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Italian Pages 330 Year 1985
Giovanni Macchia
Le rovine di Parigi
OSCARMONDADOBI
Apparso su «la Repubblica» del 19 giugno 1985, a proposito di Le rovine di Parigi.
Ancora un venticinque anni fa, Parigi era la città che accumulava le stratificazioni delle epoche senza che il vecchio fosse spodestato dal nuovo e - soprattutto per noi che venivamo dall'Italia del miracolo economico, così frettolosa nell'assumere in superficie gli aspetti più futuribili e nel cancellare le umili tracce del passato - una delle ragioni del suo f~~ erano le botteghe antiquate, le insegne stinte, letacciate lebbrose. Aseetti d'una tradizione risparmiatrice e misoneista coesistevano coi segni dell'opulenza di capiiàle d'un impero coloniale ancora non del tutto liquidato e ci permettevano di recuperare ultimi riverberi di belle époque e periferie di film di Carné anteguei:_ra. Gli anni Sessanta si aprirono coi ravalements valuti da Malraux che restituivano il pristino biancore a)le facciate fulì,ggT-' n~s-;: ed era una nòvità che andava ancora nel senso della perennità del passato. l\,fa ormai il boom edilizio era maturato @Che a Parigi e le costruzioni nuave.J ~ozi lustri, le inseg_ne m ~ e infiltravano inattese prospettive milanesi in una città che dalla guerra in poi non aveva cambiato che minimarpente la sua immagine; i grattac1eh e 1nuovi complessi affacciavano Tokyo agli spalti della Senn~a severità fiscale falcidiava Trpulviscolo di bottegucce che da tempo immemorabile perpetuava la minuta v:ita commerciale e artigiana di Parigi 1 e aLloro_postole,cat~ne_ di supermercati e le onnipresenti banche_~nd.evano le loro ammime s11perfici. 7
Un'idea moderna di Parigi prese a profilarsi col regno di ~r.2.meidou; n~ ya dato merito all'uomo, che - caso raro tra i reggitori francesi di questo secolo - aveva nel campo delle forme visuali gusti precisi e propositi non banalì;-:ina non ebbe fortuna e q1:1~~-i tutto gli andò storto. Ancora il grande giocattolo di 13,_!::_g_ubourg fu_tra le realizzazioni vofute da7ui la più felice, perché oggetto completamente inedito e che si ricollegava in qualche modo all'euforia delle Esposizioni uni\'.ersaJi. Ma il buco lasciato aperto dalla scomparsa delle Halles (la coscienz·a del valore delle architetture in ferro battuto df Baltard e del crimine irreparabile commesso fu chiara a tutti solo un momento dopo che la distruzione fosse compiuta, e già era troppo tardi) re.§1.Q_una pia~a d.Q}ente nel cuore ~ che l'attuale sistemazione a ipogeo commerciale ha peggiorato anziché sanare. Poi la Défense, che restò uno scostante campionario d'architettura'rriinageriale, le cui torri spuntando di lato all'orizzonte sci-Ypa.Ro senza integrarvisi la prospettiva Arco del Carrousel-obelisco della Concor:cle-Arc d ~ e . compendio dell'Ottocento restauratore.
