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Italian Pages 240 Year 1997
i peradam
J a c obTa ubes LATEOLOGI APOLI TI CA DISANPAOLO
Adelphi
Quando qualcuno scriverà la storia intellettuale degli ultimi trent'anni, Taubes non potrà che spiccare come una figura inevitabile - tanto più influente quanto più elusiva e celata dietro le quinte. Discendente di una famiglia di rabbini, Taubes esordisce giovanissimo con un importante libro sulle concezioni apocalittiche ed escatologiche della storia, da Giovanni a Gioacchino da Fiore fino a Marx e Kierkegaard, cui seguono lunghi anni di silenzio durante i quali egli si impone come un autorevole maestro orale; è intorno al suo istituto a Berlino che, sul finire degli anni Sessanta, si raccolgono i leader della rivolta studentesca. E a lui fanno capo numerose iniziative di grande rilievo, come la collana «Theorie» dell'editore Suhrkamp. Il pensiero di Taubes, dunque, filtra a lungo per vie indirette, e comunque in modo assai efficace, finché nel febbraio 1987, poche settimane prima della morte, egli accetta di tenere a Heidelberg un seminario sulla Lettera ai Romani di san Paolo, il testo massimo su cui si dividono le acque fra la Legge e la Grazia, fra ebraismo e cristianesimo, fra tradizione ellenica e tradizione giudaica. Seminario che si trasforma in una febbrile summa del suo pensiero, la cristallizzazione di tutti i suoi temi essenziali, nonché l'occasione per un ultimo emozionante confronto con l'antagonista che più lo aveva provocato a pensare: Carl Schmitt. Jacob Taubes (1923-1987) si trasferì nel l949 negli Stati Uniti, dove insegnò al Jewish Theological Seminar. Fra il 1951 e il 1953 Gershom Scholem lo volle all'Università ebraica di Gerusalemme. Fu poi a Harvard, Princeton e alla Columbia University. Tornato in Europa, dal 1966 fino alla morte tenne la cattedra di Cultura e religione ebraica e in seguito quella di Ermeneutica presso la Freie Universität di Berlino. Abendländische Eschatologie apparve nel 1947.
«Si trova qui, molto raramente nelle zone più basse, più sovente man mano che si sale, una pietra limpida e di un'estrema durezza, sferica e di grossezza variabile - un vero cristallo, ma, caso straordinario e sconosciuto nel resto del pianeta, un cristallo curvo! È chiamato, nella lingua di Porto-delle-Scimmie, peradam» (René Daumal, Il Monte Analogo).
Jacob Taubes LA TEOLOGIA POLITICA DI SAN PAOLO Lezioni ten·ute dal 23 al 27 febbraio 1987 alla Forschungsstiitte della Evangelische Studiengemeinschaft di Heidelberg
ADELPHI EDIZIONI
TITOLO ORIGINALE:
Die Politische Theolog;ie des Paulus
A cura di Alejda ejan Assmann, con H orst Folkers, Wolf-Daniel Hartwich, Christoph Schulte Traduzione di Petra Dal Santo
© 1993 Wll.HEI.M FINK VERI.AG MUNCHEN © 1997 ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO ISBN 81!-459-1293-0
INDICE
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Prefazione LA TEOLOGIA POLITICA DI SAN PAOLO I ntroduzione 1. Approccio autobiografico alla Lettera az Romani 11. Paolo . nella storia della religione ebraica. La logica messianica Parte prima. Letture da Paolo e Mosè. La fondazione di un nuovo popolo di Dio 1. I destinatari della Lettera ai Romani a. Il vangelo come dichiarazione di guerra a Roma. Lettura di Romani, l , 1-7 b. Gerusalemme e la legittimità della missione universale. Lettura di Romani, 1 5, 30-33 Excursus: il destino delle comunità giudeo-cristiane
17 19 25 35 37 37 43 50
Nomos : legge e giustificazione. Lettura di Romani, 8, 9-1 l 111. Elezione e rinnegamento. Lettura di Ro mani, 8, 3 l -9, 5 e di Talmud, Babli, Berakhot, 32 a IV. Pneuma. Il superamento della storia della salvazione e l'oltrepassamento di questo mondo. Lettura di Romani, 9- 1 3 11.
