi celesti, dal divin Cielo lume di tutti i lumi proceden te. La definitione, secondo Aristotile nel settimo della Fisica , è vera forma del soggetto definito. Similmente
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scrive Eustachio nel primo dell'Ethica, che si come la definitione è nome svelato, & aperto; cosi il nome anch'egli è definitione, quantunque confusa, & adombrata È universale conchiusione de' sapienti, che allhora che 'l primier nostro parente per divino commandamento diede prima 'l nome a tutte le cose, che nel l'universo si ritrovano, quello non a caso nomasse; anzi , scoprendo egli in ciò il dono della perfetta sapienza concessogli da Dio, con si fatta propietà; e con tal mistero a ciascuna 'l nome suo impose, che dell 'istesso possono i medesimi sapienti traggere vera contezza, & bavere particolar cognitione dell'essenza, virtu, & natura della cosa nomata, rendendo noi adunque con l'aiuto della misteriosa Cabala, tali nomi, e definitioni chiare, e piane ; perciò giudichiamo, che'l discorrere alquanto intorno ad alcuni de' principali nomi del sudetto nostro Mercurio, e Cielo, potrà peraventura facilitar molto l'intelligenza de i magici segreti. Et havendo già largamente dimostrato, quanto ra gionevolmente tal Cielo possa dirsi e Sole, & Luna; resta solamente a dire, che 'l nome Sol, cabalistica mente interpretato dinota
Eustachio
. .
Solum Omnium Lumen.
Si come la voce Luna inferisce LUx NAtura.
Questo Cielo adunque fu medesimamente da Sa pienti detto Quinta Essenza ; la quale da Marsilio Ficino altresf nel trattato delle tre vite è definita essere lo spirito dell'Anima del Mondo, diffuso per le parti corporee , & elementali . E conciosia cosa, ch'essendo · detto spirito pura, & invisibile forma, non può per se medesimo sussistere, ma gli conviene necessariamen-
Marsi l io
Ficino
IL MONDO MAGICO DE GLI
Artefio
HEROI
te appoggiarsi ad alcun corpo; perciò egli nella Ma gia nostra si prende per corpo suo un'altra quinta Es senza, la quale è per se stessa sussistente, visibile, e tangibile : & amendue unite, fanno una sola quinta Essenza; ch'altro in somma non è, che la virtu, la forma, e la vita de le create cose visibili, spagirica mente tolta dall'universal materia loro, in forma di trasparente, e lucidissima acqua; totalmente separata , depurata, e mondata da qualunque impurità, e mac chia; & assolutamente divisa, e segregata dalli quat tro elementi ; da i quali ella differisce, sf in materia , come in forma, e tanto in natura, quanto in virtu; non essendo in lei moto alcuno elementale ; ned ha vendo in sé verona cagione di corruttione : ma è Cie lo incorrottibile ; e finalmente amoroso legame, & a ni ma de gli elementi, & insieme della magica Pietra, & Mondo heroico nostro : & è da alcuni chiamata il quinto Elemento. La medesima fu dall'antico Artefio detta medietà operante, fra 'l maggiore, e 'l minor Mondo; cioè a dire, fra il primo, & il secondo : le precise parole del quale poniamo qui, come quelle, ch'includendo in sé tutta l'humana Sapienza, sono d'al tissimi misteri ripiene. Ab ipsa medietate habemus omnem scientiam, per divinam virtutem uniuscuiusque rei. Ipsa medietas constat inter utrumque, idest inter duo spatia, & hoc est virtute Dei: quorum unum vi detur superius, aliud in/erius : sed propter revolutio nem paulatim, paulatim quod visui non apparet, & visui non absconditur; inter haec est medietas, pen dens tota in liquido : & liquidum, idest aqua, ingre ditur per subtilissimas venas : habet illa ibi esse ligans alia elementa, & ipsa hoc modo ligatur aqua Natura, per ipsam Dei virtutem.
L'essenza d'essa quinta Essenza, maravigliosamente ci viene scoperta dalla cabalistica anatomia, che di
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tal nome fassi, e da cui sorge la presente essential de finitione, cioè a dire : QUINtum TAle, Est Secretum SEmen Natura Terra IAcens.
Questa quinta Essenza è parimente nominata Lu naria ; e ciò non senza molta convenienza, e proprie tà, essendo ella, come già si disse, diffusa, anzi come da madre partorita dalla celeste Luna in questo Mon do elementare : il perché fu detta quinta Essenza, da alcunì altri chiamata sputo, e da altri salto della me desima Luna; volendo perciò dinotarci, ch'�lla sia quel la celeste virtu, e quei radianti influssi, colà su dalla Luna ricevuti, & indi poi qua giu discesi. Fu ancora la quinta Essenza detta per similitudi ne Licore, overo succo dell'herba Lunaria ; laonde mol ti volgari, & indotti dell'arte Maga, persuadendosi di paterne in cotal herba ritrovare, rimangono alla fine delusi. Descrivesi la magica Lunaria in cotal modo: Pr_imieramente le radici di lei sono la metallica Ter ra ; il tronco, overo stipite è quadrangolare, e rosso, cosperso di nigredine; ha tante foglie, quanti sono i giorni della Luna, delle quali quindeci nascono nel l'aumento della stessa Luna ; dopo quindeci giorni fas si il suo fiore citrino, la soavità del cui odore a quel la del muschio può compararsi ; & all'ultimo nel ple nilunio produce frutto eccellentissimo, simile di colo re al croco. Dalla presente metafora ci viene laconica mente accennato l'essere, e la compositione artificiosa dell'heroica Pietra ; le quai cose tutte s'anderanno di mano in mano rivelando piu distintamente. È di co lore non punto differente a quello del recente succo dell'herbe ; anzi, la vivacità del verde color di questo puossi piu tosto assimigliare a quella del pretioso sme raldo . Ma ciò non astante, egli è insiememente chia-
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ro, e cristallino licore ; si come anco evidentemente di mostra la presente cabalistica definitione, risultante dal sudetto nome di Lunaria, cioè : LUmen NAns Rlvum Aquae.
Et è verissimo appresso, che stando la limpidissima acqua immobile nel terso, e lucido suo vaso ; o pure, a guisa di vivo ruscelletto da quello , in altro a lui simile spagiricamente scorrendo, vedesi mai sempre gir sopra di lei nuotando la bella Luna, adorna di si splen dente lume, che quasi l'occhio di chi la mira ne ri mane abbagliato. Questa Lunaria nostra è somigliantemente detta Stella Diana dal di, di cui ella è apportatrice al ma gico Mondo nostro; & è l'amorosa Stella di Venere, Lucifero, cioè che reca la luce. E ciò apertamente ma nifesta la cabalistica anatomia dell'istesso nome Diana , da cui viene si fatta sentenza formata, ( * ) Dlem Alferens NAturae.
Chiamasi di piu Acqua ardente, perché realmente arde visibilmente, & invisibilmente, attivamente, e pas sivamente. Ned altro in somma vuoi cabalisticamente dire Aqua ardens, che Aqua ARcanis DEi Naturalibus Scatens.
Dicesi ancora Acqua di vita, per èagione, ch'ella non è pure la vita delle prodotte cose; ma etiandio, perché può alle medesime, già vicine alla corrottio ne, & alla morte accidentale, di novo infondere la stessa vita, e quelle conservare in ottima sanità, fino ( * ) Cioè Lucem.
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all 'ultimo termine da Dio prefisso loro. E questo pa rimente trahe la Cabala dall'istesso nome; conciosia cosa, ch'altro non inferisce Aqua Vitae, che Aqua Vltam TEnens.
S'addimanda medesimamente Oro, & oro altres{ chiamasi il Sole, come leggiamo ne gli Oracoli di Porfirio, Sole, Osiri, Dionisio, Oro & Apollo, E · Re, che solo il di guida, e la notte, Che porge venti, piogge, e i tempi muta, Re de le Stelle, e sempiterno foco.
Quindi è ch'etiandio l'oro metallico viene .pur chiamato Sole. Il Sole dunque altro non è, che l'oro, né questo può dirsi a1tro, che Sole, però essendo amendue realmen te una stessa cosa , questo conseguentemente caderà sotto la divisione di quello : et cosf diciamo, l'Oro essere in una essenza triplice, cioè celest� . elementare e metallico : il primo è soluto, il secondo fluido , e l 'ultimo corporeo ; ma questo, come totalmente inuti le all'heroico Magistero, viene da quello escluso . Di piu detto oro nella Magia operativa è parimente du plice, sf come s'è detto del Sole, cioè superiore, Sr inferiore : e sono l'uno, e l'altro in atto oro perfet tissimo, in questo dal metallico differente , che quello è corpo opaco, morto, e di riiun valore nelle magiche operationi; e questo nostro è unico mezzo di tutte le magiche maraviglie ; è vivo corpo lucido, chiaro, e spirituale; anzi è spirito, & anima corporea, visibile, e palpabile. Il superiore si dimostra in forma di mas sa fluida, e corrente, in tutto simile all'argento vivo volgare ; ma come questo rappresenta al colore l' argen to; cosi quello appare di color d'oro, eccedente di
Porfirio
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Epicuro Diodoro Crono
Abbate Tritemio
Hermete
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bellezza il piu perfetto metallico, di cui egli è non dimeno il primo Ente. L'altro, cioè l'oro inferiore, talhor si scopre a guisa di corpo per se stesso im mobile, ma in piccioli e tenui fogli ridotto, pur de corato dall'istesso bellissimo aureo colore, e splendo re, quantunque piu frequentemente egli soglia mostrar si in similitudine d'atomi ; i quali con ragione diedero occasione ad Epicuro di affermare, che gli atomi era no principio dell 'essere di tutte le cose, e perché eglino sono corpo insecabili, perciò Diodoro Crono dis �e, che i medesimi principij delle · cose essi corpi inseca bili erano. Dall'oro dunque tutte le create visibili co se hanno il loro nascimento , & origine; ned altro è in somma la forma, e la sostanza di quelle, che 'l medesimo oro nostro : il perché l'Abba te Tritemio no tabilmente disse, Faelicem te reperies, si operationes tuae erunt a Sole, quem tibi Natura abscondere vide tur. Dicesi aurum da Aura, cioè afflato, vento soave : & è quel vento, il quale, secondo Hermete, por ta nel ventre suo l 'heroica Pietra . Di piu tal voce Aura significa splendore, e luce ; & il magico oro al tro non è, che la propia luce della Natura. Intendesi anco per aura favore, gratia, possibilità, e simili : le quai cose tutte , con l'altre felicità humane, mirabil mente s'ottengono co'l possente mezo del sudetto oro nostro . Finalmente tanto apunto suona cabalisticamen te Oro, quanto Omnium RObur.
Ma il vocabolo latino va palesando qualmente egli è AUtor RUmorum Magiae.
In oltre si dimanda Sangue humano, e Sangue men struo, & chiamasi sangue humano da Humo, che la tinamente la Terra significa, percioché egli è realmente
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J,I IIKO P R I MO
tratto dall'occulta Terra magica . Et avenga ch'egli sia guisa di cristallina, e limpidissima acqua, è nondi meno di colore di vivo sangue, di rubore eccedente la regal porpora. E si come il sangue è fede delli spi riti vitali , cosi questo contiene in sé la spirital vita di tutto. Di questo propio sangue trattò, & intese Orfeo nel Lapidario là ov'ei disse che 'l sangue di Saturno caduto in terra, congelossi in Pietra. Detto , ch'in sé contiene, e perfettamente abbraccia l'una, e l'altra natura} Magia, cioè a dire la speculativa , e la prattica insieme. Appresso dicesi Menstruo, havuto riguardo, ch'egli procede dalla Luna , femina patiente , la quale nutrisce, e fomenta il conceputo seme solare, forma invisibile ; e quello finalmente partorisce in questo Mondo sensibile, e materiale. Di piu è Menstruo ; perché nel magico Mondo ei tiene il luogo della materia, & all 'incontro la quinta Essenza , da lui invisibilmente contenuta , ivi opra come forma. Menstruo significa mentem struo, cioè a dire, ch'egli construe, per cosi dire e fabrica la magica Pietra, ch'altro in somma non viene ad essere, che la piu nobile parte dell'Anima del Mondo, già fatta terrestre, si come la mente è la parte superiore dell'anima rationale. � detto alt.resi menstruo a mensura; poi ch'egli veramente è la misura, con la quale tutte le cose sono fatte : laonde dicea, come sopra , quel saggio Heroe : O misura del l 'acqua mercuriale, tu sei sostantiale a tutto 'l Mondo. La Cabalistica espansione di cotal nome, Sanguis, mi rabilmente forma si fatta propositione, a
SANitatem Gerens Vltalim Spirituum.
La sanità è amicitia, temperamento , e legame de gli elementi ; e tal legame altro in somma non è, che l'universal quinta Essenza : quindi con ragione cabali sticamente leggiamo, il sangue magico recarci la sani-
Orfeo
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IL MONDO MAGICO DE GLI HEROI
tà de gli spiriti vitali ; poich'egli contiene detta quinta essenza : & ella è la stessa natura} vita di tutte le cose . Simigliantemente la medesima Cabala ci fa ve dere il magico Menstruum essere appunto MENsura STRUcturae Verae Magiae.
Parimente appellasi questo sangue Latte della Ver gine, per la Vergine intendendosi la Luna ; la quale, senza attuale congiungimento co'l Sole, di lui conce pisce, e s'ingravida. Oltre di questo la magica Terra, di cui cotal latte si molce, e trahe, è detta Vergine ; perciò ch'ella niuna cosa produce, né produsse giamai: ma stassi occulta, & otiosa, nel centro del centro. Dicesi Latte, quasi voglia dir l'atto, over l'arte; come mediante quello la magica Arte si riduca all'atto . È questo latte a vedere totalmente simile al latte ca prino, quantunque egli insieme, e nel medesimo istan te, sia in forma di lucidissima acqua, sf come hab biam detto del sangue. Questo nome Lac, interpretato Cabalisticamente, scopre di tal sostanza essere Limus Aqueus Candens.
A questo celeste latte viene medesimamente dato il nome di Aquila, & non senza molta convenienza, e propietà ; percioché sf come niuno augello tanto in al to poggia, né tanto al Sole s'accosta, quanto la stessa Aquila ; cosf a punto niuno spirito qua giu si ritro va, informante l'innumerabile diversità de gli individui, che cotanto alto saglia nella Magia operativa ; né me no, che essentialmente tanto al celeste Sole· s'accosti, quanto 'l magico spirito nostro. Dicesi magicamente Aquila la quasi Aqua latens, & anco Aqua lactea. E per ultimo tal nome Aquila, cabalisticamente spiegato, dimostra, che quella è apunto
I,IBRO
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AQua Vltae LAtens.
Quest'Aquila è simigliantemente detta Sale ; e ciò non senza ragione : poi ch'egli separato dall'heteroge neità, altro realmente non è, che l'istesso sale : & è il sal commune, non il volgare, ma quello che com munica l 'essere, e la vita all'università delle cose na turali. Quinci egli viene ad essere l'istesso sale de gli elementi ; il perché è convenientemente chiamato co'l nome di tanti, e s{ diversi sali : avvenga, che nella Magia operativa gli sia piu d'ogni altro propio il no me di sale de' metalli ; intendendosi tanto de i ma gici, quanto de i volgari . Appresso ei vien detto sale nrmoniaco ; percioché egli è apunto l'universale Ar monia, cioè a dire, il natural vincolo di tutte l'hu mane cose. Dicesi Sale, conciosiacosa, che per le ra re sue doti, e proprietà ei sale, & ascende sopra qua lunque altro individuo, è ancora detto latinamente Sal, quasi voglia dire Salus ; overo dal salvare ; essendo che come il volgar sale preserva le carni dalla corrottio · ne, cosi questo salva, e mantiene le da lui prodotte cose ; & è finalmente simbolo , e scopo dell'humana Sa pienza. Aprendosi Cabalisticamente, questo nome Sal, scorgiamo qualmente egli mirabilmente Sideream Amplectitur Lucem.
Questo Sale sogliano anco i Magi chiamarlo solfo, rispetto all'ignea sua qualità : ilche dimostra chiaro l 'etimologia del nome; poiché solfo inferisce sol foco; uvero sole foco: e cosi egli è apunto e sole, & fuoco insieme : & il medesimo ci viene accennato dal voca bolo latino : conciosia, che la voce Vr, pur foco si �nifica . Questo è il solfo commune, non mica il volgare; c.Juantunque non meno di quello, egli s'accenda, & ar-
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Salomone
IL MONDO MAGICO DE GLI HEROJ
da: è il segreto solfo, nel solfo contenuto ; & è spi rito de gli elementi. E di questo parimente intese il Sapientissimo Salomone, alhor ch'egli disse, che Deus praetulit omnibus rebus esistentibus sub Cielo, verum nostrum sulphur. Aprendosi cabalisticamente cotal no me Sulfur, egli manda fuori la recondita, e magica sua definitione ; cioè: Sol ULtimus FUlgens Radiis
Platonici
per l'ultimo, intendendo noi il Sole elementare, qua gtu infuso dall'Anima media Natura ; cioè dal celeste Sole, secondo i Platonici imagine sensibile del divino. Appellano altresi, si fatto solfo Tartaro ; e ciò con molta profondità: perciò, ch'eglino non intendono , co'l sciocco Volgo, il volgar tartaro del vino , né meno vo gliono per tal nome inferir l'inferno, propio ricetto de gl'immondi, e rubelli spiriti, se non peraventura per certa similitudine : percioché, si come detto in ferno è posto nel centro tenebroso della vasta terra ; cosi esso magico tartaro, nell'oscuro centro della ·no stra vergine Terra risiede, & in lui arde il continuo, & occulto fuoco di Natura : e finalmente, mediante le spagiriche operationi, scopronsi entro di quello gli ri belli spiriti sulfurei, nimici all'Heroe nella forniatione del magico Mondo. Ma spiegata cabalisticamente la vo ce Tartarus, ella maravigliosamente partorisce l'essen tial sua definitione; mostrando quello essere Te"a ARdor TArdans RUtilantia Siderea.
Non meno misterioso de gli altri, è il nome di Drago, dato parimente al sudetto Tartaro da Magi ; appo de' quali esso Drago è nota della magica terra; si per cagione dell'halito fetente, e velenoso, come an-
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l.l BRO P.RIMO
co, per l 'horribilità del suo aspetto, avanti la spagirica preparatione: quindi è che gli antichi Poeti, misteriosamente favoleggiando, diedero il Drago custode de gli aurei Pomi dell'Horto famoso dell'Hesperidi ; dinotanti l 'heroica Pietra : l'istesso finsero essere alla guardia del Vello d'oro, che pur la medesima Pietra significava. Dissero dunque, che 'l Drago era di quelli custode, volendo perciò inferire, che la magica Terra guarda, cioè a dire contiene, e cela in sé cotal Pietra, e si fatto tesoro. Però al valoroso Heroe fa di mestieri, per il conseguimento di si alta ventura, uccidere il detto Dragone : cioè gli conviene spagiricamente combattendo, con acuta lancia piroriomica trafiggere 'l cuore a detta magica Terra, e trarne l'anima fuori. Chiamasi il Drago nella lingua latina Draco, che cabalisticamente vuoi dire
Antichi Poeti
Dans RAdiorum COpiam
Addimandasi di piu cotal Drago Leone ; conctosta cosa, che, si come il Leone di nobiltà, e di fortezza supera qualunque altro animale; cosi apunto questo magico Leone può liberamente dirsi (havuto riguardo all'antichità sua) nobile sopra tutte l'altre humane crea ture; essendo egli la materia prima, di cui esse for mate sono : & oltra di questo, egli è nobilissimo, per l 'alte sue doti, e per la celeste sua virtu ; appresso, è di forza incomparabile : laonde di lui parlando il gran Mercurio Trismegisto, diceva, Hic est totius fortitudinis fortitudo fortis ; percioché egli ( soggiunge Mercurio ) Vincet omnem rem subtilem, omnemque solidam penetrabit. Finalmente questo è l'istesso Leone, dal quale appo gli Heroi tal propositione si legge: Leonem tuum in Oriente quaeras : e come il celeste Leone è casa del celeste Sole, cosi il magico Leon nostro è parimente casa del Sole elementare: & è la
Mercurio Trismegisto
Antichi Heroi
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IL MONDO MAGICO DE GLI HBROI
base dell'heroico magistero, e dell'humana sapienza; ,s{ come la misteriosa Cabala scopre, mentre ci fa vedere, che si fatto nome Leo, altro non inferisce, che Lumen Elementis Oriens.
Astrologi
egli adunque è il lume, o vogliam dire la luce della Natura. Il Leone nostro viene altres1 addimandato Ovo; e ciò primieramente, perché, si come nell'avo sono quat tro cose, intese per li quattro elementi ; e sono, prima la corteccia, rappresentante la terra; la pellicola a que sta congiunta, per la quale si intende l'acqua; il chia ro, che dinota l'aere; & il torio il fuoco ; cosi apunto in questo sono i veri quattro elementi ; i quali magi camente divisi, e preparati, hanno a vedere non poca simiglianza, con le raccontate parti dell'avo. Oltre di questo, come nell'avo il Pollo potenzialmente si ritro va; cosi nell'avo magico, non tanto l'animale, ma 'l vegetale, e 'l minerale ancora stanno celati. Fu cotal ovo avanti della gallina prodotto, egli è il celeste Mer curio, a cui etiandio da gli Astrologi viene pur dato, non il moto circolare, come a gli altri Pianeti, ma di forma ovale; essendo cosi di mestieri, per la conser vazione delle sue apparenze. Finalmente egli è quel l'unico ovo, lasciato a terra cadere dall'innamorato Stellino; mentr'ei intentamente vagheggia la radiante, & amata Stella di Mercurio. Da SI fatta voce Ovum, cavas1 Cabalisticamente la presente definitione: Omnium Vetus Unicaque Materia.