Panoramiche spettrali Oggi domina un senso d'insicurezz~erché da un lato si sa che solo le decisioni coraggiose dan_~o_grandi risulta_t!. e dall'altro si sa che ognTctecision~_potrebbe rivelarsi.sbagl_i_~ta a breve scadenza, e__guesta insicurezza si riflette nelle discussioni ç~J:i_tin~ano attorno alla rist~ii.ttµraziQn.e_del .LouYi~or1 la _pir~Ieie-trasparentè"-d~ff~chi tetto. cino-g_IJ1eri~no Pei che sorgerà nella gran corte, e - soprattutto - lo sventramento sotterraneo. Tutte queste cose mi tornavano alla mente leggendo l'ultima raccolta di saggi di Giovanni Macchia, Le rovine di Parigi, la cui ultima parte (che dà il titolo al volume) è .dedicata al-: l'origine di questo dramma, definibile sinteticamente così: il mito di P~_ctgi come cill_à_a~s.oluta__,_J;_omario...dell'.universo la Parigi di Hu_go, di Sue, di Balzaç.J2QÌ__Qi Baudelaire e delle ac(lua__fu.r.ti..dLM.é__ryon - nasce nello stesscwnamento in cui s'affaccia un presagio di distruzione, e dietro la multiforme ·-· ----- -· --
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Ijçchezza dello spettacolo urbano s'intr~ye..d_e_nn_pae_~.ii~O
di deserto con rnyjne. Questo è già vero nel Settecento, quando il culto delle rovine delle capitali dell'antichità porta ad anticipare per Parigi il dest~~o-~h~fu di Babilonia, Menfi. Atene, Roma, e a pro1ettare sulla città vivent~anramiche _g:,ettrali cosparse dlrelitti a,_rçb~_olo.gici. Partendo da visionari e ruinografisetteciàieschi come Mercier.. come Voliiey,-come l'avveninsta catastrofico Grainville (che conoscevo solo perché rievocato da Queneau), Macchia s'innesta sul periodo della prima esplosione di modernità_ urbanis!ica come violenza all'immagine del p~_~it9, cioè allo sventramento compiuto durante il SeèondO Impero per iniziativa del prefetto Haussmann (nominatobarone dopo questa impresa) che aperse i grandi viali sconvolgendo la to o rafia ari ina il mondo dell'immaginazione poetica e romanzesca. -&> ,s._,,.....,,c,i:,~LLW\0 • e.. ~-~ ~d..: ~\.J?U\lo-f~ 1Q JO-Q\c ~ 1 a:, .,,,,_ Baudelaire, con cui la metropoli mocterna diventa topos,. po~d;;~inante, è anchè-cOTura,evecfenefsegni-dell~ trasformazioni urbanistiche - palazzi in costruzione, impal-t cature, come nel Cygne - l'immagine della distruzione, della perd_!_~a d_el proprio ~ . dell'esilio nel deserto: là forme d'une ville I Change plus vite, hélas, que le cceur d'un morte!... E_l)_er sottrarre la città al divenire e all'effimero sogna una città:_ !'=!tJa mivernJ~,.. uoa_çpnçr~_zione di_ crist~lli (Rgve parfsien). Prima di lui gr.na.cttne, che non condivid"eva l'allergia di 1?au_9elaire per il regno vegetale, aveva sognato Parigi in~ gh iQ!ti ta da_lk_fo.reste_e__daUango_d_ella Senna. Le, rovine di Parigi si chiude come un travolgente poema su que~ straordinaria concentrazione del potere trasfiguratore della letteratura: tra Ottocento e Novecento la poesia francese si investe nel perenne rifarsi di una città e ~me_v_ell'immagine della sua fine, e particolarmente_n~L!::lramm,u:he ebbe come antagonisti il razionalismo autoritaria delle..gtandi pmsp.ettive rettilinee gperte dal.pjcc-0ne..haussm.annia,no e l\,\ \ \
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J' ' cttQ. liz««ll" ..,o., Ciò interessa anche lo scrittore: non so)tant6 le c-~da cli-"' re ma anche il modo con cui devono essere dette. Geloso di tutto ciò che era nato in lui e con lui, che nella stessa imperfezione conservava una naturale semplicità, fino alla crudezza, ardita e forte, egli non s'imponeva di abbellire con formali aroaroeotj la verità del suo testo. La spontaneità su cui esso si reggeva doveva essere salvaguardata. Non dico che dalla prima alla seconda edizione e sul manoscritto della terza (ch'egli non poté dare alle stampe perché colto dalla morte) non esistano varianti e correzioni e miglioramenti. Ma a h1i bastava che tutto ciò che diceva fosse fortificato dall'autorità altrui (la_ cita.z.ion.e). E il suo discorso avrebbe preso uii~allure» -naturale e quasi domestica. Perciò nel progressivo ingrossamento del suo libro dalla prima alla terza edizione, dall'edizione in due libri a quella in tre libri, egli tenne a dichiarare, sebbene non fosse del tutto vero, c~li non correggeva, ma aggiungeva. Voleva dire c~____sguardo !!_