Parte seconda. Gli influssi di Paolo e la trasfigurazione moderna del messianico Estranei in questo mondo: Marcione e le 1. conseguenze 11. Gli zeloti dell'assoluto e della decisione: Cari Schmitt e Karl Barth 111. I l nichilismo come politica mondiale e il messianismo estetizzato: Walter Benjamin e Theodor W. Adorno IV. L'esodo dalla religione biblica: Friedrich Nietzsche e Sigmund Freud Appendice La storia J acob Taubes-Carl Schmitt
53 63 79 l 05 1 07 1 19 1 33 145 1 75 1 77
Postfazione di Wolf-Daniel Hartwich, Aleida e Jan 191 Assmann 193 Introduzione 1. Letture. La legittimazione e la forma1 96 zione di una nuova alleanza 217 11. Ricezione: Paolo e il moderno 228 m. Teologia politica Indice dei nomi
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PREFAZIONE
Il 14 gennaio 1 987 Enno Rudolph ci invitò a un incontro nella FEST (Forschungsstatte der Evange lischen Studiengemeinschaft [Centro studi della co munità evangelica] di Heidelberg). Come relatore era previsto il professor Jacob Taubes della Freie U niversitat di Berlino, che si era offerto di tenere «presso la Forschungsstatte un corso di quattro giorni sulla Lettera ai Romani>> . Come si era giunti a questo appuntamento? Nel settembre 1 986, Enno Rudolph aveva invitato per la prima volta Taubes nella FEST per un seminario filosofico sul tempo. Il titolo della relazione di Taubes era: La dilazione ac cordata ai condannati. Esperienza apocalittica del tempo, una volta e ora. Ciò che nel settembre 1 986 per Tau bes era ancora u n problema essenzialmente filo sofico, alla fine del febbraio 1 987 aveva ormai as sunto una drammaticità esistenziale: quando Tau bes si accinse a tenere il corso sulla Lettera ai Romani era malato di cancro allo stadio terminale. Le sue condizioni generali erano così precarie che fino alla fine del seminario non si poteva sapere se avrebbe potuto condurlo a termine nella forma prevista. Le 9
lezioni erano fissate per lunedì, martedì, giovedì e venerdì. Mercoledì (il giorno del suo sessantaquat tresimo compleanno) Taubes trascorse quasi tutta la giornata nel reparto di terapia intensiva della I n nere Klinik. Ci si chiederà perché Taubes, che a gennaio era perfettamente al corrente delle proprie condizioni di salute, non si fece dispensare dall'incarico. C'è da dire che egli considerava i suoi studi su Paolo non co me semplice routine accademica, ma come un rendi conto sul centro della propria inquietudine intellet tuale. Partendo da questo presupposto è chiaro che l'estrema precarietà delle sue condizioni, anziché ostacolare la parteci pazione al seminario, costituiva, proprio in quanto dilazione psicofisica accordata a chi non aveva più alcuna speranza di guarire, il pre supposto e l'orizzonte determinante di ciò che egli si proponeva di dire. Risulta quindi anche comprensibile come Tau bes, che non aveva più nemmeno la forza di restare in piedi, abbia potuto proporci con estrema vivaci tà intellettuale la sua lettura e interpretazione della Lettera ai Romani per tre ore di seguito nei quattro giorni di quella settimana. L'incombere della malat tia e l'orizzonte del racconto testamentario hanno mobilitato ancora una volta tutte le forze a sua di sposizione. Il nostro ringraziamento va dunque in primo luogo a tutti coloro che lo hanno incoraggia to e sostenuto nella realizzazione