In proposito della sudetta divisione de gli elemen ti, ci piace soggiungere in questo luogo, ch'etiandio la gran Maga Natura fa, mediante 'l potente, & in defesso suo Archeo, la medesima divisione, senza ve-
LlBltO PRIMO
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run'altro aiuto, sia intrinseco, od estrinseco: bastan dole solo, che dall'Heroe le venga tratto, e summini strato il terzo magico Caos; e quello lasciato per al quanti giorni in sua balia; al fin ·de' quali, veggonsi gli quattro elementi perfettamente divisi, e separati l'uno dall'altro, puri, lucidi, e trasparenti : serbando ciascuno il suo propio, e natio colore ; & appresso al tra nova maraviglia in loro appare; & è; che 'l grave elemento della terra, il quale tien forma di gelata, e candida brina, e perciò detto terra fogliata, si sta a nuoto sopra dell'acqua ; né con quella punto si me sce, od unisce, non altramente di quello faccia la coccia dell'evo con l'altre parti sue : la qual cosa dee meritamente recare non picdolo stupore : & a quelli in particolare, che pongono tutto · 'l loro studio nelle profonde speculationi de' pesi. Sf fatta elementar se paratione fassi non degli elementi inferiori, ma sola mente de li superiori. Quivi convien sapere, che, co me nella Magia prattica sono in una sola essenza due Mercuri (da' quali poi successivamente traggono gli al tri · particolari Mercuri origine) due Soli , due Cieli, & oro duplice, cosf parimente duplice Luna, duplice ar gente, & in somma con tutti gli altri metalli, e Pia neti duplici elementi nella medesima si ritrovano, gli primi a ragione vengono detti celesti, e superiori ; & all'incontro gli altri terrestri, & inferiori s'appellano. Finalmente da cotal duplice Quaternità elementare ri sulta il segretissimo Ottonario, da pochissimi sempre conosciuto, & in cui tutto 'l magico valore potenzial mente soggiorna. Dassi parimenti al magico Ovo nome di Vino, co s{ bianco, come rosso ; e dò non solo, perch'egli si dimostra sotto 'l perfetto colore d'ambidue loro, ma anco, perché è veramente la vital pinguedine della Vi te, di detto Vino immediata produttrice. Cotal Vino è altresf tratto dalla magica Uva nello stesso tempo,
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GLI HBJI.OI
che sogliono farsi gli altri volgari ; e come quelli va anch'egli parimente spumando, bollendo, e digeren do: ilqual nobile effetto proviene dal grande Archeo, natura! motore della Natura, e foco interno, & in visibile. La perfettione dell'Uva magica chiaramente si conosce dal colore della molta schiuma, che detto Vi no bollendo, & inalzando manda fuori; essendo det to colore, anzi la stessa schiuma simile all'arena, o squame d'oro, e d'argento, miste con altri vari co lori. Questo appellano gli Heroi Vino da vi, voce la tina significante forza ; per dinotarci, che 'n lui tutta la magica natura! forza è riposta : e finalmente altro non inferisce cabalisticamente Vinum, che Vls NUMerorum.
da' quai numeri essa Magia dipende; sf. come habbia mo detto altrove. Per le medesime ragioni addimandasi ancora Ace to; e come l'Aceto volgare altro non è, che Vino del primìer suo spirito privo; cosf. nella meccanica Magia, tratti gli primi spiriti dal Vino nostro, resta il sem plice Aceto magico: della cui acetosità, danno mani festo indicio gli forti spiriti, ch'indi copiosamente es salano; in tutto l'odorato simili a quelli del volgare. Acuito poi da gl'innati vegetabili, egli diviene il ce lebre, e maraviglioso Aceto acerrimo. La voce Acetum, interpretata cabalisticamente, intuona A CABlo TotUM.
conctosta, ch'egli è vero, e puro influsso celeste. Taie Aceto viene altresf. chiamato Acqua forte, mercé della grande, & incomparabile sua fortezza : laonde, comparata a questa l'acqua forte volgare, el la può dirsi, non aqua fortis; ma aqua fontis. Il pri-
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mo segno, & effetto della sua virtu, è la separatione ch'ella, senz'aiuto di fuoco estrinseco, & in un istante fa dell'oro dall'argento magici ; risolvendo questo in acqua, di colore simile al finissimo azzurro, e talhora al precioso smeraldo; e riducendo l'oro in forma di picciolissime squamme, e vestite dell'aureo suo colore. Con tal acqua fassi l'occulta solutione, principal base, e chiave dell'heroico Magistero. Altro cabalisticamen te non vuoi dire Aqua fortis, che Aqua FORmans Tenens Intus Sidereas.
e sono a punto potentialmente in lei tutte le forme. Appresso, cotal acqua suole anco da' Magi dirsi Mele, e ciò per tre cagioni principalmente ; la prima perciò ch'ella al vedere è assolutamente simigliante al mele volgare; l'altra, per la natura! sua proprietà aster· siva; segregando questa l'heterogeneo, e mondando in timamente, e segnalatamente i magici metalli, con tut te l'altre specie, da qualunque nimica impurità. Ulti mamente, è anco mele detta, per cagione alla soave dolcezza, che 'l saggio Heroe scopre, e gusta in quel la. La cabalistica espansione di questo nome aperta mente dimostra ciò, ch'egli propiamente sia ; dinota adunque Mel Mercurius Elementorum Ligamen.
Quinci scorgiamo, lui non esser altro, che l'universal quinta Essenza, concordante mezo de gli elementi, & unico vincolo, e legame loro: onde poscia procede la conservazione del Mondo elementare. Alcuni altri, considerata la sudetta dolcezza, so gliono per similitudine chiamare il medesimo nostro Mele Manna: essendo questa non altro, che celeste
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rugiada, figliuola, come vuole Macrobio dell'aere, e della Luna ; ma tal voce, Cabalisticamente esprime al l'Heroe il propio magico soggetto ; cioè a dire MAter Nostra NAtura.
Simigliantemente viene alla Manna nostra imposto il nome di Celidonia ; e primieramente percioch'in lei si scorge 'l color verde, tale apunto, quale è quello dell'herba Celidonia detta ; appresso, come da quella esce succo, over licore qual latte denso, ma d'aureo colore ; cosi questa magica manda fuori il virtuoso latte, nascosto da principio, sotto l'aureo manto. Al tro non inferisce Celidonia, che Caeli dona : overo piu esattamente cabalizzando, CABLI Dans OmNIA.
detto vero, e sincero ; conciosia che rotai Celidonia realmente dona al felice Heroe tutti i celesti favori, raggi, influssi e costellationi. Ultimamente chiamasi ancora cotal Celidonia Ma gnesia, dalla mirabile sua virtu, e propietà attrattiva. Laonde cabalisticamente niun'altra cosa dinota Magne sia , che MAGNES Influxus Attrahens.
Questa chiamasi simigliantemente Avoltoio, uccel lo tra tutti gl'altri innocente, poscia ch'egli per ci barsi, attende solo la preda ad altrui avanzata, non uccidendo giamai animale alcuno, né in verun modo toccando cosa piantata, o seminata ; e l'istesso avvie ne al magico Avoltoio conciosiacosa ch'egli di niuna cosa si pasce, eccetto che di quello, che sopravanza, o rimane de gli altri augelli, cioè de gli altri spiriti , abhorrendo tutto quello, che già è prodotto in essere ,
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e ristretto dalla particolar sua forma. L'Avoltoio è simbolo della Natura , e ciò perché si come nella spe cie di lui non si ritrova maschio alcuno, parimente la Natura opera per se stessa nella generatione delle co se in questo mondo inferiore. Il nostro Avoltoio è l'istessa Natura; quinci è ; che anco nella generatione del Magico Mondo non ammette niun'altra cosa, fuor che se stesso. Ilche vien confermato da Democrito, dicendo, che la Natura gode, e si rallegra della Na tura, e che la Natura contiene, & abbraccia la stessa Natura. Oltra di ciò l'uccello Avoltoio, mentre soffia 'l vento Borea, o secondo Herodoto, Zefiro, voltatosi a quello, apre il vaso genitale, & in tal modo s'ingra vida. Simigliantemente l' Avoltoio nostro, impregnato dal vento, partorisce l'Heroica Pietra; il perché dice va Hermete Trismegisto, di detta Pietra parlando: Portò quella il vento nel ventre suo. Il vento ma gicamente è inteso per l'aere. E questo è, come atte sta Varrone, la vita, e parimente la vita è l'anima; quindi è, che detto vento da' Greci è chiamato ani mos : il quale mistero intendendo a pieno Diogene Apolloniate, & Anassimene dissero perciò, l'aere es sere stato principio di tutte le create cose. Chiamasi l'Avoltoio nell'idioma latino Vultur, cioè a dire vult ur: tal voce ur nel caldeo significa fuoco : egli adun que vuole il fuoco: overo diciamo Vultur, cioè vult uri, inferendo, che 'l celeste spirito deve dall'Heroe ridursi dalla potenza all'atto, & all'ultima sua per fettione, co'l mezzo dell'arte pironomica. Dalla caba listica · espansione di tal nome Vultur ci nasce la pre sente astrusa definitione di quello, & è: VULva TUmens Radi;s.
e non ha dubbio alcuno, ch'egli non sia matrice, e ricettacolo de' celesti raggi, conforme a quanto s'è al-
Democrito
Herodoto
Hermete
V arrone Greci Diogene Apolloniate Anassimene
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Zoroaste
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trove sotto diversi altri nomi detto. Ma egli altresf è puro, e fiammeggiante fuoco di natura; anzi egli è, co me dianzi si disse, la medesima Natura ; ed ella pari mente altro non è, che puro, e vivo fuoco. Questo, per cominciare dal Principio imprincipiato, appo gli antichi Theologi è simbolo di Dio, gran Natura in creata, independente, e naturante, e per questo l'istes so grande Iddio vien fuoco addimandato .. Foco, come si legge nell'Essodo, che consuma. E dell'istesso Iddio intese il gran Mago Zoroaste, e mentre disse Tutte le cose son dal foco nate.
Cabalisti Hebrei Platone Hermete Antichi Poeti
Virgilio
cosi medesimamente egli fu chiamato da' Cabalisti He brei, Platone, Hermete, & altri. Gli Angeli ancor es si sono detti fuochi, e fiamme alate. Le stelle da gli antichi Poeti, e da Platone, sono chiamate fuochi eter ni. Il Sole altresi è detto Re delle Stelle, e sempi terno fuoco : come adunque la divina Natura è fuoco, ma fuoco divino, & fuoco parimente è 'l celeste Sole, Natura media creata, e della prima imagine sensibile; cosi la terrena e naturata Natura dalla celeste imme diatamente proveniente, altro non è, che fuoco; e ciò intese Virgilio, là dove ei disse Vigor di fuoco origine celeste.
Eraclio Efesio Crisippo Hipparco Metapontino Massimo Tirio
Il perché Eraclio Efesio, Crisippo, & Hipparco Meta pontino, con ragione vollero, il fuoco essere principio dell'essere di tutte le cose. Laonde i Licij , come rac conta Massimo Tirio, tratti dalle loro cecità, solevano adorare il fuoco materiale, e volgare, a cui in vece di sacrificio, gettavano alcuna cosa atta al suo nutri mento, & ad essere da lui consumata ; e chiamandolo signore, dicevangli ch'ei dovesse mangiare. La mede sima sciocchezza commettevano i Persi, i quali di van-
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taggio dovunque il loro Re movea l'essercito, soleva no accompagnarlo con lo stesso fuoco acceso portato, come lor Nume, sopra altari di finissimo argento. Di questo finalmente scrive Ennio Poeta, dicendo, Vedi questo sublime foco ardente ; Questi è quel, che ciascuno invoca Giove.
Però conchiudendo, diciamo che 'l celeste nostro Spi rito convenìentemente, e propiamente dall'Heroe è chiamato con questo nome, di Fuoco, e di Natura : anzi quanto alla diversità de' nomi, non pure questi due con gli altri sopra raccontati gli sono propi, ma con questi gli convengono quanti abbracciano l'univer sità delle cose, essendo ch'egli tutte l'istesse cose in sé comprende; il perché dagli Heroi è detto Omnis res, & anco nomen in nomine, volendo con tal nome dimostrare la detta universalità. Cosi parimente af fermiamo, che trattandosi spagiricamente il magico sog getto, egli realmente appare, e visibilmente si dimo stra, sotto gli raccontati accidenti ; e chiaro si scor gono 'n lui, non pure si fatti, e si diversi colori, ma molti altri ancora, c'bora per brevità si tacciono: non lasciando però di dire quello, ch'in ciò è piu mara viglioso, e peraventura ad ogn'uno (eccettuato l'Re roe) incredibile: & è che in esso soggetto possonsi in un medesimo istante vedere tutti i sudetti colori; non misti, o unitamente, ma separatamente, e divisi : di modo tale, che mentre si vede, per essempio, l'au reo colore, in quel punto niun'altro se ne scorge: e. contemplandosi il celeste azurro, allhora gli altri se ne stanno celati; e l'istesso avviene di qualunque al tro: nondimeno, e questi, e quelli si mirano, come habbiamo detto, in un medesimo tempo; e ciò è det to senza parabola, o metafora alcuna : avvenga che tal mistero solamente sia inteso dal sapiente Heroe. In ·
Ennio
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Abbate Tritemio
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tanto, non debbe altri prendere ammiratione, dell'ap parire de i sudetti colori : poscia ch'eglino, non pure dalla vergine, ma anco dalla volgare, & impura terra sono a gli occhi di tutti continuamente, & in ogni luogo partoriti. Chi non veggendo crederebbe giamai, che nella roza terra, di colore deforme, anzi, e piu propiamente di niun colore, sf vari, e tanti colori si nascondessero, quanti nella Primavera da quella uscen do, vagamente ornano, & abbelliscono la cotanta di versità de' fiori ? cosf vivaci, e moltiplici colori, ani ma della pittura, non altronde, che dalla terra hanno il nascimento loro: i metalli, e le pretiose gemme, dal la terra parimente traggono gli accesi, e pellegrini suoi colori. La Natura, il Poco, l'Acqua, il Cielo, e brevemen te quanto sin qui s'è detto, è compreso sotto �1 primo delli tre principij , posti dall'Abbate Tritemio per fon damento della Magìa naturale, & come origine di tut te le maraviglie magiche: le precise parole del quale a studio poniamo qui nella lingua loro propia, e na tia, e ciò per non adombrar peraventura in qualche parte gli astrusi sensi, & i misteri in esse contenuti: Primum principium (dic'egli) in uno consistit; non a quo, sed per quod omnis mirandorum naturalium virtus producitur in efjectum, de quo diximus, quia purum ab uno procedens non componitur, neque mu tatur. Ad ipsum a ternario, & quaternario fit ad mo nadem progressus, ut compleatur denarius: per ipsum enim est numeri regressus ad unum, simul descensus in quatuor, & ascensus in monadem. Impossibile est compleri denarium, nisi per ipsum: monas in triade laeta convertitur. Omnes hoc prindpium post princi pium monadis ignorantes, nil in ternario proficiunt, nec ad sacrum quaternarium pertingunt. Nam etsi sapientum libros omnes habeant, side-
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rum cursus, virtutes, potestates, operationes, & pro prietates perfecte cognoscant, ipsorumque imagines, an nulos, sigilla, & secretissima ·quaeque ad plenum in telligant: nullum tamen mirandorum consequi possunt in suis operationibus effectum, sine huius principi; a principio cognitione in principium. Unde omnes, quot quot vidi, in adepta Philosophia naturali operantes, aut nihil consequuti sunt, aut ad vana, frivola, & super stitiosa, post longas, & inutiles operationes, despera tione prolapsi sunt.
Facciamo hora ritorno alla fabrica del magico Mon do nostro, il cui ordine ricerca, c'hor si ragioni della formatione del Firmamento,. del quale intesero gli an tichi Poeti sotto 'l velo della favola di Latona. Scrive Homero nell'Hinno d'Apolline, che Latona fu figlia di Saturno, & essendo come racconta Luciano nel Dialogo d'Iride, e di Nettuno, giovane sopramodo bella, invaghito Giove di tal bellezza, & ardentemente dell'amor dì · lei acceso, fece si, che di lui gravida divenne: il perché adiratasi Giunone, in vendetta dal ricevuto oltraggio, scacciò sdegnosa la misera dal Cielo, commandando insieme al Serpente Pithone, che qua giu perseguitar la. dovesse; per la qual cosa tutta la Terra fu forzata a promettere di non darle in alcun modo luogo, ov'ella partorir potesse, solo l'Isola di Delo, ch'essendo mobile, vagabonda givasi raggirando per lo mare Egeo, non prestò cotal giuramento, conciò fosse cosa che allhor dall'acque coperta si ri trovasse. Giunto dunque il tempo del parto dell'afBitta . Latona, ella per commandamento di Nettuno fu dalla detta Isola di Delo ricevuta, & ivi partod Apolline, e Diana, si come affermò Orfeo, dicendo: La qual di Giove pregna a un tempo desti Con estremo dolor Febo, e Diana.
Homero Luciano
Orfeo
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Plutarco
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Per Latona intendesi la prossima Materia, o magica Terra del simbolico Mondo, da gli Heroi Latone det ta; in cui sono potentialmente il Sole, e la Luna ; pe rò che questa da Giove, il quale da gli antichi è pre so per la forma, è impregnata, cioè arricchita, e fe condata delle celesti virtu, & influssi, e da Giunone, che l'universal materia rappresenta, è scacciata dal Cie lo, cioè la magica Terra dalla Sua prima materia uni versale, come da unico istromento, a ciò dalla Natura destinato, è divisa, e separata dal Cielo, di cui già facemmo mentione. Essa Latona è perseguitata dal Serpente Pithone. Il Serpente per generarsi, come ri ferisce Plutarco, dalla midolla dell'huomo, è simbolo dell'animo humano, & anco della prudenza, propia vir tu dell'Heroe ; il perché ei fu da gli antichi consa crato all'ordine animastico, & heroico. Egli dunque in questo luogo rappresenta l'Heroe, il quale spagirica mente, e con arte pironomica, perseguita detta Lato na, accioché inutilmente non deponga il celeste parto ne i soliti sulfurei, impuri e cavernosi monti, né me no nella terra sua propia; perciò giura tutta la Terra di non ricever quella partoriente; cioè la terra im monda, impura e feculenta, non può ricevere essa La tona, tutta dall'Heroe fatta col mezzo dell'acqua pura, semplice, e di celeste natura ; ond'ella viene ad essere il propio Firmamento magico. Né meno riceve il lu minoso parto di lei, e ciò rispetto all'antipathia na turalmente posta fra l'homogeneo, e l'heterogeneo; es sendo ch'essa Natura solo con la Natura si congiunge, & unisce. Per la qual cosa commanda Nettuno, ch'in Delo, allhor dall'acque dominata, sia detta Latona ac colta. Delo significa manifesto; ilche inferisce essere precetto magico, che la celeste Terra, Firmamento no stro, partorisca nell'acqua già tratta dal centro, e con maravigliosa industria fatta di occulta manifesta. È quest'acqua il primo Cielo Magico, da noi so-
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pranarrato; & come il primo Cielo il primo giorno da Dio creato, è viepiu raro, piu semplice, e piu puro del l'altro, il secondo giorno fatto, e detto Firmamento; cosf a punto sono amendue i Cieli nostri, la cui dif ferenza chiaramente si scorge dalla loro estrinseca for ma, essendo acquea l'una, e l'altra terrea, quantunque Terrea santa, cioè senza terra. Li Cieli, come afferma il glorioso Pietro Apostolo nella seconda Epistola al S. Pietro capo terzo, i quali di acqua, e per l'acqua, per com Apostolo mandamento di Dio consistono, furon prima terra ; e terra simigliantemente l'acqua consistenti. Cosf Anas simene disse, e misteriosamente, che non pure i Cieli, Anassimene ma il Sole, la Luna, e l'altre Stelle dalla Terra bave vano da principio havuto il loro nascimento : laonde con profondissima ragione soggiunse Alcinoo Croto Alcinoo niate, dicendo, che detti celesti corpi furono prima Cm toniate. origine delle cose. Il Firmamento nostro è acqua con gelata alla similitudine del cristallo ; laonde da gli He roi suoi communemente acqua secca, over acqua asciut ta chiamarsi. Questa finalmente è l'acqua contenuta sotto 'l detto nostro Firmamento, e divisa dall'altra sopra esso Firmamento posta; amendue nondimeno ho mogenee, da gli stessi parenti nate, avvenga che 'l Firmamento sia insiememente madre, e sposa del pri mo Cielo. E tutto questo viene altamente accennato da gli Heroi, dicendo, che 'l loro Cielo ne i termini del Sol celeste si ritrova; ilqual magico segreto con fermarono ancora gli antichi Poeti, affermando, la Ter Antichi Poeti ra essere madre del Cielo : quindi Hesiodo scrisse: Hesiodo Partori l'alma Terra il Chiaro Olimpo, Che lucido di Stelle la circonda.
Et in questo termina il secondo giorno della for matione del simbolico Mondo de gli Heroi. Il nostro Firmamento è cosf detto, non solo per-
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Greci Sacri Dottori Seneca Homero
Abbate Tritemio
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ché in esso siano virtualmente insieme con li pianeti tutte l'altre Stelle, e per lo fermare, ch'egli fa, dei celesti raggi; ma anco per la sua fermezza, sodezza, e stabilità : il perché questo può ragionevolmente insie me co'l primo, e gran Firmamento dirsi Steorema, co sf da Greci detto, per esser questo, come affermano i sacri Dottori, solido, duro, & al tatto resistente. L'istesso conferma Seneca nel libro delle naturali Que stioni; Homero parimente nell'Iliade chiamò detto Fir mamento solido, & aereo. Questo nostro Firmamento è il secondo principio magico trattato dall'Abbate Tri temio, & in tal modo spiegatoci : Principium vero secundum, ordine, non dignitate quidem, a primo separatum, quod unum existens fa cit ternarium, est quod operatur miranda per bina rium. In uno est enim unum, & non est unum, est simplex, & in quaternario componitur: quo purificato per ignem in Sole, aqua pura egreditur, et ipsum ad suam simplicitatem reversum, complementum operanti monstrabit occultorum. Hic centrum est adeptae phi losophiae naturalis, cuius circunferentia sibi unita, cir culum repraesentat immensus ordo in infinitum: vir tus eius super omnia purificata, et simplex . minor omnibus quaternario super gradu composita. Quater narius autem Pythagoricus numerus ternario sulfultus, si ordinem, gradumque; observat, purificatus, puru sque in uno, ad binarium in ter!Jario miranda, & oc culta naturae potest operari. Hic est quaternarius, in cuius mensura ternarius binario con;unctus in uno, cun cta facit, quae mirabiliter facit. Ternarius enim nu merus ad unitatem reductus per aspectum, omnia in se continet, & quae vult potest.
Indi
La Magia naturale consiste, come affermano gl'In di, nel congiungimento del Cielo maschio con la Ter-
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ra femina; laonde a quella guisa, che l'esperto Agri coltore suole accompagnar gli olmi alle viti, cosf il saggio Heroe congiunge alla Terra il Cielo, e le inferiori virtu alle superiori ; & in cotale applicatione de gli attivi a i passivi è senza verun dubbio tutta la magica forza riposta. Ciò vollero inferire i primi Sa pienti, dicendo, non potersi in modo veruno giungere al desiato porto dell'humana sapienza, ned arrivare al perfetto scopo della Magia, fin tanto, che 'l Sole non si unisca insieme con la Luna, & amendue uno solo diventino. Si disse a dietro, qualmente il primo nostro Cielo nella Magia operativa era il Sole, e la Luna superiosi, sf come gl'inferiori non altro sono, che 'l magico firmamento, amendue nondimeno d'una me desima natura; ma il primo, & superiore, come piu perfetto, tiene il luogo del maschio, e l'inferiore, come Terra, è in vece della femina. Congiungonsi dunque questi due luminari, a fine che dalla congiuntione, e maritaggio di sf nobili, e generosi Parenti, si generi quel glorioso Figlio, i cui Padre, & Madre già disse Hermete essere i medesimi Sole, & Luna. Tal'amoroso magico congiungimento ci significarono apertamente gli antichi Poeti, favolosamente raccontando, ch'all'bora, che 'l mondo fu perfettamente compiuto, egli si stava fermo, & immoto; e nel mezo di lui sedeasi, come ancora, qual Reina di tutte l'altre cose siede la Terra, sopra la chiara sede dell'aere: la qual cosa veggendo 'l Cielo di lontano, e grandemente di ciò maravigliando, & insieme dubitando, che la veduta sf da lungi non lo ingannasse, accese, per meglio vederla, il lume del Sole, con cui attentamente la riguardava: ma non scorgendola né anco, con quel sol lume interamente, per amendue gli Emisperi, accese quell'altro della Luna; cosf a pieno scoprendola, e contemplandola dall'uno all'altro lato, e bella, e nuda veggendola, non pure contemplante, ma amante d'essa Ter-
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ra divenne. Innamorato, ch'egli fu, cominciò irraggi randosi intorno a lei ; & vago non solamente di ve der, ma d'esser visto; e bramoso insieme di bello, e ricco mostrarsi, pomposo, & adorno di lucidissime gemme celesti, cioè di Stelle fisse, & erranti, si fece innanzi all'amata Terra. Quello, che poi di tal'amore avvenisse, palesa chiaramente il Mantovano Homero, dicendo: All'bora 'l Cielo padre onnipotente Entro de le feconde nubi scese Lieto nel grembo de l'amata Moglie.
In cotal matrimonio finsero gli antichi il presente colloquio fra essi Sole, e Luna. Nella Luna (dice 'l Sole) di me sorella cresce il grado della Sapienza, e non con alcuno de' servi miei ; & io all'hora sono a guisa di seme gettato in terra buona, & monda, ilquale nascendo cresce, germina, e moltiplica, recando notabil quadagno al suo seminatore. & a te, o Luna, commu nicarò la bellezza del lume mio, all'hor che perfetta mente saremo insieme uniti. Cui rispond'essa Luna : O Sole, io sono non meno a te necessaria, di quello sia la gallina al gallo; laonde essendo tu perfetto pa dre de' lumi, signore eccelso, e grande, calido, e sec co, & io crescente, fredda, & humida; però quando in uguale stato, e mansione saremo insieme copulati, & ivi altro non sia, che il leve, & il grave, saremo quali Marito, & Moglie intenti alla loro generosa pro le : & all'hora dolcemente riceverò l'anima da te, e diverrò per la participatione tua tutta tenue, e molle, e poscia fatti spirituali, ci rallegreremo, & gioiremo, salendo in alto al grado delli superiori Lumi, & in me diffonderassi la luce tua; & cosi d'amendue farassi la mistione de i luminari nel modo, che suole unirsi il Vino all'acqua. Io appresso fermerò il :flusso tuo
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avanti che tu sia vestito del nero colore mio, dopo la mia solitudine ; & finalmente, entrando noi nella casa d'Amore, congelarassi il mio corpo, e nel novo mio nascimento sorgerò, qual Sole Oriente, tutta di solare splendore decorata. A cui il Sole : Se tu, o Luna, senza apportarmi verun nocumento, essequirai quanto hai detto, rinoverassi il corpo mio ; & allhora ti darò virtu, e forza penetrante, e convertente, me diante la quale sarai possente nell'ignea pugna ; e da quella, qual'altro Sole, illesa riportarai felice, e glo riosa vittoria. Dopo 'l celeste congiungimento, essa Luna di di gnità, e perfettione è fatta al Sole uguale, in segno di che strettamente co'l Sole avviticchiata, dall'infimo al superior luogo ascende : in tanto l'acque sotto 'l Firmamento, cioè sotto di lei poste, vannosi a poco a poco in un solo, & eminente luogo ristringendo, e fi nalmente appare l'arida Terra; laquale poi dall'estivo, & estrinseco calore piu inaridita, & oltramodo fatta sitibonda, con la virtu sua attrattiva a sé trahe di nuovo parte di detta acqua, in sembianza di soave, e cristallina pioggia, anzi di celeste rugiada, la quale soa vemente irrigando, & fecondando essa Terra, in lei eccita, e move la vegetativa virtu, della quale è ma nifesto indicio il colore verde, ch'ivi novamente tra 'l nero, e 'l tenebroso dall'eclisse de i due luminari, cioè dalla corrottione nata dal loro congiungimento, appa re. Il color verde è simbolo dell'anima vegetativa, e dell'universal Natura insieme; laonde gridava quello antico Hero : O benedetta viridità, la quale tutte le cose generi : Poiché realmente non può farsi genera tione, non pure de' vegetali, & animali, ma né anco de' metalli, ch'ivi non sia il verde colore: & a que sto reconditissimo mistero alluse peraventura il sapientissimo Salomone nel trigesimo secolo dell'Ecclesiaste, dicendo : Sicut in fabricatione auri signum est sma-
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ragdi ( & ecco l'aurea viridità) ita numerus musicorum, & quel che segue. Et qui finisce la terza giornata del la fabrica dell'heroico Mondo. È cosa naturalissima, come afferma Aristotile nel secondo dell'anima, e nel quarto della Meteora, che ogni simile generi altro simile a sé : genera l'huomo l'huomo ; il Leone l'istesso Leone partorisce ; produce il fromento fromento; e la rosa l'odorifere rose gratio samente ci porge : e con tal legge vanno simigliante mente l'altre specie tutte. Quindi dalla copula delli ma gici nostri Sole , e Luna vengono per conseguenza nuo vi Sole, e Luna generati , e partoriti dalla simbolica Latona ; & questi sono l'acqua poco dianzi ricordata, di cui diceva Hermete nella Tavola, ch'ella ascende di Terra in Cielo, e di novo discende in Terra, & acqui sta la virtu delli superiori, e de gl'inferiori, cioè d'am bo i parenti di lei ; & ella in sostanza altro non è , che ' l puro loro spirito, tratto dalla potenza all'atto, e fatto uno solo, sf come li corpi altresf sono di due uno divenuti. Incontinente che la celeste pioggia è tut ta di Cielo caduta, e dalla Terra accolta, spariscono indi le tenebre, rimanendo d'ogn'intorno la terra illu minata. Scopresi la vaga Iride di ben mille vari colori adorna, Ambasciatrice al saggio Heroe di vicina lieta, e gloriosa palma; della quale intesero gli antichi Poeti, mentre narrarono, che Latona già partorf Febo, e Dia na fra un arboro di palma, e d'un'oliva; essendo que sta simbolo di tranquillità, e quella di vittoria . Con la formatione dunque delli Luminari, e situatione loro nel firmamento, con la separatione della luce, & delle tenebre, & illuminatione della Terra, chiudesi il quar to giorno nostro. Rendendo il gran Padre Hermete la ragione, perché egli fusse dimandato Trismegisto, dice, ciò esse re, percioch'ei possedeva le tre parti della Filosofia di tutto 'l Mondo: cioè a dire, ch'egli, in virtu dell'hu-
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mana sapienza, possedeva il magico Mondo, in cui so no perfettamente uniti quelli tre generi generalissimi, che nel Mondo grande abbracciano l'universalità di tutte le cose, & esso Mondo costituiscono ; cioè il ge nere minerale, il vegetale, e l'animale. Et già da prin cipio dicemmo, che il soggetto della Magia era altresl in atto minerale, vegetale & animale ; ilche confermano anco gli antichi Sapienti, co'l dire, che la loro Pietra era in essenza triangolare ; si come, rispetto alle quattro nature elementari , dissero, ch'ella era · quadran golare in qualità. Quadrangolare parimente finsero essere lo stipite dell'herba Lunaria, come sopra dicemmo; le radici della quale vollero che fusse la metallica Terra, per dimostrarci la forza, e natura sua mi nerale; si come co'l crescere delle frondi, e fiori di lei ci dinotavano la vegetativa. E finalmente il color sanguineo era nota dell'anima sensitiva, essendo il sangue origine, & albergo d'essi spiriti animali. Non è chi neghi, che la volgar terra da tutti, e per tutto calpestata, non sia anch'ella in atto minera le, vegetale, & animale ; conciosiacosa che pur troppo evidentemente, come tale se stessa a tutti palesa, ge nerando da se medesima cotante, e si varie spetie d'ani mali, producendo senz'altro aiuto l'infinita diversità delle piante, e spontaneamente recandoci il bramato metallo dell'oro, dell'argento, e finalmente tutti gli altri corpi metallici, e minerali . Or se in questa, ch'al tro all'ultimo non è, che impura feccia de gli altri elementi, tanta virtu, e si fatto potere si scorge; qua le poi credi sia la virtu, e la forza della magica Ter ra, vero, puro, e virgineo elemento ? Veramente fra queste due non v'ha comparatione alcuna : ma quanto questa di perfettione supera la volgare, altrettanto, an zi di gran lunga piu, le ne viene anco aggiunta dal industriosa mano del prudente Heroe. Presupposta dun que questa verità, veniamo al quinto giorno con l'os-
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servatione dell'ordine delli quattro fisici gradi, sotto i quali tutte le create nature soggiacciono, che sono l'es sere, il vivere, il sentire, e l'intendere. Della produt tione delle cose, c'hanno solamente l'essere, come so no le pietre, & i metalli, imitando in ciò la sacra Ge nesi, non s'è fatta in questo luogo espressa mentione ; nondimeno s'intendono quelli usciti in luce da princi pio : dopo vengono i vegetabili, participanti dell'esse re, e della vita insieme : seguono poscia gli animali ir ragionevoli, i quali con questi due gradi ancora il terzo, cioè il sentire, posseggono : fra questi medesi mamente sono gradi di piu, e meno perfettione, a quel li del mondial magistero proportionati. Però mentre che la caduta pioggia pur le sue qualità conserva, di ciamo all'bora ivi prodursi il pesce, cioè la natura di lui; intendendo noi in tal produttione quello, ch'alcu ni Savi intendono nella creatione del Mondo grande, cioè a dire, l'atto per la facoltà : ilqual pesce è ani male composto solo di terra, e d'acqua. Ma comin ciando essa pioggia, od acqua a terminare con termine alieno, & a cangiare con l' ethereo mezzo la fredda sua complessione in calda, & ignea, viene in quello istante la natura de · i volatili all'atto ; la quale con stando di tre elementi, che sono, terra, acqua, e fo ro , è per conseguente della prima piu perfetta. Com piuta l'opra del quinto giorno, resta a trattare del se sto, & ultimo ; compimento, & epilogo di tutto 'l ma gico Opificio. Vogliono i Sapienti, il Mondo, nostro, giunto allo stato detto, e di nuovo fatto arido, e sitiente, essere un Avoltoio, ilquale gridando dica all'Heroe, rendi il licor mio a me, porgimi aiuto, & io poscia aiutarò, & essaltarò te. Cotal !icore è una parte del virgineo latte servato per nutrirne il delicato infante novamen te nato. Questo è latinamente detto Fermentum, per ché fert mentem, e per questa medesima cagione è
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ancora chiamato anima, la quale reca al parto nostro vita perenne, & incorrottibile. Quindi commanda Socrate, quello doversi vivificare co'l mezzo del fermento Simile animatione conviene che dall'Heroe sia fatta proportionatamente, e con isquisita prudenza, e vi gilanza : e come questa è la perfettione, & il suggello di tutto, cosi dev'egli mostrar quivi il colmo della forza, e dell'incomparabile valor suo. In questa, come insieme con gli antichi afferma Pietro Buono, appaiono nuove maraviglie, e novi stupori, di gran lunga maggiori de i primi. Da capo s'alterano le celesti, & elementari nature; & il tenerello fanciullo, gustato il materno latte, incontinente si muore; scorgonsi nuovi eclissi, & altre tenebre, ch'oscurano la Terra, e 'l Cielo; veggonsi le dense nubi partorir spesse pioggie ; soffiano gl'irati venti; & eshala la Terra haliti fetenti, e velenosi. Laonde giudicaresti ciò essere non infusione dell'anima, ned illuminatione del corpo, ma morte, e distruggimento d'ambedue loro insieme. Nondimeno, cessata la pioggia, e ritornato in picciol tempo il secca. a superare la fluente, & humida natura, ecco incontinente sparisce la tenebrosa notte, si rasserena il Cielo in ogni parte, e la Terra tutta lieta, e verdeggiante si scopre d'infiniti, & vaghi fiori variamente distinta, & ingemmata; laonde si puote lietamente cantare quello
Socrate
.
Passò l'horrido verno, e i vaghi fiori Già sono apparsi nella Terra nostra.
In questo tempo la natura animale di novo si riduce all'atto; & essendo per cagione dell'instauratione sua; e dell'essuberante anima, fatta piu forte, e poderosa di prima, perciò diciamo, quella essere la propia natu ra de i quadrupedi; tanto piu de gli altri brutti per fetti, quanto la distintione, e l'eminenza delle loro
Pietro Buono
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Ahbate Tritemio
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HEROI
membra chiaramente dimostrano. Intanto essendo la gran madre Natura mai sempre all'ultima sua perfet tione intenta, perciò superate hormai con la fida scor ta dell'Heroe tutte le difficoltà, colà felicemente s'in camina. Fatto dunque il figliuol nostro adulto, e già deposti i leggiadri vestimenti di tanti, e di sf vari co lori, di veste candidissima, simbolo della celeste sua purità, adorno si mostra : e quivi vien'egli pomposa mento coronato del divitioso argenteo Regno della Lu na madre. Fermato, e stabilito cotal Regno, indi ac compagnato dall'intrepido Heros verso 'l paterno Im pero, veloce il passo muove. Posto poscia il piede ne i primi limiti di quello, spogliandosi incontinente il pretioso manto, di lustro candor vincente l'orientali perle, in sua vece adornandosi d'un' altro di colore di finissimo oro. Finalmente essendo egli in poco spatio di tempo pervenuto al maestoso Trono solare, di nuo vo trattosi l'aureo manto, e postosi quello della viva ce, e regia porpora, gloriosamente l'imperiale scettro prende. Et in questo sublime stato termina il vitto rioso Heroe l'alto magistero, e la maravigliosa forma tione del magico Mondo, vero Microcosmo, & Huomo nostro. Et ecco il terzo principio maraviglioso del Tritemio, di cui egli dice: Principium tertium per se non est prindpium; sed inter ipsum, et binarium est finis omnis sdentiae, et artis misticae, ac infallibile medii centrum: in alio quam in ipso facilius non erratur, quo niam paudssimi vivunt in terris, qui profunda eius in telligant. Varium est compositum, et per septenarium in ternarium octies multiplicatum consurgens, et ma nens fixum. In ipso est consummatio numeri, graduum, et ordinis: per hoc omnes philosophi, occultorum na turae veri inquisitores, mirabile effectus consequuti sunt: per ipsum ad simplex elementum in ternario re ductum, subito fiunt infirmitatum curae miraculosae,
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et natura/iter omnium agritudinum: opusque in adep ta philosophia naturali, et praeternaturali operantis consequitur effectum, secundum dispositionem quater narij. Praedictio futurorum per ipsum verificatur, oc cultorumque,· insinuatio, non aliunde, quam per ipsum a natura percipitur. Hoc unico medio secretum natu rae aperitur Alchimistis, sine quo nec intellectus artis acquiritur, nec operationis effectus invenitur.
Parrà peraventura strano l'udire, ch'in questo pie dal Mondo etiandio la natura dell'huomo si ritrovi e venga prodotta in atto ; e senza dubbio sarà creduto, ciò essere detto metaforicamente, & per certa simili tudine : nondimeno affermiamo, ch'ella ci si ritrova ve ramente, e realmente. E lasciando le molte autorità, che in confermatione di questo addursi potrebbono, solo lo proviamo co'l medesimo argomento, co'l qua le habbiamo provato de gli altri animali. Si legge in Giobbe al capo quinto: Sed cum lapidibus regionum
Giobbe
pactum tuum et bestiae te"ae pacificae erunt tibi: & il Testo hebreo ha, cum lapidibus agri. Nel qual luo
go per la pietra del campo s'intende quell'animale nel la lingua santa chiamato Abneseade, che a punto tanto suona, quanto pietra del campo, e da gli Arabi è det to Nanas. Di questo animale trattando sopra 'l citato luogo nel Talmud Gierosolimitano ( e non nell'empio babilonico) li Rabbini Sansone, Mosè d'Egitto, e Sa lomone Francese, unitamente riferiscono, quello esse re animale partorito dalla terra, totalmente simile al l'huomo, sf in quanto alla forma, effigie, e lineamenti del corpo, come ancora quanto alla statura, dispositio ne, e gesti, & alla bene organizzata proportione delle membra, per la quale assoluta simiglianza Rabbi Acha dos in uno suo trattato legale intitolato Misnaiot, va disputando, se detto animale deve esser accettato nel l'humana specie, rispetto al carnai congiungimento, o no: e per finir l'historia, soggiungono appresso li det-
Rabbi Sansonc Rabbi Mosè d'Egitto. Rabbi Salomone Francese
Rabbi Achados
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ti, ch'egli è nondimeno di costumi ferini : laonde la sagace Natura, per assicurarci da cotal sua ferita, suoi farlo nascere con uno intestino tenue congiunto con un capo all'umbilico, quale è quello, che noi portiamo dal ventre materno ; e l'altro capo resta unito, & at taccato in terra, & ivi a guisa d'indissolubil fune le gato il tiene, non potendo egli indi allontanarsi, se non quanto la lunghezza di detta fune gli concede, la quale però dicono essere di cinquanta braccia, o poco meno. Dicono ancora, ch'egli è agilissimo, e velocissi mo nel corso, di maniera che niuno può entrar nel circolo di lui, senza manifesto pericolo di doverci mor to, e sbranato rimanere. Ma gli aveduti Cacciatori, vo lendolo uccidere, destramente procurano con certe lo ro freccie a ciò accomodate, di ferire, e troncare il sudetto intestino ; né sf tosto troncato viene, che 'l misero animale cade morto, mettendo horribile, e smi surato grido. Secondo il sopradetto Rabbi Mosè, egli ha voce umana, ma non articolata. Uno di questi si serva hoggidf morto tra le cose notabili del Re di Persia, e riferiscono, ch'egli è di statura grande, co me il piu grand'huomo, di carnagione bianca, rubicon da, e delicata, con capelli biondi, e molli, senza peli, fuor che alcuno nel petto, e sopra le spalle, e final mente in tutte le parti proportionatissimo, eccetto nel membro genitale, che di grandezza non corrispondeva al rimanente. Se dunque la fecciosa, & impura terra ha forza, e virtu di produrre senza niun'altro mezzo l'huo mo ; quanto maggiormente potrà ciò fare la purissima, e semplicissima Terra magica, la quale comparata con l'altra, è a punto come il radiante, e real corpo so lare comparato all'ombra opaca. Artefio
L'huomo è cosf detto da humo, cioè dalla Terra, della quale egli è composto. Cosf Artefio lasciò scritto, che Cum primus homo creatus fuit, non de aliis ele-
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mentis dicitur esse creatus, nisi de te"a: et de terra omnia alia elementa in homine sunt.