del suo progetto: Enno Rudolph per i contatti con la FEST, Edith Picht-Axenfeld per il suo gentile interessamento e il sottofondo musicale, il padrone di casa, Klaus von Schubert, per l'ospitalità, la generosità e la disponi bilità nei confronti di un seminario assai poco con venzionale, nonché i partecipanti che per tutta la settimana hanno ascoltato e discusso con impegno. Thomas Kuhlmann ha procurato i testi necessari e curato le registrazioni su cassetta. Rudi Thyssen ha accompagnato e assistito Taubes durante il viaggio. 10
Ringraziamo infine Monika Wapnewski che ha con tribuito alla preparazione del seminario offrendo a Taubes l'opportunità di esporre le proprie idee a un ristretto uditorio berlinese nel corso di alcune " ore bibliche >> della domenica pomeriggio. Alla fine della settimana paolina di Heidelberg, Jacob Taubes ci strappò la promessa di occuparci della trascrizione del seminario e di curarne la pub blicazione. Egli non lasciò dubbi sulla centralità e sulla profonda serietà di questo suo lascito intellet tuale. Solo ora, a distanza di sei anni, siamo in grado di esaudire la sua richiesta. Numerosi i motivi del ri tardo: in primo luogo le difficoltà incontrate nello stabilire il testo; le lezioni non andavano solo trascrit te e redatte, ma era anche necessario farle circolare fra amici ed esperti, e inserire poi nel testo valutazio ni, aggiunte e correzioni. In secondo luogo l'esitazio ne dei curatori che attendevano la pubblicazione delle maggiori opere scritte di Taubes per non com promettere la ricezione dell'autore con la proposta intempestiva di un testo orale. In terzo luogo la per plessità di tutti gli amici intimi di Taubes che crede vano di doverlo difendere dalle sue stesse parole, ri chiamandosi al suo uso meticoloso della scrittura e alla sua estrema riluttanza in fatto di pubblicazioni. A lavoro ultimato ringraziamo tutti coloro che ci hanno aiutato a rispettare l'impegno preso. Aharon Agus, Moshe Barasch, Jochanan E. Bauer, Evelyne Goodman-Thau, Shlomo Pines, Shaul Shaked, Guy G. Stroumsa (Gerusalemme), Hubert Cancik (Tu binga) ed Emile Cioran (Parigi) hanno contribuito alla revisione del manoscritto, di cui Andrea Gnirs ha potuto curare la stesura definitiva grazie all'ap poggio economico della FEST. Senza il valido con tributo del nostro gruppo di curatori l'impresa a vrebbe potuto facilmente superare le nostre forze.
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AVVERTENZA
A Berlino, nel giugno l 986 Taubes entrò in una farmacia al Roseneck. Dopo avere tentato di deci frare il nome scritto sulla ricetta, il farmacista gli chiese : '' Ma Lei si chiama Paulus? al che Taubes rispose: '' Veramente sì, ma sulla ricetta sta scritto Taubes >> . Una citazione tratta da una sua lettera aiu ta a comprendere l'effettiva serietà di questo diver tente aneddoto. Taubes si riferisce al suo '' modo di vivere inquieto-ahasverico, al confine fra ebraico e cristiano, là dove fa caldo e non si può fare a meno di scottarsi e prosegue: « Se dovessi racchiudere in un'unica frase tutto ciò che mi anima, direi che si tratta del principio rigorosamente antigoethiano: il nome non è eco e fumo, ma parola e fuoco - e ciò che conta è prendere Je parti del nome. Di qui deriva la mia conoscenza. E banale in un clima tanto Biedermeier com'è quello che necessariamente pre domina oggi, dopo la tirannide I n occasione del suo seminario su Paolo, Taubes era giunto a Heidelberg senza nemmeno un appun to scritto. Sia agli inizi degli anni Ottanta sia nell'ul timo semestre della sua docenza - il semestre estivo l 986 - l'argomento dei suoi corsi presso la Freie Universitat di Berlino era stato Paolo. Di questi cor si, dedicati in particolare alla Lettera ai Corinzi, non esistono né manoscritti, né appunti, né abbozzi. Il fatto di trattare un argomento senza ricorrere al l'ausilio della scrittura risponde perfettamente al normale modo di procedere di Taubes : quanto più egli viveva un rapporto simbiotico con il tema trat tato, tanto meno era incline ad affidarlo alla scrittu ra. Egli non scrive sui suoi argomenti, li incorpora. I problemi editoriali che le lezioni su Paolo han no presentato sono strettamente connessi a questa circostanza: com'è possibile mettere per iscritto un testo che l'autore ha in un certo senso incorporato? Abbiamo a che fare con una lingua parlata, con testi 12 ''•
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parlati. Trascriverli non può significare trasformar li in testi scritti. I n questo caso infatti la scrittura va impiegata solo per testimoniare l'oralità. Per questo tipo di trascrizione non esistono ancora modelli vin colanti. Da un lato vi sono modelli - elaborati da linguisti, psicologi e sociologi - utilizzabili per tra scrivere registrazioni originali; dall'altro ne esisto no che stabiliscono l'edizione critica di testi privi di una redazione definitiva, ad esempio abbozzi, ap punti o carte di lasciti. Entrambi sono inutilizzabili in questo caso, poi ché si tratta di trovare un difficile compromesso fra l'occhio e l'orecchio, di rendere cioè giustizia sia al l'autentica parola parlata, sia alle specifiche esigen ze della lettura. Questa duplice finalità sta all'origi ne dei seguenti criteri editoriali : - sono state trascritte solo frasi di senso compiu to, mentre sono state omesse quelle incomprensi bili; - è stato necessario integrare sia le frasi incom plete sia le pause eloquenti; - alcune forme comprensibili nella lingua parla ta, ma d'intralcio alla lettura, sono state normaliz zate; - alcune formule giustificate dal pathos della lin gua parlata (ingiurie, tirate polemiche, aggiunte sottovoce) sono state espunte solo quando nuoccio no all'argomentazione. Nei seguenti casi si è intervenuti sul testo: - per tutelare le persone interessate. Su richiesta della FEST sono stati espunti i passaggi contenenti scan:tbi � i battute fra Taubes e alcuni partecipanti al semmano; - ripetizioni, aggiunte e riferimenti a temi già trattati sono stati inseriti di volta in volta nei punti a cui rimandano; - un'originaria parte iniziale (troppo breve) rela tiva a Spinoza e Nietzsche è stata inserita nel quarto capitolo della seconda parte. 13
La presente edizione può essere confrontata e controllata sia con le registrazioni originali, sia con la trascrizione delle lezioni di Taubes conservata presso l'archivio della FEST. Heidelberg, 24 marzo 1 993 Aleida Assmann
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LA TEOLOGIA POLITICA DI SAN PAOLO
A Margherita von Brentarw e Edith Picht-Axenfeld
INTRODUZI ONE
Gli interventi nel testo e le note tra parentesi quadre sono della Traduttrice.