Afferma parimente Giosefo nel libro primo al capo secondo, che Adamo è cos{ chiamato dalla Terra rossa, della quale egli fu da Dio nel campo Damasceno formato. Oltra di questo, Damasco s'interpreta bevanda di sangue. Filone altres1 scrive, che per Adamo ci viene significata certa crassa materia, in cui è nondimeno insita la mente, e della quale formati siamo. Rossa simigliantemente è la Terra magica, e rosso altres{ è il sangue di lei, come si disse altrove. Questo sangue è la pinguedine, e questa è il terreo limo, di cui Iddio il primo nostro padre compose, e del quale consta il picciolo Mondo nostro. Le varie forme poi entro di lui celate, sono la cotanto ammirata invisibilità de' maghi. Ma egli è nondimeno verissimo, che la vera, e santa Magia sarebbe in parte alla falsa, e diabolica inferiore, s'ella possente non fosse a render le sudette forme visibili : conciosiacosa, che questa di lei avversaria può, ciò permettendo Iddio, co'l mezzo dei fraudolenti demoni prestigiatori, de' quali scriva Platone nel terzo della Republica, rappresentarci quelle forme che piu di lor piacere sono. Ma essendo ogni dono, che di là su ci viene dal Padre de' lumi, come attesta il glorioso Giacomo, perfetto; conviene perciò, che questo parimente in tutto perfetto sia: laonde, come tale, perfettamente scopre le varie contenute forme ; le quali, non come prestigiose, & apparenti, ma reali, consistenti, & palpabili si dimostrano. Ma qualunque volta il Saggio Heroe è di veder quello bramoso, gli è d'huopo caminar per sentiero dal primo alquanto diverso, e di quello piu angusto, prolisso, e faticoso ; quantunque alla fine i patiti disagi vengano mirabilmente ricompensati dalla inestimabile gioia, che recar suole la loro vista maravigliosa. S1 come adunque il figulo fabrica della presa terra
Giosefo
Filone
Platone
Giacomo santo Apostolo
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Heroi
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varie forme di vasi, e quelle a ·suo beneplacito distrug gendo, può della stessa fingere quella del cavallo , del l'huomo, e successivamente formarne l'altre tutte ; co si, fatta la congiuntione delli dùe Luminari , comin ciano immantinente a prodursi le reali forme magiche, e di tanti generi, quanti constituiscono il corpo del l'Universo. Convertesi talhor la celeste Terra in emi nente colle ; distruggesi tal forma, e quella di larga, e spatiosa campagna, si prende ; questa anch'ella in limpido lago si trasforma ; indi poi sorgono vaghe, & amene Isole ; le quali poscia altri · fiumi, altri fonti, & altri mari ci partoriscono ; questi, di nuovo ridu cendosi in Terra, prendono sembianza di sodi corpi metallici, e minerali : scopronsi poi varie, e pretiose gemme, smeraldi, diamanti, rubini, & altre simili ; que. ste parimente divengono verdeggianti erbette, varie piante, e frondosi arbori. Intanto cominciano ad appa rire le piu perfette forme; conciosiacosa, che sparite tutte l'altre, la magica sostanza apparentemente in leg giadrissimo cavallo si tramuta; questo poi prende la estrinseca forma d'huon:io, si maschio, come femina; cade egli altresi in terra, & incontinente la sembianza di fiero Leone sorge; " distrutta poscia cotal forma, for masi rio, e spaventoso Mostro ; e questo in sembianza di loquace Rana si converte, & in co tal modo v annosi vicendevolmente scoprendo le sudette forme, recando a quelli da Dio fatti degni di vederle altra maggior maraviglia : imperoché alcune ài loro con certo sguar do, & quello ch'è piu, con havere certo moto locale, vive realmente si dimostrano . Laonde alla stupenda vista di si fatti naturali miracoli s'empie il felice He roe d'infinita gioia, e contento, veggendo ivi verificarsi quella famosa propositione de gli antichi Magi, la quale afferma, che il primo Ente di qualunque spe tie magicamente disposto, e secondo 'l suo modo pre parato, suoi mostrare la specifica forma di quello, di
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cui egli è primo Ente. Queste mirabili metamorfosi ci furono accennate da gli antichi Poeti con la favola di Proteo, possente a trasformarsi in varie forme ; il quale, come s'è detto in altra parte, significa essa Natura : laonde di lui disse Homero :
Amichi Poeti
Homero
Divenne pria Leon, poi Drago, e Pardo, Gran Cinghia!, fluid' acqua, eccelsa pianta.
Finalmente nel magico nostro Mondo non pure si manifestano le spetie corporee, ma le incorporee an cora si rendono visibili. Il detto Mondo viene for mato dall'Heroe co'l seguente ordine : Della prima ma teria, che vuoi dir prima magica Terra, egli trahe con mirabile artificio spagirico, e con sottile arte pirono mica, tutte le spetie elementali, e corrottibili ; e que ste sono il Mondo elementare ; da questo poi con esat tissima diligenza si cavano le spetie celesti, incorrotti bili, dette incomposte, rispetto alla loro homogeneità ; e quivi vengono formati tutti li celesti corpi, e viene dato ad ogni Cielo il suo Pianeta : & ecco il Mondo ethereo. Qui stupisca l'Astrologo ; e maravigliando, pentasi delle cotante sue vigilie, e fatiche, e del mal perduto tempo : poscia che nel picciolo Cielo nostro può l'Heroe, senza punto esporsi alla rigidez:z;a del l'aere, ma in casa chiuso, e sedendo, esattìssimamen te osservare il moto, e la circonferenza delle Stelle : anzi, può quelle, non solamente mirare, ma realmen te palpare ancora : né a tutto ciò, è di mestiero astro labio, od altro astronomico stromento. Da tale armo nica proportione, e celeste convenevolezza, proviene quel dolcissimo concento , e soavissima Armonia de' Cieli, dal Volgo non punto conosciuta, e sinistramente imaginata : 1a quale dal Sapiente Tritemio cosf viene definita nell'epistola a Germano di Ganai : Harmonia caelestis est numero, ordine, et mensura di-
Tritemio
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stributionum corporum inviolabilis consonantia. Ha vendo primieramente della medesima detto, Harmo niam caelestem non materialem, sed spiritualem con sonantiam nobis suspiciendam scias oportet,· ubi nu merus, ordo, et mensura per ternarium, in unitatem conveniunt: ad quam consonantiam inferiora nostra omnia sunt conformanda. Soggiungendo appresso, Fa tuum est harmoniam arbitrari caelestem stellarum con sonantium, motu causante auribus perceptibilem for mare sonum. Ma comunque si sia, quivi meritamente
Platone Paolo santo
stupisca 'l Musico, poscia che nel magico Mondo, sen za moto, e senza suono, maravigliosamente s'intende cotale inesplicabile celeste Armonia. Formate tutte le spetie elementari, e celesti, si viene per ultimo alla formatione delle altre interamente perfette; le quali, per essere separate, e libere da ogni corporeità, pos sono dirsi spetie intellettuali, e magiche Menti sciol te : ned altro inferisce magico Angelo, che ANatico GELO; conciosia che ridotte queste spetie co'l mezzo della circolar dispositione, all'ultima perfettione loro, sogliano incontinente congelarsi in lucido, e trasparen te ghiaccio, in cui con anatica, cioè uguale proportio ne, concorrono le supreme qualità celesti, e cotal gelo communemente si chiama fra gli Heroi, Gelo, over Ghiaccio vegetabile. Et in questa guisa le forme in corporee, & intellettuali si fanno parimente anch'esse note, e palesi. Di piu Iddio, come affermano Platone nell'Episto la a Dionisio, & il glorioso Dottor delle genti nel l'Epistola a i Romani all'undecimo capo, è essemplare del mondo ; & esso Mondo all'incontro rappresenta la similitudine del suo Creatore. Il magico Mondo è si migliantemente Microcosmo perfetto, si come si è di mostrato : adunque l'essemplare di quello sarà altresi il sommo, e divino Opefice, la cui sembianza sarà per conseguenza l'istesso magico Mondo, in cui finalmen-
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te non solo tutte le cose create si ritrovano, ma an cora l'istesso sommo Opefice, poich'egli niuna creatu ra lascia senza la divina presenza. Mentre l'altissimo Iddio nel Principio, cioè nella divina sua Sapienza di niente creò tutte le cose, ciò fec'egli , non con successione di tempo, ma tutto in sieme, & in un momento incomprensibile ; né con al tro magistero, che, come attesta il Regio Profeta Da vid , co'l solo commandamento, e con la semplice on nipotente parola. Ma non cosi avviene all'Heroe nella formatione del magico suo Mondo, quantunque dal Creatore straordinariamente privilegiato; conciosiacosa, che gli convenga trarre tutte le nature successivamen te dall'antico Caos, nella guisa che si traggono tutte le linee dal centro alla circonferenza, e quelle poscia con la scorta del tempo condurre spagiricamente alla loro perfetta forma, e formale perfettione; alla quale solamente si perviene co'l mezzo de' sudori, e d'opre ardue, e laboriose, ilche chiaramente afferma Orfeo nel suo lapidario. E queste fatiche furono da gli anti chi· Poeti descritte sotto la fittione delle dodici, per mio parere, piu segnalate, e piu misteriose fatiche fra le trent'una attribuite ad Hercole da Giovanni Boc caccio nel suo libro della Genealogia degli Dei. Vuole Leontio, che 'l nome d'Hercole derivi da Hera, che è (dic'egli ) la Terra, e da cleos, che significa gloria; e cosi altro non vuoi dire Hercole, che glorioso nella Terra : & forse per questa cagione Sesto Pompeo, co me scrive Rabano nel libro dell'origine delle cose, Hercole essere stato agricoltore. E ciò viene anco con fermato dall'etimologia dell'istesso nome, essendo tan to a dire Hercole, quanto HERam COLEns { * ). ( * ) Cioè Terram.
David
Orfeo Antichi Poeti
Giovanni Boccaccio Leontio
Sesto Pompeo Rabano
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Ma meglio, e piu magicamente ciò dimostra cotal no me latinamente preso, inferendo pure HERae CULtor ESsentiae. Leontio Varrone
Overo, soggiunge Leontio, il detto nome è composto da Heros, e cleos, e cosi suona Heroe glorioso. Di piu Varrone afferma, che chiunque si portava valoro samente in qualche honorato, e virtuoso fatto, quegli era nomato col famoso nome d'Hercole. Comunque si sia, tutto questo conviene mirabilmente, & è propio del magico Heroe nostro, vero, e non punto favoloso, o finto Hercole. , Primieramente adunque egli, essendo ancor in cul la, affoga li due serpenti mandatiglì dà Giunone. Cioè a dire, che l'Hercole nostro da principio, & avanti a tutte l'altre cose necessarie a farsi nel magi co magistero, egli mortifica ( levando loro il veleno) le due parti componenti il magico Mondo, detto l'una su periore, e l'altra inferiore ; le quali per la velenosa loro natura, & appresso perché tranno il nutrimento dalla Terra, sono amendue dette serpenti ; mandatigli da Giunone, cioè usciti dalla prima Materia, di cui essa Giunone è simbolo. La seconda fatica sta nel porre le due colonne in Occidente. Qui convien notare diligentemente, che tutto l'Opi ficio magico è fondato sopra due picciole, ma univer sali propositioni da osservarsi, come irrevocabili pre cetti di tutti i Sapienti; percioché sopra di quelle, co me sopra li due Poli, s'aggira il celeste Mondo no stro : & sono, l'una, Farai fermo, e fisso il volatile; e questo di nuovo ferma, e fermato da capo volatile si faccia; e l'altra è di questo tenore, Solvi il con gelato, congelarai il soluto, e questo di nuovo liquido, o fluente si ritorni; e cosi alternatamente anderai se-
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guitando, fino alla fine. Le presenti due massime sono le due colonne da Hercole poste in Occidente : per l'Occidente intendesi la magica sostanza, non ancor celificata, e perciò sotto l'oscuro suo velo occulta, e tiene rinchiuso il lume solare. Et mentre questa viene trattata, e disposta conforme a i detti due magici pre cetti, dicesi, che ciò sia 'l porre le due colonne in Occidente ; cioè si prescrivono questi due termini alla mecanica Magia, oltra i quali non è lecito andare, po scia ch'in essi si contiene perfettamente il tutto. Nella terza combatte valorosamente con l'Hidra, & estinguendo co'l fuoco la vitale origine di lei , la supera. L'Hidra, cosi dall'acqua detta, è la magica So stanza, per l'alteratione, e conversione delle nature, divenuta acqua, e di tale propietà, e fortezza, che ri duce altresf in acqua tutte l'altre cose: & simil effet to viene significato per lo nascere delli sette capi, in vece dell'uno , ch'a lei venia troncato. Ma a ciò s'op pone l'invitto Heroe, e co'l foco della natura estingue l'origine di lei, e la vince, cioè trasmuta il fluido cor po in Terra, ancorché imperfetta. Appresso , egli prende, e scortica il Leone nemeo, e si veste della sua pelle. Il Leone è la sudetta imperfetta Terra, da gli He roi chiamata Leon verde : lo scortica, cioè lo monda dalla sua impurità, e si veste della sua pelle ; ch'al tro, secondo gli antichi Sapienti, non significa, che la prudenza, si come la Clava dell'istesso Hercole era nota della Sapienza. Prende la Cerva, ch'altri non poteva prendere, la quale haveva i piedi di bronzo, e le corna d'oro. La Cerva è l'istessa Terra, per la mondatione, e sottigliezza sua fatta fugace, e lieve: ma ei di nuo va, con arte solo a lui nota, l'arresta, e rende immo bile. Li piedi di bronzo sono la magica Venere, che
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pur dinota imperfettione ; sicome le corna d'oro so no simbolo di perfetto stato : ma si come le corna non crescono, se non dopo ch'essa Cerva è già gran de divenuta ; cosi la magica Sostanza non scopre gli effetti suoi maravigliosi, se non dopo essere arrivata al colmo dell'altezza, e sublimità sua . Ferisce con un dardo da tre punte Giunone in una mammella , per essere lei cagione delle sue fa tiche. Giunone è la già preparata materia terrea ; la qual terreità reca all'Heroe non picciolo travaglio. Il dar do poi da tre punte è quella Chiave, od lstromento, detto Circolato maggiore, ilquale essentialmente è mi nerale , vegetale, & animale ; e con questo egli fere la mammella, & indi ne trahe il pretioso latte co'l sangue misto, de' quali sopra s'è fatto mentione. Dopo questo, ammazza con l'arco gli uccelli stim phalidi , cioè le Arpie. Questi sono li neri, e rubelli spiriti scoperti nel magico Mondo, i quali, quantunque a prima faccia si mostrino buoni, infestano nondimeno, e danneggiano mortalmente con le loro immonditie il detto Mondo. Il perché l'Heroe ammazza quelli con l'arco, cioè co'l già detto lstromento gli fa cadere in terra putrida, inane, & infruttuosa . Vince Acheloo fiume, figlio dell'Oceano, e della Terra, solito a trasformarsi in varie forme. Dalla congiuntione delle due parti, cioè la supe riore, che è acqua, e però detta Oceano, e l'inferio re, ch'è la Terra, ne risulta un terzo meritamente det to figlio dell'Oceano, e della Terra. Questo celandosi sin da principio sotto l'acqueo elemento, viene per ciò fiume addimandato; quest'acqua poi si cangia in quelle diverse forme, delle quali s'è parlato poco a die tro: nondimeno cotal Sostanza è mai sempre piu in clinata a terminare in acqua, ma l'Heroe, pironomi-
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camente combattendo, vince alla fine il natio flusso di lei, fermandola nella destinata Terra. Tolse i pomi alle tre sorelle Hesperide, havendo ammazzato il vigilante Dracene, alla guardia di quel li posto. Le tre Donzelle sono le tre parti componenti il magico Mondo, che sono le tre qualificate sostanze, overo il corpo, Io spirito e l'anima. Da tutte queste unitamente trassi un licore veramente aureo, vita del sudetto magico Mondo, designato per li Pomi d'oro : ma questo non può haversi, se prima non è ammaz zato il Dracene, simbolo della terra impura. Ammazza ancora Gerione, ilquale in tre forme si trasformava; laonde gli conviene vincerlo tre volte; e poscia vittorioso ne conduce seco l'armento di quello. Gerione è il magico Mondo. Questo nella genera tione sua si cangia, avanti ch'egli arrivi al supremo stato, tra gli altri in tre principali colori, quasi chia vi di tutto 'l magistero; cioè nel negro, nel bianco , e nel citrino, o aureo; dinotanti il primo imperfet tione, & impurità, il bianco perfettione lunare, e l'ul timo il principio della perfettione solare, ma ancora debole, & infruttuosa. Il perché l'Heroe invitto, non meno ardito, & accorto in questa pugna, di quello, che nell'altre due stato si sia, ammazza finalmente Ge riore ; cioè col lungo sofferire finalmente passa li su detti tre colori, o gradi, pervenendo al quarto di co lore purpureo, & assolutamente perfetto . Et in segno di sf alta vittoria se ne ritorna carco di spoglie opi me, cioè conduce seco l'armento, simbolo delle ric chezze. Sostenta con gli homeri il Cielo . Cioè il Cielo nostro magico : e quello, che sopra s'è di lui detto, basta per dichiaratione di questo sim bolo.
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Per ultimo vince alla lotta il gigante Antheo, fi gliuolo della Terra ; ilquale in detta lotta , toccando es sa terra, diveniva mai sempre piu possente. Quantunque il magico Mondo con la morte di Ge rione sia giunto al cotanto bramato grado solare per fetto , resta nondimeno all'Heroe, per colmo dell'alta sapienza, e dell 'invitto valor suo, un'altra impresa, vie piu di tutte l'altre segnalata, mediante la quale la celeste forza d'esso Mondo s'inalza , e mirabilmente s'accresce ; & perciò tale attione è communemente det ta moltiplicatione delle magiche virtu, epilogo, e sug gello di tutto. Per Antheo, dunque s'intende il no stro Mondo , figlio della magica Terra . Lotta Hercole con esso lui rispetto alli travagli , & a i perigliosi ac cidenti , che gli occorrono nella formatione di quello, ilquale toccando la Terra, risorge ogn'hor piu forte, cioè riducendosi, o congelandosi l'acqua in Terra nel la detta sua formatione, acquista sempre forza mag giore ; e finalmente pervenuto alla già detta perfettio ne, tutto rinvigorito qui vi si ferma nella purporea Terra. Ma l'ardito Heroe desioso , & oltra modo va go di maggiore gloria, facendo qui l'estremo di sua possa, di novo il prende, e strettamente tenendolo fra l'invitte braccia sospeso, non gli permette piu ol tra toccar la madre Terra ; cioè riduce esso Mondo a tanto sottigliezza, & a si fatta celeste simplicità, che gli è tolto il potersi convertire di novo in Terra : & cosi Antheo rimane alla fine vinto, e superato. Et in questo sono infinitamente moltiplicate le virtu d'esso magico Mondo , hora assolutissimamente perfetto, e perfettissimamente assoluto. Laonde havendo l'Herco le nostro invitto posto fine alle gloriose sue fatiche , resta ch'egli, rendendo humile le devute gratie al som mo Dator di tutti i beni, e quinci intuonando dolce mente quello ,
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Ripieni i Cieli, colma è la Terra De l'alta Maestà de la tua gloria,
felicemente celebri, e goda lieto, e tranquillo, Sabba to ; & in dolcissima quiete fruisca i soavissimi, e so pramodo maravigliosi frutti del sopra da noi narrato Arbore della vita, che è l'istesso magico Mondo : frut ti d'incomparabile gloria, e di perpetua felicità ; Hermete, dicendo : Sic habebis gloriam totius Mundi, percioché, dic'egli, Pater omnis thesauri est hic, & totius /ortitudinis fortitudo fortis. Il perché il medesimo , come nel libro dell'essere, e delle essenze scrive Tomaso santissimo ( se però tal libro è suo ) riferisce che essendo arrivato al fine di sf alto Dono, egli provò gaudio tale, che giamai non hebbe di quello il maggiore. Platone parimente attesta, che chiunque possede sf fatto Talento, ha insiememente il dominio del Mondo grande ; conciosiacosa, ch'ei (dic'egli ) perviene al colmo delle ricchezze, e ( quello ch'è piu ) mirabilmente rompe il vincolo della Natura , trascendendo i limitati term1ni di quella con operare naturalmente le già accennate maraviglie, che sono in somma i sudetti frutti , overo effetti, de' quali si trattarà apertamente nella seconda parte. Intanto essendo verissimo, che questo pretioso Dono procede immediatamente dalla divina , & increata Sapienza, e ch'egli è dono di tutti gli altri maggiore, dopo la salute dell'anima ; però siaci per hora concesso il conchiudere questa prima parte, con applicare a cotale humana, e naturale sapienza , quelle parole di Salomone nel terzo de Proverbij pronunciate in lode della divina ; cioè, il frutto d'essa Sapienza è piu pretioso di tutte le ricchezze del presente Mondo ; e tutto ciò, che in detto Mondo può desiderarsi, non è bastante di compararsi a questa : percioché nella destra sua sono la sanità , e la lunghezza della vita , e
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San Tomaso
Platone
Salomone
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nella s1mstra gloria, & infinite ricchezze. Le vie di lei sono operationi non isprezzate, ma belle, e lode voli ; & i sentieri suoi sono moderati, non frettolosi, ma con perseveranti fatiche, è Legno della vita, e lu me indeficiente a quelli , che l'apprendono. Beati dun que i possessori di lei , perché la scienza di Dio non perirà giamai. Il fine del Primo Libro.