I APPROCCIO AUTOBIOGRAFICO ALLA « LETTERA AI ROMANI>>
Quando alcuni mesi fa fui ospite di questo Cen tro studi, discutemmo di apocalittica, durante il se minario dedicato al tema: Il tempo incalza. Allora ero ancora convinto che il problema paolino del tempo non fosse affrontato adeguatamente e, nella mia va nità, mi dissi da non-teologo: posso raccontare io qualcosa in proposito. Pensavo alla Prima lettera ai Corinzi, l -4, dato che avevo tenuto un corso su que sta lettera presso la facoltà di Filosofia della Freie U niversitat di Berlino, scoprendo che essa è una grande fuga,, a contrappunto su un'unica parola: pan. L'intero testo ruota e si costruisce attorno a questo termine. Accettando l'invito, non avevo però idea che il tempo mi incalzasse così da vicino: pensavo incal zasse in termini apocalittici, ma non sapevo che, con una malattia incurabile, incombesse a tal punto sul la mia persona. Per superare gli ostacoli, imputabili alle mie condizioni di salute, che si frapponevano a tale viaggio avventuroso, mi sono dato una giu stificazione chiara e univoca: avevo promesso solen nemente a Edith Picht di venire, e ho fugato così 19 «
ogni perplessità, volendo tenere fede alla mia pro messa. Da quando però ho saputo che il mio tempo in calza più di quanto incalzi quello di tutti voi, ho de ciso di non parlare della Prima lettera ai Corinzi, ma di seguire un mio proposito più segreto, trattando la Lettera ai Romani. Una scelta che ha dell'incredibi le, anche se in questo seminario le bizzarrie certo non mancano. Sono a Heidelberg, la città di Martin Dibelius, Giinther Bornkamm, Gerd Theissen e di altri studiosi neotestamentari. Perché mai dovrei portare nottole a Heidelberg? Perciò mi preme fin d'ora sottolineare e chiarire che quanto intendo esporre non ha direttamente a che fare con il Paolo di cui si occupano a buon diritto e con competenza professionale le facoltà teologiche. Solo questa pre messa mi consente di presentare ed esporre le mie tesi a un uditorio di studiosi e artisti tanto illustri. Mi permetto un accenno molto personale anche per chiarire il mutamento di tema, ossia il passaggio dalla Prima lettera ai Corinzi alla Lettera ai Romani. Per rendere comprensibile questa decisione mi sen to infatti costretto a raccontarvi una parte della sto ria che sta alle spalle del titolare della cattedra di er meneutica a Berlino. Vi ho fatto leggere la lettera che nel 1979 scrissi, da Parigi, a Cari Schmitt a Plet tenberg. Sarebbe stato meglio, anzi necessario, che la commentassi. Ma per spiegare e chiarire tutte le ragioni sotterranee confluite in quella lettera, sa rebbe necessario un seminario a parte. Permettetemi solo di raccontarvi il seguito della storia della lettera. Quelli di voi (e almeno uno sicu ramente) che conoscono bene Cari Schmitt sanno che non ha la passione del telefono. Non ama di solito comu nicare con questo mezzo. Tuttavia un giorno, a Parigi, era forse il 25 settembre, mi chia mò la domestica: Cari Schmitt desiderava parlarmi, al telefono. Ero allibito, ma Cari Schmitt mi disse: 20
" Ho letto e riletto la Sua lettera, sto molto male. Non so quanto mi resta da vivere, venga subito » . Avevo altri progetti, i l Capodanno ebraico era al le porte, ma presi ugualmente il primo treno per Plettenberg, nel Sauerland. I colloqui furono scon volgenti, ma non posso parlarne. In parte sono co perti dal segreto confessionale (non che io sia un sa cerdote, ma vi sono cose che vanno trattate come se lo si fosse realmente). In " via Joachim Ritter '' (Schmitt era solito dare a strade e vie il nome della persona con cui le aveva percorse la prima volta) mi furono dette cose che non riesco a dimenticare, ma di cui nemmeno posso parlare. Di ritorno da una di queste passeggiate, entrammo in casa, ci fu servito il tè, poi mi disse: " Ora, Taubes, leggiamo Romani, 9-1 1 )) . Un a cosa è leggere Romani, 9- 1 1 con teologi e filo sofi, un'altra è leggere questi capitoli con il più grande giuscostituzionalista del nostro tempo, per ché egli ne coglie in modo diverso la straordinaria carica politica, proprio come un cardiologo auscul ta il cuore in modo diverso da un normale medico internista. Mi ascoltò mentre per la prima volta gli esponevo il problema, in modo immediato e spon taneo: Mosè, portavoce del popolo di Israele, ri fiuta, e per ben due volte, di dare inizio a un nuo vo popolo e di annientare quello di Israele; Paolo, invece, accetta di farlo. Questa opposta scelta, e la domanda: " Che cosa significa "fondare un popo lo"? richiesero tutto il nostro impegno. Discuteva mo a ruota libera, senza l'appiglio di alcun testo o strumento critico. Mentre gli esponevo le mie idee, che coinvolgevano anche il rito ebraico del giorno dell'espiazione (jom Kippur), mi disse: " Taubes, prima di morire, racconti anche a qualcun altro queste cose Fu questo il modo in cui io, povero Giobbe, ap prodai alla Lettera ai Romani: da Ebreo, non da pro21 ''•
».
fessure - titolo cui non tengo in modo eccessivo, se non perché mi dà da vivere dignitosamente. Prima di tentare di leggere con voi la Lettera ai Romani, vorrei però raccontarvi altri due episodi. Aneddoti: quando si è nell'età e nella situazione in cui mi trovo io, possono servire per trasmettere qualcosa a un'altra generazione. Durante la guerra studiavo a Zurigo. Non chiede temi che cosa, come e perché: era così e basta. Stu diavo, Dio mi perdoni, anche germanistica, perché avevamo un germanista illustre, Emil Staiger, e le mie scelte erano basate più sui docenti che sulle ma terie dei corsi. Più che un germanista Staiger era un grecista: aveva tradotto Sofocle, e nella prefazione aveva osato affermare che la traduzione di Wilamo witz è scritta in un tedesco da birreria: per quanto conoscesse il greco, certo non sapeva il tedesco. Co me riuscii a contattarlo personalmente? Un giorno, andando dall'università al Belvedere, gli dissi di aver letto Heidegger, Vom Wesen der Wahrheit [Del l'essenza della verità], e lui ribatté: " Lei non può ca pirlo » . Risposi: " Come fa a saperlo? >> . Al che mi invitò a casa sua e per un intero pomeriggio par lammo Dell'essenza della verità. Si stupì che in effetti l'avessi compreso. In cambio, mi dedicò una sonata di Mozart. Da quel giorno stabilimmo un rapporto non da studente a professore (in realtà doveva esa minarmi più tardi in una materia complementare), ma, se non proprio amichevole, almeno non con venzionale. Un giorno camminavamo insieme lungo la Rami strasse, dall'università al lago, fino al Belvedere, do ve egli avrebbe svoltato, mentre io avrei proseguito verso il quartiere ebraico nella Enge; mi disse: " Sa, Taubes, ieri ho letto le lettere dell'apostolo Paolo>> . Poi aggiunse, con profondo rammarico: Ma non è greco, è jiddish! >> . Al che io dissi: " Certo, professo re, proprio per questo le capisco! >>, Ecco il primo episodio. 22 «
Il secondo, meno drammatico, avvenne anni do po a New York, in occasione di un incontro con Kurt Latte, il famoso storico delle religioni di Got tinga che aveva fama di possedere una particolare sensibilità linguistica per il greco e il latino. La que stione mi tormentava da tempo, e perciò gli chiesi: " Signor Latte, la Sua sensibilità di grecista Le per mette di capire le lettere dell'apostolo Paolo? ''· Ci rifletté un po' (anche se era ovvio che le compren desse, poiché sedici secoli di cristianizzazione del l'Europa le hanno rese comprensibili), poi disse: " Sa, Taubes, in effetti no. Non riesco a capirle con l'orecchio del grecista ''· Si tratta di un giudizio im portante, espresso da un grande filologo. Ecco dun que da quali esperienze ho preso le mosse per acco starmi a questo testo. Nel corso del seminario vorrei riuscire a chiarirvi in che rapporto mi pongo nei confronti di Paolo in quanto Ebreo. Prima devo però spendere ancora al cune parole per giustificare come mi colloco di fronte a Paolo in quanto filosofo. Perché sconfino in ambito teologico? Personalmente, ritengo delete rio l'isolamento delle facoltà di teologia, a mio giu dizio esse dovrebbero aprire urgentemente alcune finestre nelle loro monadi. Se per una volta posso esprimermi liberamente, sono del tutto favorevole all'introduzione nelle fa coltà di Filosofia di una cattedra di Antico Testa mento, una di Nuovo Testamento (comunque ne a vrete sempre almeno due) e perfino di una cattedra di Storia della Chiesa. Trovo scandalosa l'ignoran za, chiaramente avvertibile a Berlino, derivante da facoltà intese come unità isolate, quasi fossero for mazioni impermeabili. Inutile farsi illusioni, a mio giudizio questa è una catastrofe del sistema e ducativo tedesco. Ma non sarò certo io a cambiare le cose. Ho amici, come Henrich, che finiscono per so stenere l'esclusione delle facoltà di Teologia dalle università. Mi sono sempre opposto a tale soluzio23
ne, per tlll solo motivo: trei insegnare filosofia!