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C ES
S I G N O R.
A R E D E L L A R I V l E R A. L I B R O
S E C O N D O.
H
ABBIAMO fin qui trattato dell'origine, e della forma dell'humana sapienza, detta Magia naturale, del Magico Mondo, Pietra de gli Heroi & arbore nostro della vita, del primiero imagine; & habbiamo insieme dimostrato la nobiltà, e grandezza di quella, e la formatione di questo: laonde resta solamente a discorrere particolarmente intorno a gli avvenimenti di lui, a fine che quinci comprendiamo l'utile, il valore, e gli effetti suoi incomparabili. Tali effetti saranno da noi distinti, e posti nel nume ro di dodici, sf per proportionare il frutto, e la mer cede alle fatiche, come anca perché dodici altresf, come scrive il glorioso Giovanni nel vigesimo secondo capo dell'Apocalissi, erano i frutti del primo Legno della vita. L'Abbate Tritemio nell'Epistola a Germa no di Ganai definisce la Magia naturale, dicendo : Ch'ella è Sapienza delle fisiche, & intelligenza delle meta-
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Evangelista
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Barcepha
HEROI
fisiche cose : la quale consta della scienza delle virtu delle medesime, tanto divine, quanto humane. Da co tal definitione si scorge primieramente, che sf come lume da luce, immediatamente proviene, cosf ella al l'istesso Iddio, qual fiume al vastissimo mare, si ri volge, e di nuovo fa a quello ritorno : onde insieme a Tomaso santo si può dire Monas gignit
Salomone Paolo san to
I L MONDO MAGICO DE GLI
m onade s ,
& in se suum reflectit ardorem.
Inoltre, comprendiamo chiaramente, questa altissima scienza essere la misteriosa aurea catena d'Homero, & altri dissero, ch'ella era la mistica scala di Giacob, nella quale si contemplava l'università delle creature, e per la quale, come vogliono Salomone nel decimo della Sapienza, e Paolo santo nella prima Epistola alli Romani, si può ascendere alla cognitione del grande Iddio. Et appresso Barcepha nella seconda parte, da alcuni dotti, e versati nelle duplici speculationi di lei, pertinenti, l'una alla natura delle create cose, e l'altra alla cognitione delle sovracelesti, e divine, ella fu det ta mistico Paradiso. E questo è l'istesso Paradiso, nel quale secondo la Theologia de' favolosi Gentili, fu rac colto l'Hercole nostro, dopo 'l contatto del sangue del morto Centauro, sotto di cui si contiene astrusissimo mistero, ove poscia pacificatosi con Giunone, prese in moglie Hebe, di lei figlia, e Dea della gioventu. Giu none è simbolo, come altrove s'è detto, della materia, e però viene presa per la Terra ; egli si pacifica con essolei, cioè termina, e finisce l'heroiche sue fatiche ; si marita con Hebe figliuola d'essa Giunone, cioè ei gode, e fruisce l'Heroica Pietra dalla magica Terra par torita, & intesa per Hebe : questa finalmente da Gio ve, ch'è la forma, è fatta Dea della gioventu , & am ministratrice dell'Ambrosia, e Nettare , cibo, e bevan da de i medesimi Dei , e per li quali intendesi la vita
LIBRO
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immortale, e divina , deila quale essi vivono ; percio ché la voce nectar, è composta da ne, e etino, che por tata dal greco idioma nel nostro , significa, non ucci do; overo si dice nectar da neoctar, per dinotare, che l'uso di quello conservi la gioventu : parimente l'Am brosia è cosi detta daiia particola a, cioè senza, e bro tos, che mortale inferisce; e cosi vuole dire senza morte : il perché vengono amendue a suonare non al tro, che immortalità. Quindi è, che l'Ambrosia parti colarmente suoi da gli antichi compararsi al primo Le gno deiia vita ; però conchiudendo , diciamo, che l'he roica Pietra, magico Mondo, secondo Legno deila vi ta, & Hebe nostra, mediante la mirabil ptoduttione de i dodici suoi principali effetti, ministra l' Ambro sia, & il Nettare, ciò è a dire la beatitudine natura le deii'animo, e l'immortalità del corpo, cioè estraor dinaria lunghezza di vita a gli Heroi, Hercoli , e Dei Semoni nostri. Et quanto a queilo, che spetta aiia parte divina deii'animo, non ha dubbio alcuno, che l'uso secondo i magici precetti di detta Pietra, può, e suole quella apportarci, cioè soprana cognitione ; conciosiacosa ch'el Ia con la celeste, & efficacissima sua virtu leva dalli cinque sensi humani, tanto interiori, quanto esteriori, qualunque nocivo accidente ; e quelli depura, assotti glia, & acuisce in modo tale, che l'anima senza veru no impedimento con la potenza intellettuale passa fe licemente per quella, come per prima porta, al conse guimento delle scienze. Acuisce appresso, e mirabil mente depura, & iilustra il cervello, propio organo, od istromento de gli enti sensibili, i quali dal senso commune, e dalla fantasia appresi , & indi nella me moria riposti, vengono poscia rappresentati aii'intellet to, di cui essi sono patenti vie , per le quali l'anima ha l'adito al suo propio oggetto, che sono le spetie intelligibili , e daile sensibili tratte : e quindi l'inteilet-
Primo Frutto del magico legno vitale
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Dionisio santo
Socrate Platone
Zoroaste
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to possibile, arricchito de gli enti intelligibili, e con incredibile prestezza vestitosi gli habiti delle scienze, e perciò già divenuto impassibile, & immisto, discende all'atto suo, tanto speculativo, quanto prattico: e fi nalmente con insolita, & inusitata facilità, perviene a a quell'ultimo grado, dal quale, secondo alcuni Sapien ti , egli vien chiamato adepto, ammirabile, felice, in ogni parte perfetto, e simile all'altissimo Iddio. Con ciosiacosa, che l'intendere, che con tal mezzo fa l'Re roe d'esso Iddio, altro non è, che certa adequazione dell'intelletto con la Divinità, in quel modo però, che 'l finito può all'infinito adecquarsi ; percioché rion es sendo fra di loro convenevolezza alcuna, segue ancora, ch'in tal adecquatione sia quella proportione, ch'è tra 'l circolo, e 'l poligonio. Iddio, come attesta Dionisio santo , è Circolo assolutissimo, perfettissimo, & infini to; e l'intelletto humano sarà simile al poligonio : però quantunque questo, moltiplicando gli angoli suoi, mai sempre forma piu circolare s'acquisti , nondimeno, co me poligonio, non potrà giamai divenir circolo per fetto. Questo stupendo acquisto della sudetta Divinità ci rende certi, che, come dissero Socrate, e Platone, la Magia di Zoroaste, & di Zamolside, cioè la perfetta naturale è vera medicina dell'animo; la qual medicina tanto piu efficacemente operarà gli effetti suoi, quanto l'anima sarà pervenuta dal mezzo dispositivo della bon tà, & innocenza della vita, la quale infallibilJllente si consegue co'l disprezzo di questo mondo sensibile, e materiale. Questa deificatione intese il Principe de' Magi Zoroaste, là dov'ei disse : L'anima humana in sé comprende Dio, Alhor che nulla del mortai tenendo, Ebra divien de' sempiterni influssi.
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Et ecco il primo effetto, overo frutto del magico Le gno della vita, communamente Illuminatione , & Es saltatione detto. E questo apertamente affermò l'Abbate Tritemio, quando scrivendo a Gioachimo Marchese di Brandeburgo , disse : Magia siquidem naturalis, non solum elfectus operatur visibiles, sed etiam intellectum ipsus hominis in ea periti, mirabiliter in cognitione Divinitatis illumina!, invisibilesque; fructus animae praestat. Il Demonio emolo perpetuo delle divine gratie, trasfigurandosi, come dice San Paolo, in Angelo di luce, promette medesimamente cotale illuminatione a' suoi curiosi incauti, e miseri seguaci ; anzi non pure questa, ma altresf promette loro tutte quelle operationi, e mirabili effetti, che realmente dalla Magia naturale possono prodursi : quantunque finalmente altro non siano, che mere illusioni, diabolici inganni, e pernitiose superstitioni, operate con mezzi diversi da gli altri, essendo questa retta da fondamenti falsi, e prestigiosi. Laonde, come si legge appresso Oratio, quçlle tre famose incantatrici, dette Folia, Sagana, e Veia, con gl'incantesimi loro nefandi fecero in modo, che quel nobile fanciullo pretestato, il cui nome era Varo, pronunciava oracoli con infinito stupore di tutti . Sf come alcuni altri superstitiosi sogliano con certe loro diaboliche ceremonie, & essecrando imprecationi dare i medesimi semplici fanciulli in poter de' Demoni tristi, sotto pretesto d'acquistar loro la detta il luminatione per mezzo d'un Angelo , ch'in virtu di quegl'incanti renda se stesso a gli ammaliati putti suddito, & ubbidiente ad ogni voglia loro ; e perciò chiamano sf fatta empietà Angelicatione . Dal grande Iddio dunque fatta l'anima co 'l sudet to mezzo partecipe della Divinità , segue, ch'ella , vo lendo produrre un tanto dono in atto, diviene presaga de' futuri avenimenti. Che con tale istromento l'anima
Abbate Tritemio
Paolo santo
Oratio
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Platone Aristotile Agostino santo
S. Bonaventura
Antichi Poeti
Ovidio
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s'acquisti la virtu del vaticinio Naturale, non deve alcuno maravigliarsi ; conciosiacosa ch'ella , come vo gliono Platone, & Aristotile , & afferma Agostino san to nel libro delle confessioni , già possede una tal vir tu senza 'l magico aiuto, ma solo per la partecipatione delle Idee, secondo Platone, overo, come piace ad Ari stotile, dall'impressioni delle cause superiori . Ben'è ve ro ; che l'attione di lei communemente viene offuscata, & impedita dall'huomo terreno, e materiale, e dal l'impurità de' sensi ; e perciò, non potendo dalla po tenza passar all'atto suo , come morta, inutile, e ste rile se ne rimane. Ma dall'altro canto dal magico Le gno della vita disposta, e preparata l'anima, con la purgatione appresso, e sottigliezza de' sensi, e l'es saltatione de gli altri suoi stromenti, e di piu per acquistarsi in ciò forza maggiore, divenuta co'l con giungimento dell'unità mentale all'incomprensibile Uni tà Suprema, anima, secondo gli antichi Magi, ferma, e non cadente, potrà senza ostacolo di qualunque sor te si sia , liberamente fruendo i doni suoi, scorgere tanto le future, quanto le presenti, e passate cose. Cotal divinatione nondimeno può dirsi a un certo modo non assolutamente perfetta ; in quanto che Id dio, di cui è solo il predire infallibilmente, come scri ve il Dotto santo Bonaventura nel secondo delle Sen tenz� , può secondo il suo beneplacito impedire, tar dare , e mutare quello, che l'anima purgata chiaramen te prevede, e conosce dalle seconde cause, in guisa tale, che l'humana divinatione, come è vera, ' cosf non può arrogarsi quello, ch'è propio di Dio, cioè l'im mutabil certezza , o per cosi dire l'infallibilità. Questa divinatione è, secondo gli antichi Poeti, quell'uno de' quattro furori ad Apollo pertinente : il perché dissero, detto Apollo essere stato inventore de i V aticinij , e degli oracoli ; onde appresso Ovidio il medesimo dice:
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Giove è mio padre, e per me s'apre altrui Il passato, il presente, & il futuro.
E Callimaco nell'Hinno d'esso Apollo scrive :
Callimaco
Apollo chiaro, e luminoso, cura Tien della Cetra; e l'arco aurato tende, E gli Oracoli sacri esprime fuori.
Et appresso, ch'egli è nato di Latona , la quale, co me s'è detto altrove, è la magica Terra nostra, del l 'antica Terra, come afferma Virgilio, nipote. Ilqual segreto accennò Apollodoro scrivendo nel primo li bro, che Apollo imparò l'arte Vaticinatoria da Pane, simbolo della Natura, e la propia terra significante. Questo istesso intesero gli antichi Poeti, quando fa voleggiando dissero, che in Toscana, mentre s'arava la terra, da quella improvvisamente, e senz'altro se me, nacque un certo huomo indovino, da cui poscia quei popoli il vaticinio impararono. Apollo dunque per conseguenza sarà il magico Legno della vita. Questo in somma d'altro non è composto, che della purissi ma sostanza de' Cieli, e delle Stelle; la quale sostan za da Aristotile fra gli altri vien chiamata Ethere, quin to elemento, da gli altri quattro diverso, incorrottibi le, e divino : quindi è che quel sapientissimo principe de' Ginnosofisti Iarca, come riferisce Filostrato, pro ruppe in quelle parole verso il grande Apollonia Tia neo, dicendo : Non è maraviglia, o Apollonia, che tu possegga la scienza della divinatione, poscia c'hai co tanto Ethere nell'anima. Alche peraventura mirò il medesimo Aristotile, quando disse: Animam gaudere luce. Questo istesso intese, & affermò l'Abbate Trite mio, quando ei disse: Quicunque notam haberet con ditionem caelestis harmoniae, tam praeterita, quam fu tura cognosceret, la quale armonia altro a punto non è,
Virgilio Apollodoro
Antichi Poeti
Aristotile
l arca Fi lostrato
Aristotile Abbate Tritemio
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Artefio
Giovanni
Tri temio
Iamblico
Homero
Platonici
Zoroaste
Giovann i Pico
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che 'l sudetto Ethere ; sicome agevolmente si raccoglie da quello , ch'adietro di lei scritto habbiamo. Parimen te l'antichissimo Artefio ne gli oscuri , & astrusi suoi segreti comprese questa divina scienza sotto la metafo ra delli tre vasi pieni, l'uno d'acqua, l'altro di vino, & il terzo d'oglio ; e questi sono le tre misteriose pa role di Calid, e d'Alberto Magno, origine d'ogni ma raviglia : & sono finalmente li tre principij terrei del l' Abba te Tritemio, da i quali risulta il sopradetto Ethe re, & indi insieme con gli altri stupendi effetti, la predittione de i futuri accidenti . De' quali principij cosf detto Tritemio scrive : Nota tria principia in Ma gia ista naturalis occulta, sine quorum perfecta noti tia nullus operantem sequitur effectus : e poco dopo soggiunge : Errant, crede mihi, errant omnes, qui sine istis tribus principijs quicquam operari in occultis na turae scientijs se posse confidunt. Questa vaticinatoria scienza è, come insegna Iam blico, una virtu da gl'lddij intelligibili sparsa per tut ti gli elementi, la quale inalzando sopra 'l Fato gli humani intelletti, puri, e di Divinità capaci, dimostra loro la Concatenatione dell'Universo. Di questa Con catenatione intese Homero, mentre ei disse, il mondo essere un'aurea catena, il cui supremo capo era tenu to dalla mano del sommo Giove. E ciò altro non è, che l'ordine delle cause dell'Universo, e come dicem mo nella prima Parte, il derivare, secondo i Platonici, dalla divina Bontà, Idea d'ogni bene, della mente pri ma, cosf da questa l'anima del mondo, e da essa la Natura, overo il Mondo seminario . Parimente detta universal concatenatione fu da Zoroaste chiamata sca la, la quale dal basso inferno arriva infino al primo fuoco, cioè a Dio. E tutto questo dichiarò apertamen te Giovanni Pico, dicendo : Quod dicunt Interpretes Caldei supra primum dictum Zoroastis de scala a Tar taro ad primum ignem, nihil aliud significat, quam se-
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riem causarum Universi, a non grado materiae ad eum, qui est super omnem grado graduatem protensum. Di piu scrive il medesimo Iamblico ne i Misteri, qualmente noi debbiamo contemplare il Vaticinio distribuito per tutto 'l Mondo, & intorno a tutte le nature per lo Mondo divise, cosf dunque la ragione del Vaticinio è principale, e communissima, e possiede in se stessa tutte le cose, ch'ella a chi di lei partecipa concede, sopra 'l tutto donando la verità necessaria all'indovinatione, ottenendo in se stessa l'essenza, e la cagione delle cose, che si fanno, dalle quali ne cessariamente procede perpetuo acquisto del presagio. Sin qui Iamblico. . Hora conviene principalmente ricordarsi, che, come già dicemmo, gli elementi communi, che noi veggiatno, non sono i veri, e puri, ma solo elementi elementati, impuri, e misti; e perciò non si ritrova in loro la divina virtu del Vaticinio, e per conseguente per essi non si può arrivare all'altezza di si fatta cognitione: ma questa si consegue solo co'l mezzo de' veri, sem plicii, purissimi, e sommi elementi dalla magica Terra, come da feconda loro matrice, contenuti, e dall'Heroe con arte spagirita fatti nobilissimi spiriti, quinta es senza, & Ethere. Da questi elementi dunque la pre dittione de i futuri accidenti già fu denominata ; quan tunque detta virtu, non in un solo separatamente, ma in tutti uno solo divenuti, consista. Nondimeno essen do sf fatti nomi abusati da superstitiosi, e perciò ra gionevolmente dannati da santa Chiesa, noi non rice viamo, né intendiamo usar quelli altramente, che per semplice dichiaratione di questo luogo solo. Essendo pertanto il principio, e 'l fondamento di tal divina tione la magica Terra, ella perciò è chiamata Geoman tia, da Gea, che terra significa, e Mancia, cioè divi natione. Ma convertendosi detta Terra nella mecanica Magia in acqua, dicesi per questo Hidromantia, che
Iamblico
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Lucano
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vuoi dire divinatione fatta per mezzo dell'acqua. E detta medesimamente Aeromantia dall'aere, il quale non solo si ritrova in detta magica sostanza insieme con gli altri tre elementi, ma perché anco nella magi ca loro circolatione, & essaltatione, sf come la Terra diviene acqua , cosf questa salendo si trasmuta in aria, la quale alla fine pervenuta all'ultima perfettione, . tut ta nell'ignea natura si converte ; quinci essendo l'he roica Pietra puro fuoco, però la divinatione co'l mez zo di lei fatta meritamente è Piromantia detta : laonde di tutti questi possiamo dire insieme con la Maga di Lucano : Diranno il vero l'aere, il foco e l'onde, La terra, i campi e i monti Rhodopei.
Alberto Magno Abbate Tritemio
Appresso è chiamato Capnomantia da Capnos, che vuoi dire fumo; imperoché la semplice sostanza del magico Legno della vita si mostra da principio in for ma di due sottilissimi fumi, l'uno de' quali è bianco, e l'altro rosso; parimente da Necros, che morto dino ta, è detta Necromantia, & anco Neciomantia, e Scio manda, rispetto all'evocatione, che de gli spiriti si fa a i morti corpi ; conciosiacosa, che la perfettione del l'heroico magistero consiste nel congiungimento de i separati, e depurati spiriti con i loro morti, e assot tigliati corpi; ( & ecco la male intesa Palingenesia di Pitagora) de quali magici, humani, e naturali spiriti noi solamente intendiamo, e trattiamo, e non de' rei, e falsi Demoni ; sf come de i medesimi intesero que gli due, tra Christiani, non meno per innocenza, e bon tà di vita venerandi, che perfetti Magi naturali, cioè Alberto Magno, e l'Abbate Tritemio : discorrendone questi con molta profondità nella Steganografìa, quan tunque sotto superstitiosi veli ; e ciò per celare a gl'in degni gli alti misteri della gran madre Natura ; sf co me egli nel proemio dell'istesso libro chiaramente af-
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ferma. La sudetta integrità viene altresf confermata dal medesimo Tritemio nell'Epistole, dicendo; Magia naturalis pura est, solida, stabilis, & licita: quae Prin cipes maxime decet, & ornat: nec unquam ab Eccle sia prohibita, nec etiam iure prohibenda; quippe quae puris principi# naturae innititur, nullamque; supersti tionem admittit. Parimente dei medesimi naturali spìriti parlò Esiodo nel libro dell'opere, e de' giorni, dicendo:
Esiodo
Copron l'antica Madre, ond'ogn'un vive, Trenta mila di Giove eterni spiriti, Almi custodi a gli huomini mortali.