senza questo ABC non po Henrich invece può farlo, poi(:hé parte dall'autocoscienza e non ha bisogno di queste cose; io invece, da povero Giobbe, non posso rinunciare alla Storia. Sono dunque dell'avviso che proprio all'interno delle istituzioni si creino i sistemi di riferimento, dato che ritengo una vera catastrofe che i miei stu denti crescano nella più assoluta ignoranza della Bibbia. Mi è stata consegnata una tesi su Benjamin in cui il 20 per cento dei riferimenti erano sbagliati, e si trattava proprio di riferimenti biblici. Lo stu dente è arrivato con il suo lavoro finito, l'ho scorso velocemente e gli ho detto : « Mi dia retta, frequenti un po' di catechismo e legga la Bibbia! "· Con la finezza del benjaminita, mi ha chiesto: " In che tra duzione?"· E io: " Per Lei, vanno bene tutte!"· Ecco la situazione che vivo quotidianamente in una facoltà di Filosofia, anche se duecento studenti frequentano un corso su Paolo, sulla Lettera ai Co rinzi. La diffusa ignoranza della Bibbia è implicita nella concezione umanistico-humboldtiana della cul tura, in questa interpretatio graeca della storia euro pe�. Personalmente, non posso farci nulla. E a questo compito che mi sarei dovuto dedicare, ma la mia vanità e il destino hanno voluto che di ventassi filosofo. Pensavo che questo compito non mi riguardasse, solo ora mi accorgo che un'ora di lettura biblica è più importante di un'ora di letture hegeliane. E un po' tardi per cambiare, ma posso al meno invitarvi a prendere più sul serio le vostre ore di lettura biblica, più di tutta la filosofia. So bene che il mio non è un invito molto allettante, né mo derno, ma dopotutto non ho mai voluto essere mo derno, that wasn't my problem.