Quindi è, che Virgilio afferma, tutte le cose essere di Giove piene. Questi spiriti dunque de gli huomini custodi, altro non sono, secondo l'opinione del mede simo Esiodo, de Platonici, e d'altri, che i particolari Genij di ciascuno, & essi Genij sono i medesimi spi riti, i quali da gli stessi Platonici sono chiamati De moni ; e volendo inferire, che fossero custodi degli huo mini, dissero, ch'alcuni di quelli sono consultori, altri medici , ch'alcuni altri rivelano i segreti nascosti, e molti aiutano nell'essercitio dell'arti, ch'altri sono com pagni ne i viaggi, questi Cittadini, quelli rustici, altri maritimi , & altri terrestri, e certi di loro prendono in custodia particolare, & isquisita un corpo humano, qua li vogliono alcuni che fossero quelli, che di Pitagora, di Socrate, di Platone, di Zenone, di Diogene, & di Plotino hebbero il patrocinio : onde di questi alcuni sono terribili, & altri piacevoli ; questi civili, e quelli militari. & in somma conchiudono i medesimi Plato nici, che quante sono le nature, arti, e professioni de gli huomini, altrettante debbano di necessità essere quelle de' detti Demoni , e però scrive il medesimo Esiodo,
Virgilio
Esiodo Platonici
Esiodo
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MAGICO
DE GLI
HEROI
Che se bene essi sono a Dei simili, Nelle Città si stanno, e a varie cose Donan gratie, e /avori. Pitagora
Cabalisti
Antichi Magi
Censorino
Di questi intese Pitagora, mentr'ei disse, che li Dei non venivano altramente a noi spontaneamente, ma da necessità costretti, in virtu della Magia. E final mente questi accennarono gli Cabalisti, affermando non essere pur un'herba, o pianta in terra, che non hab bia una Stella nel firmamento, che la percuota, e di ca , cresci . Alcuni de gli antichi Magi apertamente dissero, i Genij essere li quattro elementi, semi di tutte le cose, e de' quali noi fatti, e generati , siamo; essendo Genio detto dal generare, overo per haver eglino con la loro assistenza cura, come vuoi Censorino nel libro del giorno natale, della generatione nostra. Dicesi an co Genio, quasi Gerulo, da gerere, che portare signi fica, apportandoci detti elementi l'essere, la forma, la vita , la permanenza, la illustratione, la virtu, della di vinatione, e tutti gli altri quasi innumerabili_ doni na turali ; per la qual cosa alcuni altri dissero, ch'eglino erano il Sole, la Luna, e gli altri celesti Corpi , havu to riguardo, che dopo la prima Causa da loro prin cipalmente viene in noi infusa la sudetta virtu. Altri chiamano il Genio Dio della Natura, percioché egli coincide, & è l'istesso con gli Dei Mercurio, Pane, Priapo e Proteo, de' quali s'è parlato nella prima par te. Ma, e gli elementi, e tutti i luminosi Corpi cele sti, i sudetti favolosi Dei, e brevemente quanto si contiene nell'Universo, è compreso nel magico Mon do, come già si è dimostrato. Vogliono di piu i Theologi gentili, detti Genij es sere una medesima cosa con quegli altri da loro chia mati Dei Lari, cosf detti da Lara loro genitrice, e Dei Penati da penès, per essere eglino sempre con esso noi ;
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overo anco sono cosf chiamati da penu, conctostacosa, che da loro ci vengono le cose necessarie al vitto hu mano, e però figli, come afferma Ovidio, di Mercurio. Questi, secondo Cicerone nel secondo libro della natu ra de' Dei, sono a gli huomini domestici, e famigliari: e perché altro non sono finalmente detti Lari, Penati, Genij , e tutto quello, che fin qui s'è detto, che il celeste, e natural fuoco, mediante 'l quale tutte le cose vivono, perciò simbolicamente consacravano loro il fuoco nelle propie case ; delle quai vanità al presen te ancora resta, come dice Giovanni Boccaccio nella Genealogia de' Dei, qualche poco di memoria, perché nella lingua Toscana gli capifochi sono detti alari, & in Italia tutta communemente il luogo, ove il fuoco si mantiene, è pur focolare detto. Ma per non lasciar in ciò dubbio alcuno, se noi peraventura insieme con alcuni de gli antichi voglia mo credere, che non quanto s'è detto, ma l'anima ra gionevole sia il propio, e particolar Genio di ciascu no; diremo dunque, come sopra, cioè, che tal virru ha forza di rendere i Genij , che la fruiscono, possenti a prevedere gli avvenimenti futuri. Finalmente, comun que si sia, Macrobio nel terzo libro de' Saturnali pro ferisce chiaramente sentenza tale, dicendo: Gli Dei Penati essere quelli, per mezzo de' quali perfettamen te spiriamo, e viviamo, possediamo il corpo, e la ra gione dell'animo insieme. Che il diavolo anch'egli habbia, come da principio si disse, la sua Magia, è pur troppo manifesto, e chia ro, cosi come pur troppo evidentemente sono coloro ingannati, che bramosi, e sitibondi dell'acque vitali dal l'humana sapienza, lasciano il divino, inessicabil fonte di quelle, & in sua vece alle pernitiose onde stigie in felicemente s'accostano; onde l'alma, gustato il mor tifero veleno, e dall'autore di tutti i mali alla fine miseramente schernita, non pure del transitorio, e mal
Ovidio M. Tullio
Giovanni Boccaccio
Macrobio
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Bonaventura santo
Almadel Arabo
IL MONDO MAGICO DE GLI
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ricercato bene, ma dell'eterno ancora priva rimane. In tre modi , scrive Bonaventura santo nel secondo delle Sentenze, è da Dio permesso a' falsi Demoni il pre dire i futuri successi, avvenga che non infallibilmen te, essendo quello solo della divina Onnipotenza, come s'è detto di sopra. Il primo modo procede dalla sotti lità, e perspicacità della loro natura ; il secondo dal l'acutezza , e perfetta cognitione di tutte le scienze ; e l'ultimo dalla lunghissima osservanza, & isquisita spe rienza de' tempi. I mezzi poi, con i quali essi frau dolenti sogliano allettare, & irretire gl'incauti curiosi, sotto pretesto di renderli capaci, e presaghi delle cose a venire, sono tanti, e di sf diverse spetie, che mala gevole sarebbe il raccontarle, e di loro niuna si ritro va, che superstitiosa non sia ; quantunque con molta industria l'inventar di quelle cerchi di palliarle sotto 'l manto, sf delle divine cose, come delle naturali. Di queste spetie è una la profana Geomantia, di cui tra gli altri scrisse Almadel Arabo, e la quale, non come la legitima, e vera , d'un solo natural principio consta, ma di superstitiose osservationi, adombrate dal natural fondamento della terra, e dalli sedici segni, over figure, della quale essa falsa arte apparentemente consta. Ma la forza, o per dir meglio, l'inganno di lei, d'onde viene poscia ingannato il Geomante, è posto tutto ne i punti, ch'egli a caso, & alla cieca va fa cendo ; percioché la punteggiante mano di lui è al l'bora guidata dall'astuto Demonio, il quale sapendo quanti punti si ricerchino alla formatione di quella figura, che risponde al formato quesito, tanti a punto fa egli porne ; di maniera che veggendo gli sciocchi alcuna volta sortir loro tal divinatione, giudicano fal samente ciò avvenire, non dalla direttione della mano, ma dalle cause superiori ; o dalla forza di quelle fi gure ; overo dall'occulta virtu de' numeri, che com prendono i loro punti ; dall'osservatione dell'bore ; dal-
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le superstitiose orationi, silentio, & altro, dal perfido avversario insegnato loro. E nondimeno, e queste, e tptte l'altre ceremonie, & osservationì, altro non sono, che mere, & espresse vanità, diabolici inganni, illusio ni, e superstitioni, che precipitano i miseri nell'abo minevole idolatria, & indi nella dannatione eterna. Dilata oltradiciò il Demonio la rete di cotal su perstitiosa divinatione grandemente; havendo egli po sto per soggetto di lei, non solo la terra, ma anco tutte le cose, che sono, & accadono in quella alla gior nata. Cosi nell'Hidromantia insieme con l'acqua con siderano i flussi, reflussi, impressioni, aumenti, incre menti, colori, onde e bolle di lei ; cavando dalle se dici figure dalle sudette cose rappresentate, le loro vane regole. Nell' Aeromantia parimente riguardano tut to quello, che nell'aere si genera, e vive, come venti, nubi, arco celeste, augelli e simili. La falsa Piroman tia anch'ella con l'ascendente della Stella, e quello del lo spirito, considera il fuoco, e quanto da lui è pro dotto, come tuoni, folgori, baleni, Stelle cadenti, co mete, & altre simili meteorologiche impressioni. E fi nalmente il medesimo avviene di tutte l'altre spetie, secondo la natura, e la qualità loro ; delle quali non è lecito piu lungamente discorrere, per non contami nare le cose venerabili con le profane ; bastando in tanto quanto s'è detto per aviso a doverci guardare dall'impietà di si fatti sortilegi ; i quali altro frutto finalmente non recano agl'infelici loro sperimentatori, che una duplice idolatria, cioè del Diavolo, e delle Stelle, & indi la morte sempiterna. Ma la magica Ver bena sola co'l favor divino ci rende realmente presa ghi delle venture cose ; e quella altro non è, secondo gli antichi Magi, che lagrima di Giunone, e sangue di Antichi Mercurio; quello poi, che magicamente s'intende per Giunone, e ciò , che Mercurio, & il sangue di lui si sia, già l'habbiamo diffusamente dichiarato.
Magi
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Mentre discorre l'Abbate Tritemio del misterioso magico Ternario, cioè del triplice, & unico principio della Magia naturale, apertamente afferma, che sen za quello non può in verun modo l'Astronomo dar opra alle Imagini, né 'l Mago naturale a i magici Sug gelli, senza evidentissimo delitto, & errore espresso. Da che cavasi chiarissima conchiusione, che a dette Imagini, e Suggelli, Annelli, Caratteri, e simili, i qua li non hanno per loro fondamento il sudetto natural principio, in qualunque altro modo siano fabricati, so no superstitiosi, & inventati da falsi Demoni in de trimento de gli huomini. Sono magicamente, & in genere la Magia natura le, e l'Astronomia, una medesima cosa, intendendosi l'Astronomia inferiore, ch'altro in somma non è, che perfetta cognitione dell'astrali operationi, influenze, & impressioni del Firmamento: e cotal Firmamento è parimente l'inferiore, e magico, soggetto di tutte le maraviglie, del quale diffusamente si è favellato nella Prima parte, e nel quale, se non attualmente, almeno virtualmente, & in potenza tutti gli Altri si ritrovano, cioè li Pianeti, le Stelle fisse, e li Cieli insieme; onde derivano poi le costellationi, & i magici influssi, unica forma, & anima de i sudetti suggelli, & imagini, si come il soggetto, & il lor corpo materiale sono li set te metalli alli sette Pianeti sott'ordinati; & essi me talli sono altresf, non li volgari, ma li magici celificati, e perciò atti, e disposti a ricevere- li sudetti influssi, e costellationi. Questi poscia con quelli uniti, sono gli stessi Pianeti, & il medesimo Firmamento con ar· tificiosa arte spagirica ridotto dalla potenza all'atto. Fi nalmente questi sono li veri magici Suggelli, e le reali Imagini celesti, o per meglio dire, li propi celesti cor pi, rinchiusi, e suggellati nel propio loro soggetto, cioè ne i detti magici metalli. E tutto questo è l'he roica Pietra, & il magico Mondo nostro. Con sf fatto
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mezzo dunque opransi dall'Heroe tutte le maraviglie, & i segnalati effetti promessi da gli antichi Magi , in virtu di tal celeste stromento ; anzi quegli stessi an cora superstitiosi alle loro vane, diaboliche, e ridicolo se Imagini, Suggelli, e simili, falsamente attribuiti. Di detta heroica Pietra, e di tutti i suoi stupendi effetti intese Giovanni Pico della Mirandola, scrivendo nelle sue novecento Conclusioni , che li miracoli dell'arte magica non si fanno altramente, che con l'unione, e dispositione di quelle cose, che seminariamente, e separatamente nella Natura si ritrovano. L'istesso accennarono i Caldei, dicendo, l'lmagini, Caratteri, e Suggelli essere di maggior forza, di quello siano tutte le qualità materiali. E noi piu altamente affermiamo, esse Imagini, & simili magicamente formate essere senza comparatione piu possenti, & bavere maggiore virru, energia, & efficacia dell'istesso celeste Sole, avenga ch'ei di quelle sia genitore: conciosiacosa, che ogni virtu tanto è piu possente, e forte, quanto piu è unita, & in se stessa ristretta ; e perché tale è il magico Mondo nostro, essendo egli veramente un essuberantissimo cumulo di tutte le celesti virtu sparse per l'Universo, quindi necessariamente segue, ch'egli nelle magiche operationi sia di gran longa piu possente, e piu attivo del sudetto Sole, sf come l'isperienza dimostra chiaramente : percioché questo opera mai sempre in tutte le cose semplicemente, e sono la luce, e 'l natural calore di lui temprati di maniera, che non possono in modo veruno per se stessi apportarci utile, o nocumento altr'all'ordinario loro; nondimeno, raccolti, & uniti i raggi solari nel centrai punto del concavo specchio, o cristallina sfera, sono le virtu sue talmente moltiplicate, e riunite, ch'egli oltra la natura sua produce strani, e maravigliosi accidenti, potendo in tal guisa distruggere le Città, incendere, e consumare l'armate, come con tal mezzo si legge ha-
Giovanni Pico
Caldei
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Filostrato Giustino Santo
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ver fatto Archimede, e Proclo ; & in somma ei parto risce tutti gli effetti , sf buoni , come rei, che dal foco materiale cagionar si possono . Cosi a punto gli uniti raggi del Sole elementare, dal celeste procedente, nel punto centrale della magi ca cristallina Terra naturalmente partoriscono i sudetti magici miracoli ; non essendo tale unione altro, che ap plicatione de gli Attivi a i Passivi ; Maritaggio del Cielo con la Terra ; e vincolo delle celesti Imagini, Aspetti e Figure, con i loro metallici corpi, e soggetti. Con questo propio naturale stromento già fece Apollonia Thianeo le maraviglie raccontate da Filo strato, e di ciò fa ampia fede Giustino santo, mar tire, e filosofo, nel libro delle Questioni delle genti, affermando, che sf come i miracoli fatti da Mosè era no veri, fatti in virtu divina, e gli altri de Maghi Egittij erano falsi, per opra de' falsi Demoni solamen te prodotti; cosf quelli d'Apollonia assolutamente di pendevano dalla sola, e semplice Magia naturale; né finalmente altro erano li sette annelli de i sette Pia neti, donatigli da !arca, co'l cui mezzo l 'attioni di lui rendeansi mirabili, che l'istessa Magica Pietra ; in cui eminentemente sono detti Pianeti, come già s'è di mostrato. Nondimeno sforzandosi il Diavolo d'introdurre la pestifera, & illusoria sua Magia , persuade a suoi di scepoli, non potersi bavere i celesti influssi, né fa bricare altre Imagini, o Suggelli, che co'l mezzo, e mo do, da lui insegnato a loro: ma come detto modo al tro non è, che una palliata duplice Idolatria, e la medesima , che da i miseri è commessa nella supersti tiosa divinatione, cioè verso esso Diavolo, e le crea ture celesti; cosi è oltra di cjò vana, e ridicolosa af fatto . E per vero dire, quale sciocchezza può egli ima ginarsi, ch'a quella paragonar si possa, di coloro, che si danno a credere di potere a voglia loro rinchiude-
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re in un pezzo di metallo i celesti influssi ? È chiara cosa , che non possiamo dal celeste Sole traggere mag gior virtu di quella, ch'egli , ubbedendo al supremo, e divin Sole, spontaneamente c'infonde ; e con leggi in violabili dell'increata Sapienza va quella per manteni mento dell'Universo compartendo a tutte le Creature, & a ciascuno individuo, e tanto a punto quanto fa di mestiero all'essere, vita, e permanenza loro, & in somma quanto la natura di questo, e di quello ri cerca, e nulla di piu; percioché sf come l'universal Na tura non manca nelle cose necessarie, cosf non abonda superfluamente in quelle. Influendo dunque il Sole qua giu con determinato termine, e limitata proportione, né potendo da noi in verun modo essere violentato, segue per conseguenza , che qualunque studio, & ope ratione si faccia per accrescere, od in metallo, od in qual altro soggetto si sia, dette solari virtu, e raggi , tutto è vano, infruttuoso, e di niun valore : né sarà naturalmente maggior forza in quel metallico sogget to liquefatto, percosso, & esposto a mille costellatio ni, .di quello si ritrovi nell'altro a lui simile , nova mente tolto dalle metalliche viscere. Appresso, ammessa, e non concessa la da loro pre supposta moltiplicazione delle_ superiori Influenze, qual ragione persuade a dover ricevere quelle piu tosto in rozo, e duro metallo, che in altro soggetto? Conciosia, che s'egli è vero, com'è verissimo, che gl'Influssi discendono nelle supposte materie nobilmente, & igno bilmente, essendo che tutto quello, ch'è ricevuto vien ricevuto, come afferma Aristotile, per modo della cosa, che riceve ; & essendo simigliantemente tutti li metalli volgari (levatone l'oro ) imperfetti, impuri e feculenti ; converrebbe perciò necessariamente affermare, quella Imagine fabricata di ferro, di piombo e de gli altri, essere, non astante l'etheree Influenze, della medesima imperfettione ; e come imperfetta, o non
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Alberto Magno
Agostino santo
Platone
Marsilio Ficino
Alberto Magno
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oprarebbe, overo molto imperfettamente. Di questa im perfettione, nobiltà, & ignobiltà, intese chiaramente Alberto Magno, quando ei disse, che li Pianeti dalla scintillatione de' suoi raggi, e dalle figure della loro riflessione, hanno virtu commiscibile alla materia, per la quale ogni simile è dal suo simile prodotto. Cosf Agostino santo scrive, essere in tutti gli elementi certe occulte seminarie ragioni, le quali con l'oppor tunità del tempo escono nelle debite spetie in luce, con i loro termini , e modi. Diciamo dunque insieme con Platone, che, poi che Secundum meritum mate riae dantur /ormae ; e che quale è la nobiltà, e l'ec cellenza della materia, tale parimente è quella della forma ; però in attione cotanto importante , e sf subli me, deverebbe , lasciandosi i metalli, ch'altro non so no, ch'impura terra con acqua mista, eleggersi la piu nobile materia di tutte, e quella, che dello spirito ce leste è piu abondante; del quale spirito sono i me talli, meno de gli animali, e delle piante, partecipanti. La durezza parimenti delli detti volgari metalli sa rebbe per sé sola bastante a rendere simil effetto va no ; percioché non essendo le cose dure atte a riceve re le celesti virtu, quindi nel magistero si ricercano primieramente la liquefattione, dopo l'estensione, e la scoltura, cioè l'impressione della forma esteriore : né potendosi tutto ciò fare, se non con molto tempo, può agevolissimamente intanto avvenire, sf come afferma anco Marsilio Ficino nell'Apologia, che l'influsso; o costellatione se ne passi infruttuosamente, senza ha ver fatta impressione, o penetratione alcuna. Finalmente la figura estrinsecamente impressa e an ch'ella soverchia, e non meno dell'altre cose vana, con sistendo realmente tutta la forza, e virtti magica solo nelle forme, e figure celesti, '& invisibili; quantunque alcuna volta con alcune impressioni si rendano palesi, come racconta Alberto Magno. E spesse volte veggia-
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mo, scorgendo entro a durissimi marmi, imagini d'huo mini tanto maschi, come femine, e di loro altre rap presentano un Sacerdote, altre un Rege, cosi scopron si forme di diversi animali irrationali, di fiumi , monti, campagne, e tutte l'altre : ma tutte molto piu perfet tamente si veggono nell'heroica Pietra, come nella Pri ma parte s'è detto. Però conchiudiamo come sopra, cioè, che tutte l'imagini, e simili, che con arte si ri cercano fuori del magico Mondo, come sono natural mente vane, cosf sono superstitiose, e diaboliche, tan to piu essendo quelle accompagnate da supersuuose orationi, suffumigi, voci non significanti, caratteri, in cogniti, e sf fatte sceleraggini. Dall'altro canto, cosf come l'heroico Mago nella cura dell'humane infermità, ch'egli suoi fare coll'uni versai celeste Quinta essenza, in cui tutte le terrene, e corporali medicine eminentemente, & in celeste per fettione si ritrovano; e perciò per sé sola bastante a guarire qualunque male, si compiace, ciò non astante darle tal volta compagnia d'alcun'erba, e semplice me dicina; a fine che coll'imprimersi e l'unirsi l'essenza di tal herba con l'universal Quinta essenza ella tiri, & accresca a sé le virtu, e le qualità della medesima herba : ciò è a dire volendo l'Heroe sanare alcuno del la febre cotidiana, per ciò fare null'altra medicina gli fa di mestieri, che la stellar sua Quinta essenza; po scia ch'ella ha forza di sradicare, e scacciare la so verchia humidità, e frigidità procedenti dalla troppo abondanza, e dalla putrefattione dell'humore flemmati co, e cagioni di detta febre ; nondimeno bramando egli di ridurre cotal sua medicina dall'universalità a certa natura, e qualità particolari, appropiate solo alla cura della febre cotidiana, & simili, questo viene da lui agevolmente effettuato con applicare alla Quinta essen za l'Euforbio, o il Sambuco, od altro simigliante Sem plice caldo in terzo grado, & atto a purgare la flem-
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Antichi Magi
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ma ; di modo tale che quanto la Quinta essenza, per cagione di s{ fatta applicatione si dilunga dall'univer salità sua, tanto a punto viene a particolareggiarsi; & a farsi per consequenza piu attiva, e piu efficace in cotal cura. Non altramente avviene all'istesso Mago nella fabrica delle sudette imagini, suggelli, & altri, percioché volendo far quelli di universali particolari, a fine, che piu prontamente operino questa, o quel l' altra particolare attione v'aggiunge 'l particolare in flusso, o costellatione del celeste Giove, di Venere, di Marte, o di qual si voglia altro Pianeta ; niun'altra cosa in ciò osservando, che l'hora della costellatione loro . La qual costellatione & influsso ritrovando in quel punto tra le mani del Mago naturale il celeste soggetto disposto, e preparato, e totalmente simile a sé, in quello, qual cadente pioggia nel Mare, cioè qual simile nel suo simile amorosamente discende, & a lui indissolubilmente si congiunge, & unisce : & in tal guisa havendo quel suggello novamente ricevuto di vantaggio l'influsso gioviale, con ragione vien detto suggello di Giove, e cosi de gli altri. E per epilogo di tutto ciò, insieme con gli antichi affermiamo, che la Magia naturale dalle Menti del Cielo tragge gl'influs si in un corpo celeste. Quello poscia, che la Mente, l'Anima del Cielo, e detto celeste corpo si siano, 1'habbiamo dichiarato prolissamente. Vogliono gli antichi Sapienti della medesima metallica sostanza dell'Imagini celesti, cioè del celeste spirito informata, & in questo luogo da alcuni detta Elettro, potersi diversi altri stromenti fabricare di grandissima ammiratione degni. Formano primieramen te con si fatta materia Armatura di conditione tale, che non può da qualunque grave percossa d'armi, né da fulminanti colpi delle bombarde, esser né rotta, né maculata. Né da altro si acquista si stupenda virtu, che dall'essere ella dalle celesti Impressioni costellata.
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Ciò non crede l'ignorante volgo, & udendone da gli heroici Poeti favellare, stima essere non altro, che lo ro fi.ttioni, overo apra de' falsi Demoni , laonde incan tate ei suoi quelle chiamare, e non costellate, aver fa tate, che pur è l'istesso che costellate ; altro non es sendo 'l Fato, che l'inviolabile ordine delle Cause; o, secondo i Platonici, relatione de i particolari seminari a principali delle loro spere, & indi all'universale, dal quale sono mossi, regolati, e, secondo alcuni, prodotti , & adorni de semi . Possonsi parimente fabricare Stacchi, Scimitarre, e simili dalla costellatione loro dotate di sf penetrante forza, che niuna cosa, quantunque di durissimo acciaio, potrà giamai far loro resistenza. Appresso si fanno del magico Elettro molti, e varij vasi atti all'uso del mangiare, e del bere ; ne' quali posto peraventura veleno di qual si sia qualità, incontinente sudando , e fuori mandando non picciole macchie, danno evidentissimo segno di quello, & insieme scoprendolo, lo scacciano . Questo procede dall'occulta simpathia, ch'esso Elettro tiene con l'huomo , dalla virtu, efficacia & influenza de' Pianeti. Tali altresf furono già , come vogliono alcuni ; le famose statue di Mercurio Trismegisto, la colomba d'Archita Tarentino, il capo fabricato da Alberto Ma gno, la Campana di Virgilio , e l'altra a' giorni no stri vedutasi in !spagna ; conciosiacosa, che discen dendo ( dicono i Platonici ) l'anime celesti nella materia convenevolmente secondo i magici precetti preparata, e del favor celeste fatta capace , sogliano a quella apportare con la virtu delli spiriti loro certa maravi gliosa vita ; e tutto questo procede, percioché per la simpathia delle cose divine, celesti , & elementari, la virtu ideale, & intellettuale nella ragionevole passando ( secondo i medesimi Platonici) non pure accresce virtu ad esse anime celesti, ma le costrigne insieme ad unirsi a detta materia . Affermarono non pure essi
Platonici
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Platonici, ma anco ms1eme con gli antichi Astrologi Egittij , Arabi, e Caldei, Orfeo, Democrito, Aristotile, Avicenna, et Algazele, le Sette de' Pitagorici , Stoici Algazele e Peripatetici, il Mondo essere animale : empiamente insegnando, che non tanto i Cieli con tutti i celesti luminosi corpi, ma anco qualunque cosa creata veniva informata dalla propia anima intellettuale, e della di vina Mente partecipe. Ma noi illuminati da Dio mercé della vera luce della divina, e christiana verità, diciamo insieme con Agostino santis.simo cotal dogma Agostino santo essere evidentemente falso ; ned essere, dopo le pure Menti angeliche, altr'anìma, che l'anima humana, ad imagine, e simiglianza del vero Iddio fatta. Laonde che che la cieca Gentilità si dica, o creda delle sudet te Statue di Mercurio, meritamente viene ad essere appo di noi sospetto di superstitione, come quello ch'al parer nostro eccede i termina della naturata na tura : il perché lasciando il giudicio di quelle a sa cri Theologi nostri, facciamo ritorno alle magiche na turali maraviglie. Fabricano finalmente del narrato Elettro ornamen ti militari, donneschi, monili, annelli, specchi, mone te, freni, & altre sf fatte cose, le quali eran in somma quei potentissimi mezzi, & istromenti da' naturali Ma gi Caldei, Persi, Egittij , Indi , e da gli altri tutti usati nelle loro maravigliose, e stupende operationi; delle quali non facciamo qui particolar mentione, sf per es sere quelle a molti studiosi note, come anco per evitar la molta prolissità, ch'a spiegarle tutte sarebbe di me stiere . Non tacendo però, che anco con simili magici na turali aiuti, alcuni Principi, e valorosi Capitani, hanno, guerreggiando contro i nemici di santa Chiesa, fatto opre segnalatissime, e riportato gloriose vittorie : coAbbate Tritemio me attesta l'Abba te Tritemio essere con sf fatti mez zi tra gli altri avvenuto all'invitto Matthia Hunniade Re dell'Ungheria. Orfeo Democrito Aristotile Avicenna
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Ma quanti sono questi doni dal liberalissimo Id dio concessi all'Heroe per mezzo della natura! Magia, altrettanti, anzi di gran lunga piu, sono in vece di questi superstitiosamente dall'astuto Demonio insegna ti, & introdotti per allacciar l'anime de' curiosi suoi seguaci ; di che rende ampia testimonianza, non pure la cieca Gentilità, ma anco le sacre Scritture, mentre ci vanno rammentando de' Maghi di Faraone, e si mili ; e quel ch'è peggio al presente ancora va sf de testabil vitio quinci, e quindi serpendo, e pullulando, sf come miseramente dimostra la cotidiana isperienza, e molti de i medesimi abominevoli stromenti ; come, annelli fatti ricetto di nefandi spiriti, i quali sotto pretesto di servire, & ubbidire al misero possessore d'essi annelli, stanno attenti, e pronti per precipitar lo, sf come il piu delle volte per divina permissione viene loro fatto, in pena, e castigo di sf grave erro re. Veggonsi specchi con diabolica solennità fabricati, ne' quali i medesimi Demonij sotto diverse forme, & apparenze, vanno ingannando gli huomini, con pro messa di far loro vedere le passate, presenti, e futu re cose. Veggonsi freni, al semplice scuotere de' quali il Demonio, presa sembianza di Cavallo , prontamente ubbidisce. Vedesi di piu chiave superstitiosamente fat ta, a cui niuna serratura resiste. Veggonsi alcune mo nete di tal conditione, che spese, mai sempre fanno al lor primo possessore ritorno. Veggonsi campane, al cui suono appaiono diverse imagini, Spettri, prestigi, e visioni . Veggonsi teste tolte da cadaveri humani, le quali a viva voce danno chiari responsi. In somma, co me non è potestà sopra la terra ch'a quella del De monio agguagliar si possa, sf come habbiamo dalla bocca della Verità divina in Giobbe ; cosf sono infiniti gl'inganni, & i lacci, ch'egli illusoriamente, e pre stigiosamente ci tende. Gran parte di quelle maravigliose operationi , e di
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Orfeo Aristotile Alberto Magno Galeno
Diosconpe Plinio
Aristotile
Alberto Magno
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quei stupendi effetti, che partorir si possono dalli su detti magici istromenti , può medesimamente farsi dalla Magia, con istromenti, e mezzi da quelli in spetie di versi ; quantunque e gli uni, e gli altri constino de gli stessi principij , e derivino dall'unico fondamento ma gico; e questi sono le Gemme, e Pietre pretiose, del la cui celeste forza, & infinita virtu già scrissero Or feo, Aristotile, Alberto Magno, Galeno, Dioscoride, Plinio, e molti altri antichi, e moderni. Ma niuno di loro volle, o seppe giamai apertamente scoprire, che le dette virtu, e mirabili propietà si ritrovano, non nelle pietre prodotte dalla Natura per la via ordinaria, ma solo in quelle, ch'essa Natura forma per mano del l'Heroe, co'l potente aiuto della Magia naturale ; av venga ch'alcuni, a cui non era tal segreto celato, ciò occultamente accennassero, dicendo, dette Pietre esse re elementari Stelle. Che le communi Pietre pretiose non habbiano quel l'alte prerogative, e quelle efficacissime virtu, che di loro sono da gravissimi Autori predicate, egli è si chia ro, & evidente, ch'ogni prova di ciò sarebbe a fatto soverchia ; & senza dubbio avendo quelle si maravi gliose doti, non pure con si fatto mezzo i Principi, che di loro possono, e sogliano havere gran copia, sarebbono compiutamente felici, & a guisa di Dei mi racolosi in tutte l'attioni loro ; ma l'istesso avverreb be a Mercanti di quelle ancora ; si come nell'impres sioni delle celesti imagini parimente interverebbe a gli Orefici, & a' Fabri de gli altri metalli, s'eglino fos sero la propia, e conveniente materia di quelle . Vuo le per essempio Aristotile, che lo Smeraldo sia di pro pietà tale, che portato, preservi dal mal caduco. Il me desimo Smeraldo, secondo Alberto Magno, conserva la castità, & è di quella talmente amico, che dal geren te di lui violata, egli incontinente si spezza. Oltra di ciò l'istesso Aristotile afferma, il Giacinto difendere il
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portatore dal contagio della Peste ; e fa (dic'egli ) ch'egli venga da tutti honorato, & ottenga da' Grandi quanto brama. Nondimeno veggiamo alcuni , di tali Pietre adorni, essere, non astanti quelle, epileptici, perir di peste, essere incontinenti, sprezzati, & odiati dal volgo, e sfortunati presso a' Principi. Similmente Orfeo aflerma, che 'l Corallo, tra le molte sue virtu, vale contra gli odij domestici, incanti, e peste. Dicono appresso, ch'il Diamante scaccia i maligni spiriti, i veleni, & timori, resiste a veneficij , e rende chi lo porta vitto rioso, e vincitore di qualunque controversia, e lite. Scrive l'antico Zoroaste, che la pietra detta Dafnia eura il mal caduco. Affermano, che co'l mezzo della pietra Chelonia si preveggono le cose future ; che la Bronia difende da fulmini, e saette; che la Perla apporta castità ; che il Balasso toglie ogni noioso pensiero, raffrena la lussuria, concilia le discordie, induce perfetta sanità, e difende infino a i campi da' fulmini, e tempeste ; che il Calcidonio rende vincitore, non tanto nelle civili liti, ma anco nelle sanguinose battaglie, conserva · perfettamente la forza del corpo, e difende da qualunque avversità ; che la pietra detta Orfano conserva i regali honori, e scettri ; che la Cerunia fa fare acquisto di gran Città, Provincie, armate, e simili ; che mediante la pietra detta Avoltoio s'ottiene tutto ciò, che si richiede. Finalmente nella copiosa moltitudine di quelle niuna ve n'ha, alla quale non venga gran forza , molta virtu, e mirabile propietà attribuita, quantunque poi la continua sperienza ci assecuri , non essere realmente in loro alcuna delle dette propietà, non partorendo pure un minimo effetto de gl'infiniti, che da esse s'attendono, se non peraventura qualche piedola scintilla, che piu tosto può dirsi ombra di quelli. Dall'altro canto sarebbe indecente cosa il credere che li sudetti Aristotile, Alberto Magno, e gli altri scrittori di tanta autorità havessero giamai voluto mac-
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chiare gli scritti loro di s.l evidente falsità, non es sendo cosa a' Sapienti piu odiosa della menzogna : con viene dunque dire, ch'eglino non mentano punto; ma che, seguendo lo stile da loro osservato sempre nel trattare gli occulti naturali misteri, tacitamente inten dessero insieme co' i primi Magi delle Gemme magi camente fabricate : le quali, essendo anch'elle costella te, e fatate, cioè ripiene, & colme de i celesti In flussi, e perciò meritamente dette elementari Stelle, hanno per conseguenza tutte quelle virtu , che lor ven gono assegnate ; e possono senza verun dubbio apra re tutte le maraviglie, che di quelle si promettono. Quindi è, che dissero i Platonici, che tali virtu ven gono in loro dalle Idee; & i Peripatetici, particolar mente Alessandro Afrodiseo vuole, che quelle insieme con le Pietre derivino da gli elementi . Gl'Indi affer mano, che procedono dalle Stelle, e dalle Imagini ce lesti. E per ultimo Alberto Magno tiene, s.l fatte vir ru haver origine da certa occulta Natura, dal grande Iddio sparsa in tutte le cose. Queste opinioni volgar mente intese sono varie, e non poco fra di loro di scordanti ; ma la magica, e soda intelligenza, non pu re facilmente le accorda, ma anco mostra chiaramente, che tutte in una sola infallibilmente vera, si risolvono; s.l come per quello che fin qui s'è detto, e dichiarato, potrà facilmente intendere l'accurato studioso. Le magiche Pietre pretiose sono dall'Heroe con l'unico stromento magico in tre modi formate: il pri mo de' quali si fa trasmutando il liquefatto cristallo in quelle, mediante l'animatione; & unione seco del l'heroica Pietra ; nel secondo si fanno per resolutione delle volgari, reduttione nella loro prima materia, & impregnatione delle celesti Influenze ; il terzo modo consiste nella generatione de' limi d'esse Pietre, cioè delli due loro originali principij , che sono il terreo, e l'acqueo; &. indi nella loro proportionata composi-
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tione, e perfetta cottione . Parimente in questo, e nel secondo modo si fabricano le Perle. Circa poscia a quello, ch'appartiene alla bellezza, durezza , & eccellen za di quelle, affermiamo, che come di virtu eccedono le volgari, cosi le superano nell'altre qualità, e perfet tioni ; essendo queste in effetto piu lucide, splendenti, piu perspicue, di maggior trasparenza, e diafanità, e ciò in somma di tanto, quanto la magica Terra, di queste produttrice, è d'eccellenza, e di perfettione superiore alla volgare, da cui nascono l'altre. E per epilogo di tutto dicono, che la Pentaura, pietra del Sole, e da Apollonia Thianeo ritrovata , bave in sé mirabilmente unite le virtu di tutte l'altre : e questa è l'heroica Pie tra , figlia del Sole , come avanti si è dimostrato. Intanto il Mago infernale in ciò concorre parimen te con la Natura, conciosia, ch'egli pur si gloria d'haver le sue Pietre istromenti di maravigliosi effetti : e per essempio, egli afferma , che la pietra Elitropio sia pos sente a rendere chiunque sopra di sé la reca invisibile, e presago delle cose a venire. Ben è vero ( dic'egli ) che .per sé sola non arriva a tanta sublimità ; laonde conviene, che tal virtu sia aiutata dall'herba dello stes so nome, cioè Elitropia, & appresso (& ecco l'aguato per prendere i curiosi ) con certe parole, susurri, & incanti. Dicemmo nella prima parte insieme con Luciano, che l'Heroe non è solo huomo, né solo Dio , ma ch'egli è giuntamente e l'uno, e l'altro ; il perché egli viene ragionevolmente detto Semideo, e tutto ciò ri spetto alle celesti operationi da lui fatte in virtu del magico natura! talento , dalla somma bontà di Dio con cessogli, per lo quale egli fruisce certa participatione della Deità, e gode molti privilegi di quella, come al tr'alli sopranarrati, e gli altri, ch'appresso si diranno, è il poter vivere senza il commune alimento ; e ciò intesero gli antichi Poeti per l 'assuntione in Cielo
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d'Hercole, cioè dell'Heroe nostro, e congiungimento di lui in matrimonio con Hebe , ch'è l'heroica Pietra, soggiungendo, lei essere amministratrice dell' Ambro sia, e Nettare . Di questo dunque gustando esso He roe ; non gli è di mestiero niun'altro cibo. E lascian do hora i misteriosi sigmenti poetici a parte, diciamo apertamente, che uno delli dodici frutti della Magia, o del Legno secondo della vita, è il potersi lungamen te, e realmente solo con l'uso di quello, astenendosi totalmente da qualunque altro cibo, sostentare, e vi vere con molta prosperità, accrescendo piu tosto, che scemando le forze corporali, & il natio vigore ; anzi, non pure l'heroica Pietra all'ultima sua perfettione ridotta, ma ancora la sola acquea parte di lei, della quale habbiamo lungamente ragionato, è sofficiente mente bastante per sé sola a nutrire l'huomo: e que sta hanno usata alcuni Magi ; prendendone a tale ef fetto una volta il giorno non piu di quanto capireb be la metà di un cucchiaro. Sarà peraventura questo appo la maggior parte non meno difficile a credersi, di quello sieno stati gli altri effetti fin qui narrati ; nondimeno egli può farsi na turalmente : né tutto · questo ripugna punto né anco alla volgar Filosofia ; conciosia ch'essendo vera, com'è in effetto, quella proposi tione d' Aristotile, cioè, che noi ci nutriamo di quelle cose, delle quali siamo fat ti, ciò intendesi communemente delli quattro elemen ti : e perché l'heroica Pietra è a punto un composto di essi quattro elementi, come habbiamo dimostrato, segue perciò ch'ella per sé sola sia bastante al nutri mento dell'huomo . La terra volgare consta anch'ella di corpo, spirito, & anima ; il corpo è quello, che noi veggiamo ; l'anima, poi, e lo spirito sono la virtu en tro di quello nascosta : il corpo non produce il fro mento, ma sf bene lo spirito, e l'anima, ch'altro fi. nalmente non sono , che Sale ; del quale venendo essa
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terra privata, a niun'altra cosa vale. Di piu il fromen to consta delli quattro elementi ; e tali elementi hanno parimente il corpo ; lo spirito, e l'anima : il corpo è la visibile parte del fromento, lo spirito, e l'anima sono la parte invisibile, cioè la virtu, e l'essenza di quello. Però mangiato il Pane, non tutto si converte in nutrimento, & in sostanza, ma solo la detta es senza, passando il rimanente, cioè il corpo, senza ve runa utilità ne gli escrementi. Solamente dunque nel lo spirito, e nell'essenza de gli elementi consiste la virtu vitale, produttrice, e conservatrice dell'huòmo, e di tutte le create cose : & essendo dall'Heroe cota le essenza, e spirito, mediante l'arte spagirica, fatto di occulto manifesto, e ridotto dalla potenza all'atto, suole all'bora ristrignersi in piccolissima quantità, di maniera tale, che quanto di quello sarebbe d'huopo per essensificare, animare, e dar l'essere ad un sacco di grano, overo, e piu propiamente, a quanta terra sarebbe di bisogno per la produttione di lui, non ec cederà, giunto alla finale sua magica perfettione, il peso d'un'oncia : e quello, che del grano diciamo, in tendiamo medesimamente degli altri vegetabili, anima li, e minerali. Hora posto il fondamento di si fatta verità, niu no di sano giudicio sarà giamai, che non consenta, essere all'Heroe possibile, anzi agevolissimo, lascian do totalmente ogn'altra cosa, il poter perfettamente, e lungamente vivere solo con l'uso, come sopra, del la sudetta essenza, la quale con peculiar nome è detta primo Ente dell'oro ; di cui la magica Terra consta, e da cui riceve spirito la volgare insieme con gli altri elementi. Quindi finalmente considerando i Magi , che nella Terra loro sono gli elementi puri, vergtm , intatti, e spirituali, ch'ella porge vita a tutte le cose, e che di quella stessa formò Iddio il primo nostro Padre ; perciò piu propiamente dicono, che noi vivia-
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mo di quella Terra, della quale siamo formati. Et in confirmatione, che l'huomo possa perfettamente vive re con la semplice essenza di quella , senza aiuto di niuna delle cose da lei prodotte, metaforicamente af fermano che postosi un'huomo co' i piedi dentro alla terra nella guisa, che vi stanno gli arbori con le ra dici loro , potrebbe tanto vivere senz'altro cibo, quan to ivi dimorasse ; e l'istesso dicono gli averebbe , co m'essere avenuto ad alcuni di loro appare, se in ve ce di ciò , egli sopra dello stomaco portasse una gle ba della sudetta terra , mantenendovela co'l mutarla sempre mai verde. In questo il Demonio, come capitai nemico della temperanza , sapendo, che Sine Cerere, & Baccho fri get V enus, non ostante la perfida sua emula tione, non tende rete akuna. Segue a questo un altro effetto non punto agli altri inferiore, né meno di quelli utile, e maraviglio so, & è la Rinovatione, e Ristaurazione dell'Heroe. Questa è Ricuperatione delle perdute virtu , e forze del corpo caduco, materiale, e corrottibile, mediante un altro corpo incorrottibile, e celeste , ch'altro non è, che 'l celeste Mercurio, Quinta Essenza universale, e primo Ente dell'oro, la cui possanza, e propietà è tale, ch'egli ringiovenisce, e rinova tutto quello, a cui si unisce , non tanto gli huomini , ma anco insieme con gli altri animali l'herbe, gli arbori, & i frutti . Alcuna volta dunque usando l 'Heroe detto primo En te, non solo l'humor radicale di lui eccitante lo spi rito della vita , della quale esso humore è propia fe de, non si scema , né piu oltra si sminuisce ; ma si bene gli vengono da tal mezzo accresciute mirabilmen te le forze nella guisa , che co' i devuti mezzi suole l'accorto Agricoltore accrescer quelle all'arboro , a fi ne ch 'egli piu prontamente , & abondantemente i suoi fru tti produca . Passi propiamente cotal rinovatione,
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non dell'humor radicale, o spmto della vita, ma del materia! corpo da loro procedente, e con esso loro unito, non altrimenti, che l'arbore alle sue radici, l'uno de' quali non può senza dell'altro havere vita ; però rinovandosi il corpo , o le sue membra co'l togliere, e levar da quelle tutte le superfluità, diciamo essere parimente rinovato il loro humor radicale, e spirito della vita , e con esso loro le quattro complessioni, over humori. Finalmente detta rinovatione può dirsi essere tra mutatione di quelle membra, overo di quelle parti del corpo, c'hanno dalla superfluità il nascimento loro; come sono i peli, l'ugne, i denti, e simili. Cadono questi in virtu del celeste licore, & in sua vece ci nascono novi denti, nove ugne, e novi capelli, o pe li non piu canuti, ma giovanetti, e molli, cosf come dall'arbore sogliono cadere i frutti, & i fiori, e poi da capo rinovarsi ; overo nella guisa, che in luogo del le frondi dell'arbore, che l'autunno passato per man camento dell'humor radicale divenute canute, e vec chie caderono, suole rinascere altre nove, verdi, e te nerelle. Cade altresf la vecchia, e rugosa pelle, & al tra delicata novamente appare ; di modo tale, che mu tato l'Heroe dall'antica forma in vago aspetto, e gio venil sembiante, & havendo parimente con lo stesso mezzo racquistate le perdute forze, e lo smarrito na tio vigore, meritamente può dirsi ringiovenito, e ri novato. Cosf ringiovenito fu Esone da colei, che fu dal medicar detta Medea ; cosf sé medesimo rinovò, come racconta Rogerio Baccone, quel Rustico, c'havendo nel campo con l'aratro scoperto un vaso d'oro pieno di certo licore, e giudicando egli altro non essere, che celeste rugiada, di quello bebbe, & appresso lavatasene la faccia, incontinente rinovossi non solo di corpo, ma d'animo ancora, essendo insieme divenuto sapientissimo, di maniera ch'egli di bifolco meritò es-
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ser fatto Aio di Osto Re di Sicilia. Non altramente avvenne a quello, di cui sf fatto Epitafio si legge : . Hic iacet edentulus, qui canus, atque decanus, Rursum nigrescit, dentescit, & hic requiescit.