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II PAOLO NELLA STORIA DELLA RELIGIONE EBRAICA. LA LOGICA MESSIANICA
Qui non parlo certo ex nihilo, ma devo comunque fornire una risposta scientifica alla domanda su quale sia la tradizione storico-religiosa ebraica in cui mi colloco. Gli studi ebraici su Paolo sono piut tosto modesti: anzitutto sono saggistica romanzata su Gesù, a nice guy, il rabbino in Galilea, la predi ca della montagna, tutto sta già scritto nel Talmud, e così via. A questa affermazione Harnack rispose una volta con grande puntualità: purtroppo c'è scritto anche dell'altro! Questa letteratura apologe tica, diffusasi nel XIX e XX secolo, trova un certo consenso nell'ebraismo liberale (non in quello orto dosso, che non è avanzato di un solo passo) , quasi un sentimento di fierezza nei confronti di questo figlio di Israele. Ma Paolo rappresenta un discrimi ne difficilmente valicabile. (Certo, esistono anche i sedicenti giornalisti dell'Accademia evangelica in viati, in Israele, ma non ne voglio nemmeno parla re. E giornalismo da strapazzo. Sono le accademie evangeliche le vere responsabili della situazione, poiché hanno sempre bisogno di un Ebreo con cui dialogare. Sterminarne prima sei milioni, per poi 25
c.:cn:art• tlll
fant()(:cio con cui dialogare, lo trovo ve
ramc.·nt.c disgusloso. Occorre riconoscere che qual cosa ha reso impossibile il dialogo, poiché i morti
non si possono risuscitare!). Ritornando per questo tema all'interno del mon do ebraico, negli anni Venti uscì un libro di Josef Klausner, dedicato a un pubblico colto, dal titolo Von jesus zu Paulus [Da Gesù a Paolo]! L'autore so stiene che mentre Gesù era ancora completamente radicato nella terra di Israele, Paolo se ne era in ef feLLi già allontanato, trascurando l'osservanza ebrai ca. Non vale nemmeno la pena discutere la tesi; si tratta di un uomo la cui immaginazione religiosa ra senta lo zero e che non sapeva nemmeno scrivere; ma pazienza, era docente di letteratura ebraica e ha esercitato un certo influsso. Un caso del tutto a parte è rappresentato da un grande studioso, Leo Baeck, che purtroppo non riuscì pienamente ad affermarsi. Allievo di Wila mowitz, ogni giorno leggeva tragedie greche, ma aveva una sensibilità particolare per la Haggadah. Della sua opera Aus drei Jahrtausenden [Da tre mil lenni],2 una raccolta di saggi che i nazisti mandaro no al macero, si sono salvate solo alcune copie, men tre è ben noto il suo scritto più importante, Vom We sen des judentums [L'essenza dell'ebraismo], una ri sposta polemica a Harnack, Vom Wesen des Christen tums [L'essenza del cristianesimo] .' La principale caratteristica del libro è rappresentata dalla con giunzione « e )) . Fede e legge, sempre e solo e. Non ho molto a che spartire con questo atteggiamento l. ]. Klausner, Von Jesus zu Paulus (1950), Frankfurt a.M., 19SO.
2. L. Baeck, Aus dTei Jahrtausenden. Wissenschaftliche Untersu·
chungen und Abhandlungen zur Geschichte des judischen Glaubens,
Tiibingen, 1958; l" ediz. Berlin, 1 938. 3. L. Baeck, Das Wesen des Judentums, Berlin, 1 905, e A. von Harnack, Das Wesen des Christentums. Sechzehn Vorlesungen im Wintersemester 1899-1900, Leipzig, 1 900.
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ironico, ma è comunque significativo. Baeck fu an che autore di uno studio dal titolo Romantische Reli gion [Religione romantica], in cui, applicando le ca tegorie classico-romantico, definisce Paolo un ro mantico: 1 non ci porta molto lontano, ma non è pri vo di interesse. Baeck sopravvisse alla guerra e a Theresienstadt; come un naufrago del distrutto ebraismo tedesco, scrisse poi un saggio in inglese dal titolo The Faith of Paul [La fede di Paolo]. (Mi sem bra che sia stato addirittura riprodotto nel volume pubblicato dalla Wissenschaftliche Buchgesellschaft con il titolo Paulusbild der Gegenwart [La concezione paolina del presente] ).2 Tutto ciò non mette però in discussione il fatto che Paolo non sia ancora stato effettivamente rece pito dalla storia della religione ebraica. Tralascio il signor Joachim Schoeps: il suo è un protestantesi mo che desume le proprie fonti da Strack-Biller beck3 - ma non è il caso di scendere nei particola ri.4 Il più importante libro ebraico su Paolo è Zwei Glaubensweisen di Martin Buber, un test