E lasciando gli essempi antichi, hoggidf ancora sono alcuni da Dio aggratiati di vedere sf stupende meta morfosi, quantunque ciò di rado avvenga, potendosi a pena fra un millione d'huomini ritrovare un vero, e perfetto Heroe. Di questa magica rinovatione rende altresf ampia testimonianza, oltr'a certi altri animali, l'uccello, Al cione detto, il cui naturale istinto è di ritrovar certi luoghi, ne' quali la natura ha posto l'Ente primo del l'oro, e di quello si nutrisce; laonde non tanto in vita, ma dopo la sua morte ancora, scorgiamo farsi in que sto cotal rinovatione . Percioché preservato per detta celeste aurea virtu dalla corrottione, e parimente man tenendo essa virtu entro di lui il radicale humore, so gliano per molto tempo, come giornalmente veggiamo, le penne di lui a malgrado della morte rinovarsi. Il commune avversario non permette sf grande ef fetto essere senza la sua emulatione, conciosiacosa, ch'egli pur propone a' suoi credenti piu d'un modo per conseguirlo, quantunque tutto sia vano, risolvendosi la loro arte essecranda non in altro, che in false, ma pal liate, apparenze, e forme prestigiose ; il che con per dita delle misere anime loro esperimentano tra gli altri le scelerate Streghe ; e cosf fu miseramente schernito colui, che persuaso da simil arte diabolica, se stesso uccise, confidandosi ( ma vanamente) mediante la cor ruttione di lui, con alcune superstitiose osservationi fatte, dover di nuovo nascere, & in tal modo rino varsi.
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Se bene si vanno considerando gli effetti, & i frut ti del Magico Legno della vita, vedrassi manifestamen te, ch'eglino altro non sono, né altro recano, che la vita istessa; laonde è ben ragione, che fruendo l'Re roe felice l'incomparabile soavità, e dolcezza di quel li, insiememente partecipi, e goda della medesima vita ancora, cioè vita estraordinaria, vita lunga, e trascen dente i limitati termini dell'humana corrottione : e conciosia, che questa ha origine dal celeste Mercurio, universal vita (dopo 'l Divino) di tutto ; perciò ella viene conseguentemente insieme con la sopranarrata Rinovatione, & Instauratione . La vita non è, che sostanza, e luce, dall'increata Luce creata: e questa è l'istesso celeste Spirito, Quin ta essenza universale, e primo Ente dell'oro. All'in contro la morte è accidente della vita contr' al natural ordine contingente. E questa in due si divide, cioè nella morte da Dio all'huomo ordinata in pena del peccato, e nell'altra cagionata dalla corrottione de' Pa renti, e dal mancamento del propio buon reggimento, difficile, anzi impossibile a potersi osservare, consisten do egli in molte, e diverse cose, che sono il man giare, bere, dormire, vegghiare, nell'aere, nel moto, nel la quiete, nell'evacuatione, costrittione, e nelle passio ni dell'animo. I termini della prima non possono, come afferma Giobbe, in verun modo trasgredirsi ; ma sf bene quelli della seconda sono in potestà dell'Heroe sapiente; & alla magica Monarchia di lui detta morte soggiace, & ubbidisce. Da esso Heroe dunque co'l celeste fuoco uccisa questa seconda gelida morte, potrà egli per conseguenza fino all'altra inevitabile tranquil lamente vivere, e vita peraventura lunghissima, se non quale fu quella d'Adamo, almeno simile a quella di molti, che di gran lunga eccederono il commun corso. Percioché l'anima è di sua natura immortale. Appresso, la natura fu da principio creata con privilegio di
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poter perpetuamente vivere : laonde ella mai sempre brama perpetua conservatione delle cose da lei pro dotte. & anco dopo la trasgressione del primo nostro Padre puote l'huomo naturalmente vivere fino alli no vecento anni : laonde chiaramente appare, la brevità della vita (lasciando l'occulta disposition divina ) non da altro ordinariamente procedere, che dalle cagioni sudette, le quali potendo agevolmente dall'Heroe esser rimosse, viene conseguentemente a levarsi cotal effet to, & accidente. Non possono naturalmente due contrari convenire in uno stesso soggetto: la luce della Natura, Spirito celeste, primo Ente dell'oro, è vita di tutte le create cose; né altro è la vita, la perfettione, la purità, e sanità dell'infinita moltitudine de gl'individui, anzi di tutti gli elementi, de' Cieli, e de' celesti corpi, che Oro, sf come l'Heroe non pure apertamente vede, ma quello ancora totalmente palpa. L'Ente primo dell'oro è l'istesso oro metallico non ancora congelato dal suo sale, ma soluto, e fluvido ; e perciò è vivo, per con seguente di virtu, e valore inestimabile. Questo final mente nell'huomo è il propio Spirito della vita. Qualunque volta dunque esso vitale spirito viene dalle tenebre della seconda morte offuscato, e tirani camente oppresso, può a quello l'Heroe co'l medesi mo novo Spirito porgere aiuto ; conciosiacosa, che si come il fuoco visibile, e materiale tanto a punto si conserva, e si mantiene, quanto gli s'aggiungono nuo ve legna, od altra materia atta ad essere da lui divo rata : cosf aggiungendosi alla natura fuoco invisibile, nuovo humor radicale, & indi acquistando per conse guente i quattro humori in nuova vita, e perciò dive nuti puri, e ridotti alla bramata armonica proportione & amicitia, ripiglia essa natura nuove forze, & insie me fruisce nuovo, e lieto corso di vita : di maniera, che fatto detto Spirito con simil soccorso possente, e
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forte, non solo può arditamente combattere, ma anco può superare, vincere, & atterrare la di lui mortale Avversaria, come haverla superata molti di que' San ti padri, attestano le sacre Scritture : e le profane Bi storie affermano, che oltr'a tutti quelli, moltissimi al tri ancora con tal magico mezzo ottennero s( segnalata vittoria, tra' quali Artefio, che, per quanto si rac- Artefio coglie da gli oscurissimi scritti di lui , fu contemporaneo, e famigliare del primo nostro parente Adamo ; si gloria, scrivendo gli astrusi suoi segreti , d'haver vivuto fino all'bora mille, e venticinque anni ; e ciò riferisce parimente Rogerio Baccone. Cosi leggesi, che Or- Rogerio Baccone feo Trace visse nove etadi. Il Re Impetrice, per testimonio di Senofonte, visse ottocento anni, & il fi- Senofonte glio di lui seicento. Parimente scrive il sudetto Rogerio Baccone nel libro della mirabile potestà dell'Arte, e della Natura, che da lettere Papali viene affermato, c'havendo un Re de' Saraceni ricevuto in dono certa medicina, & havendo egli di quella sospitione, volse primieramente esperimentarla in un suo schiavo per nome detto Almanico, al quale fu da detta medicina prorogata la vita cinquecento anni. Appresso riferisce il medesimo, ch'egli avvenne in Inghilterra, che cercando Madama di Tormeri in un bosco una cerva bianca, ritrovò certo unguento, del quale essendosi il Guardiano del bosco unto tutto il corpo, fuor che nelle piante de' piedi, visse felicemente trecento anni, non provando in tanto tempo niun dolore, eccetto che in essi piedi. Sono moltissimi i s( fatti essempi, c'hor per brevità si tralasciano ; non lasciando intanto di dire, c'hoggid( ancora si è veduto alcuno con l'uso del magico Legno della vita haver vivuto cento, e ottanta anni. Cotal prorogatione non viene creduta se non dal propio Mago, overo da chi realmente la mira, o prova; e quindi è, che Plinio, non havendo punto gu- Pli n io
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stato l'Ambrosia, e 'l Nettare della mistica nostra Re be, Dea della Gioventu, nega potersi produr l'huma na vita oltr'al commune termine. All'incontro alcuni de gli antichi Magi, tra' quali furono Hermete, e Pla tone, assicurati non pure da tanti miracolosi effetti, ma anco da qualche speculativa ragione, e fondamen to, promettevano a se medesimi con tal mezzo la pe rennità della vita : e l'origine di tal consideratione puo te peraventura esser quello, che la simbolica loro Theo logia del gran Padre Demogorgone afferma. Secondo Lattantio, questo nome Demogorgone è composto dal Ia voce Demon, che Dio, & anco Sapienza significa, e da Gorgon, che vuoi dir terra : perciò Demogorgone tradotto dalla Greca favella nella Latina, suona a pun to quanto Dio della terra, overo Sapienza di quella: il perché altro in somma non è Demogorgone, che la Magica T erra nostra. In conferD;latione di che dico no, ch'egli habita nelle viscere della terra, ch'egli è Bisavo di tutti gli Dei, e da niuno generato ; e per questa cagione fingono gli siano compagni il Caos, e l'Eternità. Detta magica Terra habita nel centro del centro; da lei procedono tutti gli Dei, come Saturno, Giove, e gli altri, che sono i magici intelletti, e tutti gli altri spiriti minerali. Non è da alcuno de i detti simbolici Dei generata, poich'ella genera loro. Ha due compagni, l'uno de' quali è il Caos, cioè ella è l'istes so Caos, del quale tutte le cose sono fatte, come s'è detto altrove, e l'Eternità; conciosiacosa, ch'ella per la somma purità, e semplicissima sua natura, è vera mente eterna, non devendosi nell'universale incendio del final Giudicio punto consumare la pura essenza de gli elementi. Hora considerando tutto questo i sudetti Hermete, Platone, & altri, si diedero agevolmente a creder, ch'ella potesse altresf communicar loro cotal sua incorrottibile natura, & eternità: ma ciò non venne lor fatto , non essendo questa l'Arbore primo della vita,
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unica Medicina perpetuamente preservante, come attesta la sacra Genesi al capo terzo: né potendosi passare, come sopra s'è detto, quel primo termine della vita da Dio prefisso all'huomo, ilquale come in molti può essere lungo oltr'all'humana credenza, può nondimeno in alcuni altri esser breve : poiché, e la lunghezza, e la brevità dipendono, non da altro, che da gl'im perscrutabili divini giudicij . Finalmente l'essempio solo dell'Alcione addotto, & appresso, gli altri, ch'addur si possono della rinova tione, e lunga vita dell'Aquila, del Cervo, del Serpe, & altri, sono bastevoli per accertare chiunque de' sa cri magici misteri non ha contezza, detta .prorogatio ne della vita essere possibile all'Heroe, in virtu della creata Natura da lui posseduta, e nella quale perfet tissimamente conosce quelle cose, che rivocano detto Alcione, Aquila, e gli altri alla perduta gioventu, & apportano straordinaria lunghezza di vita. Il Demonio parimente promette lunga vita, e con tale astutia, & arte induce i suoi seguaci in molti errorj, superstitioni, & idolatrie indegne di esser ricordate; e finalmente, non solo non conseguono il bramato fine, ma insieme con la morte eterna accellerano peraventura la temporale ancora. Non ha dubbio alcuno, che 'l Legno nostro della vita sarebbe impropiamente cosf detto, non ostanti i raccontati effetti suoi, s'egli con la virtu sua non fus se anco possente a curare le humane infirmità, bastan te a scacciare assolutamente tutti i mali , & atto a ri tornar la fugace vita a' languidi morienti. Afferma Salomone nel trigesimo ottavo capo dell'Ecclesiastico, che l'altissimo Iddio creò la medicina di Terra, e che l'huomo non abhorrirà quella. Che per la detta Medicina s'intenda principalmente l'istesso nostro Legno della vita, si può facilmente comprendere da tutto quello, che fin qui discorso habbiamo ; ma molto piu chiara-
Genesi
Nono frutto
Salomone
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mente da ciò c'bora in particolare si trattarà della me desima. La perfetta medicina è corpo stellare, dall'impuro, e crasso elementar corpo separato. Cotal definitione non pure conviene con quella del magico Legno, ma è realmente la stessa : all'incontro, quanto male si fatta definitione convenga alla volgare, e commune medici na, agevolmente si discerne ; poiché quella altro final mente non è, che corpo terreo, impuro, crasso, e cor rottibile. La medicina universalmente in due si divi de, cioè a dire, nella Preservatrice, e nella Curatrice; le quali virtu, e propietà eminentemente sono nell'uni ca Medicina magica: il perché è fra' Magi universal propositione, che tutto quello, che conserva in sanità, può anco insieme quella restituire . Di quello, ch'ap partiene alla conservatione, habbiamo per ora baste volmente ragionato di sopra : quanto poi all'apporta re a gl'infermi la sanità, la quale è una medesima cosa con la vita, diciamo primieramente, che niuno può dare se non quello, che possiede ; quindi si scorge aper tamente quanta sia l'humana miseria, a cui di neces sità conviene dalla stessa infirmità implorar la sanità, e dalla morte attendere la vita. Qual cosa può ritro varsi piu frale, piu caduca, e piu alla corrottione sog getta , della volgar medicina, si semplice, come com posta ; poiché tenuta alquanto tempo, non potendo se medesima dalla morte difendere, in poca, e putrida polve se ne cade ? Come dunque potrà ella recare al trui la sanità, l'incorruttibilità, e la vita, essendone per se stessa bisognosa, e priva. Dirassi per aventura, ch'egli è precetto, e regola universale della medicina, che l'un contrario debba con l'altro curarsi : ciò altro non è a dire, se non, che la fame debba co'l digiuno scacciarsi, poiché niuna cosa è piu a quella contraria, cioè all'affamato d'esso digiuno. La fame è mancamento di sostanza, overo
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accidente cagionato da mancamento di sostanza, onde la natura si nutrisce, e mantiene ; però non la fame, ma la natura conviene in tal caso soccorrere : e tal soccorso consiste nella somministratione dell'alimento, e nutrimento conveniente, e necessario, mediante 'l quale detta natura, scacciata co'l mangiare la fame, racquista quanto perduto havea. Parimente la febre non è propiamente intemperie dello spirito della vita, ma è accidente dall'intemperie di detto spirito cagio nato : essendo dunque il vitale spirito indisposto, e mal'affetto, quello fa di mestiero direttamente curare, e non gli humori : conciosia che poco pro' recarebbe al Padrone infermo, che 'l servo in vece di lui pren desse la medicina . Ma ritornato lo spirito nel primie ro suo temperamento, cessa incontinente la febre, & insieme purifìcandosi, gli humori s'adeguano, e pacifi cano. L'indispositione dello spirito non deriva dalla di sparità, o nemicitia de i quattro humori, anzi l'altera tione, la nemicitia, e l'infermità de gli humori nasce principalmente dalla stemperanza, & appresso da) con su.mamento, che dello spirito vitale, e dell'humor ra dicale suoi far l'edace tempo ; però mancando questi, non possono le volgari medicine ristorargli , & aumen targli ; anzi, come loro contrarie, tendono sempre alla distruttione di quelli: ned elle finalmente altro pos sono fare, che evacuare, refrigerare, & humettare il caldo, & il secco dalla febre procedenti ; ma tutto ciò ancora non senza danno, e detrimento della natura. Laonde è verissimo, che in tal modo si curano i con trari con gli altri contrari : il perché nel medicar de' mali spessissime :fìate avviene, che detti humor radi cale, e spirito della vita, o, com'altri dicono, calor naturale, ch'altro in sostanza non sono, che la vita propia, non essendo non pure ne i bisogni loro sov venuti, anzi, vie piu oppressi, & indeboliti da i vari veleni di sf fatte medicine, non potendo alla fine far
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Democrito
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ptu lunga resistenza, soggiacciono : e quinci rivolando esso spirito alla natia sua origine , lascia l'essanimato corpo trofeo della morte . Conchiudiamo adunque, che non per antipathia, ma per simpathia curansi perfettamente, e securamente le infermità humane; essendo naturale, e facil cosa, che l'uno amico all'altro porga aiuto : e ciò volle dinotar ci Democrito, dicendo, che la Natura abbraq:ia, con tiene, & aiuta la Natura, e di quella si rallegra . Quin di è, che l'Heroico Mago soccorrendo alla Natura non con altro, che con la stessa Natura, la quale solo nell'humor radicale, e spirito vitale consiste, mirabil mente, e con incredibile prestezza, e facilità, scaccia qualunque infirmità, ancorché all'altre medicine incu rabile. L'huomo è alla simiglianza d'una lucerna arden te, il cui oglio è esso humido radicale, e lo stoppino lo spirito vitale : però mentre amendue queste parti si conservano, mantiensi parimente acceso il lume della vita di lui ; ma mancando una delle due, conviene ne cessariamente, che manchi, e s'estingua il detto vital lume : nondimeno, s{ come estinguendosi il lume della real lucerna per mancamento delPoglio, si può, men tre non sia totalmente spirato, con aggiungerne di nuo vo ravvivare, & accendere ; cosi a punto può fare il Mago dell'humana lucerna, cioè dell'huomo, a cui man cando per qual si voglia accidente l'oglio dell'humor radicale, in cui il vitale spirito risiede, può aggiunger gliene deU'istesso, e tanto, quanto basti a riaccendere, avvivare, e ritornare il moribundo lume della vita nel primier suo stato. E cosi havendo la natura racqui stato il pristino vigore, tiene insieme forza di sgom brare velocemente l'horrore della morte, e le noiose tenebre di qualunque infirmità : il che fare non è ba· stante la volgar medicina, non potendo ella all'ultimo altro effetto partorir nell'huomo, di quello farebbe l'ac qua , nella lucerna in vece d'oglio posta , la quale es-
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sendo del fuoco mm1ca, altro beneficio non apporta rebbe a quella, che d'alquanto nettarla. Nel m